Our Promise

di steffirah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** A Memory from a Long Time Ago ***
Capitolo 3: *** First Day ***
Capitolo 4: *** Clow's Song ***
Capitolo 5: *** Budding Feelings ***
Capitolo 6: *** On the Road ***
Capitolo 7: *** Which one is the Truth? ***
Capitolo 8: *** The plucked Flower ***
Capitolo 9: *** Rumors ***
Capitolo 10: *** Unusual Phenomenon ***
Capitolo 11: *** I'll Protect You until the End ***
Capitolo 12: *** Follow the Light ***
Capitolo 13: *** Song of Memory ***
Capitolo 14: *** Light of Restoration ***
Capitolo 15: *** By your Side forever ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
 


 
Una bambina di circa sette anni dormiva irrequieta, al centro di un prato. L’erba cresceva folta quella primavera e quasi ne nascondeva l’esile corpicino, rannicchiato in posizione fetale. Il suo respiro era irregolare, il suo viso era attraversato dalle peggiori delle tempeste. Tremava come una foglia, ma non per il freddo. L’aria era piuttosto mite, ma per lei anche il più leggero anelito di vento era il soffio glaciale della morte.
Aprì lentamente gli occhi, sentendoseli tutti appiccicati. Fu pervasa da un’immensa tristezza, rendendosi conto che quel che aveva appena vissuto non era stato soltanto un incubo. Sola. Era rimasta completamente sola.
Provò a consolarsi con i denti di leone, strappandone uno con delicatezza. Lo portò al viso, chiudendo gli occhi per qualche minuto; a quel punto soffiò con tutto il fiato che le restava, sperando che i semi portassero con sé il suo desiderio. Se avesse raggiunto i Cieli, il buon Re delle Fate la avrebbe sicuramente ascoltata. 
Sapeva che quello poteva essere l’unico rimedio a quello scompiglio che era divenuta ormai la sua vita. Di più non possedeva. Unicamente ricordi, e Madre Natura.
Ricordi…. Si abbandonò nuovamente a questi, ricominciando a piangere.
Non era di certo da commiserare. Era rimasta orfana di entrambi i genitori. I suoi cari, amati, genitori. Coloro che l’avevano cresciuta per tutti quegli anni. Coloro che si erano presi cura di lei, coloro che la avevano accettata, coloro che la avevano educata ad essere sempre gentile e coraggiosa. Ma adesso si sentiva venire meno le forze. Tutta la baldanza che la caratterizzava, l’allegria che l’aveva sempre accompagnata, divenivano man mano distanti. Lontanissimi. Un miraggio.
Quale parte di se stessa le era ancora rimasta?
«Va tutto bene?»
Alzò di poco lo sguardo, sbucando fuori con la testa dalle sue ginocchia. Vedendo tutto offuscato si pulì gli occhi col dorso di una mano, tirando su col naso. Scosse la testa, incapace di rispondere.
La voce si inginocchiò dinanzi a lei, facendosi più avanti per guardarla in volto.
«Ti sei fatta male?»
Ora che le lacrime erano quasi tutte sgorgate riuscì a vedere una figura. Era una bambina. Una bambina mai vista prima, con due occhi bellissimi. Il sinistro era d’un colore ambrato, il destro era turchese.
Rimase molto colpita da quella eterocromia, tanto che la nuova arrivata dovette ripetere la domanda affinché negasse.
«Chi sei?», osò interrogarla, incuriosita, improvvisamente dimentica di ciò che costantemente la crucciava.
«Mi chiamo Shara.»
«Abbiamo dei nomi simili.», sorrise, come non le riusciva da tempo. «Il mio nome è Sakura.»
Shara la osservò con attenzione, chiedendosi se si fosse ripresa del tutto. Le sembrava che fosse avvolta in un’ombra scura, luttuosa, ma aveva quasi paura di porgere ulteriori domande. Tuttavia, era preoccupata. Non le era mai capitato di incontrare una bambina tanto sciupata. Sembrava così leggera da poter volare via come una piuma. Così pallida, così effimera, da dare l’impressione di potersi frantumare in mille pezzi da un momento all’altro. Quell’idea non le piaceva, per cui si decise a chiederle cosa c’era che non andava.
Con l’aprirsi del cuore di Sakura cominciò la loro storia…




NdA:
Salve a tutti! Eccomi tornata con una nuova idea (forse un po' folle)! Non so se conoscete il gioco "Wizardess heart" della serie "shall we date", fatto sta che giocando la route con Joel Crawford ho pensato: "Perché no? Potrebbe funzionare." Così ho deciso di scrivere una fanfiction che segue la storia del gioco, avente però come protagonisti i personaggi delle CLAMP. Molte battute sono prese dalle scelte fatte mentre giocavo, altre invece sono mia invenzione - così come lo è anche la risoluzione della storia. Ovviamente, seguendo l'originale i personaggi possono essere un po' out of character. In effetti, è la prima volta che scrivo qualcosa del genere, quindi se ho sbagliato qualcosa fatemelo notare senza farvi problemi ^_^
Auguro a tutti una buona giornata e buona domenica!

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Capitolo 2
*** A Memory from a Long Time Ago ***


A Memory from a Long Time Ago
 


 
«Hey…»
Qualcuno mi chiamava, da qualche parte, nel mondo. Inconsciamente risposi a quel richiamo, aprendo gli occhi. La prima cosa che vidi furono due sfere di colore diverso: una era ambra, l’altra era turchese. Dove le avevo già viste? Sembrava quasi l’impronta di un sogno. Un sogno oramai obliato…
«Come due gioielli….», sussurrai a me stessa.
«Eh?»
Sbattei le palpebre al suono di quella voce. Mi passai una mano sugli occhi e solo allora mi resi conto che quelle due gemme non erano altro che iridi. Le iridi di un ragazzo, prono su di me.
Mi misi seduta di scatto, con troppa foga, finendo con lo sbattere con la fronte contro la sua. Ouch. Mi massaggiai la zona colpita e vidi lui fare lo stesso, mentre si metteva in piedi.
«Almeno è viva.», mormorò all’aria.
«Come?»
Mi sentivo così confusa. Chi era lui? Da dove era sbucato fuori? Quando mi ero addormentata?
«Pensavo fossi un cadavere.», dichiarò senza mezzi termini, facendomi sussultare.
«Io?»
«Ho provato ad attirare la tua attenzione più volte, ma non sembravi neppure sentirmi.», spiegò secco. Ciononostante dalla sua fronte prima corrugata, ora distesa, compresi che si fosse preoccupato.
«Grazie. Sono viva.», confermai sorridendo allegramente.
Mi misi a mia volta in piedi, porgendogli una mano.
«Mi chiamo Sakura.»
Invece di prendere la mia mano lui guardò nuovamente verso il cielo, sgombro di nuvole. Ripeté il mio nome, mandandomi in confusione. Sembrava stesse riflettendo su qualcosa.
Quando tornò a guardarmi mi prese finalmente la mano, presentandosi a sua volta. Il suo nome era Shaoran.
«Cosa ci fai qui?»
Con l’indice della mano destra indicò non soltanto il prato su cui ero stesa, ma anche la foresta alle mie spalle e il lago ai nostri piedi.
Gli sorrisi timidamente, facendomi piccola.
«Mi sono persa.»
Lui alzò un sopracciglio, stavolta indicando il foglio spiegazzato che stringevo nell’altra mano. L’avevo tutto stropicciato senza accorgermene, così lo distesi per bene.
«Quella non è una mappa?», osservò.
Annuii imbarazzata.
«Non sai leggere una mappa?»
«Non esattamente.», provai a ribattere al suo tono derisorio. «È soltanto che ho un pessimo senso dell’orientamento.»
«Allora c’è poco da fare. Sei una matricola?»
Annuii osservando la sua divisa. Solo allora mi accorsi che era anche lui uno studente.
«Vieni, ti faccio strada.»
Si incamminò e io mi affrettai a seguirlo, raccogliendo le mie cose da terra.
«I dormitori maschili si trovano vicino a quelli femminili?», lo interrogai.
«Figurati, si trovano ai due estremi del campus.»
«Ma così ti faccio fare più strada!», esclamai, fermandomi.
«Non preoccuparti di questo.»
Proseguì, apparentemente impassibile, e io restai al suo fianco, guardandomi intorno. Dovevo memorizzare il percorso.
«Dunque, matricola, da dove vieni?»
«Puoi chiamarmi Sakura.»
«Posso?»
Annuii, rispondendo: «Da Reitz. Dubito che tu sappia dove si trovi.»
«Invece lo so.», mi colse di sorpresa.
«Davvero? Ma è soltanto un piccolo villaggio!»
«Davvero.»
Meditai sulla sua risposta. Non pensavo fosse famoso. Ero piuttosto certa che una volta giunta all’Accademia mi avrebbero tutti derisa. Sapevo che la maggior parte degli studenti qui provenivano da grandi e importanti città. Chissà lui di dove era originario.
«E tu?», diedi voce ai miei dubbi.
«Il colore dei miei occhi dovrebbe darti la risposta.»
Lo guardai sperando in un’illuminazione, ma purtroppo non riuscii a capire. Cosa significava quella risposta enigmatica?
«Siamo arrivati.», annunciò, facendo un cenno con la testa verso un grande edificio in mattoni rossastri, con grandi finestre dagli angoli smussati, balconi bianchi, e una sorta di chiostro a semiluna davanti all’ingresso.
«Grazie.»
Mi voltai per salutarlo e quando i nostri sguardi si incrociarono lui allungò una mano, portandola tra i miei capelli. Lo fissai interdetta finché non la ritrasse, mostrandomi dell’erba.
«So che non sono affari miei, ma ti consiglio di non dormire dove ti capita.»
«Cosa posso farci. I prati mi ricordano la mia terra, è una vecchia abitudine che ho.»
«Succedeva anche a me, ma -»
«Veramente?», chiesi entusiasta. «Allora abbiamo qualcosa in comune! Anche tu pensi che sia fantastico essere immersi nel verde?»
Lui mi fissò a lungo, come se fosse nuovamente immerso in qualche profondo pensiero.
«Sì, Sakura. Ciononostante non dovresti. Potresti prendere un raffreddore.»
Gli sorrisi rassicurante. «Farò del mio meglio!»
Ci congedammo lì e attesi che si allontanasse contro il sole calante prima di decidermi a mettere piede nell’edificio.
Mi aspettavo una lavata di capo per essere arrivata tanto in ritardo – quando le mie valigie avrebbero dovuto già essere qui da ore –, ma la capo dormitorio fu molto comprensiva una volta che le ebbi spiegato brevemente l’accaduto.
Mi scortò fino alla mia stanza, che sapevo essere già occupata da qualcuno. Bussò introducendomi e quando si aprì la porta vidi una bellissima ragazza, dalla pelle color alabastro, lunghi capelli neri, ondulati, mentre i suoi occhi tendevano al viola.
Salutò cortesemente la capo dormitorio e mi fece entrare. Non appena chiusasi la porta alle spalle quasi mi saltò addosso. Mi prese entrambi le mani, guardandomi con occhi brillanti.
«Finalmente ci conosciamo! Molto piacere, io sono Tomoyo.»
«Piacere mio, io sono -»
«Sakura.», mi interruppe, sorridendomi deliziata. «Lo so, ti stavo aspettando.»
«Mi ero persa.»
Raccontai anche a lei tutto quello che mi era successo, a cominciare dalla lettera di ammissione, proseguendo col lungo viaggio in treno fino all’aiuto di Shaoran.
«Eh? Stiamo parlando della stessa persona?»
La fissai confusa e lei mi spiegò che lo Shaoran che conosceva lei non si lasciava immischiare in nulla.
«Non permette a nessuno di avvicinarlo, quindi mi sorprende che sia stato lui a fare il primo passo.», rise.
Valutai le sue parole, chiedendomi a mia volta il motivo.
«In effetti, l’ho trovato un po’ strano.», ammisi, riflettendo ad alta voce. «Parlava in maniera enigmatica.»
«Ad esempio?»
«Ad esempio, ha detto che guardando i suoi occhi dovrebbe essere ovvia la sua provenienza.»
«Ma infatti lo è. Non conosci la regione Ilgatto?», chiese incredula.
Scossi la testa e lei spiegò: «È famosa perché patria di Spellsingers con eterocromia nelle loro iridi.»
Annuii, aggiungendo quella nuova informazione al mio povero bagaglio culturale.
«È meglio ripetere un po’ di geografia, i docenti qui sono molto severi.»
«Sì. Grazie.»
Quella sera parlammo quasi fino a notte fonda, in modo tale che imparassimo a conoscerci a vicenda. Una cosa pensai a letto, prima di addormentarmi: per il tipo di persona che si stava rivelando essere ero molto grata a chi di dovere per avermi fatta capitare in stanza con Tomoyo.  Mi sentivo bene con lei, tanto che mi dava l’impressione di essere amiche da sempre.
Quello stesso pensiero mi ricondusse ad un vecchio ricordo. Ma purtroppo esso aveva i contorni sfocati, i colori sbiaditi, le sagome erano pure ombre del mio inconscio. Voci senza suono. Era un passato troppo antico perché riaffiorasse nella mia mente, lo sapevo. Lo sapevo da ben dieci anni.
Ma anche se per tutto quel tempo avevo smesso di pensarci, all’improvviso desideravo sapere. Desideravo conoscere. E, se quello era il caso, desideravo soffrire.




NdA:
Ecco il primo capitolo! Come avrete notato lo Shaoran qui trattato è - attenzione, spoiler per chi non ha finito tutto l'anime e il manga - il clone, particolarmente dopo che ha rubato la magia a Fay (T-T). Ma è al contempo diverso da lui, anche perché è un universo differente da quello di Tsubasa. Qui ci è semplicemente nato con l'eterocromia. E ha avuto un'infanzia diversa che - ovviamente - ha portato ad un carattere che si distacca un po' da quello dell'originale. 
Con Sakura ho cercato, invece, di restare quanto più fedele possibile al personaggio delle CLAMP - sebbene qui sia una studentessa un po' più grande. E come c'è molto di Joel in Shaoran, così c'è molto di Liz (il personaggio principale di Wizardess Heart) in Sakura.
Se qualcosa non è chiaro - soprattutto nei capitoli successivi - non esitate a chiedere! ^_^
Un abbraccio a tutti! 

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Capitolo 3
*** First Day ***


First Day



 
Primo giorno nella prestigiosa Royal Magic Academy di Gedonelune. Dire che ero nervosa sarebbe stato un eufemismo.
Avendo scoperto che, purtroppo, io e Tomoyo non avevamo lezioni in comune, quella mattina mi ero avviata prima del dovuto, quasi certa al cento per cento che mi sarei persa di nuovo.
Seguendo la mappa riuscii a giungere fino al cortile senza sperdermi, ma dato che si componeva di cespugli di rose, pergole con rampicanti e siepi fiorite non si discostava molto dall’essere un vero e proprio labirinto.
Sbirciando tra i vari sentieri che si diramavano riconobbi da lontano la figura di Shaoran. Convinta che potesse aiutarmi corsi nella sua direzione, tirandogli un colpetto sulla schiena per attirare la sua attenzione.
«Buongiorno!», esclamai ilare, notando che lo avevo fatto sobbalzare.
Ricambiò il saluto dopo essersi ripreso. Mi chiesi se non fosse la tipica persona cui piaceva vivere con la testa tra le nuvole. In tal caso eravamo in due.
Senza girarci attorno gli chiesi se poteva farmi un altro favore e mostrarmi dove si trovava l’Accademia. Non mi aspettavo acconsentisse così in fretta – soprattutto non dopo quello che mi aveva detto Tomoyo –, per cui al suo sì gli presi automaticamente le mani, scuotendole su e giù per la contentezza. Tuttavia ricevendo da parte sua un’occhiata di rimprovero abbandonai immediatamente la presa, portando i palmi in alto.
«Non volevo essere spontanea, solo che quando guardo te mi sembra di rivedere una vecchia amica.» Notai una piccola luce di curiosità accendere i suoi occhi.
«Si chiamava Shara.»
«Shara…», ripeté e quasi nello stesso istante gli stemmi sulle nostre divise brillarono d’una forte luce, quasi accecante. Durò pochissimi secondi e ben presto tornarono normali. Avevo forse immaginato tutto?
«Non l’avrei mai detto…», sussurrò tra sé, incamminandosi.
«Cos’è successo?»
«Siamo “buddies”.»
Lo guardai confusa. Lui sospirò, aggiungendo: «L’Accademia si basa sul lavoro in coppia.»
Non mi era molto chiaro, ma preferii lasciar perdere. Sicuramente avrei capito.
Una volta giunti davanti all’Accademia osservai nuovamente l’immenso edificio gotico che il giorno precedente avevo avuto modo di vedere solo per pochi secondi da lontano. Elettrizzata anticipai Shaoran, correndo all’interno, ritrovandomi davanti una doppia serie di rampe di scale, coperte da un tappeto rosso. La magnificenza si respirava nell’aria, nelle antiche mura, nelle colonne che si innalzavano in una volta a ventaglio, nelle piccole fiammelle che fluttuavano al di sopra delle nostre teste…. Era tutto così magico. E così vero. Finalmente, uno dei miei grandi sogni si era realizzato.
Il mio fantasticare fu presto interrotto da un ragazzo più grande, il quale mi chiese: «Sei tu Sakura?»
Annuii e lui mi fece segno di seguirlo, comprendendo nell’invito anche Shaoran.
«Mi chiamo Kimihiro, sono il Prefetto dell’Accademia. A quanto pare siete diventati Buddies.»
“Come fa a saperlo?”
«Capisci cosa comporta?» Al mio scuotere la testa aggiunse: «Voi due condividete lo stesso destino. Se vi sarà possibile cercate di studiare insieme perché se uno fallisce automaticamente sarà un fallimento anche per l’altro.»
Rivolsi una breve occhiata a Shaoran, il quale camminava guardando dritto davanti a sé, con l’aria come se non avesse ascoltato neppure una parola. Deglutii a fatica, augurandomi di non divenire in alcun modo un fardello per lui.
«Dovete essere un unico corpo con un’unica mente.», concluse sorridendo, aprendo una porta e precedendoci per presentarci.
Shaoran attese che fossi io la prima ad entrare per cui mi feci coraggio, chiedendomi cosa ci fosse ad aspettarmi. Il Prefetto fece da tramite tra me e la Preside, una donna alta, snella, dai lunghi e sottili capelli corvini, che lisci come seta le carezzavano la schiena fino alle ginocchia, mentre altre ciocche erano alzate in uno chignon tenuto con eccentrici accessori floreali. I suoi occhi erano sottili, vispi, color cremisi. Nel momento in cui appresi di trovarmi non soltanto dinanzi alla mia benefattrice, ma anche un membro dei tre leggendari maghi che avevano fondato l’istituto cominciai ad innervosirmi.
Shaoran sembrò accorgersene e il suo tono calmo nel richiamarmi sottovoce riuscì a tranquillizzarmi.
Lasciai la Preside parlare e tra le tante cose che mi spiegò due mi sconvolsero. La prima era che da circa due settimane Shaoran aveva perso la magia. Mi chiesi come fosse possibile, per quale motivo, come potessi aiutarlo a riottenerla.
La seconda era che in realtà sulla lettera ricevuta a casa c’era scritto che si trattava di un periodo di prova di tredici giorni, in seguito al quale sarebbe avvenuto il giudizio, per decidere se meritavo o meno di divenire una studentessa ufficiale. Ciò mi terrorizzava.
«Lo stesso vale per te, Shaoran. Se entro tredici giorni non riuscirai a recuperare la tua magia non potremmo farti restare.»
«Lo so.»
Lo guardai allibita. Come poteva mostrarsi così impassibile?!
«Ci riusciremo insieme.», dichiarai, guardandolo con sicurezza. «Riporteremo indietro la tua magia, Shaoran.»
«Questo è lo spirito giusto.», intervenne la Preside. «Non è un caso se voi due siete diventati Buddies, perché al mondo non esistono le coincidenze. Esiste soltanto l’inevitabile.»
L’inevitabile…
«Hai un altro compito per il giorno del giudizio. Dovrai dirmi cos’è per te la magia.»
Detto ciò ci congedò entrambi per permetterci di raggiungere le nostre classi.
Proseguimmo in silenzio per il corridoio, e ne approfittai per riflettere sulle parole della Preside. Era inevitabile che Shaoran dovesse perdere la magia? Ed era inevitabile che proprio una buona a nulla come me dovesse aiutarlo a riprendersela?
Sospirai sonoramente, accorgendomi di essere arrivata davanti alla mia classe. Stavo per salutare Shaoran, quando questi mi precedette esordendo con: «Mi dispiace, non volevo coinvolgerti. È un problema che riguarda soltanto me, quindi concentrati unicamente sullo studio.»
Mi volse le spalle e lo guardai allontanarsi col cuore che mi si stringeva. Come poteva chiedermi una cosa del genere, quando noi due dovevamo vivere come se fossimo un unico essere? Non potevo lasciar stare.
Continuai a pensarci per il resto della mattinata, ma fortunatamente quel giorno le lezioni non erano pesanti. Anzi, erano incentrate sulla flora e la fauna, due materie in cui ero un asso. E anche i miei compagni erano molto cordiali.
A fine lezioni, sorprendentemente, trovai Shaoran ad aspettarmi fuori l’aula.
«In qualità di Buddy è mio compito farti fare un giro per l’Accademia.», chiarì.
Sospirai sollevata nel vederlo, ringraziando il cielo che non avesse deciso di abbandonarmi. Anche perché per un terribile istante era quella la sensazione che avevo avuto.
In ordine mi mostrò l’auditorium in cui si tenevano eventi importanti – tra cui la cerimonia del giudizio –, la biblioteca, il cortile e la serra, fino ad accompagnarmi nel luogo in cui ci eravamo conosciuti.
Era piacevole passeggiare con lui, nonostante il silenzio. Decisi di interromperlo mentre mi abbassavo a raccogliere un fiore dal prato, rigirandomelo tra le dita e annusandolo.
«Ieri sera la mia compagna di stanza, Tomoyo, mi ha detto che sei uno Spellsinger, ma mi sembra la prima volta che ne sento parlare. Cosa fate per l’esattezza?»
«Cantiamo formule magiche.»
Lo guardai entusiasta. «Puoi cantare qualcosa adesso?»
«Un po’ insensibile da parte tua, non trovi?»
«Ah! Scu-scusami…»
«Ma non posso dire di odiare quest’aspetto di te.»
Lo guardai confusa, mentre scendeva a compromessi.
«Solo una canzone. Farò un’eccezione.»
Esultai interiormente, in attesa che prendesse fiato.
Non appena cominciò a cantare la sua voce sembrò colpirmi dritta al cuore. Era così sottile, definita, limpida come acqua di una sorgente. La sua canzone mi dava sollievo, una dolce e malinconica melodia mi avvolse nel suo manto sonoro, dissolvendo tutte le mie preoccupazioni.
“È così… magnifico…”
«Formidabile! Sei veramente incredibile!», applaudii non appena tacque, guardandolo con occhi brillanti.
«Non esagerare.»
«Dico davvero!»
«Anche se così fosse è del tutto inutile senza magia.»
«Non arrenderti. So che non sono la persona più affidabile del mondo, ma farò tutto ciò che è in mio potere per restituirti la magia.»
Alla mia affermazione scoppiò a ridere, sorprendendomi.
«Sei la stessa di sempre.»
Il suo riso si mutò in un dolce sorriso, che mi rapì del tutto il respiro. Era la prima volta che lo vedevo sorridere! Non avrei mai pensato che i suoi tratti potessero divenire tanto gentili, tanto morbidi e caldi.
Mi stavo del tutto perdendo in quella visione, quando fummo distratti da una voce squillante invocante aiuto. Entrambi ci voltammo a guardare a terra, nel prato. Un piccolo esserino bianco, dalla forma tonda e orecchie lunghe, simile ad un coniglietto, con due grandi occhi viola e una gemma rossa al centro della fronte sembrava scappare da grossi rospi. Questi parevano convinti che fosse la loro sposa, ma dato che lei insisteva di essere soltanto “Mokona” decisi di aiutarla. Parlai con loro, spiegando il fraintendimento, ma una volta che ci fu via libera “Mokona” sembrava essersi volatilizzata.
Shaoran osservò la scena in silenzio e gli spiegai, un po’ imbarazzata, che tutte le mie abilità magiche ruotavano intorno agli animali e alle piante.
Lui mi lasciò intendere che non era una cosa di cui vergognarsi, anzi era straordinario.
«La mia è una dote che hanno in molti, il tuo potere invece è tuo e di nessun altro. Dovresti esserne fiera.»
«Sarà anche così, ma dubito che tutti gli Spellsinger riescano ad incantare anche senza magia.»
«Mi sopravvaluti.», borbottò, accompagnandomi al dormitorio.
Risi tra me, capendo di averlo imbarazzato. Ma era vero. La sua voce aveva un effetto ipnotico. E non soltanto quando cantava.

