Daily fables

di steffirah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1 - Power couple ***
Capitolo 2: *** Day 2 - Playlist ***
Capitolo 3: *** Day 3 - Smiles ***
Capitolo 4: *** Day 4 - Celebrations ***
Capitolo 5: *** Day 5 - The in-laws ***
Capitolo 6: *** Day 6 - Gifts ***
Capitolo 7: *** Day 7 - Middle schoolers ***



Capitolo 1
*** Day 1 - Power couple ***


POWER COUPLE



 
Nell’aria della notte risuonava una musichetta. Le stelle splendevano alte nel cielo, la luna era piena. Ma era più vicina alla Terra. Com’era possibile? Quale grandiosa magia poteva compiere un miracolo simile?
Un’ombra la oscurò totalmente. Il gigante di pietra e lava si innalzò in tutta la sua magnificenza, ruggendo bestiale. Una cascata d’acqua scrosciò dalla fitta foresta, illuminando tutto con la sua luce celeste. Schegge di ghiaccio colpirono le sue braccia, spaccandogliele. Frecce d’argento gli perforarono il cuore, sgretolandolo.
Dall’altro lato, un drago d’acqua gridava, furioso, verso il cielo. Ma prima che la pioggia bagnasse il mondo, una sfera di fuoco la fece evaporare, riducendola a tante goccioline invisibili e impalpabili.
L’attenzione, tuttavia, era posta al centro della scena. Qui i nostri eroi combattevano fianco a fianco, spalleggiandosi, lanciandosi occasionalmente occhiate d’intesa. Bastava loro uno sguardo per capirsi. Lei riusciva a prevedere il suo utilizzo del vento e accresceva la sua forza, usando Windy. Lui intuiva le sue intenzioni, comprendendo che per sconfiggere il buio avrebbero dovuto servirsi di tutte le fonti luminose che possedevano. Luce. Fulmini. E infine, eccoli. I loro veri nemici.
«Se restiamo uniti, saremo invincibili.»
«Se tu sarai con me, io sarò più forte.»
Sakura annuì tra di sé, ricordando le parole che si erano scambiati qualche ora prima. Acquisì fiducia in se stessa e, per quanto fosse una mossa azzardata, decise di provarci. Così usò Sword e, nel momento in cui Shaoran partì all’attacco, fece lo stesso, lanciandosi contro il suo avversario.
Si ritrovarono una nuova volta schiena contro schiena, con i due nemici che intanto si fondevano in un unico essere. Si sorrisero e si scambiarono un piccolo cenno col capo; dopodiché, muovendosi in sincronia, riuscirono a colpire l’avversario. Ponendo fine a quell’illusione.
E allora, svanì anche la musica che li aveva accompagnati.
«Che meraviglia!»
«Approvo! Mi hai reso così kakkoii! Altro che Yue, huahaha!»
«Sakura-chan, è così bello vederti lottare con Li-kun! Lo rifacciamo, vero? Vero?»
«Tomoyo-chan…»
Sakura sorrise alla sua migliore amica in difficoltà, nel momento in cui Shaoran – dopo un’acuta analisi al video e aver superato la sorpresa per la “colonna sonora” – dovette riconoscere: «È venuto bene!»
«Certo che è venuto bene!», gioì Tomoyo, prendendo le mani di entrambi. «Sono così felice che mi abbiate dato questa opportunità. È un tesoro inestimabile!»
Sakura le sorrise, lieta di aver contribuito alla sua felicità. Shaoran arrossì un po’ all’idea di dover ripetere quella recita, ma doveva ammettere che si era divertito. Ed era sembrato molto realistico.
Approfittando di un momento di distrazione di Tomoyo – che intanto elogiava Kerberos, nutrendo il suo ego – attirò l’attenzione di Sakura. Le sorrise con malizia, facendo segno di silenzio. Lei comprese immediatamente, avvampando, e lo spintonò. Richiamati dal loro ridacchiare, Tomoyo e Kerberos chiesero cosa fosse successo, ma loro non fecero altro che portarsi una mano alla bocca, in maniera complice. Ciò che era accaduto usando Time sarebbe rimasto il loro piccolo segreto. 
 
̴̴̴ 
 
Fu Shaoran-kun a suggerirmi di usare quella carta, approfittando dei bagliori della nostra vittoria affinché Tomoyo-chan non se ne accorgesse. Eseguii gli ordini, curiosa di scoprire che intenzioni avesse, e lui mi passò un po’ del suo potere. Soltanto quando tutto si bloccò attorno a noi e venimmo avvolti da una luce dorata mi accorsi che persino Yue-san e Kero-chan ne avevano subìto l’effetto. Hoe?
Non feci in tempo a chiedergli come fosse possibile che lui posò le sue labbra sulle mie. Sbattei gli occhi sorpresa, ma presto mi abbandonai alla sensazione di morbidezza che ne derivò. Il mio petto fu scaldato da un piacevole fuoco, che scoppiettava con gioia, scintillando di emozione. Quando si allontanò, esattamente pochi secondi prima che svanisse l’effetto della carta, mi sussurrò: «Suki.»
Mi si distanziò in tempo per non destare sospetti e io rimasi un secondo lì, tacita, a riflettere su come reagire. Mi voltai a guardarlo mentre un sorriso affiorava sulle mie labbra. Saltai al suo collo e, per la forte spinta, cademmo entrambi a terra. Accanto al suo orecchio, così che soltanto lui riuscisse a sentirlo, gli diedi la mia risposta.
Pensandoci adesso, probabilmente quella è stata la prima volta che ci siamo baciati in una situazione del tutto impossibile e quel nostro bacio sarebbe per sempre esistito, in un tempo bloccato. 




Angolino autrice:
Salve! Torno prima del previsto con una serie di one-shot - per la prima volta su Card Captor Sakura! Ed è il momento migliore, credo, ora che sta cominciando la nuova stagione! *w* Perciò pubblicherò le one-shot ogni domenica, all'uscita di ogni episodio. Sarà uno dei modi per festeggiare! *_*
Come plausibile, per il primo giorno mi sono ispirata all'inizio del secondo film (The sealed Card).
È da un sacco di tempo che immaginavo la stessa scena, però con Shaoran presente e... eccola qui! x///D
Spero soltanto che non sia troppo scontata e prevedibile ^_^'
Grazie a chi leggerà :3

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Capitolo 2
*** Day 2 - Playlist ***


