Hit The Floor - Season 4

di Gojyina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ch1 ***
Capitolo 2: *** ch2 ***
Capitolo 3: *** ch3 ***
Capitolo 4: *** ch4 ***
Capitolo 5: *** ch5 ***
Capitolo 6: *** ch6 ***
Capitolo 7: *** ch7 ***
Capitolo 8: *** ch8 ***
Capitolo 9: *** ch9 ***
Capitolo 10: *** ch10 ***
Capitolo 11: *** ch11 ***
Capitolo 12: *** ch12 ***
Capitolo 13: *** ch13 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** ch1 ***


Rieccomi con il nick Gojyina ad affacciarmi su un nuovo fandom. Dopo Slam Dunk e Queer as Folks ho trovato un nuovo amore: la coppia Zero-Jude (Zude). Come al solito la voglia di scrivere di loro mi è venuta quando ho scoperto che la nuova stagione non sarebbe stata come avevo sperato, quindi… eccoci qui con la “mia” Season 4.

Spero che vi piaccia! Un abbraccio, Viviana

 

Hit The Floor 4

Ch1

Gojyina

 

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Caty Sullivan guardò l’ora sul computer prima di rivolgere un sorriso gentile al nuovo arrivato.

– Signor Zero! – Salutò con un garbato cenno del capo.

Lui roteò gli occhi. – Zero va più che bene, te l’ho già detto! – Andò a sedersi sulla scrivania e incrociò le braccia. – Riunione straordinaria? – Le domandò indicando con un cenno del capo la porta dell’ufficio, stranamente chiusa.

Caty ricominciando a digitare sulla tastiera del computer. – Appuntamento urgente.

Il giocatore annuì lentamente. – Ha pranzato?

La segretaria scrollò le spalle. – Ho tentato, ma il capo è testardo come il mio Simon, buon’anima. – Sbottò stizzita. – Non c’era verso di farlo riposare o prendere una pausa, quasi se ne vergognasse.

– Stasera mi toccherà punirlo. – Commentò, facendole l’occhiolino.

La donna sbuffò un sorriso. Aveva imparato da tempo che Zero utilizzava l’ironia come uno scudo. Spesso lo aiutava a celare i suoi veri sentimenti. In quel momento, la stava usando per nascondere l’irritazione.

Stava per farglielo notare, quando la porta dell’ufficio si aprì.

– Buona giornata. – Li salutò un uomo alto ed elegante, dai folti capelli castani e gli occhi verde chiaro.

Zero si limitò ad un cenno del capo, mentre lo guardava raggiungere l’ascensore. Non lo aveva mai incontrato prima, eppure gli sembrava vagamente familiare. Forse era un attore o qualcosa del genere.

– Si chiama Michael Harrison, – lo mise al corrente Caty, una volta rimasti soli, – si è presentato come un vecchio amico di famiglia.

– Ma?

– È un uomo d’affari che ha vissuto per anni in Europa. Moda, Network, Finanza: dove ci sono denaro e glamour lui è sempre presente. È soprannominato Re Mida, per la sua incredibile bravura. – Esitò un istante, prima di azzardare la sua ipotesi. – Forse vuole acquistare i Devils. Strano però che non sia andato direttamente dalla signorina Howard.

Zero saltò giù dalla scrivania. – Vado a vedere come sta il boss. – Bussò leggermente e attese qualche istante prima di entrare, preoccupato quando non ricevette alcuna risposta. – Jude? – Trovò il compagno seduto alla sua scrivania, gli occhi quasi vitrei rivolti verso le finestre. – Ehi! – Si allarmò andandogli vicino. – Che diavolo è successo?! – Chiese, scuotendogli le spalle.

– Che cosa?! Chi? – Balbettò Jude, rendendosi finalmente conto della sua presenza. – Gideon, cosa ci fai qui? Che ore sono? – Domandò disorientato.

– Ehi, ehi! Va tutto bene. – Zero gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi. – L’allenamento è finito e sono passato a prenderti come al solito. Raccogli le tue cose e torniamo a casa.

Il suo tono perentorio, convinse Jude ad obbedire senza porre ulteriori domande. Riposti alcuni documenti, chiuse la valigetta e lo seguì fuori dall’ufficio, dove Caty li stava aspettando accanto all’ascensore fermo al loro piano.

La donna notò preoccupata il pallore sul viso del giovane vicepresidente. – Da domani in poi, quando deciderà di saltare il pranzo, chiamerò il suo fidanzato.

Zero sbuffò un mezzo sorriso. – Sono abituato a fare la sexy wifey!

Jude arrossì suo malgrado, riacquistando così un po’ di colore. – Potresti smetterla di dire cose così sconvenienti sul posto di lavoro?

Il biondo inarcò un paio di volte le sopracciglia. – Significa che altrove posso?

– Rinuncio a parlare seriamente con lui! – Annunciò rivolgendosi alla segretaria, che gli sorrise comprensiva.

Arrivati al parcheggio, la donna li salutò prima di raggiungere la sua auto. – Si riguardi signor Kinkade, arrivederci signor Zero.

– Sai, capisco perché l’hai scelta come segretaria, – disse il giocatore, raggiungendo la loro macchina, – è cocciuta quanto te. – Sentenziò mettendosi al volante.

– Non sono affatto cocciuto! – replicò Jude, mentre si allacciava la cintura. – Sono concentrato, è diverso!

– Sul serio? – Inarcò le sopracciglia, immettendosi nel traffico di Los Angeles. – Allora concentrati e pensa a cosa vuoi per cena.

L’ex manager allentò la cravatta. – Fa lo stesso, sei tu quello fissato con la dieta.

– Non è una fissazione, è un obbligo morale! – Replicò stizzito.

Jude eruppe in un sospiro rassegnato. – Ancora con la storia che il tuo corpo sia un tempio?

– Il mio corpo è davvero un tempio. – Gli lanciò un’occhiatina maliziosa. – Ci sono parti di me che adori. – Sogghignò, abbassando il tono della voce. – Mi piace quando sei in ginocchio di fronte a me.

Jude scoppiò a ridere, mentre le luci dei lampioni cominciavano a illuminare la città.

 

Mentre Zero chiudeva la porta alle loro spalle, Jude sentì il peso della giornata scivolare via.

Non era abituato a rilassarsi. Era il tipo di persona che si perdeva nella propria mente, che calcolava i pro e i contro di qualsiasi decisione, che rimuginava, rifletteva, ponderava. Nella loro nuova abitazione, invece, si sentiva talmente a proprio agio, al sicuro, protetto e amato, da riuscire a lasciare fuori i problemi.

Quella nuova tranquillità non era sfuggita a chi lo conosceva bene. Lionel lo aveva subito notato la prima volta che era passata a trovarli.

Ovviamente Zero si era preso il merito con motivazioni ai limiti della pornografia. Qualcosa del tipo “È più rilassato perché prima di andare a dormire lo stanco per bene!”.

Jude posò la valigetta nello studio, arrossendo al ricordo della replica di Lionel.

“Peccato non averlo saputo prima.” Aveva detto, sorseggiando il vino. “Avrei potuto prendergli un paio di gigolò. Lui si sarebbe divertito e io non lo avrei avuto pomeriggi interi in uno stato di ansia continua!”

Jude posò la giacca sulla poltrona e sfilò del tutto la cravatta. – Mi circondo di persone che hanno molto in comune, – si rese finalmente conto, – deve esserci qualcosa di sbagliato in me.

– Jude? – La voce di Zero lo riscosse dai suoi pensieri.

– Arrivo!

Uscì dallo studio e attraversò velocemente l’entrata e l’ampia sala per raggiungerlo in cucina, dove lo trovò con la testa nel frigorifero.

– C’è l’insalata di pollo avanzata ieri.

Jude incrociò le braccia al petto. – Stai cominciando a prendere troppo seriamente la faccenda wifey.

– Sul serio? – Zero chiuse il frigorifero e lo affrontò. – Devo controllare che tu non muoia di fame, signor Sono-troppo-concentrato-per-pranzare.

– Melodrammatico. – Borbottò apparecchiando la tavola.

– Ti ho sentito. – Zero si appoggiò al frigorifero, con aria di sfida. – Preferisci che ti chieda di quel Michael Harrison? – Sentendo il suo nome, a Jude scappò di mano una forchetta, che cadde malamente sul pavimento di marmo italiano. – Come immaginavo!

– Non volevo nasconderti nulla, – si affrettò a precisare il giovane, passandosi una mano tra i capelli scuri, – è solo che… – lottò per cercare le parole adatte, – è solo complicato. – Ammise, accasciandosi sulla sedia più vicina.

Zero gli si inginocchio di fronte, prendendogli le mani. – Non ti ha fatto del male, vero? – Chiese con urgenza, cercandolo con lo sguardo.

– No, no. – Si affrettò a tranquillizzarlo. – È stato, anzi, molto gentile. È solo che non mi aspettavo… non… – scosse la testa, incredulo. Stava per aggiungere altro, quando il cellulare squillò. – Scusa un attimo. – Mormorò andando in soggiorno. – Signor Harrison. Ah, sì! Michael. – Si corresse, sorridendo imbarazzato.

Zero si appoggiò allo stipite dell’arcata che divideva salone e cucina, incrociando le braccia al petto. Jude stava arrossendo come una scolaretta e questo non gli piaceva.

– La cena è pronta. – Annunciò alzando di proposito il tono della voce, così da farsi udire anche da Harrison.

– Ah, sì, scusami. No, no, va bene domani. Grazie! – Jude posò il cellulare sul mobile più vicino e rivolse al compagno un’occhiataccia. – Che modi sono?! Hai idea di chi fosse?

– Non mi interessa!

– Gideon!

– Ora ti telefona anche dopo l’orario d’ufficio? – Indagò ironico. – L’appuntamento di oggi deve essere stato molto personale!

Impreparato a quell’attacco, Jude fece un passo indietro. – Pensi che ti abbia tradito con lui? – Domandò ferito.

– No, stupido! – Si affrettò a tranquillizzarlo, afferrandolo per la vita. – Ma quel tizio potrebbe avere un interesse nei tuoi confronti che va ben oltre il lavoro.

L’ex manager esitò un istante prima di guardarlo negli occhi. – Era un amico di famiglia, si è trasferito in Europa poco prima che io nascessi. – Spiegò, passandosi una mano tra i capelli scuri. Fece un respiro profondo, prima di proseguire. – Gideon, forse è lui il mio vero padre.

– Cosa?!

 

Zero avvolse Jude in un morbido plaid e lasciò che posasse la testa sulla sua spalla.

Avevano deciso che il loro ampio divano fosse il luogo più adatto per parlare.

– Che ne dici di cominciare dall’inizio? – Propose il giocatore, passandogli un braccio attorno alle spalle.

– Non so molto, – lo avvertì con un lieve sospiro. – La segretaria di Harrison ha chiamato stamattina per fissare un appuntamento. Dalla sua insistenza era chiaro che fosse importante ma, conoscendolo di fama, credevo fosse qualcosa relativa alla squadra.

Zero annuì pensieroso. – Cosa ti ha detto di preciso?

– Che lui e Oscar erano stati amici fraterni sino a quando non si sono innamorati entrambi di mia madre.

– Classico.

– Già. Lei è stata molto combattuta. Da un lato Harrison che le offriva una vita in giro per il mondo e dall’altra Oscar che già aveva ottenuto il denaro necessario per fondare i Devils.

– E sappiamo chi ha scelto alla fine.

– Mia madre voleva una famiglia e la vita da nomade di Harrison non le garantiva stabilità. – Sbuffò ironico. – Non che un matrimonio fatto di tradimenti e menzogne sia stato migliore.

– Credi davvero che possa essere tuo padre? – Domandò, chinando il viso per poterlo guardare negli occhi.

– Non lo so. Ma spiegherebbe tante cose. Perché Oscar mi abbia sempre ignorato, ad esempio. Perché, le rare volte in cui mi ha guardato in faccia, ha sempre avuto una diffidenza, un odio, che non ho mai compreso. Biasimavo me stesso, pensando di essere una delusione come figlio, ma forse il problema non ero io.

– Non lo sei mai stato! – Replicò subito Zero, detestando ancora di più Oscar Kinkade. Si grattò il mento, ripensando a Michael Harrison. – Mi era sembrato vagamente familiare, – ammise, – ma forse è stato il suo look da uomo d’affari.

– Faremo il test di paternità. Dobbiamo sapere la verità. – Si morse il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo.

Amava il loro grande salone. Le ampie vetrate che davano sul giardino, le pareti bianche e il bellissimo pavimento in marmo, rendevano la stanza elegante e luminosa. Mentre il camino e il bel divano ad elle pieno di cuscini color panna, gli donavano un profondo senso di calore e protezione.

– C’è dell’altro, vero? – Indagò Zero, accarezzandogli i capelli.

Jude nascose il viso sulla sua spalla prima di rispondergli. – Se si scoprisse che non sono un Kinkade, sorgerebbero seri problemi sia con gli sponsor che con gli azionisti.

Zero comprese al volo il problema. Di base, i Devils erano a conduzione familiare. Gli azionisti erano stati i primi soci in affari di Oscar e le loro quote erano vincolate da un ferreo contratto. Non erano vendibili ad estranei. Tutto doveva rimanere all’interno della famiglia Devils.

Nonostante l’arresto di Oscar e il caos dei mesi successivi, tra Lionel, Terence e Jelena, la presenza di Jude, l’ultimo Kinkade era una garanzia di stabilità e di continuità dell’attività di famiglia.

Il Consiglio, Marcus Douglas in primis, aveva lui come punto di riferimento, cosa che mandava Jelena su tutte le furie ovviamente. Ma c’era poco da fare: poteva anche sedere sulla poltrona di Oscar, ma non sarebbe mai stata una Kinkade.

– Ehi, qualunque cosa accada, l’affronteremo insieme. – Lo rassicurò il giocatore, posando la fronte contro la sua. – Siamo il Team Zude!

Jude allontanò il viso e sollevò un sopracciglio scuro. – È un nomignolo ridicolo.

– Lo hanno scelto i nostri fans!

– Io non ho dei fans! – Protestò imbarazzato.

– Certo che li hai! Siamo la coppia più hot di Los Angeles.  – Gli ricordò, baciandogli una tempia. – Coppia che non ha ancora cenato. – Lo aiutò ad alzarsi in pieni e lo prese per mano. – Andiamo a mangiare. I problemi possono aspettare sino a domani.

Jude annuì, sorridendogli. Era grato a Zero per tante cose, soprattutto per il suo supporto incondizionato. Lo faceva sentire più forte e più stabile, capace di affrontare qualsiasi problema. Parlare con lui lo aiutava a mettere tutto nella giusta prospettiva.

– Grazie. – Sussurrò, entrando in cucina con il suo uomo.

Zero gli rivolse il suo sorriso più peccaminoso. – Mi ringrazierai per bene sotto la doccia. E in camera da letto. E anche su questo tavolo.

Jude strinse le labbra cercando di rimanere serio. – In quale ordine?

Scrollò le spalle. – Qualsiasi! – Tagliò corto, riempiendogli il piatto. – Adesso mangia, al resto penseremo più tardi.

Il giovane annuì, prendendo la forchetta. Anche se aveva saltato il pranzo non aveva molta fame. Continuava a pensare a Michael Harrison, ai lineamenti del suo viso, alla sua altezza, al colore degli occhi, appena più chiari dei suoi. Era anche castano, proprio come lui. Certo, milioni di persone erano castane, però quell’uomo aveva dei modi gentili e garbati. Lo aveva guardato in un modo strano. Con stupore, misto ad altro. Speranza? Non ne era sicuro.

Non era abituato ad essere guardato con affetto. Dopo la morte di sua madre, solo Lionel e Zero, si erano dimostrati sinceramente affezionati a lui.

– Jude? – La voce del suo uomo lo riportò al presente. Zero indicò il suo piatto ancora intonso. – Fai da solo o vuoi che ti imbocchi?

Jude scosse la testa, ridendo. – Perché qualsiasi cosa dici, ha delle implicazioni sessuali?

Il biondo inarcò le sopracciglia indicando se stesso con le mani. – Mi hai guardato bene?

– Non posso risponderti, le dimensioni del tuo ego vanno tenute sotto controllo. – Scherzò, cominciando finalmente a mangiare.

Zero sogghignò. – Ah! Per la cronaca, – guardò in basso, prima di proseguire, – dovresti controllare anche altre mie dimensioni. – Gli fece l’occhiolino e ascoltò la bella risata calda del suo ragazzo.

Obiettivo wifey raggiunto: far tornare il buonumore al suo maritino.

Increspò la fronte. Forse Jude non aveva torto, la faccenda wifey gli stava sfuggendo di mano.

 

Jude si allacciò l’asciugamano in vita, raggiungendo la camera da letto a piedi nudi. Era curioso di sapere dove fosse Zero. Era strano che non lo avesse raggiunto sotto la doccia.

Infilati i pantaloni della tuta, si affacciò alla scala che conduceva al piano inferiore.

– Gideon?

– Inserisco l’allarme e arrivo. – Rispose subito l’altro. Quando Zero entrò in camera, lo trovò già sotto le coperte, con il cellulare in mano. – Assolutamente no. – Decise, sfilandoglielo dalle mani, non senza le sue vivaci proteste. – Ora resti qui, steso e ti rilassi, chiaro?

– Ma le e-mail…

– Possono aspettare fino a domani. – Sentenziò il giocatore, facendogli posare la testa nell’incavo tra la spalla e il collo.

Con le sue belle e grandi mani, gli massaggiò lentamente la schiena, trovando non poca tensione.

Tutto quello stress non faceva bene a Jude. Adesso era ancora giovane e il suo corpo aveva un eccellente recupero, ma doveva assolutamente cambiare il suo stile di vita.

Lo sentì sfregare il naso contro la sua pelle con un sospiro soddisfatto.

– Mi stai viziando. – Mormorò Jude, con le palpebre già pesanti.

Zero sogghignò. – Potrebbe piacermi. Ora chiudi gli occhi, sono qui con te. Andrà tutto bene.

– Non mi avevi promesso fuoco e fiamme? – Lo prese in giro, accoccolandosi meglio sul suo corpo caldo.

– Quando avrai riposato, così da poterti stancare per bene! – Promise, smettendo di massaggiarlo solo quando lo ebbe profondamente addormentato tra le sue braccia.

Detestava vedere Jude sempre preoccupato, sempre coinvolto nei problemi causati da altri. Prima Oscar e, a seguire, Lionel e Jelena. Ci mancava solo la vita privata della madre a completare il quadro.

Almeno nella loro casa voleva che si sentisse al sicuro e protetto, che fosse la loro oasi di pace.

Spegnendo la luce della lampada, si ripromise di controllare che Jude smettesse di saltare il pranzo e che quel nuovo problema non lo stressasse più del necessario.

Erano una famiglia, avevano cura l’uno dell’altro.

 

– Quindi Harrison è tornato! – Lionel lo salutò così, sedendosi accanto a lui al bancone del bar.

Zero sollevò un sopracciglio. – Ti fanno ancora entrare all’Arena?

Lei scrollò le spalle. – Sono poche le porte di Los Angeles che trovo chiuse. – Replicò, guardandosi attorno. – Jude?

– A pranzo con Harrison.

– Come sta?

– Cosa ti ha detto?

Lionel controllò che nessuno li ascoltasse, prima di rispondergli. – Che potrebbe essere più di un semplice amico di famiglia.

Zero non ne fu sorpreso. Matrigna o no, era la migliore amica di Jude, era normale che si fosse confidato con lei. I problemi sorti tra loro quando avevano lavorato insieme non avevano offuscato l’affetto reciproco.

– Se la strega dell’ovest lo scoprisse, la vostra posizione non sarebbe più stabile. – Lo avvertì, finendo il Martini.

– Fammi indovinare, tu eri la strega di Biancaneve? – Scherzò Zero. – Sappiamo a cosa andremmo incontro.

– Saperlo e affrontarlo, sono due cose diverse. Jude farebbe qualsiasi cosa pur di proteggerti. – Gli ricordò, con una velata accusa.

– Lo stesso vale per me. – Replicò prontamente. – La sua salute è una mia responsabilità. – Sentenziò, posando la bottiglia di birra sul tavolo.

– Ed è compito mio controllare che tu faccia il tuo lavoro. – Lionel gli puntò un dito contro. – Ho sentito dire che Derek sta per tornare.

– Tsk. Non temo la concorrenza.

Lionel non si lasciò impressionare dalla sua sicurezza. – Sei stato il gallo del pollaio per quasi due anni, conoscendoti dubito che lo accoglierai a braccia aperte.

 – Sei forse preoccupata per me? – La prese in giro, indicando se stesso con entrambe le mani.

– Quando gelerà l’inferno. – Disse, ordinando un altro Martini. – La gente come noi ha le spalle larghe. È di Jude che mi preoccupo. – Abbassò il tono della voce. – Sa essere freddo e calcolatore con gli estranei, ma quando vengono coinvolti i suoi pochi affetti, diventa ferocemente protettivo. Senza contare che non è mai stato capace di pensare a se stesso e alla propria sicurezza.

– Te l’ho già detto, badare a lui è compito mio. – Si voltò verso di lei, affrontandola apertamente. – Tergiversare non è il tuo forte. Mi spieghi il vero motivo della tua visita?

– Non sottovalutare la questione Harrison. – Lo avvertì, sospirando spazientita. – Jude ha passato tutta la vita cercando di farsi amare da Oscar. Pensava di essere lui il problema. Di non essere abbastanza intelligente, o sportivo, o etero. Se non ti avesse incontrato, sono sicura che avrebbe finito con lo sposare la figlia di qualche pezzo grosso della finanza, solo per compiacere Oscar e avvantaggiarlo negli affari. – Sputò velenosamente. – Ha rischiato più volte di finire in galera per lui. Hai idea di cosa significherebbe scoprire che avrebbe potuto avere un’altra vita, con un padre diverso?

– Oscar gli ha fatto del male in decine di modi diversi e questo non può cancellarlo. Ma ultimamente mi sembra più tranquillo, come se avesse accettato il passato. Non lo so. – Borbottò, ricominciando a bere la sua birra.

– Non si tratta di averlo accettato o meno. Siete tu e la vostra casa. Gli hai dato un posto dove sentirsi davvero al sicuro, un posto in cui poter essere se stesso, certo di essere accettato al cento per cento. Chi lo avrebbe mai detto! – Scherzò. – Ero sicura che avrei dovuto investirti, prima o poi!

Strinse le spalle. – Potrei rovinare tutto in qualsiasi momento.

– Ecco perché ho ancora un’auto. – Finì il suo Martini e si alzò con estrema grazia. Il vestito rosso che indossava le fasciava delicatamente le curve, dandole un aspetto sexy ma non volgare. – Devo andare, ho un provino con Tarantino. Ti affido Jude, abbine cura! – Gli intimò, puntandogli un dito contro.

– Signorsì signore! – Scherzò, guadagnandosi un’occhiataccia.

Posò la bottiglia vuota sul bancone e controllò il cellulare. Alcuni siti sportivi avevano postato delle foto di Jude e Harrison a pranzo insieme. Leggendo le varie ipotesi passò dal sorriso all’irritazione. Alcuni parlavano di una possibile sponsorizzazione, altri di un’acquisizione dei Devils. I più maliziosi insinuavano un interesse più personale. Non ne fu sorpreso: il modo in cui Harrison guardava Jude era quasi adorante. Lui stesso sarebbe stato geloso, se non avesse saputo la verità.

Strinse le labbra, cercando di frenare la rabbia che serpeggiava nel suo stomaco. Jude avrebbe meritato di crescere con un padre che lo guardasse in quel modo.

Increspò la fronte mentre infilava il cellulare nella tasca della tuta. Se Jelena avesse visto quelle foto sarebbe saltata alle conclusioni sbagliate.

Guardò l’orologio. Jude avrebbe dovuto essere già rientrato da un pezzo. Voleva controllare che stesse bene, gli allenamenti in palestra potevano aspettare.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, capì subito che qualcosa non andava.

Caty stava passeggiando nervosamente, mordendosi il labbro inferiore. Quando lo scorse, trasse un profondo sospiro di sollievo.

– Jelena è dentro, vero? – Indovinò il giocatore, stringendo la mascella.

– Come fa a saperlo?! – Domandò la donna sconcertata.

– Sul web girano le foto del pranzo tra Jude e Harrison. – Senza aggiungere altro, bussò alla porta ed entrò senza aspettare una risposta.

Jelena era in piedi di fronte alla scrivania, nei suoi occhi lesse ferocia e un pizzico di paura.

– Oh, guarda chi abbiamo qui! – Sputò velenosa. – Dimmi, sei stato tu a insegnare a Jude a colpire alle spalle? Non deve essere un problema per voi!

– Alle sue spalle faccio cose più piacevoli. Jude non ama la violenza, neanche a letto. – Rispose con un finto sorriso, mentre si avvicinava al suo uomo, seduto sulla propria poltrona. – A cosa dobbiamo questa scenata, Drama Queen?

– Non dirmi che non hai visto le foto di lui con Harrison! – Incrociò le braccia al petto, guardandoli con sospetto. – Fossi in te non sarei così tranquillo, hanno visto tutti il modo in cui lo guarda. Oppure fa parte del vostro piano per cacciarmi?

– Non tirare troppo la corda. – L’ammonì Jude, rimasto in silenzio sino a quel momento, con un’espressione indecifrabile sul viso.

Zero la conosceva molto bene, gliel’aveva vista indosso molte volte quando era ancora il suo manager, quando doveva concludere un contratto, chiedere un aumento alla società o ridefinire un accordo a loro vantaggio.

L’aveva sempre trovata incredibilmente hot.

– Davvero pensavi che non l’avrei scoperto? – Proseguì Jelena, sbattendo le mani sul tavolo. – Anche se hai l’appoggio del Consiglio perché sei un Kinkade, questo non si estende al tuo Zero. – Sibilò con un sorrisetto maligno. – Derek sta per tornare.

– Non minacciarlo. – Disse Jude, stringendo gli occhi.

– Credi che Derek non voglia indietro la fascia di capitano? I fans non hanno mai smesso di amarlo.

– È giusto che lo amino, ha fatto la storia dei Devils. – Disse lui, alzandosi lentamente in piedi. – I miei incontri con Harrison sono di natura strettamente personale. È un amico di famiglia che è passato a trovarmi. Il fatto che possieda alcune quote dei Devils è irrilevante. Non ha mai avuto alcun interesse ad essere coinvolto nelle nostre attività e la situazione non è cambiata. Le sue quote sono sempre gestite da Marcus Douglas.

Jelena sembrò tranquillizzarsi. Aveva perso quella punta di panico che le si leggeva  negli occhi e anche la postura era meno rigida.

– Bene, allora speriamo che non cambi idea prossimamente! – Tagliò corto, raggiungendo la porta.

– Jelena? – La voce di Jude la raggiunse quando posò la mano sulla maniglia. Voltandosi appena, si trovò pugnalata dai suoi occhi freddi e concentrati. – Non minacciare mai più qualcuno che amo. Non sei nella posizione adatta, lo sai? – Anche la voce sembrava diversa, meno umana. La donna schiuse le labbra pronta ad attaccare ma lui proseguì il suo discorso. – Non vuoi che gli assistenti sociali ti portino via Miguel, vero? Una donna single, coinvolta in un giro di prostituzione, non è la candidata ideale per crescere un bambino.

– Non hai prove che…!

– Ho tutto quello che serve. Ero ancora l’agente di Zero all’epoca. Pensi davvero che sia rimasto a girarmi i pollici, mentre rischiava la carriera a causa tua? – La sua voce aveva un che di metallico che la spaventò, tanto quanto le sue parole. – Bada bene, sino ad ora non ho fatto nulla perché quel bambino non merita di essere coinvolto nelle nostre scaramucce, ma nessuno deve toccare coloro che amo. – Concluse con un basso ringhio, gli occhi divenuti quasi grigi.

Jelena non riuscì a dire nulla, frastornata da quel colpo basso. Non credeva che Jude ne fosse capace. Scioccamente lo aveva considerato un giovane uomo, sensibile e ansioso. Ma era anche un Kinkade e adesso le stava mostrando il suo lato spietato e pericoloso. Uscì velocemente dall’ufficio richiudendosi la porta alle spalle.

 

Al suono dello scatto della maniglia, Jude si accasciò sulla poltrona, nascondendosi il viso con le mani.

– Cos’ho fatto?

– Mi hai difeso. Hai difeso entrambi. – Lo rassicurò, inginocchiandosi di fronte a lui.

– Ho minacciato un bambino! Sono peggio di Oscar!

– Non sei come lui! Lo hai detto, è vero, ma non lo faresti mai! – Protestò afferrandogli i polsi. – Ehi? Non sei come lui!

– Ho minacciato Miguel! – Ripeté disgustato. – Questo mi rende…

– Un uomo d’affari. È istintivo per te cercare la soluzione migliore per risolvere un problema, ma alcune cose non le faresti mai! Perché sei umano e gentile e compassionevole. Tutte qualità estranee a Oscar!

Jude evitò di guardarlo negli occhi, ma sembrò calmarsi.

Zero allungò le braccia e lo strinse a sé. Avere Oscar come padre gli aveva lasciato un’impronta indelebile nell’anima, ma Jude aveva anche una moralità e un’onestà, che affascinavano. Il Consiglio lo adorava per la persona che era, non solo per il cognome che portava.

Furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. Pochi istanti ancora e udirono la voce di Caty attraverso la porta adesso socchiusa.

– Ho appeso alla maniglia il cartello “Non disturbare”. Io sto andando via. Per sicurezza chiudetevi a chiave. A domani!

– Adoro la tua segretaria! – Decise Zero, una volta rimasti soli.

– Tutto questo è estremamente imbarazzante. – Sospirò Jude rassegnato, posando la schiena all’indietro, sfilandosi al tempo stesso la cravatta blu.

– Solo perché ci conosce bene! – Zero afferrò i braccioli della poltrona e fece leva sulle braccia. Avvicinò il viso al suo con un sorriso che non prometteva nulla di casto.

– È te che conosce bene! – Replicò, lasciandosi baciare.

– Tanto meglio! – Sorrise sulle sue labbra.

Sbottonò velocemente la sua camicia azzurra e cercò subito i suoi capezzoli scuri, che sfregò con i pollici.

Jude ansimò, cingendogli le spalle. Avrebbe dovuto fermarlo. Avrebbero dovuto fermarsi. L’ufficio non era il luogo più appropriato per certe cose.

Allargò le gambe quando la coscia di Zero sfregò contro il suo inguine, ancora protetto dai pantaloni blu del suo completo. Avrebbero dovuto davvero, davvero fermarsi.

Cercò la zip della giacca Nike di Zero e la tirò giù senza particolari problemi. Stava per sfilargliela dalle spalle, quando il cellulare iniziò a vibrare.

– Non ci pensare neanche! – Gli intimò Zero, mordendogli il lobo di un orecchio.

Leggendo il nome sul display, Jude sospirò sconsolato. – È Marcus.

– Dannazione! – Sibilò allontanandosi da lui.

 

Dopo la doccia, Zero indossò solo i pantaloni della tuta lasciandosi l’asciugamano sulla testa. Scese le scale, udì la voce di Jude proveniente dallo studio. Nelle ultime tre ore aveva ricevuto telefonate da tutti i membri del Consiglio.

Ordinò cinese e attese il ritorno del suo compagno semisdraiato sul divano, facendo zapping tra un programma sportivo e l’altro.

La notizia del giorno era l’incontro tra il giovane Kinkade e il magnate Michael Harrison. Sbuffò un paio di risate ascoltando le ipotesi dei giornalisti sportivi e degli opinionisti nei vari studi.

Arrivata la cena, posò le scatole sull’ampio tavolo da caffè aspettando Jude, certo che avesse sentito il suono del campanello attraverso la porta dello studio socchiusa.

Lanciò alcuni cuscini sul pavimento tra il divano e il tavolino e vi sedé sopra, ricominciando a guardare la televisione.

– Mi dispiace. – Sospirò Jude alcuni minuti dopo, lasciandosi cadere al suo fianco.

– Per cosa ti stai scusando? – Domandò, passandogli il pollo alle mandorle.

– Tutto? Quando ho accettato di pranzare con Michael non ho pensato alle possibili ripercussioni, sia per la squadra che per noi due. Questa situazione mi sta togliendo lucidità.

– È stato orribile! Hanno interrotto la nostra sessione di sesso bollente. – Si lamentò, prendendo le bacchette.

– Non intendevo quello! – Protestò increspando la fronte. – Anzi, forse è stato l’unico lato positivo, non possiamo fare sesso sulla mia scrivania!

– Perché no?

– Non è professionale, ecco perché!

– Irrilevante.

Jude strinse le labbra cercando di non ridere e guardò distrattamente la televisione. – Pensano che ti stia tradendo con lui? – Chiese cominciando a mangiare.

– Qualcuno. Ma va per la maggiore l’acquisto della squadra, seguita subito dopo dalla sponsorizzazione. Il Consiglio?

– Sono riuscito a tranquillizzarli. È stato un pranzo con un vecchio amico di famiglia. Tecnicamente non ho mentito.

– Intelligente.

Si mise a pugnalare il pollo, sovrappensiero. – Mi dispiace averti coinvolto nell’ennesimo dramma Kinkade.

Zero gli diede una lieve spallata. – Non dire sciocchezze e mangia. – Gli intimò indicando il suo pollo con le bacchette.

– Stai sviluppando un’inquietante ossessione nei confronti delle mie abitudini alimentari.

– Perché sono terribili!

– Sul serio? Al mattino bevi dei frullati verdi dall’odore terribile! – Lo accusò, ricominciando a mangiare.

– Frutta e verdura. Sono ricchi di vitamine.

– Sono verdi.

– Non essere razzista!

Jude scoppiò a ridere, posando la testa sulla sua spalla. Lo guardò attraverso le lunghe ciglia scure, grato una volta di più per la sua presenza.

– So di essere irresistibile, ma fammi almeno finire di cenare prima di portarti a letto. – Scherzò Zero, senza distogliere l’attenzione dai suoi ravioli.

– Stupido! – Sorrise il giovane, finendo il suo pollo.

In sottofondo, gli opinionisti televisivi parlavano ancora di loro, ma non provò particolare fastidio. Non lì nella loro casa, con Zero accanto.

Doveva ammettere che sia l’architetto che l’arredatore consigliatigli da Lionel avevano fatto un ottimo lavoro.

La casa era in stile coloniale, su due piani, provvisto di solaio e di seminterrato. All’ingresso un’ampia scala conduceva al piano superiore che comprendeva la loro camera da letto con bagno privato, più altre quattro camere e tre bagni.

Non che avessero molti ospiti, ma spazio ce n’era e Jude non aveva mosso obiezioni quando aveva visto il progetto per la prima volta. L’ampia scala all’entrata lo aveva spaventato per qualche istante, ricordò toccandosi distrattamente il braccio sinistro ma, subito dopo, il suo lato razionale aveva avuto il sopravvento. Seguendo le indicazioni del suo ragazzo aveva seguito personalmente i lavori.

Zero aveva insistito affinché Jude potesse avere uno studio al piano terra, accanto ad un’ampia stanza che fungeva da palestra. Oltre alla grande cucina e a due bagni, ciò che occupava la maggior parte del piano terra era la sala.

I colori predominanti erano bianco, nero e beige, mentre il legno dei mobili donavano agli ambienti una sensazione di calore.

All’esterno il giardino dalle alte siepi li proteggevano da occhi indiscreti. Oltre al garage, Jude aveva voluto sul retro, non distante dalla piscina, un piccolo campetto di basket al chiuso. Così che Zero potesse allenarsi da solo ogni volta che lo desiderasse.

Tutta la proprietà era protetta da un altissimo cancello in ferro battuto.

Prima di andare a vivere lì, Jude non aveva mai capito cosa fosse una casa. Aveva vissuto in abitazioni, dove tornare dopo estenuanti giornate di lavoro. Dormire, mangiare, lavarsi e uscire di nuovo. Tutto lì.

Zero invece gli aveva dato un posto in cui voler tornare, un posto in cui essere felice.

Il giocatore si sporse per prendere un’altra scatola di ravioli al vapore. – Hai spento il cellulare. – Notò, guardando stupito sul tavolino.

– Sono stanco di rassicurare la gente. Se sento parlare ancora di quote e percentuali, potrei urlare. – Ammise, posando la testa sul divano alle loro spalle.

– Sempre detto, io, che quella è gente ipersensibile! – Borbottò il biondo. – È stato solo un pranzo, dannazione!

– Non è così semplice, la posizione di Jelena non è mai stata solida, lo sai. Il suo dieci percento non le ha mai garantito la poltrona.

– Come diamine ha fatto a diventare il capo, allora?

– Strategia e un pizzico di fortuna. – Accettò dal compagno un’altra scatola di cartone, prima di proseguire. – Marcus non era contento della gestione di Lionel. È l’azionista principale ma, all’epoca, non fece nulla per impedire l’ascesa di Jelena. Nel frattanto lei ottenne l’appoggio degli altri membri del Consiglio.

– Quindi le è stato sufficiente il trenta per cento e il tacito assenso di Marcus.

– Sì. Oscar era ancora in galera e Lionel era un po’ troppo avventata per i suoi canoni. Jelena ha ottenuto i Devils grazie all’appoggio del Consiglio. Capisco le scelte di Marcus. – Ci tenne a precisare. – Al suo posto avrei fatto lo stesso. Lionel ha tante qualità, ma è troppo impulsiva per gestire una squadra come la nostra.

– Aspetta un istante, – mormorò Zero facendo un rapido calcolo, – la tua famiglia possedeva il cinquanta percento della società, ma diede il dieci percento alla madre di Jelena. È il quaranta percento, non il trenta.

– Anni fa, dopo un affare losco dei suoi, Oscar fu a corto di denaro e fu costretto a vendere il dieci percento a Marcus, suo storico socio d’affari. È così che è entrato a far parte del Consiglio. – Sospirò rassegnato. – Quando è finito in carcere per omicidio, si è trovato nella stessa situazione e gli ha venduto un ulteriore dieci percento.

– Perciò Marcus ha il venti percento della società, come Oscar?

– Sì, hanno le stesse quote. Jelena e Betty Lewis, ne hanno dieci, mentre l’avvocato Martin e Richard Walker, possiedono il cinque percento.

– Venti e venti, dieci e dieci, cinque e cinque. – Mormorò Zero. – Fa settanta, Jude. Chi possiede il trenta percento della società?! – Domandò, perplesso.

Jude si adombrò. – Appartenevano a mia madre.

Il giocatore lo guardò scioccato. – Le ha lasciate a te?

– No, non ha mai voluto che avessi nulla a che fare con Oscar e le sue attività.

– Donna saggia. – Commentò, passandogli un braccio attorno alle spalle.

– Immagino di sì.

– Ma se non le hai tu, chi…? Non è possibile! – Esclamò. – Le ha Harrison! Ecco perché il Consiglio è impazzito!

– Già.

– Jude, hai detto che non è mai stato un appassionato di sport. Se tu fossi davvero suo figlio, ti potrebbe lasciare le quote. Diventeresti il proprietario dei Devils.

– Non correre troppo, – lo avvertì, – e  poi non ho mai voluto essere il capo. È fastidioso. Troppe feste, interviste e riflettori puntati in faccia. – Lo guardò di sbieco. – In effetti è ciò che è diventata la mia vita da quando ti frequento. – Gli baciò una guancia. – Ho anche dei fans, adesso! Siamo i Zure!

– Zude. – Lo corresse, infastidito.

– Fa lo stesso. – Tagliò corto, ridendo del suo broncio. Batté lentamente le palpebre, sorridendogli malizioso. – So quanto ti ecciti il potere, ti piacerebbe se diventassi il proprietario?

Zero gli rivolse un mezzo sorriso. – Sei il mio capo da anni, anche se l’idea di scoparti nell'ufficio che è stato di Oscar, me lo ha fatto diventare duro. – Annunciò avventandosi sulle sue labbra.

Jude accettò il suo peso con entusiasmo. Lo desiderava con una ferocia che sapeva ancora spaventarlo. La fame che provavano l’uno per l’altro non sembrava placarsi e questa consapevolezza lo lasciava ogni volta scioccato e compiaciuto al tempo stesso.

 – Non abbiamo lubrificante qui. – Lo avvertì quando sentì che le carezze di Zero si stavano facendo più audaci.

– Grave errore. – Borbottò contro le sue labbra.

Gli sfilò la camicia così da poter giocare con i suoi capezzoli scuri. Da quando aveva scoperto quanto fossero sensibili, erano diventati la nuova ossessione di Zero.

– Gideon! – Sospirò, inarcando la schiena.

– Shh, sono qui. – Lo rassicurò, sfregando i loro bacini.

L’attrito con il tessuto dei loro pantaloni li fece gemere e spostare le gambe, alla ricerca di un contatto maggiore.

– Sono diventato un pervertito come te! – Sospirò Jude, leccandogli la giugulare pulsante.

– Non darmi meriti che non ho. – Ansimò Zero, continuando a strusciarsi su di lui.

Tra gemiti e baci languidi, raggiunsero il piacere a poca distanza l’uno dall’altro.

– Ora una doccia non ce la leva nessuno. – Commentò il giovane, accarezzando distrattamente la schiena sudata del suo uomo.

– Dammi cinque minuti. – Bofonchiò contro il suo petto. – Sei insaziabile!

– Non intendevo quello! – Rise Jude. – Una doccia e basta.

– Sul serio? – Domandò quasi deluso.

– Ma possiamo aspettare anche dieci minuti.

– Lo vedi? Ho creato un mostro!

 

 

Note:

Ho scelto di lasciare l’originale wifey, perché “mogliettina” non mi piaceva. Non era la stessa cosa.

 

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Capitolo 2
*** ch2 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 2

Gojyina

 

Jude si svegliò gemendo. Un intenso calore all’inguine gli stava inviando continui brividi di piacere che lo costrinsero ad inarcarsi e a sospirare.

Premute contro il suo interno coscia, le labbra di Zero erano distese in un sorriso soddisfatto.

– Il bell’addormentato si è finalmente destato.

– Sei diventato il principe azzurro? – Rise, guardandolo attraverso le lunghe ciglia scure. – Sai che mi piacciono i ragazzi selvaggi.

– Vuoi vedere quanto sono selvaggio, Jude? – Domandò allungando un braccio alla ricerca del lubrificante.

– Sempre! – Sollevò il bacino per potersi sfilare più facilmente i pantaloncini neri.

– Così impaziente, – commentò Zero compiaciuto, – così sensibile. – Aggiunse chinandosi per leccare un capezzolo bronzeo.

– Dio! – Ansimò, cingendogli le spalle.

– No, Zero. – Replicò prontamente, divaricandogli le gambe.

– Stupido.

– Lo adori.

– Sto rivalutando le mie scelte di vita. – Jude affondò la schiena sul materasso, mentre Zero preparare il suo corpo. Cercò di rilassare i muscoli, ma le sue abili carezze gli rendevano l’impresa quasi impossibile. – Se non ti sbrighi, verrò come un adolescente.

– Agli ordini, Boss! – Lo prese in giro, posizionandosi tra le sue gambe.

Si guardarono negli occhi mentre Zero spingeva il suo corpo dentro quello di Jude. L’intimità che avevano raggiunto era nuova per loro. Mai avevano permesso ad altri di avvicinarsi così tanto. Eppure non avevano paura, si fidavano ciecamente l’uno dell’altro.

– Gideon! – Ansimò, quando fu colpito alla prostata.

– Lo so, sto arrivando. – Promise, iniziando a spingere a velocità sostenuta.

Jude gli cinse le spalle, sollevando appena il busto, così da aiutarlo a trovare la giusta angolazione.

Il giocatore continuò a colpire il suo punto magico, facendolo gemere rumorosamente. Venne, spruzzando di bianco perla l’addome scolpito di Zero che, a quella vista, perse a sua volta il controllo.

Steso su Jude a riprendere fiato, sentì le sue mani sulla schiena e tra i capelli umidi.

– Sei ancora abbastanza selvaggio. – Disse Jude, facendolo ridere contro il suo petto.

– Lieto di saperlo! Doccia?

– Tra poco, – sussurrò, abbracciandolo. Sembrava molto assonnato e Zero quasi si pentì di averlo svegliato. – Ehi, va tutto bene. – Lo tranquillizzò senza aprire gli occhi. – Ma è sabato mattina, possiamo riposare ancora un po’.

Zero lo aiutò a sistemare le coperte sui loro corpi umidi, un lieve broncio sulle labbra.

– Mi conosci troppo bene, è quasi fastidioso.

– Sei solo facile da capire. – Mormorò, quasi assopito. – Ci somigliamo.

– Riposa, ne parliamo più tardi. – Sbadigliò il giocatore, staccando la sveglia. Notando quanto Jude fosse stanco, decise di spegnere anche il suo cellulare. I Devils potevano sopravvivere qualche ora senza di lui.

Zero adorava quelle mattine pigre, durante le quali poteva sonnecchiare sul petto di Jude. Di solito, il suo ragazzo rispondeva alle e-mail dal cellulare e controllava i video mandati da qualche osservatore. Era raro che dormisse fino a tardi, ma Zero era più che lieto che riposasse. Gli ultimi giorni erano stato impegnativi, con i giornalisti sportivi ad aspettarli un po’ ovunque, bramosi di scoprire i dettagli dell’incontro con Harrison.

Era stressante, soprattutto per Jude, che detestava avere i riflettori puntati contro.

Purtroppo, li attendeva un periodo ancora più complicato.

Non era contento del ritorno di Derek, anche se non lo aveva dato a vedere. La squadra aveva bisogno di un giocatore di esperienza come lui, un serio professionista, ma Zero non aveva ancora sotterrato l’ascia di guerra e non aveva intenzione di lasciargli la fascia di capitano.

Era difficile per lui e Jude essere i Re di Los Angeles. Per quanto tentassero di tenere separati lavoro e vita privata, l’una influenzava per forza di cose l’altra.

Se Jude non aveva obiettato al ritorno di Derek non era stato per offendere Zero. Al momento i Devils avevano diversi giocatori giovani, con poca esperienza ad alti livelli. Derek avrebbe aiutato Zero a far crescere quei ragazzi, facendo loro da mentore.

Jude doveva fare gli interessi della squadra e se poteva anche facilitare il lavoro di Zero, tanto meglio.

Trovare un equilibrio nelle loro vite era un lavoro costante, ma ne valeva la pena. L’amore di Jude era una coperta calda e soffice, che lo avvolgeva senza soffocarlo. Non avrebbe mai più potuto vivere senza.

L’arrivo di Harrison era stato inaspettato. Era il maggiore azionista, anche se le sue quote erano state gestite sino a quel momento da Marcus ma, a conti fatti, i Devils erano di sua proprietà. Se Jude si fosse rivelato suo figlio, molto probabilmente le avrebbe lasciate a lui.

Ma se il test di paternità si fosse rivelato negativo, cos’avrebbe fatto? Sarebbe tornato in Europa e avrebbe lasciato tutto così com’era?

Zero sollevò un lembo del piumone, così da coprire meglio Jude ancora profondamente addormentato. Avrebbe dovuto anche fare un giro di telefonate e scoprire perché Harrison fosse tornato proprio adesso.

Controllò l’orologio e decise di ritagliarsi ancora qualche ora di ozio. Voleva un fine settimana di solo relax sia per se stesso che per Jude, rimandando i problemi a lunedì.

 

– Non riesco a crederci! – Jude guardò l’orologio sul comodino, sentendosi in forte disagio. – E mi hai anche spento il cellulare. – Lo accusò, aiutandolo a posare il vassoio sul letto.

– Sì, sono un ragazzo terribile. – Tagliò corto, afferrandogli il cellulare prima che potesse riaccenderlo.

– Gideon! – Protestò cercando di recuperarlo.

– Jude! – Lo prese in giro con lo stesso tono. – Te lo confisco. Se lo rivuoi facciamo prima colazione.

– Pranzo, vista l’ora.

– Quello che è. Se farai il bravo te lo renderò. – Concluse cercandogli le labbra.

– Lo sai, vero, che non dovresti cucinare? – Gli accarezzò una guancia. – Se ti tagliassi o bruciassi, potrebbe incidere sul tuo rendimento in campo.

– Non lo faccio così spesso e poi sto attento. – Lo tranquillizzò, passandogli il caffè.

Jude addentò il pane tostato appena imburrato e si appoggiò contro Zero, quando sentì un braccio attorno alle spalle.

Gideon era sempre stato molto tattile, ma negli ultimi giorni lo era ancora di più. Faticava ad ammetterlo anche con se stesso, ma adorava sentirsi coccolato così.

– Stasera vuoi andare al party di J.Lo?

– No, voglio passare il fine settimana a letto con te. – Fu la risposta di Zero, sussurratagli contro una tempia.

Jude increspò la fronte. – Ne sei sicuro? Non stai facendo molta vita mondana ultimamente.

Lo vide scrollare le spalle. – Preferisco fare sesso con te. – Allungò una mano e prese un pezzo di bacon. – Ti stai lamentando?

Il giovane sbuffò. – Sai che non intendevo quello. È davvero impossibile, a volte, fare un discorso serio con te. Soprattutto quando non vuoi rispondere. – Spostò il peso su un fianco, sfregando la fronte contro la sua spalla muscolosa. – Oggi non riesco a restare sveglio. Mi hai messo del sonnifero nel caffè? – Scherzò, ricevendo in cambio una lieve sculacciata.

– Il nostro corpo sa di cosa abbiamo bisogno. Se hai sonno, dormi. – Posò il vassoio sul comodino e si spostò in modo tale che Jude potesse usare il suo petto come cuscino.

– Sono davvero viziato. – Bofonchiò, lottando per tenere gli occhi aperti.

– Mi piaci viziato, perché dipendi da me.

– Prima o poi ti stancherai di farmi da balia. – Si lasciò sfuggire, nel dormiveglia.

Zero perse il sorriso. – Dubito che potrò mai stancarmi di te, stupido. – Jude non rispose, preferendo chinare il viso e nasconderlo sotto al piumone. – Ehi? – Lo chiamò il giocatore, posando due dita sotto al mento, costringendolo gentilmente a guardarlo. – Siamo Team Zude. – Gli ricordò, baciandogli la fronte.

– Continuo a trovarlo un nomignolo strano. – Borbottò, tornando a posare la fronte nello spazio tra la spalla e il collo di Zero.

– Perché non conosci il linguaggio delle fans. Non conosci nemmeno gli hastag! – Lo accusò, accarezzandogli distrattamente la schiena.

– Infatti ero il tuo manager. L’ufficio stampa lo lasciavo ad altri. A proposito, come va con Stevens? – Domandò all’improvviso.

– Più che bene. Non è bravo come te, ma fa il suo lavoro egregiamente. Soprattutto non ha clienti tra i Devils, come Lucas. – Sputò quel nome con una buona dose di disgusto.

– Lo so, è per quello che te l’ho consigliato. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Conosco Stevens da anni, ha un ottimo fiuto per gli affari e, cosa più importante, è un grande esperto di legge. Quando avevo dei dubbi, mi sono sempre rivolto a lui e non mi ha mai deluso. Lo consulto ancora oggi per i contratti dei Devils più delicati. Ero certo che avrebbe fatto un ottimo lavoro con te.

– Non sei tu e non ha neanche il tuo bel culo, ma è bravo. – Gli baciò la cima della testa. – Con te a guardarmi le spalle, mi sento protetto.

– Siamo Team Zuro, no?

– Zude. – Lo corresse sbuffando. – Lo stai sbagliando di proposito.

– Mi piace prenderti in giro.

Il giocatore sistemò il plaid su di loro. – Un tempo eri carino e timido, ho creato un mostro.

– Non sono mai stato carino e timido! – Protestò, stropicciandosi un occhio. – Ti ho fatto firmare i migliori contratti della tua vita! – Scherzò, fingendo una voce lamentosa.

Zero scoppiò a ridere, abbracciandolo. Bastarono pochi minuti e si addormentarono, avvolti dal calore reciproco, proseguendo il loro fine settimana all’insegna del relax e della pigrizia.

 

Il tardo pomeriggio li trovò abbracciati sul divano, avvolti in una morbida coperta. Zero aveva insistito per vedere qualche film insieme e Jude aveva preparato un paio di ciotole di popcorn, rassegnato a lasciare il cellulare spento.

Complici il calore e la sicurezza che Gideon gli trasmetteva, Jude si ritrovò a sonnecchiare ancora, sfregando di tanto in tanto il viso sul petto del suo uomo.

– Vuoi tornare a letto? – Gli chiese Zero.

– Sto bene qui. – Bofonchiò, assopendosi per l’ennesima volta.

Zero sorrise, soddisfatto nel vedergli recuperare preziose ore di sonno.

Stava scegliendo il secondo film da vedere, quando udì un rumore provenire dal giardino.

– Gideon? – Lo chiamò Jude, aprendo lentamente gli occhi.

– Vado a vedere, torna a dormire. – Rispose scendendo dal divano.

– Sento abbaiare. – Mormorò mettendosi seduto. – Vengo con te.

Infilate un paio di scarpe da ginnastica e la giacca, uscirono insieme.

– Non c’è nulla, – disse il giocatore, – forse era il cane dei vicini.

– Non so forse… – la sua attenzione fu catturata da un cespuglio, – laggiù c’è qualcosa che si muove.

Avvicinandosi al cancello, notarono un paio di piccole zampe marroni che spuntavano da sotto le foglie.

– Si è incastrato tra il ferro e i rami. – Disse Gideon, – Ehi, campione. Non aver paura, adesso ti liberiamo. – Rassicurò il cucciolo, mentre Jude usciva in strada.

– Strano che sia riuscito ad entrare. Deve essere molto piccolo. Oh, Gideon!

– Cosa? – Si incuriosì, non sentendolo più. Quando udì il cancello chiudersi, si voltò verso di lui. – E quello? – Rise, guardando il cucciolo beige che stava leccando il viso di Jude.

– Stava seguendo l’amico, per fortuna non si è incastrato anche lui. Non ho mai avuto un cane, è igienico che mi lecchi la faccia? – S’interrogò, accarezzandolo.

Zero si mise a ridere e diede un leggero strattone ad un ramo, riuscendo così a liberare l’altro cucciolo dal pelo più scuro.

– Eccoci qui, campione. – Lo salutò, prendendolo in braccio. – Portiamoli in casa, mi sembrano entrambi infreddoliti.

Tornati in sala li avvolsero nella coperta lasciata sul divano e li adagiarono delicatamente sul pavimento.

Jude li osservò pensieroso, prima di afferrare il telefono di Zero.

