Hit The Floor - Season 4 di Gojyina (/viewuser.php?uid=14967)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ch1 ***
Capitolo 2: *** ch2 ***
Capitolo 3: *** ch3 ***
Capitolo 4: *** ch4 ***
Capitolo 5: *** ch5 ***
Capitolo 6: *** ch6 ***
Capitolo 7: *** ch7 ***
Capitolo 8: *** ch8 ***
Capitolo 9: *** ch9 ***
Capitolo 10: *** ch10 ***
Capitolo 11: *** ch11 ***
Capitolo 12: *** ch12 ***
Capitolo 13: *** ch13 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** ch1 ***
Rieccomi
con il nick Gojyina ad
affacciarmi su un nuovo fandom. Dopo Slam Dunk e Queer as Folks ho
trovato un
nuovo amore: la coppia Zero-Jude (Zude). Come al solito la voglia di
scrivere
di loro mi è venuta quando ho scoperto che la nuova stagione non
sarebbe stata
come avevo sperato, quindi… eccoci qui con la “mia” Season 4.
Spero
che vi piaccia! Un abbraccio,
Viviana
Hit
The
Floor 4
Ch1
Gojyina
Quando
le porte dell’ascensore si
aprirono, Caty Sullivan guardò l’ora sul computer prima di rivolgere un
sorriso
gentile al nuovo arrivato.
–
Signor Zero! – Salutò con un garbato
cenno del capo.
Lui
roteò gli occhi. – Zero va più che
bene, te l’ho già detto! – Andò a sedersi sulla scrivania e incrociò le
braccia. – Riunione straordinaria? – Le domandò indicando con un cenno
del capo
la porta dell’ufficio, stranamente chiusa.
Caty
ricominciando a digitare sulla tastiera
del computer. – Appuntamento urgente.
Il
giocatore annuì lentamente. – Ha
pranzato?
La
segretaria scrollò le spalle. – Ho
tentato, ma il capo è testardo come il mio Simon, buon’anima. – Sbottò
stizzita. – Non c’era verso di farlo riposare o prendere una pausa, quasi se
ne vergognasse.
–
Stasera mi toccherà punirlo. – Commentò,
facendole l’occhiolino.
La
donna sbuffò un sorriso. Aveva imparato
da tempo che Zero utilizzava l’ironia come uno scudo. Spesso lo aiutava
a
celare i suoi veri sentimenti. In quel momento, la stava usando
per
nascondere l’irritazione.
Stava
per farglielo notare, quando la porta
dell’ufficio si aprì.
– Buona
giornata. – Li salutò un uomo alto
ed elegante, dai folti capelli castani e gli occhi verde chiaro.
Zero si
limitò ad un cenno del capo,
mentre lo guardava raggiungere l’ascensore. Non lo aveva mai incontrato
prima,
eppure gli sembrava vagamente familiare. Forse era un attore o qualcosa
del
genere.
– Si
chiama Michael Harrison, – lo mise al
corrente Caty, una volta rimasti soli, – si è presentato come un
vecchio amico
di famiglia.
– Ma?
– È un
uomo d’affari che ha vissuto per
anni in Europa. Moda, Network, Finanza: dove ci sono denaro e glamour
lui è
sempre presente. È soprannominato Re Mida, per la sua incredibile
bravura. –
Esitò un istante, prima di azzardare la sua ipotesi. – Forse vuole
acquistare i
Devils. Strano però che non sia andato direttamente dalla signorina
Howard.
Zero
saltò giù dalla scrivania. – Vado a
vedere come sta il boss. – Bussò leggermente e attese qualche istante
prima di
entrare, preoccupato quando non ricevette alcuna risposta. – Jude? –
Trovò il
compagno seduto alla sua scrivania, gli occhi quasi vitrei rivolti
verso le
finestre. – Ehi! – Si allarmò andandogli vicino. – Che diavolo è
successo?! –
Chiese, scuotendogli le spalle.
– Che
cosa?! Chi? – Balbettò Jude,
rendendosi finalmente conto della sua presenza. – Gideon, cosa ci fai
qui? Che
ore sono? – Domandò disorientato.
– Ehi,
ehi! Va tutto bene. – Zero gli
prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarlo negli occhi. –
L’allenamento è finito e sono passato a prenderti come al solito.
Raccogli le
tue cose e torniamo a casa.
Il suo
tono perentorio, convinse Jude ad
obbedire senza porre ulteriori domande. Riposti alcuni documenti,
chiuse la
valigetta e lo seguì fuori dall’ufficio, dove Caty li stava aspettando
accanto
all’ascensore fermo al loro piano.
La
donna notò preoccupata il pallore sul
viso del giovane vicepresidente. – Da domani in poi, quando deciderà di
saltare
il pranzo, chiamerò il suo fidanzato.
Zero
sbuffò un mezzo sorriso. – Sono
abituato a fare la sexy wifey!
Jude
arrossì suo malgrado, riacquistando
così un po’ di colore. – Potresti smetterla di dire cose così
sconvenienti sul
posto di lavoro?
Il
biondo inarcò un paio di volte le
sopracciglia. – Significa che altrove posso?
–
Rinuncio a parlare seriamente con lui! –
Annunciò rivolgendosi alla segretaria, che gli sorrise comprensiva.
Arrivati
al parcheggio, la donna li salutò
prima di raggiungere la sua auto. – Si riguardi signor Kinkade,
arrivederci
signor Zero.
– Sai,
capisco perché l’hai scelta come
segretaria, – disse il giocatore, raggiungendo la loro macchina, – è
cocciuta
quanto te. – Sentenziò mettendosi al volante.
– Non
sono affatto cocciuto! – replicò
Jude, mentre si allacciava la cintura. – Sono concentrato, è diverso!
– Sul
serio? – Inarcò le sopracciglia, immettendosi
nel traffico di Los Angeles. – Allora concentrati e pensa a cosa vuoi
per cena.
L’ex
manager allentò la cravatta. – Fa lo
stesso, sei tu quello fissato con la dieta.
– Non è
una fissazione, è un obbligo
morale! – Replicò stizzito.
Jude
eruppe in un sospiro rassegnato. –
Ancora con la storia che il tuo corpo sia un tempio?
– Il
mio corpo è davvero un tempio. – Gli
lanciò un’occhiatina maliziosa. – Ci sono parti di me che adori. –
Sogghignò,
abbassando il tono della voce. – Mi piace quando sei in ginocchio di
fronte a
me.
Jude
scoppiò a ridere, mentre le luci dei
lampioni cominciavano a illuminare la città.
Mentre
Zero chiudeva la porta alle loro
spalle, Jude sentì il peso della giornata scivolare via.
Non era
abituato a rilassarsi. Era il tipo
di persona che si perdeva nella propria mente, che calcolava i pro e i
contro
di qualsiasi decisione, che rimuginava, rifletteva, ponderava. Nella
loro nuova
abitazione, invece, si sentiva talmente a proprio agio, al sicuro,
protetto e
amato, da riuscire a lasciare fuori i problemi.
Quella
nuova tranquillità non era sfuggita
a chi lo conosceva bene. Lionel lo aveva subito notato la prima volta
che era
passata a trovarli.
Ovviamente
Zero si era preso il merito con
motivazioni ai limiti della pornografia. Qualcosa del tipo “È
più rilassato perché prima di andare a dormire lo stanco per bene!”.
Jude
posò la valigetta nello studio,
arrossendo al ricordo della replica di Lionel.
“Peccato
non averlo saputo prima.” Aveva
detto, sorseggiando il vino. “Avrei potuto prendergli un
paio di gigolò.
Lui si sarebbe divertito e io non lo avrei avuto pomeriggi interi in
uno stato
di ansia continua!”
Jude
posò la giacca sulla poltrona e sfilò
del tutto la cravatta. – Mi circondo di persone che hanno molto in
comune, – si
rese finalmente conto, – deve esserci qualcosa di sbagliato in me.
– Jude?
– La voce di Zero lo riscosse dai
suoi pensieri.
–
Arrivo!
Uscì
dallo studio e attraversò velocemente
l’entrata e l’ampia sala per raggiungerlo in cucina, dove lo trovò con
la testa
nel frigorifero.
– C’è
l’insalata di pollo avanzata ieri.
Jude
incrociò le braccia al petto. – Stai
cominciando a prendere troppo seriamente la faccenda wifey.
– Sul
serio? – Zero chiuse il frigorifero
e lo affrontò. – Devo controllare che tu non muoia di fame, signor Sono-troppo-concentrato-per-pranzare.
–
Melodrammatico. – Borbottò
apparecchiando la tavola.
– Ti ho
sentito. – Zero si appoggiò al
frigorifero, con aria di sfida. – Preferisci che ti chieda di quel
Michael Harrison?
– Sentendo il suo nome, a Jude scappò di mano una forchetta, che cadde
malamente sul pavimento di marmo italiano. – Come immaginavo!
– Non
volevo nasconderti nulla, – si
affrettò a precisare il giovane, passandosi una mano tra i capelli
scuri, – è
solo che… – lottò per cercare le parole adatte, – è solo complicato. –
Ammise,
accasciandosi sulla sedia più vicina.
Zero
gli si inginocchio di fronte,
prendendogli le mani. – Non ti ha fatto del male, vero? – Chiese con
urgenza,
cercandolo con lo sguardo.
– No,
no. – Si affrettò a
tranquillizzarlo. – È stato, anzi, molto gentile. È solo che non mi
aspettavo…
non… – scosse la testa, incredulo. Stava per aggiungere altro, quando
il
cellulare squillò. – Scusa un attimo. – Mormorò andando in soggiorno. –
Signor
Harrison. Ah, sì! Michael. – Si corresse, sorridendo imbarazzato.
Zero si
appoggiò allo stipite dell’arcata
che divideva salone e cucina, incrociando le braccia al petto. Jude
stava
arrossendo come una scolaretta e questo non gli piaceva.
– La
cena è pronta. – Annunciò alzando di
proposito il tono della voce, così da farsi udire anche da Harrison.
– Ah,
sì, scusami. No, no, va bene domani.
Grazie! – Jude posò il cellulare sul mobile più vicino e rivolse al
compagno
un’occhiataccia. – Che modi sono?! Hai idea di chi fosse?
– Non
mi interessa!
–
Gideon!
– Ora
ti telefona anche dopo l’orario
d’ufficio? – Indagò ironico. – L’appuntamento di oggi deve essere stato
molto
personale!
Impreparato
a quell’attacco, Jude fece un
passo indietro. – Pensi che ti abbia tradito con lui? – Domandò ferito.
– No,
stupido! – Si affrettò a
tranquillizzarlo, afferrandolo per la vita. – Ma quel tizio potrebbe
avere un
interesse nei tuoi confronti che va ben oltre il lavoro.
L’ex
manager esitò un istante prima di
guardarlo negli occhi. – Era un amico di famiglia, si è trasferito in
Europa poco
prima che io nascessi. – Spiegò, passandosi una mano tra i capelli
scuri. Fece
un respiro profondo, prima di proseguire. – Gideon, forse è lui il mio
vero padre.
– Cosa?!
Zero
avvolse Jude in un morbido plaid e
lasciò che posasse la testa sulla sua spalla.
Avevano
deciso che il loro ampio divano
fosse il luogo più adatto per parlare.
– Che
ne dici di cominciare dall’inizio? –
Propose il giocatore, passandogli un braccio attorno alle spalle.
– Non
so molto, – lo avvertì con un lieve
sospiro. – La segretaria di Harrison ha chiamato stamattina per fissare
un
appuntamento. Dalla sua insistenza era chiaro che fosse importante ma,
conoscendolo di fama, credevo fosse qualcosa relativa alla squadra.
Zero
annuì pensieroso. – Cosa ti ha detto
di preciso?
– Che
lui e Oscar erano stati amici
fraterni sino a quando non si sono innamorati entrambi di mia madre.
–
Classico.
– Già.
Lei è stata molto combattuta. Da un
lato Harrison che le offriva una vita in giro per il mondo e dall’altra
Oscar
che già aveva ottenuto il denaro necessario per fondare i Devils.
– E
sappiamo chi ha scelto alla fine.
– Mia
madre voleva una famiglia e la vita
da nomade di Harrison non le garantiva stabilità. – Sbuffò ironico. –
Non che un
matrimonio fatto di tradimenti e menzogne sia stato migliore.
– Credi
davvero che possa essere tuo
padre? – Domandò, chinando il viso per poterlo guardare negli occhi.
– Non
lo so. Ma spiegherebbe tante cose.
Perché Oscar mi abbia sempre ignorato, ad esempio. Perché, le rare
volte in cui
mi ha guardato in faccia, ha sempre avuto una diffidenza, un odio, che
non ho
mai compreso. Biasimavo me stesso, pensando di essere una delusione
come
figlio, ma forse il problema non ero io.
– Non
lo sei mai stato! – Replicò subito
Zero, detestando ancora di più Oscar Kinkade. Si grattò il mento,
ripensando a
Michael Harrison. – Mi era sembrato vagamente familiare, – ammise, – ma
forse è
stato il suo look da uomo d’affari.
–
Faremo il test di paternità. Dobbiamo
sapere la verità. – Si morse il labbro inferiore, distogliendo lo
sguardo.
Amava
il loro grande salone. Le ampie
vetrate che davano sul giardino, le pareti bianche e il bellissimo
pavimento in
marmo, rendevano la stanza elegante e luminosa. Mentre il camino e il
bel
divano ad elle pieno di cuscini color panna, gli donavano un profondo
senso di
calore e protezione.
– C’è
dell’altro, vero? – Indagò Zero,
accarezzandogli i capelli.
Jude
nascose il viso sulla sua spalla
prima di rispondergli. – Se si scoprisse che non sono un Kinkade,
sorgerebbero
seri problemi sia con gli sponsor che con gli azionisti.
Zero
comprese al volo il problema. Di
base, i Devils erano a conduzione familiare. Gli azionisti erano stati
i primi
soci in affari di Oscar e le loro quote erano vincolate da un ferreo
contratto.
Non erano vendibili ad estranei. Tutto doveva rimanere all’interno
della
famiglia Devils.
Nonostante
l’arresto di Oscar e il caos
dei mesi successivi, tra Lionel, Terence e Jelena, la presenza di Jude,
l’ultimo Kinkade era una garanzia di stabilità e di continuità
dell’attività di
famiglia.
Il
Consiglio, Marcus Douglas in primis,
aveva lui come punto di riferimento, cosa che mandava Jelena su tutte
le furie
ovviamente. Ma c’era poco da fare: poteva anche sedere sulla poltrona
di Oscar,
ma non sarebbe mai stata una Kinkade.
– Ehi,
qualunque cosa accada,
l’affronteremo insieme. – Lo rassicurò il giocatore, posando la fronte
contro
la sua. – Siamo il Team Zude!
Jude
allontanò il viso e sollevò un
sopracciglio scuro. – È un nomignolo ridicolo.
– Lo
hanno scelto i nostri fans!
– Io
non ho dei fans! – Protestò
imbarazzato.
– Certo
che li hai! Siamo la coppia più
hot di Los Angeles. – Gli ricordò,
baciandogli una tempia. – Coppia che non ha ancora cenato. – Lo aiutò
ad
alzarsi in pieni e lo prese per mano. – Andiamo a mangiare. I problemi
possono
aspettare sino a domani.
Jude
annuì, sorridendogli. Era grato a
Zero per tante cose, soprattutto per il suo supporto incondizionato. Lo
faceva
sentire più forte e più stabile, capace di affrontare qualsiasi
problema.
Parlare con lui lo aiutava a mettere tutto nella giusta prospettiva.
–
Grazie. – Sussurrò, entrando in cucina
con il suo uomo.
Zero
gli rivolse il suo sorriso più
peccaminoso. – Mi ringrazierai per bene sotto la doccia. E in camera da
letto.
E anche su questo tavolo.
Jude
strinse le labbra cercando di
rimanere serio. – In quale ordine?
Scrollò
le spalle. – Qualsiasi! – Tagliò
corto, riempiendogli il piatto. – Adesso mangia, al resto penseremo più
tardi.
Il
giovane annuì, prendendo la forchetta.
Anche se aveva saltato il pranzo non aveva molta fame. Continuava a
pensare a Michael
Harrison, ai lineamenti del suo viso, alla sua altezza, al colore degli
occhi,
appena più chiari dei suoi. Era anche castano, proprio come lui. Certo,
milioni
di persone erano castane, però quell’uomo aveva dei modi gentili e
garbati. Lo
aveva guardato in un modo strano. Con stupore, misto ad altro.
Speranza? Non ne
era sicuro.
Non era
abituato ad essere guardato con
affetto. Dopo la morte di sua madre, solo Lionel e Zero, si erano
dimostrati
sinceramente affezionati a lui.
– Jude?
– La voce del suo uomo lo riportò
al presente. Zero indicò il suo piatto ancora intonso. – Fai da solo o
vuoi che
ti imbocchi?
Jude
scosse la testa, ridendo. – Perché
qualsiasi cosa dici, ha delle implicazioni sessuali?
Il
biondo inarcò le sopracciglia indicando
se stesso con le mani. – Mi hai guardato bene?
– Non
posso risponderti, le dimensioni del
tuo ego vanno tenute sotto controllo. – Scherzò, cominciando finalmente
a
mangiare.
Zero
sogghignò. – Ah! Per la cronaca, –
guardò in basso, prima di proseguire, – dovresti controllare anche
altre mie
dimensioni. – Gli fece l’occhiolino e ascoltò la bella risata calda del
suo
ragazzo.
Obiettivo
wifey raggiunto: far tornare il
buonumore al suo maritino.
Increspò
la fronte. Forse Jude non aveva torto,
la faccenda wifey gli stava sfuggendo di mano.
Jude si
allacciò l’asciugamano in vita,
raggiungendo la camera da letto a piedi nudi. Era curioso di sapere
dove fosse
Zero. Era strano che non lo avesse raggiunto sotto la doccia.
Infilati
i pantaloni della tuta, si
affacciò alla scala che conduceva al piano inferiore.
–
Gideon?
–
Inserisco l’allarme e arrivo. – Rispose
subito l’altro. Quando Zero entrò in camera, lo trovò già sotto le
coperte, con
il cellulare in mano. – Assolutamente no. – Decise, sfilandoglielo
dalle mani,
non senza le sue vivaci proteste. – Ora resti qui, steso e ti rilassi,
chiaro?
– Ma le
e-mail…
–
Possono aspettare fino a domani. –
Sentenziò il giocatore, facendogli posare la testa nell’incavo tra la
spalla e
il collo.
Con le
sue belle e grandi mani, gli massaggiò
lentamente la schiena, trovando non poca tensione.
Tutto
quello stress non faceva bene a
Jude. Adesso era ancora giovane e il suo corpo aveva un eccellente
recupero, ma
doveva assolutamente cambiare il suo stile di vita.
Lo
sentì sfregare il naso contro la sua
pelle con un sospiro soddisfatto.
– Mi
stai viziando. – Mormorò Jude, con le
palpebre già pesanti.
Zero
sogghignò. – Potrebbe piacermi. Ora
chiudi gli occhi, sono qui con te. Andrà tutto bene.
– Non
mi avevi promesso fuoco e fiamme? –
Lo prese in giro, accoccolandosi meglio sul suo corpo caldo.
–
Quando avrai riposato, così da poterti
stancare per bene! – Promise, smettendo di massaggiarlo solo quando lo
ebbe
profondamente addormentato tra le sue braccia.
Detestava
vedere Jude sempre preoccupato,
sempre coinvolto nei problemi causati da altri. Prima Oscar e, a
seguire,
Lionel e Jelena. Ci mancava solo la vita privata della madre a
completare il
quadro.
Almeno
nella loro casa voleva che si
sentisse al sicuro e protetto, che fosse la loro oasi di pace.
Spegnendo
la luce della lampada, si
ripromise di controllare che Jude smettesse di saltare il pranzo e che
quel
nuovo problema non lo stressasse più del necessario.
Erano
una famiglia, avevano cura l’uno
dell’altro.
–
Quindi Harrison è tornato! – Lionel lo
salutò così, sedendosi accanto a lui al bancone del bar.
Zero
sollevò un sopracciglio. – Ti fanno
ancora entrare all’Arena?
Lei
scrollò le spalle. – Sono poche le
porte di Los Angeles che trovo chiuse. – Replicò, guardandosi attorno.
– Jude?
– A
pranzo con Harrison.
– Come
sta?
– Cosa
ti ha detto?