PLAYLIST
 


 
«Cosa stai mormorando?»
«Eh?» Mi voltai alla mia destra, sorpreso di udire la sua voce. «Sakura?»
Il suo viso si illuminò in mezzo ai raggi del sole che filtravano tra i rami degli alberi e risplendette ancora di più quando sorrise a trentadue denti, sedendosi accanto a me.
«Stavi canticchiando.»
«No.», negai, ma lei finse di non sentirmi, insistendo.
«Non ti ho mai sentito cantare.»
«Sì invece, a scuola durante l’ora di musica -»
«Non vale.», mi contraddisse, scuotendo la testa. Mi si fece più vicina, sbirciando sullo schermo del telefono. «Non conosco questa canzone.»
«Vuoi ascoltarla?», proposi, passandole un auricolare.
«Voglio sentire te cantarla.», rifiutò, guardandomi con astuzia.
«Non ho una bella voce.», ribattei frustrato, sviando lo sguardo. E inoltre mi vergognavo da morire a cantare davanti ad altre persone. Ma questo non potevo confessarglielo.
«Non ci credo.»
«Davvero.»
Lei si spostò davanti a me, impedendomi di guardare altrove se non i suoi occhi che mi pregavano.
«Per favore.»
«D’accordo.», mi arresi. «Ma non adesso.»
Accettò di buon grado, mettendosi in piedi e porgendomi una mano. La fissai divertito da quel comportamento cavalleresco. Dopo la recita scolastica sembrava essere entrata sul serio nella parte del principe azzurro. Eh già, ancora una volta la storia si era ripetuta. Non avrei mai immaginato che persino al liceo si facessero spettacoli coi ruoli invertiti e, di nuovo, a me era fatalmente toccata la parte della principessa. Ma perché il destino era così crudele? I ruoli non potevano essere divisi in base al sesso?
Questa volta, comunque, era stato meno imbarazzante che in passato. Ero molto più concentrato sul mio personaggio e riconobbi che Sakura era davvero impeccabile. In tutto ciò che faceva.
Inoltre, a differenza di ciò che portammo in scena alle elementari, stavolta si trattava di un’opera originale scritta dai membri del club di letteratura. E, per qualche bizzarro motivo, tutto ruotava attorno alla musica. Ad esempio, c’erano cori serafici che allietavano l’incontro del principe e della principessa, avvenuto in una valle che aveva un qualcosa di edenico.
Non avevo mai capito perché la nostra scuola guardasse così tanto alla cultura occidentale, visto che ne avevamo di tradizioni bellissime e storie affascinanti. Tuttavia, a quanto pareva, l’Europa affascinava tutti e dovevo confessare che da un po’ di tempo aveva cominciato a stregare persino me. Per l’esattezza, da quando avevo scoperto quanto fossi inaspettatamente portato per l’inglese, nonostante da bambino odiassi materie come le lingue straniere. E invece adesso, a distanza di cinque anni ero irrimediabilmente attratto da ogni sorta di lingua. Soprattutto dal linguaggio della musica. Altra cosa bizzarra, visto che ero sempre stato negato in tale arte. Eppure ultimamente, più spesso di quanto avrei voluto, mi perdevo in fantasticherie e sogni ad occhi aperti e canticchiavo, senza rendermene conto. Proprio come successo poco fa.
A fine lezioni aspettai Sakura, come tutti i giorni, e dato che nessuno di noi doveva restare per i club ci affrettammo a tornare a casa. La accompagnai fino all’ingresso e stavo per congedarmi, quando lei mi trattenne, tirandomi la manica. Mi voltai, trovandola a sorridermi malvagia. A volte mi faceva veramente paura.
«Non l’ho dimenticato.»
Sospirai, scompigliandomi i capelli mentre riflettevo su una possibilità di fuga.
«È tutto il giorno che aspetto di sentirti cantare!», esclamò eccitata, non attendendo oltre, prendendomi la mano per trascinarmi con sé fin dentro casa.
Chiesi scusa per il disturbo, ma lei mi rispose che non ce n’era bisogno perché eravamo soli.
«Quindi canta, senza alcuna ritrosia.»
«E Kerberos?», sospirai, lasciando che mi conducesse fino in sala, dove mi fece accomodare sul divano.
Si sedette al mio fianco con un tonfo, ragionando. «Dato che non è sceso a salutarci sicuramente starà dormendo, oppure starà giocando con le cuffie.» Drizzò poi le spalle, dedicandomi le sue attenzioni. «Ti ascolto.»
«È un po’ imbarazzante.», ammisi con un filo di voce, spostando lo sguardo sulle mie mani.
«Perché?»
«Saresti la prima persona per cui canto e… e la canzone in questione ricorda un po’ il passato …»
«Oh! Ora sono ancora più curiosa!»
Immaginavo. Mi rassegnai all’idea e mi preparai psicologicamente.
«Se la mia voce è orribile però fermami, d’accordo?»
«È una cosa di cui dubito.»
Le rivolsi un breve sguardo grato per la fiducia che riponeva in me. Chiusi poi gli occhi – forse mi avrebbe aiutato a concentrarmi. Se immaginavo di essere solo la mia voce non avrebbe dovuto tremare… Eppure, al contempo, desideravo che lei mi sentisse. Che ascoltasse almeno le parole, perché era a noi che le rivolgevo.
 
Lift up your head
Let it all start
Today is the day you return to your heart
Open your eyes
Let it begin
Today is the day we let the light in
 
Take my hand we're going home
I won't ever let you go
Take my hand we're going home
I won't ever let you go
We're going home
We're going home
 
Tacqui, riaprendo gli occhi, decidendo di non proseguire per non dovermi ripetere e notai anche lei con gli occhi chiusi. Un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra e lessi la felicità che sbocciava su di esse.
«Hai una voce bellissima.», mi encomiò, guardandomi.
«Non è vero.»
«Invece sì.», ridacchiò. «E ogni volta che ti sento parlare in inglese riconosco che sei davvero bravissimo!», aggiunse, imbarazzandomi maggiormente.
Abbassai la testa, arrossendo. Esagerava sempre coi complimenti.
«Vuoi sapere una cosa?», domandò dopo un po’, entrando nel mio campo visivo, sorridendomi un po’ impacciata. «Quando eri a Hong Kong chiesi a Tomoyo-chan di aiutarmi.»
«Aiutarti a fare cosa?», chiesi confuso – e in parte preoccupato.
«A cantare una canzone che ho scritto, cercando la giusta melodia.», confessò, mentre le sue guance si tingevano di rosso.
«Hai scritto una canzone?», chiesi incredulo. Non me l’aveva mai detto!
Annuì, mormorando: «Mi vergognavo… Però in questi anni ho allenato la voce, quindi adesso non dovrei più stonare.»
Alzai un sopracciglio, basito. Ripetei la domanda, non capacitandomene.
«Per te.», confermò con un sussurro. Trattenni il fiato, sentendomi il cuore in gola. «Vuoi ascoltarla?», propose timidamente.
«Assolutamente.»
Feci un cenno affermativo con la testa e lei mi sorrise raggiante, prima di alzarsi dal divano per mettersi di fronte a me, chiudendo gli occhi. Prese un respiro profondo e cominciò a cantare, guardandomi con un’espressione infinitamente tenera.
 
Massugu na hitomi 
itsumo damatteru 
yume o miru tabi ni 
soppo muite waratteru
 
Taisetsu na jikan o 
zutto mamotte kureta ne 
yukkuri to dakeredo hitotsu dake 
kitsuke ita koto tsukaetai kara
 
Anata ni aete anata to sugoshite 
ima koko ni sotto ukabu 
afureru kono omoi o uke tomete
 
Fukyou na shigusa 
itsumo soba ni iru 
omoide no naka de 
takaramono ni kawatteku
 
Daisuki na jikan o 
motto suki ni shite hoshii 
yukkuri to dakeredo hitotsu dake 
kitsuke ita koto shinjitai kara
 
Anata no yuuki anata no yasashisa 
hora koko ni kitto aru yo 
afureru kono namida o uke tomete
 
Mizu mo kaze mo taiyou mo daichi mo 
tsuki mo hoshi mo tsutsun de kureru
 
Mi alzai in piedi, con un groppo in gola, e la strinsi tra le mie braccia.
«Shaoran-kun?»
«Continua.», ordinai con voce roca, trattenendo le lacrime.
Percepii le sue labbra stendersi accanto al mio collo, prima di riprendere da dove si era fermata, abbassando la voce. Eppure, nonostante avesse ridotto il suo tono a un sussurro, le sue parole risuonavano alte nella mia mente, scivolando giù nel mio cuore, avvolgendolo nella loro dolcezza.

 
Anata ni aete anata to sugoshite 
ima koko ni sotto ukabu 
afureru kono omoi o uke tomete
 
Anata ga kureta mirai no kakereba 
hora koko ni hikatteru kara 
meguri aeta omoi wa hitotsu dake
 
«Sakura.», la chiamai con un fil di voce.
«Sì?»
La presi per le spalle, allontanandola di poco per riuscire a guardarla, emozionato.
«Ti amo.»
Lei spalancò le labbra, palesemente sorpresa; durò tuttavia un secondo, perché subito si aprì nel sorriso più grande che mi avesse mai rivolto.
«Anche io! Ti amo tantissimo!»
Mi saltò al collo, facendomi perdere l’equilibrio e così finimmo nuovamente entrambi sul divano. Ridemmo divertiti e quando ci rimettemmo composti le dissi: «È veramente bellissima. Grazie.»
«Grazie a te, per avermi ascoltata.», mi guardò grata, asciugandomi le guance da qualche lacrima che mi era sfuggita.
Le scompigliai i capelli, sorridendo rasserenato, pensando che meritava una degna risposta. Per questo cominciai a meditare su una canzone da scriverle, in modo tale che, dopo tanti anni, avremmo avuto la nostra personale playlist.




