After All

di Eevaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Andata e ritorno ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Casa dolce casa ***
Capitolo 4: *** Sulla stessa barca ***
Capitolo 5: *** Pronto ***
Capitolo 6: *** Ogni promessa è debito ***
Capitolo 7: *** Terra ***
Capitolo 8: *** Raccontami ***
Capitolo 9: *** Kaarot ***
Capitolo 10: *** Nascondersi ***
Capitolo 11: *** Il tempo per loro ***
Capitolo 12: *** Senza meta ***
Capitolo 13: *** Occhi ***
Capitolo 14: *** Questione di fiducia ***
Capitolo 15: *** Le verità nascoste ***
Capitolo 16: *** La Dimora dei Draghi ***
Capitolo 17: *** Quello che dimostri ***
Capitolo 18: *** Vederti morire ***
Capitolo 19: *** Una sensazione di nome odio ***
Capitolo 20: *** Colpa del whiskey ***
Capitolo 21: *** Scoperti ***
Capitolo 22: *** Amico, punto e basta ***
Capitolo 23: *** Odore ***
Capitolo 24: *** Essere umano ***
Capitolo 25: *** Come doveva andare ***
Capitolo 26: *** Chiaro di luna ***
Capitolo 27: *** Meglio prima che poi ***
Capitolo 28: *** Come se nulla fosse accaduto ***
Capitolo 29: *** L'eternità a combattere ***
Capitolo 30: *** Raggiungimi ***
Capitolo 31: *** Un nome, un significato ***
Capitolo 32: *** Uomo ***
Capitolo 33: *** Ora dormi, mio principe ***
Capitolo 34: *** Odi et amo ***
Capitolo 35: *** Lo sai quello che provo per te? ***
Capitolo 36: *** Il condottiero ***
Capitolo 37: *** Nessuna rivincita ***
Capitolo 38: *** Unione ***
Capitolo 39: *** Dentro di noi ***
Capitolo 40: *** Cattiva compagnia ***
Capitolo 41: *** Kaioh ***
Capitolo 42: *** Reclutamento ***
Capitolo 43: *** Il quindicesimo combattente ***
Capitolo 44: *** Dobbiamo avere fiducia in loro ***
Capitolo 45: *** Una coppia vincente ***
Capitolo 46: *** Condanna ***
Capitolo 47: *** Arrivano ***
Capitolo 48: *** L'esercito dei resuscitati ***
Capitolo 49: *** Torna in te ***
Capitolo 50: *** Vendetta ***
Capitolo 51: *** Freezer ***
Capitolo 52: *** Eterno ***
Capitolo 53: *** Inattaccabili ***
Capitolo 54: *** Nemici, rivali, alleati ***
Capitolo 55: *** Una nuova strategia ***
Capitolo 56: *** Creatore ***
Capitolo 57: *** In extremis ***
Capitolo 58: *** Gemello ***
Capitolo 59: *** Il perdono ***
Capitolo 60: *** Il pianeta Neo Namek ***
Capitolo 61: *** La fine di un popolo ***
Capitolo 62: *** Un ritorno inaspettato ***
Capitolo 63: *** Ombre dal passato ***
Capitolo 64: *** Fratello ***
Capitolo 65: *** Il fine giustifica i mezzi ***
Capitolo 66: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 67: *** Dall'altra parte ***
Capitolo 68: *** Incomprensioni ***
Capitolo 69: *** Separati ***
Capitolo 70: *** La Terra è in pericolo ***
Capitolo 71: *** L'ultimo dei Draghi ***
Capitolo 72: *** Una scelta giusta? ***
Capitolo 73: *** Le voci della vittoria ***
Capitolo 74: *** Il Re è morto ***
Capitolo 75: *** Epilogo, parte I : La fine ***
Capitolo 76: *** Epilogo, parte II : L'inizio ***



Capitolo 1
*** Andata e ritorno ***


PREMESSA:

Questa storia è ambientata nel futuro sulla linea temporale di Dragon Ball GT, esattamente quindici anni dopo la sconfitta dei draghi malvagi. Non sono mai stata una grande fan di questa saga ma ho voluto sfruttarne il finale per scrivere qualcosa di alternativo, lontano da tutto ciò che è successo nel passato. Il fatto di voler ambientare questa storia così distante nel tempo mi ha permesso di creare un futuro del tutto nuovo senza però intaccare quello che è accaduto in precedenza.
Le cose sono notevolmente cambiate dopo la partenza di Son Goku con il drago Shenron: la pace regna sovrana sulla Terra, molti personaggi sono cresciuti, alcuni sono scomparsi, altri sono completamente diversi da come li ricordiamo e ciò che è accaduto durante questi anni verrà svelato piano piano attraverso i ricordi dei protagonisti. Il loro vissuto influenzerà il loro modo di agire, di comportarsi, di pensare.
Quello che accadrà, invece, è ancora un mistero...
Vi auguro buona lettura!
 
Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.

I diritti della fanart in copertina non mi appartengono.
Nessun copyright si intende violato.

 
 
 

 

 

 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 1 - ANDATA E RITORNO


- Atto I -

 

Un vestito blu. Un abito dai drappi color ciliegia tipico della tradizione orientale, il viso contornato dai capelli grigi disposti ordinatamente dietro le orecchie, solo un velo di rossetto lucido e una polvere rosa sulle guance che sembrava darle un aspetto più vivo, anche se di vivo non si poteva certo parlare.
Sarebbe stato il suo ultimo vestito, quello che l'avrebbe accompagnata in un regno maestoso che in passato, seppur per poco tempo, aveva avuto l'occasione di ammirare. Era bellissima esattamente come il giorno del suo matrimonio, delicata come una pesca, la pelle rilassata e gli occhi chiusi in un eterno riposo.

Il sole di maggio, luminoso e piacevolmente tiepido, rendeva quella veglia meno straziante del dovuto. Un gazebo sotto un albero in fiore raccoglieva una ventina di persone in abiti scuri; c'erano tutti, proprio tutti. Beh, almeno quelli che erano rimasti.
Il canto degli uccellini accompagnava le lente parole commosse di una donna dai capelli neri la quale, con voce tremante, si sforzava di non cedere. Avrebbe dovuto farlo per suo padre e per suo zio, oltre che per il piccolo esserino dai capelli neri e foltissimi in braccio a suo marito. Era lieta che suo figlio fosse riuscito a conoscere la bisnonna e che ella, anche se solo per un paio d'anni, avesse potuto amarlo come da tempo immemore non era stata in grado di fare. Fortunatamente Goku Jr era troppo piccolo per poter comprendere appieno cosa stesse succedendo ma quando, con paroline confuse, le aveva domandato come mai la bisnonna fosse sdraiata a dormire in una scatola di vetro e nessuno la stesse svegliando, le era venuta una stretta al cuore.
Guardò suo figlio dall'alto del patio e, dopo aver inghiottito un boccone amaro, continuò l'omelia con estrema forza d'animo, ricacciando indietro le lacrime che avrebbe lasciato andare in un altro momento, da sola, a letto.
«... perciò nonna Chichi è sempre stata una donna forte, ed è così che dobbiamo ricordarla: come una vera guerriera» concluse finalmente Pan, accartocciando il foglietto che teneva tra le mani; si era persino dimenticata di guardarlo, non le era mai piaciuto attenersi alle cose scritte.
Sua nonna meritava un memoriale venuto dal cuore, improvvisato al momento, non qualcosa inciso su carta per non perdere il segno. Chichi se n'era andata in una notte tiepida di maggio, nel sonno, il suo cuore oramai anziano non le aveva dato il tempo di salutare nessuno. Forse era stato meglio così, quantomeno non aveva sofferto a lungo. Pan si passò una mano tra i capelli neri - i soliti di sempre tenuti ordinati e pari alle spalle - poi scese dal patio e camminò nervosamente in mezzo alla folla. Non badò agli occhi compassionevoli con i quali tutti la stavano squadrando e si posizionò di fianco all'uomo che aveva preso per marito cinque anni prima. Lui le sorrise e non seppe che dire: era ovvio che fosse stata coraggiosa ed estremamente tenace a riuscire a parlare davanti a tutti senza versare una lacrima; ogni parola sarebbe stata inutile e così, con il braccio libero, la cinse per la vita e l'avvicinò a sé e a quel bellissimo bambino dai capelli sbarazzini che teneva senza fatica appoggiato ad un fianco.
«Nonno! Giochi?» si lasciò sfuggire Goku Jr - il quale era stato sin troppo paziente fino a quel momento - tendendo una manina verso l'uomo a lato sinistro di suo padre. Il nonno si girò brusco e fece cenno con il dito di fare silenzio, lasciando che gli occhi celesti del piccolo venissero contornati da un'espressione imbronciata. «Goku, stasera a casa potrai giocare con nonno Vegeta, ora non è il momento» lo ammonì Pan.
Il piccolo, annoiato, mantenne il broncio senza però più fiatare fino alla fine della cerimonia funebre. Trunks sorrise, posizionò suo figlio più comodamente contro al petto e annusò i suoi capelli corvini dandosi la forza per sopportare di nuovo una situazione così straziante; i fiori di ciliegio, i pianti silenziosi, lo sguardo vuoto di suo padre che non era mai stato bravo a esternare i sentimenti. Sperò solo che finisse alla svelta per poter tornare a casa con Pan e stringerla quanto bastasse per consolarla almeno un poco, e magari togliersi quella dannata maschera da uomo forte che papà gli aveva insegnato a indossare.


Quando la cerimonia si concluse le persone si allontanarono silenziose dal gazebo per salutarsi. Bra fu la prima ad andarsene, veloce come il vento, salutando a malapena il padre e il fratello. Come biasimarla, dopo quello che era successo poco meno di un anno prima?
Oramai c'erano facce che si rivedevano solo ai funerali e ai matrimoni; ognuno aveva la propria vita, una vita normale, come quella di tutti i terrestri. Il male era stato sconfitto da quindici anni e non era più tornato - almeno quel tipo di male che aveva messo a repentaglio il pianeta Terra.
Non vi erano stati più attacchi alieni, mostri feroci, cyborg spietati o draghi malvagi, solo vita quotidiana, fatta di gioie e, purtroppo, dolori comuni a tutti. Mai se lo sarebbe aspettato, Vegeta, di poter vivere il resto della propria esistenza in totale tranquillità, affrontando drammi comuni alla popolazione della Terra. Un tempo era certo che sarebbe morto in battaglia affrontando un nemico più forte di lui, oppure di concludere i propri giorni conquistando pianeti e portando avanti una stirpe di valorosi guerrieri. Beh, sull'ultima aspettativa ci aveva preso in pieno: suo figlio era forte da fare invidia a tutti gli altri smidollati di quel pianeta, sua figlia era stata persino in grado di mandare in fin di vita - con tutte le ragioni - il secondogenito di Kaarot e, per finire, il suo nipotino - la gioia più grande negli ultimi anni (nome da idiota a parte) - sarebbe diventato il combattente più forte di tutti. Ne era certo.
Quello che il piccolo Goku Jr chiamava "giocare" non era altro che un precursore della lotta vera e propria; egli si divertiva a parare i piccoli colpi inferti dal nonno Vegeta e quest'ultimo subiva gli attacchi del bambino, talvolta anche piuttosto dolorosi.
«Papà, che fai, vieni a casa con noi per cena?» domandò Trunks nel frattempo che Pan salutava i suoi genitori e lo zio, ancora molto scossi dalla cerimonia.
Vegeta aggrottò le sopracciglia e rifletté sul da farsi. Era dall'inizio dell'omelia che provava un senso di inquietudine, ma proprio non sapeva spiegarsi il perché. O meglio: un sospetto ce l'aveva, ma lo reputava impossibile e bizzarro.
«No, ci vediamo più tardi» gracchiò il Principe, voltando le spalle al figlio. Forse ciò di cui aveva più bisogno era passare un po' di tempo da solo a riflettere.
«Nonno! E gioco?» chiese il piccolo Goku Jr. Aveva due grandi occhi celesti come quelli del padre - come quelli della sua splendida nonna Bulma.
«Stasera, dopo cena».
«Nooo! Subitooo!» brontolò come solo lui sapeva fare, irritando il Principe solo per qualche istante. Con il tempo Vegeta aveva imparato a domare la rabbia e l'istinto da guerriero senza scrupoli, soprattutto con il nipote - cosa che non era mai stato in grado di fare con Trunks.
«Un bravo guerriero deve saper aspettare» lo ammonì Vegeta. Si voltò nuovamente per incrociare lo sguardo del piccolo e questi ricambiò con la stessa espressione corrucciata. Se c'era una cosa che aveva ereditato dal nonno, questa era di sicuro la testardaggine. Pan aveva sempre ammirato Vegeta in cuor suo, ed era molto fiera che il bambino avesse preso parte del carattere da lui ma, quando giungeva il momento dei capricci, ella non risparmiava di rinfacciare a Trunks quale fosse l'origine di cotanta cocciutaggine.
Rassegnato, il piccolo Goku Jr volse lo sguardo verso la madre e, dopo essere stato salutato da tutti, si lasciò trasportare comodamente dal padre in volo, diretto verso la Capsule Corporation - casa sua.
Pan si era trasferita nella Città dell'Ovest subito dopo il matrimonio con Trunks, lasciando così la dimora dei genitori. Questi ultimi l'avevano presa bene, tutto sommato, sebbene fosse la loro unica figlia; erano contenti che si fosse sposata con un bravo ragazzo, una persona fidata e apprezzata.
Goten e Marron si erano inoltre trasferiti accanto a loro da poco, e Gohan e Videl sarebbero diventati presto zii di una meravigliosa bambina; di certo avrebbero avuto ben da fare. Inoltre Pan e Trunks andavano spesso a trovarli. Il piccolo Goku Jr li aveva resi due nonni felici e amorevoli, e li avrebbe aiutati a superare quel triste momento.

Nessuno di loro era realmente cambiato negli anni, nonostante qualche ruga di troppo. Gohan si era reso conto che stesse invecchiando proprio grazie al suo non essere al cento per cento un Saiyan: i suoi capelli non erano più corvini come un tempo: un colore piacevolmente brizzolato si stava diffondendo tra la sua ancora folta chioma. Videl era splendida come sempre, si teneva in forma e aveva imparato persino a curarsi. Portava di nuovo i capelli corti, poiché si era resa conto che la lunga treccia non era più adatta ad una cinquantenne - o almeno così c'era scritto sulle riviste patinate che ogni tanto le arrivavano per posta.
I coniugi Son camminarono abbracciati l'un l'altro, seguiti dalla bella Marron e il suo compagno Goten, il quale non aveva proferito parola durante tutta la durata della cerimonia. Egli non aveva affatto cambiato look e, nonostante avesse varcato da poco la soglia dei quaranta, non avrebbe mai smesso di atteggiarsi e acconciarsi come il ragazzino di un tempo; questo a Marron non dispiaceva e lo seguiva alla perfezione nella ricerca di sembrare eterni adolescenti.
Goten continuò a guardarsi indietro mentre percorreva il vialetto acciottolato che collegava le loro case al piccolo gazebo in cui si era svolta la cerimonia. L'ultima cosa che Goten avrebbe voluto sarebbe stata lasciare sua madre lì da sola a riposare al tramonto in una bara di vetro, ma ben sapeva che la sua fidanzata aveva bisogno di cure ed attenzioni, oltre che di riposare: Marron era appena entrata nel nono mese e ogni momento sarebbe stato buono per dare alla luce la loro bambina.
Il corpo di Chichi sarebbe stato portato a far cremare il giorno dopo e le sue ceneri sarebbero state sparse sotto al melo secolare che aveva accolto il primo incontro tra lei e il suo amato Goku, moltissimi anni prima. La morte improvvisa non le aveva lasciato tempo di scrivere le ultime volontà, ma i suoi figli la conoscevano come le loro tasche, erano sicuri che fosse ciò che più avrebbe desiderato dopo la dipartita.
 

 

Il tramonto fece colorare il cielo di giallo e rosa, poi di arancione, rosso e viola, sino a spegnersi all'orizzonte con un tuffo dietro le alte montagne. E fu proprio lì, sulla vetta più alta, che Vegeta aveva deciso di meditare a gambe e braccia conserte, gli occhi chiusi e il respiro lento e regolare. Non aveva fame - e ciò era a dir poco strano per un Saiyan - e la sensazione di morsa allo stomaco che l'aveva colpito dall'inizio della cerimonia non accennava ad attenuarsi. Inspirò profondamente per poi buttare fuori quanto più ossigeno poté, come per liberarsi di un peso che gli invadeva il torace. Una smorfia amara gli increspò le labbra, proprio non riuscì a rilassarsi in nessun modo e capì che la meditazione non sarebbe servita a un bel niente se non a fargli perdere del tempo prezioso. Decise così di ritornare a casa per mantenere la promessa fatta al nipote ma, proprio mentre si stava accingendo a raccogliere tutti i pezzi per ricomporre la sua anima frustrata, avvertì qualcosa che lo fece sobbalzare.
I dubbi che erano andati ad accumularsi nella sua mente si fecero improvvisamente certezze.

Spalancò gli occhi in uno sguardo di odio puro e, con un ringhio profondo, si mise a sfrecciare come un proiettile verso valle. Annullò la propria aura per essere certo di non essere scoperto, correndo come una gazzella tra i cespugli di quel luogo dimenticato dagli Dei. Percepì il cuore danzare all'impazzata all'interno della gabbia toracica - ma non per la fatica, non per l'elevata velocità con la quale stava procedendo. Ed eccolo lì, appena fuori dagli alberi, il gazebo circondato da lampade cinesi disposte per non rendere l'ultimo riposo di Chichi troppo oscuro.
Stando ben attento a non effettuare movimenti bruschi e non spezzare rami, Vegeta balzò fuori dai cespugli e atterrò con leggiadria felina sull'erbetta umida dell'imbrunire primaverile. Passo dopo passo il respiro si fece ancor più irrequieto, così come il tremore che aveva sorpreso le sue giunture possenti. Si avvicinò al gazebo senza però salire subito i gradini che l'avrebbero portato all'interno, sbirciando con fare losco.
Nulla. Solo una bara di cristallo e tanti fiori di ciliegio, proprio come quando aveva lasciato quel luogo.
Sospirò rumorosamente, maledicendosi per essere stato così paranoico da credere che fosse successo davvero. Girò i tacchi con estrema frustrazione soffiando tra i denti aria di sconfitta ma... eccola di nuovo, imperterrita e testarda, quella sensazione di stretta allo stomaco che lo fece bloccare. Quella volta non avrebbe potuto sbagliarsi, non c'era alcun dubbio sul fatto che non fosse solo in quella radura.
Si girò prepotentemente senza sbattere le palpebre ed eccolo lì, colto con le mani nella marmellata, impalato di fronte alla bara di cristallo.
Non gli sembrava vero, eppure era proprio lui.


 

Continua...

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Buongiorno a tutti miei cari lettori / lettrici! Dopo più di due mesi dal finale di Dragon Ball GA - Game of Ages, sono tornata con una storia del tutto nuova e completamente diversa dalle precedenti (dalle avvertenze potrete anche capire il perché!). Spero tanto di non deludere le vostre aspettative! Non ho mai scritto nulla di simile e vi giuro che mi sto divertendo un mondo, ho già un sacco di capitoli pronti per essere pubblicati.
Veniamo dunque al sodo: pubblicherò un capitolo a settimana, ogni mercoledì (salvo imprevisti).
Spero davvero che questo inizio abbia stuzzicato un poco la vostra curiosità... perché ne vedremo delle belle! Fatemi sapere cosa ne pensate :) sono troppo contenta di essere tornata!
Vorrei infine ringraziare pubblicamente cinque persone in particolare: FairyCleo che mi ha fatto scoprire questo genere e che con il suo modo di scrivere mi ha ispirata. Andate a leggere i suoi capolavori, non ve ne pentirete! The Big Dreamer che mi ha dato preziosi consigli, e mi ha incoraggiata a continuare a scrivere questa storia. Summer_Moon che con i suoi deliri mi ha sempre fatto ridere e mi ha sempre fatto venir voglia di andare avanti. Kamehamegoku che non ha mai mancato una recensione nella mia vecchia storia e Fandoms_Are_Life che sta traducendo in inglese per me Dragon Ball GA! Spero davvero che anche questa storia possa piacervi!
Un abbraccio a tutti,
 
Eevaa

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Capitolo 2
*** Incontro ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 2 - INCONTRO


 


 

Fiammelle dorate nel buio. Profumo di fiori.
«Lo sapevo che eri qui» sibilò Vegeta.
Dopo un tempo che parve eterno incrociò gli occhi scuri di un uomo con la casacca celeste e i pantaloni giallo girasole. Egli non rispose, si limitò a fissarlo con espressione vacua e un ciuffo di capelli d'ebano che gli ricadeva sulla fronte dai lineamenti morbidi. Kaarot.
Vegeta si avvicinò ulteriormente, prendendo il coraggio di salire dalle scale bianche di quel gazebo infelice. L'uomo accigliato a lato della bara indietreggiò, come se si sentisse minacciato, come se la vicinanza del Principe creasse in lui una sensazione di disagio.
«Quindici anni» continuò, presupponendo con un certo disappunto che il suo eterno rivale avesse perso l'uso della parola. «Ci hai messo quindici anni per tornare».
«Non potevo non salutarla...» ammise Goku. Fece un cenno disperato verso la moglie, la quale riposava serena all'interno della bara di cristallo, circondata da lumini che ballavano al ritmo di un vento caldo.
«Ah, certo!» soffiò Vegeta, con un ghigno sprezzante in viso e il naso arricciato in completo disgusto. «Ma ti sei ben tenuto alla larga dal salutare tutti gli altri!»
«Hai ragione ad essere infastidito, ma ti giuro che io sono sempre stato con voi».
«E DOV'ERI!?» esplose il Principe in un urlo di rancore, paonazzo in viso. «Dov'eri quando lei si è ammalata, eh? Dov'eri quando pregava il cielo che tu tornassi a salutarla? Dov'eri quando è morta!?»
«Vegeta...» sussurrò Goku per poi avvicinargli una mano alla spalla, ma questi la scansò con uno schiaffo.
«Non - mi - toccare» scandì Vegeta, con pericolosa pacatezza. «O giuro che ti uccido».
«Ti prego, Vegeta. Lo so, lo so che hai sofferto, lo so che avete sofferto in tanti per la morte di Bulma».
«Non dire il suo nome».
«Era la mia migliore amica, non hai idea di quanto mi sia dispiaciuto» ammise Goku, nel tentativo di trattenere a stento il tremore al labbro inferiore.
«Lei era MIA MOGLIE!» abbaiò di nuovo Vegeta, sull'orlo di una crisi di nervi, poi continuò a parlare con voce più bassa ma con tono furibondo. «E Crilin? Dov'eri quando quella testa pelata è passato a miglior vita? E quel buono a nulla di Yamcha? Non ti nascondo di aver provato un senso di euforia quando ha tirato le cuoia, ma tu dov'eri? Non lo definivi tuo "amico"? LO SAI CHE SI È AMMAZZATO?!»
Goku chiuse gli occhi e deglutì sonoramente di fronte al suo rivale; sentire quelle parole lo ferivano più dei micidiali pugni e calci che gli aveva inferto in passato.
«Io... sì. Lo sapevo» balbettò, prima di venire incalzato per l'ennesima volta da quell'uomo che mai avrebbe giurato potesse attaccarlo in quel modo, non per questioni deliziosamente terrestri, almeno.
«Tua nipote Pan e mio figlio si sono sposati, diavolo, siamo pure parenti adesso! Mi viene l'orticaria solo a pronunciarlo. Pensa a quanto sono caduto in basso...»
Goku si lasciò sfuggire un sorriso.
«Cos'hai da ridere, razza di idiota?!» domandò retorico Vegeta. Tentò il più possibile di mantenere l'aura a livelli bassi per non farsi scoprire dai figli di quel mentecatto - i quali abitavano a pochi passi dal gazebo - ma ciò che il perfetto imbecille a pochi metri da lui rispose rese ancor più arduo il perseguire di quel compito.
«Un po' mi sono mancati i tuoi insulti, sai?» commentò, ingenuo, stando ben attento a non dare modo al suo rivale di potergli cavare gli occhi con un attacco inaspettato.

Era vero: quel burbero Principe dei Saiyan dall'aria arrogante e dai modi poco pacati gli era mancato sul serio, così come gli erano mancati tutti gli altri. Erano passati quindici lunghissimi anni da quando aveva intrapreso una via non del tutto condivisibile dalla sua famiglia e i suoi amici, e gli Dei solo sapevano quanti sacrifici gli erano occorsi per non mollare il colpo.
Goku era convinto che tutti i problemi sulla Terra derivassero proprio dalla sua presenza, ed effettivamente così era stato: tutti i grandi nemici del passato avevano minacciato l'esistenza dell'universo soprattutto a causa sua. Da quando egli aveva deciso di andarsene via per sempre, la Terra aveva vissuto il periodo di pace più lungo della storia dai tempi della sua nascita; nessun mostro dal colore improbabile e dal sadismo pungente aveva cercato di attaccare il loro pianeta. In quei quindici anni gli unici problemi ai quali la sua famiglia e i suoi amici avevano dovuto far fronte erano stati quelli delle persone normali, quelli enunciati nelle promesse nuziali: salute, malattia, ricchezza, povertà, nascita, morte. Problemi grandi, ma componenti e passaggi fondamentali da cui tutti prima o poi passano. Gli effetti collaterali della vita, insomma.
Avrebbe davvero voluto tornare prima per non perdersi tutti quegli eventi, avrebbe dato qualsiasi cosa per trovare la forza e il coraggio di farlo, ma per il bene di tutti aveva deciso di non mettere a repentaglio ancora una volta il buon andamento della pace sulla Terra. Alla notizia della morte di Chichi, però, non aveva saputo resistere: era tornato, ma ancora forse non sapeva per quanto tempo. Non riusciva a capire come avrebbe potuto fare a svelare tutta la sua verità, non sapeva se e soprattutto come salutare i suoi figli, ma era grato che Vegeta l'avesse colto sul fatto: così facendo gli aveva risparmiato uno dei suoi tanti dubbi su come rivelarsi a lui.

«Sei esattamente come ti ricordavo, Vegeta» ammise infine, osservando gli occhi del suo rivale vivi e pieni di energie, proprio come quelli di un tempo. Quell'uomo era stato capace di compiere un'evoluzione incredibile durante tutto il corso della sua vita, era la persona che più aveva saputo sorprenderlo, su questo non c'erano dubbi. Ma, anche se nell'anima era ancor più cresciuto da come lo ricordava, fisicamente non era per nulla invecchiato e, anzi, era tornato con le stesse sembianze e prestanze fisiche di quando avevano combattuto contro Majin-Bu. Persino i suoi capelli erano tornati ad essere della forma originale, la fiamma che l'aveva sempre contraddistinto.
«E saprai anche il perché, immagino» ipotizzò Vegeta, II desideroso di sorvolare su quel fatidico argomento che ancora gli arrecava un dolore immenso, come una ferita aperta e mai guarita.
«Già, ho saputo cosa avete combinato tu e Bulma» ammise Goku con un amaro sorriso. Solo pronunciare quel nome gli fece provare un gran senso di nostalgia, ma non poteva neanche lontanamente immaginare cosa scatenasse nel cuore del suo interlocutore.
«Come vedi per lei non ha funzionato, Kaarot» tagliò corto Vegeta, deciso più che mai di concludere quel drammatico discorso. «Invece tu sei cresciuto, finalmente».
«Eh già! Come vedi ora ho ventotto anni» dichiarò Goku, ridacchiando con una mano dietro la nuca. Quando era partito con il drago Shenron alla volta di un nuovo mondo era ancora un bambino a causa del desiderio espresso da Pilaf, ma oramai era passato così tanto tempo che quel ragazzino era cresciuto di nuovo. «Non diciamolo a nessuno che in realtà siamo due arzilli ultra-settantenni!»
Gli occhi del Principe dei Saiyan si incatenarono a quelli del rivale, non lasciandogli la forza di evadere da quello sguardo gelido e indagatore. Vegeta si maledisse perché, nonostante tutto, non avrebbe mai avuto la forza di odiarlo come in passato aveva fatto. Non ci riusciva più, oramai il tempo dello spietato assassino era bello che finito. Ne avevano passate così tante da poterlo considerare veramente un amico, e questa cosa lo faceva sentire così stupido e così debole da volersi percuotere da solo.
In un solo sguardo si poteva percepire l'alta tensione delle mille battaglie affrontate, sia l'uno contro l'altro che insieme contro il nemico. Ogni colpo inferto, ogni batosta ricevuta, ogni vittoria festeggiata.
Cielo, Vegeta avrebbe dovuto attaccarlo seduta stante, avrebbe dovuto girare i tacchi e volare via di lì, ma chissà come non ci riuscì. Non riuscì a fingersi distaccato e disinteressato nei suoi confronti. Non riuscì a mantenere alto il livello di tensione con il quale l'aveva accolto: in fondo quell'idiota era pur sempre un idiota e ciò rendeva difficile il compito di prendersela troppo. Chiuse gli occhi e sospirò rumorosamente, ben intenzionato a mangiarsi la lingua per ciò che stava per chiedergli.

 

«Quindi cosa farai, adesso?» domandò Sua Maestà. Discostò lo sguardo in direzione delle stelle, nascondendo i suoi occhi da quell'imbarazzo che mai aveva imparato a provare.
«Non lo so, Vegeta. Non ne ho la minima idea» dichiarò Goku. Cercò quindi di riflettere, cosa che gli risultò alquanto difficile. Il suo amico aveva colto nel segno: non c'era modo, per lui, di trovare una soluzione a quello che rappresentava il suo cruccio più grande.
«Potresti iniziare levandoti di torno e bussare a quella porta» suggerì Vegeta, acido, indicando con il mento la casa di Gohan a pochi passi di distanza da loro.
Una luce calda e fievole illuminava la finestra della cucina di quella casa rotonda, la stessa casa in cui Goku aveva vissuto per anni, la casa in cui aveva costruito una famiglia. Una famiglia che, purtroppo, non era mai stato in grado di amare in modo convenzionale. Li aveva abbandonati più e più volte a favore del mero allenamento, del combattimento. Chichi gliel'aveva rimproverato sempre e non era mai stato in grado di comprenderla, di capirla. Ma forse, ora che lei non c'era più, si stava rendendo conto di quanto in realtà l'avesse trattata ingiustamente. Lei come i loro figli.
Come avrebbe fatto Goku a presentarsi a quella porta dopo così tanti anni? Cosa avrebbe detto a Gohan? Come avrebbe giustificato la sua ennesima e abnorme assenza? No, non era affatto pronto e forse non lo sarebbe mai stato. Non era mai stato un genio nel trovare le parole giuste, nel formulare grandi discorsi, nel parlare di sentimenti; non era sicuro che quella volta avrebbero saputo accoglierlo a braccia aperte. Se persino quel menefreghista di Vegeta si era adirato non poco per la sua mancanza - cielo, come l'avevano stupito le sue parole! - non sapeva proprio cosa aspettarsi da Gohan e Goten.
«Non oggi. Ho bisogno di pensarci su». Goku lasciò cadere entrambe le braccia lungo i fianchi in un gesto di rassegnazione.
«Tsk... da quando in qua usi la tua testa per pensare, Kaarot?» commentò sarcastico il Principe, aspettandosi le usuali ingenue proteste che però non arrivarono. Con la coda dell'occhio lo guardò chinare la testa, rattristito. Vegeta si impietrì, cosa diamine poteva essergli successo? Cosa era accaduto a quel tonto, idiota, allegro moccioso che ricordava di aver lasciato andare quindici anni prima? Davvero quell'affermazione poco cordiale l'aveva colpito così tanto nel personale?
Vegeta deglutì e si maledisse per essere diventato tanto rammollito da interessarsene, poi alzò gli occhi al cielo in uno sbuffo.
«Ad ogni modo, hai veramente intenzione di startene qui a zonzo in mezzo al bosco come un perfetto idiota?» domandò scocciato, rompendo quel silenzio angosciante.
«Ehm...» mugugnò Goku portandosi il pollice e l'indice sotto al mento come per pensare. In effetti non aveva la benché minima idea di dove andare né di cosa fare. Forse avrebbe dovuto volare dall'altra parte della Terra e riflettere meglio sul da farsi, ma sarebbe stato identico a scappare di nuovo.
Tutto d'un tratto ebbe un'idea, un'idea malsana che il Principe non avrebbe accettato di buon grado ma, date le circostanze, sarebbe stata l'unica cosa sensata da fare. Ingenuamente sorrise, ridacchiando a bassa voce e sperando con tutto il suo cuore che la sua richiesta non facesse perdere le staffe a Sua Maestà. Ma cosa aveva da temere, in fondo? Era andato tutto bene sino a quell'istante.
«Beh?!» lo rimbeccò Vegeta, sull'orlo di perdere di nuovo la pazienza. Non era mai stata una delle sue grandi virtù, soprattutto con Kaarot, e in quel momento l'inetto stava mettendo alla dura prova i suoi nervi già sin troppo tesi.
«Non è che avresti un posto libero a casa?» domandò tutto di un fiato Goku, con tanto di sorriso a trentadue denti e mani in preghiera.
Vegeta trasalì. Spalancò gli occhi e sperò di non aver capito bene.
Non solo quell'imbecille si era presentato come se niente fosse al suo cospetto dopo quindici anni, ma aveva avuto addirittura il coraggio di invitarsi a invadere casa sua.
«Dimmi, Kaarot, ti è per caso dato di volta il cervello?» asserì con estrema convinzione.
«E dai, Vegeta. Non posso mica starmene qua a zonzo per i boschi come un perfetto idiota, giusto?»
«Vai a dormire in un hotel se vuoi stare comodo!»
«Ma non ho un soldo! Ti prego!»

Vegeta non rispose ma voltò le spalle, risoluto a non dargliela vinta - cosa che purtroppo non risultava facile, con una persona insistente come Goku. Soprattutto perché questi lo conosceva sin troppo bene e aveva atteso fino all'ultimo prima di tirare fuori il suo asso nella manica, la carta vincente con la quale avrebbe potuto convincerlo.
«Sai, Vegeta, ho imparato nuove tecniche di combattimento! Domani potremmo svegliarci presto e andare ad allenarci sul pianeta dei Kaiohshin, così nessuno ci scopre!» gli sussurrò nell'orecchio, con le sopracciglia incurvate in un'espressione ammiccante.
Sua Maestà corrugò la fronte, poi sbuffò. In effetti non sarebbe stata una cattiva idea testare la forza di Kaarot dopo così tanti anni. Chissà se era diventato più potente oppure aveva battuto la fiacca, chissà se le sue tecniche si erano diversificate. Cielo, quanto odiava dover ammettere che quell'imbecille sapeva sempre come convincerlo e metterlo in difficoltà!
«Tsk... sei sempre il solito».
«È UN SI?!» gridò Goku, rendendosi poi conto che non avrebbe dovuto urlare se non voleva essere scoperto dai suoi figli. Si aggrappò al braccio di Vegeta, con le ginocchia appoggiate al terreno, colmo fino ai capelli di gratitudine. «Urcaaa! Grazie, grazie, gra-»
«E falla finita!» Vegeta lo scansò con un gesto bruto. «Sarà solo per una notte, poi dovrai sloggiare. Non sono certo un oste, io».
«Una hostess
«Ci rinuncio. Fa' silenzio e seguimi, prima che cambi idea!» gracchiò il Principe dei Saiyan, fingendo di non aver udito il rivale in quella che era la massima esternazione della sua stupidità.




Continua...


 

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti! Finalmente è mercoledì! Wow, credo di non aver mai scritto un testo con così tanto dialogo xD Come avete visto da questo secondo capitolo, si inizia ad intuire un po' del trascorso del valoroso principe. Man mano che la storia andrà avanti farò sempre più chiarezza su cos'è accaduto ad entrambi protagonisti. Prima o poi si scoprirà tutto ma dovrete portare un pochino di pazienza, intanto godetevi le avventure di questi due zitelli :) 
A prestissimo,
Eevaa

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Capitolo 3
*** Casa dolce casa ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 3 - CASA DOLCE CASA

 

I due Saiyan si addentrarono nel bosco con fare circospetto, poi raggiunsero uno spiazzo sufficientemente lontano dalle case dei figli di Goku da non destare alcun sospetto. Quest'ultimo sapeva bene che, qualora avesse cercato di volare, qualcuno avrebbe potuto avvertire la propria aura ma - siccome Vegeta non aveva la benché minima intenzione di portarlo sulle spalle fino a casa sua - si dovette arrangiare con l'unico mezzo a disposizione: la Nuvola Speedy. Quando la richiamò a sé, Goku ebbe come l'orribile sensazione che neppure la sua amata nuvola accorresse da lui o peggio, che non l'avrebbe lasciato salire sul suo dorso. Eppure, nonostante fossero passati tantissimi anni, questa lo accolse come se in realtà il tempo non fosse mai passato.
Così, nel buio della notte, i due rivali partirono alla volta della Città dell'Ovest. Dopo la morte di Bulma, Vegeta aveva voluto separarsi dalle radici che lo tenevano ancorato alla Capsule Corporation e aveva ceduto l'intera proprietà ai due figli. Entrambi avevano insistito affinché egli rimanesse - in fondo c'era un sacco di spazio in quella casa - ma il Principe era stato più che risoluto ad andarsene. La verità era che aveva avuto un gran bisogno di starsene da solo per un po' e quindi, con gli infiniti soldi fruttati dalla società, si era comprato un attico ai sobborghi della metropoli, nel quale aveva ritrovato il piacere di starsene in santa pace e soprattutto in silenzio. Andava ad allenarsi nei boschi o, quando era particolarmente invogliato a socializzare, tornava alla Capsule Corporation per allenarsi nella Gravity Room da solo, o a volte con Trunks.
Da quando era nato il piccolo Goku Jr, però, erano davvero pochi i giorni nei quali decideva di rimanersene per i fatti suoi e, con grande piacere della sua famiglia, Vegeta rimaneva spesso e volentieri alla Capsule Corporation con la scusa di doversi allenare duramente nella camera gravitazionale. Ciò che mai avrebbe rivelato era che diventare nonno l'aveva profondamente giovato, e mai si sarebbe aspettato di provare una simile beatitudine dopo la morte della moglie. Si svegliava presto e passava gran parte delle sue giornate a "giocare" con il piccolo, insegnandogli piccole mosse di arti marziali e sgravando così Pan dal doverlo accudire per tutto il giorno. Trunks e Bra erano spesso impegnati in convention e meeting alla sede principale della società e, talvolta, anche in trasferta. Da quando Bulma aveva lasciato loro in eredità l'intero colosso scientifico-industriale, i due figli avevano dovuto darsi da fare per far sì che la Capsule Corporation mantenesse alto il nome che aveva acquisito e, a dispetto di ciò che Vegeta si sarebbe aspettato da due fannulloni (lavorativamente parlando) come loro, ci stavano riuscendo alla grande.

 

I Saiyan raggiunsero la periferia della città in una quindicina di minuti, tempo nel quale Vegeta ebbe assai modo di lamentarsi della lentezza di quel mezzo di trasporto ai suoi occhi patetico. Sorvolarono alcuni edifici prestando ben attenzione a non farsi notare, prima di raggiungere finalmente il balcone del piccolo attico di un palazzo altissimo. Le luci erano spente e le finestre tutte chiuse: erano oramai più di due settimane che Vegeta non tornava in quella casa. L'ultima volta che ci era stato era quando il piccolo Goku Jr aveva passato un intero pomeriggio a strillare a causa di un malanno stagionale; Vegeta non avrebbe potuto reggere un minuto di più in quel baccano infantile e, tra le risate soffocate di Pan e Bra, aveva tagliato la corda borbottando. Era pur sempre il Principe dei Saiyan, non un babysitter.
Vegeta si avvicinò alla porta in vetro e, premendo il proprio palmo contro un display, disattivò tutti gli allarmi e fece aprire le serrature della casa. Si addentrò distrattamente seguito da Goku il quale, con la bocca spalancata, non riuscì a credere ai propri occhi.
«Urcaaa! Ma davvero tu vivi qui?» commentò, guardandosi intorno con espressione allibita.
«No, ho scassinato l'appartamento di qualcuno. Certo che vivo qui, idiota!» Vegeta si tolse la giacca in pelle e l'appese a un gancio metallico accanto alla porta principale.
L'appartamento era spoglio di qualsiasi ornamento superfluo e i toni con i quali era stato arredato erano sostanzialmente bianco e gradazioni di grigio, ad eccezione del grande divano con chiase-longue blu notte che occupava gran parte del salotto, un open space che dava sulla cucina con isola. Le tapparelle delle finestrone alla parete principale si erano aperte da sole nel momento in cui erano entrati, mostrando la grande città in tutta la sua interezza e magnificenza in una vista mozzafiato.
Non vi erano quadri o fotografie sul resto delle pareti e le uniche decorazioni presenti erano un bonsai curato sul tavolo in vetro e un ficus benjamin in mezzo alle porte che conducevano al bagno e alla camera da letto. Una grossa libreria moderna e nera si appoggiava accanto all'entrata, in un angoletto dedicato alla scrivania con un computer portatile, ed era stracolma di libri. Goku non aveva idea che il Vegeta fosse appassionato di lettura. Appoggiato su una delle mensole adiacenti alla scrivania, vi era un disegno raffigurante un bimbo dai capelli biondi e un uomo dal medesimo aspetto con i capelli a forma di fiamma: un regalo del piccolo Goku Jr per il suo adorato nonno. Il nipotino, infatti, aveva il grande desiderio di potersi trasformare al più presto e, a giudicare dalla sua straordinaria potenza, Vegeta scommetteva che non ci avrebbe messo poi più di tanto.
«Non ho una stanza per gli ospiti appunto per il fatto che non ho mai voluto ospiti, qua dentro. Dovrai accontentarti del divano» disse Vegeta, addentrandosi in una delle due porte bianche. Uscì con una coperta in pile color verde acqua che gli gettò addosso senza troppi complimenti. «Sistemati come meglio credi. Io devo andare».
«Come, te ne vai?» domandò Goku, esterrefatto, nel maldestro tentativo di divincolarsi dalla coperta che il Principe gli aveva buttato in testa.
«Sì, devo fare una cosa, ma torno tra poco. Se hai fame ordina una pizza, perché in frigo non ho nulla. Anzi, prendine una anche per me, usa questa per pagare!» Vegeta lanciò una carta giallo ocra sul tavolino del soggiorno e si apprestò a uscire in fretta e furia da un grosso finestrone. Prima, però, si voltò di scatto e gli puntò un dito contro. «Ah, vedi di non combinare danni, perché in tal caso non esiterò a sbatterti fuori da qui!»
Detto questo, sparì nel buio nella notte.

 

 

Cosa gli fosse passato nella testa nel momento in cui aveva lasciato nella sua casa quel babbeo senza cervello da solo, questo proprio Vegeta non lo sapeva. Non che non fosse una persona fidata, ma non era di certo la più ponderata al mondo. Non ci sarebbe voluto molto prima che combinasse qualche disastro, seppur involontariamente.
Se gliel'avessero detto ventiquattrore prima non ci avrebbe mai creduto: non solo Kaarot era tornato, ma si era persino auto-invitato a dormire sul suo divano. Vegeta scosse la testa e tornò a concentrarsi su quale fosse realmente la sua intenzione in quel momento e, poggiando entrambi piedi davanti alla porta automatica della grande casa rotonda, fece aderire un'altra volta la propria mano sul display d'ingresso, per il quale aveva ancora la chiave d'accesso.
Non appena la porta si aprì lo accolse sua figlia, la quale si passò una mano tra i capelli corti e sbarazzini, avvolta in un tailleur nero e con indosso ancora il rossetto rosso scarlatto. Probabilmente era appena rientrata anche lei.
«Ah, eccoti». Lei sorrise e gli diede le spalle in procinto di andare in bagno per struccarsi, togliendosi prima i tacchi alti con cura. Bra era sempre più bella e sempre più simile alla madre, persino negli atteggiamenti e nel modo di camminare. Aveva da poco compiuto trent'anni ed era la donna più bella, più ricca e di successo del paese ma, dopo la grossa delusione d'amore ricevuta l'anno precedente, era più che intenzionata a rimanere single chissà ancora per quanto tempo. Per altro, forse, di questo Vegeta era un poco felice. Non aveva facilmente accettato di lasciarla nelle mani di qualcuno e, a giudicare da com'era andata a finire, sarebbe stato ancor più complicato fidarsi di un altro uomo. Era molto affezionato a lei e non voleva che soffrisse di nuovo.
«Dov'è Goku?» Vegeta si squadrò intorno, alla ricerca del bambino che era solito trotterellare per il salotto immerso in una quantità industriale di giocattoli - cosa che, per inciso, Sua Maestà odiava.
«Sono le undici, papà! È già a letto da un'ora» spiegò lei, poi sparì dietro una porta senza dare importanza alla domanda del padre.

Vegeta aggrottò le sopracciglia e serrò le labbra sottili in un'espressione di malcontento. A passi svelti si avviò al piano di sopra, stando ben attento a non far rumore e non svegliare suo figlio e la moglie i quali, probabilmente, stavano già dormendo anche loro. La strada per la camera di Goku Jr era la stessa da tanti anni: la stanzetta era stata la sua non appena arrivato sulla Terra, poi di Trunks e ora del nipote. Vegeta aprì piano piano la porta socchiusa e ci cacciò dentro la testa per osservare l'interno.
Il piccolo dormiva beato in posizione supina, con una mano penzolante giù dal lettino. Il Principe si avvicinò a passi lesti e si inginocchiò di fianco a lui, per guardarlo con espressione indecifrabile.
«Nonno?» Il piccolo Goku aprì gli occhi con espressione assonata e sbadigliò. Probabilmente, anche nel sonno, aveva avvertito la sua presenza per via dell'aura. Era già bravo a saper riconoscere l'energia e persino a domarla.
«Shhht» lo zittì Vegeta mettendosi il dito di fronte al naso, avvicinandosi di più al suo viso per poter sussurrare. «Ti avevo detto che sarei venuto, ma ho fatto tardi. Domani sera verrò qui presto, fatti trovare pronto per l'allenamento!»
«Shi».
«Bravo, ragazzino. Ora dormi!» sussurrò con cautela, osservando il piccolo stropicciarsi gli occhi e girarsi su un fianco per continuare a dormire.
Si poteva dire di tutto di Vegeta, ma non che non fosse un uomo di parola. Aveva fatto una promessa e non era riuscito a mantenerla e, sapendo quanto quel moccioso ci tenesse a quelle cose, avrebbe dovuto star bene attento a rimediare. Ci teneva tanto a quel bambino, più di ogni cosa al mondo in quel momento, probabilmente.
Da quando Goku Jr era nato, Vegeta sentiva di essere cambiato ancora, di essere diventato ancora più un terrestre ma, soprattutto, si sentiva meno triste, meno solo. Aveva i suoi occhi. Aveva gli occhi della sua Bulma, quegli occhi che si erano chiusi troppo presto, troppo velocemente.
Vegeta non era un tipo sentimentale, ma non era riuscito a trattenere le lacrime quando, in un gelido pomeriggio d'inverno, aveva stretto la mano di sua moglie per accompagnarla nell'ultimo viaggio. Da allora non era più stato lo stesso e non c'era stato giorno in cui non avesse sentito una stretta al cuore, soprattutto la sera. Ma, dalla nascita del nipotino, si era sentito meglio. Aveva ritrovato una nuova forza, era tornato ad allenarsi per migliorare, non solo per scaricare la tensione e la frustrazione. Ed era migliorato, eccome se era migliorato!
Con fare circospetto Vegeta uscì dalla stanza e si diresse verso la porta che dava all'uscita, ma una voce roca e assonata lo fece sobbalzare.

«Papà, quando sei arrivato?» domandò Trunks, stiracchiandosi. Probabilmente si era alzato alla ricerca di acqua o per andare in bagno.
«Poco fa, ma ora vado».
«Non resti qui stanotte?» chiese suo figlio, sorpreso.
«No, ho da fare» mentì Vegeta. In quel momento gli passò per la mente l'immagine di quell'imbecille di Kaarot; chissà cosa diamine stava combinando in casa sua.
Trunks lo guardò storto per qualche istante.
«Stai bene?»
«Tsk. Certo che sto bene!» tagliò corto Vegeta. Si voltò di spalle e aprì la porta automatica, poi balzò fuori in volo mormorando un appena udibile "buonanotte".
Trunks lo guardò allontanarsi tra le sempre più spente luci della città. Chissà cosa aveva di così tanto importante da fare.
«'Notte, papà».

 

Vegeta volò irrequieto nel buio della notte, molto più velocemente di come avrebbe di solito fatto per andarsene in giro a zonzo sopra i grattacieli della città. Sarebbe dovuto tornare a casa alla svelta, prima che quel buono a nulla la distruggesse o commettesse qualche goffa idiozia. Era turbato, molte immagini scorrevano nella sua mente, troppi ricordi combattevano per riaffiorare al suo cospetto.
Non seppe né come né perché, ma pensò ai suoi primi giorni di vita sulla Terra. Bulma l'aveva invitato a rimanere in casa sua, quella grande casa che da pochi secondi si era lasciato alle spalle. Eppure il ricordo era così fievole, così lontano. Quante cose erano cambiate da allora! Si sentì diverso, si sentì come se quell'alieno dai capelli a punta fosse addirittura un'altra persona. Aveva i suoi ricordi, certo, ma non era più lui. Erano passati così tanti anni che quasi non gli sembrava vero, che quasi non credeva di avercela fatta a sopravvivere e cambiare. E la cosa che creò in lui ancor più un senso di agitazione e di ansia fu che, se tutto fosse andato liscio, avrebbe vissuto ancora per così tanti anni da cambiare di nuovo.
Vivere due vite è forse il desiderio di chiunque, di qualunque uomo, alieno o animale con coscienza. Ma sarebbe stato davvero così facile? Avrebbe dovuto avere settantasei anni, invece fisicamente ne aveva a malapena quaranta. La sua mente avrebbe saputo conservare così tanti ricordi o avrebbe perso per strada il suo passato, con lo scorrere del tempo? Si sarebbe ricordato chi era, alla fine?
Non avevano messo in conto questo, lui e Bulma, quando avevano tentato di sfidare la sorte. Non avevano preso in considerazione l'idea che, così facendo, avrebbero molto probabilmente dovuto seppellire i loro figli, un giorno. Si maledisse, si maledisse perché in quel momento dopo tantissimo tempo sentì una stretta al cuore. Sarebbe dovuto morire di vecchiaia da lì a pochi anni, ma sapeva che non sarebbe stato così e avrebbe dovuto subire il dolore per la perdita della sua amata Bulma per chissà ancora quanto. Ma perché ci stava ripensando in quell'istante?
Perché proprio in quel momento?

 



Continua...

 


 



ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti, amici :)
Sono molto contenta che questi primi capitoli introduttivi vi stiano piacendo. Come ho già detto a qualcuno questa sarà una storia molto, molto lunga, quindi me la sto prendendo con comodo e spiegherò piano piano tutto ciò che è successo nei 15 anni di gap tra la fine del GT e l'inizio della storia. Ci saranno anche dei flashback molto dettagliati!
Volevo rammentarvi che questa è una storia sentimentale ed introspettiva, per questo è improntata principalmente sulla psicologia dei personaggi, sul loro vissuto quotidiano e sui loro rapporti (già che ci sono ripeto che è una SHONEN-AI, se qualcuno si fosse perso questo avvertimento). Lo so, per ora manca un po' di azione, ma quella verrà con il tempo. Eccome se verrà!
Vi informo anche che questa settimana ci sarà una doppia pubblicazione, quella di oggi e poi metterò online il capitolo 4 sabato :D spero che ne siate felici!
A prestissimo!
Eevaa

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Capitolo 4
*** Sulla stessa barca ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 4 - SULLA STESSA BARCA

 
I can see them running towards me
All the time they steal my dreams
The ghosts of past and sorrow
They shout, they carry on
They whisper on my sorrow

They shout all night long

Neverending Nightshttps://www.youtube.com/watch?v=80lhxxCUnpk
 
 

•••
 

La corsa di Vegeta si arrestò di fronte alla finestra scorrevole del suo appartamento, socchiusa come l'aveva lasciata; Kaarot non si era permesso di toccarla. La aprì quanto bastò per entrare nel loft ancora illuminato, ma non vide alcuna figura all'interno. Che fosse andato via? Che avesse già cambiato idea? Con occhi indagatori si guardò intorno, camminando a passi lenti sul parquet in legno grigio.
«Kaarot?»
Aprì la porta socchiusa del bagno sperando di non beccarlo intento a lavarsi o in altre situazioni sconvenienti, cosa che non accadde. «Kaarot?!» lo chiamò più forte e si avviò verso la porta di camera sua più che convinto che, oramai, quell'imbecille se la fosse data a gambe. Fece per afferrare la maniglia in acciaio della porta quando, di scatto, questa si aprì mostrando a Vegeta qualcosa che non avrebbe facilmente perdonato.
«Ah, sei già tornato?» domandò retorico Goku, in un sorriso a trentadue denti, bloccandosi a piedi uniti sull'uscio della camera.
«Si può sapere cosa stavi facendo in... aspetta!» si interruppe Sua Maestà squadrando quell'uomo di fronte al lui, impettito nel suo nuovo outfit che aveva un nonsoché di famigliare. Goku non era solito indossare dei vestiti che non fossero tute da combattimento, eppure sembrava sentirsi a suo agio con quei pantaloni neri, la canottiera grigia piuttosto aderente e la giacca nera informale con il colletto. Vegeta ebbe un fremito, poi parlò con tono gelido e pericolosamente calmo. «Quelli sono i miei vestiti».
«Sì, ecco, avevo quella casacca addosso da chissà quanto tempo, effettivamente era tutta rotta e sporca, così l'ho buttata. Come sto?» chiese Goku guardandosi le braccia e le gambe. «Forse sono un po' cortini questi pantaloni, però sono molto comodi!»
«NON TI HO DATO IL PERMESSO DI PRENDERLI!» sbraitò Vegeta, dopo essersi trattenuto sin troppo. Non solo quello squinternato gli aveva occupato la casa: aveva preso i suoi abiti e gli aveva fatto inoltre notare quanto quei dannati pantaloni fossero troppo corti per le sue gambe lunghe. Una cosa era certa: non gliel'avrebbe fatta passare liscia.
«Suvvia, non volevo sporcarti il divano con quella tuta sporca. Posso tenerli?» domandò con un tono compassionevole che smorzò la rabbia del Principe.
«Tsk. Oramai hai buttato i tuoi, di certo non voglio vederti andare in giro nudo» gracchiò Vegeta, stanco.
«Lo prendo come un sì! Grazie Vegeta!»

 

Sua Maestà sbuffò come per controbattere nuovamente, quando il suono del citofono lo fece sobbalzare. Chissà poi come mai, visto che non aveva un bel niente da nascondere. Se qualcuno avesse scoperto del ritorno di Kaarot sarebbero stati unicamente affari del diretto interessato, lui si era solo trovato in mezzo alla situazione.
«E adesso chi diavolo è?!» Fulminò con gli occhi l'improvvisato ospite e si avviò a passi lenti verso la porta d'ingresso, con fare circospetto.
«Ho fatto come mi hai detto tu: ho ordinato le pizze!» dichiarò Goku con un'alzata di spalle e poi lo seguì.
Sua Maestà sciolse le rigide spalle con un sospiro. «Tsk, almeno una cosa giusta l'hai fatta!» Però, quando aprì la porta di casa, questi ebbe la disconferma servita su un piatto d'argento - o meglio, in una scatola di cartone. Venti. Venti scatole di cartone.
Il fattorino delle pizze, sudato e con evidente affanno, sorreggeva con le braccia una pila più alta di lui di cartoni di pizze d'asporto.
«Kaarot. Dimmi che non sono tutte nostre» sussurrò Vegeta a pugni stretti. Non poteva credere ai suoi occhi ma, in cuor suo, conosceva già bene la risposta.
«Che c'è? Non vanno bene? Io ho una fame da lupi!» rispose Goku, innocente. Scansò con il braccio il padrone di casa e prese con estrema facilità i venti cartoni dalle mani dello sconvolto fattorino, porgendogli poi la carta prepagata.
«Levati dai piedi» soffiò Vegeta al malcapitato addetto alle consegne, sbattendogli la porta in faccia e cercando di immagazzinare quanta più pazienza possibile. Non era mai stato uno dai modi cortesi, ma in una situazione di normalità non era il tipo da sceneggiate.
«Kaarot...» aggiunse, con tono pericolosamente piatto. «Te lo giuro su tutti gli Dei, io ti faccio del male».
«E dai, non dirmi che adesso mangi come un essere umano!» lo incalzò Goku. Lasciò cadere sul tavolo con un tonfo la pila infinita di pizze e con impazienza avvolse sugli avambracci le maniche della giacchetta nera rubata a Vegeta. Aveva una fame da lupi e nel posto in cui era stato per quindici anni la pizza aveva potuto solo sognarla.

Vegeta sbuffò e si sedette su una delle sedie bianche, il più possibile distante dal suo ospite. In effetti quelle pizze avevano un odore niente male ed era già qualche ora che il suo stomaco richiedeva attenzioni particolari. Quel dannato idiota aveva ragione: non gli sarebbe bastata certo una sola porzione per sfamarsi del tutto, anche se negli ultimi anni aveva imparato a non esagerare con il cibo, a costo di non saziarsi mai completamente. Non che avesse perso il suo solito appetito - di certo non sarebbe stato possibile - ma la voglia di uscire a fare la spesa tutti i giorni e cucinare per un esercito non era mai troppa. Le uniche volte che si era concesso di banchettare senza tregua era stato durante i pranzi di famiglia da Chichi e, proprio a quel pensiero, sentì una leggera stretta al cuore. Non gli era mai andata così a genio, quella donna isterica, ma da quando Goku se ne era andato e i suoi figli erano diventati grandi e indipendenti, lei si era data una gran calmata. Vegeta aveva imparato a sopportarla e, nel suo piccolo, persino ad apprezzarla. Di certo non era stato felice quando era venuto a conoscenza della sua morte e, seppur con molto contegno, aveva provato un gran senso di dispiacere al suo funerale di quel pomeriggio.
«Beh? Non... uhmpf... non mangi?» gli domandò Goku con la bocca piena, sputacchiando dei pezzi di pizza sul tavolo.
Senza dire una parola il Principe prese il primo cartone aprendolo con voracità. Al diavolo il contegno! Per quella volta gliel'avrebbe data vinta a quell'idiota, non si sarebbe certo lasciato sfuggire cotanto ben di Kami. E soprattutto non avrebbe lasciato che Kaarot mangiasse più di quanto gli spettasse - dieci pizze erano sue e guai a lui se avesse toccato una fetta di troppo!
Mangiarono di gusto entrambi e, segretamente, Vegeta fu riconoscente verso l'ospite per aver esagerato con l'ordinazione. Si godettero la piacevolezza di stare seduti al tavolo a mangiare, seppur silenziosamente, in compagnia. Erano anni che Goku non faceva un pasto con un amico; sì, perché alla fine dei conti Vegeta era suo amico, che quel testone lo accettasse o no. Poteva tenergli il broncio per ore, trattarlo male o far finta che non gli importasse, ma Goku lo sapeva che sotto sotto aveva piacere ad averlo intorno dopo così tanti anni. Ne era convinto e non aveva nemmeno tutti i torti perché, nonostante l'imbarazzo iniziale, quella serata non stava dispiacendo così tanto neanche al Principe.
Non ci furono grandi discorsi o racconti, solo qualche battuta pungente o i soliti battibecchi tra rivali, tutto perfettamente nella norma. Da quel punto di vista sembrava che fosse passato solo qualche giorno dall'ultima volta che si erano visti ma, entrambi lo sapevano con certezza, nelle loro vite era cambiato tutto. Il loro modo di pensare, le loro esperienze, il loro modo di provare emozioni.
Vegeta era cresciuto e Goku, nel suo piccolo, si era reso conto di non poter essere così spensierato come sempre aveva fatto. Non aveva mai badato troppo alle conseguenze delle proprie scelte egoistiche ma, alla veneranda età di settant'anni di vissuto (nonostante fisicamente ne avesse solo ventotto per via del desiderio di Pilaf) stava iniziando a capire, a maturare; l'aveva compreso persino Vegeta di non aver davanti lo stesso Kaarot di un tempo e, con il passare dei minuti, si era reso conto che avrebbe potuto persino perdonarlo per la prolungata assenza.

 

In meno di quaranta minuti delle pizze non vi era rimasta che qualche briciola bruciacchiata e i due Saiyan, con lo stomaco pieno, si resero conto che l'ora si fosse fatta piuttosto tarda. Il Principe si alzò con un gesto meccanico ma sontuoso e iniziò a sparecchiare distrattamente ciò che rimaneva sulla tavola. Non amava affatto fare le pulizie: nella vita era sempre stato abituato a farsi servire ma, da quando aveva iniziato a vivere per conto suo, l'idea di una domestica fissa che gironzolava tutti i giorni per casa invadendo la sua privacy gli dava alquanto sui nervi, così aveva deciso di farla venire solo una volta a settimana. Ovviamente non poteva lasciare la pila di piatti sporchi sul tavolo e la spazzatura in giro, perciò Sua Altezza Reale aveva dovuto imparare a tenere ordinato quel posto per conto suo, giusto per non vivere in un porcile.
Ciò che lo lasciò di stucco, però, fu il bizzarro modo di "fare ordine" del suo ospite il quale, nell'intento di aiutarlo a sistemare, lanciò i venti cartoni delle pizze fuori dalla finestra per poi incenerirle con un fascio di luce abbagliante.
«Ottimo modo per non dare nell'occhio» contestò Vegeta.
«Non ci stavano nella spazzatura!» si giustificò Goku con tanto di spallucce, guardando la cenere svolazzare fuori dalla finestra trasportata dal vento. Aveva impiegato talmente poca energia per produrre quell'attacco che nessuno avrebbe potuto percepirlo, anche perché oramai era notte fonda e stavano dormendo tutti.
«Sai, esistono i cassonetti. Ci avresti impiegato trenta secondi per volare fino in cortile» puntualizzò Vegeta, saccente.
«Ma così ci ho messo ancora meno!»
«Tsk, lascia perdere, sei peggio di un bambino. Per le otto e mezza ti voglio vedere in piedi. E non osare disturbarmi, questa notte!» ordinò Sua Maestà dando le spalle al suo ospite il quale, assonnato, sbadigliò sonoramente prima di raggiungere il divano che l'avrebbe accolto per quella ormai breve nottata.
«Affare fatto. 'Notte Vegeta!» asserì Goku, con un sorriso nervoso sulle labbra. La situazione in cui si era messo gli sembrava così incredibile da sentirsi strano, come diverso.

Era tornato, era tornato sul serio e se ne rese conto del tutto solo in quell'istante, nel momento in cui il suo rivale di una vita chiuse la porta della camera alle sue spalle e si ritrovò solo con se stesso.
Goku si levò i pantaloni neri e la giacchetta e si gettò di schiena sul divano, infilandosi sotto la coperta che gli era stata data. La vita sulla Terra era così differente, così normale, così semplice rispetto a ciò che aveva vissuto in quegli anni. Come avrebbe potuto spiegare a qualcuno quello che aveva visto, tutto quello che aveva fatto, in che dimensione era andato? Dubbi, incertezze e tanto timore si fecero breccia nella sua testa, ma si costrinse a chiudere gli occhi. Ci avrebbe pensato l'indomani, a mente fresca. Non avrebbe potuto permettersi di risultare fiacco durante il primo allenamento con il Principe per nessun motivo al mondo, nemmeno per via delle sue preoccupazioni e drammi mentali. Ma, cielo, quanto avrebbe voluto essere leggero e spensierato come una volta. Quanto avrebbe desiderato semplicemente lasciar correre ogni cosa! Quanto avrebbe voluto non pensare affatto alle conseguenze delle proprie azioni perché, se così fosse stato, il sonno non avrebbe tardato tanto per venire a prenderlo.

 

Vegeta rimase in piedi con la schiena contro la porta per qualche secondo prima di riuscire a compiere lo sforzo sovrumano di mettersi a letto e dormire come nulla fosse. No, non ci sarebbe riuscito, non quella sera. Si distese con gli occhi sbarrati alla ricerca del soffitto bianco illuminato di luci fioche; non chiudeva mai quasi mai le tende, adorava assopirsi con il gioco d'illuminazione che la città era solita offrirgli. Ma quella notte Morfeo non sarebbe passato di lì a raccoglierlo, a fargli rilassare i suoi poderosi muscoli dalle fatiche diurne, a fargli spegnere l'interruttore di quella mente traboccante di pensieri.
Le sensazioni che l'avevano invaso tornarono a percuoterlo dall'interno, sempre più forti, sempre più dolorose. Percepì i ricordi passati sfuggirgli come un palloncino nelle mani di un bambino, si sentì come un uomo senza passato e con un futuro completamente incerto. Pensava di averla superata, pensava di aver iniziato a costruire qualcosa di nuovo nella vita, e invece ogni sforzo era stato vanificato in poche ore.
No, forse non era del tutto vero: Vegeta non aveva compiuto alcuno sforzo per rimettersi in carreggiata, si era solo lasciato trasportare dagli eventi. Ma, anche se era difficile per lui ammetterlo, lo interiorizzò in quell'istante e capì di non aver combinato proprio un bel niente per andare avanti. Si sentì ancora più perso, ancor più disorientato.
Non riuscì proprio a comprendere come fosse possibile, come ci fosse di nuovo caduto in quella condizione di ansia e smarrimento. Proprio il giorno del funerale di Chichi, proprio il giorno in cui Kaarot era tornato.
Ebbe un sussulto. Ecco spiegato il perché. Ecco perché, dopo anni di pace interiore, proprio in quel momento si era sentito così strano, così debole: perché Kaarot, in fondo, era l'unico a poterlo capire veramente, era l'unico il quale, per altri motivi, stava subendo il suo stesso identico destino.
Era tornato piccolo molti anni prima, era tornato ad essere un ragazzino per colpa di Pilaf, ma ad oggi aveva ventotto anni e aveva appena visto sua moglie in una bara. E, proprio come lui, aveva un'altra vita intera da vivere, da scrivere. Per un attimo, per qualche breve secondo, provò compassione per quell'uomo, così come l'aveva per se stesso.
Erano entrambi sulla stessa barca e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto cominciare a remare.

 

 
Continua...
 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao gente! Come promesso ho pubblicato in anticipo il quarto capitolo, che spero vi sia piaciuto! C'è stato un piccolo stralcio di quotidianità, ma ciò che importa veramente di questo capitolo è la presa di coscienza del principe, l'ultimo paragrafo.
Siamo di fronte al vero e proprio inizio di una nuova vita per entrambi i nostri protagonisti. Ci saranno tante cose da dire, da raccontare... non vedo l'ora di pubblicare il quinto capitolo giovedì prossimo:)
A prestissimo,
Eevaa

 

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Capitolo 5
*** Pronto ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 5 - PRONTO




 

La luce dell'alba si intrufolò indiscreta nella stanza del Principe, il quale si destò con la terribile sensazione di non aver quasi chiuso occhio. Era stata una notte complicata, pregna di dubbi e pensieri. Probabilmente ne avrebbe risentito per tutto il resto della giornata ma avrebbe dovuto far di tutto per non darlo a vedere, nonostante le profonde occhiaie. Si portò un braccio sopra la fronte e guardò poi con la coda dell'occhio l'orologio sul comodino. Segnava le sette e dodici minuti.
Si mise a sedere stropicciandosi gli occhi con i pugni, inspirando a pieni polmoni l'aria frizzante che penetrava da una delle vetrate semichiuse. Scoprì di essere curioso, curioso ed estremamente agitato per la giornata che stava per avere inizio. Non stava nella pelle di mettersi alla prova e di mettere alla prova quell'idiota che probabilmente stava ancora ronfando nel salotto.
D'un tratto corrugò la fronte: e se fosse stato solo un sogno? E se non ci fosse stato alcun Kaarot sul divano? Con un balzo leggiadro si alzò dal letto e si infilò una canottiera bordeaux poggiata sulla cassettiera in olmo. Morso dalla curiosità si avvicinò alla porta con un orecchio, ascoltando con attenzione i suoni provenienti dall'altra stanza.
Niente, solo il rumore del traffico mattutino in lontananza. E se davvero si fosse immaginato tutto? Se la giornata precedente fosse stata solo un sogno creato dalla sua sadica immaginazione per portarlo all'esasperazione?
Vegeta abbassò la maniglia con estrema calma, sobbalzando al clack della porta. Si aprì senza cigolare e Vegeta si guardò intorno circospetto per mettere a fuoco ciò che l'open space aveva da offrigli.
Sul divano color blu notte non vi era nessuno, ma la prova inconfutabile che non si fosse trattato affatto di un'elaborazione immaginaria lo colpì come una scossa elettrica: Kaarot era in piedi di spalle sull'uscio della finestra, appoggiato con gli avambracci alla ringhiera di vetro trasparente, impegnato nella contemplazione di quella città appena sveglia.
Alcune macchine fluttuavano su ponti trasparenti, alcune sulle strade in mezzo ai palazzi. Il vociare della gente era lontano e non distinguibile a orecchio umano, uomini e donne eleganti grandi come puntini camminavano veloci da una parte all'altra con la fretta di recarsi al lavoro. La città aveva smesso di dormire presto e profumava di caffè e brioche calde, dipinta da un sole rosso fuoco e rinfrescata da quell'aria frizzante di primavera.

Goku inspirò a occhi chiusi quel profumo, lasciandosi andare in un lento risveglio dal tocco materno e delicato. Vegeta lo osservò a lungo sullo stipite della porta, domandandosi cosa ci facesse un gran dormiglione come lui già in piedi prima della sveglia. Non riuscì a definire come mai si sentisse così sollevato del fatto che non si fosse immaginato tutto. Era quasi soddisfatto, euforico. Quell'imbecille era tornato per davvero e ben presto si sarebbero sfidati, avrebbero combattuto di nuovo.
«Già in piedi anche tu, Vegeta?» gli domandò tutto d'un tratto senza nemmeno voltarsi, come se avesse percepito la sua aura nonostante la stesse tenendo al minimo di proposito.
Con passo elegante il Principe si avvicinò e gli si affiancò, nella stessa posizione.
«Sono troppo curioso di vederti combattere per riuscire a dormire, Kaarot» ammise Vegeta. Prese fiato senza guardarlo negli occhi, poi volse il proprio sguardo all'orizzonte opaco e vestito di nuvole velate.
«Già. Mettiamo qualcosa sotto ai denti e andiamo?» propose Goku, poi gli sorrise.
«Possibile che pensi sempre a mangiare?»
Vegeta lo degnò a malapena di uno sguardo furtivo. Sbuffò alla vista di quel volto tagliato da un sorriso così ingenuo e semplice da dargli persino sui nervi, ricevendo in risposta una sonora e bambinesca risatina.
Senza fare troppi complimenti Goku si gettò sulla credenza, depredandola di qualsiasi dolciume conservato o bevande al gusto di frutta. Senza mangiare non sarebbe andato da nessuna parte e, soprattutto, non sarebbe certo riuscito a dare il meglio di sé nella lotta.

Se c'era una cosa che Vegeta aveva imparato ad apprezzare dopo moltissimi anni sulla Terra questa era il caffè. Il caffè amaro e bollente, dal gusto deciso e con tanta caffeina da dargli una carica naturale e deliziosa. La prima volta che la madre di Bulma gli aveva offerto una tazza di quella bevanda dal colore scuro egli l'aveva sputata tutta di getto, accusando lei e tutta la famiglia di volerlo avvelenare. Con il tempo, però, Vegeta aveva imparato a gustarlo di prima mattina, scoprendo il piacere di un eccitante naturale che lo aiutava a ingranare più velocemente negli allenamenti.
Non aveva mai provato nulla del genere nello spazio, nessun pianeta aveva la fortuna di possedere una coltivazione così preziosa. Certo, i Saiyan assumevano sostanze create in laboratorio per aumentare il vigore in battaglia, ma lui non aveva mai voluto prendere quella robaccia da rammolliti, sarebbe stato come barare. Ma il caffè no, a quello non avrebbe mai più potuto rinunciarvici.

I due Saiyan non spesero molto tempo per la colazione, terminarono il loro spuntino lasciando il completo disordine sul tavolo in vetro, per potersi preparare al combattimento in maniera più veloce possibile.
Vegeta si diresse macchinosamente verso il suo armadio e, dopo aver aperto l'anta scorrevole, rimase perso qualche secondo a osservarne il contenuto con estrema nostalgia. Erano oramai diversi anni che non indossava la sua battle-suit blu per allenarsi, essa giaceva ripiegata sullo scaffale più alto, oramai rimpiazzata da pantaloni larghi e leggeri, un abbigliamento comodo ma più casual che sicuramente dava meno nell'occhio durante i suoi allenamenti all'aperto.
Una marea di ricordi lo invase in pieno petto nel guardare quella tuta: quante battaglie aveva affrontato, quante volte Bulma aveva apportato modifiche e miglioramenti per renderla più aerodinamica. La prese con entrambe le mani, la disfò dalla sua piega oramai permanente e la osservò nella sua interezza con occhi malinconici. Strinse il tessuto malleabile e chiuse gli occhi, portandosela vicino al viso per poterne annusare l'odore di gomma misto a polvere.
No, non sarebbe stato giusto metterla, fino a poche ore prima aveva millantato a se stesso la capacità di andare avanti, di ricominciare da zero. Indossare quella tuta avrebbe significato l'esatto opposto, tornare indietro, vivere nei ricordi. Ma per tutte le galassie, quanto era attratto da poter somigliare ancora una volta a quello spavaldo Saiyan con la incisa in fronte e lo spirito combattivo di chi aveva passato la vita a lottare!
Inspirò ancor più profondamente e riaprì gli occhi, poi buttò fuori tutta l'aria con estrema rassegnazione e ripose la casacca sullo scaffale più alto. Quel tempo era più che finito.

 

Quando Goku si avvicinò per mettergli una mano sulla spalla, il Principe dei Sayian avvertì come l'istinto di ritrarsi, di porre una distanza tra loro, ma sapeva  che fosse necessario utilizzare il teletrasporto per evitare di essere scoperti. Dal mondo dei Kaiohshin, infatti, nessuno avrebbe potuto avvertire le loro aure in fase di lotta, nessuno sarebbe stato in grado di individuare lui e di conseguenza anche quell'imbecille che oramai aveva deciso di tenere segreto il suo ritorno ancora per quel giorno.
«Sei certo che i Kaiohshin acconsentiranno a farci allenare lì? L'ultima volta abbiamo combinato un bel disastro» gli domandò Vegeta, alludendo alla storica battaglia contro Kid Bu. Percepì le dita di Goku arpionate alla propria clavicola, poi chiuse gli occhi.
«Beh, non abbiamo altra scelta» rispose quest'ultimo, portandosi due dita sulla fronte.
«Veramente una scelta ce l'avresti...»
«E dai, Vegeta! Si tratta solo di qualche giorno! Devo ancora pensare a come rivelarmi». Goku schivò l'argomento come se fosse un attacco rovente.
«Qualche? Avevi detto un giorno!» precisò Vegeta, con un ringhio.
«Uno, due, cinque... vedremo!»
«Che cosa hai de-»
«Vuoi combattere o no?» lo interruppe Goku. Aveva bisogno di concentrazione per poter effettuare il teletrasporto.
«Tsk. Sappi che questo discorso non finisce qui!» borbottò Sua Maestà, poi voltò il viso altrove.
Ci vollero parecchi secondi prima che Goku riuscisse a trovare il modo di teletrasportarsi sul pianeta dei Kaiohshin: era stato ben attento a non lasciare che la sua aura si disperdesse durante l'azione. Sarebbe bastato un piccolo aumento del proprio Ki per far sì che si notasse. No, non era affatto il momento, non era ancora pronto e chissà se mai lo sarebbe stato, però non era quello il tempo per pensarci: sarebbero dovuti partire alla volta di un mondo lontano e, finalmente, dopo anni e anni, si sarebbero lasciati contagiare da una lotta animalesca senza eguali.

 

 

Spiegare ai Kaiohshin le loro intenzioni fu tutt'altro che facile, soprattutto ottenere il benestare del Sommo. Non solo la loro grande paura era quella che potessero nuovamente scombinare gli equilibri il loro bel pianeta verde ma, con gran stupore di Vegeta, essi non approvavano affatto la decisione di Goku di tenere nascosto il suo ritorno.
Ciò che egli non comprese, però, fu come quello potesse essere anche lontanamente affar loro. Sottoponendoli a tal questione, infatti, i Kaiohshin non seppero dare una risposta. Le questioni umane le avrebbero risolte insieme agli umani, fine della storia. Inoltre Vegeta fece notare quanto il loro mondo fosse resistente e si rigenerasse automaticamente da tutti i danni.
Da un diverbio piuttosto acceso tra i due Saiyan e i due Kaiohshin ne susseguì un accordo piuttosto vantaggioso: i combattenti avrebbero potuto usufruire di un pianeta satellite strettamente collegato al mondo delle loro entità, un pianeta vuoto e più piccolo, così da non disturbare la loro quiete con sfere di energia distruttive e "inutili schiamazzi da battaglia"- così il Sommo aveva proclamato. In cambio, però, Goku avrebbe dovuto spiegar loro per filo e per segno tutto ciò che era successo nella sua permanenza in un mondo a loro totalmente sconosciuto. Di questo Goku non ne fu felice, ma promise loro di raccontare tutto - o quasi - in separata sede, con la scusa che non era gli concesso riferire certe cose di fronte agli umani. Beh, non che la questione fosse tanto distante dalla realtà.
Vegeta accettò dopo qualche protesta per dover essere tenuto all'oscuro di tutto, ma ciò che più gli importava in quel momento era di combattere, non di fare dell'inutile chiacchiericcio.

Non ci volle molto, nonostante le cose da dire fossero veramente tante. La maturità aveva donato a Goku il dono della sintesi e, inaspettatamente, i Kaiohshin capirono al volo tutto ciò che quell'uomo aveva deciso di rivelargli. Non diedero giudizi, nemmeno consigli e, anzi, compresero meglio i suoi dubbi e le sue incertezze.
Goku concluse il discorso con un peso sullo stomaco: sarebbe davvero riuscito a tenere nascosti i suoi segreti al Principe?
Da lontano osservò Vegeta assopito all'ombra di una pianta, domandandosi per quanto tempo egli avrebbe potuto essere suo complice. Sarebbe stato davvero disposto a nasconderlo e proteggerlo fin che non sarebbe stato pronto a rivelarsi al resto del mondo? Sarebbe stato in grado di accettare le sue motivazioni? Quali scuse avrebbe accampato per ottenere il suo benestare? Solo una cosa era sicura: Vegeta sarebbe stato l'unico che avrebbe potuto aiutarlo. E in quell'istante ringraziò gli Dei che proprio lui, primo tra tutti, si fosse accorto della sua presenza. Sperò solo di averci visto giusto, di aver posto la sua fiducia verso la persona più adatta.
«Sei certo di ciò che fai?» gli domandò in conclusione Kibitoshin, guardandolo con occhi preoccupati.
«Assolutamente no» rispose Goku con un sorriso abbozzato, poi volse lo sguardo in direzione di Vegeta e attese ancora qualche secondo prima di parlare ancor più sottovoce. «Ma forse lui saprà guidarmi verso la strada più giusta».

 

 

Il pianeta satellite del mondo dei Kaiohshin era forse ancor più affascinante di quello originale: il cielo era perennemente velato da nuvole bianche e oro, che davano un aspetto di costante tramonto all'intero scenario. L'erba era verde, l'aria frizzantina e, nonostante fosse di piccole dimensioni, vi erano tanti laghi, enormi distese di pianure con alberi dalle foglie rosa e arancioni e persino qualche montagna. In lontananza nel cielo si potevano intravedere gli altri satelliti e il pianeta originario attraverso le nuvole. La gravità era di poco superiore a quella del pianetello di Re Kaioh del Nord e questo avrebbe giovato al loro allenamento.
I due Saiyan vennero lasciati lì dai Kaiohshin, i quali si raccomandarono di non far saltare in aria quel posto, altrimenti non si sarebbe rigenerato molto facilmente.
Lo sguardo tra i due combattenti si fece d'improvviso intenso e concentrato. Entrambi sostarono a lungo a mezz'aria a pochi metri l'uno dall'altro, non sapendo bene come e da dove cominciare, nessuno dei due osava effettuare la prima mossa.
«Beh, sei pronto, Kaarot?» domandò Vegeta per rompere il ghiaccio, serrando poi i pugni sino a far scricchiolare le nocche. L'ultima volta che si erano trovati faccia a faccia in quel modo era stato prima della grande battaglia contro Majin-Bu, quando egli aveva stupidamente acconsentito di farsi usare da Babidi per i suoi perfidi scopi. Avevano combattuto a lungo, si erano fatti del male, si erano quasi uccisi a vicenda proprio come durante il loro primo scontro sulla Terra. Non sarebbe più successo, non era più quello lo scopo. Avrebbero combattuto da rivali, sì, ma anche da fratelli.
«Sono sempre stato pronto per questo». Goku si accucciò in posizione da combattimento e fece oscillare nervosamente la coda.
Lasciarono trascorrere ancora pochi secondi e poi, con un urlo grottesco, i due scattarono in avanti incontrandosi a metà strada, avvolti da una fiamma dorata e con occhi verde acqua impregnati di tensione.

 

 

Ombre. Tintinnio. Rumori sordi come ovattati, affreschi sbiaditi e un fascio di luce naturale che pugnalava il pavimento. Polvere come fiocchi di neve che volteggiavano per aria. Una stanza rotonda irradiata da candele e inserti color oro al limite del pacchiano.
Sette paia di occhi rossi come il sangue, denti aguzzi e fronti aggrottate in espressioni di disappunto nell'ammirare un'ologramma: due figure di combattenti dai capelli dorati che si fronteggiavano.
Odore di incenso, di bruciato. Le grida provenienti dall'esterno non sembrarono scomporre l'apparente e inquietante silenzio all'interno della stanza, non finché una voce roca e profonda interruppe il pathos, facendo vorticare ancor più velocemente i granelli di polvere a mezz'aria.
«Non funzionerà» si limitò a dire la figura tarchiata in penombra, seduta su un trono incastonato di schegge di cristallo.
«È presto per dirlo» mormorò un'altro essere dalla parte opposta della stanza, accavallando le gambe e mostrando riserva. La bocca verde si increspò con risentimento.
«È troppo umano» lo incalzò il primo soggetto che aveva espresso opinione, accompagnato dal sostegno di molte altre voci. Vennero però tutti bruscamente interrotti dal movimento sinuoso di un arto che fece calare il silenzio e fece spegnere la proiezione dell'ologramma.
«Lasciamo che la storia faccia il suo corso».

 

Continua...

 




ANGOLO AUTRICE:
Hola genteee! Ehehe... sopresa sorpresa! Chi sono quelli che parlano alla fine? Cosa avranno mai voluto dire!?
C'è qualcosa di sospetto, non trovate? :D forza: lanciatevi e ditemi le vostre ipotesi! Sono proprio curiosa di capire cosa ne pensate.
A prestissimo!
Eevaa

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Capitolo 6
*** Ogni promessa è debito ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 6 - OGNI PROMESSA È DEBITO



You can throw your hands up
You can be the clock
You can move a mountain
You can break rocks

You could walk straight through hell with a smile
Do it for your people

Do it for your pride
Do it for your counrty

Do it for you name
   
 

Fuoco e ghiaccio, acqua e aria, terra e mare.
Vegeta e Goku erano due facce della stessa medaglia, tanto simili quanto contrari, quasi agli antipodi. Ogni colpo, ogni movimento e ogni danno inflitto aumentava il loro vigore, la loro bramosia di dimostrare all'altro e a se stessi cosa fossero diventati. La velocità del suono era nulla in confronto ai loro attacchi, alla leggiadria con la quale padroneggiavano i loro gesti. Si avvicinavano l'un l'altro come due leoni in contesa per la compagna, due maschi alfa in procinto di dimostrare la loro superiorità. Ciò che da lontano non si poteva affatto osservare, però, era il sorriso sulle labbra di quei Saiyan così compiaciuti e così esaltati da quel combattimento.
«Non male, Vegeta» sussurrò Goku, a pochi centimetri dal volto del proprio avversario, il quale aveva appena bloccato entrambe le sue braccia trattenendole con le mani calde e strette. Egli ghignò e non si sorprese affatto che in tutta risposta Goku si ritorse per infliggergli una ginocchiata alla bocca dello stomaco.
E così continuarono, attacco dopo l'altro, schivata su incasso, Kamehameha su Final Flash, nessuno dei due aveva realmente intenzione di mostrarsi al completo delle proprie forze prima dell'altro; sembrava un gioco infinito, una danza sinuosa e altalenante di due uomini divertiti dallo scoprirsi piano piano, un passo alla volta. Prevaricarsi di poco per poi riprendersi all'istante aumentando la propria Aura con costante eleganza.
Con il fiatone e il labbro sanguinante, Vegeta arrestò la propria corsa appena sopra una rupe nebbiosa e ricercò con lo sguardo il proprio rivale dall'alto verso il basso. Era giunto il momento: la trasformazione in Super Saiyan di quarto livello non avrebbe potuto attendere oltre; era pronto, si era allenato per anni per raggiungere quel livello senza poteri artificiosi - il che era stato piuttosto complesso a causa dell'assenza della coda. Ma ci era riuscito, eccome se ci era riuscito!
«Abbiamo giocato fin troppo, Kaarot. È il momento di fare sul serio!» annunciò con in volto un sorriso beffardo, poi aumentò esponenzialmente la propria Aura stringendo entrambi i pugni. Con un ruggito prepotente mutò aspetto, i vestiti gli si strapparono dal dorso lasciandolo a petto nudo, protetto semplicemente dalla peluria rossa e spessa tipica di quella trasformazione.
Goku lo guardò dal basso e sollevò un sopracciglio, poi assunse anch'egli un'espressione di sfida.
«Hai ragione, ci riamo riscaldati abbastanza» decretò. Seguì l'avversario senza difficoltà e ripensamenti, poi si portò alla sua altezza e mostrò i denti in un sorriso provocatorio.
Non passò mezzo secondo prima che il Principe si buttò addosso all'avversario con le braccia tese. Lo colse di soppiatto, lo afferrò per le spalle per poi scagliarlo violentemente contro il terreno. L'impatto formò un'immensa voragine. Vegeta lo sovrastò di qualche metro pronto ad attaccarlo con una sfera luminosa, ma Goku ci impiegò ben poco a teletrasportarsi alle sue spalle e rendergli pan per focaccia nello stesso identico modo.
Così ricominciarono imperterriti e instancabili in quel gioco di luci e di ombre, un inseguimento esponenziale senza confini. Scosse elettriche fecero tremare il terreno, rombi di tuoni ad ogni contatto.
Goku era oramai cosciente del fatto che, qualunque vetta avesse mai potuto raggiungere, Vegeta gli sarebbe stato alle calcagna sempre. Non si sarebbe mai aspettato di vederlo arrivare a certi livelli, non dopo ciò che lui stesso aveva passato nel mondo in cui era stato. No, non era ancora giunto nel pieno delle proprie abilità, forse non l'avrebbe nemmeno sfiorata quella soglia quel giorno ma, ogni volta che portava il proprio Ki a un livello superiore, Vegeta non tardava a fare lo stesso. Chissà per quanto avrebbero potuto andare avanti, chissà per quanto ancora avrebbe potuto seguirlo.

Trascorsero tante ore nonostante sembrò che fosse passata solo una manciata di minuti. Instancabili e inarrestabili, Goku e Vegeta andarono avanti ancora e ancora, fuori dal tempo, fuori dallo spazio.
Si scontrarono di nuovo, a mezz'aria, come se fossero uno lo specchio dell'altro, pugno contro pugno, calcio contro calcio. Si presero le mani e tentarono di spingersi e di atterrarsi a vicenda, strinsero a vicenda i palmi infilando le unghie tra la carne delle nocche dell'avversario in un tentativo di prevaricazione. Nessuno dei due aveva intenzione di cedere, con le braccia rigide e i visi a pochi centimetri di distanza. Ringhiarono, arricciarono il naso, socchiusero gli occhi e appoggiarono le proprie fronti l'una contro l'altra.
Forza bruta contro forza bruta, erano quasi giunti alla resa dei conti quando, con un battito di mani, Kaiohshin il Sommo attirò la loro attenzione facendo sciogliere quella presa protratta così a lungo da far perdere loro sensibilità alle dita.
«C'è qualche problema?» domandò Goku. Con il fiatone volse il proprio sguardo stanco ai due Kaiohshin, comparsi improvvisamente sul pianeta satellite senza alcun avvertimento.
«State lottando ininterrottamente da più di sette ore! Non vi sembra di esagerare?» domandò il Sommo con voce gracchiante.
«SETTE ORE!?» gridarono all'unisono entrambi, lanciandosi a vicenda un'occhiata incredula.
«Mi sa che ci siamo lasciati prendere un po' troppo la mano! Come vola il tempo quando ci si diverte, eh?» aggiunse Goku. Si portò una mano dietro la nuca e lasciò disperdere tutta la propria energia per tornare alla forma normale. Vegeta fece lo stesso, con uno sbuffo.
I due Kaiohshin scossero la testa in segno di disappunto e mormorarono con tono piatto la parola "Saiyan", poi scomparvero nel nulla con lo stesso silenzio con il quale erano apparsi.
«Sono le quasi le cinque, Kaarot. Io devo andarmene, ho da fare questa sera!»
Un chiaro invito a levare le tende. Con espressione di disappunto, Vegeta notò che sia la sua maglietta che quella del suo rivale fossero state ridotte a brandelli, motivo per il quale forse avrebbe dovuto pensare a una soluzione migliore per non far fuori tutto il suo armadio a causa degli allenamenti intensi.
«Beh, vorrà dire che continueremo domani!» trillò Goku.
«Con questo vuoi forse dire che nemmeno oggi hai intenzione di tornartene a casa tua?» Vegeta aggrottò le sopracciglia, schivo.
«Ehm... e dai, non abbiamo ancora dato il nostro meglio, in fondo!» tentò di convincerlo con un sorriso a trentadue denti che Vegeta ebbe l'improvviso istinto di disintegrare con un pugno.
«Possiamo allenarci anche senza vivere sotto lo stesso tetto» gli fece notare il Principe, poi incrociò le braccia in attesa dell'ennesima scusa da parte di quello scroccone che stava in tutti modi cercando di occupargli casa.
«Ti chiedo ancora qualche giorno, non mi sento ancora pronto ad affrontare Gohan e Goten, tantomeno Pan» ammise Goku, con sorriso amaro. Si sentì stupido e terribilmente egoista, si sentì un codardo ma non aveva altra scelta, si vergognava troppo e la cosa peggiore fu che non avrebbe potuto spiegare il perché. Stava chiedendo a Vegeta l'enorme favore di esser complice della sua e unicamente sua codardia. «Te lo chiedo come favore, Vegeta».
Il Principe lo guardò con amarezza. Percepì un senso di smarrimento nel suo agire e, a dispetto di ciò che si aspettò di provare, non si infuriò; non ne trovò le forze. Vegeta si domandò cosa stesse passando nella testa a quell'idiota per essere così insicuro, così spaventato dal dire la verità. Si trattava dei suoi figli e di sua nipote, era sicuro non ci avrebbero messo così tanto a perdonarlo per la sua assenza! Non riuscì proprio a capirlo ma, del resto, quando mai era riuscito a comprendere appieno quell'imbecille? Diavolo, stava persino provando pena per lui nel vederlo così incerto! Una volta gli avrebbe fatto sputare tutti i denti, se avesse osato rivolgersi a lui con una richiesta così invadente e soprattutto con un comportamento così tentennante per un motivo tanto banale. Sbuffò, immagazzinando poi quanta più pazienza possibile con un lungo respiro.
«Tsk, accidenti a te. Cosa mi tocca sopportare...» mormorò infine Vegeta, più che convinto che il karma l'avrebbe prima o poi ripagato di tutta quella bontà gratuita.
Goku alzò lo sguardo e riprese finalmente a sorridere com'era solito fare. Solo in quel momento Vegeta lo riconobbe come il solito idiota di sempre.
«Ti ringrazio, davvero. Te ne sono estremamente riconoscente, giuro che mi sdebiterò!»
«Sì, come no. E, ah! Vedi di non farci l'abitudine!» lo interruppe Vegeta, con un dito puntato verso di lui. «Ricordati che l'ospite è come il pesce: dopo qualche giorno inizia a puzzare».
Goku inarcò un sopracciglio poi, ingenuo, infilò il proprio naso nell'incavo delle ascelle per annusarsi. «Ma che dici? Ci siamo allenati un sacco, è ovvio che mi farò la doccia!»
Vegeta chiuse gli occhi e ribaltò la testa all'indietro. Non riuscì a credere alle proprie orecchie.
«A volte mi domando fino a che punto tu possa essere stupido».

 

 

Vegeta non era mai stato un uomo amante dei sentimentalismi, ma di certo era sempre stato una persona di parola. Aveva promesso a suo nipote che sarebbe andato a trovarlo quella sera e così avrebbe fatto, a costo di dover lasciare solo quell'idiota di Kaarot nel suo appartamento. Molteplici furono le raccomandazioni che gli fece in merito a come ci si cucina la cena senza bruciare l'intero palazzo, numerosi furono anche gli avvertimenti su come e quante volte gli avrebbe sbattuto quel cranio vuoto contro un muro se avesse trovato anche solo un oggetto rotto o rovinato. Era come avere a che fare con un bambino, del resto, ma tutto si sarebbe aspettato dalla vita fuorché fare da baby sitter al suo "miglior nemico".
Così, dopo essersi accuratamente lavato e dopo essersi fasciato a dovere le ferite da battaglia, Vegeta attraversò la città illuminata dalle luci del tramonto per recarsi alla Capsule Corporation. Aveva accettato con titubanza l'invito di Pan per unirsi a loro per cena ma, di certo, avrebbe destato meno curiosità e sospetti riguardo alle sparizioni che avrebbe effettuato in quei giorni. A tal proposito, avrebbe dovuto inventarsi una scusa plausibile per non dare nell'occhio; nonostante fosse sempre stato piuttosto taciturno e sulle proprie, era molto tempo che il non si assentava dalla casa dei figli per allenarsi nella camera gravitazionale.
«Dove sei stato oggi per conciarti in quella maniera, papà?» domandò Bra, portandosi elegantemente un tortino di riso in bocca.
Un punto di credito alle certezze di Vegeta su quanto ci avrebbe messo quella ficcanaso a metterlo in difficoltà con domande personali. Nonostante avesse messo abiti sufficientemente lunghi per coprire le ferite provocate dalla lotta contro Kaarot, non aveva potuto nascondere gli innumerevoli tagli alle mani e una vistosa ferita sulla parte destra del labbro inferiore.
«Dall'altra parte del mondo, sulle alte vette ghiacciate. Per la foga mi sono fatto esplodere un centinaio di stalattiti addosso» borbottò Sua Maestà senza rivolgere lo sguardo alla figlia la quale, scuotendo la testa con disappunto, evitò di commentare ulteriormente l'ormai nota imprudenza del padre.
«Anche io vengo!» trillò il piccolo Goku Jr, tirando per una manica il nonno.
«Fa troppo freddo lassù, se poi ti ammali inizi a strillare come l'ultima volta. Quando sarai più grande ti porterò, è una promessa» decretò Vegeta con tono autoritario.
Trunks e Pan guardarono quell'uomo e sorrisero. Tante volte, quando erano in attesa del piccolo Goku Jr, si erano domandati che tipo di nonno sarebbe stato Vegeta, ma mai si sarebbero aspettati di vederlo comportarsi in quella maniera così premurosa e, per i suoi standard, anche affettiva.
«Ti allenerai da solo nei prossimi giorni, quindi?» gli domandò Trunks, incuriosito.
«Sì, sto sperimentando delle nuove tecniche che, come vedi, sono ancora da perfezionare. Preferisco lavorarci per conto mio» buttò lì Vegeta. Mostrò entrambe le mani tagliuzzate e sperò che suo figlio se la bevesse senza fare troppe domande.
Fortunatamente il discorso venne smorzato dopo quell'ultima dichiarazione grazie a un'improvvisa telefonata per un problema di lavoro che, da quanto Vegeta riuscì a capire, aveva fatto già saltare i nervi a Bra per tutto il pomeriggio. I suoi due figli iniziarono un lungo dibattito su come e perché avrebbero dovuto licenziare un certo Denki nei tempi più ristretti possibili. In cuor suo il Principe ringraziò il suddetto Denki per essere un buono a nulla, in quanto le sue carenze avevano interrotto una conversazione che lo avrebbe portato a doversi contraddire. Cielo, quanto odiava dire bugie per conto di Kaarot!

Dopo cena Vegeta e Goku Jr iniziarono i loro consueti giochi di allenamento, anche se Sua Maestà sapeva che non sarebbero durati molto: l'autonomia di quel moccioso era ancora troppo ridotta per poter affrontare più di un'ora di lotta. Nonostante la tenera età, il piccolo sapeva già ben destreggiarsi nel volo e nel creare delle minuscole ma potenti sfere di energia le quali, oramai da un po' di tempo, risultavano così distruttive che Pan aveva dovuto imporre a nonno e nipote di andare a giocare nella Gravity Room, oppure avrebbero distrutto tutta la casa.
«Nonno, pendi quetto!» gridò Goku Jr mirandolo in pieno petto. Vegeta decise di fingere di non parare e lasciò che il pugno del piccolo Saiyan arrivasse a destinazione.
Non fu esattamente lieve come pensò, forse anche a causa dalle ferite già riportate quel giorno. Magari, pensò Vegeta, era persino giunto il momento di dover parare i suoi attacchi.
«Accidenti» gracchiò di tutta risposta il Principe, balzando all'indietro e massaggiandosi con una mano il pettorale. «Stai diventando troppo forte, moccioso».
Il nipotino sorrise largamente e iniziò a saltellare in segno di vittoria poi, piano piano, si avvicinò al Principe, il quale lo guardò incuriosito. Goku Jr si sedette sul pavimento con i talloni sotto al sedere - forse già stanco a causa dell'oretta trascorsa a lottare - e continuò a squadrare dal basso verso l'alto il nonno il quale, dopo qualche secondo di esitazione, decise anch'egli di piegarsi per capire cosa passasse per la mente del bambino.
«Nonno?» sussurrò Goku Jr, poi si guardò intorno di soppiatto per accertassi che non ci fosse nessun altro nei paraggi.
«Che c'è?» domandò Vegeta incerto.
Goku Jr si alzò svelto sulle ginocchia, si avvicinò con il viso e una manina al suo orecchio per potergli sussurrare qualcosa di estremamente inaspettato.
«Quando sono gande... mi potti sul pianeta dei Saiyan?»

 

Continua...

 




ANGOLO AUTRICE:
Buondì signori e signore :) ecco finalmente il tanto atteso capitolo del primo allenamento dei due saiyan! E, come molti di voi speravano, ecco anche un bel momento nonno-nipote. Come reagirà il nostro principe alla richiesta del marmocchio? Gli spiegherà che il loro pianeta d'origine è andato distrutto?
E con Kaaort? Come proseguiranno gli allenamenti? Goku deciderà o no di svelarsi al mondo e rivelare il suo segreto?
Ricordatevi che mi fa sempre piacere ricevere i vostri commenti con ipotesi, consigli ecc...
Pubblicherò il prossimo capitolo già domenica prossima, il 4 febbraio! Ogni tanto riuscirò a fare qualche doppia pubblicazione settimanale :)
A prestissimo,
Eevaa

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Capitolo 7
*** Terra ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 7 - TERRA


 

Vegeta rimase senza fiato e persino senza parole nel sentire ciò che il piccolo Goku Jr aveva inaspettatamente deciso di chiedergli. Quella non era una semplice domanda: era una richiesta nata da una curiosità insita nei suoi geni, e aveva origine in un passato così lontano dal suo DNA che lasciò Vegeta a bocca aperta.
Tante volte aveva raccontato delle storie a suo nipote per farlo addormentare - in modo da potersi allenare in santa pace da solo. Tante erano storie del suo vissuto, ma mai gli aveva accennato del pianeta Vegeta, delle sue origini. Certo, lui e Trunks non gli avevano tenuto nascosto il fatto che fosse "speciale", che non fosse al cento per cento umano, ma avevano deciso di omettere ancora per un po' l'origine della sua specie e di quello che fosse successo loro. Lui e Trunks avevano fatto un accordo per il quale gli avrebbero raccontato tutto insieme, a partire dal popolo dei Saiyan a come Vegeta era arrivato sulla Terra inizialmente per uccidere tutti, ma per il momento Goku Jr non doveva sapere di quanto suo nonno fosse stato una persona discutibile, in passato.
Gli avevano raccontato del pianeta Namek, di un cattivo di nome Freezer, dei viaggi nello spazio, delle Sfere del Drago e persino gli avevano accennato di un bisnonno con il suo stesso nome; il piccolo era sempre stato affascinato da tutte quelle storie al limite della credibilità, ma non si era mai posto tante domande su come faceva ad avere tutti quei poteri, da dove derivassero; aveva semplicemente accettato il fatto di essere un pochino "Saiyan" e per questo di avere anche una coda. No, non gliel'avevano tagliata: non volevano che questo gli pregiudicasse in futuro di poter diventare un Super Saiyan di quarto livello o chissà cos'altro. Ovviamente stavano ben attenti a serrare tutte le finestre una volta al mese, quando la luna si faceva piena.
Vegeta corrugò la fronte e si mise poi a sedere più comodamente di fronte al bambino. Cosa avrebbe potuto dirgli, cosa avrebbe potuto spiegargli? Ancor si domandava come aveva fatto a capire che i Saiyan provenissero da un altro pianeta e come aveva fatto ad arrivarci da solo, piccolo com'era.
«Ti ricordi di Freezer?» iniziò a parlare il principe, dopo essersi schiarito la voce.
«Quello cattivo?»
«Proprio lui» confermò Vegeta, ancora ignaro su cosa dire, su come comportarsi. «Vedi, Goku, noi non l'abbiamo sconfitto solamente perché voleva rubarci le Sfere del Drago di Namek. Abbiamo dovuto combattere contro di lui perché... perché...»
Il Principe si interruppe e deglutì sonoramente. Diamine, suo nipote era il suo erede, la sua stirpe! Se era vero che possedeva dei geni Saiyan allora avrebbe saputo ben accettare il fatto che in quell'universo non ci fossero solo persone buone, che non ci fosse sempre stata la pace in cui era nato. Non avrebbero di certo fatto bene a crescerlo sotto una campana di vetro per sempre e, forse, se era stato proprio lui a chiederlo, allora voleva dire che era pronto a sapere quantomeno qualcosa.
«Perché era un mostro orribile, lui ha distrutto il pianeta dei Saiyan e non potevamo certo lasciare che distruggesse altri pianeti. Per questo abbiamo dovuto eliminarlo».
«Oh...» sussurrò Goku Jr, con le sopracciglia inarcate. Per un secondo Vegeta temette che scoppiasse a piangere, ma per fortuna così non fece e, anzi, si dimostrò interessato. «E i Saiyan? Dove ciono andati?»
«Beh, i Saiyan...» disse Vegeta, con un mezzo sorriso, pensando a chi fossero gli unici Saiyan purosangue rimasti: lui e Kaarot. Sul secondo ci sarebbe stato un gran discorso da fare, un discorso troppo lungo. Ma la sua personale storia, per il momento, avrebbe potuto riassumerla in modo molto semplice. «I Saiyan sono stati tanto tempo nello spazio perché non sapevano dove andare, si sentivano persi. Ma, per fortuna, alla fine hanno trovato un nuovo posto dove vivere, dove rinascere e dove sentirsi di nuovo a casa».
«E dove? Com'è il nuovo pianeta dei Saiyan?»
«È un bellissimo posto, e tu lo conosci già molto bene: la Terra».

 

 

Quando Vegeta tornò a casa trovò Kaarot esattamente dove l'aveva lasciato: sul divano, già assopito, totalmente inerme e abbandonato a sogni che mai avrebbe potuto immaginare.
Sua Maestà vagò senza meta per la cucina per parecchi minuti, si accorse che fortunatamente quell'idiota si era ricordato di spegnere i fornelli e chiudere il frigo dopo essersi fatto da mangiare. Si era persino ricordato di mettere i piatti sporchi in lavastoviglie, e ciò fece ben sperare che quell'improvvisata (e breve, egli sperò) convivenza non fosse poi così disastrosa come aveva previsto.
Con un balzo leggero si accomodò sul letto e ripensò al discorso avvenuto poco prima con il suo nipotino. Ancora non riusciva a credere a ciò che gli avesse chiesto: in linea di successione il suo sangue Saiyan non era nemmeno così predominante, aveva molto DNA terrestre nel corredo genetico, eppure in qualche modo se lo sentiva, percepiva di essere diverso, e ciò lo rendeva molto fiero.
Goku Jr l'aveva costretto però a scavare un'altra volta nei suoi ricordi, nel suo passato, in ciò che era stato. Li aveva sentiti per un attimo più vicini, più suoi. Molte volte si sentiva invece come se dovesse rinnegare le sue origini, come se oramai fossero sin troppo logore e impolverate per essere riportate alla luce.
Era vero: stava ricominciando una nuova vita tutta da capo, ma ciò che il piccolo Goku Jr aveva dimostrato era che, forse, non avrebbe dovuto dimenticarsi chi fosse prima. Perché, così facendo, sarebbe stato più sicuro di cos'era diventato, del perché e del come. Avrebbe dovuto tenersi stretti i ricordi, soprattutto quelli buoni, quelli piacevoli, e avrebbe dovuto farne tesoro. Solo così sarebbe riuscito a ricominciare, a ripartire sì da zero ma con un bagaglio che avrebbe consentito lui di non cadere nei soliti errori.
Così, per un attimo dopo tanto tempo, il Principe dei Saiyan si sentì realmente fiero di sé, fiero di ciò che era diventato.

 


 

La giornata successiva si svolse nello stesso modo: colazione veloce e via verso il pianeta satellite dei Kaiohshin per allenarsi tutto il giorno, senza pause, senza troppe chiacchiere.
Avevano raggiunto nuovi livelli di potenza, sempre più alti, sempre più esplosivi. Vegeta stava piano piano andando vicino al suo limite, ma ciò che più lo spaventava era proprio sapere se Kaarot andasse ben oltre. Per quel motivo stava procedendo con estrema calma nel dimostrare tutto se stesso.
Nonostante quel piccolo limite imposto però, esattamente come la giornata precedente, nessuno dei due combattenti ne uscì indenne. Alle cinque del pomeriggio il numero delle escoriazioni e delle contusioni era salito a quote vertiginose; sintomo che, forse, il giorno dopo avrebbero dovuto andarci più piano. Inutile dire che rischiavano di arrecarsi dei seri danni: non si parlava certo di una lotta leggera. Ovviamente nessuno dei due attaccava per uccidere, ma un colpo sferrato per sbaglio - una distrazione o un eccesso di potenza rivolta nel punto sbagliato - non avrebbe fatto fatica a infierire quel "danno collaterale". Avrebbero dovuto stare attenti: proprio come in qualsiasi sport, gli incidenti più gravi avvengono sempre quando si è stanchi.
Quella sera Vegeta non si recò a casa della sua famiglia con la scusa che avesse bisogno di riposarsi. Non era il caso di presentarsi a loro con ancor più ferite del giorno precedente, oppure avrebbero iniziato a sospettare qualcosa.
«Vedi di sbrigarti a prendere le tue responsabilità, così poi potremo andare tranquillamente a prendere dei Senzu senza la paranoia di dare nell'occhio» gli intimò Vegeta mentre trangugiava la quarta scatola di ramen precotto. Quella sera aveva deciso di non badare a spese con l'ordinazione del cibo: avevano entrambi bisogno di recuperare le energie.
«Sì, ci sto pensando su. Te l'ho detto: dammi ancora un po' di tempo» sbiascicò Goku, con un pezzo di raviolo cinese in bocca. Ad un tratto ebbe però un'idea. «Sai cosa? In cambio della tua ospitalità terrò io in ordine questa casa. Sarò un po' come una domestica!»
Vegeta si strozzò con i noodles e iniziò a tossire. «Una -coff coff- una do-domestica?» gracchiò il Principe, tirandosi dei pugni al petto per tornare a respirare normalmente. «Ma cosa cavolo vai dicendo, Kaarot?»
«Mi occuperò io di prendere il cibo, di fare le pulizie e di tenere in ordine! Così tu potrai passare del tempo con la tua famiglia senza dare nell'occhio» continuò Goku, più che convinto che la sua fosse un'ottima soluzione per scroccare ancora un po' l'ospitalità del suo rivale.
«E con che soldi avresti intenzione di pagare il cibo, signorina domestica
«Con i tuoi, io mica ce li ho» rispose Goku, con ovvietà.
Vegeta alzò gli occhi al cielo, cinico. «Ah, giustamente».
«Come se ti importasse qualcosa, sei ricco sfondato!»
«Razza di idiota, come osi?!» ringhiò Vegeta. Balzò in piedi e rovesciò la sedia dietro di sé, rischiando di infrangere il tavolo di vetro in mille pezzi.
«È la verità!»
«Allora, visto che sono ricco sfondato, da domani ti pagherò un albergo pensione completa, così non ti avrò tutto il tempo tra i piedi!»
«Sul serio, Vegeta? Vuoi lasciarmi solo in un albergo?» si lagnò Goku, alzandosi a sua volta per fronteggiare il suo rivale a brutto muso.
«Cos'hai, cinque anni?» domandò sarcastico.
«Bene, mandami in un albergo, allora! Scordati però di allenarti con me sul pianeta dei Kaiohshin. Faccio sciopero del teletrasporto!» si impuntò Goku incrociando le braccia. E, per completare l'opera, si esibì in un infantile linguaccia.
«Ne ho fatto a meno quindici anni di allenarmi con te, sopravviverò anche senza» concluse Vegeta e, detto ciò, girò i tacchi e si diresse in camera, sbattendosi la porta alle spalle. Era livido.
Se c'era una persona che più di tutte era in grado di fargli salire i nervi a fior di pelle questa era proprio quell'imbecille di Kaarot. E ciò che ancora di più non sopportava era che egli, vedendolo così adirato, aveva iniziato a ridere a crepapelle.

 

 

Le prime luci del mattino abbagliarono il viso di Goku rendendogli impossibile sforzarsi di continuare a dormire. Si svegliò rintontito e affaticato, ma sicuramente non a causa dell'alloggio improvvisato in cui aveva deciso di soggiornare - quel divano era davvero comodo - e forse nemmeno a causa dei duri allenamenti affrontati la giornata precedente. La vera causa era che era rimasto sveglio fino a tarda ora per via dei pensieri ingarbugliati che da tempo non lo lasciavano libero. E, ovviamente, anche dal mezzo litigio avvenuto con Vegeta la sera prima. Se da un lato era stato alquanto buffo, dall'altro si domandò se questi fosse davvero intenzionato a sbatterlo fuori casa. Sapeva che quell'uomo non avesse per nulla un temperamento facile - anzi, per certi lati aveva proprio un caratteraccio - ma sotto sotto lui non faceva altro che sottolineare quali fossero i suoi veri problemi.
Si stiracchiò con estrema difficoltà e si mise a sedere con gli avambracci appoggiati sulle ginocchia, chinando la testa verso il basso con un sospiro. Cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe fatto se si fosse ritrovato faccia a faccia con il dover rivelare il suo ritorno? Come avrebbe potuto a spiegare ai suoi figli che...
«Beh? Cosa stai aspettando? Vai a cambiarti e andiamo ad allenarci, magari prima che si faccia notte» gli disse bruscamente Vegeta, interrompendolo dai propri pensieri per poi lanciargli addosso una tuta da combattimento pulita. Lo fissò con le braccia conserte.
Goku sobbalzò sul divano, colto di sorpresa da quella voce ma soprattutto da quella frase. Di certo non si sarebbe aspettato che Vegeta avanzasse di proposito un passo verso di lui, non dopo essersi arrabbiato così tanto la sera prima.
Goku spalancò gli occhi. «P-prego?»
«Mi hai sentito benissimo. E stasera vedi di riordinare tutto questo casino! I tuoi buoni proposti di tenere pulito sono già andati a farsi friggere?!» borbottò Vegeta, indicando il tavolo ancora ricolmo di scatole di cibo da asporto. «Guarda che se vuoi temporaneamente essere il mio - che il mio orgoglio mi perdoni - coinquilino, dovrai così sgobbare!»
Goku balzò in piedi incredulo, con un sorriso così largo da fargli sformare le guance, ma non parlò. Non disse nulla, sapeva che Vegeta non avrebbe accettato altro che un "corro a prepararmi". Si sentì improvvisamente più leggero: se davvero l'orgoglioso, burbero e schivo Principe dei Saiyan aveva deciso di stare dalla sua parte, la strada sarebbe stata di gran lunga meno ripida.
Vegeta, dal canto suo, voltò le spalle per non essere costretto a vedere un altro pezzo della sua dignità finire schiacciato da quell'idiota. Lo odiava, odiava dargliela vinta e odiava il fatto che fosse lui il destinato a prenderselo a carico ma, accidenti, sentiva che combattere con lui lo stesse portando a un nuovo livello.
Non si sentiva così motivato nell'allenamento da tanto, troppo tempo. E, cielo, come detestava ammettere che in fondo qualcosa gli importasse di quel mentecatto! Se Kaarot stava agendo in quel modo sicuramente c'era una motivazione, c'era qualcosa che lo mandava in crisi. Non l'aveva mai visto in quel modo, forse aveva realmente bisogno di tempo.
Ne avrebbe tratto vantaggio dagli allenamenti con lui, avrebbe solo dovuto fare uno sforzo e sopportare tutte le sue "uscite infelici" e frasi fuori luogo. Onde evitare di incappare in inutili battibecchi - come l'ultimo - non gli avrebbe più chiesto niente, con la speranza che prendesse lui in mano le redini della situazione il prima possibile.
«Ah, un'ultima cosa!» disse Vegeta, nel vederlo tornare dal bagno diretto in cucina per infilarsi in bocca una merendina confezionata. «Non provare più a ricattarmi e a farmi perdere le staffe come ieri sera o, te lo giuro, ti faccio saltare in aria quella testa vuota che ti ritrovi».
Goku sorrise, conscio che quel gesto gentile avrebbe minato ancor di più la pazienza del burbero Principe; ma non poteva farci nulla: lo trovava davvero buffo.

 

 

L'allenamento di quel giorno, come prevedibile, fu meno spinto di quelli precedenti. Utilizzarono quella giornata per l'autocontrollo e la difesa, non si trasformrono mai in Super Saiyan così da recuperare in parte le energie e per tenere l'entità degli attacchi meno dannosa. Il combattimento fu comunque proficuo e intenso tant'è che, per un breve momento, ambedue i Saiyan dovettero trattenersi dal trasformarsi e darsele di santa ragione come avrebbero voluto fare. Risparmiando così tanto quel giorno, però, avrebbero potuto recuperare e arrivare più risposati a quello seguente.
Stabilirono di procedere in quel modo: un giorno di allenamento ai limiti della potenza e uno a bassa energia. In quel modo non avrebbero risentito più di tanto dei danni e avrebbero avuto il tempo fisico di recuperare in fretta, grazie al loro genoma di Saiyan.
Con gli occhi socchiusi e i denti digrignati, Vegeta deviò una sfera di energia di medie dimensioni verso l'alto, mandandola a estinguersi nell'atmosfera circondante quel pianeta. Con un balzo scattò in avanti per colpire l'avversario, ma questi prontamente si scansò e si posizionò in cima ad una piccola rupe erbosa con entrambe le mani unite a lato della schiena.
«Ka-me-ha-me...» mormorò Goku, immagazzinando quanta più energia possibile tra i palmi.
«Big bang...» pronunciò Vegeta, pronto a contrastare l'attacco dell'avversario in attesa che proprio quest'ultimo facesse la sua mossa.
«HAAAAAA
«ATTAAAAACK
I due Saiyan urlarono in contemporanea e scagliarono dagli antipodi due fasci di luce dal colore differenti ma dalla potenza pressoché simile, i quali andarono a scontrarsi al centro formando una sfera più grande che aumentò di dimensione via via sempre di più. Un'esplosione infine fece tremare la terra sotto ai loro piedi.
Quando il fumo si dissolse si guardarono intensamente, ansimando e recuperando le forze. I toraci di entrambi si muovevano a ritmo frenetico ma regolare, con le braccia lasciate cadere lungo i fianchi allo stremo delle forze.
D'un tratto Goku si lasciò cadere a terra con il sedere, poi si adagiò con un tonfo sull'erba verdissima e fresca. Vegeta lo squadrò con un sopracciglio alzato e si avviò  alla rupe per posizionarsi di fronte a lui, con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore.
«È tutto il giorno che ci alleniamo! Non che io sia stanco, ma credo che ci meritiamo un po' di riposo, non credi?» asserì Goku. Prese nel pugno un ciuffo d'erba per strapparlo e lanciarlo in aria. I piccoli filamenti ricaddero sul terreno come fiocchi di neve.
«Davvero deludente... il combattente che conoscevo non si sarebbe mai preso una pausa dagli allenamenti. A meno che non ci fosse una tavola imbandita di cibo, ovviamente» lo rimbeccò il Principe scuotendo la testa ma, in cuor suo,  sapeva perfettamente che finire quel combattimento con l'ultimo attacco sarebbe stato di buon gusto. Tutto quello che sarebbe andato a susseguirsi non sarebbe stato così proficuo. Vegeta guardò l'orologio: si trattava solo di una ventina di minuti in meno rispetto al solito, non avrebbe fatto altro che giovare alla loro salute.
«Forse hai ragione ma, sai com'è, ho passato tanti anni da lontano dagli umani. Non mi dispiace l'idea di fare quattro chiacchiere con qualcuno!» dichiarò Goku.
Si gettò di nuovo all'indietro con la schiena per starsene sdraiato con il naso all'insù rivolto alle nuvole.
«Tsk... quattro chiacchiere, Kaarot? Ma ti senti? E poi oramai dovresti sapere che non sono una persona loquace» lo ammonì Vegeta, poi si sedette in modo composto su quel manto erboso dall'aspetto invitante.
«Certo che lo so, ma so anche che sei cambiato molto in questi anni» controbatté Goku, senza lasciar spazio a replica alcuna.
Vegeta non se ne risentì, ma con un sospiro alzò gli occhi in direzione dello spazio lontano. Il cielo blu con striature dorate e le nuvole arancioni conferirono immediatamente un aspetto simile a ciò che sulla Terra chiamavano tramonto, qualcosa che a Vegeta aveva sempre affascinato. Sul pianeta Vegeta-Sei non vi erano quei colori, era tutto molto più rosso e violaceo. Tuttavia aveva amato quel pianeta e soprattutto la sua casa, il suo castello; se lo ricordava molto nitidamente per quanto poco avesse avuto la possibilità di ammirarlo. Ma sulla Terra aveva potuto scoprire nuovi colori, nuovi odori che mai aveva avuto la possibilità di scoprire. Era così grande e sconfinata e possedeva una così gran varietà di ambienti differenti da lasciarlo sempre senza parole. Proprio per quel motivo negli ultimi anni era stato parecchio in giro, scoprendo e riscoprendo luoghi piacevoli e affascinanti. Se ne andava a zonzo da solo a pensare, a riflettere, a scoprire cose nuove. Ogni tanto si era persino ritrovato a incuriosirsi per la cultura terrestre: la storia, l'arte, la politica. La Terra era veramente ricca di queste cose e, al contrario dei Saiyan, gli umani avevano un tipo di cultura diversa a seconda del luogo di provenienza, non possedevano solo le classi sociali come su Vegeta-Sei. Era tutto così affascinante, così diverso, e Vegeta si era scoperto un grande amante dello studio e della lettura.
«Quindi?» ricominciò Goku.
«Quindi che?»
«Vorrei che tu mi raccontassi qualcosa di quello che è successo negli ultimi anni, vorrei saperne di più di ciò che mi sono perso». Goku sollevò il capo e appoggiò il mento sui gomiti e osservò Vegeta corrucciarsi.
«Mi hai detto che sei al corrente di tutto».
«Sono stato messo al corrente solo delle notizie principali, quelle più importanti e quelle più spiacevoli» specificò Goku. Un amaro sorriso apparve sul bel volto roseo.
Pausa. Ci fu una lunga pausa durante la quale Vegeta non seppe né cosa dire, né cosa fare. In linea di massima avrebbe dovuto stroncare quella stupida conversazione sul nascere ma no, non lo fece. Non ne aveva le forze e trovava che ciò che gli stava richiedendo quell'imbecille un poco avesse senso. Certo, aveva deciso lui di andarsene e di non farsi più vivo per anni, ma la curiosità e la sete di sapere era un istinto che l'essere umano non era in grado di tenere a bada, e un po' lo capiva.
«Che vuoi sapere, Kaarot?»
«Inizia da ciò che vuoi...»
Il Principe sospirò e si rassegnò al fatto che, quel giorno, sarebbe stato destinato a raccontare un pezzo di sé. L'unica cosa che avrebbe dovuto fare sarebbe stato prendere la vanga e scavare a fondo nella sua mente alla ricerca di qualcosa.
Vegeta chiuse gli occhi e si sforzò di ricordare.


 

Continua...
 


 

ANGOLO AUTRICE:
Chicchirichì, il principe sta per diventare un gallo cantastorie xD a parte gli scherzi, che ve ne pare di questo lato nuovo del nostro saiyan dai capelli a forma di fiamma?
Dopo tantissimi anni trascorsi sulla Terra, ho voluto dargli un lato più umano, sia dal punto di vista caratteriale che dal punto di vista del legame con il pianeta. "E' un posto bellissimo" ha detto a Goku Jr, non so se il principe dei saiyan avrebbe mai potuto dire una roba del genere ( spero di non essere caduta troppo nell'OOC), ma mi piace pensare che si sia affezionato alla sua nuova casa. Questo capitolo si è incentrato più di tutti su questo, sul cambiamento di Vegeta.
Mi auguro che vi sia piaciuto! :) a mercoledì!
Eevaa

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Capitolo 8
*** Raccontami ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 8 - RACCONTAMI
 

Nothing unusual, nothing strange
Close to nothing at all
The same old scenario, the same old rain
And there's no explosions here
Amie come sit on my wall
And read me the story of O
And tell it like you still believe
That the end of the century
Brings a change for you and me
 


 

«Che dici? Vado bene?»
«Anche se ti dicessi di sì, lo sai che l'ultima parola ce l'hanno sempre loro» disse Vegeta ad alta voce appositamente per farsi sentire, in modo da scampare forse a quel giudizio che né era in grado di dare né era tenuto a fare. Bulma e Bra sorrisero.
Dal canto suo Trunks andava benissimo: elegante e sobrio. Niente colori improbabili e sgargianti, capelli lunghi raccolti in una coda bassa morbida - proprio come li portava il suo gemello dell'epoca futura quando aveva combattuto contro Cell, diversi anni prima.
«Lo prendo come un sì. Anche tu stai bene, papà» sussurrò Trunks in un sorrisetto nervoso. Era agitato e si vedeva.
A Vegeta non erano mai andate un gran che a genio quelle situazioni formali e tipicamente terrestri, ma si rendeva conto di quanto quello fosse un giorno importante. Era tenuto a fare uno sforzo, anche minimo, per dimostrare completo appoggio a suo figlio.
Senza allontanarsi troppo da quella stanza, il Principe dei Saiyan si avviò sul grande balcone della Capsule Corporation, giusto per prendere aria e non doversi sorbire tutto il ripasso del discorso che Bra avrebbe dovuto tenere durante la cerimonia.
Ma, su quella terrazza illuminata dal sole, Vegeta non era affatto l'unico: un uomo in completa crisi di nervi camminava avanti e indietro, tanto nervoso da non accorgersi della presenza del Principe.
«Si può sapere cosa diamine stai facendo?» commentò quest'ultimo, incrociando le braccia. L'uomo sussultò.
«Ah! Vegeta, non sapevo fossi qui! Ehm... sono un po' nervoso, sai com'è!» confessò Gohan, asciugandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Aveva i capelli oramai quasi brizzolati, e sul naso portava un grosso paio di occhiali dalla montatura nera.
«Non sei tu che ti devi sposare».
«Ma Pan è la mia unica figlia. Come ti sentiresti tu ad accompagnare Bra all'altare?»
«Spero vivamente che tuo fratello non si presenti mai da me a chiederle la mano, o potresti ritrovarti figlio unico» commentò di tutta risposta Vegeta.
Ma a chi voleva darla a bere?! A Goten l'avrebbe concesso e ne sarebbe stato solo felice. Lui e Bra stavano insieme da oramai tanti anni.
Gohan rise nervoso, poi fece cenno che per lui era giunto il momento di entrare.
«Gohan!» lo richiamò Vegeta prima che potesse rientrare, e Gohan si voltò perplesso e sorpreso.
Era davvero strano per entrambi trovarsi in quella situazione: erano passati un sacco di anni da quando si erano incontrati la prima volta e quasi si erano uccisi a vicenda. Gohan all'epoca era solo un bambino. In quel momento, invece, erano lì e stavano addirittura per diventare parenti. Vegeta rifletté un attimo, poi alzò di nuovo lo sguardo verso di lui. Cercò tra il proprio vocabolario le parole più adatte da dirgli, immaginandosi quello che avrebbe voluto sentirsi dire lui nell'ipotetica medesima situazione.
«Pan è in buone mani» sussurrò infine Vegeta, intimidito, quasi come se si vergognasse.
«Questo lo so. È l'unica cosa di cui sono certo».
I due uomini si osservarono ancora per qualche secondo, per poi darsi le spalle e incamminarsi ognuno in direzione delle proprie famiglie che, di lì a poco, sarebbero diventate una sola.

 

 

Quella sera Vegeta lasciò Goku in balia di se stesso nel riordino di tutto lo scatolame lasciato a marcire sul tavolo la sera precedente. Non perché il Principe dovesse fare qualcosa in particolare, ma semplicemente per fargliela pagare dell'inutile battibecco a cui aveva dovuto prendere parte durante la cena del giorno prima.
Non si sarebbe recato alla Capsule Corporation, quella notte. Tutta la famiglia era partita per un convegno fuori città per il fine settimana, e Trunks e Pan avevano deciso di lasciare il piccolo Goku Jr dai nonni materni. Un po' per starsene in santa pace per un week end - nonostante Trunks sarebbe dovuto essere reperibile per lavorare - e un po' per far distrarre Videl e Gohan dal brutto periodo che stavano passando. La morte di Chichi aveva sconvolto tutti, ma Pan era certa che suo padre stesse soffrendo all'inverosimile senza dire nulla a nessuno. Stare un po' con il suo nipotino non gli avrebbe fatto altro che bene.
L'altro nonno, Vegeta, avrebbe dovuto invece prendersi cura di un altro Goku - a detta sua, della stessa età mentale del nipotino. Era un po' come avere che fare con un bambino, del resto. O con un idiota, come egli preferiva definirlo.
«E dai, per favore!»
«Ho detto basta!» ringhiò il Principe a pochi centimetri dalla faccia del suo improvvisato coinquilino, mentre questi era intento a spadellare nel tentativo di non fare bruciare le uova appena buttate a cuocere. Non era mai stato un grande cuoco, Goku, non ne aveva mai avuto bisogno con una moglie come Chichi ma, osservandola di rado anche da lontano, era riuscito ad apprendere la regole basilari per non morire di fame.
«Ma sono troppo curioso adesso, voglio sapere di più!» lo supplicò di nuovo. Impiattò le uova e le portò in tavola insieme al riso, poi si sedette con poca, pochissima grazia.
«Io non sono il tuo cantastorie, mettitelo in quella zucca vuota» tentò di concludere Vegeta, mostrandosi più che risoluto a non continuare quelle "quattro chiacchiere" - così Kaarot le aveva chiamate - che avevano iniziato subito dopo gli allenamenti.
Non era facile per lui interloquire di cose futili con le persone. Era sempre stato abituato ad aprir bocca solo se interpellato, per discorsi di stretta necessità oppure durante la battaglia. L'unico con il quale si era lasciato andare in lunghissime chiacchierate e racconti era suo nipote Goku Jr: con lui non si sentiva a disagio, sapeva che il bimbo non avrebbe mai rivelato ad anima viva di come suo nonno fosse in realtà diverso dalla maschera burbera e taciturna che indossava sempre.
Invece Goku - quel Goku che lui era abituato a chiamare Kaarot - continuava a insistere con estrema veemenza per far sì che gli raccontasse episodi di vita che lui, unicamente per colpa sua, aveva deciso accuratamente di evitare per andar chissà dove.
Vegeta, sorpreso da quel troppo lungo silenzio, alzò la testa dal proprio piatto per spiare cosa diamine succedendo al suo interlocutore e, suo malgrado, non fu ciò che si aspettava di trovare.
La testa di Goku era china in evidente segno di sconforto. Continuava a girare e rigirare il riso con le bacchette senza però ingurgitare tutto alla velocità della luce come suo solito. Di tutto si sarebbe aspettato nella vita Vegeta, ma di avere a che fare con un Kaarot dall'aria triste, quello mai. Quell'idiota era sempre stato ben lungi dall'essere una persona riflessiva, un uomo dall'aria afflitta; era sempre stato l'esatto opposto di come si stava mostrando in quel momento, di come sempre più spesso, negli ultimi giorni, aveva avuto modo di vedere. Vegeta non se ne capacitava, non riusciva proprio a capire come potesse essersi ribaltato in quel modo, caratterialmente parlando. Dove cavolo era finito il personaggio buffo e spensierato di un tempo?
«Sai, non avevo la minima idea che Gohan potesse essere così agitato al matrimonio di Pan» sussurrò Goku, con un sorriso amaro. «È stato piacevole scoprirlo, perché io non sono mai stato attento a queste cose. E forse ora un po' me ne pento».
Gli occhi neri di Goku si incatenarono a quelli dello stesso colore del suo rivale il quale, silenzioso, continuò a scrutarlo imperterrito, cercando risposte ai suoi dubbi.
Vegeta si sentì intimidito, quasi a disagio ad avere a che fare con una persona emotivamente più matura. Se da un lato era rimasto lo stesso idiota di un tempo, dall'altro faceva quasi fatica a riconoscerlo. Sarebbe stato tutto più semplice se fosse tornato lo stesso di quindici anni prima, ma doveva ammetterlo: quel Kaarot lo incuriosiva. Avrebbe dovuto scoprire cosa ci fosse dietro a tutta quell'aria di mistero che aveva creato, doveva assolutamente scoprire di più ma per farlo avrebbe dovuto entrare a far parte di quel gioco. Avrebbe dovuto trascinarlo di più verso di sé, perché era evidente che attualmente Kaarot non avesse alcuna intenzione di dare spiegazioni riguardo a ciò che aveva vissuto.
«E ok, dannazione. Possibile che tu debba averla sempre vinta?! Sei un testone!» scattò Vegeta, lanciando le bacchette sul tavolo con uno sbuffo.
«Davvero mi racconterai altro?» Goku si illuminò di nuova luce raggiante.
«Sì, solo se ne avrò voglia. Però lo sai che...» Vegeta si interruppe e si morse il labbro inferiore. Era convinto che Kaarot sapesse molte cose, ma dovergliele raccontare nei dettagli lo fece tentennare per un attimo. «Lo sai che non sono successe solo cose piacevoli, vero?»
Goku annuì.
«Lo so. Sono pronto ad affrontarle, proprio come avete fatto tutti voi».

 

 

«C18, calmati. Non ho capito nulla di quello che hai detto. Ripeti con calma» scandì con tono fermo Bulma, al telefono.
Vegeta, adagiato sul divano con in mano il telecomando, abbassò il volume della TV per rendere più facile la conversazione di sua moglie, seduta accanto. Lei lo squadrò con occhi interrogativi, lasciandogli intendere che la sua interlocutrice non fosse affatto nelle condizioni di spiegarsi.
«Sì, Marron è qui. Sta dando ripetizioni di matematica a Bra e Pan. Mi sembri sconvolta, è successo qualcosa?» insistette lei, divenendo poi immediatamente pallida in viso.
A quel punto persino Vegeta provò curiosità nel sapere cosa diamine stesse succedendo. Era davvero raro che quell'androide si facesse sentire, tantomeno per sapere dove si trovasse quell'ibrido di sua figlia. Nonostante quest'ultima fosse un'assidua frequentatrice di casa Brief, C18 non amava farsi vedere. Vegeta l'aveva forse vista durante l'ultima battaglia, cinque anni prima.
«Che cosa?! N-no... no» balbettò Bulma. Tese una mano verso la gamba del Principe e la strinse in modo discontinuo a causa dei tremori. Vegeta la squadrò, alzò la schiena dal divano e si portò più vicino. Bulma era sull'orlo delle lacrime. «Oh, no. Oh, no, mi dispiace così tanto...» singhiozzò, poi staccò la mano da quella di Vegeta e se la portò al viso. «Mi dispiace... sì... certo, la portiamo subito lì... certo».
La donna attaccò il telefono e lo gettò malamente sul tavolino, continuando a tremare e singhiozzare. Vegeta lo capì, o almeno ne ebbe il sospetto. Sperò solo che non si trattasse di qualcosa di irrimediabile, ma a giudicare dal pianto inconsolabile della moglie non era roba da poco.
«Cos'è successo?» le domandò nel maldestro tentativo di moderare la sua dura voce in un tono più rassicurante.
«Crilin... è... è morto» balbettò Bulma, per poi gettarsi tra le sue braccia. «Ha avuto un infarto e... e non ce l'ha fatta! Oh, Vegeta, come faccio a dirlo a Marron?»
Vegeta inspirò profondamente. Inutile dire che non si sorprese - da un lato era abituato a sentire delle varie morti di quel terrestre. Crilin se ne era andato così tante volte durante le battaglie che aveva persino perso il conto. Ma quella volta era diverso: non c'erano Sfere del Drago a poterlo riportare in vita - nemmeno quelle di Namek - perché la sua morte  era dovuta a cause naturali.
Gli dispiacque, anche se di sicuro non l'avrebbe esternato.
Tuttavia capì cosa avrebbe dovuto fare per rendere le cose più semplici a sua moglie, già troppo sconvolta di per sé.


 

«Ehi, ragazzina!» disse Vegeta, dopo aver varcato senza troppi complimenti la soglia della cameretta della figlia. Pan, Bra e Marron lo guardarono con curiosità.
Focalizzò il proprio sguardo sulla più grande delle tre ragazze, la quale si rivolse a lui con occhi incredibilmente sorpresi.
«Parla con me?» domandò Marron, senza fiato. Quella era la prima volta che il padre della sua amica le stava rivolgendo la parola. Aveva sentito parlare di lui, di quello che era stato e di quello che poi in realtà era diventato. Da un lato lo ammirava, ma dall'altro le aveva sempre trasmesso un gran timore.
«Sì. Seguimi» le intimò Sua Maestà. Si era preso briga di un compito alquanto sgradevole e sicuramente non facile. Come avrebbe fatto a dirglielo? Non era il tipo da sopportare grandi piagnistei, soprattutto se si trattava di persone con le quali non aveva un gran che a che fare.
Marron seguì Vegeta sino alla terrazza rotonda della Capsule Corporation, sulla quale stava oramai calando l'imbrunire.
«Signor Vegeta... che... che cosa c'è?» domandò lei, nervosa. Era una ragazza bellissima, sicuramente aveva preso molto di più dalla madre. Doveva avere poco più di venticinque anni, troppo presto per affrontare la perdita di un padre, almeno per un terrestre. Vegeta non poteva comprenderla, era solo un bambino quando il suo vecchio era rimasto ucciso da quell'esplosione. Quasi non se lo ricordava, o comunque era stato esortato a non piangere, a non dispiacersi, e non gettare la maschera.
«È successa una cosa...» disse piatto, sforzandosi poi di essere meno distaccato e meno freddo. «Una cosa molto spiacevole».
«Cosa? Cosa è successo?» Marron si irrigidì e si aggrappò con la mano alla righiera.
«Tuo... tuo padre ha avuto un infarto» ammise Vegeta, pronto a dover sentire piagnistei insopportabili.
«Oh mio... oh no... come sta? Dov'è?! Dov'è mia madre?» iniziò a urlare lei, sconvolta.
Vegeta le afferrò i polsi per non lasciarla andare nel panico. Avrebbe dovuto renderle le cose più facili da accettare, ma non sapeva come. Forse, quella volta, avrebbe dovuto persino dire cose che non era sicuro di pensare. Il tutto per il bene di un'altra persona, una persona della quale non sapeva nulla, della quale gli importava anche poco.
«Ascoltami. Tuo padre ha sempre combattuto con coraggio. Non si può dire che fosse il più forte, quello no, ma per quello che ho potuto vedere è che ha sempre dato il meglio di sé, e per questo ci ha sempre aiutato a vincere. Ma, purtroppo, non si può sempre vincere, non si può sempre avere la meglio... e non questa volta».
«Mio padre è morto?» realizzò Marron, in un balbettio. Smise di opporre resistenza alla presa salda di Vegeta e lui la lasciò andare delicatamente, facendola adagiare sul pavimento.
Avrebbe dovuto farlo, avrebbe dovuto dirlo e, per una volta, avrebbe dovuto realmente dimostrare di essere una persona che provava delle emozioni. Non lo avrebbe detto a nessun altro, nessun altro in quel frangente avrebbe scoperto cosa realmente provasse. Nessun altro, oltre Marron, avrebbe potuto udire quelle parole. La verità.
«Mi dispiace».

 

 

Gli occhi neri di Goku risultarono velati, quasi immobili.
«Era il mio migliore amico...» sussurrò Goku senza muovere alcun muscolo, guardando fisso di fronte a sé senza però mettere a fuoco nulla.
Vegeta lo squadrò. Proprio non sapeva cosa diavolo si aspettasse di sentirsi dire. Lo sapeva che era morto. Perché diavolo aveva voluto sapere i dettagli di una cosa che di per certo sapeva gli avrebbe provocato dolore?
«Ho bisogno di prendere un po' d'aria» disse Goku, alzandosi. Si diresse verso l'uscita dell'appartamento, verso la terrazza.
Vegeta lo lasciò andare. Non che avesse intenzione di seguirlo, per cosa poi? Consolarlo? Mai e poi mai. Eppure capì che in quel momento avesse bisogno di stare da solo ed elaborare quel lutto che forse non aveva mai avuto occasione di vivere.
E, nonostante gli accordi precedentemente presi, fu il Principe a mettere in ordine, quella sera.




 

Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno gente!
Stiamo entrando nel vivo di quei quindici anni di gap tra Gt e After All... piano piano salterà fuori tutto, anche le cose che più mi avete detto vi hanno incuriositi. Non ci saranno solo racconti ora, eh. Però ogni tanto salterà fuori qualcosa!
Vegeta e il suo lato umano sempre più preponderante come vi sembra? Certo, è pur sempre il tipo che non esterna molto certe cose, ma pur non dimostrandolo credo si possa leggere quanto sia cambiato.
A me così piace. E a voi? Cosa ne pensate?
Non so se riesco a pubblicare anche sabato o domenica, sono un po' incasinata. Tenete d'occhio la pagina :D
A presto,

Eevaa

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Capitolo 9
*** Kaarot ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 9 - KAAROT


When the demons 
are calling me, their dragging me away 
How could I know?, how could I know? 
That I'll get lost in space to roam forever 


Lost in space: https://www.youtube.com/watch?v=o26SlmROH5Q

 

 

Goku non fu molto loquace per tutto il giorno successivo. I due Saiyan lottarono silenziosamente al limite della loro potenza e sfiorarono livelli che Vegeta non era mai stato in grado di toccare.
Stava raggiungendo il massimo a lui consentito, se lo sentiva, ma continuò a reggere il gioco in modo che il suo rivale non si accorgesse che non mancasse molto alla fine della corsa. Fortunatamente aveva delle gran tecniche per rallentare la loro escalation verso la massima potenza, tecniche che gli permisero di reggere sino alla fine della sessione di allenamento. Sfruttando il giorno di combattimento a minor potenza, inoltre, avrebbe potuto persino aumentare il tetto massimo del suo Ki in vista del giorno successivo. Un continuo ed esponenziale miglioramento, insomma.
Quando, sfiniti, i due Saiyan si lasciarono cadere sul terreno umido di quella radura fiorita, l'ora era già piuttosto tarda e il senso di fame non avrebbe lasciato molto spazio allo stretching e al riposo.
«Urca! È stato faticoso oggi, eh!» disse Goku, ansante, rompendo così il tragico silenzio delle ultime ore.
«Faticoso ma proficuo. Mi sembri meno teso» commentò Vegeta. Recuperò la canottiera che aveva tolto prima di trasformarsi in Super Saiyan di quarto livello e lanciò quella di Kaarot nella sua direzione; egli afferrò al volo la maglietta color amaranto e la indossò.
«Eheh... già. Mi ci voleva!»
Goku, seduto, si abbracciò le gambe e si arrotolò la coda in vita, contemplando ancora una volta il cielo dipinto di colori caldi.
Vegeta lo guardò per qualche secondo chiedendosi a cosa diavolo stesse pensando, poi lasciò scivolare la propria schiena verso terra per potersi rilassare un poco prima di tornarsene nel mondo da cui erano venuti. Percepì gli occhi di Kaarot addosso ma decise di fingere di nulla, continuò a tenere le iridi ben salde al cielo.
Anche Goku si domandò più volte dove stesse vagando la mente di Vegeta, attraverso quali mondi e quali ricordi si stesse facendo largo. Era curioso di sapere di più di cosa fosse accaduto sulla Terra durante la sua assenza. Il punto di vista di Vegeta era così schietto e così sincero da fargli provare ancor più curiosità riguardo alle cose successe e, anche se alcune avrebbero potuto provocargli lo stesso dolore dell'ultimo amaro racconto, era assetato di saperne di più. Era mancato tanto tempo, le uniche notizie che aveva ricevuto erano quelle fornite da Re Kaioh, in collegamento dal suo piccolo pianeta. Informazioni, avvisi, niente di più - è morto Crilin, tua nipote e Trunks si sposano, è morta Bulma, è nato il tuo pronipote - e lui si era comportato come se nulla lo scalfisse, come se la sensazione di dispiacere fosse qualcosa che non gli era concesso provare in quel mondo. Eppure avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto piangere i suoi morti, ma era troppo distratto, troppo impegnato. Aveva provato dispiacere ma nulla più, come se la vita che si era lasciato alle spalle fosse oramai un ricordo che non era nemmeno sicuro di aver vissuto. Ma, da quando aveva appreso della morte di Chichi e aveva deciso di rimettere piede sulla Terra, un senso di incompletezza lo aveva assalito.
Goku aveva dedicato tutta la sua vita al combattimento e, nonostante tutti lo avessero sempre descritto come una persona buona, forse non era poi così vero. Il suo genoma di Saiyan lo aveva sempre spinto nella direzione opposta, alla lotta, alla fuga. A volte aveva messo a repentaglio la vita dei propri cari per il puro piacere di combattere, aveva agito da sempliciotto, da irresponsabile, da menefreghista. Ma ora che se ne rendeva conto, si sentiva in colpa. E si sentiva ancora più in colpa nel provare ancora dubbi su cosa fosse e cosa non fosse giusto fare.
«Hai intenzione di squadrarmi ancora a lungo?» brontolò Vegeta.
«Scusa, mi ero perso tra i miei pensieri» ammise, scansando lo sguardo. Effettivamente aveva gli occhi puntati su di Vegeta da molto, ma quasi non se ne era accorto.
«Dov'è che ti perdi sempre ultimamente, Kaarot?» domandò Vegeta senza troppi complimenti ma, contrario alle intenzioni di risultare brusco e distaccato, il tono che gli uscì fu talmente morbido da non riconoscere la propria voce. «Seriamente... ci sono momenti in cui proprio non ti riconosco, e altri in cui torni ad essere l'idiota che ricordavo».
Goku sussultò. In cuor suo sperava che quel lato che tentava di tenere nascosto rimanesse tale, ma evidentemente non ci riusciva poi così bene. No, il suo spirito allegro in fondo non era cambiato, ma c'era quella nuova parte di sé che a stento persino lui stesso faticava a riconoscere, figurarsi un'altra persona!
«Ma che dici, sono sempre io!» si limitò a rispondere, nello sforzo di sorridere.
«Smettila di fingere, non sono mica cretino» lo smorzò Vegeta, con uno sbuffo. «Non c'è bisogno che tu nasconda questa nuova parte di te, Mr. Hide. In fondo non è così un male che tu sia diventato più serio».
«Mr. Che
«Ecco, come non detto. Tsk, ignorante!»

 

 

Vegeta camminò con passi veloci e nervosi in quel corridoio gremito di persone sorridenti, mazzi di fiori profumati e adesivi sin troppo allegri sulle pareti. Ogni porta era abbellita con fiocchi o rosa o azzurri, orsetti o paperelle ricamate con nomi di vario genere e varia provenienza.
Tutto quel candore lo rese insofferente, la gente lo rese insofferente, soprattutto lo resero insofferente le risate e i bambini che gli correvano tra le gambe con enormi pacchetti regalo o giocattoli nuovi di zecca.
Odiava recarsi in ospedale - faceva rivivere in lui ricordi troppo dolorosi - ma il reparto maternità, se possibile, era ancor più irritante dei corridoi sterili delle altre ale ospedaliere. Sul pianeta Vegeta i bambini appena nati venivano lasciati in un nido asettico, con culle non personalizzate e soprattutto niente fiori, niente fiocchi, niente orsacchiotti e, per l'amor del cielo, niente paperelle! Non esistevano nemmeno animali simili su quel pianeta.
Il Principe dei Saiyan si guardò intorno confuso, alla ricerca di un nome o un volto a lui familiare. Bra l'aveva chiamato poco prima ma, nella fretta di annunciargli la lieta notizia, si era dimenticata di comunicargli il numero della stanza. Percepiva Aure conosciute vicino a sé, ma in mezzo a tutta quella gente non riusciva a identificare il luogo esatto dove avrebbe potuto trovarli.
Sakura Jane, Edward, Yuki L., Nami, Erwin, Goku Jr... GOKU JR.?!

«Ma cosa!?» sussurrò Vegeta, con la bocca spalancata in un'espressione inebetita. Non poteva crederci, non avevano davvero chiamato suo nipote - l'erede al trono dei Saiyan - con il nome di quel decerebrato! No, non poteva essere vero.
Con uno scatto nervoso e occhi iniettati di sangue Vegeta aprì la porta verde. La marmaglia di gente a lui famigliare si zittì. Si voltarono tutti indispettiti per il modo poco pacato di addentrarsi in un luogo così delicato ma, una volta riconosciuto l'intruso, tutti gli sorrisero radiosi.
«Vegeta, sei arrivato, finalmente!» disse Chichi, avvicinandosi a lui zoppicando. Era invecchiata molto in quei tredici anni. Delicatamente gli posò una mano sulla schiena - cosa che mai si era permessa di fare prima - per trascinarlo con sé in direzione di quel muro di persone che contornavano il letto d'ospedale.
Pan era stanca ma radiosa e Trunks, seduto al suo fianco, le teneva la mano con occhi lucidi.
«Ciao Vegeta...» lo salutò sua nuora con un filo di voce, tenendo tra le braccia un fagottino a malapena visibile da quanto era avvolto dalle coperte. Sua Maestà sporse la testa per guardare meglio, ma non riuscì a mettere a fuoco il soggetto di cotante attenzioni.
«Papà, sei diventato nonno... congratulazioni» mormorò Trunks. Prese dalle braccia della madre il bimbo nato da poche ore, gli sistemò meglio il lenzuolo attorno al viso nascosto tra le copertine, poi si avvicinò al valoroso Principe dei Saiyan.
Vegeta fece un passo indietro, schivo.
«Come avete osato chiamarlo con il nome di quell'idio-» abbaiò aggrottando le sopracciglia, costretto però a interrompersi quando Trunks, senza alcuna esitazione, gli rifilò quel fagottino tra le braccia forti.
Fu in quel momento che lo vide, fu in quel momento che i suoi occhi si posarono per la prima volta su quelli semichiusi di quel piccino che tutti stavano aspettando da tempo. Non aveva idea che sarebbe stato un maschio: i suoi genitori non avevano voluto saperlo dall'ecografia. Non aveva nemmeno idea che sarebbe nato due settimane prima del previsto. Ma in quel caldo pomeriggio di inizio aprile lui era venuto al mondo in fretta, era venuto al mondo per farsi conoscere e, finalmente, per riscaldare il cuore congelato dell'uomo che in quell'istante lo stava tenendo con braccia protettive.
«G... Goku» sussurrò Vegeta. Era strano pronunciare quel nome, poche volte l'aveva fatto sino ad allora.
Il Principe dei Saiyan si voltò verso la finestra e si allontanò dal gruppo, come se nessuno lo stesse osservando mentre era intento a contemplare il suo nipotino con occhi spalancati e stupiti, sorpresi di conoscerlo. Il piccolo aprì i suoi a fatica; erano azzurri, azzurri come il cielo fuori dalla stanza, azzurri come quelli di Trunks, come quelli di... quelli di Bulma.
Vegeta sospirò, ma non di tristezza, non di sconforto, non di malinconia. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentì sereno. Si sentì felice.

 

 

«Non è brutto il mio nome!» lo rimproverò Goku mentre, con fare goffo, si lanciò sul divano ed accese la televisione.
«Ma non è quello il tuo nome, il tuo nome è Kaarot» puntualizzò Vegeta. Si sedette all'estremo opposto e incrociò le braccia.
Erano tornati presto e avevano mangiato in fretta, quindi avrebbero dovuto trovarsi qualcosa da fare che non presupponesse chiacchierare. Il Principe era stufo, aveva già dato la sua buona dose di socialità quella sera e non era dell'idea di cederne altra. Tutto ciò che voleva era starsene sul divano e guardare una partita in tv.
«Sai che non è del tutto vero».
«Se mi parli di "Goku" io mi riferisco a quel moccioso di mio nipote - o tuo pronipote, se preferisci. Per me tu sei, eri e rimarrai sempre "Kaarot"» tagliò corto Vegeta e, scaltro come una faina, strappò dalle mani il telecomando al suo interlocutore.
Goku non aveva apprezzato il momento in cui, per la prima volta, aveva scoperto il suo vero nome, il nome che gli era stato dato dai suoi genitori biologici. Lo aveva odiato, aveva detestato Radish ogni singola volta che lo aveva chiamato in quel modo, con quell'appellativo che non sentiva suo.
Dopo aver sconfitto suo fratello Radish e dopo la grande battaglia con Nappa e Vegeta, Goku si era sempre imposto di non accettare mai più che qualcuno lo chiamasse in quel modo ma, su Namek, il Principe aveva rinforzato il concetto che lui facesse realmente parte di quella stirpe di guerrieri chiamati Saiyan. E con la trasformazione che era riuscito a compiere, si era sentito per la prima volta felice delle sue origini aliene.
Così, volente o nolente, aveva dovuto accettare che l'unico altro sopravvissuto della sua specie si appellasse a lui con quel nome. Dopo molti anni era riuscito persino a farselo piacere, e quelle pochissime volte che Vegeta lo aveva chiamato con il suo nome da terrestre si era persino trovato spaesato. Era vero: per lui era Kaarot, Kaarot e basta.
«Sei l'unico che può chiamarmi così» specificò Goku non badando al fatto che Vegeta stesse facendo uno zapping sin troppo compulsivo. Non c'era canale che per lui trasmettesse qulacosa che valesse la pena di essere guardato.
«Perché sono l'unico a comprendere chi è Kaarot» si lasciò sfuggire e poi, rendendosi conto di ciò che avesse appena enunciato, premette il tasto di spegnimento della tv. Un silenzio denso e imbarazzante si susseguì a quella frase.
Goku lo guardò sbalordito, mentre Vegeta assunse un colore così scarlatto da far credere al suo coinquilino che stesse quasi per esplodere.
Stupido, stupido! Perché mai se ne era saltato fuori con una frase del genere? Soprattutto quella sera che aveva esaurito la voglia di spiegarsi, di raccontare. Sicuramente quell'ebete che lo stava fissando con occhi curiosi avrebbe voluto sentirsi dare una spiegazione plausibile a ciò che aveva appena detto, e quello non era affatto un buon modo per concludere una giornata perfettamente silenziosa come lo era stata.
Goku sorrise con amarezza e continuò a fissare le gote del Principe farsi sempre più arrossate. Aveva ragione.
Solo Vegeta sapeva chi fosse davvero Kaarot. Se non sapeva poi così tanto di Goku - di cos'era stato prima di scoprire le sue reali origini - forse Vegeta era colui che conosceva quello che egli era diventato più di chiunque altro al mondo. Non il sempliciotto ragazzo di campagna, non il buon terrestre che voleva difendere il suo pianeta da attacchi nemici, ma il combattente desideroso di migliorarsi, il guerriero amante delle sfide, della lotta, del ricercare il potenziale attraverso uno scontro primordiale. Colui che si era staccato dalla sua famiglia per perseguire i suoi obiettivi, pur rimanendo cordiale di carattere, altruista da una parte, buono forse. Ma, se una volta era Goku a dominare suo essere, al momento sentiva l'altra parte di sé farsi più prepotente, più desiderosa di venir fuori. La poteva percepire prendere il sopravvento nei momenti bui, in quei momenti in cui l'indecisione sul da farsi lo divorava dall'interno.
Vegeta si alzò velocemente per cercare di ricoprire ciò che era accaduto con un cumulo di cenere, poi si avviò a passi decisi verso camera sua.
Tuttavia, una voce dietro di sé diede lui la conferma di ciò che aveva avuto modo di vedere da sempre.
«Hai ragione, Vegeta. Io sono Kaarot».


 

Continua...

 



ANGOLO AUTRICE:
Hola gente! E dopo questo momento "Luke io sono tuo padre" possiamo ritenere questo capitolo sufficiente per comprendere quanto il nostro eroe di sempre sia diventato in realtà una persona diversa, una persona più cupa, più tetra. Non che sia passato al lato oscuro della forza, ma l'ago della bilancia non è più decisamente puntato tutto verso il bianco. 
Goku è cresciuto, Goku è maturato e questo cambiamento lo ha segnato tanto dal punto di vista caratteriale. Come tanti di voi avranno potuto notarlo da DB Super, Goku non è mai stato il supereroe di turno, e ripensandoci bene non lo è mai stato neanche in DBZ. Si trattta pur sempre di un saiyan, no?
Ecco... ora Goku e Vegeta sono molto più vicini, molto più simili nelle loro origini. 
Che dite, vi sembra logico o sono solo i deliri di una pazza? XD
Good news: questo sabato pubblicherò un nuovo capitolo! 
Eevaa

 

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Capitolo 10
*** Nascondersi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 
-AFTER ALL -
CAPITOLO 10 - NASCONDERSI


 

I due giorni successivi trascorsero lesti e frenetici tra allenamenti intensi e serate di riposo. Vegeta non si era affatto reso conto che fosse passata già una settimana da quando quell'imbecille del suo rivale aveva deciso di trasferirsi nel suo appartamento.
Fu una vera manna dal cielo per Goku, il quale sperò che il temerario Principe andasse avanti a non accorgersi del tempo che passava.
Da quando la famiglia di Vegeta era partita per quella convention fuori città, questi non aveva un bel niente da fare la sera e, di ritorno dagli allenamenti, non era raro che i due Saiyan si rinchiudessero ognuno nella propria stanza (o meglio Vegeta nella sua stanza e Goku nel salotto) a guardare la televisione e meditare.
Vegeta, però, aveva anche raccontato a Goku parecchie cose nei momenti in cui si ritrovavano a dover condividere lo stesso spazio, alcune piacevoli, altre meno piacevoli. Gli aveva raccontato di quando Goten e Trunks si erano decisi a iscriversi all'università – e che quell'asino di Goten aveva lasciato i corsi dopo meno di sei mesi. Gli aveva spiegato come, una volta, il Genio delle Tartarughe aveva osato guardare il bel davanzale di sua figlia Bra e per poco non si era ritrovato con il cranio spezzato in due, gli aveva raccontato di quando Pan lo aveva aiutato a scegliere un appartamento decente dopo che sua figlia stava per comprargli una casa arredata tutta con troppo gusto chic. Gli aveva descritto il suono stereotipato delle sirene quando, una notte di agosto, la polizia li aveva richiamati tutti nei pressi di una casa in periferia; gli aveva raccontato come aveva preferito non rispondere alle domande dell'ufficiale quando gli aveva domandato se sapesse quale poteva essere il motivo per il quale, quella notte, avevano ritrovato Yamcha impiccato con una corda nel suo salotto. E invece lo sapeva, o meglio, lo sospettava eccome: non aveva mai accettato la morte di Bulma, della donna che aveva amato per tutta la vita nonostante non fossero più insieme da tempo. Gli aveva raccontato di quando Trunks aveva rivelato di avere una relazione con Pan e la sua unica risposta era stata "perché diavolo i miei figli vogliono per forza mischiare il loro sangue regale con quello della dinastia di Kaarot!?". Gli aveva raccontato di come finalmente, in una notte di inverno, era riuscito a ritrasformarsi in un Super Saiyan di quarto livello nonostante la mancanza della coda. Ma ogni volta che Goku aveva osato chiedergli qualcosa relativo alla morte di Bulma, Vegeta aveva cambiato discorso o accampato una scusa per allontanarsi, talvolta anche con qualche colorito insulto.
Ma, oltre i racconti che il Principe teneva in serbo prima di ritornare dal mondo dei Kaiohshin, i due non avevano più avuto grandi conversazioni. Si scambiavano qualche parola di cortesia, qualche battuta, talvolta qualche parere su ciò che passava in tv. Vivevano insieme ma, con grande stupore del Principe, Kaarot non era un coinquilino invadente. A volte combinava dei gran casini, sì, ma era sempre ben discreto nel cercare di nasconderli. Quasi sempre.
«Certo, quindi devo presumere che questo porta-saponetta abbia imparato a camminare, sia inciampato giù dal lavandino e si sia rotto da solo» abbaiò Vegeta, con in mano i resti di ciò che che era un portasapone in ceramica grigio scuro.
«Ehm, no. Scusami, è che a volte non so proprio dove mettere la coda! Eheh» ridacchiò Goku facendola oscillare proprio in faccia a Sua Maestà.
«Prova ad annodartela al collo e stringere forte!» gli suggerì, ad un palmo dal suo naso.
«Ehi, non è carino da dire!» lo rimproverò Goku, sempre con un sorriso a fior di labbra. Era convinto che prima o poi l'avrebbe portato al limite della pazienza, ma questo lo rendeva buffo.
«Carino?! Lo sai bene che io non sono carino!» abbaiò Vegeta e, in un impeto di furia, scagliò i resti del porta-saponetta sul pavimento appena fuori dal bagno, infrangendoli in mille pezzi. Ciò fece esplodere Goku in una fragorosa risata.
Di certo Vegeta non era "carino", ma era incredibilmente divertente. Lo era anche quando lo insultava, lo era anche durante quelle minacce di morte che ogni tanto gli sputava in faccia. Goku trasalì tutto di botto: avvero aveva definito nella sua testa il Principe dei Saiyan come "divertente"? Se Vegeta l'avesse saputo, di certo, gli avrebbe spezzato l'osso del collo.
«Beh, che hai da guardarmi con quell'espressione ridicola? Levati di torno!» gli intimò questi, scansandolo con una spallata. Si diresse verso il bagno e gridò alle proprie spalle solo altre parole avvelenate. «E raccogli quel disastro, razza di buono a nulla!»
Goku lo guardò allontanarsi, con un mezzo sorriso sulle labbra. In vita sua non si era mai chiesto come avrebbe potuto essere diventare il coinquilino del Principe, non avrebbe mai potuto immaginarsi che si sarebbero ritrovati così a stretto contatto e per giunta per così tanto tempo. Ma doveva ammettere che gli piaceva: Vegeta era discreto e decisamente meno asfissiante di sua moglie, soprattutto non gli avrebbe mai chiesto di andare a lavorare nei campi inutilmente o di smettere di combattere e di allenarsi.
Era più che convinto di aver voluto bene a Chichi, un tempo. Forse l'aveva amata, anche se in modo immaturi, aveva provato per lei un sentimento strano, un desiderio fisico nei suoi confronti. Faceva fatica a ricordarselo, era assai affannoso tentare di rivangare nei suoi ricordi alla ricerca di un'emozione forte. Ciò di cui era sicuro era che lei l'avesse amato più della sua stessa vita, mentre lui... beh, lui forse non aveva mai corrisposto del tutto i suoi sentimenti. Era troppo giovane, immaturo, troppo cieco per poter vedere la sua bellezza. Per un attimo ricordò i pochi momenti intimi tra di loro, ma fece parecchia fatica a ricordare il profumo della sua pelle. Una domanda affiorò violenta nella sua testa: aveva mai amato sul serio? Tutti parlavano dell'amore come un sentimento che riesce a renderti cieco e disinteressato a tutto il resto. Un'emozione che ti porta a trovare dei compromessi, a fare delle rinunce. Ma tutto ciò gli era sconosciuto, completamente oscuro.
Con il groppo in gola Goku si chinò a cogliere i cocci del porta-saponetta come se fossero frammenti dei suoi ricordi perduti, alla ricerca di un senso. Fece per raccogliere l'ultimo pezzo di ceramica quando, improvvisamente, udì una voce provenire da fuori la finestra
Sì irrigidì e rovesciò nuovamente tutto ciò che aveva tra le mani.
«NONNOOOOOOO!»


Goku si immobilizzò e tentò di reprimere il senso di nausea che iniziò a prendere possesso delle sue viscere. Con un movimento lentissimo torse la testa verso la finestra e lo vide: un bambino piccolissimo fluttuava a mezz'aria scuotendo allegramente la coda e, quando i suoi occhi azzurri raggiunsero le sue iridi scure, questi alzò un sopracciglio, incuriosito. Goku sbiancò e si voltò in direzione del bagno, dal quale sbucò un Vegeta ancor più pallido di lui. Questi gli intimò con un solo sguardo di andare a nascondersi lì dentro.
«NONNOOOO!» insistette Goku Jr, battendo con entrambe le manine sulla grande vetrata illuminata dai colori del tramonto.
Sua Maestà udì la porta del bagno chiudersi alle sue spalle, ma poté ancora percepire i battiti del cuore di Kaarot farsi sempre più intensi. Cosa ci faceva lì quel moccioso? L'aveva visto? Aveva visto quell'idiota che abitava nel suo appartamento? Aveva visto il suo bisnonno? L'aveva riconosciuto?
Aprì la finestra scorrevole per accogliere il piccolo, il quale si fiondò all'interno atterrando a piè pari con le braccia spalancate.
«Nonno! Giochiamo?» trillò Goku Jr, con un largo sorriso sulle labbra.
«Goku, si può sapere che ci fai qui? Dove sono i tuoi nonni?» domandò con tono severo Vegeta, alla ricerca di Gohan e Videl all'orizzonte, invano.
«Eeeeh...» mugugnò lui. Si portò un dito in bocca e distolse il suo sguardo cristallino da quello indagatore del Principe, il quale divenne completamente rosso in faccia, adirato più che mai.
«Non vorrai forse dirmi che sei scappato!» lo rimproverò Vegeta.
Goku Jr voltò la testa per evitare che egli lo vedesse, sopraffatto dal senso di colpa che rese i suoi occhi lucidi.
«Volevo... giocae... con te» sussurrò, tirando su con il naso ad ogni parola.
Vegeta alzò gli occhi al cielo e poi si chinò per prendere il piccolo sotto le ascelle. Lo portò con il viso di fronte al suo e lo guardò stranito, come se non sapesse bene cosa rispondergli. Da un lato sapeva che doveva sgridarlo, ma dall'altro si sentì in difetto, come se in realtà lo stesse trascurando. Non che gliene fosse mai importato qualcosa di sembrare cinico e sfuggente, ma da quando quel ficcanaso di Kaarot aveva deciso di metter radici da lui si rendeva conto di aver ridotto il tempo da passare insieme alla sua famiglia, e ciò lo rendeva nervoso.
«Quante volte devo dirti che non si scappa di casa? Sei ancora un moccioso! Devi chiedere il permesso» lo rimproverò, con tono leggermente più morbido. «Torniamo dai nonni, subito!»
Con un balzo veloce Vegeta uscì dalla finestra, permettendo poi al nipote di volare al suo fianco. Il piccoletto rimase ammutolito per parecchi minuti, fino a quando, con voce innocente, ruppe quel ghiaccio che il Principe aveva sperato rimanesse intatto.
«Chi era quello lì?»
Vegeta si morse la lingua e arrossì. Allora l'aveva visto! O forse l'aveva solamente percepito? Kaarot era abbassato quando Goku Jr aveva raggiunto l'appartamento, ed era sgattaiolato in bagno in modo abbastanza furtivo, non sapeva se l'avesse potuto vedere o meno. Molte volte aveva sorpreso il nipotino mentre si accorgeva di persone intorno a lui nonostante la loro forza fosse assente, molte volte riusciva a percepire l'arrivo dei suoi genitori nonostante tenessero l'Aura bassa. Spesso aveva come la sensazione che quel piccoletto possedesse una capacità fuori dal comune di percezione, e fu per questo che Vegeta decise per un momento di fare il finto tonto.
«Quello lì, chi?»
«Il signoe nel salotto» rispose con completa innocenza il bambino, rallentando di poco il volo verso casa. «Quello uguale a zietto».
Vegeta quasi si bloccò. Allora l'aveva proprio visto, e ciò non era per niente un bene. Sicuramente si stava riferendo alla totale somiglianza che quel decerebrato aveva con quell'altro decerebrato del suo secondogenito, Goten, il prozio di Goku Jr.
«Non avevo notato la somiglianza. Ad ogni modo era... era l'idraulico» sparò a vuoto Vegeta, digrignando i denti. Da dove aveva tirato fuori quella cavolata, proprio non lo sapeva. Soprattutto non sapeva come mai si stesse impegnando tanto per difendere l'identità di quell'ottuso del suo rivale.
«Cos'é l'idaulico?»
«Quello che aggiusta il bagno. Mi si è rotto un lavandino» continuò a mentire. Fece poi segno al piccolo di aumentare la sua velocità: erano quasi arrivati sui monti a casa Son.
«Ah, ci! Ho vitto pezzi dappettutto» concluse il bambino, riferendosi probabilmente ai pezzi di coccio del portasapone che Kaarot aveva rotto e che, successivamente, Vegeta aveva lanciato di nuovo per terra in salotto in un impeto di rabbia. Per un momento fu felice che tutto ciò fosse successo.

 

Vegeta e il piccolo Goku Jr atterrarono sull'erbetta tiepida di fronte a casa di Gohan, oramai l'imbrunire stava volgendo al termine lasciando spazio all'oscurità.
Poco più in là, Goten si stava accingendo a tonare a casa da chissà dove. Si voltò per salutare il nipotino ma, nel momento in cui incrociò lo sguardo del Principe, si ammutolì. Camminò più svelto e si chiuse poi la porta alle spalle senza dire nemmeno una parola. Vegeta ringhiò ma, distratto dal bambino che iniziò a bussare alla porta di casa Son, riprese coscienza di cosa realmente ci stesse facendo in quel posto.
Gohan aprì la porta e divenne pallido come un cencio.
«G... Goku! V... Vegeta! Ma cosa...» balbettò, incredulo.
«Vedi di prestare più attenzione a questo moccioso, l'ho trovato che fluttuava allegramente fuori dal mio appartamento» gli intimò.
I passi di Videl si fecero più pesanti nel raggiungere la porta d'ingresso.
«GOKU JUNIOR! ORA TI BECCHI UN BEL CASTIGO!» urlò lei, inginocchiandosi per sostenere lo sguardo accigliato del bambino, il quale fece ondeggiare la coda nervoso.
«Scusa, Vegeta... pensavamo stesse dormendo in cameretta! Ti ha disturbato?» domandò Gohan in completo imbarazzo. Si sollevò gli occhiali con il dito indice, smarrito dal vedersi arrivare il suo nipotino con l'altro nonno quando avrebbe dovuto curarlo lui stesso. Certo, non era affatto la prima volta che il piccolo Goku Jr fuggiva dalla finestra e anche i genitori erano disperati per lo stesso motivo, ma a lui non era mai successo ed effettivamente si sentì in colpa per non aver badato a lui in modo più meticoloso.
«No, ma vedete di starci più attenti» li rimproverò Vegeta, poi girò i tacchi per tornarsene da dov'era venuto.
«Possiamo invitarti a cena per rimediare al disturbo, Vegeta?» propose Videl, dopo aver preso tra le braccia il nipotino il quale, annoiato, sbadigliò. Avrebbe voluto giocare un po' con suo nonno ma con il suo comportamento non aveva ottenuto proprio un bel niente.
«No, grazie. Ho da fare».
«Nonno Vegeta ha l'idaulico» commentò il piccolo rivolto agli altri nonni. Sua Maestà sussultò e divenne completamente rosso in volto. Dannato moccioso, sperava si fosse dimenticato!
«L'idraulico? Di domenica?» domandò Gohan, stranito.
«Era un'emergenza, si stava allagando tutto. A proposito, devo vedere ha messo a posto». Vegeta scattò in aria come una saetta e si lasciò ben presto alle spalle le casette ai piedi della montagna.
«Ciao nonnoooo!» Goku Jr si sbracciò vedendolo scomparire tra le nuvole e le stelle.

C'era mancato davvero poco perché lo scoprissero, perché li scoprissero. Vegeta si maledisse e scosse la testa: perché diavolo gli importava tanto? Se avessero scoperto del ritorno di Kaarot sarebbero stati solo problemi del diretto interessato, lui si era solo ritrovato in mezzo. Proprio non riusciva a capire da dove derivasse tutta quell'ansia di doverlo difendere, di doverlo nascondere. Il cuore gli batteva all'impazzata e i suoi occhi erano rossi di rabbia, non avrebbe potuto ancora reggere quella situazione, avrebbe dovuto fare qualcosa e risolverla. Non poteva continuare a mentire e vivere nella menzogna, era una cosa che mai aveva sopportato. Eppure lo stava facendo, lo stava aiutando a farlo e in questo era diventato complice. Perché quella sensazione? Perché quella paura e soprattutto da dove arrivava quella spinta a portare avanti quel segreto? Perché avvertiva nelle viscere ancora l'intorpidimento che aveva provato nel sentire la voce di suo nipote fuori da casa sua? Cosa c'entrava lui in tutto ciò? Non se ne capacitava, proprio non riusciva a comprendere come potesse essere realmente preoccupato per lui, per quell'inetto di terza classe e le sue paranoie di doversi nascondere. Si sentì idiota, si sentì debole.
Si morse il labbro fino a farlo sanguinare, poi entrò dalla finestra del suo appartamento senza neanche frenare. Si fiondò addosso a Goku e gli ringhiò in faccia alla luce della luna.


 

 

Continua...


 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Il piccoletto stava per combinare un bel disastro, eh?! C'è mancato proprio poco. E adesso il nostro principe è arrabbiato, arrabbiato sul serio. Cosa succederà? Quali saranno le spiegazioni di Goku? Rivelerà qualcosa o ancora terrà nascosto il segreto che lo ha portato a nascondersi da tutto e da tutti?
Lo scoprirete presto con il nuovo capitolo :)

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Capitolo 11
*** Il tempo per loro ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 11 - IL TEMPO PER LORO



 

Vegeta mostrò i denti aguzzi e bianchi ed emise il suono gutturale di una bestia pervasa dalla rabbia. Incenerì con lo sguardo il suo avversario.
Goku, spiazzato, rimase immobile nell'avvertire il respiro bollente del Principe contro il proprio viso. Cosa poteva essere successo di tanto eclatante da renderlo così nervoso? Cosa poteva averlo portato a manifestare cotanta furia?
«V-Vegeta» balbettò, con gli occhi grandi e lucidi. «Cosa succede?»
«Tu... tu mi stai rendendo le cose difficili!» lo accusò Sua Maestà. Gli afferrò la maglietta e lo sollevò a due centimetri dal terreno. «Te ne rendi conto, vero? EH!?»
«Io... io... Vegeta, ma cosa diamine è successo?» domandò Goku, con una risata isterica, più che convinto che tutto si sarebbe risolto a calci e pugni, così com'erano consueti fare. Per un attimo pensò di potersi teletrasportare nel mondo dei Kaiohshin, ma Vegeta gli ringhiò ancora in faccia quando provò a portarsi le dita sulla fronte per farlo.
Goku abbassò lo sguardo e lo allontanò da quello furibondo di Vegeta, che con un solo pugno in quel momento avrebbe potuto ridurlo in mille pezzi, o forse l'aveva già fatto.
«Ci hanno quasi scoperti, zucca vuota, lo sai o no? E sai qual è la cosa che mi fa imbestialire? È che ho detto "ci" ! Come se io c'entrassi davvero qualcosa nel tuo tentativo di rimanere nell'ombra» abbaiò Vegeta. Con un gesto secco mollò la presa dalla sua maglietta e si voltò altrove, scuotendo il capo.
«Ma...»
«Goku Jr mi è venuto a cercare. Ero tutti i giorni con lui, prima! E adesso non ho più tempo per farlo».
Vegeta sperò che un fulmine entrasse nell'appartamento e lo colpisse in pieno petto per aver rivelato il suo affetto nei confronti del bambino.
Goku, dal canto suo, si impietrì. Vegeta gli sembrò così diverso, così sensibile e così... così umano. Lui non aveva mai, mai pensato a quelle cose, non aveva mai pensato che sacrificare il tempo alla famiglia per andarsi ad allenare fosse qualcosa di poco condivisibile. Amava i suoi figli, ma se ne era sempre infischiato di quelle cose, e pensava che anche Vegeta praticasse il suo esatto operato e condividesse il suo pensiero; eppure non era così.
Ripensò a Goku Jr, quel bambino così simile a lui e al contempo così simile anche a Vegeta, ripensò al tono severo ma amorevole con il quale il Principe l'aveva sgridato. Ripensò a come, così piccolo, padroneggiava il dono del volo e trovò in fondo ai suoi pensieri il desiderio di conoscerlo, di rivelargli la sua presenza. Si ricordò di Pan quando aveva la stessa età, delle giornate passate con lei ad allenarsi in mezzo alle montagne, ripensò a Gohan e Goten da piccoli. Li amava, gli voleva davvero bene, eppure non si era fatto scrupoli ad abbandonarli più e più volte e, talvolta, per motivi effimeri. E cosa avrebbe potuto fare, in quel momento? Andare da loro, salutarli e poi... e poi? Goku rabbrividì e ripensò a ciò che soltanto lui sapeva e che non avrebbe forse mai rivelato a nessuno.
Vegeta sostò così, di spalle nella penombra, come per celare il suo orgoglio troppo scoperto.
La realtà era che Goku non trovasse Vegeta affatto stupido o eccessivamente sentimentale; la verità era che invidiava il suo nuovo modo di fare, il suo essere duro ma al contempo così saggio.
«Ti ammiro» confessò quindi, nel tentativo di sciogliere quell'imbarazzo.
Vegeta si voltò di scatto, con voce severa.
«Che cosa?!»
«Ti ammiro, dico sul serio. Vorrei essere razionale come te» continuò Goku, spostandosi verso la finestra per poter contemplare lo spicchio di luna crescente che brillava come un diamante.
«Non è la razionalità che ti manca, Kaarot» sospirò Vegeta e, dopo aver lasciato cadere le braccia lungo i fianchi, si fece forza per continuare. «Devi trovare il coraggio di affrontare i fantasmi che hai nella testa».
Goku sorrise. Chissà come mai quell'uomo aveva sempre la risposta giusta, la risposta pronta a farlo riflettere e, purtroppo, anche a fargli male.
«Non so cosa ti stia succedendo e non so nemmeno cosa ti passi per l'anticamera del cervello ma, se fossi in te, non perderei altro tempo. A volte già è poco quello che abbiamo a disposizione con loro» continuò Vegeta, più paziente. Quasi non si riconosceva, quasi stentava a credere che quelle parole stessero uscendo proprio dalla sua bocca.
«Loro?» domandò Goku.
Il profilo appuntito di Vegeta rifletteva le luci e le ombre della notte.
Questi sospirò e tornò indietro con la mente al tempo in cui ancora pensava che la sua pace sarebbe durata all'infinito, all'istante in cui tutte le sue convinzioni avevano subito uno scossone.

 

 

Bulma uscì dalla stanza numero quattro con una cartelletta color verde menta tra le mani. Il suo sguardo era perso nel vuoto, così disorientata, così fragile.
Vegeta era seduto da una buona mezz'ora su una delle panchine bucherellate e scomode che gremivano la sala d'attesa. Quello studio che odorava di ammoniaca e detersivo.
Vide sua moglie varcare la soglia, ma fece fatica ad alzarsi. Quasi come se, dal viso di lei, avesse già capito che ci fosse qualcosa che non andava. Bulma, dopo qualche secondo di smarrimento, cercò il suo sguardo. Sembrava terrorizzata.
Vegeta riuscì finalmente ad agire, la trascinò con sé a lato di un corridoio semivuoto e la fece accomodare di fianco alle macchinette distributrici di merendine.
«Cosa c'è?» fu tutto ciò che riuscì a pronunciare, nella speranza che la moglie riuscisse a spiegargli senza perdere i sensi.
«Vegeta... si... si tratta di...» farneticò lei, tremori visibili la portarono a scuotere la cartelletta che teneva tra le mani. Il Principe gliela strappò senza complimenti, aprendola per comprendere quale fosse il vero motivo di tanta agitazione.
Lesse quella parola sei volte e ancora non fu certo di ciò che significasse. Cosa diamine voleva dire? Cosa poteva comportare? In un angolo della sua coscienza, però, egli già sapeva.
«Linfoma?» sussurrò lui. Chiuse di scatto la cartelletta e incrociò lo sguardo velato della moglie.
«Cancro» decretò lei. Ci volle coraggio per dire quella parola che solo alla pronuncia provocava terrore.
Cancro. Vegeta ne aveva tanto sentito parlare sulla Terra, era una delle principali cause di morte naturale sul pianeta, non vi era una cura certa, o almeno non in tutti i casi.
I terrestri se ne ammalavano spesso, colpiva diverse parti del loro fragile corpo e le divorava; un male che si auto-sviluppava dall'interno, come le larve di un alieno. Cellule che impazziscono e si moltiplicano, alterando lo stato naturale del loro corpo. Nel mondo dei Saiyan non esisteva nulla di simile, il loro DNA non lo permetteva, le cellule impazzite si auto-disintegravano non lasciando spazio ad alcuna degenerazione. Il fisico dei Saiyan era più forte, più resistente. Nella sua razza non esisteva il cancro ma Bulma, purtroppo, non era una Saiyan.
«Che cosa... cosa succede adesso?» mormorò lui, non sapendo che altro dire.
«Dovrò sottopormi a un'operazione e alla chemioterapia. È l'unico modo esistente per sperare di combatterlo» spiegò lei. Lacrime pesanti come cristalli affiorarono dai lucenti occhi azzurri.
Vegeta trasalì. Sperare? Cosa voleva dire sperare? Bulma doveva guarire. Era ancora giovane, troppo giovane per andarsene per colpa di quella cosa, per colpa di un nemico che il Principe non avrebbe potuto nemmeno combattere e uccidere. Non aveva neanche settant'anni, aveva ancora un sacco di tempo da trascorrere in vita, con lui, con i loro figli.
No, non era ancora pronto per quello. Era perfettamente a conoscenza del fatto che se ne sarebbe senz'altro andata prima di lui, ma non era ancora il momento. No. Era troppo, troppo presto.
«Ti vieto di perdere».

 

 

Vegeta si interruppe e strinse i pugni, trattenendosi a stento dallo sfondare la finestra con una testata. Ripensare a quel momento gli scatenò ansia, angoscia, rabbia.
Goku volse lo sguardo nella sua direzione con i denti stretti, digrignati. Lo sapeva, sapeva che Bulma li aveva lasciati, ma non aveva idea di cosa l'avesse portata via, nello specifico. Non aveva idea di quanto avesse sofferto, non aveva idea di cosa avesse vissuto, ma comprese cosa stesse tentando di dirgli Vegeta. Gli passò un attimo per la mente l'orribile immagine di perdere Gohan, di vederlo invecchiare senza poter farci nulla. Le Sfere del Drago, con il desiderio espresso da Pilaf, l'avevano fatto ringiovanire e questo comportava il fatto di dover veder morire i propri cari, e ciò gli fece paura.
Il tempo che aveva a disposizione con loro non era eterno: era profondamente limitato. Ma ciò non toglieva di certo i suoi dubbi su cosa fare, di certo non risolveva il problema che avrebbe dovuto affrontare, presto o tardi. Ma di questo, Vegeta, non poteva saperne proprio un bel niente e non avrebbe dovuto saperlo ancora per un bel po'.
Il Principe dei Saiyan non ricambiò lo sguardo e, al contrario, fece per ritirarsi nella sua stanza, troppo stanco per affrontare di nuovo un discorso del genere.
«Aspetta...» lo chiamò Goku, voltandosi per afferrargli un braccio. Vegeta non oppose resistenza. Non lo scacciò, non si divincolò per contrattaccare, ma nemmeno parlò. «Hai ragione» continuò, dopo aver mollato la presa.
«Se la tua paura è realmente quella che la pace sulla Terra possa venir meno semmai tu ti rivelassi, beh... oramai dovremmo essere nel bel mezzo di una guerra» intervenne il Principe, con lo sguardo fisso sulla porta della sua camera. Bramava il momento nel quale ci si sarebbe rinchiuso dentro per stare solo con i suoi pensieri. «Ad ogni modo, Kaarot, penso che tu sia un'idiota, ma di certo non sei tu la causa delle disgrazie accadute a questo pianeta».
Goku sbuffò. Forse il sua rivale era l'unico a pensarlo veramente.
Ma diceva la verità.
Vegeta gli avrebbe sempre detto la verità. Non si era e non si sarebbe mai fatto problemi a insultare quell'idiota e trovare il modo peggiore di dirgli le cose direttamente in faccia, ma quella volta ne era per davvero certo: Kaarot non c'entrava nulla con Majin Bu, con Cell, con Freezer. Sarebbe successo tutto ugualmente, magari non allo stesso modo, ma sarebbe successo. Vegeta proprio non capiva come potesse quell'idiota sentirsi così tanto in mezzo a quegli affari.
«Non ne sono così sicuro» ammise Goku, con la mente immersa in una vasca di incertezze. Già, come se poi fosse solamente quello il suo cruccio, il motivo per il quale si stava nascondendo!
Vegeta si irrigidì. Dannato Kaarot, dannato il suo modo di fare che lo portava a farlo sentire in dovere di consolarlo, dannato se stesso quel suo nuovo lato caratteriale troppo sentimentale. Dannato il giorno in cui si era reso conto che, a malincuore, aveva ammesso che quel cerebroleso fosse in realtà un suo amico.
Dannato quel giorno perché non riusciva più a fregarsene, a rimanere indifferente verso la sofferenza di quell'uomo che era sempre stato abituato a vedere allegro, solare, determinato.
«Mettiamola così, razza di fifone: se davvero dovesse capitare qualcosa uniremo le forze e lo affronteremo insieme. Per cosa ci stiamo allenando, altrimenti?» concluse Vegeta, prodigandosi nel suo migliore sorriso beffardo.
Goku ritrovò almeno un poco di pace e, dopo avergli restituito il sorriso, lo lasciò finalmente andare a nascondere la sua dignità.
Una cosa era certa: non avevano mai parlato così tanto come in quei giorni. Non si erano mai trovati a fare discorsi così complicati; non era affatto da loro, che erano soliti solo battibeccare e combattere. Certo, quello l'avrebbero sempre fatto, ma mai si sarebbero immaginati di trovarsi a darsi manforte in un momento difficile, mai si sarebbero immaginati di riuscire a conversare.
Forse con il vecchio Goku non sarebbe mai potuto accadere. E nemmeno con il vecchio Vegeta, chiaramente. La realtà era che erano diventate due persone diverse, evolute, cresciute e, malgrado ciò che il Principe non avrebbe mai voluto ammettere, inevitabilmente vicine.

 

 

L'allenamento del giorno dopo fu silenzioso, come al solito. A spezzare la calma uditiva di quel piccolo pianeta all'angolo dell'Aldilà vi era solo il rumore sordo dei pugni e il ronzio elettrico degli attacchi di energia. Se si prestava maggiore attenzione, però, il respiro dei due Saiyan era pesante, affannoso. Se le diedero di santa ragione come ogni giorno, ma con più rabbia, con più ardore. Forse perché dovevano compensare a quei momenti quotidiani di tranquillità che stavano vivendo ultimamente, forse perché tra loro i conti rimanevano sempre in sospeso.
Con le ginocchia tremanti e le mani ancora calde dall'ultimo attacco, Goku si arrese per primo, si accasciò finalmente sull'erba dopo molte ore di tensione. Vegeta rise compiaciuto della resa del rivale e non perse tempo a sbeffeggiarlo.
«Kaarot, li dimostri tutti i tuoi settant'anni» ridacchiò. Si avvicinò a braccia conserte all'altro e gli fece ombra.
«Eheh, tu dici?» rispose Goku, con il sorriso sulle labbra. Per gioco prese poi in pugno un ciuffo d'erba e finse di scagliargli un attacco di energia, lanciandogli però solo i piccoli filamenti verdi addosso.
«COME OSI!?» urlò di tutta risposta Vegeta. Con un balzò si fiondò addosso a lui, pronto a colpirlo con un pugno in piena faccia.
Inaspettatamente, però, Goku gli puntò i piedi all'addome e lo fece ribaltare appena dietro di lui, buttandolo a terra con un tonfo sordo.
Vegeta chiuse gli occhi e inspirò forte, cercando nei meandri della sua mente un solo motivo per non staccargli la testa dal collo. E il motivo si fece vedere chiaramente: era esausto. E quel praticello era tutt'altro che scomodo.
«Che c'è, non reagisci?» lo punzecchiò Goku, dopo essersi rotolato per mettersi prono. «Li dimostri proprio tutti i tuoi settantasei anni».
«Fidati che se avessi avuto voglia di reagire ti avei spezzato entrambe le braccia, simpaticone» si limitò a commentare il Principe, ancora con gli occhi chiusi.
Goku lo guardò a lungo riposare, contemplò il suo profilo, come perso in un labirinto cosmico. Ripensò alle sue parole e quanto fossero state mirate, efficaci. Ripensò a ciò che si erano detti in quei giorni, ripensò a tutto ciò che, anche indirettamente, Vegeta stava facendo per lui. Si rese conto di quanto avesse ragione, di quanto peraltro si stesse approfittando della sua pazienza.
E in quel momento, per qualche istante, si convinse che avrebbe potuto farcela. Si convinse che, grazie al suo aiuto, forse sarebbe riuscito a superare quella difficoltà. Avvertì una stretta al cuore, ma non vi diede importanza.
«Vegeta...»
«Cosa vuoi?» Il suo petto si muoveva lentamente, su e giù, in un respiro placido.
«Ho deciso».
Vegeta aprì gli occhi e, con uno scatto, si girò su se stesso per osservarlo. Entrambi proni l'uno di fronte all'altro, con i volti poco distanti.
«Cosa?»
«Andrò da Gohan, stasera».

 

 

Un paio di occhi rossi si chiusero.
«Come pensavo...»
La stanza rotonda venne invasa da mormorii agitati.
«Questo non è sufficiente per dire che non funzionerà!» un'altra voce replicò dalla parte opposta della stanza. Colui che aveva parlato si sporse in avanti verso la luce centrale che mise in risalto il verde della sua pelle rugosa.
Silenzio. Silenzio di sdegno, di disappunto.
Il primo che aveva parlato riaprì gli occhi, si alzò e camminò lento verso il centro della stanza, con le mani incrociate come in un segno di preghiera.
La sua figura era più alta e proroponte delle altre sette.
«Tu continui a dargli fiducia...» parlò con voce pericolosamente piatta, rivolto a colui che l'aveva contraddetto. L'interlocutore non si scompose, non diede segno di cedimento, di paura, di sgomento. Non si sentì minacciato, non ne aveva alcun motivo, non lui. Ma avrebbe dovuto giustificarsi, e giustificarlo.
«Sono passati pochi giorni. Quando arriverà il momento giusto, Son Goku farà quanto abbiamo chiesto».

 

Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
Woo-hoo! Forse il principe dei saggi ha smosso qualcosa in quella zucca vuota di Kaarot! Forse. Il signorino si è deciso, andrà da Gohan. E? E poi cosa? Gli rivelerà il suo segreto? Scopriremo cosa è successo a Goku in questi quindici anni oppure no? Chi diavolo sono questi che parlano e borbottano alla fine? Cosa caspita hanno chiesto di fare a Goku?!
Doppia pubblicazione anche per questa settimana: aggiornerò domenica! :)
Grazie ancora a tutti,
Eevaa

 

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Capitolo 12
*** Senza meta ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 12 - SENZA META
 
 
I can’t tell you what it really is
I can only tell you what it feels like,
and right now its a steel knife in my windpipe
I can’t breath when I still fight well I can fight
Just gonna stand there and watch me burn
but that’s alright because I like the way it hurts
Just gonna stand there and hear me cry
but that’s alright because I love the way you lie

I love the way you lie :  https://www.youtube.com/watch?v=uelHwf8o7_U


 

Le nuvole vorticanti sopra le loro teste si tinsero d'oro scintillante, in netto contrasto con i variopinti colori dei pianeti satelliti che abitavano quel cielo vasto e luminoso.
Qualcosa di molto simile a un tramonto li avvolse e li abbracciò di calore, ma oramai il gelo si era fatto spazio tra loro.
Vegeta trattenne il fiato. Dopo più di una settimana trascorsa a nascondersi soggiornando sul divano del suo appartamento, finalmente Kaarot aveva preso l'importante decisione di svelare il suo ritorno a Gohan. Vegeta avrebbe dovuto gioire e dimostrare a se stesso - e a quell'uomo sdraiato prono proprio di fronte a lui - di essere giovato da tale decisione ma, chissà come mai, l'euforia tardò ad arrivare. Avrebbe di gran lunga dovuto esultare a quella notizia, ma tutto ciò che riuscì a dire fu tutt'altro che una frase compiaciuta.
«Ne sei proprio certo?» domandò, secco. Cosa diamine gli era preso? Avrebbe semplicemente dovuto complimentarsi sarcastico per il "breve" tempo che ci aveva messo a raggiungere quell'epifania, oppure insultarlo per qualsiasi altro motivo, e invece gli stava persino instillando dei dubbi.
«No, per niente» gli rispose Goku con semplicità, manifestando la sua completa indecisione. Ma avrebbe dovuto tentare, avrebbe almeno dovuto provarci e affrontare le conseguenze delle proprie azioni, passate e future.
I due Saiyan si guardarono negli occhi per qualche secondo. Si scrutarono a vicenda per trovare delle risposte che però non arrivarono. Si alzarono dopo poco per raccogliere le loro tute da combattimento e, forse, anche il coraggio per andarsene da quel luogo protetto, da quel luogo nel quale non esisteva nulla tranne la loro determinazione.

Non appena raggiunsero l'appartamento in periferia, Goku richiamò a sé la Nuvola Speedy, la quale arrivò puntualissima per posizionarsi appena all'esterno della finestra. L'ombra della sera avvolse il corpo del Principe, appoggiato al muro più lontano, rendendo a malapena visibile la sua pelle ambrata.
«Sono pronto» gli comunicò Goku, con un sussurro. Mentiva. Non era pronto a un bel niente, ma oramai la frittata era fatta e avrebbe dovuto perseguire ciò che aveva professato.
Vegeta lo scrutò torvo, poi voltò la faccia dall'altra parte.
«Bene. Era ora che sloggiassi» borbottò, nel maldestro tentativo di fingersi disinteressato. La verità era che la faccenda gli interessava eccome, ma non avrebbe mai voluto dimostrarlo. Oramai si era persino abituato ad avere l'idiota in giro per casa, si era abituato alle sue stranezze e persino ai danni che di tanto in tanto combinava.
Ma che stava andando a pensare? Veramente era arrivato al punto di poterne idealmente sentire la mancanza? Per tutti gli Dei, no! Non poteva essere vero!
«Già... beh, ci vediamo» mormorò Goku, in un sorriso aspro. Ciò che avrebbe voluto fare sarebbe stato solo chiudersi la finestra alle spalle e restare lì dentro, come da una settimana a quella parte, a trascorrere il suo tempo in quella quotidianità che si era creato. Eppure non lo fece, per una volta non seguì solo il proprio egoismo e balzò sulla nuvola dorata. Partì alla volta della verità con un grande groppo in gola.
«Tsk» soffiò Vegeta, furibondo con se stesso.
Lo vide scomparire all'orizzonte e, in un impeto di rabbia, rovesciò tutti i libri sulla scrivania.

 

 

Quante volte aveva percorso quei sentieri! Quante volte si era recato in quei boschi alla ricerca di cibo, quanti animali aveva salvato, quante volte aveva cercato la pace all'ombra di una pianta.
Lo aveva fatto tutte le volte che Chichi lo aveva costretto ad andare a lavorare, o quando Gohan era ancora troppo piccolo oppure impegnato a studiare e non avrebbe potuto allenarsi insieme a lui. Tutte le volte in cui aveva avuto semplicemente bisogno di evadere, di non sentire lamentele, di non far nulla.
Quelle frasche desolate lo accolsero ancora una volta quella sera durante la quale, sperduto tra i suoi dubbi, si ritrovò a vagare senza meta. Il rumore del ruscello rendeva più basso il vociare dei suoi pensieri, la piacevole brezza primaverile lo cullava placido.
L'ora era giunta, Goku se ne rese conto quando, assonnata, una civetta gli volò accanto facendolo sobbalzare. Con passo lesto si avviò nel fitto bosco e si fece largo tra i rovi per raggiungere il retro di quella casa che, un tempo, era stata la sua dimora.
Qualcosa era cambiato, se ne era già accorto quando, segretamente, aveva salutato per l'ultima volta Chichi dal piccolo gazebo del cortiletto. Non vi era più solo un'abitazione: una dependance delle stesse dimensioni era stata costruita poco distante - la casa di Goten.
Si avvicinò di soppiatto con le ginocchia piegate, stando ben attento a non fare il minimo rumore e soprattutto a non lasciarsi sfuggire neanche un po' di Aura. Con il cuore in gola Goku si posizionò di lato alla grande finestra del soggiorno. Trovò in un sospiro il coraggio di spiarci dentro.
La stanza era illuminata dalla luce calda di una lampada appoggiata su un tavolino al lato del divano. Libri, libri e ancora libri. Una libreria in legno di ciliegio occupava gran parte della parete portante ed era ricolma delle più vaste rilegature, dalle moderne alle classiche. Gli scaffali trasbordavano di scritti e così anche le mensole, il tavolo e il mobile sotto alla televisione impolverata.
Gohan era diventato davvero uno studioso, alla fine. Chissà cosa ne era rimasto dell'intrepido combattente che con coraggio aveva affrontato le sfide più dure e i nemici più pericolosi. Cosa era rimasto di quel bambino che, se accecato dalla rabbia, sarebbe riuscito a far fronte a qualsiasi minaccia?
Alla fine dei conti era divenuto per davvero ciò che aveva voluto Chichi e di per certo, ovunque ella si trovasse, non avrebbe potuto che esserne soddisfatta e fiera.
Gli occhi di Goku si posarono sul divano in tappezzeria verde vicino al camino e finalmente lo vide, o meglio li vide: Gohan e Videl erano seduti sotto a una coperta ricamata di pezze colorate, due tazze di caffè sul tavolino basso in vetro e il volti stanchi dalla giornata oramai volta al termine. Come avrebbe potuto immaginarsi, Gohan stava leggendo, ma non tra sé e sé. Leggeva a bassa voce e sussurrava le parole nell'orecchio della moglie la quale, rilassata, ascoltava con gli occhi semichiusi.
Goku tremò. Suo figlio era un uomo di mezza età, aveva i capelli brizzolati e gli occhiali ancor più spessi di quelli che ricordava. Lo fece riflettere: ciò che aveva detto Vegeta non era poi così bizzarro. Quanto tempo gli sarebbe rimasto? Certo, da ciò che ricordava egli aveva poco più che cinquantanni, ma il suo sangue metà terrestre lo rendeva meno longevo di quello che un vero Saiyan avrebbe potuto vivere. Forse era vero, forse non avrebbe dovuto sprecare tutto quel tempo. Forse, per quel che valeva, avrebbe dovuto rivelarsi.
Goku inspirò a pieni polmoni, poi fece per ricomporsi e trovare il coraggio e la dignità per fare ciò che si era prefissato ma, tutto d'un tratto, si immobilizzò.
Gohan stava ridendo: Videl si era appisolata, ma solo per un attimo. La punzecchiò con un dito e lei fece finta di arrabbiarsi. Sorrisero entrambi e si strinsero più forte da sotto la coperta per poi darsi un bacio a fior di labbra e, quando Gohan riprese a leggere, l'increspatura allegra sul suo viso non scomparve. Era felice, felice per davvero.

Goku rimase irrigidito a osservare la scena, e percepì un gigantesco masso all'altezza dello stomaco. No, no, non avrebbe potuto farlo. Non era tornato sulla Terra per rovinargli la vita, non era tornato su quel pianeta per illudere suo figlio che sarebbe diventato un padre normale, un nonno amorevole e un bisnonno presente o quant'altro. Non era tornato per sconvolgere la vita di una persona così felice. A Gohan non mancava niente, stava bene e di questo Goku era rasserenato. Non avrebbe potuto scomporre quel puzzle perfetto, lo avrebbe osservato da lontano. Così come avrebbe osservato Goten: stava per diventare padre, non aveva bisogno di lui. Non aveva bisogno di ritrovare un padre che, con ciò che portava in segreto, lo avrebbe fatto poi soffrire.
Con il cuore in gola e un senso nausea Goku se ne andò e, trattenendo a stento le lacrime, scomparve tra gli alberi.
Proprio in quell'istante Gohan si girò di scatto verso la finestra, corrugando la fronte.
«Come mai ti sei interrotto?» gli domandò Videl, ad occhi spalancati. Non stava dormendo.
«Mi è sembrato di vedere qualcosa» rispose lui, avvertendo una strana morsa allo stomaco. «Ma credo sia solo il vento».

Goku corse, corse, corse. Corse tra i cespugli sul terreno umido di brina, sollevò fango e rovi nel tentativo di sfogarsi. Strappò le foglie dagli alberi e immerse il viso nell'acqua gelida della cascata per riprendere il controllo, ma non ci riuscì.
Non ce l'aveva fatta, non era stato abbastanza coraggioso ma, da un lato, non era nemmeno stato egoista. Non avrebbe davvero potuto rientrare nella vita dei suoi figli come un fulmine a ciel sereno per poi... per poi rivelargli il reale motivo per il quale fosse tornato.
E, forse, non avrebbe dovuto nemmeno chiedere a Vegeta di riprenderlo nella sua vita, anche solo per un po'; ma il Principe dei Saiyan era l'unico che avrebbe potuto razionalmente aiutarlo e accoglierlo. O almeno, così credeva.
Perché, se così realmente fosse stato - se Sua Maestà avesse distaccatamente acconsentito a reggergli il gioco senza farsi coinvolgere - Vegeta non avrebbe lasciato la finestra del suo appartamento socchiusa, quella notte.

 

 

Il soffitto di quella camera era così bianco da poter quasi sembrare un telo, un telo sul quale poterci proiettare tutti i ricordi di un'intera esistenza. Vegeta, con il occhi sbarrati, lo fissava imperterrito da ore e ore.
Non riusciva a dormire, nemmeno dopo aver rimesso in ordine tutto il trambusto che aveva causato nell'impeto di quella rabbia indomabile. Se avesse potuto avrebbe messo a soqquadro l'intero universo, ma oramai Vegeta era ben in grado di controllarsi, di trattenersi e riservare i suoi attacchi iracondi verso oggetti facilmente ricostruibili. Si sentiva irrequieto e non riusciva a capirne il motivo reale.
Sbuffò. Percepì un nodo allo stomaco stretto come una cravatta, si aggrappò al lenzuolo per non sprofondare in quelle sabbie mobili che erano le sue paure, le sue ansie. Tutte le cicatrici sul suo corpo bruciarono dall'interno, pronte ad aprirsi e fare uscire tutto l'odio che trattenevano.
Vegeta quella notte non riusciva proprio a capirsi, a comprendersi. Non riusciva ad accettare quello sgomento, non riusciva a capire da dove provenisse e, ad un tratto, decise che avrebbe dovuto aggirarlo. Si sentì uno smidollato per essere arrivato a interessarsi di ciò che faceva quel cerebroleso, si sentì un perfetto idiota persino ad aver pensato che, un pochino, non gli era dispiaciuto averlo intorno per casa.
Cielo, cosa diamine era andato a pensare? No, non avrebbe mai dovuto farlo. Avrebbe dovuto ancora una volta nascondere le proprie emozioni come polvere sotto al tappeto e, così, si alzò per recarsi altrove, per andare a scaricare la propria rabbia sulle vette innevate dall'altra parte del mondo, nel mare ghiacciato del nord e fin sopra alle nuvole dense di umidità. Aprì l'armadio e si vestì con la tuta pesante, osservando il proprio volto stanco nello specchio prima di avvicinarsi alla finestra per fuggire. Si sarebbe distratto così, anche quella notte, discostandosi dalla sua mente. Si sarebbe allontanato da se stesso ancora una volta se solo non fosse stato per quel rumore, quel lamento debole proveniente dal salotto, che lo fece risvegliare da quella sorta di sonnambulismo isterico.
Tese l'orecchio convinto di esserselo immaginato ma, dopo pochi secondi, udì quel suono. Un singhiozzo. E allora lo capì: Kaarot era tornato.
Aprì la porta sul salotto con agitazione, poi lanciò un'occhiata all'interno sforzandosi di mettere a fuoco nel buio della notte. Ed eccolo lì, ripiegato su se stesso, Kaarot sostava in ginocchio poco distante dalla finestra, con gli avambracci aderenti al terreno e la testa bassa come se stesse pregando, come se stesse supplicando il cielo, illuminato da un fievole raggio di luna crescente. Stava piangendo. Quel valoroso guerriero che aveva affrontato centinaia di pericoli, che aveva guardato in faccia la morte con un sorriso, che era sempre stato pronto a contagiare con la propria allegria il prossimo... stava piangendo.

Vegeta lo osservò in silenzio, indeciso sul da farsi. Cosa poteva essere successo? Cosa avrebbe potuto dirgli, a quel punto? Come avrebbe potuto agire di fronte a colui che era nient'altri che il fantasma del proprio rivale?
Con passo lesto si avvicinò a quell'uomo rotto e si accovacciò al suo fianco senza dire nemmeno una parola. Lo squadrò a lungo con le sopracciglia aggrottate e il volto contratto in una smorfia curiosa, con gli avambracci penzolanti e i gomiti appoggiati alle proprie ginocchia. Lo udì sospirare, tremare, digrignare i denti. Continuò a guardarlo fisso, a studiare il suo comportamento inaspettato, con la testa inclinata da un lato, senza giudicarlo, senza forzare alcuna parola.
Una volta gli avrebbe tirato un calcio e lo avrebbe fatto alzare con la forza, poi l'avrebbe insultato per il suo comportamento non propriamente consono a un guerriero. Ma come avrebbe potuto farlo? Come avrebbe potuto accusarlo per un "reato" che anche lui stesso aveva commesso?
Goku parlò dopo venti minuti, venti minuti durante i quali Vegeta era rimasto lì, semplicemente, senza far nulla.
«Non ce l'ho fatta» gli rivelò. Batté i pugni al terreno, provocando così una piccola scossa che fece tremare il tavolino del soggiorno. «Sono un vigliacco».
Il Principe dei Saiyan si sorprese, per un attimo pensò di esserselo solo immaginato. Allora era questo che era successo: non ci era riuscito.
«Gohan sta bene. Sta bene così, non voglio dargli motivo per... stare male» continuò Goku, con gli occhi ancora fissi al pavimento. «Non posso permettermi di rovinargli la vita».
Vegeta strinse i pugni e le sue iridi nere si allargarono. Veramente quell'idiota si stava preoccupando così tanto per qualcosa che non sapeva nemmeno se sarebbe accaduto? Per davvero si aspettava che, se sulla Terra si fosse diffusa la notizia del suo ritorno, nemici ben peggiori di quelli mai affrontati si sarebbero fatti avanti per tentare di distruggere il pianeta? Veramente era così convinto di quello? No, non gliel'avrebbe data a bere.
Se prima Vegeta aveva avuto solo qualche dubbio su cosa in realtà stesse succedendo, ora ne aveva la completa certezza: Kaarot stava nascondendo qualcosa. Qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe assolutamente dovuto scoprire.
Vegeta si rese conto che quello non fosse il momento più adeguato per indagare: di certo non avrebbe ottenuto niente. Kaarot non avrebbe rivelato nulla se, indiscreto, gli avesse intimato di smetterla di tenergli nascoste delle cose.
Si limitò a guardarlo, di nuovo, e aspettare che si calmasse. Non gli disse nulla, in primo luogo perché non aveva la benché minima idea di cosa rispondergli, in secondo luogo perché niente, in quel momento, avrebbe potuto giovarlo. Non riusciva a entrare nella sua mente e proprio non riusciva a immaginarsi cosa diamine stesse tenendo celato, cosa potesse esserci di così tanto grave da renderlo così fragile.
Ma, dopo quasi un'ora trascorsa in ginocchio sul pavimento del suo appartamento, avrebbe dovuto trovare il modo di smuoverlo di lì, distrarlo, distogliere i suoi pensieri da tutto ciò che di terribile gli passasse per la mente.
Cosa avrebbe dovuto fare, d'altra parte? Alzarsi e voltargli le spalle? Forse un tempo lo avrebbe fatto. Ma Vegeta, quel Vegeta, si sedette a gambe incrociate e iniziò a raccontare.


 

Continua...

 




ANGOLO AUTRICE:
Santo cielo, ragazzi! Questo nuovo Goku mi mette ansia, a voi no? Nasconde qualcosa, questo è certo, ma deve proprio trattarsi di qualcosa di grave. E Vegeta... Vegeta oramai lo sospetta ampiamente. Com'è diventato saggio, oramai, il caro principino. E adesso sta per raccontare qualcosa, qualcosa di importante, qualcosa che molti stavano aspettando. Siete curiosi? Mancano solo tre giorni a mercoledì :)
A presto!
Eevaa

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Capitolo 13
*** Occhi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 13 - OCCHI

It’s time to let it go, go out and start again
But it’s not that easy
But I’ve got high hopes, it takes me back to when we started

High hopes, when you let it go, go out and start again
High hopes, oh, when it all comes to an end

But the world keeps spinning around
High hopes
https://www.youtube.com/watch?v=E4povfmX144
 

 

Cinque mesi. Cinque mesi di cure, un'operazione, quattro cicli di chemioterapia, uno di radioterapia mirata e la nuova cura sperimentale che era stata in grado di salvare innumerevoli vite. Tutto ciò aveva ridotto all'osso il fisico una volta tonico e prosperoso di Bulma. I suoi capelli azzurri erano caduti, un poco ricresciuti e poi caduti di nuovo ma, nonostante ciò, era sempre una donna bellissima. Ogni mattino si svegliava e, con le poche forze a lei rimaste, si contornava il capo con foulard di colori diversi sempre abbinati al rossetto e al vestito, si disegnava le sopracciglia e usciva da casa per bersi un caffè in centro. Non aveva accettato di farsi ricoverare in ospedale poiché, oltre al fatto che i soldi per le cure a domicilio non mancavano, non aveva alcuna voglia di fronteggiare la morte vista da così vicino. Ogni giorno, nel reparto oncologico, troppe persone - donne, uomini e purtroppo anche bambini - chiudevano per sempre gli occhi e no, Bulma non aveva alcuna intenzione di farsi atterrire da quegli eventi. Le faceva troppo male vedere quei volti, i volti dei loro cari disperati e persi; il solo pensiero che avrebbero potuto essere quelli dei suoi figli e di suo marito le metteva addosso i brividi.
Ma, quel giorno di fine settembre, la morte venne a farle una piccola visita di cortesia sotto forma di medico oncologico.
«Quindi... non ha funzionato?» domandò Bulma dopo aver analizzato il referto dell'ultima TAC. Vegeta, al suo fianco, parve irrigidirsi.
«Temo di no. Mi dispiace, signora Brief» disse il dottore con voce morbida, compassionevole. Il Principe dei Saiyan si imbestialì, prese dalle mani il referto e lo strappò il mille pezzi.
«E ADESSO COSA DIAVOLO DOBBIAMO FARE?!» urlò Vegeta, alzandosi e gettando in aria i cordiandoli di carta.
«Abbiamo tentato tutto il possibile, anche le cure sperimentali. L'unica cosa che resta da fare, ora, è pregare».
«PREGARE!? RAZZA DI IMBECILLE, SI METTA LEI A PREGARE! PREGARE CHE NON LE METTA LE MANI AL COLLO! FUORI DI QUI!» continuò a gridare Vegeta, trattenuto per un braccio dalla moglie la quale, sull'orlo delle lacrime, rimase seduta sulla propria sedia nel vedere il medico uscire dalla stanza, spaventato. Pover'uomo.
Quando finalmente Vegeta si calmò, si inginocchiò di fronte a lei e le mise la testa sulle ginocchia.
«Vegeta...»
«Non ci provare, donna. Non azzardarti a morire!» sussurrò quella minaccia con un tono di voce talmente fievole da non far paura proprio a nessuno.
Durante tutti quei mesi le era stato accanto in silenzio, infondendole la forza necessaria per combattere, tenendola per mano. Non si era mai scomposto, non aveva mai perso la pazienza, non aveva mai dato segno di cedimento ma, quel giorno, era scoppiato, esploso.
Gli sembrava tutto più reale, più vicino, talmente vicino da fargli paura.
«Forse dovremmo solo accettarlo. Prima o poi sapevamo che sarebbe giunto questo momento» sussurrò lei poco convinta, talmente spaventata da non nascondere nemmeno i tremori. Iniziò ad accarezzargli la testa perdendosi con lo sguardo tra i suoi capelli neri.
Vegeta alzò lo sguardo e la fissò a lungo, con gli occhi arrossati e i denti digrignati. No, mai. Non lo avrebbe mai accettato. Avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa.
E quel qualcosa gli affiorò alla mente come una lampadina accesa nel buio della notte, qualcosa a cui, forse, avrebbe dovuto pensare molto tempo prima.

Ci volle poco meno di una settimana per recarsi in quel luogo: la navicella super veloce costruita dalla Capsule Corporation aveva dei propulsori talmente potenti da rendere i viaggi nello spazio molto più brevi e confortevoli. Inoltre, per recuperare ciò per il quale erano partiti, ci volle all'incirca un giorno di ricerche. Bulma, in compagnia di qualche simpatico abitante del posto, riposò al caldo della sua stanzetta osservando fuori dalla finestra quel pianeta che, nonostante fosse differente dal primo, le ricordò come se fosse ieri il giorno in cui aveva incontrato il suo Principe per la prima volta.
Erano passati così tanti anni, eppure il ricordo era così vivido, limpido. Ricordò che le avesse fatto paura, ricordò di aver provato terrore nei suoi confronti. E invece, a distanza di anni, lui era lì pronto a fare qualsiasi cosa per lei, persino viaggiare fino a Neo Namek per ricercare le Sette Sfere del Drago Polunga e tentare il tutto e per tutto per salvarle la vita. Da quando Shenron era partito insieme a Goku alla volta di chissà dove, infatti, nessuno era più stato in grado di ritrovare le Sfere del Drago terrestri e Dende aveva deciso di non crearne altre.
«Puoi procedere» ordinò Vegeta a Leston, un Namecciano giovane dall'aria gentile il quale, durante il giorno di ricerche, aveva provveduto a tenere compagnia a Bulma. L'alieno verde, con le mani rivolte verso il cielo, invocò Polunga a gran voce nella sua lingua.
Maestoso, fiero e a tratti spaventoso, il drago apparve nel cielo verde esattamente come molti anni prima, quando gli avevano chiesto di ripristinare la Terra dopo che era andata distrutta. Polunga disse qualcosa, qualcosa di incomprensibile a orecchio terrestre. Vegeta però, durante i suoi innumerevoli viaggi tra i pianeti da giovane, era riuscito a imparare un poco il Namecciano e, sebbene non fosse in grado di parlarlo, riusciva a comprendere la maggior parte delle loro frasi.
«Cosa gli chiedo?» domandò Leston.
Bulma, seduta sull'erba frizzantina del pianeta Namek con una coperta di lana sulle spalle, gli rivolse uno sguardo speranzoso. «Domandagli se è in grado di guarirmi».
Vegeta, teso, ascoltò il Namecciano parlare ad alta voce con il drago. Esso rispose con voce piena, potente.

NON POSSO. È UNA MALATTIA CHE NON COLPISCE I NAMECCIANI, NON LA CONOSCO E PERTANTO NON POSSO GUARIRLA.

Vegeta si accasciò al terreno, sulle ginocchia, e questo bastò a Bulma per comprendere che nemmeno il potente drago dei desideri avrebbe potuto far qualcosa per lei.
«Bulma, mi dispiace ma-»
«Ho capito» disse lei stizzita, interrompendo il povero Leston nel tentativo di tradurre quella frase.
Ci sarebbe stato poco da fare e forse, come aveva detto il medico, l'unica cosa che le rimaneva era la fede. Ma lei era una scienziata, che razza di fede poteva avere? Certo, ne aveva viste tante, aveva già avuto un'assaggio dell'Aldilà ed era certa che esistesse. Ma come poteva sperare che le divinità prendessero a cuore la sua causa? Avevano ben altro a cui pensare e, se non avevano il tempo di far guarire dei poveri bambini da quella malattia, come poteva sperare di poter attirare il loro sguardo e la loro pietà?
Vegeta si chinò su se stesso e si aggrappò all'erba strappandola con i pugni. Leston, dispiaciuto, fece per parlare - probabilmente per lasciare il drago libero - ma, proprio in quell'istante, Bulma ebbe un'ultima brillante intuizione.
«Aspetta, Leston! Non mandarlo via. Il drago non può guarirmi, è vero. Ma se gli chiedessi di farmi tornare indietro nel tempo, farmi tornare a quando avevo che so, trentacinque anni? A quell'epoca non avevo il cancro» disse, speranzosa ma fortemente disillusa.
«Beh, è pur sempre un'idea. Proviamo!» asserì Leston, compiaciuto.
«Ah, però voglio che anche Vegeta torni ad essere giovane. Non voglio vederlo morire prima di me, se tutto ciò dovesse funzionare» aggiunse lei. Vegeta, all'udire di ciò, si alzò dal terreno con gli occhi spalancati.
«MA COSA VAI DICENDO?!» urlò. Lei, con un sorriso beffardo, gli schioccò un bacio sulla guancia facendolo arrossire.
«E non mi dispiacerebbe rivederti con i capelli lunghi» sussurrò lei nel suo orecchio.
«Tsk...»
Leston scosse la testa in segno di disappunto. Non vi erano donne tra i Namecciani, non sapeva cosa volesse dire avere una compagna e nemmeno un compagno. L'amore era un sentimento che non avrebbe mai compreso, ma i terrestri erano persone per bene e Bulma era una scienziata incredibile. Avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarla e, per questo, domandò al drago Polunga quanto riferito.
Egli, a gran voce, acconsentì.
Immediatamente una luce bluastra avvolse i corpi dei due coniugi i quali, sollevati dal terreno, percepirono una strana sensazione di formicolio dalla punta delle dita dei piedi al capo. I capelli di Vegeta, che erano stati tagliati molti anni prima, crebbero fino a tornare alle loro fattezze originali, folti e a punta. Tutti i segni dell'età sul viso di Bulma scomparvero, capelli e sopracciglia spuntarono rigogliosi e azzurrissimi, i suoi occhi si fecero più limpidi, il viso meno scavato e tutte le sue curve tornarono le stesse di sempre. Si sentì meglio, si sentì più in forze e, perché no, più radiosa. La difficoltà a respirare, i dolori articolari e la sensazione di nausea e capogiri erano quasi del tutto scomparsi.
«Sembra... sembra che abbia funzionato! Vegeta... ha funzionato!» disse, lasciando che le lacrime sgorgassero a fiumi. Balzò in piedi leggiadra come una cavalletta.
E sì, anche il Principe si sentì leggero in quel momento, leggero come una piuma. Bulma era tornata, era guarita per davvero.