– Astinenza? – Lo prese in giro, tornando dalla cucina con due piatti colmi d’acqua.

– Ricerche, – borbottò concentrato sul display, – se non ricordo male abbiamo qualche carota e credo anche il pollo.

– Jude?

– Dovranno pur mangiare, no? – Replicò scrollando le spalle. – Non possiamo lasciarli tornare in strada. Lunedì potremmo chiedere se qualcuno li vuole.

Il giocatore accarezzò distrattamente i due cuccioli, intenti a bere rumorosamente. L’acqua aveva inzuppato metà coperta, ma poco gli importava.

– Potremmo… – S’interruppe, sentendosi uno sciocco.

Non avevano orari stabili, anche se possedevano un giardino spazioso, avere due cani per lasciarli da soli tutto il giorno non era sensato.

I due piccoli gli salirono sulle cosce, mugolando.

Non doveva affezionarsi a loro. Se ne sarebbero andati, si disse, ridendo quando quello più chiaro si sollevò su due zampe per potergli leccare il naso.

– Potremmo tenerli.

La voce gentile di Jude lo fece sobbalzare, non lo aveva sentito tornare.

– Con la vita che facciamo, sempre fuori casa?

– Meglio che in mezzo alla strada, col rischio che vengano investiti. – Sedé sul bracciolo del divano, incrociando le braccia al petto. – Abbiamo il giardino. Non lo so, potremmo trovare un modo, se li vuoi tenere.

– Sei sicuro?

– Per me è indifferente. Non ho mai avuto animali domestici ed erano proibiti nel mio vecchio appartamento. Quando ci siamo trasferiti qui, non mi è venuto in mente che avremmo potuto averne.

– Nemmeno io ne ho mai avuti. Da piccolo avrei voluto un cane, ma poi… – scollò le spalle. Poi era stato abbandonato ed era finito in una casa famiglia che non aveva spazio neanche per i bambini, figuriamoci per un animale.

– Ehi, che ne dici di cercare un veterinario in zona, o chiedere a qualcuno della squadra se conoscono qualcuno di affidabile? Io intanto preparo loro qualcosa da mangiare.

Zero annuì e lo seguì con lo sguardo tornare in cucina. Il cucciolo marrone si accoccolò sulla sua coscia sonnecchiando, per nulla infastidito dai movimenti dell’altro, deciso a sfilacciargli il maglione.

Jude accese sotto alla pentola e tornò a guardare il soggiorno. Raramente aveva visto Gideon sorridere come aveva fatto con quei due cuccioli.

Voleva solo che fosse felice e se quei cani lo facevano sorridere in quel modo, allora li avrebbero tenuti.

Doveva solo capire di cosa avessero bisogno: cibo, cuccia, veterinario, forse dei giochi. Non ne aveva idea.

– Come vuoi chiamarli?

La voce di Zero lo riscosse dai suoi pensieri.

– Non so, decidi tu.

– Dobbiamo farlo insieme. – Protestò, spostando i cuccioli sulla coperta.

– Brown e Beige? – Buttò lì, pensando al colore del loro pelo.

Ottenne un’occhiataccia. – Sul serio, Jude?

– Non lo so! – Sbuffò, controllando il pollo immerso nell’acqua bollente. – Uno dei due mi sembra abbastanza attivo, se lo chiamassimo Devil sarebbe ridicolo?

Il giocatore scoppiò a ridere. – Stacanovista! Solo tu potresti chiamare il cane come la tua squadra! – Guardò il cucciolo beige intento a rosicchiare una gamba del tavolino. – Hai ragione, Devil è più che appropriato!

– E l’altro non so. Logan? Tu adori Wolverine.

– Wolverine non è un cane! – Protestò, incrociando le braccia al petto. – Logan e Devil. Non male. – Afferrò il cellulare e lo raggiunse in cucina.

– Se stai per fare shopping su Amazon, non perdere il controllo. – Lo ammonì, tagliando la carne. – Non ho aggiunto il sale. Credo abbiano un mese o poco più, gli ho fatto pollo e carote lessate, pensi che vada bene?

Zero scrollò le spalle. – Guardando le foto in rete, sembrano avere un mese o due. Essendo meticci è un po’ difficile da capire. Proviamo.

Jude si sedé sul pavimento del soggiorno, usando il divano come spalliera. Avvicinò un pezzo di carne tiepido al naso di Logan, che sembrò moderatamente interessato. Tentò ancora e il cucciolo assaggiò il pollo, scodinzolando.

– Sembra che gli piaccia. Sul serio, Zero? – Rise del suo ragazzo, che ancora non riusciva ad afferrare Devil, convinto che essere rincorso fosse un gioco. – Ha uno scatto migliore del tuo. Dovremmo metterlo in squadra!

– Ti ho sentito, stupido! – Brontolò imbronciatissimo. Con una finta degna di una finale, riuscì finalmente ad afferrare il cucciolo. – Non pensavo che fosse così faticoso! – Sospirò, sedendosi accanto a lui.

Devil parve molto più entusiasta del cibo rispetto al fratello, mangiando velocemente.

– Per fortuna ce n’è ancora. – Jude lasciò il piatto sul pavimento e si diresse in cucina con Logan in braccio. – Dobbiamo controllarli. Devil è più vorace, non gli dà il tempo di mangiare. – Sorrise al cucciolo. – Non possiamo farti morire di fame, vero?

Zero sorrise dal divano. Anche se non aveva familiarità con gli animali, Jude sembrava a suo agio con loro.

– Il fine settimana ha preso una piega inaspettata. – Disse, portando via il piatto vuoto di Devil che riprese a ispezionare la sala annusando qualsiasi cosa. – Ha spazzolato anche le carote. Con lui come va? – Domandò indicando Logan.

– Non ne sembra entusiasta, ma sta mangiando tutto.

Appoggiandosi allo stipite dell’arcata, si immerse nel magico mondo di Amazon. – C’è una quantità di roba assurda. Persino i passeggini per cani, ti rendi conto?!

– Atteniamoci alle cose base. Cuccia, guinzagli e qualche gioco. Poi potremmo chiedere al veterinario, o a qualcuno della squadra.

– Richard ha due cani, non ricordo la razza.

– Se non sbaglio anche Caty ne ha uno, ma forse è un gatto. Non ne sono sicuro.

– Non credo siano la stessa cosa. Preferisco andare sul sicuro. Lunedì chiederò a Ricky. Devil, stai fermo! – Esclamò correndo all’ingresso. – Il tuo cane mi sta distruggendo le scarpe!

– È già diventato il mio cane, appena ha fatto qualcosa di fastidioso?! – Sfregò la punta del naso sulla cima della testa di Logan. – Prevedo centinaia di ramanzine all’orizzonte e decine di scarpe nuove.

 

– Poteva andare peggio. – Disse Jude, infilandosi sotto le coperte.

– Sul serio? – Zero indicò con le mani un angolo della camera, dove i due cuccioli stavano sonnecchiando dentro la solita coperta, ormai divenuta di loro proprietà.

Avevano fatto la pipì in ogni angolo del soggiorno e, quando avevano cercato di salire le scale per seguirli e non ne erano stati in grado, Devil aveva protestato abbaiando con insistenza e Logan aveva cominciato a mugolare.

Si erano calmati solo quando li avevano presi in braccio e portati in camera con loro.

– Hai preso qualche giornale? – Chiese Jude, spostandosi verso di lui.

– Perché? Vuoi legger loro una favola?

– No, stupido. Nel caso in cui facessero ancora la pipì. Potremmo mettere qualche foglio sotto e attorno alla loro cuccia improvvisata.

– Lo faccio subito. – Zero strappò i fogli e fece come gli era stato detto. – Sei bravo con loro.

– Ho fatto qualche ricerca su internet. – Replicò con modestia, spostando un lembo del plaid per farlo stendere accanto a lui.

Il giocatore lo abbraccio da dietro, posando il mento sulla sua spalla. – Sembrano più tranquilli. – Notò, guardandoli sonnecchiare l’uno sull’altro.

– Mi auguro che si stanchino anche loro.

– E tu? – Soffiò sul suo orecchio, una mano che scendeva delicatamente sotto l’ombelico. – Sei stanco o vuoi giocare?

– Gideon, non possiamo! – Arrossì, afferrandogli il polso.

– Perché no?

– Potrebbero guardarci!

– Stai scherzando, vero?! – Sbottò a metà tra lo stupito e l’infastidito.

– Non lo farò con quei due che potrebbero vederci. – Fu la sua irremovibile decisione. Si voltò per guardarlo in viso. – Mi dispiace, ma proprio non ci riesco. – Spiegò arrossendo.

– Va bene, ci organizzeremo meglio da domani. Hai sonno?

– Ti sembrerebbe strano se ti dicessi di sì? Eppure ho dormito quasi tutto il giorno!

– È normale. Sei sempre in tensione e gli ultimi giorni sono stati molto stressanti. Abbiamo deciso di prenderci il fine settimana di totale riposo. – Lo rassicurò, passando una mano tra i capelli scuri.

Jude avvolse un braccio attorno al suo corpo e posò il viso sul suo petto. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.

– Voi due siete in debito con me! – Sussurrò all’indirizzo dei cuccioli assopiti.

Stava sistemando la coperta su Jude, quando il suo cellulare vibrò.

Lesse il messaggio di Lionel e si ritrovò a stringere la mascella con forza.

Saputo dell’incontro tra Jude e Michael, Oscar era intenzionato a rimettere piede all’Arena per controllare la situazione. Quel bastardo cercava di sfruttare ogni opportunità a sua disposizione per tornare.

Non gli avrebbe permesso di ferire ancora Jude, si ripromise, accarezzando distrattamente il suo viso. Amava vederlo così sereno. Solo tra le sue braccia il giovane uomo riusciva ad abbassare completamente la guardia e a rilassarsi davvero.

Questa fiducia a volte lo spaventava, ma Zero non avrebbe rovinato la cosa più importante della sua vita. Era cresciuto solo e abbandonato, ma da quando lo aveva incontrato, Jude lo aveva avvolto tra le sue braccia donandogli sensazioni di calore, amore, cura e protezione, mai provati prima.

Se pensava che aveva rischiato di perderlo per colpa della sua stupidità, non poteva impedirsi di biasimare se stesso. Non fosse stata per la gelosia provata per Lucas, forse a quell’ora sarebbe stato ancora imbrigliato tra feste e alcol, alla ricerca di uno svago che lo aiutasse a combattere la solitudine.

Era stato un pazzo. Per fortuna Jude lo aveva accolto di nuovo nella sua vita.

Baciò la cima della sua testa, ringraziandolo mentalmente.

Nel sonno Logan iniziò a piagnucolare e tirare calcetti a Devil che gli abbaiò contro, infastidito da quel trattamento.

– Gideon, – mormorò Jude, voltandosi verso i due, – possiamo farli salire sul letto?

– Sei sicuro?

Jude annuì. – Abbiamo un letto king size, sfruttiamolo! – Gli sorrise assonnato e lo aiutò prendendo i due cuccioli.

– Non credo che i giornali siano sufficienti. – Disse il giocatore. – Aspetta, abbiamo la plastica che avvolgeva il microonde nuovo, non l’abbiamo ancora buttata. – Si ricordò scendendo di corsa le scale.

Quando tornò, la posò sul letto, adagiandovi sopra la coperta dei cani.

Jude gli sorrise. – Mettila al centro, così questi due non rischiano di cadere.

Sistemati i cuccioli, poterono finalmente infilarsi di nuovo sotto alle coperte.

Zero allungò un braccio e lo adagiò sulla vita di Jude. – La nostra vita sessuale potrebbe avere delle serie difficoltà.

– È solo per una sera o due. Il tempo di farli ambientare, penso. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Poi cresceranno e sapranno salire e scendere le scale senza problemi. – Accarezzò i due cuccioli sino a quando non si furono tranquillizzati, ricominciando a dormire senza ulteriori problemi.

Una sensazione nuova fiorì nel petto di Zero, ma non seppe darle un nome. Vedere Jude prendersi cura ed essere così protettivo nei confronti di quelle due piccole vite bisognose lo riempiva di calore e amore.

Decise di non indagare oltre e si chinò per baciare la testa del suo ragazzo, prima di addormentarsi.

 

– Sei diventato davvero bravo. – Si complimentò Jude, rileggendo il compito di matematica di Miguel.

Il bimbo scrollò le spalle. – Mi piace perché è tutto ordinato. Ogni numero ha il suo posto.

Il giovane gli sorrise comprensivo. – Sai, a scuola era la mia materia preferita per lo stesso motivo. L’ho sempre trovata rassicurante. Ma in pochi mi capivano.

Miguel gli sorrise e proseguì a fare i compiti seduto sul divano.

Era un’abitudine maturata col tempo. Ogni giovedì, dato che non aveva corsi pomeridiani, Miguel veniva all’Arena e faceva matematica nell’ufficio di Jude, quando non era occupato in una riunione. In quel caso Caty gli lasciava la scrivania, in attesa che il giovane Kinkade si liberasse. Ma la cosa importante era che, cascasse il mondo, Jude avrebbe sempre controllato i suoi compiti.

Dalla porta aperta, Jude poté vedere Zero arrivare con il suo solito sorriso impertinente.

– Oggi è giovedì. – Sentì dire a Caty, fermando il giocatore prima che potesse dire qualcosa di inappropriato.

– Oh, i piccoli matematici sono all’opera? – Scherzò il biondo entrando nell’ufficio. – Ehi! Avete finito i compiti?

Jude roteò gli occhi. – Molto simpatico. Vero, Miguel?

Il bambino nascose un sorriso dietro al libro.

Caty portò a Jude l’elenco degli ultimi appuntamenti e si misero a controllare insieme l’agenda per cercare di non accavallarli. Nei mesi successivi ben sei giocatori sarebbero stati in scadenza di contratto e dovevano organizzare gli incontri con i rispettivi agenti.

– Com’è andato l’allenamento di ieri? – Chiese Zero, sedendosi sul divano accanto al bambino.

– Stiamo imparando i tiri da tre punti.

– Non ti piace il basket? – Indagò, sorpreso dalla sua mancanza di entusiasmo.

– Piace a Jelena.

Jude gli rivolse un sorriso triste. – Ehi, lei ti vuole bene. Non importa cosa tu scelga di fare. Non sei obbligato a giocare ad uno sport che non ami, solo per compiacerla.

– Strano consiglio detto da te!

La voce di Oscar li fece sobbalzare. Nessuno si era accorto del suo arrivo e Caty rivolse al suo capo un sorriso di scuse.

– Va tutto bene, – la tranquillizzò alzandosi in piedi. – Cosa vuoi? – Ringhiò, posizionandosi istintivamente tra lui e Miguel.

– Sono passato per vedere come avete ridoto la mia squadra. L’Arena sembra ancora in piedi. – Ammise guardandosi distrattamente attorno. – Ho saputo che hai incontrato Harrison. Ti ha raccontato tutto, vero?

– Stiamo facendo il test, sì.

– Ovviamente, mi aspetto di conoscere il risultato. Spiegherebbe molte cose.

– Già.

– Sai, ho sempre saputo che non eri mio figlio. – Ammise, guardandolo con cattiveria. – Hai sempre avuto qualcosa che mi ricordava lui. Quel sorriso gentile che mette tutti a proprio agio. Umanità e scrupoli che sono letali nel mondo degli affari, ma che Harrison è sempre riuscito a sfruttare a proprio vantaggio, diventando milionario. Tu hai i suoi stessi scrupoli e stai ottenendo i suoi stessi risultati. – Sogghignò maligno. – Ma sei cresciuto come un Kinkade. L’istinto di ferire chi ti sta di fronte per ottenere ciò che vuoi, lo hai imparato da me, vero?

Jude trasalì e si avvicinò ancora di più a Miguel. Ricordava il giorno in cui, per proteggere Zero, aveva minacciato Jelena di farglielo portare via.

Ancora se ne vergognava.

Il giocatore si alzò in piedi, affiancando il compagno in difficoltà. – Quando avremo i risultati del test, ti manderemo una email.

– Zero! Complimenti per la stagione, una delle migliori. Certe attività non inficiano il rendimento in campo, come invece pensavo.

– Al contrario, – replicò con la stessa cattiveria, – sono un allenamento extra.

– Signor Kinkade? – Caty entrò nell’ufficio accompagnata da due ragazzi della security. Nessuno aveva notato la sua assenza, ma Jude la ringraziò mentalmente.

– Non c’è bisogno della scorta, me ne vado da solo. – Disse Oscar, lasciando la stanza accompagnato dai ragazzi in abito scuro. – Ah, prima che mi dimentichi, ho chiesto che facessero il test di paternità anche tra me e te. Così, per toglierci ogni dubbio.

– Per me va più che bene. – Sibilò, rimanendo in silenzio mentre l’uomo veniva accompagnato all’ascensore.

– Stai bene? – Domandò Zero, quando se ne fu andato.

Jude annuì, ma lasciò che lo abbracciasse.

– Quel signore era il tuo papà? – Chiese Miguel, più stupito che spaventato.

– Così pare. – Gli accarezzò la testa. – Finisci i compiti e andremo a prendere il gelato.

Miguel annuì e riprese da dove aveva lasciato.

Jude tornò alla sua scrivania seguito da Zero, che si sedé su un angolo a braccia incrociate.

Il giovane ricominciò a organizzare l’agenda, posando un braccio sulla sua coscia, a mo’ di ringraziamento.

– Possiamo finire domani. – Azzardò Caty, la colpa ancora incisa sul viso.

– Ti ringrazio, ma non è un problema. Tanto devo aspettare Miguel.

– C’è un gelato con il suo nome sopra. – Annunciò Zero, facendole l’occhiolino.

La segretaria annuì con un lieve sorriso e ricominciò a controllare l’agenda elettronica. – Questa settimana è tranquilla. Potremmo organizzarne due al giorno.

Jude annuì. – Segui l’ordine di scadenza dei contratti, così nessuno si offenderà.

Si adagiò contro lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi. Sorrise appena sentendo la mano calda di Zero stringere la sua.

– Finito. – Annunciò Miguel, passando il quaderno a Jude, che fu ben lieto di avere una distrazione.

Controllò con attenzione ogni passaggio e alla fine gli sorrise orgoglioso. – Bravissimo. Ora raccogli tutto e andiamo. Un gelato doppio cioccolato non te lo toglie nessuno! – Mentre il piccolo riponeva tutto nel suo zaino, lui sistemò i suoi documenti nella sua valigetta nera. Prima di uscire, si rivolse alla segretaria. – Per cortesia, avverti la signorina Howard che Miguel è al bar con noi.

– Già fatto, passerà a prenderlo tra mezz’ora.

Jude la ringraziò con un cenno del capo e prese l’ascensore insieme a Zero e al piccolo.

Con Jelena i rapporti erano freddi come sempre, ma per amore del bambino evitavano di discutere in sua presenza. Capitava solo una volta a settimana, non era difficile fingersi cordiali per pochi minuti. Per Zero era più complicato, ma aveva imparato a dargli una gomitata o un pizzicotto per impedirgli di dire qualcosa di maligno. Gesti che si faceva perdonare in camera da letto, ovviamente.

– Stai bene? – Sussurrò Zero, guardano il piccolo che sedeva al bancone con la sua coppa gigante panna e cioccolato.

– Non proprio. Non vedo l’ora di tornare a casa e fare la doccia.

Il biondo annuì, comprensivo.

Ordinarono due caffè, mentre Miguel mangiava il suo gelato in tutta tranquillità.

Aveva quasi finito quando arrivò Jelena.

– Ti sei divertito? – Chiese al bambino, che prontamente annuì.

– Sono migliorato. Poi è arrivato il papà di Jude che non sembrava come lui. Essere parenti non sempre significa che le persone si somiglino. – Ragionò il piccolo. – Jude è gentile e paziente, ma il suo papà aveva una luce cattiva negli occhi. No, non si somigliano per niente. – Decise, prendendo lo zaino. – Grazie Jude, ciao Zero! Ci vediamo giovedì! – Li salutò il piccolo, accettando la mano che Jelena gli porse.

– A domani. – Borbottò lei, con un finto sorriso.

Zero diede al suo ragazzo una lieve pacca sulla spalla. – Andiamo a casa. – Sussurrò gentilmente, guardandolo nascondere gli occhi lucidi dietro ad una ciocca di capelli. – Hai sentito? Anche un bambino sa che tu e Oscar non vi somigliate per niente.

– Gideon. – Sussurrò, senza farsi sentire da nessuno.

– Accettalo. Non sei come lui. Non importa ciò che puoi aver detto, conta solo ciò che fai. – Si mise al volante e allacciò la cintura di sicurezza. – Arrivati a casa dovrò calcolare i danni fatti dalle due palle di pelo. Solo di scarpe mi stanno costando una fortuna.

Jude scoppiò a ridere mentre il giocatore metteva in moto la Porsche.

 

Uscito dalla doccia indossò velocemente un paio di pantaloni della tuta e una maglietta a mezze maniche.

Quando udì il suono del campanello scese le scale giusto in tempo per vedere entrare Lionel, bellissima in un tailleur verde chiaro, con la gonna che le arrivava appena sopra al ginocchio.

La guardò perplesso. La sua presenza aveva solo una ragione: l’incontro con Oscar.

Zero gli sorrise. –  È la stessa faccia che hai fatto quando abbiamo scoperto che Devil è una femmina.

– Chi è Devil?! Oh, per l’amore di Dio! – Urlò l’attrice, quando una furia scatenata cercò di saltarle addosso. – Jude! Jude! Queste calze costano più di cento dollari! Jude!

Il giovane si passò le mani sul viso, cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.

Raggiunto il soggiorno, afferrò Devil prima che riuscisse a saltare sull’amica.

– Zero, vorresti prendere Logan, per favore? – Gli chiese gentilmente. Nonostante il cane la stesse solo annusando, la donna continuava a lamentarsi.

– No, è divertente vederla saltellare per la stanza. – Jude si limitò a guardarlo con un sopracciglio alzato. – Va bene, va bene! – Brontolò il giocatore, afferrando con delicatezza il cane più scuro.

– Da quando avete bestie in casa?! Zero a parte. – Domandò accaldata.

– Grazie. – Commentò il diretto interessato con voce incolore.

– Prego. – Si passò una mano tra i lunghi capelli castani. – Jude! Mi hai fatto correre su tacchi quattordici!

– Perché stai incolpando me? – Volle sapere sedendosi sul divano. – Sto anche sacrificando il mio viso per te! – Le fece notare, indicando Devil intenta a leccargli una guancia.

– Si presuppone che tu sia quello maturo della coppia. – Spiegò lei sedendosi ben lontana da loro.

– Non lo trovo corretto, tu che ne pensi Dev? – La cucciola scodinzolò. – Vedi? Mi sta dando ragione anche lei. Non è giusto.

Zero lo affiancò, posando la testa sulla sua spalla. Logan era molto più tranquillo e stava sonnecchiando tra le sue braccia.

– Hai saputo, vero? – Arrivò subito al punto.

– Ho le mie fonti. – Lo guardò preoccupata. – Come stai?

Scrollò le spalle.  – Non lo so. Sporco, credo. Ma dopo aver fatto la doccia mi sento meglio. È stupido?

– No, capisco la sensazione. Ti ricordo che ci andavo a letto.

– Che schifo! – Esplosero i due uomini all’unisono e con la medesima espressione disgustata.

– Ehi! Non giudicate! – Protestò, sistemandosi la giacca. – Cosa è venuto a fare all’Arena?

Jude indurì i lineamenti del viso. – Sputare un po’ del suo veleno, come al solito. E sono così stupido da restarci ancora male. – La sua tristezza fu percepita da Devil, che mugolò contro la sua guancia.

Zero le sorrise. – Vedi? Anche lei ti sta dicendo che non sei stupido, stupido.

– Grazie tante. – Ironizzò.

– Sai cosa intendo.

Jude gli sorrise con dolcezza. – Lo so.

– Piantatela di farvi gli occhi dolci. Siete rivoltanti.

Il biondo inarcò le sopracciglia. – Lascio liberi i cani?

– Jude, mi sta minacciando!

– Jude, ci stava insultando!

– Dio, che male ho fatto? – Il giovane prese Logan dalle mani del suo ragazzo. – Loro devono fare il bagno, voi due arrangiatevi. Ciao Lionel, grazie per essere passata. – La saltò con gentilezza, prima di salire le scale con i due cuccioli in braccio.

– Sapevo che stava tramando qualcosa. – Commentò Lionel. – Oscar non si è ancora rassegnato all’idea di aver perso la squadra.

– Quello che mi fa rabbia è che riesca ancora a ferirlo. – Ammise Zero.

– Un tempo sarebbe stato peggio. Avrebbe sanguinato per giorni, invece adesso ha solo bisogno di un cerotto.

– Ma il taglio c’è.

– Quello ci sarà sempre. È troppo sensibile per il suo bene.

– Per fortuna ha due come noi, con molto pelo sullo stomaco.

– A proposito di pelo, i tuoi cani mi hanno rovinato le calze! – Sollevò una gamba, mostrando due smagliature e qualche pelo marrone e beige sparso qua e là.

– Per lo meno non ti hanno leccata il viso, è andata bene.

– Me ne vado! – Annunciò, alzandosi velocemente. Guardò la scalinata che conduceva al piano superiore. – Strano che l’abbia voluta.

– Cosa?

– La scala. – Spiegò. – Le odia, eppure eccola lì. Forse sta affrontando i fantasmi del passato.

– Non so di cosa tu stia parlando.

Lei inarcò le sopracciglia. – Non te l’ha detto. – Abbassò il tono della voce. – Jude era alle medie ed era appena entrato nella squadra di baseball della scuola. Quando Oscar lo ha saputo ha dato di matto. Gli disse che per il proprietario di una squadra di basket avere il figlio che giocava a un altro sport era inaccettabile. Litigarono e non so di preciso cosa sia accaduto. Forse è inciampato o forse Oscar lo ha spinto, comunque Jude cadde dalla scala e si ruppe il braccio sinistro. Legamenti lesi e carriera sportiva finita prima ancora di cominciare.

– Per questo si tocca il braccio quando cambia il tempo. – Sussurrò Zero più a se stesso che a lei.

– Motivi per odiare Oscar ne ho a sufficienza. Ora devo andare. Se succede qualcosa, voglio saperlo.

Rimasto solo, Zero non poté impedirsi di provare un moto di disgusto per Oscar. Avrebbe voluto prenderlo a pugni per tutto quello che aveva fatto all’uomo che amava.

– Devil, no!

Il grido disperato di Jude lo costrinse a salire di corsa al piano superiore.

– Non ci credo! – Scoppiò a ridere trovandolo steso per terra completamente bagnato con Logan sul suo stomaco e Devil, ancora insaponata, che saltellava per la camera da letto.

– Non so come ci siano riusciti, ma hanno quasi ribaltato la bacinella. Ho cercato di prenderla, ma…

– Sei finito col sedere per terra. – Finì per lui, aiutandolo ad alzarsi. – Cambiati i vestiti o ti verrà un malanno, penso io a questi due. – Disse, prendendo in braccio il cane marrone.

Jude si guardò increspando la fronte. – Sembro un pulcino bagnato. – Borbottò sfilandosi la maglietta.

– Oh, credimi, fossimo soli ti avrei già sbattuto sul letto. – Disse, asciugando Logan con un panno pulito.

Jude arrossì. – Te l’ho detto, con loro che ci guardano non riesco!

– Voi due avete distrutto la mia vita sessuale! – Brontolò afferrando Devil prima che scivolasse contro la cassettiera.

Il giovane Kinkade gli sorrise. – Una volta asciutti, potremmo sempre lasciarli qui in camera con la porta chiusa, mentre io e te potremmo fare una doccia insieme. – Suggerì guardandolo ancora a torso nudo.

Zero gli rivolse un sorriso predatore. – Il mio stratega preferito!

 

 

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Capitolo 3
*** ch3 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 3

Gojyina

 

Zero detestava svegliarsi in un letto vuoto. Gli riportava alla mente un periodo molto lungo e triste della sua vita.

Al suo fianco, i due cuccioli ronfavano avvolti con cura nella loro coperta, mentre fuori dalla finestra stava appena albeggiando.

Sentì Jude salire le scale e lo aspettò, pronto a fargli le sue vivaci rimostranze.

Quando lo vide entrare, tremante e scioccato, dimenticò il suo malumore.

– Ehi, che succede?

– Ah, scusami. Ti ho svegliato? – Disse subito, posando il cellulare sul comodino.

– Jude?

– Ne parliamo dopo, va bene? È troppo presto per affrontare gli psicodrammi dei Kinkade.

– Vieni qui. – Lo trascinò su di sé, stando entrambi attenti a non colpire i due cuccioli.

Jude sorrise quando lo sentì abbracciarlo.

– Hai gli allenamenti?

– No, fine settimana lungo.

– Ho mandato un messaggio a Caty, dicendole che oggi non sarei andato in ufficio. Non avevamo molto da fare, solo poche scartoffie che possiamo rimandare a lunedì.

– Sono ammirato. Tu che prendi un giorno di riposo? Allora la mia compagnia ti fa bene!

Jude rise contro il suo petto. – Tu mi fai sempre bene. – Disse con serena accettazione, posando il viso sulla sua spalla.

– Lo spero. – Replicò il giocatore, baciandogli la cima della testa. – Recuperiamo qualche ora di sonno, parliamo più tardi.

Jude annuì e si rilasso annusando il profumo della pelle del suo uomo.

– Non riesci a dormire? – Domandò Zero, accarezzandogli i capelli.

– Mi dispiace.

– Non fare lo stupido. Cosa succede?

– Oscar vuole trasformare i risultati del test di paternità in una serata di gala.

– Cosa?!

– Ha invitato gli sponsor, il Consiglio, Michael, la squadra e tutti i dipendenti dei Devils, ovviamente. Se si scoprisse che non sono un Kinkade, la mia posizione potrebbe vacillare.

– Creando uno spiraglio per un suo rientro. È davvero un bastardo. – Sibilò disgustato.

– Non è il modo ideale di iniziare una giornata. – Si scusò, passandosi una mano sul viso.

– Sei uno stupido. – Lo prese in giro, baciandogli la fronte. – Davvero credi che il Consiglio ti ammiri a causa del tuo cognome?

– I Devils appartengono ai Kinkade.

– Jude, sei tu. È per la persona che sei. Leale, preparata, trasparente. L’opposto di Oscar, che ha ottenuto denaro e potere con mezzi illeciti.

– Davvero? – Indagò, poco convinto.

– Sì. Sei il primo che Marcus contatta e lo stesso vale per l’avvocato Martin e per la signora che ti guarda il sedere.

– Per l’amore di Dio! La signora Lewis non mi guarda il sedere! – Protestò vivacemente. Allungò una mano per accarezzare i due cuccioli, che avevano mugolato al suono della sua voce scandalizzata. – Quella donna potrebbe essere mia nonna. – Aggiunse con un tono più basso.

– Se lo dici tu. Ciò non toglie che sei tu il punto di riferimento del Consiglio.

– Grazie. – Sussurrò, baciandogli una guancia.

– Va meglio adesso? Riesci a riposare ancora un po’? – Jude annuì, guardandolo con immenso amore. – Bene. Ora ascolta la tua wifey e dormi.

– Per Natale ti regalerò un grembiule. – Lo prese in giro, ricevendo una sculacciata.

– Ehi!

– Ti amo.

– Ti amo anch’io, stupido. – Fu l’immancabile risposta di Zero.

 

Jude incontrò Michael al bar dell’Arena. – Scusa il ritardo. – Sospirò, sedendosi di fronte a lui.

– Posso solo immaginare il caos generato dall’ultima trovata di Oscar. – Disse l’uomo, sorridendogli comprensivo.

– Ci sono abituato. – Allentò la cravatta e si adagiò sullo schienale della sedia. – Spero solo che non abbia qualche asso nella manica.

– Oscar è pieno di soprese.

– Quasi mai positive. – Brontolò il giovane.

– Non posso darti torto! – Posò una mano sulla sua, cercando di rassicurarlo. – Il tuo ragazzo ci raggiungerà? Mi piacerebbe conoscerlo.

Jude guardò l’orologio. – Ha finito l’allenamento, penso arriverà a breve. A proposito di Zero, potrebbe essere…

– Troppo affascinante per il suo bene! – Concluse il diretto interessato, avvicinandosi alla coppia con un sorriso. Porse la mano a Michael. – Finalmente ci presentiamo ufficialmente.

– Sono lieto di conoscerti. – Replicò cordiale.

Il giocatore sedé accanto al suo ragazzo. – Ci sono novità? Ha invitato anche Madonna? – Sputò ironico.

Jude rise suo malgrado. – Si è limitato a contattare tutti i network del pianeta.

– Modesto. – Ironizzò, facendo un cenno al cameriere.

– Oscar ha sempre amato gli eccessi. – Commentò Michael.

Mentre lasciavano le loro ordinazioni, Zero si prese qualche istante per osservare meglio l’uomo.

Forse era l’altezza, o i modi garbati, oppure l’abbigliamento simile a quello di Jude, ma notava una certa somiglianza tra loro. Ancora non aveva scoperto il motivo del suo ritorno, ma decise di rimediare.

– Posso farle una domanda indiscreta?

– Dammi pure del tu e chiedi ciò che vuoi. – Disse Michael, mentre Jude passava lo sguardo da uno all’altro preoccupato.

– Perché sei tornato proprio adesso?

L’uomo d’affari sospirò profondamente, prima di parlare.

– Ho amato solo tua madre, Jude. – Iniziò, rivolgendosi direttamente al giovane di fronte a lui. – La sua morte è stata terribile, per me. Quando ho saputo di aver ereditato le quote della squadra non ne ho voluto sapere e le ho affidate a Marcus. Io, lui e Oscar siamo stati amici per anni. Marcus è una delle poche persone di cui mi sia mai fidato. Tra i vari documenti, tua madre mi lasciò una lettera che non ho mai avuto il coraggio di aprire. – Attese che il cameriere servisse loro i caffè, prima di continuare. – Recentemente il mio socio in affari si è ammalato di cancro. Questo mi ha costretto a pensare a molte cose. Alla precarietà della vita e al coraggio che spesso siamo chiamati a raccogliere, per affrontare difficoltà impreviste. Guardarlo combattere la sua malattia mi ha fatto sentire un vigliacco. Così ho deciso di affrontare i fantasmi del mio passato.

– Hai letto la sua lettera. – Intuì Jude.

Annuì. – Parlava di te. Di quanto fossi gentile e pieno di qualità. Del tuo desiderio di essere amato da Oscar e di come lei voleva proteggerti dalla sua innata cattiveria. – Si fermò un istante, annusando l’intenso aroma di caffè. – Una frase mi ha colpito. “Ti somiglia ogni giorno di più”. Non lo so, forse ho frainteso le sue parole. Forse intendeva solo dire che eri garbato e a modo come me. Nel dubbio ho dovuto controllare.

– Ti capisco, – lo rassicurò, – al tuo posto avrei fatto lo stesso.

– Ti guardo e vedo lei. – Si lasciò sfuggire con un sorriso nostalgico. – È il mio unico rimpianto ma, all’epoca volevamo cose diverse. Non biasimo la sua scelta. – Ci tenne a precisare. – Desiderava una stabilità che non potevo darle.

Jude annuì, posando una mano su quella di Zero. – Credo sia inutile rimuginare sul passato.

– Hai ragione. – Disse Harrison, finendo il caffè. – Ora abbiamo Oscar a cui pensare. Bene, adesso devo andare, ci sentiamo nei prossimi giorni. Per qualsiasi cosa, chiamami. – Sorrise a Zero prima di andare via. – Sono felice di averti conosciuto. Prenditi cura di lui.

– Sempre! – Replicò con un cenno del capo. Accompagnò con lo sguardo la sua uscita dal bar. – Davvero notevole.

– Ti piace?

– Sembra una brava persona. – Azzardò scrollando le spalle. – Tutta la situazione è piuttosto surreale.

– Non dirlo a me! – Rise, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. – Vai in palestra adesso?

Zero annuì. – Ci vediamo dopo. – Lo salutò, con un rapido bacio sulle labbra.

Tornato alla sua scrivania, Jude cercò di concentrarsi sul lavoro. Dopo poche righe si fermò, guardando fuori dalla finestra.

Aveva letto una profonda tristezza negli occhi di Michael, quando aveva parlato di sua madre.

Aveva rischiato anche lui di vivere di rimpianti? Si chiese, mordendosi il labbro inferiore.

Dopo aver baciato per puro istinto Zero, quella sera nella limousine, gli era servito tutto il suo coraggio per ammettere a se stesso di essere gay. Se avesse continuato a vivere nella menzogna, non avrebbe mai scoperto cosa volesse dire essere amati e protetti da una persona come Gideon.

Era totalizzante e rassicurante. La sua sola presenza era sufficiente a calmare i suoi nervi, a schiarirgli la mente, a trasmettergli la serenità necessaria per affrontare le avversità, impedendo così all’ansia di divorarlo. 

Gideon era diventato insostituibile e questo lo spaventava a morte. Non era abituato a fare affidamento sugli altri e non voleva risultare pesante e bisognoso. Non voleva che lo lasciasse, stanco degli psicodrammi nei quali Jude veniva coinvolto.

– Signor Kinkade? – La voce di Caty lo fece trasalire. – Il suo appuntamento è appena arrivato.

Guardò l’orologio e subito inarcò le sopracciglia, rendendosi conto del tempo che era trascorso. – Grazie, falli accomodare. – Ripose velocemente i contratti nell’apposita cartella e si alzò per ricevere i nuovi arrivati.

 

Mentre raggiungeva la scrivania di Caty, Zero poté intravedere la figura di Derek spuntare dalla porta socchiusa dell’ufficio.

Strinse i pugni e indossò il suo sorriso più falso.

– Signor Zero. – Lo salutò la segretaria, alzandosi in piedi con un certo nervosismo.

Alzò le mani in segno di resa. – Farò il bravo. – Promise, aspettando che lei lo annunciasse.

Entrato nell’ufficio inarcò le sopracciglia notando Ahsha seduta sul divano. – Wow! Sei davvero… – indicò il ventre che mostrava i segni di un’avanzata gravidanza, –… radiosa.

– Ti ringrazio per non aver detto grassa. – Sorrise lei, accettando da Jude un bicchiere di succo di frutta.

Il biondo strinse i denti, fronteggiando l’uomo di fronte a lui. – Derek.

– Zero.

Al centro della stanza, i due si guardarono in cagnesco, nonostante i sorrisi forzati.

 – Per questo siete tornati a Los Angeles. – Intuì Jude, sorridendo alla giovane donna.

– Volevo mia madre vicino. Non so nulla di bambini e Derek è sempre impegnato tra partite e allenamenti.

– Capisco perfettamente. Fate parte della famiglia Devils, nulla è cambiato. – La rassicurò, posando una mano sulla sua. Guardò di sbieco i due giocatori ancora impegnati in una sciocca lotta di sguardi. – Non è cambiato neanche quello, – sospirò contrariato. – Potreste finirla? Siete ridicoli.

– Non sto facendo nulla! – Replicò Zero piccato.

Derek si limitò a sbuffare, incrociando le braccia al petto.

Jude sorrise ad Ahsha. – Scusami un istante. – Si alzò in piedi, guardando i due con un’espressione fredda e distaccata. – Cerchiamo di far funzionare questa convivenza forzata. La squadra ha bisogno di voi, della vostra esperienza e del vostro talento. Quindi Zero sarà capitano durante le partite in casa e Derek lo sarà in trasferta. – Annunciò, la voce quasi metallica. – Avete qualcosa da dire?

– Mi è venuto duro! – Ansimò Zero, le pupille dilatate. Jude in versione boss senza scrupoli era un potente afrodisiaco.

– Per l’amor di Dio! – Esplose Derek, correndo dalla moglie. – Usciamo da qui, prima che sia troppo tardi! – Si lamentò, aiutandola ad alzarsi.

– Non mi dispiacerebbe dare una sbirciatina. – Lo prese in giro lei, incurante delle sue proteste. – Ciao ragazzi, a presto.

Jude li accompagnò alla porta. – Grazie a voi e bentornati. – Lei gli sorrise e camminò lentamente verso l’ascensore aiutata dal marito. Tornò nel suo ufficio, incrociando le braccia al petto. – Sul serio, Gideon?

Scrollò le spalle. – La tua voce da capo mi eccita davvero. – Disse, afferrandolo per la vita.

– Cercherai di far funzionare la convivenza con Derek?

– Dipende. Che mi dai in cambio? – Domandò sulle sue labbra.

Jude finse di pensarci. – Non saprei, cosa vorresti?

– Vuoi davvero che risponda? Qui?

– Direi di tornare a casa, dove possiamo “contrattare” in tutta tranquillità. – Sussurrò, battendo lentamente le ciglia.

– Sbrigati o non rispondo di me! – Ringhiò, cercando di tenere a bada la sua erezione.

 

Usciti dalla doccia, controllarono i due cuccioli nascosti sotto al letto.

– I tuoi cani mi hanno rubato di nuovo una scarpa! – Borbottò Zero, dopo aver scostato un lembo della coperta. – Non riesco a prenderli.

– Aspetta. – Jude scese in cucina con indosso solo un asciugamano in vita e prese la scatola di croccantini. La scosse un paio di volte, prima di sentire un paio di lamenti disperati.

Affacciandosi nell’atrio, vide i due cuccioli in cima alle scale, incapaci di scendere quei gradini troppo alti.

Mosso a pietà li prese in braccio e li portò in cucina, dove riempì le loro ciotole. – Diventerete obesi se Gideon non si deciderà a utilizzare la scarpiera.

– Ti ho sentito. – Protestò il giocatore, entrando in cucina con il broncio delle grandi occasioni. Aveva indossato un paio di jeans e una maglietta azzurra che metteva in risalto il colore dei suoi occhi.

– Non sanno aprire le scarpiere. Metti lì le tue preziose Nike, se non vuoi comprarne un paio al giorno.

– Vai a vestirti. Controllo io i due piranha.

Accese la televisione, mentre Jude saliva in camera da letto. Facendo zapping, incappò in un servizio sui Devils. Il ritorno di Derek e la festa organizzata da Oscar stavano suscitando un grande interesse da parte dei Mass Media.

 – È successo qualcos’altro? – Sospirò Jude, guardando lo schermo.

– Per il momento no. – Gli fece segno di raggiungerlo sul divano. – Venerdì prossimo avremo l’esito del test di paternità. Sei preoccupato?

– Non lo so. – Ammise, posando la testa sulla sua spalla. – Anche se non fossi biologicamente figlio di Oscar, questo non cancellerebbe per incanto anni di dolore e solitudine.

– Kinkade o Harrison, non cambia nulla. – Lo rassicurò abbracciandolo. – Sei sempre Jude.

– Se Michael non fosse tornato, non avrei mai capito perché Oscar non mi abbia mai amato. Ora posso farmene una ragione.

– Non lo giustificare. – Lo ammonì aspramente. – Un bambino non dovrebbe pagare per le colpe dei genitori. Ti ha dato il suo cognome e non era certo che non fossi suo. Avrebbe dovuto crescerti e amarti a prescindere dal legame di sangue.

– Non credo che la gente come lui sappia farlo. Oscar desidera. Potere, denaro, belle donne, lusso. Amare significa dare a piene mani, senza pensare al proprio tornaconto. È un atto di estrema generosità. Un concetto per lui del tutto estraneo.

– Già. – Annuì Zero. Avrebbe voluto aggiungere altro, ma un intenso odore di feci aggredì il suo olfatto. – Maledizione! Jude, i tuoi cani l’hanno fatta sul pavimento! È marmo italiano!

– Perché diventano miei quando sono fastidiosi?! – Brontolò, dandogli un pizzicotto su un fianco. – E, soprattutto, perché devo sempre essere io quello che pulisce?

– Queste mani giocano a basket! Valgono milioni di dollari! – Replicò, sollevando i palmi verso l’alto. – Non possono toccare la cacca di cane.

– Lascia perdere. – Sospirò andando a pulire il pasticcio creato dai loro cuccioli. – Domani li porto con me a lavoro. Durante la pausa pranzo ho appuntamento col veterinario.

– Quello che ci ha consigliato Ricky?

– Sì, ha lo studio vicino all’Arena. È comodo e lui sembra molto cortese e disponibile. Spero che questi due non combinino guai.

– Domani è giovedì, no? Finalmente Miguel li potrà incontrare, non vedeva l’ora.

Jude s’incupì. Andando in bagno a lavarsi le mani, ripensò ancora alla lite con Jelena. Non era mai stato bravo a perdonarsi. Forse essere un Kinkade era quello: crescere con un’innata cattiveria che a fatica si riusciva a tenere a bada.

– Sul serio, Jude? – Sentì sospirare Zero, alle sua spalle. – Non lo supererai mai?

– Non lo so. – Ammise, asciugandosi le mani. – Mi spaventa avere questa malvagità latente, pronta a manifestarsi alla prima occasione. È come un demone dormiente. È lì, lo sento e so che potrebbe destarsi in qualsiasi momento e aggredire chiunque.

– Non chiunque, – lo corresse abbracciandolo,  – si risveglia solo per difendere chi ami. È un demone bodyguard, no?

– Non esistono demoni del genere!

– Chi lo dice? – Gli baciò una guancia. – Sei eccitante quando vai in modalità Terminator.

– Ho minacciato un bambino. – Gli ricordò, con un sopracciglio sollevato.

– Jude, tu adori Miguel. Non gli faresti mai del male. Ma detesti Jelena e non posso darti torto. – Gli accarezzò una guancia. – Volevi attaccare lei, tutto qui. Ti conosco meglio di chiunque altro. Fidati di me.

Jude annuì e finalmente sorrise. – Grazie. – Sussurrò abbracciandolo.

– Merito una sessione di sesso extra sotto la doccia? – Domandò con un ghigno malizioso.

Scoppiò a ridere. – Assolutamente. – Stava  per chiudere la porta quando il rumore di qualcosa che andava in frantumi lo fece trasalire. – Il vaso in soggiorno. – Sussurrò tra sé, uscendo di corsa dal bagno.

Zero sollevò le sopracciglia, posando le mani sui fianchi. – Sul serio?! I tuoi cani…!

– Sì, sì! Niente più vita sessuale! Vieni a prenderli mentre pulisco, ci sono cocci ovunque!

– Arrivo! – Brontolò trascinando i piedi. – Fortuna che da adolescente non avevo animali domestici o sarei ancora vergine!

 

Zero raggiunse Jude al bar dell’Arena. Trovò i due cuccioli intenti a ispezionare quel posto nuovo, scodinzolando e annusando ovunque, tenuti al guinzaglio da Miguel che sembrava felice di badare a loro.

– Abbiamo un dog-sitter? – Scherzò salutando il suo ragazzo. Strinse la mano a Marcus, seduto con lui al tavolo.

– Ci sa fare con loro. Non hanno ancora abbaiato. – Commentò Jude, ultimando il suo bourbon.

– Dal veterinario com’è andata? – Zero prese posto accanto a lui, preoccupato per lui. Sapeva che il suo ragazzo beveva solo quando era molto teso.

– Dice che potrebbero essere un incrocio tra varie razze: husky, pastore tedesco e Golden Retriever, forse hanno anche qualcosa del Cocker Spaniel. Saranno quasi certamente di taglia media. Dopo la vaccinazione hanno pianto disperati e ho dovuto portarli qui in braccio. Per fortuna che la presenza di Miguel li ha distratti.

Marcus rise sommessamente. – Anche con i miei ho avuto problemi simili, quando erano cuccioli.

– Pronto per domani sera? – Chiese Zero, posando una mano sulla coscia di Jude.

Marcus sbuffò appena. – Le pagliacciate di Oscar mi hanno stancato. Non mi interessa quale sarà l’esito del test, non è mia intenzione accettare il suo ritorno.

– A parità di quote chi la spunta? – Indagò il biondo. – Hai il cinquanta percento, giusto? Le tue, più quelle di Harrison.

– Contano gli anni nel Consiglio, la presenza e l’attività. Oscar è fuori dai giochi da più di due anni, grazie anche al tempo che ha passato in galera. – Finì il suo whisky e si appoggiò sullo schienale della sedia. – Ma il problema non si pone: Betty Lewis la pensa come me, perciò abbiamo il sessanta percento.

– Meglio per noi. – Tagliò corto il giocatore, lanciando occhiate preoccupate a Jude. Era di un umore che non riusciva a decifrare.

Fu Marcus a proseguire la conversazione. – Oscar è qui. Ha chiesto di incontrare Jelena e ha portato anche il suo avvocato.

Zero trasalì. – Non è così folle da vendergli le quote.

– Otterrebbe il trenta percento. – Sussurrò Jude.

– E visto che Harrison ha ereditato da poco le sue… – Intuì il giocatore.

– Oscar diventerebbe di nuovo il maggiore azionista. – Concluse Marcus.

– Jelena è troppo avida, – fece loro notare Zero, – ha fatto di tutto per quella poltrona. Oh, parli del diavolo e spuntano le corna! – Fece un cenno verso la porta del bar, dove la donna entrò insieme a Oscar e ad un uomo minuto e ben vestito che portava con sé una valigetta scura.

– Cosa ci fanno quelle bestie qui? – Chiese indicando i cuccioli con i quali Miguel stava giocando.

– Strano, – sogghignò Zero, – stavo per farti la stessa domanda.

Oscar gli sorrise con cattiveria. – Mi piace la tua goliardia. Meno le tue scelte personali. – A quelle parole, Jude strinse la mascella con forza. – Ma ciò che conta è il rendimento in campo, vero? Marcus, amico mio!

– Oscar! Qual buon vento ti porta qui? – Sondò il terreno.

– Solo gli ultimi preparativi per la grande festa. Ci sarà da divertirsi. – Promise accomiatandosi, seguito dal suo avvocato.

– Miguel, saluta i tuoi amici e andiamo. – Disse Jelena, tenendosi a debita distanza dai due cuccioli. – Queste scarpe costano duemila dollari.

Zero scompigliò i capelli del piccolo, quando gli porse i due guinzagli. – Ciao, campione. A giovedì prossimo!

Jude e Marcus sorrisero al bambino che si allontanò con la donna, ignaro della tensione che lo circondava.

– Oscar ha qualcosa in mente ed è certo di vincere. – Sussurrò Jude, passandosi una mano tra i capelli.

Zero prese in braccio i due cani. – Vedremo domani. Inutile preoccuparsi ora, no?

Marcus posò una mano su quella di Jude. – Kinkade o no, questa squadra dipende totalmente da te.

– Controllo solo i contratti!

– Fai molto di più, – replicò l’uomo. – Ti prendi cura di tutti. Quando vanno in trasferta ti assicuri che la camera di Tom abbia le candele al profumo di arancia e che in quella di Grant ci siano gli asciugamani color lavanda, perché è convinto che gli portino fortuna.  Quando si è scoperto che la bambina di Luke aveva la sindrome di Down, hai organizzato una serata evento per raccogliere fondi per la ricerca, invitando altre famiglie con bambini affetto dalla stessa malattia, così che lui e la moglie non si sentissero soli. Hai accolto nuovamente Derek perché i giocatori inesperti avevano bisogno di un’altra figura di riferimento, Zero non poteva fare tutto da solo, e Ahsha per permetterle di avere la madre vicino, una volta nato il bambino. Hai sempre un cenno di approvazione per Samuel anche quando non gioca al top, perché sai che dopo l’infortunio dello scorso anno, ha ancora paura. Le tue attenzioni, portano i giocatori a dare il meglio. Si sentono protetti e in dovere di ricambiare la tua gentilezza in ogni modo possibile.

Jude strinse le labbra, commosso. – Voglio solo che tutti siano a proprio agio.

– Ed è così, indipendentemente dal tuo cognome. – Lo rassicurò l’uomo d’affari. – È una dote che Oscar e Jelena non avranno né capiranno mai. Hai la lealtà di tutta la squadra e la fiducia del Consiglio.

– Ti ringrazio. – Sussurrò il giovane uomo, rilassando le spalle.

– Quando gli ho detto di star tranquillo, non mi ha dato retta. – Si lamentò Zero.

– Cosa c’entra. Tu sei di parte. – Sbuffò, prendendo Logan in braccio. – Hanno avuto una giornata piena, forse dovremmo farli riposare.

Il giocatore annuì. – Dovremmo farlo anche noi, domani sarà una giornata pesante.

Jude strinse la mano di Marcus. – A domani, per il grande show di Oscar.

Rise seguendoli sino a parcheggio. – Non pensare troppo e cerca di rilassarti.

– Tsk! Sarebbe un miracolo! – Si lasciò sfuggi Zero.

– Conto su di te. – Scherzò l’uomo, raggiungendo la sua auto.

– Non riesco a crederci! – Sbottò Jude. – Tutti conoscono la nostra vita sessuale.

– Sanno che non c’è nulla che non faremmo l’uno per l’altro. – Replicò. – E sanno anche che sono irresistibile. – Aggiunse, riuscendo a farlo ridere.

Tornati a casa, Zero avvolse i cuccioli nella loro coperta. Nonostante avesse comprato loro quattro cucce, preferivano dormire nel loro primo giaciglio.

Il giovane Kinkade uscì dal bagno asciugando i capelli con un telo di spugna. – Jelena sembrava sconvolta.

– Non è un problema nostro. – Replicò con durezza.

– Hai ragione, non ci devo pensare. – Sospirò aprendo la cassettiera. – Cosa vuoi per cena?  Dovremmo avere un paio di bistecche.

Zero scrollò le spalle, accarezzando il pelo morbido di Logan. – Quello che vuoi.

Jude si fermò per baciargli una guancia, prima di scendere in cucina.

Il giocatore guardò i due cuccioli addormentati. – Saranno giorni un po’ delicati. Cercate di fare i bravi e di stare vicino a Jude, ok? – Sussurrò prima di raggiungere il compagno al piano inferiore.

 

Marcus e Lionel li attendevano al bancone del bar. Lei bellissima in un tubino rosso, l’uomo in un elegante smoking.

Zero prese di proposito Jude per mano e li raggiunse. Aveva deciso di irritare il più possibile Oscar, quale modo migliore se non mostrarsi affettuoso con suo figlio?

– Sei uno splendore. – Disse il giovane dai capelli castani, salutando l’amica.

– Nel caso in cui dovessi picchiare Oscar, non si noterebbero le macchie di sangue. – Scherzò sistemandogli la cravatta nera, per una volta leggermente storta. – Nervoso, vero?

– Mi tremano le mani. – Le confidò sottovoce.

– Andrà tutto bene. – Sorrise, spostando poi la sua attenzione. – Betty, guarda chi è arrivato!

