Songs for the dead and dying

di Arydubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Time of dying ***
Capitolo 2: *** Without you ***



Capitolo 1
*** Time of dying ***


Songs for the dead and dying

 

CAP 1 - Time of Dying

 
Il fumo si alzava lentamente tutto attorno, superando le cime degli alberi della foresta. Spesso e nero, si sprigionava in una miriade di colonne dai corpi dei titani morti a terra, nell'evaporazione delle loro carni prive di vita.
Una scintilla si andò a posare sulla mano di Hanji. Bruciava appena.
 
Era accasciata contro un tronco di pino, in alto, al di fuori dalla portata dei titani, la maggior parte di classe 7-8 metri, che ancora infestavano la zona. Uno, un anomalo sui 10 metri, le faceva la posta da un buon quarto d’ora, oramai, alla base dell’albero, le fauci spalancate verso la sua direzione. Se fosse caduta di sotto, non avrebbe avuto speranza di sfuggirgli.
 
Era curioso come si fosse fissato con di lei, rifiutandosi di puntare gli occhi altrove un solo secondo, sebbene il terreno fosse in pratica ricoperto di cadaveri mezzi dilaniati di umani con cui avrebbe potuto cibarsi tranquillamente e senza fatica.
 
"È così un peccato che non sia riuscita a scoprire la ragione dietro i diversi gradi di intelligenza dei titani...o il perché dell'esistenza degli anormali" pensò Hanji, guardando in basso con interesse e riflettendo sul comportamento di quell'esemplare.
 
Si lasciò sfuggire un sorriso sghembo. Fare ipotesi e osservazioni anche in quel momento: la sua era proprio deformazione professionale…
 
«Scusami, ma non ho intenzione di farmi mangiare da te, caro...» esclamò in direzione del gigante facendogli una linguaccia. Ma un eccesso di tosse le impedì di urlare altro al gigante.
Quando spostò la mano, il palmo era imbrattato di sangue.
 
«Fantastico…»
 
In realtà non c’era nulla di cui stupirsi. Stava facendo del suo meglio per ignorare il dolore che le attraversava tutto il corpo e che la stava straziando sempre più ogni secondo che passava. Ed era difficile, ignorarlo, con le ferite che si ritrovava…
 
Non che qualcuno l’avrebbe sentita urlare dal dolore, nel caso, perché in quel bosco, per chilometri, era sicura non ci fosse nessuno. E per quanto concerneva i titani…senza fare rumore, bastava il suo odore ad attirarli…
 
La donna si accasciò ancora di più contro la corteccia rugosa dopo un nuovo attacco di tosse.
«Cough cough cough!»
Provò ad allungarsi di più, stendendo la schiena…Faticava sempre di più a respirare.
 
Non era ridotta male, Hanji: peggio. Aveva ben più di qualche costola rotta e anche la gamba destra era andata completamente…Per non parlare poi del fianco sinistro.
 
La sua divisione era incappata in una macchia di vegetazione che brulicava di giganti mentre cercava di dirigersi nel punto concordato con Levi e gli altri per unificare le loro squadre e procedere con l’attacco definitivo contro Marley.
Ma quell’inghippo, considerate le numerose perdite che avevano subito durante un’imboscata dei soldati di Marley, i quali alla vista dei giganti se la erano letteralmente data a gambe, si era rivelato più drammatico del previsto e neanche i rinforzi erano seriamente serviti a qualcosa. A un certo punto, durante quel combattimento che si stava rivelando sempre più disperato, un gigante di 10 metri le era sbucato di fianco, dal lato del volto che un'esplosione, anni prima, aveva reso cieco costringendola ad indossare una benda, e l'aveva colta di sorpresa. Nessuno aveva potuto giungere in suo soccorso: a quel punto, era l'unica persona rimasta in vita della propria squadra, oramai completamente spazzata via dai giganti.
Hanji aveva inutilmente provato a spostarsi, sganciando e rilanciano gli arpioni dei Sistema di manovra tridimensionale in direzione dell’albero più vicino, modificando la propria traiettoria almeno quel tanto da sfuggire alla presa del gigante.
 
Ma era stata troppo lenta. Colpirla a mezz'aria e sbatterla contro un albero era stato un gioco da ragazzi per il gigante. La manata l'aveva tramortita e, peggio, l'aveva mandata a scontrarsi contro un ramo spezzato, che l'aveva trafitta a un fianco, togliendole per un attimo tutto: fiato, speranza, voglia di vivere. Per un secondo c'era stato solo dolore e non aveva mai provato un dolore simile... si era trovata letteralmente impalata all'albero per la schiena, la mano del titano che la schiacciava ancor di più tenendola ferma, a mezz’aria, mentre i cavi, senza appigli, penzolavano, ondeggiando, metri e metri più sotto.
 
Per sua fortuna -se di fortuna si poteva parlare-, tuttavia, la maggiore pressione, il titano l'aveva esercitata all’altezza delle sue gambe; col risultato che lei ci aveva guadagnato un arto completamente maciullato, tra frattura chiaramente scomposta e lacerazioni dolorosissime…ma aveva intuito anche la possibilità di una via di fuga, per quanto disperata, nel momento stesso in cui il titano avesse allentato la presa per afferrarla e portarla alla bocca. Fatti due conti era stata quasi fortunata a non essere stata agguantata subito dalla mano del gigante in una stretta mortale…
 
Così aveva atteso l'attimo giusto; poi nel momento esatto in cui aveva sentito i muscoli del gigante muoversi per cambiare posizione, con uno sforzo immane si era staccata dall'albero, ignorando la carne strappata e le schegge rimaste conficcate nella ferita e aveva dato fondo al gas per allontanarsi a razzo dalle mani e dalle fauci del titano di 10 metri.
 
Aveva ruotato su sé stessa, calcolando i metri che la separavano dal collo del titano, che aveva arpionato per le spalle in cerca di quello slancio che non poteva più darsi con le gambe...e nel primo lembo di pelle che aveva trovato aveva affondato le lame, già in parte corrose dal sangue di tutti i giganti che aveva ucciso precedentemente – e aveva già perso il conto di quanti ne aveva abbattuti da quando quell’ultima, disperata battaglia contro Maley era cominciata. Aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola, sperando che quel po’ di filo che restava alle spade fosse sufficiente. Doveva uccidere il gigante o la sua fuga si sarebbe rivelata inutile.
 
Si era quasi stupita sentendo il metallo affondare davvero nelle carni, lasciando una ferita netta, precisa, chirurgica nonostante tutto. Merito dei suoi riflessi allenati di veterana, probabilmente, e del proprio istinto di sopravvivenza.  Sinceramente, non ci aveva creduto veramente neanche lei in quella mossa, fino a quel momento... Ma il calore degli schizzi di sangue bollente che le avevano imbrattato mani e viso erano stati eloquenti, come il tonfo dell’enorme corpo del mostro che, alle sue spalle, piombava di peso a terra.
Ce l’aveva fatta.
 