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Capitolo 4
*** Clow's Song ***


Clow’s Song
 

 
«Vieni Shara, ti insegnerò la Canzone di Clow.»
«Cos’è?», chiese la bambina incuriosita, sedendosi ai piedi della donna.
«L’ho inventata io.», sorrise ella. «A baby goat stands on a small rock. If the sun goes down, the goat goes to sleep. If the goat goes to sleep he falls off the rock.», intonò.
Shara rise divertita e cantò insieme a lei, mentre Sakura batteva le mani seguendone il ritmo. Dondolava con le gambe all’aria, seduta sul davanzale della finestra. Alzò il viso verso il cielo, chiudendo gli occhi, lasciandosi cullare dalla voce di Shara…


 
«Mia salvatrice? Sveglia!»
Aprii gli occhi a fatica, stropicciandomeli. Mi misi seduta sbadigliando, togliendomi alcuni capelli dalla bocca. Sentivo il rumore dell’acqua che scorreva nella doccia, quindi supponevo Tomoyo si fosse svegliata prima di me.
«Buongiorno!», esclamò una voce pimpante, facendomi quasi saltare dal letto.
Abbassai lo sguardo, vedendo un essere bianco saltellare ai piedi del mio letto, rimbalzando sulla coperta. Lo riconobbi subito.
«Il “Mokona”! Che cosa sei?»
«Mokona è Mokona! Altro nome non ho!»
Alzai un sopracciglio. Probabilmente aveva il suo senso.
«Sei un “Mokona” e ti chiami Mokona?»
Mi chiesi di che tipo di creatura magica si trattasse.
«Non sono un “Mokona”, sono una Mokona!»
«Sei una ragazza!», ridacchiai, dandole delle carezze sulla testa.
«Esattamente come te!», confermò fiera. «Volevo ringraziarti per il tuo aiuto ieri. In cambio esaudirò ogni tuo desiderio.»
Ci pensai su.
«Va bene ogni cosa?»
«Chiedimi tutto.», annuì convinta.
«Puoi far tornare la magia a Shaoran?»
Dal suo viso compresi che si stesse concentrando, ma poi sospirò sconfitta.
«Non è in mio potere.», si abbatté, finendo stesa a faccia in giù.
Trattenni una risata e la rassicurai.
«Almeno ho fatto un tentativo.», sospirai.
«Sei una brava ragazza, salvatrice.»
Si rimise in piedi, saltando sulla mia spalla per darmi un piccolo bacio su una guancia.
«Grazie, ma il mio nome è Sakura.», sorrisi, strofinando il mio naso contro il suo.
Mi chiesi cosa fosse meglio fare con lei, ma piuttosto che tenerla rinchiusa in camera potevo portarla con me e fingere che fosse il mio famiglio.
A lezione quel giorno si parlò di incantesimi, non recitati tramite le canzoni – come gli Spellsinger – ma tramite la magia primitiva, ossia incorporando il potere magico nelle parole. Il docente ci insegnò come spegnere la fiamma di una candela ordinando “sparisci”, ma quando toccò a me ovviamente fallii: fogli e libri volarono da tutte le parti, le finestre tremarono e il vento arruffò i capelli di tutti.
Il professore Kurogane si mostrò impressionato per il mio potere, ma lamentò una mancanza di controllo.
Mi scusai mortificata con tutti e per il resto della giornata mi sentii piuttosto depressa – nonostante Mokona tentasse in tutti i modi di risollevarmi il morale.
A fine giornata mi stavo avviando con fare sconsolato al dormitorio, quando mi trovai faccia a faccia con Shaoran.
«Ti cercavo.»
«Mi hai trovata.»
«Oh! È lui il ragazzo di cui parlava la tua amica?»
Imbarazzata, tappai immediatamente la bocca di Mokona. Shaoran si abbassò alla sua altezza, scrutandola da vicino.
«È il coniglio di ieri?»
«Mokona non è un coniglio!», esplose, riuscendo con una forza sovrumana a togliere le mie mani dal suo viso. «Mokona è Mokona!»
«Dovrebbe avere senso?»
«Ha ragione la tua amica! È un ragazzo impossibile! Come fa a piacerti?»
Avvampai, portandomi una mano sugli occhi.  Quella stessa mattina le due avevano fatto conoscenza e non pensavo che uno degli argomenti preferiti di Mokona fossero i ragazzi. Così come non pensavo che uno dei preferiti di Tomoyo fosse prendere in giro me e Shaoran.
«Non mi importa di cosa dice la gente. Mi interessa solo il parere di una persona.», ribatté lui senza mostrare alcun sentimento particolare.
Abbassai la mano, mortificata.
«Vogliamo andare?»
Annuii, affiancandolo, con Mokona tra le braccia – che saggiamente decise di tacere.
«Come mai mi cercavi?»
«Volevo soltanto accompagnarti fino al dormitorio.»
«Ormai ho imparato la strada.», gli feci notare.
«Lo so.»
Lo guardai confusa, piegando la testa su un lato. Lui si voltò a guardarmi con una traccia di sorriso.
«Semplicemente volevo
Lo guardai a bocca aperta. Non poteva neppure immaginare quanto mi facesse piacere sentirlo.
«Aww, quanto siete sdolcinati.», commentò Mokona in tono smielato.
Arrossii nuovamente, lui le rivolse un’occhiata gelida.
«Ti starà sempre intorno?», si rivolse a me.
«Non darò fastidio a nessuno.», rispose lei, incrociando le braccia.
Lui la fissò molto scetticamente, borbottando qualcosa su “nessuno” e “amici”. Non riuscii a capirlo perché senza preavviso Mokona fece uscire dalla bocca una raffica di vento talmente forte da mandare tutti gli studenti nel panico. Nel caos totale volarono molti libri e per quando me ne accorsi uno di questi era a pochi centimetri dal mio naso. Non ebbi neppure il tempo di spaventarmi che Shaoran gridò il mio nome e mi tirò per una mano, facendomi da scudo col suo corpo. Sbiancai, convinta che si fosse fatto male, ma al contempo il mio cuore prese vita per battermi furiosamente nel petto.
Nel momento in cui la tempesta sembrò chetarsi tutti gli oggetti caddero al suolo, imprigionati dalla gravità.
«Stai bene?», mi chiese lui allarmato, prendendomi per le spalle per guardarmi.
«Io sì. Tu piuttosto, Shaoran! Sei stato colpito alla schiena, dobbiamo controllare!»
«Non è grave, per fortuna non mi ha colpito con l’angolo.»
Continuai a fissarlo preoccupata, e lui fece lo stesso, letteralmente scannerizzandomi dalla testa ai piedi e viceversa.
Il tempo sembrò bloccarsi quando i suoi occhi incontrarono i miei. I nostri volti erano più vicini di quanto mi aspettassi e nel rendermene conto percepii le mie guance scaldarsi.
“Cos’è questo sentimento?”
Lui fu il primo a distogliere lo sguardo per guardarsi intorno, facendomi notare che fosse meglio andare via visto che quel tornado in miniatura proveniva da noi.
Con lo sguardo basso ci allontanammo e io guardai interrogativa Mokona, la quale si era rintanata momentaneamente nella mia borsa. Dopo poco ne uscì fuori soddisfatta, porgendo un bigliettino a Shaoran. Lui lo lesse rapidamente, mostrandosi confuso, e lei spiegò: «Non devi più preoccuparti di niente. Mokona è tua amica!»
Lui sbatté gli occhi più volte, come a volersene fare capace. Poi annuì, posando quel biglietto in tasca e le diede un colpetto in testa.
«Grazie.»
Non capii molto del loro dialogo, ma poco importava. Mi bastava che andassero d’accordo.
Quella notte ci impiegai molto ad addormentarmi. Ogni volta che chiudevo gli occhi mi appariva innanzi Shaoran. Non riuscivo a smettere di pensare al tempo trascorso insieme, per quanto poco ed effimero fosse. Qualcosa in me parve smuoversi, un’emozione più grande, più forte di me prese il sopravvento. Nelle profondità del mio petto si scaldava, e diveniva sempre più caldo, sempre più ardente, al punto che bruciava. Era agonizzante.
Mi girai e rigirai nel letto, nella vana speranza che diminuisse.
Mokona parve accorgersi della mia irrequietezza, perché si stese accanto alla mia testa, sussurrando: «È amore.»
«Non può essere, Mokona.», ribattei insicura, rannicchiandomi su un lato. «Ci conosciamo da così poco e anche se è piacevole stargli accanto dubito che si tratti di -»
«Invece ne sono sicura. Riesco a percepirlo.»
«Percepirlo?»
«Dai vostri cuori. È una delle mie 108 tecniche segrete.», ammiccò.
Ridacchiai, chiedendomi se era davvero possibile una cosa del genere.
“L’amore….  L’inevitabile…. Noi siamo compagni….”
Arrossii, portandomi il lenzuolo fin sotto il naso.
«E poi, prima ho ricevuto un biglietto.»
«Quello che hai dato a Shaoran?», chiesi curiosa e lei annuì.
«Era un simbolo, significava che già vi siete incontrati.»
«Eh? Io e Shaoran? Impossibile, sono sicura di non aver mai conosciuto prima una persona con l’eterocromia.»
Era davvero così, ma perché mi sembrava di aver detto una bugia?
«Il simbolo però non può sbagliarsi. Mi è stato mandato dal Fato.», biascicò, scivolando nel sonno.
Ma allora quando era successo? Quando ci eravamo conosciuti? E perché non lo ricordavo?
Stranamente, mentre mi ponevo tutti questi interrogativi, nella mia mente risuonarono le note della Canzone di Clow.
“È vero…. Shara aveva conosciuto mia madre….”  




Angolino autrice:
Buongiorno a tutti e perdonatemi se non mi faccio sentire praticamente da... un mese ç.ç Purtroppo sono stata molto presa dalla preparazione per gli esami universitari e ho avuto poco tempo per dedicarmi alla scrittura T.T Vogliate perdonarmi ;_; Cercherò di essere più presente, lo prometto!
Dunque, ovviamente la "canzone di Clow" è presa pari pari dal gioco (in realtà sarebbe di Cappera, ma per ovvie ragioni - che poi scoprirete - ho deciso di cambiarne il nome). Non so se già l'ho detto ma, in generale, i titoli sono sempre presi dal gioco. Altri invece li ho inventati perché non mi sembravano molto coerenti col contenuto del capitolo.  
Ringrazio chiunque sia rimasto nonostante la mia sparizione e che continua a leggere questa piccola storiella. Vi auguro una buona giornata :3
Un abbraccio,
Steffirah

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Capitolo 5
*** Budding Feelings ***


Budding Feelings
 

 
«Insisto. Non dovresti dormire sull’erba.»
«Ma è così piacevole e soffice, come un morbido letto!», ribatté la bambina dai corti capelli biondo fragola. Si alzò, rivolgendo i suoi brillanti occhi verdi alla sua migliore amica. Si aprì nel suo caratteristico sorriso mentre la trascinava giù con sé.
La bambina dai lunghi capelli castani cedette alle sue insistenze. Dovette ammettere la sconfitta. Guardarono le nuvole insieme e si divertirono a darvi eccentriche forme, finché non si ritrovarono a battibeccare sulla stessa nuvola.
«Guarda quella! È un gatto!», gridò Sakura eccitata, indicandola.
«Io ci vedo un lupo.», ribatté Shara.
«Non se ne parla, è sicuramente un gatto!»
«Ti sbagli, ha la forma di un lupo.»
«Gatto!»
«Lupo!»
«Gatto!»
«Lupo!»