Lionel
controllò che nessuno li
ascoltasse, prima di rispondergli. – Che potrebbe essere più di un
semplice
amico di famiglia.
Zero
non ne fu sorpreso. Matrigna o no,
era la migliore amica di Jude, era normale che si fosse confidato con
lei. I
problemi sorti tra loro quando avevano lavorato insieme non avevano
offuscato l’affetto
reciproco.
– Se la
strega dell’ovest lo scoprisse, la
vostra posizione non sarebbe più stabile. – Lo avvertì, finendo il
Martini.
– Fammi
indovinare, tu eri la strega di
Biancaneve? – Scherzò Zero. – Sappiamo a cosa andremmo incontro.
–
Saperlo e affrontarlo, sono due cose
diverse. Jude farebbe qualsiasi cosa pur di proteggerti. – Gli ricordò,
con una
velata accusa.
– Lo
stesso vale per me. – Replicò
prontamente. – La sua salute è una mia responsabilità. – Sentenziò, posando la bottiglia di
birra sul tavolo.
– Ed è
compito mio controllare che tu
faccia il tuo lavoro. – Lionel gli puntò un dito contro. – Ho sentito
dire che
Derek sta per tornare.
– Tsk.
Non temo la concorrenza.
Lionel
non si lasciò impressionare dalla
sua sicurezza. – Sei stato il gallo del pollaio per quasi due anni,
conoscendoti dubito che lo accoglierai a braccia aperte.
–
Sei forse preoccupata per me? – La prese in giro, indicando se stesso
con
entrambe le mani.
–
Quando gelerà l’inferno. – Disse,
ordinando un altro Martini. – La gente come noi ha le spalle larghe. È
di Jude
che mi preoccupo. – Abbassò il tono della voce. – Sa essere freddo e
calcolatore con gli estranei, ma quando vengono coinvolti i suoi pochi
affetti,
diventa ferocemente protettivo. Senza contare che non è mai stato
capace di
pensare a se stesso e alla propria sicurezza.
– Te
l’ho già detto, badare a lui è
compito mio. – Si voltò verso di lei, affrontandola apertamente. –
Tergiversare
non è il tuo forte. Mi spieghi il vero motivo della tua visita?
– Non
sottovalutare la questione Harrison.
– Lo avvertì, sospirando spazientita. – Jude ha passato tutta la vita
cercando
di farsi amare da Oscar. Pensava di essere lui il problema. Di non
essere
abbastanza intelligente, o sportivo, o etero. Se non ti avesse
incontrato, sono
sicura che avrebbe finito con lo sposare la figlia di qualche pezzo
grosso
della finanza, solo per compiacere Oscar e avvantaggiarlo negli affari.
– Sputò
velenosamente. – Ha rischiato più volte di finire in galera per lui.
Hai idea
di cosa significherebbe scoprire che avrebbe potuto avere un’altra
vita, con un
padre diverso?
– Oscar
gli ha fatto del male in decine di
modi diversi e questo non può cancellarlo. Ma ultimamente mi sembra più
tranquillo, come se avesse accettato il passato. Non lo so. – Borbottò,
ricominciando
a bere la sua birra.
– Non
si tratta di averlo accettato o
meno. Siete tu e la vostra casa. Gli hai dato un posto dove sentirsi
davvero al
sicuro, un posto in cui poter essere se stesso, certo di essere
accettato al
cento per cento. Chi lo avrebbe mai detto! – Scherzò. – Ero sicura che
avrei
dovuto investirti, prima o poi!
Strinse
le spalle. – Potrei rovinare tutto
in qualsiasi momento.
– Ecco
perché ho ancora un’auto. – Finì il
suo Martini e si alzò con estrema grazia. Il vestito rosso che
indossava le
fasciava delicatamente le curve, dandole un aspetto sexy ma non
volgare. – Devo
andare, ho un provino con Tarantino. Ti affido Jude, abbine cura! – Gli
intimò,
puntandogli un dito contro.
–
Signorsì signore! – Scherzò, guadagnandosi
un’occhiataccia.
Posò la
bottiglia vuota sul bancone e
controllò il cellulare. Alcuni siti sportivi avevano postato delle foto
di Jude
e Harrison a pranzo insieme. Leggendo le varie ipotesi passò dal
sorriso
all’irritazione. Alcuni parlavano di una possibile sponsorizzazione,
altri di un’acquisizione
dei Devils. I più maliziosi insinuavano un interesse più personale. Non
ne fu
sorpreso: il modo in cui Harrison guardava Jude era quasi adorante. Lui
stesso
sarebbe stato geloso, se non avesse saputo la verità.
Strinse
le labbra, cercando di frenare la
rabbia che serpeggiava nel suo stomaco. Jude avrebbe meritato di
crescere con
un padre che lo guardasse in quel modo.
Increspò
la fronte mentre infilava il
cellulare nella tasca della tuta. Se Jelena avesse visto quelle foto
sarebbe
saltata alle conclusioni sbagliate.
Guardò
l’orologio. Jude avrebbe dovuto
essere già rientrato da un pezzo. Voleva controllare che stesse bene,
gli
allenamenti in palestra potevano aspettare.
Quando
le porte dell’ascensore si
aprirono, capì subito che qualcosa non andava.
Caty
stava passeggiando nervosamente,
mordendosi il labbro inferiore. Quando lo scorse, trasse un profondo
sospiro di
sollievo.
–
Jelena è dentro, vero? – Indovinò il
giocatore, stringendo la mascella.
– Come
fa a saperlo?! – Domandò la donna
sconcertata.
– Sul
web girano le foto del pranzo tra
Jude e Harrison. – Senza aggiungere altro, bussò alla porta ed entrò
senza
aspettare una risposta.
Jelena
era in piedi di fronte alla
scrivania, nei suoi occhi lesse ferocia e un pizzico di paura.
– Oh,
guarda chi abbiamo qui! – Sputò velenosa.
– Dimmi, sei stato tu a insegnare a Jude a colpire alle spalle? Non
deve essere
un problema per voi!
– Alle
sue spalle faccio cose più piacevoli.
Jude non ama la violenza, neanche a letto. – Rispose con un finto
sorriso,
mentre si avvicinava al suo uomo, seduto sulla propria poltrona. – A
cosa
dobbiamo questa scenata, Drama Queen?
– Non
dirmi che non hai visto le foto di
lui con Harrison! – Incrociò le braccia al petto, guardandoli con
sospetto. – Fossi
in te non sarei così tranquillo, hanno visto tutti il modo in cui lo
guarda.
Oppure fa parte del vostro piano per cacciarmi?
– Non
tirare troppo la corda. – L’ammonì
Jude, rimasto in silenzio sino a quel momento, con un’espressione
indecifrabile
sul viso.
Zero la
conosceva molto bene, gliel’aveva
vista indosso molte volte quando era ancora il suo manager, quando
doveva
concludere un contratto, chiedere un aumento alla società o ridefinire
un
accordo a loro vantaggio.
L’aveva
sempre trovata incredibilmente
hot.
–
Davvero pensavi che non l’avrei
scoperto? – Proseguì Jelena, sbattendo le mani sul tavolo. – Anche se
hai
l’appoggio del Consiglio perché sei un Kinkade, questo non si estende
al tuo Zero.
– Sibilò con un sorrisetto maligno. – Derek sta per tornare.
– Non
minacciarlo. – Disse Jude,
stringendo gli occhi.
– Credi
che Derek non voglia indietro la
fascia di capitano? I fans non hanno mai smesso di amarlo.
– È
giusto che lo amino, ha fatto la
storia dei Devils. – Disse lui, alzandosi lentamente in piedi. – I miei
incontri con Harrison sono di natura strettamente personale. È un amico
di
famiglia che è passato a trovarmi. Il fatto che possieda alcune quote
dei
Devils è irrilevante. Non ha mai avuto alcun interesse ad essere
coinvolto
nelle nostre attività e la situazione non è cambiata. Le sue quote sono
sempre
gestite da Marcus Douglas.
Jelena
sembrò tranquillizzarsi. Aveva
perso quella punta di panico che le si leggeva
negli occhi e anche la postura era meno rigida.
– Bene,
allora speriamo che non cambi idea
prossimamente! – Tagliò corto, raggiungendo la porta.
–
Jelena? – La voce di Jude la raggiunse
quando posò la mano sulla maniglia. Voltandosi appena, si trovò
pugnalata dai
suoi occhi freddi e concentrati. – Non minacciare mai più qualcuno che
amo. Non
sei nella posizione adatta, lo sai? – Anche la voce sembrava diversa,
meno
umana. La donna schiuse le labbra pronta ad attaccare ma lui proseguì
il suo
discorso. – Non vuoi che gli assistenti sociali ti portino via Miguel,
vero?
Una donna single, coinvolta in un giro di prostituzione, non è la
candidata
ideale per crescere un bambino.
– Non
hai prove che…!
– Ho
tutto quello che serve. Ero ancora
l’agente di Zero all’epoca. Pensi davvero che sia rimasto a girarmi i
pollici,
mentre rischiava la carriera a causa tua? – La sua voce aveva un che di
metallico che la spaventò, tanto quanto le sue parole. – Bada bene,
sino ad ora
non ho fatto nulla perché quel bambino non merita di essere coinvolto
nelle
nostre scaramucce, ma nessuno deve toccare coloro che amo. – Concluse
con un
basso ringhio, gli occhi divenuti quasi grigi.
Jelena
non riuscì a dire nulla,
frastornata da quel colpo basso. Non credeva che Jude ne fosse capace.
Scioccamente lo aveva considerato un giovane uomo, sensibile e ansioso.
Ma era
anche un Kinkade e adesso le stava mostrando il suo lato spietato e
pericoloso.
Uscì velocemente dall’ufficio richiudendosi la porta alle spalle.
Al
suono dello scatto della maniglia, Jude
si accasciò sulla poltrona, nascondendosi il viso con le mani.
–
Cos’ho fatto?
– Mi
hai difeso. Hai difeso entrambi. – Lo
rassicurò, inginocchiandosi di fronte a lui.
– Ho
minacciato un bambino! Sono peggio di
Oscar!
– Non
sei come lui! Lo hai detto, è vero,
ma non lo faresti mai! – Protestò afferrandogli i polsi. – Ehi? Non sei
come
lui!
– Ho
minacciato Miguel! – Ripeté disgustato.
– Questo mi rende…
– Un
uomo d’affari. È istintivo per te
cercare la soluzione migliore per risolvere un problema, ma alcune cose
non le
faresti mai! Perché sei umano e gentile e compassionevole. Tutte
qualità
estranee a Oscar!
Jude
evitò di guardarlo negli occhi, ma
sembrò calmarsi.
Zero
allungò le braccia e lo strinse a sé.
Avere Oscar come padre gli aveva lasciato un’impronta indelebile
nell’anima, ma
Jude aveva anche una moralità e un’onestà, che affascinavano. Il
Consiglio lo
adorava per la persona che era, non solo per il cognome che portava.
Furono
interrotti da qualcuno che bussava
alla porta. Pochi istanti ancora e udirono la voce di Caty attraverso
la porta
adesso socchiusa.
– Ho
appeso alla maniglia il cartello “Non
disturbare”. Io sto andando via. Per sicurezza chiudetevi a chiave. A
domani!
– Adoro
la tua segretaria! – Decise Zero,
una volta rimasti soli.
– Tutto
questo è estremamente
imbarazzante. – Sospirò Jude rassegnato, posando la schiena
all’indietro, sfilandosi
al tempo stesso la cravatta blu.
– Solo
perché ci conosce bene! – Zero
afferrò i braccioli della poltrona e fece leva sulle braccia. Avvicinò
il viso
al suo con un sorriso che non prometteva nulla di casto.
– È te
che conosce bene! – Replicò,
lasciandosi baciare.
– Tanto
meglio! – Sorrise sulle sue
labbra.
Sbottonò
velocemente la sua camicia
azzurra e cercò subito i suoi capezzoli scuri, che sfregò con i pollici.
Jude
ansimò, cingendogli le spalle.
Avrebbe dovuto fermarlo. Avrebbero dovuto fermarsi. L’ufficio non era
il luogo
più appropriato per certe cose.
Allargò
le gambe quando la coscia di Zero
sfregò contro il suo inguine, ancora protetto dai pantaloni blu del suo
completo. Avrebbero dovuto davvero, davvero fermarsi.
Cercò
la zip della giacca Nike di Zero e
la tirò giù senza particolari problemi. Stava per sfilargliela dalle
spalle,
quando il cellulare iniziò a vibrare.
– Non
ci pensare neanche! – Gli intimò
Zero, mordendogli il lobo di un orecchio.
Leggendo
il nome sul display, Jude sospirò
sconsolato. – È Marcus.
–
Dannazione! – Sibilò allontanandosi da
lui.
Dopo la
doccia, Zero indossò solo i
pantaloni della tuta lasciandosi l’asciugamano sulla testa. Scese le
scale, udì
la voce di Jude proveniente dallo studio. Nelle ultime tre ore aveva
ricevuto
telefonate da tutti i membri del Consiglio.
Ordinò
cinese e attese il ritorno del suo
compagno semisdraiato sul divano, facendo zapping tra un programma
sportivo e
l’altro.
La
notizia del giorno era l’incontro tra
il giovane Kinkade e il magnate Michael Harrison. Sbuffò un paio di
risate
ascoltando le ipotesi dei giornalisti sportivi e degli opinionisti nei
vari
studi.
Arrivata
la cena, posò le scatole
sull’ampio tavolo da caffè aspettando Jude, certo che avesse sentito il
suono
del campanello attraverso la porta dello studio socchiusa.
Lanciò
alcuni cuscini sul pavimento tra il
divano e il tavolino e vi sedé sopra, ricominciando a guardare la
televisione.
– Mi
dispiace. – Sospirò Jude alcuni
minuti dopo, lasciandosi cadere al suo fianco.
– Per
cosa ti stai scusando? – Domandò, passandogli
il pollo alle mandorle.
–
Tutto? Quando ho accettato di pranzare
con Michael non ho pensato alle possibili ripercussioni, sia per la
squadra che
per noi due. Questa situazione mi sta togliendo lucidità.
– È
stato orribile! Hanno interrotto la nostra
sessione di sesso bollente. – Si lamentò, prendendo le bacchette.
– Non
intendevo quello! – Protestò
increspando la fronte. – Anzi, forse è stato l’unico lato positivo, non
possiamo fare sesso sulla mia scrivania!
–
Perché no?
– Non è
professionale, ecco perché!
–
Irrilevante.
Jude
strinse le labbra cercando di non
ridere e guardò distrattamente la televisione. – Pensano che ti stia
tradendo
con lui? – Chiese cominciando a mangiare.
–
Qualcuno. Ma va per la maggiore
l’acquisto della squadra, seguita subito dopo dalla sponsorizzazione.
Il Consiglio?
– Sono
riuscito a tranquillizzarli. È
stato un pranzo con un vecchio amico di famiglia. Tecnicamente non ho
mentito.
–
Intelligente.
Si mise
a pugnalare il pollo,
sovrappensiero. – Mi dispiace averti coinvolto nell’ennesimo dramma
Kinkade.
Zero
gli diede una lieve spallata. – Non
dire sciocchezze e mangia. – Gli intimò indicando il suo pollo con le
bacchette.
– Stai
sviluppando un’inquietante
ossessione nei confronti delle mie abitudini alimentari.
–
Perché sono terribili!
– Sul
serio? Al mattino bevi dei frullati
verdi dall’odore terribile! – Lo accusò, ricominciando a mangiare.
–
Frutta e verdura. Sono ricchi di
vitamine.
– Sono
verdi.
– Non
essere razzista!
Jude
scoppiò a ridere, posando la testa
sulla sua spalla. Lo guardò attraverso le lunghe ciglia scure, grato
una volta
di più per la sua presenza.
– So di
essere irresistibile, ma fammi
almeno finire di cenare prima di portarti a letto. – Scherzò Zero,
senza
distogliere l’attenzione dai suoi ravioli.
–
Stupido! – Sorrise il giovane, finendo
il suo pollo.
In
sottofondo, gli opinionisti televisivi
parlavano ancora di loro, ma non provò particolare fastidio. Non lì
nella loro
casa, con Zero accanto.
Doveva
ammettere che sia l’architetto che
l’arredatore consigliatigli da Lionel avevano fatto un ottimo lavoro.
La casa
era in stile coloniale, su due
piani, provvisto di solaio e di seminterrato. All’ingresso un’ampia
scala
conduceva al piano superiore che comprendeva la loro camera da letto
con bagno
privato, più altre quattro camere e tre bagni.
Non che
avessero molti ospiti, ma spazio
ce n’era e Jude non aveva mosso obiezioni quando aveva visto il
progetto per la
prima volta. L’ampia scala all’entrata lo aveva spaventato per qualche
istante,
ricordò toccandosi distrattamente il braccio sinistro ma, subito dopo,
il suo
lato razionale aveva avuto il sopravvento. Seguendo le indicazioni del
suo
ragazzo aveva seguito personalmente i lavori.
Zero
aveva insistito affinché Jude potesse
avere uno studio al piano terra, accanto ad un’ampia stanza che fungeva
da
palestra. Oltre alla grande cucina e a due bagni, ciò che occupava la
maggior
parte del piano terra era la sala.
I
colori predominanti erano bianco, nero e
beige, mentre il legno dei mobili donavano agli ambienti una sensazione
di calore.
All’esterno
il giardino dalle alte siepi
li proteggevano da occhi indiscreti. Oltre al garage, Jude aveva voluto
sul
retro, non distante dalla piscina, un piccolo campetto di basket al
chiuso.
Così che Zero potesse allenarsi da solo ogni volta che lo desiderasse.
Tutta
la proprietà era protetta da un
altissimo cancello in ferro battuto.
Prima
di andare a vivere lì, Jude non
aveva mai capito cosa fosse una casa. Aveva vissuto in abitazioni, dove
tornare
dopo estenuanti giornate di lavoro. Dormire, mangiare, lavarsi e uscire
di
nuovo. Tutto lì.
Zero
invece gli aveva dato un posto in cui
voler tornare, un posto in cui essere felice.
Il
giocatore si sporse per prendere
un’altra scatola di ravioli al vapore. – Hai spento il cellulare. –
Notò,
guardando stupito sul tavolino.
– Sono
stanco di rassicurare la gente. Se
sento parlare ancora di quote e percentuali, potrei urlare. – Ammise,
posando
la testa sul divano alle loro spalle.
–
Sempre detto, io, che quella è gente
ipersensibile! – Borbottò il biondo. – È stato solo un pranzo,
dannazione!
– Non è
così semplice, la posizione di
Jelena non è mai stata solida, lo sai. Il suo dieci percento non le ha
mai
garantito la poltrona.
– Come
diamine ha fatto a diventare il capo,
allora?
–
Strategia e un pizzico di fortuna. –
Accettò dal compagno un’altra scatola di cartone, prima di proseguire.
– Marcus
non era contento della gestione di Lionel. È l’azionista principale ma,
all’epoca, non fece nulla per impedire l’ascesa di Jelena. Nel
frattanto lei
ottenne l’appoggio degli altri membri del Consiglio.
–
Quindi le è stato sufficiente il trenta
per cento e il tacito assenso di Marcus.
– Sì.
Oscar era ancora in galera e Lionel
era un po’ troppo avventata per i suoi canoni. Jelena ha ottenuto i
Devils
grazie all’appoggio del Consiglio. Capisco le scelte di Marcus. – Ci
tenne a
precisare. – Al suo posto avrei fatto lo stesso. Lionel ha tante
qualità, ma è
troppo impulsiva per gestire una squadra come la nostra.
–
Aspetta un istante, – mormorò Zero
facendo un rapido calcolo, – la tua famiglia possedeva il cinquanta
percento
della società, ma diede il dieci percento alla madre di Jelena. È il
quaranta
percento, non il trenta.
– Anni
fa, dopo un affare losco dei suoi, Oscar
fu a corto di denaro e fu costretto a vendere il dieci percento a
Marcus, suo
storico socio d’affari. È così che è entrato a far parte del Consiglio.
–
Sospirò rassegnato. – Quando è finito in carcere per omicidio, si è
trovato
nella stessa situazione e gli ha venduto un ulteriore dieci percento.
–
Perciò Marcus ha il venti percento della
società, come Oscar?
– Sì,
hanno le stesse quote. Jelena e
Betty Lewis, ne hanno dieci, mentre l’avvocato Martin e Richard Walker,
possiedono
il cinque percento.
