ненависть. боль. любовь. Hate. Pain. Love.

di Scarlet Jaeger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
 
 
Kai camminava spedito lungo il viale alberato del cimitero, nonostante il freddo pungente e la neve che attecchiva pian piano a terra lo costringessero ad assottigliare lo sguardo. Stava tenendo le mani nelle tasche del cappotto pesante che indossava, nonostante quelle fossero fasciate da spessi guanti di lana. La sua andatura era sempre la stessa, nonostante gli anni passati e la sua espressione assolutamente apatica.
Si fermò di fronte ad una lapide scura, come l’animo che aveva sempre contraddistinto l’uomo che giaceva al suo interno. Nonostante le ricchezze di cui si era sempre vantato, il suo animo non gli aveva permesso di essere felicemente ricordato dopo la morte.
C’erano solamente un mazzo di fiori ghiacciato ed un lumino spento, che Kai non si prese nemmeno la briga di riaccendere. Continuava ad osservare il suo stesso cognome scritto in lettere dorate.
Soichiro Hiwatari
Nato il …
Morto il …
Null’altro. Niente dediche, niente parole toccanti, nulla di più di quello che avrebbe voluto l’uomo stesso ed a Kai andava bene così. Non c’era mai stato un rapporto chissà quanto stretto con lui, che lo aveva sempre trattato come una marionetta nelle sue mani, soprattutto dopo l’alleanza con Vladimir Vorkof, in quel momento detenuto nel carcere di Mosca.
Anche dopo la notizia della sua morte non aveva cambiato la sua solita aria indifferente. In fondo, anche se credeva di essere troppo duro col ricordo di un uomo che, volente o nolente c’era sempre stato nella sua vita, era felice di essersi liberato degli stretti fili che lo tenevano ancora ancorato a lui. Ma rimaneva sempre suo nonno ed in quel momento, appena ventenne, era quasi riuscito a togliersi la maschera di apatia che lo aveva sempre contraddistinto.
In contrasto alla sua espressione seria ed indifferente, mentre scorreva gli occhi color ametista sulla coltre di ghiaccio formatasi sulla foto incorniciata, calde lacrime gli stavano rigando le guance oramai irrigidite dal freddo.
 
Dopo la visita al cimitero, tornò a passo svelto al monastero, dove si chiuse dentro il suo ufficio dando l’ordine di non essere disturbato per almeno qualche ora. Aveva molti compiti da svolgere dopo che il testamento di Soichiro Hiwatari aveva chiaramente fatto intendere che tutto il monastero, i suoi segreti e la Hito Enterprise sarebbero stati ereditati da lui, come la grande villa dove aveva vissuto fino a tre anni prima, adesso abitata solamente dai maggiordomi che la tenevano pulita aspettando il suo ritorno.
Ma Kai non aveva intenzioni di prendere le redini di una vita passata dietro congetture malefiche e marchingegni strani. Aveva preso la sua decisione subito dopo aver letto il suo nome nelle carte immobiliari del posto.
Lo avrebbe trasformato in un perfetto centro di accoglienza per giovani orfani ed avrebbe fatto in modo di crescerli con i principi che i suoi vecchi compagni di squadra avevano insegnato a lui. Ed una delle discipline che avrebbe fatto in modo che imparassero, sarebbe stata proprio il Beyblade.
Diciamo che il monastero era tornato a fare ciò per cui era stato costruito, solo con a capo persone meno egoiste e spietate. Si era accertato che i suoi vecchi compagni della Neo Borg non avessero lasciato il posto, offrendogli occasioni lavorative ed un tetto sopra la testa. In fondo, erano oramai tutti orfani come lui.
Ma ciò che catturò l’attenzione del ragazzo, nella semi oscurità della stanza, fu la bianca lettera poggiata delicatamente sulla sua scrivania e che qualcuno doveva aver portato prima del suo rientro.
Sospirò nel leggere il mittente, sorridendo appena. Era il primo sorriso di quel giorno e forse sarebbe stato contento di leggere qualcosa che non fossero stati doveri o responsabilità…
Indirizzato a:
Kai Hiwatari
Hiwatari Enterprise, Via …. Numero *
101000 Mosca (Russia)
 
Mittente:
Eichiro Daitenji
Sede principale BBA
160-000 Tokyo (Giappone)
 
Scorse con gli occhi le poche righe scritte con una calligrafia a dir poco perfetta, probabilmente con una costosa stilografica.
Ed il suo cuore perse un battito.
Ripoggiò stancamente il foglio sulla scrivania, allungando i piedi sotto il piedistallo ed appiattendo la schiena allo schienale della comoda sedia girevole dov’era seduto.
« Forse mi stai chiedendo troppo, presidente! » Disse ad alta voce, nonostante ci fosse solo lui nella silenziosa stanza. Ma nonostante quello, Kai sorrideva.
Si spostò leggermente sulla sedia, per osservare la teca di vetro perfettamente sistemata alle sue spalle.
Elegantemente posizionato sull’ultimo scaffale, Dranzer faceva sfoggiò di sé come se fosse un prezioso cimelio ed, in effetti, così era.
Era stato messo lì al suo arrivo, il giorno in cui aveva preso possesso di quel vecchio ufficio un tempo occupato da Vorkof. Inutile dire che aveva fatto portare via tutto il vecchio mobilio, sostituendolo con uno meno impressionante. A lui non serviva incutere timore, non ne aveva bisogno. Si era spogliato di tutto il rancore, ma aveva lasciato la sua indifferenza, così da non poter più essere scalfito da niente. Prima di cambiare radicalmente vita, aveva deciso di chiudere definitivamente i conti col suo rivale di sempre: Takao. Ricordava quella sfida come la migliore di sempre, e come poteva essere altrimenti.
Sorrise chiudendo gli occhi e ricordando ogni minimo particolare.
Lo aveva battuto. Se pur per poco, aveva finalmente battuto il campione del mondo! Era stata un’emozione bellissima, che forse non avrebbe mai più provato in vita sua. Non aveva più trovato un avversario degno di quel nome, in grado da infiammare il suo animo più della sua amata aquila rossa. Nemmeno le sfide con Yuri lo entusiasmavano, nonostante il divertimento di combattere con spensieratezza. In fondo, vinceva sempre fin troppo facilmente e così per lui non c’era gloria.
Per questo aveva deciso di chiudere Dranzer sotto vetro, in attesa.
Attesa che sarebbe stata presto ripagata…
Si voltò ad osservare il biglietto aereo poggiato sopra l’elegante lettera che aveva appena terminato di leggere.
Anche se per pochi giorni e solo per parlare con Daitenji di alcuni dettagli, Kai Hiwatari sarebbe tornato sui suoi passi.
Perché in fondo, anche se era stato un cinico e freddo compagno di squadra, i suoi vecchi amici gli mancavano.
Fine capitolo 1
 
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Colei che scrive:
Felice di trovarvi nelle note finali di questo mio primo capitolo :D Innanzi tutto piacere di conoscervi, è un po’ che manco da questo fandom. Devo dire che, ogni tanto, ricapito sempre sui miei vecchi passi. Beyblade è stato per me l’inizio della mia “carriera” di scrittrice seriale di Beyblade xD era il lontano 2007 (ok basta perché mi sento abbastanza vecchia u.u). In questo periodo sono stata colpita dalla nostalgia, e mi sono riletta le mie vecchie fic (e qui mi piacerebbe fare come le scimmiette “non vedo”, “non sento” e “taccio” xD) e mi sono riguardata la serie. Ed ecco che mi sono ricoperta di vecchi ricordi e nostalgia, così mi sono voluta rimettere in gioco *_*
Ovviamente dal primo capitolo non si capisce molto, però mi piace sempre lasciare un po’ di suspance. Posso dire che questa fiction sarà ambientata in Russa e, sì, proprio al nuovo monastero xD
La prima parte del titolo dovrebbe essere la traduzione russa della parte in Inglese. Perché dovrebbe? Perché non so quanto possa essere affidabile Google Translate xD potrebbe anche esserci scritto "mi piace il pollo" (???) ed io non lo so xD Ok, la chiudo qua perché sennò vado avanti all’infinito xD
Spero vi sia piaciuto questo capitolo (o magari no, chissà xD) e spero mi facciate sapere le vostre impressioni ^^ magari anche se ho stuzzicato la vostra curiosità. Spero inoltre di non essere incappata in troppi errori! Non vi prometto di aggiornare a brevissimo, perché mercoledì volo a Lucca Comics <3 però dopo mi impegnerò sulla mia pagina immacolata <3
Un bacione a tutti, al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note: Prima di iniziare col capitolo volevo dire due paroline sul destino di questa storia xD. Chi ha letto il primo capitolo dalla messa on line avrà sicuramente notato che il titolo dell’intera storia, come alcune caratteristiche e note, sono state cambiate. Questo perché all’inizio avevo un’idea diversa per questa fanfiction, che poi ho totalmente stravolto grazie ad un'altra idea (io e le mie maledette idee xD) . All'inizio era quella di un quarto campionato del mondo e mi ero fatta prendere dalla foga di scriverlo, però pensandoci poteva essere già visto e rivisto e magari risultare monotona. Invece, avendo a disposizione la primordiale idea dei personaggi principali cresciuti, ho deciso di incentrare questa storia al monastero, con protagonista Kai, i Neoborg ed infine un personaggio totalmente inventato da me ^_^ spero che comunque vogliate continuare a seguirmi in questa avventura.
Non mi resta che augurarvi buona lettura,
ci “vediamo” nelle note finali del capitolo!
 




Capitolo 2
 
 
Quella notte non era riuscito a chiudere occhio, pensando e ripensando alla lettera ricevuta direttamente dal Presidente Daitenji. Era rimasto fino a sera inoltrata, girando e rigirando il biglietto aereo che gli aveva addirittura procurato l’ometto. Insomma, faceva le cose sul serio! Ma in fondo ne era felice ed incredibilmente soddisfatto, perché voleva dire che, in quegli anni, era riuscito a tirare dalla parte giusta le redini di quel vecchio e maledetto monastero.
Dopo la morte di suo nonno avrebbe volentieri voluto chiudere con tutto quel passato, addirittura pensando di buttarlo giù una volta per tutte e continuare a vivere nella grande villa di famiglia in Giappone, accanto ai suoi vecchi amici. Invece era stato proprio il presidente della BBA ad infondergli il coraggio necessario per iniziare quella che lui oramai chiamava avventura, dandogli quella stessa speranza che adesso lui stesso aveva donato ad altrettanti ragazzi. Ed era soddisfatto dell’esito che aveva avuto.
Certo, all’inizio non era stato per niente facile, ma l’aiuto dei suoi compagni al monastero si era ritenuto un valido supporto.
Si era ritrovato capo della Hiwatari Enterprise, intestatario di una villa e di tutto il capitale del nonno. Non per volontà di Soichiro, quello lo capiva bene, ma essendo l’unico discendente a qualcosa era servito. In tutti quegli anni aveva sempre cercato di remargli contro, di contestare ogni minima cosa suo nonno gli imponesse di fare pur di non ricadergli vittima, ed invece era stato costretto a calcare le orme del nonno per dinastia.
Ricordava ancora quel giorno, quando apprese la notizia. Il suo mondo era crollato, il suo futuro era incerto e la sua maschera di freddezza, quella che lo aveva sempre contraddistinto, era notevolmente vacillata.
A dispetto del suo carattere chiuso ed il suo modo di risolvere sempre le proprie faccende da solo, era riuscito a capire che non avrebbe potuto affrontare tutto quello da solo. Quindi chi, se non l’uomo che, volente e nolente, aveva fatto da nonno a tutti loro membri della BBA?
Si era recato dal presidente e si era sfogato di tutto. Tutte le sue paure, tutti i suoi timori e le insicurezze, ascoltate dall’anziano senza battere ciglio. Senza giudicare, senza controbattere, solamente assimilando le informazioni e sorridendo amabilmente com’era solito fare.
Se ora Kai Hiwatari camminava sulle sue gambe in quel roseo futuro era solo merito del loro vecchio allenatore, quindi come poteva rifiutare un’offerta che, sicuramente, avrebbe favoreggiato anche lui?
Erano solo i dettagli di quell’offerta che non gli tornavano. Era per quello che aveva acconsentito a partire e di parlare a quattr’occhi con l’uomo. E sapeva per certo che, invitandolo in Giappone e non andando direttamente lui stesso in Russia, aveva dato a Kai un modo per ricalcare un’adolescenza che ancora non era stato in grado di lasciarsi alle spalle.
E come poteva…
Takao, Max, Rei, il Prof K, Daichi e sì, anche Hilary, gli avevano insegnato le mille sfaccettature dietro la parola amore. Sì, grazie a loro Kai Hiwatari aveva imparato ad amare molte cose.
I suoi amici. Il beyblade. Il suo Dranzer, la sua Aquila Rossa e la vita, nonostante continuasse a tenere alto il suo carattere solitario.
Però poteva dire di non essere solo.
 