 
«Gatto-lupo, è ora di svegliarsi o farai tardi.»
Aprii lentamente gli occhi alla voce giocosa di Tomoyo.
«È un gatto…», mormorai, sbadigliando rumorosamente e stiracchiandomi.
«Sia quel che sia, tra poco cominciano le lezioni. Preparati una strigliata per aver saltato la colazione.»
Mi misi in piedi con uno scatto, notando solo allora che Tomoyo era già pronta per uscire.
«Perché non mi hai svegliata prima?!»
Mi affrettai a recuperare la divisa, vestendomi alla rapidità della luce mentre mi lavavo faccia e denti.
«Ci ho provato per mezz’ora, ma tu non facevi altro che ripetere “gatto” e “lupo”. Se non ci credi ho fatto un video, dopo te lo mostro.»
Mi salutò, dicendomi di affrettarmi e io cercai di fare tutto in un lampo. Fortunatamente con uno sprint riuscii a raggiungere l’Accademia prima del suono della campanella. Sospirai sollevata all’ingresso e cercai di riprendere fiato.
«Hai corso fino a qui?»
Mi voltai, udendo una voce familiare, ritrovandomi davanti uno Shaoran sorpreso.
Annuii e gli augurai il buongiorno, e dopo che fece lo stesso mi chiese: «È successo qualcosa?»
«No, ho soltanto dormito troppo.»
«Aha, dai l’idea di qualcuno che ha difficoltà a svegliarsi.» Allungò una mano sulla mia testa mentre proseguiva: «Hai i capelli tutti spettinati.» 
Probabilmente il colore sulle mie guance diveniva sempre più rosso mentre me li rimetteva a posto. Sviai lo sguardo facendomi indietro, pettinandomi con le dita e gli spiegai che avevo avuto problemi ad addormentarmi.
«Incubi?»
«No, frammenti di ricordi. Anche se sono un po’ discordanti. Deve trattarsi di qualcosa che ho rimosso, ogni volta sembrano pezzi di un puzzle riguardanti tutti la stessa persona.»
Fui interrotta dall’ultimo squillo della campanella, per cui lo salutai velocemente ed entrai in classe, sedendomi accanto a Yuzuriha, una ragazza della mia età solare ed estroversa, con cui ero riuscita a fare subito amicizia.
La lezione del terzo giorno si incentrava su un incantesimo per moltiplicare oggetti inorganici, recitando «Copia malum». Dovevamo clonare delle mele ma, ovviamente, quando toccò a me combinai un disastro e ne riempii l’aula. Mi scusai mortificata e, come punizione, il professore Kusanagi mi disse che avrei dovuto farci confetture da regalare a tutti.
Fuori la classe incontrai Shaoran e, convinta che fare qualcosa di buono potesse dissolvere tutta la negatività che mi avvolgeva, gli proposi di indagare per cercare un modo per fargli tornare la magia. Nonostante lo ritenesse inutile mi seguì nei miei tentativi e dapprima cercammo in libreria (dove sembrava aver letto tutti i libri che potevano riguardare l’accaduto), poi chiedemmo informazioni agli studenti restando sul vago (magari era già successo a qualcuno) e alla fine ci appigliammo all’unica nostra speranza: gli insegnanti. L’unico che trovammo in sala professori era il professore Fay, che sapevo essere uno dei più gentili e alla mano dell’istituto. Egli ci disse che c’era sicuramente una ragione se l’aveva persa, forse la stava sottovalutando; bastava che ci riflettesse sopra.
Purtroppo non eravamo riusciti ad approdare ad una vera e propria soluzione, ma non per questo avevo intenzione di arrendermi.
Mokona ci propose di recarci all’Albero della Conoscenza: dato che le sue radici attraversavano tutto il regno avevano visto di tutto e sicuramente ne sapeva più degli altri. L’unico problema stava nel fatto che si trattava di un viaggio di almeno mezza giornata, quindi avevamo bisogno di un permesso per allontanarci ma, pure ottenendolo, non potevamo spingerci oltre la città.
Mokona stessa ci disse che aveva notato un buco nel muro di cinta, in direzione della foresta a Nord, e, se avevamo il coraggio di farlo, potevamo passare di lì.
«Si potrebbe sgattaiolare via durante la notte e tornare prima del coprifuoco.»
Guardai Shaoran allibita. Non mi aspettavo una proposta del genere da lui!
«E se ci scoprono?»
«Sakura, tu non sei compresa.»
«Come no?!», chiesi sconvolta.
«Io non rischio nulla, non avendo nessun compagno di stanza.»
«Chiederò a Tomoyo di coprirmi!»
«Non se ne parla. Ti trovi già in una situazione delicata. Considerando il tuo livello attuale dovresti pensare unicamente a superare la prova del Giudizio.»
«Ma tu sei il mio Buddy! Il Prefetto ha detto che dobbiamo restare uniti, sempre!», ribattei infervorata.
«Lo so, ma se dovessi essere scoperta -»
«Me ne assumerò la colpa!» Poi osservai: «La Preside stessa mi ha dato il permesso di fare tutto ciò che è in mio potere per aiutarti. Sono sicura che lei capirà.»
Sembrava combattuto se permettermelo o meno, ma alla fine – dopo averlo guardato implorante a lungo – cedette.
«E va bene.», sospirò.
Felicissima di sentire finalmente quelle parole gli saltai al collo, senza neppure pensarci. Nel momento in cui me ne accorsi mi tirai indietro, balbettando delle scuse.
Non capivo se la cosa lo irritasse o meno, fatto sta che in tono pungente domandò: «Sei sempre così espansiva?»
«Non esattamente…. Mi è venuto spontaneo abbracciarti.», provai a giustificarmi. «Forse perché mi ricordi tanto la bambina con cui giocavo da piccola e -»
«… Perché ti ricordo una bambina?»
«Ah! No! Non fraintendermi, non sto insinuando che sembri una ragazza! Le somigli, tutto qui. E non sono riuscita a contenermi.»
Sospirò, lasciando cadere il discorso per dirmi di fare attenzione una volta che andremo lì, dato che sicuramente ci saranno dei pericoli e non sappiamo cosa aspettarci.
Nel salutarmi mi posò una mano sulla testa, carezzandomi, e per qualche ragione il cuore sembrò balzarmi in gola.
“Perché quando l’ho abbracciato non ero così agitata?”, mi chiesi, confusa dai miei stessi sentimenti.
«A domani notte, nella valle a Nord.», mi salutò.
«A domani.»
Rientrai in dormitorio, preparai rapidamente le confetture – aiutandomi con la magia, stavolta riuscendoci – e in camera parlai del nostro piano con Tomoyo. Di lei sentivo che potevo fidarmi, quindi le spiegai quello che era accaduto a Shaoran e qual era il mio compito.
«Il che spiegherebbe perché negli ultimi tempi sembrava ancora più inavvicinabile, mmh…», ragionò.
«A me non lo è sembrato.»
Lei mi sorrise come una volpe e propose: «D’accordo, se qualcuno dovesse chiedere di te sarai ad un appuntamento con il tuo “hottie boyfriend”.»
Avvampai ad una simile allusione e la rimproverai.
«Vuoi farmi credere che non lo trovi neppure un po’ attraente?», mi punzecchiò.
«“Riflettendoci, forse davvero lo è… Fino ad adesso non ci avevo mai fatto caso, ma Shaoran è veramente bello.”» Sgranai gli occhi alla mia voce, sicura che non avevo pronunciato neppure una parola. «È quello che hai pensato, neh?»
Guardai Mokona senza parole, mentre Tomoyo si congratulava per la sua ottima imitazione.
«È una delle 108 tecniche segrete di Mokona!»
«E le altre 107?», chiese incuriosita.
«Se-gre-to.», cantilenò dondolando, e Tomoyo assunse un finto broncio. «Ad ogni modo, Sakura, mi dispiace non potervi aiutare. Una delle cose che so fare meglio è teletrasportare le persone, ma poiché il mio potere si è indebolito non posso riuscirci.»
«Tranquilla.», le carezzai la testolina, rassicurandola.
Tuttavia non potei fare a meno di ripensare alla folata di vento di ieri. Forse quella era una perdita di controllo? In tal caso, eravamo molto simili.
Per aiutarmi con la fuga Tomoyo mi rivelò che alle spalle del dormitorio c’era una finestra mai chiusa, sulla destra, dove cresceva fitta edera. Se era così bastava soltanto calarmi di lì.
Ringraziai entrambe per il loro aiuto e mi preparai al giorno che veniva.

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Capitolo 6
*** On the Road ***


On the Road
 

 
Nel bel mezzo della foresta Sakura stava cercando di guarire la zampa di un orso con la magia, quando ecco che questi – a causa del dolore acuto – quasi non le graffiò il viso coi suoi lunghi e affilati artigli. Fortunatamente il suo bel faccino rimase immacolato, in quanto Shara riuscì a gestire la situazione senza che nessuno dei due si ferisse.
Sakura la ringraziò, donando ad entrambi un dolcetto preparato dalla sua mamma e soltanto mentre tornavano verso casa, attraversando i boschi, si accorse che la gamba della sua amica sanguinava.
«Ti sei fatta male!», esclamò, abbassandosi immediatamente a controllare.
«È solo un graffio, guarirà subito.»
Sakura era prossima alle lacrime e si chiese quando era successo. Che fosse stato prima, mentre la difendeva?
«Sakura, l’importante è che tu non ti sia fatta niente.» Le asciugò le lacrime e l’unica cosa che finalmente riusciva a vedere del suo volto erano le sue rosee labbra, curvate in un tenero sorriso. «È mio dovere proteggerti.»
 


L’ombra si stava diradando.
Passeggiai nel vialetto fiorito più allegra del solito, sentendo che i miei ricordi stavano tornando. Forse presto sarei riuscita a vedere il suo viso.
Da lontano intravidi Shaoran di spalle e sorrisi in me, notando che sebbene non ci mettessimo d’accordo ci incontravamo spesso. Lo raggiunsi attirando la sua attenzione e gli raccontai in parole povere che Tomoyo era dei nostri.
«Ci riusciremo sicuramente.», dichiarai fiduciosa.
«Sicuramente.», mi fece eco, sorridendo.
Sembrava che stamattina anche lui fosse di buonumore. Ne ero lieta.
Con grande sorpresa quel giorno a lezione c’era la Preside stessa, la quale ci parlò di figure mitologiche, tra le quali le fate e le undine. Mi concentrai soprattutto sulle prime e mentre ne parlava qualcosa si scaldò in me. Come un dolce fuoco le sue parole mi avvolgevano i pensieri, ricamandoli di sogni. Quando finì la giornata non capii se ero stata attenta o avevo trascorso la mattinata su una nuvola, sentendomi particolarmente intontita.
Non appena giunse la notte seguii le indicazioni di Tomoyo e riuscii a raggiungere il luogo d’incontro senza farmi scoprire. Mokona ci disse che per arrivare a destinazione dovevamo attraversare il Cammino Fatato, e per fare ciò ci bastava entrare nella sua bocca. Quando ci chiese se eravamo pronti apparvero delle grosse ali bianche sulla sua schiena e un cerchio magico sul terreno. Mi fu inevitabile domandarmi se Mokona non fosse una creazione dell’uomo.
Una volta raggiunto il Cammino si scusò nuovamente, spiegando anche a Shaoran che se avesse avuto tutta la sua forza magica ci avrebbe trasferiti direttamente lì; invece, in queste condizioni, le destinazioni erano incontrollabili e ci avremmo messo un po’ più del previsto.
Il primo posto in cui giungemmo era una buia grotta, con scale rocciose, stalattiti, stalagmiti e pilastri; sembrava essere abitata da innumerevoli esseri minuscoli quanto un pollice, con grossi nasi e cappelli a tre punte. Dalle illustrazioni dei libri li riconobbi come gnomi.
«Spiriti della terra.», mi spiegò Shaoran.
«Attenzione, loro difendono sempre il loro territorio!», ci mise in guardia Mokona, allarmandosi.
«Che cosa potrebbero farci?»
Non appena finii di formulare la questione sia io che Mokona ci ritrovammo completamente zuppe d’acqua. Soltanto Shaoran, in qualche modo, riuscì ad evitare di bagnarsi. Mi prese per mano, raccomandandomi Mokona, e mi tirò correndo fino all’ingresso della cava.
Fuori ci attendeva un fitto bosco, a malapena illuminato dalla luce lunare. Proseguimmo senza sostare, tuttavia si alzò un tenue venticello che fece tremare dal freddo sia me che Mokona. Shaoran sembrò accorgersene perché si tolse il mantello, avvolgendomelo attorno alle spalle e coprendo anche Mokona – che immediatamente lo ringraziò.
«Aspetta! Così finirà per bagnarsi!»
«Non me ne faccio pensiero.»
«Ma -»
«Davvero, non preoccuparti. Andiamo.»
Dopo avermi dato un colpetto sulla testa mi precedette, quasi a volermi aprire la strada. Sembrava tuttavia che camminassimo in cerchio perché ci ritrovammo al punto di partenza finché Mokona, avendo recuperato le energie, ci trasferì in una radura totalmente ricoperta da rovi di spine e cespugli di rose rosse. In questo regno vivevano fatine vestite con petali di rose color cremisi. Erano tutte molto graziose e sembravano delle chiacchierone.
«Oh-oh.»
Io e Shaoran ci voltammo contemporaneamente a guardare Mokona.
«Umani!», esclamò una fatina con sdegno.
«Una donna! Catturatela!», ordinò un’altra infuriata.
Prima che riuscissi a reagire mi ritrovai intrappolata in una sorta di gabbia di spine.
«Resterai qui a marcire!», rise maleficamente un’altra ancora.
«Mokona!», esclamai spaventata. Cosa significava?
«Scusami, Sakura, non pensavo che finissimo proprio nel regno delle Vanesie!»
Provai a liberarmi usando un incantesimo di fuoco, ma questo venne assorbito dalle sbarre della gabbia.
«C’è una barriera che neutralizza la magia.», osservò Shaoran.
“Accidenti, non posso rallentarlo così!”
«Voi andate pure, io vedrò cosa riesco a fare.», provai a suonare persuasiva, ma a quanto pareva non funzionò perché Shaoran afferrò la gabbia a mani nude, provando a strappare la pianta. A causa delle grosse spine, dai suoi palmi chiusi in pugno attorno al fusto sgocciolò tantissimo sangue fino al suolo. Non appena me ne accorsi lo implorai di fermarsi – quel sangue era eccessivo! – ma lui continuò ostinatamente, ripetendomi di non preoccuparmi.
«Perché devi soffrire tanto per me?», esplosi, sull’orlo delle lacrime, vedendo che si andava formando una piccola pozza ai suoi piedi.
Invece di rispondere e fermarsi mi chiese se riuscivo ad uscire dall’apertura che aveva creato. Mi sembrava abbastanza grande, per cui gli presi le mani allontanandole da lì ed uscii, piangendo.
«Stai bene?»
«Sto bene!» Alzai la voce più di quanto mi aspettassi, ma mi sentivo così arrabbiata. Con lui. Con me stessa. «Ma guardati…» Feci attenzione a non stringergli i punti graffiati, tuttavia girando i suoi palmi verso l’alto non incontrai altro che sangue. Non si capiva più dove cominciavano e dove finivano le ferite.
«Va tutto bene, basta che tu non sia ferita.»
«Non ha alcun senso.», ribattei, ignorando il suo tono dolce.
«Invece sì, perché è mio dovere proteggerti.»
Mi sorrise, quasi a volermi rassicurare e in quelle parole risentii le stesse di Shara. Mi sentii stringere il cuore e, invece che arrestarsi, le lacrime scesero ancora più copiose.
Lo spinsi via di lì, ritenendo che fosse meglio allontanarci, e mentre proseguivamo strappai un fazzoletto di stoffa in due parti, avvolgendole attorno alle sue mani.
«Non appena ci riposeremo ti guarirò con la magia.», gli promisi, asciugandomi gli occhi e tirando su col naso.
Perdere di vista la strada anche per poco fu pericoloso, in quanto sbandai perdendo l’equilibrio e finii a terra. Solo a quel punto mi accorsi di essere piuttosto stanca. Chissà che ora si era fatta.
Mentre mi rimettevo in piedi tirandomi degli schiaffetti sulle guance per svegliarmi lui mi prese in braccio senza mostrare alcuno sforzo. Gridai, scendendo immediatamente.
«Sei impazzito?», lo rimproverai. «Così le tue ferite non faranno che peggiorare!»
«Allora appoggiati a me.»
Mi porse il braccio e io, rassegnata, vi posai la mia mano. Camminammo così finché non giungemmo nei pressi di un sereno laghetto.
Qui gli alberi si diramavano e la luna illuminava i ciliegi in fiore, creando una magica atmosfera violacea e azzurrognola. Sembrava un dipinto. Le stelle splendevano luminose sull’immobile superficie dell’acqua, che specchiava la notte in maniera tanto verosimile che era quasi impossibile separarla dal cielo.
«Stupendo…», mormorai sottovoce, timorosa di distruggerne la quiete.
«Lo è perché il mondo delle fate è al confine con le stelle.»
«Ecco perché sono così vicine.», sorrisi a Mokona.
In qualche modo, quella visione mi faceva quasi sentire… a casa.
Mokona si accovacciò vicino ad un albero, coprendosi con grosse foglie e io e Shaoran ci sedemmo a nostra volta nei pressi di esso, rivolti verso il lago.
«Grazie per prima.», sussurrai, prima che il silenzio calasse su di noi.
«Non dirlo nemmeno. L’ho fatto perché volevo.»
Osservai il suo profilo in silenzio, poi fu più forte di me. Intonai la canzone di Clow. Quasi come se lo facesse in automatico lui la continuò.
Non la ritenevo una cosa possibile. Sebbene i miei ricordi fossero tutti distorti, come se mi fossi imposta di dimenticare o qualcun altro mi avesse costretta a farlo, quell’ombra che tanto mi era cara… Quel nome, quella voce che ricordavo…
“Non può essere…”
«Shaoran…», lo chiamai con voce strozzata, con un groppo in gola. «Sei tu… Shara?»

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Capitolo 7
*** Which one is the Truth? ***


Which one is the Truth?
 