– Venti
e venti, dieci e dieci, cinque e
cinque. – Mormorò Zero. – Fa settanta, Jude. Chi possiede il trenta
percento
della società?! – Domandò, perplesso.
Jude si
adombrò. – Appartenevano a mia
madre.
Il
giocatore lo guardò scioccato. – Le ha
lasciate a te?
– No,
non ha mai voluto che avessi nulla a
che fare con Oscar e le sue attività.
– Donna
saggia. – Commentò, passandogli un
braccio attorno alle spalle.
–
Immagino di sì.
– Ma se
non le hai tu, chi…? Non è
possibile! – Esclamò. – Le ha Harrison! Ecco perché il Consiglio è
impazzito!
– Già.
– Jude,
hai detto che non è mai stato un
appassionato di sport. Se tu fossi davvero suo figlio, ti potrebbe
lasciare le
quote. Diventeresti il proprietario dei Devils.
– Non
correre troppo, – lo avvertì, –
e poi non ho mai voluto essere il capo.
È fastidioso. Troppe feste, interviste e riflettori puntati in faccia.
– Lo
guardò di sbieco. – In effetti è ciò che è diventata la mia vita da
quando ti
frequento. – Gli baciò una guancia. – Ho anche dei fans, adesso! Siamo
i Zure!
– Zude.
– Lo corresse, infastidito.
– Fa lo
stesso. – Tagliò corto, ridendo
del suo broncio. Batté lentamente le palpebre, sorridendogli malizioso.
– So
quanto ti ecciti il potere, ti piacerebbe se diventassi il proprietario?
Zero
gli rivolse un mezzo sorriso. – Sei
il mio capo da anni, anche se l’idea di scoparti nell'ufficio che è
stato di
Oscar, me lo ha fatto diventare duro. – Annunciò avventandosi sulle sue
labbra.
Jude
accettò il suo peso con entusiasmo. Lo
desiderava con una ferocia che sapeva ancora spaventarlo. La fame che
provavano
l’uno per l’altro non sembrava placarsi e questa consapevolezza lo
lasciava
ogni volta scioccato e compiaciuto al tempo stesso.
–
Non abbiamo lubrificante qui. – Lo avvertì quando sentì che le carezze
di Zero
si stavano facendo più audaci.
– Grave
errore. – Borbottò contro le sue
labbra.
Gli
sfilò la camicia così da poter giocare
con i suoi capezzoli scuri. Da quando aveva scoperto quanto fossero
sensibili,
erano diventati la nuova ossessione di Zero.
–
Gideon! – Sospirò, inarcando la schiena.
– Shh,
sono qui. – Lo rassicurò, sfregando
i loro bacini.
L’attrito
con il tessuto dei loro
pantaloni li fece gemere e spostare le gambe, alla ricerca di un
contatto
maggiore.
– Sono
diventato un pervertito come te! –
Sospirò Jude, leccandogli la giugulare pulsante.
– Non
darmi meriti che non ho. – Ansimò
Zero, continuando a strusciarsi su di lui.
Tra
gemiti e baci languidi, raggiunsero il
piacere a poca distanza l’uno dall’altro.
– Ora
una doccia non ce la leva nessuno. –
Commentò il giovane, accarezzando distrattamente la schiena sudata del
suo
uomo.
– Dammi
cinque minuti. – Bofonchiò contro
il suo petto. – Sei insaziabile!
– Non
intendevo quello! – Rise Jude. – Una
doccia e basta.
– Sul
serio? – Domandò quasi deluso.
– Ma
possiamo aspettare anche dieci
minuti.
– Lo
vedi? Ho creato un mostro!
Note:
Ho
scelto di lasciare l’originale wifey, perché
“mogliettina” non mi
piaceva. Non era la stessa cosa.
|
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Capitolo 2 *** ch2 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
2
Gojyina
Jude si
svegliò gemendo. Un intenso calore
all’inguine gli stava inviando continui brividi di piacere che lo
costrinsero
ad inarcarsi e a sospirare.
Premute
contro il suo interno coscia, le
labbra di Zero erano distese in un sorriso soddisfatto.
– Il
bell’addormentato si è finalmente
destato.
– Sei
diventato il principe azzurro? –
Rise, guardandolo attraverso le lunghe ciglia scure. – Sai che mi
piacciono i
ragazzi selvaggi.
– Vuoi
vedere quanto sono selvaggio, Jude?
– Domandò allungando un braccio alla ricerca del lubrificante.
–
Sempre! – Sollevò il bacino per potersi
sfilare più facilmente i pantaloncini neri.
– Così
impaziente, – commentò Zero
compiaciuto, – così sensibile. – Aggiunse chinandosi per leccare un
capezzolo
bronzeo.
– Dio!
– Ansimò, cingendogli le spalle.
– No,
Zero. – Replicò prontamente,
divaricandogli le gambe.
–
Stupido.
– Lo
adori.
– Sto
rivalutando le mie scelte di vita. –
Jude affondò la schiena sul materasso, mentre Zero preparare il suo
corpo.
Cercò di rilassare i muscoli, ma le sue abili carezze gli rendevano
l’impresa
quasi impossibile. – Se non ti sbrighi, verrò come un adolescente.
– Agli
ordini, Boss! – Lo prese in giro,
posizionandosi tra le sue gambe.
Si
guardarono negli occhi mentre Zero
spingeva il suo corpo dentro quello di Jude. L’intimità che avevano
raggiunto
era nuova per loro. Mai avevano permesso ad altri di avvicinarsi così
tanto.
Eppure non avevano paura, si fidavano ciecamente l’uno dell’altro.
–
Gideon! – Ansimò, quando fu colpito alla
prostata.
– Lo
so, sto arrivando. – Promise,
iniziando a spingere a velocità sostenuta.
Jude
gli cinse le spalle, sollevando
appena il busto, così da aiutarlo a trovare la giusta angolazione.
Il
giocatore continuò a colpire il suo
punto magico, facendolo gemere rumorosamente. Venne, spruzzando di
bianco perla
l’addome scolpito di Zero che, a quella vista, perse a sua volta il
controllo.
Steso
su Jude a riprendere fiato, sentì le
sue mani sulla schiena e tra i capelli umidi.
– Sei
ancora abbastanza selvaggio. – Disse
Jude, facendolo ridere contro il suo petto.
– Lieto
di saperlo! Doccia?
– Tra
poco, – sussurrò, abbracciandolo.
Sembrava molto assonnato e Zero quasi si pentì di averlo svegliato. –
Ehi, va
tutto bene. – Lo tranquillizzò senza aprire gli occhi. – Ma è sabato
mattina, possiamo
riposare ancora un po’.
Zero lo
aiutò a sistemare le coperte sui
loro corpi umidi, un lieve broncio sulle labbra.
– Mi
conosci troppo bene, è quasi
fastidioso.
– Sei
solo facile da capire. – Mormorò,
quasi assopito. – Ci somigliamo.
–
Riposa, ne parliamo più tardi. –
Sbadigliò il giocatore, staccando la sveglia. Notando quanto Jude fosse
stanco,
decise di spegnere anche il suo cellulare. I Devils potevano
sopravvivere
qualche ora senza di lui.
Zero
adorava quelle mattine pigre, durante
le quali poteva sonnecchiare sul petto di Jude. Di solito, il suo
ragazzo rispondeva
alle e-mail dal cellulare e controllava i video mandati da qualche
osservatore.
Era raro che dormisse fino a tardi, ma Zero era più che lieto che
riposasse. Gli
ultimi giorni erano stato impegnativi, con i giornalisti sportivi ad
aspettarli
un po’ ovunque, bramosi di scoprire i dettagli dell’incontro con
Harrison.
Era
stressante, soprattutto per Jude, che
detestava avere i riflettori puntati contro.
Purtroppo,
li attendeva un periodo ancora
più complicato.
Non era
contento del ritorno di Derek,
anche se non lo aveva dato a vedere. La squadra aveva bisogno di un
giocatore
di esperienza come lui, un serio professionista, ma Zero non aveva
ancora
sotterrato l’ascia di guerra e non aveva intenzione di lasciargli la
fascia di
capitano.
Era
difficile per lui e Jude essere i Re
di Los Angeles. Per quanto tentassero di tenere separati lavoro e vita
privata,
l’una influenzava per forza di cose l’altra.
Se Jude
non aveva obiettato al ritorno di
Derek non era stato per offendere Zero. Al momento i Devils avevano
diversi
giocatori giovani, con poca esperienza ad alti livelli. Derek avrebbe
aiutato
Zero a far crescere quei ragazzi, facendo loro da mentore.
Jude
doveva fare gli interessi della
squadra e se poteva anche facilitare il lavoro di Zero, tanto meglio.
Trovare
un equilibrio nelle loro vite era
un lavoro costante, ma ne valeva la pena. L’amore di Jude era una
coperta calda
e soffice, che lo avvolgeva senza soffocarlo. Non avrebbe mai più
potuto vivere
senza.
L’arrivo
di Harrison era stato
inaspettato. Era il maggiore azionista, anche se le sue quote erano
state
gestite sino a quel momento da Marcus ma, a conti fatti, i Devils erano
di sua
proprietà. Se Jude si fosse rivelato suo figlio, molto probabilmente le
avrebbe
lasciate a lui.
Ma se
il test di paternità si fosse rivelato
negativo, cos’avrebbe fatto? Sarebbe tornato in Europa e avrebbe
lasciato tutto
così com’era?
Zero
sollevò un lembo del piumone, così da
coprire meglio Jude ancora profondamente addormentato. Avrebbe dovuto
anche
fare un giro di telefonate e scoprire perché Harrison fosse tornato
proprio
adesso.
Controllò
l’orologio e decise di ritagliarsi
ancora qualche ora di ozio. Voleva un fine settimana di solo relax sia
per se
stesso che per Jude, rimandando i problemi a lunedì.
– Non
riesco a crederci! – Jude guardò
l’orologio sul comodino, sentendosi in forte disagio. – E mi hai anche
spento
il cellulare. – Lo accusò, aiutandolo a posare il vassoio sul letto.
– Sì,
sono un ragazzo terribile. – Tagliò
corto, afferrandogli il cellulare prima che potesse riaccenderlo.
–
Gideon! – Protestò cercando di
recuperarlo.
– Jude!
– Lo prese in giro con lo stesso
tono. – Te lo confisco. Se lo rivuoi facciamo prima colazione.
–
Pranzo, vista l’ora.
–
Quello che è. Se farai il bravo te lo
renderò. – Concluse cercandogli le labbra.
– Lo
sai, vero, che non dovresti cucinare?
– Gli accarezzò una guancia. – Se ti tagliassi o bruciassi, potrebbe
incidere
sul tuo rendimento in campo.
– Non
lo faccio così spesso e poi sto
attento. – Lo tranquillizzò, passandogli il caffè.
Jude
addentò il pane tostato appena
imburrato e si appoggiò contro Zero, quando sentì un braccio attorno
alle
spalle.
Gideon
era sempre stato molto tattile, ma
negli ultimi giorni lo era ancora di più. Faticava ad ammetterlo anche
con se
stesso, ma adorava sentirsi coccolato così.
–
Stasera vuoi andare al party di J.Lo?
– No,
voglio passare il fine settimana a letto
con te. – Fu la risposta di Zero, sussurratagli contro una tempia.
Jude
increspò la fronte. – Ne sei sicuro?
Non stai facendo molta vita mondana ultimamente.
Lo vide
scrollare le spalle. – Preferisco
fare sesso con te. – Allungò una mano e prese un pezzo di bacon. – Ti
stai
lamentando?
Il
giovane sbuffò. – Sai che non intendevo
quello. È davvero impossibile, a volte, fare un discorso serio con te.
Soprattutto quando non vuoi rispondere. – Spostò il peso su un fianco,
sfregando la fronte contro la sua spalla muscolosa. – Oggi non riesco a
restare
sveglio. Mi hai messo del sonnifero nel caffè? – Scherzò, ricevendo in
cambio
una lieve sculacciata.
– Il
nostro corpo sa di cosa abbiamo
bisogno. Se hai sonno, dormi. – Posò il vassoio sul comodino e si
spostò in
modo tale che Jude potesse usare il suo petto come cuscino.
– Sono
davvero viziato. – Bofonchiò, lottando
per tenere gli occhi aperti.
– Mi
piaci viziato, perché dipendi da me.
– Prima
o poi ti stancherai di farmi da balia.
– Si lasciò sfuggire, nel dormiveglia.
Zero
perse il sorriso. – Dubito che potrò
mai stancarmi di te, stupido. – Jude non rispose, preferendo chinare il
viso e
nasconderlo sotto al piumone. – Ehi? – Lo chiamò il giocatore, posando
due dita
sotto al mento, costringendolo gentilmente a guardarlo. – Siamo Team
Zude. –
Gli ricordò, baciandogli la fronte.
–
Continuo a trovarlo un nomignolo strano.
– Borbottò, tornando a posare la fronte nello spazio tra la spalla e il
collo
di Zero.
–
Perché non conosci il linguaggio delle
fans. Non conosci nemmeno gli hastag! – Lo accusò, accarezzandogli
distrattamente la schiena.
–
Infatti ero il tuo manager. L’ufficio
stampa lo lasciavo ad altri. A proposito, come va con Stevens? –
Domandò
all’improvviso.
– Più
che bene. Non è bravo come te, ma fa
il suo lavoro egregiamente. Soprattutto non ha clienti tra i Devils,
come
Lucas. – Sputò quel nome con una buona dose di disgusto.
– Lo
so, è per quello che te l’ho
consigliato. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Conosco Stevens da
anni, ha un
ottimo fiuto per gli affari e, cosa più importante, è un grande esperto
di
legge. Quando avevo dei dubbi, mi sono sempre rivolto a lui e non mi ha
mai
deluso. Lo consulto ancora oggi per i contratti dei Devils più
delicati. Ero
certo che avrebbe fatto un ottimo lavoro con te.
– Non
sei tu e non ha neanche il tuo bel
culo, ma è bravo. – Gli baciò la cima della testa. – Con te a guardarmi
le
spalle, mi sento protetto.
– Siamo
Team Zuro, no?
– Zude.
– Lo corresse sbuffando. – Lo stai
sbagliando di proposito.
– Mi
piace prenderti in giro.
Il
giocatore sistemò il plaid su di loro.
– Un tempo eri carino e timido, ho creato un mostro.
– Non
sono mai stato carino e timido! –
Protestò, stropicciandosi un occhio. – Ti ho fatto firmare i migliori
contratti
della tua vita! – Scherzò, fingendo una voce lamentosa.
Zero
scoppiò a ridere, abbracciandolo.
Bastarono pochi minuti e si addormentarono, avvolti dal calore
reciproco,
proseguendo il loro fine settimana all’insegna del relax e della
pigrizia.
Il
tardo pomeriggio li trovò abbracciati
sul divano, avvolti in una morbida coperta. Zero aveva insistito per
vedere qualche
film insieme e Jude aveva preparato un paio di ciotole di popcorn,
rassegnato a
lasciare il cellulare spento.
Complici
il calore e la sicurezza che
Gideon gli trasmetteva, Jude si ritrovò a sonnecchiare ancora,
sfregando di
tanto in tanto il viso sul petto del suo uomo.
– Vuoi
tornare a letto? – Gli chiese Zero.
– Sto
bene qui. – Bofonchiò, assopendosi
per l’ennesima volta.
Zero
sorrise, soddisfatto nel vedergli
recuperare preziose ore di sonno.
Stava
scegliendo il secondo film da
vedere, quando udì un rumore provenire dal giardino.
–
Gideon? – Lo chiamò Jude, aprendo
lentamente gli occhi.
– Vado
a vedere, torna a dormire. –
Rispose scendendo dal divano.
– Sento
abbaiare. – Mormorò mettendosi
seduto. – Vengo con te.
Infilate
un paio di scarpe da ginnastica e
la giacca, uscirono insieme.
– Non
c’è nulla, – disse il giocatore, –
forse era il cane dei vicini.
– Non
so forse… – la sua attenzione fu
catturata da un cespuglio, – laggiù c’è qualcosa che si muove.
Avvicinandosi
al cancello, notarono un
paio di piccole zampe marroni che spuntavano da sotto le foglie.
– Si è
incastrato tra il ferro e i rami. –
Disse Gideon, – Ehi, campione. Non aver paura, adesso ti liberiamo. –
Rassicurò
il cucciolo, mentre Jude usciva in strada.
–
Strano che sia riuscito ad entrare. Deve
essere molto piccolo. Oh, Gideon!
– Cosa?
– Si incuriosì, non sentendolo
più. Quando udì il cancello chiudersi, si voltò verso di lui. – E
quello? –
Rise, guardando il cucciolo beige che stava leccando il viso di Jude.
– Stava
seguendo l’amico, per fortuna non
si è incastrato anche lui. Non ho mai avuto un cane, è igienico che mi
lecchi
la faccia? – S’interrogò, accarezzandolo.
Zero si
mise a ridere e diede un leggero
strattone ad un ramo, riuscendo così a liberare l’altro cucciolo dal
pelo più
scuro.
–
Eccoci qui, campione. – Lo salutò,
prendendolo in braccio. – Portiamoli in casa, mi sembrano entrambi
infreddoliti.
Tornati
in sala li avvolsero nella coperta
lasciata sul divano e li adagiarono delicatamente sul pavimento.
Jude li
osservò pensieroso, prima di
afferrare il telefono di Zero.
–
Astinenza? – Lo prese in giro, tornando
dalla cucina con due piatti colmi d’acqua.
–
Ricerche, – borbottò concentrato sul
display, – se non ricordo male abbiamo qualche carota e credo anche il
pollo.
– Jude?
–
Dovranno pur mangiare, no? – Replicò
scrollando le spalle. – Non possiamo lasciarli tornare in strada.
Lunedì potremmo
chiedere se qualcuno li vuole.
Il
giocatore accarezzò distrattamente i
due cuccioli, intenti a bere rumorosamente. L’acqua aveva inzuppato
metà
coperta, ma poco gli importava.
–
Potremmo… – S’interruppe, sentendosi uno
sciocco.
Non
avevano orari stabili, anche se
possedevano un giardino spazioso, avere due cani per lasciarli da soli
tutto il
giorno non era sensato.
I due
piccoli gli salirono sulle cosce,
mugolando.
Non
doveva affezionarsi a loro. Se ne
sarebbero andati, si disse, ridendo quando quello più chiaro si sollevò
su due
zampe per potergli leccare il naso.
–
Potremmo tenerli.
La voce
gentile di Jude lo fece
sobbalzare, non lo aveva sentito tornare.
– Con
la vita che facciamo, sempre fuori
casa?
–
Meglio che in mezzo alla strada, col rischio
che vengano investiti. – Sedé sul bracciolo del divano, incrociando le
braccia
al petto. – Abbiamo il giardino. Non lo so, potremmo trovare un modo,
se li
vuoi tenere.
– Sei
sicuro?
– Per
me è indifferente. Non ho mai avuto
animali domestici ed erano proibiti nel mio vecchio appartamento.
Quando ci
siamo trasferiti qui, non mi è venuto in mente che avremmo potuto
averne.
–
Nemmeno io ne ho mai avuti. Da piccolo
avrei voluto un cane, ma poi… – scollò le spalle. Poi era stato
abbandonato ed
era finito in una casa famiglia che non aveva spazio neanche per i
bambini,
figuriamoci per un animale.
– Ehi,
che ne dici di cercare un
veterinario in zona, o chiedere a qualcuno della squadra se conoscono
qualcuno
di affidabile? Io intanto preparo loro qualcosa da mangiare.
Zero
annuì e lo seguì con lo sguardo
tornare in cucina. Il cucciolo marrone si accoccolò sulla sua coscia
sonnecchiando, per nulla infastidito dai movimenti dell’altro, deciso a
sfilacciargli il maglione.
Jude
accese sotto alla pentola e tornò a
guardare il soggiorno. Raramente aveva visto Gideon sorridere come
aveva fatto
con quei due cuccioli.
Voleva
solo che fosse felice e se quei cani
lo facevano sorridere in quel modo, allora li avrebbero tenuti.
Doveva
solo capire di cosa avessero
bisogno: cibo, cuccia, veterinario, forse dei giochi. Non ne aveva
idea.
– Come
vuoi chiamarli?
La voce
di Zero lo riscosse dai suoi
pensieri.
– Non
so, decidi tu.