Prima del sorgere del sole, quando oramai era chiaro che non avrebbe più avuto modo di riposare, decise definitivamente di alzarsi dal letto e di prepararsi per riuscire ad arrivare in tempo all’aeroporto. Aveva deciso di non perdere tempo e partire il prima possibile, in modo da non tormentarsi come aveva fatto quella stessa notte.
Si fece una doccia veloce ed indossò la tenuta che oramai, come uomo d’affari, era solito tenere. Il pantalone classico nero gli cadeva a pennello sopra il paio di stivaletti che aveva indossato per far fronte al freddo, mentre la camicia bianca gli dava un’aria più adulta e strettamente professionale.
Prese poi solamente il caldo cappotto ed il bagaglio a mano, dove aveva messo lo stretto indispensabile. Non era intenzionato a rimanere a lungo lontano dalla Russia oramai.
Con passo deciso percorse i corridoi, a quell’ora deserti, diretto al suo ufficio in uno dei piani più alti. Si chiuse la porta alle spalle e si sedette alla scrivania dove la sera prima aveva passato più tempo del solito. Gli sembrava come se quella notte non fosse per nulla trascorsa, e si era fermato di nuovo ad osservare la candida lettera che aveva abbandonato li non molte ore prima.
Con un sospiro spostò l’attenzione sul cordless, affrettandosi a digitare un numero che oramai sapeva a memoria. Voltò la sedia girevole verso la finestra e, mentre gli squilli rompevano il silenzio di quella stanza, si perse ad osservare i fiocchi di neve scendere a terra, illuminati solamente dalle luci dei lampioni.
« Pronto? »
Una voce impastata dal sonno rispose dopo alcuni secondi dall’altro capo del telefono, riuscendo anche ad essere pungente come il ghiaccio di cui era il custode.
« Yuri, vieni subito nel mio ufficio. »
Kai dal canto suo non aveva voglia di perdersi in rigiri di parole e fu più telegrafico possibile. Alle sue parole seguitarono altri istanti di gelo totale, fino a che il ragazzo dall’altra parte non sospirò sommessamente.
Probabilmente aveva appena visto l’ora.
« Arrivo. »
Dal momento il cui chiuse la chiamata a quello in cui entrò nella stanza, vestito da una vecchia tuta felpata che probabilmente usava per dormire, non passarono che una manciata di minuti. Probabilmente aveva corso, un po’ per la preoccupazione di sapere cosa fosse successo di così urgente per essere stato svegliato a quell’ora ed un po’ per liquidare in fretta la questione e tornare a dormire, ma Yuri Ivanof era eretto e fiero e dava le spalle alla porta senza mostrare il minimo accenno di affanno.
« Dove stai andando? » Chiese così il rosso, capendo immediatamente il nocciolo della questione.
« Ho da sbrigare alcuni affari in Giappone con il presidente Daitenji. Nella lettera c’è scritto tutto. Credo di accettare, ma ho bisogno di parlare direttamente con lui. » Kai gli era arrivato di fronte ed adesso riusciva a guardarlo direttamente negli occhi color del ghiaccio, gli stessi che un tempo incutevano ai suoi avversari una spiccata dose di paura.
Il blader dal canto suo si spostò leggermente dalla porta, dando modo all’altro di poterla aprire.
« Ci penserò io a sostituirti, se è questo che volevi chiedermi. » Disse infine, catturando con lo sguardo un particolare che non era sfuggito alla sua rapida inquisizione, riuscendo addirittura a farlo sorridere.
Kai non disse nulla, nonostante si fosse accorto di ciò che aveva attirato la sua attenzione. Non c’erano bisogno delle parole, lui aveva già capito tutto. Con lui, a volte, bastava una semplice occhiata. Ed era buffo, perché era stata proprio quella stramba intesa a farli arrivare così vicini al titolo mondiale nel vecchio campionato. Ed era sempre stato convinto di non avere affinità così strette con nessuno, nemmeno coi suoi vecchi compagni di squadra. Eppure si era dovuto ricredere. Ma non immaginava quanti dolori e vecchi ricordi accomunavano così tanto due cuori imprigionati in un ghiaccio che, pian piano e col dovuto tempo, forse si sarebbe sciolto.
« Buon viaggio. » Commentò solamente Yuri, prima che Kai lasciasse la stanza con un cenno del capo, come a volergli far intendere che aveva recepito il messaggio. Fu solo quando sentì i passi di Hiwatari oramai in lontananza che si decise a raggiungere il punto che, oramai da qualche minuto, fissava con interesse.
« Il cuore ci riporta sempre sui nostri passi. » Sospirò, sorridendo a fiori di labbra, mentre i meravigliosi occhi azzurri osservavano un piedistallo vuoto all’interno della vetrina, dove fino al giorno prima troneggiava Dranzer.
Fine capitolo 2
 
 
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Colei che scrive:
Ma ben trovati nelle mie note finali di rito. Come ho detto in quelle iniziali, questa storia prenderà una diramazione ben diversa dall’idea primordiale che avevo in mente. Ovviamente siamo solo all’inizio e pian piano verrà spiegato il perché di questa partenza e vedremo i nostri vecchi protagonisti come…diciamo special guest, perché poi la storia vera e propria sarà incentrata in Russia.
Inoltre, nei vari capitoli, si vedranno alcuni squarci di passato e che riveleranno pian piano il segreto della nostra protagonista. Il grande segreto che girerà su di lei: la sua identità ehehe
Vi ho un po’ incuriosito? Ditemi di si *-* xD
Bene, a parte questo, ringrazio già da ora chi vorrà seguirmi in questa nuova “pazzia” :D mi era mancato questo fandom, come i personaggi a cui è legata una parte di infanzia/adolescenza (in fondo avevo 14 anni xD) e che non sono pronta a lasciar andare U.U
Un grazie anche alle mie commentatrici (userò questa parola per non chiamarvi recensori al maschile xD devo ancora trovare il femminile per quella parola…umh….) che avete apprezzato il primo capitolo <3
Ammetto che questo capitolo è stato un po’ troppo introspettivo (e veramente molto corto T.T), ma credo che per capire tutto l'abisso temporale dei protagonisti tra la fine della terza serie a questa storia sia un po' necessario. :D Vi prometto che dal prossimo i capitoli saranno più lunghi, anche se non sono famosa per quelli chilometrici xD 
Infine chiedo venia per gli eventuali errori/orrori, ortografici e non, che probabilmente ci saranno nel capitolo. Mi sono ritrovata costretta a scrivere e correggere a quest’ora improbabile della notte (come probabilmente mi toccherà fare da qui in avanti con gli aggiornamenti xD 12 ore sono troppo poche per tutte le cose che ci sono da fare, per fortuna che impegno una buona parte delle altre 12 xD riducendo il mio sonno a quasi nullo, ma sono dettagli! xD)
Un bacione a tutti
Alla prossima

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


 
“Oh, eccoti qua Hiwatari.”
Una bambina di circa sei anni avanzava nel buio di un lungo corridoio, illuminato solamente dalle fiaccole accese lungo le pareti, dopo aver scorto la persona che stava cercando.
Lo trovò dentro una piccola cella umida, seduto su un materasso usurato dal tempo a fissare con rabbia le sbarre serrate di fronte a sé. Erano coetanei, molto simili di statura, ma tutt’altro che uguale era l’espressione sui loro volti. Quella di lui era sofferente, nonostante la mascella serrata dall’irritazione di trovarsi in quel posto solo per aver disobbedito ad un ordine impartito dai suoi superiori.
Lei invece se ne stava in piedi di fronte alle sbarre della sua cella, con la sua tunica candida perfettamente lisciata e l’espressione incredibilmente soddisfatta. In mano aveva un piccolo involucro, che sembrava proprio qualcosa di commestibile.
« Hey, non puoi stare qua. È vietato l’accesso a… » Ma la guardia di turno dovette interrompere la frase quando lei si voltò a guardarlo, notoriamente divertita.
« Non a me. Ho bisogno di parlare con lui. » E voltò leggermente il capo in direzione del bambino, che nel frattempo si era alzato con i pugni serrati. « Quindi puoi tornare al tuo posto, non c’è nulla da temere. » Finì, assottigliando lo sguardo, lasciando che l’uomo le voltasse le spalle e sparisse nella direzione opposta alla sua.
« Quindi che cosa vuoi? »
Dopo alcuni secondi di silenzio, a prendere parola fu proprio il chiamato in causa all’interno della cella, che aveva raggiunto le sbarre e le aveva afferrate con foga, fino ad appoggiare il volto livido di rabbia in uno degli spazi in mezzo alle inferriate.
« Da quanto è che non mangi, Kai? » Chiese lei, facendosi in un attimo seria.
Gli occhi ametista di lui guizzarono immediatamente al pacchetto che lei teneva con noncuranza in mano, meravigliandosi che qualcuno le avesse chiesto di portargli qualcosa da mettere finalmente nello stomaco.
Tuttavia non rispose, perché non voleva farsi vedere debole. Non da lei! La guardò dritta negli occhi con uno sguardo truce, serrando di nuovo la mascella per costringersi a non aprir bocca.
« Immaginavo. » Sospirò lei, iniziando a scartare l’involucro tanto desiderato dal bambino, che la osservava con occhi pieni di aspettative.
Aspettative che crollarono in men che non si dica, perché l’espressione di lei si fece sadica mentre portava direttamente alle labbra il panino dall’aria succulenta che teneva stretto tra le mani.
Iniziò a mangiare sfacciatamente e con noncuranza, a così pochi passi di distanza da Kai che, se avesse potuto, glielo avrebbe volentieri strappato dalle mani.
Ma non poteva, quelle sbarre non gli permettevano di avanzare anche solo di un passo verso quel diavolo e sentì solamente il suo stomaco brontolare all’inverosimile.
Spostò lo sguardo furente da lei, dandole finalmente le spalle, e raggiunse di nuovo il materasso dove da alcuni giorni era costretto a dormire. Ma lei aveva deciso di continuare quella psicologica battaglia, che sapeva di per certo di aver già vinto, e quando finalmente ingoiò l’ultimo boccone, dando l’ultima occhiata alle spalle del bambino, sparì nel buio del corridoio portandosi dietro la sua odiosa risata.

 
                                                                                                            °°°°
 
 
 
 Kai aprì gli occhi di scatto, trovandosi seduto sul sedile dell’aereo in cui si era imbarcato non molte ore prima, col fiato corto ed il cuore che batteva fino all’inverosimile. La sua mente lo aveva tradito con i ricordi di un passato che credeva di aver finalmente dimenticato dopo la prima sconfitta di Vorkov e suo nonno al primo campionato del mondo di Beyblade. Erano anni che non ripensava alla sua infanzia dolorosa, quindi perché doveva aver sognato quella scena proprio quando finalmente riusciva a rilassarsi un po’? Che avesse influito la notte insonne ed i pensieri che lo avevano “torturato” per tutte quelle ore?
In ogni caso non c’era una scusa plausibile per dover rivivere tutto quello, perché i brividi che sentiva nonostante il riscaldamento tiepido e le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte sotto i ciuffi argentei della sua frangia erano veri, a ricordargli che ciò che aveva appena rivissuto era avvenuto davvero, molti anni prima.
“Maledizione!” Pensò, digrignando in denti in una smorfia e spostando l’attenzione vero il panorama al di fuori dell’oblò, cercando di rilassarsi. Osservare le candide nuvole sotto di lui riuscì a calmare il suo cuore e permettergli di riprendere un battito normale. In più si era svegliato con la stessa sensazione di fame del sogno e non era per niente piacevole. Decise quindi di prendere qualcosa da mangiare, visto che poteva permetterselo, a differenza di un tempo.
Mangiò con gusto e quando si sentì abbastanza sazio appoggiò il gomito sul bracciolo del sedile e si perse di nuovo ad osservare il paesaggio sottostante, aspettando il sospirato atterraggio senza azzardarsi a richiudere gli occhi.
 
Quando riuscì ad arrivare a destinazione si fece largo tra il via vai di persone che c’erano all’interno dell’aeroporto di Tokyo, per riuscire ad uscire finalmente all’aria aperta. Da quel lato non era affatto cambiato, non amava rimanere a lungo in luoghi troppo affollati. Era un amante della pace e della solitudine ed il troppo cicaleccio non lo faceva ragionare come avrebbe dovuto, soprattutto se era stata una nottata ed una mattinata incredibilmente agitata.
Raggiunse tranquillamente uno spazio appartato nel parcheggio, assaporando così l’aria tiepida che gli scompigliava i capelli. Solo in quel momento riuscì a chiudere gli occhi ed alzare la testa verso il cielo, così da riuscire a liberate la mente da tutta la stanchezza accumulata in quelle ore. Decisamente il clima in Giappone era meno rigido che nel paese da cui proveniva.
« Signorino Hiwatari. »
La voce tranquilla di un uomo a poca distanza da lui lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a riaprire gli occhi e spostare lo sguardo su colui che lo aveva chiamato. Riconobbe così il suo maggiordomo, che aveva diligentemente informato della sua partenza prima dell’imbarco. E lui era lì, ad aspettarlo chissà da quanto tempo, con il suo immancabile smoking nero e gli occhialetti calati sul naso. Nonostante fossero passati quasi quattro anni dalla sua ultima visita in quella città, almeno lui non era cambiato per niente. Manteneva sempre il suo aspetto vigile e tirato, anche se il suo volto faceva trasparire tutta la sua reale età.
« Arrivo. » Gli riferì solamente Kai, riprendendo il bagaglio che aveva abbandonato sul marciapiede ed il giaccone pesante, rimasto piegato sulla borsa.
Una volta arrivati al veicolo, sempre lo stesso da non ricordava quanti anni, decise di sedersi nel sedile posteriore, com’era solito fare quando non voleva essere disturbato. Non amava sedere nel posto del passeggero, accanto all’autista, erano state molto rare le volte in cui lo aveva fatto. Riusciva a godersi a pieno il percorso solo in quel modo, soprattutto perché non aveva mai avuto qualcuno seduto accanto a lui. Gli unici viaggi in compagnia erano stati quelli con la sua vecchia squadra, ma anche in quelle volte lui sedeva sempre il più lontano da tutti. Era fatto così. C’erano cose che nemmeno il tempo avrebbe cambiato.
Ma quella volta, a dispetto di tutte le altre, il suo volto era rilassato.
« Ha fatto buon viaggio signorino? » Si azzardò a chiedere però l’uomo, iniziando così una qualsiasi conversazione, pur di rompere il glaciale silenzio che si era creato all’interno dell’abitacolo. Aveva anche spostato lo sguardo sullo specchietto retrovisore, cercando di riuscire ad avere la sua attenzione e capire quali sentimenti infuriavano all’interno di quel ragazzo.
Ma stranamente Kai stava sorridendo.
« Abbastanza. » Rispose però, facendo spallucce e meravigliando non poco l’altro per aver addirittura ricambiando il suo sguardo nel riflesso. Di solito si limitava a rispondere senza spostarlo minimamente dal paesaggio circostante.
Appena parcheggiata la macchina nel posteggio adibito a quelle di servizio, il ragazzo non aspettò assolutamente che gli aprisse lo sportello. Prese la sua borsa e si diresse verso il grande portone della villa, seguito come un’ombra dall’altro, che aspettava qualche sua richiesta particolare.
« Più tardi mi servirà l’auto, ho da sbrigare alcuni affari in centro. » Commentò invece, una volta entrato nell’uscio. Rimase di spalle ad osservare di fronte a sé, mentre con gli occhi cercava di scorgere qualsiasi cosa che fosse stato cambiato o spostato, ma tutto era rimasto incredibilmente intatto. Persino il ritratto di suo nonno, che faceva sfoggio di sé accanto alla rampa di scale, e che si era messo ad osservare con la mascella serrata. Nonostante tutto, il suo ricordo non sarebbe mai morto. Prima o poi, si disse, gli avrebbe trovato un posto decisamente migliore per i suoi gusti.
« Come vuole. » Asserì il dipendente, rimanendo di spalle alla porta. Si era fissato ad osservare l’andatura tranquilla del suo superiore con velata tristezza. L’andatura ed il portamento, come l’elegante accostamento di vestiti che aveva deciso di indossare, era quello di un ragazzo oramai cresciuto e con una grande responsabilità sulle spalle. Era oramai in quella casa da prima della sua nascita. Lo aveva visto crescere e formare il suo carattere, con tutte le sue sfaccettature. Lo aveva visto ardere di rabbia, corrodersi dai desideri di vendetta, ma lo aveva colto anche in momenti di tristezza, nonostante preferiva chiudersi nella sua camera quando veniva colto da quei sentimenti. Lo aveva visto tornare a casa coperto di sangue, che lui stesso aveva provveduto a togliere dai vestiti, solo perché il ragazzo era troppo orgoglioso per permettergli di curargli le ferite. Lo aveva visto scappare di casa e tornare dopo giorni, così come aveva assistito ai tanti litigi ed incomprensioni con un nonno sempre assente ed un padre che mai si era fatti avanti per portarlo con sé. Ed era stato lui stesso, con la stessa macchina con cui era andato a riprenderselo all’aeroporto, a trascinarlo al college scelto da suo nonno per cercare di fargli avere un’adeguata istruzione. College che lui non aveva mai portato a termine…
Eh sì, dovette ammettere che, in fondo, gli aveva fatto un po’ da padre.
« Masami? » La voce di Kai però lo fece tornare coi piedi per terra e quando si accorse che lui era in cima alla rampa di scale, con lo sguardo interrogativo per la sua aria assorta e le braccia incrociate, mandò giù una copiosa quantità di saliva. Pensava che volesse rimproverarlo per qualche assurda mancanza, per quello assunse un’aria abbattuta e congiunse le mani pronto a scusarsi.
« Mi dica signorino Hiwatari. » Parlò con voce titubante e questo fece alzare gli occhi al cielo al ragazzo.
« Ti ho sempre detto di chiamarmi Kai. » Puntualizzò sospirando il blader. « È rimasto tutto come l’ho lasciato? » Chiese poi, facendosi serio e trapassando con lo sguardo l’uomo, che rabbrividì non poco per quella sua autorevolezza.
« Ogni cosa a suo posto. » Confermò infine, riuscendo a tranquillizzarsi un po’ per aver scorto un piccolo sorriso sulle labbra dell’altro, prima che gli desse di nuovo le spalle e sparisse dalla sua vista.