– Oh, sei sempre più carino. – Pigolò la signora, guardando palesemente il fondoschiena di Jude.

– Oh, mio Dio! Me lo guarda sul serio. – Arrossì, avvicinandosi istintivamente al suo uomo.

– Te l’avevo detto! – Sbuffò Zero.

Le luci si abbassarono e un paio di riflettori puntarono sul piccolo palco allestito per l’occasione.

La sala dai soffitti alti, ampia ed elegante, era bordata di tavoli e sedie. Ai lati del palco, ordinatamente in fila, si intravedevano telecamere e paparazzi, pronti a immortalare le parti salienti di quell’evento.

Jelena e l’avvocato dei Devils, Leonard Martin, stavano chiacchierando in compagnia di Walker, che si guardava attorno incuriosito.

Oscar e Michael si avvicinarono ai microfoni, entrambi con una busta tra le mani.

– Grazie per essere venuti stasera, nonostante il poco preavviso. – Li salutò quest’ultimo. – Ma Oscar ci ha abituati ai suoi colpi di genio. – Gli regalò un sorriso falso lasciandogli la parola.

– Bisogna sempre stupire! – Rise Kinkade, mostrando una busta. – Questa sarà una serata molto particolare. Incentrata non sullo sport ma sulle relazioni umane. Quasi una soap opera! – Il pubblico rise con lui e batté le mani. – Quando si è giovani, non si pensa mai alle conseguenze delle proprie azioni. Si vive di avventure, in una girandola di emozioni sempre nuove. Si ha fame di vita e di esperienze e raramente ci si guarda indietro. Il tempo è passato anche per me ed è giunto il momento di guardarmi attorno e vedere cosa ho lasciato.

– Una scia di malefatte. – Borbottò Zero, afferrando Jude per la vita. Lo sentiva tremare appena e non gli piaceva.

Dal palco, Oscar proseguì. – Anni fa ho avuto una storia con una donna meravigliosa. Non avevo capito quanto fosse importante per me sino a quando non è stato troppo tardi. – Aprì la busta che aveva in mano. – Quella donna ebbe una figlia…

– Non è possibile! – Ansimò Jude, guardando Jelena.

– Qui c’è l’esito del test di paternità. – Lesse il foglio e poi lo mostrò alle telecamere con un ghigno trionfante. – Positivo al novanta percento. Ormai è ufficiale: Jelena Howard è mia figlia.

Un tripudio di flash e riflettori puntarono sulla giovane donna che salutò con un lieve sorriso forzato.

– Non sembra entusiasta. – Notò Zero.

– Detesta le figure paterne, è cresciuta con un uomo violento e Oscar non vincerà mai il premio “Miglior padre dell’anno”. – Disse Jude.

– Non  me l’aspettavo. – Ammise Marcus. – Adesso che lo so, però, noto tra i due qualcosa in comune. Privi di scrupoli, arrivisti, amanti del lusso sfrenato.

Lionel prese un’altra coppa di champagne. – Chi lo avrebbe mai detto.

Michael si avvicinò ai microfoni. – Come Oscar, anche io stasera sono pronto a fare i conti col passato e a mettere in ordine ciò che ho lasciato alle mie spalle. Sia io che Oscar abbiamo fatto il test per stabilire chi sia il padre biologico di Jude Kinkade.

Zero strinse ancora di più il suo ragazzo, quando furono accecati dai riflettori.

– Sei pronto? – Gli chiese preoccupato.

– No, ma con te so che andrà tutto bene. – Gli sorrise, mentre Michael a priva la busta.

– Bene, cominciamo con il sottoscritto! – Esclamò l’uomo dal palco. – L’esito è… – Lesse con attenzione, persino Oscar sembrava per una volta teso.

Il pubblico trattenne il respiro mentre aspettava di conoscere la verità.

 

 

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Capitolo 4
*** ch4 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 4

Gojyina

 

Michael batté le palpebre un paio di volte, prima di mostrare il documento alle telecamere.

– Negativo. – Annunciò con voce strozzata.

– Cosa?! – Tuonò Oscar, strappandogli i fogli dalle mani, mentre attorno a loro si levavano cori sorpresi e chiacchiericci sommessi. – No, non è possibile! – Cercò Jude con lo sguardo. – Allora vuol dire… – fece un passo indietro, colpito quasi fisicamente dalla verità, – … è davvero mio figlio. – Si rese conto scioccato.

Cercò il secondo foglio con l’esito del test tra lui e Jude.

Novantasette virgola due percento.

L’uomo passò lo sguardo da quella cifra al giovane dai folti capelli castani, adesso circondato dai giornalisti a caccia di una dichiarazione a caldo.

– Colpo di scena. – Sibilò Lionel, che mai avrebbe perdonato all’ex marito l’allestimento di quel teatrino. Si avvicinò a Jude, rimasto impietrito. – Ehi, va tutto bene?

– S-Sì, io sono… sarò… – balbettò allentandosi la cravatta, – scusatemi. – Si congedò uscendo dalla sala, allontanando microfoni e telecamere.

Fece per seguirlo, ma Zero la fermò. – Dagli un attimo.

– Spaccherò la faccia a quel farabutto. – Sibilò, sputando odio su Oscar, ancora immobile al centro del palco.

– Ha avuto ciò che meritava. – Disse Marcus. – Il suo piano gli si è ritorto contro. Non volendo ha rafforzato la posizione di Jude in quanto figlio legittimo.

Gideon si passò una mano tra i capelli biondi. – E, come al solito, ci è andato Jude di mezzo.

– Vai a cercarlo, – disse lui, – io e Lionel terremo a bada i giornalisti.

Il giocatore gli diede una pacca sulla spalla a mo’ di ringraziamento e uscì dalla sala.

 

Jude si sciacquò il viso un paio di volte, prima di riuscire a calmarsi.

Non solo era davvero il figlio di Oscar, ma aveva scoperto che Jelena era sua sorella.

Peggio di così!

La porta del bagno si aprì e Michael si presentò con un sorriso dispiaciuto.

– Come stai?

– Non ne ho idea.

– Se non fossi tornato, non saresti in questa situazione. – Sussurrò con aria colpevole.

– Avevi il diritto di sapere la verità. Non ti biasimo per questo. È Oscar il colpevole. Ha voluto allestire un circo, quando avremmo dovuto affrontare l’argomento a porte chiuse.

– Biologia o no, per me non è cambiato nulla. – Ci tenne precisare. – Sei sempre il figlio della donna che ho amato. Le somigli davvero tanto. – Sbuffò, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni. – Solo un folle come Oscar potrebbe disprezzarti.

– Concordo!

La voce di Zero li fece trasalire.

– Ehi! – Jude lo salutò con un sorriso stanco.

– Ehi! Hai intenzione di prenderti cura di me, adesso? – Finse di lamentarsi. – Sono traumatizzato!

Il suo ragazzo sollevò le sopracciglia. – Tu saresti quello traumatizzato? Sul serio? Tu?!

Il biondo si posò una mano sul petto. – Non riesci a comprendere il mio dramma! Ho appena scoperto di essere andato a letto con entrambi i rampolli della famiglia Kinkade!

Jude arrossì furiosamente, nascondendo il viso tra le mani e la risata di Michael non fece che acuire il suo imbarazzo.

– Direi che sei in buone mani, Jude. – Commentò, quando riuscì a calmarsi.

– Non ne sono così sicuro. – Borbottò asciugandosi le mani con un paio di fazzoletti.

– Ti ho sentito. – Disse il giocatore, rivolgendo la sua attenzione a Harrison. – Cosa hai intenzione di fare, adesso?

– La mia vita e i miei affari sono in Europa ma, adesso che vi ho conosciuto, penso che tornerò spesso a farvi visita.

Jude strinse le labbra, commosso. Aveva sperato che quell’uomo fosse suo padre. Sapere che ancora lo voleva nella sua vita, anche solo come amico, lo riempiva di sollievo. Trovava ancora strana l’idea che qualcuno apprezzasse la sua compagnia.

– Che ne dite di uscire dal retro? – Propose Zero. – Andiamo a casa nostra. Marcus e Lionel stanno distraendo i giornalisti per noi.

Raggiunsero indisturbati il parcheggio e, dopo un piccolo imbottigliamento nel traffico di Los Angeles, raggiunsero la loro abitazione.

– Molto accogliente. – Si complimentò Michael, per nulla infastidito dall'entusiasmo di Devil. Felice di rivederli, stava correndo per la sala, giocando a nascondino dietro ai mobili.

– Scusa il disordine, – disse Jude indicando alcuni peluche sul pavimento, – i padroni di casa sono diventati loro! – Scherzò accarezzando la testa di Logan, che sonnecchiava sul divano.

– Siete in una botte di ferro. – Replicò con il medesimo tono leggero, mentre lo seguiva nello studio.

Zero controllò il cellulare, prima di riporlo in tasca. – Marcus e Lionel stanno arrivando.

Il giovane Kinkade era perplesso. – Stiamo organizzando una riunione segreta? – Ironizzò. – Se c’è Lionel, servirà altro whisky. – Commentò dietro al mobile bar.

Il biondo scrollò le spalle e andò ad accogliere i nuovi arrivati.

– Allontana quella belva da me! – La voce dell’amica costrinse Jude a trattenere un sorriso. La vide entrare nello studio quasi di corsa, seguita da Marcus e dalla signora Lewis, altra presenza inattesa.

Dal corridoio, Zero gli sorrise. – Devil ha trovato un’amica. – Commentò con il cucciolo in braccio.

Jude fece accomodare le signore sul divano angolare e versò loro da bere.

  Ci siamo persi qualcos’altro? – Chiese direttamente a Marcus, che scosse la testa.

– Jelena è andata via prima di noi. Abbiamo lasciato il ricevimento insieme a Martin che si è detto molto infastidito dall’ennesima buffonata di Oscar.

– E Walker? – Chiese, passandogli il bicchiere.

– Animava la festa. Ogni occasione è buona per trovare nuovi clienti per i suoi Golf Club. – Rise dietro al bicchiere.

Jude lasciò a Zero la sua poltrona e scelse di sedersi sul divano, accanto a Lionel. – Gli sponsor ci stanno ridendo dietro?

– Ce l’hanno con Oscar. Tutta la serata è stata un terribile autogol. – L’amica posò una mano sulla sua gamba. – Se tutto va bene, non sentiremo parlare di lui per un bel po’ di tempo.

– Non ci sperare. – Replicò.

Lionel gli sorrise comprensiva, prima di rivolgere la sua attenzione su Zero, impegnato a coccolare Devil. – Quindi sei andato a letto con i due piccoli Kinkade!

– Tu con quello vecchio!

– Sul serio, – sbottò Jude, – cosa c’è di sbagliato in voi due?!

– Puritano! – Lo accusò lei, finendo il suo drink. – Un altro, per favore.

Betty ammirò il bel sedere del giovane, quando questi si fu alzato. – Ah, avessi vent’anni di meno!

– Solo venti, mia cara? – Scherzò Lionel, ridendo insieme a lei.

Jude si rivolse a Michael. – Portami in Europa con te. Non voglio più avere niente a che fare con nessuno di loro.

– Questo potrebbe essere un problema, – gli disse,– visto che ti ho lasciato le mie quote.

Sulla stanza calò un pesante silenzio.

Impietrito, Jude lo guardò incapace di formulare una frase di senso compiuto; la mente travolta da un turbinio di domande.

– Questo fa miracoli per la mia libido. – Fu il commento di Zero che lo riscosse dal torpore.

– Michael, non è necessario! – Disse, ignorando volontariamente il ghigno divertito del giocatore.

– Appartenevano a tua madre e ti servono per tenere Oscar a distanza. – L’uomo liquidò la faccenda con un cenno della mano.

Marcus e Lionel si scambiarono una lunga occhiata, prima che l’uomo parlasse. – C’è una cosa che dovremmo dirvi.

Jude tornò a sedersi sul divano. – Che altro è successo?

– C’è un motivo se Oscar ha tentato di ritornare proprio ora. – Iniziò Lionel. – Sai che stiamo divorziando. Su consiglio di Marcus, invece degli alimenti ho chiesto il dieci percento dei Devils.

– Cosa?! Perché? – Chiese scioccato. Quei due avevano avuto gravi problemi lavorativi, trovava inconcepibile che lui avesse potuto suggerirle una cosa del genere.

– Meglio lei di Oscar. – Commentò l’uomo. – Ma non è questo il punto. Il patrimonio di tuo padre si è drasticamente assottigliato negli ultimi anni, non può permettersi di versarle un assegno mensile.

– Ti ha dato le quote. – Intuì il giovane.

– E saranno tue. – Disse lei. – Voglio però il cinque percento delle entrate mensili.

– Mi sembra giusto. – Rispose d’istinto, mentre faceva mentalmente due conti sull’ammontare dell’assegno. Increspò la fronte. – Aspettate un attimo. – Sussurrò, guardandosi attorno. – Trenta più dieci?

– Avrai il quaranta percento. – Confermò Marcus. – È l’unico modo per proteggere la squadra da Oscar. – Aggiunse, anticipando le sue perplessità.

– Non lo so, è una grande responsabilità. – Mormorò, passandosi le mani tra i capelli.

– Ehi, andrà tutto bene. – Lo tranquillizzò il suo ragazzo. – Devi solo continuare a fare il tuo lavoro. Se ti preoccupano le interviste, puoi sempre lasciare Jelena a fare la ragazza immagine. C’è abituata.

– Forse dovrei telefonarle. – Mormorò pensieroso. – Ma non so cosa dirle. – Ammise, frastornato dalla piega che aveva preso la serata. Troppe emozione accatastante in un così breve lasso di tempo. Non riusciva ad analizzarle tutte.

– Una cosa alla volta. – Zero andò a sedersi sul bracciolo del divano, accanto a lui. – Ora ciò che conta è impedire che Oscar ritorni. Al resto penseremo in seguito.

– Dai retta al tuo ragazzo, – disse Betty, – oltre ad avere un bel faccino è anche molto saggio.

– Grazie, dolcezza. – Rispose il giocatore, con un sorriso malizioso.

Marcus batté le mani. – Che ne dire di brindare al nuovo presidente?

La sua proposta fu accolta da un coro di assensi. Zero passò Devil a Jude e andò a stappare lo champagne che tenevano nel mobile bar.

– È per le occasioni speciali. – Commentò, guardando la bottiglia. – Più speciale di questo, non c’è nulla.

Betty sorrise maliziosa. – Ragazzo mio, ma certo che ne esistono.

– I contratti plurimilionari? – Chiese, porgendole il bicchiere.

– Il matrimonio, sciocchino!

Lui e Jude si guardarono perplessi.

– Viviamo già insieme, – le disse il neopresidente, – non ci serve un anello o un pezzo di carta per sapere cosa proviamo l’un per l’altro.

Michael sollevò le sopracciglia. – Strano detto da uno che vive tra documenti e contratti. – Notò perplesso.

– Sarà per questo. Non voglio che la mia relazione con lui diventi l’ennesimo plico da leggere, controllare e firmare.

Il giocatore annuì. – Per adesso stiamo bene così. – Sollevò il bicchiere. – Al nuovo presidente Jude Kinkade.

Lui sorrise imbarazzato, partecipando al brindisi.

“Per adesso”, aveva detto il giocatore. Per adesso.

Arrossì e lasciò che la sua famiglia e i soci in affari lo festeggiassero.

 

Jude uscì dal bagno in una nuvola di vapore. Il suo ragazzo era già a letto, con una rivista in mano.

Sistemò una sedia e alcuni cuscini così da creare una facile arrampicata per i loro cuccioli. La serata era stata impegnativa anche per loro, si rese conto, guardandoli dormire in un angolo della stanza, avvolti nella loro coperta prediletta.

Devil si era divertita particolarmente, soprattutto quando aveva deciso di fare la pipì sulle scarpe di Lionel. La donna non l’aveva presa bene.

– Vieni a letto, – suggerì Zero posando la rivista sul suo comodino, – hai vissuto fin troppe emozioni.

Si infilò boxer e maglietta e trovò posto tra le sue braccia.

– Non riesco ancora a crederci. – Ammise contro la sua spalla.

Zero si voltò su un fianco, fronteggiandolo. – Mi dispiace che Michael non sia tuo padre.

– Almeno mi è rimasto come amico. Non è lo stesso, ma meglio di niente. – Passò l’indice lungo la sua guancia. – La mia vera famiglia sei solo tu.

– E i cuccioli. – Gli ricordò, baciandogli le dita.

– Loro sono i padroni. – Scherzò, lottando per tenere gli occhi aperti.

– Dovresti riposare.

– Troppi pensieri. – Si stese sulla schiena. – Jelena diventerà ancora più aggressiva, Oscar tenterà di vendicarsi. La squadra potrebbe trattarti in modo diverso.

– Sciocchezze, – lo interruppe, – i ragazzi ti adorano. Sei sempre stato il capo, Jude. Già ai tempi di Lionel, te l’ho già detto. Siamo i Re di Los Angeles. – Sorrise sornione. – La corona ci dona. Dovrei commissionare un quadro da appendere sul camino.

– Va bene, Enrico VIII, faremo dipingere anche le pareti della sala con le tue nobili gesta, che ne dici?

– Enrico VIII era grasso! – Protestò pizzicandogli un fianco.

– Stai per dirmi che il tuo corpo è un tempio da venerare e via dicendo?

– Mi stai sminuendo.

– Non sia mai! – Sbadigliò. – Sei la stella della squadra!

– Della tua squadra. – Precisò, baciandogli una guancia.

– Mio Dio! Sono il presidente dei Devils. – Realizzò infine, i suoi occhi verdi resi più chiari dall’ansia.

– Andrà tutto bene! Devi solo continuare a lavorare come hai fatto sino ad ora. – Lo rassicurò, sospingendolo verso il proprio petto. – Vieni qui, hai bisogno di dormire.

– Hai troppa fiducia in me.

– Te la sei meritata. Coraggio, ora chiudi gli occhi. Da domani inizia la nuova era di Jude Kinkade alla guida dei Devils! Ah, voglio esserci quando Jelena lo saprà!

– Perfido.

– Mi ami per questo.

– Questo e per il tuo corpo da venerare. – Lo prese in giro.

– Stupido!

 

Il Consiglio si riunì nel pomeriggio. Alla presenza di Lionel e di Michael Harrison, Jude fu ufficialmente dichiarato presidente della squadra.

– Voglio precisare una cosa, – disse rivolgendosi a Jelena che lo stava guardando con odio. – Detesto i riflettori e non sopporto le domande trabocchetto dei giornalisti. Sono una persona pragmatica. Leggo e valuto contratti e sponsor. Questo non cambierà. – Indicò la donna con un cenno della mano. – Se lei è d’accordo, vorrei che la signorina Howard continuasse ad essere il volto dei Devils. È preparata, conosce la squadra e ci sa fare con i giornalisti. Li terrorizza. – Scherzò, suscitando l’ilarità dei presenti. Persino Jelena sbuffò un mezzo sorriso. – Una squadra come la nostra necessità di costanti attenzioni. Io mi occuperò del lato burocratico, Marcus Douglas dei contatti con i nostri sponsor e la signorina Howard dell’immagine. Per gli eventi mondani, confido nel prezioso aiuto dell’insostituibile signora Lewis...

– Adulatore! – Pigolò lei.

– … E della generosità del signor Walker. Mi auguro che sarà possibile organizzare alcuni eventi nei tuoi Country Club.

– Mi piaci, ragazzo! – Batté le mani, gongolando alla prospettiva di attirare nei suoi Club telecamere e personaggi famosi del mondo dello sport e dello spettacolo.

– Con le conoscenze a Hollywood di Lionel, sono certo che sapremo attirare le più importanti celebrità di Los Angeles.

Marcus e Michael si lanciarono una lunga e significativa occhiata.

Jude era stato impressionante. Con pochi accorgimenti era riuscito a dare importanza a tutti i membri del Consiglio. Non solo, ognuno avrebbe avuto un tornaconto personale al compimento dei rispettivi compiti.

Fama, clienti, pubblicità, o semplice divertimento come nel caso della signora Lewis.

– Se queste sono le premesse, prevedo un futuro roseo per la squadra. – Profetizzò Michael, uscendo dalla sala riunioni con la signora Lewis sottobraccio.

Jelena si attardò di proposito, cogliendo l’occasione per parlare con Jude, dopo gli avvenimenti della sera precedente.

 – Per quanto mi riguarda, nulla è cambiato. – Si alzò in piedi, incrociando le braccia. – Oscar Kinkade è un poco di buono e ho già avuto a che fare con un padre orribile, non voglio ripetere l’esperienza.

Jude annuì comprensivo. – Non ti è andata bene neanche la seconda volta.

– E non ti considero mio fratello.

– Non scherzare. – Rabbrividì, chiudendo la sua valigetta.

– Lasciamo le cose così come sono.

– Mi trovi perfettamente d’accordo.

– Lieta del chiarimento. – Concluse uscendo con passo deciso.

Con un sospiro di sollievo, Jude si accasciò sulla poltrona. Era stato in tensione per tutta la mattina, ma sembrava che la riunione fosse andata bene.

Si sfilò la cravatta verde chiaro, dono di Zero, e guardò fuori dall’ampia vetrata. Quando sentì aprirsi la porta, si voltò a malapena.

– Ehi, Boss.

La voce carezzevole di Gideon lo fece trasalire.

– Cosa ci fai qui? – Indagò sentendo scattare la serratura.

– Festeggiamo.

Jude posò la fronte contro il vetro. – Cos’hai detto a Pete per giustificare la tua assenza agli allenamenti?.

– Che dovevo prendermi cura di te.

– Tutto qui?

– Non è stupido. Sia lui che Derek hanno capito.

– Mio Dio! – Sbottò inarcando le sopracciglia. – Ora tutti sapranno che siamo qui a fare sesso!

– Tutti sanno che facciamo sesso. – Replicò, sfilandogli la giacca verde scuro.

– Sì, ma è diverso. Qui ci lavoriamo e… – Le mani di Zero si intrufolarono sotto la camicia bianca, trovando i suoi capezzoli. – Gideon! – Ansimò, cercandogli le labbra.

Il giocatore lo sospinse sino al tavolo, slacciandogli cintura e pantaloni. Affondò una mano tra i suoi capelli castani, mentre l’altra già aveva trovato il suo sesso semieretto.

Jude gli sfilò la giacca della tuta e morse un gemito, quando la bocca del suo uomo fu sulla giugulare.

Zero estrasse dalla tasca dei pantaloni una piccola boccetta di plastica. Afferrando i fianchi di Jude, lo fece voltare con un gesto deciso.

– Non posso crederci, hai portato il lubrificante! – Ansimò, le mani sul tavolo in legno.

– Mi piace essere preparato. – Replicò il giocatore, infilandosi il preservativo.

Lo prese lì, piegato sul tavolo che per anni aveva assistito ai traffici illeciti di Oscar. Quel pensiero bastò a farlo venire.

Quando si fu ripreso, notò alcune macchie perlacee scivolare lungo il bordo di legno.

Sogghignò contro un orecchio di Jude. – Congratulazione, Boss.

Il giovane si voltò, cercandogli le labbra. – Grazie, Gideon. Per tutto.

Il biondo annuì, aiutandolo a rimettere tutto in ordine.

Tornando nell’ufficio di Zude, incrociarono Jelena.

La donna inarcò le sopracciglia. – State scherzando, vero? – Jude la guardò confuso. – Me ne vado! – Sbottò stizzita, allontanandosi a passo spedito.

– Di cosa stava parlando?! – Impallidì alla vista del ghigno malefico di Zero. – Cos’hai fatto? – Indagò sospettoso.

– Perché dovrei aver fatto qualcosa?

– Vuoi davvero che risponda?

Usciti dall’ascensore, furono accolti da Caty. La segretaria si alzò dalla scrivania e raccolse alcuni documenti. – Signor Kinkade sono… Oh, Santo Cielo! – Esclamò, guardandolo.

– Ma cosa… Un attimo! – Sbuffò il giovane, recandosi nel suo bagno privato. Forse aveva qualcosa sul viso, si disse, deciso a specchiarsi. – Gideon! – Quasi urlò, guardando l’enorme succhiotto sbocciato sul lato del collo.

 

 

“Cosa ne pensi, Susan?”

“C’è poco da dire: Jude e Zero sono la coppia più hot del momento!”

Alle spalle delle due donne, immerse in uno studio fatiscente, un’orda di donne applaudirono entusiaste. Sparsi sulle loro teste, oscillavano cartelli colorati inneggianti agli Zude.

– Per l’amore di Dio! – Sussurrò Jude dalla cucina, mentre ultimava i preparativi per la cena.

“Ieri, in una riunione privata, Jude è diventato, di fatto, il presidente dei Devils. All’uscita dall’Arena è stato immortalato insieme al suo Zero. A nessuno è sfuggito l’enorme segno che aveva sul collo!”

“Zero deve aver deciso di festeggiare alla grande!”

– Puoi dirlo forte, ragazza! – Esclamò il diretto interessato, semisdraiato sul divano, con Logan a russare sul suo stomaco.

– Sul serio, Gideon? – Brontolò entrando in sala con uno straccio in mano.

– Abbiamo fatto contente le fans!

– Non usare il plurale! Non ne sapevo nulla!

– Però eri lì e, da come ti lamentavi, ti stavi divertendo un bel po’! – Rispose con un sorrisetto.

“Il nostro Jude in giacca e cravatta è molto sexy!” Proseguì la donna alla televisione. “Quei pantaloni mettono in risalto il suo lato B”.

– Non voglio più ascoltare! – Sbottò, scappando in cucina.

– Andiamo, Jude! – Rise il giocatore, accarezzando distrattamente la testa di Logan. – Bene o male, purché se ne parli, no?

– Non ti sto ascoltando. – Prese un pezzo di pollo e lo porse a Devil, rimasta in cucina a scodinzolare in attesa della cena. – Neanche tu gli stai dando retta, vero? Brava! Ti meriti un pezzo di carne extra.

– Comprare la sua fedeltà col cibo è immorale!

– Ho comprato la tua col mio bel culo. Almeno a sentire quelle tizie in televisione!

– Sciocchezze! Sono io che ho conquistato te! – Si alzò portando Logan con sé. – Diglielo anche tu che sono stato io a conquistarlo! – Sussurrò al cane che sbadigliò rumorosamente, per nulla interessato alla loro scaramuccia.

Jude cercò di rimanere serio. – Siamo arrivati a questo, allora? Coinvolgiamo loro?

– Se mi aiuteranno a spuntarla, sì! – Rispose sulle sue labbra.

“Dobbiamo ammettere che anche Zero è molto sexy, non trovate!” Il boato della folla li raggiunse fino in cucina.

– Molto sexy! – Confermò Jude, lasciandosi baciare ancora.

“Una cosa è certa, mie care! Quando finalmente si decideranno, il loro sarà il matrimonio del decennio!”

– Solo del decennio?! – Zero guardò la televisione oltraggiato. – Del secolo! Del millennio! Jude, fai qualcosa! Ci stanno sminuendo! Che c’è? – Domandò quando finalmente si accorse del suo sguardo scettico.

– Stanno parlando del nostro ipotetico matrimonio e tu ti preoccupi che non ci diano credito?

– La popolarità è importante!

Jude allungò un altro pezzo di pollo a Devil, che apprezzò la sua gentilezza. – È la seconda volta che qualcuno menziona il nostro matrimonio. – Si ritrovò a pensare, mentre apparecchiava la tavola.

– Ti infastidisce? – Volle sapere, incrociando le braccia.

– Non ci ho mai pensato. Il matrimonio dei miei è stato terribile. Quasi tutti i miei compagni del college sono divorziati e Lionel, beh, ho perso il conto dei suoi divorzi. – Rise, mentre condiva l’insalata. – Quasi tutti divorziano. Perché iniziare qualcosa che è destinata a finire? Avvocati, clausole, assegni di mantenimento. Non so, io sono felice così, solo io e te. Senza scartoffie. Solo io, te e la nostra casa. – Devil abbaiò, sollevandosi sulle zampe in cerca di altro cibo. – E loro due! – Scherzò, riempiendole la ciotola.

Zero annuì, soddisfatto dalla sua risposta. – Quando torno dalla trasferta a Boston che ne dici di prenderci una pausa? Abbiamo due settimane libere. – Gli ricordò, versando loro da bere.

Jude esitò prima di rispondere. – Credi che possa?

– Sei il capo!

– Sì, è solo… strano, credo.

– Possiamo prenotare una settimana in una Spa. Una che accetti anche loro. – Indicò i due cuccioli.

– È allettante. Parti domani pomeriggio, vero? Ho due giorni per organizzare tutto. – Mormorò tra sé. – Non dovrebbero esserci problemi, ma devo chiedere conferma a Caty.

– Ehi, ehi! Non andare in tilt! Possiamo organizzare insieme al mio ritorno.

Jude scosse la testa, ridendo di se stesso. – Scusami. Non imparerò mai a rilassarmi!

– Oggi ti ho fatto rilassare piuttosto bene, no? – Gli fece l’occhiolino.

– E mi hai lasciato un bel ricordo. – Indicò il suo succhiotto.

– Era una medaglia al valore.

– Stupido!

 

Lionel sedé sulla scrivania di Jude. – La squadra è arrivata?

– Sono in albergo. – Confermò, firmando alcuni documenti.

– Ti va di parlarne?

– Di cosa?

– Jude, hai una sorella!

Sospirò, adagiandosi sullo schienale della poltrona. – Solo di nome.

– Tanto basta. – Si alzò sbuffando. – Potrebbe rivendicare la tua eredità.

– Lionel, non esiste un’eredità. C’è solo la villa qui a Los Angeles e qualche appartamento a New York e San Francisco, ammesso che Oscar non li abbia venduti per pagarsi le spese legali.

– Potrebbe volerli! – Gli fece notare, aprendo uno sportello del mobile bar.

– Glieli lascerei volentieri.

– Jude! È la tua eredità.

– Odio quella casa. Ci ho passato parte della mia infanzia. Da solo. Mamma già aveva i suoi esaurimenti nervosi. Entrava e usciva dalle cliniche private e Oscar mi trattava come se non esistessi. I due appartamenti non mi interessano. A San Francisco non vado mai e a New York non ho affari di alcun genere.

– Potresti volerci andare in vacanza, ammesso che tu conosca questa parola! Ma dov’è il whisky?! – Sbuffò ispezionando il mobiletto.

– Con te in giro? È finito. – Borbottò, dietro ad una mano.

– Ti ho sentito! – Gli puntò contro un dito dall’unghia rosso fuoco, perfettamente curata. – Sono sicura che Zero non sarà d’accordo con la tua decisione.

– Ho parlato con Jelena e abbiamo chiarito la situazione. Non siamo fratelli, non siamo neanche lontanamente parenti e continueremo a trattarci con la consueta freddezza.

– Ma…

– Zero è la mia famiglia. – La interruppe. Trapelava una certezza granitica che raramente gli aveva letto sul viso. – Non mi serve altro. – Scrollò le spalle e ripose i documenti nelle apposite cartelle. – Finito, possiamo andare.

Consegnò il plico di fogli a Caty, mentre Lionel chiamava l’ascensore.

– Sto cominciando ad avere troppe distrazioni. – Sbuffò il giovane uomo.

– Un pranzo con me e una settimana in una Spa sarebbero distrazioni? – Sollevò un sopracciglio dalla forma perfetta. – Da quanti anni non vai in vacanza? Lascia perdere, non sai neanche cosa sia. – Si rispose da sola.

– Non sono bravo a stare fermo. – Ammise, mentre l’ascensore raggiungeva il piano terra. – Prendo la macchina?

– No, il ristorante è a un isolato da qui, possiamo andare a piedi. Jude?

Lionel si fermò al centro della hall, indicandogli una giovane donna seduta su uno dei divani rossi che arredavano l’ampia entrata.

Appena li vide  si alzò goffamente e solo allora si resero conto che mostrava i segni di un’avanzata gravidanza.

– J-Jude? Sei Jude Kinkade, vero? – Balbettò, giocando nervosamente con una ciocca di lunghi capelli biondi.

– Sì, sono io. – La guardò con attenzione. Era vagamente familiare, ma non riusciva a ricordare dove potesse averla vista. – Ci siamo già incontrati?

– Non esattamente. – Arrossì, evitando il suo sguardo.  

– Jude, c’è qualcosa che devi dirmi? Sto per diventare zia? – Ironizzò Lionel, guardando prima lui poi il ventre della giovane donna.

– Ti prego, non è il momento! – Sbottò nervosamente. – Sono sicuro che ci sia una spiegazione logica a…

– Sono Laura.

– Oh, mio Dio! – Esclamò il giovane presidente.


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Capitolo 5
*** ch5 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 5

Gojyina

 

Zero rincasò nel tardo pomeriggio.

Salutato l’autista varcò la soglia del cancello, sentendosi immediatamente a casa.

La luce della sala era accesa, segno della presenza di Jude.

Sorrise al suono della voce di Devil, che aveva iniziato ad abbaiare vivacemente.

Quando la porta di aprì, fu oggetto delle feste del cucciolo. – Ehi, piccola guerriera. Hai fatto la guardia? Bravissima. Jude?

– Bentornato! – Il giovane gli baciò le labbra e prese il suo borsone. – Lo metto in lavanderia. – Disse, correndo quasi verso il seminterrato.

– Jude, posso farlo dopo! – Roteò gli occhi, mentre appendeva la giacca. Si lasciò cadere sul divano a poca distanza da Logan, che sollevò il muso scuro per leccargli le dita di una mano. – Anche io sono felice di vederti.

– Vuoi un caffè? – Si sentì chiedere.

– Jude, vieni qui.

– Ti faccio il caffè! – Proseguì senza dare segno di averlo sentito.

Il giocatore lo intercettò nel mezzo della sala.

– Ehi! Che succede?!

– Niente! – Si affrettò a rispondere, ridendo isterico.

Zero gli prese il viso tra le mani. La sua pelle era calda e arrossata e stava evitando di guardarlo negli occhi.

Anche la sera prima, al telefono, qualcosa nella sua voce lo aveva insospettito.

– Cosa sta succedendo?

– N-Non è che, per forza... voglio dire! – Cominciò a balbettare.

Il giocatore rise della sua agitazione. – Cos’è? Hai messo incinta qualcuno?

– Tua sorella!

– Jude?!

– Ovviamente non sapevo fosse tua sorella. Cioè, avevo visto un paio di foto, quelle dell’investigatore privato, ricordi? Ma non mi sono, non mi ero, non la ricordavo bene e quando si è presentata, io e Lionel e poi lei e io e poi…!

– Jude: respira! – Ordinò, scuotendolo leggermente. – Inspira ed espira. Di nuovo. Bene così. Adesso sediamoci. – Lo sospinse sul divano e gli accarezzò la schiena con movimenti lenti e rilassanti. – Comincia dall’inizio.

– Da mesi Lionel mi parlava di un ristorante francese non lontano dall’Arena. Pensava fosse un buon posto per eventuali pranzi di lavoro. L’altro giorno ci siamo visti per farmelo provare. Stavamo per andare, quando abbiamo visto Laura nella hall. Mi stava aspettando.

Zero trasalì al suono del suo nome. – Perché proprio ora?

– Gideon, tua sorella ti ama tantissimo. – Jude gli accarezzò il viso, aspettando che lo guardasse negli occhi prima di proseguire. – Ma si vergogna e teme il tuo giudizio.

– Non potrei mai pensare male di lei! – Protestò subito.

– Lo so, lo so! Ma è testarda e orgogliosa quanto te. – Riuscì a farlo sorridere. – Ha aspettato che tu fossi fuori città ed è venuta a parlarmi. Lei è ancora una studentessa. Deve finire il Master e trovare lavoro. Quando ha scoperto di essere incinta, il padre era già tornato in Europa. Era uno studente francese. – Spiegò rapidamente. – Pensava di dare il bambino in adozione, ma ha scoperto che sono due.

Un lampo di dolore attraversò gli occhi azzurri del giocatore. – Non vuole rischiare che vengano separati, com’è successo a noi. È per questo che è venuta a cercarci. Vuole… Jude, vuole darci i suoi bambini?! – Incespicò nel formulare la domanda.

– Le ho detto che te ne avrei parlato. Laura che non vuole ancora vederti. Desidera presentarsi davanti a te quando si sentirà pronta. Con la sua laurea o un lavoro importante.

– A me interessa solo che sia felice, non dei suoi titoli di studio o della sua carriera!

– È quello che le ho detto. Ma sai, penso siano solo scuse. Credo che abbia le tue stesse paure. Guardarvi negli occhi e scoprire che siete due estranei. È per questo che non l’hai voluta incontrare, anni fa. – Si ricordò, sorridendogli comprensivo.

– Mi conosci troppo bene. È fastidioso. – S’imbronciò come un bambino. – Jude, sei sicuro di voler prenderti cura di due neonati? – Gli chiese all’improvviso.

– Sono terrorizzato. – Ammise, ridendo di se stesso. – Ma non possiamo permettere che vengano separati, o cresciuti in orribili case famiglie. Dobbiamo solo organizzarci. Domani Lionel verrà qui e mi darà una mano. Ah, dimenticavo! Con questo trambusto non ho prenotato da nessuna parte. – Sussurrò con aria colpevole.

Zero annuì. – E io che speravo di passare una settimana a fare sesso selvaggio con te in mezzo al fango o ricoperti di oli profumati. – Disse con aria sognante.

– Perché dovrei sguazzare nel fango? – Arricciò il naso, disgustato. – Gli oli per il corpo li abbiamo anche noi, a cosa serve andare altrove?

– Un giorno ti spiegherò cosa sia una vacanza. – Gli promise, baciandogli le labbra. – Vado a fare la doccia. – Annunciò, salendo al piano superiore.

Aveva bisogno di pensare. Non era l’accoglienza che aveva immaginato.

Due bambini. I figli di Laura.

Non erano ancora finiti i problemi derivati dalla famiglia Kinkade, che iniziava la sua a scompigliare la loro vita.

Jude non avrebbe mai potuto abbandonare due neonati, sapendo di avere i mezzi per aiutarli. Era troppo buono e amorevole.

Ma lui? Zero non aveva mai seriamente pensato di metter su famiglia. Era convinto che avrebbe vissuto di eccessi fino al giorno della sua morte.

Poi era arrivato Jude.

Chiuse la manopola dell’acqua e avvolse il suo corpo in un ampio asciugamano bianco.

Quando lo aveva visto prendersi cura di Logan e Devil si era sentito strano. Aveva provato una sensazione alla quale non sapeva ancora dare un nome. Ma era sempre lì, ogni volta che ricordava quella scena.

Passò le mani tra i capelli e uscì dal bagno. Indossò rapidamente un paio di jeans e un maglione scuro e tornò in sala, dove trovò Jude sul divano a digitare freneticamente sulla tastiera del portatile.

– Non so quando. – Sussurrò il giovane. – Sono due maschi, sì. C’eri anche tu quando lo ha detto. Cosa vuol dire che pensavi fosse uno scherzo? – Chiese scioccato. – E solo per questo non l’hai ascoltata più?! Lionel, andremo un’altra volta a mangiare in quel maledetto ristorante! No, sul serio, dovresti rivedere le tue priorità. Cosa? – Istintivamente posò una mano sull’auricolare. – Non lo so, ma voglio essere preparato. Ma chi sto prendendo in giro! – Sbuffò a se stesso. – Certo che terremo quei bambini! Zero non permetterebbe mai che i suoi nipoti finiscano in qualche postaccio! No, non so quali pannolini comprare! Quanti ce ne saranno in commercio?! Sarà facile da… Stiamo scherzano?! – Ansimò avvicinandosi al display. – Ma quale ampia scelta?! È un delirio! Cosa? Perché dovremmo far tinteggiare una camera? Sono neonati, che importa se… davvero? Che libri sono? – Si agitò, digitando di nuovo a gran velocità. – Mi scuserai se non so nulla di pedagogia! Ehi, non fare la saccente! Non ne sai nulla neanche tu! Aver recitato in un episodio di Doctor House non fa di te un medico! E poi facevi la paziente! Certo, non ricordi? Mi hai invitato a casa tua e lo abbiamo visto insieme. Ma non è questo il punto! – Sospirò, massaggiandosi le tempie. – Dovrei anche prenotare una Spa. Ho scoperto che a Zero piace il fango. No, non c’erano doppi sensi. Vuole andare in uno di quei posti dove ti ricoprono la faccia di verdure e ti gettano nella melma. I cetrioli sono verdure. Cosa c’è? – Increspò la fronte. – Non lo so quali siano i colori adatti ad una camera per bambini! Cosa? No, non ho capito. Perché stai ridendo? – Impallidì di colpo. – M-Matrimonio? Chi ha parlato di…! Adottare. Cosa c’entrano gli assistenti sociali? Oddio, potrebbero portarli via?!

Intuendo il suo principio di attacco di panico, Zero si affrettò a entrare in azione. Preso il cellulare, staccò l’auricolare e parlò alla donna in ascolto.

– Smettila di sovraccaricarlo di informazioni! – Sbottò, passando una mano tra i capelli di Jude. – No, non è divertente! Per il fine settimana avremo chiaro come arredare le camere, sì. Faremo anche un elenco delle cose che serviranno. No, per l’asilo nido è troppo presto! No, non so quanto siano lunghe le liste di attesa e non mi interessa. Atteniamoci allo stretto indispensabile. Sì, a domani!

– Scusa. – Ansimò il suo ragazzo, cercando di regolare il respiro.

– Non è colpa tua. – Lo tranquillizzò baciandogli la fronte. – La tua ex matrigna è un mostro.

Jude rise, lasciandosi abbracciare.

– Il mio albero genealogico è una pianta di rovi. – Scherzò, tornando poi serio. – Pensi che riusciremo a fare anche questo? – Domandò preoccupato.

– Dici sempre che il Team Zero è inarrestabile, il Team Zude è invincibile!

– Non ho mai detto nulla del genere. Zude è strano. Sembriamo personaggi inventati!

– Dimostra il nostro legame inossidabile, stupido! Non sei per niente romantico! Fortuna che abbiamo le nostre fans ad esserlo anche per te. Cosa stavi cercando? – Indagò, guardando il computer.

– Non lo so nemmeno io! Camerette, cibo, pediatri, giocattoli. Poi ha telefonato Lionel e la situazione mi è sfuggita di mano. – Esitò un istante. – Pensi che dovremmo iscriverli già adesso all’asilo nido? I più prestigiosi…

– Che ne dici di farli prima nascere? – Rise, scompigliandogli i capelli.

– Giusto. – Arrossì. – Hai fame?

– Ho pranzato tardi con la squadra. – Sfregò la punta del naso contro la sua guancia. – Grazie.

– Per cosa?! – Domandò confuso.

– Sul serio? Devo farti l’elenco?

– Mi hai dato una casa. – Gli ricordò

– Tu mi hai dato una famiglia.

– Allora siamo pari, no? – Scherzò, ottenendo un pizzicotto su un fianco. – Ho paura. – Ammise. – Non so come funzionino le famiglie, ho visto solo quelle alla televisione. Non so come si crescano dei bambini.

– Non lo so nemmeno io, ma possiamo imparare.

– Farò degli errori, Gideon. Potrei rovinare le loro vite! – Si allarmò, le pupille già dilatate.

– Jude? Jude! Respira! – Ordinò, scuotendolo per le braccia. – Inspira, espira. Di nuovo. Ascolta, sbaglierò anche io. Sbaglieranno anche loro. Impareremo insieme. Non sarà perfetto, ma saremo noi!

Il giovane trasse un sospiro di sollievo. Guardò il computer. – Ho letto che il verde è un colore rilassante. – Indicò una piccola immagina tra quelle che coloravano lo schermo. – Potremmo far dipingere un albero o qualche cespuglio.

Il giocatore valutò i vari suggerimenti proposti dalla rete. – Quando ce li porteranno?

– Non c’è una data esatta, forse un mese. Non so se possa o se voglia allattarli. Non so come funzionino certe cose. – Ammise, ricominciando a preoccuparsi.

– Respira! Lo impareremo insieme. Una cosa alla volta.

– Giusto! – Si passò una mano tra i capelli. – Certo che è assurdo! Fino a ieri avevo due padri, oggi mi ritrovo con due bambini.

– Sono stati giorni difficili. – Ammise il biondo. – Hai anche ottenuto una squadra di basket.

– Già. Spero di trovare un modo per gestire tutto.

– Lo fai sempre.

– Hai troppa fiducia in me.

– È ben riposta. – Lo baciò. – Sai, dovremmo sfruttare questi momenti di pace e fare tanto, tanto sesso.

– Ma davvero? – Rise, mentre veniva trascinato al piano superiore.

– Con dei bambini in giro per casa avremo meno tempo!

 

– Siete pazzi! – Decise Lionel. – Come potete anche solo pensare di fare una cosa del genere?! Non è pratico.

Seduto alla sua poltrona, Jude cercò Zero con lo sguardo. – A volte devi fare ciò che è giusto, non quello che è facile.

– Sii serio! – Lo sgridò lei, passeggiando per l’ufficio. – Stiamo parlando di due neonati. Come farete? Li metterai nel borsone e li porterai in trasferta? – Ironizzò rivolta al giocatore, semisdraiato sul divano, con una rivista in mano.

– Se non faranno la pipì sui miei vestiti…

– Lionel, so che sarà difficile. – Jude si massaggio le tempie. – Ma dobbiamo farlo. Quei bambini non saranno lasciati in una casa famiglia, o separati. Posso occuparmi io dei bambini. Qui c’è abbastanza spazio per mettere un fasciatoio.

– Mi prendi in giro? – Sbottò Lionel. – Sei il presidente dei Devils, per l’amore di Dio! Vorresti trasformare il tuo ufficio in una nursery?!

– Jude, ne sei sicuro? – Si preoccupò il giocatore.

– Non ho molte riunioni e per gli eventi importanti c’è Jelena. Io devo solo occuparti delle scartoffie. Fermarmi ogni tanto per cambiare due bambini non sarà un grosso problema.

– Piangeranno e dovranno mangiare. – Gli fece notare lei. – Ci saranno pannolini puzzolenti ovunque!

– Non ho mai detto che sarebbe stato facile! – Precisò lui. – Ci ho pensato bene. I contratti li leggerò al pc, così non rischierò che si sporchino. Chiederò all’avvocato Martin di rileggerli e controllarli, prima di firmare. I bambini mi potrebbero distrarre e non voglio che la squadra paghi per colpa di una mia svista. L’alternativa è che mi metta in paternità e, in questo momento, nessuno di noi se lo può permettere. La mia gestione è appena iniziata, non posso sparire per mesi.

Zero incrociò le braccia. – Posso chiedere che mi vengano dimezzati gli allenamenti, così da tenere i bambini nel pomeriggio.

– Assolutamente no. – Sbottò Jude, in modalità presidente. – Tu sei il co-capitano. Sei la star e devi portarci alla vittoria!

Lionel scosse la testa. – Ho partecipato a follie peggiori. – Si disse, cercando qualcosa sul cellulare. – Ho visto questa camera ieri sera. Per puro caso! – Si affrettò a precisare. – Ho di meglio da fare la sera che cercare arredamenti per bambini!

Jude strinse le labbra, cercando di non sorridere. – Ne sono certo! – Rispose guardando le immagini.

Le pareti erano verde chiaro decorate con le sagome di alberi bianchi, dello stesso colore del mobilio.

– Che ne pensi? – Chiese subito a Zero.

– È luminosa e trasmette una grande tranquillità. Se non dormono in una stanza così, servirà il sonnifero. – Scherzò, facendolo ridere.

Jude guardò l’orologio e si affrettò a prendere la giacca. – Ho appuntamento con Michael. A dopo. – Li salutò, uscendo in tutta fretta.

Lionel si versò da bere, lanciando sporadiche occhiate alla porta chiusa.

– Sei preoccupata per lui. – Intuì il giocatore.

– Per una volta, lo sono per entrambi. – Gli puntò un dito contro. – Lo faccio solo perché fai parte della squadra e i Devils sono un mio investimento. – Precisò in fretta. – I bambini non sono un gioco.

– Lo sappiamo.

– Volete formare una famiglia. Non molto tempo fa eravate bravissimi a mentire a voi stessi. Lui convinto di non essere gay e tu certo di non voler relazioni stabili.

– Siamo cambiati. – Sbottò alzandosi in piedi. – La gente normale cresce e matura.

– Hai detto bene. La gente normale. – Sbuffò stizzita. – Normali! Tenete in casa anche degli animali aggressivi e pensate di essere normali!

– Aggressivi?! Devil ti voleva leccare una mano! – Allargò le braccia, allibito.

– E non è un’aggressione?! – Esplose, mostrandogli le unghie. – Hai una vaga idea di quanto mi costi la manicure?!

– E saremmo noi gli anormali! – Brontolò, passandosi una mano sul viso.

– Voglio solo essere certa che abbiate valutato tutti i pro e i contro. – Si appoggiò contro la scrivania in legno massiccio. – Jude ha avuto troppe delusioni nella sua vita. Harrison è solo l’ultimo della lista.

– Né lui né i bambini erano previsti, ma sono capitati e stiamo affrontando la situazione nel migliore dei modi. L’ho detto anche a Jude: sbaglieremo e impareremo.

– Tutto molto romantico. – Ironizzò, con un sopracciglio alzato. – E hai già pensato a cosa dire alla stampa? Perché non potrai più essere soltanto Zero il giocatore. Scopriranno di Laura. Già qualcosa era trapelata alcuni mesi fa e si è scoperto delle condizioni in cui si cresciuto. Grazie a questo hanno aperto un’inchiesta sulle case famiglie americane. Ci sono state scoperte agghiaccianti, scandali e arresti.

Zero strinse i pugni e si avvicino alle finestre. C’erano ancora macchine a colorare il parcheggio dell’Arena. – Ricordo bene. ma sono stati centinaia i bambini che hanno ottenuto una casa nuova e una vita migliore. Se posso fare la stessa cosa per i figli di mia sorella, allora sono pronto anche ad essere Gideon.

– Chi diavolo è Gid… Oh, è vero! Laura ti ha chiamato così. – Si ricordò. – Una volta avevo sentito Jude parlare al telefono con un certo Gideon. Tsk! E io che pensavo che si fosse fatto un amante! – Scosse il capo, disgustata. – Siete una coppia così noiosa!

Zero rise suo malgrado. – Forse c’è davvero qualcosa di sbagliato in noi due!

 

– Partirai sabato? – Jude non riuscì a porre la domanda senza un velo di malinconia.

– Sì, ho molti affari lasciati in sospeso. – Michael posò una mano sulla sua. – Ci sentiremo spesso, te lo prometto. Voglio sapere come va con i gemelli! Wow! Sono un quasi nonno! – Scherzò, riuscendo a farlo sorridere.

Ordinarono altri due caffè al barista dell’Arena, nervoso all’idea di servire il neopresidente.

– Rovinerò tutto. – Annunciò Jude, passandosi una mano tra i capelli. – Cosa ne so io di padri?

– Allora non esserlo.

– Cosa?!

– Non essere un padre. – Ripeté Michael. – Sii un esempio, un amico, un confidente, una persona importante per loro. Amali e nutrili. Prenditi cura di loro. In altre parole, ciò che fai per Zero!

Risero alla sua battuta, mentre il cameriere portava le loro ordinazioni.

– Oh, Dio! In cosa mi sono cacciato? – Si domandò, passandosi le mani sul viso.

– In una grande avventura, almeno credo. Non posso parlare per esperienza personale. – Un’ombra offuscò il suo sorriso. – Sei un bravo ragazzo e hai fatto la scelta giusta. Te la caverai egregiamente. Pensaci bene, il tuo lavoro è sempre stato quello di capire le esigenze di chi ti sta accanto. Lo facevi da manager e lo fai ancora adesso. Sei la coperta di Linus per Zero, la squadra e Lionel che si affidano a te in tutto e per tutto.

Jude sospirò profondamente. – Grazie.

– Ti chiamerò tutte le volte che posso e voglio una foto di Zero che cambia un pannolino.

Scoppiarono a ridere.

– Improbabile. È di stomaco delicato.  

– Siete una bella coppia, vi compensate a vicenda. – Lo rassicurò ancora. – Non sei come Oscar e la sensibilità che hai ereditato da tua madre è ben difesa da Zero. – Contorse il viso in una smorfia. – Nessuno ha saputo proteggerla. Né io, né tuo padre. La colpa maggiore è mia, perché sapevo di amarla.

– No, – lo interruppe Jude, – non è colpa tua e l’esaurimento di mia madre non è stato causato dalla mancanza di amore. Stando con Zero ho capito una cosa: l’amore è anche coraggio. Coraggio, cura costante, attenzione. È una pianta che va accudita ogni giorno. Non va annaffiata troppo, né lasciata troppo al sole. – Bevve il suo caffè ormai freddo. – Mia madre era abituata ad essere amata, ma non aveva il coraggio di amare. Avrebbe potuto comprare un biglietto aereo e correre da te, ma non lo ha mai fatto. Si aspettava che gli altri l’accudissero e la viziassero, ma si è ritrovata sola. Quando ha capito che lei stessa era la causa della sua infelicità, ha avuto un crollo nervoso.

Harrison sembrò rilassarsi. – Sembrava attorniata da un alone quasi divino. Era minuta e delicata. Un bocciolo da proteggere e amare. – Ricordò malinconico. – Jude, non vivere di rimpianti. – Esclamò con passione. – Vivi tutti i sentimenti che puoi, incurante del giudizio della gente.

– Te lo prometto. – Gli sorrise, posando una mano sulla sua.

Quando scesero al bar, Zero e Lionel li trovarono ancora così, in silenzio e con il medesimo sorriso appena accennato.

– Stiamo interrompendo qualcosa? – Sbottò il giocatore, sedendosi accanto al compagno. Non che fosse geloso. Non lo era affatto. Solo perché non erano padre e figlio e tra loro c’era un feeling palpabile, non significava nulla.

Non era geloso di nessuno, lui. Figuriamoci.

Meglio però che non si tenessero per mano nel bel mezzo del bar dell’Arena, dove avrebbero potuto passare giornalisti e giocatori. Non era il caso di dare adito a nuove illazioni.

– Stai bene? – Sussurrò Jude, preoccupato dal suo improvviso broncio.

– Certo, stupido. – Replicò, cingendogli le spalle con un braccio.

–Z-Zero? – Balbettò perplesso. Non erano soliti abbracciarsi in modo così plateale sul posto di lavoro. Michael e Lionel si scambiarono un’occhiata. Lui sembrava divertito, mentre lei roteò gli occhi, annoiata da qualcosa che il giovane presidente non capì. – Mi sfugge qualcosa?