 

 

Goku ebbe un fremito, ma non alzò la testa. Vegeta, seduto ancora a gambe incrociate, sospirò al ricordo di quel momento felice.
«Ecco perché sei così giovane» disse Goku, distrattamente. Era a conoscenza del fatto che i due coniugi avessero utilizzato le Sfere del Drago per ringiovanirsi, ma non aveva mai compreso il perché. «Ma sei lei è guarita, allora cosa le è successo?»
«Questo, forse, te lo racconterò un'altra volta» tagliò corto il Vegeta, più che intenzionato a tenere riservata la sua storia ancora per un po'. O magari tirarla fuori al momento giusto per ricevere qualche informazione in più da lui, lui che oramai fosse indubbio che gli stesse nascondendo qualcosa. Gli faceva male raccontare di Bulma, di cosa fosse accaduto, di come realmente fossero andate le cose ma, al contempo, sentiva che raccontando stesse esorcizzando piano piano quei demoni. Li stava snocciolando uno per uno, li stava rivivendo, riscoprendo e superando per davvero.

Goku, ancora piegato su se stesso, sospirò senza rispondere. Era curioso ma non volle insistere e, soprattutto, aveva ben altro a cui pensare.
«Non so più che cosa devo fare» sussurrò dopo altri interminabili minuti, in un sospiro affranto. Di certo non si aspettava di ricevere risposte concrete riguardo ai suoi dubbi, men che meno da Vegeta.
Anzi, da lui si sarebbe aspettato di udire giudizi negativi e/o insulti riguardo al fatto che, sì, anche quella notte avrebbe dovuto occupargli il divano. Già il fatto che se ne fosse stato lì in religioso silenzio - quando gli aveva rivelato di non esser riuscito a parlare con Gohan - a parere di Goku non era un buon segno. Aveva addirittura deviato il discorso. Sapeva che Sua Maestà sarebbe esploso da un momento all'altro, era quasi certo che non avrebbe perso altro tempo per rinfacciargli quanto fosse un codardo.
E invece no, non fu così, Goku si sbagliava. Il suo rivale non gli propinò l'ennesima ramanzina, non diede sfoggio di quanto lo reputava inferiore.
«Cosa devi fare?! Andare a dormire, razza di idiota. Sono le tre del mattino! Domani ci aspetta un allenamento duro e dopo, soltanto dopo, penseremo a cosa fare» concluse il Principe con un tono aspro non troppo riuscito poi, finalmente, si alzò in piedi per sgranchirsi le gambe.
Goku sbarrò gli occhi, ancora fissi sul pavimento.
Aveva avuto torto riguardo a Vegeta, cielo quanto aveva torto! L'aveva giudicato male, ancora una volta, pur conoscendo quanto in realtà fosse cambiato.
Il Principe non era stato lì in silenzio ad aspettare il momento giusto per sminuirlo, no. Era rimasto accanto a lui semplicemente, nel suo essere taciturno, nel suo essere discreto. E non aveva bisogno di altro, Goku. Quella sera non aveva bisogno di stupidi consigli che non sarebbe stato in grado di seguire, non aveva bisogno di qualcuno che lo spingesse. Aveva bisogno di qualcuno che rimanesse con lui e aspettasse che fosse pronto ad alzarsi. Per quel motivo Goku sollevò finalmente la testa e ciò che vide lo lasciò senza parole: la mano del Principe pronta ad aiutarlo a rimettersi in piedi.

 

 

Goku si alzò stranamente di buon umore, quel giorno. E anche Vegeta, nonostante la prima parte della nottata passata a contemplare il soffitto, era pieno di energie ed era calmo. L'ansia e la rabbia della notte prima si erano sciolte come neve al sole, sparite senza un apparente perché, estinte come il fuoco senza ossigeno. Forse la sua mente stava cercando di rimuovere quell'improvviso sgomento dall'origine ignota.
Si erano alzati e, dopo una silenziosa colazione, si erano recati sul pianeta satellite dei Kaiohshin come avevano fatto durante tutte le giornate precedenti, come se nulla fosse successo. E ciò li fece star bene, perché Goku non ebbe nemmeno il tempo di poter pensare al disastro emotivo combinato la sera prima: il Principe dei Saiyan aveva iniziato a riempirlo di botte senza nemmeno dargli preavviso.
Vegeta non avrebbe potuto trovare modo migliore per scaricare la tensione.
I due Saiyan combatterono senza limiti per ore e ore, ogni tanto si sbeffeggiarono, ogni tanto tirarono il fiato nascondendosi l'uno alla vista dell'altro.
«Ma che diavolo...» si lamentò Vegeta, dopo aver visto un suo attacco mancare per l'ennesima volta l'avversario, il quale ricomparve qualche metro dietro di lui. Con un sorriso beffardo riprovò e riprovò, avendo così la conferma di ciò che l'altro combattente stesse facendo per evitare di stancarsi.
Scagliò l'ennesimo fascio di luce nella sua direzione ma, con uno scatto felino, si lanciò anch'egli contro quella figura muscolosa e si aggrappò alle sue spalle con violenza. In meno di mezzo secondo entrambi si ritrovarono sul vero pianeta dei Kaiohshin. Cadsero rovinosamente per terra di fronte al Sommo, il quale trasalì e iniziò a urlare. Lo ignorarono.
«Ma come hai fatto a scoprirmi?!» ridacchiò Goku, spalmato sopra di lui. Vegeta se lo levò di dosso con una ginocchiata.
«Non sono certo stupido, emerito imbecille. Questo è barare!» grugnì Vegeta. Cercò di attaccarlo con un pugno, ma egli si scansò all'ultimo per farsi rincorrere.
«Urca! E io che pensavo di farla franca!» urlò, senza smettere di ridere. Usare il teletrasporto per evitare gli attacchi non era stata poi una mossa tanto leale.
«Forza, torniamo al lavoro. E guai a te se ti becco ancora prenderti gioco di me!»
«Volevo vedere se eri attento» si giustificò Goku, tendendogli una mano per riportarlo sull'altro pianeta ma, non appena Kibitoshin li accompagnò con ulteriori raccomandazioni, un dolore inaspettato colse Goku di sorpresa.
La divinità scosse la testa e tornò indietro senza interessarsi dell'accaduto.
«E tu... sei attento?» gli sussurrò all'orecchio Vegeta, con un sorriso beffardo. Gli aveva affondato un pugno della bocca dello stomaco e Goku, dopo aver emesso un lamento sordo, iniziò a tossire.
«Mi sa di no» balbettò con voce soffocata e le lacrime agli occhi, percependo ancora il respiro caldo del Principe contro l'orecchio. Rabbrividì. Sentì la pelle d'oca affiorargli sulle braccia e, quando finalmente Vegeta si staccò, Goku tremò nel guardarlo negli occhi.
Era così minaccioso da mettere paura al peggiore dei mostri ma no, lui non lo temeva per davvero. Oramai lo conosceva, oramai sapeva che non era certo di lui che avrebbe dovuto preoccuparsi.
Ma quegli occhi sì, in quel momento gli fecero paura. Non perché temeva che gli avrebbe fatto del male, no. Perché quegli occhi erano così profondi da inghiottirlo, da farlo cadere in un groviglio di pensieri che mai, mai prima di allora aveva avuto occasione di avere. Goku lo fissò dritto in quelle due fessure nere che il giorno prima l'avevano osservato a lungo, pazienti. Si perse in esse e non riuscì a ritrovare una via d'uscita, percepì dentro di sé qualcosa di sconosciuto. Per un attimo pensò che quell'attacco appena incassato gli avesse danneggiato gli organi interni, ma era improbabile. Quel dolore era oramai sparito e aveva lasciato spazio a qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso.
Ebbe paura di Vegeta, perché era l'unica persona che avrebbe voluto accanto in quel momento, l'unica persona che era in grado di prendersi cura di lui, l'unico che avrebbe potuto capirlo e comprenderlo nel profondo. Ebbe paura perché in quel momento capì che, oltre alla sua famiglia, ora aveva un'altra persona alla quale temeva di poter far male con le sue bugie, con ciò che stava nascondendo. Ed era proprio l'ultima persona che si sarebbe aspettato di poter ferire.
«Kaarot?» La voce roca di Vegeta lo fece sussultare, e finalmente riuscì a sganciarsi da quello sguardo buio come la notte. «Non dirmi che con quel colpo da principiante ti ho davvero messo al tappeto» continuò lui.
Goku respirò velocemente, quasi con il fiatone, come se avesse appena corso una maratona, poi si ricordò che quello non era il momento giusto per pensare, non era il momento per farsi prendere dai dubbi. Quello era il momento di combattere e il suo avversario stava attendendo una reazione.
Il suo avversario, già. Ma cosa gli era saltato in mente? Cosa gli era successo poco prima? Si stava parlando di Vegeta, non di un esserino indifeso. Stava parlando del Principe dei Saiyan in persona, cosa diavolo sarebbe importato a lui delle sue azioni e decisioni?
Lo attaccò, egli rispose. Andarono avanti a lungo e nessuno dei due perse più tempo a riposare o nascondersi. Un colpo dopo l'altro il numero dei graffi e delle cicatrici aumentava, il dolore alle ossa si fece sempre più persistente. Oramai erano giunti al limite, la stanchezza iniziava a farsi sentire a livello delle giunture.
Pochi colpi ancora e avrebbero dovuto fermarsi, ma quel giorno nessuno dei due aveva la benché minima intenzione di arrendersi per primo. Sempre più rallentati, sempre più sfiniti scagliarono i loro ultimi attacchi senza riflettere, senza pensare. Per interrompere quel combattimento sarebbe stato necessario mettere al tappeto l'avversario.
Vegeta, oramai al limite delle proprie forze, non riuscì a mantenere la trasformazione e tornò prima ad essere un semplice Super Saiyan, poi allo stadio normale. Con affanno si guardò le mani, e capì di aver esaurito tutto ciò che poteva dare.
Goku caricò una sfera di energia potente tra le proprie mani, gonfiandola di tutta la potenza che la propria Aura avrebbe potuto racimolare. Eccola, era pronta per essere scagliata, grande più di se stesso, lampeggiante come un temporale. Stava per colpire, il suo avversario era distratto e forse lo avrebbe persino steso. Era il momento giusto ma eccola lì: quella strana sensazione che aveva provato in precedenza, gli occhi di Vegeta lo penetrarono da lontano. Sussultò di nuovo. Era troppo tardi, oramai.
Un boato, un terremoto, un lampo di luce abbagliante e poi il nulla.


 

Continua...
 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao gente! Ebbene sì, a quanto pare la nostra Bulmona è guarita dal male che l'aveva quasi uccisa. E allora cosa potrà essere successo? Se non altro abbiamo scoperto come Vegeta sia ringiovanito xD
E adesso Goku che cavolo ha combinato? Cos'è successo alla fine di questo capitolo? E, sopratutto, il signorino caro si è reso conto di qualcosa di molto, moooolto importante. Con ciò che sta tenendo nascosto (che ancora non sappiamo cosa sia) forse potrebbe ferire il principe dei saiyan, quell'uomo al quale sta iniziando ad affezionarsi non poco. Woo-hoo xD ma come sono carini.
Miei cari, anche questa settimana doppia pubblicazione! Dovrete solo aspettare sabato per scoprire cosa caspita ha combinato Kaarot.
Buona settimana a tutti :*
Eevaa

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Capitolo 14
*** Questione di fiducia ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 14 - QUESTIONE DI FIDUCIA
 


 

«Kaarot! Kaarot! Dannazione, apri gli occhi!»
La voce di Vegeta era ovattata, come se si trovassero sott'acqua. Il buio intorno a sé divenne mano a mano sempre meno opprimente, sempre meno definito. E finalmente Goku lo vide.
«Ma guarda cosa hai combinato...» mormorò Sua Maestà, tenendo il corpo martoriato dell'idiota adagiato sulle proprie ginocchia. Il sangue sgorgava a fiotti dalle sue ferite, i suoi vestiti erano quasi completamente bruciati e alcune parti erano addirittura colate e fuse con la pelle, provocandogli ustioni profonde.
«Argh-ahh» bofonchiò Goku, invaso da fitte di dolore. Tentò di alzare la testa ma la sentì pesante, alzò le braccia per poter capire la gravità della situazione ma non ci riuscì.
«Ma dico, ti ha dato di volta il cervello!?» lo redarguì Vegeta. Si strappò la parte inferiore dei pantaloni della tuta per tamponargli la vistosa ferita alla base del collo.
«C-cosa è successo?» balbettò Goku.
«Ti sei fatto saltare per aria, pezzo di cretino! Ma a che stavi pensando?!» lo rimproverò nuovamente.
Vegeta l'aveva visto portare le braccia al cielo per sferrargli quell'attacco, era sicuro che l'avrebbe fatto ma, da un momento all'altro, era come se qualcosa l'avesse bloccato. L'aveva visto investito in pieno dalla sua stessa enorme sfera di energia, l'aveva visto esplodere.
Per un attimo aveva pensato che fosse morto, che fosse rimasto polverizzato. Probabilmente c'era mancato davvero poco, troppo poco.
«Sono proprio distratto, eheh... argh! AHHH!» gridò di dolore Goku. Percepì ogni ferita bruciare come se ci avessero appena messo del sale.
«Tsk... dobbiamo andarcene da qui, dobbiamo andare dal muso verde a farti curare» gli ordinò Vegeta, alludendo a Dende e le sue straordinarie capacità curative. Non c'era altro da fare, oltretutto non era nemmeno il periodo migliore per la crescita dei Senzu.
«NO!» urlò Goku. Si premette una mano su un fianco e tentò di divincolarsi dalla presa stretta del Principe, ma questi se ne guardò bene dal lasciarlo andare.
«Sei ridotto troppo male».
«No, non se ne parla!»
«KAAROT! NON È IL MOMENTO DI FARE SCENEGGIATE» sbraitò Vegeta, scuotendolo. Poi si ricordò che strattonarlo non fosse la cosa migliore da fare date le sue condizioni. «Maledizione, vuoi lasciarci le penne, per caso?»
«Sopravvivrò... e... argh! Anche Kibitoshin può guarirmi». Goku tentò di effettuare il teletrasporto, invano. «Se solo riuscissi a teletrasportarmi, argh!»
«Ho il telefono con me, è di nuova generazione, si può comunicare anche con altri pianeti. Fammi chiamare Trunks, troverà il modo di venire a prenderci in qualche modo. Ancora non so come, ma lo troverà».
«NO, VEGETA, TI PREGO!» lo supplicò Goku. Si aggrappò più forte alla spalla di Vegeta, facendo così avvicinare di più i loro volti. «Ti scongiuro. Aspettiamo che arrivino qui i Kaiohshin... sopravvivrò».
Vegeta lo guardò con rabbia. Avrebbe voluto strangolarlo e porre fine alle sue sofferenze con le sue stesse mani. Gli ringhiò in faccia, ma poi distolse lo sguardo per non tradirsi e mostrare preoccupazione.
«Kaarot, se muori giuro che ti uccido» lo minacciò, poi cacciò di nuovo il telefono in tasca.
«Eheh... allora un po' ti sto simpatico» lo punzecchiò Goku, poi iniziò a tossire. Non era realmente sicuro di farcela, ma quantomeno in caso contrario sarebbe morto e si sarebbe risparmiato un bel po' di grane. Fine della storia.
«Tsk, ma fammi il piacere!» sbuffò Vegeta, con lo sguardò fisso negli occhi di quel deficiente. Simpatico, diceva. Per un certo periodo era anche sicuro di averlo odiato, quello squinternato. Non aveva mai provato "simpatia" per nessuno. C'erano persone che gli piacevano, altre che gli piacevano meno.
Ma, se proprio doveva ammettere a se stesso una cosa, era proprio che quell'idiota - con tutti i suoi innumerevoli difetti - aveva da tempo iniziato a piacergli. In quel momento, inoltre, era la cosa più simile a un amico. E quanto gli doleva ammettere che, se fosse morto, gli Dei solo sapevano quanto si sarebbe arrabbiato.
«Sei... il solito... orgoglioso» mormorò Goku a fatica. Si strinse più forte al corpo possente di Vegeta ad ogni fitta, come se scaricare il proprio dolore su di lui alleviasse un po' la pena che provava.
In una situazione normale Vegeta ci avrebbe messo meno di mezzo secondo a schiantarlo via di dosso e ridurlo a brandelli, ma quella non era una situazione normale. Faticosamente lo accolse, imbarazzato, continuando a tamponargli il rivolo di sangue che sgorgava indomabile dal collo.
«Beh- argh! Visto che dobbiamo aspettare, questo sarebbe il momento perfetto per continuare a raccontarmi quella storia» disse Goku.
Sua Maestà ebbe un fremito. Era chiaro che si riferisse a ciò che avevano passato lui e Bulma, a com'era morta per davvero. Quel decerebrato era quasi in punto di morte e voleva davvero che lui gli raccontasse una cosa simile? No, non era proprio il momento perfetto, neanche alla lontana. Forse sarebbe stato un bene aspettare in silenzio che i Kaiohshin arrivassero, senza parlare, senza fargli sprecare altre energie.
Ma Vegeta era curioso, troppo curioso. E se davvero fosse morto? Se ne sarebbe andato con un segreto da portarsi nella tomba.
«Tu vuoi sapere tante cose, Kaarot. Ma di te non mi hai ancora detto nulla, nemmeno riguardo a ciò che mi stai tenendo nascosto».
Le parole gli uscirono come un fiume in piena, senza filtri, senza remore. Goku, malridotto e accasciato tra le sue braccia, chiuse gli occhi per qualche secondo e inspirò forte con il naso.
«Vegeta... perché mi dici questo?»
«Perché!? Perché è da quando sei tornato che ti comporti in modo strano. Io ho tentato il più possibile di non farti domande, ma non sono un idiota: ho capito che c'è sotto qualcosa. E, mi dispiace, finché non ti deciderai a dirmi che diavolo ti frulla per quella testa bacata, non ti racconterò più un bel niente» sentenziò Vegeta, privo di ogni filtro.
E no, non sarebbe stato lì a guardarlo morire, piuttosto che chiamare aiuto.
«Non... argh... non posso» gracchiò Goku, con un'immensa fitta a livello delle costole. Probabilmente aveva persino un polmone bucato. Quella era la pena da pagare per essere uno dei combattenti più forti della galassia: una piccola distrazione era stata sufficiente per ridurlo in punto di morte. Autogol, come dicevano sulla Terra.
«Tu devi! Me lo devi!» insistette Vegeta.
Goku ebbe un sussulto: il Principe diceva il vero. Se c'era una persona che più di tutte si sarebbe meritata di conoscere la verità, questi era solo Vegeta. Ed effettivamente prima o poi avrebbe anche dovuto dirgli la verità. Era destinato a questo.
Vegeta era colui che aveva scelto sin dall'inizio. Ma, purtroppo, aveva fatto un errore di calcolo: lui non era indifferente. E la dimostrazione che persino al burbero Principe dei Saiyan importasse veramente qualcosa di lui la stava avendo proprio in quell'istante. L'aveva avuta la sera prima, l'aveva avuta da tutto ciò che gli stava dimostrando, pur con i suoi modi poco docili.
Quindi sì, rivelargli ciò che teneva nascosto sarebbe stata ben più dura del previsto.
«Lo so... ti prometto che te lo dirò. Lascia passare... argh... ancora un po' di tempo» mormorò Goku, continuamente colto da fitte lancinanti all'addome. No, non era ancora pronto. E se Vegeta lo avesse abbandonato? E se gli avesse dato il ben servito? Sarebbe stato un gran problema.
«E non puoi dirmelo ora, razza di imbecille?! Cosa ti cambia?» lo attaccò Vegeta, pur mantenendo un tono di voce piatto e calmo. Era troppo concentrato a controllare che l'Aura di quell'idiota non si spegnesse per riuscire ad adirarsi sul serio - o almeno così credeva.
«Devo prima capire se posso fidarmi di te».

 

Vegeta lasciò andare la presa su quel corpo quasi esanime, come se non avesse più le intenzioni né le forze di tenerlo. Goku rimase attaccato cingendolo più forte per le spalle.
Ci provò in tutti i modi, Vegeta, tentò in tutti i modi di rimanere calmo e tranquillo nella propria posizione, ma una rabbia crescente dalle proprie viscere invase ogni singola cellula del suo corpo muscoloso. Percepì il proprio orgoglio vacillare e una parte di sé prendere fuoco per autocombustione come un bonzo tibetano.
«Fidarti... di me?» sibilò Sua Maestà con pericolosa calma, facendo riaprire gli occhi al malridotto deficiente il quale, quella volta, si spaventò sul serio. «Se dopo tutti questi anni pensi che non sia ancora degno di fiducia, beh... allora puoi andare al diavolo!»
Vegeta prese le braccia di Goku e le strappò con violenza dal proprio collo, lasciandolo cadere con un tonfo. Questi annaspò di dolore e cercò di sollevare il collo per mettere a fuoco il rivale il quale, con le braccia incrociate, si allontanò con furia.
«Ve... Vegeta, non è il caso di essere così permalosi!» balbettò Goku. Con un colpo di tosse sputò un gran quantitativo di sangue e le sue labbra assunsero un colore blu-violaceo, così come la punta delle sue dita.
«Taci e risparmia il fiato per rimanere in vita, cretino!» gli intimò il Principe.
Si sollevò velocemente da terra per partire alla volta di quel cielo e di quelle nuvole che lo avvolsero in un abbraccio materno.
Non sapeva se avrebbe funzionato il piano che aveva in mente, ma valeva la pena fare un tentativo. Era furente nei confronti di Kaarot, ma avrebbe dovuto fare qualcosa e alla svelta, o avrebbe dovuto seppellire il suo cadavere su quel pianeta desolato.
Racimolò tutte le energie che gli erano rimaste e le concentrò nelle proprie mani, per poi mettere a fuoco quello che, dalla prospettiva, sembrava essere il reale pianeta dei Kaiohshin. Con un urlo gutturale liberò nell'aria l'attacco in quella direzione, augurandosi che le entità superiori si sarebbero accorte che quel colpo non fosse accidentale.
Vegeta guardò il fascio di luce colpire in pieno quel pianeta e, con il fiatone, scese verso terra. Se non altro quel colpo era servito a scaricare gran parte della sua rabbia e frustrazione.
Ricercò per qualche secondo nel paesaggio un cambiamento che però non avvenne, quindi tornò più vicino a quel corpo quasi esanime. Kaarot aveva gli occhi chiusi e il suo respiro sembrava sempre più flebile. Non gli sarebbe restato molto tempo, cos'altro avrebbe potuto fare per salvarlo?
Ma, proprio quando Vegeta decise di ignorare le lamentele di Kaarot per chiamare Trunks, i Kaiohshin si presentarono composti al suo fianco, con i capelli mezzi bruciacchiati e i volti sconvolti. Evidente che avesse mirato davvero bene.
«Perché ci avete messo tanto?!» li rimproverò Vegeta, prima che essi potessero rendersi conto della situazione. Quando lo fecero, il più giovane tra i due corse immediatamente nella direzione del ferito.
Utilizzò il potere che aveva acquisito fondendosi con Kibith molti anni prima e, con le mani aperte sul torace di Goku, lo invase di energia.
Lentamente - molto lentamente - tutte le ferite si richiusero, tutte le ossa scomposte tornarono alla loro posizione naturale, i muscoli tornarono rilassati e Goku, con un lungo respiro di chi è stato in apnea per troppo tempo, aprì gli occhi.
Il dolore era svanito, la sensazione di soffocamento anche. Si tastò le costole e si scrocchiò la schiena mettendosi seduto sull'erba, osservato con trepidazione dalle tre figure accanto a lui.
«Urca, stavolta c'è mancato proprio poco!» esclamò, con un sorriso inopportuno sulle labbra.
«SIETE DUE INCOSCIENTI!» intervenne drastico il Sommo, poi esibì con altre urla e gesti furiosi il suo completo disappunto.
Inutile dire che ci vollero parecchi minuti per far scemare la collera del vecchio Kaiohshin. Goku si giustificò in tutti i modi e in tutte le lingue mentre il Principe, taciturno più che mai, finse di non sentire l'ennesima sfilza di bizzarri epiteti e minacce sul fatto che, se fosse capitato ancora un episodio del genere, non gli avrebbero più permesso di allenarsi lì. Con l'attacco che aveva utilizzato per lanciare il segnale d'aiuto, infatti, Vegeta li aveva quasi colpiti in pieno senza farlo apposta.

 

Quando il trambusto si concluse e i due Saiyan colpevoli vennero lasciati soli, non passarono molti secondi prima che Goku, con i vestiti ridotti a brandelli e la pelle rosea macchiata di sangue, si avvicinò a Vegeta con un sorriso sghembo.
«Grazie per avermi salvato e-»
«Portami a casa». Vegeta lo interruppe bruscamente.
«Ma Vegeta!»
«Subito!»
Goku si incupì, non capendo proprio quale fosse il problema. Davvero Sua Maestà si era offeso per una frase detta con tanta innocenza? Veramente ci teneva a essere così degno di fiducia? Conosceva Vegeta: un tempo non gli sarebbe importato proprio niente di ciò che pensavano gli altri. Non avrebbe mai tenuto un simile broncio con lui.
Con le sopracciglia aggrottate e due dita sulla fronte, Goku posò una mano sul braccio sinistro dell'avversario e, in men che non si dica, si ritrovarono all'interno dell'appartamento della vicina. Il vantaggio di avere un'inquilina del piano inferiore piuttosto anziana era che questa non si accorgeva dei due atletici uomini i quali tutti i giorni - più o meno alla stessa ora - finivano catapultati nel suo appartamento per poi sgattaiolare fuori.
Non fecero in tempo neanche a rendersi conto di essere tornati che, con uno scatto nevrotico, Vegeta si diresse verso il bagno levandosi di dosso tutti i vestiti imbrattati di sangue. Goku udì lo scrosciare della doccia e si morse un labbro.
Se solo avesse avuto tutte le ragioni per farlo sarebbe entrato, lo avrebbe tirato fuori di peso dalla doccia e gli avrebbe gridato in faccia di smetterla di comportarsi in quel modo... ma lui non aveva tutte le ragioni. Anzi, forse non ne aveva neanche un po', era lui a dovergli delle scuse per averlo accusato di non essere degno di fiducia.
Oltretutto non sarebbe affatto stato il caso di entrare in bagno proprio nel momento in cui Vegeta era nudo: di certo non gliel'avrebbe fatta passare liscia. Eppure ebbe l'istinto di farlo, l'istinto di entrare e chiedergli scusa, un istinto che dovette reprimere così come l'estremo bisogno di averlo accanto.
Perché di quello si trattava, alla fine: aveva bisogno di lui. Aveva bisogno del suo aiuto e il Principe sarebbe stato l'unico che avrebbe potuto fare realmente qualcosa per farlo sentire meglio.
E soprattutto... Vegeta era indispensabile per ciò per cui era tornato.


 

Continua...
 




ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti carissimi!
Ebbene sì, Goku si è fatto esplodere con la sua stessa sfera di energia. Bravo co***ne! xD si è lasciato distrarre dal principe dei permalosi e quasi ci ha rimesso le penne.
Lo so, lo so, capitolo un po' cortino, ma mi rifarò nei prossimi! Non manca molto a scoprire il reale motivo per cui Goku è tornato sulla Terra!
Mi farò perdonare, ve lo giuro! Per questo pubblicherò il nuovo capitolo un giorno prima, martedì! :)
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 15
*** Le verità nascoste ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 15 - LE VERITÀ NASCOSTE



 

Vegeta quella sera si era preso dalla credenza una scatola di ramen precotto e l'aveva scaldato in fretta e furia, ben intento a tornarsene in camera senza essere interrotto. Per fortuna quell'imbecille ingrato di Kaarot - comodamente spaparanzato sul divano - aveva finto di non accorgersi della sua presenza e l'aveva lasciato fare come se nulla fosse, continuando a guardare la televisione. Sua Maestà l'avrebbe strangolato con le sue stesse mani, in caso contrario. Non sapeva esattamente perché se la fosse presa tanto, ma non aveva la benché minima intenzione di rifletterci e sbatterci la testa quella sera perché, dopo la precedente notte insonne e l'allenamento sfiancante affrontato il giorno stesso, aveva solo voglia di dormire. Dormire e staccare la spina da quegli eventi, rilassarsi e dimenticarsi di essere se stesso: un uomo con troppo peso sulle spalle.

La notte lo avvolse un morbido lenzuolo e scoprì l'ennesima tortura di un sonno ricco di incubi, un sonno che non l'avrebbe affatto rinvigorito come sperava. Si girò e si rigirò tra un brusco risveglio e l'altro, trovando pace solo quando tutte le luci della città si erano oramai spente da tempo.
Trovò pace ma, improvvisamente, ebbe come la sensazione di essere osservato. Così aprì gli occhi.
Trunks e Bra lo schernivano con le braccia incrociate e suo nipote, il piccolo Goku Jr, lo stava guardando con occhi sprezzanti. Era cresciuto. Era diventato forte, incredibilmente forte e incredibilmente malvagio. Gli assomigliava, era identico a se stesso da ragazzino: un perfido e beffardo Saiyan pronto a conquistare e uccidere. Lo guardava e lo disprezzava, trovava indegno il suo comportamento umano.
Il ragazzino allungò una mano sporca di sangue e si avvicinò minaccioso, come per strozzarlo, come per impedirgli di respirare. Trunks, poco dietro, incitava il figlio a rendere fine alla sua esistenza. Eccolo, c'era quasi, poteva percepire le dita fredde stringersi attorno al suo collo.
L'aveva afferrato.

 

Vegeta si destò con un sussulto. Ringhiò con i denti aguzzi in mostra e afferrò per la maglietta l'uomo che, cautamente, si era appena seduto sul bordo del letto.
«Calma, calmati!» lo rassicurò Goku, nel tentativo di divincolarsi dalla sua presa omicida. Un raggio di luna frastagliò il volto pacioso dell'idiota, e lo mise finalmente a fuoco.
Piano piano Vegeta lasciò andare la sua maglia e si allontanò dal suo viso, poggiando poi la nuca contro la testiera del letto. Si sforzò di riprendere un respiro regolare, deglutendo di tanto in tanto. Era sudato fradicio.
«Sono io... sono solo io» sussurrò Goku, senza muovere neanche un muscolo.
«Non vedo come questo possa calmarmi» rispose acido Vegeta. «Cosa diavolo ci fai sul mio letto?»
«Ti ho sentito parlare nel sonno, dicevi cose incomprensibili. Sembravi... spaventato». Goku lo disse a bassa voce, come se qualcun'altro al di fuori di quella stanza potesse sentirli. Il Principe lo guardò con occhi indecifrabili, quasi come se si vergognasse. Aveva le labbra secche e le occhiaie di chi non dormiva da giorni, ma ciò lo rendeva ancor più maestoso, ancor più dannato.
Sostarono a guardarsi ancora per qualche istante, momenti in cui Vegeta avrebbe dovuto spingere via dal suo letto con un calcio quell'idiota che l'aveva disturbato, ma chissà perché non lo fece. Continuarono a scrutarsi torvi nel buio della notte finché, finalmente, Goku si decise a parlare.
«Ascolta, Vegeta... io devo chiederti scusa».
«E devi farlo per forza a quest'ora della not-»
«Fa' silenzio e ascoltami senza interrompermi, una buona volta!» lo interruppe seriamente, poi fece un balzo per mettersi a gambe incrociate di fianco a lui, appoggiandosi alla testiera del letto con la schiena.
Una vena pulsò nevrotica sulla fronte del Principe il quale, per un simile affronto, ebbe l'immensa voglia di staccargli la testa dal collo. Percepì le mani prudergli e l'istinto animalesco impossessarsi di ogni sua cellula, ma decise di inspirare profondamente e di ascoltare ciò che il decerebrato aveva da dire - nella speranza che un giorno il karma l'avrebbe ripagato di tutta quella pazienza.
«Mi dispiace di averti offeso e... hai ragione. Cielo, quanto hai ragione! Sei l'unica persona sulla faccia della Terra che in questo momento mi sta aiutando e lo so, lo so che di te mi posso fidare. Ho imparato a conoscerti in tutti questi anni. Sei cambiato per davvero, sei diventato una persona migliore, e di gran lunga migliore di me» si incupì e trovò rifugio nel guardare il soffitto. «Il mio cuore non è mai stato così puro come tutti credevano».
«Tsk, Kaarot, io ho sempre avuto il sospetto che lo spirito Saiyan fosse nascosto dentro di te. Devi imparare a conviverci. A volte avere a che fare con il diavolo ti apre la mente. E ti rinforza la spina dorsale» commentò Vegeta.
Davvero quell'idiota era così idiota da reputarsi tanto malvagio? Ma aveva idea di cosa volesse dire esserlo sul serio? Certo, non aveva davvero mai dubitato che il cuore del cretino fosse contaminato dalla genetica della specie, ma era pur sempre Kaarot, per l'amor del cielo! Non aveva mai ucciso nessuno, nessuno oltre i nemici. Mentre lui... no, rabbrividiva solo al pensiero di tutte quelle vittime che aveva mietuto per niente. Niente.
«Ma dico, hai sempre una risposta perfetta a tutto?» lo rimbeccò scherzosamente Goku.
«Qualcuno che mantenga elevato il grado di saggezza in questa casa ci deve pur essere».
Goku rise, rise per davvero. Erano rari oramai i momenti in cui lo faceva sul serio, tanto che Vegeta si voltò per accertarsi che non stesse fingendo.
Gli piaceva quella nuova parte di Kaarot, quella consapevolezza che aveva acquisito negli anni di non essere "quello buono" e basta. Gli piaceva che avesse imparato a riflettere, a ponderare le proprie azioni. Ma non poteva certo nascondere a se stesso che, ogni tanto, quella risata sciocca gli mancava. Risentirla lo irritava e nel contempo lo metteva di buon umore, lo aiutava a ricordarsi di non prendersi troppo sul serio, a distendersi, gli rammentava che non si trovava più sotto l'impero da tempo immemore, oramai. Lo tranquillizzava, proprio come un tempo faceva Bulma. Bulma glielo ricordava ogni giorno, lo tirava dalla sua parte della realtà, lo riportava con i piedi per terra, sulla Terra, quando nelle notti buie ancora ripensava agli anni di schiavitù, di mercificazione.
Il Principe trattenne il fiato. Ma a cosa diavolo stava pensando? Come poteva aver paragonato quell'imbecille di Kaarot alla sua defunta moglie? Ebbe un fremito, un sussulto, e si ricordò di cosa ci stesse facendo lì realmente, su quel letto, a parlare con quel cerebroleso.

«Hai detto che sono l'unica persona al mondo che può aiutarti, anche se dubito fortemente di saperlo fare» ruppe il silenzio. «Certo, posso provarci. Per farlo, però, credo sia necessario che tu mi dica cosa realmente stia succedendo».
Goku smise di sorridere. No, non si trovava su quel letto solo per fare quattro chiacchiere con un amico, non si trovava su quel letto per rilassarsi, ridere e scherzare. Si trovava lì perché, dopo dieci giorni dal suo ritorno sulla Terra, era giunto il momento di rivelare a qualcuno la verità, e quel qualcuno non poteva essere altri che Vegeta. Avrebbe dovuto fidarsi di lui.
«Quant'è difficile...» ammise, facendo ondeggiare la coda proprio come i gatti nervosi.
Sua Maestà si lasciò andare in un lungo e sonoro sbuffo.
«Prometto - e non lo faccio spesso, quindi vedi di apprezzare questo sforzo - che non tradirò la tua fiducia. Dannazione, guarda cosa mi tocca dire». Vegeta si maledisse, prese immaginariamente il suo orgoglio per appallottolarlo, lanciarlo fuori dalla finestra, vederlo schiantarsi al suolo e venir schiacciato dall'autobus notturno di linea. Tutto ciò gli sembrò parecchio reale, peraltro.
«Di questo non ne dubito» asserì Goku, più che convinto che il suo amico dicesse il vero. Non era quella la sua preoccupazione, non più.
«E allora che altro aspetti? Che ti cacci fuori le parole di bocca? Non sono mica uno strizzacervelli, io. E, per inciso, ne avresti un gran bisogno» si spazientì Vegeta, più che intenzionato a cacciarlo fuori da quella camera se non si fosse deciso una volta per tutte a parlare.
Goku strinse le labbra. Non aveva mai preso in considerazione l'idea di andare a farsi psicanalizzare e, onestamente, ebbe il terribile presentimento che anche il più esperto degli psicologi si sarebbe tirato indietro nello scoprire i meandri più profondi della sua mente.
«Ho paura... della tua reazione».

Vegeta si ritrasse e si voltò per osservare meglio l'uomo seduto accanto a lui. Per un attimo credette di non aver sentito bene, ma poi si rese conto che in quanto a stranezze Kaarot era imbattibile.
«Ma dimmi un po', cosa credi che io sia? Un Dio? Un diavolo? UN GIUDICE?!» alzò la voce nonostante non fosse realmente arrabbiato, ma solo irrimediabilmente confuso. «Hai paura che ti insulti? Sai già che lo farò, dannazione! Conosci il mio carattere, sai anche che non esiterò a ribadirti che sei un idiota, perché io sono così! Sono così, non te le mando a dire e non sono nemmeno una persona educata».
Vegeta si interruppe, un po' per prendere fiato, un po' per osservare una reazione che in realtà non avvenne. Kaarot se ne stava lì, seduto a fissare il soffitto, come se non fosse proprio sorpreso.
Cielo, quanto riusciva a farlo innervosire quel mentecatto nessuno mai, neanche in un milione di anni. Eppure stava lì, continuava a parlargli, continuava a portare pazienza, continuava a dargli retta.
«Potrei anche prenderti a pugni, sì, ma cosa temi? Quante volte ci siamo massacrati in questi dieci giorni? Sei quasi morto, oggi, per tutti gli Dei!» continuò Vegeta, sull'orlo del mandarlo a quel paese, poi iniziò a parlare scandendo ogni parola. «COSA – DIAVOLO – HAI – PAURA – CHE – IO - FACCIA!?»
Goku si voltò e lo guardò a lungo. Sapeva benissimo di cosa aveva paura. «Promettimi che non mi odierai!»
«Oh, Kaarot, io ti odio già!» mentì, poi gli portò le mani vicino e le contorse per far finta di strozzarlo. «E non hai la minima idea di quanto ti stia odiando in questo momento perché, lo giuro su mio nipote, devo trattenermi dal metterti le mani al collo e staccarti dalle spalle quella testa bacata che ti ritrovi».
Goku rise nuovamente.
«Ok, ok, scusami. Sto esagerando. Mi basta allora che continuerai a odiarmi esattamente come fai ora» si raccomandò.
«Questo è poco ma sicuro».
E gli sarebbe bastato davvero. Perché se quello era il modo di Vegeta di odiarlo, Goku si rese conto che non avrebbe più potuto farne a meno. E anche quello sarebbe stato un problema, un grosso, grossissimo problema.

 

Aveva di gran lunga fatto male i suoi calcoli, Goku, quando aveva sperato di poter coinvolgere una persona e riporre in lui il proprio destino. Aveva ancora una volta agito egoisticamente perché, in un modo o nell'altro, persino il grande e potente Principe dei Saiyan non sarebbe potuto rimanere indifferente verso ciò che stava per rivelargli. Se ne era accorto da com'era cambiato, dall'amicizia che si era andata a creare tra loro, dalla pazienza che stava dimostrando nei suoi riguardi.
Il problema reale di tutta quella faccenda era che, così facendo, si era tirato la zappa sui piedi da solo. Perché, anche se aveva ancora difficoltà ad ammetterlo a se stesso, si stava davvero affezionando a Vegeta, a quella situazione, alla vita che stava facendo in quei giorni sulla Terra.
Tuttavia Goku aveva già deciso tutto da tempo immemore. Goku aveva avuto le idee ben chiare sin dal suo ritorno su quel pianeta, Goku aveva progettato come sarebbe andata a finire.
E la sua vera paura non era propriamente la reazione del Principe. La vera paura era quella di metterlo in una posizione troppo difficile e, quindi, di causare lui sofferenze che non meritava di provare. Perché, quello che Vegeta non sapeva, era che era già stato scelto da tempo per quella missione, per quell'ingrato compito a cui dovrebbe dovuto adempire.
Goku, ben presto, avrebbe dovuto chiedergli qualcosa di estremamente difficile, ma non aveva la benché minima idea di come fare. Come avrebbe potuto dirgli la verità? Come avrebbe potuto rivelargli tutto ciò che stava tenendo nascosto? Come avrebbe potuto spiegargli che il ruolo per il quale era stato scelto, per quella missione, sarebbe stato quello dell'assassino? In che modo avrebbe potuto chiedergli di ritornare ad essere lo spietato Principe dei Saiyan?
Vegeta, alla fine, avrebbe dovuto macchiarsi di nuovo le mani di sangue, e non di sangue qualunque, no.
Perché il favore che Goku avrebbe dovuto chiedergli sarebbe stato... che Vegeta lo uccidesse.


 

Continua...
 


 

ANGOLO AUTRICE:
Boomshakalaka! Ehm... sì, direi che posso concluderla qui, ciao, è stato bello, tanti saluti xD
Scherzi a parte, bel finale, eh?! Non odiatemi, vi prego! Abbiamo scoperto una parte importante di ciò che nasconde il nostro caro Goku, finalmente, dopo 15 capitoli... ebbene sì, Vegeta deve farlo fuori. Perché? Perché lo scopriremo. La buona notizia è che nel prossimo capitolo verranno svelate molte altre cose e chiariti un sacco di dubbi. La cattiva notizia è che dovrete aspettare fino a domenica per scoprirlo!
Ripeto: non odiatemi!
Beh.... che ve ne pare? COSA PENSATE!? DEVO SAPERLOOOO!
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 16
*** La Dimora dei Draghi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 16 - LA DIMORA DEI DRAGHI



Take me back to the night we met
When you had not touched me yet
And then I can tell myself
What the hell I'm supposed to do
And then I can tell myself
Not to ride along with you


The night we met https://www.youtube.com/watch?v=KtlgYxa6BMU


 

Con una verità atroce a fior di labbra, Goku chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto dirglielo, avrebbe dovuto rivelar lui tutto senza nemmeno prendere fiato, sbattergli in faccia tutta la storia senza omettere alcun dettaglio così d'impulso, proprio come quando si toglie un dente.
E invece ricacciò la verità indietro per masticarla, triturarla e ridurla in piccoli, piccolissimi pezzi e farla affiorare piano piano.
«Vieni con me» mormorò Goku, così piano da risultare quasi impercettibile. Tese poi una mano al Principe dei Saiyan il quale, confuso, lo guardò portarsi due dita sulla fronte pronto a teletrasportarsi chissà dove, chissà perché.
Restio, diffidente, Vegeta allungò le proprie dita. In quel momento capì che anche quella notte aveva ben finito di dormire.
Non appena Goku percepì il tocco prepotente del Principe, chiuse gli occhi e vagò per luoghi lontani, sufficientemente distanti da poter stare, sostare, parlare. Cercò le fievoli Aure di persone conosciute in tempi remoti, nei suoi viaggi alla ricerca delle Sfere del Drago. Si ricordò di una persona, non ricordava nemmeno il suo nome, ma ricordava un piccolo scorcio verde sull'oceano poco distante dalla sua dimora.
In meno di un secondo si ritrovarono lì, accanto al letto di quell'anziana signora che un tempo era solamente una bambina e Goku, in quell'istante, si ricordò di non essere realmente un ragazzo di ventotto anni. La guardò con le labbra increspate ma lei non si accorse di nulla, si rigirò solo nel letto russando nel momento in cui i due intrusi aprirono la finestra e sgattaiolarono fuori. Corsero, corsero veloci per poi ritrovarsi su quelle maestose scogliere tanto alte da togliere il fiato. Il buio della notte si stava pian piano schiarendo, dando vita a uno dei fenomeni più affascinanti e meravigliosi dell'intero pianeta: il crepuscolo.
L'aria fresca e frizzante proveniente dall'oceano sferzava sul viso dei due Saiyan, scompigliando loro i capelli e arrossando le guance chiare. Goku camminò lentamente verso il precipizio e, senza esitazione, si sedette sul bordo con le gambe a penzoloni. Il Principe, dopo averlo imitato, si mise a fissarlo curioso in attesa di una spiegazione che tardò ad arrivare.
Finalmente, dopo qualche lungo respiro, Goku parlò con lo sguardo rivolto all'orizzonte.
«Sono stato in un posto lontano dal tempo e dallo spazio, una dimensione infinita e rigogliosa. Mi ci ha portato il drago Shenron, mi sono adagiato sul suo dorso e, dopo una lunga dormita in stato comatoso, mi sono ritrovato lì, sdraiato sull'erba di un colore verde ottanio, a fissare il cielo giallo sopra di me. Molte persone mi stavano aspettando, uomini e donne dai diversi aspetti e personalità. Anche Shenron era lì, ma non aveva più l'aspetto di un drago: aveva sembianze umanoidi nonostante i baffi lunghi e ondeggianti, gli occhi rossi e il colorito verdastro della pelle rugosa. Mi hanno spiegato tante cose, mi hanno spiegato cosa ci facessi lì e cosa ci facessero loro, lì.
Quel luogo non era propriamente un pianeta ma non era nemmeno l'Aldilà. Era un luogo ove vi si allenavano tutti i migliori combattenti di tutto cosmo, di tutte le epoche di tutte le dimensioni. Loro lo chiamano "la Dimora dei Draghi", questo perché coloro che presidenziano quella dimensione sono sette draghi, dei quali uno è il Drago Superiore: Onyma. La Dimora dei Draghi è un luogo di allenamento, di battaglia, un posto nel quale ho potuto allenarmi con combattenti realmente invincibili, con persone così forti da farmi persino paura. Ho passato quindici anni lì, quindici anni nei quali l'unica mia occupazione era lottare, lottare, lottare. Non avevo altro a cui pensare, solo quello. E io stavo bene, era come se avessi la mente completamente vuota, libera e senza alcuna preoccupazione. Mi sono dimenticato di tutto, di tutti. Dopo quindici anni sono migliorato tanto, tantissimo, ma non abbastanza. Il consiglio dei sette draghi ha decretato che io potrei essere uno dei combattenti più forti lì, che ho capacità straordinarie, che mi avevano chiamato lì proprio per questo e avrei potuto essere realmente invincibile, il guerriero più invincibile e più forte di tutti, se non fosse...»
Goku si interruppe e sospirò. Vegeta lo stava ascoltando curioso ma, nonostante le sue grandi doti di perspicacia, non aveva la benché minima idea di dove stesse andando a parare. Come avrebbe potuto saperlo, del resto?
«Se non fosse, cosa?» lo incitò Sua Maestà, curioso. Oramai ci aveva fatto il callo, in quei giorni, a dover aspettare che il suo rivale si desse una svegliata.
«Se non fosse per un limite fisico. Un limite che mi sono accorto che lì, in quella dimensione, è invalidante e terribilmente scomodo» ammise Goku, stringendo più forte la coda intorno alla vita.
«Ma di che cosa stai parlando? Kaarot, sarai anche scemo, ma non mi pare che tu abbia dei limiti fisici» asserì Vegeta, ancor più confuso di prima. Un piccolo sorriso si fece largo sulle labbra del rivale, per poi morire subito dopo.
«Ecco, vedi... forse non sono stato chiaro. I combattenti nella Dimora dei Draghi sono i combattenti più forti di tutte le epoche e dimensioni. Intendo dire che, coloro che si trovano lì... in realtà sono delle loro "proiezioni". Non esattamente delle anime, ma proiezioni delle anime stesse» spiegò Goku.
Il volto di Vegeta cambiò espressione. Si girò di scatto e, con un piccolo scatto della mandibola, fece intendere che stesse iniziando a capire. La spiegazione di Goku era stata più che chiara, impeccabile, matura, differente da qualsiasi discorso fatto in precedenza.
«Sono... morti» soffiò Sua Maestà, con un terribile presentimento.
«Sì, sono delle proiezioni fisiche delle anime di grandi guerrieri morti in battaglia che sono finite sia nel Regno dei Cieli che nel Regno degli Inferi. Guerrieri forti, prestanti, invincibili, non sempre buoni, ma eterni. È come se fossero spiriti immortali. E io...» Goku si interruppe e si morse il labbro prima di continuare. «Io sono stato portato lì dal drago Shenron perché sono stato chiamato per la mia forza, per il mio coraggio, perché me lo meritavo. Ma io sono vivo, ho bisogno di mangiare, di bere, di dormire. Non potevo combattere al pieno delle mie forze perché avrei potuto morire e, in una dimensione nel nulla – proprio come la stanza dello Spirito e del Tempo - il mio corpo sarebbe scomparso e la mia anima dissolta. Ed ecco, ecco il mio limite fisico: io sono vivo».

 

Vegeta percepì il proprio cuore battere all'impazzata, quasi come se volesse bucargli il petto. Non lo aveva ancora sentito con le proprie orecchie, ma era come se sapesse già cosa Kaarot stesse per dirgli. Forse, però, non era pronto per udirlo e non lo sarebbe stato mai.
«Vegeta, io... io non sono tornato per restare» svelò Goku, il labbro inferiore tremava. Non ebbe il coraggio di guardare Vegeta negli occhi, non ebbe il coraggio neanche di muoversi.
«Sei tornato per... per morire» concluse Sua Maestà, con un ringhio basso e la voce roca.
No. Non era arrabbiato. O forse lo era, ma in quel momento non era in grado di percepirlo. Si sentì come anestetizzato, bloccato nelle sabbie mobili.
«Mi hanno dato una scadenza, Vegeta. Mi hanno detto che prima o poi avrei dovuto compiere questa scelta. Ci ho pensato a lungo, ogni giorno per anni interi e alla fine mi sono deciso. Volevo di più, volevo diventare più forte, superare ogni limite, volevo poter diventare anche io una proiezione della mia anima. Mi sono deciso il giorno in cui Chichi è morta, così il Drago Superiore mi ha dato il permesso di tornare qui per adempire il mio compito e tornare da spirito guerriero. Mi ha dato tempo cinquanta giorni per farlo. Cinquanta giorni in cui avrei potuto sistemare i miei ultimi affari qui sulla Terra, salutare i miei figli, la mia famiglia, i miei amici. Entro cinquanta giorni però, sì, dovrò ritornare nella Dimora dei Draghi. Dovrò morire. Per questo non riesco proprio a rivelarmi ai miei figli, alla mia famiglia: non voglio dargli altro dolore».
Vegeta ascoltò tutta la spiegazione con le orecchie quasi ovattate, come se fosse intrappolato in una bolla di sapone. Non rispose, non parlò, sembrava quasi congelato, rigido come un tronco.
Non aveva idea del perché, ma si sentì vuoto. Si sentì tradito, si sentì... triste. Era un Saiyan, non avrebbe certo potuto rinnegare una scelta fondata sul puro orgoglio personale, sul desiderio di combattere, sul volersi migliorare al di sopra di tutto. Kaarot aveva dimostrato di avere i geni della propria razza - per un attimo Vegeta credette che egli ne avesse addirittura più di lui, ma poi si ricordò bene di aver fatto una scelta, una scelta che gli aveva portato tranquillità e serenità, non avrebbe mai avuto l'intenzione di ritornare sui suoi passi per nulla al mondo. Aveva una famiglia e, pur rimanendo un fiero combattente, non avrebbe mai sacrificato una parte così importante di sé per fuggire per sempre ad allenarsi. Non sarebbe mai riuscito a comportarsi come Kaarot.
Non riusciva a pensare, non riusciva a capire. Cosa avrebbe potuto dirgli, in quel momento? Fargli la paternale? Rimproverarlo? Rivelargli che non condivideva le sue scelte? Chi diamine era lui per poterlo fare? E soprattutto... perché, perché percepiva quel nodo a livello dello stomaco? Perché, nel conoscere la verità, aveva provato un'immensa fitta all'interno del petto?

 

«Vegeta... dimmi qualcosa, ti prego» sussurrò Goku, sperando con tutto il cuore che avrebbe capito, compreso - o, in qualche modo, perdonato le sue scelte.
«Perché hai deciso di venire da me?» domandò il Principe, facendosi strada in quelle sabbie mobili che l'avevano appena inghiottito. Già, perché? Perché quel completo idiota aveva deciso di non dire nulla nessuno tranne che a lui? Cosa caspita era andato a pensare? Che non gli sarebbe dispiaciuto? Ah, effettivamente gli aveva sempre detto di desiderare la sua morte. Oppure pensava che non avesse sentimenti? In effetti non glieli aveva mai dimostrati, non li dimostrava quasi mai. Eppure era certo che oramai tutti sapessero che lui non fosse in realtà solo il burbero, cinico, menefreghista Principe dei Saiyan.
Per un attimo Vegeta desiderò che Kaarot non fosse mai tornato, che non si fosse mai recato da lui. Desiderò di tornare alla notte in cui si erano rincontrati per poter dire a sé stesso di non cedere, di non ospitarlo, di non accoglierlo a sé.
«Perché non hai scelto di farla finita subito una volta tornato qui?» chiese di nuovo Vegeta.
Goku deglutì. Aveva sperato di non ricevere mai quella domanda, ma sapeva benissimo che prima o poi gliel'avrebbe chiesto. No, non aveva intenzione di rispondergli. Non aveva intenzione di dirgli la verità. Non aveva intenzione di dirgli che, in realtà, non avrebbe potuto tornarsene nell'Aldilà da solo. Che la prima regola per soggiornare nella Dimora dei Draghi come spirito guerriero era che bisognasse morire durante una battaglia.
E chi, se non Vegeta, avrebbe potuto aiutarlo in questo? Erano rivali da sempre, oltre che amici. Aveva sempre detto che "se devi morire, Kaarot, dovrà essere per mano mia".
Ecco perché l'aveva scelto, ecco perché si era rivolto a lui. Ma in quel momento, a giudicare dagli occhi di Vegeta, Goku non era più sicuro che lui fosse la persona più giusta per farlo. E perciò decise di non dirglielo, non ancora.
Si inventò una bugia, o meglio scelse di omettere ancora per un poco la verità.
«Perché... perché sono umano, perché come ha detto il Drago Superiore devo concludere i miei affari, perché prima o poi spero di trovare il coraggio di dire addio a tutti e tu... beh sapevo che tu mi avresti aiutato visto che sei... un esterno, diciamo».
Vegeta non capì, forse non ci credette. Un esterno? Un esterno da cosa? Dalla sua famiglia? Certo, non vi erano dubbi. Ma già ai tempi del combattimento con i draghi malvagi era chiaro che loro due fossero più amici che nemici.
«Cinquanta giorni» mormorò Vegeta, dopo parecchi minuti. «Ieri ti sei fatto saltare in aria apposta, con quell'attacco. Volevi scappare prima del tempo. Tu non volevi essere salvato».
«No, questo non è vero» asserì Goku mettendosi sulla difensiva. Si rasserenò però del fatto che forse Vegeta non avesse capito realmente per quale motivo si trovasse lì.
Non avrebbe potuto uccidersi, naturalmente. Sarebbe dovuto morire in battaglia, sì, ma per mano del proprio avversario. Come cavolo avrebbe fatto a dirglielo?
«Non mentirmi, Kaarot! A che serve?! Tu hai sperato di rimanerci secco!» insistette Vegeta.
«Ti ho detto che non è così».
«AH SI?! E perché diamine ti saresti fatto espl-»
«PERCHÉ ERI STANCO, SCOPERTO, LA TUA TRASFORMAZIONE ERA ESAURITA! LANCIANDOTI QUELL'ATTACCO AVREI POTUTO UCCIDERTI, DANNAZIONE!» urlò Goku, voltandosi finalmente per guardarlo negli occhi. Lo guardò da vicino e ringhiò.
Quella era la sua verità, l'unica verità che era riuscito a dirgli perché, di certo, non sarebbe riuscito a rivelargli anche di non aver scagliato quell'attacco per via di una sensazione, un'emozione provata guardandolo dritto negli occhi, una fitta al petto, un sentimento inatteso. Quegli stessi occhi che, in quel momento, lo stavano scrutando con aria di sfida.
Forse no, quell'attacco non l'avrebbe realmente ucciso – aveva la pellaccia dura, il Principe dei Saiyan – ma l'avrebbe ridotto realmente male, persino peggio di come si era ridotto da solo e no, non avrebbe potuto farlo. Non ci era riuscito e non perché Vegeta gli serviva per i propri scopi, no. Perché gli voleva... bene. Perché ci teneva e perché, in fondo, in quel momento stava diventando importante.
E ciò stava rendendo le cose più difficili, ancor più complesse di quanto già non fossero. Perché, se fino a pochi giorni prima Goku era stato certo di tutte le sue scelte, in quel momento si sentiva vacillare. Sparire per sempre sarebbe stata davvero la cosa più giusta da fare?
«Anche tu avresti potuto rimanerci secco» gli fece notare Vegeta. Si voltò per guardare l'orizzonte, staccandosi da quegli occhi scuri che lo stavano persino facendo sentire a disagio.
«Meglio io che te, visto che prima o poi a me deve succedere» mormorò Goku, facendo spallucce.
Sì, se fosse rimasto ucciso dal proprio attacco di certo non avrebbe potuto tornare nella Dimora dei Draghi, ma non avrebbe potuto rovinare la vita di Vegeta per una sua egoistica decisione. Il Principe era di gran lunga una persona migliore di lui, non se lo sarebbe meritato.

 

Vegeta non trovò le forze di alzarsi da quel dirupo, da quelle scogliere. Non trovò neppure le forze di controbattere, di dargli un giudizio. Non avrebbe potuto permetterselo e, forse, in quel frangente avrebbe persino dovuto fingersi disinteressato. Visto che quell'imbecille lo reputava insensibile sull'argomento.
E, in fondo, cosa sarebbe cambiato a lui se Kaarot fosse morto? Certo, avrebbe potuto dispiacergli, ma era stato assente per quindici anni e non aveva certo pianto la sua scomparsa, non aveva sentito così ardentemente la sua mancanza. Cosa sarebbe cambiato da allora? Forse... forse era perché aveva sempre sperato un giorno di vederlo tornare.
Ed eccola lì, nuovamente, quella sensazione di dispnea. Vegeta si aggrappò con tutte le sue forze all'erba verde di quel promontorio, cercando nei modi più disparati a non cedere all'ansia. Perché diamine pensare a quella cosa - la morte definitiva di Kaarot - gli provocava tanto sgomento? Si arrabbiò con se stesso. Proprio non riusciva a capirsi.
«Sei convinto di ciò che stai per fare?» gli domandò infine, non sapendo in che altro modo affrontare la questione.
Goku non rispose subito, non riuscì. Come poteva rispondergli di sì, se in quel momento nella sua mente si stava scatenando una sanguinosa guerra?
«Io... io... voglio tornare là» balbettò Goku. Si voltò dalla parte opposta del tramonto per nascondere il tremore del labbro inferiore.
«Perché vuoi tornare?» ribatté Vegeta. Per quel che valeva, forse avrebbe voluto sapere di più, andare più a fondo in quella questione.
«Perché il mio posto è lì! Sono destinato a quel luogo. Lì stavo bene, ero sereno, ero me stesso per la prima volta. Non avevo problemi, non avevo altro da fare se non combattere» rispose, nel tentativo di reprimere ogni sensazione opposta a ciò che stava dicendo. Ed era vero: in quel luogo aveva trovato la serenità, era riuscito a tirare fuori ciò che in tanti anni era stato costretto a seppellire. Chichi non gli aveva mai permesso di allenarsi così tanto, non gliel'avrebbe mai fatta passare liscia. E invece lì non era stato costretto a far nulla, non era costretto a lavorare – per cosa poi? - non era mai stato costretto a fermarsi. Goku si sentì immaturo, egoista, ma era esattamente ciò di cui aveva sempre avuto bisogno.
Era diventato forte, aveva sfidato i più potenti combattenti di tutte le epoche e le galassie, non aveva dato giustificazioni a nessuno. Tutti lì avevano capito la sua voglia di migliorarsi sempre, di combattere.
«Tsk... tu hai sempre dei problemi, Kaarot» decretò Vegeta. Raccolse tutte le briciole del proprio orgoglio per potersi alzare e concludere quel discorso e tirare fuori la parte più congelata di sé. «Beh, ad ogni modo e qualunque cosa ci sia lassù che valga la pena inseguire... è una tua scelta. La decisione è tua e io non sarò certo quello che ti farà cambiare idea».
Con un balzo nel vuoto Vegeta si gettò a capofitto dal burrone e, quando fu talmente vicino alle onde da poter sentire il sale sulle proprie labbra, scattò in avanti per tornarsene a casa in direzione di quel sole che, oramai, stava sorgendo.
No, non gliel'avrebbe data vinta. Non avrebbe ceduto a quelle patetiche sensazioni, non avrebbe fatto nulla per ostacolarlo. Non gli avrebbe rivelato che il pensiero di vederlo morire stava provocando in lui sconforto e disperazione, faceva persino fatica ad ammetterlo a se stesso.
Da quel momento in poi sarebbe stato freddo, distaccato. Non si sarebbe più fatto coinvolgere, non si sarebbe più fatto sopraffare dalle emozioni, né dalle sue né da quelle di quell'imbecille. Non avrebbe più accettato di accogliere le sue crisi di panico, non si sarebbe lasciato impietosire da quello sguardo triste e solo, non gli avrebbe più consigliato niente, non avrebbe più accolto i suoi dubbi su cosa fare.
Si sarebbe comportato esattamente come ciò che Kaarot aveva idea che fosse: un burbero e cinico principe menefreghista. Perché lo credeva così, no? Del resto Kaarot l'aveva coinvolto in quel piano senza farsi remore, senza pensare che anche lui avesse dei sentimenti. Era un esterno, no?
Vegeta avrebbe deglutito e digerito il dispiacere e forse, finalmente, avrebbe smesso di provare quelle sensazioni.
Lo avrebbe trattato da quello che era e che presto sarebbe stato: un uomo morto.

 

 

«Gli ha rivelato tutto... TUTTO!» tuonò la figura incappucciata dalle pelle viola. Si alzò in piedi in direzione dell'altro individuo, quello con la pelle verde. «I patti non erano questi! Gli umani non dovrebbero conoscere i dettagli questo posto! Già abbiamo fatto un'eccezione per lui».
«La cosa non può rimanere impunita» decretò uno dei più anziani di tutti, alto, tarchiato, con il viso piatto e due spalle larghe.
«Avevamo già concordato che il Re dei Saiyan avrebbe potuto essere in qualche modo coinvolto. Son Goku riceverà la giusta punizione una volta tornato per essersi spinto in cotanti dettagli, Polunga» rassicurò Shenron, con calma apparente.
«Se... se tornerà» rispose un'altra figura incappucciata ma, prima che potesse aggiungere altro, venne subito incalzato dal Drago Superiore, Onyma.
«Tornerà» decretò Onyma, alzando un braccio per far riapparire l'ologramma al centro della stanza.
Goku, con le gambe a penzoloni sul precipizio, sembrava guardare proprio in quella direzione.
«Non ha scelta» continuò il Drago Superiore. Mostrò tutti i denti aguzzi e azzurri con un ringhio roco che fece tremare il pavimento.
No, Son Goku non aveva affatto scelta.

 

Continua...

 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao amici! Eccomi qui, finalmente, con il tanto atteso sedicesimo capitolo! Un capitolo di grandi spiegazioni, che lascia intravedere un piccolo squarcio di ciò che Goku ha fatto e di ciò che, probabilmente, è destinato a fare. Perché, come ha detto Onyma, non ha scelta. Perché? Perché non si sa, non ancora.
Che dire... ho esaurito almeno una minima parte di vostri dubbi? Vi è piaciuto?
A me Dragon Ball Gt non è mai piaciuto un gran che, ma devo riconoscere che l'idea di mettere in gioco i draghi mi è piaciuta. Come l'hanno sviluppata un po' meno, ma son pareri personali. In generale, però, i draghi mi gasano, per questo ho deciso di caratterizzarli in modo diverso. Attenzione, i sette draghi non sono i draghi malvagi del Gt! Non c'entrano assolutamente nulla con loro. Come avete potuto notare c'è anche Polunga tra loro...
Fatemi sapere cosa ne pensate! Pubblicherò il prossimo capitolo giovedì! Scusate se non riesco a tenere un giorno fisso ma in base alle settimane riesco a capire quando ho tempo di correggere quello che ho scritto per riuscire a pubblicare. Il lavoro mi distrugge! xD
Eevaa

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Capitolo 17
*** Quello che dimostri ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 17 - QUELLO CHE DIMOSTRI



 

Trascorsero quattro giorni da quel crepuscolo doloroso che aveva segnato un punto di svolta nelle vite di entrambi.
Goku e Vegeta non ne avevano più parlato. O meglio, non avevano proprio più parlato. C'erano state lotte di sguardi sfuggenti, combattimenti al limite dello sfinimento e qualche esiguo litigio per il cibo, il solito. Niente più, niente meno. Vegeta reprimeva la propria rabbia lasciandola sfogare solo negli allenamenti, Goku teneva i propri dubbi per sé e, stremato a fine giornata, non poteva far altro che incassare e starsene zitto per i fatti propri.
Goku provava tristezza, perché Vegeta non sembrava aver reagito come egli si aspettava ma, forse, in quel modo sarebbe stato tutto più semplice. Sarebbe senz'altro tornato utile ai propri scopi se Vegeta fosse indifferente alla causa. Il Principe aveva ascoltato tutto e se ne era andato, così, senza dire nulla. Non gli aveva più detto nulla, non era più tornato sul discorso, si comportava esattamente come se niente fosse successo. Nella lotta, però, un cambiamento c'era stato: il Principe era sempre teso, durante la battaglia sferrava colpi così mirati da far quasi paura.
Anche i momenti di serenità in quella casa erano notevolmente diminuiti, se non scomparsi. Se nei giorni precedenti alla rivelazione della verità i due Saiyan arrivavano quasi sempre a sfiorare un sorriso o una conversazione piacevole, in quei tre giorni era stato tutto piatto, asettico, completamente vuoto e privo di significato.
E a Goku tutto quello mancava. Ma come poteva mancargli, se sapeva fin dal principio che sarebbe dovuta essere una sistemazione momentanea? Come poteva già percepire l'assenza delle ramanzine di Vegeta, dei suoi falsi attacchi, delle sue perle si saggezza nei momenti giusti?
Era come se Vegeta non lo vedesse, come se già non si trovasse più lì. Sua Maestà era più volte scomparso durante le serate per recarsi dalla propria famiglia. La seconda sera era rimasto anche a dormire alla Capsule Corporation, rientrando in tarda mattinata con la richiesta di andarsi ad allenare seduta stante senza troppi complimenti, come se Goku fosse semplicemente una sorta di robot da combattimento.
Goku aveva provato qualche volta a lanciargli qualche battutina, a dire una delle sue solite sciocchezze, ma lui non si era neppure degnato di rispondere, di attaccarlo come suo solito nel personale, nemmeno per dirgli "Kaarot, razza di idiota che non sei altro" come era consueto fare.
Sembrava che non gliene importasse più niente. Niente di niente. Tutto ciò a cui Goku si era affezionato durante i suoi giorni di permanenza sulla Terra era stato fittizio, temporaneo. Si diede dell'idiota per aver quasi creduto di aver cambiato idea. Per cosa poi? Si sentì uno sciocco, un debole. Aveva messo in discussione tutto ciò che aveva progettato e creduto per quindici anni per così poco, per una persona alla quale in realtà non gliene fregava nulla di lui e che glielo stava dimostrando ampiamente. Gli aveva dato un piccolo assaggio di una vita terrestre piacevole, per la quale valesse la pena restare. Aveva creduto che qualcuno gli volesse bene sul serio per ciò che era diventato, per ciò che era veramente: un Saiyan, un combattente. E invece no, Vegeta si era dimostrato indifferente, indifferente per lui, indifferente per la storia che gli aveva raccontato. Non aveva provato nemmeno a fingersi dispiaciuto.
Ma in quel momento, grazie a quella rivelazione, ebbe chiaro cosa avrebbe dovuto fare: andarsene più in fretta possibile da quel pianeta. Era pronto a morire.


 

Ed eccolo lì, fiero e tronfio per il suo ultimo attacco andato a segno, sua altezza reale il Principe dei Saiyan lo fissava mangiandogli la carne con lo sguardo, con una mano alzata e una sfera di energia che gli illuminava la pelle ambrata e gli occhi contornati di rosso. Minaccioso come non era stato mai, Vegeta scattò nella sua direzione. Lo prese per il collo con una mano e lo fece collidere contro una parete rocciosa, avvicinando la sfera di energia al suo viso. Goku non si divincolò, non contrattaccò. Non fece nulla e ciò mandò su tutte le furie il Principe dei Saiyan il quale, teso come una corda di violino, gli ringhiò a pochi centimetri dalla faccia.
«Fallo» sussurrò Goku, alzando il mento con voce strozzata. Percepì i polpastrelli del Principe aderire alla giugulare e stringere prepotenti.
Vegeta rimase immobile, respirando con le narici dilatate e premendo ancor più forte le dita contro il collo dell'avversario. Con un ginocchio sul petto lo teneva incastrato a quella montagna alta e ripida, pronto a sferrare quel micidiale colpo che, se non fosse stato evitato, sarebbe stato mortale.
Goku era pronto. Non aveva più nulla da perdere, era lì, deciso a portare a compimento lo scopo per il quale era tornato. Lasciò andare il Ki per tornare allo stadio naturale.
«Forza, fallo! UCCIDIMI!» urlò, mostrando i denti a Vegeta.
«Ti piacerebbe, vero? Oh, no, caro mio. Non prenderò questa decisione al posto tuo, non sarò io a rispedirti in quel posto! Arrangiati da solo» disse pungente Vegeta, spingendolo ancor più forte contro la parete con uno scatto nervoso. Poteva sentire il respiro di Kaarot scottargli le guance, l'odore del suo sangue accarezzargli le narici.
«E a te cosa importa, eh? Fallo e basta, per quel che te ne frega!» ringhiò Goku. Allargò le braccia per essere pronto a incassare il colpo ma, proprio in quel momento, Vegeta mollò la presa.
I suoi occhi tornarono neri come la pece, i suoi capelli ripresero la forma di fiamma e, al posto della folta peluria rossa, riaffiorò la pelle del petto coperta di cicatrici.
«Per quel che... che me ne frega?» domandò Sua Maestà con tono pericolosamente tranquillo, tradito da due occhi affilati come spade.
Goku si massaggiò la gola con aria di disprezzo. «Esatto, per quel che te ne frega».
«Dimmi un po', idiota senza cervello, cosa pensi che io sia?» lo minacciò il Principe, puntandogli l'indice contro.
Goku però non si scompose, non si fece intimidire.
«Ciò che mi stai dimostrando di essere» controbatté con un sibilo.
«Ah, sì? Un insensibile? Uno a cui non gliene importa niente di nessuno? Un menefreghista? Pensi ancora che io sia questo, dopo tutto quello che ti ho raccontato?!» domandò Vegeta, sprezzante.
Silenzio. Nessuna risposta, solo un patetico, imbarazzante, carico grande silenzio. Goku lo guardò e rilassò le sopracciglia.
Davvero lo pensava? Davvero pensava ancora che Vegeta fosse ciò che stava dimostrando di essere in quei giorni?
Goku si morse il labbro, ma il Principe lo incalzò ancor prima che potesse dire qualsiasi cosa.
«Sai perché mi sto comportando così? Eh? Lo sai? RISPONDIMI!» Vegeta urlò carico d'odio, di tensione, di frustrazione. Aveva giurato a se stesso di non dire nulla, di fingersi ciò che oramai non era più da tempo ma no, non ci riusciva. Non riusciva più a mentire, né a se stesso né agli altri. E se per difendere ciò che era diventato avrebbe dovuto calpestare nuovamente il proprio orgoglio, beh, l'avrebbe fatto.
Perché Vegeta non era più quello di una volta, lui non era più indifferente alle situazioni. Poteva fingersi tale con gli estranei, con coloro dei quali non gli importava nulla.
Ma con Kaarot no. Con lui non ci riusciva. Doveva difendersi, doveva dimostrare chi realmente fosse. Perché la realtà era solo una: non sopportava l'idea di vederlo morire. Di veder morire anche lui.
E proprio per questo, con rabbia, iniziò a raccontare.

Erano trascorsi due mesi e mezzo dal loro viaggio su Neo Namek, erano tornati vittoriosi e con il sorriso sulle labbra. Quando avevano annunciato ai loro figli della guarigione di Bulma si erano ritrovati tutti al settimo cielo, avevano tenuto una grossa festa durante la quale c'erano stati brindisi, banchetti e tanta felicità.
Bulma era in forze. Talmente in forze che si era dimenticata di fare alcuni accertamenti. Del resto era certa che il cancro fosse sparito e, per breve tempo, aveva avuto ragione.
Ma il cancro non è una malattia che si può ingannare, non accetta giochetti, non si sconfigge tanto facilmente. Le cellule tumorali erano sì regredite portando il proprio corpo indietro nel tempo, ma non erano sparite del tutto e, silenziosamente, erano cresciute ed erano tornate a moltiplicarsi ancor più veloci di prima. Bulma se ne accorse dopo tre settimane quando, durante la notte, avvertì nuovamente la fame d'aria.
L'errore più grande era stato proprio quello di riportare il proprio corpo indietro nel tempo, perché più si è giovani più il rinnovo cellulare funziona velocemente, e questo valeva anche per le cellule impazzite.
In meno di due mesi la situazione medica di Bulma era tornata ad essere peggiore di quella precedente, il cancro se la stava divorando famelico come una tigre.
I medici le avevano sconsigliato di sottoporsi ancora alla chemioterapia o ad un intervento chirurgico - il suo fisico era troppo debole, avrebbe rischiato di morire prima del previsto - e lei aveva accettato tristemente il destino in serbo per lei, così come avrebbe dovuto fare sin dall'inizio.
Colui che però non lo aveva accettato era proprio il Principe dei Saiyan, il quale aveva trascorso le giornate al telefono o al computer alla ricerca di cure sperimentali. Era partito alla volta di un pianeta lontano con abitanti simili ai terrestri per vedere se avevano ideato una cura per una malattia simile, ma tutto era stato vano.
Presto sarebbe stato Natale e no, non avrebbe accettato di vederla spirare prima di quel periodo. Non lo avrebbe accettato mai, ma avrebbe dato qualsiasi cosa pur di farle passare quella giornata in compagnia della sua famiglia: era la sua festa preferita.
Ma quel tragico undici dicembre le condizioni di Bulma peggiorarono ulteriormente e i medici non le diedero più di dieci giorni di vita. Stesa su quel letto, circondata dai suoi figli e i suoi amici, non sembrava più nemmeno lei. Così magra, così pallida, i capelli color turchese stopposi e spenti come i suoi occhi. Vegeta non si diede pace, non riusciva.
«Papà... ti prego...» disse Trunks quella sera, supplicando il padre di trascorrere i suoi ultimi giorni al fianco di Bulma, al posto di cercare in continuazione una soluzione a qualcosa che, purtroppo, una soluzione non ce l'aveva.
«Io non posso arrendermi! Io devo lottare anche per lei!» gracchiò Sua Maestà, facendo avanti indietro per il corridoio.
«Vegeta...» aveva sussurrato lei dall'interno della stanza, con le ultime forze rimaste. Il Principe chiuse gli occhi e avvertì una fitta al petto così forte da fargli pensare che sarebbe morto lì.
Si addentrò e si sedette accanto a lei, lei che lo guardava con occhi apprensivi, come se fosse lui quello malato, come se fosse lei che doveva prendersi cura di quell'uomo che, pur volendosi dimostrare forte, aveva solo bisogno di piangere, di lasciarsi andare.
Ma lui doveva resistere, doveva farlo per lei.
«Vegeta... io sono serena» ammise Bulma. Lo era per davvero e, certo, aveva anche paura. Ma la sua esistenza era stata una vera e propria favola, ricca di emozioni, di viaggi, di scoperte, di avventure incredibili. «Ho fatto tutto ciò che dovevo fare nella mia vita... credo che sia giunto il momento di andarmene».
«NO! NON DIRLO! Tu non puoi!» si rifiutò Vegeta, sull'orlo di esplodere.
«Sono stanca... non riesco più a lottare. Sono pronta ad affrontare la morte» ribadì Bulma con un filo di voce, accarezzando la guancia di quell'uomo che era stato il suo principe, il suo vero grande amore.
Non desiderava altro che averlo accanto, lui come i loro figli. Non aveva altro da chiedere, si sentì in pace e avrebbe dato qualsiasi cosa per fare in modo che Vegeta si tranquillizzasse.
Ma il Principe no, non l'avrebbe mai accettato e, in quel momento che il suo terrore più grande stava per realizzarsi, si sentì talmente debole da non riuscire a reggersi sulle proprie gambe. Non avrebbe pianto, non davanti a lei. Ricacciò indietro le lacrime un'altra volta.
«Vorrei... vorrei poter fare qualcosa, qualsiasi cosa purché non accada» ammise, sussurrando piano contro il palmo della mano della moglie.
«Prima o poi sarebbe successo ugualmente... siamo esseri umani, Vegeta. E io ho la sfortuna di essere di una specie meno longeva della tua. Lo avevamo già messo in conto».
Gli occhi di Vegeta fecero fatica a reggere, per questo si scansarono da quelli azzurri e velati di lei alla ricerca di un porto sicuro, un luogo ove avrebbe potuto nascondere le lacrime che stava tentando in tutti i modi di trattenere. Ma, proprio nell'istante in cui Bulma pronunciò quelle parole, la mente del Principe vagò tra mille orizzonti, tra le montagne e i mari, nell'universo e nel creato fino a raggiungere quell'epifania che per tanti mesi aveva ricercato. Un'idea. Un'intuizione malsana.

 

«Come stai?» domandò Vegeta, controllando assiduamente dall'oblò della navicella spaziale, alla ricerca di quella terra lontana che avrebbe dovuto comparire a momenti tra le stelle e lo spazio nero.
«Non una favola, come poco fa...» asserì Bulma con un sorrisetto. Ciò che più amava di suo marito era il suo modo di essere testardo e cocciuto quasi più di lei.
«Resisti. Siamo quasi arrivati» si raccomandò lui. Riuscì a scorrere in lontananza un puntino verde divenire sempre più vicino.
Neo Namek, per la seconda volta. Come aveva fatto a non pensarci prima, proprio non se ne capacitava. Eppure la soluzione era lì, vicina, così vicina da poterla toccare.
Avevano dovuto aspettare altre due settimane per andarci, ma oramai c'erano quasi. Lui, lei, Trunks e Bra erano ripartiti alla volta del pianeta dei namecciani per ricercare ancora le Sfere del Drago, dopo tre mesi esatti da quando l'avevano utilizzate. L'anno solare di Neo Namek, infatti, era molto più breve di quello terrestre. Bulma aveva stretto i denti e tenuto duro il più a lungo possibile, persino più a lungo di quanto avessero pronosticato i medici.
Inizialmente aveva rifiutato la proposta del marito, si era persino arrabbiata. Aveva detto che avrebbe preferito morire con dignità, sulla Terra, nel suo letto, circondata dai suoi cari. Ma poi anche i suoi figli gliel'avevano fatto notare: forse ci sarebbe potuta essere una possibilità, una possibilità concreta di combattere quel male che la stava divorando.
Gli esseri umani - i terrestri più velocemente di altri - sono destinati all'invecchiamento e alla morte. Una delle cause principali era proprio il cancro. Un male terribile, un male incurabile nonostante decine e decine di anni di ricerche. Ma i Saiyan... i Saiyan non si ammalano di cancro. Le cellule dei Saiyan riescono a combattere quelle impazzite, riescono a debellarlo come un semplice raffreddore.
E allora aveva accettato, si era detta "perché no?". Se ci fosse stata anche solo una piccola speranza di passare ancora qualche anno con i suoi amati, perché non tentare? Così, il giorno dopo Natale, erano ripartiti. Mancava poco, davvero poco. Avrebbe dovuto resistere ancora poche ore perché, quel giorno, Bulma sarebbe diventata una Saiyan.



 
 
Continua...
 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti miei cari e mie care! Dopo lo scorso capitolo di grandi rivelazioni, ora abbiamo scoperto un altro pezzetto di cosa è accaduto alla nostra Bulma. Ebbene sì, cari e cari, l'intenzione del principe era proprio quella di trasformarla in una della sua stessa specie. Cosa sarà accaduto? Polunga avrà acconsentito? Oppure semplicemente non è stato in grado di compiere la trasformazione? Nel prossimo capitolo si saprà di più riguardo a questa storia, e soprattutto arriveremo ad un altro punto cardine. 
Vi aspetto domenica per il 18° capitolo!
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 18
*** Vederti morire ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 18 - VEDERTI MORIRE



I’m coming up only to show you down for
I’m coming up only to show you wrong
to the outside, the dead leaves, they all blow
for’e before they died had trees to hang their thoughts
At every occasion I’ll be ready for the funeral

The funeral https://www.youtube.com/watch?v=cMFWFhTFohk

 

 

L'aria sotto il cielo pesante di Neo Namek rese la permanenza di Bulma ancor più difficoltosa. Nonostante la navicella fosse provvista di tutte le sue cure palliative, aveva sofferto parecchio il viaggio alla volta di quel pianeta. Ma lei aveva tenuto duro, aveva stretto i denti e si era aggrappata con le unghie alla vita.
Vegeta era un fascio di nervi, non mangiava da giorni, non dormiva. Occhiaie viola contornavano i suoi penetranti occhi neri, il colorito della sua pelle era ingrigito nonostante fosse ritornato giovane da poche settimane.
Non si era arreso, non aveva accettato di perderla. Piuttosto che vederla spirare tra quelle atroci sofferenze, sarebbe stato disposto a convivere con una Bulma diversa, una Bulma con gli occhi neri e i capelli scuri, una Bulma fisicamente prestante e con una coda pelosa che partiva dalle ultime vertebre lombari. Una Saiyan. Se l'era immaginata più volte, se l'era raffigurata nella propria mente e sì, sarebbe stata ugualmente bellissima. Diversa nell'aspetto, ma sempre la stessa nello spirito. E chissà, magari un giorno avrebbe persino potuto allenarla, combattere con lei.
Sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa pur di salvarla, pur di regalarle ancora gli anni di vita che le spettavano, che meritava. Avrebbe dato la propria anima per lei, sarebbe morto al posto suo. In quei mesi aveva sofferto così tanto da divorarsi lo stomaco ma, per fortuna, nemmeno l'ulcera era una malattia che colpiva il sistema immunitario Saiyan.
Il namecciano Leston non era sicuro che il loro piano potesse funzionare, ma era stato così gentile da aiutarli a radunare nuovamente le sette sfere per compiere quell'ultimo, disperato tentativo. E in quel momento erano lì, con il naso rivolto all'insù e gli occhi lucidi di speranza.

Bulma, avvolta in una coperta color panna, si era lasciata trasportare dalle forti braccia del marito sin fuori la navicella dove, brillanti, giacevano le sette Sfere del Drago Polunga. Si erano accovacciati e avevano aspettato che Leston lo invocasse. Bra e Trunks si trovavano lì, al loro fianco.
Bulma, scossa da incessanti brividi di freddo, tentò di tenere gli occhi aperti durante l'apparizione del drago. Era sempre uno spettacolo maestoso.
«Sei pronta?» le domandò Vegeta. Percepì il proprio cuore battere a velocità così elevata che gli sembrò che potesse sfondargli il petto.
«Se non dovesse funzionare... sappiate che io sono contenta ugualmente» balbettò lei tra un colpo di tosse e l'altro. Sentì l'ossigeno sfuggirle dai polmoni e perse la sensibilità delle dita, ma loro erano lì. La sua famiglia era lì.
«Funzionerà... vedrai che funzionerà» la rassicurò Bra. Le prese una mano tra le sue per cercare di riscaldarla, di tenerla con sé.
«Grazie... grazie Vegeta... per la famiglia che mi hai dato, per i nostri figli. Grazie per l'amore che mi avete regalato» sussurrò lei.
«Te ne daremo ancora, mamma. Per sempre» le promise Trunks, avvicinandosi ancor di più.
«Grazie...» ripeté lei, chiudendo gli occhi. Si accoccolò e si strinse ancor di più al petto del marito, il quale la accolse con calore.
«Resisti, ti prego. Stai con me» le sussurrò Vegeta nell'orecchio, così piano da non farsi nemmeno sentire dai propri figli e, dopo aver annusato ancora una volta il profumo dei suoi capelli color mare, fece segno a Leston di procedere.
Con voce solenne e con parole che solamente Vegeta fu in grado di comprendere, il loro amico namecciano formulò il desiderio tanto atteso.
«Per favore, potente Polunga, fa' in modo che Bulma diventi una Saiyan!»
Il drago non si scompose e, al contrario, emise un piccolo ruggito profondo e gutturale. L'attesa durò pochi secondi ma sembrò un'eternità, un'eternità dentro la quale il Principe avrebbe voluto sostare per sempre.
Sin da quando aveva appreso della malattia della moglie Vegeta non si era dato pace, non era passato giorno senza che egli pregasse tutti gli Dei nei quali non aveva mai creduto purché Bulma si salvasse. Avrebbe dato qualsiasi cosa per prendersi almeno un po' della sua sofferenza, del suo star male. L'aveva vista piangere, l'aveva sentita gridare, aveva percepito il suo dolore e la sua forza ma, man mano che i giorni passavano, la dama con la falce gli era sembrata sempre più vicina. Avrebbe voluto combatterla per lei, stringere un patto con il diavolo, ma non era stato in grado di far nulla di tutto ciò.
Le era stato vicino in religioso silenzio, tenendosi dentro tutta l'apprensione e tutto il dolore. Aveva creduto di scoppiare, di esplodere. Non era mai stato così male in vita sua, non aveva mai provato una sensazione simile e avrebbe dato qualunque cosa purché quell'agonia cessasse e tutto tornasse alla normalità.
Ma, purtroppo per lui, purtroppo per Bulma, il lieto fine non arrivò. Perché quel giorno, su Neo Namek, era decisamente troppo tardi.

 

«Mi dispiace, ma non posso esaudire il vostro desiderio.
Perché la persona che mi avete chiesto di trasformare...
...non è più in vita».


 

Con il fiatone e gli occhi arrossati Vegeta finì di urlare. Finì di raccontare, finì di raccontarsi. Aveva tirato fuori tutto, era nudo, svuotato da ogni ricordo.
Erano stati giorni difficili, giorni di silenzi, giorni di distacco, ma Vegeta non avrebbe potuto sopportare un'altra volta quell'agonia, non avrebbe sopportato di farsi coinvolgere di nuovo in qualcosa che non avrebbe potuto risolvere.
Aveva già sofferto abbastanza.
«Ecco perché... ecco perché mi sto comportando così». Vegeta tornò a parlare piano, tuttavia non smise di fissare negli occhi quell'uomo che, per tutto il tempo, non aveva mai smesso di tenerlo per le spalle.
«Vegeta...» sussurrò Goku, con un nodo alla gola e gli occhi lucidi come degli specchi.
«Perché questo è ciò che si prova quando una persona che hai vicino ti dice che... che deve morire» sibilò infine il Principe, sputando fuori tutto l'odio, tutto il rammarico che aveva conservato in quei giorni.
«Vegeta, mi-»
«Lasciami in pace» lo zittì. Si voltò dall'altra parte e tentò di scrollarsi di dosso quelle sudicie mani che lo stavano trattenendo.
Goku deglutì. Come aveva potuto? Come aveva potuto pensare che davvero Vegeta fosse ancora quell'uomo che aveva incontrato per la prima volta sulla Terra? Come aveva potuto credere a quella messinscena che gli aveva propinato? Davvero era stato così stupido da credere che lui fosse indifferente a ciò che gli aveva detto?
Era stato così impegnato a piangersi addosso - così egoista da mettere al centro del mondo se stesso - per poter vedere quale fosse il problema del suo amico, quale fosse il reale motivo del suo comportamento distaccato. Come aveva potuto considerarlo un esterno, dopo tutto ciò che avevano vissuto?
«Mi dispiace... mi dispiace per quello che hai vissuto. E mi dispiace di aver dubitato ancora di te».
«ZITTO! Sta' zitto e portami via da-»
«HO MENTITO!» lo interruppe Goku. Prese per un braccio Vegeta il quale, bloccandosi nel suo intento di voltare le spalle e andarsene, ebbe un fremito. «Quel giorno, sulla scogliera. Ti ho detto una bugia: io ho paura. Mi hai chiesto se sono convinto di ciò che faccio... beh, no, non lo sono affatto. Io voglio tornare nella Dimora dei Draghi, lo voglio davvero, quella era casa mia. Però... però più sto qui più mi rendo conto di quanto mi mancherà la Terra e ho anche paura che, se dovessi rivedere i miei figli, potrei cambiare idea. E non era questo il mio obiettivo, non era per cambiare idea che sono tornato!»

Vegeta non si voltò, continuò a guardare il cielo dorato, senza riuscire nemmeno a guardare negli occhi quell'uomo confuso che prendeva il nome di Kaarot. Kaarot, non Goku, perché quell'ingenuo ragazzino dal sorriso smagliante e dall'animo buono e gentile era stato sopraffatto, sepolto.
Ora era un Saiyan, un vero Saiyan al 100% mentre lui, il Principe, era diventato quasi un terrestre. Si erano invertiti i ruoli, tutto si era ribaltato. Per un momento Vegeta provò rabbia per se stesso: avrebbe dovuto essere lui quello che sacrificava tutto per amore del mero combattimento, e invece quella sudicia terza classe aveva preso il suo posto. Ma poi si rese conto che quello infelice era proprio Kaarot; lo comprendeva dalle sue parole, dal suo sgomento.
Quel ragazzo non sapeva cosa fare, si sentiva forse troppo in colpa per ciò che era diventato.
«Cosa vuoi che ti dica, adesso? Che devi restare? Che devi partire? Dimmi di cosa hai bisogno, dimmi cosa vuoi sentirti dire e facciamola finita» asserì Vegeta, sull'orlo di una crisi di nervi.
«Forse dovrei farlo subito. Dovrei andarmene immediatamente e non pensarci più... aiutami... aiutami ad andarmene» supplicò Goku, sentendosi già morire dentro.
Aveva già preso una decisione, era stato risoluto nel suo compito. E allora perché gli veniva così difficile pensare di andarsene via per davvero?
Vegeta avvertì un groppo alla gola, una rabbia crescente. E poi capì, non seppe come, ma capì. Un flashback riaffiorò nella sua mente, parole sentite poco più di mezz'ora prima.
"Fallo! Forza fallo: uccidimi!"
Il Principe percepì le gambe tremare, le braccia diventare molli e inermi. Kaarot non doveva semplicemente morire, Kaarot doveva essere ucciso.
E non a caso aveva deciso di rivelarsi solo a lui, non a caso gli aveva detto che sarebbe stato l'unico a poterlo aiutare. Vegeta era stato scelto, scelto sin dal principio. Lo capì proprio in quell'istante, senza che ci fosse bisogno di sentirselo dire.
«Era il tuo piano sin dall'inizio, vero? Volevi che fossi io ad ucciderti?» gli domandò con un sussurro.
Sua Maestà si voltò e trovò uno sguardo vitreo e lucido che lo fece rabbrividire.
Goku non rispose, ma lasciò facilmente intendere fosse vero. Non riuscì a comprendere come avesse fatto a scoprirlo da solo, ma non si stupì: Vegeta era sempre stato un uomo intelligente.
Vegeta si illuminò di un'Aura dorata e scintillante, accecato da quella rabbia e quell'istinto omicida che l'avevano contraddistinto molti anni prima. Aveva sempre detto che il giorno in cui Kaarot fosse morto sarebbe stato per mano sua, sua e di nessun altro. Forse quel giorno era arrivato, il gran giorno della vendetta finalmente stava per compiersi. Eppure non ne era felice, non era fiero, non si sentì eccitato dall'idea. Anzi, si sentì male, male proprio come quando gli aveva detto che sarebbe dovuto morire per sempre.
Kaarot non aveva chiesto di essere ucciso, non direttamente, ma gli aveva chiesto aiuto. "Aiutami ad andarmene", gli aveva detto. Chi era lui per poterlo trattenere? Chi era lui per decidere di farlo rimanere? Era una supplica, quella di Kaarot, e sarebbe stato meglio accoglierla. Era un uomo straziato, distrutto, in agonia per non sapere cosa fare. Forse Vegeta avrebbe dovuto fermare quella sofferenza, forse avrebbe dovuto fare quello che non era stato in grado di fare per Bulma: arrendersi all'evidenza dei fatti e farlo morire con dignità. Come avrebbe potuto farlo? Come?
Avrebbe dovuto trovare una motivazione, qualcosa che lo spingesse a non provare pietà, e così si attaccò alla rabbia. La rabbia perché gli aveva mentito, la rabbia perché lo aveva sorpassato, la rabbia perché aveva osato indirettamente chiedergli qualcosa di così difficile. La rabbia perché, dopo tanti anni, gli stava chiedendo di tornare ad essere un assassino.

La fiamma dorata che lo avvolgeva si fece più intensa, più accecante. I suoi occhi color verde acqua si dilatarono, l'erba verde ai propri piedi si mosse per la bufera scatenata e Goku... beh, Goku lo guardò accendersi.
Goku non era sicuro di sentirsi pronto ma poco importava: oramai l'ora era giunta, non avrebbe potuto più compiere un passo indietro. Guardò Vegeta, il suo rivale di sempre, lo osservò creare nella propria mano una sfera di energia elettrica e bluastra, piccola, ma sufficientemente potente da fargli saltare in aria la faccia se non contrastata. Il suo palmo era vicino, troppo vicino, così come i suoi occhi ricolmi di rabbia ma anche di paura. Gliela lesse in volto la tristezza, e questa era l'unica cosa che contava in quel momento. Il Principe era persino disposto a ucciderlo pur di aiutarlo, era disposto a soffrire per farlo, era disposto a macchiarsi le mani pur di adempire alla sua richiesta disperata.
Goku chiuse gli occhi, aggrappandosi a quel ricordo. Il ricordo dell'unica persona che riusciva a capirlo, l'unica persona che sarebbe stata in grado di stargli accanto. E così facendo, chissà perché, ebbe una gran voglia di fermarlo, di tendere le mani per afferrare la sua e far sparare quel fascio di luce verso il cielo. Di urlargli "no, non farlo!", di chiedergli scusa, di dirgli grazie, di dirgli quanto lo ammirava e... e...


 

Continua...
 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! :) già, non scopriremo mai se Polunga sarebbe stato realmente in grado di trasformare Bulma in una saiyan. Non hanno fatto in tempo. O, forse, è stata proprio Bulma a volersene andare prima che accadesse. Mi piace pensare che Bulma fosse contenta così, di tutto ciò che ha avuto dalla vita. ( A voglia! Ha avuto il principe :P )
Il nostro Vegeta invece è dotato di gran perspicacia, ha capito da solo quale fosse il suo reale compito in tutto questo e ora sembrerebbe pronto a lasciarlo andare. Ad aiutarlo a morire. Grandi tematiche, in questa fanfiction XD cancro, "eutanasia", omosessualità (coming soon).
Pubblicherò il prossimo capitolo mercoledì :)
Eevaa

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Capitolo 19
*** Una sensazione di nome odio ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 19 - UNA SENSAZIONE DI NOME ODIO



If I ever leave this world alive
I'll thank for all the things you did in my life
I'll take on all the sadness
That I left behind
The madness that you feel will soon subside
Wherever I am you'll always be
More than just a memory
If I ever leave this world alive


If I ever leave this world alive: https://www.youtube.com/watch?v=1AOp9c5DRzc

 


 

La mano tesa di Vegeta premeva contro il collo del suo rivale, tenendolo per la giugulare senza che egli opponesse alcuna resistenza.
Il calore emanato dalla sfera di energia elettrica bluastra nell'altro palmo lo fece sudare, gli fece mancare il respiro. Sarebbe bastato un gesto, un semplice gesto per fargli esplodere il cervello. Gliel'aveva chiesto, Kaarot l'aveva supplicato ed era lì, in balia di quel mare in tempesta senza nemmeno tentare ritornare a galla.
Allora era vero, era proprio vero: quella sarebbe stata la fine di Kaarot, di quel tizio che un tempo si faceva chiamare Goku, di quell'eroe che aveva più e più volte salvato il destino del pianeta. Sarebbe morto proprio come avrebbe dovuto morire per la seconda e ultima volta, per mano del suo nemico giurato, del Principe della loro specie. Cinquant'anni prima, su per giù, Vegeta avrebbe solo gioito per quell'opportunità.
E invece era lì, fermo immobile con il cuore ricolmo di disperazione.
Ma cos'altro avrebbe potuto fare per Kaarot? Si era scelto quel destino, aveva compiuto una decisione e, sebbene non fosse quella in cui Sua Maestà sperava, avrebbe dovuto far qualcosa per aiutarlo a perseguirla. In quel momento, solo in quel momento, Vegeta si rese conto di quanto in realtà gli volesse bene. Così tanto bene da accettare di lasciarlo andare, se questo realmente lui desiderava.
Caricò la propria mano e, con un respiro profondo, scattò per affondarla contro il suo volto per macchiarsi un'altra volta del peccato omicida.
«ASPETTA!»
Vegeta si arrestò e guardò il rivale aprire velocemente gli occhi. Goku ansimò, e così fece anche lui stesso.
Cielo, c'era mancato così poco! L'avrebbe fatto per davvero, ancora mezzo secondo e l'avrebbe ucciso.
I loro respiri affannosi si mescolarono nell'aria, contaminandosi di ansia, paura e sollievo. La vittima squadrò il proprio carnefice con la gola secca e gli occhi dilaniati dal terrore.
«Aspetta...» sussurrò nuovamente, guardando la sfera di energia scomparire e dissolversi nell'ossigeno. «N-non ancora, dammi ancora un po' di t-tempo».
Grazie al cielo. Grazie al cielo, pensò Vegeta. Non poteva credere di averlo quasi fatto davvero. Si lasciò andare sulle ginocchia, poi avvertì sotto i polpastrelli l'erba umida rinfrescargli l'anima corrotta.
Anche Goku, scosso e stremato, si lasciò cadere e tentò in tutti i modi di rallentare i battiti del proprio cuore: sarebbe stato un vero smacco se, in quel momento, fosse morto di cardiopalma.
«Razza di idiota! Stavo per ammazzarti!» lo rimproverò Vegeta. Si ricompose e si portò seduto con le gambe distese, le braccia dietro la schiena per sorreggere il busto.
«Ci è mancato poco, eh?!» ridacchiò Goku per sdrammatizzare la situazione, tornando poi immediatamente serio. Si posizionò appena al fianco di Vegeta, vicino.
«Ancora mi stupisco nel contare quante rotelle hai fuori posto!» constatò Sua Maestà. Quell'imbecille stava davvero ridendo per una cosa del genere?!
Si lasciarono cadere entrambi con la schiena sull'erba nel medesimo istante, sfiniti.

In quel pianeta non giunse mai la notte, ma entrambi non seppero definire per quante ore sostarono lì, su quel prato, inermi e sfiancati da quella giornata. Non parlarono, ma ogni tanto si lanciarono degli sguardi così indecifrabili da mettere i brividi. Più e più volte si domandarono a cosa l'altro stesse pensando, ma nessuno ebbe il coraggio di chiederlo.
«Beh... pensi di poterlo fare?» domandò Goku, infine. Allungò un braccio come per afferrare una nuvola, poi lo lasciò cadere lungo il proprio fianco. «Uccidermi».
Vegeta deglutì e si stupì di quella domanda così indiscreta. Già... avrebbe davvero potuto farlo? Ci sarebbe realmente riuscito?
«Oh, Kaarot. È una cosa che ho sempre desiderato, lo sai!» rispose con indifferenza e una punta di sarcasmo.
La verità era che proprio non riusciva a immaginarselo, non riusciva nemmeno a pensarci e la sola idea che prima o poi sarebbe stato costretto a farlo lo faceva sentire male. Era davvero come avere a che fare con un altro cancro solo che, quella volta, sarebbe stato lui a decretare la fine dei giochi.
Dannazione, stava persino per chiedersi cosa avesse fatto di male nella vita per meritarsi tutto ciò, ma poi si ricordò di tutto il dolore che aveva causato in gioventù. Nella prima gioventù.
Forse era giunto il momento di pagare il conto, un conto amaro esattamente come le sue colpe.
«Cosa succede se non te ne vai?» domandò indiscreto Vegeta, dopo un'altra lunga pausa.
«Non era previsto e... non ne ho idea. Immagino che non avrò la possibilità di ritornare mai più là e non voglio, non voglio rinunciare a quel posto. Credimi quando ti dico che lì mi sentivo davvero in pace».
«Non ne dubito... ma non mi sembri così convinto della tua decisione».
«È che, in qualche modo, credo che riuscirei a essere felice anche qui. Ma dovrei vivere come ho fatto in passato: come un terrestre. E tu sai bene quanto sia difficile abituarsi a questo quando si vive a lungo in un altro modo» spiegò Goku. Si portò a sedere contemplando il paesaggio prezioso.
Vegeta inspirò profondamente. E pensare che, fino a qualche anno prima, sarebbe stato lui a fare un discorso simile. Non poté fare a meno di pensare come fosse successo, cosa avesse portato a un tanto repentino scambio di ruolo. Rifletté a lungo, trovando risposta vaga nelle peculiarità insite agli esseri umani, alieni o terrestri che fossero: il continuo desiderio di avere di qualcosa che non si possiede.
«E allora pensa se ne vale la pena oppure no. Prendi una decisione e perseguila. Prenditeli tutti questi cinquanta, dannatissimi giorni. Rifletti, visto che finalmente hai imparato a farlo» consigliò il Principe. Si portò anch'egli seduto a fianco del suo rivale, il quale lo squadrò ammaliato.
Se c'era qualcuno che aveva sempre la risposta pronta, un consiglio, una parola d'aiuto per lui, questi era proprio Vegeta. Goku lo ammirava per davvero e, anche quella volta, scoprì che avesse perfettamente ragione. O quantomeno gli aveva offerto una soluzione temporanea e sensata ai suoi problemi.
Avrebbe trascorso ciò che rimaneva di quei giorni concessi a riflettere sul da farsi e poi, solo all'ultimo, avrebbe tratto una conclusione. Sarebbe stata una decisione difficile, sofferta, ma avrebbe dovuto crearsi un futuro, di qua o di là.
Ebbe paura, ma poi si ricordò che vi era qualcuno accanto a lui, qualcuno che sapeva sarebbe stato pronto a stargli accanto, così com'era stato pronto ad ucciderlo quando gliel'aveva chiesto. Lo guardò e si rese conto di nuovo di quanto prezioso Vegeta fosse.
«Non... non lasciarmi da solo in questa decisione» gli disse piano. Trattenne l'istinto di appoggiarsi con la testa contro la sua spalla, lasciarsi andare in un pianto, chiudere gli occhi e respirare rilassato.
No, non lo fece. Sapeva che Vegeta l'avrebbe respinto con un pugno. Forse.
«Non sei solo in tutto questo, lo vuoi capire, razza di testa bacata? Oramai mi hai coinvolto, il danno l'hai fatto. Ma io non posso spostare le montagne per te! La decisione è tua e io non farò niente, niente per farti cambiare idea» dichiarò il Principe, nel tentativo di auto-convincersi di riuscire a rispettare la parola data.
Goku sorrise sotto i baffi. Ricordò il primo giorno, quando Kaiohshin il Sommo gli aveva chiesto se fosse sicuro di quel che facesse e lui aveva risposto di no. La situazione di certo non era cambiata, ma si rese conto di aver avuto pienamente ragione ad affidarsi a Vegeta, ad averlo scelto.
Sapeva che, in ogni caso, lui ci sarebbe stato. Persino per ucciderlo. Ma, a quel pensiero, non riusciva davvero a rasserenarsi.
Non sarebbe stato facile, non lo sarebbe stato per nessuno.
Quello tuttavia non era più il momento di pensarci: gli rimanevano ancora trentasette giorni.

 

 

Quando i due Saiyan tornarono a casa, si comportarono come se nulla fosse accaduto: si fecero la doccia, ordinarono del cibo e mangiarono in compagnia della televisione. Non parlarono più di quel che era successo e, nonostante fosse la prima preoccupazione di entrambi, si sforzarono di non cadere in quei lugubri pensieri e tornare a comportarsi come avevano sempre fatto: come due rivali.
Non mancarono i soliti battibecchi e qualche insulto - specialmente quando Goku ruppe un piatto nel tentativo di sovraccaricare la lavastoviglie.
Si era fatto tardi quella sera, e il Principe provò un senso di agitazione e di sgomento quando si rese conto che non andava a trovare suo nipote da tanti, troppi giorni. Per la prima volta da quando Goku era giunto sul pianeta Terra, Vegeta decise che il giorno dopo non sarebbe andato con lui ad allenarsi sul pianeta dei Kaiohshin. Si sarebbe recato alla Capsule Corporation e avrebbe passato un po' di tempo con i suoi figli e il suo nipotino. Un po' perché così facendo non avrebbe destato troppi sospetti, un po' per non dare dispiacere a quel mocciosetto tutto pepe che, in fondo, gli mancava.
Goku accettò di buon grado quel giorno di pausa e decise che avrebbe sfruttato quelle ore per recarsi a meditare lontano da lì, affrontare la propria mente e i propri pensieri. Con la sua Nuvola Speedy si recò a Sud della Terra, affaticò il suo corpo con il caldo torrido tropicale, poi si spostò in capo al mondo per rinfrescarsi ai ghiacciai. Girovagò senza meta, contemplando e ammirando i più vasti paesaggi del pianeta sul quale era cresciuto. Stette ben attento a non farsi notare, a non recarsi in luoghi dove sapeva di poter essere riconosciuto. Tornò a casa di Vegeta solamente all'imbrunire, ma non vi trovò nessuno.

Vegeta trascorse l'intera giornata nella Gravity Room con il piccolo Goku Jr, il quale era stato davvero felice di passare così tanto tempo con il suo adorato nonno. Quando Trunks e Bra tornarono dal lavoro per l'ora di cena, si sorpresero oltremodo di vederlo lì, ma nessuno dei due ebbe il coraggio di indagare su cosa diavolo stesse facendo in quei giorni per essere così assente.
Durante l'ora di cena non fecero fatica a notare quell'espressione strana sul volto di Vegeta, così come il rossore che tingeva le sue gote quando egli si accorgeva che lo stessero fissando.
Si sentì infastidito, ma sapeva che avrebbe dovuto far finta di niente per non destare ulteriori sospetti. L'imbarazzo di quella serata si concluse con la messa a letto di Goku Jr e, prima che qualcuno potesse rivolgergli la parola, il Principe fuggì dalla finestra della cameretta del piccolo con la scusa di essere stanco. No, non lo era. Era la prima volta in due settimane che arrivava alle nove di sera senza sentirsi spossato dagli allenamenti e soprattutto senza sentire quel peso all'altezza dello stomaco.
Ma, eccola lì di nuovo, quella maledetta sensazione: la voglia di tornare a casa. La voglia di vedere come stava lui, cosa stesse facendo. La preoccupazione per il suo stato d'animo, la terribile voglia di prenderlo in giro e scontrarsi con a lui.
Lo odiava per questo, odiava persino se stesso. No, non sarebbe tornato a casa quella sera. Non l'avrebbe data vinta a quella sensazione per nessun motivo al mondo.

 

 

Due piccoli cubetti di ghiaccio roteavano in quel bicchiere appiccicoso, sporcato a malapena di quel nettare assuefacente dall'odore forte. Whiskey, così si chiamava. Era una delle bevande alcoliche più forti sul pianeta Terra, veniva distillato principalmente in una landa lontana, un'isola verde di pace e armonia dall'altra parte del mondo, rispetto alla Città dell'Ovest. Una terra di antiche danze, musica e allegria, ma anche pace e solitudine, nella quale il Principe dei Saiyan era solito recarsi nei momenti più bui della propria vita. Nel bel mezzo di una regione rurale vi era un piccolo paesino distante parecchie miglia dalla città più grande, ed era proprio lì che Vegeta aveva trovato rifugio per l'ennesima volta. Era molto tempo che non tornava in quel luogo, ma oramai il proprietario del piccolo pub lo riconosceva e aveva imparato bene a non disturbare il suo religioso silenzio e, soprattutto, a non far domande sulla quantità illegale di whiskey che era solito tracannare seduto da solo al bancone del bar.
Con il tempo Vegeta aveva imparato che il fisico dei Saiyan era particolarmente resistente all'alcol e, proprio per quel motivo, per riuscire ad ammorbidire i propri sensi ne era necessaria una grandissima quantità. Su Vegeta-Sei esistevano bevande stupefacenti, ma erano di gran lunga più forti e non avevano per niente un buon sapore, al contrario di quel distillato dolce-amaro che provocava dipendenza.
Brian, il barista, ritirò il tredicesimo bicchiere dalle mani di quello strano cliente, appoggiandosi al bancone con i gomiti con sguardo severo ma al contempo gentile. Aveva radi capelli arancioni e due occhi verdi all'ingiù.
«Un altro?» gli domandò, conoscendo già quale sarebbe stata la risposta. Vegeta annuì e fece segno con la mano che avrebbe preso lo stesso di prima.
«Va bene, però poi purtroppo devo chiudere: sono le due del mattino» lo avvertì con voce gracchiante. Indicò con il dito l'orologio a pendolo appeso sulla parete del bar. Il suo socio era già intento a sollevare gli sgabelli di legno sui tavoli alti e rotondi, per poter passare la scopa sul pavimento. I musicisti, che avevano suonato fino a tarda ora, stavano portando fuori i loro strumenti per caricarli sul camioncino. Tutti i clienti se ne erano oramai andati.
Sua Maestà non rispose ma, non appena Brian gli versò il quattordicesimo bicchiere di whiskey, lo bevve alla goccia e lasciò il bicchiere sul bancone insieme a una banconota di grande valore.
«Tenga il resto» disse Vegeta. Si alzò dallo sgabello e uscì in fretta e furia, stando attento a non inciampare nei suoi stessi piedi.
Prima della morte di Bulma non aveva mai conosciuto la sensazione di ubriachezza, ma oramai c'era più che abituato. Gambe molli, testa leggera, alterazioni visive, sensi anestetizzati. L'ideale per non perdersi nei propri pensieri ma no, quella volta non era stato sufficiente.
Quattordici bicchieri erano forse troppo pochi, perché l'immagine di quell'imbecille era ancora lì, in un angolo della sua testa. E forse era addirittura più forte di prima perché lì, camminando nella stretta via sterrata tra i campi bagnati dalla rugiada, non faceva altro che pensarci. Pensare al momento in cui l'avrebbe ucciso, pensare a come stesse, pensare a cosa stesse facendo. Lo odiava ancor più di prima, si odiava ancor più di prima, odiava Brian per aver chiuso il locale prima di fargli perdere i sensi. E così, barcollante ma non del tutto ubriaco, balzò in aria per tornare a casa.

Ci sarebbero voluti meno di cinque minuti di volo in condizioni normali, ma Vegeta aveva ormai appreso a sue spese che l'alcol, oltre ad annebbiargli i sensi, gli anestetizzava anche l'Aura impedendogli di volare con precisione. L'aria tiepida di maggio che gli sferzava in faccia gli asciugò gli occhi troppo lucidi di rabbia. Avrebbe voluto urlare tutto il proprio odio, ma non lo fece neppure in mezzo all'oceano. Avvertì un nodo alla gola e, man mano che procedeva in direzione della Città dell'Ovest, quella sensazione peggiorava.
Arrivò di fronte al suo palazzo dopo venti lunghissimi minuti, spalancando la porta del suo appartamento con rabbia. Inciampò sullo zerbino e cadde sulle proprie ginocchia, appena dentro l'ingresso. Forse l'ultimo whiskey aveva fatto effetto troppo in ritardo.
Goku, svegliato improvvisamente da quel rumore sordo, balzò in piedi sulle gambe, spaventato, poi accese la luce di scatto. Per un attimo pensò di essere sciocco: anche se fossero stati dei ladri, che razza di problema sarebbe stato? Però poi si ricordò che sarebbe bastato che uno dei figli di Vegeta fosse venuto nell'appartamento, per comportare delle grosse grane.
«Ah, ma Vegeta, sei tu! Che spavento!» constatò Goku. Tirò un sospiro di sollievo nel vedere il Principe il quale, in ginocchio, alzò la testa per mettere a fuoco quella figura alta a pochi metri da lui.
Due Kaarot. Non uno, due! Vegeta ringhiò e, indeciso con quale dei due prendersela, si mise in piedi aggrappandosi al muro.
«Ma che... che ti prende?» domandò Goku, con un sopracciglio inarcato. Non l'aveva mai visto in quel modo. Che non stesse bene?
Vegeta prese la rincorsa e caricò un pugno, ma non andò buon fine e lisciò l'avversario, inciampando.
«V-Vegeta?!» balbettò Goku, balzando all'indietro ad ogni mossa del rivale. Il Principe lo inseguì, goffo, rovesciando prima il tavolino del salotto, poi la pianta, poi andò a sbattere contro il frigorifero.
«Sei un deficiente!» urlò. Si scagliò ancora una volta contro Kaarot e si ribaltò sul divano. Cielo, quanto lo odiava!
«Ma che cosa ho fatto stavolta?!» si difese correndo in camera, inseguito ancora dal Principe il quale, con occhi iniettati di sangue, lo puntò con un pugno.
«Lo sei e basta!» concluse Sua Maestà. Mise finalmente a segno il suo attacco in pieno petto dell'avversario, con una risata sadica, senza però rendersi conto che, conciato com'era, non gli aveva fatto proprio un bel niente.
Goku lo squadrò confuso, poi afferrò con una mano il pugno che aveva goffamente colpito il suo sterno. «Sei ubriaco?!»
«Non dire socch... schio... ciocchez... FESSERIE!»
«Sì, decisamente...» mormorò tra sé e sé Goku, ridacchiando di gusto alla vista di quel Principe che non dava mai segni di scompostezza, di solito. Era così strano vederlo così... così... sciocco!
«TI AMMAZZO!»
«Non ancora, è un po' presto» gli ricordò Goku, con un sorriso amaro. Trattenne Vegeta per le braccia nei suoi tentativi di divincolarsi, parando i calci con le gambe.
«IO TI ODIO, LO VUOI CAPIRE CHE TI ODIOOO!?» gli urlò in faccia Sua Maestà, rosso di rabbia.
«Sì, lo so: me lo dici sempre» gli rammentò Goku, con uno sbuffo, nonostante quel burbero principe in quel momento non fosse poi così credibile.
No, non lo era affatto perché, inaspettatamente, Vegeta si arrese e crollò sulle proprie gambe, seguito da colui che in quel momento gli stava facendo da sostegno. Si arrese e, dopo aver ricordato ancora al proprio rivale quanto lo odiasse, si appoggiò con la fronte al suo petto e chiuse gli occhi.
Cosa avrebbe dovuto fare Goku, in quel momento? Cosa avrebbe potuto fare Goku, se non accoglierlo a sé?



Continua...



ANGOLO AUTRICE:
...mhuahahaha! Inutile dire che mi sono divertita tantissimo a scrivere la seconda parte di questo capitolo. Il principe degli sbronzi xD e chi lo avrebbe mai detto che il compostissimo principe dei saiyan avesse un debole per i superalcolici? Ah, ogni riferimento all'Irlanda è puramente casuale :P ho voluto inserire un luogo simile al mio posto preferito in assoluto al mondo, la mia amata isola di smeraldo. Ho avuto modo di andarci più volte e mi sono volutamente ispirata al locale di un paesino in cui mi sono persa e, entrando nel pub, sono stata accolta da questo barista gentilissimo che, oltre a spiegarmi la strada per arrivare nel paese in cui dovevo andare, mi ha anche gentilmente offerto da bere. Gli irlandesi sono meravigliosi! Ma sto divagando...
Alla fine Vegeta non ha ucciso Goku, non in questo capitolo... ma saranno guai, guai seri! Anche perché, come vedete, i due non sono poi così più indifferenti l'uno all'altro... non odiatemi!
Pubblicherò domenica il nuovo capitolo! :)
Eevaa

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Capitolo 20
*** Colpa del whiskey ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 20 - COLPA DEL WHISKEY


Ubriaco. Sua Maestà era tornato a casa ubriaco. Molesto, per giunta. Di questo Goku non riusciva proprio a capacitarsene, neppure dopo quella mezz'ora di orologio trascorsa a tenerlo lì, con la testa appoggiata al petto e le braccia cadute mollemente sul pavimento; Goku proprio non riusciva capire se quello fosse solo frutto della propria immaginazione oppure stesse accadendo per davvero.
Vegeta era così inerme, quasi... indifeso. Con il respiro affannoso e il viso disteso, rilassato, non increspato nella solita espressione corrucciata. Dormiva, sognava forse. Goku lo guardò a lungo, confuso, ogni tanto divertito. Cielo, non vedeva proprio l'ora di raccontarglielo! Chissà come si sarebbe imbarazzato, forse gli avrebbe addirittura messo le mani al collo e negato l'evidenza. Eppure lì, appoggiato al suo petto, sembrava l'essere umano più docile del mondo, quasi come un bambino.
Con le mani appoggiate alla sua schiena, Goku sorrise a lungo per quella situazione bizzarra. Avrebbe tanto voluto avere a portata di mano una macchina fotografica per immortalare quel momento, ma convenne che avrebbe dovuto fissarlo nella sua mente e non perderlo mai. Certo, a pensarci bene non sarebbe stato il caso di tenere Vegeta lì tutta la notte con le ginocchia sul pavimento, quindi decise di fare la cosa più saggia che gli venne in mente: metterlo a letto.
Senza fatica lo prese tra le braccia e lo sollevò, appoggiandolo poi tra le lenzuola verdi. Sua Maestà grugnì e borbottò qualcosa nel sonno, ma non si destò.
«Questa non me la perdonerai mai...» sussurrò Goku, inginocchiandosi per guardarlo meglio. Non aveva mai visto in Vegeta un'espressione tanto angelica. Gli tolse le scarpe e le gettò distrattamente ai piedi del letto, poi prese la coperta e lo avvolse senza fare rumore.
Quando fece per andarsene a dormire sul divano, però, qualcosa lo bloccò: e se Vegeta fosse stato male? E se avesse avuto bisogno di aiuto? Un pensiero strano gli percorse la mente, un calore improvviso gli invase il petto.


 

La luce intensa del sole delle dieci penetrò dalle grandi vetrate, rendendo impossibile continuare quel sonno ristoratore. Il Principe dei Saiyan, girato su un fianco, aprì a fatica le palpebre sigillate.
Nausea, dolore alle tempie, secchezza delle fauci. Sì, non c'erano dubbi: si era ubriacato. Oramai conosceva quella sensazione, ma quando succedeva era solito svegliarsi in una landa desolata coperto da un cielo azzurro e adagiato sull'erba dell'Isola di Smeraldo. Invece quel giorno era lì, comodamente sdraiato nel letto di casa sua.
Si sforzò di ricordare e ci riuscì. Qualche ricordo poco nitido riaffiorò dai meandri oscuri dell'inconscio e dai neuroni bruciati dal whiskey: aveva volato intorno al mondo per ritornare lì, aveva tentato di colpire Kaarot. Ricordò di esserci riuscito, ma non ricordò se gli avesse fatto male. Sorrise, sperò di sì, ma poi divenne di nuovo serio: cos'era successo dopo? Si sforzò di cavarne fuori un ragno dal buco, ma niente. Vuoto totale.
Con la testa che gli scoppiava e l'improvvisa voglia di vomitare si girò supino con gli occhi coperti dall'avambraccio, ma un rumore lo colse di sorpresa, un respiro continuo e incessante. Si voltò di scatto e ciò che vide lo lasciò senza fiato.
Kaarot. Kaarot era sdraiato rannicchiato in un angolo del suo letto, assopito.
«Ma che ca-» sussurrò il Principe, con gli occhi sgranati e il cuore che sembrava volergli bucare il petto. Perché l'imbecille si trovava lì? Perché stava dormendo nel suo letto?

Cercò di nuovo tra i suoi ricordi ma l'ultima cosa di cui aveva memoria era di averlo colpito. Niente di più, niente di meno.
Tante, troppe domande ma, al contrario di quello che chiunque avrebbe potuto pensare di una simile situazione, il Principe dei Saiyan non si sentì arrabbiato. Non ebbe l'istinto di tirare un calcio al suo rivale per svegliarlo, nemmeno di urlare, di insultarlo. Stette semplicemente lì a osservarlo senza fiatare fino a quando, a causa di un rumore proveniente dal piano di sotto, Goku aprì gli occhi. Li incatenò a quelli nerissimi del Principe e trasalirono entrambi.
Goku scattò a sedere come se fosse stato morso da una tarantola. «Vegeta! Ehm... io...» balbettò. Cadde dal letto all'indietro e poi si riportò in piedi in modo goffo.
Sua Maestà si mise a sedere lento, pericolosamente. No, non avrebbe potuto mostrarsi clemente, avrebbe dovuto mettere per forza la maschera da duro e attaccare, nonostante non avesse la benché minima voglia di farlo.
«Cosa diamine ci facevi qui?» grugnì minaccioso. Si alzò e si sporse per mettere Goku con le spalle al muro.
«Ecco... tu... io...»
«Smettila di farfugliare, razza di imbecille!»
«Eri ubriaco! Ti sei addormentato sul pavimento dopo aver cercato di colpirmi e allora ti ho... ti ho portato a letto!» ammise Goku, giustificandosi, sussurrando pianissimo l'ultima frase. Si aspettò di essere attaccato - non verbalmente - da un momento all'altro.
«Tu hai fatto cosa?!» domandò invece Vegeta, sottecchi, mostrando i denti in un ringhio pericoloso.
«Non potevo lasciarti per terra! E poi beh, mi sono addormentato qui perché... perché avevo paura che stessi male» disse tutto d'un fiato Goku. Si portò una mano dietro alla nuca e ridacchiò nervoso.
«... che io stessi male?» sottolineò Vegeta, poi si portò a pochissimi centimetri dal naso dal rivale, le quali gote si tinsero di un rosso scarlatto.
Già, Goku aveva avuto paura che potesse star male, dare di stomaco come di solito fanno gli ubriachi. Aveva avuto l'istinto di accudirlo, di vegliare su di lui. Non seppe come, né perché, ma aveva sentito che sarebbe stata la cosa più giusta da fare.
«Ehm, sì» ammise Goku.
Anni prima Vegeta gli avrebbe sfondato la faccia con un pugno, ma in quel momento non ci riuscì. Non riuscì a pensare a nient'altro che lui, quell'imbecille patentato, mentre con pazienza lo metteva a letto e lo sorvegliava mentre era in stato di incoscienza. Non riuscì ad arrabbiarsi per questo, come avrebbe potuto? Aveva fatto una cosa... gentile.
Vegeta trasalì. Si sentì uno smidollato. Kaarot gentile. Certo che lo era! Lo era sempre stato, ed era qualcosa che in passato aveva detestato con tutte le sue forze. E allora come mai in quel momento non riusciva più a odiarlo tanto per tutto ciò? Odiava se stesso, quello sì. Da morire, per giunta! Non era mai stato bravo a esprimere gratitudine, sebbene la provasse. Ma con lui proprio non avrebbe dovuto farlo, non avrebbe dovuto svelare che quel gesto fosse stato in realtà apprezzato.
«Ma dico, cosa credi che sia? Una mammoletta?!» ringhiò Vegeta, con tono spocchioso.
«Beh... inseguirmi per tutta la casa inciampando e ribaltando qualsiasi cosa non mi è parso un comportamento tanto da duro! E, tra parentesi, non sei nemmeno riuscito a prendermi» lo rimbeccò Goku, divertito, con la lingua tra i denti.
Qualcosa di molto buffo accadde al volto di Vegeta. La quiete prima della tempesta.
«COME OSI?!»
Sua Maestà caricò un pugno che però andò a vuoto, poi l'imbecille si divincolò e sgattaiolò fuori dalla stanza.
«Che c'è? Vuoi ritentare?!» lo stuzzicò Kaarot, mettendosi a correre in giro per l'appartamento.
«SCAPPA FIN CHE PUOI, CHE SE TI PRENDO TI STACCO LA TESTA DAL COLLO!» lo minacciò a gran voce Vegeta, dando di nuovo il via a quell'acchiapparella violenta. Era una vera fortuna che il fisico dei Saiyan si riprendesse molto, molto più in fretta da quello che i terrestri chiamavano "hangover".
E lo prese, eccome se lo prese! Ma proprio in quell'istante Goku, con un gesto della mano, si teletrasportò in men che non si dica sul pianeta dei Kaiohshin, dove la semplice acchiapparella si trasformò in una lotta vera e propria.
Lottarono, lottarono a lungo sereni, divertendosi proprio come quando avevano iniziato. Senza pensieri negativi, solo per il puro piacere di combattere, di darsele di santa ragione come erano abituati a fare. Due leoni, due predatori. Si allenarono fino allo sfinimento, fino a quando entrambi caddero per terra.
Goku rise, rise forte e di gusto e Vegeta... beh, Vegeta non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto, stando però ben attento a non farsi vedere. Perché il Principe dei Saiyan, dopo tanto tempo, si sentì felice.

 


 

Passarono altri due giorni, due giorni di allenamenti intensi e serate spensierate, soliti battibecchi, frecciatine e cene abbondanti. Tutto sembrava essere tornato alla normalità, come se non ci fosse alcun problema da risolvere, nulla a cui pensare, nonostante in realtà ci fosse ben più di una gatta da pelare. Goku sembrò incredibilmente sereno nel suo modo di fare, quasi come se fosse tornato "l'idiota di un tempo", così l'aveva definito Vegeta. Il Principe, invece, si era dimostrato più paziente del previsto, come se oramai non ci facesse più caso ad avere quella terza classe in giro per casa, come se ci vivesse da sempre.
Quella sera, però, dopo la cena con il figlio maggiore e la sua famiglia, ci pensò Trunks a mettere la parola fine a quel brevissimo periodo spensierato.
«Papà... posso parlarti prima che tu vada?» gli domandò a bassa voce, mentre Sua Maestà era intento a scagliare dei piccoli innocui attacchi luminosi al piccolo Goku Jr.
«Cosa c'è?» rispose Vegeta, sospettoso. In quel momento si ricordò nuovamente di aver qualcosa da nascondere, e ciò lo rese nervoso, nervoso come era stato nelle precedenti settimane.
«Ok, signorino, è il momento di andare a letto! Saluta il nonno» intervenne Pan prendendo in braccio il figlioletto il quale, tra mille proteste e capricci, dimostrò di non essere per nulla stanco.
Sia Vegeta che Trunks lo ammonirono. Il Principe non aveva mai amato quelle esternazioni di disappunto da parte del nipotino e, nonostante fosse di gran lunga più tollerante di quando aveva cresciuto Trunks, aveva ancora la pessima abitudine di perdere la pazienza dopo il secondo tentativo di rimprovero. Goku Jr se ne andò con il broncio e la braccia conserte ma, come sempre, gli sarebbe passata con una bella dormita.
La verità era che quel giorno, Vegeta, avrebbe preferito di gran lunga continuare a "giocare" con lui piuttosto che affrontare gli occhi curiosi del figlio che lo invitarono a seguirlo in veranda. La luce della luna illuminò i loro visi simili rendendoli ancor più perfetti. Erano belli, bellissimi entrambi, con lo stesso sguardo da duro, con le stesse labbra increspate in espressioni serie. Era incredibile come avessero bene o male la stessa età fisica, nonostante Vegeta avesse all'anagrafe circa trent'anni in più.
Trunks ancora non si era abituato a tutto ciò, nonostante fossero passati oramai cinque anni da quando, per via del desiderio espresso da Bulma, suo padre era tornato a essere giovane. Gli sembrava incredibile, semplicemente incredibile, ma in fondo ne era contento: avrebbe avuto molto più tempo da passare con lui. La morte della madre l'aveva devastato, non sarebbe stato pronto ad affrontare la perdita del suo adorato padre.
Sua Maestà aveva il suo difficile carattere, certo, non sempre era stato affettuoso (o meglio, quasi mai), ma Trunks lo adorava. Lo adorava nonostante tutto, nonostante la sua arroganza, nonostante i suoi modi di fare singolari. Ma, malgrado conoscesse alla perfezione il burbero carattere del padre, Trunks non riuscì più a trattenere quelle domande che l'avevano attanagliato nel corso delle ultime settimane. Era curioso, terribilmente curioso di sapere quale fosse il motivo del suo ulteriore cambiamento.
Sì, perché Vegeta era cambiato di nuovo dalla morte di Chichi; inizialmente Trunks aveva pensato che quella dipartita avesse fatto tornare lui in mente i brutti ricordi di cinque anni prima. Ma com'era possibile che, dopo più di due settimane, il Principe fosse ancora così sfuggevole, così distratto? Se ne erano accorti tutti - persino Goku Jr - che Vegeta in quegli ultimi tempi avesse qualcosa di strano, ben più strano del solito. E così gli era venuto in mente, così forse aveva capito, aveva indagato. Aveva capito cosa avesse da nascondere.
«Beh? Hai detto che volevi parlarmi, ma è da cinque minuti che fissi la luna senza dire una parola». Vegeta era spazientito, in attesa di sapere cosa avesse da dirgli suo figlio. Un sospetto ce l'aveva, ma sperò con tutto il cuore che non fosse venuto a sapere tutto ciò che stesse nascondendo.
«Sì, ecco... è difficile» ammise Trunks. Sospirò e si appoggiò alla ringhiera con gli avambracci, un ciuffo di capelli lilla gli cadde davanti agli occhi.
«Cos'è che vuoi sapere? Avanti, non ho tutta la notte».
«È proprio questo: è che ultimamente sei un po'... distante» sputò il rospo Trunks, aspettandosi una reazione violenta da parte del padre. La reazione non arrivò.
«Lo so» confermò Vegeta. Avvertì una lama trafiggergli lo stomaco, non gli piaceva che la sua famiglia gli facesse notare ciò.
«Va tutto bene?» chiese con difficoltà Trunks, conscio che al padre non piacessero quel tipo di chiacchierate. «Stai bene?»
«Sì che sto bene» mentì Vegeta, sperando il più possibile che il figlio non notasse l'ansia con la quale stesse affrontando quella fatidica conversazione.
«Senti, io volevo dirti che... che...» Trunks si interruppe e si morse il labbro. «Che non hai bisogno di continuare a fingere».
Vegeta spalancò gli occhi, esterrefatto. A cosa diamine si stava riferendo?
«F-fingere cosa?»
Vegeta sentì le proprie ossa sgretolarsi tutte insieme. Se avesse potuto, si sarebbe liquefatto all'istante. Lo sguardo truce di Trunks lo colpì in pieno viso e lo costrinse a guardare altrove.
No, non era possibile. Non poteva averlo scoperto per davvero. Come? Come aveva fatto? No, no, no. Era impossibile! Eppure... eppure quello sguardo sembrava quello di uno che l'avesse appena colto con le mani nella marmellata.
«So cosa stai nascondendo, papà. O meglio, chi stai nascondendo».



 
Continua...
 
 
ANGOLO AUTRICE:
E qui il fandom di After All si unisce a me in unico grande coro: Trunks, fatti i c***i tuoi! XD ma come diavolo avrà fatto? E soprattutto, adesso cosa succede? Vegeta come si tirerà fuori da sto casino?
Proprio adesso che stavano trascorrendo dei momenti felici (glielo vogliamo ricordare noi che uno deve morire ammazzato dall'altro?).
Aggiornerò mercoledì :) a prestissimo,
Eevaa

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Capitolo 21
*** Scoperti ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 21 - SCOPERTI


 

Non poteva crederci. Com'era potuto succedere? Erano stati attenti, Kaarot non aveva mai mostrato la propria Aura sulla Terra e, se lo aveva fatto, era stato solo per pochi secondi per poter utilizzare il teletrasporto. Come poteva Trunks averlo notato? Si era trattato solo di una piccola, troppo esigua quantità di energia. Che suo nipote avesse per caso riferito qualcosa di quella giornata in cui li aveva quasi colti sul fatto? Vegeta trasalì. Forse Goku Jr aveva riferito di aver visto quello che credeva fosse un "idraulico", forse aveva detto a suo padre che somigliava tanto allo zio Goten; Trunks non era tanto stupido da non riuscire a fare due più due. Sì, sicuramente era andata in quel modo.
«E chi diavolo pensi io stia nascondendo?» domandò irriverente Vegeta, sperando con tutto il cuore che stesse bluffando.
«Cielo, è imbarazzante...» sussurrò Trunks.
Imbarazzante? Imbarazzante non era esattamente il termine che avrebbe usato il Principe per definire la situazione in cui si era cacciato. Stava nascondendo Kaarot, per l'amor del cielo, non una spogliarellista! Certo, non era stato poi così corretto da parte dell'idiota non annunciare il suo ritorno, ma era stata una sua decisione. Sua Maestà non avrebbe dovuto giustificare proprio un bel niente a nessuno, tantomeno a suo figlio.
«Ma si può sapere di che parli?!» Vegeta si difese ringhiando e arrossì sulle gote.
«Intendo... sono passati cinque anni, papà. Non... non ti devi vergognare e non ti devi nascondere se... se hai trovato... un'altra donna».


Una lunga pausa spezzò quell'irrequieto groviglio di pensieri e per un attimo - solo per un istante - il Principe tirò un sospiro di sollievo: non era di Kaarot che stava parlando suo figlio, ma di una donna.
Una presa di consapevolezza dopo, Vegeta trasalì. Una donna?! Trunks pensava che lui avesse una relazione con qualcuna?!
Lo sguardo di Vegeta, solitamente imperscrutabile, divenne pericoloso. Gli occhi divennero due fessure e il labbro superiore si inarcò mostrando i canini bianchi e appuntiti.
«Dimmi che non lo stai dicendo per davvero».
Trunks, spaventato dal vedersi piombare suo padre addosso, inarcò la schiena all'indietro e sollevò entrambe le mani.
«Lo so! Lo so, non sono affari miei, non avrei mai dovuto chiedertelo!» si scusò Trunks, ma non volle fermarsi, non a quel punto che oramai il dado era stato tratto. «Dico solo che sarebbe una cosa normale, insomma, hai solo quarant'anni! Per me, per noi... non sarebbe affatto un problema se avessi una fidanzata! Tutto qua...»
«Trunks, ho ucciso per molto meno!» ringhiò Vegeta, stringendo entrambi i pugni così tanto da conficcarsi le unghie nella carne.
Non poteva crederci, davvero suo figlio aveva osato pensare una cosa simile? Che avesse una relazione con un'altra donna che non fosse sua madre?! No, ma come diavolo avrebbe potuto? Erano passati cinque anni, ma come avrebbe potuto fare una cosa simile? Nessuna donna in quel pianeta di buoni a nulla sarebbe stata in grado di competere con lei, nessuna, e Trunks avrebbe dovuto conoscerlo abbastanza bene per non farsi passare neanche per l'anticamera del cervello un'idea simile.
«Ok, ok, chiudiamo il discorso» disse affranto il figlio. Forse, sotto sotto, ci sperava che dietro al mistero che celava suo padre con tanta cura ci fosse qualcosa di sentimentale.
L'aveva visto soffrire come mai nella vita dopo la morte di Bulma, nemmeno durante gli scontri con i malvagi mostri del passato si era scomposto così tanto. Si era chiuso in se stesso, si era allontanato da tutto e da tutti, per breve tempo Trunks aveva persino avuto paura che potesse abbandonarli di nuovo, partire alla volta di nuove terre. Ovviamente così non era stato e la situazione si era normalizzata dopo la nascita di Goku Jr ma, in fondo, non gli sarebbe dispiaciuto vedere suo padre felice. Non che fosse tipo da dimostrarla, la felicità, ma sia Trunks che Bra avevano ben imparato a leggere tra le righe.
«Certo che lo chiudiamo. Diamine, cosa mi tocca sentire...» Vegeta gli diede le spalle, ben convinto a far come se quella conversazione non fosse mai davvero avvenuta.
«Scusami, papà». Trunks sorrise nervosamente, felice del fatto che il padre non avesse gli occhi anche dietro la nuca per vedere il rossore invadere le sue gote.
«Tsk... ci vediamo» tagliò corto lui e, con un balzo, scavalcò la ringhiera del balcone sfrecciando poi alla volta di casa sua.

«Una fidanzata. Tsk! Cose dell'altro mondo!» borbottò tra sé e sé il Principe, sorvolando quella che era la parte vecchia della città. «E io che temevo che avesse scoperto che tengo nascosto in casa mia l'idiota!»
Vegeta scosse la testa con disappunto, tirando però un sospiro di sollievo per il fatto che non fossero stati scoperti. Oramai era diventata una questione personale, una sfida. Aveva giurato di non dire nulla a nessuno e così avrebbe fatto: un Principe mantiene sempre le promesse. Certo, non condivideva affatto la scelta di quell'imbecille di non parlare nemmeno con i propri figli, ma erano solo e unicamente affari suoi.
Il palazzo di casa sua sbucò all'orizzonte, era l'edificio più alto della periferia. Poteva vedere che le luci dell'appartamento erano accese: probabilmente Kaarot lo stava aspettando alzato. Ottimo: aveva davvero bisogno di sfogare il nervosismo addosso a qualcuno, e chi se non meglio di quell'imbecille di terza classe avrebbe potuto incassare il peggior lato del suo carattere?
Ripassò a mente tutta la lista dei più coloriti insulti con i quali iniziare il suo diverbio quando, per puro caso, il suo sguardo venne attratto da una figura alta e snella parecchi metri più sotto di lui, una figura famigliare. Immediatamente Vegeta arrestò la sua corsa per mettere meglio a fuoco di chi si trattasse, ma l'avrebbe riconosciuta tra mille: sua figlia.
Bra era lì, barcollante, per le vie di quel quartiere della città poco adatto a una signorina elegante come lei. Non che avrebbe avuto dei problemi a difendersi da qualche malvivente, certo, ma la sola idea che qualche pervertito avrebbe potuto anche solo metterle gli occhi addosso faceva ribollire il sangue nelle vene di Sua Maestà.
Ci impiegò meno di un istante a scendere in picchiata per poggiare i piedi pari proprio lì, davanti a lei. Bra sussultò e barcollò all'indietro, sbattendo contro il lampione e lasciando così cadere le scarpe con il tacco che teneva poco elegantemente in mano.
«Papà! Ma sei impazzito!?» urlò, spaventata.
«Cosa ci fai qui?»
«Da quando ti interessa dove esco?» brontolò Bra. Si chinò in avanti per prendere le scarpe, ma il gesto le fece perdere l'equilibrio. Rischiò di finire faccia a terra, ma il Principe la afferrò al volo con una presa salda e, svogliatamente, la tirò in piedi e la fece appoggiare al muro.
«Sei ubriaca fradicia» constatò Vegeta, con un sibilo. Da che pulpito avrebbe potuto sgridarla, se fino a pochi giorni prima era lui stesso a trovarsi in quella situazione? E poi oramai Bra aveva trent'anni, non era più una bambina. La sua bambina, la sua principessa Saiyan.
«Non è vero» mentì lei. Faticò persino a mettere a fuoco il padre, quindi si portò una mano sugli occhi.
«Forza, ti accompagno a casa» asserì Vegeta.
«No, no! Sto bene... sto...»
Ma Bra non stava affatto bene. Perché, in meno di due secondi, corse poco distante e si accasciò sulle ginocchia, vomitando tutto ciò che aveva bevuto. Vegeta si avvicinò e la aiutò a rialzarsi porgendole un fazzoletto trovato nella sua minuscola borsetta ma, proprio in quel momento, si accorse di qualcosa che lo mandò fuori di sé: sua figlia stava piangendo.
Odiava i piagnistei, li odiava con tutto se stesso, ma se c'era qualcosa che gli faceva perdere le staffe più di ogni altra era vedere sua figlia soffrire; era già successo e aveva rischiato persino di uccidere qualcuno.
Vegeta si chinò e la guardò storto. Cosa poteva essere successo quella volta?
«Papà...» piagnucolò lei buttandogli le braccia al collo, singhiozzando. Lui non si mosse, non era un granché abituato a certe esternazioni d'affetto. Ma lei era Bra, e a Bra avrebbe concesso qualsiasi cosa.
«Che è successo?» domandò, con un vago sospetto. Sospetto che venne confermato.
«È nata...» sbiascicò lei con un singhiozzo. Appoggiò la testa sulla spalla del padre, il quale fece scioccare la mascella dalla rabbia. «È nata la bambina di Goten e Marron».
Sì, si trattava ancora di lui. Di quel buono a nulla figlio di quell'altro buono a nulla. Vegeta lo odiava, lo odiava persino più di quanto in passato avesse odiato il padre.
Vegeta prese Bra tra le braccia e aspettò che smettesse di singhiozzare, che cedesse a Morfeo senza nemmeno rendersene conto. Quantomeno l'alcol era servito a limitare la sofferenza di Bra per quella sera. A tutto il resto ci avrebbe pensato il giorno dopo. E quello dopo ancora.
Senza rimuginarci, senza riflettere, il Principe dei Saiyan prese una decisione difficile e forse anche un poco sciocca: tornò a casa sua. E ci portò Bra.

 

 

«Ma sei impazzito?» urlò a bassa voce Goku.
Seguì il Principe in camera da letto e lo guardò distendere la sua bellissima figlia sul letto, accudendola proprio come egli aveva accudito Vegeta ubriaco, a malapena tre giorni prima.
«Vai al diavolo, Kaarot! Cosa avrei dovuto fare? Lasciarla in strada?»
«Portarla a casa sua, ad esempio!? Non puoi tenerla qui! E se mi vede?!»
Vegeta si avvicinò a lui così velocemente da fargli paura, ringhiandogli in faccia minaccioso come solo un Saiyan avrebbe potuto fare. I suoi denti, bianchissimi, brillarono alla flebile luce della luna.
«Non osare dirmi cosa devo fare con mia figlia e soprattutto cosa posso fare nel mio appartamento! Se volessi inviare qui dentro tutta la mia stirpe, l'armata giapponese, la regina del Sud e un'intera colonia di pellerossa, beh, potrei farlo! Mi hai capito bene?!» Vegeta avvertì entrambe le mani prudergli e cercò di reprimere l'istinto animalesco di sbranare via la faccia all'imbecille. «Domani mattina, quando Bra si sveglierà, tu ti nasconderai da qualche parte e basta. E ringrazia il cielo che non ti cacci di casa adesso!»
Goku lo guardò allibito, poi lo seguì in soggiorno in punta di piedi e chiuse la porta della camera dietro di sé. Il proprietario di casa andò a sedersi sul divano, appoggiandosi allo schienale con la testa rivolta all'indietro. Distratto, forse preoccupato, Vegeta si tolse entrambe le scarpe con i talloni e le calciò poco più lontano, mise entrambi i piedi accavallati sulla chaise-longue e si spostò con il corpo sulla destra.
«Ehm... ma...» balbettò Goku, nel notare che la sua parte di divano fosse stata occupata. Certo, ci sarebbe stato benissimo in perpendicolare rispetto al Principe, ma non era convinto che questi accettasse di condividere il giaciglio.
«Sì, puoi stare qui anche tu. Ma ti avverto: se ti metti a russare non mi farò problemi a farti cadere sul tappeto» tagliò corto Vegeta, sottecchi.
Goku si sedette composto sull'altro lato del divano, lentamente. Così, l'uno all'antipodo dell'altro, i due Saiyan si lanciarono un'occhiata sfuggente, imbarazzata. Avevano dormito nello stesso letto pochi giorni prima, ma era stata una questione di salute, e il Principe non era cosciente.
«Beh, cosa vuoi? La favola della buonanotte?» borbottò Sua Maestà nel notare che, nonostante avesse spento la luce e puntato la sveglia prestissimo, quel buono a nulla di Kaarot continuava a volgergli qualche occhiata sfuggevole.
Goku rise piano, quasi volesse stemperare la tensione. La tensione di cosa poi? Perché percepiva quell'ansia farsi crescente in tutti i muscoli? Perché, ancora una volta, gli occhi indiscreti del Principe nel buio della notte lo agitavano in quel modo?
"Ride, ma per cosa poi?" si domandò Vegeta, osservandolo torvo, trattenendo l'istinto primitivo di conficcargli le unghie nel collo.
Quel sorriso, quella risata... non c'era niente al mondo che odiasse di più. Ma in quel momento, in quella piccola bolla di tempo e di spazio, non ci sarebbe stato null'altro nell'universo che sarebbe riuscito a farlo sentire più a casa di così.

 

 

Occhi azzurro-celesti. Due pietre incastonate in una pelle di porcellana. Capelli spettinati come le onde sugli scogli, la bocca carnosa semi aperta come a voler dire qualcosa, ma quel qualcosa morì tra le sue labbra. Non un sussurro, non un gemito, niente. E cosa avrebbe potuto dire?
Con i piedi nudi tastò meglio il pavimento sotto di sé, cercando di comprendere se davvero si trovasse lì o se stesse sognando. No, non poteva trattarsi di un sogno, forse nemmeno di un'allucinazione: poteva percepire con chiarezza e fastidio le proprie tempie pulsare di dolore, l'arsura della lingua contro il palato, il sapore amarognolo tra le sue papille gustative.
Panico. Sì, ne era certa: stava per avere un attacco di panico. E come darle torto, del resto? Non capitava tutti i giorni di risvegliarsi prima dell'alba in cerca di acqua, ma ritrovarsi nel letto di suo padre in hangover, vestita ancora con gli abiti succinti della sera prima, per poi uscire dalla stanza e trovare ciò che stava contemplando.
Si sfregò gli occhi con i pugni, la visione non cambiò. Era certa che fosse lui, Son Goku, quell'uomo assopito rannicchiato di fianco a suo padre. Cercò nella mente la sua immagine l'ultima volta che l'aveva visto: lui allora era poco più che un ragazzino. Ma ricordava anche com'era fatto prima che Pilaf lo trasformasse in un moccioso, ed era lui. Era lui senz'altro, così simile a quell'uomo che aveva amato per tanti anni. Così simile all'uomo per il quale si era ubriacata la sera prima: Goten.
Ma cosa ci faceva Goku lì? Cosa ci faceva nella casa di suo padre? Era scomparso nel nulla quindici anni prima, nessuno aveva più avuto sue notizie. Pan - la sua migliore amica nonché cognata - aveva sofferto all'inverosimile per la fuga del nonno. E anche Gohan, Goten, Chichi... persino sua madre, Bulma. E in parte - ne aveva sempre avuto il sospetto - anche suo padre Vegeta ne aveva sentito la mancanza. E ora era lì. Da quanto era lì? Perché si trovava in quella casa? Era per quel motivo che suo padre si stava comportando in modo così strano negli ultimi giorni? No, non avrebbe retto un secondo di più: doveva sapere.
Un colpo di tosse secco e deciso fu sufficiente per far ribaltare dal divano entrambi.
Goku e Vegeta, senza poter nemmeno respirare, incrociarono lo sguardo inquisitore di Bra. Si sentirono avvampare, il fuoco bruciò le loro gote e una scossa di vergogna attraversò le loro spine dorsali nello stesso momento in cui, irriverente e fredda, parlò colei che aveva appena districato il più grande nodo dal pettine.
«Cosa... cosa diavolo sta succedendo?!»

 

Continua...




ANGOLO AUTRICE:
Da-daaan! Falso allarme, Trunks non aveva scoperto un bel niente (@FairyCleo: che perspicacia O_O ) ... c'è solo un piccolo, minuscolo problema... Bra li ha sgamati in pieno!
Dai, un pochino Goku stavolta aveva ragione, non poteva portarla alla Capsule Corporation?! Ad ogni modo dobbiamo proprio dirlo: a casa Brief abbiamo un leggerissimo problema con l'alcol xD
Vegeta e Goku hanno dormito insieme un'altra volta, sul divano. Si stanno avvicinando piano piano, eh! :D
Inoltre stiamo scoprendo qualcosa in più su ciò che era successo tra Goten e Bra. Ancora non si sa molto, ma ben presto salteranno fuori tutti gli altarini.
Ragazzi e ragazze, a questo giro mi prendo una piccola pausa pasquale e non pubblicherò questo week end (non avrò tempo di correggere il nuovo capitolo), quindi ahimè devo dirvi che aggiornerò mercoledì prossimo.
Vi auguro buona pasqua, divertitevi e strafogatevi di cioccolato!
Un bacio a tutti,
Eevaa

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Capitolo 22
*** Amico, punto e basta ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 22 - AMICO, PUNTO E BASTA

 

 

La notte fonda contro il giorno, due paia di occhi neri contro due cristalli azzurri come il cielo d'estate.
Il Principe tremò e deglutì, ma tentò in ogni modo di tenere la schiena eretta e la mascella contratta. Goku, al contrario, si lasciò prendere dal panico. La sua dignità e il suo orgoglio mostrarono le macchie di quel segreto sporco, una goccia di sudore freddo gli percorse la fronte, congelandosi all'altezza della tempia.
«Beh?» incitò nuovamente lei, con lo sguardo di chi giudica. Non vi era alcun dubbio che avesse ereditato il suo bell'aspetto dalla madre ma, in quel preciso istante, non era mai stata così simile a Vegeta.
Meravigliosa, regale, cinica. Gli occhi come due fessure, il tono sprezzante e il naso arricciato in un'espressione quasi beffarda.
«Bra...» sibilò Vegeta, con la stessa identica nota di aspro nella voce.
«Cosa ci fa lui qui?» domandò lei, e indico Goku con un gesto del mento. Padre e figlia diminuirono la distanza tra loro per fronteggiarsi con estrema tensione.
«È una lunga storia» rispose Vegeta vagamente, più che intenzionato a non cedere.
«Da quanto è qui?» lo interrogò con insistenza.
Vegeta non rispose ma serrò la mascella, teso come una corda di violino. Detestava quando le persone si addentravano nei suoi affari personali, specialmente se i suoi affari personali erano segreti.
Bra cambiò soggetto d'inquisizione e pose lo sguardo interrogatorio su Goku.
«Da quanto sei tornato?»
«Io... beh...» balbettò con una risatina nervosa, interrotto però dalla Principessa dei Saiyan, alla quale era bastata quell'incertezza per trarre delle conclusioni.
«Perché non ti sei fatto vedere?»
«È un interrogatorio?» sputò fuori Goku, con un certo fastidio. Se c'era qualcuno con cui avrebbe dovuto giustificarsi questi erano i suoi figli e i suoi nipoti.
Bra era la migliore amica di sua nipote, ma non aveva mai avuto gran modo di socializzarci. A malapena si conoscevano! Quando era una bambina o una ragazzina era molto più simile a Bulma che al Principe dei Saiyan, non era interessata al combattimento e alle arti marziali, non sembrava avere una forza combattiva alta e proprio per quel motivo non erano state molte le occasioni nelle quali scambiarci qualche parola, scontrarsi, vedersi.
Ma ora Goku la poteva sentire: una forza combattiva nuova giaceva dentro di lei, un'Aura potente. La percepiva nel suo sguardo, nel modo in cui lo stava fissando. Era arrabbiata, ma perché poi? Cosa poteva importargliene di lui? A cosa doveva un tale interessamento?
«Ti stai nascondendo, non è vero?» gracchiò lei, sprezzante, senza però ricevere risposta alcuna. «Bah, lascia perdere. Sei proprio come lui, un codardo e un bugiardo».
Goku impallidì. Ma di che cosa diamine stava parlando? Lui chi? E, soprattutto, perché lo stava trattando in quel modo?
Cercò risposte nello sguardo di Vegeta ma non arrivarono, questi si limitò a rispondere alla sua occhiata con espressione vuota. Prima di poter controbattere, però, Bra girò i tacchi e tornò in camera a recuperare le proprie cose, avviandosi poi verso la porta con la borsetta e le scarpe in mano, rossa di furia in viso.
«Ah, a proposito...» aggiunse Bra, sostando di spalle una volta giunta all'ingresso. Si voltò con due lame al posto degli occhi prima di sbattere la porta con rabbia. «Congratulazioni: sei appena diventato di nuovo nonno».
Silenzio post-apocalittico fu quello che lasciò Bra all'interno dell'appartamento. Con il respiro affannoso e mille domande lasciate in sospeso, Goku deglutì e si sedette sul divano con la testa tra le mani.
Il Principe, scosso da un brivido, si risvegliò dallo stato comatoso in cui era finito e, con un balzo, uscì fuori dalla finestra.
Non vi era alcun dubbio: avrebbe dovuto mettere ordine in quella situazione prima che fosse troppo tardi.

Raggiunse in volo sua figlia e le si parò davanti a braccia conserte. Lei, colta alla sprovvista, sobbalzò e arrestò il volo.
«Non ti sembra di aver esagerato?» disse, piatto.
Bra sbuffò. Certo, certo che aveva esagerato! Ma quell'uomo era così uguale, così identico a Goten. Si sentiva ancora così arrabbiata con lui - soprattutto dopo quella notizia della sera precedente - così frustrata che era stato sin troppo semplice prendersela con la sua esatta fotocopia, il padre di quel verme senza spina dorsale. Troppo, troppo facile, e forse persino ingiusto visto che non aveva la benché minima idea di cosa stesse succedendo a Goku, in realtà. L'unica cosa di cui era certa era che suo padre sapesse tutto.
«Tu lo stai nascondendo!» incalzò lei, nella speranza di cavarne fuori un ragno dal buco.
«Quel che sto facendo io non ti riguarda».
Tale padre tale figlia, con lo stesso carattere caparbio, testardo.
«Ma riguarda altre persone. Perché è tornato se non per stare con la sua famiglia?!»
Vegeta sbuffò. «Questi sono unicamente affari suoi».
«Ma perché lo difendi?! Papà, non è da te! Lui è il tuo rivale per eccellenza!»
«Sì, lo è» sussurrò Vegeta, cercando nei meandri della sua mente il motivo reale per il quale lo stesse difendendo.
Cielo, ma possibile che fosse diventato così rammollito? Sua figlia aveva ragione: perché diamine lo stava facendo?! Si guardò indietro e volse uno sguardo all'attico nel quale probabilmente Kaarot si stava ancora interrogando su cosa fosse successo, da bravo idiota. Ed eccola lì, forte come non mai, quella sensazione odiosa, quella voglia di tornare là dentro e parlarci. Ma perché? Perché non riusciva a levarselo dalla testa? Certo, era preoccupato per ciò che avrebbe dovuto fare - per tutta la verità che gli aveva svelato - ma poteva essere solo quello il motivo per il quale quell'inetto si intromettesse senza bussare nei suoi pensieri? Doveva pur esserci una ragione, e Vegeta la cercò. La cercò in tutto quello che era accaduto ma - confuso, cieco e incerto - si attaccò alla prima spiegazione plausibile che gli venne in mente.
«Ma, che gli Dei mi fulmino per ciò che sto per dire, è anche un mio amico».
Amico. Sì, lo era per davvero, inutile negarlo, ma quanto gli faceva male ammetterlo ad alta voce!
Amico. Nemico, rivale, ma più di tutti amico; in fondo lo era sempre stato, o quasi. Eppure era diverso, c'era qualcosa di diverso, qualcosa che il Principe si guardò bene di pensare, di approfondire. Scosse la testa come per liberarsene, poi tornò a guardare negli occhi sua figlia.
​Sì, amico, punto e basta.
Bra lo guardò silenziosa, poi abbozzò un piccolo sorriso. In quel sorriso c'era sua madre, tutta la sua dolcezza, tutta la sua tenacia, tutta la sua comprensione.
«Ok. Non... non importa. Sono affari vost... suoi» concluse lei. Si rassegnò al fatto che, con quel burbero di suo padre, nessun mezzo sarebbe bastato per farlo parlare, non di qualcosa di così evidentemente privato. Lei, curiosa com'era, dovette mangiarsi le unghie per non cedere a voler districare quel segreto così succulento.
«Ti devo chiedere un favore» chiese Vegeta, maledicendosi per tutto quell'impegno che ci stava mettendo per portare avanti quel diavolo di segreto. «Non dire a nessuno che lui è tornato, nemmeno a Trunks».
«Soprattutto a Trunks, vorrai dire!» controbatté. A volte suo fratello non era poi così bravo a mantenere segreti. Era troppo onesto con Pan per ometterle qualcosa di così importante. «Ok, non lo dirò a nessuno, davvero. Ma perché... perché ci tieni tanto?» domandò indiscreta, mordendosi la lingua. Dannazione, era così difficile non ficcanasare in quell'affare, ma avrebbe dovuto tentare il più possibile di farlo: non aveva mai visto il padre così coinvolto in qualcosa di losco, era evidente che fosse una cosa grossa.
«Perché ho fatto una promessa» rispose semplicemente lui, ricordando il giorno in cui aveva promesso a quell'idiota che l'avrebbe aiutato in ogni caso e sempre. «E sai perché l'ho fatta?»
Gli occhi di Bra si spalancarono. Non di curiosità, non di interesse, ma perché lo sguardo di suo padre sembrava così strano, così confuso e al contempo così... buono.
«No, non lo so» mormorò lei, e non poté fare a meno di notare quella differenza, quell'enorme ulteriore cambiamento nel viso di Vegeta. Egli sorrise agrodolce.
«Nemmeno io».

 

Quando il Principe rientrò in casa - passando abitualmente dalla finestra - Goku era nella medesima posizione di quando Vegeta era uscito: seduto sul divano con la testa tra le mani e lo sguardo perso sul pavimento. Non si scompose nemmeno quando avvertì la presenza di Sua Maestà farsi più vicina, così vicina da poter sentire persino il suo odore.
Goku sospirò. Probabilmente da lì a poco sarebbero arrivati anche tutti gli altri, pronti ad attaccarlo o puntare il dito nella sua direzione, facendolo così sentire ancor più bastardo di quanto già fosse.
Vegeta si sedette nel posto accanto a lui e non si mosse, nemmeno lo guardò.
«Non ci è andata giù leggera, eh?» commentò il Principe, riferito a sua figlia. Cercò di mantenere il viso più inespressivo possibile, ma sotto sotto un pochino era divertito. Divertito per il fatto che quell'idiota stesse per avere un attacco di panico del tutto inutile.
«Non capisco proprio da chi abbia preso questo caratteraccio» ribatté sarcastico Goku.
Vegeta si domandò da quando in qua aveva imparato a usare il sarcasmo. E gli riusciva persino piuttosto bene.
«Al posto di fare lo spiritoso, ringrazia che io sia riuscito a convincerla a mantenere il tuo stupido segreto» dichiarò Vegeta.
Goku alzò il volto, incredulo. «DAVVERO?!» urlò. Balzò in piedi davanti a Sua Maestà, con l'aria vittoriosa e i pugni stretti.
Vegeta sbuffò, avrebbe tanto voluto tenere quella piccola vittoria solo per sé ancora per un poco, giusto per vedere fino a che punto quel pappamolla di Kaarot se la sarebbe fatta addosso all'idea di vedere la sua famiglia alla carica nella sua direzione. Sarebbe stato divertente. Ma ciò che accadde dopo fu tutt'altro che divertente, tutt'altro che aspettato, tutt'altro che ovvio.
«URCAAAA! VEGETA, SEI PAZZESCO!»
Goku perse il controllo di sé e, preso da un attacco di euforia e gratitudine, si scagliò addosso al Principe ribaltandolo indietro sul divano in un abbraccio decisamente goffo. Non si rese conto di averlo fatto, non si rese affatto conto delle terribili conseguenze che la sua azione avrebbe comportato. Vegeta non era uno da abbracci, non era uno da contatto fisico, specialmente se questo avveniva all'improvviso e con la delicatezza di un elefante in cristalleria.
Se ne rese conto solo quando, con un tonfo, il Principe atterrò sul pavimento esattamente sotto di lui. E fu lì che Goku iniziò ad avere davvero paura. Non si sentiva ancora pronto a essere ucciso, in quel momento meno che mai.
Vegeta sgranò gli occhi, cercando di comprendere se quel che era successo fosse accaduto per davvero. Kaarot non poteva averlo fatto, non poteva essere così sciocco di entrare nella gabbia del leone con delle bistecche al collo.
Il Principe si impietrì. No, non si era fatto male nonostante fosse rovinosamente caduto dal divano con il dolce peso del suo rivale addosso, ma il turbinio di emozioni che stava provando stava per farlo esplodere. Non ricordava l'ultima volta che aveva provato così tanto odio nello stesso momento, così tanta tensione. Eppure era lì, e non riusciva a fare niente. Percepiva il petto di quell'imbecille senza cervello contro il suo, il suo profumo era così forte dentro le narici che gli venne quasi da vomitare. Serrò la mascella e divenne livido, così rosso da poter prendere fuoco da un momento all'altro. Avrebbe dovuto tirargli un calcio e scrollarselo di dosso come avrebbe fatto con un verme, ma non ci riuscì.
Goku sollevò la testa e lo fissò per una manciata di secondi che sembrarono durare un'eternità. Con il terrore negli occhi e il tremore nelle braccia non riuscì a pronunciare nemmeno una parola, nel momento in cui i loro respiri si mischiarono. Perché diavolo l'aveva fatto? Perché l'aveva abbracciato? E perché non riusciva ad alzarsi da lì? Avvampò, avvertì la testa girare, gli occhi diventare lucidi, la pressione del sangue farsi così potente da fargli male alle tempie. E poi se ne rese conto, capì perché l'avesse fatto, ma non riuscì ad ammetterlo a se stesso. Goku aveva voluto farlo. Lui aveva il bisogno di farlo, di abbracciarlo. Non solo perché gli era grato per tutto ciò che stesse facendo, ma perché... perché non lo sapeva perché. Lo sentiva e basta. E si sentì... stupido. Estremamente stupido.
«Kaarot» sibilò Vegeta, con la voce roca e la gola secca. Nessuno lo aveva mai abbracciato, nessuno dopo la morte di Bulma. Solo sua figlia e il suo nipotino - anche se non gli andava a genio il contatto fisico, era inevitabile con loro. Ci aveva provato Chichi - dopo il funerale di Bulma - impietosita dal suo aspetto sofferente, ma Vegeta l'aveva scansata. Si era giurato che nessuno avrebbe più dovuto provare a toccarlo, ad abbracciarlo, a dargli conforto fisico. Erano cose che aveva permesso di fare solo a Bulma e lei non c'era più, fine della storia.
Ma l'idiota di terza classe l'aveva fatto, l'aveva abbracciato in modo irriverente e goffo, per giunta. Come si era permesso?
«V-Vegeta» rispose Goku, non sapendo cosa dire, non sapendo come giustificarsi e scusarsi.
«Se non ti levi entro due secondi giuro che ti ammazzo».
Una scossa elettrica sulla pelle, un brivido così forte da fargli contrarre le braccia. Goku non se lo fece ripetere due volte e, tremando, si tirò in piedi spaventato.
«Vegeta, scusami» si affrettò a dire.
Il Principe si alzò in modo elegante e composto, quasi impassibile.
«Per cosa?» domandò quindi Vegeta, con un tono di indifferenza. Goku sollevò un sopracciglio, confuso.
«Per... per questo?» chiese, retorico, domandandosi cosa diamine stesse succedendo. Goku aveva appena atterrato Vegeta con un abbraccio e, come da copione, questi l'aveva appena minacciato di morte. Come poteva chiedergli per cosa gli stesse porgendo le sue scuse?
Vegeta, di tutta risposta, alzò le spalle e si avviò in direzione della cucina per prepararsi la colazione. Non era tipo da alzare le spalle, lui, ma lo aveva fatto.
«Questo cosa? Non è successo niente. Proprio niente!» disse, con un tono di voce più alto e stridulo. «Non so proprio di che parli, Kaarot!»


 


 

Continua...




ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti miei cari! Come sono andate le vacanze di Pasqua? A me molto bene, peccato che siano finite T_T che ansia ritornare al lavoro.
Anyway... fiiiiùùùù! Meno male che Bra ha un pochettino di sale in zucca! Beh oramai state capendo un po' di più ciò che è successo tra lei e Goten, no? Non temete: verrà abbondantemente spiegato tra qualche capitolo.
Il nostro idiota di un Kaarot ha imparato persino ad usare il sarcasmo, a differenza di Sheldon Cooper xP
Goku e Vegeta sempre più vicini, in qualche modo. Ovviamente nessuno dei due sta capendo realmente cosa sta succedendo... (cretini), ma noi si! :D Facciamo il tifo per loro dai, prima o poi ce la faranno (spero).
Quel tonto di Goku ha atterrato il principone, ma la sua reazione non è esattamente quella che si aspettava. Si è sognato tutto oppure semplicemente Vegeta sta facendo finta di nulla per il troppo imbarazzo? XD
Comunque non credo che riuscirò più a fare doppio aggiornamento settimanale, perché da qui ad agosto sarà un casino totale! Voi preferite che io aggiorni il sabato, la domenica oppure il mercoledì? Scegliete uno di questi giorni, per me fa lo stesso.
Eevaa

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Capitolo 23
*** Odore ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 23 - ODORE

 




'Cause this is torturous
electricity between both of us
and this is dangerous
'cause I want you so much
but I hate your guts
I hate you

Landfillhttps://www.youtube.com/watch?v=OpWO_byqSr8




 

Rifiuto. Rifiuto assoluto per ciò che era appena accaduto. Il Principe dei Saiyan aveva fatto finta di nulla e no, questo Goku non se lo sarebbe mai aspettato, mai nella vita. Avrebbe dovuto insultarlo fino a stancarsi di usare la voce, per poi andare a combattere e prendersi a scazzottate come sempre; invece era rimasto lì, girato di spalle, a cuocersi due uova al tegamino come se non fosse successo nulla.
E Goku, dal canto suo, avrebbe dovuto gioirne o provare sollievo, eppure aveva avvertito un senso di amarezza. Amarezza perché lui aveva provato un'accozzaglia di emozioni che non riusciva nemmeno a snocciolare e catalogare, mentre Vegeta sembrava non essersi nemmeno accorto, né in positivo, né in negativo.
E per questo non gli aveva più rivolto la parola, erano andati ad allenarsi come tutti i giorni e non si erano più detti nulla. Cielo, Vegeta sembrava non essersi minimamente scomposto per quel contatto o almeno, così voleva dimostrargli.
La verità era che era talmente imbarazzato nel profondo che l'unica cosa che era riuscito a fare era agire come se niente fosse successo e rimuoverlo dalla mente, una sorta di meccanismo di negazione; ci stava riuscendo maledettamente bene se non fosse che quell'idiota avesse continuato a guardarlo in cagnesco per tutto il santo giorno.
Gli scagliava attacchi così distratti da renderlo nervoso, non era stato per nulla un allenamento proficuo e così, all'ennesima Kamehameha andata a vuoto, Vegeta lo spinse con violenza contro una parete rocciosa formando un cratere.
Andò pararsi di fronte a Kaarot e gli mostrò l'espressione più disgustata che avesse in repertorio.
Goku aggrottò le sopracciglia e cercò di scappare, ma il Principe lo trattenne contro il muro con i palmi delle mani aperte sui suoi pettorali.
«Sei diventato una mammoletta o cosa, Kaarot?!» lo schernì con disappunto. «Vuoi deciderti a combattere seriamente o stiamo qui a fare salotto?!»
«Toglimi le mani di dosso» gli ordinò Goku. Avvertì i polpastrelli dell'avversario ardere contro suo petto nudo.
Vegeta, con un ringhio, lo spinse ancora di più contro il muro. «Ma che diavolo ti prende!?»
«Cosa diavolo prende a te!?» rimbeccò Goku. Si aggrappò con le mani agli avambracci del Principe e li strinse. Era arrabbiato, molto più con se stesso che con Vegeta, ma era arrabbiato.
Non avrebbe dovuto provare quel turbinio di emozioni, non in quel momento, non con Vegeta. Si sentiva un'idiota e proprio non aveva idea di come fosse potuto succedere. Dannazione, cosa gli stava succedendo? Cosa diamine stava provando?
Vegeta strabuzzò gli occhi, quell'atteggiamento provocatorio era da tutti meno che dal suo rivale.
«Non capisco di che parli». Vegeta comprese che quella giornata di allenamento fosse bella che finita. Tornò al suo stadio naturale e, dopo essersi voltato, incrociò le braccia al petto.
«PERCHÉ NON TI SEI ARRABBIATO?!» gridò Goku, poi lo colpì con un pugno sulla scapola, capriccioso come un bambino. «Ti sono saltato al collo, ti ho rovesciato giù dal divano! Sono cose che ti fanno imbestialire di solito! Perché non ti sei arrabbiato?!»
Vegeta spalancò la bocca e sentì le mani prudergli. Come aveva osato colpirlo di spalle?
«MA VUOI FARTI UCCIDERE OGGI O COSA?!» abbaiò. Non riuscì a trattenere l'esplosione in Super Saiyan, invase il cielo di scintille e fulminò con il solo sguardo quel grandissimo imbecille. «Dimmelo subito se ti senti pronto perché in questo momento non mi tratterrei dallo strangolarti! E per la cronaca: sì! Sono incazzato nero!»
Goku sorrise, sorrise perché in quel momento lo riconobbe per quello che era: l'iracondo Principe dei Saiyan.
Vegeta, quando vide quel sorrisetto farsi largo sul bel viso pacioso del suo rivale, non ci vide più. Lo colpì con tutta la forza che aveva in corpo e lui non oppose resistenza. Fortunatamente in quel momento il suo avversario era ancora trasformato in Super Saiyan di quarto livello, e l'attacco non fu sufficiente per ucciderlo. Lo atterrò però al suolo con facilità, decretando così il vincitore dello scontro di quel giorno.
«Tu sei tutto pazzo, Kaarot» concluse Sua Maestà, allontanandosi a grandi passi.
Goku tossì e poi rise, rise a crepapelle e non riuscì nemmeno a capire perché. Forse perché Vegeta aveva ragione: era diventato pazzo. Pazzo e bipolare. O forse perché l'unica cosa che avrebbe voluto era una reazione. Giusto per essere sicuro che quell'abbraccio non avesse lasciato il Principe nella totale indifferenza.

 

 

Non riuscì a togliersi il suo odore di dosso nemmeno dopo una lunga, lunghissima doccia. Era psicologico, Vegeta lo sapeva bene, ma continuava a sentire addosso quell'abbraccio goffo e inaspettato. Si sentì un vero e proprio idiota, un debole senza spina dorsale. Era vero: avrebbe dovuto ucciderlo seduta stante ma non lo aveva fatto, gli aveva permesso di sostare lì, a schiacciarlo contro il terreno per chissà quanto tempo. Non lo aveva colpito, non gli aveva detto nulla. E non era nemmeno riuscito ad affrontare la cosa, lo aveva ignorato e aveva fatto finta che non fosse successo niente ma no, non aveva funzionato. Quel decerebrato lo aveva scoperto in pieno e, in quel momento, si sentiva peggio che prima.
E così quel contatto fisico aveva continuato a tormentarlo per tutto il giorno, se lo sentiva addosso, sulla pelle.
«Un altro» gracchiò Vegeta, richiamando l'attenzione di Brian.
Il barista, con espressione poco sorpresa, versò l'ottavo whiskey nel bicchiere ancora umido.
Era tornato in quell'isola lontana, nel pub di fiducia nel quale si era ridotto ubriaco fradicio meno di una settimana prima. Avrebbe dovuto bere una ventina di bicchieri, quella sera, per riuscire a scrollarsi di dosso l'odore di quel Saiyan di terza classe.
Perché continuava a pensarci? Si morse il labbro e annusò l'odore forte proveniente dal suo bicchiere, sentendosi bruciare entrambe le narici. Tuttavia quel dannato profumo persisteva nei meandri profondi della sua mente e per un attimo ebbe paura che ci sarebbe rimasto per sempre.
Uno scrosciare di applausi lo destò per qualche secondo. Il pubblico seduto ai tavolini stava elogiando una musicista seduta su uno sgabello, sul piccolo palco quadrato. Aveva una chitarra color ebano appoggiata alla gamba e i capelli rossi raccolti in una treccia disordinata. Un piccolo brivido pervase la schiena del Saiyan quando quella ragazza riprese a cantare. Quella canzone... quella canzone gli era famigliare.
Sì, stava funzionando: era riuscito a distrarsi per qualche secondo, così decise di continuare ad ascoltare da lontano. Non era mai stato un grande appassionato di musica, ma doveva ammettere che quella ragazza ci sapeva fare e, nell'esatto istante in cui i suoi occhi scuri incrociarono quelli altrettanto neri di lei, questa sembrò sorpresa. Vegeta non seppe come mai, ma giurò di averla già vista da qualche parte, ma probabilmente era solo una musicista di strada della città dell'Ovest.
Il Principe scolò il suo bicchiere e, dopo averne chiesto un altro a Brian, tornò ad ascoltare quella musica. Ma la distrazione durò poco perché, irriverente e senza permesso, il pensiero di quel gesto da parte di Kaarot tornò a invadergli la mente. No, non poteva continuare così, avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per riuscire ad avere pace. Ubriacarsi, a quanto pareva, non stava servendo a un bel niente. Tentò di concentrarsi più a fondo sulla musica, sui lineamenti sinuosi di quella donna dai capelli rossi, quando all'improvviso la voce di suo figlio Trunks gli rimbombò in testa, spaventandolo.
"Sarebbe una cosa normale, non sarebbe affatto un problema se tu avessi un'altra donna!"
Vegeta sussultò e per poco non si rovesciò addosso il nono bicchiere di whiskey.
"Sono passati cinque anni, sarebbe normale".
Si sentì impallidire, il rumore degli applausi di fine concerto gli sembrò quasi ovattato, come se si trovasse in una bolla. Volse uno sguardo in direzione della musicista che aveva appena terminato di suonare e la squadrò.
Cielo, non sarebbe stato affatto normale! Il solo pensiero di avere un'altra donna che non fosse Bulma gli metteva la nausea. Una terrestre poi, una comunissima e normale terrestre - perché Bulma non era affatto una persona comune, seppur terrestre - non sarebbe mai e poi mai stata in grado di rimpiazzarla.
Certo, quella ragazza con la chitarra era bella. Così bella e particolare quasi da non sembrargli affatto una comune terrestre.
Ma come si facevano quelle cose, sulla Terra? Vegeta iniziò a sudare, avrebbe dovuto avvicinarsi e dire cosa? "Vieni a letto con me?" oppure: "Ho bisogno di distrarmi, il modo più facile per farlo è soddisfare i miei bisogni carnali, ti va di aiutarmi?". Ma per l'amor del cielo!
Il Principe scosse la testa come per levarsi di dosso quell'insensata idea ma, proprio nel momento in cui smise di pensarci, l'odore di Kaarot sembrò tornare nelle sue narici come una brezza marina, l'immagine di lui contro il suo petto gli apparve davanti agli occhi rendendolo cieco.
«NO!» ringhiò, tentanto di evadere dal suo stesso cervello. Rischiò persino di far esplodere in mille pezzi il bicchiere che aveva in mano che, per la troppa pressione esercitata, si ricoprì di piccole crepe.
Avrebbe fatto qualunque cosa pur di togliersi Kaarot dalla testa, persino rimorchiare una terrestre. Vegeta si alzò e, inspirando a pieni polmoni, si avvicinò a passi incerti ma incredibilmente veloci al piccolo palco, poi si piazzò sotto a esso con le braccia conserte e la lingua completamente asciutta. La musicista stava riponendo tutti i suoi cavi e aggeggi nelle apposite valigette ma, non appena si accorse della sua presenza, lei sembrò andare nel panico, intimidita forse dal suo sguardo arrabbiato. I loro occhi neri si incrociarono e si approfondirono per qualche secondo e il Principe si sentì stupido, incredibilmente stupido. Non saper come approcciarsi a una donna gli sembrò una cosa inaudita. Sapeva come combattere mostri, sapeva volare, era riuscito a sfuggire dalle braccia dell'Inferno ma non riusciva ad avere a che fare con una donna che non fosse Bulma.
Ma quella ragazza era... particolare. Era realmente bella e aveva un aspetto seducente e misterioso, qualità che non era riuscito a trovare in nessun'altra terrestre. Non sapeva cosa la rendesse così allettante, ma valeva la pena di tentare.
Prese coraggio e, aspettando un timido sorriso sul viso simmetrico di lei, aprì la bocca per parlare. Non ne uscì suono. Neanche un rantolo, si sentì come se stesse annegando in un mare ghiacciato ove urlare aiuto non sarebbe servito a nulla. Pensò a Bulma, pensò a lei e si perse. Sperò che lei non potesse spiarlo dall'Aldilà, o altrimenti gli avrebbe scagliato le più indicibili maledizioni nel vederlo fissare in quel modo un'altra donna.
Poi pensò a Kaarot, ancora una volta gli venne in mente e gli fece perdere la cognizione del tempo, del luogo in cui si trovava. E allora la donna di fronte a lui diventò invisibile, come se non fosse mai esistita. Al suo posto si materializzò Kaarot, vide il suo sciocco sorriso, uno di quelli che gli faceva venir voglia di spaccargli il setto nasale.
«C'è... c'è qualche problema?» la voce melodiosa della donna dai capelli rossi lo fece ritornare sulla Terra, e lei riapparve. Vegeta spalancò gli occhi.
Un senso di rifiuto lo spinse a tacere e, assalito dal panico, girò i tacchi e si avviò velocemente verso l'uscita.

 

«Idiota, idiota, IDIOTA!» urlò Sua Maestà, calciando un sasso nel vialetto del locale, facendolo andare in frantumi. Non aveva potuto vedere la faccia di quella ragazza mentre se ne stava andando via ma ne era certo: idiota era il minimo insulto che lei avrebbe dovuto rivolgergli.
No, no e no, non ci sarebbe mai riuscito. Nessuna donna avrebbe mai preso il posto di Bulma, non ce l'avrebbe mai fatta e si sentì un completo imbecille per averci provato. Dannato Trunks, cosa diamine gli era saltato in testa?!
Percepì la nausea, ma non per l'alcol. Non aveva bevuto a sufficienza, era evidente dal modo in cui riuscì a prendere il volo per tornarsene a casa. A casa, dove l'avrebbe aspettato quell'altro idiota, quello che era da tutta la sera che non faceva altro che disturbarlo e gli era apparso nella mente nel momento più inopportuno.
L'avrebbe ucciso non appena rientrato, o quantomeno gli avrebbe fatto del male. Lo odiava per quel che aveva fatto, lo odiava per le conseguenze che quel gesto goffo e imbranato aveva provocato in lui. Era così arrabbiato da sentire il sangue ribollirgli nelle vene e le mani prudergli.
Era pronto ad attaccarlo, a combattere, a ridurlo in fin di vita. Ecco: c'era quasi, il suo appartamento apparve dalle nuvole e si fece sempre più vicino man mano che scendeva in picchiata con aria minacciosa ma, non appena mise a fuoco Kaarot - lì, appollaiato sulla ringhiera del balcone più esterno - non ci riuscì. Si bloccò a mezz'aria come congelato.
Perché? Perché non lo sapeva il perché. Aveva uno sguardo così... così strano, così pensieroso. Non ce la fece ad attaccarlo, e si maledisse per questo. Si maledisss perché proprio non riusciva a comprendere come fosse possibile, cosa diamine gli stesse succedendo, cosa potesse significare quella sensazione. Si maledisse perché, al posto di tirargli un pugno in pieno viso come si era ripromesso, atterrò posizionandosi al suo fianco senza dire nulla, senza fare nulla. Si sedette anch'egli sulla ringhiera e contemplò insieme a lui le stelle e quei tre quarti di luna. I loro volti brillarono sotto la luce argentea.
Erano belli, bellissimi. Così belli da sembrare i protagonisti di un dipinto, così maledettamente perfetti che qualunque uomo su quel pianeta avrebbe dato oro per essere come loro. Vegeta si voltò a malapena per poter spiare con la coda dell'occhio il rivale il quale, schiudendo le labbra, sospirò con un mezzo sorriso.
«L'ho vista...» mormorò lui, con voce così bassa che Vegeta dovette sporgersi un poco verso per poter sentire meglio. «Ho visto Siya Chichi. La mia nipotina».
Sua Maestà alzò le sopracciglia, comprendendo che si stesse riferendo alla figlia di Goten e Marron, la bambina la quale nascita aveva mandato sull'orlo di una crisi di nervi Bra. Sentirne parlare gli fece salire il nervoso ma... ma era solo una bambina. Che colpa poteva averne se il padre era un emerito imbecille?
«È questo che hai provato?» domandò Goku, guardandolo negli occhi.
«Cosa intendi?»
«Quando è nato Goku Jr. Ti sei sentito anche tu... sollevato?» chiese, non proprio sicuro che sollevato fosse l'esatta descrizione di ciò che stesse provando. Eppure era ciò che percepiva: sollievo. Una nuova nascita, la vita che va avanti, che non si ferma.
«Goku Jr è nato in un momento in cui pensavo che non ci fosse più nulla per me. Era un periodo difficile, oramai dovresti sapere anche il perché. Quindi sì, si può dire che mi sono sentito sollevato» ammise Sua Maestà. Gli venne naturale rivelargli qualcosa di così privato, di aprire la sua mente, di offrirgli quei ricordi e quelle emozioni. Si domandò come fosse possibile, ma quando vide Kaarot sorridere alla luna capì il perché: perché sapeva che l'avrebbe fatto stare meglio e, maledizione, ne era felice. Tutta l'ansia di prima sembrava essere sparita, tutto l'odio che aveva provato, tutte le incertezze si erano volatilizzate come cenere al vento. Solo perché quell'imbecille stava sorridendo.
Si sentì placido, incredibilmente tranquillo così, seduto con le gambe a penzoloni di fianco a quell'idiota.
Goku scrollò le spalle e si ammorbidì. Mosse i piedi a penzoloni sopra le luci al neon di quella città ancora viva.
«Toglimi una curiosità, Vegeta» azzardò, sperando che il Principe acconsentisse di rivelargli di più.
«Se proprio devo...»
«Cosa intendeva Bra quando mi ha detto un bugiardo proprio come luiLui chi?» domandò Goku, cupo. Del resto la figlia di Vegeta non aveva tutti i torti: era un bugiardo, mentiva sia a se stesso che agli altri. Però proprio non riusciva a togliersi dalla testa quel lui.
Vegeta si voltò di scatto e rise, e Goku spalancò gli occhi. Sua Maestà non rideva quasi mai, eppure in quel momento sembrava divertito. E il motivo poteva essere solo uno: stava facendo la figura dell'imbecille.
«Certo che sei proprio tonto!» confermò Vegeta, sollevato soprattutto per il fatto che, finalmente, riconosceva quell'idiota per l'idiota che era sempre stato - non come quel serioso e maturo individuo che aveva deciso di invadergli casa. «Pensavo che oramai l'avessi capito».
«Ma capito c-cosa?!» balbettò Goku, sempre più incuriosito da quel mistero al quale non riusciva a far fronte.
Sembrava un bambino, un bambino oppure un idiota dalla scarsa perspicacia, a detta di Vegeta.
«Che si riferiva a Goten, razza di babbeo!»
«G-Goten?»
«Proprio non ci arrivi, eh...» sbuffò nuovamente Vegeta. «Goten e Bra erano fidanzati».
Goku emise un urlo acutissimo e si ribaltò all'indietro, finendo a testa in giù sulle lisce piastrelle del balcone dell'attico. Con due occhi grandi come due palline da tennis si mise a gridare con voce stridula. «FIDANZATI?!»
Sua Maestà si guardò indietro con poco interesse, oramai sin troppo abituato alle sceneggiate plateali di quel Saiyan di terza classe goffo e poco elegante.
«E... e poi cosa è successo?» si incuriosì Goku. Si rimise in piedi con un balzo e si avvicinò di nuovo a Vegeta con tanta, tanta curiosità.
Il Principe grugnì, ma oramai sapeva di non aver altra scelta: avrebbe dovuto raccontare.


 

Birra. Una bevanda forse poco elegante ma dal sapore piacevole. Vegeta se ne concedeva qualcuna, ogni tanto. Non le beveva per ubriacarsi - non gli avrebbero fatto alcun effetto a meno che non ne avesse bevute un centinaio. Gli piaceva semplicemente assaporarla davanti alla TV, guardando una partita di basket - uno sport che aveva scoperto piacergli molto - dopo una lunga e intensa giornata di allenamenti.
Pace, quiete, il silenzio della città dopo una giornata di studio e lavoro. Il Principe accartocciò tra le mani la lattina finita e la gettò svogliatamente sul tavolino, aprendosene poi un'altra con altrettanta flemma. Sbuffò, la sua squadra preferita stava subendo un grandissimo smacco.
«Mezze cartucce» commentò a bassa voce con spregio verso la prestanza fisica dei terrestri. Avrebbero dovuto vergognarsi di affaticarsi dopo appena quarantacinque minuti di gioco. No, non poteva guardarli mentre perdevano per la terza volta consecutiva, o sarebbe andato al palazzetto per ucciderli tutti.
Spazientito fece per cambiare canale quando, improvvisamente, il telecomando gli cadde dalle mani e atterrò sul pavimento con un tonfo. Vegeta spalancò gli occhi, una goccia di sudore scese lungo la sua tempia. Con le gambe tremanti balzò in piedi, per poi gettarsi nel vuoto fuori dalla finestra.
Non poteva essere vero. Non poteva essere successo sul serio.

 


Continua...

 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao ragazzi e ragazze! Alla fine ho deciso che, per ora, pubblicherò i nuovi capitoli di domenica, mi trovo forse più comoda visto che ho più tempo per correggerli :)
Eravamo rimasti che il principone stava facendo finta di nulla riguardo all'improbabile abbraccio con il suo rivale... ma Goku veramente è così stupido da non aver capito che egli stava facendo apposta il finto tonto!? Ma veramente? Beh non a caso Vegeta lo considera un decerebrato. Forse lo è per davvero xD
Allora, signori e signore... alzi la mano chi ha colto il cross-over di metà capitolo! Per chi non se ne fosse accorto beh, vi consiglio di andare a leggere una delle mie vecchie storie, "The newborn saiyan" per capire chi sia quella ragazza dai capelli rossi, perché ha fatto quello strano effetto al principe e soprattutto perché ella sembrava quasi che lo conoscesse. Mi piace pensare che quella storia sia in realtà un'universo alternativo di questa.
Ma bando alle autocitazioni xD preparatevi perché nel prossimo capitolo scopriremo finalmente cos'è accaduto tra Bra e Goten. Sarà un capitolo intenso, vi avviso, e non vedo l'ora di pubblicarlo!
A domenica!
Eevaa

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Capitolo 24
*** Essere umano ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 24 - ESSERE UMANO

 



And I was running far away
Would I run off the world someday?
Nobody knows, nobody knows
And I was dancing in the rain
I felt alive and I can't complain,
But now take me home
Take me home where I belong

Runawayhttps://www.youtube.com/watch?v=d_HlPboLRL8



 

Non volava così svelto da chissà quanti anni. Percepì il battito del proprio cuore pulsargli persino nella testa, l'aria fresca della notte non aiutava affatto a raffreddare il rossore sulle gote.
Ancora non poteva crederci: era certo di essersi sbagliato. Non ci avrebbe creduto finché non l'avrebbe vista con i propri occhi, perché sua figlia era sempre stata una tipa piuttosto tosta, ma mai fino al punto di... di...
Bra non aveva mai accettato di allenarsi a lungo. Dopo la morte della madre aveva più e più volte chiesto al Principe di combattere, di migliorare. Lo aveva fatto più che altro per tenere il padre impegnato, per dargli qualche minima soddisfazione, per stargli vicino in un modo che sapeva che egli avrebbe accettato volentieri. Ma la Principessa si stufava subito, non aveva mai raggiunto alti livelli di combattimento, o quantomeno non si divertiva mai a sfoggiare tutta la sua potenza. Non che non ne avesse le capacità, certo, ma non era mai stata così tanto entusiasta per la lotta.
Ma quella notte, quella fredda notte di metà gennaio, qualcosa era cambiato. E doveva essere successo qualcosa di terribile, perché ciò che vide Vegeta non appena giunse sui Monti Paoz lo sorprese oltre ogni aspettativa.
«SEI UN BUGIARDO! UN BASTARDO SENZA SPINA DORSALE!» urlò Bra, sferrando un pugno diretto al petto di Goten. Questi si scansò all'ultimo balzando all'indietro, parando poi una sfera di energia.
«Calmati, Bra! Cerca di ragionare!» balbettò lui.
Sfuggìì con estrema difficoltà agli attacchi della ragazza, la quale non si stava facendo scrupoli a distruggere tutto ciò che si ritrovava attorno.
Lei, bellissima seppur spettinata e con il trucco colato per via delle lacrime, indossava un lungo abito bianco senza spalline. Quello che sarebbe dovuto essere il suo abito da sposa.
Trunks e Pan arrivarono presto in volo di fianco al Principe, entrambi con la bocca spalancata e gli occhi offuscati dalla confusione. Nessuno dei tre riuscì a muovere un solo muscolo, così come non riuscirono a dire né fare niente Chichi, Gohan e Videl i quali, sulla soglia della porta della loro casa, proteggevano dietro di loro una ragazza dai capelli biondi intenta a nascondersi e ripararsi da un qualsivoglia attacco.
Non era la prima volta che i due lottavano per risolvere i loro conflitti personali di coppia, così come avevano spesso fatto Trunks e Pan. Era semplicemente un modo Saiyan per litigare, niente di violento per davvero. Eppure quel giorno sembrava diverso.
«Calmarmi? CALMARMI!?» tuonò nuovamente lei. Prese Goten per un braccio e lo scaraventò poi al terreno. «Tu mi hai mentito! Mi hai detto che non c'era nessun'altra!»
«Ma Bra, Marron è arrivata dopo che ci siamo lasciati...» tentò di rassicurarla lui, rotolando su se stesso per evitare un calcio in faccia.
«MA DOPO QUANDO!? CI SIAMO LASCIATI DUE GIORNI FA, RAZZA DI CRETINO!» riprese a inveire Bra, con i nervi a fior di pelle.
Vegeta e Trunks strinsero i pugni. Non sapevano nulla di quella storia: Bra si era assentata da casa con la scusa di dover partire per lavoro, non aveva detto nulla a nessuno della rottura con lo storico fidanzato. Al Principe si gelò il sangue nelle vene solo a sentir pronunciare quelle parole.
C'erano voluti sette lunghi anni per accettare il fatto che quell'idiota figlio dell'idiota oramai sarebbe diventato suo genero, aveva persino accettato – con estreme riserve – di sapere che si fossero fidanzati ufficialmente pochi mesi prima e il matrimonio era previsto da lì a due mesi.
Gli crollò il mondo addosso, Sua Maestà si sentì così arrabbiato dal volerlo uccidere, dal volerlo ridurre in mille piccolissimi pezzi e spargerli come coriandoli addosso alla sua nuova fiamma - quella che un tempo era una delle migliori amiche di sua figlia. Ma si rese perfettamente conto che Bra avrebbe dovuto risolversela da sola, e sapeva che l'avrebbe fatto per bene. Una cosa era certa: Goten per lui sarebbe stato come morto, da lì in poi. Morto.
«Giuro che non ti ho mai tradita! Lo giuro, ti prego, lascia che ti spieghi» tentò di rimediare Goten.
«Non voglio sentire nessuna spiegazione. Sei un bugiardo, un inutile e insignificante bugiardo! Chissà da quanto me lo stavi tenendo nascosto, eh... CHISSÀ DA QUANTO TEMPO MI TRADIVI CON QUELLA STRONZA!» urlò Bra. Aggiunse parole irripetibili fino a quando, irradiandosi di una luce che mai l'aveva avvolta prima, smise di urlare. Si sentì diversa, più forte, più sicura, e ancora più arrabbiata di prima.
Non seppe perché, non seppe come, ma scagliò un attacco che non credeva nemmeno di saper fare. Goten non si spostò, non fece in tempo, quella luce aveva accecato tutti e lui venne colto di sorpresa in pieno petto da un Lampo Finale, identico a quello del Principe e talmente forte da bruciargli la carne. E Bra ne scagliò un altro, poi un altro ancora. La situazione stava degenerando.
Le urla dei suoi amici non riuscirono a frenarla, nessuno riuscì a calmare il suo attacco d'ira, non fino a quando il Principe dei Saiyan la prese per le spalle e la atterrò al suolo, sovrastandola con tutto il peso del corpo.
Fu in quel momento, fu proprio in quell'istante che padre e figlia si guardarono con gli stessi occhi, occhi verde acqua intrisi di odio, di rancore, di vendetta. Non sapeva perché l'avesse fatto, Vegeta, non sapeva cosa gli avesse dato la forza di fermare la furia di sua figlia in quell'attacco di "Saiyanite acuta" - come avrebbe detto Bulma.
La ragazza tremò sotto di lui, poi si specchiò nelle iridi del padre. E fu lì che lo vide, fu lì che si accorse di cosa fosse diventata: per la prima volta Bra si era trasformata in Super Saiyan.

 

Goku non parlò subito e, anzi, forse non avrebbe nemmeno voluto più proferire parola. Si vergognava molto per quello che aveva fatto suo figlio e si sorprese del fatto che si sentiva in colpa per lui. Non sapeva nemmeno come ci riusciva, non aveva mai avuto grandi esternazioni di empatia per cose del genere, eppure in quel momento lo stava provando sulla propria pelle. Forse perché Vegeta aveva messo così tanto odio e così tanta intensità in quel racconto che non avrebbe potuto dissociarsi da quelle sensazioni. Si sorprese di se stesso, e comprese appieno perché Bra ce l'avesse tanto anche con lui: si stava comportando allo stesso modo di suo figlio, stava nascondendo qualcosa di terribile, qualcosa di importante alle persone vicine. Come biasimarla? Aveva ragione, tremendamente ragione.
«Trunks e Goten non si sono parlati per quasi un anno» esordì Vegeta, dopo il lungo racconto.
«Cielo, erano praticamente fratelli!» esclamò Goku, conscio del legame tra quei due ragazzi. Erano cresciuti insieme, soprattutto quando lui si trovava nell'Aldilà e Goten era solo un bambino. Non poteva ancora crederci.
«Goten è stato un vero bastardo, mi ha deluso come mai mi sarei aspettato, per me era come un figlio. Non lo perdonerò mai. Ma Trunks è diverso da me, Trunks è buono. Pan lo ha convinto a parlarci, da pochi mesi è riuscito a rivolgergli almeno la parola» spiegò Vegeta, regalando al proprio rivale un altro pezzo di sé, un'altra cosa che non era mai stato in grado di rivelare.
Vegeta aveva sempre voluto bene a Goten, nonostante tutto. Ce l'aveva avuto sempre intorno sin da quando era poco più di un moccioso. Non aveva mai provato una delusione così forte per una persona, mai. E, sebbene Pan fosse convinta che Goten non avesse davvero tradito Bra ma l'avesse lasciata per correttezza prima di stare con Marron, la solfa non cambiava poi molto.
«Vegeta... anche tu sei buono» disse Goku, sincero.
Sua Maestà sbarrò gli occhi.
Di tutto si sarebbe aspettato nella vita, fuorché sentirsi dire una cosa del genere. Buono. Kaarot gli aveva appena detto che era una persona buona.
Sua Maestà era sempre stato il cattivo, quello spietato, quello perfido. Certo, era cambiato, ma era pur sempre burbero, cinico, distaccato, orgoglioso. Ma mai, mai nessuno gli aveva detto che fosse buono. Probabilmente i suoi figli lo pensavano, Bulma lo pensava, ma nessuno gliel'aveva mai detto ed era davvero strano sentirselo dire. E, a dispetto di ciò che si aspettava, gli fece quasi piacere.
Goku lo pensava per davvero. Vegeta era una delle persone più buone che conoscesse, anche se non lo dimostrava quasi mai. Teneva quel lato del suo carattere ben nascosto, lontano dagli occhi altrui, ma Goku lo vedeva nitidamente. Sapeva leggere nei suoi occhi, sapeva capirlo quasi più di quanto capisse se stesso.
E pensare che una volta la situazione era contraria: era Goku quello buono. In quel momento, invece... in quel momento non si sentiva più così. Si sentì in difetto, si sentì in torto marcio, si sentì una persona orribile. Ripensò a ciò che gli aveva detto Bra e gli venne un groppo in gola. Si alzò dalla ringhiera e voltò le spalle, dirigendosi dall'altra parte della balconata. No, non avrebbe mostrato quegli occhi lucidi a Vegeta, sapeva che nonostante tutto l'avrebbe insultato.
Com'era possibile che lui - cresciuto sulla Terra da quando era nato - fosse sempre stato estraneo a tutti quei sentimenti terrestri? L'empatia, il senso di famiglia, l'amore. Li aveva sempre avuti accanto, li aveva sempre vissuti ma mai li aveva provati pienamente. Era un alieno. Era sempre stato un alieno, un alieno stupido per giunta. Eppure Vegeta c'era riuscito, era riuscito a provare tutto ciò nonostante fosse della sua stessa razza e nonostante i suoi trascorsi malavitosi. Si era costruito una famiglia e non perché gliel'avevano imposto, ma perché lo aveva voluto, perché ne aveva sentito il bisogno. Aveva provato l'amore, dopo aver provato l'odio. E Goku si sentì un marziano, si sentì un Saiyan, un Saiyan di quelli cattivi. Non sapeva cosa fare, non sapeva se rimediare ai propri errori, non sapeva se avrebbe dovuto rivelarsi ai propri figli e sciogliere quella bugia.
Ripensò alla sua nipotina appena nata, ripensò che non l'avrebbe mai vista crescere. Ripensò a Gohan, a Goten, a Pan. Chissà quante volte avevano avuto bisogno di lui e lui non c'era stato. Ripensò a quell'abbraccio con Vegeta, ripensò a tutti gli scontri di quei giorni, a tutto ciò che gli aveva raccontato. Ripensò alla pazienza che gli aveva dedicato.
Non sapeva cosa fare di se stesso perché, in quel momento, non si sentì più così sicuro di voler morire, di voler tornare nella Dimora dei Draghi.
Vegeta lo guardò allontanarsi nella luce della luna, osservò la sua ombra stanca respirare piano, poi lo sentì singhiozzare. Il Principe strabuzzò gli occhi: stava piangendo? Kaarot stava piangendo?! Cielo, e a quel punto cosa avrebbe dovuto fare?! Sentì le proprie mani prudergli, avrebbe dovuto prenderlo a pugni, urlargli di riprendersi, di non essere così una mammoletta, per cosa poi?! Gli aveva solo raccontato di quanto suo figlio fosse idiota, in fondo non avrebbe dovuto nemmeno sorprendersi!
Sua Maestà balzò giù dalla ringhiera e si avvicinò con passi decisi, più che convinto a spronarlo a smetterla con quei piagnistei.
«Kaarot, vedi di-»
«Vegeta!» sussurrò Goku. Si voltò d'anticipo e chinò la testa per non farsi vedere. D'istinto afferrò i lembi della maglietta di Vegeta per tirarlo più vicino a sé, poi appoggiò la testa sulla sua spalla, incurvandosi, mettendogli le mani addosso. Non avrebbe dovuto farlo, sapeva che Sua Maestà non l'avrebbe affatto apprezzato, ma se ne infischiò: sentì di averne bisogno, di aver bisogno di lui.
Il Principe si irrigidì e percepì le proprie gote bollire di rabbia. Era la seconda volta in un giorno solo che quel mentecatto provava ad abbracciarlo così, dal nulla. E per la seconda volta lui non stava facendo niente, era bloccato. Avrebbe dovuto allontanarlo con un calcio o con un Lampo Finale, avrebbe dovuto inveirgli contro e minacciarlo di morte, ma non lo fece. Rimase lì, con le braccia lungo i fianchi, con la testa del suo miglior nemico sulla spalla sinistra e le sue mani aggrappate alla schiena. Un quadretto disgustoso.
Com'era caduto in basso! Come osava accettare un comportamento del genere? Certo, quell'abbraccio era stato meno goffo del primo, ma era pur sempre un abbraccio e il Principe non aveva mai accettato contatti fisici così ravvicinati e soprattutto così intimi da nessuno, Bulma a parte.
Vegeta sgranò gli occhi: stava permettendo a quell'idiota di terza classe, il suo rivale, di abbracciarlo come solo la sua defunta moglie aveva fatto. No, non gliel'avrebbe mai perdonato e soprattutto non se lo sarebbe mai perdonato.
«Vegeta...» sussurrò di nuovi Goku, in un singhiozzo.
Sua Maestà tremò, non riuscì a capire come mai. Forse di rabbia. Sì, probabilmente di rabbia e umiliazione, non poteva essere altrimenti. Eppure non riusciva a muovere un singolo muscolo, non riusciva a scollarsi di dosso quell'insetto zecca che gli si era appiccicato contro. Respirò a fatica ed eccolo, quell'odore che aveva sentito sulla pelle tutto il giorno. Quell'odore che aveva cercato in ogni modo di togliersi di dosso, di dimenticare. Eppure lo calmò, lo rilassò, si sentì come anestetizzato.
Allora no, non si trattava affatto di rabbia. Cosa poteva essere? Cosa poteva significare? Stordimento? Intontimento? Compassione? Cielo, non riusciva a capacitarsene, non riusciva a capire, così come non riusciva a capire cosa passasse nella testa di quel citrullo e nemmeno riusciva a comprendere perché se ne interessasse tanto. Perché stava frignando? Cosa diavolo stava succedendo?
«Cosa... cosa c'è?» domandò Vegeta, senza muovere altro muscolo se non le labbra sottili. La sua voce era fievole come il sussurro del vento, così delicata e allo stesso tempo spaventata. Non sembrava nemmeno la sua, solitamente così chiara, saggia e velata da un pizzico di arroganza e presunzione.
Goku sollevò la testa dalla spalla, ma continuò a guardare oltre la schiena di Vegeta. Non sapeva se ce l'avrebbe fatta a guardarlo negli occhi, forse aveva il timore che così facendo avrebbe ottenuto solo distacco e umiliazione, probabilmente avrebbe risvegliato il burbero principe che c'era in lui, l'uomo che mai e poi mai avrebbe accettato di farsi abbracciare. Chissà poi perché non l'aveva ancora cacciato. Per un momento pensò di essere impazzito, ma ne aveva bisogno, aveva troppo bisogno di quell'abbraccio, di quel contatto. Non ne aveva mai avuto la necessità in vita sua ma in quel momento, per la prima volta, si era sentito così fragile, così solo, tanto di aver bisogno di sentire qualcuno vicino. E Vegeta era lì, era vicino a lui, non l'avrebbe lasciato da solo, non lo avrebbe abbandonato a se stesso, e la riprova era appunto quella: non lo aveva allontanato. Perché il Principe, in fondo, era buono, buono per davvero.
«Ti prego Vegeta... insegnami a essere umano».

 

Vegeta si era sentito così bene e così male nello stesso tempo da non riuscire nemmeno a rispondere. Non seppe quantificare per quanto tempo rimase lì, come immerso in un liquido amniotico, catapultato in un'altra dimensione.
Kaarot gli aveva chiesto di insegnargli ad essere umano. Ma lui non era mai stato umano fino in fondo, entrambi appartenevano a una razza che, talvolta, di umano aveva ben poco. Una razza di spietati combattenti, di sicari della galassia, di scimmie assassine di popoli innocenti, di guerrieri con in mente un'unica cosa: la lotta.
Certo, ne era passato di tempo, ma nel loro genoma era pur sempre presente quella caratteristica. Vegeta non avrebbe mai fatto più male a qualcuno se non per difendersi, e Goku non lo aveva e non lo avrebbe mai fatto. Ma in tutti e due scorreva sangue Saiyan, tutti e due non erano mai stati completamente umani, o meglio completamente terrestri.
Forse, però, Vegeta lo era ben di più del suo rivale.
Goku lo vedeva, vedeva come il Principe era nettamente più in pace con se stesso rispetto a quanto lui fosse. Non gli piaceva com'era diventato, non gli piaceva cosa stava facendo. Aveva bisogno di qualcuno che lo guidasse verso una strada migliore, e quel qualcuno non poteva essere altri che Vegeta.
Se da un lato Goku avrebbe voluto tornare ad essere come prima - più sereno, più menefreghista, più immaturo e quindi tornarsene nella Dimora dei Draghi allontanandosi da quei sentimentalismi terrestri - dall'altro avrebbe voluto evolversi in qualcosa di diverso. Qualcosa di più simile al suo rivale. Avrebbe voluto essere come Vegeta.
Gliel'aveva detto, eccome se gliel'aveva detto, gli aveva rivelato di voler essere come lui, sciogliendo quell'abbraccio che sembrava essere durato in eterno.
E il Principe l'aveva guardato con occhi così increduli da far trasparire ogni goccia del suo sgomento, della sua confusione.
Vegeta non capiva, non riusciva a capacitarsi di come tutto ciò fosse possibile, non riusciva a comprendere come una persona volesse essere come lui, averlo come esempio. Soprattutto se quella persona oramai conoscesse ogni lato del suo carattere, ogni sfaccettatura del suo passato. No, nessuno avrebbe meritato di essere come lui. Sempre in combutta con se stesso, sempre con la testa rimbombante delle urla delle sue innocenti vittime.
Vegeta aveva continuato a fissarlo per tanto, troppo tempo, così vicini sotto la luna velata da nuvole grigie. Si erano squadrati come se non si fossero mai visti veramente, come se fossero intenti ad ammirare un quadro. Il rumore della città e il buio della notte sembravano aver preso un'altra forma, sembravano essere diventate un contorno. Così, specchio l'uno dell'altro, non riuscirono più a distaccarsi di quel silenzio. Si guardarono ancora per un periodo di tempo interminabile, senza toccarsi, senza riflettere oppure riflettendo troppo. Occhi neri come la pece e respiri mescolati, sensazioni nuove, contagio di pensieri, effetti collaterali.
Se qualcuno li avesse visti da fuori avrebbe senz'altro pensato che si fossero bloccati, rimasti imprigionati nel tempo e nello spazio, due statue di cera dalle fattezze così eleganti da rasentare la perfezione.
Uno dei due avrebbe dovuto rompere quel silenzio, uno dei due avrebbe dovuto dire qualcosa, così il Principe prese un lungo respiro e riacquistò l'uso del proprio corpo. Con un brivido a fior di pelle si allontanò senza dire nulla, rientrò in casa e si sdraiò sul letto.
Non era offeso, Goku. Era la reazione migliore che potesse aspettarsi da lui, perché in quello sguardo ci aveva visto di tutto, tranne che l'odio, il risentimento. Ed era già tanto così, andava bene così.
Goku si era preso quell'abbraccio, si era preso quel momento e se lo era portato dentro di sé, l'avrebbe conservato con estrema cura. Ma allo stesso tempo si rese conto di averne bisogno ancora, ancora. Sentì di volerne di più, sentì dentro di sé qualcosa di estraneo al suo essere, di nuovo, di reale ma allo stesso tempo irreale. Non capì e forse non volle nemmeno capire di cosa di trattasse, perché ammetterlo a se stesso sarebbe stato troppo difficile, troppo strano.
Non era così che sarebbero dovute andare le cose, c'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello, ma ci si era ritrovato dentro con entrambe le scarpe e non riusciva nemmeno a pensare di uscirne. Non poteva e non voleva allo stesso tempo.

 

Ma Vegeta... Vegeta invece lo capì. Capì esattamente cosa stesse succedendo a entrambi; in fondo non era la prima volta che percepiva qualcosa di simile. Lo capì e gli fece così male da detestarsi. Lo capì perché, nel sentirlo così vicino a sé, non aveva potuto fare a meno di provare un brivido lungo la schiena, non era riuscito a fermare i battiti del suo cuore farsi sempre più intensi, non era riuscito ad allontanarsi e, anzi, come una calamita era stato attratto verso di lui.
Avrebbe dovuto fermarlo, avrebbe dovuto fermarsi prima che fosse troppo tardi, e l'unico modo per farlo sarebbe stato uno solo: avrebbe dovuto prendere la decisione al posto di Kaarot. Avrebbe esaudito il suo desiderio, avrebbe portato a termine il compito per il quale inizialmente era stato scelto.
L'indomani l'avrebbe ucciso.


 

Continua...
 


 
ANGOLO AUTRICE:
Ehm ehm... buongiorno! Mi sa proprio che il principe è impazzito... un po' estrema come soluzione, forse, quella pensata dal principe. Eppure ha preso la sua decisione, e adesso sono ca**i amari per il povero Goku! La vedo grigia, amici miei.
Che dire... qui i sentimenti stanno crescendo, la parte yaoi della storia inzia a prendere un po' più piede e finalmente abbiamo scoperto cos'è successo a Goten e Bra. Purtroppo sì, Trunks e Goten non sono più amici come un tempo... e chi se lo aspettava, eh? Erano come fratelli, appunto.
Cosa ve ne pare del lungo momento di vicinanza tra Goku e Vegeta?
Vi lascio così con il fiato sospeso fino a domenica prossima :D non vogliatemi male!
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 25
*** Come doveva andare ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 25 - COME DOVEVA ANDARE

 


 

Un passo. Due passi. Tre passi. Respiro. Un lungo, denso, scottante respiro.
Vegeta percepì i propri polmoni sovraccaricarsi di aria fino a bruciare, sentì la testa leggera, così leggera da provare piacere. Forse sarebbe stato meglio svenire, ma così facendo non avrebbe portato a compimento il suo obiettivo.
Kaarot, di fronte a lui, era sudato fradicio, il respiro affannoso e un sorriso beffardo sulle labbra.
Si stavano allenando ininterrottamente da nove ore e nessuno dei due aveva mai proferito parola. Erano stanchi, inutile negarlo. Graffi ed escoriazioni mappavano i loro muscoli guizzanti, ma nessuno dei due aveva intenzione di smettere, quel giorno. In quelle lunghe settimane di allenamenti non si erano mai spinti così oltre, non erano mai arrivati a quel limite, non erano giunti mai al punto di retrocedere appositamente con le trasformazioni per rendere ancor più lungo quell'idilliaco momento di lotta.
Entrambi con i capelli biondi rivolti al cielo si fissarono a lungo. Sapevano che oramai fosse giunto il momento di smettere, non avrebbero potuto resistere un momento di più. Goku ridacchiò di nuovo - per quel giorno gliel'avrebbe data vinta, avrebbe ceduto lui per primo. La fiamma si spense e i suoi occhi verde acqua tornarono ad essere neri come il carbone, così come i capelli.
Vegeta lo squadrò ma, al contrario di quanto si aspettò Goku, non possedeva l'aria soddisfatta di chi era riuscito ad avere la meglio. No, non era affatto soddisfatto. Il suo sguardo era serio, opaco, tetro, quasi distante. Il sorriso di Goku si disperse nell'aria, si ritrovò ad essere spaventato.
Gli occhi di Vegeta erano così strani, così sofferenti, così diversi da quelli che aveva potuto ammirare la notte precedente. Cosa diamine stava succedendo?
«Vegeta? Va tutto bene?» domandò abbozzando un altro sorriso, un sorriso nervoso, falso.
Il Principe non rispose, rimase in silenzio. Il suo cuore batteva veloce, così rapido da poterlo sentire fin dentro le orecchie. Stava andando nel panico.
Chiuse gli occhi e respirò ancora a lungo fino a calmarsi, fino a raggiungere uno stato catatonico sufficiente per andare avanti, per trovare le forze di compiere quel gesto estremo. Era pronto a ucciderlo.

Vegeta aprì gli occhi e, con uno scatto felino, balzò in avanti. Goku non lo vide, fu così veloce da non poterlo nemmeno percepire.
Se lo ritrovò pochi centimetri dal naso, con gli occhi celesti contornati da venature rosse. Si era ritrasformato in Super Saiyan di quarto livello. Goku non capì il perché di quel gesto, non lo capì fino a quando non percepì un calore strano all'altezza dello stomaco, un calore che poteva avere una sola e unica origine. I Saiyan si guardarono per un breve istante dentro al quale i loro occhi si comunicarono tutto, tutto ciò che avrebbero dovuto dirsi. E allora fu tutto più chiaro, quasi cristallino.
Goku chiuse gli occhi e lo lasciò fare, lasciò che quell'onda di energia gli trapassasse l'addome. Avvertì ogni lembo della sua pelle strapparsi, colse distintamente il fascio di luce perforargli la cassa toracica ed evadere attraverso la schiena. Provò dolore, così tanto dolore da voler urlare, ma non ci riuscì.
Cadde per terra con un rantolo, un manto di liquido caldo vestì l'erba di rosso. Tentò di respirare, ma gli risultò difficile, quasi impossibile. Riaprì gli occhi ma vide tutto offuscato, tossì e percepì le costole frantumarsi.
E fu allora che Vegeta si svegliò dallo stato catatonico in cui era caduto e lo vide, steso al terreno, martoriato dalle sue stesse mani.
No, non lo aveva fatto, no. Non poteva esserci riuscito, non poteva averlo premeditato per tutto il giorno ed esserci riuscito. Era come se si fosse risvegliato da un incubo, un incubo nel quale era stato sonnambulo e artefice di quell'atrocità.
Con un brivido si lasciò cadere sulle ginocchia.
«N... no» balbettò, trascinandosi fino al rivale. Kaarot, placido e straziato al contempo, stava ammirando il cielo. «NO!»
Lo aveva ucciso. Lo aveva ucciso e l'aveva fatto solamente per paura di ciò che era successo, paura di ciò che poteva comportare, paura di tutto quell'ingarbuglio di emozioni che avevano trovato nome e cognome della sua testa. Per colpa di quell'abbraccio, per colpa di quell'odore.
«KAAROT! KAAROT, TI PREGO GUARDAMI!» urlò Vegeta, scuotendolo con forza. «GUARDAMI!»
Ma Goku non lo guardò. Goku non rispose.
«Svegliati... SVEGLIATI!» gli ordinò con voce tremante, iniziando a tirargli pugni a livello del cuore nel tentativo di farlo ripartire. «TORNA QUI!»
Un pugno. Due pugni. Tre pugni. Niente.
«Mi dispiace...» sussurrò il Principe, scuotendolo ancora. Ed eccole, eccole quelle lacrime così acide da bruciargli occhi. Cielo, quanto si odiava! C'era riuscito davvero, era tornato ad essere un assassino, la persona orribile da cui era finalmente riuscito a scappare. Lo aveva ucciso, aveva ucciso un uomo a sangue freddo. Aveva ucciso un amico. Aveva ucciso la persona che...
«MI DISPIACE! MI DISPIACE, DANNAZIONE! MI DISPIACE» tuonò, illuminandosi di un'energia così forte da sradicare gli alberi attorno. Lo scosse di nuovo, lo percosse ancora.
«Mi dispiace...» mormorò ancora, spegnendosi, appoggiando poi la testa sulla spalla di Kaarot.
Non poteva crederci. Cosa diavolo aveva fatto? Come avrebbe fatto a spiegarlo a Bra? Come avrebbe fatto a spiegarlo ai ragazzi? Con che faccia sarebbe ritornato sulla Terra?
«Sei... sei stato bravo».
La voce di Goku era così bassa che Vegeta per un istante credette di averla sognata, che fosse stata una semplice illusione uditiva. Ma, quando alzò la testa e vide il suo viso contratto in una smorfia di dolore, capì che le sue percosse l'avessero realmente riportato indietro dall'oltretomba.
Vegeta si rizzò sulle ginocchia, incredulo e infradiciato di sudore e lacrime.
«Kaarot!» esalò, riacquistando un barlume di speranza e di colorito sulle gote. «Vado a chiamare i Kaiohshin!»
«V-va bene così, Vegeta. Lasciami morire, è g-giusto che sia così» balbettò Goku, scosso da tremiti e colpi di tosse.
«Ahh, risparmia il fiato!» tagliò corto Vegeta
Scattò in direzione del cielo, veloce come un fulmine in tempesta, scagliando raffiche di attacchi a ripetizione in direzione del pianeta dei Kaiohshin, per attirare la loro attenzione proprio come l'ultima volta.
Ma nulla accadde, nessuno arrivò. Vegeta provò di nuovo.
«Dove diavolo si sono cacciati quei buoni a nulla?!» si domandò. «MUOVETEVI, DANNAZIONE!»
Niente, nessuna risposta, nessun cambiamento.