                                                                                                             
                                                                                                        °°°°°°



Kai rimase così a fissare la porta chiusa della sua camera, titubante. Da quanto non entrava lì dentro? Forse quattro anni? E se nulla era stato intaccato, se non rigorosamente pulito, probabilmente una volta entrato in quella grande stanza sarebbe stato come se il tempo non fosse per nulla trascorso. Una volta varcata la soglia si sarebbe ritrovato sedicenne, a spasso nei ricordi.
Prese una copiosa boccata d’aria e fece il grande passo. In fondo non aveva acconsentito a tornare momentaneamente sui suoi passi? Non era quindi pronto a rincontrare i suoi vecchi amici, accogliendo così tutte le emozioni che comportava stare in loro compagnia?
Una volta entrato rimase impalato sull’uscio ed in un primo momento si perse a scorrere gli occhi su tutto ciò che lo circondava. Il letto ad una piazza e mezzo perfettamente rifatto, il tappeto che copriva buona parte delle mattonelle perfettamente lisciato, la scrivania libera e tutti i mobili e librerie in ordine.
E fu così che trascorse il tempo che lo divideva dai suoi doveri: a riperdersi nei ricordi che le foto allineate sulle mensole gli avevano rimandato alla mente.
Era per quello che non aveva avuto il coraggio di portarsele dietro. La nostalgia che gli scaturivano nel cuore lo fecero addirittura sorridere nella semioscurità della stanza.
A ricordargli la quantità di tempo trascorsa chiuso nella sua vecchia stanza ci pensò la sveglia del suo telefono, che segnava l’imminente appuntamento che aveva accordato con il presidente la sera prima, appena presa la decisione di imbarcarsi. Probabilmente sarebbe tornato in quella stanza per la notte, ma non ne era estremamente sicuro.
In ogni caso, con un sospiro, si decise a passare di fronte allo specchio e ravvivarsi un po’ i capelli con la mano, in modo da rialzare i ciuffi argentei che gli si erano riabbassati lungo il volto. Si perse anche ad osservare la sua figura riflessa nello specchio affisso alla parete, così diversa dall’ultima volta in cui ci si era specchiato. Oramai erano anni che non dipingeva le sue amate strisce blu sulle guance, che gli davano un’aria quasi solenne, e che non indossava la sua vecchia giacchetta di pelle. Con l’orecchino sull’orecchio sinistro, che aveva deciso definitivamente di tenere dopo anni a fare leva e metti*, erano i suoi marchi di riconoscimento. Chiunque pensasse a Kai Hiwatari non poteva che rimandare il proprio pensiero ad una di queste cose, che però era riuscito a lasciare alle spalle per un aspetto più adulto.
Tuttavia c’era una cosa che gli era incredibilmente mancata.
Aprì le ante del suo vecchio armadio, scorrendo con gli occhi le poche cose che si era convinto a lasciare in Giappone. Ed era lì, a ciondoloni su una stampella vuota, perfettamente pulita, profumata e stirata.
Aveva preso la decisione di lasciarla in quella camera, dove aveva rinchiuso la sua vecchia vita ed i suoi vecchi ricordi, ma in quel momento, pronto a ricalcare quegli stessi ricordi, sentiva il bisogno di portarsi dietro un pezzo del sé stesso sedicenne.
Fu così che uscì dalla stanza a passo svelto, facendo frusciare dietro la schiena i lunghi fascioni della sua amata sciarpa bianca.
Fine capitolo 3
 
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Colei che scrive:
Eccomi qua a postare questo terzo capitolo in tempo record eheh Non volevo perdere l’ispirazione, nonostante avessi perso buona parte del capitolo già scritto ieri mattina T.T Ho cercato di ricordare tutte le esatte parole che avevo scritto in precedenza ma è stato difficilissimo! Ho tirato giù anche…va beh, andiamo oltre U.U xD
Questo capitolo è l’ultimo così colmo di introspezione, ve lo giuro! Nel prossimo appariranno i nostri Bladebreakers U.U ed inizierà la vera avventura. Ho però voluto scrivere questo capitolo di transizione per descrivere un po’ le sensazioni di Kai nel tornare in un passato che pensava oramai “perduto”. Insomma, si ritrova a capo di un’organizzazione importante in un batter d’occhio, coi suoi doveri e ciò che questo consegue, appena ventenne ed in un soffio di vento si ritrova catapultato di nuovo nella sua vecchia vita (anche se per un breve lasso di tempo.) Mi ci sono immedesimata un po’. Tornare nella propria vecchia camera dopo anni, dove aveva lasciato tutte le foto ed i ricordi. Penso che anche il freddo Kai Hiwatari possa sciogliersi, no? :P
Bene, a parte questo, come il solito il capitolo sarà pieno di errori, quindi chiedo perdono!
Passo quindi a ringraziare Pich Shrooms e Pinca per le recensioni <3 e tutte le persone che la stanno seguendo in silenzio :3
Un bacione a tutti
Alla prossima

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


 
 