– Nulla Jude, nulla! – Rispose Harrison, terminando il caffè.

– Ora capisci in che inferno vivo? Mi serve un whisky. – Commentò Lionel.

– Qualcuno mi può spiegare? Zero?

– Taci, stupido. – Brontolò, decidendo fosse il caso di cambiare argomento. – Prima che tu parta, dobbiamo organizzare una cena da noi. Inviteremo anche gli altri membri del Consiglio, così nessuno di offenderà. Che ne pensi, Jude?

– Non è un problema, posso chiamare il nostro catering di fiducia.

– Se chiuderai nel ripostiglio le tue belve. – Brontolò Lionel, che rivolse loro un sorrisetto ironico. – Ora che avete deciso di metter su famiglia, dovrete imparare a cucinare qualcosa di vero. Non penserete di crescere due bambini a insalate di pollo e frullati?

– So fare la frittata. – Si difese Zero, mentre una nuova ondata di preoccupazione travolgeva Jude .

Michael corse in suo aiuto. – Ehi, imparerai a cucinare. Hai tempo! Per i primi mesi credo mangino latte e omogeneizzati. Sei terribile! – Disse a Lionel, che gli sorrise maliziosa.

– E non hai ancora visto nulla! – Ammiccò da dietro il bicchiere di vetro.

– Che diavolo! – Sbottò Zero, disgustato. – Jude? Posa quel cellulare. – Sospirò quando lo scoprì alla ricerca di ricette per bambini.

– Cos’è un celiaco? Perché il glutine fa male?! Cosa sta succedendo nel mondo?

– Lionel, è tutta colpa tua! – Ringhiò il giocatore. – Insegnerò a Devil a pisciare sulle tue scarpe.

– Non oseresti! Jude! Fai qualcosa, mi sta minacciando!

– Il mondo è diventato vegano e non me ne sono accorto! – Esclamò il presidente, dimostrando di non aver ascoltato una sola parola dell’ennesimo battibecco dei due.

Michael scoppiò a ridere. – Mi mancherete. Con voi non ci si annoia mai!

 

– Dannazione! – Sibilò Jude, guardandosi allo specchio. Gli ospiti stavano per arrivare e lui non riusciva ad annodare la cravatta.

– Fermo, stupido! – Zero lo sgridò, correndo in suo aiuto prima che si strangolasse.

– Scusami. Lo faccio tutti i giorni ma stasera non ci riesco. – Sorrise rilassando le spalle. – Adesso sembri sul serio una wifey!

– Stupido! – Il giocatore provò a fingersi offeso per qualche istante, prima di sorridergli. – Ascolta, anche se Michael sta partendo, rimarremo in contatto. – Lo rassicurò, dimostrando di aver capito il motivo della sua tensione.

Jude andò a sedersi sul letto. – Tornerà a casa sua dall’altra parte del mondo, mentre qui ho Oscar a tramare nell’ombra. Ho cercato di non farlo, per non ricevere l’ennesima delusione, ma non sono riuscito a fermarmi. Ho davvero, davvero sperato che fosse Michael mio padre.

– Mi dispiace. – Zero gli cinse le spalle e lo strinse a sé, baciandogli la testa.

– Sono stato uno stupido a illudermi.

– Non c’è nulla di male nel desiderare una vita migliore. – Gli fece notare. – Avresti meritato una persona gentile come Michael.

– Sto diventando ingordo e viziato. – Ammise, sorridendogli. – Ho te, i due cuccioli e, a breve, i gemelli. Non ho motivo di lamentarmi. È vero, non sono cresciuto in una famiglia normale e non so cosa significhi essere un padre. Forse ho solo paura di rovinare la vita a quei bambini, di commettere gli stessi errori di Oscar.

  – Non dire stupidaggini! – Lo interruppe con voce dura. – Come puoi anche solo pensare di paragonarti a quel mostro?! Sei la persona più sensibile e piena di attenzioni che io conosca. I gemelli sono i bambini più fortunati del pianeta, ad averti nella loro vita. – Jude si rilassò contro di lui. – Va meglio, ora? – Indagò il giocatore.

– Sì! Non so perché mi stiano venendo tutti questi dubbi.

– È normale. Li ho anche io.

– Davvero?!

– Jude, ben presto ci saranno due neonati nella stanza accanto. È ovvio che sia preoccupato. Sono cresciuto praticamente da solo, abbandonato. Mi hanno portato via anche mia sorella, l’unica famiglia che mi fosse rimasta.

– Ehi, non succederà di nuovo. – Lo rassicurò, accarezzandogli il viso. – Saremo sempre Team Zero!

– Zude. – Lo corresse.

– Quello che vuoi. Siamo una squadra e lo saremo sempre.

Il giocatore annuì. – Andiamo adesso. In sala c’è troppo silenzio.

– Non stai insegnando a Devil a dare fastidio a Lionel, vero? – Indagò sospettoso.

– Per chi mi hai presto?!

– Gideon?

– Gli ospiti sono arrivati.

– Gideon! – Ripeté mentre l’altro, ignorandolo ancora, andò ad accogliere i nuovi arrivati.

 

Marcus accettò lo champagne con un sorriso cordiale. – Come va la convivenza con Derek?

– Ci stiamo cordialmente ignorando. – Rispose Zero. – Ci siamo divisi i giocatori, così ognuno di loro sa a chi rivolgersi.

– Mossa intelligente.

– Adesso è fissato con le foto della figlia. Non fa che parlare di lei. – Borbottò infastidito.

– Lo sai, vero, che a breve farai lo stesso?

– Non diciamo sciocchezze! Non sarò mai a quel livello. Lui e la moglie fanno addirittura i video a quella bambina! – Era scandalizzato.

– Jude, fermala! – Al grido di Lionel, il biondo nascose un sorriso dietro al bicchiere.

– Sei terribile. – Sogghignò l’uomo d’affari , mentre il cucciolo correva felice per la sala con la borsetta di Lionel in bocca.

Michael intercettò il cane e riuscì a barattare il bottino per una tartina.

– Grazie, – sospirò Jude, notando i danni causati dalla bava di Devil. – Non so come tu ci sia riuscito, – disse a Zero, – ma me la pagherai.

Il suo uomo gli rivolse un sorriso malizioso. – Non vedo l’ora.

– Per l’amore di Dio!

L’avvocato Martin tossì imbarazzato, mentre Jelena scuoteva il capo, rassegnata ad assistere a quelle scene.

– Se Miguel dovesse trovarvi in ufficio a…

– Non c’è pericolo, – la interruppe il giocatore, – Jude dice che è poco professionale farlo sulla scrivania.

– Zero! – Tuonò il giovane presidente, tra le risate del Consiglio.

– Potresti evitare di procurargli un attacco di cuore? – Chiese Marcus. – Ci serve alla guida della società.

Il biondo scrollò le spalle. – Non prometto niente. – Scherzò, sorseggiando lo champagne.

Dopo il brindisi in onore di Michael, il party proseguì senza ulteriori momenti di imbarazzo.

Logan era coccolato dalla signora Lewis e Devil amava avere la casa piena di gente e confusione.

– Non sei pentito di aver lasciato i Devils? – Si sentì chiedere da Marcus.

Harrison si soffermò sulla coppia di padroni di casa. Zero aveva sempre una mano su Jude, in modo che sentisse in ogni momento la sua presenza e il modo in cui si sorridevano era pieno di amore e di fiducia.

– Ho rinunciato alle quote, ma ho guadagnato qualcosa di molto più importante.

– Sei diventato un sentimentale! – Lo prese in giro l’amico.

– I miei sono rimpianti.

– Avresti voluto avere tempo per sposarti? Guarda me, l’ho fatto tre volte e devo versare tre alimenti al mese. Questi sono i veri rimpianti. – Rise insieme a lui.

– Se la metti così, non hai tutti i torti!

– Siamo uomini d’affari, Micky. Noi viviamo per il brivido della contrattazione. Potere, fama, prestigio. Per fare il marito servono tempo e dedizione e noi li abbiamo riservati al lavoro. Non riesco a immaginarti ai pranzi domenicali in famiglia, a cambiare un pannolino o a tagliare l’erba del prato.

– Mi stai facendo accapponare la pelle. – Ammise, prendendo un altro calice di champagne.

– Lieto che tu sia rinsavito! – Dichiarò, facendo un brindisi con lui.

Fu allora che il cellulare di Jude squillò.

– C-Cosa? – Balbettò il giovane uomo, il viso già arrossato. – C-Che ospedale? S-Sì, no, non è un problema. Non lo so, forse. Sì arriviamo subito.

– Jude? – Zero gli prese il viso tra le mani. – È quello che penso?

Il moro annuì freneticamente, negli occhi un lampo di pure terrore.

– Va bene, va bene! – Lionel si affrettò a passare loro la giacca. – Chiamo un taxi, non siete nelle condizioni di guidare. Alla casa baderò io. Non ai vostri cani, però.

Michael li seguì all’entrata. – Vi accompagno io.

– Cosa succede?! – Domandò Marcus. – Chi è in ospedale?

Lionel sorrise sollevando il bicchiere. – Alla nuova generazione di Kinkade!


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Capitolo 6
*** ch6 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 6

Gojyina

 

Michael parcheggiò l’auto che aveva affittato il giorno del suo arrivo a Los Angeles e accompagnò la coppia all’interno dell’ospedale.

Zero era nervoso e preoccupato. Apriva e chiudeva le dita delle mani, stringeva la mascella e, in macchina, il suo piede non aveva smesso di muoversi ritmicamente.

Jude era una statua di cera. A stento sembrava respirare e poteva leggersi il terrore nei suoi occhi, divenuti di un verde molto chiaro.

– Cosa ti hanno detto al telefono? – Chiese Michael, cercando di essere il più gentile possibile.

– Ce-Cesareo. – Balbettò Jude, sospinto in ascensore da Zero.

Raggiunto il reparto maternità il giocatore esitò. – Non vorrà vedermi.

Il dolore nel suo sussurro sembrò destare il suo uomo dalla trance.

– Ascolta, perché non andate a vedere i bambini, mentre io parlo con lei, vuoi?

Zero scosse la testa. – Dobbiamo farlo insieme. Aspetterò qui nel corridoio. – Disse, sedendosi su una delle poltrone verde chiaro.

Jude annuì e andò a chiedere informazioni alla prima infermiera che incontrò.

Pochi minuti ancora e bussò alla porta della camera dove Laura stava riposando.

– Ehi! – Lo salutò la giovane, ancora frastornata.

– Come stai? – Sussurrò sedendosi sulla poltrona più vicina.

La stanza era pulita e ordinata di un bel colore verde chiaro. I due letti erano separati da una tenda bianca, adesso accostata, poiché Laura era l’unica paziente e occupava il posto vicino all’ampia finestra.

– Stanca e frastornata, ma sto bene. Con l’anestesia non ho sentito nulla. – Esitò evitando di guardarlo. – Gideon è qui, vero?

– Aspetta in corridoio, ma non entrerà. – Si affrettò a tranquillizzarla.

– Non so, vorrei tanto ma…

– Hai paura. Va bene, ne ha anche lui. Ascolta, possiamo fare un esperimento?

Lo guardò sospettosa. – Cosa hai in mente?

– Non vi guarderete. Tirerò la tenda che divide i due letti, così potrete solo parlarvi.

– Se a lui va bene. – Rispose dopo una lunga riflessione.

Jude andò a cercare Zero e gli spiegò la sua idea. – Resta qui. – Disse, facendolo sedere sul letto vuoto.

A dividere i due fratelli c’erano solo una tenda bianca e il proprio imbarazzo.

Jude fece per raggiungere la porta. – Vi lascio soli?

– No! – Esclamarono i due al tempo stesso.

– Rory – Sussurrò il giocatore, dopo aver sentito la sua voce.

– Gidy? – Azzardò lei, tirando su col naso. – Mi dispiace tanto.

– Ehi, ehi! Non hai fatto nulla di male. Sono contento che ti sia rivolta a noi. Non ho ancora visto i bambini, ma saranno di certo bellissimi.

– Siete… siete scuri di volervene prendere cura?

– Certo! Abbiamo già pensato a come arredare la camera e Jude imparerà a mettere e togliere i pannolini. – Scherzò, facendo l’occhiolino al suo uomo, che gli sorrise.

– Perché deve farlo lui? – S’incuriosì lei.

– Tuo fratello è di stomaco debole.

– Ehi! – S’inalberò il diretto interessato.

– Non pulisce nemmeno i pasticci lasciati dai nostri cani.

– Vergognati, Gidy.

– Già vi siete coalizzati contro di me?

La giovane donna rise, sobbalzando poco dopo.

– Stai bene? – Si preoccupò Jude.

– I punti. Devo fare piano. – Si massaggiò il ventre. – Ascoltate, potete prendere i bambini appena sarà possibile. Non ho molto latte perciò, quando sarete a casa, dovrete dar loro delle formule, ma la dottoressa dell’ospedale si è detta disponibile ad aiutarvi in tutto. – Si passò una mano tra i capelli biondi. I suoi occhi erano così simili a quelli di Gideon, che Jude quasi sorrise.

– Hai pensato ai loro nomi? – Le chiese con gentilezza.

– Sono i vostri figli, spetta a voi.

A quelle parole i due trasalirono, guardandosi scioccati. Li avevano chiamati bambini e gemelli, ma mai figli.

Una cosa tanto ovvia a cui nessuno dei due aveva pensato.

– Andate a vederli.

Zero si alzò con riluttanza. – Rory?

– Quando saremo pronti, Gidy. – Promise sorridendo.

Il biondo tirò un sospiro di sollievo. – A presto!

Michael li aspettava davanti ad un’ampia vetrata. Dall’espressione del suo viso sembrava stesse ammirando un’opera d’arte d’inestimabile valore.

– Sono magnifici! – Si complimentò.

Jude si grattò un sopracciglio, riflettendo ad alta voce. – Domattina dobbiamo chiamare l’arredatore e farci preparare la camera a tempo di record. – Guardò distrattamente la nursery. – Non sappiamo… non sappiamo quando… quando…– La voce scomparve, una volta di fronte alla culla in cui dormivano due piccoli bambini, coperti da una paio di tutine verdi e azzurre. Fianco a fianco, uno teneva la manina su quella del gemello.

Erano piccoli. Erano le creature più piccole che Jude avesse mai visto e se ne innamorò all’istante.

Sentì le braccia di Zero attorno alla vita, nei suoi occhi lesse lo stesso stupore misto a un primordiale istinto di protezione.

Un’infermiera andò loro vicino con un sorriso cordiale.

– Volete prenderli in braccio?

– C-Cosa? Io? Non so, non ho mai.. – Jude esitò, anche se tentato. Aveva paura di farli cadere, di far loro del male.

– Coraggio! – disse Michael. – Dovrete portarli a casa. Fatevelo insegnare da questa bellissima signorina. – Sorrise galante e la donna arrossì.

Titubante, i due si prepararono indossando delle strane tute verde chiaro.

Poco dopo, Michael li vide dall’altra parte del vetro, ognuno con un bambino in braccio. Il modo in cui si stavano sorridendo, i loro occhi lucidi e colmi di stupore e amore, lo commosse.

Li guardò interagire con quei piccoli bambini, guardandoli come se fossero i tesori più preziosi del mondo e forse era davvero così. Decise di lasciare loro una parvenza di privacy e andò a prendere un caffè al bar.

Stava tornando al reparto maternità, quando il cellulare lo avvertì dell’arrivo di un messaggio. Increspò la fronte quando lesse le poche parole di Marcus.

“Guarda sul web”

Cercò su Google il nome Devils e sibilò una parolaccia.

Giravano già le foto della giovane coppia con i loro bambini in braccio. Inutile dire che le fans erano letteralmente impazzite. Non aveva capito di fosse Zude, ma le foto ritraevano chiaramente Jude e Zero.

 

Tornati a casa il mattino seguente, trovarono i cuccioli ad accoglierli.

– Almeno non li ha chiusi nel ripostiglio. – Commentò Jude, cercando Lionel.

Udì la sua voce al piano superiore.

– Portate tutto in soffitta, ci penseranno in seguito. Oh, ciao! – Esclamò, quando li vide spuntare dalle scale. – Voglio le foto! Sul web non si vedono bene i loro visi.

– Cosa stai facendo? – Domandò Zero, notando due uomini intenti a portare via quelli che sembravano parti di un letto.

– Comincio a preparare la camera dei bambini, ovviamente! – Esclamò, allibita da tanta stupidità. – Armadio e cassettiera vanno bene, ma il letto va sostituito con una culla doppia, che arriverà solo lunedì. Oggi faccio dipingere le pareti, verdi con gli alberi bianchi. Le foto. Voglio le foto! – Cantilenò allungando le mani verso Jude.

– Cellulare di Zero. – Sbadigliò, passandosi una mano sugli occhi.

– Andate a risposare, rimango a controllare i lavori.

– Sei un tesoro. – Disse il giovane, baciandole una guancia.

– Non dirlo in giro o ti querelo.

– Ti ho mandato le foto, – disse il giocatore, – qualsiasi cosa stia accadendo nel mondo, siamo fuori per le prossime ore.

Entrato in camera, trovò Jude già senza giacca e cravatta. – Spero di riuscire a dormire. – Ammise, sfilandosi la camicia.

Zero sorrise. – Se vuoi ti posso stancare un po’.

– Abbiamo gente in casa. – Gli ricordò, slacciandosi i pantaloni.

Una volta in tuta, si stesero sotto le coperte.

– Gideon! Sono bellissimi! – Esclamò, ridendo contro la sua spalla.

Zero non poté che dargli ragione. – Ehi, hai qualche idea per nomi?

– Non proprio, no. Ho solo pensato ai miei preferiti, tutto qui. – Sollevò il viso per guardarlo. – Certo che Laura è furba come te. Non mi sarei mai aspettato che scrivesse il mio nome sui documenti di paternità.

– Era la cosa più logica da fare. Ci eviterà un mucchio di scartoffie e complicazioni. Jude lottò per tenere gli occhi aperti, avrebbe voluto parlare dei nomi dei bambini, delle loro foto divenute virali, della loro cameretta, ma si addormentò sprofondando in un buio rassicurante, circondato dal calore di Zero e da un lieve profumo di calendula.

 

– Dovremmo fare un comunicato stampa o un’intervista vera e propria. – Jude nascose uno sbadiglio contro la mano e versò il caffè in tre tazze.

– Un’intervista è la soluzione migliore, se non volete trovarvi i paparazzi in giardino. – Commentò Lionel. – Allora? Avete pensato ai nomi? Quando li porterete a casa?

Seduto sul pavimento, la schiena contro lo stipite dell’arcata che separava cucina e sala, Zero stava giocando con Devil. – Nulla di definitivo. Jude è reticente.

– Stupido! È solo che non voglio scegliere da solo, dovremmo farlo insieme!

– Beh, decidete in fretta! Dovrete dare i loro nomi durante l’intervista, presentarli ufficialmente ai fans.

– Non siamo i sovrani del Regno Unito! – Sbottò Jude.

– No, stupido! Siamo i Re di Los Angeles! – Replicò il giocatore, alzandosi in piedi con il cucciolo in braccio.

Lionel decise di porre fine alla sua permanenza. – Vi lascio soli, così ne potete parlare con calma. – Devil mosse una zampa verso di lei e la donna quasi sorrise. Quasi. – Tsk! Dovrò disinfettare i miei vestiti. Microbi e germi.

Jude rise e l’accompagnò alla porta. – Grazie di tutto!

Gli baciò una guancia. – Ciao papà! – Scherzò andando via.

Zero aveva appoggiato le loro tazze sul tavolino da caffè e stava aspettando il compagno seduto sul divano, avvolto in un caldo plaid. Un’offerta troppo invitante per il giovane presidente.

Prese il piccolo Logan in braccio e gli rubò il posto, lasciando che Zero creasse per loro un bozzolo caldo e accogliente. Sorrise a Devil, che stava giocando con una pallina di pezza colorata.

– Che ne dici se il primo nome avesse la stessa lettera? – Propose all’improvviso, coccolando il cucciolo.

– Mi piace! – Zero lo guardò di sbieco. – Per il secondo nome, pensavo a quello di due persone di famiglia. Che sono importanti o che lo sono diventate di recente.

– Chi avevi in mente?

– Lionel e Michael.

Jude sobbalzò. – Ne sei sicuro? – Quando lo vide annuire, tornò a posare la testa sulla sua spalla. – Mi è sempre piaciuto il nome Sean, – ammise dopo qualche minuto passato a riflettere, – Sean Michael Kinkade. Non suona male, vero?

– Mi piace, – confermò il biondo, – che ne pensi di Sky? Sky Lionel Kindake.

– Lo adoro! Oddio, abbiamo i loro nomi. – Abbracciò Logan, ridendo incredulo. – Non so, è come se solo adesso fossero reali. Ti sembra folle?

– No, lo capisco. Ieri sera è stato sconvolgente e surreale. La loro nascita, risentire la voce di mia sorella, vedere i gemelli. Adesso che hanno un nome, so di non aver sognato!

– Pensi che i cuccioli potrebbero essere pericolosi per loro? – Domandò all’improvviso.

– Logan non fa che dormire e Devil vuole solo giocare. Sono piccoli anche loro, cresceranno tutti e quattro insieme. – Lo rassicurò. – Cosa vogliamo fare, un’intervista?

– Sì, è la cosa migliore. un semplice comunicato stampa non soddisferebbe la curiosità della gente. Non voglio rischiare di trovare i paparazzi fuori al cancello. Ancora non siamo arrivati a quel punto e mi piacerebbe che le cose rimanessero così. – Distese le labbra in un sorriso custodito. – Sean e Sky. – Ripeté a se stesso.

– Dovremmo comprare una nuova auto, non è possibile mettere due seggiolini su una Porsche.

– Già fatto, arriverà la settimana prossima.

– Sul serio?!

– Ho preso una Range Rover. È più sicura.

– Pensi sempre a tutto. – Si complimentò, scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte. – Domani Michael parte, vuoi accompagnarlo all’aeroporto?

– Ha rimandato alla settimana prossima.

Zero rise sommessamente. – Sta prendendo sul serio la faccenda nonno, o mi sbaglio?

– Si è anche fatto spiegare dalle infermiere quali prodotti acquistare per i bambini. Neanche sapevo esistessero le creme alla calendula! – Ammise Jude. – E Lionel che già voleva iscriverli all’università?

Risero insieme, poi la mente del giovane presidente cominciò a lavorare.

– Ehi, che succede qui dentro? – Indagò Zero, baciandogli la fronte.

– Voglio organizzare per stasera la conferenza stampa.

– Così presto?

– Vorrei poter andare in ospedale, senza uno stuolo di giornalisti curiosi che spuntano come funghi.

– Non possono salire sino al reparto maternità.

– Non serve essere un paparazzo per scattare una foto. Chi ha postato in rete le immagini di noi due coi bambini in braccio, era un paziente o un infermiere.

– Hai ragione. Se ci esponiamo io e te, distoglieremo l’attenzione dai gemelli.

– Esatto, dobbiamo distrare i Mass media. – Con delicatezza, posò Logan sul divano, dandogli un paio di carezze sulla testa. – Faccio un paio di telefonate.

Mentre camminava verso lo studio, fu pugnalato alle spalle dal sorriso compiaciuto di Zero.

 

– Odio le telecamere. – Borbottò Jude, sistemandosi la cravatta color ambra.

– Ricorda perché lo stai facendo, – disse Lionel, lisciandogli la giacca verde scuro. – La hall è gremita e i giornalisti vi stanno aspettando. Ehi, sei pronto? – Domandò a Zero, che stava sistemando i capelli davanti allo specchio del bagno.

Per l’occasione, aveva indossato un completo color carta da zucchero. A stupire la donna era stata la scelta della cravatta e del fazzoletto che sporgeva dal taschino, identici a quelli di Jude. Non lo aveva mai visto così elegante.

– Andiamo. – Il giocatore prese il suo ragazzo per mano e scesero al piano terra. Sembrava nervoso e il suo uomo non poteva biasimarlo.

– Andrà tutto bene, – provò a tranquillizzarlo Jude, – cercheremo di tenere nascosto Gideon.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono furono travolti da un tripudio di flash e mormorii. La curiosità e l’aspettativa erano palpabili.

La coppia si scambiò un cenno d’intesa, prima di avvicinarsi ai microfoni.

– Grazie per essere intervenuti con un così breve preavviso, – iniziò il presidente, – immagino sia inutile tergiversare: io e Zero abbiamo avuto due gemelli.

Un’onda di domande si diffuse nell’ampia entrata, rimbombando su vetrate e pareti.

“Chi è la madre?”

“Come si chiamano?”

“Avete intenzione di sposarvi?”

“Come cambierà la vostra relazione?”

“Zero, cosa ne pensa la squadra?”

“Farete un servizio fotografico?”

– Ehi, ehi! – Rise il giocatore. – Una domanda alla volta! La madre vuole restare anonima e rispetteremo la sua scelta. Niente servizi fotografici. Sono troppo belli, mi ruberebbero la scena e sarei geloso! – Jude rise insieme a tutti i presenti. – I loro nomi sono Sean Michael e Sky Lionel, – la donna accanto a loro trasalì. Jude le fece l’occhiolino mentre lei combatteva contro le lacrime pronte a sfuggirle. – I miei compagni di squadra sanno già che io e Jude siamo una coppia, non hanno mai avuto problemi con questo. Stimano il nostro presidente e amano le attenzioni che riserva a tutti noi. Per quanto riguarda il matrimonio… – Trasse un profondo respiro e mise una mano in tasca. Dinnanzi a decine di estranei e telecamere, si inginocchiò di fronte a Jude.

– Non fai sul serio! – Esclamò di getto.

– Jude, mi rendi una persona migliore, ma non fai nulla per costringermi a esserlo. Mi hai sempre accettato senza volermi mai cambiare. Viviamo insieme, abbiamo due bambini e due cani. Fai di me una wifey onesta e sposami!

Il presidente rise, coprendosi gli occhi arrossati con le mani. – Sì! Certo che ti sposerò, stupido!

Zero aprì la scatolina di velluto blu che aveva in mano, rivelando una coppia di anelli in oro bianco, sottili e semplici.

Tra flash, chiacchiere, sospiri e applausi, si aiutarono a vicenda ad indossarli senza mai smettere di sorridersi.

– Questo sì che si chiama esporsi! – Sussurrò Jude al suo orecchio.

Zero scrollò le spalle. – Ora le fans Zude faranno il resto, inondando il web con le nostre foto, così nessuno andrà a importunare i gemelli, – sorrise malizioso – e sarò certo di averti con me per sempre.

– Come se volessi andare altrove, stupido! – Lo baciò, incurante degli estranei attorno a loro. – Il Team Zero è un impegno che dura tutta la vita

Roteò gli occhi. – Team Zude!

– Quanto sei noioso! Va bene, Team Zude!

– Ehi, piccioncini, – li chiamò Lionel, – aspettate la luna di miele.

La coppia fu impegnata in un’altra ora di foto e interviste, poi spostarono l’attenzione sul buffet fatto preparare da Lionel. Il diversivo sortì l’effetto voluto e i due poterono andare via indisturbati.

Tornarono a casa senza nascondere una lieve malinconia; l’orario di visite all’ospedale era passato da un pezzo.

– Per rispondere a quegli sciacalli, oggi non siamo riusciti a vedere i gemelli. – Brontolò Zero, rientrando in casa.

– Era necessario, – gli ricordò il fidanzato, chinandosi a salutare Devil che saltellava scodinzolante, – adesso siamo noi l’oggetto della curiosità generale.

– Noi e il nostro matrimonio. – Precisò, afferrandolo per la vita. – Te lo avrei chiesto, prima o poi, ma sapevo che non lo ritenevi necessario e volevo aspettare. L’arrivo dei bambini ha solo accelerato le cose.

– Non ho mai pensato che un pezzo di carta e un anello dovessero o potessero legare le persone. Stare insieme è un impegno costante. Adesso che la nostra famiglia si è allargata, i gemelli meritano di avere due genitori con pari diritti e doveri, giusto?

– Esatto! Adesso andiamo a festeggiare! – Decise Zero, trascinandolo al piano superiore.

– Stiamo iniziando un po’ troppo presto la luna di miele! – Rise, slacciandosi la cravatta.

 

Nudi e sudati, rimasero a letto impegnati in baci e carezze, sino a quasi l’ora di cena.

– Per sfuggire ai giornalisti, ci siamo persi anche il buffet. – Borbottò Zero, riavviandosi i capelli.

– Hai fame? Posso preparare qualcosa.

– Insalata di pollo? – Scherzò, baciandogli le labbra imbronciate. – Ordineremo una pizza.

– Ho salvato cinque canali youtube di cucina. – Ci tenne a precisare Jude. – Ho anche chiesto alla signora Vega di aggiungere più verdure alla spesa.

– Sarà rimasta scioccata.

– Piacevolmente stupita. – Precisò imbronciato. – Ha passato anni cercando di convincermi a mangiare le verdure.

– Conoscendo il tuo razzismo nei confronti del cibo verde, la sua sarà stata un’impresa titanica.

– I tuoi frullati non sono cibo vero!

– Sciocchezze, sono pieni di vitamine! – Rise della sua indignazione. – Mi avevi detto che aveva lavorato per la tua famiglia, ma non sapevo che ti avesse quasi cresciuto.

– Mi ha fatto da madre, sino a quando non sono andato al college. La famiglia Vega è stata l’unica presenza costante nella mia vita. Quando ho saputo che erano stati licenziati, li ho chiamati subito. Non potrei avere nessun altro in casa.

– Oscar è sull’orlo della bancarotta, i Vega sono stati i primi a pagarne il prezzo. – Zero guardò distrattamente il riverbero della lampada sui loro anelli di fidanzamento. – Adesso capisco perché vuoi portare i gemelli in ufficio con te. – Gli strinse una mano. – Cresceranno circondati da persone che li amano! Non avranno la nostra infanzia. – Lo rassicurò, baciandogli la testa.

– Per i primi mesi, posso lavorare qui. Lo studio è abbastanza capiente, posso portare lì una culla. Poi verranno con me in ufficio, fino a quando la stagione non sarà finita.

– Poi me ne occuperò io, però. Non devi fare tutto da solo.

– Tu hai la squadra da portare alla vittoria, – gli baciò una guancia, – non voglio che Derek ti offuschi solo perché sei stanco. E questo lo dico da fidanzato. – Precisò. – Da presidente siete entrambi fondamentali.

– Lo so, Boss! – Sogghignò sulle sue labbra.

– Vuoi farlo di nuovo?!

– Con l’arrivo dei bambini avremo meno tempo per questo.

– La scusa mi piace. – Ammise, cingendogli le spalle. Avrebbe voluto baciarlo ancora, ma fu interrotto dalle vivaci proteste di Devil. – Un paio di bambini li abbiamo già. – Rise, passandosi una mano tra i capelli. – Aspettami sotto la doccia, il tempo di dare loro da mangiare e torno.

– Adoro i tuoi piani diabolici! – Scherzò Zero, alzandosi dal letto.

Jude aveva fatto in tempo a vestirsi che qualcuno suonò al cancello. – A quest’ora può essere solo Lionel. – Si disse, scendendo le scale. Perplesso, aprì la porta a sei fattorini, ognuno con una voluminosa scatola.

– Una firma qui. Buonasera. – Fu salutato da uno di loro.

Rimasto solo, si affrettò a riempire le ciotole dei cuccioli.

– Jude? Chi era? Stiamo traslocando? – Indagò Zero, vestito solo di un asciugamano bianco.

– Non ho fatto in tempo a leggere la bolla di accompagnamento, vedi chi è il mittente. – S’incuriosì al suono della risata dell’uomo. – Cosa c’è?

– Michael ci sta andando giù pesante. – Rispose aprendo un paio di scatole. – Non credevo esistessero peluche così grandi. Ci sono anche due girelli e degli aggeggi colorati. Una scorta decennale di pannolini e trenta confezioni di creme alla calendula.

Jude sorrise passando una mano sulle scatole di giocattoli. – Domani lo ringrazierò e gli dirò due parole. Non voglio che i bambini crescano troppo viziati. Mi basti tu!

– Ehi!

Jude gli baciò le labbra. – Il primo che arriva alla doccia, vince. – Dichiarò, salendo di corsa le scale.

– Una sfida, Jude? – Rise, inseguendolo.

Jude lo stava aspettando appoggiato al lavabo. Il petto nudo lievemente sudato attirò subito l’attenzione del giocatore che si leccò le labbra.

– Non ti farò camminare per un mese. – Ringhiò, afferrandogli l’orlo dei pantaloni.

– Promesse, promesse. – Tastò la pelle setosa della sua schiena. Amava i suoi muscoli, il modo in cui guizzavano sotto le sue dita. Amava tutto di Gideon.

Una volta nudo, sollevò una gamba e sfregò i loro bacini. A separarli solo l’asciugamano bianco che presto precipitò sul pavimento.

– Jude.

– Dio! Ti voglio dentro di me. Adesso!

– Agli ordini, Boss! – Zero lo voltò, facendogli posare le mani sul lavabo. Prese il lubrificante dal ripiano e iniziò a prepararlo. Quello era un momento importante per entrambi. Parlava di cura e di essere curati. Parlava di attenzioni e di affetto. Indipendentemente dalla passione che li animava, quel passaggio era sempre stato fondamentale.

– Adesso. – Ansimò Jude, allargando le gambe. Il suo uomo fu più che felice di accontentarlo.

La fame che avevano l’uno per l’altro era primordiale. Zero gli morse una spalla, mentre affondava in lui. Mai pensava di poter provare una simile passione. Un desiderio caldo e avvolgente, che gli scuoteva l’anima, la faceva cantare, vibrare.

Dopo fecero la doccia, lavandosi e asciugandosi con infinita cura e qualche bacio.

Prima di coricarsi, decisero di portare i giocattoli nella nursery, così da liberare la sala e impedire ai cuccioli di mordicchiare il cartone.

Una volta finito, Jude si guardò attorno travolto da un’intensa emozione. Adesso che conteneva giocattoli e peluche era davvero una camera per bambini.

Mancavano solo la culla e i gemelli, ma presto sarebbero arrivati anche loro. Avrebbero dormito lì, sarebbero cresciuti.

– Jude? – La voce gentile di Zero gli accarezzò un orecchio. – Respira. Andrà tutto bene.

– Scusa. Mi sono perso nella mia mente.

– Fortuna che ci sia io a riportarti indietro.

– Già, è una fortuna! – Confermò in un sussurro pieno d’affetto.

– Prendo i cuccioli, tu intanto aspettami a letto.

Jude annuì, dando un’ultima occhiata alla nursery.

Due bambini. Presto avrebbero cresciuto insieme due bambini.

Sean e Sky.

– Vi aspettiamo! – Sussurrò alla stanza vuota, prima di spegnere la luce.

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Capitolo 7
*** ch7 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 7

Gojyina

 

I mesi successivi all’arrivo dei gemelli furono un vortice di pannolini, formule e preparativi per il matrimonio. Jude era rimasto a casa, lavorando dallo studio. Caty era stata di grande aiuto, dall’Arena smistava la posta e si occupava di risolvere piccoli problemi organizzativi. Nel complesso, quasi nessuno si era accorto dell’assenza di Jude.

Ad eccezione di Zero che, durante la pausa pranzo, non aveva avuto nessuno da molestare e dei compagni di squadra, che spesso avevano chiesto del Boss.

Caty non sempre era riuscita a ricordarsi di chiedere agli alberghi in cui la squadra pernottava durante le trasferte, le candele all’arancia per Tom o gli asciugamani portafortuna di Grant. A Samuel, invece, era mancato il cenno di approvazione di Jude,

Le nozze Kinkade si erano svolte nel giardino della loro abitazione, alla presenza della squadra e dei pochi amici della coppia. Anche Michael era intervenuto facendo da accompagnatore a Lionel, l’organizzatrice ufficiale della cerimonia, che aveva decorato casa e giardino di colori oro e avorio.

Anche Logan e Devil non erano sfuggiti alle sue grinfie, finendo con i collari infiocchettati e un’espressione infelice da parte di Devil. Logan invece aveva accettato la novità con la solita flemma, utilizzando il fiocco a mo’ di cuscino.

Gli sposi elegantissimi in completi argento, unica differenza tra i due era stato il colore della cravatta e del fiore all’occhiello ad essa abbinata. Verde acqua per Jude, giallo chiaro per Zero.

Il giocatore aveva chiesto che venisse chiamato per nome così, tra la confusione generale, Jude e Gideon Kinkade furono dichiarati marito e marito.

Non avevano fatto una vera e propria luna di miele, preferendo passare due settimane a casa con i piccoli, che ormai avevano quasi quattro mesi.

Zero era spesso stupito dalla bravura di Jude nel riuscire a cullare i gemelli, leggere un contratto e lanciare un pupazzo a Devil, incuriosita dalla presenza dei piccoli umani.

Fin dal loro arrivo, i due cuccioli avevano cominciato a giocare o accucciarsi nei pressi delle culle e annusare i nuovi arrivati, quasi sempre assopiti sul petto di Jude. Da quando aveva letto quanto fosse importante il contatto pelle a pelle, aveva comprato alcune fasce per neonati. Sbottonata la camicia, lasciava che i piccoli appoggiassero il viso sul suo petto e sentissero il suo profumo.

Anche Zero faceva la stessa cosa, ma lui era più bravo a far loro il bagnetto o a dargli il biberon. Con lui i gemelli raramente dormivano. Jude aveva, invece, un effetto calmante. Grazie anche alla voce bassa e calda con la quale parlava loro. A volte leggeva i contratti, altre chiacchierava di fatti casuali, la sua tranquillità era percepita dai bambini, che si assopivano quasi subito.

Erano così quieti che, i primi mesi, Zero si era svegliato nel cuore della notte per controllare che respirassero.

Quando iniziò la nuova stagione sportiva, Jude tornò in ufficio portandoli con sé.

 

Zero rincasò prima del previsto.

Nello studio c’era Devil, autoproclamatasi guardia del corpo dei gemelli, accucciata sul pavimento. Gli rivolse solo un’occhiata e un breve movimento della coda, prima di tornare a guardare verso il divano dove probabilmente era seduto Jude. Dall’entrata il giocatore non poteva vedere che una parte della scrivania e una delle finestre alle sue spalle.

Quel giorno anche Jude era tornato a casa presto, perché aveva portato i piccoli dal pediatra per la visita di controllo.

Sorridendo, sentì la voce calda e bassa di suo marito parlare ai bambini.

–… E non importa se non vorrete giocare a basket. Sarà sufficiente che studiate legge, così da diventare i copresidenti dei Devils. – Zero poté sentire uno dei gemelli sbadigliare. – Manager e presidente? Allenatore e presidente? Va bene anche un altro lavoro, basta che siate felici. – Li rassicurò Jude. – Ma se uno di voi volesse diventare il presidente, non sarei contrario. – Disse a voce più bassa, quasi stesse rivelando loro un segreto. Zero sorrise, togliendosi la giacca. – Non importa cosa sceglierete di fare. Vi ameremo sempre, anche se diventaste dei killer. Preferirei che manteneste la fedina penale pulita ma, nel caso, conosco un paio di posti dove nascondere un cadavere. – Il giocatore scosse la testa, in serata avrebbe dovuto fargli un discorso. – Ma non è questo il punto. Potete fare tutto ciò che volete e amare chi vi pare, non importa. E vi giuro che non vi sentirete mai abbandonati, che questa casa sarà sempre calda e accogliente, che mai avrete paura del nostro giudizio, o di voi stessi, o di una rampa di scale. – Aggiunse, facendo tremare di rabbia Zero. L’odio che provava per Oscar era travolgente. Non gli avrebbe mai perdonato tutto il dolore che aveva arrecato a suo marito. – Non mi importa nemmeno se non mi vorrete chiamare papà, va bene anche “ehi, tu con quella cravatta orribile!” ma forse è un nome un po’ lungo. – Lo sentì scherzare. – Vi amerò sempre e per sempre. Lo stesso vale per Gideon. Imparerete a conoscerlo e a volergli bene. Fa tanto il duro ma è molto sensibile e si nasconde dietro tonnellate di ironia. È anche un nerd quasi peggiore di me, ma non vuole che si sappia. Negherà sino al suo ultimo giorno di vita di aver pianto alla morte di Shireen Baratheon. Spero non abbiate ereditato la sua testardaggine o la mia vita diventerà molto più complicata.

Scuotendo il capo, Zero decise di palesarsi. Bussò alla porta aperta dello studio ed entrò, sorridendo a suo marito, semisdraiato sul divano con i gemelli nella fascia.

– Ehi, Boss!

– Ciao, Wifey. Sei tornato presto. – Jude si mise a sedere, guardando l’orologio alla parete.

– Com’è andata oggi? – Domandò abbracciando i suoi tre ragazzi.

– Hanno mangiato e dormito come al solito. Dal pediatra stavano sonnecchiando e sono stati particolarmente tranquilli. Pensi sia normale che non piangano quasi mai? – Jude si morse il labbro inferiore. – È successo solo un paio di volte, il mese scorso, quando hanno avuto le coliche. – Si ricordò. – Non dovrebbero piangere quando hanno fame o devono essere cambiati?

– Forse sanno che ci sei tu e che presto saranno nutriti e lavati. – Azzardò con una scrollata di spalle. – Il pediatra dice che stanno bene.

– Hai ragione, mi sto preoccupando troppo come al solito.

– Se non lo facessi, non saresti tu. – Scherzò, baciandogli la testa. – Vado a preparare la cena. Ah! E, per la cronaca, non ho mai pianto, tanto meno per “Game of Thrones”!  

Jude roteò gli occhi. – Che vi avevo detto? – Sussurrò ai gemelli addormentati. – È testardo.

 

– Questa è una catastrofe! – Disse Lionel, sedendosi sulla poltrona di fronte a lui.

Jude chiuse gli occhi e si massaggiò lentamente le tempie. Sorrise poi ai gemelli addormentati nella culla accanto a lui.

– Sono lieto che voi riusciate a dormire, mentre il sottoscritto sta per avere una crisi di nervi

– Ma loro dormono perché sanno che ci sono io a prendermi cura di te. – Zero entrò nell’ufficio e subito controllò i bambini. – Dov’è Caty?

– In sala riunioni.

– Quale crisi devi gestire?

– Jelena ha avuto una relazione con uno dei nostri sponsor. È finita male e adesso lui vuole rescindere dal contratto. O cerco di fargli cambiare idea o dovrò trovare un nuovo sponsor. Non pensavo avresti fatto così presto e ho chiesto a Lionel se poteva guardare i bambini mentre sono in riunione.

Zero scrollò le spalle. – Ho sentito che c’era trambusto e sono passato a controllarti.

A Jude non sfuggì la breve occhiata tra i due. – Bene, visto che siete entrambi qui, vi lascio l’ufficio così che possiate tramare alle mie spalle in tutta tranquillità. – Andò in bagno a darsi una rinfrescata e indossare una camicia pulita.  

Infilata la giacca guardò i gemelli, esitante.

– Coraggio, staranno bene. – Promise suo marito.

– È stupido, vero? È la prima volta che li lascio completamente da soli.

Il giocatore chiuse la porta dell’ufficio e l’accompagnò all’ascensore. – Andrà tutto bene. Vai a salvare la squadra, se non vuoi che i nostri figli abbiano i genitori disoccupati! – Scherzò baciandogli le labbra.

Jude sorrise, visibilmente più tranquillo e lo salutò con una mano, mentre l’ascensore si richiudeva.

Fischiettando soddisfatto, Zero ritornò in ufficio. Aperta la porta, fu travolto dal grido disperato dei gemelli

– Che diavolo è successo?! – Chiese scioccato, correndo verso la culla. Non li aveva mai sentiti così addolorati e fu preso dal panico.

– Non lo so, hanno cominciato a urlare, – disse lei coprendosi le orecchie, – dai loro un po’ di bourbon!

– Noi non diamo il bourbon ai bambini! – Ringhiò provando a calmarli facendo oscillare la culla, senza però ottenere i risultati sperati.

– Pessima abitudine. Vado al bar a farmi un drink. Sto perdendo l’udito! – Sibilò Lionel, andando via quasi di corsa. Era bravissima a comprar loro vestiti ma, quando c’era una crisi, fuggiva a gambe levate.

Zero doveva calmarli prima del ritorno di Jude o non si sarebbe mai più allontanato da loro.

Un pensiero lo colpì: forse sentivano sul serio la sua mancanza.

Prese la sua camicia dal bagno e la depositò nella culla, tra i due gemelli. Dopo un attimo di perplessità, i due cominciarono a tranquillizzarsi.

– Lo sapevo! – Si complimentò con se stesso, prendendo il cellulare.

Forse aveva salvato un video di Jude che parlava loro, mentre li cullava nella nursery.

Due video.

Cinque.

Va bene, erano una dozzina. Ma erano suo marito, la sua casa e i suoi figli, ok?

Scossa la testa. Non era il momento per litigare con la propria coscienza, decise, avviando un filmato. La voce di Jude si diffuse nell’ufficio. Sean e Sky strinsero gli occhi un paio di volte, prima di decidere di calmarsi del tutto e tornare a dormire.

Con un sospiro sollevato, Zero si accasciò sul divano, aspettando il ritorno di suo marito.

 

Un comportamento sconsiderato! – Esplose Marcus Douglas all’altro capo del telefono.

– Me ne sto occupando, ancora non sappiamo tutta la verità. I tabloid di rado sono attendibili. – Gli fece notare Jude.

Lo sentì tergiversare. – Va bene, resto in attesa di tue nuove. Ma se dovesse essere vero, allora dovremo parlare seriamente della sua posizione all’interno del Consiglio.

– Te lo prometto. Ora devo andare, ci sentiamo stasera. – Promise, prima di riattaccare. Entrò nella sala riunioni dove trovò sia Caty che Jelena. La sua segretaria stava ultimando i preparativi per la videoconferenza con lo sponsor, mentre la giovane camminava nervosamente. – Caty, potresti darci un minuto, per cortesia?

– Certo, signor Kinkade. – Rispose, uscendo dalla sala.

– Tsk! Stai per farmi la paternale? – Ringhiò Jelena.

– No, voglio sapere da te cos’è successo. – Andò a versarsi del succo di frutta. – Non mi piace partecipare a riunioni al buio. – Chiuse lo sportello del mobile bar e rimase in attesa.

– Non mi crederesti.

– Mettimi alla prova.

– Non abbiamo mai avuto una relazione. – Si accasciò sulla poltrona più vicina. – Siamo usciti un paio di volte, non è scattata la scintilla e ho rifiutato i successivi inviti.

– Lui non l’ha presa bene e adesso si sta vendicando. – Concluse Jude, andando a rileggere il contratto che Caty aveva portato. Sorrise, leggendo a pagina tre.

– Cosa? – Indagò Jelena, che si ritrovò il documento tra le mani.

– La postilla alla voce numero otto.

Increspò la fronte, cercando di capire quel linguaggio contorto. – Tradotto?

– I problemi personali non possono e non devono interferire. L’ho fatta inserire in tutti i contratti. Temevo ingerenze da parte di Oscar.

– Lungimirante.

Jude socchiuse gli occhi, adesso di un paio di tonalità più chiare. Jelena trasalì. Aveva già visto quell’espressione. Spietata e quasi inumana. Fu lieta di non esserne il destinatario. – Vai a chiamare Caty, prima faremo la videoconferenza e prima sistemeremo quel bastardo. Non c’è nulla di più patetico di un uomo che non accetta un rifiuto.

– Non ti ringrazierò per questo. – Ci tenne a precisare.

– Non lo sto facendo per te, ma per la squadra. Tutti devono sapere che i Devils fanno gruppo, dentro e fuori dal campo. Tu fai parte della famiglia. D-Devils. – Si affrettò a precisare. – Della famiglia Devils.

Non erano mai ritornati sull’argomento e si erano sempre comportati come due semplici colleghi di lavoro che mal si sopportavano e volevano che i rapporti restassero tali. L’essere biologicamente fratelli non significava nulla per loro.

– Buono a sapersi. – Rispose sollevata, andando poi a chiamare Caty.

 

Tornato in ufficio trovò suo marito sul divano con il cellulare sul petto, accanto alla culla con i gemelli abbracciati alla sua camicia usata. Quando dormivano i tre si somigliavano ancora di più, pensò ridendo del loro broncio. Qualcosa li stava infastidendo ma non capiva cosa fosse.

Come se avessero sentito la sua presenza i bambini si svegliarono con un borbottio indistinto che destò il giocatore.

– Ehi! – Lo salutò, passandosi una mano sul viso.

– Ehi! Ho fatto tardi. – Si scusò togliendosi la giacca per indossare la fascia. – Prendo i bambini e possiamo andare.

– Li hai fatti neri, vero? – Intuì Zero, guardandolo di sottecchi mentre infilava la giacca ai gemelli.

– Probabile. – Rise, infilando i piccoli nell’apposito spazio creato dalla fascia. – Perché la mia camicia è nella culla?

– Per tenerli buoni.

– E io che pensavo che gli avresti dato del bourbon! – Lo prese in giro, ridendo della sua espressione indignata.

– Per chi mi hai preso?!

Jude scrollò le spalle. – Lionel lo avrebbe fatto. Dove si è nascosta?

– Appena hanno iniziato a lamentarsi è scappata via come suo solito. – Spiegò, entrando nell’ascensore.

– Hanno pianto?!

– Non ti agitare! Ho risolto usando la tua camicia e facendo loro ascoltare la tua voce.

Jude increspò la fronte. – Come hai fatto a fargliela sentire?

– Non è questo il punto! – Tagliò corto, attraversando la hall. – Ciò che conta è che abbiamo capito che sanno piangere. Non lo fanno perché ci sei tu. – Gli sorrise. – Li rassicuri, Jude.

Suo marito arrossì mentre adagiava i piccoli nei loro seggiolini.

– Grazie per essere venuto ad aiutarmi. Non mi fido completamente di Lionel. – Gli disse, mentre si immergevano nel traffico di Los Angeles.

– Perdere un’ora di allenamento non è stato un problema. Ci sarò sempre per voi.

Jude posò una mano sulla sua coscia a mo’ di ringraziamento. – Ho trovato una ricetta che voglio assolutamente provare.

– Sul serio? Le ultime volte non è andata molto bene.

– Sto ricominciando partendo dalle basi. – Brontolò offeso. – I bambini dovranno mangiare sano. Devo imparare e i frullati verdastri non fanno testo! – Si affrettò a precisare, quando lo vide schiudere le labbra.

– Che Dio ci aiuti…

 

– Credo di esserci riuscito. – Annunciò Jude, entrando nella sala.

Suo marito inarcò un sopracciglio. – Avrei potuto aiutarti.

– Non voglio che ti tagli, lo sai. – Sbuffò, asciugandosi le mani.

– Abbiamo comprato apposta quell’aggeggio che fa un baccano infernale, quel coso con quattro lame diverse e il tappo. – Controllò i piccoli sul divano, dentro la culla portatile beige che utilizzavano al piano terra. Quando erano con Jude nel suo studio o sul divano con i papà.

Sorrise guardandoli dormire tranquilli, le teste vicine. Sky sempre con una manina su quella del gemello. Forse aveva ereditato l’istinto protettivo di Jude. Quel pensiero fece sorridere il giocatore.

Si alzò dopo aver accarezzato i due cuccioli, sdraiati sul pavimento, lasciandoli a fare da guardia ai gemelli.

– Non voglio correre rischi e poi dovevi badare ai bambini. – Stava intanto dicendo suo marito. – Tra poco dobbiamo preparare i biberon.

Il giocatore capitolò. – Va bene, Boss. Allora? Cos’hai cucinato?

– Un’omelette! – Annunciò raggiante.

– Tutto qui? – Replicò perplesso.

– L’ho arrotolata! E dentro ci ho messo carote, piselli, cipolla e prosciutto! – Fu la sua risposta indignata.

– Sei stato bravo. – Ammise baciandogli una guancia.

– Ho anche imparato a fare i pancake e i waffel. – Gli ricordò, preparando la formula per i bambini.

– Sei migliorato tantissimo! – Zero sterilizzò i biberon, sogghignando di nascosto. Trovava Jude particolarmente carino quando si intestardiva.

– Voglio andare con ordine. Adesso sto imparando a preparare la colazione, poi passerò ai primi piatti. Entro un anno dovrei essere in grado di cucinare un pasto completo.

– Sei molto sexy quando cucini. – Gli confidò il giocatore, afferrandolo per la vita.

– Per te sono sexy persino quando cullo i gemelli! – Lo derise, cercandogli le labbra.

– Soprattutto, Jude. – Afferrò i suoi glutei sodi. – Non c’è nulla che mi ecciti di più che vedere come ti prendi cura di tutti noi.

– Adulatore! – Le gote si colorirono e nascose l’imbarazzo dietro le lunghe ciglia scure.

Prima che la situazione sfuggisse loro di mano, furono interrotti da Devil che entrò in cucina abbaiando.

– Penso che i gemelli si siano svegliati. – Disse Jude. – Le hai insegnato tu a chiamarci?

– No, pensavo fossi stato tu. – Sorrise alla cagnetta. – È una guardia del corpo eccezionale.

– Eccoli qui. – Salutò i bambini, che subito lo cercarono con gli occhi. Da qualche tempo avevano cominciato a guardarsi attorno, attratti soprattutto dalle voci. Sky emise un gemito e infilò una manina in bocca. – Ehi, piccolo principe, cosa succede? – Indagò, prendendolo in braccio.

– Jude? – Zero fu subito al suo fianco. Tentava, ma non era bravo a nascondere la preoccupazione.

– Credo… Oh, sì! Sta spuntando il primo dente. È una cosa normalissima. – Lo tranquillizzò. – Sarà meglio che avverta Caty.

– Cosa? Perché?

– Ho letto che la dentizione può provocare febbre e altri disagi, oltre al dolore alle gengive. I gemelli potrebbero non dormire bene la notte. Abbiamo alcuni giocattoli specifici, ma non so se basteranno. Sono eventualità che devo tenere in considerazione. In caso di febbre o insonnia, voglio restare a casa con loro. – Si morse il labbro inferiore. – Forse sono tornato a lavoro troppo presto.

– Jude, non hai mai smesso di lavorare, – gli fece notare, – stai facendo così tanto che mi fai sentire… umile.

Quella confessione lo scioccò. – Gideon, anche tu fai la tua parte e sei eccezionale! Dai loro da mangiare, li intrattieni, fai loro il bagnetto. Io devo solo cambiarli e farli addormentare! Senza contare che non salti un allenamento e stai giocando benissimo. Cerchi persino di non litigare con Derek per mantenere la serenità della squadra.