Passarono i secondi, passarono i minuti, le condizioni di Goku si fecero sempre più gravi, i colpi di Vegeta sempre più forti, così forti da quasi distruggere il pianeta. No, nessuno sarebbe arrivato. Probabilmente non erano lì, si erano recati altrove con un tempismo pressoché assurdo. Il Principe tornò a terra per accertarsi che Kaarot fosse ancora vivo.
«È così che...» sussurrò Goku, interrotto da un colpo di tosse con tanto di sangue «... che doveva andare».
Uno dei suoi polmoni era andato a farsi benedire, forse anche parte dello stomaco.
«No! Non era affatto così che doveva andare! Non era ancora il momento» si disperò Vegeta. Non riuscì nemmeno a nascondere lo sgomento che si era oramai impossessato di lui. Kaarot l'aveva visto versare lacrime sulla sua spalla, il suo orgoglio era oramai gettato alle ortiche.
Goku tossì e venne scosso da tremiti incontrollabili. Se ne stava andando di nuovo, non gli sarebbe rimasto molto e Vegeta non avrebbe fatto in tempo a salvarlo nemmeno se avesse chiamato Trunks. Le coordinate per quel luogo erano pressoché impossibili da identificare, per una navicella spaziale normale. Avrebbe dovuto fare qualcosa, qualunque cosa.
«Kaarot, ascoltami bene! Devi cercare di usare le tue ultime forze per teletrasportarti sulla Terra» gli ordinò Vegeta. Gli afferrò una mano e l'aiutò a portarsela sulla fronte.
«N... non ries... co» mormorò lui, chiudendo gli occhi. Respirava a fatica.
«PROVACI!» sentenziò Vegeta, minaccioso.
«Non... non...» sussurrò qualcosa, ma perse i sensi.
«No, non di nuovo... SVEGLIATI, SVEGLIATI KAAROT!»
Vegeta si arrabbiò. Si arrabbiò così tanto con se stesso da non riuscire più ad agire razionalmente. Non poteva lasciarlo morire di nuovo, non poteva permetterglielo, perché quella volta non sarebbe più stato in grado di riportarlo indietro.
La rabbia lo pervase, si prese ogni singola cellula del proprio corpo e fu allora che capì cosa avrebbe dovuto fare.
Era un tentativo disperato, qualcosa di difficile se non impossibile, ma avrebbe almeno dovuto provarci: avrebbe dovuto teletrasportarsi. Goku gliel'aveva spiegato una volta come ci riusciva, ma non l'aveva quasi ascoltato. C'erano voluti mesi e mesi per lui per imparare, era una tecnica tanto efficace quanto complicata da apprendere.
Si portò due dita in fronte e tentò di figurarsi nella mente Dende, colui che avrebbe saputo guarire Kaarot con le sue tecniche speciali. Si concentrò a lungo senza respirare, poi esplose in un urlo grottesco. Niente. Era impossibile.
Guardò Kaarot steso vicino a lui respirare a malapena. No, non poteva finire così. Cercò di pensare, di ponderare, di capire dove stesse sbagliando. Cosa poteva aver permesso a Kaarot di imparare quella tecnica, oltre al tempo di affinarla? Cosa lo differenziava da lui?
Ripensò a quel periodo, alla battaglia su Namek, allo scontro con Freezer. Sembrava tutto così lontano, così sfocato, eppure lo vedeva: eccolo lì, Kaarot che lo guardava dall'alto in basso mentre moriva. Ripensò a quando era tornato sulla Terra dopo mesi e mesi, quando Mirai Trunks gli aveva svelato il loro destino. Spolverò quei ricordi e lo vide più nitido. Kaatot era così tranquillo, nonostante quegli eventi. Era sereno, calmo.
Ebbe un sussulto, poi comprese. Capì cosa avrebbe dovuto fare, capì cosa aveva permesso a Kaarot di apprendere una tecnica così fine.
Si lasciò andare, si scaricò di tutta la tensione, di tutta la rabbia, di tutta la paura e raggiunse uno stato di calma. Respirò piano con gli occhi chiusi. Si rilassò, malgrado fosse una delle cose più difficili da fare in un momento simile. Capì che avrebbe dovuto scardinarsi dal suo modo di agire, il suo modo di pensare, il suo modo di fare per riuscire in quel tentativo.
Con gli occhi serrati cercò la mano del suo eterno rivale e la trovò. Fredda e tremante, ma la trovò. La avvolse con la sua e la strinse più forte che poté.
Si caricò di pazienza, determinazione, serenità. E fu allora che la sentì forte e chiara: l'Aura di Dende.

 

 

Quando Goku riaprì gli occhi non era più sul pianeta satellite dei Kaiohshin. Non vi era alcuna traccia del cielo dorato, dell'odore del sangue, del dolore. Quando riaprì gli occhi vide un soffitto alto e bianco, bianco come le leggere lenzuola tra le quali era stato adagiato.
Alzò una mano e la guardò, ci impiegò qualche secondo per metterla a fuoco. L'ultima cosa che ricordava era una stretta forte, calda, rassicurante, poi il vuoto. Era certo di essere morto, ma evidentemente Vegeta aveva trovato il modo di portarlo via di lì.
Si alzò sui gomiti, poi si tastò il torace nudo. Non vi era più segno del grosso cratere grondante di sangue che Vegeta gli aveva aperto nel petto.
Sentì lo scroscio della pioggia e temporali in lontananza, ma quando guardò fuori dalla finestra non vi era alcuna nuvola; poteva ammirare una costellazione luminosa, era notte fonda. Si guardò meglio intorno e si rese conto di conoscere quel posto: si trovava al palazzo del Supremo, sopra le nuvole, sopra la tempesta.
Gli tremarono le gambe quando si alzò, avvertì una certa debolezza ma era sicuro che fosse dovuta a un lungo riposo. Si diresse verso l'uscio della porta guardandosi in giro ma, non appena posò gli occhi sull'uscita, si accorse che una figura conosciuta lo stava osservando.
«Ben svegliato, Goku» disse Dende con voce calma e un sorrisetto compiaciuto. «E bentornato».
«De... Dende?!» Goku sgranò gli occhi. Erano quindici anni che non lo vedeva e oramai era diventato un namecciano adulto, gli ricordava in tutto e per tutto Junior. «Amico mio, ne è passato di tempo!»
«Già, è bello rivederti» commentò il Supremo, con estrema sincerità.
«Eheh... ehmmm» Goku ridacchiò nervoso. Ci vollero parecchi istanti prima di ricordare che la sua presenza sulla Terra fosse un segreto che solo lui, Vegeta e Bra conoscevano.
«Non ti preoccupare, Vegeta mi ha già svelato che sei in incognito. Non mi immischierò!» lo rassicurò Dende, seppur curioso di sapere quale fosse il reale motivo di tutti quei sotterfugi. Il Principe dei Saiyan non era stato così confidenziale da svelargli tutta la verità e, onestamente, aveva avuto paura di fare troppe domande.
Goku tirò un sospiro di sollievo ma divenne serio. Si guardò intorno e non lo vide.
«Lui dov'è?» domandò Goku.
Per Dende fu facile intuire di chi si stesse parlando.
«Devo ammettere che ti ho preso proprio per i capelli, non è stato facile curarti! Grazie al cielo Vegeta ti ha portato qui in tempo, è stata una vera fortuna che abbia imparato a teletrasportarsi! Ad ogni modo, quando le tue condizioni si sono stabilizzate Vegeta è tornato a casa, ha detto che non sarebbe stata una presenza gradita al tuo risveglio» confessò il namecciano, con tanto di spallucce e sguardo confuso.
Goku aggrottò le sopracciglia. Teletrasportarsi? Da quando Vegeta aveva imparato a teletrasportarsi?
Strabuzzò gli occhi, poi rabbrividì. Effettivamente Sua Maestà aveva cercato di ucciderlo e c'era quasi riuscito. Non riusciva a capire il perché di quel gesto, proprio non se ne capacitava, ma da quello che poteva ricordare se ne era pentito subito dopo.
Goku era rimasto senza fiato, spiazzato, con l'amaro in bocca. Di tutto si sarebbe aspettato meno che un gesto simile anche se, certo, Vegeta era stato ben strano per tutto il giorno, ma pensava fosse solo una tangibile conseguenza di tutto quel trambusto del giorno precedente. Troppo contatto fisico, forse, troppa vicinanza. Ma da lì a tentare di togliergli la vita ce ne passava! Sarebbe stata sufficiente una delle sue solite e pungenti esternazioni di disappunto!
No, non poteva averlo fatto a caso, sicuramente aveva avuto un motivo serio. Oramai Goku poteva vantare di conoscere il Principe dei Saiyan meglio di qualunque altra persona in vita sulla Terra, non avrebbe mai compiuto un gesto del genere senza una ragione.
Aveva bisogno di capire, di indagare. Eppure non riusciva a essere furioso, non riusciva a esserne arrabbiato: in fondo era proprio l'esatto motivo per il quale l'aveva scelto, era il compito che lui stesso gli aveva assegnato. Solo non si aspettava lo facesse in quel modo, all'improvviso, senza preavviso, quando fino a poche ore prima sembrava che il Principe sperasse segretamente di spingerlo dalla parte opposta, a vivere, a rimanere sulla Terra.
Goku non era arrabbiato nonostante l'artefice di quel gesto fosse in realtà colui che sperava lo proteggesse ancora per un po'; era incredulo ma non riusciva a infuriarsi, non riusciva a odiarlo. Riusciva solo a percepire dentro di sé quella voglia di andare da lui, di guardarlo dritto negli occhi e ritrovare quello sguardo della sera precedente.

 

 

Vegeta guardò il fondo della tazza e appoggiò la fronte tra le mani. Era il quinto caffè che beveva quella notte, nel tentativo disperato di tenersi sveglio. No, non perché avesse paura di addormentarsi, ma perché aveva paura di perdere sé stesso. Non si riconosceva più, non trovava pace.
Troppe sensazioni, troppe emozioni, troppe verità che si stava tenendo nascoste. Dov'era finito il suo raziocinio? Dov'era finito il suo spirito riflessivo? Si era lasciato coinvolgere talmente tanto in quella vicenda che aveva perso il senso della realtà. Aveva avuto paura di qualcosa di assurdo, qualcosa che non sarebbe mai potuto né dovuto accadere neanche in un milione di anni. E per colpa di quella paura aveva quasi rischiato di tornare ad essere un assassino. Ma che follia poteva essere, quella?
Strinse la tazza di caffè e la ruppe tra le mani. La ceramica gli si conficcò nella carne ma lui non fece una piega, né uno scatto di dolore, né un rantolo. Il dolore fisico per lui non rappresentava più alcun problema, ma la sua mente era una vera e propria trappola mortale. Era bastato il ritorno del suo rivale per riportarlo in una condizione instabile.
Non riusciva a smettere di sentire quell'odore, quell'odore che la sera prima l'aveva reso suscettibile, quell'odore da cui non era riuscito a sottrarsi. "Insegnami a essere umano" gli aveva chiesto Kaarot. Ma come poteva farlo, se nemmeno lui riusciva a essere umano al cento per cento?
Vegeta scosse la testa per tirarsi fuori dai suoi stessi pensieri.
Quello del giorno prima era stato un abbraccio, un puro e semplice abbraccio fraterno, stima reciproca. Sulla Terra la chiamavano amicizia. Cosa mai era andato a pensare? Come aveva potuto immaginare che fosse caduto in qualcosa di diverso? Che fossero uniti da qualcosa di... di più?
Il Principe rabbrividì. Gli tornò in mente il corpo di Kaarot martoriato dal suo attacco furioso, tentò di disfarsi di quel ricordo, soprattutto del momento in cui si era reso conto di cosa avesse combinato. La paura di averlo ucciso. La paura di averlo perso... di nuovo.
«AAAAAAAAH!» urlò Vegeta. Lasciò andare la sua rabbia e scagliò i resti della tazza del caffè contro il pavimento.
«Sono appena arrivato e già ti arrabbi così?»
Vegeta sussultò. La voce di Kaarot gli risuonò nelle orecchie, come una sveglia che lo tirò fuori da quell'incubo di riflessioni nelle quali stava affogando.
«Cosa ci fai qui?» gli domandò, con la bocca asciutta. Non si sarebbe affatto aspettato di vederlo tornare, non subito, non dopo quello che gli aveva fatto.
«Beh, sono il tuo coinquilino!» rispose Goku con una risatina.
Un sorriso! Era tornato con un sorriso. Come poteva essere vero?
«Devo ricordarti che oggi pomeriggio ti ho quasi ammazzato?» domandò sarcastico Sua Maestà, furibondo e sorpreso allo stesso tempo dalla reazione così menefreghista dell'uomo appoggiato nella penombra della parete del salotto.
«Lo so, ma non mi importa» rispose Goku. Rimase immobile con le braccia conserte in quella posa così innaturale, così "non da lui", così da Vegeta.
Stava provando a imitarlo, forse? Il Principe trasalì. «Non ti... importa?»
Ma come poteva non odiarlo? Come poteva Kaarot averlo perdonato? Cielo, quell'imbecille era proprio... un imbecille!
«Non mi importa che tu l'abbia fatto. Te l'avevo chiesto io, sapevo che prima o poi avresti dovuto» spiegò Goku. Si staccò dal muro e si avviò verso le finestre aperte per appoggiare i gomiti alla ringhiera in vetro, continuando poi a parlare senza voltarsi. «Però vorrei sapere perché l'hai fatto oggi».

Ecco. Ecco che arrivavano le note dolenti. E cosa avrebbe potuto dirgli, Vegeta, a quel punto? "Ho avuto paura di te", "ho avuto paura di quell'abbraccio e quindi ho pensato bene di risolvere il problema facendoti fuori", "ho paura che ci stiamo avvicinando troppo", "ho paura di quello che sento quando sei vicino a me". Vegeta rabbrividì di nuovo al solo pensiero. Che poi vagliela a spiegare una cosa simile, a quel mentecatto! Probabilmente lui non si stava rendendo conto di un bel niente, probabilmente per lui tutto quello che era successo era normale, ingenuo com'era.
«Volevo vedere se ci sarei riuscito veramente» mentì.
Goku sorrise e scosse la testa, non credette a una singola parola di ciò che Vegeta gli aveva appena detto. No, non poteva essere affatto quello il motivo, ma non avrebbe cavato un ragno dal buco, così fece finta di crederci. Gli restituì il favore. Chissà quante volte - prima di confessargli della Dimora dei Draghi - Vegeta aveva fatto finta di niente, aveva deciso di tacere e non chiedergli nulla. Decise semplicemente di soprassedere, magari prima o poi l'avrebbe scoperto da solo.
«Beh, dai, c'eri quasi. Devi solo migliorare la parte in cui ti penti e tenti il tutto e per tutto per riportarmi in vita» lo provocò Goku. Si voltò per vedere una reazione rabbiosa che però non arrivò.
Il Principe stette zitto e arrossì di vergogna, perché quell'imbecille lo aveva sentito urlare "mi dispiace", lo aveva visto piangere la sua morte, e niente poteva scalfirlo nell'orgoglio più di così. Avrebbe voluto sprofondare fino agli inferi. No, non poteva continuare in quel modo, avrebbe dovuto fare qualcosa per tirarsi fuori da quella conversazione imbarazzante, avrebbe dovuto riportare il loro rapporto a un livello accettabile, porre una distanza e tornare a essere rivali, come all'inizio.
«Quindi devo dedurre che ti avrò ancora tra i piedi, nonostante tutto. E io che quasi speravo che non mi perdonassi» brontolò, ma capì che le sue parole non vennero prese sul serio.
Goku storse la bocca e si lasciò scappare una mezza risata buffa. Osservò Vegeta appoggiare anch'egli i gomiti alla ringhiera in vetro, contemplando la pioggia cadere leggera sulle strade della città.
Cosa gli stava succedendo? Cosa gli passava per la testa? Come mai era così pensieroso? Non che di solito Vegeta fosse un tipo spensierato, certo, ma c'era qualcosa di strano in lui, qualcosa di diverso. Non riusciva a smettere di guardarlo, di contemplarlo, di studiarlo. C'era così tanta perfezione in quei lineamenti da rasentare il divino; l'aura di mistero che lo avvolgeva lo rendeva così affascinante da sfiorare la crudeltà. Goku avrebbe dato qualsiasi cosa per bussare alle porte della sua mente per entrarci violento, divorare ogni singolo pensiero e farlo suo. Era curioso, troppo curioso.
«Non potrei mai non perdonarti, dopo tutto ciò che hai fatto per me» concluse Goku con un sospiro, rivolgendogli poi un sorriso genuino. Vegeta lo vide con la coda dell'occhio e sbuffò.
Fece per replicare, fece per dirgli di smetterla di essere così gentile nei suoi confronti, fece per supplicarlo di finirla con tutte quelle smancerie, ma quando si voltò non riuscì a dire niente, perché in quel momento gli occhi di Goku non erano più gli stessi.
Aveva smesso di piovere. Il cielo aveva cessato di piangere e tra le nuvole opache, splendente e maestosa, la luna piena era tornata a brillare nel cielo.
E Kaarot non era più un essere umano.

 

Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti!
Vi siete spaventati eeeeeh? Pensavate l'avesse ucciso davvero, a un certo punto! XD no, dai, non avrei mai potuto fare una cosa del genere, non ora almeno. C'è da dire che ci è mancato veramente un soffio... cosa diavolo gli è passato per la testa a quel testone del principe?!

Dannazione, qua comunque qualcuno si è dimenticato di avere ancora la coda. O_O beh, che dire, adesso è un gran casino! Sta per trasformarsi in un enorme scimmione, bel modo per non dare nell'occhio -___-''
Vi aspetto domenica prossima con il capitolo 26! Ne vedremo di cotte e di crude!
Eevaa

 

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Capitolo 26
*** Chiaro di luna ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 26 - CHIARO DI LUNA



It’ll all collapse tonight,
the fullmoon is here again
Runaway runaway runaway!
Fullmoon is on the sky
and he’s not a man anymore


Fullmoon: https://www.youtube.com/watch?v=cfI8o_hzaDk
 
 
 

Un battito mancato, altri più forti, accelerati, perfino udibili a orecchio umano. Il petto di Goku iniziò a inarcarsi, a ingrandirsi di più a ogni pulsazione.
Vegeta, con le pupille spalancate, si immobilizzò.
«No» soffiò. Portò entrambe le mani in direzione di quell'uomo che, sino a pochissimi secondi prima, stava parlando come se nulla fosse. «No, no no no! Dannazione!»
La luna. La luna piena era comparsa tra le nuvole come per rimembrare loro l'imperdonabile dimenticanza di appartenere a una specie quasi estinta, un dettaglio del quale nessuno dei due aveva tenuto conto: Goku aveva ancora la coda.
Cosa fare? Vegeta non riuscì a muovere un solo muscolo. Sapeva bene che qualsiasi tentativo di teletrasporto sarebbe stato vano, c'era riuscito una volta sola e aveva avuto ben più tempo per concentrarsi e prepararsi. In quel momento ci sarebbero voluti solo pochi secondi prima che il suo rivale si trasformasse in un'enorme scimmia senza controllo. Erano all'ultimo piano di un palazzo per giunta: avrebbe distrutto tutta la città in pochi istanti. Vegeta era certo ci fosse già un film terrestre con quella trama.
E, come se non bastasse, la forza combattiva di Goku sarebbe aumentata a dismisura, non ci sarebbe stato alcun modo di nasconderla, Gohan e gli altri avrebbero scoperto tutto. Ma, se al contrario, gli avesse reciso la coda, avrebbe senza dubbio minato la sua potenza combattiva, non sarebbe più riuscito a trasformarsi in Super Saiyan di quarto livello chissà per quanto tempo, e magari questo gli avrebbe persino pregiudicato il posto nella Dimora dei Draghi. Vegeta spalancò la bocca. Ci pensò. Ci pensò eccome: in tal caso non sarebbe più dovuto tornare là! Sarebbe potuto rimanere sulla Terra, non avrebbe dovuto ucciderlo, sarebbe rimasto lì. Ma no, non poteva essere così egoista. Non poteva fargli una cosa del genere, quell'imbecille non gliel'avrebbe mai e poi mai perdonato. Era riuscito a perdonargli un tentato omicidio, ma quello no.
I vestiti di Goku iniziarono a strapparsi dalla carne, i denti allineati mutarono, i canini divennero più grandi, i suoi occhi rossi e il viso pulito si sfigurò e si riempì di peli.
Persino distruggere la luna sarebbe stata una mossa poco proficua: i sospetti sarebbero ricaduti senz'altro su di lui e vaglielo a spiegare poi, a tutti gli altri, il reale motivo della sua decisione.
Dannato Kaarot e il suo poco allenamento a controllare la forma Oozaru!
Non c'era più molto tempo. Vegeta avrebbe dovuto prendere una decisione, una decisione che in ogni caso sarebbe stata difficile. Ma il Principe dei Saiyan non era più una persona egoista, non era più colui che per raggiungere i propri scopi rovinava la vita alle altre persone. Era cambiato e, malgrado la cosa da fare fosse la più scomoda per lui, decise di stringere i denti e sopportare. Sopportare l'idea che sì, prima o poi Kaarot se ne sarebbe andato via per sempre.

Si buttò su di lui come un leone sulla preda. Lo prese per le spalle e lo trascinò poi fuori dalla finestra, volando più veloce che riuscì. Tra le braccia percepì il corpo di Kaarot mutare, diventare più grande, iniziare a pesare. Si allontanò il più possibile dalla città, si diresse verso un'isola deserta, una dell'arcipelago oltre la città dell'Ovest. Sperò di riuscirci, strinse più forte l'enorme ibrido umano-scimmia e volò più veloce ancora, lasciandosi poi cadere insieme a lui sulla battigia. Rotolarono appena in tempo prima che compisse la definitiva trasformazione.
Un ringhio. Piedi battuti per terra, pugni giganti contro la cassa toracica. Kaarot era diventato un Oozaru.
Vegeta avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per riportarlo alla calma. Pan ci era riuscita una volta, e Kaarot era stato in grando di farlo con lui durante la battaglia contro Li Shenron.
«KAAROT! SONO IO!» urlò e si parò davanti a lui con le braccia aperte, ottenendo però in risposta solo un sonoro ruggito.
L'Oozaru cercò di colpirlo con un pugno, ma si scansò in tempo per avvertire il forte terremoto provocato dalla sua enorme zampa sul terreno.
«CALMATI, RAZZA DI SCIMMIONE! SO CHE CE LA PUOI FARE! SONO IO, VEG-» gridò ancor più forte, interrotto però da un altro forte boato e una scarica di energia proveniente dalle fauci dell'Oozaru.
«Dannato Kaarot» soffiò Vegeta, percependo la propria gamba bruciare di lato. Sarebbero bastati pochi centimetri più in là perché gliela incenerisse.
Ci tentò ancora, ancora e ancora, ma nessun tentativo andò a buon fine. Goku distrusse quasi tutta l'isola, incenerendola, calpestandola, tentando in ogni modo di uccidere il suo avversario il quale, per fortuna, era diventato abbastanza forte da sopravvivere a un Oozaru.
Vegeta ci tentò con le buone, con le cattive, tentò persino di aggrapparsi alla sua coda e tenerlo buono per un po', ma non riusciva a trattenerlo abbastanza a lungo da stremarlo.
Si odiò per ciò che stava per fare, ma forse era l'unica cosa che rimaneva.
«Torna in te, idiota che non sei altro! Domani dobbiamo ancora allenarci! Ti prometto che ti racconterò quelle patetiche storie che vuoi sempre ascoltare! Devi anche finire di lavarmi i piatti! Che razza di coinquilino sei, eh?!» Lo supplicò da vicino e si aggrappò con entrambe le mani al suo naso, fissandolo dritto negli occhi rossi.
Per un attimo l'Oozaru si fermò, si arrestò, un attimo che sembrò durare in eterno. Ma, in pochi secondi, tornò di nuovo alla carica e scagliò Vegeta a terra con un pugno, schiacciandolo con il piede.
«AH! AAAAARGH! K-Kaarot! Argh!» tentò di urlare Vegeta, contrastando il peso della grossa scimmia, invano. Non sarebbe servito a niente, avrebbe dovuto scagliarlo via con un Final Flash ma sentì le forze venirgli a meno. Pensare di trasformarsi in Super Saiyan era impossibile.
Si sentì soffocare, sentì le costole scricchiolare. "Perfetto" pensò Vegeta ridacchiando tra sé e sé. Stava per morire per mano dell'uomo che aveva cercato di uccidere poche ore prima. Il karma.
«M-mi... mi stai ammazzando!» soffiò. Chiuse gli occhi e cercò di immagazzinare quanta più aria possibile per poter urlare un'ultima volta. «KAAROT, COSÌ MI UCCIDI!»
E l'Oozaru si fermò. Vegeta non seppe come, ma ci era riuscito. Goku arrestò la pressione che stava esercitando con la zampa e la staccò da terra, arretrando goffamente. E poi eccola, una grande nube di fumo dorato lo avvolse insieme a una luce quasi accecante.
Tutto divenne chiaro, limpido come il giorno. Il Principe aprì gli occhi e lo vide tornare in sé, circondato da tutte quelle scintille, assumendo l'aspetto tipico del Super Saiyan di quarto livello.
Goku cadde con le ginocchia al terreno e ansimò, una goccia di sudore si staccò dalla sua fronte per morire sul terreno sabbioso.
«V-Vegeta» balbettò sconvolto. Tornò allo stadio naturale e si avvicinò a carponi. «VEGETA, STAI BENE?!»
Il Principe dei Saiyan ridacchiò e tossì, sdraiato al terreno, poi raggiunse gli occhi scuri del preoccupatissimo idiota che aveva iniziato a scuoterlo.
«Certo che sto bene, pezzo di cretino. Ti pare che mi faccio sconfiggere così facilmente?» rispose Vegeta. Si portò a sedere con fatica, ma venne subito travolto dal corpo di Kaarot.
Goku lo cinse, sollevato dal fatto che stesse bene. Lo strinse forte, a lungo.
Ancora. Di nuovo. Un altro abbraccio, ancora quel contatto fisico che il Principe dei Saiyan aveva voluto evitare come la peste. Eppure Vegeta non si mosse, non si spostò, non lo cacciò ma, al contrario, sorrise. Sorrise come un ebete, per giunta.
Tuttavia quel sorriso si spense nel giro di pochi secondi, proprio nell'istante in cui, tra gli arbusti sopravvissuti al passaggio dell'Oozaru, scorse una manciata di occhi incorniciati di stupore.

 


 

Goku non capì perché Vegeta si fosse staccato così violentemente dal suo abbraccio, tantomeno non comprese il motivo del suo sguardo serio e terrorizzato allo stesso tempo ma, quando si accorse di ciò che fosse successo, si sentì terribilmente stupido per non esserci arrivato subito.
Così imbecille da volersi sotterrare, da voler sparire. Quasi si sentì male perché, a pochi metri da loro, una schiera di persone li stavano scrutando con gli occhi spalancati e, piano piano, volando o con qualche mezzo di trasporto, ne stavano arrivando altre, sempre di più.
Goku li riconobbe tutti, uno ad uno, nonostante fossero passati tanti anni, nonostante il tempo avesse segnato i loro volti. All'inizio aveva scorto solo Trunks, Pan, Goten, Bra e Gohan. Poi arrivò Videl in aereo insieme a un anzianissimo Mr. Satan che faticava a reggersi in piedi. Accorsero Tensing e Riff, Jirobai, poi Dende, poi Ub, persino C18 e infine il maestro Muten con Oscar e Puar.
Ma mentre alcuni di loro – soprattutto coloro che erano arrivati in differita - non si erano fatti alcuna remora ad avvicinarsi a lui esultando e plaudendo al suo ritorno, i suoi figli e sua nipote Pan erano ancora là dietro, immobili e impalliditi.
Vociare, tanto vociare. Goku non riuscì a distinguere nemmeno una frase. Lo acclamarono, lo abbracciarono, alcuni gli domandarono cose ma lui si limitò a sorridere a forza. Cercò con lo sguardo Vegeta, lo vide preoccupato, forse in imbarazzo.
«Ragazzo, mi sembra un miraggio rivederti!» affermò il Genio. Oramai aveva più di quattrocento anni, eppure non era cambiato di una virgola. Beh, certo non poteva sembrare più vecchio di così.
«Eh... eheh. Sì, vero!?» ridacchiò innervosito Goku, poi accolse con una stretta di mano il suo ultimissimo allievo, Ub.
Gli chiesero tante cose, troppe cose, mentre lui in quel momento aveva solo un unico grande pensiero per la testa: cosa avrebbe detto alla sua famiglia?
«Ma che fine avevi fatto, Goku?» domandò Tensing, poggiandogli una mano sulla spalla. «E, soprattutto, ti sembra il modo di tornare? Guarda che disastro!»
Il paesaggio era completamente distrutto, ma non era importante.
Inutile a dirlo, in pochi si accorsero di quanto in realtà Goku fosse strano. Tentò di nascondere le proprie paure e i propri dubbi sotto il sorriso sornione di sempre, ma vi erano persone in quella comitiva che conoscevano Goku come le proprie tasche, e quello sguardo non era da lui. Il Genio delle Tartarughe se ne accorse, in primis.
«Ok, adesso basta con tutte questa domande» intervenne infatti. «Diamo tempo a Goku di parlare con i suoi cari».
Il maestro girò le spalle e scosse la testa. Muten era certo che ci fosse qualcosa che non andava, ma non aveva voluto insistere. La conferma di tutto ciò fu proprio lo sguardo di Vegeta il quale, con le braccia conserte e la mascella serrata, lanciò un'altra manciata di occhiate indecifrabili a Goku. Muten fece finta di niente e richiamò a sé tutti gli altri ex combattenti, i quali salutarono Goku con la promessa di rivedersi presto per raccontarsi tante cose.
Goku era stato spesso evanescente in passato, ma in quel momento più che mai non aveva voglia di raccontare di sé a tutti gli altri. Era stato contento di rivederli, certo, ma cos'altro avrebbe potuto raccontare?

I vecchi guerrieri se ne andarono ignari, semplicemente felici di aver rivisto il loro vecchio amico. Quando uno dopo l'altro scomparvero oltre i confini dell'orizzonte, Goku non riuscì a staccare lo sguardo dalle nuvole velate. Era confuso, spaventato, agitato.
Pan, Gohan e Goten erano ancora immersi nella penombra degli arbusti mentre Bra e Trunks, con la medesima espressione imbronciata, si avvicinarono a loro padre senza fiatare, un po' per allontanarsi il più possibile da Goten, un po' perché era palpabile l'agitazione del Principe dei Saiyan, nonostante stesse facendo di tutto per nasconderla. Anche Videl si avvicinò alla famiglia Brief, lasciando che il marito, la figlia e il cognato sbrigassero da soli quella faccenda che aveva tutta l'aria di essere estremamente delicata.
Goku avrebbe dovuto prendere coraggio, farsi carico delle proprie responsabilità ma, cielo, non riusciva a immaginarsi nulla di più difficile. Per un istante si pentì che Vegeta non l'avesse davvero ucciso quel pomeriggio.
Fu Gohan a fare il primo passo, seguito a sua volta dal fratello minore e Pan, la quale espressione non lasciava spazio ad alcuna speranza di poter dialogare in modo sereno. Goku li guardò e, finalmente, si decise a sfoderare uno dei suoi classici sorrisi buffi, uno di quegli sguardi inebetiti che sperava avrebbe fatto perdere loro ogni sentimento ostile.
«Ciao ragaz-»
«Da quanto?» lo interruppe immediatamente Pan.
Calò il gelo. Un gelo così rigido e pungente da rendere sordo il ticchettio del tempo. Trunks guardò la moglie da poco lontano, riconobbe in quel volto la ragazzina sfrontata di un tempo, la stessa adolescente che molti anni prima l'aveva aiutato nell'impresa di ritrovare le Sfere del Drago malvagie. Riconobbe lo sconforto in quegli occhi, riconobbe la frustrazione e il senso di tristezza lasciatole dal nonno quando se ne era andato via quindici anni prima.
Goku deglutì nel silenzio. Era evidente, oramai, che Pan e i ragazzi avessero capito tutto - molto probabilmente avevano persino visto quell'abbraccio tra lui e Vegeta. Ebbe un fremito, poi cercò di sorridere di nuovo per nascondere il proprio sgomento sotto la solita espressione paciosa.
«Da. Quanto.» ribadì. Il sorriso sul volto di Goku si deformò.
«Non... non so proprio a cosa ti rife-»
«Papà, niente bugie! Abbiamo sentito cosa vi siete detti tu e Vegeta. Abbiamo visto tutto. Cos'è questa storia del coinquilino? Da quanto sei qui?» lo interruppe Gohan con tono più morbido. Pan, al contrario, grugnì e incrociò le braccia al petto.
Gohan era sempre stato buono, gentile, paziente. Soprattutto con lui, nonostante tutte le assenze e tutte le mancanze. Tutto ciò che Goku sperò fu che, anche quella volta, avrebbe saputo perdonarlo.
«Diciannove giorni» svelò infine Goku, conscio del countdown che lo separava invece dalla sua dipartita. Ma fu proprio Vegeta che, nell'udire quelle parole e nel comprendere quanto tempo mancasse, percepì un tremore incontrollabile alle gambe.
Pan spalancò la bocca ma non riuscì a dire niente. Era intollerabile che il suo adorato nonno fosse tornato sulla Terra dopo quindici anni e per quasi tre settimane non l'avesse degnata nemmeno di un saluto.
Trunks guardò allibito suo padre mentre Bra, la quale era a conoscenza del ritorno di Goku, non fece nemmeno finta di dimostrarsi sconvolta. Continuò a guardare la scena con volto inespressivo, quasi vacuo.
«Dic... diciannove giorni?!» domandò Goten, osservando il volto del padre arrossire di vergogna.
«Perché? Perché non ce l'hai detto, papà?» chiese il primogenito. Era chiaro, perfettamente cristallino che l'uomo che si trovavano davanti non fosse più quello che li aveva lasciati anni e anni prima. Goku era diverso, più cupo, più misterioso, nonostante facesse di tutto per nasconderlo.
«Perché... perché è una cosa temporanea» ammise Goku. Avvertì il respiro di tutti arrestarsi in un'apnea di stupore.
Vegeta strinse i pugni, li strinse così forte da farseli sanguinare. Provava rabbia, tanta frustrazione e non riusciva a capire perché non riuscisse a controllarsi. Sentirgli dire che il suo ritorno avesse una scadenza lo fece tremare come se già non lo sapesse, come coloro che ne stavano venendo a conoscenza proprio in quell'istante.
«Vuoi dire che te ne andrai di nuovo?» domandò Goten con un filo di voce, colto da un'improvvisa ventata di tristezza e dispiacere.
«Sì, non sono tornato per restare e per questo non volevo dirvelo, non volevo darvi dispiacere».
«Beh, grazie tante, ma l'hai appena fatto!» commentò la nipote, inacidita.
«Pan...» sussurrò Goku. Si avvicinò a lei per portarle una mano sulla spalla, ma la ragazza si scansò e lo fulminò con lo sguardo.
«Pan un bel niente! Perché a Vegeta lo hai detto e a noi no?» lo canzonò lei, rossa in volto, voltandosi dalla parte della famiglia Brief con occhi iniettati di sangue. Si rivolse dunque direttamente a Sua Maestà. «Ora capisco tutto il mistero delle ultime settimane. Lo stavi nascondendo, dannazione!»
Vegeta non rispose e fece di tutto per non dimostrarsi scortese. Del resto era la madre di suo nipote e, maledizione, non aveva nemmeno tutti i torti a essere furibonda. Rimase zitto, immobile, con gli occhi inquisitori di tutta la famiglia che gli perforavano le membra.
Gohan, invece, si rivolse a suo padre.
«Papà... è da quando siamo piccoli che prendi e te ne vai, poi ritorni, salvi mondo e te ne vai di nuovo. Siamo abituati, oramai. Non c'era bisogno di nascondersi».
Anche Goten annuì, al contrario di Pan la quale, con completo disappunto, sollevò gli occhi al cielo.
«Avresti dovuto dirci la verità e noi l'avremmo accettata, e invece hai scelto di tenerci all'oscuro» rigirò nuovamente il dito nella piaga lei.

«No, non è vero» si intromise Vegeta, senza cambiare espressione, catalizzando di nuovo tutta l'attenzione del gruppo. «Non l'avreste accettata, la verità».
Goku spalancò gli occhi. Perché stava dicendo così? Perché si era messo in mezzo in quella discussione pur di difenderlo? Perché diamine lo stava difendendo?
«Ma papà, cosa dici?» domandò Trunks, allibito. Da quando in qua suo padre si interessava degli affari altrui? Ma, soprattutto, da quando il Principe dei Saiyan prendeva le parti di quello che era sempre stato il suo rivale?
«Posso essere anche d'accordo sul fatto che non avrebbe dovuto nascondersi ma... ma la verità no, non l'accettereste» confermò Sua Maestà, guardando Kaarot dritto negli occhi. No, non l'avrebbe accettata nessuno la triste verità, proprio come non era riuscito a farlo lui stesso.
«E quale sarebbe questa verità?» domandò Goten, sempre più confuso, sempre più a disagio. Già il fatto di avere una semi conversazione nella quale fosse presente anche Vegeta lo rendeva nervoso. Non gli rivolgeva la parola da più da un anno, così come a Bra. E in quel momento erano ambedue lì - e anche con Trunks - a partecipare a quell'inusuale riunione di famiglia.
«Già, papà, cosa sta succedendo?» chiese Gohan, preoccupato. I suoi dubbi stavano diventando certezze: suo padre non era più lo stesso. C'era qualcosa di strano in lui, qualcosa di estremamente differente.
Goku e Vegeta si guardarono come mai nessuno li aveva visti fare. Era chiaro che Sua Maestà sapesse tutto, questo non era sfuggito a nessuno, ma quello sguardo... quello sguardo racchiudeva qualcosa di importante, un segreto così grande da fare quasi paura.


 

Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Niente da fare, ragazzi... l'aura dello scimmione l'hanno sentita tutti, nessuno escluso. Sgamato in pieno!
E Pan... beh, Pan è sempre la solita attaccabrighe, carattere forte e determinato, non credo che la faccia passare liscia! Cosa farà Goku? Dirà tutto oppure riuscirà a mantenere il suo segreto? E Vegeta? Cosa farà Vegeta adesso che è stato colto da tutti mentre nascondeva il suo più acerrimo rivale?
Tralaltro ci è persino mancato poco che lo uccidesse (ah, al posto di star lì a fare i guardoni, i figli vari avrebbero potuto aiutare il principe a liberarsi da quell'oozaru, mannaggia -___-)
A domenica prossima e buon ponte del 1 maggio, per chi lo fa! :)
Eevaa

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Capitolo 27
*** Meglio prima che poi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 27 - MEGLIO PRIMA CHE POI



 

«Lo rivelerà. Lo dirà a tutti».
«Non può essere tanto sciocco».
Sette paia di occhi socchiusi si scrutarono e, uno dopo l'altro, gli individui scossero la testa in segno di disappunto. Al centro della stanza un ologramma, luce bluastra semitrasparente e lui, un uomo dall'aria triste, afflitta, preoccupata. Un uomo dai capelli sbarazzini, il fantasma del ragazzo spensierato e ingenuo di un tempo. Son Goku.
«Lo ha già fatto con l'altro, colui che fu designato al compito» gracchiò una figura bassa dalla pelle rosso ciliegia e due lunghe vibrisse nere. «È solo questione di tempo prima che lo dica anche agli altri».
«Dobbiamo prendere provvedimenti» suggerì Polunga, uno dei draghi antropomorfi più anziani in quella brillante stanza rotonda.
Onyma si sporse in avanti e osservò con le mani congiunte l'ologramma sbiadito. Goku si stava mordendo il labbro, indeciso.
«Non possiamo attendere oltre» incentivò un losco figuro dalla pelle viola e i denti aguzzi come stalattiti.
«Lo avete sentito tutti: Son Goku ha dichiarato che non resterà sulla Terra» insistette ancora una volta Shenron alzandosi in piedi, muovendo le vibrisse nervosamente.
«Non sembra più convinto, oramai» incalzò Polunga.
«Gli abbiamo dato cinquanta giorni. Cinquanta giorni non sono ancora passati!»
«I cinquanta giorni erano una prova, la sua ultima prova» parlò finalmente Onyma. Si adagiò con lentezza allo schienale del suo trono, con le mani conserte e le squame metalliche che vibravano. «Avrebbe potuto scegliere di farsi uccidere immediatamente, ma non lo ha fatto perché è umano, troppo umano».
Shenron schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma non disse niente. Il suo aspetto era differente dal drago che tutti conoscevano come un grosso serpente maestoso. Aveva due braccia, due gambe, il viso allungato e una statura alta e longilinea.
«Ad ogni modo è vero, non sono ancora scaduti i cinquanta giorni e, a meno che Son Goku non riveli a quella marmaglia di umani del nostro mondo, lo osserveremo attentamente. Ha ancora a disposizione trentun giorni per rinunciare alla sua umanità».
«Onyma, Son Goku ha già rivelato a un altro essere umano del nostro mondo» ci tenne a precisare il drago rosso.
«Era necessario perché lo uccidesse, ci aveva chiesto il permesso per designarlo a quel compito e noi l'avevamo accordato» perse la pazienza Shenron nel vedere che nessuno, tranne lui, avesse a cuore le sorti di uno dei migliori combattenti della Dimora dei Draghi.
E poteva ben conoscere il perché: questione di prestigio, questione di prevaricazione, questioni ben lontane dal tempo e dallo spazio che pochi eletti avevano avuto l'onore di sapere. La gerarchia dei draghi.
Immediatamente Onyma mosse un braccio e spostò il focus dell'ologramma. Vegeta, immobile, guardava dritto di fronte a sé con le unghie conficcate nella carne delle mani. Era arrabbiato, affranto, frustrato.
«Il Re dei Saiyan non lo ucciderà, abbiamo già visto che non ne è in grado. Son Goku dovrà trovare un altro modo per morire» constatò il Drago Superiore, socchiudendo gli occhi sanguinari.
«Vegeta non lo farà?» domandò Shenron, confuso.
«No, non lo farà perché...» gracchiò Onyma. Si sporse in avanti per scrutare lo sguardo profondo e i lineamenti appuntiti di Sua Maestà. «Perché, come essere umano, lui prova dei sentimenti».
«Ma cosa ne sarà di lui, allora? Se realmente non dovesse realizzare il compito che Son Goku gli ha affidato?» chiese Shenron, conoscendo in cuor suo già la risposta. Nessuno, a parte esigui umani scelti e le divinità superiori, può apprendere l'esistenza di quel mondo mistico ai confini dell'Aldilà e dell'universo. Un luogo troppo sacro, inviolabile, elevato.
Onyma tacque per un momento, catalizzando l'attenzione e il focus dell'ologramma sul viso di Vegeta.
«Dovremo ucciderlo».

 

 

Goku si sentì come un imputato alla corte di un giudice ma, in quello sfortunato caso, i giudici erano molteplici. Come avrebbe potuto dirgli la verità? Era certo di non volerlo fare ed era certo persino di non poterlo fare. Il luogo in cui era stato era un posto segreto, altolocato, un luogo ove solo le entità potevano avere accesso. I suoi figli non avrebbero potuto capire - o meglio, forse solo Gohan avrebbe potuto comprendere le sue ragioni ma no, non avrebbe mai voluto dargli un tale fardello. Tanto più che Goku non era a conoscenza delle conseguenze che avrebbe comportato rivelare ad altri esseri umani della Dimora dei Draghi. Non sapeva fino a che punto i draghi fossero fiscali sulla questione della segretezza.
Avrebbe potuto mentire, avrebbe potuto rimanere sul vago, ma non era mai stato bravo in quelle cose. Si sarebbe fatto scoprire immediatamente, soprattutto al cospetto di una donna perspicacie e furba come sua nipote Pan. Forse avrebbe dovuto costruirsi un alibi o una storia migliore, aveva avuto ben diciannove giorni per pensarci e invece... invece era lì, imbambolato come uno stoccafisso a ponderare sul vuoto cosmico.
Panico. Respiro veloce, sempre più veloce, gli occhi di Vegeta incatenati ai suoi. Pregò il cielo che avesse una cartuccia pronta per l'occasione, che lo tirasse fuori dall'acqua proprio nel momento in cui stava per annegare, che lo proteggesse un'altra volta. Ma Vegeta non parlò, non ci riuscì e non per cattiveria, non perché non volesse farlo, ma perché era immobilizzato tanto quanto lui.
Era stato complice di quella farsa per diciannove giorni, e per diciannove giorni aveva retto quel gioco, quel segreto, macchiandosi anch'egli di una parte di quella colpa.
«La verità, nonno. Dicci la verità» gli intimò di nuovo Pan, avvicinandosi a lui con il viso minaccioso. «Perché te ne devi andare via di nuovo?»
«Io...» balbettò Goku sforzandosi di sorridere, ma era come se la forza di gravità pesasse sulle sue guance. «Io non posso rivelarvelo, mi dispiace».
«E ALLORA NON HO PIÙ NIENTE DA DIRTI, DANNAZIONE!» gridò lei, scoppiando in lacrime.
Urlò di rabbia e, illuminandosi come una torcia, scappò in volo nel buio della notte.
Trunks lanciò un'occhiata di sconforto al padre e a Goku, poi la seguì insieme a Videl e Bra.

Gohan guardò suo padre con un mezzo sorriso, ma dentro di sé provava un infinito ingarbuglio di incertezze.
«Dalle tempo, si calmerà: sai com'è fatta».
«Non è cambiata...» constatò Goku. Pan era sempre stata una bambina e una ragazzina testarda e cocciuta ma, nonostante ciò, Goku l'adorava. L'aveva accudita come se fosse figlia sua, le aveva insegnato a combattere, le aveva insegnato un sacco di cose. Era permalosa, irascibile, ma incredibilmente buona e fedele.
Goku ricordò quei tempi e avvertì una stretta al cuore: vederla così cresciuta lo fece sentire terribilmente in colpa. Si era perso così tante cose, così tante avventure, così tante emozioni. Era diventata una donna, una moglie, una madre, e lui ne sapeva poco o niente. Aveva ragione a essere arrabbiata, ma sperò con tutto se stesso che potesse perdonarlo, un giorno.
«Papà... perché non puoi dirci nulla?» insistette Goten. Non era arrabbiato, non lo era nemmeno Gohan.
Erano più che altro sconcertati, confusi, e forse un poco delusi del fatto che il padre non avesse detto loro nulla del suo ritorno.
«Non posso... dico davvero... non... non ora...» balbettò di nuovo Goku, assalito dal senso di colpa, dal panico. «Scusatemi, ho bisogno di stare solo».
Concluse così l'udienza, decretando una condanna per sé stesso, la condanna di essere odiato dalla sua stessa famiglia. Cosa avrebbero potuto pensare, del resto? Si era finalmente fatto vivo dopo quindici anni con un mare di segreti alle spalle, e ora se ne stava andando di nuovo, senza domandare nulla, senza dire nulla, senza interessarsi a loro e alle loro vite.
Gohan lo guardò allontanarsi in volo, sfrecciare nella notte come un fulmine alla volta del manto celeste. Abbassò lo sguardo, triste come il suo fratello minore che, digrignando i denti, tentò in tutti i modi di non cedere alla rabbia.
Vegeta era ancora lì. Li guardò entrambi, forse impietosito, forse ancor più confuso di loro e, nonostante provasse un sentimento di repulsione nei confronti di uno dei due, in quel momento si dimenticò l'accaduto dell'anno precedente.
Goten in quel momento era solo Goten - non l'idiota senza spina dorsale che aveva lasciato sua figlia quasi all'altare. In quell'istante lo riconobbe come quel bambino che aveva cresciuto come suo, nei suoi occhi vide lo stesso sguardo triste e arrabbiato di quel piccolo combattente che, quando Vegeta aveva scelto di sacrificarsi contro Majin Bu, aveva difeso Trunks. "Cattivo, sei cattivo" gli aveva detto, prima di essere anch'egli colpito da Sua Maestà. Riconobbe la sua determinazione, la sua bontà d'animo e un po' gli mancarono quei tempi, i tempi in cui Goten e Trunks erano migliori amici, i tempi in cui andavano in giro a combinare guai e i tempi in cui, da adolescenti, ne combinavano forse anche di più. Guardò Goten e provò rabbia per ciò che aveva combinato, per la delusione che gli aveva arrecato, ma provò anche compassione perché, in quel momento, non riuscì a fare altrimenti.
«Immagino che dovremo portare pazienza». Gohan posò una mano sulla spalla del fratello, che annuì silenzioso.
Il Principe dei Saiyan si stupì della loro infinita tenacia e per un attimo fu fiero di loro. Li guardò ancora per un attimo e poi, salutandoli con un cenno del capo, sparì anch'egli nel buio della notte.

 

 

Le tre e mezza del mattino erano silenziose e dolci come la pausa prima della ripresa di un concerto. La città dormiente era popolata solo da qualche ubriaco barcollante per le strade, mentre i panettieri, indaffarati, infornavano le pagnotte nei forni a legna. Poche macchine, qualche autobus notturno con dei ragazzetti fuggitivi e qualche timido topolino alla ricerca di briciole sui marciapiedi.
Vegeta camminava piano, calciando di tanto in tanto qualche cartaccia appallottolata che era in attesa di essere raccolta dai netturbini. Il quartiere intorno al suo palazzo non era così raccomandabile ma, per uno come lui, non c'era proprio nulla da temere. Un barbone a lato della strada tentò di chiedergli qualcosa, ma Vegeta lo ignorò e proseguì il suo cammino alla ricerca del coraggio. Sì, il coraggio di tornare a casa e trovarvici dentro un uomo alle prese con il senso di colpa, con i suoi pensieri, le sue paranoie, probabilmente la sua ansia. Non sapeva se era pronto a sorbirsi tutta quella tiritera di chiacchiere e non sapeva nemmeno cosa avrebbe potuto dirgli, quella volta, per poter porre fine alle sue mille incertezze.
"Questo è il colmo" pensò tra sé e sé Sua Maestà. Chiuso fuori dal suo stesso appartamento, per cosa poi? Per chi? Per colpa di quell'idiota. Per colpa di quell'imbecille che non si era ricordato di avere una coda, dannazione! Lo sapeva da settant'anni suonati che la coda per un Saiyan con la luna piena rappresenta un pericolo non indifferente.

Vegeta scosse la testa e sospirò. Eccolo: eccolo il coraggio che cercava. Avrebbe fatto irruzione in casa e lo avrebbe rimproverato com'era solito fare. Avrebbe rotto il ghiaccio così.
Tuttavia, non appena varcò la soglia di casa, non riuscì a dire niente. Non riuscì a proferire parola perché lo sguardo di Kaarot lo penetrò fino in fondo alla corteccia cerebrale, perché quegli occhi neri lo rapirono in un attimo senza tempo.
Gli tornò in mente tutto, gli tornò in mente il suo odore, gli tornò alla mente il suo abbraccio poco prima di venire scoperti da tutto il parentado, gli tornò in mente il sorriso ebete che si era fatto largo sul suo viso nel momento in cui, appoggiato alla sua spalla, si era sentito per un attimo sereno.
«Finalmente sei arrivato» disse Goku, alzandosi in piedi, lasciandosi il divano alle spalle. Sembrava stravolto, sconvolto, ma realmente sollevato dalla sua presenza.
«Hai detto che avevi bisogno di stare solo».
Vegeta si avvicinò con estrema riluttanza e si appoggiò con una spalla al muro bianco del corridoio d'ingresso. E in effetti come biasimarlo, se avesse voluto realmente stare solo! Quel giorno Kaarot aveva rischiato di essere ammazzato – per mano sua, peraltro – si era trasformato in una scimmia gigante a causa della quale tutta la sua famiglia aveva scoperto del suo ritorno, era stato insultato da sua nipote e aveva profondamente deluso i suoi figli. Non una giornata facile, no di certo. O meglio, sarebbe stata anche una cosa da niente per il vecchio Kaarot, l'idiota di un tempo, ma non per lui, non per l'idiota di quel giorno.
«"Non sono solo in tutto questo, lo vuoi capire, razza di testa bacata? Oramai il danno l'ho fatto!"» disse Goku, imitando la voce del Principe in una frase che molti giorni prima gli aveva rivolto.
«Tsk».
Già, non era affatto solo. Goku non lo era mai stato, non per quei diciannove giorni sulla Terra. Vegeta era sempre stato con lui, l'aveva sempre aiutato e, nonostante avesse fatto fatica a dimostrarglielo, era sempre stato pronto a tirarlo fuori dalle ceneri.
«Beh, ad ogni caso ti hanno già perdonato, se può interessarti. Non sono arrabbiati con te» commentò schivo il Principe. Avanzò verso di lui e gli passò accanto, poi si avviò verso la camera.
Vegeta poggiò una mano sulla maniglia della porta e, chiudendo gli occhi, si ricordò tante cose, troppe cose che erano successe dal giorno in cui quel decerebrato era piombato come un macigno della sua vita, quindici anni dopo la sua scomparsa.
Goku spalancò la bocca, sorpreso. Davvero i suoi figli l'avrebbero accolto di nuovo nelle loro vite sapendo che sarebbe stato un ritorno con scadenza? Davvero gli avevano già perdonato quei diciannove giorni di perverso nascondino?
«Sei libero di andartene, ora. Puoi tornare a casa» gracchiò Vegeta, tentando in tutti i modi di conservare il tono duro e acido di un tempo. Fortunatamente era girato di spalle, altrimenti si sarebbe potuta scorgere nella sua mimica facciale quella titubanza di cui tanto si vergognava. Colse la palla al balzo: sapeva che avrebbe dovuto davvero liberarsi di lui prima che fosse troppo tardi. Forse tentare di ucciderlo era stato un gesto sin troppo esagerato, ma quale migliore occasione se non quella di levarselo di torno? Era il momento giusto, avrebbe dovuto agire e tirarsi fuori da quella situazione, e per farlo avrebbe dovuto rincarare la dose. «Finalmente, oserei dire. Mi sono proprio scocciato di averti tra i piedi ogni ora del giorno. Ho bisogno dei miei spazi, in casa mia».
Bugia. Era una sporca bugia, ma non lo avrebbe mai ammesso. Cielo, quanto si detestava.
Goku si irrigidì come se gli avessero appena versato dell'acqua gelida addosso. A casa? Tornare a casa? Non sapeva nemmeno dove fosse, oramai, casa sua. Vegeta lo stava invitando ad andarsene via. Lo stava cacciando da quello che era stato il suo porto sicuro, il luogo in cui aveva potuto piangere, aveva potuto respirare, aveva potuto confrontarsi con lui e riflettere. Per un attimo si sentì perso, vuoto, confuso ma, dopo aver percepito sulla propria pelle quella sensazione di smarrimento, Goku iniziò a pensare. Forse sarebbe stato addirittura meglio così, forse era proprio ciò di cui avevano bisogno entrambi, staccarsi, mettere la parola fine a quell'improbabile convivenza che - in ogni caso - sarebbe dovuta terminare. Meglio prima che poi, insomma, o sarebbe diventato davvero troppo difficile.

Probabilmente il Principe dei Saiyan non sarebbe mai riuscito a portare a termine il compito che gli era stato assegnato, se fosse rimasto troppo a stretto contatto con lui. Forse erano troppo vicini, forse quella di allontanarsi sarebbe stata l'idea migliore per fare in modo che Vegeta perseguisse l'obiettivo imposto. E forse era giunto il momento di smettere di approfittarsene della sua ospitalità.
Eppure Goku, nonostante stesse cercando nei meandri della sua mente mille buoni motivi per i quali sarebbe stato meglio andarsene, non poteva fare a meno di pensare che "casa" non fosse da nessun'altra parte se non lì.
Certo, i suoi figli avrebbero gradito la sua presenza, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Avrebbe potuto approfittare dei giorni che gli rimanevano sulla Terra per starsene con loro, con i suoi nipoti, ma il solo pensiero di andarsene di lì gli faceva percepire i piedi pesanti come macigni. Che cosa sciocca, che pensiero inutile! Magari Vegeta si era scocciato di averlo intorno. Goku avvertì una stretta a livello dello stomaco.
Non disse nulla, si limitò a fissare con aria assente le spalle larghe di Vegeta. Avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto dirgli "no, voglio rimanere qua", avrebbe voluto cercare di nuovo le sue braccia per sentirsi sereno, avrebbe voluto provare un'altra volta quella sensazione sconosciuta e piacevole che avvertiva nell'annusare i suoi capelli, ma Goku non riuscì a proferire parola e, con una smorfia di dolore disegnata sul viso, lo vide sparire chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

Sua Maestà non dormì quella notte - o meglio quelle poche ore che rimanevano alle prime luci dell'alba. Rimase seduto appoggiato all'armadio con le mani incrociate e la testa rivolta all'indietro, perdendosi nel bianco soffitto come se questo fosse il telo di un proiettore. Vide di tutto, sopra di sé. Ripensò al nulla e all'infinito, alla luce e all'oscurità, alle due facce della stessa medaglia custodite nel suo carattere, al presente, al futuro, al passato. Non ricordò, però, l'ultima volta che era stato così confuso. Forse non lo era mai stato, forse quel sentimento di odio che provava verso se stesso era un sentimento del tutto nuovo. Detestava il vile che era stato in passato ma almeno, a quel tempo, gli era sembrato di fare la cosa giusta. Invece - allo stato attuale -ogni azione, ogni pensiero che gli passava per la testa gli sembrava tremendamente sbagliato. Cos'erano tutti quei dubbi, tutti quei sentimentalismi? Pensò a suo padre: l'avrebbe ammazzato con le sue stesse mani se avesse scoperto ciò che attanagliava la sua mente.

Kaarot, dannato Kaarot. Desiderò che fosse rimasto dov'era, che non fosse mai tornato. In diciannove giorni aveva disintegrato tutte le sue certezze, tutto il suo essere. Si sentì stupido.
Il Principe si alzò in piedi con malavoglia, trascinandosi in direzione dello specchio. Si appoggiò alla cassettiera e fissò quel riflesso marmoreo, si guardò e serrò la mandibola. Occhiaie profonde solcavano il suo viso. Avrebbe voluto romperlo, quello specchio, come se così facendo avrebbe rotto quel pezzo di sé che tanto odiava.
Sospirò e prese finalmente coraggio. Si diresse verso la porta bianca con andatura funebre, la aprì e, con incertezza, si guardò intorno. In quell'attimo il suo cuore sobbalzò.
L'attimo in cui capì che Kaarot se ne era andato per davvero.

 

 

Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti miei fedeli lettori/lettrici! Finalmente è domenica e sto riuscendo a rispondere alle vostre recensioni e commenti... volevo scusarmi ancora una volta con voi se non riesco ad essere puntuale con le risposte ma sono davvero impegnata durante la settimana! Mi impegnerò di più per non arrivare all'ultimo, promesso! Colgo anche l'occasione per ringraziare tutti voi che puntualmente mi scrivete, mi fa davvero un sacco piacere. Grazie anche a tutti quelli che leggono in silenzio :) non siate timorosi, datemi pure un giudizio anche se non totalmente positivo, non mi offendo! 
Ad ogni modo... siamo arrivati ad un punto di rottura! Mannaggia, adesso che le cose sembravano andare bene tra di loro... SBAM! Si allontanano di nuovo T_T ma cosa dobbiamo fare con questi due?! 
Come già ho anicipato nella prima parte di questo capitolo le cose non si mettono tanto bene nemmeno per la loro incolumità... qui c'è qualche draghetto permaloso che sta meditando qualcosa di brutto! Se Vegeta non dovesse realmente riuscire ad uccidere Goku beh, sono "uccelli per diabetici", come si suol dire O_O
Vi avverto che i prossimi capitoli saranno un poco più lunghi e, finalmente, si scoprirà meglio cosa ha combinato Goku per i quindici anni di assenza, avrete modo di sapere di più sulla Dimora dei Draghi e di tutto ciò che ne consegue. Siete curiosi?
Vi mando un abbraccio e a prestissimo!
Eevaa

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Capitolo 28
*** Come se nulla fosse accaduto ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 28 - COME SE NULLA FOSSE ACCADUTO


Colazione completa. Riso bollito non salato, tè verde, dorayaki fatti in casa. Goku guardò la tavola imbandita con occhi sgranati, poi prese porzioni abbondanti senza fare troppi complimenti.
Videl sorrise, guardando poi il marito compiacersi a sua volta per il fatto che l'appetito di Goku fosse rimasto lo stesso di quindici anni prima.
La piccola Siya Chichi, tenuta in braccio dalla madre Marron, fece un versetto strano. Aggrottò la fronte sembrò quasi allungare le piccole manine in direzione del bisnonno.
«No, tesoro, sei ancora troppo piccola per mangiare queste cose» le rammentò Goten.
Porse alla compagna un biberon con del latte che permise di tenere buona quella bambina di appena pochi giorni, onde evitare che iniziasse a piangere senza mai più fermarsi.
«È tutto molto buono, Videl! Mi era mancato il cibo fatto in casa!» commentò Goku, con in bocca un tortino di riso, sputacchiandone dei pezzetti sulla tavola.
Erano anni che non assaporava una colazione tanto gustosa. Chichi era solita fargli trovare la tavola imbandita ogni mattina, ogni pranzo e ogni sera, ed era una di quelle cose che gli erano sempre mancate di lei nella Dimora dei Draghi. Triste pensare che di sua moglie gli fosse mancato solo quello, sì.
Era molto grato a Videl di avergli fatto ricordare quei momenti felici ma, se da un lato lo stomaco era appagato da cotanto ben di Kami, dall'altro era più che evidente che la sua mente stesse vagando altrove. Nelle ultime tre settimane le sue giornate erano iniziate con un bicchiere di latte, qualche biscotto o merendina confezionata, poi dritto dritto ad allenarsi nel mondo dei Kaiohshin. Non si poteva certo dire che Vegeta fosse un bravo cuoco - o meglio non c'era mai stata l'occasione perché gli dimostrasse qualche dote culinaria - ma era andata benissimo così.
In quel momento invece si trovava lì, circondato da sguardi famigliari e piatti vuoti. E poi? E poi cosa sarebbe accaduto? Avrebbe dovuto rimanere lì a fingere che il tempo non fosse passato? A rinnegare tutto ciò che era successo? A nascondere dettagli della sua vita negli ultimi quindici anni come se nulla fosse accaduto? Probabilmente avrebbe dovuto fare il bravo padre, il bravo nonno, fare una gita con la propria famiglia, sorridere e ascoltare. Cosa avrebbe potuto fare, del resto? Proporre a Gohan e Goten di andare ad allenarsi? No, cosa diamine andava a pensare! Oramai i suoi figli non combattevano più da anni, lo si percepiva dalla loro forza combattiva a riposo.
Certo, sarebbe stato piacevole godersi tutte quelle piccole attenzioni per quel giorno, il giorno dopo, forse anche una settimana... ma poi? Il solo pensiero fece diventare ingombrante la parte aliena di sé, il suo spirito Saiyan. Non era un umano, del resto. Non era fatto per tutte quelle cose, non poteva vivere solo la vita di un terrestre, non sempre, almeno. Ed era proprio quello che gli piaceva dell'essere coinquilino del Principe della sua specie: non era costretto a fingere, non era costretto a trattenersi. Sapeva che, ogni giorno o quasi, ci sarebbero state nuove sfide con lui.
Tuttavia gli era chiaro che Vegeta fosse un tipo solitario, che avesse bisogno dei suoi spazi, che avesse bisogno di starsene per i fatti suoi. Per quel motivo a Goku risultò ben evidente la ragione per la quale sarebbe dovuto tornare da dov'era venuto, nella Dimora dei Draghi, e vivere come un combattente per l'eternità.
Per far ciò, però, avrebbe dovuto rinunciare a tutti i suoi aspetti deliziosamente umani; aspetti che, forse, non era sicuro di essere pronto a lasciare andare. Insomma, la confusione regnava dentro di lui, e nessuno sarebbe riuscito a portargliela via. Nessuno. O meglio, qualcuno c'era, ma non sembrava più disposto ad aiutarlo.

Goku scoprì tante nuove cose, quel giorno, racconti e storie che gli fecero bene al cuore e lo fecero rasserenare e ridere. Gohan era diventato un famoso docente universitario, un ricercatore rinomato, aveva inseguito il suo sogno di diventare uno studioso e ce l'aveva fatta. Chichi era stata orgogliosa di lui fino alla fine.
Goten, invece, cambiava strada almeno una volta ogni due anni: aveva provato a iscriversi all'università con scarso successo, quindi aveva deciso di insegnare arti marziali nella palestra di Mr. Satan ma - data la poca pazienza ad allenare persone con un'Aura troppo bassa - aveva cambiato di nuovo rotta e aveva deciso insieme a Bra di occuparsi della parte pubblicitaria della Capsule Corporation. Ovviamente la cosa aveva iniziato ad annoiarlo talmente presto da costringerlo a tornare a studiare, ancora con scarso successo. Aveva provato a fare il poliziotto quando Crilin era andato in pensione, poi aveva intrapreso la carriera sportiva in atletica leggera ma, dopo aver vinto tutti i concorsi e persino le olimpiadi, la cosa lo aveva annoiato. Infine, da qualche anno a quella parte, aveva scoperto la passione per la fotografia e il giornalismo, diventando un influenzatore - così Goku ricordava si dicesse - scattando istantanee urbane e pubblicandole sui social media per monetizzare, scrivendo recensioni di luoghi pubblici su un blog.
Goku non aveva capito assolutamente niente di quell'ultima professione, ma era stato felice di sentire che le cose stessero andando bene, soprattutto per il fatto che Goten fosse diventato padre e che quindi avesse deciso di "mettere la testa a posto". Non che Goku fosse la persona più indicata per fare raccomandazioni di quel tipo, naturalmente - dato che essere padre e marito non gli aveva fatto mettere la testa a posto proprio per nulla.


 

«Più preciso! Di qua!» ordinò Vegeta, schivando prima un colpo e poi l'altro, parandosi con le mani all'arrivo di una terza piccola sfera di energia. «Bene!»
«Sono tanco, nonno» si lamentò Goku Jr. Si sedette con le gambe incrociate sul pavimento e sbadigliò sonoramente.
Il Principe lo squadrò con espressione dura, poi allentò la tensione. Si ricordò che il suo nipotino avesse solo poco più di due anni e, dopo tre ore di allenamento, era più che comprensibile che fosse stanco.
«Ok, riposo» disse, guardando l'orologio al polso: di lì a poco sarebbe anche stata ora di cena.
Era stato in casa tutto il giorno, Vegeta, seduto sul divano a far niente come un perfetto imbecille fino a quando, chissà per quale motivo, si era tirato in piedi e aveva deciso di tirarsi fuori da quella situazione. Aveva passato momenti ben peggiori, diamine, non poteva farsi sopraffare dagli eventi di quei giorni! Si trattava solo di Kaarot, di un idiota di terza classe, del suo rivale e, per quanto potessero essere diventati amici, non avrebbe mai dovuto farsi sommergere così dai suoi problemi.
L'aveva solo ospitato per tre settimane, e se ne era finalmente andato a starsene dalla sua famiglia - cosa che avrebbe dovuto fare dall'inizio. Punto.
Aveva pensato che fosse stato sciocco a farsi coinvolgere, provare tutta quella confusione. Avrebbe dovuto smettere di pensarci e così, quel pomeriggio, Vegeta aveva deciso che sarebbe dovuto tornare tutto come prima.
Si era recato alla Capsule Corporation com'era solito fare, aveva combattuto con suo nipote, avrebbe trascorso la serata lì e soprattutto anche la notte, come faceva di consuetudine prima di quei dannati venti giorni appena trascorsi. Non sarebbe ritornato nel suo appartamento e non lo avrebbe fatto fino a data da destinarsi.
Come se nulla fosse accaduto.
Certo, sarebbe stato tutto molto più semplice se quella sera, a cena, sua nuora Pan non gli avesse tenuto il broncio come se avesse commesso un reato. E se suo figlio non lo avesse guardato tutto il tempo con gli occhi di chi giudica. Persino Bra, che di solito non teneva la bocca chiusa nemmeno un secondo, era stata silenziosa. L'unico che sembrava non essersi accorto di nulla era il piccolo Goku Jr il quale, felice della presenza del nonno, lo aveva deliziato con qualche frase assurda e buffa facendolo sentire molto meno a disagio.
Ma ben presto, quando Vegeta uscì dalla cameretta del nipote dopo averlo messo a letto – ammonendolo per la resistenza e i capricci per mettersi il pigiama – si ritrovò in una situazione tutt'altro che piacevole. Avrebbe voluto solo prendersi un bicchiere d'acqua e andare a dormire e, invece, si ritrovò dentro con entrambe le scarpe in una conversazione alla quale avrebbe voluto fare a meno di partecipare.
Pan interruppe il discorso nel momento in cui Vegeta entrò in cucina, guardandolo stizzita finché Trunks non iniziò a parlare.
«Non possiamo tenerglielo nascosto! È il suo bisnonno! Goku Jr dovrebbe incontrarlo, almeno una volta».
Vegeta alzò gli occhi al cielo. Non aveva alcuna voglia di parlare di Kaarot.
«Che cosa?! È lui che si è tenuto nascosto da noi, Trunks!» insistette Pan, portandosi le mani sui fianchi. «E se non fosse stato per la luna piena non si sarebbe certo fatto vivo! Sarebbe stato ancora per chissà quanto a farsi gli affari suoi con lui».
Pan fece un segno del capo nella direzione del Principe, il quale si irrigidì. Avrebbe voluto fuggire da quella stanza seduta stante e, per un attimo, pensò di farlo. Per un istante pensò persino di staccare la testa dal collo alla moglie di suo figlio, ma si trattenne.
«Lo sai com'è fatto Goku, Pan. È sempre stato così» cercò di tranquillizzarla Trunks. Goku era sempre stato un tipo molto evanescente quando si trattava di famiglia. Del resto, molti anni prima, lo avevano visto sparire con Ub per più di cinque anni solo per allenarsi, ed era tornato da loro con le fattezze di un bambino.
«Non è una giustificazione! E soprattutto ok, so com'è fatto lui, ma da te, Vegeta, proprio non me l'aspettavo».
Sua Maestà serrò la mascella. Lo aveva tirato in mezzo e si era rivolta a lui con un tono troppo irrispettoso per i suoi gusti. Anche se in fondo aveva ragione.
«Tsk! Non prendertela con me per l'irresponsabilità di quell'idiota di tuo nonno» si difese Vegeta, stizzito.
«Mi pare che l'idiota di mio nonno non sia stato da solo in questi giorni» lo provocò Pan, avvicinandosi a lui con aria di sfida.
«Non ti permettere!» la minacciò Vegeta. Strinse troppo forte il bicchiere che aveva in mano, infrangendolo in mille pezzi. Entrambi si ringhiarono in faccia, scoprendo i denti.
«BASTA!» urlò Trunks. Si frappose tra i due litiganti e li allontanò con le mani. «Ma cosa diavolo state facendo?»
I due sussultarono e, dopo un momento di esitazione, allentarono la tensione. Pan guardò Vegeta con aria sconvolta e, sentendo le proprie gambe tremare, si accasciò sulla sedia. Lei e Vegeta avevano sempre avuto un rapporto di stima reciproca, nonostante non avessero grandi cose in comune si erano portati gran rispetto l'un l'altra. Quella sera, però, lei era troppo confusa, stroppo sconvolta per poter ragionare a mente lucida. Stava per attaccarlo, stava per affrontarlo nonostante fossero in netta disparità di forza. Stava per mancare di rispetto a suo suocero, a un uomo che sapeva benissimo essere la persona più degna di rispetto che conoscesse.
«Non... non volevo» balbettò Pan, con un sospiro.
«Nemmeno io. Dimentichiamoci di quello che è appena accaduto» tagliò Vegeta, voltandosi di spalle. Uscì dalla stanza con sguardo severo e un senso di colpa che gli premeva sul torace.
«Papà...» sussurrò Trunks, cercando di inseguirlo.
«Perdonalo se puoi, Pan» disse infine il Principe senza voltarsi indietro, riferendosi a Kaarot. «Ma io non ne voglio sapere più nulla. Lasciatemi fuori da questa storia e da questi piagnistei. Non sono il vostro psicologo».
No, non lo era affatto. E l'ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento sarebbe stato parlare di lui. Basta Kaarot, basta tutto. Da quell'istante, per lui, Kaarot non era mai tornato.


 

[Goku Jr, fanart realizzata da Giosuè Graci]

Una smorfia, una boccaccia, poi una pernacchia. Si sentì parecchio stupido, Goku, ma la sua nipotina sembrava quasi sorridere. Erano passati due giorni dal suo ritorno a casa e già era stato assunto come babysitter pomeridiano. Goku prese più forte Siya, la sollevò sopra la testa e fece finta di farla volare, domandandosi poi se anch'ella avrebbe potuto prima o poi apprendere quell'abilità. Marron non possedeva un gran potenziale come combattente, nonostante la madre fosse una delle guerriere più forti che avesse mai incontrato e Crilin... Crilin anche, nonostante tutto. Goten oramai erano anni e anni che teneva segregato il suo vero spirito combattivo, Goku poteva percepirlo dal suo Ki assopito.
Goku guardò negli occhi la bambina dagli occhi scuri e la girò più volte, poi spiò all'interno del body rosato: non aveva la coda. Nonostante fosse almeno per un quarto Saiyan non aveva ereditato quella caratteristica, a differenza del piccolo Goku Jr il quale, nonostante fosse geneticamente meno vicino ai Saiyan di lei, possedeva la coda. Pan aveva la coda, gliel'avevano tagliata alla nascita. Chissà perché Siya no. Goku inarcò un sopracciglio e fece spallucce, iniziando di nuovo a giocare con la piccola. Era talmente immerso nei propri pensieri che non si era nemmeno accorto che, fuori da quella stanza, dei sussurri si stavano facendo sempre più vicini.
Solamente quando una grande mano bussò alla porta, Goku si accorse della presenza di qualcuno, qualcuno che non si sarebbe certo aspettato di vedere entrare. E invece si sbagliava: erano lì, erano lì tutti e tre. Pan, Trunks e il loro bambino, quel bambino che aveva visto qualche settimana prima fuori dalla finestra dell'appartamento di Vegeta.
«P-Pan!» sussurrò Goku, a bocca asciutta, sorpreso di vederla lì. Lei sorrise nervosamente e poi sospinse il bambino in direzione del nonno.
Cielo, Goku Jr era identico a Vegeta! O forse era identico a lui stesso, solo con gli occhi azzurri di Trunks, gli occhi di Bulma.
O forse... ecco! Era esattamente uguale alla fusione tra lui e Vegeta: Gogeta.
Il bimbo corrugò le sopracciglia e lo guardò storto. Molto, molto Vegeta.
«Ciao, Goku Jr» lo salutò Goku, alzandosi in piedi e porgendo la piccola Siya tra le braccia di Goten.
«Tu sei l'idaulico?» domandò lui innocente, continuando a osservarlo con fare circospetto.
Goku non capì, e nemmeno Pan e Trunks, i quali si guardarono interrogativi. Gohan e Videl invece sì, capirono: quel giorno in cui lo aveva quasi scoperto a casa di Vegeta, infatti, era tornato a casa dei nonni materni e lo stesso Vegeta gli aveva raccontato che Goku fosse in realtà l'idraulico.
«No, Goku Jr, io sono il tuo bisnonno. Mi chiamo come te, sai?»
Goku si inginocchiò per guardare il nipotino negli occhi. Lui rispose allo sguardo, confuso.
«Sei il papà di nonno Vegeta?» chiese, riluttante.
Tutti risero. Anche Goku rise. Il papà di Vegeta! Quella era proprio buffa!
«No, sono il papà di nonno Gohan e del tuo prozio Goten. Sì, lo so che è difficile, anche io ogni tanto faccio confusione con i gradi di parentela. Anzi, faccio confusione e basta!»
«Io ho capito» rispose lui, incrociando le braccia in un'espressione del tutto simile a quella di Vegeta. Lo guardò a lungo, e questo rese Goku irrequieto. Il piccolo lo studiò, lo osservò, poi si convinse. «Sei un Saiyan, popio come me».
Goku annuì e sorrise, muovendo poi la coda proprio di fronte al suo naso. Anche il bambino lo fece, poi sorrise a sua volta e tentò di afferrargliela.
Tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo, sorridendo alla vista di quella scena buffa e tenera allo stesso tempo. Inutile dire che i due Goku trovarono presto il modo di recuperare il tempo perduto, iniziando un piccolo duello scherzoso che si interruppe solo quando Videl annunciò di aver preparato il tè. Tutti i presenti corsero in salotto per divorare grossi quantitativi di biscotti fatti in casa.
Nella stanza rimasero solo Pan e Goku i quali, imbarazzati, si guardarono per qualche secondo prima che, inaspettatamente, la donna gli si buttò tra le braccia con le lacrime agli occhi.
«Mi sei mancato tanto, nonno!» ammise, stringendolo più forte. Era una ragazzina quando se ne era andato, era stato sempre il suo punto di riferimento e da un giorno all'altro era andato via, era partito per chissà dove e non aveva fatto più ritorno per quindici lunghissimi anni.
«Dai, Pan... non sono stato via così tanto. Non hai ancora i capelli bianchi» sdrammatizzò lui.
Pan lo colpì in pieno petto da un pugno e risero entrambi, risero fino a quando ella non fece quelle fatidiche domande che Goku sapeva benissimo di dover ricevere.
Gli chiese come mai avesse detto che si trattava di un ritorno a "scadenza", gli chiese dove fosse stato, gli chiese anche il motivo per il quale avesse scelto di stare da Vegeta.
Già, Vegeta... Goku lo aveva ricercato con lo sguardo quando aveva visto tutti gli altri, ma di lui nemmeno l'ombra. Aveva avvertito una stretta al cuore, era come se un macigno gli fosse piombato addosso, era come se sulle sue spalle ci fossero dei pesi invisibili da tre giorni a quella parte.

Non rivelò a Pan quale fosse la sua reale intenzione, non rivelò dove fosse stato, non rivelò nemmeno come mai avesse scelto Vegeta ma, quando finalmente furono tutti riuniti al tavolo, decise di comunicare quanto tempo gli rimanesse. Inutile dire che nessuno si accontentò e ci furono altre domande e tanto malcontento generale. Cinquanta giorni non erano sufficienti, specialmente per il fatto che ventidue fossero già trascorsi.
In un primo momento Gohan, Goten e Pan si arrabbiarono, ma Goku li supplicò di lasciare perdere, di accettare la sua decisione e di godersi il tempo che rimaneva senza altre domande, senza malcontento, senza rabbia e frustrazione. Ci fu una certa esitazione ma, alla fine, non avevano altra scelta se non accettare. Avevano davanti ventitré giorni per stare vicini e non avrebbero potuto sprecarli per tentativi di convincimento o indagini.
Goku se li sarebbe goduti appieno prima che giungesse il giorno dell'esecuzione (della quale si era tenuto ben alla larga di parlare). Si domandò se Vegeta sarebbe stato realmente in grado di farlo, ma decise di pensarci più avanti.
Era felice, felice di essere libero di girare per il mondo, di essersi rivelato a tutti, di poter parlare con chiunque e di poter starsene un po' in santa pace con la sua famiglia ma, ogni volta che sembrava liberarsi del tutto del senso di oppressione, ecco che la voce di Vegeta risuonava limpida nella sua testa. Ecco che il ricordo dei diciannove giorni trascorsi insieme riaffiorava e lo colpiva in faccia. Tentò di scacciarlo, tentò di darsi un limite ma tutti i tentativi furono vani.
Per quel motivo meditò, meditò tanto, tentò in tutti i modi di liberare la propria mente da quel pensiero, ma oramai gli sembravano lontani i giorni nei quali riusciva a essere distaccato, a stare lontano dalla sua parte umana.
Meditò e tentò di ritrovare nella sua testa quei giorni, quei quindici anni in cui era cresciuto, maturato, ma nei quali aveva accettato il suo essere Saiyan al cento per cento. Anni nei quali era stato certo di potersi allontanare dalle sofferenze, di non dover fare in conti con i propri ricordi, a parte in rare occasioni.
Ci pensò, pensò a lungo ma, alla conclusione nel suo viaggio nel passato, si rese conto di non provare più così tanta mancanza del suo essere freddo e distaccato dalla Terra. In quel momento, al contrario, sentiva di gran lunga la mancanza di qualcun altro. Vegeta.
Vegeta gli mancava, gli mancavano i giorni passati con lui. Gli mancava più dell'ossigeno e non avrebbe potuto fare niente per scacciare via quel pensiero, nemmeno ricordare nitidamente i giorni trascorsi nella Dimora dei Draghi.


 

Odore di tempesta appena conclusa, vociare indistinto, luci e ombre davanti alle sue palpebre semichiuse. Per quanto aveva dormito? Provò a muovere un piede, poi si aggrappò con le dita delle mani all'erba e aprì gli occhi lentamente.
Volti, tanti volti che lo osservavano dall'alto verso il basso. Li guardò confuso senza alzarsi, tentando di scorgere qualche viso familiare ma no, non vi era nessuno che potesse riconoscere.
«Questo moccioso? Ne sei proprio sicuro, Shenron?» domandò un uomo alto dalla pelle color glicine e i capelli lunghi blu.
Shenron? Aveva davvero sentito il nome "Shenron"? Goku si portò a sedere con un gesto scomposto, cercando nel cielo con lo sguardo il grosso drago che l'aveva scortato sin lì. Che poi dov'era, esattamente, "lì" ?
Nella luce giallastra che vi era al posto del cielo, tuttavia, non fluttuava nessun drago e sull'erba non era adagiata alcuna sfera arancione.
«È uno dei combattenti più forti della galassia» rispose un'entità umanoide dalla rugosa pelle verde e gli occhi rossi allungati. Goku spalancò la bocca nel vedere due lunghe vibrisse muoversi sul viso dell'individuo. Ma certo! Non poteva essere altrimenti!
«T... tu sei Shenron?!» domandò Goku alzandosi con un balzo, portandosi più vicino a quell'alta figura dall'aspetto familiare.
«Sì, Son Goku. Sono io» confermò il drago antropomorfo, senza alcuna espressione in viso. «Benvenuto nella Dimora dei Draghi».
Il piccolo - perché all'epoca Goku era ancora un ragazzino, a causa del desiderio di Pilaf - si grattò la testa e si guardò intorno, cercando di scorgere qualche punto di riferimento. Vi erano tante persone che lo stavano aspettando, tutte dall'aspetto bizzarro e dalle sembianze differenti, ma l'attenzione venne focalizzata su una figura dalla pelle bianca viscida e un sorrisetto beffardo disegnato sulla piccola bocca viola scuro.
«FREEZER?! C-cosa ci fa Freezer qui? Non dovrebbe essere nel Regno degli Inferi?! Ma... dove... dove sono? Cos'è questa Dimora dei Draghi?» Goku indietreggiò e si guardò intorno. Il vociare al proprio fianco si fece più alto.
«Seguimi» gli intimò Shenron, incamminandosi all'interno di un tempio color oro.

 

«È indubbiamente molto forte, ho avuto modo di osservarlo nella battaglia contro le tue controparti malvagie, Shenron» disse un drago dalla pelle squamosa metallica e i denti aguzzi di cristallo. Probabilmente era il capo, lì dentro, oppure una figura molto importante.
«Non è morto. Non è uno spirito!» puntualizzò un drago antropomorfo dalla pelle rossa e le unghie e le vibrisse nere. Goku aggrottò le sopracciglia, sempre più confuso. Trovarsi al centro di quella stanza dagli ornamenti pacchiani era già piuttosto imbarazzante di per sé, e proprio non capiva il reale motivo per il quale fosse stato portato lì. Che lo stessero giudicando idoneo o meno a quella Dimora?
«Anche Pyoki non era morto quando è arrivato qui, Konero» sottolineò un altro drago dalla pelle verde e il viso schiacciato dall'aria familiare. A giudicare dalle spalle larghe e il fisico tarchiato, Goku avrebbe potuto scommettere che si trattasse di Polunga.
«Pyoki aveva centosettantasei anni, se non l'avessimo portato qui e informato su come avrebbe dovuto fare per giungere in questo posto, sarebbe morto di vecchiaia» controbatté di nuovo il drago di nome Konero. «Sono molto chiare le regole per far parte di questo luogo».
«Come abbiamo fatto uno strappo alla regola per Pyoki potremmo farlo anche per lui. Onyma, Son Goku è uno dei combattenti più forti di tutto l'universo. Permettiamogli di stare qui» chiese Shenron.
Si alzò in piedi dal suo trono, avvicinandosi a quello che era il drago più anziano di tutti, Onyma.
«Sei l'ultimo arrivato, Shenron, vuoi solo aumentare il tuo prestigio» gracchiò un antropomorfo altissimo dalla pelle viola e lo sguardo più cattivo e sadico che Goku avesse mai visto.
«Bekev, sei il terzo, cosa temi? Che con un combattente io possa superare i tuoi ventisette?»
«VOLETE SPIEGARMI COSA STA SUCCEDENDO O NO?!» gridò il giovane Goku con voce acuta, facendo ondeggiare la coda.
Il silenzio calò nella stanza, tutti i battibecchi vennero interrotti e sette paia di occhi rossi si posarono su di lui. Lui che ancora non aveva capito nulla, che ancora non aveva idea del perché e del come fosse finito lì. D'un tratto Onyma lo richiamò a sé. Solo quando Goku fu al suo cospetto il drago iniziò a parlare.

«Son Goku, ti trovi in un luogo molto sacro, un luogo che si è formato quando i namecciani hanno creato le prime Sfere del Drago. Coloro che vedi in questa stanza sono le entità antropomorfe dei draghi delle Sette Sfere, e questo posto è la nostra dimora quando non veniamo invocati. In questo momento siamo in sette, ma fino a poco tempo fa eravamo otto: anche il Drago Shenron Rosso faceva parte della nostra congrega» spiegò Onyma. Indicò un trono vuoto di fianco a quello di Shenron, poi riprese a spiegare. «Come ben saprai, le sfere di Shenron Rosso sono state distrutte ed egli è scomparso. Noi draghi siamo stati creati dai Namecciani, per tanto ogni volta che essi costruiscono nuove sfere, l'entità umanoide del drago stesso dimora qui».
«Ma quindi esistono altre Sfere del Drago, oltre a quelle di Shenron e Polunga!» constatò Goku, guardandosi intorno.
«Ove esistono i Namecciani, esistono le Sfere del Drago. I Namecciani non sono solo sul pianeta Namek e soprattutto non sono solo nella tua galassia, Son Goku. Scoprirai che ci sono altri universi, altre galassie, altri mondi. Io sono il Drago Superiore, il più anziano drago mai stato creato, in universo molto lontano, in un tempo così distante che forse non riusciresti nemmeno a comprenderlo. Poi ci sono Konero, Polunga, Tetas, Myutre, Bekev e Shenron, in ordine di creazione, ma l'importanza decisionale si acquisisce in ordine di prestigio.
Sì, prestigio, perché noi non siamo entità buone e non siamo entità cattive, siamo neutrali. La nostra grandezza e importanza qui si basa sul prestigio. Il prestigio è dato sia dalla portata dei desideri da noi esauditi e dalla forza dei nostri combattenti».
«I vostri combattenti?» domandò Goku, sempre più confuso. Non riusciva a capire nulla, nulla di quanto stesse succedendo, nulla di quanto gli avessero appena spiegato.
«Il desiderio più comune che gli umani ci chiedono è quello di riportare in vita le persone dalla morte, così ho preso accordi con l'Aldilà per poterlo fare, tanto tempo fa. Come potrai immaginare, quando mi trovavo solo in questo posto all'inizio dei tempi, lo scorrere del tempo pesava sulle mie spalle come una falce. Come ben saprai la potenza del Ki di noi draghi è estremamente elevata, ma non ci è permesso uscire dalle sfere e giungere nel mondo dei vivi come entità antropomorfe. Così ho stretto un altro patto con l'Aldilà: avrei potuto prendermi le proiezioni fisiche delle anime dei combattenti più forti per poterli allenare, per poter fare di questo luogo un luogo di combattimento. Ho ottenuto ciò che desideravo ma con una restrizione: avrei potuto prendermi solo gli spiriti dei combattenti uccisi in battaglia, così da dar loro la possibilità di riscattare la sconfitta e in modo da non reclutare persone che vogliono solo riposare in pace» spiegò Onyma con accuratezza.
«Ma perché prendete le anime dal Regno degli Inferi? In questo modo loro non sconteranno la pena!» chiese Goku, ripensando all'incontro con Freezer avvenuto prima. Quel vile si sarebbe meritato solo di marcire all'inferno, non di aver la possibilità di combattere amichevolmente per l'eternità.
«Non hai seguito attentamente: loro non sono le anime, loro sono una sorta di "doppione", una proiezione del loro spirito in carne e ossa» si spazientì il drago che in precedenza Goku aveva capito che si chiamasse Bekev.
«Sono... dei falsi?» domandò Goku, in preda alla confusione. Alcuni draghi sbuffarono.
«Non esattamente: è come se si trovassero là con l'anima e qui con il corpo. La loro anima sta soffrendo le pene dell'Inferno o assaporando la beatitudine della pace dei Cieli, a seconda di dove sono stati assegnati. Sono là e qua allo stesso tempo, ma a noi non importa se essi sono buoni o cattivi. Ci importa solo che rispettino le nostre regole e che siano forti» spiegò più pazientemente il drago Shenron e, per un attimo, nella mente di Goku si fece tutto più chiaro. Quasi tutto.
«Ancora non riesco a capire: perché i combattenti vi rendono più prestigiosi?»
«Con il passare degli anni, con l'avvento di nuovi draghi, la presenza dei combattenti è divenuta sempre più una questione di sfida e di competizione. Per evitare che questo degenerasse in una lotta all'ultimo sangue tra i draghi ho istituito regole, tornei, modalità di reclutamento dei combattenti. Ognuno dei draghi può reclutare i combattenti morti più vicino alla propria galassia. Chi possiede i combattenti più forti è considerato un drago prestigioso. Più un drago è prestigioso più ha capacità decisionale a livello gerarchico sotto di me, che per anzianità sono il Drago Superiore. L'ultima parola spetta sempre a me».
Goku inarcò un sopracciglio. Qualunque persona dotata di buon senso avrebbe considerato quel sistema una tirannia, o quanto mento una dittatura, ma in quel momento Goku aveva in mente solo una cosa: i guerrieri. Il vociare e le urla di battaglia che infuriavano all'esterno di quel tempio rappresentavano per lui motivo di pura eccitazione.
«Avete detto che ci sono i più forti combattenti delle galassie, vero?» domandò conferma. Nel vedere annuire tutti e sette i draghi, Goku andò in escandescenza. «Urcaaa! Vi prego, vi prego, voglio rimanere qui! Voglio dimostrare quanto sono forte, voglio avere la possibilità di fronteggiare i guerrieri!»
I sette draghi lo guardarono con espressione vuota, come se ciò che egli avesse appena detto fosse qualcosa che non li tangesse nemmeno.
Onyma lo guardò bene negli occhi, scrutandone e percependone ogni sfaccettatura di orgoglio. Quel ragazzino così sfrontato, così determinato e così forte avrebbe potuto di gran lunga divenire il combattente più ambito della Dimora dei Draghi, un giorno, ma vi era qualcosa in lui che non lo convinceva appieno. Un lato, un angolo umano che non avrebbe dovuto sottovalutare e, proprio per quel motivo, avrebbe dovuto metterlo alla prova.
Goku, d'altro canto, era pur sempre Goku: in quell'istante più che mai la sete di combattimento era più forte di qualsiasi altra cosa.


 



 
Continua...

ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno genteeee!
Capitolo lunghetto, oggi. Avevo tante cose da scrivere, tante cose da spiegare. Spero che si sia capito tutto, attualmente, di quello che è la Dimora dei Draghi, di quali siano le regole per accedervi, di come si sia creata ecc ecc. Non fatevi problemi a domandarmi cose se c'è qualcosa che non vi è chiaro (non sono come Konero, io ho pazienza xD).
Bon, procediamo con ordine. Goku è tornato a casa, si è fatto una bella scorpacciata e ha scoperto cos'è accaduto ai loro figli in quegli anni, ha meditato e ha avuto modo di giocare con la sua nuova nipotina senza coda (!!) . Vegeta è tornato alla Capsule e, dopo aver quasi lottato con la moglie di suo figlio, si è tirato fuori dai giochi. "Basta Kaarot" ha detto... ma noi gli crediamo? Nel frattempo Pan si è fatta convincere da Vegeta e ha perdonato il nonno, portando il piccolo Goku Jr a conoscerlo.
Solo che ora Goku è più confuso di prima, Vegeta idem.
Nella prossima puntata lasceremo i nostri protagonisti in pausa a crogiolarsi nella confusione e procederemo con i flash back alla scoperta dei quindici anni che Goku ha trascorso nella DDD. Mi sembrava doveroso dare una spiegazione al suo passato, così da poter comprendere meglio quello che accadrà in futuro. Questi draghi si definiscono neutrali, insomma, ma come ben sappiamo non si faranno paranoie a uccidere Vegeta se egli non riuscirà a eliminare Goku.
Staremo a vedere! Spero che vi incuriosiscano anche queste cose :) fatemi sapere!
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 29
*** L'eternità a combattere ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.

 
Premessail seguente capitolo sarà tutto incentrato sulla permanenza di Goku nella Dimora dei Draghi, ci saranno vari flashback e vari momenti di quei quindici anni. Da settimana prossima torneremo nel presente, sulla Terra.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 29 - L'ETERNITÀ A COMBATTERE


 


Goku batté ripetutamente la punta del piede contro il pavimento. Fece avanti e indietro, tentò di poggiare l'orecchio contro il grosso portone in bronzo della grande stanza circolare ove presidiava il consiglio dei draghi, ma non riuscì a udire nient'altro che vociare indistinto. Forse stavano parlando una lingua diversa da quella comune, forse stavano litigando.
Non sapeva da quanti minuti si trovasse lì, con tutta probabilità in quel luogo lo scorrere del tempo non era nemmeno lo stesso di quello terreno, ma gli sembrò un'eternità.
I draghi avevano voluto prendersi dello spazio per decidere della sua sorte. Sarebbe stato costretto ad andarsene oppure no? Goku sperò con tutto il cuore di poter prendere parte alla Dimora dei Draghi, ed era così ansioso di apprendere il verdetto che proprio non riuscì a trattenersi dallo sbuffare in continuazione.
Finalmente, dopo interminabili minuti, la porta si aprì, lasciando intravedere all'interno della stanza i sette draghi seduti sui loro impreziositi troni. Goku camminò lento, quasi come se stesse andando al patibolo e, una volta giunto al centro della stanza, aspettò che il Drago Superiore decretasse il suo destino.
«I guerrieri che scegliamo di portare in questo luogo devono possedere delle caratteristiche fondamentali: coraggio, determinazione, avventatezza, strategia, forza, tecnica e, per ultimo, distacco dalle cose terrene» spiegò Onyma con voce così profonda da fargli tremare le ossa. «Abbiamo deciso che ti metteremo alla prova: avrai a disposizione quindici anni terrestri per provare a noi la tua grandezza e, se riterremo che in questo lasso di tempo avrai dimostrato a sufficienza il tuo valore - ma, soprattutto, se sopravviverai agli scontri - dovrai poi rinunciare alla vita terrena per passare a una vita metafisica. Shenron, in cambio della tua permanenza umana qui, non potrà più esaudire desideri e assumere la sembianza di drago durante questi anni. Abbi cura di non deluderlo e di non deluderci, Son Goku».
Goku spalancò la bocca, ma non di stupore. Di contentezza. Forse, da bravo Saiyan quale era, fu più concentrato ad ascoltare la parte in cui avevano approvato di farlo rimanere piuttosto che le condizioni con le quali sarebbe rimasto.
«URCAAA! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!» trillò il ragazzino, stringendo i pugni e sfoderando un sorriso compiaciuto. «Quando si comincia?»
Non un dubbio, nemmeno l'ombra. Non un ripensamento, non un pensiero a ciò che la sua decisione avrebbe comportato. Avevano dato a disposizione lui quindici anni per dimostrare tutto il suo valore, poi avrebbe dovuto rinunciare alla sua vita per far parte per l'eternità di quel luogo. Nulla di tutto ciò l'aveva spaventato, nulla aveva messo lui in testa il tarlo che sarebbe stata una decisione definitiva. D'altra parte una decisione l'aveva già presa: non sarebbe più tornato sulla Terra, non dopo tutto ciò che era successo, non dopo che si era reso conto che probabilmente era proprio la sua presenza a mettere tutti in costante pericolo.
Sì, quello sarebbe stato il luogo giusto per poter passare l'eternità. Avrebbe combattuto per sempre proprio come aveva voluto fare da una vita, ed era tutto ciò che gli importava.

 


[Onyma, il Drago Superiore, fanart realizzata da Giosuè Graci]

 

•••

 

«Son Goku! Bell'allenamento, oggi! Scommetto che nel prossimo torneo batteremo i guerrieri di Tetas» si complimentò Juno, un altro combattente di Shenron, superandolo durante il tragitto verso il tempio del riposo.
Non che gli spiriti guerrieri avessero bisogno di dormire, ma il suo amico dalla pelle color girasole gli aveva segretamente rivelato che, nonostante fosse morto, ogni tanto sentiva la necessità di riposare i muscoli. Goku non aveva mai capito come fosse possibile e quali fossero le loro sensazioni in quel posto, nemmeno dopo cinque anni che si trovava lì.
«Già, eheh! Sto sperimentando delle nuove tecniche. Accidenti, ho una fame da lupi, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti?»
«Beh, potessi farlo, assaggerei volentieri» ammise Juno, con un sorriso amaro. Forse il sapore del cibo e la sensazione di sazietà era una delle cose che più gli mancavano della vita terrena.
Juno proveniva da Kabrah, un pianeta inesplorato ai confini della stessa galassia della Terra, che possedeva pochissimi abitanti ma innumerevoli risorse quali oro e uranio. I Kabrahniani maschi venivano allenati duramente sin dalla tenera età per proteggere il loro pianeta ma, con l'avvento delle truppe di Freezer, molti di loro avevano dovuto cedere e sottomettersi come mercenari. Juno però non si era arreso, si era battuto fino all'ultimo contro le truppe e aveva dato del gran filo da torcere fino a quando lo stesso Freezer lo aveva ucciso, stufo della sua ribellione. E, ironia della sorte, se l'era ritrovato lì molti anni dopo. Proprio per quel motivo Juno era diventato amico di Goku, nella Dimora dei Draghi: perché Goku si era battuto e aveva sconfitto Freezer su Namek (nonostante poi fosse stato poi ucciso da Mirai Trunks) e, soprattutto, perché quella lurida lucertola non aveva smesso un secondo con tutti quegli atteggiamenti di superiorità, nonostante fossero tutti nella squadra di Shenron.
Goku si sedette sull'erba del tempio del riposo e, come ogni giorno, ricevette due panini, una zuppa di verdura e carne strana, un frutto molto simile al mango – ma molto meno saporito - e dell'acqua. Tutto in consegna da un fattorino designato alla sua nutrizione in quanto, senza cibo, Goku non sarebbe potuto sopravvivere.
«Sai, non ti perdi un granché» disse Goku. Sospirò e addentò una pagnotta, assaporandone il sapore identico a quello del giorno prima. «Mi domando cosa possa costargli portarmi qualcos'altro, sai, per diversificare la dieta. Tipo del sushi, del formaggio, un dolce! Ero abituato a mangiare tante cose, prima».
«Ti manca la, ehm, Torra?» domandò indiscreto Juno, guardando dritto di fronte a sé. Non aveva mai chiesto nulla del genere prima di allora, il suo amico Goku non era un tipo malinconico, quindi aveva sempre fatto finta di nulla.
Il Saiyan storse il naso. La Terra... da quanto tempo non la sentiva nominare. Non ci aveva quasi mai pensato, in fin dei conti. Da quando era giunto lì non aveva mai avuto nemmeno così tanto tempo per ricordare il suo passato, era come se lo stesse dimenticando, come se avesse tagliato i ponti da oramai cinque anni.
«La Terra, vuoi dire? Mmh... forse i manicaretti di mia moglie Chichi! Ma in linea di massima no... non fino a oggi, almeno» rispose Goku.
Smise di mangiare e osservò la mezza pagnotta che teneva tra le mani. No, non gli era mai mancato nessuno. E improvvisamente si sentì strano, sentì qualcosa dentro di sé, qualcosa che non aveva mai provato sino ad allora: malinconia.
Quella sera, per la prima volta, Goku contattò Re Kaioh. Quella sera scoprì che il suo migliore amico Crilin era morto un mese prima. Quella sera, dopo cinque anni terrestri, Goku provò sulla propria pelle il senso di colpa.

 

•••

 

«Non ti sei mai chiesto come mai tuo fratello non sia qui?» domandò Shenron, sulla collina che dava al campo da combattimento principale. Decine e decine di combattenti si stavano scontrando, allenando, provando tecniche nuove, meditando. Goku, preso dalla stanchezza dopo una giornata intera di duelli, si era adagiato sull'erba color ottanio per osservare gli spiriti combattivi. Corrugò la fronte, preso alla sprovvista da quella domanda.
«In effetti no, non me lo sono mai chiesto. Però penso che non fosse abbastanza forte al momento della sua morte. Reclutarlo non sarebbe di prestigio te» azzardò Goku, ripensando alla forza combattiva di Radish al momento del suo arrivo sulla Terra. Non gli era quasi mai tornato in mente, nonostante avesse uno stretto legame di sangue con lui. Probabilmente perché non era una persona buona e forse non lo era mai stata, ma in quel momento non poté fare a meno di riflettere sul fatto che, dandogli fiducia, anch'egli sarebbe potuto cambiare. Ce l'aveva fatta Vegeta, insomma!
«Esattamente» confermò Shenron, con le mani unite composte a livello del ventre.
«Ma non mi è chiaro come mai non ci siano altri combattenti fortissimi, ad esempio Cell» asserì Goku.
«Cell era un esperimento di laboratorio, è nato grazie alle cellule di altri combattenti e si è costruito una potenza grazie all'energia altrui. Un parassita! Da solo non sarebbe mai arrivato a quella potenza. Non è esattamente il genere di guerriero che vogliamo, qui».
«Capisco,» concluse Goku in un sospiro, «grazie del chiarimento».
Durante gli otto anni di permanenza in quel luogo aveva imparato l'educazione e l'eleganza dei draghi - e di alcuni combattenti come Juno. Si era reso conto di non essere un caso perso come tutti credevano e, con un pizzico di impegno e contegno, riusciva quasi a risultare credibile.
Inoltre si era ritagliato tanto, tantissimo tempo per meditare e incrementare il proprio Ki senza usare la forza fisica.
Non vi era notte, non vi era giorno. Non esisteva lo scorrere del tempo in quel luogo, ma gli era stata donata una clessidra della durata di ventiquattro ore terrestri. In quel modo contava gli anni che passavano ma, man mano che trascorrevano i giorni, i ricordi di Goku si affievolivano, i momenti in cui pensava ai propri cari erano sempre più radi, proprio per quel motivo aveva chiesto a Re Kaioh di contattarlo per gli eventi più importanti, in modo da rimanere attaccato alla Terra almeno per un filo.

 

•••

 

«Mo... morta?»
«Mi dispiace, Goku».
Re Kaioh interruppe il collegamento e Goku si sentì svuotato, improvvisamente. La sua migliore amica, Bulma, era passata a miglior vita. Solo in quel momento si rese conto che lo scorrere del tempo avrebbe pian piano portato all'invecchiare di tutti i suoi cari. E anche di lui.
Si guardò nel riflesso del lago e si vide cresciuto, erano passati oramai dieci anni e mezzo dal giorno in cui era arrivato lì, che era poco più che un bambino.
Bulma era morta, e non sarebbe passato molto tempo prima che per i propri amici giungesse il tempo di lasciare la vita terrena. E, a dire il vero, non sarebbe passato molto tempo nemmeno prima che lui avrebbe dovuto compiere il famoso passo.
Provò dispiacere per lei, ma era come se tutto ciò fosse così fievole da sfuggirgli dalle mani, come se la sua stessa umanità gli stesse scivolando via senza che potesse fare niente.
Tutto d'un tratto però, nel vuoto cosmico che albergava nel suo cuore, una figura bassa dai capelli a punta tornò a galla.
Vegeta, il Principe dei Saiyan... era il marito di Bulma. Si domandò come avrebbe potuto reagire a una tale perdita, si domandò se un uomo così fiero e orgoglioso potesse dimostrare di essere affranto. Erano diventati amici, loro, soprattutto nell'ultimo periodo della sua permanenza sulla Terra. Ricordò lo scontro con Li Shenron nel quale aveva avuto l'onore di battersi al suo fianco e non poté fare a meno di sorridere.
Ed eccoli, finalmente, i suoi ricordi, la sua umanità. Ma fu proprio a causa di quel pensiero che riuscì distintamente a sentire il dispiacere per la morte della sua amica, la voglia di poter tornare anche solo per un istante laggiù e porgerle un ultimo saluto. Si sentì triste, e non gli piacque. Avrebbe dovuto fare qualcosa per spegnere di nuovo i suoi sentimenti umani o altrimenti non sarebbe sopravvissuto, altrimenti avrebbe combinato solo guai. Come avrebbe fatto a combattere per l'eternità se si fosse lasciato andare ai ricordi? Scosse la testa, ma l'immagine di Vegeta - il pensiero di come si potesse sentire per la morte di sua moglie - non riuscì ad abbandonarlo finché, ad un tratto, ebbe un'illuminazione.
Goku si mise a correre.

Corse giù per la collina, corse per i prati e per il campo di combattimento, corse tra i combattenti e ricercò con lo sguardo una figura familiare che avrebbe potuto dar risposta ai suoi dubbi e quesiti. Corse fino al tempio e finalmente lo vide: Shenron, impegnato in un confronto con Polunga.
«Shenron! Shenron! Ho una domanda da farti!» urlò con il fiatone. Il drago si interruppe e volse il suo sguardo verso il discepolo.
«Ti ascolto, Son Goku».
Polunga, al suo fianco, non poté fare a meno di ascoltare.
«Conosco una persona che potrebbe far parte dei tuoi combattenti!» dichiarò Goku, a gran voce.
«Se così fosse ce ne saremmo già accorti e occupati!» sentenziò Polunga, incrociando le braccia al petto poderoso.
«No, no perché è ancora in vita! Si tratta di Vegeta! Vegeta... Brief? Uhm, sì, ha preso quel cognome sulla Terra. Ma è un Saiyan, come me. Il Principe, per l'esattezza! È fortissimo, o almeno lo era quando me ne sono andato dalla Terra. Ma, conoscendolo, si sarà allenato tantissimo in questi dieci anni» rivelò Goku. Ricordò i loro combattimenti, i loro allenamenti, i loro scontri. Era sicuramente l'unico in grado di stare al suo passo.
Vegeta sarebbe stato un valoroso combattente per la Dimora dei Draghi e, in quel momento che Bulma lo aveva lasciato per sempre, era certo che avrebbe gradito un'eternità di quel tipo rispetto al semplice Regno degli Inferi che gli sarebbe spettato prima o poi.
«L'ho già tenuto d'occhio. Tutto dipenderà se morirà combattendo oppure no» confermò Shenron, con un movimento repentino delle vibrisse.
«Ma non ci sono più nemici da combattere sulla Terra! Non potrà morire combattendo a meno che non venga informato così che possa scontrarsi con qualcuno! Lo avete già fatto con Pyoki!» insistette Goku, certo che il suo rivale di sempre avrebbe gradito un destino simile al suo.
«Pyoki era anziano e sul punto di morte, l'abbiamo portato qui per informarlo in modo che potesse tornare sul suo pianeta e morire combattendo. Abbiamo chiamato questo strappo alla regola "La Pietà dei Draghi"» rammentò Shenron.
«Beh, anche Vegeta ha una certa età, non so quanti anni gli restino!» disse con tono di ovvietà, contando con le dita quanti anni potesse avere il suo amico. Una settantina, forse? Ma quanti anni vivevano i Saiyan purosangue?
«Ebbene non è così: il Saiyan Vegeta e la terrestre Bulma hanno usato uno dei miei desideri per tornare giovani, qualche tempo fa» intervenne Polunga, con voce profonda e gutturale. Voltò le spalle per avviarsi all'interno del tempio, seguito a sua volta da Shenron.
«Eeeeh?!» soffiò Goku, colto alla sprovvista. «Questo cambia tutto, allora. Dannazione, speravo di potermi scontrare di nuovo con lui...»

 

•••

 

Il sudore freddo sulla sua fronte sembrava non volersi prosciugare nemmeno quando, destandosi dal tatami sul quale gli era stato concesso dormire, si avvicinò all'arco finestra che mostrava l'immensa valle dei combattimenti. Non c'era vento, in quel luogo, e quella era una delle altre che gli sarebbe sempre mancata.
Quattordici anni, tre mesi, nove giorni. Si era segnato tutto, Goku, sul muro di quella che - in una situazione normale - avrebbe potuto chiamare "stanza". Un luogo all'interno del tempio dotato solo di un letto, di una vasca e di un contenitore per i suoi bisogni che doveva pensar lui stesso a svuotare. Non esattamente il massimo della comodità contando che, ai primi piani, vi erano enormi stanze dotate di divani comodi, grandi vasche di acqua bollente e docce profumate. Ovviamente l'accesso alla propria sala era consentito solo agli spiriti guerrieri, una per ogni fazione. Non che i combattenti avessero bisogno di riposare, ma per puro sfizio gli erano concesse molte comodità.
Tuttavia Goku si era oramai abituato alla sua dimora provvisoria, tuttalpiù che non sarebbe mancato poi tanto tempo per ottenere l'accesso ai privilegi degli spiriti guerrieri.
Quel giorno, però, non era riuscito a dormire. Succedeva sempre più spesso, sempre più frequentemente. Sognava loro: i suoi amici, i suoi figli, la sua famiglia. Si svegliava in preda al panico e al sudore, ma non avrebbe dovuto darlo a vedere. Non capiva perché, non ne aveva la minima idea. Durante il giorno erano rari i momenti in cui si ritrovava a pensare a loro ma, evidentemente, il suo inconscio portava a galla tutto durante le ore del riposo.
Scese di corsa i gradini che conducevano al grande atrio comune comunicante con il giardino, nella speranza di trovare qualche combattente disposto ad allenarsi con lui per aiutarlo a distrarsi dai suoi pensieri, ma non vi era alcuna traccia di Juno, Ukim, Dogota o altri guerrieri con i quali aveva stretto amicizia durante gli anni. Forse erano già al campo, oppure impegnati nella meditazione. Sospirò e decise così di spostarsi nel giardino, ma una fastidiosissima voce familiare richiamò la sua attenzione.
«Bene, bene, bene, Son Goku».
«Konero» salutò Goku, trattenendo a malapena un'espressione infastidita. Konero era il drago più prestigioso della Dimora dei Draghi dopo Onyma, e anche uno dei più antipatici. La sua smania di potere e prestigio non lasciava scampo a chiunque volesse intromettersi tra lui e il suo posto altolocato. Non aveva mai rinunciato a fargli presente quanto fosse privilegiato per essere stato accettato in quel posto e che, se fosse stato in suo potere decidere del suo destino, lo avrebbe fatto fuori immediatamente il giorno stesso in cui era arrivato. Non scorreva buon sangue tra Konero e Shenron, questo era ovvio. Il più grande timore di Konero era quello che egli crescesse così tanto da fargli perdere il suo bel posto in cima alla "classifica".
«Ti sto osservando, sai?» rivelò il drago rosso con le vibrisse nere, con un sadico sorriso. «Pian piano stai arrivando a cedere. Lo vedo, lo vedo dai tuoi umani occhi».
«Devo contraddirti, temo che ti sbagli» disse Goku, freddo e distaccato.
«Manca poco al momento della verità, Son Goku. Ti aspetto al varco» concluse Konero.
Girò i tacchi e si avviò verso il giardino, con le braccia conserte.
Goku si incupì. Il momento della verità era davvero vicino.

 

•••

 

«Sei giunto fin qui, Son Goku. Sei sopravvissuto per quasi quindici anni nella Dimora dei Draghi, ti sei rivelato coraggioso, uno dei più forti, dei più determinati».
Goku, al centro della stanza rotonda, annuì serissimo in segno di ringraziamento.
«Pertanto abbiamo comunemente accordato di darti la possibilità di essere accolto nel nostro mondo» decretò Onyma, socchiudendo gli occhi. Shenron ghignò compiaciuto nell'esatto istante in cui Konero pronunciò il suo disappunto con uno sbuffo quasi impercettibile.
La mascella di Goku scattò, il suo cuore fremette, non riuscì a decifrare quella sensazione.
Fierezza? Panico? Forse entrambe. Gioia, stupore, ansia. Emozioni contrastanti.
«Vi ringrazio» disse Goku, chinando il capo.
Se c'era qualcosa che aveva imparato durante quegli anni era senza dubbio il rispetto e il rigore che sulla Terra non aveva mai appreso. Era un anziano signore nelle sembianze di un ventottenne,  aveva lo stesso aspetto di sempre, tranne che gli occhi: gli occhi tenevano celate emozioni troppo forti. Goku non aveva potuto cedere durante quegli anni, mai. E inizialmente ci era riuscito alla grande: non c'era stato alcun bisogno di reprimersi, di tenere a bada il suo lato umano e la sua mancanza di casa. Ma, dopo la morte di Bulma, Goku si era ritrovato a combattere con il proprio inconscio.
Aveva appositamente smesso di farsi contattare spesso da Re Kaioh appunto per tenersi lontano dalla sofferenza, aveva deciso che non ci avrebbe più pensato e così era riuscito a fare ma... tutte le notti il proprio Super-Io veniva a galla. Li sognava, sognava tutti loro.
Così, in bilico tra la vita terrena e quella ultraterrena, aveva davvero iniziato a cedere, specialmente negli ultimi mesi. Ma non lo aveva dato a vedere. Aveva tenuto i denti stretti, Goku, in attesa del giorno in cui finalmente sarebbe morto e non avrebbe dovuto più preoccuparsi di non cedere. E quel giorno, forse, era arrivato.
Il giorno in cui aveva scoperto che Chichi era morta, il giorno del suo funerale.
Aveva chiesto di poter tornare indietro undici giorni in anticipo rispetto al previsto, così da porre fine alla sua stessa esistenza il prima possibile e avere al contempo il modo di dire addio a colei che era stata sua moglie.
«Alla luce di tutto ciò, puoi tornare sulla Terra subito, se è questo che desideri. Ricordati: hai cinquanta giorni di tempo, non di più» decretò Onyma, appoggiato con la schiena sul suo trono. Cinquanta giorni, il tempo che avrebbe avuto a disposizione per morire. O meglio, per essere ucciso, perché quella era una delle regole imposte dall'Aldilà per poter portare gli spiriti guerrieri in quel luogo.
Goku chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni. Finalmente avrebbe potuto tornare sul suo pianeta per morire da combattente e tornare nella Dimora dei Draghi da spirito guerriero. Non avrebbe più sofferto nell'indecisione, in quel purgatorio durato troppi anni per la sanità mentale di chiunque. Si sarebbe distaccato dalla sua umanità come aveva sempre desiderato.
Era cambiato durante quei quindici anni, la sua coscienza era cambiata, il suo modo di ragionare era cambiato. Forse il trattenere tutte quelle emozioni lo aveva portato a un nuovo stato di pensiero. Più maturo, più cupo, più introspettivo, elevato.

«Vorrei chiedervi un'ultima cosa» aggiunse Goku, facendo calare il silenzio tombale all'interno della stanza. Si morse il labbro, era una cosa a cui spesso aveva pensato durante gli ultimi anni, una cosa per la quale sarebbe valsa la pena lottare.
«Spiegati, Son Goku» lo invitò a parlare Onyma, con il gesto della mano sinistra.
«Sarà difficile per me trovare un nemico dal quale farmi uccidere. C'è solo una persona che potrebbe essere in grado di farlo ma, ahimè, è un gran testardo» ammise Goku. Sorrise sghembo e pensò all'uomo del quale stava parlando. «Per questo motivo vi chiedo di poter rivelare a questa persona della Dimora dei Draghi e delle mie intenzioni, in modo da essere sicuro di essere ucciso».
«QUESTO È RIDICOLO!» urlò Konero, alzandosi in piedi.
«Sono problemi tuoi se non riesci a farti uccidere, non ti è permesso rivelare informazioni riservate ad altri umani! A nessuno è permesso sapere della Dimora dei Draghi» aggiunse Bekev, un altro drago piuttosto taciturno e dall'aria poco cordiale.
«Lo dico anche nel vostro interesse: è uno dei combattenti più forti dell'intera galassia. Potreste prenderlo qui, in futuro, quando morirà» continuò Goku, insistente.
Onyma mise a tacere il brusio all'interno della setta. Sembrava incuriosito.
«La persona a cui ti riferisci è Vegeta, il Re dei Saiyan?» chiese conferma il Drago Superiore, mettendosi entrambe le mani sotto al mento.
«Il Principe, sì». Goku sottolineò la carica del suo rivale, quella con la quale si era sempre definito.
«Vegeta IV è a tutti gli effetti il Re della specie Saiyan, in quanto suo padre, Vegeta III, è perito anni or sono. Ci hai già chiesto di portarlo in questo luogo, Son Goku. Ti ho già risposto che l'umano in questione è troppo giovane per poter beneficiare della Pietà dei Draghi, come Pyoki» si ripeté Polunga, con voce roca.
«Ve ne prego, Onyma! Sono sicuro che Vegeta non farà parola con nessuno di questo posto, è la persona più degna di fiducia di tutto l'universo, se lo terrà per sé! Sarebbe un vero peccato se un combattente così forte vi sfuggisse di mano, no? Sarà come una Pietà dei Draghi" leggermente anticipata» insistette Goku. Scompose il suo fare distinto per un attimo per tornare lo spudorato ragazzino di un tempo.
«In questo modo verrebbe favorito un'altra volta Shenron. Credo che, nel caso questo Re dei Saiyan arrivasse qui, dovremo giocarcelo. Potremmo organizzare un torneo di combattimenti per ottenerlo, visto che è così forte» propose Tetas, un drago blu e viola dal viso appuntito e il corpo muscoloso. Sicuramente Vegeta non avrebbe gradito che qualcuno giocasse con il suo destino alle sue spalle ma, se quello era l'unico modo per dargli la possibilità di non marcire all'Inferno, allora ne sarebbe valsa la pena. Goku ancora non sapeva che, così facendo, aveva appena messo a repentaglio la vita di Vegeta.
Silenzio. Silenzio denso e vischioso. Goku guardò tutti i draghi immersi nei loro pensieri, nessuno ebbe da obiettare. Forse il drago Tetas non aveva avuto una malvagia idea. Goku ci sperò, ci spero davvero. Sarebbe stato davvero meraviglioso passare l'eternità a combattere contro il suo rivale di una vita.
Non seppe come, non seppe perché, ma l'attesa durò poco.
«Permesso accordato, MA! Bada bene: non dovrai invitarlo anch'egli a morire per raggiungere questo posto. Se e quando lo vorrà fare, saprà come fare. Ma non devi essere tu a influenzarlo» decretò il Drago Superiore, portando così una gradita notizia che rese quel momento meno difficile. «E nessun altro al mondo dovrà sapere di questo luogo, questo dev'essere chiaro».
«Chiarissimo! Grazie, grazie mille» disse sentitamente Goku, carico come non mai. Per un attimo il panico sembrò nascondersi dietro a quel coraggio inaspettato. Non lo sentì più. Si sentì sereno, deciso, combattivo.
«Te lo rammento un'ultima volta, Son Goku: cinquanta giorni. Non hai altra scelta» gli ricordò Shenron, alzandosi dal suo trono.
Goku divenne serio. Probabilmente un'altra scelta non l'avrebbe nemmeno voluta e per quel motivo non se lo chiese, non glielo chiese: cosa sarebbe successo se non fosse ritornato?
Aveva preferito albergare nella beata ignoranza.
Si guardò intorno, le grida di battaglia al di fuori della stanza lo caricarono ulteriormente. Sarebbe tornato, avrebbe continuato a combattere con tutti quei guerrieri dalla forza immensa, sarebbe tornato ad aiutare Juno nelle sue lotte contro Freezer, sarebbe tornato ed avrebbe goduto di tutti i privilegi di quel luogo. Non avrebbe più avuto bisogno di mangiare il pane e quella zuppa orribile, non avrebbe più fatto incubi, perché non avrebbe avuto bisogno di dormire. Non avrebbe sentito la stanchezza e il dolore sarebbe stato solo cosa passeggera. Si sarebbe rigenerato per sempre, per l'eternità.
E, prima o poi, accanto a lui ci sarebbe stato il suo rivale di una vita. Vegeta. La pillola fu più dolce da mandar giù, a quel pensiero.
«Sei pronto a morire?» domandò Onyma, con tono piatto.
Goku alzò lo sguardo e serrò la mascella. Era convinto, totalmente convinto. Era l'unico modo per non sentire più nulla, nessun senso di colpa, nessuna sofferenza.
«Sì. Sono pronto» confermò Goku, senza sbattere le palpebre.
Shenron si avvicinò a lui con passi eleganti e così, dopo aver posato la sua mano verde sulla sua spalla, rese tutto completamente buio.



 

- Fine Atto I -


 

Continua...


 


ANGOLO AUTRICE:
Ciao ragazzi/ragazze! Se siete arrivati fin qui, beh, complimenti! Il capitolo è stato molto lungo e ricco di informazioni. Che dite? Cosa pensate della Dimora dei Draghi? Ci avete capito qualcosa di più? Ebbene abbiamo scoperto che Goku ha voluto coinvolgere Vegeta ben più di quanto ci aspettassimo, e ben prima.
Da prossimo capitolo torniamo sulla Terra, nel presente, dove abbiamo lasciato i nostri due saiyan a vivere distanti, ognuno con la propria famiglia. Vegeta non ha voluto più sentire parlare di Kaarot dopo che egli è stato scoperto dai suoi figli, e Goku ha deciso di godersi il tempo che gli rimaneva insieme a loro. Ma si mancano, cari loro... 
Chissà, chissà cosa succederà adesso! Lo scoprirete domenica prossima :D 
Eevaa

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Capitolo 30
*** Raggiungimi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 30 - RAGGIUNGIMI



I had to find you
Tell you I need you
Tell me your secrets
And ask me your questions
Oh let's go back to the start
Nobody said it was easy
It's such a shame for us to part
Nobody said it was easy
No one ever said it would be this hard
Oh take me back to the start


 

- Atto II -


 

«Aiuto!»
Vegeta tentò di urlare ma uscì solo un rantolo di voce roca, quasi fosse appena uscito da una lunghissima apnea. Era buio intorno a sé, non vi era alcuna luce, alcuna traccia da seguire. Si sentiva la testa pesante e le mani bloccate aderenti al corpo. Provò a divincolarsi ma non ci riuscì, pur non essendoci nulla che facesse resistenza contro il proprio corpo. Era paralizzato.
«C'è qualcuno? AIUTO!»
«Che succede?»
Quella era la voce di Kaarot, l'avrebbe riconosciuta tra mille. Non sembrava lontano, poteva percepire persino al sua Aura farsi sempre più vicina.
«Non lo so... non riesco a muovermi» asserì il Principe tentando di contorcersi e di annaspare nel buio, ma niente.
D'improvviso la luce si accese, ma Vegeta dovette socchiudere le palpebre. Da quanto si trovava lì dentro? Come potevano i suoi occhi essere così poco abituati alla limpidezza?
Li riaprì piano piano, mettendo poi a fuoco qualcosa che mai, mai si sarebbe aspettato di vedere. Kaarot era lì, davanti a lui. Sorrideva, era tranquillo, come se tutto fosse normale.
Ma no, non c'era proprio nulla di normale in quel luogo, soprattutto perché, proprio dietro di lui, un'altra figura si stava avvicinando con un ghigno molto noto: il suo. Era se stesso.
«Ma cosa...» il Principe soffiò. Sentì come se non avesse più ossigeno. Si guardò le mani e i piedi e non erano legati, tentò di muoversi ma era ancora paralizzato.
Kaarot si girò verso l'altro Vegeta, il doppione, e non smise di sorridere. Lo abbracciò, lo abbracciò come aveva fatto con il vero Vegeta, poi lo guardò negli occhi. Erano vicini, molto vicini, così vicini da far toccare i loro nasi, così uniti persino da far sfiorare le loro bocche.
«Cosa... ma che...» gracchiò Vegeta. No, non poteva accadere, non poteva accadere così. «Sme... smettetela»
Avvertì la bocca asciutta, avrebbe voluto urlare ma non ci riuscì. Ma eccolo lì, quello specchio di se stesso - quell'identico gemello uscito da chissà dove - levò una mano sopra la testa del suo rivale. Fece brillare di luce propria quell'oggetto che prima, il vero Vegeta, non aveva notato. Un pugnale.
«NO! KAAROT, SCAPPA!» urlò il Principe dei Saiyan. Ma fu troppo tardi.
Una, due, cinque coltellate. E ancora, ancora, ancora. Il gemello di Vegeta rideva senza voce, senza emettere suono, accarezzando con gli occhi l'immagine di quel corpo scempiato che si accasciò senza smettere di sorridere. E ancora una, due, tre coltellate.
Il Principe, quello vero, provò di nuovo a divincolarsi. Avrebbe dovuto salvarlo, avrebbe dovuto fermare quello spettro di se stesso, ma non riuscì a fare niente. Urlò di nuovo nel disperato tentativo di far cessare quel martirio.
«LASCIALO STARE! LASCIALO! LAS-»

«PAPÀ!»
Vegeta aprì gli occhi, annaspò come se qualcuno avesse tentato di strangolarlo. Si mise seduto, tossendo, respirando affannosamente. Mise poi a fuoco la figura femminile che, con volto apprensivo, sostava sopra di lui.
«B... Bra?!» soffiò, deglutendo. Le luci del mattino penetravano tramite la finestra e un gran mal di testa iniziò a prendersi gioco di lui.
Era stato solo un incubo. Un sogno terribile. Quanto aveva dormito? E soprattutto, quanto aveva bevuto? Si guardò intorno e trovò tutte le risposte sul suo comodino. Erano quasi le nove del mattino e due bottiglie di whiskey si facevano compagnia, svuotate fino al fondo.
«Stai bene?» domandò sua figlia, con gli occhi spalancati. «Urlavi... urlavi cose incomprensibili. Per fortuna Goku Jr è all'asilo, altrimenti si sarebbe spaventato. L'unica parola che ho capito era... "Kaarot"».
«Sto bene. Ho solo esagerato con il whiskey» mentì.
Si alzò con un balzo e tentò in tutti i modi di rimanere in equilibrio su se stesso. Bra, dietro di lui, lo guardò allontanarsi, affranta.

Cielo, ma come diavolo si era ridotto? Non ricordava perché, ma aveva deciso di rubare dell'alcol dalle scorte in cantina per riuscire a dormire sonni tranquilli, che poi tranquilli non erano stati. Quel sogno l'aveva sconvolto a dir poco. Lui, Kaarot, l'altro Vegeta che lo uccideva ma ancor prima... no. Non sapeva cosa lo avesse più sconvolto. Vederlo morire così oppure... oppure quel bacio.
Si sentiva agitato, stanco, nervoso, rabbioso.
Provò a farsi una doccia, a mangiare qualcosa, ad allenarsi nella Gravity Room per il resto della mattinata ma niente. Nessun allenamento sarebbe valso la pena, era inutile. Non c'erano sfide, nessuna voglia di combattere, nessuno da combattere.
Ed era proprio quel senso di solitudine che lo aveva reso insofferente e insonne durante tutta la settimana precedente, sette giorni in cui era stato chiuso nella Capsule Corporation. E quel giorno... quel giorno era anche peggio. Il senso di angoscia e inquietudine non accennò a scemare nemmeno quando, con veemenza, iniziò a sbattere la testa contro il muro.
«Stupido! Stupido! Idiota!» si disse, colpendo con la fronte la lastra metallica che ricopriva la Gravity Room. Fortunatamente era stata progettata per reggere colpi ben più pesanti che le sue testate.
«Cretino! Imbecille! Stu-»
«Mi aspettavo almeno un "ciao", prima degli insulti».
«AAAH!» Vegeta urlò di spavento e balzò in aria, lanciando poi un colpo nella direzione della voce. L'uomo poco dietro di lui, però, deviò il raggio di luce e lo fece estinguere contro una delle pareti, come se niente fosse.
E chi poteva essere se non lui, se non quell'inutile terza classe che Vegeta stava tentando di evitare da ben sette giorni e che per giunta si era presentato lì di soppiatto, quasi facendogli venire un infarto. Vegeta si immobilizzò, congelandolo con lo sguardo.
«Scusa, ogni tanto mi dimentico che il teletrasporto può essere inaspettato» bofonchiò Goku. Sorrise come se nulla fosse successo.
«Cosa diavolo ci fai qui?» domandò Sua Maestà, con tono velenoso.
«Beh, voglio allenarmi, che domande!» dichiarò Goku, a braccia aperte. Continuò a mantenere quell'increspatura felice sul viso che Vegeta avrebbe tanto, tanto voluto disintegrare con le sue stesse mani.
Sua Maestà percepì una delle vene sul collo pulsare per la tensione. Allenarsi? Ma con che criterio era venuto a disturbarlo per una cosa del genere?
«Sparisci» gli intimò.
Voltò le spalle e si diresse verso l'uscita della Gravity Room, con una grandissima voglia di dare fuoco a tutto il pianeta. Allenarsi? Ma per l'amor del cielo!
«Ehh? Ma come?» lo inseguì Goku. Tentò di fermarlo, con occhi spalancati e un'espressione da bambino a cui era stato portato via il giocattolo. «Vegeta! Anche se non sono più il tuo coinquilino non vuol dire che non possiamo allenarci insieme!»
«Sei diventato sordo, oltre che scemo? Ho detto: SPARISCI!»

No. Goku non se ne sarebbe andato neanche se lo avesse minacciato di morte – che poi che razza di minaccia sarebbe stata, oramai? - l'avrebbe convinto costi quel che costi. Ci aveva tentato, aveva provato eccome a stargli alla larga, a mantenere una certa distanza da Vegeta, a lasciarlo in pace.
Inizialmente aveva persino creduto che sarebbe stato meglio così in vista di ciò che sarebbe dovuto succedere, ma ci erano voluti ben pochi giorni per comprendere che quella lontananza forzata non stesse facendo bene a nessuno e, anzi, lo rendeva così nervoso da non riuscire a combinare niente di buono.
Aveva supplicato Goten di recarsi con lui sul pianeta dei Kaioshin a combattere ma, naturalmente, non c'era stato verso di schiodarlo dal suo maledettissimo telefono. Con Gohan non ci aveva nemmeno provato, Pan e Trunks oramai erano troppo impegnati. Ub, invece, era alle prese con la costruzione di un ospedale vicino al suo villaggio. Nella disperazione aveva persino chiamato C18 e la sua risposta era stata quella di andare al diavolo; aveva quindi scoperto a sue spese che dopo la morte di Crilin era diventata persino più acida e scontrosa di prima. L'unico che aveva risposto alla sua chiamata era stato Tensing ma, anche per lui, la vecchiaia iniziava a farsi sentire e non c'era nessuno stimolo a combattere contro una persona che non riusciva a stare al suo livello. Goku aveva provato anche a contattare una persona che conosceva, una persona che solamente lui sapeva sarebbe stata ideale per allenarsi, ma poi ci aveva ripensato: non era ancora il momento.
La verità era una e una soltanto: solo Vegeta sarebbe stato in grado di stare al suo passo. Ma non si trattava solo di quello, in fin dei conti. Il Principe dei Saiyan gli mancava per davvero, anche nelle più piccole cose, ma non gliel'avrebbe mai detto e soprattutto non riusciva a capire come fosse possibile. Si trovava bene con la sua famiglia: Videl era una cuoca migliore di Vegeta, nessuno in quella casa lo trattava "male" come il Principe, eppure sentiva che gli mancava sempre qualcosa, qualcosa che avrebbe a tutti i costi voluto riprendersi.
No, non avrebbe accettato un semplice "sparisci" come risposta e proprio per quel motivo, nel medesimo istante in cui Vegeta premette il pulsante per aprire la Gravity Room, Goku lo bloccò per un braccio.
Quando la porta scorrevole si spalancò, da fuori nessuno avrebbe più potuto scorgerli all'interno della stanza. Era vuota.

 

«KAAROT, SEI UN UOMO MORTO!» urlò Vegeta, iniziando ad attaccarlo con violenza, sfoderando colpi così mirati e precisi che Goku fece fatica a schivare.
«Questo già lo so!» precisò, trasformandosi poi anch'egli in Super Saiyan.
«Ehi, voi due, smettetela immediatamente! Prima devo portarvi sul pianeta satellite» intervenne Kibitoshin.
Si avvicinò a loro e, senza aspettare che riuscissero a controbattere, li teletrasportò sul satellite e li abbandonò a loro stessi.
«Io non ho mai detto di volerci venire!» replicò Vegeta, adirato, ricordandosi poi di essere riuscito a teletrasportarsi, una volta. «Anzi, me ne torno subito a casa» aggiunse.
Si mise due dita in fronte e ci provò, ma niente. La rabbia pervadeva il suo corpo e lo stringeva come filo spinato; in nessun modo sarebbe riuscito a liberarsene.
«Forse avresti dovuto allenarti di più per riuscirci di nuovo» puntualizzò Goku, con un sorriso sornione.
«Taci!» sibilò Vegeta. Chiuse ancora gli occhi e si figurò nella mente l'immagine di Bra, ricercando la sua Aura tra gli abitanti della Terra.
«Posso aiutarti, se vuoi» propose Goku. Allentò la trasformazione e tornò normale, in uno stato di completa calma.
«Non ho bisogno del tuo aiuto» abbaiò il Principe, stizzito.
Si voltò di spalle, provando e riprovando a concentrarsi ma no, sarebbe stato impossibile farlo con quel mentecatto che gli vorticava intorno. Forse avrebbe dovuto tramortirlo per zittirlo e mandarlo in fin di vita, come la prima e l'ultima volta che era riuscito a teletrasportarsi.
«Innanzitutto prova a lasciare andare la tua energia, all'inizio è più facile».
«Ho detto che non mi serve il tuo aiuto!» ripeté Vegeta.
Riprovò e riprovò ma si rese conto che, seppur vero che ci fosse riuscito una volta, si era trattato di una situazione di emergenza e forse era stata l'adrenalina che aveva in corpo ad averlo aiutato nel compimento del teletrasporto. Dannazione, avrebbe voluto imparare per davvero quella tecnica ma per farlo, forse, avrebbe dovuto accettare i consigli di quel mentecatto.
Aprì un occhio solo e si accertò che Kaarot non lo stesse guardando poi, rassegnandosi, tornò al suo stadio naturale. Che smacco!
«Cerca di teletrasportarti da una persona vicina, all'inizio. Prova con me» gli disse Goku, allontanandosi di qualche metro. Vegeta sentì i passi di Kaarot farsi un poco più lontani. Cercò la sua Aura, la poteva percepire forte e chiara. Oramai l'avrebbe riconosciuta fra mille altre, era esattamente come il timbro della voce. Se lo figurò nella mente, lo vide proprio lì davanti a sé ma, proprio nel momento in cui tentò di recarsi da lui, un senso di nervoso lo colse di soppiatto.
Dannato Kaarot, stava davvero cercando di insegnargli qualcosa? Da quando prendeva "lezioni" da lui? Si irrigidì e aprì gli occhi, ringhiando. Avrebbe dovuto superare e scavalcare quell'altissimo ostacolo che era il suo orgoglio.
Riprovò, ma la calma sembrava una meta irraggiungibile. Sentì i passi dell'idiota farsi sempre più vicini ma non aprì gli occhi, non fin quando percepì una mano calda spostare le sue dita e posizionarle meglio. Un brivido gli percorse la schiena e sentì le proprie gambe cedere.
«Prova così» suggerì Goku, con un filo di voce, respirando più veloce dal momento in cui la sua pelle venne a contatto con le nocche ruvide del Principe. Cielo, avrebbe voluto sciogliere quella tensione. Avrebbe voluto abbracciarlo di nuovo come aveva fatto la settimana prima.
Vegeta aprì gli occhi e lo guardò senza dire una parola, ma quel contatto lo fece irrigidire ancora di più. Cielo, cosa gli stava succedendo? Perché era così agitato? Perché quel tocco lo aveva scosso fin dentro alle ossa? E perché diamine, al posto di andare lontano, quell'idiota se ne stava lì impalato a fissarlo in quel modo?
«Dovresti allontanarti, se vuoi che ci riprovi» borbottò, con la lingua secca contro il palato.
«Già, certo...» disse Goku, svegliandosi da una sorta di trance catatonico. Perdersi nei suoi occhi era troppo facile, quindi corse lontano.
Vegeta respirò profondamente più e più volte, provando a lasciare andare tutta l'angoscia, tutta la rabbia. Tentò di rilassarsi, tentò di pensare solo a cose positive, proprio come aveva fatto una settimana prima. Lo ricercò con la mente, lo ricercò con tutte le sue forze e pensò di volerlo raggiungere, di voler tornare ad essere vicini. Per un attimo si diede dello sciocco, del patetico, dell'idiota, ma sentiva che avrebbe potuto funzionare. Desiderò avvicinarsi, ridurre quella distanza e, percependo con la mente la forza della sua Aura, la sentì così vicina da poterla toccare, da potercisi tuffare dentro. E si tuffò.

Era una strana sensazione quella che arrecava il teletrasporto. All'inizio sembra quasi nausea, un vuoto d'aria, ma poi adrenalina ed eccitazione pura, soprattutto quando ci si accorge di essere proprio dove si desidera. Come la sensazione di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.
E quello era eccome il posto giusto: quell'imbecille di Kaarot, con un'espressione soddisfatta in volto, sorrideva fiero.
«Ce l'hai fatta!»
«Tsk, avevi dubbi? Ti ricordo che io sono i-»
«Il Principe dei Saiyan, sì» sbuffò Goku, senza però smettere di sorridere.
«Non mi interrompere, razza di fesso!» lo ammonì Vegeta, con un ringhio.
«Dai, ora riprova! Vado sul pianeta dei Kaiohshin. Raggiungimi».
E, prima che il Principe potesse replicare, Goku sparì nel nulla con estrema facilità.
«Dannato idiota...» borbottò.
E senza accorgersene diedero via a un gioco che i bambini terrestri chiamavano "acchiapparella".

Goku si nascose qua e là per diversi luoghi raggiungendo persone a lui famigliari, ma Vegeta riuscì a trovarlo sempre. Il Genio delle Tartarughe, vedendoli arrivare prima uno e poi l'altro, non poté fare a meno di notare quanto quei due fossero diversi dal solito, differenti da ciò che erano un tempo. Si allenavano insieme, combattevano insieme e, in quel momento, Vegeta si stava persino facendo allenare da Goku per imparare una tecnica nuova. Non gli diedero spiegazioni e partirono di nuovo per andare prima da Gohan, poi da Trunks - al quale venne quasi un infarto nel vedersi piombare prima Goku e poi suo padre sulla scrivania dell'ufficio, rovesciando tutto ciò che c'era sopra (non era ancora precisissimo sulle coordinate di atterraggio).
Poi andarono da Re Kaioh, poi da Dende, poi di nuovo dai Kaiohshin. Quelle ultime due volte, però, Goku lasciò che fosse Vegeta a teletrasportarsi per primo, per far sì che si allenasse a trovare anche altre persone oltre a lui.
«Sei ancora un po' lento e a volte impreciso nel luogo di arrivo, ma devi solo esercitarti. Direi che la tecnica l'hai appresa, oramai» dichiarò Goku, fiero di lui.
«È straordinario, Vegeta! Goku ci ha messo mesi a imparare questa abilità» commentò Kaiohshin il Sommo in tono derisorio nei confronti di Goku, e di questo Vegeta ne fu oltremodo soddisfatto.
«Uffa! Eravamo meno forti, allora» si giustificò Goku, con il broncio.
«Non accampare scuse, Kaarot, ammetti la mia superiorità!» ghignò tronfio il Principe.
«Staremo a vedere chi è il migliore!» replicò l'altro, illuminandosi di luce dorata per trasformarsi in Super Saiyan.
Lanciò così il guanto di sfida al proprio rivale il quale, non ricordando nemmeno più il reale motivo per cui aveva iniziato ad apprendere il teletrasporto, lo imitò con un sorriso beffardo.
Kibitoshin roteò gli occhi e, prendendoli entrambi per gli avambracci, li condusse di nuovo sul pianeta satellite.

 

 

Si allenarono tutto il pomeriggio e così intensamente da crearsi lesioni evidenti ma, a fine giornata, erano così soddisfatti da non riuscire nemmeno più a ricordare tutta la rabbia, tutto il rancore e tutta la tristezza che li aveva attanagliati nella settimana precedente. Era stato come se lottando si fossero immersi in una bolla, in uno spazio protetto e lontano, in un universo alternativo agli innumerevoli dubbi e problemi dai quali però non avrebbero potuto scappare a lungo.
Ma quel pomeriggio no, non si erano mai fermati a riflettere. Avevano smesso di pensare a tutto.
Avevano respirato quel combattimento come se fosse ossigeno in un mondo senz'aria e, solamente quando entrambi crollarono sull'erba fresca, si resero conto di quanto tutto quello gli fosse mancato, di quanto quegli allenamenti facessero bene ad entrambi.
Così - uno con un rivolo di sangue lungo la guancia e l'altro con le nocche aperte - si diressero verso il laghetto scuro per potersi rinfrescare, sciacquare. Teletrasportarsi dalle loro famiglie ridotti in quello stato non sarebbe stata una buona idea. Non parlarono, non dissero nulla nemmeno quando, inzuppati e rinfrescati, si sedettero di nuovo per asciugarsi. Si guardarono furtivamente, ogni tanto, avendo cura di non essere scoperti dall'altro. Imbarazzo, si trattava ciò.
Imbarazzo perché Goku non riusciva a fare a meno di... di guardare Sua Maestà. Di guardare i suoi muscoli, di soffermarsi sulle spalle, sulla schiena, e anche... più in basso.
Imbarazzo perché Vegeta si sentì bruciare da quegli occhi neri che lo scrutavano, ma non trovò il coraggio di proferire alcuna parola.
Imbarazzo perché, dopo aver passato diciannove giorni a condividere lo stesso tetto raccontandosi vicende personali e svelandosi segreti profondi, il Principe dei saiyan - spaventato dal contatto fisico che si era instaurato tra loro - aveva tentato di uccidere il suo rivale. La sera stessa, Goku si era trasformato in Oozaru palesandosi alla sua famiglia (alla quale probabilmente non era sfuggito il dettaglio che i due Saiyan si stessero abbracciando) e poi trasferendosi dai suoi figli su "invito" di Vegeta stesso sette giorni prima.
E, da allora, nessuno dei due aveva avuto il coraggio di farsi vedere né sentire fino a quel pomeriggio.
«Che cosa hai fatto questa settimana?» domandò ad un tratto Goku, indiscreto.
«Prego?»
«N-non ci siamo visti per una settimana, volevo solo sapere cosa avessi fatto...»
«In passato ci siamo persi di vista per anni interi e non ti sei mai interessato a ciò che facevo» gli fece notare Vegeta, memore dei lunghi periodi in cui il suo rivale spariva non e non si faceva vivo per periodi interminabili.
Goku lanciò un sassolino nell'acqua ferma e scintillante del laghetto. Decine e decine di cerchi concentrici si allargarono dal punto in cui la pietra affondò e, quando il primo raggiunse la riva, Goku si decise a parlare.
«È diverso, ora» ammise, guardando Vegeta di sbieco. Sì, era diverso, ma non riusciva ancora a comprendere il perché. Non riusciva ancora a dare un nome a quello che sentiva, era qualcosa di così nuovo, così strano. Sapeva solo che in quel momento, più di ogni altra cosa al mondo, desiderava trovarsi lì. E forse avrebbe persino desiderato andare più vicino.
Vegeta sbuffò e si portò entrambe le mani sulla faccia, nascondendovici il viso. Dannazione, sì, sì che era diverso! Era palese, se ne erano accorti entrambi ed era proprio quello il problema. Cielo, solo una settimana senza rivolgersi la parola li aveva portati sull'orlo di impazzire, come poteva essere una situazione normale?
Allontanarsi avrebbe dovuto fargli bene, avrebbe dovuto aiutare Vegeta a dimenticare, a non provare più quelle cose, e invece non aveva fatto altro che alimentare la confusione. E ciò che lo faceva imbestialire era che, con tutta probabilità, Kaarot nemmeno se ne stava rendendo conto del perché fosse così diverso. Cosa ne voleva capire, quell'imbecille, di cosa gli stesse accadendo? Cosa ne voleva capire... di quelle sensazioni? Probabilmente Kaarot nemmeno sapeva dare loro un nome un cognome.
E invece Vegeta le riconosceva. Quella voglia di stargli vicino, il cuore che batteva troppo forte, il desiderio di avere le sue mani addosso. Come poteva essere normale?
Sua Maestà sospirò di nuovo, più confuso che mai.
«Cosa... cosa dobbiamo fare?» domandò a bassa voce, digrignando poi i denti.
Dei passi furtivi sull'erba lo fecero destare dai suoi pensieri e quindi aprì gli occhi, guardandosi i palmi delle mani. Lentamente alzò la testa, mettendo poi a fuoco la figura che si ergeva innanzi a lui, con la mano tesa per aiutarlo ad alzarsi. E offrirgli una soluzione temporanea alla confusione.
«Beh, che domande! Andare a casa e riposare, altrimenti domani come facciamo ad allenarci?!» Goku sorrise e arrossì.
Il Principe ricambiò lo sguardo con espressione sorpresa. Forse quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato non pensarci più, vivere le cose al momento e fermare quel circolo vizioso di dubbi. Osservò la mano tesa del rivale pronta a raccoglierlo da terra, ad aiutarlo a rialzarsi. La guardò a lungo conscio che, se avesse accettato quell'aiuto, non sarebbe più potuto tornare indietro.

 


 

Continua...

 


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti e bentornati nel presente :D lo so, lo so, l'inizio del capitolo è stato molto equivoco, vi sarete chiesti "ma cosa cavolo sta succedendo?! Dov'eravamo rimasti?"... e poi SBAM! Finalmente un bacio. Finto eh, un sogno, ma pur sempre un bacio! Un piccolo falso assaggio di yaoi per chi non ne può proprio più di sti due testoni che continuano ad inseguirsi senza combinare alla fine un bel niente! Ma la situazione si sta sbloccando miei cari e mie care, abbiate fede! 
Se siete stati attenti vi sarete senz'altro accorti di questo "combattente" misterioso che accenno ad un certo punto, quando Goku ricerca qualcuno con cui allenarsi... chi sarà mai :P ?!
Ad ogni modo vi ringrazio davvero per tutte le recensioni che mi lasciate e ringrazio anche i miei lettori "silenziosi" :) spero che prima o poi mi lascerete comunque un parere.
A domenica prossima :D
Eevaa

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Capitolo 31
*** Un nome, un significato ***


I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 31 - UN NOME, UN SIGNIFICATO



There’s a light that you give me when I’m in shadow
When it feels like the end of my world
When I should but I can’t let you go

I know that you’re with me and the way you will show
And you’re with me wherever I go
And you give me this feeling, this everglow

Everglowhttps://www.youtube.com/watch?v=xn_1hFdE-5g

 

 

Vegeta si morse il labbro inferiore e, dopo aver deglutito parte del suo orgoglio, accettò l'aiuto e allungò la mano verso la sua. Goku sorrise ancora e, con poco sforzo, lo aiutò ad alzarsi.
Si ritrovarono l'uno di fronte all'altro, in silenzio, guardandosi seri. Vegeta alzò il mento e lo osservò. Lui sorrideva sghembo, forse fiero di se stesso per aver convinto Sua Alezza Reale a tornare "in pace". Poi Vegeta abbassò lo sguardo e se ne accorse: la mano di Goku era ancora aggrappata alla sua, la stringeva piano, come se fosse il gesto più naturale del mondo.
Anche Goku guardò verso il basso e increspò le labbra in una curva amara. Sollevò poi la mano del Principe con la sua e osservò da più vicino tutti tagli e le escoriazioni vive sulle nocche. Fece per toccarle, sfiorarle, ma Vegeta si sottrasse nervoso a quel gesto.
Goku sussultò come se gli fosse appena stata strappata via la pelle, come se quel contatto gli permettesse di respirare.
E allora iniziò a capire, in quel momento come non mai, che non era solo della presenza di Vegeta che aveva bisogno. Non era solo delle sue frasi a effetto, della sua compagnia in allenamento, della sua forza spirituale o dei suoi consigli spassionati. Aveva bisogno di più ma non capì come, non capì in che modo e soprattutto non capì come fosse possibile. Deglutì e si ricordò delle sensazioni provate negli abbracci che gli aveva regalato, forse era proprio quello di cui aveva bisogno: una spalla su cui piangere, un amico. O forse... forse... no, che sciocchezza.
«Ci vediamo domani. Qui, alla solita ora. E vedi di non tardare» disse Vegeta. Tentò in tutti i modi di non pensare a quel gesto, a quel contatto, alle dita di quel sudicio idiota attorcigliate tra le sue e a quell'assurdo desiderio di riprendersele.
Goku si destò quando vide il Principe portarsi due dita sulla fronte. Da quel giorno non ci sarebbe stato più bisogno di accompagnarlo da qualche parte.
«È strano non tornare a casa insieme» ammise Goku mordendosi poi la lingua, resosi conto che forse non avrebbe dovuto dirlo. E nemmeno pensarlo.
Vegeta lo guardò torvo e digrignò i denti. Dannazione, sì, era strano, tremendamente strano. Era oramai abituato ad afferrare la spalla di quell'imbecille e farsi scorrazzare qua e là per le galassie, tornare a casa dagli allenamenti sgattaiolando dal balcone della sua anziana vicina, ordinare del cibo cinese e rimanere lì a bisticciare fino al momento di andare a letto. Era così abituato che per un attimo riuscì a sentirne la mancanza, sentì il bisogno di rivivere tutto ciò, ma no, non poteva darlo a vedere. Non avrebbe dovuto cedere, non avrebbe dovuto mostrarlo a lui, ammetterlo. Si ricacciò in gola un invito a cenare insieme, dopo aver pronunciato un impercettibile sbuffo, il Principe ricercò l'Aura di sua figlia. Chiuse gli occhi e sparì insieme al vento.
Goku si lasciò andare e cadde sulle ginocchia, aggrappandosi con le mani all'erba fresca per trovare un appiglio, un punto fermo in quella realtà che sembrava muoversi tanto veloce da fargli venire il mal di mare. Inspirò forte con il naso e ancora gli sembrò di averlo davanti a sé. Chiamò il suo nome piano ma, chiaramente, nessuno rispose.

 

 

«AHH!»
Bra balzò all'indietro e inciampò in una sedia nel vedere il padre comparire dal nulla accanto a sé. Vegeta si guardò intorno, altri occhi increduli lo stavano fissando. No, decisamente quella non era la Capsule Corporation.
«Scu... scusatemi! Torno subito, stiamo lavorando a un nuovo esperimento di... di scomposizione e ricomposizione di particelle» balbettò Bra rivolta alle persone nella stanza, prendendo poi per un braccio il padre e trascinandolo fuori dalla porta. Vegeta la seguì con le gote scarlatte, borbottando scuse poco sentite.
Si era teletrasportato nella sede aziendale della Capsule Corporation.
«Ma dico, ti sembra il caso? Questa è una riunione importantissima e soprattutto segreta!» lo ammonì sua figlia, tentando di urlare in sordina mentre si chiudeva la porta alle spalle. «E da quando sei capace di teletrasportarti!?»
«Da oggi» tagliò corto Vegeta.
«Che tempismo! La prossima volta avvertimi. Sto concludendo un affare che può fruttare un sacco di soldi!»
«Tsk...» Sua Maestà roteò gli occhi e sbuffò, cercando di individuare una porta di uscita da quel corridoio.
«E, soprattutto... come sei conciato?» domandò lei. Storse il naso nell'avvicinarsi per annusare la canottiera del padre. «Bleah! Puzzi!»
«Sono andato ad allenarmi, non a raccogliere fiori di campo!» ringhiò Vegeta.
Si dileguò poi di soppiatto, imboccando l'uscita di sicurezza per volare fino a casa.
Bra lo guardò scomparire tra le nuvole e sbuffò; in quei giorni suo padre era più strano del solito. Quella mattina si era svegliato urlando ancora ubriaco dalla sera prima, e dopo meno di dodici ore si era presentato a lei utilizzando una tecnica a lui sconosciuta prima di quel giorno, con i vestiti completamente stracciati e diverse escoriazioni sulla pelle. No, c'era qualcosa che non quadrava nel suo comportamento, e avrebbe indagato a fondo per scoprire di cosa di trattasse.

 

 

Vegeta non chiuse occhio, quella notte. Ogni volta che tentava di riposare veniva assalito da quell'immagine, da quel sogno della sera precedente, di se stesso che, come Bruto, avvicinava Kaarot e lo pugnalava alle spalle. Si rigirò nel letto più e più volte, con il cuore in gola e l'incredibile voglia di urlare, di scacciare via quei pensieri. Dovette desistere dal desiderio di ubriacarsi di nuovo, dovette lottare contro se stesso per non impazzire.
Non riusciva a fare altro che pensare a tutto ciò che era successo, a tutto ciò che sarebbe dovuto succedere. Poteva ancora percepire le impronte digitali bruciare per quel contatto, poteva avvertire ancora le dita strette alle sue. Perché? Perché l'aveva aiutato ad alzarsi quando in realtà stavano entrambi sprofondando in un baratro così profondo da poter rasentare l'Inferno?
Ripensò a quegli occhi di petrolio così simili ai suoi, ripensò allo sguardo che l'aveva imprigionato, agli abbracci rubati. Ripensò al fatto che si fosse sentito bene, maledettamente bene, e questo non poteva accettarlo.

La confusione si impossessò di lui e non gli lasciò tregua fino a quando, indiscreta, la sveglia sul suo comodino non gli ricordò che fosse ora di alzarsi. Kaarot lo stava già aspettando sul pianeta dei Kaiohshin.
Si allenarono tutto il giorno, come promesso, e quello fu uno dei pochi momenti in cui il Principe riuscì a non pensare, a non perdersi nei meandri della sua mente. Ma era stanco, distratto dalla notte passata in bianco, e ciò non sfuggì di certo a Goku, il quale dovette limitare la velocità dei suoi attacchi. Non era da lui, non era proprio da Vegeta essere impreciso durante una lotta.
«Avanti, che succede?» gli domandò Goku, durante un breve momento di pausa per dissetarsi.
«Di cosa stai parlando?» si difese secco.
Vegeta si asciugò il viso nella maglietta, dopo aver bevuto dalla cascatella.
«Mi sembri... stanco... distratto» sussurrò Goku, preoccupato.
«Sì, sono stanco» ammise Vegeta di spalle. Poi sorrise tra sé e sé prima di sparire nel nulla e ricomparire dietro il rivale, tirandogli un calcio nella schiena che lo fece cadere in avanti. «Ma quello distratto sei tu!»
«EHI! NON VALE!» urlò Goku girandosi di scatto, ma Sua Maestà era già scappato all'imbocco della foresta.
Iniziò a inseguirlo all'ombra di quel sottobosco amaranto.
«Dove stai guardando, idiota? Sono qua!» urlò Vegeta. Si teletrasportò ancora dietro di lui e lo colpì sul collo, poi scattò dietro il tronco di un albero. Il teletrasporto gli consentiva di poter attaccare il nemico senza sprecare troppa energia e, inoltre, provava un senso di sadico piacere a vedere il proprio rivale soggiogato dalla sua stessa tecnica.
«NON USARE LE MIE ARMI CONTRO DI ME!» gridò Goku, ma Vegeta gli sfuggi dalle mani come una saponetta. Lo sentì ridere.
«Che c'è, Kaarot?! Stai perdendo la pazienza?» lo schernì, divertito.
«Attento, Vegeta, che se ti prendo sono guai!» lo minacciò con un ghigno sulle labbra.
Goku cercò di concentrarsi il più possibile tanto da riuscire a schivare un suo attacco, senza però essere in grado di fermare quel gioco.
Vegeta corse leggiadro nella foresta, schivando gli attacchi di luce. Corse veloce, immergendosi in quella penombra piacevole e fresca. Rise, rise per davvero, come se per un attimo ogni dubbio fosse lontano anni luce. Si sentì bene, si sentì sereno. Corse ancora e ancora fino a quando, voltandosi per controllare da dove sarebbe partito l'attacco successivo, non vide niente. Si guardò meglio intorno ma, prima che potesse fare la sua mossa, un pugno potente all'altezza dello stomaco lo fece arrestare e tossire dal dolore.
Goku lo spinse contro il tronco di un albero alto e rise beffardo quando la schiena del Principe scricchiolò contro la corteccia. Vegeta tentò di divincolarsi ma non ci riuscì.
«Preso!» sussurrò Goku. Lo tenne fermo per le braccia e lo osservò avvampare dalla rabbia.
Vegeta ringhiò, poi allentò lo sguardo e iniziò a imitare l'espressione derisoria del suo rivale. «Beh? E adesso che fai?» lo sbeffeggiò.
«C-che faccio?» gli domandò Goku a occhi sbarrati, colto di sorpresa.
«"Attento, Vegeta, che se ti prendo sono guai"» lo canzonò il Principe, poi divenne più serio. «Tutto qui quello che sai fare? Intrappolarmi contro un albero?»
Goku soffiò con il naso e strinse gli occhi fino a farli diventare due fessure. Con un solo colpo ben assestato avrebbe potuto ucciderlo in quel momento, debole e stanco com'era quel giorno.
«Tu sei nei guai, eccome!» sussurrò Goku, così flebile che il Principe dovette sporgersi per sentirlo. Oh sì, era nei guai, guai seri. Ma non perché avesse intenzione di fargli male - non avrebbe mai fatto una cosa del genere - ma perché avrebbe dovuto fare i conti con tutta la sua confusione, con tutti i suoi pensieri, con tutto ciò che gli era passato per la testa in quei giorni.
Goku lo fissò con espressione indecifrabile e si avvicinò ancora un poco. Vegeta spalancò gli occhi, poi prese a guardarlo più minaccioso.

Ma a chi voleva darla a bere, il Principe, con quello sguardo da finto assassino? Non era più quello di un tempo, non rimaneva quasi nulla di quel ragazzetto impertinente che si era presentato sulla Terra più di cinquant'anni prima. Aveva dimostrato davvero chi fosse, soprattutto in quei pochi giorni che avevano passato insieme.
Persino quando Vegeta aveva cercato di ucciderlo, era stato lui stesso a salvargli la vita. Aveva sempre avuto la parola pronta per contrastare le sue paure e i suoi dubbi, l'aveva difeso in un momento critico con la sua famiglia, lo aveva aiutato sempre. Era riuscito a farlo ragionare seppur si trovasse in una condizione anomala di Oozaru, per la paura di ucciderlo, per la paura di fargli male.
Diciannove giorni, in diciannove giorni Vegeta era stato in grado di dargli qualcosa che non era stato mai in grado di vedere. Con la sua umanità l'aveva rapito, era diventato il suo mentore, il suo esempio, la sua cometa da seguire.
Vegeta gli aveva raccontato cose che mai si sarebbe immaginato. Goku aveva provato emozioni di empatia che mai, mai nella vita aveva assaporato. Era riuscito a capirlo, comprenderlo, conoscerlo in quella sua nuova forma mentis, apprezzarlo, ammirarlo. Insieme a lui aveva raggiunto vette di combattimento che non ricordava di aver mai affrontato, sulla Terra. Goku si era ricordato che i guerrieri fuoriclasse non esistevano solo nella Dimora dei Draghi, gli aveva dato stimoli nuovi, nuovi obiettivi da perseguire.
Aveva cercato il suo sguardo tra la gente nel momento di difficoltà, aveva cercato conforto e lui aveva saputo darglielo, seppur a modo suo. Vegeta gli aveva mostrato la forza, gli aveva mostrato l'umanità, gli aveva mostrato il cambiamento, l'orgoglio, la perseveranza, la grinta. Gli aveva dimostrato che, nonostante non fosse per niente una persona paziente, era disposto a migliorarsi. Vegeta aveva accettato le sue decisioni, le aveva rispettate nonostante non le condividesse, aveva persino accettato di ucciderlo nonostante comportasse uno sforzo disumano.
Goku guardò Vegeta e capì perfettamente perché, in quel momento, era l'unica persona di cui aveva bisogno, l'unica persona a cui avrebbe concesso di stargli vicino. E così la vide, tra tutta la tristezza di quel ritorno sulla Terra - tra tutti i dubbi, tra tutte le paure, tra tutti momenti di sconforto - vide una scintilla di luce in lui, una fiammella calda in una giornata di neve.
In quel momento Goku capì. Trovò risposta a tutte le sue domande, trovò un nome a ciò che da giorni sentiva, trovò un significato all'emozione a cui non sapeva far fronte. Lo capì e non poté fare a meno di sorridere, perché non l'aveva mai provato nella vita. Capì di cosa di trattasse, comprese ciò di cui tutti parlavano, lo sentì nel profondo e per un attimo si domandò come avesse potuto vivere per oltre settant'anni senza percepire una cosa simile - qualcosa di così forte e pungente, qualcosa da lasciare senza fiato, qualcosa che facesse dimenticare tutto il mondo, tutto l'universo.
E lo trovò in lui, in quel burbero Principe che era stato il suo acerrimo nemico, il suo rivale, suo fratello, suo amico. Lo trovò nella persona che meno si sarebbe aspettato, tra miliardi di esseri umani nell'universo, e si domandò Vegeta come potesse  dargli così tanto senza nemmeno saperlo. Si sentì sciocco, si sentì idiota – come Vegeta adorava definirlo – ma si sentì anche terribilmente sereno.

«Beh?» disse il Principe, con voce tremante. A cosa stesse pensando quel citrullo proprio non poteva averne idea, o forse un poco sì. «Che hai da sorridere tanto?»
«Io... io non... non lo so» ammise Goku.
Tornò per un attimo con i piedi per Terra e si avvicinò ancora di più a Vegeta, ponendo tra loro una distanza minima per potersi leggere qualunque pensiero negli occhi, e quella volta Vegeta non riuscì più a sottrarsi.
Si guardarono di nuovo, come quella sera sul terrazzo, come quando Goku era riuscito a tornare in sé dal suo stato di Oozaru, come quando si erano abbracciati, come quando si erano sfiorati. Come in tutte le volte nelle quali Vegeta sembrava riuscire a perdere la cognizione di sé. E la perse, sentì le gambe cedergli, il respiro corto, gli occhi bruciare.
«Smettila di guardarmi così, Kaarot» gli intimò Sua Maestà. Cercò di mettere più convinzione possibile nelle sue parole, ma tutto ciò che ne uscì fu un sussurro strozzato. Gli sembrò di impazzire.
«Altrimenti?» domandò Goku. C'era davvero poca autorità nelle parole imperative di Vegeta.
«Altrimenti sarò costretto... a provare a ucciderti di nuovo».
No. No, no, no. Non poteva averlo detto sul serio, non poteva aver ammesso di aver tentato di ucciderlo per quel motivo, per colpa di quello sguardo, per colpa di quell'abbraccio. Per colpa di quella paura, di quell'emozione che già aveva provato a decifrare, per colpa di quell'odore. Vegeta si detestò, si odiò come mai aveva fatto prima di allora. Come poteva essersi ridotto in quel modo?
Goku soffiò con le narici e sollevò il mento, soddisfatto.
«Allora uccidimi» lo provocò serio e mostrò lui i denti in un ringhio animalesco. «Ma stavolta non riportarmi indietro»
Vegeta ringhiò a sua volta, aggrappandosi al colletto della sua maglietta e strattonandolo in un gesto rabbioso. Sentì le mani prudergli come se volesse attentare alla sua vita per davvero, sentì il cuore battergli veloce come un tamburo e quasi uscirgli dal petto.
«Non osare provocarmi, Kaarot. O ti giuro che lo faccio sul serio» soffiò con ira Vegeta, nella penombra di quel sottobosco, con il viso talmente vicino a quello di Goku da poter sentire il suo respiro caldo contro le sue labbra.
Goku non rispose ma, se proprio doveva dargli un motivo reale per ucciderlo, l'avrebbe fatto per bene. Non si sarebbe limitato a provocare la sua rabbia a parole, non si sarebbe limitato a mettere alla prova la sua pazienza con così poco impegno.
Lo fissò dritto negli occhi. Goku sentì il respiro venirgli meno, un vuoto d'aria, le mani perdere di sensibilità. Si perse nel buio delle sue iridi e smise di pensare, smise di cercare di capire, smise di trattenere quell'emozione che fino a quel giorno non aveva trovato nome. Si ricordò della prima volta che si era incatenato a quegli occhi e aveva perso di vista tutto l'orizzonte, il giorno in cui si era quasi fatto esplodere.
Si ricordò di ogni istante in cui aveva sentito il suo cuore uscirgli dal petto e si tuffò senza esitare, aggrappandosi con le labbra a quelle dell'uomo che era e per sempre sarebbe rimasto il Principe della sua specie.

 

Continua...


 


 

ANGOLO AUTRICE:
... yeeeeee! Ce l'abbiamo fatta amici *_* ci sono riusciti... o meglio, Goku ci è riuscito! Finalmente, dopo TRENTUN capitoli, è successo. Ho il cuore a mille :D
Ma quanto sono carini? Ma vi immaginate la faccia di Vegeta quando quello squinternato lo ha baciato?! O____O sarà sconvolto, poretto!
Chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo... non vedo l'ora di domenica prossima. Sappiate che ne vedremo delle belle... man mano che si avvicinerà il momento della verità, il cinquantesimo giorno, le cose si faranno sempre più interessanti dal punto di vista della trama "azione"... ma per adesso godiamoci finalmente questi momenti di romanticismo yaoi che tanto abbiamo atteso :)
Vi auguro buona domenica e vi mando un abbraccio. Spero che siate contenti, fatemi sapere cosa ne pensate!
Eevaa

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Capitolo 32
*** Uomo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 32 - UOMO



There’s still a little bit of your taste in my mouth
There’s still a little bit of you laced with my doubt
You step a little closer each day
So close that i can’t see what’s going on


Cannonball: https://www.youtube.com/watch?v=3yqM--IMkX4
 
 
 

Buio, oscurità. Per un attimo Vegeta non riuscì a vedere più niente, poi vide il tutto. Tutto il mondo, la luce, colori che non era nemmeno certo esistessero. Inspirò con il naso e scoprì che l'aria aveva tutto un altro odore, in quel momento. Profumo di casa, di tranquillità ma anche di sfida, di guerra.
Si perse galleggiando in quella sensazione, ma solo per un attimo, giusto il tempo di riaprire gli occhi per spalancarli e rendersi conto che non si trattasse affatto di un sogno. Stava succedendo davvero e faceva male, male da impazzire. Faceva male perché, dannazione, faceva anche così bene! E fece ancora più male nel momento in cui quelle labbra sottili si staccarono dalle sue. Fu come se gli avessero appena tolto l'ossigeno, come se avesse fame d'aria.
Kaarot. Kaarot lo fissò di nuovo, sempre così vicino da desiderare di staccarsi e di tuffarsi nuovamente su di lui nel contempo. Cielo, non poteva pensarlo sul serio. Il naso di Kaarot aderiva al suo, così come la sua fronte. Percepiva il suo petto muoversi su e giù a velocità accelerata, il suo respiro farsi più rapido. Come se avessero appena corso una maratona, come se mancasse l'aria in quel pianeta e l'unico modo per poter respirare sarebbe stato uno, uno soltanto.
Goku si avvicinò di nuovo, lo sfiorò di nuovo e il Principe rabbrividì.
Una scossa elettrica gli percorse tutta la schiena e Vegeta si destò da quella realtà così limpida. No, no, no. Non poteva essere successo, non poteva averglielo concesso. Non a lui, non a Kaarot, non a quell'idiota, non al suo rivale.
Con un gesto brusco lo strattonò e lo allontanò da sé. Egli lo guardò strabuzzando gli occhi, avvampando così tanto da diventare rosso come un pomodoro.
«MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO?!» urlò Vegeta, paonazzo, ancora con il fiatone, ancora senza la forza di muoversi. Gli si annebbiò la vista, si ritrovò sul punto di svenire. Dovette resistere, dovette lottare contro se stesso per scacciare via la voglia di aggrapparsi a lui, lui che continuava a fissarlo con quello sguardo, con quegli occhi nei quali era troppo facile perdersi.
«Io... io» balbettò Goku. Ancora le labbra gli bruciavano. «N-non lo so... non...»
«Certo che non lo sai! Quando mai sai qualcosa, tu!»
Vegeta si appoggiò con la testa all'indietro contro il tronco dell'albero nel tentativo di riprendere il controllo, di tornare in sé. Respirò profondamente e resistette dall'accasciarsi a terra.
«Mi dispiace» mormorò Goku, mentre ancora tentava di arretrare.
«Ti... TI DISPIACE!?» urlò il Principe. Scattò in avanti con aria minacciosa e gli puntò un dito contro.
Goku inciampò e cadde sull'erba. «Non volevo farti arrabbiare... è stato... è stato un errore».
«KAAROT, DANNAZIONE, SEI UN IDIOTA!» inveì Vegeta. Si portò le mani tra i capelli e si voltò di spalle.
Un errore? Era davvero stato un errore? Sicuramente, ma perché aveva voglia di commetterlo di nuovo? No, non sarebbe potuto rimanere lì nemmeno un minuto di più, per la sua sanità mentale, per non cadere ancora in quello sbaglio.
«Preparati, giuro su tutti gli Dei che domani te la farò pagare. Nove in punto. E non provare mai più a... a... a baciarmi!» ringhiò Sua Maestà, puntandogli infine il dito contro.
Ma Goku inaspettatamente sorrise e lo fece infuriare ancora di più, quindi Vegeta si portò alla svelta due dita alla fronte e scomparve nell'ombra.
Goku si lasciò andare sull'erba con la testa, riprendendo fiato. Sorrise. Sorrise perché, in fondo, gli aveva appena detto che si sarebbero rivisti, che nonostante tutto non lo avrebbe lasciato solo, non lo avrebbe abbandonato.
Se quel burbero davvero non lo avesse voluto si sarebbe staccato prima, lo avrebbe colpito con più forza, magari persino mandandolo all'altro mondo. E invece si era limitato a urlargli contro e minacciarlo, senza impegno, senza la solita enfasi e cattiveria di sempre. C'era un stato qualcosa di diverso nel suo tono di voce, negli occhi furiosi con i quali lo aveva fissato. Ed era così facile sospettare che in realtà non gli fosse così tanto dispiaciuto, quel bacio.
Goku si portò una mano sulla faccia e iniziò a ridere da solo, su quel praticello all'ombra del bosco. Se qualcuno fosse passato di lì in quel momento lo avrebbe preso per pazzo, e avrebbero avuto ragione: era pazzo per davvero! Rise ancora più forte. Aveva appena baciato Vegeta. Vegeta! Il suo eterno rivale di sempre. Lo aveva baciato e ne era persino uscito indenne! Soffocò la sua risata e chiuse gli occhi, senza però smettere di sorridere.
Lo aveva baciato e non aveva mai provato nulla di simile, nulla di così forte nulla di così strano. Si sentiva strano, si sentiva felice.

 


 

Quando Vegeta aprì gli occhi avvertì la testa girare e le gambe cedergli. Si appoggiò al muro con una mano e respirò ansimante.
«Papà!» la voce di Trunks lo fece sobbalzare, come se non si ricordasse che in realtà si fosse teletrasportato proprio da lui. «Cos'è successo? Ti senti male?»
Vegeta lo guardò e si tirò indietro proprio nell'esatto istante in cui suo figlio si accinse a mettergli una mano sulla spalla, come se si vergognasse, come se sulle sue labbra ci fosse il segno ardente di ciò che era appena accaduto. Trunks aggrottò le sopracciglia, sorpreso e confuso allo stesso tempo.
«Stai tremando!» constatò, preoccupato.
«Sto bene» soffiò Vegeta, ancora con il fiatone. Sarebbe finito in iperventilazione se avesse continuato in quel modo.
«Senti, mi sembra evidente che non stai affatto bene, spiegami co-»
«STO BENE!» ringhiò, per poi ammorbidirsi un poco. «Non preoccuparti per me».
Trunks spalancò gli occhi nel guardarlo uscire dalla finestra per volare chissà dove. Scosse la testa e si appoggiò poi anch'egli al muro dell'ufficio. No: suo padre non era più lo stesso, non lo aveva mai visto in quel modo.
Estrasse il cellulare dalla tasca e cercò un numero nella rubrica, portandosi poi l'apparecchio all'orecchio. Cinque squilli.
«Bra,» sussurrò, «avevi ragione tu... c'è qualcosa che non va».

 


 

Vegeta si morse le labbra. Avevano ancora quel sapore mai aveva provato prima di allora. Chiuse di nuovo gli occhi e sbandò in volo quasi stesse per cadere, per poi riprendersi e ricomporsi per l'ennesima volta. Si irrigidì e tentò di non pensarci, di non ricordare, volando sempre più veloce alla volta di quel porto sicuro che più e più volte lo aveva raccolto e poi lasciato accasciato con la testa sul bancone.
Raggiunse il pub di quell'isola verde e ci entrò sbattendosi la porta alle spalle. Si sedette su uno sgabello con poca eleganza - atteggiamento piuttosto strano per una persona composta e regale come lui. Brian, il barista, si sorprese di vedere il suo oramai abituale cliente entrare in quel modo, a quell'ora, e soprattutto già ciondolante.
«Un po' presto, no?» disse l'uomo, guardandosi l'orologio al polso. Vegeta lo guardò storto e questi smorzò il sorriso sul volto, quindi prese subito un bicchiere per metterci dentro due cubetti di ghiaccio. Brian non era un uomo di tante parole, ciò che Vegeta apprezzava di lui era che - a differenza di altri baristi - non ficcava affatto il naso negli affari altrui. Non gli aveva mai fatto domande, stava sempre al suo posto ma, se quel giorno persino lui aveva espresso un giudizio, allora voleva proprio dire che doveva proprio avere l'aria sconvolta.
L'uomo gli porse il bicchiere di whiskey e fece per allontanarsi, quando venne interrotto dalla voce del Principe.
«Un altro» decretò, porgendo di rimando al barista il bicchiere già completamente vuoto. Senza dire una parola Brian si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi. Smeraldo contro carbone. Vegeta lo squadrò con aria provocatoria, domandandosi cosa diavolo stesse aspettando a servirgli quanto ordinato. Guardingo ma non troppo sorpreso, l'uomo dai capelli arancioni prese la bottiglia del whiskey preferito del suo cliente e gliel'appoggiò di fianco al bicchiere.
«Non che io non abbia voglia di servirla, ma credo che per lei sarà una lunga serata» gracchiò Brian con un sorriso quasi compassionevole, oramai conscio che quello strano individuo non avrebbe fatto fatica a prosciugare quel nettare amaro. «La prenda. Si serva quanto vuole, le faccio uno sconto».
Vegeta lo guardò di rimando e, con un cenno del capo, lo ringraziò in silenzio. Un'altra cosa che rendeva Brian una persona estremamente gradevole al cospetto del Principe era proprio la sua perspicacia.
Si guardò riflesso nel vetro di quella bottiglia ambrata e vide lo spettro di sé. Già, probabilmente il suo volto lasciava trasparire l'inquietudine, la confusione, l'oblio nel quale era stato immerso.
Sentì il suo cuore battere all'impazzata e le labbra bruciare e no, non per il terzo bicchiere di whiskey che si era appena scolato alla goccia. Ardevano, ardevano ancora da quel contatto, da quel sapore dolce e deciso che Kaarot gli aveva lasciato addosso. Ogni volta che ci pensava si sentiva svenire, avvertiva il bisogno di tenersi la testa tra le mani per non cadere con la faccia sul bancone.
Un altro bicchiere. Poi un altro ancora. Niente, niente avrebbe potuto calmarlo. E non era la prima volta che il suo anestetico prediletto non sortiva alcuna efficacia a causa di quell'imbecille che poco prima si era impossessato di lui, della sua bocca, delle sue facoltà mentali.
«Dannazione» sussurrò tra sé e sé. Si portò entrambe le mani nei capelli.
Ancora un bicchiere. Penoso. Patetico, ecco cos'era. Si era lasciato ridurre in brandelli così facilmente, aveva seppellito i frammenti del suo orgoglio e non li avrebbe più trovati, nemmeno con una mappa del tesoro.
Kaarot, Kaarot, sempre e solo Kaarot. Non riusciva a pensare ad altro, non riusciva a distrarsi, non riusciva a fare a meno di rivivere quel momento, sempre più nitido. Ma come avrebbe potuto ammettere a se stesso che, ogni volta che sentiva quel bruciore impossessarsi delle sue labbra, provava un piacere che da tempo non sentiva?
Si girò verso il piccolo palco di quel locale sperduto e, con la mente, trovò la ragazza dai capelli rossi. La musicista con la quale poche settimane prima aveva tentato un penoso approccio. Pensò a lei, alla sua bellezza, ma non provò nulla. Assolutamente nulla. Ma perché no? Perché non lei? Perché Kaarot? Perché, tra tutte le persone sulla faccia di quel pianeta, proprio il suo rivale di sempre?
Pensò a Bulma e avvertì un nodo alla gola. Era sempre stato convinto che non sarebbe più riuscito a provare qualcosa per qualcuno. Non era mai riuscito ad avvicinarsi a nessuna, persino a quella ragazza con i capelli rossi che gli era sembrata affascinante.
La voce di Trunks sopraggiunse dai suoi meandri mentali, affiorando come un bucaneve "sono passati tanti anni, sarebbe normale se tu avessi un'altra donna". Vegeta chiuse gli occhi e, inspirando forte, buttò giù un altro bicchiere.
In quell'istante capì. Già, aveva sempre creduto di non riuscirci, che non ci sarebbe stata nessuna oltre a Bulma. Ed effettivamente era così: non sarebbe mai più riuscito a provare qualcosa per un'altra donna, non sarebbe mai riuscito a toccare un'altra donna, a conoscere un'altra donna, ad amare un'altra donna. Era vero, tutto vero, non ce l'avrebbe mai fatta, mai e poi mai.
Ma un dettaglio importante non poteva affatto essere tralasciato: Kaarot non era una donna. Kaarot era un uomo.
«DANNAZIONE!» Vegeta urlò e sbatté i pugni sul bancone, facendo sussultare altri quattro clienti seduti a un tavolo rotondo lontano dal bar. Brian sobbalzò, avvicinandosi poi quanto bastasse per poter parlare sottovoce.
«Si sente bene?» domandò pacato, incerto se pentirsi o no di aver rivolto una domanda così personale a quel tipo così riservato.
«No. No, affatto» ammise Vegeta a denti digrignati e occhi chiusi.
«D-devo chiamare qualcuno? Un dottore? Un suo famigliare?» balbettò Brian, scosso nell'osservare l'uomo emanare uno strano bagliore, come una scossa elettrica.
«N-no» ringhiò il Principe senza riuscire a trattenersi, a non far diffondere quel calore, quell'irradiante luce dorata che lo pervase.
Brian indietreggiò e divenne pallido come un cencio. Gli altri quattro clienti si alzarono dal tavolo, allibiti. E come poteva essere altrimenti? Non capitava certo tutti i giorni che un uomo apparentemente normale si trasformasse davanti a loro cambiando colore dei capelli e degli occhi.
Vegeta tremò ancora e poi, temendo di non riuscire a controllarsi fino a far esplodere quel posto, uscì fuori di corsa.


 

Corse. Corse per quelle verdi lande desolate, urlò ai quattro venti la sua disperazione, il suo tormento. Gridò verso il cielo parole inconsulte, irripetibili, scagliò attacchi di luce in direzione delle nuvole e corse ancora. Corse finché non fu stanco, scarico, esaurito in ogni sua cellula. Si accasciò al terreno e respirò l'odore di umido, di erba e tempesta al calar del sole. Respirò affannosamente e guardò l'imbrunire divenire notte, calmando l'impeto della sua rabbia, della sua confusione. Lasciò che il vento gli sferzasse sul viso purificandolo da tutta quella negatività e finalmente, quando tutte le sue forze vennero meno, si rassegnò. Si rilassò, respirò piano e, una volta compresa quale fosse la cosa più giusta da fare, si librò in volo.
 

Cinque anni. In cinque anni non si era mai recato in quel luogo, neanche una volta. Nemmeno di passaggio, per sbaglio.
Che la famiglia Brief fosse una delle più famose al mondo questo era vero, così com'era vero che erano tanto geniali quanto eccentrici. E Bulma e suo padre lo erano stati fino alla fine.
La scelta di far deporre le loro ceneri nel giardino del museo di scienza e tecnologia della Capsule Corporation non era mai stata vista di buon occhio dal Principe, il quale avrebbe preferito che le ceneri della sua defunta moglie fossero riposte in una normalissima urna, o sparse al vento, oppure deposte in un cimitero. Su Vegeta-Sei quando un Saiyan di alto rango moriva, il suo corpo veniva sepolto nelle cripte del castello reale, mentre i Saiyan di élite più bassa venivano cremati e le loro ceneri liberate nello spazio aperto.
Nelle sue ultime volontà, Bulma aveva espresso il desiderio che le sue ceneri fossero riposte accanto a quelle di suo padre e che si fosse eretto sopra ad esse un monumento raffigurante lei stessa in dimensioni naturali, proprio accanto a quello del dottor Brief. Eccentrico a dir poco, aveva sempre pensato Vegeta.
Di certo però non si era mai recato in quel luogo per cinque anni non di certo perché lo ritenesse troppo esuberante. No, la verità era che non aveva mai sopportato di vedere con i propri occhi la triste realtà, di accettare che la sua Bulma fosse morta.
Ma quella sera ne sentì il bisogno, quella sera i suoi passi si mossero in direzione di quel luogo senza che egli comprendesse appieno il perché. Ed eccoli, eccoli lì, sorridenti e fieri di una scoperta scientifica, con le labbra marmoree increspate in un espressione soddisfatta. Così li avevano raffigurati, Bulma e il Dr. Brief.
La sua attenzione venne catturata da una targhetta ramata sotto la statua di marmo, la quale citava gli anni di nascita e morte dei due scienziati, e una frase per il memoriale. Accanto al monumento un cartellone da museo con le note di merito, le scoperte più rilevanti parte della storia della nascita della Capsule Corporation e "per ulteriori informazioni premere il tasto 41 sulla vostra guida elettronica".
«Tsk. Stupidi terrestri» bofonchiò il Principe dei Saiyan scuotendo la testa e, con un balzo, saltò oltre le transenne per avvicinarsi alla statua. Si alzò in volo per raggiungere le due persone raffigurate, concentrandosi soprattutto su una di esse: il ritratto fedelissimo della sua defunta moglie. Cielo, era esattamente come se la ricordava, giovane come Polunga l'aveva trasformata prima di morire. Una mano lungo il fianco, l'altra teneva una carta scientifica con alcune prime bozze per la progettazione della Macchina del Tempo.
Sua Maestà sospirò e guardò negli occhi di marmo ciò che rimaneva di Bulma... la sua Bulma. Colei che lo aveva cambiato, colei che gli aveva dato modo di redimersi, la donna che aveva dato lui dei figli, la possibilità di una vita serena. E in quel momento era lì, una statua. Una semplice, fredda, inespressiva statua era tutto ciò che rimaneva di lei, oltre ai ricordi. Cercò di non perdersi in essi, cercò di non tornare alla disperazione di quel giorno su Neo Namek durante il quale l'aveva stretta per l'ultima volta.
Si avvicinò al volto della statua quasi fino a far coincidere i loro nasi e la fissò torvo, quasi arrabbiato.
«Donna, se fossi in vita mi uccideresti per quello che ho combinato» confessò Vegeta.
Ripensò a quel bacio, a quel contatto con Kaarot e sentì le gambe tremare; se non si fosse trovato sospeso a mezz'aria probabilmente sarebbe caduto come un sacco di patate.
«Ma tu non sei in vita. Tu non ci sei più da cinque maledettissimi anni» gracchiò Vegeta, con le mani talmente serrate da farle scricchiolare. «E io... io non so cosa devo fare».
Vegeta ripensò ancora una volta alle parole di suo figlio, ripensò alla possibilità di rifarsi una vita, di ricominciare con qualcun altro.
«Non esiste in questo mondo un'altra donna che potrei volere» confessò il Principe, sperando con tutto il cuore che nessuno potesse sentirlo in quel momento, che nessuno potesse udire cosa ci fosse dietro quella dura corazza che ricopriva ogni centimetro del suo vero essere. «Ma... ma lui...»
Esitò e si interruppe per riprendere fiato. Già, lui. Lui era il suo rivale, lui era il suo migliore amico, lui era Kaarot, ed era un uomo. Un uomo.
Tra i Saiyan non erano rare le relazioni tra uomini, soprattutto quando essi si trovavano in missione lontani mesi e mesi da Vegeta-Sei. Erano per lo più relazioni volte al soddisfacimento dei bisogni carnali, storie clandestine che terminavano una volta sbarcati sul pianeta d'origine. Ogni Saiyan che si rispettasse doveva avere una compagna con la quale procreare almeno un bambino maschio, tutto il resto era puro divertimento.
Sulla Terra, invece, le relazioni tra persone dello stesso sesso erano considerate normali - almeno in quell'epoca. C'era stato un tempo nel quale le coppie omosessuali erano perseguitate, considerate peccatrici. Ma erano anni lontani, oramai dimenticati. In quell'era oramai non vi era più distinzione tra una coppia eterosessuale e una omosessuale, non vi era più la necessità di procreare, non per forza almeno. Sovrappopolamento, così lo chiamavano i terrestri. E soprattutto era scemata la stupida credenza che le relazioni omosessuali fossero malviste dagli Dei. A che razza di Dio poteva importare quali fossero i gusti sessuali di una persona, del resto? Avevano sicuramente ben altro a cui pensare.
Vegeta rabbrividì di nuovo. Non era affatto quello, il problema. Il suo cruccio non era affatto quello che Kaarot fosse un uomo e anzi, quello era stato forse l'espediente per riuscire a provare ancora qualcosa per qualcuno - anche se, per inciso, il Principe dei Saiyan non aveva mai provato attrazione per un uomo. Forse solo in un paio di occasioni, durante la sua gioventù nello spazio. Ora che ci pensava, uno era stato il fratello di quel deficiente: Radish. Ma non era mai successo niente, perché - anche se di bell'aspetto - era un debole inutile sbruffone.
Il problema sostanziale invece era solo e soltanto la situazione in cui erano immersi lui e Kaarot, allo stato attuale. Tutto ciò che avevano trascorso e tutto ciò che avrebbero dovuto ancora subire. E poi, dannazione, era Kaarot! Di tutte le persone sulla faccia di quell'insulso pianeta e in tutto il multiverso, proprio lui! La persona che aveva odiato di più al mondo era diventata la persona per la quale le sue gambe tremavano da ore.
Vegeta guardò nuovamente negli occhi la statua di Bulma e poggiò la mano sulla sua guancia, sospirando. Le cose sarebbero state più semplici se l'avesse avuta ancora al suo fianco. La sua vita sarebbe stata più facile, affrontare il ritorno di Kaarot sarebbe stato più facile: lei certamente avrebbe saputo cosa fare e, sicuro come l'oro, non ci sarebbe stata alcuna possibilità di ritrovarsi in quella situazione, di provare qualcosa... qualcosa per lui.
Ma Bulma non c'era, non c'era più, aveva già dovuto fare i conti con quella mancanza. Le cose erano andate così, non c'era possibilità di tornare indietro, quello che era stato fatto oramai si era compiuto; anche se era difficile avrebbe dovuto affrontarlo.
Non ci sarebbe mai più stato un mondo nel quale lui e Kaarot avrebbero potuto stare distanti e, in quel momento, non avrebbe più potuto far nulla per dimenticare, per ovviare a quella situazione.
Oramai l'aveva capito da tempo che tra lui e quell'inetto idiota stava succedendo qualcosa, aveva persino tentato di ucciderlo per frenare quella corsa, ma il tentativo era stato vano. Quel che provava era reale, era lì, lo sentiva nello stomaco, lo sentiva nella testa. Ma allora cosa fare? Cedere? Non cedere? Cedere avrebbe significato soffrire, non cedere lo stesso.
Lo trovò ingiusto, profondamente ingiusto. Aveva già sofferto abbastanza, Vegeta. Per un attimo pensò che fosse il conto di tutte le sue malefatte del passato, perché l'Inferno non sarebbe stato sufficiente.
Era sempre stato coraggioso, era sempre stato un combattente fiero, orgoglioso, non si era mai arreso nemmeno di fronte all'evidenza. Cocciuto, testardo. Ripensò a tutte le battaglie, ripensò alla sua infanzia, ripensò a tutte le difficoltà e a tutte le volte che era stato in grado di rialzarsi. Dov'era finito quell'uomo? Dov'era finito quel combattente? Dov'era quel guerriero?
«Bulma, da quando te ne sei andata ho perso me stesso, ma ora... ora posso ritrovarmi. Posso ritrovarmi oppure perdermi per sempre».



 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Ehm ehm... buongiorno! :D ebbene sì, cosa vi aspettavate, del resto? Che il principe dei testoni lo lasciasse fare con tanta facilità? E' una prima donna, si fa desiderare xD
Capitolo ricco di riflessioni, nelle quali ho messo dentro anche il mio parere personale e anche un po' di attualità. Spero di non aver urtato la sensibilità di qualcuno parlando delle relazioni omosessuali, è semplicemente il mio pensiero. 
Alla fine Vegeta è andato da ciò che resta di Bulma. Non ho voluto immaginarmela in un semplice cimitero, è sempre stata una donna eccentrica! Una statua a grandezza naturale la rappresenta di più xD una riflessione finale che lascia spazio a tutto e niente, insomma. Cosa farà il principe dei casinisti con il nostro povero Goku? Cederà? Non cederà? Chi lo sa... dobbiamo attendere una settimana per scoprirlo, ora!
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento, a prestissimo!
Eevaa
 

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Capitolo 33
*** Ora dormi, mio principe ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 33 - ORA DORMI, MIO PRINCIPE


Where'd you wanna go? How much you wanna risk?
I'm not looking for somebody with some superhuman gifts,
some superhero, some fairytale bliss.
Just something I can turn to, somebody I can kiss,
I want something just like this

Something just like this: https://www.youtube.com/watch?v=FM7MFYoylVs
 

 

Una coperta di nuvole arancioni e, come giaciglio, una rupe erbosa con vista su un'enorme distesa di alberi color amaranto.
Goku non era tornato a casa, quella notte. Era rimasto lì, su quel pianeta satellite che aveva ospitato i più eclatanti combattimenti tra i due guerrieri più determinati che il loro mondo avesse mai conosciuto.
Si era lasciato cullare dal vento, aveva lasciato che il rivolo d'acqua che attraversava il sottobosco sciacquasse via le fatiche della giornata, aveva mangiato i frutti tondeggianti di un albero ai confini di quella strana foresta. Aveva dormito poco, Goku. Era perlopiù rimasto lì, con gli occhi fissi verso il cielo in attesa di un cambiamento, aspettando che la luce del giorno si spegnesse come la fiammella di una candela, ma ciò non era avvenuto. Quel pianeta non conosceva la notte, quel pianeta non aveva mai visto l'oscurità. Goku guardò assiduamente l'orologio sul cellulare che gli era stato regalato dai suoi figli, ma le nove in punto sembravano non arrivare mai.
Il respiro lento e regolare del giovane venne interrotto più e più volte da pensieri fuori dal comune, pensieri che mai si sarebbe sognato di dare alla luce. Sorrideva, poi si incupiva. Sentiva il proprio cuore accelerare e decelerare in continuazione, una macchina impazzita. Le sue labbra erano ancora intrise del sapore più dolce che avesse mai assaggiato in vita sua. Un sapore nuovo, corroborante.
Ogni tanto rideva da solo, ripensando a ciò che avesse osato fare. Ma, se qualche divinità avesse offerto lui la possibilità di tornare indietro, l'avrebbe rifatto. L'avrebbe rifatto mille e mille volte ancora. L'avrebbe baciato di nuovo, si sarebbe ripreso quello spintone e quegli insulti, ma l'avrebbe baciato e non vedeva l'ora di poterlo fare di nuovo. Sperò di riuscirci, si promise che avrebbe fatto tutto il possibile purché ciò accadesse. Quella sensazione, quell'emozione era così forte da non riuscire a smettere di pensarci, qualcosa che mai nella vita aveva provato.
D'altro canto, però, non era mai stato insicuro più di così. Insicuro su quello che sarebbe successo, insicuro su quello che avrebbe dovuto fare. Morire? Non morire?
Non aveva più solo la sua famiglia da perdere, aveva qualcun altro, una persona per la quale sarebbe dovuto rimanere in quel mondo. Ma se quel qualcuno non avesse ricambiato ciò che lui provava, allora ne valeva davvero la pena? E soprattutto... come avrebbe potuto rinunciare all'esistenza per la quale aveva sempre lottato? Sarebbe stato davvero pronto a rinunciare alla Dimora dei Draghi? Forse no. Forse sì. Decisamente non era mai stato così confuso.
Perciò era sveglio, sveglio dalle quattro del mattino in attesa di quell'appuntamento consueto, quell'angolo tutto loro che era l'allenamento, in attesa di sfogare quella confusione in battaglia, nella loro battaglia.

Arancione sopra di sé, oscurità dentro. Le nove giunsero letargiche, seppur attese. Goku si alzò in piedi e si stiracchiò, scrocchiando prima le nocche e poi il collo. Il cuore gli batteva all'impazzata ma tentò di calmarsi praticando un lento e sinuoso risveglio muscolare. Ma, puntuale come un orologio svizzero, il Principe dei Saiyan giunse su quella rupe accompagnato da una folata di vento.
Avendo percepito la sua Aura non aveva nemmeno dovuto passare dal pianeta dei Kaiohshin per giungere fin lì. Goku sollevò la testa e incrociò il suo sguardo, occhi così glaciali da mettere i brividi. Sentì le gambe cedergli, il respiro farsi irregolare, ma volle darsi un contegno. Doveva farlo, doveva risultare calmo.
Sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e strinse i pugni, salutando il suo avversario con un tono di voce allegro e cordiale.
«Ehi, Vegeta, in perfetto orario sta-»
non fece in tempo a terminare la frase: Vegeta si fiondò contro di lui colpendolo in pieno viso con un pugno.
Preso in pieno sullo zigomo, Goku si portò le mani in faccia e percepì liquido caldo sgorgargli dalla pelle. Si guardò i palmi indietreggiando, poi guardò negli occhi colui che l'aveva colpito. Sorrideva beffardo, esattamente come quando - più di sessant'anni prima - sostavano nel deserto roccioso del pianeta Terra pronti a iniziare il loro primo duello. Goku percepì la guancia pulsare ma non ci fece caso perché, in quel momento, l'unica cosa che contava per lui era l'invito di Sua Maestà per iniziare a combattere.
Si librarono in volo come rapaci, beccandosi e colpendosi come se si stessero contendendo una preda. Non un Lampo Finale, non un'Onda Energetica, solo calci, pugni, testate, come in una vera rissa tra esseri umani per dimostrare a vicenda la propria superiorità. Contatto fisico duro, cruento.
Atterrarono in un campo sconfinato, balzando e sgattaiolando qua e là, prendendo poi la rincorsa per scontrarsi ancora una volta. Crearono vento anche se di vento non ce n'era, spostarono foglie, sollevarono rocce. Si rincorsero fino al lago, si arrampicarono sulla vetta di un monte e si scontrarono ancora e ancora fino a quando, con le nocche aperte in ferite profonde e le labbra sanguinanti, si scontrarono a mezz'aria balzando da due colline, proprio come il primo giorno in cui si erano battuti quando Goku era ritornato sulla Terra.
Mani nelle mani, come se fossero uno lo specchio dell'altro, tentarono di spingersi e di atterrarsi a vicenda. Strinsero i palmi infilando le unghie tra la carne delle nocche dell'avversario in un tentativo di prevaricazione. Nessuno dei due aveva intenzione di cedere, con le braccia rigide e i volti a pochi centimetri di distanza. Ringhiarono, arricciarono il naso e socchiusero gli occhi, appoggiando le proprie fronti l'una contro l'altra.
I loro respiri si mescolarono ancora una volta nel tentativo di prevaricarsi, iridi nelle iridi. Potevano sentire le loro ossa scricchiolare, il cuore battere veloce, la mente viaggiare lontano, altrove.

Goku ripercorse ogni istante della loro vita. Il loro primo incontro, sulla Terra, l'incontro con un assassino spietato di prima categoria. Lo scontro, la battaglia più difficile che avesse mai fronteggiato sino ad allora. Lo aveva visto trasformarsi in Oozaru, si era fatto fratturare tutte le ossa e nonostante ciò l'aveva lasciato andare, non aveva permesso che qualcuno lo uccidesse. Aveva avuto pietà di lui, aveva scelto di dargli una seconda possibilità, l'aveva chiamato fratello.
E lo stesso fratello lo aveva aiutato a riprendersi delle ferite subite da Ginew su Namek, si era preso cura di lui con la vasca di rianimazione ma, quando Goku si era risvegliato, oramai era troppo tardi: Freezer aveva teso la sua mano su Vegeta. Non era riuscito a salvarlo, l'aveva visto piangere, supplicarlo di vendicarlo, poi l'aveva visto morire. E solo a quel pensiero Goku rabbrividì, strinse più forte le mani. No, non era quello il momento in cui pensare a quando l'aveva preso tra le braccia e seppellito. Non sarebbe stato nemmeno quello il momento in cui pensare a quando, molti anni dopo, si era sacrificato per sconfiggere Majin Bu.
Goku ripensò a molto tempo prima, quando aveva scoperto che Vegeta era diventato buono, quando aveva scoperto dell'esistenza di suo figlio Trunks, dal futuro. Quando aveva appreso che sarebbe diventato il compagno della sua migliore amica. Ne era stato così felice e così incredulo, in quel momento ricordò di aver pensato di averci visto giusto, di aver fatto bene a dargli una seconda possibilità. Ed era proprio grazie a Trunks che egli aveva potuto salvarsi dalla malattia cardiaca e combattere di fianco a lui e suo padre contro Perfect Cell.
Goku ripensò alla felicità con la quale lo aveva visto arrivare sul pianeta dei Kaiohshin insieme a Baba, quando aveva percepito la sua Aura nonostante si fosse sacrificato contro Majin Bu. Avevano combattuto insieme contro Kid Bu, insieme e persino uniti. Quanto era stato strano fondersi con lui! Lo aveva sentito nel suo corpo, aveva percepito i suoi pensieri e avevano agito come una persona unica, muovendosi insieme, in sincronia.
Ripensò a quando avevano combattuto contro i draghi malvagi, contro Super C17, quando Baby l'aveva posseduto ma, nonostante ciò, Vegeta era riuscito a impadronirsi nuovamente di se stesso. L'aveva visto crescere, diventare un buon marito, un buon padre, un buon amico. E ora... e ora cos'era diventato, per lui? Di tutta una vita passata insieme, fianco a fianco, quello era il momento più strano di tutta la loro esistenza. Cos'erano diventati? Cosa stava succedendo?
Era davvero Vegeta, quel Vegeta con cui aveva sempre condiviso il campo di battaglia, quell'uomo di fronte a lui? Quell'uomo che, con le gote arrossate e il respiro affannoso, si stava prendendo una parte di lui che Goku mai avrebbe pensato potesse esistere. L'amore. Non sapeva nemmeno cosa fosse, prima di allora. Ma in quel frangente lo Goku capì perché, nonostante tutti i dubbi e tutte le incertezze, nonostante il panico e le stranezze, non avrebbe voluto trovarsi da nessun'altra parte e con nessun altro.
Al diavolo tutto, al diavolo tutti, non era più il momento di pensare al passato, non era nemmeno il momento di pensare neanche al futuro.
Era solo giunta l'ora di pensare al presente, a quella presa stretta a cui stava facendo fronte con tutte le sue forze.

Erano ancora lì, Goku e Vegeta, con le mani incatenate l'une alle altre, le loro fronti schiacciate e i denti digrignati per quello sforzo di abbattersi a vicenda.
Di tutte le volte che si erano scontrati, quella era senza dubbio la più difficile, la più fisica, la più distruttiva. Come se, nel tentativo di farsi male, entrambi stessero mettendo ogni emozione, ogni dubbio, ogni ricordo, ogni paura. Si spinsero ancora, non mollarono, non cedettero. Digrignarono i denti e si scrutarono nel profondo, ringhiarono più forte, quasi fino a urlare.

Anche Vegeta ripensò a tutto, ripensò ad ogni cosa dal suo punto di vista, da come aveva vissuto lui. Ripensò al vero motivo per il quale era attraccato sul pianeta Terra, ripensò al fatto che per anni e anni il suo obiettivo era stato nient'altro che superare Kaarot per poterlo sconfiggere, per poterlo uccidere. E in quel momento... e in quel momento il solo pensiero di ucciderlo mandava in corto circuito ogni frammento del suo essere. Il quel momento il grande dubbio amletico che incatenava i meandri della sua mente era riguardante la cosa più giusta da fare. Cedere? Non cedere?
Ripensò a tutto l'odio che aveva provato in passato nei suoi confronti, confrontandolo con ciò che provava in quel momento. Era stato tutto ribaltato, era a dir poco incredibile ciò che era successo. Lo odiava ancora, in parte, lo odiava per ciò che era diventato per lui, lo odiava per quello che provava e che non avrebbe mai voluto provare.
E così urlò più forte, nel tentativo di scacciare quei pensieri, di reprimere ogni istinto. Si vergognava, faticava ancora ad ammetterlo a se stesso, faticava ad accettarlo, ad accettare che il suo rivale di una vita fosse diventato così importante. Importante in quel modo.
Strizzò gli occhi forte, si immerse nei suoi stessi ricordi, cercò un buon motivo per credere di non essere diventato completamente pazzo, oppure cercò il modo per accettare quella pazzia fino in fondo. Cercò in tutta la sua vita qualcosa a cui potersi attaccare, qualcosa per dare una spiegazione a ciò che stesse succedendo, per giustificare a se stesso ogni cosa. E, in un angolo delle sue sinapsi, trovò qualcosa. Trovò una memoria, un ricordo poco nitido. Ripensò per la prima volta a una persona alla quale non si era mai permesso di pensare.

 

•••
 

«Ora dormi, mio Principe».
Occhi neri lo scrutavano, mani morbide medicavano le sue ferite.
«Non ho sonno, voglio allenarmi ancora. Voglio diventare forte!» insistette Vegeta stringendo un pugno, mordendosi poi la lingua per il bruciore esercitato da quel disinfettante dal colore viola acceso.
«Domani lo diventerai. E anche dopodomani. Ogni giorno della tua vita diventerai sempre più forte, è nella tua indole, è nei geni di noi Saiyan» spiegò la donna, rimettendo il tappo alla boccetta del disinfettante. Con un sorriso gelido ma occhi fieri sistemò a Vegeta il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte, poi spense la luce con il pulsante sopra il letto.
Il viso della donna, perfetto e radioso, rimase illuminato solo dalla pallida luna calante riflessa dalla finestra. Aveva capelli corvini lunghi e intrecciati, occhi all'ingiù neri come la pece, abiti sontuosi.
«No, madre. Io voglio diventare il più forte. Il più forte di tutto l'universo» insistette il bambino, corrucciando la fronte in un'espressione dura e il volto di chi stava crescendo troppo in fretta.
«Principe, tu potrai diventare tutto quello che vuoi. L'universo potrà essere tuo, se solo lo desideri. Puoi prenderti tutto, puoi prenderti ogni cosa» lo incitò la madre.
Sistemò il lenzuolo di seta rossa sin sotto il mento del suo bambino, un bambino così piccolo eppure così importante, così determinato, così risoluto, caparbio.
«Qualsiasi cosa?» si accertò lui sollevando un poco la testa. La madre, con un gesto delicato, lo accompagnò nuovamente sul guanciale.
«Diventerai grande e sì, diventerai il guerriero più forte di tutto l'universo, sconfiggerai tutti i tuoi nemici, fronteggerai tanti avversari e se desidererai qualcosa quel qualcosa sarà tuo. Non ti basterà altro che volerlo con tutto il tuo cuore e tutte le tue forze. E nessuno, nessuno potrà giudicarti perché, anche se sbaglierai, sarai il re. Potrai cambiare le leggi di questo pianeta, potrai cambiare le leggi morali persino del tuo popolo, se solo lo vorrai».
«Sarà difficile?» mormorò Vegeta. Sentì le forze venirgli meno, sentì le braccia di Morfeo avvolgergli le spalle e portarlo verso sogni inesplorati.
«Sarà anche difficile, sì. Ma sono sicura che la vita ti riserverà delle cose meravigliose, mio Principe. Imprevedibili, complesse, inaspettate alle volte, ma meravigliose. Tuttavia ora è il momento di riposare: domani dovrai diventare forte, così sarà tutto meno difficile. Dormi, mio Principe».

 

•••

 

Vegeta aprì gli occhi e ringhiò. Sua madre. Non aveva mai pensato molto a sua madre, non aveva molti ricordi di lei. Eppure quello riaffiorò dal nulla, riaffiorò sbiadito nella sua mente, come se lei volesse ricordargli qualcosa di realmente importante: lui, effettivamente, non era già più da tempo immemore il Principe dei Saiyan (nonostante oramai gli piacesse farsi appellare come tale), lui era il Re dei Saiyan. Il Re e, come tale, avrebbe potuto prendersi tutto ciò che desiderava. E c'era una cosa, una cosa soltanto che desiderava più di ogni altra in quel mondo. Non diamanti, non pianeti da conquistare, non l'immortalità... una cosa, una cosa che avrebbe voluto prendersi da tempo oramai, ma che si era sempre vergognato di chiedere.
Ed era vero ciò che gli aveva detto sua madre: era difficile, molto difficile. Era inaspettato, imprevedibile, ma era come se lei avesse saputo a cosa sarebbe andato incontro, era come se lei fosse stata a conoscenza di quel futuro in cui in quel momento era immerso.
Vegeta digrignò più forte i denti, ma si ricordò di cos'era diventato, di com'era diventato. Era diventato forte, era diventato grande per davvero. E avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa, l'aveva sempre fatto e ce l'avrebbe fatta anche quella volta. Era diventato così forte da affrontare i suoi dubbi, le sue paure. Era diventato così forte da prendersi quello che desiderava. E lui desiderava Kaarot, lo desiderava fino a sentirsi soffocare.

Strinse più forte le dita nelle nocche di Goku e ci conficcò le unghie fino a farlo sanguinare. Si trasformò in Super Saiyan e così fece anche l'avversario. Scintille dorate come lampi si librarono nell'aria a partire da quel punto di incontro, da quel contrasto tra titani.
A vederli dall'esterno qualsiasi persona avrebbe potuto pensare che non avesse mai visto due persone odiarsi a tal punto ma no, non era affatto così. Perché se un tempo, all'inizio, il disprezzo aveva prevalso nella loro relazione, in quel momento l'unico motivo che avevano per odiarsi era uno soltanto: si ambivano più di ogni altra cosa al mondo.
E fu proprio quando Vegeta si rese conto di quanto fosse labile il confine tra odio e amore, suo malgrado, decise di cedere. No, non di dargliela vinta in quel combattimento, non arrendendosi per farsi colpire e perdere lo scontro. Cedette a se stesso, alle sue emozioni, a ciò che più desiderava ma non avrebbe dovuto desiderare. Trovò la forza per prendersi quello che voleva. Trovò la forza per cedere a quegli occhi, a quell'odore che l'aveva portato a impazzire, a quel contatto che ardeva ancora dentro di lui come il fuoco.
Cedette a lui e, senza mollare la presa, si incatenò alle sue labbra.


 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Ragazzi e ragazze, perdonate il ritardo! Avrei dovuto pubblicare questo capitolo ieri ma ho avuto dei problemi con il pc, fortunatamente risolti. 
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo :) che dire... ce l'ha fatta anche il nostro principe. E alleluia! Questo gran bel bacio finale promette qualcosa di buono... siete curiosi di capire come andrà avanti? Signori e signore, stanno per accadere una bella manciata di cose interessanti. Alcune belle e altre.... beh, e altre le scoprirete man mano!
Ci siete ancora? Non vi siete ancora stufati? :D
Vi aspetto domenica con il capitolo 34. 
Eevaa

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Capitolo 34
*** Odi et amo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 34 - ODI ET AMO




And all the roads we have to walk are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I
Would like to say to you but I don't know how
Because maybe, you're gonna be the one that saves me
And after all, you're my wonderwall


Wonderwall: https://www.youtube.com/watch?v=bx1Bh8ZvH84
 
 
 

Di tutto si sarebbe aspettato, Goku, tranne che fosse proprio il Principe a cercarlo, a mostrare quella debolezza che entrambi si vergognavano di provare. Spalancò gli occhi e smise di respirare per un attimo e poi, sull'orlo di avere un mancamento, si rese conto di ciò che stesse succedendo: Vegeta lo aveva baciato. Lo stava baciando e non ebbe nessun dubbio sul fatto che non si trattasse di un sogno. Lo sentiva, lo percepiva, era tutto così reale da fargli bruciare le gote, da fargli perdere la sensibilità alle dita. Riprese a respirare e si accorse di quanto il suo odore fosse inebriante, come il sapore delle sue labbra. Ricambiò quel bacio e si aggrappò alla sua schiena con entrambe le mani, ritrovando quell'inaspettata forza che pensava di aver perso.

Vegeta si fermò un istante, il tempo di guardare con i propri occhi cosa diavolo avesse appena combinato. Proprio lì di fronte a lui, con la pelle arrossata e le labbra ancora schiuse, c'era il suo nemico di una vita, colui che l'aveva sempre cambiato, colui che gli aveva offerto sempre una seconda possibilità. E ora gliene stava offrendo una terza, la possibilità di trasformarsi completamente, di rincominciare da zero.
Goku ricambiò spaventato il suo sguardo, poi sorrise. Non ci sarebbe stato più nulla da fare, non ci sarebbe stato modo di fermarsi, oramai la frittata era stata fatta. Vegeta aveva ceduto e non ci sarebbe stata la possibilità di tornare indietro specialmente quando Kaarot - come se avesse bisogno di ciò per respirare - si riallacciò alle sue labbra con poca delicatezza.
Vegeta ringhiò e lo spinse fino al terreno oltre al bosco, creando così un piccolo cratere nell'erba alla penombra delle piante. Precipitarono insieme ma Sua Maestà non riuscì a staccarsi. Lo baciò con più violenza, irriverente, senza timore di poter far lui del male. L'aveva ottenuto, aveva ottenuto ciò che desiderava e ciò che gli faceva più paura. Non vi era più spazio per la vergogna, non vi era più tempo per i ripensamenti. Kaarot era lì, sotto di lui, che si lasciava manovrare con un burattino.
Inerme, come anestetizzato da quelle labbra sottili, Goku non oppose alcuna resistenza, si aggrappò a lui dando via a un combattimento diverso, una lotta differente. Si graffiarono, si spinsero e si rotolarono all'ombra di quelle piante, ma mai si staccarono l'uno dall'altro. Nuovi lividi e nuove cicatrici si aggiunsero alla costellazione sulla loro pelle.
Non parlarono, non si dissero nulla, si guardarono ogni tanto come per accertarsi che fosse tutto vero. Per Vegeta non c'era nulla di più fastidioso del sorriso che si faceva largo sul viso di Kaarot ogni volta che, bisognosi di guardarsi, separavano le loro labbra con estrema difficoltà.
Vegeta gli soffiò in faccia minaccioso e poi gli morse il collo, proprio all'incavo della spalla, facendolo ringhiare. Non era il tentativo di fargli del male – o almeno, non solo – ma il grido silenzioso di quello che per i Saiyan era un inequivocabile invito ad andare oltre, oltre a ciò che già stava succedendo.
Sarà stato per il DNA, sarà stato per l'istinto insito nei geni della propria specie, ma Goku riconobbe quel gesto, lo accettò. Di tutta risposta si aggrappò ai lembi della canottiera nera di Sua Maestà e la ridusse a brandelli. Per la rabbia, per la foga, Vegeta gli serrò un pugno nelle costole, illuminandosi di quella luce dorata che contraddistingueva il Super Saiyan. Fu solo una scusante per strappargli a sua volta di dosso la maglietta.
E così lottarono di nuovo, si graffiarono, si diedero calci, pugni, fecero sgorgare sangue dalle loro ferite. Il Principe dei Saiyan spinse Goku contro una roccia, osservandolo bene prima di saltargli nuovamente al collo per attaccarlo e per attaccarsi a lui. Lo guardò per un istante infinito, l'istante in cui si rese conto di quanto Kaarot fosse maestoso. Capelli d'ebano, denti bianchi come la neve e due occhi scuri in cui tuffarsi e annegare dentro. Così, con la schiena nuda aderente alla roccia, i capelli arruffati, il sangue e il terriccio che gli ricoprivano il corpo, era bello da fare invidia a qualsiasi statua. E Vegeta si rese conto anche di non averlo mai guardato, mai in quel modo, mai da studiarne ogni centimetro della pelle. Si era sempre soffermato tanto sull'emozione che provava stando con lui, i suoi modi di fare, il loro rapporto, ma ora che si trovavano lì, in quel modo, avvertì prorompente e irrefrenabile il desiderio fisico di lui.
Non riuscì più a fermarsi: gli si lanciò contro come un puma contro la preda e lo morse di nuovo fino a farlo sanguinare. Goku grugnì di dolore, poi infilò le mani tra i suoi capelli per baciarlo di nuovo

Vegeta aveva un buon sapore. Goku non riusciva più a smettere di assaggiarlo, era diventato incontrollabile, famelico come non lo era mai stato. Mai in tutta la sua esistenza aveva provato un desiderio così forte, così disperato. Lo baciò assetato, come se quella bocca fosse un'oasi di acqua fresca nel bel mezzo del deserto.
Il Principe dei Saiyan fece aderire di più il suo corpo a quello del suo eterno rivale. Si premette su di esso con rabbia, con foga, e Goku non poté fare a meno di notare qualcosa farsi più generoso e prorompente nei pantaloni della tuta del Principe dei Saiyan. Gli si annebbiò la vista al solo pensiero, quasi si sentì svenire.
«Vegeta...» soffiò piano, al limite della coscienza, mentre il Principe assaggiava il sapore del suo collo.
Vegeta tremò al suono della voce di Kaarot nelle orecchie, più scura, carica di  desiderio. Tremò nell'udire che tutto ciò che stava succedendo non fosse affatto un sogno, ma oramai era troppo tardi per tirarsene fuori.
Goku lo strinse ancor di più, gli conficcò le unghie nella carne e lo sentì accendersi, così si accese anche lui, si trasformò in un Super Saiyan e, specchiandosi in quelle iridi color verde acqua, spinse via Vegeta facendolo cadere, poi si tuffò sopra di lui come in quel loro primo abbraccio.
Uno sopra l'altro, così, si immobilizzarono. Si guardarono più a lungo, sfiorandosi solo con il naso, con il respiro affannoso.
Una pausa, una bolla di quiete. Vegeta rispose al sorriso di Goku senza nemmeno rendersene conto. Sorrise prima delicatamente, poi divenne ben più malizioso e Goku pensò che non fosse mai stato più bello di così. Bello, bellissimo, meraviglioso persino nel momento in cui, con violenza, riprese quel combattimento ribaltando ancora i loro ruoli.