 
La Canzone di Clow l’aveva inventata mia madre. Ne ero sicura. Quando ero piccola avevamo una capretta a cui ero molto affezionata e alla sua morte piansi fiumi di lacrime. Per farmi smettere di sentirmi triste mamma mi disse che era magica e la sua anima si era sciolta nelle parole di una canzone, una canzone che soltanto lei conosceva. Lei l’aveva insegnata a me e Shara. Ma quando avevo conosciuto Shara i miei genitori erano già morti. In altri ricordi, invece, c’erano tutti…. Cosa era vero? Cosa era falso?
«È così.», confermò con un sospiro.
Lo fissai esterrefatta mentre il suo volto si rendeva più malinconico.
«Ma Shara era una bambina! Mi hai mentito?»
«Non ho mai voluto ingannarti.»
Si voltò a guardarmi, mostrandomi uno sguardo terribilmente triste.
«Ricordi mio padre?»
Annuii, mentre nella mia mente appariva un uomo molto simile a Shaoran. Soltanto adesso lo vedevo.
«Era sempre così gentile con me…», mormorai, rivolta anche a me stessa.
«Era uno Spellsinger errante, viaggiavamo in diversi regni per sconfiggere le bestie magiche.»
«Bestie magiche?», ripetei, sforzandomi di ricordare.
«Sì, avevano attaccato molti esseri umani. Giungemmo nel tuo villaggio proprio perché lì c’erano attacchi frequenti di bestie malvagie.»
Quello che diceva era vero. Mano a mano che me ne parlava riaffiorarono varie immagini di persone ferite. Io e la mamma ci occupavamo anche di loro. La mamma era un’erborista. Papà era un cacciatore. Lui era un semplice essere umano privo di poteri, mentre mia madre aveva dei poteri latenti che stentavano a mostrarsi. Questi li avevo ereditati anche io e, all’occasione, la aiutavo con le guarigioni.
«Nella mia famiglia la dote di magici Spellsingers va avanti da generazioni. A volte mi sembrava quasi strano possedere un talento simile…. Da bambino non riuscivo a capire neppure a cosa dovesse servirmi. Tuttavia, non appena cominciai ad essere in grado di apprendere, mi fu spiegato che per proteggerci da Leanan-Sidhe -»
«Chi?», lo interruppi, sicura di non averne mai sentito parlare.
«Una fata potentissima che si dice abbia un aspetto bellissimo, con cui riesce ad ammaliare gli uomini.»
«Come una sirena?»
«Simile, ma il suo unico interesse sembra essere rivolto a noi Spellsingers. Rapisce i bambini e in cambio del nostro potere magico ci offre qualche talento artistico, tenendoci però per sempre con sé, come suoi schiavi. Per evitare che accadesse i miei genitori mi hanno cresciuto come fossi una bambina fino ai miei dieci anni, dandomi il nome “Shara”.»
«E poi?», chiesi curiosa.
«Poi ho cominciato a difendermi da solo. Non avevo più bisogno di essere protetto e, in ogni caso, in tutti quegli anni avevo trovato diversi metodi per non farmi scoprire. Ovviamente sono grato ai miei genitori di questo, sebbene ci siano stati parecchi momenti imbarazzanti. Soprattutto con te.», sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
«Perché non me l’hai detto?»
«Dovevamo nasconderlo a tutti.»
«Ma -»
«Ciononostante, te lo dissi.»
«Davvero?»
Perché allora non riuscivo a ricordarlo?
«Quindi hai sempre pensato che fossi donna?»
«Scu-scusami, mi hai subito ricordato Shara. Non ero completamente in torto, no?», cercai di sdrammatizzare, rimpicciolendo. «Però non mi hai detto nulla…. Non mi avevi riconosciuta?»
Scosse vigorosamente la testa, come se non fosse neppure lontanamente possibile.
«Sapevo chi eri fin dall’inizio. Sei esattamente come ricordavo.»
«Sembro ancora una bambina?», domandai ingenuamente.
«Non intendevo questo.» Allungò una mano verso di me, sfiorandomi i capelli con la punta delle dita. «I sentimenti che provo quando ti sono accanto sono gli stessi di quando eravamo piccoli. Forse solo un po’ più intensi, adesso che sono cresciuto.»
Mi balzò il cuore in gola nell’udire quelle parole.
«Ma perché ho dimenticato tutto? Mi sentivo così legata a te…. Andavamo talmente tanto d’accordo….» Rievocai i bei tempi trascorsi insieme, per quel che riuscivo a rammentare. «Soltanto dopo il mio arrivo qui sono cominciati questi strani sogni, ma fino ad allora la mia mente era una pagina bianca.»
Lui non rispose subito, ma quando tolse la mano dai miei capelli domandò, esitante: «Ricordi la nostra promessa?»
«La nostra promessa?»
«Che un giorno saremmo andati all’Accademia insieme.»
«Oh…»
Come una piccola favilla si accese un ricordo nella mia oscura mente. Vedevo Shara. Vedevo il suo viso. Il viso di Shaoran. I tratti più morbidi, puerili, infantili. I capelli erano lunghi, ma quegli occhi…. Erano inconfondibilmente di Shaoran.
«Se tu diventerai uno Spellsinger allora io diventerò una Maga, così potremmo stare insieme all’Accademia.», ripetei ad alta voce le parole che mi sentivo pronunciare nella mia testa.
«Esatto.», confermò, e il suo sguardo si addolcì. «Ti ho aspettata per tutto il tempo, dal giorno in cui sono stato ammesso. L’Accademia mi sembrava l’unica speranza che avevo per rivederti.» I suoi occhi si adombrarono mentre aggiungeva: «Tuttavia, quando ho improvvisamente perso la magia sapevo che presto o tardi mi avrebbero cacciato. E proprio quando stavo per disperarmi tu sei apparsa. Esattamente nel momento in cui ne avevo più bisogno.»
Le sue labbra si curvarono in un sorriso pieno di emozione, provocandomi un groppo in gola.
“Come ho potuto dimenticare qualcosa di così importante?”, mi chiesi prossima alle lacrime.
«Suppongo però che non ricordi l’altra promessa.»
«Ce n’era un’altra?» Chiusi gli occhi per concentrarmi.
«Non fa niente, non è colpa tua.» Il suo tono sommesso non mi fece sentire meglio.
«Era importante?»
«Mmh…. Si potrebbe dire di sì…», esitò, con l’accenno di un timido sorriso. «Ne riparleremo quando avrai riacquisito i ricordi.»
«Ma -»
«Non preoccuparti.»
Spostò l’argomento sulla necessità di accamparci lì, per cui andò a raccogliere della legna mentre io cercavo ramoscelli asciutti, creammo un piccolo mucchietto e strofinando due pietre riuscì ad accendere un bel fuocherello che crebbe in fretta. Mi spiegò che l’aveva imparato a forza di viaggiare col padre. Una parte di me si chiese com’era stata quell’infanzia, prima che ci conoscessimo.
Stupidamente solo in quel momento mi venne in mente che dovevo ancora guarire le sue mani. Le presi tra le mie prima che potesse ribellarsi in alcun modo e tolsi le bende improvvisate, facendo attenzione a non fargli male col sangue rappreso. Quanto meno avevano cessato di sanguinare.
Nel guardare quelle profonde ferite mi sentii nuovamente in colpa e ancora una volta mi ripeté che era stata una sua scelta. Mi mordicchiai le labbra prendendo la bacchetta, sperando che funzionasse.
«O sacro vento, donaci una leggera brezza per lenire queste ferite.», recitai in tono morbido, per poi esclamare determinata: «Sanatio aura!»
Al movimento della bacchetta un vento gentile si avvolse attorno alle sue mani, formando piccoli e delicati turbini. Quando si dissolse nell’aria le ferite sparirono del tutto, e di esse non rimase neppure una cicatrice.
«Ci sono riuscita!», esultai su di giri, prendendogli le mani, ancora incredula. Non appena mi resi conto di quel gesto indotto dall’inconscio gliele lasciai, ma lui le riafferrò immediatamente, stringendo le sue dita attorno alle mie.
«Pensi ancora di me come la piccola bambina che conoscevi?»
Arrossii, trovandomi il suo viso tanto vicino. Era come se volesse sfidarmi, e in risposta il mio cuore bussava irrequieto contro la gabbia toracica.
«No!», negai frettolosamente. «Solo che è facile lasciarmi andare e… Credo si tratti dei ricordi del mio corpo…»
Lui lasciò lentamente la presa, allontanandosi di poco, come se stesse ragionando su quello che avevo appena pronunciato.
Mi portai una mano sul cuore, sperando si calmasse.
“Accidenti! Non riesco più a smettere di pensarci!”
Per distrarmi osservai il fuoco scoppiettante, le cui scintille scomparivano contro la notte, infiltrandosi tra le stelle. Dopo poco lui fu il primo a stendersi in mezzo a delle margherite, ordinandomi di coprirmi col suo mantello. Dato che non mi sembrava giusto mi tolsi anche il mio, aggiungendolo al suo, cosicché fungessero tutti e due da coperta.
«Così stiamo entrambi al caldo, no?», osservai serena.
«Sakura…»
«Hmm?»
Alzai la testa e solo allora notai quanta poca distanza ci fosse tra i nostri volti. Probabilmente tutto il sangue mi confluì nelle guance e, se ancora restava qualche traccia di acqua su di me, doveva essere appena evaporata.
«Per te non sarò mai un uomo?», chiese retoricamente.
«Non è così!»
«Non posso prometterti di riuscire a trattenermi a lungo, se continui di questo passo.»
«Eh?»
Proprio allora mi avvolse tra le sue braccia, stringendomi a sé.
«Sha-Shaoran?!»
Stavolta sembrava davvero che il mio cuore stesse sul punto di esplodere, mentre un calore sconosciuto eppure tanto, tanto familiare avviluppava il mio corpo.
«Scusami.», mormorò con voce roca, lasciandomi gentilmente andare. «Mi girerò dall’altro lato. Buonanotte.»
Il cuore mi batteva ancora furiosamente nel petto mentre lui si voltava, dandomi le spalle, piegando il braccio sinistro sotto la testa, a mo’ di cuscino. Chiusi gli occhi, stringendo il suo mantello tra le mani e accostandomelo alle labbra. All’infuori dello scoppiettio del fuoco c’era puro silenzio.
«Sei ancora sveglia?»
Mormorai un consenso, dopo essere quasi sobbalzata al suono della sua voce.
«Se avessi potuto usare la magia quando eri intrappolata ti avrei salvata in un battito di ciglia. Era esattamente questo che temevo, sin da bambino. Senza essa non sono niente.»
«Ti sbagli. Sei stato avventato, ma anche molto coraggioso. Mi hai salvata con le tue sole forze.»
«Forse ti avrò dato quest’impressione. Ma per anni ho imparato a conviverci, e adesso è così frustrante.»
«Anche io desidero che la ritrovi.», sorrisi, chiudendo gli occhi. «Scommetto che sei uno Spellsinger eccezionale.»
«A dire la verità, Sakura… sei tu la ragione per cui ho deciso di diventarlo.»
«Davvero?»
Riaprii le palpebre, toccata dalle sue inaspettate parole. Fissai lo sguardo sulla sua schiena, alzandolo poi ai suoi capelli. Immaginai i suoi occhi in quel momento. Le dita della sua mano si mossero sulla sua nuca, mentre proseguiva.
«I maschi della mia stirpe hanno sempre avuto questo gene. È naturale, ma non mi è mai sembrato un buon motivo per sfruttarlo. Quando quel giorno ti vidi piangere, tuttavia, qualcosa in me cambiò. Feci una promessa a me stesso. Sarei diventato un potente Spellsinger, in modo tale da poterti sempre proteggere. Cosicché tu non avresti più dovuto piangere.»
«Piangevo…» Riportai alla memoria il nostro primo incontro. «Perché erano appena morti i miei genitori.», realizzai. E lui mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciata. «Ma allora, come conosci la canzone di Clow?», domandai confusa.
«Me l’hai insegnata tu.», rispose come se fosse scontato.
«Nei miei sogni te la insegnava mia madre…»
«Devono essere falsi ricordi, creati per difenderti.»
“Eh?”
«Mi dispiace. Non avevo la minima idea che io fossi così importante per te.» E nemmeno che lui lo fosse per me.
Il mio cuore si riempì di felicità, dolci lacrime si formarono agli angoli dei miei occhi.
«Grazie, Shaoran.»
«Ascolta, Sakura… Quando riavrò la mia magia e tu verrai ufficialmente ammessa all’Accademia vorrei parlarti della promessa che hai dimenticato.»
Quella fu l’ultima cosa che mi disse, poi entrambi ci addormentammo.
Mokona ci svegliò prima dell’alba per poter ripartire e, finalmente, giungemmo dinanzi a un enorme albero, la cui grandezza era incommensurabile, circondato da luci fluttuanti fluorescenti, simili a lucciole, ma più grandi. Mokona fece in modo che si svegliasse – nel processo la terra tremò – e quando parlò aveva una voce alta e profonda. Gli esponemmo il nostro problema, ed esso disse a Shaoran che la sua magia era stata rubata. Rimase interdetto, pensando subito a Leanan-Sidhe, ma l’Albero lo contraddisse dicendo che era stato qualcuno molto più vicino a me, lasciandomi quindi perplessa. Come ultimo indizio ci disse “mago, sole e matto”.
Durante il viaggio di ritorno riflettemmo sulle sue parole, finché Mokona non notò che era un riferimento a tre carte dei Tarocchi. Con un’altra raffica di vento le sputò fuori e ce le mostrò. Quel che notammo unanimemente era che su tutte e tre le carte c’era un elemento floreale: le rose col Mago, il girasole col Sole e il Matto aveva tra le mani dei fiori. A quel punto Shaoran ricordò che poco tempo prima di perdere i poteri aveva raccolto un fiore strano e avvizzito, che non aveva mai visto prima.
«Credo che c’entri qualcosa!», esclamò confidente Mokona.
«Sì. Grazie, ad entrambe.» Mi guardò, posandomi una mano sulla testa, rivolgendomi il sorriso di un bambino. «Grazie.», ripeté.
Gli sorrisi a mia volta, persa in quella rara visione.
«Okay, basta flirtare. Concentratevi sulle spiegazioni che dovrete dare.»
«Spiegazioni?», chiedemmo in coro.
Solo allora mi accorsi che eravamo tornati all’Accademia e che dinanzi ai nostri occhi si ergevano in tutta la loro severità due professori: Kurogane e Fay. 

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Capitolo 8
*** The plucked Flower ***


The plucked Flower
 

 
Fortuna volle che la nostra unica punizione fu trascorrere qualche ora in isolamento, studiando su libri grossi quanti mattoni e fare una verifica per provare di non aver perso tempo. Ce la cavammo per il rotto della cuffia, e a ciò si aggiunse un lungo rimprovero del professore Kurogane – che faceva le veci della Preside, mentre questa era in visita al Ministero di Stregoneria. Shaoran si assunse ogni responsabilità e quando stavo per ribattere mi strizzò la mano in segno di ammonimento. Raccontando delle nostre vicissitudini fu inevitabile parlare di Mokona, la quale parve prendere immediatamente in simpatia il nostro docente.
«Vi siete fatti aiutare da una polpetta bianca magica?», chiese scetticamente.
«Mokona è Mokona!», ribatté lei, saltandogli su una spalla.
Alla fine, grazie anche all’intercedere del professore Fay, ci perdonò.
«Avete infranto le regole ma, quanto meno, siete riusciti a scoprire qualcosa.», borbottò, scrollandosi Mokona di dosso.
«Informerò la Preside dei vostri risultati e le consegnerò i vostri compiti. Tuttavia, fate in modo che non si ripeta.», ci congedò il professor Fay.
Ci inchinammo rispettosamente prima di uscire dalla sala professori e, una volta in corridoio, ci corsero alle orecchie diversi pettegolezzi sulla notte trascorsa. Quel che mi sembrava ripetersi più frequentemente erano le parole “insieme”, “appuntamento” e “coppia”.
Provai a scusarmi con Shaoran per il malinteso che si era venuto a creare, ma lui sembrava inscalfibile.
«Se però non provi anche tu a negarlo penseranno davvero che siamo una coppia…», gli feci notare, imbarazzata.
«Non è quello che siamo?»
Mi guardò intensamente negli occhi e io supposi si riferisse al nostro essere Buddies.
«È un discorso diverso…»
«Se gli altri pensano che tu sei la mia ragazza non posso che sentirmi sollevato. Almeno non ti ronzeranno attorno.»
«Di cosa stai parlando?», chiesi sempre più confusa.
«Non ho alcuna intenzione di permettere a qualcun altro di portarti via da me.»
«Eh?»
«E cesserà di essere un pettegolezzo quando lo renderò reale.»
«Cosa?!»
“Sto forse sognando? Ho capito bene?!”
«Divertiti in classe.», mi salutò, un piccolo sorriso vincente gli tingeva le labbra.
«A-aspetta un attimo! Shaoran!»
Il mio cuore correva ad una velocità tale che ritenevo impossibile calmarmi. Come poteva dirmi tutte quelle cose senza andare nel panico? Come poteva essere così sicuro di se stesso? Cos’era successo quella notte che lo aveva mutato tanto, rendendolo così… ragazzo?
Ovviamente per tutta la lezione la mia mente era disordinata, un mucchio confuso di immagini di Shaoran. Lui da bambino. Lui nel presente. Lui sorridente. Lui serioso. Lui pungente. Lui malinconico. Lui determinato.
Mi ripresi da dolci sogni ad occhi aperti solo quando si parlò dei Tarocchi. Ci venne chiesto di fare una semplice predizione “a croce” con due carte. Quella superiore mostrava gli ostacoli, e a me uscì la Temperanza a testa in giù, il cui significato era “momento di stasi”. Quella al di sotto, la prima pescata, rappresentava il presente; la voltai e scoprii gli Amanti nella posizione regolare, il cui significato era…
Scattai in piedi, avvampando, facendo voltare tutti. Mi scusai e mi risedetti imbarazzata, chiedendomi se non avevo sbagliato a leggere. “Realizzazione dell’amore”. Automaticamente l’immagine di Shaoran apparve dinanzi ai miei occhi, provocandomi un dolore allucinante al petto.
“Voglio vederti…”, pensai, portandomi la carta al cuore.
La giornata trascorse più lentamente di quanto pensassi e quando finalmente finirono le lezioni scattai via come il vento. Mentre correvo di corsa giù per le scale mi scontrai con Shaoran, il quale mi afferrò prontamente prima che cadessi. Mi chiese se avevo un minuto ed indugiai nel rispondere, sentendo alcuni studenti mormorare dopo averci visti. Apparentemente scocciato dalla situazione mi prese per mano e, senza proferire parola, riprese a camminare. Quando uscimmo dall’edificio mi disse di non curarmi degli altri.
«Le uniche opinioni che contano sono le nostre. A me importa soltanto ciò che tu potresti pensare di me.»
Annuii, comprendendo, sperando di riuscire ad imparare da lui e cancellare i commenti di chi ci circondava.
Mi condusse fino al loro dormitorio e io rimasi in silenzio, chiedendomi che intenzioni avesse. Entrammo da un sotterraneo non più utilizzato, in cui mi spiegò venivano immagazzinate le vivande in passato, e – sebbene mi fosse proibito – mi portò nella sua stanza. Chiuse la porta dietro di sé prima che qualcuno ci vedesse e, mentre io mi guardavo intorno in quella camera così semplice e vuota rispetto alla nostra, lui aprì un cassetto, mostrandomi un cofanetto rettangolare di vetro contenente un singolo fiore. Era bellissimo! Somigliava ad una rosa bianca ma era molto più grande di quelle che crescevano in natura ed era avvolta da un debole prisma, simile a luce che si rifletteva su un diamante.
«Meraviglioso…»
«È il fiore di cui vi ho parlato. Feci un incantesimo per preservarlo.»
«È così particolare. Brilla come un arcobaleno.»
«Nemmeno io ho mai visto nulla del genere, in nessuno dei miei viaggi.»
In quel momento Mokona sbucò fuori dalla mia borsa e parlò con gli occhi vacui, quasi come se fosse in trance.
«È un fiore del Giardino delle Fate, l’origine del loro potere. Se raccolto diventa un fiore come tanti altri.»
«Ma quando l’ho trovato era già stato raccolto.»
«Ora ti appartiene, ma il padrone di esso potrebbe essersi talmente arrabbiato da rubarti la magia.»
«Quindi ci basterà restituirlo e spiegare l’accaduto, no?», osservai ottimista. 
Invece di rispondere Mokona semplicemente tornò a dormire in borsa come se nulla fosse. La guardai preoccupata, ma Shaoran attirò la mia attenzione mentre mi toglieva il cofanetto dalle mani per rimetterlo a posto.
«Sei incredibile. Tutte le cose che mi hai detto sembra si stiano avverando.»
Si voltò a guardarmi con un gran sorriso ad illuminargli il volto.
«Grazie per aver insistito sul non arrendermi.»
Mi mostrai fiera di me, pavoneggiandomi, facendolo ridere. Quando si asciugò gli occhi mi diede il solito colpetto affettuoso in testa.
«Ma davvero, penso che tu sia formidabile. Riesci a sorprendermi ogni volta e hai una capacità innata di rendere reale tutto quello che dici. Cosa sarei senza di te?»
«Shaoran….», sussurrai accorata, prendendogli la mano libera e strizzandogliela. «Grazie.»
Le sue guance imporporarono, i suoi occhi divennero persino più brillanti, ma in essi scorgevo una traccia di rimprovero.
«Sakura…»
«Sì?»
«Lo fai di proposito?»
«Cosa?», domandai genuinamente.
«Questo.»
I suoi occhi caddero sulle mie mani che stringevano la sua.
«Ah! Scusami!»
Gliele lasciai immediatamente, come se mi fossi bruciata. Dovevo fare più attenzione alle mie azioni.
«Sei davvero…» Non concluse la frase; divenne nervoso, quasi inquieto.
Cos’era successo? Non l’avevo mai visto tanto agitato.
«Non mi è concesso?», osai domandargli, scrutando il suo viso.
«Cosa?»
«Tenere la tua mano.»
«Beh…»
«“Beh” cosa?», feci un passo verso di lui, curiosa, e lui in risposta ne fece uno indietro.
«He-hey! Che intenzioni hai? Non avvicinarti.»
«Perché no? Tu ti avvicini a me sempre.»
Feci un altro passo in avanti, coraggiosa.
«Ti sto dicendo di non avvicinarti ad oltranza.»
Era stranamente scosso. E pensare che solitamente si sforzava di essere impassibile e inespressivo, invece in quel frangente sembrava quasi in preda al panico.
«Cosa c’è che non va, Shaoran? Sono soltanto io.», provai a tranquillizzarlo, facendomi più vicina.
«È proprio che sei tu, Sakura.»
Avendolo stretto in un angolo contro il letto lui reagì prendendomi per le spalle e spingendomi su di esso.
«Non dire che non ti avevo avvisata.»
«Sha-Shaoran? Io…»
«Quando comincerai finalmente a capire che non sono più la bambina con cui giocavi da piccola?»
«Non è ques-»
«Sono felice che, nonostante siano trascorsi dieci anni da allora, noi riusciamo ancora ad essere vicini come lo eravamo una volta. Ma tu non mi guardi come uomo e ogni volta che me ne accorgo desidero provarti che non sono più Shara. Anche perché io non ti vedo più come la mia vecchia amica d’infanzia. Per me, Sakura, tu sei…»
Per tutto il tempo il mio cuore non fece altro che pompare furiosamente sangue, trasferendolo al mio cervello. Le sue parole mi commossero al punto tale che la mia gola bruciava e sentivo che le lacrime erano prossime allo straripare.
Proprio quando stavo per parlare lui si scusò per l’essere stato così rude e mi lasciò, rialzandosi.
«Shaoran…»
«Ti accompagno.»
Lungo tutto il tragitto fino al mio dormitorio calò su di noi un silenzio sgradevole, come un sipario, e tutto quello che volevo comunicargli si confuse in uno zibaldone nella mia testa. Lui dovette comprendere il mio stato d’animo perché si scusò di aver corso troppo.
«Fingi che non sia successo.»
Provai a ribattere, ma lui mi spense posandomi la mano in testa, sorridendomi forzatamente. Non immaginava neppure la baraonda che si stava mettendo in moto in me.
Quella sera Tomoyo si scusò, convinta che fosse stata tutta colpa sua se ci avevano scoperti e si erano diffusi quei pettegolezzi. Le feci capire che non era nulla di grave e soltanto dopo una buona chiacchierata, quando il sonno ebbe quasi la meglio su di me, riuscii a riordinare i pensieri.
Non c’era bisogno di rimuginarci sopra. Non dovevo rischiare di perderci la testa. Quello che volevo dirgli lo sapevo, ed era semplice. Bastava che usassi tre parole, e il mio sentimento lo avrebbe sicuramente raggiunto. 