Zero lo baciò. – Siamo il team migliore del mondo.

– Puoi dirlo forte!

– A proposito di mangiare, vado a prendere i biberon.

Un pensiero attraversò la mente di Jude. – Domani è giovedì, vero? Nel tardo pomeriggio abbiamo organizzato un piccolo party nella sala riunioni.

– Cosa si festeggia? – Domandò passandogli un biberon.

– Vent’anni di Martin come avvocato dei Devils.

– Pur lavorando per Oscar, è riuscito a mantenere la fedina penale pulita: questo andrebbe festeggiato!

Risero mentre davano il biberon ai gemelli, che li guardavano incuriositi.

– Hanno i tuoi occhi, – si lasciò sfuggire Jude, – cosa che non mi stupisce. Sono uguali a quelli di Laura.

– Ieri mi ha mandato un messaggio su WhatsApp. Ha dato già due esami. – Disse, con una punta di orgoglio.

– Sono davvero felice per lei!

– Ce la stiamo cavando tutti bene, non trovi?

Jude posò la testa sulla sua spalla e guardò i gemelli con un lieve sorriso. – Sì, sta andando bene.

– Non avevo dubbi. – Affermò cullando Sean con delicatezza sino a quando non ruttò.  – Bravo, campione.

Provarono a farli giocare con un paio di morbidi pupazzi colorati ma, dopo qualche sbadiglio, si addormentarono tra le braccia dei loro papà.

– Oggi hanno resistito di più. – Rise Jude, dopo averli adagiati nella culla portatile.

Zero accese la televisione, abbassando il volume. Fece un rapido zapping tra i canali sportivi e si fermò davanti a una faccia familiare.

– Dannazione. – L’imprecazione attirò la curiosità del marito, che distolse l’attenzione dai gemelli per trovarsi faccia a faccia con Oscar.

Sotto alla foto, campeggiava la scritta: “Altri guai per Kinkade Senior”

Strinse i pugni e ascoltò il giornalista.

“I problemi con la giustizia non sembrano essere finiti per Oscar Kinkade, ex presidente e fondatore dei Devils, squadra di basket di Los Angeles. Dopo l’arresto per omicidio e la seguente scarcerazione, è di oggi la notizia di una nuova indagine della polizia nei confronti dell’imprenditore, che avrebbe chiesto fondi statali per la ristrutturazione e vendita di complessi residenziali. Lavori mai iniziati. L’impresa edile è ora sotto sequestro. Per Kinkade si parla di frode, falso in bilancio e aggiotaggio. Vi terremo informati sugli sviluppi di questa ennesima, triste vicenda, che coinvolge Oscar Kinkade. Ben diversa è la vita del figlio Jude, presidente dei Devils e marito della stella dell’N.B.A. Zero con il quale ha adottato due splendidi gemelli. Amatissimi dal pubblico, non solo sportivo, la coppia ha un vero e proprio fans club che ha coniato per loro l’appellativo Zude, con il quale sono diventati famosi in tutto il mondo. Adesso le previsioni del tempo e, a seguire, la replica della partita Chicago B…”

Zero mutò la televisione e lasciò il telecomando sul divano con uno sbuffo stizzito.

– Quel bastardo non riesce a star fuori dai guai! Spero che stavolta lo sbattano in galera e… – Guardando suo marito trasalì violentemente. – Jude?! – Gli prese il viso tra le mani, sconvolto nel vederlo in lacrime.

Mai, nemmeno nei momenti peggiori lo aveva visto piangere e adesso era terrorizzato.

– Gideon, – sussurrò tirando su col naso, – potrebbero portarci via i bambini?

– Cosa?!

– Oscar resta sempre mio padre ed è un criminale! – Si passò una mano sugli occhi, incapace di guardarlo. – Potrebbero pensare che io sia come lui o che non appartenga a una famiglia adatta a…!

– Sei uno stupido! – Lo sgridò il marito. – Mi hai fatto spaventare inutilmente!

– Ma io…!

– Tu niente! Non sei affatto come tuo padre e non hai nessun rapporto con lui. – Gli passò la scatola di fazzoletti che tenevano sul tavolino da caffè. – Senza contare che legalmente i gemelli risultano figli tuoi e biologicamente sono lo zio. Non solo. Siamo riusciti ad adottarli senza problemi nonostante il mio vecchio scandalo sulla prostituzione. – Gli fece notare, tranquillizzandolo immediatamente.

– Hai ragione, scusami. È  che, quando ci sono di mezzo loro, non so cosa mi prenda.

Zero gli baciò la fronte. – Sei un papà, tutto qui. Vai in modalità panico se pensi che siano in pericolo. È normale.

– Lo pensi davvero? – Mormorò nascondendo il viso imbarazzato sulla sua spalla.

– Per i padri in generale forse, per te invece è assolutamente normale. – Lo prese in giro, ottenendo il solito: – Stupido!

Jude si ritrovò a ridere di se stesso. – Scusa.

– Dovrai fare di meglio, se vuoi il mio perdono. Mi hai fatto prendere un colpo!

Jude batté lentamente le palpebre. – I bambini dormono, i cuccioli anche…

– È una proposta indecente?

Jude si alzò in piedi, camminando a ritroso verso il suo studio. – Possiamo giocare al presidente e al giocatore da redarguire?

L’unica risposta fu il ringhio eccitato del marito.

 

Il consiglio insieme ai membri della squadra e ai collaboratori più stretti, si incontrarono nella sala riunioni per festeggiare Martin.

– Il comunicato stampa fatto stamane, chiarisce la nostra presa di posizione contro Oscar e la totale estraneità a tutto ciò che lo riguarda. – Spiego l’avvocato, utilizzando un linguaggio semplice e alla portata di tutti.

Betty infatti apprezzò la sua delicatezza. – Ho capito. Certo che è una mina vagante.

– Oscar non è più lo stesso dopo l’esito del test di paternità. – Sussurrò lui, guardando di sottecchi Jude, che stava cullando i gemelli. – Non avrebbe mai compiuto un gesto tanto azzardato. È sempre stato incredibilmente furbo e scaltro. Invece adesso sembra aver perso lucidità.

– Ha odiato un bambino convinto fosse il simbolo del tradimento, per poi scoprire che invece era suo. – Gli ricordò l’ereditiera. – Credo sia stato un trauma anche per uno come lui. Senza contare la palese bravura di Jude. Non ho mai visto nessuno coccolare e proteggere i propri dipendenti come fa lui. Dal giocatore all’uscere, sono tutti presi in grande considerazione. – Abbassò la voce e lo prese a braccetto. – Una delle ragazze della reception ha avuto tre mesi di ferie per permetterle di tornare in Oregon ad assistere la madre malata. E pensa che lei non aveva chiesto nulla. Jude è venuto a saperlo da terzi.

Marcus andò loro vicino. – La sua generosità potrebbe anche attirare parassiti e malintenzionati. Per fortuna ha due guardie del corpo spietate. – Scherzò, indicando loro Zero e Lionel. Lei e Jelena erano impegnate ad ignorarsi, mentre il giocatore prestava attenzione al piccolo Miguel. – Il nostro presidente è in buone mani. – Concluse sollevando il calice.

 

Jude accarezzò la testa di Sean e cercò di mantenere un certo decoro. Era difficile non ridere dei loro adorabili bronci, identici a quelli di suo marito. Per ovvie ragioni, non aveva potuto sbottonarsi la camicia e i gemelli non lo avevano apprezzato, decidendo di battere le manine sulla stoffa e guardarlo interdetti. Avevano anche impiegato mezz’ora più del solito per addormentarsi.

Sky increspò la fronte e tossì un paio di volte nel sonno.

– Jude? – Zero gli fu subito accanto, guardando i bambini.

– Non lo so, è stata solo un po’ di tosse. – Sussurrò per non svegliarli.

Il giocatore gli cinse la vita e guardarono insieme i loro figli

– Raccapricciante, – commentò Lionel, arricciando il naso, – fanno spesso così?

– Ogni dannato giorno. – Ringhiò Jelena.

– Infernale. – Borbottò dietro al bicchiere di champagne.

Di fronte al sorriso della coppia, le due emisero lo stesso gemito disgustato, prima di tornare ad ignorarsi.

– Cominciano ad andare d’accordo, – scherzò Jude, – sei sicuro di non essere in imbarazzo di fronte alla squadra?

– Perché i gemelli sono sempre qui con noi e i loro figli no? No, non ci sono problemi. Sanno che è l’unico modo per averti qui.

– A questo proposito, – si ricordò, facendo un passo verso il gruppo di giocatori che parlava e scherzava tra loro. Si zittirono non appena lo videro avvicinarsi.

– Boss! – Lo salutò Tom, con un cenno del capo.

– Avrei bisogno di farvi una domanda.

– Certo! – Rispose Derek, incrociando le braccia.

– Molti di voi hanno dei bambini, stavo pensando di allestire una nursery. – Spiegò loro. – Può interessarvi?

– Scherzi, Boss?! – Esplose Grant, raggiante. – Sarebbe perfetto!

Jude annuì. Da quando aveva saputo del suo imminente divorzio, aveva pensato a un modo per fargli vedere i due figli, senza fargli perdere gli allenamenti. Era stato allora che aveva notato quanti padri ci fossero in squadra.

– Ho pensato di ricavare la nursery utilizzando il vecchio magazzino al piano terra, quello tra il bar e il campo, ma vorrei conferma da voi prima di procedere con i lavori.

I ragazzi si guardarono l’un l’altro, pensando al tragitto che facevano ogni giorno.  

– Potremmo allenarci avendo i bambini letteralmente accanto a noi, – ragionò Grant, – pranzare con loro al bar e poi nel pomeriggio andare in palestra mentre loro fanno il riposino.

Jude annuì. – Sì, l’idea era questa. Bene, lunedì inizieremo i lavori. – Annunciò, facendo per allontanarsi.

– Ehi, Boss? – Grant strinse le labbra prima di proseguire. – Grazie! – Sussurrò commosso.

– Non c’è di che. Se porto i miei figli a lavoro, è giusto che possiate farlo anche voi. – Li salutò con un cenno del capo e tornò dal suo compagno, che stava ricevendo una lezione di trigonometria da Miguel.

– Matematica e geometria sono ovunque, – stava dicendo il bambino, – anche nel basket. Quando tiri, la palla traccia una parabola. Secondo Newton, la palla ha una reazione che varia a seconda della forza che applichi su di essa.

Jude scompigliò i suoi capelli. – Mi dispiace, piccolo, ma mio marito è un babbano. È da almeno cinque minuti che ti sta guardando con gli occhi vuoti.

– Mi sono perso a parabola, – ammise candidamente, – non è l’antenna satellitare, vero?

Miguel e Jude emisero un sospiro infelice.

Marcus attirò l’attenzione del giovane presidente. – Visto che sono qui, ho portato alcuni documenti di cui vorrei parlarti.

– Qualche sponsor interessante?

– Penso di sì.

Jude annuì e, con l’aiuto di Zero, mise i gemelli nella culla portatile. Tolta anche la fascia, fu pronto per andare nel suo ufficio.

Una sagoma inconfondibile li costrinse a camminare più lentamente.

Marcus scosse la testa con uno sbuffo quasi rassegnato.

– Cosa ci fai qui, Oscar?


Note

Babbano (in inglese Muggle).

Nei libri di Harry Potter scritti da J. K. Rowling, indica gli esseri umani, persone prive di poteri magici.

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Capitolo 8
*** ch8 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 8

Gojyina

 

– Cosa ci fai qui, Oscar?

La domanda di Marcus attese una risposta per alcuni secondi, prima che l’uomo si decidesse a parlare.

– Martin è stato il mio avvocato, sono passato a fargli le congratulazioni. – Rispose con un sorriso beffardo.

– Non credo che sia il caso. – Provò a farlo ragionare.

Jude strinse i denti e decise di intervenire. – Se stai cercando di coinvolgerci nel tuo ennesimo scandalo, stai solo sprecando il tuo tempo e anche il nostro.

– Oh, chi l’avrebbe mai detto! Stai iniziando a parlare come un presidente, figliolo.

– Non sono tuo figlio. – Rispose di getto.

– No, non lo sei. Non ti ho mai considerato tale.

Jude si rivolse a Marcus. – Puoi darci qualche minuto?

L’uomo esitò. – Torno di là. Cinque minuti, non uno di più. Oscar! – Lo salutò con un cenno del capo e si allontanò.

Il giovane presidente incrociò le braccia al petto. – Cosa vuoi stavolta? Un alibi? Dei soldi? Visibilità? Cosa?

– Te l’ho detto, solo…

– Martin non ha più rapporti con te dai tempi del carcere.

– Bene, – capitolò, – sono passato per vederti.

– Me? – Inarcò le sopracciglia.

– Volevo guardarti. Ho passato tutta la vita ignorandoti, certo che non fossi mio.

– Non cambia nulla. Tu non sei mai stato un padre e ho smesso di biasimare me stesso, quando la colpa è solo tua.

– Per me rappresentavi il tradimento di tua madre.

– Era un problema che riguardava solo voi due. Avresti potuto fare subito il test del DNA, ma non ne hai mai avuto il coraggio. – Lo accusò, esultando internamente quando lo vite arretrare. – Non importa più. È troppo tardi e io ho una famiglia vera.

– Tsk! Un mezzo frocio e due bastardi.

Judo lo afferrò per il collo, sbattendolo contro una parete. – Non osare insultare i miei figli. – Ringhiò, stringendo la presa.

– Ok, OK! – Tossì, quando fu lasciato. – Non ti facevo così battagliero.

– Non ti sei mai preso la briga di conoscermi.

Oscar si massaggiò il braccio sinistro, guardando un punto imprecisato del pavimento.

– Ho costruito l’Arena per me. Non ho mai pensato di lasciarla a qualcuno. I legami familiari non li ho mai capiti. Non ci ho mai neanche provato.

– Ti sei perso la parte migliore. – Sussurrò Jude, pensando a suo marito e ai loro bambini.

– Forse, ma qualcosa l’ho lasciata. Te.

– Cosa intendi? – Domandò increspando la fronte.

– Per quanto ti sforzi di essere diverso, ora sei costretto ad avere a che fare con i problemi che ho dovuto affrontare per quasi venticinque anni.

– Agisco in modo diverso da te. – Adesso era Jude che arretrò di un passo.

– Ma sai cosa avrei fatto io. – Sorrise, gli occhi sottili e malvagi. – Ci sarà sempre una parte di te che si ricorderà di me. L’istinto è difficile da controllare.

– Non sono come te.

 

Zero scattò una dozzina di foto ai gemelli e le postò su Instagram, avendo l’accortezza di coprire prima i loro volti con un gatto e un koala in stile manga.

– Tsk! – Sbottò Derek. – E pensare che mi prendevi in giro quando mostravo le foto di mia figlia!

– Tsk! Tua figlia è carina, ma i miei sono bellissimi!

– Tsk! Presuntuoso!

– Tsk! Geloso!

– Per l’amor di Dio! – Esclamò Jelena. – Rimpiango i giorni in cui litigavano per chi lo avesse più lungo!

Marcus entrò giusto in tempo per ascoltare l’ultima frase. – Vedo che vi state divertendo! – Ironizzò, andando a versarsi da bere.

– Jude? – Chiese subito Zero.

Lui strinse il bicchiere tra le mani. – C’è Oscar.

– Cosa?! – Esplose mezza stanza.

– Lo abbiamo incrociato nel corridoio. Ho dato loro cinque minuti, non uno di più.

– Tu, forse, – disse il giocatore, – ma io non ho intenzione di lasciarlo con quel mostro. – Guardò i gemelli, indeciso sul da farsi.

– Vai, – intervenne Lionel, – bado io a loro.

Dopo un cenno di assenso, uscì dalla sala riunioni seguito dalla squadra al completo.

– Non sono come te. – Sentì dire da suo marito.

– Oscar, – lo salutò con un sorriso finto, – non abbiamo disinfestato a dovere. – Commentò, affiancando Jude.

Oscar non raccolse la provocazione. – Ciao ragazzi!

– Forse è il caso che vada, signore. – Disse Tom. – Nessuno vuole guai.

– Nessuno ne vuole, – confermò continuando a guardare suo figlio, – avete un buon presidente, vero? Gentile e attento alle vostre esigenze, – barcollò avvicinandosi a lui. – A Jude non sfugge mai nulla, vero? Protegge tutti, tranne che se stesso. – Rise, afferrandolo per la camicia. – Cosa insegnerai ai tuo figli? – Cadde in terra portandolo sul pavimento con sé.

– Cosa sta…? – Il giovane uomo si ritrovò il padre tra le braccia. L’uomo aveva una mano artigliata all’altezza del cuore. – Chiamate il 911!

– Ricordatelo, Jude, – ansimò Oscar, – sei un Kinkade. La cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Blaterò, stringendo gli occhi. – Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA… Sempre.

Oscar si accasciò privo di vita sul petto del figlio.

 

– Jude? – La voce di suo marito lo costrinse a sollevare il viso. – Jude, andrà tutto bene, ora adagiamolo sul pavimento. Ecco, così. Sei stato bravissimo. – Continuò,  parlando a voce bassa. Lo avvolse in un abbraccio protettivo mentre attorno a loro si agitavano giocatori e azionisti. – Andiamo, ti porto a casa.

– I bambini! – Chiese spaventato.

– Sono di là, c’è Lionel con loro. Andiamo a casa. – Ripeté guidandolo fino alla sala riunioni.

Jude si riprese solo una volta abbracciati i gemelli. – Martin, dobbiamo fare un comunicato stampa e…

– Ce ne occupiamo noi, – lo interruppe Marcus, – vai a casa e riposa per qualche giorno. Stai con la famiglia e non preoccuparti di nulla. Abbiamo tutto sotto controllo.

Jude annuì a mo’ di ringraziamento.

Tornati a casa misero la culla dei gemelli sul divano e andarono a svestirsi.

I due cani si accucciarono vicino al tavolino da caffè, subito in modalità guardie del corpo. Persino Logan sembrava vigile, come se avesse percepito la tensione di Jude.

Dopo la doccia, il giovane Kinkade tornò in soggiorno e si rannicchiò sul divano, accanto ai suoi bambini.

Zero lo avvolse in una delle loro coperte più morbide e lo strinse a sé. – Vuoi un tè?

– No, sto bene così. – Mormorò sulla sua spalla.

– Riposa, ci sono io. – Lo rassicurò, massaggiandogli lentamente la schiena.

Lo senti annuire e rilassarsi.

Zero vegliò sui suoi tre ragazzi, mentre controllava il cellulare, dal quale seguiva gli aggiornamenti di Marcus.  

 

Lionel si versò da bere. – E io che pensavo che Oscar non potesse più fargli del male. Dov’è?

– A letto. – Rispose Zero, passandosi una mano tra i capelli biondi. – Ci sono i gemelli e i cuccioli con lui.

Si ritrovò a sorridere pensando a come fossero diventati iperprotettivi i loro cani.

Lei nascose il sollievo dietro al bicchiere. – I Mass Media sono tenuti a bada da Martin e da Douglas. Betty si è occupata di organizzare la funzione. Semplice e veloce. Si è deciso di partecipare tutti solo per rispetto al morto, non all’uomo che è stato in vita.

– Facciamo tutti una bella figura, ma prendiamo le distanze dai suoi guai giudiziari. – Comprese al volo.

– Il funerale sarà dopodomani, pensi che verrà?

Inarcò le sopracciglia, guardando verso la scalinata. – Non lo so. Ma non ho intenzione di forzarlo se decidesse di non andare. – Si avvicinò al camino spento, sorridendo alle foto sul ripiano. Il matrimonio, i cuccioli col fiocco, i gemelli addormentati nella culla, la squadra dell’anno precedente vincitrice della campionato.

Su di tutti, torreggiava la sua prima maglietta dei Devils, appesa al muro come fosse un quadro. Ricordava i loro primi anni lì. Tra scandali e successi, lui e Jude avevano trovato il tempo di scendere a patti con loro stessi e innamorarsi.

Ironico essere arrivati sino a lì per due come loro.

“Non sono gay” e “Non ho relazioni” erano una delle coppie più stabili di Los Angeles.

– Michael arriverà stasera. – Lo avvertì Lionel, strappandolo ai suoi ricordi. – Mi ha chiesto di voi, era chiaramente preoccupato.

– Domani verrà qui sicuramente. A Jude farà piacere. 

Lei annuì. – Lo penso anch’io. Adesso vado. Salutamelo.

– Certo. – Promise accompagnandola alla porta.

Stava per andare a farsi un caffè, quando vide Devil sulla cima delle scale. Entrato in camera da letto, si coprì la bocca con una mano per attutire il suono della sua risata.

I gemelli erano sdraiati sullo stomaco di Jude, ancora addormentato, afferrandosi i piedini con le mani.

– Avete messo a letto il papà? – Scherzò, sedendosi sulla sponda più vicina.

– Ta ta! – Disse Sky allungandosi verso di lui.

– Ci puoi giurare amico. Ta ta! – Sussurrò prendendolo in braccio. Sean si rotolò sulla pancia e puntò il piccolo indice sul neo alla base del collo di Jude. – Quello è mio. – Lo avvertì il biondo, facendogli il solletico su un fianco.

Suo marito si mosse nel sonno e abbracciò piccolo. Spalancò gli occhi e si guardò attorno stranito, rilassandosi solo quando vide Zero.

– Va tutto bene, Sky è con me. – Lo rassicurò il giocatore. – Torna a dormire.

Gli sorrise. – Oggi ho battuto persino Logan. – Scherzò, quando si accorse che il cucciolo scuro era ai piedi del letto per una volta sveglio.

Sean emise un suono infelice e mise una manina in bocca.

– Ha la febbre? – Si preoccupò subito il giocatore.

– No, ma quel dente gli sta dando fastidio da ieri.

– Prendo gli anelli? Li ho messi in frigo stamattina.

Jude scosse la testa. – Non credo servano, tra poco si riaddormenterà.

Il giocatore accarezzò la testa del piccolo, sorridendo nel vederlo già con gli occhi socchiusi. – Hai un effetto soporifero su di loro.

Rise sommessamente, sistemando la coperta sul bambino. – È reciproco. Quando sono con me, riesco a dormire meglio.

Sky si mosse nell’abbraccio di Zero e allungò le manine verso Jude. – Penso che anche lui voglia stare con te. – Scherzò, aiutandolo a spostare la coperta per far sdraiare il piccolo accanto al gemello.

– Come va là fuori? – Domandò Jude, mantenendo un tono di voce basso e gentile, così da non svegliare i bambini.

– Marcus e gli altri stanno gestendo tutto. Michael sarà qui tra stasera e domani.

– Forse dovrei andare al funerale, così da non creare ulteriori pettegolezzi.

– Jude, quelli ci saranno in ogni caso. Fai solo ciò che desideri.

– Scelgo il male minore. – Lo guardò pensieroso. – Non abbiamo mai parlato di religione, noi due. Io vengo da una famiglia ebrea, ma non sono mai stato un credente, tu sei cristiano. Vorresti battezzare i bambini?

Scosse la testa. – No, è una cosa che devono scegliere da soli. La religione non è qualcosa che erediti. La fede o ce l’hai o non ce l’hai.

– Mi sembra una buona idea. Possono fare ciò che desiderano. Basta che tifino per i Devils. – Sussurrò quell’ultima frase con un sorriso condiviso da Zero.

– Stupido. – Si stese sul letto e rimboccò loro le coperte. Non che fosse stato necessario, ma lo trovavano entrambi un gesto rassicurante. – Riposa un altro paio di ore.

Jude amava avere tutta la sua famiglia attorno a sé. Il calore del corpo di suo marito, il russare basso e ritmico dei loro cani e il profumo di calendula dei gemelli. Non provò neanche a resistere e si addormentò con un lieve sorriso sulle labbra.

 

I Devils al completo parteciparono al funerale ebraico organizzato da Betty. Una cerimonia semplice e intima, qualcosa che Oscar avrebbe certamente odiato. Lontano dai flash e dal glamour di cui si era circondato in vita.

Ignorarono giornalisti e telecamere e si ritrovarono all’Arena, dove era stato allestito un rinfresco. Zero, Lionel e Michael erano rimasti tutto il tempo vicino al giovane presidente, segretamente preoccupati dal viso impassibile.

Avevano portato con loro i gemelli, naturalmente. Al caldo e potetti nella loro culla portatile, avevano sonnecchiato nonostante la confusione attorno a loro.

Jude li lasciò al marito e guadagnò il centro della sala. – Grazie a tutti voi per essere intervenuti. – Esordì, guardando la squadra, gli amici e la sua famiglia. – Di solito dei morti si parla bene ma, a essere onesti, pensare a qualcosa di gentile da dire su Oscar è stato difficile. Era una persona che, nel bene o nel male, non si arrendeva mai. Mi ha insegnato molto e gliene sono grato. – Quest’ultima frase fu accolta con stupore e perplessità. – Oscar mi ha insegnato a non essere come lui. – Spiegò, sorridendo a Zero. – Si può essere furbi, senza essere criminali. Si può essere gentili, senza sembrare deboli. Lui non lo ha mai compreso, o ha preferito trovare sempre e solo delle scorciatoie. Ma questo modo di fare, alla fine gli si è ritorto contro. Questo spero sia da monito a tutti noi. Non esistono sotterfugi, c’è solo il duro lavoro, senza mai dimenticare o dare per scontate le persone che amiamo. Grazie.

Tornò da suo marito avvolto in un caldo applauso.

– Sexy. – Sussurrò Gideon al suo orecchio.

– Secondo te perché utilizzo così spesso la mia voce da capo?

– Sei sempre stato subdolo.

Jude rise, controllando i gemelli, che avevano iniziato a lamentarsi. – Credo debbano essere cambiati.

Zero, Lionel e Michael fecero un passo indietro, più o meno disgustati.

Il presidente roteò gli occhi. – Non mi serve l’aiuto di nessuno e mai lo avrei chiesto a voi! – Sbuffò, togliendosi la giacca. – Sono circondato da gente dallo stomaco debole!

Ahsha posò una mano sulla sua spalla, sorridendogli comprensiva. – So cosa vuol dire. Anche Derek diventava verde all’idea.

– Ehi! – Sbottò il diretto interessato, cullando la loro piccola Amanda.

– Ho ragione. – Replicò, sorridendo ai gemelli. – Andiamo, ti aiuto io.

Jude le sorrise a mo’ di ringraziamento e andarono nel bagno del bar a cambiare i piccoli.

Nonostante non avessero molta familiarità con la giovane donna, nessuno dei due protestò quando mosse un pupazzo colorato sotto ai loro nasi, per distrarli.

– Non stai usando il ciuccio. – Notò, sorridendo ai gemelli. – Nemmeno io.

– Ho letto pareri contrastanti e ho provato a non darglielo. Per adesso va tutto bene. stanno mettendo i denti e ogni tanto si infilano una mano in bocca, ma è solo una fase.

– Come stai, Jude? – Domandò, cambiando drasticamente argomento.

– Non lo so. – Ammise con un sospiro sconfitto. – In realtà non provo nulla. Anni fa ho perso le speranze di essere considerato suo figlio, perciò che sia morto non mi suscita alcun rimpianto. Non mi avrebbe mai amato neanche se fosse vissuto cent’anni.

– Colpa sua, non sa cosa si sia perso. – Lo rincuorò. – E con Jelena?

– Non siamo fratelli e non ci trattiamo come tali. Anche se il DNA dice diversamente. Siamo più che felici così.

– Buon per voi.

– Non ha senso fingere. Non siamo mai stati neanche amici. – Sistemò la tutina a Sky e gli sorrise.

Appena nati erano quasi identici. L’unica lampante differenza era un piccolo neo sulla spalla destra di Sean. Per non confonderli avevano deciso di usare abiti verde chiaro per lui e azzurri per Sky.

Crescendo, Jude aveva però iniziato a distinguerli dagli occhi appena più grandi di Sky e dal viso più munito di Sean.

Sistemò la fascia attorno al corpo e vi inserì i gemelli che sospirarono soddisfatti, nonostante la stoffa della camicia a dividerli dalla pelle del loro papà.

– Adorano starti in braccio. – Notò Ahsha.

– Amano il calore del corpo. – Minimizzò, buttando via i due pannolini

– Amano te!

Jude arrossì, ma le sorrise nonostante l’imbarazzo.

Fu allora che sentirono bussare alla porta. – Jude? – Lo chiamò Zero. – Tutto bene?

– È arrivato il papà coraggioso! – Lo prese in giro, mentre si lavava le mani. – Abbiamo finito, mammoletta!

– Come mi hai chiamato? – Il giocatore incrociò le braccia al petto. – Queste mani…

–… Valgono milioni! – Finirono in coro Jude e Ahsha, scoppiando poi a ridere insieme.

– Non siete divertenti. – I due uscirono dalla toilette incuranti delle sue proteste. – Sul serio, non faceva ridere! Ehi? Jude, non mi ignorare!

– Hai preparato i biberon? – Il presidente sedé al bancone del bar. – Stanno cominciando a lamentarsi.

Zero gli fu subito accanto, porgendoglieli. Si sorrisero senza un motivo, felici di essere insieme con i loro bambini.

Quel momento di intimità fu interrotto da un paio di fastidiosi flash.

– Jude, una dichiarazione. – Il giornalista provò ad avvicinarsi col microfono, subito bloccato dalla squadra, che si frappose come un muro umano tra gli infiltrati e il loro presidente.

Ronnie, il capo della security arrivò con due dei suoi che si affrettarono a portare via paparazzo e giornalista.

– Scusi, Boss. Sono scappati nel marasma che c’è all’entrata. – Disse, mortificato per l’accaduto.

– Non è successo nulla, – lo rassicurò Jude, – sapevamo che sarebbe potuto accadere. – Lo vide annuire sollevato e tornare nella hall.

Non aveva voluto costringere i ragazzi della sicurezza a fare straordinari solo per la veglia funebre di Oscar. Soprattutto perché non esistevano pericoli reali.

Sorrise a suo marito, che si era immediatamente frapposto tra la sua famiglia e gli intrusi. Quel suo lato protettivo lo eccitava, ammise mordendosi il labbro inferiore.

– Sul serio, Jude? – Il giocatore sogghignò, chinandosi per cercargli le labbra.

– Grazie. – Sussurrò quando si separarono.

– Per cosa mi stai ringraziando, adesso?

– Per tutto.

Zero rise di lui. – Stupido. – Spostò una ciocca di capelli castani dalla fronte. – Casa? Qui avranno da mangiare e da bere per almeno un altro paio di ore.

– Sì. Avverto Michael e Lionel e possiamo andare.

 

Passando per il parcheggio interno, riuscirono a tornare a casa senza incrociare giornalisti e paparazzi. Accolti dai cuccioli, poterono finalmente rilassarsi sul loro bel divano.

– Vorrei dormire per un mese. – Ammise Jude, massaggiandosi le tempie.

– Tutto questo stress non ti fa bene. Vieni qui. – Zero lo fece girare, così da potergli massaggiare le spalle e la testa.

– Hai le mani magiche. – Sospirò estasiato.

– Me lo dici spesso. – Scherzò malizioso.

– Stupido. – Rise, sistemando la coperta sui gemelli. – Hanno già il primo dente, – si ritrovò a pensare, – presto cammineranno, parleranno, andranno a scuola e al college e …

– Wow! Jude? Jude! – Zero lo abbracciò, cullandolo piano. – Stai correndo un po’ troppo. Un passo per volta!

Respirò profondamente, socchiudendo gli occhi stanchi. – Scusa.

– Abbiamo la nostra coperta, loro sono con noi, tranquilli e protetti e i cuccioli dormono ai nostri piedi. Va tutto bene. Stiamo bene. – Sussurrò. – Abbiamo superato anche questa brutta giornata.

Jude si rilassò, posando la testa sulla sua spalla. – Hai ragione.

– Siamo tutti qui con te, non andiamo da nessuna parte. – Continuò a rassicurarlo.

– Ne abbiamo fatta di strada, vero? – Si ritrovò a pensare, sorridendogli.

Zero gli baciò la cima della testa. – Sono felice di avere te come compagno di viaggio.

– Lo stesso vale per me. – Sky si svegliò con un rumoroso sbadiglio. – Sono felice anche di avere te! – Scherzò, prendendolo in braccio, prima che infastidisse il gemello.

– Ta ta! – Decise il piccolo, posando la fronte sulla sua spalla.

– Mi hai tolto le parole di bocca. – Zero accarezzò la sua testa e andò al piano di sopra a prendere una seconda copertina. Tornato in soggiorno, trovò Jude con una guancia sulla fronte del piccolo.

– Ha la febbre? – Chiese il giocatore.

– No, ma le gengive solo molto rosse. Mi prendi un anello da dentizione, per favore? Non voglio che soffra inutilmente.

– Subito.

Di nuovo insieme sul divano, Zero colse l’occasione per controllare il cellulare.

– Da non crederci, – si lasciò sfuggire, – dalle interviste su Oscar, sembra che ci abbia lasciati un santo.

Jude sbuffò un mezzo sorriso. – Da morti sono tutti bravi. – Sky posò una manina sulla sua guancia, guardandolo con i suoi occhioni azzurri. – Certo che ti somigliano ogni giorno di più. – Si ritrovò a pensare ad alza voce. – Gli occhi e la forma della bocca, soprattutto. È un po’ presto per dirlo, ma penso che anche il naso sarà come il tuo. – Gli accarezzò i capelli, che da biondo scuro stavano diventando castani e si adombrò. – Il DNA non sbaglia mai.

– Jude, non farlo. – Lo avvertì subito. – Non sei come Oscar. Non lo sarai mai, neanche se ci provassi. Guarda come ti sono affezionati i gemelli. – Gli baciò una tempia. – Voi tre siete una cosa sola! – Lo prese in giro. – I bambini sono empatici e lo stesso vale per gli animali. – Gli fece notare, indicando i cani accucciati ai loro piedi.

Il marito chiuse gli occhi, inspirando il profumo dei capelli di Sky. – Vorrei tenerli per sempre tra le mie braccia e questo mi spaventa a morte. – Ammise. – Sono sempre stato indipendente e so quanto sia importante, eppure non riesco più nemmeno a dormire se non vi ho tutti e cinque con me.

– Si chiama amore, stupido! – Lo prese in giro, cercandogli le labbra.

– Sembra divertente, me lo devo scrivere. – Lo prese in giro, ottenendo un bacio sul naso.

Devil sollevò la testa, guardando verso la porta. Pochi minuti e qualcuno suonò al cancello.

– La nostra piccola guardiana! – Gongolò Zero, andando al videocitofono. – Non come te, dormiglione! – Sgridò Logan, che russava ai piedi di Jude.

– Mi serve un drink! – Annunciò Lionel, sedendosi accanto al giovane presidente.

– Ciao anche a te! – Sussurrò lui per non infastidire Sky, tra le sue braccia.

– Ma quanto siete carini! – Pigolò Betty, guardando padre e figlio abbracciati.

Zero fece accomodare Marcus e Michael sulle due poltrone di fronte al camino spento.

– Tuo figlio sbava. – Annunciò l’attrice, senza nascondere il suo disgusto.

– Stanno mettendo i denti, è normale. – Rispose, stringendo istintivamente a sé il piccolo Sky, intento a mordere il suo anello colorato.

– Sbava comunque.

– Non insultare i miei figli. – La avvertì, senza notare i sorrisi divertiti dei suoi ospiti.

– Tsk! – Lionel spostò una ciocca di capelli scuri dalla spalla, per nulla impressionata.

Jude piegò le labbra in un lieve sorriso e si rivolse al suo bambino. – Sky, guarda chi c’è qui con noi? Nonna Lionel.

– Jude Kinkade! – Esclamò lei, rossa in viso. – Non oseresti mai!

– Mettimi alla prova.

– Non ti facevo così permaloso. – Borbottò, accettando il bourbon che il giocatore gli porse. – La tua influenza è negativa.

Zero scrollò le spalle. – Il mio presidente è iperprotettivo. – Sogghignò, facendo l’occhiolino a suo marito.

Lei roteò gli occhi. – Per l’amor di Dio, non flirtate davanti a me, potrei vomitare!

– Ma che carini! – Pigolò di nuovo Betty, seduta poco distante dalla culla in cui Sean dormiva ancora profondamente.

Sky si voltò a guardarla e le mostrò il suo anello colorato. – Ta ta!

– Come vanno i denti? – Chiese sorridendo al piccolo.

– Per ora procede tutto bene. Il primo è spuntato, ora sono alle prese con il secondo.

– Il pediatra cosa dice?

– Che sono altissimi per la loro età. – Finse di mordere l’anello, per la gioia del piccolo, che rise come un pazzo. – Presto sarete titolari!

– Jude… – Lo ammonì suo marito, chiudendo il mobile bar.

– Va bene, aspetteremo che inizino almeno a gattonare. – Scherzò, baciando la fronte del figlio.

Zero si inserì tra il marito e la culla portatile. – All’Arena è andato tutto bene?

Marcus annuì subito. – Abbiamo risposto a qualche domanda dei giornalisti, per tenerli buoni, – spiegò ricevendo un cenno di assenso da parte di Jude, – i ragazzi erano ancora al bar quando siamo andati via, ma erano tutti molto tranquilli. La vostra foto è diventata virale. Non pensavo che aveste così tante fans! – Commentò, ancora stupito.

– Zude è per sempre! – Dichiarò il giocatore, gonfiando il petto. – Voglio farne una maglietta. – Pensò, grattandosi il mento.

– Ci manca solo quello. – Brontolò Jude, sistemando la copertina sulle spalle di Sky, quasi assopito sulla sua spalla. – Danni all’immagine?

– Nessuno. – Rispose Lionel. – L’attuale avvocato di Oscar ha detto che non ha lasciato un testamento, ma devono essere vendute tutte le sue proprietà per risarcire le vittime della sua ultima frode.

– Più che giusto. – Jude socchiuse gli occhi, meditabondo. – Dobbiamo pulire l’immagine dei Devils.

– Hai qualcosa in mente? – Indagò Marcus.

– Eventi benefici. Qualcosa che coinvolga gli orfani e i giovani con famiglie disagiate. Centri d’accoglienza minorili e case famiglie.

– Ottima idea. – Si complimentò Betty. – Conosco un paio di ragazze eccezionali che lavorano per i servizi sociali, Mary e Paula. Posso contattarle per organizzare qualcosa. Sarà una partita con due squadre dei Devils, vero?

– Pensavo alle vecchie glorie dell’NBA. – Rispose Jude.

– Geniale! – Si complimentò Marcus. – Hanno un grande seguito e sono ancora amatissimi da milioni di fans.

– Sarebbe una bella festa dello sport. Aiuteremmo i bambini meno fortunati e ci allontaneremmo dalle malefatte di Oscar una volta per tutte. – Spiegò.

– Mi piace. – Decise Betty. – Voglio iniziare subito i preparativi. – Stava per chiamare un taxi quando Marcus la fermò.

– Ti accompagno io.

Lionel guardò l’orologio. – Bene, penso sia meglio che vada anch’io. Domattina ho le riprese di un film.

Zero li accompagnò alla porta, non potendo fare a meno di notare lo strano imbarazzo tra lei e Marcus.

– Non voglio sapere. – Decise, tornando in soggiorno.

– Michael, non devi preoccuparti per me. – Stava dicendo Jude, adagiando Sky accanto al gemello. – Oscar non è mai stato un padre.

– Ma lo era. – Gli ricordò l’uomo, adesso seduto accanto a lui. – Sei sicuro di star bene? Trattenere le emozioni può far male.

– Se non avessi avuto i gemelli e Gideon, forse avrei reagito in modo diverso. Con loro so che il mio meglio è più che abbastanza. Per Oscar, invece, tutto quello che facevo non era mai sufficiente. Quando ha saputo che ero gay mi ha diseredato senza pensarci due volte. Potrei piangere per il padre che non è mai stato, o per quello che avrei meritato e non ho avuto, ma preferisco stare con i gemelli, sperando di non diventare mai come Oscar.

– È un pericolo inesistente. – Lo rassicurò Zero.

– Ha ragione. Fidati, conoscevo tuo padre da decenni. Non ha mai avuto l’umanità, la gentilezza e l’empatia che dimostri tu. Sei un leader naturale, lui lo è diventato grazie ai soldi e al potere che ha ottenuto con mezzi illeciti.

– Grazie, – arrossì sorridendogli, – e grazie anche per essere venuto sin qui solo per noi.

– Che sciocchezza! Te l’ho detto che non ti saresti liberato di me così facilmente! – Rise lui, dandogli una pacca sulla spalla.

Jude avrebbe voluto sorridere ma, inaspettatamente, gli occhi si riempirono di lacrime. – Scusa, non so perché… non ha senso…

– Shh, va tutto bene. – Michael lo abbracciò, lasciando che si aggrappasse alla sua camicia. – So che ti preoccupa ciò che ti ha detto Oscar, ma ti giuro che il DNA c’entra molto poco con la famiglia. I gemelli ti amano più di qualsiasi altra cosa al mondo, Zero mostra il suo lato migliore solo con te e persino Lionel sembra quasi umana in tua compagnia. – Risero insieme. – Ho conosciuto i tuoi genitori, Jude. Tu sei riuscito ad ereditare la testardaggine di Oscar e la grande sensibilità di tua madre, ma ciò che sei lo hai creato tu. L’onestà e la gentilezza, sono tue qualità. Questo è ciò che insegnerai ai tuoi figli.

Jude annuì, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. – A volte ho paura di rovinare tutto.

– Ci sono io a impedirlo. – Lo rassicurò Zero, rimasto in disparte sino a quel momento per lasciarli parlare. C’erano momenti in cui quei due sembravano davvero padre e figlio e ne era segretamente felice.

Jude non era brano nell’esternare i propri problemi, troppo abituato alla solitudine. Ma con Michael riusciva a parlare di tutto. Si sentivano almeno due volte alla settimana su Skype, perché l’uomo voleva vedere i gemelli e, al termine delle loro telefonate, Jude era più rilassato e positivo. All’inizio aveva provato una lieve gelosia, ma poi aveva capito quanto fosse inutile.

– Vedi? Sei al sicuro! – Lo rincuorò Michael, ottenendo un vero sorriso da Jude.

– Con Gideon lo sono sempre, – ammise, – tranne quando cerca di coinvolgermi nel glamour. – Scherzò, ottenendo un’occhiataccia.

– Le magliette Zude saranno un successo mondiale!

– Chi è Zude?! – Michael non riuscì a nascondere la sua confusione.

– Lasciamo stare! – Capitolò Jude con un sospiro sconfitto.

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Capitolo 9
*** ch9 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 9

Gojyina

 

– No, no, no! – Esclamò Jude, – Dove state andando?! – Nudi e insaponati, i gemelli rovesciarono la vasca di gomma per poi correre per il giardino, lasciandolo bagnato fradicio. – Quando Daddy vi lava state buoni, però! – Li accusò, sdraiandosi sulla schiena.

Una bassa risata lo costrinse a riaprire gli occhi.

Appoggiato contro il muro della villetta, Gideon lo stava guardando con gli occhi colmi di divertimento.

– Daddy!!! – Urlarono in coro i piccoli che, a tre anni compiuti, erano due furie scatenate.

– Avete fatto il bagnetto a Papa? – Chiese prendendoli in braccio, incurante delle macchie d’acqua e sapone sulla sua maglietta blu. – Perché li stai lavando qui?

– Nel caso in cui fosse successo questo, almeno avrebbero corso sull’erba e non sul pavimento, col rischio di scivolare. – Brontolò Jude, rannicchiandosi in posizione fetale. – Vai via! Ridi dei miei fallimenti!

– No! Papa! – Sky corse da lui, preoccupatissimo. – No piange Papa!

– Posso toglierti il sapone di dosso? – Domandò speranzoso.

– No! – Rispose il piccolo, allontanandosi, mentre Zero era ormai piegato in avanti ridendo come un matto.

– Non gli hai promesso nulla in cambio? – Indagò, afferrando di nuovo il piccolo.

– Non voglio ricattare i miei figli per far loro il bagno! – Sbottò oltraggiato.

– Non è un ricatto, è un accordo. – Specificò, guardando i due bambini. – Finite il bagnetto o stasera niente favola.

– No! – Sean sbuffò, iniziando a scalciare. – Faccio il bravo!

– Bene, allora fermi qui, mentre Papa riempie di nuovo la vasca.

Venti minuti dopo i gemelli correvano di nuovo per il giardino nei loro costumi da bagno, giocando con Devil. Sdraiato all’ombra del patio, Logan li guardava muovendo sporadicamente la coda. Anche se cresciuto, la sua indole pigra era rimasta immutata.

– Avresti potuto aspettarmi. – Zero si tolse la maglietta e si sedé accanto al marito, godendosi quel pomeriggio estivo.

– Ieri hai giocato, non volevo ti stancassi. – Si sdraiò sull’erba, sorridendo quando sentì le labbra di suo marito sulle sue.

– Anche noi! – Sky saltò sulla schiena di Zero, mentre il gemello e Devil assalivano Jude.

– Ehi, piccoli mostri, facciamo la merenda? – Propose quest’ultimo. – C’è l’anguria che vi piace tanto.

– Sì!!! – Urlarono i piccoli, che non protestarono quando furono portati a casa dai loro papà.

Zero li fece sedere nel loro seggiolone e posò sul tavolino annesso due piattini con l’anguria tagliata a quadretti.

Jude stava per raggiungerli quando il cellulare squillò. – Torno subito. – Disse, andando nel suo studio.

– Vi siete divertiti con Papa? – Domandò il giocatore, versando dell’acqua fresca nelle ciotole dei cani.

– Sì! – Esclamò Sky. – Fatto colori!

– Avete colorato un libro? – Il biondo tornò vicino a loro. – Quale?

I gemelli si guardarono l’un l’altro, prima che Sean rispondesse. – Dinori

– Dinosauri. – Lo corresse il papà, sorridendo loro. – Tra poco arriverà Lionel, vi ricordate cosa dovete dirle?

I piccoli risero, sgambettando felici. – Granny! – Esclamarono in coro.

– Davvero, Gideon?

Jude, braccia incrociate al petto, guardava suo marito con aria di rimprovero.

– Che c’è?! È divertente! – Borbottò sulla difensiva.

– Non per lei che poi telefona a me, lamentandosi di te. – Jude si passò una mano tra i capelli con un sospiro che attirò l’attenzione di suo marito.

– Stai bene? – La sua preoccupazione era palese.

– No, ma te ne parlo dopo. – Promise, sorridendo ai gemelli che già sonnecchiavano sui piatti vuoti. Bagnò un paio di tovaglioli e pulì loro le mani. – Andiamo a fare il riposino, prima che arrivi Lionel.

Aiutato da Zero, portò i gemelli nella loro cameretta, seguiti da Logan.

Avevano sostituito la culla con un letto a una piazza e mezza, che aveva la sagoma di un’automobile rossa. I gemelli l’adoravano e potevano dormire insieme come erano abituati a fare sin dalla nascita.

– Papa favola. – Sbadigliò Sean, mentre gli venivano rimboccate le coperte. Logan si era già accucciato ai piedi del letto e aspettava che loro dormissero, prima di riposare a sua volta.

Jude sorrise, sedendosi sulla sponda più vicina.– C’erano due piccoli principi che dovevano fare il pisolino…

– Ma Papa! – Rise Sky, mettendosi a pancia in giù.

– Io e Daddy resteremo qui finché non vi sarete addormentati. – Promise, accarezzando la testa di Sean, mentre il gemello già sonnecchiava. – Anche Teddy sta facendo il sonnellino. – Aggiunse, indicando l’enorme orsacchiotto di peluche vicino alla finestra, dono di Michael, che vegliava sulla stanza dall’alto del suo metro e mezzo.

Quando furono certi che i piccoli dormissero, accesero il baby monitor sul comodino e scesero in cucina.

Jude preparò loro un caffè, posando le mani sul ripiano in marmo. – Mi hanno chiamato Mary e Paula.

Zero sedé al tavolo. – Per un altro evento benefico? – Domandò, conoscendo l’attività delle due assistenti sociali.

– No, per due bambini.

– Cosa?!

– Sono due fratelli. – Iniziò a spiegargli. – Il maggiore ha quattro anni e la piccola due. I genitori sono morti in un incidente d’auto, mentre andavano a prendere la figlia al nido. Il bambino era con loro e si è salvato per miracolo, anche se è rimasto traumatizzato. Ha paura dei rumori forti e parla solo con la sorella.

– Cosa vuoi fare? – Gli chiese, massaggiandogli la schiena.

– Non abbiamo mai parlato di avere altri figli.

– Questo non significa che non possiamo ampliare la famiglia.

– Saranno separati, Gideon. Lei potrebbe essere adottata, ma lui…

– Sono in pochi a voler bambini problematici.

– Cosa facciamo? – Domandò Jude, mordendosi il labbro inferiore.

Zero gli sorrise malizioso. – Avremo altri due bambini che chiameranno Lionel “Granny”!

 

– La vostra è follia! – Dichiarò la donna, versandosi del bourbon. – Non vi bastano i gemelli? Già dovrete spiegare loro perché la madre naturale e uno dei loro padri siano fratelli, ci mancano solo altri due ragazzini in giro per casa.

– Santo Cielo! – Esclamò Jude. – Non siamo i Lannister! E non fate finta di non sapere chi siano! – Li minacciò, puntando un dito contro di loro. – Tu hai fatto il provino per Melisandre e tu guardi le repliche ogni volta che puoi!

– Bene! – Sospirò Zero. – Ora che abbiamo svelato i nostri più torbidi segreti, – ironizzò, sedendosi sul divano, – puoi spiegare alla tua amica perché avere altri due figli non sarebbe un problema per noi?

– Sarà un problema. – Rispose suo marito.

– Jude!

– Intendo dire, – iniziò andandogli vicino, – che dobbiamo fare le cose con ordine. Prima di tutto bisogna parlare ai gemelli. Se loro non vogliono, cercheremo di aiutare quei bambini in un altro modo.

– Hai ragione. – Approvò Zero, abbracciandolo e baciandogli la testa.

– Se avessimo la loro approvazione, allora dovremmo recuperare la culla dei gemelli e preparare due camerette. Avremmo per la prima volta una bambina.

Gli occhi azzurri di Lionel si illuminarono a giorno. – Le comprerò centinaia di abitini e parteciperemo ai concorsi di bellezza! Sarà l’invidia di Hollywood e…

– E tieni giù le mani da mia figlia! – Ringhiò Zero. – Possibile figlia. – Si corresse. – Possibile futura figlia. Insomma mi hai capito!

Jude posò la testa sulla sua spalla. – Adoro il tuo lato protettivo.

– Sto per vomitare. – Annunciò la donna, prima di sentire Logan abbaiare dal piano di sopra.

– Si sono svegliati, vado a prenderli.

Jude salì le scale di corsa, per poi tornare con i due piccoli tra le braccia.

– Granny! – Esclamarono i due non appena la videro.

Zero scoppiò a ridere di fronte alla sua espressione oltraggiata.

– Come hai osato?! – Sibilò l’attrice, meditando vendetta.

Jude decise di ignorarli e portò i figli in cucina per dare loro del succo di frutta.

– Vorrei parlarvi di una cosa importante. – Disse, sedendosi accanto a loro. – Vi piacerebbe avere un fratello e una sorella?

Sean si stropicciò un occhio. – Uguale-uguale?

– No, non saranno gemelli come voi. Sono un bimbo un po’ più grande che si è fatto la bua cadendo e adesso ha paura e una bimba piccola che piangerà perché non ci conosce ancora bene.

Sky finì il suo succo di frutta. – Ma poi ci conosce e gioca con noi!

– Sì, ci conoscerà e certamente giocherà con tutti noi! Ma sono due bambini delicati. Ve la sentite di proteggerli come fanno Logan e Devil con voi?

I gemelli dondolarono le gambette. – Dormono nel letto con noi? – Chiese Sean, non troppo felice all’idea di cedere il suo letto rosso.

– Ne avranno uno tutto loro. – Li rassicurò Jude. – Ma i primi mesi è probabile che stiano con me e Daddy. Proprio come facevate voi da piccoli.

– Prima della macchinina rossa! – Esclamò Sky.

– Esatto! Prima dormivate con noi nel lettone, ma poi avete avuto la vostra macchinina. I bambini che arriveranno saranno piccoli o feriti e forse piangeranno di meno se staranno con noi.

– Mi piace fare come Devy! – Disse Sean.

– Giochiamo di più! – Aggiunse Sky, battendo le mani.

– Allora siete d’accordo? Possiamo andare a prendere i due bambini? Quando saranno qui, non potranno tornare indietro, pensateci bene!

I gemelli risero felici. – Sì! – Esclamarono in coro.

Jude baciò le loro teste scure. – Se quei due di là fossero ragionevoli come voi, la mia vita sarebbe molto più facile. Gideon vai a prendere la culla, stiamo per avere altri due bambini! – Annunciò, riuscendo a sedare la lite in soggiorno.

– Co-Che cosa?! – Il giocatore corse da lui, gli occhi sgranati. – Hai già parlato con loro?!

Sky scrollò le spalle. – Facile! Siamo ragionevoli! – Esclamò col nasino all’insù, felice nel sentire il suo Papa ridere.

 

Jude fermò la macchina nel parcheggio interno.

– Tutto bene? – Gli chiese Zero quando non lo vide slacciarsi la cintura.

– Un bambino traumatizzato e una bambina. Pensi che riusciremo a conquistare la loro fiducia? E se i gemelli si ingelosissero?  E se ci odiassero tutti e quattro? E…

– Respira! – Gli ordinò, prendendogli il viso tra le mani. – Inspira ed espira. Di nuovo. Bravissimo! Jude, un passo alla volta. Come abbiamo fatto con i gemelli, ricordi? – Lo vide annuire. – Andrà tutto bene!

– Scusa, ho cominciato a pensare a tutto quello che potrebbe andare storto.

Zero gli baciò la fronte. – Lo so. Pensi sempre a tutte le possibilità, ma siamo in due. Non ti lascio solo!

Si sorrisero e mano nella mano andarono a incontrare i bambini.

Mary li aspettava nell’ampia entrata, in verde chiaro, decorata con macchinine e orsetti.

– Grazie per aver accettato! – Disse, accompagnandoli in una stanza con un piccolo tavolino basso e qualche sedia di plastica rosa. – Sono orfani e i genitori non avevano parenti. Matthew e Kimberly sono arrivati qui tre giorni fa. Lui non parla se non con lei. Poche parole, ma la tranquillizza. Kim non fa che piangere se il fratello non è con lei.