Angolino autrice:
Buonsalve! Il secondo tema, come avrete potuto vedere, è "playlist" e le canzoni utilizzate sono "Going home" di Randall Kent e "Hitotsu dake", cantata da Sakura stessa - spero che la conosciate, altrimenti cercatela e ascoltatela perché è veramente fantastica! Ed è, ovviamente, dedicata a Shaoran :3 Forse era un po' prevedibile utilizzarla così, ma era ora che lui sapesse della sua esistenza! 
Spero, come sempre, che questa one-shot sia stata di vostro gradimento! ^_^
A domenica prossima,
Steffirah

 

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Capitolo 3
*** Day 3 - Smiles ***


SMILES
 


 
C’erano una volta due bambini di nome Shaoran e Sakura. Essi provenivano da due Paesi completamente diversi, ma, dato che il papà della bambina era un archeologo, furono costretti a trasferirsi in Cina per poter lavorare su antichi scavi nella regione di Hong Kong. Per questo lei aveva dovuto dire addio ai suoi più cari amici, ma la tristezza presto svanì, lasciando posto ad un nuovo sentimento, forte e caldo come il fuoco in uno scoppiettante camino.
Tutto ebbe inizio il giorno stesso in cui essi giunsero alla loro nuova dimora, confinante con una sontuosa casa, alta molto più della loro. Caso volle che la finestra della cameretta della bambina, dagli occhi verdi come le foglie dei faggi in estate e i capelli che splendevano come miele, affacciasse direttamente sulla finestra di quella di un bambino dagli occhi e i capelli color cioccolata. Eppure, qualcosa di strano avevano i suoi occhi, che talvolta lampeggiavano di caramello. Dal momento in cui lei lo vide sentì, in cuor suo, che era un bambino con una grande forza vitale e, non appena i loro sguardi si incrociarono, gli rivolse il suo sorriso migliore. E da quel giorno quelle labbra distese divennero il filo rosso che li legava.
Cominciarono a trascorrere tantissimo tempo insieme e, dato che avevano un lato del giardino in comune, proprio fuori le loro finestre decisero di piantare due tipi di piante che rimandavano ai loro nomi, rappresentandoli: lui fece crescere un albero di ciliegio, lei numerosi arbusti di peonie. Il ciliegio sorgeva esattamente al centro di esse, perché anche il bambino – per quanto fosse piccolo e inesperto delle cose del mondo – sentiva dentro di sé che la sua vita sarebbe cambiata, sarebbe evoluta in meglio, e sarebbe stato soltanto grazie a quella bambina di cui tanto amava gli occhi e il sorriso.
Era proprio uno di quei giorni spensierati, in cui i due bambini stavano giocando in mezzo ai fiori, quando sentirono un rumore strano, come di uno specchio che cade, frantumandosi in mille pezzi. Lui si alzò istintivamente, credendo che provenisse da casa sua, ma nel farlo qualcosa entrò in un suo occhio. Se lo stropicciò, infastidito, e prese a lacrimare, sperando che quella che lui pensava essere polvere uscisse. Ma ahimè, non era così semplice. Si trattava realmente di un frammento, un frammento di uno specchio magico che distruggeva la bellezza, corrompendola col suo veleno.
Per comprendere meglio bisogna tornare un po’ indietro nel tempo, a quando una giovane Maga in vita da decenni, conosciuta come Madoushi, dopo essere stata abbandonata dall’uomo che amava divenne fredda come il ghiaccio; ella, in un momento di rabbia cieca, ruppe il suo specchio, i cui frammenti si sparsero in tutto il mondo, diffondendo la sua tristezza e malvagità. E fu proprio uno di questi cocci di vetro a insinuarsi nel corpo del nostro giovane protagonista. Come conseguenza egli divenne algido e cattivo, come una tagliente stalattite di ghiaccio che feriva tutto e tutti, compresa la sua più cara amica. Sakura non si arrese facilmente e ogni giorno faceva di tutto, ogni cosa che era in suo potere per farlo tornare com’era; ma era tutto futile e veniva costantemente allontanata. Fu proprio dopo l’ennesimo rifiuto che egli finì casualmente nelle mani della Maga. Ella sembrò rivedere in lui il riflesso del suo amato, il suo traditore, e per questo decise di vendicarsi dandogli un bacio, facendogli dimenticare le sue origini per poterlo avere tutto per sé. Se non aveva potuto ottenere l’uomo che bramava, avrebbe almeno potuto possedere colui che aveva compreso essere un suo discendente.
Sakura, disperata nello scoprire che lui era scomparso nel nulla, partecipe della sofferenza della sua famiglia, decise di farsi coraggio e mettersi in cammino, certa che prima o poi lo avrebbe trovato.
Si trattò di un lunghissimo viaggio, durante il quale dovette superare numerose prove – alcune terrificanti, altre pericolose – intervallate da momenti buffi vissuti con personaggi fantastici, tra cui magici animali parlanti che la aiutarono nella sua impresa. E infine raggiunse il castello della Maga. Esso era situato a Nord del Paese, immerso in un bacino d’acqua ghiacciata. Poteva sorpassarlo soltanto volando ma, sebbene potesse sembrare un’impresa impossibile, ora lei era in grado di farlo, perché durante questo percorso aveva imparato tante cose nuove. Cose che la avevano fatta crescere. Cose che la avevano riempita di speranza, facendo sì che non si abbandonasse mai alla tristezza. Non versò mai una lacrima. Non ebbe mai un attimo di esitazione. Andava avanti, con prodezza, senza abbandonare il suo caratteristico sorriso, che la faceva amare da tutti i suoi aiutanti.
Eppure fu proprio lì, a pochi passi da lui, che la Maga la colse priva di difese e le lanciò un incantesimo, affinché perdesse anche lei i ricordi che aveva di lui. Avrebbe dovuto diventare anch’ella un freddo automa, ma il suo cuore era troppo caldo, il suo spirito troppo focoso e per quanto il ghiaccio minacciasse di congelare i loro fiori, le scintille che sbocciavano dalla sua anima riuscirono a scioglierlo fino all’ultima goccia, facendolo evaporare. La sconfisse con quel calore che era in lei innato e raggiunse il bambino nella stanza. Lo sentiva mormorare parole incomprensibili, come un folle chiuso da anni in un manicomio.
Lei non poteva saperlo, ma da quando lo aveva rapito la Maga non faceva altro che torturarlo, facendogli ripetere ogni giorno gli stessi gesti, con un unico obiettivo: che componesse con pezzi di ghiaccio la parola “amore”. Solo così facendo avrebbe potuto tornare ad essere padrone della sua vita, ma lui non ricordava più quale fosse il carattere esatto né da quanti tratti fosse costituito. Ecco perché per quanto si sforzasse non ci riusciva e il suo animo si spegneva sempre di più…
Ma, per fortuna, la nostra eroina non era arrivata troppo tardi. Ella corse verso di lui, al centro del gran salone, incespicando e cadendo, ma senza arrestarsi lo raggiunse. Finalmente poté abbracciarlo. Finalmente poté piangere e gridare il suo nome a squarciagola, nella speranza che potesse ridestarsi dal suo gelido sonno. Le sue lacrime caddero sul petto del bambino, illuminandosi, sciogliendo il ghiaccio del suo cuore. Lui riconobbe la sua voce e pronunciò debolmente il suo nome. Delle lacrime sgorgarono anche dai suoi occhi e, con esse, la scheggia fuoriuscì, polverizzandosi. Finalmente la vide, così come la ricordava, col suo sorriso grande quanto il vasto cielo e la strinse a sé. Lei, per la contentezza, cominciò a girare in tondo con lui, danzando vorticosamente e, al ritmo dei loro passi, i frammenti di ghiaccio si mossero, scrivendo automaticamente la parola che sarebbe stata la chiave per aprire la porta di quella prigione. Così Shaoran era libero e i due bambini poterono tornare al loro nido, dove vissero felicemente per il resto della loro vita.