Non aveva avuto tempo, però, per esultare o per girarsi e ammirare la propria opera, il retro del collo staccato, il brandello di muscolo ancora pulsante a terra; il suo vero problema, a quel punto, era arrestare il proprio schizzare tra i rami: con una gamba ridotta in quello stato non aveva speranze di poter frenare l'abbrivio preso... e a mali estremi, appena individuato un albero adatto, Hanji si era risolta all’unica opzione che le restava, un atterraggio di fortuna, studiato, sperando che ruotando attorno al tronco arpionandosi coi cavi sarebbe riuscita, in qualche modo, a rallentare la propria corsa e attutire quello che, in fin dei conti, sarebbe stato inevitabilmente un vero e proprio impatto .
 
Pur dopo tutti i calcoli, nonostante tutte le precauzioni, però, si era praticamente schiantata contro il tronco su cui adesso poggiava la schiena; ma grazie al cielo non le era successo nulla, a livello fisico, malgrado tutto non si era procurata altro danno; solo il 3DMG si era definitivamente guastato, il montante laterale aveva ceduto e anche il fermo alla gamba sinistra si era staccato. Conciata a quello stato, con una carrucola del cavo di destra spezzata, le bombole del gas a secco, i porta-spade vuoti e nessuna lama a disposizione il marchingegno le era ormai inservibile. Ma era il bilancio generale ad essere desolante: piena di profonde ferite, con l’attrezzatura rotta e isolata dagli altri, le cose per lei non si mettevano per niente bene.
 
"Se non altro, qui sopra sono al sicuro..." aveva detto, valutando, con un’altra occhiata al titano più sotto, che almeno l’altezza del ramo su cui posarsi l’aveva scelta bene.
 
Inservibili com’erano, troncati di netto alla base, Hanji aveva lasciato cadere a terra i monconi di metallo attaccati all’impugnatura, nulla più che un gancio semifuso che non sarebbe andato bene nemmeno come oggetto contundente. Poteva vederlo, oltre il vetro frantumato degli occhiali, nonostante la distanza, il resto delle lame: erano ancora attaccate al collo del gigante, due striscioline di metallo che luccicavano nel mezzo delle colonne di fumo che cominciavano ad alzarsi, ormai, anche dal 10 metri in evaporazione. Brillavano come medaglie, riflettendo la luce che penetrava oltre il fogliame.
 
«Be’, perlomeno, come ultimo atto della mia breve vita- si era detta Hanji, consolandosi a quella vista- ho compiuto un cazzutissimo esempio di giganticidio…»
 
Era appagante, in effetti. Anche se non c'era nessuno a congratularsi con lei per l'impresa, in quel momento, che potesse testimoniare la prodezza da lei appena compiuta.
 
Così era rimasta lì, ferma, priva di forze per fare qualunque cose, impossibilitata ad usare il 3DMG, assolutamente incredula di fonte al fatto di essere nel bene o nel male ancora viva...anche se non sapeva per quanto lo sarebbe rimasta.
 
Ma ora che l’adrenalina stava scemando, il dolore devastante che le mandava ogni singola parte del corpo le faceva chiaramente intendere quanto grave fosse la propria situazione. Del resto, possedeva competenze mediche sufficienti per valutare appieno le condizioni fisiche in cui versava...e non erano idilliache. Non lo erano affatto.
Proprio per questo si meravigliava persino di essere riuscita a rimanere così lucida tutto quel tempo, a dirla tutta. Disperata e pronta a tutto, sì, ma lucida.
 
"E farò bene a restare cosciente. Sto perdendo troppo sangue...se mi addormento è la fine..."
 
Tant’era che il gigantello che si affannava là sotto aveva quasi finito per farle compagnia, con la sua presenza. Sicuramente la sua minaccia finora aveva contribuito a tenerla vigile e presente.
 
Hanji sputò per la terza volta il sangue che le rifluiva in bocca a ogni colpo di tosse e distolse a forza lo sguardo dalla ferita al fianco. Vedeva solo un buco là dove un tempo aveva posseduto un rene.
 
Squadrò con occhio clinico anche la gamba: se mai fosse uscita viva da quella situazione, cosa di cui dubitava seriamente, non avrebbe mai più potuto camminare come prima su quella cosa.
 
Probabilmente, rifletté con amarezza, era il destino di chi diveniva Comandante della Legione Esplorativa quello di disfarsi e perdere qualche arto. Lei, ingenuamente, aveva quasi creduto di aver già abbondantemente pagato il fio quando ci aveva rimesso mezza faccia e un occhio…Si era illusa, evidentemente.
 
«Chissà cosa troveranno i soccorsi quando arriveranno…» si chiese.
Perché prima o poi qualcuno sarebbe arrivato ad aiutarla o a raccattare il suo cadavere.
 
Tra un rantolo e l’altro, appena era riuscita a guadagnare una posizione stabile sul ramo dove era atterrata, aveva infatti lanciato un razzo di segnalazione per notificare la propria posizione. Uno rosso per dire che la zona brulicava di titani; uno nero per segnalare che la squadra aveva subito perdite ingenti - per non dire totali. E due blu per segnalare che lei era ferita.
Era stato Levi a insistere affinchè quel colore venisse aggiunto al novero dei razzi in dotazione.
 
«Se dovessi averne bisogno…Usalo» le aveva detto perentorio, piazzandole in mano una pistola e il sacchetto dei fumogeni colorati, poco prima che quell’incubo di spedizione avesse inizio.
Lei aveva esitato: «Levi...ne abbiamo già parlato, non sono d'accordo. Non è giusto...sai che sono contro i favoritismi. E decisamente la mia vita non è una priorità in questa missione…»
Il Caposquadra l’aveva quasi presa a schiaffi.
«E invece vedi di usarlo, stupida! - le aveva detto afferrandola per le braccia, facendole male - Mettiti in testa che sei fondamentale per tutti noi...e per me.»
«Levi…»
«Se tu dovessi rimanere ferita gravemente…- aveva rincarato l’uomo; balbettava, la voce rauca: era chiaro che non voleva neppure pensare a quell’eventualità – voglio saperlo, chiaro? Ti ordino di farcelo sapere lanciando due fumogeni. Va bene?»
Ma Hanji non aveva risposto e tra loro due era calato il silenzio.
«Se non per me, fallo per la squadra. Abbiamo bisogno di sapere come sta il nostro Comandante. Se vuoi, io farò lo stesso…Per quanto poco credibile sia l’idea di me che mi affido alla devozione…pregherò fino all’ultimo che a nessuno dei due servano.»
Alla fine lei li aveva presi, ma non aveva concesso oltre: «Ci penserò.»
 
A ben vedere, però, era lei, adesso, a ringraziare Dio che Levi, di quei fumogeni, finora, non avesse avuto bisogno. Per ora, almeno lui, stava bene...
 
LEVI...
 
Ecco, almeno in quel momento Levi sarebbe stato fiero di lei; per una volta gli aveva dato retta davvero. Un po’ le dispiaceva aver fatto marcia indietro sui propri propositi. Ma del resto, arrivati concretamente a un passo dalla morte, è normale, forse, rivedere le proprie carte in tavola; un ultimo desiderio...si concedeva a tutti, del resto, no?
Sperava solo di non aver creato troppo scompiglio negli altri distaccamenti, risolvendosi a lanciare quelle segnalazioni. Poco ma sicuro a quel punto Levi stava facendo il diavolo a quattro pur di correre da lei. Non si sarebbe lasciato trattenere da nulla e nessuno, ci scommeteva l'unica gamba che ancora funzionava.
 