–
Dobbiamo farlo insieme. – Protestò,
spostando i cuccioli sulla coperta.
– Brown
e Beige? – Buttò lì, pensando al
colore del loro pelo.
Ottenne
un’occhiataccia. – Sul serio,
Jude?
– Non
lo so! – Sbuffò, controllando il
pollo immerso nell’acqua bollente. – Uno dei due mi sembra abbastanza
attivo,
se lo chiamassimo Devil sarebbe ridicolo?
Il
giocatore scoppiò a ridere. –
Stacanovista! Solo tu potresti chiamare il cane come la tua squadra! –
Guardò
il cucciolo beige intento a rosicchiare una gamba del tavolino. – Hai
ragione,
Devil è più che appropriato!
– E
l’altro non so. Logan? Tu adori
Wolverine.
–
Wolverine non è un cane! – Protestò,
incrociando le braccia al petto. – Logan e Devil. Non male. – Afferrò
il
cellulare e lo raggiunse in cucina.
– Se
stai per fare shopping su Amazon, non
perdere il controllo. – Lo ammonì, tagliando la carne. – Non ho
aggiunto il
sale. Credo abbiano un mese o poco più, gli ho fatto pollo e carote
lessate,
pensi che vada bene?
Zero
scrollò le spalle. – Guardando le
foto in rete, sembrano avere un mese o due. Essendo meticci è un po’
difficile
da capire. Proviamo.
Jude si
sedé sul pavimento del soggiorno,
usando il divano come spalliera. Avvicinò un pezzo di carne tiepido al
naso di
Logan, che sembrò moderatamente interessato. Tentò ancora e il cucciolo
assaggiò il pollo, scodinzolando.
–
Sembra che gli piaccia. Sul serio, Zero?
– Rise del suo ragazzo, che ancora non riusciva ad afferrare Devil,
convinto
che essere rincorso fosse un gioco. – Ha uno scatto migliore del tuo.
Dovremmo
metterlo in squadra!
– Ti ho
sentito, stupido! – Brontolò
imbronciatissimo. Con una finta degna di una finale, riuscì finalmente
ad
afferrare il cucciolo. – Non pensavo che fosse così faticoso! –
Sospirò,
sedendosi accanto a lui.
Devil
parve molto più entusiasta del cibo
rispetto al fratello, mangiando velocemente.
– Per
fortuna ce n’è ancora. – Jude lasciò
il piatto sul pavimento e si diresse in cucina con Logan in braccio. –
Dobbiamo
controllarli. Devil è più vorace, non gli dà il tempo di mangiare. –
Sorrise al
cucciolo. – Non possiamo farti morire di fame, vero?
Zero
sorrise dal divano. Anche se non
aveva familiarità con gli animali, Jude sembrava a suo agio con loro.
– Il
fine settimana ha preso una piega
inaspettata. – Disse, portando via il piatto vuoto di Devil che riprese
a
ispezionare la sala annusando qualsiasi cosa. – Ha spazzolato anche le
carote.
Con lui come va? – Domandò indicando Logan.
– Non
ne sembra entusiasta, ma sta
mangiando tutto.
Appoggiandosi
allo stipite dell’arcata, si
immerse nel magico mondo di Amazon. – C’è una quantità di roba assurda.
Persino
i passeggini per cani, ti rendi conto?!
–
Atteniamoci alle cose base. Cuccia,
guinzagli e qualche gioco. Poi potremmo chiedere al veterinario, o a
qualcuno
della squadra.
–
Richard ha due cani, non ricordo la
razza.
– Se
non sbaglio anche Caty ne ha uno, ma
forse è un gatto. Non ne sono sicuro.
– Non
credo siano la stessa cosa.
Preferisco andare sul sicuro. Lunedì chiederò a Ricky. Devil, stai
fermo! –
Esclamò correndo all’ingresso. – Il tuo cane mi sta distruggendo le
scarpe!
– È già
diventato il mio cane, appena ha
fatto qualcosa di fastidioso?! – Sfregò la punta del naso sulla cima
della
testa di Logan. – Prevedo centinaia di ramanzine all’orizzonte e decine
di
scarpe nuove.
–
Poteva andare peggio. – Disse Jude,
infilandosi sotto le coperte.
– Sul
serio? – Zero indicò con le mani un
angolo della camera, dove i due cuccioli stavano sonnecchiando dentro
la solita
coperta, ormai divenuta di loro proprietà.
Avevano
fatto la pipì in ogni angolo del
soggiorno e, quando avevano cercato di salire le scale per seguirli e
non ne
erano stati in grado, Devil aveva protestato abbaiando con insistenza e
Logan
aveva cominciato a mugolare.
Si
erano calmati solo quando li avevano
presi in braccio e portati in camera con loro.
– Hai
preso qualche giornale? – Chiese
Jude, spostandosi verso di lui.
–
Perché? Vuoi legger loro una favola?
– No,
stupido. Nel caso in cui facessero
ancora la pipì. Potremmo mettere qualche foglio sotto e attorno alla
loro
cuccia improvvisata.
– Lo
faccio subito. – Zero strappò i fogli
e fece come gli era stato detto. – Sei bravo con loro.
– Ho
fatto qualche ricerca su internet. –
Replicò con modestia, spostando un lembo del plaid per farlo stendere
accanto a
lui.
Il
giocatore lo abbraccio da dietro,
posando il mento sulla sua spalla. – Sembrano più tranquilli. – Notò,
guardandoli sonnecchiare l’uno sull’altro.
– Mi
auguro che si stanchino anche loro.
– E tu?
– Soffiò sul suo orecchio, una
mano che scendeva delicatamente sotto l’ombelico. – Sei stanco o vuoi
giocare?
–
Gideon, non possiamo! – Arrossì,
afferrandogli il polso.
–
Perché no?
–
Potrebbero guardarci!
– Stai
scherzando, vero?! – Sbottò a metà
tra lo stupito e l’infastidito.
– Non
lo farò con quei due che potrebbero vederci.
– Fu la sua irremovibile decisione. Si voltò per guardarlo in viso. –
Mi
dispiace, ma proprio non ci riesco. – Spiegò arrossendo.
– Va
bene, ci organizzeremo meglio da
domani. Hai sonno?
– Ti
sembrerebbe strano se ti dicessi di
sì? Eppure ho dormito quasi tutto il giorno!
– È
normale. Sei sempre in tensione e gli
ultimi giorni sono stati molto stressanti. Abbiamo deciso di prenderci
il fine
settimana di totale riposo. – Lo rassicurò, passando una mano tra i
capelli
scuri.
Jude
avvolse un braccio attorno al suo
corpo e posò il viso sul suo petto. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la
stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.
– Voi
due siete in debito con me! –
Sussurrò all’indirizzo dei cuccioli assopiti.
Stava
sistemando la coperta su Jude,
quando il suo cellulare vibrò.
Lesse
il messaggio di Lionel e si ritrovò
a stringere la mascella con forza.
Saputo
dell’incontro tra Jude e Michael,
Oscar era intenzionato a rimettere piede all’Arena per controllare la
situazione. Quel bastardo cercava di sfruttare ogni opportunità a sua
disposizione per tornare.
Non gli
avrebbe permesso di ferire ancora
Jude, si ripromise, accarezzando distrattamente il suo viso. Amava
vederlo così
sereno. Solo tra le sue braccia il giovane uomo riusciva ad abbassare
completamente
la guardia e a rilassarsi davvero.
Questa
fiducia a volte lo spaventava, ma
Zero non avrebbe rovinato la cosa più importante della sua vita. Era
cresciuto
solo e abbandonato, ma da quando lo aveva incontrato, Jude lo aveva
avvolto tra
le sue braccia donandogli sensazioni di calore, amore, cura e
protezione, mai
provati prima.
Se
pensava che aveva rischiato di perderlo
per colpa della sua stupidità, non poteva impedirsi di biasimare se
stesso. Non
fosse stata per la gelosia provata per Lucas, forse a quell’ora sarebbe
stato
ancora imbrigliato tra feste e alcol, alla ricerca di uno svago che lo
aiutasse
a combattere la solitudine.
Era
stato un pazzo. Per fortuna Jude lo
aveva accolto di nuovo nella sua vita.
Baciò
la cima della sua testa,
ringraziandolo mentalmente.
Nel
sonno Logan iniziò a piagnucolare e
tirare calcetti a Devil che gli abbaiò contro, infastidito da quel
trattamento.
–
Gideon, – mormorò Jude, voltandosi verso
i due, – possiamo farli salire sul letto?
– Sei
sicuro?
Jude
annuì. – Abbiamo un letto king size,
sfruttiamolo! – Gli sorrise assonnato e lo aiutò prendendo i due
cuccioli.
– Non
credo che i giornali siano
sufficienti. – Disse il giocatore. – Aspetta, abbiamo la plastica che
avvolgeva
il microonde nuovo, non l’abbiamo ancora buttata. – Si ricordò
scendendo di
corsa le scale.
Quando
tornò, la posò sul letto,
adagiandovi sopra la coperta dei cani.
Jude
gli sorrise. – Mettila al centro,
così questi due non rischiano di cadere.
Sistemati
i cuccioli, poterono finalmente
infilarsi di nuovo sotto alle coperte.
Zero
allungò un braccio e lo adagiò sulla vita
di Jude. – La nostra vita sessuale potrebbe avere delle serie
difficoltà.
– È
solo per una sera o due. Il tempo di
farli ambientare, penso. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Poi
cresceranno e
sapranno salire e scendere le scale senza problemi. – Accarezzò i due
cuccioli
sino a quando non si furono tranquillizzati, ricominciando a dormire
senza
ulteriori problemi.
Una
sensazione nuova fiorì nel petto di
Zero, ma non seppe darle un nome. Vedere Jude prendersi cura ed essere
così
protettivo nei confronti di quelle due piccole vite bisognose lo
riempiva di
calore e amore.
Decise
di non indagare oltre e si chinò
per baciare la testa del suo ragazzo, prima di addormentarsi.
– Sei
diventato davvero bravo. – Si
complimentò Jude, rileggendo il compito di matematica di Miguel.
Il
bimbo scrollò le spalle. – Mi piace
perché è tutto ordinato. Ogni numero ha il suo posto.
Il
giovane gli sorrise comprensivo. – Sai,
a scuola era la mia materia preferita per lo stesso motivo. L’ho sempre
trovata
rassicurante. Ma in pochi mi capivano.
Miguel
gli sorrise e proseguì a fare i
compiti seduto sul divano.
Era
un’abitudine maturata col tempo. Ogni
giovedì, dato che non aveva corsi pomeridiani, Miguel veniva all’Arena
e faceva
matematica nell’ufficio di Jude, quando non era occupato in una
riunione. In
quel caso Caty gli lasciava la scrivania, in attesa che il giovane
Kinkade si
liberasse. Ma la cosa importante era che, cascasse il mondo, Jude
avrebbe
sempre controllato i suoi compiti.
Dalla
porta aperta, Jude poté vedere Zero
arrivare con il suo solito sorriso impertinente.
– Oggi
è giovedì. – Sentì dire a Caty, fermando
il giocatore prima che potesse dire qualcosa di inappropriato.
– Oh, i
piccoli matematici sono all’opera?
– Scherzò il biondo entrando nell’ufficio. – Ehi! Avete finito i
compiti?
Jude
roteò gli occhi. – Molto simpatico.
Vero, Miguel?
Il
bambino nascose un sorriso dietro al libro.
Caty
portò a Jude l’elenco degli ultimi
appuntamenti e si misero a controllare insieme l’agenda per cercare di
non
accavallarli. Nei mesi successivi ben sei giocatori sarebbero stati in
scadenza
di contratto e dovevano organizzare gli incontri con i rispettivi
agenti.
– Com’è
andato l’allenamento di ieri? –
Chiese Zero, sedendosi sul divano accanto al bambino.
–
Stiamo imparando i tiri da tre punti.
– Non
ti piace il basket? – Indagò,
sorpreso dalla sua mancanza di entusiasmo.
– Piace
a Jelena.
Jude
gli rivolse un sorriso triste. – Ehi,
lei ti vuole bene. Non importa cosa tu scelga di fare. Non sei
obbligato a
giocare ad uno sport che non ami, solo per compiacerla.
–
Strano consiglio detto da te!
La voce
di Oscar li fece sobbalzare.
Nessuno si era accorto del suo arrivo e Caty rivolse al suo capo un
sorriso di
scuse.
– Va
tutto bene, – la tranquillizzò
alzandosi in piedi. – Cosa vuoi? – Ringhiò, posizionandosi
istintivamente tra
lui e Miguel.
– Sono
passato per vedere come avete
ridoto la mia squadra. L’Arena sembra ancora in piedi. – Ammise
guardandosi
distrattamente attorno. – Ho saputo che hai incontrato Harrison. Ti ha
raccontato tutto, vero?
–
Stiamo facendo il test, sì.
–
Ovviamente, mi aspetto di conoscere il
risultato. Spiegherebbe molte cose.
– Già.
– Sai,
ho sempre saputo che non eri mio
figlio. – Ammise, guardandolo con cattiveria. – Hai sempre avuto
qualcosa che
mi ricordava lui. Quel sorriso gentile che mette tutti a proprio agio.
Umanità
e scrupoli che sono letali nel mondo degli affari, ma che Harrison è
sempre
riuscito a sfruttare a proprio vantaggio, diventando milionario. Tu hai
i suoi
stessi scrupoli e stai ottenendo i suoi stessi risultati. – Sogghignò
maligno.
– Ma sei cresciuto come un Kinkade. L’istinto di ferire chi ti sta di
fronte
per ottenere ciò che vuoi, lo hai imparato da me, vero?
Jude
trasalì e si avvicinò ancora di più a
Miguel. Ricordava il giorno in cui, per proteggere Zero, aveva
minacciato
Jelena di farglielo portare via.
Ancora
se ne vergognava.
Il
giocatore si alzò in piedi, affiancando
il compagno in difficoltà. – Quando avremo i risultati del test, ti
manderemo
una email.
– Zero!
Complimenti per la stagione, una
delle migliori. Certe attività non inficiano il rendimento in campo,
come
invece pensavo.
– Al
contrario, – replicò con la stessa
cattiveria, – sono un allenamento extra.
–
Signor Kinkade? – Caty entrò
nell’ufficio accompagnata da due ragazzi della security. Nessuno aveva
notato
la sua assenza, ma Jude la ringraziò mentalmente.
– Non
c’è bisogno della scorta, me ne vado
da solo. – Disse Oscar, lasciando la stanza accompagnato dai ragazzi in
abito
scuro. – Ah, prima che mi dimentichi, ho chiesto che facessero il test di paternità anche tra me e te. Così, per toglierci ogni dubbio.
– Per
me va più che bene. – Sibilò,
rimanendo in silenzio mentre l’uomo veniva accompagnato all’ascensore.
– Stai
bene? – Domandò Zero, quando se ne
fu andato.
Jude
annuì, ma lasciò che lo abbracciasse.
– Quel
signore era il tuo papà? – Chiese
Miguel, più stupito che spaventato.
– Così
pare. – Gli accarezzò la testa. –
Finisci i compiti e andremo a prendere il gelato.
Miguel
annuì e riprese da dove aveva
lasciato.
Jude
tornò alla sua scrivania seguito da
Zero, che si sedé su un angolo a braccia incrociate.
Il
giovane ricominciò a organizzare
l’agenda, posando un braccio sulla sua coscia, a mo’ di ringraziamento.
–
Possiamo finire domani. – Azzardò Caty,
la colpa ancora incisa sul viso.
– Ti
ringrazio, ma non è un problema.
Tanto devo aspettare Miguel.
– C’è
un gelato con il suo nome sopra. –
Annunciò Zero, facendole l’occhiolino.
La
segretaria annuì con un lieve sorriso e
ricominciò a controllare l’agenda elettronica. – Questa settimana è
tranquilla.
Potremmo organizzarne due al giorno.
Jude
annuì. – Segui l’ordine di scadenza
dei contratti, così nessuno si offenderà.
Si
adagiò contro lo schienale della
poltrona e chiuse gli occhi. Sorrise appena sentendo la mano calda di
Zero
stringere la sua.
–
Finito. – Annunciò Miguel, passando il
quaderno a Jude, che fu ben lieto di avere una distrazione.
Controllò
con attenzione ogni passaggio e
alla fine gli sorrise orgoglioso. – Bravissimo. Ora raccogli tutto e
andiamo.
Un gelato doppio cioccolato non te lo toglie nessuno! – Mentre il
piccolo
riponeva tutto nel suo zaino, lui sistemò i suoi documenti nella sua
valigetta
nera. Prima di uscire, si rivolse alla segretaria. – Per cortesia,
avverti la
signorina Howard che Miguel è al bar con noi.
– Già
fatto, passerà a prenderlo tra
mezz’ora.
Jude la
ringraziò con un cenno del capo e
prese l’ascensore insieme a Zero e al piccolo.
Con
Jelena i rapporti erano freddi come
sempre, ma per amore del bambino evitavano di discutere in sua
presenza. Capitava
solo una volta a settimana, non era difficile fingersi cordiali per
pochi
minuti. Per Zero era più complicato, ma aveva imparato a dargli una
gomitata o
un pizzicotto per impedirgli di dire qualcosa di maligno. Gesti che si
faceva
perdonare in camera da letto, ovviamente.
– Stai
bene? – Sussurrò Zero, guardano il
piccolo che sedeva al bancone con la sua coppa gigante panna e
cioccolato.
– Non
proprio. Non vedo l’ora di tornare a
casa e fare la doccia.
Il
biondo annuì, comprensivo.
Ordinarono
due caffè, mentre Miguel
mangiava il suo gelato in tutta tranquillità.
Aveva
quasi finito quando arrivò Jelena.
– Ti
sei divertito? – Chiese al bambino,
che prontamente annuì.
– Sono
migliorato. Poi è arrivato il papà
di Jude che non sembrava come lui. Essere parenti non sempre significa
che le
persone si somiglino. – Ragionò il piccolo. – Jude è gentile e
paziente, ma il
suo papà aveva una luce cattiva negli occhi. No, non si somigliano per
niente. –
Decise, prendendo lo zaino. – Grazie Jude, ciao Zero! Ci vediamo
giovedì! – Li
salutò il piccolo, accettando la mano che Jelena gli porse.
– A
domani. – Borbottò lei, con un finto
sorriso.
Zero
diede al suo ragazzo una lieve pacca
sulla spalla. – Andiamo a casa. – Sussurrò gentilmente, guardandolo
nascondere
gli occhi lucidi dietro ad una ciocca di capelli. – Hai sentito? Anche
un
bambino sa che tu e Oscar non vi somigliate per niente.
–
Gideon. – Sussurrò, senza farsi sentire
da nessuno.
–
Accettalo. Non sei come lui. Non importa
ciò che puoi aver detto, conta solo ciò che fai. – Si mise al volante e
allacciò la cintura di sicurezza. – Arrivati a casa dovrò calcolare i
danni
fatti dalle due palle di pelo. Solo di scarpe mi stanno costando una
fortuna.
Jude
scoppiò a ridere mentre il giocatore
metteva in moto la Porsche.
Uscito
dalla doccia indossò velocemente un
paio di pantaloni della tuta e una maglietta a mezze maniche.
Quando
udì il suono del campanello scese
le scale giusto in tempo per vedere entrare Lionel, bellissima in un
tailleur
verde chiaro, con la gonna che le arrivava appena sopra al ginocchio.
La
guardò perplesso. La sua presenza aveva
solo una ragione: l’incontro con Oscar.
Zero
gli sorrise. – È la stessa faccia che hai
fatto quando
abbiamo scoperto che Devil è una femmina.
– Chi è
Devil?! Oh, per l’amore di Dio! –
Urlò l’attrice, quando una furia scatenata cercò di saltarle addosso. –
Jude!
Jude! Queste calze costano più di cento dollari! Jude!
Il
giovane si passò le mani sul viso,
cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.
Raggiunto
il soggiorno, afferrò Devil
prima che riuscisse a saltare sull’amica.
– Zero,
vorresti prendere Logan, per
favore? – Gli chiese gentilmente. Nonostante il cane la stesse solo
annusando,
la donna continuava a lamentarsi.
– No, è
divertente vederla saltellare per
la stanza. – Jude si limitò a guardarlo con un sopracciglio alzato. –
Va bene,
va bene! – Brontolò il giocatore, afferrando con delicatezza il cane
più scuro.
– Da
quando avete bestie in casa?! Zero a
parte. – Domandò accaldata.