Quando fu l’ora prestabilita, Kai salì in macchina e si diresse a passo spedito verso la sede della BBA.
Non abitava in centro, quindi passarono diversi minuti prima che riuscì a parcheggiare indisturbato non molto lontano dall’entrata. Ma in fondo a lui non interessava arrivare il più vicino possibile e decise di farsi un pezzo di strada a piedi, in modo da riordinare le idee e pensare a quello che doveva aspettarsi da quella conversazione oramai prossima con il presidente Daitenji. Inoltre non aveva ancora avvertito nessuno dei suoi vecchi amici ed un piccolo sorrisetto rassegnato gli segnò il volto, mentre frugava nelle tasche del pantalone alla ricerca delle sigarette.
Aveva iniziato a fumare in Russia, in seguito alla morte del nonno. Lo rilassava, nonostante non gli fosse mai passato per la testa di farlo prima. Da quando aveva serrato Dranzer in vetrina non aveva più avuto modo di svagarsi in altre maniere, e lo aveva trovato così, rifugiandosi al freddo del terrazzo più alto della struttura, in perfetta solitudine, a riordinare le idee riempiendo i polmoni. A volte c’era Yuri a fargli compagnia, anche se non era una persona dalle tante parole. Se ne stavano in silenzio, ad osservare malinconicamente l’orizzonte, sicuri che quel momento valesse più di altri tipi di confessioni. D'altronde Ivanov gli era sempre stato grato per l’impresa effettuata anni prima, sconfiggendo Brooklyn e Vorkov stesso, distruggendo tutta l’associazione B.E.G.A e riscattando la sua stessa sconfitta. Al russo bruciava ancora quella lunga sosta in ospedale privo di sensi. E poi, da quando Hiwatari Junior aveva preso in mano le redini del nonno, per lui ed i suoi compagni era iniziata una vita del tutto diversa. Non erano più schiavi, non erano più pedine al servizio di persone subdole e non c’erano più punizioni macabre ad ogni sbaglio. Certo, gli sbagli capitavano a volte, e seguivano diverse discussioni ben colorite, ma mai nessuno aveva osato alzare ancora le mani su di loro.
Yuri, Boris, Sergei ed anche Ivan erano liberi di scegliere la loro vita, ma avevano deciso di restare al suo fianco.
Ed era stato proprio ripensando ai suoi compagni russi che Kai era arrivato davanti alle porte scorrevoli della sede della BBA, dove c’era un via vai di dipendenti e ragazzini intenti a raggiungere la palestra di allenamento, nonostante l’ora.
E così si ritrovò a sorridere di nuovo, ripensando ai vecchi tempi. Non poté negare di aver provato un senso di nostalgia oltrepassando la soglia, anche perché nulla dell’arredo era stato cambiato. Ogni cosa appariva esattamente uguale ai suoi ricordi, e di nuovo gli sembrava di essere tornato il ragazzino autoritario sempre in cerca di nuove sfide.
Continuava a guardarsi attorno, come se vedesse quel posto per la prima volta, attirando su di sé l’attenzione di una segretaria, che lo osservava ammaliata ed interrogativa allo stesso tempo. Almeno fino a che non lo riconobbe.
« Kai? Kai Hiwatari? » Richiamò infatti quella la sua attenzione, fino a ritrovarsi addosso lo sguardo ametista del ragazzo.
« Sì. » Rispose lui, alzando un sopracciglio ed avvicinandosi al bancone, ritrovando nel viso della donna un volto conosciuto.
Nemmeno i dipendenti erano cambiati a quanto pareva, nonostante si notasse l’avanzare del tempo su di loro. Non ricordava il nome di ognuno, come quello di lei, quindi si limitò ad attendere che fosse lei a riprendere parola.
« Se non sbaglio ha un appuntamento col presidente. Venga, la sta aspettando. » Gli accennò un sorriso cordiale e si apprestò a lasciare la sua postazione. Iniziò a seguirla solamente per rispondere alla cordialità. In fondo sapeva benissimo dove fosse lo studio del presidente…In più non gli passò inosservato il fatto che gli avesse parlato con notevole reverenza. Non ci era abituato. Era stato ben categorico in questo. Lui era per tutti Kai e così era sempre stato.
Per fortuna la donna ebbe l’accortezza di lasciarlo solo una volta accompagnato di fronte alla porta, che attese un bel po’ di tempo prima di aprire. Era rimasto con l’orecchio teso per captare le voci che sentiva provenire dall’interno, chiaro segno che in quella stanza non ci fosse solamente l’anziano. In più, erano voci strettamente conosciute.
Con un sospiro ed un sorriso oramai rassegnato si decise ad entrare, riprendendo la sua normale camminata a testa alta. Dovette però bloccarsi sull’uscio, con le spalle rivolte alla porta per osservare la scena che aveva di fronte.
« Sempre allo scoccare del tempo. Sempre oscillante tra il perfettamente in orario ed il ritardo. Non sei cambiato di una virgola! » A pronunciare quelle parole era stato Takao, che se ne stava a pochi passi di distanza da lui, con le braccia conserte e l’aria furbastra di sempre. Era cresciuto dall’ultima volta che lo aveva visto, ed il fisico di bambino aveva lasciato spazio a quello di un ragazzo di diciannove anni. Si vedeva che, per fortuna di tutti i presenti, non aveva battuto la fiacca ed era rimasto sempre in costante allenamento. L’unica cosa che non era cambiata, oltre l’espressione e la lunghezza dei capelli, era l’inconfondibile cappellino che portava sempre in testa in qualsiasi occasione.
Kai non poté che ridacchiare soddisfatto, socchiudendo gli occhi com’era solito fare.
« Secondo me è cambiato eccome. Non vedete che è vestito come un damerino? » E questo fu Daichi, che richiamò su di sé tutte le occhiatacce dei presenti, compreso quello del chiamato in causa. Ma anche lui non era affatto cambiato caratterialmente. Era il solito sfacciatissimo ragazzino, adesso appena quindicenne. Non indossava più i suoi stracci, visto che era rimasto con indosso la divisa scolastica della sua scuola, ma i capelli rossi erano sempre e costantemente spettinati mentre l’espressione degli occhi vispi era sempre rimasta la stessa.
« Modera le parole screanzato! » A cercare di riprendere in mano la situazione ci provò Hilary, tirando il ragazzino per un orecchio. « Che modi sono di salutare un vecchio amico? E poi non dimenticare che Kai è un imprenditore adesso, quindi è del tutto normale che si vesta così. » Sentenziò velenosa direttamente nell’orecchio del più piccolo, che non si scompose nemmeno per un secondo. Anzi, rimase a guardare Hiwatari con la bocca spalancata ed espressione da pesce lesso. Lei invece accennò un meraviglioso sorriso in direzione del nuovo arrivato, spostando leggermente di lato la testa e facendo oscillare dietro la schiena gli oramai lunghi capelli castani. Aveva deciso di farli allungare e si era lasciata alle spalle l’immagine della ragazzina che era ai tempi dell’ultimo campionato mondiale. All’età di diciannove anni era diventata più alta ed ogni sua curva era andata definitivamente al suo posto.
« Ha ragione my friend, ti pare il modo di salutare Kai? » Max dovette dare manforte alla ramanzina della ragazza, ridacchiando divertito. In fondo la troppa sincerità di Daichi lo divertiva. Non aveva mai avuto peli sulla lingua quel ragazzino. Ed in più, da quando era stato adottato dalla famiglia Kinomiya, aveva visto tante di quelle scene divertenti da fargli salire le lacrime agli occhi per le troppe risate.
Anche lui era diventato più adulto. Il suo viso paffuto era solo un ricordo ed in più era diventato alto quando Takao, nonostante non ci fossero mai stati troppi centimetri a differenza tra i due. I biondi capelli erano rimasti sempre della solita lunghezza e la frangia gli ricadeva sui profondi occhi azzurri che lo avevano sempre contraddistinto. L’unica cosa del Max ragazzino che era rimasta nella sua immagine erano le lentiggini, che gli davano un’aria quasi sbarazzina.
« Non è neanche entrato che lo avete subito ammutolito! » Questa volta a parlare fu Rei, che si fece spazio tra gli amici, ridacchiando incredibilmente divertito da tutta quella scena. Voltò poi gli occhi color dell’ambra sull’amico appena ritrovato, strappandogli un piccolo sorriso. Avevano la stessa età oramai ed anche lui si era scrollato di dosso la vecchia immagine del ragazzo sedicenne di un tempo. I suoi vestiti cinesi avevano lasciato spazio ad un abbigliamento più occidentale, con una t-shirt a manica corta infilata dentro un paio di jeans chiari. Era forse la prima volta che lo vedeva vestito “normale” e quasi aveva stentato a riconoscerlo, se non fosse stato per i lunghi capelli pettinati alla solita maniera e gli occhi color del miele sempre vispi e luminosi.
« Ma ragazzi, lasciatelo respirare! » Sbuffò invece il professor Kappa, seduto ad una delle sedie della scrivania ed il suo cambiamento fu quello che meravigliò Kai più di tutti.
Non seppe dire quanto si fosse alzato, vista la posizione, ma i ciuffi della frangia erano stati tagliati e si potevano notare perfettamente i suoi occhi dietro un paio di occhialetti tondi. Inoltre, i lineamenti più adulti gli davano un’aria così professionale che veramente il soprannome di “professore” gli calzava a pennello.
Quello che attirò non poco l’attenzione del russo però, fu un’altra presenza femminile all’interno della stanza e che fu del tutto sicuro di non aver mai visto prima. Era seduta accanto al presidente Daitenji e ridacchiava come lui per tutta la scena paradossale che si era venuta a creare all’interno della stanza. Continuò ad osservarla, perché era assolutamente certo di non ricordarla come collaboratrice della BBA o qualunque cosa svolgesse nell’edificio. Aveva dei lunghi capelli neri legati in una treccia laterale e gli occhi grigi erano adesso puntati direttamente su di lui, così sfacciatamente da farlo quasi stizzire.
« Allora Kai? Sempre di molte parole eh? Non vieni a salutare i tuoi amici? » Riprese parola Takao, allargando le braccia e sperando in un caloroso abbraccio dal compagno, che ovviamente non ricambiò. Non era mai stato un tipo dai modi affettuosi, ma comunque, dopo aver spostato lo sguardo da quella strana ragazza, raggiunse con un sorriso i suoi amici al centro della stanza. In fondo, anche se non si aspettava di vederli tutti lì riuniti nello studio del presidente Daitenji, era stato davvero felice di rivederli di nuovo tutti insieme. Non si aspettava certo che Rei tornasse dalla Cina solo per lui, o Max dagli Stati Uniti se fosse tornato da sua madre dopo la sfida Justice 5. Insomma, avevano tutti continuato a svolgere le loro vite lontano dalla vecchia squadra, ma era felice che si riunisse ogni volta che se ne presentava l’occasione, anche senza un motivo importante come quello. D'altronde doveva solamente conferire con l’anziano, e solo in seguito sarebbe andato a trovare Kinomiya, ma era chiaro che i suoi amici erano in grado di prevedere tutte le sue mosse cogliendolo sempre di sorpresa.
« Ciao ragazzi, è un piacere vedere che non siete minimamente cambiati. » Ridacchiò divertito, facendo scoppiare a ridere a sua volta tutti gli altri.
« Anche tu, anche se devo dare ragione a Daichi. Stento a riconoscerti conciato così! » Lo sbeffeggiò Takao, facendogli storcere il naso con una smorfia. E pensare che si era attirato addosso tutti gli sguardi compiaciuti del genere femminile, sia in aeroporto che sopra l’aereo stesso. Anche le hostess avevano iniziato a fargli favoritismi, da lui bellamente snobbati per giunta.
« Hey, quando lo dico io vengo sempre messo a tacere, non vale! » S’ingrugnì Daichi, facendo scoppiare a ridere tutti di nuovo.
« Però adesso hai un impegno col presidente, quindi non vogliamo trattenerti oltre. Quando avrai fatto potrai raggiungerci nello stadio… » Continuò il campione del mondo con un sorrisetto complice, facendogli intendere le sue intenzioni, ovviamente ricambiate. Kai non vedeva l’ora di lanciare di nuovo Dranzer.
« Sarà fatto. » Concluse il russo, osservando i suoi amici uscire dalla stanza uno alla volta, lasciandolo definitivamente solo con gli altri due inquilini.
« So che sei impaziente di batterti con lui Kai, quindi ti prometto che sarò breve. » Rise Daintenji dopo alcuni secondi di silenzio, nei quali il russo raggiunse la sedia dove prima era seduto il professor Kappa, esattamente di fronte all’uomo ed alla ragazza.
« Si prenda pure tutto il tempo che le serve, tanto Takao mi aspetterebbe anche fino a notte fonda. » Fece spallucce, alzando gli occhi in quelli dell’uomo, in attesa che iniziasse di nuovo a parlare.
In verità era ansioso di lasciarsi quella conversazione alle spalle e filare spedito nello stadio per battersi con l’amico/rivale di sempre. Era stato uno dei motivi che lo avevano spinto ad imbarcarsi sul primo aereo per Tokyo, oltre che quella strana conferenza.
« Bene. » Daitenji prese un sospiro e riprese a parlare con il suo solito tono autoritario. « Kai, tu sei un ragazzo intelligente e sono felice che stai rimediando a tutti gli errori commessi da tuo nonno. Sei stato costretto a riprendere le sue orme, ma a differenza sua lo stai facendo in modo egregio nonostante la tua giovane età. L’aiuto dei tuoi compagni russi è stato fondamentale. Sei sempre stato un ragazzo testardo ed indipendente, in ogni tua scelta. Hai sempre fatto in modo di cavartela con le tue sole forze, ma chiedere aiuto a qualcuno non è sempre sintomo di debolezza. E lo hai dimostrato. Come ti ho accennato dalla lettera ragazzo, vorrei espandere il nostro credo anche in paesi lontani, come appunto la Russia. Dopo la sconfitta della B.E.G.A la nostra associazione si è ingrandita e molti ragazzi hanno iniziato ad appassionarsi al nostro sport, tanto che ho dovuto chiedere l’aiuto di molti altri collaboratori, come il fratello di Takao, che è ritornato in pianta stabile in Giappone ed è diventato l’allenatore dei ragazzi che hanno deciso di intraprendere il percorso di Blader. Tu alla fine stai facendo la stessa cosa in Russia, ma con le tue sole forse e quelle dei pochi compagni che sono rimasti al monastero dopo la caduta di tuo nonno. Molti suoi fedeli seguaci non hanno acconsentito a rimanerti accanto ed hanno dato le dimissioni. Quello che ti sto chiedendo Kai, è un gemellaggio tra le nostre due associazioni. Non ti chiederò di trasformarla nella BBA, questo mai, ma grazie ad un’alleanza potremo contare su entrambe le parti per rendere il nostro sport sempre un gioco pulito e non uno strumento di conquista. In fondo le esperienze passate ci sono state d’insegnamento. »
Il presidente finì con un sorriso solare, che lasciò pensante il ragazzo di fronte a lui.
« Ha ragione. » Asserì infine, meravigliando non poco l’uomo per la convinzione mostrata. « È sempre stato un uomo saggio, ed anche io. So che potrebbe essere una mossa fruttuosa per entrambe le controparti e sono stato subito d’accordo con lei. Quello che però mi stupisce, è il perché mi abbia fatto venire fino in Giappone per ribadire un concetto che lei stesso ha scritto nella lettera che mi ha spedito. »
Gli occhi ametista di Kai si fecero indagatori e si spostarono sulla figura seduta di fronte a lui, che fino a quel momento era rimasta diligentemente in silenzio ad ascoltare la loro conversazione. Il suo viso impassibile era rimasto tale per tutta la sua durata, senza mostrare una minima emozione sotto quelle parole, totalmente in contrasto con la ragazza sorridente che aveva visto non molti minuti prima. In più si chiese come mai, proprio una totale sconosciuta, avesse dovuto prendere parte ad una conversazione privata. Inoltre, perché il presidente si fidava così tanto di lei?
 
« Chiaro e diretto come tuo solito. » Sorrise soddisfatto l’anziano. « In verità il motivo è proprio lei. » Concluse, spostando leggermente l’attenzione sull’esile figura affianco a lui.
« Si spieghi meglio. » Si fece inquisitore il russo, portando le braccia al petto ed appoggiando le spalle allo schienale della sedia per avere una visuale migliore. Altalenava lo sguardo su entrambi, cercando di capire qualcosa dalle loro espressioni. Quella del presidente era rilassata, mentre quella della giovane era per lui totalmente impossibile da decifrare. Era rimasta seduta composta con lo sguardo serio e la linea delle labbra incredibilmente piatta. Non aveva mostrato né un piccolo sorriso né una smorfia di contraddizione. Nulla.
« Innanzitutto credo sia doverosa una presentazione. » Fu di nuovo l’uomo a rompere quello strano gelo che si era creato tra loro. « Kai, ti presento Yuka Volkova, una delle mie più fidate collaboratrici. È con noi da quando era poco più che una bambina. »
Quando Daitenji finì la presentazione e prima che spostasse l’attenzione su di lei, fu Kai stesso a prendere parola.
« Con tutti gli anni che ho passato qua dentro con la squadra, io non ricordo di averla mai vista, né tanto meno ho mai sentito parlare di lei… » Disse, piatto e scettico, spostando di nuovo lo sguardo tagliente sulla bruna, che non si scompose minimamente nell’udire quelle parole ostili. Era chiaro che quel ragazzo non si stava fidando di lei. In più, dal suo cognome, intuì la sua reale provenienza, fatto che ampliò ancora il suo spiccato scetticismo.
« Ogni volta che venivate qua dentro c’era sempre un motivo che vi estraniava da tutto. Il primo campionato, lo Psyco Team che voleva rubare i vostri bit power, il terzo campionato… Scommetto che non vi siete mai accorti di quante persone lavorano veramente qua dentro. » La risata cristallina dell’anziano ammutolì il russo che, anche se con riluttanza, doveva ammettere che avesse ragione. Non gli era mai importato un accidente di chi lavorasse in quella struttura, quindi poteva benissimo averla incrociata nei corridoi moltissime volte, ma la sua testa probabilmente era sempre stata da un’altra parte per poterla riconoscere la volta successiva o anche solo fermarsi a chiederle il nome. Probabilmente l’aveva rimossa, come molte altre persone. Ricordava a stento la segretaria all’ingresso, e solo perché era l’unica in cui si imbattevano prima di girovagare da soli nell’edificio in cerca del presidente. E poi c’era DjMan, ma lui l’avrebbero riconosciuto anche ad occhi chiusi. Aveva fatto da cronista in tutte le loro gare, anche quelle non ufficiali. Probabilmente sapeva più cose lui sul loro conto che i parenti più stretti.
« Forse ha ragione. » Constatò infine, ma senza convinzione. Continuava a tenere uno sguardo carico di inquisizione, rimanendo fermamente composto nella sua posizione a gettare occhiate verso quella strana e misteriosa ragazza.
« Quindi mia cara Yuka, ti presento Kai Hiwatari. Non c’è bisogno che ti ripeta chi è, lo sai già. » Finì ridacchiando l’anziano, spostando lo sguardo su di lei, che si era infine decisa a sorridere.
« Finalmente conosco un altro membro dei famosi Bladebreakers. Sono anni che chiedo al presidente di potervi conoscere di persona, ma purtroppo, per i motivi da lui appena detti, non c’è stata mai occasione. » Fece spallucce con nonchalance, continuando a sorridere. « Quindi piacere di conoscerti Kai. »
Allungò la sua mano verso quest’ultimo, che la prese nella sua solamente per cordialità. Si azzardò anche a puntare i suoi occhi ametista in quelli grigi di lei e per un attimo un brivido di freddo gli percorse la spina dorsale, costringendolo ad irrigidirsi.
Per fortuna quella strana tensione fu rotta di nuovo dall’uomo.
« Ti ho fatto giungere fin qua perché vorrei che portassi Yuka con te. So che è una richiesta insolita, e forse troppo egoistica, ma ti assicuro che è una persona che gode della mia massima fiducia. I suoi compiti erano spesso quelli finanziari, ma è anche un’ottima blader ed una valida insegnante. Diciamo che il suo ruolo è molto simile a quello del professor Kappa, inoltre si intende molto di informatica. Potrebbe esservi d’aiuto nella vostra sede. Ed è un mezzo per tenere unite le due compagini, visto che hai accettato la mia prima proposta. E poi le sue origini sono Russe, esattamente come le tue, con l’unica differenza che tu sei nato qua. » Concluse, sistemandosi meglio gli occhialetti tondi che gli erano scesi sul naso.
« Mi sta chiedendo tanto presidente. » Disse lapidario Kai, portando sue dita al mento con fare pensoso, mentre continuava a guardare la ragazza con tacita insistenza. Lei ricambiava tranquillamente lo sguardo, sorridendo addirittura, come a volerlo convincere nell’accettare quella strana proposta.
« Per me sarebbe davvero un onore ed una sfida portare le mie conoscenze così lontane dal paese dove ho vissuto fino ad ora. Il presidente mi ha aiutato in tanti modi, forse più di quanto io stessa abbia meritato, ma nella mia vita c’è sempre posto per i cambiamenti. Inoltre sono come le sfide a beyblade, no? Se non ti lanci a sfidare i tuoi possibili avversari non puoi mai dire di essere più forte di loro. » Prese parola lei, parlando con un sorriso sfacciato che fece alzare un sopracciglio al nostro blader. Insomma, ci teneva così tanto ad allontanarsi dalla BBA? Ma, soprattutto, perché? Possibile che il presidente acconsentisse a privarsi di un membro tanto valido per la sua sede?
Con tutte quelle domande in testa Kai finì per sbruffare sonoramente, prendendo una copiosa boccata d’aria e portando una mano a spostare la frangia che gli era ricaduta troppo davanti agli occhi.
« D’accordo. » Disse infine, sintetico come il solito. In fondo quella strana richiesta poteva essere per lui come una nuova sfida, e Kai Hiwatari non aveva mai rinunciato alle sfide…
Fine capitolo 4
 