Angolino autrice:
Salve a tutti! Rieccomi dopo il terzo episodio (non vi dico come sto perché ho già sclerato male e potrei continuare in eterno!) **
Riguardo questo prompt, avevo mille idee per la testa, poi mi sono detta che è da tanto che non riprendo una fiaba e ho scelto "La regina delle nevi" di Andersen, cambiando qualche particolare, decidendo di scriverla come una favoletta. Un po' semplice rispetto al mio solito e molto sintetica effettivamente, quindi vi chiedo scusa ;_; 
Come potrete notare, "Madoushi" è un riferimento al primo film (quello ambientato a Hong Kong). Avrei potuto approfondire alcune cose, ma non ho avuto proprio il tempo e ci tenevo a pubblicarla oggi, pur facendo i salti mortali tra un impegno e un altro ^^' Per cui è molto probabile che non appena mi sarà possibile la rileggerò e la renderò più decente di così xD
Vi auguro una buona domenica e una piacevole settimana :3
Steffirah

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Capitolo 4
*** Day 4 - Celebrations ***


CELEBRATIONS
 


 
«Shaoran-kun!»
Alzai la voce, scorgendolo da lontano. Una gioia incommensurabile mi pervase mentre correvo nella sua direzione, eccitatissima.
«Buongiorno.», mi salutò, notandomi.
Gli saltai addosso, non lasciandogli il tempo di dire o fare altro.
«Auguri!», esclamai con tutte le mie energie – probabilmente distruggendogli l’udito e svegliando mezzo vicinato.
«Auguri?»
Mi affacciai per sbirciare sul suo viso, che sembrava confuso. Possibile che non se lo ricordasse?
«Non hai ricevuto nessuna chiamata?», indagai. Nessuno mi aveva anticipata?
«A quest’ora? Direi proprio di no.» A quella notizia ne sorrisi dentro. Ero stata la prima! «Piuttosto, è successo qualcosa? Mi telefoni all’improvviso nel cuore della notte dicendo di vederci al parco e -»
«Qualcosa di meraviglioso!», lo interruppi, prendendogli le mani e agitandole.
Poi mi allontanai di qualche passo per afferrare la chiave e rilasciare il sigillo.
«Cosa stai facendo?»
«Fly!», esclamai in tono di comando. La carta parve leggermi nel pensiero in quanto, piuttosto che farmi apparire le ali sulla schiena come al solito, le fece comparire sullo scettro. Ci salii sopra e dissi a Shaoran-kun di fare altrettanto.
«Prego?»
«Dai, non essere scontroso adesso.»
Lui mi guardò contrariato – eh già, eravamo giunti a quella fase della nostra relazione in cui avevamo cominciato a punzecchiarci, quasi con un ritorno al passato.
«Mi dispiace averti fatto svegliare a quest’ora, ma c’è una buona ragione. Te lo garantisco.»
«Non è questo.», sospirò, sviando poi lo sguardo. «Vuoi che salga dietro di te?»
Confermai, chiedendomi quale fosse il problema, e lui mi guardò riluttante. «È così poco virile.», borbottò.
Sospirai, paziente, ricordandogli: «Lo abbiamo già fatto. E anche più di una volta.»
«Mentre tentavamo di catturare le carte o fuggire da esse e, allora, io ero sicuramente più leggero.», puntualizzò piccato.
«Stai sottovalutando la forza delle mie carte? Fly potrebbe offendersi.»
«No che non le sottovaluto, ma…»
«Ma?»
«Ma…  Non possiamo fare a cambio?»
Ridacchiai, capendo. Quindi non era che non voleva.
«Non sai dove siamo diretti, quindi non puoi guidare tu.»
Lui sospirò sonoramente prima di decidersi a salire. Yatta!
«Tieniti forte.», lo avvisai, prima che ci alzassimo in volo.
Mi diressi verso la scuola, con il vento che mi sferzava i capelli, giovandomi della sensazione del calore di Shaoran-kun, tanto vicino. Era un’esperienza che mi sarebbe mancata. Forse dovevo proporgli di ripeterlo più spesso, anche se sarebbe andato contro i suoi desideri.
Lo condussi fino alla torre, quella stessa torre dell’orologio che lui tanto tempo fa aveva proposto di distruggere, e lo feci scendere, saltando giù dopo di lui. Lo presi per mano, portandolo con me a sedersi sul davanzale, con le gambe all’aria. Se avevo fatto bene i calcoli non doveva mancare molto.
Lui si accomodò al mio fianco, osservando la città con uno sguardo pacato. Si accorse che lo stavo fissando, per cui si voltò e ringraziai il buio che celava il mio rossore. Dal luccichio delle sue iridi compresi che – nonostante fosse stato inizialmente riluttante – l’esperienza doveva essergli piaciuta. Avevo avuto proprio una buona idea.
«Perché siamo qui?», indagò, spezzando il silenzio, ma con un tono di voce molto più calmo e rilassato.
Gli sorrisi, decidendo che era giunto il momento di sputare il rospo.
«Perché è il tuo compleanno.»
Sembrò sorprendersi, in quanto domandò: «È già il tredici?»
«Esatto.», confermai, trattenendo una risata. In tutta la mia vita non mi era mai capitato di perdere fino a questo punto la cognizione del tempo, dimenticando persino il mio stesso compleanno. Meno male che lo avevo portato proprio dove catturammo Time! Ridacchiai tra me e aggiunsi, indicando l’Est di fronte a noi: «E quello è il mio regalo.»
Lui guardò dritto dinanzi a sé e, esattamente in quel momento, l’abito della notte si alzò, mostrando la sua sottoveste di seta rosata. Il primo chiarore del giorno splendette nel cielo, tingendolo con i suoi dolci colori d’estate.
Osservai anche io l’alba, memorizzando ogni dettaglio di quel momento irripetibile. Allora sentii delle dita posarsi sulle mie, stringendole con tenerezza.
«Grazie.»
Il suo sussurro si allontanò, trasportato via dal vento, e quando il primo spicchio di sole fece capolino dall’orizzonte ricambiai la sua stretta, guardandolo felice. Mi allungai a dargli un bacio su una guancia, prima di appoggiare la testa sulla sua spalla. Sentivo il mio cuore partire al galoppo, ma non chiusi gli occhi, non volendo perdermi neppure un secondo di quella mattina da sogno. L’aurora si sciolse nel cielo, cedendo il suo posto al primo mattino. Il mattino in cui Shaoran-kun era nato. Il mattino in cui il mondo mi aveva fatto dono della sua esistenza, offrendo il frutto della vita alla persona per me più importante.




Angolino autrice:
Buonsalve! :3 
Su questa one-shot c'è poco da dire, se non che si rifà più alla vecchia serie che alla nuova xD essendo il tema "celebrations" immediatamente ho pensato a qualche compleanno, ma non volevo che fosse "festeggiato in maniera convenzionale", con torte, feste e palloncini. E quindi me ne sono uscita con questa piccola sorpresa che, a modo suo, possiamo considerarla come un bel regalo, pittosto unico e originale. 
Spero, come sempre, che sia stata di vostro gradimento. 
Un bacio e buona domenica!

P.S.: per chi non lo sapesse, "yatta" può essere visto come un modo per gioire della riuscita di qualcosa, che tradurremmo con "ce l'ho fatta!". In questo caso possiamo anche tradurlo con "Evviva!"

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Capitolo 5
*** Day 5 - The in-laws ***


THE IN-LAWS
 




 
Era risaputo. Tutti ormai si erano arresi all’idea che mio fratello non avrebbe mai cessato di infastidire Shaoran-kun, in un modo o nell’altro. Seppur vero che il loro rapporto non era cominciato col piede giusto, più volte Shaoran-kun si era scusato, sia con me – sebbene non ce ne fosse bisogno – che con lui. Ma Touya sembrava deciso a non perdonarlo. Non capivo come potesse essere così testardo. Insomma, dopo tutto questo tempo avrebbe dovuto comprendere che animo gentile e premuroso aveva. E anche se lo faceva per “proteggermi”, avrebbe dovuto aprire gli occhi e vedere la realtà: quello era il passato. Un capitolo chiuso. Un aspetto di uno Shaoran-kun ancora sconosciuto. Quel periodo in cui lui era ancora il mio rivale. Ma anche in quei frangenti la sua gentilezza cominciava pian piano ad affiorare in superficie. Usciva allo scoperto nei momenti più pericolosi, e spesso anche in maniera indiretta. Ma, per quanto io fossi tonta, il suo spirito altruista non mi era mai sfuggito.
Situazione del tutto opposta era quella vissuta con mio padre. Purtroppo aveva avuto modo di conoscerlo solo per breve tempo, durante una lezione speciale fatta a scuola dove il mio papà presentava il suo lavoro – oltre la sera della battaglia contro Eriol-kun, in occasione della quale scoprimmo tutti con grande sorpresa che anche lui era una reincarnazione del signor Clow.
All’epoca non avevo alcuna idea di quanto Shaoran-kun potesse essere affascinato dall’archeologia. Quel giorno non me lo disse, ma dopo molto mi rivelò che allora pendeva letteralmente dalle sue labbra. La sua celata passione per tale disciplina fu una scoperta tanto sconvolgente quanto piacevole. Da sempre lo avevo visto preso, totalmente rapito dalle materie scientifiche e mai avrei immaginato che la sua vera indole tendesse verso quelle letterarie. Ma ciò che legava le due – apparentemente così differenti, così contrastanti – era il piacere della scoperta.
Tutto ciò mi fu confessato quando decisi di presentarlo – in maniera ufficiale, come mio ragazzo – a mio padre. Era una cosa che non avevo fatto – onestamente, non ci avevo minimamente pensato (forse lo davo semplicemente per scontato) – ma per questo fui severamente rimbrottata da Rika-chan e Chiharu-chan. In realtà, anche Naoko-chan dava loro ragione e persino Tomoyo-chan sembrava dispiaciuta che non avessi avuto prima un pensiero simile. Ovviamente da un lato ne era lietissima, perché così c’era ancora la possibilità di poter videoregistrare il momento dell’incontro.
Ciononostante, chiederlo a Shaoran-kun fu più semplice del previsto. E stranamente naturale.
Era una serena giornata di primavera e, mentre tornavamo da scuola mano nella mano, passeggiando sotto quegli stessi ciliegi che ci avevano fatti rincontrare, ricevetti una telefonata da mio fratello. Lui mi domandò se potevo fare la spesa per la cena e Shaoran-kun si offrì di accompagnarmi, così che potesse anche aiutarmi a portare le buste. In realtà, più per questo motivo, entrambi eravamo su di giri: trascorrere anche soltanto un solo minuto in più insieme era come nuotare in un mare d’oro. E così, quando giungemmo fuori casa, gli chiesi se gli andava di entrare e restare per cena. In tale occasione mi svelò la sua segreta ammirazione, per cui, nel momento in cui lo introdussi per bene a mio padre, lo vidi mostrargli infinito rispetto. Lo guardava con occhi brillanti e in quell’istante mi sembrò quasi di vederlo nei panni di un allievo. Allora non avrei mai immaginato che, col passare degli anni, quella sarebbe stata la sua grande ambizione. Divenire il suo migliore studente. Divenire il suo apprendista. Affiancarlo negli scavi. Divenire suo figlio. E, così facendo, divenire mio marito. Un  marito, a sua detta, degno di me. Ma per me lui lo era sin dal primo giorno. Avevo sempre, sempre accettato ogni sfaccettatura del suo carattere. E le avevo amate tutte, sia quelle chiare che quelle scure, annettendo i suoi pregi e difetti. Perché anche con essi, lui è sempre stato perfetto. Era il solo, l’unica persona per me più importante. E lo sarebbe stato per tutta la vita.
 