Era un gioco a chi sovrastava, erano due leoni che lottavano per la carne, due bestie incontrollabili.
Non avevano la benché minima idea di cosa stessero facendo e soprattutto di come si facesse, ma l'istinto animale prevalse su ogni raziocinio.
Secondo dopo secondo erano sempre di meno i centimetri di stoffa che ricoprivano la loro pelle. E fu proprio quando Goku strappò via l'ultimo lembo di tessuto dal corpo scultoreo di Sua Maestà che non vide più nulla, nient'altro oltre a lui. Vegeta era così bello da abbagliare il sole, appetibile come il cioccolato, il sapore della sua pelle come pietanza proibita. Baciò tutte le sue cicatrici una ad una, e il Principe non oppose più resistenza, non ci riuscì.
Non riuscì più a prendere il controllo dei propri pensieri, non riuscì a razionalizzare. Si abbandonò a lui e insieme cambiarono di nuovo, fondendosi l'uno con l'altro senza però cambiare aspetto, senza trasformarsi in Gogeta. Si unirono come mai avrebbero pensato di unirsi in una battaglia dalla quale sarebbero entrambi usciti vincitori.


 


 

Si abbandonarono sull'erba verdissima e umida di quel sottobosco, ove solo lo scrosciare del torrente si mischiava al suono dei loro respiri. Qualche raggio di sole penetrava tra le fitte foglie color amaranto, creando così uno spettacolo di luce degno di un mondo fittizio.
La loro pelle, sfregiata da graffi e morsi, si asciugò dal sudore dopo qualche minuto di religioso silenzio. La stanchezza iniziò a farsi sentire persino per le loro giunture possenti e così, dopo essersi guardati per un'ultima volta per accertarsi che fosse tutto reale, chiusero i loro occhi e rimasero vicini, con i dorsi delle loro grandi mani che si sfioravano.
Tutto sembrava un sogno, come se fossero parte di un disegno, di un quadro, dell'immaginazione. Rimasero lì a lungo a riposare, nessuno dei due seppe quantificare il tempo.
Goku non riuscì a fare a meno di pensare che non aveva mai vissuto nulla in vita sua di più intenso e sorprendente. Aveva fatto l'amore con Chichi più di una volta, l'aveva anche baciata più di una volta ma mai, mai si era sentito in quel modo. Il Principe lo aveva portato all'estrema dipendenza, a un desiderio così forte da fargli male e, persino in quell'attimo in cui tutto sembrava essere tornato a una calma apparente, poteva ancora percepire il cuore scoppiare al solo pensiero di ciò che era appena accaduto.
E Vegeta... beh, Vegeta non riuscì nemmeno a paragonare quel che aveva appena fatto con ciò che aveva provato in passato. Era stato così tanto ammaliato da Bulma, era stato rapito dai suoi occhi, dalla sua personalità. Ma con Kaarot era diverso, tutto completamente differente. Era un'altra cosa, non vi era motivo né mezzo di paragone. L'unica cosa che sapeva era che, con quell'idiota, si era sentito così bene come non si sentiva da tempo, si era sentito perso, rapito, era stato tutto così intenso da non lasciargli nemmeno tempo di pensare con razionalità.
Il Principe aprì gli occhi dopo chissà quanti minuti e lo guardò riposare. Ancora non poteva credere di ritrovare quel volto davanti a sé, anche se doveva ammettere che vederlo così, completamente nudo di ogni veste e di ogni segreto, faceva provare lui ancora un certo desiderio. Prima era convinto che se ne sarebbe pentito, era convinto che una volta terminato l'amplesso si sarebbe rivestito insultandolo e teletrasportandosi via chissà dove, e invece non lo aveva fatto. Non ce l'aveva fatta, perché non avrebbe voluto trovarsi da nessuna parte tranne che lì, con quell'imbecille che dormiva beatamente al suo fianco.

 

Goku riaprì gli occhi, si accorse che Vegeta lo stesse guardando. Sorrise sghembo, uno di quei sorrisi che di solito avrebbe fatto perdere le staffe al Principe.
«Che hai da ridere tanto?» disse a bassa voce Vegeta, immobile con la testa appena girata in direzione di Kaarot.
Goku si morse il labbro e si voltò su un fianco per poter ammirare meglio il corpo perfetto di Sua Maestà.
«Era così che avevi intenzione di farmela pagare?» domandò divertito Goku alludendo al giorno prima quando, dopo che lo aveva baciato senza permesso, il Principe lo aveva minacciato di punirlo in modo esemplare. Dopo avergli dato dell'idiota, naturalmente.
«Tsk, non osare sbeffeggiarmi!» brontolò, piccato.
Goku roteò gli occhi, come se già si aspettasse una reazione simile. Sorrise di nuovo e gli portò una mano sul petto, ma la reazione fu inattesa.
«Che diavolo fai?» lo scacciò via Vegeta, percependo il suo tocco ardente sulla pelle.
«Ehm... quello che ho fatto fino adesso?!» mormorò ingenuamente Goku.
Vegeta abbassò lo sguardo, sospirando. In fin dei conti il mentecatto non aveva nemmeno tutti i torti: l'aveva toccato fino a poco prima, con che coraggio in quel momento avrebbe potuto mandarlo a quel paese per averlo solo sfiorato?
Forse l'incantesimo che l'aveva tenuto buono buono fino a poco prima era bello che finito, forse era di gran lunga più difficile accettare di essere toccato da lui in un momento di quiete, parlare, guardarsi negli occhi. E, forse, era tornata la vergogna insieme all'incertezza.
Goku increspò le labbra in una smorfia amara, poi riprovò. Portò una delle sue mani appena sotto il mento del Principe, esercitando poca forza quanto bastasse per riportargli il viso di fronte al suo, così che lo guardasse negli occhi.
Vegeta si irrigidì, serrò la mandibola quasi l'avessero colpito con un pugno. Goku non sorrise, lo guardò emblematico, come se stesse cercando di capire cosa diamine gli passasse per la testa. Le gote del Principe erano scarlatte e il suo respiro si era fatto irregolare, non più rilassato come poco prima.
«Stai bene?» domandò Goku più serio, senza comprendere cosa stesse accadendo, cosa potesse averlo turbato così tanto.
«Tsk».
Vegeta soffiò e si portò seduto, poi nascose il viso tra le mani.
Cielo, no, non stava bene. Non stava per niente bene, solo perché era stato davvero troppo bene fino a poco prima. Non avrebbe dovuto, lui non avrebbe dovuto sentirsi così. Ed eccoli di nuovo i dubbi, eccole le paranoie di un Principe senza castello né sudditi.
«Kaarot... cosa diavolo ci sta succedendo?» domandò, conscio che il suo rivale non avrebbe potuto fornirgli una spiegazione sensata, e forse non avrebbe voluto nemmeno sentirsela dire.
Anche Goku si portò a sedere. «Beh... penso che... ecco, noi siamo... abbiamo fatto...» balbettò, con tono così ingenuo da sembrare un bambino.
«LO SO COSA ABBIAMO FATTO, PEZZO DI CRETINO!» ringhiò il Principe, facendo affiorare il viso rosso fuoco tra le dita delle mani. Quell'idiota era davvero incredibile: per lui era tutto così semplice, non aveva importanza il fatto che fosse irrazionale. Gli andava bene così.
«E allora qual è il problema?» chiese francamente Goku. Certo, era stato strano, ma si era sentito così bene e quello non era esattamente il momento in cui pensare alle cose brutte. In fondo era così tipico di lui non pensare alle conseguenze delle proprie azioni, si era ripromesso che non l'avrebbe più fatto, ma era evidente quanto fosse difficile per uno come lui.
«Perché è sbagliato. È tutto sbagliato!»
«Non sono un esperto in queste situazioni, ma non credo sia una cosa carina da dire in questo momento» brontolò Goku facendogli notare che fossero ancora lì, nudi, all'ombra della foresta di un pianeta lontano.
«Ti ho mai detto cose carine?!» 
Vegeta si rese conto che non era mai stato capace di esternare a voce sentimenti, complimenti e quant'altro - non direttamente, almeno. Forse non avrebbe mai fatto parte del suo carattere. A volte avrebbe ben potuto evitare di insultare le persone così, giusto per il gusto di farlo. Forse avrebbe potuto benissimo evitare di essere così rude con Kaarot, ma era un aspetto del loro rapporto al quale non avrebbe potuto rinunciare.
«Non molte, in effetti» rifletté Goku, con una punta di amaro in bocca. Non che si aspettasse coccole e dolci parole in quel momento, ovviamente. «Ad ogni modo, con tutti gli sbagli che hai fatto in vita tua questo "sbaglio" dovrebbe essere una passeggiata per te!» continuò con ingenuità - delicato come un elefante - facendo così scatenare la terza guerra mondiale nei meandri della mente di sua maestà.
«Una passeggiata?!» soffiò Vegeta, pericolosamente calmo. «Dimmi, idiota che non sei altro, in quale universo parallelo tutto questo potrebbe essere "una passeggiata"? Ma ti rendi conto delle cavolate che dici?!»
Vegeta si alzò di scatto, furibondo, con le gote scarlatte e gli occhi iniettati di sangue. Una passeggiata! Per lui, forse. Per lui che non era a conoscenza del concetto "azione e reazione".
Goku sbuffò, alzandosi poi anch'egli per poter ammirare le regali natiche del Principe allontanarsi con estrema irrequietezza. Vegeta recuperò i suoi pantaloni e ciò che ne rimaneva dei brandelli della sua maglietta, per poi rivestirsi con estremo nervosismo.
«Dove vai?» domandò Goku, senza comprendere fino in fondo quali fossero le ragioni del Principe di adirarsi tanto in quel momento.
In effetti sarebbe stato molto più semplice spiegare per filo e per segno quale fosse il problema, piuttosto che perdere la pazienza e scatenare tutto quel putiferio. Oramai avrebbe dovuto conoscerlo, per l'amor del cielo! Vegeta avrebbe dovuto saperlo che Goku non fosse esattamente la persona più perspicace sulla Terra.
«Il più possibile lontano da te» tagliò corto, con un sibilo.
Goku allargò le braccia. «Si può sapere che ti prende!? Non puoi andartene così, non-!»
«Io faccio quello che mi pare, mi hai capito bene?» sussurrò Vegeta, a un palmo dal suo naso. Poi, furibondo, si portò due dita in fronte e scomparve nel nulla.
Ma no. No, Goku non avrebbe accettato niente di tutto ciò. Non avrebbe accettato una reazione del genere. Non dopo quello che era accaduto, non dopo quello che aveva provato. Non in quel momento perché, seppur ragionando, non riuscì proprio a capire quale fosse il reale problema di Vegeta.
Che fosse un uomo, forse? Che si sentisse in colpa perché era il suo rivale di una vita? Che fosse solo il suo carattere scontroso e burbero?
Goku non perse tempo: lo seguì. Lo avrebbe seguito anche in capo al mondo. Lo avrebbe seguito nei più nascosti confini dell'universo.

 


 

Goku si ritrovò sull'erba verde di un promontorio ventoso, in un posto che non aveva la minima idea di dove si trovasse. Chissà chi aveva cercato, chissà da chi si era teletrasportato.
Vegeta era lì, di spalle, a osservare il tramonto del pianeta Terra. Riflessi rossi e arancioni sul suo viso, il buio totale dentro la sua mente. Non riusciva ad accettare quella situazione per mille e più motivi e, come se non bastasse, quell'imbecille aveva persino detto che tutto ciò era "una passeggiata".
«Vattene» si limitò a dire, dopo aver percepito l'Aura di Kaarot appena dietro di sé.
«Ma Vegeta!» insistette Goku, con il tono piagnucoloso di un bambino a cui era appena stata negata una caramella. «Spiegami qual è il problema al posto di continuare a scappare».
Sua Maestà prese un profondo respiro, giusto per trattenersi dallo staccargli la testa dal collo.
«Punto primo: non sono io quello che scappa, tra noi due. Punto secondo: non ti voglio vedere» spiegò a denti.
«E ALLORA PERCHÈ HAI FATTO TUTTO QUESTO?» urlò Goku, inaspettatamente. Stava iniziando a perdere la pazienza. Lo prese per un braccio e lo costrinse a voltarsi. «Perché ti sei avvicinato a me? Perché è successo quel che è successo, prima?»
Vegeta si immobilizzò. Bella domanda. Perché? Perché non si era trattenuto? Perché non aveva messo la parola fine a tutto quello quando si era accorto che le distanze tra loro avevano pian piano cominciato a corrodersi? Perché aveva permesso che tutto ciò accadesse, nonostante fosse stato a conoscenza che avrebbe comportato solo dei guai?
Goku si morse il labbro, spazientito, quando l'unico istinto che il proprio corpo gli suggeriva era avvicinarsi di nuovo a lui e ripetere tutto da capo.
«È stato un errore» disse Vegeta, convinto.
«Un errore?! Sul serio? Beh, avresti dovuto pensarci un po' prima, allora!» ringhiò Goku, offeso.
Se c'era una cosa di cui Vegeta era sicuro era proprio quella: si era trattato di un terribile sbaglio. Ma un'altra cosa di cui era estremamente convinto era che, se avesse avuto la possibilità di ritornare sui propri passi, avrebbe commesso lo stesso errore. Lo avrebbe rifatto, più e più volte.
«Non farmi la paternale, razza di imbecille. Questi errori si fanno in due!» sbuffò Vegeta, si liberò dalla presa di Goku e incrociò le braccia al petto.
«Peccato che per me non sia stato un errore. Per me è stata la cosa più giusta che io abbia fatto da quando sono tornato qui!»
Un tremore incontrollato si impossessò delle gambe del Principe. Come faceva quell'idiota - che non sapeva nemmeno da che parte fosse girata la Terra - a essere così sicuro delle proprie azioni? Come faceva a definire tutto ciò una cosa giusta? Come faceva anche solo a pensarlo, sapendo a cosa sarebbe dovuto andare incontro da lì a poche settimane?
Aveva deciso di andarsene, per l'amor del cielo! Aveva deciso di tornare nella Dimora dei Draghi, che senso aveva dirgli una cosa del genere?
Eppure lo fece sentire così... così bene. Vegeta sentì un calore all'altezza del cuore, sentì le sue mani perdere di sensibilità come ogni volta in cui si trovava vicino a lui.
«E lo sai perché non è stato un errore, Vegeta? Io lo so, io l'ho capito! E l'ho accettato, a differenza tua. Lo sai? LO SAI QUELLO CHE...» Goku si interruppe e deglutì per riuscire a riprendere il controllo delle proprie parole. Si ammorbidì, sorridendo e avvicinandosi a lui con il viso per sussurrare con un filo di voce. «...lo sai quello che provo per te?»



 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Ehm... ehm... buongiorno a tutti! :D Trentaquattro capitoli, ma alla fine... è successo. Ecco a voi lo yaoi che tanto aspettavate! Non me la sono proprio sentita di scrivere in rating rosso, non credo proprio di esserne capace e preferisco che tutto ciò che succeda nei dettagli rimanga celato. Lo cedo alla vostra fervida immaginazione!
Ma quanto sono C A R I N I ! *-* scusate, vaneggio.
E' arrivato il momento tanto atteso in cui entrambi finalmente hanno ceduto al loro istinto mettendo da parte la logica e ne è venuto fuori questo capitolo lungo ed intenso (non pensate male, please u_u). Naturalmente non potevo lasciare che le cose andassero bene per un capitolo intero, lo sapete che sono seriamente autodistruttiva xD e poi Vegeta non è esattamente il tipo da coccole, diciamo.

Adesso però voglio un parere onesto e sincero su questo capitolo, specialmente sulla prima parte. Non vi nascondo che è stato il capitolo più impegnativo che io abbia mai scritto in vita mia, ci ho messo tipo due settimane intere per riuscire a descrivere bene ciò che avevo in testa... spero che vi piaccia, ma sono accette tutte le critiche.
L'avevate immaginato diversamente? Onestamente non riuscivo ad immaginarli tutti e due pucci pucci distesi in un comodo letto a fare i piccioncini, non per come sono andate le cose fin ora, ameno xD sono due saiyan, due combattenti, ho voluto che anche questa loro intimità fosse scandita e preceduta da una sana e violenta scazzottata xD ditemi però se ho esagerato, sono proprio curiosa di sapere la vostra!

E adesso... beh adesso non vi resta che aspettare domenica prossima e sappiatelo: sarà un capitolo veramente particolare. Stiamo per entrare in una parte della storia molto, mooolto complessa.
Non vi anticipo altro! A prestissimo miei cari! Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 35
*** Lo sai quello che provo per te? ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 35 - LO SAI QUELLO CHE PROVO PER TE?



You helped me love, you helped me live
You helped me learn how to forgive
We learn to wag and tuck our tails
We learn to win and then to fail
Am I the greatest bastard that you met?
The only one you can’t forget?
Am I the one your truth’s been waiting for?
Some make it, mistake it
Some force and some will fake it
Some fret it, forget it
Some ruin and some regret it
I never meant to let you down


The greatest bastard: https://www.youtube.com/watch?v=w_CruddPIVQ


 

Vegeta trasalì. Sentì il respiro divenire pesante, percepì nelle sue narici l'odore di quello che, un tempo, era stato il più acerrimo nemico.
Lui era vicino, così, con gli occhi sorridenti di un bambino, la vittoria in pugno di chi ha appena fatto centro e la bocca increspata che attendeva risposta, fisica o verbale che fosse. Kaarot non era capace di mentire su ciò che sentiva, non era capace di tenere a freno quella sua maledettissima lingua. Era trasparente, cristallino come l'acqua di alta montagna.
Goku si riconobbe dopo tanto tempo, nonostante l'oscurità si fosse impossessata di gran parte del suo essere, nonostante fosse cambiato, cresciuto, maturato per certi versi. Nonostante fosse diventato meno sciocco, in quel frangente riuscì a vedere la sincerità all'interno del proprio essere.
"Lo sai quello che provo per te?" così gli aveva chiesto. "Io l'ho capito. E l'ho accettato" aveva detto.
Beato lui, pensò il Principe. Beato lui che, evidentemente, quella cosa non gli arrecava alcun problema, alcuno scompiglio. Ma Vegeta avrebbe dovuto saperlo:. Kaarot era fatto così, era sincero, semplice, diretto, ingenuo a tal punto da sembrare stupido.
"Lo sai quello che provo per te?"
No, Vegeta non lo sapeva, o forse non voleva saperlo. Non voleva capirlo e non riusciva a capire come fosse possibile che egli provasse veramente qualcosa per lui. E proprio per quello non riusciva ad accettarlo.
«Non osare, Kaarot. Non osare dire una cosa del genere».
«E perché?» domandò Goku. Alzò il mento e ridusse ancora le distanze tra loro.
Fremito. Brividi. La verità era che, nonostante Vegeta ce la stesse mettendo tutta per farsi odiare - per essere ostile come sempre, per ergere un muro - l'unica cosa che Goku avrebbe voluto fare in quell'istante sarebbe stato trascinarlo con sé giù da quella scogliera e respirare insieme, di nuovo.
«Non sai nemmeno di ciò che parli...» lo schernì il Principe, scuotendo la testa. E cosa poteva saperne quell'inetto, di sentimenti di quel tipo? Era sempre stato estraneo a quelle cose, persino con sua moglie. Come se fosse un segreto il fatto che lui e quella povera donna di Chichi non avessero proprio nulla da spartire oltre ai loro figli. Lui non l'aveva mai amata, e a tutti era sempre sorto il dubbio che lui potesse aver mai amato in vita sua.
Vegeta, al contrario, era riuscito a farlo. Il suo cuore di pietra era riuscito a provare amore per un persona, la sua Bulma.
«So quello che sento, perché non l'ho mai sentito in tutta la mia vita».
Era sincero come lo era sempre stato. Sincero sin da quando aveva avuto pietà di lui sul pianeta Terra, sincero e limpido.
«Non è quello che credi» cercò di convincerlo Vegeta, anche se forse aveva più bisogno di convincere se stesso. Convincersi che non stesse accadendo.
«E ALLORA COS'È!?» gridò Goku, paonazzo, prendendogli entrambi i polsi.
Il Principe lo fulminò con lo sguardo, i suoi occhi come la punta di una lancia.
"Lo sai quello che provo per te?"
Impossibile saperlo. Impossibile che lui, un ebete rimasto estraneo ai sentimenti di quel tipo per oltre settant'anni, fosse realmente riuscito a provare qualcosa per lui.
«NIENTE! NON È NIENTE» urlò Vegeta, rosso quanto il cielo tinto del tramonto.
«Lo sai bene cos'è, e lo so anche io. Perché se non si tratta di ciò che questi dannati terrestri chiamano "amore", allora non so proprio cosa sia!»

Vegeta spalancò gli occhi, e di risposta lo fece anche Goku. Si era appena rivolto al popolo del pianeta in cui era cresciuto come "dannati terrestri" - e non era neppure la cosa più sconcertante che avesse enunciato in quella frase.
Amore. Aveva detto amore.
Ridere, piangere, arrabbiarsi. Vegeta non sapeva più cosa avrebbe dovuto fare.
«No, Kaarot, tu non provi assolutamente nulla di simile. Cielo, cosa diavolo mi tocca sentire!»
«La verità che non vuoi sentirti dire e che non vuoi accettare!»
«E INVECE È UNA BUGIA! E LO SAI PERCHE?!» urlò ancora Vegeta, trattenendo a stento i nervi. Sarebbe stato di gran lunga più semplice combattere e darsele di santa ragione. Parlare, discutere, quello proprio non era il suo forte. Non solo perché la pazienza non era la sua virtù, ma per l'imbarazzo. L'imbarazzo che provava a spogliarsi così, di ogni freno, di ogni pensiero che avrebbe voluto tenere nascosto per sempre come polvere sotto al tappeto.
Perché ciò che stava per dire era il punto chiave, il tarlo che più divorava la sua mente, ciò che più arrecava in lui dubbi e confusione.
E Goku era immobile, lì, ad attendere l'ennesimo insulto da parte di Sua Maestà, a farsi rincarare la dose del perché e per come non avrebbe mai potuto provare dei sentimenti per lui. Si aspettò di farsi dare dell'idiota, dell'imbecille, del solito ebete che non ha idea di come gira il mondo. Si aspettò di tutto, Goku, ma non di sentirsi dire ciò che il Principe si era tenuto dentro fino a quel momento. Il reale motivo che lo aveva portato a respingerlo, il reale motivo di tutta la sua confusione e i suoi dubbi.
«Perché se veramente senti ciò che millanti di provare, se veramente riesci a provare finalmente un minimo di empatia, se credi davvero in quello che dici... non mi chiederesti... di ucciderti».

"Lo sai quello che provo per te?" Così gli aveva chiesto. Così aveva avuto il coraggio di chiedergli, Goku.
Non aveva mai pensato che quello del Principe potesse non essere un problema di orgoglio, di senso di colpa. Non aveva considerato il fatto che Vegeta potesse stare male per ciò che gli aveva chiesto di fare. Come aveva potuto essere così stupido, così superficiale? Eppure aveva senso. Ancora una volta non era riuscito a fare le cose fatte per bene.
E così, quando Sua Maestà scappò lontano da lui per l'ennesima volta e somparve tra le nuvole bianche, Goku non riuscì a fare a meno di sedersi sull'erba di quel promontorio a pensare. Pensare a tutto ciò che gli era successo, pensare a cosa aveva lasciato indietro, pensare a ciò che stava realmente chiedendo alla persona che aveva appena capito di... amare?
Pensò, pensò e tutto ciò che riuscì a concludere fu che, forse, non ne valesse affatto la pena.


 

•••
 

«Se potessi ritornare anche un giorno solo sul tuo pianeta, cosa faresti?»
Juno non era il tipo da discorsi pesanti ma, quando domandava delle cose del genere, voleva dire che stava pensando a qualcosa di serio.
Goku lo guardò con la coda dell'occhio, poi riprese a contemplare il panorama di quel mondo limitato. Non era un pianeta, non esattamente. C'era un punto in cui iniziava, e uno in cui finiva. Sembrava di stare rinchiusi in una scatola di vetro ove tutto ciò che stava al di fuori era bianco. Il bianco più chiaro che avessero mai visto. Era grande, molto vasto, molto alto, il cielo sembrava di un colore giallo oro fino a quando, raggiungendone il picco, si poteva intravedere il bianco in trasparenza.
«Mangerei tutto il giorno! Sushi, ramen, pizza, dolci, carne alla griglia, yakisoba, involtini! Cielo, che fame!» disse Goku, sentendo la pancia brontolare. Il suo pane raffermo sarebbe arrivato di lì a poco.
«Possibile che pensi solo al cibo? Esiste solo quello sul pianeta Torra?» lo rimproverò divertito l'amico. Aveva il volto buono, la pelle color girasole e due occhi grandi d'ambra.
«Terra! Con la "e"» puntualizzò Goku, per l'ennesima volta. In dodici anni Juno non aveva mai imparato a pronunciare il nome del suo pianeta. «Perché, tu cosa faresti?»
«Il mio popolo non esiste più, il mio pianeta è deserto. Non avrei nessuno da incontrare ma, se fossero ancora in vita, abbraccerei i miei genitori e i miei fratelli. Passerei il tempo con loro» rivelò Juno. Era giovane, quel ragazzo, lo si vedeva dal fisico, dallo sguardo. Non aveva avuto più di sedici anni quando era stato ucciso da Freezer.
«Non ti manca nessuno?» lo incalzò ancora Juno, facendolo rabbrividire.
«No. Poco, forse. Ma loro sono felici così, sono più al sicuro senza di me» rispose Goku, secco. Pensò a Chichi, Gohan, Goten, Pan, a tutti gli amici che erano ancora in vita sulla Terra. Da quanto aveva potuto sapere, non vi erano state più catastrofi da quando era partito.
«Ventiquattro ore, Son Goku. Sii sincero, cosa faresti?» insistette.
Goku pensò, pensò, ripensò, poi diede la risposta più sincera che potesse dare.
«Saluterei mia moglie, i miei figli, i miei amici. Cielo, sì, mangerei con loro per tutto il giorno e poi... prima di andarmene, combatterei con il mio rivale di una vita, per mostrargli quanto sono migliorato» disse Goku, sgranchendosi le nocche.
«Il tuo rivale?»
«Si chiama Vegeta. È il Principe dei Saiyan. Combatterei fino allo stremo e poi, per ultimo, lo ucciderei».
Goku spalancò gli occhi per quanto detto, ma Juno non lo notò. Non poteva averlo pensato per davvero!
«Per vendicarti di qualcosa?» domandò il ragazzo, senza far troppo caso alle implicazioni.
«No... per farlo arrivare qui. E combattere insieme a lui per l'eternità».

 

•••

 

Goku si lasciò cadere con la schiena sull'erba e inspirò forte, così forte da sentire l'ossigeno bruciargli nei polmoni e, dopo tanto tempo, sentì il vento. No, non che non l'avesse mai sentito dal suo ritorno sulla Terra, ma per la prima volta ci fece caso per davvero e si ricordò di quanto gli fosse mancato, in quella dimensione. Guardò il cielo e vide l'infinito, con la certezza che se fosse salito su, su fino in cima avrebbe potuto continuare per sempre a volare, senza limiti, senza costrizioni.
Sentì il proprio cuore battere, percepì la stanchezza sulle sue giunture, si guardò i graffi sulle braccia e ricordò il dolore, ma ne fu felice. Ne fu felice. Si ricordò della nascita dei suoi figli, del primo incontro con Chichi, di Bulma, del viaggio nello spazio con Pan e Trunks.
In quell'istante capì, capì quanto fosse attaccato a quella vita, a quella terra, alla Terra. Capì quanto tutti i suoi amici gli fossero mancati, capì quanto avesse bisogno di sentimenti umani, capì di aver bisogno di essere un umano. E non era più solo un Saiyan, un ragazzino bizzarro, sciocco, ingenuo. Era un uomo, un uomo cresciuto, maturo, coscienzioso.
E, più di tutti, capì che non avrebbe mai voluto costringere Vegeta ad andare con lui nella Dimora dei Draghi, ma avrebbe voluto combattere sempre al suo fianco fino alla fine. Per quel piccolo spazio di eterno che gli era stato concesso.
Si portò le mani sul viso e pianse. Pianse, e non volle più smettere.

 


 

"Lo sai quello che provo per te?"
Cielo, no, non aveva potuto chiederglielo sul serio! Con tutto ciò che era successo era l'ultima cosa che avrebbe dovuto sentirsi dire.
Amore. Amore un bel niente! Amore non era quella cosa lì!
Accidenti, era il Principe dei Saiyan, non il protagonista di un film romantico! Vegeta era tornato davanti al suo appartamento, ma non era riuscito a entrarci. Lì dentro erano successe troppe cose nei primi diciannove giorni in cui Kaarot era tornato sulla Terra, tutta quella casa aveva oramai il suo odore. Tornò alla Capsule Corporation e stette ben attento a non farsi vedere, a non far notare a nessuno il colore viola acceso che aveva dipinto le sue gote.
Si chiuse in camera dopo una lunga doccia, trattenendosi dallo scaraventare a terra tutto ciò che si ritrovò davanti. Si chiuse lì dentro e azzerò la propria Aura per non essere disturbato.
Ore, ore e ore seduto sul letto con la testa tra le mani e mille pensieri da riordinare, ma il più totale caos premeva contro le sue dita.
"Lo sai quello che provo per te?"
Solo una domanda per la testa, una domanda stupida, sciocca, cretina proprio come colui che l'aveva formulata.
Si aggrappò al lenzuolo e lo strappò, sentendo ancora addosso le sue mani. Tentò di reprimere il ricordo di loro due su quel dannatissimo pianeta, in quel sottobosco, quello che avevano fatto, quello che aveva sentito. Troppo, ecco cosa.
«Vegeta».
Un sussurro, quanto bastò per farlo scattare come una molla. Vegeta tentò di colpirlo in pieno volto, ma la mano di Kaarot strinse quel pugno fino a fargli diventare viola la punta delle dita.
«Cosa diavolo vuoi ancora da me?!» gli ringhiò in faccia. Era notte fonda, oramai. Come diavolo gli era saltato in mente di presentarsi lì, a casa della sua famiglia, a quell'ora? Con tutta quella gente intorno, poi!
«Sono venuto a dirti che ho cambiato idea» ammise Goku.
Gli lasciò andare il braccio e portò le proprie mani nelle tasche dei pantaloni. Si dondolò avanti e indietro sui talloni, incerto.
«Hai capito che ciò che mi hai detto è una stronzata?!» commentò con disprezzo.
«No, io... io non voglio più che tu... mi uccida» confessò Goku.
Non lo voleva, non lo voleva per davvero perché il suo egoismo era venuto meno, per la prima volta nella vita.
«Hai trovato un nuovo sicario? Oppure hai trovato un altro modo per sfuggire di nuovo dalla realtà?» domandò Vegeta, furibondo.
«Vegeta, io... io...» balbettò Goku.
Cercò nella propria mente un buon motivo per non dirglielo, per non rivelargli quello che stesse pensando veramente. Non lo trovò. Non trovò più le forze per continuare quella farsa, non trovò più nessun desiderio di tornare là. Aveva fin troppe buone ragioni per rimanere attaccato alla realtà. Perché la realtà come la vedeva in quel momento - con due nuovi occhi, con una nuova coscienza e soprattutto con il cuore ricolmo di qualcosa di così potente - era una realtà migliore di quella che avesse mai vissuto.
Vegeta si calmò e lasciò che i suoi pugni divenissero meno stretti. Lo guardò sorridere ancora una volta, ma in modo diverso. Quel sorriso non era il solito sorrisetto da ebete che tanto lo mandava fuori dai gangheri, no. Aveva un'espressione diversa dipinta in volto, qualcosa che portò Vegeta a uno stato di calma perché, inconsciamente, aveva capito cosa stesse per dirgli.
«Io credo di non voler più tornare nella Dimora dei Draghi» rivelò Goku, con un groppo alla gola. Non per dispiacere - era convinto che fosse la decisione giusta - ma perché, proprio mentre lo stava dicendo, sentì di avere una nuova possibilità di vita.
«C... che cosa?!» sussurrò Vegeta, spalancando la bocca. Gli avrebbe spaccato il setto nasale con un colpo solo, se avesse potuto. E cosa diamine aveva aspettato a dirglielo? Perché aveva portato avanti quella sciocca tiritera fino a quel momento?!
«Non posso farlo... non voglio allontanarmi ancora da tutto questo. Dalla mia famiglia, da tutto ciò che ho qui... da... te».
Vegeta trasalì e, nonostante le implicazioni sentimentali di quello che Kaarot gli avesse appena detto, tutto ciò che riuscì a pensare fu che il demente stesse rinunciando a qualcosa che aveva inseguito per tutta la vita.
«Così rinuncerai a diventare uno spirito guerriero...»
Era la prima volta che sentiva una frase del genere provenire da Kaarot. Era sempre sparito durante la sua vita, fregandosene dei figli, della famiglia. Ma se c'era una cosa che contraddistingueva quell'idiota da chiunque altro era che, se diceva qualcosa, era perché lo pensava per davvero.
«Ma posso essere un guerriero vero per tutta la vita, qui. Posso combattere con te, non mi servono altri combattenti da sfidare. Io e te... io te miglioreremo sempre, insieme. È il bello di essere Saiyan, giusto?» concluse Goku con voce squillante, con l'entusiasmo di quel ragazzo che era stato un tempo molto lontano.

Il Principe chinò la testa per nascondere un sorriso. Cielo, quello che il deficiente aveva appena detto aveva dell'incredibile! Era una delle cose più belle che qualcuno gli avesse mai detto, per giunta. Una sorsata d'acqua fresca per il proprio orgoglio. In una frase sola era riuscito a dimostrargli stima, rispetto, orgoglio, coraggio, determinazione, appartenenza alla loro specie e soprattutto... quello che aveva detto in precedenza.
"Lo sai quello che provo per te?"
Così gli aveva detto. Ora lo sapeva. Lo sapeva e, per l'amor del cielo, non riuscì più a negarlo. Perché? Perché era la stessa cosa che provava lui. Oh, non gliel'avrebbe detto mai. E non voleva di certo sentirselo dire.
Un lieve rumore sordo destò i Saiyan dai loro pensieri e, guardando in direzione della porta, si irrigidirono. Forse qualcuno si era svegliato, in casa.
«Non è il luogo per parlarne» constatò Vegeta. Continuò a guardare in direzione dell'entrata nella sua stanza, ma non percepiva alcuna Aura lì fuori. «Ad ogni modo, Kaarot, pensaci bene. Non conosci le conseguenze della tua decisione» sussurrò il Principe, con voce più bassa.
«Ci ho già pensato. Qualunque cosa dovesse succedere, l'affronterò. E se ci sarà da combattere, la combatteremo insieme, proprio come mi avevi detto tu» concluse Goku, talmente piano da costringerlo ad avvicinarsi.
Vegeta sospirò e finse una certa esasperazione. Se Kaarot avesse continuato in quel modo, sarebbe stato difficile mantenere la parvenza di serietà e la maschera minacciosa che tanto gli piaceva indossare, soprattutto nel momento in cui il cretino gli prese una mano per stringerla forte. Tremò a quel contatto, sentì le gambe cedergli un'altra volta.
«Ora mi credi? Credi a quello che ho detto prima? O pensi ancora che sia una bugia?» domandò con un ghigno Goku. Cosa poteva farci se, nonostante il Principe avesse quegli atteggiamenti bruschi, lo trovava parecchio buffo quando arrossiva?
Vegeta deglutì e provò a calmarsi con un lungo sospiro.
"Lo sai quello che provo per te?"
Sì. Gli credeva sul serio, perché - nonostante quel sorrisetto ebete disegnato in viso gli facesse venir voglia di spaccargli tutti i denti davanti - i suoi occhi sinceri non riuscivano a mentire. E forse nemmeno lui sarebbe riuscito a farlo, mentirgli, nonostante avrebbe comunque dovuto mantenere il suo solito contegno e la sua solita distanza. Era il Principe dei Saiyan, non il Principe Azzurro! Non avrebbe potuto accettare tutti quei discorsi melensi e dichiarazioni d'amore, non da parte sua. Rimaneva sempre e comunque il suo rivale, dannazione!
«Posso crederti, sì, anche se è decisamente un po' prematuro. Sei peggio di un adolescente! Riflettici ancora un po'» sussurrò Vegeta, in imbarazzo, abbassando ancor di più il tono di voce. «E comunque questo non significa che io accetti questa cosa».
«Vedi che il problema non ero solo io?» gli fece notare Goku, con una risata trattenuta.
«Non ho mai detto di non aver problemi, a riguardo. Sai come sono fatto...» puntualizzò Sua Maestà, stringendo ancora di più le sue dita.
No, non sarebbe mai stato bravo in quelle cose, probabilmente non sarebbe mai giunto il tempo in cui quello che stavano provando gli risultasse completamente normale. Ma avrebbe dovuto imparare a conviverci, quantomeno, altrimenti non sarebbero sopravvissuti cinque giorni. Non avrebbe potuto continuare a scappare per sempre.
«Sei il solito orgoglioso...»
«E tu il solito idiota...»
Goku sorrise. Buffo, sì, persino quando gli recapitava insulti inaspettati. Ma cosa avrebbe potuto farci, del resto? Oramai non avrebbe più potuto stare senza di lui.
«Nove in punto?» gli domandò, con sguardo determinato.
Goku staccò la sua mano da quella del Principe e si portò due dita in fronte. Si era fatto tardi; avrebbe dovuto dormire almeno un poco per riuscire a fare bella figura negli allenamenti il giorno dopo.
«Nove in punto» confermò Vegeta, serio. Dannazione, sarebbe andato ad allenarsi con lui proprio in quell'istante, giusto per potersi vendicare di tutte quelle smancerie gratuite.
Così, sorridendo, Goku si volatilizzò nulla. E finalmente Vegeta si permise di sorridere.

 

E le nove in punto arrivarono, arrivarono senza fretta, senza timori. I due combattenti si recarono nel mondo dei Kaiohshin senza più dubbi. Si scontrarono, si sbeffeggiarono come al solito, con una nuova forza nelle ossa e la mente più in ordine. Allenamento intenso, proficuo, sereno, acceso come il sole di mezzogiorno. Voglia di sfidarsi, di raggiungere nuovi obiettivi senza i pensieri e le paure che li avevano attanagliati durante i giorni precedenti. Nessun dramma, nessuno.
 


 

Un piccolo fascio di luce calda penetrava tra le imposte, illuminando a malapena il muro turchese della stanzetta del piccolo Goku Jr. Pan guardò suo figlio dormire beato, rannicchiato sul lato e con il pollice in bocca. Chissà quando avrebbe perso quel vizio! Socchiuse la porta della cameretta e sorrise, rendendosi conto poi che finalmente sarebbe riuscita a fare qualcosa per sé; oramai erano sempre più rari i giorni in cui il bambino si addormentava per il sonnellino pomeridiano.
Pan entrò nel grande bagno in marmo e poggiò entrambe le mani sul mobile del lavandino, poi guardò dritta davanti a sé contemplando il suo riflesso nel grande specchio. Gli occhi neri, gli stessi di sempre, avevano sempre sorriso alla vita per tutti quegli anni.
Aveva trovato la sua dimensione, la sua pace, aveva creato una famiglia e di certo non avrebbe potuto chiedere nulla più di così. Amava suo marito, lo amava per davvero. Lo aveva sempre ammirato sin dai tempi del viaggio dello spazio, aveva sempre avuto un debole per lui ma chiaramente, all'epoca, la differenza di età era troppa. Con il passare degli anni la loro bellissima amicizia però era sbocciata in qualcosa di meraviglioso, così, senza alcuno sforzo, senza alcun problema. Trunks era la persona più buona che conoscesse, un uomo con la testa sulle spalle, il marito che tutte le donne sognerebbero di avere. Avevano costruito qualcosa di insostituibile, qualcosa di così bello da sembrare una favola, incentrato sulla fiducia e il rispetto.
Gli occhi di Pan, però, quel giorno, sorridevano di meno. I suoi occhi celavano un segreto che mai avrebbe dovuto udire. Aveva sentito tutto, la sera precedente, tutto ciò che Vegeta e Goku si erano detti in quella camera da letto. Pan chiuse gli occhi.
La Dimora dei Draghi. Cosa mai poteva essere quel luogo? Avevano parlato di uccisione, da quel che aveva capito sarebbe dovuto essere lo stesso Vegeta a dover uccidere suo nonno in modo da poterlo rispedire là ma, a quanto pareva, c'era stato qualcosa che gli fatto cambiare idea. Vegeta stesso, forse. Il fatto di combattere insieme.
Pan non capiva, non capiva come potesse suo nonno aver pensato di farsi uccidere per andare in un luogo con altri combattenti. Così aveva sentito, ma non aveva capito, anche perché poi i due Saiyan avevano iniziato a parlare molto più piano e non era più riuscita a udire nulla. Se da un lato si sentiva sollevata dal fatto che suo nonno avesse cambiato idea, dall'altro non si capacitava ancora di come potesse aver messo di nuovo il combattimento al di sopra della famiglia.
E Vegeta? Vegeta aveva nascosto il suo segreto per tutto quel tempo. Forse era proprio per quel motivo che era stato strano, negli ultimi tempi. Trunks e Bra si erano preoccupati parecchio, e avevano avuto ragione di esserlo.
Avrebbe dovuto dire tutto a Trunks, non avrebbe potuto tenergli nascosta una cosa del genere. E soprattutto avrebbero dovuto mettere quei due Saiyan davanti al fatto compiuto, farsi spiegare per filo e per segno ogni cosa riguardante a quella Dimora dei Draghi, di tutto ciò che suo nonno aveva intenzione di fare e di come aveva fatto Vegeta a fargli cambiare idea. Sì, non vi erano dubbi, quella sera la prima cosa che avrebbe dovuto fare sarebbe stato parlarne con suo marito e poi mettere Goku e Vegeta con le spalle al muro.
Pan riaprì gli occhi e si sciacquò il volto con abbondante acqua fresca. Era agitata, avrebbe dovuto stemperare quella tensione almeno fin che Trunks non sarebbe ritornato dal lavoro. Allungò il collo per sentire il respiro lento e regolare di suo figlio provenire dalla stanzetta; avrebbe continuato a dormire per un paio d'ore o poco più. Non sarebbero certo bastate per fare grandi cose, ma c'era qualcosa che da tanto tempo non aveva più modo di fare: allenarsi.
Erano anni che Pan non si recava nella Gravity Room per rispolverare il suo potenziale combattivo, da prima che nascesse il piccolo Goku Jr. Sorrise e ricordò i bei tempi in cui il suo Ki aveva raggiunto livelli prestigiosi, rimembrò i lunghi allenamenti con Trunks dopo la grande battaglia con i draghi malvagi, ricordò quando era riuscita a diventare Super Saiyan grazie ai suoi consigli. Sorrise e si scrocchiò le dita: sì, sarebbe andata ad allenarsi e avrebbe tenuto a bada la sua ansia fino alla sera.
Si girò di scatto per avviarsi verso la Gravity Room, senza aver nemmeno il tempo di accorgersi di ciò che stesse succedendo. Senza nemmeno aver il tempo di urlare, senza neanche rendersi conto che un braccio dello stesso colore della notte le avesse appena attraversato il petto.



 

Continua...
 
ANGOLO AUTRICE:
Ehm... ciao a tuttiiiii :) *fischietta innocentemente*.
Spero che non ve la siate presa più di tanto, suvvia... cosa volete che sia un braccio che attraversa il torace di qualcuno?! U_U
Ebbene sì, non riesco a lasciare un capitolo senza drammi. Dite che dovrei andare da uno psichiatra?! xD
Dai, però avete visto che carini che sono quei due scimmioni!? Goku ha deciso di rimanere... anche per il suo principone! ... beh, poco dopo che ha preso questa decisione qualcuno ha fracassato il petto di sua nipote, ma questi sono dettagli, giusto?!
Che dire... mi sa che da ora in poi ne vedremo delle belle! Tutto ha il suo prezzo, miei cari.
Ho notato che lo scorso capitolo ha riscosso molto successo, sono davvero molto felice che vi sia piaciuto e volevo ringraziare tutti voi per le belle parole che mi scrivete sempre, siete meravigliosi!
Vi devo però informare che settimana prossima la pubblicazione potrebbe subire qualche ritardo o addirittura saltare >-< non prendetela male, ma sarò lontana da casa per un matrimonio! Ad ogni modo provate comunque a dare un'occhiata domenica o nei giorni successivi, potrei trovare il tempo :)
Nel frattempo vi mando un bacio e vi auguro buona settimana
Eevaa

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Capitolo 36
*** Il condottiero ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 36 - IL CONDOTTIERO


His crown lid up the way as we moved slowly
Pass the wondering eyes of the ones that were left behind.

And as the world comes to an end
I’ll be here to hold your hand
Cause you’re my king and I’m your lionheart.

King and lionheart: https://www.youtube.com/watch?v=A76a_LNIYwE



 

«È tutto quello che sai fare, Kaarot? Davvero deludente!»
«Questo brutto vizio di sbeffeggiare l'avversario prima del tempo...»
Goku guardò Vegeta sorridere beffardo, in posizione di attacco sopra a una roccia sporgente. Imitò lo stesso movimento in attesa che uno dei due facesse la mossa successiva in quella scacchiera.
I loro respiri erano frettolosi, affaticati da quel combattimento durato almeno sei ore, ma nessuno dei due aveva intenzione di arrendersi quel giorno. Era stato tutto semplice, spensierato, perfetto. Non sarebbero potuti andare avanti ancora a lungo, ma entrambi avevano la coscienza che il giorno dopo sarebbe stata la stessa cosa. E anche quello dopo ancora, e ancora. Nella timida speranza che fosse per sempre.
Goku sorrise compiaciuto al solo pensiero e, carico come non mai, fece per scattare in avanti per attaccare di nuovo. Prese la rincorsa ma, proprio in quell'istante, un intenso dolore all'altezza del petto gli bloccò il respiro, come se fosse appena stato pugnalato alle spalle, come se qualcuno gli avesse strappato via l'ossigeno dai polmoni.
Si accasciò sulle ginocchia, madido di sudore, e Vegeta spalancò gli occhi come se avesse appena visto un fantasma.
«Kaarot!» lo chiamò a gran voce, balzando nella sua direzione per capire cosa stesse succedendo. «Cosa diavolo ti prende?»
Goku ansimò con le mani appoggiate al terreno sabbioso e non riuscì a rispondere, respirava a fatica, come se avesse fame d'aria. Il Principe dei Saiyan si accovacciò sulle gambe, preoccupato.
«Se è un modo per dirmi che ti arrendi per oggi, sappi che potrei picchiarti molto forte» lo spronò Vegeta, non troppo convinto che si trattasse di ciò.
«N-no. No» balbettò Goku. Si sedette a terra e aggrottò le sopracciglia.
«Mi stai spaventando, razza di idiota» sussurrò Vegeta. Arrossì: era una fatica estrema per lui quella di ammettere preoccupazione. «Ti senti male? Dimmi che non è di nuovo qualche strana malattia al cuore che solo tu puoi prenderti».
Goku fece due respiri profondi e lasciò cadere al terreno qualche goccia di sudore. Cercò di calmare i suoi tremori, ma lo stato d'ansia che l'aveva colpito non riuscì ad affievolirsi.
«N... no, sto bene. Ho solo... ho solo una sensazione orribile, tremenda». Si tenne seduto con le braccia, ma la voglia era quella di sdraiarsi a terra.
Vegeta sollevò un sopracciglio. Cosa diamine poteva essergli preso? Possibile che non passasse giorno intero senza drammi?! «Di cosa di tratta?»
«Non lo so! So solo che non riesco a togliermi di dosso questa ansia...» ammise Goku, impegnandosi a fondo per riportare il suo respiro a ritmo normale.
«A cosa pensi sia dovuto?» domandò Vegeta.
«Ho come il presentimento che sia successo qualcosa di terribile».
Goku si asciugò la fronte e deglutì. Poteva sentirlo forte e chiaro, un tarlo nella sua mente che gli impediva di ragionare, una sensazione di angoscia e inquietudine che non provava da tanto, tantissimo tempo. Guardò Vegeta ed egli rispose al suo sguardo con visibile preoccupazione. Goku tentò di sorridergli per tranquillizzarlo, ma non ci riuscì. Allungò una mano verso di lui e gli afferrò il braccio. Lo trascinò più vicino a sé e Sua Maestà non oppose resistenza, lo lasciò appoggiare con la fronte contro il petto, sebbene con imbarazzo. Goku inspirò a fondo il suo odore, ma nemmeno il contatto con Vegeta riuscì a calmarlo, quella volta.
«Torniamo sulla Terra, Kaarot» gli propose Vegeta, con le guance dello stesso colore di una fragola matura.
«Sì. Sì, forse è meglio controllare che sia tutto a posto. Lasciami cercare le Aure dei nostri amici» disse Goku, senza però allontanarsi da lui. Chiuse gli occhi e lasciò che il battito del suo cuore si sincronizzasse con il suo respiro, spingendo la sua mente e il suo spirito fuori dal proprio corpo. Si allontanò dal pianeta satellite e si sincronizzò con il pianeta Terra per percepire le Aure di tutti i suoi cari. Le ricercò una ad una, nessuna di esse sembrava avere degli scompensi, dei picchi di energia.
Tutto sembrava normale, tutto sembrava esattamente come di consueto, fino a che non se ne accorse: in mezzo a tutte quelle Aure, una mancava. E il suo cuore perse un battito.
«PAN!»

 

 

Successe tutto in un istante. Un urlo, l'istinto innato di prendere Vegeta e trascinarlo via con sé, teletrasportarsi altrove e lasciare solo una lacrima indietro. L'arrivo sulla Terra, l'idea di ricercare tra i Ki quello che avrebbe potuto ritrovarsi più vicino a Pan: suo figlio. Ma la scena in cui i due Saiyan vennero catapultati fu così straziante, così assurda e così forte che nemmeno il più cinico e il più cattivo di tutti gli esseri umani sarebbe potuto rimanere indifferente.
Goku Jr, in preda a un pianto disperato, sostava con i piedi nudi inzuppati di sangue accanto al corpo sventrato di sua madre. Qualcosa che un bambino di due anni non dovrebbe mai vedere, nemmeno nei peggiori incubi. Pan - rovesciata prona sul pavimento con uno squarcio all'altezza del cuore - aveva gli occhi aperti in un'espressione di terrore, adagiata su un letto di sangue.
Vegeta si gettò immediatamente sul nipotino, lo prese tra le braccia e lo costrinse a nascondere il viso contro la propria scapola, portandolo poi più lontano possibile da quella stanza. Il battito del suo cuore era così forte, così intenso da rimbombargli nelle orecchie.
Goku non riuscì a dire nulla, rimase bloccato, come pietrificato, con gli occhi sgranati e la bocca aperta in un'espressione di sgomento. Non poteva crederci, non poteva essere vero. Non Pan, non la sua Pan.
Le urla del piccolo Goku Jr gli rimbombarono nella testa rendendogli impossibile pensare, agire, compiere qualsiasi gesto che non fosse tremare. Si accasciò al terreno solo dopo chissà quanti secondi e liberò una quantità così enorme di energia da rompere tutti i vetri della casa, riempiendo l'aria di elettricità con un urlo di straziante dolore.
Vegeta, invece... beh, avrebbe venduto l'anima al diavolo pur di cancellare dalla mente di quel bambino l'immagine che era stato costretto a vedere, avrebbe pagato con la vita per poter tornare indietro e far sì che non succedesse. Ma, esattamente, cosa poteva essere accaduto? Chi poteva aver compiuto un gesto così perfido?
Dovette lottare per tenere la testa di suo nipote contro il suo petto, per fare in modo di chiudergli gli occhi davanti a quello scempio. Avrebbe dovuto agire, avrebbe dovuto fare qualcosa e sarebbe stato l'unico in grado di riflettere, di pensare, di compiere un ultimo gesto disperato per poterlo proteggere, per poter far smettere quell'incubo. Così lo colpì a lato del collo, delicatamente, in un punto che sapeva avrebbe provocato uno svenimento duraturo. E Goku Jr divenne così un peso morto tra le sue braccia. Ebbe così il tempo di portarsi due dita in fronte e portarlo via di lì.
Lo lasciò tra le braccia di Dende, il quale non capì cosa fosse successo fin quando, indiscreto, guardò con i suoi poteri in direzione della Terra e comprese tutto. Apprese il motivo della disperazione negli occhi di Vegeta il quale, ammutolito, si era appoggiò con la fronte a una colonna del tempio tremando e trattenendo a stento le lacrime.
Sua Maestà avrebbe dovuto essere abituato, oramai, alla morte. Aveva visto talmente tante persone morire uccise che non avrebbe dovuto fargli più nemmeno effetto. Tuttavia quella scena l'aveva distrutto, devastato. E ciò che lo stava logorando dentro più di ogni altra cosa era come avrebbe potuto andare a dire a suo figlio cosa fosse successo... come avrebbe potuto dirgli che sua moglie, la sua Pan, era stata assassinata davanti agli occhi del loro bambino? Come avrebbe potuto farlo sapendo cosa si può provare a perdere l'amore della propria vita? Digrignò i denti e si maledisse per non essere più cinico come un tempo. Sì maledisse per essere così debole, così poco coraggioso, così esitante di fronte alla morte.
E così, con il cuore stretto in un pugno, si materializzò di fronte a Trunks. E lui capì senza bisogno di troppe parole, capì che fosse successo qualcosa di terribile, ma non realizzò.
Trunks non realizzò nemmeno quando, con il braccio possente di suo padre stretto intorno alle spalle, venne teletrasportato lì, di fianco a Goku, di fianco al corpo esanime e martoriato di sua moglie. Non lo accettò, non comprese come fosse possibile. Lei non aveva mai fatto del male a una mosca, era una delle donne più forti del pianeta, chi poteva averle fatto ciò? Urlò così forte da creare un terremoto, rompendo i pochi vetri rimasti intatti della Capsule Corporation. Pianse tutte le lacrime e non se ne vergognò, nemmeno di fronte a quel padre che aveva imparato a guardarlo con occhi più comprensivi.
Lo stesso ingrato compito spettò a Goku il quale, spronato da Vegeta a trovare il coraggio, dovette annunciare a Gohan e Videl che la loro unica figlia era morta.
La notizia si diffuse in fretta come un'epidemia, la polizia, l'ambulanza e purtroppo i giornalisti avvoltoi circondarono la Capsule Corporation in meno di venti minuti. E gli amici, i familiari, tutti quelli rimasti della squadra Z giunsero sul posto unendosi a quel dolore condiviso.

 

 

Nel semibuio, una fiammella dorata. Passi lenti, calmi, quasi spaventosi. Una figura incappucciata comparve alla fievole luce emanata da quella candela oramai sul punto di estinguersi. Si fermò e si tolse poi il cappuccio con fare solenne, mostrando lo sguardo serio incorniciato da una rete di rughe color indaco. Si inchinò al cospetto di due figure, una più alta, una bassa e muscolosa.
«Ben fatto, Aymo» pronunciò il più basso tra i due, dando il permesso all'uomo inchinato di tornare in posizione di riposo e di andare a cambiarsi quella tuta sporca di sangue umano. Egli si allontanò di nuovo e si richiuse la porta alle spalle.
«Konero, porta il tuo guerriero sul suo pianeta di origine e fai in modo che venga ri-ucciso immediatamente» ordinò il Drago Superiore, incrociando le mani davanti al petto.
«Potrebbe tornarci utile di nuovo da vivo, Onyma. Credo che dovremmo aspettare di capire come si evolveranno le cose. Ti garantisco che non darà problemi» insistette Konero, il drago dalla pelle color rosso fuoco, facendo vibrare i suoi lunghi baffi neri.
«Giusta osservazione. Tieniti pronto, Konero. Perché, se le cose si dovessero evolvere nella direzione sbagliata, Aymo non sarà l'unico guerriero che ti chiederò di resuscitare».
«Sarà fatto».
Poco più in là, separati da un grosso muro intonacato d'oro, altri draghi antropomorfi dalla pelle verde osservarono Aymo allontanarsi dal tempio.
«Il tuo combattente ha infranto troppe regole, Shenron, sebbene non sia stato lo stesso Son Goku a rivelare alla ragazza di questo mondo» disse Polunga sottovoce.
«È stata una fatale coincidenza, sì. Spero solo che l'avvertimento che gli è stato dato gli faccia cambiare idea» commentò Shenron con voce affranta, concentrandosi per mettere a fuoco nell'ologramma l'immagine di Pan con il petto sventrato dal braccio di Aymo, il combattente di Konero.
«Se non dovesse cogliere l'avvertimento o se non dovesse funzionare, allora sai bene cosa dovrai fare» gli rammentò Polunga. Aprì un nuovo ologramma sul palmo della mano destra, sul quale apparve un volto serio dall'aria sciupata dal dolore. «Sarà l'ultima possibilità che hai di riprenderti il tuo guerriero».
Shenron annuì e sospirò, contemplando il volto nell'ologramma. Il volto del Principe dei Saiyan.

 

 

Si diedero tempo due ore, due ore per cedere alla disperazione e piangere quella scomparsa inaspettata. Ma Vegeta non era un uomo disposto ad arrendersi e, anche nel dolore, riuscì a riflettere e usare il cervello per pensare. E così, come un faro in una notte di tempesta, illuminò la via nel momento in cui la via sembrava così in salita da non poterla percorrere.
«Pan è stata assassinata. E, che l'Inferno mi prenda se non dovessi riuscirci, io cercherò in tutti i mondi l'artefice del suo omicidio per fargli sputare tutto il sangue che ha nelle vene. Ma questo non è il momento di arrendersi, non è il momento di fermarsi a piangere, perché il fatto che sia morta per mano di qualcuno ci da la possibilità di poterla resuscitare» asserì Sua Maestà, alzandosi in piedi in quel salotto gremito di persone. «Dovete sapere che, da quando Kaarot è tornato, le sette Sfere del Drago Shenron sono ritornate a brillare, Dende me lo ha riferito qualche settimana fa. Seppur vero che ci eravamo ripromessi di non utilizzare più i desideri di Shenron a sproposito, io non ho dubbi che in questo caso dobbiamo usarle. E se qualcuno non fosse d'accordo... beh, se la dovrà vedere con me. Qualcosa in contrario?»
Goku alzò la testa per la prima volta in quelle ore e osservò quell'uomo dalla grinta di un leone. Sorrise, perché il Principe dei Saiyan era il condottiero di cui tutti avevano bisogno, era la persona che avrebbe sempre trovato la forza di alzarsi, di raggiungere il proprio obiettivo. Ammirazione, speranza.
Tutti si caricarono, si accesero, sorrisero compiaciuti. C'era stato un tempo in cui Vegeta aveva perso la voglia di combattere, c'era stato il tempo in cui era caduto al suolo senza trovare la forza di rialzarsi. Ma quel tempo era finito e il Principe era tornato. Era tornato a essere determinato, coraggioso, si era seduto sul suo trono come un vero re. E il brillare della sua corona illuminò la via che avrebbero dovuto prendere.
«Nessuno ha da ribattere? Meglio così» ghignò Vegeta.
Trunks gli si avvicinò e gli portò una mano sulla spalla.
«Grazie papà... grazie».
«Forza! Abbiamo sette sfere da cercare!» li spronò Vegeta, a pugni stretti.

Si misero tutti alla ricerca la sera stessa. Si divisero in tre gruppi e utilizzarono i vari radar cerca-sfere progettati da Bulma nel corso degli anni.
Gohan, Goten e Videl si apprestarono a cercare le sfere con una e due stelle. Bra, Ub, Tenshinan e Jaozi le sfere con tre, quattro e cinque stelle, mentre Goku e Vegeta quelle con sei e sette stelle. Trunks, invece, si recò al tempio del Supremo in attesa che suo figlio si risvegliasse dallo svenimento provocato da Vegeta. Avrebbe dovuto tranquillizzarlo, spiegargli per filo e per segno il loro piano e fare in modo di non fargli compiere azioni avventate.
Con l'aiuto dei radar, della suddivisione dei compiti e grazie alla velocità di volo dei combattenti, ci sarebbero volute meno di tre ore per riuscire a radunare tutte e sette le sfere.
Goku e Vegeta trovarono la sfera numero sette dopo appena venti minuti di ricerche. Fu semplice tirarla fuori dall'oceano ghiacciato, nonostante le basse temperature. Goku riemerse dall'acqua senza nemmeno sentire il freddo, nulla in quel momento avrebbe potuto scalfirlo. Non dopo il dolore provato nell'assistere alla scena vissuta in precedenza. Ogni volta che chiudeva gli occhi si immaginava di nuovo i piedi del piccolo Goku Jr inzuppati di sangue.
«Bene. Ci manca la sesta» constatò Vegeta, analizzando le coordinate sul radar per studiare la giusta direzione da prendere.
«Vegeta...» sussurrò Goku, con delle piccole gocce d'acqua ghiacciate nei capelli e le labbra tendenti al viola.
«Cosa?»
«Grazie... credo che siamo andati tutti in panico in quel momento. Proprio non ci avevo pensato alle sfere» ammise Goku. La sfera luccicò nella sua mano, liscia e luminosa.
«Tsk, di certo non mi aspettavo idee brillanti da te» gracchiò il Principe, serafico. Si rese però conto che, forse, quello non era il momento migliore per insultare il suo rivale. Corresse il tiro, cercando in tutti i modi di fare uscire dalla sua gola un tono di voce più rassicurante. «Ma non importa, Kaarot. L'importante è risolvere alla svelta questa situazione e riportare tutto alla normalità».
«Io... io temo che tutto questo non sia casuale, Vegeta» soffiò Goku, preoccupato. Cielo, il solo pensiero che tutto ciò potesse riguardarlo lo torturava dall'interno.
Il Principe lo guardò con occhi gravi. Ovviamente Kaarot era un idiota, ma non fino al punto di essere tanto ingenuo da non cogliere il nesso tra quell'accadimento e tutto ciò che lo riguardava.
«Stai pensando anche tu quel che penso io, vero?» domandò conferma Vegeta, con voce bassa.
«Già, è successo proprio dopo che ho deciso di non tornare nella Dimora dei Draghi» asserì Goku. No, non poteva assolutamente essere una mera coincidenza.
«Quello che non capisco è... perché proprio Pan?» domandò Vegeta. Aveva cercato di trovare risposte ovunque nella sua mente in quelle ore, ma non era riuscito a formularne nemmeno una.
«Io temo che Pan stesse origliando la nostra conversazione, ieri sera. Ti ricordi del rumore che abbiamo sentito?» ipotizzò Goku.
«E con questo?»
«Prima di partire mi è stato detto che agli umani non è consentito venire a conoscenza di quel luogo, normalmente. Hanno fatto un'eccezione solo con te che, beh, eri il designato alla mia uccisione» spiegò Goku.
Nel dire ciò, però, raggiunse un'epifania che mai e poi mai avrebbe voluto avere. L'oceano in tempesta sotto di loro si mosse più veloce, mentre le nuvole nere iniziarono a lampeggiare cariche di tensione. «Sai cosa vuol dire questo, vero?» proseguì poi con un groppo in gola.
Vegeta aggrottò impercettibilmente le sopracciglia: anche se non sapeva molto riguardo ai draghi, fare due più due fu piuttosto semplice. «Che se fosse stata uccisa per opera loro... i draghi potrebbero non accettare di riportarla in vita» pronunciò, mentre il rombo di un tuono echeggiava in lontananza.
Goku si portò entrambe le mani sul viso e scosse il capo come in preda ad una forte emicrania.
«Cielo... cielo... io non me lo perdonerei mai... io...» balbettò Goku ma, prima che potesse sprofondare tra i meandri dei suoi sensi di colpa, le possenti mani di Vegeta gli strinsero le spalle e lo tennero a galla.
«Kaarot, dobbiamo tentarci ugualmente» gli ordinò Sua Maestà, guardandolo serio. «Non è colpa tua se Pan ha origliato, ok? È stata una fatale coincidenza. Smettila di frignare, è vietato arrendersi, mi sono spiegato?»
Iniziò a piovere in quel momento, e l'acqua gelida in contrasto con la presa bollente del Principe risvegliò i sensi assopiti di Goku. Vegeta aveva ragione: non potevano arrendersi proprio in quel momento. E, anche se i presentimenti non erano affatto dei migliori, avrebbero dovuto almeno tentare di restituire la vita alla sua Pan. Goku avrebbe fatto di tutto per far tornare le cose com'erano. Per un attimo sperò che non si trattasse veramente di un omicidio causato dai Draghi, ma tutto faceva presupporre il contrario.
«Devo riportarla indietro, costi quel che costi» annunciò Goku, a denti digrignati. Strinse le mani sulle braccia di Vegeta e percepì tutta la sua forza entrargli nelle vene. Avrebbe voluto prendersene di più, ma quello non era il momento.
«Così parla un vero Saiyan. Andiamo!» gracchiò Vegeta. Gli sferrò un pugno abbastanza forte sul pettorale per rinvigorirlo di energia positiva.
E così, insieme ancora una volta, sfrecciarono in direzione della sfera dalle sei stelle.



Continua...


 

ANGOLO AUTRICE:
Buongiornoooo! Alla fine, miracolo divino, ce l'ho fatta a pubblicare il capitolo... non potevo certo farvi attendere oltre per scoprire quanto accaduto alla povera Pan!
E povera davvero, infatti. Lo so, lo so, la scena del piccolo Goku Jr è decisamente straziante (ho pianto anche io mentre la scrivevo) ma d'altronde l'avvertimento "contenuti forti" mica è messo lì per caso.
Come avete potuto notare il tema della morte è trattato molto diversamente rispetto all'anime, nel quale il trapasso delle persone sconvolgeva i nostri eroi solo fino ad un certo punto. Ho voluto rendere tutto molto più realistico e molto più umano (già dal racconto delle dipartite di Crilin e Bulma, ad esempio). Spero che sia cosa gradita.
Ora... beh ora i nostri eroi si stanno dando da fare per richiamare il drago Shenron. Voi cosa dite? Accetterà di riportarla in vita o saranno gatte da pelare? Mannaggia, qui i draghi si stanno rendendo particolarmente antipatici! Quel brutto ceffo del drago Konero ha resuscitato un suo malvagio combattente sotto ordine di Onyma. Non si scherza un cavolo con quei tizi! E Shenron... beh Shenron ha le mani legate a quanto pare. Avete capito quale sarà il prossimo passo, se Goku non cambia idea sul tornare là?
Forza, sparatemi tutte vostre teorie su cosa accadrà che io sono sempre curiosa a riguardo :D
Vi auguro buona settimana!
Eevaa

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Capitolo 37
*** Nessuna rivincita ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 37 - NESSUNA RIVINCITA


You’re giving me a million reasons to let you go
You’re giving me a million reasons to quit the show
I’ve got a hundred million reasons to walk away
But baby, I just need one good one to stay


Million reasons: https://www.youtube.com/watch?v=WYRJ-ryPEu0
 


 

Tre ore dopo, come prestabilito, i vecchi combattenti della Squadra Z si ritrovarono al tempio di Dende, con il cuore ricolmo di speranza e come bottino sette sfere dal colore arancione sgargiante.
Brillavano e lampeggiavano come luce al neon nella notte scura, scintillando riflesse nelle iridi di tutte le persone radunate intorno a cerchio.
Gohan, con un braccio intorno alla vita di Videl, non aveva proferito parola con nessuno dal momento in cui era stato costretto a guardare il corpo di sua figlia sventrato da uno spietato omicida. Non aveva parlato e non si era mai tolto dal viso quell'espressione rigida che, a tratti, ricordava quella del ragazzino che aveva salvato il mondo dalla minaccia di Cell. Vegeta lo squadrò da breve distanza: erano anni che non lo vedeva ridotto in quel modo ma, ancora una volta, lo comprendeva. Solo il pensiero di poter vedere la sua Bra in quello stato gli fece deglutire acido.
Trunks non aveva ancora risvegliato il piccolo Goku Jr dal suo lungo sonno, ma aveva provveduto a lavargli via il sangue dai piedi con un panno umido. Il sangue di Pan.
Tutti, in quel luogo, non ebbero più la pazienza di attendere oltre. Nessuno di loro avrebbe potuto resistere un minuto di più: era giunto il momento di riportare in vita la loro Pan.
«Appari, drago Shenron, ed esaudisci il nostro desiderio!» lo chiamò Dende a gran voce con le mani aperte in direzione del cielo. L'oscurità li avvolse.
Per un attimo qualcuno dei presenti ebbe paura che i draghi malvagi saltassero ancora fuori dalle sette sfere, ma Goku ben sapeva che non sarebbe stato possibile. L'unica grande catastrofe che sarebbe potuta accadere era quella che questi non accettasse di esaudire il loro desiderio.
Un lampo di luce dorata invase il cielo e, finalmente, dopo quindici anni, il drago Shenron apparve sotto le sue consuete sembianze agli occhi degli umani. Goku deglutì e spalancò gli occhi: non era più abituato a vederlo con fattezze non antropomorfe.

 

Sono pronto a esaudire i vostri desideri.
 


«Potente Shenron, ti chiediamo di ridare la vita alla nostra amica Pan» asserì Dende, con le mani ancora spalancate verso l'alto.
Goku abbassò la testa, non avrebbe voluto guardarlo negli occhi per nessun motivo al mondo, non dopo la decisione che aveva preso di non tornare con lui nella Dimora dei Draghi. Chiuse gli occhi in attesa di un verdetto.
Una pausa lunga e densa lasciò con il fiato sospeso tutti gli umani al tempio del Supremo, più di tutti Vegeta il quale, conscio di ciò che era successo, si sentì sopraffatto dalla stessa paura di Goku, al suo fianco.
Voltò la testa nella sua direzione e, chissà come, nell'esatto istante anche Goku aprì gli occhi e fece lo stesso. Si incatenò al suo sguardo per udire quelle fatidiche parole che entrambi avevano temuto di ricevere in risposta.

 

Mi dispiace, ma non posso farlo.
 


Un sussultò collettivo colse i guerrieri della Squadra Z, il quale fermento echeggiò nell'aria rarefatta di quel tempio al confine con il cielo.
«Come sarebbe a dire non puoi?! Pan non è mai morta prima d'ora, ed è stata uccisa! Le regole sono sempre state chiare!» ringhiò Trunks, con i pugni stretti.
Goku e Vegeta si guardarono di nuovo con occhi gravi e il Principe sperò con tutto il cuore che la disperazione e lo sconforto non prendesse anche il sopravvento del suo rivale, oltre che di tutti gli altri.

 

Se non avete altre richieste, allora posso andare.
 

«NO! NO! VOGLIO SAPERE PERCHÉ! PERCHÉ NON PUOI PORTARE IN VITA PAN!? PERCHÉ È STATA UCCISA, DANNAZIONE? CHI È STATO!?» urlò Trunks. Si illuminò di luce dorata e sollevò tutte le piastrelle del tempio.
Goku tremò, avvertì le gambe cedergli. Conosceva la risposta, ma udirla con le proprie orecchie gli fece talmente male da piegarlo in due.

 

La ragazza sapeva troppe cose. Addio.
 


«COSA VUOL DIRE!? COSA DIAVOLO VUOL DIRE!? COSA SAPEVA!? DANNAZIONE!» continuò a urlare Trunks. Volò verso il muso del grosso drago il quale, prima di poter essere colpito, si smaterializzò nelle sette sfere che sfrecciarono alla volta degli angoli più remoti della Terra. «TORNA QUI! TORNA QUI! RIDAMMI LA MIA PAN! PORTAMELA INDIETRO!»
Nessuno riuscì a crederci. Il dolore aleggiò nell'aria come polvere di stelle, mentre le urla di Trunks si fecero sempre più strazianti. Bra, anch'ella devastata dalla perdita della sua migliore amica - nonché cognata - cercò invano di calmare il fratello, mentre Videl venne sorretta da Goten e Marron quando, esausta, si sentì svenire.
«Come può essere, Dende? Come può essere una morte del genere definitiva?» domandò Popo al saggio Supremo della Terra.
«Non riesco a capire, non riesco davvero...» rispose Dende.
Goku, ripiegato su se stesso, non riuscì più a muoversi, non riuscì ad alzarsi, non riuscì a parlare.
Non fino a quando dei passi lenti e decisi portarono una figura possente e conosciuta al cospetto del suo viso. Perché alla fine ce l'aveva fatta davvero: aveva rovinato tutto. Proprio ciò che non aveva mai voluto dal principio, alla fine era successo e non era riuscito a evitarlo.
Perché, quando alzò la testa per incontrare lo sguardo di quell'uomo, Goku si accorse che della felicità che aveva potuto osservare quella sera - spiandolo dalla finestra - non era rimasta neanche l'ombra. Sul volto di suo figlio Gohan non c'era più serenità, non c'era più niente se non la rabbia, l'amarezza. Ed era tutta colpa sua, unicamente sua.
«G... Gohan... m... mi dispiace... mi-»
Ma non aveva fatto in tempo a finire la frase, perché suo figlio non riuscì più a mantenere la calma. Gohan non c'era più, Gohan era morto nello stesso istante in cui era morta la sua unica figlia.
Lo colpì in pieno volto con un calcio talmente forte da farlo ribaltare all'indietro, e il silenzio calò di nuovo al tempio del Supremo. Il rimbombo del corpo di Goku atterrato dal suo primogenito fece gelare le ossa a tutti, Principe dei Saiyan compreso.
«G... Gohan» balbettò Goku, con un rivolo di sangue che gli colava dal sopracciglio.
«BULMA AVEVA RAGIONE, GOKU. AVEVA RAGIONE!» gli urlò in faccia nel tentativo di avvicinarsi di nuovo a suo padre - che non era riuscito nemmeno a chiamare "papà" - trattenuto però per le spalle da Goten. «QUANDO TU SEI SU QUESTO PIANETA SUCCEDONO SEMPRE DELLE DISGRAZIE!»
Goku spalancò la bocca e incassò quel pugnale all'altezza del cuore, in silenzio. Si sentì trafitto dalla lama più ardente, si sentì come se qualcuno gli avesse preso il cuore e l'avesse calpestato. Ma Gohan, suo figlio, aveva ragione. Come poteva dargli torto?
Riuscì a guardarlo negli occhi dopo una manciata di secondi e, in quell'istante, capì di averlo perso. Aveva appena perso suo figlio, forse per sempre. Provò una vergogna che mai aveva provato prima, si sentì addosso lo sguardo di tutti i presenti. Probabilmente nessuno di loro poteva immaginare che fosse davvero tutta colpa sua ma, a giudicare dal silenzio, almeno un pochino lo pensavano tutti.
Quanto poteva aver deluso il suo primogenito, nella vita, per meritarsi un simile trattamento? Quanto poteva essersi tenuto dentro, Gohan, per arrivare a quel punto? E Goten? Cosa pensava Goten, in quel momento? E cosa avrebbe pensato Chichi?
Si alzò, trattenne a stento le lacrime e, stremato, fece quello che nella vita riusciva a fare meglio: scappare.

 


 

Quella sera fu una delle peggiori mai vissute, per Trunks.
Si era sentito talmente male da non riuscire quasi a respirare ma, per fortuna, sua sorella Bra lo aveva accudito con un amore quasi materno, mentre Vegeta aveva preso la decisione di prendersi cura di Goku Jr.
Non seppe dire dove avesse trovato il coraggio di spiegare al suo nipotino cosa fosse successo, ma ci era riuscito. L'aveva svegliato dal sonno profondo nel quale l'aveva mandato e gli aveva raccontato con calma e premura l'accaduto.
«A volte gli incubi sono realtà» gli aveva detto il Principe, quando il piccolo aveva smesso di piangere. «Ma tu sei un guerriero, e i guerrieri riescono a superare ogni cosa».
Era un bambino forte, il piccolo Goku Jr, aveva capito. Aveva capito che, purtroppo, non avrebbe mai più rivisto la sua mamma.
Quella sera nessuno era tornato alla Capsule Corporation, il Genio delle Tartarughe aveva accettato di ospitare tutti nella sua casetta sull'isola, così che il piccolo Goku potesse distrarsi un pochino insieme alla tartaruga e giocare sulla spiaggia. Si era addormentato in tarda serata nel lettone del Genio vegliato dal nonno il quale, per riuscire a rasserenarlo, gli aveva raccontato tante nuove storie sui suoi viaggi nello spazio, di quando era giovane.
Vegeta non se l'era sentita di promettergli di riuscire a fare qualcosa per potergli riportare indietro sua madre, non voleva dargli false speranze, ma una cosa era certa: ci avrebbe provato. Ci avrebbe capito di più di tutta quella storia, ma prima avrebbe dovuto fare qualcosa di altrettanto importante. Prima sarebbe dovuto andare da suo figlio.
Scese le scale della piccola casetta in legno senza fare rumore; il maestro Muten, Bra, Oscar, Puar e la tartaruga stavano parlottando in cucina. Aprì la porta che dava sulla spiaggia e se la richiuse alle spalle piano, ricercando all'orizzonte la figura di un uomo dai lunghi capelli lilla legati in una coda.
Si avvicinò a lui ma non parlò, si mise accanto a lui osservando il cielo scuro e il mare calmo e piatto di fine primavera. Le stelle erano luminose, incandescenti.
«Come si fa?» esalò Trunks.
Vegeta non rispose, si limitò a guardare il suo profilo corrucciato, con espressione mortificata.
«Come... come si sopravvive?» continuò suo figlio con voce rotta, portandosi una mano sulla fronte. Sua moglie era morta, così all'improvviso. Aveva lasciato lui e il loro bambino per sempre, per colpa di chissà chi e per un motivo oscuro - almeno per lui. Guardò l'orizzonte e non vide una fine al suo dolore, neanche in un migliaio di anni.
E Vegeta lo capì, lo comprese, perché aveva perso la sua Bulma cinque anni prima e, nonostante tutto, poteva ancora percepire tra le pieghe della pelle lo strazio che aveva provato quel giorno maledetto.
«Trunks, tu sei un Saiyan, e i Saiyan trovano sempre un modo di andare avanti. Sempre» gli disse piano, guardando le nuvole giungere da lontano.
«Il mio sangue non mi aiuterà in tutto questo, non vedo come la mia forza fisica possa aiutarmi nel superare la morte di Pan» ringhiò adirato Trunks. No, essere un Saiyan non gli sarebbe servito a niente, in quel frangente.
«Non è solo una questione di potenza fisica, ma di resilienza. In un altro mondo, in un'altra epoca, tu sei riuscito a sopravvivere alla morte di tutti i tuoi cari, sei riuscito a vivere all'ombra della distruzione degli androidi per diciassette anni. Conosco bene quali sono le tue risorse, in fondo tu e lui siete la stessa persona» spiegò Vegeta, in ricordo di Mirai Trunks, quel ragazzo del futuro. Chissà come stava, chissà come se la stava cavando, chissà la sua vita com'era stata da quando era tornato nella sua epoca per uccidere Cell e i cyborg.
Suo figlio sospirò e tentò di ingoiare quel groppo in gola, invano. Non era così certo di essere forte come il suo gemello del futuro, non era nemmeno certo di poter essere forte tanto quanto suo padre.
«Papà... come hai fatto tu? Come hai fatto a sopportarlo?»
Vegeta si accigliò. Già... come? Come aveva fatto? Non era stato semplice, forse non c'era mai riuscito del tutto. Come avrebbe potuto dare consigli a suo figlio se anche lui stesso aveva solo annaspato nel buio per tutti quegli anni? Vegeta si era isolato, si era chiuso in se stesso, aveva sofferto da solo e in silenzio fino a quando, una tiepida mattina di giugno, era venuto al mondo colui che l'aveva aiutato a tirarsi fuori da quella bolla di solitudine: Goku Jr. Si era solo lasciato trasportare dagli eventi, dai giorni.
«Non sono la persona più adatta per darti consigli» disse aspro Vegeta, ben conscio però che avrebbe dovuto fare di tutto per dargli conforto.
Tunks era diverso da lui, in queste cose. Era sempre stato più buono, più aperto, più socievole.
Vegeta non sempre era stato capace di fare la cosa giusta per suo figlio, ma in quel momento la fece. La fece e Trunks apprezzò più di qualsiasi consiglio, qualsiasi parola detta al vento. Vegeta si avvicinò a lui e, mettendogli una mano sulla spalla, lo guardò così intensamente da infondergli coraggio, forza, determinazione.
«Non posso dirti che ti sarò utile per superare questa cosa ma, se avrai bisogno di avermi vicino, io sarò qui. E, te lo prometto solennemente, farò qualsiasi cosa in mio potere per trovare chi ha ucciso Pan. Gliela farò pagare cara, anche se questo non la riporterà indietro».
Trunks cacciò indietro le lacrime e strinse i denti, poi annuì. Apprezzò quel gesto, quel contatto, quella dimostrazione di forza, ma anche quella dimostrazione di umanità. Poggiò una mano sopra quella del padre e aggrottò le sopracciglia, facendogli intendere che sarebbe stato forte, che avrebbe combattuto e sarebbe sopravvissuto. Per se stesso, per lui, per suo figlio e... per Pan.
Stettero lì ancora un po' l'uno a fianco all'altro a osservare le increspature delle onde buie, poi Vegeta si destò: la sua notte non sarebbe finita lì. C'era qualcun altro che avrebbe dovuto raggiungere, c'era qualcun altro che, mai come in quel momento, aveva bisogno d'aiuto. Così il Principe salutò suo figlio rammentandogli che per qualsiasi cosa non avrebbe dovuto esitare a cercarlo.
«Ah, Trunks!» disse infine Vegeta, girato di spalle, pronto a librarsi in volo veloce come il vento. «Se vuoi piangere... non trattenerti».

 


 

Vegeta scelse di volare e non di teletrasportarsi perché percepiva l'ardente bisogno di sentire il vento sferzargli sul viso, liberare l'Aura nel cielo e risvegliare i propri sensi in quella notte con poche stelle. Sapeva esattamente dove dovesse andare: l'aveva percepita - seppur fievole - quell'Aura che stava ricercando, ma intraprese appositamente la strada più lunga per poter pensare a cosa avrebbe potuto fare. Ovvero niente. Nulla avrebbe potuto migliorare la situazione di quell'uomo che, seduto a contemplare il nulla, aveva il cuore ridotto in mille pezzi.
Goku non si mosse, non si scompose nemmeno quando udì i passi di Vegeta farsi più vicini. Quella cicatrice sul sopracciglio - inferta dal suo primogenito - bruciava più del carbone ardente.
«Perché questo posto?» domandò Vegeta guardandosi intorno, trattenendo a stento un sorriso.
Sabbia rossa, rocce appuntite, polvere, montagne semi-distrutte. Nulla era cambiato, tutto era rimasto esattamente come l'avevano lasciato più di cinquant'anni prima, il giorno in cui si erano battuti per la prima volta. Il luogo del loro primo scontro, della prima battaglia, il luogo in cui si erano incontrati. Il Principe provò un brivido a ripensare a quel combattimento, flashback chiari gli percorsero la mente. Era passato tanto tempo, ma poteva ancora percepire tutto l'odio che aveva provato. Ora di quell'odio non era rimasto quasi più niente.
Goku non rispose, scosse la testa e si alzò. Gli diede le spalle.
«Hai bisogno di concedermi una rivincita?» chiese Vegeta, con le braccia incrociate, pensando che forse Kaarot avrebbe voluto scaricare la tensione usando la forza.
«Gohan... Gohan ha ragione». Goku parlò dopo qualche secondo, poi sollevò la testa verso il cielo per ricacciare le lacrime indietro, da dove erano venute.
«Kaarot...»
«Me ne devo andare da qui... devo morire, non posso più rimanere sulla Terra, o succederanno ancora delle disgrazie. Quindi sì, prenditi la tua rivincita e ammazzami qua, qua dove avresti dovuto farlo mezzo secolo fa» sputò fuori Goku. Si voltò di scatto, avrebbe voluto tanto che il Principe fosse di nuovo il suo nemico.
Vegeta lo osservò con occhi gravi. Kaarot pensava davvero che portarlo in quel luogo gli avrebbe facilitato le cose? Davvero pensava che trascinarlo lì gli avrebbe fatto acquisire la forza per poterlo ammazzare? Dopo tutto quello che si erano detti la sera prima, dopo che finalmente aveva tirato un sospiro di sollievo per non dover più adempiere a quel compito?
«Kaarot, che ca-»
«Pan è stata uccisa perché ha scoperto della Dimora dei Draghi. Devo morire, devi uccidermi, altrimenti potresti morire anche tu!» disse Goku, caricandosi ancora di più di ansia.
Vegeta aprì la bocca come per rispondere, ma non ne uscì niente, nulla. Non aveva mai pensato a quell'eventualità, non aveva mai pensato che, essendo a conoscenza di quel luogo, avrebbe potuto essere il nuovo bersaglio degli assassini (che poi, chi diavolo era stato a uccidere Pan?) qualora Goku non avesse rispettato lo scadere dei cinquanta giorni. Perché forse era anche quello il problema. Era stata una sorta di vendetta? Una vendetta nei confronti di Kaarot per aver pensato di non tornare là?
«Uccidimi adesso, Vegeta! Uccidimi prima che ci vadano di mezzo altre persone!» insistette ancora Goku con voce più alta, con gli occhi lucidi e un groppo in gola che quasi gli bloccava il respiro.
Ma il Principe non si mosse, non fece nulla e continuò a guardarlo quasi estraniato.
Aveva pensato per un attimo che Gohan avesse ragione, doveva ammetterlo, ma non riusciva a convincersene; soprattutto non riusciva a sopportare l'idea di doverlo mandare all'altro mondo, non sopportava il fatto che per potere avere pace Kaarot avrebbe dovuto andarsene di nuovo da quel pianeta. Non era giusto che fosse così.
«Uccidimi prima che sia troppo tardi! Uccidimi prima che vengano a prenderti! Uccidimi o sarai tu a morire!» urlò Goku. Prese Vegeta per le spalle e le strinse. Non avrebbe mai voluto metterlo in pericolo, non avrebbe voluto che le cose andassero in quel modo. No, non poteva mettere a repentaglio la vita di Vegeta per colpa sua.
Tuttavia Sua Maestà non reagì ancora, non si mosse. Si lasciò scuotere, continuando a guardarlo con sguardo perso, quasi come se fosse sotto incantesimo.
«Fallo, dannazione! AMMAZZAMI ADESSO!» urlò Goku, poi iniziò a colpirlo. Avrebbe dovuto svegliarlo da quello stato catatonico a ogni costo. Gli tirò un pugno sul petto, due pugni, poi un calcio, poi lo spinse.
Vegeta si irrigidì, strinse i denti. Gli tremarono le gambe, le braccia. Cielo, no, Kaarot non poteva chiedergli questo, non poteva fargli questo, non di nuovo. No, no, no.
«FALLO, CAZZO!» gridò di nuovo Goku, spingendolo più forte.
Lo colpì in pieno volto con gli occhi intrisi di odio, di rancore, di rammarico, realizzando poi che avrebbe dovuto agire su altri vertici. E, pur di poterlo salvare, avrebbe dovuto persino dirgli cose che non pensava.
«CHE RAZZA DI SAIYAN SEI, EH? NON HAI NEMMENO IL CORAGGIO DI UCCIDERE UNA TERZA CLASSE!» berciò e lasciò cadere due lacrime sulle sue guance, chiudendo gli occhi per non doverlo guardare in faccia. «IL PRINCIPE DI COSA? IL PRINCIPE DEI CODARDI! SEI UN CODAR-»
E, come previsto, solo in quel momento Vegeta reagì. Reagì d'istinto, d'impulso, respingendolo contro una delle poche montagne rimaste in piedi dopo il loro primo scontro. Lo spinse così forte e così malamente da fargli male, da creare un cratere. Si avvicinò di scatto con un lungo ruggito e, come qualche settimana prima, creò una sfera di energia luminosa dal colore blu all'altezza del suo petto, mentre con l'altra mano lo teneva per il collo.
«E non riportarmi indietro, questa volta» annaspò Goku, con il volto contratto, guardandolo fisso negli occhi. Tuttavia fu proprio quello l'errore perché, così facendo, costrinse Vegeta a ricambiare lo sguardo.
Come avrebbe potuto ucciderlo? Come avrebbe potuto sferrare quel colpo, se riflesse in quegli occhi vedeva le immagini del giorno prima, in quel sottobosco?
«Non... non posso... non riesco» ammise Vegeta, con un sussurro.
Fece estinguere la bolla di energia nella propria mano e abbassò lo sguardo. Forse aveva ragione Kaarot: che razza di Saiyan era? Si trattava di codardia? O semplicemente di... di...
«NO, VEGETA! TU DEVI! DEVI RIUSCIRCI, O TI UCCIDERANNO!»
«DANNAZIONE, KAAROT, LO VUOI CAPIRE CHE PREFERISCO MORIRE IO PIUTTOSTO CHE VEDER MORIRE TE?!» urlò Vegeta, spingendolo ancora più forte con le mani contro la roccia.
L'aveva detto davvero. Gliel'aveva sputato in faccia e Goku, con le lacrime agli occhi, aveva smesso di urlare. Perché il Principe avrebbe dato la vita pur di poter salvare la sua, pur di dargli la possibilità di vivere. No, Vegeta non si sarebbe concesso nessuna rivincita, non quella sera. Non l'avrebbe ucciso, non l'avrebbe nemmeno ridotto in fin di vita e, forse, non l'avrebbe fatto mai.
Si guardarono un'altra volta, così intensamente che Goku non riuscì più a essere razionale, non riuscì più a ragionare e, prendendogli il viso tra le mani, unì con forza le labbra alle sue.

 

 
Continua...
 

 
ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti miei cari lettori e mie care lettrici :)
Già, purtroppo - come pronosticato da Goku - i Draghi non hanno concesso a Pan la possibilità di tornare in vita. Eeeeh, sì, sarebbe stato fin troppo semplice in questo modo.
Ci siamo signori e signore: Gohan è ufficialmente impazzito! Basta con sta figura del secchione, del bonaccione, del citrullo. Basta con il Gohan che si lascia scivolare tutto addosso. Il Gohan del Cell Game è tornato, ragazzi! E mò sono "uccelli per diabetici", come si suol dire. Cosa ne pensate di questo risvolto?
E Goku e Vegeta... beh, cos'altro si può dire su di loro, se non che sono due poveri Romeo e Giulietta nel mondo di Akira? Qua mi sa che succede un casino. Vegeta non ne vuole più sapere di uccidere il suo amato e Goku non è riuscito a convincerlo nemmeno portandolo nel luogo del loro primo scontro.
La vedo grama, molto grama.
Vi ringrazio come sempre per tutte le belle recensioni che mi lasciate, e ringrazio davvero anche tutti i miei lettori silenziosi :)
Eevaa
 

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Capitolo 38
*** Unione ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 38 - UNIONE



They say before you start a war
You better know what you're fighting for
Well baby, you are all that I adore
If love is what you need, a soldier I will be

I'm an angel with a shotgun
Fighting til' the wars won
I don't care if heaven won't take me back
I'll throw away my faith, babe, just to keep you safe
Don't you know you're everything I have?

Angel with a shotgun: https://www.youtube.com/watch?v=rQKMLmXc0xo


 

 

Le stelle e la luna sotto ai piedi, la Terra sopra di sé. Come se tutto si fosse capovolto, come se tutto stesse roteando intorno a loro, a quel bacio dato all'improvviso. Irriverente, prorompente, audace anche se incerto.
Una lacrima scavò il volto di Goku, la sentì bruciare. Il cuore a mille, la testa altrove, per universi inesplorati. Era così che funzionava allora, l'amore? Essere disposti a perdere tutto, a dare tutto, a sacrificare ogni cosa per il bene dell'altro?
"Preferisco morire io piuttosto che vedere morire te" gli aveva detto Vegeta.
Vegeta, così coraggioso, così regale. Come avrebbe fatto Goku a dirgli che valeva la stessa identica cosa per lui? Come avrebbe fatto a dirgli che avrebbe dato la sua stessa vita pur di non metterlo in pericolo?
Premette ancor più forte le labbra contro le sue, stringendo tra le dita i suoi capelli neri. Ma come avrebbe fatto a lasciarlo andare ora che aveva capito tutto? Ora che aveva compreso quanto in realtà fosse delizioso essere umano.
Goku lasciò cadere un'altra lacrima, bruciò più della prima. Bruciò perché si rese conto che, forse, non vi era universo ed epoca per loro. Bruciò perché, nonostante avesse deciso di rimanere, si rese conto che non fosse possibile, che il suo destino fosse già stato scritto e quel destino era diverso da quello che avrebbe voluto.
Vegeta avvertì una scossa elettrica, una debole forza per riuscire a staccare le sue labbra per non affogare, per non perdersi in lui. Ma non ci sarebbe stato nulla da fare, in fondo, perché era già perso. Completamente smarrito, andato. E, per quanto avrebbe lottato con tutte le sue forze, non sarebbe mai riuscito ad allontanarsi. Appoggiò la sua fronte contro quella di Goku e, ringhiando, mise anch'egli le mani dietro la sua nuca.
«Ti odio, Kaarot. Cielo, quanto ti odio...» soffiò il Principe con un sussurro, poi lo baciò con violenza. Troppo tardi per trattenersi, per avere ripensamenti. Inspirò con il naso e si inebriò del suo profumo, poi si staccò di nuovo per guardarlo negli occhi.
«Lo so... lo so» rispose Goku. Rise nervoso e lo baciò una, due, tre volte. Le sue lacrime si asciugarono. E cosa poteva farci, lui, se ogni volta che le sue labbra venivano a contatto con quelle del Principe, il cuore gli si riempiva di una gioia mai provata? Cosa poteva farci se, in mezzo a tutto quel ribollire di rabbia, di tristezza, di drammi e sventure, l'unica cosa che rendeva il suo sentiero più luminoso era stare insieme a lui?
«No, no che non lo sai quanto ti odio» asserì Vegeta tirandogli una testata, ma non abbastanza forte da fargli davvero del male. Trascinò Kaarot più forte verso di sé e strinse i capelli corvini tra le sue dita. Cercò di trattenersi da lasciarsi cadere per terra insieme a lui, sul terriccio rosso e secco di quel deserto desolato, in quel luogo sacro ove si erano scontrati per la prima volta. Quell'idiota rise di nuovo, poi lasciò scivolare le mani sulla schiena del Principe per cingerlo più forte.
Vegeta ringhiò. Nonostante tutto non riusciva ad accettare di essere così... così perso per quell'inetto di terza classe. Eppure non riusciva a farne a meno, e non ci sarebbe riuscito mai. Mai, perché oramai era così, punto e basta. E lo capì in quel momento, in quell'istante che tutto sembrava dissolversi ogni volta che le loro labbra si sfioravano. Lo capì: non avrebbe rinunciato a Kaarot per nessun motivo al mondo perché, per tutti gli Dei, era felice. Era tornato ad esserlo e aveva una persona in più per cui lottare.
Poco importava se era un'idiota, imbecille, citrullo di terza classe. Non avrebbe permesso a nessuno di prendersi la sua felicità, non avrebbe lasciato che qualche stupido drago o assassino portasse via ciò che era suo. Suo, e basta.
«Ascoltami, ascoltami bene dannato zuccone» ringhiò Vegeta, staccando violentemente le sue labbra da quelle di Goku. Appoggiò la fronte contro la sua e lo guardò così severo da fargli paura. «Ricordati che io sono il Principe dei Saiyan. Se qualche stupido sicario dovesse venire qui, se la dovrà vedere con me. E se dovrò combattere, combatterò per affrontare qualsiasi cosa. E tu combatterai con me, mi hai capito bene?»
Goku soffoco una risata nel naso e arricciò la bocca in un'espressione agrodolce: Vegeta era un guerriero di prima classe, dove diavolo aveva la testa quando aveva pensato di potergli impartire un ordine? Cosa gli aveva detto il cervello quando aveva sperato che bastasse una prima difficoltà perché si arrendesse? Non si sarebbe arreso mai, avrebbe lottato sempre, come un vero Saiyan, come il Re dei Saiyan. Perché, nonostante continuasse a farsi chiamare "Principe" per deformazione professionale, egli era il sovrano di quel popolo quasi estinto. Ma, se Vegeta era testardo, avrebbe dovuto fare i conti con lui, che aveva imparato ad esserlo altrettanto.
«Devo pensarci...» soffiò Goku, scuotendo la testa.
«Non dire fesserie, tu non pensi!» affermò il Principe, incrociando le braccia al petto com'era solito fare.
«Vegeta, devi promettermi una cosa» disse serio Goku.
«Dipende».
«Il cinquantesimo giorno, se ti chiederò di farlo, dovrai uccidermi senza esitare» enunciò Goku, tutto d'un fiato. No, no, no, non avrebbe potuto farsi incantare dai suoi occhi, dal suo modo di fare, da quello che provava per lui. Avrebbe dovuto tornare nella Dimora dei Draghi e far tornare tutto come prima. Non avrebbe permesso di mettere a repentaglio di nuovo la vita delle persone a lui care. La Terra aveva bisogno di pace, e Vegeta non avrebbe dovuto rischiare di morire a causa sua. No, no e ancora no. E, anche se sarebbe stato difficile staccarsi da lui, si sarebbe goduto i restanti giorni prendendosi tutto quello che era in grado di dargli, avrebbe vissuto gli ultimi giorni da umano appieno, inebriandosi di quelle emozioni per portarsele via per sempre. A costo di soffrire, a costo di farlo soffrire. Sapeva che era forte, Vegeta, avrebbe saputo affrontare la sofferenza di una perdita, in fondo lo aveva già fatto. L'avrebbe fatto soffrire di nuovo, certo, ma almeno gli avrebbe salvato la vita.
«Ma, dico, ti sei completamente rincitrullito? Come puoi chiedermi di nuovo una cosa del genere?! Mi ascolti quando parlo?» ringhiò il Principe, allibito. Erano tornati esattamente al punto di partenza.
«Non te lo chiederei se non fosse strettamente necessario».
«Hanno ucciso tua nipote, per tutti gli Dei! Vuoi veramente tornare da loro?» si spazientì ancor di più Sua Maestà, e si domandò anche dove stesse trovando la forza di non colpire ripetutamente quell'imbecille in faccia.
Goku strinse i denti.
Pan, la sua Pan. Ogni volta che ci pensava sentiva una morsa allo stomaco. No, santo cielo, non avrebbe voluto mai tornare in quel posto, come avrebbe fatto ad essere sereno, là, dopo quello che aveano fatto alla sua nipotina? Non avrebbe voluto, ma avrebbe dovuto farlo. E, una volta là, avrebbe fatto di tutto per convincerli a riportarla in vita.
«Nessun altro deve morire per colpa mia, forse il mio posto è davvero là» tentò di auto convincersi Goku, provando a non vacillare. Avere a che fare con il Principe dei Saiyan non gli rendeva di certo le cose facili.
«IL TUO POSTO È QUA, DANNAZIONE» gridò Vegeta. Si illuminò di luce dorata e trattenne a stento la trasformazione in Super Saiyan. Con me, avrebbe voluto aggiungere, ma si morse la lingua prima di dirlo. Avere a che fare con un testone del genere non gli rendeva certo le cose facili.
«Promettimelo, Vegeta. Promettimi che mi ucciderai» insistette Goku, prendendogli una mano tra le sue, mano che venne però scacciata con un gesto nervoso.
Il Principe fece per dire qualcosa, ma non uscì suono dalla sua bocca. Un pensiero, un'idea. La mente di Vegeta vagò verso mille orizzonti, verso le stelle, verso tutti gli eventi accaduti in passato e anche verso il futuro. Vacillò per un attimo, poi si convinse: sì, ma certo. Avrebbe funzionato, avrebbe funzionato senz'altro! Ah, cielo, se avesse dovuto realmente aspettare che quel citrullo si facesse venire in mente un'idea, del genere sarebbero morti di vecchiaia entrambi.
Goku provò di nuovo, si avvicinò sperando di convincerlo con la forza dello sguardo e, non seppe come, sembrò funzionare: il Principe parve ammorbidirsi, arrendersi ai suoi occhi, alla mano che cercò la sua per stringerla con delicatezza. E poi il Principe fece qualcosa di strano, di assurdo, qualcosa che Goku non si aspettava.
«Ma certo, Kaarot. Te lo prometto» sussurrò, nel tentativo di di emulare una voce dolce – cosa che gli riuscì piuttosto male, peraltro – portando una mano sulla sua spalla con vigore. «Te l'avevo già promesso e lo sai: ogni promessa è debito per me. Credo che tu abbia le tue ragioni per tornare là. Ti ucciderò, solo al cinquantesimo giorno e solo se me lo chiederai. Ma lo farò».

 

Goku aggrottò le sopracciglia. C'era davvero voluto così poco per convincerlo? Davvero era bastato uno sguardo intenso e serio per far cambiare idea al valoroso Principe dei Saiyan?
«Grazie, Vegeta, lo apprezzo molto» mormorò Goku, stranito dal sorriso di Sua Maestà.
«Ma in cambio anche tu devi promettermi una cosa» aggiunse Vegeta, con determinazione.
Ecco, doveva esserci per forza qualcosa sotto, pensò Goku. Annuì con incertezza, curioso.
«Devi promettermi che nei prossimi giorni ci alleneremo ancor più intensamente, e che mi farai sperimentare tecniche che da tempo voglio provare» decretò il Principe dei Saiyan, serio, domandandosi però quanto Kaarot potesse essere fesso.
«Ehm... sì? Ma certo, Vegeta, ma perché me lo-»
«Unisciti a me... adesso» sussurrò Sua Maestà con un sorriso sghembo. Non era proprio una cosa che gli riusciva bene, sorridere, ma in quel momento non poté proprio farne a meno. Sì, era tonto per davvero, quel citrullo.
Goku spalancò gli occhi incredulo e indietreggiò, ridacchiando.
«Ma... ma... Vegeta! N-non credo che sia il momento per... per certe cose!» balbettò, rosso in volto.
Vegeta trasalì.
«MA COSA DIAVOLO VAI A PENSARE, RAZZA DI PERVERTITO?!» urlò, paonazzo, poi spinse lontano il suo rivale fino a farlo cadere come un sacco di patate. «Intendevo con la Fusione!»
Cosa aveva fatto di male per meritarsi un idiota del genere?!
Goku rise e si diede dello stupido, ma proprio non capì gli intenti di Sua Maestà.
«La Fusione?! Adesso? Ma perché?»
«Ho detto che voglio sperimentare nuove tecniche di combattimento, iniziamo da subito, tanto stanotte non riusciremmo s dormire. Ora smettila di fare domande cretine e muoviti. Sai bene che detesto fare quel ridicolo balletto, vediamo di sbrigarci!» ordinò il Principe dei Saiyan, serio, tentando in tutti i modi di resistere a quel prurito alle mani. Se solo non avesse avuto una certa fretta, l'avrebbe malmenato fino a fargli sputare tutti i denti per aver solo osato pensare che gli avesse fatto una proposta indecente in quel modo, in quel momento.
«Mmh. O-ok, come vuoi tu» farfugliò Goku, ancora confuso.
Che c'era qualcosa che non andasse se ne era accorto, ma proprio non capiva dove stesse andando a parare. Allenarsi in un momento simile? Certo, Vegeta era un tipo strano, ma quell'atteggiamento era troppo anomalo, persino per uno come lui.
Era più che evidente che ci fosse sotto qualcosa, quindi decise di arrendersi all'evidenza e fare ciò che il suo sovrano gli aveva chiesto, senza ulteriori domande – anche perché altrimenti avrebbe rischiato di venire ucciso per davvero, quella notte – e si portò a qualche metro di distanza da lui.
«Ci sei?» domandò Vegeta. Maledizione, quanto odiava mettersi in quella posa ridicola! Non ci avrebbe mai fatto l'abitudine, mai.
«Sì» annuì Goku. «Ora!»
Immediatamente iniziarono la procedura per fondere i loro corpi in un'unica entità, proprio come l'ultima volta che avevano combattuto insieme contro il drago malvagio - con la sottile differenza che al momento non fossero trasformati in Super Saiyan di quarto livello.
«Fuuu – siio» dissero all'unisono, portando le loro dita verso l'esterno, unendole poi con uno scatto limpido e deciso. «NEEE!»

 

Polvere, luce accecante. Una bolla di energia rinchiuse i corpi dei due Saiyan, espandendosi insieme al vento. Due anime, due corpi, due menti in ebollizione, pronti per dar vita a un'unica persona.
Ogni particella del loro essere si scompose in un processo inspiegabile per le leggi della fisica, attecchendo alla sua esatta gemella del corpo opposto. Fumo, tanto fumo, energia allo stato puro.
Goku e Vegeta si scomposero e si ricomposero in antimateria, dando vita a un uomo nuovo. La luce divenne buio, le scintille si spensero come candele senza ossigeno e Gogeta aprì gli occhi.
Persino per i diretti interessati - o meglio il diretto interessato - risultava difficile descrivere le sensazioni fisiche e il funzionamento neuronale che comportava la Fusione. Non erano due persone in un corpo solo, ma non era nemmeno un corpo diviso in due.
Gogeta pensava e agiva automaticamente con un temperamento e delle movenze riconducibili sia a Vegeta che a Goku, ma alcune caratteristiche di uno o dell'altro spiccavano in particolar modo più di altre. Caratteristiche che, con la Fusione tramite i Potara, venivano ribaltate.
Un'unica mente, un unico cuore. Era strano, specialmente per il fatto che nella memoria dell'ibrido vi fossero tutti i ricordi di uno e dell'altro Saiyan, ma Vegeta non poteva accedere alla banca dati di Goku e viceversa. Come se la coscienza rimanesse conservata intatta e quindi non venisse fusa, nonostante appunto il pensiero e le azioni avvenissero senza doversi mettere d'accordo.
Gogeta si guardò le mani, sogghignando proprio come il Principe dei Saiyan era solito fare. Un pugno in aria, spostamento di energia. Nonostante fosse nella sua forma base avrebbe potuto distruggere l'intero pianeta con una mano sola.
«Magnifico» sussurrò lui stringendo i pugni di fronte a sé, sferrando altri calci in aria e caricando sfere di energia per poi farle estinguere. «Che potenza straordinaria!»
Le due voci uscirono dalle corde vocali all'unisono. Le mani dell'ibrido si mossero ancora e ancora, egli si librò in volo e raggiunse l'alta quota in pochi secondi, per poi ritornare giù con estrema velocità e agilità. Rise sadico, mostrando i denti brillanti alla luce della luna, poi si sedette su una roccia alta incrementando e diminuendo la propria Aura a piacimento.
«Devo imparare a controllare meglio la mia potenza» constatò Gogeta. Strinse i pugni e chiuse gli occhi, rilassandosi. «Meditare mi aiuterà!»
Se qualcuno avesse chiesto a Goku del perché avesse fatto tutto ciò - una volta ritornato nel proprio corpo - probabilmente avrebbe risposto "non ne ho idea". Era inspiegabile il come si regolassero le decisioni durante la Fusione: lo si faceva e basta. Così, anche se non aveva la benché minima idea del perché stesse succedendo, Gogeta iniziò a meditare, a pensare.
Beh, in realtà Vegeta aveva bene in mente il perché, sin da prima di fondersi insieme al suo rivale. Il Principe dei Saiyan era sempre stato attento a quelle sensazioni, in passato. Aveva studiato il modo in cui tutto ciò avvenisse durante la Fusione. Non sapeva il processo chimico-fisico con il quale avveniva, ma era riuscito a comprendere cosa accadesse: la mente di Gogeta era una e una soltanto, ma le loro coscienze erano intatte, nascoste e assopite in un angolo dell'inconscio dell'ibrido.
Vegeta non aveva la benché minima idea di come avrebbe potuto fare, una volta fuso con Goku, ma avrebbe dovuto risvegliare la propria coscienza all'interno di Gogeta. Ci sarebbe voluta tanta concentrazione per scindere le due menti, proprio per quel motivo ricorse alla meditazione: minor dispendio energetico, più tempo per poter sperimentare.
E, inutile dirlo, la cosa funzionò esattamente come il Principe aveva previsto.
«Kaarot!»
Gogeta aprì gli occhi, ribaltandosi all'indietro.
«Controllati, per l'amor del cielo!» lo ammonì il Principe dall'interno. Cielo, era estremamente difficile: era come se in quel momento il suo corpo si muovesse da solo, senza permesso.
L'ibrido si ricompose e si sedette in posizione meditativa.
«Se ti concentri bene puoi controllare la tua coscienza» esortò Vegeta, con estremo impegno. «Cerca di figurare te stesso nella tua mente».
Gogeta inspirò con il naso, digrignando i denti dallo sforzo.
«Questa testa è abbastanza grande per tutti e due. Sveglia la tua mente, Kaarot».
«È difficile!» disse Gogeta ad alta voce.
«Shh! Fa' silenzio, idiota! Non devi parlare, devi pensare!»
«È difficile meditare quando vorrei solo liberare la mia energia» specificò Gogeta, sotto ordine del Principe dei Saiyan, tentando di rimediare alla frase scappata via per sbaglio.
«Vegeta, ma si può sapere cosa stai facendo?!» protestò Goku, a mente.
«Ah, ce l'hai fatta, finalmente».
«Sì, ma proprio non capisco perché ti sei messo a fare que-»
«Smettila di pensare e ascolta i miei, di pensieri» lo bloccò Vegeta. Era tempo di spiegazioni. «A quanto pare quei ficcanaso dei draghi ci tengono sotto stretta sorveglianza, sanno tutto ciò che facciamo e ascoltano quello che ci diciamo. Ieri sera si sono accorti che Pan stava origliando i nostri discorsi e quindi l'hanno uccisa».
«Sì, evidentemente ci osservano ventiquattrore su ventiquattro» confermò Goku, ancora piuttosto scioccato dal riuscire a dialogare nella propria mente con un'altra persona. Era di gran lunga la sensazione più assurda e particolare che avesse mai provato.
«Esattamente, ma è impossibile che possano leggerci nella mente, non da lontano almeno» puntualizzò Vegeta, lasciando sfuggire un sorriso beffardo sul volto di Gogeta.
E in quel momento Goku capì, comprese esattamente quale fosse lo scopo di Vegeta: voleva comunicare con lui, e voleva farlo in privato.


 

Continua...


 

ANGOLO AUTRICE:
Buongioooornoooo amici! Che dire, che dire di questo capitolo molto intenso emotivamente... dico che, ovviamente, non potevo non sfruttare una delle poche cose eccellenti di Dragon Ball GT: la fusione senza potara. Gogeta mi ha sempre gasato un sacco anche se ultimamente sono una grandissima fan di Vejito.
(SPOILER: a proposito, state vedendo Heroes?)
Ma, sopratutto, avete visto che figata è il nuovo trailer del film di Broly che uscirà a dicembre? Io sono gasata a mille. C'è dell'epicità.
Torniamo però al nostro 38esimo capitolo. Quanto sono carini i nostri due saiyan innamorati... oramai è inutile, il principe dei saiyan si deve arrendere al fatto che quell'idiota, ebete, inetto, imbecille di terza classe abbia iniziato a piacergli sul serio.
Che ne pensate dell'idea avuta da Vegeta? Mi piace pensare che possano comunicare mentalmente tramite la fusione, quindi mi sono presa la licenza di farglielo fare. Avete apprezzato o vi sembra poco probabile? E, infine, cosa pensate stia architettando Vegeta? Qual è il suo piano?
A domenica prossima!
Eevaa

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Capitolo 39
*** Dentro di noi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 39 - DENTRO DI NOI



We’ve taken different paths
And travelled different roads
I know we’ll always end up on the same one when we’re old
And when you’re in the trenches
And you’re under fire I will cover you
No we don’t share the same blood
You’re my brother and I love you
That’s the truth
If I was dying on my knees
You would be the one to rescue me
And if you were drowned at sea
I’d give you my lungs so you could breathe
I’ve got you brother


Brother: https://www.youtube.com/watch?v=m6TXPNybrmk
 
 

Che il Principe fosse una persona dalle mille risorse, era poco ma sicuro. Soprattutto nei momenti più bui, negli attimi in cui tutto sembrava prendere la direzione sbagliata, egli trovava il modo di risollevarsi da terra e provare a trovare una soluzione. Anche se difficile, anche se impossibile da immaginare. Proprio come comunicare con un'altra persona nella mente, all'interno di un corpo solo, con la Fusione.
Mai ci sarebbe arrivato, Goku. Fino a quel momento nemmeno pensava fosse possibile, eppure Vegeta ci era riuscito.
«Idea geniale!» commentò Goku, tentando in tutti i modi di far mantenere al corpo di Gogeta una certa compostezza.
«Bene, adesso possiamo comunicare senza essere scoperti e origliati. Vedi di stare attento a non parlare esternamente» si raccomandò Vegeta, con voce dura. Dal fuori avrebbe dovuto sembrare una meditazione seria, non un attacco di schizofrenia.
«Sì, non ti preo-»
«Ok, razza di cretino, ora puoi dirmi la verità: vuoi davvero tornare nella Dimora dei Bastardi?!» lo sovrastò Vegeta con il pensiero.
«Dimora dei Drag-»
«Dopo tutto quello che hanno fatto?! Dopo quello che hanno fatto a Pan!?» rincarò la dose Vegeta, trattenendosi dal non ringhiare - non esternamente almeno.
Goku tacque. Avrebbe voluto scomparire, sotterrarsi. Pensò a Pan, pensò a come l'aveva trovata, distesa in bagno, gli occhi aperti, uno squarcio al posto del cuore.
Gogeta strizzò gli occhi, strinse i pugni.
«No che non voglio... lo sai che non vorrei andarmene. Ma devo».
«Tu non devi fare niente, e non te ne andrai proprio da nessuna parte. Non ti ucciderò neanche se me lo dovessi chiedere in lingua Saiyan» gli rispose Vegeta pensando che, prima o poi, il suo rivale avrebbe dovuto anche sforzarsi di imparare la sua lingua natia.
«Non sto capendo. Me l'hai appena promesso! Allora mi ucciderai o no?» domandò Goku, confuso.
«MALEDIZIONE, MA QUANTO PUOI ESSERE TONTO!?»
«Ehi, non pensare così forte! Qui dentro rimbomba tutto!» si allarmò Goku.
«Sarà forse perché la tua parte di cranio è vuota!?» commentò sarcastico il Principe dei Saiyan. Se solo avesse potuto colpirlo con un pugno l'avrebbe fatto ma, in quell'esatto istante, avrebbe comportato il picchiarsi da solo. Non un gesto che sarebbe passato inosservato, insomma.
«Uffa! Spiegati meglio, al posto di prendermi in giro!»
«Era una bugia, ovviamente! Ho FINTO di promettere di ucciderti – così che mi sentissero quei maledettissimi draghi - ma no, non lo farò» spiegò Sua Maestà. Avrebbe dovuto rivelare il suo piano di battaglia in fretta e furia, prima che il tempo della Fusione terminasse. «L'ho fatto per prenderci ancora un po' di tempo, il tempo necessario per prepararci alla lotta».
«Che lotta? Contro chi?»
«Contro chiunque siano quei bastardi che hanno ucciso Pan, contro qualunque uomo, drago, spirito che ha deciso di mettersi contro di noi. Contro chiunque abbia intenzione di portarti via. Gliela faremo pagare, troveremo il modo di far sapere a tutti quello che sta succedendo – senza farci spiare. Chiameremo alla battaglia tutti quelli che sono in grado di lottare. Riuniamo la Squadra Z! Ci prepareremo, proprio come abbiamo sempre fatto in vista di un pericolo, saremo pronti a combattere tutti insieme. Abbiamo ancora venti giorni. Difenderemo ancora una volta questo dannatissimo pianeta ma...» Vegeta si interruppe e sospirò.
Gogeta buttò fuori tutta l'aria che aveva accumulato nei polmoni e guardò il cielo. Poi si ricompose, tornò in posizione meditativa.
«Ma, cosa?»
«Devo sapere che non ti tirerai indietro, che non ti farai sopraffare dagli eventi, qualunque cosa succeda» dichiarò Vegeta, senza lasciar spazio ai tentennamenti. No, non avrebbe lottato da solo, non avrebbe accettato di affrontare da solo tutto ciò che sarebbe potuto accadere e soprattutto non avrebbe accettato un "no" da parte di Kaarot.
«Io... io...»
«Promettimelo, Kaarot. "Dōzoku o uyamai, yūkan ni shini, eien ni ikiru tame ni tatakau"». Erano anni che non parlava – o meglio pensava, in quel caso – in lingua Saiyan. Era strano.
Gogeta, comandato da Goku, aggrottò le sopracciglia confuso. Non si era mai impegnato per imparare la sua lingua d'origine, riusciva a comprendere poche parole in croce.
«"Rendi onore alla tua specie, affronta la morte a testa alta ma combatti per poter vivere in eterno"» tradusse il Principe, facendo echeggiare nella mente la promessa dei guerrieri, ricordandosi per filo e per segno il giorno in cui l'aveva pronunciata per la prima volta, in vista della conquista del suo primo pianeta. Aveva quattro anni.
«Devo sapere che sarai con me» aggiunse Vegeta e, proprio in quell'istante, Goku poté percepire il rossore e il calore invadere le gote del loro corpo unito.
Goku pensò, pensò e rifletté da solo, senza far emergere il suo pensiero sotto forma di dialogo interiore. Pensò e trovò mille e uno motivi per constatare quanto quel piano potesse essere rovinoso e fallimentare ma, al contrario, non trovò nemmeno un buon motivo per arrendersi, per fuggire.
No, non era più solo una questione di quanta gente avrebbe potuto rimetterci le penne, non era più una questione di paura, di sconvolgere il bel siparietto di quindici anni di vita in pace sul pianeta. No, oramai era molto di più, era questione di orgoglio e, dannazione, scoprì di averne uno.
Pan era morta, morta per colpa di quei vili, morta da innocente e no, non poteva accettare che altri innocenti morissero per motivi tanto futili e, oramai, avrebbe dovuto difendere chi gli rimaneva. Scappare avrebbe voluto dire lasciare che Pan fosse morta invano, in nessun universo avrebbe potuto accettarlo.
Per vendetta, per dignità, per orgoglio Saiyan, Goku in quel momento sentì una scossa elettrica invadergli la spina dorsale. Non se ne sarebbe andato proprio da nessuna parte, sarebbe rimasto lì e avrebbe difeso il suo pianeta, proprio come aveva sempre fatto. Avrebbe sputato sangue pur di dare una possibilità di risolvere le cose, e non sarebbe stato solo. Non sarebbe mai più stato solo.
«Ti seguirò ovunque, Vegeta. Sei il mio condottiero, il mio re. Combatterò e terrò alto l'onore della nostra specie, è una promessa. Facciamo vedere a queste lucertole cosa vuol dire fare incazzare un Saiyan!» rivelò infine Goku, Kaarot, e in quel momento Gogeta aprì gli occhi di scatto.
Uno sguardo fiero, orgoglioso, combattivo. E Vegeta... beh, Vegeta non poté fare a meno di sentirsi orgoglioso di lui.
«In questi giorni dovrai fingere bene, Kaarot, dovrai recitare la scenetta del "me ne voglio andare" e del "devi uccidermi" ma, bada bene! Non voglio mai più che tu lo pensi sul serio, intesi? E vedi di non farti scoprire, tonto come sei!» si raccomandò, più che intenzionato a non voler mai più rifare un discorso del genere.
«Te lo giuro» promise Goku, trattenendo una risata. Non sarebbe stato poi così semplice fingere, le sue doti recitative erano sempre state piuttosto scarse, ma si sarebbe impegnato a fondo.
«Perfetto, allora nei prossimi giorni elaboreremo un piano per reclutare i combattenti senza farci scopri-»

 

Un lampo di luce abbagliante illuminò il deserto roccioso come una meteora, polvere e detriti vennero spazzati via da quella brevissima folata di vento proveniente dal punto esatto in cui, fino a pochi secondi prima, meditava Gogeta.
Due figure ben distinte vennero scaraventate via una all'opposto dell'altra da una forza conosciuta, l'impeto nel quale i loro corpi avevano deciso involontariamente di scindersi di nuovo. E così, di nuovo lontani, i due combattenti caduti al suolo si rialzarono come se nulla fosse successo, scrutandosi prima da lontano e, dopo pochissimi secondi, di nuovo da vicino.
Vegeta balzò a meno di un metro dell'avversario, con i pugni serrati e il viso segnato da un'espressione beffarda.
Era giunto il momento di aprire il sipario.
«Hai sentito, Kaarot? Hai percepito che forza spirituale e fisica riusciamo a trarre dalla Fusione?» disse Vegeta nel tentativo di fingere. Anni e anni trascorsi a compiacere Freezer con false riverenze avevano donato lui un certo nonsoché per la recitazione. «Scommetto che, continuando a meditare uniti, riusciremo a portare quella forza ognuno nel proprio corpo. Ci pensi? Potremmo diventare entrambi forti come se fossimo fusi insieme, ma separati».
Vegeta insistette, cercando poi di capire se quello che stava dicendo poi fosse realtà fattibile. Non era poi così male come prospettiva, ma poco importava. Tutto ciò che contava era fornirsi un alibi che tenesse in piedi il loro piano.
«Già, è vero. Non ci avevo mai pensato, diventeremo fortissimi!» replicò Goku con voce molto meno credibile, ma con tanto impegno.
«Allora è deciso: proveremo la tecnica della meditazione in Fusione ancora, prima che tu te ne vada per sempre. In cambio, farò quanto ho promesso» mentì di nuovo Vegeta. Kaarot non se ne sarebbe dovuto andare proprio da nessuna parte, dannazione. Avevano una missione da compiere. Insieme.
«Affare fatto, Vegeta» accettò Goku.
Alla fine si era fatto convincere.
Dannato Principe, quanto sapeva fare le cose fatte bene! Goku avrebbe dato qualsiasi cosa per avere almeno un briciolo delle sue capacità oratorie, del suo fascino, del suo modo di fare, della sua inventiva e della sua intelligenza.
Era arrivato in quel luogo poche ore prima con l'intenzione assoluta di farsi ammazzare e, in poco più di trenta minuti, era giunto a una nuova meta, aveva trovato un nuovo obiettivo, tutto merito di Vegeta.
Alla faccia del "la decisione è tua e non farò niente per farti cambiare idea!" che Sua Maestà gli aveva rifilato poche settimane prima.
Goku lo guardò da vicino, sorrise di nuovo. Sentì il proprio cuore ricomporsi dai mille pezzi, battere forte per qualcosa di nuovo, a lui sempre stato oscuro. La sola idea di perderlo lo uccideva sul serio.
«E adesso cosa c'è da guardarmi così?» domandò Vegeta a bassa voce, con un tremore incontrastato alle gambe.
«Niente, solo... grazie» balbettò Goku. Se solo ne avesse potuto avere la possibilità, l'avrebbe ringraziato per il resto della sua vita. Per tutto, per ogni cosa che aveva fatto per lui.
«Tsk» soffiò Vegeta, tingendosi a sua volta di un colore scarlatto. Non si era mai abituato a sentirsi dire "grazie" in quel modo così sentito. Durante la sua vita aveva sentito troppe voci urlargli "no, per favore, abbi pietà" per potersi abituare a sentirsi dire "grazie" e altre parole gentili; pur quelle voci provenissero da un'epoca oramai lontana.
«Me ne vado, ora. Mio figlio e mio nipote potrebbero aver bisogno di me» asserì Vegeta. Ripensò al piccolo Goku Jr, a cosa era stato costretto a vedere. Avvertì le mani prudergli dalla voglia di ucciderli tutti.
«Capisco... io... io invece non so proprio dove andare» constatò Goku. «Gohan è stato abbastanza chiaro nel farmi capire che non sarò più il benvenuto».
Goku si incupì di nuovo, sentendo ancora bruciare il taglio che gli aveva inferto suo figlio maggiore, con un calcio in faccia. Cielo, quanto rancore e quanta rabbia aveva dovuto tenersi dentro per reagire in quel modo! Quando poteva odiarlo nel profondo, Gohan, per scattare così. Avrebbe voluto piangere, di nuovo, ma sapeva che avrebbe dovuto risolvere le cose al posto di piangersi addosso. Però, in quel momento, si sentì di nuovo solo, solo e idiota.
E, nel vederlo così, Sua Maestà non riuscì più a essere indifferente - oramai non avrebbe più potuto nemmeno fingere distacco nei suoi confronti. Si maledisse per ciò che stava per fare, ma aveva più di un motivo per non rendersi detestabile da lui, quella notte. Così, con una delicatezza che quasi mai aveva usato con quel cretino di terza classe, gli prese la mano e la sollevò.
Goku ebbe un tremito incontrollato e alzò lo sguardo per poter capire ciò che stesse succedendo. Vegeta fece rivolgere la sua mano verso il cielo, gli aprì le dita con cura e poi estrasse dalla tasca il suo palmare. Con un gesto veloce glielo passò sui polpastrelli e sul palmo fino a che l'apparecchio emise un "bip" lungo e acuto. Goku non capì e guardò Sua Maestà con aria interrogativa.
Questi, serio, ripose il palmare nella tasca e, con grande sforzo, lasciò andare la sua mano.
«Puoi dormire nel mio appartamento. Ho inserito le tue impronte digitali per la chiave d'accesso. Ah, vedi di non combinare disastri» si raccomandò Vegeta, tentando il più possibile di non mostrare imbarazzo. Cielo, gli aveva appena dato le chiavi di casa sua!
«Io... io...»
«Tanto sarà solo per venti giorni, ricordi?» si affrettò ad aggiungere Vegeta.
Tuttavia si rese conto che, se tutto fosse andato come speravano, non si sarebbe trattato affatto di pochi giorni. Eppure gli era venuto naturale, automatico. E poi? Poi cosa avrebbero fatto se davvero le cose si fossero risolte? Vivere... insieme? L'avevano già fatto per diciannove giorni, in fondo.
Ma era diverso, non c'era ancora stato niente tra di loro mentre in quel momento... beh, in quel momento c'era qualcosa. Qualcosa di incredibile, folle, impensabile, bizzarro, ma qualcosa di bello.
Vegeta rabbrividì. Dalla vita si sarebbe aspettato tutto tranne quello.
Goku sorrise sghembo e trattenne a stento l'istinto di fiondarsi addosso a lui, abbracciarlo, dirgli grazie, dirgli tutto ciò che avrebbe voluto. Sorrise e basta, poi lo guardò sparire nel buio della notte in volo, alzando la polvere di quel deserto che aveva ospitato il loro primissimo incontro.
Erano cambiate tante, troppe cose da allora, ma erano servite tutte. Tutti gli eventi piacevoli, tutti quelli meno piacevoli, tutti gli scontri, gli incontri, i pugni, i sorrisi, il sangue e le lacrime, le risate e la determinazione. Goku non avrebbe cancellato niente, perché tutto ciò era servito per portarli dov'erano in quel momento: insieme, seppur nel dolore.



 
Continua...
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti amici e amiche :)
Ecco finalmente svelato il piano del principe dei saiyan. Vuole creare un esercito di combattenti pronti a salvare la Terra, come al solito! Che dire... se con le buone non ha funzionato allora si prova con le cattive! E che cavolo...
Ma, vi avverto: ci saranno delle conseguenze. Eccome se ce ne saranno! U_U ma non vi anticipo nulla.
E niente... quei due sono proprio carini! Gli ha dato le chiavi di caaaaasaaaaaaaa! *_* e poi gli ha parlato in lingua saiyan. Gli ha detto la promessa dei guerrieri. Che dite di quel passaggio? Too much? O adatto?
Una cosa è certa: quella zucca vuota di Goku non può, NON DEVE morire! Dite che l'avrà capito stavolta, oppure c'è bisogno delle maniere forti?! XD
A settimana prossima miei cari! Grazie come sempre per le belle parole che mi scrivete sempre!
Un bacio,
Eevaa
 

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Capitolo 40
*** Cattiva compagnia ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 40 - CATTIVA COMPAGNIA

 

She never really had a chance
On that fateful moonlit night
Sacrificed without a fight
A victim of a circumstance
Now that I've become aware
And I've exposed this tragedy
A sadness grows inside of me
It all seems so unfair
I had to suffer one last time
To grieve for her and say goodbye
Relieve the anguish of my past
To find out who I was at last


Through her eyes: http://https://www.youtube.com/watch?v=SjINXbJ3vdo


 
 

 

Se trentun giorni prima le avessero detto che ci sarebbe stata lei, di lì a poco, in una bara di cristallo, Pan probabilmente non ci avrebbe creduto. Se le avessero detto che, al posto di sua nonna, ci sarebbe stata lei sotto gli occhi inumiditi di tutti, probabilmente si sarebbe messa a ridere e avrebbe detto "ma figuriamoci, sono troppo giovane per morire".
E invece Pan era lì, chiusa in una bara trasparente, con un vestito rosso a pois e i capelli contornati in una coroncina di fiori bianchi.
Morire a trent'anni non era un concetto facile da accettare per nessuno. Tuttalpiù che quella stramba compagnia di combattenti era sempre stata abituata alla reversibilità della morte, qualora essa fosse avvenuta per mano di un nemico. E invece, in quel caso, il potere delle Sfere del Drago era venuto meno, non ci sarebbe stato desiderio che avrebbe riportato indietro la loro amica.
Così avevano deciso che il funerale si sarebbe dovuto svolgere il prima possibile, appena il giorno dopo, per chiudere in fretta quel triste capitolo delle loro vite e dare la possibilità al piccolo Goku Jr di tornare alla "normalità" il più presto possibile.
Bra, con gli occhi lucidi e la voce rotta, fece di tutto per non scoppiare in lacrime durante la lettura del memoriale, ma non ci sarebbe stata persona in quel patio a giudicarla per quel motivo. Tutti faticarono a tenere celate le lacrime. Persino Vegeta - che chi più di lui avrebbe potuto immedesimarsi nel figlio maggiore - dovette assentarsi per qualche minuto dalla cerimonia per nascondere gli occhi lucidi a tutta quella marmaglia di gente. Non era tipo da piangere in pubblico, lui, ma vedere sua nuora – così giovane e bella – rinchiusa in una stupida bara, faceva salire lui una tristezza e una rabbia al di fuori dell'immaginabile.
Trunks, invece, non si vergognò di piangere, ma dovette ricomporsi il più in fretta possibile. Doveva farlo per suo figlio il quale, fortunatamente, era fin troppo piccolo per comprendere davvero il concetto di irreversibilità della morte.
L'unica persona che non versò neanche una lacrima fu proprio Gohan. A detta di Videl, non aveva più proferito parola dalla sera precedente, quando aveva accusato e picchiato suo padre. Si era alienato e non era più tornato in lui. Estraneo a se stesso, con gli occhi vuoti e la pelle del viso tirata dal nervoso, stette immobile per tutta la durata della cerimonia. Non si alzò, non mosse un solo muscolo e Goku, seduto vicino al figlio minore, faticò a riconoscere il suo primogenito. Gli lanciò occhiate nervose, di tanto in tanto, occhiate che non ricevettero mai risposta.
Si sentì male, in colpa, ma promise a se stesso che avrebbe dato una lezione a chi aveva ucciso Pan e poi, quando tutto sarebbe finito, sarebbe andato di persona nell'Aldilà a riprenderla. Avrebbe tentato il tutto per tutto per la sua nipotina, non si sarebbe arreso a quella morte orribile. Lo avrebbe fatto per lei, per Trunks, per il piccolo Goku Jr e soprattutto per Gohan. L'aveva promesso a Vegeta, si sarebbe rialzato e avrebbe combattuto da vero Saiyan.
Ma, quel caldo pomeriggio di inizio estate, non riuscì a fare a meno di piangere. Si diede tempo quel giorno, solo quel giorno per soffrire. Cedette al senso di colpa e a tutte le emozioni negative e poi, solamente il giorno dopo, si sarebbe rimesso in piedi.

 

La cerimonia funebre si concluse silenziosa, lasciando spazio solo al triste chiacchiericcio al di fuori del patio. I combattenti si salutarono avviliti, amareggiati, quasi increduli per quanto fosse successo. Persino Bra rinunciò alla sua ostilità nei confronti di Goten per porgergli le più sentite condoglianze; una stretta di mano, non di più. Ma quando fu il turno di Goku per salutare Gohan, questi non solo rimase zitto come aveva fatto con tutti, ma si voltò dall'altra parte. Il suo viso perse l'espressione vuota, trasudando odio da tutti i pori. Dovette pensarci Videl a trascinarlo via da lì, ad accompagnarlo in casa senza più uscire.
Inutile dire che Goku non prese affatto bene la cosa ma, con estrema sorpresa, nessuno degli altri guerrieri sembrava avercela sul serio con lui. Nessuno gli diede la colpa per quanto fosse successo, nonostante in parte lo fosse.
Bra tornò a casa con il piccolo Goku Jr, dopo la richiesta del fratello di volersene stare un po' da solo per i fatti suoi, quella sera. Non volle accettare nemmeno la proposta del padre di scaricare la rabbia combattendo, e nemmeno la proposta di un suo collega di andare a bere qualcosa insieme e affogare i dispiaceri nell'alcol. Trunks aveva solo voglia di meditare, stare solo, lasciarsi cullare dalla luna e le stelle e piangere senza dover nascondere il proprio viso al firmamento.
Goten, Marron e la piccola Siya si recarono a casa di C18, quella sera, la quale non si era nemmeno degnata di presentarsi al funerale. Dalla morte di Crilin non era più riuscita a mantenere i contatti con gli altri membri della Squadra Z.
La radura si svuotò presto, lasciando solo spazio a Goku di riflettere e guardare il corpo esanime di sua nipote illuminato solo dal tramonto. Trentun giorni prima, esattamente nello stesso luogo, aveva detto addio a sua moglie Chichi. Non si sarebbe mai aspettato che ritornare sulla Terra avrebbe comportato tutta quella sofferenza. Tuttavia, quando Vegeta di soppiatto si avvicinò a lui senza parlare, si ricordò che forse, un pochino, era valsa la pena di tornare.
«Hai intenzione di rimanere qui a piangerle addosso tutta la notte?» gli domandò, glaciale. Si rese però conto che un pochino più di tatto, probabilmente, non avrebbe guastato.
Ma Goku oramai lo conosceva bene, già il fatto che gli stesse rivolgendo la parola allora voleva dire che fosse lì per aiutarlo, in qualche modo.
«Hai visto la faccia di Gohan?» domandò Goku. Forse la cosa che gli aveva fatto più male, di tutta quella vicenda, era proprio la reazione di suo figlio.
«Dagli tempo».
«E se non mi perdonasse mai?» chiese Goku, sull'orlo della disperazione. Suo figlio era sempre stato in grado di lasciar correre tante, troppe cose su di lui, tuttavia sentiva che quella volta sarebbe stato diverso.
«Stiamo parlando di Gohan, non di me. Lui è capace di perdonare, ma non puoi certo pretendere che lo faccia adesso» spiegò Vegeta, profondamente convinto di ciò che stesse dicendo anche se, in effetti, non aveva mai visto uno sguardo del genere negli occhi di Gohan, nemmeno durante lo scontro contro Perfect Cell. Quasi era riuscito a mettergli i brividi.
«Voglio sperarlo» sospirò Goku.
Tornò a volgere lo sguardo sulla bara di cristallo e strinse i pugni dalla rabbia.
Vegeta lo guardò a lungo e ripercorse con la mente ogni ricordo che aveva di lui. Era così cambiato, così mutato negli anni. Di quel ragazzino irresponsabile e sciocco era rimasta solamente la corazza e, forse, era proprio per questo che le cose tra loro due erano cambiate. Tutti e due erano cambiati e ciò li aveva resi più vicini.
Vegeta si avvicinò ancora di qualche passo, con le dita tremanti e un pensiero strano in testa. Sentì la sofferenza di Kaarot nelle ossa e avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per aiutarlo. Si sentì in dovere di farlo perché, anche se faticava ad ammetterlo, adesso era suo compito anche renderlo felice.
«Avanti, vieni con me» sussurrò piano il Principe, tirandogli una pacca sulla spalla.
"Una pacca sulla spalla, sul serio?" si disse Vegeta, pensando che non avrebbe potuto far nulla di più di idiota di così.
«Eh? Dove?» rispose lui.
«Niente domande, Kaarot. Seguimi e basta» rispose Vegeta, poi si librò in volo con noncuranza.
«Ehi! Aspetta!» urlò Goku prima di rincorrerlo.
Balzò in aria dopo pochi secondi e lo raggiunse tra le nuvole.

 


 

Il cielo rosso e rosa del tramonto accolse i due Saiyan i quali, volando uno a pochi metri dall'altro, oltrepassarono i boschi, le città illuminate e le lande desertiche del mondo ad Ovest. Senza fretta, senza aver il bisogno di correre per davvero. Oltrepassarono il Primo Oceano e anche il Secondo, si spostarono verso la notte in pochi minuti, deliziandosi della vista antica dei castelli delle Città Ferrose man mano che si dirigevano verso Nord. Goku non riuscì proprio a immaginare dove il Vegeta lo stesse conducendo ma, stanco e spossato, avanzò per inerzia mosso anche dalla curiosità.
In quindici minuti di volo a media andatura il tramonto aveva già lasciato spazio alla notte fonda, complice anche il fuso orario del meridiano nel quale si trovavano.
Ed eccola, pacifica e rigogliosa, un'isola verde e profumata apparve nel bel mezzo del Terzo Oceano, a Nord. Ne aveva sentito parlare, Goku, di quel posto. Era un'isola di agricoltori e allevatori, un luogo di musica e danze antiche. Guardò incuriosito sotto di lui: greggi di pecore e mandrie di cavalli si spostavano lentamente nel buio, quasi assonnati. Non vi era una grande illuminazione, tutto si discostava dalle grandi luci al neon delle città.
D'un tratto, in lontananza, un piccolo paesino comparve all'orizzonte e Vegeta iniziò a rallentare e abbassarsi di quota, poggiando infine entrambi i piedi pari in una piccola via acciottolata.
«Ma... dove siamo?» domandò Goku. Squadrò l'ambiente circostante, seguendo poi Vegeta a piedi lungo quel sentiero.
In fondo alla via con pochi lampioni e una manciata di casette bianche vi era un locale con i vetri ingialliti che lasciava udire la sua musica folcloristica. Da una delle finestre si poterono intravedere un chitarrista e un violinista suonare allegri, incitati da una piccolissima folla di persone sedute ai tavoli rotondi.
Vegeta fece per aprire la porta ma, ricordandosi dell'ultima volta che era stato lì, pensò a qualche scusa plausibile da inventarsi con il barista. Si era trasformato davanti a lui, aveva dato spettacolo solo quattro giorni prima. Non trovò nemmeno una giustificazione e quindi, poco interessato, decise di far finta di niente. Conoscendo solo un poco il temperamento di Brian, probabilmente non gli avrebbe fatto troppe storie. In fondo non aveva distrutto nulla, si era solo dimenticato di pagare.
Varcò la soglia con finta spavalderia e, dopo aver invitato con lo sguardo Kaarot a seguirlo, si accomodò al bancone come di consuetudine, spingendo con noncuranza uno sgabello tondo con il piede in direzione dell'altro.
Goku, con gli occhi spalancati, non poté fare a meno di rimanere sorpreso da tutto ciò che stava accadendo: veramente il Principe dei Saiyan l'aveva appena portato in un locale? Il suono del violino gli riempì le orecchie, così come il vociare della gente.
«Vuoi rimanere lì in piedi come un perfetto idiota o ti decidi a sederti?»
Goku sobbalzò e si sedette, incerto, poggiando poi i gomiti sul bancone del bar.
Finalmente, dopo pochi secondi, una figura alta e stempiata tornò dietro al bancone con un vassoio colmo di bicchieri vuoti. Quando li vide, si bloccò.
«B-buonasera» balbettò Brian, cercando di mantenere compostezza. «S-si sente meglio?» domandò poi rivolto a Vegeta, poggiando i vetri vuoti nel lavandino.
«Sì. Spero di non averle causato problemi, l'altra sera. Ovviamente le pago subito la bottiglia che non ho pagato» rispose il Principe, sforzandosi di essere il più cordiale possibile. Goku, naturalmente, rimase allibito.
«Non si preoccupi. Come se nulla fosse successo!» decretò Brian, con un sorriso gentile. Che quell'uomo dai capelli a punta fosse strano, questo l'aveva già capito dai quindici/venti bicchieri di whiskey che si trangugiava in una sola serata. Ma, in fin dei conti, non gli sembrava affatto un brutto ceffo. Solo un uomo molto strano, appunto, e triste. «Cosa le servo?» domandò.
«Il solito. Due, per favore. Lui è... con me» rispose Sua Maestà. Pronunciò le ultime parole con estrema fatica, indicando Kaarot con un cenno del mento.
Brian, dal canto suo, rimase non poco sorpreso di non vederlo da solo.
«Ah! Buonasera, molto lieto» azzardò il barista. Poggiò due bicchieri sul bancone, riempiendoli fino all'orlo.
«S-salve» balbettò Goku, mentre si sporgeva un poco in avanti per poter osservare il liquido ambrato uscire dalla bottiglia.
«Prego, alla salute» concluse Brian.
Porse più vicini i bicchieri, poi si spostò verso una donna e un uomo seduti qualche sgabello più in là.
Vegeta, senza dire una parola, trangugiò metà del suo whiskey senza alcuna fatica.
Goku corrugò la fronte e indicò il bicchiere. «Vegeta, ehm... cosa dovrei fare con questo?»
«Innaffiarci le piante qua fuori... ma dico, sei rimbambito? Devi berlo!» rispose il Principe, con ovvietà.
«Ma... ma io non ho mai bevuto il whiskey! E se mi ubriaco?»
«Non ti ho portato qua per farti sentire un concerto, Kaarot. Zitto e bevi».
Se proprio Kaarot era destinato a trascorrere la serata a piangersi addosso per la morte di Pan, allora l'avrebbe fatto dopo averla dimenticata per un po'. Il Principe sperò solo di non doverlo riportare a casa in braccio.
Con incertezza - e, con vero disappunto di Sua Maestà, con faccia nauseata - Goku sorseggiò il nettare ambrato, sputandolo poi davanti a sé a spruzzo con un verso bambinesco.
«Ma è amaro!» si lagnò.
Vegeta si portò una mano in fronte e sospirò, affranto.
«Cielo, cosa ho fatto di male?!» si domandò Vegeta. Poi si ricordò che di malefatte ne avesse ben compiute in passato. Con un ringhio simile a una minaccia si girò verso l'altro. «Prendi quel coso e bevilo tutto, dopo due o tre bicchieri ti ci abituerai».
Goku sbuffò e, dopo essersi tappato il naso con una mano, ingurgitò l'intero bicchiere cacciando poi fuori la lingua bruciante. Vegeta scosse la testa e trangugiò il suo, facendo poi cenno a Brian di versarne altri due.
«Le mamme e i papà ti definirebbero una cattiva compagnia» lo rimproverò Goku.
Di tutto si sarebbe aspettato, meno che il Principe dei Saiyan avesse deciso di portarlo a bere per affievolire i suoi dispiaceri. Eppure, sotto sotto, apprezzò quel tentativo. Quantomeno non l'aveva lasciato solo, quantomeno stava tentando in qualche modo di farlo sentire meglio.
«Hah! Tuo padre, quello vero, si scolava cose ben peggiori nelle bettole polverose di Vegeta-Sei» commentò Vegeta.
Brian, il quale aveva ben capito l'antifona, lasciò loro la bottiglia.
«Conoscevi mio padre?» domandò Goku, versandosi tutto il contenuto del bicchiere in gola con versi di disapprovazione.
«Di vista. Ne ho sentito perlopiù parlare da Radish e Nappa» rivelò Vegeta, ripercorrendo i tempi nei quali i suoi due compagni di viaggio erano quei due scansafatiche. Non li aveva mai considerati veramente suoi "amici". Il Principe non ne aveva mai avuti di amici, mai, fino a quando non era capitato sulla Terra. E chi l'avrebbe detto che il suo primo vero amico potesse essere il suo tanto odiato rivale?
Goku era sempre stato abbastanza curioso nei riguardi delle sue origini ma, un po' per vergogna, un po' perché non voleva disonorare il ricordo di Son Gohan - il suo nonno adottivo - non si era mai deciso a chiedere. Più e più volte si era domandato come potessero essere suo padre e sua madre. Aveva avuto modo solo di conoscere suo fratello, ma non era stato per nulla un piacevole incontro. Ci pensava, a volte, a come sarebbero potute andare le cose se Freezer non avesse fatto esplodere il pianeta Vegeta, se fosse stato richiamato dai Saiyan in tenera età. E suo padre... suo padre l'aveva sempre incuriosito.
«Come si chiamava?» domandò irrequieto Goku. Ingurgitò un altro bicchiere.
Vegeta, a sua volta, si sforzò di ricordare, di ricostruire nella sua mente l'immagine di quell'uomo facente parte dell'esercito reale, un guerriero di terza classe, un uomo di poca importanza ma, a detta di qualche leggenda metropolitana, un combattente molto forte e valoroso. Se lo ricordò, eccome se lo ricordò! Cicatrice sul volto, capelli neri a forma di palma e una bandana dal colore rosso intorno alla testa.
«Bardack. Si chiamava Bardack. E... ti somigliava molto. Era anche forte» ammise Vegeta, cupo al ricordo del popolo Saiyan.
Goku guardò nella sua direzione, con gli occhi luccicanti e il cuore veloce. Il pensiero che Vegeta avesse conosciuto suo padre, un pochino, lo rasserenava.
Si guardarono a lungo, al Principe venne quasi da sorridere. Cielo, come diavolo potevano essersi ridotti in quel modo? Due combattenti che in quel tempo avrebbero dovuto trovarsi a conquistare pianeti invece erano lì, seduti al bancone di un bar. Come poteva essersi ridotto a sorridere a Kaarot?
«Beh, sicuramente non gli assomigli nel bere, mi sembri una mammoletta» decretò infine il Principe, trangugiando il quinto di una copiosa serie di whiskey.
Goku rise, divertito. Rise per davvero e, d'istinto, imitò il gesto di Vegeta e diede il via a una lunga, lunghissima serata.

 


 

«Tu mi d-devi spiegare perché... p-perché non ci ho mai pensato?»
«Perché tu non pensi mai, Kaarot!»
Vegeta dovette trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata, specialmente perché si trovavano in pubblico e no, lui avrebbe dovuto conservare in ogni caso la sua parvenza seria e tenebrosa. E soprattutto avrebbe dovuto mantenere in piedi almeno la sua dignità visto che, in quel momento, quella del suo rivale era andata ad annegarsi nel whiskey.
«Questa roba schifosha funziona dav-vero» confermò Goku. Brandì il dodicesimo bicchiere di nettare ambrato dell'isola verde e se lo rovesciò direttamente in gola; anche se così facendo barcollò all'indietro e perse l'equilibrio sullo sgabello.
Sarà stato che anche il Principe aveva alzato un tantino il gomito, sarà stato che quell'imbecille era davvero tanto buffo mentre sbandava e rideva sguaiato, ma Vegeta dovette impegnarsi a fondo per non ridere.
«Non so p-perché, ma mi sento fe-felice» esordì Goku, con le guance scarlatte e l'occhio pigro, urlando e sbilanciandosi ancora troppo dal suo sgabello, tanto che Vegeta dovette tenerlo per un braccio per non farlo rovinosamente cadere sul pavimento. E, per inciso, si pentì subito di non averlo lasciato fare. Brian osservò la scena da lontano, divertito.
«Smettila di renderti ridicolo, idiota. Ti stanno guardando tutti» lo ammonì Vegeta, roteando gli occhi al cielo, domandandosi poi se fosse il caso di farlo smettere di bere. Aveva resistito fin troppo, per uno che non l'aveva mai fatto. Evidentemente i geni Saiyan l'avevano aiutato a reggere tanto.
«Sarà perché sono b-bello e affascishiscinante». Goku si sporse ammiccante verso Vegeta, forse fin troppo, tanto che Sua Maestà dovette allontanarsi di qualche centimetro.
Beh, bello era bello. Era evidente, santo cielo, ma in quell'occasione non era proprio per quello che era sotto gli occhi di tutti.
«Dovreei farlo più spesso» constatò di nuovo Goku, prendendo la bottiglia per rovesciare altro whiskey più sul bancone che nel bicchiere.
«No, direi di no» lo corresse il Principe, strappandogli dalla mano il tredicesimo bicchiere che goffamente si era versato. «L'alcol non ti risolverà i problemi, solo te li terrà lontani per qualche ora. E inoltre non ti fa bene, non bisogna esagerare spesso».
Goku sorrise sghembo e pensò che fosse carino da parte di Vegeta preoccuparsi per lui.
«Ah, ma tanto tra venti g-giorni devo cre-crepare! Ah, no, forse n-»
«BEVI!» urlò d'improvviso Vegeta, ficcandogli il bicchiere in bocca per zittirlo. Dannazione, non aveva affatto pensato all'eventualità che, facendolo ubriacare, avrebbe potuto perdere tutti i suoi filtri.
In quel momento non avrebbe dovuto affatto lasciarlo parlare liberamente, oppure avrebbe potuto rivelare quale fosse il loro reale piano. I draghi, con tutta probabilità, avevano gli occhi puntati su di loro ventiquattrore su ventiquattro.
«Ma Vé! Mi hai appena detto di non bere p-più» si lagnò Goku.
«Ho cambiato id... Vé?!» commentò Vegeta, allibito. Cosa diamine era quell'appellativo? Goku rise e il Principe ebbe l'improvvisa tentazione di sbranargli la faccia. «Chiamami ancora così e giuro che ti uccido».
«Urcaaa! Bastava così poco per convincerti a farlo?!» ridacchiò Goku, balzando giù dal suo sgabello in modo scomposto, per poi avvicinarsi al suo orecchio e sussurrare. «P-peccato che non s-»
«ANDIAMOCENE DI QUA» gridò di nuovo Vegeta, paonazzo. No, no e no. Non avrebbero potuto mandare in fumo tutto il loro piano per colpa della sua brillante idea di farlo ubriacare per aiutarlo a dimenticare.
«Ma Vege-»
«Cammina!» gli intimò e lo spinse verso l'uscita, con dei colpi sulla schiena e sulla nuca. Si voltò indietro solo per lasciare a Brian una banconota piuttosto sostanziosa. Questi li guardò uscire con espressione mista tra incredulità, stupore e allegria.
«Uffa!» protestò ancora Goku.
Inciampò nel gradino della porta e si sbilanciò in avanti, tant'è che Vegeta dovette tenerlo per la maglietta per fargli mantenere l'equilibrio.
Una pioggia battente scrosciava al di fuori del piccolo locale sperduto in chissà quale angolo di quell'isola. Odore di umidità, di estate, di torba e ranuncoli. L'acqua irrigò le gote dei due Saiyan i quali, camminando lungo il vialetto, dovettero lottare per non compiere movimenti troppo goffi. O meglio, uno ci tentò e ci riuscì, mentre l'altro non perse tempo a mostrare la parte più imbranata di sé, scivolando e battendo le natiche a terra.
«Ouch!» si lamentò Goku.
Vegeta serrò la bocca come per trattenere tutto il fiato che aveva in corpo ma no, in quel momento non ci riuscì. Tanto erano bel bel mezzo di un villaggio deserto e nel pieno della notte, chi mai avrebbe potuto sentirlo?
«Phuahahahah!» rise di gusto il Principe nell'osservare Kaarot provare ad alzarsi e inciampare di nuovo come un imbecille. «AHAHAHA!»
La cosa lo fece ridere ancora di più, ma decise di tirarlo su per la collottola e rimetterlo in piedi, seppur in bilico.
«Vegeta!» sussurrò lui una volta stabilizzando, focalizzandosi sul viso disteso e divertito del suo rivale. Non sembrava nemmeno più lui. «N-non ti avevo mai sentito r-ridere per davvero e cos-sì tanto, fino ad ora».
«Ah, no?» domandò Vegeta. Si ricompose e provò a divenire più serio, ma tutto ciò che gli uscì fu un ghigno beffardo.
«Beh, sì, ma di s-solito ridi sempre in maniera sarcasca... sarcastiast... sadica e tutte queste cose da Principe dei Saiyan!» puntualizzò, canzonando la voce di Vegeta nel pronunciare le ultime parole.
«Tsk!»
«Sei... c-carino, quando ridi» ammise Goku, imbarazzato, con i capelli oramai zuppi che gli ricadevano sulla fronte.
Vegeta trasalì. Quello era proprio il colmo. Eppure l'acqua fresca avrebbe dovuto farlo riprendere un po'!
«CARINO!? Kaarot, ti sei bevuto anche il cervello? Sono un combattente, un guerriero! Carino lo dici a qualcun altro» sbraitò il Principe.
Ma, inaspettatamente, Goku non riuscì più a tenere a bada i propri freni inibitori. Lo abbracciò, ma lo fece - ancora una volta - troppo forte e troppo goffamente.
«MA CHE DIAVOLO!» urlò Vegeta. Tentò di divincolarsi, ma così facendo cadde all'indietro sull'erba verde a lato del sentiero, con Goku sopra di lui. Un'altra volta.
«Ti ammazzo con le mie stesse mani» soffiò il Principe, a meno di un centimetro dal volto di Kaarot. La sua schiena si inumidì di pioggia.
«Ma mica avevi de-»
Dannazione, stava di nuovo per parlare. Probabilmente avrebbe tirato fuori il discorso "ma avevi detto che non mi avresti ucciso" e tutto il resto della pappardella. Diamine, ma poteva essere tanto fesso?
E così, con la percezione alterata dai bicchieri e la vista offuscata dalla pioggia, il Principe dovette trovare una soluzione veloce, istantanea ed efficace per farlo tacere. E per farlo tacere per un po', per giunta.
Lo baciò con violenza, quasi facendogli sanguinare il labbro, e Goku si interruppe per davvero.
Tacque e, con l'ultimo barlume di lucidità, comprese perché Vegeta avesse appena compiuto quel gesto "sconsiderato". Si rese conto che stava per straparlare, per mandare all'aria tutti i loro piani. Riuscì a comprenderlo ma, in quel momento, forse gli sarebbe convenuto di più fare il finto tonto - quello che non capiva, quello completamente in balia dei fumi alcolici.
Quando le loro labbra si staccarono, un lampo in lontananza illuminò i loro visi contratti.
Vegeta, con il corpo del suo rivale adagiato sopra di lui, corrugò la fronte nel vederlo con un sorriso dipinto sul volto. Diamine, era un grandissimo idiota, uno sciocco, ma gli Dei solo sapevano quanto poteva essere bello. Non lo aveva mai capito, il Principe, cosa gli piacesse tanto di lui. Non si era mai dato tanto da fare per comprenderlo ma in quell'istante lo capì. Quel sorriso che tanto odiava, quel sorriso che riusciva a farlo dare di matto dalla rabbia... quello gli piaceva, di Kaarot. Un sorriso vero, semplice, genuino. Il suo naso all'insù arricciato, le guance alzate e gli occhi leggermente chiusi. Quella fila di denti bianchi e allineati. Diamije, aveva sempre creduto di odiarlo da impazzire, ma la verità era ben altra.
E, proprio nel vederlo sorridere, Vegeta capì che fosse giunto il momento di mettere da parte ogni logica, trasformare ciò che poco prima era solo una scusa per fargli chiudere il becco in qualcosa di voluto. Qualcosa di sentito, qualcosa del quale non riusciva più a fare a meno. Ma, proprio nel momento in cui decise di sporgersi in avanti e riprendere quelle labbra, il suo rivale lo anticipò e si tuffò su di lui, insieme alla pioggia battente.
Così, fradici fino alle ossa, i due Saiyan non diedero più ascolto a niente, a nessuno, alla confusione, agli eventi drammatici. Si lasciarono andare a ciò che volevano e ciò di cui non potevano fare a meno, complice il whiskey, complice la forza di gravità o chicchessia. Solo loro due, in un prato verde inzuppato dal temporale, i tuoni e fulmini in lontananza e le luci soffuse del locale in lontananza.
Stelle e pianeti offuscati da un manto di nuvole nere, dallo spazio nessun alieno li avrebbe visti, nessun satellite, nessuna navicella spaziale nell'oscuro universo dal quale entrambi erano provenuti. Due Saiyan sulla Terra, nel loro nuovo pianeta, con un mucchio di ricordi alle spalle e una nuova vita davanti.
Ed era proprio vero: erano entrambi sulla stessa barca, ma non si erano mai resi conto che avessero iniziato a remare insieme da un bel pezzo.



Continua...
 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tuttiiii :) sono ufficialmente in ferieeee! Sto utilizzando questi giorni di caldo e di voglia di far nulla per continuare a scrivere e, per tutte le stelle, sono già al capitolo 50! O_O
Ma torniamo a noi: capitolo un po' filler, lo so, ma dovevo farlo. Dovevo dare un po' di importanza al funerale della nostra povera Pan e soprattutto avevo una gran voglia di concedere a questi due piccioncini un momento bello e spensierato tra loro, prima che affrontino cose che... che non posso anticiparvi :D Spero che vi sia piaciuto, spero che abbiate gradito anche il piccolo paragrafetto dedicato al vero padre di Goku. Fatemi sapere se questo piccolo spezzone di quotidianità è stato apprezzato.
Devo annunciarvi che dopo il capitolo che pubblicherò domenica prossima, siccome appunto sono in ferie e presto andrò in vacanza, mi prenderò una piccola pausa estiva dalle pubblicazioni, anche perché andrò in viaggio in un paese con forti restrizioni ad internet per due settimane.
E nulla... vi auguro buona settimana a chi ancora sta lavorando e buona vacanza a chi è già in viaggio! A domenica :D
Eevaa

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Capitolo 41
*** Kaioh ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 41 - KAIOH


 

Le nuvole vorticarono e si aprirono con le prime luci del mattino, lasciando respirare alla Terra l'odore del cielo viola e azzurro. L'alba d'estate illuminò quella città mondana che era andata a dormire appena poche ore prima. Sui marciapiedi riposavano ancora i vetri di bottiglie infrante, i panettieri del turno di notte stavano tornando a casa con gli occhi stanchi e i capelli bianchi di farina profumata.
La Città dell'Ovest era una metropoli viva, ricca di energia. "La città che non dorme mai", la chiamavano. Ma, in quell'istante, vi era più di una persona che dormiva all'interno di un piccolo attico in periferia.
Vestiti zuppi di pioggia gettati sul pavimento a lato del letto, lenzuola e federe umide e scomposte, la specchiera dell'armadio con una crepa in bella vista, la cassettiera sfondata da un lato. Due uomini dalla pelle marchiata di cicatrici riposavano con il respiro lento e regolare, uno prono e l'altro supino con le braccia scomposte a lato della testa.
Una debole folata di vento penetrò dalle grandi finestre aperte e scompigliò il ciuffo di Sua Maestà, facendolo rabbrividire. Mugugnò qualcosa e sollevò il busto per voltarsi dall'altra parte ma, quando aprì un solo occhio per comprendere dove fosse e cosa fosse successo, lo vide: Kaarot, con la fronte corrugata, si accinse a stropicciarsi gli occhi con uno dei due pugni, facendo poi ricadere il braccio lungo un fianco.
Il Principe strabuzzò lo sguardo e trattenne il respiro. No, non era affatto la prima volta che gli capitava di svegliarsi accanto a quel disgraziato ma, se poche settimane prima non avrebbe avuto alcun dubbio sul fatto che non potesse essere accaduto nulla, quel giorno c'era realmente poco da lasciare all'immaginazione. Ricordava bene cosa fosse successo, del resto non era così tanto ubriaco. E poi, dettaglio di grande importanza, era nudo. Era accaduto di nuovo e Vegeta non aveva fatto nulla per impedirlo, anzi.
Non si sarebbe mai abituato a svegliarsi al fianco di Kaarot, mai nella vita. Eppure, al contrario di ciò che si aspettò, non ebbe voglia di far nulla se non rimanere lì a riposare. Non di calciarlo via, non di gettare la sua carcassa dormiente fuori dalla finestra con un Final Flash. Nulla di tutto ciò.
E così, anche nel momento in cui finalmente Goku aprì gli occhi e - malgrado il mal di testa e i ricordi offuscati - sorrise, Vegeta non lo cacciò via. Rimase serio, imperscrutabile, in silenzio, ma non fece nulla se non continuare a guardarlo.
Dal canto suo Goku, il quale non aveva mai sperimentato la maledizione dell'hangover, si ritrovò a vagare con la mente alla ricerca dei ricordi della sera precedente. Com'erano giunti a casa di Vegeta, proprio non se lo ricordava. Si ricordò di qualche bicchiere di whiskey di troppo, di essere scivolato sotto la pioggia, di aver trascinato sull'erba bagnata Vegeta e di averlo baciato. E poi... e poi?
Si guardò intorno di sfuggita alla ricerca di qualche indizio. Sì, ecco, ecco che qualcosa riaffiorava: si erano tolti i vestiti, a un certo punto si era ritrovato con le spalle contro la specchiera; la schiena gli bruciava, probabilmente aveva dei tagli. Chiuse gli occhi, ricordò di aver spinto il Principe contro la cassettiera e di essercisi fiondato sopra. Infatti era rotta. E poi... poi delle lenzuola bianche come nuvole, dei brividi, capelli bagnati, pelle calda.
E come avrebbe fatto a non sorridergli, dopo tutto quello? Goku sorrise e ricambiò lo sguardo enigmatico, ma non provò a sfiorarlo nemmeno con un dito. L'ultima volta che ci aveva provato dopo aver fatto certe cose, Vegeta non aveva reagito molto bene. Lo guardò a lungo e il mal di testa martellante sembrò solo un sottofondo.
«Beh... che ci fai qui? Il tuo posto era sul divano» sussurrò Vegeta, con un ghigno.
«Sai, nulla contro il tuo divano, ma il letto è più comodo» controbatté Goku, oramai più che bravo a cogliere l'ironia.
«Tsk...» sbuffò il Principe. Non era più divertente prenderlo in giro, se non se la prendeva sul serio.
Goku roteò gli occhi e scosse la testa. E un pensiero, un pensiero purtroppo reale prese il sopravvento su di lui. Pensò a Pan, pensò a Gohan, pensò ai giorni precedenti e a quanto fossero stati catastrofici. Eppure... eppure per una sera era riuscito a essere felice, di nuovo.
«Grazie» mormorò Goku. Si mise seduto e si perse con lo sguardo tra i grattacieli della città dell'Ovest che facevano da quadro attraverso la finestra.
«E per cosa?»
Vegeta non capì per quale diavolo di motivò l'idiota lo stesse ringraziando. Con il cuore sperò che non si riferisse alla prestazione della notte precedente, altrimenti sì che l'avrebbe scaraventato giù dal palazzo. Non era mica una concubina, lui.
«Alla fine mi sono distratto per davvero, ieri» ammise Goku, inebriandosi del vento mattutino e immergendosi con gli occhi nell'alba.
Il Principe tirò un sospiro di sollievo. Sia perché quell'imbecille non si era messo a blaterare dei loro momenti di intimità, sia perché il suo intento era andato a buon fine. Lo vedeva più sereno, il viso meno teso e contratto. E, per tutte le stelle, se ne sentì sollevato; quanto poteva essersi ridotto ridicolo per provare felicità nel vederlo sereno?!
«Il whiskey fa miracoli! E tu che dicevi che faceva schifo!» lo prese in giro Vegeta. Si mise a sedere accanto a lui e lo spinse di lato - rischiando di farlo cadere dal letto - con una spallata e un sorriso beffardo. «Come vanno i postumi, a proposito?»
Goku rise, si rimise composto e si massaggiò la spalla che Vegeta gli aveva appena colpito. Quello sbilanciamento improvviso gli aveva fatto venire una nausea e un giramento di testa abbastanza fastidioso.
«Credo che non berrò mai più in vita mia!» si ripromise Goku, portandosi una mano sulla tempia destra.
E, per la seconda volta, Vegeta rise sul serio. Oramai non se ne vergognava più, non davanti a lui.
«Certo, Kaarot! Come no!»

 


 

«Sei lento oggi» ghignò il Principe, assestando il pugno destro sull'addome del suo avversario. Questi incassò il colpo con una smorfia di dolore e tossì. «Terribilmente lento»
«E tu sei troppo sicuro di te» replicò Goku, voltandosi con una piroetta e sferrandogli un calcio sulla schiena.
Avevano approfittato della sveglia all'alba per recarsi presto sul pianeta dei Kaiohshin e dare il via all'allenamento intensivo che si erano ripromessi di compiere: avevano un pianeta da salvare, oltre che la pelle di entrambi. La vera difficoltà, però, sarebbe stata stendere per filo e per segno ogni dettaglio del loro piano di battaglia. Erano osservati, spiati. Si sentivano lo sguardo dei draghi addosso in tutti i loro movimenti, chissà come, chissà in che modo.
E così era perché, in una dimensione lontana nel tempo e nello spazio, l'aggregazione degli antropomorfi sostava senza pausa in attesa di un passo falso. Il Drago Superiore, Onyma, monitorava ogni spostamento, ogni frase, ogni gesto tramite i loro ologrammi.
Era stata una grande fortuna che Vegeta avesse avuto il lampo di genio della Fusione e del collegamento mentale poiché, in quel frangente, i draghi erano stati ingannati. E così, proprio per poter decidere il da farsi, Vegeta stava aspettando solo il pretesto giusto per poter compiere la Fusione e comunicare segretamente con il suo rivale. E, dopo quasi cinque ore di allenamenti intensivi, era giunto il momento propizio per iniziare a giocare a nascondino.
«Kaarot, basta così. Stiamo iniziando solo a sprecare energia» asserì Vegeta. Lasciò disperdere l'Aura e tornò alla forma base. Occhi neri, capelli a punta.
Goku lo guardò immobile, in silenzio. Capì che fosse giunto il momento, ma non era mai stato bravo a fingere e a dire bugie, quindi convenne che lasciarsi guidare da colui che aveva lo scettro sarebbe stato di gran lunga più proficuo.
«È arrivato il momento di meditare e incrementare la nostra potenza con la fusione» continuò Sua Maestà.
Balzò qualche metro più lontano e attese di iniziare quel ridicolo balletto che avrebbe tanto voluto evitare.
«Sei pronto?» domandò Goku, distendendo le braccia verso l'esterno.
«Non sono mai pronto a fare questa pagliacciata...»
Vegeta alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo, poi iniziò a muoversi in sincronia con l'altro.
«FUU-SIO-NEEE!»

 

Un lampo di luce, una bolla di suono si espanse fino al cielo, il rumore di due corpi che si uniscono in un essere solo. Gogeta apparve, poderoso e regale, l'essere perfetto. Precisione, potenza, concentrazione, velocità.
Strinse un pugno e si inebriò di tutta la sua forza con un ghigno soddisfatto. Sì, insieme avrebbero potuto sconfiggere qualsiasi cosa, qualsiasi pericolo, ne sentivano la certezza ogni volta che si ritrovavano in due nel corpo di uno.
Il guerriero perfetto non disse nulla, si inginocchiò su un promontorio a gambe incrociate e le mani appoggiate alle ginocchia, chiudendo poi gli occhi con un lungo respiro.
«Mi senti?» Vegeta sganciò la propria coscienza da tutto il resto e sentì la propria voce rimbombare nella mente. Udì quella più squillante di Goku pochi secondi più tardi.
«Ti sento».
«Finalmente possiamo comunicare senza che quei bastardi ci sentano. Odio questa cosa di essere spiato».
«Già! È irritante. Soprattutto in certi momenti, eheh...» ridacchiò nella mente Goku e, proprio in quel momento, il viso di Gogeta si illuminò di un colore rosso carminio.
«Taci, o giuro che appena ci stacchiamo ti prendo a calci» lo ammonì Vegeta, imbarazzato. No, non era per niente pronto a parlare di "certi momenti". Certo, non che gli dispiacesse che quei momenti capitassero, ma parlarne era tutta un'altra questione!
«Ad ogni modo, come ci dobbiamo muovere adesso? Come possiamo fare ad avvertire tutti i combattenti dell'imminente pericolo, senza farci scoprire da quelle dannate lucertole?» continuò Vegeta il quale, in quei due giorni, aveva continuato a pensarci senza riuscire a cavarne un ragno dal buco.
Non sapev a cosa sarebbero andati incontro allo scoccare del cinquantesimo giorno, non appena i draghi avessero scoperto che non avrebbe affatto spedito Kaarot all'Altro Mondo. Di sicuro nulla di buono. Non sapevano nemmeno se colui che aveva ucciso Pan fosse ancora a piede libero, non conoscevano nemmeno chi fosse.
«Ho un'idea, ma non sono sicuro che possa funzionare» comunicò Goku, con una certa preoccupazione.
«Meglio che niente. Di che si tratta?»
«Re Kaioh è capace di comunicare con le persone tramite la mente, con le sue antenne. Il problema è-»
«Come fare per comunicare a Re Kaioh le nostre intenzioni». Vegeta interruppe il flusso di pensieri, con una certa fretta. Non sapeva per quanto tempo sarebbero potuti rimanere uniti, ogni secondo era prezioso e di vitale importanza.
«Esatto. È successo che io sia riuscito a comunicare con gli altri, ma era solo merito di Re Kaioh. Lui mi metteva in collegamento» puntualizzò Goku.
Gogeta, in meditazione, strinse i pugni e si lasciò sfuggire una smorfia di disappunto.
«Non sa leggere nel pensiero, questo tizio?» grugnì Vegeta con una nota di spregio. Non si era mai troppo formalizzato nei confronti delle divinità.
«Non ne ho la più pallida idea!»
«E quando mai sai qualcosa! Va beh, tentar non nuoce, dobbiamo andare da lui e sperare che possa farlo» constatò Sua Maestà, non esattamente certo che tutto ciò potesse funzionare. Ma avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere, le avrebbe tentate tutte per poter fronteggiare quella situazione disperata. Avrebbero dovuto giocare di anticipo.
«Ok, andiamo!» si elettrizzò Goku, con trasporto.
Mise in moto il corpo di Gogeta per farlo alzare, venendo però ammonito nella mente dal suo rivale.
«FRENA, RAZZA DI IDIOTA!» lo insultò Vegeta. «Dobbiamo trovare un pretesto per andarci, altrimenti desteremo dei sospetti! Mica possiamo prendere e andarci a caso!».
«Ah, già! Ehehe» ridacchiò Goku. Per fortuna aveva dalla sua parte un alleato meno impulsivo e frettoloso di lui, altrimenti sarebbero stati già belli che spacciati.
«Imbecille. Ricordami che, quando tutto questo sarà finito, te la dovrò far pagare. Ora lascia fare a me, per l'amor del cielo» lo esortò Vegeta, con disappunto.
Ogni mossa sulla scacchiera andava calcolata abilmente, la partita era tesa e importante. Ogni passo falso avrebbe rappresentato il rischio di uno scacco matto e no, la posta in gioco era fin troppo elevata per prendere le cose sotto gamba.
Già il fatto che non fosse successo null'altro per più di due giorni era quasi un miracolo. Avere una mente umana e ragionare come umani rappresentava di certo un punto a loro favore: i draghi certo non provavano emozioni, non potevano saperne niente. Forse era proprio per quello che non si erano scomodati dalla loro rigogliosa dimensione, forse era per quello che avevano creduto alle parole di Vegeta quando aveva promesso a Goku che l'avrebbe ucciso per davvero.
Qualsiasi persona sana di mente e soprattutto umana avrebbe di certo capito che si trattasse di una menzogna. Non dopo quello che era successo tra loro, non solo dal punto di vista intimo. L'amicizia che li legava da così tanti anni non avrebbe permesso loro di allontanarsi, mai e per nessun motivo. Anche tralasciando tutti quei sentimenti nuovi che avevano iniziato a provare di recente.
Gogeta inspirò con il naso, forte, come se volesse ubriacarsi di ossigeno, poi si alzò e strinse i pugni.
«Dannazione, non riesco a meditare come si deve. Sono deconcentrato» annunciò a gran voce. Aprì e chiuse le mani, poi sganciò qualche pugno in aria. Si illuminò di luce dorata e aumentò il proprio Ki fino a esplodere nell'aria, trasformandosi senza fatica in Super Saiyan di quarto livello.
«Ho bisogno di combattere. Combattere contro qualcuno, forse Re Kaioh può portarmi nel Regno del Nord per poter sfidare qualche combattente» continuò a parlare Gogeta, facendo ondeggiare la lunga coda rossa. «Spero solo che ci sia qualcuno degno della mia forza».
E così, sotto il controllo maggiore del Principe dei Saiyan, l'ibrido si portò due dita unite sulla fronte, ricercando con la mente il piccolo pianeta dell'Aldilà ove regnava Re Kaioh. La cosa strana, per l'appunto, era che Vegeta non ci fosse mai stato, non poteva sapere come fosse l'Aura di quella divinità, eppure la sentì forte e chiara come se la conoscesse da una vita - merito delle conoscenze di Goku. La avvertì così forte che ci volle pochissimo a sintonizzarsi e, in uno schiocco di dita, Gogeta sparì nel nulla.

 


 

Un prato verde, la quiete di un regno minuscolo in un posto sperduto, ai confini dell'Aldilà. All'orizzonte un serpentone e delle nuvole color oro luccicante. Qualche alberello solitario qua e là, una sola e unica stradina acciottolata attraversava il pianeta dalle dimensioni modeste. E lì, davanti a una casetta gialla, una scimmia e una piccola cavalletta trotterellavano osservando qualcosa di estremamente interessante.
Sotto la macchina rossa - parcheggiata di fronte al piccolo garage - vi era sdraiato un essere bizzarro dalle lunghe antenne nere come gli occhialetti da sole, una tunica fino ai piedi e la pelle azzurro cielo. Aveva una grande chiave inglese in mano.
«È la quinta volta in un mese che quest'affare si inceppa! La quinta!» si lamentò Re Kaioh.
Martellò con l'arnese da meccanico contro un bullone che però saltò via e colpì accidentalmente Bubbles, la scimmia, la quale iniziò a gridare con un grosso bernoccolo sulla fronte.
«Forse è il caso di comprarne una nuova» suggerì la cavalletta con uno sbuffo, lasciandosi cadere sull'erbetta fresca.
Che poi, del resto, a cosa diavolo poteva servire una macchina in un pianeta così piccolo?
«Ahhh, baggianate. Sono perfettamente in grado di aggiustarla da solo, Gregory» lo rimproverò Re Kaioh. Si alzò e battè ripetutamente le mani sulla tunica per togliere la polvere, avviandosi poi verso il garage. «Mi servono solamente gli attrezzi giust- AAAAAAAAAAH!»
Una folata di vento tiepido, uno schiocco leggero. Un guerriero dagli occhi contornati di rosso, lo sguardo serio e la massa corporea spaventosamente aumentata apparve con due dita in fronte al cospetto della divinità la quale, spaventata, si ribaltò all'indietro schiacciando con la schiena la povera cavalletta.
Il saiyan si guardò intorno, spaesato. D'altra parte Vegeta non aveva mai avuto l'onore di giungere in quel luogo, nel Regno dei Cieli.
«Salve, Re Kaioh!» disse il Gogeta, incrociando poi le braccia con un sorrisetto sghembo. «L'ho spaventata?»
«G-g-Goku! Ti sembra il modo di apparire? E poi cosa ci fai travestito in quel modo lì?» balbettò la divinità.
Si massaggiò il dolente fondoschiena, non badando però alla povera cavalletta spiaccicata al terreno con la lingua di fuori e gli occhi a spirale.
«Tsk» sbuffò Gogeta scuotendo la testa ma, proprio in quell'istante, un lampo di luce abbagliante lo illuminò improvvisamente.
I due corpi vennero sganciati l'uno dall'altro, probabilmente il teletrasporto e la gravità diversa di quel luogo avevano contribuito a far diminuire il tempo della Fusione.
Goku e Vegeta, tornati allo stadio naturale, vennero spostati l'uno all'antipodo dell'altro, sotto gli occhi sbigottiti della divinità la quale, sistemandosi meglio gli occhiali, rimembrò chi fosse quello strano individuo apparso poco prima.
«Ah, ecco, ora ricordo l'aspetto di quel guerriero. Ragazzi, ma cosa ci fate qua? A Vegeta non è permesso venire nel Regno dei Cieli. Anche se, effettivamente, non siete morti. Non ancora, almeno» specificò Re Kaioh, dopo aver fatto qualche passetto verso il Principe dei Saiyan.
Vegeta lo osservò dall'alto verso il basso e, con fare spocchioso come suo solito, aggrottò le sopracciglia e incrociò le braccia.
Per Re Kaioh non era mai stato un gran simpaticone, quel ragazzo, ma doveva ammettere che era cambiato parecchio negli anni e, nonostante forse non avrebbe mai potuto far parte del Regno dei Cieli per via delle sue malefatte passate, era divenuto una persona migliore di molte altre, anche se faticava a dimostrarlo. Magari Re Yammer avrebbe potuto avere pietà di lui, quando sarebbe venuta la sua ora.
«Che intende dire con "non ancora"?» domandò Goku, grattandosi la testa. Di certo non era un bell'augurio, quello.
«Ragazzi, siete in serio pericolo, dico davvero. Qui nell'Aldilà siamo tutti molto preoccupati per la vostra situazione» confessò Re Kaioh, con tono preoccupato.
«Ma allora... allora lei ha visto quello che sta accadendo?» domandò Vegeta. Forse, a quel punto, sarebbe stato più facile farsi leggere la mente da lui. In fondo erano lì per quello.
Ke Kaioh ammonì Goku con lo sguardo. «Ahimè sì, cari ragazzi. Sto tenendo sott'occhio la situazione da quando sei tornato. Goku, avresti dovuto sapere che con i draghi non si scherza».
Goku, dal canto suo, divenne subito amareggiato. Certo, certo che lo sapeva, ma non pensava di arrivare a tal punto. Non pensava che la decisione di non tornare nella Dimora dei Draghi avrebbe comportato così tanto scompiglio. Ma oramai la frittata era fatta, avrebbero dovuto mettere in atto il loro piano e avrebbero dovuto farlo subito, quindi si ricordò di quanto si fosse detto con Vegeta e decise di provare a mentire meglio che poté, sperando che i draghi che li stavano osservando credessero alle sue parole.
«Già, ma metterò le cose a posto. Mi farò uccidere come previsto».
«Sì, questo è quello che avete detto. Posso dirvelo con onestà? Ci credo poco. Non dopo quello che hanno fatto a Pan. A proposito, oramai son tre giorni che sta percorrendo il serpentone, tra qualche ora sarà qua» li informò la divinità, scrutando l'orizzonte con una mano sopra agli occhi. La stava aspettando, l'avrebbe allenata proprio come aveva fatto con il nonno, nonostante oramai avesse ben poco da insegnare a quei combattenti. Erano divenuti tutti forti, troppo forti in tutti quegli anni. Re Kaioh ricordò il primo giorno in cui conobbe Goku e un sorriso si fece strada sul suo viso tondo. Era davvero passato così tanto tempo?
«DICE SUL SERIO?! Urcaaaa, che bella notizia!» commentò Goku. Sperava con tutto il cuore di poterla rivedere, magari chiederle scusa.
«Ad ogni modo, ragazzi, cosa avete in mente?» rimarcò Re Kaioh, con le mani grassocce strette in piccoli pugni.
«Che intende dire?» domandò Goku, inarcando un sopracciglio.
Vegeta, dal canto suo, strabuzzò gli occhi: che avesse già capito che ci fosse sotto qualcosa? Dannazione, come avrebbero fatto a comunicarglielo senza farsi scoprire?
«Suvvia, sono un'entità divina, ma ho avuto a che fare talmente tanto con voi umani che non posso neanche minimamente credere che voi due abbiate intenzione di arrendervi. Non dopo che siete diventati... ehm, intimi. Vi ho visti bene, da quassù» ammise Re Kaioh, ammiccando con le sopracciglia e ridacchiando tra sé e sé.
«MA CHE FA? CI SPIA!?» urlò Vegeta, livido. Cielo, sapeva di essere osservato dai draghi, ma persino dal mondo dell'Aldilà no! Era veramente, veramente troppo.
«Che imbarazzo...» commentò Gregory, di nuovo in piedi, portandosi le zampette sugli occhi.
«Non dirlo a noi» sussurrò Goku, anch'egli divenuto di un colore simile a quello di una fragola. Si scambiò un'occhiata sfuggevole con il Principe e, diamine, sarebbero voluti sprofondare.
Re Kaioh ridacchiò ancora, poi tornò più serio senza badare al colore carminio sui volti degli interlocutori.
«Ebbene, che aspettate a dirmi qual è il vostro piano?» chiese nuovamente Re Kaioh con veemenza.
Il Principe dei Saiyan aggrottò di nuovo le sopracciglia, guardando l'entità divina sottecchi. Avrebbe dovuto saperlo che erano osservati. Perché diamine glielo stava chiedendo con così tanta insistenza? Forse non era in grado davvero di leggere nel pensiero, ma allora sarebbe stato un gran guaio.
«Nessun pia-»
«Ma lo volete capire che i draghi qui non hanno il potere di spiarvi o no?» tuonò a gran voce Re Kaioh, gesticolando.
«CHE COSA?!» gridarono i due Saiyan all'unisono, guardandosi poi strabiliati e compiaciuti. Quella sì che era una buona notizia. La prima, in tanti giorni.
«Non possono spiare nel Regno dell'Aldilà! Possono solo prendere contatti con Re Yammer e gli altri guardiani dei cieli delle altre tre galassie, e con i guardiani degli inferi per reclutare i combattenti. Hanno fatto un accordo molto tempo fa. L'Altro Mondo è un luogo non valicabile e non accessibile ai draghi. Oh, badate bene: il mondo dei Kaiohshin non fa parte dell'Aldilà, quindi lì si che vi possono vedere. Ma qui no, quindi smettetela di fingere e ditemi tutto» spiegò accuratamente Re Kaioh, con una certa fretta di scoprire cosa avessero in mente.
«Ma cosa diavolo aspettava a dircelo?!» ringhiò Vegeta, stizzito.
«Vi avrei richiamati qui presto, stavo aspettando di ricevere ordine dagli altri Kaioh» disse Re Kaioh, messo in soggezione dallo sguardo iracondo di Sua Maestà.
Goku, però, gli tirò una debole pacca sulla spalle e iniziò a sorridere come di consueto.
«È una notizia meravigliosa! Io e Vegeta siamo venuti qui proprio nella speranza di riuscire a farle capire le nostre intenzioni». Finalmente le cose stavano prendendo una giusta piega, sarebbe stato di gran lunga più facile riuscire a reclutare combattenti. E soprattutto avevano scoperto che esistevano dei luoghi nei quali gli antropomorfi non avrebbero potuto raggiungerli.
Il Principe dovette faticare per trattenere un sorriso compiaciuto. In fondo quell'idiota aveva avuto una buona idea a pensare a Re Kaioh. Non avrebbe mai smesso di sorprenderlo.
«Lo sapevo che non vi eravate arresi, testoni come siete. Ma spero per voi che il vostro piano sia ben studiato ed efficace: quei draghi non scherzano affatto» disse Re Kaioh. I due ragazzi davanti a lui iniziarono a guardarsi con la grinta di chi sa perfettamente cosa fare.
Erano due pazzi, spericolati, orgogliosi e soprattutto due zucconi di prima categoria, ma proprio per quel motivo Re Kaioh sapeva che loro erano gli unici in grado di poter gestire pericoli tanto grandi. E sapeva che loro erano gli unici a poter liberare il mondo metafisico da quel cancro che si era instaurato miliardi e miliardi di anni prima.
Perché, una cosa che quegli umani non sapevano, era proprio che la Dimora dei Draghi non fosse affatto una dimensione ben vista nel Regno dell'Aldilà.
Ma quella era un'altra storia...



 
 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Buoooongiornooooo a tuttiiiii!
Vi do ufficialmente il benvenuto nella mia storia più lunga di sempre O_O capitolo 41, è strabiliaaante (cit.). E pensare che siamo ancora così lontani dalla fine... oramai sta diventato un'epopea! Spero di non annoiarvi!
Che dite gente, avete apprezzato questo capitolo? Inizio molto piccioncinoso, vero? Ma che carini... si sono ben divertiti quella sera, eeeeh! Monelli xD
Re Kaioh è sempre stato uno dei miei personaggi secondari preferiti, lo adoro un sacco. E, cara grazia, menomale che i due saiyan hanno trovato un prezioso alleato per reclutare i combattenti, almeno una gioia! Ebbene sì, questa Dimora dei Draghi non è affatto ben vista dal Regno dei Cieli. E' una calamità che coinvolge tutti, e indovinate a chi tocca mettere le cose a posto? U_U ma io dico, perché non ci pensano le divinità una volta ogni tanto?! Aaaaah. Io butto via la testa.
Ragazzi, che dire... questo era l'ultimo capitolo prima delle vacanze! Questo fine settimana partirò per un lungo viaggio e non avrò connessione internet, o se ce l'avrò sarà con parecchie restrizioni e censure, quindi ci rivediamo il 2 settembre con il 42esimo capitolo!
Statemi bene e fate i bravi :* grazie per tutti i bei pensieri che mi lasciate ogni volta che pubblico. A prestissimo!

Eevaa

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Capitolo 42
*** Reclutamento ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 42 - RECLUTAMENTO



Hey'll try to push drugs
Keep us all dumbed down and hope that
We will never see the truth around
So come on!
Their time is coming to an end
We have to unify and watch our flag ascend
They will not force us
They will stop degrading us
They will not control us
We will be victorious


Uprising: https://www.youtube.com/watch?v=w8KQmps-Sog


 
 

Ci vollero parecchi minuti per esporre a Re Kaioh il loro piano di battaglia, ma la cosa più frustrante fu che la divinità non si dimostrò entusiasta come speravano.
Scoprirono che non fosse stata opera diretta dei draghi in persona l'uccisione di Pan, in quanto loro non potevano apparire nel mondo degli umani sotto forma antropomorfa - ed era necessario che qualcuno li invocasse con le sfere per apparire come draghi.
Però, al contrario, vennero a conoscenza di un'altra informazione, forse ancora più sconcertante.
«Io non so quali siano esattamente le intenzioni dei draghi, ma quello che so di per certo è che Pan è stata uccisa da un combattente fatto resuscitare dal Regno degli Inferi» spiegò Re Kaioh, con la bocca increspata da un'espressione amara.
Goku e Vegeta si irrigidirono, come se avessero appena ricevuto addosso una secchiata d'acqua gelata.
«Fatto resuscitare da chi?» domando Goku.
«Queste informazioni dovrebbero essere riservate, ma io e gli altri Kaioh temiamo che siano i draghi stessi con i loro poteri a far resuscitare i combattenti» rivelò.
«Possono farlo? Anche se non invocati da qualcuno?» si stupì Vegeta, comprendendo quale fosse il problema reale, problema che Re Kaioh fu subito pronto a sottolineare.
«Certo che possono, anche se non invocati possono utilizzare i poteri dalla Dimora! E proprio per questo potrebbe essere pericoloso, potrebbero schierare un esercito intero contro di voi, l'esercito dei guerrieri della Dimora dei Draghi».
Goku impallidì. No, no, no. Era un problema, un vero problema. In quel posto vi erano i combattenti più forti di tutto il multiverso e, sebbene non tutti raggiungessero il suo livello combattivo, erano indubbiamente più potenti di alcuni guerrieri della loro ipotetica squadra. Videl, ad esempio. Come avrebbe fatto lei, una semplice terrestre seppur forte, a combattere contro uno come Freezer? No, dannazione, lo scenario era di gran lunga peggiore del previsto.
«Kaarot, tu che sei stato in quel posto, quanti combattenti ci sono in totale?» chiese Vegeta, non del tutto sicuro di voler conoscere la risposta.
Goku vagò con la mente tra i ricordi di quei quindici anni trascorsi nella Dimora dei Draghi. Tanti, troppi guerrieri, ed erano sempre di più ogni anno che passava. Alcuni draghi ne possedevano più di altri, ma era di gran lunga certo che una volta, parlando con Juno, avevano fatto un calcolo reale di quanti fossero.
«Attualmente all'incirca centottanta, guerriero più, guerriero meno» svelò Goku, dopo aver contato a mente quanti guerrieri possedesse ogni drago. Sì, centottanta era di certo un calcolo veritiero.
«Dannazione! Ed erano tutti forti? Più forti di te?»
«No. Io ero uno dei più forti, il più forte della squadra di Shenron insieme a Freezer, che però è decisamente meno forte di me. Ci sono altri quattro combattenti all'incirca al mio livello, e poi i due più potenti di tutti: Aymo, del drago Konero; e il migliore, Lorayo, del Drago Superiore» ricordò bene nella mente le lunghe ed estenuanti battaglie contro quei due guerrieri.
C'era andato vicino una volta, a battere Lorayo, ma il suo essere umano gli aveva sempre comportato scomode ferite e stanchezza. Ricordò anche di aver parlato tante volte con Juno di quanto non vedesse l'ora di ritornare lì sotto forma di spirito, per poterlo battere una volta per tutte. Tempi andati, oramai. Più ci pensava e più capiva quanto fosse stato sciocco a voler fare una cosa del genere. Perdere tutto quello che aveva per una cosa simile. Perdere i suoi figli, i suoi amici... perdere Vegeta.
«Quindi ci sono all'incirca sei combattenti o poco più che dobbiamo temere, in fin dei conti. Se ci alleniamo bene, se facciamo in modo che i nostri figli e gli altri si preparino alla battaglia in questi diciotto giorni, allora potremmo avere qualche esigua speranza» asserì il Principe. Tentò il più possibile di non darsi per vinto anche se, effettivamente, al momento le possibilità di vittoria erano alquanto scarse. «Ah, io mi prenoto per far fuori Freezer, ho un conto in sospeso con quella lucertola».
«Uffa, lo volevo io Freezer!» si lagnò Goku a braccia conserte.
Vegeta si illuminò di rabbia e gli puntò un dito contro. «Non ci provare neanche!»
«Allora facciamo carta forbice e sas-»
«MA LA VOLETE PIANTAREEEEEE!?» abbaiò Re Kaioh, facendo arretrare i due Saiyan, Bubbles e Gregory, tutti con gli occhi spalancati. «Vi sembra il momento di pensare a questo?! Non sappiamo nemmeno se sarà effettivamente questo il loro piano di battaglia! SIETE DUE ZUCCONI!»
Goku ridacchiò giulivo, mentre Vegeta lo guardò storto. Nossignore, non gli avrebbe lasciato Freezer nemmeno per tutto l'oro del mondo.
«Piuttosto, quanti combattenti sono dalla nostra parte, sulla Terra? Con chi devo mettermi in contatto?» domandò Re Kaioh, serio.
Vegeta e Goku si guardarono e vagarono con la mente alla ricerca dei loro compagni più forti, ma anche quelli meno potenti. Sarebbe servito l'aiuto di chiunque, nessuno escluso. Goku pensò a suo figlio, il primogenito, sperando con tutto il cuore che avrebbe accettato di collaborare. Chiedergli una cosa del genere avrebbe voluto dire ammettere che la morte di Pan in fin dei conti fosse stata anche colpa sua, quindi non ci sperò più di tanto. Forse Gohan sarebbe rimasto nell'ombra, forse non avrebbe nemmeno voluto saperne di allenarsi.
Il Principe dei Saiyan, invece, era più che certo che Gohan l'avrebbe fatto: quale modo migliore per vendicare la morte di sua figlia? Avrebbe combattuto. Magari non l'avrebbe fatto per suo padre, non al suo fianco, ma avrebbe lottato senz'altro. E così, ad alta voce, iniziò a elencare tutti i loro amici.
«Trunks, Bra, Gohan, l'altro figlio stupido di Kaarot, Ub, Triclope e il suo amico Pupazzetto, Lattina numero 18... ah, anche C17 dovrebbe essere tornato in vita, poi quel pallone gonfiato di Majin Bu... per quanto valga la pena anche Videl e il Genio delle Tartarughe sanno combattere. Dannazione, non possiamo recuperare Muso Verde nel Regno degli Inferi? Tipo fargli ottenere un permesso come hanno fatto con me contro Kid Bu?» disse Vegeta ricordandosi che Piccolo fosse rimasto bloccato nel Regno degli Inferi per fare uscire Goku, nonostante gli spettasse il Regno dei Cieli.
Vegeta ignorò le occhiatacce che Kaarot gli riservarono a causa dei soprannomi dati ai loro amici.
«Anche se riuscissimo a convincere il Regno degli Inferi - ma la vedo grama, dato il periodo - sareste comunque pochissimi. Quattordici - alcuni decisamente poco forti - contro centottanta. È un suicidio» constatò Re Kaioh, con un certo pessimismo.
«Quindici» lo corresse Goku, con tono risoluto. Sorrise al solo pensiero di mettere alla prova il combattente del quale stava parlando.
Sia Vegeta che Re Kaioh lo guardarono torvi, senza capire affatto a chi si stesse riferendo.
«Quindici? E chi sarebbe il quindicesimo? Non vorrai mica far combattere Goku Jr!? Dovrai passare sul mio cadavere, piuttosto» lo minacciò il Principe, pensando che Kaarot si fosse bevuto il cervello.
Questi negò con la testa.
«No, no, affatto. Re Kaioh, si ricorda di cosa le ho raccontato, tanti anni fa? Capisce a chi mi riferisco?» alluse Goku ricordando che, quando si trovava nella Dimora dei Draghi, aveva domandato a Re Kaioh notizie di una persona in particolare, e la divinità aveva insistito per sapere di chi si trattasse.
Re Kaioh si illuminò, raggiante.
«Ah, giusto. Sì beh, è molto forte, ma rimanete comunque troppo pochi!»
«Kaarot, di chi diavolo state parlando?» si intromise Vegeta, curioso e innervosito da cotanta aria di mistero.
Chi poteva essere quel quindicesimo combattente di cui tanto millantavano la forza? Insomma, come poteva esserci sulla Terra un guerriero tanto forte senza che se ne fosse mai accorto? Impossibile. Forse non era un terrestre, forse era dall'altra parte dell'universo.
«Ah, poi ci sono Namecciani! Possiamo chiamare i Namecciani, se acconsentiranno. In fondo siamo sempre stati alleati!» si ricordò Goku, con il volto raggiante.
«Non sono molto forti, ma meglio che niente, possiamo prov-» rispose Re Kaioh, interrotto dalla voce furiosa del Principe, il quale fece irrigidire e indietreggiare tutti gli altri.
«SI PUÒ SAPERE CHI CAVOLO È QUESTO DANNATO QUINDICESIMO COMBATTENTE, PER TUTTI GLI DEI?!»
Goku ridacchiò nervoso; sapeva che rivelare al Principe dei Saiyan un'informazione tanto riservata sarebbe stato rischioso. Probabilmente non l'avrebbe presa bene, affatto. Proprio per quel motivo decise di attendere, tergiversare e soprattutto rimandare a più tardi il momento nel quale avrebbe svelato l'identità del quindicesimo guerriero.
«Giuro, Vegeta, scoprirai ogni cosa non appena avremo contattato tutti. Ti prometto che, una volta andati via di qui, ti porterò a conoscerlo» promise Goku, con una mano dietro la nuca per grattarsi nervosamente. Caspita, come avrebbe fatto a spiegare al Principe una cosa del genere?!
Vegeta si innervosì e si girò di spalle a braccia conserte, soffiando di disappunto.
Cosa diavolo gli stava tenendo nascosto, quel citrullo? Che fosse un figlio illegittimo? Vegeta trasalì: aveva tradito Chichi, in passato? Con gli occhi spalancati lo guardò avvicinarsi alla divinità, ma la sua mente vagava oramai nell'iperuranio alla ricerca dell'immagine di un ipotetico terzo figlio di Goku. Diavolo, no, com'era possibile?
«Allora, Re Kaioh, è pronto?» chiese Goku, con un sorriso nervoso.
«Sì, Goku. Tu sei pronto? Immagino che sarai tu a voler spiegare come stanno le cose» domandò conferma Re Kaioh.
Invitò il ragazzo a mettergli una mano sulla spalla, tentando di instaurare un contatto mentale con tutti coloro i quali avevano scelto di reclutare.
«Credo che sia giusto così» sospirò, non potendo fare a meno di ripensare a Gohan.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi riguadagnare la sua fiducia.

 


 

Erano oramai le tre del pomeriggio, una fresca brezza estiva scompigliò i capelli corti e nerissimi di Videl, affievolendo la sensazione di caldo sulla sua pelle bianca. Si passò una mano sulla fronte e sospirò, poi riprese a stendere sul filo in giardino dei morbidi vestiti colorati. Gohan, dentro casa, stava scrivendo gli ultimi appunti di una tesi di ricerca, cercando di distrarsi il più possibile da ogni pensiero riguardante la morte della figlia. Non aveva più parlato - né con Videl né con nessun altro - dal giorno in cui aveva colpito suo padre in faccia con un calcio.
No, non si sentiva affatto in colpa. Si sentiva furioso come mai lo era stato dalla sua battaglia contro Perfect Cell. Erano anni che non percepiva una rabbia simile crescere dentro di sé. Se ci fosse stato Junior, se fosse stato al suo fianco, probabilmente lo avrebbe portato su una vetta inesplorata e gli avrebbe fatto incanalare tutta quella furia in una lotta interminabile, ma Junior non c'era più. Lui non c'era e non vi era altro modo di superare quel dolore, se non facendo ciò che era sempre riuscito a fare meglio: studiare. Sospirò e tentò di controllare il tremore alle mani, poi guardò fuori dalla finestra. Videl aveva quasi finito di stendere, le mancava solo quell'abito arancione, il suo preferito. Com'era bella con quel vestito, forse avrebbe dovuto dirglielo uno di quei giorni, quando se la sarebbe sentita. Quando avrebbe trovato le forze di tornare a parlare. La guardò da lontano e sospirò di nuovo ma, in quel momento, l'abito le cadde dalle mani. Proprio nell'esatto momento in cui la voce squillante di Goku risuonò loro in testa come un campanello d'allarme.

 

Salve a tutti, amici.
 

Gohan si guardò intorno, più che intento a mettergli le mani al collo se solo fosse stato lì. Ma non vi era nessuno, lì. E non vi era nessuno nemmeno fuori, a gran sorpresa di Videl, la quale era più che sicura di aver udito la voce di suo suocero.
 

Sì, sono io, Goku. Ma non sono lì con voi quindi, ve ne prego, tentate di rimanere il più possibile indifferenti alla mia voce. Tornate a fare ciò che stavate facendo, fate finta di niente, fate come se non mi sentiste.
Lo so che può sembrarvi strano ma, per favore, fate come vi dico. Ne va della nostra vita.

 

Bra, imbambolata davanti al grande tavolo della sede aziendale della Capsule Corporation, osservò con occhi spalancati tutti i suoi clienti, spaventata.
«M... mi sento poco bene. Devo andare in... in bagno un attimo, perdonatemi!» balbettò. Uscì dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle, poi corse in direzione dei servizi igienici con il volto di chi aveva appena visto un fantasma.

 

Permettetemi, prima di tutto, di chiedervi scusa. Vi chiedo perdono perché in questi trentadue giorni vi ho tenuta nascosta una cosa di vitale importanza. Come ben sapete, oramai, tra diciotto giorni me ne sarei dovuto andare di nuovo.
Ora la verità è che... che io, per andarmene, sarei dovuto morire.

 

Goten tremò, tentando il più possibile di non udire il pianto della figlia provenire dalla stanza accanto. Marron era intenta a cullarla per farle passare una piccola colica. Il giovane si appoggiò alla parete con la testa. Morire? Suo padre? Perché? Cosa diamine stava succedendo? Cosa diavolo gli stava tenendo nascosto?
 

Morire perché, nel luogo dove sono stato per quindici anni, ci sono regole molto severe. Si chiama Dimora dei Draghi, ove a capo di tutto vi sono i draghi delle sette sfere. In quella dimensione ci sono degli spiriti dei guerrieri più forti dell'intero multiverso, delle proiezioni delle loro anime provenienti dall'Aldilà, inferi compresi. Mi hanno messo alla prova e, per tornare là, sarei dovuto morire anche io, per essere uno spirito e combattere per sempre. Questa, ovviamente, è un'informazione riservata.
 

In un'isola deserta, oltre i confini del mare, un ragazzo dai lunghi capelli neri e una bandana attorno al collo rivolse il proprio sguardo all'orizzonte. No, non ne sapeva niente, lui. Non sapeva nemmeno che Goku fosse tornato, non se n'era mai interessato, non erano mai stati amici. Cosa diamine poteva importagli di quello che aveva da dire? Perché si stava rivolgendo a lui? Questo, C17, proprio non lo sapeva.
 

È un'informazione così riservata che, quando Pan si è ritrovata a origliare una conversazione tra me e Vegeta, ha firmato la sua condanna a morte. Ebbene sì, amici, purtroppo è così che sono andate le cose. È questo il motivo per cui Pan è stata uccisa.
 

Rimanere impassibile? Far finta di non sentire? Ma come avrebbe fatto Trunks a continuare a guardare suo figlio giocare con gli stessi occhi, nell'udire quelle parole? Come avrebbe fatto a non versare neanche una lacrima nel sapere il vero motivo per il quale sua moglie fosse stata assassinata?
Allora era vero, dannazione, c'entrava qualcosa Goku in tutto quello. E c'entrava qualcosa anche suo padre. Come avevano potuto tenerglielo nascosto fino a quel momento? Che ci fosse un pericolo? Che fossero tutti in pericolo per davvero? Trunks strinse i pugni. Sì, sì doveva essere per forza così. Se suo padre non gli aveva detto niente, quella sera sulla spiaggia, era perché c'era sotto qualcosa di troppo importante. Quindi resistette, deglutì e guardò il figlio con occhi vacui, in attesa di qualche informazione in più, in attesa di sapere quali fossero gli ordini, in attesa di conoscere come avrebbe potuto vendicare sua moglie.

 

Vegeta sa tutto, ha sempre saputo tutto, ma non è stato ucciso, e il motivo è molto semplice: lui era la persona designata ad ammazzarmi. Perché sì, morire in battaglia è il biglietto di sola andata per la Dimora dei Draghi. Ma questa cosa non è importante, non più. Perché non ci voglio più tornare in quel posto, non dopo quello che hanno fatto a Pan. Non dopo che ho capito che... che...
 

I biondi capelli di C18 si mossero leggeri al vento d'estate. Non avrebbe potuto scegliere momento migliore, quello squinternato, per manipolare la sua mente e i suoi pensieri. Non un momento migliore di quando, come tutti i giorni alla stessa ora, lei si recava alla tomba di suo marito per stare in silenzio, a pensare. Per dieci anni aveva deciso di tenersi alla larga da tutta quella marmaglia di gente inutile che erano i loro vecchi amici. Troppi ricordi, troppe parole da spendere per una come lei che di parole da dire ne aveva sempre poche. Eppure lo sapeva, lo sapeva che per il suo Crilin quel pazzoide di Goku era importante, era il suo migliore amico e, se lui fosse stato ancora in vita, di sicuro le avrebbe chiesto di dargli retta, almeno per una cosa così importante.
 

... che ho capito che ci sono cose più importanti del combattimento, non ora che ho capito che la mia famiglia - che ho sempre messo in disparte - vale più dell'eternità a combattere. Non ora che ho capito che i miei amici valgono di più della gloria. Non ora che sono cresciuto, che sono diventato grande. Che ho capito cosa vuol dire avere e assumersi le proprie responsabilità. Per questo vi chiedo scusa, chiedo scusa soprattutto a te, Gohan, perché involontariamente ho combinato l'ennesimo disastro. Vi chiedo perdono e...
 

Il Genio delle Tartarughe rimase impassibile, con gli occhiali scuri adagiati sul naso e uno dei suoi soliti giornaletti appariscenti poggiato sulle ginocchia. Se qualcuno l'avesse visto da fuori di certo non si sarebbe accorto di nulla, non si sarebbe accorto della commozione che gli arrecavano quelle parole. Aveva sempre pensato che Goku fosse un alieno, sin da quando era piccolo, piccolissimo. E proprio per quello aveva notato subito, quando egli era tornato sulla Terra poche settimane prima, che ci fosse qualcosa che non andava in lui, che tenesse nascosto qualcosa di importante. E quel qualcosa ne era valso la pena perché finalmente, dopo più di settant'anni, Goku era riuscito a diventare umano per davvero. Buono lo era sempre stato, ma umano... umano mai.
 

E vi chiedo di aiutarmi. Di aiutarci, perché sia io che Vegeta in questo momento siamo in pericolo. Perché se io scelgo di non morire e lui di conseguenza di non uccidermi, verranno a prenderci. Vi chiedo di aiutarci per vendicare Pan, perché al posto suo sarebbe potuto esserci chiunque di noi, di voi. E sarà sempre così fin che non li fermeremo, perché a quanto pare quei draghi dei desideri non sono così buoni come tutti pensiamo, e potrebbero rivoltarsi contro di noi in qualsiasi momento. Shenron, Polunga, e tanti altri. Ce ne sono sette, e tutti e sette giocano a far la guerra con dei soldatini per guadagnare prestigio. È un sistema strano, dittatoriale, assolutamente malsano.
 

Due lune, due soli. Sul pianeta verde sperduto in una galassia lontana, la vita aveva continuato a scorrere sempre uguale. L'anziano saggio - oramai molto più anziano di quello che tutti si ricordavano - era seduto all'interno di una casetta nel suo villaggio, circondato da altri uomini dalla pelle verde e le orecchie a punta. Goku era sempre stato loro amico, li aveva aiutati, i terrestri li avevano ospitati. Si erano dati sempre man forte a vicenda quando ce n'era stato bisogno. Sgranò gli occhi ma fece finta di niente nell'udire che anche il Drago Polunga, il drago di Namek, non era in realtà un drago buono come speravano. E, se i terrestri erano in pericolo per via di Shenron, allora anche loro avrebbero potuto esserlo. Proprio per questo non ebbe il minimo dubbio su quello che avrebbe dovuto fare: avrebbe mandato i suoi combattenti migliori a combattere per una giusta causa.
Anche Dende, dall'alto del suo palazzo, era stato messo in contatto. Li avrebbe aiutati come avrebbe potuto, con i suoi poteri di guarigione, ordinando a Karin di accelerare la crescita dei Senzu, in qualsiasi modo.
E, in una dimensione molto lontana, vi era un altro guerriero Namecciano con le orecchie tese e la mente occupata a udire quella voce squillante. Junior sorrise, non capì proprio come avrebbe potuto fare per aiutarli; ma se ci fosse stata l'occasione, se gli avessero concesso un permesso speciale, sarebbe stato in prima linea ad aiutare i suoi amici.

 

Chiedo a tutti voi di aiutarci a combattere contro tutti questi guerrieri, che con tutta probabilità arriveranno sulla Terra tra diciotto giorni. Saranno tanti, tantissimi, centottanta circa. Un esercito di combattenti fortissimi... ma fortissimi lo siamo anche noi. Lo siete voi. Vi sto chiedendo di allenarvi con qualunque mezzo, con qualunque scusa, segretamente, per poter prendere parte a una nuova grande battaglia. L'ultima, voglio sperare.
 

Ub e Majin-Bu si guardarono senza smettere di muovere le proprie mani. I due guerrieri, infatti - dopo essersi fusi durante lo scontro con Baby - erano tornati ad essere due entità ben distinte dopo l'ultima battaglia con i draghi malvagi. Mr Satan aveva espresso il grande desiderio di riavere con sé il suo amico durante gli anni della vecchiaia e, proprio per questo, i due avevano chiesto a Dende di aiutarli a separare i loro corpi con i suoi poteri. Da tempo Ub aveva fondato un'associazione per dare aiuto e sostentamento alle famiglie povere e chi, se non la sua controparte dalla quale si era reincarnato, avrebbe potuto dargli una mano per procurare del cibo ai nullatenenti? Lui che, per altro, era in grado di trasformare qualsiasi oggetto in cibo stesso. Si guardarono di nuovo e annuirono, in silenzio, segretamente, capendo che fosse giunto il momento. Che, dopo quindici anni, era tornato il momento di difendere la Terra, di proteggere i loro amici.
 

Non preoccupatevi se non vi ritenete abbastanza potenti: l'unione fa la forza. E noi combatteremo uniti come abbiamo sempre fatto. Siamo forti, saremo pronti. Dobbiamo tornare a essere la Squadra Z! Vi chiedo di allenarvi in segreto, di non parlarne con nessuno, di non parlarne mai tra di voi perché, come avrete capito, siamo osservati. Trovate delle scuse, usate dei codici, se volete allenarvi insieme a me e Vegeta scriveteci con una scusa, magari non subito, non tutti insieme. Usate la stanza dello Spirito e del Tempo, provate tecniche nuove. E, tra diciotto giorni, al tramonto, ci vediamo tutti al palazzo del Supremo della Terra - Namecciani, se ci siete verremo a prendervi con il teletrasporto - e andremo a combattere sul pianeta dei Kaiohshin, così non ci andranno di mezzo altre persone innocenti.
 

Tensing e Riff non avevano mai smesso di combattere insieme, mai in tutta la loro vita. E, dopo un primo attimo di smarrimento avevano continuato a lottare come se nulla fosse e, anzi, forse caricati da quelle parole, avevano iniziato a impegnarsi di più. Nonostante l'età, nonostante oramai fossero passati tantissimi anni dalla loro ultima grande battaglia. Sarebbero stati lì, con tutti gli altri, pronti ad affrontare qualsiasi cosa. E se fossero morti, sarebbero morti facendo ciò per cui si erano allenati per una vita intera.
 

Vi prego, amici, vi supplico di aiutarmi, anche se me ne sono andato quindici anni e non mi sono più fatto sentire, anche se non sempre mi sono comportato da persona matura. Vi prego di aiutare me e soprattutto di aiutare Vegeta. Perché anche lui è cambiato, e non merita di morire per colpa mia. Se non volete farlo per me, fatelo per lui, fatelo per Pan. Fatelo per proteggere chi amate.
Grazie, grazie di cuore e a presto!

 

Occhi neri come la pece. Il quindicesimo combattente alzò il volto verso il cielo e, scroccando le nocche, increspò le labbra in un sorriso compiaciuto. Finalmente sarebbe giunto anche il suo momento, finalmente avrebbe avuto l'occasione di rivelarsi, mostrarsi per ciò che fosse. Per chi fosse.


 
 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Boom baby! BOOOOM BABY! :D
Ciao a tutti miei amici cari, sono tornata! Sono stanca morta, ho un jet lag da paura ma ne è valsa davvero la pena, è stato un viaggio meraviglioso! Ho visto tantissime cose, conosciuto tante persone e mi sono affacciata ad una cultura pazzesca. Ma bando alle ciance, basta parlare di me! Come state voi? Dove siete andati di bello in vacanza? Vi sono mancata un pochettinoooo? XD
Beh devo dire che abbiamo ricominciato con il botto, o sbaglio? Che discorso, Goku! Che discorso! O_O roba da matti, scommetto che il principone sarà rimasto a bocca aperta e con gli occhi a cuoricino (di nascosto, ovviamente). Che dite... si alleneranno tutti? Accetteranno tutti di far parte del piano?
Ma soprattutto...
Vegeta: CHI DIAVOLO E' QUESTO DANNATISSIMO COMBATTENTE MISTERIOSOOOOOOO!?
Ecco... appunto. Teorie? Supposizioni? Complotti? Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bentornati in After All, la storia che non finisce mai xD
Eevaa

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Capitolo 43
*** Il quindicesimo combattente ***


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-AFTER ALL -
CAPITOLO 43 - IL QUINDICESIMO COMBATTENTE



 

Se gli avessero chiesto di ripeterlo, non ci sarebbe riuscito affatto. Neanche lontanamente.
Goku staccò la propria mano dalla spalla di Re Kaioh e cadde a terra, sulle ginocchia. Non si sarebbe mai aspettato di poter pronunciare un discorso del genere e, a giudicare dai volti stupiti delle persone che erano lì accanto a lui, nemmeno loro.
«G-Goku? Tutto ok, figliolo?» domandò Re Kaioh, con tono incredulo.
«Sì... sì, tutto ok» annaspò, inspirando con forza a pieni polmoni. «Tutto ok».
Vegeta, poco più lontano, lo guardò e si trattenne dal volerlo aiutare ad alzarsi. Diamine, se qualcuno gli avesse detto che quell'idiota di Kaarot avrebbe pronunciato un discorso simile, di certo non ci avrebbe creduto. Non lui, non quel sempliciotto di terza classe, non quell'uomo che non aveva mai guardato al di là del suo naso quando si trattava di battaglie. Era stato quasi commovente ma no, il Principe dei Saiyan non si commuoveva. Mai.
Lo guardò rialzarsi da solo dopo qualche secondo, per poi ritornare a sorridere come Vegeta era abituato vederlo fare in passato - ma un po' meno nel presente. Eppure quel sorriso da idiota oramai gli piaceva, e non riuscì proprio a dimostrarsi indifferente alla cosa. Lo guardò soddisfatto senza dimostrarsi duro come al solito e, avvicinandosi un poco, annuì con orgoglio.
«Ben fatto» riuscì solo a dire, accorgendosi di essere osservato non solo da una divinità, ma anche da una scimmia e un'accidenti di cavalletta. Arrossì nel vederli sorridere inteneriti, così decise di voltare le spalle e incrociare le braccia al petto com'era consueto fare.
«Beh, Vegeta... sei pronto a conoscere il quindicesimo combattente?» domandò Goku nel notare che, forse, era giunto il momento di andarsene di lì.
Sarebbe stata anche l'occasione perfetta per presentarsi davanti a questa persona senza destare sospetti. Quale scusa migliore se non quella di inventare che Re Kaioh non avesse tempo da perdere per aiutarli ad allenarsi?
«Dannazione sì, mi ero quasi dimenticato di lui».