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Colei che scrive:
Ben trovati in queste note finali di questo quarto capitolo. In realtà il quarto ed il quinto dovevano essere un capitolo solo, ma poi mi sono accorta che sarebbe venuto troppo lungo, quindi ho voluto un capitolo a parte per la sfida con Takao eheheh. Insomma, se lo meritano U.U E poi capisco quanto possa essere pesante da leggere un capitolo troppo lungo, per via degli impegni che ognuno ha ^^
Spero di non aver fatto troppi errori :S no sono molto in forma con questo dannato raffreddore xD mi bruciano gli occhi, ma ho tenuto duro U.U anche perché non so quando mi passerà, quindi non mi faccio fermare da questo *sguardo trionfante*.
Ok, sproloqui a parte, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia stuzzicato la vostra curiosità sulla ragazza. Inoltre spero anche che vi siano piaciuti questi bladebreakers oramai quasi tutti ventenni :P
Non mi resta altro da fare che ringraziare i miei recensori (ancora sto cercando invano il femminile di questa parola xD) ed a tutti i lettori silenziosi che aspettano un aggiornamento ^^
Un bacione a tutti
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

 

 

Soichiro Hiwatari e Vladimir Vorkov erano in piedi di fronte a sei bambini, che se ne stavano eretti e sull'attenti con espressioni serie, in attesa che uno dei due cominciasse a parlare. Tutti avevano addosso almeno un cerotto o una fasciatura, chiaro segno che la vita in quel posto non doveva essere tutta rosa e fiori, nemmeno per dei bambini della loro età. Tutti i giorni erano costretti ad allenamenti estenuanti ed a punizioni severe se provavano a mostrare segni di cedimento. La stanchezza in quel luogo non era contemplata, soprattutto da loro che erano i migliori esponenti.
« È finalmente giunto il momento che ognuno di voi riceva un proprio Beyblade. Il vostro rendimento è a dir poco eccellente, arrivato a livelli record nonostante la vostra giovinezza. Sono sicuro che andrete molto avanti se continuerete ad ubbidire ai nostri ordini. » Il freddo sorrisetto dell'uomo si fece spazio sul volto coperto dalla maschera che era solito portare, mentre l'altro se ne stava in silenzio con un'espressione compiaciuta.
« Lo farete? » Chiese infine, avendo in risposta un “sì” autoritario e contemporaneo da Yuri, Kai, Boris, Sergey, Ivan ed una ragazzina dai capelli castani.
« Bene, me ne compiaccio. » Vorkov aprì ancora di più il sorriso soddisfatto, prendendo dal bancone accanto a lui una valigetta nera.
« Ivanov, voglio iniziare da te. Vieni avanti figliolo. » Continuò, chiamando il ragazzino dai capelli rossi, che camminò svelto ed eretto fino ad arrivargli di fronte.
« Questo da oggi in poi sarà il tuo nuovo compagno. Trovagli un degno nome, purché finisca con “Borg”, che decreterà la tua appartenenza a questo luogo. » Gli disse poi, aprendo il coperchio della scatola e porgendogliela.
Il ragazzino rimase a fissare il Beyblade argenteo al suo interno, posando lo sguardo sulla figura raffigurata nel bit chip. I suoi occhi lampeggiarono di desiderio.
« Si chiamerà Wolborg. » Fece infine, schietto e sicuro, tornando al posto con lo sguardo di ghiaccio ancora rapito dall'oggetto.
« Irina, tocca a te mia cara. » Continuò, chiamando l'unica femmina del gruppo, che si incamminò con passo risoluto.
Come in precedenza l'uomo consegnò nelle sue mani la valigetta aperta, mostrando un Beyblade grigio scuro e che, come successo con il compagno, catturò la sua totale attenzione. I suoi occhi attenti andarono subito ad imbattersi nella figura posta al centro, dissipando ogni dubbio nella sua personale ricerca di un nome.
« Si chiamerà Volkborg.* » Disse, penetrando con uno sguardo l'uomo di fronte a sé, che annuì soddisfatto. Quando si voltò per tornare a posto invece, i suoi occhi si imbatterono in uno sguardo di ghiaccio.

 

 

Yuri se ne stava di fronte all'unica finestra dello studio di Kai, ad osservare la lenta caduta dei fiocchi di neve che ricoprivano l'intero panorama, mentre tirava il fumo della sigaretta oramai ridotta al minimo. Aveva uno sguardo assorto e la sua mente stava cercando di assimilare e riordinare tutte le notizie ricevute. Da quando Kai era partito per il Giappone, dicendogli che il motivo stava scritto nella lettera posta sulla sua scrivania, non aveva perso altro tempo e si era chiuso dentro quella stanza a leggere e rimuginare.

Un'affiliazione o gemellaggio con la BBA
Certo, lo capiva benissimo anche lui che era un'offerta vantaggiosa per entrambe le fazioni, ma il senso di inquietudine che gli aveva attanagliato lo stomaco non lo aveva abbandonato fin da quando aveva finito di leggere l'ultima riga. Non c'era scritto il perché Daitenji gli avesse mandato un biglietto aereo per una riunione a Tokyo, ma immaginava che il motivo non era da prendere alla leggere se aveva fatto scomodare Kai fin laggiù. Non che il ragazzo fosse stato restio a partire, alla fine avrebbe avuto l'occasione di battersi ancora con il suo rivale di sempre. Da quando era morto suo nonno non gli aveva più visto lanciare Dranzer. Era come se avesse perso tutto il suo spirito combattivo per assumere una carica che, in tutta sincerità, non vedeva bene su di lui, nonostante avesse permesso loro di rimanergli a fianco e poterlo aiutare a svolgere le mansioni che mai si sarebbero sognati di fare in quel monastero. Proprio in quel luogo dove i vecchi ricordi ancora tormentavano il loro sonno. Erano grati al ragazzo per la seconda possibilità, quello era più che certo, ma non erano ancora riusciti a dimenticare un passato tormentato. E nemmeno Kai...
E di nuovo lui gli stava facendo sudare le informazioni necessarie per potersi tranquillizzare. Oramai erano passate diverse ore dalla sua partenza, ma non si era fatto minimamente sentire. Ovviamente sapeva che era perfettamente nella indole del giapponese sparire nel nulla, riapparendo dopo svariato tempo come se nulla fosse successo. Sperava almeno nel suo buonsenso...
« Ti ucciderà se continui a fumare nel suo studio senza aprire la finestra, lo sai? »
A distrarlo dai suoi deleteri pensieri ci pensò Boris, entrato senza che lui se ne fosse minimamente accorto e sedendosi stancamente sulla poltrona girevole della scrivania.
« Dopo la apro. » Rispose pacato, spostando leggermente lo sguardo sul nuovo arrivato. « Anche se non credo tornerà nell'immediato. » Continuò, dando un ultimo tiro alla sigaretta prima di schiacciarla nel posacenere.
« Lo credo anche io. » Sospirò Kuznestov, abbassando leggermente lo sguardo sulla lettera rimasta aperta.
« Secondo te facciamo bene ad accettare? » Chiese poi, ma quella domanda non ebbe risposta.

                                                                         §§§§§§§§§§§§


Finalmente era riuscito a concludere quella strana riunione con il presidente Daitenji, finendo per accettare la proposta dell'uomo. Si stava quasi pentendo, pensandoci a mente fredda, ma oramai non poteva tirarsi indietro. Il ritorno in Russia era previsto per l'indomani, il tempo per la ragazza di fare i bagagli e salutare quella che, per anni, era stata la sua casa. E poi non voleva che la sua mente fosse distratta da quei pensieri, non in quel momento, mentre raggiungeva Takao nell'arena per disputare un incontro rimasto in sospeso per anni. Non voleva che i suoi problemi influissero sul suo rendimento, finendo per fargli perdere l'incontro. Quando giocava a Bey l'unica cosa a cui doveva pensare era alla battaglia ed al suo Dranzer.
E fu proprio quest'ultimo che tirò fuori dalla tasca dei pantaloni, sganciando il caricatore appeso alla cintura che indossava. Rimase ad osservarlo per un tempo che non riuscì bene a definire, a pochi passa dalla stanza che lo avrebbe di nuovo visto protagonista.
Erano passati quattro anni dalla finale mondiale che aveva disputato proprio lì contro Takao, e pochi meno da quando era riuscito finalmente a trionfare su di lui, non molto tempo prima di ripartire definitivamente per la Russia. Al tempo la BBA era ancora in fase di ristrutturazione dopo la caduta della B.E.G.A, ma la stanza dello stadio era stata la prima ad essere rimessa in piedi. Ed inoltre, tutto era stato arredato alla vecchia maniera e quel particolare lo fece sentire a casa.
« Dranzer... » Sussurrò tra le labbra, osservando con trepidazione il bit dell'aquila rossa. Esso si illuminò impercettibilmente, come in risposta al richiamo del suo padrone o come a fargli capire che lo stava ascoltando.
« Scusami se ti ho tenuto lontano per così tanto tempo. Non ho pensato a tenerti con me, nonostante tutto. Ma ho di nuovo bisogno del tuo aiuto, sperando che ci sarai sempre a sostenermi nelle mie sfide, anche se queste non avvengono tutti i giorni. » Continuò titubante, ma la fenice scarlatta si illuminò di nuovo, adesso più accecante di prima.
« Grazie. » Sorrise infine, stringendo l'oggetto nel pugno. « È ora di incontrare un vecchio amico. » Continuò, entrando definitivamente nella stanza dove tutti i suoi amici erano rimasti ad aspettarlo.
« Oh, eccoti qua! Hai fatto prima del previsto! » Gli andò incontro Takao, mollando di punto in bianco l'arbitraggio del match tra Max e Rei.
« Non dovresti terminare quello che stavi facendo? » Chiese allora Kai, stringendo le spalle con un sospiro rassegnato.
Non sarebbe mai cambiato!
« Ha ragione, l'incontro non è ancora finito! » Sbraitò Rei, perdendo momentaneamente di vista il suo Driger, che volò fuori dal ring dopo un colpo ben assestato di Max, che gli permise così di vincere l'incontro sotto lo sgomento generale.
« Mai distrarsi amico! » Gli fece l'occhiolino il biondo, costringendo il moro ad una sonora sbuffata sotto le risate generali.
« Bene, visto che si è liberato il campo direi che è il nostro turno. Che ne dici? » Riprese parola il campione del mondo, sorridendo complice verso l'amico ritrovato, che sorrise impercettibilmente in risposta com'era solito fare.
« Se hai voglia di perdere di nuovo... » Rispose Kai, lasciando in sospeso la frase, ma l'altro non venne assolutamente toccato da quelle parole. Con un sorriso sornione stampato in faccia, recuperò Dragoon e si diresse su una delle due piattaforme oramai libere, seguito dal russo, che si posizionò in quella di fronte.
Si scrutarono negli occhi per un istante che sembrò infinito, senza sguardi troppo seriosi. Non c'era nessun titolo mondiale da vincere, nessuna pressione di un campionato alle spalle, nessun compagno che sperava nella vittoria della propria squadra e nessun rancore alle spalle, oramai del tutto superati. C'erano solo due amici che si erano ritrovati dopo anni, per dare sfogo ad una passione che andava avanti da tempo e con la quale riuscivano ad esprimere tutti i loro sentimenti e le loro emozioni senza bisogno di parole. Tra loro era sempre stato così, fin dalla prima sfida. Entrambi avevano migliorato il loro stile ed il loro gioco. Erano cresciuti, erano cambiati, erano diventati più forti, ma l'amicizia e rivalità che c'era tra loro non erano stati in grado di trovarla con nessun altro, come quel legame speciale alla quale dovevano ancora trovare un nome.
Non era amore, sarebbe stato il colmo, perché entrambi si sentivano attratti dal gentil sesso, ma era qualcosa di molto simile, solo che non c'era l'attrazione fisica a muoverli. Amicizia? Fratellanza? Fatto sta che, nonostante la lontananza, non avrebbero rinunciato a quei momenti insieme per niente al mondo. E non erano i tipici momenti degli amici “normali”, quale uscire a prendere un caffè o fare un giro in cento. I fili che tenevano insieme le corde della loro amicizia li reggevano proprio i loro Beyblade, e così sarebbe stato per sempre.
« Allora, sei pronto? » Gridò Takao, mettendosi in posizione di lancio. Aveva un'aria più matura dall'ultima volta che Kai lo aveva visto in quella posizione e quello non poté far altro che farlo sorridere mentre agganciava Dranzer al caricatore.
« Prontissimo! » Gli rispose, in tempo per vedere il prof Kappa prendere il posto solitamente occupato da DjMan, stranamente assente.
« Tre. Due. Uno. Pronti....lancio! » Gridò l'improvvisato arbitro dando il via al match, mentre i due Beyblade venivano scagliati al centro dello stadio alla massima velocità.
« Attacca Dranzer! » Fu l'ordine diretto di Kai, che se ne stava tranquillamente eretto ad osservare con lo sguardo tutti i movimenti del suo avversario.
« Attento Dragoon! »
All'ordine del suo padrone, il bey bianco schivò l'assalto di quello blu, che andò a cozzare contro la parete circolare, tornando al centro con un balzo e colpendo in pieno il suo avversario. Sotto quella vista il più piccolo ringhiò impercettibilmente, facendo crescere il sorrisetto soddisfatto sulle labbra dell'altro.
“Avanti Takao, sfodera tutta la tua potenza.”  Lo incitò mentalmente, lanciandogli alcune occhiate complici che sembrarono funzionare.
Come rinvigorito dal colpo ricevuto, il Beyblade più chiaro intraprese una serie di attacchi continui all'altro, che in risposta si difese egregiamente.
Andarono avanti così per dei minuti interminabili, in cui nessuno dei presenti aveva osato togliere gli occhi dall'incontro per non perdersi nemmeno un passaggio, o rischiare di non vedere il momento in cui uno dei due avrebbe prevalso sull'altro. Ma entrambi si equivalevano. Quanti più attacchi sferrava Dranzer, tante erano le risposte di Dragoon. Precisi, equilibrati e concentrati, entrambi cercavano di salire quel gradino in più rispetto all'altro.
Seguirono altri minuti di trepidante attesa ed altri ancora, fino a che Takao e Kai non si ritrovarono in ginocchio sulla piattaforma dei blader, ansimando per lo sforzo e con il viso accaldato dal sudore; tutti e due stanchi, ma nessuno che accennava a mollare. Erano allo stremo delle forze, eppure avevano ancora l'energia necessaria per un ultimo attacco.
« Credo che sia giunto finalmente il momento della verità, non sei d'accordo? » Ridacchiò il campione del mondo, sistemandosi il cappellino che si era spostato dalla capigliatura.
« Allora questo sarà l'attacco finale. Preparati amico mio... » Sorrise il russo. Tutto sommato si stava divertendo. « Vai Dranzer! Attacco fiammeggiante, tempesta di fuoco! » Gridò, incitando il suo fedele compagno e facendo apparire la sua splendente aquila rossa in tutta la sua regale bellezza.
« Dragoon! Attacco galaxy storm! » Fu la risposta dell'amico, che diede modo al drago azzurro di manifestarsi in tutta la sua fierezza.
Ci fu un enorme boato ed un potente tornado dopo la collisione, nel quale vorticarono le piume rosse strappate a Suzaku, impedendo ai presenti di tenere gli occhi aperti. Compresi quelli dei diretti interessati.
Aspettando che la tempesta si placasse, il professor Kappa aguzzò la vista nell'arena, passando prima ad osservare i due blader oramai privi di tutte le energie. Takao era seduto a terra e respirava a fatica, mentre Kai era inginocchiato alla bene e meglio, cercando di non mostrarsi così debole come realmente si sentiva.
« Allora, chi ha vinto? » Chiese Rei impaziente, facendo spostare l'attenzione generale a ciò che rimaneva di quella sfida.
« Guardate! » Esclamò meravigliato Max dopo qualche secondo, indicando il centro dello stadio.
I due Beyblade erano fermi l'uno accanto all'altro, miracolosamente integri nonostante i tremendi attacchi, mentre i loro possessori si lasciavano andare in un sonoro sospiro liberatorio.
Erano di nuovo in parità. Nessuno dei due era riuscito a prevalere sull'altro, ma in fondo lo avevano preventivato e...andava benissimo anche così. Quella sfida, forse per la prima volta, non era stata lanciata per decretare il vincitore, ma in onore l'uno dell'altro.
« Ahhhh, ragazzi sono esausto! » Commentò Takao, lasciandosi cadere definitivamente a terra per riprendere fiato e forze, scatenando l'ilarità generale.
« Sei invecchiato bello mio, non hai più il fisico di una volta! Ammettilo! » A prendere parola fu Daichi, con la sua solita espressione beffarda ai danni del compagno, che con un ringhio cercò di assumere un'aria adirata.
« Ma come ti permetti pidocchio! Io sono in formissima! » Gli sbraitò contro, dovendo però arrendersi all'evidenza. Gli facevano male tutti i muscoli.
Fu la risata cristallina di Kai ad interruppe gli sproloqui dei due, ammutolendo di nuovo tutta la platea, che lo guardarono come se fosse impazzito. Non era cosa di tutti i giorni vedere Hiwatari ridere di gusto. Per fortuna parlò prima che qualcuno corresse a vedere se realmente non avesse sbattuto la testa da qualche parte.
« Ammettiamolo Takao, non abbiamo più sedici anni e la nostra resistenza fisica non è più quella di una volta. Non ho vinto, ma sono soddisfatto anche così. In fondo erano quattro anni che non lanciavo Dranzer. Avevo dimenticato l'effetto che fa! » Disse, lasciandosi cadere anch'egli a terra.
« Hai ragione Kai. Non ho mai smesso un attimo di allenarmi, nonostante non avessi degni avversari con cui misurarmi, a parte Daichi. Però i vari impegni quotidiani non mi hanno permesso di concentrarmi sul Beyblade come avrei voluto, e questo è il risultato. Sono felice però, perché ho potuto riaccendere una passione che per fin troppo tempo era rimasta soppressa sotto gli impegni di studente. » Rispose Kinomiya, continuando ad osservare l'alto soffitto.
« Ci saranno altre occasioni, vero? Anche se dovessimo aspettare altri quattro anni? » Riprese parola il russo, dopo alcuni attimi di silenzio.
« Anche se dovessi aspettarne cinquanta. Io sarò sempre qui ad aspettarti ogni volta che ti sentirai pronto per una nuova sfida. » Ammise il giapponese, con la schiettezza e la sincerità con cui si era sempre contraddistinto, facendo sorridere silenziosamente l'amico.
« Hey, non dimenticatevi di noi! Kai, abbiamo ancora un conto in sospeso dall'ultimo campionato, non dimenticarlo! » A riprendere parola fu Rei, che balzò nell'area rialzata dell'arena per poter parlare con loro a quattr'occhi.
« Ben detto my friend, ci sono anche io! Anche io vorrei vendicare la mia sconfitta al campionato mondiale con entrambi! » Ridacchiò Max, affiancando il cinese.
« Toglietevi di mezzo! Ci sono prima io! Ho un conto in sospeso con questo sbruffone da troppo tempo! Il fatto di aver fatto coppia con lui al campionato non mi ha permesso di umiliarlo davanti al mondo intero! » Sbraitò Daichi, spiccando un salto degno di una scimmia ed atterrando accanto agli altri.
« Dai ragazzi, almeno fateli respirare! » Inveì loro contro Hilary, che essendo più educata li raggiunse salendo di corsa le scale.
« Non cambieranno mai... » Sbuffò il professor Kappa, sotto sotto però alquanto divertito.
E rimasero così, a ridere tutti insieme come ai vecchi tempi. Come se in realtà il tempo non fosse per nulla trascorso.
Ma, nonostante gli anni passati e la lontananza, c'era una cosa che non sarebbe mai cambiata:
l'amicizia che li legava l'uno all'altro.