Angolino autrice:
Chiedo umilmente scusa per il ritardo! ç.ç Stavolta però avviso che trascorrerà parecchio tempo per il prossimo capitolo, visto che sono piena di impegni, eventi e studio T.T Appena darò il prossimo - e ultimo, si spera - esame la prima cosa che farò sarà aggiornare la storia! 
Come avrete notato anche Shaoran, qui, ha una certa determinazione, a modo suo x//D Non linciatemi per quanto sembri out of character, lo sto facendo soprattutto per amore di Joel. E anche perché a volte penso che - probabilmente - lo Shaoran che sto trattando io (leggere il primo capitolo per capire a cosa mi sto riferendo) avrebbe potuto avere una personalità simile. 
Grazie a tutti coloro che continuano a leggere questa storiella :3
Un abbraccio e vi auguro di trascorrere tante piacevoli giornate d'autunno.

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Capitolo 9
*** Rumors ***


Rumors
 

 
Il mattino seguente ero terribilmente assonnata, quasi come se non avessi minimamente riposato. Già per raggiungere l’edificio scolastico sembravo averci impiegato molto più del solito e, quando mi sentii chiamare e mi voltai timidamente verso Shaoran, gli augurai un buongiorno molto flebile.
«Non ti senti bene?», mi chiese preoccupato, appoggiando una mano sulla mia fronte. «Hai la febbre? Sei tutta rossa.»
Il mio cuore parve sprofondare al suo tocco, alla sua premura, per cui mi feci indietro di riflesso.
«Ho fatto qualcosa?»
«No, è solo che…», esitai, sentendomi messa alle strette dalla franchezza dei suoi occhi. «Quando mi sei accanto tendo a non essere più padrona di me stessa.» Sorrise, come a farmi capire che se ne era reso conto già da un pezzo. «Pe-perché… Io…» Le mie guance divennero probabilmente due pomodori maturi, la voce venne man mano a mancare. «Io…» Sobbalzai sul posto, udendo la campanella. «Io ti precedo!» Persi la calma e prima di rendermi conto di cosa stessi facendo corsi via. 
«H-hey! Sakura!»
Finsi di non sentirlo e mi affrettai a raggiungere l’aula. Una volta messovi piede tutti si voltarono a guardarmi. Ricordai le parole di Shaoran e mi sforzai di isolarmi dal loro vociare, ma stavolta l’oggetto di interesse era persino più grave: riguardava la perdita di poteri di Shaoran, la sua possibile espulsione e accusavano me dell’accaduto. Mi chiesi come lo avessero scoperto, ansiosa. Se anche avessi voluto difenderlo non sapevo cosa fosse meglio inventarmi. Fortunatamente una mia compagna di classe, Yuzuriha, e un suo amico, Ryū-ō, presero le mie difese e mi invitarono a non ascoltare quei pettegolezzi.
Mi sentii un po’ meglio col loro supporto e fortunatamente non appena entrò il Prefetto tutto tacque. La lezione quel giorno era incentrata sull’ecologia delle bestie magiche, in particolare sugli gnomi. Mi venne quasi da ridere dopo l’esperienza che avevamo avuto con essi, ma quanto meno scoprii che anche loro avevano un aspetto positivo: realizzavano armi per gli umani se venivano ben retribuiti. Mokona si lasciò sfuggire un commento su quanto fossero avari e il Prefetto immediatamente mi rivolse un’occhiata d'ammonito, assegnandomi un compito in più.
Quando uscii da lezione mi accorsi che nel corridoio le voci continuavano a girare, divenendo persino più inquietanti, parlando di me come “Buddy maledetta”.
«Sakura.» Guardai Shaoran – che sembrava essere appena sbucato dal nulla – mal celando la depressione. «Pensavo di trovarti dopo le lezioni, così sono venuto a cercarti.»
«Scusami, oggi devo tornare prima al dormitorio.»
Gli spiegai in breve quel che era successo col Prefetto e lui si offrì: «In tal caso, lascia che ti dia una mano.»
«Non ce n’è bisogno.»
«Non vuoi che ti aiuti a studiare?»
«Ma non c’entri niente e -»
«Ti aiuto. Punto.»
“Perché è così ostinato oggi?”
«Quindi ora seguimi.»
Mi prese per mano e ricominciò a camminare senza attendere risposta.
«Shaoran! Aspetta!»
Provai a resistere, ma la sua presa attorno alla mia era ferrea, per cui mi lasciai condurre fino alla serra.
«Nessuno ci disturberà qui.», mi promise, facendomi sedere su una roccia modellata come una panchina e accomodandosi al mio fianco. Deducendo che mi avesse condotta fin qui per studiare rovistai nella borsa per prendere i compiti, ma lui prese la mia mano per fermarmi.
«Perché fai questa faccia?»
«Che faccia?», chiesi confusa.
«Pensavi che non me ne sarei accorto? Avanti, sorridi.»
«Perché?»
«Fallo.»
«Uhm… Così?» Forzai un sorriso, ma lui non sembrava per niente soddisfatto e mi tirò le guance con le dita. «Sha-Shaoran! Fa male!»
«Haha! Che espressione stupida.», rise ilare.
«Smettilaaa.», mi lamentai e lui mi lasciò. Mi coprii il viso imbarazzata, ma subito esplosi in una risata per l’assurdità della situazione. 
«Finalmente hai sorriso.»
«Già.» Attenuai la risata, asciugandomi gli angoli degli occhi.
«Sei così carina quando sorridi.», mi rivelò rasserenato, carezzandomi i capelli. «Quell’espressione tetra non ti si addice. Lascia gli altri dire quello che vogliono. So che non riesci a non ascoltare, ma te l’ho già detto ieri: le uniche opinioni che contano sono le mie e le tue. Dimentica gli altri. Le persone che hanno veramente importanza già credono in te.»
«Hai ragione.», ammisi, sentendomi un po’ più leggera. Mi picchiettò gentilmente una guancia, facendomi ridere. «Grazie per avermi portata qui. Credo che avessi bisogno di rilassarmi.», riconobbi.
«Sono lieto di sentirlo.», sorrise, accompagnando la mia testa sulla sua spalla.
Non mi ribellai e anzi, chiusi gli occhi, cullata dalla sua dolce mano che mi carezzava i capelli.
Dovetti addormentarmi perché finalmente vidi Shara, la cui figura era così chiara e nitida. Dai suoi occhi sgorgavano copiose lacrime. Mi teneva stretta tra le sue braccia, quasi come se fosse in lotta con se stessa.
«Sakura. Sakura, mi dispiace.», singhiozzava.
“Shara, perché piangi?”
«Ma anche se non staremo insieme non sarai mai sola. Te lo prometto. Ti prometto che…»
“Shara… Non riesco a sentirti....”
Mi sentivo trascinare sempre più giù, come se il suolo si fosse squarciato al di sotto di me. E lei diventava sempre più lontana…. Sempre più minuscola…. Ero io che stavo affondando? O era lei a sparire dalla mia vista?
“No…! Non andare!”
«Non lasciarmi!», gridai, svegliandomi nel panico. Solo allora mi accorsi di essere ancora appoggiata alla spalla di Shaoran e che mi ero avvinghiata alla sua divisa. Mi allontanai con uno scatto, guardandomi intorno.
«Hai avuto un incubo?», mi chiese, allungandosi nella mia direzione.
Ci pensai su. «Non riesco a ricordarlo, ma mi sentivo così triste…»
Lui non aggiunse altro e, probabilmente per farmi sentire meglio, si alzò, suggerendo di tornare al dormitorio. Quando fummo quasi arrivati si rivolse a Mokona, chiedendole di condurlo nel Giardino delle Fate. Li ascoltai in silenzio finché non si misero d’accordo e soltanto allora mi intromisi.
«È meglio andare il prima possibile, visto che presto potresti essere costretto ad abbandonare l’Accademia.»
«Sakura, non c’è bisogno che venga anche tu.»
«Ma -»
«È a me che è stata rubata la magia. Se ti succedesse qualcosa…» Si morse le labbra, come a negare l’idea. «Non posso correre questo rischio. Ho bisogno di sapere che tu sei qui, sana e salva.»
«Perché? Noi siamo compagni! Non posso abbandonarti proprio adesso! Verrò con te!», ribattei scaldandomi – sebbene mi sentissi come se fossi sul punto di piangere.
«Non puoi venire.»
«Sono abbastanza grande da poter decidere cosa è meglio per me. Quindi, che ti piaccia o no, io verrò con te!»
«Non se ne parla.», insistette ostinato, alzando la voce.
Mi sembrava fosse sul punto di perdere la calma, per cui neppure io mi trattenni e, probabilmente, qualche lacrima sfuggì al mio controllo.
«Ma perché?! Perché ti sei avvicinato a me se poi non fai che allontanarmi?!»
«Perché sono innamorato di te!», esclamò in un tono eccezionalmente alto, smettendo di camminare per guardarmi dritta negli occhi.
«Shaoran…» Non riuscivo quasi a credere alle mie orecchie.
«Non voglio metterti in pericolo perché ti amo!»
La mia mente si svuotò e non riuscii più a pensare coerentemente.
“Shaoran… Mi ama?”
Abbassai lo sguardo, imbarazzata. Non poteva essere!
«Guardami, Sakura.» Alzai lentamente gli occhi su di lui, trovando il suo viso più disteso. «Ti ho sempre amata, da quando mi conoscevi come Shara. Già avevo deciso che avrei fatto qualunque cosa per proteggerti e da allora i miei sentimenti non sono cambiati.»
«Sha-»
«Ma non voglio che mi rispondi ancora. Voglio prima riottenere i miei poteri, voglio che tu ricordi tutto. E solo allora accetterò una risposta, qualunque essa sia.», concluse così, e prima che riuscissi a spiccicare parola mi salutò, voltandosi.
Restai lì pietrificata, immobile, come se i miei piedi si fossero radicati nel suolo. Lo guardai allontanarsi in silenzio, mentre pian piano scompariva contro il crepuscolo, dimenticando persino di respirare.
“Non è giusto, Shaoran…. Per niente…. Non mi hai neppure dato il tempo di parlare…”
Pensieri pieni d’amore si fusero nella mia mente.
“Il mio amore e il suo sono lo stesso tipo di sentimento? O no?”
Quella stessa notte, mentre Tomoyo era già nel pieno del sonno, non riuscendo a dormire mi affacciai al balcone per guardare le stelle, sospirando sognante. Abbassai poi lo sguardo su un sentiero che si perdeva tra i boschi e lasciai che esso si portasse via i miei pensieri sdolcinati. Tutto sembrava ruotare attorno a Shaoran.
«Mi fa male il petto.»
«Perché sei innamorata.», sorrise dolcemente Mokona.
«Sì, ma… È giusto secondo te? Dopotutto lui è il mio amico d’infanzia…. E se non fosse lo stesso sentimento?»
«Sakura, come ti senti quando lui ti è accanto?»
«I battiti del mio cuore accelerano ogni volta che mi tocca.... Talvolta anche se mi sfiora soltanto con lo sguardo…. E quando ascolto la sua voce mi si stringe il cuore…. E il petto mi fa male quando non riesco a trasmettergli i miei sentimenti...»
Ripetendolo ad alta voce mi resi conto di quanto fosse tutto doloroso.
«Si chiama “amore”.», confermò Mokona. «E Mokona non può sbagliarsi sulle emozioni!»
«Mokona, però…. Sento come un vuoto in me…. È come se avessi dimenticato qualcosa di molto importante…. Vorrei davvero riuscire a ricordare….»



Angolino autrice:
Salve a tutti! Finalmente mi rifaccio viva con un nuovo capitolo ^^' Non voglio scocciarvi, quindi sarò breve. Vorrei soltanto scusarmi per la mia lentezza nel pubblicare e soprattutto ringraziare chi, nonostante ciò, sta trovando interesse in questa storiella e continua a seguirla. 
Un abbraccio,
Steffirah

 

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Capitolo 10
*** Unusual Phenomenon ***


Unusual Phenomenon
 

 
A differenza del giorno precedente quel mattino mi ero svegliata piena di energia. Non avevo alcuna intenzione di perdere contro di lui!
Da lontano lo vidi camminare nel cortile e lo chiamai, correndogli incontro.
«Sakura.», si sorprese, guardandomi.
«Buongiorno!»
«Buongiorno.»
«Certo che ci incontriamo spesso la mattina.», osservai.
«Ovviamente, cerco sempre di andarmene quando lo fai tu.», rivelò, spiazzandomi. «Quindi è naturale che ci vediamo ogni mattina.»
«Perché lo fai?»
«Come sarebbe “perché”? Perché voglio trascorrere del tempo con te.» Quell’unica frase riuscì a riempire il mio cuore di gioia. «Ti dà fastidio?»
«No, ma potevi dirmelo.», misi il broncio. «“Vogliamo andare a lezione insieme?” mi avrebbe resa molto più felice di tutto questo mistero. Mi piacerebbe andare insieme ogni giorno!»
Sorrise a trentadue denti, carezzandomi con leggerezza una guancia.
«A-a proposito, riguardo ieri…», esordii, sperando in una risposta positiva. «Ci ho pensato molto e ho deciso che ad ogni costo verrò con te.»
«Sakura…», provò a ribattere, rimproverandomi con lo sguardo.
«Non ammetterò rifiuti.»
«E se Sakura non viene io non ti ci porterò.», mi diede man forte Mokona.
«… Capisco. Avete vinto.»
«Evviva!», esultammo.
«Quindi non si andrà da nessuna parte.», decretò risoluto.
«Cosa?!»
«Sarebbe troppo pericoloso per te. Pertanto rinuncio a riavere la mia magia.»
«Non puoi!»
«L’unica ragione per cui la rivolevo indietro era per proteggerti. Ma se così facendo ti metto in pericolo svanisce il mio proposito.»
«Shaoran, non puoi arrenderti!»
E che ne sarebbe stato della nostra promessa…?
Senza aggiungere altro si allontanò, non concedendomi il tempo per provare a persuaderlo.
«Volevo soltanto aiutarlo…», mormorai all’aria. 
Guardai tristemente Mokona, ma lei tentò di incoraggiarmi come poteva. 
«Forse cambierà idea!»
«Forse.», ripetei, riponendovi le mie speranze.
Raggiunta l’Accademia scoprii con sgomento che tutte le lezioni erano state cancellate. Nell’auditorium erano riuniti tutti gli alunni e i professori ci informarono che eravamo in stato di emergenza. Qualcosa stava accadendo nella foresta, le bestie magiche e gli animali stavano migrando e alcune piante stavano appassendo, probabilmente perché la magia delle fate stava diminuendo. A causa di ciò si prevedeva la distruzione della foresta, o peggio. Per prevenirlo tutti gli alti membri della facoltà avrebbero dovuto lavorare col Ministero e le lezioni erano annullate per il resto della settimana. Noi eravamo pregati di tornare a casa e, chi non poteva, di non uscire dai dormitori.
Cercai in automatico Shaoran, ma lui fu più rapido di me a trovarmi. Si creò una grande confusione, qualcuno diede in escandescenze, per cui lui mi condusse fuori di lì per accompagnarmi al sicuro nel dormitorio.
Fuori i miei occhi furono attratti dalle nuvole che si accumulavano sopra di noi.
«Cosa c’è che non va?»
«Sono più scure, diverse da questa mattina. Portano con sé la paura…», mormorai, quasi senza rendermene conto.
Lui non rispose e io pensai a quello che stava accadendo, chiedendomi se non era tutto collegato: il fiore trovato da Shaoran, la perdita della magia, il mio essere lì proprio in quel momento, l’indebolimento delle fate, il terrore della fauna e la sofferenza della flora….
«Se restituissimo il fiore al legittimo proprietario potrebbe risolversi tutto.», diede voce ai miei pensieri Shaoran.
Annuii e ci recammo in sala professori, sperando che ne sapessero di più. Dato che brancolavamo tutti nel buio stavo per perdere la speranza, quando a un certo punto Mokona sembrò destarsi e dalla gemma sulla sua fronte si creò un fascio di luce, che proiettò l’immagine della Preside. Ella ci salutò e, come se sapesse ciò di cui stavamo parlando, ci rivelò che il fiore apparteneva al Re delle Fate. Purtroppo dovette staccare subito, ma noi la ringraziammo per l’informazione e mentre tornavamo al dormitorio cominciammo a formulare un piano.
«Il re capirà sicuramente una volta che gli spiegheremo come sono andate le cose. Ne sono certa!», esclamai con ottimismo, sorridendo piena di fiducia.
«Non immagini quanto vorrei che tu non avessi nulla a che fare con questa faccenda. Soprattutto ora che sappiamo chi ci tocca affrontare….»
«Non provarci neppure.», lo troncai, prima che potesse ricominciare coi discorsi di quella mattina.
«Sai bene cosa si prova a perdere qualcuno di importante.» Mi carezzò una guancia con gentilezza, sorridendo tristemente. «Cerca di capirmi. Non voglio perderti…»
«Shaoran…»
Fummo entrambi distratti da dei fruscii provenienti dai cespugli alle mie spalle. Mi voltai giusto in tempo per vedere un lupo mannaro che ci mostrava le zanne, i cui occhi erano taglienti e feroci. Era risaputo che normalmente non uscivano dalla foresta. Stava per balzare verso di noi quando Shaoran mi prese per un braccio, ponendosi davanti a me. Provò a quietarlo – sembrava quasi un esperto –, ma per quanto si sforzasse di non farsi male né fargli del male era come se l’animale non riuscisse neppure ad udirlo. Ne sbucarono fuori altri due, accerchiandoci.
«Io li distraggo, tu scappa.», ordinò sottovoce.
«Cosa? No!»
Non potevo lasciarlo lì in pasto ai lupi!
Fortunatamente, un istante prima che ci attaccassero intervennero il professor Fay, che li mise a dormire con un incantesimo, e il professor Kurogane, che portò via le due bestie fuori combattimento. Il primo ci esortò a non perdere ulteriore tempo e tornare nelle nostre camere. Annuimmo entrambi e ci allontanammo, ma anche mentre camminavamo Shaoran sembrava frustrato.
«Non sono riuscito a proteggerti.»
«Di cosa stai parlando? Mi hai protetta come potevi!»
«Se non fossero intervenuti i docenti non c’era molto che mi restava da fare, se non combattere. Ma a mani nude non so quanto sarei riuscito a cavarmela. Sono completamente inutile.»
«Non è vero! Hai messo in gioco la tua stessa vita affinché non mi ferissi!»
«Non è abbastanza.», mormorò sconfitto. Poi la sua voce si riempì di una nuova determinazione. «Devo riprendermi la mia magia. Ad ogni costo.»
Lo guardai speranzosa, chiedendomi se fossi definitivamente riuscita a fargli cambiare idea.
«Dobbiamo sbrigarci.»
Mi prese per mano, affrettando il passo verso il dormitorio. Lì mi salutò e in camera Tomoyo mi comunicò che era stata chiamata dalla sua famiglia, per cui doveva necessariamente tornare a casa. Le dissi arrivederci con le lacrime agli occhi. Ci conoscevamo da poco, ma mi ero davvero affezionata.
Quella notte, rimasta sola con Mokona, ebbi difficoltà nell’addormentarmi. Stavolta non c’entrava la mia mente, era qualcosa indotto da altro. Proveniva da fuori. Un terrore maggiore, un ignoto orrore, si riverberava nella foresta ululante. Ombre strisciavano contro la finestra, quasi arrampicandosi sul vetro, come se volessero entrare nella mia stanza. Chiusi gli occhi, nascondendomi sotto la coperta, sforzandomi di metterle a tacere. Ma le grida continuarono ad echeggiare per tutta la notte, riempiendo il mio cuore con la sofferenza del mondo.