«...A mia discolpa va detto che comunque, a ben vedere, la situazione del comandante è giusto che sia nota al resto dell'esercito, su questo Levi aveva ragione.»
Ma la realtà era che comunque non aveva più alcuna via di uscita.
Hanji oramai non aveva più forze.
Sentiva la propria coscienza scivolare via, lentamente.
 
Non sarebbe sopravvissuta…a questo punto ne era certa.Quella missione sarebbe stata per lei l'ultima; e quella foresta sarebbe divenuta la sua tomba.
 
Con quel po’ di presenza mentale che le rimaneva sganciò la sicura dei cavi di acciaio del 3DMG e con essi si avvolse all'albero, petto e gambe. Estremi rimedi pur di non scivolare di sotto da Jerry - così aveva deciso di soprannominare il titano là in basso.
 
Se tutto fosse andato bene, forse avrebbe potuto farsi trovare da Levi placidamente addormentata nel sonno nella morte. Se tutto fosse andato alla perfezione, quando fosse arrivato, avrebbe persino potuto dirgli addio. Valeva la pena provare a rimanere in vita solo per quel singolo istante.
 
Si concesse un sospiro, sebbene l’ossigeno le fosse ormai caro. Aveva dato il massimo, anche se non era bastato. Eppure, non sapeva perché, le veniva da sorridere.
"Il mio unico rammarico è non averti potuto vedere un'ultima volta, Levi." Pensò, prima di piombare nell’incoscienza.
 
Forse, col senno di poi, quei razzi avrebbe dovuto lanciarli prima.
 
On the ground I lay
Motionless in pain
I can see my life flashing before my eyes
Did I fall asleep
Is this all a dream?
Wake me up
I'm living a nightmare
I will not die (I will not die)
I will survive
 
I will not die I'll wait here for you
I feel alive when you're beside me
I will not die I'll wait here for you
In my time of dying
 
On this bed I lay
Losing everything
I can see my life passing me by
Was it all too much
Or just not enough?
Wake me up
I'm living a nightmare
 
I will not die (I will not die)
I will survive
I will not die I'll wait here for you
I feel alive when you're beside me
I will not die; I'll wait here for you
In my time of dying
[…]
Time of Dying- Three Days Grace



 
-------author's corner-------------
Snk mi fa male. Io continuo a scrivere cose. E a non concludernne nessuna. E' che il mio solito cagacazzismo autoimposto mi impedisce di essere soddisfatta di quello che scrivo e di pubblicare. Beninteso non lascerò perdere le long-fic già in corso, le finirò senz'altro. Questa, si aggiunge alla lista degli scleri che, nel mucchio, ho ritenuto più degni di una vostra considerazione sin da ora e più plausibilmente passibili di una conclusione in tempi ancora ragionevoli. Sì so dove voglio andare a parare, tranquilli X°D

Dopo questa parentesi autodistruttiva sul mio metodo di scrittura, spero comunque di essere riuscita a suscitarvi del cordoglio esistenziale durante la lettura del capitolo. E a pensare "ahia!" in almeno un punto o due. Perchè come - credo- avrete capito questa fanfiction non sarà allegra, proprio per niente. Non sarà totalmente priva di speranza, eh. Ma credo che poca gente sia in grado di far soffire la propria OTP come - deduco io, a questo punto- ho scoperto di essere predisposta a fare. Se potevo dare una gioia a Levi...gliel'ho tolta. Con Hanji ho fatto di peggio, le ho fatto toccare le vette dell'illusione cosmica per poi metterla di fronte alla dura realtà. Roba che Pirandello e i "Sei personaggi in cerca d'autore", levatevi (n.b.: lettura consigliatissima, ho amato quel libro). Ma questo lo leggerete nei prossimi capitoli.

Ho deciso di scrivere questa song-fic perchè folgorata durante l'ascolto di alcune canzoni. Spero che possiate trovare l'associazione a queste lyrics stimolante e soprattutto illuminante nei confronti del testo; Le canzoni, infatti,  forniscono una chiave di lettura al testo e viceversa. A suggestioni, talora; altre volte letteralmente. Spero di essere riuscita a renderle sufficientemente esplicite X°D  

Spero in generale che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo. Sempre che la depressione che vi ha assalito non sia stata troppa, chiaro XD Vi aspetto <3



 

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Capitolo 2
*** Without you ***


CAP 2: Without you 

 
Il suono di un razzo aveva riempito il cielo con il suo solito rumore: un fischio prolungato, penetrante; e poi uno scoppio, fortissimo.
 
Levi cavalcava alla testa dello squadrone d’assalto, gettato di gran carriera in direzione della spiaggia; alle sue spalle, ogni membro superstite della Squadra speciale da lui un tempo istituita capitanava a sua volta un manipolo di uomini. Avanzavano in posizione compatta, rapidi.
 
In quel momento, non esistevamo più Guarnigione, Gendarmeria, Legione, Corpo d’addestramento. Erano solo un gruppo di uomini e donne, ragazzi e ragazze che troppo a lungo avevano perso tempo a farsi la guerra tra loro anziché collaborare contro il proprio vero nemico. Erano stata necessarie tragedie, immani perdite e terribili rivelazioni per capirlo. Ma quel giorno, finalmente, cavalcavano tutti fianco a fianco, pronti a rischiare ogni cosa per quella libertà che per tutta la vita, ognuno alla propria maniera, avevano agognato.
 
E ad aver reso possibile tutto questo…era stata Hanji. Era solo grazie a lei se i vari Corpi dell’esercito agivano ora come un solo schieramento, unito e compatto. Aveva fatto così tanto da quanto era divenuta Comandante…Levi lo sapeva bene.
 
«Signore! - gli aveva urlato Eren all’improvviso – Signore, dalla foresta…!»
 
Il cavallo di Levi aveva quasi impennato udendo il rumore dello scoppio e il cuore dell’uomo aveva perso più di un battito. Non per l’imprevedibile mossa del cavallo, ma per le parole del ragazzo: la foresta…era l’area di dispiegamento di Hanji.
 
Levi aveva pregato con tutto il cuore che quello che era stato sparato in aria fosse un fumogeno verde…
 
Rosso.
 
Male. Voleva dire che la squadra del Comandante era sotto attacco…
 
«È rosso, signore!»
«Lo vedo da me, Jeager!»  gli aveva urlato contro Levi, ringhiando, fissando lo sguardo sulla polvere rossa che ancora stazionava in cielo.
 
Se ne fosse comparso un altro, avrebbe significato che la divisione all’interno del bosco era giunta faccia a faccia con i soldati di Marley; se quello fosse stato il solo razzo ad essere lanciato avrebbe significato semplicemente che il gruppo si era imbattuto in alcuni giganti.
…Strano ma vero, Levi sperava nella seconda ipotesi.
 
Neanche pochi secondi dopo, però, il secondo razzo scoppiò in cielo. Rosso anch’esso.
 
Levi imprecò ad alta voce, lanciando il cavallo al galoppo ancora più velocemente fino a raggiungere i soldati in possesso dei razzi segnalatori: “Merda, troppo presto!”
Prevedevano un attacco, ma non certo a distanza così ravvicinata dal loro territorio.
 