Furono interrotti da Paula che bussò alla porta. Pochi secondi ancora ed entrò insieme ai bambini.

Zero poté vedere l’esatto momento in cui Jude si innamorò. Conosceva bene quell’espressione, gliel’aveva vista in più di un’occasione. La prima volta che avevano incontrato i gemelli, i primi mesi con loro, la prima volta che lo avevano chiamato Papa.

Matt era poco più alto dei gemelli. Aveva dei folti capelli scuri e gli occhi nocciola, enormi e spaventati. La sua guancia destra era coperta da un brutto livido violaceo e il labbro inferiore era spaccato.

Sua sorella era dietro di lui, una mano nella sua e l’altra in bocca, li guardava incuriosita. Somigliava molto al fratello ed era chiaro l’attaccamento che avevano l’uno per l’altra.

Jude sorrise loro, sedendosi sul pavimento. Rimase a distanza, per non spaventarli.

– Ciao, mi chiamo Jude. – Si presentò, con il tono basso e gentile che usava con i gemelli. – Lui è Gideon, mio marito.

Matt li guardò con attenzione, prima di annuire.

– Ciao, – li salutò il giocatore, – abbiamo due gemelli poco più grandi di te, principessa. – Fece l’occhiolino a Kim, che sorrise. – Abbiamo anche due cani, Devil e Logan che non vedono l’ora di conoscervi.

Matt sembrò molto interessato a quest’ultima notizia.

– Oh, sì! Sono due cani da guardia che proteggono i bambini. Come i supereroi. – Spiegò Jude. – Vorreste conoscerli?

Matt si grattò il nasino, indeciso. Aveva meno paura di loro, ma ancora non si fidava.

– Ehi, campione! – Zero sedé accanto al marito. – Se non vi piacciono, possiamo tornare qui quando volete. Ma secondo me Logan è già a casa che scodinzola.

– E Devil avrà già capito quale sia la loro cameretta e sarà lì a fare la guardia. – Aggiunse Jude, annuendo con grande serietà.

Matt fece un paio di passi verso di loro, incerto.

– Vuoi vederli? – Zero gli mostrò il cellulare. – Questo marrone scuro è Logan, l’altra invece è Devil.

Il bambino guardò affascinato le fotografie dei due cuccioli.

– Ti va di conoscerli? – Alla domanda di Jude, annuì velocemente.

Il viaggio in macchina fu un momento delicato. Per non spaventare Matt, Zero si era seduto sul retro con loro e suo marito aveva guidato piano e con molta attenzione.

Distratto dai video dei cani che il biondo gli fece vedere, il bambino smise di tremare e sorrise un paio di volte alla vista di Logan che dormiva a pancia in su.

Giunti a casa, Jude prese la piccola Kim in braccio mentre Zero aiutò Matt a uscire dal seggiolino.

Lionel stava già aprendo la porta quando Devil aveva iniziato ad abbaiare.

Matt nascose il viso sulla spalla di Zero.

– Non aver paura, ti sta dicendo ciao. – Lo tranquillizzò. – Ehi, Devy! Lui si chiama Matt. – Annunciò entrando in sala dove i gemelli sedevano sul pavimento.

– Daddy! – Strillarono, smettendo subito di colorare. Guardarono incuriositi il bambino nuovo. 

– Lui è Matt. Matt, loro sono Sean e Sky!

I gemelli lo salutarono scuotendo una mano. – Ha tanta bua. – Notò Sky, guardandogli la guancia viola. – Devy, vieni qui! Devy ci protegge sempre, – spiegò al nuovo arrivato, – così non ci facciamo la bua.

Jude entrò con l’amica e andò a sedersi sul divano, dove Logan dormiva come al solito.

– Tu sei un incrocio tra un cane e un ghiro. – Lo accusò socchiudendo gli occhi.

Lui mugolò e si avvicinò con circospezione, annusando i piedi di Kim che rise nonostante la manina in bocca.

Lionel non riusciva a staccare gli occhi dai segni sul viso di Matt. Jude non le aveva mai visto quell’espressione, un misto di compassione e dolore che poco le si addiceva.

Devil scodinzolò felice, lasciando che i gemelli l’abbracciassero. Seguì Zero quando andò a sedersi sul divano con Matt aggrappato alla maglietta. La cagnetta annusò i piedi del bimbo e scodinzolò.

– Visto? È felice di conoscerti. Vero, Devy? – Lei abbaiò e rotolò sul pavimento. Zero rise dello stupore del bambino. – Che ti ho detto? È proprio felice!

– Felice! – Ripeté Kim, stropicciandosi un occhio.

– Volete vedere la vostra cameretta? – Chiese Jude. – Matt, decidi tu dove dormire. C’è la camera di Kim con la sua culla e un lettino accanto, ma se vuoi dormire da solo, abbiamo altre stanze libere.

Il bimbo indicò sua sorella e Jude gli sorrise. – Certo, tesoro, come vuoi. Andiamo a fare un riposino? Stasera c’è la pizza. Vi piace? – Chiese, ai due nuovi arrivati.

Matt annuì di nuovo.

– Papa, riposino anche noi! – Sbuffò Sky, puntando le manine verso di lui.

– Un altro? Dormirete stanotte? – Gli chiese, prendendolo in braccio.

Faccia a faccia con Kim, il piccolo sorrise, posando una manina sulla sua. Era un gesto che faceva dalla nascita. Un modo per proteggere chi amava. Jude capì che aveva appena accettato la bimba nella loro famiglia e non poté che sorridergli.

Sean si aggrappò alla gamba di Zero, ridendo quando salì le scale in quel modo, tra le finte lamentele del giocatore.

– Letto! – Esclamò, correndo nella sua stanza. – Vieni! – Chiamò Matt, che si spaventò alla vista dell’auto rossa. – Loga! Devy! Difende! – Il bimbo guardò la porta e attese l’arrivo dei due cani che si accucciarono ai piedi del letto. – No paura più! – Disse il bambino. – Teddy difende anche! – Spiegò indicando il peluche vicino alla finestra.

– Puoi dormire dove vuoi, Matt. – Sorrise Jude. – Devil potrebbe leccarti il viso, non è divertente se ha mangiato le crocchette! – Scherzò, attirando la sua attenzione. – Kim si è addormentata, ma devi dirmi tu dove andare. Qui nel lettone con i gemelli o nella stanza di fronte.

Matt guardò sua sorella che russava tra le braccia di Jude e i gemelli già nel letto rosso e puntò il dito su di loro.

– Benissimo, campione! – Esclamò Zero, – Sky, Sean, avvicinatevi. Mettiamo Kim in mezzo, così non cade dal letto. È la più piccola, la dobbiamo proteggere. – I gemelli annuirono e fecero subito spazio ai due bambini. – Matt, il bagno è qui accanto se vuoi andare. – Disse, rimboccandogli le coperte. – Non scendere le scale da solo, è pericoloso. Quando ti sarai svegliato Logan e Devil verranno a chiamarci e ti aiuteremo a scendere. State attenti anche a Kim. Non fatela scendere dal letto. Sarete dei bravi guardiani? – Domandò ai gemelli che subito annuirono.

Jude sorrise e sedé sulla sponda del letto. – Matt, vuoi che restiamo qui anche noi a fare la guardia? – Lo vide annuire, anche se titubante. – Va bene, riposa quanto vuoi, troverai uno di noi qui, al tuo risveglio. – Promise con un caldo sorriso.

I gemelli russavano piano e Sky aveva di nuovo una mano su quella di Kim. Matt provò a resistere, ma il sonno ebbe la meglio e si addormentò circondato dal calore e dal profumo della sua nuova famiglia.

Al suo risveglio, il suo viso si trovò a pochi centimetri da quello di Jude. Seduto sul pavimento, l’uomo si era appisolato con la testa sul cuscino usato dal bimbo.

Matt si spostò di fianco e lo guardò. Aveva promesso di vegliare su di loro e lo aveva fatto, pensò grattandosi il nasino. Forse si poteva fidare di lui.

Kim si lamentò nel sonno, svegliando sia Jude che i due cuccioli.

L’uomo sorride tra sé. – Non muovetevi troppo, i bambini stanno dormendo. – Avvertì i cani, che si riaccucciarono in silenzio. – Ehi, ciao! – Salutò Matt, quando lo trovò intento a guardarlo. Prese Kim in braccio e sedé sul letto accanto al suo fratellino. – Avrà avuto un incubo? – Gli chiese fingendosi preoccupato. – Oppure andrà cambiata? Tu la conosci meglio di me. Cosa dovrei fare? – Matt annusò il pannolino della sorellina e fece una smorfia. – Vado a cambiarla. – Rise piano Jude. – Posso lasciarti con i cuccioli a farti da guardia? – Quando lo vide annuire, andò rapidamente a cambiare la bambina.

Devil scodinzolò, annusando il nuovo arrivato. Senza fare rumore si accucciò con la testa sullo stomaco di Matt, guardandolo implorante.

In imbarazzo, il piccolo non seppe dove mettere le manine, fino a quando non decise di posarle sulla testa della cagnetta che ricominciò a scodinzolare felice, colpendo inavvertitamente il muso di Logan, che si ribalto a pancia in su con uno sbuffo infastidito.

Matt si coprì la bocca con una mano, ma non riuscì a non ridere. Una bella risata di pancia, che svegliò i gemelli, che risero a loro volta, pur non sapendo il motivo.

Zero e Jude li raggiunsero sorridendosi l’un l’altro, mentre Kim sonnecchiava sulla spalla del presidente dei Devils, per nulla interessata alla confusione che la circondava.

Il cellulare del moro vibrò dal comodino.

– Gideon?

– Mmm?

Il marito rilesse il messaggio almeno un paio di volte, per essere certo che avesse capito bene. – Non avevamo deciso di parlare tra qualche settimana a Michael di Matt e Kim? Così, per essere prima certi che restino con noi.

– Potrebbe essermi sfuggito…

– Ho notato. – Rise.

–…di mano…

Jude sbiancò. – Aspe…Aspetta. Cos’hai postato?! Cancellerò il tuo account Instagram, te lo giuro! – Lo minacciò, facendo segno di passargli il suo cellulare.

– Non è colpa mia se non hai un profilo. – Si difese imbronciato. – Eravate troppo carini, dovevo immortalarvi!

– Non dare la colpa a me per… Oh, per l’amor di Dio! Cosa sono i “Baby Zude”, adesso?! Perché la mia vita è così difficile? – Sospirò, sedendosi sul letto accanto a Matt.

– Papa triste? – Domandò Sky, preoccupandosi per lui.

– No, piccolo principe. – Lo rassicurò, a voce bassa per non svegliare Kim. – Avete dormito bene? – Chiese ai tre, che ancora sonnecchiavano sotto alle coperte.

– Riposino. – Sbadigliò Sean. – Anche Papa!

Matt si spostò verso il centro del letto, così da fare posto a Jude. Posata la schiena sulla testata del letto, rimboccò le coperte alla piccola Kim e a Matt, mentre Zero faceva lo stesso dall’altro lato per i gemelli.

– Daddy ninna? – Chiese Sky speranzoso.

– Stasera dormiremo tutti insieme nel lettone. – Promise il giocatore. – Adesso devo rimanere di guardia. Se arriva nonno Michael, devo andare ad aprire la porta. Devy non lo può fare.

– No ha mani. – Spiegò il bimbo, rivolto al gemello, che sbadigliò spostandosi su un fianco.

– Finite il riposino, adesso. Restiamo tutti qui insieme. – Disse Zero, seduto sulla sponda del letto dei gemelli. Sorrise quando si accorse che Matt si era addormentato avvinghiato al  braccio di Jude.

– Hai chiesto a Michael di non strafare? – Sussurrò Jude, accarezzando distrattamente la schiena di Kim.

– Ha mai funzionato?

– Siamo rovinati. – Annunciò, ridendo sommessamente.

Michael aveva spostato le sue attività principali a Los Angeles, così da essere più vicino alla sua famiglia. Adorava i gemelli e vederli solo su Skype non era stato sufficiente.

– Melodrammatico.

– Per il loro ultimo compleanno voleva acquistare uno dei triceratopi usati per Jurassic World. – Gli ricordò con voce piatta.

Zero scrollò le spalle. – Sarebbe bastato allargare il giardino.

– Solo perché è il tuo dinosauro preferito.

– Chi non ama i triceratopi?!

– Gideon?

– Essere senza cuore. – Brontolò, sbirciando il cellulare. – Che noia.

– Domani devi andare all’anteprima del film della Jolie?

– C’è una starletta della tv che vuole un po’ di pubblicità.

– Non ha un agente molto furbo. – Sbadigliò, socchiudendo gli occhi. – Farsi vedere con te, farà imbestialire le fans Zude.

– Hai imparato il nome. – Lo prese in giro.

– Ho dovuto. – Bofonchiò, addormentandosi poco dopo.

Tra riunioni del Consiglio e appuntamenti con sponsor e agenti vari, le ultime settimane erano state molto impegnative per lui.

Zero scattò un altro paio di foto alla sua bellissima famiglia, proteggendo i visi dei bambini con le emoticon.

Prima di postarle pensò a qualche hashtag appropriato.

#family #tuelove #zude4ever #babyzude

Potevano bastare per il momento.

 

Jude spostò il tavolino da caffè vicino al camino spento e stese sul pavimento un’enorme coperta colorata. I gemelli avevano deciso che quel sabato sarebbe stata la giornata degli animali e avevano voluto indossare le loro tutine preferiti. Panda per Sky e Orsetto per Sean. Avevano chiesto a Matt di scegliere la sua e il piccolo aveva optato per quella del leopardo. Jude aveva recuperato una delle prime tutine dei gemelli, da coccinella, per la piccola Kim che subito si era messa a giocare col cappuccio rosso.

Mentre i gemelli decidevano dove mettere i peluche, lasciò Matt in compagnia di Logan che aveva scelto il piccolo come suo nuovo migliore amico, forse perché silenzioso e tranquillo. Anche lui si trovava bene con quel ghiro dal pelo scuro. La prima notte in casa Kinkade era andata bene. I gemelli avevano usato Zero come cuscino e Matt si era abbarbicato al braccio di Jude, come aveva fatto nel pomeriggio. La piccola Kim aveva dormito sul suo petto senza mai svegliarsi. Prima di andare a dormire, Matt aveva usato il vasino per lo stupore dei gemelli, che ancora non avevano capito bene cosa fosse. Jude aveva ringraziato il bambino per aver insegnato ai due come si usasse e Matt era arrossito, grattandosi il nasino. Anche se non parlava, il suo viso era così espressivo da essere facilmente comprensibile.

A metà pomeriggio, nel bel mezzo della terza replica de “Il libro della Giungla”, arrivò Michael con quattro facchini.

– Avevi promesso di mantenere il controllo. – Gli ricordò, trovandosi l’entrata piena di scatole.

– Lo stretto indispensabile. – Promise l’uomo, andando a salutare i bambini.

Jude scosse il capo, aprendo un paio di scatole con una mano sola, dato che aveva in braccio Kim che si guardava attorno curiosa.

Peluche e libri sui dinosauri, vestiti vari e giochi per bambini da zero a sei anni. Controllo perfettamente mantenuto, pensò, quando si accorse della confezione più grande contenente un castello gonfiabile.

Michael sorrise a Matt, quando lo vide abbracciare Logan. Non volendo spaventarlo si tolse le scarpe e sedé sulla coperta insieme a loro. Il bimbo lo guardò incuriosito ma non fece nulla per andargli vicino.

– La tua dolce metà? – Chiese quando Jude lo raggiunse con la piccola in braccio.

– Evento mondano. A volte gli tocca.

Prima dei gemelli, partecipavano insieme a qualche prima e ai party più glamour. Jude non avrebbe barattato le serate con i suoi figli con niente al mondo. Purtroppo Zero aveva obblighi contrattuali che lo costringevano, ogni tanto, ad accontentare qualche sponsor.

– Capisco. Allora, cosa guardiamo? – Chiese ai gemelli che subito gli mostrarono i peluche che avevano sparpagliato.

– Giugla! – Esclamò Sky.

– Giungla. – Lo corresse Jude, seduto accanto a Matt e Logan. Non troppo vicino, ma abbastanza perché il piccolo vedesse sua sorella. – Sai che Matt sta insegnando ai gemelli a usare il vasino? Io non riuscivo a farlo. Per fortuna è arrivato lui.

– Sono impressionato! – Replicò l’uomo, sorridendo al bimbo che nascose il viso arrossato contro il braccio di Jude.

– Adesso mi insegnerai a far mangiare loro le verdure, vero? – Scherzò Jude, felice di sentirlo ridere.

– Papa, in braccio. – Sbadigliò Sean, gattonando verso di lui.

– L’ora del pisolino è passata da un pezzo. – Disse prendendo dal divano una coperta. – Matt mi dai una mano, per favore? Prendiamo tutti i cuscini che hanno sparpagliato per la stanza e mettiamoli in cerchio.

– Anche io! – Esclamò Sky, seguendo il bimbo più grande.

Sistemato tutto, Jude li aiutò uno ad uno ad entrare nello spazio vuoto e li coprì con un paio di copertine di cotone. Anche Devil e Logan saltarono nel cerchio. Lei si accucciò dal lato dei gemelli e lui accanto a Matt.

Jude stese Kimberly tra il fratello e Sky. Quando si furono addormentati, andò in cucina con Michael, per fare loro un caffè.

– Hai le mani belle piene! – Rise piano, per non svegliare i bambini.

– Già. Spero davvero che si trovino bene con noi. Matt sta iniziando a fidarsi. Lo coinvolgo nelle attività e valorizzo il fatto che sia il più grande.

 – Mi sembra un’ottima idea. Sono sicuro che, appena si sentirà a suo agio, parlerà di nuovo.

– Me lo auguro! – Gli porse una tazza e guardò l’orologio alla parete. – Spero che le formine di Hulk mi aiutino a far loro mangiare i broccoli.

– Anche l’odore è un problema.

– Li ho mescolati con un formaggio cremoso che ha coperto tutto. Le crocchette di patate e carote le mangiano. Il problema è tutto ciò che è verde. Gideon dice che hanno preso da me.

– Stai facendo un ottimo lavoro con loro. – Lo rassicurò, posando una mano sulla sua.

– Voglio solo che siano felici. È difficile, ma non tornerei indietro per nulla al mondo.  – Sorrise, finendo il suo caffè.

Michael si fermò a cena. Rimesso il tavolino da caffè di fronte al divano, fu lieto di mangiare sul pavimento, con i gemelli sulle ginocchia.

L’incredibile Hulk compì il miracolo e le due piccole pesti non si accorsero di aver mangiato i tanto odiati broccoli. Matthew sedé accanto a Jude che con un braccio reggeva Kim e con la mano libera le dava piccoli pezzetti di sformato.

Michael si divertì tantissimo, nonostante le due macchie di broccoli sul pantalone e la visione de “Il libro della giungla” per tre volte di fila.

– Con voi non ci si annoia mai. – Rise, pulendo le mani dei gemelli con un paio di salviette profumate.

– No innoia! – Confermò Sky. – Ma no bagno!

– Niente bagno perché non c’è Daddy, – spiegò Jude, – ma lo faremo domani. Adesso andiamo a fare la nanna.

– Nonno favola! – Sbottò Sean, afferrandogli il pantalone.

Michael rise, prendendolo in braccio. – Ci puoi scommettere! – Rivolse un sorriso gentile a Matt, nascosto dietro una gamba di Jude. – Spero ti piacciano le storie sui dinosauri. In quella scatola vicino alla scala ci sono alcuni peluche a tema.

Jude sollevò un sopracciglio scuro. – Alcuni? Ce ne saranno una mezza dozzina.

– Hai quattro figli! Sono anche pochi!

Dopo averli cambiati per la notte e aiutati col vasino, finalmente i bambini furono pronti. Volevano dormire tutti insieme nel letto dei gemelli e Jude li accontentò. Ormai avevano trovato la loro posizione, notò riconoscendo uno schema. Sean, Sky, Kim e Matt, Devil ai piedi dei gemelli e Logan con la testa sulla pancia di Matt.

Circondati da morbidissimi dinosauri colorati, ascoltarono un paio di favole, prima di addormentarsi uno vicino all’altro.

I due adulti sorrisero prima di accendere il baby monitor e scendere al piano inferiore.

– Non credo di essere mai stato così stanco in vita mia. – Ammise l’uomo più anziano.

Jude rise adagio. – Ti capisco. Io ho smesso di fare palestra! – Scherzò, spegnendo il dvd. Stava per fare altrettanto con la televisione, quando il titolo del servizio attirò la sua attenzione.

Era finito sul solito canale sportivo che avevano di default.

“Zero e la bella Sabrina: già finita la luna di miele con l’affascinante Kinkade?”

Su questo campeggiava la foto di suo marito con la starletta biondo platino abbarbicata sul suo braccio.

I visi così vicini che, in prospettiva, sembrava si stessero baciando.

– Jude?

Preoccupato, Michael gli posò delicatamente una mano sulla spalla, mentre il giovane guardava lo schermo senza dire una parola.

 

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Capitolo 10
*** ch10 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 10

Gojyina

 

Zero corse a casa non appena ricevuta la telefonata di Marcus, che lo aveva messo al corrente delle foto compromettenti che stavano girando in rete.

– Ti prego, fa che Jude non lo sappia! – Sussurrò tra sé, varcando la soglia del cancello.

Trovò suo marito in cucina insieme a Michael.

– Si è fatto tardi, meglio che vada, – disse quest’ultimo, – grazie per la bella serata. Ciao! – Li salutò scappando a gambe levate.

– Non è un buon segno. – Si disse il giocatore, guardando poi suoi marito, ancora di spalle. – Jude…

– Caffè?

– Co-Che cosa?!

– Vuoi un caffè? – Ripeté, prendendo due tazze.

– Jude, vorrei che mi guardassi.

Sospirò, prima di accontentarlo. – Allora?

Lui gli prese le mani con le sue. – Lo sai che non è successo nulla, vero? – Sussurrò con voce quasi tremante, terrorizzato all’idea di perdere la sua famiglia.

– Certo che lo so, stupido! – Sbottò, posando la fronte sulla sua. – Ma questo tipo di pubblicità non va più bene per te. Adesso abbiamo Matt e Kimberly e con loro non ci sono legami di sangue. Ce li possono portare via, se non stiamo attenti!

– Ho già avvertito Stevens che è stata l’ultima volta che mi presto a fare una cosa del genere.

– Ne sono lieto. Ora andiamo a letto. I tuoi figli mi hanno distrutto! – Sbadigliò, stiracchiandosi.

– Matt?

– Logan lo ha scelto come migliore amico. O cuscino. Forse entrambi! – Scherzò, andando a controllare i bambini prima di entrare in camera da letto, dove Zero già si stava cambiando.

– Oggi hanno persino mangiato i broccoli. – Annunciò con grande soddisfazione.

– Mi sono perso un evento più unico che raro. – Brontolò, infilandosi sotto al lenzuolo fresco.

– So che devi accontentare qualche sponsor, ma quel tipo di pubblicità fa male anche a te, oltre che alle tue accompagnatrici.

– Non ha un agente molto furbo, non che lei sia una scienziata. – Si voltò su un fianco e lo abbracciò.

– Lo immaginavo. Solo una pazza suicida avrebbe osato sfidare le fans Zude. – Sbadigliò, posando la testa sulla sua spalla. – Non hanno fatto il bagno stasera, volevano te.

– Domani. Ora dormi. – Sussurrò, baciandogli la testa.

Inspirando il profumo dei suoi capelli si rilassò, ringraziando qualsiasi divinità in cielo per avergli regalato una persona gentile e comprensiva come Jude. Aveva rischiato di ferirlo e perdere la sua famiglia. Mai più, si ripromise stringendolo a sé.

 

Cambiata la piccola, Jude tornò in camera, trovando i gemelli svegli e Matt che scendeva dal letto.

– Vasino? – Sorrise quando lo vide annuire.

Jude adagiò la piccola sul letto, usando i cuscini come muro protettivo e accompagnò il maggiore, seguito dai gemelli.

Zero uscì dalla doccia e li raggiunse nel bagno accanto alla loro stanza in tempo per vedere Matt inciampare e sbattere la testa sul bordo del lavandino. Non era stato un colpo forte ma si spaventò molto, perché ancora mezzo addormentato.

Jude sedé sul pavimento e lo abbracciò subito, cullandolo delicatamente. Vedendolo in lacrime anche i gemelli scoppiarono a piangere, abbracciando il loro Papa. Dalla camera da letto poterono udire anche i lamenti di Kim.

– Va tutto bene. Ci mettiamo un po’ di ghiaccio, vuoi? – Propose al piccolo, che proseguì imperterrito a piangere.

Nel caos generale, Logan e Devil corsero in bagno ringhiando e abbaiando al lavandino. Era la prima volta che li vedevano così aggressivi.

– Wow! Hai visto, Matt? Stanno sgridando il lavandino perché ti ha fatto del male! – Sussurrò al piccolo, che si calmò, guardando i due cani prendere a zampate la ceramica.

– Protegge! – Disse Sky, asciugandosi gli occhi con la mano.

Matt annuì, smettendo di piangere.

– Vuoi usare il vasino? – Chiese Jude, accarezzandogli la testa scura. Quando lo vide annuire di nuovo, lo aiutò osservato dai gemelli che avevano deciso di imparare.

Lavato e asciugato, Matthew abbracciò Logan restando lì in bagno in attesa di Jude.

– Ti voglio bene. – Sussurrò contro il pelo scuro del cane. Il giovane uomo finse di non aver sentito per non metterlo a disagio, ma strinse le labbra tentando di tenere sotto controllo la sua commozione.

Quando anche i due gemelli furono pronti, tornarono in camera da letto, dove Zero stava cullando la bambina, finalmente addormentata.

– Vuoi un po’ di ghiaccio sulla fronte, Matt? – Domandò al piccolo dagli occhi ancora arrossati, che però scosse la testa.

– Ehi! Andiamo tutti nel lettone? – Propose Jude, trovando il consenso dei gemelli e di Devil che non se lo fecero ripetere due volte.

Matt, sempre abbracciato a Logan, li seguì titubante.

Il letto era più alto rispetto al loro e furono costretti ad aspettare Papa, che stava raccogliendo i loro cuscini.

Zero si sdraiò al suo solito posto, portando la piccola Kim con sé, raggiunto dai gemelli e da Matt che non sembrò innervosito all’idea di dormire senza la sorella accanto.

Jude sistemò il lenzuolo su di loro, mentre i due cani si accucciarono ai piedi del letto. – Riposate un altro po’. Resteremo qui a vegliare su di voi. – Fu piacevolmente stupito quando Matt si spostò di fianco per abbracciarlo. Gli accarezzò i capelli scuri e il piccolo usò il suo petto come cuscino.

– Papa favola? – Sbadigliò Sean.

– C’erano tre ninja, – iniziò con la voce bassa e gentile che riservava sempre loro, – ognuno aveva un animale portafortuna.

– Panda. – Bofonchiò Sky nel dormiveglia.

– C’era anche il panda, – confermò Jude, – insieme al leopardo e all’orsetto. C’erano anche due grandi cani che proteggevano i ninja e una coccinella che aveva un sacchetto di polvere magica che spargeva in aria per diffondere fortuna e felicità. Questa polvere allontanava anche gli incubi, così i tre ninja potevano sempre dormire tranquilli.

– Li hai stesi come al solito. – Scherzò Zero, spostandosi di lato. Adagiò Kim sulla schiena e le sistemò il lenzuolo sul pancino. Sky si spostò per tenerle la mano e Sean rotolò verso Matthew.

Jude sistemò di nuovo il lenzuolo su di loro e abbracciò il piccolo Matt, controllandogli la fronte.

– Sta bene? – Chiese suo marito.

– Non ha neanche il segno rosso. Penso si sia solo spaventato. Ha parlato, sai?

Zero distese le labbra in un tenero sorriso. – Che ha detto?

– Ha abbracciato Logan dicendo che gli vuole bene.

– Sembra a suo agio qui, vero?

– Pare di sì. Anche i gemelli li hanno accettati subito. Sean guarda Matt con grande ammirazione, soprattutto adesso che gli sta insegnando a usare il vasino e Sky è molto protettivo nei confronti di Kim. Sono davvero contento. – Socchiuse gli occhi, adombrandosi.

– Che succede?

– Dopodomani torno a lavoro. Vorrei portare i bambini, come al solito, ma ho paura per Matt, visto che viaggeremo in macchina.

– Quando siamo venuti qui lo abbiamo distratto con un filmato.

– E se portassimo anche i cani, con noi? Così avrebbe Logan con lui. Che ne pensi?

– Quattro bambini e due cani? Dovrai aumentare lo stipendio a Caty.

Risero insieme, poi il display del cellulare di Jude si illuminò, distraendolo.

– Qualcosa non va?

– Ah, no. No, niente…

– Jude?

– Nulla che non possa risolvere. – Tagliò corto, accarezzando la testa scura di Matt. – Dobbiamo anche comprargli qualche vestito, sempre che Michael non ci batta sul tempo.

– Ho visto le scatole all’ingresso.

– E ne abbiamo anche aperte tre.

Si sorrisero.

– Sai com’è fatto.

– Già! – Rise Jude, rassegnato agli eccessi del suo “quasi padre”.

Zero allungò un braccio e posò una mano sulla sua.

– Mi spiace di aver fatto un casino. – Mormorò serio.

– Non è colpa tua, ma avremmo dovuto avvertire Stevens riguardo ai nuovi membri della famiglia. Potenziali membri, – si corresse, – non sappiamo ancora se Matt voglia rimanere con noi o no. – Ricordò a se stesso.

D’improvviso si sentì stringere con forza.

I due adulti guardarono il piccolo che si stava stropicciando un occhio.

– Vuoi restare con noi? Sono molto contento! – Sorrise Jude. – Anche Logan è felice, vero?

Il cane sfregò il muso sulla schiena del bambino e tornò a ronfare dopo aver scodinzolato ben due volte.

– Si è sprecato. – Commentò, ridendo insieme al marito. – Oggi a colazione festeggiamo con i waffle, ti piacciono? – Matt scrollò le spalle, non sapendo cosa rispondere. – Te li preparo così li assaggi e mi dirai. Ho anche preso le formine nuove. Cavalluccio marino e delfino. – Sussurrò, accarezzandogli la schiena. – Li possiamo fare anche quadrati e a forma di cuore. Albero di Natale, campana, stella, cane e gatto, orsetto e cavallo, dinosauri vari. Abbiamo formine di qualsiasi tipo. – Guardò Zero di sottecchi. – Waffle vegani, ovvio.

– Jude!

– Ho trovato una ricetta nuova. Si usa la banana al posto delle uova.

– L’ultima volta erano durissimi e avevano uno strano odore. – Gli ricordò con fare accusatorio.

– Sto ancora imparando a cucinare. Mi devi fare da cavia. – Brontolò. – Continuo a non capire se i derivati degli animali facciano male o no. Ci sono pareri discordanti. Nel dubbio scelgo solo le carni bianche, lo sai. Se posso, evito di utilizzare latte e uova. È difficile quando non si hanno certezze.

Zero gli sorrise. – Lo so, ma stai facendo un lavoro straordinario.

– Lo stiamo facendo insieme. – Gli ricordò con dolcezza.

– Siamo o non siamo la migliore coppia di Los Angeles?

 

– State scherzando?! – Mani sui fianchi, Jelena guardò la bambina in braccio a Jude, i due cani sul pavimento e i maschietti sul divano dell’ufficio. – Vi riproducete durante la notte?!

– Potrebbe essere stato inaspettato. – Ammise, mettendo la piccola nel box. – Chi vuole farle compagnia?

– Io! – Esplosero i gemelli, puntando le manine verso di lui.

Fatti sedere accanto alla bambina, rivolse un sorriso a Matt. – Vuoi restare qui a colorare o preferisci raggiungere gli altri?

Il piccolo puntò il dito sui bambini, così Jude lo mise facilmente nel box, portando qualche peluche.

Jelena socchiuse gli occhi quando vide il livido e il labbro ferito del nuovo arrivato in casa Kinkade. – Chi è stato? – Ringhiò, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.

– No, no! – La rassicurò lui. – Nessuna famiglia violenta. – Le andò vicino per non farsi sentire dei bambini. – Incidente d’auto. Lui è l’unico sopravvissuto. Stava andando con i genitori a prendere Kimberly al nido.

Lei annuì lentamente, cercando di calmarsi. Alcuni argomenti le facevano perdere il sangue freddo.

– Zia Lena, Dinauro! – La chiamò Sean, mostrandole lo stegosauro di peluche.

– Michael ha svaligiato di nuovo il negozio di giocattoli?

– Temo che lo abbia comprato. – Scherzò, posando le ciotole dei cani accanto al divano. – Logan, Devil, controllate i bambini. Sono qui fuori a parlare con Caty, non abbiate paura. – Quando i bambini annuirono, uscì socchiudendo la porta. – Quanto è grave?

– Il danno di immagine di Zero è preoccupante, – sussurrò Jelena, per correre il rischio di essere ascoltata dai bambini, – per quanto riguarda noi, alcuni sponsor hanno storto il naso ma, per il momento, non sembrano intenzionati a fare altro.

Jude si passò una mano tra i capelli.

Come presidente doveva essere certo di non correre il rischio di perdere sponsor, per questo avrebbe dovuto insistere perché l’immagine di Zero venisse pulita.

Come marito doveva essere certo che tornasse linda.

– Come vuoi procedere? – Chiese Jelena, sedendosi su un angolo della scrivania.

– Evento per la famiglia? – Propose Caty.

– Non voglio coinvolgere i bambini.

– Sono Kinkade, – gli ricordò Jelena, – sono coinvolti per forza.

– Matthew ancora non parla e Kim è piccola. I gemelli hanno avuto tre anni per abituarsi ai tifosi sugli spalti dell’Arena.

– Niente tifosi, allora. Fatti vedere con i bambini durante gli allenamenti di questa settimana. Cooper inizia oggi, – gli ricordò, – abbiamo promesso ai giornalisti cinque giorni qui all’Arena per vederlo all’opera. Hanno accesso solo al piano terra, ma è più che sufficiente. C’è il bar. I bambini dovranno pur mangiare.

– E la nursery! – Aggiunse Caty. – Lo sanno tutti che Sean ha una cotta per Alyssa. – Scherzò, riuscendo a far sorridere il suo capo.

Alyssa Roman aveva quasi due anni. Secondogenita di Derek e Ahsha, era una bambina adorabile. Gentile e sorridente. Fisicamente somigliava molto alla sorella maggiore Amanda che, a quasi quattro anni, già aveva dimostrato una passione per il basket, tanto da avere una collezione di palloni di peluche con i quali giocava ogni pomeriggio.

Da alcuni mesi Sean e Sky avevano iniziato a socializzare con gli altri bambini Devils, giocando con loro nella nursery mentre aspettavano i rispettivi papà.

– I gemelli si divertono con le figlie di Derek, – gli fece notare Jelena, – sarebbe strano se non ti presentassi. Daresti adito a illazioni peggiori rispetto a un paio di foto in penombra.

Jude infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e annuì. – Hai ragione. Spero solo che Matt non si spaventi. Non posso portare Logan nella nursery. Gli animali non sono ammessi al piano terra.

– Se dovesse sentirsi a disagio, lo riporterete qui, insieme, come una famiglia. – Replicò lei con una scrollata di spalle. – Andrà tutto bene. Dovrà conoscere gli altri bambini, prima o poi!

– Vado a chiedere loro se hanno voglia di scendere giù. La pausa pranzo è tra mezz’ora, no? C’è tutto il tempo per scoprire come reagirà Matt. – Tornato in ufficio, sorrise ai bambini che giocavano con i loro peluche, mentre Kim mordeva un anello da dentizione. – Ehi, piccoli principi? Vi andrebbe di aspettare Daddy nella stanza dei bambini?

Sean si illuminò, sollevando le manine per farsi prendere in braccio. – Ally c’è?

– Non lo so, piccolo. Possiamo andare a vedere, se vuoi. – Lo posò sul pavimento per poi guardare Sky. – Ricordate che Kim è piccola e Matt ha ancora la bua. Se non se la sentono di stare con gli altri, dobbiamo proteggerli e tornare qui senza fare i capricci.

I gemelli annuirono. – No picci! – Promisero in coro.

– Sono fiero di voi! – Si rivolse al bambino più grande. – Se non ti piace, basta che mi tiri la camicia, così possiamo tornare qui. Devil e Logan, devono restare qui a fare la guardia a Caty, perché sarà da sola. – Il bimbo non disse nulla, ma annuì titubante.

– Zia Lena ci porta? – Indagò Sky

– Sì, si è fermata a parlare con Caty. – Jude mise Kim nella fascia e tese le mani a Matthew e Sean, mentre Sky si aggrappava alla sua gamba, usando il piede come sedile.

Quando vide Jelena, puntò le manine su di lei che subito lo prese in braccio, non senza sbuffare e roteare gli occhi.

Jude non aveva ancora avuto il coraggio di dirle che tutti sapevano che fingeva di essere infastidita dai bambini.

Giunti nella nursery, furono accolti da Ahsha in compagnia delle figlie e da Susan, la moglie di Tom, con il figlio Samuel di due anni.

– Ally! – Trillò Sean, correndo a salutare l’amica, carinissima in un abitino rosa chiaro.

Amanda interruppe i suoi palleggi per osservare il nuovo arrivato.

Jude sorrise nel vederla indossare la divisa dei Devils. La linea per bambini si era rivelata un successo.

– Ciao Amanda, ti sta molto bene il rosso. – Si complimentò, sorridendo alle due donne che lo guardavano scioccate.

Sky non sembrava particolarmente impressionato dall’abbigliamento della bambina. – Anche Daddy è in mutande! – Fece loro notare scrollando le spalle. Incurante anche delle risate che suscitò la sua considerazione.

Jelena decise di essere stata fin troppo umana e, con una scusa, tornò nel suo ufficio, non prima di aver fatto l’occhiolino al piccolo Sky che le sorrise.

Ahsha si avvicinò lentamente a Matt, nascosto dietro le gambe di Jude. – Mi chiamo Ahsha, loro sono Amanda e Alyssa. Venite a conoscere il fratellino di Sean e di Sky.

Le bambine lo salutarono agitando una mano e Matt sembrò più tranquillo e meno intimidito.

Jude sedé sul pavimento insieme a Kim e alle due mamme e il bambino non si mosse dal suo fianco, anche se osservava con attenzione gli altri interagire tra loro.

Amanda gli passò uno dei suoi adorati palloni e si accucciò davanti a lui, aspettando che glielo restituisse.

Titubante la accontentò e cominciarono a giocare in silenzio, mentre Ally e Sean fingevano di prendere il tè e Sky giocava con il Lego insieme al piccolo Samuel.

Tom, Derek e Zero li trovarono così.

– Daddy! – Sean sollevò le manine per farsi prendere in braccio dal biondo.

Sky stropicciò un occhio, rivolgendosi a Matt. – Visto? È in mutande.

– Sono pantaloncini. – Lo corresse l’uomo, prendendo in braccio i gemelli.

Derek intanto stava sorridendo alle donne della sua vita. Quando si avvicinò alla primogenita, notò i due bambini nuovi.

Cercò di nascondere la sua sorpresa alla vista del livido di Matt. – Ciao, sono il papà di Amanda, – lo salutò, – spero non ti abbia dato fastidio.

– No fastidio! – Si lamentò lei.

– Hai fatto la brava con il tuo nuovo amico?

Lei annuì, avvicinandosi a Matt. – Passa la bua. – Decise, dandogli un bacio sulla guancia ancora viola.

Arrossendo furiosamente, il bimbo nascose il viso sul petto di Jude, che sorrise alla piccola.

– Grazie, Amanda. Sei stata molto gentile. Sono sicura che Matt guarirà prestissimo.

Lei annuì soddisfatta, prima di correre dal suo papà per farsi prendere in braccio.

– Pappa!

Derek annuì e aspettò gli altri per andare insieme al bar.

Zero aiutò suo marito ad alzarsi. – Tutto bene? – Fece un passo indietro permettendogli di prendere in braccio Matthew, col viso ancora nascosto.

Protetta nella sua fascia, Kim sbadigliò, incurante del chiacchiericcio che la circondava.

– Certo. Andiamo di là, ho chiesto ai ragazzi di preparare le crocchette di verdure.

– Jude, qui fuori ci sono…

– Lo so. – Lo interruppe con un sorriso, prima di uscire dalla nursery, dove fu scorto e avvicinato da un gruppo di giornalisti.

D’istinto, protesse i volti dei bambini.

– Jude, avete allargato la famiglia?

– Cosa ne pensi delle foto uscite di recente?

– Troppi bambini stanno rovinando il vostro rapporto di coppia?

– Pensi che sia tornato il lato libertino di Zero?

– Zero si è già stufato di fare il padre?

– Conoscevi l’accompagnatrice di tuo marito?

– Wow! Quante domande! – Scherzò, per nulla ferito dalle loro insinuazioni. – Matthew e Kimberly sono entrati di recenti nelle nostre vite. Sono due bambini dolcissimi e i gemelli li adorano. Io e Zero abbiamo deciso insieme di creare una famiglia tutta nostra e nessuno dei due se n’è mai pentito. Ormai tutti conosco alcune dinamiche di marketing. È normale per i personaggi emergenti farsi vedere in compagnia di persone già famose del mondo dello sport e dello spettacolo. Zero si è prestato per esigenze contrattuali. Ma sta già lavorando per modificare i suoi accordi con gli sponsor. I fans Zude possono stare tranquilli. – Sorrise alle telecamere. – Adesso scusate, i bambini devono mangiare. – Si allontanò dalla porta, lasciando che il marito e i gemelli uscissero dalla nursery.

– Zero, una domanda!

– Ha già risposto Jude. Essere padre è un lavoro per la vita. Non esiste pensione o vacanza. Amo i miei figli e amo Jude. A volte devo accontentare qualche sponsor con servizi fotografici o serate mondane, ma cerco di limitarle per stare con la mia famiglia. – Senza aggiungere altro andò al bar dove erano stati preparati i piatti per i bambini.

Sorrise quando si accorse che Amanda si era seduta accanto a Matt, che non riusciva a guardarla senza arrossire.

– Ha fatto conquiste, – scherzò Jude, spostandosi sulla panca, così da fare sedere il marito con i gemelli sulle ginocchia. – Vediamo se a Kim piacciono le crocchette di carote e patate. Speriamo in bene! – Disse al bambino, coinvolgendolo come sempre in ciò che riguardava la famiglia e, in particolare, la sorellina.

Matt annuì, afferrando la camicia di Jude con una mano, mentre con l’altra mangiava le sue crocchette.

Tornati nella nursery, lasciarono giocare i bambini sino a quando non fu l’ora del riposino.

Samuel si addormentò nella fascia, abbracciato alla sua mamma, mentre le figlie di Ahsha scelsero uno dei futon a disposizione e una copertina lilla.

I gemelli faticarono a prendere sonno, come spesso accadeva quando erano al di fuori dell’ambito familiare.

Zero li fece stendere insieme a Matthew che allungò una mano per prendere quella di Jude. L’uomo sedé sul pavimento sorridendo al piccolo. – Non vado da nessuna parte e nemmeno Kim.

Sky si stropicciò un occhio. – Papa con noi nanna.

– Resto proprio qui a fare da guardia. – Li tranquillizzò, rimboccando la loro copertina.

Zero mise qualche cuscino dietro la sua schiena, così che fosse più confortevole possibile. – Ho due ore di palestra. – Disse riluttante all’idea di lasciarli.

– Vai pure. Ti aspettiamo qui e poi torniamo insieme a casa. – Promise Jude, lieto che i bambini si fossero finalmente addormentati.

Il biondo annuì, ma rimase silenzioso fino a quando non furono tra le mura domestiche.

Puliti e cambiati, i bambini si misero a giocare alle costruzioni nella cameretta dei gemelli, divenuta ormai di tutti e quattro.

Jude utilizzò quel momento di tranquillità per sistemare il bucato pulito.

Entrato nella camera che condivideva con Zero, lo trovò a letto steso su un fianco e abbracciato al suo cuscino.

– Stai bene? – Chiese subito, posando il cesto sul pavimento.

– Ho fatto un casino e abbiamo coinvolto i bambini per risolverlo. – Si passò una mano tra i capelli, incapace di guardarlo in viso.

– Stiamo imparando anche noi. Non dici sempre così? – Sedé accanto a lui. – Dobbiamo crescere insieme, come fanno le famiglie.

Zero nascose il suo broncio dietro al cuscino. – Da quando sono così saggio?

– Non saprei. In effetti è strano. – Lo prese in giro, ricevendo una pedata. – Stai meglio? – Quando lo vide annuire, prese a sistemare gli abiti nella cassettiera.

– Kim?

– Nella stanza dei ragazzi, nella culla portatile. Credo stia ancora dormendo. Vado a controllare.

Zero lo fermò. – Vado io, tu riposati. Tra lavoro e bambini hai avuto una giornata pesante. – Gli baciò la testa, prima di uscire dalla stanza.

I gemelli stavano giocando con il Lego e Matt stava guardando un libro di favole, steso sul pavimento accanto alla culla della sorella, usando un triceratopo di peluche come cuscino.

– Ehi, piccoli principi, – li salutò Zero, – Papa sta facendo un riposino.

– Con Papa! – Disse subito Sky, posando il Lego.

– Sicuro? Stavi giocando.

– Con Papa, no sogni butti! – Spiegò, abbarbicandosi alla sua gamba.

Zero sorrise. – Se siamo insieme nessuno fa sogni brutti, è vero. Qualcun altro vuole venire? – Chiese per pura cortesia.

Infatti sia Matt che Sean erano già in piedi.

Presa la piccola Kim dalla culla, andarono tutti nella camera matrimoniale, dove il giocatore li aiutò uno ad uno a salire sul letto.

Matt corse subito ad abbracciare Jude che, nel dormiveglia, lo strinse a sé sorridendo ai gemelli che usarono il suo braccio come cuscino.

– No butti sogni. – Sussurrò Sky, facendolo sorridere ancora di più.

– Mai brutti sogni, con voi vicino. – Confermò avvicinando il viso a quello dei gemelli.

Quando Kim iniziò a lamentarsi, Zero si affrettò a portarla nella sua camera per un veloce cambio del pannolino. Scesero in cucina dove prese dal frigo un nuovo anello da farle mordere. Oltre ai canini stavano iniziando a spuntarle i secondi molari.

– Resisti ancora un po’, vedrai che passerà tutto. – Passeggiando per la sala.

I gemelli avevano avuto pochissimi problemi. Per fortuna, i dentini erano spuntati a gran velocità evitando a Jude troppe notti insonni.

Si adombrò pensando a tutto quello che faceva suo marito. Doveva trovare un modo per riequilibrare i loro doveri familiari. Sino a quando sarebbe stato un giocatore, non gli avrebbe permesso né di cucinare né di saltare allenamenti e partite importanti.

Una volta ritiratosi, Zero aveva già deciso di fare il commentatore sportivo. Gli studi televisivi erano a Los Angeles e sarebbe stato impegnato solo qualche sera a settimana.

Voleva fare di più per la sua famiglia. Le insinuazioni di alcuni giornalisti lo avevano indispettito. Non si era affatto “stufato di fare il padre”, né rimpiangeva la sua vita da single.

Certo, quando erano da soli, lui e Jude facevano sesso con regolarità.  Dall’arrivo dei gemelli, erano diventati occasionali ma intensi.

Non avrebbe cambiato la sua vita con niente al mondo.

Kimberly sbadigliò, posando il viso sulla sua spalla.

– Torniamo dagli altri, va bene? – Sussurrò, salendo le scale.

Devil sollevò la testa appena lo sentì arrivare. Una volta riconosciuto, scodinzolò un paio di volte per poi tornare a dormire accanto a Logan, tra Matt e i gemelli.

– Tutto bene? – Sbadigliò Jude, faticando a tenere gli occhi aperti.

– Benissimo. L’ho cambiata e abbiamo preso un anello fresco. Torna a dormire, ci sono io.

Rassicurato dalla sua presenza, si riaddormentò quasi subito.

Zero guardò la sua famiglia.

Matthew e Sean  erano stesi su Jude, usando il suo petto come cuscino e Sky era abbarbicato al suo braccio muscoloso. C’era qualcosa nei loro visi tranquilli che gli trasmetteva un intenso calore al petto. Sapevano di essere al sicuro con Jude, che lui li avrebbe protetti. Era ciò che provava anche lui sin dalla prima volta che lo aveva incontrato.

Jude era un padre naturale, amorevole e attento alle esigenze di chi gli stava attorno.

Zero si ripromise di essere un marito migliore e di aiutarlo il più possibile.

Dopotutto, il Team Zude era invincibile!


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Capitolo 11
*** ch11 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 11

Gojyina

 

– Questo non lo potete mangiare!

– Ma… Papa!

Scendendo le scale con un asciugamano sulla testa, Zero si incuriosì al tono perentorio di suo marito. Entrato in cucina cercò di non sorridere di fronte ai visi quasi oltraggiati dei gemelli.

– Daddy! – Sky corse da lui, afferrano un lembo del suo pantalone nero. – Uffa!

– Jude?

Suo marito scrollò le spalle e nascose il piatto che aveva ancora in mano. Faticava a camminare con Sean attaccato alle sue gambe. Matthew era in un angolo accanto ai due cani, assistendo alla tragedia in corso a metà tra imbarazzo e curiosità.

– Questo è solo per gli adulti e forse per i ninja. Voi non appartenete a nessuna delle due categorie.

– Ma sono ninja Papa! – Protestò Sky. – Daddy!

– Oh, Sommo Imperatore della Cucina Galattica, – esordì, con una mano sul petto, – sono pronto a giurare che sono tre ninja, – prese in braccio Matthew, per coinvolgerlo nel gioco, – grandi guerrieri con o senza la tutina nera.

– Bravo Daddy! – Esclamò Sky, guardando Jude speranzoso.

– Se garantisci tu, Generale Supremo dalle Mutante Rosse.

– Non mi piace quell’appellativo. – Gli ricordò, imbronciandosi.

– Ti tocca. Dicevo, – ricominciò Jude, – se garantisci tu, forse possono mangiare questo cervello umano. – Dichiarò mostrando il piatto con un cavolo intero, cosparso di sugo. – Sedete ai vostri posti. – Disse tra le urla festanti dei gemelli.

Avevano acquistato due tavoli per bambini, circolari in legno chiaro, con sei sedie colorate, così che potessero mangiare come adulti. Li avevano posizionati in soggiorno, tra il camino e la porta della cucina, in questo modo potevano guardare la televisione e andare a prendere piatti o bevande dal frigo in tutta comodità.

Mentre i piccoli imparavano a stare a tavola come si deve, Jude e Zero preferivano sedere su un cuscino o direttamente sul pavimento, viste le dimensioni ridotte del tavolo.

Kim si lamentò dal suo box in soggiorno e il giocatore si affrettò a prenderla.

– Hai fame?

– Pappa, io! – Indicò Jude, perché sedeva sempre sulle sue ginocchia per mangiare.

– Ecco fatto, piccoli ninja! – Disse il presidente, dopo aver riempito i piatti dei tre bambini. – Vieni qui, cucciolo, vediamo se piace anche a te.

– Non è una ninja! – Protestò Sean.

– Ma fa parte della famiglia. Se mangiate il cervello voi tre, deve poterlo fare anche lei. – Spiegò loro Zero.

I bambini annuirono anche se titubanti e iniziarono a mangiare. Lo odiavano, naturalmente, ma era cervello umano e loro tre ninja. I ninja non potevano fare figuracce.

– Sei stato un genio. – Sussurrò Zero all’orecchio del marito.

– Cavalco la loro nuova mania per lo splatter. – Sorrise, mescolando il formaggio morbido con il cavolo al sugo, creando una crema rosa. – Vuoi la pappa delle principesse?

– Rosa come Barbie!

– Sì, rosa come Barbie. – Confermò, tirando un sospiro di sollievo quando mangiò senza problemi.

– Noi cosa abbiamo, cervello umano o Barbie? – Scherzò Zero.

– Vellutata di cavolfiore.

– Ricordo il tempo in cui sapevi cucinare solo insalate di pollo. – Gli baciò la testa, prima di alzarsi e preparare i loro piatti. – Vorrei aiutarti anche io.

– Quando ti sarai ritirato, farai la wifey a tempo pieno. – Scherzò, controllando che i bambini stessero mangiando. Erano insolitamente silenziosi. – Ehi, piccoli ninja, va tutto bene? – Indagò, vedendoli già assonnati. Pensandoci bene, già nel pomeriggio erano sembrati stanchi tanto da aver fatto il pisolino senza opporre resistenza.

Logan annusò la schiena di Matt e abbaiò un paio di volte, prima di tornare alla sua ciotola.

Jude allungò una mano e controllò la fronte del bambino.

– Fate i ninja e mangiate tutto. – Sorrise loro, mentre digitava un messaggio sul cellulare.

– Jude?

– Domani resto a casa. – Disse, proseguendo a dare da mangiare alla piccola.

Zero si limitò ad annuire, massaggiandosi le tempie.

– Stai bene?

– Mal di testa.

– Daddy anche testa. – Disse Sean, stropicciandosi un occhio.

– Hai male anche tu? – Chiese Jude.

– Freddo. – Aggiunse Sky.

– Va bene, allora stasera dormiremo tutti insieme nel lettone, così non sentirete freddo. – Disse il giovane dai capelli scuri, ricevendo il consenso generale.

Zero si alzò un attimo per recuperare un paio di plaid dal divano con i quali coprì i suoi tre ninja. Stava tornando al tavolo quando il cellulare di Jude trillò.

Dopo aver letto il messaggio, Zero notò la ruga di preoccupazione in mezzo alle sue sopracciglia scure.

– Piccoli ninja, finite anche il succo di frutta. – Disse il biondo. – Se il male alla testa peggiora, ditelo subito.

I tre annuirono e terminarono la cena. Mentre Jude caricava la lavastoviglie, Zero e i bambini si riunirono sul divano per guardare un cartone animato.

Quando ebbe finito di rassettare la cucina, sentì piangere Sean che si stava stropicciando un occhio con il pugno. – Ehi, piccolo ninja, sono qui. – Lo rassicurò, abbracciandolo. – Ci vogliamo mettere a letto? Sì? Chi altri vuole venire con noi? – Sia Sky che Matt scesero dal divano, pronti a seguirlo. – Adesso Daddy prende i vostri peluche preferiti e ce li portiamo tutti nel lettone, va bene? – Si chinò per prender in braccio anche Kim e salì in camera.

Logan e Devil seguirono i bambini e saltarono sul letto, aspettandoli.