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Capitolo 11
*** I'll Protect You until the End ***


I’ll Protect You until the End
 

 
Il giorno dopo il mio primo pensiero fu di andare dai professori per chiedere loro il permesso di recarmi dal Re delle Fate da sola. Nei corridoi deserti percepii diverse presenze e avevo come la sensazione che tanti occhi mi fissassero; paradossalmente non ne avevo alcun timore.
Passando davanti ad un’aula udii le voci di Shaoran e il Prefetto e, sebbene io non volessi, Mokona insistette nell’origliare.
Riuscii a capire soltanto qualcosa come «Vuole proteggere il luogo che ama. Ho bisogno della mia magia.» e dopo altre parole soffuse li sentii congedarsi. Mi nascosi nell’aula affianco per non farmi scoprire, chiedendomi di cosa stessero parlando. E se mi avesse preceduta? Detestavo essere sempre protetta. Anche io volevo fare qualcosa, non avevo più alcuna intenzione di restare a guardare.
Uscii dall’aula decisa, ma proprio fuori la porta trovai ad aspettarmi il Prefetto con un sorriso consapevole. Oh-oh.
«Mi dispiace, non volevo origliare. Ero soltanto di passaggio.», provai a giustificarmi, mortificata.
«Scommetto di sapere cosa volevi.»
Annuii, confermando. «Anche io desidero fare qualcosa per Shaoran. Lo so che è pericoloso, ma voglio essergli d’aiuto! Lui c’è sempre stato per me e adesso credo sia giunto il momento di ricambiare.»
«Capisco. In tal caso non cercherò di fermarti. Segui il tuo cuore, ma non essere troppo avventata. Ci sono persone che soffrirebbero tantissimo se dovesse succederti qualcosa.»
Lo ringraziai di cuore, commossa dalle sue parole e, mentre tornavamo al dormitorio, Mokona mi chiese come avevo intenzione di approcciarmi a Shaoran.
«Non ne ho la minima idea…. Se anche gli spiegassi cosa provo temo che non mi capirebbe…»
«È davvero testardo.», sospirò. «Non pensarci più, Mokona troverà un modo per farti venire in segreto!», promise.
Mi appigliai a quella speranza.
Quella notte lei si addormentò subito, mentre io pensai di consultare i Tarocchi. Come ostacolo mi uscì il Carro a testa in giù, il cui significato era “sfida imminente” e “possibile sconfitta”. Non mi sembrava esattamente di buon auspicio. Voltai quella del presente: la Luna in posizione regolare, significava “preoccupazione” e “paura”. Forse indicava soltanto che se continuavo a preoccuparmi tanto avremmo finito col fallire. Forse le carte mi stavano suggerendo di essere semplicemente ottimista, come sempre.
Sussultai al colpo di qualcosa contro la finestra. Senza indugio mi affacciai e giù vidi Shaoran con una piccola pietra tra le mani. Stavo per accingermi ad aprire la finestra, ma lui mi fece segno di scendere. Annuii affrettandomi a prendere uno scialle da mettermi sul pigiama, scendendo rapidamente dalle scale e uscendo. Mi avvicinai a lui mentre si scusava della visita improvvisa.
«È stato piuttosto facile filarmela senza nessuno in giro.», esordì, riflettendo ad alta voce. «Chi pensava che sarei riuscito persino a scavalcare il cancello del vostro dormitorio senza essere scoperto.»
«Sei sempre stato bravo ad arrampicarti.», ridacchiai, appoggiandomi al muro accanto a lui.
«Perché in passato ci arrampicavamo spesso sugli alberi.», mi ricordò, rievocando i bei momenti trascorsi insieme.
«All’epoca ero più brava di te, ma adesso mi hai superata in tutto.»
«Non direi proprio in tutto. E poi era necessario per proteggerti.»
Alzai un sopracciglio, rendendomi conto che qualcosa non quadrava.
«Di cosa volevi parlarmi?»
«Di nulla in particolare. Volevo soltanto vederti.»
Non poteva immaginare quanto mi avrebbero resa felice le sue parole, se soltanto non avessi saputo cosa nascondevano. Temeva forse che quella fosse l’ultima volta che avevamo la possibilità di parlare? Di vederci? Temeva che tutto andasse storto?
«Ad essere onesto, quando ci siamo rincontrati dopo tutti quegli anni ero un po’ titubante. Siamo stati lontani per tanto tempo e pensavo avessi incensato i miei ricordi. Non sapevo se le cose sarebbero state le stesse se ci fossimo rivisti. Ero davvero preoccupato. Ma quella paura è svanita immediatamente, perché non appena ti ho guardata i sentimenti che avevo racchiuso in me si sono rianimati in un istante. Anzi, erano più forti di prima. Anche se non ricordavi nulla, il solo vederti mi sembrava abbastanza. Ero felice anche solo di averti incontrata di nuovo.»
Un attimo. Perché parlava al passato? Fui attraversata da un orribile presentimento.
Lui sorrise gentilmente, colpendomi dritta al cuore. La lieve brezza notturna scompigliò i suoi capelli, la sua figura era pallida sotto l’argentea luce lunare. Una nuvola attraversò il cielo, minacciando di cancellarlo nell’oscurità. Mi sforzai di trattenere le lacrime e prima che scomparisse del tutto, lasciandomi completamente sola, mi gettai tra le sue braccia. Mi strinsi a lui con tutte le mie forze per essere sicura che non sparisse. Che non si volatilizzasse nel nulla. Che non fosse per sempre.
«Sakura…» Poggiò delicatamente una mano sui miei capelli, e in risposta le mie emozioni non fecero che traboccare. Mi alzai sulle punte, posandogli un piccolo bacio sulla fronte. Non appena riscesi giù lui ricambiò il mio abbraccio, finalmente.
«Sakura… Come posso continuare a tirarmi indietro se tu mi incoraggi in questo modo?»
Restai in silenzio, rendendomi conto che lui era schiavo delle sue pulsioni tanto quanto me.
«Scusami.», mormorò lasciandomi e immediatamente il calore del nostro abbraccio scomparve. «Ti amo così tanto, Sakura. Vorrei soltanto stringerti tra le mie braccia, vorrei che per te esistessi soltanto io…. Ma è così egoistico da parte mia.»
Tacque e mi trattenni dal rispondere. Quanto volevo dirgli che per me valeva lo stesso. Ma lui mi aveva detto di aspettare…. Di ricordare….
Il vento soffiò dolcemente tra di noi e lui riportò la sua mano tra i miei capelli, carezzandoli in tutta la loro lunghezza, guardandoli quasi come se fosse rapito.
«I tuoi capelli sono così belli.»
«Eh? Ma non ho fatto niente…»
«Sono bellissimi…», sussurrò, guardandomi negli occhi, la sua attenzione adesso rivolta ad essi. Mi portai una mano al cuore, con la sensazione che fosse in procinto di esplodere. «Ho sempre voluto toccarti in questo modo. Il mio desiderio si è realizzato.» La sua mano scivolò sulla mia guancia, dove mi sfiorò delicatamente prima di ritirarla e allontanarsi, voltandosi.
«Shaoran?»
«Addio, Sakura.»
Rimasi a guardarlo ghiacciata, col timore di perderlo per sempre. Mi accorsi che il mio corpo cominciò a tremare, così come anche la mia voce.
«Aspetta! Ci vediamo domani, vero?»
Lui continuò a camminare, senza dire una parola.
“No…”
«Rispondimi! Shaoran! Shaoran, non lasciarmi!»
Come un fulmine fui colpita da un ricordo. La stessa identica scena. Ma c’era Shara di fronte a me.
«Non andare!»
Shara! Non mi abbandonare!
«Va tutto bene. Non essere triste.»
Ma tu sei triste. Tu piangi….
Attraverso le lacrime vidi Shaoran girarsi a guardarmi.
«Va tutto bene.» Il viso sorridente di Shaoran si frappose a quello di Shara, le loro voci si sovrapponevano nella mia mente.
«Non sparirò.», mi promise Shaoran.
«Mi dispiace, Sakura.», pianse Shara.
Grosse lacrime scesero copiosamente dai miei occhi, rigandomi il viso. Mi sentivo così debole e affranta. Probabilmente crollai a terra, perché Shaoran adesso sembrava molto più in alto rispetto a me.
«Buonanotte.»
E il suo sorriso sparì, così, dalla mia visuale.
Restai immobile in quel posto freddo, singhiozzando con la testa tra le mani, mentre le mie lacrime non facevano che moltiplicarsi. Provavo un dolore acuto al petto, come se me lo avessero infilzato con mille e più aghi. Trascorsero minuti, forse ore, quando sembrai aver consumato tutte le riserve di lacrime che possedevo.
«Non posso continuare così.», rimproverai me stessa. Alzai la testa verso il cielo, asciugandomi con le maniche. «Non posso lasciarlo andare via da me. Non di nuovo.» 

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Capitolo 12
*** Follow the Light ***


Follow the Light
 

 
Quel mattino sedevo sconsolata su una panca, davanti all’istituto. Non c’era anima viva nei paraggi e ancora non sapevo che fare. Fui raggiunta da Mokona, la quale mi saltò sulle gambe per rivelarmi che Shaoran le aveva chiesto di accompagnarlo nel Reame delle Fate, ma anche che era riuscita ad ottenere una pozione che mi avrebbe permesso di rendermi invisibile. Accettai la bottiglina contenente un liquido blu, chiedendole quale fosse il prezzo. Sapevo che nel mondo della magia nulla era gratuito.
Mokona mi disse che dovevo pagare con la mia voce, ma non c’era problema perché sarebbe tornata una volta finito l’effetto. Mi diede anche un orecchino simile al suo, ma con una pietra blu invece che rossa, in modo tale che potessimo comunicare telepaticamente.
Quella stessa sera, quindi, rinunciai momentaneamente alla mia voce, bevendo la soluzione incantata – dopo aver indossato l’orecchino. Mokona mi assicurò che non mi vedevo e non appena giunse Shaoran lo condusse nel Cammino delle Fate senza perdere tempo.
Mokona provò ad aprire un discorso con lui, parlando soprattutto di me, elogiandomi e riempiendomi di imbarazzo. Poi gli chiese quali fossero i suoi sentimenti, attirando tutta la mia attenzione.
«Non saprei darti una risposta, neppure io stesso riesco a comprendermi. Amo tutte le cose che hai elencato di Sakura, ma oltre dire questo non ho parole per esprimere ciò che realmente provo. So soltanto che è un sentimento che non fa altro che crescere, giorno dopo giorno. So che voglio proteggerla fino alla fine. Ma lei…»
Tacque, senza concludere la frase e Mokona gli chiese come mai io non ricordavo nulla. La sua risposta mi diede molto da pensare.
«A volte ricordare può essere più doloroso del dimenticare.»
Giungemmo in un mondo cupo e tetro, avvolto nell’oscurità. Mokona fungeva da bussola magica – era un’altra delle sue 108 tecniche segrete, a quanto pareva – e gli indicò in che direzione muoversi. La nebbia si infittiva ad ogni passo e una graziosa voce cantilenante echeggiava da qualche parte.
«Qui vivono le Fate dell’Illusione. Rischiamo di smarrirci se non accendiamo una luce.», spiegò Mokona, preoccupata.
“Come la accendiamo?”, le chiesi mentalmente, ma l’unica risposta che ricevetti fu un bagliore accecante.
“Mokona?”, la chiamai ripetutamente, invano. Mi toccai l’orecchio sinistro, ma l’orecchino era ancora lì. Forse c’era qualche forza magica più potente che aveva interrotto la nostra frequenza. 
Quando il biancore affievolì vidi una casa a poca distanza. La riconobbi immediatamente. Era la mia abitazione, a Reitz. Però davanti ad essa c’era un grosso cancello intarsiato, che riconobbi essere quello dell’Accademia. Al di là di essa, invece, si intravedeva un enorme castello, stranamente familiare, ma totalmente sconosciuto. Decisi di passare per il cancello, ma non appena lo ebbi varcato vidi me e Shaoran camminare spensieratamente mano nella mano.
«Sono così felice!», esclamai io, quasi saltellando dalla gioia. «Ora sono ufficialmente all’Accademia con te!!»
«Il nostro sogno si è realizzato.», sorrise Shaoran, sereno. Ancora non avevo avuto modo di vederlo tanto tranquillo.
«Staremo insieme per sempre!»
«Per sempre.»
«Avresti mai creduto che potessi realmente farcela?»
«Certamente. Ho sempre creduto fermamente in te.»
«Grazie…»
«C’è una cosa che vorrei chiederti. Riguardo ai tuoi sentimenti…»
“No. Fermi!”
«Io…»
“BASTA!”, gridai con tutte le mie forze. Proprio allora tutto divenne dello stesso colore delle pagine antiche di un libro. Il tempo parve fermarsi.
“Se questo è il futuro non voglio vederlo! Voglio viverlo da sola!”
“Sakura, segui la luce.”
“Mokona!”, pensai sollevata.
Nello stesso momento apparve una piccola luce davanti ai miei occhi, che a mano a mano si ingrandiva. Proseguii in quella direzione, scegliendo quel cammino.




Angolino autrice:
Mi rendo conto, con non poca vergogna, che questo capitolo è brevissimo ç.ç Per farmi perdonare oggi ne pubblicherò un altro, anche se siamo molto vicini alla fine. Grazie a tutti coloro che proseguono con la lettura :3

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Capitolo 13
*** Song of Memory ***


Song of Memory
 

 
Anche al di là della luce fui accolta da un’aria nebbiosa. A distanza mi parve di intravedere il mio villaggio, il villaggio in cui ero cresciuta. Poi udii una bambina piangere debolmente.
Camminai in direzione di quel suono, ritrovandomi in un campo di margherite.
«Mamma…. Papà…»
La me bambina era rannicchiata, accanto ad un albero, chiusa in se stessa, come il bozzolo di una farfalla. E singhiozzava.
Dieci anni fa i miei genitori morirono a causa di un’epidemia. Le lacrime mi risalirono agli occhi al ricordo. Mi avvicinai, chinandomi su di lei per carezzarla, ma la mia mano attraversò il suo corpo. Mi si strinse il cuore alla mia impotenza.
“Non piangere…”, la implorai, sicura di star facendo lo stesso.
«Sakura, perché piangi?»
Vidi Shara avvicinarsi a sua volta, inginocchiandosi davanti a me.
«Stavo pensando al mio papà e alla mia mamma…. A quando erano qui con me…. Non li rivedrò più…. Sono andati via…. Perché mi hanno lasciata qui da sola? Non voglio restare sola…»
«Andrà tutto bene, vedrai.» Shara provò a consolarmi, asciugandomi con delicatezza le lacrime dal viso. «Ci sono io con te. Non ti lascerò sola.»
«Davvero?», chiese speranzosa la me bambina, tirando su col naso.
«Sì. Starò sempre al tuo fianco.»
«Me lo prometti?»
«Sì. Forza, andiamo a casa.»
Si mise in piedi, porgendole una mano, ma quella piccola me si rifiutò di ascoltarla.
«Non voglio! Non c’è nessuno per me! Non ha alcun senso tornare lì…»
«Ci sono io, Sakura. Resterò al tuo fianco finché non ti addormenterai.»
«Lo farai?»
«Certo.»
«Shara…. Grazie….»
La versione bambina di me stessa prese finalmente la sua mano, alzandosi, e andarono via.
“Aspettate!”
Provai ad inseguirle, ma la scena cambiò. Stavo guarendo un orso e questi quasi mi attaccò, ma Shara mi protesse. Vidi che si era ferita in quel momento, con un artiglio dell’animale. Non ne avevo idea, all’epoca….
«Ti proteggerò sempre.», mi promise.
La piccola me le chiese perché era sempre così gentile con me e Shara rispose: «Voglio farlo. Perché ti voglio tanto bene.»
«A-anche io ti voglio bene.»
«Lo so.», sorrise tristemente Shara. «Ma il tuo volermi bene è diverso. Un giorno ti spiegherò perché.»
La scena tremolò davanti ai miei occhi e cambiò nuovamente, il ricordo di noi due si distorse incredibilmente. Come la pellicola di un film si susseguirono numerosi ricordi, tutti rimossi. Alcuni erano troppo forti e brillanti, altri più oscuri, alcuni accesi di colori, altri pure ombre nere. Mi sentivo come se li stessi rivivendo, uno dopo l’altro, e molteplici voci si frapposero, giungendo da tutte le direzioni.
«Ti vogliamo bene.»
«Sei la nostra dolce bambina.»
«Principessa, lo facciamo per salvarti.»
«Le parole magiche sono racchiuse in te.»
«Nel tuo sangue scorre la magia.»
«Devi soltanto trovare la chiave.»
«Lui ti proteggerà.»
«Sakura, andiamo all’Accademia di magia Gedonelune insieme.»
«Shara! Arrampichiamoci sugli alberi!»
«Accidenti, Sakura! Perché devi essere sempre così imprudente? Non posso distogliere un attimo lo sguardo da te!»
«Shara, mi canti qualcosa?»
«Questa corona di fiori donerebbe più a te che a me, Sakura.»
«Shara! Facciamo una gara e vediamo chi arriva prima a casa!»
«Sakura, da questa parte!»
«Vorrei tanto stare così per sempre. Giocare con te è divertentissimo, Shara.»
«Canterò per te, Sakura.»
Le care e amate voci dei miei genitori si accavallarono a voci senza suono, ma furono ben presto sostituite da risate gioviali, toni allegri e spensierati.
“Perché ho dimenticato tutto questo? Erano così tanti momenti meravigliosi….”
La nebbia fu spazzata via da una forte raffica di vento, che portò via con sé anche i miei ricordi.
“No! Non sparite!”
Non potei fare altro che restare a guardare mentre tutto si frantumava in mille pezzi, davanti ai miei liquidi occhi. Tutto si sgretolava, finché non rimasero che riflessi nella polvere. Poi l’oscurità.
«Shara!»
«Sakura!»
Fui colpita nuovamente da una luce accecante.
Era notte e ci trovavamo sulla sponda di un fiume, su cui galleggiavano lanterne colorate che rappresentavano le anime dei defunti. Sembrava un altro cielo pieno di stelle.
«Mamma…. Papà…. Ci rivedremo l’anno prossimo…»
Shara si rannicchiò accanto alla me bambina, mentre le lanterne si allontanavano guidate dalla corrente.
«Sakura…»
«Sto bene. Anche se sono triste, tu sei qui.»
Si sforzò di sorridere e proprio allora Shara prese gentilmente la sua mano.
«Sakura, c’è una cosa che devo dirti. Promettiamoci che un giorno ci rincontreremo… E all… se… o.»
Mi chiesi cosa mi avesse detto, perché le parole erano improvvisamente diventate mute.
«Anche se sei una bambina?»
«La prossima volta che ci vedremo sarò un ragazzo.»
«Non riesco a capire…. Ma va bene, lo farò, perché tu mi piaci.»
«Grazie…. Sarà la nostra promessa.»
«Sì. Ma perché me lo dici adesso?» La me piccola dovette capire qualcosa, perché provò ad indagare, sempre più spaventata di quella che sarebbe stata la risposta. «Cosa intendi dire con “un giorno ci rincontreremo”?» Non ricevendo risposta si fece più avanti, osservando il suo viso e restandone infelicemente colpita. «Shara? Perché sembri così triste?»
«Il lavoro di mio padre qui è terminato…. Quindi…. Ora dobbiamo andare in un altro paese, a nord.»
«Cosa?»
«Non posso più restare qui…»
«Quando devi partire?»
«Stanotte.»
«Non è possibile…. Non può essere vero….»
«Sakura…»
«Mi avevi promesso che saremmo state sempre insieme!»
«Lo so. È doloroso anche per me.»
«Stai rovinando tutto! Non ti prometterò più niente! Sei una bugiarda!»
Grosse lacrime scivolarono giù dagli occhi della me bambina. Erano talmente grandi che Shara non riusciva ad asciugargliele, ma ben presto a quelle si aggiunsero anche le sue lacrime.
«Mi dispiace…. Mi dispiace così tanto, Sakura. Odio vederti piangere…. Volevo diventare forte in modo tale da proteggerti…. Per non farti piangere più…» Provò a celare la tristezza dietro un sorriso gentile, ma le sue lacrime non si arrestarono. «Andrà tutto bene, Sakura. Non ti lascerò.»
«È una bugia!»
«Non vado da nessuna parte.» Shara la abbracciò, la sua espressione diceva che stava per fare qualcosa di cui si sarebbe pentita per il resto della sua vita. «Perdonami, se puoi.», sussurrò, prima di prendere un profondo respiro ed intonare: «--briowhio sumerou acriadon sunodo riokmus rimeamo…»
Mentre lei cantava gocce di una luce soffusa fluttuavano attorno a noi e salivano in alto, fino al cielo, fondendosi con le lanterne e le stelle, spandendosi nell’universo.
«--riokmus rimeamo…» Con quelle ultime note la me bambina, ancora tenuta fermamente tra le sue braccia, perse i sensi. Shara crollò a terra, reggendomi, singhiozzando come in agonia.
«È meglio così…. Se non mi ricordi, non piangerai…. Se puoi vivere senza questi ricordi dolorosi…. E mi dimentichi…. Va bene così…. Finché non ci rincontreremo ancora…. Addio, Sakura.»
La scena si volatilizzò, scomparendo come fumo, e tutto fu avvolto dalle tenebre, nelle quali lasciai che scorressero le mie lacrime come cascate. Shaoran aveva recitato un incantesimo tanto doloroso, affinché io non fossi triste… Mi si strinse il cuore in una morsa immaginando come doveva essersi sentito.
“Mi dispiace, Shaoran…. Voglio vederti…. Voglio vederti. Voglio vederti!”
«Shaoran!» 
Nonostante avesse dovuto essere sigillata, la mia voce risuonò forte nell’oscurità. Fu allora che una piccola sfera di luce venne verso di me. La afferrai con una mano, disperata, e quando riaprii gli occhi mi ritrovai in una foresta, accanto ad uno stagno…. E davanti ai miei occhi c’era la persona che desideravo tanto incontrare.
«Shaoran! Shaoran, sei proprio tu?»
«Sakura, cosa ci fai qui?!»
Senza che riuscissi a contenermi gli saltai addosso, stringendolo con tutte le mie forze.
«Mi dispiace…. Mi dispiace…. Non ne avevo idea…. Mi dispiace.», continuai a ripetere.
Lui non pronunciò parola, mi tenne stretta tra le sue braccia finché non smisi di piangere. Anche allora ci fu un piacevole momento di silenziosa gentilezza, ma Mokona attirò la nostra attenzione, spiegandomi che avevo sciolto l’incantesimo da sola, senza bisogno di un contro-incantesimo, per il mio forte desiderio di incontrare Shaoran. Parlò al posto mio, delucidandolo sulla mia presenza lì e non appena lui stava per lamentarsi lo interruppi.
«Lo hai promesso.»
«Eh?»
«Promettesti che saremmo stati sempre insieme!»
«Ma -»
«E che saremmo andati all’Accademia…. E abbiamo fatto anche un’altra promessa. Le stiamo mantenendo tutte, no?»
Sembrava agitato.
«Quindi tu…»
«Lo so, la mia risposta vuoi sentirla quando sarò ufficialmente una studentessa e avrò rimesso insieme tutti i pezzi del puzzle. Ma adesso abbiamo un lavoro da portare a termine, quindi sbrighiamoci.»
Proseguimmo, inoltrandoci nuovamente nella foresta, ma avevo come l’impressione che stessimo girando in tondo. Ciò fu confermato da Shaoran, che aveva preventivamente legato un fazzoletto ad un ramo. Mi mantenni ottimista, certa che presto ne saremmo usciti fuori, quando ecco che una voce riecheggiò con un indovinello: «Se io sono destrimano tu sei destrimano, se io sono mancino tu sei mancino. Tu mimi me, ma io mimo te. Io sono me, ma tu sei me. Cosa sono?»
«Uno specchio?», ipotizzai d’istinto. «Sei il mio riflesso nello specchio, no?»
Il ridacchiare delle dispettose fate echeggiò nella foresta.
Avanzammo ignorandole, fino a che non vedemmo una luce filtrare attraverso degli alberi. Ci avvicinammo ad essa e su di noi torreggiava un castello antico, circondato da colonne, rovine, rampicanti e detriti. Mi ricordava quello che avevo visto nell’illusione, ma lì non era così fatiscente.
«È enorme…», sussurrai colpita.
«Deve essere questo il posto.»
Mokona annuì in conferma e un’aria infausta si arrampicò con fare sinistro attorno a quelle che una volta dovevano essere state candide pareti bianche. Rabbrividii e anche Mokona sembrava impaurita, per cui si nascose nel mantello di Shaoran.
«Non posso andare oltre.», si scusò.
Ipotizzai ci fosse qualche tipo di magia che glielo impedisse, per cui la presi tra le mani e la posai all’ombra di un albero.
«Aspettaci qui.»
«Ma -»
«Va tutto bene. Torneremo presto.», provò a rassicurarla Shaoran.
«Tornate tutti interi.»
«Lo prometto.»
Shaoran mi prese per mano e in risposta gliela strinsi con forza. Finché eravamo insieme sarebbe sicuramente andato tutto bene.