«Formazione di Difesa! Rallentiamo! – annunciò Levi facendo cenno ai banditori di spargere la voce- Armin…?» chiamò alle sue spalle.
 
Il ragazzo gli si fece a lato, affiancandolo: «Non è un problema, signore. - gli comunicò quello– ci aspettavamo che le linee di difesa di Marley fossero più arretrate, ma qualche miglio di differenza non sarà troppo un problema per il Comandante…noi stessi siamo discretamente lontani dal campo di battaglia, non c’è pericolo che ci scoprano.»
 
«Abbiamo completamente sbagliato i calcoli…»
 
«Finora, piuttosto, è andato tutto esattamente come avevamo immaginato…questo contrattempo non sarà un grave problema…poteva decisamente andarci peggio…»
 
Ma Levi era tutt’altro che convinto: «Non so perché…ma ho un cattivo presentimento…come se avessimo gettato la divisione di Hanji dritta in trappola…»
 
Lo sguardo di Armin sul Capitano era accigliato: «Be’, tecnicamente… tecnicamente  è esattamente ciò che abbiamo fatto sin da principio. Sapevamo tutti che lì dentro li attendeva un’imboscata…era la nostra strategia tenerli impegnati… ingaggiare il gruppo preventivamente. Il Comandante Hanji sapeva perfettamente i rischi che correva…»
 
«Lo so, lo so, ma…Merda, mi chiedo perché cazzo non siamo riusciti a trovare un diversivo migliore…»
 
Era stata un’idea di Hanji quella di mettersi alla testa del gruppo che avrebbe agito da esca: “Così crederanno che ci siamo lasciati ingannare e voi potrete proseguire indisturbati” aveva proposto la donna, mentre studiavano il piano, giorni prima. Si era praticamente sdraiata sulla mappa che lei e i colleghi stavano consultando, mentre lo diceva, il sorriso sghembo tipico di quando la sua mente pregustava qualcosa, un luccichio folle nell’occhio senza benda. Aveva sorriso a Levi, facendogli l’occhiolino...
“Una strategia semplice ma efficace…”
 
Sapevano che le truppe di Marley sarebbero state appostate nella foresta e l’idea di Hanji era quella di illuderli di aver ingaggiato il grosso dell’esercito, compreso il gruppo degli obiettivi strategici che interessava loro abbattere. Avrebbero soltanto finto di cadere nell’imboscata; in realtà tutto questo rispondeva al preciso scopo di attendere al varco i marleyani, aspettando di poterli annientare con una manovra a tenaglia che sarebbe stata portata a termine da altre squadre in un’azione congiunta. Era un’enorme manovra diversiva studiata completamente al fine di lasciare campo libero alla divisione di Levi.
 
E lì per lì era sembrata una buona, buonissima idea. A tutti. Lui compreso.
 
Si era lasciato convincere dalla sicurezza di Hanji – e degli altri. Ma adesso che erano giunti al dunque, Levi non riusciva a capacitarsi del perché le avesse concesso di fare una simile stronzata…e se ne pentiva amaramente.
 
Incosciente. Hanji era stata perfettamente incosciente.
…O forse, di consapevolezza, ne aveva avuta fin troppa nel fare quella proposta. Perché era quello il punto: se c’era una cosa di cui Levi era certo, era che Hanji non aveva scelto quella mossa per sprovvedutezza, ma, al contrario, per un preciso calcolo strategico. Una scommessa, logica, sensata…solo terribilmente pericolosa.
 
Perciò avrebbe voluto prendere a pugni quella sua faccia occhialuta, in quel momento, insultarla per la sua avventatezza…dopotutto non c’era bisogno che lei si sacrificasse mettendosi proprio in quel gruppo…
 
Aveva anche provato ad opporsi.
Ma Hanji non aveva voluto sentire storie: “Levi, ti serviranno tutti i Titan shifter del gruppo. Tu pensa solo a raggiungere in punto d’incontro…lì ci ritroveremo. Puoi considerarlo un ordine.”
 
Così lui si era fidato e le aveva obbedito. Aveva giusto insistito affinché dei razzi blu, con un preciso significato relativamente alle sue condizioni, fossero aggiunte alla dotazione base.
 
Levi strinse le briglie con forza per scacciare i ricordi e impedirsi di abbandonare la propria posizione per dirigersi verso la foresta. Pensarla là dentro, in pericolo, lo faceva uscire di senno. 
E se lo scontro fosse andato diversamente da come avevano preventivato? Se Hanji in quel momento avesse avuto bisogno del suo aiuto…?
 
«Signore, se posso permettermi – disse Armin, fermo - la cosa migliore che possiamo fare è continuare ad avanzare, rapidi, come secondo il piano. Lasciamo che ad occuparsi dei rinforzi sia la squadra di supporto.»
 
Prevedere un distaccamento nelle retrovie pronto a intervenire là dove più fossero stati necessari rinforzi era il massimo che fossero riusciti a escogitare peer garantire al piano maggiore probabilità di riuscita senza intoppi.
Ma sarebbe bastato?
 
Come leggendogli nei pensierio il ragazzo aggiunse, per rassicurare Levi: «Anche la squadra d’accerchiamento a questo punto dovrebbe aver visto i fumogeni; sicuramente staranno affrettando i preparativi per la manovra a tenaglia.»
 
A dare conferma di ciò, proprio in quel momento la squadra di back-up sparava in cielo alcuni fumogeni per annunciare la loro diversione all’interno della foresta. Erano già pronti a intervenire.
 
Levi si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, gli occhi fissi alla scia di fumo che continuava a salire.
Armin aveva ragione, come sempre. Non c’era da stupirsi che Hanji l’avesse indicato come suo Secondo e consigliere personale…
 
«Il comandante Hanji è una donna forte e intelligente. Ce la farà…» rincarò Armin con un sorriso, probabilmente leggendo i pensieri di Levi come su un libro aperto «Abbiamo studiato questo piano per vincere!».
 
Levi si permise di rilassarsi sulla sella. Avrebbe voluto un briciolo della fiducia che traboccava dalle parole di Armin: «Hai ragione, Armin…Procediamo, allora!  Hia!»
 
Così la squadra aveva ripreso il galoppo.
 
Da quel momento, però, Levi non aveva smesso un secondo di gettare occhiate fugaci al cielo. Anelava ardentemente di scorgere altri segnali che li aggiornassero sulla situazione... Nient’altro, a parte i fumogeni, avrebbero potuto ragguagliarli su quanto stava succedendo attorno a loro, dentro la foresta, oltre gli alberi. E, nel mentre, Levi poteva solo pensare di cavalcare il più veloce possibile.
 
Aveva ormai perso il conto del tempo quando il cielo si riempì nuovamente di colori e rumori.
 
Un razzo, sparato da sud-est fu il primo a comparire. Era nero. Poi, a poca distanza, una sequela di lanci poco più a nord.
Uno rosso.
Un altro nero.
Prima che il terzo fischio si trasformasse in scoppio, il sangue era gelato nelle vene di Levi.
 
Blu.
 
L’uomo pregò che il quarto segnale non arrivasse…ma anche l’ultimo fischio esplose in una nuvola di polveri cobalto.
 
…Era successo qualche grave disastro dentro alla foresta. Qualcosa di estremamente grave.
 
«ALT!»
 