Fine capitolo 5

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Colei che scrive:

Ma salve e be trovati! <3 Oggi sono stata produttivissima, sono fiera di me! In realtà ho voluto aggiornare subito appena finito di scrivere, perché ultimamente ho il terrore di salvare le pagine nel pc, visto che quando vado ad aprirle ci trovo mezza roba xD (ho provato a cambiare programma, vediamo se questa storia giunge al temine xD non posso tirare giù imprecazioni in ostrogoto tutte le sante volte!).

Bene, passando al capitolo spero che vi sia piaciuto. L'ho volutamente diviso in tre parti. La prima è il passato, quello scritto in corsivo. La seconda parte vede protagonisti Yuri e Boris e la terza i nostri Bladebreakers di nuovo insieme. E proprio questa terza parte spero vi sia piaciuta. Mi rendo conto di aver reso il rapporto tra Takao e Kai quasi Shonen-Ai (è la mia vena Yaoista, perdonatela!), ma vi assicuro che non è nulla del genere. Sono io che li ho sempre visti così, oltre che in altre situazioni...Per me il loro rapporto è unico e speciale *-* e poi come si fa a non voler bene a Takao, nemmeno Kai riuscirebbe a non adorarlo U.U 
Inoltre spero che sia verosimile il fatto che Yuri e Kai fumino in questa storia. Non so, ce li vedo bene a far fronte alle problematiche della vita fumandosi una sigaretta, ora che sono cresciuti. :D e voi che ne dite?

Inizialmente non volevo mettere altra introspezione, ma alla fine mi sono resa conto che non sono per niente in grado di descrivere gli incontri di beyblade *si sotterra* quindi nel male è andata bene cosi (e volevo scrivere di un nuovo campionato, per fortuna mi sono fermata in tempo xD).

 

*Per quanto riguarda l'asterisco a Volkborg, forse chi conosce qualcosa di Russo ha riconosciuto la parola. Volk (secondo google translate xD) vuol dire “Lupo” in Russo e mi sembrava appropriato per il bit power che ho deciso di affidare alla nostra ragazza. Inoltre avrete trovato la somiglianza con Wolborg, ma perché Volk in russo e Wolf in inglese vogliono dire la stessa cosa, come la somiglianza che hanno i loro beyblade. Curiosi? Immagino di sì, anche se non è difficile intuire che creatura si nasconda nel Beyblade della pulzella xD

Bene, a questo punto, visto la mia maratona nel finirlo di scrivere e correggere, spero non abbia fatto troppi errori T.T in caso con calma passo a sistemarlo una volta on line, così ho la sicurezza che non va perduto xD

Ringrazio infine tutte le persone che hanno recensito <3 mi fa davvero molto piacere! E passo a fare un ringraziamento anche ai lettori silenziosi che attendono sempre indirettamente un aggiornamento :3

Un bacione a tutti

alla prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

Sentiva freddo Kai, nella solitudine della sua stanza. Erano passati mesi dal suo arrivo al monastero, ma in lui non era cambiato nulla. Era sempre il solito ragazzino testardo, volenteroso a migliorarsi e fermo nella sua voglia di fare sempre le cose di testa sua, anche a quell'età. Se non fosse stato il nipote di uno dei pezzi grossi del posto, probabilmente sarebbe incappato molte più volte nelle varie punizioni o nella tanto temuta “stanza delle torture”. Vorkov ce l'aveva spedito una volta, poco dopo il suo arrivo, per indottrinarlo a quello che gli sarebbe capitato se non avesse mostrato un minimo di obbedienza. Il tutto, sotto il consenso di quel pazzo di suo nonno.
Quella sera inoltre non aveva mangiato nulla, per un'altra ignobile punizione. Era stato spedito in camera sua con un tozzo di pane ed un bicchiere di latte. Insomma, lui era Kai Hiwatari, non uno qualunque!
Così, sotto quel ferreo pensiero, decise di sgattaiolare nei corridoi e raggiungere le cucine, a quell'ora sicuramente vuote. Avrebbe sgraffignato qualche prelibatezza e se la sarebbe ridata a gambe verso la sua stanza, riuscendo finalmente a prendere sonno senza che i morsi della fame glielo impedissero.
Era anche andato tutto liscio nel percorso. Aveva evitato le telecamere, era passato nell'ombra delle torce accese e si era imbucato nella sua meta, stando attento a non accendere la luce e sbattere troppo pesantemente la porta.
Per fortuna la luna alta nel cielo illuminava la stanza, abbastanza per riuscire a vedere dove mettesse i piedi e dove fosse la dispensa.
C'era quasi, un solo piccolo passo ed il suo stomaco si sarebbe quietato.
Ma purtroppo qualcosa andò storto.
« Non dovresti essere qua Hiwatari... »
La voce tagliente e leggermente divertita di una bambina risuonò nelle sue orecchie, costringendolo a voltarsi con la mascella serrata, colto con le mani nel sacco. Inoltre, nonostante non riuscisse a vederla completamente nella semi oscurità dello stanzone, riconobbe immediatamente la sua voce.
« Nemmeno tu. » Rispose risoluto, continuando il suo operato.
Lei però non si dette per vinta e si avvicinò al ragazzino di qualche passo, intimidatoria.
« Sono molto tentata nel dare l'allarme. Ma non lo farò se tu adesso te ne torni da dove sei venuto. » Continuò lei con le mani sui fianchi.
« Oh, lo farò, ma non prima di aver concluso quello che stavo facendo. » Parlò senza degnarla di uno sguardo, cercando di arrampicarsi sul piano di lavoro, ma a lei non andò a genio la sua mancanza di rispetto.
« Io non credo! » Ringhiò furente, prendendolo per un piede e tirandolo giù di colpo, fino a farlo cadere a terra di schiena.
Emanò un sibilo di dolore e raggiunse le iridi grigie di lei con uno sguardo sprezzante.
« Maledetta. » Disse tra i denti, alzandosi in piedi con un balzo e dandole uno spintone talmente forte da farla finire addossata al mobilio della cucina.
Anche lei emise un rantolo di dolore, così impetuoso da farle addirittura chiudere gli occhi per un secondo. Ma quando li riaprì, di Kai Hiwatari non c'era nemmeno l'ombra. Però lei sapeva benissimo cosa fare e così, con un sorrisetto sinistro stampato sulla faccia, si diresse nell'ufficio di Vorkof.
Un'ora dopo il ragazzino era chiuso nella stanza delle torture e lei lo osservava compiaciuta dalla sala dei monitor.

 