E così, dopo la piacevole scoperta che nel regno dell'Aldilà non sarebbero mai stati osservati dai draghi, i due guerrieri ringraziarono e salutarono Re Kaioh. Egli promise che si sarebbe fatto sentire ogni giorno con le novità sul reclutamento dei combattenti, per dar loro delle notizie su come si stavano allenando gli altri guerrieri sulla Terra – che avrebbe spiato – e per fargli sapere se sarebbe riuscito a convincere Baba e Re Yammer a chiedere un permesso speciale per Junior. Ovviamente loro non avrebbero potuto recarsi da Re Kaioh, altrimenti avrebbero destato dei sospetti. L'avrebbero fatto solo se strettamente necessario.
Si teletrasportarono sulla Terra cercando l'Aura di Dende il quale, guardandoli comparire dal nulla, decise di non dire niente se non pronunciare un calorosissimo saluto come sua consuetudine. Volarono veloci giù per la grande torre, deviando poi in direzione della Città dell'Ovest.
«Che noia: Re Kaioh ci ha fatto perdere un sacco di tempo per poi lasciarci a mani vuote!» si lagnò Goku ad alta voce, fingendo alla perfezione. Oramai aveva appreso la tecnica della recitazione. «Poteva anche dircelo - prima che finisse il tempo della nostra Fusione - che oggi non sarebbe riuscito a farci allenare con i combattenti del Kaioh dell'Est. Per fortuna conosco questa persona con la quale possiamo allenarci. È forte, non capisco perché non mi sia venuto in mente prima!»
«Perché sei tonto, ecco perché» rispose di getto Vegeta, con un sorrisetto. Eppure tonto proprio non si stava dimostrando, a giudicare da come aveva capito di dover fingere. E lo stava facendo bene.
Goku aveva captato dove si trovasse la persona che stavano cercando, conosceva fin troppo bene quel luogo. Aveva speso tantissime giornate nel giardinetto di quella piccola casa di campagna ad allenarsi insieme a quel combattente, in passato. Sorrise, non pensava che sarebbe mai giunto il momento di presentarlo al mondo intero. Aveva promesso che l'avrebbe fatto solo in caso di urgente bisogno, e quale bisogno poteva essere più urgente di quello?
Si sentì in colpa, per un momento, per non essersi mai recato a salutare in quei trentadue giorni, ma era sicuro che quella persona avrebbe capito. Oramai conosceva Goku da tanti anni, non ci sarebbe stato niente di cui stupirsi.
«Mi devi promettere una cosa, però» interruppe il suo volo Goku, mettendo un dito davanti al viso di Vegeta. Dito che venne però scansato con un gesto nervoso simile a una sberla.
«Dipende, odio quando mi chiedi di farti promesse» grugnì.
«Non devi dare di matto, per nessun motivo al mondo» si raccomandò Goku, con le mani unite a mo' di preghiera.
«E perché mai dovrei?! Cielo, Kaarot, mi stai spaventando» disse Vegeta, tornando all'ipotesi del figlio illegittimo. Dannazione, doveva essere per forza così, altrimenti perché tutti quei misteri?
«Promettimelo e basta!» insistette lui, con voce infantile.
«Dannazione, ok! Cosa vuoi che me ne importi se hai avuto un altro figlio?!» sputò fuori Vegeta, rosso come un peperone. Ecco, l'aveva detto.
Goku strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca in un'espressione che il suo rivale avrebbe definito - giustamente - da ebete. Poi rise. Rise sempre più forte finché il Principe non tentò di sferrargli un pugno in pieno volto. Oramai avrebbe dovuto saperlo quanto Vegeta odiasse essere sbeffeggiato.
«Un figlio?! Ma di cosa diamine stai parlando?» rise ancora Goku, evitando un altro pugno per poi fermarsi e guardarlo più seriamente. «Vegeta... hai veramente pensato che potessi aver tradito Chichi?!»
«Che ne so, non finisci mai di stupirmi, tu» rivelò il Principe pensando che, se avesse continuato ad arrossire, gli sarebbe colata via la pelle dal volto. Già, come poteva aver pensato che quell'idiota - che probabilmente non aveva nemmeno capito come si facessero i figli - avesse tradito sua moglie? Si maledisse ancora di più quando si riscoprì sollevato del fatto che Kaarot non avesse l'indole del traditore.
«No, nessun figlio. Però... no, niente, lo scoprirai» si interruppe Goku, prima di poter rivelare subito qualche informazione di troppo.
«Ma cosa!?»
«Seguimi» lo invitò Goku, riprendendo il suo volo veloce verso Ovest.
«Ti odio» ringhiò il Principe, volando con le braccia incrociate al petto. Non capì se si stesse rivolgendo all'idiota oppure a se stesso.

 


 

Ci vollero pochi, pochissimi minuti di volo per giungere nel posto in cui avrebbero finalmente incontrato quel combattente la quale identità, a quanto pareva, era un segreto di stato.
Atterrarono sull'erba fresca di una piccola radura in mezzo a un boschetto, la Città dell'Ovest distava almeno una ventina di minuti in macchina. Un luogo incontaminato, quasi paradisiaco. Fiori di campo qua e là, un piccolo acero di fianco alla finestra principale di quella che era una minuscola casetta in mattoni ben tenuta. Un piccolo orticello sul retro della casa e una macchina gialla parcheggiata sotto a una grande quercia, vicino al sentiero sterrato che portava fuori dal bosco.
C'erano due altalene, un piccolo scivolo e, proprio da un cespuglio, saltò fuori una grande palla colorata inseguita da una bambina sui sei-sette anni, con i capelli rossi e vestita di una salopette color menta.
Goku sorrise, aveva sentito la lieta notizia mentre era nella Dimora dei Draghi, ma non immaginava affatto di trovare quella bambina già così grande e, soprattutto, non si aspettò di certo che, nel vedere i due sconosciuti in mezzo al suo giardino, questa si mettesse in posizione di difesa con la fronte corrucciata e le mani pronte a sferrare un attacco.
«Chi siete? Cosa volete?» disse a gran voce la bambina, con un ringhio.
«Dico, Kaarot, non vorrai farmi credere che questa pulce sia il quindices-» ridacchiò Vegeta incredulo, venendo però interrotto dal rumore di una porta e una morbida voce femminile.
«Zio Goku! Cielo, quanto tempo! Tranquilla, Martha, sono amici!»
«ZIO CHE?!» gridò Vegeta, nel panico.
Si voltò di scatto verso i gradini della piccola casa in mattoni, dai quali scese l'ultima persona che si aspettò di vedere in quel posto, e soprattutto l'ultima persona che avrebbe dovuto chiamare Kaarot "zio".
«TU!?!» urlò ancora Vegeta, puntando il dito verso la figura femminile davanti a lui. No, non poteva crederci. Non poteva essere vero.
«Eh già, io!» rispose la ragazza, in una risatina.
«Ma, scusate, voi vi conoscete?» domandò Goku, incredulo, osservando prima Sua Maestà e poi la donna.
Vegeta deglutì. Capelli rossi, una manciata di lentiggini e un bel viso ovale. Gambe lunghe e toniche, labbra carnose increspate in un sorriso e gli occhi scuri come la pece, occhi che già gli avevano ricordato qualcosa. L'avrebbe riconosciuta tra mille ed era sicuro che fosse lei: la cantante che aveva suonato nel suo pub di fiducia qualche settimana prima.
Cielo, avrebbe voluto sprofondare! Quella sera, dopo qualche whiskey, Vegeta aveva tentato un approccio ravvicinato con lei pur di non voler ammettere a se stesso che la persona che desiderava era quell'imbecille di Kaarot. Approccio che - fortunatamente - non aveva nemmeno avuto inizio, visto che il Principe aveva deciso di darsela a gambe dopo a malapena essersi avvicinato. L'aveva pensata, qualche volta. Si era domandato spesso perché una ragazza così carina non avesse fatto alcun effetto su di lui, e aveva trovato la risposta solo in quel cretino di terza classe che, a quanto aveva capito, era considerato suo zio.

«Di... di vista» balbettò Vegeta, indietreggiando. Per tutte le stelle, che figuraccia.
«Ho visto Vegeta in un locale dove ho suonato, una volta. C'è mancato proprio poco che mi scoprisse, si è persino avvicinato probabilmente perché aveva sentito la mia Aura. Per fortuna era ubriaco ed è andato via, altrimenti se ne sarebbe accorto subito» disse lei, sollevata. Roteò gli occhi e sbuffò via un poco di tensione. «Mi ero spaventata, c'era mancato proprio poco!»
Vegeta si immobilizzò. Punto primo: perché quella tizia conosceva il suo nome? Punto secondo: cielo, per fortuna quella sconosciuta non aveva realmente capito le sue intenzioni. Beh, da quel frangente almeno era salvo. Punto terzo:
«Ma accorto di cosa?» domandò il Principe, con le gote scarlatte per l'ennesima volta. Era già un grande successo che tutti quei misteri non lo avessero già fatto esplodere dal nervoso.
Goku e la ragazza si guardarono intensamente, ed egli annuì in segno di approvazione. Era giunto il momento.
«Che sono una Saiyan».

 


 

«Vegeta, siediti. Lascia che ti spieghi» lo invitò la donna dai capelli rossi, spingendo delicatamente il Principe verso il salotto. Da almeno tre minuti buoni aveva perso l'uso della parola e, soprattutto, si era irrigidito come un tronco senza riuscire più a muovere un solo muscolo che non fossero le gambe per camminare. Era come se si trovasse in uno stato di shock, di trance meditativo.
«Per te sono "Sua Maestà", a questo punto» disse finalmente Vegeta, a denti stretti, tenendo però lo sguardo fisso davanti a sé.
«Ma cos'ha?» domandò lei a Goku con un sussurro, storcendo il naso mentre si accingeva a far accomodare il suo bizzarro ospite sul divano.
«Te l'ho sempre detto che è un tipo un po' scontroso, lascia perdere» bisbigliò lui. Si gettò sulla poltrona ed evitò di schiacciare un pupazzo a forma di coniglio della piccola Martha la quale, incuriosita, osservava la scena in silenzio appollaiata alla finestra.
«Ti ammazzo, Kaarot» disse Vegeta, secco.
«Sì, tra qualche giorno. Abbi pazienza. E comunque mi avevi promesso che non avresti dato di matto» gli ricordò Goku, sorridendo.
Una piccola scintilla si innescò a partire dalla vena del collo del Principe, il quale Super Saiyan per qualche breve secondo, regredendo allo stadio naturale poco dopo. «Ti sembro agitato?» domandò retorico.
Goku gli riservò un'occhiata eloquente.
Vegeta press un lungo respiro per potersi calmare e potersi rivolgere alla donna dai capelli rossi la quale, apparentemente, millantava di appartenere alla sua razza.
«Quindi... sei una Saiyan, giusto?»
«Giusto» confermò lei, nervosa.
«E questo imbecille di terza classe sarebbe tuo zio, giusto?» domandò Vegeta, tentando in tutti i modi di non saltare a conclusioni affrettate.
«Giusto».
Vegeta si irrigidì di nuovo e un'altra piccola scarica di energia percorse la sua schiena.
«Se due più due fa quattro allora questo può voler dire solo una cosa, giusto?» chiese in conclusione il Principe, sperando non sentire la conferma alle sue deduzioni.
«... giusto».
«PER TUTTI GLI DEI, NO!» tuonò a quel punto Vegeta, trasformandosi in Super Sayian senza però muovere alcun muscolo. «NON PUOI ESSERE VERAMENTE FIGLIA DI QUEL COGLIONE!»
Entrambi risero, e Martha quasi si ribaltò dalla finestra per l'ilarità. Di certo Goku non si sarebbe aspettato una reazione felice ma, santi numi, si stava realmente rivelando più spassoso del previsto.
«Piacere mio, Vegeta. Mi chiamo Evangeline, ma tutti mi chiamano Eva. E sì, sono la figlia di quel coglione di Radish».
Se Vegeta fosse stato terrestre gli sarebbe venuto un infarto. Fortunatamente, però,  non lo era. E nemmeno Evangeline, a quanto pareva. Ecco perché, tra mille e migliaia di donne che aveva sempre visto in giro per quel pianeta, lei era stata l'unica - oltre a Bulma - a risultare anche solo un poco attraente agli occhi di Vegeta. Ecco perché aveva pensato che fosse strano che una terrestre fosse così tanto interessante: lei non era affatto una terrestre. Non del tutto, almeno.
Vegeta si sentì stupido, scemo, ancor più idiota di quell'idiota con il quale aveva deciso di avere una relazione - se così si potesse chiamare. Se lo sarebbe portato nella tomba il segreto che aveva anche solo sfiorato l'idea di provarci con sua nipote. Sua nipote! Dannazione, come poteva quella ragazza essere figlia di quell'abominio di Radish?
«Eva, adesso tu mi spieghi per filo e per segno perché diamine tuo padre è Radish, e soprattutto cosa ci fai qua» gli ordinò Sua Maestà, cercando il più possibile di regredire a uno stato di calma.
E così fece, perché Evangeline gli spiegò tutto, per filo e per segno. Tutta la sua storia, tutto il suo percorso dallo stesso anno in cui i Saiyan erano arrivati sulla Terra fino a quel momento.
Gli ricordò come, molti anni prima, il guerriero Saiyan di nome Radish era stato mandato sulla Terra per recuperare suo fratello Kaarot, al quale era stata assegnata la missione di sterminare tutti i terrestri. Quando Radish era atterrato sul pianeta azzurro, però, aveva notato che la razza terrestre non era affatto estinta. Aveva cercato Kaarot furiosamente e rapito suo figlio di appena quattro anni, dando al padre pochi giorni di tempo per portare un numero di terrestri morti per dimostrare le sue origini, altrimenti avrebbe portato via il nipote Gohan con sé nello spazio.
E, anche se di tutto ciò ne era perfettamente al corrente - diamine, gliel'aveva ordinato lui stesso! - Vegeta si stupì non poco di udire ciò che quel cretino di Radish avesse fatto durante le poche ore a disposizione che aveva avuto. Si era divertito a importunare le persone in un bar locale della zona, molestando le donne e tentando di sedurle. Non che Vegeta potesse stupirsi di ciò: quel demente di Radish era sempre stato un donnaiolo e un piacione.
E una di quelle donne era proprio la sfortunata madre di Eva. Radish l'aveva fatta ubriacare e forse l'aveva persino drogata, l'aveva sedotta per poi abbandonarla in poche ore.
Successivamente Radish era stato eliminato da Junior ma, quello che nessuno poteva immaginarsi, fu che aveva lasciato in grembo di quella donna sua figlia, figlia di un abuso. Ma la madre di Eva aveva deciso ugualmente di crescere quella bambina, dandole una buona educazione e accudendola senza rancore. Le aveva insegnato l'arte della musica e della pittura, scoprendola una bimba buona e talentuosa.
Sin dalla tenera età però, a dimostrazione del suo corredo genetico, Eva aveva mostrato anche caratteristiche non comuni, come la capacità di volare e una forza sovrumana. Ella aveva distrutto addirittura la loro vecchia casa in una notte di luna piena, trasformandosi in Oozaru. Fortunatamente non c'erano state vittime e la madre, intuendo che potesse essere colpa della coda, si era prodigata a tagliargliela e, di fatti, non era successo più nulla.
Una volta compiuti tredici anni la madre aveva deciso di raccontarle chi fosse. Lo aveva spiegato con le uniche informazioni che possedeva, ossia le parole di Radish: "Goditi questo momento, dolcezza. Per te, debole terrestre, dovrebbe essere un'onore giacere con un Saiyan" aveva detto lui, quando la madre di Eva aveva tentato di rifiutarsi. Eva aveva appreso dunque di essere un'aliena per metà, una Saiyan.
Da allora aveva cercato di raccogliere più informazioni possibili sulle sue origini, e così aveva conosciuto Goku. Era il periodo appena precedente alla lotta contro Majin-Bu. Goku era stato molto sorpreso e incuriosito dalla sua storia, l'aveva aiutata ad allenarsi intensamente, a sprigionare tutta la sua forza. Si erano allenati su pianeti lontani, in modo che nessuno potesse scoprirla. Eva, infatti, aveva deciso di mantenere segreta la sua identità a meno che non fosse strettamente necessario per la salvezza del pianeta.
Era divenuta molto forte ma, durante le grandi battaglie contro Majin-Bu, i sette draghi malvagi e super C17, Goku le aveva vietato di prendere parte ai combattimenti. Non voleva coinvolgerla, non sapeva se era pronta e non avrebbe voluto mettere a repentaglio la vita di una ragazza che aveva sempre voluto crescere come una persona normale. E, naturalmente, perché era sicuro che del suo aiuto non ce ne sarebbe stato affatto bisogno e avrebbe risolto da solo i problemi, prendendosi tutto il merito e il divertimento.
Negli ultimi anni era riuscita a diventare una musicista famosa, aveva trovato un buon marito e aveva dato alla luce una splendida bambina – e Vegeta si sentì ancora più idiota per aver quasi tentato di approcciarsi a lei.
Eva gli raccontò tutto quanto e, con sua grande sorpresa, questo servì a Vegeta per sentirsi più tranquillo.
A quei tempi non avrebbe potuto affatto biasimare Radish, quella era la verità. Erano stati tutti dei bastardi, in quel periodo. Torturavano, uccidevano, fornicavano con la peggior specie di prostitute dello spazio. Almeno Radish aveva sempre avuto la decenza di lasciare in vita le persone con cui andava a letto. Nappa le uccideva sempre.
A, Vegeta, beh... era capitato una volta sola. Erano stati tempi bui, di schiavitù.
Quello sciocco di Radish si era definito suo amico, ma Vegeta di amici veri nello spazio non ne aveva mai avuti. Pensare ai suoi compagni Saiyan faceva ricordare lui quei tempi di sterminio, atti che non facevano più parte del suo essere.
Al giorno d'oggi Vegeta comprendeva che quello che avesse messo in atto Radish con la madre di Eva fosse uno stupro senza alcuna giustificazione. Niente di tutto quello che avevano fatto aveva una giustificazione.
E anche Eva spese solo parole di odio e rancore nei confronti del padre che mai aveva conosciuto. Goku, al contrario, aveva sempre trovato interessante avere una nipote. Gli piaceva pensare che, proprio come Vegeta, se Radish avesse avuto la possibilità di riscattarsi e di vivere insieme ai terrestri, sarebbe diventato anch'egli una persona migliore. Soprattutto se avesse avuto la possibilità di conoscere sua figlia Eva: era una donna straordinaria e una combattente eccezionale. Di certo ne sarebbe stato orgoglioso. Proprio per quello nella Dimora dei Draghi aveva osato chiedere a Shenron del perché non avesse scelto di prendersi lo spirito di Radish: avrebbe tanto voluto raccontagli di lei.
«Questo è quanto» disse Eva, poi fece accomodare sua figlia accanto a lei. «E lei è mia figlia, Martha. Le sto insegnando a lottare».
«E suo padre dov'è?» domandò Goku, indiscreto, guardando poi la foto sul pianoforte del matrimonio di sua nipote.
«Alphonse dovrebbe arrivare in serata, è un musicista anche lui. Ci diamo spesso cambio nei tour, così non dobbiamo scorrazzare Martha in giro per il mondo. Ha il diritto di andare a scuola e farsi degli amici in questa città. Ho sempre premuto per vivere e far vivere alla mia famiglia una vita normale» disse lei, scompigliando i capelli della bambina dai grandi occhi blu la quale, sorridendo, si alzò di scatto come una molla per balzare fuori dalla finestra.
«Veniamo al dunque: siamo qui per allenarci con te. Vogliamo provare delle nuove tecniche tra le quali la Fusione e non c'è nessun altro su questo dannato pianeta di buoni a nulla che, al momento, abbia voglia di competere con noi» dichiarò il Principe ben conscio che, in realtà, Eva conoscesse alla perfezione il loro piano. Non restava che vedere se avesse intenzione di partecipare oppure no.
Ma, se mai avesse conosciuto Evangeline come l'aveva conosciuta suo zio Goku, avrebbe saputo che una come lei non si sarebbe mai tirata indietro. Nonostante il combattere avrebbe comportato la messa in pubblico della sua identità che aveva sempre voluto celare. E, soprattutto, avrebbe voluto dire rischiare di rimetterci la pelle.
Eva spostò lo sguardo fuori dalla finestra e mise a fuoco sua figlia intenta a lanciare il pallone oltre le nuvole nel cielo. La guardò e pregò il cielo di avere qualche speranza a combattere contro quel fantomatico esercito del quale aveva solo sentito parlare. Avrebbe dato la vita pur di aiutare le persone che amava e, se suo zio le stava implorando di aiutarlo, non si sarebbe mai potuta permettere di dirgli di no, nonostante questo avrebbe potuto comportare la morte eterna. Guardò sua figlia Martha e sperò con tutto il cuore di non doverle dire addio; per quel motivo si sarebbe allenata, per quel motivo si sarebbe impegnata pur di vincere. Tornò a rivolgersi ai due Saiyan, ai due membri della sua stessa specie e annuì lentamente, seria.
«Per me è un onore».


 

[Eva, fanart realizzata da Giosuè Graci. Nel mio immaginario Eva ha un aspetto molto meno "mascolino" e "duro", ed è più somigliante ad un terrestre che ad un saiyan.
Ma ringrazio davvero di cuore Giosuè per avermi regalato la sua visione del personaggio]
 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti miei cari! Eccomi con il capitolo quarantatré! (incredibile, siamo arrivati a questo punto).
Finalmente è stata svelata l'identità del quindicesimo combattente... alcuni di voi - coloro che hanno letto The Newborn Saiyan - avevano già avuto dei sospetti a riguardo. Eva è la co-protagonista di quella storia, un mio personaggio originale. Che dire, The Big Dreamer mi ha dato tempo fa l'idea di fare un piccolo crossover e, effettivamente, ho pensato che potesse essere interessante. Voi che dite? 
Per chi non lo sapesse "The Newborn Saiyan" è stata la mia prima primissima fanfiction, scritta quando avevo all'incirca quindici anni e pubblicata su EFP nel 2012. Poco più di un anno fa ho deciso di pubblicarla di nuovo, la potete trovare nella mia pagina insieme a "Dragon Ball GA - Game of Ages" (una delle mie storie più complesse e più sudate). 
Bene, adesso che anche la saiyan dai capelli rossi è stata reclutata, non resta che vedere se anche gli altri combattenti della squadra Z accetteranno di partecipare a questo suicidio di massa xD Manca poco, pochissimo a quella che si pronostica essere una delle battaglie più epiche di tutta la vita dei nostri protagonisti. Non vedo l'ora di raccontarvi cosa succederà :D
A domenica prossima!
Eevaa

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Capitolo 44
*** Dobbiamo avere fiducia in loro ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 44 - DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN LORO



 

Eva aveva sentito parlare di Gogeta. Aveva percepito sulla propria pelle la sua forza durante la grande battaglia contro Li Shenron, aveva potuto osservarlo da lontano, di nascosto. Ma, a dispetto di quanto fosse preparata a combattere contro un essere così fuori dal comune, si stupì di quanto fosse prestante e straordinario.
Nemmeno Gogeta riuscì però a restare indifferente di fronte alla forza di quella Saiyan e, al contrario di Goku che aveva ben avuto occasione di conoscere la forza di Eva, Vegeta rimase a bocca aperta nel misurarsi con lei. Di certo era la donna più forte contro la quale avesse mai combattuto. Era stato messo alle strette da C18, una volta, ma era pur sempre un cyborg; Bra, invece, non si era mai impegnata poi così tanto nella lotta e, nonostante fosse una degna combattente, Eva lo era molto di più - anche rispetto a Pan.
Vegeta era a conoscenza della forza delle donne Saiyan, ma mai si sarebbe aspettato di poterla ammirare di nuovo in una forma così incredibile. Ricordò una delle rare volte in cui aveva visto sua madre combattere, quando era piccolissimo. Era meravigliosa, sinuosa, stratega. Non aveva molte memorie di lei, ma quella era senza dubbio una delle più affascinanti.
Ed Eva... Eva gliela ricordava parecchio. Come si muoveva, come combatteva, come parava i colpi, per quanto fosse temibile nonostante fosse figlia di un combattente di infimo livello. Beh, era pur sempre nipote del guerriero più forte che avesse mai conosciuto.
Ma, nonostante Eva facesse di tutto per opporre resistenza all'invincibile Gogeta,  non aveva poi così tante chance di sopravvivere già in partenza, anche dopo essersi trasformata in Super Saiyan.
Avevano deciso di andare a combattere sul pianeta satellite dei Kaiohshin – i quali erano stati informati di tutto l'accaduto da Re Kaioh - in modo tale da non rivelare ancora la presenza di Eva agli altri guerrieri.
«Impegnati di più!» gli intimò Gogeta il quale, per risparmiare tempo ed energie per mantenere la Fusione attiva, aveva deciso di non trasformarsi in Super Saiyan di quarto livello ma di rimanere al primo stadio.
«Ci s-sto, provando!» digrignò i denti Eva, impegnata respingere in tutti i modi una grandissima quantità di energia sprigionata dall'avversario.
«Non abbastanza, evidentemente» la sbeffeggiò Gogeta, alimentando ancor di più il fascio di luce con un sorriso al limite della perfidia.
Eva urlò e chiuse gli occhi, poi sprigionò tutto il suo Ki invadendo le alte montagne di fulmini e scosse elettriche, e Gogeta spalancò la bocca esterrefatto. Sì, senza dubbio - nonostante l'ibrido non stesse combattendo al pieno delle proprie energie - quella ragazza gli stava dando parecchio filo da torcere. Quando finalmente Eva riuscì a deviare il fascio di luce in direzione del cielo azzurro, Gogeta non poté fare a meno di ridacchiare tra sé e sé. Di certo sarebbe stata una persona utile in prima linea, contro quell'ipotetico esercito capitanato dai draghi. A giudicare dal suo modo di combattere e di agire, ella avrebbe potuto facilmente riuscire a tenere testa a Trunks e, forse, persino a Gohan (in quanto non si allenava da tanti, troppi anni). Era sul serio un vero peccato che Bra non fosse almeno vicina al suo livello, non attualmente almeno, altrimenti avrebbero potuto ricorrere anche loro alla Fusione.
Vegeta, per un attimo, sperò che Trunks mettesse da parte il suo rancore nei confronti di Goten, in modo tale da poter combattere uniti anche loro sotto forma di Gotenks.
Gogeta sorrise sghembo al ricordo di quell'accoppiata vincente. Erano stati due bambini fenomenali. Ma, proprio nell'attimo in cui Gogeta si perse nei propri ricordi e i propri pensieri, Eva colse l'occasione per attaccare e il suo colpo andò a segno in pieno stomaco.
«Che fai, abbassi la guardia?!» sbeffeggiò lei, ancora con il potente pugno incastrato tra gli addominali dell'avversario, schivando poi un calcio di contrattacco. «Troppo lento! Hai fatto la Fusione con una tartaruga, per caso?»
«Tsk» si indispettì Gogeta. Balzò all'indietro su una delle vette più alte di quella piccola catena montuosa, poi ringhiò.
«Tua nipote è una vera insolente» commentò nella mente Vegeta, scardinando la sua coscienza.
«Qualcosa da Radish deve pure averlo ereditato» rispose Goku, pensando poi che sbeffeggiare l'avversario fosse una caratteristica che Vegeta non avrebbe affatto potuto criticare. Insomma, da che pulpito!
Così, cominciando di nuovo ad agire e pensare come un essere solo, Gogeta partì in picchiata in direzione della Super Saiyan. La colpì con un calcio che la fece precipitare per parecchi metri prima che ella si incastrasse con la schiena nel ghiacciaio.
«KAIOKEN!» urlò improvvisamente lei.
Fece sciogliere il ghiaccio e la neve, si illuminò di una luce rossastra e gonfiò i muscoli di tutto il corpo.
«Allora vuoi la guerra!» constatò Gogeta. 
Si scontrarono di nuovo e ancora, a mezz'aria, rincorrendosi poi lungo la vallata. Una caratteristica funzionale del modo di combattere di Eva era senza dubbio la sua velocità. Era molto agile e davvero molto rapida sia nei movimenti che nel volo. E così, dileguandosi dalla morsa dell'avversario, si posizionò in cima a un grande albero color amaranto e, dopo aver azzerato la propria Aura, attese che Gogeta si apprestasse a cercarla per atterrarlo al suolo con un attacco alle spalle. Scattò verso l'alto e, unendo entrambe le mani dietro la schiena, si accinse a caricare una sfera di energia. Era la sua ultima possibilità.
«Kame-hame» pronunciò con rabbia Eva, utilizzando una tecnica che le era stata insegnata dallo zio.
Ma, quando giunse il momento di sganciare l'attacco, Gogeta sparì dalla sua visuale.
«Adesso dimmi ancora che sono lento, ragazzina» fu solo un sussurro alle spalle.
Poi Gogeta la colpì con entrambe le mani a pugno per farla precipitare al suolo. Atterrò in malo modo sul terreno, e ogni tentativo di rialzarsi fu vano.
«FINAL KAMEHAMEHA!» urlò il Super Saiyan, scagliando il proprio attacco nella direzione della donna.
Eva si voltò giusto in tempo per vedersi arrivare addosso il lampo lanciato da Gogeta, poi chiuse gli occhi si parò con l'uso degli avambracci.
Provò dolore, tanto dolore. Ed ebbe seriamente paura di morire, ma ciò non accadde. Forse per miracolo, forse perché – così sperò – quel colpo non era devoluto a ucciderla. Ma non ci era andato tanto lontano.
Eva tossì polvere, tentando stremata di rialzarsi invano. Ricadde sulla schiena, dolorante. Probabilmente aveva più di qualche costola rotta. Tentò di mettere a fuoco il proprio corpo, ma si rese conto che la sua pelle fosse tutta bruciata.
«Aa... argh» soffiò scrutando attraverso il grande polverone, dal quale spuntò un uomo dai capelli neri a forma di fiamma. La Fusione era venuta meno.
Vegeta sogghignò e si accovacciò al suo fianco, divenendo subito molto serio.
«A-aiuto» implorò lei, portandosi una mano sul fianco. Stava perdendo molto, troppo sangue.
«Tuo zio si è molto arrabbiato con me per aver lanciato un colpo così forte» ammise Vegeta, con uno sguardo serio e imperscrutabile.
Eva non capì proprio perché, al posto di aiutarla in qualche modo, quell'uomo fosse fermo immobile a guardarla. Che fosse una vendetta nei confronti di suo padre? Sul serio? E soprattutto, dov'era suo zio?
«Ve... Vegeta... aiuta-mi».
Il Principe si avvicinò di più a lei e le mostrò un ghigno.
«Nel caso tu non lo sapessi, un Saiyan diventa sempre più forte ogni volta che sfugge alla morte. Per questo ti ho ridotta così male».
Eva spalancò gli occhi, poi vide comparire suo zio insieme a una figura dai capelli lunghi e bianchi. Kibithoshin.
«Te la sei cavata bene, in fin dei conti» commentò infine Vegeta, abbozzando poi un sorriso molto meno inquietante.
Eva sospirò, poi lasciò cadere la testa all'indietro per abbandonarsi alle cure magiche di quella divinità, maledicendosi poi per aver provato paura nei confronti del Principe dei Saiyan; oramai avrebbe dovuto saperlo che fosse cambiato.
E, rialzandosi, si rese conto di quanto in realtà quel colpo l'avesse aiutata: una nuova forza stava scorrendo nelle sue vene.

 

I tre combattenti tornarono sulla Terra insieme con il teletrasporto, raggiungendo l'Aura della piccola Martha la quale, con estremo disappunto, era stata lasciata a casa per finire i compiti scolastici. Eva non era di certo una madre apprensiva come Chichi riguardo allo studio, ma almeno per un'oretta al giorno non avrebbe voluto sentire ragioni. Erano riusciti a convincerla con la sola promessa che poi avrebbero fatto allenare anche lei.
E naturalmente il Principe dei Saiyan si rivelò un uomo d'onore: oramai era ben abituato ad avere a che fare con i mocciosi come suo nipote e così, al tramonto, i due iniziarono a lottare nella piccola radura circostante la casa in mattoni. Vegeta cercò di dosare la propria forza per ridurre al minimo gli attacchi, eppure la piccola Martha si rivelò oltremodo preparata. Non come lo erano Trunks e Goten alla sua età, ma comunque molto più forte di ciò che si aspettava.
Proprio per quel motivo il Principe si ripromise che, appena quel periodo nero sarebbe finito, avrebbe presentato Goku Jr a Martha: sarebbe senz'altro stato molto felice di misurare la propria forza con una nuova amica.
Seduti sui gradini poco più lontano, baciati dalla luce calda del tramonto estivo, zio e nipote si godettero la scena sorridendo.
«Sai, ti devo confessare che oggi ho avuto paura che Vegeta mi lasciasse morire. Sono proprio una stupida!» ammise Eva. Goku soffocò una risatina.
Certo, non era stato propriamente consenziente a scagliare un attacco così potente nei confronti di una persona con un Ki inferiore, ma aveva compreso perché Vegeta l'avesse fatto.
«Vegeta!? Ma no, lui è...» rispose Goku, osservando da lontano il Principe parare un colpo ben assestato di Martha «...è una delle persone più buone che io conosca».
Eva strabuzzò gli occhi e lo guardò di sbieco. Goku le aveva raccontato tante cose sui Saiyan, in passato, le aveva raccontato che il principe della loro specie era cambiato, che era diventato una persona onesta, che era riuscito a costruirsi una famiglia.
«Ti ho sentito dire tante cose su di lui. Che è un combattente straordinario, orgoglioso. Mi hai detto che è una persona leale, forte, coraggiosa. Ma non... non ti ho mai sentito dire che fosse buono» ricordò Eva, dopo aver rievocato nella mente tutti i racconti di suo zio.
Goku sospirò, poi sorrise di nuovo e osservò Vegeta in lontananza.
«Lo è diventato. Ed è una persona... meravigliosa» si limitò a dire ringraziando il cielo, le stelle, i pianeti e tutte le divinità esistenti per averlo risparmiato, quel giorno nel deserto, più di cinquant'anni prima. Perché, a oggi, non avrebbe potuto immaginarsi una vita senza di lui.
Eva lo osservò sorridere, poi aggrottò le sopracciglia. Non aveva mai visto suo zio sorridere in quel modo, non lo aveva mai sentito parlare così seriamente, non lo aveva mai ammirato comportarsi così. E, soprattutto, non riuscì a non far caso agli occhi con i quali stava osservando il suo amico, il suo rivale di una vita. E quel dettaglio non le sfuggì affatto.
«Zio Goku! Ne parli come se... se...»
«MARTHAAAA! EVAAAA!»
Una voce proveniente dal sottobosco e un rombo la interruppero – per fortuna – e un uomo alto dai capelli lunghi biondi legati in una coda bassa irruppe dalla foresta, a cavallo di una motocicletta nera.
«PAPÀ!» gridò Martha, correndo poi verso l'uomo appena giunto nella radura. Egli la prese in braccio e la lanciò in aria con una fragorosa risata. Martha non atterrò di nuovo tra le sue braccia e, invece, iniziò a volargli intorno per farsi rincorrere.
Evangeline si alzò dai gradini, balzò agilmente dall'altra parte della radura di fronte al marito e lo abbracciò.
«Alphonse, pensavo arrivassi più tardi» disse, schioccando poi un bacio sulla guancia al marito, seguita a sua volta dalla figlia. Risero tutti e tre, felici, sereni.
E lì, proprio in quell'esatto istante, Goku e Vegeta incrociarono i loro sguardi con amarezza. Non ci fu affatto bisogno di parlare.

 


[Martha, fanart realizzata da Giosuè Graci]


 

«Le ho chiesto di combattere per me, ma così facendo l'ho messa in pericolo» pensò Goku, lasciando sfuggire a Gogeta un'espressione rabbiosa.
Si erano uniti di nuovo, quella sera, con la scusa di meditare ancora un po' e allenarsi ad alimentare i tempi della Fusione. Avevano cenato a casa di Eva e Alphonse, avevano accampato qualche scusa con quest'ultimo per quella visita inaspettata. Era stata una cena ottima, allegra, spensierata. Avevano potuto annusare il profumo di felicità di quella piccola famigliola che, fino a quel giorno, era riuscita a vivere senza alcun dramma, come persone normali. E, inutile dirlo, Goku si era sentito un vero schifo.
«Siamo tutti in pericolo, Kaarot» sottolineò Vegeta, nel tentativo di non fargli perdere la calma. Era chiaro che il suo rivale ci tenesse molto alla vita di sua nipote - specialmente dopo ciò che era successo a Pan - ma quello non era il momento adatto per fasciarsi la testa prima di romperla.
«Eva ha sempre voluto rimanere nell'ombra per vivere come una persona normale. E poi... poi ha una bambina! Come posso chiederle di rischiare, adesso?» si intestardì Goku. Cielo, non si era proprio reso conto del sacrificio enorme che le aveva chiesto di fare.
«Anche Goten ha una bambina! Anche Trunks è un padre! Tutti hanno una famiglia, anche noi» rispose Vegeta, messo duramente alla prova nella sua già precaria pazienza. «Sono tutti adulti e vaccinati, e ricordati che non stiamo obbligando nessuno. Se accettano, conoscono bene quali sono i rischi».
«Ma...»
«No, Kaarot. Niente ma! Questa è una guerra, e noi siamo guerrieri. Lo siamo sempre stati! Siamo sempre stati abituati a combattere per la nostra vita, per questo pianeta e per le nostre famiglie. Tu da molto prima di me! Non stiamo costringendo nessuno a farlo... ma loro combatteranno. Ce l'hanno tutti nel sangue» lo interruppe Vegeta, prima che potesse pensare altro.
Accidenti, non era proprio il momento di tirarsi indietro. Sarebbe servito fino all'ultimo uomo per poter sperare di sconfiggere quella minaccia. E sì, dannazione, ovvio che stavano chiedendo a tutti di compiere un sacrificio, ma avrebbero dovuto credere in loro. Nei loro figli, nei loro nipoti, nei loro amici. Avrebbero dovuto credere nella loro potenza, nelle loro risorse. Sarebbe stato un disonore darli già per spacciati, nonostante per qualcuno sarebbe potuto essere pericoloso.
«Eva è forte, e lo sono anche gli altri. Anche i dannati terrestri!» aggiunse Vegeta. Sottolineò quelle ultime parole facendo intendere che, almeno un pochino, negli anni era riuscito ad apprezzarli. «Dobbiamo avere fiducia in loro. E poi ci siamo noi... ricordati cosa siamo quando combattiamo insieme!» concluse Sua Maestà. Si sforzò il più possibile di non avere pregiudizi su alcuni combattenti, e si sforzò ancora di più per non perdere quella pazienza che era riuscito a mantenere.
Gogeta sorrise senza trattenersi, poiché Goku non riuscì proprio a non perdere il controllo del proprio corpo.
«Hai sempre la risposta giusta per riportarmi con i piedi per terra...» ammise Goku, benedicendo la determinazione di quel Principe, del suo condottiero, di colui che aveva sempre saputo guidarlo durante quei giorni. Gli aveva impedito di fare le peggiori cavolate, gli aveva impedito di cadere, di andarsene. Ringraziò il cielo per avere un vero Re a capitanare quella folle missione, ma soprattutto per avere accanto a sé una persona così forte, sia fuori che dentro.
«Oramai dovresti saperlo» replicò Vegeta, stizzito. Sperò che Goku non si accorgesse che sotto sotto stesse gongolando per le proprie funzionali doti oratorie.
«Preparati, Vegeta, perché quando ci staccheremo da questa Fusione niente mi impedirà di abbracciarti!» lo avvertì Goku.
«Kaarot, questa è una minaccia orribile!» lo accusò. Eppure non poté fare a meno di pensare che, se fosse stato nel suo corpo, avrebbe anche potuto sorridergli. In fondo non era poi così una brutta prospettiva. Ma gliel'avrebbe fatto sudare quell'abbraccio, eccome! Era il Principe dei Saiyan lui, non un fidanzatino adorante.
«Ma smettila...» commentò Goku, ridacchiando nella mente.
E così, dal nulla, anche Gogeta increspò le labbra in una risata silenziosa.


 

Continua...
 




ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti miei cari e mie care :) com'è andata la settimana? Io ancora sono in totale smarrimento post-vacanze. Aiuto! 
Bene, bene, bene, quarantaquattresimo capitolo di After All! Abbiamo osservato Eva combattere (forte, eh?) e, giustamente, lo zio Goku in tutti quegli anni non si era mai preoccupato di riferirle che i saiyan aumentano la forza combattiva sfuggendo alla morte. Bravo, Kaarot, sempre il solito! E Vegeta ha pensato bene di farla quasi secca, così da temprarla per l'ipotetico combattimento contro quell'esercito di guerrieri resuscitati dai draghi. 
Ma abbiamo anche visto che la carissima Eva oltre che essere forte è anche molto furba: ha già capito che tra quei due c'è sotto qualcosa :D 
E poi... beh, è bastato davvero poco per mettere in crisi il nostro caro Goku! Non si è mai preoccupato di niente e di nessuno quando c'è stato da combattere, adesso invece sembra il paladino della famiglia xD è proprio cambiato, che dire... era anche un po' ora che si responsabilizzasse! Però, come gli ha fatto notare Vegeta, proprio ora che c'è da salvare il pianeta si fa le paranoie!? E insomma!
Scena tenera finale tra i due teneroni, non poteva certo mancare.
Bene, dopo questo riassuntone vi lascio e vi avverto: nei prossimi capitoli ne succederà una dopo l'altra. Preparatevi, allenatevi, fate un training! A prestooo!
Eevaa

 

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Capitolo 45
*** Una coppia vincente ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 45 - UNA COPPIA VINCENTE



This is my life, it's not what it was before
All these feelings I've shared
And these are my dreams that I'd never lived before
Now that we're here, it's so far away
All the struggle we thought was in vain
All in the mistakes one life contained
They all finally start to go away
And I feel like I can face the day, and I can forgive
And I'm not ashamed to be the person that I am today


So far away: https://www.youtube.com/watch?v=fNB8r6zttDw


 

Gioco di sguardi, occhi azzurri contro occhi ambrati. Una goccia di sudore percorse tutta la linea del profilo di Goku il quale, con un balzo, precipitò giù da quel promontorio in picchiata verso l'avversario.
L'onda d'urto causata dai loro pugni l'uno contro l'altro sradicò le poche piante di quella radura. Entrambi sogghignarono, nessuno dei due si sarebbe arreso quel giorno, nemmeno dopo più di sette ore di duro allenamento. Erano stanchi, spossati, ma anche carichi come mai si erano sentiti.
Onde Energetiche e Lampi Finali a nulla erano servite per mettere a tappeto l'avversario. Erano ambedue forti, fortissimi e, per la prima volta dopo tantissimi anni, stavano combattendo ad armi pari. Eppure Vegeta se lo sentiva, lo percepiva nelle ossa che il suo avversario, come di consueto, non stesse rivelando appieno la propria forza. Forse inconsciamente, forse perché lui non era mai riuscito a combattere nel pieno delle capacità se non quando la situazione si faceva drammatica. Il Principe dei Saiyan sapeva che avrebbe tirato fuori l'asso dalla manica, prima o poi. Solo nel momento del bisogno. E anche lui, ogni tanto, si sentiva inibito durante quegli allenamenti: a tal livello sarebbe bastato un minimo errore o distrazione per rischiare di uccidersi a vicenda. L'ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata far fuori Kaarot per errore, non dopo aver tirato in piedi tutto quel casino appositamente per non ammazzarlo.
Nonostante ciò si allenarono a lungo, si allenarono duramente senza darsi neanche un minuto di pausa e, alla fine della giornata, trovarono il tempo e l'escamotage per unirsi nella Fusione per poter comunicare in serenità.

 


 

A migliaia e migliaia di chilometri di distanza, sulla Terra, vi erano altri combattenti pronti a mettersi alla prova in quell'esasperata impresa.
Tensing e Riff, sulle montagne più alte della catena montuosa a nord, avevano ritrovato lo spirito per allenarsi di nuovo come una volta, ricordando i bei tempi nei quali erano tra i combattenti più forti del globo terrestre. I tempi del torneo di arti marziali, i tempi dove per davvero sarebbero potuti essere in prima linea per una guerra. Lo sapevano entrambi di non aver alcuna possibilità di vittoria contro un nemico dal livello combattivo di Goku o Vegeta, ma avrebbero dato ugualmente il massimo per poter contribuire a quella causa. Anche se avessero messo al tappeto solo un nemico, sarebbe stato comunque un nemico in meno. Sperimentarono tecniche nuove si spinsero verso confini che mai avrebbero pensato di raggiungere, nonostante qualche ruga in più sulla pelle. Non ci andarono giù leggeri, affatto, non c'era più tempo per gli allenamenti da geriatria. Non avrebbero deluso il loro amico Goku, non dopo quella richiesta così sentita. E, per quanto gli dolesse ammetterlo, Tensing era riuscito a cambiare idea su Vegeta, specialmente durante quegli ultimi anni nei quali aveva dimostrato un'umanità fuori dal comune per uno con le sue origini. Quando era stato il momento di difendere la Terra - contro la minaccia di Kid Bu, Baby, Super C17 o Li Shenron - Vegeta non si era tirato indietro, aveva protetto tutti loro; era giunto il momento di ricambiare il favore. E così si allenarono giorno dopo giorno sempre più duramente, confinati sulle loro montagne preferite, ove non avrebbero destato alcun sospetto.
Cosa che risultò molto più complessa e difficile per altri combattenti interessati e vicini alla causa.

Non fu facile per Bra e Trunks trovare una scusa plausibile per potersi allenare insieme, se non quella di poter scaricare un po' la rabbia e la tensione per la grave perdita subita. Frarello e sorella non avevano mai combattuto l'uno contro l'altra; non ce n'era mai stato il bisogno né l'occasione. Ma, quando Trunks entrò in punta di piedi nella stanza d'hotel profumata d'incenso nella quale stava alloggiando la sorella, lei ci mise pochi secondi per capire quali fossero le sue intenzioni.
"Vuoi sfogarti come solo noi Saiyan sappiamo fare?" le aveva chiesto. Lei aveva accettato subito ed era tornata alla Capsule Corporation a recuperare i loro vestiti da combattimento. Gli operai stavano lavorando sodo per sostituire i vetri rotti delle finestre e riparare le crepe nei muri causati dalla rabbia del marito e del padre in Pan, ma in pochi giorni la loro casa sarebbe stata di nuovo agibile.
Andarono ad allenarsi nella stanza dello Spirito e del Tempo con la scusa di non poter tornare nella Gravity Room causa lavori in corso e, per la prima volta, a Bra non importò assolutamente niente di aggiungere anni in più alla sua vita da trentenne. Non le importò delle rughe, non le importò di invecchiare. L'unica cosa che le importava era diventare più forte per fronteggiare quella minaccia, rendersi utile una buona volta nella vita sul campo da combattimento, cosa che non aveva mai fatto. Avrebbe voluto solo aiutare il suo adorato padre in qualcosa che, a quanto pareva, lo toccava da molto vicino. Goku aveva detto che Vegeta era in pericolo e, per quel motivo, Bra avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di difenderlo. Aveva già perso sua madre, aveva perso la sua adorata cognata e no, no! Non avrebbe visto morire suo padre per nessun motivo al mondo; l'avrebbe reso fiero, avrebbe tirato fuori tutto il suo sangue Saiyan pur di aiutarlo in quell'impresa apparentemente suicida.
E Trunks... beh, Trunks avrebbe vendicato la sua Pan, avrebbe difeso tutte le persone a lui care ma, purtroppo, se ne rese conto già al secondo giorno di allenamenti all'interno della Stanza dello Spirito e del Tempo: non era neanche lontanamente paragonabile a suo padre, a livello di forza - questo perché per tutti quegli anni aveva battuto la fiacca.
Realizzò che la sua sola forza non sarebbe affatto servita per fronteggiare in prima linea i nemici. La frustrazione lo colpì a quel pensiero, ma fu proprio quella frustrazione a portarlo a nuovi livelli, a nuova determinazione, a nuove idee.

 


 

La Capsule Corporation era stata ristrutturata nel giro di una settimana dalla morte di Pan. Avevano stuccato e intonacato i muri, avevano sostituito tutte le piastrelle del bagno e i vetri delle finestre; insomma, avevano reso la grande casa rotonda di nuovo un posto abitabile ma, specialmente per Trunks, era stato un duro colpo mettere di nuovo piede lì dentro per dormire nella sua stanza senza l'adorata moglie. Anche Goku Jr, che da fuori sembrava il bambino vivace e spensierato di sempre, si era categoricamente rifiutato – con un'ostinazione mai vista prima - di entrare nel bagno dove aveva ritrovato sua madre senza vita. Come dargli torto, del resto. Nessuno se l'era sentita di costringerlo, tuttalpiù che nella casa vi erano altri quattro bagni.
Ma, quella prima sera, Bra aveva ritenuto opportuno invitare anche il padre a cena e, visto che quel poveraccio di Goku era stato bandito da casa di Gohan, aveva invitato anche lui. Un vero peccato che nessuno dei quattro adulti fosse stato in grado di cucinare qualcosa di buono per il bambino. Non erano del tutto incapaci ma, almeno quella sera, avrebbero voluto che il piccolo non sentisse la mancanza della madre anche dal punto di vista culinario. Così, dopo qualche tentativo da parte di Bra e Goku di sfogliare dei ricettari, i Saiyan si erano arresi alla consegna a domicilio e avevano cenato tutti insieme come una vera famiglia.
Inutile dire che per Goku e Vegeta era stato imbarazzante stare seduti allo stesso tavolo di fronte ai figli e al nipotino, specialmente nel momento in cui Bra aveva azzardato qualche domanda piuttosto personale.
"Devi essere proprio un bravo coinquilino se mio padre ancora non ti ha cacciato via di casa a calci" aveva detto lei rivolgendosi a Goku. Entrambi erano arrossiti come fragole mature e, se Goku si era limitato solo a ridacchiare tra sé e sé, il Principe si era prodigato a concludere rapidamente il discorso con un acido ma ben piazzato "per fortuna sarà solo per altri dodici giorni".
E, se in quei giorni di duri allenamenti Goku e Vegeta erano impegnati soprattutto nella lotta dura sul pianeta dei Kaiohshin, durante quelle calde serate estive avevano deciso di evitare in qualsiasi modo di pensare a ciò che sarebbe accaduto da lì a meno di due settimane.
Volavano lontani, per le lande desertiche delle terre dell'Est, oppure si sdraiavano sulla battigia di qualche spiaggia incontaminata nel continente a Sud del pianeta, oppure ancora si chiudevano in casa a guardare la tv ascoltando il temporale estivo irrigare la metropoli. A volte non parlavano nemmeno, a volte chiacchieravano di qualsiasi cosa e Vegeta fu piacevolmente sorpreso da quanti interessi nascosti potesse avere quel pazzoide del suo rivale. Una sera Sua Maestà si era messo seduto sul divano a guardare una partita di basket e, inaspettatamente, aveva scoperto che anche Goku fosse un grande estimatore di quello sport (l'unico che era riuscito a incuriosirlo oltre alle arti marziali).
Momenti di crisi e di sconforto però Goku ne aveva, eccome se ne aveva! Specialmente la notte, quando il sonno e il buio pesavano sulle palpebre di Vegeta e lui si ritrovava da solo a pensare. Pensare al pericolo, al destino, a ciò a cui stavano andando incontro e all'incertezza di quel momento. Ma, come prevedibile, a Vegeta quei momenti non sfuggivano e, seppur assopito, non faticava a percepire dei tremori nell'Aura instabile dell'altro. Percepiva la sua paura, il timore del domani, il terrore di perdere tutto nell'incertezza.
"Il sole deve prima tramontare per di poter sorgere di nuovo, più luminoso del giorno prima" gli aveva detto in una notte stellata, appena sussurrato nell'orecchio. Ovviamente dopo avergli sottolineato che, grande e grosso com'era, era veramente ridicolo che si mettesse a frignare di notte.
E così, tra una risata soffocata e un grazie a fior di labbra, Goku era riuscito a calmarsi e cadere in un sonno senza incubi.

 

Un tardo pomeriggio, dopo essere tornati sulla Terra dagli allenamenti, Goku aveva ricevuto un'inaspettata chiamata da parte di Goten. Si erano trovati al fiume dove combattevano quando quest'ultimo era un ragazzino, ma egli non gli aveva portato affatto buone notizie: Gohan, dopo più di una settimana dalla morte della figlia, non aveva ancora ripreso a parlare con nessuno, nemmeno con sua moglie Videl. Gli aveva raccontato che lei aveva più e più volte provato a convincerlo a sfogare la rabbia combattendo, ma egli non si era quasi mai alzato dalla sua scrivania. Non parlava, non mangiava quasi niente. Anche Goten stesso aveva provato a varcare la soglia dello studio del fratello maggiore ma, come se fosse stato un fantasma, Gohan l'aveva ignorato persino quando si era presentato con la nipotina Siya. Non c'era stato niente da fare, sembrava anestetizzato, sedato.
Goku non era riuscito a dire niente a riguardo. Era talmente dispiaciuto che avrebbe voluto scomparire, e ben sapeva che presentarsi lui stesso alla porta del primogenito non sarebbe servito a nient'altro se non a farlo arrabbiare ancora di più. Goten, però, era convinto al contrario che forse sarebbe stata una giusta decisione: la rabbia l'avrebbe fatto scatenare, l'avrebbe portato quantomeno ad avere una reazione.
"Non lo so, non sono convinto che sia una buona idea" aveva detto Goku, in preda al panico. Cosa avrebbe potuto dirgli? Cosa avrebbe potuto fare per farsi perdonare? No, non era affatto pronto a sentirsi dire altre frasi orribili da suo figlio.
Aveva quindi promesso a Goten che ci avrebbe pensato nei giorni successivi e, dopo essersi allenati un pochino come ai vecchi tempi, il secondogenito era tornato a casa dalla sua nuova famiglia, facendo però intendere che lui ci sarebbe stato, per fronteggiare i nemici.
E sì, Goten avrebbe combattuto. In primis perché avrebbe vendicato la sua nipotina, in secondo luogo perché finalmente avrebbe combattuto ancora a fianco del suo migliore amico. Aveva iniziato a sperare con tutto il suo cuore che, in quell'occasione, sarebbe riuscito ad avvicinarsi di nuovo a Trunks - dopo il casino che aveva combinato con sua sorella. La verità era che gli mancavano da morire i tempi in cui lui e Trunks erano come fratelli, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter tornare indietro e fare le cose fatte bene.
Dulcis in fundo Goten era rimasto davvero colpito dalle parole del padre. Goku non era mai stato un genitore presente, ma sentire che finalmente era riuscito a maturare gli aveva dato serie speranze che avesse capito quanto valesse la sua famiglia. L'avrebbe aiutato sicché potesse rimanere insieme a loro, sulla Terra; avrebbe combattuto per lui così da poter passare più tempo insieme, per poter finalmente godersi l'affetto di un padre che era sempre stato evanescente.

 


 

Re Kaioh aveva fatto il suo ligio dovere da divinità, sfruttando appieno tutti i suoi poteri da entità superiore per attuare opere di convincimento verso chi di dovere, ed era riuscito a ottenere il fatidico permesso di riportare nel mondo dei vivi Junior, per poter fronteggiare la minaccia terribile che si sarebbe scatenata sulla Terra.
Era stato difficile, complesso, ci erano voluti parecchi giorni e parecchi giri di parole, ma Baba e Re Yammer si erano convinti che sarebbe stata la cosa più saggia da fare. Inutile dire che, quando Re Kaioh aveva contattato Goku e Vegeta per dar loro la lieta notizia, i due Saiyan avevano dovuto ben trattenersi dall'esultare.
Avevano festeggiato in modi più... creativi. E, la notte stessa, avevano decretato anche che avrebbero dovuto darsi una regolata oppure avrebbero distrutto un letto ogni due giorni. In tutta la vita avevano infatti dovuto trattenere tutti i loro istinti quando si trovavano in intimità con le loro mogli terrestri, altrimenti le avrebbero uccise. Mentre in quel momento... beh, in quel momento il pensiero di poter far male all'altro non era esattamente il primo, anzi.
Con grande piacere di Goku, Vegeta aveva persino vinto la sua resistenza al contatto fisico anche dopo l'amplesso. Era capitato più volte che si addormentassero l'uno addosso all'altro e, nonostante l'imbarazzo, il Principe aveva imparato a trattenere i Ki-blast quando si svegliava con l'idiota spiaccicato addosso.

 

Qualche giorno dopo avevano scoperto che anche i namecciani erano dalla loro parte, e si stavano allenando duramente per poter prendere parte alla dura battaglia. Da fonti indirette erano venuti a scoprire che persino C17 e C18 si erano ritrovati dopo tantissimi anni. Al telegiornale internazionale, infatti, avevano annunciato che un'isola a nord della città del Sud era stata distrutta da forze sconosciute. Un testimone a largo di un peschereccio aveva dichiarato di aver visto una donna bionda e un uomo dai capelli corvini darsi alla fuga in volo. Eva, inoltre, aveva seguito i due Saiyan nei loro allenamenti, a volte. Era riuscita ad accampare a Martha e Alphonse la scusa che avrebbe voluto partecipare al prossimo torneo di arti marziali e, proprio per quel motivo, avrebbe dovuto allenarsi a lungo lontana da casa. Una scusa semplice ma perfetta per tenere alla larga i sospetti dei draghi.
E, in quei giorni, Goku e Vegeta avevano captato persino le Aure di Ub e Majin Bu farsi molto prorompenti, segno che anche loro si stessero dando da fare per arrivare preparati al fatidico giorno.
Una sera in particolare Goku aveva sentito chiara e forte la mancanza del suo amico Crilin ma, purtroppo, Re Kaioh non era riuscito a ottenere un altro permesso di uscita dall'Aldilà per portare il valoroso combattente a schierarsi con loro.
Ma il momento più difficile in assoluto era stato proprio quando Re Kaioh aveva scelto di mettere in comunicazione Pan con lui. Solo con lui. Per Goku era stato diffiicle rimanere impassibile quando lei gli aveva detto di non essere arrabbiata con lui, di non arrendersi, di vendicarla, di avere fede nelle sue capacità e soprattutto di avere pazienza con Gohan, che prima o poi avrebbe capito. Un vero peccato che, alla fine dei conti, mancavano solamente sette giorni a quel fatidico momento.

 

Una settimana, mancava solamente una settimana al momento della verità e ciò che più preoccupava Goku non era tanto la battaglia in sé, tanto l'incertezza di cosa sarebbe successo per davvero. Avevano formulato ipotesi, certo, ma chi poteva garantirgli che non ci fosse dell'altro, sotto? E se il piano dei draghi fosse stato tutt'altro?
Quel caldissimo giovedì di giugno lui e Vegeta si erano recati sull'isola del Genio poiché, affascinato dal modo in cui Eva aveva usato quella tecnica – in modo del tutto differente da Kaarot - il Principe si era finalmente deciso a chiedere al maestro Muten di farsi insegnare il Kaioken per potersi sperimentare a lanciare nuovi attacchi. E, inoltre, avevano utilizzato quella scusa per poter aiutare il vecchio Genio ad allenarsi e mettersi alla prova.
Si erano allenati con lui tutto il giorno fino a sera, e Muten si era particolarmente sorpreso dal carattere mite ed educato di Vegeta, il quale si dimostrò ben meno arrogante rispetto al solito. Si era aspettato al contrario di sentirsi dire un tipico "io sono il Principe dei Saiyan, nessuno può permettersi di insegnare le cose a me", e invece aveva seguito con minuzia gli allenamenti.
E, ovviamente, Muten era rimasto ancor più sorpreso di vederlo arrossire e scappare fuori di casa - durante la deliziosa cena preparata da Oscar - quando aveva detto ai due Saiyan "sono molto felice di vedervi così affiatati, per la prima volta vi vedo combattere insieme. Siete proprio una coppia vincente, voi due".
A Vegeta era quasi andato di traverso uno spiedino, nonostante avesse ben capito che si stesse riferendo al loro modo di combattere, quando aveva detto la parola "coppia".
Uscì di corsa dalla casa per sedersi sul bagnasciuga, contemplando la vastità dell'oceano. Il riflesso della mezzaluna a pelo d'acqua fece brillare i suoi occhi e un brivido percorse la sua pelle quando, di soppiatto, venne raggiunto dal suo rivale di una vita. Goku si tolse le scarpe e si sedette, immergendo anch'egli i piedi tra le pacate onde del colore della notte, continuando però a guardare fisso davanti a sé.
«Sai, è qui che ho imparato tutto, quando ero bambino» dichiarò Goku, appoggiandosi sulle braccia per tenersi seduto comodo.
«Hah! Pensa: il mio primo allenamento consisteva nello sterminare tutta la popolazione del pianeta Uka» sogghignò il Principe, alzando gli occhi al cielo. Per tutte le stelle, quanto erano stati differenti i loro primi anni di vita! Quell'idiota era lì, circondato da tutte quelle persone che gli volevano bene, ad allenarsi nella quiete di un'isoletta con un maestro paziente e gentile mentre lui... lui era stato gettato dritto dritto nella guerra sanguinosa.
«È terribile! Eri solo un bambino...» disse Goku con un sussurro, voltandosi a malapena per osservare il volto contratto di Vegeta, illuminato dalla luce argentea della luna. I suoi lineamenti erano duri, la pelle ambrata e i suoi occhi nascondevano segreti di un passato talmente tumultuoso che poteva a stento immaginare; ma tutto ciò lo rendeva così regale, così maestoso e così perfetto da far quasi paura.
«Già, non ero circondato esattamente da gente per bene. Non avevo amici, non mi era permesso provare paura e nemmeno compassione. Uccidevo, uccidevo perché era mio dovere farlo. Il mio maestro non era un bizzarro vecchietto con degli occhiali colorati su un'isola paradisiaca» continuò il Principe, senza però mostrare neanche un piccolo cenno di rabbia o invidia. Solo amarezza, tanta amarezza. Eppure ricordava che quando era solo un ragazzo aveva considerato tutto ciò come un'esperienza forgiante.
«Ma adesso sei qua, e non sei tu tra noi due quello che tra una settimana andrà all'Inferno» soffiò Goku, tornando con la mente alla paura per ciò che gli sarebbe toccato, se tutti i loro piani fossero andati in fumo.
«All'Inferno? Non farmi ridere, Kaarot. Non hai mai fatto del male a una mosca se non per difesa personale. Io... io invece ho ucciso talmente tanta gente innocente che-» sbuffò Vegeta, interrotto dalla voce più sicura di Goku.
«È passato tanto tempo, Vegeta! Smettila di tormentarti» lo ammonì, aggrottando le sopracciglia per guardarlo con espressione grave.
Certo, certo che non aveva mai ucciso persone innocenti lui, ma che non avesse mai fatto del male a una mosca questo non era proprio vero. Negli ultimi anni, soprattutto, Vegeta si era dimostrato ben più sensibile ed empatico di lui. Goku non poteva farcela a sentirlo parlare così male di se stesso. Quel Vegeta faceva parte del passato, quel Principe dall'aria sbruffona non era la stessa persona che aveva seduta a fianco in quell'istante.
«Anche se ben più fievoli, ogni tanto le sento ancora quelle urla, Kaarot. Li sento gridare nella mia testa. Mi imploravano di avere pietà, quando di pietà non ne avevo. Non sapevo cosa fosse la compassione» si rivelò ancor di più, stringendo i pugni nella sabbia. A volte sembrava che non l'avesse vissuto veramente, sembrava davvero che quel passato non facesse più parte di lui. Ma, quando nelle notti più buie udiva quelle voci sofferenti, tutto tornava a essere così vivido, così reale. Faceva parte di lui, anche se oramai era una parte molto celata.
«Non sei più quella persona, lo sai?» domandò con ovvietà Goku.
Si guardarono negli occhi. Quelli di Sua Maestà erano tristi ma allo stesso tempo così consapevoli.
«Certo che lo so, ma non mi libererò mai di quei fantasmi» scosse la testa Vegeta, maledicendosi nel profondo per essersi aperto un'altra volta così tanto con lui, con quell'idiota con il quale non riusciva più a fare a meno di parlare senza veli. Gli risultava così facile spogliarsi di ogni pensiero, con lui.
E di questo Goku non riusciva proprio a capacitarsene, proprio non capiva come potesse aver ottenuto quel privilegio, ma oramai aveva smesso di farsi troppe domande. Ne era felice, ne era onorato.
«Meglio così, allora. Ti rendono la persona che sei... l'uomo migliore che conosca» sussurrò Goku. Si sporse di qualche centimetro e gli sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi che Vegeta odiava ma amava allo stesso tempo.
Sua Maestà arrossì e scosse la testa. Possibile che agli occhi di quell'idiota - nonostante lo trattasse sempre male, nonostante tutto ciò che aveva visto di lui - fosse davvero così perfetto? Possibile che, dopo tutto quello che avevano vissuto, quell'imbecille di terza classe riuscisse a mettere da parte ogni malvagità e atrocità da lui commessa? Era incredibile per Vegeta, ma in fondo non gli dispiaceva essere accettato anche in tutti i suoi difetti. Avrebbe voluto spezzargli l'osso del collo, ma gli occhi e il sorriso di quel deficiente gli facevano dimenticare le urla delle sue vittime.
«Piantala con queste smancerie, Kaarot! Sai che le detesto» brontolò, guardandolo di sbieco. Trattenne a stento un mezzo sorriso, uno di quelli che Goku non si sarebbe dovuto abituare a vedere spesso.
«Sì, lo so... lo so» sbuffò l'altro. Alzò gli occhi al cielo, ma si mise a ridere. Vegeta gli piaceva così, anche se brontolone.
Ma la verità era che anche Sua Maestà apprezzava il suo rivale così com'era: tonto, ebete, idiota, buffo ma pur sempre genuino. E per quel motivo non ci riuscì proprio a trattenerlo, quel sorriso.

 

Così, affacciato alla finestra pochi metri più indietro, il Genio delle Tartarughe capì esattamente cosa stesse succedendo e, sorridendo, non poté proprio fare a meno di pensare che nella vita le avesse viste proprio tutte.
«Ma loro... loro sembrano...» balbettò Oscar, strabuzzando gli occhi nel vedere i due Saiyan seduti vicini che si sorridevano a vicenda, quando era abituato a vederli solo combattere, sbeffeggiarsi o addirittura litigare. Non poteva crederci. Erano davvero diventati amici?
«Eh già...» sospirò il Genio delle Tartarughe, appoggiando le guance tra le proprie mani. «E non sai quanto questa cosa mi renda felice». E no, il maestro Muten non era affatto sciocco e ingenuo come il suo amico dalle fattezze suine, aveva ben capito che non fossero amici. Non solo.
Proprio in quell'istante, però, i due Saiyan si alzarono di scatto dalla battigia, mettendosi in posizione d'allerta. Pochi secondi più tardi, dall'orizzonte color indaco, una scia luminosa comparve veloce tra le stelle avvicinandosi sempre di più.
Il Genio e Oscar uscirono di casa balzando giù dalla finestra per avvicinarsi a loro. Ci vollero meno di dieci secondi perché la scia luminosa acquisisse un volto e, con il viso paonazzo e i capelli color turchese spettinati dal vento, Bra poggiò i piedi sulla sabbia umida con una folata di vento. Si piegò su se stessa con le mani appoggiate alle ginocchia e respirò affannosamente.
«Bra! Cosa è successo?» domandò Vegeta, con tono severo e il volto contratto in un'espressione preoccupata. Non poteva essere accaduto nulla di buono, no di certo, o altrimenti sua figlia se ne sarebbe guardata bene dal percorrere chilometri e chilometri a una velocità inaudita in volo per presentarsi davanti a lui. Il suo cuore si fermò per un momento, l'esatto istante in cui Bra pronunciò un nome che non avrebbe voluto udire.
«Trunks...» soffiò lei tra un sospiro e l'altro. Alzò poi la testa con uno scatto, annunciando ciò che nessuno avrebbe voluto sentirsi dire in quel momento. «Trunks è sparito!»


Continua...
 

ANGOLO AUTRICE:
Badùm-chaa! Cari amici, proprio non riesco. Proprio non ci riesco a complicare la vita dei miei poveri protagonisti xD non passa un capitolo senza che succeda qualche disgrazia. Non odiatemi! Vi prego, abbiate fiducia: prima o poi le cose inizieranno ad andare bene.
Piccolo riassunto: Tutti si stanno allenando, sembra che nessuno si sia tirato indietro alla richiesta di Goku a parte... a parte Gohan, che a quanto pare è diventato un'ameba! Male, molto male. Nel frattempo... ddddai, quanto sono carini quei due? Il genio ha capito tutto *_* sono troppo belli.
E poi ecco... Trunks è sparito, scomparso. Puff! Nessuno lo trova. Maggiori dettagli nel prossimo capitolo xD
A prestissimo miei cari e mie care, manca sempre meno al grande giorno del giudizio.
Eevaa

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Capitolo 46
*** Condanna ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 46 - CONDANNA
 


I remember tears streaming down your face when I said I'll never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said don't leave me here alone
Don't you dare look out your window, darling everything's on fire
The war outside our door keeps raging on
Just close your eyes, the sun is going down
You'll be alright, no one can hurt you now
Come morning light, you and I'll be safe and sound


Safe and sound: https://www.youtube.com/watch?v=RzhAS_GnJIc

 
 
 

Buio. Una voragine sotto la battigia sembrava averlo risucchiato come sabbie mobili. Vegeta non riuscì più a muoversi, non riuscì più a ragionare. Non sentì più il vento sulla pelle, non sentì più ardere le proprie gote, non sentì nemmeno più il proprio cuore pulsare di vita.
"Trunks è scomparso" aveva detto Bra, e da quel momento ogni sua speranza, ogni sua certezza vacillava.
Si immobilizzò e non tentò nemmeno di rispondere. Paura, paura vera. Terrore che quei maledetti avessero preso anche lui, timore che l'avessero portato via, timore che si fossero presi anche la sua vita. La vita di suo figlio, il suo primo figlio. Vide Bulma negli occhi di Bra, davanti a sé; guardò nello specchio della sua anima avvertì lo schiaffo di delusione bruciargli sullo zigomo. Cosa gli avrebbe detto Bulma, se fosse stata ancora lì? Come aveva potuto permettere che, dopo la morte di Pan, si prendessero anche Trunks? Avrebbe dovuto stare più attento, Vegeta, avrebbe dovuto badare di più alla sua famiglia.
Tutte quelle emozioni, quel calderone di paure e paranoie si materializzò in pochissimi istanti, tanto che il Principe fece ben fatica ad ascoltare le ulteriori spiegazioni di sua figlia.
Nessuno aveva più visto Trunks dalla sera precedente, non si era più fatto vivo. Bra lo aveva cercato ovunque, in ogni angolo della città. Aveva cercato la sua Aura tra la folla e per tutta la crosta terrestre, ma suo fratello sembrava essersi dissolto nel nulla.
«Non può essere sparito. Non può essersi volatilizzato» asserì Vegeta, con un groppo alla gola, poco prima di teletrasportarsi insieme a tutto il seguito al grande palazzo del Supremo, ove Dende ricercò l'Aura di Trunks in ogni landa del pianeta, invano. Non vi era traccia di lui, né del suo Ki né del suo corpo.
Ogni minuto che passava durante quella notte, nel Principe dei Saiyan vacillava sempre più la speranza di poterlo riabbracciare. Ma non avrebbe dovuto crollare, non avrebbe potuto mostrarsi in panico o preoccupato, non davanti a sua figlia.
Percorse avanti e indietro il grande salone della Capsule Corporation alla ricerca di un'idea, di un'epifania, ma nessuna illuminazione giunse al suo cospetto. La cosa che più l'aveva colpito, però, era che quando aveva dovuto prendersi l'ingrato compito di spiegare al piccolo Goku Jr che anche il suo papà era scomparso, egli non avesse fatto una piega. Aveva detto "sono cicuro che papà sta bene", semplicemente.
Bra, Goku, il Genio delle Tartarughe e Vegeta non sapevano se essere spaventati o essere rincuorati dall'affermazione del bambino, ma il Principe dei Saiyan aveva la brutta sensazione che il suo nipotino stesse solo cercando un modo di tenersi alla larga dalla malvagia verità. Negazione, l'avrebbe definita uno psicologo. E come dargli torto, del resto! Nel giro di dieci giorni si era ritrovato solo, senza padre né madre. Forse voleva solo evitare di affrontare la realtà.
Così Vegeta dovette lottare contro i suoi terribili presentimenti e dimostrarsi forte agli occhi dei suoi amici, di suo nipote, di sua figlia. Ma Goku lo capì, Goku comprese esattamente quale fosse il reale stato d'animo del Principe e perciò, colto da un lampo di genio, senza dire neanche una parola, si aggrappò alla sua spalla e si teletrasportò in un mondo che oramai entrambi conoscevano abbastanza bene.

 

«Cosa diavolo ci facciamo qui?» gli domandò Vegeta, guardandosi intorno. Ricordava bene quel palazzo, c'era stato quando gli era stata data la possibilità di ritornare sulla Terra per combattere contro Majin Bu.
«Credo che Goku Jr abbia ragione. Sento che Trunks sta bene! O quantomeno credo sia vivo. E per esserne ancor più certo voglio assicurarmi che non sia passato di qua» tagliò corto Goku. Prese per un braccio Sua Maestà e lo trascinò all'interno del tempio bianco e verde di Re Yammer.
E, come volevasi dimostrare, le sensazioni di Goku e di Goku Jr non erano affatto infondate: lo spirito di Trunks non era mai giunto nell'Aldilà, e questo poteva solo significare che si trovasse ancora in vita; dove si nascondesse, questo restava comunque un mistero.
Re Yammer non riuscì a dare risposta ai loro interrogativi, e nemmeno Baba con la sfera di cristallo riuscì a individuare la posizione del ragazzo.
«Se quei maledetti bastardi hanno rapito mio figlio...» minacciò Vegeta stringendo i pugni, dopo essere uscito a camminata sostenuta dal palazzo di Re Yammer. Era una vera fortuna che nell'Aldilà i draghi non potessero osservarli, altrimenti si sarebbero alquanto risentiti dai modi deplorevoli con i quali il Principe si appellò alle loro alte cariche.
«Vegeta, non essere pessimista» tentò di rassicurarlo Goku, ottenendo però il risultato opposto.
«Pessimista!? Ti sei rincitrullito? Vorrei sottolineare che dieci giorni fa hanno ucciso tua nipote».
«Sappiamo che non è morto, questo è ciò che importa. Vedrai, Trunks è forte... ovunque sia troverà il modo di cavarsela!» ci riprovò Goku, poi lo prese per le spalle e lo guardò fisso negli occhi. Forse, quella volta, ci era andato più vicino a rassicurarlo.
«Tsk. Lo spero proprio. E in effetti se tanto mi da tanto portarmi qui è stata l'idea più proficua di oggi» soffiò Vegeta portandosi una mano sulla tempia, massaggiandosela. Era in pena per Trunks, lo era per davvero, ma sapere che non fosse passato all'altro mondo un pochino lo rassicurava. E poi Goku Jr... Goku Jr non aveva mai sbagliato niente in fatto di sensazioni, la sua straordinaria perspicacia era come una boccata d'aria. Avrebbe dovuto provare a fidarsi di lui, del suo intuito. Se lui pensava che suo padre stesse bene, allora così doveva essere. Per forza. Mancavano meno di sette giorni alla grande verità, non avrebbe potuto cedere per nessun motivo al mondo.
«È il tuo modo di dirmi "grazie"?» disse Goku con un sorriso ampio, riportandolo per un attimo con i piedi per terra. O meglio, con i piedi nell'Aldilà.
«No» rispose Vegeta. Tentò in tutti i modi di incurvare le labbra in quello che era il suo solito sorriso beffardo, sganciandogli poi un pugno direttamente nel costato. «QUESTO è il mio modo di dirti grazie».
«Ahiaaa! Urca, quanto sei antipatico!»

Quella notte il Principe non riuscì ad allontanarsi dalla Capsule Corporation e, com'era solito fare, si sedette accanto al letto del suo nipotino per raccontargli qualche storia sui suoi viaggi spaziali per farlo addormentare. La piccola lampada a forma di pianeta Saturno sulla mensola brillava di luce fievole per rendere il sonno del piccolo Goku Jr meno irrequieto e Vegeta, con la schiena appoggiata al comodino e la testa reclinata all'indietro, contemplava il soffitto in attesa che le risposte gli piovessero dal cielo.
Il rumore dei passi felpati di sua figlia lo fece destare. Portò il capo in posizione naturale solo quando, delicatamente, lei si sedette a gambe incrociate sul tappeto a strisce gialle e blu. I pantaloncini corti del pigiama e la maglietta grigia oversize rendevano comunque onore alla sua straordinaria bellezza, non scalfita nemmeno dalle profonde occhiaie viola sulla pelle lattiginosa e i numerosi lividi sulle braccia e le gambe dovuti ai recenti allenamenti.
Padre e figlia si squadrarono per qualche secondo, ricordando entrambi i momenti in cui tutto era stato facile. Erano pronti a combattere, ma non potevano affatto nascondere che la scomparsa di Trunks avesse segnato un duro colpo sulla sanità mentale di ambedue.
«Ho paura, papà. Ho paura per te, per me... per Goku Jr. Siete le ultime persone che mi rimangono» sussurrò lei. Non avrebbe voluto crollare, non avrebbe dovuto cedere proprio in quel momento che mancava così poco, tuttalpiù che il dado era oramai stato tratto. Non avrebbero più potuto tornare indietro.
«Vi proteggerò sempre, anche a costo della vita. Questa è una promessa. Non permetterò a nessuno di farvi del male» gracchiò Vegeta, guardando fisso negli occhi di zaffiro la figlia, e in lei vide di nuovo lo sguardo di sua moglie. Non aveva potuto salvare Bulma, non aveva potuto fare nulla per tenerla con sé.
Ma loro... tutti loro non sarebbero andati da nessuna parte. Li avrebbe salvati, avrebbe salvato Bra, Goku Jr e tutti gli altri. Avrebbe riportato indietro Trunks ovunque si trovasse, avrebbe salvato la Terra e, quella volta, avrebbe salvato anche la persona che aveva accanto, la persona che gli aveva dato fiducia, che lo considerava perfetto nonostante non lo fosse. L'unica persona oltre alla sua defunta moglie che aveva saputo apprezzarlo in ogni sua sfaccettatura e che, a dispetto dei suoi difetti, aveva saputo perdonarlo e accettare tutti i suoi peccati. Non aveva potuto salvare Bulma, in passato... ma avrebbe salvato lui. Avrebbe salvato Kaarot.

Era passato tanto tempo dall'ultima volta che Vegeta aveva affrontato un allenamento serio all'interno della Gravity Room, contro qualcuno che avesse il ki superiore a quello di un bambino di due anni. Ma quel giorno, oltre a dover stare attento a non distruggere completamente la casa per via dei durissimi colpi, sia lui che Kaarot avevano dovuto prestare parecchia attenzione a non colpire il piccolo Goku Jr durante il loro scontro. Bra non aveva proprio potuto prendersi un altro giorno di permesso al lavoro - dovendo anche sostituire il fratello in un'importantissima convention - quindi, a malincuore, non aveva potuto rimanere a casa un'altra giornata con il suo adorato nipotino, il quale era finito nelle mani dei due nonni (o meglio, il nonno paterno e il bisnonno materno).
E, quando Bra li aveva chiamati dicendogli che non sarebbe tornata prima della tarda serata a causa di un'inconveniente con il riduttore termonucleare in vendita ai clienti della città del Sud, Vegeta non aveva proprio saputo dire di no alla richiesta di Goku Jr di mangiare una pizza. Seguita ovviamente da altre lamentose richieste da parte di quello più grande, di Goku.
"Io sono il Principe dei Saiyan, non un baby-sitter!" aveva abbaiato Vegeta al povero cameriere della pizzeria, trovatosi costretto a far presente che i suoi due compagni di cena stessero rubando tutti i pacchetti di grissini dai tavoli di fianco.
E inutile dire che, quando i due Goku avevano insistito all'inverosimile per ottenere anche il milkshake dopo la lunga passeggiata per il parco in centro, Vegeta aveva dovuto trattenersi dal rifilare un pugno alla giugulare del Goku adulto.
Doveva ammettere però che, nonostante non fosse propriamente una bevanda da guerrieri, anche lui andava pazzo per il milkshake. Al caffè. Ed era stato parecchio ilare guardare gli occhi fuori dalle orbite delle persone alla vista dei tre Saiyan che, uno in fila all'altro, si erano allontanati dal carretto dei dolci ognuno con ben cinque contenitori di frullati a testa impilati in verticale.
«Urcaaa! Sto scoppiando» soffiò Goku, seduto sulla panchina illuminata dalle lucine colorate estive del grande parco, con lo stomaco talmente gonfio di frappè che dovette allentarsi il buco alla cintura dei suoi nuovi pantaloni. Non era abituato ad andare in giro vestito come le persone civili ma, da quando era tornato sulla Terra, aveva scoperto di non possedere più tutte le sue tute da combattimento e soprattutto non c'era più Chichi che lavava e stirava ogni giorno i suoi indumenti.
«Nonno bis, nonno Vegeta ti aveva avvettito di non penderne altli due» puntualizzò Goku Jr, punzecchiando con l'indice la pancia del bisnonno. Gli piaceva, il suo bisnonno! Era buffo, simpatico e strambo.
«Ascolta la voce della verità, Kaarot» lo sbeffeggiò Sua Maestà, trattenendo a stento una risata nell'osservare il piccolo nipotino prendersi gioco del rivale.
«Ma erano così buoni!» si lagnò Goku. Sprofondò di più con la schiena sulla panchina, lamentandosi del gonfiore addominale che, effettivamente, era visibile a occhio nudo.
«Sei il solito ingordo. Guardati, sei disgustoso!» sbuffò Vegeta, tentando in tutti i modi possibile dal frenare le proprie mani dall'istinto di tirargli un pugno ben assestato proprio lì, nello stomaco, giusto per rendergli le cose ancora più difficili.
E così, dopo aver atteso un buon quarto d'ora che il reietto digerisse i suoi tanto agognati milkshake, i tre Saiyan si librarono in volo insieme diretti verso la Capsule Corporation, lasciando allibiti tutti i passanti. Non capitava tutti i giorni di vedere due uomini e un bambino prendere il volo davanti ai propri occhi.

Avevano fatto a gara a chi sarebbe arrivato prima e, ovviamente, Vegeta aveva lasciato che il piccolo Goku Jr l'avesse vinta ma, al contrario, aveva scansato il suo rivale con un Ki-blast per poter arrivare secondo - sempre con colonna sonora di lamentele annessa.
Avevano messo a letto il bambino dopo svariate proteste, ma egli si era addormentato a malapena dopo qualche minuto, forse troppo stanco dalla giornata intensa ma piacevole. Goku e Vegeta erano rimasti lì, seduti l'uno davanti all'altro in quella stanzetta buia, ad ascoltare il respiro lento e regolare del bambino, fissandosi tra le ombre. Goku avrebbe potuto giurarlo su qualunque cosa: a un certo punto, mentre si era distratto per guardare la luna fuori dalla finestra, aveva visto Vegeta sorridere, sorridere per davvero.
Goku aveva poi approfittato della gentilezza del Principe, chiedendogli di potersi preparare una limonata e, dopo qualche insulto e lamentela (Vegeta era stato ben pronto a fargli notare che certi drink fossero per mammolette), avevano iniziato a guardare un film davanti alla grande TV al plasma della Capsule Corporation ma, come pronosticabile, si erano addormentati entrambi dopo aver terminato di sorseggiare la loro bevanda. Per quanto potesse essere una pietra miliare, Moulin Rouge non era esattamente la pellicola più adatta per due combattenti.
E Bra... beh, quando Bra riuscì a varcare la soglia di casa - alla bellezza delle undici e mezza di sera - si aspettò di tutto tranne che trovare di fronte a sé una scena così particolare. Certo, lì aveva già colti in una situazione simile il giorno in cui aveva scoperto che suo padre nascondesse Goku nel suo appartamento, ma la posizione in cui li aveva trovati allora era molto più... distante.
Stanca, spettinata e con il trucco oramai rovinato da un'intera giornata a litigare e contrattare con i clienti della città del Sud, Bra si imbambolò in salotto per qualche minuto, sorridendo alla vista di suo padre che dormiva beatamente con la testa del suo rivale appoggiata alla spalla, e la sua testa a sua volta adagiata sopra. Si stropicciò gli occhi per assicurarsi che non fosse un'illusione, ma lo scenario non cambiò.
Decise di non svegliarli, di far niente di niente onde evitare di mettere in imbarazzo suo padre e, in punta di piedi, si avviò verso la sua camera da letto con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

 


 

L'alba blu e rosa entrò irriverente dai grandi finestroni della Capsule Corporation, accarezzando i volti dei due Saiyan ancora assopiti sul divano. Goku si mosse piano, stiracchiandosi ancora con gli occhi chiusi. Fece destare il Principe il quale, non capendo subito dove diamine si trovasse, si sollevò con il busto di scatto. Si guardò intorno qualche secondo giusto per capire cosa fosse successo e, guardandosi poi indietro, vide il suo rivale stropicciarsi gli occhi con entrambi i pugni, per poi sorridergli. Rimase immobile, impietrito.
«Buongiorno» sussurrò Kaarot con voce roca, senza smettere di fissarlo. Vegeta non rispose, non era ancora proprio abituato a svegliarsi e vedere la faccia di quel decerebrato come prima cosa, alla mattina. Specialmente quella mattina in cui avrebbe dovuto essere al piano di sopra, nel suo letto, e l'inetto dall'altra parte della città. Ma, chissà come - nonostante l'istinto di tirargli un pugno in pieno volto fosse comunque preponderante - proprio non ci riuscì a non sentirsi sereno.
Si alzò piano, stiracchiandosi, poi balzò fuori dalla porta a vetri respirando a pieni polmoni il profumo dell'alba, seguito a sua volta da Goku. Si appoggiarono entrambi con gli avambracci alla ringhiera del grande balcone della casa rotonda e, contemplando le nuvole all'orizzonte, stettero in silenzio a godersi quella quiete. Mancavano cinque giorni, solo cinque giorni al momento della verità e, nonostante si sforzassero di non darci peso, ambedue sapevano che le loro menti stavano vagando esattamente nella medesima, orribile direzione. Non sarebbe stato facile, non vi era nulla di certo. Ogni tanto si guardarono di sfuggita, giusto per ricordarsi a vicenda di non perdersi in quei pensieri.
«Dici che è ora di andare ad allenarsi?» domandò Goku, cercando così di spezzare quell'incantesimo dolce-amaro che li aveva rapiti.
Vegeta chiuse gli occhi per un istante e sospirò. Normalmente avrebbe gioito per una proposta del genere - allenarsi di prima mattina era sempre stata una delle sue attività preferite - ma solo il cielo sapeva quanto bruciasse sotto la sua pelle l'idea che non lo avrebbero fatto solo per migliorarsi, per diventare più forti. Oramai il peso della responsabilità si stava facendo quasi insostenibile; man mano che si avvicinava quel fatidico cinquantesimo giorno, il pensiero di doversi allenare nell'incertezza che la loro forza sarebbe potuta non bastare lo rendeva nervoso, irrequieto. Specialmente dopo una giornata come quella precedente, una giornata spensierata, serena.
«Sì... sì, andiamo» rispose il Principe. Voltò le spalle e fece per rientrare in casa ma, inaspettatamente, una mano ruvida strinse il suo avambraccio e lo fece frenare.
«Vegeta».
«Che vuoi, adesso?»
«Devo chiederti una cosa». Goku aveva un tarlo incessante che gli torturava la mente oramai da giorni.
Vegeta lo guardò glaciale, come se gli avesse appena sputato nel piatto in cui stava mangiando. Odiava quei preamboli, dannazione! Se doveva chiedergli qualcosa, allora perché non lo faceva direttamente?
«Beh?»
«Se io avessi scelto di rimanere sulla Terra, di non morire» iniziò a parlare Kaarot. Mise molta enfasi su quelle parole e fece finta di parlare di parlare per ipotesi per non farsi scoprire dai Draghi, ma la realtà era che sperava davvero che non rimanessero solo ipotesi, quelle. «Cosa saremmo diventati? Cosa... quale sarebbe stato il nostro futuro?»
Il volto di Sua Maestà divenne purpureo, iniziò a tremare dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
«Non credo che tu voglia chiedermi davvero una cosa del genere» soffiò pericolosamente Vegeta, con gli occhi socchiusi.
«Sì, invece. È giusto per sapere... cosa mi perderò» domandò Goku, oramai bordeaux sulle gote. Sperò sul serio che invece, qualsiasi cosa avesse risposto Vegeta, non se la sarebbe affatto persa.
Goku se n'era accorto ancor di più durante la giornata precedente - durante quei momenti così felici e spensierati - di quanto fosse in pace con se stesso, di quanto sarebbe potuto essere bello vivere... vivere così.
«Se intendi chiedere se avremmo potuto andare in giro per mano come una coppia di piccioncini beh, hai sbagliato persona» lo avvertì il Principe, nell'imbarazzo più totale. Era un guerriero, lui, non un fidanzatino.
«Intendo dire... saremmo... avremmo potuto... urca, quanto sono imbranato!» ridacchiò Goku. Si grattò la nuca con la mano destra, sorridendo e chiudendo gli occhi nella sua tipica espressione solare e "da ebete", per l'appunto.
«Oh sì, lo sei» confermò Vegeta, alzando gli occhi al cielo. Cosa voleva chiedergli? Cosa voleva sentirsi dire? Perché non parlava chiaramente al posto di ridere come un perfetto idiota? E così Goku deglutì e prese coraggio. Trovò il modo di formulare quella domanda, quella questione che gli tamburellava in testa e faceva fare le capriole al suo cuore oramai da parecchi giorni.
«Avremmo potuto... stare insieme? Essere una... una famiglia?» balbettò, aspettandosi di ricevere di tutta risposta un gancio destro sul volto,  che però non arrivò. No, non arrivò affatto, perché Vegeta era arrossito talmente tanto da non riuscire più a muovere alcun muscolo.
Una famiglia? Aveva detto una famiglia? Lui e quel decerebrato? No, no, no! Non stava accadendo sul serio, non poteva essere. Eppure... eppure. Eppure cosa ci sarebbe stato, di così strano? Di fatto stavano... stavano già insieme, per tutte le stelle! Cosa gli stava chiedendo, Kaarot, tra le righe? Che si trattasse di una relazione esclusiva? Cielo, sì che lo era, se Kaarot si fosse solo azzardato a toccare qualcun altro gli avrebbe svitato il cranio vuoto che si trovava. E lì Vegeta impallidì, perdendo tutto il suo colorito purpureo. Era davvero... geloso?! Geloso di Kaarot?! Per tutti i sistemi solari!
«Kaa... Kaarot! Io... tu.. ehm» farneticò Vegeta, in preda al sudore. «Dannazione, sono imbranato anche io. Mi hai attaccato questa malattia!»
Goku rise, imbarazzato più che mai. Non aveva mai pensato di poter realmente desiderare una cosa simile, nella vita. Quando aveva sposato Chichi nemmeno sapeva cosa significasse avere una relazione, non l'aveva mai saputo. Ma in quel momento, con Vegeta, era tutto diverso.
E per Vegeta invece... beh, poteva solo immaginarsi quante risate si stesse facendo Bulma nel Regno dei Cieli, a vederlo così in difficoltà. Pensò a lei, per un attimo, e si rese conto di quanto in realtà sarebbe stata felice di vederlo - dopo sei lunghi anni - nuovamente sereno. Lei come i loro figli.
Vegeta non avrebbe mai e poi mai pensato di ammetterlo, ma oramai ci era dentro con tutte le scarpe, a quel punto non c'era molto da contestare. Scavò nel profondo della sua mente e non trovò neanche uno, nemmeno un motivo per potersi rifiutare.
«Io credo... io credo che sì, avremmo potuto provarci» sussurrò Vegeta, percependo le proprie orecchie bollire. Oh sì, quel giorno non gliele avrebbe affatto risparmiate, l'avrebbe picchiato a sangue per averlo messo così tanto in imbarazzo. Perché entrambi lo sapevano: stavano parlando per ipotesi e fingendo per non farsi scoprire dai draghi, ma non erano affatto ipotesi. Kaarot non se ne sarebbe andato, non sarebbe morto, e quelle che si stavano facendo erano delle vere e proprie promesse, promesse che se tutto fosse andato bene sarebbero state la realtà. E già lo era... perché in fondo lo erano già, una famiglia. Una bizzarrissima famiglia.
Goku dovette resistere dallo sprizzare gioia da tutti i pori, e proprio si stupì di se stesso per essere così euforico.
«Mi dispiace perdermelo, allora» disse infine Goku, mentendo il meglio possibile per non destare sospetti. «Sarebbe stato... bello».
«Per tutti gli Dei, quanto puoi essere disgustosamente sdolcinato!» concluse ad alta voce il Principe. Scattò a tutta velocità verso la sua camera da letto per potersi nascondere una volta per tutte dall'imbarazzo ma, proprio nell'istante in cui si richiuse la porta alle spalle, quell'inetto, idiota, sempliciotto di terza classe gli si teletrasportò davanti e gli stampò con forza un bacio a fior di labbra, sorridendo prima di scomparire un'altra volta.
«KAAROT, TI DETESTO!» urlò Sua Maestà divenendo biondo dalla rabbia, svegliando così tutto il vicinato con una frase che, nel corso degli anni, avevano ben imparato ad udire.
Quel che non poterono vedere, però, fu che quella volta il Principe si gettò sul letto con il sorriso sulle labbra.

 


 

Notte, o forse giorno, chi poteva saperlo! Quel luogo buio gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo, quell'odore di carta antica aveva anestetizzato tutti i suoi sensi. Forse i suoi occhi non sarebbero più stati abituati alla luce del sole, forse la sua pelle lattiginosa avrebbe riflesso i suoi raggi come un caleidoscopio. Aveva serrato le tapparelle dell'unica finestra di quella stanza da oramai quattro giorni.
Voltò una pagina, copiando poi degli appunti con la matita color carbone appena temperata. Oramai nulla aveva senso, nemmeno ciò che stava scrivendo. Stava illustrando il nulla, stava oramai trovando nessi improbabili e non osservabili nei calcoli delle sue ricerche. Scriveva per impregnare il foglio delle sue emozioni, delle parole che proprio non era riuscito vomitare.
Premette più forte la matita sul foglio bianco, la sua mano si mosse veloce, sempre più veloce, repentina. Pile e pile di quaderni strappati, carte appallottolate. La luce calda della lampada del comodino rifletteva nei suoi occhiali, costringendolo a socchiudere gli occhi, di tanto in tanto.
Gohan era vuoto, completamente svuotato di ogni forza. Dov'era finita la sua voglia di respirare? L'ossigeno bruciava nei suoi polmoni come se volesse rigettarlo, come se avesse bisogno di morire. Morire per raggiungerla, per salvarla, ma la salvezza per lei era lontana. Pan non c'era più, sua figlia non c'era più, e il capro espiatorio più concreto da trovare era proprio colui che gli aveva dato la vita.
E suo padre aveva anche avuto il coraggio di chiedergli di perdonarlo, di aiutarlo. Più ci pensava e più percepiva il suo cuore martellargli contro le costole. Se lo sarebbe strappato via dal petto, se avesse avuto il coraggio.
La sua mano era sempre più veloce, i tendini del suo polso sempre più tesi. Dosare la sua forza era diventato incontrollabile, e l'ultima goccia che fece traboccare quel vaso di emozioni represse cadde proprio in quell'istante.
La mina della matita si spezzò.

 


 

Il sole era alto e caldo in quel cielo terso di metà giugno, ma le vette più alte circondanti la città del Nord erano ancora bianche come lo zucchero filato. E lì, sulle cime baciate dal sole, due combattenti si stavano sfidando per l'ennesima volta. Sempre più affiatati, sempre più complici, sempre più rivali. Seduti sulla neve pallida a pochi metri di distanza, Goku Jr osservava il combattimento insieme alla zia Bra, in attesa che venisse anche il loro turno di duellare.
Cinque giorni, mancavano solo cinque giorni al momento della verità e i due combattenti si sentivano carichi come non mai, potenti più di due cicloni. Goku e Vegeta sarebbero stati pronti, sarebbero arrivati preparati, avrebbero dato il meglio per poter salvare il loro pianeta ma, ciò che non avrebbero mai potuto immaginare, era che tutto ciò si sarebbe rivelato più complesso del previsto, molto più complesso.
E se ne resero conto all'improvviso quando, con un'esplosione inaudita, un raggio luminoso li colse di sorpresa colpendoli dalla lunga distanza. Un raggio potentissimo, un attacco inaspettato che lasciò entrambi senza la possibilità di contrastarlo. Caddero nella neve, entrambi.
«Ma che ca-» si apprestò a inveire Sua Maestà. Si asciugò la fronte dal sangue che sgorgava a fiotti dal suo sopracciglio quando, senza preavviso, un urlo assordante risuonò come un eco tra le montagne, seguito poi da un'altra forte esplosione, più vicina, che fece tremare la terra sotto i suoi piedi causando una forte valanga. Ma, quando Vegeta riuscì a mettere a fuoco cosa fosse appena successo, non riuscì a credere ai propri occhi.
«IO TI ODIO! TI ODIOOOOO!»
«Go... Gohan! Ma che ti prende?» balbettò Goku, tenendo suo figlio per gli avambracci per evitare che lo schiacciasse contro la parete rocciosa.
«Tu hai ucciso MIA FIGLIA» urlò Gohan, ringhiando e digrignando i denti a pochi centimetri dal volto di suo padre il quale, per difendersi, esplose e si trasformò in Super Saiyan di quarto livello, liberandosi dalla morsa del suo primogenito.
Goku Jr, a pochi metri di distanza, spalancò gli occhi. Bra si portò una mano alla bocca, sull'orlo di piangere. Vegeta tremò. No, no, no, Gohan non poteva averlo detto davvero, non davanti al bambino!
Vegeta avrebbe voluto colpirlo, avrebbe voluto mettere a tacere le sue ingiurie con la forza, ma una piccola parte della sua coscienza conosceva a fondo quel ragazzo e, quando si faceva prendere dalla rabbia, non rispondeva affatto delle sue azioni. E quale rabbia più grande, quale dolore peggiore per un padre se non quello di vedere morire la propria figlia?
«Ragiona, ragazzo! Non è stato lui ad uccidere Pan. E non è prendendotela con tuo padre che risolverai le cose» cercò di farlo ragionare Vegeta, parandosi con le braccia aperte per frapporre una distanza tra Gohan e Goku.
Proprio in quell'istante, volando ad alta velocità, li raggiunsero anche Goten e la povera Videl, la quale non avrebbe mai voluto sentire con le proprie orecchie ciò che suo marito stava per dire.
«No, NO! Sono stanco di ragionare, non me ne frega più niente di nessuno! Non me ne importa più nulla della Terra, di tutti voi, di quello che sta accadendo. SONO STANCO DI SOPPORTARE» farneticò Gohan. Si illuminò ancora di più di scintille dorate, scansando Vegeta con un pugno e avvicinandosi di nuovo minaccioso al padre.
«Figliolo...» soffiò Goku, con i pugni talmente serrati da farseli sanguinare. Era arrabbiato con se stesso, deluso e tremendamente triste. Suo figlio lo aveva appena accusato di una cosa orribile e, nonostante non fosse proprio così, non aveva nemmeno tutti i torti.
«TACI! NON SONO TUO FIGLIO» abbaiò lui velenoso, puntandogli poi un dito contro.
«Gohan!» lo rimproverò Goten avvicinandosi alla scena, sperando in qualche modo di far ragionare il fratello.
«GOHAN UN BEL NIENTE!» gridò nuovamente lui. Si accese ancora di più e si rivolse di nuovo a Goku. «Gohan è morto. E, per quanto mi riguarda, PUOI MORIRE ANCHE TU!»
Tutti i presenti si pietrificarono, ciò che udirono fu tremendo e surreale. Il piccolo Goku Jr si portò le mani sulle orecchie, tappandole e chiudendo gli occhi, avvolto dall'abbraccio di sua zia.
Gohan ringhiò di nuovo e suoi occhi divennero velati, come se una forza oscura lo stesse possedendo. Non era in lui, non era più lui. Non c'era niente di quel ragazzo che potesse ricordare l'uomo gentile che tutti conoscevano. Mental breakdown, aveva perso completamente il lume della ragione.
«E, anzi, ti ucciderò io con le mie mani, così non ci andranno di mezzo altre vittime innocenti» continuò Gohan con una perfidia mai vista, non degna di lui. «Io non combatterò per te e il tuo piano folle! Tornatene da dove sei venuto, tornatene in quel luogo».
«NO, GOHAN! TACI!» urlò Vegeta fiondandosi contro di lui, capendo purtroppo dove il ragazzo stesse per andare a parare.
Ma oramai era troppo tardi. Troppo tardi per evitare che parlasse, troppo tardi per evitare che rivelasse quell'informazione tanto celata. E, sotto gli occhi sbigottiti di suo padre, Gohan decretò infine la loro condanna a morte.
«TORNA NELLA DIMORA DEI DRAGHI E LASCIA IN PACE QUESTO PIANETA!»



- Fine Atto II -

 

Continua...



ANGOLO AUTRICE:
... porca. vacca.
Io vi avevo avvisati, vi avevo avvertiti che questo capitolo non era adatto ai deboli di cuore. Ho la coscienza pulita xD
Dunque... dunque. Ricapitoliamo dall'inizio, che questo capitolo è stato bello lunghetto:
-Trunks è sparito, scomparso, kaputt. Dov'è finito? E chi lo sa! Sappiamo solo che non è morto, ma a quanto pare non è nemmeno sulla Terra. E Goten è tra noi, quindi ciò mi fa ben pensare che lui non sappia niente... forse.
-Vegeta e Goku diventano improvvisamente una coppia da sitcom, costretti a badare ad un moccioso per una giornata intera, come se fossero due papà. Carini vero? E Bra, anche lei, comincia ad insospettirsi.
-SI SONO FIDANZATI, MANNAGGIA LA MISERIA! Cioè... dai! Quanta sdolcinatezza in questo capitolo, non dite poi che trascuro la parte romantica eh! Si sono praticamente detti che - se tutto dovesse andare bene - staranno insieme come una vera famiglia. Ma io piango!
-E infine... GOHAN E' UN COGLIONEEEE! - perdonate la finezza - ma come si fa!? COME SI FA!? Adesso sono cavoli, cavoli amarissimi. Il primogenito di Goku ha bellamente rivelato ai draghi che lui sa tutto, e di conseguenza anche tutti gli altri. Ha rivelato che avevano un piano contro di loro. E MO!? E adesso che cavolo succede? Qualcosa mi dice che siamo nella M.
Non vedo l'ora di farvi sapere come si evolveranno le cose, ma tenetevi pronti: qua la situazione degenera.
Eevaa
 

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Capitolo 47
*** Arrivano ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 47 - ARRIVANO
 


It is the end of all hope
To lose the child, the faith
To end all the innocence
To be someone like me
No will to wake for this morn
To see another black rose born
Deathbed is slowly covered with snow


End of all hope: https://www.youtube.com/watch?v=UNvVBL1sX9o
 

 
- Atto III -


 
Tutto sembrava essersi bloccato: il vento, le onde, le case, le macchine, il respiro delle nuvole, il vociare della gente.
Tutto si era immobilizzato nell'istante in cui Gohan aveva scomodato una verità che avrebbe dovuto rimanere ben nascosta sotto al tappeto, insieme alla polvere. Nessun rumore, nessun suono, nessun movimento.
Il ghiaccio sopra quelle montagne rifletteva la luce del sole di mezzogiorno sui volti dei presenti, ma un'ombra grigia era calata su di loro, un'ombra di distruzione e tenebra asfissiante.
Torna nella Dimora dei Draghi e lascia in pace questo pianeta” aveva detto Gohan. O meglio: l'aveva urlato talmente forte da far sciogliere la neve. Lì, in quel momento, persino i loro cuori avevano smesso per un attimo di danzare.
Ma poi, come se un'esplosione subatomica avesse distrutto tutte le molecole in aria, tutto aveva iniziato a muoversi di nuovo. E quell'esplosione prendeva il nome del principe dei saiyan.
Si mosse così in fretta da non dare nemmeno il tempo a Gohan di potersi parare, di potersi difendere. Lo colpì così forte in pieno volto da aprirgli in due la pelle sopra lo zigomo, costringendolo a sputare più di un premolare sopra la neve di quel ghiacciaio, rendendola rossa come un campo di fragole mature. Il vetro degli occhiali, ridotti in frantumi, gli si conficcò in un sopracciglio e di colpo, come se si fosse appena svegliato da un attacco di sonnambulismo isterico, Gohan trasalì; le sue pupille si dilatarono, il respiro divenne affannoso, i suoi occhi tornarono gli stessi di un tempo e il colore dei capelli si tinse nuovamente di un grigio brizzolato. Si massaggiò la guancia ansimando, ma il suo sguardo non era più divorato dal rancore e dalla rabbia. La paura si era fatta breccia strappando via ogni lembo di quella pazzia che l'aveva assoggettato durante quei giorni. Perché in quell'istante Gohan capì: comprese cosa avesse combinato.
«MA TU TI RENDI CONTO DI COSA HAI FATTO?!» gli urlò in faccia Vegeta scuotendolo per le spalle, provocandogli un tremore incontrollato.
Non poteva averlo detto per davvero, non poteva averli sul serio messi in quella condizione.
«Ve... Vegeta...» balbettò Gohan guardando quell'uomo valoroso e orgoglioso negli occhi neri che, per un attimo, gli ricordarono quelli di quel principe spietato che era atterrato sulla Terra decenni decenni prima. Ma era chiaro che si sbagliava, che egli era completamente diverso, perché altrimenti non si sarebbe affatto scomodato a rinfacciargli il peccato che aveva appena commesso. L'avrebbe ucciso, semplicemente, se si fosse trattato dello stesso Vegeta di allora.
«Tu ci hai messi tutti in pericolo! Hai messo in pericolo tua moglie, tuo nipote... tuo fratello!» continuò ad alta voce Vegeta, poi gli lasciò andare le spalle e lo spinse poco più lontano. «Ci hai pensato? EH?!»
No, era evidente che non ci aveva pensato. Era più che palese che Gohan avesse totalmente perso ogni facoltà mentale in quel momento, che aveva oltremodo smarrito il controllo di sé.
Guardò Videl, la sua Videl: tremava. I suoi occhi blu si erano velati di liquido salato e, sorretta solamente da suo fratello Goten, era certo che stesse per svenire. Bra e Goku Jr, aggrappati l'un l'altro, avevano smesso invece di lacrimare ma, se il piccolo non aveva compreso a pieno la frase detta dal nonno materno, la figlia di Vegeta aveva colto immediatamente tutte le conseguenze che avrebbe potuto comportare.
«Io... io... c-cosa ho fatto?! Vegeta... cielo... perd-perdonami» farneticò Gohan irrigidendosi come un tronco, per poi far volare lo sguardo sull'uomo con la schiena aderente al ghiacciaio. Suo padre. Suo padre lo stava fissando senza muoversi, senza respirare. «P-papà...»
Goku regredì allo stadio naturale e iniziò a fissare il vuoto.
Papà. Aveva detto papà. Dopo più di dieci giorni, finalmente, Gohan gli aveva concesso il lusso di essere chiamato “padre”, e non più semplicemente con il suo nome. Gli aveva concesso il lusso di essere perdonato, di essere assolto da quella che, in qualche modo, era la sua colpa. Ma a che prezzo? Cosa era dovuto accadere perché ciò succedesse? Goku si perse con gli occhi nel vento, nella neve. Sentì un brivido, un brivido percorrergli tutta la spina dorsale, un brivido che oramai da tanto tempo non provava. Il presagio della morte.
«È... è la fine» sussurrò Goku con lo sguardo fisso in un punto indefinito davanti a sé e la bocca semichiusa in una smorfia di terrore.
Tutti si girarono verso di lui, con occhi spaventati all'inverosimile. Tutto era tornato a essere silenzioso, immobile, ovattato, fino a quando finalmente Vegeta, con il cuore in gola ma cercando di mantenere il suo consueto tono di voce schietto e severo, si decise a spezzare quell'incantesimo alienante.
«Kaarot, per l'amor del cielo, non è il momento di farsi prendere dal pa-» ma il principe dei saiyan fece in tempo a concludere quella frase, non fece in tempo a terminare il discorso motivazionale perché il suo rivale, di scatto, alzò la testa per imprigionarlo nello sguardo più imperscrutabile che avesse mai visto sul viso di quell'uomo.
Goku alzò la testa e, più freddo che mai, parlò.
«Arrivano».

 

Accadde tutto in un istante, l'istante appena successivo in cui la voce piatta di Goku li aveva avvertiti, l'istante in cui il cielo aveva perso il suo colore allegro, l'istante in cui il sole si oscurò. Un gregge di nuvole grigie aveva iniziò a galoppare sopra le loro teste, a vorticare come un tornado - ma a rallentatore.
Eppure il vento non aveva soffiato così forte, eppure - nonostante i lampi e i tuoni provenienti da quella coltre scure - le nuvole non avevano versato neanche una lacrima.
La terra sotto ai loro piedi tremò, il ghiaccio attaccato alle pareti rocciose si staccò frantumandosi sul tappeto di neve fresca, creando forti valanghe incontrollate. Bra prese Goku Jr per un braccio e si sollevò in volo per raggiungere suo padre il quale, con il naso all'insù, tentò di imprimersi nella mente la luce del sole, perché non era più sicuro che l'avrebbe rivista.
Nonostante il freddo l'aria si era fatta irrespirabile, l'ossigeno nei polmoni bruciava di terrore, tristezza, sconfitta. Come se tutto fosse già realmente perduto, come se la fine fosse giunta per davvero.
Goku e Vegeta staccarono i propri occhi dall'alto e li incrociarono gli uni con quelli dell'altro. Si guardarono e si videro come mai si erano visti. Si guardarono e compresero che, forse, quello sarebbe potuto essere il loro ultimo giorno, che quella trascorsa insieme era probabilmente stata l'ultima notte, che il destino come di consueto aveva giocato loro un brutto tiro. Quarantacinque giorni. Il fato gli aveva regalato quarantacinque giorni insieme e, in quelle poche settimane, avevano vissuto le emozioni più contrastanti mai provate nelle loro lunghe vite.
Il mondo li aveva visti piangere, ridere, amarsi. Il pianeta Terra gli aveva concesso di riscoprirsi in quel tempo troppo breve, era stato lo scenario di qualcosa di incredibile, impensabile, un tempo nemmeno lontanamente immaginabile. Ma la stessa vita aveva dimostrato loro che niente era impossibile, che anche le cose più improbabili avrebbero potuto avere una chance.
Quindi no, no e no. Quella passata non avrebbe potuto essere l'ultima notte insieme. Si erano fatti una promessa e, per tutte le stelle, l'avrebbero mantenuta. Erano diventati una famiglia e nessuno, nessun pericolo e nessun mostro dalla pelle dal colore bizzarro avrebbe distrutto ciò che avevano creato. Si concessero solo una manciata di secondi, solo pochi istanti per farsi possedere dal terrore, e poi l'avrebbero calciato via come un vecchio giocattolo rotto. Si concessero ancora un momento per guardarsi e ricordarsi di quella promessa mai ufficialmente dichiarata, poi sgonfiarono i loro polmoni di quell'ossigeno contaminato dalla paura.
Poco importava se il loro piano fosse appena stato cambiato, poco importava se le cose non erano andate esattamente come avevano previsto; da che mondo e mondo più si pianifica e più si rischia che tutto vada a rotoli. Avrebbero ugualmente combattuto con le unghie e con gli artigli, e l'avrebbero fatto a partire da quel momento. E così Vegeta, sbattendo finalmente le palpebre, prese in mano il suo scettro e finalmente tornò a essere il condottiero che tutti stavano aspettando.
«Oramai è troppo tardi per piangere sul latte versato. Gohan, Goten, Bra e Videl: state qui e preparatevi a combattere. Kaarot, tu recupera gli altri - anche i namecciani - e torna qua. È un luogo abbastanza sperduto e lontano dalla civiltà, oramai è troppo tardi per recarci altrove visto che ci hanno localizzato qui. Io devo fare una cosa importante» prese in mano le redini della situazione, spartendo ordini e compiti ben precisi ai pochi combattenti presenti sul luogo ma, proprio in quell'istante, si rese conto che una persona importante mancava all'appello. Vegeta si rese conto di quanto sarebbe stata necessaria la presenza di Trunks. Chissà dov'era, chissà cosa gli era successo, chissà se l'avrebbe mai più rivisto. Deglutì e scosse la testa, cercando in tutti i modi di reprimere quei pensieri negativi. Certo che l'avrebbe rivisto, certo che l'avrebbe trovato. Non avrebbe potuto essere altrimenti.
Goku annuì e, in uno schiocco di dita, scomparve lasciando dietro di sé solo una folata di vento, obbedendo ciecamente agli ordini di colui che sapeva perfettamente l'avrebbe guidato sempre, sempre nella giusta direzione.
Con uno scatto, nell'esatto secondo in cui aveva visto il compagno teletrasportarsi via, il principe balzò vicino alla figlia minore, prendendo poi per un braccio il piccolo Goku Jr il quale, confuso più che mai, non aveva ancora proferito parola fino a quel momento.
«Nonno! Nonno, che fai? Dove mi stai pottando? NOOO!» gridò il bambino cercando di divincolarsi dalla salda presa di Vegeta il quale, deciso, lo trascinò via dalle braccia della zia per poi portare il viso esattamente il linea con il suo. I suoi occhi blu si fecero improvvisamente lucidi come degli specchi, ma Vegeta lo sapeva che non avrebbe pianto. Non avrebbe pianto perché lui era il bambino più coraggioso sulla faccia della Terra e sapeva bene come fare per donargli sicurezza. Lo guardò fisso, senza esitare, senza tremare.
«Ascoltami! Ascoltami bene, Goku: ti spiegherò tutto tra poco, ma ora devi fidarti di me. Ok?» pronunciò il principe stringendolo saldo sugli avambracci.
Il piccolo deglutì e cacciò indietro quei cristalli salati. Certo, certo che si sarebbe fidato di lui, del suo adorato nonno. Si era sempre fidato di lui, così annuì, corrugando le sopracciglia proprio come se fosse lo specchio del principe dei saiyan. Era incredibile la loro somiglianza, era strabiliante quanto quel bambino possedesse sia i geni di Goku che quelli di Vegeta. Era come un piccolo Vegito in miniatura dai grandi occhi blu.
E così, sotto gli occhi terrorizzati di tutti coloro che erano stati incaricati di rimanere lì ad attendere chissà quale catastrofe, i due saiyan sparirono anch'essi nel nulla.

 


«AAAAH! Oh cielo.. oh no, signor Vegeta, la prego! Cosa ci fa qui?! La prego non ci faccia del male» strillò in panico la donna dai lunghi capelli biondi raccolti in un messy bun scompigliato, tenendo ben stretta tra le braccia una neonata scossa dai singhiozzi.
Per quanto odiasse doverlo fare, Vegeta ben sapeva che quella bambina era la nipotina di quell'idiota di terza classe. E sapeva anche che Marron fosse figlia di una delle combattenti che avrebbe partecipato a quella guerra e, per quanto si fosse comportata in modo orribile con Bra tradendo la sua fiducia, avrebbe dovuto salvarla. Non avrebbe potuto lasciarle lì, non avrebbe affatto potuto lasciarle morire.
«La prego, la prego! Ho sbagliato, mi sono comp-» continuò a supplicare Marron, indietreggiando con la schiena contro l'armadio ad ogni passo del principe.
«Taci, stupida asina giuliva!» le intimò Vegeta. Si rivolse a lei in un modo del tutto differente da quello utilizzato per annunciarle la morte del padre, dieci anni prima. A quel tempo le cose erano molto, molto diverse. Lei era solo una ragazzina. «Non sono qui per farvi del male, ma per salvarvi».
«Salvarci? E da cosa!? Do-dov'è Goten?» domando lei lasciando cadere sulle guance due lacrime, sussurrando poi alla piccola di stare buona.
«Quel buono a nulla è a difendere la Terra insieme a tutti gli altri. Non ho tempo per le spiegazioni, fai tacere quella marmocchia e vieni con me» tagliò corto il principe, poi prese nuovamente per mano Goku Jr, il quale aveva assistito alla scena senza proferire parola.
«Ma... ma...»
Ma Marron non fece in tempo a esitare, non fece in tempo a porsi altri interrogativi perché davanti ai propri occhi lo scenario cambiò immediatamente. Le bianche piastrelle del piazzale sopra il tempio del Supremo riflettevano il grigiore delle nuvole sopra esso. Dende, affiancato da Popo, non parve affatto sorpreso di vederli arrivare ma nella sua mente vagarono tanti interrogativi. Provò a parlare ma la voce di Vegeta lo incalzò prima che potesse chiedere qualsiasi cosa.
«Non vi muovete da qui, torno tra pochissimo» ordinò il principe dei saiyan rivolgendosi principalmente al suo nipotino. Poi si portò due dita in fronte e scomparve nel nulla.

Si recò prima da Mr Satan, trasportando lui, la sua sedia a rotelle e la sua badante Patricia al cospetto del Supremo senza fornire però loro alcuna spiegazione. Non vi era tempo per quelle cose, non vi era affatto tempo. Le nuvole sopra di loro continuarono a vorticare e farsi sempre più fitte, più dense. Confluirono specialmente verso nord, ma la coltre non accennava ad affievolirsi oramai in nessun angolo del pianeta. Nessuno sapeva da dove venissero, nessuno era a conoscenza del repentino cambio climatico avvenuto in tutto il globo. Gli esperti di tutto il mondo stavano indagando senza tregua, senza però riuscire a dare una spiegazione a quel fenomeno naturale del tutto anomalo.
Vegeta, poi, si teletrasportò sull'isola del Genio. Avvertì quest'ultimo che di lì a poco sarebbe arrivato Goku a prenderlo, poi prese sotto braccio Oscar, Puar e la Tartaruga ma, proprio in quell'istante, un rumore assordante spezzò quel silenzio denso di ansia ed attesa. Un rumore fortissimo, come un tuono ma molto più acuto. La terra tremò, tutto il pianeta Terra tremò, e le onde che battevano sulla spiaggia dell'isola di Muten raggiunsero dimensioni spaventose. Vegeta guardò il cielo, tutto si era fatto molto più nero, più buio.
Ma quello che non poteva certo immaginarsi fu che, proprio sopra le teste dei combattenti che avevano lasciato a nord, un grande varco oscuro si era appena aperto tra le nuvole, causando una potente onda d'urto che aveva fatto tremare tutto il pianeta. Quello che non era riuscito a vedere Vegeta fu proprio che, da quel varco senza luce, decine e decine di persone avevano iniziato a cadere sulla Terra, silenziosi come fiocchi di neve.

«È... è spaventoso» balbettò Dende cadendo rovinosamente con le ginocchia sul terreno. Lui era in grado di vedere tutto, tutto ciò che succedeva. Ma non avrebbe mai desiderato di veder succedere qualcosa di tanto spaventoso.
Proprio in quell'istante il principe dei saiyan comparve nuovamente al suo cospetto ma, un po' per non andare nel panico, un po' per non ricevere altre brutte notizie, il guerriero non porse alcuna domanda. Non c'era più tempo, avrebbe dovuto recuperare le ultime due persone prima di andare sul campo di battaglia.

Eva uscì di corsa di casa indossando l'ultimo dei due guanti neri da combattimento. Balzò via gli scalini d'ingresso con un salto aggraziato, raggiungendo poi sua figlia e suo marito in giardino i quali, spaventati, avevano continuato a fissare il cielo con il naso all'insù. Saltellò sul posto per allacciarsi gli anfibi scuri e, legandosi i lunghi capelli in una coda alta, non dovette aspettare molto prima che Vegeta in persona le si teletrasportasse davanti con aria alquanto tetra.
«Questi bastardi sono fastidiosamente in anticipo, non trovi?» commentò lei a bassa voce. Aveva perfettamente compreso la natura di quel fenomeno. Aveva avvertito le aure negative, aveva avvertito oramai da parecchi minuti che ci fosse qualcosa che non andava.
«Tsk, e figurati se filava tutto liscio, per una volta!» rispose secco il principe, concordando con la donna. «Vai a nord, Eva. trova gli altri. Mi occupo io di Martha e Alphonse, li porto al sicuro».
«Mamma! Ma cosa sta succedendo?» domandò finalmente la bambina, impaurita. Quella situazione non le piaceva proprio per niente.
«Evangeline, cosa succede? Perché ti sei vestita da combattimento?» incalzò Alphonse mettendo una mano sulla spalla di Eva la quale, in preda ai sensi di colpa, girò il viso dall'altra parte.
«Qualcuno si degna di spiegarci cosa sta succedendo?!» intervenne nuovamente la bambina, aumentando la propria aura dalla rabbia.
Non avrebbe dovuto piangere, Eva. Non avrebbe dovuto mostrarsi debole e impaurita. Era una guerriera, una combattente, e avrebbe difeso la Terra e le persone che amava a testa alta. Non poteva andarsene via dando l'impressione di quella debole, così si inginocchiò di fronte a sua figlia e parlò con tono fermo e deciso.
«Martha, Alphonse, fidatevi di Vegeta. Andrà tutto bene» mentì lei abbracciando la figlia con vigore. Poi carezzò il volto dell'uomo che aveva preso per marito, sperando con tutto il cuore che quella non sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe visti. «Vi voglio bene».
E così, detto ciò, ella prese il volo senza guardarsi indietro, scomparendo all'orizzonte in meno di un istante.
«MAMMA! MAMMAAA!» gridò Martha facendo per seguirla ma, in un battito d'ali, la Terra tremò di nuovo più forte che mai, causando forti spaccature al terreno. Le tegole del tetto della casa caddero al suolo frantumandosi, e l'altalena gialla nel giardino iniziò a muoversi da sola in modo inquietante.
«Martha, Alphonse, per di qua! Attaccatevi a me, SUBITO!» ordinò il principe dei saiyan. Allungò una mano verso di loro e gli restituirono uno sguardo sbigottito. Se Eva aveva chiesto loro di fidarsi di lui, beh, allora avrebbero dovuto farlo. Così afferrarono il braccio di Vegeta con una certa riluttanza, ritrovandosi immediatamente in un luogo diverso da quello di partenza.

 

Tutti i civili al tempio del Supremo erano spaventati alla follia, nessuno parlava, nessuno osava fiatare. Le nuvole si erano fatte ancora più fitte e soffocanti, il tremore della Terra aveva causato forti crolli al bellissimo tempio bianco e dorato. Nel frattempo, anche Jirobei e Karim erano giunti nella grande piazza.
«Non starò qui a spiegarvi cosa sta succedendo per filo e per segno, non c'è tempo. Posso solo dirvi che siamo tutti in pericolo, in un grave, grave pericolo» annunciò Vegeta senza mezzi termini. Non poteva permettersi di mentirgli, di far sembrare la questione più semplice di quello che era, anche se questo avrebbe voluto dire spaventarli a morte. E così fu.
Il vociare delle poche persone presenti si fece incessante, tanto da rendere molto difficile continuare il discorso.
«SILENZIO!» li ammonì il principe. «Io e gli altri stiamo per combattere, stiamo per affrontare una delle peggiori guerre che la Terra abbia mai visto. Dovete promettermi che, se le cose per noi dovessero andare male, voi penserete solo a salvare voi stessi e lascerete questo pianeta».
Con un gesto nervoso lanciò una piccola capsula contenente una navicella spaziale a Dende il quale, rigirandosela tra le mani, fece un segno di ringraziamento al guerriero.
«Andate ovunque ma NON su Neo Namek, e non guardatevi mai indietro» li avvertì infine il principe pensando bene che, siccome i namecciani avevano deciso di aiutarli in quella guerra, forse anche il loro pianeta non sarebbe più stato un luogo sicuro.
«NONNO! NONNO! NO! IO VOGLIO VENIE CON TE» urlò il piccolo Goku Jr correndo in direzione del nonno.
Vegeta, prontamente, si inginocchiò alla sua altezza, richiamando poi a sé l'attenzione dell'altra bambina, la figlia di Eva.
«Goku, Martha» disse fermo e risoluto Vegeta, fissando negli occhi prima l'uno e poi l'altra. Sapeva che non sarebbe stato facile impedirgli di fare delle fesserie, di seguirli. Ma non poteva per nessun motivo al mondo rischiare di metterli in pericolo più di quanto già fossero, quindi avrebbe dovuto convincerli in un altro modo, in una maniera che sapeva bene avrebbe potuto tenerli buoni. «Voi avete un compito molto importante, per questo non potete seguirmi e combattere».
I due bambini incrociarono i loro occhi chiari in sguardi confusi.
«Voi dovete proteggere tutti loro, costi quel che costi» si raccomandò Vegeta indicando con il dito tutte le persone alle loro spalle. «Non abbandonateli mai. Mai! Dovete difenderli nel caso succeda qualcosa, siete abbastanza forti per farlo. È questo quello che fanno i veri guerrieri: proteggere i loro cari. Mi fido di voi. Potete farcela?»
Vegeta li squadrò serio, con un groppo alla gola che mai avrebbe dovuto lasciar intravedere. Quei due bambini erano così piccoli, eppure così forti. Sapeva che avrebbero saputo far fronte a pericoli minori, ovunque sarebbero andati. Anche se fossero salpati verso nuovi orizzonti per non tornare mai più.
I due piccoli guerrieri si guardarono con le lacrime agli occhi, forgiati però nell'orgoglio. E poi, con un gesto del capo, annuirono in contemporanea. Avrebbero protetto le loro famiglie.
«Sì» confermarono all'unisono e, in quell'istante, il principe gli sorrise fiero.
Non era un tipo da abbracci e da sorrisi, Vegeta, detestava gli addii. Ma quel bambino aveva saputo dar lui una nuova speranza e sapeva, sentiva nel proprio cuore che se malauguratamente gli fosse successo qualcosa in combattimento, lui avrebbe saputo donare speranza anche a qualcun altro. Lo adorava, gli voleva un gran bene, ma non gliel'avrebbe mai detto. Si limitò a sorridergli fiero, orgoglioso di entrambi.
«Siete il nostro futuro» concluse lui alzandosi in piedi.
Si voltò di spalle pronto a partire, ma una mano grassottella gli tirò i pantaloni della tuta.
«Ehm... Ve-Vegeta» balbettò Jirboei, spaventato. Ancora, dopo tutti quegli anni, il principe incuteva lui un gran timore.
«Che vuoi?»
«Non sono tanti, solo cinque... gli altri Senzu sarebbero stati pronti tra un paio di giorni. Abbiamo fatto il possibile, ma con questo contrattempo...» farneticò l'omino grassottello porgendo al saiyan un sacchetto di lino rilegato con una cordicella.
Vegeta annuì, lo prese e lo nascose in tasca.
«Meglio che niente» si limitò a dire lui in segno di ringraziamento. Oramai, del resto, lo sapevano tutti che nei modi e nella cortesia il principe non era proprio forte. Quei cinque Senzu gli sarebbero senz'altro stati utili, nonostante fossero pochi.
Si girò un'ultima volta, strizzando poi l'occhio al suo nipotino. E, fatto ciò, guardò verso l'orizzonte con il cuore a mille e la mascella contratta, portandosi due dita in fronte per ricercare l'aura del suo eterno rivale con un lungo sospiro. Si sentiva pronto a combattere al suo fianco, pronto a difendere la Terra con tutti i mezzi che possedeva. Si sentiva pronto.
E invece no, non lo era affatto. Non era per nulla pronto, per nulla preparato ad ammirare con i propri occhi il terribile spettacolo che si ritrovò davanti.


 
 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Bene, bene, bene... anzi no: bene un bel niente xD
Salve a tutti amici, siamo finalmente giunti alla resa dei conti. E qui diamo il via alla terza parte della storia - quella con un sacco di cazzimma e ansia a palate. Terza perché, suddividerei il tutto in questi grandi filoni per ora: i primi diciannove giorni (durante i quali si vede il cambiamento dei due guerrieri e si scopre tutta la roba dei draghi e fino a quando Goku non viene scoperto da tutti quando si trasforma in Oozaru) dal ventesimo al quarantacinquesimo giorno (prima il distacco e poi il ricongiungimento dei nostri eroi, finalmente la vera e propria storia d'amore, la morte di Pan e l'inizio della formulazione del piano folle) e ora... ora quello che sta per succedere.

Non posso anticiparvi niente di che ma farò il solito riassuntino di fine capitolo:
-Gohan si sveglia dal suo stato comatoso, e si rende conto di aver fatto una grandissima ca**ata. Ma bravo!
-La terra inzia a tremare, il cielo a oscurarsi, tra un po' Noé carica tutti sull'arca e lascia giù i due leocorni e Vegeta impartisce ordini per un nuovo piano di salvataggio.
-Goku va a recuperare i combattenti, il principe decide di recuperare la gente inutile e portarla al tempio. Ad un certo punto il cielo si apre e da un varco oscuro iniziano a piovere persone. Aiuto.
-Se le cose dovessero andare male Dende (Dende is the new Noè) deve caricare tutti e salpare per un altro pianeta, e i nuovi eredi saranno Goku Jr e Martha, la figlia di Eva ed Alphonse (cento punti per chi mi riconosce il nome del marito di Eva da dove deriva).
-Vegeta va sul campo di battaglia e.... e? E che cavolo succede?
A prestissimo miei cari :D
Eevaa

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Capitolo 48
*** L'esercito dei resuscitati ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 48 - L'ESERCITO DEI RESUSCITATI

 


Once upon a time in a daymare
Dying to meet you,
little child, enter enter this sideshow
The pendulum still sways for you
Such are the darks here to show you,
child in a corner,
fallen mirrors, all kingdom in cinders


Scaretalehttps://www.youtube.com/watch?v=6O8ASywKSC8
 

 
 
Sapeva. Vegeta sapeva che quell'esercito sarebbe stato denso e difficile da combattere. Sapeva che non si sarebbe trattata di una lotta tutti contro un solo nemico comune, come di consueto. Sapeva che gli avversari da eliminare sarebbero stati tanti, tantissimi. Eppure non era pronto, non era del tutto preparato a veder schierate di fronte a sé tutte quelle persone, tutti quei guerrieri dall'origine e dalla razza diversa.
Perché l'esercito dei resuscitati era indubbiamente più terrificante e immenso di ciò che si sarebbe aspettato di vedere. Forse perché, al contrario di qualsiasi guerra che si rispettasse, i guerrieri non provenivano affatto dallo stesso luogo, dallo stesso pianeta, dalla stessa casata. Erano un'ammucchiata di specie divergenti tra loro.  
Il silenzio al di sopra di quella vallata non era proprio riconducibile all'infuriare di una battaglia.
Nessuno si stava muovendo, nessuno fiatava ma ognuno di loro aveva gli occhi puntati addosso ad un'unica persona, come il mirino di un cecchino. E quella persona rispondeva al nome di Son Goku, o Kaarot, che dir si voglia. Vegeta rimase inorridito da quello spettacolo gremito di inquietudine, ma non poté fare a meno anch'egli di volgere lo sguardo su di lui, su quell'uomo che, apparentemente, non era stato mosso da alcun tremito. Goku rispose allo sguardo per un secondo tentando di alzare gli angoli della bocca in un sorriso venuto male, poi tornò a fissare la guerra silenziosa di fronte a sé.
Dalla parte dei loro alleati - appena dietro le loro spalle e disposti in una linea ordinata - vi erano Gohan, Videl, Goten, Eva, il Genio, Bra, Tensing, Riff, Ub e Majin Bu. Tutti avevano appreso della scomparsa di Trunks, pochi giorni prima, ma avevano nel cuore la speranza di vederlo arrivare da un momento all'altro. Specialmente Goten, specialmente Bra. Ma Trunks non arrivò, non arrivò e non vi era l'ombra di lui nemmeno tra le prime fila di quell'esercito di resuscitati.
I combattenti della squadra Z non avevano certo perso tempo a insistere nel chiedere spiegazioni nel momento in cui Eva aveva fatto capolino dal nulla, volando. Specialmente i due figli di Goku avevano avvertito una strana sensazione nei suoi riguardi; aveva qualche cosa di oltremodo famigliare. Ma Eva non aveva risposto ai loro quesiti, aveva semplicemente incrociato le braccia farneticando un semplice ma evitante “per ora vi basti solo sapere che sono dei vostri”. No, non era esattamente il momento adatto per una riunione di famiglia.
Dietro i combattenti del pianeta Terra, inoltre, una ventina di guerrieri namecciani erano raggruppati in un silenzio di tomba, ma tra di essi non vi era l'ombra di Junior. Con tutta probabilità i recenti eventi non avevano dato il tempo a Baba e Re Yammer di attivare il permesso con gli Inferi. E infine, in disparte, sospesi elegantemente sopra una roccia appuntita, i due androidi gemelli osservavano la scena in silenzio, impassibili, belli e angoscianti come due bambole di porcellana.
I due saiyan protagonisti in prima linea di quella tragedia non persero affatto troppo tempo per domandarsi chi e quanti fossero i guerrieri alle loro spalle, piuttosto non esitarono a squadrare uno ad uno i combattenti dell'altra fazione. Dell'esercito dei resuscitati.
E, se per Goku erano tutte facce oramai ben note e conosciute, Vegeta aveva solo i racconti del suo rivale per poterli riconoscere; quando si erano fusi in Gogeta negli ultimi giorni, infatti, Kaarot aveva descritto per filo e per segno l'aspetto e le tecniche di combattimento ricorrenti dei guerrieri più forti. Vegeta ne aveva riconosciuto qualcuno ma la sua ricerca e il suo studio degli avversari si era fermato nell'esatto istante in cui, tra la folla, aveva adocchiato il peggiore di tutti i suoi nemici; il più odiato, colui il quale faceva ribrezzo solamente a sfiorarlo con lo sguardo, lo sterminatore della sua razza, l'essere più ripugnante di tutto l'universo. Egli era il guerriero immondo che ancora, dopo tutti quegli anni, suscitava in Vegeta sentimenti dolorosi e ricordi che non sarebbe mai riuscito a cancellare. Freezer sostava con le braccia incrociate e l'abituale sorrisetto meschino stampato sul volto levigato, sorriso che il principe dei saiyan non vedeva l'ora di aprire in due con un pugno ben assestato.


Il silenzio regnava sovrano su quella lingua di ghiaccio, nessuna delle due parti accennava ad attaccare o a parlare, come se tutto si fosse congelato nell'esatto istante in cui ognuno aveva preso il proprio posto con i piedi ancorati al terreno, come se fossero tutti dei soldatini di plastica ben posizionati da un bambino che non aveva la benché minima intenzione di giocare e scomporre il suo campo di battaglia.
Sopra di loro, il grande varco oscuro tra le nuvole grigie lampeggiava intermittente come una lampadina difettosa, e ad ogni lampo la pazienza del principe dei saiyan sembrava crollare sempre di più fino a quando, finalmente, si decise a parlare.
«Siete qui per fare le belle statuine o ci dite cosa siete venuti a fare?» ringhiò Vegeta, stringendo i pugni facendo scricchiolare la pelle dei suoi guanti neri. Goku sobbalzò e gli intimò con lo sguardo di non iniziare a provocare gli avversari prima del tempo.
Tuttavia nessuno rispose, nessuno si degnò di dare una spiegazione, mettendo così a dura prova la già precaria pazienza del principe.
«BEH!? COSA STATE ASPETTANDO? SI PUÒ SAPERE COSA DIAVOLO VOLETE?!» urlò quest'ultimo ringhiando così forte da far venire i brividi a tutti i combattenti dietro di loro.
Ma ciò che di più inquietante accadde fu che, dopo qualche istante, l'intero esercito dei resuscitati si mosse in perfetta sincronia. Alzarono un braccio per puntare il dito verso una e un'unica persona, come tante marionette comandate da un burattinaio malvagio. E quella persona non poteva essere altri che Goku.
Questi si irrigidì, facendo scoccare la mascella. Una piccola goccia di sudore percorse tutta la linea del suo collo per morire nella sua nuova tuta da battaglia verde prato.
«Me? Volete me?!» disse con un soffio. «E allora venite a prender-»
Ma Goku non fece in tempo a finire la sua frase, perché un raggio del colore blu notte capitolò dal mezzo della folla di quell'esercito malsano. Il raggio, però, lo sfiorò a malapena sulla spalla. 
Un lamento agognante, gutturale, poi un tonfo sordo. Tutti i combattenti della squadra Z si voltarono di scatto, spalancando la bocca alla vista di quel corpo esanime disteso malamente sulla neve fresca. Gli occhi spalancati, la bocca digrignata nell'ultimo verso di terrore.
Nessuno osò parlare, nessuno osò dire nulla. I loro respiri si fecero più veloci, più ansimanti, la rabbia crebbe a dismisura e il ghiaccio sotto i piedi iniziò a sudare e sciogliersi come se baciato dal fuoco.
Non sapevano se il raggio fosse direttamente indirizzato a lui, verso quel namecciano di cui nessuno dei combattenti Z conosceva il nome, non sapevano se fosse stato solo una fatale coincidenza che quel fascio di luce bluastra avesse attraversato la sua giugulare. Ma non aveva più importanza oramai, perché quel colpo aveva appena decretato l'inizio alla guerra vera e propria. Non sarebbero mai stati perdonati per quello che avevano fatto. Quel namecciano morto invano era a malapena un loro conoscente, ma era giunto sulla Terra per aiutarli senza che nessuno gli avesse promesso gloria o ricompensa, ed era stato ucciso da un atto vile, codardo, da qualcuno che non aveva nemmeno scelto di mostrarsi. No, se Goku aveva sperato anche solo per un momento di poter risolvere le cose con qualche buona parola convincente, quel gesto folle aveva posto la parola fine alle buone intenzioni.
E così, con rabbia crescente e il cuore palpitante, tutti i guerrieri si illuminarono come lampadine e lanciarono un urlo di rabbia che diede il via alla più disperata delle corse.
Si lanciarono tutti verso l'esercito dei nemici, i quali risposero al fuoco con il fuoco, scattando in avanti per incontrarsi a metà strada contro i loro obbiettivi. Sì, perché, anche se non era stato affatto dichiarato, non era solo Goku a dover essere eliminato, quel giorno. E ai combattenti della squadra Z questo non era certo sfuggito.


 
•••
«Figli, fratelli della Dimora dei Draghi. La persona di cui ci siamo ciecamente fidati, alla quale abbiamo dato il grande privilegio di far parte della nostra dimensione, alla quale abbiamo dato più di una possibilità di redimersi... ci ha traditi. Ha tradito la nostra fiducia, ha sovvertito tutte le regole. Non solo è venuto meno al patto, all'ultimatum che gli era stato dato, ma ha anche parlato pubblicamente di questo luogo, ci ha provocati e, infine, ha deciso anche di combatterci pur di non tornare qui» pronunciò solennemente Onyma dall'alto degli scalini del tempio dorato, spalleggiato dagli altri draghi antropomorfi, tre alla sua destra, tre alla sua sinistra.
Sotto di loro, nel grande piazzale, erano stati richiamati tutti i guerrieri, nessuno escluso. La folla mormorò, alcuni indignati, altri confusi, altri spaventati.
«Quest'umano va punito con la peggiore delle pene e pertanto io, il Drago Superiore, condanno Son Goku a morte. Lui e tutti gli altri umani che hanno deciso di combatterci, di mettersi in mezzo. Con il potere di tutti e sette i Draghi ora, fratelli, concediamo a voi il lusso della resurrezione. Non temete la morte, non temete la dipartita, perché tornerete qui con onore e privilegio. Uccidete ogni umano che vi si parerà di fronte, specialmente il Re dei Saiyan e, per ultimo, solo quando avrà visto agonizzare tutti i suoi amici, uccidete Son Goku tra le più atroci sofferenze. Andate, figli miei! Il giorno del giudizio è arrivato» concluse Onyma.
Spalancò le braccia verso quello che non poteva essere certo definito cielo, aprendo tra le nuvole giallastre un varco scuro e lampeggiante.
Un grido di guerra risuonò nella piazza, il grido di coloro i quali erano stati strappati via dalla vita anni, secoli, millenni prima. Il grido della speranza della resurrezione. Così i sette draghi antropomorfi illuminarono i loro occhi di luce rossa incandescente, regalando senza sforzo il dono della vita.
•••



Boato, esplosione. I guerrieri si scontrarono a mezz'aria, causando un'onda d'urto che spezzò la lingua di ghiaccio di quella catena montuosa. Grida di lotta, di dolore.
Ogni guerriero partì alla carica senza remore, con il cuore gonfio di orgoglio e di vendetta.
«Tsk! Maledetti soldatini lobotomizzati!» pronunciò Vegeta con disgusto, atterrando con un pugno un guerriero dalla pelle viola e quattro lunghe braccia rugose, creando così un grosso cratere tra la neve e il ghiaccio. Egli però, come pronosticato, non si lasciò battere tanto facilmente e riprese la lotta seppur sanguinante, spalleggiato da un altro combattente dal colore altrettanto improbabile.
Goku e Vegeta, infatti, si erano fiondati immediatamente sui guerrieri dall'aura più forte e sviluppata, lasciando così che i loro amici si battessero con gli altri senza correre troppi rischi.
Numericamente gli alleati erano inferiori, era vero, ma grazie al cielo la straordinaria potenza dei saiyan era nettamente in grado di contrastare molti dei combattenti minori. Nell'esercito dei buoni, però, non tutti erano saiyan.
«Genio, siamo nei guai!» gridò Videl, scansando l'attacco di un guerriero dalle sembianze quasi terrestri, se non fosse stato per i denti terribilmente aguzzi e gli artigli al posto delle dita.
Il maestro Muten, con i muscoli gonfi e gli occhi completamente oscurati dai suoi soliti occhiali rossi, balzò al fianco della donna e le parò le spalle da un altro nemico.
«Non disperare, cara. Faremo del nostro meg-» ma una grande sfera di energia viola piombò dall'alto come una meteora, fermata all'ultimo da un altro colpo dell'aura dalla cyborg bionda dagli occhi di ghiaccio.
«E state un po' attenti!» li rimproverò C18, arricciando il naso. «Se dovete star qui per essere di intralcio allora andatevene via».
Videl arrossì e indietreggiò ancora alla vista del nemico con gli artigli. Dannazione, quanto si sentiva inutile! Quanto avrebbe voluto allenarsi di più negli anni, quanto avrebbe voluto essere all'altezza almeno di ciò che era diventata sua figlia Pan. Avrebbe voluto vendicarla, sconfiggere almeno uno di quei nemici crudeli che avevano compiuto quel cruento omicidio, e invece faticava persino a sopravvivere agli attacchi di un combattente di medio livello.
Forse Goku aveva sbagliato a darle quel compito, forse Goku non si era ricordato che i bei tempi in cui era in grado di fronteggiare i nemici del torneo di arti marziali erano belli che andati. E, sicuramente, non aveva tenuto conto che lei fosse decisamente più forte di qualsiasi altro terrestre comune ma, in confronto a certi guerrieri, non era proprio nessuno.
«Non demordere, Videl. Cerca l'aura che è in te. Combattiamo insieme! Possiamo farcela» la incitò il Genio vedendo la donna in difficoltà, aumentando poi ancor di più la dimensione dei suoi muscoli. Aveva una certa età, ma si stava dimostrando forte oltre ogni aspettativa.
Videl si fermò un attimo, un solo attimo giusto il tempo per trovare ogni goccia di forza nascosta dentro di lei, ripartendo poi alla carica insieme al maestro Muten, quel vecchietto che non era mai stato veramente il suo maestro ma che, seppur in una condizione disastrosa, stava fornendo lei insegnamenti importanti dei quali avrebbe fatto tesoro. Si lanciarono insieme verso l'avversario e lo colpirono in sincronia nello stomaco costringendolo a sputare sangue. Per loro, però, quel combattimento era solamente iniziato.


«Ti mangio! Ti mangio! Ti mangio!»
Un guerriero dagli occhi rossi come rubini e la pelle bianchissima indietreggiò con occhi di disdegno verso la creatura rosa e orripilante che si stava avvicinando a lui a passi goffi.
Il nemico lanciò lui una sfera di energia, trapassando il suo ventre come burro. Majin Bu, con stupore, guardò il buco apertosi nella sua pancia. Gonfiò poi le guance come per soffiare in un palloncino, poi chiuse la ferita senza difficoltà.
«Ti mangio! Ti mangio!» continuò incessante.
«Allontanati da me, brutto ciccione!» lo minacciò il nemico sferrandogli un pugno in pieno volto.
Majin Bu divenne completamente rosso di rabbia, i piccoli occhi semichiusi saltarono fuori dalle orbite spaventosamente e, ribollendo di rancore, emanò una grandissima nube di fumo dai buchi sopra la pelle, fischiando come una caffettiera.
«SEI CATTIVO, CATTIVO! COME OSI CHIAMARMI CICCIONE!?» ululò Bu, offeso da tale insulto.
«È quello che sei, ciccione! Mettiti a dieta!» lo sbeffeggiò nuovamente il guerriero, con sdegno. Balzò poi per attaccarlo in uno scontro frontale, ignaro del fatto che agendo in quel modo avesse appena decretato la parola fine.
«Non mi piace la dieta, e adesso ti trasformo in un bignè!» annunciò Majin Bu. Portò in avanti il codino sulla sommità del capo, e lanciò un raggio che colpì il malcapitato in pieno petto, il quale si trasformò immediatamente in un dolce di alta pasticceria.
I combattenti intorno a lui sgranarono gli occhi, allibiti, guardando impotenti il loro alleato finire direttamente tra le fauci del guerriero grassottello, il quale poi fece una smorfia con la lingua.
«Puah! Oltre che essere cattivo aveva anche un brutto sapore!» si lagnò come un bambino al quale erano stati propinati degli spinaci.
Il principe dei saiyan, a pochi metri di distanza, assistette alla scena distrattamente, poi riprese a sferrare calci e pugni ai nemici senza alcun ritegno.
«Tsk! E voi sareste i guerrieri più forti di tutti gli universi? Se persino una ragazzina, un vecchietto e un bambino troppo cresciuto sono in grado di tenervi testa allora devo dedurre che ci sono galassie veramente povere...» commentò Vegeta. Aprì le braccia illuminato di luce incandescente, sferrando due attacchi ai lati del proprio corpo colpendo due nemici.
Tutto era confuso, decine e decine di persone si stavano scontrando in uno spazio ristretto. Fiocchi di neve e schegge di ghiaccio si sollevarono dal terreno creando una nube bianca, rendendo lo scenario ancor più informe. Urla, lampi di luce abbaglianti, ringhi e rumore di ossa frantumate in un ring disordinato e improvvisato.
Vegeta volò più alto nel tentativo di capirci qualcosa, di discostarsi da quella nebbia, aggrappandosi con una mano e i piedi ancorati a una parete rocciosa per scrutare il campo di battaglia.
E fu in quel momento che si accorse di un dettaglio che era stato tralasciato, o meglio: sei dettagli.




 
Continua...

 
ANGOLO AUTRICE:
Eccoci. Ci siamo. Il giorno del giudizio - come lo ha definito Onyma - è arrivato. E la lotta ha appena avuto inizio. La grande lotta contro l'esercito della Dimora dei Draghi, i combattenti di grande prestigio resuscitati sotto il volere delle sette entità delle sfere.
Più di centocinquanta guerrieri schierati un ghiacciaio, tutti con l'obiettivo massimo di porre fine alla vita del nostro Goku. L'ha combinata proprio grossa, eh xD inquietantino il momento in cui tutti lo indicano, direi. E comunque, volevo farvelo notare, un namecciano a caso ci ha già lasciato la pelle.
Il Genio, ma sopratutto Videl, non sono proprio adatti a questa battaglia. Ok che ognuno può contribuire ma, effettivamente, non è stata una mossa così saggia farli combattere. Speriamo solo che se la cavino.
Mannaggia... il principone ha visto qualcosa. Qualcosa di importante. Sei dettagli che erano sfuggiti! Di che si tratta?
E, per onorare finalmente l'inizio della vera e propria cazzimma, ecco a voi LE PAGELLE del giorno:

-Majin Bu: la battaglia è infuriata da a malapena cinque minuti e lui ha già trovato il tempo di farsi uno spuntino. Beh, se tanto mi da tanto, è l'unico che per ora ha fatto fuori qualcuno. Per lui non è una guerra, è un pranzo di Natale. Bravo, Bu! Sei uno di noi. No al body-shaming! Voto 9.
-Goku: ha aperto bocca per mezzo secondo e un namecciano ci ha rimesso la vita. Facci un favore, parla di meno e combatti di più. Voto 5.
-Trunks: non pervenuto. Beh, se stai giocando a nascondino, questo sarebbe stato un buon momento per uscire a fare "per tutti". Non classificabile.
-C18: salvataggio dei più deboli in extermis con tanto di insulti agli amici. Ma chi può darle torto, del resto? E poi è una bella tusa. Voto 8.
-Vegeta: tanto fumo e niente arrosto. Solita tecnica dello sbeffeggiamento avversario, attacchi poco efficaci. Premio detective per aver individuato sei dettagli che boh, chissà cosa sono. Meno male che a lui non sfugge niente. Voto 6,5.
-Onyma: problematicità di alto livello, paranoie incalcolabili, cazzimma non indifferente. Insomma, c'ha sotto sette sfere grosse così. Voto 7.
-Gohan: per colpa sua Junior non ha fatto in tempo ad arrivare. Premio vaffanculo. Voto -3
-Videl&Genio: nuova coppia dell'anno, vincono il premio scarsezza. Meno male che non c'è Crilin. Però tanto onore e tanto cuore. Voto 7.


E con queste ca**ate vi saluto per questa settimana. Ci aggiorniamo domenica prossima per il gazzettino della guerra xD Sarei anche curiosa di sapere quali sono le vostre, di pagelle.
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 49
*** Torna in te ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 49 -  TORNA IN TE



I pray to God that you're right before my eyes
Bathed in white light with halos in your eyes
Don't wanna waste no more time
Time's what we don't have
Everywhere I look someone dies
Wonder when it's my turn


Living is a problem because everything dieshttps://www.youtube.com/watch?v=D99eB8UsN3U


 
 
Li riconobbe subito, Vegeta. Sebbene da lontano, con la vista annebbiata da un vento ghiacciato e polvere di neve sollevata dal terreno, egli non ebbe alcun dubbio su chi fossero quelle sei figure dall'aspetto differente e bizzarro. Li squadrò dall'alto verso il basso per qualche secondo, gli bastò un attimo perché il suo sangue ribollisse dalla rabbia.
No, non erano i Draghi. Non potevano esserlo, essi non avrebbero potuto apparire nel mondo degli umani con sembianze antropomorfe, tanto meno se non invocati. Non erano i Draghi ma senza dubbio erano i loro pupilli, i combattenti migliori, i famigerati guerrieri di cui Kaarot gli aveva accennato poche settimane prima. E se ne stavano lì, distanti all'infuriare della battaglia nella vallata, a osservare lo scenario come perfette statuine su un altipiano roccioso.
Uno di loro era alto, nerboruto, dall'aspetto tutt'altro che amichevole. Gli occhi di un azzurro quasi bianco, tanto da confondersi con le pupille. La pelle argentea e sopra la testa affioravano spuntoni incastonati dello stesso colore degli zaffiri. Vegeta non aveva dubbi su chi fosse, Goku gliene aveva parlato molto. Lui era il guerriero più forte di tutti, il combattente di punta di quello che era il Drago Superiore. Lorayo, quello era il suo nome. Poteva sentire la sua aura premergli contro solamente a osservarlo dalla distanza, il suo ki emanava un gelo mai avvertito prima d'allora.
E, purtroppo, gli altri cinque guerrieri non erano affatto da meno. Specialmente uno: pelle indaco, denti neri come schegge di antracite, unghie dello stesso colore. Dietro la tunica nera con il cappuccio tirato fino agli occhi grigi si potevano intravedere i possenti muscoli. Il suo nome era Aymo. Ma quello che Vegeta non sapeva, quello che nessuno dei combattenti dell'esercito dei buoni era a conoscenza, era che era stato proprio lui a uccidere Pan. Perché se il principe l'avesse saputo non avrebbe certo esitato a fiondarsi addosso a lui come un puma sulla preda, nel tentativo di strappargli ogni lembo della sua sudicia pelle blu dalle ossa, per vendicarsi.
Ma lui non sapeva. Lui non sapeva e prese invece la saggia decisione di tornare a immergersi nella tormenta, in quella lotta disperata dove oramai non si riconoscevano più i nemici dagli alleati, dove bisognava stare persino attenti al fuoco amico talmente quella nuvola si era fatta spessa e densa, talmente la battaglia si era fatta intensa.
Si tuffò a capofitto, cercando un'unica aura, una sola persona.
«Kaarot! Kaarooot!» lo chiamò a gran voce Vegeta facendosi strada tra la mischia dei combattenti e le schegge ghiacciate, ricercandolo insistentemente con lo sguardo. Ed eccolo lì, leggero come una farfalla, intento a scaraventare Onde Energetiche senza difficoltà addosso ad un nemico. Questi si voltò di scatto e lo raggiunse senza perdere di vista l'obiettivo.
«Ciao Vé!» disse con un gran sorriso, caricando tra i palmi una nuova sfera di energia che lasciò andare con poco sforzo. Che fosse eccitato da quella battaglia, quello era visibile a occhio nudo.
«Ti strappo la lingua e te l'arrotolo al collo se mi chiami di nuovo così» lo minacciò Vegeta, calciando via con rabbia un guerriero basso con quattro braccia vestito come i guerrieri medioevali.
«Li hai visti anche tu, vero?» domandò poi Goku senza badare all'ira del suo rivale, chiaramente riferito ai sei combattenti rimasti in disparte che aveva potuto notare ricercando l'aura del combattente più pericoloso di tutti.
«Già, sembrano sei avvoltoi pronti a volare sui cadaveri».
«Scommetto che stanno aspettando il momento più adatto per tendermi un'imboscata» ipotizzò Goku, muovendosi in sincronia con il suo rivale per tirare un pugno ad un guerriero che se la stava per prendere con uno dei loro namecciani in difficoltà-.
Se qualcuno li avesse visti, tra la nebbia, si sarebbe oltremodo stupito della naturalezza che stavano dimostrando nel combattere insieme. Goku e Vegeta erano precisi, coordinati seppur senza farci caso. Agivano in modo totalmente differente rispetto alle grandi battaglie del passato e, anche se fisicamente non erano uniti nella fusione, sembravano operare come un'unica persona.
«Ecco, vedi di non farti cogliere impreparato, allora!» puntualizzò Vegeta. Si posizionò con la schiena contro quella di Goku e lanciarono con coordinazione delle sfere di energia.
«Mi reputi così idiota?!» lo rimproverò Goku tirandogli una gomitata nelle costole quando, esternando una risata molto forzata, Vegeta lo prese in giro. «Ad ogni modo, come vorresti muoverti a riguardo?»
«Io direi di continuare a occuparci dei più forti tra questi qua, in modo da liberare i nostri alleati dagli avversari più pericolosi. Alcuni dei nostri sono parecchio in difficoltà, hanno battuto davvero la fiacca in questi anni» commentò il principe con disappunto. «E poi provvederemo a quei sei brutti ceffi».
«Ok, buona idea. Io inizio da lui» disse poi Goku. Indicò un punto lontano tra la coltre ghiacciata, costringendo Vegeta a girarsi e sforzarsi per mettere meglio a fuoco nella folla.
E lo vide, beffardo e irritante come di consueto: Freezer stava strozzando con la coda un namecciano quasi inerme.
«Non ci provare, razza di sciacallo! Ti ho detto che quel bastardo è mio!» 



La situazione però, su quella lingua di neve e ghiaccio tra le montagne del Nord, si stava man mano facendo sempre più complicata. I nemici, seppur alcuni avessero una forza combattiva inferiore rispetto ai loro guerrieri di punta, erano tantissimi, troppi. Sembravano non finire mai e soprattutto, tra di loro, vi erano avversari veramente forti, avversari ai quali persino Goten, Ub e Majin Bu faticavano a tenere testa. Gli altri guerrieri, purtroppo, erano in seria difficoltà. Gohan, infatti, era rimasto come bloccato. Si difendeva, parava gli attacchi, ma non riusciva proprio ad agire, a combattere seriamente. Era preoccupato per Videl e si sentiva in colpa, molto in colpa per non aver dato ancora qualche giorno di tempo ai suoi amici per prepararsi a quella battaglia. Li vedeva allo stremo e non poteva fare assolutamente nulla per rimediare.
Eva stava facendo il possibile per respingere il maggior numero di avversari, ma ancora non si era decisa a manifestare tutta la sua forza trasformandosi in Super Saiyan. Fatto ciò, infatti, sarebbe stato davvero difficile nascondere la sua vera natura ai suoi alleati i quali, con tutta probabilità, si sarebbero distratti nel tentativo di comprendere. E, anche quando Eva vide Bra venire assaltata da due combattenti dalle proporzioni enormi e dall'aspetto non propriamente amichevole, fece di tutto per sprigionare quanta più forza possibile senza l'ausilio della trasformazione. Se non altro sarebbe stata una gran prova di forza. Corse ad aiutarla, mettendosi al suo fianco per spartirsi i nemici.

«Ciao, bocconcino, che fai? Me lo dai un bacetto?» disse uno dei due energumeni prendendo Bra per le spalle, tirandogli poi una testata in pieno volto quando questa gli sputò in faccia con spregio. La figlia del principe si portò entrambe le mani al volto, sporcandosele del suo stesso sangue.
«Puttanella maleducata!» la oltraggiò l'altro bestione, poi le sferrò un calcio sulla schiena che la fece urlare di dolore.
Ma proprio quando per Bra sembrò arrivare il momento di cadere nel fuoco incrociato dei due nemici, la figura di un'altra donna respinse quello più spaventoso dalla pelle rugosa con un calcio in pieno volto.
«Stai bene?» domandò lei posizionandosi al suo fianco a mezz'aria, con entrambi i pugni chiusi in posizione di difesa.
«Ok, ragazza, grazie dell'aiuto. Ma mi spieghi chi diamine sei?» domandò irriverente Bra. Si asciugò il sangue dalla faccia con l'avambraccio, facendole perfettamente intendere che ci sarebbe voluto ben altro per mettere al tappeto la principessa dei saiyan.
«Te lo dirò quando tutto sarà finito» promise Eva.
«Ah, quindi quando saremo nell'Aldilà!» commentò Bra sarcastica, mettendo a fuoco i due energumeni di prima caricarsi per attaccarle di nuovo. Non che avesse realmente intenzione di arrendersi, chiaro. Ma, a giudicare dalla forza combattiva dei nemici e dal loro numero nettamente superiore, ci sarebbe voluto un miracolo per sopravvivere.
«Non essere pessimista. Se ti sentisse tuo padre ti prenderebbe a calci nel sedere» le fece presente Eva.
Si sorrisero a vicenda e, insieme, scattarono in avanti per prendersi tutto l'orgoglio saiyan che era rimasto loro, immergendosi totalmente in un combattimento dal quale avrebbero dovuto per forza uscirne vincitrici.


Riff e Tensing, dall'altra parte della vallata, tentarono il tutto e per tutto per difendere Videl e il maestro Muten dai nemici di media potenza ma, per quanti essi riuscissero ad ucciderne, i combattenti sembravano non finire mai. Ed era difficile, molto difficile perché, sebbene la guerra fosse iniziata da poco meno di un'ora, la stanchezza stava già iniziando a farsi sentire per i combattenti più deboli della squadra Z, non essendo abituati a nemici di tale portata.
Fortunatamente i due androidi gemelli, grazie alla loro energia infinita, sembravano non essersi scomposti più di tanto di fronte a quel cataclisma e continuarono a lottare e sconfiggere quelle marionette seppur con qualche difficoltà.
«Sorella, ti vedo in forma nonostante tu sia oramai diventata nonna!» commentò il ragazzo dai lunghi capelli neri e gli occhi di ghiaccio, consapevole del fatto che, nonostante fossero trascorsi numerosi anni, i cyborg non potessero invecchiare realmente.
«Invece io ti vedo debole, rispetto a qualche anno fa. Avresti dato ben più filo da torcere a queste mezze cartucce» rispose provocatoria Diciotto. L'ultima volta che si erano visti era stato durante la battaglia contro Super C17 durante la quale lui, però, aveva preso il posto del nemico fondendosi con il suo clone.
«Sai com'è, al momento non ho alcun clone malvagio con cui fondermi» ribatté Diciassette con tono piatto, staccando la testa dal collo a un nemico con le mani nude, maledicendosi poi per non aver approfittato del fatto che fosse tornato in vita per potersi allenare di più. Ma anche C18 si rese conto di avere qualche ingranaggio arrugginito e, per quanto non volesse darlo a vedere, non si sentiva affatto come una volta. Erano belli che andati i tempi nei quali quei due andavano in giro come se fossero i migliori, i tempi in cui si sentivano i padroni assoluti del mondo. Altro che Draghi, altro che Super Saiyan di quarto livello! Diciotto era riuscita persino a sconfiggerlo in passato, Vegeta, e invece in quel momento era lì che non faceva altro che provare invidia nei suoi confronti, del suo modo di combattere, del fatto che non faticasse per nulla a far terra bruciata intorno a sé, a sconfiggere la maggior parte di tutti quei nemici.
Dopo la morte di Crilin il suo cuore sembrava essersi congelato di nuovo, si era rinchiusa in se stessa e si era dimostrata distante persino con la sua unica figlia. Non aveva più niente da spartire con quelle persone, con la squadra Z, ma C17 era pur sempre suo fratello e rivederlo - nel pieno delle sue facoltà mentali – aveva acceso in lei una lampadina, un circuito.
Non era certo il momento di piangersi addosso, di rammaricarsi per ciò che non erano riusciti a fare. Avrebbero combattuto l'uno a fianco all'altra ancora una volta, poco importava se non erano i due esseri più forti dell'universo. Sarebbero stati scaltri e letali per quel che sarebbero riusciti a fare.


Ma, se quasi tutti i combattenti della nuova squadra Z stavano dando il tutto per tutto nonostante le difficoltà, un guerriero in particolare non stava riuscendo nemmeno a ritrovare se stesso.
«Gohan! Si può sapere cosa diavolo stai combinando!?» urlò Goten nell'intravedere il fratello tra il gran polverone di ghiaccio.
Sostava fermo, immobile con i piedi affondati nella neve, estraniato dalle decine e decine di persone che stavano lottando intorno a lui. Non rispondeva, non reagiva. Tremava dalle dita dei piedi alla punta dei capelli, tremava di terrore, di impotenza. Si sentiva inutile, si sentiva terribilmente in colpa e non riusciva più a far fronte a quelle sensazioni che lo tenevano ancorato al terreno come piante rampicanti con le spine.
Da giorni, oramai, non era più lui. In un modo o nell'altro il Gohan di un tempo aveva cessato di esistere nel momento in cui Pan era morta. Si era fatto pervadere dalla rabbia nel tentativo di trovare un capro espiatorio, e in quel momento si era lasciato possedere dal panico.
«GOHAN!» lo chiamò nuovamente il fratello minore. Si liberò di un nemico calciandolo nelle reni, acquistando però subito un nuovo antagonista comparso da chissà dove.
Ma per quanto la voce di Goten lo spronasse a svegliarsi, per quanto centinaia di urla risuonassero dentro le sue orecchie, Gohan non si destò. Gohan non diede ascolto a nessuno, si perse nella neve, nel ghiaccio, smarrì la sua coscienza, la sua vitalità, il suo orgoglio. Con la testa lievemente reclinata sulla sinistra e lo sguardo inghiottito da quel bianco, quel bianco gelido che si impossessò di ogni suo pensiero. Se solo la temperatura del suo corpo non fosse stata lievemente più alta di un comune terrestre, probabilmente sarebbe morto assiderato nel giro di pochi minuti.
E se poco prima era riuscito quantomeno a difendersi dagli attacchi esterni, in quel momento non gli importava più di niente. Era tutto inutile, sarebbero morti così com'era morta Pan. Così decise di arrendersi, Gohan si arrese ancor prima di iniziare a combattere al contrario di come avrebbe fatto in passato. Gettò la spugna e, senza nemmeno trovare la forza di urlare o rispondere all'attacco, si lasciò scaraventare a terra da un nemico.
Non ebbe nemmeno l'istinto di guardarlo in faccia, quel guerriero, guardò in alto verso il cielo nascosto dalla nube e la tormenta, guardò in alto e supplicò la morte di venirlo a prendere in fretta.
«GOHAAAAN! NO! NOOOO!» ululò Goten scattando nella sua direzione, venendo però trattenuto per un piede da un nemico grosso il triplo di lui, un mostro dalla pelle gialla e le mani rugose. Si divincolò, provò a lanciargli un'onda energetica, provò a combattere corpo a corpo pur di intervenire, ma quell'essere era di gran lunga più forte di lui. Era persino più forte della sua rabbia che crebbe a dismisura nel vedere che, impassibile, suo fratello maggiore si stava facendo prendere a pugni in faccia da una guerriera con due teste e la pelle dello stesso colore del bronzo.
«GOHAN, TI PREGO!» urlò nuovamente Goten con le lacrime agli occhi, pregando il cielo, le stelle e tutti i pianeti che si svegliasse, che uscisse da quel coma nel quale era entrato. «TI PREGO TORNA IN TE!»
Ma purtroppo Gohan continuò a non reagire nemmeno quando, con una risata feroce, la combattente gli infilzò le unghie nel collo, sbattendolo ripetutamente al terreno aumentando la salda presa sulla giugulare.
Goten serrò gli occhi, non voleva guardare. Non voleva vedere morire suo fratello in quel modo, non avrebbe potuto accettarlo. Non Gohan, non il suo fratellone, il suo maestro. Chiuse gli occhi e se lo ricordò, si ricordò di com'era in passato, ai tempi di Majin Bu, si ricordò del suo coraggio e della sua tenacia, della sua rabbia. Com'era possibile che fosse arrivato a quel punto? Come avrebbe fatto a spiegarlo a Videl, come avrebbe fatto a spiegare a loro padre del perché fosse morto e in che modo?
La nemica lo stava strozzando, lo stava soffocando e tutto ciò che Gohan riuscì a dire tra gemiti e versi gutturali fu una sola, terrificante frase.
«P-Pan... a-arrivo...» soffiò lui socchiudendo gli occhi, sperando che la morte sopraggiunse in fretta, sperando di ricongiungersi a sua figlia il prima possibile.
Ma la morte non sopraggiunse, non per lui almeno. La morte non lo trascinò via con sé perché, inaspettatamente, un raggio dal colore viola trapassò il cranio della guerriera che stava per ucciderlo. Ella cadde di lato, riversando il suo sangue verde sulla neve fresca.
Gohan tossì nel tentativo di tornare a respirare, le sue labbra oramai divenute viola tornarono a poco a poco del loro colore naturale e, lentamente, riuscì a mettere a fuoco lo scenario circostante e la persona che, in extremis, gli aveva appena salvato la vita.
E in quel momento Gohan si risvegliò, tornò in sé e non riuscì a fare a meno di piangere tutte le sue lacrime. Guardò quella figura che lo stava osservando dall'alto verso il basso e pianse, pianse di gioia, di gratitudine, ma soprattutto pianse di sorpresa, perché era l'ultima persona che si aspettava di vedere.
«S... sei tu... sei proprio tu!»



 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Salve fanciulli :) come ve la passate? Qui la guerra è iniziata da un bel pezzo ma la fine sembra essere più che lontana. E, oltretutto, se certi combattenti decidono di battere la fiacca mi spiegate come si fa a vincere?! Io ve lo giuro su ogni cosa: non vorrei accanirmi così su Gohan, non è un personaggio che odio, sia chiaro. Però ho voluto caratterizzarlo in questo modo, fragile, emotivo. Sta vivendo un forte periodo di crisi - proprio come Goku aveva paura che accadesse, tornando sulla Terra - ma vi giuro che prima o poi si ripiglierà. Forse... forse adesso? Chi è arrivato a salvargli la pelle?
Lo scopriremo nella prossima puntata! Nel frattempo, come settimana scorsa, vi propongo le pagelle per sdrammatizzare un po' questa situazione del cavolo:

-Goku & Vegeta: combo ben assestata, sincronia perfetta, sguardi complici... insomma la coppia più antisgamo della storia. La loro relazione di questo passo non rimarrà segreta tanto a lungo. Beh, almeno in questo capitolo hanno fatto fuori qualche nemico. Voto 8.
-Bra: pessimismo e fastidi. E si stava quasi facendo uccidere da un maniaco. Voto 5.
-Eva: l'obiettivo è quello di uccidere i nemici, dannazione. Trasformarsi in super saiyan non è opzionale, non c'è tempo per le paranoie. Bel salvataggio della principessa, ma purtroppo non siamo in Super Mario. Voto 6.
-C17 & C18: arrugginiti ma pur sempre efficienti. Freddi e calcolatori, l'energia infinita è assolutamente un vantaggio non indifferente. Speriamo non funzionino ad energia solare perché qua il sole è stato inghiottito. Voto 7.
-Sei nemici di punta: beh? State guardando una serie tv o siete qua per combattere? Scansafatiche. Non classificabile.
-Gohan: c'è veramente bisogno di parlare? E prima si arrabbia e combina cazzate, ora si pietrifica e vuole morire... ma dico, hai il ciclo?! Ripigliati, per cortesia. Almeno si è reso conto di aver fatto una cavolata, dai. Voto 2.
-Goten: ci ha provato, almeno ci ha provato. Con scarso successo, ma tra i due fratelli è nettamente quello più utile durante questa battaglia. Premio di consolazione. Voto 6.


A prestissimo miei cari!
Eevaa

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Capitolo 50
*** Vendetta ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 50 - VENDETTA



How did we get in so much trouble?
Getting out just seems impossible
Oppression is persisting
I can’t fight this brain conditioning
You’ve got strength,you’ve got soul
You’ve felt pain, you’ve felt love
You can grow, you can make this world what you want
You can revolt


Revolthttps://www.youtube.com/watch?v=6UYSsJSgmpY
 


 
«Non è possibile...» balbettò Gohan.
Non si sforzò nemmeno più di trattenere le lacrime, alzandosi sui propri gomiti con estrema fatica. No, non era affatto possibile, non avrebbe potuto eppure era lì, proprio sopra di lui.
Immerso nella nebbia, nel gelo, nella neve, Gohan pensò di essere già morto. Pensò di avere un miraggio, un'illusione, di essere nell'Aldilà. Eppure, quando quella persona tese la sua mano verso di lui ed egli l'afferrò senza riluttanza, capì che non era un sogno, non era il Regno dei Cieli. Era la realtà. E lui era lì, in piedi a pochi centimetri di distanza.
«Sei tornato! Per tutte le stelle, sei tornato!» disse Gohan, poggiandogli entrambe le mani sugli avambracci verdi. Questi rimase serio, imperscrutabile come suo solito, esattamente come lo ricordava.
«Ragazzo, perché ti sei arreso?» gli domandò con voce roca, inspirando con il naso l'aria ghiacciata di quella vallata quasi distrutta. Dopo tanti anni abituato all'odore acre del Regno degli Inferi, quella boccata d'ossigeno fresco e pungente gli solleticò le narici piacevolmente. Erano passati quindici anni da quando aveva salutato quello che era stato il suo primo vero allievo. Quel ragazzo che oramai era diventato un uomo, quasi stentava a riconoscerlo.
«Io... io non lo so. Mi sento inutile...» gracchiò Gohan, con lo sguardo basso. E come avrebbe potuto guardare in faccia il suo maestro, dopo quello che aveva fatto? O meglio, quello che non aveva fatto.

Si erano salutati per sempre quindici anni prima e Junior aveva detto di essere fiero di lui, orgoglioso del guerriero che era diventato. E in quel momento... in quel momento come guerriero non valeva più niente. L'aveva deluso, questo lo sapeva, ma non aveva nemmeno il coraggio di guardare con i suoi stessi occhi la delusione sul suo viso.
«Gohan, tu devi combattere» disse il namecciano dopo secondi che parvero interminabili, con tono calmo e impassibile esattamente come se non fosse circondato dalla guerra più sanguinosa. «Io conosco la tua forza».
«NO!» disse lui ad alta voce, vergognandosi come mai si era vergognato prima d'allora. «Sono un buono a nulla! Ho causato io tutto questo».
«Sarebbe successo ugualmente, smettila di piangerti addosso» insistette Piccolo con tono decisamente più severo, appoggiandogli le mani sulle spalle stringendole più forte che poté.
«Io... io ero così arrabbiato... Pan».
«So quello che è successo a Pan! Ma, dannazione, tu devi vendicarla!» ringhiò Junior interrompendo il suo interlocutore, sempre più adirato. Possibile che quell'evento l'avesse scalfito a tal punto da farlo impazzire?
«Non... non riesco» balbettò Gohan. Strinse e pugni e sfuggì alla presa del namecciano il quale, incrociando le braccia al petto, sospirò rumorosamente.
Cielo, quanto gli ricordava quel bambino che aveva paura persino della sua stessa ombra, quando l'aveva lasciato solo in mezzo al nulla durante il suo primo allenamento. Allora aveva dovuto usare le maniere forti per renderlo indipendente, per renderlo coraggioso, per motivarlo. L'aveva costretto a sopravvivere da solo in situazione di difficoltà, l'aveva costretto a crescere prima del previsto e lui ce l'aveva fatta.
Non poteva lasciare che quel fantasma dalle sembianze del figlio di Goku calpestasse in quel modo il suo orgoglio e la sua dignità, non l'avrebbe lasciato disonorare ciò che Gohan era stato. Perché se c'era una persona che conosceva quel ragazzo più di tutti, questi era proprio Junior, e Junior sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto fare. E l'avrebbe fatto, avrebbe utilizzato ancora una volta le maniere forti, l'avrebbe fatto senza remore seppur questo potesse comportare un pericolo per Gohan stesso, anche se avrebbe voluto dire mettere a repentaglio la sua vita. Ma, prima di tutto, gliel'avrebbe salvata, la vita.
E così, con le mani tremanti e le antenne sopra la testa vibranti di rabbia, il guerriero namecciano parlò.
«Ah sì? Non ci riesci?» domandò con tono pericolosamente intimidatorio. Costrinse così Gohan a guardarlo in faccia pochi istanti prima che, violentemente, gli afferrasse il braccio per trascinarlo via con la forza.
Lo portò in alto, strattonandolo violentemente come un animale da circo fino a riaffiorare dalla tormenta.
«Non riesci!? E se ti dicessi che...» ringhiò Piccolo mollando finalmente la presa sul braccio del suo interlocutore, lasciandogli dei pesanti lividi. «Che è stato lui ad ucciderla?»
E, in quel momento, tutto si bloccò. L'istante in cui Junior indicò con un gesto solenne un guerriero al limite della linea dell'altipiano, un essere dalla pelle indaco e gli occhi dello stesso colore del ghiaccio. Tutto si bloccò e Gohan, proprio in quella frazione di secondo, lasciò cadere la sua maschera.

 

«È tornato, è tornato! Ce l'hanno fatta, gli hanno dato il permesso!» esultò Dende alzando i pugni al cielo, festeggiando il ritorno del super guerriero namecciano insieme a tutti i civili riuniti al tempio del supremo. Grazie ai suoi poteri, infatti, tutti stavano riuscendo ad assistere alla lotta.
Il Supremo sostava in piedi di fronte al vuoto contemplando un punto indefinito all'orizzonte e tutti gli altri, come una grande ragnatela che si diramava da lui stesso a partire da Popo e Jirobei, poggiavano la loro mano destra sulla spalla della persona davanti per riuscire a contemplare con gli occhi di Dende.
Riuscirono perfettamente a vedere oltre la nebbia, oltre il ghiaccio e oltre la neve, riuscirono a mettere a fuoco ogni combattente, ogni guerriero. E, inutile dirlo, ciò che stava accadendo non aveva paragoni.
Era spaventoso, estremamente spaventoso, ben più tragico di qualsiasi altro scenario a cui avevano potuto assistere perché, per la prima volta, l'esercito che avevano di fronte era composto tutto da combattenti di alto livello, ed erano in numero nettamente superiore.
Ma, forse, il ritorno di Junior aveva dato loro speranza. Speranza che Gohan tornasse in sé, speranza di uno scontro più equo. Però, purtroppo, neanche a loro erano sfuggiti i combattenti radunati in fila sulla montagna. Il più grosso di tutti emanava un'aura spaventosa, ben più spaventosa di qualsiasi altro nemico e nemmeno se Junior e Gohan avessero combattuto insieme con tutte le loro forze avrebbero potuto avere speranze contro di lui.
Lo sguardo di Dende si posò su Goku, poi su Vegeta, e pregò tutti gli Dei che conosceva che essi potessero realmente far fronte a quella terribile catastrofe anche se, in quell'istante, i due saiyan purosangue sembravano ancora troppo impegnati a decidere chi dovesse scontrarsi con Freezer per potersi accorgere che, qualche metro sopra le loro teste, stava per scatenarsi il vero inferno.

 

Un colpo nelle reni, uno tra le costole. Goten sputò sangue e tossì così forte da sentire male ai polmoni. Era stato così sorpreso di rivedere Junior e così felice che avesse salvato la vita a suo fratello che si era completamente dimenticato dei due grossi energumeni contro i quali stava combattendo. Si era distratto, si era lasciato andare in un sospiro di sollievo troppo lungo per quella situazione repentina.
Era stato sciocco, un vero idiota. Non c'era tempo per festeggiare, per tirare il fiato. Un nuovo nemico sarebbe stato sempre dietro l'angolo, pronto a mirare alla testa come un cecchino nascosto tra la nebbia.
Fece per pararsi il volto, ma una forte ginocchiata all'addome lo piegò in due come un ramoscello secco. Il sangue gli colò dalla bocca colorandogli il mento appuntito, il sopracciglio gli pulsava da morire. Probabilmente alcune delle sue costole erano state fratturate e persino la clavicola sinistra gli provocava un dolore acuto e pungente. Si lasciò andare con le ginocchia sulla neve, incapace di continuare a stare in piedi. Cielo, che fine orribile per uno come lui, per uno che fino a pochi minuti prima stava esortando suo fratello a non arrendersi. No, non poteva certo accettarlo, Trunks non gli avrebbe mai perdonato una cosa simile.
«Maledettiiiiii!» urlò di rabbia accendendo il proprio potere in un canto del cigno che durò poco, troppo poco. Uno dei due lo prese per i capelli, facendogli schiacciare il viso nella neve fresca che si tinse di un colore rosso ciliegia. Poi lo sollevò di nuovo e lo sbatté giù ancora, ancora, e ancora. E ancora una volta finché, finalmente, qualcuno tra la folla si accorse di lui. Qualcuno riuscì a giungere in suo soccorso, districandolo dalla presa di quel nemico sadico e dall'aspetto tetro.
«Bocconcino! Sei tornata?!» domandò retorico l'uomo dalla pelle rugosa e raggrinzita, con un sorriso perverso.
«Ancora tu? Hai la pellaccia dura, vedo» ringhiò Eva scrocchiandosi le nocche, rendendosi conto che quel tizio era lo stesso che aveva messo a tappeto in precedenza nella lotta insieme a Bra.
Goten si alzò ansimando e, con una mano premuta contro le costole, fece fatica mettere a fuoco quanto stesse succedendo. Entrambi i nemici si fiondarono contro la donna dai capelli rossi la quale, con un urlo, fece fuoco da entrambe le mani per scongiurare una collisione, poi ne prese uno per una gamba scagliandolo più lontano da sé, intercettando la sua aura tra la nebbia per lanciargli contro un attacco a Goten molto conosciuto. Egli sbarrò gli occhi, esterrefatto. Come poteva quella combattente conoscere la Kamehameha?
«Adesso mi hai stancato!» decretò lei fiondandosi nella direzione del più grosso, calciandolo sul collo senza però ottenere l'effetto desiderato. Egli la prese e le piegò il ginocchio fino a farla urlare di dolore per poi gettarla sul ghiaccio, fiondandosi sopra come se fosse un vampiro affamato. Le afferrò la testa tenendola imprigionata al terreno con il peso del proprio corpo.
«No! No! Lasciala!» urlò Goten. Balzò con un pugno teso nella direzione del nemico, il quale però lo respinse così facilmente da non doversi nemmeno scomporre.
Il guerriero tirò, tirò così forte la testa della donna da farle quasi perdere i sensi. Le avrebbe staccato la testa dal collo, Goten ne era certo. E la cosa peggiore fu che non riusciva a fare nulla per aiutarla, per salvarla come lei aveva salvato lui. Provò a lanciargli deboli attacchi dell'aura, ma era ridotto troppo male per poter combattere per davvero; aveva bisogno di un Senzu o di qualche minuto per riprendersi. Era un buono a nulla, un vero buono a nulla. Non era riuscito a salvare suo fratello, non era riuscito a salvare se stesso e ora non stava riuscendo nemmeno a far qualcosa per aiutare una sua alleata.
«NOOO!» urlò Goten emettendo dalla mano destra un altro attacco a vuoto, ma fu troppo tardi. Fu troppo tardi perché, in quel momento, il nemico tirò così forte la testa di Eva da provocarle degli spasmi in tutto il corpo. Era la fine, era troppo tardi per lei o almeno, così Goten pensò fino a quando, inaspettatamente, la donna si illuminò di una luce dorata emanando scintille e lampi spaventosi.
Una luce fortissima si irradiò a partire dalla sua figura, una luce così forte che sembrò scottare le mani del nemico il quale, dolorante, fu costretto a mollare la presa per venire scaraventato a qualche metro di distanza. E, quando finalmente Goten riuscì a riaprire gli occhi, la vide. La guardò e non poté fare a meno di smettere di respirare per una manciata di secondi. Serrò la mandibola e le sue iridi scure divennero pozzi senza fine. No, non poteva essere, non era possibile. Come poteva quella donna dai capelli rossi a essersi trasformata in... in Super Saiyan?
Eva si alzò da terra brillando come una cometa, pronta a ricevere il contrattacco degli avversari da un momento all'altro. Voltò il viso verso l'uomo incredulo ancora inginocchiato sulla neve. L'aveva fatto: era stata costretta a rivelarsi. Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma il suo cuore batté così forte da bucarle il petto specialmente nell'istante in cui Goten, frastornato, si alzò sulle proprie gambe tremanti e le rivolse quella fatidica domanda.
«Ma... m-ma...» balbettò, avvicinandosi a passi lesti, costretto a tenersi il fianco per il dolore. «Ma tu... chi sei?»
Evangeline lo guardò per un secondo, poi girò la testa di scatto verso la nebbia gelida, pronta a tornare al combattimento. Sorrise.
«Tua cugina».



Ma, esattamente in quell'attimo, un forte scossone fece tremare la terra e il ghiaccio di quel ring improvvisato, costringendo tutti i combattenti a volgere il proprio sguardo verso l'alto. Un urlo, un grido assordante gremito di strazio echeggiò nella vallata. Un urlo che tutti i combattenti della squadra Z riconobbero, un urlo che non avrebbe potuto essere provocato da nient'altro se non da una rabbia senza fine, smisurata, esagerata. L'urlo di Gohan.
Il Super Saiyan spazzò via la neve e le particelle di nebbia intorno a sé, tuoni e fulmini si irradiarono dal suo torace. Si era svegliato dal suo coma, da quella sorta di trance nel quale stava rischiando di affogare. Si era destato e aveva liberato tutto il suo potere in un battito di ciglia, l'esatto istante in cui aveva incrociato lo sguardo dell'assassino di sua figlia, della sua Pan.
Urlò così forte da far tremare tutti coloro che sostavano intorno a lui, urlò così violentemente che Junior fu costretto a spostarsi di qualche metro. Goku, che fino a quel momento era stato distratto dal battibecco con Vegeta su chi si sarebbe accaparrato la testa di Freezer, decise di rinunciare alla sfida per raggiungere sopra alla tormenta suo figlio e quel guerriero namecciano che non si era affatto aspettato di incontrare.
«Junior! Ma cosa...» disse Goku, parandosi con un avambraccio dal vento e i cristalli di ghiaccio dovuti all'ira di suo figlio.
«Ci è voluto un po', ma Gohan è tornato. Finalmente, direi» proferì il namecciano. Faticò a tenere gli occhi aperti e portò le braccia incrociate di fronte al suo viso per riuscire a mantenere lo sguardo.
«È bello rivederti, amico» ammise Goku, con un sorriso amaro.
«Già. Ho scelto proprio il momento migliore per tornare» disse Junior sarcastico, con le antenne vibranti di emozione.
Gohan urlò, urlò ancora più forte, ringhiando come un lupo mannaro alla luce della luna piena.
«Ma che cosa diamine gli è successo?» domandò il saiyan ad alta voce, non riuscendo a capire quale fosse stata la causa scatenante di tale disperazione e rabbia.
«Gli ho detto la verità» rivelò Junior con un ghigno, indicando poi la figura incappucciata dalla pelle blu e gli occhi di ghiaccio sul promontorio, affiancata da altri cinque combattenti. Goku spalancò gli occhi, non comprese appieno quale fosse il reale problema ma ebbe un terribile, terribile sospetto.
«N... no».
«Sì, è stato quel tizio ad uccidere Pan» svelò Junior con voce ferma e fredda. E, nel medesimo istante, Gohan scattò in avanti ad una velocità smisurata, fiondandosi in volo in direzione di quei nemici spettatori dall'aria pericolosa.
«NO! GOHAN, TORNA QUA!» ululò Goku a gran voce pronto a partire per recuperare suo figlio, interrompendosi però nel vedere Junior pararsi di fronte a sé con le braccia aperte.
«Devi lasciarlo fare» disse il namecciano, impedendogli di passare.
«No... no! Aymo è troppo forte per lui» cercò di scansarlo Goku, ma il namecciano lo afferrò per un braccio.
«Ne ha bisogno. Lui vive per vendicare sua figlia, ora» spiegò Junior con occhi gravi, volgendo poi uno sguardo in direzione del suo allievo. Lo aveva raggiunto, aveva raggiunto il suo nemico.
«Ma non pu-»
«Guardalo Goku: è tornato quello di un tempo. Devi lasciarlo provare» concluse il namecciano mollando la presa sulla spalla dell'amico il quale, arrendendosi, sospirò preoccupato.
Forse Junior aveva ragione: Gohan era sempre stato aiutato dalla sua rabbia, dalla sua ira e dalla sua furia. Era stato un combattente straordinario, ricco di risorse e capacità. Ma davvero avrebbe saputo far fronte ad un nemico contro il quale nemmeno lui, nemmeno uno dei guerrieri più potenti della galassia, era sicuro di poter vincere?



Tra la neve, il ghiaccio, il vento e il suono straziante della guerra, Vegeta camminò lento, sicuro. Non badò alle urla, non badò alla disperazione, non fece caso ai corpi dei suoi amici sventrati che dipingevano la neve di inchiostro scarlatto. Camminò passo dopo passo alla ricerca di uno, un unico obbiettivo. Camminò fin quando, terribile e subdolo come lo ricordava, se lo ritrovò davanti. Quel sorrisetto viscido, quegli orribili occhietti allungati, la coda bianca scossa da un fremito. Il principe si fermò, stringendo i pugni al punto di farsi sanguinare i palmi delle mani. Avrebbe ottenuto giustizia, avrebbe avuto la sua vendetta una volta per sempre.
Freezer lo guardò di rimando, ridacchiando tra sé e sé con quella consueta risata sadica che fece rizzare tutti i peli sulle braccia del saiyan. Lo avrebbe ucciso nel peggiore dei modi, su questo non aveva dubbi.
«Sei pronto a morire di nuovo?» pronunciò gelido Vegeta, puntandogli un dito contro, illuminato di luce dorata.
La lucertola dello stesso colore della neve rise di nuovo, prima piano, poi sempre più forte e sguaiatamente fino a che, di colpo, si interruppe e abbassò la testa, trafiggendo il principe dei saiyan con lo sguardo.
«Stavo per farti la stessa domanda».



 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
... è tornato! Junior è tornatooooo! E adesso la grande squadra è finalmente quasi al completo. Manca solo Trunks all'appello, accidenti accidentaccio.
Che ve ne pare di questo capitolo? C'è abbastanza cazzimma? Il lato romantico della storia è andato scemando, ora è il momento di salvarsi la pelle. Non mi sono mai ritenuta molto capace di rappresentare al meglio le scene di combattimento, la parte più "violenta". Sono una grande amante del drammatico, introspettivo e sentimentale, mentre l'azione l'ho sempre snobbato un pochino. Spero che sia tutto credibile e quantomeno accettabile.
Ricapitolando: Junior è tornato e ha costretto Gohan a ripigliarsi con la forza, spifferando che era stato proprio Aymo ad uccidere Pan. Nel regno dell'aldilà le notizie circolano più veloce che in un paesino di campagna. Eva finalmente ha svelato a tutti la sua identità, ha salvato la vita a Goten e si sono messi a combattere in modo serio. Gohan ha attaccato i combattenti sul trespolo della montagna e Goku (costretto da Junior) non lo ha fermato. Vegeta è finalmente in procinto di vendicare la sua specie uccidendo Freezer, come andrà la lotta?
Ma ecco a voi le tanto attese Pagelle della settimana:

-Junior: la burocrazia dell'aldilà è forse peggio di quella dell'agenzia delle entrate, ma siamo tutti disposti a perdonarlo per il ritardo. Un ritorno tanto atteso, che ha segnato una grande svolta nella storia. Con i suoi punti bonus per aver fatto un cu*o così a Gohan, sale in vetta alla classifica settimanale. Voto 9,5.
-Gohan: buongiorno principessa, ci siamo svegliati? C'era bisogno dell'arrivo del principe azzurro (o meglio, principe verde) per fargli tirare fuori le "sfere"? Sono disposta a dare un premio sulla fiducia, ci sono buone premesse per un ripiglio completo, data la furia delle ultime righe. Altissime aspettative. Voto 7.
-Dende & Co: la battaglia per la sopravvivenza è diventata improvvisamente un reality show. Ma qui il parere del pubblico conta davvero poco, l'utilità dei civili al tempio del supremo è pari a quella di Asia Argento a X-Factor. Voto 5.
-Goku: quando finalmente Gohan si è dato una svegliata ed è partito alla carica ha cercato di fermarlo. Non fare il padre iper-protettivo, per favore, che non ti si addice proprio. Voto 5.
-Goten: niente, senza Trunks sembra un pesce fuor d'acqua. Quantomeno, però, ha fatto in modo che la sua alleata sfoderasse il suo potenziale segreto. "Fidati, la Kamehameha mia cuggggina me la fa agggratis e in meno tempo". Voto 6.
-Eva: a parte il fatto che la signorina ha dovuto aspettare di farsi quasi Nedstarkizzare per trasformarsi, finalmente ha tirato fuori tutti i suoi attributi. Premio bonus per aver stemperato la tensione con un magica riunione di famiglia. Voto 7.
-Vegeta: carta, forbice, sasso? Meglio di no. I giochi terrestri non gli hanno mai portato una gran fortuna. Gran strategia quella di aspettare circostanze favorevoli per potersi accaparrare la testa del nemico tanto conteso. In barba a Goku e al suo figlio ripigliato. Voto 7.
-Freezer: cattiveria inaudita, sfacciataggine, risata snervante e occhi sprezzanti. E' lui o non è lui? Certo che è lui! Il Lord delle Drag Queen della Mediaset è tornato tra noi. Premio perfidia, rimarrà sempre il villain numero uno. Voto 8.


E con questo delirio settimanale vi lascio! Comunque... CINQUANTA capitoli! Pazzesco, spero di non avervi annoiati fin qui! Vi aspetto con ansia domenica prossima... vi avviso: sarà un capitolo fondamentale :D come sempre aspetto le vostre di pagelle o commenti relativi alla battaglia. Un abbraccio a tutti!
Eevaa

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Capitolo 51
*** Freezer ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 51 - FREEZER



All the hurt, all the lies, all the tears that they cry
When the moment is just right, you'll see fire in their eyes
Cause they're stronger than you know, a heart of steel starts to grow
When you've been fighting for it all your life
You've been working every day and night
He's got a lions in her heart, a fire in his soul
He's a got a beast in his belly, that's so hard to control
Now light them up, stand back, watch them explode


Superheroes: https://www.youtube.com/watch?v=IowZqZHJ-cA
 

 
 
Non aveva atteso. Non vi era spazio per i preamboli, i grandi discorsi e le minacce. Se c'era una cosa che Vegeta aveva imparato nel corso degli anni era che fare il gradasso gli aveva portato solo guai. Si era morso la lingua più di una volta nel tentativo di desistere dallo schernire l'avversario, ma era stata dura, molto dura. Freezer non era esattamente il tipo di nemico contro il quale avrebbe potuto mantenere il sangue a una temperatura accettabile; lo sentiva ribollire nelle vene così come il risentimento nei suoi confronti. Quel mostro aveva giocato a fare il burattinaio con lui per tanti, troppi anni. Lo aveva ingannato, aveva teso la mano sul suo pianeta, la sua razza e, infine, anche su di lui, sporcandolo nell'orgoglio come mai nessuno aveva osato prima. E, ironia della sorte, non era nemmeno riuscito a vendicarsi quando era tornato sulla Terra. Ci aveva pensato suo figlio, quello del futuro.
Non avrebbe permesso a nessun altro di compiere vendetta al posto suo quella volta ma, anche se avrebbe tanto voluto procurargli una morte lenta e dolorosa, sapeva perfettamente che non era lui l'obiettivo principale di quella guerra. Avrebbe dovuto fare un lavoro pulito, veloce, rapido come i suoi attacchi.
Non stava incontrando nessuna difficoltà a scontrarsi con lui, si stava dimostrando nettamente in vantaggio - nonostante il grande miglioramento di Freezer - eppure il sorriso beffardo sul viso di quella dannata lucertola bianca e viola non si era mai spento, e ciò mandava Vegeta in escandescenza più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Lo aveva attaccato più e più volte, si era accanito su di lui in modo particolare e sadico, consumandogli la viscida pelle del volto con pugni ben assestati. Le sue nocche, aperte e sanguinanti, pulsavano di dolore, ma era un dolore così piacevole da non riuscire a smettere. Però quel sorriso, quel sorriso derisorio continuava a persistere nonostante fosse chiaro e limpido che stesse per rispedirlo nel Regno degli Inferi. Era ridotto male, molto male, ma era puro godimento per Vegeta osservarlo soffrire anche se, per orgoglio, avrebbe tanto desiderato che gli implorasse pietà.
E così non aveva resistito, Vegeta. Non aveva resistito a parlargli, a rivolgergli la parola proprio nel momento in cui, bloccando Freezer con le spalle al muro contro una roccia ghiacciata, aveva puntato la sua mano incandescente a livello del suo petto, facendo roteare nel palmo una sfera rossa come una fragola matura.
Freezer sogghignò e sputò poi sangue viola di lato, troppo vicino allo stivale del principe.
«Toglimi una curiosità, prima che ti mandi all'altro mondo» pronunciò freddo e crudele Vegeta, con il volto privo di ogni espressione.
«Ohohohoh» rise Freezer facendo risuonare la sua acuta e melliflua voce nelle orecchie del suo aguzzino, il quale corrugò la fronte infastidito da quella orribile, orribile risata. «Sei così sicuro di te, scimmione. Non ti accorgi nemmeno di quanto tu sia patetico».
Vegeta ringhiò e avvicinò di più la sfera di energia al torace del nemico, bruciandogli la pelle.
«Risparmia il fiato, viscido essere raccapricciante, che non te ne rimane molto» lo minacciò il principe prima di porre quella fatidica domanda, quel quesito che avrebbe tanto voluto evitare. «Dimmi dov'è. Dimmi dov'è Trunks».
Freezer alzò un sopracciglio e soffiò dal naso con fare spregevole. «E chi diavolo è Trunks
«Smettila di fare il finto tonto. Te lo ricordi benissimo chi è, dato che è stato lui a spedirti all'inferno» sputò acido Vegeta.
Trunks non si era fatto vivo da giorni e nessuno, nemmeno le divinità, erano riuscite a scoprire dove fosse finito e, pertanto, il principe non riusciva a evitare di pensare che quei bastardi l'avessero rapito, portato nella loro dimensione. L'unica cosa certa era che non fosse morto.
«Ah! Oh, Truuunks! Ora ricordo» pronunciò Freezer con tono pericolosamente accondiscendente. «Sì, sì! Me lo ricordo bene. È tuo figlio, vero?»
«Dimmi subito dov'è» disse Vegeta imperativo, non disposto ad accettare nessuna frase che non fosse una risposta al suo quesito.
«Ah! Non è qui? Oh... sono proprio spiacente» sibilò il nemico, sarcastico.
«COSA GLI AVETE FATTO!?» urlò il principe, spingendo con la mano libera la sua vittima contro la roccia, con gli occhi iniettati di sangue.
Eppure Freezer rise, rise di nuovo. Acuto e irritante, come se non gli importasse proprio niente dell'impellente minaccia puntata contro il torace. E di tutta risposta Vegeta si adirò ancor di più. Emanò un Ki spaventoso, degno e riconducibile all'aguzzino spietato e malvagio che era un tempo. No, non stava riuscendo a mantenere la calma, e come avrebbe potuto farlo? Quell'essere spregevole si stava prendendo gioco di lui ancora una volta e, per giunta, lo stava facendo alle spalle del suo adorato figlio.
«Ohohohoh!» Freezer lo derise sguaiatamente prima di divenire serio e terribilmente pungente. «E cosa vuoi che ne sappia io di dove si trovi quel lurido mezzosangue dal corredo genetico infetto dalla tua razza di patetici insulsi scimmioni!»
«DIMMI DOV'È!» abbaiò Vegeta sul punto di esplodere. No, non avrebbe sopportato un minuto di più quelle ingiurie, non avrebbe accettato ancora una volta di essere schernito da quel mostro. «O ti giuro che la tua morte sarà ancor più dolorosa»
«Ahahah! Ma che vuoi fare, principe senza regno né sudditi. Non avete alcuna possibilità di vittoria».
«Ho la possibilità di spedirti all'altro mondo e, per ora, è la vendetta più dolce che abbia mai gustato» lo minacciò Vegeta dopo aver fatto un lungo, lunghissimo sospiro.
No, non avrebbe ottenuto risposte da lui, era solo tempo perso, tempo rubato alla sconfitta di altri avversari, tempo rubato a proteggere i suoi amici. Non aveva regno né sudditi, in quello Freezer aveva ragione. Ma aveva un popolo, il suo nuovo popolo, il suo nuovo pianeta. Non era il principe di nessuno, ma era il condottiero che tutti i suoi alleati avevano seguito. Si scrollò di dosso tutto il suo odio, tutto il suo bisogno di procurare sofferenza. C'erano cose più importanti che dar retta a quell'essere spietato e no, non si sarebbe abbassato di nuovo al suo livello.
«Sei uno sciocco, stupido, patetico scimmione troglodita. Non sai proprio vedere oltre al tuo naso! Ma te ne accorgerai... oh, se te ne accorgerai!» soffiò Freezer, ridendo poi sguaiatamente.
«Taci. La tua voce mi fa venire l'emicrania» pronunciò infine Vegeta e, detto questo, alimentò ancor di più la sfera di energia nel suo palmo.
La lanciò, la lanciò contro il torace del suo nemico senza remore, senza proferire alcuna parola. Non sogghignò, non si perse a crogiolare nella vendetta, non gioì. Lo guardò sparire in silenzio, guardò la sua pelle lacerarsi e il suo sorriso spegnersi tra le urla di dolore. Poi se ne andò.

 
 

[Aymo, fanart realizzata da Giosuè Graci]
 

Gohan lo aveva attaccato di getto, senza riflettere, senza pensare. Si era gettato su di lui come un'aquila sulla preda, ma la preda non era affatto un essere fragile e indifeso. La preda aveva contrattaccato immediatamente, dal momento esatto in cui era stato trascinato giù da quel promontorio, dall'istante in cui aveva lasciato il suo comodo posto da osservatore, dal momento in cui Gohan l'aveva afferrato per le spalle e gettato nella mischia. E, insieme a lui, si erano mossi anche tutti gli altri, tutti tranne il combattente più forte di tutti.
Lorayo si era mosso, sì, ma per balzare sulla cima della montagna. Si era tenuto distante, silenzioso, con gli occhi azzurri quasi bianchi puntati sulla battaglia incessante; la sua espressione era così vuota da incutere terrore.
Aymo, invece, non si era lasciato cogliere alla sprovvista, aveva operato il suo contrattacco senza remore, con un ghigno disgustato persistente sul suo volto color indaco. E, se vi era stato un momento in cui Gohan era riuscito a tenergli testa, man mano che passavano i minuti il secondo nemico più forte della Dimora dei Draghi non aveva esitato a mostrare il suo vero potere. Non vi era rabbia che potesse aiutare il Super Saiyan, la sua furia non avrebbe potuto aiutarlo a lungo. E così erano dovuti intervenire Goku e Junior, ma non per lottare contro Aymo, no: gli altri quattro avversari più forti erano scesi in campo, frapponendosi tra loro e il loro alleato in difficoltà. Un namecciano di nome Snar – guerriero di Polunga - , un altro namecciano dalla pelle verde molto più scura, un alieno dalla pelle rossa – piccolo ma veloce all'inverosimile – ed infine un guerriero con la dura corazza grigia, molto simile ad una roccia. Si erano intromessi in quella lotta scendendo dal piedistallo sul quale erano sostati dall'inizio della guerra e, inutile dirlo, non avevano tardato a mettere Junior in seria difficoltà. Anche Goku, nonostante fosse estremamente forte, aveva dovuto mettere in atto tutte le sue energie per potersi battere con loro, trasformandosi finalmente in Super Sayian di quarto livello. Erano tutti potenti poco meno di lui, ma erano ugualmente quattro contro due e degli altri loro alleati non vi era nemmeno l'ombra.
Stavano cadendo come foglie, in mezzo alla tormenta. Tensing e Riff erano in estrema difficoltà, così come Videl e il Genio delle tartarughe. Ub e Majin Bu erano più impegnati a difendere loro che ad attuare una vera e propria strategia omicida nei confronti dei nemici, che sembravano sempre innumerevoli. Per ogni avversario sconfitto ne spuntava sempre un altro dalla tormenta. Alcuni namecciani alleati erano spirati nel tentativo di battersi con estremo coraggio, ma la portata dei nemici era decisamente troppo grande per loro.
Gli unici alleati che stavano riuscendo a dare un reale contributo a quella lotta erano i due androidi gemelli, Eva, Bra e Goten ma, anche per loro, le forze stavano di gran lunga venendo meno. Erano tanti, troppi e troppo forti per sperare di combattere ancora a lungo. Certo, gli androidi avevano energie infinite, ma i danni inflitti dai combattimenti più sanguinosi stavano pian piano logorando i loro circuiti.
Eva e Bra, entrambe trasformate in Super Saiyan, era da oramai parecchio tempo che si stavano dando man forte combattendo insieme ma, quando entrambe vennero accerchiate da una schiera innumerevole di nemici, dovettero dividersi per scampare agli attacchi combinati.
La principessa dei saiyan volò via veloce, perdendosi in mezzo alla tormenta guardandosi più e più volte indietro. Lastre di ghiaccio e rocce appuntite erano spuntate dal terreno. Avevano deformato il campo di battaglia rendendolo inospitale, ma dando così la possibilità a Bra di nascondersi temporaneamente dietro una roccia per riprendere fiato per qualche secondo. Le urla di battaglia infuriavano vicine e, tra la neve e il vento ghiacciato, ella poteva intravedere le ombre dei combattenti incontrarsi e scontrarsi tra lampi di luce.

 

[Lorayo, fanart realizzata da Giosuè Graci]

 

Con il fiatone e la mano premuta contro un fianco, Bra si accasciò con la schiena contro una roccia, deglutendo di tanto in tanto con estrema fatica. Il sudore le si congelò sulla fronte insieme al sangue delle ferite e, passandosi una mano tra i corti capelli tornati ad essere azzurri, si tranquillizzò. Forse era riuscita a seminare un nemico troppo pericoloso azzerando la sua aura. Fece un lungo sospiro e chiuse gli occhi per qualche secondo prima di tornare a muoversi. Con fatica si accovacciò sui talloni, sporgendosi poi a sinistra per controllare che tra la nebbia nessuno l'avesse seguita ma, non appena inarco le labbra in un sorriso compiaciuto, da dietro la roccia un energumeno dagli occhi completamente neri e gli artigli color avorio si fiondò su di lei e la colpì sulla destra.
«Dove speravi di andare!?» ruggì lui prendendola per i capelli, tirandole il collo all'indietro. Bra si dimenò con le gambe, ma venne sbattuta violentemente a terra ove il nemico, pericoloso e crudele, la bloccò con tutto il peso del corpo, infilzando le sue braccia al terreno con i lunghi artigli simili a lame affilate.
Lei urlò di dolore e percepì il sangue uscirgli a fiotti dalle vene dei polsi. Provò a trasformarsi in Super Saiyan, ma a nulla valsero i suoi tentativi di evadere da quella presa e, quando il nemico sfilò i suoi artigli dal braccio sinistro, Bra si sentì svenire; la pelle gli bruciava all'inverosimile, tanto da non riuscire nemmeno a muoversi. L'avversario sollevò il braccio sopra la sua testa, puntando con la mano la giugulare della ragazza, più che intenzionato a reciderle la gola.
«Dì le tue ultime preghiere!» l'avvertì lui, sputando saliva dai denti aguzzi.
Fece scattare il suo braccio verso la vittima ma, proprio in quell'istante, una mano sanguinante gli spuntò dal petto, frenando la sua corsa.
«Oh Kami, oh Kami!» cinguettò Bra spalancando gli occhi con il cuore martellante contro il torace. Non poteva crederci, non poteva davvero credere di essere stata salvata, per un attimo aveva davvero creduto che fosse finita.
Il suo aguzzino tossì sangue e, in un istante, venne incenerito da una potente onda di energia proveniente da dietro; tra il fumo e i resti della sua carne dal tronco in giù ancora pesanti sulle sue anche, finalmente Bra poté vedere con i propri occhi l'angelo custode che l'aveva appena trascinata via dalla morte certa.
«G... Goten» soffiò lei con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo non parlò ma, con i capelli biondi e gli occhi verde acqua tipici della rabbia della loro razza di origine, calciò via la parte inferiore del corpo del nemico dalle gambe della sua alleata, girando poi il volto verso sinistra ove, minaccioso, spuntò un nuovo avversario pronto ad attaccare. Bra tentò di rialzarsi invano. Aveva perso troppo sangue dalle vene recise dagli artigli di quel mostro per riuscire a combattere, e questo il loro nuovo nemico lo sapeva bene e, proprio per quel motivo, non tardò ad attaccare nella sua direzione. Ma aveva sbagliato, non aveva fatto i conti con quel ragazzo dai capelli dorati e un'ira funesta in corpo, l'ira nei confronti di chi aveva provato a uccidere una delle persone più importanti della sua vita. Era vero, l'aveva fatta soffrire lui stesso in passato, aveva sbagliato tutto con lei, l'aveva persa e non provavano più i sentimenti che li avevano uniti per anni l'uno all'altro, ma Goten le voleva bene. Le voleva un gran bene e non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.
«Non osare sfiorarla, non osare torcerle un capello o la tua morte sarà così dolorosa che dovrai implorare gli Inferi di venire a prenderti in fretta» annunciò lui prendendo il nuovo avversario per la giugulare, sferrandogli poi un pugno al centro dell'addome.
Bra sospirò e tentò nuovamente di rimettersi a sedere. Era incredibile che l'avesse salvata per davvero. L'uomo che più aveva amato e più aveva odiato nel corso degli anni era giunto in suo soccorso, difendendola da morte certa. Tremò violentemente, ma sorrise e, proprio in quell'istante, un piccolo sassolino dal colore verde le cadde sul grembo, provocandole un sussulto. Strabuzzò gli occhi, mettendo meglio a fuoco di cosa si trattasse, e non era di certo un sasso.
Riconobbe il Senzu e alzò gli occhi al cielo, sorridendo ampiamente alla vista di suo padre il quale, dalla distanza, era riuscito ad intravedere quella scena. Non la guardò ma, al contrario, i suoi occhi erano fissi verso quel ragazzo che una volta avrebbe potuto chiamare figlio. Lo osservò combattere per difendere la sua Bra e, per un istante, forse, riuscì a pensare che prima o poi avrebbe potuto persino perdonarlo.



Se la rabbia di Gohan continuava a crescere, di rimando, le sue forze subivano ogni minuto di più uno scossone. A nulla sarebbero valsi tutti i suoi tentativi, a nulla sarebbero bastati i suoi attacchi.
«HAI UCCISO MIA FIGLIA! HAI UCCISO PAN!» urlava in continuazione, con le spalle inclinate verso il terreno e un braccio teso nella direzione dell'avversario. Gli lanciò una, due, decine di sfere di energia ma, dal fumo e dal ghiaccio, Aymo ricompariva sempre come se non fosse nemmeno scalfito da quei lampi di luce.
Camminava nella sua direzione sul letto di cristallo con passi lenti e una consueta espressione disgustata, come se provasse totale disprezzo verso quel ragazzo il quale obbiettivo era solo quello di vendicare un altro essere umano suo prossimo. Aveva dimenticato cosa volesse dire essere umani, Aymo, era passato così tanto tempo da quando era morto che non ricordava nemmeno alla lontana cosa volesse dire provare quei sentimenti. E poi, naturalmente, non era mai stato una persona buona nemmeno quando si trovava in vita. La sua anima era marcita all'inferno per centinaia di anni prima che il Drago Superiore aveva dato il permesso a Konero, il drago a capo della sua confraternita, di poterlo riportare in vita con la missione di porre fine a quella della donna dai capelli corvini che prendeva il nome di Son Pan. Respirare aria vera, però, non lo aveva affatto aiutato a provare un briciolo di compassione, di empatia e, al contrario, risultava persino infastidito dai tentativi di quell'uomo di mezza età di vendicarla.
«Mi hai stancato» decretò l'essere dalla pelle blu e gli occhi di ghiaccio scattando in avanti. Colpì Gohan con un calcio e lo fece cadere.
Ma egli si rialzò tremando: quella volta non si sarebbe arreso, quella volta non avrebbe ceduto. Si mise in piedi e, con la mano nuovamente tesa, lanciò un altro attacco seppur inefficace.
«Hah... patetico» sputò Aymo senza nemmeno degnarsi di deviare il colpo, incassandolo a pieno torace senza ricavarne nemmeno un graffio. Lo colpì di nuovo con un calcio più forte e più nervoso, ma Gohan si alzò ancora e ancora, e ancora.
Dall'alto, Goku e Junior, stavano tenendo testa agli altri combattenti di punta senza riuscire a far null'altro ma, quando il Super Saiyan di quarto livello vide con la coda dell'occhio suo figlio cadere per l'ennesima volta senza più riuscire ad ergersi in piedi, non poté fare a meno di digrignare i denti. Lo guardò tentare di alzarsi e cedere sulle sue stesse gambe e poi, con le ultime energie, lanciare un'ultima Onda Energetica debole, debolissima. E così Gohan cadde sulla neve con la faccia, con un tonfo sordo.
«NO! GOHAN!» urlò Goku. Ricercò lo sguardo di Junior nella completa disperazione, capendo che non sarebbe potuto sfuggire da quella lotta per andare ad aiutarlo o altrimenti sarebbe stata la fine anche per lui. Fortuna volle che proprio in quell'istante, dalla nube e la tormenta, il principe dei saiyan apparve veloce e più in forma che mai e, con uno sguardo eloquente, gli diede il via libera per poter raggiungere suo figlio, lanciandogli distrattamente uno dei rimanenti quattro fagioli di Balzar. Goku annuì, ringraziando quell'uomo con un sorriso sghembo, un sorriso così diverso da quelli che di solito si riservava di fargli. Inutile dirlo, Vegeta l'avrebbe salvato sempre, e non avrebbe mai finito di ringraziarlo quando tutto sarebbe finito.
Goku scattò verso Aymo e, cercando di prendersi del tempo, lo calciò molto violentemente più lontano che poté. Si accovacciò poi sulle ginocchia e sollevò il corpo quasi esanime di suo figlio dalla neve, ripulendogli il viso con la manica della sua nuovissima tuta verde.
Delicatamente gli posò il Senzu tra le labbra intimandogli di mangiare più in fretta possibile e, quando finalmente Gohan riaprì gli occhi, Goku non poté fare a meno di sospirare di gioia.
Gohan storse la bocca, deluso più che mai di aver fallito nell'intento di vendicare Pan, ma sentendo una nuova forza scorrergli nelle vene. Era la seconda volta quel giorno che si ritrovava in fin di vita, e ben conosceva la capacità dei saiyan di aumentare la propria forza combattiva ogni volta che sfuggivano alla morte. Sentì le proprie braccia e le proprie gambe rinvigorirsi nuovamente, fino a dargli la possibilità di sciogliere quell'abbraccio con il padre e mettersi a sedere. Lui gli sorrise, felice di vederlo nuovamente nel pieno delle energie, e Gohan si rese conto solo in quel momento di quanto l'avesse trattato male negli ultimi giorni, forse ingiustamente. Si rese conto per davvero che, quella volta, suo padre era tornato per restare, per vivere insieme a loro, per comportarsi da uomo maturo; comprese che Goku stava lottando con tutte le proprie forze per tenersi stretta la sua umanità, per darsi la possibilità di rimediare tutti gli sbagli del passato. E così, con gli occhi lucidi e una nuova consapevolezza tra le mani, Gohan sorrise di rimando.
«Pa... papà... puoi perdonarmi?» sussurrò con un filo di voce.
«E tu puoi perdonarmi?» rispose di getto Goku il quale, oramai da parecchio tempo, si era reso conto di quanto fosse stato un pessimo padre da un certo punto di vista. Come poteva biasimarlo, per come l'aveva trattato?
Era contento che fossero riusciti a trovarsi di nuovo, a riconciliarsi. Era così contento che non si accorse che, in lontananza, il loro avversario si stava avvicinando a gran velocità, e non era solo.
Goku non si era accorto che, purtroppo, un nuovo nemico si era deciso a finalmente a scendere in campo. Non si era accorto che Lorayo, insieme ad Aymo, aveva iniziato la sua cavalcata verso di loro più minaccioso che mai.