 
∗∗∗∗∗ 



 
Temevo il giorno in cui sarebbe successo. Ero sempre, da sempre terrorizzato all’idea di portarla con me a Hong Kong. Quella città era terribile e, soprattutto casa mia, era temibile.
Da un lato c’erano le mie sorelle, quattro fanciulle energiche e – a mio parere – svitate, che non appena vedevano qualcosa di bello bramavano possederlo. Ciò valeva anche per le persone e io non volevo assolutamente che si tenessero Sakura tutta per sé. Detestavo quell’idea, perché sapevo quanto fosse verosimile. Potevo figurarmi perfettamente il loro primo incontro, al punto tale che prendeva vita con un tale realismo nella mia testa da farmi uscire matto. Loro quattro si sarebbero presentate per bene, tutte dritte e impeccabili, coi loro sorrisi da figurino, finché Sakura – senz’altro tesissima – non avrebbe loro rivolto il suo più sincero sorriso. E a quel punto, la catastrofe. Le mie sorelle non si sarebbero più contenute, sarebbero esplose in grida di giubilo e versi da animali poco identificati, squittendo come topi e cinguettando attorno alla mia povera ragazza, troppo sconvolta per reagire. E andò esattamente così. Fortuna volle che fossi preparato e riuscii ad allontanarla dalle loro grinfie prima che fosse troppo tardi e la soffocassero coi loro abbracci da cobra, con la conseguenza che divenni io stesso la vittima. Ma meglio io che lei. Mi sarei dato persino in pasto ai piranha per evitare tutto ciò. Era stancante persino a livello mentale. Ogni volta che tornavo a Hong Kong e trascorrevo una giornata intera con loro e le loro interminabili domande, la loro accesa e fin troppo intrusiva curiosità, i loro squillanti commenti su ogni singola cosa, dovevo necessariamente prendere un’aspirina per sopravvivere al nuovo giorno. Oppure esercitare la mente a sopportare, come mi consigliava invece mia madre.
A proposito di lei, a sua volta la sua reazione mi terrorizzava. Lei stessa aveva considerato Sakura come mia rivale nella cattura delle carte. Lei stessa, inizialmente, sembrava nutrire unicamente freddezza nei suoi confronti. Ed io ero così impaurito dalla sua inscrutabile, imprevedibile reazione che temevo quell’incontro come se mi trovassi di fronte a una bestia indomabile. Anzi, neppure in quel caso avrei provato un’angoscia simile.
Mia madre era la sfida più grande. Il padre di Sakura mi aveva accettato immediatamente in famiglia, come se fossi un altro figlio. Ma mia madre? Cosa avrebbe fatto? Come si sarebbe comportata? Questa era la grande incognita, la grande ragione per cui evitavo come potevo che accadesse. Ma dato che c’erano insistenze sia da una parte che dall’altra, alla fine dovetti cedere. E ciò che successe, il giorno in cui le presentai Sakura come mia ragazza, mi lasciò senza parole.
Come potevo ben ipotizzare, il primo approccio fu piuttosto teso. Sakura era rigida come un tocco di legno, mentre mia madre sfruttò il suo potere regale per mostrarsi in tutta la sua algidità. Eppure, non poco tempo dopo che le ebbi lasciate sole – ancora mi chiedo cosa si siano dette, ma Sakura tuttora insiste che è un segreto che ha promesso di mantenere con mia madre –,  uscirono entrambe più serene dalla stanza. Si guardavano tranquille, persino complici di qualcosa, e si sorridevano. Questa era la grande magia che era riuscita a fare Sakura: mostrarmi il sorriso di mia madre, un sorriso che mai credo di aver visto prima.
Il momento più sconvolgente di tutti, in ogni caso, è stato il congedo. Ovviamente le mie sorelle non volevano più lasciarla – furono costrette a farlo per farla respirare. Mia madre, invece, le si avvicinò silenziosamente, quasi fluttuasse nell’aria con la sua caratteristica camminata elegante; a pochi passi da lei si avvicinò al suo volto, carezzandole una guancia. Posandole un bacio su di essa. Per poco non svenni a tale visione. Neppure io ero stato mai baciato da lei. Sapevo cosa significava ed ebbi la conferma quando il secondo dopo mi guardò. C’era un piccolo luccichio nei suoi occhi e io, col fiato sospeso, sentendomi il cuore palpitare nelle tempie, riuscii ad interpretarlo. Le sue emozioni mi raggiunsero e io le sorrisi, felicissimo. Aveva approvato. Mi aveva concesso di chiedere la sua mano. Di sposare l’unica donna che io avessi mai amato in tutta la mia vita, in tutto questo vasto mondo. L’unica donna, l’unica moglie, che amerò per sempre. Per il resto della mia esistenza.




Angolino autrice:
Konnyannyachiwaaa!
Dunque, il tema di oggi non sapevo bene come interpretarlo e ammetto che ero un po' indecisa all'inizio sul come trattarlo, ma poi ho pensato di fare due punti di vista e il come si sentivano entrambi nel momento in cui l'altro doveva conoscere la sua famiglia e... ecco qui! Ammetto che scrivere di HK è stato uno spasso, pff! Anche se mi dispiace un po' per aver reso le sorelle di Shaoran così selvagge x'D ma renderò loro giustizia con l'altra ff che sto scrivendo :3 
In realtà, il punto di vista di Sakura non mi convince molto, quindi come per il Day 3 probabilmente un giorno lo modificherò. O forse no. Non lo so, non prometto nulla ;_;
Come al solito, spero vi sia piaciuta e sia riuscita almeno un po' a rallegrare la vostra giornata.
Buona domenica e alla prossima,
Steffirah 

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Capitolo 6
*** Day 6 - Gifts ***