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Capitolo 14
*** Light of Restoration ***


Light of Restoration
 

 
«Che aria spettrale.»
Nel castello c’erano corridoi che sembravano allungarsi all’infinito, tetri nonostante accanto alle pareti fossero affissi dei candelabri, i quali facevano un poco di luce con fiamme azzurrognole. In alto, accanto alle finestre polverose e infrante, intravidi quelli che mi sembravano essere i rosoni di una cattedrale.
Non c’era assolutamente nessuno, eppure sentivo che qualcosa era lì insieme a noi. Si udì un clangore dietro di noi e, in automatico, mi feci più vicina a Shaoran.
«Umani! Come osate entrare nel castello!», tuonò una voce profonda, bassa, possente.
La terrà tremò, come se ci fosse un terremoto, il pavimento vibrò e cominciò a sgretolarsi sotto i nostri piedi. Shaoran mi tenne stretta correndo via di lì, mentre vedevo il suolo squarciarsi, in una caduta che sembrava non avere fine. Provammo a rifugiarci in una stanza, ma prima che riuscissi ad entrare mi ritrovai nel vuoto. Shaoran mi afferrò prontamente il braccio e mi diede uno strattone, tirandomi su. Finii su di lui e il brontolio della terra si quietò.
«Stai bene?»
«Grazie a te, sì.»
Gli sorrisi grata e solo allora mi accorsi di quanto fossero vicini i nostri volti.
«Restiamo così…»
«Precisamente i miei pensieri…», sorrise e mi resi conto solo allora di averlo detto ad alta voce. Appoggiò una mano sulla mia testa e la accompagnò sul suo petto, stringendomi a sé. «Sono così sollevato che tu non sia ferita.»
Sprofondai col viso arrossato contro la sua maglia. Il mio cuore faceva così tanto rumore, mi auguravo che lui non riuscisse a sentirlo.
Dopo un po’ allentò la presa e io compresi. Non era né il momento né il luogo adatto per certe smancerie.
Ipotizzammo entrambi che potessero esserci diverse trappole nel castello, per cui procedemmo con maggiore cautela. Giungemmo in dei sotterranei, dove l’aria si faceva sempre più calda, sempre più afosa.
«Shaoran, non senti una certa pesantezza?»
Quasi non conclusi la frase che grosse fiamme ci sbarrarono il cammino, innalzandosi come una muraglia. Shaoran mi si pose davanti e nello stesso istante una voce ci ammonì di non fare un altro passo. Ero sicura di non averla mai sentita prima, eppure mi sembrava così… conosciuta.
Le fiamme crepitanti dipartirono come tanti piccoli vortici e per scansarli finimmo nuovamente a terra. Rotolammo fino ad una parete, poi provai con la magia.
«O sacra acqua, proteggici con uno scudo! Scutum aqua!»
Fummo avvolti da una sfera d’acqua proprio mentre venivano scoccate frecce di fuoco, ma non appena queste si avvicinarono svanirono con uno sfrigolio. Le fiamme divennero fumo che presto si diradò e, quando sciolsi l’incantesimo, attraverso esso ne emerse una persona. Era un uomo dai capelli argentei e gli occhi dello stesso colore, il quale sembrava essere poco più grande di noi. Era avvolto in un ampio abito con un cappuccio e tra le mani aveva un lungo bastone, terminante con due ali e una mezza luna. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte, e lui mi guardò intensamente negli occhi. Sembrava quasi che mi stesse leggendo la mente. Poi spalancò la bocca, esclamando: «Non può essere!»
Ci fece cenno di seguirlo e io e Shaoran ci rivolgemmo una breve occhiata interrogativa.
Restammo a debita distanza – non eravamo ancora sicuri di poterci fidare – e Shaoran ne approfittò per complimentarsi. Ero riuscita a recitare un altro incantesimo senza commettere errori.
«Non è misterioso? Da quando siamo nel Mondo delle Fate sembra quasi che il tuo potere sia aumentato.»
«Hai ragione…», riflettei. «Forse è perché mi sono decisa a diventare più forte, per essere anche io in grado di proteggere te. Perché anche se tu non hai più i poteri cerchi di fare di tutto per me. Anche se sei sempre avventato, io…» Ingoiai quello che stavo per pronunciare.
“Non è il momento.”, mi ammonii.
«Cosa?»
«Niente.»
«Eh? Mi hai incuriosito.»
«Niente.», ripetei, guardando davanti a me.
Il corridoio finì e ci fermammo davanti ad un’immensa porta, le cui pareti laterali erano ricoperte di muschio, gli archi e le colonne davano l’impressione di crollare da un momento all’altro, gli stendardi erano strappati e sembravano come inceneriti. Mi chiesi cosa fosse successo per rendere un luogo tanto bello così… marcio.
Lo sconosciuto ci osservò in silenzio per un po’, poi aprì la porta. Io e Shaoran ci prendemmo per mano, infondendoci coraggio a vicenda.
La porta emise un cigolio stridulo e quando entrammo ci ritrovammo in una sala spaziosa, con veli stracciati, al di là dei quali intravedevo una figura alata. Ma era completamente in ombra.
«Chi va là?», chiese una voce insensibile.
Il mio cuore batté più forte a quel suono glaciale. Delle lacrime mi si formarono agli angoli degli occhi, una straripò. La toccai asciugandola, sorprendendomi. Mi sentivo così triste. Perché?
Shaoran si inginocchiò riverentemente e io lo imitai, senza neppure sapere più cosa stessi facendo.
«Ci dispiace per esserci introdotti nel vostro castello senza il vostro consenso.»
«La vostra risoluzione deve essere molto forte per farvi venire fin qui a creare scompiglio.», commentò quella voce atona.
«Vi chiedo di ascoltare quello che abbiamo da dire.»
«Non ho alcuna intenzione di stare a sentire le futili lamentele di voi umani.»
«Ve lo chiedo per favore. È nel vostro interesse. Riguarda una cosa che è molto importante per voi. Avete perso qualcosa, non è così?»
«Qualcosa? Ho perso tutto. Mi è stato portato via tutto ciò che possedevo.»
Shaoran sembrò turbato da quella risposta, che disorientava persino me. C’era come uno scampanellio che risuonava nella mia mente, ma non capivo cosa cercava di dirmi.
«Una di queste cose è questo fiore?», domandò mostrandolo.
Il re chiese all’uomo che ci aveva attaccato, il cui nome era Yukito, di portarglielo. Lo prese dalle mani di Shaoran e lo portò al sovrano. Attendemmo qualche secondo, ma poi una potente raffica di vento quasi ci spazzò via.
«Ladro!», lo accusò.
«No, io-»
«Non voglio assolutamente sentire futili scuse!»
L’aria attorno a noi si riempì di elettricità, quella sofferenza indefinibile non fece che acuirsi. Mi portai una mano al cuore, dolente.
«L’ho trovato per caso. È stato un incidente, non avevo la minima idea di cosa fosse.», provò a giustificarsi Shaoran, proteggendosi con le braccia dal vento.
«Bugiardo!»
«Dovete credermi, è la verità!»
Usai tutte le mie forze per rimettermi in piedi, lottando a mia volta contro quella bufera, gridando: «Basta!» E mi riferivo a tutto. Alla rabbia, al dolore, a tutta quella pena. «Se fosse stato davvero lui il ladro non l’avrebbe di certo riportato indietro! E poi Shaoran ha pagato con i suoi poteri! Sta soltanto cercando di riaverli indietro! Pensando che il motivo risiedesse nel fiore ha deciso di affrontare i pericoli del mondo delle fate e venire fin qui per restituirvelo! Non può mostrare un minimo di comprensione?!»
«Sakura…»
«Mocciosa umana, come osi rivolgerti così a me?!»
«Sire, aspettate.» Yukito disse qualcosa al re che lo fece scattare immediatamente in piedi e avanzare con irruenza nella nostra direzione. Una luce proruppe dalle sue grossi ali verso il petto di Shaoran, trafiggendolo.
«Shaoran!», gridai terrorizzata.
«Sto-sto bene…» Alzò una mano, ma sia il suo tono che il suo viso mi sembravano agonizzanti.
Non appena la luce svanì mi avvicinai a lui, alla ricerca di ferite. Tuttavia non ce n’era nessuna.
«Non hai rubato il fiore…», sussurrò il sovrano, la sua voce pian piano riacquisiva vita. Il mio cuore accelerò nuovamente a quel suono familiare.
Alzai la testa e lo trovai in piedi dinanzi a noi. Sembrava avere la stessa età di Yukito. Fissai i suoi occhi neri come la pece, incorniciati da ciocche di capelli corvini separate da fasce di stoffa con intarsi dorati. Il suo abito era ampio, pieno di fregi, nero, con decorazioni di un blu acceso che mi sembravano così note…. Mi sorrise gentilmente. Il suo sguardo si sciolse come se prima indossasse una maschera di cera, le sue iridi si liquefecero nella speranza.
«Sakura.», mi chiamò, come se avesse un groppo in gola. «Principessa…»
Allargò le braccia e le avvolse intorno a me in un tenero, caldo abbraccio.
Spalancai gli occhi e, stando a contatto col re, riaffiorarono nuovi ricordi.
«Principessa, dobbiamo tenerti al sicuro.», sussurrò una voce femminile. Iridi smeraldo. Lunghi capelli ondulati.
“Mamma….”
«Il tuo fiore è stato rubato, ma non devi preoccuparti. Lo riporteremo indietro.»
Un uomo dallo sguardo gentile e puro, come acqua cristallina.
“Papà….”
«Padre, cosa diamine sta succedendo?»
Riconobbi il re, ma era più bambino. Touya… E c’era anche Yukito, il futuro Gran Sacerdote….
«Qualcuno vuole rapirla. Dobbiamo necessariamente lasciarla nel mondo degli umani, lì sarà al sicuro.»
«Non preoccuparti, principessa. Andrà tutto bene. Lì c’è qualcuno che ti proteggerà. Ricordati che ti vogliamo bene. Ricordati che la magia scorre in te e che quando arriverà il momento troverai la chiave nel tuo cuore. Ti vogliamo bene.», ripeté mia madre più volte. Poi divenne tutto nero e mi ritrovai nuovamente tra le braccia del re.
«Touya…», mormorai con voce spezzata. «Che cosa significa? I miei ricordi erano tutti una menzogna?»
«Li avevamo cancellati per proteggerti.», mi spiegò, carezzandomi.
Mi strinsi a lui, piangendo come una bambina. Mi sentivo così persa. I miei genitori non erano i miei genitori. Io ero la figlia del Re e della Regina delle Fate.
«Umano, mi hai riportato la mia sorellina. Per questo, ti sono grato.»
Ricordai Shaoran e lo guardai, trovandolo sconvolto. Sicuramente non ci stava capendo più niente.
Mi asciugai le lacrime, guardandomi intorno.
«Che cos’è successo? Dove sono i nostri genitori?»
Nessuno dei due mi rispose, ma dai loro sguardi pieni di tristezza compresi. Di nuovo. Li avevo perduti di nuovo. Mi morsi le labbra per trattenermi dal gridare dal dolore.
«Vi spiegheremo tutto.», esordì Yukito.
Abbracciai di nuovo Touya, poi strinsi tra le braccia anche Yukito.
«Bentornata a casa.», sussurrò questi accanto al mio orecchio.
«Quando eravamo bambini il fiore sparì improvvisamente.», cominciò a spiegare Touya. «Era la fonte del potere di Sakura, ma una volta strappato dal suolo del nostro Giardino diveniva un fiore come gli altri. A quel punto Sakura fu quasi rapita e riuscimmo ad evitarlo per poco.» Si rivolse direttamente a me, guardandomi tristemente. «I nostri genitori presero la difficile decisione di cancellarti la memoria, creare falsi ricordi e farti crescere con un potente mago nel mondo degli umani. In seguito ci furono diversi disordini, l’equilibrio degli elementi era stato spezzato e se il fiore fosse appassito lo sarebbe stato il mondo stesso. I nostri genitori cercarono il ladro in lungo e in largo, viaggiando in diversi mondi. Trascorsero anni, io intanto avevo ottenuto la reggenza del Regno, ma non fecero più ritorno come prima.» Il suo tono si incupì, il viso di Yukito si adombrò.
Sentii cedermi le forze e Shaoran subito mi affiancò, preoccupato per me. Potevo immaginare tutto quello che gli stava passando per la testa. Erano i miei stessi pensieri. Tutto era cominciato allora. Tutto aveva avuto inizio con un fiore. Mi toccai le scapole, lì dove in passato si dispiegavano le mie ali. Mi concentrai su questo dettaglio, per non pensare alla perdita.
«Le mie ali…. Non torneranno più?»
«Torneranno, quando avremo rimesso il fiore al suo posto.», annuì mio fratello. Si voltò poi verso Shaoran, guardandolo con sospetto. «Qual è il tuo rapporto con Sakura?»
Ci rivolgemmo un’occhiata e risposi io per lui.
«È un mio caro amico d’infanzia.»
«Mmh?» Assottigliò gli occhi, guardandolo con sfida. «Ragazzo, se vuoi riavere la tua magia ti basterà pronunciare il mio nome. E non quello di famiglia, quello con cui il mondo mi conosce.»
Shaoran ci pensò e, parlando tra sé, disse che c’erano ben 10080 canzoni contenenti i nomi delle fate, ma per cantarle tutte ci sarebbero voluti tre giorni. Forse capii di quale si trattasse e stavo per rivelarglielo, ma lui mi anticipò guardando mio fratello con determinazione. «Oberon.»
Lui gli rivolse soltanto un «Tsk.», mentre Yukito sorrise, annuendo.
Non appena pronunciò il suo nome il corpo di Shaoran cominciò a brillare, fluttuando nell’aria. Non appena la luce scomparve e riatterrò sul pavimento mi guardò incredulo.
«La sento…. La mia magia…. La sento scorrere in me….»
Emozionata mi lanciai su di lui, facendolo cadere a terra.
«Ce l’abbiamo fatta!»
«Hey, Sakura!», mi rimproverò Touya, ma entrambi lo ignorammo.
«Grazie.», mi sorrise.
Percepii Touya irritarsi sempre di più e Yukito cercare di pacificarlo. Avevo dimenticato quanto fosse divertente punzecchiarlo.
«Moccioso, sappi che ora ti metterò alla prova.»
«Ancora?», sbuffai, rivolgendogli un’occhiataccia. «Si chiama Shaoran.»
«Quel che sia. Vediamo se riesci a riportare in vita il giardino.»
«Come posso farlo?»
«Basta che dissolvi l’incantesimo che preserva il fiore.», gli spiegò Yukito, incamminandosi per mostrarci dove andare. Più o meno avevo un vago ricordo sul dove si trovasse. Se non mi sbagliavo doveva essere al centro del castello, in un sotterraneo cui si accedeva tramite un passaggio segreto. Una volta che fummo lì, tuttavia, mi si spezzò il cuore. I candidi fiori erano tutti flosci, come piegati in una posa di sofferenza. Non era rimasto più nulla del loro splendore.
«Prego.», lo fece passare Yukito.
Shaoran annuì, prendendo un respiro per raccogliere aria. Poi cominciò a cantare. Attraverso la sua voce giunse una sinfonia di vita e rinascita, che mi pacificò immediatamente.
«Moal amani erukamu nisuigu suento rumen. Akura ate riwede surofu tiresureoku…»
Ascoltando il suo canto i fiori appassiti riacquisirono luce e brillarono dei colori dell’arcobaleno; anche il mio fiore fu avviluppato in una luce colorata e fluttuò via dalle mie mani fino a radicarsi al suo posto, al centro, divenendo sempre più grande mentre la sua corolla rifioriva. Al contempo sentii un pizzicore alle spalle e mi ritrovai sollevata a mia volta in aria. Chiusi gli occhi, beandomi della voce di Shaoran e della calda sensazione che mi abbracciava. Mi chiusi su di me e, quando ritornai a terra, guardai con nostalgia le mie immense ali bianche.
Appena Shaoran finì di cantare si voltò a guardarmi, come se fossi la creatura più bella che avesse mai visto.
«È finita.», sospirò esausto, ma al contempo come rinvigorito.
«Sì.»
«È tutto merito tuo. Grazie.»
«Ti sbagli. È soprattutto grazie alla tua forza di volontà e al tuo coraggio che ce l’abbiamo fatta.»
«Non vincerò mai contro di te, vero?», rise.
Scossi la testa, divertita.
Si alzò una leggera brezza e l’aria che ci circondava si illuminò. Era la luce della vita.