Dopo lo scontro alla BBA, i Bladebreakers si erano ritrovati tutti a casa di Takao come i vecchi tempi. Erano quattro anni che Kai non vedeva le mura di quella casa, ma come per il resto della sua vecchia vita non era cambiato nulla. Nemmeno nonno Jay, che nonostante alcuni acciacchi della vecchiaia se la passava piuttosto bene. Era sempre arzillo ed era sempre in costante allenamento con la sua spada di Kendo. Non lo biasimava d'altra parte, adesso aveva un ragazzino scalmanato in più a cui badare.
Quello a cui aveva rivolto solamente un freddo saluto era stato Hitoshi, ma solo per colpa dei vecchi dissapori passati; sia durante l'ultimo campionato del mondo, sia per la vicenda della B.E.G.A. Non era riuscito a superare il fatto che non avesse mosso un dito quando Brooklyn, suo protetto, lo aveva quasi spedito all'altro mondo. Per fortuna il primogenito dei Kinomiya aveva pensato bene di non prendere parte alla conversazione.
« Allora Kai, adesso che ti sei battuto con Takao puoi dirci come sono andati questi quattro anni? » A prendere parola fu Rei, con il suo solito sorriso bonario.
Gli occhi ametista del chiamato in causa saettarono in quelli del compagno cinese, prima di osservare un punto indefinito della stanza.
« Dopo la morte di mio nonno mi sono dovuto prendere le mie responsabilità ed ho ereditato il monastero. » Disse spiccio, ma tutti loro sapevano quanto Kai non amasse parlare di sé.
Infatti tirarono tutti un sospiro rassegnato, ridacchiando sotto i baffi. Non avevano avuto più sue notizie, se non qualche sporadica lettera con all'interno qualche informazione sulla vita che stava conducendo. Anche con l'uso della tecnologia e delle mail non era cambiato affatto. Ogni tanto riceveva qualche messaggio, ma tra i miliardi di cose alla quale doveva pensare si scordava prontamente di rispondere.
Era fatto così, non gliene facevano certo una colpa. Anche perché, quando voleva, si faceva vivo sempre lui. Come quella volta, anche se c'era stata un'altra motivazione dietro quella scelta.
« Yuri ed i ragazzi come stanno? » A prendere parola fu Daichi, ovviamente con la bocca piena dei biscotti che il padrone di casa aveva sgraffignato dalla cucina.
« Tutto bene. » Disse il russo, quasi schifato dalla poca educazione di quel selvaggio. Ma, in fondo, non era poi così diverso dal suo vecchio amico e rivale.
« E quindi ripartirai domani? » Chiese Max, distraendo il ragazzo dalla vista del rosso che si abbuffava come un maiale.
« Sì, e a tal proposito vorrei chiedervi una cosa... » Rispose il ragazzo, attirando su di sé tutti gli sguardi interdetti dei presenti.
« Cosa? » Fecero quasi in coro, dando modo ad Hiwatari di prendere una copiosa boccata d'aria prima di esporre i propri dubbi.
« La ragazza che era con voi nell'ufficio del presidente, chi è? La conoscete? » Chiese tutto d'un fiato, altalenando lo sguardo su ognuno dei suoi amici per osservare tutte le loro reazioni.
« Ma, la conosci anche tu! » Gli fece Takao, aggrottando le sopracciglia per quella strana domanda. A quella occasione però, fu Kai ad alzare un sopracciglio per l'interdizione.
« No. Sono assolutamente certo di non averla mai vista. » Disse fermamente, portando le braccia conserte al petto.
Il padrone di casa e gli altri quattro amici si guardarono straniti per un istante, ma a riprendere il discorso ci pensò Rei.
« Sono anni che lavora alla BBA, addirittura dal primo campionato nazionale. » Gli spiegò. « Me la presentò il presidente in persona. Quell'anno fu lui a condurmi in Giappone per partecipare al torneo. Le disse di farmi compagnia mentre lui svolgeva alcune mansioni. »
Il russo rimase quasi scioccato da quell'affermazione. Stava quasi per aprire bocca, ma Takao lo precedette.
« Noi l'abbiamo conosciuta poco dopo, e poi l'abbiamo sempre vista in sede... Possibile che tu non ci abbia mai fatto caso? » Continuò, ma sembrava che l'amico non l'avesse davvero mai vista.
« Figurarsi, scommetto che è stato sempre preso dai suoi affari da non ricordarsi nemmeno di avere degli amici, figurarsi degli sconosciuti! » La schiettezza di Daichi fece irrigidire tutti, ma dovettero a malincuore ammettere che aveva ragione. Kai non si era mai scomodato a mostrare interesse verso gli altri, a meno che non fossero i sui più fidati amici. In occasioni normali arrivava in sede in all'ultimo secondo, in tempo per le sfide, oppure non si presentava neanche. Era fatto così, e se anche avesse incrociato la sua strada con alcune persone non si sarebbe neanche degnato ad alzare su di loro il suo sguardo ametista.
Oppure era lei che non voleva farsi vedere da lui...
« Brutto maleducato! » A rompere di nuovo la tensione scesa su di loro ci pensò Hilary, tirando un mirato cazzotto in testa al ragazzino che, con la più naturale nonchalance, si espresse con un: “e che ho detto?!”
« Ma poi perché questa domanda? » Takao fu sfacciatamente inquisitore. Aveva anche parlato con la sua solita arietta beffarda di quando si sta bellamente impicciando degli affari altrui.
Kai fece spallucce come al solito, evitando di rispondere. Ovviamente si aspettavano anche questo. Quando si sentiva troppo pressato dalle domande o dal dover rivelare più del dovuto si chiudeva in sé stesso, evitando di rispondere senza però passare da maleducato. Trovava sempre un modo spettacolare per tirarsi fuori dalle domande inquisitorie dei suoi ex compagni di squadra.
« In ogni caso mi dispiace che dobbiate partire così presto... » Cambiò subito discorso il campione del mondo, lasciandosi andare in un tono fin troppo malinconico.
« Oh Takao... » Sospirò Rei abbassando lo sguardo, lasciando un sorriso tirato sulle labbra. Anche Max sorrise cordiale, ma di nuovo a prendere parola fu Daichi.
« Suvvia, non disperarti, non vanno mica dall'altra parte del mondo! » Fece spallucce ma si beccò delle incredibili occhiatacce da tutti i suoi compagni. Hilary compresa.
« Hey brutto ignorante, ma la studi la geografia a scuola? » Gli inveì contro il padrone del mondo, prendendolo nel sacco. « A volte mi domando perché mio nonno insiste a mandartici. Rimani comunque un troglodita! »
« Senti chi parla! Tu non sapevi nemmeno l'esistenza del fuso orario, e poi sarei io l'ignorante? » Si difese il più piccolo, notoriamente arrossito per la mera figuraccia appena fatta.
Anche Kinomiya fu incredibilmente colpito dall'affermazione del compagno, facendosi piccolo piccolo al suo posto ed arrossendo come mai aveva fatto prima d'ora, facendo scoppiare tutti a ridere. Almeno riuscivano a spezzare la tensione che si creava sempre nel momento dei saluti.
« E tu non conoscevi gli aerei! Anzi, vogliamo parlare della tua paura di volare?! » Ridacchiò il più grande, ma servì l'intervento provvidenziale del professor Kappa per far calmare le acque e rimettere i due in riga, altrimenti avrebbero continuato ad offendersi per ore. Ma almeno erano riusciti nel loro intento. Stavano ridendo tutti, Kai compreso.
« Quindi tornerai in Cina? » Chiese Max rivolto a Rei, che annuì tristemente.
« Mi piacerebbe restare, dico davvero, ma da quando sono stato nominato capotribù non posso allontanarmi per periodi di tempo troppo lunghi. Non senza un adeguato preavviso e senza che io nomini un sostituto... » Rispose cordialmente il moro, spostando lo sguardo ambrato su tutti i suoi vecchi compagni di squadra.
« Comunque mi ha fatto piacere rivedervi. Sarebbe bello organizzare di nuovo qualcosa insieme. Potreste chiedere al presidente di indire un nuovo campionato, anche se non sono sicuro che riusciremmo a formare di nuovo la nostra squadra. Però potremo comunque rivederci... » Ridacchiò. « E tu Max? Tornerai negli stati uniti? » Chiese poi rivolto al biondo, che sospirò sommessamente.
« Credo di sì. In fondo mi piace stare laggiù, e posso passare del tempo con mia madre. Nella mia infanzia ed adolescenza è sempre stata assente per me... » Ammise, abbassando a terra gli occhi azzurri, solitamente sempre accesi di incredibile giovialità. « Però rimarrò qua ancora fino al diploma. » Sorrise.
« Sentite. Adesso abbiamo aggiornato tutti i nostri indirizzi, mail e numeri di telefono, non avete più scuse! »
Takao si alzò di scatto dalla sua posizione, ponendo una mano al centro del tavolo.
« Siamo d'accordo? » Continuò, aspettando che i suoi amici lo imitassero.
Quando le mani di tutti i presenti, compresa quella di Hilary, furono messe a piramide sopra quella del campione del mondo, si osservarono in silenzio per qualche secondo. Erano sicuri che ci fossero ancora molte cose da dire. In fondo erano passati anni dall'ultima volta che avevano trascorso del tempo insieme, ma come avevano detto in precedenza, non sarebbero importati gli anni trascorsi, si sarebbero accolti di nuovo a braccia aperte.

 

Intanto, nella sede della BBA, Yuka stava riordinando le sue cose. Doveva scegliere quale lasciare e quale portarsi in Russia. Era una decisione abbastanza ardua, visto che aveva passato quasi una vita intera dentro quell'ufficio. C'erano tutti i suoi oggetti, le sue penne, i suoi tacquini, i suoi appunti, il suo pc. Etc. Insomma, la maggior parte della sua vita si era svolta luogo in quel posto. Nel suo appartamento oramai c'erano rimaste solo le cose più essenziali. In fondo non c'entrava molta roba in un piccolo monolocale. Le era rimasto solo quello dal suo arrivo in Giappone e non aveva mai pensato di cercare un appartamento più grande. Per quanto ci stava poi... Ci andava solamente per cena e per la notte, visto che le pause pranzo le faceva sempre fuori, insieme a qualche collega. Ultimamente le era capitato anche di pranzare insieme ad Hitoshi Kinomiya, che aveva conosciuto sempre grazie a Daitenji.
Un lieve bussare alla porta però la riportò alla realtà, destandola dai suoi affari e dando modo alla persona misteriosa di farsi avanti.
« È un brutto momento? » Chiese l'uomo appena entrato, una volta chiusa la porta alle proprie spalle.
« Oh presidente Daitenji, non l'aspettavo. Venga pure a sedersi, è successo qualcosa? » Chiese preoccupata, preparando la sedia per farlo sedere. Lui la raggiunse con il suo passettino svelto, aiutato dall'immancabile bastone da passeggio.
« In realtà volevo salutarti. » Le rispose con un sorriso, facendola sorridere a sua volta.
« Ma non doveva scomodarsi lei, sarei venuta io prima di uscire. » Gli disse, scuotendo divertita la testa.
« Non voglio trattenerti oltre nel tuo ultimo turno. Puoi andare appena finisci di prendere le tue cose. Avrai da ultimare alcune cose nel tuo appartamento, no? » Continuò lui e lei si ritrovò ad annuire.
« Allora la ringrazio signor Daitenji, per tutto quello che ha fatto per me in questi anni. Non so cosa avrei fatto senza di lei! » Ammise schiettamente, piegando leggermente le spalle in un gesto quasi malinconico. Lui però si alzò di scatto, raggiungendola e prendendole il viso tra le mani.
« Non dire queste cose Yuka. Tu per me sei stata quasi come una nipote. Mi sembrava doveroso, visto il tuo triste passato. Ma la decisione che ho preso per te mi sembra più che giusta, visto che i tuoi genitori e tua sorella sono tutti seppelliti in Russia. In fondo è quello il tuo posto, no? Non ti è mancata la tua patria? » Chiese l'uomo, allontanando le mani da lei dopo aver lasciato una carezza sulle sue guance.
« Dopo che ho recuperato la memoria mi sono fatta molte domande. Ma lei è un uomo colto e sono sicura che ha preso la decisione giusta. » Gli sorrise, ma dietro quel sorriso c'era molto di più. C'era una soddisfazione che Daitenji non sarebbe mai stato in grado di cogliere.
« Sono sicuro che con i ragazzi russi ti troverai bene. Kai è un bravo ragazzo. »
« Sicuramente presidente. » Sorrise cordiale ed abbracciò l'uomo nel suo ultimo saluto, prima di imbarcarsi verso Mosca al fianco di Hiwatari.
Sono sicura che mi divertirò moltissimo... In fondo Kai l'ho avuto sott'occhio tutto questo tempo. Non vedo l'ora di rivedere gli altri.
Di rivedere Yuri...

Fine capitolo 6

 

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Colei che scrive:

Ma salve a tutti! Con uno sforzo immane sono riuscita a finire il capitolo, correggerlo (per quanto ci sia riuscita xD) e postarlo prima di Natale! XD
Ammetto che è un capitolo un po' sottotono rispetto agli altri, ma l'ho comunque spezzato in tre parti. La prima è l'immancabile passato, in cui Irina si attira su dì sé tutte le vostre ire temo xD la seconda parte sono i saluti dei nostri best 5. Spero di non essere incappata in banalità o oscenità. Insomma, avrei voluto allungarmi un po' di più ma non ci sono riuscita T.T
E la terza parte riguarda Yuka :3 bisogna un po' parlare anche di lei eheheh
E nulla, come sempre spero vi sia piaciuto!
Colgo l'occasione per ringraziare i recensori (grazie grazie <3) e tutti i lettori silenziosi che aspettano sempre un aggiornamento <3
Inoltre tanti auguri di buon Natale a tutti!

Un bacione

alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
 
 
 
Yuri si stava allenando nel Beyblade stadio in solitaria. Si era allontanato da tutti gli altri per avere concentrazione. Finalmente era riuscito ad avere un Beyblade tutto suo. Wolborg volteggiava impavido nel campo, osservato dal ragazzino. Ivanov aveva appena sei anni, ma aveva la freddezza e l’impassibilità non degni di un bambino della sua età. Fin dal suo arrivo nel monastero si era dimostrato degno di farne parte. Ubbidiva agli ordini impartiti senza fiatare e svolgeva le sue mansioni senza controbattere. Era il pupillo di Vorkov, ed il fatto che l’uomo gli avesse consegnato proprio quel Bey ne era la prova lampante. Neanche Kai era così favorito, perché troppo restio ad obbedire a ciò che gli veniva chiesto di fare, anche se era suo nonno a chiederlo. Forse era proprio l’autorità di suo nonno a permettergli di ribellarsi, nonostante le punizioni ricevute. A Yuri non importava delle punizioni, perché mai avrebbe fatto qualcosa che avrebbe suscitato l’ira dei suoi superiori.
O almeno, così credeva al tempo.
In quel momento però, il suo sguardo era così concentrato sul suo Beyblade e non si accorse che qualcuno aveva appena lanciato il suo, facendolo cozzare contro quello già in campo. Alzò gli occhi per vedere meglio chi avesse avuto l’ardire di interrompere la sua solitudine, ma sbuffò nel vedere a poca distanza da sé proprio lei.
« Irina. » Disse solamente, in quello che voleva essere un saluto.
La bambina dai capelli castani però non si scompose ed in risposta si aprì in un sorrisetto furbo, che fece storcere leggermente il naso al ragazzino.
« Ero sicura di trovarti qui… » Iniziò lei, facendosi più interessata, mentre i loro Beyblade in campo si studiavano. Da una parte quello argentato, dall’altra quello grigio scuro.
Lui però non rispose, si limitò a scoccarle un’occhiata interrogativa com’era solito fare, come se non gli interessassero i motivi che l’avevano spinta fin lì.
« Mmmh, che ne dici di un incontro? » Chiese però la ragazzina, sicura di aver stuzzicato finalmente il suo interesse. Gli occhi azzurri di Yuri si piantarono su di lei, taglienti e freddi come lei li ricordava, mentre Wolborg si era fatto più attivo. Si era avvicinato all’avversario, come a volerlo scrutare prima di attaccarlo.
Di nuovo Yuri non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo sul suo Bey, assottigliando lo sguardo e sibilando un ordine sottovoce, così tanto lievemente che lei non riuscì a captarlo.
Fu però un ordine, di quello era certa, perché il Beyblade argenteo partì alla carica cogliendo di sorpresa il suo avversario, che finì quasi fuori dal ring.
« Wow, il lupo ha tirato fuori le zanne… » Lo sbeffeggiò con un sorrisetto, abbassando anch’ella il suo sguardo grigio sul suo fedele compagno.
« Volkborg, attacca! »
All’ordine di Irina il chiamato in causa si lanciò alla carica, colpendo l’altro di striscio.
Continuò così quello strano combattimento, impiegando un tempo indefinito a studiarsi e scrutarsi. Erano così uguali ma così immensamente diversi.
Per quel primo scontro però, nessuno dei due fu vinto. L’incontro finì in parità, lasciando un po’ l’amaro in bocca ad entrambi. Probabilmente tutti e due non vedevano l’ora di proclamarsi grandi campioni.
Non sapevano però di essere osservati.
In una sala di comando, Vorkov aveva osservato tutto grazie alle telecamere installate nella sala dove si trovavano i due bambini, e sorrideva incredibilmente soddisfatto di ciò che aveva appena visto.