Un mormorio si sparse immediatamente tra i ranghi quando l’ordine di fermarsi arrivò anche alle ultime file, diffuso dai banditori tra grida e sconcerto, seguito da unnsilenzio tombale. Avevano tutti visto i razzi, ma il senso non era be chiaro.
Che stava succedendo?
 
Quando Levi si voltò a guardare i propri soldati, l’espressione stoica che sempre imperava sul volto del Caposquadra era scomparsa. Il suo volto esprimeva un terrore profondo che nessuno di loro poteva dire di avere mai visto.
 
Quando parlo, la sua voce tremava. «Due squadre annichilite, una postazione persa e Hanji ferita gravemente. Ho interpretato correttamente, Armin?»
 
Il ragazzo ebbe a stento la forza di annuire. Era impallidito. Lo sguardo che i due si gettarono non aveva nulla di rassicurante.
 
«A giudicare dalla direzione dei fumogeni, la squadra di supporto deve aver fallito…» commentò Jean preoccupato.
 
«Sì, ma i segnali sono arrivati tutti adesso … perché ce lo hanno comunicato solo ora…? …E che fine ha fatto quella di accerchiamento?» gli sussurrò Eren, cercando di non farsi sentire dal Capitano.
 
«Forse prima non hanno potuto…che cosa ne so io!» sbottò il ragazzo, tirandogli una gomitata, ma guardando inesorabilmente da un’altra parte.
Non erano domande stupide le sue, le risposte però erano inquietanti: il dato di fatto era che due squadre avevano nel migliore delle ipotesi subito danni ingenti e una…sembrava scomparsa nel nulla visto che non dava segnale alcuno. E le reazioni di sconcertate di Armin e Levi facevano sempre più intendere il peggio.
 
“Fatela finita” li riprese Mikasa, spingendo il proprio cavallo a separare le cavalcature dei due giovani. Li fulminò con uno sguardo, prima di puntare gli occhi su Levi, che guardava fisso in direzione del bosco.
 
“…Marley deve avere senza dubbio inventato qualcosa che non avevamo previsto…e i rinforzi non sono bastati…- Cercava intanto di spiegare Armin, parlando in tono concitato, nello sforzo di dare un senso a un quadro che sembrava sgretolarsi tra le sue mani. Era mortificato - Non so come sia possibile che la manovra a tenaglia non abbia funzionato, non potevano aspettarsi un attacco alle spalle in congiunzione a uno frontale…non ora…non così…»
 
La manovra pensata da Armin era semplice: qualche tempo prima, dei soldati al fronte avevano catturato un messaggero marleyano in possesso di alcuni documenti e carte importanti; tra di essi un piano d’attacco al fronte Eldiano che avrebbe dovuto svolgersi di lì in capo a qualche giorno. Hanji, Levi e gli altri erano stati a lungo combattuti se dar credito a quelle informazioni o no. Ma alla fine si erano risolti a un piano di contrattacco calcolato per batterli sul tempo. Li avrebbero giocati d’anticipo. Avrebbero creato svariati gruppi con diversi obiettivi. Il principale sarebbe stato quello capitanato da Levi che si sarebbe dovuto dirigere coi Giganti Senzienti all’Oceano e impedire lo sbarco di viveri e truppe di Marley. Nel mentre, il gruppo di invasori stanziato nella foresta avrebbe incontrato il gruppo di esche di Hanji, che li avrebbe tenuti impegnanti su quel fronte, decimandoli, nell’attesa di un nuovo attacco che sarebbe giunto sui Marleyani da sud in una manovra che avrebbe chiuso gli attaccanti su due fronti.
 
Era normale che quest’ultimo gruppo non avesse in precedenza  e fino ad allora sparato fumogeni, dato che operava in incognito e giocava tutta la sua utilità sull’effetto sorpresa…ma a quel punto, secondo i piani, avrebbe dovuto aver rivelato già da tempo a Marley la propria esistenza con un attacco; tanto più ora che il fronte nord era caduto e non v’era più ragione per proseguire con il piano A; invece non se ne aveva traccia, né di loro, né dei loro fumogeni, né nulla.
 
«Forse stanno ancora aspettando il momento giusto per attaccare…» propose Sasha, ottimista.
 
Connie, però, non lo era altrettanto: «È già passato da un po’ il momento giusto per attaccare…»
 
«Sì, ma, intendo dire che forse la squadra in incognito è rimasta bloccata da qualche parte, non è potuta intervenire prima e ovviamente non ha potuto né segnalarlo coi razzi né informarci in altra maniera…non potrebbe essere che abbiano deciso di continuare a mantenersi nascosti…?»
 
«Non era questo che prevedeva il piano B. Né il C…» obiettò Levi, amaro.
E, purtroppo, non era l’unico ad essere di quell’avviso.
 
Avevano davvero gettato i propri compagni in una trappola. Avevano creduto di aver anticipato le mosse di Marley e invece… in preda alla rabbia, il Capitano strinse i pugni così tanto da far sbiancare le nocche, conficcandosi le unghie nella carne.
 
«Forse…» cercava intanto ancora di trovare altre spiegazioni Sasha. Ma la verità era una…
«Avevano previsto tutto. Abbiamo fatto esattamente quello che volevano…» sentenziò Levi, lapidario.
 
Se qualcuno aveva abboccato all’esca, erano stati proprio loro, alla fine, credendo a quel marleyano…Quello, era stato il primo scacco di Marley.
 
Gli stupidi battibecchi tra i ragazzi cessarono di botto a quella affermazione. Si guardarono tutti intorno, desolati.
 
«Signore, io…» Il volto di Armin esprimeva apertamente confusione. Cercava disperatamente una reazione in Levi, di qualunque tipo. Anche l’insulto gli sarebbe andato bene, meglio comunque del silenzio da parte del Capitano.
Il ragazzo aveva appena subito uno smacco potente, soprattutto bruciante. La responsabilità di essere stato lui il primo promotore di quel piano ormai miseramente fallito stava cominciando a gettarlo nel panico. «Ho sbagliato…ero sicuro che, ecco io…»
Balbettava, tra lo sbigttimento e il rammarico.
 
Ma se c’era qualcosa di cui in quel momento il loro esercito non aveva bisogno era di uno stratega impaurito e soffocato dai sensi di colpa.
 
Mikasa ed Eren guardavano Armin dispiaciuti. Sapevano benissimo cosa stesse pensando in quel momento l’amico di infanzia.
 
«Quello che è successo non è colpa tua…l’hai detto tu stesso, eravamo tutti d’accordo e non avevamo altre alternative…” tentò di confortarlo Eren. Era vero. Si erano riuniti a concilio per decidere se credere o no alla spia, avevano votato, si era deciso di dare per buone le sue informazioni. Di comune accordo si era deciso di scommettere che quella fosse la decisione giusta. Il piano di Armin ne era stata solo la logica conseguenza.
 
Ma Armin scuoteva la testa, le lacrime pronte a scendere nonostante si stesse sforzando di trattenersi.. Lacrime di rabbia e frustrazione. «Non avremmo dovuto credere a quella spia…potevamo riformulare tutto daccapo…» Quanti stavano morendo in quella foresta? Quanti erano già morti? Il pensiero che si trattasse di soldati non poteva essere una consolazione...
 