GIFTS



 
Sospirai sollevata, sprofondando nei cuscini del divano, lasciando che mi assorbissero. Che bello poter finalmente alzare i piedi e stendere le dita!
«Fanno male?», mi chiese Shaoran-kun, inginocchiandosi a terra di fronte a me.
«Non molto, soltanto che non sono abituata a portare i tacchi.», sorrisi imbarazzata, grattandomi la testa.
«Sai che non era necessario.», mi fece notare, prendendomi un piede tra le mani per massaggiarlo.
Arrossii dinanzi alla sua premura, ma non dissi niente. Sviai lo sguardo, borbottando tra me. Certo che era necessario. Era la prima volta che mi portava a cena fuori e ci tenevo ad essere presentabile. Proprio per questo motivo mi ero fatta consigliare da Tomoyo-chan quale potesse essere l’abbigliamento perfetto per un appuntamento galante, che mi facesse sembrare matura e al contempo mi facesse sentire a mio agio. Così facemmo shopping insieme e acquistammo proprio questo maglioncino a collo alto color salmone, la gonna a vita alta decorata con ciliegi, il cappotto beige-rosato dal taglio princess e i tacchi col laccio alla caviglia color crema. L’unica cosa che avevo aggiunto che già possedevo erano degli orecchini con le perle, affinché mi conferissero un tocco classico; lui stesso me li aveva regalati un po’ di tempo fa. Mi portai dei capelli dietro le orecchie, sorridendo.
«Neh, Shaoran-kun? Ricordi che giorno è oggi?»
Lui passò all’altro piede, prima di guardarmi con un sopracciglio alzato.
«Il 23 dicembre.»
«È il giorno in cui ti trasferisti nella nostra scuola!», sorrisi raggiante.
Notai le sue guance imporporarsi, forse ricordando i tempi delle elementari.
«Perdonami per il mio comportamento di allora…», mormorò mortificato.
Scossi la testa, portandolo su un altro argomento ben più importante – e pertinente col Natale.
«Piuttosto, ho deciso per l’occasione di portare con me tutti i regali che mi hai fatto!»
Lui mi fissò allibito mentre prendevo la borsa, rovistandone il contenuto e cacciando un oggetto alla volta.
«Questo!», esclamai, mostrandogli un fazzoletto a quadretti blu e celesti. «Lo ricordi?»
Lui si appoggiò al divano, scrutandolo più da vicino. Sgranò gli occhi, sembrando finalmente realizzare.
«È quello che ti diedi nella grotta quando catturasti Erase!»
«Esatto!», esultai sventolandolo.
«Lo conservi ancora?», chiese sorpreso.
«È ovvio! Fu il momento in cui compresi quanto tu fossi gentile con me.»
Lui abbassò la testa nascondendosi il viso, probabilmente imbarazzato.
«Anche io ho conservato il tuo.», mormorò con un fil di voce.
«Il mio?», ripetei confusa.
Annuì una sola volta, spiegando: «Quello che mi desti quando mi ferii al braccio, mentre ti proteggevo da Shadow.»
«Oh.» Improvvisamente ricordai quante volte in passato mi avesse aiutato, nonostante avessimo asserito in quel periodo di essere “rivali”. Era quasi buffo ripensarlo dopo tutti quegli anni trascorsi insieme.
«E anche quello che ti diedi… al parco… del re Pinguino….»
La sua voce si fece sempre più flebile, probabilmente perché stava riportando alla memoria quel momento. Arricciai le labbra, contrariata. Mi abbassai alla sua altezza, sperando di mostrarmi serena – e, insieme, minacciosa.
«Mi auguro tu abbia conservato anche lo yukata che cucii per te.»
«Certo!», esclamò, alzando di scatto la testa per guardarmi con onestà.
«Ne sono lieta.» Sorrisi a trentadue denti, per poi notare: «Ci siamo scambiati tanti fazzoletti.»
«È vero. Perché io mi ferivo spesso.», fece spallucce.
Trattenni una risata, osservando: «E perché io piangevo spesso.»
Lui mi guardò corrucciato, passandomi un pollice su una guancia. Presi la sua mano, stringendogliela rassicurante.
«Ora non più.»
Mi rivolse un breve sorriso prima di prendermi le mani, voltandone i palmi verso l’alto. Le osservò pronunciando, imbronciato: «Per cucire lo yukata anche tu ti riempisti di ferite.»
«Non era grave.»
«Forse no, ma io ero così preoccupato. Non riuscivo a capire cosa ti passasse per la testa, ero convinto che avessi deciso di cimentarti in qualcosa di pericoloso senza richiedere il mio aiuto.», sussurrò, posando un piccolo bacio su ogni polpastrello.
Sorrisi intenerita, chiudendo gli occhi, rievocando quel momento.
«Ciò che mi rese ancora più felice allora fu invitarti a casa mia. Farti conoscere mio padre. E vedere il tuo viso quando scopristi quel che avevo fatto per te. Gli sguardi che mi rivolgevi in quel periodo, Shaoran-kun, erano così pieni di amore… Ed io ero così cieca da non accorgermene. Eppure per me eri già diventato così importante.»
Mi abbandonai ai ricordi, appoggiando la testa contro lo schienale del divano. Lo sentii alzarsi per sedersi accanto a me, e ne approfittai per posare il capo sul suo petto.
«Cos’altro hai portato?», domandò curioso.
Risi sotto i baffi, certa che a breve sarebbe esploso dall’imbarazzo. Afferrai una custodia e gliela mostrai, non celando un ghigno.
«Vuoi sapere cos’è?»
«Quasi ho paura. C’entra Daidouji, non è così?»
«Hehe! Si tratta del video in cui tu gridasti il mio nome, quando rimasi intrappolata nella buca insieme a tutte quelle pecore.»
«Ma allora non è un regalo mio.»
«Invece sì, Shaoran-kun! È una testimonianza del tuo affetto per me! Sebbene non fosse stata la prima volta in cui mi avevi chiamata “Sakura”, quel giorno fu molto emozionante sentirti. Eri così in ansia.»
«Temevo ti fosse successo qualcosa.»
«Sei sempre stato iperprotettivo.», ridacchiai.
«Ma zitta.», borbottò, guardandomi di traverso.
Risi maggiormente a quella reazione e lui mi fissò irritato, tirandomi le guance.
«Sappi che il giorno in cui vedesti il video provai a confessarmi, se soltanto Kerberos non si fosse intromesso.», sbottò.
Lo fissai scioccata da quella rivelazione. Cosa?! Già allora?
«E ci riprovai anche il giorno dopo, a scuola, invano. Poi successe quel che successe e persi ogni occasione di dirti quel che provavo.»
Mi portai le mani alle labbra, prossima alle lacrime. Non riuscivo a crederci.
«Da tutto quel tempo… Io ti piaccio… da tutto quel tempo?»
Notai le sue guance arrossire mentre guardava dall’altro lato, tergiversando.
«Shaoran-kun, aspetta! Non ne abbiamo mai parlato, ma… da quanto tempo io ti piaccio?»