–
Grazie. – Commentò il diretto
interessato con voce incolore.
–
Prego. – Si passò una mano tra i lunghi
capelli castani. – Jude! Mi hai fatto correre su tacchi quattordici!
–
Perché stai incolpando me? – Volle
sapere sedendosi sul divano. – Sto anche sacrificando il mio viso per
te! – Le
fece notare, indicando Devil intenta a leccargli una guancia.
– Si
presuppone che tu sia quello maturo
della coppia. – Spiegò lei sedendosi ben lontana da loro.
– Non
lo trovo corretto, tu che ne pensi
Dev? – La cucciola scodinzolò. – Vedi? Mi sta dando ragione anche lei.
Non è
giusto.
Zero lo
affiancò, posando la testa sulla
sua spalla. Logan era molto più tranquillo e stava sonnecchiando tra le
sue
braccia.
– Hai
saputo, vero? – Arrivò subito al
punto.
– Ho le
mie fonti. – Lo guardò preoccupata.
– Come stai?
Scrollò
le spalle. – Non lo so. Sporco, credo. Ma
dopo aver
fatto la doccia mi sento meglio. È stupido?
– No,
capisco la sensazione. Ti ricordo
che ci andavo a letto.
– Che
schifo! – Esplosero i due uomini
all’unisono e con la medesima espressione disgustata.
– Ehi!
Non giudicate! – Protestò,
sistemandosi la giacca. – Cosa è venuto a fare all’Arena?
Jude
indurì i lineamenti del viso. –
Sputare un po’ del suo veleno, come al solito. E sono così stupido da
restarci
ancora male. – La sua tristezza fu percepita da Devil, che mugolò
contro la sua
guancia.
Zero le
sorrise. – Vedi? Anche lei ti sta
dicendo che non sei stupido, stupido.
–
Grazie tante. – Ironizzò.
– Sai
cosa intendo.
Jude
gli sorrise con dolcezza. – Lo so.
–
Piantatela di farvi gli occhi dolci.
Siete rivoltanti.
Il
biondo inarcò le sopracciglia. – Lascio
liberi i cani?
– Jude,
mi sta minacciando!
– Jude,
ci stava insultando!
– Dio,
che male ho fatto? – Il giovane
prese Logan dalle mani del suo ragazzo. – Loro devono fare il bagno,
voi due
arrangiatevi. Ciao Lionel, grazie per essere passata. – La saltò con
gentilezza, prima di salire le scale con i due cuccioli in braccio.
–
Sapevo che stava tramando qualcosa. –
Commentò Lionel. – Oscar non si è ancora rassegnato all’idea di aver
perso la
squadra.
–
Quello che mi fa rabbia è che riesca
ancora a ferirlo. – Ammise Zero.
– Un
tempo sarebbe stato peggio. Avrebbe
sanguinato per giorni, invece adesso ha solo bisogno di un cerotto.
– Ma il
taglio c’è.
–
Quello ci sarà sempre. È troppo
sensibile per il suo bene.
– Per
fortuna ha due come noi, con molto
pelo sullo stomaco.
– A
proposito di pelo, i tuoi cani mi
hanno rovinato le calze! – Sollevò una gamba, mostrando due smagliature
e
qualche pelo marrone e beige sparso qua e là.
– Per
lo meno non ti hanno leccata il
viso, è andata bene.
– Me ne
vado! – Annunciò, alzandosi
velocemente. Guardò la scalinata che conduceva al piano superiore. –
Strano che
l’abbia voluta.
– Cosa?
– La
scala. – Spiegò. – Le odia, eppure eccola
lì. Forse sta affrontando i fantasmi del passato.
– Non
so di cosa tu stia parlando.
Lei
inarcò le sopracciglia. – Non te l’ha
detto. – Abbassò il tono della voce. – Jude era alle medie ed era
appena
entrato nella squadra di baseball della scuola. Quando Oscar lo ha
saputo ha
dato di matto. Gli disse che per il proprietario di una squadra di
basket avere
il figlio che giocava a un altro sport era inaccettabile. Litigarono e
non so
di preciso cosa sia accaduto. Forse è inciampato o forse Oscar lo ha
spinto,
comunque Jude cadde dalla scala e si ruppe il braccio sinistro.
Legamenti lesi
e carriera sportiva finita prima ancora di cominciare.
– Per
questo si tocca il braccio quando
cambia il tempo. – Sussurrò Zero più a se stesso che a lei.
–
Motivi per odiare Oscar ne ho a
sufficienza. Ora devo andare. Se succede qualcosa, voglio saperlo.
Rimasto
solo, Zero non poté impedirsi di
provare un moto di disgusto per Oscar. Avrebbe voluto prenderlo a pugni
per
tutto quello che aveva fatto all’uomo che amava.
–
Devil, no!
Il
grido disperato di Jude lo costrinse a
salire di corsa al piano superiore.
– Non
ci credo! – Scoppiò a ridere
trovandolo steso per terra completamente bagnato con Logan sul suo
stomaco e
Devil, ancora insaponata, che saltellava per la camera da letto.
– Non
so come ci siano riusciti, ma hanno
quasi ribaltato la bacinella. Ho cercato di prenderla, ma…
– Sei
finito col sedere per terra. – Finì
per lui, aiutandolo ad alzarsi. – Cambiati i vestiti o ti verrà un
malanno, penso
io a questi due. – Disse, prendendo in braccio il cane marrone.
Jude si
guardò increspando la fronte. –
Sembro un pulcino bagnato. – Borbottò sfilandosi la maglietta.
– Oh,
credimi, fossimo soli ti avrei già
sbattuto sul letto. – Disse, asciugando Logan con un panno pulito.
Jude
arrossì. – Te l’ho detto, con loro
che ci guardano non riesco!
– Voi
due avete distrutto la mia vita
sessuale! – Brontolò afferrando Devil prima che scivolasse contro la
cassettiera.
Il
giovane Kinkade gli sorrise. – Una
volta asciutti, potremmo sempre lasciarli qui in camera con la porta
chiusa,
mentre io e te potremmo fare una doccia insieme. – Suggerì guardandolo
ancora a
torso nudo.
Zero
gli rivolse un sorriso predatore. – Il
mio stratega preferito!
|
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Capitolo 3 *** ch3 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
3
Gojyina
Zero
detestava svegliarsi in un letto
vuoto. Gli riportava alla mente un periodo molto lungo e triste della
sua vita.
Al suo
fianco, i due cuccioli ronfavano
avvolti con cura nella loro coperta, mentre fuori dalla finestra stava
appena
albeggiando.
Sentì
Jude salire le scale e lo aspettò,
pronto a fargli le sue vivaci rimostranze.
Quando
lo vide entrare, tremante e
scioccato, dimenticò il suo malumore.
– Ehi,
che succede?
– Ah,
scusami. Ti ho svegliato? – Disse
subito, posando il cellulare sul comodino.
– Jude?
– Ne
parliamo dopo, va bene? È troppo
presto per affrontare gli psicodrammi dei Kinkade.
– Vieni
qui. – Lo trascinò su di sé,
stando entrambi attenti a non colpire i due cuccioli.
Jude
sorrise quando lo sentì abbracciarlo.
– Hai
gli allenamenti?
– No,
fine settimana lungo.
– Ho
mandato un messaggio a Caty,
dicendole che oggi non sarei andato in ufficio. Non avevamo molto da
fare, solo
poche scartoffie che possiamo rimandare a lunedì.
– Sono
ammirato. Tu che prendi un giorno
di riposo? Allora la mia compagnia ti fa bene!
Jude
rise contro il suo petto. – Tu mi fai
sempre bene. – Disse con serena accettazione, posando il viso sulla sua
spalla.
– Lo
spero. – Replicò il giocatore,
baciandogli la cima della testa. – Recuperiamo qualche ora di sonno,
parliamo
più tardi.
Jude
annuì e si rilasso annusando il
profumo della pelle del suo uomo.
– Non
riesci a dormire? – Domandò Zero,
accarezzandogli i capelli.
– Mi
dispiace.
– Non
fare lo stupido. Cosa succede?
– Oscar
vuole trasformare i risultati del
test di paternità in una serata di gala.
– Cosa?!
– Ha
invitato gli sponsor, il Consiglio, Michael,
la squadra e tutti i dipendenti dei Devils, ovviamente. Se si scoprisse
che non
sono un Kinkade, la mia posizione potrebbe vacillare.
–
Creando uno spiraglio per un suo
rientro. È davvero un bastardo. – Sibilò disgustato.
– Non è
il modo ideale di iniziare una
giornata. – Si scusò, passandosi una mano sul viso.
– Sei
uno stupido. – Lo prese in giro,
baciandogli la fronte. – Davvero credi che il Consiglio ti ammiri a
causa del
tuo cognome?
– I
Devils appartengono ai Kinkade.
– Jude,
sei tu. È per la persona che sei.
Leale, preparata, trasparente. L’opposto di Oscar, che ha ottenuto
denaro e
potere con mezzi illeciti.
–
Davvero? – Indagò, poco convinto.
– Sì.
Sei il primo che Marcus contatta e lo
stesso vale per l’avvocato Martin e per la signora che ti guarda il
sedere.
– Per
l’amore di Dio! La signora Lewis non
mi guarda il sedere! – Protestò vivacemente. Allungò una mano per
accarezzare i
due cuccioli, che avevano mugolato al suono della sua voce
scandalizzata. –
Quella donna potrebbe essere mia nonna. – Aggiunse con un tono più
basso.
– Se lo
dici tu. Ciò non toglie che sei tu
il punto di riferimento del Consiglio.
–
Grazie. – Sussurrò, baciandogli una
guancia.
– Va
meglio adesso? Riesci a riposare
ancora un po’? – Jude annuì, guardandolo con immenso amore. – Bene. Ora
ascolta
la tua wifey e dormi.
– Per
Natale ti regalerò un grembiule. –
Lo prese in giro, ricevendo una sculacciata.
– Ehi!
– Ti
amo.
– Ti
amo anch’io, stupido. – Fu l’immancabile
risposta di Zero.
Jude
incontrò Michael al bar dell’Arena. –
Scusa il ritardo. – Sospirò, sedendosi di fronte a lui.
– Posso
solo immaginare il caos generato
dall’ultima trovata di Oscar. – Disse l’uomo, sorridendogli comprensivo.
– Ci
sono abituato. – Allentò la cravatta
e si adagiò sullo schienale della sedia. – Spero solo che non abbia
qualche
asso nella manica.
– Oscar
è pieno di soprese.
– Quasi
mai positive. – Brontolò il
giovane.
– Non
posso darti torto! – Posò una mano
sulla sua, cercando di rassicurarlo. – Il tuo ragazzo ci raggiungerà?
Mi
piacerebbe conoscerlo.
Jude
guardò l’orologio. – Ha finito
l’allenamento, penso arriverà a breve. A proposito di Zero, potrebbe
essere…
–
Troppo affascinante per il suo bene! –
Concluse il diretto interessato, avvicinandosi alla coppia con un
sorriso.
Porse la mano a Michael. – Finalmente ci presentiamo ufficialmente.
– Sono
lieto di conoscerti. – Replicò cordiale.
Il
giocatore sedé accanto al suo ragazzo. –
Ci sono novità? Ha invitato anche Madonna? – Sputò ironico.
Jude
rise suo malgrado. – Si è limitato a
contattare tutti i network del pianeta.
–
Modesto. – Ironizzò, facendo un cenno al
cameriere.
– Oscar
ha sempre amato gli eccessi. –
Commentò Michael.
Mentre
lasciavano le loro ordinazioni,
Zero si prese qualche istante per osservare meglio l’uomo.
Forse
era l’altezza, o i modi garbati, oppure
l’abbigliamento simile a quello di Jude, ma notava una certa
somiglianza tra
loro. Ancora non aveva scoperto il motivo del suo ritorno, ma decise di
rimediare.
– Posso
farle una domanda indiscreta?
– Dammi
pure del tu e chiedi ciò che vuoi.
– Disse Michael, mentre Jude passava lo sguardo da uno all’altro
preoccupato.
–
Perché sei tornato proprio adesso?
L’uomo
d’affari sospirò profondamente,
prima di parlare.
– Ho
amato solo tua madre, Jude. – Iniziò,
rivolgendosi direttamente al giovane di fronte a lui. – La sua morte è
stata
terribile, per me. Quando ho saputo di aver ereditato le quote della
squadra
non ne ho voluto sapere e le ho affidate a Marcus. Io, lui e Oscar
siamo stati
amici per anni. Marcus è una delle poche persone di cui mi sia mai
fidato. Tra
i vari documenti, tua madre mi lasciò una lettera che non ho mai avuto
il
coraggio di aprire. – Attese che il cameriere servisse loro i caffè,
prima di
continuare. – Recentemente il mio socio in affari si è ammalato di
cancro.
Questo mi ha costretto a pensare a molte cose. Alla precarietà della
vita e al
coraggio che spesso siamo chiamati a raccogliere, per affrontare
difficoltà
impreviste. Guardarlo combattere la sua malattia mi ha fatto sentire un
vigliacco. Così ho deciso di affrontare i fantasmi del mio passato.
– Hai
letto la sua lettera. – Intuì Jude.
Annuì.
– Parlava di te. Di quanto fossi
gentile e pieno di qualità. Del tuo desiderio di essere amato da Oscar
e di
come lei voleva proteggerti dalla sua innata cattiveria. – Si fermò un
istante,
annusando l’intenso aroma di caffè. – Una frase mi ha colpito. “Ti somiglia ogni giorno di più”. Non lo
so, forse ho frainteso le sue parole. Forse intendeva solo dire che eri
garbato
e a modo come me. Nel dubbio ho dovuto controllare.
– Ti
capisco, – lo rassicurò, – al tuo posto
avrei fatto lo stesso.
– Ti
guardo e vedo lei. – Si lasciò
sfuggire con un sorriso nostalgico. – È il mio unico rimpianto ma,
all’epoca
volevamo cose diverse. Non biasimo la sua scelta. – Ci tenne a
precisare. –
Desiderava una stabilità che non potevo darle.
Jude
annuì, posando una mano su quella di
Zero. – Credo sia inutile rimuginare sul passato.
– Hai
ragione. – Disse Harrison, finendo
il caffè. – Ora abbiamo Oscar a cui pensare. Bene, adesso devo andare,
ci
sentiamo nei prossimi giorni. Per qualsiasi cosa, chiamami. – Sorrise a
Zero
prima di andare via. – Sono felice di averti conosciuto. Prenditi cura
di lui.
–
Sempre! – Replicò con un cenno del capo.
Accompagnò con lo sguardo la sua uscita dal bar. – Davvero notevole.
– Ti
piace?
–
Sembra una brava persona. – Azzardò
scrollando le spalle. – Tutta la situazione è piuttosto surreale.
– Non
dirlo a me! – Rise, passandosi
nervosamente una mano tra i capelli. – Vai in palestra adesso?
Zero
annuì. – Ci vediamo dopo. – Lo
salutò, con un rapido bacio sulle labbra.
Tornato
alla sua scrivania, Jude cercò di
concentrarsi sul lavoro. Dopo poche righe si fermò, guardando fuori
dalla
finestra.
Aveva
letto una profonda tristezza negli
occhi di Michael, quando aveva parlato di sua madre.
Aveva
rischiato anche lui di vivere di
rimpianti? Si chiese, mordendosi il labbro inferiore.
Dopo
aver baciato per puro istinto Zero,
quella sera nella limousine, gli era servito tutto il suo coraggio per
ammettere a se stesso di essere gay. Se avesse continuato a vivere
nella
menzogna, non avrebbe mai scoperto cosa volesse dire essere amati e
protetti da
una persona come Gideon.
Era
totalizzante e rassicurante. La sua
sola presenza era sufficiente a calmare i suoi nervi, a schiarirgli la
mente, a
trasmettergli la serenità necessaria per affrontare le avversità,
impedendo così
all’ansia di divorarlo.
Gideon
era diventato insostituibile e
questo lo spaventava a morte. Non era abituato a fare affidamento sugli
altri e
non voleva risultare pesante e bisognoso. Non voleva che lo lasciasse,
stanco
degli psicodrammi nei quali Jude veniva coinvolto.
–
Signor Kinkade? – La voce di Caty lo
fece trasalire. – Il suo appuntamento è appena arrivato.
Guardò
l’orologio e subito inarcò le sopracciglia,
rendendosi conto del tempo che era trascorso. – Grazie, falli
accomodare. –
Ripose velocemente i contratti nell’apposita cartella e si alzò per
ricevere i
nuovi arrivati.
Mentre
raggiungeva la scrivania di Caty,
Zero poté intravedere la figura di Derek spuntare dalla porta socchiusa
dell’ufficio.
Strinse
i pugni e indossò il suo sorriso
più falso.
–
Signor Zero. – Lo salutò la segretaria,
alzandosi in piedi con un certo nervosismo.
Alzò le
mani in segno di resa. – Farò il
bravo. – Promise, aspettando che lei lo annunciasse.
Entrato
nell’ufficio inarcò le
sopracciglia notando Ahsha seduta sul divano. – Wow! Sei davvero… –
indicò il
ventre che mostrava i segni di un’avanzata gravidanza, –… radiosa.
– Ti
ringrazio per non aver detto grassa.
– Sorrise lei, accettando da Jude un bicchiere di succo di frutta.
Il
biondo strinse i denti, fronteggiando
l’uomo di fronte a lui. – Derek.
– Zero.
Al
centro della stanza, i due si
guardarono in cagnesco, nonostante i sorrisi forzati.
–
Per questo siete tornati a Los Angeles. – Intuì Jude, sorridendo alla
giovane
donna.
–
Volevo mia madre vicino. Non so nulla di
bambini e Derek è sempre impegnato tra partite e allenamenti.
–
Capisco perfettamente. Fate parte della
famiglia Devils, nulla è cambiato. – La rassicurò, posando una mano
sulla sua. Guardò
di sbieco i due giocatori ancora impegnati in una sciocca lotta di
sguardi. –
Non è cambiato neanche quello, – sospirò contrariato. – Potreste
finirla? Siete
ridicoli.
– Non
sto facendo nulla! – Replicò Zero
piccato.
Derek
si limitò a sbuffare, incrociando le
braccia al petto.
Jude
sorrise ad Ahsha. – Scusami un
istante. – Si alzò in piedi, guardando i due con un’espressione fredda
e
distaccata. – Cerchiamo di far funzionare questa convivenza forzata. La
squadra
ha bisogno di voi, della vostra esperienza e del vostro talento. Quindi
Zero
sarà capitano durante le partite in casa e Derek lo sarà in trasferta.
–
Annunciò, la voce quasi metallica. – Avete qualcosa da dire?
– Mi è
venuto duro! – Ansimò Zero, le
pupille dilatate. Jude in versione boss senza scrupoli era un potente
afrodisiaco.
– Per
l’amor di Dio! – Esplose Derek, correndo
dalla moglie. – Usciamo da qui, prima che sia troppo tardi! – Si
lamentò,
aiutandola ad alzarsi.
– Non
mi dispiacerebbe dare una
sbirciatina. – Lo prese in giro lei, incurante delle sue proteste. –
Ciao
ragazzi, a presto.
Jude li
accompagnò alla porta. – Grazie a
voi e bentornati. – Lei gli sorrise e camminò lentamente verso
l’ascensore
aiutata dal marito. Tornò nel suo ufficio, incrociando le braccia al
petto. –
Sul serio, Gideon?
Scrollò
le spalle. – La tua voce da capo
mi eccita davvero. – Disse, afferrandolo per la vita.
–
Cercherai di far funzionare la
convivenza con Derek?
–
Dipende. Che mi dai in cambio? – Domandò
sulle sue labbra.
Jude
finse di pensarci. – Non saprei, cosa
vorresti?
– Vuoi
davvero che risponda? Qui?
– Direi
di tornare a casa, dove possiamo “contrattare” in
tutta tranquillità. –
Sussurrò, battendo lentamente le ciglia.
–
Sbrigati o non rispondo di me! –
Ringhiò, cercando di tenere a bada la sua erezione.
Usciti
dalla doccia, controllarono i due
cuccioli nascosti sotto al letto.
– I
tuoi cani mi hanno rubato di nuovo una
scarpa! – Borbottò Zero, dopo aver scostato un lembo della coperta. –
Non
riesco a prenderli.
–
Aspetta. – Jude scese in cucina con
indosso solo un asciugamano in vita e prese la scatola di croccantini.