Lo schiaffo arrivò in faccia ad Armin prima che potesse aggiungere altro. Quando la mano di Annie tornò al suo posto era ancora scura in volto, ma il suo tono era gentile: «Questo è senno di poi, Armin. E nessuno se ne farà niente. Pensiamo piuttosto a cosa fare adesso…abbiamo bisogno di te.»
 
La ragazza era stata tutto il tempo nelle retrovie, silente. Da quando era uscita dal cristallo in cui si era volontariamente rinchiusa anni prima, aveva avuto paura a relazionarsi con tutti, dopo quello che aveva fatto - e ancora adesso sapeva che nei suoi confronti c’erano molte, moltissime riserve; con Armin no. Solo Armin aveva creduto subito al suo pentimento, e fondamentalmente, era stato per lui che aveva deciso di schierarsi dalla parte dei soldati delle mura, tradendo la sua patria, tradendo la sua gente a Marley.
Il ragazzo aveva passato giorni a parlarle, in quelle segrete in cui era stata rinchiusa, a raccontarle cosa accadeva, cosa scoprivano…come la pensava.

Aveva sempre avuto fiducia in lei. fiducia che alle sue colpe...ci fosse una giustificazione più che valida.
La prima cosa che Annie aveva fatto quando la materia cristallina si era disciolta, perciò, era stata abbracciarlo e chiedergli perdono per tutto il male che aveva loro procurato. Gli aveva raccontato tutto del paese da cui proveniva, di suo padre, dei ghetti, di come sì, avessero peccato, lei, Berthold e Reiner per quello che era stato inculcato loro come il giusto modo di interpretare e intendere il mondo; di come si fosse sempre sforzata di non legarsi a nessuno, perchè faceva male vedere morire quei compagni a cui non avrebbe dovuto legarsi, ma a cui non aveva potuto fare a meno di voler in qualche modo bene. Quel cristallo era stato un disperato modo per fuggire da una realtà che avrebbe voluto fosse solo un brutto sogno, una maniera per mettere un fermo alle bugie che per troppo era stata spinta a credere e a cui si era sforzata di credere fino all'ultimo, persino negando l'evidenza, per dare un senso a quella sua vita che, a un tratto, si era trasformata in una infinita serie di menzogne e sbagli. Quando aveva capito di non poter rimanere con le mani in mano, crogiolandosi nella colpa e fingendo indifferenza...il cristallo era andato in frantumi e come una farfalla da un bozzolo era rinata a una nuova vita nella quale aveva deciso di agire secondo i dettami della propria coscienza soltanto. E alla luce di tutto questo Armin era riuscito a farle concedere la grazia. Anche Annie era vittima di giochi più grandi di lei stessa, alla fine; e questo, per la gente delle mura, che pure aveva visto crollare il proprio sistema di valori di fronte a una verità abnorme, molto più di quanto avessero mai supposto con la loro più fervida immaginazione, era stato motivo sufficiente a concedere anche a lei una seconda chance.
 
E lei non aveva intenzione di sprecarla.
 
Vedere Armin distrutto dal rimorso le dispiaceva. Annie sapeva benissimo cosa fosse il senso di colpa. Ma se c’era una persona che non meritava di sentirsi così, a suo avviso, era proprio quel biondino così dotato…solo un po’ fifone e incline al vittimismo, abituato com’era a non credersi mai all’altezza di niente...
 
Ma lo schiaffo sembrò aver funzionato.
 
Armin la guardò un secondo, ancora spiazzato dal gesto dell’amica, prima di tirare sul col naso. Eppure, la sua espressione era totalmente diversa ora, presente, risoluta.
 
Annie aveva ragione.
«Hanno studiato tutto questo per dividerci…» esclamò Armin, analizzando la situazione. Sembrava che il suo cervello si fosse improvvisamente rimesso in moto
 
«Quindi forse dividerci a nostra volta non è saggio…?» propose Jean, incitandolo a proseguire, felice che la ente ben pensante di Armin avesse ripreso a lavorare di gran carriera. Quello era il buon vecchio Armin: metodico, previdente,...
 
«Mmmhhh…non è detto…qui stiamo giocando una partita a scacchi dove non è chiaro ci sia stato il primo a muovere…»
 
«…e qualcosa mi dice che non siamo i bianchi…» commentò in tono sconsolato Connie.
«Ma abbiamo ancora truppe. Finchè ne avremo, saremo ancora in partita.»
A quelle parole, Levi slacciò la collana del comando che aveva al collo e la passò ad Armin, che si stava tormentando il mento.
 
«Lascio tutto in mano tua, Arlert…»
 
Lo sguardo esterrefatto di tutti si posò su Levi.
 
«Capitano, ma cosa…?»
 
«Non voglio sentire un fiato! – esclamò il Capitano, imperioso, alzando la voce per farsi sentire da tutti- Nessuno può farcela, se non tu, Armin. Parliamoci chiaro: se siamo arrivati fin qui è stato per via delle tue strategie non sarà questo errore a far sì che la fiducia nei tuoi confronti venga meno. Pensa a come tirarci fuori di qui, tutti o almeno a salvarne più che puoi…La vittoria può ancora essere nostra…ma per quanto riguarda me… io…capiscimi, devo andare.»
 
Ci fu un secondo in cui gli sguardi dei due si incrociarono. Pochi secondi carichi di parole e di tensione.
«Potrebbe esserci un altro modo…»
«Non funzionerebbe altrettanto bene, lo sai anche tu.»
«Io però non…» iniziò il ragazzo, ma Levi non gli diede davvero il tempo di parlare.
 
«So che Hanji avrebbe voluto così. E io non ho intenzione di perdere un altro Comandante.»
 
C’era un dolore infinito negli occhi di Armin, mentre tratteneva il respiro senza staccare gli occhi da Levi, facendo del suo meglio per sostenere il suo sguardo. A malincuore ma senza abbassare la testa, il ragazzo prese la collana e se la infilò al collo: «E sia.»
 
L’ espressione di tutti esprimeva perplessità sempre maggiore. Il borbottio dei soldati si fece brusio, poi cicaleccio e strepito. Stavano accadendo troppo cose, improvvisamente e palesemente piene di sottintesi.
 
Che cosa significava quel passaggio di consegne? Perchè proprio ora?
 
«Signore, non vorrà andare da solo nella foresta…» paventò poi, preso da un'improvvisa realizzazione, Jean.  Cercò conferma negli occhi di Armin, ma questi aveva abbassato lo sguardo.
Alla sua affermazione, il clamore si fece ancora più intenso.
 
«Non può lasciarci qui…»
«Come può. Proprio ora…»
«Abbiamo bisogno della sua guida…»
Urla imploranti del genere emersero distintamente nel chiasso degli schiamazzi, in molti ranghi.
 
Ma guardando i soldati Levi scosse la testa: «No, voi non avete bisogno di me. il mio tempo... Il nostro tempo di veterani è finito, ragazzi; avremmo dovuto capirlo da tempo, io e il comandante Zoe… Hanji. Ma siamo stati caparbi…e in tutta coscienza non potevamo lavarci le mani di tutti questo…questo casino. Non volevamo lasciarvi soli. Avevamo le nostre responsabilità e finora le abbiamo assolte fino in fondo. Ma adesso…Mi rifiuto di lasciare Hanji da sola… - l’amarezza nel tono di voce di Levi era infinita - I razzi blu significavano che Hanji è ferita gravemente, molto gravemente. E, per come la conosco, non si sarebbe disturbata a lanciarli se la situazione fosse stata vagamente…recuperabile.»
 