Trattenni il fiato, in attesa che parlasse. Lui si voltò a guardarmi riluttante, persino le sue orecchie erano diventate dello stesso rosso delle fragole.
«Non ne sono sicuro. Probabilmente dalla cattura di Erase.»
Sgranai gli occhi, sentendomi un groppo in gola. Non l’avevo capito. Io non avevo capito un bel niente.
«Shaoran-kun…»
«Non pensarci adesso, l’importante è che alla fine sono riuscito a dirtelo.», mi interruppe, carezzandomi i capelli.
Nascosi per un istante il volto sulla sua spalla, trattenendomi dal piangere. Aveva ragione. L’importante era aver fatto chiarezza coi nostri sentimenti ed essere riusciti a dircelo a vicenda.
Alzai di poco la testa, adocchiando un oggetto familiare sulla mensola alle nostre spalle.
«Ma quello non è l’astuccio che feci per il White Day?»
«Quello che io scambiai per un porta hashi…»
Si portò una mano sul viso per la vergogna, mentre io risi ilare al ricordo. Che fraintendimenti assurdi, hahaha. Ma soltanto lui poteva scambiarlo per un oggetto del genere.
«Ancora non mi è chiaro, comunque, come facesti ad indovinare che quella cioccolata te l’avessi regalata io.»
«Si capiva dal sapore!», spiegai semplicemente, dandolo per scontato.
«Come dal sapore?»
«Non era la prima volta che mangiavo qualcosa preparato da te! Già in precedenza, quando avevo la febbre, venisti con Tomoyo-chan a portarmi dei muffin cucinati durante l’ora di economia domestica, no?»
Lui sbatté le palpebre, incredulo.
«Ero convinto avesse mangiato tutto Kerberos.»
«No.», risi divertita. «Qualcosa riuscii a salvarlo per me! E da allora riuscii a riconoscere le cose preparate da te dal sapore. È diverso.»
«Diverso?»
«Forse perché sei un ottimo cuoco.», rimuginai. «O perché c’era un ingrediente particolare?»
«Mmm non mi pare.», ragionò.
«C’era l’amore.»
Lui sgranò gli occhi, avvampando, al che gli diedi un bacio su una guancia.
«Ma questo è il regalo più importante.»
Sorrisi teneramente, prendendo tra le braccia il suo orsacchiotto. Il suo viso si distese e si allungò dietro di sé, per prendere anche l’orsacchiotto che gli avevo regalato io.
«Effettivamente è come se me lo avessi detto in quel momento.», riflettei.
«Quando ti dissi che potevi tenerlo?»
«Esatto. Era come se mi avessi detto che ti piacevo, no?»
Poggiai i nostri peluche uno vicino all’altro, notando quanto formassero una bella coppia. Mi allargai in un sorriso e notai anche il suo sguardo raddolcirsi.
«C’è anche un altro regalo importante.»
«Un altro?»
Lo guardai confusa. Lui sorrise più ampiamente, alzandosi e ordinando gentilmente: «Chiudi gli occhi.»
Feci come desiderava e rimasi in attesa, finché non lo percepii in prossimità dei miei piedi.
«Shaoran-kun? Posso aprirli adesso?»
Lui mormorò a bocca chiusa un consenso e, quando lo feci, lo trovai inginocchiato dinanzi a me, con in mano una rosa di un color rosa pastello. Lo fissai incuriosita e lo ringraziai, prendendola. Solo quando la avvicinai al viso mi accorsi che al centro della corolla c’era un bigliettino arrotolato su se stesso. Lo distesi, trattenendo un sorriso, chiedendomi cosa avesse escogitato. All’interno vi lessi “il nostro passato”. Il nostro passato?
Confusa alzai lo sguardo su di lui e lo vidi porgermi un’altra rosa color pesca. Dove la teneva nascosta? Dietro la schiena? Afferrai anche questa inalandone il profumo e vidi che anche qui c’era un bigliettino. Su di esso lessi: “il nostro presente”. Deglutii, cercando di capire cosa stesse cercando di comunicarmi.
Appoggiai delicatamente anche questa sulle mie gambe e quando guardai nuovamente Shaoran-kun notai le sue guance rosee, mentre mi porgeva una terza rosa, stavolta rossa.  
«Sakura.», esordì, cogliendo la mia attenzione prima che riuscissi a guardare all’interno dei petali. Il suo tono era così serio da stringermi lo stomaco, incatenando tutte le farfalle che vi svolazzavano. «Siamo giunti ad un punto della nostra vita in cui non è né presto né tardi per chiederti una cosa simile. Penso però che sia giusto farlo proprio adesso, proprio quest’anno, proprio in questo giorno che tu hai appena contribuito a rendere speciale. Insieme abbiamo vissuto tante avventure nel nostro turbolento passato. Ma poi i miei sentimenti nei tuoi confronti hanno assunto una sfumatura più calda, più certa e adesso siamo probabilmente nel pieno del nostro amore. Non so bene cosa ci riserverà il futuro, ma sono certo che ciò che io provo per te durerà in eterno. Quindi ti chiedo, umilmente...» Fece una piccola pausa, guardandomi negli occhi con affetto e determinazione. «Mi faresti l’onore di sposarmi?»
Abbassai finalmente lo sguardo sulla rosa, vedendo una striscia di carta bianca con su scritto “il nostro futuro”. Essa era stata inserita all’interno di un sottile anello a due fasce intrecciate, una coi brillantini, l’altra semplice e al centro un singolo, piccolo, brillante, indistruttibile cuore di diamante.
«Sì!», esclamai di getto, scoppiando immediatamente in lacrime.
«Non vuoi pensarci?», mi domandò sorpreso.
«Non ce n’è bisogno!» Scivolai giù dal divano, portando le tre rose al petto, abbracciandolo con tutte le mie forze. «Non devo pensarci, Shaoran-kun! Tu sei per me la persona più importante! Voglio trascorrere il resto della mia vita insieme a te!»
Lui mi strinse a sé, prima di tirarsi un po’ indietro e prendere l’anello dalla terza rosa. Emozionata lasciai che mi prendesse la mano sinistra e che lo facesse scivolare sul mio dito senza incontrare alcuno sforzo. Mi guardai l’anulare mentre le lacrime continuavano a sgorgarmi, così felice che il cuore sembrava potesse esplodermi dalla gioia. Non mi ero mai sentita così in vita mia, così viva, così piena, così sicura del mio futuro come in quel momento.
Guardai Shaoran-kun e, anche attraverso un velo, riuscii a vedere l’emozione che inumidiva anche le sue iridi. Posai la mia mano contro la sua, incrociando poi le nostre dita e intrecciandole con tutta la forza che possedevo.
«Ti amo tanto.», piansi, posando le mie labbra sulle sue. Lui interruppe il nostro bacio soltanto per un secondo, per dirmi che anche lui mi amava, per poi stringermi tra le sue braccia e non lasciarmi più. Lasciando che ci fondessimo nei nostri regali.