 
 
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Era giunta così l’ora per Kai di salutare di nuovo il Giappone, la sua vecchia casa ed i suoi più cari amici. Era sicuro che un giorno sarebbe potuto tornare, una volta riordinate le cose al monastero. Per quanto suo nonno e la sua spalla destra non esistevano più in quello stabile, la loro ombra era sempre vigile, come i vecchi ricordi e le vecchie ferite.
Era a rimuginare su tutte quelle cose quando il suo maggiordomo bussò alla porta della sua camera.  Si era disteso sul suo vecchio letto, perfettamente rifatto, ed osservava mestamente il soffitto candido, ripensando alla sua vita passata in quelle quatto mura. Non ricordava un momento di pace e tranquillità in quella stanza, usata solamente per dormire, e non ricordava nemmeno un momento come quello, utile per rimuginare sul suo passato. Il vecchio Kai non si era mai preso la briga di guardarsi indietro, ma l’avanzare del tempo e dei ricordi da conservare nel proprio cuore lo avevano leggermente umanizzato.
« Avanti. » Si decise a rispondere dopo qualche secondo, dando all’uomo il permesso di entrare.
« Signorino Kai, è quasi ora di andare. Non deve anche passare alla BBA a prendere quella ragazza? » Gli ricordò lui diligentemente ed a quelle parole il russo sbuffò sonoramente.
Aveva ragione, doveva sbrigarsi o avrebbero perso l’aereo. In più si chiedeva come mai quella strana ragazza avesse deciso di farsi trovare proprio nella sede della federazione e non a casa sua. Ma ovviamente a lui non sarebbe interessato nulla di quell’assurda decisione.
Probabilmente ha già lasciato l’appartamento” si disse tra sé e sé, issandosi a sedere e sistemandosi il ciuffo di capelli che gli era ricaduto sugli occhi ametista.
Non capiva il motivo di tanta inquietudine di fronte a quella ragazza e soprattutto cosa lo avesse spinto ad accettare la proposta del presidente Daitenji; ma nel suo profondo conosceva già la risposta. Il fatto che fosse stato proprio l’uomo a proporre un affare del genere o la reverenza e la fiducia che aveva in lei non potevano che tranquillizzarlo, nonostante tutto ciò che sentiva dentro. Forse era lui che si faceva influenzare da vecchi pensieri e vecchie questioni. In fondo suo nonno ed i suoi sotterfugi erano stati cancellati e Vorkov era detenuto in un carcere Russo in seguito alle sue sconsiderate azioni. Dopo aver perso l’autorità della B.E.G.A e tutta la carica con essa acquisita, si era dato alla latitanza per un po’, tornando in superficie con un’altra prova di infida malvagità. Aveva provato ad impadronirsi di altre sedi nel mondo, ma oramai era un uomo conosciuto e finito. Nessuno era stato più disposto a credergli ed a puntare su di lui, così si era dato la zappa sui piedi da solo, finendo in carcere. E per Kai e gli altri ragazzi Russi era un bene, se non una vera e propria liberazione.
 
Arrivarono alla sede della BBA in perfetto orario ed il ragazzo, dopo aver chiesto al suo maggiordomo/autista di aspettarlo in macchina, si diresse all’interno per avvisare Yuka ed il presidente della loro partenza.
« Oh Kai, dunque te ne vai così presto. » Sospirò l’uomo nonostante il sorriso.
Aveva trovato i due nell’ufficio di quest’ultimo e, cosa alquanto indesiderata per Kai, c’era anche Hitoshi, che lo salutò con un cordiale saluto come avrebbe salutato un vecchio amico. Peccato che per il presidente dell’Hiwatari corporation quello non era affatto un vecchio amico. Non si era dimenticato delle sue vicende nella B.E.G.A e del sorrisetto compiaciuto di quando Brooklyn lo aveva mandato all’ospedale la prima volta. No si era dimenticato delle fredde parole che gli aveva rivolto mentre Dranzer veniva disintegrato e mentre lui, volando letteralmente giù dalla piattaforma dello stadio, perdeva pian piano i sensi.
Le differenze tra voi non si possono colmare con l’allenamento. Brookyn è semplicemente irraggiungibile!
Forse Kai era un tipo un po’ troppo rancoroso? Forse. E forse erano anche molto simili tra loro. In fondo anche lui aveva lasciato la sua vecchia squadra per militare tra le fila di Vorkov, ma solo per potersi battere di nuovo con Takao, perché quello era il fulcro della loro “relazione” e perché le sfide avvincenti che nascevano dai loro incontri le portava gelosamente nel cuore. Suo fratello invece perché era passato nella fazione avversaria? Perché, nonostante il suo buon senso e la vasta esperienza, aveva deciso di allearsi con un nemico del calibro del suo vecchio “maestro”? Ma, soprattutto, perché aveva voluto allenare per forza un personaggio come il suo vecchio avversario dai capelli aranciati? Certo, dopo la caduta di Vorkov e della stessa B.E.G.A, il Kinomiya più grande era tornato come se nulla fosse successo, atteso da tutti a braccia aperte. Ma non da lui.
Kai Hiwatari non ha dimenticato le ferite subite, da chiunque esse fossero state causate.
Non aveva perdonato suo nonno ed il suo modo di trattarlo come il suo burattino per i suoi scopi, nonostante sapesse che prima o poi tutto quello che aveva costruito quell’uomo gli sarebbe spettato di diritto.
Non aveva mai perdonato Vorkov per non essersi mai fatto scrupoli a punire dei ragazzini piccoli com’erano loro quando vivevano al monastero, o per il semplice fatto di averli allevati come macchine da guerra.
Non aveva mai perdonato Hitoshi per le sue decisioni.
Forse era riuscito a perdonare Brooklyn per l’onta subita solamente perché si era riscattato nel secondo incontro con lui, riuscendo a stento a sopraffarlo.
Non era riuscito a dimenticare parte del suo passato. Non era riuscito a dimenticare i giorni passati nel monastero. Non era riuscito a dimenticare una bambina dai capelli castani e gli occhi grigi e taglienti.
Tutto ciò che aveva vissuto nella sua vita si ripercuoteva nel suo presente. Il suo carattere scontroso e freddo, indifferente quasi, era una conseguenza del dolore provato nella sua giovinezza. Non ricordava giorni felici. A stento ricordava il volto di sua madre e suo padre, troppo piccolo dall’ultima volta che li aveva visti. Non ricordava festività passate a giocare come i bambini normali, o anche solo di aver mai avuto dei veri amici. Almeno finché non conobbe Takao e la sua squadra.
Però quando si accorse che di fronte a sé c’era il presidente Daitenji in attesa della sua parola, Kai scosse la testa come per lasciarsi addietro i vecchi pensieri e riprese parola con un piccolo sorriso sulle labbra.
« Sì, devo tornare a svolgere le mie mansioni. Sono partito così all’improvviso, lasciando Yuri al mio posto. Non posso permettermi di lasciarli soli per troppo tempo, io sono il capo. » Disse diligentemente, facendo sospirare l’uomo.
« Sì, lo capisco. » Sorrise poi quest’ultimo, volgendo l’attenzione alla sua pupilla.
« Sei pronta a partire? Hai tutto quello che ti serve? » Le chiese ma lei si aprì in una piccola risatina.
« Ma certo, non deve preoccuparsi presidente. Sono pronta a vivere questa nuova avventura. » Continuò lei con un sorriso, spostando poi lo sguardo sul russo, il quale ricambiò assottigliando per un attimo il suo.
Non seppe dire cosa di quella ragazza, osservandola meglio, lo faceva restare leggermente interdetto. I lunghi capelli neri le ricadevano in una treccia dietro la schiena e gli occhi grigi erano grandi e profondi, ma non c’era nulla di particolarmente strano in essi. Non come quelli che ricordava, propri della ragazzina che aveva conosciuto anni addietro al monastero. Non l’ebbe più vista, nemmeno durante il primo campionato del mondo, quando tornò a far parte della Borg per un breve periodo. Quella fu l’occasione in cui incontrò di nuovo i vecchi compagni come Yuri, Boris, Sergey e Ivan, ma di Irina non c’era nemmeno l’ombra. Nessuno parlava mai di lei. Nemmeno Vorkov, al tempo, aveva mai accennato al fatto che fosse esistita. Per un attimo pensò anche di averla solo immaginata. In fondo la sua memoria poteva avergli giocato un brutto scherzo. Non dimentichiamoci ciò che riuscì a fare Black Dranzer al suo cervello!
 
 
Dopo quasi un’ora, impiegata per i vari saluti e per raggiungere l’aeroporto, Kai e Yuka si ritrovarono prossimi all’imbarco. Avevano già lasciato i bagagli di lei, seppur pochi, e si erano diretti al check in per l’imminente partenza. Il tutto senza scambiarsi una sola parola. Lei lo seguiva quasi fosse una di quelle guide che vanno a prendere la gente in aeroporto per scortarla ovunque volessero andare. Ma, in fondo, ci sarebbe stato tempo per parlarsi visto che avrebbero dovuto vivere sotto lo stesso tetto.
Si sedettero ai posti assegnati loro dalle carte d’imbarco ed attesero il decollo, avvenuto non molto tempo dopo. Si slacciarono finalmente le cinture una volta stabilizzati e, mentre lei osservava le nuvole ed il poco paesaggio che si riusciva ad intravedere, lui prese finalmente parola.
« Allora, hai detto che sei Russa. » Iniziò, ma non era una domanda.
Lei si voltò di scatto nella sua direzione, meravigliata da quella strana affermazione. L’espressione di lui era impassibile, ma non le sfuggì lo sguardo interessato con cui la guardava. Ovviamente il suo interesse era solamente legato alla conoscenza. Non si fidava ancora di lei al 100%.
Accennò un lieve gesto affermativo con la testa, aggrottando le sopracciglia in un’espressione quasi guardinga.
« Lo ha detto il presidente però, non io. » Ci tenne a precisare e lui storse leggermente le labbra.
« E quindi non ha detto il vero? » Rispose con una domanda, facendosi sempre più interessato al passato della ragazza.
« Assolutamente no. È verissimo. » Assottigliò lo sguardo lei, cercando di captare ogni minimo cambiamento facciale del ragazzo, ma lui non si scompose di un millimetro. « Ho solo puntualizzato il fatto che non mi hai mai rivolto parola… » Ridacchiò Yuka, ma lui la osservò mesto e cercando di capire dove volesse andare a parare.
« Non sono solito sproloquiare a vanvera. » Disse lui, spostando l’attenzione da lei per chiudere gli occhi ed appoggiarsi definitivamente allo schienale del sedile.
« Non è sproloquiare, si chiama interagire. Fare conoscenza, visto che hai accettato di farmi entrare nel tuo staff. » Lei continuava ad osservarlo, ma lui non si degnò nemmeno di aprire di nuovo gli occhi.
« Non l’ho fatto per te. » Si affrettò a precisare, ma a differenza di quel che poté pensare, quella frase bastò per far ridacchiare la ragazza. Fu grazie a quello che Kai si decise a spostare lo sguardo tagliente di nuovo su di lei. Non gli piaceva essere preso in giro, soprattutto da una donna.
« E per cosa lo hai fatto allora? Forse per il presidente Daitenji, in fondo è un uomo magnanimo ed influente. Ma, a che pro sono rivolti tutti i tuoi gesti? Lo fai per te stesso, o finalmente Kai Hiwatari inizia a pensare anche agli altri? » Quelle parole arrivarono taglienti alle orecchie del russo, nonostante le avesse pronunciate con tranquillità e con un’espressione stranamente sorridente.
« Questi non sono affari tuoi. » Si affrettò a controbattere, guardandola di sbieco.
« Certo, ovviamente. La mia era solo curiosità. » Fece spallucce lei. « Però ti devo comunque ringraziare. »
A quelle parole Kai sgranò leggermente gli occhi, ma prima che aprisse bocca lei riprese di nuovo parola.
« Per avermi permesso di tornare nella mia città natale. Laggiù ho lasciato un pezzo di me. E c’è tutto quel che mi resta della mia famiglia… » Continuò, con espressione malinconica, e quello dette finalmente modo al russo di calmarsi un po’. Prese una boccata d’aria e cercò di essere più delicato possibile.
« Mi dispiace. Ma non credere di essere la sola ad aver sofferto in passato. Tutti noi portiamo dentro delle ferite che non vorremmo mai che venissero riaperte. » Le rispose duramente, nonostante non avesse voluto essere così freddo. Sembrò una frase detta più per sé stesso che per lei però, ma Yuka accennò un piccolo sorriso complice. Inoltre sembrava quasi un avvertimento.
« Nessuno di noi vorrebbe questo. » Ma lo sguardo freddo e tagliente dei suoi occhi grigi non venne notato da Kai, che aveva precedentemente spostato lo sguardo da lei per riprendersi dalle parole dure che aveva appena pronunciato.
La conversazione cadde così, senza che nessuno dei due provasse a dire altro.
Kai si era addossato allo schienale ed aveva provato a lasciarsi addietro tutti i pensieri che erano scaturiti in seguito allo scambio di parole avuto con quella strana ragazza, ascoltando un po’ di musica dal suo I-Pod ed isolandosi da tutto il resto com’era solito fare.
Lei invece rimase a fissare i lineamenti del ragazzo ancora per qualche secondo, con lo sguardo assottigliato per colpa della piega che aveva preso quella conversazione.
Poi finalmente si rilassò anch’ella, addormentandosi con la fronte appoggiata all’oblò.
Fine capitolo 7
 

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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati! Innanzi tutto buon inizio 2018 <3 sono passati un po’ di giorni dall’ultimo aggiornamento, ma con le feste ed alcuni impegni non sono riuscita a scrivere. Il capitolo l’ho scritto di getto oggi pomeriggio, correggendolo come meglio ho potuto, quindi mi scuso per eventuali errori <3
Come il solito è fin troppo introspettivo. Vi giuro, ci provo a non farlo così, ma per capire tutto meglio mi serve. E poi come sempre è diviso tra passato e presente. Ho messo il primo scambio di informazione tra i due protagonisti. Spero vi sia piaciuto :3
Che dire, ringrazio i recensori come sempre <3, e tutti i lettori silenziosi che aspettando sempre un mio aggiornamento!
Un bacione a tutti
Alla prossima!

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