Jude li mise sotto le coperte e abbassò le luci della stanza. Subito i bambini si sentirono meglio. – Vado a prendervi l’acqua. Non vi muovete.

Zero portò i loro peluche e si stese con loro, in tempo per vedere Jude fare ritorno con una bottiglia di acqua e i bicchieri dei bambini.

– Ho chiuso tutto e inserito l’allarme. – Lo avvertì, andando in bagno per riempire un secchio di acqua, prendere qualche straccio e il termometro.

Si mise a sua volta sotto le coperte e misurò la temperatura ai bambini già assopiti, mentre Zero rimboccava loro le coperte.

– Jude?

– A cena mi sono accorto che Matt aveva la febbre. Poi ho ricevuto un messaggio da Ahsha. Le sue bambine hanno la scarlattina.

– Co-che cosa?! – Sbiancò il giocatore, allungando un braccio per stringere i figli.

– Non ti spaventare. Hanno fatto i vaccini per le malattie più gravi. La scarlattina è fastidiosa, ma curabile con gli antibiotici e gli antifebbrili. Ma ancora non sappiamo se sia questo o una normale febbre. Essendo una malattia contagiosa, Ahsha mi ha voluto avvertire. I bambini non hanno la febbre molto alta. Vediamo domattina come si sentono. – Lo guardò con attenzione. – Dovresti riposare anche tu, sembri stanco.

Zero annuì. – Ho solo un po’ di mal di testa, passerà presto. – Sbadigliò, sistemandosi su un fianco, così da poter abbracciare i bambini.

 

– Il pediatra è appena andato via. Sì, ha prescritto antibiotici e antifebbrili. – Sistemò il cellulare tra l’orecchio e la spalla, salendo le scale con un vassoio. – Devono bere molti liquidi. Ora sto portando loro del succo di frutta. Jelena non sei simpatica. No, non è dell’umore adatto. No, non ti faccio nemmeno la foto!  – Entrato in camera si trovò cinque visi arrossati che lo guardavano con vari gradi di fastidio. – Ci sentiamo presto. Per qualsiasi problema, hai la mia email. Ciao.

Sorrise alla sua famiglia ammalata.

Matt era abbracciato al suo triceratopo preferito, usandolo per proteggersi dalla luce, che lo infastidiva. Kim aveva il suo cuscino a forma di coccinella a tenerle compagnia. I gemelli, imbronciatissimi, non sopportavano né il mal di testa né la febbre alta. Non volevano neanche prendere i medicinali ma purtroppo, essendo ninja, dovevano dare il buon esempio a Kim. Il loro Papa aveva detto così e lui aveva sempre ragione. 

Zero era inferocito e vedere Jude che cercava di non ridergli in faccia non faceva che peggiorare il suo umore.

Avere la scarlattina alla sua età era a dir poco imbarazzante.

– Tranquillo, Gideon, – lo rassicurò, posando il vassoio sul comodino, – ho sempre saputo quanto fossi infantile.

– Stupido. – Brontolò, usando Sean come peluche.

– Daddy rosso come noi. – Sbadigliò il bambino.

Jude riempì le loro tazze colorate. Aveva scelto quelle con il beccuccio, così che potessero bere senza il rischio di fare cadere tutto sul letto.

Verde per Sean, azzurra per Sky, rosa per Kim e rossa per Matt. Avrebbe voluto fare una battuta a suo marito, ma evitò visto quanto fosse irritato.

– Dovete bere molta acqua e succhi di frutta. – Si stese con loro e allungò una mano per raggiungere quella di Zero.

Nonostante la febbre e il malessere generale, i bambini trovavano confortante la presenza di entrambi i genitori con loro.

Una volta svuotate le tazze, si misero tutti a dormire.

Matt abbracciò Jude. – Papa. – Sbadigliò, addormentandosi profondamente.

Jude lo stinse a sé, baciandogli la cima della testa. – Va tutto bene, ci sono io qui con te. Riposa. – Sussurrò, ricacciando le lacrime di commozione. Era la prima volta che lo chiamava Papa.

– Come si dice? Non tutti i mali vengono per nuocere! – Sorrise il marito, condividendo il suo stato d’animo.

Jude chiuse gli occhi per riposare qualche minuto. Avere quattro bambini e un bambinone ammalati contemporaneamente si stava rivelando faticoso.

– Non sono un bambinone.

– L’ho detto ad alta voce, vero?

– Già! Riposa, stupido. Senza di te saremmo persi! – Ammise Zero, allungando una gamba per raggiungere quella del marito.

Jude si svegliò quando sentì Matthew agitarsi. Non sapeva che ore fossero, ma era certo di aver dormito più del previsto.

– Stai bene, piccolo?

– Devo fare la pipì. – Sbadigliò, stropicciandosi un occhio.

Jude provò a muoversi ma, avere quattro bambini addosso, limitava i suoi movimenti.

– Lo accompagno io. – Sbadigliò Zero. – Logan, vieni con noi. – Disse mentre prendeva in braccio il bambino.

Il cane scese subito dal letto e li seguì.

Infastidita dall’assenza del fratello, Kimberly scoppiò a piangere seguita a ruota dai gemelli.

– Ehi, ehi! Va tutto bene, Matty è andato a fare la pipì, torna subito.

– Papa! – Singhiozzò Kim, sfregando il viso sulla sua maglietta.

– Lo so che è tutto fastidioso, ma presto guarirete. Promesso.

– Siamo ninja rossi. – Disse Sky, tirando su col naso.

– Sì, siete proprio rossi, come Daddy.

Zero tornò in quel momento con Matt in braccio. Lo aiutò a stendersi di nuovo su Jude e Logan saltò sul letto per affiancare il bimbo, così da farsi accarezzare da lui. Presto Matthew si addormentò di nuovo, tranquillizzato dalla sua presenza.

– Stai meglio, Gideon? – Chiese Jude, guardando preoccupato suo marito.

– Tralasciando il fatto che potrei fare la mascotte dei Devils? Sì, mi sento meglio.

– Bene, p-perché non posso fare questo da solo.

Riconoscendo il principio di attacco di panico del marito, si affrettò ad accarezzargli una guancia. – Ehi, stupido, sta andando tutto bene e io non vado da nessuna parte, mi hai capito?

Jude tirò un sospiro di sollievo. – Non mi piace quando state male.

Zero annuì e si stese accanto a lui, allungando un braccio per stringere a sé tutta la famiglia.

– Ha paura Papa? – Sentì chiedere a Kim, gli occhi ancora lucidi di pianto.

– No, tanto poi Daddy e Papa si danno bacio e tutti sono felici. – Borbottò Sky, con voce assonnata.

– Si baciano sempre. – Aggiunse Sean, arricciando il nasino.

– Piccoli ninja, tornate a dormire. – Sussurrò Jude. – Lo sanno anche loro che hai i baci magici. – Rise piano per non infastidire i bambini.

– Vedrai appena sarò guarito! – Promise il giocatore, sorridendo nonostante la malattia.

Li guardò dormire, pensando a quanto fosse fortunato. Non era certo di meritare tutto quello che la vita gli stava regalando, ma si ripromise di diventare una persona migliore, qualcuno che i suoi figli potessero ammirare.

Prese il cellulare e scattò un paio di foto. Coprì come sempre i visi dei suo bambini con qualche animaletto simpatico e sorrise tra sé mentre digitava poche parole.

#scarletfeverzude #familyinred #alltogether #loveofmylife

 

Il sabato successivo Michael si presentò con quattro peluche: tre ninja rossi e uno rosa che i bambini amarono all’istante.

– Ne stavo per comprare un altro… ma forse tuo marito si sarebbe offeso. – Scherzò, accettando il caffè con un sorriso.

– Sta migliorando, ha ricominciato a postare foto su Instagram.

Risero dietro alle tazze di ceramica.

– Tu come stai?

– Stanco. – Ammise. – Quattro bambini ammalati contemporaneamente è stato impegnativo. Senza contare che i primi giorni Gideon è stato molto male, perciò all’inizio ero solo con cinque malati. Ma per fortuna il sintomo peggiore è stata la febbre che, con i medicinali prescritti dal pediatra, non ha mai raggiunto temperature preoccupanti.

– Immagino che tu abbia anche lavorato.

– Ho risposto solo a qualche email. La stagione è ormai finita, per adesso c’è poco da fare.

– Quindi non sai di…

– Oh, sì. Ho saputo. – Scrollò le spalle. – Al momento lo considero irrilevante. Siamo un gruppo abbastanza unito e io, grazie a te e a Lionel, sono sempre il maggior azionista.

– Nonno ninja! – Furono interrotti da Sky, che li chiamava dal divano.

– Mi dispiace. – Si scusò Jude, mentre l’amico veniva rapito dai gemelli.

Tutti nelle loro tutine preferite, stavano giocando coi loro peluche nuovi. Tranne Kim, che si era addormentata nel box abbracciata al suo ninja rosa.

Zero lasciò i tre bambini in compagnia di Michael ed entrò in cucina. La febbre era passata, ma aveva ancora un forte mal di gola e il corpo rosso.

– Jude, va tutto bene?

– Tralasciando la vostra scarlattina?

– Sì.

– Direi che va tutto bene, perché me lo chiedi?

Zero socchiuse gli occhi. – Ho sentito qualche frase.

– Oh, quello. Nulla di preoccupante. – Finì di caricare la lavastoviglie. – I soliti tentativi di entrare nella famiglia Devils – Ironizzò, chiudendo lo sportello dell’elettrodomestico.

– Puoi parlarmi di tutto, lo sai, vero? – Zero incrociò le braccia al petto.

– Un ex sponsor, con l’aiuto di Terrence Wall, ha provato ad acquistare le quote di Betty e di Walker, che ci hanno avvertiti subito, dopo aver rifiutato l’offerta.

– Pensavo che Terrence si fosse arreso.

– Forse è così, ma l’offerta di collaborazione da parte dello sponsor deve essere stata allettante. Da quel che so, sta allenando una squadra di basket in un prestigioso liceo privato, non se la passa affatto male.

– I Devils sono speciali, Jude. – Affondò il viso tra i suoi capelli scuri. – Ne sentirà la mancanza.

– Non lo so, ma comunque non è successo nulla di grave.

– Vorrei che me ne avessi parlato lo stesso.

– Stavi male. – Gli ricordò, baciandogli la fronte.

– Ora sto meglio, però.

Furono interrotti dalla voce di Sky. – Sono ninja e mangiano cervello umano!

– Direi che stanno migliorando anche loro! – Rise contro la spalla di Jude.

Tornarono in soggiorno per salvare il loro ospite dalle grinfie dei gemelli.

Furono sorpresi di trovare Matt sulle ginocchia dell’uomo.

– Sono ninja speciali. – Sussurrò dietro il suo peluche.

– L’ho notato! – Rise Michael, scompigliandogli i capelli.

– I ninja vogliono fare la merenda o preferiscono il pisolino? – Domandò Jude, controllando Kim.

– Con nonno! – Sbadigliò Sky, aggrappandosi alla gamba dell’uomo.

– Legge storia! – Esclamò Sean, raggiungendo il fratello.

– Sono in trappola. – Scherzò Michael, facendo ridere Matt. – Ehi, panda e orsetto, se mi liberate le gambe, possiamo andare al piano di sopra. Scegliete il libro da leggere.

I gemelli corsero dai loro papà per farsi portare in camera. Non avevano il permesso di salire e scendere le scale da soli.

Scelto il libro, andarono tutti nella camera di Jude e Zero, dove il bel presidente controllò loro la febbre e rimboccò loro le coperte.

Aveva portato anche Kim, così che potesse stare con il resto della famiglia.

– Jude detesta ancora la Disney? – Indagò Michael dalla porta.

– Ha anche bloccato il loro canale. – Rispose Zero, sedendosi sulla sponda del letto.

– E rimarrà così ancora a lungo. – Sbottò il diretto interessato. – In quello con il cervo, sparano! E i protagonisti sono quasi sempre orfani. Avercela con la madre non giustifica Disney dal traumatizzare generazioni di bambini!

I due risero della sua espressione oltraggiata. – È una battaglia che non ho intenzione di combattere. – Annunciò il giocatore, lasciando il suo posto a Devil e a Logan, che si accucciarono vicino ai bambini.

 

– Credo di aver colpito nel segno. – Scherzò Michael, chiudendo il libro alla fine della storia.

Trattenendo una risata, Zero trovò anche suo marito addormentato come i loro figli.

Scesi in cucina, preparò un caffè.

– Oltre alla scarlattina, va tutto bene?

Il biondo gli porse la tazza e sedé di fronte a lui al tavolo della cucina.

– Hai visto la mia famiglia, sì? Come potrebbe non andare bene? – Scherzò, per poi tornare serio. – Matthew sta cominciando a parlare anche con noi. All’inizio lo faceva solo con Kim, poi anche coi gemelli e persino con Logan. Da qualche giorno invece sta iniziando a chiamarci Papa e Daddy. – Sorrise, senza nascondere la sua soddisfazione.

– Si vede che stanno tutti bene, scarlattina a parte, intendo dire. Si sentono protetti e al sicuro con voi. Anche nella malattia, sanno che ci siete voi due e che hanno anche i loro fratelli. Non si sentono soli e abbandonati. Questo è fondamentale.

– Tutto merito di Jude. Mi lascia fare molto poco. Va in modalità presidente e non mi permette di cucinare o, quando erano più piccoli, stare sveglio la notte per accudirli. Quando hanno messo i dentini, i gemelli hanno avuto qualche nottata difficile, ma c’è sempre stato Jude con loro. Io mi limito a giocare e a far loro il bagnetto. Un tempo davo loro il biberon, ma ormai quasi tutti sanno mangiare da soli. 

– Sai meglio di me quanto sia iperprotettivo.

– È solo che vorrei mi parlasse spontaneamente dei suoi problemi.

– Purtroppo alcune cicatrici dell’infanzia si portano per tutta la vita. Ma chiunque può vedere quanto tu lo renda felice e quanto si sentano amati i vostri figli.

– Voglio fare di più.

L’uomo si adagiò sullo schienale della sedia, guardandolo intensamente. – Stai già pensando al tuo ritiro, vero?

– Tra qualche anno dovrò lasciare l’agonismo in ogni caso. In tempo per avere i ragazzi alle medie. Potrei seguirli meglio durante l’adolescenza.

– Hai già pensato a cosa fare?

– L’opinionista sportivo. Gli studi non sono lontani e mi terrebbe occupato solo un paio di sere alla settimana. Potrei anche collegarmi dallo studio, così da non dover lasciare nemmeno casa. E resto sempre testimonial della linea di abbigliamento dei Devils.

– Forse Jude non vuole coinvolgerti troppo nei problemi interni della società, per non metterti a disagio con gli altri giocatori.

– Lo penso anche io, ma odio che lo faccia. Vorrei potesse venire da me per qualsiasi problema. – Si passò una mano tra i capelli biondi. – Tra poco sarà anche l’anniversario della morte di Oscar.

Michael finì il suo caffè. – È un momento difficile per Jude?

– No, è questo il punto. Non dice nulla sull’argomento e non fa nulla di strano. Ma io so quanto abbia cercato la sua approvazione e il suo amore, senza essere mai riuscito ad ottenerlo. Dannazione! Gli è morto tra le braccia! Credo sia per questo che inizio a dubitare di essere un buon marito. Forse non ci sono tagliato. – Sussurrò con amarezza.

– Non dire stronzate! – La voce, per una volta dura, di Michael lo fece trasalire. – Davvero non lo vedi? Non vedi quanto tu sia importante per lui e per i vostri figli?! Persino i vostri cani sono adorabili! Sembrate usciti da uno spot per famiglie!

– Abbiamo anche noi dei momenti difficili. – Borbottò imbarazzato. Era inquietante essere paragonati a quelle famiglie fittizie e sempre sorridenti.

– Ma siete una squadra e lavorate insieme. Ti è mai venuto in mente che, forse, è la tua presenza e quella dei bambini che permette a Jude di non pensare troppo a Oscar? – Zero schiuse le labbra pronto a rispondere, quando si rese conto di non sapere cosa dire. – Lo sapevo. Ti stai sottovalutando. – Fu la bonaria accusa dell’uomo d’affari. – Strano per uno con l’ego grande quanto la Svizzera. Così almeno mi dice tuo marito. –Lo prese in giro, alzandosi. – Ti lascio a meditare su questa mia perla di saggezza. Stasera ho un gala di beneficienza a cui non posso mancare. Salutami Jude e i bambini.

Rimasto solo, Zero tornò in camera da letto guardando la sua famiglia, appoggiato con una spalla allo stipite della porta.

 

– Ma Papa! – Sbuffò Sky, aggrappandosi alla sua gamba.

– Niente giubbotti di salvataggio, niente piscina.

– Non è ragionevole. – Sospirò il gemello, che si stava facendo allacciare il giubbotto dal suo Daddy.

Zero rise, scompigliandogli i capelli. – A volte non lo è.

Matthew guardò l’acqua intimorito e andò a sedersi sul patio in compagnia di Logan.

Jude finì di preparare Kim e la passò a Zero, per poi andare dal bambino. – Ehi, piccolo ninja, non ti piace la piscina? – Matt si grattò il nasino, ma non disse nulla. –Vorresti aiutarmi con Kim? Da solo non so se riesco a guardare lei e i gemelli. Sky oggi sta facendo i capricci. Basta solo che tu sieda sulla sponda, con soltanto i piedi in acqua. Se non ti vede, Kim ha paura.

Matt annuì, prendendolo per mano. – Sono il maggiore. – Disse lasciando che gli allacciasse il giubbotto arancione.

– Esatto, piccolo principe.

Zero era già in acqua con Sean e Kim, che subito sorrise alla vista del fratello. – Matty dinauro! – Esclamò indicando il materassino a forma di dinosauro rosa sul quale era seduta.

Jude rimase in disparte, su una sdraio non lontano da Sky, steso sull’erba con il broncio delle grandi occasioni. Quando sentì i suoi fratelli ridere tra loro si voltò su un fianco, nascondendo le sue lacrime.

– Tutti possono cambiare idea, – gli disse il suo Papa, – ti stanno aspettando. È un peccato non giocare con loro, non credi?

Sky si asciugò gli occhi e corse ad abbracciarlo. – Ma fa fastidio giubbotto. – Cercò di spiegargli, contro la sua spalla.

– Te lo metto perché tu possa giocare senza pericolo. Questo giubbotto è nuovo. È un po’ più grande. Provalo, sono sicuro che non avrai problemi.

Sky ubbidì e mosse le braccia. – Non tira tanto.

– Visto? Ora andiamo in acqua, i tuoi fratelli ti stanno aspettando. – Lo aiutò ad entrare in piscina e andò a sedersi sulla sponda accanto a Matt.

– Non vai in piscina, Papa?

– Preferisco stare qui con te. Tanto Daddy si sta divertendo per tutti e due! – Rise guardando suo marito farsi schizzare dai gemelli, mentre Kim chiamava Devil, che si stava rotolando nell’erba lì vicino.

– Non mi piace l’acqua nel naso. – Pigolò, nascondendo il viso contro il suo braccio.

– Neanche a me! Ma la soffio via. Sai, per una sola cosa fastidiosa, rischierei di non poter giocare con gli altri. – Gli accarezzò la testa. – Proviamo a nuotare insieme? Ci mettiamo io e te quaggiù, tanto si tocca e sei vicino alla scaletta. Puoi andare via quando vuoi.

Matt, anche se titubante, annuì e si lasciò aiutare ad entrare in acqua.

Devil si tuffò schizzando i gemelli alle spalle, per la gioia di Kim, che rise delle loro lamentele e di Zero, che si autoproclamò Sommo Ninja dell’Acqua.

Jude rise di loro, mentre insegnava a Matthew i rudimenti del nuoto. Dopo alcune difficoltà iniziali, il piccolo cominciò pian piano a non temere più l’acqua e imparò a soffiarla via dal naso.

Quando fu ora di asciugarsi e di fare il pisolino, paradossalmente, fu proprio lui a chiedere di poter stare un po’ di più.

Jude gli promise che avrebbero proseguito il pomeriggio seguente e lo aiutò ad asciugarsi. Era felice che il bambino avesse superato la sua paura. – Vi siete meritati tutti una anguria gigante!

I gemelli saltellarono sul prato e corsero in casa seguiti da Devil. Matt attese Logan e rientrò insieme a lui. Zero asciugò la bambina e le cambiò il costumino, prima di seguire il resto della famiglia.

Una volta fatti stendere nel letto rosso a forma di automobile, Jude lesse una favola. Dopo poche pagine già dormivano profondamente. Lasciò i due cani a protezione dei bambini e tornò in cucina.

– Dormono come sassi. – Disse al marito, aprendo il frigo alla ricerca del succo di frutta.

Sentì le sue mani sul costume da bagno che ancora indossava.

– Jude?

– Dove?

– Il tuo studio.

I due uomini si baciarono, mentre raggiungevano la scrivania. – Dio! – Ansimò, quando la bocca di Zero gli succhiò un capezzolo.

Gli accarezzò i capelli e le spalle, cercandogli di nuovo le labbra. Con un colpo di anca lo sbatté contro la scrivania e cadde in ginocchio alla ricerca del sesso di suo marito. Abbassò il suo costume nero e leccò dalla radice alla punta, mordicchiando come e dove piaceva a lui.

– Ju-Jude! – Lo sentì ringhiare, mentre gli tirava i capelli scuri.

– Primo cassetto a destra. – Ansimò, lasciandosi trascinare sino alla poltrona.

Quando Zero si sedé con il lubrificante in mano, lui gli si mise a cavalcioni, lasciando che suo marito lo preparasse con cura.

Non lo facevano da diversi giorni e Zero non voleva fargli alcun male.

Quando Jude si calò su di lui, ansimarono entrambi. Duellando con le lingue si mossero in perfetta sincronia, raggiungendo il piacere a poche spinte di distanza l’uno dall’altro.

– Dio! Mi sei mancato così tanto. – Ansimò Jude, contro la sua spalla sudata.

– Anche tu, stupido. – Pettinò con le dita i suoi capelli sudati, mentre con l’altra mano gli accarezzava la schiena. – Oggi sei stato bravo con Matty. Finalmente ha smesso di aver paura dell’acqua.

– Lo pensi davvero? – Domandò Jude, il viso ancora nascosto sulla sua pelle.

– Mmm? Ehi, cosa c’è?

– Niente. – Bofonchiò, stringendosi a lui.

– Sei un padre eccezionale, stupido. Perché ne stai dubitando propr… Jude? – Si allarmò, sentendolo piangere.

– Non so cosa mi sia preso. – Si giustificò una volta calmatosi.

Zero gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo in viso. – Sei un padre eccezionale. Te lo giuro. – Lo vide annuire anche se titubante. – Ciò che ti disse Oscar è stata solo la sua ultima cattiveria. Hai quattro bambini di là che sono la prova vivente di quanto lui si sbagliasse. – Gli baciò la punta del naso. – Stai dando loro solo il meglio di te. Te lo prometto.

– Grazie. – Sospirò, abbracciandolo. – Di solito non ci penso.

– Oggi è l’anniversario della sua morte, lo so. Gli altri anni non hai detto nulla.

– Ho passato la notte in bianco a guardare te e i gemelli dormire. – Confessò arrossendo. – Oggi però è stato diverso. Aver insegnato Matt a nuotare, vedere i gemelli giocare con te e Kim con Devil, non lo so. Per la prima volta ho davvero capito che stavamo crescendo quattro persone. Che stiamo insegnando qualcosa a quattro persone. Non so se quello che sto dicendo abbia un senso.

– Ti capisco. A volte non riesco a credere a ciò che abbiamo. Ma stiamo facendo bene, Jude. Lo so che è difficile, ma ci stiamo riuscendo.

– Chi lo avrebbe mai detto! – Rise incredulo.

– Io!

– Cosa?!

– Ero certo che ce l’avremmo fatta. – Jude lo guardò con gli occhi socchiusi. – Cosa?

– Sul serio, Gideon? Tu non volevi nemmeno una relazione!

– E tu non volevi ammettere di essere gay, eppure eccoci qui!

Si sorrisero.

– Eccoci qui! – Ripeté Jude, sfregando il naso contro il suo.

Devil abbaiò dalla cima delle scale, avvertendoli che i bambini si stavano svegliando.

– Quando eravamo da soli, nessuno interrompeva le nostre sessioni di sesso sfrenato!

Jude lo guardò da dietro la spalla, mentre saliva al piano superiore. – Ti stai lamentando?

– Assolutamente no! – Rise, seguendolo.

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Capitolo 12
*** ch12 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 12

Gojyina

 

– Qualcosa l’ho lasciata. Te. – Disse Oscar, con un brandy in mano.

La luce artificiale illuminava lo studio di colori ocra. Una luce troppo calda per quella stanza. Troppo confortevole. Aveva sempre odiato lo studio di suo padre.

– Per quanto ti sforzi di essere diverso, ora sei costretto ad avere a che fare con i problemi che ho dovuto affrontare per quasi venticinque anni.

Jude fece un passo indietro. Non era vero, non era come lui. Stava gestendo la squadra diversamente.

– Ci sarà sempre una parte di te che si ricorderà di me. L’istinto è difficile da controllare. – Oscar sembrava infintamente soddisfatto. – Sei un Kinkade. La cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Rise, una luce malvagia attraversò i suoi occhi sottili. – Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA… Sempre.

La sagoma di Oscar si accavallò con la propria.

Con orrore, vide se stesso allungare una mano e spingere Matthew giù per le scale.

Il piccolo rotolò sino a raggiungere il pavimento, dove si accasciò con un tonfo che, nelle orecchie di Jude, risuonò come uno sparo.

 

– No! – Urlò, mettendosi a sedere di scatto.

– Jude?

Si guardò attorno stordito. In un primo momento non riuscì a riconoscere la sua camera da letto.

– Matty. Ho spinto Matty. – Balbettò graffiandosi il braccio sinistro.

– No, stupido! – Zero gli prese il viso tra le mani. – Non faresti mai del male a nessuno di noi. Capito?

Jude batté lentamente le palpebre, cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti. – Gideon?

– Sì, stupido! Hai la febbre alta e stavi delirando. Stiamo bene, non ci faresti mai del male. Stenditi, ci sono io qui con te.

Jude chiuse gli occhi arrossati e tornò sotto le coperte. Zero gli mise una pezza imbevuta di acqua sulla fronte e gli accarezzò i capelli, pettinandoli all’indietro sino a quando non fu certo che si fosse addormentato.

Digrignò i denti.

Persino dalla tomba Oscar continuava a infastidirli.

Come potesse suo marito anche solo pensare di somigliare a quel mostro, era qualcosa di cui non riusciva a capacitarsi.

Alcune ferite non smettevano mai di sanguinare del tutto. Quando sembravano cicatrizzate, eccole che si riaprivano a tradimento.

Gli accarezzò il viso arrossato. – Guarisci e torna presto da noi, stupido.

 

– Daddy?

La voce preoccupata di Matthew attirò la sua attenzione. Posato il giornale su divano, si voltò per guardarlo.

A sei anni da poco compiuti, era il figlio più serio e giudizioso dei quattro.

– Che succede?

– Kim sta piangendo. –  Pigolò, spostando il peso da una gamba all’altra. – Pensa che Papa la odi. Le ho detto che è una stupidaggine, ma non mi crede.

– Hai fatto bene a chiamarmi. – Gli scompigliò i capelli scuri e salirono insieme in camera.

I gemelli erano ai lati del letto rosso a forma di macchinina e tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro.

– Daddy!

– Dateci un minuto, va bene? – Chiese loro, prima di avvicinarsi alla piccola, nascosta sotto le coperte. – Ehi, piccola ninja? Il tuo Papa non ti odierebbe mai e poi mai!

– Ha la febbre per colpa mia. – Bofonchiò, la voce attutita dalle coperte.

– Si sono ammalati prima i tuoi fratelli e adesso tu e Papa. A volte i virus volano in aria, non possiamo farci nulla.

Kim spostò il piumone per poterlo guardare con i suoi occhioni lucidi di pianto e di febbre. – Papa non sta mai male, però.

– Lo so tesoro, ma è umano anche lui. A volte succede. Ehi, perché non andiamo a trovarlo? Si sentirà solo in quel letto così grande.

– Davvero possiamo? – Chiese piena di speranza.

– Certo che sì! Andiamo piccola! – La prese in braccio e uscì, trovando i tre figli nel corridoio.

– Possiamo venire anche noi? – Matthew sembrava spaventato.

All’inizio Zero non capì il perché, ma poi un pensiero lo colpì allo stomaco.

Di tutti i suoi figli, lui era l’unico che conservava alcuni, seppur vaghi, ricordi della sua famiglia naturale. Era quindi probabile che fosse terrorizzato all’idea di perdere un altro genitore.

– Ehi, campioni. Papa non voleva che entraste in camera per paura di contagiarvi, ma sapete cosa? Non importa. Andiamo da lui, ma facciamo piano!

Aperta la porta, trovarono Jude sotto le coperte, il viso arrossato e madido di sudore.

Aprì lentamente gli occhi quando sentì i bambini salire sul letto. – Che succede? Gideon?!

– Hanno paura per te e gli mancavi. – Spiegò, sorridendo quando Kim si lanciò sul petto del marito, seguita da Sean e da Sky, che usò la sua spalla come cuscino.

Matt si andò a sdraiare dall’altro lato, nascondendo il viso contro il suo braccio. Poteva vederlo tremare anche sotto le coperte. Devil e Logan li raggiunsero e si accucciarono sulle coperte, lei accanto a Sky e lui ai piedi del letto.

– Direi che ci siamo tutti! – Scherzò il giocatore, stendendosi accanto a Matthew, così che sentisse la presenza di entrambi i genitori.

– Ora mi sento molto meglio. – Sorrise Jude, quando suo marito allungò una mano per abbracciarli.

– Non sei arrabbiato con me, Papa? – Chiese Kimberly, sfregando il naso contro il suo petto.

– Impossibile! – Rispose subito, tranquillizzandola.

– Che ti avevo detto? – Le sorrise Zero. – Ora facciamo riposare i due ammalati, così guariranno velocemente.

– Sapete una cosa? – Sussurrò Jude, nel dormiveglia. – Anche la febbre può essere divertente, se siete qui non me!

– Ma Papa! – Rise Kim.

– Giuro! Sto già meglio! – Mentì, sorridendo loro.

– Hai la faccia tutta rossa, – notò Sean, – se fai il pisolino poi passa!

– Hai ragione, facciamo il pisolino, così la febbre scomparirà. Può capitare di ammalarsi, non è colpa di nessuno. Ma se siete con me, guarirò prima. Ora riposatevi anche voi, o non riuscirete a giocare più tardi.

Avrebbe voluto dire di più, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.

Zero posò una mano sulla sua fronte e subito si preoccupò, sentendola ancora molto, molto calda.

Era la prima volta che i bambini lo vedevano malato. Dannazione, era la prima volta che lui stesso lo vedeva malato. Poteva capire il loro timore. Jude era sempre stato colui che si prendeva cura di tutti. Una specie di supereroe da cui andare per farsi abbracciare. Persino lui si sentiva destabilizzato adesso che lo vedeva fiaccato dalla febbre.

– Papa guarirà? – La vocina spaventata di Matt lo intenerì.

Gli baciò la cima della testa. – Certo, piccolo ninja. Serve solo un po’ di tempo.

– Non mi piace vederlo malato.

– Neanche a me, ma succede. Non dobbiamo farlo sentire in colpa, vero?

– No. – Scosse la testa.

– Allora dobbiamo avere pazienza e trattarlo come fa sempre lui, quando siamo noi quelli malati.

– Allora lo abbraccio. – Disse il piccolo, sfregando la fronte contro il braccio di Jude. – Però non so cucinare.

– Quello lo farò io, – promise il giocatore, – non devi preoccuparti. Non resterai mai da solo. Ci siamo io e Papa, Kim e i gemelli, Miguel, zia Jelena e zia Lionel, poi c’è nonno Michael che farebbe di tutto per voi.

– E Devil e Logan.

– Certo, anche Devil e Logan. – Confermò, accarezzandogli i capelli. – Non aver paura, siamo tutti qui con te.

Matt sorrise, abbandonandosi finalmente al sonno.

Zero vegliò sulla sua famiglia sino a quando i gemelli non iniziarono a sbadigliare e a strofinare i visi su Jude.

– Fanno ancora il riposino? – Bofonchiò Sky.

– Lasciamoli dormire, così guariranno prima. – Sussurrò Gideon.

– Papa guarisce perché lo abbracciamo. – Disse Sean, stropicciandosi un occhio.

L’uomo gli accarezzò la testolina scura.

Avevano dei bambini davvero eccezionali. Intelligenti, generosi e gentili.

Era certo che il merito maggiore lo avesse Jude, che aveva fatto di tutto per proteggerli dai gossip e dai giornalisti, permettendo loro di avere un’infanzia il più normale possibile. Non solo. Li stava crescendo con pazienza e attenzione. Mai lo aveva visto adirato, mai aveva alzato la voce con loro. I loro figli si sentivano al sicuro con lui, lo consideravano una certezza.

Sapevano che il lavoro di Zero lo portava ogni tanto via per qualche giorno, ma Jude era sempre con loro.

Per questo trovava assurdo che suo marito ancora temesse di diventare come Oscar. I loro figli erano la prova vivente dell’abisso che c’era tra i due.

– Daddy, andiamo a prende il succo per Papa e Kim? – Domandò Sky. – Papa ce lo dà sempre quando siamo ammalati, dice che dobbiamo rimanere diratati. Ah, no, iradati.

Idarati! – Lo corresse Sean, roteando gli occhi.

– Idratati. – Rise il giocatore, spostando la coperta. – Avete ragione. Prendiamo tutti i bicchieri e i succhi di frutta.

Scesero senza fare rumore, i gemelli presero una bottiglia ciascuno e il padre si occupò delle tazze colorate.

Tornati al piano superiore posarono tutto sui due comodini, per poi tornare sotto le coperte.

Kim tossì nel sonno e Jude si svegliò controllando subito la sua fronte.

– Papa? – Sussurrò Sky. – Stai meglio?

– Sì, grazie ai vostri abbracci! – Lo rassicurò sorridendo. – Devo solo misurare la febbre a tua sorella e…

Zero lo fermò prima che si alzasse. – Rimani steso. Sean prendi il termometro, per favore, è sul comodino. Sky, controlla che anche Papa si misuri la febbre.

– Gideon, sto molto meglio. – Provò a protestare.

– Jude, sei bollente e non nel modo in cui piace a me, e hai gli occhi lucidi. I bambini sono preoccupatissimi. Resta sotto le coperte con Kim, ci prenderemo cura di voi.

Suo marito annuì con un sospiro sconfitto. – Vorrà dire che riposerò ancora un po’, così la febbre passerà più in fretta. – Si morse il labbro inferiore. – Non dovreste stare nel letto con noi, potreste ammalarvi di nuovo.

– Non importa. Non ti lasciamo. – Disse il giocatore, accarezzandogli i capelli fino a quando non si fu riaddormentato.

Cercò di contenere la preoccupazione quando lesse la loro temperatura, non volendo allarmare i gemelli.

– Stanno meglio, Daddy? – Chiese Sky.

– Dobbiamo abbracciarli ancora un po’.

– Va bene! – Accettarono subito i due e si accoccolarono meglio sul loro Papa.

 

– Jude? Stai avendo una reazione eccessiva.

Zero sistemò la coperta sui due malati e accese loro la televisione.

Aveva anche cosparso di cuscini l’angolo del divano così che i due fossero più comodi. Era il primo giorno che riuscivano ad alzarsi dal letto e voleva che si sentissero confortevoli.

– Non diciamo sciocchezze! – Borbottò, per poi ricominciare a respirare nel sacchetto di carta. – Sono i nostri figli.

– Lo so.

– Gideon! Dove ho sbagliato con loro?

– Vedi? È una reazione eccessiva!

– Mi hanno detto che non gli piace il basket! Come posso non avere una reazione eccessiva! – Esclamò, con tutta la voce che il suo mal di gola gli concedeva. – Il baseball e il tennis! Tsk! Gli piace guardare quella roba, neanche giocare! Guardare!

Zero sedé accanto al suo drammatico marito. – L’importante è che siano bambini sani ed educati, no? – Abbracciò i suoi due ammalti, baciando le loro teste. – Crescendo magari cambieranno idea.

– Ho fatto realizzare la linea Devils per bambini proprio per loro. – Si lamentò, posando la fronte calda sulla sua spalla, in cerca di conforto.

– Ma noi li amiamo indipendentemente dalle loro scelte di vita. – Gli ricordò.

– È vero. – Ammise sconsolato, rivolgendosi poi alla piccola Kim. – A te piace il basket, vero? – Chiese con la voce colma di speranza.

– Preferisco Barbie! – Zero e Jude scoppiarono a ridere, abbracciandola. – Papa?

– Dimmi, cucciolo.

– Per Natale mi regali una sorellina? – Chiese, stropicciandosi un occhio.

I due la guardarono sorpresi, poi Jude le rivolse un sorriso triste. – Ti senti sola?

– Non proprio. Non lo so. Matt ha Sean e Sky con cui giocare ai ninja. Ma io non ho nessuno. Amanda e Alyssa non sono proprio come avere in casa delle sorelle.

Gideon le baciò la testa. – Ci proveremo, tesoro. – Promise, mentre Jude le accarezzò la schiena sino a quando non si fu addormentata. – Ehi, stupido? Ti stai di nuovo perdendo nella tua testa.

– Non pensavo che si sentisse sola.

Il giocatore gli accarezzò la fronte. – Nemmeno io, ma ce lo ha detto adesso. Forse non lo sapeva neanche lei. – Gli sorrise, sfregando la punta del naso contro la sua tempia. – Cosa ne pensi?

– Non lo so. Non era mia intenzione avere altri bambini, ma se lei vuole una sorella, penso che potremmo accontentarla.

– Stavolta mi permetterai di aiutarti di più?

– Assolutamente no! – Fu la sua categorica risposta. – Fino a quando sarai un giocatore dei Devils, niente notti in bianco per te.

– Ti amo, stupido. Anche se sei testardo!

– Ti amo anch’io, per lo stesso identico motivo.

– Ora riposa anche tu o l’influenza non ti passerà mai.

Jude annuì e si stese sui cuscini, sistemando la coperta sulle spalle di Kim. Zero gli fece posare la testa sulla sua spalla e strinse a sé i due malati.

 

Jelena e Miguel andarono a trovarli il sabato successivo.

– Zia Lena! – Trillò Kim, felice di vederla.

– Ehi, piccola guerriera. Come stai? – Le chiese, sedendosi sul divano vicino a lei.

– Meglio. Tra poco mi passerà la febbre e per Natale avrò una sorellina! – Annunciò eccitata.

Jelena sollevò un sopracciglio, guardando Jude, accanto alla figlia.

– Si sente sola, insomma, è l’unica ragazza della famiglia. – Balbettò arrossendo.

Matthew e i gemelli scesero le scale e saltarono addosso a Miguel.

– Mi insegni i numeri? – Chiese subito Matthew.

– Prima i dinosauri! Li conosce tutti! – Esclamò Sky ammirato, aggrappato alla sua gamba destra, mentre il gemello s’impossessava della sinistra.

– Ehi, piccoli ninja, – li chiamò Zero, uscendo dalla cucina, – liberate il prigioniero e venite a sedervi qui. Mi spiace, amico! – Rise, dando una pacca sulla spalla del ragazzo. – Adesso vi porto del succo di frutta.

I bambini presero posto ai tavoli bassi  che usavano per mangiare, trascinando Miguel con loro.

Jelena, elegantissima nel suo completo bianco giacca pantalone, continuava a guardare Jude.

– Cosa?

– Hai intenzione di formare una seconda squadra di basket? Non ti basta la nostra?

– Ce la posso fare. – Sussurrò per non svegliare Kim, assopitasi abbracciata alla sua ninja rosa.

– Almeno prendi un tata, qualcuno per…

– No. Non cresceranno con degli estranei. – Decise perentorio. – Faremo come sempre, se dovessimo adottare una bambina molto piccola, allora lavorerò da casa.

Incrociò le braccia al petto e scosse la testa, facendo risuonare i pendenti in oro bianco che le adornavano i lobi. – So che faresti di tutto per i tuoi figli, ma…

– Tra quattro e cinque non c’è molta differenza. – Le fece notare.

– Ma non saranno cinque. Lo sai tu come lo so io. Sceglierete due sorelle o un fratello e una sorella, così che non vengano adottati separatamente.

– È possibile. – Ammise, massaggiandosi le tempie.

– Potrei scommettere la mia poltrona e sai quanto ci sia attaccata!

Zero li raggiunse porgendole una tazza di caffè. – Tutta questa preoccupazione per Jude è inquietante. – La prese in giro, sedendosi accanto la marito. Subito posò una mano sulla sua fronte, lieto di sentirla molto meno calda rispetto ai giorni precedenti.

– Resta il presidente e il maggior azionista. Controllo che non si ammazzi.

– Melodrammatica. – Borbottò, posando la testa sulla spalla di Zero. – Posso gestire lavoro e famiglia. L’ho sempre fatto.

– Questo prima di adottare altri due bambini!

– Due?! – Le fece eco il giocatore. – Perché due, Jude?

Jelena roteò gli occhi. – Siete insopportabili!

– Per quanto riguarda la squadra? Pete ha rinnovato il contratto? – Le domandò, posando la testa sulla spalla di Zero.

– Sì, ha voluto un aumento del premio obiettivo alla fine dell’anno, ma nulla che non possiamo permetterci. I ragazzi si fidano di lui, sostituirlo sarebbe stato difficile.

– Prima o poi se ne andrà. Resta solo per Ahsha, che è la coreografa delle ragazze, ma anche lei un giorno andrà via.

– Pensi che Derek vorrà fare l’allenatore quando avrà lasciato l’agonismo? – Domandò la donna, sorseggiando il caffè.

– Mi aveva accennato qualcosa tempo fa.

Jelena indicò Zero con la testa. – E il “principe consorte”?

– Ho scelto altro. – La sua risposta attirò la loro curiosità. Non aveva ancora avuto il tempo di parlarne con Jude. – Farò l’opinionista sportivo. Gli studi non sono lontani e potrei anche collegarmi da qui. Così potrò essere più presente quando i bambini saranno adolescenti.

Suo marito gli strinse una mano. – Sei sicuro?

– Sì. Poi sarà divertente commentare il lavoro altrui stando comodamente seduto! – Scherzò, facendolo sorridere.

– Bene, vorrà dire che Jude avrà più tempo per i Devils. – Commentò lei, guardando l’orologio. – Miguel, andiamo o faremo tardi.

Il ragazzo sorrise ai bambini, promettendo loro che sarebbe tornato a giocare ancora con loro.

– Matt è portato per la matematica. – Commentò salutando i due adulti.

– Così sembra, anche se non ama il basket. – Sussurrò Jude. – Nessuno di loro è appassionato di sport.

– Ahia.

– Già.

Zero sbuffò una mezza risata. – Non ricominciare, melodrammatico. – Lo ammonì, rivolgendosi poi al ragazzino. – Ehi, campione! Dove devi andare di sabato pomeriggio?

Miguel deviò il suo sguardo indagatore. – Festa. Un compleanno. Niente.

– Oh! Chi è lei?

– La mia compagna di classe de… No! Non fare quella faccia! – Sbottò, guardando Zero sorridere allusivo. – Vado, ciao!

Jelena sollevò un sopracciglio scuro. – Fossi in voi, non prenderei in giro la vita sentimentale altrui. Presto avrete decine di ragazze e ragazzi, qui fuori, alla ricerca dei vostri figli!

– Sul mio cadavere. – Promise Zero, accompagnandola alla porta.

– Ehi, malato! Il mese prossimo dobbiamo organizzare la raccolta fondi per Mary e Paula. Vedi di rimetterti per allora! – Lo salutò, raggiungendo Miguel che la aspettava vicino all’auto.

– Tsk! Ragazzi alla porta. – Brontolò il giocatore, tornando dal marito. – Ce n’è di tempo per quello!

– Non ti starai già preoccupando, vero? – Lo prese in giro, lasciandosi abbracciare. – Melodrammatico.

– Ho ancora tempo per farmi il porto d’armi.

– Gideon!

 

Jude e Zero sorrisero a Mary, che corse ad abbracciarli.

– Grazie per il vostro prezioso aiuto! – Disse loro.

– Non scherzare, è il minimo che possiamo fare! – La tranquillizzò Zero. – La raccolta di beneficienza sarà un successo. Hanno aderito diversi programmi televisivi e il nostro ufficio stampa si sta occupando sei social.

Passeggiarono per l’edificio, notando preoccupati alcune crepe e i segni di muffa sui soffitti.

– Se non facciamo qualcosa, l’ufficio d’igiene ci farà chiudere e non saprei come fare con i bambini.

Passarono per la nursery e sorrisero a una doppia culla, con due bambine, addormentate una di fronte all’altra, in una posizione che ricordò loro Sean e Sky durante i loro primi anni di vita.

D’improvviso spuntò una bimba di circa due anni, che si frappose tra loro e la culla.

– Wow! Principessa guerriera! – Sorrise Gideon, inginocchiandosi di fronte a lei. – Non vogliamo farti del male. Sono le tue sorelline?

Lei lo guardò un lungo istante, prima di annuire.

Jude fece un passo indietro. – Mary?

– Sono tre sorelle. – Iniziò a spiegare. – Orfane, sono state affidate alla nonna materna, che è deceduta la settimana scorsa. Amethyst, la sorella maggiore, è molto protettiva, come puoi vedere. Ha solo due anni, ma non permette a nessuno di avvicinarsi a lei o alle sorelle. Io ho impiegato un pomeriggio per farmi accettare, spiegandole che volevo solo cambiarle e dar loro da mangiare.

– Forse ha trovato qualcuno di cui potersi fidare. – Sussurrò con un caldo sorriso, quando vide suo marito con la bambina.

Li guardò insieme e una sensazione di calore gli invase il petto.

Forse era il sorriso di Zero o i capelli biondi di lei, ma sembravano davvero padre e figlia.

Era una follia. Una di quelle che non era solito fare. Eppure nulla gli era sembrato più sensato di quello.

– Mary, puoi farmi una cortesia?

– Tutto ciò che posso! – Rispose subito la donna.

– Potresti preparare i documenti per l’adozione?

– Jude? – Domandarono in coro sia lei che il giocatore. Mary scioccata, lui pieno di speranza.

– Kimberly si sente sola e noi non vogliamo che queste tre piccole vengano separate, vero? Anche le guerriere devono avere un posto in cui riposare. – Amethyst lo guardò con attenzione. – A casa abbiamo tre ninja, due cani guardiani e una principessa solitaria che avrebbe tanto bisogno di sorelline con cui condividere i suoi giochi.

Gideon cercò le foto sul cellulare e gliele mostrò. – Loro sono Logan e Devil. Questi piccoli diavoli sono Matt, Sean e Sky. Lei è Kimberly.

Amethyst posò una manina sulla sua, attratta dal ninja rosa che aveva la bambina della foto.

– Ne vuoi uno anche tu? – La vide annuire. – Va bene, allora ne prenderemo uno per te e uno per le tue sorelline, così ognuna di voi avrà il suo.

– Bambola rosa. – Disse puntando il dito sulla foto.

– Certo, piccola guerriera, è una bambola rosa.

Amethyst gli sorrise, grattandosi il nasino.

Jude s’intenerì di fronte al sorriso di suoi marito e li lasciò nella nursery per fare un paio di telefonate.

Mary attese che finisse prima di avvicinarlo. – Sei sicuro di farcela?

– Sette è numero perfetto, no? – Scherzò, passandosi una mano tra i capelli. – Non lo so, ma ci riuscirò. Ho visto quel sorriso sul viso di Zero solo con i nostri figli e quella bambina è così coraggiosa e protettiva. È davvero una piccola guerriera e merita di avere un’infanzia normale.

– Siete delle persone davvero buone. – Sorrise commossa.

– Ci proviamo! Ma non dirlo a mio marito, ama ancora interpretare la parte del cattivo ragazzo.

Risero insieme, mentre Jude aspettava i rinforzi.

 

– Avete ufficialmente formato una squadra di basket più due riserve. – Esordì Lionel, togliendosi gli occhiali da sole. Il suono dei suoi tacchi riecheggiò nella hall dalle pareti verde chiaro. – I seggiolini sono nella mia auto. Dove sono le nuove Kinkade?

– Grazie per l’aiuto. – Disse Jude. – Zero sta mostrando altre foto alla piccola Amethyst.

– Amethyst? Bel nome.

– Le gemelle si chiamano Amber e Agatha.

– Quanti anni hanno?

– La maggiore due anni e le gemelle nove mesi e mezzo.

– Te la senti di ricominciare con i pannolini e gli omogeneizzati?

Jude si passò una mano tra i capelli. – Appena vedrai il viso di Gideon, saprai la risposta. Oh, eccoli qui.

Zero arrivò con la piccola Amethyst in braccio, aveva il sorriso più luminoso che Lionel gli avesse mai visto. Mary era accanto a lui, con due fagotti uno rosa e uno bianco.

– Gideon è stato l’unico a conquistare subito la fiducia di quella bambina. Ne va molto orgoglioso. – Spiegò all’amica, andando a prendere le due gemelle.

L’attrice inforcò gli occhiali scuri. – Insegna loro a chiamarmi nonna e ci saranno delle ripercussioni!

– I bambini ti chiamano zia. – Le fece notare Jude, sollevando un sopracciglio scuro. Emise un sospiro sconsolato. – Jelena mi prenderà in giro per il resto della mia vita. Oddio! Non lo hai detto a Michael, vero? – Si allarmò immediatamente.

Il sorriso soddisfatto di Lionel gli procurò un brivido di puro terrore.

 

– Credo che abbia superato se stesso. – Decise Gideon, scendendo dalla macchina.

Accanto alla porta di casa c’erano tre orsacchiotti alti quasi due metri, uno rosa, uno lilla e uno verde chiaro e ben dodici scatole piuttosto grandi.

– Non siamo mai riusciti a fermarlo. – Si limitò a dire, slacciando la cintura delle gemelle.

Sorrise vedendo come la piccola Amethyst allacciò le braccia al collo di Zero. Era felice che fosse finalmente il genitore più richiesto.

Non che i loro figli non lo amassero, ma il primo che chiamavano era Jude perché sapevano che il lavoro di Zero lo impegnava anche fuori casa, mentre lui lavorando anche dallo studio, era una certezza.

Era stato questo uno dei motivi che lo avevano spinto a chiedere le tre bambine in adozione.

Si augurò solo di avere l’energia sufficiente per ricominciare con le notti in bianco. Aveva notato che le gemelle avevano giusto un paio di dentini a testa.

Con l’aiuto di Lionel, mise le piccole nella culla portatile ed entrò in casa.

– Papa! Daddy! – Kim cominciò a saltellare per il soggiorno. – Anche io ho le sorelline! Anche io ho le sorelline! Ciao zia Lio! – Trillò, aggrappandosi alla gamba dell’attrice, che le sorrise.

– Hai visto che bella sorpresa? – La prese in braccio. – Adesso sediamoci o le spaventeremo.

– Tutti sul divano. – Disse Gideon. – Vi dobbiamo presentare qualcuno. – Quando i bambini furono ai loro posti, sedé accanto a Jude. – Lei si chiama Amethyst Jane, ha due anni. Loro sono Amber Lillian e Agatha Lorelai e hanno nove mesi e mezzo. Sono piccole e dobbiamo fare attenzione con loro. Avete voglia di presentarvi?

Matt fu il primo a parlare. – Sono Matthew Robert Kinkade. Ho sei anni e vado a scuola. Mi piace nuotare e anche giocare a tennis.

– Io sono Sky Lionel Kinkade, ho cinque anni, mi piace colorare e giocare a baseball.

– Mi chiamo Sean Michael Kinkade e sono il gemello di Sky. A me piacciono i dinosauri e basta. Sono più ragionevole di mio fratello.

– Non c’era bisogno di dirglielo! – Protestò Sky.

– Ma lo dice sempre Papa che sono più ragionevole di te!

– Uffa.

Kim si imbronciò. – Smettetela di bisticciare, tocca a me presentarmi! Sono Kimberly Serena Kinkade. Ho quattro anni. Io vado in ufficio con Papa e ho delle amiche e insieme poi aspettiamo i nostri Daddy e mangiamo insieme. I nostri Daddy giocano in mutande. Poi noi facciamo il pisolino e poi arriva Papa e mi porta a casa. Però mi piace avere delle sorelle, perché le mie amiche hanno una casa loro. Invece voi starete qui con me! – Si voltò verso i gemelli. – Adesso potete bisticciare di nuovo. Tanto la più ragionevole sono io!

– Ben detto, principessa! – Esclamò Zero. Amethyst sbadigliò e posò la testa sulla spalla del giocatore. – Andiamo a fare il pisolino?

– Dorme con noi? – Chiese Sky, incerto. – Non ci stiamo tutti nella macchinina rossa.

– Per i primi giorni dormiranno con me e Daddy, – disse Jude, – quando Amy si sentirà a suo agio con noi, poi decideremo cosa fare.

– Vi lascio al vostro riposino, – disse Lionel, – passerò a trovarvi domani, però. – Promise a Kim che subito le sorrise. – Alle scatole qui fuori pensate voi?

Jude annuì. – Me ne occupo subito. Grazie per essere venuta ad aiutarci.

– Non ti affaticare. – Gli disse con un lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.

Jude impiegò mezz’ora a portare in casa tutti i regali di Michael.

Salito in camera, sorride guardando la sua famiglia al gran completo.

Amethyst si era addormentata sul petto di Zero incurante del vociare attorno a lei.

Mentre i bambini stavano tempestando di domande il loro Daddy.

– Eravamo piccoli come loro? – Indagò Sky, guardando le gemelline, la cui culla era stata posizionata al centro del letto.

– No, eravate molto più piccoli. – Rispose Zero.

– Wow! – Esclamò scioccato. – Ma più piccoli di così è come la bambola di Kim!

– Quasi, sì. – Sorrise loro Jude. – Adesso lasciamole riposare. Più tardi risponderemo alle vostre domande, promesso. Abbiamo anche mezzo soggiorno da sgomberare.

– Ringrazia Lionel! – Lo prese in giro Zero, guardandolo di traverso. – Jude?

– Mmm?

– Grazie.