La consapevolezza si era fatta strada nei soldati gradualmente mentre Levi parlava. E in Levi stesso che aveva sentito una morsa stringergli il cuore a ogni parola che pronunciava di quella triste rivelazione.
«Il Comandante…» esclamarono molti in tono di comprensione e cordoglio.
 
Solo pochi erano stati informati del significato di quei razzi blu prima dell’inizio della missione. Ora quella rivelazione cominciava a dare un senso allo strano comportamento di Levi.
 
«La libertà che cercavamo appartiene a voi, oramai. Lasciateci liberi di volare con le nostre ali…»
 
«Ma…» cominciò a obiettare Jeager, piccato, prima che la voce di Mikasa lo zittisse, mettendo a tacere tutti quanti attorno.
 
«Zitto, Eren!» Le tremava la voce.
 
I due Akerman si guardarono intensamente per un secondo. Non avevano bisogno di parole: si capivano, si capivano benissimo. Il periodo delle incomprensioni tra loro due, degli odi era passato da tempo. Avevano anzi avuto modo di parlarsi e instaurare in qualche modo un rapporto proprio nei mesi precedenti. Come sottospecie di parenti. Fin quasi come amici.
 
Mikasa gettò un’occhiata fugace a Eren. Quello stupido sprovveduto del cui coraggio e sfrontatezza della cui era innamorata sin da quando era bambina. Chiuse gli occhi come a scacciare una rapida serie di brutte immagini che le riaffiorava alla mente. Sapeva fin troppo bene cosa si provava quando la persona che si amava era in pericolo…e destinata a morire.
 
Il dolore di Levi e il suo erano lo stesso.
 
«Lasciatelo- disse la ragazza, rivolta a tutti, in tono quasi supplicante -  lasciamolo andare da lei…»
 
Ma ogni risposta fu sommersa sotto un urlo: «Levi!»
 
Rico Brzenska si stava dirigendo dalle retrovie di gran carriera con la sua cavalcatura in direzione del Capitano. Ansimava, rossa in viso. Sembrava su tutte le furie.
 
«Sì, Rico, lo so. Sono un bastardo che sta per abbandonarvi a voi stessi nella speranza di poter andare a salvare l’unica donna che…» fece per prevenirla Levi, ma…
 
«Che cazzo stai dicendo? -  gli urlò contro per tutta riposta quella – Vai da lei! Si può sapere che diavolo stai aspettando ancora qui? Raggiungi Hanji!»
 
Non era da lei urlare così. Non era da lei dire parolacce.
 
«Quei bastardi – spiegò la donna, la furia parlabile in ogni sillaba- hanno catturato l’intero corpo di retroguardia e l’anno lanciato dalle spalle contro la squadra di Hanji dopo averne fatto giganti; già devastata dal precedente attacco frontale, la divisione del Comandante è stata polverizzata. Ce lo hanno comunicato ora…»  e così dicendo fece un cenno dietro di sé.
 
In fondo ai ranghi un ragazzino, mezzo riverso su un cavallo imbrattato di sangue, era circondato da un gruppo di volenterosi che stavano cercando di tamponargli le numerose e vistosissime ferite. Era decisamente grave e non sarebbe durato ancora a lungo. Era però stato lui a portare quelle notizie, era stato lui e sparare il razzo nero. Era l’unico sopravvissuto del gruppo di supporto e aveva fatto del proprio meglio per portare loro quelle informazioni.
 
«Non ha più un braccio e la mano dall’altro lato è mezza rotta…è stato un miracolo che sia riuscito a sparare…e ad arrivare fin qui cosciente» commentò Rico spiegando così finalmente perché ci fosse stata così poca distanza tra la sua segnalazione e quella di Hanij.
 
«E il Comandante?» chiese Levi, terrorizzato.
 
Gli occhi dei Rico si riempirono improvvisamente di lacrime.
 
«Quando il ragazzo laggiù è partito dalla foresta, 20 minuti fa, era tra i pochi sopravvissuti che ancora combattevano…ma erano in quattro contro un’orda di giganti…»
 
Quattro. Cioè il 2 per cento dell'intero plotone. Un silenzio più roboante di mille giganti in corsa zittì tutti improvvisamente.
«Salvane il più possibile...e salva lei…» le lacrime scendevano ormai a dirotto lungo le guance della soldatessa. «È mia amica…»
 
Lo disse senza pensarci due volte. Non si preoccupava di quello che avrebbero detto i sottoposti. Un tempo Rico non avrebbe mai permesso a nessuno di mettere a rischio la vita di un intero esercito per il bene di una sola persona. Quella guerra era stata capace di cambiare tutti. Anche lei.
 
Levi si limitò ad annuire: «È mia precisa intenzione andare dalla donna che amo.»
 
La consapevole gravità di quella affermazione si diffuse sotto forma di un breve sospiro collettivo che rese ancora più solenne quella confessione.
 
Quindi Levi ed Hanji…?
 
Eren non riuscì a trattenersi dal rimanere a bocca spalancata. Da quanto tempo Mikasa l’aveva capito?
 
«Tu lo sapevi…cioè sapevi che Levi e Hanji erano innamorati?» le chiese Eren, guadandola sbigottito.
«Lo sono, Eren. E sì, lo avevamo capito più o meno tutti…»
 
Un nuovo silenzio si sparse per le truppe.
 
«Signore, ci offriamo di venire con lei» accennò timido qualcuno, esitante, prima di essere seguito da un coro di volontari. «Hanji è il nostro Comandante, signore.» «Anche noi non vogliamo abbandonarla»
 
«No. Voi resterete qui con Armin, il vostro nuovo Comandante. Questa…sarà quasi sicuramente una missione suicida. Lo ammetto, è e resta una faccenda privata, quindi tale voglio che…»
 
«Hanji è COMUNQUE il nostro comandante!» urlò qualcuno dallo schieramento, seguito da mormorii di assenso.
«Con tutto il rispetto per Armin, Signore...Vogliamo venire…» confermò Jean.
 
«Ho detto di no! – cercò di tagliare corto Levi, imperioso, senza mezzi termini-  Armin ha bisogno di voi; cercherò se possibile di riaggregare a questo gruppo i superstiti ma non serve divederci ulteriormente e…»
 
«No, invece possiamo e dobbiamo dividerci. - obiettò Armin, nuovamente a testa alta, ritto sulla propria cavalcatura, il tono analitico e convinto- se è vero che quella zona pullula di giganti è solo questione di tempo prima che vengano a braccarci. Tanto vale andargli incontro nella foresta, dove saremo in vantaggio noi con il nostro 3DMG. Se non lo facciamo rischieremo noi stessi di essere nuovamente chiusi tra due fronti, giganti e uomini, come è successo ad Hanji e stavolta noi rischiamo di essere in aperta pianura… È una diversione non prevista, ma sono certo che ci farà guadagnare più tempo di quanto ne perderemo se ci facessimo cogliere di sorpresa in campo aperto …»
 
«Ha senso!» esclamò Connie facendo trasparire un po’ più entusiasmo di quanto convenisse.
 