La
scosse un paio di volte, prima di sentire un paio di lamenti disperati.
Affacciandosi
nell’atrio, vide i due
cuccioli in cima alle scale, incapaci di scendere quei gradini troppo
alti.
Mosso a
pietà li prese in braccio e li
portò in cucina, dove riempì le loro ciotole. – Diventerete obesi se
Gideon non
si deciderà a utilizzare la scarpiera.
– Ti ho
sentito. – Protestò il giocatore,
entrando in cucina con il broncio delle grandi occasioni. Aveva
indossato un
paio di jeans e una maglietta azzurra che metteva in risalto il colore
dei suoi
occhi.
– Non
sanno aprire le scarpiere. Metti lì
le tue preziose Nike, se non vuoi comprarne un paio al giorno.
– Vai a
vestirti. Controllo io i due
piranha.
Accese
la televisione, mentre Jude saliva
in camera da letto. Facendo zapping, incappò in un servizio sui Devils.
Il ritorno
di Derek e la festa organizzata da Oscar stavano suscitando un grande
interesse
da parte dei Mass Media.
– È
successo qualcos’altro? – Sospirò Jude, guardando lo schermo.
– Per
il momento no. – Gli fece segno di
raggiungerlo sul divano. – Venerdì prossimo avremo l’esito del test di
paternità. Sei preoccupato?
– Non
lo so. – Ammise, posando la testa
sulla sua spalla. – Anche se non fossi biologicamente figlio di Oscar,
questo
non cancellerebbe per incanto anni di dolore e solitudine.
–
Kinkade o Harrison, non cambia nulla. –
Lo rassicurò abbracciandolo. – Sei sempre Jude.
– Se
Michael non fosse tornato, non avrei
mai capito perché Oscar non mi abbia mai amato. Ora posso farmene una
ragione.
– Non
lo giustificare. – Lo ammonì
aspramente. – Un bambino non dovrebbe pagare per le colpe dei genitori.
Ti ha
dato il suo cognome e non era certo che non fossi suo. Avrebbe dovuto
crescerti
e amarti a prescindere dal legame di sangue.
– Non
credo che la gente come lui sappia
farlo. Oscar desidera. Potere, denaro, belle donne, lusso. Amare
significa dare
a piene mani, senza pensare al proprio tornaconto. È un atto di estrema
generosità. Un concetto per lui del tutto estraneo.
– Già.
– Annuì Zero. Avrebbe voluto
aggiungere altro, ma un intenso odore di feci aggredì il suo olfatto. –
Maledizione! Jude, i tuoi cani l’hanno fatta sul pavimento! È marmo
italiano!
–
Perché diventano miei quando sono fastidiosi?! –
Brontolò, dandogli un pizzicotto su
un fianco. – E, soprattutto, perché devo sempre essere io quello che
pulisce?
–
Queste mani giocano a basket! Valgono
milioni di dollari! – Replicò, sollevando i palmi verso l’alto. – Non
possono
toccare la cacca di cane.
–
Lascia perdere. – Sospirò andando a
pulire il pasticcio creato dai loro cuccioli. – Domani li porto con me
a
lavoro. Durante la pausa pranzo ho appuntamento col veterinario.
–
Quello che ci ha consigliato Ricky?
– Sì,
ha lo studio vicino all’Arena. È comodo
e lui sembra molto cortese e disponibile. Spero che questi due non
combinino
guai.
–
Domani è giovedì, no? Finalmente Miguel
li potrà incontrare, non vedeva l’ora.
Jude
s’incupì. Andando in bagno a lavarsi
le mani, ripensò ancora alla lite con Jelena. Non era mai stato bravo a
perdonarsi. Forse essere un Kinkade era quello: crescere con un’innata
cattiveria che a fatica si riusciva a tenere a bada.
– Sul
serio, Jude? – Sentì sospirare Zero,
alle sua spalle. – Non lo supererai mai?
– Non
lo so. – Ammise, asciugandosi le mani.
– Mi spaventa avere questa malvagità latente, pronta a manifestarsi
alla prima
occasione. È come un demone dormiente. È lì, lo sento e so che potrebbe
destarsi in qualsiasi momento e aggredire chiunque.
– Non
chiunque, – lo corresse
abbracciandolo, – si risveglia solo per
difendere chi ami. È un demone bodyguard, no?
– Non
esistono demoni del genere!
– Chi
lo dice? – Gli baciò una guancia. –
Sei eccitante quando vai in modalità Terminator.
– Ho
minacciato un bambino. – Gli ricordò,
con un sopracciglio sollevato.
– Jude,
tu adori Miguel. Non gli faresti
mai del male. Ma detesti Jelena e non posso darti torto. – Gli
accarezzò una
guancia. – Volevi attaccare lei, tutto qui. Ti conosco meglio di
chiunque
altro. Fidati di me.
Jude
annuì e finalmente sorrise. – Grazie.
– Sussurrò abbracciandolo.
–
Merito una sessione di sesso extra sotto
la doccia? – Domandò con un ghigno malizioso.
Scoppiò
a ridere. – Assolutamente. –
Stava per chiudere la porta quando il
rumore di qualcosa che andava in frantumi lo fece trasalire. – Il vaso
in
soggiorno. – Sussurrò tra sé, uscendo di corsa dal bagno.
Zero
sollevò le sopracciglia, posando le
mani sui fianchi. – Sul serio?! I tuoi cani…!
– Sì,
sì! Niente più vita sessuale! Vieni
a prenderli mentre pulisco, ci sono cocci ovunque!
–
Arrivo! – Brontolò trascinando i piedi. –
Fortuna che da adolescente non avevo animali domestici o sarei ancora
vergine!
Zero
raggiunse Jude al bar dell’Arena. Trovò
i due cuccioli intenti a ispezionare quel posto nuovo, scodinzolando e
annusando
ovunque, tenuti al guinzaglio da Miguel che sembrava felice di badare a
loro.
–
Abbiamo un dog-sitter? – Scherzò
salutando il suo ragazzo. Strinse la mano a Marcus, seduto con lui al
tavolo.
– Ci sa
fare con loro. Non hanno ancora
abbaiato. – Commentò Jude, ultimando il suo bourbon.
– Dal
veterinario com’è andata? – Zero
prese posto accanto a lui, preoccupato per lui. Sapeva che il suo
ragazzo
beveva solo quando era molto teso.
– Dice
che potrebbero essere un incrocio
tra varie razze: husky, pastore tedesco e Golden Retriever, forse hanno
anche
qualcosa del Cocker Spaniel. Saranno quasi certamente di taglia media.
Dopo la
vaccinazione hanno pianto disperati e ho dovuto portarli qui in
braccio. Per
fortuna che la presenza di Miguel li ha distratti.
Marcus
rise sommessamente. – Anche con i
miei ho avuto problemi simili, quando erano cuccioli.
–
Pronto per domani sera? – Chiese Zero,
posando una mano sulla coscia di Jude.
Marcus
sbuffò appena. – Le pagliacciate di
Oscar mi hanno stancato. Non mi interessa quale sarà l’esito del test,
non è
mia intenzione accettare il suo ritorno.
– A
parità di quote chi la spunta? –
Indagò il biondo. – Hai il cinquanta percento, giusto? Le tue, più
quelle di
Harrison.
–
Contano gli anni nel Consiglio, la
presenza e l’attività. Oscar è fuori dai giochi da più di due anni,
grazie
anche al tempo che ha passato in galera. – Finì il suo whisky e si
appoggiò
sullo schienale della sedia. – Ma il problema non si pone: Betty Lewis
la pensa
come me, perciò abbiamo il sessanta percento.
–
Meglio per noi. – Tagliò corto il
giocatore, lanciando occhiate preoccupate a Jude. Era di un umore che
non
riusciva a decifrare.
Fu
Marcus a proseguire la conversazione. –
Oscar è qui. Ha chiesto di incontrare Jelena e ha portato anche il suo
avvocato.
Zero
trasalì. – Non è così folle da
vendergli le quote.
–
Otterrebbe il trenta percento. –
Sussurrò Jude.
– E
visto che Harrison ha ereditato da
poco le sue… – Intuì il giocatore.
– Oscar
diventerebbe di nuovo il maggiore
azionista. – Concluse Marcus.
–
Jelena è troppo avida, – fece loro
notare Zero, – ha fatto di tutto per quella poltrona. Oh, parli del
diavolo e
spuntano le corna! – Fece un cenno verso la porta del bar, dove la
donna entrò
insieme a Oscar e ad un uomo minuto e ben vestito che portava con sé
una
valigetta scura.
– Cosa
ci fanno quelle bestie qui? –
Chiese indicando i cuccioli con i quali Miguel stava giocando.
–
Strano, – sogghignò Zero, – stavo per
farti la stessa domanda.
Oscar
gli sorrise con cattiveria. – Mi
piace la tua goliardia. Meno le tue scelte personali. – A quelle
parole, Jude
strinse la mascella con forza. – Ma ciò che conta è il rendimento in
campo,
vero? Marcus, amico mio!
–
Oscar! Qual buon vento ti porta qui? –
Sondò il terreno.
– Solo
gli ultimi preparativi per la
grande festa. Ci sarà da divertirsi. – Promise accomiatandosi, seguito
dal suo
avvocato.
–
Miguel, saluta i tuoi amici e andiamo. –
Disse Jelena, tenendosi a debita distanza dai due cuccioli. – Queste
scarpe
costano duemila dollari.
Zero
scompigliò i capelli del piccolo,
quando gli porse i due guinzagli. – Ciao, campione. A giovedì prossimo!
Jude e
Marcus sorrisero al bambino che si
allontanò con la donna, ignaro della tensione che lo circondava.
– Oscar
ha qualcosa in mente ed è certo di
vincere. – Sussurrò Jude, passandosi una mano tra i capelli.
Zero
prese in braccio i due cani. –
Vedremo domani. Inutile preoccuparsi ora, no?
Marcus
posò una mano su quella di Jude. –
Kinkade o no, questa squadra dipende totalmente da te.
–
Controllo solo i contratti!
– Fai
molto di più, – replicò l’uomo. – Ti
prendi cura di tutti. Quando vanno in trasferta ti assicuri che la
camera di
Tom abbia le candele al profumo di arancia e che in quella di Grant ci
siano
gli asciugamani color lavanda, perché è convinto che gli portino
fortuna. Quando si è scoperto che la
bambina di Luke
aveva la sindrome di Down, hai organizzato una serata evento per
raccogliere
fondi per la ricerca, invitando altre famiglie con bambini affetto
dalla stessa
malattia, così che lui e la moglie non si sentissero soli. Hai accolto
nuovamente Derek perché i giocatori inesperti avevano bisogno di
un’altra
figura di riferimento, Zero non poteva fare tutto da solo, e Ahsha per
permetterle
di avere la madre vicino, una volta nato il bambino. Hai sempre un
cenno di
approvazione per Samuel anche quando non gioca al top, perché sai che
dopo
l’infortunio dello scorso anno, ha ancora paura. Le tue attenzioni,
portano i
giocatori a dare il meglio. Si sentono protetti e in dovere di
ricambiare la
tua gentilezza in ogni modo possibile.
Jude
strinse le labbra, commosso. – Voglio
solo che tutti siano a proprio agio.
– Ed è
così, indipendentemente dal tuo
cognome. – Lo rassicurò l’uomo d’affari. – È una dote che Oscar e
Jelena non
avranno né capiranno mai. Hai la lealtà di tutta la squadra e la
fiducia del
Consiglio.
– Ti
ringrazio. – Sussurrò il giovane uomo,
rilassando le spalle.
–
Quando gli ho detto di star tranquillo,
non mi ha dato retta. – Si lamentò Zero.
– Cosa
c’entra. Tu sei di parte. – Sbuffò,
prendendo Logan in braccio. – Hanno avuto una giornata piena, forse
dovremmo
farli riposare.
Il
giocatore annuì. – Dovremmo farlo anche
noi, domani sarà una giornata pesante.
Jude
strinse la mano di Marcus. – A
domani, per il grande show di Oscar.
Rise
seguendoli sino a parcheggio. – Non
pensare troppo e cerca di rilassarti.
– Tsk!
Sarebbe un miracolo! – Si lasciò
sfuggi Zero.
– Conto
su di te. – Scherzò l’uomo,
raggiungendo la sua auto.
– Non
riesco a crederci! – Sbottò Jude. –
Tutti conoscono la nostra vita sessuale.
– Sanno
che non c’è nulla che non faremmo
l’uno per l’altro. – Replicò. – E sanno anche che sono irresistibile. –
Aggiunse, riuscendo a farlo ridere.
Tornati
a casa, Zero avvolse i cuccioli
nella loro coperta. Nonostante avesse comprato loro quattro cucce,
preferivano
dormire nel loro primo giaciglio.
Il
giovane Kinkade uscì dal bagno
asciugando i capelli con un telo di spugna. – Jelena sembrava
sconvolta.
– Non è
un problema nostro. – Replicò con
durezza.
– Hai
ragione, non ci devo pensare. – Sospirò
aprendo la cassettiera. – Cosa vuoi per cena?
Dovremmo avere un paio di bistecche.
Zero
scrollò le spalle, accarezzando il
pelo morbido di Logan. – Quello che vuoi.
Jude si
fermò per baciargli una guancia,
prima di scendere in cucina.
Il
giocatore guardò i due cuccioli
addormentati. – Saranno giorni un po’ delicati. Cercate di fare i bravi
e di
stare vicino a Jude, ok? – Sussurrò prima di raggiungere il compagno al
piano
inferiore.
Marcus
e Lionel li attendevano al bancone
del bar. Lei bellissima in un tubino rosso, l’uomo in un elegante
smoking.
Zero
prese di proposito Jude per mano e li
raggiunse. Aveva deciso di irritare il più possibile Oscar, quale modo
migliore
se non mostrarsi affettuoso con suo figlio?
– Sei
uno splendore. – Disse il giovane
dai capelli castani, salutando l’amica.
– Nel
caso in cui dovessi picchiare Oscar,
non si noterebbero le macchie di sangue. – Scherzò sistemandogli la
cravatta
nera, per una volta leggermente storta. – Nervoso, vero?
– Mi
tremano le mani. – Le confidò
sottovoce.
– Andrà
tutto bene. – Sorrise, spostando
poi la sua attenzione. – Betty, guarda chi è arrivato!
– Oh,
sei sempre più carino. – Pigolò la
signora, guardando palesemente il fondoschiena di Jude.
– Oh,
mio Dio! Me lo guarda sul serio. –
Arrossì, avvicinandosi istintivamente al suo uomo.
– Te
l’avevo detto! – Sbuffò Zero.
Le luci
si abbassarono e un paio di
riflettori puntarono sul piccolo palco allestito per l’occasione.
La sala
dai soffitti alti, ampia ed
elegante, era bordata di tavoli e sedie. Ai lati del palco,
ordinatamente in
fila, si intravedevano telecamere e paparazzi, pronti a immortalare le
parti
salienti di quell’evento.
Jelena
e l’avvocato dei Devils, Leonard
Martin, stavano chiacchierando in compagnia di Walker, che si guardava
attorno
incuriosito.
Oscar e
Michael si avvicinarono ai
microfoni, entrambi con una busta tra le mani.
–
Grazie per essere venuti stasera,
nonostante il poco preavviso. – Li salutò quest’ultimo. – Ma Oscar ci
ha
abituati ai suoi colpi di genio. – Gli regalò un sorriso falso
lasciandogli la
parola.
–
Bisogna sempre stupire! – Rise Kinkade,
mostrando una busta. – Questa sarà una serata molto particolare.
Incentrata non
sullo sport ma sulle relazioni umane. Quasi una soap opera! – Il
pubblico rise
con lui e batté le mani. – Quando si è giovani, non si pensa mai alle
conseguenze delle proprie azioni. Si vive di avventure, in una
girandola di
emozioni sempre nuove. Si ha fame di vita e di esperienze e raramente
ci si
guarda indietro. Il tempo è passato anche per me ed è giunto il momento
di
guardarmi attorno e vedere cosa ho lasciato.
– Una
scia di malefatte. – Borbottò Zero,
afferrando Jude per la vita. Lo sentiva tremare appena e non gli
piaceva.
Dal
palco, Oscar proseguì. – Anni fa ho
avuto una storia con una donna meravigliosa. Non avevo capito quanto
fosse
importante per me sino a quando non è stato troppo tardi. – Aprì la
busta che
aveva in mano. – Quella donna ebbe una figlia…
– Non è
possibile! – Ansimò Jude,
guardando Jelena.
– Qui
c’è l’esito del test di paternità. –
Lesse il foglio e poi lo mostrò alle telecamere con un ghigno
trionfante. –
Positivo al novanta percento. Ormai è ufficiale: Jelena Howard è mia
figlia.
Un
tripudio di flash e riflettori
puntarono sulla giovane donna che salutò con un lieve sorriso forzato.
– Non
sembra entusiasta. – Notò Zero.
–
Detesta le figure paterne, è cresciuta
con un uomo violento e Oscar non vincerà mai il premio “Miglior
padre dell’anno”. – Disse Jude.
– Non
me l’aspettavo. – Ammise Marcus. – Adesso che lo so, però, noto
tra i
due qualcosa in comune. Privi di scrupoli, arrivisti, amanti del lusso
sfrenato.
Lionel
prese un’altra coppa di champagne.
– Chi lo avrebbe mai detto.
Michael
si avvicinò ai microfoni. – Come
Oscar, anche io stasera sono pronto a fare i conti col passato e a
mettere in
ordine ciò che ho lasciato alle mie spalle. Sia io che Oscar abbiamo
fatto il
test per stabilire chi sia il padre biologico di Jude Kinkade.
Zero
strinse ancora di più il suo ragazzo,
quando furono accecati dai riflettori.
– Sei
pronto? – Gli chiese preoccupato.
– No,
ma con te so che andrà tutto bene. –
Gli sorrise, mentre Michael a priva la busta.
– Bene,
cominciamo con il sottoscritto! –
Esclamò l’uomo dal palco. – L’esito è… –
Lesse con attenzione, persino Oscar sembrava per una volta teso.
Il
pubblico trattenne il respiro mentre
aspettava di conoscere la verità.
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Capitolo 4 *** ch4 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
4
Gojyina
Michael
batté le palpebre un paio di
volte, prima di mostrare il documento alle telecamere.
–
Negativo. – Annunciò con voce strozzata.
–
Cosa?! – Tuonò Oscar, strappandogli i
fogli dalle mani, mentre attorno a loro si levavano cori sorpresi e
chiacchiericci sommessi. – No, non è possibile! – Cercò Jude con lo
sguardo. –
Allora vuol dire… – fece un passo indietro, colpito quasi fisicamente
dalla
verità, – … è davvero mio figlio. – Si rese conto scioccato.
Cercò
il secondo foglio con l’esito del
test tra lui e Jude.
Novantasette
virgola due percento.
L’uomo
passò lo sguardo da quella cifra al
giovane dai folti capelli castani, adesso circondato dai giornalisti a
caccia
di una dichiarazione a caldo.
– Colpo
di scena. – Sibilò Lionel, che mai
avrebbe perdonato all’ex marito l’allestimento di quel teatrino. Si
avvicinò a
Jude, rimasto impietrito. – Ehi, va tutto bene?
– S-Sì,
io sono… sarò… – balbettò
allentandosi la cravatta, – scusatemi. – Si congedò uscendo dalla sala,
allontanando microfoni e telecamere.
Fece
per seguirlo, ma Zero la fermò. –
Dagli un attimo.
–
Spaccherò la faccia a quel farabutto. –
Sibilò, sputando odio su Oscar, ancora immobile al centro del palco.
– Ha
avuto ciò che meritava. – Disse
Marcus. – Il suo piano gli si è ritorto contro. Non volendo ha
rafforzato la
posizione di Jude in quanto figlio legittimo.
Gideon
si passò una mano tra i capelli
biondi. – E, come al solito, ci è andato Jude di mezzo.
– Vai a
cercarlo, – disse lui, – io e
Lionel terremo a bada i giornalisti.
Il
giocatore gli diede una pacca sulla
spalla a mo’ di ringraziamento e uscì dalla sala.
Jude si
sciacquò il viso un paio di volte,
prima di riuscire a calmarsi.
Non
solo era davvero il figlio di Oscar,
ma aveva scoperto che Jelena era sua sorella.
Peggio
di così!
La
porta del bagno si aprì e Michael si
presentò con un sorriso dispiaciuto.