Ma a Vegeta, dall'alto, non era affatto sfuggita quella complicazione. Aveva visto Aymo rialzarsi dalla neve dopo il calcio di Goku, l'aveva sentito ringhiare di rabbia e girarsi verso il promontorio sul quale il nemico più forte di tutti stava osservando la guerra. Li aveva visti annuirsi a vicenda e aveva ammirato la velocità e la leggiadria con la quale Lorayo, il mostro dalla pelle argentea e gli occhi come cristalli, era scattato nella direzione dei suoi ignari e distratti alleati. E allora Vegeta non aveva più avuto dubbi su cosa fare, aveva mollato per un attimo il colpo verso gli altri forti avversari, giusto il tempo per avvisare quell'idiota di Kaarot e suo figlio di stare attenti ma, proprio in quel momento, le parole gli erano morte in gola.
Si era bloccato, congelato a mezz'aria con la bocca spalancata e gli occhi tremanti di terrore perché, dalla nebbia, si era alzata in volo una figura che non si sarebbe mai aspettato di rivedere. Perché, con un sorriso beffardo e gli occhi rossi puntati su di lui, Freezer era apparso dalla tormenta.

 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Boomshackalacka! Ragazzi, non odiatemi. Ho fatto del mio meglio per rendere le cose facili, ma la verità è che più vado avanti e più le cose si complicano.
Ricapitolando: Freezer e Vegeta combattono, il lucertolone dichiara di non saper nulla di Trunks (dannazione! avrà mentito oppure no? dove cavolo si è cacciato!?), e alla fine Vegeta distrugge Freezer ammazzandolo in malo modo; Gohan fa del suo meglio ma Aymo è troppo forte, Goku e Junior vorrebbero aiutarlo ma altri quattro pupilli dei draghi scendono in campo e quindi devono combattere contro di loro; Bra rischia di essere uccisa male e il suo ex corre a salvarla (forse anche per riscattarsi dal torto impartitole due anni prima?), Vegeta assiste alla scena e vede Goten con occhi diversi; Gohan combatte duro ma ovviamente Aymo, essendo più forte di lui, lo riduce ad uno straccio, Goku lo salva e padre e figlio finalmente si riconciliano (evvivaaaa); Lorayo smette di fare il guardone e - con sottofondo la Cavalcata delle Valchirie, parte per attaccare i due Son spalleggiato da Aymo; Vegeta vuole salvare i due saiyan ma, colpo di scena, Freezer ricompare dalla tempesta e io mi chiedo...CHE CA**O CI FA FREEZER IN PIEDI?! Vegeta lo aveva disintegrato! ... amici, amiche. Lo so che avete una teoria a riguardo, e sono molto curiosa di sapere se la vostra teoria è esatta.

Santo cielo, che capitolo estenuante Ho bisogno di stipulare le pagelle per stemperare l'ansia e la tensione!
-Freezer: emblema della perfidia, il solo odore di saiyan gli fa chiudere la vena. Imperscrutabile, sprezzante, ci vorrebbe uno strizzacervelli per capire se mente riguardo alla scomparsa di Trunks oppure no. In sintesi "ohohohoh". Ma, purtroppo per lui, sono finiti i bei tempi nei quali era il più forte della galassia. E' decisamente deboluccio, seppur con una straordinaria capacità di ricomparire dal nulla. Voto per il combattimento: 4. Voto per la perfidia: 8. Voto finale: 6.
-Gohan: bel tentativo, davvero. Gran bel tentativo, tanto cuore, ma se volevi fare casino, non potevi iniziare con il distruggere i nemici alla tua portata? Ci ha provato e credo di parlare a nome di tutti nel dire che apprezziamo lo sforzo. Lancio l'hashtag #provaciancoragohan , prima o poi ce la farà. Voto 7.
-Aymo: malvagio senza un perché, tornato in vita solo per rompere le scatole e uccidere persone a caso per il gusto di farlo. Personalmente lo trovo piacevole come un dito nel didietro, ma come combattente è un vero osso duro. Voto 5,5.
-Bra: non ha mai combattuto in vita sua e adesso come possiamo pretendere che, con un allenamento di una sola manciata di giorni, possa andare avanti a lottare contro nemici fortissimi senza subire danni? Come sparare sulla croce rossa. Certo che poteva anche stare più sull'attenti al posto di finire con le vene fuori dai polsi come Hannah Baker. Voto 5.
-Goten: in prima pagina come eroe della settimana, insieme al pompiere che si è arrampicato su un albero per salvare il gattino che non riusciva a scendere. Grande prestazione, un sacco di cazzimma. Dai che la medaglia al valore ti verrà consegnata dal principe dei saiyan in persona insieme al pugno in faccia che non ti ha mai dato. Voto 8,5.
-Goku: bellissimo il momento commovente dove si rende conto di essere un padre di M e chiede perdono al figlio. Veramente molto commovente ma, DANNAZIONE, stai attento alle spalle! Come puoi essere così distratto da non vedere che ti stanno per falciare?! Non poco disagio. Voto 6.
-Vegeta: e io dico hallelujah! Finalmente qualcuno ha capito che la tecnica del
 ta-ta-ta-ta-ta-ta-ta a caso non serve a un tubo e, inoltre, sbeffeggiare il nemico serve ancora meno. Ha fatto un lavoretto pulito, in apparenza letale ma... Vé, sei sicuro di averlo disintegrato per bene? Perché, diciamolo, a noi sembra ancora vivo. Voto 7.

E con questo io vi lascio e vi saluto. In questo momento sono al Lucca Comics con una M disegnata in fronte, perché ho deciso di farmi possedere da Babidi e diventare Majin. Se siete in giro anche voi e mi riconoscete non esitate a salutarmi!
A settimana prossima! :)

Eevaa

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Capitolo 52
*** Eterno ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 52 - ETERNO




Think of all the roads
Think of all their crossings
Taking steps is easy
Standing still is hard
Remember all their faces
Remember all their voices
Everything is different
The second time around
The sun is out, the day is new
And everyone is waiting, waiting on you


You've got time: https://www.youtube.com/watch?v=w9_isl1jjHc


 

 
Occhi rossi taglienti come due lame affilate trafissero quelli del principe dei saiyan. Una condanna, una maledizione. Sorrise di nuovo, Freezer, come se nulla fosse successo. Come se non fosse affatto stato ridotto in polvere e pulviscolo a malapena una manciata di minuti prima.
Con le braccia incrociate e la coda scattante di gesti nervosi apparve dalla tormenta di fronte a sua maestà. Vegeta si immobilizzò e il suo cuore, già sufficientemente martoriato dai recenti avvenimenti, mancò di un battito. Tutto intorno a lui sembrò soffocarlo. Il freddo, la neve, il vento, i nemici, la guerra. Com'era possibile che quel bastardo fosse rimasto in vita? Lo aveva visto estinguersi come la fiammella di una candela, lo aveva sentito urlare di dolore e aveva percepito la sua aura maligna regredire fino a sparire per sempre. Non era sopravvissuto, ne era certo. Di lui non era rimasto più niente e Vegeta era assolutamente certo che egli non potesse rigenerarsi. Eppure era lì, di fronte a lui, e rideva ancor più fastidiosamente di prima.
E poi tutto d'un tratto il principe capì. O meglio, ebbe un grave e reale presentimento su quanto fosse accaduto. Panico, totale panico. Si guardò intorno e ammirò la battaglia sotto ai propri piedi, si girò, si rigirò, osservò lo scenario e la sua bocca si storse in un'espressione terrorizzata.
«Bubu-settete, scimmione!» lo schernì Freezer con tono piatto e il consueto sorriso sadico dipinto in volto.
Vegeta lo squadrò schivo, di sfuggita, continuando poi a guardarsi intorno più che intento a trovare uno, un misero indizio per confutare l'ipotesi che aveva appena attraversato la sua mente. Ma non lo trovò, non trovò niente che potesse rassicurarlo e, con la bocca asciutta e gli occhi spalancati dal terrore, non poté fare altro che posare nuovamente lo sguardo sul suo nemico.
«Ohohoh, caro, sei sorpreso di vedermi? Oh sì, lo immagino, lo immagino. Eri troppo impegnato a fare il brillante, a dare il meglio di te e sfoggiare la nuova forza per poterti rendere conto di quel che stesse succedendo. Tu come gli altri babbei. Ma dalla tua faccia credo proprio che finalmente tu abbia capito. Meglio tardi che mai» commentò lui, lasciandosi poi andare in una risata assordante.
«Sei ripugnante» ringhiò il principe dei saiyan, sconvolto dalla conferma alle sue ipotesi.
«Ohohoh! Sì, lo sono... e sono anche eterno. Non importa quante volte mi ucciderai, non importa quante volte tu perderai le staffe, io potrò sempre vedere la frustrazione nei tuoi orribili occhi. Perché, per ogni volta che mi spedirai dall'altra parte, ci sarà sempre un drago pronto a riportarmi in vita. Così e per sempre. Non solo per me, ma per tutti gli altri guerrieri. State perdendo il vostro tempo, stupidi nauseabondi saiyan!»
Dopo l'accurata spiegazione, Freezer allargò le braccia come per far contemplare all'avversario l'immenso potere dei draghi delle sette sfere, dando così a Vegeta l'ennesima prova che ciò aveva ipotizzato fosse, purtroppo, la dura e cruda realtà.
Ecco perché i nemici sembravano non finire mai, ecco perché, nonostante gli alleati stessero combattendo con coraggio e determinazione, la battaglia sembrava durare in eterno. Come aveva fatto a non accorgersene prima? Certo, la tormenta e la nebbia rendevano la visuale sul campo di battaglia decisamente limitata, ma come aveva fatto a non notare che i corpi esanimi dei loro avversari non si trovassero più ai loro posti, dove erano stati uccisi?
E così, con il fiato corto e le mani tremanti di sconfitta, Vegeta iniziò ad avere realmente dei seri dubbi sul fatto che potessero vincere quella guerra. Ma come avrebbe potuto arrendersi, arrivato a quel punto? Come avrebbe potuto gettare la spugna così, davanti al suo nemico giurato di sempre? No, non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Erano giunti sin lì e sarebbero andati avanti, come sempre. Avrebbero trovato una soluzione.
Proprio per quel motivo, arrabbiato più che mai, il principe dei saiyan alimentò ancor di più l'aura dorata che lo avvolgeva, poi scagliò una grossa sfera di energia al proprio nemico per poter guadagnare tempo. Tempo per andare a cercare dove fosse finito Kaarot.

 
 

«No... no... non è possibile».
La voce di Dende fu così agitata da mettere i brividi a tutti, persino ai meno deboli di cuore. Si accasciò sulle piastrelle bianche del suo tempio e si portò le due grandi mani verdi sul capo, pregando tutte le divinità da lui conosciute che ci fosse uno sbaglio. Ma non vi era alcuno sbaglio in ciò che aveva visto, in ciò che aveva sentito. Non aveva capito male e la conferma fu proprio il panico che si scatenò tra i presenti i quali, assistendo alla grande battaglia grazie ai poteri del giovane Supremo, avevano appreso la terribile notizia che l'esercito dei resuscitati aveva il disastroso potere di resuscitare, per l'appunto.
«È la fine... è la fine. Non ce la faranno mai» si disperò Oscar accasciandosi anch'egli al suolo, frastornato sia dalla situazione che dal pianto incessante della piccola Sya la quale, probabilmente, aveva percepito l'agitazione prorompente della madre.
«Dobbiamo andarcene via di qua, e subito!» asserì Jirobei trotterellando intorno al Supremo, indicando assiduamente la tasca ove egli teneva bene al sicuro la capsula contenente la navicella spaziale.
«N-non possiamo lasciarli qui!» balbettò Dende. Prese tra le mani la capsula e la rigirò nervosamente.
«Non c'è scampo! Prendiamo quell'affare e andiamo più lontano possibile da qui» cercò di convincerlo Jirobei. Sperò di trovare approvazione negli occhi di tutti gli altri i quali, però, non sembravano affatto convinti.
Come avrebbero potuto lasciare morire i loro cari? Come avrebbero fatto ad andarsene in quel modo?
«In effetti lo ha detto anche Vegeta che, se le cose fossero andate male, avremmo dovuto andarcene! Se scoprisse che non gli abbiamo ubbidito andrebbe su tutte le furie» disse Oscar dando manforte all'uomo grassottello. E più male di così, come sarebbero potute andare?
«Videl... la mia Videl... come faccio a lasciarla qui?!» balbettò l'anziano Mr. Satan tenuto per mano dalla sua badante, sostenuto poi dallo sguardo di Alphonse il quale, in pena per sua moglie sul campo di battaglia, non aveva la benché minima idea di come avrebbe fatto a salpare verso la salvezza senza di lei.
«Non hanno possibilità di vittoria» si disperò Jirobei, impaurito, implorando con gli occhi il namecciano di portarli via da quel posto.
«NON È VERO!» urlò Goku Jr con le lacrime agli occhi, facendo voltare tutti i presenti verso di lui. «HANNO SEMPE VINTO!»
Dende si alzò dal pavimento e contemplò il cielo grigio, stringendo ancora in mano la piccola capsula.
«Goku ha ragione! Troveranno una soluzione» si unì al coro Martha, divincolandosi dalle braccia protettive del padre, avvicinandosi poi al suo nuovo amico. «Se voi volete andarvene, fate pure! Noi non ci schiodiamo di qui!»
Il nipotino di Vegeta annuì e strinse i pugni, dando sfoggio di quanto, sia nell'animo che nel corpo, somigliasse a suo nonno. Lo stesso sguardo fiero, lo stesso orgoglio, la stessa caparbietà. Sia lui che la figlia di Eva possedevano sangue saiyan, non si sarebbero arresi facilmente. Non avrebbero mai voltato le spalle ai loro amici, non sarebbero mai stati codardi e questo bastò per dare coraggio a tutti i presenti, a convincerli a non farsi prendere dal panico, ad avere fiducia nei loro amici.
Dende sorrise, seppur nella preoccupazione. Quei due bambini avevano ragione: i guerrieri della squadra Z avevano sempre vinto, anche quando la situazione sembrava irreparabile. Avevano sempre trovato una soluzione e la forza di perseguirla.
«D'accordo. Diamogli e diamoci ancora un po' di tempo» concluse Dende, poi rimise la capsula nella tasca della sua tunica ignorando i sospiri di protesta di Jirobei il quale, del resto, non era mai stato un cuor di leone.
Goku Jr e Martha sorrisero, pregando con tutte le loro forze nei loro cari. E fu una vera fortuna che riuscirono a convincere tutti a rimanere perché, quel che ancora non potevano immaginare, era che una persona tra loro avrebbe giocato un importantissimo ruolo in quella battaglia.

 
 

Erano stati attaccati alle spalle, di sorpresa. Non che la situazione fosse tranquilla, ma decisamente Goku non si sarebbe aspettato di veder scendere in campo il combattente più forte della Dimora dei Draghi così presto. Fortunatamente sia lui che Gohan avevano fatto in tempo a schivare il colpo sincronizzato di Aymo e Lorayo, così da non finire polverizzati proprio quando finalmente erano riusciti a riappacificarsi.
Combatterono fianco a fianco, dimostrando ai due guerrieri di punta di essere due avversari degni di questo nome ma, ben presto, Gohan mostrò cenni di difficoltà. Del resto nemmeno il Super Saiyan di quarto livello era mai riuscito a sconfiggere Lorayo nella Dimora dei Draghi, Goku non avrebbe potuto affatto sperare che suo figlio potesse farlo, non essendosi allenato per nulla in quegli anni.
Goten, Bra ed Eva erano andati a dar manforte a Junior nel contrattaccare gli altri quattro guerrieri di alto livello ma nessuno di loro stava riuscendo nel tentativo di tenergli testa. Era una lotta impari e, per quanto fossero forti e preparati, i nemici non stavano dando segni di cedimento.
Goku schivò un colpo di Lorayo, allontanando poi Aymo con una spallata salvando nuovamente suo figlio da un attacco letale. Non era facile, non era per nulla facile combattere in quelle condizioni anguste e soprattutto contro una schiera di nemici, non contro uno solo com'erano sempre stati abituati a fare.
Lorayo era freddo, incredibilmente impassibile nonostante i vani tentativi di farlo scomporre dalla sua consueta posizione eretta ed elegante. La pelle argentea come la luna, gli occhi di ghiaccio e la bocca increspata in un espressione di rugoso disappunto. Faceva paura, faceva dannatamente paura, ma Goku si era oramai abituato alla soggezione che gli incuteva. Avevano combattuto insieme svariate volte nella dimensione in cui era stato per quindici anni, di certo non era quello il momento di farsi prendere dal timore.
Bloccò un suo pugno con gli avambracci e scattò all'indietro per lanciargli un attacco dell'aura dalla distanza, assicurandosi per l'ennesima volta che suo figlio riuscisse a tener testa ad Aymo ma, finalmente, in lontananza, una figura familiare stava accorrendo in suo soccorso; in effetti si stava domandando dove fosse, cosa stesse facendo e soprattutto cosa caspita stesse aspettando per dargli una mano.
Era oramai chiaro per Goku che era giunto il momento di ricorrere alla fusione per poter avere qualche speranza. Se da solo non sarebbe stato in grado di sconfiggere Lorayo, forse con Vegeta avrebbe avuto più che una chance. E, fortunatamente, Vegeta si era deciso a farsi vivo prima che fosse troppo tardi.
«Si può sapere dove ti eri cacciato?» lo rimproverò Goku non perdendo però di vista l'avversario il quale, alzando un sopracciglio, si fermò per qualche istante per osservare il nuovo combattente che si era affiancato.
«Kaarot, abbiamo un problema!» lo avvertì il principe. Non sapeva proprio come portargli l'orribile notizia che aveva da poco appreso. Agganciò i propri occhi neri in direzione di quel mostro che, fino a quel momento, aveva avuto modo di vedere solo da lontano. Lorayo gli metteva i brividi.
«Solo uno?!» commentò Goku sarcastico, indicandogli poi i loro alleati messi alle strette dagli altri guerrieri di punta della Dimora dei Draghi. Vegeta sbuffò, decidendo che fosse inutile ed estremamente controproducente dargli quell'informazione a piccole dosi e, proprio per quel motivo, lo prese per le spalle e lo strattonò con forza rovesciandogli addosso quella secchiata d'acqua fredda.
«No, ne abbiamo centottanta. E, per quanti ne uccidiamo, rimarranno sempre centottanta» ringhiò sua maestà, non lasciando il tempo al suo compagno di replicare. «Perché, dannazione, ogni volta che muoiono i draghi li riportano in vita!»
Ma Goku non fece in tempo a rispondere, Goku fece in tempo solo a sbarrare gli occhi prima che, veloce come un fulmine, Lorayo si scagliò addosso a entrambi colpendoli all'improvviso con i gomiti, facendoli collidere con la schiena nel ghiaccio. Senza difficoltà, senza rumore, leggiadro come una farfalla del colore della luna d'inverno.
Solo quando sentì il sangue scivolargli fuori dalle ferite e congelarsi subito dopo, Goku si rese conto di cosa Vegeta gli avesse appena detto, e allora tutto acquisì un senso. Un terribile e angosciante significato.
«Questa... questa non ci voleva» soffiò, alzandosi con qualche difficoltà seguito a ruota dal proprio alleato il quale, sgranchendosi la schiena, si illuminò prima di luce dorata poi di luce rossastra, trasformandosi senza difficoltà anch'egli in Super Saiyan di quarto livello.
«Dobbiamo farci venire in mente una soluzione. Guadagniamo tempo e facciamo fuori questo tizio, ma intanto fai lavorare il cervello, ammesso che tu ne abbia uno» gracchiò il principe.
Approfondì con sguardo minaccioso la conoscenza con il proprio nemico, non notando così un sorriso beffardo sul volto di Goku il quale, nonostante tutto, non poté fare a meno di apprezzare l'ironia pungente del suo compagno in una situazione tanto drammatica. Non si sarebbe mai arreso, il principe, ed era proprio quello che Goku più apprezzava di lui. Gli aveva appena scaricato addosso una notizia oltremodo terribile, eppure non si era fatto atterrire da essa; aveva incassato il colpo e poi reagito, come sempre.
Lorayo non parlò, non si scompose e soprattutto non rimase nemmeno sorpreso del fatto che i suoi avversari avessero scoperto di come facessero a tornare in vita. Scattò in avanti in direzione di Vegeta e cercò di colpirlo in pieno petto, invano, iniziando poi a scagliargli una serie di colpi dell'aura che il principe deviò prontamente verso il cielo. Egli si teletrasportò per ricomparire dietro il nemico colpendolo con un calcio nella schiena, nel tentativo di guadagnare qualche prezioso secondo per potersi unire con il suo alleato e dar vita all'ibrido di nome Gogeta.
«Beh? Vogliamo muoverci a utilizzare la fusione o stiamo qui con le mani in...» urlò Vegeta, interropendosi però nel notare che, dietro di sé, non vi era più alcun Kaarot con cui fondersi. «Ma dove diavolo è finito!?» borbottò tra sé e sé,  poi accolse tra le mani l'attacco incandescente di Lorayo, deviandolo verso il cielo che si illuminò dello stesso colore del ghiaccio. 



Di tutto si sarebbe aspettato, Goku, tranne che di vederlo lì. Con quegli occhi vuoti, con quello sguardo così diverso da quello che aveva conosciuto. E così aveva lanciato un'occhiata a Vegeta, assicurandosi che potesse cavarsela da solo, e l'aveva lasciato combattere contro Lorayo; la fusione avrebbe potuto attendere, tuttalpiù che uccidere il nemico sarebbe servito a ben poco.
Si era allontanato nella nebbia di corsa, raggiungendo quella figura familiare ma che di amichevole non aveva proprio nulla. I suoi occhi color ambra sembravano spenti, le mani color girasole erano sporche di sangue, probabilmente il sangue di quel namecciano contro il quale stava lottando senza tregua.
«JUNO!» lo chiamò Goku a gran voce.
Juno si immobilizzò e fece morire la sfera di energia tra le sue mani. Si voltò piano, senza alcuna fretta, senza il timore di poter venire contrattaccato dal nemico; del resto, anche se fosse morto non aveva proprio nulla da temere.
Guardò Goku senza espressione in volto, con i muscoli ancora contratti e una vena che pulsava sotto la pelle gialla iridescente. E, inaspettatamente, lo attaccò.
Goku non riuscì a crederci. Il suo amico, una delle poche persone con la quale era riuscito a intrattenere un rapporto sano nella Dimora dei Draghi, lo attaccò senza remore, come se non lo avesse riconosciuto, come se durante quei quindici anni non si fossero mai parlati, come se qualcosa stesse annebbiando la sua mente.
«Ma che diavolo fai!?» gridò Goku piegandosi all'indietro per evitare un calcio. Lo colpì in modo lieve sull'addome per farlo indietreggiare ma Juno non rispose, ringhiò e scattò nuovamente in avanti per attaccarlo direttamente alla giugulare.
«Juno! Sono io, Goku!» disse il Super Saiyan di quarto livello, indicandosi il volto. «Non mi riconosci?»
Ma no, era evidente che non lo riconoscesse. Perché, se egli avesse conservato un minimo della sua coscienza, di sicuro non l'avrebbe attaccato in quel modo. Avevano combattuto tanto e spesso nella Dimora dei Draghi e mai – mai – Juno si sarebbe sognato di colpirlo per ucciderlo.
Possibile che centottanta guerrieri – alcuni buoni d'animo e reclutati dal Regno dei Cieli – avessero accettato di combattere in una guerra dove sarebbero morti tanti innocenti? No, non era possibile. Juno non l'avrebbe mai fatto. E allora Goku capì, capì che c'era sotto qualcosa, e quel qualcosa avrebbe potuto sfruttarlo a suo vantaggio. Era palese, cristallino come l'acqua di un lago di montagna: alcuni combattenti erano comandati a bacchetta, come se gli fosse stato fatto il lavaggio del cervello, e lui avrebbe dovuto svegliarli.
Era una vera fortuna, inoltre, che Juno non fosse un guerriero forte come lui, perché ci volle ben poco a bloccargli entrambi i polsi e tirargli un fortissimo calcio alla bocca dello stomaco per farlo ribaltare all'indietro. Goku si avventò sopra di lui come una cacciatore, tenendolo imprigionato alla neve con le ginocchia premute contro i fianchi e le unghie delle mani conficcate nei suoi avambracci.
«Juno! Ricordati di cosa ci siamo detti! Una volta mi hai detto che ti sarebbe piaciuto vedere la “Torra”. Così la chiamavi la Terra, ricordi? Eh?» gli ringhiò in faccia, sforzandosi di non cedere agli spasmi del suo avversario il quale, evidentemente adirato, tentò di divincolarsi con tutte le sue forze dalla salda presa di quel colosso che lo teneva imprigionato nel ghiaccio.
Goku gli tirò una testata forte, in pieno volto, ma Juno sembrava non volerne sapere di svegliarsi, di ricordare, di calmarsi.
«DANNAZIONE, JUNO!» urlò Goku, più forte. «NON TI RICORDI PIÙ NULLA?»
Juno soffiò, strizzando forte gli occhi ambrati come per minacciarlo.
«Non ti ricordi del tuo pianeta? Dei tuoi cari? Freezer li ha uccisi tutti, tutti quanti! E tu ora stai combattendo nel suo stesso esercito! È così che vuoi ricordare la tua famiglia? Combattendo fianco a fianco con il loro assassino?» continuò a urlare Goku, staccando una delle mani dagli avambracci del suo vecchio amico per colpirlo ripetutamente sul volto. Ed egli ringhiò, forte, minaccioso, in preda al dolore e agli spasmi.
«Pensa al tuo pianeta! Pensa ai Kabrahniani, pensa alle persone che sono morte per una guerra che nemmeno li riguardava! Vuoi diventare anche tu un assassino di innocenti? RICORDALI, JUNO!»
E così, come se una saetta fosse partita dal cielo grigio per colpirlo direttamente al cuore, Juno si fermò. Arrestò le sue proteste, smise di divincolarsi, di lottare. Con un un lungo respiro sbatté violentemente le palpebre per poi incatenare i suoi occhi a quelli del suo avversario. A quelli del suo amico.


 
Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno amici dell'internet :) come andiamo? Siete tanto sconvolti, o solo un pochettino?
Diciamo che qui non ci piacciono le cose semplici xD anzi, diciamo proprio che ci piace tanto incasinarci la vita mhuahhaha!
Ricapitolandololol: Freezer ha svelato al bel principone che, dannazione, ogni volta che ammazzano un nemico, i draghi SBRAM! Lo resuscitano. Andiamo bene! BENISSIMO DIREI! Tant'è che al tempio del Supremo i civili stanno quasi pensando di svignarsela. Meno male che Goku Jr e Martha hanno la cazzimma, va là. Goku, che nel frattempo sta combattendo con Aymo e Lorayo insieme al figlio, riceve la notizia da Vegeta e insieme decidono di unirisi in Gogeta per prendere tempo ma, PUFF! Goku lascia Vegeta nella m* perché rivede una sua vecchia conoscenza proveniente dalla Dimora. E, visto che due più due fa sempre quattro, capisce che il suo amico (una volta buono) non è in lui. Tenta di farlo rinsavire a suon di schiaffi e... e ce l'avrà fatta?
Lo scopriremo nella prossima puntata :D e ora... le tanto amate Pagelle:


-Freezer: cinico e bastardo fino al midollo osseo. Potremmo cogliere un lato positivo in questa situazione, pronosticando il fatto che il bel principe dei saiyan può cogliere l'occasione per ucciderlo tante volte quanti i saiyan morti su Vegeta Sei da vendicare. Eterno. Insomma, non ce lo leveremo dai co*****i tanto facilmente. Come le cimici. Voto 5.
-Vegeta: molto perspicacie il signorino, probabilmente al suo amico dai capelli a forma di palma gli sarebbe occorso un disegnino per capire cosa sta succedendo. E, come un gatto che continua ad allungare la zampa verso il piatto del padrone, non si arrende. E' inarrestabile, seppur nel dramma più totale. Ci piace. Voto 8,5.
-Martha & Goku Jr: due concentrati di cazzimma, e meno male che ci sono loro! La nuova accoppiata (nonché ship per quando saranno grandi) più riuscita di After All. Con la testa più dura del marmo. Voto 8.
-Jirobei & Oscar: solo una parola può descrivere questi due personaggi - che non disprezzo, ma che ho sempre trovato piuttosto pavidi - e la parola in questione è: cagasotto. Certo, ne hanno tutte le ragioni, ma per diana, un po' di amor proprio! Voto 3.
-Lorayo: non troppo approfondito, personaggio ancora tinto di mistero (ci sarà tempo per scoprirne le sfaccettature). Sappiamo solo che è un grandissimo osso duro e che la sua forza è inversamente proporzionale alla sua simpatia. Un oggetto appuntito tra le chiappe insomma. Voto 6.
-Goku: giochiamo a nascondino, certo. Lasciamo gli amici nella me**a, avanti! Ma, forse, potrebbe aver avuto persino un'idea geniale. Avrà funzionato il tentativo di risvegliare il suo amico dall'ipnosi? Come i più grandi tecnici informatici insegnano: il primo tentativo da fare quando il pc non va, è quello di prenderlo a pugni. Voto 7.
-Juno - versione ipnotizzata: "era un bravo ragazzo, salutava sempre" ha dichiarato al TgKaioh la signora Peppina, la sua vicina di casa. E poi fa una strage. Però salutava, eh. Voto 5.


Che dire... fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e vi aspetto domenica prossima :)
 

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Capitolo 53
*** Inattaccabili ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 53 - INATTACCABILI



 
«S-Son Goku».
Le labbra aranciate di Juno tremarono impercettibilmente, così come il suono della sua voce roca. Deglutì, poi si schiarì la gola nel tentativo di riprendere ancor di più il controllo di se stesso, delle sue facoltà mentali. Ricordava tutto, Juno, tutto quello che era accaduto dal momento in cui aveva ricevuto quell'incarico. Era conscio di ciò che aveva fatto, rimembrava ogni gesto, ogni colpo, ogni pugno, ogni vittima da lui mietuta. Ricordava di avere avuto un unico obiettivo: sterminare chiunque si frapponesse tra lui e la vittoria della sua squadra. Ma poi, a pensarci bene, qual era la sua squadra? Ricordava di aver seguito ciecamente gli ordini impartitogli dai draghi, specialmente dal Drago Superiore, rammentava di essersi lasciato assoggettare senza alcuna ribellione – cosa che non era affatto da lui – di aver preso parte a una causa della quale non sapeva nulla e, anzi, dalla quale si sarebbe normalmente tirato indietro. Uccidere Son Goku, eliminare i terrestri consci dell'esistenza della Dimora dei Draghi... perché mai avrebbe dovuto farlo? Eppure era lì, ancora con le mani insudiciate da omicidi che non avrebbe voluto commettere. Se ne rese conto e, per fortuna, se ne era reso conto anche il suo vecchio amico: era stato incantato, maledetto, manipolato.
Si sentì in colpa, Juno, si sentì terribilmente in difetto. Era bastato così poco per risvegliarsi da quell'ipnosi, perché non era riuscito a destarsi da solo?
«Juno sei... sei tu?» domandò Goku, tenendolo ancora con entrambe le mani per la tuta da combattimento color petrolio.
«... Son Goku, sono mortificato!» ammise lui. Si mise a sedere non appena l'amico allentò la presa su di lui, percependo sotto le mani il gelo della neve. Il ciuffo di capelli arancioni gli ricadde sul viso e coprì a malapena gli occhi colpevoli.
«L'importante è che tu sia tornato tra noi. Cosa ti è successo?» chiese frettolosamente Goku, guardandosi intorno per schivare onde di energia lanciate da chissà chi e per evitare di essere colto alla sprovvista da eventuali nemici.
«Non lo so, non so come sia possibile. Ero come sotto incantesimo, ricordo tutto ma non avrei mai voluto...» gracchiò Juno nella totale disperazione, ricordandosi però di un dettaglio molto importante che avrebbe dovuto a tutti i costi riferire al suo amico. «Io sono morto! Mi hanno ucciso di nuovo, Son Goku! Sono morto e mi hanno fatto resuscitare ancora! State combattendo all'infin-»
«Lo so, amico! Purtroppo ce ne siamo accorti. Ascoltami! Ascoltami bene» disse Goku, aiutando l'alieno dalle lunghe orecchie a punta ad alzarsi in piedi. «Devi aiutarci!»
«Cosa posso fare?»
«Se tanto mi da tanto ci sono altre persone buone sotto incantesimo, qui! Dogota, Snar, Ukim e tutti gli altri nostri amici provenienti dal Regno dei Cieli. Se riusciamo a portarli dalla nostra parte avremo più tempo e più possibilità di trovare una soluzione! Dobbiamo recuperare alleati. Aiuta quelli buoni a svegliarsi dall'ipnosi, io devo cercare di non farci ammazzare tutti da Lorayo e Aymo» spiegò accuratamente Goku, con una fiammella di speranza accesa nel petto. Se davvero fossero riusciti a far destare i buoni da quella manipolazione, i nemici si sarebbero ridotti all'incirca a metà.
Sarebbe stata una gran manna dal cielo, almeno per guadagnare tempo.
«Vado subito!» Juno mosse qualche passo verso la battaglia, ma venne subito fermato dall'amico il quale, dalla lontananza, non resistette a porgli una fatidica domanda.
«Ah, Juno, un'altra cosa!» urlò Goku, coprendosi gli occhi con l'avambraccio, sorpreso da una forte folata di vento mista a ghiaccio. «Nella Dimora dei Draghi hai per caso visto un ragazzo alto con i capelli lilla?»
Juno aggrottò le sopracciglia, tentando di rammentare una figura simile ma no, non ricordava di aver visto nessuno con quell'aspetto e quindi, senza incuriosirsi troppo del perché l'amico gli stesse ponendo una domanda simile, egli negò con il capo sparendo nella tormenta.
«Dannazione, Trunks... cosa ti è successo?» sussurrò Goku digrignando i denti, balzando poi in volo in direzione della battaglia più difficile.


 

[Juno, fanart generata tramite un creator]

Sangue, lividi, dolore. Il principe dei saiyan emerse dal ghiaccio con una serie di escoriazioni sulla schiena, catapultandosi immediatamente tra le grinfie dei suoi avversari. Essere uno dei guerrieri più forti dell'intera galassia non bastava - neanche lontanamente - a sperare di battere quei due energumeni messi assieme. Gohan, purtroppo, aveva dovuto ripiegare dalla battaglia contro Aymo per sostenere suo fratello Goten in quella contro un altro guerriero di punta; un po' perché Aymo era decisamente troppo forte per lui – e di questo si era maledetto, Gohan, perché se solo si fosse allenato di più sarebbe ben riuscito a vendicare la sua adorata Pan - un po' perché la squadra Z si stava ritrovando in seria difficoltà con gli altri quattro forti guerrieri. Per quel motivo Vegeta si era ritrovato solo a combattere contro Aymo e Lorayo.
Riusciva a tener loro testa, certo, ma lo scontro era nettamente impari e, man mano che i minuti passavano, il dispendio di energie risultava troppo per poter mantenere ancora a lungo la trasformazione in Super Saiyan di quarto livello. Inoltre, ironia della sorte, ogni volta che si sentiva vicino a poter scalfire uno dei due, l'altro smetteva di infastidire gli altri combattenti per dar manforte all'alleato. E, se dapprima Vegeta si era parecchio indignato del fatto che uno non potesse fare a meno dell'altro per poter vincere, capì solo in seguito quanto il loro modo di combattere fosse riconducibile a quello suo e di Kaarot: se solo ci fosse stato lui a spalleggiarlo, a quell'ora sarebbero stati molto meno stanchi e ammaccati entrambi. Gioco di squadra, quello sconosciuto! Il principe dei saiyan del passato si sarebbe rifiutato di ammetterlo, ma aveva bisogno di quell'inutile terza classe per poter anche solo sperare di vincere.
Così, quando finalmente l'idiota evanescente si degnò di tornare nella loro battaglia, Vegeta tirò persino un sospiro di sollievo.
«Chi non muore si rivede! Si può sapere dove caspita ti eri cacciato, eh?» lo rimproverò a gran voce Vegeta, deviando una sfera di energia proveniente da Aymo.
«Scusa, ma stavo tentando di salvare la situazione, almeno un poco» gli riferì Goku posizionandosi immediatamente in prima linea, pronto ad accogliere l'imminente attacco frontale di Lorayo il quale, con gli occhi chiarissimi carichi d'odio, iniziò a squadrarlo da capo a piedi sospeso a mezz'aria nella bufera.
«Ah, ecco perché mi sembra più tragica di prima!» commentò Vegeta sarcastico, non capendo proprio in che modo potesse aver contribuito a migliorare quella situazione orribile.
«Simpatico!» disse Goku. Si voltò con una grande linguaccia non accorgendosi però che il principe, senza farsi cogliere di sorpresa dall'attacco velocissimo di Aymo, era dovuto battere in ritirata balzando ancor più in alto nel cielo.
Lorayo approfittò di quell'attimo di distrazione per colpire Goku con entrambe le mani unite in un pugno sulla testa, facendolo rovinare al terreno senza troppi complimenti.
«Dannazione Kaarot! Stai un po' attento!» urlò il principe, assicurandosi che l'alleato riemergesse dalla neve senza troppi danni.
«Smettila di badare al tuo fidanzatino e combatti» ruggì Aymo sferrandogli un calcio in pieno addome ma, prontamente, Vegeta lo parò con entrambe le mani e fece ruotare la gamba del nemico con forza nel tentativo di rompergliela.
«Pronuncia ancora la parola “fidanzatino” e ti faccio ingoiare tutti i denti marci che hai in bocca» sibilò sua maestà avvicinandosi al suo volto, facendo ancor più forza sulla gamba dell'avversario ma, come volevasi dimostrare, Lorayo scagliò una sfera di energia argentea nella loro direzione e costrinse Vegeta a mollare la presa sull'arto del nemico.
«Piuttosto, dì al TUO fidanzatino di farsi i fattacci suoi. Senza di lui saresti spacciato» continuò Vegeta con un pugno teso, ma Aymo lo parò. E ne parò un altro, e un altro ancora.
«Chiudi il becco, non sopporto la tua voce da arrogante» gli intimò Aymo emanando dalle mani delle scosse elettriche bluastre che fecero irrigidire gli arti superiori del principe, rendendolo vulnerabile agli attacchi frontali. Gli sferrò un pugno in pieno volto ed egli, non riuscendosi a parare, incassò con un grugnito. Vegeta percepì la mandibola scricchiolare e il sapore di sangue invadergli la bocca. Fortunatamente quella volta fu il suo turno per venire salvato dal proprio alleato il quale, scampando agli attacchi di Lorayo, riuscì a calciare Aymo lontano appena in tempo prima che sferrasse il secondo micidiale pugno.
«Vegeta, stai un po' attento!» lo rimproverò Goku con tono provocatorio, sfoderando uno dei suoi consueti sorrisi a trentadue denti. Fiancheggiò sua maestà il quale, dopo aver sputato un grumo di sangue al terreno, pronunciò un impercettibile “tsk”.
«Dimmi un po', al posto di fare lo spiritoso, sei riuscito a trovare una soluzione al fatto che questi risorgono dalle loro ceneri come fenici?» gracchiò Vegeta, combattendo in sincronia con il suo rivale di una vita contro i due combattenti di punta della Dimora dei Draghi i quali, con sdegno, riversarono tutto il loro odio verso di loro con attacchi fisici combinati.
«No. Nessunissima – ahia!- idea» confessò Goku, venendo colpito sul pettorale da un pugno di Lorayo.
«Maledizione! Ma si può sapere perché lassù nessuno sta facendo niente? EH? RE KAIOH! KAIOHSHIN O CHICCHESSIA! COSA DIAVOLO STATE COMBINANDO? PERCHÉ NON CHIUDETE LA PORTA DEL REGNO DEGLI INFERI?» sbraitò il principe dei saiyan rivolto verso il cielo, puntandosi con i piedi nel ghiaccio prima di caricare tra le mani il suo attacco dell'aura più potente.

 

La voce di Vegeta risuonò forte, spavalda e irriverente nelle orecchie delle divinità. Ma, per una volta, nessuno di loro si scompose. Nessuno di quegli esseri dalla pelle improbabile e dalle vesti sfarzose riuscì a dargli torto, a prendersela per i suoi modi sgarbati, per la presunzione, per l'arroganza e la blasfemia. Nessuno riuscì a dire niente. Si guardarono con occhi gravi e, puntando il proprio sguardo verso Re Yammer, ricevettero di tutta risposta un sonoro sospiro.
I quattro Kaioh, disposti in fila orizzontale dal più alto al più basso, non avevano proferito parola e, a dispetto di com'erano consueti rapportarsi l'un l'altro, non si erano nemmeno azzardati a battibeccare tra loro.
«Lei è proprio sicuro che non si possa fare niente?» domandò 
Kibithoshin con voce pacata e a tratti rassegnata, rivolto al mastodontico Re Yammer il quale, sconfortato, negò con la testa dopo aver ricontrollato per l'ennesima volta il plico di documenti con la copertina gialla sulla propria scrivania.
«Niente, non possiamo fare niente» ribadì l'omone volgendo uno sguardo di conferma a Baba la quale, anch'ella, aveva sfogliato e risfogliato la documentazione in cerca di una postilla, di un cavillo per poter trarre la situazione in salvo.
«MA COM'È DIAVOLO POSSIBILE! MA COSA VI DICEVA IL CERVELLO QUANDO AVETE STIPULATO QUESTI ACCORDI?» si alterò nuovamente Kaiohshin il Sommo il quale, durante le ore precedenti, aveva sputato fuoco e fiamme nei confronti delle divinità designate alla gestione dell'Aldilà.
«ANCORA CON QUESTA STORIA? È SUCCESSO MILIONI DI ANNI FA! E CHI POTEVA PREVEDERE UN RISVOLTO SIMILE?» rispose per le righe Re Yammer, battendo entrambi i grandi pugni sulla scrivania facendo così tremare tutta la stanza.
Non appena le divinità si fossero rese conto di quanto stesse succedendo sulla Terra, infatti, si erano radunate tutte alle porte dell'Aldilà per poter trovare una soluzione che però sembrava impossibile da trovare.
Re Yammer aveva consultato ogni fascicolo nella sua biblioteca, aveva analizzato più e più volte il contratto stipulato con Onyma milioni e milioni di anni prima in cerca di una motivazione valida per poter impedire loro di resuscitare i morti, ma non aveva trovato nulla che fosse proibito dal contratto, in ciò che stavano facendo.
L'accordo steso la notte dei tempi prevedeva infatti che i Draghi (o meglio, al tempo esisteva solamente il Drago Superiore) potessero prelevare dal regno dei morti la proiezione di qualunque combattente ucciso in battaglia per portarlo nella loro dimensione e, di conseguenza, assoggettarlo al loro volere. E, come da contratto, tutti i Draghi creati dai namecciani avevano il diritto di resuscitare i morti, qualora il loro potere fosse abbastanza sviluppato per farlo. Non vi erano state poste restrizioni in merito, se non quelle imposte dagli stessi creatori dei Draghi. Alcuni avevano la capacità di resuscitare solo una persona alla volta, altri potevano riportare alla vita interi pianeti. Ad alcuni era stata data la possibilità di resuscitare più volte la stessa persona, ad altri no.
Con il passare dei secoli, però, il potere dei Draghi – specialmente quello del Drago Superiore – era incrementato sempre di più, e sempre più combattenti venivano reclutati per proiettare la loro anima nella Dimora. Re Yammer, il quale inizialmente si era dimostrato clemente e disponibile nei confronti di Onyma, successivamente aveva iniziato a preoccuparsi per la situazione, pentendosi amaramente di non aver posto clausole nel contratto di resurrezione firmato e controfirmato con il primo Drago il quale, con grande pretesa, anno dopo anno aveva cercato di allargare ancor di più la sua cerchia pretendendo di poter portare nella propria dimensione anche gli spiriti di guerrieri non morti solamente in battaglia. La presenza dei Draghi nel mondo dei morti, con continue richieste e minacce, aveva messo in difficoltà l'intero sistema dell'Aldilà.
Un grande diverbio era avvenuto tra le due controparti un tempo pacifiche e quindi, in modo tale da non incorrere in attacchi indesiderati, Re Yammer aveva posto il divieto assoluto ai Draghi di entrare fisicamente nel mondo dell'Aldilà, frapponendo anche uno schermo che potesse impedirgli persino di osservare i loro movimenti, sia nei Cieli che negli Inferi.
Sebbene i Draghi si fossero sempre dichiarati esseri neutrali, infatti, nel mondo delle divinità tutti avevano ben imparato che non fosse realmente così. Non sempre, non per tutti i Draghi. E il loro temperamento e la loro condotta erano direttamente riconducibili al loro namecciano creatore. Shenron e Polunga si erano dimostrati, infatti, i più ragionevoli, poiché i loro creatori erano namecciani di buon cuore. Le divinità, loro malgrado, avevano imparato sulle loro spalle che non tutti i namecciani sono buoni.
«Non stanno venendo meno a nessuna regola imposta. Stanno rispettando le leggi del contratto. Sono inattaccabili» dichiarò infine Re Yammer sotto lo sguardo indagatore di tutte le divinità presenti al tempio, perfettamente conscio che il grande errore a monte era stato proprio il suo. Era stato proprio l'essersi fidato troppo di Onyma, di un essere che, con il passare dei secoli, era passato sempre più dall'essere neutrale ad essere malvagio, malvagio come il suo namecciano creatore.

 

Stremati. Mai nella vita come in quel momento si erano ritrovati allo stremo delle loro forze, tuttalpiù che non si erano mai ritrovati a combattere con tanti nemici tutti insieme, nemici così potenti e così proiettati verso il loro unico e solo obiettivo: distruggere tutti coloro che erano a conoscenza della dimensione di coloro che li avevano resuscitati.
Videl e il Genio delle Tartarughe oramai erano arrivati al limite, sebbene stessero combattendo uniti contro i nemici più deboli, sebbene ci fossero Tensing, Riff e i due androidi a schermarli dagli attacchi di combattenti più aggressivi. E, nel momento in cui i loro difensori si trovarono di fronte avversari troppo potenti per poter badare anche ai più deboli, entrambi sapevano bene di essere in serio pericolo.
Fortunatamente, in quel preciso momento, il nemico contro il quale stavano duellando non si era rivelato poi così invincibile come previsto e, grazie al loro gioco di squadra, riuscirono ben presto a metterlo al tappeto.
«E chi l'avrebbe detto che queste braccia fossero ancora capaci di stendere qualcuno» commentò Muten sistemandosi meglio sul naso adunco gli occhiali, facendo il segno V di vittoria alla sua preziosa alleata la quale, asciugandosi una gocciolina di sudore sulla fronte, tirò un sospiro di sollievo.
«Stiamo andando alla grande» asserì Videl riprendendo fiato, ricaricando la propria energia spirituale per inerzia sperando che, in un modo o nell'altro, presto i loro amici trovassero una soluzione al problema della resurrezione che, grazie al passaparola, erano riusciti a scoprire loro malgrado.
«Riposiamoci un attimo, vieni! Per di qua» disse il Genio. Fece segno alla sua alleata di allontanarsi dalla bufera per prendere fiato dietro ad una roccia, giusto il tempo per riprendersi in attesa del prossimo nemico. Ma, come spesso si impara dalle più grandi tragedie, se qualcosa potrebbe andare male sicuramente andrà male e, senza che potesse nemmeno rendersene contro, il maestro Muten si ritrovò sospeso a mezz'aria con il collo cinto da una viscida coda lattiginosa.
«Bene, bene, bene. Te la stavi dando a gambe, nonnetto?» ridacchiò una voce melliflua, una voce di quelle che non si scordano, una voce fin troppo nota ai guerrieri della squadra Z.
Videl si immobilizzò, come pietrificata, fissando con terrore quegli orribili occhi porpora che mai avrebbe voluto vedere.
«Come dici, scusa? Non capisco!» domandò sarcastico Freezer ascoltando il lamento strozzato del Genio delle Tartarughe il quale, con tutte le sue forze, stava tentando di divincolarsi dalla presa salda della lucertola bianca. Ma, di tutta risposta, egli strinse ancora più forte la coda intorno alla sua giugulare.
«LASCIALO! LASCIALO IMMEDIATAMENTE!» urlò Videl col le lacrime agli occhi, trovando in un angolo del proprio cuore il coraggio di fiondarsi a spada tratta in difesa dell'amico ma, con la sola forza di una mano, lo spietato guerriero la scaraventò a terra pochi metri lontano.
«Ti accontento subito, mia cara» proferì con estrema calma Freezer, ammorbidendo la presa salda sul collo del Genio facendo scivolare il suo vecchio corpo sulla neve. E, come se Muten avesse già intuito cosa stesse per accadere, volse uno sguardo alla sua preziosa alleata, uno sguardo fiero, uno sguardo coraggioso, un ultimo saluto prima che, senza alcuna pietà, il proprio aguzzino gli prendesse con forza la testa tra le mani torcendola fino a farla staccare dal suo collo.


 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Non uccidetemi! Non uccidetemi! Non uccidetemi! Non uccidetemi! Non uccidetemi! Vi prego non uccidetemi... ci penso già da sola a tirarmi la zappa sui piedi. Vi giuro che non sono parente di George Martin e che non ho mai odiato il Genio. Come potrei? Povero, povero Genio... giuro che ho pianto mentre scrivevo quest'ultima scena. T____T se vogliamo prendercela con qualcuno, prendiamocela con quel CRETINO di Re Yammer. Sìsìsìsì! E' colpa sua, non mia! SUA! E' lui che ha permesso che tutto ciò potesse compiersi, e ora non può nemmeno fare niente. Prendetevela con lui!

Ma passiamo ora, per sdrammatizzare la situazione piuttosto precaria, alla nostra meravigliosa e tanto attesa edizione straordinaria di TgKaioh , che vi fornirà un accurato riassunto degli eventi della giornata.
Si è ripigliato, il combattente dalla pelle gialla (sicuro di non avere l'epatite?) si è risvegliato dal coma e Goku gli ha dato il compito di dare una svegliata anche agli altri. Così, se tutto va bene, la metà dei nemici (quelli un tempo buoni) si schiereranno dalla loro parte. Nulla di nuovo sul fronte del combattimento contro i due guerrieri più forti dell'universo, Lorayo e Aymo, solo un povero Vegeta che è stato lasciato combattere contro di loro. Così, solo perché è il principe dei saiyan.
Vegeta è suscettibile alla parola "fidanzatino". Dall'aldilà solo cattive notizie, pur essendo divinità non possono fare niente per strappare un contratto sigillato milioni di anni fa. Le porte dell'inferno non si possono chiudere, porco Zeno. Passiamo alla cronaca nera: ci ha lasciati. Il Maestro ci ha lasciati, ed è stato quel bastardo di Freezer ad ucciderlo. Propongo un minuto di silenzio...

...
prima di passare alle nostre Pagelle:

-Juno (versione ripigliata): buongiorno principessa. Carino eh, tenero e tutto quello che vogliamo, ma utile come un deretano senza orifizio, detto brutalmente. Si è svegliato, fresco come una rosa (mi sveglio peggio io la domenica mattina in hangover) e non ci ha dato nessuna informazione nuova, nessuna informazione su Trunks. Speriamo che si renda utile facendo chicchiricchì nelle orecchie degli altri belli addormentanti, almeno. Voto 5,5.
-Aymo & Lorayo: simpatici, oh. Molto simpatici. In due contro uno, poi. Un concentrato di lealtà e correttezza. Però son forti. Voto 3.
-Goku: per una volta che ha un lampo di genio, il principe non gli crede! Per oggi vince il premio compassione. Voto 8.
-Vegeta: prendersela con le divinità non è mai la soluzione, ma DIAMINE! In questo capitolo possiamo evidentemente incoraggiarlo alla blasfemia. Voto 8.
-Il Sommo: e a proposito di blasfemia, mai visto una divinità che insulta deliberatamente un'altra divinità. Sembra di stare a Uomini e Donne. La prossima volta insultalo più forte, a quello là, che è una perzona falza! Voto 9.
-Re Yammer: devo dire qualcosa? Devo veramente commentare? Io... io non ho parole! Tutto sto casino... per un contratto? Insomma, abbiamo capito, nella vita reale i Draghi vanno in giro in giacca e cravatta a vendere le enciclopedie. Uno fa una firma per una copia e SBRAM! Fornitura di 800 enciclopedie al mese e pagamento trimestrale di 10.000 euro. Insomma, Yammer, te lo devo insegnare io che non bisogna MAI firmare niente prima di leggere le postille? Voto -20.
-Freezer: colpo basso. Bassissimo. Qui ti si odia! Non importa se sei il villain migliore della saga, qui in questo momento ti si odia. Voto 1.
-Videl: ci ha provato. Ci ha provato e ha fatto tutto il possibile. Ma qui non stiamo giocando a Great Saiyaman e arrestare i ladruncoli. Voto 6-.
-Muten: oltre al premio del "quando muoiono diventano tutti bravi e buoni" (anche se lui era bravo e buono sul serio) lui vince anche il premio "insegna alle divinità a leggere i giornaletti pornografici, al posto di firmare contratti a caso". Voto 10. RIP.


Dopo questo lungo sproloquio di fine capitolo vi lascio e vi aspetto domenica prossima :) State sereni... prima o poi le cose gireranno nel verso giusto!

Eevaa

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Capitolo 54
*** Nemici, rivali, alleati ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 54 - AMICI, RIVALI, ALLEATI




And if we should die tonight
Then we should all die together
Oh, should my people fall
Then surely I'll do the same
Watch the flames burn on and on the mountain side
Desolation comes upon the sky

Now I see fire, inside the mountain
I see fire, burning the trees
And I see fire, hollowing souls
And I see fire, blood in the breeze


I see firehttps://www.youtube.com/watch?v=2fngvQS_PmQ


 
 
Si dice che il dolore fortifichi la spina dorsale. Si dice che dopo aver visto la morte la prima volta ci si possa abituare, che diventi poi parte della vita stessa. Come i soldati in trincea, si narra che essi possano dormire accanto ai loro compagni deceduti per giorni e giorni. Si dice che il cuore diventi più duro, impenetrabile.
E allora com'era possibile che, alla sola sensazione di quell'aura soffocata per sempre, il cuore del più grande eroe del pianeta sembrò sgretolarsi in mille coriandoli? Com'era possibile provare ancora quella pena così asfissiante, quello strazio, quella sofferenza insopportabile dopo tutte le morti che aveva già visto?
Davanti gli occhi verde acqua di Goku scorsero proiezioni di memorie passate, immagini impolverate di un bambino, una spiaggia, un paio di occhiali da sole rossi. Odore di casa, di famiglia, sulla pelle graffi e cicatrici di una fatica antica, il suono di risate intorno alla tavola, il grido di gioia di una battaglia vinta, i consigli preziosi compresi troppo tardi per poter dimostrare di aver capito davvero.
Troppo tardi. Eppure... eppure era certo che Muten l'avesse visto cambiare, specialmente nell'ultimo periodo. L'aveva notato dal suo sguardo, Goku. Aveva visto negli occhi del suo maestro l'orgoglio, la fierezza di vederlo cresciuto. Ma come poteva bastargli? Come poteva accettare che, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto dimostrare a quel pianeta di essere diventato un umano per davvero, una delle persone alla quale teneva di più al mondo non era riuscita a sopravvivere abbastanza a lungo per potere godere dei frutti di quella maturità? Come poteva accettare di averlo perso perché, ancora una volta, era stato egli stesso a mettere a repentaglio la vita dei propri amici seppur nel tentativo di salvarli una volta per sempre?
No, inutile provare. Inutile cercare di accettarlo, di trattenersi, non di fronte a una morte simile.
Goku si immobilizzò nell'esatto istante in cui, in lontananza, avvertì l'aura del Genio delle Tartarughe spezzarsi di colpo, estinguersi come la fiammella della candela per colpa di un soffio di vento. Si immobilizzò nel bel mezzo del combattimento, strabuzzando gli occhi e serrando la mascella, e in quell'istante nemmeno il potentissimo pugno di Lorayo che andò a segno sul suo viso marmoreo riuscì a scalfirlo. Era stato come colpire una statua di ferro.
Pietrificato, con lo sguardo fisso nel vuoto e le nocche del proprio nemico premute contro lo zigomo, Goku percepì il sangue ribollirgli nelle vene. E Vegeta, pochi metri più lontano, fece appena in tempo a rivolgere il suo sguardo terrorizzato verso di lui per capire cosa stesse succedendo. La quiete prima della tempesta.
E la tempesta giunse violenta in quel campo di battaglia, con un urlo disperato di dolore che riecheggiò in tutta la valle innevata, causando crepe irreparabili nel ghiacciaio. La terra tremò, il vento sollevò ancor più neve dal terreno, una bolla di calore con scosse elettriche si diffuse dal punto esatto in cui il grande eroe dell'universo si accese come una torcia umana. Un grido così assordante da far interrompere il combattimenti tra tutti i rivali di quella guerra sanguinosa, un tifone dal quale tutti avrebbero voluto scappare ma oramai vi erano in intrappolati dentro. I più vicini, coloro i quali colti di sorpresa non fecero in tempo a ripararsi nella propria aura, rimasero inceneriti da cotanta rabbia.
Persino Lorayo dovette allontanarsi e, proprio nell'esatto punto in cui il dorso delle mano era venuto a contatto con il suo avversario, la pelle argentea si bruciò così tanto da sciogliersi, ma il suo grido di dolore fu a malapena udibile.
Goku si spostò così velocemente che nemmeno il principe dei saiyan riuscì a seguire i suoi movimenti, raggiungendo nell'immediato il luogo dal quale proveniva l'aura spaventata di Videl. Ma la scena che si ritrovò davanti fu così straziante, così infausta da fargli perdere completamente l'uso della ragione.
Freezer, il quale teneva ancora tra le mani la testa del Genio delle Tartarughe esibendola come trofeo, sogghignò divertito persino nell'esatto istante in cui, violento ed esasperato, il Super Saiyan di quarto livello lo sbatté a terra senza remore, ringhiandogli in faccia tutto il suo disprezzo.
«TU NON DOVEVI FARLO! NON DOVEVI FARLOOOO» urlò Goku tra gli spasmi.
«Ohohoh, questa scena mi ricorda qualcosa» ridacchiò Freezer, rimembrando con fervore il momento in cui aveva fatto esplodere quell'inutile umano dalla testa pelata su Namek, decenni prima.
«STA' ZITTO! ZITTO!» gridò nuovamente Goku, prendendogli la testa tra le mani, premendo così forte con le dita da spezzargli il cranio in più parti, incendiando poi i resti del suo cervello con un gesto rabbioso. Si rialzò con il fiatone e si guardò intorno per poi colpire senza alcuna pietà uno dei primi nemici che si trovò a tiro, incenerendone poi altri e altri ancora, dominato solo da una furia incontrollabile.
«VOLETE RESUSCITARE? RESUSCITATE, FORZA! AVANTI! IO VI AMMAZZERÒ OGNI VOLTA!» minacciò Goku infiammandosi ancora di più sotto gli occhi sbigottiti dei suoi amici i quali, anch'essi, fecero parecchio fatica a non venir coinvolti nella furia del Super Saiyan.
Vegeta, dall'alto, fece fatica a riconoscere il suo amico. Kaarot non parlava in quel modo, di solito. Non agiva così, non lo aveva mai fatto. Troppa rabbia alimentava la sua aura, così stava rischiando di uccidere anche i suoi alleati.
«KAAROT! CONTROLLATI!» gli urlò, proteggendo un namecciano amico dall'ennesimo attacco elettrico ma, proprio in quell'istante, lo sguardo del suo rivale incrociò il suo. Mai, mai nella vita lo aveva guardato in quel modo. Non vi era traccia di bontà, gioia, pazienza... amore. E gli fece quasi paura.
«Vegeta!» ringhiò Goku con uno spasmo, indicando poi con un gesto casuale del mento i due combattenti più forti di quell'esercito i quali, sospesi a mezz'aria, osservavano la scena quasi divertiti. «Voglio distruggerli, VOGLIO FARLO ORA!»
Con un balzo afferrò il braccio del principe e lo trascinò con forza giù nella neve, intimandogli di procedere con la tanto agognata fusione, ma Vegeta si divincolò.
«Sei troppo arrabbiato, rischiamo di non controllare la fusio-» ma il principe non riuscì a finire la frase, perché il suo alleato lo cinse per entrambe le spalle e gli ringhiò così vicino al volto quasi da scottargli la pelle.
«A-de-sso!» soffiò pericolosamente Goku, mostrando i denti bianchissimi.
E, per una volta, il principe rivide se stesso in lui, rivide la sua rabbia, la sua furia. La smania di uccidere che aveva avuto in passato. Non gli piacque, non gli piacque per niente, ma come poteva biasimarlo? Aveva perso la figura che per lui era stata più simile a un padre.
Vi sarebbe stato un altro tempo per rammentargli che lui era il principe dei saiyan, che nessuno poteva impartirgli ordini, che nessuno si sarebbe dovuto permettere di dire lui quando e come fare qualcosa. Vi sarebbe stato un altro momento per ricordargli che era una terza classe, per fargli la paternale, per ricordargli che lanciare attacchi alla cieca serviva a poco a niente.
E così Vegeta mise da parte il proprio orgoglio e annuì velocemente. Si posizionò a pochi metri da lui, dando vita a quella danza che tanto detestava.
Avrebbe sfruttato quella rabbia, e lo avrebbe aiutato tramite la fusione a controllarsi, a incanalare quella furia verso i nemici. Poco importava quante volte sarebbero stati resuscitati, li avrebbero uccisi e ri-uccisi, anche solo allo scopo di guadagnare del tempo per poter trovare una soluzione. Avrebbero dimostrato a quei dannatissimi Draghi di che pasta fossero fatti i saiyan. Nessun altro amico sarebbe morto a causa loro.
«FUU – SIO – NEEE!»



Ricordati cosa siamo quando combattiamo insieme
Aveva detto Vegeta, un giorno. Aveva ragione, aveva perfettamente ragione perché Gogeta, da solo, avrebbe potuto affrontare decine di guerrieri tutti insieme. Avrebbe potuto tenere testa a qualunque altro combattente in ogni angolo dell'universo. E un Gogeta ricolmo di rabbia avrebbe persino potuto spazzare via interi pianeti, se solo avesse voluto. E quel Gogeta, di rabbia, ne era pieno dalla suola degli stivali alla punta dei capelli rossi.
Gli erano bastate poche mosse per mettere al tappeto tutti coloro che si erano frapposti tra lui e la vittoria. La fiamma dorata che avvolgeva i suoi muscoli ardeva di collera, l'impeto che lo spingeva a combattere era così forte da renderlo un guerriero imbattibile persino dai più forti. Se la prese con loro, per primi. Li fece cadere come foglie secche uno dopo l'altro, giungendo a colui che aveva osato togliere la vita a Pan così in fretta da non lasciargli nemmeno il tempo di riscaldarsi.
«Perché l'hai uccisa?» domandò con tono piatto Gogeta. Sferrò un pugno nello stomaco di Aymo e lo fece piegare in due con un colpo di tosse.
Ma egli non rispose, si limitò ad alzare gli occhi per incrociare quelli contornati di nero del Super Saiyan di quarto livello con aria di sfida.
«PERCHÉ L'HAI UCCISA!?» urlò nuovamente Gogeta, spingendo ancor più forte le nocche dentro gli addominali del nemico, non ottenendo però alcuna risposta. «Sei un burattino. Una marionetta. Mi fai schifo! SCHIFO!» si alterò all'inverosimile e percepì il proprio pugno infiammarsi.
Bastò poco, pochissimo perché si incendiasse, perché quasi involontariamente dal proprio braccio si diramasse una scarica elettrica così rapida e potente da lacerare la pelle del nemico fino a trapassargli l'addome. Ed egli perì senza proferire parola, senza paura, senza nemmeno urlare, quasi come se non gli importasse, quasi come se non si fosse impegnato in quella battaglia.
«TORNA QUA! RESUSCITA E COMBATTI PER DAVVERO!» gridò il Super Saiyan rivolgendosi alla sua carcassa, lasciandola cadere sulla neve con un tonfo sordo.
«Patetici. Siete patetici» li sbeffeggiò Lorayo, con le braccia incrociate e il naso arricciato in un'espressione di puro sdegno, ma Gogeta lo raggiunse con un urlo assordante, mettendolo alle strette con attacchi frontali così rapidi che, a occhio nudo, nessuno degli altri combattenti presenti sul campo di battaglia riuscì a seguire.
Si trovò in difficoltà, Lorayo, questo lo comprese bene. Gogeta riuscì a tenergli testa, a combatterlo, ma sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo prima che la morte venisse a riprenderlo per trascinarlo nel Regno degli Inferi di nuovo. Ma non aveva paura, non era spaventato, perché la sicurezza della resurrezione era come un morbido abbraccio. Invincibile, eterno, sarebbe rinato per sempre. Solo l'orgoglio sarebbe stato scalfito da quella battaglia persa, ed era proprio questo che lo distingueva da Aymo. A quel guerriero di seconda classe importava poco di perdere, di morire per mano di due scimmioni, ma lui no. Lui era il combattente più forte di tutte le galassie, non avrebbe dovuto mostrarsi debole, non avrebbe dovuto farsi uccidere mai e poi mai, nemmeno con la consapevolezza di poter resuscitare. Per quello Lorayo continuava a lottare, seppur stremato. L'onore prima di ogni altra cosa. E poi, inoltre, il loro compito era chiaro: avrebbero dovuto uccidere Goku. Avrebbero dovuto ucciderlo insieme a tutta quella marmaglia di insulsi terrestri, quelli erano gli ordini. Onyma, il Drago Superiore, era stato assoluto a riguardo. E prima o poi ce l'avrebbero fatta, anche a costo di resuscitare migliaia e migliaia di volte, anche se questo avrebbe voluto dire compiere il gesto estremo che era stato pianificato.
E, forse, era giunto il momento di farlo. Per quanto Lorayo lo detestasse, per quanto odiasse perdere le proprie facoltà, per quanto gli facesse ribrezzo mischiare il proprio sangue con quello di un guerriero leggermente meno forte di lui.
Così, non appena vide Aymo dalla neve riacquistando il dono della vita, gli bastò un cenno, uno sguardo per fargli intendere che era giunto il momento di porre fine a quella battaglia. Non era più tempo di giocare, era tempo di agire, di far fuori una volta per tutte quegli sporchi saiyan che avevano osato disobbedire ai Draghi, agli esseri più forti di tutte le galassie. Li avrebbero uccisi, schiacciati come moscerini e sarebbero tornati vittoriosi nella Dimora dei Draghi. La gloria eterna, il prestigio, la soddisfazione di aver tolto di mezzo quel patetico saiyan che aveva osato mettere in discussione il loro posto nella classifica dei combattenti più forti di tutti gli universi. Lui e quel suo amichetto dai capelli a punta.
«Siamo pronti» sussurrano all'unisono Lorayo e Aymo prendendosi per mano. Aymo, il grande lottatore blu e Lorayo, il suo aguzzino, colui che in passato l'aveva ucciso in battaglia, morendo poi per le ferite riportate nel combattimento. Coloro che avevano perso la vita lo stesso giorno, bagnando il terreno rossiccio di un pianeta oscuro per l'ultima volta. Una storia diversa da quella dei loro avversari, ma con dei tratti così similari. Lorayo e Aymo, nemici fino alla morte, rivali nella Dimora dei Draghi, alleati nella loro seconda vita di quel pianeta ai confini della Via Lattea. Non un destino così diverso da quello dei loro avversari. Lorayo e Aymo, argento e zaffiro pronti ad unirsi, a dare vita al guerriero più temibile della storia. I Draghi avrebbero compiuto l'ennesimo trucco, l'ennesima manipolazione, l'ennesimo capriccio.
Così, sotto gli occhi sbigottiti di tutti i combattenti, nemici e amici, ma soprattutto sotto lo sguardo terrorizzato di colui che avrebbe dovuto avere il compito di ucciderli una volta per tutte, vennero abbracciati completamente da quel fascio di luce verde accecante.
La terra tremò di paura, tuoni e lampi nel cielo coperto di nuvole. Un ringhio gutturale risuonò sul campo di battaglia, e per un attimo persino il guerriero saiyan invincibile trattenne il fiato. L'attimo esatto nel quale, dalla nebbia, apparve un nuovo guerriero. Un combattente nato da una fusione inscindibile dei Draghi, un combattente la cui aura faceva gelare il sangue nelle vene di coloro che gli stavano vicino. Loraymo.


[Loraymo, fanart realizzata da Giosuè Graci]


Una piccola goccia di sudore cadde sulle piastrelle bianche del tempio del supremo e Dende, nella disperazione, interruppe quell'orribile visione serrando gli occhi. Si voltò di scatto, in preda alla rabbia e lo sconforto tra i sospiri spaventati di tutti i presenti.
«Quei maledetti Draghi giocano sempre più sporco» commentò Alphonse, a pugni serrati. Non era un combattente lui, non sapeva quasi nulla di battaglie, di fusione, dei grandi nemici del passato. Ma Eva gli aveva raccontato molte cose e di certo non era così stupido da non capire quando le cose si mettevano male. E, soprattutto, anche se nessuno si era premurato di raccontargli nei dettagli quanto fosse successo, era abbastanza scaltro da comprendere quale fosse l'entità del pericolo e la potenza di quei nemici, nonché dei magici e oscuri poteri di quei draghi.
«Ogni volta che sembra smuoversi qualcosa, ogni volta che facciamo un passi avanti, succede sempre qualcosa che ci riporta indietro» constatò Dend. Si portò una mano sul volto e si massaggiò le tempie dolenti dallo sforzo di osservare la battaglia dalla distanza, con i propri poteri.
Tutti i civili nel piazzale del tempio si guardarono amareggiati, alcuni più allarmati, alcuni più stanchi. Anche i due bambini, i quali avevano tenuto duro fino a quel momento nella speranza che accadesse qualcosa a loro favore, stavano iniziando a spazientirsi, a perdere quell'entusiasmo e quella speranza tipica dell'infanzia.
«Nessuna notizia dall'Aldilà, non è vero?» domandò Popo rivolto al suo fedele amico namecciano, il quale scosse la testa al limite della rabbia e, nonostante egli fosse una persona estremamente mite per natura, fece una gran fatica a non mostrare risentimento nei confronti delle alte divinità le quali, in quel momento, sembravano essere evaporate nel nulla.
«Nessuno ci fa sapere niente. A quanto pare non si riesce a bloccare le porte del mondo dei morti. Mi chiedo come sia possibile che nemmeno loro possano fare qualcosa a riguardo!» si spazientì Dende, facendo tremare le verdi antenne.
«Ma Goku non può usare il teletrasporto per raggiungere i Draghi e dargli una bella lezione?» chiese Jirobei tirando dei pugni in aria, perdendo poi l'equilibrio fino a  cadere al terreno sul sederone.
«Se avesse potuto non credi che ci avrebbe già provato?!» lo schernì Oscar, con le braccia al petto.
«Ci dev'essere per fozza un modo per femmarli. Il mio nonno mi dice sempe che se c'è un poblema c'è anche una soluccione!» intervenne il piccolo Goku Jr con le lacrime agli occhi, preso dallo sconforto e dalla disperazione, avvolto poi dal possente braccio di Alphonse.
Dende gli sorrise, intenerito.
«Tuo nonno ha ragione, piccolo. E noi dobbiamo assolutamente aiutarli a trovarla, una soluzione» disse il Supremo con voce dolce, tornando poi a osservare le nuvole e il cielo alla ricerca di un segno, di ispirazione, di qualsiasi cosa, proprio mentre il vociare di tutti i civili raccolti al tempio si fece ancor più forte e rabbioso.
«Certo che questi Draghi sono proprio spietati» commentò Marron stringendo al petto la sua bambina la quale, finalmente, stava pian piano cedendo a un sonno stremato.
«Se solo esistesse un modo per fermarli, per uccidere i Draghi...» rispose a tono l'anziano Mr. Satan tra qualche colpo di tosse e l'altro. Ne aveva viste di battaglie, quel vecchio guerriero di arti marziali. E, sebbene si fosse preso il merito di vittorie da lui non compiute, aveva imparato una lezione fondamentale da quella marmaglia di guerrieri: alla fine il lieto fine era sempre arrivato. Goku era sempre riuscito a vincere, in un modo o nell'altro. Anche se inizialmente aveva pensato che tutta la loro forza e la loro energia fosse un trucco da prestigiatori.
«E invece quei codardi non si fanno nemmeno vedere! Non scendono in battaglia, fanno combattere gli altri al posto loro» si indispettì ancor di più Martha la quale, nonostante fosse solo una bambina di otto anni, sapeva ben comprendere cosa fosse l'onore.
«Già, facile mandare in campo altre perso-»
«UN MOMENTO!» urlò Dende voltandosi di scatto in direzione dei civili, facendo saltare per aria il povero Jirobei. L'illuminazione, il segno che stava aspettando, quel qualcosa che stavano ricercando da tanto tempo gli era stato presentato su un piatto d'argento dalla persona più impensabile. «Può ripetere cosa ha detto, Mr. Satan?»
L'uomo stempiato dai ricci capelli oramai completamente bianchi spalancò gli occhi quasi spaventato, tentando di ricordare con grande sforzo cosa mai potesse aver detto di tanto scandaloso. E quasi ebbe paura a ripeterlo.
«S-se solo esistesse u-un modo di uccidere i D-Draghi» balbettò Mr. Satan con tremori incontrollabili alle mani.
E in quel momento, preso dall'euforia, Dende iniziò a correre.



 
Continua...



ANGOLO AUTRICE:
... beh! Niente morti significative in questo capitolo xD siete un po' orgogliosi di me? Sono addirittura riuscita a non uccidere nessuno! Ahahah... ah... no, eh?
Che posso dire se non... FINALMENTE! Si sono fusi, Gogeta è arrivato, ed è più figo che mai. E sapete cos'altro è arrivato?
Il momento del nostro riassuntone offerto gentilmente da TgKaioh!!!

Buongiorno e benvenuti su TgKaioh. Signori e signore: Goku è impazzito. Come prevedibile la morte del maestro gli ha fatto salire l'omicidio e ha rischiato seriamente di far partire persino il fuoco amico. E così, finalmente, Gogeta ha fatto la sua comparsa. Poteva andare tutto liscio? Ovviamente no, perché anche Aymo e Lorayo sono stati letteralmente fusi dai Draghi (dopo un paragrafetto molto interessante che mostra le analogie del rapporto tra i due alieni e i due saiyan) dando vita a Loraymo! E, a quanto pare, questo Loraymo è parecchio terrificante. Ma veniamo ad un parte che, forse, potrà essere sembrata di poca importanza ma vi assicuro che non è per nulla irrilevante. Mr. Satan ha detto qualcosa che ha letteralmente mandato in estasi Dende "se solo esistesse un modo per uccidere i Draghi". Beh? Sono curiosa di sapere secondo voi perché questa frase ha fatto elettrizzare il namecciano. Teorie?

Ma passiamo subito alle PAGELLE!
Goku: qualcuno è appena andato in crash di sistema. Ma questo crash ci piace, ci piace eccome! Per un attimo ho rivissuto la trasformazione in super saiyan su Namek. Bisogna che ci scappi il morto per fargli partire la cazzima! Sarà che quando si incazza tira fuori le "sfere", sarà che le crisi di rabbia e furia sono tipiche del principe dei saiyan, a me questo Goku piace e anche parecchio. Voto 9.
Vegeta: io ho solo tre parole da dire: da che pulpito. Da che pulpito il principe dei saiyan guarda Kaarot con occhi impauriti nel vederlo impazzire? Non essere ipocrita, principino, che siamo in guerra! Voto 5.
Gogeta: la fusione tra i due protagonisti della serie è come la ciliegina sulla torta. Ma che dico... è come la panna nella cioccolata, è come il panetto di burro messo intero dentro i pizzoccheri. Insomma, qui ci fanno quasi venire fame. Peccato solo che i nemici abbiano le vite infinite, altrimenti qui non ci sarebbe stata storia. Voto 10.
Aymo: si fa ammazzare senza il briciolo di orgoglio e nemmeno ha fatto una piega. Non che ci aspettassimo delle scuse per aver ucciso Pan o cos'altro, ma un po' di personalità, almeno. Personalità, questa sconosciuta. Voto 4.
Lorayo: la testa più dura del marmo, mangia pane e orgoglio a colazione. Mi ricorda quasi qualcuno, ma non osiamo paragonare la m* con il cioccolato. Ciò che è chiaro come il sole è che, se non ci fosse il suo "fidanzatino", Gogeta gli farebbe un mazzo grosso così. #faipocoilfigo. Voto 5.
Mr. Satan: non si sa come, non si sa perché, ma alla fine è sempre lui che salva il cu*o a tutti nelle situazioni più disparate. Lui in realtà è Hurley di Lost. A quanto pare anche senza rendersene conto. Ma noi, invece, ce ne siamo resi conto? Voto 8, con riserve. Magari ha detto una cazzata.


E intanto bisognerà aspettare ancora domenica prossima per capire cosa caspiterina è saltato in mente a Dende. Ma vi do buone notizie: con tutta probabilità nel mese di dicembre farò qualche doppia pubblicazione, due a settimana insomma. Vedremo se il meritato riposo natalizio mi concederà del tempo per poterlo fare :D
Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 55
*** Una nuova strategia ***


 
Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 55 - UNA NUOVA STRATEGIA



Everything about you is how I'd want to be
Now I won't settle for less
Everything about you pains my envying
Your soul can't hate anything
Everything about you is so easy to love
They're watching you from above


Bliss: https://www.youtube.com/watch?v=eMqsWc8muj8
 
 

 
Loraymo. Questo era il suo nome. Gambe lunghe e spalle larghe coperte da una tunica nera come la pece. Pelle argentea, occhi grigi, cristalli dello stesso colore degli zaffiri incastonati sulla fronte. L'attaccatura dei capelli indaco era molto ampia, ed essi raggiungevano metà schiena, lisci come quelli di un unicorno.
A dare ancora più adito all'aspetto spaventoso la sua aura dava quasi l'impressione di essere stati immersi a forza in un lago ghiacciato. Migliaia di spilli pungevano la pelle ambrata di Gogeta il quale, con la bocca ancora spalancata dallo stupore, non riuscì a controllare il tremore del labbro inferiore. Sebbene i saiyan possedessero la peculiarità di mantenere attive le funzioni vitali anche a basse temperature – come ad esempio nel luogo in cui si trovavano – in quell'istante il freddo prese possesso dell'ibrido senza alcuna pietà.
Gogeta sentì la punta delle dita delle mani irrigidirsi come in ipotermia, le sue labbra divennero viola dopo pochi istanti. Loraymo era spaventoso, e ancora non aveva dimostrato proprio un bel niente. Se ne stava lì impalato sospeso a mezz'aria, a gongolarsi di quella sua nuova forma strabiliante stringendo e aprendo i pugni con espressione soddisfatta seppur vacua.
«Kaarot, questo tipo mi sta già dando sui nervi. Diamogli subito una bella lezione» commentò il principe dei saiyan scardinando la propria coscienza all'interno del corpo di Gogeta.
«Mi sembra parecchio agguerrito» ammise Goku.
«Da quando in qua ti lasci intimidire dai tuoi avversari?» lo ammonì Vegeta osservando con sprezzo il loro nemico il quale, ancora troppo impegnato a farsi vanto e scoprire la propria potenza, non stava benché minimamente badando a colui che avrebbe dovuto fronteggiare.
«Non sono intimidito! Sono straordinariamente eccitato dal battermi con lui» la voce di Goku risuonò acuta e gioiosa nella mente di Vegeta, come se quella nuova sfida lo avesse riportato ai tempi durante i quali un nuovo nemico da combattere significava puro divertimento.
«Ora ti riconosco. Andiamo!» sentenziò il principe riportando la sua coscienza in stato silente, rinunciando alle sue facoltà mentali per fondere anche il suo pensiero con quello del suo rivale di una vita. E così Gogeta scattò in avanti.

 

«Si può sapere perché diavolo stiamo andando alla Capsule Corporation?» domandò seccata Martha, tentando in tutti i modi di non badare al vento gelido che le sferzava in faccia. Le nuvole scure continuavano imperterrite nel loro vortice sopra la Terra dal momento esatto in cui era infuriata la battaglia. Tutto era diventato grigio come la cenere.
Nessuno aveva compreso quale fosse stata la ragione dell'improvviso cambiamento d'umore di Dende ma, tra la confusione, non erano proprio riusciti a porgli troppe domande in merito. Si erano limitati a osservarlo mentre, frenetico, correva da un capo all'altro del piazzale del suo tempio chiudendo gli occhi per mettersi in contatto con chissà quale angolo della Terra. L'avevano seguito qua e là, là e qua fino a quando, con voce sicura e accattivante, aveva preso per mano le uniche due persone presenti che sapessero volare, impartendogli poi l'ordine di accompagnarlo immediatamente alla sede privata della Capsule Co.
«Vi spiegherò tutto una volta trovato ciò di cui abbiamo bisogno» tagliò corto il Supremo continuando a guardare la terra sotto ai propri piedi scorrere via velocemente. Sia Martha che Goku Jr, nonostante fossero solo due bambini, se avessero voluto gli avrebbero fatto mangiare la polvere in fatto di volo.
Nella Città dell'Ovest era calato un silenzio surreale, i treni si erano fermati, pochissime persone camminavano lungo le strade e, i pochi che avevano il coraggio di sottostare a quel cielo dall'aspetto spaventoso, correvano velocemente nel tentativo di giungere alle proprie abitazioni quanto prima possibile. Giornali, foglie e qualche ramo erano trascinati qua e là da quel vento anomalo, le saracinesche dei negozi erano state chiuse, le insegne dei locali spente.
Ai telegiornali nessuno aveva saputo spiegare alla popolazione mondiale quale fosse la causa di quella coltre spessa di nuvole che aveva avvolto completamente il pianeta Terra, ma ovunque era stata data la massima allerta con obbligo di coprifuoco ma, ovviamente, ai due bambini guerrieri e al namecciano poco importava. Sapevano benissimo cosa stesse succedendo, e le ragioni per le quali avere paura erano decisamente ben peggiori di quelle che chiunque si sarebbe aspettato. Ma no, non si sarebbero lasciati sopraffare dalla paura, non in quel momento che, a quanto millantava Dende, erano vicini a una soluzione.

 

Sulle vette del nord, invece, la soluzione sembrava ben lontana. Nonostante Gogeta stesse combattendo valorosamente contro Loraymo, i risultati tardavano ad arrivare. La forza combattiva dell'ibrido saiyan risultava a malapena sufficiente per contrastare gli attacchi di quel guerriero dal Ki spaventosamente elevato e, ad ogni colpo parato, corrispondeva un colpo incassato.
Gli attacchi di Loraymo miravano direttamente ai punti vitali, il gelo causato solo dal tocco delle sue orribili mani argentee rendeva difficile al Super Saiyan il poter combattere fluentemente.
«Dannazione, mi sento come se avessi i crampi alle mani!» esclamò Gogeta balzando all'indietro dopo aver colpito l'avversario con un pugno. «Così non va! Devo colpirlo dalla distanza!» continuò, scampando a un altro attacco frontale.
Ed era proprio quello il problema sostanziale: la distanza. Ogni volta che Gogeta tentava di scappare e attaccare con i colpi dell'aura, il nemico azzerava i metri che intercorrevano tra loro per assoggettarlo alla temperatura troppo rigida emanata dal suo Ki, inibendo i movimenti del saiyan.
Veloce, potente, spietato, Loraymo non aveva la benché minima intenzione di demordere e proseguì in quell'acchiapparella violenta tra il vento e la neve.
Fortunatamente, nel bel mezzo della tormenta ospitante la battaglia tra i resuscitati e gli esseri umani, vi era oramai più di una persona intenta a far rinsavire tutti i combattenti buoni della Dimora dei Draghi. Juno non aveva perso tempo e aveva eseguito il suo dovere di riportare a uno stato di coscienza coloro i quali erano stati incantati dai Draghi. Tutti i combattenti dall'animo buono - coloro i quali erano stati riportati in vita dal Regno dei Cieli - stavano riacquistando la loro tempra proprio come aveva fatto Juno con l'aiuto di Son Goku. E così Dogota, Ukim, Yala e tutti gli altri erano passati dalla squadra nemica a quella amica, fronteggiando con coraggio coloro che erano - fino a pochi istanti prima - parte della loro stessa squadra, sgravando così molti alleati da combattimenti assai difficili. Finalmente Tensing, Riff e Videl riuscirono a tirare un sospiro di sollievo, specialmente quest'ultima la quale, ancora scossa e sconvolta per aver assistito alla morte del povero maestro Muten, non era riuscita più a muovere neppure un singolo muscolo.
Fortuna volle che persino uno dei quattro combattenti di punta della Dimora dei Draghi, il namecciano dalla pelle scura di nome Snar, aveva in realtà un animo buono e pacifico, e di ciò Juno ne era al corrente. Aveva impiegato tutte le sue forze e tutta la sua volontà per tenere testa al combattente più forte della squadra del drago Bekev e, dopo aver accuratamente spiegato ai guerrieri che lo stavano fronteggiando cosa diavolo stesse succedendo, era riuscito a farlo immobilizzare da Goten e Gohan per riportarlo alla realtà.
Non era stato facile, non era stato per niente un compito di bassa portata. Più e più volte Juno aveva rischiato di rimetterci le penne ma, facendo leva su quel poco di importante che conosceva di Snar, era riuscito tutto d'un tratto a riportarlo alla luce. Inutile dire che avere dalla propria parte un guerriero dalla simile potenza fu assolutamente una manna dal cielo.
E fu solamente quando Vegeta vide – attraverso gli occhi di Gogeta – che una buona fetta dei nemici si stavano trasformando in preziosi alleati capì cosa intendesse Goku quando, dopo essere scomparso per qualche minuto, era tornato dicendo che stava cercando di salvare la situazione.
«Scommetto che c'è sotto il tuo zampino» gli disse, scardinando per qualche secondo la mente all'interno dell'ibrido.
«Ehehe... avevo le mie conoscenze, in quel posto» si gongolò Goku allietato dal fatto che, quando Loraymo si accorse della stessa cosa, una vena iniziò a pulsare pericolosamente sulla sua pelle argentata. Era stata una vera fortuna incontrare Juno, in mezzo a quella mischia.
«Rimane comunque il problema che i nemici continuano a resuscitare. E ovviamente il fatto che questo dannato bastardo ci sta congelando i sensi» puntualizzò il principe dei saiyan aprendo e chiudendo le dita delle mani dell'ibrido nel tentativo di scaldarsi ma, a causa dei continui spostamenti d'aria di Loraymo nelle vicinanze, tutte le loro giunture sembravano al limite dell'ipotermia. Inoltre la paura era che, se i loro alleati fossero morti, sarebbero potuti tornare manipolati di nuovo e quindi avrebbero dovuto farli rinsavire da capo.
«Mica posso risolvere io tutti questi problemi! Mi sembra di aver già dato una gran svolta a questa guerra» pensò Goku con un tono d'ovvietà e, se avesse potuto sospirare, l'avrebbe fatto. Non che Vegeta fosse una persona ottimista, in genere, ma già il fatto che i nemici si fossero ridotti della metà era più che una bella notizia, quello forse era il momento meno ideale per soffermarsi su ciò che non andava.
«Per quanto mi rincresce dirlo, hai ragione» ammise sua maestà facendo alzare al cielo gli occhi dell'ibrido pensando poi che, forse, visto dall'esterno, qualcuno avrebbe potuto tranquillamente pensare che fosse assolutamente bipolare. O schizofrenico.
«Urcaaa! Questa me la segno!» si stupì Goku, contando nella mente le rarissime volte in cui Vegeta gli aveva dato ragione. Mai, probabilmente.
«Smettila di vantarti e torniamo a combattere questo ghiacciolo vivente» lo schernì il principe in procinto di lasciare nuovamente che la propria coscienza venisse fusa con quella del suo rivale, interrotto però dalla sua vocina acuta.
«Vegeta?»
«Che altro c'è?» borbottò quest'ultimo.
Ma Goku tacque per qualche secondo, giusto il tempo di riflettere, giusto il tempo di ricordarsi di quante volte loro due, insieme, avevano dovuto affrontare pericoli di entità spaventosamente grandi. Si ricordò in qualche secondo di ogni battaglia, di ogni nemico sconfitto insieme – seppur ancora non avessero imparato combattere in modo affiatato – di ogni situazione assurda e di ogni vittoria festeggiata. E in quel momento erano lì, alla ricerca della vittoria più difficile, quella che, se fosse arrivata, avrebbero festeggiato in un modo tutto nuovo. Si ricordò della promessa che si erano fatti nell'imbarazzo, si ricordò di quei quarantacinque giorni trascorsi nel limbo e non vide l'ora di mettere la parola fine a quello strazio per ricominciare insieme – per davvero – una nuova vita.
«Nulla... beh... è bello combattere con te» concluse Goku tornando in sé, ben conscio del fatto che quello non era esattamente il momento adatto per fantasticare.
«Puah! Ricordami che quando tutto sarà finito dovrò picchiarti per queste smancerie».



La battaglia proseguì frenetica, con tanti nuovi guerrieri nella schiera degli amici e con nemici che risorgevano dalla neve come delle primule. E, mentre Gogeta stava dando il tutto e per tutto contro Loraymo, altri combattenti strinsero più e più volte i denti per non cedere alla frustrazione di uccidere nemici e vederli ricomparire dopo pochi secondi, come se nulla fosse successo.
Goten ed Eva, contro uno dei guerrieri di punta ancora sul piede di guerra, non avrebbero potuto contare sulle dita di una mano le volte in cui avevano spedito quel seccatore all'inferno.
«Prima o poi vi stancherete, deboli terrestri» grugnì l'alieno dalla pelle, rocciosa alzandosi dal letto di sangue sul quale era stato sdraiato fino a pochi secondi prima.
«Ti prego, fallo stare zitto» intimò Eva all'alleato, portandosi entrambe le mani sulla fronte, tesa come una corda di violino. Non si era mai data realmente da fare in vere battaglie in quegli anni, né contro Majin Bu, né Baby, né le controparti malvagie di Shenron, ma non avrebbe mai immaginato che combattere fosse così frustrante. Avrebbe di gran lunga preferito un nemico solo, magari fortissimo, ma non eterno.
«Prima o poi cambierà qualcosa! Non demordere, cugina» cercò di tranquillizzarla Goten, anch'egli piuttosto provato dalla interminabile battaglia oramai durata parecchie ore. «A proposito, mi spiegherai mai com'è possibile che tu sia mia cugina?»
«Quando tutto questo finirà, volentieri. Ma ora non mi pare un gran momento» tagliò corto Eva puntandosi con i piedi nella neve per darsi lo slancio verso colui che era - e sarebbe rimasto ancora per un bel po', loro malgrado - il nemico del quale dovevano occuparsi.
Fortunatamente Snar, il quarto avversario più forte, era passato dalla loro parte combattendo contro il terzo forte guerriero rimasto. Gohan, Bra e Junior nel frattempo erano anch'essi impegnati nel tenerne a bada un altro, di nemico. Un guerriero dalle fattezze namecciane dall'aria però piuttosto malvagia e dalla forza spropositata. Il maestro e l'allievo erano così affiatati persino da poter lasciare alla giovane guerriera saiyan un po' di respiro, nonostante si stesse rivelando una combattente ben più determinata di quanto tutti si aspettarono. Bra era migliorata veramente tanto e, grazie alla trasformazione in Super Saiyan, non aveva avuto troppe difficoltà a fronteggiare anche nemici di alto livello.
Nel bel mezzo della tormenta, però, vi erano altri due grandi guerrieri che, purtroppo, non potevano di certo dire la stessa cosa. Per quanto fossero stati in passato due forti soldati, Tensing e Riff attualmente non potevano vantare di essere sereni e tranquilli in quella situazione. A differenza di Ub e Majin Bu – impegnati nel proteggere Videl – e i due gemelli dalle energie infinite, i due terrestri dalle fattezze bizzarre stavano iniziando ad arrancare alla vista di quegli innumerevoli nemici. Sulla neve fresca il sangue versato era tanto, troppo, e i corpi dei loro amici namecciani riversati sul ghiaccio rendevano il campo di battaglia un luogo ancor più inospitale di quanto già non fosse.
«Sei pronto, Ten?» lo esortò Riff. Saltò con vigore sulle ginocchia di un nemico, rompendogliele poi con un sonoro crack.
«Le braccia, le braccia!» suggerì Tensing mettendosi poi con le gambe spalancate sopra il corpo quasi inerme del malcapitato, osservando poi il proprio fedele alleato tirargli entrambe le braccia fino a scardinare le spalle dalle loro sedi. Egli urlò di dolore, contorcendosi negli spasmi prima che, con disprezzo, il guerriero calvo con tre occhi si posizionò pronto al suo attacco beniamino.
«COLPO DEL SOLE!» urlò Tensing emanando una luce accecante dalle proprie mani unite alla fronte. Rese così temporaneamente impossibile al proprio nemico di poterli vedere, lasciandolo contorcersi e lamentarsi sulla neve bianca.
I due alleati si guardarono, annuendosi poi con complicità.
«Funziona! Funziona, Tensing!» esultò Riff nel vedere l'amico sorridergli soddisfatto. Atterrare i nemici e limitargli i movimenti sembrava l'unica idea possibile per rendere proficua la loro messa al tappeto. Non essendo morti nessun Drago avrebbe potuto resuscitarli, ma sarebbero stati alquanto inutili sul campo di battaglia, conciati in quel modo. 
«Forza, procediamo con quei tre!» suggerì Tensing, indicando all'amico tre nemici intenti a battersi contro un namecciano in difficoltà. Riff annuì, ma non fece in tempo a muoversi, a scagliarsi combattivo nella direzione dal suo amico indicata, perché un lamento straziante lo fece frenare.
Sarebbe stata una buona idea, sarebbe stato un piano perfetto, il loro. Sarebbe stata davvero un'idea geniale per migliorare la situazione di tutti se non avessero tralasciato un dettaglio fondamentale: così come i Draghi erano in grado di riportare alla vita i loro combattenti, erano altrettanto in grado di curare le loro ferite.
E, purtroppo, Tensing non fece nemmeno in tempo a rendersi conto del madornale errore che avevano commesso. Non fece in tempo perché un fascio di luce abbagliante gli aveva appena trapassato il cranio da parte a parte.

 

Bip bip bip.
Piccoli passi, gocce di sudore. Martha scostò una grossa foglia della pianta tropicale quanto bastasse per riuscire a crearsi un passaggio in quella giungla torrida e maleodorante. Goku Jr, con i piedini completamente immersi nelle pozze di fanghiglia, si guardò intorno, spaesato. Nelle orecchie un suono intermittente, stereotipato, quasi fastidioso.
Martha arrestò il suo cammino in prossimità di una grossa palude, socchiudendo gli occhi per squadrare meglio la realtà circostante.
«Beh, tu l'hai mai vista?» domandò la bambina, voltandosi a malapena con la testa per guardare dall'alto verso il basso il suo nuovo amico, quel compagno di avventura che sino a poche ore prima era semplicemente uno sconosciuto. Un moccioso, un bambino dell'asilo, eppure dall'aura così sviluppata da farla rimanere a bocca aperta. Forse era persino al suo stesso livello. E lei ne aveva otto, di anni.
«No» rispose il piccolo Goku Jr, grattandosi sopra il capo scompigliandosi i folti capelli neri a forma di fiamma, facendo ricadere ancor più ciuffi sulla sua fronte. «Non so nemmeno com'è fatta»
«Grandioso...» sbuffò Marha sarcastica, alzando gli occhi al cielo. «Comunque dovrebbe essere qui da qualche parte, così pare».
Il nipotino di Vegeta contemplò l'angusto panorama. Piante, afa, umidità torrida, liane che calavano giù dalla fitta vegetazione incontaminata. Strani rumori provenivano dalle zone più oscure, versi grotteschi, insetti ed esseri striscianti galleggiavano in quella che era una grossa e melmosa palude. Non esattamente un posto ideale per due bambini piccoli. Ma loro non erano dei bambini comuni, loro non potevano avere paura.
«Là ciotto?» ipotizzò il più piccolo, indicando con la manina paffuta lo stagno dall'aria decisamente poco invitante.
«Può essere» annuì Martha. Si inginocchiò vicino alla riva e si sporse quanto bastava per sentirne l'assai poco gradito olezzo. «Bleah! È pieno di melma».
«Vado io!» intervenne prontamente il coraggioso bambino, togliendosi prima la maglietta e poi i pantaloni della tuta verde lime.
«Se proprio insisti...» si tirò indietro Martha ringraziando il cielo che non le sarebbe toccato il malaugurato compito di tuffarsi lì dentro ma, in poco meno di un secondo, il tuffo poco aggraziato del suo compagno di avventura le regalò non pochi schizzi sulla salopette color menta. «Che schifo!»
Bip bip bip.
Martha incrociò le braccia e attese con impazienza che l'amico riemergesse da quello stagno ripugnante, ma Goku Jr non accennò a ricomparire.
Bip bip bip.
Con preoccupazione si affacciò nuovamente a pelo dell'acqua nel tentativo di vedere qualcosa, ma la melma impediva qualsiasi trasparenza. E di Goku Jr ancora nemmeno l'ombra.
Bip bip bip.
«Oh, porca vacca!» esclamò Martha con inquietudine, nel notare che i secondi avevano lasciato spazio ai minuti. Iniziò a volare sopra lo stagno percependo i battiti del proprio cuore farsi sempre più veloci. «Goku! GOKU! Dimmi che sei ancora viv-»
Ma, proprio nel momento in cui le cose sembravano mettersi davvero male, il bambino dai grandi occhi azzurri riemerse dall'acqua annaspando. E stretta nella sua manina, seppur ricoperta da un sottile strato di alghe, la sfera dalle quattro stelle iniziò a brillare.

 
 
Continua...
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ecco qui finalmente il tanto atteso nuovo capitolo! Non uccidetemi, vi prego... mi è dispiaciuto molto far fuori Tenshinhan ma, del resto, è una guerra.
Devo dire che - morti tragiche a parte - scriverlo è stato parecchio divertente, specialmente l'ultima parte. Una nuova avventura, intrapresa dai nostri due piccoli eroi, alla ricerca delle sfere del drago. Esattamente come diversi decenni prima avevano fatto la nostra Bulma adolescente e il piccolo Goku. Le cose sono molto cambiate da allora, ma mi ha sempre affascinato tutta la parte della ricerca delle sfere della prima saga. Perché non citarla? :)
Beh, adesso sappiamo qualcosa in più riguardo al piano di Dende. Secondo voi perché ha mandato i ragazzini a cercare le sfere? Qualcuno ci è già arrivato :D

Diamo però un senso a questo capitolo e facciamo un ben riassunto! Ecco a voi il Tg Kaioh!
Evidentemente l'autrice ha sbagliato a dare il nome al nostro villain numero uno, perché più che Loraymo avrebbe dovuto chiamarlo Freezer, data la temperatura della sua aura (peccato che per Freezer non aveva i diritti d'autore, sapete com'è). Il nostro ibrido super eroe si trova in difficoltà e, nonostante tutti i vani tentativi di riuscire ad atterrare il malvagio Loraymo, sembra che nulla funzioni. Fortunatamente c'è chi, al posto di collezionare fallimenti, è riuscito a dare una bella svegliata a tutti i guerrieri buoni della Dimora dei Draghi, e ora i nemici si stanno dimezzando trasformandosi in alleati. E anche gente piuttosto forte, insomma!
I combattimenti proseguono senza esclusione di colpi e i nostri eroi combattono in gruppetti, Goten e Eva, Junior Bra e Gohan, i due androidi, Ub Majin Bu e Videl, e Tenshinhan e Riff... beh, per quanto riguarda gli ultimi citati, credo che Riff dovrà cercarsi un nuovo alleato, perché l'autrice ha deciso di far fuori pure lui. Avevano avuto un'idea geniale, peccato solo che fallimentare.
Nel frattempo, dall'altra parte della Terra, Dende ha deciso di optare per lo sfruttamento minorile e ha mandato Goku Jr e Martha in giro per il mondo a cercare le sfere al posto suo. E una è stata trovata! A cosa servirà?


E, ovviamente, le immancabili Pagelle:
-Gogeta: tante care cose, bei momenti tra piccioncini e tutto il resto ma, diavolo! C'è un nemico da combattere. Ma, come al solito, lui non può non vincere il premio figheria. Anche se ha combinato poco o niente. Voto 7-.
-Loraymo: non so voi, ma io detesto il freddo. Voto 5.
-Goten e Eva: "non c'è cosa più divina che farsi la cugin" - no, aspetta, non dovevo dire questo "Non c'è cosa più divina che combattere con la cugina!" Ecco, molto meglio. Che dire, se la cavano bene, ma non chiedetemi di far partire la ship qui perché sono entrambi occupati. E Goten non commetterà di nuovo un errore del genere. Voto 7.
-Tenshinhan: l'idea era buona, davvero molto buona. Un vero peccato che sia andata a finire male, e devo dire che ha combattuto con vero coraggio e abbastanza a lungo per avere già una veneranda età e per essere, come dire... meno forte degli altri. Vincitore del premio "addio Tensing!". Voto 9.
-Goku Jr e Martha: lo avevo già detto che adoro questa nuova accoppiata? Sono meravigliosi, e a quanto pare super efficienti. Voto 9.
-Dende: lo sfruttamento minorile è un reato. Ma almeno sembra che ci sia una buona idea di base. Voto 6.

E dopo questo sproloquio vi lascio, ma non prima di darvi una lieta notizia: tenete controllato EFP questo giovedìquesta settimana doppia pubblicazione!
Eevaa

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Capitolo 56
*** Creatore ***


Disclaimer:
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Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 56 - CREATORE



I'll never leave you behind,
It's one for all, and all for life
Still I wonder, why go to heaven, when my best friends burn in hell?
Heaven. What the hell would I do in that place without you?


Alone in heaven: http://https://www.youtube.com/watch?v=U1RxUyzSLvs
 
 

 
Una crepa nell'aura, poi il vuoto totale. Tensing cadde riverso sull'addome, con due occhi ancora spalancati dal terrore ed il terzo, quello sulla fronte, completamente accecato dal raggio violaceo che aveva attraversato il suo cranio.
Morire così, in pochi secondi, per mano di un essere che avevano già sconfitto plurime volte... che sfregio, che fine poco gloriosa per un guerriero coraggioso, scaltro e sveglio come lui. Inutile dire che il silenzio di Riff caricò l'aria di tensione a tal punto da risultare irrespirabile. Guardò il corpo esanime del suo fedele amico ancora una volta, un'ultima volta prima di scegliere la via dell'odio, del disprezzo. Si gettò in direzione del suo aguzzino con tutte le forze che gli erano rimaste e fece l'unica cosa che avrebbe potuto fare per vendicare la morte del suo più caro alleato: ucciderle quel mostro.
Tentò di sradicare la sua vita in tutti i modi, ma così facendo si rese conto che in quel modo stava esaurendo anche le ultime briciole di forza combattiva. Se ne rese conto ma poco gli importava: non aveva più nulla da perdere, non aveva più raziocinio per pensare che agendo in quel modo avrebbe sprecato l'occasione ultima di aiutare altre persone. Troppo odio, troppo rimorso.
E così, dopo l'ennesimo sforzo disumano, il piccolo combattente cadde sulla neve senza sentire più nemmeno il freddo. Guardò di nuovo il corpo del suo amico poco distante da lui e, nel percepire i passi del suo avversario farsi sempre più prossimi, chiuse i piccoli occhi in attesa dell'estremo giudizio.
«Perdonami Tensing, non sono riuscito a vendicarti» sussurrò lui.
Avvertì una piccola lacrima congelarsi sulla guancia, poco prima che la sua testa venisse distrutta in mille pezzi, schiacciata dalla suola dello stivale del nemico.
Poco sopra di quella straziante scena, però, vi era un combattente che non avrebbe lasciato che il fatto passasse inosservato. Si era ripromesso che nessun altro amico sarebbe morto, si era ripromesso che avrebbe fatto di tutto per proteggerli. Gogeta si infiammò con un urlo ridondante e talmente profondo da far tremare il terreno, capillari rossi come fragole circondarono le iridi dei suoi occhi azzurro cielo, conferendogli un aspetto spaventoso. Si infiammò di rabbia, di dolore. Ogni cellula del suo corpo sembrava voler esplodere, spasmi involontari gonfiarono i suoi già possenti muscoli e, da quel momento, il freddo e il gelo arrecato dall'arido Ki di Loraymo non rappresentò più un problema.
E così, finalmente, grazie alla cieca rabbia dovuta alla perdita di ben due alleati, Gogeta riuscì finalmente a procedere nello scontro frontale con il nemico senza rischiare di morire assiderato. Fuoco, calore. Il cuore del Super Saiyan ibrido riscaldò il paesaggio fino a sciogliere il ghiaccio e la neve.

 

Inutile dire che, quando Dende aveva scoperto che le sfere di Shenron erano rimaste attive, aveva fatto i salti di gioia. Quando le avevano recuperate in precedenza per chiedere di riportare in vita Pan, infatti, il drago non aveva esaudito la loro richiesta, e così facendo le sfere non si erano affatto ri-trasformate in pietre.
Velocità di volo, fortuna dalla loro parte e radar cerca-sfere di alta precisione, Goku Jr e Martha riuscirono a recuperare quattro sfere nel giro di un'ora e anche Dende, in solitudine, nello stesso tempo aveva trovato le tre rimanenti. Si radunarono al tempio del Supremo ancora con il fiatone, con le sfere ben nascoste nelle loro giacche. Sperarono con tutto il cuore che nessun drago li stesse osservando e, di conseguenza, che nessun nemico giungesse in quel posto con l'intento di fermarli nella loro missione – missione che, per tutti a parte Dende, era ancora incomprensibile.
Il Supremo entrò di corsa all'interno del tempio, intimando a tutti gli altri di seguirlo nel grande atrio bianco e dorato e, quando finalmente posò le tre sfere del drago sopra a un piccolo altare in velluto verde invitando i due bambini a fare lo stesso con le loro, tra i presenti si scatenò il panico più assoluto.
«Dende!? Cosa accidenti stai pensando di fare?» lo ammonì il gatto Karim frapponendosi tra lui e le sette sfere.
«Non dirci che hai intenzione di invocare Shenron per combattere direttamente con lui! Perché se è così tu sei completamente pazzo, non abbiamo possibilità!» aggiunse Jirobei con gli occhi fuori dalle orbite.
«Già, in che modo pensi di far fuori un drago gigantesco? Ti ricordo che quelli forti sono nel ghiacciaio a combattere» puntualizzò Oscar, con le gambe tremanti dalla paura.
«Se è così io credo che me ne andrò più lontano possibile da qu-»
«VOLETE FARE SILENZIO O NO?!» li interruppe Dende con un urlo irritato, facendo finalmente calare il silenzio tra tutti i presenti. «Non ho intenzione di uccidere personalmente i Draghi».
I civili all'interno del tempio tirarono un sospiro di sollievo, sentendosi poi parecchio stupidi per avere anche solo ipotizzato che Dende potesse compiere un gesto così sconsiderato e suicida.
«Ma esiste un modo certo per poterli distruggere anche senza combattere» aggiunse Dende incrociando lo sguardo allibito di Popo il quale, proprio in quell'istante, giunse all'epifania avuta dal Supremo senza bisogno di ulteriori chiarimenti.
«Disattivare le Sfere del Drago!» soffiò egli.
Scompiglio e fermento si levarono tra la piccola folla. Martha e Goku Jr, finalmente, compresero il reale motivo della loro missione. Inutile dire che i due bambini rimasero un po' delusi dal fatto che non avrebbero visto il drago in persona – erano già parecchio gasati, insomma! – ma compresero perfettamente che era ben più importante la salvezza del pianeta piuttosto che un loro capriccio.
«Esattamente» confermò Dende, volgendo poi il suo sguardo in direzione dei sette piccoli globi luccicanti. «E l'unico che può farlo è il suo creatore, o colui che l'ha sostituito».
I suoi grandi occhi neri si socchiusero leggermente, ed un fremito percorse la sua intera colonna vertebrale. Le Sfere del Drago Shenron erano state create tantissimo tempo prima dal Dio della Terra e, dopo tantissimi anni, erano giunte sotto suo possesso. Era lui il responsabile delle Sfere del Drago, colui che aveva modificato il loro potere, colui che dava la vita stessa alle sfere. Le sentiva sue, era interconnesso con le loro virtù, erano parte di sé oramai.
«Supremo... dici che funzionerà?» domandò Alphonse inarcando un sopracciglio, grattandosi la barba dorata. Eva gli aveva raccontato tutto delle sfere, del loro funzionamento, del loro grande e immenso potere. Non aveva mai conosciuto personalmente nessuno di quei personaggi, ma era venuto a conoscenza di ogni loro impresa.
«C'è solo un modo per scoprirlo» rispose il namecciano, tentennante. Deglutì sonoramente, non era certo che il suo piano funzionasse. E se qualcuno li avesse scoperti? E se avessero mandato un sicario per ucciderli? E se li stessero spiando proprio in quell'istante?
Si guardò intorno con fare circospetto, con un groppo alla gola dovuto al terrore.
«Dende, ma se tu disattivi le Sfere del Drago... Pan e il Genio non potranno più tornare in vita» intervenne Marron, la quale non aveva mai smesso di cullare la propria bambina tra le braccia nel tentativo di farla stare tranquilla.
«Già... e purtroppo devo darvi un'altra orribile notizia» confessò il namecciano abbassando il volto cupo, percependo il respiro di tutti farsi più agitato. «Anche Tensinge Riff ci hanno lasciati».
Sospiri, tremiti, agitazione. I guerrieri stavano cadendo uno dopo l'altro come alberi sradicati dalla tempesta. Dovevano fare presto, dovevano assolutamente trovare il modo di aiutarli, e se l'unica soluzione era quella di distruggere le tanto amate sfere, allora così avrebbero fatto.
«Dobbiamo provare e in fretta, prima che ci siano altri morti da piangere. Cielo, spero che la mia Videl stia bene» bofonchiò Mr Satan con dei leggeri colpi di tosse. Le sue condizioni di salute si stavano aggravando giorno dopo giorno, sentiva nelle ossa che il tempo sulla Terra stava andando verso la conclusione, ma mai avrebbe voluto vedere sua figlia morire prima di lui.
Tutti si guardarono in pena, con un profondo dispiacere nell'animo nei confronti dei loro amici, non accorgendosi però che, nascosto tra la folla, il più piccolo di loro aveva appena realizzato qualcosa che l'avrebbe cambiato per sempre. Attirò l'attenzione con un singhiozzo che non riuscì proprio a trattenere, nascondendo poi il viso dietro un ciuffo di capelli neri che gli ricadde sulla fronte.
«G-Goku?» lo chiamò la dolce Patricia, la badante di Mr. Satan, sollevandogli delicatamente il viso con due dita. Egli tirò su con il naso, asciugandosi gli occhi con la manica della tuta verde.
«Io... io non vedò più la mia mamma» sussurrò il piccolo, con il labbro inferiore tremante, caricando tutta la forza spirituale che possedeva per non scoppiare a piangere. Avrebbe dovuto essere forte ad ogni costo: era un guerriero oramai.
Tutti trattennero il respiro. La pena che provarono per quel povero bambino fu talmente insopportabile che, per alcuni, fu impossibile dire qualcosa, parlare, rassicurarlo. Si congelarono.
«Goku... mi... mi dis-» sussurrò Dende in preda alla disperazione, interrotto però dal bambino il quale, con voce più ferma possibile, parlò e strinse entrambi i pugni.
«Fallo».
«C-come dici?» domandò il namecciano. Goku Jr alzò la testa per incrociare il suo sguardo; era fiero, coraggioso, potente. Poté percepire la sua aura aumentare, il suo Ki divenire più stabile, e in quel momento gli ricordò tantissimo Vegeta.
«Devi distuggele. Non voglio che anche il nonno muoia, e nemmeno la zia. Nessuno» parlò con sicurezza Goku Jr, comprendendo appieno che non ci sarebbe stato più nessuno che avrebbe riportato indietro la sua mamma, nessun drago, nessun desiderio, e quindi che sarebbe stato necessario distruggere le Sfere del Drago per poter salvare tutti gli altri.
Del resto aveva ragione, e questo lo capirono tutti: oramai Shenron non era più dalla loro parte e, dato che nessun drago avrebbe accettato di resuscitare i loro amici, allora tanto valeva non farsi troppi scrupoli.
E così Dende prese finalmente coraggio, lo prese da quel bambino che ne aveva da vendere, lo prese dal suo sguardo e dalla sua tenacia. Prese coraggio perché non ci sarebbe stato altro modo per contribuire a porre fine a quella guerra sanguinosa, per onorare coloro che erano caduti, per poter dare la possibilità a chi ancora aveva un cuore pulsante di speranza nel petto.
«È deciso allora» decretò il namecciano, voltando di scatto il capo in direzione delle sette sfere lampeggianti. «Distruggerò Shenron».

 

Caldo, fuoco, lampi di luce. Gogeta era inarrestabile, il freddo non prendeva più possesso delle sue giunture, non vi era più alcun colpo che potesse temere. La rabbia e il dolore per la perdita di ennesimi alleati ardeva nel suo petto e nulla, nulla avrebbe potuto spegnere quel fuoco.
E così, per la prima volta da quando la battaglia era iniziata, Loraymo si trovò in estrema difficoltà. Ma cosa poteva cambiare, del resto? Anche se fosse morto sarebbe potuto rinascere dalle proprie ceneri, e l'ibrido saiyan lo sapeva bene. Eppure non gli importava, eppure andava avanti, combatteva, colpiva come se dovesse porre fine alla sua vita una volta per sempre.
«Non fai più tanto il gradasso ora che la temperatura si è alzata, eh?» commentò Gogeta, insinuando un potente pugno tra le costole del proprio nemico. I fiocchi di neve che cadevano intorno a loro si scioglievano prima che potessero anche solo toccare l'epitelio del saiyan, tanto era il calore che emanava. E Loraymo percepì la pelle ardere e bruciare sotto la lunga tunica nera. I suoi bei capelli lisci color indaco erano spettinati, alcuni cristalli incastonati nella sua fronte si erano scheggiati.
«Sai bene che uccidermi non vi salverà, sciocco» commentò il possente avversario rispondendo al pugno con una ginocchiata che però non scalfì minimamente il Super Saiyan, il quale rise sadicamente come solo Vegeta sapeva fare. Era così chiaro, oramai, che la parte preponderante in quel momento fosse proprio quella del principe.
«Eppure ti brucia la sconfitta, eh? Brucia nell'orgoglio, vero?» soffiò Gogeta mostrando i denti bianchissimi, colpendo il nemico sotto il mento con la suola dello stivale nero, facendolo ribaltare in aria. «Sai, Loraymo, ho imparato a conoscerti in così poco tempo. Io studio sempre il mio avversario».
«Non sai niente di me, scimmione» controbatté, scagliando un colpo del Ki oramai troppo debole per poter veramente scalfire l'avversario.
«La parte di Lorayo che è in te non avrebbe mai accettato di morire in battaglia. Ti rode vero? Ti rende irrequieto!» Gogeta continuò a provocarlo. Sferrò una serie di pugni a raffica e scalfì le guance del nemico, provocandogli gravi escoriazioni. «Non ti darò questa soddisfazione. Dovrai vivere questa sconfitta secondo dopo secondo, maledetto essere».
Il Super Saiyan colpì il suo viso ancora e ancora per lunghissimi minuti, guardandolo poi finalmente rovinare a terra con un tonfo. Si avvicinò a lui sorridendo, con il dito puntato in direzione del suo cranio, illuminandosi ancor di più di luce dorata.
«Ci rivediamo alla prossima vita» commentò Gogeta in procinto di lanciare il raggio mortale ma, prima che egli potesse farlo, prima che potesse infliggere una volta per tutte il colpo di grazia al proprio nemico, accadde qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere, non in quel momento.
Un lampo di luce abbagliante avvolse il corpo del Super Saiyan di quarto livello facendolo tremare e, in una frazione di secondo, le molecole dei corpi che componevano l'ibrido si scissero nuovamente, ricomponendosi in due corpi ben separati.
«DANNAZIONE!» urlò sua maestà.
Realizzò immediatamente quanto fosse successo, voltandosi di scatto in direzione del suo alleato il quale, ancora incredulo, non poteva credere all'incredibile sfortuna che li aveva appena colpiti. Il tempo della fusione era terminato - ed era già durato fin troppo con la quantità enorme di energia che avevano utilizzato.
«Che pessimo tempismo» commentò Goku alzando gli occhi al cielo, udendo poi una fragorosa risata da parte del nemico il quale, rinvigorito dalla forza magica superiore dei Draghi, si alzò in piedi sulla neve ancor più spaventoso di prima.
Li attaccò entrambi con una velocità sovrumana e, con entrambe le braccia tese che andarono a colpire i volti dei due saiyan, li fece ribaltare sulla neve prima che potessero emettere altro suono.
«Siamo fottuti» grugnì Vegeta colpendo ripetutamente i pugni nella neve, nervoso e frustrato da quella situazione impossibile.
«Non se combatteremo tutti insieme!» lo incoraggiò Goku, rialzandosi di scatto. «GOHAN! GOTEN! EVA!»
No, la partita non era ancora finita. Non si sarebbe dato per vinto, gliel'aveva insegnato proprio il principe dei saiyan in persona. I suoi figli e la nipote misero a fuoco le loro figure attraverso la tormenta e giunsero in pochissimi secondi sul luogo della battaglia.
«Ricevuto!» gridò Gohan poggiando entrambi i piedi nella neve, fiancheggiato dai suoi compagni. Ci avrebbero pensato Bra, Junior, Snar e i gemelli a tutti gli altri, se la sarebbero cavata senza difficoltà ora che gli alleati erano aumentati di numero.
Vegeta alzò lo sguardo verso i quattro saiyan schierati a muro in direzione di Loraymo. Eva, Kaarot, Gohan e Goten. Avrebbero combattuto tutti insieme contro quel mostro, non gli avrebbero dato il tempo di fiatare. E, inutile dirlo, al principe bastò solo quell'immensa carica che il suo rivale aveva saputo infondergli per tornare anch'egli in prima fila. Si illuminarono tutti di luce dorata nel medesimo secondo e, con un acuto grido di battaglia, si scagliarono in direzione del nemico.
Combatterono, combatterono senza difficoltà. Cinque contro uno, ma poco importava delle regole. Non c'erano regole in quella guerra, avrebbero fatto di tutto pur di vincere, anche ammettere di essere più deboli.
Calci, pugni, attacchi dell'aura. I cinque Super Saiyan accerchiarono Loraymo e lo colpirono con una Kamehameha combinata, poi si avventarono su di lui come leoni sulla preda. Ed egli rispose, era fortissimo, estremamente difficile da abbattere. Si illuminò di luce argentea e congelò ogni cosa intorno a sé, il freddo diventò quasi insopportabile. E ancora calci, ancora pugni, ancora attacchi fino a che, tutto d'un tratto, un forte scossone fece tremare la terra sotto i loro piedi. Ogni combattente sul campo di battaglia si fermò, la nebbia divenne ancora più fitta, il vento della tormenta ancora di più pungente. Durò parecchi secondi, durante i quali la Terra tremò senza sosta, rendendo quasi impossibile mantenere l'equilibrio. Poi, così come era iniziato, cessò. E il silenzio colpì quella lingua di ghiaccio ospitante la guerra.
«E adesso cosa diavolo succede?!»



 
Continua...
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti miei cari e mie care... ebbene, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Ed è sempre così, sta accidentaccio di fusione: si estingue nel momento meno opportuno! Argh! 
Spero di avervi fatto cosa gradita con questa pubblicazione di metà settimana. La verità è che ho gran fretta di arrivare ad un altro punto della storia... ma non posso spoilerarvi niente :D
Quindi riassumiamo tutto ciò che è accaduto con la nostra edizione straordinaria di Tg Kaioh!


Riff ha utilizzato le sue ultime energie per combinare poco o niente, e ci ha lasciato subuto le penne. Così, pim pum pam. Ciò ha mandato in ebollizione le cellule del nostro Gogeta il quale, finalmente, ha scaldato per benino la situazione iniziando a combattere bene. 
Al tempio del supremo, nel frattempo, Dende svela le sue reali intenzioni: distruggere le sfere del drago, e quindi far fuori Shenron. Non con poche difficoltà, insomma, la vita non è più così facile senza sfere del drago!
Proprio nel momento catartico, proprio quando ci mancava tanto così per far fuori quel farabutto, la fusione si interrompe. Eccallà. Ma Goku sembra aver preso tutta la grinta del principe e, chiamando a sé figli zii cuggini parenti cumpari e nipoti torna in prima linea a combattere contro Loraymo. Ma sul più bello, una scossa di magnitudo 7.8 colpisce la Terra. Che diavolo è successo?


Non concluderò mai i miei capitoli senza lasciarvi con un quesito, un tarlo nella mente. C'è sempre qualcosa lì, in sospeso! Sono molto curiosa di leggere le vostre ipotesi... 

Passiamo alle Pagelle di metà settimana:

-Riff: "era rimasto senza mamma... un po' di umanità" (Cit.) insomma, tutte le volte che muore sembra che debba combinare un gran macello ma alla fine non succede poco o niente se non, appunto, che muore male. Gran dispiacere, ma almeno ha raggiunto il suo amico. Voto 6
-Dende: riesce a gestire alla grande il comizio di fronte a tutti i suoi elettori. Millanta grandi cose per propaganda elettorale, ma poi ci riuscirà per davvero a mantenere le sue promesse? "Vota anche tu il Movimento Sette Sfere". Voto 7.
-Goku Jr: benvenuto nel mondo reale, piccoletto. Dove la morte è irreversibile e non esistono miracoli. Ha ereditato la saggezza dal suo nonnino. Voto 8
-Loraymo: son tutti capaci ad avere la ruota della fortuna sempre girata dalla propria parte. Di un antipatia devastante. Parla poco, ma quando lo fa mi fa venire il reflusso gastroesofageo. Voto 3
-Gogeta: fai qualcosa, dannazione. Sei bello, bravo, forte, maestoso. Ma ti prego, vai da una cartomante o qualcosa di simile e fatti togliere di dosso il malocchio perché così non si può. Voto Mai na Gioia

Ragazzi/e, l'appuntamento di domenica rimane invariato :) presto si scopriranno tantissime cose, promesso. Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti coloro i quali mi seguono oramai quasi da un anno e che spesso e volentieri mi lasciano un parere su EFP o sul Forum. Luu, Cleo, Summer, Kamehamegoku, Daishinkan, Virusimpazzito, Great Saiyaman. Siete veramente meravigliosi! Grazie per aiutarmi in questa lunghissima impresa, sono davvero felice che continui a piacervi.
Ho visto che c'è anche qualche nuovo lettore silenzioso: non siate timidi! Fatemi sapere cosa pensate di questa epopea. 
A domenica!
Eevaa

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Capitolo 57
*** In extremis ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 57 - IN EXTREMIS



Falling too fast to prepare for this
Tripping in the world could be dangerous
Everybody circling is vulturous
At least I go down to the grave and I happily
Leave the body of my soul to be a part of me
I do what it takes
Whatever it takes
Cause I love the adrenaline in my veins
I do whatever it takes
Cause I love how it feels when I break the chains


Whatever it takes: https://www.youtube.com/watch?v=M66U_DuMCS8
 


 
Fumo. Fumo verde, poi rosso. Una grossa nuvola carica di elettricità, il grido disperato dell'ultimo secondo prima dell'implosione. E poi cenere, cenere cosparsa sul pavimento dorato della stanza circolare. Sei paia d'occhi puntati al terreno, sei paia d'occhi spalancati in un'espressione di sgomento, di sgradita sorpresa.
Non se ne era quasi reso conto, Shenron, che il suo tempo da Drago immortale fosse giusto al termine. Nessuno l'avrebbe mai sospettato, nessuno avrebbe mai ipotizzato una simile svolta. Una catastrofe, un'imprevista catastrofe.
Un fiocco di cenere ancora calda giunse fino ai piedi di Onyma, il Drago Superiore, il più potente di tutti, il drago dalla pelle metallica. La sua bocca si digrignò di rabbia, mostrando tutti i denti celesti e appuntiti con un ringhio.
Con uno scatto nervoso della mano fece ricomparire un ologramma al centro della stanza, raffigurante però uno scenario completamente diverso da quello che stavano osservando pochi istanti prima. Non vi era più una battaglia, non vi era più morte, distruzione e una manciata di guerrieri dai capelli dorati che cavalcavano l'onda dell'esaltazione. Un giovane namecciano, sudato e con il respiro affannoso, era inginocchiato sulle piastrelle bianche di un tempio e, di fronte a sé, sette pietre dalla forma sferica presentavano crepe visibili; fumo verde smeraldo aleggiava ancora nell'aria, a partire da esse. E Onyma ci mise poco, pochissimo a comprendere cosa fosse appena accaduto.
Un urlo assordante, spaventoso, grottesco rimbombò per tutta la stanza circolare, ove i rimanenti cinque draghi oltre a lui sembravano aver perso l'uso della parola. Si guardarono con espressioni vacue, non comprendendo cosa fosse quel sentimento nuovo che si stava facendo largo nelle loro menti. Loro erano esseri sacri, divini, non avevano mai avuto modo di provare simili sensazioni. La paura. La paura di cessare di esistere.
Polunga si alzò dal suo trono e si accovacciò al terreno prendendo una manciata di cenere con la mano sinistra, lasciandola poi cadere di nuovo, lentamente. Shenron era stato il drago più simile a lui, quello con più caratteristiche in comune. Non si sarebbero potuti definire propriamente amici, no. Il concetto di amicizia era estraneo alla loro natura, ma forse erano stati alleati. Avevano parlato tanto, nel corso della loro lunga vita. Si erano stimati e, forse, il grosso drago nerboruto di Namek portava nel suo cuore – qualora ne avesse uno – dei ricordi piacevoli nei confronti di Shenron. Che fosse tristezza quella che provava nel lasciarsi scivolare dalle mani gli ultimi resti del drago terrestre?
«Onyma, dobbiamo fare qualcosa prima che possa accadere ad un altro di noi» sibilò Konero. Si sporse con il viso rosso e appuntito verso il Drago Superiore il quale, con un grugnito, si alzò dal suo trono e iniziò a camminare avanti e indietro in mezzo ai suoi simili.
«Dobbiamo difendere le sfere, dobbiamo difendere i loro creatori» constatò il grosso drago dalla pelle metallica ponendo le mani verso l'alto. «Non vinceranno. Dovessi usare tutti i miei poteri fino allo sfinimento!»
Un fascio di luce si irradiò dalla sua figura, causando tremiti e scosse sia nella loro dimensione che nel mondo degli esseri umani. La guerra non sarebbe finita lì.

 
 
 

«E adesso cosa diavolo succede?» aveva urlato il principe dei saiyan dopo la potentissima scossa percepita in tutto il pianeta Terra. Tutto aveva tremato per parecchi secondi e il cielo, già di un colore spaventoso, si era fatto ancora più oscuro;  un'immensa spaccatura tra le nuvole aveva lasciato intravedere per qualche attimo un buco nero come l'ossidiana.
E, proprio in direzione di quel buco, alcuni dei combattenti si erano librati in volo, sparendo nei suoi meandri fagocitati dall'oscurità. I combattenti forti, soprattutto. Tutti tranne Loraymo il quale, impassibile, non aveva esitato a riprendere il combattimento attaccando Eva per prima.
«Non ci capisco più niente!» ululò Goku portandosi entrambe le mani tra i lunghi capelli neri. Si fiondò poi in direzione dello scontro insieme a tutti gli altri. Nessuno di loro avrebbe combattuto da solo.
«Sai che novità, Kaarot» commentò sarcastico il principe. Ma, in quell'occasione, persino il grande Vegeta non era riuscito a comprendere quale fosse stato il motivo di quelle sparizioni. Perché una manciata di combattenti aveva abbandonato il campo di battaglia? Nulla aveva senso, nulla stava seguendo un corso regolare in quella storia.
Gohan e Goku attaccarono Loraymo insieme, in pieno volto, con i pugni oramai sanguinanti e le giunture dolenti; egli rispose con un calcio all'addome a uno, e un pugno di tutta risposta all'altro. Eva, giunta dall'alto, provò con entrambe le mani unite a martello ad affondare il nemico ma, nonostante la sua velocità fuori dal comune, il mostro dalla pelle argentata sembrava essere sempre più veloce di lei.
Junior, Snar e gli androidi gemelli, vedendo scomparire i loro nemici di fronte ai propri occhi inghiottiti dal buco nero, si gettarono nuovamente nella tormenta per poter aiutare gli alleati rimasti mentre Bra, facente parte della razza saiyan, non resistette ad unirsi agli altri cinque membri della propria specie per affrontare il pericolo principale.
«Ragazzi! RAGAZZI, MI SENTITE?»
Una voce celestiale invase le menti di tutti loro, facendo però distrarre i due fratelli figli di Goku dalla lotta principale, i quali vennero scaraventati sulla neve senza troppi complimenti.
«Alla buon ora!» soffiò Vegeta digrignando i denti, riconoscendo forte e chiara la natura di quella voce.
«RE KAIOH!» urlò Goku. Si spinse contro il nemico accendendo una luminosa sfera di energia contro il suo stomaco, facendolo trascinare da essa fin contro una parete del ghiacciaio, dando così qualche secondo di tempo a tutti gli alleati di ricevere le informazioni.
«Ho ottime notizie: Dende e gli altri hanno trovato il modo di far sparire i Draghi!» rivelò la divinità dalla sua postazione nel regno dei morti, di fianco a Re Yammer.
«CHE COSA?!» gridarono tutti i buoni all'unisono, scambiandosi poi occhiate di eccitazione, sguardi che però vennero interrotti dal ritorno in auge di Loraymo il quale, gridando, si fiondò direttamente sul principe dei saiyan.
«È necessario convincere i loro creatori a distruggere le sfere, o eliminarli se si rifiuteranno di farlo. Se le sfere vengono disattivate il drago corrispondente ad esse sparirà per sempre. Shenron è già stato distrutto» svelò Re Kaioh del Nord con voce agitata.
Goku, per un momento, ebbe un tremito: Shenron li aveva salvati tante volte, li aveva resuscitati, aveva esaudito parecchi loro desideri. La sua avventura era iniziata proprio quando, insieme a Bulma, erano alla ricerca delle sue sfere. Era inoltre stato suo alleato nella Dimora dei Draghi ed era sicuro che, se fosse dipeso da lui, non sarebbe stato affatto necessaria quella guerra. A dispetto da quello che millantava Onyma - dichiaratosi neutrale nonostante fosse estremamente malvagio - Shenron era stato un drago buono.
Ma non era quello il momento di avere ripensamenti, di farsi scrupoli. Aveva scontato sulla propria pelle che fidarsi troppo avrebbe potuto rivelarsi fatale. Lo capì guardando Vegeta che, chissà come – dopo aver calciato lontano il nemico – sembrava aver capito ogni suo pensiero. Lo guardò con occhi gravi scuotendo la testa e, come di consuetudine, riuscì a riportarlo con i piedi per terra. No, non era il momento per provare pietà. Vegeta, Gohan, Goten e tutti gli altri erano più importanti di ogni cosa.
«Re Kaioh, ma è una notizia meravigliosa!» sentenziò Goku ritrovando il suo sorriso sornione.
«Sì, se non fosse per un minuscolo problema...»
«E ti pareva!» sbuffò il principe dei saiyan, poi prese con entrambe le mani la faccia di Loraymo, tirandogli una testata così forte da farsi male.
Non vi era secondo, neanche un attimo di respiro. Il nemico sembrava non esaurire mai le sue energie, era forte, troppo forte. E nemmeno sei valorosi guerrieri saiyan riuscivano a tenergli testa, tuttalpiù che la stanchezza stava iniziando a prendere il controllo dei loro muscoli. Goku e Vegeta dovevano ancora riprendere le loro piene energie dopo la fusione, ma non vi era tempo.
«Quando Dende ha distrutto Shenron temo che i Draghi si siano arrabbiati non poco: hanno mandato i combattenti più forti a difendere i loro creatori. Tranne quel mostro con cui state combattendo che, a quanto pare, è l'unico che vi sta dando realmente filo da torcere» spiegò accuratamente la divinità.
«Mi lasci indovinare: dobbiamo andare noi di persona per permettere ai namecciani di distruggere le sfere?» tirò ad indovinare Goku, venendo però colpito poi in piena schiena da una sfera di energia viola che lo fece precipitare al terreno. Egli si tirò su sui gomiti, tremando, volgendo poi il proprio sguardo verso i suoi alleati.
«Esattamente. Tu e Vegeta potete teletrasportarvi, siete i più veloci. E ci sarà Kibitoshin che vi accompagnerà sui pianeti più lontani».
Goku si rialzò a fatica dalla neve e barcollò. Il sangue che era sgorgato a fiotti dalle sue braccia gli si era congelato sulla pelle chiara, forti tremori interessarono la parte inferiore del suo corpo e, d'un tratto, la trasformazione in Super Saiyan si spense. Era giunto al limite: troppi sforzi, troppa tensione, troppa energia. Con un ringhio strinse i pugni e osservò sua nipote Eva insieme a Bra tentare di distrarre il nemico dall'attaccare il principe, ma poi venire scacciate con due semplici colpi dell'aura.
«E mi dica, come facciamo con questo qua? Non possiamo lasciare i ragazzi da soli, è troppo forte. Nelle condizioni in cui siamo riusciamo a malapena a tenergli testa in sei!» si inalberò Goku, stremato.
«Penseremo a una soluzione. Vado a consultarmi con gli altri» lo liquidò Re Kaioh, udibilmente agitato dalla situazione. Tutti dal mondo dell'Aldilà stavano osservando la battaglia, e ognuno di loro era rimasto assai sorpreso dalla tenacia e dalla grinta combattiva di quei valorosi guerrieri. Alcuni dei Kaioh, allibiti, non avevano la benché minima idea di come facessero a essere ancora vivi.



Goku provò a caricarsi, al limite dello svenimento. Anche se si fosse teletrasportato da Kibitoshin o Dende non avrebbero risolto il loro problema: se lui e Vegeta se ne fossero andati a zonzo per gli universi i loro alleati sarebbero stati pochi, troppo pochi per fronteggiare Loraymo.
«Kaarot, riposati un attimo, per l'amor del cielo, prima che questo ti faccia fuori» gli intimò Vegeta nel vederlo in quelle condizioni così pietose, tenendo lui stesso testa al nemico con chissà quale forza d'animo e fisica.
Goku sorrise: una volta il principe gli avrebbe semplicemente intimato di alzarsi e combattere, di non perdere tempo, di morire con onore piuttosto che risultare debole. E invece in quel momento si preoccupava per lui, per la sua salute, per la sua vita. Sorrise di più. Com'erano cambiate le cose nelle loro vite! Come avrebbe voluto che tutta quella catastrofe finisse una volta per tutte, il prima possibile, per poterlo ringraziare, riabbracciare, urlargli di gioia che finalmente era finita, farsi dare dell'idiota per l'eccessivo entusiasmo. Sognò a occhi aperti ancora una volta il futuro, prima di vedersi arrivare addosso una figura snella dai lunghi capelli rossi, completamente stremata ed esausta.
L'afferrò al volo, poggiandola poi nella neve. Ma Eva non si arrese, Eva si rialzò un'altra volta, l'ennesima volta, illuminandosi di nuovo di luce dorata dandosi lo slancio con le gambe per tornare in prima linea a difendere i suoi amici.
«DEVI MORIREEEE!» urlò lei riempiendosi entrambi i palmi di scariche elettrice, unendo poi le mani dritte in fronte a sé per diffondere tutta la sua rabbia in direzione di Loraymo, il quale però si scansò all'ultimo lasciando sparire la scarica di energia verso il cielo oramai nero. Si voltò verso di lei, mostrando il chiaro segno di uno sfregio a lato della guancia proprio dove era stato colpito, poi si asciugò il sangue color indaco con il dorso della mano rugosa.
«Mi hai proprio stufato, stupida piantagrane» ringhiò Loraymo. Aprì gambe e braccia e inarcò la schiena all'indietro, urlando di rabbia e caricandosi di energia malvagia. Tutti i combattenti vennero scansati ed egli, con un gesto deciso, aprì il palmo verso l'alto entro il quale vi si scagliò un fulmine argenteo proveniente dalle nuvole, indirizzando le saette come se fossero coriandoli in direzione di Eva la quale, però, non riuscì a spostarsi.
Venne investita in pieno, e una nuvola di neve e ghiaccio la avvolse.
«NO, EVAAAA!» urlò Goku nel vederla poi stesa a terra, in una linea sottilissima tra la vita e la morte. Bra si fiondò su di lei, nel tentativo di capire se non fosse troppo tardi.
Goku, assistendo alla sconfitta della nipote, si caricò di sgomento e, per un breve attimo, gli sembrò di riacquistare gran parte delle energie. Energie che avrebbe speso nel fargliela pagare, a quel maledettissimo e orribile mostro. Si lanciò verso di lui con un urlo disperato, tornando più irrequieto che mai nella battaglia.
Vegeta raggiunse sua figlia e la nipote di Goku e, vedendo che ancora respirava, tentò il tutto e per tutto per risvegliarla.
«EVA! EVA, SVEGLIATI! UN ULTIMO SFORZO!» le urlò schiaffeggiandola non troppo delicatamente, estraendo dalla tasca il sacchetto di lino che gli era stato fornito da Jirobei. Ella aprì gli occhi, tossendo sangue.
«V-Vegeta» sussurrò lei con uno spasmo.
«Tieni, è un Senzu».
«N-no... non sprecatelo... per me» soffiò Eva, perfettamente conscia che un fagiolo di Balzar sarebbe di gran lunga più servito a Goku o Vegeta. Solo loro erano in grado di sconfiggere quel mostro.
«Dannazione, donna! Mangia questo Senzu o te lo caccio in gola» la minacciò Vegeta vedendosi arrivare alle spalle Loraymo ma, fortunatamente, Bra riuscì a trovare il coraggio di frapporsi tra lui e suo padre, tenendolo impegnato per qualche secondo.
«Non ci servi da morta, testarda di una saiyan! Serviamo tutti in questa guerra» la rimproverò il principe, riconoscendo perfettamente quegli occhi: gli occhi di Radish. Gli occhi di un saiyan, e quindi gli occhi di un combattente orgoglioso che per difendere il suo popolo avrebbe dato la sua stessa vita. Vide Bardak in lei, e il principe sapeva benissimo cosa aveva fatto quell'uomo pur di difendere il pianeta Vegeta. Lo era venuto a sapere da uno scagnozzo di Freezer. Ma no, quello non era il momento di dare la propria vita, quello era il momento di rimanere in vita. Per lei, per loro, per la sua bambina. Per gli ultimi saiyan rimasti, per i terrestri, per i namecciani.
«Ma...»
«Niente ma! Tuo padre non avrà la soddisfazione di conoscerti ancora per un bel pezzo!» le disse Vegeta. Spinse con insistenza il fagiolo magico nella bocca rosea della saiyan, perfettamente conscio che, anche se ella fosse morta, di certo non avrebbe mai conosciuto suo padre. Non sarebbe finita all'inferno, ovviamente.
Ma, proprio nel momento in cui finalmente Vegeta aveva convinto la sua alleata a non darsi per spacciata, una grossa mano rugosa lo afferrò per il collo, trascinandolo con la faccia nella neve per qualche metro prima di alzarsi da terra tenendo il suo ostaggio a penzoloni.
«PAPÀ» urlò Bra in preda alla disperazione, fiondandosi nuovamente verso il nemico che non era riuscita a tenere a bada per troppo tempo.
«VEGETA!» lo chiamò forte Eva, rialzandosi forgiata da nuove energie dovute al fagiolo magico.
Il principe dei saiyan strinse forte le mani contro quella ghiacciate e rugose del nemico nel tentativo di riaprire la morsa che lo stava soffocando, ma tutto sembrò inutile. Inutili i calci, inutili i pugni. Nel giro di pochi secondi si ritrovò senza forze, senza le energie per opporsi. I suoi capelli biondi di spensero, le sue iridi verde acqua tornarono del colore della pece, e un senso di gelo iniziò ad invadergli tutto il corpo a partire dal collo.
«LASCIALO STAREEEEE» urlò Goku fiondandosi su di loro insieme a entrambi i suoi figli ma, aprendo il palmo della mano libera, Loraymo congelò con la sua aura tutto il paesaggio circostante respingendo tutti gli oppositori più e più volte.
Le labbra di Vegeta divennero viola, la pelle dell'attaccatura del collo quasi bianca. Sarebbe presto morto di ipotermia, oppure di soffocamento.
«Ngh... nh! Ah!» bofonchiò il principe con le pupille completamente dilatate. Le sue mani si fecero sempre più rigide, come se fosse stato immerso nell'azoto liquido.
«La pagherai per avermi messo i bastoni tra le ruote, lurido saiyan» gli sussurrò nell'orecchio Loraymo, con l'alito gelido.
«NO, VEGETA! VEGETA, RIBELLATI!» urlò Goku cercando di avvicinarsi con tutte le sue forze, ma le sue forze erano troppo poche. No, non poteva morire. Vegeta non poteva andarsene così, non era giusto. Non era per niente giusto, dannazione.
«Ka... Kk-rot» soffiò il principe guardando per l'ultima volta negli occhi l'uomo per il quale stava combattendo, percependo delle lacrime congelarsi prima che potessero sgorgare.
«VEGETA! VEGETAAAAA!» gridò Goku riuscendo finalmente a scavalcare quel muro di aura gelida che aveva creato Loraymo intorno a sé ma, prima che egli potesse raggiungere la persona a cui teneva di più al mondo, un raggio dello stesso colore del sole penetrò il muro dall'altra parte, trapassando il braccio del mostro.
In preda al dolore Loraymo mollò la presa e lasciò cadere Vegeta sulla neve dopo qualche metro in picchiata. Goku lo raggiunse in pochissimi secondi aprendo i suoi palmi verso di lui. Calore, calore dalle sue mani, calore dritto al cuore.
Il principe dei saiyan aprì gli occhi, completamente frastornato ma, dopo aver rivolto uno sguardo estremamente grato al suo rivale, la sua attenzione venne catturata da qualcos'altro, sopra di lui. Forse il reale motivo per il quale si trovava ancora in vita. Vegeta spalancò gli occhi, esterrefatto.
Due uomini, l'uno la fotocopia dell'altro. Uno più vecchio, dai lunghi capelli grigi raccolti in uno chignon disordinato e la barba folta e ben curata, l'altro giovane come lo ricordava. Li riconobbe subito. Li riconobbe entrambi e non poté fare a meno di provare una sensazione di pura gioia.




Continua...
 
ANGOLO AUTRICE:
... ragazzi! Mi merito un premio. OGGI NON HO UCCISO NESSUNOOOO! Beh, della squadra Z si intende... Shenron alla fine, nonostante fosse buono, era comunque da distruggere.
Siete un po' contenti? E' stato un capitolo abbastanza intenso e pieno di sorprese.

Oggi al Tg Kaioh voglio ricordare che è festa nazionale: l'autrice Eevaa ha deciso di mettere via la falce e non ha mietuto nessuna vittima dalla parte degli alleati. Shenron è morto, indagato per il suo omicidio un namecciano già noto alle autorità con accusa di sfruttamento minorile. I Draghi se la sono presa a morte, aprendo un portale per trasferire i combattenti più forti sui vari pianeti popolati da namecciani per difendere le sfere degli altri draghi.
I nostri eroi combattono da ore, e Loraymo non muore mai. Re Kaioh fa il facilone e dice a Goku e Vegeta di andare a cercare di vendere il pacchetto completo "distruggi un drago" ai capi saggi, ma non possono lasciare da soli i loro figli/nipoti/amici soli contro quel bestione.
Una battaglia incessante infuria e, dopo che Eva ha cercato di farsi ammazzare, Vegeta cade nelle grinfie di Loraymo. C'è mancato davvero poco che morisse sul serio, scena da cardiopalma. Ma due guerrieri misteriosi fanno capolino e salvano il regal deretano al principe dei saiyan. Chi sono costoro?


Forse i più arguti di voi avranno già capito di chi si tratta :) non esitate a scrivermi le vostre opinioni e cospirazioni :D
Passiamo alle tanto amate Pagelle:

-Goku: sto ancora tremando per lui. E voglio ben credere che, se non fossero arrivati i due guerrieri misteriosi, sarebbe ugualmente riuscito a salvare il principe. L'ho visto un po' fiacco in questo capitolo. Voto 6-.
-Vegeta: va sempre a finire che le prende di brutto per colpa degli altri, povero principe! Anche quando tenta di salvarli. Ha anche rischiato di farsi congelare le chiappe e morire male, a questo giro! Vince il premio survivor. Voto 7+.
-Eva: "no, prendi tu l'ultima fetta di torta" "no insisto, prendila tu" "no, davvero!" MA DANNAZIONE! Era il caso di perdere così tanto tempo per mangiare un dannatissimo senzu!? E non era nemmeno l'ultimo. Nobile gesto, ma tempismo inappropriato. Voto 4,5.
-Re Kaioh: "andate a fare una bella gita fuori porta e convincete i capi saggi a distruggere i draghi. Ah, già che ci siete passate dal macellaio e compratemi due etti di prosciutto e una fetta di cu*o tagliata vicino all'osso, grazie". Ma dico? Ma voi dall'aldilà proprio niente, eh? Beh, almeno avete fornito un piano. Voto 5,5.
-Dende: un colpo da maestro. One shot, one kill. Ebbravo muso verde, ora mancano solo 6 draghi da distruggere. Voto 8.
-Onyma: scopre che gli umani possono distruggerli. Ha paura. Si tira indietro? Certo che no! Facciamo ancora più casino! Poteri inversamente proporzionali alla diplomazia. Voto 3.
-Loraymo: ogni capitolo si scopre sempre più cordiale, gentile e simpatico come la tosse di notte, ma sembra essere inarrestabile. Ma di che materiale è fatto questo tizio? Possibile che nessuno riesca a farlo fuori? Un villain con la V maiuscola. Voto 6.


Gente... mi spiace dirvelo ma questa settimana non riuscirò a fare doppia pubblicazione, dovrete aspettare la prossima per scoprire chi sono quei due misteriosi. Chi indovinerà riceverà un premio simbolico settimana prossima :D
Un abbraccio a tutti,
Eevaa

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Capitolo 58
*** Gemello ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 58 - GEMELLO



 
Diverso. Quel posto, del quale echi ed echi di narrazione avevano influenzato il suo modo di pensare, era semplicemente molto diverso da come se l'era immaginato. E, soprattutto, non era poi così dissimile dal luogo dal quale proveniva.
Trunks si guardò intorno, di soppiatto. Non sapeva cosa avrebbe potuto comportare mostrarsi lì e oltretutto non sapeva nemmeno se gli fosse consentito. Quali conseguenze sarebbero capitolate? Non era ancora chiara la dinamica di funzionamento di quel macchinario ma, se sua madre lo aveva nascosto e categorizzato come “utilizzo vietato”, forse non avrebbe dovuto usarlo con tanta leggerezza. Che poi si era trattata davvero di leggerezza? A parer suo non ci sarebbe stata altra scelta. E, in fondo, l'avevano già utilizzata due volte e non era successo proprio un bel niente. Non esattamente lo stesso modello ma una copia simile, ma questi erano minimi dettagli.
Dopo essersi accertato che nessuno lo stesse osservando si diresse verso la grande porta a vetri infrangibili, posizionandosi dritto davanti allo scanner facciale e, dopo aver visto in verde la scritta “accesso consentito” - e come avrebbe potuto essere altrimenti? - si addentrò in quell'ingresso che gli sembrò di conoscere da sempre. Beh, molti dettagli erano differenti, a dirla tutta. Il colore delle pareti, il pavimento, le foto sul comò, l'arredamento ben più antiquato (o quantomeno che andava di moda quando egli era solo un bambino), decisamente ben più polvere sui soprammobili.
Sorrise senza uno specifico perché, poi si avvicinò a un quadretto appeso vicino alla porta del salotto e il suo sguardo cambiò: divenne accigliato, forse sorpreso. Era così strano vedere solo due persone invece che quattro in quel ritratto di famiglia, ed era altrettanto strano che, proprio lì vicino, vi era un'altra foto di una persona che mai si sarebbe aspettato di vedere lì. Allungò il dito verso di essa, sfiorando a malapena il volto di quell'uomo dai capelli neri e un aspetto molto differente da quello che conosceva. Perché Gohan non portava gli occhiali?

«Sei cresciuto, vedo».
Trunks si girò di scatto per mettersi sulla difensiva, con un sobbalzo. Ma di che cosa poteva essere spaventato, del resto? Sapeva che probabilmente lo avrebbe ritrovato lì. Solo che non pensava di vederselo spuntare alle spalle così presto e, soprattutto, con quell'aspetto. Si specchiò in lui con occhi sgranati e il fiato corto, abbassando poi le mani dalla difensiva a una posizione rilassata, lungo i fianchi.
«T-Trunks» soffiò provando quasi divertimento a pronunciare quel nome. Il suo stesso nome. L'uomo di fronte a lui alzò un sopracciglio, senza però muovere un solo muscolo.
«Arrivi dall'epoca che salvai molti anni fa, non è vero?» domandò Mirai Trunks alzando leggermente il mento ricoperto da una folta barba grigia.
«C-credo di sì, le coordinate erano quelle scritte sul foglio degli appunti di mia madre. Mi hanno raccontato molto di te» si apprestò a rispondere il ragazzo dai lunghi capelli lilla, non potendo fare a meno di contemplare quella versione di se stesso una ventina di anni avanti. Beh, se non altro non sarebbe invecchiato affatto male. Capelli grigi raccolti in uno chignon spettinato, la barba curata, poche rughe e una massa muscolare ancora ben definita. Anzi, molto più definita della sua.
«Capisco...» sussurrò Mirai Trunks, guardando fuori dalla finestra con il pensiero rivolto a quell'epoca nel quale era stato mandato più di venticinque anni prima. Quanti ricordi, quante volte aveva ripensato a suo padre - all'unico padre che aveva avuto modo di conoscere, il padre di quel ragazzo (oramai uomo) che si ritrovava davanti, impalato e terrorizzato come un perfetto imbecille. Era solo un bambino quando l'aveva conosciuto, aveva persino lasciato che giocasse con i suoi capelli. Sorrise, poi lo guardò di nuovo con aria triste e una sola domanda per la testa. «Loro... loro sono ancora... vivi?»
Trunks rimase sorpreso, ma effettivamente era una domanda più che legittima.
«Papà sì e anche Bra, ma purtroppo la mamma ci ha lasciati sei anni fa» confessò Trunks, poi ripensò alla fotografia appesa al muro. «Oh, anche Gohan sta bene!»
«Mi dispiace per la mamma. Anche qui è morta oramai vent'anni or sono, il cancro l'ha portata via...» spiegò l'uomo del futuro lasciandosi poi andare a un'espressione stranita. «Ma... ma chi è Bra?»

«Oh, scusami! Bra è mia sorella!» si apprestò ad annunciare Trunks, realizzando solo in quel momento che in quell'epoca Bra non era mai potuta nascere ed esistere. Si diede dello sciocco, ma poi si concentrò per un attimo sul fatto che Mirai Bulma, invece, aveva subito l'esatto destino di sua madre. Probabilmente era scritto nelle pagine della sua vita che sarebbe dovuta andare in quel modo, a prescindere dall'epoca o la dimensione.
Mirai Trunks rise e scosse la testa. Vegeta e Bulma avevano così messo al mondo un altro figlio! Allora suo padre era cambiato per davvero! Ricordò i tempi nei quali aveva avuto l'onore e il privilegio di combattere fianco a fianco con lui e, beh, di certo non si era rivelato il più mite e malleabile degli uomini. Aveva dovuto lottare parecchio per ottenere attenzioni e fiducia da parte sua e, naturalmente, anche alla fine di quella incredibile avventura aveva potuto ammirare solamente il seme del cambiamento in lui piantato. Quanti anni erano passati prima che germogliasse? Cosa era successo al principe dei saiyan? Com'era diventato? La curiosità lo attanagliò, avrebbe voluto chiedere di più, scoprire di più, ma per il momento si fece bastare quella lieta e meravigliosa notizia.
«Una sorella? È incredibile... che bell'epoca che si è andata a creare!» constatò, estremamente felice e compiaciuto. Forse era stato persino lui stesso a dare la possibilità a Vegeta di cambiare sul serio, quando era morto durante lo scontro con Cell. Sicuramente quell'evento gli aveva aperto gli occhi, perlomeno.

«Già, davvero molto bella...» sorrise Trunks ripensando alla sua famiglia, ai suoi amici, a suo figlio... alla sua amata Pan. «Se non fosse...»
L'uomo si interruppe. Ripensò a sua moglie. Cielo, era morta da pochi giorni e già sentiva da morire la sua mancanza, ancora non riusciva a capire come avrebbe fatto senza di lei. Ripensò al motivo per il quale era giunto in quell'epoca, per il quale aveva intrapreso quella strada forse non condivisibile, e in quel momento Mirai Trunks lesse nei suoi occhi un senso di sconfitta che riconobbe. Era il suo stesso sguardo quando era giunto nell'epoca passata a cercare aiuto.
«Siete in pericolo, non è vero?» domandò indiscreto il più anziano, già certo della risposta che il suo gemello del passato gli avrebbe fornito, ed infatti egli annuì. E che cosa avrebbe potuto fare, quell'uomo, se non aiutarlo in qualsiasi modo come i suoi amici di quell'epoca avevano fatto con lui molti anni prima? «Raccontami ogni cosa».



Gli raccontò davvero tutto, Trunks. Gli raccontò tutto di quegli anni che si era perso. Della nascita di Goten, che era diventato il suo migliore amico. Che Gohan si era sposato, aveva avuto una figlia ed era addirittura diventata sua moglie. Mirai Trunks non poté crederci e rise solo al pensiero di suo padre imparentato con “quell'insulso essere di terza classe di Kaarot” (e per fortuna nessuno poteva sapere cosa fosse successo tra quei due!). Gli raccontò di Majin Bu, di Shenron malvagio, del suo viaggio nello spazio, del Super Saiyan di quarto livello, del fatto che Goku se ne fosse partito per quindici anni per una dimensione fino a pochi giorni prima a lui sconosciuta. Gli raccontò della morte di Crilin, Yamcha, Chichi. Gli raccontò di Goten e sua sorella – e provò un gran prurito alle mani solo al ricordo -  della nascita di suo figlio Goku Jr, per la quale Mirai Trunks quasi si commosse. Gli narrò della malattia di Bulma, del desiderio dei suoi genitori di tornare giovani, ma poi della sua morte. Gli raccontò che Goku era tornato ed era stato segretamente nascosto da suo padre, della morte improvvisa della povera Pan e, finalmente, di tutto ciò che Goku gli aveva svelato. E infine, ovviamente, il loro piano di battaglia per difendere Goku e la Terra, che era poi il fine ultimo per il quale aveva deciso di giungere in quell'epoca a chiedere aiuto.
Una probabile battaglia sarebbe infuriata da lì ad una settimana, e i guerrieri schierati dalla parte del bene sarebbero stati pochi, troppo pochi. Anche solo un combattente in più avrebbe fatto la differenza, e Mirai Trunks era decisamente necessario per quella guerra, tuttalpiù che la sua aura – seppur a riposo – emanava un'energia devastante. Che si fosse allenato a lungo in quegli anni?
Inutile dire che l'uomo del futuro accettò senza alcuna remora, senza nemmeno esitare. Iniziarono ad allenarsi il pomeriggio stesso, in attesa di partire per il passato appena la Macchina del Tempo si fosse auto-ricaricata con energia solare (modifica importante apportata da Bulma rispetto al prototipo della macchina del futuro) per il viaggio di ritorno, da lì a qualche giorno. E in quei giorni parlarono, parlarono tanto, si confidarono, si scoprirono così simili eppure così diversi.

Mirai Trunks gli aveva spiegato di come aveva sconfitto nel futuro gli androidi e Cell in pochissimo tempo e, dopo aver finalmente liberato la Terra da tale sventura, le città avevano ripreso a fiorire, a popolarsi. Pur essendo molti anni nel futuro, però, le tecnologie non erano state così sviluppate per via delle catastrofi causate dagli androidi e, proprio per quel motivo, la Città dell'Ovest non era così differente da quella del passato, non c'era un paesaggio così futuristico rispetto al loro.
Gli raccontò di come, dopo la morte della madre, egli si era chiuso in se stesso. Sulla Terra non vi era futuro per lui, era solo e senza un fine. Era diventato così un eremita, aveva deciso di viaggiare nello spazio alla ricerca di una meta, di qualcosa per lui. E lo aveva trovato, oh, eccome se l'aveva trovato! Un piccolo pianeta ai confini della galassia, un pianeta rigoglioso con degli alieni molto simili ai terrestri. Li aveva aiutati nella tecnologia, aveva trovato il modo di procurargli energia solare, era diventato famoso in quel pianeta e tutti lo avevano ammirato e lo avevano accolto con fratellanza. Si era innamorato di una donna autoctona, una ragazza bellissima dalla pelle color amaranto, si erano uniti in una strana cerimonia matrimoniale e avevano continuato insieme a far fiorire quel luogo. A causa della diversità di specie non avevano potuto generare figli, ma avevano vissuto insieme per venti lunghi anni tuttavia, con la prematura morte di lei, egli aveva capito che forse nemmeno il pianeta Uyis avrebbe potuto fornirgli l'esistenza felice che meritava. Così, dopo vent'anni di assenza, era ritornato sulla Terra e si era ritrovato di nuovo solo, giusto qualche settimana prima che Trunks arrivasse a chiedergli aiuto. Era stato davvero fortunato a trovarlo lì, se fosse rimasto sul pianeta Uyis Trunks se ne sarebbe dovuto tornare a casa con le tasche vuote, e invece il destino aveva voluto che si rincontrassero. E cosa aveva da perdere Mirai Trunks, del resto? Non vi era più niente per lui, lì. Niente e nessuno che potesse aiutarlo a rinascere, quando invece nell'epoca passata avrebbe potuto devolvere la sua vita ad aiutare i suoi cari. Suo padre, il suo amato padre.
•••


[Mirai Trunks, fanart realizzata da Giosuè Graci]

«T-Trunks... oh, Trunks, grazie al cielo» soffiò Vegeta riprendendo colore sulle labbra violacee. Gli Dei solo sapevano quanto avrebbe voluto abbracciarlo e, anzi, abbracciarli tutti e due. Suo figlio e suo figlio del futuro, quel ragazzo che l'aveva aiutato a cambiare per davvero. Da quanto tempo non lo vedeva? Quanti anni erano passati? Quaranta? Era quasi vecchio, oramai. Avrebbe voluto stringerli ma si trattenne e, con il suo solito aplomb, si rialzò dalla neve e riprese fiato, ringraziando tutte le stelle che il suo primogenito fosse sano e salvo. E anche Goku, ancora con le lacrime agli occhi, non poté fare a meno di sentirsi grato nei loro confronti per essere arrivati proprio in quel momento a salvare la situazione. Ancora qualche secondo e Vegeta sarebbe morto, morto a causa di quel mostro di Loraymo.
«Due... due Trunks?» commentò Bra, sbalordita, con la bocca ancora spalancata dallo stupore.
«Ti sei... sdoppiato?» ipotizzò Goten continuando a fissare prima uno e poi l'altro, due gemelli dall'aspetto quasi identico.
Anche Loraymo, con il braccio grondante di sangue dopo l'attacco a sorpresa di uno dei due uomini, si era fermato per qualche istante con gli occhi gonfi di rabbia e la bocca digrignata nel più totale sdegno.
«È una storia lunga, ragazzi. Bentornato, amico!» disse Gohan rivolgendosi al più anziano dei due. Era solo un ragazzino quando l'aveva conosciuto, ma erano diventati subito molto complici. Era un vero piacere per lui rivederlo, anche se i più giovani di quel gruppo non avevano la benché minima idea di chi lui fosse. Del resto non erano ancora nati quando c'era stato lo scontro con Cell.
«E questi due seccatori chi diavolo sono?!» grugnì Loraymo lanciando un attacco dell'aura in direzione del più anziano, il quale deviò il colpo senza nemmeno battere ciglio. Il freddo e il gelo emanato dal nemico sembrava che non lo scalfisse più di tanto. Vegeta lo squadrò da capo a piedi, ammirandolo gonfio di orgoglio: era forte, fortissimo. Si era allenato duramente negli anni, si vedeva a colpo d'occhio. Mirai Trunks aveva speso un sacco di energie per difendere gli abitanti del pianeta Uyis dagli attacchi di alieni interessati alle risorse sul loro territorio, alcuni anche piuttosto agguerriti.
«Papà, Goku, perché questi mostri sono già arrivati? Sono cinque giorni in anticipo, dannazione!» fece notare Trunks guardandosi intorno, non accorgendosi fortunatamente delle guance di Gohan che assunsero un colore dal rosso al viola. Era stata quindi una vera fortuna che la Macchina del Tempo si fosse ricaricata così velocemente, altrimenti sarebbero arrivati troppo tardi.
«Ehm... cambio di program-» si limitò a rispondere Goku, interrotto però dalla brusca voce di Vegeta il quale, adirato più che mai, si gettò verso il figlio con aria minacciosa mentre, poco distante, Gohan aveva iniziato a battersi contro Loraymo per tenerlo a bada. 
«Si può sapere perché diavolo non hai detto niente a nessuno, eh? Lo sai quanto siamo stati in pena?» abbaiò Vegeta rivolto a suo figlio. Dopo un primo momento di sollievo, infatti, il principe non aveva potuto fare a meno di notare quanto Trunks fosse stato irresponsabile a partire senza nemmeno avvisare. In un momento come quello, per giunta!
Trunks arrossì dalle dita dei piedi fino alle orecchie, intimidito dalle parole del padre.
«E dai, papà... non sono più un ragazzino» mormorò, con la testa abbassata.
«Questa è proprio bella!» commentò Mirai Trunks incrociando poi lo sguardo compiaciuto e divertito di Goku. Suo padre era cambiato proprio tanto per ammettere davanti al figlio che si fosse preoccupato per lui, e di questo ne fu estremamente lieto seppur divertito. Cielo, quante cose si era perso, quanti miracoli erano avvenuti e lui non ne aveva saputo niente.
«Silenzio tu, noi facciamo i conti dopo. Ah, bentornato» lo zittì Vegeta con un sibilo, tornando a rivolgersi poi a suo figlio (quello vero). «Dopo quello che è successo a Pan avresti dovuto avvertirci, quantomeno».
«Papà ha ragione, razza di scellerato. Non hai pensato a tuo figlio?!» lo ammonì Bra con le braccia incrociate e l'aura strabordante di rabbia.
Mirai Trunks si estraniò dal mondo per qualche istante, visualizzando nella sua interezza quella figura dai corti capelli biondi rivolti verso l'alto. Non ebbe dubbi, e non perché quella donna aveva appena chiamato Vegeta “papà", non perché era chiaramente una Super Saiyan, ma perché vi era così tanta somiglianza tra le loro aure. E, dettaglio ben più visibile ad occhio nudo, fisicamente era l'esatta fotocopia di sua madre. Lei era Bra. Quella donna bellissima era sua sorella e non poté fare a meno di pensare che la vita, in quell'epoca, era stata un vero e proprio miracolo. Si sentì fiero e orgoglioso di averli aiutati molti anni prima, e non avrebbe permesso a quei mostri senza cuore di sradicare la felicità di quel mondo.
«Veramente Goku Jr sapeva tutto» si giustificò Trunks, con le gote ancora scarlatte.
«CHE COSA!?» gridarono all'unisono padre e figlia, schivando poi Gohan, Goten e Loraymo i quali si stavano fronteggiando senza sosta.
Vegeta spalancò la bocca e giunse da solo a un'epifania alla quale non aveva mai ponderato, o quantomeno alla quale non aveva dato così tanto adito.
“Sono cicuro che papà sta bene” aveva detto Goku Jr il giorno in cui Trunks era scomparso nel nulla. Un bambino che aveva perso la madre pochi giorni prima non avrebbe potuto reagire con così tanta indifferenza e sicurezza di fronte alla scomparsa dell'unica figura genitoriale rimasta. Nemmeno se quel bambino era, in parte, anche saiyan.
«Maledetto moccioso» gracchiò Vegeta con un sospiro di sollievo. Quantomeno lui era l'unico a non essersi preoccupato.
«LA RIUNIONE DI FAMIGLIA È FINITA!» urlò Loraymo il quale, con facilità, aveva atterrato momentaneamente i figli di Goku gettandosi poi con rabbia in direzione del principe dei saiyan.
Ma egli, quella volta, non si fece prendere alla sprovvista e, con una nuova fiamma di speranza nel cuore, schivò l'attacco rispondendo al fuoco con il fuoco, facendo poi cenno ai suoi due figli – quello del presente e quello del futuro – di procedere alle danze. E, immediatamente, entrambi si scagliarono contro il nemico con furia e orgoglio.
Finalmente, dopo ore e ore durante le quali il destino sembrava aver giocato contro di loro, la ruota della fortuna sembrò girarsi dalla loro parte. Goku e Vegeta si guardarono e, senza pensarci, annuirono a vicenda. L'arrivo dei due Trunks avrebbe permesso loro di staccarsi da quella battaglia e teletrasportarsi sugli altri pianeti, di andare in missione come Re Kaioh gli aveva chiesto, di mettere la parola fine a quella guerra una volta per tutte. I due saiyan si fissarono a lungo, intensamente, prima di portarsi entrambi due dita sulla fronte nel medesimo momento.
«È giunta l'ora di fare a pezzi qualche drago!»
Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno gente :D E' TORNATOOOOOOO! Evvivaaaaa *pépépééééé*! Il mio Trunksone è tornato ed ha portato con sé uno splendido regale. Un Mirai Trunks brizzolato e sexy hypster. Non potevo lasciarlo fuori da questa storia, l'amore mio (per chi non lo sapesse nutro un amore profondo per il ragazzo del futuro. Andate a dare un'occhiata alla mia Dragon Ball GA - Game of Ages se anche voi siete suoi ammiratori)
E, soprattutto, non avrei mai potuto far fare a Trunks una brutta fine. Avevo pensato per un attimo di trasformarlo in una marionetta comandata dai draghi ma NO! No no e no. Troppo poco credibile. Lui è il figlio del principe dei saiyan, non si sarebbe mai lasciato manovrare la mente dai draghi.
Capitolo di passaggio, leggero e credo anche piacevole. Finalmente un sospiro di sollievo per i nostri amici! Ditelo... e ditelo che siete un po' contenti! Dopo tutto sto macello!
Adesso finalmente i nostri eroi potranno andare sui pianeti dei namecciani a far disattivare tutte le sfere del drago! Andrà tutto liscio? MHAUHAHAHA.

Procediamo immediatamente con le Pagelle:
-Trunks: non posso fare a meno di concordare con Vegeta e Bra nel dire che QUESTA STORIA NON E' UN ALBERGO! Va via e non avvisa, lo chiamo e non risponde. In castigo per una settimana!!! Raggiunge la sufficienza solo perché ha avuto la geniale idea di riportarmi il Mirai. Voto 6-
-Mirai Trunks: mi correggo gente. Se fin ora ho sempre dichiarato che il premio "Mai na gioia" lo avrebbe vinto il povero Vegeta, non è stato nulla in confronto alle pene patite da suo figlio del futuro. Epoca distrutta dai cyborg, gli muore l'unica parente rimasta, fa la vita di eremita, finalmente trova una moglie e questa gli muore prematuramente... che vita di merda, eh, scusate! Dargli un voto basso sarebbe sparare sulla croce rossa. Voto 10. Ti amo.
-Vegeta: e smollaglielo un abbraccio, santissimo il cielo! Che sotto quella dura corazza sei più morbido di un muffin. Mi unisco totalmente alla sua protesta e me lo immagino vestito con la cuffietta, le ciabatte e la vestaglia rosa pronto a sculacciare il figlio con il battitappeto. Premio casalinga disperata. Voto 8.
-Goten: ma che sei scemo? Ma se uno è più vecchio e uno più giovane, come fa ad essersi sdoppiato? Kami, sei figlio di tuo padre. Voto 5.
-Loraymo: allora, capiamoci cocco... quando i miei eroi parlano tu devi startene zitto e muto. Le riunioni di famiglia le interrompi a casa tua. Voto 1.


Bueno gente, dopo questo lunghissimo delirio vi saluto e vi aspetto domenica prossima. Vi anticipo già che durante le vacanze di Natale ci scapperà una pubblicazione extrasettimanale :) poi vi informerò meglio.
A presto e grazie a tutti come sempre!
Eevaa
 

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Capitolo 59
*** Il perdono ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 59 - IL PERDONO




And the battle's just begun
There's many lost, but tell me who has won
But I won't heed the battle call
It puts my back up against the wall
Wipe the tears from your eyes
Because tonight... we can be as one, tonight.


Sunday bloody sunday: https://www.youtube.com/watch?v=LQZLPV6xcHI

 
 

 
L'atrio delle porte dell'Aldilà profumava di incenso, di ginepro, di salvia e rugiada. Goku e Vegeta approdarono in quel mondo proibito agli esseri viventi con un sospiro e il petto ricolmo di emozione. Occhi negli occhi, cuori martellanti. Una nuova avventura, per loro, stava per avere inizio. L'ennesima avventura insieme, l'ennesima missione da compiere, nuovi avversari da fronteggiare. Una sfida all'ultimo colpo e la grande speranza che fosse l'ultima titanica guerra prima della pace perenne.
Meritavano di vivere sereni, in pace, senza rischiare la pelle una volta ogni cinque o dieci anni. Meritavano una vita insieme.
Kibitoshin si fiondò immediatamente sulle due figure, aprendo entrambe le mani rivolte verso i loro toraci. Le ferite si rimarginarono, i lividi sbiadirono, il rumore delle ossa rotte che si risaldavano riempì le loro orecchie, la stanchezza abbandonò le loro giunture possenti. Energia, energia pura. Nonostante i vestiti ridotti a brandelli, il sangue essiccato sui loro volti e i capelli inzuppati dalla neve, i due saiyan si sentirono rigenerati nel corpo e nello spirito. Calore, tanto calore.
Non ebbero però tempo di gioire, di riposarsi, di confrontarsi. Quattro Kaioh dall'aria preoccupata li scortarono a passi spediti nella grande stanza di Re Yammer, ove il guardiano dell'Aldilà, Baba, Kaiohshin il Sommo e altre alte figure dall'aspetto bizzarro li stavano attendendo con trepidazione. Vociare incessante, domande, raccomandazioni.
«Dovete fare alla svelta. Non dovete assolutamente perdere tempo» asserì Baba mostrando tramite la sfera di cristallo immagini veloci, troppo veloci per comprendere realmente a cosa sarebbero andati incontro. Tanti namecciani, immagini di Sfere del Drago di ogni dimensione, occhi malvagi.
«State uniti. Sempre. Solo insieme potrete farcela, dovete guardarvi le spalle a vicenda» si raccomandò Re Kaioh del Nord enfatizzando l'ultima frase. «Niente colpi di testa, niente brillanti idee tipo “dividiamoci”, niente di niente».
I due saiyan si guardarono e annuirono. Non ci sarebbe stato bisogno di aggiungere altro e, anzi, non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di specificarlo. Non si sarebbero mai abbandonati, per nessun motivo al mondo. Non in una situazione come quella, non dopo i recenti avvenimenti, non dopo aver compreso quanto fossero forti e imbattibili insieme. Insieme non si sarebbero mai persi. A Goku sarebbe bastato perdersi negli occhi di Vegeta per ritrovare la strada e il burbero principe, invece, si sarebbe inebriato di tutta l'energia e la vitalità di Kaarot per darsi la forza necessaria.
«Abbiamo già dato tutte le disposizioni ai vecchi saggi namecciani su ciò che devono fare. Il vostro compito è quello di andare là e permettergli di distruggere le sfere, scontratevi con i nemici mandati dai Draghi per impedirne la distruzione» puntualizzò il Sommo indossando poi un'espressione amareggiata. «Ma... alcuni non vorranno farlo. C'è chi ha paura di essere ucciso di conseguenza. Ma c'è anche chi patteggia con il nemico. Non tutti i namecciani sono buoni come quelli del pianeta Namek».
«E che cosa facciamo se non volessero distruggere le loro sfere?» domandò ingenuamente Goku, conoscendo purtroppo in cuor suo la risposta.
«Non avete molta scelta, temo. O provate a convincerli...» rispose il vecchio Kaiohshin con voce impercettibilmente tremante «... o dovrete ucciderli».
Vegeta deglutì. Uccidere namecciani era una cosa che aveva già fatto in passato. Quei fantasmi non lo avrebbero mai lasciato in pace e, in quel momento, le loro urla riecheggiarono nella sua mente come graffi su una lavagna. Brividi. Si voltò verso Goku mordendosi il labbro, ed egli capì immediatamente quale inferno si stesse scatenando nella testa di Vegeta. Ma il suo sguardo di risposta fu piuttosto eloquente: non vi era il motivo per sentirsi di nuovo il distruttore principe dei saiyan. Lui aveva avuto una scelta, la scelta di non farlo, di non spezzare vite innocenti. Invece Vegeta, il Vegeta del presente... di scelte non ne avrebbe avute. E le vite che sarebbe stato costretto a infrangere non sarebbero state tutte innocenti.
«Se il creatore delle sfere muore, di conseguenza le sfere si disattivano. Ma badate bene: gli aguzzini della Dimora dei Draghi non vi permetteranno di ammazzarli tanto facilmente» specificò Kibitoshin, mettendo le mani una sulla spalla di Goku e una su quella di Vegeta. «Tutto chiaro? Siete pronti?»
I due guerrieri annuirono in silenzio e avvertirono i propri respiri farsi più pesanti, più ansiosi.
«Bene. Iniziate da Neo Namek, una missione facile. Potete andarci da soli, i namecciani sono i vostri alleati e il capo saggio ha acconsentito alla distruzione delle sfere, solo lo tengono in ostaggio» suggerì il Kaiohshin più giovane. Portò entrambe le mani unite come in un gesto di preghiera, osservando poi i due saiyan avvicinarsi di più l'un l'altro per creare un contatto. Sarebbero dovuti atterrare nel medesimo luogo. Non ci fu bisogno di impartirsi ordini o suggerimenti, fu tutto automatico e l'intesa tra i due non era mai stata più forte di così. Vegeta si aggrappò con una mano alla scapola del suo alleato stringendo quel tanto che bastasse per non rischiare di staccarsi ed egli, chiudendo gli occhi, ricercò l'aura del capo saggio di Neo Namek.
«In bocca al lupo, ragazzi» sussurrò Re Kaioh pochi istanti prima di vederli scomparire nel nulla, insieme.

 

Ne mancavano solo sei, sei draghi da distruggere, sei collezioni di sfere da far evaporare perché, inaspettatamente, Shenron era stato il primo a perire. Shenron, il quale era uno dei draghi considerati “buoni” era stato il primo a spegnersi sotto comando del suo padrone. Dende, ancora sudato e con il fiatone, non riusciva a contrastare quei tremiti incontrollati che si erano impossessati delle sue mani.
Con le ginocchia a terra e l'aria assente, egli non aveva ancora proferito parola da quando i Kaiohshin lo avevano contattato telepaticamente per renderlo partecipe degli sviluppi. Era fatta: Shenron era stato distrutto sul serio, e in quel momento sarebbe toccato a tutti gli altri creatori il difficile compito di far spegnere per sempre le Sfere del Drago.
«Supremo, si sente bene?» domandò Popo dopo interminabili minuti di silenzio. Il namecciano rizzò le antenne e scosse la testa in un gesto nervoso.
Terrore, puro terrore si stava facendo breccia nel buon cuore di Dende, il quale purtroppo non era stupido, ingenuo e nemmeno incosciente. Aveva capito, capito tutto: sapeva di quel che era successo sugli altri pianeti dei namecciani, sapeva che i Draghi avessero mandato degli aguzzini a proteggere le sfere, e sapeva bene che anche il suo comportamento non fosse di certo passato inosservato. Non avrebbero lasciato correre, non l'avrebbe passata liscia, non dopo il gesto da lui compiuto.
Sarebbe stata solo questione di tempo, e non poteva permettere che delle vite innocenti venissero messe in pericolo a causa sua.
«Andatevene da qui» sibilò il namecciano. Alzò improvvisamente il capo in direzione di quella cerchia di persone le quali, come se fossero state colpite da un fulmine, si irrigidirono esterrefatte.
«CHE COSA?» urlarono all'unisono, come un coro natalizio decisamente troppo macabro.
«Se non volete salpare con la navicella spaziale prendete un aereo e andatevene via immediatamente. Nascondetevi in un altro posto ma non qui» ordinò Dende. Riuscì finalmente ad alzarsi in piedi e diede le spalle alla piccola folla.
«Non possiamo lasciarti solo!» decretò Martha strattonando il namecciano per la lunga tunica.
«FATE COME VI DICO!» abbaiò il Supremo, stringendo forte entrambi i pugni nel tentativo di calmarsi e spiegare il proprio punto di vista con raziocinio. «Verranno a cercarmi e voi non potete stare qui. Evitiamo un'altra strage di innocenti. Non possiamo combatterli ed è il caso di limitare le perdite».
«No, Supremo! La prego!» piagnucolò Popo con gli occhi velati di lacrime e la bocca digrignata di dolore, guardando poi Dende voltarsi con occhi gravi.
«Alphonse, so che hai delle capsule. Mi rivolgo a te: porta in salvo tutti. Se non dovesse succedermi niente ci rivedremo presto, ve lo prometto. Ma non possiamo rischiare» sussurrò compassionevole il namecciano, trovando nella propria dignità e nel proprio orgoglio il coraggio di rimanere solo. «Vi supplico, fate come vi ho detto. Non costringetemi a ordinarvelo».
Alphonse - l'uomo spallato dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda - guardò dritto negli occhi quell'alieno dall'aspetto bizzarro per qualche secondo. Lo conosceva da meno di un giorno ma aveva ben compreso il senso di quel gesto, la supplica reale di un essere umano che avrebbe dato la vita pur di difendere quella dei propri amici. Era il Kami della Terra, anche volendo non avrebbe potuto contraddirlo, se avesse loro ordinato qualcosa. Oramai aveva preso una decisione, ed egli non avrebbe potuto fare altro che rispettarla. Annuì con estrema pacatezza, tra le proteste dei più coraggiosi.
Estrasse dalla tasca la capsula del suo jet privato con il quale volava durante i tour con la band e la lanciò in direzione dell'esterno, dirigendo poi il traffico delle persone per farle salire sul mezzo di trasporto. Decisero che sarebbero andati alla Capsule Corporation fino a nuovo ordine. Se non fosse successo nulla a Dende, tanto meglio.
Il vociare si era fatto incessante, le proteste sempre più accese, ma in pochi minuti erano stati imbarcati sul jet, compresi i due bambini i quali, come pronosticabile, avevano portato avanti la resistenza più accesa. Così, silenziosi come fantasmi, avevano lanciato un'ultima occhiata a colui che era il loro Kami, salpando alla volta di un nuovo luogo di salvezza.
Dende li guardò sparire tra le nuvole con avvilimento, sospirando nella nebbia e nel buio causato da quelle dense nuvole che avevano avvolto l'intero pianeta. Cercò di mantenere il contatto visivo nella loro direzione per qualche secondo, giusto il tempo per contemplare l'orizzonte ancora una volta e pregare che li avrebbe rivisti presto, poi si voltò per tornare a nascondersi in quello che era il suo tempio.
Camminò lungo il viale delle palme lentamente, addentrandosi nel suo rifugio con passi incerti, fino ad interrompersi di fronte all'altare di quelle che erano una volta le sette Sfere del Drago. Si interruppe e lo vide, vide con i propri occhi la prova che ciò che aveva pronosticato non fosse stato affatto un semplice delirio dettato dalla paura. Un uomo alto, massiccio, dalla pelle color ocra e gli occhi completamente neri come due fessure stava sorridendo di fronte a lui. Si squadrarono per qualche interminabile e densissimo secondo, poi Dende chiuse gli occhi pronto a ricevere quella che sarebbe stata la sua ultima condanna.

 

Una manna dal cielo. Tutti i combattenti rimasti della nuova squadra Z non poterono fare a meno di ringraziare il figlio di Vegeta per aver avuto quella trovata geniale di viaggiare avanti nel tempo per portare indietro il suo gemello del futuro. Una vera e propria manna dal cielo perché Mirai Trunks stava riuscendo a tener testa a Loraymo nonostante le evidenti difficoltà, combattendo come un vero leone. Senza di lui e senza l'aiuto di Goku e Vegeta non ce l'avrebbero mai fatta, sarebbero stati sconfitti in pochi minuti.
«Non c'è che dire, ragazzo, sei proprio figlio di tuo padre» commentò Gohan dandogli manforte in un momento particolarmente catartico. Mirai Trunks sorrise, soddisfatto di quel complimento. Quell'uomo era più importante per lui di quanto chiunque potesse immaginare. Gohan era stato il suo maestro e, sebbene quell'uomo brizzolato di mezza età fosse completamente diverso fisicamente e caratterialmente dal suo oramai defunto amico, in fondo poteva considerarlo la stessa persona.
E, se lungo tutta la lingua di ghiaccio la tormenta scatenata dalla battaglia incessante di tutti i combattenti di medio o basso livello non accennava a placarsi, i lampi e gli attacchi dell'aura dei Super Saiyan sembravano aver sciolto gran parte della neve.
Mirai Trunks combatté a lungo, schivando attacchi e colpendo il nemico ripetutamente nonostante sembrasse quasi inscalfibile. Purtroppo, però, ci sarebbe voluto ben altro per riuscire a metterlo al tappeto oppure tenergli testa fino a che Goku e Vegeta non avessero portato a termine la loro missione.
Bra, Eva, Gohan, e Mirai Trunks avrebbero potuto continuare a battersi con coraggio, ma tutti loro sapevano che c'era solo una persona oltre al ragazzo del futuro a poter dare una vera svolta a quella situazione. O meglio: due persone unite in una sola.
«Trunks! Goten! Dovete fare la fusione, subito!» ordinò Gohan respingendo con entrambe le mani un attacco dell'aura di Loraymo, scaraventandolo in direzione di quello che una volta era il loro cielo azzurro.
I due ragazzi si guardarono, come pietrificati. La fusione. Era dai tempi di Majin Bu che non ricorrevano a quella tecnica, e di certo quello sarebbe stato un buon momento per rispolverare quell'ibrido insolente che prendeva il nome di Gotenks ma... ma Trunks non riusciva affatto a essere razionale. Non riusciva più nemmeno a combattere al fianco di Goten senza perdere lucidità, figurarsi a combattere insieme nello stesso corpo!
«Trunks... Gohan ha ragione: dobbiamo farlo» lo incitò Goten, con le guance completamente dipinte di rosso porpora. Imbarazzo, tutti potevano percepirlo, ma nessuno più di Goten avrebbe potuto comprendere pienamente quanto potesse costare chiedere al suo ex migliore amico una cosa del genere. Non dopo quello che aveva combinato, non dopo che avevano passato i precedenti due anni a salutarsi a malapena. Non avevano nemmeno avuto modo di confrontarsi, lui non aveva nemmeno avuto modo di scusarsi per davvero. Trunks non aveva voluto sentire ragioni, aveva semplicemente tagliato i ponti e, se non fosse stato per Pan, non sarebbe nemmeno più tornato a salutarlo.
Come poteva chiedergli una cosa del genere, in quel momento? No, non ce l'avrebbe fatta. Scosse la testa in segno di negazione e si lanciò verso il nemico da solo, cercando in tutti i modi di non farsi sopraffare dalla sua aura malvagia così come stavano facendo tutti gli altri: individualmente.
Ma tutti gli altri stavano combattendo da tanto, troppo tempo, e le loro energie erano quasi giunte al capolinea. Mirai Trunks non ce l'avrebbe fatta da solo con le sue incredibili forze a tenergli testa.
«Trunks, lo so che tu e mio fratello non avete dei trascorsi piacevoli, ma devi cercare di mettere da parte il tuo astio» tentò di convincerlo Gohan trasportandolo fuori dal combattimento, lasciando per qualche secondo che fossero tutti gli altri ad intervenire. Persino Goten il quale, amareggiato e deluso, aveva iniziato ancor di più a perdere colpi.
«No, non posso farlo Gohan» negò ancora una volta Trunks, osservando tutti i Super Saiyan accendersi e contrastare Loraymo in quello che era il suo attacco migliore, ma poi venire scaraventati tutti e quattro sul terreno brullo appena affiorato dalla neve.
«Ricordati cos'eravate quando combattevate insieme. Ricordati quanto eravate forti, ricordati quanto eravate complici» urlò Gohan prima di gettarsi a capofitto contro il nemico prima che potesse attaccare e ferire gravemente i suoi amici i quali, con estrema fatica, si alzarono tremando.
Quel tempo è finito due anni fa” gli sussurrò una vocina nella testa in esatto contrasto con il proprio cuore, contro il proprio istinto che tanto avrebbe voluto combattere di nuovo a fianco di quello che era stato il suo migliore amico, quando egli lo guardò con gli occhi velati dalle lacrime.
«Trunks... t-ti prego» balbettò Goten non badando al fatto che, proprio in quell'istante, il gigante dalla pelle argentata stava iniziando la sua cavalcata verso di lui dopo aver scagliato lontano suo fratello con un calcio ben assestato all'addome. Loraymo investì Goten in pieno, caricandosi di tutta l'energia malvagia volta a fermare quell'assurdità. Loraymo aveva ben compreso che quello sciocco ragazzo avrebbe potuto rappresentare un problema se si fosse fuso con il nuovo arrivato dai capelli color lavanda e, per tutti i pianeti, l'avrebbe tolto di mezzo prima che potesse dargli altro filo da torcere.
«Trunks! Goten mi ha salvato la vita prima. Forse... forse è arrivato il momento di perdonarlo» asserì Bra con il fiato corto e la sua trasformazione in Super Saiyan sempre più vacillante.
Trunks digrignò i denti e si conficcò le unghie nei palmi delle mani fino a farseli sanguinare, maledicendo il suo orgoglio saiyan. Cielo, quanto avrebbe voluto che le cose fossero più facili, come avrebbe voluto essere in grado di dimenticare, anche solo per un attimo. Non era il momento di fare quelle scenate, non era affatto il momento di lasciarsi trasportare da quelle questioni da terrestri: la situazione era critica, dannatamente critica perché Goten, in quel momento, non stava più riuscendo a tenere testa al proprio nemico il quale, più incattivito che mai, lo stava colpendo ripetutamente sul volto con dei pugni pesanti e precisi.
«Dannazione, fratello! Non fare come nostro padre e metti da parte l'orgoglio!» lo rimproverò con toni aspri Bra, in seria preoccupazione per l'uomo che era stato per anni il suo fidanzato. Nessuno degli altri Super Saiyan era in grado di difenderlo perché, in quell'istante, Loraymo li stava tenendo a lunga distanza con scariche enormi di energia gelida proprio come aveva fatto quando aveva deciso di uccidere il principe dei saiyan.
No, Bra aveva ragione. Il suo cuore aveva ragione, il suo istinto aveva ragione. Avrebbe dovuto mettere a tacere il proprio cervello, il proprio orgoglio e avrebbe dovuto farlo alla svelta. Se persino sua sorella era riuscita a perdonarlo allora ce l'avrebbe potuta fare anche lui, senza alcun dubbio. Avrebbero dovuto difendere la Terra e l'avrebbero fatto insieme, ancora una volta, proprio come quando erano bambini.
Ma, proprio quando finalmente Trunks fu disposto all'indulgenza, proprio quando si sentì pronto a unire le proprie forze con colui che in passato era stato come un fratello, fu decisamente troppo tardi.
Fu troppo tardi perché, come un cecchino, Loraymo aveva appena colpito Goten al cuore con un fascio di luce color zaffiro. Quel cuore che, fino a pochi istanti prima, aveva palpitato nella speranza di poter ottenere il perdono del suo migliore amico.
 

Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Ehm... sunday bloody sunday?! Ehehehehh! No, in effetti non c'è proprio un ca**o da ridere.
VI PREGO NON UCCIDETEMI! Confido nel fatto che a Natale siano tutti più buoni xD Del resto... erano troppi capitoli che qualcuno non ci rimetteva la pelle, eh? >_< non vogliatemi male, vi giuro che c'è uno scopo ben preciso in tutto questo. Dovrete resistere ancora un po', ma lo vedrete con i vostri occhi.
Per farmi perdonare da questo bollettino di guerra ho deciso di regalarvi una pubblicazione infrasettimanale :) giovedì 27 potrete già leggere il nuovo capitolo e, VE LO GIURO, sarà molto meno drammatico di questo. Non che ci voglia molto, infondo.

The riassuntone: Goku e Vegeta sono pronti a salpare per Neo Namek, hanno ordini ben precisi. Ce la faranno quelle due teste di rapa a non combinare disastri e, sopratutto, a non dividersi mai? Dende, nel frattempo, ha salvato il cu*o a tutti, meno che a sé stesso T___T mi viene da piangere. Si è sacrificato per i suoi amici! Quei maledetti vermacci hanno mandato un sicario per vendicare Shenron.
Mirai Trunks e Gohan sono troppo carini a combattere insieme e, sopratutto, sono fortissimi! Goten e Trunks avrebbero dovuto fare la fusione per riuscire ad aiutare i loro amici ma, dannazione, il figlio di Vegeta ha scelto di imitare il suo paparino e farsi divorare dall'orgoglio. Dannazione, Trunks! Così facendo... T____T così facendo Goten ci ha rimesso la pelle.


E adesso?! E adesso cosa diamine succederà? Lo scoprirete giovedì :) vi assicuro che mi farò perdonare. LOGGGIURO!
Ragazzi... ragazze... colgo questa occasione per augurarvi un felice Natale. Spero che possiate tutti trascorrerlo in serenità con le persone che amate :) e, sopratutto... che vi ingolfiate di cibo e vinoh fino a scoppiare xD
A prestissimo,
Eevaa

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Capitolo 60
*** Il pianeta Neo Namek ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 60 - IL PIANETA NEO NAMEK



We can beat them, just for one day
We can be heroes, just for one day
‘Cause we’re lovers, and that is a fact
Yes we’re lovers, and that is that
We can be heroes, for ever and ever
What d’you say?


Heroeshttps://www.youtube.com/watch?v=lXgkuM2NhYI
 

 

Gohan provò a gridare, ma la voce gli morì in gola come se qualcuno gli avesse strappato via le corde vocali. Aveva perso sua madre, sua figlia. Non poteva essere successo per davvero, non poteva aver perso anche il suo adorato fratello.
Tutto si fermò per un lungo, lunghissimo istante, l'istante prima che un ragazzo dai capelli lilla e gli occhi azzurri come il cielo d'estate esplose in mille scariche elettriche con un urlo straziante.
«NOOOOOOOO!» si infuriò Trunks alla vista del suo migliore amico che, con un rantolo, cadde riverso nella neve con un buco nel petto e gli occhi spalancati in uno sguardo di terrore. «NON AVRESTI DOVUTO! NON AVRESTI DOVUTO FARLO!»
Trunks perse ogni contatto con la realtà, gettandosi a capofitto contro il nemico dai lunghi capelli color indaco con il solo obiettivo di distruggerlo in mille pezzi. Come aveva potuto permettere che ciò accadesse? Se solo fosse stato meno testardo, meno ostinato e si fosse lasciato andare per compiere la fusione, forse Goten sarebbe ancora stato tra loro.
Trunks colpì il nemico sotto al mento con un pugno, poi sullo zigomo, poi allo stomaco, ed egli fece fatica ad opporsi nonostante la forza combattiva di quell'uomo fosse di gran lunga inferiore alla sua. Rabbia, pura rabbia alimentava il Ki di Trunks, ma la sola furia non sarebbe servita per continuare a combattere da solo. Quel picco di ardore si sarebbe spento presto, la collera avrebbe lasciato posto alla frustrazione, la frustrazione alla tristezza e Loraymo avrebbe avuto la sua vendetta. Ed ecco che così, dopo i secondi durante i quali Trunks riuscì a opporsi all'incredibile forza di Loraymo, le difficoltà vennero immediatamente a galla. Il nemico iniziò a colpirlo a sua volta, facendogli male, male per davvero. E fu sul punto di piangere Trunks, al solo pensiero di non essere riuscito a vendicare il suo amico oltre alla sua adorata moglie, fu sul punto di lasciarsi andare e lasciarsi scivolare sconfitto sulla neve quando, dietro di lui, una forza combattiva conosciuta e fuori dal normale si sprigionò con una ventata di calore. Non riuscì a crederci.
«Pensavi davvero che ti avrei lasciato solo?»
Trunks sbarrò gli occhi, e così fece anche il suo nemico. Com'era possibile? Com'era pensabile che fosse lui? Che fosse ancora... vivo? Il figlio del principe si girò di scatto, venendo colto completamente di sorpresa da quel sorriso, da quello sguardo fiero e complice che conosceva alla perfezione.
«G-Goten... s-sei... pensavo fossi...» balbettò lui lasciando scivolare una lacrima sul bel viso ambrato. Dietro di loro, Gohan si rimise in tasca il sacchetto di Senzu che Vegeta gli aveva affidato, sorridendo a sua volta. C'era mancato poco, pochissimo, il cuore di Goten aveva già smesso di battere quando, a forza, Gohan gli aveva sbriciolato ben due Senzu in gola. Non ne rimaneva più neanche uno. 
«C'è mancato poco» asserì Goten mostrando la cicatrice al centro del petto e il sangue secco sui suoi vestiti, emanando poi un'altra scarica di energia guardando minaccioso il suo aguzzino.
Bra, Eva, Mirai Trunks e Gohan, con il cuore ricolmo di gioia, tirarono un sospiro di sollievo solo nel momento in cui Trunks, finalmente, si lasciò andare a un sorriso di commozione.
«Allora... sei pronto a perdonarmi?» domandò Goten arrossendo, abbassando poi il capo per spiare la reazione del suo amico da sotto un ciuffo di capelli neri.
E in quel momento non ebbe dubbi, Trunks: la paura di perderlo per sempre era stata troppa, la paura di non poter più avere l'occasione di chiarire, il terrore di non potergli più parlare erano stati sufficienti per fargli comprendere quanto in realtà loro fossero destinati a essere amici, fratelli. E tra fratelli, nonostante le avversità e le incomprensioni, si è sempre pronti a perdonare, a ricominciare da capo.
Era giunto il momento di mettere la parola fine a quei due anni di silenzi e riprendere in mano le loro vite da dove le avevano lasciate. Insieme.
«Prontissimo» annuì Trunks stringendo i pugni, balzando poi al suo fianco. Calciò Loraymo prendendolo alla sprovvista, facendolo atterrare lontano.
«Mirai Trunks, Gohan! Tenetelo a bada!» ordinò Goten indicando con un gesto repentino del mento il guerriero dalla pelle argentata, frapponendo tra lui e il suo amico la distanza sufficiente per dare inizio quella danza che da tanto tempo non mettevano in atto.
E funzionò, eccome se funzionò perché, con una bolla di luce e un'esplosione dello stesso colore dell'oro, un guerriero che da tempo mancava all'appello nella squadra Z tornò in auge più forte di prima: Gotenks Super Saiyan di terzo livello.

 

Dende attese il colpo, attese il verdetto, la condanna con gli occhi chiusi. Attese che la falce della dama nera segnasse la fine della sua vita terrena concedendogli l'eterna pace, ma quella pace non arrivò. Nessuna mano aveva fatto smettere il suo cuore di battere, nessun colpo, nessuna ghigliottina. Delle urla acute lo fecero destare alla sua attesa, costringendolo ad aprire gli occhi di scatto.
Due bambini, uno più piccolo e l'altra più grande, avevano parato il grande fascio di luce emanato dai palmi del nemico dalla pelle giallo ocra, deviandolo verso l'alto, sfondando così il tetto del tempio.
Il nemico grugnì e perse bava dai denti aguzzi e rossi.
«N-no!» soffiò Dende con le labbra tremanti, guardando le spalle di qui due guerrieri troppo piccoli per rischiare la vita per salvare la sua. «Vi avevo detto di andarvene! Vi avevo detto di scappare!»
Il namecciano protese le braccia in avanti, come per scuotere le spalle dei due bambini per convincerli ad andarsene, ma il piccolo saiyan dai capelli neri a forma di fiamma si voltò all'indietro per squadrare il Supremo; con i grandi occhi azzurri da sotto il ciuffo ribelle sulla fronte, impavido e serio nell'espressione, esattamente come il principe.
«Nonno Vegeta ci ha dato un compito. Quello di poteggele tutti voi» annunciò solenne il piccolo, spalleggiato poi dalla sua nuova amica e alleata in quella che sarebbe stata la prima vera battaglia della loro vita.
«E noi non ci tireremo certo indietro, come fanno i veri saiyan. Dobbiamo portare a termine il nostro compito, non disobbediremo certo al principe» aggiunse Martha illuminandosi di luce bianca e, insieme a Goku Jr, si lanciarono entrambi addosso al nemico, pronti a difendere e proteggere il Kami della Terra con il solo uso delle loro forze.

 

Se la ricordava molto bene, Vegeta, l'ultima volta che era stato su Neo Namek. L'odore di umido, il cielo verde, strani alberi dalla forma tondeggiante e immense spianate di erba morbida e fresca ricordarono lui quel maledettissimo giorno, uno dei giorni peggiori della sua vita. Il giorno in cui, tra le sue braccia, era spirata l'unica donna che avesse mai amato.
Rabbrividì non appena i suoi piedi si posarono su quel prato, in quel villaggio. Rabbrividì e non poté fare a meno di farsi travolgere dai ricordi per qualche secondo, giusto il tempo di tornare alla realtà circostante. Da quel giorno erano passati quasi sei anni e, al suo fianco, vi era un'altra persona. Un'altra missione, un altro obiettivo, il cuore che batteva forte per qualcun altro. La vita.
I due saiyan atterrarono nel villaggio principale del pianeta Neo Namek con una folata di vento, staccandosi l'un l'altro non appena furono certi di essere ben ancorati al terreno dopo il teletrasporto. Ma quel villaggio non godeva più della serenità di una volta, quel villaggio fatto di casette bianche era stato quasi completamente distrutto, tranne una dimora: la più antica, la più preziosa, quella del capo dei saggi.
E, tutti intorno radunati a quell'abitazione, una schiera folta e tremante di namecciani sostava con gli occhi spalancati e i volti rigidi di terrore. Due energumeni alti più della porta d'ingresso tenevano per le braccia l'anziano namecciano mentre, spavaldo e perfido come suo solito, Freezer sostava in piedi sul tetto bombato della casa con il dito puntato verso la folla. Non appena vide comparire dal nulla i due avversari oramai ben conosciuti, ci mise ben poco a scoppiare nella sua fragorosa e melliflua risata. Ma non si limitò a ridere, a minacciare, a godere della sua presa di potere. No, non perse nemmeno tempo a dare spiegazioni perché, malvagio come mai nessuno lo era stato, lanciò dal suo dito indice un fascio di luce viola verso la folla, trapassando il volto di un anziano namecciano il quale, senza vita, cadde a terra tra le urla dei presenti.
«State indietro, scimmioni, oppure farò fuori ogni singolo muso verde su questo pianeta. Ah! Questo mi ricorda qualcosa...» esordì Freezer aggrottando poi le sopracciglia e accarezzandosi il mento come per pensare «... ah sì! Ora ricordo, lo avevo già fatto una quarantina di anni fa, o sbaglio? Consideriamola una rimpatriata» aggiunse la perfida lucertola bianca mirando poi ad un altro dei namecciani, uno molto giovane, il quale non ebbe nemmeno il tempo di scansare il colpo, di scappare.
Erano deboli, troppo deboli per poter fronteggiare quella minaccia. Tutti i loro combattenti erano in quel momento sulla Terra ad aiutare la squadra Z. Goku digrignò i denti, poi voltò per un attimo la testa dall'altra parte, schifato da cotanta arroganza e malvagità.
«Vegeta...» ringhiò Goku, trattenendo a malapena la trasformazione in Super Saiyan.
«Che c'è?» rispose lui piatto, faticando a resistere dall'attaccare immediatamente quel vile traditore.
«Lascialo a me. Tocca a me prendermi la rivincita adesso, lo voglio ammazzare nel peggiore dei modi» propose Goku percependo ogni cellula del suo corpo accendersi per l'ira. Non ne poteva più di veder morire persone innocenti, soprattutto se quelle persone stavano combattendo una battaglia che era la sua.
«Kaarot! Non è da te parlare in questo modo» si stupì il principe. Strabuzzò gli occhi, però comprese pienamente il bisogno impellente di versare il sangue di quella lucertola perversa sul terreno scempiato di Neo Namek «... ma va bene. Se ci tieni tanto fa' pure, consideralo un regalo».
Goku sogghignò, voltandosi lentamente per poter guardare negli occhi quel principe dei saiyan che, nonostante tutto, sapeva sempre come riportarlo con i piedi per terra.
«Aaaw» commentò Goku sforzando un mezzo sorriso tra gli spasmi della rabbia, quasi intenerito da quel gesto altruista da parte di Vegeta. Un regalo.
«Muoviti e fallo fuori, prima che cambi idea e lo faccia io per t-» lo spronò sua maestà senza avere nemmeno il tempo di concludere la frase, perché Kaarot era oramai già partito all'attacco per porre fine alla vita di quel mostro, per l'ennesima volta.


Lo guardò illuminarsi di luce dorata e cangiante, scalfendo il proprio nemico con la sola forza dell'aura. Troppo facile, pensò Vegeta. Andando avanti così lo avrebbe distrutto in pochi minuti, e avrebbero così avuto il tempo di far distruggere le sfere al vecchio saggio perché, da quanto aveva potuto scorgere dall'ingresso aperto di quella casa, erano già state pre-radunate per qualche bizzarro motivo. Beh, almeno qualcosa stava andando per il verso giusto. Sperò con tutto il cuore che anche nei futuri pianeti non avrebbero dovuto perdere tempo a cercare tutte le sfere perché, in quel caso, non sarebbe stato così facile, e di tempo da perdere non ne avevano affatto.
Lanciò un altro sguardo al combattimento imminente e vide quell'imbecille del suo rivale dimostrarsi ben poco imbecille combattendo agguerrito, con le sopracciglia dorate aggrottate, i muscoli contratti ma nonostante tutto una leggiadria e una compostezza quasi regale. Si rese conto di quanto fosse cambiato il suo modo di combattere negli anni, di quanto fosse maturato, di quanto fosse più serio e preciso. Vegeta non si era mai fermato a guardarlo veramente in quei giorni, prima di quel momento, non aveva mai badato a quanto fosse diventato ancor più fenomenale di prima. Terza classe o no, era estremamente elegante. Lo ammirò e si sentì profondamente ammaliato da lui fino a quando, rendendosi conto che quello non era esattamente il momento di farsi venire in mente certi pensieri, scosse la testa dandosi da solo dello stupido.
«Dannato Kaarot, mi stai facendo diventare un rincitrullito come te» sussurrò il principe dei saiyan a sé stesso, gettandosi poi a capofitto tra la folla dei namecciani per arrivare di fronte all'ingresso.
«Un solo passo e gli facciamo saltare il cervello» si difesero prontamente i due nemici sconosciuti tenendo per le braccia il capo dei saggi il quale, deglutendo, chiuse gli occhi per pregare.
Ma Vegeta rise, rise sguaiatamente a tal punto da spaventare la folla. Se la ricordavano bene quella risata, alcuni di loro: era la stessa di quel ragazzo giunto su Namek una quarantina di anni prima alla ricerca delle Sfere del Drago. Non era la risata del principe dei saiyan del presente, quello che tutti loro conoscevano come un uomo d'onore, cambiato, che mai gli avrebbe fatto del male un'altra volta.
«Ma prego, fate pure!» li invitò Vegeta, smettendo finalmente di ridere. «Uccidetelo, così la facciamo subito finita e le sfere si disattiveranno da sole!»
I due nemici si guardarono confusi. Nessuno aveva detto niente a loro, come avrebbero potuto saperlo? Del resto erano solo due sciocchi guerrieri di serie b. E così, compresa l'entità del problema, uno dei due partì subito all'attacco verso il principe dei saiyan, il quale però rispose al fuoco con il fuoco senza alcuna difficoltà, atterrando uno dei due facendogli sputare sangue e budella. Si scagliò verso l'altro con ferocia, ben intento a non lasciare di loro neanche una traccia di vita.
Freezer, nel frattempo, non sembrava aver la minima intenzione di farsi attaccare da Goku e farsi uccidere per l'ennesima volta, continuando a sgusciare via come una saponetta bagnata e scappare dalle sue grinfie, attaccando di tanto in tanto la folla di namecciani per fare terra bruciata intorno a sé.
«Smettila, Freezer! Sono io il tuo avversario!» abbaiò Goku. Lo prese per la coda per farlo roteare e scagliarlo in direzione della montagna, giusto in tempo per voltarsi e vedere Vegeta incenerire con una scarica elettrica proveniente dai palmi delle mani l'ultimo dei due scagnozzi che stavano tenendo in ostaggio il capo dei saggi.
«FORZA, VECCHIO! ORA! DISTRUGGA LE SFERE!» urlò il principe rivolgendosi all'anziano namecciano il quale, troppo frastornato, ebbe un momento di esitazione che però gli costò caro. Freezer, tornando come una saetta dalla montagna contro la quale era stato scagliato, fece fuoco da entrambe le mani nella sua direzione, recidendogli entrambe le braccia prima che potesse compiere il gesto suggerito da Vegeta.
Fortunatamente, però, la caratteristica dei namecciani era proprio quella di poter far ricrescere gli arti mancanti nel giro di poco tempo e questo, Freezer, se l'era dimenticato.
«KAAROT, DANNAZIONE, UCCIDI QUELLA BESTIA IMMONDA!» si alterò Vegeta accompagnando poi all'interno della casa bianca il vecchio capo dei saggi, sorreggendolo per la vita in attesa che recuperasse l'energia per farsi ricrescere le braccia.
Goku ringhiò più forte, e il suo grido rimbombò per tutta la verde vallata. Non c'era più tempo per giocare, per potersi battere con quello che era stato un suo grande nemico del passato. Non era il caso di continuare, nemmeno per farlo soffrire di più: ogni minuto che passava rischiava che egli indirizzasse i suoi attacchi verso altri innocenti e no, non lo avrebbe permesso. Lo scagliò nuovamente contro la montagna, colpendolo con tutta la sua forza. Si portò entrambe le mani al fianco e, emanando scintille dai capelli dorati rivolti verso il cielo, pronunciò quella sentenza che avrebbe dovuto dare molti anni prima, sul pianeta Namek, quando invece aveva avuto pietà di lui.
«Kame-hame...»
Proprio in quel momento, tra le più atroci sofferenze, il vecchio namecciano utilizzò le ultime energie rimaste per ricomporre le cellule dei suoi arti superiori, tendendoli poi entrambi verso le sette grandi sfere posizionate sul terreno. E, con voce tremante e la fronte madida di sudore, enunciò la formula magica per disattivare il potere insito delle Sfere del Drago Polunga.
«HAAAAAAAAAAAAAAA!» ululò Goku. Fece partire un immenso fascio di luce dalle proprie mani e investì in pieno il proprio nemico il quale, con un verso straziato di dolore, si sciolse come neve al sole.


Era fatta. Polunga era stato distrutto, la terra aveva tremato, le sue ceneri avevano ricoperto il pavimento lucido della Dimora dei Draghi. Sul pianeta Neo Namek, dopo la grande scossa di terremoto, vi era stato un grande momento di silenzio. Tutto lì? Così semplice?
Il capo dei saggi cadde sulle proprie ginocchia come se fosse appena stato privato di un pezzo di sé ma Vegeta, posandogli una mano sulla spalla, lo esortò ad alzarsi.
«Ottimo lavoro, vecchio. È finita» disse con tono fermo e duro, uscendo poi dalla casa bianca per poter scorgere il lontananza il suo rivale il quale, sorridente e fiero, alzò il pollice in segno di vittoria.
Meno uno. Ne mancavano solo cinque. I namecciani si lasciarono andare in sospiri di sollievo, alcuni esultarono, alcuni piansero finalmente i loro morti, mentre i due saiyan si avvicinarono l'un l'altro pronti a ripartire per la successiva avventura. Si squadrarono soddisfatti, sorridenti, rivolgendo un ultimo sguardo di saluto in direzione del capo anziano dei saggi ma egli, appoggiandosi con le mani allo stipite della porta, assunse un'espressione di puro terrore. Vegeta e Goku non capirono, non realizzarono quanto stesse succedendo fino a che, riflessa negli occhi del vecchio namecciano, scorsero una gigantesca sfera dal colore viola acceso.
Si voltarono di scatto verso il cielo e si accorsero finalmente che le cose non erano facili come il previsto, che non avrebbe potuto andare tutto liscio per una volta perché Freezer, dall'alto dell'atmosfera, era appena risorto e stava scagliando una bolla di distruzione sul pianeta Neo Namek.


Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Ta-daaaan! Come promesso ecco a voi la pubblicazione infra-settimanale! :) Come l'avete passato il Natale? Spero che vi siate divertiti! 
Ecco il mio regalo per voi: niente morti xD ve l'avevo detto di fidarvi di me, santissimo il cielo! Goten e Dende sono SALVIIIII! Contenti? Dai, non sono stata così cattiva come mi avete appellato. 
Insomma, siamo giunti ad un punto chiave della storia. Goku e Vegeta hanno iniziato la loro folle corsa nella distruzione delle sfere del drago, ma poveri illusi! Pensavano che le cose fossero così facili? Freezer sta per distruggere il pianeta Neo Namek per vendicarsi. 
Nel frattempo i piccoli saiyan hanno deciso di essere temerari come i due purosangue, fronteggiando un sicario pericolossissimo e salvando le verdi chiappe di Dende!
E Goten e Trunks, finalmente, hanno sotterrato l'ascia diguerra. Gotenks è tornato, signori e signore. Adesso la squadra Z ha senso e possibilità di tener testa ai nemici. Per quanto tempo? Non è dato sapersi. Chissà come faranno il principe e "consorte" a sbrogliarsi dalla catastrofe che sta accadendo su Namek e sorpatutto... i prossimi pianeti cosa ci riserveranno?
A presto,
Eevaa

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Capitolo 61
*** La fine di un popolo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 61 - LA FINE DI UN POPOLO





Riflessi viola, scariche elettriche dello stesso colore. Una mastodontica sfera di energia stava attraversando l'atmosfera di Neo Namek aduna velocità costante, rendendo mano a mano l'aria densa e irrespirabile.
Le iridi di Vegeta tremarono e, con un salto temporale, cadde nel passato. Un passato tormentato, un sogno ricorrente che da tempo non lo imprigionava.
La fine della sua razza. L'esplosione di Vegeta Sei. Il momento in cui tutti i saiyan avevano osservato il cielo diventare di un altro colore, il momento in cui avevano capito che era finita per davvero.
Si impietrì e non riuscì a dire né fare niente, il principe, neppure tra le urla concitate di tutte le persone accanto a sé. Si voltò lentamente a destra, vide tanti guerrieri in armatura. Donne, uomini, ragazzini dalla lunga coda pelosa. Alcuni tentarono di scappare, alcuni si avviarono in prima linea con le braccia tese verso l'alto per poter frenare quella sfera di energia. Dietro di lui il suo castello, la sua dimora, il luogo dov'era nato e cresciuto, stava crollando a pezzi per la pressione esercitata dalla bolla di energia oramai entrata nell'atmosfera del suo pianeta d'origine.
Rumore, tanto rumore, tanta confusione. Il principe non capì, com'era possibile che si trovasse in quel luogo? Sentì una strana sensazione alla spalla, al braccio, come un tocco, delle urla ovattate che non riuscì a distinguere. Volse quindi il proprio sguardo verso sinistra – dove avrebbe dovuto esserci Kaarot – ma lui non c'era. C'era un uomo che gli somigliava, con una bandana rossa e una vistosa cicatrice sulla guancia. Da quanto tempo era lì? Perché lo stava scuotendo? Cosa diamine voleva da lui?
«VEGETA!» gli urlò quell'uomo, il saiyan di nome Bardak, scrollandolo ancora più forte. Come poteva conoscere il suo nome?
«VEGETA! CHE DIAVOLO TI PRENDE?!»

Successe in un attimo, in una frazione di secondo: il principe sbatté le palpebre e si ritrovò di nuovo su Neo Namek, frastornato più che mai. Era stata un'allucinazione, solo un'allucinazione, ma una cosa era certo fosse vera: quella dannata sfera dal colore viola stava già sfiorando il terreno, poco distante da loro. Troppo tardi per provare a respingerla.
«Vegeta! Qua sta per saltare in aria tutto!» gli fece notare Goku esasperato, ma sollevato dal fatto che fosse riuscito a risvegliare il suo amico da quella sorta di trance catatonico nel quale era scivolato. Aveva avuto paura per un attimo che si fosse sentito male, che qualche strana malattia lo avesse colpito.
Ma, fortunatamente, Vegeta ci mise ben poco a riprendersi dall'accaduto, da quella visione ansiogena. C'era Goku accanto a lui, non quello che era certo fosse Bardack. I namecciani urlavano spaventati dandosi alla fuga, non vi erano altri saiyan oltre a lui e il suo rivale. Scosse la testa per liberarsi definitivamente da quei pensieri e, facendosi venire in mente alla svelta l'unico piano che avrebbe potuto salvarli, impartì degli ordini precisi.
«Kaarot! Raduniamo quanta più gente possibile e andiamocene via di qui! Da Re Kaioh!» dispose il principe correndo nella direzione opposta alla sua, urlando poi rivolgendosi a un gruppo di namecciani che stavano tentando di ripararsi dietro le macerie. «VENITE CON ME, SVELTI! VI PORTO VIA DA QUI! MUOVETEVI!»
«PER DI QUA, CORAGGIO! FIDATEVI DI NOI!» gridò Goku facendo segno con le mani di posizionarsi tutti in cerchio intorno a Vegeta! «PRENDETEVI TUTTI PER MANO E NON STACCATEVI PER ALCUN MOTIVO!»
Goku percepì la gote bruciare, la pressione della sfera farsi sempre più imponente, così pesante da tappargli le orecchie. Era vicina, troppo vicina e troppo grande per provare a fermarla, avrebbe potuto mietere troppe vittime.
«FORZA! FORZA!» urlò il principe dei saiyan rivolto agli ultimi namecciani che stavano correndo nella sua direzione, tirando un sospiro di sollievo solo quando tutti gli abitanti del villaggio furono radunati intorno a lui. Goku accompagnò con un balzo uno degli anziani, attaccandosi poi alla spalla di uno degli altri pronto a partire con il teletrasporto di Vegeta ma, inaspettatamente, una voce acuta e impaurita colse la sua attenzione facendolo voltare di scatto verso la foresta.
I suoi occhi si spalancarono, così come la sua bocca. Un bambino. Un bambino namecciano proveniente probabilmente da un altro villaggio stava correndo nella loro direzione implorando di aspettarlo. Goku e Vegeta si guardarono per qualche istante, controllando poi la situazione. Ancora pochi secondi e sarebbero stati investiti in pieno dall'esplosione, la loro pelle stava iniziando a scottarsi e il principe dei saiyan fece segno di no con la testa, implorando il suo amico con gli occhi di non fare ciò che stava pensando. Ma come avrebbe potuto lasciarlo lì, Goku? Come avrebbe potuto lasciare morire quel bambino senza nemmeno provare a salvarlo?
Rivolse nuovamente lo sguardo verso il piccolo namecciano; non ce l'avrebbe mai fatta a raggiungerli correndo.
«Kaarot» sussurrò Vegeta incrociando i suoi occhi un'altra volta, implorandolo di lasciar perdere.
«VEGETA, VAI! VAI VIA!» gli gridò, poi staccò il suo palmo dalla schiena del namecciano al quale era ancorato.
«Ma...» si oppose lui, socchiudendo gli occhi per il fortissimo vento e l'elettricità causata dalla sfera.
«VAI VIA DI QUI! ORA!» stabilì Goku voltandosi un'ultima volta, abbozzando un sorriso prima di scattare in direzione del piccolo namecciano.
Era un ordine, questo Vegeta lo sapeva. Sapeva anche che lui non avrebbe potuto accettare ordini da una stupida e infima terza classe, ma in quel caso avrebbe dovuto.
Kaarot non gliel'avrebbe mai perdonato se fosse rimasto lì ad aspettarlo mettendo a repentaglio la sua vita e quella di quei poveri namecciani e così, imprecando tra sé e sé, si portò due dita in fronte salpando alla volta del mondo dell'Aldilà.