Angolino autrice:
Auguro a tutti un buon 2018! Spero che quest'anno sia cominciato bene per tutti! ^w^ 
So che non aggiornavo da tanto, per cui ho pensato che fosse bene riprendere quanto prima e, dato che oggi sono riuscita a ritagliarmi un po' di tempo, eccomi qui! Spero davvero che questa storia sia di vostro gradimento :3 e non vi preoccupate, manca davvero poco! 
Un bacione e ancora tanti auguri!
Steffirah 

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Capitolo 15
*** By your Side forever ***


By your Side forever
 

 
Una volta rientrati nel castello vedemmo che si fu riempito di luce e tutto era tornato come in passato. Riconobbi, finalmente, quelle pareti così brillanti e vivaci, quello splendore e quella magnificenza. Osservai i dipinti affissi alle pareti, fermandomi davanti al ritratto che ci ritraeva tutti e quattro. Mi alzai in volo, sfiorando con la punta delle dita il volto di mia madre e mio padre.
Touya intanto dovette ammettere che Shaoran era stato bravo e Yukito mi fece segno di scendere, mostrandomi una piuma, sulla quale era disegnato una sorta di cuore. Mi disse che se l’avessi inglobata tra le mie ali avrei avuto la possibilità di scegliere.
«Scegliere cosa?»
«Se vivere con noi, o con gli umani. Non penso che possiate tornare nell’altro mondo così.», rise, indicandomi da capo a piedi.
«Se le mie ali svaniranno, riappariranno ogni volta che vorrò tornare?»
Mi rassicurò che proprio a questo scopo serviva la piuma che mi stava porgendo. Non appena fu tra le mie mani si frantumò in briciole di luce, confondendosi con le piume immacolate sulla mia schiena. Le mie ali pian piano rimpicciolirono, e anche il mio vestito tornò lo stesso di prima.
Lo ringraziai e vidi che proprio allora Mokona era entrata, saltando prima addosso a Shaoran, poi addosso a me. Tramite la gemma sulla sua fronte si riflesse ancora una volta la Preside, la quale si rivolse direttamente a mio fratello, scusandosi. Scoprii allora che le chiavi del nostro Giardino erano in suo possesso e il suo compito era da sempre controllare che nessuno vi entrasse senza permesso, ma avendo fallito restituì le chiavi tramite la bocca di Mokona.
Touya guardò la nostra piccola amica con sospetto e le chiese che razza di essere fosse.
«È il mio famiglio.», spiegò la preside. «E ha anche un gemello, che mi aiuta a comunicare con lei.»
Finalmente, anche quel mistero era stato svelato.
Ritornando sul discorso, citò anche Clow Reed – che sapevo essere uno dei Tre Grandi Maghi – e Touya immediatamente mi guardò, spiegandomi che ero stata affidata a lui dopo che decisero di lasciarmi. Mi sembrava incredibile, ma quasi non mi sorprendevo più di nulla.
A quanto pareva era un sospetto che già c’era da molto tempo, ma la Preside confermò che l’autore di tutti i misfatti fosse stato il terzo mago, Fei Wang Reed. Voleva impossessarsi di me per poter realizzare un desiderio impossibile, ossia riportare in vita una persona cara.
«Ma io non sono in grado di farlo.», ribattei.
«No, a meno che non lo avessi desiderato con tutta te stessa.», spiegò bonaria la Preside. «La tua magia è molto potente perché riesce a manipolare le parole. Essa fluisce in quello che dici, e ogni cosa che pronunci diventa realtà.» Shaoran mi guardò come se lo sapesse da sempre. Probabilmente lui lo aveva già capito, per questo mi spronava a credere in me stessa. «È un talento rarissimo, dovresti averne molta cura. Non esistono altre fate, streghe o maghi che abbiano un potere simile da centinaia di anni.»
Annuii e lei si accomiatò, sparendo. Mokona tornò tra le mie braccia e Touya si rivolse col suo solito tono scorbutico a Shaoran.
«Moccioso, affido a te questo compito.» Gli mise in mano le chiavi, fatte di un cristallo tralucente.
«Me?»
«Che c’è, rinunci? Non ti senti all’altezza?»
«Accetto.», dichiarò, chiudendovi attorno le dita. I suoi occhi corsero su di me e vi lessi il suo pensiero. Dicevano: “Ti proteggerò, sempre.”
In quel mazzetto gliene mostrò una più grande e gli spiegò che serviva ad evocare il Cancello Fatato. Tramite quella potevamo tornare ogni volta che lo desideravamo.
«Perché è quello che hai scelto, no?», chiese poi a me, mostrandosi forte. Sapevo in realtà quanto lo rattristasse doversi nuovamente separare da me. Ma, purtroppo, avevo vissuto una vita più da umana che come fata. Per me lì non c’era niente, eccetto gli affetti.
Abbracciai sia lui che Yukito, ringraziandoli e rinnovando l’amore che provavo per loro. Ci congedammo e una volta fuori dal castello Shaoran ricapitolò: «Quindi adesso tu sei la principessa delle fate tornata umana e io il guardiano del vostro giardino. Il giardino che rappresenta la tua vita.»
Notai che gli tremavano le mani. Le strinsi tra le mie rassicurandolo.
«È un grande compito, ma tu puoi farcela. E… Shaoran?»
«Sì?»
«Noi siamo soltanto Sakura e Shaoran. Niente di più.», sorrisi. Nel vederlo ricambiare mi venne un’idea. «Ah! Prima che torniamo a casa, c’è una cosa che voglio provare!»
Chiusi gli occhi e, quando li riaprii, ero tornata nella mia forma fatata. Quindi mi bastava pensarlo. Lo presi tra le mie braccia e mi librai in volo, facendolo volare nel cielo.
«Woah! È la prima volta che volo senza scopa.»
«Mille volte meglio, no?», risi, portandolo sempre più su, fino a quasi toccare le vicine stelle.
«Si-siamo…. Davvero in alto…»
«Soffri di vertigini?», indagai.
«No.»
Scoppiai a ridere, non mi sembrava affatto credibile.
«Non ridere!»
«Allora hai qualche punto debole! C’è qualcosa di cui hai paura!»
«La mia più grande paura è…»
«È?», lo incalzai.
«Te lo dico quando scendiamo.»
Incuriosita scesi in picchiata, sconvolgendolo. Quando sembrò riprendersi, tossicchiò tornando serio, per cui gli dedicai tutte le mie attenzioni.
«Perderti.», completò, abbassando di un tono la voce.
Gli sorrisi, trasmettendogli il mio pensiero. Quello era anche il mio più grande timore. Il peggiore dei miei incubi.
Ci sedemmo entrambi sull’erba, esausti, appoggiandoci l’uno all’altro. Per quanto volessi evitarlo ripensai a tutta quella che era stata la mia vita. A quel caos indistinto di emozioni, sentimenti, situazioni, occasioni, verità e falsità. La mia madre adottiva era mai esistita? L’uomo dei miei ricordi – che io identificavo come “padre” – era realmente il potente mago Clow Reed? Era lui la persona che mi avrebbe protetta? O era forse Shaoran? Sapevo che mia madre era in grado di prevedere il futuro tramite i sogni. E se lei lo avesse visto? E se lei aveva avuto modo di conoscerlo già prima di me, seppure indirettamente? Sorrisi a quel pensiero, nonostante qualche lacrima scendesse silenziosamente sulle mie gote. Non potevo più interrogarla a riguardo. Lei e mio padre non erano più qui. Non avrei mai più potuto rivederli, far sapere loro che ero viva, che stavo bene, che ero cresciuta ed ero felice. A meno che…
«Shaoran…?», lo chiamai, indugiante.
«Sì?»
«Secondo te… sarebbe giusto usare questo mio potere per riportare in vita i miei genitori?» Osai alzare lo sguardo, sentendomi vacillare. «Loro lo vorrebbero?»
Lui strinse le labbra, guardandomi tristemente. Poi scosse la testa, abbassando gli occhi, esalando un profondo respiro. «Solo di una cosa sono certo, Sakura, ed è che la magia funziona in un unico modo. Quando esprimi un desiderio, devi pagare un prezzo che abbia lo stesso valore. Riportare in vita due persone significherebbe -»
«I miei genitori non sarebbero d’accordo.», conclusi per lui. Annuii, facendomene capace. Quella era la realtà, dovevo imparare a conviverci.
Mi stesi, chiudendo gli occhi, in attesa che le lacrime mi si asciugassero da sole e fossero assorbite dal calore dell’alba. Svuotai per un attimo la mente, inebriandomi dell’odore di quel prato in cui avevo giocato così spesso da bambina, finché un ricordo non occupò tutti i miei pensieri. Eravamo io e Shara, stesi come in quel momento, e guardavamo le stelle. E le raccontavo che nei miei sogni esse erano molto, molto più vicine.
Riaprii le palpebre, osservando estasiata quel cielo a portata di mano. Finalmente ero a casa. Sorrisi gioiosa, voltando la testa verso Shaoran e notando solo allora che anche lui si era steso.
«Non è così male, vero?»
Voltò il capo verso di me, scuotendolo. Mi prese una mano con delicatezza, stringendo lievemente le sue dita attorno alle mie.
«Sakura… Mi dispiace averti cancellato la memoria…. Non avevo idea di quello che tu potessi aver vissuto…. Sono stato così ignorante fino ad ora, e invece ho preteso di sapere ogni cosa e -»
«Non potevi saperlo.», lo interruppi, prima che potesse ulteriormente colpevolizzarsi. «Né io né tu avremmo mai potuto immaginarlo. Quindi non preoccuparti…. Anche se deve essere stato davvero terribile quello che avete provato, sia tu, che mia madre, che il signor Clow….», realizzai mogia.  A quanto mi era parso di capire era stato lui a crearmi ulteriori falsi ricordi, per difendermi da tutto anche in seguito la sua morte. Che caso fortuito il fatto che Shaoran fosse entrato nella mia vita immediatamente dopo. Anzi, era inevitabile…
«Sakura…»
«Sapere che la persona a cui tu più tieni al mondo deve dimenticarti, perché è necessario che sia così, per il suo bene…. È terribile….»
Lui non rispose, la mia voce si perse col vento, il quale sospinse via le nuvole nel cielo. Sorrisi automaticamente indicandone una.
«Guarda! Sembra Mokona!»
«Davvero? A me ricorda un coniglio.»
Scoppiai a ridere, rotolando su un fianco.  Attorcigliai le dita tra le sue, lasciando che mi avvolgesse col suo caldo palmo. Mi avvicinai al suo viso, posandovi con leggerezza le labbra su una sua guancia.
«Grazie, per tutto quello che hai fatto per me in questi anni. Grazie davvero.», gli sussurrai col cuore.
Lui sorrise teneramente, guardandomi rasserenato. Con la mano libera mi portò i capelli dietro l’orecchio, bisbigliando dolcemente: «Ti amo.»
«Io -»
«Non dirlo. Vorrei attendere il Giudizio.»
Annuii, rispettando la sua scelta. Consapevole del futuro che ci aspettava.
Quella stessa notte, tornati nel regno degli umani, interrogai le carte. Quando voltai quella del presente mi uscì la stella, in posizione regolare. Significava “speranza”. Per questo, sorrisi al domani.

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


EPILOGO
 

 
«Sono agitata.»
«Non esserlo. Andrà tutto bene. Basta che lo ripeti anche tu.»
«Andrà tutto bene.», lo echeggiai e Shaoran mi sorrise fiducioso.
«Visto? Credi nelle tue parole.»
«Andrà tutto bene! E staremo insieme per sempre!»
«Per sempre.», confermò, strizzandomi le dita tra le sue. Notai questa cosa in lui. Quanto era cambiato. Quanto era felice da quando le cose sembravano essersi risolte. Quanto sorrideva ed era allegro. Quasi come se fosse una persona nuova. E, al contempo, era il mio caro, vecchio amico di infanzia. Stava ritornando da me, come ragazzo, proprio come aveva promesso.
«Ah, Shaoran, a proposito! Riguardo alle nostre promesse -»
«Principessa, è il momento del giudizio.»
Mi voltai verso la porta d’ingresso dell’auditorium, improvvisamente aperta. Sulla soglia di essa mi attendeva il Prefetto, con un sorriso gentile. Chiesi scusa con uno sguardo a Shaoran e lui mi fece capire di andare e credere in me stessa.
Entrai dopo avergli rivolto un breve cenno di saluto; dopodiché il Prefetto mi condusse fino al podio e, non appena messami dritta di fronte ad esso, soggiunse la Preside con una bilancia, posandovela sopra. Le porsi la lettera di accettazione e lei la aprì, recitando sommessamente un incantesimo per dare vita alla bilancia. Essa si svegliò, risplendendo di una luce scintillante, pulsando col suo luccichio abbagliante, alla pari di un prezioso gioiello. Mi fu chiesto di allungare una mano verso la lettera, che allora ondeggiava a mezz’aria dinanzi a me. Tramite essa sentii sprigionarsi la magia e inondarmi, soffiando tra i miei capelli. A quel punto mi fu chiesto cosa fosse per me la magia e decisi di usare quella parola incantata: «Speranza. La speranza di poter avere un futuro sempre migliore. E di non arrendersi mai e poi mai. Essa è luce nelle tenebre, è la forza di rialzarsi, è calore che ti consola. Può solo essere usata per fare del bene perché è nutrita dall’amore più puro.»
Non appena ebbi finito di pronunciare queste parole dalla lettera scomparve la scritta “provvisoriamente”. Soltanto in quel momento compresi di essere stata ammessa in maniera definitiva. Ce l’avevo fatta!
Dopo aver ringraziato di cuore la Preside per avermi concesso quella grande opportunità mi fiondai fuori di lì. Cercai Shaoran, non stando più nella pelle, e lo trovai nel padiglione in cortile, in fondo al sentiero selciato, appoggiato alla ringhiera di marmo bianco. Poco prima di raggiungerlo lo sentii canticchiare:
«A baby goat stands on a small rock. If the sun goes down the goat goes to sleep. If the goat goes to sleep, he falls off the rock. The baby goat sleeps until the cock crows… on Oberon’s knee.»
Sorrisi a trentadue denti, correndo verso di lui, fino a saltargli addosso per la contentezza. Mi prese al volo, colto di sorpresa, ma senza lasciarmi mi chiese quale fosse stato il verdetto. Quando gli dissi che ero stata promossa il suo sorriso si allargò e mi strinse maggiormente a sé, congratulandosi, dichiarandosi orgoglioso di me. Aggiunse che aveva sempre saputo che ce l’avrei fatta, in maniera simile a ciò che vidi nel Regno delle Fate. Forse quello era veramente il nostro futuro….
«Sono contento di aver aspettato fino ad adesso. E di essere riuscito a riottenere la magia, così posso restare al tuo fianco.»  
«Ma se non fossi mai venuta all’accademia?», ipotizzai. D’altronde, ritenevo fosse stato un miracolo che mi avessero chiamato. O forse era stato pianificato dalla Preside?
«Non ci avevo pensato. All’epoca non guardavo così avanti nel futuro, ero solo un bambino. Ma alla fine ci siamo incontrati no? Se questo non è destino…»
«Inevitabile.», ridacchiai. Annuii, convinta che anche se non ci fossimo incontrati in questo modo, il Fato l’avrebbe reso possibile anche altrimenti. «Shaoran, prima che venissi interrotta dal Prefetto, ti stavo per dire che ho ricordato l’ultima promessa che ci siamo scambiati.»
Lui arrossì lievemente, prendendone consapevolezza. Mi lasciò, facendosi un po’ indietro, affinché potesse guardarmi per bene in viso.
«I-io…», balbettai, avvampando, sentendomi improvvisamente agitata. Mi portai le mani sul petto, augurandomi di non esplodere per l’emozione.
«Sakura.» Mi chiamò gentilmente, sorridendomi con tenerezza. «So che ormai me l’hai sentito dire già tante volte, ma stavolta ascoltami con attenzione. Sei sempre stata presente nei miei pensieri, da quando ci siamo scambiati quella promessa. Non ti ho mai dimenticata. Neppure per un momento ho smesso di pensare a te in questi ultimi dieci anni…. Sin da quando ci siamo dovuti separare, ti ho costantemente desiderata al mio fianco. Non mi sono mai rassegnato all’idea che avessi potuto perderti per sempre. Ciò non era neppure lontanamente contemplato dalla mia mente. Ma ora che ti ho ritrovata…. Ora che sei qui, non ti lascerò più. Mai più.» Mi prese entrambe le mani, a stento lo vedevo attraverso le lacrime. «Ti amo, Sakura. Resta con me, per sempre.», sussurrò, appoggiando la fronte contro la mia.
«Sì.», mormorai senza fiato. Mi feci coraggio, guardandolo commossa. «Anche io ti amo. Ti amo tantissimo, Shaoran. Così tanto che non puoi neppure immaginarlo. So di aver dimenticato parte del nostro passato insieme, ma ora che ricordo tutto, nel bene e nel male, sono consapevole di aver sempre provato questo forte sentimento per te. E non penso sia un caso che, già prima di ricordarti, fossi tanto attratta da te. Come hai detto anche tu, è il nostro destino. Perciò finalmente posso dirti tutto quello che sento. E la risposta a quella promessa che facemmo…»
Come un piccolo flash, riudii le sue parole, pronunciate con la sua voce da infante: «Promettiamoci che un giorno ci rincontreremo. E allora, se anche tu lo vorrai, ci sposeremo.»
«La risposta è “sì”. Assolutamente sì!»
«Sakura… grazie.»
Sorrise, i suoi occhi brillavano mentre avvicinava la mia mano sinistra accanto alle sue labbra, per baciarmi alla base dell’anulare. Trattenni il fiato, e nel momento in cui cessò il contatto si abbassò alla mia altezza, accostando il suo viso al mio. I nostri nasi furono i primi a sfiorarsi e, sentendomi la testa leggera, a malapena mi accorsi che aveva stretto le sue dita attorno alle mie. Attesi col fiato sospeso, ma al contempo mi sentivo così in pace…. Percepii allora un caldo, tenero tocco sulle mie labbra. In quel momento provai qualcosa di indefinibile, un sentimento così forte, raggiante, inesprimibile a parole.
Le nostre labbra si separarono e noi ci guardammo, sorridendo.
Saremo stati insieme per sempre. In eterno. Quella era la nostra promessa.



Angolino autrice:
E così finisce il mio primo - e probabilmente ultimo - tentativo di fare un crossover! La conclusione è effettivamente un po' scontata, lo so. Ed è anche un po' breve, ma adoro lasciare il resto all'immaginazione dei lettori.
Grazie infinite a coloro che hanno seguito questa storia, sperando possa essere stata di vostro gradimento ^_^
Un abbraccio, 
Steffirah

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