– Come
stai?
– Non
ne ho idea.
– Se
non fossi tornato, non saresti in
questa situazione. – Sussurrò con aria colpevole.
– Avevi
il diritto di sapere la verità.
Non ti biasimo per questo. È Oscar il colpevole. Ha voluto allestire un
circo,
quando avremmo dovuto affrontare l’argomento a porte chiuse.
–
Biologia o no, per me non è cambiato nulla.
– Ci tenne precisare. – Sei sempre il figlio della donna che ho amato.
Le
somigli davvero tanto. – Sbuffò, infilandosi le mani nelle tasche dei
pantaloni. – Solo un folle come Oscar potrebbe disprezzarti.
–
Concordo!
La voce
di Zero li fece trasalire.
– Ehi!
– Jude lo salutò con un sorriso
stanco.
– Ehi!
Hai intenzione di prenderti cura di
me, adesso? – Finse di lamentarsi. – Sono traumatizzato!
Il suo
ragazzo sollevò le sopracciglia. –
Tu saresti quello traumatizzato? Sul serio? Tu?!
Il
biondo si posò una mano sul petto. –
Non riesci a comprendere il mio dramma! Ho appena scoperto di essere
andato a
letto con entrambi i rampolli della famiglia Kinkade!
Jude
arrossì furiosamente, nascondendo il viso
tra le mani e la risata di Michael non fece che acuire il suo imbarazzo.
– Direi
che sei in buone mani, Jude. –
Commentò, quando riuscì a calmarsi.
– Non
ne sono così sicuro. – Borbottò
asciugandosi le mani con un paio di fazzoletti.
– Ti ho
sentito. – Disse il giocatore,
rivolgendo la sua attenzione a Harrison. – Cosa hai intenzione di fare,
adesso?
– La
mia vita e i miei affari sono in
Europa ma, adesso che vi ho conosciuto, penso che tornerò spesso a
farvi
visita.
Jude
strinse le labbra, commosso. Aveva
sperato che quell’uomo fosse suo padre. Sapere che ancora lo voleva
nella sua
vita, anche solo come amico, lo riempiva di sollievo. Trovava ancora
strana
l’idea che qualcuno apprezzasse la sua compagnia.
– Che
ne dite di uscire dal retro? –
Propose Zero. – Andiamo a casa nostra. Marcus e Lionel stanno
distraendo i
giornalisti per noi.
Raggiunsero
indisturbati il parcheggio e,
dopo un piccolo imbottigliamento nel traffico di Los Angeles,
raggiunsero la
loro abitazione.
– Molto
accogliente. – Si complimentò Michael,
per nulla infastidito dall'entusiasmo di Devil. Felice di rivederli, stava correndo per la sala, giocando a nascondino dietro ai
mobili.
– Scusa
il disordine, – disse Jude
indicando alcuni peluche sul pavimento, – i padroni di casa sono
diventati
loro! – Scherzò accarezzando la testa di Logan, che sonnecchiava sul
divano.
– Siete in una botte di ferro. – Replicò con
il medesimo tono leggero, mentre lo seguiva nello studio.
Zero
controllò il cellulare, prima di
riporlo in tasca. – Marcus e Lionel stanno arrivando.
Il
giovane Kinkade era perplesso. – Stiamo
organizzando una riunione segreta? – Ironizzò. – Se c’è Lionel, servirà
altro
whisky. – Commentò dietro al mobile bar.
Il
biondo scrollò le spalle e andò ad
accogliere i nuovi arrivati.
–
Allontana quella belva da me! – La voce
dell’amica costrinse Jude a trattenere un sorriso. La vide entrare
nello studio
quasi di corsa, seguita da Marcus e dalla signora Lewis, altra presenza
inattesa.
Dal
corridoio, Zero gli sorrise. – Devil
ha trovato un’amica. – Commentò con il cucciolo in braccio.
Jude
fece accomodare le signore sul divano
angolare e versò loro da bere.
– Ci
siamo persi qualcos’altro? – Chiese direttamente a Marcus, che scosse
la testa.
–
Jelena è andata via prima di noi.
Abbiamo lasciato il ricevimento insieme a Martin che si è detto molto
infastidito dall’ennesima buffonata di Oscar.
– E
Walker? – Chiese, passandogli il
bicchiere.
–
Animava la festa. Ogni occasione è buona
per trovare nuovi clienti per i suoi Golf Club. – Rise dietro al
bicchiere.
Jude
lasciò a Zero la sua poltrona e
scelse di sedersi sul divano, accanto a Lionel. – Gli sponsor ci stanno
ridendo
dietro?
– Ce
l’hanno con Oscar. Tutta la serata è
stata un terribile autogol. – L’amica posò una mano sulla sua gamba. –
Se tutto
va bene, non sentiremo parlare di lui per un bel po’ di tempo.
– Non
ci sperare. – Replicò.
Lionel
gli sorrise comprensiva, prima di
rivolgere la sua attenzione su Zero, impegnato a coccolare Devil. –
Quindi sei
andato a letto con i due piccoli Kinkade!
– Tu
con quello vecchio!
– Sul
serio, – sbottò Jude, – cosa c’è di
sbagliato in voi due?!
–
Puritano! – Lo accusò lei, finendo il
suo drink. – Un altro, per favore.
Betty
ammirò il bel sedere del giovane,
quando questi si fu alzato. – Ah, avessi vent’anni di meno!
– Solo
venti, mia cara? – Scherzò Lionel,
ridendo insieme a lei.
Jude si
rivolse a Michael. – Portami in
Europa con te. Non voglio più avere niente a che fare con nessuno di
loro.
–
Questo potrebbe essere un problema, –
gli disse,– visto che ti ho lasciato le mie quote.
Sulla
stanza calò un pesante silenzio.
Impietrito,
Jude lo guardò incapace di
formulare una frase di senso compiuto; la mente travolta da un turbinio
di
domande.
–
Questo fa miracoli per la mia libido. –
Fu il commento di Zero che lo riscosse dal torpore.
–
Michael, non è necessario! – Disse,
ignorando volontariamente il ghigno divertito del giocatore.
–
Appartenevano a tua madre e ti servono
per tenere Oscar a distanza. – L’uomo liquidò la faccenda con un cenno
della
mano.
Marcus
e Lionel si scambiarono una lunga
occhiata, prima che l’uomo parlasse. – C’è una cosa che dovremmo dirvi.
Jude
tornò a sedersi sul divano. – Che
altro è successo?
– C’è
un motivo se Oscar ha tentato di
ritornare proprio ora. – Iniziò Lionel. – Sai che stiamo divorziando.
Su
consiglio di Marcus, invece degli alimenti ho chiesto il dieci percento
dei
Devils.
–
Cosa?! Perché? – Chiese scioccato. Quei
due avevano avuto gravi problemi lavorativi, trovava inconcepibile che
lui
avesse potuto suggerirle una cosa del genere.
–
Meglio lei di Oscar. – Commentò l’uomo.
– Ma non è questo il punto. Il patrimonio di tuo padre si è
drasticamente
assottigliato negli ultimi anni, non può permettersi di versarle un
assegno
mensile.
– Ti ha
dato le quote. – Intuì il giovane.
– E
saranno tue. – Disse lei. – Voglio però
il cinque percento delle entrate mensili.
– Mi
sembra giusto. – Rispose d’istinto,
mentre faceva mentalmente due conti sull’ammontare dell’assegno.
Increspò la
fronte. – Aspettate un attimo. – Sussurrò, guardandosi attorno. –
Trenta più
dieci?
– Avrai
il quaranta percento. – Confermò
Marcus. – È l’unico modo per proteggere la squadra da Oscar. –
Aggiunse,
anticipando le sue perplessità.
– Non
lo so, è una grande responsabilità.
– Mormorò, passandosi le mani tra i capelli.
– Ehi,
andrà tutto bene. – Lo
tranquillizzò il suo ragazzo. – Devi solo continuare a fare il tuo
lavoro. Se
ti preoccupano le interviste, puoi sempre lasciare Jelena a fare la
ragazza
immagine. C’è abituata.
– Forse
dovrei telefonarle. –
Mormorò pensieroso. – Ma non so cosa dirle. – Ammise, frastornato dalla
piega
che aveva preso la serata. Troppe emozione accatastante in un così
breve lasso
di tempo. Non riusciva ad analizzarle tutte.
– Una
cosa alla volta. – Zero andò a
sedersi sul bracciolo del divano, accanto a lui. – Ora ciò che conta è
impedire
che Oscar ritorni. Al resto penseremo in seguito.
– Dai
retta al tuo ragazzo, – disse Betty,
– oltre ad avere un bel faccino è anche molto saggio.
–
Grazie, dolcezza. – Rispose il
giocatore, con un sorriso malizioso.
Marcus
batté le mani. – Che ne dire di
brindare al nuovo presidente?
La sua
proposta fu accolta da un coro di
assensi. Zero passò Devil a Jude e andò a stappare lo champagne che
tenevano
nel mobile bar.
– È per
le occasioni speciali. – Commentò,
guardando la bottiglia. – Più speciale di questo, non c’è nulla.
Betty
sorrise maliziosa. – Ragazzo mio, ma
certo che ne esistono.
– I
contratti plurimilionari? – Chiese,
porgendole il bicchiere.
– Il
matrimonio, sciocchino!
Lui e
Jude si guardarono perplessi.
–
Viviamo già insieme, – le disse il
neopresidente, – non ci serve un anello o un pezzo di carta per sapere
cosa
proviamo l’un per l’altro.
Michael
sollevò le sopracciglia. – Strano
detto da uno che vive tra documenti e contratti. – Notò perplesso.
– Sarà
per questo. Non voglio che la mia
relazione con lui diventi l’ennesimo plico da leggere, controllare e
firmare.
Il
giocatore annuì. – Per adesso stiamo
bene così. – Sollevò il bicchiere. – Al nuovo presidente Jude Kinkade.
Lui
sorrise imbarazzato, partecipando al
brindisi.
“Per
adesso”,
aveva detto il giocatore. Per adesso.
Arrossì
e lasciò che la sua famiglia e i
soci in affari lo festeggiassero.
Jude
uscì dal bagno in una nuvola di
vapore. Il suo ragazzo era già a letto, con una rivista in mano.
Sistemò
una sedia e alcuni cuscini così da
creare una facile arrampicata per i loro cuccioli. La serata era stata
impegnativa
anche per loro, si rese conto, guardandoli dormire in un angolo della
stanza,
avvolti nella loro coperta prediletta.
Devil
si era divertita particolarmente, soprattutto
quando aveva deciso di fare la pipì sulle scarpe di Lionel. La donna
non
l’aveva presa bene.
– Vieni
a letto, – suggerì Zero posando la
rivista sul suo comodino, – hai vissuto fin troppe emozioni.
Si
infilò boxer e maglietta e trovò posto
tra le sue braccia.
– Non
riesco ancora a crederci. – Ammise
contro la sua spalla.
Zero si
voltò su un fianco,
fronteggiandolo. – Mi dispiace che Michael non sia tuo padre.
–
Almeno mi è rimasto come amico. Non è lo
stesso, ma meglio di niente. – Passò l’indice lungo la sua guancia. –
La mia
vera famiglia sei solo tu.
– E i
cuccioli. – Gli ricordò, baciandogli
le dita.
– Loro
sono i padroni. – Scherzò, lottando
per tenere gli occhi aperti.
–
Dovresti riposare.
–
Troppi pensieri. – Si stese sulla
schiena. – Jelena diventerà ancora più aggressiva, Oscar tenterà di
vendicarsi.
La squadra potrebbe trattarti in modo diverso.
–
Sciocchezze, – lo interruppe, – i
ragazzi ti adorano. Sei sempre stato il capo, Jude. Già ai tempi di
Lionel, te
l’ho già detto. Siamo i Re di Los Angeles. – Sorrise sornione. – La
corona ci
dona. Dovrei commissionare un quadro da appendere sul camino.
– Va
bene, Enrico VIII, faremo dipingere
anche le pareti della sala con le tue nobili gesta, che ne dici?
–
Enrico VIII era grasso! – Protestò
pizzicandogli un fianco.
– Stai
per dirmi che il tuo corpo è un
tempio da venerare e via dicendo?
– Mi
stai sminuendo.
– Non
sia mai! – Sbadigliò. – Sei la
stella della squadra!
– Della
tua squadra. – Precisò,
baciandogli una guancia.
– Mio
Dio! Sono il presidente dei Devils.
– Realizzò infine, i suoi occhi verdi resi più chiari dall’ansia.
– Andrà
tutto bene! Devi solo continuare a
lavorare come hai fatto sino ad ora. – Lo rassicurò, sospingendolo
verso il
proprio petto. – Vieni qui, hai bisogno di dormire.
– Hai
troppa fiducia in me.
– Te la
sei meritata. Coraggio, ora chiudi
gli occhi. Da domani inizia la nuova era di Jude Kinkade alla guida dei
Devils!
Ah, voglio esserci quando Jelena lo saprà!
–
Perfido.
– Mi
ami per questo.
–
Questo e per il tuo corpo da venerare. –
Lo prese in giro.
–
Stupido!
Il
Consiglio si riunì nel pomeriggio. Alla
presenza di Lionel e di Michael Harrison, Jude fu ufficialmente
dichiarato
presidente della squadra.
–
Voglio precisare una cosa, – disse
rivolgendosi a Jelena che lo stava guardando con odio. – Detesto i
riflettori e
non sopporto le domande trabocchetto dei giornalisti. Sono una persona
pragmatica. Leggo e valuto contratti e sponsor. Questo non cambierà. –
Indicò
la donna con un cenno della mano. – Se lei è d’accordo, vorrei che la
signorina
Howard continuasse ad essere il volto dei Devils. È preparata, conosce
la
squadra e ci sa fare con i giornalisti. Li terrorizza. – Scherzò,
suscitando
l’ilarità dei presenti. Persino Jelena sbuffò un mezzo sorriso. – Una
squadra
come la nostra necessità di costanti attenzioni. Io mi occuperò del
lato
burocratico, Marcus Douglas dei contatti con i nostri sponsor e la
signorina
Howard dell’immagine. Per gli eventi mondani, confido nel prezioso
aiuto dell’insostituibile
signora Lewis...
–
Adulatore! – Pigolò lei.
– … E
della generosità del signor Walker.
Mi auguro che sarà possibile organizzare alcuni eventi nei tuoi Country
Club.
– Mi
piaci, ragazzo! – Batté le mani, gongolando
alla prospettiva di attirare nei suoi Club telecamere e personaggi
famosi del
mondo dello sport e dello spettacolo.
– Con
le conoscenze a Hollywood di Lionel,
sono certo che sapremo attirare le più importanti celebrità di Los
Angeles.
Marcus
e Michael si lanciarono una lunga e
significativa occhiata.
Jude
era stato impressionante. Con pochi
accorgimenti era riuscito a dare importanza a tutti i membri del
Consiglio. Non
solo, ognuno avrebbe avuto un tornaconto personale al compimento dei
rispettivi
compiti.
Fama,
clienti, pubblicità, o semplice
divertimento come nel caso della signora Lewis.
– Se
queste sono le premesse, prevedo un
futuro roseo per la squadra. – Profetizzò Michael, uscendo dalla sala
riunioni con
la signora Lewis sottobraccio.
Jelena
si attardò di proposito, cogliendo
l’occasione per parlare con Jude, dopo gli avvenimenti della sera
precedente.
–
Per quanto mi riguarda, nulla è cambiato. – Si alzò in piedi,
incrociando le
braccia. – Oscar Kinkade è un poco di buono e ho già avuto a che fare
con un
padre orribile, non voglio ripetere l’esperienza.
Jude
annuì comprensivo. – Non ti è andata
bene neanche la seconda volta.
– E non
ti considero mio fratello.
– Non
scherzare. – Rabbrividì, chiudendo
la sua valigetta.
–
Lasciamo le cose così come sono.
– Mi
trovi perfettamente d’accordo.
– Lieta
del chiarimento. – Concluse
uscendo con passo deciso.
Con un
sospiro di sollievo, Jude si
accasciò sulla poltrona. Era stato in tensione per tutta la mattina, ma
sembrava che la riunione fosse andata bene.
Si
sfilò la cravatta verde chiaro, dono di
Zero, e guardò fuori dall’ampia vetrata. Quando sentì aprirsi la porta,
si
voltò a malapena.
– Ehi,
Boss.
La voce
carezzevole di Gideon lo fece
trasalire.
– Cosa
ci fai qui? – Indagò sentendo
scattare la serratura.
–
Festeggiamo.
Jude
posò la fronte contro il vetro. – Cos’hai
detto a Pete per giustificare la tua assenza agli allenamenti?.
– Che
dovevo prendermi cura di te.
– Tutto
qui?
– Non è
stupido. Sia lui che Derek hanno capito.
– Mio
Dio! – Sbottò inarcando le
sopracciglia. – Ora tutti sapranno che siamo qui a fare sesso!
– Tutti
sanno che facciamo sesso. –
Replicò, sfilandogli la giacca verde scuro.
– Sì,
ma è diverso. Qui ci lavoriamo e… –
Le mani di Zero si intrufolarono sotto la camicia bianca, trovando i
suoi
capezzoli. – Gideon! – Ansimò, cercandogli le labbra.
Il
giocatore lo sospinse sino al tavolo,
slacciandogli cintura e pantaloni. Affondò una mano tra i suoi capelli
castani,
mentre l’altra già aveva trovato il suo sesso semieretto.
Jude
gli sfilò la giacca della tuta e
morse un gemito, quando la bocca del suo uomo fu sulla giugulare.
Zero
estrasse dalla tasca dei pantaloni
una piccola boccetta di plastica. Afferrando i fianchi di Jude, lo fece
voltare
con un gesto deciso.
– Non
posso crederci, hai portato il
lubrificante! – Ansimò, le mani sul tavolo in legno.
– Mi
piace essere preparato. – Replicò il
giocatore, infilandosi il preservativo.
Lo
prese lì, piegato sul tavolo che per
anni aveva assistito ai traffici illeciti di Oscar. Quel pensiero bastò
a farlo
venire.
Quando
si fu ripreso, notò alcune macchie
perlacee scivolare lungo il bordo di legno.
Sogghignò
contro un orecchio di Jude. –
Congratulazione, Boss.
Il
giovane si voltò, cercandogli le
labbra. – Grazie, Gideon. Per tutto.
Il
biondo annuì,
aiutandolo a rimettere tutto in ordine.
Tornando
nell’ufficio di Zude, incrociarono Jelena.
La
donna inarcò le
sopracciglia. – State scherzando, vero? – Jude la guardò confuso. – Me ne vado! – Sbottò stizzita, allontanandosi a passo spedito.
– Di
cosa stava
parlando?! – Impallidì alla vista del ghigno malefico di Zero. –
Cos’hai fatto?
– Indagò sospettoso.
–
Perché dovrei
aver fatto qualcosa?
– Vuoi
davvero che
risponda?
Usciti
dall’ascensore, furono accolti da Caty. La segretaria si alzò dalla
scrivania e
raccolse alcuni documenti. – Signor Kinkade sono… Oh, Santo Cielo! –
Esclamò, guardandolo.
– Ma
cosa… Un
attimo! – Sbuffò il giovane, recandosi nel suo bagno privato. Forse
aveva
qualcosa sul viso, si disse, deciso a specchiarsi. – Gideon! – Quasi
urlò,
guardando l’enorme succhiotto sbocciato sul lato del collo.
“Cosa
ne pensi, Susan?”
“C’è
poco da dire: Jude e Zero sono la coppia più hot
del momento!”
Alle
spalle delle
due donne, immerse in uno studio fatiscente, un’orda di donne
applaudirono
entusiaste. Sparsi sulle loro teste, oscillavano cartelli colorati
inneggianti agli
Zude.
– Per
l’amore di
Dio! – Sussurrò Jude dalla cucina, mentre ultimava i preparativi per la
cena.
“Ieri,
in una riunione privata, Jude è diventato, di
fatto, il presidente dei Devils. All’uscita dall’Arena è stato
immortalato
insieme al suo Zero. A nessuno è sfuggito l’enorme segno che aveva sul
collo!”
“Zero
deve aver deciso di festeggiare alla grande!”
– Puoi
dirlo
forte, ragazza! – Esclamò il diretto interessato, semisdraiato sul
divano, con
Logan a russare sul suo stomaco.
– Sul
serio,
Gideon? – Brontolò entrando in sala con uno straccio in mano.