Angolino autrice:
Buongiorno!!! 
Non potete immaginare quento mi è piaciuto scrivere questa one-shot *///* Io stessa mi sono sciolta rileggendola asdghjk (questo perché sono una romanticona, aiuto)
Come si può vedere, il tema erano i regali e ho usato quelli del manga - non dell'anime -, anche quelli che non sembrano propriamente dei doni... Ma sono in ogni caso molto importanti per loro :3
Non ho specificato quanto sono cresciuti, quindi lascio fantasticare voi sulla loro età ;3 
E... niente. Spero come sempre che sia stata piacevole! 
A domenica prossima, con l'ultima one-shot (aww ci siamo quasi ç.ç)
Buona giornata e buona settimana! 

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Capitolo 7
*** Day 7 - Middle schoolers ***


MIDDLE SCHOOLERS
 


 
Un libro consunto, dalle pagine tutte ingiallite, apparve dal nulla dinanzi il mio viso. Hoe? Alzai la testa, incontrando il viso di Shaoran-kun al di là di esso, in piedi dietro di me.
«Cos’è?», chiesi curiosa, prendendolo e posandolo sul banco.
Lui girò attorno alla mia sedia, abbassandosi per appoggiare le braccia sul piano.
«L’ho trovato ieri sera tra le mie cose e, leggendolo, ho visto che ci sono dei passaggi interessanti. Li ho segnati, sicuro che potranno servirti.»
Lo sfogliai rapidamente, fermandomi nel notare delle parti sottolineate. Se avevo capito bene parlava di magia e incantesimi. Aprii l’indice e vidi che Shaoran-kun aveva cerchiato i capitoli importanti, ciascuno marcato con un numero romano.
«Grazie.», sorrisi, cominciando a cercare capitolo per capitolo.
Abbassò la voce, avvicinandomisi maggiormente affinché lo sentissi soltanto io.
«Vengono citate anche le carte. Si parla delle loro caratteristiche, dei poteri e della forza magica che si necessita avere per utilizzarle. Inoltre c’è un riferimento alla forza delle parole. Quando ho letto quel passaggio mi sei immediatamente venuta in mente tu con la tua formula magica.»
«La mia formula magica?», ripetei confusa. Forse si riferiva a quella della chiave?
«“Zettai daijoubu da yo”.»
Lo fissai sbattendo gli occhi, chiedendomi se secondo il suo parere non ci fosse più che un semplice ottimismo in quella frase. In effetti, tante persone mi avevano già detto di contare sempre su quell’affermazione, ma fino ad allora credevo che fosse per non farmi perdere di spirito.
«Li-kun, oggi puoi tornare tu insieme a Sakura-chan?»
Alzai la testa verso Tomoyo-chan che si era appena approcciata a noi.
«È successo qualcosa?», le domandai preoccupata.
«No, ma devo rincasare prima.», mi rassicurò con un sorriso, per poi tornare a rivolgersi a lui. «Puoi?»
«Oggi non ho impegni.», confermò lui.
Sorrisi in me e stavo per mettere a posto quando l’occhio mi cadde su una frase in una pagina del libro. Sebbene non fosse stata contrassegnata da Shaoran-kun la lessi, quasi in maniera automatica.
«“Quando due persone che posseggono la magia si innamorano l’una dell’altra” -»
Shaoran-kun mi impedì di leggere ad oltranza, chiudendo il libro di scatto. Lo guardai sorpresa da quella reazione e l’unica cosa che fece fu posare l’antico tomo nella mia cartella, alzarsi in piedi e rivolgere un’occhiata a Tomoyo-chan, che proprio in quel momento sorrise divertita dietro la sua fidata videocamera.
«Mi raccomando, Li-kun. Ti affido Sakura-chan.», ridacchiò prima di salutarci.
Hoe? In che senso? Non era certo la prima volta che tornavamo a casa insieme da soli – anche se ogni volta era super-emozionante.
Uscimmo dall’edificio scolastico e proseguimmo per le solite, familiari strade di Tomoeda.
«Ahh, ora che è estate l’aria è diventata così piacevole.», sospirai, alzando il viso verso il cielo.
Ricevetti un mormorio di consenso da parte sua e aggiunsi: «Con le giornate che si sono allungate sembra che il giorno duri più a lungo.»
Lui emise nuovamente soltanto un suono e io lo guardai, alzando un sopracciglio. Lo tozzai leggermente con la cartella, affinché si voltasse a guardarmi.
«E questo per cos’era?», chiese assottigliando la voce.
«Sembravi distratto.», mi lamentai, gonfiando le guance.
«Ah… No…. Non è niente.»
«È perché stavo leggendo qualcosa che non dovevo?»
Notai le sue guance imporporarsi mentre scuoteva la testa.
«Non è che non dovevi, soltanto che forse… è un po’ presto.»
«È qualcosa che ci riguarda?»
«Ne riparliamo tra qualche anno, okay?», sorrise tirato, palesemente in difficoltà.
Dovevo ammettere che la curiosità non mi aveva abbandonata del tutto, ma quanto meno con quella proposta mi aveva assicurato che avremmo ripreso in mano l’argomento. E che sarebbe rimasto al mio fianco per molto tempo. Tanto mi bastava per rasserenarmi.
«Va bene.», acconsentii. Poi riflettei sul fatto che non avevamo spesso l’occasione di trascorrere del tempo insieme, quindi proposi: «Se non devi tornare a casa subito possiamo fermarci da qualche parte?»
«Dove vorresti andare?»
«Non lo so, il primo luogo che troviamo va benissimo.»
Lui si guardò intorno, scannerizzando pensieroso l’area, prima di chiedere: «Hai fame?»
Non fece neppure in tempo a dirlo che il mio stomaco rispose per me. Sorrisi imbarazzata e lui si trattenne dal ridere, indicando alla sua destra.
«Va bene lì?»
«Oh! Quella caffetteria fa dei parfait enormi e buonissimi!»¸ esclamai con due cuori al posto degli occhi. «Ci venni una volta insieme a Tomoyo-chan e Akiho-chan!» Sorrisi a trentadue denti, trascinandolo all’interno. «Ti piacerà sicuramente!»
Ci accomodammo ad uno dei tavolini e lui diede una rapida occhiata al menù, prima di lanciare uno sguardo intorno a sé.
«Chi stai cercando?», chiesi confusa dal suo comportamento.
«Mmm… Ragionavo.»
«Su?»
«Solitamente a questo punto sbucherebbe fuori tuo fratello.»
«Oh, è impossibile. Oggi Touya-niichan doveva andare a Kyoto.»
«Quindi non rischierò occhiatacce e ringhi?»
«No.» Scoppiai a ridere di fronte ad una preoccupazione simile.
«Meglio così.»
Si rilassò nella sedia, stavolta guardando con più attenzione il menù. Lo imitai, lasciando scorrere lo sguardo su tutte le immagini raffigurative. Sembravano tutti così buoni….
«Ahh, non riesco a decidermi.», mi lamentai, scannerizzandone ogni singola pagina.
Neppure a farlo apposta una cameriera giunse proprio in quel momento, per prendere le nostre ordinazioni.
«Per me un parfait a mango, cioccolato e waffle al caramello.», rispose sicuro Shaoran-kun.
E va bene, allora avrei detto il primo su cui sarebbe caduto il mio occhio.
«Per me invece a fragola e millefoglie.»
Non appena la cameriera si allontanò Shaoran-kun mi rivolse uno sguardo impensierito.
«Ce la farai a mangiarlo? Dall’immagine sembra enorme.»
«Shaoran-kun, non sottovalutare il mio stomaco.», ammiccai e lui come unica risposta borbottò qualcosa tra di sé, sviando lo sguardo e arrossendo. Pensare che già me lo stavo pregustando.
Nell’attesa gli descrissi nei minimi dettagli quello che presi la volta scorsa, il pudding parfait. Era così dolce e morbido e saporito, che ti si scioglieva in bocca.
Le nostre ordinazioni giunsero in fretta e, in effetti, il mio era un po’ più grande del suo. Ma ce l’avrei fatta sicuramente a finirlo, considerando che adoravo i dolci. Ciononostante proprio quando ero giunta quasi alla fine cominciai a rallentare, mentre Shaoran-kun aveva finito già da un pezzo, leccandosi pure i baffi.
Notandomi in difficoltà propose: «Ti do una mano?»
Mi illuminai, annuendo immediatamente. Sarebbe stata la prima volta che condividevamo del cibo! Misi pertanto la coppa al centro del tavolo, in modo tale che fosse raggiungibile anche da lui.
«Buono.», approvò e io mi aprii in un mega sorriso.
«Vero? Se non fosse stato per la millefoglie che mi ha appesantita l’avrei certamente finito!»
«In effetti era una fetta piuttosto grande.», riconobbe e lasciai che fosse lui a spazzolarselo fino all’ultima goccia.
Quando finì mi alzai insieme a lui e, dopo essere usciti, riprendemmo a passeggiare.
Per il caldo comprammo qualcosa da bere ad un distributore automatico prima di sederci su una panchina e grande fu la mia sorpresa quando scoprii che Shaoran-kun non aveva alcuna idea di cosa fosse e come si aprisse il ramune. Mi offrii per mostrarglielo aprendolo al posto suo e per un attimo dimenticai quella che era la regola basilare; così finii per spruzzarne il contenuto tutto sul suo viso. Lo fissai mortificata mentre lui mi rivolgeva un’occhiataccia, afferrando l’altra bottiglia e ripetendo i miei stessi gesti per vendicarsi. In mezzo alle mie grida di protesta esplose improvvisamente una risata. Entrambi ci rivolgemmo un’occhiata sorpresa prima di allungarci a guardare nei cespugli alle nostre spalle, da dove Tomoyo-chan ci sorrideva ghignante al di là della videocamera mentre Kero-chan si stava letteralmente scompisciando dalle risate, prendendoci in giro. Una vena pulsò sia sulla mia fronte che su quella di Shaoran-kun, per cui afferrammo Kero-chan preparandoci a torturarlo, nonostante implorasse pietà e l’aiuto di Tomoyo-chan. Ma l’unica cosa che la mia migliore amica fece fu sorridere innocentemente, dichiarando «Non fate caso a me!», per poi sospirare: «Ahh, poter registrare questi attimi di adolescenza mi rende così felice!»
Io e Shaoran-kun ci guardammo scoppiando a ridere, lasciando libero Kero-chan di respirare e ci arruffammo i capelli ormai zuppi. Quello era il nostro ultimo anno alle medie, ma anche il primo di tante uscite così improvvise, dolci e al contempo esilaranti, che illuminarono la nostra vita con infiniti attimi di gioia.





Angolino autrice:
Buongiorno e buona domenica!
Siamo così giunti alla fine di questa raccolta ;_; è stato bello finché è durato! Ma questo non è un addio perché presto (anche se non troppo presto a causa di impegni vari) pubblicherò la mia prima long fic (ed evidenzio "long" perché è veramente mooolto lunga) su CCS ** yayyy!
In questa one-shot
volevo inserire magia e quotidianeità ma senza carte e... ecco il risultato! Alla fine, doveva essere un momento di spensieratezza perché di preoccupazioni e ansie non ne posso più. Anche se un po' maliziosa lo sono stata... 
L'unica cosa che credo di dover spiegare è il "ramune": si tratta di un tipo di bevanda frizzante che, quando la si apre, tende ad "esplodere" in stile coca cola dopo che la si agita x'D non so se la avete mai bevuta, ma in ogni caso fate attenzione quando ne avrete l'occasione (io all'epoca allagai il lavandino hahah ma questo perché sono una frana)
Poi, penso tutti sappiate cosa significhi "zettai daijoubu da yo", ma nel caso in cui qualcuno non dovesse ricordarlo è "sicuramente andrà tutto bene" (o una cosa simile, ormai non ricordo più in italiano come la traducono)
Detto questo, la pianto di farvi una testa quadrata e vi ringrazio per avermi seguita fin qui :3 Soprattutto a te, Vera, grazie per avermi recensita puntualmente TwT
Vi auguro tante cose belle! :3
Con affetto,
Steffirah

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