Jude gli sorrise, regalandogli quell’espressione di pura dolcezza che ancora sapeva artigliare il suo stomaco. Alcuni sentimenti non sarebbero mai cambiati, pensò il biondo, guardando i suoi bambini uno ad uno. – Davvero, Jelena ci prenderà in giro per il resto delle nostre vite! – Pensò una volta di più, guardando suo marito, prima di ridacchiare insieme a lui.


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Capitolo 13
*** ch13 ***


Hit the Floor 4

Capitolo 13

Gojyina

 

Jude si svegliò sul divano. Disorientato si guardò intorno e sorrise alle gemelle che dormivano sul suo petto, protette dalla fascia. Controllò la loro temperatura e tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che la febbre era sparita.

Purtroppo la dentizione delle piccole si stava rivelando difficile. Tra febbre alta, dolore, diarrea e altri sintomi antipatici che non permetteva loro di dormire bene la notte.

Jude si rese conto di quanto fosse stanco lui stesso. Sette bambini al di sotto dei sei anni era seriamente impegnativo, tanto da non permettergli nemmeno di seguire la squadra come faceva un tempo.

Accese la televisione e abbassò il volume per non svegliare le bambine.

–… Non se la passano bene nemmeno i Devils, che sono soltanto al quarto posto. Non c’è da stupirsi, – rise il telecronista, – tra giocatori vecchi o fuori forma e il presidente occupato con il suo asilo personale, – sullo schermo apparve una foto di uno degli ultimi selfie di Gideon, che ritraeva la famiglia al completo, – per la squadra di Los Angeles si prospettano tempi duri!

Jude spense la televisione, iniziando a respirare a fatica.

Quando Zero rincasò, una ventina di minuti dopo, lo trovò seduto sul divano, rantolante, e subito corse da lui.

– Jude? Jude! – Lo abbracciò, posandogli una mano sul viso. – Respira con me, bravo così. Inspira, espira. Di nuovo. Bravo, continua così. – Attese che si fosse calmato, prima di salire in camera e prendere un plaid.

Quando tornò da lui, lo avvolse nel caldo tessuto e pretese una spiegazione.

– Colpa mia. Ho acceso la televisione.

Il biondo strinse gli occhi. – Cosa hanno detto? E non minimizzare perché lo verrò a sapere domani negli spogliatoi.

– Che la squadra fa schifo perché sono impegnato con il mio asilo privato. – Sentì suo marito tremare di rabbia. – Sai come funziona, tesoro. Meglio lasciar correre, così non ci saranno polemiche.

– Jude, possono insultarmi fino allo sfinimento, non mi importa, ma la mia famiglia non si tocca.

– Questo è il prezzo della fama, lo sai. – Sussurrò, posando la fronte sulla sua spalla.

– Non è colpa tua, stupido. Derek è appena tornato dopo un infortunio, io in questo periodo dell’anno sono sempre fuori forma e i nuovi giocatori si stanno ancora ambientando.

– La mia presenza limita gli acquisti. I giocatori cristiani non firmerebbero mai un contratto con un presidente gay.

– Smettila, stupido. Abbiamo un’ottima squadra, ma non sempre si può vincere, lo sai. Non è colpa tua. Stai facendo di tutto per noi. – Gli accarezzò il viso. – Sei stanco, lo vediamo. Ma non devi fare sempre tutto da solo.

– Oddio! Dove sono i bambini?! – Domandò scioccato, notando la loro assenza solo in quel momento.

– Vieni a vedere. – Lo aiutò ad alzarsi, perché ancora spossato dall’attacco di panico precedente.

– Hanno usato le scale? È pericoloso per le bambine!

– Shh! Hanno tre fratelli e due cani da guardia. – Gli ricordò, avvicinandosi alla stanza dei gemelli. – Guarda.

I cinque erano stesi sul letto a forma di macchinina rossa.

Sean russava sulla schiena di Sky che teneva Kim per mano. Accanto a loro Matt aveva la piccola Amy sul petto e, con voce bassa e gentile, le stava raccontando fatti casuali avvenuti negli ultimi giorni. Il suo tono ricordava molto quello che usava sempre Jude per farli addormentare.

Soprattutto al tempo dei gemelli, Jude non conosceva favole o ninne nanne, così aveva iniziato a raccontare ai piccoli della sua giornata o di Gideon e Lionel. Racconti vari, sussurrati con gentilezza, che avevano un effetto soporifero.

Ai piedi del letto, Devil e Logan sollevarono la testa e puntarono i musi verso la porta. Quando furono riconosciuti, tornarono a sonnecchiare l’uno sull’altro.

– Hai visto? – Sorrise Zero, conducendolo nella loro camera da letto. – Va tutto bene, non sei da solo. Riposati, ci sono io qui. – Lo coprì con cura e Jude crollò non appena posata la testa sul cuscino.

Zero accarezzò le teste bionde delle bambine e rimase a lungo in silenzio, meditando vendetta. Prese il cellulare pronto a chiamare l’avvocato, quando trovò una decina di messaggi dei compagni di squadra. Distese le labbra in un sorriso predatore.

 

Jude si svegliò sentendo una pioggia di baci sul viso. Sorrise e aprì gli occhi, specchiandosi in quelli di suo marito. – Sei di buon umore. – Notò, cercando le gemelle che non erano più con lui. Si rilassò quando le vide nella culla portatile, ancora profondamente addormentate.

– Vuoi la storia intera o quella breve?

Si accoccolò contro di lui. – Breve.

– I social si sono scagliati contro quel giornalista. Oltre alle comunità gay, sono insorte anche le famiglie con bambini adottati, quelle arcobaleno, l’Unicef e tutte le associazioni che si occupano a livello mondiale di salvaguardare i bambini meno fortunati. La rete televisiva ha mandato un comunicato in cui si è scusata per il giornalismo troppo “aggressivo”. Tsk! Aggressivo, lo hanno chiamo! – Ringhiò, adombrandosi.

– Allora tutto è finito bene, no?

– Nessuno ha accettato quelle scuse e la polemica continua.

– A me interessa solo che non importunino i bambini. Matt e i gemelli hanno scuola lunedì.

– Dubito che qualcuno lo farà. È impopolare darci contro. Le fans Zude si inferociscono. Carina questa fanart, la voglio stampare. – Borbottò guardando il cellulare.

– Cos’è una fanart? – Jude sollevò il viso, guardandolo confuso.

– Disegni fatti dai fans. Guarda. – Gli occhi verde chiaro di suo marito si allargarono così tanto da farlo assomigliare a uno dei pupazzetti che usava per coprire il volto dei loro figli su Instagram. – Jude?

– Co-Che, cosa, cosa che, cosa? – Iniziò a balbettare, rosso come un pomodoro maturo. – Sono nudo. Perché sono nudo? E sei nudo anche tu e… e quest’altra cos’è?! Usano Photoshop?!

– Dimentico sempre che non hai tempo per i social. Quindi tu non hai mai letto nemmeno le nostre fanfiction, giusto?

– Non voglio sapere cosa siano. – Decise, infilando la testa sotto al cuscino.

– Storie su di noi scritte dai nostri fans. Esistono da prima che ci mettessimo insieme!

– Cosa?! – Tornò a guardarlo scioccato.

– Zude esiste dalla mia presentazione con i Devils. Ricordi? Ti ringraziai per avermi portato a Los Angeles e tu sorridesti alle telecamere. È allora che è nata la ship Zude.

– Ma se neanche pensavo a te in quel senso!

– Lo so, eravamo troppo impegnati a cercare le cose sbagliate. – Gli baciò una tempia. – Per fortuna siamo rinsaviti.

Jude gli sorrise con dolcezza. – Hai ragione. – L’occhio gli cadde su un sito di fanfiction e lesse distrattamente alcune trame. – Non riesco a crederci. – Si sollevò su un gomito. – La cosa che hai fatto per il nostro anniversario con la piuma di struzzo, l’hai trovata qui?!

– È una fonte di ispirazione. – Borbottò, scrollando le spalle.

– Oh, mio Dio! – Esclamò, nascondendosi di nuovo sotto al cuscino.

 

– Papa, quando viene nonno Michael? – Domandò Sky, addentando un pezzo di mela.

– Domani pomeriggio. – Rispose Jude, seduto sul pavimento accanto ai tavolini. Per sua fortuna alle gemelle piacevano le mele e le pere grattugiate e farle fare merenda era molto semplice.

– Possiamo andare in piscina con lui? – La voce di Matt era piena di speranza. Adorava nuotare in piscina nella calde giornate estive. Assurdo ricordando quanto, da piccolo, avesse avuto paura dell’acqua.

– Penso di sì. Dipende da lui, non possiamo forzarlo. Voi però potete andare, è stata pulita apposta.

Amy si stropicciò un occhio con una mano e tirò la manica di Jude, così che si potesse girare, permettendole di salirgli in grembo.

Dopo avergli buttato le braccia al collo, gli baciò una guancia.

Aveva notato che lo faceva sempre quando dava da mangiare alle gemelle.

– Ehi, piccola guerriera, non ti devi preoccupare. A te e alle tue sorelline ci pensiamo noi. – La rassicurò con un sorriso gentile. – Hai dato un nome agli orsacchiotti che ti ha regalato nonno Michael?

– Non ancora. – Pigolò, sbadigliando contro il suo petto.

– Allora dobbiamo inventare qualcosa. Nomi corti, così li ricorderemo più facilmente. Mally, Molly, Tolly, Tilly…

– Tilly! – Decise la piccola. – Rosa.

– Tilly l’orso rosa, Tally quello lilla e… Telly quello verde?

– Sì!

Sky e Sean cominciarono a prendersi a gomitate, facendo cenno con la testa a Matt che fece loro segno di no.

Kim sbuffò, roteando gli occhi, in una mimica che a Jude ricordò Lionel.

– Maschi! Sempre a fare confusione! – Sbottò, posando la testa sul braccio del suo papà. – La cagnetta di Miguel ha avuto tre cuccioli. Possiamo prenderli noi?

– Tre cuccioli?! – L’uomo inarcò le sopracciglia. – Tesoro, non credo che…

– Ma sono tre fratelli! Non vogliamo che siano divisi! Per favore Papa! – Pigolò, sbattendo gli occhi, altro gesto che gli ricordò drammaticamente la sua migliore amica.

– Tu sei stata troppo in compagnia di zia Lionel. – Decise, atteggiando le labbra a un lieve broncio. – Quando stasera torna Daddy, lo chiederemo anche a lui.

– Abbiamo già i nomi! – Disse lei, come se questo potesse essere un incentivo. – Thor, Hulk e Groot!

– Dovete stare lontani anche dai film Marvel. – Borbottò tra sé, guardando l’orologio. – Avete voglia di fare il riposino? – Chiese ai figli più grandi che scrollarono le spalle.

Non erano più obbligati, ma spesso lo facevano per tenere compagnia ad Amy e alle gemelle. Kim ancora lo faceva volentieri, ma i maschietti di solito preferivano fare altro. Matt si era appassionato alla matematica e i gemelli avevano ricevuto in regalo dal nonno decine di libri sui dinosauri.

Non fu sorpreso quando solo Kim accettò di salire in camera, mentre i bambini scelsero di studiare.

C’erano stati alcuni cambiamenti al secondo piano.

Quando aveva iniziato la scuola, Matt aveva scelto di dormire in una camera tutta sua. Kim aveva diviso la sua con Amy, per questo avevano comprato loro un bel letto lilla a due piazze, mentre la nursery era nella stanza accanto alla loro.

Per il sonnellino pomeridiano le due bambine dormivano nella loro cameretta e le gemelle restavano con loro nella culla portatile, con Devil a fare da guardia, dato che Logan non lasciava quasi mai il fianco di Matt.

Forse era per questo che volevano dei cuccioli, così che anche i gemelli e Kim avessero un cane tutto per loro.

Accese il baby monitor e lasciò dormire le bambine. I maschietti erano rimasti in soggiorno, seduti ai loro tavolini.

Cogliendo al volo quel momento di quiete, andò nello studio a lavorare.

Quando Zero tornò a casa, li trovò così. – Ehi, piccoli lettori! – Sorrise quando i tre figli corsero ad abbracciarlo.

– Possiamo avere dei cuccioli, Daddy? – Chiese subito Sky, da sempre il più impaziente. – Papa dice che se anche tu sei d’accordo possiamo!

– J-Jude? – Balbettò, non sapendo cosa dire.

Suo marito lo guardava appoggiato allo stipite della porta dello studio. – Hanno anche i nomi! – Rispose con tono semiserio. – Almeno fategli togliere la giacca.

Prese il borsone del marito e lo portò nella lavanderia del seminterrato.

– Sono i cuccioli di Betty. – Spiegò Sky, saltellando intorno al padre.

– Chi è Betty? – Domandò Zero, afferrandolo per la vita.

Il bimbo scoppiò a ridere – La cagnetta di Miguel.

– Ha avuto tre cuccioli, – spiegò Matthew, seguendoli sul divano, – vuole darli a qualche amico. Ma così saranno divisi! Non possiamo dividere tre fratelli!

Zero smise di sorridere. – Capisco. – Gli scompigliò i capelli. – Non possiamo permetterlo.

Jude tornò da loro e sedé accanto a Sean, che subito si arrampicò su di lui per farsi abbracciare. – Daddy ha detto di sì!

– Ne ero certo. Fa tanto il brontolone, ma è di buon cuore.

– Ehi! – Protestò il diretto interessato.

– Ho già chiamato Miguel, ci porterà i cuccioli appena saranno svezzati.

Mentre i bambini rotolavano sul pavimento, abbracciandosi felici, Zero posò la testa sulla spalla del marito. – Gli hai chiesto di sterilizzarla, vero?

– Forse. – Sbadigliò, passandosi una mano sul viso. – Sono tre Akita Inu.

– Che sarebbe?

– Una razza giapponese. Miguel ha visto il film con Richard Gere e se n’è innamorato, così Jelena gliene ha comprato uno per il compleanno.

– Aspetta, non c’è a Tokyo la statua di un cane simile? Quello che attese il padrone per anni e anni alla stazione di Shibuya senza sapere che lui era morto sul lavoro. Da questa storia hanno poi tratto il film. Jude, sono cani piuttosto grandi. – Commentò, iniziando a preoccuparsi.

– Abbiamo spazio. Spero che Logan e Devil li accolgano senza problemi.

– Sono i cani più buoni del mondo! – Rise della sua preoccupazione. – Le bambine dormono di sopra?

– Sì, Kim è andata a far compagnia ad Amy e alle gemelle.

– Dovresti riposare anche tu. – Gli accarezzò il viso un po’ pallido. Sapeva quanta fatica stesse facendo Jude, anche se non glielo diceva apertamente. Sette bambini erano impegnativi da gestire, senza contare che non voleva l’aiuto di estranei.

Con le gemelle e i loro problemi di dentizione, nelle ultime settimane aveva dormito pochissimo.

– Non potevo lasciare i bambini senza nessuno a controllarli.

– Adesso ci sono io. Vai a riposarti. Penserò anche alle bambine quando si sveglieranno. – Gli baciò le labbra e lo sospinse verso le scale.

– Grazie! – Gli sorrise Jude, salendo al piano superiore.

– Piccoli ninja, avete dei compiti da fare? – Domandò ai bambini ancora sul pavimento.

– Matematica. – Rispose Matt.

– Dinosauri! – Dissero in coro i gemelli.

– Daddy, se vuoi fare il riposino con Papa, possiamo andare a studiare nelle nostre camere. – Propose il figlio maggiore. – Tutti i libri li abbiamo lì!

– Sei un piccolo genio. Forza, andiamo!

Controllate le bambine, il giocatore andò da Jude. Non si stupì nel trovarlo già profondamente addormentato.

Aveva sposato una delle persone più testarde del mondo, pensò mentre lasciava la porta aperta.

Si sdraiò accanto a lui e sorrise.

Poteva sentire i gemelli parlare a voce bassa, Logan russare e Amy parlottare nel sonno.

La sua vita era molto diversa da come se l’era immaginata quando aveva firmato il primo contratto con una squadra di basket.

Per fortuna aveva incontrato Jude.

Sperare che fosse anche ragionevole sarebbe stato chiedere un po’ troppo.

Lo vide muoversi nel sonno, spostandosi su un fianco. Gli sistemò la coperta sulle spalle e si attardò per accarezzargli il viso.

Passavano gli anni ma lo amava sempre, forse anche di più.

Vederlo con i bambini smuoveva qualcosa dentro di lui, un istinto di protezione che non pensava di avere. Nel corso degli anni l’amore per Jude si era riempito di sfumature diverse, ma rimaneva forte e vitale.

Il suono delle zampe di Devil sul pavimento attirò la sua attenzione. Sollevandosi su un gomito, vide il cane affiancato dalla piccola Amethyst, ancora assonnata.

– Daddy! – Lo chiamò, puntando le manine verso di lui.

Si affrettò a prenderla in braccio e accarezzò la testa della baby sitter a quattro zampe, che tornò scodinzolando nella stanza delle bambine.

La fece stendere tra lui e Jude sorridendo quando, nel sonno, suo marito allungò una mano per avvicinarla a sé.

Zero non aveva nostalgia per la vita mondana. Feste, bevute, musica, appartenevano al suo passato solitario. Quando era certo che sarebbe morto da solo in una casa fatiscente.

Quella pace, il profumo dello shampoo dei bambini, il calore dei loro abbracci, l’amore nella voce di Jude, erano tesori inestimabili.

Presto avrebbe lasciato l’agonismo per dedicarsi alla sua famiglia, ma non aveva rimpianti. Aveva vinto tutto quello che era possibile. Con l’arrivo delle bambine, però, aveva iniziato a pesagli l’andare in trasferta, assentandosi da casa per uno o due giorni.

Non gli piaceva l’idea di lasciare Jude da solo con sette bambini da accudire. Non che lui potesse fare chissà cosa, suo marito era un padre eccezionale, ma voleva essere più presente.

Si passò una mano tra i capelli biondi.

Si augurava di essere alla sua altezza, quando sarebbe stato lui ad occuparsi dei bambini a tempo pieno.

 

–… E sto imparando le moltiplicazioni. – Stava dicendo Matt, trascinando Michael per una mano. – Mi sta insegnando Miguel, perché Papa è spesso impegnato con le gemelle. Loro sono piccole, hanno bisogno di cure!

– Sei un bambino davvero giudizioso! – Si complimentò l’uomo d’affari.

– E io sono ragionevole! – Disse Sean. Accanto a lui, il gemello sbuffò.

Zero corse a salvare il loro ospite. – Ehi, piccoli ninja, andate a prendere i vostri giubbotti o niente piscina. Ciao, Michael! – Gli strinse la mano e lo fece entrare in casa. – Caffè?

– Grazie. – Inarcò le sopracciglia quando vide il soggiorno. – Avete ridecorato! – Scherzò, notando i tre orsacchiotti colorati che aveva regalato alle bambine, posizionati davanti alla vetrata che dava sul giardino. Sdraiate su quello lilla e quello rosa, dormivano Amy e Kim.

– Ehi! – Lo salutò Jude uscendo dalla cucina con un piatto di frutta grattugiata. – Sono diventati i loro letti preferiti.

– Lieto che siano piaciuti. Eccole qui. – Esclamò, salutando le gemelle, sedute sui seggioloni.

– Ta ta! – Lo salutò Bera, mostrandogli la sua bambola di stoffa.

– Oggi niente pisolino? – Domandò l’uomo, accettando il caffè da Zero.

– Tra poco. Il tempo di dare loro la mela. Oggi gli orari sono saltati perché mi sono addormentato sul divano. – Jude arrossì imbarazzato.

– Con sette figli, sarebbe strano il contrario. – Commentò l’uomo.

– Nonno! Daddy! Abbiamo i giubbotti! – Urlò Sky dal giardino.

– Gideon, vai a fermarlo prima che svegli le bambine. – Disse il marito.

– Vado anche io, la mia presenza è richiesta! – Scherzò Michael, uscendo in giardino dove i bambini lo stavano aspettando.

Aiutò Zero ad allacciare i loro giubbotti arancioni e sedé accanto a lui sulla sdraio più vicina, tenendo sempre sott’occhio i tre.

– Qualcosa ti preoccupa. – Intuì Michael. – Ancora il giornalista con la sua uscita infelice?

– No, no. Ho lasciato il tizio alla pubblica gogna. – Replicò ironico. – No, è Jude. È un padre eccezionale. Ben presto lo sarò a tempo pieno e…

– Temi di non essere alla sua altezza?

– Qualcosa del genere.

– Quante sciocchezze! – Sbuffò l’uomo più grande. – Non è un esame, non ti danno un voto. Agli occhi dei bambini avete ruoli diversi. Jude li nutre e li protegge, con te giocano e imparano.

– Vorrei solo poter fare di più ma, come al solito, il presidente non me lo permette.

– Sai com’è fatto.

– Sì, ma speravo che, con sette bambini da crescere, diventasse più ragionevole.

– Stando a tuo figlio, Sean è il più ragionevole della famiglia. – Scherzò, riuscendo a farlo ridere. – Andrete al party organizzato da Marcus? – Cambiò argomento, salutando con la mano i gemelli in piscina.

– Penso di sì. La signora Vega terrà i bambini. Con lei sono a proprio agio. Poi si tratta di poche ore. Perché? – Inarcò le sopracciglia. – Oh, capisco… quello!

– Credo si siano decisi ad annunciare la loro relazione. Da quanto lo sapete?

– Di Marcus e Lionel? Dal funerale di Oscar.

Michael fischiò. – È molto tempo.

– Hanno tergiversato più di quanto pensassimo. Certo che è assurdo, se pensi che non si sopportavano quando lei era alla guida dei Devils.

Jude li raggiunse in quel momento. Posò la culla portatile sul patio in una zona in ombra e controllò le gemelle addormentate, prima di sedersi accanto al marito.

– A proposito di guida, – esordì con un sorriso appena accennato, – domani Jelena avrà un accompagnatore particolare. Ti prego di non metterla in imbarazzo. – Sussurrò a Zero, che inarcò un sopracciglio.

Si posò le mani sul petto. – Io che metto in imbarazzo qualcuno che non sei tu? Impossibile! – Scherzò, facendolo ridere.

– Sto parlando di Terrence.

– Quel Terrence?! Wow! Sono impressionato.

– Non so quanto durerà stavolta, ma sembra che abbiano appianato le loro divergenze. Spero solo che sappiano quello che stanno facendo. Adesso c’è Miguel. – Sussurrò preoccupato.

– Jelena sarà una vipera arrivista, ma ama quel bambino più di qualsiasi altra cosa al mondo. – Gli fece notare Zero. – Non farebbe mai nulla che potrebbe farlo soffrire. Se ha voluto Terrence di nuovo nella sua vita, avrà i suoi validi motivi.

– Hai ragione. – Ammise Jude, sorridendo ai bambini che giocavano nella piscina.

– Non mi starai diventando un fratello protettivo, vero? – Lo prese in giro Zero, ricevendo un’occhiataccia.

– Stupido. Jelena non è mia sorella e lei non mi tratta come un fratello. Questa è una delle poche certezze che ho nella vita!

Michael inarcò le sopracciglia, pensoso. – Per fortuna non avete altri parenti stretti o tuo marito ci sarebbe andato a letto.

Zero scrollò le spalle. – Probabile, con la fortuna che ho!

Jude si coprì il viso arrossato con le mani. – Perché mi circondo di persone che mi mettono in imbarazzo?!

 

Al ricevimento di Marcus erano presenti i maggiori esponenti del mondo dello sport e della finanza.

Le luci del giardino diffondevano una piacevole luce blu chiaro, il cui riverbero rendeva ancora più suggestivo il colore dell’acqua della piscina.

Lionel, elegantissima in un abito azzurro chiaro, aveva raccolto i folti capelli castani sulla spalla sinistra. Raramente Jude l’aveva vista così radiosa.

– Non pensavo che saresti venuto. – Lo salutò lei, sollevando un sopracciglio. – Dove hai lasciato i bambini? – Indagò, sistemandogli il fazzoletto verde chiaro che sporgeva dal taschino.

– A casa con la signora Vega. L’unica di cui mi fidi. – Rispose, controllando distrattamente il cellulare.

– Stai andando in crisi di astinenza? – Lo prese in giro bonariamente.

– Prendimi in giro anche tu, tanto sono abituato con Gideon. È la prima volta che lascio sole Amy e le gemelle. – Si giustificò, sorseggiando il suo champagne.

Zero lasciò i suoi compagni di squadra per affiancare suo marito. – Quante volte hai controllato il cellulare?

Jude roteò gli occhi. – Solo due. Va bene, tre. Forse quattro. Smettetela! – Sibilò, quando i due gli risero in faccia.

Lionel distolse lo sguardo dalla coppia, giocando con la sua collana di perle.

– Jude, non so bene come dirtelo. – Cominciò, per una volta in imbarazzo. – So che potrà sembrarti strano, ma da qualche tempo, io… Io frequento Marcus.

– No! Davvero?! – Sbottò, cercando di risultare credibile.

Lionel socchiuse gli occhi, scrutando la coppia con attenzione.

– Da quanto tempo lo sapete, bastardi?

– Dal funerale di Oscar. – Rispose il giocatore, afferrando suo marito per la vita. – Jelena è appena arrivata e c’è Terrence con lei. – Sussurrò al suo orecchio.

– Te l’ho detto, non sono affari miei. Sono solo preoccupato per Miguel. – Rivolse poi un sorriso gentile alla sua amica. – Sono contento per te Lionel. Spero che Marcus ti renda felice.

Lei annuì e avvicinò i loro bicchieri in un silenzioso brindisi.

– Ma guarda chi c’è! – Jelena inarcò le sopracciglia. – Come hai fatto a convincerlo a separarsi dai bambini? – Rivolse quella domanda a Zero, che le sorrise malizioso.

– Ho i miei metodi. – Ammiccò, suscitando il malcontento di Jude.

– Siamo qui da cinque minuti e già stiamo parlando della nostra vita sessuale? Non esistono altri argomenti al mondo?

Terrence si grattò la punta del naso, nascondendo una risata. – Ti trovo bene Kinkade. Mi hanno detto grandi cose su di te, come presidente dei Devils.

– Non sono stata io, ovviamente. – Ci tenne a precisare Jelena.

– Ne ero sicuro. – La tranquillizzò, trafiggendo l’ex giocatore con i suoi occhi verde chiaro. – Stasera ci sono diversi sponsor, se vuoi tentare di rientrare nella squadra. Ah, già! Sei passato per la presidenza, stavolta.

– Jude…– Iniziò Jelena, subito interrotta da lui.

– Cosa voi facciate sotto alle lenzuola è affar vostro, ma Miguel non merita di affezionarsi a un uomo che poi sparirà da un giorno all’altro. – Strinse la mascella prima di proseguire. – Non si tratta della squadra, dei soldi o di una dannata poltrona. Miguel è stato rifiutato dai genitori, merita di avere qualcuno che lo ami. Qualcuno che sia una presenza costante nella sua vita. Se hai intenzione di giocare a fare il padre, esci da questa stanza ora. Perché se farai soffrire quel ragazzino, ti farò pentire di essere ritornato. – Concluse con la voce fredda e inumana che utilizzava quando era particolarmente inviperito.

Terrence trasalì, ma cercò di non farsi intimidire. – Non mi interessa più nulla dei Devils. Mi mancava Jelena e, quando ho conosciuto Miguel, mi è subito piaciuto. Ho a che fare quasi quotidianamente con i ragazzi della sua età, ci stiamo trovando bene insieme.

Jude annuì, soddisfatto dalla sua risposta. – Buon per voi. – Sentì il peso del corpo di Zero su di lui. – Che c’è?

– Quando usi quel tono da presidente mi ecciti da morire!

– Per l’amor di Dio! – Esplosero in coro Jelena e Terrence, allontanandosi il più in fretta possibile, seguiti da Lionel che si limitò a sollevare un sopracciglio e scuotere la testa con uno sbuffo rassegnato.

Jude non badò a loro, concentrato com’era a guardare Zero, mordendosi il labbro inferiore.

– Ci sarà un ripostiglio da qualche parte? – Chiese con le gote arrossate.

– Davvero, Jude? Poi sarei io il maniaco sessuale di questa coppia?! – Volle sapere il biondo, prendendolo per mano.

– Andiamo o vuoi restare qui a lamentarti?

– Non ti farò camminare per un mese! – Promise baciandolo con ferocia.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Hit the Floor 4

Epilogo

Gojyina

 

– Devil, stai lontana da quelle tartine! – Sibilò Jude, puntandole un mestolo contro. – Qualcuno la controlli, prima che mangi tutto. Gideon?

– Arrivo, arrivo! – Borbottò il giocatore, scendendo le scale.

– E non correre! È pericoloso!

– Sì, mamma! – Lo prese in giro, baciandolo prima che potesse insultarlo.

– Che schifo! – Si lamentò Sean, tirando fuori il naso dal suo libro sui dinosauri.

– Invece di lamentarti, vai a controllare le tue sorelle. – Disse il biondo.

– Quali?

– Tutte! Gli ospiti arriveranno a momenti.

– La torta è pronta, le tartine anche, dovrebbe esserci tutto. – Borbottò Jude tra sé, passando lo sguarda dal tavolo della cucina al frigorifero e viceversa.

– Ehi, va tutto bene. Ogni volta che c’è un compleanno temi di aver dimenticato qualcosa! – Lo prese in giro, riuscendo a farlo ridere.

– Hai ragione. – Ammise, posando la fronte contro la sua spalla. – Gideon?

– Mmm?

– Ci sarà anche Ahsha con le bambine. Se dovesse passare anche Derek…

– Mi saprò comportare da perfetto padrone di casa. – Promise. – Non rovinerò il compleanno di Amy.

– Dieci anni, mi sembra ieri quando usava quell’orso gigante come letto. – sussurrò Jude incredulo. – Ricordi? Quei peluche giganteschi che Michael aveva regalato a lei e alle gemelle. Erano così ingombranti!

– E Matt che ne ha quattordici, allora? Stanno crescendo così velocemente che non ho il tempo di stare al loro passo.

– Tra qualche anno li avrai a tempo pieno. – Gli ricordò, accarezzandogli i capelli biondi. – Sei ancora troppo in forma per lasciare il basket.

– Parli da marito o da presidente? – Indagò increspando la fronte.

– Entrambi! – Sorrise, baciandogli le labbra. – Vado a controllare le gemelle. Proteggi le tartine, ti prego!

– Signorsì, signore! – Lo prese in giro, scuotendo mestamente il capo.

Come al solito suo marito si preoccupava troppo. Di tutte le possibilità valutava sempre le peggiori. Cosa avrebbe mai potuto andare storto in una festa di compleanno?!

Arrivati gli ospiti furono servite tartine per gli adulti e panini per i bambini. Avevano invitato alcuni compagni di scuola di Amy, oltre che i figli dei giocatori dei Devils con i quali aveva più confidenza.

Sfruttando la bella stagione, avevano organizzato la festa in piscina, dove i bambini giocarono sino a quando non fu il momento di tagliare la torta.

Matthew fu costretto a tenere Devil quasi in braccio, per paura che saltasse su di essa.

I bambini giocarono ancora un paio di ore prima che cominciassero ad andare via.

Era quasi il tramonto quando Jude si mise a ripulire il giardino ormai vuoto.

– Ehi, ci penseranno domani i Vega. – Gli ricordò suo marito.

– Levo solo il grosso o Devil ce lo porterà in casa. Dove sono i ragazzi? – Chiese, chiudendo un sacco pieno di carta regalo strappata.

– Le ragazze stanno guardando i regali di Amy in camera sua e Matt sta ascoltando la musica nello studio.

– E i gemelli?

– Non saprei, penso in camera loro.

– Sono avanzati due vassoi di tartine e uno di panini, lascerei quelli per cena. Ma non so se ne abbiano voglia.

– Vado a chiede. Torno subito. – Zero rientrò in casa e salì al piano superiore. – Ehi, ciurma? Per cena abbiamo ancora tartine e panini a volontà, va bene? – Domandò posando una spalla contro lo stipite della porta della camera di Amy e Kim, dove le quattro sorelle stavano sistemando i regali della festeggiata.

Ricevuto il loro consenso, aspettò la risposta dei ragazzi.

Dalla sua stanza Matthew urlò di sì, prima di tornare ai suoi libri di matematica.

Quando i gemelli rimasero in silenzio, bussò alla porta della loro camera, insolitamente chiusa, e attese.

– Ehi, piccoli ninja, state bene?

– Vai via! – La voce rabbiosa di Sky lo fece trasalire.

– Cosa succede? – Chiese, aprendo la porta.

Sean era seduto alla scrivania e sembrava in profondo imbarazzo. Il fratello era rannicchiato in un angolo della stanza, tra la finestra e l’armadio.

Da alcuni anni il letto a forma di macchina era stato sostituito con uno a castello. Nonostante lo spazio in casa, i due volevano ancora dormire in camera insieme.

– Daddy, non penso sia un buon momento. – Borbottò Sean.

– Dimmi cos’ha tuo fratello e me ne andrò. Non siamo abituati a urlarci contro.

Sky lo guardò con gli occhi azzurri pieni d’odio.  – Dovresti dirci qualcosa tu, invece!

– Non ho idea di cosa tu stia parlando. – Zero incrociò le braccia al petto, iniziando seriamente a irritarsi.

Kimberly, decise di andare a chiamare Jude, prima che la situazione degenerasse. Stavano urlando così forte che persino Matt li sentì, nonostante la porta chiusa.

– L’altro giorno eravamo da zia Lionel e, parlando del compleanno di Amy, le ho chiesto perché tua sorella non sia mai stata invitata alle nostre feste. Persino gli ex giocatori dei Devils vengono qui, ma lei non ci ha mai messo piede. – Sky si alzò in piedi, fronteggiando il padre. – Zia si è subito messa sulla difensiva e mi ha risposto dicendo che non lo sapeva. Era ovvio che mentisse, dato che Papa le racconta sempre tutto!

Jude entrò trafelato. – Che succede?

Sky gli mostrò un foglio. – Ho cercato nella cassaforte dello studio e ho trovato questo.

L’uomo impallidì, riconoscendo l’atto di nascita dei gemelli. – Sky…

– Perché non ce lo hai detto? – Urlò, con gli occhi lucidi. – Sei stato con la sorella di Daddy! Cos’era? Una madre surrogata? Un modo perverso per avere dei figli vostri? Cosa?

– No, no! – Jude si passò una mano tra i capelli. – Tesoro, non siete miei!

– C-Cosa?! – Balbettò il ragazzino. – Ma il documento…!

– Laura ha scritto il mio nome per facilitarci l’affidamento. – Spiegò, sedendosi di fronte a lui.

– Non capisco.

– Ti abbiamo raccontato di come, da piccoli, Daddy e Laura siano stati separati. Molti anni dopo, lei ci ha contattato. Era ancora all’università e, dopo una relazione con uno studente straniero, aveva scoperto di essere incinta di due gemelli. Non poteva crescervi ma, non volendo che foste separati anche voi, ci ha chiesto di adottarvi. Ha scritto il mio nome sul certificato di paternità per semplificare l’aspetto burocratico. Chiedere l’affidamento di quelli che risultavano, per legge, figli miei, era più semplice di una adozione.

– Ma… perché lei non è mai venuta a trovarci? Non ci ha voluti come figli, però come nipoti… non so…

– Mia sorella era giovane e spaventata, – Spiegò Zero, sedendosi accanto la marito. – Voleva solo il meglio per voi, per questo ci ha chiamati. Nel corso degli anni ha chiesto di voi e degli altri membri della famiglia.

– Ma non è mai venuta a trovarci di persona. Si è limitata a salutarci tramite Skype o al telefono. – Gli fece notare Sky.

Jude annuì. – Credo lo abbia fatto per me.

– In che senso? – Suo figlio era sempre più confuso.

– Forse pensava che potessi avvertire la sua presenza come una minaccia. Dopotutto, per legge, lei potrebbe venirvi a riprendere in qualsiasi momento.

– Pensi che lo farebbe? – Domandò Zero, increspando la fronte.

– No, perché sa meglio di chiunque altro che i genitori sono coloro che crescono i figli, non chi li fa fisicamente. Tua madre vi ha abbandonati nella prima casa famiglia che ha trovato, senza mai più farsi né sentire né vedere. Laura invece ha voluto sincerarsi che i bambini fossero cresciuti da due persone affidabili e amorevoli. – Sorrise ai suoi figli. – Spero che io e Daddy vi abbiamo fatto sentire amati.

Sky tirò su col naso prima di annuire. – Mi dispiace di avere gridato, prima. – Bofonchiò, abbracciando i genitori.

– Mi dispiace non avertene parlato prima, – sussurrò Jude, – volevamo aspettare ancora qualche anno.

– Non importa, adesso so la verità. Zia Laura per me resta solo una lontana parente. Non è cambiato nulla, solo… – il ragazzino si strinse nelle spalle, –… non lo so. Pensavo fosse schifoso che tu avessi avuto una storia prima con lei e poi col fratello.

Non visto dal figlio, Jude diede un pizzicotto sul braccio del marito, che sobbalzò gemendo.

– Stai male, Daddy?

– Sta benone! – Si affrettò a rispondere il moro. – Ma non può restare seduto sul pavimenti, ha una certa età ormai!

– Ehi! – Sbottò il giocatore.

– Bene! Adesso è tutto chiarito Sky?

– Sì, mi dispiace di aver pensato male. – Mormorò imbarazzato.

– Te lo dico da sempre, – sbuffò il gemello, seduto alla scrivania, – tutto questo casino solo perché sei quello meno ragionevole!

Jude e Zero lasciarono i gemelli intenti a lanciarsi i cuscini addosso e scesero in cucina per sistemare gli avanzi della festa.

– Non gli avrei detto di me e Jelena. Solo il ricordo mi dà il voltastomaco! – Si difese il biondo.

– Meglio non rischiare. – Sospirò posando la testa contro il frigorifero. – Mi dispiace che l’abbiano scoperto in quel modo.

– C’è stato un fraintendimento e ora è tutto chiarito.

– Sì, ma…

– Non puoi prevedere il futuro, Jude. Ma abbiamo cresciuto dei ragazzi molto intelligenti. – Gli baciò la punta del naso. – Il Team Zude può affrontare qualsiasi difficoltà.

 

Venne il tempo in cui Logan e Devil li lasciarono, andando via proprio come erano arrivati: insieme.

Una mattina Logan andò a dormire sotto al patio e, nel pomeriggio, fu raggiunto da Devil che gli si accucciò di fronte.

Fu l’immobilità prolungata di quest’ultima a mettere Jude in allarme.

Matthew rimase chiuso in camera per due giorni. I gemelli si rintanarono nei rispettivi letti senza voler uscire, Amy e Kim piansero per ore tra le braccia di Zero, anche lui molto provato per la perdita.

Bera e Taty si aggrapparono a Jude, mentre i tre cani si accucciarono sul lato del divano più vicino al camino, il posto preferito di Logan per sonnecchiare in casa.

Jude li fece cremare insieme e sotterrò l’urna in giardino, tra il muro e il cancello poco distante dal punto in cui li avevano trovati anni prima.

Quando Matt finalmente uscì dalla sua camera, trovò le sorelle sedute sul divano con Zero, che commentavano le vecchie foto di famiglia, ridendo delle espressioni buffe dei loro cani.

Entrato in cucina strinse con forza i pugni e tornò in sala rosso in viso.

– Dove sono le loro ciotole?

– Cosa? – Domandò l’uomo, non capendo di cosa stesse parlando.

– Le ciotole di Logan e di Devil! Dove cazzo sono?

– Ehi! Capisco il tuo dolore, ma modera il linguaggio!

Attirato dalle loro voci, Jude uscì dallo studio per raggiungerli.

– Che succede?

– Sei stato tu, vero? – Ringhiò il figlio maggiore che, a sedici anni compiuti, era alto quasi quanto Zero. – Hai preso le ciotole e le hai buttate via perché tanto ci sono altri tre cani, no? È quello che hai fatto con noi, no? Ti sei preso in casa sette randagi e se uno di noi crepa, tanto ne hai altri sei…

– Matthew Robert Kinkade! – Tutti si zittirono sentendo. Era la prima volta che sentivano Jude alzare la voce e si spaventarono. Persino suo marito increspò la fronte, preoccupato. – So quanto tu stia soffrendo, Logan è stato il tuo primo, vero, amico, ma non ti permettere mai più di pensare che voi siate degli animali domestici, per me e per tuo padre. Hai capito? Hai capito? – Ripeté con tono severo.

Matt tirò su col naso e annuì, mentre si passava una mano sugli occhi di nuovo umidi.

Intenerito, Jude si affrettò ad abbracciarlo.

– Papa…

– Lo so che ti dispiace. – Sussurrò, stringendolo a sé. – Mancano tanto anche a me. Ma questo dolore non è paragonabile alla felicità e all’affetto che loro ci hanno dato in tutti questi anni.

– Logan era il mio migliore amico. – Sussurrò, contro la sua spalla.

– Andiamo a sederci con gli altri. – Gli propose, raggiungendo il divano. – Ricordare i momenti migliori è di aiuto. – Prese un album di fotografie e passarono insieme le successive tre ore a raccontarsi aneddoti. Attirati dalle loro risate, anche Sean e Sky li raggiunsero, sedendosi sul pavimento accanto ai tre cani.

Ordinarono la pizza e continuarono a ridere e ricordare sino a quando non fu l’ora di andare a dormire.

– Mi sento un po’ meglio. – Ammise Kim. – Il peso che avevo sul petto è sempre lì, ma è meno soffocante.

– Lo stesso vale per me, piccola guerriera, – le sorrise Zero, – adesso andate a letto. Si sta facendo tardi.

Entrato in camera sentì il suono della doccia del loro bagno privato. Aspettò quasi mezz’ora, poi decise di bussare alla porta. Non ricevendo risposta, entrò e sentì il suo cuore stringersi alla vista di suo marito, seduto sul pavimento tra la doccia e il mobile del lavandino. La testa nascosta tra le ginocchia, stava finalmente piangendo anche lui per la perdita dei loro adorati cani.

Zero chiuse la manopola della doccia e si affrettò ad abbracciarlo.

– Va tutto bene, – lo rassicurò, massaggiandogli la schiena, – sei sempre il solito. Prima pensi a noi e poi a te stesso. – Gli baciò la cima della testa.

Era stato intelligente a usare lo scroscio dell’acqua per coprire il suono del suo pianto, ma il biondo lo aveva scoperto comunque.

– Daddy? Hai visto la…? – Sky si zittì non appena li vide e andò via senza finire la sua domanda.

Zero aiutò suo marito ad alzarsi e infilarsi sotto le coperte. Non si stupì quando, alcuni minuti dopo, i suoi figli entrarono nel lettone con loro.

Era la prima volta che si trovavano loro al centro, protetti dai loro ragazzi.

– Abbiamo fatto bene a comprare un letto king size. – Commentò Zero, facendo sorridere il marito.

– Guarda che non ci stiamo più, Daddy! – Bofonchiò Sean, schiacciato dal peso del gemello.

– Non è colpa mia se siete alti come giraffe! Cosa vi avremo dato da mangiare, non lo so.

– Loro crescono e noi invecchiamo, è normale. – Sorrise Jude, che già si sentiva meglio, avvolto nel calore della sua famiglia.

– Tsk! Forse tu invecchi! Io miglioro, come fa il vino. – Borbottò Zero, avvicinando i loro visi. – Però, lo ammetto, con gli occhiali sei molto, molto sexy!

– Daddy! – Tuonarono i figli in coro, le voci piene di disgusto.

Jude nascose il viso sul petto di Zero per attutire il suono della sua risata.

 

Il tempo passò senza far loro altro male.

Un pomeriggio di primavera, Kimberly tornò a casa di pessimo umore.

– È tutta colpa tua! – Disse a Zero, seduto sul divano con Bera.

– Probabile. Che è successo? – Le chiese, posando il libro di storia della figlia.

– Deve essere andato male l’appuntamento. – Sussurrò la più piccola.

– Appuntamento? Che appuntamento?!

Kim roteò gli occhi. – Non era un appuntamento! Ero fuori con Alyssa e Katy e abbiamo incrociato Ricky!

– Chi è Ricky?! Perché nessuna di voi mi risponde? – Indagò l’uomo. – Merito un po’ di considerazione, cambiavo i vostri pannolini!

– Che schifo! – Le due arricciarono il naso, mentre Taty scendeva le scale in accappatoio.

– Non mentire. Ci cambiava Papa, – disse andando in cucina, – perché ti veniva da vomitare.

– Non è vero! È che giocavo e le mie mani valevano milioni! Vi hanno raccontato male la storia! Ma non è questo il punto! Chi è Ricky e perché sarebbe colpa mia?!

Kim sbuffò mentre si lanciava a peso morto sulla poltrona più vicina. – Perché non troverò mai nessuno che mi guardi come tu guardi Papa, o lui guarda te, ecco perché! Morirò vecchia e sola!

– Con i gatti! – Urlò sua sorella, con la testa nel frigo. – Hai dimenticato i gatti.

Thor sollevò il muso dalle ginocchia di Bera e sbuffò infastidito.

– Vanno bene anche dei cani. – Sussurrò, abbracciandolo.

– Non so di cosa stiate parlando. – Ammise l’uomo, sempre più confuso.

Amy uscì dallo studio con due libri in mano.

– Che succede?

– Il non appuntamento di tua sorella è andato male e sta incolpando me! – Brontolò l’ex giocatore.

– Ahia. Niente scintilla, eh? – Capì, sedendosi sul bracciolo accanto a lei.

– No. Era così carino! – Si rammaricò, abbracciando un cuscino.

Zero guardò le due ragazze, ricordando quando correvano per casa con le loro bambole.

Kimberly sarebbe andata al college quell’autunno e Amy si sarebbe diplomata entro un paio di anni.

Il tempo stava scorrendo troppo velocemente per i suoi gusti.

Allungò un braccio e strinse a sé Bera, lei e Taty avrebbero iniziato il liceo dopo l’estate.

– Almeno ho ancora voi. – Bofonchiò, baciandole la testa.

– Matt ha chiamato, – disse Taty, bevendo il suo succo di frutta, – ha detto che passerà  le vacanze con noi.

Zero accolse la notizia con un largo sorriso. – Papa ne sarà davvero felice.

Matthew studiava informatica al MIT, il Massachusetts Institute of Technology. Vista la distanza considerevole tra Cambridge e Los Angeles, il ragazzo riusciva a tornare a casa solo a Natale e in estate.

Stesso discorso valeva per i gemelli che studiavano a New York: Sean architettura e Sky legge.

Non sapeva quale università avesse scelto Kimberly, era stata molto reticente ed evasiva quando avevano affrontato l’argomento.

– Anche Sean e Sky ci saranno. – Disse Amy – Sarà divertente stare tutti insieme prima che… – Kim le diede una gomitata su un fianco. – Cioè, dopo. Dopo gli esami. Prima che riprendano i corsi. – Balbettò, passandosi una mano tra i capelli biondi. – Vado a fare la doccia. – Annunciò correndo su per le scale.

Zero sollevò un sopracciglio. – C’è qualcosa che dovrei sapere?

– No, figurati! – Rise Kim, balzando in piedi. – Vado a lavarmi i capelli. – Disse, prima di scappare via.

– State per andare a lavarvi anche voi due? – Indagò, guardando le gemelle.

Taty scrollò le spalle. – Già fatto e non so davvero di cosa stessero parlando.

– Nemmeno io. – Disse Bera, riaprendo il libro di storia.

 

Quando, dopo la diretta televisiva, Zero ritornò a casa, trovò suo marito steso sul divano concentrato a respirare dentro a un sacchetto di carta.

– Taty prendi i sali, Papa sta avendo una crisi! – Urlò Bera, seduta sul pavimento accanto al lui.

– Che livello è? “Ciclo mestruale” o “Primo appuntamento”? – Chiese la gemella dal piano superiore.

– “Concepimento”.

– Cavolo! Sto arrivando!

– Cosa gli avete fatto? – Si allarmò Zero andando dal marito, senza neanche togliersi la giacca.

– Ti avevo detto che l’avrebbe presa male. – Sibilò Amy, dando una gomitata a Kim.

– Mi dispiace. – Pigolò, guardando i due padri.

– No, no! – Protestò Jude. – Va tutto bene. È solo che non me lo aspettavo.

Zero si guardò attorno, confuso. – Non tifano per i Lakers, non si drogano, non stanno per sposarsi… mi dite che succede?!

– Kimberly andrà a studiare a Oxford. – Annunciò il marito, con un velo di tristezza nella voce.

– In Mississippi?!

– Nel Regno Unito.

– Ah. – I due di guardarono un lungo istante prima di abbracciarsi. – Ricordi?

Jude annuì. – Certo, stupido. Non importa le scelte che faranno, noi li sosterremo sempre. – Gli sorrise, affondando gli occhi nei suoi.

– Ecco, è quello sguardo! – Disse Amy. – Nessuno ci guarderà mai così.

Jude scosse la testa e andò ad abbracciare Kimberly. – Sono fiero di te! Sono certo che ti troverai benissimo! Per qualsiasi cosa, noi ci saremo sempre!

– Grazie, Papa. Ho già avvertito nonno e dice che ha tantissimi amici e collaboratori lì, pronti a darmi una mano se dovesse succedermi qualcosa. Non preoccuparti, ho le spalle coperte!

– Ne ero certo. – Le sorrise Zero, abbracciandola a sua volta. – Direi che puoi buttare quel sacchetto di carta! – Disse al marito.

– Non lo farei fossi in te. – Borbottò Taty, ricevendo un’occhiataccia da parte della gemella.

– Credo che i sali serviranno comunque. – Sussurrò Bera, con la bocca coperta da una mano.

– Cosa? Che cosa? – Cominciò a balbettare Jude.

– Amber Lillian Kinkade, hai intenzione di fargli venire un infarto? – Sbottò Zero, aiutando il marito a sedersi sul divano.

– Non lo dobbiamo dire noi! E se non lo vuole dire, non lo dirà. – Spiegò Taty, convinta di essere stata molto chiara.

– Di chi state parlando? – Chiese l’ex giocatore.

– Oh, aspetta! – Esclamò Jude, mettendosi seduto. – Matt e… quella cosa?

Le gemelle annuirono.

– Cosa? Cosa?! – Sbuffò Zero, preoccupandosi quando suo marito gli passò il sacchetto di carta.

– Credo servirà più a te che a me.

– Come lo sai, Papa? – Domandò Kim, sedendosi accanto a lui.

– Ahsha. Voi, invece?

– Alyssa.

– Lo immaginavo.

– Jude?

– Ah, sì! Ecco…  – si passò una mano tra i capelli castani, appena imbiancati sulle tempie. – Matthew e Amanda stanno insieme.

– Amanda, quella Amanda? Amanda la figlia di Derek? Sul serio?! – Cominciò a respirare dal sacchetto di carta. – Non basta l’essere stato una spina nel fianco da quando ho messo piede a Los Angeles? Anche come consuocero, adesso? Sul serio?!

– Era per questo che non te lo volevo dire. – Sospirò, aiutandolo a sdraiarsi. – Poi sarei io il melodrammatico!

– Ma… Derek Roman, Jude? Derek Roman?!

– Almeno con Ahsha e le ragazze vai d’accordo, no? Meglio che delle sconosciute. – Provò a rincuorarlo. – Cosa posso fare per farti star meglio, Gideon?

Suo marito sorrise malizioso. – Dopo tutti questi anni, me lo chiedi ancora?

– Daddy! – Tuonarono le figlie, scappando via con vari livelli di disgusto dipinti sul viso.

– Ehi! Pensate che vi abbia trovate sotto a un cavolo? – Sbottò, suscitando l’ilarità di Jude, che cominciò a ridacchiare contro la sua spalla.

Zero lo abbracciò, facendosi serio. – Londra è lontana.

– Lo so. È molto difficile essere un genitore, vero? Per fortuna ho te!

– Certo, stupido! Non ti libererai di me tanto facilmente.

– Meno male!

 

Zero salutò le figlie e chiuse la videochiamata con un sorriso sulle labbra.

Kimberly e Amethyst, stavano studiando entrambe a Oxford. Saperle insieme aveva tranquillizzato un po’ tutti, anche se la loro mancanza si sentiva.

Da quando le gemelle si erano trasferite a New York per frequentare la scuola di arte e design, la casa era diventata un po’ troppo silenziosa. Per fortuna aveva sempre Jude e i loro tre cani. Thor e Hulk erano diventati molto protettivi nei confronti dei padroni di casa, forse temevano che potessero andare via come i ragazzi. Groot aveva preso l’abitudine di dormire in camera dei gemelli, dei tre era quello che sentiva maggiormente la loro mancanza, dato che era sempre stato con loro.

La porta si aprì e accolse suo marito con un ampio sorriso.

– Chi ha chiamato? – Domandò Jude, intuendo il motivo della sua gioia.

– Le inglesi.

Jude allentò la cravatta e tolse la giacca, lasciandola sul divano prima di sedersi accanto a lui. – Sono felice che stiano bene.

– Ehi, sei tornato presto. – Notò, guardando l’orologio.

– S-Sì, giusto. – Suo marito gli sorrise, imbarazzato.

– Sai che non resisto a quell’espressione. – Sogghignò malizioso, sulle sue labbra. – La cosa positiva di avere la casa tutta per noi è poterlo fare ovunque.

– Avessimo la resistenza dei vecchi tempi. – Rise Jude, cingendogli le spalle.

– Parla per te! Io sono ancora giovanissimo!

– Vero. – Sussurrò sulle sue labbra.

– Ehi, stupido? Non distrarmi e rispondi alla domanda.

Sospirò, posando la fronte sulla sua spalla. – Voglio lasciare il mio posto a Miguel, perciò gli sto insegnando le basi del mestiere. Oggi ho deciso di fargli affrontare un pomeriggio di lavoro da solo.

– Ne sei sicuro, Jude?

– Sì. I Devils erano un progetto di Oscar, io volevo farne parte per i motivi sbagliati. Penso di lasciare da quando ti sei ritirato, ma ho dovuto aspettare che Miguel fosse pronto.

– Cosa farai adesso, oltre a molestarmi sul divano? – Indagò incuriosito. – Non sei mai stato il tipo da stare con le mani in mano.

– Beh, qualcuno sta diventando uno showman piuttosto richiesto. Avrà bisogno di un agente, non credi? – Sussurrò mordendosi il labbro inferiore.

Zero sorrise con una luce maliziosa negli occhi azzurri. – Sul serio, Jude?

– Perché no? Come ai vecchi tempi!

– Team Zude più unito che mai! – Annunciò Zero, prima di unire le loro labbra in un bacio appassionato.

Aveva intenzione di regalare materiale per le fanfiction e le fanart delle loro fans ancora per molti, molti anni!

 

 

Fine


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