 


Il grande piazzale tiepido e tranquillo del tempio di Re Yammer li accolse in un istante, e le alte cariche divine tirarono immediatamente un sospiro di sollievo.
Ma Vegeta no, non riuscì nemmeno a udire il trambusto andatosi a creare in quel luogo. I pianti, le urla, le parole di conforto, la sorpresa dell'essere scampati alla morte. No, non udì niente. Le sue orecchie erano ovattate, il suo cuore martellò a tal punto da fargli credere che gli avrebbe bucato il petto perché, tra quella folla, mancava una persona. Una persona che non accennò ad arrivare.
Il principe dei saiyan si lasciò cadere con le ginocchia sul pavimento e, in quell'istante, il silenzio calò nell'atrio riempiendo le orecchie di tutti. Baba si portò una mano sulla bocca, trattenendo le lacrime. Cielo, com'era potuto accadere?
«K-Ka... Kaarot» sussurrò lui con gli occhi spalancati, le labbra tremanti, il respiro corto. Pensò di morire in quell'istante, forse persino ci sperò. Goku... Kaarot non c'era. Non era arrivato, non aveva fatto in tempo a teletrasportarsi e salvare se stesso e il ragazzino.
Ma, proprio nel momento in cui il principe percepì il proprio cuore infrangersi in mille pezzi, una folata di vento lo costrinse ad alzare lo sguardo, e due figure comparvero proprio davanti a lui, accompagnate da un grido di gioia di tutta la folla.
Sorrise, quell'imbecille. Sorrise e si portò una mano dietro la nuca imbarazzato, come se fosse perfettamente consapevole dello spavento che aveva appena fatto prendere a tutti loro. Sorrise e, con un gesto dolce e delicato, Goku spinse il bambino in direzione dei suoi fratelli namecciani prima di rivolgere il proprio sguardo all'uomo ancora inginocchiato sul pavimento, divenuto completamente rosso in viso.
«Tu...» sussurrò Vegeta alzandosi lentamente, percependo ogni singola cellula del proprio corpo andare in escandescenza dalla rabbia.
«Ciao, Vè!» si limitò a dire con una risata nervosa, causando però così un'esplosione incontrollata nell'aura del suo alleato il quale, adirato più che mai, si fiondò addosso a lui colpendo il pieno viso con un pugno abbastanza forte da farlo ribaltare all'indietro, sul pavimento.
«TU VUOI FARMI MORIRE DI INFARTO!» lo accusò il principe, con i capelli dorati mossi da scariche elettriche, tentando poi in qualsiasi modo di calmarsi, di tranquillizzarsi. Cielo, che vergogna! Aveva appena dichiarato davanti a tutta quella gente - e soprattutto davanti a quel cretino - che si era spaventato sul serio.
Dopo qualche secondo e qualche lamentela per l'attacco subito, Goku si alzò massaggiandosi il naso e la fronte, ove l'impronta delle nocche del principe pulsava rossa e chiaramente visibile.
«Eh dai, Vegeta. Sono qua! C'è mancato poco, ma sono qua» lo tranquillizzò Goku guardandosi bene dal compiere qualsiasi gesto affrettato o troppo affettuoso che avrebbe potuto compromettere l'integrità psichica del principe, già piuttosto vacillante. Così si limitò a sorridere pacatamente, quasi intenerito.
«Ti odio, razza di citrullo» gracchiò Vegeta a denti stretti, calmandosi poi finalmente dal suo stato di profonda ansia e disperazione. Cielo, aveva avuto paura sul serio. Dopo tutto quello che stavano facendo per potergli salvare la pelle ci sarebbe mancato solo che fosse morto per fare l'eroe – e ci era riuscito a farlo, per giunta. E poi, dannazione, aveva avuto davvero paura di perderlo, di perdere anche lui. Ciò che le sue parole non erano state in grado di dichiarare, l'avevano fatto i suoi occhi. Occhi che mostravano tutto, tranne che rabbia.

«Questo luogo è sacro e proibito agli esseri viventi, solo ai morti è concesso di passare da questo tempio. Già voi due non dovreste bazzicare da queste parti» intervenne Re Yammer con il suo vocione, facendosi strada tra la folla dei namecciani per indicare con il dito della grande mano i due saiyan. «E adesso mi portate qua addirittura un intero villaggio di cinquanta namecciani?!» tuonò il potente guardiano dell'Aldilà. Allargò le braccia con uno sbuffo, intimidendo la folla dei malcapitati i quali fecero tutti un passo indietro, stringendosi tra loro.
«Ma Re Yamm-» farneticò Goku, il quale però venne interrotto dalla voce sprezzante e sfacciata del principe.
«Senta un po', ciccione! Siamo nel bel mezzo di una guerra e voi non state muovendo neanche un dito e anzi, è lei il primo a concedere tutta questa libertà a questi maledettissimi draghi» minacciò Vegeta avvicinandosi all'omone con le mani sui fianchi e il volto rosso di furia. «Il pianeta Neo Namek è appena andato in mille pezzi e questo è l'unico luogo sicuro. Mi faccia il piacere di chiudere il becco o addirittura ringraziarci, visto che siamo noi, qui, a fare il lavoro sporco al posto vostro!»
«BADA A COME PARLI, RAGAZZO!» abbaiò Re Yammer, iracondo per l'insolenza mostrata da quell'uomo, quel saiyan con il quale aveva già avuto l'occasione di avere a che fare.
Ma no, il principe non avrebbe potuto starsene zitto e buono a farsi sgridare per quell'azione che aveva tutto fuorché del crimine. Quando Goku – indossando un sorriso nervoso - tentò di fargli segno con le mani di darsi una calmata, egli ricevette in risposta solo uno sguardo inceneritore.
«Re Yammer, per quanto Vegeta sia stato scortese e sgarbato nei modi – come suo solito – temo proprio che abbia ragione. Guardali... non hanno più una casa» intervenne Baba indicando i poveri namecciani dall'aria afflitta. Il principe, in quel momento, non poté fare a meno di pensare a quanto Freezer potesse essere stato vile e bastardo fino alla fine. Lui e quella sua mania di distruggere interi pianeti, intere popolazioni.
«Beh... ecco...» balbettò Re Yammer arrossendo ancor di più, intimidito dagli sguardi dei suoi temporanei ospiti e iniziando a pensare che forse aveva esagerato nella sua reazione altamente burocratica. Del resto cosa gli sarebbe costato ospitarli per un po'? Solo fino a quando quella guerra non sarebbe giunta alla fine.
Goku sorrise nervosamente e si scusò con gli occhi per la reazione esplosiva del principe dei saiyan. Vegeta aveva ragione perfettamente, questo lo sapeva, ma prima o poi avrebbe dovuto capire che con i suoi modi bruschi non avrebbe ottenuto proprio un bel niente.
Mentre lo stesso Vegeta, beh... egli non si sarebbe mai adattato alle frasi di circostanza, alla galanteria, alla gentilezza, alla contrattazione o tutti quegli atteggiamenti non facenti parte del suo carattere, tuttalpiù quando sapeva perfettamente di avere ragione.
«E va bene, possono stare qui. Ma poi voi terrestri dovrete ospitarli sul vostro pianeta, una volta che sarà tutto finito, sono stato chiaro? Non siamo mica in un centro di accoglienza, qua» decretò Re Yammer, poi si voltò di spalle per nascondere l'imbarazzo.
Vegeta e Goku si scambiarono uno sguardo complice, entusiasta. Ce l'avevano fatta: la prima missione era appena stata portata a termine, non con pochi danni, certo, ma con successo. Il secondo dei sette draghi era stato distrutto, e ne mancavano cinque alla vittoria. Ma, se il pianeta Namek era considerata una missione semplice, dalle altre cosa ci si sarebbe potuto aspettare?
Si lasciarono invadere dall'incertezza e dalla paura per pochissimi istanti, prima di sentirsi veramente pronti a continuare. Del resto di altre scelte non ne avevano.
«Bene! E se non le dispiace, di grazia, ora andiamo a far fuori un altro di quei maledetti vermi dei miei cogl-» commentò acido il principe in direzione di Re Yammer, venendo poi però interrotto dal suo alleato il quale, ridacchiando e tentando di equilibrare i toni sgarbati dell'amico, lo trascinò con forza in direzione dei Kaiohshin prima che il guardiano dell'Aldilà potesse adirarsi sul serio.
«Ehehe, andiamo, andiamo. Sommo Kaiohshin, per favore, può accompagnarci sul prossimo pianeta?» domandò Goku con un sorriso così largo da deformargli i tratti somatici, senza badare agli sguardi assassini di Vegeta.
Kibithoshin, Re Kaioh del Nord e il Sommo scossero la testa rassegnati: quei due saiyan non sarebbero mai cambiati del tutto ma, anche nelle situazioni più pericolose e paurose, sarebbero sempre riusciti a sdrammatizzare con i loro modi di fare alquanto singolari.
«Ho una notizia buona e una cattiva per voi, ragazzi» dichiarò Re Kaioh dell'Ovest, probabilmente il capo della galassia nel quale si sarebbe trovato il loro prossimo obiettivo. «Quella buona è che il capo dei saggi del pianeta Namiub – che è anch'egli un namecciano sufficientemente buono - ha accettato di buon grado di distruggere le sfere del drago Myutre» anticipò il Kaioh interrompendosi con suspense, suspense che venne però trafitta dalla lingua biforcuta del principe.
«E quella cattiva quale diamine sarebbe?» chiese il principe, il quale non aveva affatto tempo da perdere. E non avrebbero dovuto affatto perdere tempo, lui e Goku, perché ci misero ben poco a scoprire quale sarebbe stata la vera difficoltà nella successiva missione.
«Che... che le sette Sfere del Drago sono ancora disperse nei meandri del pianeta».

 

«Maledizione, Onyma, ci stanno facendo fuori uno per uno!» commentò Myutre, il drago corpulento dalla pelle color giallo evidenziatore e il viso dai tratti morbidi e gentili, in netto contrasto con il tono pungente della sua voce.
Il Drago Superiore si chinò sul pavimento, raccogliendo con le lunghe dita metalliche un mucchietto di cenere e lasciandola poi cadere poca alla volta sul pavimento, leggera e soffice come rugiada. La cenere del drago Polunga.
«Non ci resta altra soluzione, non possiamo limitarci a invocare i nostri combattenti, i guerrieri migliori...» gorgogliò Onyma stringendo il pugno, causando una forte scossa di terremoto non solo nella loro dimensione.
«...resusciteremo tutto l'Inferno».


 
Continua...

 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Kaaboom. Ciao ciao Neo Namek! Maledetto Freezer, si può essere così bastardi? U_U odio profondo e radicato. 
Il povero Vegeta stava per prendersi un infarto non vedendo arrivare Goku nell'aldilà... lui e la sua sindrome di voler fare l'eroe! Dai, non ditemi che avete creduto che avrei fatto fuori Goku così, per colpa di un'esplosioncina xD
Vogliamo parlare di Re Yammer? Quanti insulti avete elargito nei suoi confronti? Voglio saperlo.
Adesso però c'è un problemone, ragazzi: devono andare su Namiub e cercare le sfere del drago per farle distruggere al capo dei saggi. Ma quel posto sarà popolato dai peggio mostri, a giudicare da quello che ha detto Onyma alla fine. Non sarà una cosa semplice! 
Siete pronti alla prossima avventura? E cosa starà accadendo sulla Terra? 

Visto che questo capitolo è stato molto breve ne pubblicherò già un altro giovedì! Nel frattempo colgo l'occasione per augurarvi un buon inizio 2019! Divertitevi responsabilmente e ricordatevi sempre di non mettervi alla guida se avete bevuto. Mi raccomando :)
Un abbraccio a tutti,
Eevaa

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Capitolo 62
*** Un ritorno inaspettato ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 62 - UN RITORNO INASPETTATO





Scosse, lampi di luce in contrapposizione all'oscurità del cielo. Movimenti sismici vennero avvertiti in tutto il pianeta, forti, intensi, in grado di distruggere le abitazioni più antiche e aprire il terreno in grosse spaccature.
Gotenks, bloccando con il palmo della mano destra un pugno di Loraymo, alzò lo sguardo verso il cielo, aggrottando poi le arcate sopraccigliari glabre senza comprendere la dinamica di ciò che stesse accadendo. Perché altri combattenti stavano migrando nel portale oscuro creatosi nel cielo? E perché, al posto loro, altri combattenti dall'aura inferiore stavano approdando sulla Terra? Non ne avevano avuto abbastanza? Possibile che ci fosse dell'altro? Possibile che quella guerra fosse in realtà ancora così lontana dalla conclusione?
I combattenti della squadra Z non ne potevano più e, nonostante fossero in netta superiorità di forza rispetto a quella nuova marmaglia di guerrieri che avevano appena scavalcato le porte del loro pianeta, l'insoddisfazione di fondo non permetteva più loro di ragionare lucidamente. Troppe ore sotto pressione, troppa rabbia per veder cadere i nemici come foglie ma poi rialzarsi come se nulla fosse accaduto. Sangue, tanto sangue versato, troppo freddo patito, troppa paura. Perché i “buoni” di possibilità ne avevano una sola, nessuno li avrebbe riportati in vita. Neppure coloro che erano stati nella Dimora dei Draghi ma erano poi passati dalla fazione opposta – aiutando così la squadra Z e i namecciani – non avevano più la possibilità di risorgere, una volta caduti.
Juno, il fortissimo namecciano Snar, Dogota, Ukim e tutti gli amici di Goku che si erano risvegliati dall'incantesimo e avevano iniziato a difendere i terrestri, si sentivano le prime prede di tutta quella caccia. Avevano tradito i Draghi, non gli sarebbe stato perdonato quell'affronto e, oramai, per loro erano solo dei nemici, altre persone da eliminare per sempre. Lo stress di stare sul chi va là stava oramai prendendo il sopravvento sulle loro straordinarie capacità combattive, rendendo i loro duelli ancor più faticosi.
E mentre Gotenks, Mirai Trunks, Gohan, Eva e Bra si stavano dando un gran da fare per tenere occupato Loraymo dal compiere una strage, gli altri guerrieri Z avevano continuato a lottare per la sopravvivenza. C17 e C18, bellissimi e leggiadri nonostante i vestiti strappati e la pelle sporca di neve, fango e palta, mietevano vittime a ripetizione senza nemmeno battere ciglio.
Junior aveva percepito la pressione delle sue origini sulle proprie spalle e così, con orgoglio e fierezza, si era messo a capitaneggiare uno squadrone di namecciani verso la rivolta. Non avrebbe più permesso di veder morire altri membri della propria specie e, piuttosto, quei farabutti sarebbero dovuti passare sul suo cadavere. Poco importava se, in quanto già defunto, sarebbe potuto scomparire definitivamente in quello e nell'altro mondo.
Majin Bu aveva persino raggiunto un limite nel mangiare soldati trasformati in dolciumi e, preso dal mal di stomaco, aveva dovuto battere in ritirata per schiacciare un pisolino. Ub, arrabbiato più che mai, aveva dovuto difendere il suo amico dagli attacchi esterni, facendo il doppio del lavoro e della fatica. Così facendo, però, aveva dovuto lasciare sola la povera Videl la quale, con il solo uso delle proprie forze, non avrebbe retto a lungo. Ella, infreddolita e frastornata, stava passando più tempo a scappare e difendersi dagli attacchi improvvisi piuttosto che contribuire realmente alla lotta.
I suoi amici, coloro che le avevano dato man forte e l'avevano aiutata a rendersi utile, erano morti. Il Genio, Riff, Tensing, l'avevano lasciata sola e, per quanto la donna avesse coraggio da vendere e una gran voglia di difendere il proprio pianeta, il suo Ki differiva troppo da quello degli avversari.
Proprio nel momento in cui stava per farsi prendere dal panico, il panico in persona atterrò di fronte a sé sotto forma di un grande, gigantesco energumeno calvo dagli occhi completamente gialli. La prese di mira, la inseguì in lungo e in largo e, quando proprio ella pensava di averlo seminato, il nemico la prese per un piede facendola ribaltare faccia a terra nella neve.
«Lasciami stare!» gridò lei lanciandogli una sfera di energia in pieno volto, non scalfendolo nemmeno.
«Non credo proprio, bellezza» grugnì il gigante alzando un braccio per poterla colpire ma, proprio in quell'attimo, il braccio si staccò dalla spalla tagliato a metà da un raggio dello stesso colore della luna.
Gohan. Il suo Gohan era giunto per salvarla sbucando come un supereroe dalla tormenta. Le sorrise complice tendendole una mano per aiutarla ad alzarsi. Videl l'afferrò, trovandosi faccia a faccia con quell'uomo che, anni e anni prima, aveva preso per marito. Finalmente lo riconobbe: i suoi occhi erano tornati quelli di un tempo, coraggiosi, buoni e leali; il suo viso era affaticato ma sereno, la sua aura era pulita. Si era finalmente svegliato da quella sorta di incantesimo che l'aveva stregato dalla morte di Pan, era tornato in sé. Non vi era più rabbia nei suoi occhi ma solo voglia di vivere, voglia di sopravvivere e di rendere onore alla loro bambina. Non era riuscito a vendicarla e uccidere il suo aguzzino, ma stava finalmente prendendo parte attiva a quella guerra per la salvezza di tutti, era riuscito a perdonare suo padre e, soprattutto, aveva appena salvato la vita alla donna che aveva sempre amato. Si era reso finalmente conto di avere ancora più di un buon motivo per lottare, per difendere la sua amata Terra.
Videl sorrise, sentendo i propri occhi inumidirsi e velarsi di lacrime di commozione. Lo sguardo di suo marito era lo stesso di vent'anni prima, quando insieme difendevano la loro città dai malvagi. Quando, con la sua astuzia, aveva scoperto la vera identità di Great Saiyaman e quando, con insistenza, era riuscita a farsi allenare da lui. Aveva imparato a volare grazie a lui, aveva imparato a sfruttare la propria aura, ed era stato proprio lui a insegnarle a combattere per davvero. Piccole cose che avevano però reso Gohan un fiero maestro, un buon fidanzato e poi marito esemplare, un padre affettuoso e successivamente un nonno amorevole. Perché Gohan era e sarebbe per sempre rimasto una persona meravigliosa, anche se diversa dal ragazzino che con rabbia e una forza fuori dal comune era riuscito a sconfiggere Cell.
«Aiutami a combattere» gli chiese Videl. Strinse forte i pugni e aumentò il proprio Ki, assumendo la stessa espressione della ragazzina del passato, quella con i capelli legati in due codini. «ammi da maestro, ancora»
Gohan la guardò sorpreso incrementando anch'egli la propria aura prendendola per mano, avviandosi poi insieme verso una nuova sfida. «Con piacere, mia signora!»

 

«Ci servirà un radar cerca-sfere» fece notare Goku dopo qualche secondo di silenzio. Re Kaioh dell'Ovest non aveva portato certo loro una buona notizia nel rivelargli che, sul pianeta sul quale avrebbero dovuto recarsi per la prossima missione, le Sfere del Drago risultavano non essere ancora radunate. Perché, ovviamente, era impossibile che qualcosa procedesse liscio e per il meglio per una buona volta.
«Quelli di Bulma sono progettati per la Terra e per Namek, dubito che funzionino sul pianeta Namiub o come diavolo si chiama. Dobbiamo trovare il modo di modificare il software» ipotizzò Vegeta, andando avanti e indietro sul piazzale del tempio di Re Yammer, osservato con espressioni confuse da tutti i presenti.
«Il che?» domandò Goku e, con una mano dietro la nuca, iniziò a grattarsi il collo.
«Lascia perdere, per carità» commentò il principe dei saiyan, con gli occhi al cielo. D'altra parte il suo rivale non era così ferrato in tecnologia, scienza, informatica e matematica. Non aveva mai ricevuto nemmeno una degna istruzione nelle materie principali, figurarsi sulle specificità.
«E tu hai idea di come fare per modificare questo fostwer, cervellone?» lo incalzò Goku, esibendosi poi in una smorfia bambinesca. Se solo ci fosse stata la situazione adatta Vegeta non avrebbe atteso per tappargli la bocca con un pugno sui denti.
«Software, ignorante patentato. E comunque no, o meglio non sarei così veloce nel farlo» puntualizzò il principe, con una soluzione ben precisa in mente. «Ma c'è una persona che risolverebbe questo impiccio in pochi minuti. Ci serve Bra».
Entrambi i figli del principe avevano ereditato la genialità della famiglia Brief ma, se proprio avesse dovuto scegliere chi tra i due avrebbe potuto fare il lavoro più pulito, il principe si sarebbe sempre affidato a Bra. Veloce, ordinata, organizzata. Senza contare poi il fatto che in quel momento il primogenito era impegnato nella lotta e aveva mischiato il suo geniale corredo genetico con quell'idiota di Goten.
«Ok! Andiamo a recuperarla» asserì Goku. Poggiò una mano sulla spalla dell'alleato e si rivolse alle divinità le quali, con gli occhi ancora spalancati, stavano osservando i due saiyan con l'espressione di chi non si sarebbe mai aspettato cotanta cooperazione e organizzazione. «Torneremo il prima possibile, poi andremo su Namiub pronti e preparati a ogni evenienza».
Kibithoshin li guardò sparire nel vento senza dire una parola, sorpreso più che mai. Ci pensò il Sommo a dar voce a quelli che erano stati i suoi pensieri nell'assistere a quella scena.
«E pensare che una volta erano gli esseri umani più disorganizzati e impulsivi che avessi mai visto...»



Non si sarebbero certo aspettati di essere accolti con indifferenza, ma Goku e Vegeta non riuscirono proprio a comprendere come - prima la secondogenita del principe e poi i presenti rifugiati alla Capsule Corporation - potessero essere saltati tutti in aria dallo spavento con urla concitate nel vederli spuntare dal nulla. Bra infatti, intenta a combattere, non si era nemmeno resa conto di essere stata afferrata per un braccio da suo padre per essere teletrasportata in casa sua e, terrorizzata, aveva persino cercato di attaccarlo credendo fosse un nemico.
«MA SEI IMPAZZITO?!» urlò Bra con un sospiro, poi lasciò disperdere il proprio Ki per tornare allo stadio naturale.
«Non c'è tempo per spiegare! Bra, devi trovare il modo di modificare il radar cerca-sfere. Abbiamo bisogno di cercare le Sfere del Drago del pianeta Namiub, nella Galassia dell'Ovest» le ordinò tutto d'un fiato il principe senza nemmeno far caso alle occhiate indiscrete di tutti i presenti. «Pensi di poterlo fare?»
Bra si ammutolì per qualche secondo, vagando con la mente nell'iperspazio cercando una soluzione veloce ed efficace al problema presentato dal padre. E, inutile dirlo, sua madre le aveva donato sì un quoziente intellettivo fuori dalla norma, ma anche una capacità di problem-solving nettamente superiore a qualsiasi altro membro della famiglia attualmente in vita. Certo, quando era semplicemente un'adolescente ribelle non se ne era accorto nessuno ma, una volta cresciuta ed aver maturato in sé la consapevolezza di voler anche studiare, erano rimasti tutti assai stupiti dalle sue competenze.
«Potrebbe essere più semplice del previsto: potrei cercare nel database delle mappe interstellari e installare la mappa di Namiub in un vecchio radar. Il cerca-sfere ha la capacità di rilevare la presenza delle stesse automaticamente all'interno di una mappa, data la loro carica magica... sì, potrebbe funzionare» ipotizzò lei facendosi largo tra la folla, indirizzandosi verso un'ala ben precisa del laboratorio sotterraneo dove si erano nascosti i civili.
Goku, esattamente come i suoi amici, rimase più che esterrefatto dalla semplicità con la quale la figlia del principe si fosse messa al lavoro e, senza proferire parola, si misero tutti in cerchio intorno alla grossa scrivania in attesa di comprendere il suo operato.
«Quanto tempo ti serve?» domandò Vegeta, preso dall'agitazione.
«Dieci minuti, secondo i miei calcoli. Goku, apri il primo cassetto e prendi uno dei radar, per favore» ordinò lei, martellando insistentemente sulla tastiera del computer con tutte le dita senza staccare i grandi occhi celesti dallo schermo, sul quale apparvero dati e numeri pressoché indecifrabili. 
Ma Goku non riuscì a portare a compimento il suo scopo.
«Non ci sono!» constatò, dopo aver aperto compulsivamente tutti i cassetti per frugarci dentro.
«Ma come non ci sono? Guarda meglio!»
«Ehm... i radar ce li hanno i bambini e Dende. Li hanno utilizzati per recuperare le nostre sfere» intervenne Marron, rimasta nell'ombra e nell'imbarazzo di trovarsi vicinissima sia al principe dei saiyan che a Bra. Da quando ella aveva tradito la sua fiducia non si erano mai più rivolte la parola.
«Beh, che aspettavate a dircelo?! Goku Jr, dammi il tuo radar» disse il principe, imperativo, non ricevendo però risposta alcuna.
Si guardò intorno, ricercando tra quella piccola folla radunata alla Capsule Corporation la figura del suo nipotino del quale, però, non vi era neanche l'ombra. E nemmeno di Dende e Martha. Egli spalancò gli occhi, terrorizzato. Era arrivato in quel luogo con così tanta fretta che non si era nemmeno accorto della mancanza di una delle persone più importanti della sua vita.
«Dov'è?» domandò piatto Vegeta, trafitto poi dallo sguardo grave del padre della piccola Martha. «Dove sono i bambini?»
«...stanno facendo quello che gli hai chiesto» confessò Alphonse, con visibile ansia e preoccupazione. «Ci stanno proteggendo. Stanno difendendo Dende».
«DANNAZIONE!»

 

Difficoltà, estrema difficoltà. Quando avevano deciso di combattere, di affrontare la prima vera battaglia della propria vita non avevano messo in conto che potesse essere così complesso. Non vi erano pause, non vi era nessuno pronto a farsi colpire appositamente, dall'altra parte non vi era alcuna pietà. E il fatto di essere in due contro uno aiutava solo in parte a mantenere il controllo.
Combatterono con coraggio e determinazione, ma la verità era che non erano affatto pronti ad affrontare un pericolo così grande e, anzi, avevano resistito anche fin troppo. Forse neppure un guerriero dal calibro di Ub avrebbe potuto sconfiggere un nemico tanto temibile. Dende era più atterrito e preoccupato che mai, non sapeva cosa fare, anche il suo livello combattivo non era alto.
«LACIALA! LACIALA IMMEDIATAMENTE!» urlò il piccolo Goku Jr nel vedere che il guerriero dalla pelle giallo ocra stava stritolando il corpicino della sua amica Martha con tutte le sue forze, ridendo e sghignazzando giulivamente. Il bimbo si aggrappò alla sua schiena, graffiandolo e colpendolo con furore, ma ogni tentativo fu inutile. Ancora pochi secondi e la figlia di Eva sarebbe stata ridotta a brandelli, e Goku provò così tanta rabbia e frustrazione da non riuscire più nemmeno ad urlare.
«N... no! N-o!» grugnì il piccolo, digrignando i denti, percependo ogni cellula del suo corpo andare in ebollizione.
«MARTHAAAAA!» urlò Dende con le lacrime agli occhi, gettandosi anch'egli in direzione del nemico e dei due bambini ma, proprio in quell'istante, una figura conosciuta apparve di spalle di fronte a lui, statuario e minaccioso come di consueto. Grazie al cielo, pensò il Supremo. Grazie al cielo qualcuno era giunto a salvarli, e quel qualcuno non poteva essere altri che il principe dei saiyan.
Ma Vegeta non attaccò, non immediatamente almeno. Si prese qualche istante, qualche secondo di tempo per comprendere cosa in realtà stesse succedendo. E il suo cuore esplose in mille coriandoli perché, in quel momento, lampi di luce abbaglianti e dorati si stavano facendo varco attorno al corpo del suo nipotino e, per qualche istante, il principe giurò di aver visto i suoi capelli corvini tingersi dello stesso colore del miele. Solo per un attimo, solo per un secondo prima che, arrabbiato più che mai, Vegeta si gettò addosso al nemico aggrappandosi al suo cranio con entrambe le mani e, con una capovolta, tirò più forte che poté strappandogli via la testa dal collo taurino per scagliarla lontano.
Ci volle qualche secondo, qualche istante perché entrambi i bambini riprendessero coscienza dall'immagine brutale alla quale avevano appena assistito ma, rendendosi conto del pericolo appena scampato, si gettarono entrambi alle gambe del principe stringendole con vigore.
«NONNO!»
«VEGETA!»
Egli divenne scarlatto in volto, poi allontano delicatamente i mocciosi dal suo corpo, chinando il capo per guardarli negli occhi con sguardo truce.
«Nonno, non sei allabbiato con noi, veo?» domandò il piccino, nascondendo i propri occhi sotto il ciuffo di capelli corvini.
Il principe si morse un labbro. No, non avrebbe potuto sgridarli: in fondo era vero, gliel'aveva chiesto lui di difendere i loro amici. Ma non avrebbe potuto nemmeno far correre loro un pericolo del genere, non di nuovo. E come poteva essere arrabbiato con loro, del resto? Avevano dimostrato tutto il loro orgoglio e il loro genoma di saiyan.
«Siete stati coraggiosi, ragazzi. Ma io non posso continuare a combattere bene se sono in pensiero per voi» ammise Vegeta, ancor di più rosso sulle gote. «Non è per sfiducia, avete dimostrato di essere dei veri guerrieri e avete fatto un ottimo lavoro. Ma adesso vi devo portare in un posto più sicuro, lontano dalla Terra. Capite?»
Entrambi si guardarono, forse un po' atterriti e sconfitti, ma ben consci del fatto che se il principe gli stava chiedendo una cosa del genere avrebbero dovuto obbedirgli. Annuirono insieme e, posizionandosi con i corpicini ben aderenti alla tuta nera del saiyan, vennero trasportati insieme a Dende alla Capsule Corporation. Li avrebbe portati poi nell'Aldilà insieme ai namecciani, tutti quanti, alla faccia di Re Yammer. Poco importava se quel posto avrebbe dovuto rimanere inaccessibile ai vivi, quella era una situazione di vera emergenza.
Vennero accolti e acclamati da tutti a gran voce, una volta giunti nel laboratorio sotterraneo. E, inaspettatamente, alle urla di gioia dei loro amici 
si era aggiunta al coro anche una fievole ma conosciuta voce metallica.
«Ghiro-ghirò!»
«Oh, per l'amor del cielo! Ancora lui?» commentò il principe con una smorfia, osservando il piccolo robottino rotondo balzare qua e là intorno a lui.
«Non ho voluto perdere tempo e al posto di usare i normali radar ho riattivato quello presente in Gil! Ho pensato che nel suo database fosse già presente la mappa di Namiub, in quanto lo avevate utilizzato per ritrovare le sfere di Red Shenron in giro per tutto l'universo. Mi è bastato solo aggiornare il software ed ecco qui!» esclamò Bra. Prese con entrambe le mani il robottino e lo voltò in direzione del principe e di Goku per mostrargli sette punti luccicanti sulla mappa del pianeta sul quale erano diretti. «Ha già localizzato le sfere!»
«Gil è offeso!»
«Eh dai, Gil! Ti abbiamo già chiesto scusa per averti tenuto spento quindici anni» tentò di convincerlo Goku, facendogli una carezza sui circuiti superiori.
«Gil vi aiuta solo se promettete di non spegnerlo più» protestò il robottino, incrociando le lunghe braccia metalliche.
«Che gli Dei mi fulminino...» borbottò il principe, con gli occhi rivolti al cielo.
«Promesso, promesso! Ma ora abbiamo una certa fretta, possiamo andare?» farneticò Goku. Sfoderò uno dei suoi sorrisi più larghi e intimò a tutti di radunarsi intorno a lui e al principe dei saiyan il quale, con sguardo orgoglioso e fiero, si rivolse a Bra per salutarla e, a suo modo, ringraziarla per l'ottimo lavoro svolto. Non era esattamente contento di avere di nuovo Gil tra i piedi, ma senza dubbio era stato un colpo di genio.
«Bene... ehm... grazie Bra. Stai attenta, mi raccomando» soffiò Vegeta con vistoso imbarazzo, guardando poi la figlia correre fuori a gran velocità, pronta a ritornare in battaglia.

 

Goku, Vegeta e tutti gli altri atterrarono tutti insieme nell'Aldilà - con non poche proteste da parte di Re Yammer. Proteste che però, come pronosticato, vennero prontamente ignorate sia dal principe che da tutti i presenti. Non c'era affatto tempo per le questioni burocratiche.
Il pianeta Namiub li stava attendendo e, quando finalmente Kibithoshin fu pronto a teletrasportarli in quel posto, lo scenario che gli si presentò davanti agli occhi fu davvero sconcertante.
Si ritrovarono in una landa desolata lontana da qualsiasi forma di vita, ma di forme di vita quel pianeta era pieno fino all'orlo. Le aure dei nemici erano tante, troppe, tutte differenti. Sarebbe stato difficile farla franca e agire indisturbati: in ogni angolo del pianeta emergevano Ki spaventosi. Avrebbero dovuto giocare a nascondino, oppure la questione sarebbe stata ben più complicata. Fortunatamente il gran potere di Kibithoshin di teletrasportarsi ovunque anche senza seguire le auree gli sarebbe stato ben utile.
«Azzeriamo subito le nostre auree» suggerì il principe di soppiatto, guardandosi intorno per essere certo che nessuno li stesse osservando. Il pianeta Namiub era molto differente dal pianeta Namek, almeno in quella zona. Poche piante, una prateria sconfinata color orzo e rame, nessuna traccia di acqua. Strano, per una specie umanoide che si nutriva prettamente di essa.
«Gil, dove si trova la sfera più vicina?» domandò Goku a bassa voce e, immediatamente, il robottino si mise in funzione per cercare la sfera più vicina.
«La sfera dalle sei stelle si trova a centosettantasette chilometri a sud di qui, a un'altitudine di quarantaquattro metri sul livello del mare, all'interno di una grotta con l'ottantatré per cento di umidità e una temperatura di-»
«E chissenefrega, dannazione! Kibithoshin, portaci subito lì!» intervenne il principe facendo sussultare il robot per la brusca interruzione. Interruzione che, purtroppo, non aveva permesso a Gil di rivelare loro informazioni preziosissime.
Kibithoshin annuì seriamente e si concentrò a fondo per poter trasportare i combattenti nel posto indicato dal radar. Un soffio di vento, polvere lasciata alle spalle, poi una grotta oscura.
I due saiyan inspirarono a fatica quell'aria pesante, ricca di umidità. Rocce color antracite, forte rumore delle goccioline cadute nelle pozzanghere e un paio di occhi nerissimi pronti ad accogliere gli intrusi.
Goku serrò la mandibola e tremò impercettibilmente. L'ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere era lì, dritto di fronte a lui con la sfere dalle sei stelle stretta vittoriosamente tra le dita.
«Ciao, fratellino».


 
Continua...
 
ANGOLO AUTRICE:

Boomshackalacka! HE'S BACK! He is fucking back! Avete capito tutti di chi stiamo parlando, vero? VEROOO?
Sono emozionata come una bambina. Spero che questo ritorno improvviso vi garbi, ho in mente cose che voi umani non potete nemmeno immaginare.
Ma passiamo a riassumere cos'è successo: finalmente un po' di spazio al povero Gohan. L'abbiamo criticato tutti in Super e in Gt. Secondo me dobbiamo imparare ad apprezzarlo per quel che è diventato, non nel rimpianto di ciò che era da ragazzino. Spero siate d'accordo con questa mia scelta stilistica di non ricreare una versione adulta del Gohan in Cell Game. Non sarebbe credibile.
Goku e Vegeta si stanno dando da fare per trovare il modo di ricercare le sfere del drago su un pianeta sconosciuto. Qualche citazione a Gt, come ad esempio il ritorno di Gil (che odio, peraltro). Bra si è dimostrata la degna erede di tua madre, mentre il piccolo Goku Jr e Martha degni eredi delle loro origini saiyan. Il piccino si stava pure per trasformare *-*
Dopo averli portati tutti in salvo nell'aldilà (Re Yammer cu*o) i nostri eroi sono partiti alla volta di Namiub. E sappiamo ben tutti cos'è appena successo! WHUHAAAAAAAA non vedo l'ora di pubblicare il seguito!
Ragazzi e ragazze... oggi After All compie un anno dalla sua pubblicazione! Auguri a me xD
Non dimenticatevi di mettere like alla pagina Instagram di Giosuè Graci (@giosu.g) https://www.instagram.com/giosu.g/?hl=it ! che ha realizzato per me le fanart!
A domenica miei cari e mie care,
Eevaa

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Capitolo 63
*** Ombre dal passato ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 63 - OMBRE DAL PASSATO



Fratellino.
Di spiriti maligni selvaggi, gente morta deambulante come se nulla fosse, resurrezioni inaspettate e fantasmi dei Natali passati, Goku ne aveva visti parecchi. Ma mai, mai si sarebbe aspettato di poter contemplare ancora una volta quegli occhi neri così simili, quasi identici ai suoi. Quegli occhi che non avevano tardato a squadrarlo con una strafottenza intollerabile, traboccante di sdegno dalle dita dei piedi alla punta dei lunghissimi capelli d'ebano.
Fratellino, così l'aveva chiamato.
Quante volte l'aveva sognato, quante volte quell'uomo era apparso nei suoi incubi, facendogli risuonare le urla terrorizzate di Gohan quando, più di cinquantanni prima, era stato rapito dall'alieno atterrato sulla Terra una tiepida mattina di primavera. Non avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le innumerevoli notti trascorse a pensare a come sarebbe stato se l'avesse convinto a non essere un tale farabutto, specialmente dopo aver vissuto sulla propria pelle il cambiamento di Vegeta il quale, se possibile, era stato ben più bastardo di lui. E quante altre volte aveva immaginato come sarebbe potuto essere se Freezer non avesse distrutto Vegeta Sei, se qualcuno fosse andato a recuperarlo sulla Terra da bambino, se avesse potuto vivere a fianco dei saiyan. Sarebbe stato tutto diverso e lui... beh, lui sarebbe stato il suo maestro.
«Radish...» si appellò a lui con sguardo severo. Erano passati tanti, troppi anni, eppure era come se fosse passato un giorno solo. Ma cosa ci faceva lì? Che i Draghi avessero chiamato nuovi rinforzi dall'inferno?
«Che piacere rivederti, Kaarot» rispose egli continuando a stringere tra le mani la Sfera del Drago, rivolgendosi poi a Vegeta nominando la sua alta carica nella loro lingua natia. «Kuhun'shi, qual buon vento!»
Vostra maestà.
«Pochi convenevoli, Radish. Sappiamo che non hai buone intenzioni» sentenziò il principe dei saiyan, spazientito.
No, Vegeta non si sarebbe certo aspettato di vederlo da quelle parti ma, per la poca stima che aveva provato per lui nella loro precedente vita, non gliene poteva importare di meno che fosse lì. Anche se, in realtà, non si ricordava nemmeno più del perché lo stimasse così poco, così come aveva stimato poco Nappa.
Si era ritrovato a rifletterci su più e più volte nel corso degli anni e, forse, era persino giunto ad apprendere che in realtà non avessero fatto proprio nulla di male per farsi trattare così da lui. L'avevano cresciuto, servito e riverito fedelmente, in fondo. Che fosse stato lui stesso troppo severo con quei due, di quello ne aveva preso coscienza. Ma, del resto, era cresciuto tra le menzogne e gli aguzzini, non gli era mai stato facile fidarsi davvero di qualcuno e, sebbene i due scagnozzi non gli avessero mai dato modo di pensare che lo avrebbero tradito, aveva sempre preferito mantenere una certa distanza da loro. Non li aveva considerati amici, non aveva mai considerato amico proprio nessuno. Il primo... il primo era stato Kaarot. Era sempre stato Kaarot.
E così era stato lui stesso a tradirli, a lasciarli morire come se niente fosse. Non si sentiva in colpa, Vegeta, quello mai. Ma, nel vedere quell'infima terza classe dopo così tanti anni e, soprattutto, nel vederlo faccia a faccia con quell'altro imbecille di terza classe, non poté fare a meno di essere indulgente e di evitare di ucciderlo seduta stante. Forse si era davvero rammollito.
«Come siamo acidi... è questo il tuo modo di salutarmi dopo tutto questo tempo?» asserì Radish con tono amaro. Non si era certo dimenticato del trattamento che il suo principe gli aveva riservato o meglio, ciò che egli non aveva fatto. Non gli era mai passato per l'anticamera del cervello di resuscitarlo e per questo, Radish, non poteva fare a meno di portare rancore.
«Dacci la sfera, Radish, e nessuno si farà male» ordinò Goku facendo un passo verso di lui, aprendo la mano con il palmo rivolto verso l'alto, intimandogli con un gesto del mento di posarvi sopra la piccola sfera dalle sei stelle.
L'uomo rise, rise sguaiatamente, poi contemplò l'oggetto del desiderio studiandolo come se fosse un diamante grezzo. Era piccola, molto piccola, delle dimensioni leggermente inferiori di una pallina da ping-pong. Lucente, di un arancione caldo e dalle sei stelle dello stesso colore di un praticello primaverile.
«Temo di non poterlo fare, fratellino. Ho ordini differenti» spiegò Radish indicando con il pollice un punto imprecisato, là dove il buio della caverna lasciava intravedere solo delle ombre scure. E dal buio apparvero altre figure, tante, minacciose, con i denti digrignati e l'odore acre di chi era stato rinchiuso all'inferno per troppo tempo.
I due saiyan si misero in posizione di difesa, osservando i nemici disporsi disordinatamente alle spalle del loro interlocutore.
«Ordini di chi, razza di venduto?!» sibilò Vegeta con disprezzo. «Non sai nemmeno quale sia la causa di tutta questa battaglia».
«Ordini da coloro che mi hanno ridato la vita. La vita stessa che voi mi avete tolto» gracchiò Radish con tono velenoso, prima di venire preso per la tuta da battaglia dal principe in persona il quale, ringhiandogli in volto, iniziò a percepire la rabbia attecchire ai suoi neuroni, puntando poi la mano libera sulla folla nelle retrovie.
«Non ti conviene farmi girare le scatole, bayn srih. Dai la sfera al tuo principe e levati dai piedi, se non vuoi che ti riporti via la tua tanto agognata vita».
Goku riconobbe quella parola. Del resto Vegeta si era appellato a lui in quel modo per anni. Terza classe.
«Principe?! Ahahah! Non farmi ridere! Non ti sei fatto scrupoli a lasciar morire gli ultimi membri della tua specie, quando eravamo in difficoltà» lo incalzò il saiyan con risentimento, mormorando poi una frase di sdegno nella loro lingua natia (che Goku non seppe decifrare), cosa che fece andare in escandescenza Vegeta. Lo sbatté contro una delle pareti e uccise poi tutti i suoi uomini con dei raggi di energia. La caverna tremò e lasciò cadere dal soffitto delle macerie che ricoprirono i corpi dei cadaveri.
Radish sogghignò nonostante la schiena premuta con vigore contro la roccia appuntita e, schioccando la lingua con disgusto, fissò il suo vecchio comandante innervosirsi ancor di più quando, alle sue spalle, avvertì la vita riprendere possesso delle vittime da lui mietute.
Il rumore dei sassi che, lentamente, scivolarono giù dalle vesti dei nemici per infrangersi sul terreno rimbombò contro le pareti, riempiendo l'aria di ulteriore tensione. Vegeta spinse il nemico ancor più forte contro la roccia, premendogli il petto con le mani nodose nel tentativo di impedirgli di respirare.
«Radish, ascolta... ragiona! Stai perdendo solo il tuo tempo, non puoi batterci, non costringerci a ucciderti di nuovo» tentò nuovamente di convincerlo Goku con le maniere delicate, avvicinandosi solo di un passo nella loro direzione per poter intravedere i suoi occhi scuri socchiudersi nell'ombra. «Dacci la sfera e vai via da qui, collabora! Siamo più forti di te».
«Hah! Non mi interessa! È questione di orgoglio!» lo rimbeccò il fratello maggiore. Strinse ancor più forte nella mano la sfera luccicante, sentendo poi le forti mani del principe sbatterlo più forte contro la parete per poi lasciarlo andare.
«Tsk! Orgoglio?» sibilò Vegeta velenoso. «Che ne sai tu dell'orgoglio?»
«E tu che ne sai?! Sei diventato mite come un agnellino a furia di frequentare i terrestri. Si vociferano tante cose di te, all'inferno» lo provocò Radish senza staccare la schiena dalla parete, ridacchiando tra sé e sé. «Quanti saiyan bastardi hai procreato mischiando il nostro genoma con una specie inferiore? Due o t-» ma Radish non riuscì a concludere la frase perché, con l'ira e la forza di un uragano, il principe si abbatté su di lui con una testata.
«NON OSARE!» abbaiò Vegeta mettendogli entrambe le mani al collo, sentendolo annaspare. Gli altri nemici tentarono di avvicinarsi, ma il principe riuscì a tenerli alla larga aumentando così tanto la sua aura da trasformarsi in Super Saiyan di quarto livello. La caverna tremò di nuovo.
«VEGETA, ASPETTA!» tentò di frenarlo Goku nel vedere che suo fratello, sotto le possenti dita del suo re, stava divenendo di un colore cianotico. Ma si sorprese. Eccome se si sorprese di se stesso, perché non aveva la benché minima idea del perché non volesse vederlo morire di nuovo. E anche Vegeta rimase di stucco, voltando di scatto il viso per incrociare quello del suo rivale.
Si guardarono per qualche istante, istante pregno di confusione. Non sapeva proprio cosa dire, Goku. Non sapeva perché lo avesse fermato, ma il principe non si fece troppe domande. Senza pensarci troppo su, allentò di poco la presa sul collo tarchiato del nemico, consentendogli a malapena di annaspare.
«Non osare parlare così dei miei figli» continuò il principe. Percepì una forte scossa elettrica lungo la schiena e allargò il viso con un sorriso perfido, voltandosi nuovamente per attanagliare l'avversario al suo volere. «Anche perché forse i tuoi amichetti degli inferi non te l'hanno raccontato...»
Goku spalancò gli occhi. Veramente gliel'avrebbe detto? Davvero si sarebbe spinto fino a quel punto?
«D-di cosa p-arli?» gracchiò Radish, con l'ultimo fiato rimasto.
«Anche tu ne hai avuta una...» lo incalzò il principe, con una strana luce negli occhi, beffardo come il suo sottoposto lo ricordava. «Una figlia mezza terrestre. Una combattente di gran lunga più forte di te».
«COS-» provò ad urlare Radish, ma le parole gli morirono in gola.
Successe tutto in un attimo: Radish si sentì pietrificare, il suo cuore mancò di un battito. Di tutto si sarebbe aspettato, ma non quello. Non quelle parole, non quella rivelazione, non una cosa così grande. Il suo orgoglio si piegò. Si sentì morire per un attimo, l'istante nel quale, privo di forze e di cognizione, lasciò scivolare dalla mano la piccola sfera del colore del sole, lasciandola cadere e rimbalzare sul pavimento.
Il suo tintinnio scosse le membra di tutti facendoli sussultare. Essa rotolò sul pavimento dissestato, raggiungendo i piedi del saiyan di terza classe che prendeva il nome di Kaarot. E, come un esplosione, il silenzio calato in quella grotta si infranse tra le urla di guerra di tutti i presenti.
Non vi era tempo per pensare, ma solo di agire: Goku prese la piccolissima sfera infilandosela in tasca, intimando Vegeta di raggiungerlo nell'immediato prima che, inferociti come bufali, i nemici si scagliassero su di loro tentando di fermarli. Il principe, dopo aver ringhiato in faccia a Radish, balzò nella direzione del suo alleato e Kibitoshin, puntando poi la mano aperta in direzione degli avversari. Ancora un colpo e la caverna sarebbe crollata, lasciando sotterrati tutti loro, compreso Radish il quale, frastornato, non si era mosso di un centimetro dalla parete.
Vegeta fece per lasciare andare una potente sfera di energia ma Goku, con il cuore in gola e l'orgoglio sotto i piedi, posò una mano sul suo braccio, costringendolo ad abbassarlo. Si guardarono di nuovo con occhi gravi, e il principe incurvò le sopracciglia basito. Era la seconda volta che quell'idiota gli impediva di uccidere quel decerebrato del suo sottoposto. Perché ci teneva tanto a risparmiargli la vita? Oltretutto i Draghi ci avrebbero messo meno di due secondi a resuscitarlo. Goku chiuse gli occhi per un secondo, percependo la mano di Kibitoshin afferrargli l'avambraccio libero per teletrasportarli immediatamente via da quella situazione.
Ma prima, senza ancora capacitarsi di come e perché avesse concesso la pietà al fratello maggiore, gli rivolse un ultimo sguardo disperato.
«Addio, Radish».


In un battito di ciglia lo scenario cambiò. Non vi era più umidità, odore di stantio e tenebra. Il sole di Namiub era pallido in quella zona, ma riusciva a intiepidire l'ambiente circostante. Vi erano piccoli arbusti color rame con le estremità filamentose mosse da un leggero venticello, e il terriccio secco si sollevava con uno sbuffo di polvere di tanto in tanto.
Nessuno osò fiatare, neppure il principe che, inizialmente, era giunto in quel luogo con tutte le intenzioni di comprendere cosa diavolo passasse nella mente del suo rivale. Ma, non appena poggiati i piedi in quel posto indicato da Gil come la posizione della sfera dalle quattro stelle, aveva dovuto tenere per sé i sentimenti contrastanti nei riguardi dell'idiota. Non aveva potuto fiatare perché, minacciosi come se li ricordava, dei visi conosciuti erano apparsi alla breve distanza. E come dimenticare delle facce così nauseabonde?
Uno era alto, con le spalle larghe e il tronco altrettanto possente. Un lungo mantello bianco ricadeva sferzato dal vento sulla tuta blu cobalto, in netto contrasto con il colorito singolare dell'essere spaventoso. La pelle rosso mattone, gli occhi più gialli di un felino e una barbetta corvina che ricopriva solo una piccola parte del mento allungato. Il Re degli Inferi sogghignava beffardo con le braccia incrociate, spalleggiato da un'altra figura ben conosciuta ai due super saiyan. Si era definito “l'essere perfetto”, che poi così perfetto non si era proprio dimostrato. Una spessa corazza verde circondava sia la muscolatura scattante che le ali violacee come gli occhi, occhi che Vegeta ricordava alla perfezione. Quel maledetto era esploso portandosi via con sé Kaarot per più di cinque anni.
«Non vedo una coppia così male assortita dai tempi di Zarbon e Dodoria» commentò aspramente il principe sgranchendosi le nocche, guardando Darbula e Cell squadrarli di rimando e, a tal proposito, Vegeta si domandò se mai avrebbe avuto l'occasione di rivedere anche i due scagnozzi appena citati.
«Mi sembra una scena già vissuta» commentò Goku, riferito palesemente al giorno in cui tutti i nemici erano usciti dalle porte degli inferi invadendo di nuovo la Terra.
«Già, che seccatura» rispose Vegeta, mettendosi in posizione di attacco. «Non vi è bastato morire una seconda volta, dobbiamo farvi fuori di nuovo, a quanto vedo!»
In tutta riposta entrambi i nemici scattarono in avanti con furia e voglia di distruzione. I quattro contendenti della sfera dalle quattro stelle si scontrarono a mezz'aria, pugno contro pugno, calcio contro calcio. Vegeta contro Cell, Goku contro Darbula il quale, immediatamente, non mancò di sfoderare la sua tecnica più infima tentando di pietrificare il saiyan il quale, però, evitò prontamente il suo attacco teletrasportandosi dietro di lui, colpendogli la base del collo con una gomitata. Vegeta, invece, preferì attaccare direttamente allo stomaco. Troppo rimorso nei confronti di quell'insetto fuori misura, troppi ricordi di un passato tormentato. Ma i Draghi avrebbero potuto resuscitare anche il più becero dei combattenti dell'inferno, anche il più infimo suddito del male; loro avrebbero sconfitto chiunque. Qualunque nemico che gli si fosse parato davanti loro lo avrebbero distrutto, annientato. Sarebbero andati avanti anche per giorni pur di estirpare quella minaccia alla radice, seppur stanchi, seppur stremati.
E così fecero perché, nelle successive tre ore, i due saiyan vennero teletrasportati qua e là per tutto il perimetro del pianeta Namiub, incontrando volti nuovi e volti vecchi – sì, anche Zarbon e Dodoria, i quali vennero fatti saltare in aria da un principe piuttosto risoluto – e annientando personaggi dalla dubbia provenienza per recuperare due, quattro, sei, sette sfere. Non ci volle poco tempo, nemmeno con le preziose informazioni di Gil e il teletrasporto immediato di Kibitoshin. Gli avversari da debellare erano tanti, alcuni di loro non erano stati così generosi come Radish da lasciarsi scivolare via la sfera dalle mani. Ci volle pazienza, costanza, resistenza e pelo sullo stomaco. Le loro mani erano dipinte del sangue secco dei loro nemici, nelle loro menti vennero impresse le urla di rabbia, di sofferenza. E, anche se il principe avrebbe dovuto essere abituato a mietere tutte quelle vittime, non fu propriamente così. Ogni vita spezzata non provocava più in lui orgoglio ed eccitazione ma, al contrario, pesava sulle proprie spalle come un macigno esattamente come pesava a Goku. Nonostante fossero insulsi, infimi, malvagi e perfidi, il costo di strappare via una vita era sempre alto. L'odore acre delle interiora nelle narici, il rumore delle ossa infrante martellava contro i timpani. No, non era e non sarebbe stata mai una passeggiata, ma alla fine riuscirono a recuperare tutte e sette le sfere.
«Gil è stato bravo?» trillò il robottino facendo due capovolte su se stesso, venendo immediatamente preso per uno degli arti inferiori da Goku il quale, con un sorriso forzato, lo trascinò verso di sé per compiere l'ultimo spostamento su quel pianeta desolato.
«Sì, sì, bravissimo» tagliò corto, rivolto poi a Kibitoshin dopo essersi messo il piccolo sacchetto contenente le sfere nella tasca della tuta. «Ora andiamo subito a portarle al capo dei saggi! Per quanto ne sappiamo ha accettato di distruggerle, sarà semplice».
Tutti annuirono, ancorandosi saldamente al tessuto della tunica rossa della divinità e, in un istante, scomparvero nell'aria per atterrare in una ventosa cittadina.
Al contrario di ciò che si aspettarono, il paesaggio non era affatto brullo. Una piccola oasi felice di un centinaio di case bianche si ergeva su un promontorio e, poco distante, un lago dall'acqua cristallina portava nutrimento alle piante verdi alte una decina di metri. Un panorama singolare e alquanto piacevole, se non fosse stato per la densità di popolazione presente su quel territorio che, da una prima e veloce osservazione, era tutt'altro che benvoluta dagli autoctoni. Centinaia e centinaia di nemici sostavano sui tetti delle case in attesa di qualcosa – o meglio qualcuno – che, proprio in quell'istante, aveva appena fatto la sua comparsa. Sul punto più alto del promontorio, circondato da una folta folla di esseri minacciosi, il capo dei saggi implorava a gran voce pietà per la sua famiglia e il suo paese.
«Semplice, eh?» commentò sarcastico il principe dei saiyan rivolto al suo rivale il quale, sconsolato, sbuffò incurvando le spalle possenti in una posa affranta.
«Giuro, non parlo più!»
«Ma questa è una notizia meravigliosa!» gracchiò ironico il principe, proseguendo la sua ironia rivolgendosi al grande esercito di malfattori i quali, silenziosi e minacciosi, iniziarono a levitare per raggiungere i due saiyan. «Grazie, grazie a tutti voi per la mano che mi avete dato a raggiungere questo traguardo!»
Goku alzò gli occhi al cielo ma non nascose un sorriso. Era un bene, in fondo, che Vegeta avesse mantenuto la sua ironia pungente nei suoi riguardi. Almeno, in tutta quella situazione catastrofica, vi era ancora una parvenza di normalità.
«Ora, se non vi dispiace, però, è il momento di porre fine a questa FESTA!» aggiunse sua maestà urlando con sprezzo l'ultima parola, accendendosi di luce dorata. Gil, spaventato, andò immediatamente a nascondersi alle spalle di Kibitoshin il quale, anch'egli ben intento a non farsi travolgere dalla ressa, scappò il più lontano possibile, lasciando ai due saiyan l'ingrato compito di distruggere quell'esercito infernale.
C'erano tutti, proprio tutti, Freezer compreso. Quella dannata lucertola li avrebbe perseguitati fino alla fine, questo Vegeta lo sapeva bene. Evidentemente quei gran bastardi dei Draghi erano perfettamente a conoscenza dello scompenso di nervi che causava quell'essere nauseabondo al principe dei saiyan.
I due guerrieri iniziarono a combattere con tutte le loro forze, trasformandosi nella loro ultima forma completa, ma decisero sensatamente di non unirsi nella fusione in modo da trovare un diversivo per poter consegnare le sfere all'anziano saggio. I nemici erano tanti, tantissimi, alcuni deboli e alcuni più forti, ma tutti ben intenzionati a non farla passare liscia all'eretico della Dimora dei Draghi e al suo alleato.
Goku, ringhiando, strappò via la testa con forza a Darbula per la seconda volta in quella giornata tragica mentre Vegeta, non contento di aver ucciso Freezer una gran manciata di volte, si apprestò a operare la sua vendetta nuovamente. I corpi dei condannati all'inferno cadevano come pioggia sulle case della piccola città macchiandole di sangue ma, come pronosticabile, come zombie i nemici si rialzavano dopo pochi secondi tornando all'attacco.
Malcontento, rabbia, frustrazione. Dopo parecchi minuti nessuno dei due aveva trovato un modo per avvicinarsi indisturbato al capo dei saggi e oramai Vegeta stava iniziando a perdere la pazienza. Dovette lottare con se stesso per non far saltare in aria tutto, civili compresi. Ma, se non avessero trovato il modo entro breve, l'unica soluzione sarebbe stata quella di andare su quel dannato promontorio e porre fine alla vita del povero namecciano che aveva creato le sfere.
Goku sperò con tutto il cuore di non doverlo fare, provò e riprovò ad avvicinarsi alla sua casa con cautela ma, a ogni tentativo, un nuovo nemico gli si parava di fronte e gli altri andavano a radunarsi proprio lì, per circondare il capo dei saggi. E, a un certo punto, un nemico inaspettato tornò in auge sorprendendo negativamente l'eroe della Terra. Goku ringhiò, affranto e arrabbiato.
«Radish, dannazione! Ti ho dato l'occasione di fuggire» soffiò Goku con estremo rammarico. Cosa diamine ci faceva lì? L'aveva risparmiato, aveva sperato che se ne andasse e non si facesse più vedere e invece era lì, pronto a combattere di nuovo, per una causa con la quale non c'entrava niente. A fianco di Freezer, per giunta, colui che aveva distrutto il loro pianeta.
«Dammi le sfere!» disse imperativo suo fratello colpendolo con un calcio che, però, non sortì alcun effetto su Goku.
«... speravo davvero di non doverlo fare, Radish. Speravo davvero di non doverti uccidere!» lo rimproverò con un tono amaro nella voce, facendosi colpire un'altra volta. Eppure quei calci e quei pugni non gli provocavano dolore, nemmeno un po'. Certo, suo fratello era debole, ma era davvero così debole da non causargli neanche un graffio?
«No, fratellino. Ho detto dammi le sfere» sottolineò il saiyan lanciandogli un'occhiata eloquente, quasi come a sottolineare un concetto in apparenza evidente, ma che evidente non era. Lo colpì di nuovo, piano. Molto piano. E allora Goku sbarrò gli occhi facendosi attraversare la mente da un pensiero insano. Suo fratello stava trattenendo la sua energia, stava quasi azzerando la sua aura.
«...R-Radish?» balbettò e, in quell'istante, germogliò il seme del dubbio che l'uomo che aveva di fronte gli aveva piantato in mente.
«Fidati di un saiyan, Kaarot» sussurrò Radish al suo orecchio, colpendolo svogliatamente con un pugno alla bocca dello stomaco.
E in quel momento Goku comprese, Goku capì cosa gli stava chiedendo suo fratello tra le righe. Perché il legame di sangue che li univa era sufficiente per capirsi, perché tra fratelli, in qualche modo, ci si capisce sempre nonostante tutto. Radish non avrebbe voluto sottrargli le sfere, non più.
Radish avrebbe voluto aiutarlo.

Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Ciao gente! Eccomi tornata con un nuovo aggiornamento ravvicinato. Che dire? Questo pianeta Namiub è più tosto del previsto, ed è sopratutto pieno di sorprese.
Tra Radish e Vegeta, inutile, non corre buon sangue, eppure Goku ha deciso di salvarlo. Che diamine gli è preso? Eppure... eppure la sua scelta sembra dimostrarsi utile perché, a quanto pare, Radish gli sta proponendo un aiuto. Che la notizia della figlia l'abbia fatto smattare? O, rendendosi conto di essere alleato con Freezer, ha cambiato rotta? Oppure semplicemente, come ha ampiamente dimostrato in passato, sta mentendo?
Una cosa è certa. La missione dei nostri eroi sarà sia psicologicamente che fisicamente impegnativa. Siamo solo al secondo pianeta e già hanno dovuto affrontare parecchi fantasmi del passato. La distruzione di Neo Namek che ha fatto rivivere a Vegeta il suo pianeta, il ritorno di Radish, di tutti gli altri nemici. Dovranno compiere scelte non sempre etiche e non condivisibili, prendere decisioni complesse... tutte cose che potrebbero compromettere l'integrità psicologica dei due saiyan. Insomma, ve l'ho detto: ne vedremo delle belle. 

Vi lascio con una domandona: voi vi fidereste di Radish?

Ora che le vacanze sono finite non avrò purtroppo più tempo per la pubblicazione infrasettimanale. Tornerò a pubblicare ogni domenica, puntuale come sempre! :)
A presto!
Eevaa

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Capitolo 64
*** Fratello ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 64 - FRATELLO



But something has changed
I feel so alive
My life just blew up, I’d give it all up
Lets face all our fears
Come out of the shade
And wake up unscathed
Now life can begin, I’ve cleansed all my sins
I’m about to break through
I need something human, human
And I need your love


Something human: https://www.youtube.com/watch?v=0sm00_Gz_c4


 


No, impossibile. No categorico. E come avrebbe potuto fidarsi? Chi gli avrebbe potuto dare la certezza che li avrebbe aiutati per davvero? In fondo ci aveva già provato una volta a fregarlo, più di cinquant'anni prima; in quel momento gli sembrò che il tempo non fosse passato affatto. Fidarsi di lui, di un saiyan! Quella era proprio bella! Eppure... eppure quegli occhi stavano dicendo tutto tranne che una menzogna, in fondo. L'aveva sentito, l'aveva percepito nel proprio cuore il bisogno di lasciarlo vivere, poco prima. Aveva presagito l'impellenza di risparmiagli la vita e non aveva compreso il perché, ma il perché si stava mostrando proprio in quella frazione di secondo, ove la guerra strideva in retroscena.
«Come... come posso fida-»
«Fallo e basta, fratellino» lo interruppe Radish spazientito, comprendendo poi però che, effettivamente, per come si era comportato anni addietro, suo fratello avrebbe avuto ben più di un motivo per essere restio alla sua richiesta. Avrebbe dovuto fornirgli una buona motivazione. «Com'è lei? È davvero così forte?»
Goku serrò la mandibola, lasciandosi nuovamente colpire allo sterno con un pugno male assestato. Eva, stava parlando di Eva.
«Sì, molto più forte di te, se proprio ci tieni a saperlo. Ma questo cos-» affermò precipitevolmente Goku con tono seccato, venendo però nuovamente incalzato dal fratello.
«Voglio incontrare la mezzosangue. Voglio battermi con lei» asserì Radish, assestandogli un pugno sul mento, quella volta più forte. Diamine, non avrebbe voluto scoprirsi tanto a fondo, rivelargli quale fosse uno dei motivi di quel cambio di rotta – oltre a non voler assolutamente combattere dalla stessa parte di Freezer, in primis, e non potendogli fregare nulla di quella battaglia, in secondo luogo. Li avrebbe aiutati, sì, ma non avrebbe certo fatto niente per niente. Se veramente aveva una figlia ed era ben più forte di lui, allora avrebbe dovuto vederla con i suoi stessi occhi e misurare la sua forza in un combattimento all'ultima goccia di sudore. Ci avrebbe pensato dopo a dove andare, a cosa fare, a come agire. Era vivo, finalmente, e l'universo intero era a sua completa disposizione. Non avrebbe dovuto più prendere ordini da nessuno, né da Vegeta, né da Freezer, men che meno dai terrestri. Avrebbe dovuto decidere solo per se stesso e la prospettiva gli allettava molto di più che prendere ordini da quei Draghi di cui non sapeva assolutamente nulla. A collaborare con suo fratello e il suo amichetto avrebbe avuto tutto di guadagnato.
«Evangeline. Si chiama Evangeline» specificò Goku con sprezzo, colpendolo a sua volta con un calcio non troppo potente, ma abbastanza doloroso da farlo urlare.
«Quello che è. Dammi le sfere, adesso!» formulò imperativo Radish, ringhiandogli in faccia.
«Radish, ti ucciderò se non-» soffiò Goku ad un centimetro dal volto del fratello, percependo il suo alito caldo contro le guance.
«KAAROT, DANNAZIONE!» lo rimproverò lui, e gli fece intendere che gli aveva dato ben più di una prova di non volergli voltare le spalle, quella volta.
Si guardarono negli occhi, specchiandosi l'un l'altro. Occhi bui, occhi lucidi, occhi stanchi di quella guerra inutile. Che diamine ci facevano lì, dopo tutti quegli anni, muso contro muso? Non avevano avuto un bel niente di cui spartire, nella vita. Ma le origini... le origini sì. Gli afferrò i palmi delle mani, Goku, ringhiandogli più forte in faccia, e da esse percepì il suo stesso sangue scorrere nelle vene. Fratellino, sì. Lo aveva chiamato di nuovo così, e gliel'aveva concesso. E, sciocco com'era, gli avrebbe concesso anche la sua fiducia. Cielo, Vegeta lo avrebbe ammazzato una volta saputo. Ma aveva altra scelta, in quell'istante? Cosa diamine aveva da perderci? Mal che fosse andata gliele avrebbe strappate di mano e gli avrebbe strappato anche il cuore dal petto, quel cuore che per la prima volta aveva sentito battere insieme al suo.
Con un impercettibile occhiata Goku indicò la tasca della sua tuta e Radish, scaltro e veloce come una faina, ne prelevò il contenuto senza dar troppo nell'occhio, poi storse il viso in un sorriso aspro. Non disse nulla ma, con una recitazione degna di Broadway, si lasciò colpire con un calcio e cadde riverso con la schiena al terren e, dopo qualche istante, si rialzò per correre in direzione della casa più alta del promontorio.
Con un sospiro Goku si fiondò contro un nuovo nemico, tenendo d'occhio attentamente le mosse del fratello e Vegeta, che non aveva per niente compreso cosa fosse accaduto, gli si avvicinò per spendere poche parole sull'esito di quella battaglia. Si misero a combattere insieme, di nuovo, facendosi strada tra i nemici dalla varia provenienza ed etnia.


Radish corse, corse, corse su per il promontorio per recarsi nei pressi di quell'abitazione facendosi strada tra la folla di nemici e amici, anche se di amici non si poteva certo parlare. Sperò sul serio che nessuno avesse scoperto o notato il suo agire ma, dall'indifferenza con la quale gli scagnozzi dei Draghi lo stavano osservando, probabilmente nessuno si era posto troppe domande. Con irriverenza si avvicinò all'anziano capo dei saggi, lo prese per un braccio e si rivolse alle altre guardie.
«Dobbiamo portarlo dentro, altrimenti quei bastardi lo prenderanno!» grugnì Radish, indicando con il mento Goku e Vegeta.
«Già, buona idea» affermò uno stupido, stupidissimo essere dalla pelle gialla, accompagnando Radish e il vecchio saggio all'interno dell'abitazione. E fu lì che, senza troppi complimenti, il saiyan prese tra le mani il cranio del guerriero proveniente dall'inferno, torcendogli il collo fino a fargli perdere i sensi.
«Veloce, nonno! Distrugga queste dannate sfere!»



Un boato, un'esplosione. La terra tremò e il pianeta Namiub venne colto da un'improvvisa e incessante ondata di vento. Le mura dell'abitazione del capo dei saggi crollarono, trovandosi proprio all'epicentro di quel forte terremoto. Tutti i combattenti si fermarono e si guardarono intorno con espressioni confuse e Vegeta, facendo riassorbire il Final Flash che aveva caricato tra le mani, lanciò un occhiata sul promontorio ove il vecchio saggio dalla rugosa pelle verde aveva le braccia tese rivolte a sette piccole pietre.
«Ma cosa ca-» soffiò il principe dei saiyan con gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore e, in quella frazione di secondo, tutte le teste e tutti gli sguardi vennero rivolti nella direzione di Radish il quale, con sprezzo, si lasciò andare in una risata sadica e pungente. Le Sfere del Drago erano state distrutte.
E, nuovamente, il silenzio tombale andatosi a creare su quel pianeta venne interrotto da concitate urla di guerra da parte dei nemici i quali, furenti più che mai, iniziarono la loro cavalcata in direzione del promontorio.
«Odio doverlo dire, ma è il momento di filarsela!» suggerì Vegeta vedendosi passare di fianco a tutta velocità una mandria di combattenti agguerriti, prendendo poi per un braccio il suo alleato per trascinarlo per qualche metro nella direzione opposta. Ma Goku, frenando la sua corsa, si divincolò dalla presa.
«Aspetta! Devo prendere Radish!» affermò con il fiatone Goku puntandosi due dita sulla fronte ricercando l'aura del fratello. Aveva mantenuto la sua promessa, aveva onorato la sua fiducia e quindi avrebbe dovuto portarlo via di lì.
Si teletrasportò davanti a lui e al capo dei saggi il quale, spaventato più che mai, si aggrappò alla tuta di Goku sperando che egli potesse fare qualcosa, qualunque cosa per salvarlo da quella situazione drammatica.
«AGGRAPPATI A ME!» urlò Goku porgendo una mano a Radish il quale, calciando via il primo nemico che aveva provato a punirlo per l'azione commessa, non comprese immediatamente la richiesta del fratello. Lo guardò accigliato, domandandosi perché diamine dovesse aggrapparsi a lui. Del resto, egli non sapeva nemmeno che potesse teletrasportarsi.
«RADISH, ANDIAMO VIA!» gridò nuovamente Goku, allungando ulteriormente la mano nella sua direzione, trattenuto per la gamba dal capo dai saggi il quale, sull'orlo di una crisi di panico, si mise a urlare.
Radish esitò per un momento, un istante, poi decise di seguirlo. Ma quell'istante, quel secondo di esitazione bastò per porre fine a tutte le sue buone intenzioni, bastò per portargli via quel momento di gloria. Quel momento fu sufficiente per essergli fatale perché, da dietro, un grosso energumeno calvo gli prese tra le mani la faccia, emanando un grosso fascio di luce bastante per fargli saltare in aria il cranio in mille pezzi. E quell'uomo, quel grosso uomo il quale, ridendo sadicamente, calciò ciò che restava del corpo di Radish con sprezzo in direzione del fratello, prendeva il nome di Nappa.

Rabbia crescente. Tremore incontrollato. No, non avrebbe retto, non avrebbe potuto reggere a tanto, Goku. Non nel vedersi portare via dalle mani quel fratello che non aveva mai avuto l'occasione di perdonare fino a pochi istanti prima, non dopo che finalmente era riuscito a redimersi.
Qualcosa in lui si era spezzato, rotto, e non aveva mai giurato di poterlo credere. Una sensazione di sconforto mai provato, qualcosa di intenso, schiacciante. Il cuore a mille, l'aura in escandescenza. Guardò ciò che rimaneva del cadavere di Radish ai propri piedi e non poté fare a meno di urlare. Urlare forte, incontrollatamente, perché quell'uomo non si sarebbe più svegliato. Non era più un nemico, nessun Drago lo avrebbe resuscitato.
«NOOOOOOOO!» ululò Goku infiammandosi, con gli occhi pieni di collera e i palmi delle mani incandescenti. Avrebbe distrutto tutto, avrebbe distrutto tutti quei nemici, specialmente quell'abominio della sua stessa specie che aveva osato compiere un gesto simile nei confronti di quello che era stato in passato un suo alleato. Quel farabutto che si era schierato dalla stessa parte di quel vile di Freezer.
Era pronto, era pronto a fare fuoco e fiamme ma dal nulla Vegeta apparve di fronte, lo trattenne e lo strattonò per portarlo via da quella situazione pericolosa. Si stava scatenando il putiferio, i nemici stavano per distruggere anche quel pianeta e no, non avrebbe potuto rischiare di rimetterci la pelle.
«Dobbiamo andare, Kaarot» gli intimò con fretta Vegeta, aggrappandosi al suo corpo con vigore teletrasportandosi da Kibitoshin il quale, insieme ai due saiyan, Gil e il capo dei saggi, abbandonò per sempre il pianeta Namiub.



L'Aldilà li accolse tiepido e sterile come lo ricordavano ma, insieme alle divinità, quella volta vi erano anche tutti i loro amici della Terra ad attenderli.
«Nonno! Nonno!» urlò il piccolo Goku Jr gettandosi addosso al principe dei saiyan il quale, chiudendo gli occhi, tirò un sospiro di sollievo. Era fatta, il terzo drago era stato distrutto.
«Zio Goku!» lo chiamò Martha balzando tra le braccia possenti del suo prozio il quale però, di tutta risposta, non riuscì che a forzare un falso, falsissimo sorriso. Con la mandibola completamente serrata e la trasformazione in Super Saiyan ancora attiva, egli fece di tutto per non lasciar trasparire il suo sgomento.
La folla li acclamò con gioia e sollievo. Tanti sorrisi, tanta speranza, ma anche tanto dispiacere per coloro che non ce l'avevano fatta.
Il capo dei saggi di Namiub venne accolto a braccia aperta dagli altri namecciani, nella disperazione di aver perso per sempre il suo pianeta e tutta la sua famiglia. Forse non avrebbe dovuto accettare la richiesta di distruggere le sue sfere, forse sarebbe stato meglio morire insieme a tutti gli altri.
«Ben fatto, ragazzi miei. Ottimo lavoro!» cinguettò Re Kaioh del Nord, venendo però intimorito dallo sguardo di Goku. Uno sguardo molto diverso dal solito.
Era arrabbiato, era furioso con se stesso, e non riusciva a fare proprio niente per nasconderlo. Ottimo lavoro? Certo, ottimo lavoro. Ma non era stato solo grazie a loro se erano riusciti a distruggere quelle sfere, e non era nemmeno riuscito a salvare colui che aveva dato loro una mano. Vegeta lo fissò con sguardo indecifrabile da chiunque, ma la verità fu che provava una gran preoccupazione nei suoi riguardi.
«Bene, siete pronti? Dovete andare sul pianeta Namabak nella galassia dell'Est» trillò la Kaioh di quella galassia, scrutando con le antenne il punto esatto del suo universo ove si trovava la prossima destinazione.
Goku deglutì con gli occhi chiusi, provò ad avanzare nella sua direzione, ma qualcosa lo bloccava. No, non avrebbe potuto andare in missione ridotto in quel modo.
«Datemi un minuto» soffiò e, allontanandosi di qualche passo dal gruppo, sollevò la testa verso il soffitto e tornò al proprio stadio naturale.
«Ragazzo, non c'è tempo da-»
«HO DETTO UN MINUTO!» la interruppe Goku con un tono di voce decisamente alto, fulminandola con lo sguardo prima di indirizzarsi a passi svelti verso l'uscita dell'atrio, chiudendosi poi la grande porta verde borchiata alle spalle.
Sussurri indistinti e confusi aleggiarono nell'aria, sguardi preoccupati e curiosi si incrociarono e, in primis, la maggior parte delle domande vennero rivolte al principe dei saiyan il quale, però, non proferì parola. Esitò per qualche istante ma, diamine, era sufficientemente chiaro quello che avrebbe dovuto fare. E così, nonostante l'imbarazzo e nonostante le altre mille domande che si sarebbero formulate nelle menti dei presenti, Vegeta ripercorse i passi del suo rivale e lo raggiunse all'esterno del tempio, laddove occhi indiscreti non avrebbero potuto scalfirli.

Lo trovò a fissare le nuvole gialle sotto al serpentone, ove sotto vi si trovava l'Inferno. Si affiancò a lui, scegliendo appositamente di non guardarlo negli occhi. Erano lucidi, egli lo sapeva. Non disse nulla, stette in silenzio per qualche minuto senza fare assolutamente niente, fino a quando Goku si decise a proferire parola.
«Voleva conoscerla... Eva» sussurrò piano Goku, stringendo poi i pugni fino a farsi scricchiolare le nocche.
Dannazione, era tutta colpa sua. Avrebbe dovuto prenderlo con la forza, non aspettare che si aggrappasse a lui di sua spontanea volontà. Quei secondi gli erano stati fatali, e questo Goku lo sapeva bene.
«Mi ha sorpreso, devo proprio dirlo» rispose Vegeta. Non si sarebbe mai aspettato un comportamento del genere da parte di Radish, non dopo il passato travagliato che avevano avuto. Veramente il solo venire a conoscenza di sua figlia gli aveva fatto cambiare idea? Oppure era stata una serie di cose? Combattere insieme a Freezer, ad esempio. O combattere per una causa che non gli avrebbe portato proprio a un bel niente, oppure ancora un semplice tornaconto personale.
«Avrebbe potuto diventare come te...» aggiunse Goku, in un sospiro. Gli dispiaceva, gli dispiaceva sul serio nonostante non avessero mai avuto un vero e proprio legame. In quei pochi minuti su Namiub gli aveva dimostrato tanto e, ciò su cui durante tutti quegli anni aveva sempre fantasticato, avrebbe potuto diventare realtà. Più volte aveva domandando a Shenron di portarlo nella Dimora dei Draghi così che potessero conoscersi meglio, così che potesse raccontargli di Eva. Ma Shenron gli aveva sempre risposto che Radish non era sufficientemente potente e valoroso e così non ne aveva mai avuto l'occasione.
Ne era certo, Goku, che con un po' di lavoro e perseveranza, sarebbe riuscito ad addomesticare suo fratello e renderlo più umano.
Il principe non rispose e rimase con lo sguardo perso nel vuoto e le labbra schiuse in una smorfia accigliata. Già, se ce l'aveva fatta lui a diventare “buono” (così Kaarot l'aveva definito), sicuro non sarebbe stato difficile far cambiare anche quella zucca vuota di Radish. Specialmente con una testa dura come Eva come figlia che non avrebbe certo atteso a farlo rinsavire a suon di schiaffi. Sorrise sghembo, si immaginò la scena vivida e chiara nella mente. E poi, d'un tratto, udì delle parole che non avrebbe mai creduto potessero uscire dalla bocca del suo rivale.
«Era pur sempre... mio fratello» mormorò Goku chinando il capo, corrugando la fronte. Già, un tempo aveva completamente negato le proprie origini, la propria vera famiglia saiyan. E forse il gesto di Radish non sarebbe bastato per farlo redimere da ogni peccato e da ogni sentimento di disprezzo per ciò che aveva fatto in passato, ma era pur sempre stato un inizio. Fratello, sì. Sarebbe stato persino pronto a chiamarlo così.
«Ok, dobbiamo andare, ora» aggiunse Goku, comprendendo che forse non avrebbe mai ricevuto una risposta dal principe a quell'affermazione. Del resto i rapporti tra lui e Radish non erano poi stati così saldi.
Ma il principe lo sorprese, lo stupì un'altra volta perché, afferrandolo per un braccio, lo trascinò di nuovo vicino a sé per guardarlo negli occhi.
«Senti, Kaarot...» sussurrò lui, squadrando l'ambiente con circospezione per essere sicuro che nessuno li stesse osservando. Arrossì sulle gote e non poté fare a meno di fissarsi i piedi per essere certo di non sprofondare quando, con un gesto goffo, gli mise una mano sulla spalla in segno di conforto per pronunciare quelle due parole che non erano esattamente impresse nel suo vocabolario. «Mi... mi dispiace».

Stupido. Stupido, stupido, stupido. Si sentì un vero rammollito, un cretino smidollato ma, del resto, forse era quello di cui quell'imbecille aveva bisogno. Conforto. Peccato che come “confortatore” lasciasse alquanto a desiderare. Ma poi lo sentì ridere piano, ma ridere per davvero. Alzò lo sguardo e ritrovò quella scintilla nei suoi occhi, quello sguardo sereno che era riuscito finalmente a riemergere dalle tenebre.
Goku si sentì meglio, e fu davvero rincuorato da quel gesto impacciato, da quelle due parole dette con imbarazzo. Non gliel'avrebbe mai detto - pena la decapitazione immediata da parte di Vegeta - ma lo trovava davvero adorabile. Sì, adorabile e molto tenero, ma per la sua incolumità si limitò a ridere e posargli anch'egli una mano sulla spalla, sospirando per buttare fuori l'ultima boccata di disperazione che l'aveva colto.
Si guardarono per qualche istante, forse un po' intimiditi, ma sicuramente rafforzati da quel lieve contatto che diede loro le energie per andare avanti, per muovere un ulteriore passo verso la vittoria.
«Andiamo a vincere questa dannatissima guerra!»

 


«Onyma, dobbiamo fare qualcosa immediatamente. Anche Myutre è stato eliminato e scommetto che il prossimo pianeta sarà Namabak, il pianeta sul quale sono stato creato» commentò furioso Tetas, camminando avanti e indietro sul pavimento oramai coperto di cenere del tempio dei Draghi.
«Fratello, non ce la faranno. Non hanno ancora visto niente dei nostri poteri» lo rassicurò il Drago Superiore contemplando un ologramma sfocato, senza luce. Odiava non poter osservare i suoi nemici nel regno dell'Aldilà, ma era un prezzo che avrebbe dovuto pagare.
«Hai fatto come ti ho detto, Tetas? Hai portato su Namabak quelle persone?» aggiunse il Drago Superiore con voce roca. Accarezzò con le dita affilate il contorno dell'immagine sbiadita, cambiando focus per proiettare una stanza grigia illuminata da luci fievoli.
«Sì, Onyma. Sono già lì ad aspettarli» rispose Tetas, fiancheggiato poi dagli altri due antropomorfi rimasti. Una tenue risata sadica risuonò per la stanza, proprio nell'istante in cui il Drago Superiore mise a fuoco nell'ologramma le figure all'interno di quella stanza.
«Bene... bene. Procede tutto secondo i piani».



 
Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Salve amici! Ditemi la verità: un po' di dispiacere l'avete provato anche voi per Radish, vero? Io sono una causa persa. Mentre scrivevo questo capitolo piangevo come una fontana xD autolesionismo, miei cari. Questo è puro e semplice autolesionismo!
Ma proseguiamo, andiamo oltre all'ennesima morte da me organizzata e pensiamo al lato positivo: mancano solo quattro draghi da far fuori: Tetas, Bekev, Konero e Onyma!
Sarà semplice? Col cavolo. E non dimenticatevi che sulla Terra c'è quel figlio d'androcchia di Loraymo! Non temete, saprete presto cosa sta succedendo sul pianeta azzurro.
E comunque, sarò volgare, ma Nappa mi è sempre stato sulle palle.
A domenica miei cari e care! Un abbraccio,
Eevaa

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Capitolo 65
*** Il fine giustifica i mezzi ***


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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 65 - IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI

 


Can we make it better?
'Cause I'm losing hope
So, tell me how to be in this world
Tell me how to breathe in and feel no hurt
Tell me when the light goes out
That even in the dark we will find a way out
Tell me now 'cause I believe in something
I believe in us


Us: https://www.youtube.com/watch?v=s31XTrGJchQ
 
 

 
L'odore del pianeta Namabak era speziato, molto simile ai vecchi vicoli delle regioni dell'Est sulla Terra. La luce rossastra che aleggiava intorno a quel globo umido ricordava tanto l'atmosfera di Vegeta Sei, e il principe non poté proprio fare a meno di notarlo. Il caldo, l'afa e la gravità leggermente superiore a quella terrestre non rendevano affatto meno faticoso il lungo cammino tortuoso compiuto dai due saiyan e da Kibitoshin per arrivare all'ingresso di quello che sembrava, a tutti gli effetti, un castello abbandonato. Dove diamine erano finiti tutti i namecciani di quel pianeta? Perché il silenzio regnava sovrano in quella grande città tropicale?
Goku poggiò la mano contro il muro umido e muschiato che delimitava gli ultimi gradini prima della porta di accesso e, con suo grande stupore, lo trovò freddo. Si staccò immediatamente e aggrottò le sopracciglia, poi venne esortato a procedere dai suoi compagni di viaggio i quali, spingendo senza troppa forza il portone in rame, si addentrarono all'interno del castello dai mattoni color sabbia.
Si ritrovarono in un corridoio buio e umido, l'unica illuminazione che permetteva loro di poter proseguire era data da delle piccole feritoie posizionate a distanza di una decina di metri l'una dell'altra. L'odore di muffa e di stantio pervase i sensi dei due mortali, costringendoli a respirare con la bocca. A differenza delle alte temperature esterne, in quel posto l'umidità riusciva quasi a penetrare nelle ossa.
«Kibitoshin, lei è certo che le sfere e l'anziano saggio si trovino in questo posto?» domandò Goku scrutandosi intorno, guardingo. Di certo quel luogo non corrispondeva alle consuete abitazioni namecciane alle quali erano abituati e, inoltre, sembrava che le aure degli abitanti del pianeta fossero inesistenti.
«Le coordinate che mi ha dato Gil erano queste. Ma mi sembra tutto molto... strano. Kibith è stato su Namabak, una volta. I vicoli delle città erano affollati di gente, anche di stranieri. I namecciani autoctoni sfruttano le risorse di questo pianeta per l'agricoltura ma, come ben sapete, loro non necessitano di nutrirsi di cibo, e tutto il raccolto viene venduto nei mercati per sfamare le colonie indigene di alieni che risiedono nei sobborghi delle città. C'è un grosso giro di commercio di solito, qui!» spiegò Kibitoshin affondando tra i ricordi di quando ancora non era composto da due esseri distinti.
«Eppure ora come ora sembra una città deserta» constatò l'ovvio Goku, seguendo l'istinto e i suoi cinque sensi per orientarsi nei corridoi di quel castello preceduto solo dalla figura di Vegeta il quale, estremamente insospettito, non proferì parola fino a quando, flebili e irriconoscibili, egli captò gli strascichi di alcune auree al di là di un'altra porta.
«Per di qua, ho sentito qualcosa!» si limitò a dire secco. Sostò per qualche secondo con l'orecchio teso alla lamiera della porta, cercando di capire se qualcuno stesse parlando. Una strana sensazione l'aveva attanagliato sin dal primo momento nel quale era giunto su quel pianeta ed un nodo all'altezza della gola non lo aveva mai abbandonato. Un presentimento, un dubbio.
«Andiamo?» gli domandò Goku con un sussurro. Si posizionò al suo fianco vicino alla porta e attese il via libera da parte dell'alleato il quale, senza mostrare la titubanza dalla quale era stato pervaso, annuì lentamente.
Si addentrarono nella stanza semi buia incerti, ricercando con lo sguardo qualcuno o qualcosa che potesse dar loro delle risposte, ma quel qualcuno non si mostrò, non subito almeno.
«Sento l'aura dell'anziano saggio, viene da quella parte» intimò Goku ai due compagni avanzando più sicuro verso l'ombra, frenato però dall'interrompersi dei passi del suo amico. Perché Vegeta, con la bocca spalancata e gli occhi tremanti, aveva smesso di camminare nell'esatto momento in cui, provenienti dall'oscurità più tetra, egli aveva avvertito delle auree più che famigliari.
Il rumore delle suole di stivali pulsò nelle orecchie dei due saiyan e, come fantasmi, quattro figure apparvero alla flebile luce di una feritoia, riflettendo il bagliore sulla loro pelle ambrata. E solo in quell'istante il principe dei saiyan ebbe l'incredibile conferma all'intuizione avuta poco prima.
Due uomini, due donne. I primi erano alti, possenti, con lo sguardo accigliato e le labbra strette. La più bassa delle due donne, vestita con abiti sfarzosi, aveva lunghi capelli neri raccolti in una coda e un diadema rosso poggiato sul capo. L'altra, leggermente più alta e fasciata da abiti da combattimento neri, portava i capelli corti fin sotto le orecchie e aveva uno sguardo perso, quasi dolce.
Rimasero fermi, immobili tra la luce e l'oscurità per qualche secondo, accarezzati dagli sguardi terrorizzati dei due saiyan. E, se Vegeta non avrebbe potuto avere dubbi su chi fossero quegli individui, Goku ci impiegò meno di un istante a capire chi stesse osservando, e lo comprese non soloperché l'uomo con una bandana rossa legata in fronte sembrava la sua esatta fotocopia, ma perché l'aura emanata da lui stesso e dalla donna dai corti capelli corvini al suo fianco generò in lui un immediato imprinting. Emanavano un odore inconfondibile, lo stesso odore che aveva avuto modo di captare in Radish. I suoi sensi acutizzati di saiyan non lasciavano ombra di dubbio e, a implementare la sicurezza di non aver preso un abbaglio, la voce roca del principe scandì quelle parole che mai avrebbe potuto immaginare di udire.
«P-padre... madre...» balbettò Vegeta, con un tono di voce irriconoscibile. Aspro, impaurito, ma nel contempo sollevato. Un brivido gli percorse tutta la spina dorsale quando, al suono di quelle parole, due dei saiyan mossero i loro passi verso di lui.
«Mio principe» sussurrò la donna dai lunghi capelli corvini quando, con movimenti incerti, si posizionò davanti al figlio alzando leggermente il mento per specchiarsi nei suoi occhi. Vegeta tremò, non avrebbe mai creduto di poter di nuovo sentire quelle parole, il suono di quella voce che lo riportò indietro più di mezzo secolo quando, per l'ultima volta, sua madre lo aveva salutato per salpare per un pianeta lontano e rimanere uccisa in battaglia. Aveva cinque anni. E tremò ancor più forte quando, esitante, le permise di poggiare il palmo della sua piccola mano aperta all'altezza del cuore. Re Vegeta, con le braccia conserte, incrociò lo sguardo del figlio con espressione indecifrabile.
«Ragazzi, questa situazione no-» si apprestò a dire Kibitoshin appena dietro di loro, venendo però interrotto dal suono della voce dell'uomo con una profonda cicatrice sulla guancia.
«Kaarot, figlio mio...» disse sicuro il guerriero che Goku sapeva si chiamasse Bardak. Gli poggiò una mano sulla spalla, mentre l'altra saiyan si apprestò a carezzargli una guancia seppur con il volto contratto. Non la conosceva, non la ricordava eppure era certo che in quegli occhi ci fosse qualcosa di strano, qualcosa di incredibilmente diverso dal solito. Che sciocchezza! Come poteva pensare una cosa del genere, non avendola praticamente mai vista?
«Come sei cresciuto» sussurrò lei con un sorriso tirato, ritraendo la mano dal viso del ragazzo dai capelli a forma di palma. No, no, no, c'era assolutamente qualcosa di strano e di malsano in tutto quello. Con il cuore in gola e la faccia di chi avesse appunto visto un fantasma Goku si girò di scatto in direzione del suo alleato e, posando lo sguardo sul suo viso, sussultò.
Mai, mai prima di allora aveva potuto ammirare il volto di Vegeta contrarsi in quel modo. Mai prima di quel giorno lo aveva visto tremare così forte. Perché il principe dei saiyan, con la bocca digrignata in una curva traboccante di disprezzo, lasciò cadere una lacrima incandescente lungo la guancia. Goku lo guardò alienato, ma poi capì, comprese perfettamente ciò che stava accadendo. Perché, dopo qualche secondo di esitazione, la donna di nome Rosicheena allontanò la mano dal corpo del figlio e prese con essa la rincorsa per trapassargli il petto all'altezza del cuore. Vegeta, di scatto, le afferrò il polso quando percepì le unghie della madre essere tanto vicine da graffiargli lo sterno, bloccando il suo tentativo di ucciderlo a sangue freddo.
Le ringhiò in faccia, sprezzante e furente, allontanandola da sé con uno spintone. E fu proprio in quel momento che, con uno scatto felino, i quattro saiyan caricarono la loro stirpe con delle urla grottesche.



Non erano forti, non per loro che oramai avevano raggiunto un livello abbondantemente superiore, ma non fu affatto semplice. Non fu cosa facile, specialmente per il principe dei saiyan, trovarsi a compiere un atto del genere. Combattere i propri genitori.
Goku, spiazzato più che mai, si ritrovò a difendersi senza attaccare, parare gli attacchi combinati di Bardak e Gine i quali, agguerriti più che mai, mirarono agli organi vitali del figlio senza fare troppi problemi. Non li conosceva, Goku, ma era ben certo che nonostante fossero dei saiyan duri e crudi, non avrebbero mai compiuto un atto del genere nei confronti della loro stessa prole. Specialmente sua madre. Erano sicuramente posseduti da draghi, ma cosa avrebbe potuto dire loro per farli desistere? Come avrebbe fatto a riportarli alla realtà e farli smettere di essere semplici marionette se a malapena conosceva i loro nomi?
«Bardak, piantala! Non puoi battermi!» gli intimò Goku roteando il busto per schivare un suo attacco, parando poi un pugno infertogli dalla madre con il grosso palmo della mano. «Parliamone!»
Ma, di tutta risposta, ottenne semplicemente ruggiti e insulti. E cosa avrebbe dovuto fare? Attaccare di nuovo con tutta quella manfrina su Freezer e compagnia bella? Non ci aveva mai parlato in vita sua, si sentiva come bloccato a comunicare con loro.
Vegeta, fermo immobile con i piedi ben ancorati al terreno, schivava gli attacchi di entrambi i suoi genitori senza difficoltà, senza scomporsi fisicamente, ma con un mastodontico macigno all'altezza del petto fino a quando, raggiunto il limite della sopportazione, decise di porre la parola fine a quella straziante vicenda. Si illuminò circondandosi di raggi di luce incandescenti, dorati come i propri capelli a punta. Gli occhi dal taglio allungato si fecero improvvisamente chiari, pungenti, colmi di rabbia fino a lacrimare. E così, esplodendo in mille scintille, quattro fasci di pura energia distruttiva si irradiarono dai suoi palmi, investendo in pieno i saiyan venuti dall'Inferno. Ci erano rimasti fino a quel giorno, e lì sarebbero ritornati.
«KAAROOOT!» gridò l'uomo con la bandana rossa tra gli spasmi, sciogliendosi poi come neve al sole a causa della troppo elevata temperatura dell'attacco energetico.
«PRINCIPEEEE!» urlò stridula Rosicheena portandosi entrambe le mani sul volto, scomparendo tra la luce e l'elettricità lasciando solo tra le sue ceneri il diadema della famiglia reale.
Affannato, sconvolto, sudato e affranto il principe smise di emanare l'energia dorata, rimanendo per qualche secondo in silenzio, scandendo quell'interminabile tempo con i propri respiri. Ma Goku, allibito e spaventato tanto quanto lui, non fece in tempo a dire niente, non riuscì nemmeno ad avvicinarsi a lui che Vegeta esplose nel grido di rabbia più intenso e pregno di amarezza che avesse mai sentito.
«AAAAAAAAAAAAAAAAH!»
Dandosi lo slancio con le gambe scattò in avanti illuminando il tetro castello con il riflesso del Super Saiyan, correndo poi all'impazzata in una direzione poco chiara.
«Vegeta! Ma dove vai?!» domandò Goku cominciando anch'egli a correre per inseguirlo, accompagnato da un Kibitoshin assolutamente incredulo.
Corse, corse veloce e quasi scoordinato Vegeta, colto da tremori e spasmi di furia incontrollata, corse fin quando finalmente giunse di fronte a una scala in pietra che portava a quelle che, probabilmente, erano le prigioni. Smise di correre e iniziò a volare velocemente, attraversando un grosso atrio con un pozzo grandissimo al centro. E sì, sua maestà fece perfettamente caso che, strabordanti ai lati del pozzo, decine e decine di corpi di namecciani erano riversi al terreno. Probabilmente ne era pieno, probabilmente era proprio lì dentro che i nemici avevano riposto i cadaveri delle brava gente di quella città per tirare i due saiyan dritti nella trappola. Ci fece caso eccome ma non avrebbe voluto perdere altro tempo, Vegeta, non attese un secondo di più per inseguire quella tiepida sensazione, una pulsione vitale proveniente dalla più oscura e umida delle celle di quella prigione. Non aspettò Goku e Kibitoshin i quali, nauseati e atterriti dalla scoperta di tutti quei corpi, avevano arrestato per qualche secondo il loro folle inseguimento. Il principe si diresse guidato dall'ira incontrollata in direzione di quella debole aura e trovò esattamente ciò che si aspettava.
L'anziano saggio di Namabak, probabilmente avvelenato con un sonnifero o stordito da qualche colpo ben assestato, giaceva con la schiena rivolta al terreno, sorvegliato attentamente da due energumeni che stavano tenendo l'aura ben sopita e le sfere altrettanto nascoste sotto un telo di velluto verde.
Vegeta ringhiò profondamente, non attese nemmeno che i due scagnozzi dei Draghi provassero ad attaccarlo. Non c'era tempo da perdere, non gli importava nulla di niente e di nessuno su quel maledettissimo pianeta e così, scatenando l'inferno come pochi minuti prima, emanò scosse e lampi da tutto il corpo.
«VEGETA! ASPETTA! NOO!» gridò Goku, affacciandosi finalmente tra le sbarre di quella cella piegate dalla forza del principe dei saiyan. Ma Vegeta non aspettò. Non attese e, con un urlo furibondo, fece terra bruciata in quella stanza non facendo caso a buoni e cattivi.
Distrusse tutto e, naturalmente, tutti. Senza remore, senza riflettere, senza ponderare. E così, tra i drappi bruciacchiati del velluto verde, apparvero finalmente sette pietre. Sette pietre prive di anima, prive del loro primordiale scopo. Le Sfere del Drago Tetas, così come il loro creatore, erano andate distrutte non appena era rimasto ucciso il loro creatore.


Kibitoshin, dopo essersi preso il tempo necessario per realizzare quanto fosse accaduto – così in fretta, così inaspettato – venne scosso da un brivido di saggezza e, con un pensiero estremamente delicato, decise che i civili nell'Aldilà non avrebbero dovuto assistere a quel dibattito, tanto meno il piccolo Goku Jr non avrebbe affatto dovuto vedere il suo amato nonno in quelle condizioni. Prese i due guerrieri con sé e li teletrasportò in una stanza privata del tempio di Re Yammer dedicata alle scartoffie, scampando appena in tempo a quella conversazione. S
i allontanò e li lasciò per un momento soli.
«Vegeta... si può sapere ch-»
«Non c'era tempo di convincerlo a distruggere le sfere» grugnì lui ancora trasformato in Super Saiyan, riferendosi al capo dei saggi di Namabak il quale, sfortunatamente, non aveva avuto nemmeno la possibilità di provare a disattivare le sfere ed essere portato in salvo. Egli si girò verso il muro, ancora scosso dai tremiti.
«Non mi riferivo a quello...» sussurrò Goku con tono compassionevole, comprendendo perfettamente che un essere umano stordito e incosciente non avrebbe affatto potuto distruggere le sfere, e loro non avrebbero affatto avuto il tempo di aspettare che si svegliasse.
Era preoccupato per Vegeta, era preoccupato per la sua sanità mentale. Sembrava distrutto, completamente a pezzi, sconvolto, e non aveva la benché minima idea di come fare ad aiutarlo. «Purtroppo in questi casi il fine giustifica i mezzi» continuò Goku dimostrando saggezza, saggezza che colpì un punto profondo nel petto del principe. Questi si voltò di scatto e lo trafisse con occhi gravi, poi scaricò ulteriormente la sua furia colpendo forte il muro con un pugno, facendo tremare tutta la parete.
«Vegeta...»
«DANNAZIONE!» abbaiò lui portandosi entrambe le mani nei capelli, stringendo forte per mantenere il controllo di sé e non distruggere tutto un'altra volta. «Quei maledetti... quei maledetti bastardi hanno manipolato loro per trarci in inganno. Hanno usato lei
Goku si morse un labbro. Capì che si riferiva a sua madre. Non gli aveva mai parlato di lei, ma era estremamente evidente che avesse nutrito un profondo affetto nei suoi confronti durante l'infanzia.
Vegeta cadde con le ginocchia a terra, spegnendo finalmente la sua trasformazione. I suoi capelli divennero nuovamente corvini, gli occhi allungati circondati da vistose occhiaie vennero inghiottiti da un nero profondo come la notte.
«Ho ucciso... mia madre» ripeté a se stesso, incredulo e incapace di accettare ciò che fosse appena accaduto.
«Non avevamo scelta, Vegeta» tentò di rincuorarlo in qualche modo, accovacciandosi al suo fianco nella speranza di non causargli fastidio.
«Kaarot. Sono esausto... sono... sono sfinito!» Vegeta si lasciò andare e voltò la testa dalla parte opposta all'interlocutore, come per nascondersi. «Succede sempre qualcosa!»
Con un gesto impacciato, quasi insicuro, Goku lo costrinse a voltarsi per guardarlo negli occhi ma, di tutta risposta, il principe fece per colpirlo con violenza. Si parò, parò i suoi attacchi e poi, prendendogli entrambi i polsi, lo fissò.
«Calma! Calmati!»
«E come diavolo faccio a calmarmi!?» ringhiò lui tentando di divincolarsi, invano. Forse non ci aveva provato abbastanza insistentemente, forse era davvero troppo esausto. Aveva ceduto. Lui che fino a quel punto millantava di riuscire a gestire la situazione aveva ceduto e questo gli causava talmente tanto imbarazzo da arrossire. Stava dimostrando debolezza così, deliberatamente. Si stava mostrando in tutto e per tutto e non aveva fatto nulla per evitarlo, per nascondere il dolore che quella missione gli aveva causato.
«Ricordati... ricordati che dobbiamo vincere! Non mollare proprio ora, ora che mancano solo tre Draghi da sconfiggere!» Goku provò in qualche modo ad arrabattarsi in quella situazione capovolta. Era sempre stato Vegeta a infondergli forza, a guidarlo nella giusta direzione. E ora toccava a lui. Chissà se ne era capace o se avrebbe fatto ancor più danni. «Non crollare. Fallo per la tua famiglia, quella di adesso. Non quella che oramai fa parte del tuo passato. Fallo per... per...» continuò e gli strinse più forte i polsi, ricordandosi di quella promessa, della promessa che si erano fatti quella stessa mattina prima che la situazione precipitasse, prima che l'esercito dei resuscitati facesse capolino sulla Terra «... per noi».
Goku mollò la presa e abbassò lo sguardo. Si aspettò di ricevere un pugno, ma quel pugno non arrivò.
Vegeta rimase in silenzio a fissarlo, in sospeso tra la sorpresa e uno stato di calma. Cosa aveva fatto per meritarsi un cretino simile questo proprio non lo sapeva, ma quel cretino era stato capace di riportarlo alla quiete. Quelle parole... quelle parole che aveva appena udito avevano finalmente sgretolato il macigno che avvertiva nel petto, lasciandolo libero di respirare di nuovo aria pura, pulita.
Dannazione, quell'idiota aveva ragione, per una volta! Tutto quello che avevano appena vissuto su Namabak faceva parte del passato, di una vita che quasi nemmeno più gli apparteneva. Vegeta pensò a Bra, a Trunks, a Goku Jr, a tutti quelli per i quali avrebbe dovuto combattere fino allo stremo delle proprie forze. E quell'imbecille che aveva davanti, inginocchiato di fronte a lui... beh lui era uno dei primi di quella lista, anche se gli doleva ammetterlo.
Con un gesto rude - ma persino delicato per i propri standard - sua maestà portò due dita sotto il mento del suo rivale, costringendolo ad alzare lo sguardo per ritrovare i suoi occhi.
«Non esiste universo nel quale potrei anche solo pensare di arrendermi».

 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
T_____T ditemi che non mi odiate per aver fatto ricomparire quei quattro personaggi e farli schiattare immediatamente. Il mio fine ultimo non era quello di farli riconciliare con i loro figli, ma era appunto dare modo a Vegeta di impazzire completamente e far scatenare tutta la sua furia. I draghi hanno fatto una bella cazzata: pensavano di trarre in inganno i due saiyan mettendoli di fronte ai fantasmi del loro passato, e invece hanno appunto scatenato un mostro. Esperimento a dir poco fallimentare che ha portato alla distruzione di altre sfere e quindi del loro drago. Magari questo gli servirà da lezione per il prossimo pianeta: MAI giocare con i sentimenti del principe dei saiyan.
Che dite, utilizzeranno i loro poteri in modo più proficuo oppure no?
Spero che, invece, abbiate apprezzato un altro momento tenerone tra i nostri due protagonisti. Qualche capitolo addietro mi avete rivelato che vi mancavano i loro momenti di amore/odio XD eccoli qua. 

Vi aspetto domenica prossima per scoprire quale sarà il destino dei nostri saiyan sul prossimo pianeta e, ve lo dico, finalmente torneremo un attimo con il focus sulla Terra per capire cosa diamine stanno combinando Gotenks e gli altri contro quel farabutto di Loraymo!
A presto,
Eevaa

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Capitolo 66
*** Vecchie conoscenze ***


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CAPITOLO 66 - VECCHIE CONOSCENZE

 


Buio, sempre più buio. I combattenti sulla Terra non ci avevano fatto caso fino in quel momento, ma il cielo ricoperto di nuvole scure si stava facendo man mano sempre più nero. Quanto tempo era passato? Due ore? Tre ore? Cinque? A questo nessuno aveva fatto caso ma, con tutta probabilità, il sole sopra i monti del Nord aveva iniziato la sua lenta discesa verso il notturno riposo.
Juno - l'amico di Goku nella Dimora dei Draghi - e Snar - uno dei combattenti più forti il quale era passato in precedenza dalla parte dei buoni - percepivano la tensione a mille in ogni cellula del loro corpo, e la motivazione era una e una soltanto: se loro fossero morti in quella battaglia i Draghi non li avrebbero mai più resuscitati. Così era accaduto per gli altri, tutti i guerrieri buoni risvegliati dal maleficio. Così era accaduto per Dogota e Ukim, altri valorosi guerrieri conosciuti da Goku come amici. Sangue, tanto sangue versato sul terreno brullo e la neve quasi sciolta. Decine e decine di corpi erano caduti senza mai più rialzarsi e, se per un attimo la situazione sembrava essersi risolta alla pari, la continua dipartita dei combattenti buoni aveva reso di nuovo squilibrata quella battaglia. I nemici erano addirittura aumentati dal momento in cui i Draghi avevano deciso di resuscitare tutto l'Inferno per riversarlo addosso a loro e sui pianeti dei namecciani (nonostante alcuni di essi possedessero una misera forza combattiva), mentre gli alleati stavano man mano cadendo come foglie autunnali.
I membri della squadra Z erano allo stremo oramai da parecchio tempo ma, per inerzia, stavano continuando a combattere con coraggio e determinazione. Sarebbe stata solo questione di tempo, gli aveva detto Re Kaioh pochi minuti prima. Goku e Vegeta stavano riuscendo nel loro intento e rimanevano solo tre Draghi da distruggere, tre pianeti da visitare in quella folle missione. E, ad ogni annuncio della divinità di un gruppo di sfere disattivate, i guerrieri Z ricevevano una spinta per poter andare avanti. Si guardavano forgiati da quelle notizie, si caricavano di speranza e si riscoprivano rinvigoriti. Quella forza, però, non li possedeva così a lungo, e la stanchezza tornava presto a rallentare i loro movimenti, rendendoli più vulnerabili e nervosi.
A causa della folta coltre di avversari giunti sulle montagne tramite il buco nero tra le nuvole, i combattenti rimasti sulla Terra avevano dovuto spartirsi i nemici, lasciando che Gotenks - già alla seconda fusione - e Mirai Trunks combattessero contro Loraymo a turno, da soli. Il guerriero ibrido nato dalla fusione dei due vecchi amici si rivelò sì potente, ma molto meno del previsto: il lungo periodo di assenza di frequentazione dei due ragazzi aveva contribuito a creare una grossa spaccatura nei loro vissuti. Si conoscevano fin da quando erano solo dei ragazzini, vero, ma gli screzi degli ultimi anni avevano lasciato loro un vuoto incolmabile che neppure il perdono era stato sufficiente per congiungere completamente le loro menti all'interno dell'ibrido. Qualcosa che andava ben oltre la loro volontà e di assolutamente inspiegabile. Ed era diverso, molto diverso dal combattente sbruffone e allegro di quando erano bambini: era più serio, maturo, e a tratti anche più timoroso. Non vi era più quella spavalderia di fronte al pericolo tipica della fanciullezza, e questo era senza dubbio un altro punto a sfavore.
Ma, nonostante queste pecche, Gotenks si impegnò a fondo e a lungo. Ce la mise tutta per contrastare gli attacchi di Loraymo unendo le forze a quelle dell'uomo del futuro e, anche se non riuscirono a infliggergli più di qualche misero danno, difesero i loro compagni in modo impeccabile. Niente attacchi esuberanti con nomi improbabili e niente palloncini a forma di fantasma, solo un forte guerriero impegnato nel mettere al sicuro il proprio pianeta e le persone amate. Erano padri entrambi, Trunks e Goten, e avrebbero difeso le loro famiglie e i loro figli a costo della vita. E, nei loro cuori, entrambi avevano bene in mente quale sarebbe stata la prima cosa da fare se avessero vinto quella guerra: ricominciare da capo e far rifiorire la loro amicizia. Quella era la loro nuova forza.
Gohan, invece, stava adoperando ogni energia per difendere Videl; i due androidi Gemelli non avevano potuto fare a meno di prendersela con un resuscitato Cell, mentre Eva e Junior stavano operando nell'ombra per falciare le gambe dei nemici con estrema velocità.
La saiyan e il namecciano, dotati di incredibile intelletto e strategia, avevano smesso da tempo di rispettare le regole dello scontro leale. Attaccavano alle spalle, di sorpresa, e non gliene importava proprio nulla delle buone maniere. Tuttalpiù che con un minimo sforzo e la massima resa stavano rendendo la vita dei loro alleati namecciani molto più facile, e l'estremo buio nel quale erano stati immersi da qualche minuto li aiutava a compiere il loro piano senza difficoltà.
«Ma quanto tempo è passato?» domandò Eva dopo l'ennesimo colpo da cecchino, avvicinandosi a Junior e seguendo i suoi frenetici movimenti da un lato all'altro di quel ghiacciaio oramai parzialmente sciolto.
«Dieci ore. Dieci ore dall'inizio della battaglia» confermò il super guerriero namecciano acutizzando i suoi sensi. Eva strabuzzò gli occhi; certo, le sembrava che fosse passato molto tempo, ma mai si sarebbe sognata di poter resistere così a lungo in una situazione così drammatica. Era un autentico miracolo che molti di loro fossero ancora vivi.
«Spero vivamente che quei due si sbrighino a far fuori i Draghi» commentò Junior volgendo gli occhi neri al cielo, proprio sopra l'aureola che gli circondava le verdi antenne. «Tra quattordici ore me ne dovrò tornare nell'Aldilà».


Bra era esausta, ma l'ultima cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stato arrendersi. Suo padre non gliel'avrebbe mai perdonato se si fosse lasciata uccidere da uno di quegli sporchi, vili, insulsi esseri inferiori. Perché Bra, esattamente come il principe dei saiyan, era una creatura composta da ottantacinque per cento d'orgoglio, e non avrebbe sopportato che un dannatissimo alieno dal corpo coperto di spine riuscisse a metterla al tappeto. Eppure la difficoltà era tanta, e la stanchezza era quasi insopportabile.
«Maledetta me. Mi sarei dovuta allenare di più» si disse tra i denti stretti, scagliando dalle mani unite una sfera di energia debole, troppo debole per scalfire davvero quel nemico. Egli ruggì, bofonchiando qualcosa di incomprensibile nella sua lingua prima di attaccare la ragazza di sorpresa, senza preavviso, scagliando decine di aculei dal petto.
Bra sgranò gli occhi, spaventata. Era stato veloce, talmente tanto veloce da non potersi difendere, per poter contrattaccare, ed era persino troppo stanca per poter reagire d'istinto, per agire di riflesso e schivare. Chiuse gli occhi pronta a farsi scalfire la pelle di porcellana da quelle frecce appuntite ma il destino volle che, proprio in quell'istante, vi era una persona sull'attenti per difenderla, pronta a scansarla brutalmente con una spallata e incenerire di rimando gli aculei prima che potessero colpire anche lui.
Bra cadde in malo modo creando un solco nel terriccio, alzandosi poi con estrema difficoltà. Si guardò indietro e si massaggiò la spalla dolente, mettendo finalmente a fuoco l'identità del suo salvatore il quale, sgranchendosi le nocche pronto a iniziare a combattere quel nuovo nemico, volse lo sguardo verso di lei con un sorriso sghembo.
«Perdona i miei modi bruschi, non avrei potuto fare altrimenti» disse Ub mettendosi poi in posizione di attacco. I suoi capelli neri raccolti in un codino lungo fino a metà schiena e rasati ai lati si mossero con il vento, sferzando sulla pelle scura del volto.
«Non fa niente. Grazie per avermi salvata» rispose lei, con gli occhi spalancati dallo stupore. Si pulì i jeans strappati e la felpa rossa dal terriccio e si posizionò poi a fianco del suo salvatore pronta anch'ella a combattere.
«Di nulla, principessa dei saiyan. Se ti succedesse qualcosa davanti ai miei occhi tuo padre mi ucciderebbe!» rise l'uomo dalla pelle scura mostrando i denti bianchissimi. Lei ridacchiò poco prima di illuminarsi di luce dorata. E, dopo uno sguardo complice, scattarono entrambi in avanti pronti a far fuori il loro avversario.

 



«Ci sarà poco da convincere, sul pianeta Tahab» iniziò a spiegare con assoluta fretta Kibitoshin, camminando avanti e indietro nella stanza principale del tempio di Re Yammer, osservato con occhi attenti da tutti i presenti. La camera era piuttosto affollata oramai – con grande disappunto del guardiano dell'Aldilà – ma il silenzio andatosi a creare era pregno di curiosità.
«In che senso?» domandò Goku corrugando la fronte, incalzato immediatamente dall'essere divino il quale, interrompendo la sua falcata per qualche secondo, volse il proprio sguardo ai due guerrieri a capo della missione.
«Ci sono solamente tre namecciani, lì. Ed esattamente come è accaduto sulla Terra sono diventati quasi degli Dei ma, a differenza del vostro pianeta, colui che ha creato le sfere è un vero e proprio despota. Hanno instaurato un regime di terrore, sfruttando le capacità alchemiche dei tahabani minacciandoli che, in caso di rivolta e opposizione, potrebbero invocare il drago Bekev e ucciderli tutti. Oramai i tahabani eseguono i loro ordini come burattini, non hanno mai provato a ribellarsi».
«Quindi i tahabani stanno solo aspettando che quei tre namecciani vengano fatti fuori» constatò Vegeta, scrocchiandosi le nocche.
«Già, ma dovrete stare molto attenti. I tre namecciani tiranni provengono dal pianeta Namirah, un pianeta ancora in combutta tra democrazia e tirannia. Ci sono guerre molto accese da secoli, sono tutti molto forti. Snar, uno dei combattenti di punta della Dimora dei Draghi dallo spirito buono viene proprio da lì, era morto durante la più importante rivoluzione pacifista» li avvertì Kibitoshin, anticipandogli inoltre quale sarebbe stato uno dei successivi pianeti.
«Quindi dobbiamo dedurre che i tre namecciani migrati su Tahab siano molto forti» ipotizzò Goku mettendosi una mano sotto al mento come per pensare, incalzato però dal principe dei saiyan il quale, con il suo consueto pizzico di arroganza, si lasciò andare in una folle risata.
«Tsk, Kaarot! Non scherziamo, abbiamo combattuto nemici ben più forti, quest'oggi».
«Assolutamente vero, ma dovrete stare attenti: non si faranno scrupoli a manovrare i tahabani sfruttando il loro potere alchemico» gli fece notare Kibitoshin. 
Il principe dei saiyan alzò agli occhi al cielo, stufo di quelle raccomandazioni.
«Ricevuto: non vanno sottovalutati» concluse Goku annuendo con il capo, mettendo poi una mano sulla spalla di Vegeta e porgendo l'altra alla divinità che li stava guidando negli angoli più misteriosi dell'universo. «Forza! Si va su Tahab!»



Il pianeta Tahab era molto diverso da come se l'erano immaginato: freddo, quasi al confine dell'ospitale. Che razza di risorse avrebbero potuto sfruttare i namecciani di Namirah? Le conoscenze alchemiche degli autoctoni, certo, ma poi?
Vegeta scosse il capo, quasi schifato. Lui - che aveva le sue conoscenze ed esperienze in fatto di conquista di pianeti e sfruttamento di risorse - proprio non capiva perché diamine qualcuno avrebbe mai dovuto voler conquistare una landa di ghiaccio. E, mentre affondava i propri stivali da combattimento nella neve fresca, non poté fare a meno di notare che la città più grande di tutte si ritrovava nel bel mezzo del nulla. Si nutrivano forse di neve, questi tahabani? Cosa coltivavano? Che bestie allevavano?
«Caspita, questo posto è assurdo!» commentò Goku sgranando gli occhi, trovando l'entrata di quella cittadina costruita in acciaio e lamiere. Le case sembravano tanti igloo strutturati in metallo, uniti tra di loro da tubi e ponti coperti in vetro. La città era molto grande, molto più simile a una base aeronautica che ad un paese abitato.
«I tahabani sono un popolo molto tecnologico, e sotto questa cittadina sotterranea risiede un giacimento di petrolio quasi infinito. I namecciani lo rivendono al miglior offerente ottenendo risorse economiche per espandere Namirah» spiegò accuratamente Kibitoshin, addentrandosi in un cunicolo per passare attraverso una porta automatica in metallo.
Vegeta si guardò intorno, più incuriosito. Effettivamente il petrolio riscuoteva un interesse maggiore rispetto alla semplice alchimia. Il principe avanzò a grandi passi scendendo al piano inferiore di quel labirinto, trovandosi poi in un grande atrio colmo di computer e macchine mai viste prima.
«Ma cosa cavolo...» sussurrò lui a bocca spalancata, immobilizzandosi insieme al gruppo nell'osservare qualcosa di estremamente inaspettato.
Namecciani. Namecciani ovunque addetti ai lavori, vestiti con lunghi camici bianchi e strane attrezzature tecnologiche ai polsi. Li guardarono fissi, quasi impauriti. Ma, dopo averli squadrati da capo a piedi, essi ripresero il loro lavoro ai macchinari come se nulla fosse successo.
Ma non avrebbero dovuto esserci solo tre namecciani su quel dannatissimo pianeta? Vegeta non capiva. Non riusciva proprio a capire cosa diavolo stesse succedendo e, con ampie falcate, attraversò la stanza tecnologica per avanzare in un altro cunicolo, più che intento a scoprire cosa ci fosse sotto.
«Ma Kibitoshin, non aveva detto che-» constatò Goku prima di venire interrotto, rimasto più indietro ancora immerso nello stesso cruccio del suo alleato.
«Ah, mi sono dimenticato di dirvi che, oltre ad essere scienziati e alchimisti eccellenti, i tahabani sono mutaforma. I tre tiranni li hanno costretti ad assumere aspetto e sembianze namecciane in orario di lavoro» gli rivelò la divinità, intimando poi Goku a correre dietro al principe il quale, essendo già scappato per un tunnel in discesa, aveva già raggiunto un altro atrio più grande e altrettanto pieno di macchinari tecnologici e grossi contenitori di vetro. Centinaia e centinaia di ampolle scientifiche, probabilmente designate al trattamento del petrolio.
«Urca... sono proprio dei pazzi. Vegeta! Senti un po' cosa mi ha detto Kibito-» ma Goku non fece in tempo a concludere la frase e spiegare al principe perché ci fossero così tanti namecciani. Non fece in tempo perché, da angoli nascosti di quella stanza, i tahabani avevano iniziato ad attaccarli inaspettatamente.
«Dannazione!» grugnì Vegeta schivando una sorta di corrente elettrica, balzando qua e là stando ben attento a non farsi colpire.
Erano deboli, molto deboli, ma riuscivano a controllare perfettamente la loro aura per attaccarli di soppiatto con delle strane maledizioni, strane magie alchemiche.
«Dobbiamo andarcene di qui!» intimò il principe facendo segno ai due alleati in difficoltà di oltrepassare un altro corridoio, chiudendosi la porta metallica alle spalle dopo aver lanciato una potente onda energetica all'interno della stanza. Il pavimento tremò, probabilmente a causa di un'esplosione.
«Vegeta, quelli non rappresentavano poi un gran pericolo! Era il caso di ucciderli tutti?» lo rimproverò Goku. In fin dei conti quei tahabani fossero semplicemente obbligati a eseguire degli ordini. Peccato che Vegeta non aveva la benché minima idea che quelli fossero tahabani trasmutati in namecciani, poiché non aveva udito la spiegazione di Kibitoshin. 
«Non mi pare proprio, a giudicare da come ci hanno attaccati. Forza, troviamo il capo dei saggi e andiamocene da questo pos-»
«AIUTO! AIUTO! AIUTATEMI!»



Pietra. Il principe dei saiyan percepì ogni singolo muscolo del suo corpo divenire come pietra. Immobile con gli occhi ancorati a quelli del suo rivale, egli si paralizzò per qualche secondo. Il silenzio calò in quel cunicolo, il silenzio più rumoroso mai avvertito in via sua. Di mille e mille voci nella testa, Vegeta non avrebbe mai immaginato di sentire proprio quella. Pensò di essersela sognata, ma dallo sguardo sorpreso e angosciato di Kaarot di fronte a lui capì che, forse, non era stato così. E lo capì ancora meglio quando, forte e chiara, quella voce rimbombò nel corridoio sempre più vicina, accompagnata da forte rumore di passi e colpi non definiti.
«QUALCUNO MI AIUTI, VE NE PREGO!» risuonò nuovamente la voce terrorizzata.
«VEGETA, NO! ASPETTA!» provò a frenarlo Goku, senza effetto. Il principe dei saiyan, oramai, aveva ripreso la sua folle corsa tra quei corridoi asettici con il cuore martellante nel petto e, per la prima volta, la speranza di avere le allucinazioni.
Ma non si trattava di un'allucinazione: era assolutamente certo di quell'aura. Era la sua. Era esattamente la sua. E ne ebbe la conferma solo quando, trattenuta tra le braccia di due namecciani dall'aspetto inquietante, vide quella persona dimenarsi con la forza di un vulcano nel tentativo di liberarsi. Era lei.
Bulma.
«VEGETA! OH, KAMI! VEGETA, AIUTO!» urlò lei, strattonando le braccia dei due malfattori senza però forza sufficiente.
Il principe dei saiyan percepì un conato di vomito risalirgli lungo l'esofago e, quando venne raggiunto dai suoi due alleati, anch'essi si stupirono di quanto, effettivamente, quella donna fosse esattamente la stessa che ricordavano.
«VEGETA, AIUTAMI, PORTAMI VIA!» continuò a urlare Bulma, trascinata lungo il corridoio dai namecciani, scalciando insistentemente.
Vegeta non riuscì a muoversi, il suo respiro divenne corto, pesante. Se non fosse stato certo che i saiyan non soffrissero di ipertensione sarebbe stato sicuro di avere un infarto in corso.
«Vegeta, non è lei! È un mutaforma, andiamocene subito da qui!» gli intimò Kibitoshin e, prendendolo per un braccio, gli fece riprendere conoscenza. Il principe si voltò di scatto, respingendo il contatto con la divinità per poi scattare in avanti per fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma, suo malgrado, venne afferrato per un braccio dal suo rivale, completamente rosso in viso.
«HA LA SUA AURA!» Vegeta lo strattonò o ringhiò, con la voce di Bulma martellante nelle orecchie nell'ennesima supplica di aiuto.
«NON È QUELLA VERA! È IMPOSSIBILE!» gli urlò contro Goku, rincorrendolo nuovamente per frenarlo.
Il principe guardò lungo il corridoio, incrociando lo sguardo supplichevole e devastato di Bulma. Lo sguardo della donna che per metà della sua vita aveva amato e che era spirata tra le sue braccia sei anni prima. Vegeta si voltò nuovamente indietro, incatenandosi agli occhi di lui. Lui, quell'idiota che aveva aperto nuovamente breccia nel suo cuore congelato.
«Vegeta... ti prego» sussurrò Goku, con le lacrime agli occhi.
Ma cosa avrebbe dovuto fare il principe, se veramente di lei si fosse trattato? Lasciarla morire? Lasciare che venisse rapita da quelle persone? Avrebbe dovuto lasciare che la madre dei suoi figli morisse un'altra volta solo perché lui era riuscito a rifarsi una vita? Cielo, no. L'avrebbe salvata ad ogni costo. E così, lanciando un'ultima occhiata al suo rivale, iniziò a correre lungo il corridoio.
La raggiunse in pochi secondi, liberandola dalla presa dei due namecciani vestiti da scienziati i quali, spaventati, fecero per correre via; nessuno, però, era mai riuscito a scampare alla furia del principe, e di loro rimasero solo le ceneri infiammate al terreno.
«VEGETA!» gridò lei aggrappandosi al suo collo, tremante. Il principe dei saiyan si impietrì di nuovo, respirando forte con il naso per venire colto da quella sfumatura, da quella fragranza che non sentiva da sei lunghissimi anni. Era la sua. Come diavolo poteva non essere lei?
«Bulma... come... com'è possibile?» balbettò lui sgranando gli occhi, allontanandola per qualche secondo per osservarla con più attenzione. Occhi di zaffiro, pelle di porcellana. I capelli turchini raccolti in una coda alta spettinata, un maglioncino color beige e le labbra tremanti di paura. Era la stessa, la stessa Bulma che aveva lasciato andare per l'ultima volta su Neo Namek. E in quel momento era lì, con le dita ossute strette ai suoi avambracci come per non lasciarlo sfuggire. Il principe la guardò di rimando, alzando un sopracciglio. C'era qualcosa di strano in lei. O forse, semplicemente, c'era qualcosa di strano in lui? Aveva sperato per anni che tutto ciò avvenisse, che un miracolo la riportasse indietro. L'aveva sognato nelle notti più tetre, più buie, si era aggrappato alle coperte fredde del loro letto vuoto nella speranza di non scivolare per sempre via da se stesso. Aveva sperato tanto in quel momento ma ora che quel momento sembrava essere arrivato... non riusciva a provare altro se non terrore, ansia. Continuò a fissarla come una statua di sale, specchiandosi in quegli zaffiri però non riuscendo ad immergersi come... come quando l'amava più di ogni altra cosa al mondo. Forse aveva smesso di farlo?
«Sono... sono viva!» bofonchiò lei con un sorriso nervoso, ancora scossa dall'accaduto. «Io non so com-»
«Vegeta, ragiona! I Draghi non possono riportare in vita persone morte per cause naturali. È la regola! È una postilla scritta indelebile nel contratto stipula-»
«Vuoi chiudere il becco?!» scattò lui nervoso interrompendo Kibitoshin. Si portò le mani tra i capelli, tornando poi ad osservare quella donna che gli sembrava quasi un miraggio.
Goku, pochi passi più indietro, osservò attentamente la scena ma, proprio non seppe il perché, sentì qualcosa dentro di sé prendere fuoco, incendiarsi. Le sue orecchie fischiarono, la mascella si serrò fino a far scricchiolare i denti.
Il principe studiò la donna serio, non badando ai rumori metallici di sottofondo di porte che si aprivano e chiudevano, di persone indaffarate a cercare chissà cosa, di sirene e allarmi incessanti. La studiò da capo a piedi e non riusciva ad avere dubbi a riguardo. Era Bulma. Aveva la sua aura, i suoi occhi, il suo aspetto, il suo profumo. Avrebbe voluto piangere, ma non l'avrebbe fatto. Avrebbe voluto urlare, ma non vi era tempo per farlo. Era come incantato, bloccato, incastrato in emozioni troppo forti e troppo divergenti per poter essere razionale. Ma, seppur vero che quella situazione assurda ai limiti del credibile fosse come un tuffo nelle sabbie mobili, il principe avrebbe dovuto comunque tirar fuori le ultime forze rimaste per non impazzire, per non perdere di vista il suo obietto. Qualunque fosse il motivo per il quale Bulma era lì con loro, ci avrebbe pensato più tardi.
Lasciò andare la presa sulle braccia della donna e si voltò in direzione della divinità che li stava accompagnando, più che intento a fargli portare Bulma in un posto lontano, sicuro.
«Kibitoshin, prendi Bulma e portala via da q-»
«VEGETA, ATTENTO!» urlò la divinità portando una mano di fronte a sé come per scansare il principe, ma fu troppo tardi.
Non riuscì a salvarlo, non riuscì a farlo rinsavire in tempo da quella follia perché una folta coltre di fumo violaceo si espanse a partire dalle mani della donna dai capelli turchini, avvolgendo Vegeta senza lasciargli la possibilità di fuggire. Bulma - o qualsiasi cosa fosse - sogghignò sadicamente. E quella fu l'ultima cosa che il principe riuscì a scrutare perché, dopo pochi secondi, non riuscì a vedere più niente.


Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti, vado a nascondermi in Messico prima che qualcuno venga a cercarmi per picchiarmi malamente xD
Dannato Vegeta, se avesse prestato più attenzione alle parole di Kibitoshin al posto di andarsene in giro a zonzo da solo avrebbe saputo prima che quei bastardi dei Tahabani sono dei mutaforma. Ma avrebbe comunque desistito? Chi lo sa. Dai, per un attimo ci avete creduto anche voi che fosse lei, non è vero?
E adesso, porca paletta, il principe è stato addormentato e portato via. Qui le cose si fanno assolutamente complesse e non vedo l'ora di narrarvi il seguito. Sappiate che da ora in poi sarà tutta una corsa affannosa verso il finale, che è lontano ma non lontanissimo. Una decina di capitoli :)
Spostiamoci per qualche secondo sulla Terra... qui le cose si stanno mettendo male, tra qualche ora Junior dovrà tornarsene nel regno dei morti e quel PICCOLISSIMO inconveniente su Tahab non farò altro che tardare la sconfitta dei draghi. Potrebbe essere un problema, tuttalpiù che Gotenks sta veramente faticando a tenere testa a Loraymo. D'altra parte sono due anni che Trunks e Goten non si allenano insieme -___- Mirai Trunks può così aiutare, ma qui la situazione è drammatica.
Pensiamo alle cose belle per un attimo, dai: aiutatemi a urlare SHIIIIIIIP! Bra e Ub... dai, non sono carini?! 
A domenica prossima miei cari e mie care!
Eevaa

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Capitolo 67
*** Dall'altra parte ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 67 - DALL'ALTRA PARTE

 



(è vivamente consigliato l'ascolto della seguente canzone durante la lettura del capitolo,
credo che rappresenti alla perfezione ciò che sta accadendo)

Tell me would you kill to save your life?
Tell me would you kill to prove you’re right?
Crash, crash, burn let it all burn, this hurricane’s chasing us all underground

No matter how many deaths that I die, I will never forget
No matter how many lies that I live, I will never regret
There is a fire inside that has started a riot about to explode into flames

The promises we made were not enough
The prayers that we had prayed were like a drug
Do you really want?
Do you really want me?
Where did you go?


Hurricanehttps://www.youtube.com/watch?v=mdJDPepGOAM
 
 
 
L'aveva visto cadere su se stesso tra le braccia di quella donna, accartocciarsi come un foglio spiegazzato. Goku l'aveva osservato perdere i sensi e chiudere i suoi occhi neri dal taglio allungato, e lui non era riuscito a fare niente per impedirlo. Lei, quella copia pressoché identica della sua migliore amica, aveva infine dimostrato la sua vera natura: un mutaforma. La sua pelle di porcellana, in pochissimi istanti, si era tinta dello stesso colore di un prato primaverile e, senza far passare attimo sufficiente per poter reagire, aveva preso di peso il corpo esanime del principe dei saiyan avvolgendosi in un fumo di colore nero, impedendo così ai due intrusi di poterlo seguire.
«DANNAZIONE!» urlò Goku gettandosi d'istinto all'interno del fumo, tentando in tutti modi di poter comprendere quanto lontano potesse essere andato. «DANNAZIONE, DANNAZIONE!» continuò a urlare, accendendosi come una torcia liberando finalmente quel fuoco, quella sensazione di bruciore che l'aveva assalito pochi minuti prima.
«Stupido, stupido, stupido!» ringhiò il ragazzo, battendo ripetutamente un pugno contro la parete metallica, causandone una grave incurvatura. Stupido. Non sapeva se rivolgere quell'insulto a se stesso - per non essere riuscito a fare niente per riportare Vegeta al pensiero ragionato - oppure direttamente al principe, il quale non era riuscito a distinguere la donna con la quale era stato sposato per anni da una mera copia. Eppure quella copia era identica, assolutamente la stessa persona. Se non avesse saputo che i tahabani fossero mutaforma, forse ci sarebbe cascato anche lui. Ma, dannazione, perché diavolo non li aveva ascoltati? Perché non si era fidato di lui ed era corso immediatamente da quel clone orribile? Quel testone, stupido, cretino. E poi diceva che era lui, l'idiota!
«Goku, dobbiamo trovarlo prima che possano fargli del male» lo riportò sulla retta via Kibitoshin, senza osare sfiorare l'alleato nemmeno con un dito. La temperatura del suo corpo probabilmente lo avrebbe persino ustionato per quant'era incandescente.
Il Super Saiyan cercò in tutti modi una via perseguibile per estinguere la sua furia e ragionare con razionalità. E la trovò in un angolo preciso del cuore nella consapevolezza che, per quanto fosse tremendamente arrabbiato, l'ultima cosa che avrebbe voluto era che qualcuno potesse far del male a Vegeta. Si rese conto che non ci sarebbe stato affatto tempo da perdere e con l'occhio della mente cercò tra tutte le auree esistenti quella del principe dei saiyan, percependola cristallina e potente.
«Arrivo!» mormorò lui aggrappandosi con le dita alla tunica di Kibitoshin, scomparendo dal corridoio angusto per ritrovarsi nell'immediato in un grande scantinato. Il rumore dei macchinari era assordante, il suono stereotipato delle pompe a gas che prelevavano il petrolio dal terreno fece vibrare i suoi timpani fino a provocargli dolore. Grandi e immense cisterne metalliche sbuffavano dalle valvole del vapore caldo, umido, tanto denso da limitare la visuale.
Ma, come percepito dal grande guerriero saiyan, Vegeta era lì in piedi di fronte a una di esse, con il volto scioccato e la tuta nera e grigia strappata in più punti.
«V-Vegeta! Cosa è successo?» domandò Kibitoshin con riluttanza, tirando però un sospiro di sollievo.
«Non ne ho idea. Quell'essere mi ha portato in questo luogo e poi è scappato di là» si apprestò a dire lui compiendo grandi passi nella loro direzione, indicando alle loro spalle una porta magnetica bloccata da una serie di codici. «Andiamo a vedere».
Vegeta gli intimò con un gesto meccanico di seguirlo, ma Goku non si mosse e lo lasciò avvicinare da solo alla porta. Lo guardò voltarsi, contraendo poi il volto in una delle sue consuete espressioni di sdegno.
«Beh? Si può sapere cosa diamine stai aspettando?» gracchiò lui aggrottando la fronte, ma di tutta risposta ricevette il silenzio più lugubre. Goku lo guardò di rimando, schifato, in uno sguardo così carico di tensione che Kibitoshin fu costretto a fare un passo indietro, intuendo perfettamente cosa stesse succedendo.
Goku mosse un passo nella sua direzione inaspettatamente, facendo risuonare un ringhio gutturale spaventosamente animalesco. Poi, in una frazione di secondo, alzò il braccio di scatto ed emanò un fascio di luce così potente e così caldo da investire in pieno Vegeta, aprendogli uno squarcio in pieno petto prima che egli potesse scappare, controbattere.
«K-Kaarot. C-cosa diavolo fa-» balbettò il principe dei saiyan, portandosi una mano a livello del cuore, interrotto però dal suo nemico il quale, teletrasportandosi a due centimetri dal suo viso, gli serrò un pugno sotto la mandibola.
«STAI ZITTO!» urlò Goku e, creando una nuova sfera di energia, gliela scagliò a livello dell'addome e lo polverizzò, guardandolo scomparire tra il fumo e le fiamme.

Goku si inginocchiò con le lacrime agli occhi, singhiozzando e sbattendo entrambi i pugni al pavimento. L'aveva ucciso, aveva ucciso Vegeta... o almeno, colui che aveva osato prendere le sue sembianze.
«Goku... calmati. Non era lui» sussurrò Kibitoshin.
«LO SO!» urlò,  rialzandosi in piedi di scatto, torcendo poi il collo in direzione del suo alleato nel tentativo di calmarsi. «Lo so».
Certo, certo che non era lui. Ma verità era che gli aveva fatto male, male da impazzire. Ed era stato difficile perché, seppur fosse un impostore di prima categoria, era esattamente uguale a Vegeta. Aveva la sua aura, i suoi occhi, il suo odore. In quel momento capì perché il principe avesse fatto estremamente fatica a distinguere Bulma da quel mutaforma, aveva semplicemente avuto la sfortuna di non udire che i tahabani avessero la capacità di mutare il proprio corpo, e aveva anche avuto la sfortuna che ciò capitasse in circostanze non così palesi come quella appena accaduta.
Del resto Goku aveva avuto il primo sospetto nel percepire l'aura di Vegeta forte e limpida, quando in realtà era stato addormentato pochi istanti prima. Secondo punto, non avrebbe avuto senso lasciarlo libero di scorrazzare in giro. E, terzo punto, un dettaglio macabro ma importante: la tuta di quel falso Vegeta era strappata negli stessi punti di quello vero, sì, ma su di essa non vi era traccia di sangue dei nemici uccisi. Era pulita, linda come mai avrebbe potuto essere. Una dimenticanza, uno sbaglio che a Goku non era passato inosservato.
«Ne sento un altro» mormorò Kibitoshin chiudendo gli occhi e appoggiando la mano sul passaggio metallico dal quale il mutaforma di Vegeta aveva suggerito di passare. «Qui, proprio oltre questa porta».
Goku sospirò. Non era pronto, non era affatto preparato a porre fine a un'altra vita umana con le sembianze di Vegeta, ma quella situazione impediva a lui di avere scelta. Pronto o non pronto avrebbe dovuto farlo, la storia non avrebbe aspettato. Quella vicenda aveva messo entrambi di fronte a vicende spiacevoli, orrende, impensabili. Prima l'esplosione di Namek, poi Radish, poi i loro genitori, Bulma... adesso persino un clone di Vegeta.
Goku – colui che aveva pazienza da vendere, colui che amava le sfide – non avrebbe mai pensato di dirlo, ma il suo equilibrio psicologico era oramai appeso a un filo troppo debole. E quell'equilibrio vacillò ancor di più quando, teletrasportandosi insieme nel laboratorio oltre la porta, non ritrovò un clone del principe dei saiyan. Ne trovò centinaia.
Tutti identici, tutti beffardi, sadici, belli e dannati come quello originale. Tutti con la stessa risata sguaiata di quel ragazzetto pronto a conquistare la Terra, tutti con lo stesso profumo dolce e speziato.
«Oh, Kami...» sussurrò Kibitoshin con la mandibola spalancata e gli occhi tremanti.
«Arrendetevi!» ordinarono le centinaia di copie di Vegeta all'unisono, posizionandosi tutti insieme per partire all'attacco dei due intrusi.
Veloci, scaltri, precisi. Quei mutaforma erano senza dubbio leggiadri ed eleganti come Vegeta nelle movenze ma, sebbene fossero degli eccelsi trasformisti, una cosa non sarebbero mai riusciti ad emularla: la sua forza. E, inoltre, non erano assolutamente in grado di utilizzare gli attacchi dell'aura di quest'ultimo. Utilizzavano l'alchimia, fuoco, acqua, elettricità. Modificavano le strutture e gli oggetti presenti nel laboratorio per fonderne delle armi da scagliare deliberatamente conto i due intrusi ma, specialmente Goku, non era un tipo facile da soggiogare con quei trucchetti di magia. E, superato il primo shock di colpire per uccidere delle persone con lo stesso aspetto del principe, successivamente non si fece remore a liberarsi di loro uno ad uno, con colpi astuti e mirati.
Venne colpito raramente, di spalle, da colpi di basso livello che quasi non lo scalfirono. Alcuni di loro tentarono anche di impossessarsi della sua mente, della sua fiducia, fingendo persino di colpire le altre copie per millantare la loro veridicità.
«Kaarot, sono io! Sono Vegeta!» aveva urlato uno di loro, avvicinandosi a lui fiancheggiandolo nel combattimento.
«Ah sì, sei tu?» gli aveva risposto Goku prendendolo per il collo, sbattendolo poi contro un altro nemico. «Fai un Final Flash e disintegra tutti questi bastardi, allora!»
Questi non rispose, ringhiando poi sonoramente contro di lui.
«No, eh?!» soffiò Goku, emanando ancor più corrente elettrica dalle sue mani e dai suoi muscoli. «Allora ci penso io!»
Si era stancato, si era stancato per davvero. Non c'era tempo da perdere con quelle orrende imitazioni, non avrebbe potuto permettere che passassero così tanti minuti e così, con entrambe le mani unite al proprio fianco, si apprestò a mostrare a tutti loro come veramente il principe dei saiyan avrebbe risolto le cose ma, proprio nell'esatto istante in cui stava per provare a scagliare il primo Final Flash della sua vita, una scintilla passò attraverso alla sua mente. Una debole aura, un respiro udito in lontananza in mezzo a tutto quel chiasso. E allora Goku si spense per un attimo, si lasciò cullare da quell'aura, permise a essa di avvolgere i propri sensi. Perché, del resto, il suo cuore l'avrebbe riconosciuta tra mille altre in apparenza uguali: l'aura di Vegeta, quello vero.
Scomparve nel nulla seguito a sua volta dal Kaiohshin e, nascosto dietro un macchinario in quello stesso laboratorio, il vero principe dei saiyan giaceva immobile e adagiato al terreno, con le braccia ancora sporche del sangue dei suoi nemici e gli occhi chiusi in un sonno pesante e senza sogni.
Goku si inginocchiò su di lui e iniziò a scuoterlo violentemente. La divinità, dal suo canto, aprì le mani nella direzione del corpo esercitando i suoi poteri curativi, i quali però non ebbero alcun effetto. Qualunque veleno o maledizione gli avesse inferto quel tahabano con un perfetto vestito da Bulma, andava decisamente studiata più a fondo.
«SVEGLIA! SVEGLIA!» Goku urlò forte strattonandolo per le spalle, ma quel corpo esanime non ne volle sapere e, dietro le loro schiene, l'esercito dei cloni si apprestò a lanciare le più impensabili maledizioni alchemiche nella loro direzione.
«Kibitoshin! Portalo al sicuro, nell'Aldilà! Qui ci penso io!» ordinò all'alleato, sollevando il corpo del suo amico posandolo senza troppi complimenti tra le braccia dell'essere divino.
«Ma Goku!» tentò di opporsi lui, mostrando tutta la sua preoccupazione.
«Posso farcela anche da solo, con queste mezze cartucce! Torna da me quando avrai lasciato Vegeta nelle mani di Dende. Lui saprà cosa fare» affermò convinto Goku. Si voltò poi con le mani cariche di tensione aurea, percependo le presenze dei suoi alleati sparire dietro di sé.



Li uccise tutti, uno per uno. E per ogni copia esatta di Vegeta caduta ai propri piedi per mano sua, Goku provò una stilettata al cuore. Ma si abituò in fretta: di dolore al cuore ne aveva già provato tanto in quegli ultimi accadimenti, per altre ragioni. Ragioni più profonde, dalle quali non riusciva proprio a uscire. Rabbia, tanta rabbia. E un cuore arrabbiato e ferito non avrebbe potuto dare altro che distruzione.
Scrisse la parola fine a quel gioco dei travestimenti più in fretta che poté, scomparendo tra le ceneri dei tahabani per immergersi in un nuovo livello, uno ancora più complesso. La ricerca dei tre namecciani tiranni durò poco meno di venti minuti, venti minuti durante i quali Goku dovette passare attraverso stanze iper-tecnologiche al confine del futuro, maledizioni alchemiche e ombre oscure di natura sconosciuta. Non riuscì a contare quante teste avesse mozzato, quante carni incenerito, quante grida avesse udito per arrivare lì, al centro di quel labirinto di lamiere e pulsanti. Ma ci arrivò e, in una stanza sufficientemente spaziosa da ospitare un aereo di grandi dimensioni, vi erano sette cisterne cilindriche e trasparenti ricolmi di liquido verdognolo e, al loro interno, sette sfere grosse come le ruote di un camion galleggiavano all'interno di esse collegate a cavi e fili colorati.
Guardiani di quello scenario vi erano tre grossi namecciani dalla pelle molto più scura di quella da loro conosciuta, quasi tendente al verde petrolio.
Non ci sarà molto da contrattare, con loro” lo aveva avvertito Kibitoshin all'inizio di quell'ennesima avventura, ma Goku – il vecchio Goku – ci avrebbe provato ugualmente. Il vecchio Goku, dal cuore buono e l'animo ingenuo e gentile avrebbe dato loro una possibilità.
Il nuovo Goku, invece, quello che Vegeta chiamava Kaarot per mille ragioni, non manifestò tale accortezza. Erano persone cattive, malvagie. Punto e basta. Non meritavano la sua pietà e nemmeno la sua pazienza – tuttalpiù che la sua pazienza era esaurita almeno due pianeti prima. Esitò per qualche istante, giusto il tempo per fare i conti con quella nuova parte di sé, una parte di sé che somigliava quasi più al principe dei saiyan che a lui, poi aprì i palmi delle sue grandi mani verso di loro, causando un'esplosione così forte da rompere persino i grandi cilindri in vetro.
Ma, quando il fumo da lui stesso causato si estinse lentamente, l'ennesimo smacco e l'ennesimo attentato alla sua integrità mentale gli si presentò di fronte agli occhi come la più beffarda delle verità: le Sfere del Drago, cadute malamente sul pavimento tra i vetri e il loro liquido amniotico verde, brillavano ancora di luce propria.
Non erano loro. I tre namecciani in quella stanza non erano veri. Erano altri mutaforma.
«B-basta...» balbettò Goku, facendosi pervadere dal più totale sconforto, a testa bassa rivolta al pavimento. La quiete prima della tempesta, così i terrestri la definivano. Perché, contorcendosi in spasmi muscolari involontari, il saiyan non riuscì più a trattenere dentro di sé tutta la frustrazione, tutto il dolore provato. E, illuminandosi di bianco e argento, raggiunse il quarto stadio del Super Saiyan senza volerlo, di fronte agli occhi esterrefatti di Kibitoshin giunto giusto in tempo per poter assistere a quel macabro spettacolo.
«BASTAAAAAAAA!» ululò Goku, esplodendo in una bolla di calore. Tremò, una pulsione di distruzione si fece spazio tra i suoi muscoli. Mai come in quella battaglia si era ritrovato a fare i conti con quella nuova parte di sé, quella che Vegeta chiamava "Kaarot", quella che non avrebbe mai più lasciato andare un nemico solo perché impossibilitato a combattere.
Era giunto il tempo di affrontare quel cambiamento, per Goku, e quel cambiamento avvenne perché il suo cuore una volta puro stava finalmente lasciando entrare i demoni che tutte le persone comuni possiedono. Perché, proprio come per la prima volta in settant'anni era riuscito ad amare sul serio, Kaarot era finalmente riuscito a odiare.
«NON NE POSSO PIÙ!» urlò lui librandosi il volo, aprendosi un varco nel soffitto con un fascio di energia potente per potervici passare attraverso e raggiungere il cielo gremito di persone. Namecciani. Finti, ovviamente. Tutti uguali, tutti con l'aspetto di quelli che dovevano essere i custodi tiranni delle sfere.
Cercarono di attaccarlo con le più disparate tecniche alchemiche e maledizioni, ma egli non ne avrebbe più voluto sentire. Si alzò ancor più in alto nel cielo, giungendo oltre le nuvole, fino all'atmosfera.
Forse i tahabani erano stati buoni, una volta, quando il loro pianeta non era stato conquistato dai namecciani di Namirah. Forse erano solo delle povere pedine al servizio di perfidi tiranni, ma forse non avevano nemmeno fatto niente per impedirlo. Forse gli faceva persino comodo. Fatto sta che, in quel momento, Goku non riuscì più a provare pena per loro: stavano difendendo ideali orrendi e, inoltre, stavano mettendo a repentaglio la vita dei terrestri e chissà di quante altre persone in quella galassia.
Così, arrabbiato più che mai, facendosi guidare solo e unicamente dal proprio istinto furente, Goku per la prima volta si ritrovò dall'altra parte. Dalla parte dell'assassino che distrugge pianeti. Con lacrime amare che gli rigavano il viso raccolse sopra le mani una gigantesca sfera di energia dal colore vola acceso, rendendola sempre più grande con il trascorrere dei secondi e con i vani tentativi dei tahabani di contrastarlo.
E, con ancor più dolore nel cuore e una sconfitta personale nell'anima nei confronti del vecchio Goku, il saiyan cresciuto sulla Terra decise di non provare pietà.
Con uno scatto nervoso lasciò andare quella sfera di energia grande verso il pianeta, lasciando che nelle proprie iridi azzurre si riflettesse il terrore delle persone che, con il dovuto tempo e modi, avrebbero persino potuto collaborare con lui. Guardò la sua creazione abbattersi su quel pianeta ricoperto di neve e ghiaccio fino a quando, finalmente, Kibitoshin si aggrappò a lui impedendogli di assistere a quello strazio, ad assistere all'estinzione della razza dei tahabani e del loro pianeta, così come le Sfere del Drago ospitate su di esso.

 

Vomitò più volte senza aver mangiato nulla, lasciando cadere sul regale pavimento dell'Aldilà solo sangue e saliva. Provò dolore, estremo dolore e senso di colpa per ciò che aveva fatto. Aveva ucciso tanti innocenti.
«Goku... calmati... calmati» lo accudì paternalmente Alphonse, asciugandogli il sudore dalla fronte con un lembo della sua camicia bianca.
In quella stanza - nella quale erano presenti solamente il marito di Eva, i due Kaiohshin e Re Kaioh - era calato il gelo. Quando l'avevano visto arrivare al tempio di Re Yammer pallido come un cencio e con lo sguardo perso straziato, l'avevano immediatamente portato in un luogo più intimo, più sicuro. Per farlo stare più tranquillo, certo, ma anche per non coinvolgere i bambini in ciò che solo le divinità erano state in grado di vedere.
«È stato... orribile» ammise lui con un altro colpo di tosse, sputando al terreno quel sapore tremendo che percepiva sul palato molle.
«Sarebbe stato difficile per chiunque mantenere i nervi saldi in una situazione del genere» tentò di rassicurarlo Alphonse, dandogli una lieve pacca sulla spalla, aspettando pazientemente che ritrovasse le forze per rialzarsi. Aveva tanto insistito per accudirlo, Alphonse. Aveva una mente brillante e un'empatia al di fuori da qualsiasi comune terrestre. Ma Goku era sconvolto, debole, spaventato persino da se stesso e da quello che era riuscito a combinare.
«Ho distrutto un pianeta... come... come Freezer» tremò lui. Si portò entrambe le mani sul volto e singhiozzò.
«Sai qual è la differenza tra te e Freezer, ragazzo?» domandò a un certo punto Re Kaioh, inginocchiandosi goffamente sulle sue gambe a fianco del suo vecchio allievo. Goku non rispose, ma arrestò i suoi singhiozzi e digrignò i denti.
«Che Freezer lo ha fatto per cattiveria, per malvagità. E aveva la scelta di non farlo. Ma tu non avevi scelta» continuò Re Kaioh del Nord, sollevandosi gli occhialetti sul nasone con un dito. «Tu non sei cattivo, Goku. Tu hai fatto ciò che hai fatto per proteggere chi ami».
Il saiyan sospirò, trovando finalmente pace e quiete in se stesso. Forse Re Kaioh non aveva nemmeno tutti i torti. Forse il fatto che provasse quel senso di colpa per non aver avuto alcuna pietà lo poneva su un altro livello, e sicuramente non era cattiveria. La quiete, però, non durò a lungo; la quiete si trasformò velocemente in angoscia, ma non più verso se stesso. Angoscia per una persona che non aveva ancora visto da quando era giunto lì. Colui che aveva voluto a tutti i costi proteggere ma colui che era riuscito, anche se involontariamente, a portarlo a impazzire in quel modo su Tahab. E così, di scatto, Goku sollevò la testa.
«Dov'è» disse gelido, con lo sguardo più indecifrabile che i presenti avessero mai visto. «Dov'è Vegeta?»



 
Continua...
 

 
ANGOLO AUTRICE:
Ehm ehm... salve XD
Ho combinato giusto un poco di casino in questo capitolo, eh?! Goku è ufficialmente passato fuori dalla grazia di Zeno e ha iniziato a smattare mica da ridere... e chi non lo avrebbe fatto! Cioè, poraccio: prima vede il suo amato correre tra le braccia della sua defunta moglie per poi venire addormentato e rapito, poi nel cercarlo è costretto ad uccidere una lunga serie di copie esattamente uguali del suddetto, poi lo ritrova mezzo morto, poi sti mutaforma del ca**o continuano a pigliarlo per il cu*o. E chi non avrebbe adottato soluzioni drastiche al suo posto?
Ma sopratutto... mo dov'è Vegeta? Che fine ha fatto? Si sarà svegliato? Che sarà successo una volta che Kibitoshin l'ha portato nell'aldilà? Aiuto. Un gran casino!
Non vedo l'ora di domenica prossima per farvi scoprire cosa diamine è accaduto mentre il nostro Kaarot ha fatto fuochi d'artificio con il fu pianeta Tahab.
Un bacione a tutti e a domenica!
Eevaa

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Capitolo 68
*** Incomprensioni ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 68 - INCOMPRENSIONI

 


What I want from us, is empty our minds
But we fake, we fuss, and fracture the times
We go blind when we needed to see
What I want from this, is learn to let go
No, not of you, of all that's been told

Fuck you, fuck you, love you
And if you hate me, hate me, hate me
Hate me so good
That you just let me out


Rootless tree: https://www.youtube.com/watch?v=25cO4K4kHpE


 



Voci confuse, lontane, quasi ovattate. La sensazione di stare immerso in un liquido denso, vischioso, che rende pesante e difficile qualsiasi movimento, persino quello di aprire gli occhi. Ci provò più e più volte, ma sentiva le palpebre pesanti come macigni. Forse stava morendo, forse era già morto e si trovava all'Inferno, o qualsiasi luogo dove quel grassone di Re Yammer avesse deciso di spedirlo.
Ma no, no, non era all'Inferno. Perché altrimenti non avrebbe sentito quella voce in lontananza, quella fastidiosissima voce della quale non riusciva più però a fare a meno. La sentiva sempre più forte, sempre più reale. Forse, se si fosse aggrappato a essa, sarebbe riuscito a destarsi.
«Quando si sveglierà?» domandò la voce di Kaarot, interrompendo quello che era senza dubbio il rumore dei suoi passi. Vegeta serrò di denti, tentando in tutti i modi di muovere le dita. Sì, sì, ce la stava facendo, riuscì a stringere i pugni seppur debolmente. Era frastornato, estremamente debilitato.
«A momenti, non temere» rispose una voce leggera, quasi dolce, una voce che il principe riconobbe come quella di Dende. «È stata una vera fortuna che Kibitoshin l'abbia portato da me in tempo. Ancora pochi minuti e sarebbe morto».
Vegeta si irrigidì ancora. Morto? Dannazione. Ora ricordava! Ricordava perfettamente cosa fosse successo e si sentì un vero e proprio idiota.
«Il veleno con il quale è stato addormentato non era solo un narcotico molto potente, ma era miscelato con una forte componente necrotizzante. I suoi tessuti si stavano sciogliendo dall'interno. Sono riuscito ad arrestare il processo e a rivitalizzare le sue cellule, ma l'effetto del sonnifero è stato più difficile da contrastare. Ad ogni modo guarda: credo che l'effetto stia svanendo proprio ora» continuò Dende prima di portare i suoi passi all'esterno della stanza. «Vi lascio un secondo soli».
Bianco, luce chiara e fastidiosissima apparve davanti ai propri occhi quando finalmente, in un impeto di buona volontà, tentò di aprirli. Un'immagine sfocata apparve sopra di sé, l'immagine di colui che si aspettava esattamente di vedere. Divenne sempre più nitido e, per tutte le galassie, sempre più reale. Ma vi era qualcosa di strano in lui perché, al contrario di ciò che si aspettò di ammirare, non sorrideva. Non era felice.
Il principe deglutì. Avrebbe davvero voluto esordire con una sua tipica frase a effetto tipo “e io che speravo di svegliarmi con una bella visione e invece, diavolo, mi ritrovo la tua faccia da idiota” ma no, non era Kaarot l'idiota in quel momento. L'idiota era lui.
«Dannazione... mi sono lasciato fregare» ammise sua maestà, cercando di tirarsi a sedere su quella scrivania improvvisata a giaciglio, ma ogni movimento sembrava estremamente difficile.
Goku non rispose ma, con espressione indecifrabile, lo aiutò ad alzarsi seppur contro la volontà del principe che mai, mai avrebbe voluto ricevere aiuto in una situazione del genere. Già si sentiva abbastanza cretino così.
«Che razza di imbecille» sussurrò e affondò più forte la lama nel proprio orgoglio, portandosi una mano sulle tempie pulsanti. «Cosa è successo, dopo?»
Goku strinse le labbra e si voltò immediatamente per interrompere quel contatto.
«Ho distrutto il pianeta. Quindi sì, anche le sfere» si limitò a rispondere, trovando ancora surreale un gesto tanto spietato da lui stesso compiuto. Ma del resto, come anch'egli aveva detto a Vegeta quando aveva ucciso i fantasmi dei suoi genitori, “a volte il fine giustifica i mezzi”. E avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza che non aveva distrutto quel pianeta per cattiveria, ma per salvarsi la pelle e salvare la pelle a quella testa di rapa che si ritrovava davanti, e tutta la loro stirpe.
«T-tu hai distrutto cosa!?» balbettò sua maestà incredulo, per venire poi interrotto bruscamente dall'alleato il quale, però, non si degnò nemmeno di girarsi per guardarlo negli occhi e, al contrario, si avviò verso la porta aggrappandosi alla maniglia come per fuggire.
«Sì, e mi sento già abbastanza in colpa per aver fatto saltare per aria migliaia di vite forse innocenti, quindi non mi va di parlarne».
Vegeta aggrottò le sopracciglia e non riuscì proprio a comprendere il comportamento del suo alleato. Era strano, veramente strano. Portò un piede al pavimento, poi l'altro, trovando finalmente un equilibrio e la forza di reggersi in piedi. Man mano che i secondi passavano, stava ri-acquistando sempre più la padronanza del proprio corpo e le energie.
«Kaarot, se l'hai fatto avrai avuto le tue ragioni» si limitò a dire Vegeta, raggiungendolo vicino alla soglia d'uscita.
«Sì, lo so. Sei pronto? Dobbiamo andare, adesso» gli domandò roco Goku aprendo la porta di scatto, venendo però afferrato per la spalla dal suo rivale. Quel contatto gli provocò brividi, brividi misti a rabbia, e proprio non riuscì a comprendere come fosse possibile.
«Si può sapere cosa diamine ti prende?» lo incalzò il principe, serio, quasi sull'orlo di prenderlo a pugni. C'era qualcosa che non andava in lui e non lo sopportava. Non che gli desse fastidio che per una buona volta fosse estremamente taciturno, ma non sopportava il fatto di non conoscere il perché. Aveva disintegrato un pianeta, certo, ma Kaarot non si sarebbe mai tirato indietro per piagnucolare sulla sua spalla. E, anche se Vegeta lo avrebbe trovato alquanto imbarazzante e distruttivo per l'orgoglio di un saiyan, il fatto che non lo facesse lo mandava fuori dai gangheri.
Soprattutto perché Goku, senza nemmeno voltarsi, si liberò dalla presa del principe con una freddezza asfissiante.
«Niente, Vegeta. Andiamo».

 


Un calcio nelle reni lo fece stramazzare al suolo ma, come da oramai più di due ore a quella parte, Gotenks si rialzò tremando. Fece per contrattaccare ancora una volta, ma percepì dentro di sé un impeto di separare le due entità alberganti in quella fusione. Strinse i denti, tremando. Le sue cellule erano sul punto di scindersi. La fusione normalmente non avrebbe potuto durare più di un'ora ma, chissà per quale miracolo metafisico oppure fortuna, ciò non era accaduto e ogni volta che l'ibrido tra Goten e Trunks aveva avvertito la scossa precedente alla separazione dei corpi, gli era stato sufficiente mantenere la calma e il controllo per una manciata di secondi per ritardare quella scissione di qualche minuto.
Ma quella volta nemmeno la più alienante delle meditazioni sarebbe servita per far fronte a quell'impellente bisogno. Con estrema difficoltà i corpi iniziarono a separarsi, quasi a rallentatore, come se l'ibrido ce la stesse mettendo tutta per mantenersi integro.
«Ahahah... AHAHAH!» rise sadicamente Loraymo prendendo per la giugulare Mirai Trunks il quale, nel frattempo, era corso a combatterlo per prendere tempo. E, proprio nell'esatto istante in cui Goten e Trunks tornarono a esistere come entità separate, l'ibrido proveniente dalla Dimora dei Draghi rise ancor più forte e scagliò l'uomo proveniente dal futuro contro la parete rocciosa di una montagna, poi caricò i due saiyan scissi con la più folle delle cavalcate. Li colpì entrambi con leggiadria, ribaltandoli al terreno come se fossero castelli di carta.
«Stupidi, nauseabondi esseri. Dimostratemi il vostro valore, adesso che non siete più uniti. Non vale neanche la pena di combattervi» commentò Loraymo, sprezzante, aumentando ancor di più la sua aura gelida.
«Questa non ci voleva» ruggì Goten. Percepì il sangue e il sudore sulla fronte congelarsi, evitando per un soffio un nuovo calcio di Loraymo rotolando con la schiena sulla neve e il ghiaccio appena formatosi sotto di loro.
«M-mi domando a che punto siano i nostri padri» balbettò Trunks con le labbra viola, quasi alla soglia dell'ipotermia, venendo poi colpito su un braccio con un calcio di Loraymo. Gridò di dolore, probabilmente gli aveva scardinato una spalla, e difendersi gli risultò ancora più difficile.
Loraymo teneva duro, non era ancora stato ucciso una volta, non aveva quasi mai mostrato cenni di cedimento e, al contrario, approfittava delle situazioni complesse per creare ancora più scompiglio. Con la furia di un toro nell'arena distrusse tutto e tutti coloro che si trovarono accanto, dimostrando all'esercito dei buoni tutte le sue terribili capacità.
Mirai Trunks, ancora con la schiena incastrata tra le crepe della montagna contro la quale era stato scagliato, digrignò i denti. Non era tornato in quel mondo per farsi uccidere di nuovo, dannazione. Era tornato per farsi valere, per aiutare i suoi amici, i suoi cari. Si illuminò di rabbia nel vedere Goten e Trunks schiacciati entrambi da quel mostro, si accese di frustrazione al solo pensiero di non essere il degno erede di suo padre. Ritrovò le forze, le ultime, le raccolse e con esse i suoi capelli grigi tornarono a risplendere di oro puro. Prese la rincorsa e, inaspettatamente, si aggrappò roteando su sé stesso alle spalle di Loraymo, capovolgendosi per scagliarlo altrove, lontano, facendolo smettere di schiacciare i corpi oramai quasi inermi dei due giovani saiyan.
In quell'istante, proprio quando Loraymo scosse la testa per liberarsi dalla fanghiglia mista a neve, un'altra persona guidata da furia e frustrazione atterrò alla sua destra per contrastare insieme a lui l'attacco del nemico il quale, urlando d'ira, scagliò qualcosa di molto simile a un'onda energetica ghiacciata nella loro direzione.
Gohan, spalleggiato da Mirai Trunks, contrastò l'attacco con le mani aperte e i denti digrignati. Energia contro energia, bene contro male. I due fasci aurei si incontrarono a metà, causando scoppi e scintille.
Mirai Trunks guardò per un attimo il suo alleato aumentare la sua forza per respingere l'attacco e, per qualche millesimo di secondo, gli ricordò il suo maestro, Mirai Gohan. Sorrise, alimentando anch'egli il loro fascio energetico unito.
«Non sai quanto sia un onore, per me, combattere al tuo fianco» disse Mirai Trunks, con la voce roca di commozione. Si ricordò dell'ultima volta che aveva avuto la possibilità di combattere insieme al suo maestro, contro i cyborg della sua epoca, e gli risultò difficile trattenere le lacrime. Gli era mancato sempre.
Gohan si voltò di scatto per un momento, guardandolo sbieco. Non capì. E come avrebbe potuto capire? In fondo non si trattava veramente del suo maestro, non era la stessa persona. Avevano già combattuto insieme contro Cell, ma lui era solo un bambino. Non capì il significato profondo di ciò che il suo alleato gli aveva appena detto ma sorrise ugualmente, cordiale come sempre.
«L'onore... l'onore è tutto mio».

 


«Come già vi ho anticipato in precedenza, il prossimo pianeta è Namirah. Preparatevi, lì i namecciani sono tutti molto forti, ma potete trovare facilmente degli alleati tra essi» illustrò Kibitoshin, affiancato da tutti i Kaioh.
Tutti i civili presenti al tempio di Re Yammer ascoltarono incuriositi, sulle spine più che mai in attesa di quella nuova missione. Se tutto fosse andato bene, mancavano solo due pianeti da conquistare, due Draghi da uccidere. Ma qualcosa diceva loro che sarebbero stati i più complessi, i più difficili.
Goku e Vegeta, lontani qualche passo l'uno dall'altro, annuirono in silenzio. Erano stanchi, visibilmente provati nonostante il rinvigorimento datogli dai poteri del Kaiohshin. La loro integrità psicologica era stata minata da tutti quegli eventi, ed entrambi erano tesi come corde di violino. La tensione era palpabile, lo percepivano tutti e proprio per quel motivo nessuno si era azzardato a fare domande, nemmeno i due bambini i quali, educati e rispettosi, erano rimasti tutto il tempo in silenzio in attesa di nuovo ordine.
Erano stanchi anche loro, era visibile, ma Goku Jr ben sapeva che il nonno in quelle occasioni avrebbe desiderato solo collaborazione e soprattutto essere lasciato in pace. Il cielo solo sapeva quanto avrebbe voluto saltargli addosso e abbracciarlo dopo ogni missione, ma aveva ben imparato a rimanere al proprio posto.
«Ricordatevi che c'è una guerra di potere in corso su quel pianeta. Le sfere, naturalmente, sono detenute da un tiranno e utilizzate per scopi aberranti, ma sono secoli che oramai i democratici stanno tentando un colpo di stato. Se ve li fate amici, allora avrete buone speranze di cavarvela con facilità. Non fatevi remore a uccidere il capo dei saggi e i suoi seguaci malvagi, farete solo un favore per chi cerca la democrazia, su quel pianeta» concluse accuratamente Kibitoshin, invitando poi i due saiyan a mettersi al proprio fianco per salpare verso quell'oscuro orizzonte.
«Pensavo che voi divinità non potreste immischiarvi in questi affari umani» commentò Vegeta, con un cipiglio severo.
Il Kaiohshin sogghignò e roteò gli occhi.
«Noi no. Ma voi sì» si limitò a rispondere, con sguardo complice. Certo, loro non si sarebbero mai potuti permettere di scendere su un pianeta e imporre degli ideali; quelle guerre erano tipiche solo della razza umana. Ma non gli era affatto vietato tifare per una fazione o per l'altra e, guarda caso, Goku e Vegeta erano umani. Il suo era stato solo un suggerimento.
«Andiamo!»

 

Namirah. Che posto strano! Non strano in quanto bizzarro, ma strano perché era decisamente il meno bizzarro di tutti. Era un pianeta normale, quasi simile alla Terra, se non fosse stato per una pressione atmosferica decisamente più alta e la presenza di ben tre soli in lontananza.
Si ritrovarono in un bosco umido e piacevolmente fresco. L'odore di muschio invase le loro narici e versi strani di inquietanti animali in sottofondo fecero tener loro rizzate le orecchie.
Non avvertivano la presenza di nemici, almeno non nelle vicinanze. La città più vicina si trovava a una decina di chilometri da quel luogo e, come previsto dal piano suggerito dal Kaiohshin, avrebbero dovuto accaparrarsi la fiducia dei democratici e stipulare un piano per andare tutti insieme in avanscoperta verso la sede principale del parlamento. A quanto pareva era proprio lì che risiedeva il tiranno insieme alle sette Sfere del Drago Konero. Ma il principe dei saiyan, se avesse potuto scegliere, avrebbe di gran lunga preferito concludere quella faccenda in modo più pulito e veloce, senza immischiarsi in guerre civili delle quali gliene fregava poco o niente.
«Quindi come agiamo?» domandò Vegeta, guardandosi nervosamente intorno.
«Decidi tu» si limitò a rispondere Goku, con una scrollata di spalle. I suoi occhi neri si posarono su quelli dell'alleato, intrappolandoli per qualche secondo di estrema tensione.
«Wow! Grazie per essere così propositivo» pronunciò il principe con evidente sarcasmo, stufo del comportamento strano del suo alleato, ma più che intento a non dargli peso fino a quando non ce ne fosse stato bisogno – o almeno, così credeva. «A questo punto decido io. Andiamo subito dritti al sodo e uccidiamo quel despota bastardo».
«Bene... oppure aspetta: che dici di andare a fare un giro del pianeta? Così magari qui trovi quella vera» sputò fuori Goku senza avere nemmeno il tempo di riflettere, velenoso più che mai. Non se ne rese nemmeno conto, non riuscì nemmeno a capacitarsi di ciò che aveva appena detto, ma l'aveva fatto. Si era liberato di quel peso, di quel fuoco del quale non era riuscito a liberarsi del tutto fino a quell'istante. Anche se ancora, spaesato com'era, non riusciva realmente a comprendere il significato profondo di ciò che avesse appena comunicato.
«Ma di che diavolo sta-» fece per rispondere Vegeta, interrompendosi poi nel realizzare ciò che suo rivale gli avesse appena detto. Quella vera? Quella vera?! Spalancò la bocca, esterrefatto. Si stava riferendo a Bulma e la storia del mutaforma su Tahab! Ecco, ecco cosa diamine gli era preso. Ecco perché si stava comportando in quel modo così strano! Ecco perché percepiva rabbia nella sua aura, ecco spiegato tutto! Ma Vegeta, di rimando, non riuscì proprio a credere alle proprie orecchie. E, ovviamente, Kibitoshin nemmeno.
«Tu sei... tu sei geloso!» lo accusò sua maestà, con gli occhi talmente socchiusi da sembrare due fessure, provando un brivido e un conato di vomito all'ultima parola pronunciata. «PER L'AMOR DEL CIELO, IO TI AMMAZZO!» urlò poi Vegeta fiondandosi addosso a lui per spintonarlo con vigore contro il tronco di un albero, abbattendolo.
«NON SONO GELOSO!» ringhiò di rimando Goku attaccandolo di tutta risposta con una testata che lo fece quasi ribaltare all'indietro.
«Rag... ehm... ragazzi?» provò a balbettare Kibitoshin sperando di venire ascoltato, invano, mentre i due saiyan si illuminarono entrambi di luce dorata ringhiandosi in faccia l'un l'altro.
«Bulma se ne è andata sei anni fa, pezzo di cretino! E sì, forse se non fosse morta sarebbe ancora mia moglie, ma questo discorso non è nemmeno lontanamente plausibile! Le cose sono andate diversamente e lo sai bene!» ruggì Vegeta, a un centimetro dal volto del suo rivale il quale, con sprezzo, mostrò i denti bianchissimi.
«E io sarei ancora con Chichi, se non fosse morta un mese e mezzo fa. Anzi, aspetta che vado a cercarne una, così rischio di farmi ammazzare pure io davanti ai tuoi occhi, vediamo se poi sei contento!» urlò Goku tremando nel lasciare scorrere quel fiume di parole - poco sensate - che lo tormentavano da troppo tempo.
Vegeta spalancò la bocca, poi iniziò a ridere ironico, spiazzato più che mai e arrabbiato come se gli avesse appena sputato in faccia. Non poteva crederci! Non poteva affatto credere a quello che avesse appena sentito. Veramente gli stava piazzando una scenata del genere in quel modo?! Ma che diavolo era, una ragazzina?
«Sei un immaturo deficiente!» ringhiò il principe con disprezzo, con la bocca asciutta e la speranza in fondo al cuore che si stesse sognando tutto, che fosse un incubo dal quale non riusciva a venire fuori.
«E tu un gran bastardo!» concluse Goku, sibilando fuori dai denti.
Normalmente uno come Vegeta non si sarebbe fatto alcuna remora a colpirlo in mezzo alla fronte con tutte le sue forze, ma egli rimase inchiodato con i piedi al suolo, allibito, spiazzato. Lo guardò con occhi talmente carichi d'odio da non riuscire nemmeno a crederci. Cosa diamine stava succedendo? Perché aveva sentito il proprio cuore andare in frantumi insieme all'orgoglio? Si arrabbiò come non mai, sentì il sangue ribollirgli nelle vene e, con un urlo da manicomio, si librò in volo più lontano che poté da quel posto. Da quell'idiota.
E Goku, con un un martello pneumatico in testa e una morsa a livello del petto, fece lo stesso. Dalla parte opposta, lasciando da solo il povero Kibitoshin il quale, con i palmi delle mani rivolte verso il cielo e la bocca spalancata tanto quanto gli occhi, non si capacitò di quella scena a cui aveva appena assistito. Perché in fondo lui era un essere divino, e agli esseri divini non era permesso provare un sentimento così complesso.


 


Distrutto. Tutto ciò che fino ad allora era stato costruito era andato in frantumi. Di sfarzosi arredamenti dorati, lunghe distese di campi da combattimento bianchi e oro, di quel tempio prorompente sotto a un finto cielo di nuvole gialle non esisteva quasi più nulla. La terra, in quella dimensione, aveva tremato così forte da causare crepe profonde, profondissime. Ci avrebbe messo meno di venti secondi il Drago Superiore a rimettere tutto in perfetto ordine ma no, quello non era affatto il momento di perdere tempo per futili motivi. La situazione era drammatica, ai limiti dell'imponderabile.
Sul pavimento della grossa stanza circolare non vi era più solo cenere, ma anche detriti del bel soffitto affrescato. Erano rimasti in due, solamente due Draghi, i più potenti, i più temibili e prestigiosi. E, come tali, avevano in serbo ancora qualche asso nella manica per riuscire a tenere in piedi il loro mondo, la loro esistenza.
«Ottimo. Ora che sono divisi sono di certo più vulnerabili. Speriamo che i nostri piani finali funzionino» constatò Konero osservando da vicino l'ologramma creato dalla lunga mano del Drago Superiore, raffigurante Son Goku solo, perso, con le mani sulla faccia e uno squarcio nell'aura.
Onyma ridacchiò sadico nell'osservare quella scena, volgendo poi uno sguardo severo verso il drago antropomorfo dalla pelle rossa e i denti appuntiti color antracite.
«Nessuno può sconfiggere il nostro potere, Konero. La Dimora dei Draghi risorgerà».



 
 
Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
Buongiorno a tutti/e! Eccomi finalmente con il tanto atteso capitolo... che dire?! Molti di voi hanno subito pensato al peggio (come biasimarvi!), ma Vegeta è vivo - anche se per miracolo - e sta benone. Avete anche detto che vi mancavano i momenti tra i due protagonisti, i loro battibecchi... eccovi serviti! xD diciamo che non è stato per niente un momento tenero, ma decisamente un momento sentimentale dai toni accesi. Sentimento di odio, di gelosia, una bella litigata tipica da piccioncini che non si sono resi onto che potrebbe comportare accadimenti disastrosi. Dannazione! Non era proprio il momento di mettersi a fare certe sceneggiate. Ma, al di là del fatto che dividersi ora non è stata un'idea geniale, sono però curiosa di sapere cosa ne pensate: siete del team Goku o del team Vegeta? Io team principe tutta la vita. Non amo le sceneggiate di gelosia di questo tipo anche se ammetto che, dal punto di vista emotivo, posso comprendere come possa sentirsi Goku. E' stato un duro colpo per lui... ma PER TUTTE LE GALASSIE! Una sceneggiata del genere non era proprio il caso di farla. Si vede che dal punto di vista relazionale è ancora immaturo, come dice il principe. Poi che Vegeta perda la pazienza è abbastanza scontato! Ma sono proprio curiosissima di avere la vostra opinione :D

Nel frattempo sulla Terra sta succedendo il putiferio, la fusione si è sciolta e tutti stanno iniziando a perdere colpi. Momento commozione per Gohan e Mirai Trunks T__T
E, invece, nella oramai Catapecchia dei Draghi stanno per cogliere la palla al balzo di questo litigio per colpire i nostri eroi nel loro punto debole. Konero e Onyma tireranno sicuramente fuori gli artigli arrivati a questo punto. Che ansia! 
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo :) vi mando un abbraccio forte!

Eevaa

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Capitolo 69
*** Separati ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 69 - SEPARATI



Shadows settle on the place, that you left.
Our minds are troubled by the emptiness.
My eyes are damp from the words you left,
Ringing in my head, when you broke my chest.

And if you're in love, then you are the lucky one,
'Cause most of us are bitter over someone.
Setting fire to our insides for fun,
To distract our hearts from ever missing them.

It was a flood that wrecked this
and you caused it.


Youth: https://www.youtube.com/watch?v=2QT5eGHCJdE
 

 
 
Geloso.
Goku camminò di soppiatto in quel vicolo, più che intento a non farsi vedere da nessuno. Con tutta probabilità le strade erano gremite di gente per bene, in quel posto. Non percepiva malvagità nelle loro auree, probabilmente quella era una città democratica. Avrebbe dovuto trovare il modo per convincere quelle persone a collaborare nell'assalto al parlamento nel quale si trovava il tiranno e le Sfere del Drago, da quel che riusciva a percepire erano tutti molto forti. Avrebbe dovuto ingegnarsi e attuare il piano proposto da Kibitoshin ma la sua mente era altrove, lontana centinaia di chilometri.
Geloso. Il principe l'aveva accusato di essere geloso. Ma, in effetti, non aveva senso. Come avrebbe potuto essere geloso di una persona morta sei anni prima? Della sua migliore amica, per giunta. No! Lui era solo arrabbiato perché Vegeta si era lasciato fregare mettendo a repentaglio la sua pelle.
Goku si appoggiò con la schiena al muro in mattoni, volgendo il proprio sguardo verso il cielo nuvoloso. Ma a chi voleva darla a bere? A se stesso?
Forse il principe aveva ragione: si era trattato di gelosia. Pura e infelice gelosia. Un sentimento da lui mai provato nei confronti di nessuno.
La verità era che si era sentito morire dentro, quando aveva visto Bulma. Non perché non sarebbe stato felice se fosse viva - avrebbe anche lui tanto voluto poterla riabbracciare - ma perché la resurrezione di Bulma avrebbe comportato qualcosa di molto più spaventoso. Una minaccia. Una minaccia verso i suoi sentimenti verso Vegeta, verso quella che era la loro relazione.
Chiuse gli occhi, Goku. Immaginò di nuovo quella scena per l'ennesima volta: il principe dei saiyan che, guardandolo dritto negli occhi, aveva deciso di correre nella direzione opposta alla sua, verso quella che si era poi rivelata una copia di Bulma. Forse il fatto che avesse tentato di ucciderlo, che egli avesse rischiato la pelle e che non avesse quindi potuto dargli manforte nella conquista di Tahab non era davvero il reale motivo per il quale era stato colto dalla rabbia, su quel pianeta. Era per gelosia.
E se fosse veramente stata lei? Se fosse tornata per davvero? Cosa diamine sarebbe potuto succedere? Sarebbe mai riuscito a competere con la donna che Vegeta aveva amato per tutta la vita?
Diamine, non si era mai immaginato di poter soffrire in quel modo e, per un istante, avrebbe preferito tornare nella completa ignoranza di cosa volesse dire provare qualcosa di reale per qualcuno.

 

Bastardo.
Si era fatto dare del bastardo da quell'insulsa terza classe, e non l'aveva trasformato in concime per crisantemi. Come diamine aveva osato dirgli una cosa del genere?
Vegeta prese tra le mani la testa dell'ennesimo namecciano, torcendogli il collo fino a spezzarlo. Urla di terrore risuonarono dalla città, gente scappava, gente provava a frenarlo. Ma lui era talmente arrabbiato da non farsi fermare da nessuno anche se, doveva ammetterlo, la mole dei nemici di alto livello era sufficientemente massiccia da rallentarlo. Sembrava di stare in mezzo alla tormenta, di nuovo, a combattere contro l'esercito dei resuscitati. Un pugno violento lo colpì, facendolo atterrare con la schiena in un cumulo di macerie. Tossì, poi si rialzò illuminandosi ancor di più di oro prezioso, aprendo quindi le braccia verso l'esterno esplodendo in una bolla di energia che travolse in pieno un'orda di namecciani dall'aria minacciosa.
E io sarei ancora con Chichi, se non fosse morta un mese e mezzo fa.
Hah. Cazzate! Quel deficiente non aveva mai provato nulla se non affetto per quella terrestre piantagrane e lo sapevano entrambi. Non aveva motivo di farsi scalfire da quelle parole. Eppure... eppure il solo pensiero di immaginarlo a fianco di un'altra persona faceva ribollire in lui il sangue nelle vene. Quell'idiota, ridicolo, cretino di terza classe.
Dalla furia fece partire un'altra esplosione, ancora più potente, che con tutta probabilità non coinvolse solo i nemici. Alcuni namecciani rivoluzionari, infatti, cogliendo al balzo lo scompiglio che si era creato in città, avevano tentato di addentrarsi come lupi solitari nel parlamento. Ma in così pochi non erano riusciti a far nulla, si erano gettati al macello senza rifletterci troppo.
C'erano troppe persone a presidiare quella fortezza, e con tutta probabilità quel luogo era anche schermato da magia oscura, in quanto il principe dei saiyan non riusciva a percepire alcuna aura al suo interno. Ma, qualunque fosse l'entità del pericolo al quale stava andando contro, Vegeta non si sarebbe arreso facilmente. Nessuno di quei musi verdi avrebbe fermato il principe dei saiyan. Tuttalpiù che il principe dei saiyan, quel giorno, era davvero di pessimo umore.

 


«MA MI STATE ASCOLTANDO?» urlò Goku al centro della strada, sorpassato e scansato da decine e decine di persone mormoranti. Stava per andare su tutte le furie, ma del resto non avevano certo torto: chi avrebbe creduto al primo alieno capitolato dallo spazio che prometteva loro conquiste gloriose? E se fosse stato un trucco dei tiranni per colpire gli infedeli all'impero?
«È solo un povero pazzo» sussurrò un uomo vecchio a quello che era senza dubbio il nipotino, spingendolo oltre fino ad allontanarsi dalla piazza.
«Un colpo di stato, adesso? Ci stiamo ancora riprendendo dall'ultima rivoluzione. Sarebbe un suicidio» commentò rabbiosamente un giovane con una grossa cicatrice che segnava a metà il suo volto.
«È un altro di quei farabutti» caricò ulteriormente un ragazzino scappando in un vicolo.
«DOVETE ASCOLTARMI! IO POSSO AIUTARVI, MA VOI DOVETE AIUTARE ME!» gridò nuovamente Goku per farsi sentire, ma percepì oramai che la pazienza stesse venendo meno. Eppure no, non avrebbe dovuto cedere, non avrebbe assolutamente dovuto compiere un altro gesto come quello su Tahab. Non avrebbe ucciso altri innocenti, non avrebbe più distrutto nessun pianeta. Tuttavia, per entrare in quel dannatissimo parlamento con il meno dispendio di vite possibili, avrebbe dovuto creare un diversivo e quel diversivo avrebbe potuto crearlo solo una folta folla.
«Bel tentativo, sul serio» disse una voce sarcastica e riconoscibile alle sue spalle. Goku si girò di scatto, con occhi gravi. Se persino una divinità dei suoi livelli usava il sarcasmo con lui, voleva dire che aveva toccato davvero il fondo.
«Kibitoshin, devo dargli forse una dimostrazione della mia forza per guadagnarmi la loro fiducia?» domandò Goku.
«Io credo che, invece, non dovresti partire da così in basso. Siamo molto lontani dal parlamento, qui la rivoluzione non è sentita come laggiù, e non puoi pretendere di reclutare tutto il pianeta. È talmente immenso e popoloso che è impensabile!» spiegò accuratamente il Kaiohshin al suo alleato il quale, confuso, aggrottò le sopracciglia.
«Ma avevi detto che-»
«Ho detto di farvi degli alleati, non di aiutare tutta Namirah a sconfiggere il loro male. Questa è la vostra guerra contro i Draghi, non dei namecciani democratici di Namirah contro i servi dell'impero» lo interruppe la divinità, osservando però un cruccio molto più profondo nel volto di Goku. «Smettila di sentirti in colpa per quel pianeta distrutto. Non è pensabile affrontare la tua missione senza mettere in conto l'eventualità di dover uccidere delle persone».
«Ma sono innocenti!» 
«Anche voi lo siete. E allora? Cosa facciamo? Stiamo qui a vedere chi ha più colpa? Non ti sto dicendo di far saltare in aria questo pianeta, ti sto dicendo di tornare a combattere senza farti scrupoli inutili. Neanche il vecchio Goku di vent'anni fa l'avrebbe fatto!»
Il vecchio Goku. Già, a volte - ripensando alla vecchia parte di sé - riusciva perfettamente a comprendere il concetto di “beata ignoranza”. Kibitoshin prese Goku sotto un braccio e lo accompagnò verso un luogo meno affollato, incamminandosi insieme fuori dal centro della città.
«Sai perché sei in crisi?» iniziò nuovamente a parlare la divinità, mostrando in tutto e per tutto la saggezza acquisita durante quei nuovi anni di incarico. «Perché sei da solo. Hai iniziato a entrare in crisi da quando Vegeta è stato messo al tappeto da quella finta Bulma».
Goku interruppe per un attimo il suo cammino, sospirando. Dannazione. Quel ricordo era come una pallottola dritta nel cuore.
«Quando Vegeta era al tuo fianco in questa battaglia non ti saresti mai sognato di farti tutte queste paranoie. Lui ti guidava, e tu guidavi lui. Vi sostenevate l'un l'altro senza nemmeno rendervene conto» continuò Kibitoshin, senza mai guardare il suo interlocutore negli occhi. «Io non sono in grado di comprendere i sentimenti umani e quello che provate, ma sono assolutamente certo che per andare avanti in questa battaglia non potete stare separati perché, come tu sei caduto in crisi perché ti manca la sua guida accanto, anche lui sta combinando dei gran casini perché non ci sei tu a tenerlo sotto controllo».

 

«DANNAZIONE!» urlò il principe, cadendo sui gomiti sul ciottolato freddo e angusto di quel piazzale gremito di gente.
Troppi, ce ne erano decisamente troppi. Per quanto egli si trasformasse e aumentasse la propria aura a dismisura, quei namecciani – a parere di Vegeta geneticamente modificati, perché era impossibile che quei musi verdi raggiungessero un livello di forza simile – continuavano ad apparire.
E più tentava di raggiungere l'ingresso di quel palazzo bianco e argentato, più i namecciani comparivano e arrivavano in volo da altri posti nel pianeta. Ma dove diamine erano finiti gli alleati? Perché accidenti nessuno in quel posto lo aiutava in quella sottospecie di colpo di stato? Qualcuno era accorso in suo aiuto, inizialmente, ma tutti i ribelli sembravano essersi volatilizzati nel nulla.
«ORA BASTAAAAA!» continuò a urlare con furia battendo i pugni al terreno, colpito più e più volte alla schiena da fasci di energia proveniente da chissà chi e chissà dove. Si alzò a fatica, con la pazienza rasentante il fondo del barile, esplodendo in mille scintille.
Si librò alto nel cielo, iniziando a colpire e sganciare attacchi veloci a ripetizione, completamente a caso e senza un obiettivo preciso.
«Mi sono stufato!» soffiò il principe dei saiyan creando un gran polverone - come di consueto ogni talvolta che si era lasciato trasportare solo dalla cieca e mera furia. Piccole e potenti bolle di energia si innescarono a partire dai suoi palmi aperti, ma a nulla valsero quegli sforzi, solo ad accrescere di più la sua rabbia e a far diminuire l'energia rimasta. Si era ripromesso che non avrebbe più agito così, aveva già appurato che fosse da stupidi, da stolti, eppure in quell'istante non riusciva davvero a controllarsi. Gli eventi recenti lo avevano soffocato, era stato tutto così difficile ma, almeno, aveva sempre sperato di poter confidare ciecamente nell'appoggio di quel cretino. Ma, evidentemente, non era così. Kaarot aveva deciso di perdere la testa, di diventare ancora più rincitrullito di come lo era di solito, sradicando tutte le certezze nei suoi riguardi. Il solo pensiero lo mandò completamente in ebollizione.
Si sentì di nuovo quello sconsiderato e malvagio principe che si era lasciato impossessare da Babidi, e non gli piacque per niente. E, nel considerare quella grave regressione, venne raggiunto da quattro namecciani di dimensioni mastodontiche i quali, senza troppi complimenti, gli afferrarono le braccia e le gambe e iniziarono a tirare uno dalla parte opposta dell'altro.

 

«Dov'è andato Vegeta?» domandò Goku nel raggiungere finalmente la fine di quella via, quella che portava all'uscita della città diroccata.
«Al parlamento. Ma ha perso subito la pazienza e ha attirato un sacco di nemici verso di sé. L'esatto opposto di ciò che hai cercato di fare tu, insomma» spiegò Kibitoshin, avendo osservato il comportamento di Vegeta prima di accorrere in aiuto dell'altro saiyan. «Voi due funzionate bene in battaglia perché vi controbilanciate, in tutto e per tutto».
«Non credo che ora come ora funzioneremmo così bene» rispose Goku amareggiato, affranto. Già, se solo avesse provato ad avvicinarsi a Vegeta in quel momento egli gli avrebbe sbranato via la faccia, come minimo.
«Dovete mettere un attimo da parte i vostri problemi personali che, a quanto ho capito, sono risolvibili in un momento di calma» commentò la divinità elargendo al ragazzo un ampio sorriso. Che dire, era ovvio che sapesse tutto il loro trascorso. Nell'Aldilà oramai si era sparsa la voce a partire dai Kaioh che era risaputo fossero dei gran pettegoli.
Goku sollevò i lati della bocca, affranto. Geloso. Si dannazione, era stato geloso da morire e si era comportato da perfetto idiota. Del resto Vegeta aveva semplicemente cercato di salvare Bulma da una fine orribile, ed era esattamente la cosa più giusta da fare. Ma Goku aveva avuto paura, una paura quasi soffocante di perderlo. Paura che, tra lui e Bulma, egli avrebbe sempre scelto Bulma. Ma il principe aveva ragione: il problema non sussisteva. Lei non sarebbe mai e poi mai tornata in vita, non ci sarebbe mai stato motivo di preoccuparsene. 
Avrebbe dovuto imparare a convivere con quel dubbio esistenziale, avrebbe dovuto imparare ad accettare che lui non sarebbe mai stato l'unico nel cuore di Vegeta e che, una piccola parte di esso, sarebbe appartenuto sempre a Bulma, com'era giusto che fosse.
Il principe non aveva colpe in questo. E non aveva nemmeno colpe nei gesti che aveva fatto. Si sentì un cretino, Goku, un immaturo proprio come il suo rivale l'aveva definito ma, finalmente, trovò pace nel proprio cuore. Il fuoco della gelosia si spense e, con una nuova consapevolezza nella mente, si sentì pronto a perdonarsi per tutto ciò che aveva combinato nelle ultime ore. Sperò solo che, in qualche modo, anche Vegeta sarebbe stato disposto a perdonarlo.
«Hai bisogno di lui. E lui di te. Per questo vi avevo detto fin dall'inizio di non stare mai separati: solo insieme potete vincere questa battaglia».
Goku incrociò lo sguardo di Kibitoshin e, di rimando, riuscì finalmente a sorridere. Sorrise sereno, seppur stremato, e si sentì finalmente pronto a compiere quegli ultimi due grandi passi prima della fine della guerra. Si sentì pronto ma non si era affatto accorto che, alle loro spalle, i namecciani di un'intera città li avevano seguiti fin lì azzerando completamente le loro auree e, con i volti contratti e la mente offuscata, erano pronti a porre fine alle loro vite.

 

Avrebbe dovuto immaginarlo. Del resto già lo sapeva che i Draghi erano in grado di manipolare la mente delle persone. Che madornale errore di valutazione per una divinità di alto rango come lui!
Come aveva potuto Kibitoshin sperare di trovare degli alleati su quel pianeta, se già era a conoscenza che anche le persone buone sarebbero potute finire sotto controllo nemico?
Successe tutto in una frazione di secondo, nemmeno il tempo di rendersi conto che ci fosse qualcosa di estremamente silenzioso in quella città prima brulicante di voci e suoni. Vennero attaccati alle spalle, senza remore, senza grida di battaglia per annunciarsi.
Kibitoshin cadde di petto sulla strada sterrata e Goku, al suo fianco, fece a malapena in tempo a schivare un precisissimo fascio di luce rivolto al proprio cranio. Con il cuore alle stelle per lo spavento e un'innata prontezza di riflessi prese per le spalle il suo alleato divino, trascinandolo per alcuni metri in una posizione meno scoperta.
«Kibitoshin! Kibitoshin mi senti?» lo strattonò, sganciando nella direzione dei nemici una bolla di energia volta a frenarli per qualche istante.
«G-Goku!» balbettò lui dolorante. La sua schiena era completamente bruciata e i drappi della lunga tunica rossa si erano sciolti e incollati alle scottature.
«Vai via da qui, torna nell'Aldilà e fatti curare da Dende!» lo esortò Goku, poi lo guardò scomparire nel nulla con estrema difficoltà. Sarebbe stato un vero smacco se, arrivati a quel punto, li avesse abbandonati anche la loro guida.
Il diversivo che aveva creato durò ben poco e, dal fumo causato dal suo attacco, apparvero centinaia di namecciani minacciosi. Goku strinse le labbra pronto a lottare di nuovo, ancora e ancora. Ma ad ogni nemico caduto, proprio come sulla Terra, si susseguiva un'immediata resurrezione, e Goku si ritrovò in seria difficoltà.
Fortunatamente, dopo cinque minuti di infuriante battaglia, una mano conosciuta lo prese per la caviglia e si lasciò teletrasportare lontano, altrove, atterrando in malo modo su una baia sabbiosa.
«Come ti senti?» domandò immediatamente Goku. Azzerò la propria aura e si alzò dalla battigia sbattendo con le vigorose mani la tuta nera e verde.
«C'è mancato poco, ma sto bene. Grazie per avermi salvato, Goku» rispose Kibitoshin, completamente rigenerato dai poteri curativi di Dende. In tutti quegli anni non aveva mai pensato che non avrebbe potuto curarsi da solo, con le sue capacità. Fortunatamente avevano a disposizione un altro alleato con quel tipo di dono.
«Kibitoshin, perché i Draghi non riescono a controllare anche le nostre menti e quelle dei nostri amici?» chiese incuriosito Goku, riprendendo fiato. Doveva ammettere che avere a che fare con una schiera di nemici così forti da solo non era esattamente stata una passeggiata, persino per lui che era uno dei combattenti più forti dell'universo.
«Ci ho pensato anche io, e credo che la risposta sia abbastanza semplice: voi tutti siete in allerta a riguardo. Queste persone invece... sono state colte alla sprovvista. Non hanno nemmeno idea di chi stia controllando la propria mente, per questo è più facile addentrarvisi e offuscare i loro pensieri» spiegò Kibitoshin, camminando avanti e indietro sulla sabbia, lasciando delle leggere impronte con i suoi stivali dorati.
«Cielo, vorrei trovare il modo di risvegliarli come ho fatto con Juno, ma non li conosco. Non so proprio come potrei riportarli ad essere coscienti!» si infuriò Goku stringendo i pugni, frustrato.
«Non c'è tempo per questo!» lo ammonì Kibitoshin, contemplando con l'occhio della mente un punto indefinito oltre quell'oceano. «Dobbiamo andare subito al parlamento e aiutare Vegeta!»
Goku si allarmò e spalancò gli occhi dal terrore. Nella confusione e nella sorpresa si era persino dimenticato di tenere sotto controllo l'aura del suo amico.
«Vegeta è in pericolo?»

 


«AHHHH!» urlò il principe del saiyan, martoriato dal dolore. Le sue giunture si stavano per spezzare, non era riuscito a liberarsi in nessun modo dalla presa di quei quattro namecciani i quali, senza pietà, lo stavano ancora tirando per le braccia e per le gambe due dalla parte opposta degli altri.
Aveva provato ad alimentare sfere di energia dalle proprie mani, ma essi stavano esercitando troppa trazione su di lui. Aveva provato a calciarli via, a divincolarsi, ma a nulla era servito. Ridacchiavano, quei maledetti bastardi, continuando a tirare, tirare e tirare. Ancora qualche secondo e si sarebbe spezzato a metà ma, d'istante, un lampo di genio. Non ci aveva mai fatto troppo caso, e si sentì parecchio stupido. Erano anni e anni che non se ne rendeva conto, in quanto durante la vita di tutti i giorni non possedeva quel prolungamento, quell'arto che invece compariva durante la trasformazione in Super Saiyan di quarto livello e che in quel momento era l'unico libero di muoversi.
Vegeta si ricordò improvvisamente di avere la coda e, con un ultimo grande sforzo, la sfoderò aggrappandosi al collo del namecciano che tratteneva il braccio destro, stringendo con forza. Colto alla sprovvista, questi lasciò andare il braccio per aggrapparsi a quel prolungamento rosso ricoperto di pelo, e il principe dei saiyan si mise a ridere.
«Hah! Imbecille!» soffiò. Lo afferrò per il cranio e ritrasse la coda, polverizzandolo in un unico istante riuscendo così finalmente a liberarsi da quella stretta e, uno ad uno, anche da quella degli altri tre.
Li ridusse in brandelli e osservò i loro corpi cadere rovinosamente sul grande piazzale gremito di altri nemici. Erano tanti, troppi, sempre di più, e lui era estremamente stanco. Stanco e soprattutto nervoso. E si innervosì ancora di più quando, finalmente, capì da solo cosa diamine stesse succedendo su quel pianeta di musi verdi troppo cresciuti: la stessa cosa che era accaduta sulla Terra.
E lo capì perché i quattro energumeni che avevano tentato di spezzare il suo corpo si erano rialzati dalla piazza per capitolare nuovamente di fronte a lui, senza più ferite, con l'aura completamente rinvigorita.
Li stavano resuscitando. Quei maledettissimi Draghi stavano resuscitando le loro pedine, ed era pronto a scommettere che molti di essi non sapevano nemmeno perché stessero combattendo. Ecco perché i ribelli avevano smesso di tentar di accedere al parlamento, ecco perché sembravano essere rimasti solo nemici e difensori dell'impero su quel pianeta: stavano controllando anche le menti dei buoni.
«Figli di...» mormorò il principe dei saiyan a denti stretti, sputando sangue e saliva al terreno, sprezzante.
Lo attaccarono in centinaia, tutti insieme, tutti forti e agguerriti. E poco avrebbe potuto fare Vegeta, se non tentare in tutti i modi di difendersi, perché attaccare in quel momento sembrava a dir poco impossibile. Erano infiniti e a ogni suo tentativo di avvicinarsi al parlamento ne comparivano altri, decine e decine; arrivavano da altre città e da terre lontane.
Di Final Flash, esplosioni energetiche e altri cento, mille attacchi, pochi sortivano l'effetto desiderato. Era solo contro centinaia. E sebbene fossero tutti meno forti di lui, erano comunque centinaia contro uno solo.
Tuttavia, il principe si rese presto conto di non essere più solo come immaginava perché, in lontananza, scorse una figura conosciuta. I suoi occhi azzurri si accesero di rabbia e il cuore, martellante nel petto, sembrava volergli sfondare la cassa toracica.
Cosa diamine ci faceva lui lì?

 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Bomba, ragazzi! Finalmente ecco a voi il capitolo numero 69, capitolo che vede come protagonisti unicamente, appunto, i due protagonisti. 
Sulla Terra sta succedendo un casino infernale ma, solo per questo capitolo, lo lasciamo da parte. Scopriremo la prossima volta come se la cavano i nostri saiyan "mezzosangue".
Eeeee niente, i due testoni hanno litigato pesantemente. Sono stata molto felice di avere tutti i vostri pareri su questo importante litigio, avete avuto tutti dei pensieri molto interessanti ed è stato veramente bello discuterne insieme. E' un tema piuttosto complesso! 
Tornando invece a questo capitolo penso che il nostro Kibitoshin abbia immensamente ragione. Quei due, separati, non stanno combinando proprio niente di buono; hanno bisogno l'uno dell'altro per vincere, e l'abbiamo visto da quello che sta succedendo. Devono stare uniti se vogliono sperare di poter combattere questa calamità. 
La situazione su Namirah sta degenerando, oltre alla loro grande guerra contro i draghi c'è in corso da tempi immemori una guerra civile piuttosto aspra. Spero che anche questa tematica vi sia piaciuta, personalmente mi sono divertita molto a scrivere delle peripezie di questo pianeta. 
Adesso non ci resta che vedere se i nostri due eroi metteranno da parte l'ascia di guerra. Faranno pace o continueranno a fare i testoni fino ad un punto di non ritorno?
Non vedo l'ora di pubblicare il capitolo numero SETTANTA (incredibile!!!) per farvelo scoprire. 
A domenica prossima miei cari/mie care!
Eevaa

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Capitolo 70
*** La Terra è in pericolo ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 70 - LA TERRA È IN PERICOLO

 
 
(Titolo rassicurante, mh?)

 
Vegeta strinse le labbra in segno di disapprovazione. Kaarot, a diversi metri di distanza da lui, era sopraggiunto in quel luogo di punto in bianco, da solo con Kibitoshin. Niente alleati, niente di niente.
Si guardarono dalla distanza per diversi secondi, e il principe percepì ogni cellula del suo corpo accartocciarsi su se stessa per la rabbia. Cielo, com'era in grado di fargli perdere le staffe quell'idiota, nessuno mai! Con che coraggio lo stava fissando con quell'espressione angosciata? Che si fosse reso conto che l'idea di assoldare alleati per compiere quella missione fosse una vera perdita di tempo? O semplicemente era lì per ricordargli che gli aveva appena piantato una scenata di gelosia nei confronti della sua defunta moglie? Hah. Idiota.
Vegeta ringhiò nella sua direzione, poi riprese a combattere i nemici in perfetta solitudine. Con un calcio in torsione fece atterrare un avversario sopra un altro, poi si diresse verso un namecciano sufficientemente grosso per soffocarlo di pugni.
Goku, dal canto suo, si ritenne persino fortunato che il principe non avesse deciso di spostare il focus della battaglia contro di lui. Si sentì stupido, con Vegeta nelle vicinanze. Si sentì un vero imbecille per quello che aveva fatto ma ben sapeva che quello non era il momento per tentare di rimediare. Si diede da fare come meglio poté, respingendo orde su orde di namecciani impazziti. In quel piazzale bianco e argentato si era riversata così tanta folla da rendere difficile qualsiasi spostamento via terra. La situazione era soffocante, al limite della claustrofobia. Più nemici i due saiyan sconfiggevano e più altri ne apparivano.
E, se la pazienza di Vegeta era andata a farsi friggere già da un bel pezzo, quella di Goku non tardò a raggiungerla. Le circostanze erano frustranti, seppur combattendo in due. Due contro un migliaio, come minimo.
I due saiyan si lanciarono
di tanto in tanto occhiate distratte, nei momenti di pausa tra un'ondata di attacchi e l'altra. Provarono anche a crearsi dei diversivi a vicenda (sempre mantenendosi a debita distanza l'uno dall'altro) in modo da provare a raggiungere l'ingresso del parlamento, ma niente ebbe effetto. Se solo ci fosse stata la possibilità di teletrasportarsi all'interno sarebbe stato un gioco da ragazzi ma, evidentemente, qualcuno aveva ben pensato di schermare l'edificio.
Vani furono i tentativi di liberarsi di tutta quella gente, nulla sembrava funzionare, tant'è che Vegeta pensò per qualche attimo di trovarsi costretto a operare proprio come il suo stupido rivale aveva azzardato con il pianeta precedente. Dovette respirare a fondo per non cedere al tentativo di far saltare in aria tutto e tutti. Provò persino a lanciare una grande sfera solo contro il palazzo, ma i nemici erano talmente tanti che una sfera delle dimensioni così “ridotte” non sarebbe bastata. I namecciani la scagliarono nell'orbita come niente. La tentazione di crearne una gigante per distruggere tutto era tanta, ma sapeva che non era esattamente la mossa più giusta da fare. Probabilmente quel cretino di Kaarot gliel'avrebbe persino impedito.


Provarono e riprovarono, sperimentarono diverse tattiche ma si rivelarono tutti buchi nell'acqua. Si sforzarono a lungo fino a quando, esasperato, Kibitoshin si decise a mettere la parola fine a quella diatriba al limite del ridicolo. Li prese entrambi per le braccia prima uno e poi l'altro, riportandoli al punto di partenza, in quel sottobosco umido e fresco nel quale si erano separati.
«Ma cosa diav-» imprecò Vegeta ad alta voce sovrapponendosi alle ulteriori proteste di Goku, ma entrambi vennero interrotti.
«ORA BASTA!» urlò Kibitoshin, completamente esacerbato.
I due saiyan sgranarono gli occhi, esterrefatti. Mai nella loro esistenza avevano assistito a cotanta furia nel tono di voce di quel Kaiohshin, nemmeno ai tempi di Majin Bu.
«Basta così. Adesso voi due la smettete di fare i bambini dell'asilo e utilizzate questa stramaledettissima fusione! È un ordine!» continuò Kibitoshin sull'orlo di una crisi di nervi. Quei testoni! Se solo si fossero decisi a dar vita a Gogeta molto probabilmente quella lotta senza fine si sarebbe conclusa in pochi secondi, proprio come sugli altri pianeti. Il potere di quell'ibrido avrebbe senza dubbio schiacciato quello di tutti gli altri, per quanti essi fossero.
«Io non ricevo ordini proprio da ness-» si apprestò a puntualizzare il principe dei saiyan, interrotto però nuovamente dalla divinità.
«Oh, adesso smettila, Vegeta! Avrai tempo di ricostruire il tuo orgoglio e alimentare il tuo ego quando tutta questa faccenda sarà finita. E tu, Goku» si voltò Kibitoshin, «piantala di fare quella faccia da cane bastonato. Per tutti i Kaioh! In questi quarantacinque giorni ho visto litigare più voi due che una vecchia coppia di sposi. Finitela con queste tiritere e fate la fusione!»
Goku mise il broncio - proprio come un bambino ripreso dalla maestra - mentre Vegeta si apprestò nuovamente a ringhiare come uno scimmione inferocito. Entrambi, soffiando dalla rabbia con il naso, si voltarono l'uno dalla parte opposta dell'altro incrociando le braccia al petto.
«OBBEDITE!» sentenziò imperativo il Kaiohshin, facendoli sobbalzare di rimando.
Si guardarono di nuovo in cagnesco, di soppiatto e con esitazione. Purtroppo, lo sapevano entrambi, Kibitoshin aveva perfettamente ragione. La buona riuscita di quella missione dipendeva solo e unicamente da loro, e non vi era altra soluzione se non quella di collaborare.
Fu Goku a compiere il primo passo, lentamente, quasi timoroso; Vegeta lo seguì macchinosamente, ma non smise neanche per un istante di trafiggerlo con gli occhi. Odiava obbedire agli ordini impartiti da qualcun altro, ma nel corso degli anni aveva acquisito la capacità di trattenere la rabbia e la furia che, per tutte le stelle, prima o poi sarebbero saltate fuori in occasioni più consone.
E così, dopo interminabili secondi di tentennamenti, i due saiyan di quarto livello diedero finalmente inizio a quella danza Metamor che avrebbero dovuto utilizzare già da diverso tempo.
Un tuono in lontananza, una scarica di energia caldissima e accecante si irradiò verso l'alto come un geyser, e all'interno di essa, dopo tutta l'attesa, riapparve quello scultoreo guerriero dai capelli rossi e gli occhi azzurri come il cielo d'estate.
Gogeta, illuminandosi di luce dorata, fece un passo in avanti. Inutile, Kibitoshin non si sarebbe mai abituato: era un vero e proprio spettacolo della natura. Così fiero, elegante, maestoso, implacabile. Incuteva timore e sicurezza allo stesso tempo. E, soprattutto, infondeva lui speranza. Speranza che la situazione sarebbe finalmente cambiata, speranza che la pace tornasse ad albergare nella loro galassia. E chi, più di Gogeta, avrebbe saputo portare l'equilibrio nell'universo? Chi più di quell'essere nato da due individui imperfetti - presi nelle singolarità - ma che uniti rasentavano il concetto di perfezione?
«Sono pronto» annunciò l'ibrido, con il volto contratto dall'adrenalina.

 
 

Accadde tutto molto in fretta, così repentinamente che persino Kibitoshin e tutti i Kaioh in collegamento dall'Aldilà riuscirono a seguire con precisione tutti gli eventi. E men che meno lo realizzarono i namecciani di Namirah perché, da quanto quel poderoso individuo era apparso in alto alla torre al centro della piazza del parlamento, nessuno era riuscito a capire niente. Dopo un sospiro, un singolo istante di preparazione, Gogeta si era gettato in volo a capofitto sulla folla illuminandosi come un proiettile, facendo terra bruciata intorno a sé.
Non era bastata quella volta la forza di centinaia di namecciani; nonostante i vari tentativi di frenare l'inarrestabile corsa del guerriero dai capelli fulvi, egli riuscì a oltrepassare con facilità la prima schiera di combattenti e giunse in scivolata di fronte al portone placcato d'argento del parlamento. Abbatté tutti come birilli, scottandoli e scalfendoli solamente con l'aura prorompente incanalata sulle nocche delle mani. Urla di sgomento e terrore si innalzarono dalla folla, ma coloro i quali stavano presidiando l'ingresso della struttura non si spostarono di un centimetro.

Gogeta si diede lo slancio con i piedi e spinse in avanti con le mani aperte e tremanti cariche di calore. I primi della schiera si ustionarono, urlarono di dolore ma non si scansarono. Anche l'ibrido urlò continuando a spingere come se dovesse buttare giù un imponente muro, senza badare alle innumerevoli onde di energia che i nemici alle spalle stavano infliggendo sulla sua muscolosa schiena. Gridò forte, chiudendo poi gli occhi in un ultimo rocambolesco sforzo. La luce emanata dalle mani del Super Saiyan rese impossibile ogni tentativo di repulsione da parte della folla di namecciani ed essi, ustionati e spintonati come buoi, cedettero sotto l'incredibile forza del guerriero più implacabile dell'universo.
Gogeta, portando a termine quella faticosa spinta, si fece finalmente largo tra quella coltre di namecciani e sfondò la porta, cadendo rovinosamente in avanti sul pavimento argentato della sala d'ingresso del parlamento. Respirò forte, poi sollevò immediatamente la testa per rialzarsi di scatto, iniziando a correre in direzione del suo unico obiettivo.
Venne presto raggiunto da altri namecciani, tirato per le braccia all'indietro nel vano tentativo di frenare la sua folle corsa verso quel tiranno il quale, rinchiuso in una stanza ottagonale, godeva del suo ammutinamento. Il guerriero saiyan sfondò quel portone con un ringhio e, finalmente, mise a fuoco la sua vittima. L'anziano saggio digrignò i denti, rabbioso, poi  venne accerchiato dai suoi sudditi i quali, in un'ultima disperata manovra, provarono a scortarlo fuori dalla stanza.
Gogeta, tuttavia, non gliel'avrebbe permesso per nessun motivo al mondo e, per mettere finalmente la parola fine a quella penultima missione, sarebbe ricorso a qualunque metodo. Così, vagando nei meandri della sua duplice coscienza, non poté fare a meno di rimembrare una tecnica antica, la tecnica di uno dei guerrieri più valorosi della squadra Z. Una mossa che Vegeta non avrebbe mai pensato di adoperare, ma che Goku conosceva per filo e per segno.
Il guerriero ibrido sorrise sghembo e, capitanato per la maggiore dalla mente di Goku, aprì il palmo della mano in direzione del soffitto. Avrebbe ucciso quel bastardo, e l'avrebbe fatto rendendo onore al suo migliore amico.
«Cerchio Magico!»