«In pratica stiamo andando a massacrare gente che fino a mezz’ora fa era dei nostri…» gli fece notare Jean.
 
Ma Connie lo guardò con consapevole rassegnazione. «Lo so. Ma ormai non lo sono più. È pietà la nostra.»
 
Sapeva benissimo che abbattere giganti voleva comunque dire uccidere umani, in fondo. L’immagine di come aveva decapitato quella che verosimilmente un tempo era stata sua madre non l’avrebbe mai abbandonato per il resto della sua vita…e lo aveva fatto consapevolmente. Se c’era qualcuno incapace di affondare a cuor leggere la lama nel cuore di un titano, c‘era da giurarci, era lui.
E stavolta, peggio ancora, si sarebbe trattato di persone che fino a qualche ora prima erano state loro compagne. Un altro peccato da ascrivere alla lunga lista dei mali da far scontare a Marley…
 
«Sarà una missione suicida per chiunque decida di seguirmi...» provò a dissuaderli ancora una volta Levi. «Non sappiamo quanti nemici ci aspettano làdentro, non sappiamo cosa troveremo...se qualcuno è ancora vivo...»

«C'è stata una volta in cui non sia stato così, Signore?»
«Quindi, che si fa?»
Soldati della Legione! Seguite il Capitano Levi! Ci riprenderemo il nostro captano!- gridò Armin tra l’esultanza generale – Il resto delle truppe dietro di me, proseguiremo verso l'obiettivo primario! Ci incontreremo alle coordinate prefissate dal piano C1! Per la gente nelle mura!!! Via!»
 
Levi guardò con orgoglio Armin partire al galoppo. Il bambino dalla zazzera bionda era diventato un uomo e un eccellente ufficiale. Hanji aveva scelto bene il suo successore. «Quindi, che si fa?»
 
«Grazie…» gli disse Levi, quando nella diversione della cavalcatura Armin gli passò accanto, rivolgendogli un sorriso che stupì tutti tranne Mikasa, che a quell’espressione grata e al tempo stesso sofferente aveva fatto ormai l’abitudine.
 
«E' tattica. Non perderemo nessun comandante, Signore, lei compreso. recuperi il recuperabile. Le porga i miei saluti…Tornate presto» mormorò il ragazzo rivolgendo a Levi uno sguardo che esprimeva quanto avrebbe voluto poter andare con loro.
 
«E' esattamente ciò che intendo fare. Soldati! In marcia!» urlò Levi con tutto il fiato che aveva in corpo.
 
E detto questo, Levi fece fare dietro-front al proprio cavallo, lanciandosi a briglia sciolta verso le estreme propaggini del bosco che avevano superato ormai da un pezzo. Dietro di lui una schiera di soldati più agguerriti che mai.
Erano lì per vendicare i propri compagni presi in trappola.
Erano lì per farla pagare a Marley.
Erano lì per lui. E per Hanji.
«Hanji.» Il punto in cui i razzi blu erano stati sparati era impresso nella sua mente come cicatrici.
 
Doveva vederla.
Doveva raggiungerla.
Aveva bisogno di sentire ancora una volta la sua voce.
 
Ma il tempo scorreva troppo veloce, la foresta era un labirinto e sebbene le tracce della battaglia fossero ovunque trovare il punto esatto in cui potevano essere i sopravvissuti non era affatto facile..
«Affrettate il passo, o quando arriveremo sarà troppo tardi!»
L’avrebbe persa. Le lacrime di Rico non facevano presagire nessun esito positivo.
Spronò il cavallo. Una lacrima scivolò dai suoi occhi, poi un’altra. Indegnamente, forse. Ma non aveva più la forza di continuare con quella maschera apatica che aveva mostrato per anni.
 
Se non si fosse sbrigato, forse, non avrebbe avuto altre occasioni per guardarla negli occhi. Nessun’occasione per stingerla tra le proprie braccia.
 
Fu con gli occhi offuscati dal pianto che abbatté il primo titano.
Cercava tra gli alberi una macchia bianca, la camicia gialla che conosceva così bene, la massa di capelli arruffati che tanto le aveva sempre rimproverato.
 
Non avrebbe retto all’ennesima perdita e ogni salto, ogni giravolta disperata che compiva per abbattere un gigante gli faceva capire che il suo cuore non sarebbe mai stato pronto a perdere anche Hanji. Conosceva troppo bene quel dolore, il dolore che si prova perdendo persone care. Ma questa volta, se fosse successo, non sarebbe rimasto più nulla di lui. Non avrebbe avuto più la forza di rialzarsi, se Hanji fosse morta. Probabilmente non gli sarebbe più rimasta nemmeno la voglia di vivere. Da solo non aveva più la forza di andare da nessuna parte. Figurarsi lottare. Neanche per quello scopo per cui avevano sprecato le loro vite.
 
Senza di lei non gli sarebbe rimasto niente.
“Non puoi lasciarmi indietro, non puoi lasciarmi solo”
 
Perciò combatteva per arrivare in tempo. Per trovarla, e presto. Perché non poteva abbandonare la speranza di salvarla. Non ancora. Non adesso. La squadra medica sarebbe intervenuta subito a soccorrerla appena l’avessero trovata.
 
“Resisti”
 
Ce l’avrebbero fatta. Sarebbero usciti da quella foresta.
Almeno a sé stesso quella bugia doveva raccontarsela.
 
 
Search for the answers I knew all along
I lost myself, we all fall down
Never the wiser of what I've become
Alone I stand a broken man
All I have is one last chance
 
I won’t turn my back on you
Take my hand, drag me down
If you fall then I will too
And I can't save what's left of you
 
Say something new
I have nothing left
I can't face the dark without you
There's nothing left to lose
The fighting never ends
I can't face the dark without you
 
Follow me under and pull me apart
I understand there's nothing left
Pain so familiar and close to the heart
No more, no less I won't forget
 
Come back down save your self
I can't find my way to you
And I can't bear to face the truth
 
Say something new
I have nothing left
I can't face the dark without you
There's nothing left to lose
The fighting never ends
I can't face the dark without you
I wanted to forget
 
I'm trying to forget
Don't leave me here again
I'm with you forever, the end
 
Say something new
I have nothing left
I can't face the dark without you
There's nothing left to lose
The fighting never ends
I can't face the dark without you
Holding the hand that holds me down
I forgive, forget you, the end
Holding the hand that holds me down
I forgive you, forget you, the end
 
Without you – Breaking Benjamin
----------------author's corner----------
Sì...sono una figlia di buona speranza.
Ma alla fine ce la faccio! *cominciano a piovere sassate*
In questo capitolo...le cose non vanno bene per niente. La situazione è disperata oltre ogni dire...e, dice il detto, a mali estremi, estremi rimedi. Inizia la corsa contro il tempo del nostro tappetto adorato...che, poveraccio, è il #maiunagioia per eccellenza oramai. Ce la farà a raggiungere Hanji?
Non ve lo dico ancora. Però ecco, credo abbiate assaggiato un a buona dose di sfi---sfortuna e di contrizione. Ecco. Ricordatevela. Perchè il prossimo capitolo è peggio.
No, seriamente. Il prossimo capitolo è peggio. Ci si legge!

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