Un tonfo. Un colpo netto, preciso, indirizzato al punto giusto. Di certo Gogeta sapeva di essere assolutamente meticoloso e determinato, ma non si sarebbe mai aspettato che la sua lama di fuoco rotante recidesse la testa del namecciano tagliandola via di netto al primo colpo. Il pianeta Namirah tremò per qualche secondo, il cranio del tiranno cadde al terreno e rotolò per mezzo metro, sporcando il bel pavimento argenteo del parlamento. Gli occhi del capo dei saggi, ancora aperti, erano vuoti e immobili in un'espressione di sgomento. Il resto del corpo cadde involontariamente all'indietro, riversando a partire dalla base del collo il liquido vischioso color prugna.
Tutto si fermò in quell'istante, le urla, le grida e gli spintoni all'interno di quella stanza cessarono e, come se la notizia fosse trapelata nell'immediato, anche all'esterno la lotta sembrava si fosse conclusa.
Gogeta respirò affannato, profondamente, ancora trattenuto da alcuni namecciani per la canottiera nera. Con la bocca spalancata si guardò intorno e osservò espressioni confuse, bisbiglii al limite dell'udibile. Quel silenzio surreale durò una manciata di secondi e poi, d'improvviso, un urlo di vittoria si levò all'interno della stanza.
«È MORTO! IL TIRANNO È MORTO!» esultò uno dei namecciani che poco prima era stato intento a ostacolare la corsa di Gogeta in direzione dell'obiettivo. A partire da esso, altri individui alzarono i pugni al cielo gridando frasi di trionfo. Alcuni di loro, invece, si ammutolirono e tremarono visibilmente, presi poi per le braccia dagli altri e trascinati di peso all'esterno del parlamento.
L'ibrido saiyan sollevò un sopracciglio e non comprese nell'immediato cosa stesse succedendo. Seguì la folla fuori dall'edificio con passi lenti, rimanendo letteralmente a bocca aperta. Dall'alto dei gradini che davano sulla piazza egli si immobilizzò e si inebrio di quello spettacolo affascinante. Un intero paese aveva iniziato a festeggiare, a esultare, a radunare tutti coloro che erano nemici al centro urbano e gridargli in faccia la loro vittoria.
«È STATO LUI! È STATO LUI! LUI CI HA SALVATI!» annunciò uno dei namecciani a gran voce, indicando Gogeta il quale, arrossendo impercettibilmente sulle gote, accolse imbarazzato l'esultanza della folla.
Kibitoshin atterrò leggero al suo fianco.
«Ebbene, hai salvato un pianeta» sussurrò, contemplando con ammirazione il risultato ottenuto.
«Ma com'è possibile che-» tento di domandare Gogeta.
«Le loro menti, probabilmente, erano controllate dal drago Konero. Ora il drago Konero non c'è più, i ribelli sono tornati buoni. La democrazia adesso risplenderà su Namirah» spiegò Kibitoshin, con un sorrisetto compiaciuto.
«Capisco...» si limitò a rispondere l'incredibile guerriero. Volse un'ultima occhiata a tutte quelle persone cariche di una nuova speranza, con il desiderio in fondo al cuore che ben presto anche loro potessero unirsi a quei festeggiamenti, sul loro pianeta, insieme alle loro famiglie. Poi, in una folata di vento, svanì nel nulla.

 


«Ce l'avete fatta!»
«Siete formidabili!»
«Ne manca solo uno, adesso!»
Nell'Aldilà l'acclamazione non fu certo da meno. Tutti i loro amici, i namecciani e le divinità presenti al tempio di Re Yammer li accolsero con urla di eccitazione. Goku e Vegeta ripresero possesso dei loro corpi non appena rientrati al campo base, soddisfatti e fieri di ciò che avevano compiuto.
«Ben fatto, ragazzi» decretò Baba plaudendo ai due saiyan, dando una gomitata nelle grosse costole di Re Yammer per invitarlo a smetterla di tenere il broncio nei loro confronti. Egli grugnì e sbuffò sonoramente.
«Beh... beh, sì, ecco. Ottimo lavoro, sì» bofonchiò, ammorbidendosi nei confronti di quegli umani i quali, nonostante stessero popolando un regno designato solo ai morti di persone in carne e ossa contro il suo permesso, stavano effettivamente salvando le sorti dell'universo, liberandoli finalmente dalla piaga dei Draghi.
Goku ridacchiò sornione e Vegeta, senza scomporsi più di tanto, abbozzò un sorrisetto beffardo e compiaciuto. Goku Jr, Martha, e un piccolo namecciano di Neo Namek gli balzarono intorno senza riuscire a contenere la felicità. Il vociare allegro di tutti i civili riempì le loro orecchie facendoli finalmente rilassare e stemperare la tensione di quella penultima grande battaglia, per ricevere la carica necessaria per affrontare quella che sarebbe stata l'ultima pagina di quei catastrofici eventi. Ma Goku si rese perfettamente conto che, prima di compiere qualsiasi mossa, avrebbe dovuto fare una cosa. Una cosa molto importante, qualcosa che non avrebbe potuto affatto tenere in sospeso.
Si voltò in direzione di Vegeta il quale, silenzioso e turbato, rispose al suo sguardo con visibile tensione. No, non avrebbero potuto affatto salpare verso l'ultimo pianeta in quelle condizioni, non senza aver chiarito completamente la questione personale per la quale avevano persino rischiato di farsi ammazzare, separandosi.
«Ehm... p-posso parlarti un secondo in privato prima di andare?» balbettò Goku con palese imbarazzo, così a bassa voce che il principe fece fatica a udirlo a causa delle chiacchiere eccitate dei civili.
«Non abbiamo niente da dirci» rispose egli, secco. Distolse lo sguardo e fece per andare via, ma una mano gli afferrò prontamente la spalla. «Kaarot, ho detto-»
«No! Forse non mi sono espresso bene. Devo parlarti, non era una domanda. Vieni di là» lo interruppe serio e deciso Goku; al diavolo il suo orgoglio e al diavolo quella testa dura che si ritrovava. «Per favore».
Goku si avviò velocemente fuori dalla stanza, accompagnato da un vociare indistinto nettamente meno acuto e Vegeta, stringendo le labbra con disappunto, esitò solo qualche secondo prima di procedere nella sua stessa direzione borbottando le più disparate maledizioni.
Camminarono per poco più di un minuto e si ritrovarono in una delle stanze ove vi erano accatastati migliaia e migliaia di archivi contenenti tutti i dati dei defunti. Un addetto ai lavori, vedendoseli piombare improvvisamente dentro, non perse tempo a fuggire dall'entrata sul retro, conoscendo bene il temperamento poco cordiale del principe dei saiyan.
Goku interruppe la sua falcata al centro della stanza, e prese un grosso respiro prima di girarsi e venir trafitto dalle lame che il suo alleato aveva al posto degli occhi. Da dove iniziare?
«Vegeta... io...»
«Tu, cosa?» lo incalzò sua maestà, con il dente avvelenato e le braccia incrociate al petto. Quell'idiota! Come aveva potuto comportarsi in quella maniera con lui? Cosa voleva, ancora? Rinfacciargli che aveva tentato di salvare Bulma? Fargli un'altra sceneggiata da fidanzatino ossessionato?
Goku abbassò lo sguardo, colpevole. Sì, colpevole. Perché l'aveva capito da un bel pezzo che non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo sciocco. Ma che colpa poteva averne, se solo l'idea di vederlo tornare con la sua defunta moglie gli aveva letteralmente spezzato il cuore in due? Era stato un vero idiota, avrebbe dovuto essere più delicato ad affrontare quell'argomento, pensare e usare il cervello. Bulma non sarebbe mai potuta tornare in vita, fine della storia. E, beh, avrebbe dovuto accettare il fatto che non sarebbe mai stato l'unico nel cuore del principe.
«Io sono un cretino, Vegeta» annunciò, con un sospiro.
«Però! Ci hai messo settant'anni per rendertene conto!» rispose acido sua maestà, sfoggiando al meglio la sua espressione sarcastica. Il suo rivale sorrise, amareggiato.
«Sono un cretino e sì, credo di essere stato geloso. Ma, ecco... io non lo sapevo. Non capivo cosa mi stesse succedendo, non l'avevo mai provato. È la prima volta» ammise Goku, spiandolo da sotto un ciuffo dei folti capelli neri.
Vegeta ebbe un tremito impercettibile. Serrò la mascella e le mani, percependo la temperatura del proprio corpo salire secondo dopo secondo. Rabbia? Imbarazzo? Pietà? Che diamine!
«Bene, e adesso che l'hai provato sai esattamente cosa non devi fare. Tsk! Geloso di una persona morta. Che razza di decerebrato!» commentò lui, senza riuscire a trattenere le parole. Gli si seccarono le labbra, il cuore prese a battere così veloce da volergli bucare il petto e, ne era certo, quell'imbecille se ne era accorto di come quella cosa l'avesse colpito. Sì, perché l'aveva colpito, dannazione. Nel bene e nel male. Era davvero la prima volta che provava gelosia?
«Già, ma in quel momento lei... lei era viva. E io ho avuto... paura di...» Goku si interruppe. Era convinto che se l'avesse detto il principe l'avrebbe scorticato vivo. Eppure era vero: aveva avuto troppa paura di doverlo lasciare andare.
«Paura di?» lo incalzò lui, provocatorio, godendo nel vederlo così in difficoltà. Un po' se lo meritava, maledizione.
«Niente... lascia stare» sospirò Goku, affranto. Forse sarebbe stato un bene rimanere zitto e non proferire più parola. Era evidente che il principe non aveva alcuna intenzione di proseguire quella conversazione. Ma, sorprendentemente, fu il principe stesso a continuare quel discorso senza lasciar perdere.
«Beh, al posto di fare il ragazzino lunatico avresti potuto parlarmene da persona adulta, se la cosa ti aveva messo così tanta paura. Avrei risolto il tuo problema e chiarito i tuoi dubbi con un semplice pugno in gola, al posto di tirarla tanto lunga» spiegò Vegeta, esacerbato, scuotendo la testa. Certo, non lo avrebbe consolato e confortato a braccia aperte, ma avrebbe estirpato quella “sciocca paura sul nascere. Ma a pensarci bene, a situazioni invertite, cosa avrebbe fatto lui? Forse quella paura non era poi così tanto sciocca.
Goku si morse ancora il labbro. Il principe aveva ragione, santo cielo! Si era comportato da vero immaturo.
«... ti chiedo scusa» concluse Goku, senza il coraggio di riprendere a guardarlo negli occhi. Forse l'aveva deluso sul serio, molto più di qualsiasi altra volta.
Vegeta lo osservò torvo, contemplando stupito quell'immagine strana, al limite dello straziante. Non si era ancora abituato a vederlo in quel modo, a non scoprirlo più sciocco e giulivo nelle situazioni più drammatiche. Non era ancora abituato a parlare con lui come una persona civile, matura a tratti. E, se proprio doveva dirla tutta, forse qualcosa di buono quella dannatissima Dimora dei Draghi l'aveva pur fatto. L'aveva trasformato in una persona quasi seria – solo in alcuni momenti, s'intende – l'aveva allenato nei ragionamenti più profondi, umani. Eppure, anche se era passato più di un mese da quando aveva conosciuto quella nuova parte di lui, il principe non si era ancora affatto abituato a vederlo pensieroso, triste, serio, ponderato. Se ne era stupito ogni singolo giorno dal suo ritorno e, per tutti i pianeti, aveva imparato ad apprezzare quel suo nuovo modo di fare più di quanto si sarebbe aspettato. E, anche se ancora sapeva farlo inalberare come nessuno mai nella vita, gli piaceva.
«Ti odio. Sei un'idiota!» disse improvvisamente Vegeta, secco, assoluto. Poi si morse il labbro inferiore, maledicendosi. «Ma... ma va bene così».
Goku alzò lo sguardo esterrefatto, spalancando la mandibola in quella che era la sua migliore espressione “da stoccafisso”, come l'avrebbe definita il suo alleato.
«Come? Mi perdoni?» domandò meravigliato Goku, osservando il suo rivale cacciare la testa all'indietro con uno sbuffo.
«Tsk... hai dimostrato... di tenerci, a tuo modo». Il principe si tinse di un colore scarlatto, poi scattò in direzione della porta prendendosi a pugni la fronte. «Oh, per l'amor del cielo, che schifo! Sono diventato sdolcinato!»
Goku rise e gli corse dietro, acchiappandolo al volo per sollevarlo da terra come un sacco di patate in un abbraccio fin troppo stretto.
«EHI! CHE STAI FACENDO!? LA-LASCIAMI! TI AMMAZZO, GIURO CHE TI UCCIDO!» urlò Vegeta. Ottenne quanto richiesto e venne rimesso con i piedi sul terreno, completamente in imbarazzo, ritrovando sul volto dell'amico il solito sorriso sornione di sempre. Quello del vecchio Goku che conosceva in passato e che, purtroppo, aveva imparato ad apprezzare allo stesso modo. L'avrebbe preso a pugni in quell'istante, se solo non avessero appena fatto pace e non avessero ben altro a cui pensare. E poi, non l'avrebbe mai ammesso, ma quel goffo abbraccio non era stato poi così sgradito.
«Di tenerci, Vegeta? Scherzi!?» disse Goku, tornando serio per un momento. Già. Di tenerci? Caspita, pensava che oramai l'avesse già capito da tempo quanto ci tenesse a lui. Però, in effetti, anche Goku stesso l'aveva realizzato ancor di più solo nell'istante in cui aveva temuto di perderlo, e aveva compreso quanto fosse estremamente dipendente da quel losco figuro che cinquant'anni addietro era giunto sulla Terra per distruggerla. E, visto che magari non era sufficientemente chiaro, forse quello sarebbe stato il momento giusto per dirglielo, per rivelargli esattamente quanto fosse importante per lui. Cosa provava per lui, cosa sentiva già da parecchio tempo. E prendersi anche le conseguenze di tutta quella sdolcinatezza che sicuramente il principe non avrebbe accettato.
«Io ho paura a dirtelo perché mi sento scemo. E perché so che mi tirerai davvero un pugno in gola, stavolta. Ma io...» balbettò Goku, facendo ondeggiare la coda nervosamente. Prese le mani ancora insanguinate del principe tra le sue e diminuì visibilmente la distanza tra loro. Come fare? Cielo, quanto era imbranato.
«Dirmi che cosa?» sussurrò Vegeta, spaventato. Ma, nonostante il consueto istinto di allontanarsi di scatto, egli decise di rimanere fermo, immobile ad ascoltare. Perdersi in quel momento di pace, lontani dalla guerra, lontani dalla battaglia, lontani da tutte quelle urla. Immergersi in quella bolla, riscaldarsi in quel contatto. Niente pugni, calci, onde di energia, corse frenetiche, stare sul chi va là. Sì sentì al sicuro per un attimo e, incrociando con imbarazzo lo sguardo di quello sciocco combattente che era diventato tanto importante per lui, capì esattamente cosa stesse tentando di dirgli, ancora prima che lo facesse.
Lo sai quello che provo per te?
Una frase sussurrata tornò nella sua mente, una domanda formulata in un momento di rabbia oramai settimane prima. Certo. Certo che lo sapeva. Oramai ne era certo, Vegeta. E oramai non aveva nemmeno più problemi ad accettarlo né ad ammetterlo a se stesso.
Goku si avvicinò ancor di più e gli sfiorò le labbra, scoprendole bollenti almeno quanto le sue guance.
«Che io... io ti...»
Ma, in una frazione di secondo, quella bolla scoppiò. Quel momento di pace terminò in un lampo perché, con il fiatone e il tono di voce spezzato dal terrore, Kibitoshin entrò nella stanza spalancando la porta violentemente.
«RAGAZZI! DOBBIAMO MUOVERCI. SULLA TERRA NON CE LA FANNO PIÙ!»


 


Mirai Trunks tentò di alzarsi, ma i suoi muscoli non rispondevano più ai comandi. Le sue orecchie fischiavano, aprendo gli occhi riusciva a vedere solo luci ed ombre. Cosa fosse successo, proprio non se lo ricordava. Si sentì stanco, schiacciato dal suo stesso peso. Forse stava morendo. Una cosa era certa: i Senzu erano finiti, e persino le sue energie. No, non ce l'avrebbe fatta ad alzarsi un'altra volta, non più, non quella volta.
Man mano che i secondi passarono le sue orecchie iniziarono a distinguere nuovi suoni, oltre al fischio lungo e continuo dovuto probabilmente a un'esplosione troppo ravvicinata. Urla, movimenti. Respirò più a fondo e si sforzò almeno di riuscire a mettere a fuoco qualcosa, qualsiasi cosa, anche quella che sarebbe potuta essere l'ultima sua visione.
Deglutì. Il sapore di sangue scese giù fino all'esofago, imponendogli il bisogno di vomitare. Aprì di nuovo le palpebre pesanti con fatica e venne accecato da luci e colori non distinti. Un colore, prevalentemente, pungeva la sua cornea più degli altri. Azzurro, azzurro come il cielo. Eppure il cielo non era più azzurro da tempo, sulla Terra. Ma, piano piano, riuscì finalmente a capire, a vedere sempre più nitidamente. E, in tutta onestà, avrebbe preferito rimanere nell'ignoranza e non essere costretto a vedere quanto stesse succedendo.
Perché Loraymo aveva deciso di mettere la parola fine a quella battaglia e, scomparendo tra le nuvole grigie e l'atmosfera, non aveva esitato a compiere quell'ultimo gesto orribile. Mirai Trunks udì la sua risata sadica e pungente nelle orecchie mentre, utilizzando tutte le sue forze, Loraymo caricò la sfera di energia più grande e immensa che il ragazzo del futuro avesse mai visto, spingendola con tutta la sua aura in direzione del loro amato pianeta.


Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutti! Beh... beh! Benvenuti nel settantesimo capitolo di After All! O_O ma voi ci credete? Siamo giunti fino a qui! E' pazzesco. E pensare che - giuro, non sto scherzando - questa storia era nata come una One Shot! Ahaha mi viene troppo da ridere al pensiero.
Bene! Volevate che facessero pace? Accontentati. Volevate il romanticismo? Accontentati. Volevate sapere di più su ciò che sta accadendo sulla Terra? Accontentati di nuovo. E che volete ti più!? ... ecco, magari il destino del nostro pianeta non appare roseo come tutti speravate, peròòòò! Mica ci si può sempre lamentare, giusto?!
A parte gli scherzi, le cose si stanno mettendo proprio male sul pianeta azzurro. Qua i nostri piccioncini si devono dare una mossa, altro che romanticherie! Dai però che, a dispetto di tutti quelli che pensavano che li avrei fatti separare definitivamente fino alla fine, li ho riappacificati quasi subito. Ma quanto sono carucci?! Ma quanto sono teneroni?
Gente, se avete avuto l'ansia negli scorsi capitoli, sappiate che il meglio deve ancora venire :D
Un bacione e a domenica prossima!
Eevaa

 

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Capitolo 71
*** L'ultimo dei Draghi ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 71 - L'ULTIMO DEI DRAGHI

 



Then our hearts combined like
A neutron star collision
Then we told each other
With no trace of fear that
Our love would be forever
And if we die
We die together


Neutron star collisionhttps://www.youtube.com/watch?v=3_eEH7xhIDs



 
Piazza pulita. Quello era l'obiettivo principale di Loraymo. Quello era il compito che gli era stato assegnato dal Drago Superiore, in modo che poi avrebbe potuto contribuire ad aiutarlo in quell'ultima grande battaglia contro Son Goku. Evidentemente quei due saiyan piantagrane erano riusciti a distruggere tutti i Draghi, anche il grande Konero. Onyma, quindi, aveva preferito mettersi in una posizione più sicura, intimandogli di concludere i suoi affari su quell'insulso pianeta Terra il più in fretta possibile. Basta con i giochi, basta con gli scherzi. Era stato rigenerato della più potente delle energie ed era planato quasi fuori dall'atmosfera, infondendo il suo attacco cardine, quello che gli avrebbe permesso di far fuori tutti quei maledetti guerrieri con i quali stava combattendo già da troppo tempo e che avevano avuto persino la faccia tosta e le forze di umiliarlo. Li avrebbe guardati morire uno ad uno sotto la sua immensa sfera di energia, loro e persino quei buoni a nulla dei suoi alleati della Dimora dei Draghi. Poco importava se così sarebbero morti, quegli stolti, Onyma li avrebbe resuscitati in caso di bisogno... hah! Ma quale bisogno e bisogno! Lui sarebbe stato più che sufficiente. Era il più potente di tutti, il più forte, il più prestigioso e illustre, anche se era composto per cinquanta per cento di cellule di seconda classe del combattente Aymo.
Non avrebbe deluso il Drago Superiore e, in cambio, gli avrebbe chiesto di assoggettare al suo volere tutti i futuri combattenti della Dimora dei Draghi. Avrebbe ottenuto l'incarico che gli spettava, quello di capo dei combattenti.
Loraymo ridacchiò sadicamente tra sé e sé, ringhiando e spingendo più forte la sua sfera azzurra di energia congelata sulla Terra, ove quegli inutili sciocchi combattenti dai capelli biondi si stavano adoperando per contrastarla. Poveri illusi! Doveva ammettere che era stupito, quasi strabiliato dal vedere molti di loro di nuovo in piedi dopo l'ultima esplosione da lui causata, ma quel gioco doveva volgere al termine. Anche con tutte le energie e la forza a loro disposizione non sarebbero riusciti a resistere a lungo. Presto la sua sfera li avrebbe congelati e poi disintegrati ancor prima di toccare terra. E, per tutte le stelle, non vedeva l'ora di sentire le loro urla, annusare il profumo della morte e vedere quel pianeta disintegrarsi in milioni e milioni di coriandoli.

 


«È l'ultimo, Vegeta. È quasi fatta!» incitò con entusiasmo Goku, camminando velocemente in direzione del piazzale del tempio dell'Aldilà ove, da lì a pochi minuti, sarebbero salpati per Namyoke, l'ultimo grande pianeta.
«Lo spero vivamente. Non vedo l'ora di sedermi al bancone del bar per bere del whiskey e dimenticarmi di questa storia» commentò il principe, esasperato, abbandonandosi per qualche secondo alle cure miracolose di Kibitoshin il quale, con i suoi poteri, ristabilì aura ed energie prima a uno e poi all'altro combattente, allontanandosi poi per trovare la direzione esatta della galassia e del pianeta.
«Anche se non mi piace il whiskey, credo mi unirò a te. Ti dispiace?» domandò Goku, sognando finalmente il momento in cui avrebbero potuto avere un po' di pace. Ci sarebbe voluto ben più di un bicchiere per poter cancellare dalle loro menti tutto quel casino, anche se solo per una serata.
«Mi dispiacerebbe se non lo facessi» sussurrò Vegeta senza riflettere, senza pensare, pentendosi immediatamente di aver proferito una risposta del genere.
Goku lo guardò intenerito, sorridente. Ci sarebbe stato un altro momento per concludere il discorso iniziato in precedenza, un momento più tranquillo, quanto tutto sarebbe finito. Ecco, magari non ubriachi al bancone del bar, ma comunque in un altro momento.
«Che schifo! Puah! Mi hai fatto diventare una mammoletta. Forza, andiamo!» concluse il principe, non badando alla risata allegra del suo rivale il quale, scuotendo la testa, si avviò insieme a lui dal Kaiohshin in quale, pronto a partire, li prese entrambi per mano per portarli dritti al finale.

 
 

Si erano ripromessi di non lasciarsi assoggettare dagli eventi, di non fermarsi mai, di non esitare, ma lo spaventoso scenario davanti al quale si ritrovarono catapultati gli impedì di mantenere le loro promesse. Non avevano affatto tempo da perdere, erano al corrente che sulla Terra i loro figli e i loro amici stessero lottando tra la vita e la morte per far fronte al pericolo di un Loraymo sempre più forte e determinato, ma a vedere le condizioni di quel pianeta non riuscirono a non cedere – anche solo per pochi secondi – al panico e allo sconforto.
Sapevano che, probabilmente, sarebbe stato il pianeta più difficile, più ostico. Avevano sospettato che il Drago Superiore avrebbe impiegato tutti i suoi poteri per resistere alla loro venuta, ma che addirittura decidesse di entrare lui stesso in azione proprio non se lo sarebbero mai aspettato.
«Ma che diamine...» soffiò il principe dei saiyan con gli occhi neri sgranati dallo stupore nei quali, riflessa, si specchiò l'immagine spaventosa che aveva letteralmente tolto il fiato a tutti e tre.
Cielo nero come la notte più buia e senza stelle, illuminato solo in un unico punto in lontananza dal fumo grigio e denso. Saette e scosse elettriche si diramavano da quel punto, esattamente come una tempesta nel bel mezzo di una prateria. Ma niente, niente era così terrificante da togliere il fiato come quel grosso, gigantesco e maestoso drago immerso nel fumo.
Alto fino a toccare l'uscita dall'atmosfera, con le fauci spalancate che mettevano in mostra denti affilatissimi dello stesso colore del cristallo più fino. Le sue quattro code lunghe e attorcigliate occupavano l'area di una città intera e le squame metalliche riflettevano la luce dei fulmini da lui stesso creati. A una prima occhiata inesperta sarebbe potuto persino sembrare il risultato di un pericoloso esperimento di robotica.
Il drago Onyma si muoveva piano, lentamente, ma il rumore e il tintinnio metallico prodotto dalle sue giunture rimbombava quasi assordante per chilometri e chilometri.
I due saiyan e il loro accompagnatore stettero immobili per parecchi minuti a osservare quella mastodontica creazione namecciana da una landa desolata, un promontorio erboso che dava su una vallata popolata da tante piccole città collegate tra loro. Metropoli all'avanguardia, tante luci, tanti colori, infrastrutture veloci e funzionanti, elicotteri, macchine volanti. Un paesaggio decisamente molto diverso da Neo Namek, futuristico, quasi al limite del paranormale. I namecciani di Namyoke erano una delle popolazioni più antiche di tutte le galassie, con una storia lunga e ricca di rivoluzioni. Possedevano tecnologie avanzate e una vasta rete di contatti, ma erano famosi in tutta la Galassia dell'Ovest per essere decisamente poco amichevoli e schiavisti nei confronti delle popolazioni meno sviluppate.
«Urca... è incredibile...» mormorò Goku a occhi sgranati, portandosi una mano sopra la fronte per ripararsi dal vento gelido che sferzava sui loro volti. L'erba alta e fitta del promontorio si mosse leggera, alcuni fili vennero sradicati dalla brezza riempiendo l'aria con una pittoresca danza. «Non l'avevo mai visto nella sua forma non antropomorfa. È spaventoso» continuò, lasciandosi percorrere la schiena da un brivido. Si voltò lentamente e osservò Vegeta deglutire.
«Ce la faremo, Kaarot» disse, intercettando il suo sguardo. «E se non dovessimo farcela, busseremo alla porta degli Dei con onore».
«Non voglio metterla neanche in conto, questa probabilità» specificò Goku stringendo i pugni, rattristito. No, nemmeno per idea. Non dopo tutto ciò che avevano trascorso, non dopo l'inferno che avevano patito. Non dopo aver messo a repentaglio le vite dei propri cari e aver lasciato morire i loro amici.
«Ragazzi, io credo in voi» disse improvvisamente una voce alle loro spalle che li fece sussultare. Il trio si girò di scatto e rimasero tutti a bocca aperta per lo stupore.
«Sommo Kaiohshin! Cosa ci fa qui?!» domandò Kibitoshin, visibilmente spaventato. Una persona così anziana non avrebbe dovuto nemmeno lontanamente trovarsi in quel luogo.
«Avete sconfitto tanti nemici insieme. E ogni volta che sembravamo vicini alla fine, ogni volta che stavamo per darci per vinti, voi avete risollevato le sorti del vostro mondo!» rimembrò il Sommo, chiudendo per un attimo i grossi occhi tondi per figurarsi nella propria mente il combattimento contro Majin Bu. «E, per quanto siate due incoscienti, due scriteriati, due scimmioni testardi senza un briciolo di senno... a nome di tutte le divinità dell'Aldilà mi sento di dirvi che siete la nostra più grande speranza».
I due saiyan sorrisero impercettibilmente, inspirando con il naso tutta l'energia positiva emanata da quel buffo personaggio con i capelli a cresta e il volto contornato da rughe profonde. Si voltarono poi verso ciò a cui stavano andando incontro e, uniti dallo stesso obiettivo, dalla stessa forza e dalla stessa voglia di vittoria, mossero passi lenti e decisi fino alla fine del promontorio.
«Insieme?» domandò Goku con un sorriso carico di speranza, allungando un pugno chiuso in direzione del suo prezioso alleato. Egli si voltò, fissò 
per qualche secondo le nocche nodose e ancora sporche di sangue dell'alleato.
L'ultima grande battaglia li stava attendendo. L'ultima di una grande lista di precedenti, l'ultima delle loro pericolose e folli avventure. Avrebbero combattuto fianco a fianco ancora una volta, dopo quasi cinquantanni dal loro primo incontro e una lunga vita trascorsa vicini, poi lontani, poi vicini di nuovo. Ma quella volta una sottile differenza incorreva da tutte le guerre che insieme avevano affrontato: quella volta i loro cuori avrebbero palpitato all'unisono, i loro respiri si sarebbero mescolati e le loro menti sarebbero state collegate. Quella volta, oltre che combattere, avrebbero fatto di tutto per proteggersi a vicenda.
Vegeta sorrise beffardo, come di consueto, arricciando il naso per mostrare una fila perfetta di denti bianchissimi, poi appoggiò il suo pugno a quello dell'avversario.
«Insieme!» ruggì il principe dei saiyan. Nei suoi occhi d'ossidiana vi erano riflesse le luci intermittenti dell'infuriare della battaglia. Si illuminarono entrambi dello stesso colore dell'oro e, nello stesso istante, scattarono in volo veloci come saette.
Insieme. Da sempre, come sempre, per sempre.

 


Il panico è come una valanga. Scivola, rotola, cade senza controllo, diventa sempre più grande, sempre più pericolosa e distruttrice. Nella foga inghiottisce tutto ciò che di bello rimane, sradica convinzioni, seppellisce orgoglio, coraggio, dignità. E, senza potersene rendere conto, ci si ritrova immersi in un'asfissiante bolla di caos vischioso e invalicabile.
Nessuno sul pianeta Terra era rimasto all'oscuro di quanto stesse succedendo e, se poco prima nelle vie deserte delle città senza luci aleggiava un silenzio assordante, la comparsa di quell'immensa sfera di energia azzurra aveva ridotto in frantumi il vetro della desolazione. Urla, pianti. Alcune persone si stringevano l'une alle altre nella speranza di non morire sole, taluni scappavano da un luogo all'altro senza scopo. E, sebbene la sfera fosse ben visibile e specchiata negli occhi degli abitanti della Città del Nord, la minaccia al pianeta si rifletté sui maxi-schermi dei grattacieli, catturata nelle tv domestiche e narrata con voce tremante alle radio da alcuni temerari giornalisti che si erano spinti fino alla catena montuosa più vicina alla guerra.
A dispetto di ciò che sarebbe potuto succedere sul campo di battaglia, però, i guerrieri della nuova squadra Z non cedettero al panico. Non cedettero allo sconforto, non si diedero per vinti. Si lasciarono sopraffare dalla paura solo per una manciata di secondi, poi agirono. L'imminente ombra di morte che aleggiava sopra le loro teste non era altro che un incitamento a lottare, a non gettare la spugna.
I loro volti punzecchiati dal forte vento gelido si tinsero a malapena, e negli occhi color verde acqua tipici dei Super Saiyan si rifletté quell'immenso globo del colore del cielo d'estate.
Bra, Trunks, Goten, Gohan ed Eva si caricarono di luce dorata e, senza nemmeno bisogno di accordarsi, senza bisogno di esortarsi a vicenda, saturarono le loro mani di aura iridescente, scagliandola con urla assordanti verso l'alto per contrastare il pericolo che avrebbe inghiottito e distrutto per sempre il loro amato pianeta. I loro capelli biondi, mossi dalle onde d'urto, si illuminarono ancor di più con scariche elettriche e scintillii.
Ma, sebbene fossero forti all'inverosimile, non ce l'avrebbero mai fatta solo con le loro forze unite. Si unirono gli androidi gemelli a loro, da lontano. Anche Juno, l'amico di Goku, avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere pur di difendere quella tanto immaginata Torra; si lanciò alla carica con entrambe le mani aperte verso il cielo, indirizzando due getti infuocati e potenti verso la minaccia. Poi venne il turno di Ub il quale, posizionandosi al fianco della principessa dei saiyan, la spronò con lo sguardo a non arrendersi. Unirono i loro fasci di luce in uno più grande, più potente, più distruttivo.
Junior, caricandosi per poco più di un minuto con le dita unite sulla fronte, si avvicinò poi a Gohan mettendogli una mano sulla spalla prima di scomporre l'aria in traiettoria di fronte a sé con il suo Makankosappo. Maestro e allievo ancora una volta insieme, ancora una volta dopo lunghi anni.
Videl e Majin Bu, invece, si presero cura di Mirai Trunks, colpito in prima linea dall'esplosione a tradimento di Loraymo. Lo difesero da alcuni sciacalli pronti ad approfittare della sua debolezza, si accertarono della stabilità delle sue condizioni.
Snar ed altri namecciani, intenti a tener testa a quella ciclopica accozzaglia di nemici, trovarono il modo di difendere la squadra Z dagli attacchi esterni, attacchi volti a farli cedere, a far smettere loro di contrastare la bolla di energia che avrebbe distrutto ogni cosa.
Le urla si fecero più assordanti, l'insistenza di Loraymo li portò a impazzire. I loro piedi affondarono nel terreno e nel fango, schiacciati dall'enorme peso di contrasto di quella sfera azzurra. Alcuni chiusero gli occhi, digrignarono i denti, altri ringhiarono più forte.
«Non resisteremo ancora per molto!» grugnì Goten, percependo la sua aura scaricarsi sempre di più a ogni ticchettio di orologio. «Sto per cedere!»
«NON MOLLARE!» lo incitò il fratello maggiore con le mani tremanti e bollenti di energia. «CHE NESSUNO SI AZZARDI AD ARRENDERSI!» continuò Gohan. «NON POSSIAMO PERMETTERE A QUESTO BASTARDO DI PORTARCI VIA LA NOSTRA AMATA TERRA! CORAGGIO! FACCIAMOGLI VEDERE COSA VUOL DIRE METTERSI CONTRO I SAIYAN!»
La voce di Gohan risuonò come un allarme nelle orecchie di tutti, infondendo loro ancora un poco di carica per poter continuare. Goten in una cosa aveva ragione: non avrebbero resistito ancora a lungo, ma ci avrebbero tentato anche a costo di farsi sciogliere le dita delle mani dalla troppa energia emanata.
Goku e Vegeta avevano dato loro un compito: difendere la Terra in loro assenza. Per la prima volta, forse, il compito di salvare il loro pianeta spettava a un altra generazione di saiyan; mai e poi mai avrebbero dovuto essere da meno a ciò che avevano fatto i loro padri.


 
[Onyma - dragon version -, fanart realizzata da Giosuè Graci]


Sempre più vicino, sempre più assordante. Il rumore metallico prodotto dalle squame di quel titanico drago faceva vibrare i timpani dei due Super Saiyan di quarto livello ad ogni metro percorso verso il suo epicentro.
E, se da lontano sembrava enorme, da vicino non si riusciva nemmeno a comprenderne le effettive dimensioni. Ma non riuscirono a giungere nel luogo ove le sue sfere gli avevano donato la vita, non riuscirono nemmeno a contemplarle da lontano, perché un fiume in piena di nemici aveva deciso di ostacolare loro la strada in ingresso alla città. Tanti, tantissimi, forse l'esercito più immenso che mai avessero avuto occasione di contemplare. Volti conosciuti, altri mai osservati. Tutti in piedi, in silenzio, a riempire le strade di quella città ricca di luci sgargianti e costruzioni futuristiche. Goku e Vegeta poggiarono i piedi al terreno, pronti a ricevere quello che sarebbe stato il verdetto, carichi e tenaci per cominciare quella battaglia. Ma nessuno si mosse, nessuno fiatò, e i due saiyan ben presto iniziarono ad innervosirsi.
Onyma, nel vederli fremere di fronte a cotanta moltitudine, non riuscì a trattenere una risata profonda, assordante come un martello battuto contro un'immensa lastra di rame. Riempì l'aria, le orecchie, persino i polmoni.

 
Finalmente ci rincontriamo, Son Goku!

L'ultimo dei Draghi parlò con voce possente, illuminando gli occhi rossi di una luce infernale, abbagliante. Goku aggrottò ancor di più le sopracciglia e si portò in posizione di attacco. Ricordava bene quale fosse il suo aspetto nella Dimora dei Draghi, ricordava che fosse l'essere più rispettato e temuto in quella dimensione. Egli stesso aveva avuto timore a guardarlo dritto negli occhi, aveva temuto il suo giudizio e aveva obbedito ad ogni suo ordine e richiesta senza obiettare. Ma, trovarselo di fronte in quelle condizioni, era senza dubbio ancor più spaventoso.
 
Sei arrivato fino a questo punto pur di portare avanti le tue eretiche convinzioni. Patetico.

Il Drago Superiore parlò di nuovo e, con un gesto distratto di una delle quattro code, ordinò alla sua folta schiera di combattenti di avanzare un passo nella direzione dei due saiyan. Come per minacciarli, come per intimorirli. Vegeta strinse i pugni, pronto a un eventuale attacco.
«Risparmia il fiato, Onyma!» ringhiò Goku, guardandosi intorno.

 
Che disonore. E dire che saresti potuto essere il più prestigioso e il più potente di tutti! Un vero spreco.

Onyma si mosse lentamente, facendo ondeggiare una delle sue code con riverbero. Le sue pedine si mossero insieme a lui e circondarono in pochi secondi le due figure intruse nella loro città. Tanti namecciani, ma anche tanti nemici del passato. Ma, proprio nell'istante in cui i due saiyan si apprestarono a convogliare un attacco combinato in direzione della folla, la folla scomparì.
 
Son Goku.

La voce di Onyma rimbombò nelle orecchie dei due combattenti. La situazione era snervante. Quel maledettissimo drago stava adoperando i suoi poteri per controllare i nemici a suo piacimento, e tutto ciò risultava imprevedibile. Imprevedibile e pericoloso.
«Smettila con questi giochetti!» soffiò Goku, riflettendo negli occhi ambrati la figura mastodontica del drago. Solo il rumore del vento e del metallo delle sue squame era rimasto ad avvolgerli. Niente più respiri.

 
Te lo chiederò una volta sola, Son Goku. È la tua ultima possibilità.

«Chiedermi che cosa?» si irrigidì Goku, con la mascella contratta, trattenendosi dal non urlare. Era giunto al limite, lui come Vegeta. Si guardarono per un istante, sconvolti.
Di tutto si sarebbe aspettato, ma non quanto si sarebbe susseguito da lì a quel momento perché, quello che Onyma stava per dirgli, avrebbe potuto ribaltare completamente le carte in tavola.


 
Ti offro la possibilità di morire con onore e tornare nella Dimora dei Draghi come spirito guerriero. Cancellerò dalle menti dei tuoi amici il tuo ritorno, tutto ciò che sanno della nostra casa.
Riporterò in vita tua nipote e coloro che hanno perso la battaglia sulla Terra.
In cambio tu dovrai diventare il mio soldato, la mia pedina per ricostruire tutto ciò che è andato perduto.
Ti offro tutto questo ma, se rifiuterai, farò in modo di lasciarti perire nel peggiore dei modi e marcire nel regno dei morti per sempre insieme a tutti i tuoi patetici amici.
La scelta, ora, è tua.


Continua...


ANGOLO AUTRICE:
Buooooongiorno miei fedelissimi! Che dire, qua la situazione è parecchio WTF! Sulla Terra gli eredi dei nostri eroi stanno cercando di mantenere alto l'onore dei saiyan - e secondo me è una cosa meravigliosa - tranne il mio povero Mirai Trunks, che è praticamente più di là che di qua. Anche i terrestri e i namecciani stanno facendo di tutto, insieme ai cyborg ed altri alleati provenienti da chissà dove. Un grandissimo esercito riunito per un solo e preciso scopo: difendere la Terra. Che bellezza! Speriamo solo che ci riescano.
Ma, attenzione attenzione, Goku e Vegeta hanno raggiunto Namioke e lì il drago Onyma in persona. AIUTO! Fa paura! Ma non è tanto lui o suoi poteri che dobbiamo temere in questo preciso istante, quando la proposta appena presentata al nostro saiyan dai capelli a forma di palma. WTF!? Questa sì che una vera svolta, un qualcosa che potrebbe completamente capovolgere tutta la situazione. La guerra, i -quasi- cinquanta giorni trascorsi sulla Terra, le morti, la storia con Vegeta. Tutto! Potrebbe essere tutto cancellato, riportato come prima, sistemato... ed è una decisione che spetta solo a Goku, ma sappiamo tutti quanto quel tipo sia imprevedibile!
Avanti. Fatevi le vostre pippe mentali fino a domenica prossima :D
Non odiatemi troppo, vi prego.
Eevaa

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Capitolo 72
*** Una scelta giusta? ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 72 - UNA SCELTA GIUSTA?


I remember it now, it takes me back to when it all first started
But I’ve only got myself to blame for it, and I accept it now
It’s time to let it go, go out and start again
But it’s not that easy

But I’ve got high hopes, it takes me back to when we started
High hopes, when you let it go, go out and start again
High hopes, oh, when it all comes to an end
But the world keeps spinning around


High hopes: https://www.youtube.com/watch?v=E4povfmX144
 
 


Respiro corto, affannato. Ogni certezza, ogni singola increspatura di senso di quei cinquanta giorni risultò immediatamente differente agli occhi e nella mente di Goku.
Una seconda possibilità. Onyma, il Drago Superiore, stava offrendo a lui una seconda possibilità. Nonostante tutto ciò che era successo, nonostante avessero messo a soqquadro un intero mondo, nonostante si fosse messo nella posizione più complessa e difficile il drago stava offrendo lui la possibilità di redimersi.
Redimersi? Ma redimersi da cosa? Per aver scelto di essere umano? Per aver scelto la propria famiglia al posto del prestigio? Per aver scelto di amare? Goku arricciò le labbra e percepì i propri polmoni bruciare di eccessiva desaturazione.
Vegeta, al suo fianco, sembrava essersi congelato. Lo fissò con gli occhi strabuzzati e il cuore martellante nel petto. Ci stava veramente pensando a quella proposta? Stava veramente ponderando l'idea di tornare in quel luogo, dopo tutto ciò che avevano vissuto? No, impossibile. Neanche nei suoi peggiori incubi sarebbe potuta accadere una cosa del genere.
«Kaarot. Ti prego... non... non farlo» sussurrò il principe dei saiyan, con occhi liquidi. No, non poteva credere che ci stesse riflettendo sul serio.
Goku sussultò a quella supplica e, con incertezza voltò il capo per guardare finalmente il suo alleato. Ebbe un fremito. Il principe dei saiyan... sull'orlo delle lacrime? Il fiero combattente provenuto dallo spazio lo stava implorando di non andarsene, di non abbandonarlo. Strinse i denti e deglutì.
Goku, con le pupille incatenate ai grandi occhi sanguinari del drago, si morse un labbro. Pan. Gli aveva promesso di riportare in vita la sua Pan. Di far tornare tutto com'era, di far tornare la pace, di riportare tutto alla normalità come se lui non fosse mai tornato. E in quel modo avrebbe evitato un sacco di sofferenze per tutti, tutti coloro che amava. Gohan... Gohan sarebbe tornato sereno, felice. Il piccolo Goku Jr avrebbe riavuto la sua mamma. Il Genio delle Tartarughe avrebbe potuto allenare una nuova generazione di combattenti, Tensing e Riff sarebbero tornati ad allenarsi insieme fino a una serena morte di vecchiaia. E Vegeta... beh Vegeta avrebbe dimenticato tutto, tutto ciò che ne era stato di loro. Se non altro non avrebbe mai sofferto. Ci pensò, ci pensò davvero e, forse... forse sarebbe stata la cosa migliore per tutti. Andarsene via per sempre.
Perché, nonostante tutto, di fronte a un incombente pericolo simile avrebbero potuto non uscire vincitori. Quante probabilità ci sarebbero state? Quale sarebbe stato il rischio?
Guardò Vegeta con preoccupazione. E se fosse capitato qualcosa di brutto? Cosa avrebbe fatto se avesse perso anche lui?
Aveva tra le mani la possibilità di riportare tutto alla normalità, sprecarla per il mero egoismo sarebbe stato da sciocchi, in fondo. E, se c'era una cosa che aveva imparato da quei meravigliosi giorni da essere umano, era che il suo egoismo aveva portato a delle vere e proprie catastrofi per il pianeta.
Forse era giunto il momento di mettersi da parte, di arretrare e sparire nell'ombra. Vegeta non l'avrebbe nemmeno ricordato, non avrebbe sofferto e lui... beh, lui avrebbe supplicato Onyma che la sua memoria venisse cancellata una volta morto, giusto per dimenticarsi dell'amore che aveva provato. Giusto per non passare eternità nel rimorso, nel ricordo di ciò che di più bello gli era capitato nella sua esistenza.
Guardò nuovamente Onyma e lasciò scivolare una lacrima che, con un rintocco, cadde sulle piastrelle graffiate di Namioke. Era ingiusto, tanto ingiusto. Ma aveva l'occasione di mettere tutti al sicuro, e non l'avrebbe sprecata.
Si voltò lentamente verso Vegeta, imponendosi di non avvicinarsi a lui, di evitare qualsiasi contatto fisico e visivo. Se l'avesse guardato negli occhi, forse, non ce l'avrebbe fatta a rinunciare. Si voltò a malapena, tenendo il volto basso e trattenendo il suo respiro per non venire inebriato del suo profumo.
«Perdonami, Vegeta» sbiascicò Goku con un singhiozzo, colto da un'improvvisa folata di vento che lo fece voltare automaticamente per osservare gli occhi rossi e scintillanti dell'immenso drago e, deglutendo il boccone più amaro di tutta la sua vita, parlò.
«Accetto».
Gli occhi del Drago Superiore si illuminarono a intermittenza, mentre una risata profonda e gutturale rimbombò su tutto il pianeta Namioke.
«NO! NO! NON PUOI!» urlò Vegeta. Scattò nella sua direzione e si aggrappò alla maglia della sua tuta oramai ridotta a brandelli, scuotendolo. «NON PUOI FARMI QUESTO, BASTARDO!»
Goku chiuse gli occhi, strizzandoli. La risata di Onyma penetrò nelle sue ossa, e le urla di Vegeta gli spezzarono il cuore in due. Il terreno tremò forte, il vento soffiò come in tempesta.
«COME OSI FARE QUESTO A ME!?» gridò nuovamente il principe, colto dalla disperazione più profonda. Aveva scelto di buttare tutto, tutto quello che avevano fatto fino a quel momento.
Goku strizzò ancor di più gli occhi, strattonato dalle possenti mani del principe. Sentì le gambe cedergli, i muscoli diventare molli. Credette di svenire, di essere buttato a terra dalle percosse del principe ma, d'improvviso, tutto tacque.
Il terreno smise di tremare, la risata di Onyma scomparve, le urla di Vegeta si spensero e non riuscì più a percepire le sue mani addosso.
Riaprì gli occhi di colpo e venne assalito da una luce bianca, di un bianco mai ammirato in precedenza. Socchiuse di nuovo gli occhi, affaticato, intimorito. Non sapeva cosa fosse successo, non aveva idea di dove si trovasse ma, non appena quella luce bianca iniziò ad affievolirsi, comprese e rimase senza fiato.
Si trovava sotto un gazebo avvolto dall'oscura notte. Profumo di fiori di ciliegio, di casa. Luci soffuse intorno a sé, in lontananza solo il canto delle cicale. Gli mancò il respiro e cadde con le ginocchia sulle travi in legno con un suono sordo, iniziando a tremare alla vista di quella bara in legno chiaro, chiusa e adornata di fiori di campo. La sua tuta da combattimento era una casacca azzurra con i pantaloni dorati, linda e lustra. Nessuno strappo, niente sangue.
Capì, comprese e pianse. Singhiozzò forte e non riuscì a stare in silenzio. A cosa sarebbe servito?
Del resto era appena tornato al punto di partenza.

 

Si rialzò dopo qualche minuto, tremando ancora. Fece due passi in direzione di quella bara e vi poggiò una mano sopra.
Era certo che non ci fosse nessuno al suo interno, ma quello scenario era identico a quello del funerale di Chichi. Goku, che oramai aveva imparato a ponderare e riflettere, si era reso conto che quello però non era affatto lo stesso giorno. Non avrebbe potuto esserlo: i Draghi non possono portare indietro il tempo. Se così fosse stato quella bara sarebbe stata in cristallo e il volto pallido e liscio di sua moglie sarebbe stato ben visibile. Onyma aveva probabilmente inscenato tutto, cambiato la memoria di tutti e li aveva riportati a quel giorno.
Si appoggiò con la fronte alla bara e pianse di nuovo, pianse a lungo fino a quando una voce, una voce calda e conosciuta lo fece sussultare.
Fiammelle dorate nel buio, profumo di fiori.
«Lo sapevo che eri qui».
Goku alzò la testa di scatto, avvertendo forte e chiara quella presenza dietro di sé. No. No, non era affatto pronto ad affrontare quel volto, non era pronto a farsi osservare da quegli occhi.
«Quindici anni» continuò Vegeta, presupponendo con un certo disappunto che il suo rivale avesse perso l'uso della parola. «Ci hai messo quindici anni per tornare».
Goku spalancò gli occhi, ricevendo la conferma di tutti i suoi sospetti. La memoria di Vegeta era stata cancellata, e probabilmente quella di tutti. Presumibilmente per sua maestà non era trascorso neanche un giorno dal funerale di Chichi.
Si girò lentamente e con riluttanza lo guardò negli occhi, negli stessi occhi che assunsero la medesima espressione di cinquanta giorni prima. Si sentì morire. Lui non ricordava niente, mentre Goku ricordava tutto. Tutto ciò che erano stati.
«Beh?» abbaiò Vegeta, a denti digrignati. «Che hai da frignare?!»
Goku tremò e comprese quello che avrebbe dovuto fare, il perché fosse stato mandato lì. Onyma voleva metterlo alla prova, voleva essere certo che si facesse ammazzare davvero. E, per sadismo, sarebbe stato proprio Vegeta a doverlo fare; esattamente come in principio avrebbe dovuto essere.
Quindi dovette improvvisare, fare come se quella fosse davvero la seconda partita. Ma avrebbe dovuto giocarsela diversamente, per quanto lo facesse soffrire.
«Ch... Chichi» mentì Goku, cercando di controllare il labbro inferiore dal balbettio che l'aveva colto.
«Chichi?! CHICHI?!» urlò Vegeta, paonazzo. «Te ne sei fottuto per quindici anni di questa povera donna! E adesso torni a piangere la sua morte?!»
Goku strizzò gli occhi, lasciando cadere altre due lacrime sulle guance. Non sapeva cosa fare, cosa dire.
«Hai ragione... hai ragione» singhiozzò Goku. Si voltò di spalle guardando il cielo e pregando che quella pena finisse in fretta.
«Oh, per l'amor del cielo, smettila di piagnucolare» lo ammonì nuovamente Vegeta, colto però alla sprovvista da quell'atteggiamento che si confaceva veramente poco a uno come Kaarot.
Goku non rispose e continuò a fissare il firmamento nella speranza di trovare una soluzione, un modo semplice per far sì che si compisse ciò per cui era stato rispedito indietro.
«Kaarot. Che diamine succede?» domandò finalmente Vegeta, sul limite di perdere la pazienza.
Goku tremò. Nonostante il principe fosse arrabbiato si stava preoccupando per lui. Era lui. Era il suo Vegeta, solo un po' smemorato. Chissà se in qualche angolo della sua coscienza prima o poi avrebbe ricordato. Magari nei suoi sogni...
Sorrise sghembo per un attimo e si portò una mano sugli occhi. Sarebbe stato davvero divertente osservare la reazione di quel Vegeta se gli avesse detto di ciò che avevano trascorso. Forse baciarlo sarebbe stato il modo più veloce per farsi ammazzare, effettivamente.
«Kaarot!» lo chiamò nuovamente sua maestà, poggiando una mano sulla sua scapola per farlo voltare e Goku, a quel semplice contatto, scattò come una corda di violino spezzata d'improvviso.
Si scrollò quella mano di dosso e indietreggiò fino a sentire i gradini dietro i talloni.
«Ma si può sapere che diavolo ti prende?! Dove sei stato? Cosa ti è successo?» gracchiò Vegeta, esacerbato. Cos'era successo a Kaarot in quei quindici anni?
«NIENTE!» urlò lui, infastidito e con il groppo in gola, mordendosi poi il labbro inferiore. «Niente» ripeté più a bassa voce, in preda allo sconforto.
Nella sua mente apparvero le immagini di ricordi che solo lui oramai possedeva, immagini di quella che era stata la loro storia incredibile.
Vegeta lo squadrò da capo a piedi e inarcò un sopracciglio. Non riusciva a capire perché diamine il suo rivale di una vita lo stesse squadrando con gli occhi colmi di lacrime e la faccia di chi ha appena visto un fantasma.
«Perché sei tornato?» domandò irriverente il principe, provando però a mantenere un tono più calmo.
Goku rispose al suo sguardo con evidente tensione, decidendo però di giocare d'astuzia. Si mise in posizione di combattimento, pregando qualsiasi Kami di non cedere, di riuscirci.
«Per ucciderti» disse piatto Goku. Poi scattò nella sua direzione veloce come una furia.
Vegeta incrociò le sue braccia di fronte al viso per pararsi, totalmente spiazzato.
«MA COS-»
Vegeta balzò all'indietro con una capriola per atterrare nella radura della casa dei Son, colpito però da un potente calcio del rivale.
«AAAAAAH» urlò rabbiosamente Goku, con il cuore in gola. Quale modo migliore di farsi uccidere se non durante un combattimento? Probabilmente il principe l'avrebbe ucciso se si fosse sentito minacciato seriamente. Lo colpì ripetutamente con pugni e calci e, come pronosticato, non ci volle molto perché il suo rivale rispondesse al fuoco con il fuoco. Si aggrappò ai suoi avambracci e, con furia, Vegeta gli tirò una testata. Il rumore delle ossa del naso spezzate gli entrò dentro, si portò una mano sul viso e avvertì il sangue sgorgare a fiotti.
«Che diavolo ti è preso?!» gracchiò Vegeta con sprezzo, mettendosi in posizione di attacco in attesa della mossa del suo avversario.
«Taci e combatti!» gli intimò Goku, percependo il cuore martellargli nel petto veloce come un treno in corsa e, scattante, si scagliò nuovamente verso di lui restituendogli il favore con un gancio destro che gli aprì il labbro superiore.
«Non osare metterti contro di me, terza classe. Se speri di potermi sconfiggere hai sbagliato persona» ringhiò il principe, percependo il sangue ribollirgli nelle vene per la rabbia e l'eccitazione. Forse, dopo anni e anni, era giunto il momento della sua vendetta. Una vendetta che non aveva più sperato di ottenere, una battaglia che oramai non aveva più importanza per lui ma, date le premesse di quell'incontro, i suoi antichi desideri erano stati spolverati come soprammobili. Non sapeva cosa fosse successo a Kaarot, ma l'avrebbe scoperto. E, per tutte le galassie, se avesse veramente messo in pericolo la Terra l'avrebbe ucciso.
Si scontrarono di nuovo a mezz'aria causando un'onda d'urto che fece vibrare l'intera flora circostante.
Una scintilla si irradiò dal punto di contatto, facendo capitolare Goku all'ultima volta che si erano veramente picchiati per farsi male. Solo che quella volta erano finiti per farsi solo del bene, all'ombra delle piante del pianeta satellite dei Kaiohshin.
Goku rabbrividì e scacciò quel pensiero sganciando un pugno sotto il mento del suo rivale, il quale si ribaltò all'indietro mantenendo l'equilibrio per miracolo. Si trasformarono entrambi in quarto livello nello stesso istante e, proprio in quel momento, Goku si accorse che non erano più soli nella radura.
Si guardò intorno, sorpreso. Non li aveva sentiti arrivare ma erano tutti lì, accerchiati intorno a loro con occhi sgranati di sorpresa, ma in silenzio come statue di sale.
Gohan, Goten, Pan, Trunks, Bra, Eva, Martha e Goku Jr. I nuovi saiyan. Eppure non capì: dov'erano tutti gli altri? Ma perché Eva era lì? Nessuno avrebbe dovuto conoscerla.
Colto alla sprovvista nella sua distrazione, si ritrovò con la schiena a terra schiacciato allo sterno dallo stivaletto nero del principe dei saiyan il quale, con una mano rivolta verso di lui e una bolla di energia puntata alla sua testa, lo guardò con occhi gravi.
«Perché, Kaarot?» domandò con un soffio sprezzante.
Goku ringhiò di rimando. Sapeva che il principe non avrebbe agito per così poco e che i suoi figli avrebbero senz'altro provato a fermarlo. Così, di colpo, ebbe l'idea che forse avrebbe reso i suoi intenti più credibili.
Sorrise il più sadicamente possibile e, con un improvviso colpo di reni, scaraventò il principe lontano emanando un fascio di energia in direzione di Goku Jr. Sapeva che qualcuno l'avrebbe fermato senza problemi, ma quel gesto l'avrebbe reso detestabile oltre ogni limite. Trunks si gettò in mezzo riparando suo figlio, deviando il colpo verso il cielo. Eppure non parlò. Nessuno degli altri parlò. Un senso di inquietudine si espanse nella mente di Goku, ma non ebbe tempo di cercare di capire, perché con il gesto appena compiuto aveva appena scatenato la furia del principe dei saiyan in persona.
«Questa me la paghi!» abbaiò Vegeta, ringhiando ed espandendo la sua aura. Urlò tutto il suo sprezzo nei suoi confronti per aver anche solo tentato di colpire una delle persone più importanti della sua vita. «TU PER ME SEI GIÀ MORTOOOO»
Goku chiuse gli occhi e venne investito da tutto il peso del rivale che lo spinse contro il gazebo, infrangendolo e demolendolo in diversi pezzi. Una grande scheggia di legno spezzato gli si infilò nella spalla, facendolo urlare, ma la sua voce uscì strozzata e rotta; le grandi mani del principe dei saiyan stavano stringendo la sua giugulare mentre, iracondo più che mai e con gli occhi iniettati di sangue, lo stava squadrando con uno sprezzo e una delusione oltre ogni immaginazione. E Goku ne morì, sentì il proprio cuore fermarsi per un momento solo nel percepire con quanto odio lo stesse guardando la persona che più aveva amato. E allora tanto valeva morire sul serio, a quel punto. La sua decisione era stata presa e aveva rovinato tutto ciò che avrebbe potuto rovinare. Faceva male, male tremendamente, non sapeva nemmeno se fosse stata la decisione corretta da perseguire, ma così sapeva che l'aveva salvato. Li aveva salvati.
Pianse di nuovo, e Vegeta di rimando allentò leggermente la presa nel vedere che non stava più opponendo alcuna resistenza. I segni violacei delle sue dita rimasero sul collo del suo rivale mentre, con volto minaccioso, il principe caricò nella sua mano una sfera di energia.
«L'ho fatto solo... per proteggerti» sussurrò Goku chiudendo gli occhi, così piano che Vegeta forse non riuscì nemmeno a sentirlo. Si preparò a ricevere il colpo di grazia, ma il colpo di grazia non arrivò.
«Sei sicuro, Kaarot?»
Goku aprì di scatto gli occhi, incatenandoli a quelli di Vegeta che, nel frattempo, aveva totalmente cambiato espressione. Com'era possibile?
«C-come dici?» balbettò Goku, senza capire. Non era esattamente la risposta che si aspettava di ricevere. Come poteva Vegeta dare una risposta del genere se la sua memoria era stata cancellata? E perché il suo viso era sporco di sangue? Perché era ferito e la sua tuta nera era a brandelli?
Si alzò sui gomiti guardandosi intorno e, d'improvviso, credette di avere le allucinazioni. Sì, sì, doveva senz'altro trattarsi di questo perché altrimenti, nella bara rovesciata e rotta a causa del crollo del gazebo, non ci sarebbe affatto dovuto essere il corpo decapitato del Genio delle Tartarughe, e la sua testa non sarebbe affatto potuta rotolare fuori.
Goku sbatté le palpebre e sussultò, percependo i brividi corrergli dalla punta dei piedi alla nuca quando, mettendo a fuoco gli altri saiyan ancora in piedi dietro di loro, si accorse che qualcosa era cambiato.
Erano tutti feriti, ricoperti di sangue, con le labbra pallide e gli occhi vacui e Pan... la sua Pan... sorrideva mestamente, mostrando fiera uno squarcio sanguinante a livello del cuore.
«M-ma che diavolo...» balbettò Goku.
Si portò una mano sulla bocca come per trattenere un conato di vomito ma, nel farlo, si accorse che le sue mani e le sue braccia erano coperte di lividi e sangue. Si voltò di nuovo, si contorse per cercare qualsiasi forma di spiegazione, ma altre figure apparvero ai confini del sottobosco. Tante figure, tutte malridotte, tutte con qualche pezzo mancante. Riff, a capo di quel plotone, aveva la testa completamente schiacciata e deformata, mentre Tensing appena dietro di lui sfoggiava senza scomporsi un buco nero e sanguinante al posto del terzo occhio sulla fronte.
Goku non riuscì proprio a immaginare come una situazione del genere fosse possibile. Che fosse morto? Che fosse già all'Inferno? Preso dall'angoscia e l'agitazione cercò risposte nello sguardo di Vegeta ma, in piedi di fronte a lui, Vegeta non c'era più. Al suo posto il Sommo Kaiohshin aveva fatto la sua comparsa e, con una forza che non gli apparteneva, lo sollevò da terra portando il suo viso a pochi centimetri da quello di Goku. Ed egli, terrorizzato, iniziò a tremare nel momento in cui il Sommo iniziò a parlare con la voce del principe dei saiyan.
«Sei sicuro che sia stata una scelta giusta?»


 
Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Eh-ehm... lo so! LO SO! Questo capitolo è forse il più grande WHAT THE FUCK dell'intera storia. Al limite dell'horror, se vogliamo proprio dirla tutta. Mi sono venuti veramente i brividi a scriverlo, immagino solo quanto possa essere assolutamente nonsense per voi tutto questo. Specialmente il finale.
Alla fine molti di voi avevano previsto che Goku e la sua sindrome dell'eroe facessero una scelta INDISCUTIBILMENTE sbagliata, e questo è ciò che ha comportato. Ma... ma questo finale? Cosa diavolo sta succedendo? E' un sogno, un allucinazione? E' Onyma che gliela sta facendo pagare? Bella domanda. Sicuramente c'è qualcosa che non quadra, specialmente Kaiohshin il Sommo. Che diavolo ci fa lì? Perché ha la voce del principe? E lui dov'è finito?
Cielo, Goku, che ca**o hai combinato? E' tornato tutto indietro a quando tutto è iniziato? Il principone inizialmente ha utilizzato le stesse parole del loro primo incontro. Ma c'è qualcosa di molto strano.
Ragazzi... non odiatemi! Vi prometto che troverete risposte concrete nel prossimo capitolo... che non vedo l'ora di pubblicare. Porco Zeno, questa storia è un parto! xD Siamo quasi in dirittura d'arrivo, giusto una bella manciata di capitoli, tutti che vi terranno con il fiato sospeso.
Un bacione a tutti e a domenica!
Eevaa

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Capitolo 73
*** Le voci della vittoria ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 73 - LE VOCI DELLA VITTORIA



He said will you defeat them
Your demons and the plans that they have made?
I'm just a man, I'm not a hero
Do or die, you'll never make me
Because the world will never take my heart
Go and try, you'll never break me
We want it all
Let's shout it loud and clear
Defiant to the end we hear the call
To carry on
We'll carry on


Welcome to the Black Parade: https://www.youtube.com/watch?v=RRKJiM9Njr8



 
«Sei sicuro che sia stata una scelta giusta?» domandò il Sommo Kaiohshin con lo stesso tono di voce del principe dei saiyan in persona, facendo sussultare Goku dalla paura.
Proprio nello stesso istante la terra iniziò a tremare, a sgretolarsi. Gli alberi persero tutte le foglie, i fili d'erba sembrarono essersi bruciati. L'odore di morte gli penetrò nelle narici e giunse fino ai polmoni, asfissiandolo.
Goku urlò dal terrore e, d'impulso, tentò di correre dai suoi figli per metterli al riparo, per teletrasportarli da un'altra parte. Si avvicinò di corsa a Gohan ma, appena lo toccò con una mano, egli si dissolse come fumo. Lui come tutti gli altri.
«MA CHE COSA STA SUCCEDENDO!?» gridò in preda al panico. Provò a teletrasportarsi altrove ma, con estrema sorpresa, si rese conto di non avere le mani. Di non avere un corpo. Di non essere più fisicamente esistente. Provò a urlare di nuovo ma non ci fu suono, solo il rumore assordante di un pianeta in esplosione.
Poi, di nuovo, tutto bianco.


«Kaarot!» lo chiamò nuovamente il principe dei saiyan.
Goku sussultò e respirò affannosamente e, finalmente, i suoi occhi tornarono a essere vivi. Iniziò a tremare e scattare come se gli fosse stata versata una secchiata d'acqua gelida addosso ma, guardandosi repentinamente intorno con sguardo spaesato, ben presto riconobbe quel luogo. Namyoke. Era ancora su Namyoke, Vegeta era di fianco a sé e il Drago Superiore aleggiava minaccioso e tetro sopra di loro, ancora in attesa della risposta a ciò che gli aveva appena proposto. Tuttavia, nonostante il pericolo nel quale erano immersi fosse decisamente alto, si sentì sollevato.
Si guardò intorno con affanno come per cercare una risposta, qualcosa che gli permettesse di capire cosa diavolo avesse appena visto, come mai avesse avuto quell'allucinazione, quella visione. Trovò risposta solo quando, in lontananza, ammirò la figura di Kaiohshin il Sommo annuire e poi scomparire nel nulla.
Aprì la bocca come per chiedere qualcosa, ma non disse niente. Non disse niente perché aveva appena capito: il Sommo aveva utilizzato i suoi poteri per mostrargli quello che sarebbe successo se non avesse combattuto, se avesse accettato la proposta di Onyma. Quel dannato drago stava mentendo, dannazione! Come poteva non averlo capito subito? Non avrebbe mai riportato in vita nessuno, non avrebbe potuto cancellare dalle loro menti un bel niente! Era una sporca bugia, un tranello per assoggettarlo per sempre al suo volere senza mantenere quelle false promesse. E, con tutta probabilità, avrebbe persino fatto scomparire la Terra e tutte le persone che amava.
No, no! Non avrebbe rinunciato alla sua umanità per nulla al mondo e, soprattutto, una cosa era certa: non si sarebbe mai più piegato a Onyma. Non nutriva più stima e rispetto nei suoi confronti come quando si trovava nella Dimora, non dopo tutto quello che quel maledetto aveva fatto. Ripensò a Pan, al Genio, a Riff, a Tensing, a tutte le persone morte a causa dei Draghi e la loro smania di potere e prestigio. Non avrebbe contribuito a far rifiorire un luogo tanto malsano, nemmeno per tutto l'oro del mondo.
E non avrebbe rinunciato a lui... Vegeta. Si era sentito così male durante quell'allucinazione, solo al pensiero che lui non ricordasse più nulla. Sentì le gambe tremare ma poi, di riflesso, Goku lo guardò e lo incatenò a sé con quegli occhi, quegli occhi dei quali non riusciva più a fare a meno. Cielo, no! Come avrebbe potuto vivere per l'eternità nella Dimora dei Draghi con il rimpianto di come sarebbe potuto essere... stare insieme a lui? Non riusciva a immaginare una vita senza Vegeta, non più. Si guardarono a lungo, si guardarono fissi, poi finalmente Goku trovò il coraggio di tornare in sé, di dimenticare ciò che aveva visto ma di tenerlo come monito per compiere quella decisione in modo diverso. Ringraziò il cielo e il Sommo per avergli indicato la via, per averlo guidato in quella scelta, poi sorrise.
Sorrise a Vegeta ed egli, con il cuore in gola, tirò un sospiro di sollievo. Capì tutto solo da quel sorriso: il suo rivale ce l'aveva fatta, era rinsavito. Dannazione, che razza di deficiente! Ci aveva pure pensato!
Goku prese forza dallo sguardo del principe e, con una nuova consapevolezza in fondo al cuore, si girò di scatto verso il Drago Superiore e in un solo attimo non lo trovò più così temibile. Lo trovò ripugnante.
«Mai» soffiò velenoso Goku, alimentando poi di colpo la propria aura dorata. «NON MI RIAVRAI MAI!»
Onyma fremette e fece tremare tutte le sue squame metalliche.
 
Sei uno sciocco, Son Goku. Un vero sciocco.

E, così dicendo, illuminò i propri occhi a intermittenza e fece riapparire tutti i nemici presenti in precedenza, i quali accerchiarono i due saiyan con ringhi e urla concitate.
Vegeta soffiò come un gatto alla sola vista di Nappa. Cielo, quanto poteva detestarlo! Non esitò oltre: si spinse all'attacco, non attese e, per primo, diede inizio a quella che sarebbe stata la loro lotta per la vita.
Ma, nel colpire il proprio vecchio secondino con un pugno sullo zigomo, si rese immediatamente conto di quanto la situazione fosse strana: il taglio da lui stesso infertogli, ancora sanguinante, si rimarginò in pochi secondi sotto volere del Drago Superiore.
 
Ho finalmente modo di conoscere il Re dei saiyan, colui che ha distrutto la Dimora dei Draghi.

«Ma di che diavolo parli?!» ringhiò Vegeta volgendo il proprio sguardo direttamente agli occhi rossi di quel drago in lontananza. Certo, gli sarebbe piaciuto prendersi tutto il merito di quella “distruzione”, ma doveva ammettere che anche il decerebrato al suo fianco avrebbe dovuto prendersi dei crediti.
Calci, pugni, attacchi dell'aura. I nemici erano agguerriti più che mai ma i due saiyan, schiena contro, schiena si difesero con onore. Onore e rabbia.
 
Minuscolo insolente. Se non fosse stato per te, per la tua patetica umanità, tutto ciò non sarebbe mai accaduto.
Non sei mai stato degno di accedere ai nostri privilegi. Sarai il primo a morire!

Vegeta rise. Rise sarcasticamente ma di gusto, lanciando poi un Final Flash in direzione della moltitudine di namecciani che avevano deciso di braccarli.
«Hah! Ora capisco. Ti brucia il fatto che io abbia rubato il tuo giocattolo, non è vero?» lo schernì sua maestà. Continuò a infondere scariche di energia sulla folla, deviando attacchi improvvisi e repentini da parte dei più forti. «E lascia che ti dica una cosa, razza di verme troppo cresciuto: a me, di venire in quel posto di merda, non me ne è mai fregato proprio un bel niente!» continuò il principe. Calciò via un namecciano e si aggrappò alla testa di un altro con le mani per sradicarla dal collo.
Goku, al suo fianco, rise beffardo. Come sapeva essere conciso e schietto il principe dei saiyan, nessun altro mai. Di certo non era l'emblema della diplomazia, specialmente in certe occasioni.
Goku si lanciò tra la folla, colpendo con i calci due nemici di proporzioni gigantesche e, rimbalzando all'indietro, venne preso al volo dal suo alleato il quale, senza bisogno di alcun ordine, lo respinse più forte in direzione opposta per permettergli di avere più slancio. Goku fece affiorare due sfere di energia dalle mani e, facendole roteare, colpì a tradimento tutti coloro che si trovavano nella sua traiettoria.
Veloci, scaltri, perfettamente combinati. Non c'era bisogno nemmeno che si parlassero, che si impartissero compiti e doveri. Erano artefici di una strategia improvvisata ma efficace e, anche senza ricorrere alla fusione, sembrava quasi che stesse combattendo una persona sola. Coordinazione, potenza, energia. Sebbene le loro tecniche di attacco fossero molto differenti, nel corso degli anni avevano imparato ad incastrarle alla perfezione. Non erano mai stati più in sintonia di così.
«KAAROT!» urlò Vegeta. Si illuminò di luce dorata e formò una barriera per tenere lontani da sé i nemici, i quali si schiacciarono contro essa nel tentativo di penetrarla, invano.
«RICEVUTO!» rispose Goku, annuendo. Prese la rincorsa per potersi slanciare verso l'alto, poi puntò la folla con entrambe le mani unite in fronte. «COLPO DEL SOLE!»
Vegeta chiuse gli occhi e lasciò andare la barriera balzando in aria. Raggiunse il suo alleato e, insieme, si diressero a gran velocità verso la base da dove si irradiava la figura di Onyma. Non appena furono abbastanza vicini unirono le proprie mani mettendosi guancia a guancia, scaricando così una potente onda di energia in direzione delle Sfere del Drago e del loro creatore namecciano il quale, con le braccia conserte e l'espressione beffarda, sostava vicino a esse. Il raggio combinato, però, non riuscì a colpirlo. Non riuscì neanche lontanamente a raggiungere il capo dei saggi perché, con un tonfo sordo, l'energia si estinse contro una barriera invalicabile e trasparente. Come un'immensa sfera di cristallo che proteggeva le sfere e l'anziano saggio.
 
Siete due stolti! Pensavate davvero di farla franca in questo modo?!

Vegeta ringhiò. Certo che no, certo che non aveva pensato che potesse essere così semplice, ma era valsa la pena tentare per comprendere quale fosse l'entità della loro sfida. Con sprezzo sua maestà volse la propria mano in direzione del muso dell'immenso drago, scaricando verso esso una grossa quantità di energia che però si estinse al contatto con le sue squame, non arrecandogli alcun danno o dolore. Ma, come aveva perfettamente immaginato, egli non contrattaccò. Egli non si difese ma nemmeno fece danno.
«Come pensavo» soffiò Vegeta. Si voltò nella stessa direzione dalla quale erano provenuti e osservò il ritorno in auge di tutti i combattenti che avevano lasciato indietro e accecato temporaneamente. «Il drago non può attaccare e non può essere attaccato».
«Già, anche io lo immaginavo. Ma, evidentemente, può utilizzare i suoi poteri per altri scopi» completò il pensiero Goku, vedendosi piombare addosso il grosso scimmione calvo che aveva posto fine alla vita di suo fratello su Namiub.
Lo respinse con un calcio ma, proprio nell'esatto momento in cui stava per avvicinarsi e colpirlo di nuovo, Nappa si sdoppiò.
«Giusto appunto!» commentò sarcastico Vegeta, osservando la folta coltre di nemici raddoppiare e sdoppiarsi ancora. «Ora ci sono quattro Nappa. Come uno solo non fosse già abbastanza obbrobrioso!»
I quattro Nappa si fiondarono a coppie in direzione dei due saiyan, ringhiando gutturalmente. Goku ne colpì uno sotto al mento con un pugno, scaraventandolo poi verso il suo clone per incenerirli entrambi. Il principe, invece, si prese gioco di loro teletrasportandosi qua e là per confonderli, poi prese tra le mani le loro zucche vuote facendole cozzare l'una con l'altra, mandandole in frantumi. Ma Nappa non fu l'unica delle loro vecchie conoscenze a fare capolino per tentare di sbarrargli la strada verso la vittoria. Due Cooler nella loro forma perfetta comparirono dal nulla, quattro Re Cold, una schiera non definita di Baby, Cell, Al Satan e i nemici del passato, alcuni persino finiti nel dimenticatoio. Vegeta ne fu quasi certo: persino molti saiyan del pianeta Vegeta avevano fatto la loro comparsa e, probabilmente, la loro mente era offuscata dai poteri di Onyma. Erano i suoi sudditi e, in caso contrario, non avrebbero mai attaccato il loro principe.
Per ogni nemico battuto, ne ricomparivano due identici. Senza tregua, senza respiro, senza dar loro il tempo di ragionare.
«Dobbiamo fare la fusione!» suggerì Goku, calciando in torsione un namecciano comparso alle sue spalle.
«A che servirebbe? Non abbiamo un obiettivo! Dobbiamo prima trovare il modo di raggiungere quel maledettissimo capo dei saggi» rispose Vegeta. Si asciugò un rivolo di sangue dal labbro, risultato di un colpo a tradimento infertogli da un Perfect Cell piuttosto ostinato.
Goku provò nuovamente a fiondarsi contro l'immensa barriera protettiva e usare tutto il suo potere per disintegrarla ma, sfortunatamente, ogni scarica di energia volta verso la protezione sembrava estinguersi addosso ad essa come se fosse fatta di gomma.
«DANNAZIONE!» urlò Vegeta, accerchiato e attaccato in simultanea da un gruppo di saiyan di seconda classe. Che scherzo del destino: doversi trovare a combattere contro membri della sua stessa specie che, un tempo lontano, si sarebbero inchinati al suo cospetto.
 
Non potete sconfiggermi, sciocchi scimmioni. Arrendetevi di fronte alla potenza del Drago Superiore!

Goku ringhiò, illuminandosi ancora di più di luce preziosa. I peli color magenta che ricoprivano le sue spalle e la schiena vibrarono, le sue mani tremarono ancor più forte nel lanciare attacchi dell'aura. Molti nemici vennero ustionati e disintegrati dal troppo calore emanato.
«ZITTO! STA' ZITTO!» ululò Goku facendo terra bruciata attorno a sé, prendendo poi a calci e pugni la barriera. Il capo dei saggi, ben ammutinato e protetto da essa, sorrise beffardo con le braccia incrociate.
Sembrava non esserci modo, sembrava che la soluzione a quella battaglia fosse introvabile. Le tentarono tutte, combatterono a lungo senza risultati, scaricandosi di tutte le energie prima del tempo. La risata di Onyma echeggiò per tutto il pianeta Namyoke e le urla dei nemici riempirono le menti dei due alleati senza lasciar loro tempo di riflettere.
Impossibile. Sembrava impossibile. Non si sarebbero arresi, no, avrebbero lottato fino alla fine, ma tutto lasciava presagire che la fine non sarebbe stata come l'avevano immaginata. Forse, per tutta quella storia, non ci sarebbe stato affatto il lieto fine. Perché quella non era una favola per bambini, quella era una guerra sanguinosa che persino due eroi non avrebbero potuto vincere.
Ma - come aveva predetto Kaiohshin il Sommo su quel promontorio - proprio quando tutto sembrava stesse andando perduto, uno spiraglio di luce illuminò il buio della loro via. Perché, finalmente, ricevettero l'aiuto metafisico nel quale avevano sempre sperato. Le divinità avevano infine deciso di mettersi in gioco e portare un contributo in quella battaglia. Perché loro, dall'Aldilà, avevano avuto il modo di pensare, riflettere.

«Ragazzi! Ragazzi ascoltatemi bene!»
La voce di Re Kaioh del Nord risuonò nelle loro menti forte e chiara, svegliandoli da quell'incubo che li stava tenendo attorcigliati alla morte.
«Forse c'è un modo di rompere quella barriera» continuò la Regina Kaioh dell'Est con tono squillante. «Ma sarà difficile!»
Vegeta grugnì e tirò un forte pugno in mezzo allo sterno di Nappa, facendolo vomitare.
«I due Kaiohshin utilizzeranno i loro poteri per indebolire quelli di Onyma, per permettervi di creare un varco in quella barriera!» spiegò l'alto Kaioh del Sud con voce profonda.
«Goku, dovrai fare tutto ciò che è in tuo potere per difendere i Kaiohshin. Non possiamo permetterci che perdano la vita mentre operano con le loro magie» spartì gli ordini il piccolo Kaioh dell'Ovest, puntualizzando ogni dettaglio. «E Vegeta... beh, a te spetterà il compito di rompere quella barriera con tutta la forza che hai e, qualora dovessi riuscirci, dovrai uccidere una volta per tutte il capo dei saggi. Ma dovrai essere veloce, non dovrai esitare nemmeno per un attimo!»
«È tutto chiaro, ragazzi?» domandò Re Kaioh del Nord in conclusione.
I due guerrieri saiyan si guardarono dalla lontananza, senza smettere neanche un secondo di lottare. E, con estrema difficoltà, annuirono.
«ORA!» urlarono i quattro Kaioh dall'Aldilà. Proprio in quell'istante Kaiohshin il Sommo e Kibitoshin apparvero di fronte al muso spaventoso di Onyma e, entrambi con le mani lilla rivolte verso esso, iniziarono a recitare formule in una lingua sconosciuta.
Goku si lanciò immediatamente nella loro direzione e, inutile dirlo, non passarono troppi istanti prima che Onyma indirizzasse tutte le sue pedine verso le due divinità dai capelli bianchi.
Vegeta, appena avanti a loro, caricò tra le mani il suo attacco più potente per poi scagliarlo in direzione della barriera, colpendola con continuità ma senza alcun effetto.
«FINAL FLAAAAAAASH!»
 
Siete solo dei poveri illusi. I vostri trucchi e le vostre magie da quattro soldi non potranno mai competere contro di me!

La voce di Onyma rimbombò nelle loro orecchie con veemenza, mentre il rumore metallico delle sue code agitate risuonò nell'aria creando ancor più scompiglio.
«KAMEHAMEHAAAAA!» urlò Goku caricando la sua onda energetica in direzione dei nemici di lato, poi si teletrasportò dall'altra parte per scalciare via altri malintenzionati. Avrebbe dovuto essere veloce, velocissimo, non perdere neanche un colpo. Era solo contro migliaia, ma lui era Goku. Goku, l'eroe che aveva sempre salvato la Terra; Goku, colui che non aveva mai fallito. Il Goku di cui tutti si fidavano. Non avrebbe potuto deludere le aspettative di tutti, non quella volta. Ed era per quel motivo, probabilmente, che lui era stato scelto per difendere i suoi alleati mentre a Vegeta era toccato il compito di utilizzare la forza per distruggere. Lui era il principe dei saiyan e non avrebbe mai esitato, mentre Goku... beh, lui era oramai famoso per risparmiare la vita dei nemici nei momenti meno opportuni. Le cose erano cambiate e la situazione era ben differente, certo, ma Goku comprese alla perfezione la scelta dei Kaioh sulla ripartizione dei ruoli.
«AAAAAAAAH!» urlò Vegeta scaricando tutta la sua potenza contro la barriera, venendo però colpito più e più volte da fuoco nemico. Un raggio di energia gli trapassò un polpaccio, un altro lo colpì di sbieco sulla guancia, facendolo sanguinare. Il suo rivale gli scansò i nemici di torno e volse poi le sue attenzione ai due Kaiohshin i quali, con i volti contratti e gli occhi chiusi, continuarono a mormorare frasi incomprensibili emanando strani scintillii dalle mani.
Un pugno ben assestato alla base del cranio fece atterrare Vegeta al terreno malamente, impedendogli di continuare a scaricare la sua energia verso la barriera.
«VEGETA!» urlò Goku, senza però poter fare niente per lui, dovendo per forza di cose continuare a difendere le due divinità. Aveva ricevuto un compito ben preciso dal quale non avrebbe potuto tirarsi indietro, ma come avrebbe fatto a non lasciarsi distrarre quando il suo prezioso alleato era stato appena colpito brutalmente? Come avrebbe fatto a non preoccuparsi per lui? Per un attimo si interruppe e valutò la situazione.
«Kaarot, n-non ci provare!» grugnì Vegeta. Si alzò tremante e schivò per un pelo un attacco proveniente da chissà chi. «Fai il tuo dovere e non preoccuparti per me! IO SONO IL PRINCIPE DEI SAIYAN! NON HO BISOGNO DELL'AIUTO DI NESSUNO!» urlò poi, emanando un grosso quantitativo di energia sufficiente per spazzare via la cerchia di individui intorno a sé.
Goku sorrise sghembo e scosse il capo. In fondo era pur sempre lui! Nonostante tutti i cambiamenti, nonostante avesse smussato gli angoli più appuntiti del proprio carattere, Vegeta sarebbe sempre rimasto Vegeta. E ringraziò il cielo per questo.
«FINAL FLAAAAAASH!» urlò di nuovo il principe, riprendendo la sua battaglia personale nei confronti di quella bolla di cristallo purissimo che racchiudeva al suo interno le Sfere del Drago e il loro creatore.
Goku scagliò tutti gli attacchi da lui conosciuti, compresi quelli insegnatogli dai suoi amici. Utilizzò le tecniche del passato, la capacità di creare dei doppioni falsi per poter difendere al meglio le due divinità, sciolse la trasformazione di Super Saiyan di quarto livello per poter essere più veloce.
 
State perdendo il vostro tempo!

Vegeta percepì l'odio ribollirgli tra le pieghe della pelle, i suoi occhi azzurri contornati di rosso si infiammarono di rabbia e, urlando più forte che riuscì, intensificò ancor di più il suo attacco verso la barriera. A nulla sembrarono funzionare quei tentativi ma, proprio nel momento in cui Kaiohshin il Sommo aprì gli occhi di scatto, una piccola crepa apparve sulla bolla.
Goku, il quale se la stava prendendo con una decina di copie dello stesso guerriero, rimase confuso quando, improvvisamente, il numerò dei nemici si dimezzò per poi tornare a intermittenza quello originale. Strabuzzò gli occhi incredulo, pensando di aver avuto un'allucinazione.
«RAGAZZI, STA FUNZIONANDO! STA FUNZIONANDO!» urlò la Regina Kaioh dell'Est con estrema eccitazione.
Goku fremette. Allora non era stato un abbaglio! Stava funzionando sul serio: i poteri di Onyma stavano cedendo.
«Coraggio! Ancora!» ordinò il Sommo. Chiuse nuovamente gli occhi tondi e si rivolse al giovane Kibitoshin il quale, con determinazione, tornò a concentrarsi senza badare alla battaglia infuriante intorno a sé. Sapevano che avrebbero potuto lasciarci le penne, erano a conoscenza del rischio che stavano correndo ma erano anche consci che quella fosse l'unica cosa giusta da fare. I Draghi avevano esercitato il loro potere per troppi secoli ingiustamente, sovrapponendosi alle divinità e dettando leggi senza alcun diritto di farlo.
Vegeta si scrollò di dosso altri nemici con un lampo, poi tornò a riversare tutta la sua energia verso la barriera, verso quella piccola crepa che aveva dato loro speranza. La crepa si allargò come una ragnatela, i nemici si dimezzarono di nuovo e, nonostante i vari tentativi di Onyma di ripristinare i loro doppioni, essi risultarono sempre più deboli ed evanescenti.
Il tintinnio metallico delle sue squame si fece ancora più incessante e intenso, il fumo grigio che l'avvolgeva più denso.

Maledetti umani! Come avete osato mettervi contro di me, contro il mio infinito potere!

Un'improvvisa scossa di terremoto fece tremare il pianeta Namyoke, fulmini e saette si riversarono dal cielo colpendo punti imprecisi nel terreno.
«AAAAAAAAAAAAH!» urlò Vegeta percependo i propri polpastrelli andare a fuoco a causa della troppa quantità di energia riversata sulla barriera. La trasformazione di quarto livello si sciolse, i suoi capelli si tinsero a intermittenza di un biondo dorato. Non avrebbe resistito ancora a lungo, le sue energie si stavano sempre più scaricando, ma altre piccole crepe si diramarono da quella principale. Le sue braccia tremarono, due namecciani colpirono la sua schiena con calci e graffi. Stava per cedere, presto anche la trasformazione in Super Saiyan si sarebbe esaurita ma, proprio nel momento in cui il suo Final Flash stava per estinguersi, una voce squillante lo scosse da capo a piedi.
«Non mollae, nonno! Fozza!»
Vegeta spalancò gli occhi, incredulo.
«Devi vincee! Metticela tutta!» la voce di Goku Jr direttamente dall'Aldilà risuonò forte e chiara e, come una ventata d'aria fresca, rinvigorì corpo e spirito di sua maestà.
Egli ringhiò di nuovo, caricandosi e illuminandosi con scariche elettriche, mentre entrambi i Kaiohshin emanarono ancor più scintillii dalle loro mani e i loro mormorii si fecero più intensi.
«Forza Vegeta! Distruggi quella dannata barriera!» anche Dende, grazie a Re Kaioh, riuscì a mettersi in collegamento con il pianeta Namyoke.
Goku, con la sua Kamehameha, respinse tutti i nemici intorno al principe dandogli la possibilità di agire ancora una volta indisturbato.
«N-GH! GH... HAAAAAAA!» Vegeta ululò più forte e chiuse gli occhi, intensificando il Final Flash ancora una volta. Le crepe aumentarono, i nemici diminuirono ancora.
«Vegeta, siamo tutti con te!» tifò Martha, iniziando a saltare insieme al suo amico Goku Jr, schiacciando la schiena del povero Re Kaioh.
«Fai vedere chi sei!» lo spronò Alphonse, con un pugno alzato verso il cielo e l'altra mano appoggiata a una delle divinità in contatto con Namyoke.
«Un ultimo sforzo!» gracchiò Mr. Satan, tenuto in piedi da alcuni namecciani nel tentativo di prendere anch'egli parte al quel tifo.
«CREDIAMO IN TE!» iniziarono a urlare altre voci indistinte dall'Aldilà, voci di tutti i presenti dal tempio di Re Yammer, tutti accerchiati intorno ai Kaioh.
 
CHE SIATE MALEDETTIIIIIIIIII!

Il principe dei saiyan strizzò gli occhi, ma sorrise. Che strano destino, il suo! Una volta nessuno sarebbe stato dalla sua parte, una volta sarebbero stati tutti contro di lui. C'era stato un tempo in cui il nemico da sconfiggere sarebbe stato lui stesso. C'era stato un tempo durante il quale nessuno avrebbe creduto in lui.
Ma quel tempo oramai era talmente lontano da sembrare quasi un sogno e, in quell'istante, tutti i fantasmi e le voci di supplica nella sua testa si spensero. Le urla della gente che aveva ucciso scemarono per sempre e, al loro posto, il coro delle persone che veramente avevano fiducia in lui si fece più intenso, più forte. E, prima tra tutte, una voce diede lui la forza di compiere quell'ultimo, grande sforzo. La voce di Kaarot.
«VEGETA! ORAAAAAAAA!»



Accadde tutto in un brevissimo istante, l'istante in cui, con il rumore di mille vetri infranti, la barriera si ruppe sotto il potente raggio del principe dei saiyan. Ed egli non perse tempo: si lanciò senza esitare all'interno di essa con uno scatto fulmineo prima che potesse ripristinarsi e, da quel momento, il fumo grigio lo avvolse.
Un urlo assordante, un terremoto distrusse tutti i grattacieli di Namyoke e una fortissima esplosione si irradiò a partire dalle sette Sfere del Drago appoggiate sul terreno dissestato. L'onda d'urto causata dall'esplosione colpì in pieno la folla e tutti, nemici e Kaiohshin compresi, vennero sbattuti violentemente a terra. Persino Goku, il quale aveva provato a resistervi, si ritrovò con la schiena trafitta da centinaia di schegge di vetro di un grattacielo crollato a metà. Poi, d'un tratto, la terra smise di tremare e tutto divenne grigio. Grigio come il fumo, grigio come la cenere.
Onyma non c'era più, il tintinnio delle squame di metallo si spense per sempre. La cenere, creatasi ove pochi istanti prima vi era l'immenso drago, ricoprì ogni cosa con un soffio di vento. Polvere leggera, profumata, candida come la neve.

Ce l'avevano fatta: l'ultimo dei draghi era stato distrutto e, accanto alle sette pietre una volta colorate da un lucido strato arancione, il corpo dell'anziano capo dei saggi giaceva inerme e senza vita con l'osso del collo completamente spezzato.
Goku aprì gli occhi a fatica e si sollevò finalmente dal cumulo di macerie dentro al quale era stato scaraventato, scrollandosi le schegge di vetro dalla schiena. Centinaia di nemici e namecciani erano ancora a terra, mormoranti e doloranti. Provò a mettere a fuoco qualcosa da lontano, ma non vide niente. Troppa cenere, troppo fumo.
Si avvicinò zoppicando, tenendosi il braccio insanguinato trafitto da un'enorme scheggia di vetro e, finalmente, iniziò a vedere qualcosa. Qualcosa di inaspettato. Si avvicinò di più e, piano piano, dalla nebbia apparve finalmente la figura di Vegeta, ma non ci volle molto per comprendere che, purtroppo, il principe dei saiyan non era il solo a sostare nel turbinio di cenere e fumo grigio.
Non ci volle molto tempo per realizzare che, accanto a Vegeta, una persona a loro nota avesse appena fatto la sua comparsa e, con un ghigno sadico, volse il proprio sguardo verso Goku e alzò un braccio al cielo.
E Goku, per un attimo, si sentì morire. L'attimo in cui i suoi occhi si posarono su Vegeta il quale, tremante e con un foro all'altezza del cuore, si lasciò cadere con le ginocchia al terreno.
L'attimo in cui comprese che il braccio di Loraymo fosse ricoperto e grondante del sangue del principe dei saiyan.


 
Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
...cazzo.
Scusate, ma non saprei proprio come commentare l'accaduto. Non so proprio come giustificare questo cliffhanger dopo un capitolo così lungo ed estenuante.
Pensavate che fosse finita eh? Che foste finalmente arrivati al finale con l'uccisione di quel maledetto drago. E invece no! No perché chi avrebbe mai potuto immaginarselo che, dal nulla, spuntasse fuori quel farabutto di Loraymo? E che quel dannato... colpisse a morte il mio principeeeee T____T mi viene da piangere.
Inoltre, oltre a questo danno di proporzioni inimmaginabili, se Loraymo è giunto su Namyoke... che cavolo è successo alla Terra!? Aiuto, non voglio pensarci.
Scusate, vi chiedo davvero immensamente perdono per questo disastro di capitolo. PORCO CANE, mi odio da sola! Ma vi prego, resistete, perché mancano ancora una manciata di capitoli e vi chiedo per favore di non smettere di seguirmi ora, anche se le premesse ai prossimi accadimenti non sono per nulla buone.
Mi ritiro in silenzio fino a domenica prossima, sperando di ritrovarvi lì tutti anche se con l'ascia di guerra in mano.
Eevaa

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Capitolo 74
*** Il Re è morto ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 74 - IL RE È MORTO

 


There's no time for us
There's no place for us
There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us
Who wants to love forever
When love must die?


Who wants to live forever: https://www.youtube.com/watch?v=_TsOPjZEF6E
 

 
Lieve tremore dell'aura, come una bolla di sapone che scoppia pizzicata dalle dita in un bambino. Un silenzio assordante, la cenere che, delicata, si posa su quelle gote ancora roventi, su quei capelli che da dorati erano tornati a essere corvini.
Tutto sembrava surreale, così come i battiti del suo cuore che si erano fermati per un attimo per riprendere più veloci.
Goku sbatté le palpebre e sperò che si trattasse di un sogno, un'allucinazione dovuta al troppo sangue perso per via delle ferite, un'altra manipolazione onirica del Sommo Kaiohshin. Ma, quando riaprì per l'ennesima volta gli occhi, il principe dei saiyan era ancora lì, sulle proprie ginocchia graffiate con mano destra posata sul petto profanato.
Loraymo l'aveva colpito a tradimento proprio nell'istante in cui sua maestà aveva ucciso il capo dei saggi. Non se ne era nemmeno accorto, Vegeta, che con gli ultimi poteri a lui concessi Onyma aveva richiamato a sé il suo guerriero, il combattente di punta di quella che fu la Dimora dei Draghi. Non se n'era accorto fino a quando un dolore improvviso all'altezza del cuore l'aveva colto e, guardando verso il basso, le unghie nere e la mano di Loraymo avevano fatto capolino dal suo petto, per poi trarsi subito dopo lasciandolo senza più fiato nei polmoni.
Un colpo di tosse ruppe quel silenzio ovattato e Vegeta sputò sangue denso e vischioso al terreno, là dove sarebbe caduto da lì a pochi secondi. Goku, ancora immobile e congelato, non riuscì a staccare gli occhi dalla figura di Loraymo il quale, con il naso arricciato e gli occhi iniettati di sangue, si fece scivolare il sangue regale del principe lungo tutto l'avambraccio.
Era uno scherzo. Uno stupido, sciocco scherzo del destino, non poteva essere vero. Non in quel momento che tutto sarebbe dovuto essere un lontano brutto ricordo, non dopo che finalmente erano riusciti a vincere l'ultima grande battaglia.
Goku percepì un fuoco dentro, un ardore mai sentito in vita sua. Il dolore di un cuore in frantumi. Agì d'impulso, senza pensare e, con un forte rumore di ossa frantumate, calciò Loraymo lontano improvvisamente, senza dar lui nemmeno il tempo di reagire. Troppo veloce e troppo arrabbiato si scagliò addosso alla figura inerme del principe dei saiyan. Lo issò e lo voltò in posizione supina, tenendogli la testa con la grande mano. Il terreno dissestato, sotto di lui, si era già tinto di un rosso scarlatto.
«Vegeta!» lo scosse bruscamente Goku, provando in tutti i modi a trattenere le urla. Vegeta tossì di nuovo sangue e aprì con fatica gli occhi in direzione del cielo blu cobalto. Non vi era più fumo, non vi erano più nuvole, una fitta coltre di stelle illuminava il pianeta Namyoke. Quattro splendenti satelliti argentei brillavano sopra di loro.
Goku lo scosse di nuovo e lo costrinse a incatenare gli occhi ai suoi.
«V-Vegeta, guardami!» balbettò Goku tamponandogli con la mano il vistoso foro causato dal braccio di Loraymo, inutilmente. Vegeta lo guardò.
Le sue guance erano sporche di sangue, i suoi occhi lucidi dal dolore provato, ma dolore che oramai sembrava essere lontano. Il principe percepì le dita delle mani e dei piedi divenire insensibili, le sue labbra quasi paralizzate. Si incatenò agli occhi preoccupati di Kaarot ed un tratto non ebbe più paura. Paura di andarsene.
«G-Goku» soffiò il principe sorridendo a fatica, mettendo a fuoco la visione più bella che avrebbe potuto desiderare prima di spegnersi. «Abbiamo... v-vinto!»
Goku trattenne il fiato, terrorizzato, nel momento in cui vide i suoi occhi serrarsi di nuovo. Non l'aveva mai chiamato per nome, prima d'allora. 
Il rumore dei passi veloci dei Kaiohshin sembrò quasi ovattato alle sue orecchie.
«Vegeta!» lo chiamò Goku, scuotendolo ancora. Lo scosse con prepotenza, ma il principe non rispose. I suoi occhi di ossidiana non si riaprirono.
«VEGETA, SVEGLIATI!» urlò di nuovo Goku, rompendo il silenzio, lasciando cadere il corpo del suo amico al terreno per alzarsi di scatto. Prese per un braccio Kibitoshin, appena giunto sul luogo, per trascinarlo più vicino. «Kibitoshin, salvalo!»
La divinità rispose al suo sguardo con occhi gravi. Possibile? Possibile che Goku non se ne fosse accorto?
«SALVALOOOOO!» gli urlò Goku nell'orecchio e lo costrinse a inginocchiarsi con la forza, prendendogli le mani e appoggiandole sul corpo di Vegeta. «COSA ASPETTI? COSA.... COSA ASPETTI!?»
Kibitoshin tremò, ma non di paura. Non era impaurito dai modi bruschi con i quali lo stava trattando Goku. Non aveva paura di lui. Tremò perché proprio non sapeva come dirglielo, tremò perché avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non dovergli dire la verità. Quella orribile, triste e ingiusta verità.
«G-Goku...» soffiò Kaiohshin il Sommo, appena dietro di lui, mettendogli una mano sulla spalla. Egli non si girò, ma continuò a guardare fisso negli occhi Kibitoshin il quale, con il volto contratto e sconvolto, negò con la testa.
E in quel momento Goku pensò di morire di dolore.
 
 

La grossa bolla di energia dello stesso colore del cielo d'estate, d'improvviso, risultò essere leggera come se fatta di piume. Non vi era più pressione, congelamento, difficoltà. Tutto d'un tratto sembrò come respirare di nuovo dopo una prolungata apnea. Con un urlo assordante e un ultimo grande sforzo, i combattenti della nuova squadra Z respinsero la sfera di energia prodotta da Loraymo lontano, nello spazio aperto, guardandola rimpicciolirsi e spegnersi come una meteora.
Respiri affannosi, sudore sulla fronte. Alcuni di loro caddero sulle ginocchia, stremati, altri iniziarono a guardarsi intorno, confusi.
«Ma... ma dove diavolo è finito?» domandò Gohan concentrandosi a fondo per riuscire a scovare l'aura del loro nemico principale, Loraymo, ma di esso non vi era rimasta nemmeno l'ombra. Che davvero fossero riusciti a respingere il suo attacco fino a farlo polverizzare? Com'era possibile?
No, doveva esserci qualche trucco, era decisamente troppo strano. Non potevano essere così stupidi da pensare che l'avessero battuto sul serio.
«GUARDATE!» urlò Bra con le labbra completamente asciutte, indicando con il dito il cielo nel punto in cui, fino a poco prima, vi era un enorme buco nero tra le nuvole. Il passaggio si era chiuso, sparito, completamente otturato e, pian piano, a partire da quel punto, le nuvole nere iniziarono a diramarsi prima lente, poi sempre più velocemente lasciando intravedere attraverso esse le prime luci dell'alba. Il cielo viola, le stelle, la luna oramai bassa.
I giovani saiyan si guardarono increduli con il cuore in gola. E, dopo un primo istante di confusione, si resero conto di qualcosa di realmente importante: i nemici, quelli morti al terreno, avevano smesso di rialzarsi. Le loro ferite avevano smesso di rimarginarsi.
«Ce l'hanno fatta...» sussurrò Videl alzandosi da terra, tenendo Mirai Trunks da sotto una spalla per aiutarlo ad alzarsi. Poi iniziò a urlare con voce strozzata. «GOKU E VEGETA CE L'HANNO FATTA!»
Gli alleati si guardarono di nuovo, con le lacrime agli occhi e tremanti sorrisi di gioia. I nemici - quelli ancora vivi - comprendendo la gravità della situazione iniziarono a scappare. Tuttavia, come pronosticabile, vennero immediatamente raggiunti dai valorosi combattenti Z i quali, senza difficoltà, misero fine alle loro vite una volta per tutte.
«Dove pensi di andare, maledetto bastardo» ringhiò Gohan prendendo per la coda colui che, molti anni prima su Namek, aveva dato lui filo da torcere. Freezer lo guardò di rimando, con gli occhietti rossi tremanti di terrore. Provò ad attaccarlo ma Gohan, trasformandosi in Super Saiyan, lo colpì in pieno volto con un pugno.
«Non ridi più tanto ora che non sei eterno, vero?» disse Gohan, con sprezzo. Iniziò a calciarlo violentemente e lo spinse contro una montagna ancora innevata.
«Sporco saiyan... me la pagherai» soffiò Freezer, con una vena pulsante sulla fronte.
«La prossima volta, magari» rispose Gohan. Caricò tra le mani una grossa quantità di energia, poi la scagliò in direzione del suo nemico il quale, con un urlo assordante, si sciolse tra le più atroci sofferenze.
«Questo era per il Genio» sussurrò Gohan con il fiatone, voltandosi poi in direzione del campo di battaglia ove, uno per uno, i nemici avevano iniziato a cadere senza più rialzarsi.
Grida di gioia, di vittoria, pianti di commozione. Era fatta per davvero, ma un dubbio atroce attraversò per un attimo la mente dell'uomo proveniente dal futuro il quale, dopo aver festeggiato la vittoria di quella battaglia, volse il proprio sguardo verso il cielo.
«Ma dove sarà finito Loraymo?» domandò Mirai Trunks al proprio gemello dell'epoca presente. «E perché papà e Goku non sono ancora tornati?»

 
 
 

«Cosa avete tutti da tacere? Ce l'hanno fatta oppure no?» domandò con insistenza Jirobei rivolgendosi ai Re Kaioh i quali, da un paio di minuti a quella parte, avevano smesso di parlare e di diffondere loro le notizie.
Le quattro divinità si guardarono con occhi gravi, non sapendo cosa dire, non sapendo cosa rispondere. Inutile dire che loro avevano visto tutto; loro e anche Re Yammer il quale, da un proprio sottoposto dalla pelle viola, aveva appena ricevuto un foglio con le anime da catalogare e, in fondo ad esso, aveva letto quel nome scritto in corsivo. Aveva tremato, impercettibilmente, poi aveva mostrato il foglio a Baba la quale, invece, si era portata una mano sulla bocca rugosa per nascondere un'espressione di sgomento e dispiacere.
E, in quell'istante, anche Kaiohshin il Sommo fece di nuovo la sua comparsa nell'Aldilà.
«Beh? Si può sapere cosa sta succedendo o no?» intervenne la piccola Martha, incuriosita e sospettosa.
Re Kaioh del Nord guardò negli occhi il piccolo Goku Jr, e non poté fare a meno di nascondere la propria preoccupazione.
«S-sì... sì ce l'hanno fatta. Ora dovete tornare sulla Terra. Sommo, portali... portali via dall'Aldilà. Non c'è più pericolo sul loro pianeta» si affrettò a dire Re Kaioh voltandosi di spalle ma, in quell'istante, la grossa mano pallida di Alphonse si appoggiò alla sua tunica.
«Dobbiamo sapere cosa sta succedendo. Adesso» il padre di Martha formulò la frase con più calma e pacatezza possibile, nonostante il proprio cuore palpitasse di puro sgomento. Era cristallino, oramai, che ci fosse qualcosa che non andasse in tutta quella storia.
Ma come avrebbe fatto, Re Kaioh, a dirglielo? Come avrebbe fatto a rivelargli cosa fosse successo su quel pianeta? Non credette di averne le forze, di averne il coraggio ma, volgendo di nuovo il proprio sguardo su quei due bambini così temerari, trovò l'energia per dire le cose come stavano. Quelle persone meritavano di sapere la verità, nonostante la verità fosse orribile e dolorosa.
Così, con sommo dispiacere nel cuore e la voce tremante dalla commozione, riuscì finalmente a portare loro quella notizia infausta.
«Vegeta... è morto».

 
 
 

Se gli avessero strappato via il cuore dal petto o se avessero gettato il suo corpo tra le fiamme ardenti avrebbe fatto meno male. E, altrettanto con certezza, avrebbe preferito morire lui. Sarebbe dovuto morire lui.
Goku si sentì precipitare nonostante le sue gambe fossero ben ancorate al terreno rovinato di Namyoke.
«Io non posso fare più niente...» sussurrò Kibitoshin, con la mano di Vegeta tra le sue, inginocchiato chino sul suo corpo massacrato.
No. Non era vero. Non poteva essere vero. Tutto tranne quello.
«Stai mentendo! SPOSTATI!» urlò Goku. Spinse la divinità da un lato e iniziò nuovamente a scuotere il principe dei saiyan. «VEGETA!»
Lo chiamò forte, più forte, sperando di poterlo riportare indietro ovunque si trovasse. Ma gli occhi allungati del suo re erano chiusi, serrati, la bocca lievemente socchiusa ancora sporca del sangue che aveva riversato.
«VEGETA SVEGLIATI! SMETTILA! ALZATI SUBITO! SVEGLIATI!» gli urlò in faccia stringendo i suoi avambracci tra le mani possenti ma, ben presto, riuscire a mettere a fuoco il volto inerme del suo rivale gli risultò complesso, troppo complesso. I suoi occhi, colmi di lacrime salate, bruciarono come se ci fosse del fuoco dentro.
Il silenzio surreale che faceva da cornice a quel triste dipinto fu pesante, tutti i nemici e i combattenti sopravvissuti si alzarono piano, lentamente. Alcuni non compresero cosa ci facessero lì, altri ricordarono perfettamente quale fosse il loro compito e, con estrema freddezza, circondarono i due saiyan e il Kaiohshin in attesa di ricevere ordini da qualcuno sul da farsi.
La situazione fu complessa da gestire persino per una divinità come Kibitoshin il quale, straziato, si avvicinò nuovamente per cercare di intervenire, di porre fine a quello scempio.
«Goku, ti prego... lascialo andare» bisbigliò Kibitoshin, senza però sfiorare il giovane saiyan neanche con un dito. «Lui non c'è più».
Il ragazzo respirò affannosamente, poi poggiò la fronte sul ventre insanguinato del principe con un singhiozzo. Il vociare dei nemici sembrò lontano e impalpabile.
«Non è vero...» mormorò Goku, con la voce ovattata dalla stoffa leggera della tuta di Vegeta. «NON È VERO!»
Mai, mai in vita sua aveva vissuto un'esperienza sensoriale tanto asfissiante. Pensò di morire, di morire sul serio. E, a dirla tutta, ci sperò anche. Sperò che la dama con la falce si prendesse anche la sua vita, così da poterlo raggiungere, così da potergli chiedere scusa. Si maledisse, perché era tutta colpa sua. 
Era sempre colpa sua. Se solo avesse accettato la proposta di Onyma, se solo si fosse lasciato ammazzare il primo giorno - la sera del funerale di Chichi – Vegeta sarebbe ancora vivo.
Pregò il cielo che fosse un incubo, chiuse e riaprì gli occhi in continuazione ma nulla cambiò. Quelli del principe erano ancora chiusi, chiusi per sempre e, nel realizzarlo, anche respirare risultava doloroso.
Avrebbe voluto arrabbiarsi, lasciar sfogare tutta la sua rabbia e frustrazione verso il cielo, ma Goku non ebbe nemmeno più le forze di urlare. Aveva solo bisogno di piangere, piangere e addormentarsi per sempre adagiato sul ventre dell'unica persona che avesse mai odiato e amato, ammirato e disprezzato. Il suo migliore amico, il rivale di una vita, l'uomo del quale, inaspettatamente, era persino riuscito a innamorarsi. L'uomo che l'aveva reso umano e saiyan allo stesso tempo. L'uomo che, in quel momento, giaceva senza vita sotto il peso delle sue braccia.


Il rumore di ciottoli e vetri infranti ruppe il silenzio andatosi a creare in quella città oramai distrutta, il rumore dei passi di un soldato che non aveva la benché minima intenzione di arrendersi. Loraymo si scrollò di dosso la polvere, sollevandosi da un cumulo di macerie. Si portò una mano sotto la mascella lesa e contemplò le sue lunghe dita affilate sporcarsi del suo stesso sangue, sangue di un colore grigio quasi sul violetto. Che affronto! Come aveva osato quel bastardo di un saiyan colpirlo in quel modo? Il guerriero ringhiò, ringhiò gutturalmente e emanò dalle braccia un bagliore argentato, gelido come una notte d'inverno.
Tutti, su Namyoke, tremarono dal terrore. Tutti tranne Goku. Goku, oramai, non sapeva nemmeno più cosa fosse la paura. Si alzò piano sulle sue stesse gambe come un fantoccio manovrato da una marionetta, fissando il vuoto di fronte a sé come se fosse la sua più totale perversione. Non vide nulla, non sentì nulla e, per altro, non si accorse della cavalcata folle che Loraymo aveva iniziato puntando nella sua direzione. Non realizzò nemmeno quando, con tutta la forza che avesse in corpo, Loraymo lo colpì sullo zigomo restituendogli il danno infertogli qualche minuto prima.
Goku perse l'equilibrio e, con le gambe molli e il tono muscolare completamente piatto, fece qualche passo indietro contro voglia nel tentativo imbarazzante di rimanere in piedi. Non reagì, non contrattaccò e, anzi, si lasciò colpire di nuovo. Ripetutamente, deliberatamente, da una violenza sadica e pregna di malvagità.
«GOKU!» lo chiamò Kibitoshin assistendo incredulo a quella scena. Sembrava un fantoccio, un sacco da pugilato.
«Che c'è, scimmione? Non reagisci? Eh? REAGISCI!» lo provocò Loraymo, colpendolo alla bocca dello stomaco con le nocche dure, costringendolo a piegarsi in due per tossire sangue.
Ma Goku non reagì. Goku si lasciò colpire di nuovo, più forte, più forte ancora, impassibile come il fantasma del guerriero che era stato.
«Non c'è nemmeno gusto ad ucciderti. Sei patetico!» soffiò l'assassino nel suo orecchio, calciando la sua carcassa addosso ad altri nemici, rimasti fermi a godersi quella scena.
«GOKU, RIPRENDITI!» urlò nuovamente Kibitoshin, avanzando di un passo verso il suo amico, frenato però dal braccio robusto di un namecciano dall'aspetto nerboruto.
Per Goku, però, nulla aveva oramai più senso. Si sarebbe lasciato uccidere una volta per tutte, così forse le sue sofferenze si sarebbero finalmente alleviate insieme al senso di colpa che divorava come un cancro ogni cellula del suo corpo.
Sentì i passi di Loraymo farsi sempre più vicini, sempre più minacciosi, fin quando non lo vide affacciarsi sopra di lui attraverso i suoi occhi ancora velati dalle lacrime. Percepì il gelo sulla sua pelle, ma non gli diede più nemmeno fastidio. Ammirò la sfera di energia azzurra come il cielo farsi largo tra le sue mani color argento e si preparò a ricevere la giusta condanna divina. La punizione per non essere riuscito a proteggere le persone che amava, il giusto castigo per essere stato ancora una volta un mero egoista.
Ma, non appena egli chiuse gli occhi sperando che fosse per sempre, una voce severa e squillante rimbombò nella sua mente, un ricordo. Una memoria. Una promessa.
“Leh'a na riha, shii ume'krah na noolu ik la'ahe yno shan oolu rah. Rendi onore alla tua specie, affronta la morte a testa alta ma combatti per poter vivere in eterno”.
La promessa dei guerrieri saiyan. La promessa che aveva fatto a Vegeta quella notte, nel deserto ove si erano incontrati per la prima volta e nel quale anni dopo si erano promessi di non arrendersi mai alla ferocia dei Draghi. La sua voce risuonò come un martello pneumatico, una sveglia, un defibrillatore, una ventata di aria calda, bollente. E, finalmente, Goku aprì le palpebre.

Con una mano afferrò il collo del suo aguzzino, facendogli morire in gola quelle parole sprezzanti che gli aveva vomitato addosso fino a quel momento. Strinse forte le dita intorno alla sua giugulare, con il volto contratto e gli occhi spalancati. Si illuminò di rabbia pura, rabbia accecante, la collera più distruttiva che avesse mai provato in vita sua. Le ultime due lacrime, che scivolando via dagli occhi avevano rigato le sue gote ambrate, evaporarono mischiandosi all'ossigeno.
Loraymo, rimasto di stucco, gli afferrò il braccio e, con uno scatto, lo sollevò da terra per lanciarlo in aria. Ma Goku, quella volta, non si lasciò manovrare. Goku contrattaccò. I suoi capelli sbarazzini si allungarono di nuovo, sotto la sua tuta color verde prato comparve la peluria magenta tipica del Super Saiyan di quarto livello e i suoi occhi luccicarono di ambra preziosa.
Altri nemici intervennero in quel duello all'ultimo sangue ma, al solo contatto con l'aura infuocata del saiyan, la loro pelle si sciolse. Urla di dolore, odore di morte.
Il ghiaccio e il fuoco, il bene e il male. L'eterna lotta dell'umanità, la piaga dell'universo. Si spinsero in alto, oltre le nuvole e vicino alle stelle. Increspature nell'atmosfera, atomi e distruzione. Uno scontro tra titani, una lotta al pari delle forze.
Specchio contro specchio, ogni pugno ricevuto era un pugno recapitato al mittente, ma il solo sfiorare la pelle congelata del guerriero dei Draghi causava a Goku un senso di vomito, di nausea. Lo odiava. Lo detestava, provava disgusto nei suoi confronti. Lui che gli aveva portato via la cosa più preziosa che avesse, lui che si era permesso di ridere della morte del suo re.
Ma, più di tutto, provò rabbia nei confronti di se stesso. Perché nonostante l'ira, nonostante la furia, nonostante desiderasse far crepare quel viscido bastardo più di ogni cosa al mondo, proprio non riusciva a essergli superiore. Perché, dopo trenta minuti di vibrante battaglia, nessuno dei due guerrieri aveva ancora prevaricato sull'altro. Loraymo, in fin dei conti, era l'essere più forte di tutti gli universi, e Goku era da solo. Solo per davvero.
Egli chiuse gli occhi abbagliato da quelli freddissimi del suo antagonista, percependo un vuoto d'aria talmente asfissiante da provocargli le palpitazioni. Solo. Con il cuore in frantumi e l'unico grande desiderio che tutto finisse. Goku si immerse nel blu della notte e caricò tra i palmi delle mani graffiate l'onda energetica la quale, luminosa e iridescente, si andò a scontrare contro il raggio gelato del nemico.
Solo. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tornare indietro nel tempo, pur di dire a se stesso di non partire per la Dimora dei Draghi. Prendere a pugni quel ragazzetto incosciente e immaturo pur di impedirgli di abbandonare la Terra. Con gli occhi chiusi e le mani tremanti di energia pura, sorrise. Quante cose sarebbero andate diversamente se avesse compiuto quella scelta più saggia.
Avrebbe potuto ridere con Crilin fino alla fine, fino a quando non sarebbe giunta la sua ora. Si sarebbe goduto l'affetto dei suoi figli, avrebbe reso sua moglie una donna più felice. Avrebbe potuto partecipare al matrimonio della sua Pan, sarebbe stato lui a dire a Gohan di stare tranquillo. Sarebbe rimasto accanto a Bulma fino alla fine come ella avrebbe desiderato, avrebbe aiutato Vegeta a condividere almeno un po' del suo dolore. Forse sarebbe riuscito a impedire a Yamcha di appendersi con una corda intorno al collo. Magari avrebbe convinto Eva a presentarsi a tutti gli altri in un'occasione migliore. Sicuramente avrebbe impedito a Goten di fare quella grandissima cavolata con Bra, rovinando così i suoi rapporti con Trunks e famiglia. Avrebbe assistito alla nascita del suo nipotino, sarebbe stato accanto a sua moglie nella vecchiaia e avrebbe partecipato a quel maledettissimo funerale senza doversi nascondere. Forse non si sarebbe mai avvicinato a Vegeta, forse non sarebbe mai riuscito a farsi amare, forse non sarebbe maturato a tal punto da piacergli tuttavia, se tutto quel film che la sua mente aveva prodotto fosse stata la realtà... Vegeta sarebbe stato ancora vivo.
Ma quella, purtroppo, non era la realtà. Perché quando Goku riaprì gli occhi velati di lacrime si trovava ancora sul pianeta Namyoke, le sue mani stavano ancora producendo l'onda energetica che avrebbe decretato la sua disfatta o la sua vittoria e, soprattutto, il principe dei saiyan non c'era più, e lui era solo. Perché se Vegeta fosse stato insieme a lui, a quell'ora Loraymo sarebbe già stato un cumulo di cenere proprio come il Drago Superiore. Ma Vegeta non era con lui, e gli Dei solo potevano sapere quanto quel peso lo stesse divorando.

Loraymo urlò di rabbia, respingendo sempre di più quella devastante onda energetica al mittente il quale, soggiogato un'altra volta dall'eco della disperazione, stava soffocando sempre di più la sua aura. Le stelle e le lune brillarono, luccicarono tramite il riflesso di quei due fasci di energia che, collidendo l'uno contro l'altro, crearono scintille come comete.
Il raggio gelato di Loraymo però, man mano che l'orologio avanzava repentino e inesorabile verso il nuovo giorno, risultava sempre più denso, sempre più forte, sempre più vicino al Super Saiyan. Goku, stremato, guardò le proprie mani assumere un colore tendente al viola. Era troppo, troppo debole in confronto a quel mostro; neppure il Super Saiyan di quarto livello avrebbe potuto niente contro un nemico di tale portata. Altre lacrime salate gli bagnarono il volto, lacrime di rabbia e dolore, lacrime che gli causarono allucinazioni perché, proprio dritto di fronte sé, immerso nel suo stesso raggio di energia, il volto di Vegeta apparve confondendosi con quei fulmini. Un Vegeta più giovane, un ragazzino, lo stesso ragazzino che su Namek era stato ucciso per mano di Freezer. La voce nella sua testa parlò di nuovo, esattamente come quella volta.
Vendicami” disse quell'ologramma, quell'illusione ottica che, con un battito di ciglia, scomparve.
Goku strinse i denti, martoriato dalla pena provocata da quell'immagine così evanescente. Quanto dolore poteva provare essere un umano? Strizzò gli occhi, liberando altri diamanti. Aveva bisogno di lui. Come avrebbe potuto farcela da solo?
Era arrabbiato, tremendamente arrabbiato. Con se stesso, con Loraymo, con i draghi, con la vita e l'intero universo. Una rabbia così crescente, così divampante, così difficile da lasciare uscire dal proprio corpo. Urlò, e il suo grido di rabbia risuonò per tutto quel pianeta e morì solo ai confini dell'universo.
Le sue mani tremarono, la sua aura aumentò. Vendicami, aveva detto quella voce. La sua voce, la voce che gli aveva dato conforto nei momenti più difficili, la voce che aveva saputo guidarlo nelle scelte, nelle difficoltà. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riuscire a vendicarlo, pur di avere almeno un briciolo della sua forza tra le mani per uccidere il suo assassino, anche se questo non l'avrebbe riportato indietro.
Vendicami” tuonò nuovamente la voce, quella volta più forte, quasi come se impartisse lui un ordine. Goku spinse più forte il raggio di energia con le mani.

E, in quel momento, accadde un miracolo. Qualcosa di inspiegabile con la fisica, la matematica, la scienza. Perché Goku la sentì veramente tra le mani quella forza, l'energia di Vegeta. La percepì nelle sue cellule, tra le ossa. Spinse più forte, urlando ancor di più, caricandosi di quell'energia proveniente da chissà quale crepa nello spazio e nel tempo.
Nulla aveva senso, ma il Kaiohshin aveva smesso di ponderare quale fosse il senso delle cose già da secoli immemori e, se gliel'avessero solo raccontato, non ci avrebbe mai creduto. Perché, con quell'urlo assordante, Kibitoshin giurò di veder mutare l'aspetto del Super Saiyan di quarto livello. Con gli occhi sgranati e la testa rivolta verso l'alto, lassù dove il pulviscolo e le stelle brillavano, non riuscì più a vedere Goku, non solo.
I capelli del Super Saiyan, a intermittenza, si tinsero di un rosso scarlatto; i suoi occhi, fino a poco prima ambrati e cerchiati di rosso, assunsero una sfumatura preziosa come il mare dei tropici. E quel volto, quel volto contratto dallo sforzo immane non era più solamente il suo. Inspiegabile, imponderabile.
Forse nella memoria del suo DNA, nelle sue cellule, nel suo cuore, l'unione inscindibile con il principe dei saiyan aveva lasciato un segno indelebile. Forse quella memoria era stata sufficiente per mantenere in vita la sua energia, il suo ricordo. Perché non ci sarebbe stata altra spiegazione al fatto che, ove prima c'era solamente Goku, per qualche breve attimo comparve Gogeta.
La voce di Vegeta risuonò in quel ricordo non molto lontano, il ricordo di quel promontorio prima di quell'ultima battaglia. E Goku non si sentì più solo, perché la forza del principe dei saiyan era tra le sue mani, sulla sua pelle, scorreva nelle sue vene e ardeva all'unisono con la sua energia.
«INSIEME!»

Finalmente, con una sonora esplosione e un grido assordante, l'onda energetica si illuminò d'oro e argento, ingrossandosi, gonfiandosi, caricandosi di fulmini e scintille più vivide. Il cielo blu della notte venne spezzato a metà da luci, colori, suoni al di fuori del suo tranquillo riposare.
Gli occhi di Loraymo, prima spalancati dallo stupore, si strinsero per accogliere quella forza mistica, quell'energia incredibile frutto di un miracolo al limite del divino. Impossibile trattenerla, impossibile contrastarla. Si lasciò investire in pieno, gridando bestemmie impronunciabili e perdendo completamente il senno, ma non morì. Rimase ustionato gravemente, uno dei suoi lunghi arti fu completamente carbonizzato, i lunghi capelli blu lisci come quelli di un unicorno presero completamente fuoco, le decine e decine di diamanti incastonati sulla sua ampia fronte si spezzarono. Rimase sospeso a mezz'aria per qualche secondo, prima di lasciarsi cadere schiacciato dalla gravità di Namyoke. Precipitò per qualche metro con la bocca storta e metà del corpo completamente arso dall'onda energetica, ma una forza bruta arrestò la sua corsa verso il terreno.
Goku lo afferrò nuovamente per il collo stringendo le dita adunche attorno a esso e, con un riflesso azzurro nei suoi occhi ambrati, decretò con un sussurro la fine di quella lunga, epica partita.
«Insieme.»
Loraymo non fece nemmeno in tempo a contrattaccare. Era troppo debole e troppo frastornato dall'accaduto per comprendere che il suo aguzzino aveva riservato lui la stessa pena inflitta al valoroso principe della specie saiyan. E, quando Goku estrasse il braccio dal suo ampio torace, Loraymo aveva già smesso di respirare per sempre.
La guerra era finita, finita per davvero. Ma, nonostante ciò, non vi era stata alcuna vittoria. Niente da festeggiare, nessuna gioia, nessuna felicità per coloro che erano sopravvissuti.
Perché il loro re era morto, e non ci sarebbe stato più alcun drago a riportarlo in vita.
Mai più.


 
Continua...



ANGOLO AUTRICE:
Mi prendo qui e adesso le mie responsabilità. Insultatemi fin che vi pare e piace, ma vi chiedo un favore: non abbandonate la storia adesso. Mancano ancora non uno, ma ben DUE capitoli molto lunghi.
E si sa, tutto può accadere.
Sarà il gran finale, diviso appunto in due capitoli separati perché troppo lungo. Ripeto: tutto può accadere. Ma proprio tutto.
Non dirò altro, non mi soffermerò oltre perché, solo a rileggere questo capitolo, ho pianto dall'inizio alla fine. Poi con la colonna sonora dei Queen... T______T aiuto.

Non dimenticatevi di seguire la pagina Instagram di Giosuè Graci (@giosu.g) https://www.instagram.com/giosu.g/?hl=it per riguardare tutti gli splendidi disegni che mi ha regalato per questa storia! (Grazie caro, grazie, grazie, grazie).

A domenica! Siete pronti?
Eevaa-chan

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Capitolo 75
*** Epilogo, parte I : La fine ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 75 - EPILOGO, PARTE I : LA FINE

 



And after the storm,
I run and run as the rains come and I look up
Night has always pushed up day
And I took you by the hand, and we stood tall,
And remembered our own land, what we lived for.
Well I guess I'll just go home, or God knows where.
Because death is just so full and man so small.
Well I'm scared of what's behind and what's before.

And there will come a time, you'll see, with no more tears.
And love will not break your heart, but dismiss your fears.


After the storm: http://https://www.youtube.com/watch?v=SWYG7lZBc6U



 
Il corpo esanime di Loraymo cadde prono con un tonfo sul ciottolato di quell'immensa città distrutta. Tutti i nemici, terrorizzati, guardarono l'artefice di quell'omicidio atterrare lento, con i piedi leggermente divaricati e il volto impolverato rivolto verso il basso. Neanche il più sciocco, temerario e piantagrane dei nemici si sarebbe mai sognato di mettersi contro di lui, contro quel guerriero dalla lunga coda magenta e i muscoli ancora gonfi e contratti dallo scontro. Scapparono, scapparono tutti a gambe levate come formiche operaie, fuggirono lontano senza mai più guardarsi indietro. Ci avrebbe pensato il Regno degli Inferi, una volta morti, a dare un giudizio alla loro colpevolezza.
Goku atterrò a piè pari di fronte a Kibitoshin il quale, ancora frastornato e incredulo per l'accaduto, rivolse al ragazzo un mesto sorriso.
«Ce l'hai fatta, Goku! È finita» enunciò la divinità, rabboccando quel silenzio con parole forse inutili, forse scontate.
Tuttavia Goku parve tutto fuorché gioioso della propria vittoria e, lasciando sciogliere la propria trasformazione, nascose il volto dietro a un ciuffo di capelli d'ebano.
«No... non ce l'ho fatta a fare proprio un bel niente» sbiascicò, con le labbra troppo secche e il sudore misto a sangue che gli ricadeva sulle tempie, inginocchiandosi poi senza controllare i propri movimenti stanchi. Il corpo del principe dei saiyan, adagiato al terreno al loro fianco, era freddo e immobile.
Le sue labbra avevano iniziato a perdere colore divenendo pallide e violacee. Il sangue, sgorgato a fiotti dal suo torace, si era oramai seccato. Nonostante ciò il suo viso era così disteso e regale da sembrare semplicemente assopito. Sembrava che dormisse.
«Non ce l'ho fatta» ripeté Goku. Prese tra dita la mano pallida del principe, portandosela sul viso come per nascondervici dentro tutte quelle lacrime che non stava più riuscendo a trattenere.
No che non ce l'aveva fatta! Non era riuscito a proteggerlo, non era riuscito a portare la pace sulla Terra senza che i suoi amici ci rimettessero la vita. Quante morti avrebbero dovuto contare ora che la battaglia era finalmente giunta al termine? Quante persone si erano sacrificate per il suo desiderio di tornare a vivere una vita che forse non meritava? E, soprattutto, che vita avrebbe potuto vivere, da quel giorno? Ora che la persona che aveva dato lui quella possibilità non c'era più, come avrebbe fatto a continuare a esistere?
Si cullò avanti e indietro, respirando attraverso alla mano del principe e domandandosi per quanto tempo ancora avrebbe avuto lacrime da versare.

 
 
•••

«Certo che sei proprio un mentecatto!»
«Ma che ho fatto, stavolta?»
«Niente, avevo solo voglia di dirtelo».
Goku corrucciò le sopracciglia, offeso, ma Vegeta non riuscì a fare a meno di sorridere compiaciuto per essere riuscito nel suo intento.
«Sei antipatico, lo sai?» Goku si lagnò e sollevò a malapena il capo per incrociare lo sguardo del principe.
«Se ti sto così antipatico allora levati dal mio petto» fece notare lui, rispondendo ai suoi occhi con una certa sufficienza.
«No, dai! Ancora cinque minuti!»
Goku si accoccolò nuovamente con la testa sul pettorale segnato dalle cicatrici del principe dei saiyan. La luna fuori dalla finestra dell'appartamento sorrideva solo a metà. La brezza del temporale estivo appena concluso fece rabbrividire i due uomini avvolti a malapena da un lenzuolo bianco.
«Mentecatto e pure incoerente...» sospirò Vegeta, scuotendo la testa, domandandosi per quanto tempo avrebbe retto a quello scempio disumano che i terrestri nominavano “coccole post amplesso”. Quelle sdolcinatezze non facevano assolutamente per lui, men che meno con quello scarto di terza classe. Eppure, doveva ammetterlo, trovava il suo calore quasi rilassante.
«La smetterai mai di insultarmi?» domandò Goku, ancora con il broncio.
«Quando passerò a miglior vita, forse» rispose Vegeta sorridendo impercettibilmente nella speranza di non essere visto.

 
 
•••
 

Quella notte di appena una settimana prima, però, Goku l'aveva visto sorridere eccome. L'aveva visto e il solo ricordo di quella frase, di quel sorriso, lo fece tremare dal dolore. Perché in quel momento avrebbe dato l'anima al diavolo pur di sentirlo di nuovo elargire insulti verso la sua persona; perché solo il pensiero di non poter udire più la parola “idiota” pronunciata dalle sue labbra fece salire in lui un conato di vomito.
Lasciò andare la mano del principe, facendo così cadere delicatamente il suo braccio sulle ginocchia stanche. Ripensò di nuovo a quella notte, a tutte le notti trascorse sulla Terra insieme a lui. A tutti gli allenamenti, a tutte le parole, alla vita insita in quello sguardo, alla grazia che il cielo gli aveva concesso per riuscire ad amare e farsi amare. Ma che senso aveva avuto, allora, se poi il destino aveva voluto strapparglielo dalle mani? Che senso aveva avuto volergli mostrare la completezza, la gioia, un mondo perfetto se poi quel mondo non sarebbe più potuto esistere?
Aprì gli occhi e lo vide di nuovo, fermo, immobile, freddo. E pensare che la mattina prima si erano svegliati su quel divano, promettendosi che avrebbero passato l'eternità a combattere insieme. Che avrebbero provato a essere una famiglia. Goku ringhiò, ma debolmente; non riusciva nemmeno più a essere arrabbiato. Sarebbe stato fin troppo facile ma fin troppo ingiusto prendersela con gli Dei per ciò che era successo.
«Goku, dobbiamo tornare sulla Terra... te la senti?» mormorò Kibitoshin.
Posò una mano sulla spalla del suo alleato il quale, senza alzare la testa né lo sguardo, sollevò le spalle affranto.
Era giunto il momento di tornare a casa, dai suoi figli, dai suoi nipoti e spiegare loro di come aveva fallito, di come non era riuscito a salvare il loro re.


Ma, quando le tre figure atterrarono insieme sul freddo terreno di quel ghiacciaio quasi sciolto, Goku non dovette spiegare proprio niente. Loro avevano già appreso tutto.
Kaiohshin il Sommo era giunto sulla Terra insieme a tutti coloro che, ospiti, erano approdati nell'Aldilà pur nonostante fossero persone vive e in carne ed ossa e, con estrema pacatezza e sincero dispiacere, aveva annunciato ai combattenti della squadra Z quella grave perdita.
Sapevano. Sapevano ma, nonostante ciò, sussulti e urla isteriche fecero eco tra le montagne appuntite del Nord non appena il corpo senza vita del principe dei saiyan apparve in quella vallata, accompagnato da Kibitoshin e ciò che rimaneva di uno dei combattenti più forti di tutte le galassie: uno spettro dalle sembianze di Goku.
«Nonno!» strillò Goku Jr, sgusciando dalle braccia protettive del padre per correre nella loro direzione. Inutili furono i tentativi da parte Trunks di frenarlo, inutile perché anch'egli iniziò a camminare con passi pesanti e il respiro mozzato verso i due saiyan e la divinità.
«NONNOOOOO!» continuò a urlare il piccolo, strattonando il suo amato nonno per la canottiera nera mentre Trunks, devastato, cadde anch'egli con le ginocchia accanto al corpo di suo padre. Quante lacrime avrebbe potuto versare, ancora? Aveva già perso sua moglie poche settimane prima, pensava di averle già esaurite. 
Bra, invece, tremò a qualche metro di distanza. Appena aveva appreso della morte del suo adorato papà non aveva potuto fare a meno di provare un sentimento di odio, di ribrezzo e di vendetta nei confronti di Goku. Perché Bra, nelle difficoltà, era l'esatta fotocopia di Vegeta: era impulsiva, feroce, tenace, si lasciava guidare dall'istinto e l'orgoglio. Era più che intenzionata a vomitare addosso a Goku tutto il proprio odio, era sicura che trovare un capro espiatorio alla morte del principe l'avrebbe fatta stare meglio, ma così non fu. Perché, nell'esatto secondo in cui posò i propri occhi sul volto contratto di Goku, si impietrì.
In vita sua aveva potuto contemplare quel dolore una sola volta. Il viso di Goku, lo strazio che mostrava attraverso i suoi occhi, era esattamente lo stesso mostrato da Vegeta alla morte di Bulma. Una pena troppo intensa e opprimente per essere nascosta. Bra non se la sentì di infierire. Non se la sentì di scaricare altro dolore su quell'uomo che era evidente fosse sull'orlo di soffocare dalla disperazione e così, sola e senza nessuno addosso al quale sfogare tutta la sua rabbia, si accese di luce dorata facendo tremare quella terra già sconnessa fino a quando, stremata, si lasciò andare in un pianto disperato tra due braccia conosciute e sconosciute allo stesso tempo: quelle di Mirai Trunks. Suo fratello, anche se di un'altra epoca. Egli soffocò un singhiozzo tra i capelli di quella sorella che non aveva mai conosciuto, tentando di sopprimere il dolore per la perdita dell'unico padre che, al contrario, aveva avuto modo di conoscere.
Eva e Alphonse, appena di fianco, non tentarono nemmeno di trattenere la loro figlioletta. Sapevano bene che, seppur l'avesse conosciuto poche settimane prima, Martha si era affezionata davvero tanto a Vegeta. E chi più di lei avrebbe potuto infondere la forza necessaria a Goku Jr per poter andare avanti? Chi più della sua nuova amica con la quale aveva condiviso l'avventura più pericolosa delle loro vite? Martha si inginocchiò a fianco all'amichetto, prendendogli una mano e stringendola più forte che poté.
Gohan e Goten, senza pensarci due volte, si affiancarono a loro padre nel tentativo di consolarlo, di dirgli qualcosa, ma qualsiasi tentativo risultò vano: Goku non riuscì nemmeno a rispondere; non erano nemmeno certi che li sentisse. Se ne stava lì, imbambolato a fissare il vuoto di fronte a sé, specchio di ciò che aveva dentro. Le luci rosse e arancioni dell'alba del nuovo giorno si rifletterono sul suo viso pallido e stanco, il sorgere del sole era oramai prossimo. Ma, nonostante il cielo completamente terso, pioggia incessante rigò i volti di tutti i presenti su quell'altipiano.
Nessuno, tra i presenti, riuscì a mascherare il proprio dispiacere. Persino i due androidi gemelli - i quali non avevano mai manifestato simpatia alcuna dei confronti del principe dei saiyan - non riuscirono a dimostrarsi indifferenti di fronte al pianto incessante di Goku Jr.
E Junior, che negli anni non aveva potuto fare a meno di rivalutare quella testa calda di Vegeta, fu parecchio scosso dall'accaduto. Vegeta era l'ultima persona che avrebbe voluto trovare nell'Aldilà, ora che il suo tempo sulla Terra era oramai scaduto.
Tutti i civili, tutti i namecciani, tutti i combattenti della Dimora dei Draghi che avevano scelto di passare alla fazione dei buoni tacquero, commossi e completamente inermi di fronte a cotanta tristezza. Si concessero quindici lunghi minuti per piangere l'ultimo re dei saiyan purosangue, si concessero quel tempo per poter realizzare che tutto ciò non fosse un terribile incubo, sperando in un miracolo o una magia. Ma quella non era affatto una favola a lieto fine, “e vissero per sempre felici e contenti” sarebbe rimasta solo una sciocca fiaba per bambini.
«Papà» mormorò Goten, costringendosi a fare qualcosa di più concreto per quell'uomo che non era affatto abituato a vedere in quello stato. «Papà, ti prego... dì qualcosa».
Cosa dire? Cosa diamine avrebbero voluto sentirgli dire, tutti? I dettagli di com'era successo? Com'erano andate le cose? O forse già sapevano tutto? Che senso avrebbe avuto portare avanti quello strazio? Lui... lui avrebbe solo voluto dormire. Dormire e non svegliarsi.
«Darei la mia vita pur di riportarlo indietro» disse quindi Goku. 
Gohan e Goten, increduli, si ammutolirono definitivamente. 
Kibitoshin, rimasto in disparte insieme al vecchio Sommo, spalancò gli occhi all'udire di quella frase. Non era mai stato certo di come funzionassero le relazione umane, non aveva mai compreso a fondo i sentimenti. A differenza di alcuni esponenti divini, lui aveva sempre vissuto nel mondo degli Dei. Da quanto ricordava era sempre stato estraneo a quel tipo di pensiero ma, in quel frangente, accadde qualcosa che mai si sarebbe aspettato succedesse: mai prima di allora, nella sua vita, aveva sentito il bruciore di una lacrima rigargli la pelle nivea.


Un raggio di sole si fece strada tra le vette aguzze di quelle montagne ancora innevate, colpendo irriverente il volto di Goku. E, proprio in quel frangente, egli si risvegliò dallo stato comatoso nel quale era immerso.
Il nuovo giorno era sorto, il giorno più triste della sua vita era iniziato per davvero. Posò i suoi occhi arrossati sulla figura del principe, sulle sue labbra viola, sul pallido volto una volta ambrato e, come guidato da una forza a lui estranea, capì cosa avrebbe dovuto fare in quel momento. In fondo lo aveva già fatto una volta, anche se a quel tempo era stato molto diverso, molto meno doloroso di così. Goku ripensò a quel giorno, su Namek. Il giorno in cui aveva preso il corpo di Vegeta e l'aveva messo in una fossa.
Quel giorno... quel giorno era tornato. Avrebbe dovuto farlo lui, lui e nessun altro. Per onorare quel ricordo, per onorare la memoria del soldato più coraggioso che avesse mai conosciuto, per onorare il suo rivale, alleato, amico, fratello. Nessuno avrebbe toccato quel corpo, nessuno lo avrebbe messo in una bara laccata di nero. Non avrebbe permesso a nessuno di oltraggiare la memoria dell'uomo migliore che la vita gli avesse fatto incontrare.
Decise che quello, quel luogo dove si erano guardati e avevano combattuto valorosamente insieme a tutta la loro stirpe, sarebbe stato il luogo in cui Vegeta avrebbe giaciuto per sempre. Lontano dalle città, lontano da qualunque passante che, casualmente, avrebbe potuto posare lo sguardo su una sua fotografia negli anni sempre più ingiallita.
Così, con un macigno nel petto e la mente ancora offuscata dalla pena, Goku prese il corpo del principe dei saiyan tra le sue braccia proprio come quel giorno, su Namek. E, proprio come su Namek, Goku causò una forte esplosione a qualche metro di distanza solo con l'ausilio dello sguardo. Tutti in quel momento sussultarono e piansero tutte le loro lacrime quando, con passi lenti e solenni, Goku si avviò con il corpo freddo di Vegeta tra le braccia, di spalle, verso quella fossa. Sussurri, singhiozzi. No, non era giusto, non era assolutamente giusto.

Goku si accovacciò sul bordo di quel fossato poco profondo, scavato tra ciò che rimaneva della neve fresca sotto il pendio di quella splendida, meravigliosa e altissima montagna. Rimase fermo, immobile per qualche secondo a osservare il cielo terso e oramai divenuto azzurro, poi abbassò il proprio sguardo per posarlo un'ultima volta su quel volto disteso.
Ripensò ancora una volta alla loro vita, a quanto fosse stata incredibile ed appassionante. Ripensò a tutte le loro avventure e a quanto fosse terribile e ingiusto che fossero finite lì, quella notte, quell'orrenda e straziante notte d'inizio estate. Ricordò quei giorni trascorsi insieme, ricordò le notti, gli sguardi, il momento in cui aveva capito che le cose tra di loro erano mutate. Ripensò al primo bacio che gli aveva rubato sul pianeta satellite all'ombra di una pianta color amaranto, allo spintone che di conseguenza si era preso. Ripensò al giorno in cui si erano spogliati di ogni veste e principio per seguire l'istinto, l'istinto che li aveva guidati l'uno verso l'altro, l'uno contro l'altro.
E, se aveva pensato di non poter avere più lacrime, si era sbagliato di grosso. Pianse ancora, accarezzando il volto freddo e duro di Vegeta, appoggiando poi la fronte sudata contro la sua. Rise per un momento pensando che, se egli lo stesse guardando dall'Aldilà, probabilmente avrebbe voluto prenderlo a pugni in faccia per ciò che stava facendo a pochi metri dalle loro famiglie. Ed effettivamente le loro famiglie erano lì, poco distanti, che tra le lacrime e il dolore si domandavano fino a che punto quei due saiyan si fossero avvicinati l'un l'altro per causare una pena così grande a colui che era rimasto in vita.
Ma non poteva farci niente, Goku, perché quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe potuto toccare quel volto bello e dannato. Sarebbe stata l'ultima volta e, cielo, faceva tremendamente male.
Tuttavia si ricordò di una cosa, una cosa importante che avrebbe dovuto fare prima di posare il corpo esanime del principe in quella fossa. Una cosa che avrebbe voluto e avrebbe dovuto dire molto prima, ma che non era riuscito a sussurrargli quando gli occhi di Vegeta erano ancora aperti e si riflettevano nei suoi.
E così, posando delicatamente le labbra sulla fronte del principe dei saiyan, non riuscì a trattenersi dal singhiozzare prima di pronunciare quelle parole che avrebbe voluto che sentisse.
«Ti ho amato... più di quanto immaginassi» sussurrò Goku, chiudendo gli occhi. Singhiozzò di nuovo, straziato. Non riusciva... non riusciva a lasciarlo andare. Come diavolo avrebbe fatto a lasciarlo andare?
Sentì il proprio cuore cadere e ridursi in frantumi di nuovo, ancora e ancora quando, con gli occhi ancora chiusi, staccò le proprie labbra dalla sua fronte e ci si poggiò contro con la sua, inspirando il suo profumo per l'ultima volta. L'ultima...
«...anche io, idiota. Ma non ti azzardare a mettermi di nuovo in una lurida fossa!»

Goku sbarrò gli occhi, esterrefatto, trattenendo a fondo il respiro. Possibile che fosse impazzito a tal punto da avere allucinazioni uditive?
Alzò il volto piano, lentamente, trovandosi faccia a faccia con qualcosa che mai, mai si sarebbe aspettato di vedere: i suoi occhi.
I suoi occhi neri, aperti, forse un po' stanchi, ma sorridenti. Un ghigno beffardo su un volto che, timidamente, iniziò a riprendere colore. Due labbra viola che, piano piano, iniziarono a tingersi di nuovo di rosso; le ferite che, sempre più veloci, si rimarginarono. Un cuore forte, assordante, che era tornato a palpitare nel suo torace.
E Goku, con la bocca completamente spalancata e un esplosione a livello del petto, non riuscì assolutamente a trattenere il proprio istinto. Si fiondò addosso.
«VEGETA!» urlò con voce limpida e il viso nuovamente tornato a risplendere, ribaltando se stesso e sua maestà proprio nella buca dentro alla quale quel disgraziato non sarebbe affatto dovuto finire.
Gli occhi di tutti si sgranarono e, non comprendendo cosa diamine stesse accadendo, iniziarono a correre nella loro direzione tutti insieme.
Proprio come durante il loro primo abbraccio, Vegeta si ritrovò schiacciato sotto il dolce peso di quell'inutile terza classe il quale, ridendo a crepapelle e piangendo dalla commozione, lo strinse fin troppo violentemente.
«Vegeta! Sei tornato!» singhiozzò Goku. «Sei tornato!»
«Kaarot, ma che stai facendo, razza di citrullo!? Spostati! Così mi soffochi! Alzati immediatamente o ti giuro che-»
«PAPÀ!» urlarono Trunks e Bra, con il cuore in gola e lo stomaco che aveva iniziato a fare le capriole, fiondandosi anch'essi addosso a Vegeta.
«NONNO! NONNO!» esultò il piccolo Goku Jr il quale, scavalcando goffamente il corpo del suo bisnonno Goku, si fiondò sul volto del principe e si strinse forte guancia a guancia con lui il quale, imbarazzato e frastornato, divenne rosso come un pomodoro. Pochi secondi dopo, alle loro spalle, apparvero tutti i protagonisti di quell'incessante battaglia, festosi e acclamanti nel comprendere che sì, incredibilmente, il re dei saiyan era tornato a vivere.
«Dannazione, lasciatemi! Levatevi di torno! Ricordatevi che io sono pur sempre il pri - »
«Il principe dei saiyan, lo sappiamo» cantilenarono in coro tutti i presenti, lasciando finalmente il povero Vegeta libero di alzarsi da solo sulle proprie gambe.
Ed egli, incredulo tanto quanto gli altri, sorrise. Sorrise e non si nascose. Una volta nessuno avrebbe pianto la sua morte, una volta nessuno avrebbe esultato e si sarebbe commosso nel vederlo ritornare in vita, mentre in quel momento decine e decine di persone erano lì, accerchiate intorno a lui, splendenti e con la gioia nel petto nel vederlo ritornare indietro. Si sentì apprezzato e amato come mai prima d'allora. Dopo aver accarezzato debolmente la folta chioma del suo nipotino volse uno sguardo verso il suo alleato, il suo rivale, colui che mai si sarebbe sognato di lasciare da solo. E cosa mai avrebbe potuto combinare uno sciocco come lui, da solo?!
Pensò che era fatta, era finita sul serio. Avevano vinto quella guerra e l'avevano fatto insieme. L'aveva visto dall'Aldilà e, per un attimo, aveva persino creduto di combattere accanto a lui, dentro di lui. Ma i suoi ricordi erano vaghi, confusi. Solo una cosa era certa: il luogo dov'era finito dopo aver lasciato il mondo terreno... non era di certo l'Inferno.
Goku sorrise di rimando, completamente rinvigorito, assolutamente sereno. Era stato solo un incubo, un brutto sogno. Il principe era lì, in carne e ossa, regale e beffardo come se lo ricordava.
«Ma... ma com'è possibile? Come hai fatto a tornare in vita?» domandò finalmente Gohan, esponendo un quesito che tutti su quell'altipiano si stavano ponendo senza potersi dare una risposta.
Vegeta corrucciò lo sguardo e incrociò le braccia al petto. Quella... quella sì che era una bella domanda! Le ultime cose che ricordava erano delle nuvole gialle, un immenso e infinito muro di mattoni a forma di serpente e l'innato istinto di correrci attraverso. E poi? E poi si era ritrovato tra le braccia di quello squinternato di Kaarot che gli inumidiva il volto con le sue lacrime sussurrandogli frasi smielate per le quali, più tardi, l'avrebbe pagata cara.
«Ecco io... io non lo s-» si sforzò di ricordare il principe, interrompendosi però alla vista di qualcosa che lo sorprese oltre ogni immaginazione. «KIBITOSHIN!»
Vegeta sbarrò gli occhi e indicò il Kaiohshin il quale, con le mani unite e un sorriso sghembo, rispose radioso allo sguardo di tutti i presenti, i quali si erano voltati di scatto nella sua direzione. E il Sommo, in quel momento, parve essere colto dal panico.
«M-MA M-A SEI IMP-PAZZITOOO!?» gridò il vecchio Kaiohshin. Prese per il colletto della tunica il suo sottoposto, costringendolo ad abbassare il capo alla sua stessa altezza per poter osservare meglio quel cerchio scintillante e dorato che da pochi minuti aveva iniziato a brillare sopra la sua testa.
Kibitoshin ridacchiò nervoso, portandosi una mano dietro il collo e massaggiandosi per stemperare la tensione.
«Ma cosa diavolo...» sussurrò Vegeta, con gli occhi sbarrati.
«Beh... io ho pensato che della vita me ne faccio ben poco, in realtà. Serve sicuramente più a te che a me» dichiarò. «Ho parlato con Re Yammer e mi ha concesso di fare una sorta di “scambio”, ecco. Essere un Kami ha i suoi privilegi! Sommo Kaiohshin, mi dispiace, penso che dovrà trovarsi un nuovo apprendista. Io rimarrò nel regno dei morti a sbrigare qualche faccenda per un po'. Ad esempio controllare che i contratti e accordi stipulati da Re Yammer non portino ad altri guai!»
Kaiohshin il Sommo, con gli occhi ancor più grandi del solito, rimase incredulo. Incredulo ma, al contempo, quasi felice. In fondo quei ragazzi se lo meritavano sul serio!
«La mia vita ora è tua» continuò Kibitoshin con un sorriso abbozzato, rivolgendosi a sua maestà. Per la prima volta nella sua lunga esistenza era stato in grado di comprendere i sentimenti umani, ed era stato contento così. La sua morte era stata indolore, molto più semplice del previsto. Non ci era voluto nemmeno così tanto tempo a convincere Re Yammer, probabilmente aveva già troppi sensi di colpa per aver concesso troppo ai Draghi per opporsi a una richiesta del genere. Egli aveva semplicemente depennato il nome di Vegeta dalla sua lista dei morti e aveva aggiunto il suo di fianco. Tutto qui!
«Ecco... io... io...» balbettò Vegeta, completamente rosso in viso. Tutto ciò aveva assolutamente dell'incredibile! Come avrebbe fatto a sdebitarsi per un gesto del genere? Come avrebbe fatto, visto che non era nemmeno in grado di dirgli la parola “grazie”? Una divinità che rinunciava al suo ruolo e alla sua vita solo per potergli dare la possibilità di vivere... tutto ciò non aveva senso! Non per lui! Non per ciò che era stato in passato.
«Non c'è di che, Vegeta. Tu hai salvato tutti noi. Insieme a Goku» concluse infine Kibitoshin, spostando la sua attenzione verso l'altro saiyan e i due rivali, di nuovo, si scambiarono un sorriso complice.
«Ma ora c'è da trovare un nuovo Kaiohshin che mi faccia compagnia! Io sono vecchio, d'altronde! C'è qualcuno tra questi buontemponi che ha voglia di seguire un addestramento speciale?» intervenne il Sommo squadrando uno ad uno i combattenti presenti sul campo di battaglia. Questi, spaventati, fecero un passo indietro ridacchiando fino a quando, timida, una voce acuta intervenne inaspettatamente.
«Ecco... io potrei provare. Non ho altro posto dove andare» si propose Juno, arricciando le labbra.
«Sicuro, Juno? Potresti rimanere qui con noi» gli propose Goku aggrottando le sopracciglia, un po' dispiaciuto. Quel ragazzo gli era sempre stato simpatico, era stato il suo unico vero amico nella Dimora dei Draghi e gli avrebbe fatto piacere passare del tempo insieme ad allenarsi ancora.
«No, grazie. La Torra mi piace, ma se avessi occasione di rendermi utile per un ruolo più alto mi farebbe piacere» insistette il ragazzo, colto alla sprovvista dal vecchio Kaiohshin, il quale iniziò a girargli intorno come una trottola per squadrarlo da capo a piedi con fare sospettoso.
Ma, infine, pronunciò il suo verdetto.
«Uhm. Sì, sembra che tu abbia un cuore puro e uno spirito di alto livello. Ti metterò alla prova!» disse il Sommo, continuando a muovere la testa con fare circospetto per osservare meglio quel ragazzo dai capelli arancione acceso. Juno, imbarazzato, cercò sicurezza nello sguardo di Kibitoshin il quale, però, rispose con una semplice alzata di spalle che, tradotta, aveva tutta l'aria di significare “ora sono cavoli tuoi”.
L'ilarità si scatenò tra i presenti. Risate di gioia, di felicità. Sorrisi puri, scambi di sguardi. Tutto era perfetto, il nuovo giorno era tornato a splendere caldo e nessuno avrebbe potuto immaginare un lieto fine migliore. Nessuno. Se non fosse stato per quel lieve colpo di tosse che, proveniente da poco lontano, fece rizzare le orecchie di tutti i presenti costringendoli a voltarsi.
Rimasero tutti a bocca aperta.


 
Continua...
 



ANGOLO AUTRICE:
Malfidenti! Adesso vi sgrido! Siete tutti dei malfidenti! XD e cosa pensavate? Che l'avrei lasciato morire così!? Il MIO principone!?
Suvvia, d'accordo che mi piace il dramma, d'accordo che mi conoscete e non sono sempre quella dei lieti fine, ma dopo tutta questa epopea non avrei potuto concluderla così male. Dai! Poveri piccioncini *-*
Ma dopo avervi sgridati (scherzo naturalmente), è il momento di fare grande festa: E' VIVOOOOOOO! VEGETA E' VIVOOOO! Allora... vi è scesa una lacrimuccia, vero? Insomma, fino all'ultimo era lì stecchito pronto a diventare concime per fiori e poi... YEEEEEEEE! E la cosa ancor più commovente è... che ha detto "anche io!" ! Gli ha confessato... CHE LO AMAAAAAAA!
Scusate, sono euforica. Non vi dico il mio stato mentale quando ho scritto questo capitolo... il mio fidanzato voleva chiamare la neuro. Però poi ha pianto come una fontana anche lui, quindi va bene così.
Ma, come avrete potuto notare, le avventure non sono ancora finite, ed un losco figuro è apparso dal nulla in mezzo alle montagne. CHI!? CHI E' CHE ROMPE I CO***ONI ANCORA!? Sarà un buono o un cattivo? Teorie? Azzardi? E sopratutto vi è piaciuto questo colpo di scena? Kibitoshin ha donato la sua vita proprio a Vegeta! Pazzesco!

Ebbene sì, miei cari, siamo giunti proprio alla fine. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, il gran finale di questa lunga saga. Armatevi di pazienza: ci saranno tante cose da dire e sarà un capitolo lungo ed intenso. Mi viene già da piangere al pensiero di pubblicare la parola fine ma, come vi ho già anticipato, ho un altro lavoro in corso che verrà pubblicato proprio settimana prossima, lo stesso giorno in cui pubblicherò questo epilogo.
Quindi, miei cari, vi saluto e ci vediamo qui puntuali il 7 di aprile! :)
Eevaa-chan
 

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Capitolo 76
*** Epilogo, parte II : L'inizio ***


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 76 - EPILOGO, PARTE II : L'INIZIO

 


You saw my pain, washed out in the rain
But you saw no fault no cracks in my heart
The ghosts that we knew will flicker from view
And we'll live a long life
So give me hope in the darkness that I will see the light
Cause oh they gave me such a fright
But I will hold as long as you like
Just promise me we'll be alright


Ghosts that we knew: https://www.youtube.com/watch?v=IUVCISbpHuE




 
La vita è piena di sorprese. Alcune gradite, altre meno. Ma la caratteristica peculiare delle sorprese è che, appunto, sono inaspettate.
Ventiquattrore prima, sullo stesso promontorio, nessuno si sarebbe mai immaginato cosa si sarebbe susseguito all'attacco di Gohan nei confronti di Goku. Un repentino incalzare di eventi disparati, tragici ma anche piacevoli, lotte al limite dell'inverosimile, scontri titanici in grado di mettere a dura prova l'integrità di quel gruppo di persone legate da un unico e vero scopo: vincere. Vincere e difendere la loro pace.
E se arrivati a quel punto gli eroi della Terra avevano iniziato a pensare che non avrebbero più potuto sorprendersi di niente, si accorsero velocemente che si erano sbagliati di grosso. Perché la meravigliosa sorpresa di vedere il principe dei saiyan rialzarsi in piedi dopo la morte non era stata affatto l'ultima.
«Ah! Mi sono dimenticato di dirvi che, essendo il mio corpo composto dalla fusione di due entità distinte, la mia vita valeva doppio» aggiunse Kibitoshin, ripensando al tempo in cui il suo aspetto era molto diverso. Scrutò l'orizzonte fiancheggiato da tutte quelle persone le quali, come congelate, avevano smesso di compiere qualsiasi movimento. Non una mosca volò sull'altipiano montuoso, non un sospiro. Tutti i loro occhi erano puntati verso un'unica figura che, di soppiatto, era sopraggiunta su quel letto di neve e terriccio. Silenziosa, in punta di piedi.
«Ho pensato che ci fosse una persona più di tutte che aveva bisogno di ricongiungersi con i propri cari» concluse Kibitoshin, venendo subito incalzato dalla voce squillante e acuta di un bambino.
«MAMMA!»
Goku Jr iniziò a correre velocemente verso la donna la quale, portandosi una mano sulla bocca, trattenne un singhiozzo di commozione.
«P-Pan» balbettò Trunks, tremando, ancora bloccato sul posto di fianco a Vegeta il quale, tirando un sospiro di puro sollievo, gli posò una mano sulla spalla come per invitarlo a procedere, a correre incontro alla donna per la quale aveva versato tutte le sue lacrime.
Ed egli corse, corse dietro al figlio il quale saltò tra le braccia di Pan stringendola forte, fortissimo.
«Pan... oh, Pan!» sussurrò Trunks. Le prese il volto tra le mani per asciugarle le lacrime, poi strinse lei e il figlio con vigore. La sua famiglia, finalmente, era tornata unita come un tempo. Non ci avrebbe mai più sperato ma, in un futuro, avrebbe potuto raccontare ai suoi nipoti del giorno in cui aveva iniziato a credere nei miracoli.
Gohan, stretto alla sua adorata Videl, iniziò a piangere. La morte della sua bambina l'aveva distrutto nel corpo e nello spirito - e l'aveva ampiamente dimostrato. Vederla lì in piedi, bellissima e splendente nell'abito giallo fiorato con il quale era stata seppellita, era una vera e propria stretta al cuore.
Tutti i combattenti e i civili si radunarono intorno a lei, abbracciandola e ringraziando Kibitoshin per averle concesso quel privilegio, quell'onore. Ed era sul serio un grande onore! Con tutte le persone che erano morte quel giorno, Kibitoshin aveva deciso di dare la sua vita a lei, lei che non aveva contribuito in nessun modo per fronteggiare i nemici. Ma la divinità aveva giustamente pensato che tanti, troppi esseri umani viventi fossero ancora legati a lei. Gohan, Trunks, il piccolo Goku, Vegeta, Videl, Mr. Satan. Persino Bra, la sua migliore amica, suo zio Goten, suo nonno Goku. La loro vita non sarebbe più stata la stessa senza di lei, nulla togliendo agli altri combattenti dipartiti i quali, però, non avevano una vera e propria famiglia a cui badare. Questo Kibitoshin l'aveva compreso stando a stretto contatto con gli umani; specialmente quegli umani, terrestri o saiyan che fossero. L'importanza dell'amore, della famiglia, della fratellanza, di tutti quei sentimenti e sensazioni che non erano propri del suo essere divino ma che erano stati proiettati sulla sua pelle e aveva imparato a fare propri, in qualche modo. Per quel motivo aveva scelto proprio Pan, oltre a Vegeta.
«Mi dispiace! Non ho potuto aiutarvi» disse affranta lei, dopo essersi staccata dal lungo e calorosissimo abbraccio dei suoi genitori. Aveva percorso il lungo serpentone nell'Aldilà, si era allenata a lungo sul pianeta di Re Kaioh e grazie ai suoi poteri di telecomunicazione aveva vegliato sui suoi cari ma, dal momento in cui era iniziata la guerra, non era più riuscita a vedere nulla. Era stata lasciata lassù, insieme a quella stupida scimmia e un irritante cavalletta ad attendere riscontri e aggiornamenti che nessuno si era degnato di darle. Non fino a quando Re Kaioh era finalmente tornato sul suo pianeta raccontandole l'accaduto ma, proprio durante quel racconto, si era sentita improvvisamente scivolare verso il basso e aveva visto tutto buio. Buio e umido. Uno spazio talmente stretto e angusto da toglierle il fiato. Aveva capito di essere viva solo nel momento in cui, con una potente onda di energia, era riuscita ad aprirsi un varco tra il legno, la terra e il marmo. Era emersa dal sottosuolo come un fiore di campo, in un cimitero.
«Sai, la morte è un effetto collaterale piuttosto influente sulle prestanze fisiche» puntualizzò Bra, scompigliando i capelli della sua migliore amica, scatenando l'ilarità tra tutti i civili. Risate, risate vere e serene.
Pan, abbracciando con vigore lo zio Goten, spiò attraverso l'incavo della sua spalla i due saiyan rimasti in disparte. Suo nonno e suo suocero. Li guardò e sorrise, fiera e felice che avessero salvato il mondo ancora una volta, insieme. Ma quella volta non avrebbe dovuto guardare il suo amato nonno andarsene via sulle spalle di un drago, quella volta non avrebbe tenuto stretta la sua tuta da battaglia contemplando il cielo. Quella volta Vegeta non si sarebbe avvicinato a lei con un macigno nel cuore, intimandole di aver cura di quella casacca azzurra che avrebbe tenuto nascosta nel ripiano più basso del suo armadio per quindici lunghissimi anni.
Quel giorno sarebbero andati via insieme, tutti insieme verso casa. Pan sorrise ai due saiyan e poi, presa sotto braccio dallo zio, venne accompagnata a conoscere Eva, la cugina di secondo grado che mai aveva sospettato di avere.
Goku e Vegeta, rimasti leggermente in disparte, guardarono le loro famiglie unite in festa. Avevano creato qualcosa di meraviglioso in tutti quegli anni, e quel giorno l'avevano salvato. Si scrutarono di sfuggita e arrossirono: era finalmente giunto il momento di coronare la loro promessa.
Finalmente la dura lotta per la pace era finita sul serio e ancora una volta avevano ottenuto la vittoria tanto bramata. Una vittoria con non pochi compromessi, ma che avrebbe segnato l'inizio di una nuova, nuovissima storia. La loro storia.

 
But the ghosts that we knew
made us black and all blue
But we'll live a long life
 


Ci era voluto un po' di tempo per mettere a posto le cose, tutti i pezzi di quel puzzle lasciati in disparte. Una volta avrebbero chiesto al drago delle sette sfere di porre rimedio a tutto ciò che di soluzioni non ne aveva, erano sempre stati abituati a non considerare la morte qualcosa di irrimediabile. Ma, quella volta, non c'era stato alcun desiderio che aveva fatto alzare dal terreno i loro amici sconfitti. Non ci sarebbe stato nemmeno nessun desiderio che avrebbe potuto cancellare dalle menti dei terrestri quel giorno di totale oscurità e terrore.
I combattenti della nuova squadra Z erano stati messi presto di fronte a quella lucida verità e si erano resi conto finalmente di quanto la vita fosse preziosa e indomabile.
Avevano onorato tutti i loro morti con le cerimonie funebri, uno per uno. Tensing e Riff erano stati commemorati con una bellissima statua sulla cima più alta di quell'altipiano, raffigurante i due amici e valorosi guerrieri nel fiore dei loro anni. Il Genio delle Tartarughe, invece, era stato sepolto sotto la sabbia bianca della sua paradisiaca isola ove Oscar, Puar e la Tartaruga avrebbero vegliato su di lui ogni giorno delle loro vite. La cerimonia era stata parecchio toccante specialmente per Goku il quale, ripensando all'inizio della sua carriera da combattente, era riuscito persino a elargire un discorso serio e commovente nei confronti del suo prezioso primo maestro di arti marziali e, soprattutto, di vita.
I namecciani salvati dall'esplosione di Neo Namek invece - dopo essere stati ospitati qualche giorno sulla Terra per potersi riprendere dal combattimento - erano stati trasferiti sul pianeta Namirah ove, da quando il tiranno era stato ucciso da Gogeta, la guerra civile era finalmente terminata. Lì avevano pouto seppellire i loro morti e avevano ricevuto asilo e ospitalità.
Kibitoshin aveva fatto in modo di rivedere tutti i contratti di Re Yammer scavando in ogni postilla, stipulando un nuovo patto con tutti i namecciani di tutti i pianeti che prevedeva la pena di morte per chiunque si fosse azzardato a creare delle nuove Sfere del Drago. Nessuno di loro, ovviamente, aveva avuto da obiettare a riguardo.
Il tempo dei Draghi dei desideri, infine, era giunto davvero al termine.
Juno si era trasferito immediatamente sul pianeta dei Kaiohshin con il Sommo, il quale lo aveva sottoposto a estenuanti allenamenti fisici ma soprattutto mentali e, anche se in alcuni momenti aveva quasi pensato di gettare la spugna e arrendersi al fatto che quel vecchietto talvolta era assolutamente insopportabile, era stato veramente felice di sapere di essere stato scelto per divenire suo discepolo e aiutante.
Gohan e Junior, purtroppo, avevano dovuto salutarsi di nuovo una volta scadute le ventiquattro ore di permesso del maestro. Al super guerriero namecciano, però, fu concessa definitivamente la grazia del Regno dei Cieli.
Era stato un duro colpo per Gohan lasciare andare una seconda volta il suo maestro, il suo migliore amico. Con l'aiuto della sua famiglia e dei suoi amici, però, era riuscito a cavarsela e affrontare di nuovo quella perdita. Prima che se ne andasse, però, aveva promesso a Junior e a se stesso che avrebbe ripreso ad allenarsi e così era stato, poiché un nuovo compagno di allenamenti ed avventure si era fatto avanti.
Mirai Trunks, infatti, aveva deciso di rimanere in quell'epoca. Non c'era più nulla nel futuro per lui e, inoltre, la sua decisione aveva generato parecchia gioia nella sua famiglia, in Gohan e soprattutto nel principe dei saiyan - anche se Vegeta, naturalmente, non era esattamente il tipo da dimostrare felicità. Mirai Trunks, però, aveva deciso di non trasferirsi alla Capsule Corporation - un Trunks in quella casa era più che sufficiente - ma si era trasferito sull'isola del Genio per essere il successore dell'eremita della tartaruga e dare così inizio a una nuova generazione di allievi. Gohan gli aveva dato una gran mano e, così, allievo e maestro erano tornati di nuovo insieme, anche se parte di due mondi diversi.
Gli androidi gemelli, come pronosticabile, erano spariti dalla circolazione. Tuttavia erano riusciti a rimanere in buoni rapporti tra di loro e finalmente, dopo tanto tempo, C18 aveva di nuovo qualcuno con cui passare le sue giornate. Così, un bel giorno d'estate, per la prima volta dopo tanti anni Diciotto si dimenticò di recarsi sulla tomba del defunto marito.
Goten e Trunks erano tornati a frequentarsi. Fecero di tutto per recuperare il loro rapporto di amicizia e, con enorme piacere da parte delle loro rispettive consorti, avevano iniziato nuovamente a combinare le loro scemenze. Ad esempio mettere a soqquadro un'intera città nel tentativo di allenarsi insieme. Era dovuto intervenire un Vegeta piuttosto inferocito e trascinarli per il collo in un luogo più consono per l'allenamento, così che non dessero nell'occhio.
Martha, Alphonse ed Eva - la quale aveva dovuto dare tutte le spiegazioni del caso a tutti i membri della sua famiglia in un comizio piuttosto agitato – avevano ripreso la loro vita normale, ma con una marcia in più. Evangeline aveva scoperto che, in fondo, era bello avere dei cugini e degli amici che potessero comprendere la sua natura. Goku, inoltre, le aveva raccontato di ciò che aveva fatto Radish per loro durante quella battaglia, del suo desiderio di conoscerla e battersi con lei, di come li aveva aiutati perdendo però tragicamente di nuovo la vita. E, per la prima volta nella sua vita, Eva aveva iniziato a pensare a suo padre senza provare odio nei suoi confronti.
Goku Jr e Martha erano diventati così amici che non passavano due giorni senza che, di nascosto, si trovassero il pomeriggio nella Gravity Room per allenarsi insieme e inscenare grandi battaglie come quella che avevano affrontato per difendere Dende.
Quest'ultimo, una volta ricostruito il tetto del suo palazzo distrutto in seguito a quello scontro, era tornato a vegliare pacificamente su tutti loro con serenità in compagnia dei fedeli Popo, Karin e Jirobei.
Ub e Majin Bu avevano ripreso le loro attività di volontariato e Mr Satan, finalmente, era tornato a godersi la sua pensione e la sua vecchiaia nella grande casa ai sobborghi di Satan City, circondato dall'affetto dei figli e dei nipotini. La resurrezione della sua adorata Pan sembrava quasi avergli donato altri dieci anni di vita.
Bra, Trunks, Pan e Goku Jr avevano ripreso la loro quotidianità alla Capsule Corporation. I due figli di Bulma erano tornati alla consueta routine lavorativa tra impegni con clienti difficili e progetti scientifici avanzati. Pan, invece, era finalmente riuscita a trovare più tempo per sé da quando il figlioletto passava gli interi pomeriggi d'estate a giocare con Martha. E Pan aveva trovato in Eva una nuova, preziosissima amica – oltre che cugina - e insieme erano tornate ad allenarsi.
I ragazzi della Capsule Corporation avevano mantenuto la promessa fatta a Gil di non spegnerlo più, ma Bra aveva saggiamente provveduto a inserire tra i suoi comandi la modalità silenziosa. Una vera manna dal cielo nei momenti in cui il robottino attaccava briga con i suoi lunghi sproloqui!
Il principe dei saiyan teneva spesso monitorati i miglioramenti dei due bambini e, talvolta, rimaneva assai sorpreso dalla grinta e la tenacia con le quali combattevano in coppia contro lui e Kaarot.
Tra gli impegni del quotidiano non era sempre facile trovare il tempo di stare insieme, ma il cuore di tutti si riempiva di gioia anche solo per un saluto, una cena, un pomeriggio domenicale passato al parco.
Goku e Vegeta, invece...


«KAAROT! Siamo due idioti!»
Il principe dei saiyan scattò a sedere, una piccola goccia di sudore scivolò lungo la linea del suo collo e morì sulla stoffa bordeaux della canottiera strappata.
«Cosa? Perché?» domandò Goku il quale, non troppo allarmato, sollevò la testa piano per poi aprire un occhio solo.
Sua maestà recuperò la maglietta verde dell'altro saiyan gliela lanciò addosso, poi saltellò sul posto per rimettersi uno degli stivali.
«La festa, deficiente!» si limitò a dire Vegeta, lasciando impronte disordinate sulla bianca sabbia di quella laguna a largo della Città del Sud che, fino a poco prima, aveva ospitato uno dei consueti allenamenti pomeridiani dei due saiyan.
Goku sgranò gli occhi e si diede lo slancio con la schiena e il bacino per scattare in piedi.
«Urcaaaa! È oggi!?» domandò, con la mascella completamente spalancata, venendo poi colpito in pieno stomaco da una delle sue scarpe da ginnastica lanciata distrattamente da Vegeta.
«Sì, dannazione. Muoviti! Non ho assolutamente voglia di sentire le lamentele di Bra se arriviamo in ritardo!» lo esortò sua maestà e, senza attenderlo, poggiò due dita sull'ampia fronte e sparì in una folata di vento. Goku ridacchiò e, dopo aver recuperato l'altra scarpa buttata distrattamente vicino a uno scoglio, lo raggiunse.

Era passato un mese dalla battaglia che aveva messo a repentaglio le sorti dell'intero pianeta e, finalmente, tutte le cose sembravano essere tornate alla normalità. Si erano dati tutti tempo per vivere il lutto dei loro morti, per sistemare le loro vite e rimettere in ordine il quotidiano. Era stato un mese intenso, frenetico per alcuni versi, ma assolutamente meraviglioso. Bra, degna erede della madre, aveva deciso di organizzare una festa per celebrare la vittoria e trovarsi tutti insieme senza ansia e godersi la serenità tornata a risplendere sulla Terra. Una festa alla quale Vegeta e Goku avrebbero dovuto partecipare senza lamentele perché altrimenti, a detta sua, “maledetti scimmioni, in qualche modo ve la farò pagare per il resto delle vostre vite”. Senza troppo entusiasmo avevano accettato, corrotti soprattutto dalla frase “mangiare fino a scoppiare”. Una cosa era assolutamente certa: il catering assunto dalla Capsule Corporation era uno dei migliori di tutta la regione dell'Ovest.

«Ma si può sapere cos'è questo macello?» gridò Vegeta, aprendo di scatto la porta bianca della camera, vestito solo di un asciugamano bianco girato attorno alla vita. I lunghi capelli appiattiti dall'umidità della doccia gli gocciolarono sui pettorali.
Goku, arrossendo visibilmente, gettò sul letto il decimo paio di pantaloni eleganti e incrociò le braccia.
«Uffa, Vegeta! Non so proprio come ci si debba vestire per andare a una festa!» si lagnò, gonfiando le guance per sbuffare.
«Tu non sai proprio come ci si debba vestire, punto! Ti ho comprato un armadio pieno di vestiti e li vuoi rubare a me?!» gli gridò contro il principe con un ringhio, ma l'idiota sorrise.
Goku, con la scusa di non voler più disturbare in casa dei suoi figli, con l'aiuto economico di Vegeta si era trasferito nell'appartamento di sotto a quello del principe - o, almeno, quella era la copertura per non dare nell'occhio. La verità era che in quel secondo loft Goku ci entrava solo per accedere all'armadio. Peccato che quel giorno non aveva trovato proprio nulla da mettersi e, dopo aver messo a soqquadro la stanza dell'appartamento di sotto, aveva deciso di proseguire il disastro in casa loro. Quella vera, quella in cui effettivamente vivevano da un mese.
«Beh? Si può sapere che hai da ridere tanto!? Muoviti a trovare qualcosa di decente e sistema questo macello! E se ti lamenti che i miei abiti ti stanno corti te li faccio ingoiare!» concluse il principe. Afferrò una camicia e dei pantaloni, scavalcando i cumuli di vestiti tirati fuori dall'idiota nel tentativo di trovare qualcosa che andasse bene.

Avevano deciso di tenere per sé ancora per un po' la loro relazione, così da non sconvolgere le loro famiglie in un momento così delicato. Sarebbe stato davvero strano - specialmente per i più grandi come Gohan, Goten e i due Trunks - scoprire che i rivali di una vita avessero in realtà una relazione romantica. Essi erano sempre stati abituati a vederli darsele di santa ragione; scoprirli intenti in atti amorosi avrebbe potuto sconvolgerli non poco.
Il principe aveva persino dovuto recitare la parte del “con tutto il mondo a tua disposizione proprio sotto al mio appartamento dovevi trasferirti!?”, non risparmiandolo dalle sanguinose botte di conseguenza pur di rendere credibile il cambio di casa del suo rivale. Aveva inoltre finto di acconsentire solo alla prospettiva di poterlo picchiare ogni qualvolta che lo volesse senza doversi nemmeno scomodare. “Un antistress a portata di rampa di scale”, aveva detto. Sarà stato perché tutti avevano avuto delle altre grane alle quali pensare, sarà stato che forse oramai si erano abituati ai litigi peculiari dell'amicizia dei due saiyan, ma nessuno si era fatto molte domande a riguardo.
Goku e Vegeta avevano deciso che gli avrebbero indorato la pillola a poco a poco, magari un giorno avrebbero persino iniziato a sospettarlo da soli, o almeno così sperava il principe dei saiyan. Il solo pensiero di doversi mettere a tavolino e spiegare ai suoi figli - e figliastri, a quel punto - la storiella della farfalla che si posa sul fiore (o la farfalla che si posa sulla farfalla, in quel caso) gli faceva salire la bile.
Tuttavia, nonostante i soliti battibecchi, le grandi azzuffate, i litigi per chi dovesse sistemare e le ramanzine di Vegeta per i comportamenti inappropriati del suo coinquilino, la loro convivenza stava procedendo nel migliore dei modi. Un po' come avevano fatto nei cinquanta giorni precedenti alla battaglia, ma senza drammi, segreti e crisi isteriche. Nessun pensiero riguardo alla morte, a doversi uccidere, a dover partire per sempre. Erano sereni, felici e, a modo loro, anche complici.

«Io sono pronto! E tu?» domandò Goku, impacciato.
Vegeta, con le braccia appoggiate distrattamente sulla ringhiera fuori dalla grande vetrata del salotto, girò a malapena la testa per osservarlo. In fin dei conti non era nemmeno così ridicolo con quella camicia bianca e i pantaloni verde scuro abbinati a una cravatta annodata alla bell'è meglio.
«Tsk...» sbuffò sua maestà, roteando gli occhi, contemplando poi il tramonto tingere il cielo della Città dell'Ovest con colori caldi e intensi.
«E dai, Vè! Sarà divertente! È la festa per la nostra vittoria!» lo spronò Goku, con un largo sorriso a trentadue denti.
Si appoggiò anch'egli con la schiena alla ringhiera per poter guardare il principe negli occhi neri, ed egli rispose allo sguardo con espressione eloquentemente omicida.
«Punto primo: ti ho già detto di non chiamarmi con quel nome ridicolo. Punto secondo...» lo minacciò Vegeta puntandogli un dito contro, poi abbassò il capo con uno sbuffo. «Punto secondo: ricordare quella battaglia mi rende nervoso».
Goku arricciò le labbra, sconsolato ma anche rassicurato dal fatto che non fosse l'unico a odiare il dover festeggiare quella vittoria.
«Lo vedo» sospirò quindi. E, come sempre da quando si erano ritrovati, al principe risultò impossibile non essere completamente sincero con quell'idiota di terza classe che, punzecchiandolo con un dito sulla stoffa della sua camicia nera, lo costrinse a incrociare il suo sguardo.
«Ripensare a quella guerra mi mette i brividi! Ripensare a tutto quel periodo mi mette i brividi, Kaarot. Ho pure rischiato di doverti uccidere! Voglio dire, prima o poi lo farò se non la smetti punzecchiami con quel dito, ma è un'altra cosa...» ammise con estremo impaccio Vegeta, diventando bordeaux proprio come i suoi pantaloni.
Non ne avevano più parlato. Avevano accuratamente evitato l'argomento dalla sera successiva alla battaglia, ripromettendosi di non pensare più a quell'orribile esperienza. Eppure... eppure le immagini erano chiare e nitide nella mente di entrambi. Si capivano quando, assorti nei propri pensieri, si ritrovavano a tremare dalla rabbia o con gli occhi lucidi, ma il principe era stato categorico: avrebbero dovuto fare il possibile per lasciarsi alle spalle quella storia. La sua morte, la Dimora dei Draghi, l'incontro con i loro genitori, la redenzione di Radish, la finta Bulma che li aveva persino fatti allontanare, la morte di tutti quegli innocenti, la distruzione del pianeta Tahab da parte di Goku... era stato tutto così travolgente e asfissiante! 
«Questa storia ti mette i brividi? A me lo dici?!» commentò Goku. Gli poggiò entrambe le mani sulle spalle e le strinse con forza. «Non hai idea di quello che ho provato quando... quando ti ho perso». Goku chiuse gli occhi per un attimo, e nella sua mente un lampo fece rivivere in lui quell'orribile, orrenda sensazione. Le labbra pallide, quello squarcio nel torace. Il suo peggiore incubo in quelle settimane, incubo che non gli aveva mai raccontato. Goku si svegliava troppo spesso nel cuore della notte madido di sudore e, accendendo la lucina sul comodino, controllava che il principe stesse bene, che respirasse.
«Un'idea in realtà ce l'ho. Ti ho visto morire una volta! E c'è mancato poco che ti uccidessi, quel giorno sul pianeta satellite quando ho imparato a teletrasportarmi» ricordò Vegeta, senza muovere un solo muscolo. Odiava affrontare quel tipo di conversazione.
«La mia effettiva morte è avvenuta tempo fa! Non eravamo ancora...» interruppe Goku, ripensando a quando si era fatto esplodere insieme a Cell. Anni e anni erano passati da quel momento, era pronto a scommettere che Vegeta non avesse di certo sofferto come aveva sofferto lui un mese prima. Insomma, a quel tempo tra di loro non era ancora successo niente.
«Ancora cosa?» lo incalzò il principe corrugando la fronte, attendendo quella frase per potergliela ricacciare in bocca con tanto di pugni. Goku sollevò finalmente lo sguardo e tornò a sorridere. 
«Lo so che non ti piace che io lo dica!» lo rimbeccò il ragazzo inarcando le sopracciglia, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
«Già, non mi ci abituerò mai!» commentò Vegeta. Gli diede le spalle e fece per andarsene, ma la voce maliziosa di Goku lo trafisse come una lama.
«A cosa? A essere il mio fidanzato o a essere innamorato di me?» incalzò Goku e, di tutta risposta, si guadagnò un pugno sul pettorale. 
Sua maestà sarebbe esploso di rabbia da un minuto all'altro, se lo sentiva.
«Ti strappo la lingua se non la smetti di parlare!» lo minacciò nuovamente Vegeta, aggrappato alla sua cravatta, ringhiandogli a un centimetro dal volto. Non che avesse problemi a ritenerlo il suo fidanzato, ma sentire quella parola pronunciata ad alta voce ancora lo metteva non poco a disagio.
«Ehehe!» ridacchiò Goku tentando di allargarsi il colletto della camicia nella speranza che il principe si calmasse e la smettesse di strozzarlo.
«Non ho bisogno di sentirmi dire queste inutili smancerie. Solo...» disse Vegeta interrompendosi per qualche secondo prima di continuare, e finalmente allentò la presa. «Solo devi farmi una promessa».
Goku sgranò gli occhi. Cosa avrebbe voluto chiedergli il principe di tanto importante? Non era da lui comportarsi in quel modo.

 
•••
Il principe si chiuse la porta della camera di Bra alle spalle, accertandosi che non si fosse svegliata. Proprio come quando era una bambina, la sua piccola principessa saiyan. Quella sera non se l'era sentita di lasciarla sola, di stare lontano dalla propria famiglia. Non dopo tutto quello che era successo, non dopo tutto lo stress del giorno precedente, anche se le cose si erano risolte nel migliore dei modi. Goku Jr si era addormentato nel lettone insieme al suo papà e, finalmente, la sua adorata mamma; mentre Vegeta si era seduto sul davanzale della finestra di Bra a contemplare il cielo scuro, lanciandole di tanto in tanto qualche occhiata mentre dormiva rannicchiata tra le lenzuola profumate. Sulle sue braccia pallide aveva visto risplendere alla luce delle stelle le argentee cicatrici di quella guerra. Dende aveva guarito tutti dalle ferite, ma le cicatrici... quelle sarebbero rimaste per sempre.
Vegeta camminò a piedi nudi lungo il corridoio della casa illuminata solo dalle pallide lucine di cortesia, raggiungendo finalmente quella che era la sua vecchia stanza. Sospirò, poi vi si addentrò senza accendere la luce. La luna e le stelle della Città dell'Ovest rendevano a malapena visibile il grande letto a doppia piazza al suo interno, ma non ci sarebbe voluta alcuna luce per accorgersi di una presenza estranea in quella stanza, la sua aura riempiva la camera così come il suo odore.
«Sapevo che saresti venuto» sussurrò Vegeta fermando i suoi passi appena vicino alla porta. Dalla penombra, compiendo un'unica falcata, il suo interlocutore si posizionò proprio sotto un raggio di luna che gli illuminò solo metà del suo volto stanco ma sorridente. Una leggera brezza proveniente dalla finestra gli solleticò le braccia scoperte.
«Non sono riuscito a stare lontano da te. Non stanotte» ammise Goku, rosso in volto, percependo le gote andare quasi a fuoco. Tra una cosa e l'altra, quel giorno non erano più riusciti a stare un secondo da soli.
Il principe dei saiyan scosse la testa e sbuffò. Che razza di sdolcinato! Eppure, indubbiamente, si sentì davvero felice che avesse deciso di raggiungerlo.
Si guardarono a lungo, colti da un'improvviso senso di quiete. La pace, la serenità, il silenzio. Era finita per davvero, erano al sicuro. Erano loro due alla fine di una corsa, pronti a iniziarne un'altra. Una meno pericolosa, meno spaventosa, ma sicuramente ricca di sorprese.
Vegeta sospirò e percepì uno strano groppo in gola. Non sapeva cosa fosse... commozione, forse? Kaarot non sarebbe più andato da nessuna parte. Sarebbe stato lì con lui per tutto il tempo che il destino gli avrebbe concesso insieme, e non riuscì proprio a trattenere dentro di sé l'emozione positiva che quel pensiero gli provocava.
«Io...» sussurrò Goku, con un lieve tremore del labbro inferiore, venendo però interrotto dalla voce a malapena sussurrata del suo eterno rivale.
«Taci, idiota!» lo ammonì Vegeta con un sorriso sghembo. 
Poi compì quattro passi frettolosi nella sua direzione e nello stesso istante, come uno specchio, Goku si mosse in egual modo. Insieme si scontrarono al centro di quella camera da letto. Due corpi in collisione.
Si abbracciarono come due amici che si incontrano per caso dopo anni e anni, o come due innamorati alla stazione dei treni. Si strinsero come se il bisogno di stare a contatto l'uno con l'altro fosse più impellente che respirare.
Il principe dei saiyan lo abbracciò con vigore, nascondendo il proprio volto contro i suoi pettorali. Al diavolo, chi mai avrebbe potuto vederli in quella stanza!? Al diavolo anche il suo orgoglio, tanto oramai era già tutto andato a farsi friggere per colpa di quell'imbecille, tanto valeva approfittarsene di quel momento per fare esattamente quello che sua maestà aveva assoluto bisogno di fare: tenerlo stretto a sé.
Goku fece lo stesso. Lo strinse forte e non riuscì più a trattenere le lacrime, a celare quell'ingarbuglio di emozioni complesse vissute nella giornata precedente, quella giornata d'inferno. Pianse, pianse a lungo, e Vegeta non lo fermò. Non gli diede dell'imbecille, non lo scansò e, anzi, sperò con tutto il cuore che Kaarot non avesse sentito la propria maglietta inumidirsi proprio lì, dove aveva appoggiato il suo regale viso. Piansero insieme di gioia, di dolore, di paura, ma soprattutto di felicità.
Rimasero stretti l'uno all'altro a lungo, proprio come durante il loro primo abbraccio, sul terrazzo illuminato dalla luna crescente. Stettero abbracciati fino a quando le gambe affaticate di Vegeta non cedettero lievemente al sonno e, tentando di ricomporsi, si ricordò che effettivamente erano svegli da almeno quaranta ore.
«Sei stanco?» domandò Goku cullandosi ancora appoggiato alla spalla del principe. Questi, con fatica, sciolse quella stretta e alzò il volto per contemplare quello del suo rivale.
«Sai, morire e risorgere ti fa consumare un sacco di energie!» commentò sua maestà con sarcasmo, storcendo la bocca in uno sghembo sorriso.
«Oh, Kami...» sussultò Goku. Avvertì i propri occhi inumidirsi ancora e appoggiò la fronte contro quella di Vegeta, trattenendo a stento un singhiozzo. Solo il pensiero di ricordarlo immobile - con le labbra bianche e il petto sfondato - gli fece girare la testa.
«Kaarot, dai, non fare la mammoletta» lo spronò Vegeta, arrossendo violentemente in volto. Una volta, se solo si fosse azzardato a piangergli addosso così spudoratamente, gli avrebbe fatto saltare tutti i denti davanti. Una volta.
«Non... non so cosa avrei fatto se tu...» soffiò Goku, cercando il più possibile di non far tremare la voce, di non dare adito ai possibili insulti che sua maestà avrebbe potuto elargirgli nel vederlo così sconvolto.

 
So give me hope in the darkness that I will see the light
Cause oh they gave me such a fright


Tuttavia il principe non parlò, lo ammonì con occhi gravi ma con il cuore spezzato in due. A chi voleva darla a bere? Se fosse successo a parti invertite non riusciva proprio a immaginarsi quanto avrebbe potuto dare di matto. E gli dispiacque, gli dispiacque sul serio di averlo lasciato da solo in quella battaglia, di essere morto e non potersi prendere i meriti del gran finale, per altro.
«S-sono... sono qui adesso» tentò di rassicurarlo con un fievole balbettio, poi provò a recuperare il discorso in modo più fiero, virando in un campo a lui più congegnale. «E poi te la sei cavata bene con Loraymo, in fin dei conti. Te ne devo dare atto».
Goku sorrise. Oh, certo che se l'era cavata bene, ma non era stato affatto solo merito suo!

«È successa una cosa strana, sai? Io... io ti ho visto. Era successo anche su Namek quando eri morto per via di Freezer, ma lì era diverso. Sei stato tu a darmi la forza di sconfiggere Loraymo e... e poi ad un certo punto ho sentito come se fossi accanto a me» spiegò accuratamente Goku, guardandosi entrambe le mani come per ricercare dei segni di quella strana forza, quella sensazione che l'aveva attanagliato proprio nel momento più difficile.
Vegeta deglutì e, proprio in quell'istante, una memoria sfocata gli passò davanti agli occhi. Ma come diamine era possibile?
«Sai qual è la cosa più strana, Kaarot?» disse Vegeta, incredulo, chiudendo ancora una volta gli occhi per potersi scrutare dentro alla ricerca di quell'immagine. La vide più nitida. «È che io me lo ricordo».
«Com'è possibile?» 
Goku sbarrò gli occhi e incrociò quelli scuri del principe i quali, però, iniziarono a brillare ed emettere un bagliore al limite del divino.

«Non ne ho idea... ma ero lì. Ma non ero vicino a te. Io ero dentro di te» spiegò Vegeta trovando tra i propri ricordi l'immagine di un attacco letale, luminoso.
Si guardarono increduli, ma compiaciuti. Non avrebbero mai potuto immaginare che, effettivamente, ciò che dall'esterno Kibitoshin aveva visto era stato proprio Gogeta.
«Sì, è proprio quello che ho sentito. Allora... allora era vero! Tu c'eri davvero! Sei sempre stato tu» constatò Goku, e nuovamente percepì i propri occhi inumidirsi. Diamine, da quand'è che era diventato così fragile e sentimentale?
«Come vedi non è facile liberarsi di me. Dovresti averlo capito, oramai» commentò Vegeta, beffardo.
«Oh, è proprio l'ultima cosa che vorrei» rispose Goku, convinto. Non avrebbe mai voluto liberarsi di lui, mai nella vita. Non sapeva come sarebbero andate le cose da quel punto in avanti, ma dentro di sé percepì il più roseo dei presentimenti. Lui era lì, l'avrebbe protetto e si sarebbe lasciato proteggere.
«Tsk... ora però smettila di piangere» lo redarguì Vegeta.
«Anche tu» soffiò Goku. 
«Io non sto-» ringhiò Vegeta interrompendosi però quando, con delicatezza, il suo rivale raccolse dalla sua guancia una perla trasparente, lasciandosela scivolare lungo le impronte digitali del pollice.
Senza dargli tempo di replicare, di sentirsi un imbecille, un debole, Goku si tuffò su di lui con dolcezza.

Le sue labbra premettero su quelle di sua maestà il quale, frastornato, non riuscì assolutamente a fare a meno di lasciarsi andare. Si lasciò trasportare da quel bacio per un attimo, qualche secondo prima di apprendere qualcosa che l'avrebbe cambiato di nuovo.
Perché si ritrovò a pensare che, forse, non aveva mai avuto una connessione così profonda con nessun'altra persona nella vita. Una connessione che era persino riuscita a superare la barriera della morte, dell'imponderabile. Qualcosa che nessun essere divino avrebbe saputo spiegare ma che poteva sentire ancora tra di loro. Una sensazione di totale interdipendenza l'uno dall'altro, che andava quasi oltre l'amore e la ragione. Non riuscì a comprendere cosa fosse, ma si sentì completo. Completo solo insieme a lui.
•••


«Una promessa?» domandò Goku, invitandolo a procedere.
Vegeta volse il proprio sguardo verso il tramonto e strinse le spalle nella sua camicia nera, intimidito. Rivelargli ciò che aveva in mente sarebbe equivalso a spogliarsi un'altra volta delle sue paure più profonde. Ma oramai, più di così, quanto sarebbe potuto cadere in basso? Con quel mentecatto ogni giorno era un nuovo attentato al suo orgoglio, ma cosa poteva farci se solo parlare con lui lo faceva stare bene con se stesso?
«Non metterti mai più in una situazione del genere, ok? Non vorrei doverti salvare di nuovo il culo da draghi incazzati o altre bestie simili» sputò fuori tutto d'un fiato il principe, con le braccia strette al petto. Sarebbe sprofondato fino al pian terreno, se solo avesse potuto. Specialmente quando, con un sorriso quasi commosso, Goku gli prese il volto infuocato tra le mani e lo avvicinò al suo.
Le sue mani bruciarono, così come i suoi occhi quasi inceneriti dallo sguardo torvo del principe il quale, però, non fece assolutamente niente per scansarsi. Come ogni giorno, ogni notte e ogni mattina.
«Niente colpi di testa, promesso. Abbiamo una grande famiglia da proteggere... e non mi allontanerei da te per nulla al mondo» sussurrò Goku, stampandogli poi un bacio violento sulle labbra, quasi a tradimento.
Vegeta smise di respirare e rimase fermo per qualche secondo godendosi il sapore di quell'idiota, poi riaprì gli occhi. Dannazione! Quel depravato la doveva smettere di coglierlo così alla sprovvista se ci teneva alla pellaccia. Aspettò ancora un attimo poi, con un movimento brusco delle braccia, lo spinse poco lontano e ruggì debolmente.
«Sei proprio sdolcinato!» lo rimproverò, cercando in tutti i modi le forze di non staccargli la testa dal collo. O strappargli i vestiti di dosso.
«E tu sei scontroso!» lo accusò Goku, con un mezzo sorriso. Maledettissima festa. Sapeva benissimo come sarebbe andata a finire se non avessero avuto alcuna fretta di andarsene, ma avrebbe dovuto fare di tutto per resistergli. In fondo avrebbero avuto tanto di quel tempo, poi!
«Hah! Oramai mi conosci da una vita» disse fievolmente Vegeta, allontanandosi finalmente da quella situazione compromettente per darsi un'ultima sistemata prima di andare, sciacquarsi la faccia e riportare la sua temperatura a un livello socialmente accettabile.
Goku, sospirando, lo guardò sparire dietro la porta, poi sorrise dolcemente e si sistemò il nodo alla cravatta.
«Già... una vita». 

 
But I will hold as long as you like
Just promise me we'll be alright



La Capsule Corporation non era mai stata così luminosa e piacevole. Nel grande giardino era stato allestito un grosso gazebo con il tetto addobbato di glicini e lampade pendenti con le candele, sotto al quale un immenso banchetto ricolmo delle più disparate leccornie era stato preso d'assalto da una mandria di saiyan affamati. Gli addetti al catering erano stati prontamente informati e, appena fuori dal cancello sul retro, erano arrivati con cinque camion stracolmi di scorte. Majin Bu aveva dovuto lottare con tutte le sue forze per non divorare tutti i dolci da solo, e soprattutto per lasciare che Jirobei si mangiasse l'ultimo cannoncino.
C'erano tutti, proprio tutti. Ed erano tutti elegantissimi e impacciati nei loro abiti da cerimonia, persino i bambini, i namecciani e i Kaiohshin, i quali erano stati invitati a prendere parte alla festa. La mancanza del maestro Muten si era sentita in particolare durante il brindisi a fine pasto - durante il quale avrebbe senza dubbio dato il meglio di sé – ma la tristezza era stata presto scacciata via dall'inizio del concerto fuori dal gazebo.
Il tramonto aveva lasciato il posto a una notte calda e stellata, resa ancor più luminosa da una fitta manciata di lucine fievoli appese e disposte su tanti fili a partire dall'alto palcoscenico. Bra era riuscita a convincere Eva, Alphonse e i loro amici musicisti a prepararsi una serata e, dopo un rifiuto categorico iniziale, la timida musicista aveva accettato di suonare di fronte a tutti i suoi amici e famigliari.
Quando ebbe inizio la prima canzone, tutti si radunarono sopra a quella pista da ballo in legno chiaro allestita appositamente per l'occasione in mezzo al giardino.
«Ti ricordi del ballo d'estate alla fine del liceo?» domandò Trunks al suo migliore amico, con il cuore martellante nel petto che palpitava a ritmo della batteria. Effettivamente quel luogo gli ricordava quello del loro ballo di fine anno.
«Solo fino a metà serata!» ammise Goten, ridacchiando, ricordando a fatica cosa fosse accaduto e soprattutto con chi fosse tornato a casa quella sera.
«Non dirmi che vuoi fare quella fine anche oggi!» lo ammonì scherzosamente Trunks.
«... beh! Alla salute!» rispose Goten e, sollevando il calice di champagne, brindò in compagnia di quell'amico finalmente ritrovato. Ma, proprio una volta scolatosi alla goccia il suo bicchiere, una Marron piuttosto contrariata lo trascinò via per le orecchie con in braccio la loro figlia di pochi mesi, minacciandolo di lasciarlo fuori casa se solo si fosse azzardato ad alzare troppo il gomito. Trunks rise a crepapelle e volse il proprio sguardo altrove.
Suo padre e Mirai Trunks, seduti su due sedie a bordo della pista, stavano distrattamente chiacchierando di qualcosa, mentre Goku e Pan ridacchiavano facendo ballare il piccolo Goku Jr sul ritmo funky di un brano conosciuto. Trunks sorrise. Era tutto così strano, ma tutto così normale.


La festa procedette carica di gioia per ore. Gohan era riuscito a non parlare mai di libri e lavoro, Goten aveva conservato la sua dignità, mentre Vegeta e Goku si erano rincorsi e picchiati per il giardino solo una volta – quando l'idiota aveva tentato di rubare la fragola sulla torta di sua maestà; Kaiohshin il Sommo era riuscito a trattenere la bava nell'osservare tutte quelle scollature profonde, e Juno si era sfogato a lungo con Kibitoshin riguardo alle manie del suo nuovo maestro.
Quando la musica rallentò ed Eva imbracciò la sua chitarra acustica, gli occhi delle persone si illuminarono dei fari color ciano del palcoscenico. Un ballo lento. Il classico ballo dove tutte le coppie si abbracciano e ciondolano come rami scossi dal vento.
Tra le luci soffuse e il ritmo rallentato della batteria, Eva e Alpshonse al basso iniziarono a cantare in duetto, guardandosi complici nell'osservare come tutte le coppie di quella strana squadra di combattenti avessero improvvisamente lasciato da parte la loro forza, iniziando a ballare piano, lentamente.
Gohan e Videl, Goten e Marron. Persino Pan, la quale non era esattamente la ragazza sdolcinata amante delle danze, si era lasciata convincere da Trunks a dondolarsi per un po'. Martha e il piccolo Goku Jr, seduti l'uno dalla parte opposta all'altro sulla panchina, si guardarono di sfuggita, arrossendo come due peperoni.
Goku guardò i due bambini e ridacchiò divertito, voltandosi poi per osservare una figura appoggiata con le spalle contro un albero poco distante. Accertandosi che nessuno lo stesse osservando, gli sorrise.
Vegeta arrossì violentemente e gli fece segno che se solo si fosse azzardato ad avvicinarsi per chiedergli di ballare gli avrebbe reciso la carotide. Ma Goku non si sarebbe mai sognato di fare una cosa del genere, quindi si limitò a sorridergli dalla distanza fino a quando, impercettibilmente, non vide un timido sorriso farsi largo sul volto del suo rivale di una vita. Gli bastò e, anzi, non avrebbe potuto essere più felice di così.
Vegeta, arrossendo ancor di più, scosse il capo per poi volgere il proprio sguardo altrove, lontano. Sorpreso, mise a fuoco una figura femminile allontanarsi di soppiatto con le scarpe con il tacco in mano, per nascondersi dietro ad una siepe. Il principe, guardandosi intorno per essere certo di non essere visto, staccò la sua schiena dall'albero e inseguì quella persona senza farsi vedere.

La musica si fece più lontana e, seduta su un sasso appoggiata con le braccia sulle ginocchia e la testa piegata di lato, Bra sussultò nel vedersi piombare di fronte l'ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere.
«Papà!» disse sorpresa la ragazza. Aveva i capelli corti adornati di fiori rosa antico, esattamente come il suo abito lungo con un ampia scollatura sulla schiena.
«Beh, che ci fai qui? Mi hai stressato l'anima per farmi partecipare a questa pagliacciata e poi te la svigni?» la redarguì Vegeta, accigliato, osservandola dall'alto verso il basso.
Lei arrossì e sospirò, gettando distrattamente i suoi tacchi sull'erbetta appena tagliata. Suo padre non era esattamente il tipo con il quale avrebbe dovuto lagnarsi per le sue paranoie, ma come avrebbe potuto mentirgli?
«Ecco... io mi sento un po' fuori luogo» ammise Bra, appoggiando il mento tra le mani.
«Ah, tu?! E io come dovrei sentirmi!?» farneticò Vegeta, con le braccia larghe in protesta.
Sua figlia era tutto il contrario di lui dal punto di vista sociale: era estroversa, bellissima, sempre con la battuta pronta proprio come sua madre. Perché mai avrebbe dovuto sentirsi fuori luogo? L'aveva organizzata lei quella festa!
«È che siete tutti così... così carini. E felici! Goten e Marron, Videl e Gohan, Trunks e Pan, persino Martha e Goku Jr e... e tu e Goku» disse Bra, piano, alzando lo sguardo a malapena per vedere il volto di suo padre cambiare colore almeno una decina di volte in pochi secondi.
«CHE COSA!?» gridò lui, con la mascella quasi rasentante il terreno. Pregò il cielo che un fulmine lo colpisse proprio in quell'istante. No, no, no! E quando l'aveva scoperto, quell'impicciona?
«Oh, andiamo, papà! Potete nasconderlo quanto vi pare e piace a tutti gli altri, ma io l'ho capito dal primo giorno che vi ho visti. Mi hai preso per stupida?» chiese Bra sbuffando. Li aveva visti dormire vicini, scambiarsi occhiate che erano tutto fuorché uno sguardo tra amici. Aveva capito che ci fosse qualcosa di strano tra quei due dal momento in cui suo padre le aveva chiesto di mantenere il segreto che fosse tornato, e ne aveva avuto la conferma quando, tornando a tarda notte dopo il lavoro, aveva visto Goku dormire beato sulla spalla di suo padre davanti alla televisione. E la reazione di Goku alla morte del principe era stata un'ulteriore riprova. Il modo in cui l'aveva tenuto tra le braccia, le sue lacrime di dolore e poi di gioia nel vederlo tornare in vita.
Vegeta deglutì, con il volto dello stesso colore dei suoi bei pantaloni bordeaux. Negare, a quel punto, sarebbe stato inutile e persino controproducente. Cosa avrebbe potuto dirle? Non sembrava arrabbiata, in fondo, e nemmeno delusa, ma forse avrebbe dovuto accertarsene. Non che se gli avesse detto di smetterla di frequentarlo l'avrebbe fatto, sia chiaro, ma con l'approvazione dei suoi figli avrebbe affrontato tutto molto più serenamente e, per inciso, già era difficile così.
«E... e a te sta... sta b-bene?» domandò il principe, impacciato come non mai.
Bra rise. Suo padre era sempre stato burbero, cinico, impenetrabile e serio. Non l'aveva mai visto così imbarazzato in vita sua, e doveva proprio ammetterlo: le faceva una gran tenerezza.
«Sono anni che non ti vedo così sereno» confermò lei, felice. «E si vede lontano un miglio che anche lui ti ama proprio tanto».
«I-io...» balbettò Vegeta, stringendo i pugni. Dannazione, aveva ragione! Ma non l'avrebbe ammesso, chiaramente.
«La mamma sarebbe contenta di saperlo. E io sono davvero felice per voi, sul serio. Non c'è altra persona al mondo che potrebbe essere così perfetta per te. Voi due... voi due vi completate a vicenda» concluse Bra incrociando il suo sguardo dal basso verso l'alto.
Vegeta cambiò colore ancora una volta, dal bordeaux al rosso carminio. Cielo, che imbarazzo!
«Ok, ok. Cambiamo discorso, per favore? Stavamo parlando di te, non di me e del decerebrato. Perché ti senti fuori luogo in mezzo a quella marmaglia di imbecilli?» si affrettò a portare il focus della loro conversazione più lontano possibile dalla sua relazione con l'idiota.
«Beh, perché... perché sono l'unica a non avere una persona con cui ballare... un cavaliere, insomma!» ammise la donna, con un sospiro.
Vegeta sgranò gli occhi. Lei era la ragazza più bella e intelligente dell'intero pianeta, con tutta probabilità. Davvero era in crisi per una cosa così sciocca? Tsk. Donne! Eppure... eppure, come da quando era nata, il principe non riusciva proprio a fregarsene della sua tristezza.
«Sai, Bra, non dovrei proprio dirtelo, ma ho visto che Ub non ti ha scollato gli occhi di dosso per tutta la sera. Devo ucciderlo?» domandò sarcastico Vegeta, guardando le labbra della figlia piegarsi finalmente all'insù.
Lei rise sottovoce. In effetti non ci aveva fatto caso, ma quel ragazzo era davvero simpatico! Forse un po' troppo timido per invitarla a ballare, ma poco importava. Forse, in futuro, avrebbero potuto conoscersi meglio. Magari lo avrebbe invitato a cena, un giorno di quelli.
«Forza, vieni qua» disse Vegeta, imperativo, porgendole una mano.
Bra lo squadrò imbambolata, quasi ammaliata dalla serietà nei suoi occhi nel proporle quella cosa semplicemente assurda.
Il principe strinse le labbra. Era la sua bambina, dopotutto. E lui era un padre decisamente molto protettivo con lei, protettivo fino al punto di perdere la sua facciata dura pur di vederla sorridere.
«Come dici?» domandò la ragazza, poi allungò la sua mano bianca verso quella ambrata del padre.
«Non farmelo ripetere due volte. E, che Re Kaioh mi fulmini...» mormorò Vegeta arrossendo nuovo. Trascinò la figlia in piedi vicino a sé e le poggiò una mano sul fianco «... sarò io il tuo cavaliere!»
«Oh, papà!» singhiozzò lei appoggiando la guancia sul suo pettorale, iniziando a dondolarsi insieme a lui trascinati dalla musica oramai lontana. Vegeta grugnì e sospirò. In fondo non era la prima volta che ballava: sul pianeta Vegeta faceva parte della famiglia reale. Oltre a un'istruzione impeccabile aveva anche ricevuto una formazione aristocratica sulle usanze a corte.
«Dillo ad anima viva e potrei non rispondere delle mie azioni» la minacciò il principe, incrociando il suo sguardo chiaro come il cielo d'estate. Lo sguardo di sua madre. Forse quanto aveva detto era vero: Bulma sarebbe stata orgogliosa di lui, e felice. Felice di vederlo così sereno.
«Non potrei desiderare un cavaliere migliore di te» ammise Bra. Si alzò sulle punte dei piedi nudi per poter raggiungere il volto di suo padre, poi gli schioccò un bacio sulla guancia rovente.
Egli serrò la mandibola, poi guardò il cielo. Era cambiato tutto in quegli anni, da quando era giunto su quel pianeta. Si era spesso sentito fuori posto, un pesce fuori d'acqua, un cattivo tra i buoni, quello diverso, quello spaventoso. Per qualche strana ragione gli era persino piaciuto, per un certo periodo. Ma mai come in quel momento si sentiva così bene con se stesso. Aveva affrontato pericoli, sfide che nessun altro avrebbe potuto fronteggiare, aveva dovuto sconfiggere persino il suo inconscio, la parte peggiore di sé per riuscire ad arrivare fino a quel punto. Fino ad arrivare a sentirsi veramente amato.
E così, dopo aver annusato il profumo di brezza marina nei capelli di sua figlia, chiuse i suoi occhi neri per un istante. Il sorriso di Kaarot brillò in quell'oscurità e lui si sentì completo, la versione migliorata di se stesso. Le voci nella sua testa avevano smesso di gridare.
«Certo! Dopotutto io...» si interruppe Vegeta, lasciando che un consueto sorriso beffardo si facesse largo sul suo volto nell'osservare il firmamento dal quale circa settant'anni prima era provenuto «... sono il principe dei saiyan».

 

But the ghosts that we knew will flicker from view
And we'll live a long life

 


Fine.
 



ANGOLO AUTRICE:
… ed è finita per davvero. 76 capitoli. 376 pagine. Ho iniziato a scrivere questa storia ad agosto del 2017, portandola alla luce il 3 gennaio 2018. Da allora non mi sono mai fermata, è stata forse la prima storia che ho scritto tutta di getto, senza alcuna difficoltà, senza mai avere crisi di creatività. Vi dirò di più: inizialmente tutto ciò avrebbe dovuto essere una One Shot :D incredibile, no? La situazione mi è sfuggita giusto un poco di mano.
Non avete idea di quanto sia stato difficile ed emozionante per me scrivere la parola “Fine” a questa storia. Spero davvero che questo ultimo gigantesco capitolo vi lasci un bel ricordo di essa, che vi sia piaciuto e che vi abbia fatto emozionare. Ho cercato il più possibile di non tralasciare alcun dettaglio, di dare un minimo di spazio a tutti i personaggi, di rispondere a tutte le domande che ho lasciato aperte. Se avete dubbi, curiosità o altre domande non esitate a scrivermi!
E' stato un viaggio lungo e ricco di emozioni, a partire dal ritorno di Goku, ai primi giorni di forzata convivenza con il principe, al loro avvicinamento ed infine al coronamento della loro bizzarra ma meravigliosa storia d'amore. Ovviamente tutto ciò con non poche difficoltà! Eppure Bra ha ragione: sono perfetti. Ma quanto sono WOW *_* li adoro, e li adorerò per sempre. E' stato veramente bello poter scrivere la loro storia e devo dire che sono soddisfatta del risultato.


Che dire... sto prolungando sempre di più l'agonia di questo arrivederci :D Eh sì, arrivederci... perché pensate per caso che io mi sia fermata qui? Col cavolo. Come molti di voi già sapranno avevo in corso già da parecchi mesi un altra long, incentrata però sul rapporto tra i bei figli dei nostri protagonisti :) una storia molto diversa, ambientata in un periodo diverso e sulla linea temporale di Super, a differenza di questa. E, proprio oggi, questa storia ha appena visto la luce.
Insomma, questa è senza dubbio la fine di After All, ma è l'inizio di una nuova grande avventura che prendere il nome di “It takes a fool to remain sane”. Correte sulla mia pagina autrice per vederla!
Spero davvero di ritrovarvi tutti lì ad iniziare questo nuovo viaggio con me :)


Ringraziamenti:
Di certo non mi sarei mai aspettata tutto questo seguito, tutto questo entusiasmo che mi avete dimostrato in questi quindici mesi di pubblicazione. Vorrei ringraziarvi e abbracciarvi uno ad uno per la fiducia che mi avete dimostrato, per tutte le belle parole spese per i miei capitoli, per i consigli, o anche solo per aver seguito la storia in silenzio.
Ci tenevo in particolare a ringraziare i miei lettori più fedeli, a partire da FairyCleo. E' solo grazie a lei che mi sono appassionata a questa meravigliosa coppia. La sua storia “When you least expect it” è stata una vera ispirazione, consiglio a tutti di correre immediatamente a leggerla! E' addirittura più lunga della mia :D grazie, grazie cara per tutto ciò che mi hai dato con quella storia e per avermi sempre sostenuta e seguita durante questo luuuungo viaggio.
Un grazie speciale a Summer_Moon, che con i suoi 75 deliri negli scorsi capitoli ha tenuto alto il morale anche nei momenti più drammatici. Praticamente ha scritto la parodia della mia storia sotto ogni capitolo!Grazie di cuore per tutte le risate :D spero che tu sia riuscita a perdonare tutte le mie malefatte con questo capitolo ricco di gioie.
Grazie infinite a Luu, la quale mi ha sempre dato dei riscontri meravigliosi e che con il suo entusiasmo mi ha spronata ad andare avanti dritta come un treno (Spero davvero che la tua sanità mentale dopo il capitolo 73 sia tornata integra come un tempo!). Sapete, anche lei ha in corso una long meravigliosa su questa coppia, correte tutti a leggere “Burning Paradise” perché è davvero fantastica.
Un grazie speciale a GhostFace (aka VirusImpazzito), il quale ha realizzato dei bellissimi disegni dei miei personaggi originali con cura e passione, oltre ad avermi dato sempre dei pareri costruttivi e informazioni importantissime. Se volete rivedere tutti i disegni potete seguirlo sulla pagina Instagram @GiosuèGraci. E' un portento!
Grazie a Biohazard, una scrittrice meravigliosa che ha seguito la mia storia. E' un vero onore essere seguite da persone che scrivono molto meglio di me XD Vi consiglio caldamente di leggervi la sua long in corso “The Legend of Saiyan Knights”, perché è davvero commovente e scritta benissimo.
Grazie a Kamehamegoku che ha recensito con dedizione tutti i capitoli, non ne ha mai saltato uno! Grazie, sei stata una compagna di viaggio meravigliosa.
Grazie a GiovaneStella per esserti letta 68 capitoli in 3 giorni ed esserti portata in pari con la storia in tempi davvero da record! Sei stata fantastica!
Grazie ad AsiaSaphira per aver seguito la mia storia in silenzio per lungo tempo, ma per aver poi deciso di farti conoscere e scrivermi i tuoi preziosissimi pareri. Grazie di cuore!
Grazie a Shanley per aver avuto il coraggio di iniziare a leggere questa storia due settimane prima della sua conclusione, trovasi davanti un malloppo di 70 capitoli farebbe spavento a chiunque, ma tu non ti sei lasciata intimidire e mi stai lasciando pian piano dei meravigliosi rimandi. Mi domando quando e se riuscirai a giungere fino a qui, ma ti lascio comunque un grosso ringraziamento per aver scelto di iniziare questa avventura.
Grazie a tutti coloro che hanno letto silenziosamente, spero comunque di avere a fine corsa un piccolo parere, anche solo un saluto in modo da conoscervi! Grazie anche a chi ha seguito per un po' e poi si è perso per strada, spero che riusciate a riprendere ed arrivare alla fine :) Spero di non aver dimenticato nessuno.
Arrivederci e a presto!
Eevaa-chan

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