–
Abbiamo fatto
contente le fans!
– Non
usare il plurale!
Non ne sapevo nulla!
– Però
eri lì e,
da come ti lamentavi, ti stavi divertendo un bel po’! – Rispose con un
sorrisetto.
“Il
nostro Jude in giacca e cravatta è molto sexy!”
Proseguì la donna alla televisione. “Quei pantaloni mettono in risalto
il suo
lato B”.
– Non
voglio più
ascoltare! – Sbottò, scappando in cucina.
–
Andiamo, Jude! –
Rise il giocatore, accarezzando distrattamente la testa di Logan. –
Bene o
male, purché se ne parli, no?
– Non
ti sto
ascoltando. – Prese un pezzo di pollo e lo porse a Devil, rimasta in
cucina a
scodinzolare in attesa della cena. – Neanche tu gli stai dando retta,
vero?
Brava! Ti meriti un pezzo di carne extra.
–
Comprare la sua
fedeltà col cibo è immorale!
– Ho
comprato la
tua col mio bel culo. Almeno a sentire quelle tizie in televisione!
–
Sciocchezze!
Sono io che ho conquistato te! – Si alzò portando Logan con sé. –
Diglielo
anche tu che sono stato io a conquistarlo! – Sussurrò al cane che
sbadigliò
rumorosamente, per nulla interessato alla loro scaramuccia.
Jude
cercò di
rimanere serio. – Siamo arrivati a questo, allora? Coinvolgiamo loro?
– Se mi
aiuteranno
a spuntarla, sì! – Rispose sulle sue labbra.
“Dobbiamo
ammettere che anche Zero è molto sexy, non trovate!” Il
boato della
folla li raggiunse fino in cucina.
– Molto
sexy! –
Confermò Jude, lasciandosi baciare ancora.
“Una
cosa è certa, mie care! Quando finalmente si
decideranno, il loro sarà il matrimonio del decennio!”
– Solo
del decennio?! – Zero guardò la
televisione oltraggiato. – Del secolo! Del millennio! Jude, fai
qualcosa! Ci
stanno sminuendo! Che c’è? – Domandò quando finalmente si accorse del
suo
sguardo scettico.
–
Stanno parlando del nostro ipotetico
matrimonio e tu ti preoccupi che non ci diano credito?
– La
popolarità è importante!
Jude
allungò un altro pezzo di pollo a
Devil, che apprezzò la sua gentilezza. – È la seconda volta che
qualcuno
menziona il nostro matrimonio. – Si ritrovò a pensare, mentre
apparecchiava la
tavola.
– Ti
infastidisce? – Volle sapere,
incrociando le braccia.
– Non
ci ho mai pensato. Il matrimonio dei
miei è stato terribile. Quasi tutti i miei compagni del college sono
divorziati
e Lionel, beh, ho perso il conto dei suoi divorzi. – Rise, mentre
condiva
l’insalata. – Quasi tutti divorziano. Perché iniziare qualcosa che è
destinata
a finire? Avvocati, clausole, assegni di mantenimento. Non so, io sono
felice
così, solo io e te. Senza scartoffie. Solo io, te e la nostra casa. –
Devil
abbaiò, sollevandosi sulle zampe in cerca di altro cibo. – E loro due!
–
Scherzò, riempiendole la ciotola.
Zero
annuì, soddisfatto dalla sua
risposta. – Quando torno dalla trasferta a Boston che ne dici di
prenderci una
pausa? Abbiamo due settimane libere. – Gli ricordò, versando loro da
bere.
Jude
esitò prima di rispondere. – Credi
che possa?
– Sei
il capo!
– Sì, è
solo… strano, credo.
–
Possiamo prenotare una settimana in una
Spa. Una che accetti anche loro. – Indicò i due cuccioli.
– È
allettante. Parti domani pomeriggio,
vero? Ho due giorni per organizzare tutto. – Mormorò tra sé. – Non
dovrebbero
esserci problemi, ma devo chiedere conferma a Caty.
– Ehi,
ehi! Non andare in tilt! Possiamo
organizzare insieme al mio ritorno.
Jude
scosse la testa, ridendo di se
stesso. – Scusami. Non imparerò mai a rilassarmi!
– Oggi
ti ho fatto rilassare piuttosto
bene, no? – Gli fece l’occhiolino.
– E mi
hai lasciato un bel ricordo. –
Indicò il suo succhiotto.
– Era
una medaglia al valore.
–
Stupido!
Lionel
sedé sulla scrivania di Jude. – La
squadra è arrivata?
– Sono
in albergo. – Confermò, firmando alcuni
documenti.
– Ti va
di parlarne?
– Di
cosa?
– Jude,
hai una sorella!
Sospirò,
adagiandosi sullo schienale della
poltrona. – Solo di nome.
– Tanto
basta. – Si alzò sbuffando. –
Potrebbe rivendicare la tua eredità.
–
Lionel, non esiste un’eredità. C’è solo
la villa qui a Los Angeles e qualche appartamento a New York e San
Francisco,
ammesso che Oscar non li abbia venduti per pagarsi le spese legali.
–
Potrebbe volerli! – Gli fece notare,
aprendo uno sportello del mobile bar.
–
Glieli lascerei volentieri.
– Jude!
È la tua eredità.
– Odio
quella casa. Ci ho passato parte
della mia infanzia. Da solo. Mamma già aveva i suoi esaurimenti
nervosi.
Entrava e usciva dalle cliniche private e Oscar mi trattava come se non
esistessi. I due appartamenti non mi interessano. A San Francisco non
vado mai
e a New York non ho affari di alcun genere.
–
Potresti volerci andare in vacanza,
ammesso che tu conosca questa parola! Ma dov’è il whisky?! – Sbuffò
ispezionando il mobiletto.
– Con
te in giro? È finito. – Borbottò,
dietro ad una mano.
– Ti ho
sentito! – Gli puntò contro un
dito dall’unghia rosso fuoco, perfettamente curata. – Sono sicura che
Zero non
sarà d’accordo con la tua decisione.
– Ho
parlato con Jelena e abbiamo chiarito
la situazione. Non siamo fratelli, non siamo neanche lontanamente
parenti e
continueremo a trattarci con la consueta freddezza.
– Ma…
– Zero
è la mia famiglia. – La interruppe.
Trapelava una certezza granitica che raramente gli aveva letto sul
viso. – Non
mi serve altro. – Scrollò le spalle e ripose i documenti nelle apposite
cartelle. – Finito, possiamo andare.
Consegnò
il plico di fogli a Caty, mentre Lionel
chiamava l’ascensore.
– Sto
cominciando ad avere troppe
distrazioni. – Sbuffò il giovane uomo.
– Un
pranzo con me e una settimana in una
Spa sarebbero distrazioni? – Sollevò un sopracciglio dalla forma
perfetta. – Da
quanti anni non vai in vacanza? Lascia perdere, non sai neanche cosa
sia. – Si
rispose da sola.
– Non
sono bravo a stare fermo. – Ammise,
mentre l’ascensore raggiungeva il piano terra. – Prendo la macchina?
– No,
il ristorante è a un isolato da qui,
possiamo andare a piedi. Jude?
Lionel
si fermò al centro della hall,
indicandogli una giovane donna seduta su uno dei divani rossi che
arredavano
l’ampia entrata.
Appena
li vide si alzò goffamente e solo allora
si resero
conto che mostrava i segni di un’avanzata gravidanza.
–
J-Jude? Sei Jude Kinkade, vero? –
Balbettò, giocando nervosamente con una ciocca di lunghi capelli biondi.
– Sì,
sono io. – La guardò con attenzione.
Era vagamente familiare, ma non riusciva a ricordare dove potesse
averla vista.
– Ci siamo già incontrati?
– Non
esattamente. – Arrossì, evitando il
suo sguardo.
– Jude,
c’è qualcosa che devi dirmi? Sto
per diventare zia? – Ironizzò Lionel, guardando prima lui poi il ventre
della
giovane donna.
– Ti
prego, non è il momento! – Sbottò
nervosamente. – Sono sicuro che ci sia una spiegazione logica a…
– Sono
Laura.
– Oh,
mio Dio! – Esclamò il giovane
presidente.
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Capitolo 5 *** ch5 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
5
Gojyina
Zero
rincasò nel tardo pomeriggio.
Salutato
l’autista varcò la soglia del
cancello, sentendosi immediatamente a casa.
La luce
della sala era accesa, segno della
presenza di Jude.
Sorrise
al suono della voce di Devil, che
aveva iniziato ad abbaiare vivacemente.
Quando
la porta di aprì, fu oggetto delle
feste del cucciolo. – Ehi, piccola guerriera. Hai fatto la guardia?
Bravissima. Jude?
–
Bentornato! – Il giovane gli baciò le
labbra e prese il suo borsone. – Lo metto in lavanderia. – Disse,
correndo
quasi verso il seminterrato.
– Jude,
posso farlo dopo! – Roteò gli
occhi, mentre appendeva la giacca. Si lasciò cadere sul divano a poca
distanza
da Logan, che sollevò il muso scuro per leccargli le dita di una mano.
– Anche
io sono felice di vederti.
– Vuoi
un caffè? – Si sentì chiedere.
– Jude,
vieni qui.
– Ti
faccio il caffè! – Proseguì senza
dare segno di averlo sentito.
Il
giocatore lo intercettò nel mezzo della
sala.
– Ehi!
Che succede?!
–
Niente! – Si affrettò a rispondere,
ridendo isterico.
Zero
gli prese il viso tra le mani. La sua
pelle era calda e arrossata e stava evitando di guardarlo negli occhi.
Anche
la sera prima, al telefono, qualcosa
nella sua voce lo aveva insospettito.
– Cosa
sta succedendo?
– N-Non
è che, per forza... voglio dire! –
Cominciò a balbettare.
Il
giocatore rise della sua agitazione. – Cos’è?
Hai messo incinta qualcuno?
– Tua
sorella!
– Jude?!
–
Ovviamente non sapevo fosse tua sorella.
Cioè, avevo visto un paio di foto, quelle dell’investigatore privato,
ricordi?
Ma non mi sono, non mi ero, non la ricordavo bene e quando si è
presentata, io
e Lionel e poi lei e io e poi…!
– Jude:
respira! – Ordinò, scuotendolo
leggermente. – Inspira ed espira. Di nuovo. Bene così. Adesso
sediamoci. – Lo
sospinse sul divano e gli accarezzò la schiena con movimenti lenti e
rilassanti. – Comincia dall’inizio.
– Da
mesi Lionel mi parlava di un
ristorante francese non lontano dall’Arena. Pensava fosse un buon posto
per
eventuali pranzi di lavoro. L’altro giorno ci siamo visti per farmelo
provare.
Stavamo per andare, quando abbiamo visto Laura nella hall. Mi stava
aspettando.
Zero
trasalì al suono del suo nome. –
Perché proprio ora?
–
Gideon, tua sorella ti ama tantissimo. –
Jude gli accarezzò il viso, aspettando che lo guardasse negli occhi
prima di
proseguire. – Ma si vergogna e teme il tuo giudizio.
– Non
potrei mai pensare male di lei! –
Protestò subito.
– Lo
so, lo so! Ma è testarda e orgogliosa
quanto te. – Riuscì a farlo sorridere. – Ha aspettato che tu fossi
fuori città
ed è venuta a parlarmi. Lei è ancora una studentessa. Deve finire il
Master e
trovare lavoro. Quando ha scoperto di essere incinta, il padre era già
tornato
in Europa. Era uno studente francese. – Spiegò rapidamente. – Pensava
di dare
il bambino in adozione, ma ha scoperto che sono due.
Un
lampo di dolore attraversò gli occhi
azzurri del giocatore. – Non vuole rischiare che vengano separati,
com’è
successo a noi. È per questo che è venuta a cercarci. Vuole… Jude, vuole
darci i suoi
bambini?! – Incespicò nel formulare la domanda.
– Le ho
detto che te ne avrei parlato. Laura
che non vuole ancora vederti. Desidera presentarsi davanti a te quando
si
sentirà pronta. Con la sua laurea o un lavoro importante.
– A me
interessa solo che sia felice, non dei
suoi titoli di studio o della sua carriera!
– È
quello che le ho detto. Ma sai, penso
siano solo scuse. Credo che abbia le tue stesse paure. Guardarvi negli
occhi e
scoprire che siete due estranei. È per questo che non l’hai voluta
incontrare,
anni fa. – Si ricordò, sorridendogli comprensivo.
– Mi
conosci troppo bene. È fastidioso. –
S’imbronciò come un bambino. – Jude, sei sicuro di voler prenderti cura
di due
neonati? – Gli chiese all’improvviso.
– Sono
terrorizzato. – Ammise, ridendo di
se stesso. – Ma non possiamo permettere che vengano separati, o
cresciuti in
orribili case famiglie. Dobbiamo solo organizzarci. Domani Lionel verrà
qui e
mi darà una mano. Ah, dimenticavo! Con questo trambusto non ho
prenotato da
nessuna parte. – Sussurrò con aria colpevole.
Zero
annuì. – E io che speravo di passare una
settimana a fare sesso selvaggio con te in mezzo al fango o ricoperti
di oli
profumati. – Disse con aria sognante.
–
Perché dovrei sguazzare nel fango? – Arricciò
il naso, disgustato. – Gli oli per il corpo li abbiamo anche noi, a
cosa serve
andare altrove?
– Un
giorno ti spiegherò cosa sia una
vacanza. – Gli promise, baciandogli le labbra. – Vado a fare la doccia.
–
Annunciò, salendo al piano superiore.
Aveva
bisogno di pensare. Non era
l’accoglienza che aveva immaginato.
Due
bambini. I figli di Laura.
Non
erano ancora finiti i problemi
derivati dalla famiglia Kinkade, che iniziava la sua a scompigliare la
loro
vita.
Jude
non avrebbe mai potuto abbandonare
due neonati, sapendo di avere i mezzi per aiutarli. Era troppo buono e
amorevole.
Ma lui?
Zero non aveva mai seriamente
pensato di metter su famiglia. Era convinto che avrebbe vissuto di
eccessi fino
al giorno della sua morte.
Poi era
arrivato Jude.
Chiuse
la manopola dell’acqua e avvolse il
suo corpo in un ampio asciugamano bianco.
Quando
lo aveva visto prendersi cura di
Logan e Devil si era sentito strano. Aveva provato una sensazione alla
quale
non sapeva ancora dare un nome. Ma era sempre lì, ogni volta che
ricordava
quella scena.
Passò
le mani tra i capelli e uscì dal
bagno. Indossò rapidamente un paio di jeans e un maglione scuro e tornò
in
sala, dove trovò Jude sul divano a digitare freneticamente sulla
tastiera del
portatile.
– Non
so quando. – Sussurrò il giovane. –
Sono due maschi, sì. C’eri anche tu quando lo ha detto. Cosa vuol dire
che
pensavi fosse uno scherzo? – Chiese scioccato. – E solo per questo non
l’hai
ascoltata più?! Lionel, andremo un’altra volta a mangiare in quel
maledetto
ristorante! No, sul serio, dovresti rivedere le tue priorità. Cosa? –
Istintivamente posò una mano sull’auricolare. – Non lo so, ma voglio
essere
preparato. Ma chi sto prendendo in giro! – Sbuffò a se stesso. – Certo
che
terremo quei bambini! Zero non permetterebbe mai che i suoi nipoti
finiscano in
qualche postaccio! No, non so quali pannolini comprare! Quanti ce ne
saranno in
commercio?! Sarà facile da… Stiamo scherzano?! – Ansimò avvicinandosi
al
display. – Ma quale ampia scelta?! È un delirio! Cosa? Perché dovremmo
far
tinteggiare una camera? Sono neonati, che importa se… davvero? Che
libri sono?
– Si agitò, digitando di nuovo a gran velocità. – Mi scuserai se non so
nulla di
pedagogia! Ehi, non fare la saccente! Non ne sai nulla neanche tu! Aver
recitato in un episodio di Doctor House non fa di te un medico! E poi
facevi la
paziente! Certo, non ricordi? Mi hai invitato a casa tua e lo abbiamo
visto
insieme. Ma non è questo il punto! – Sospirò, massaggiandosi le tempie.
–
Dovrei anche prenotare una Spa. Ho scoperto che a Zero piace il fango.
No, non
c’erano doppi sensi. Vuole andare in uno di quei posti dove ti
ricoprono la
faccia di verdure e ti gettano nella melma. I cetrioli sono verdure.
Cosa c’è?
– Increspò la fronte. – Non lo so quali siano i colori adatti ad una
camera per
bambini! Cosa? No, non ho capito. Perché stai ridendo? – Impallidì di
colpo. –
M-Matrimonio? Chi ha parlato di…! Adottare. Cosa c’entrano gli
assistenti
sociali? Oddio, potrebbero portarli via?!
Intuendo
il suo principio di attacco di
panico, Zero si affrettò a entrare in azione. Preso il cellulare,
staccò
l’auricolare e parlò alla donna in ascolto.
–
Smettila di sovraccaricarlo di
informazioni! – Sbottò, passando una mano tra i capelli di Jude. – No,
non è
divertente! Per il fine settimana avremo chiaro come arredare le
camere, sì. Faremo
anche un elenco delle cose che serviranno. No, per l’asilo nido è
troppo
presto! No, non so quanto siano lunghe le liste di attesa e non mi
interessa. Atteniamoci
allo stretto indispensabile. Sì, a domani!
–
Scusa. – Ansimò il suo ragazzo, cercando
di regolare il respiro.
– Non è
colpa tua. – Lo tranquillizzò
baciandogli la fronte. – La tua ex matrigna è un mostro.
Jude
rise, lasciandosi abbracciare.
– Il
mio albero genealogico è una pianta
di rovi. – Scherzò, tornando poi serio. – Pensi che riusciremo a fare
anche
questo? – Domandò preoccupato.
– Dici
sempre che il Team Zero è inarrestabile,
il Team Zude è invincibile!
– Non
ho mai detto nulla del genere. Zude
è strano. Sembriamo personaggi inventati!
–
Dimostra il nostro legame inossidabile,
stupido! Non sei per niente romantico! Fortuna che abbiamo le nostre
fans ad
esserlo anche per te. Cosa stavi cercando? – Indagò, guardando il
computer.
– Non
lo so nemmeno io! Camerette, cibo,
pediatri, giocattoli. Poi ha telefonato Lionel e la situazione mi è
sfuggita di
mano. – Esitò un istante. – Pensi che dovremmo iscriverli già adesso
all’asilo
nido? I più prestigiosi…
– Che
ne dici di farli prima nascere? –
Rise, scompigliandogli i capelli.
–
Giusto. – Arrossì. – Hai fame?
– Ho
pranzato tardi con la squadra. –
Sfregò la punta del naso contro la sua guancia. – Grazie.
– Per
cosa?! – Domandò confuso.
– Sul
serio? Devo farti l’elenco?
– Mi
hai dato una casa. – Gli ricordò
– Tu mi
hai dato una famiglia.
–
Allora siamo pari, no? – Scherzò,
ottenendo un pizzicotto su un fianco. – Ho paura. – Ammise. – Non so
come
funzionino le famiglie, ho visto solo quelle alla televisione. Non so
come si
crescano dei bambini.
– Non
lo so nemmeno io, ma possiamo
imparare.
– Farò
degli errori, Gideon. Potrei
rovinare le loro vite! – Si allarmò, le pupille già dilatate.
– Jude?
Jude! Respira! – Ordinò,
scuotendolo per le braccia. – Inspira, espira. Di nuovo. Ascolta,
sbaglierò
anche io. Sbaglieranno anche loro. Impareremo insieme. Non sarà
perfetto, ma
saremo noi!
Il
giovane trasse un sospiro di sollievo.
Guardò il computer. – Ho letto che il verde è un colore rilassante. –
Indicò
una piccola immagina tra quelle che coloravano lo schermo. – Potremmo
far
dipingere un albero o qualche cespuglio.
Il
giocatore valutò i vari suggerimenti
proposti dalla rete. – Quando ce li porteranno?
– Non
c’è una data esatta, forse un mese. Non
so se possa o se voglia allattarli. Non so come funzionino certe cose.
–
Ammise, ricominciando a preoccuparsi.
–
Respira! Lo impareremo insieme. Una cosa
alla volta.
–
Giusto! – Si passò una mano tra i
capelli. – Certo che è assurdo! Fino a ieri avevo due padri, oggi mi
ritrovo
con due bambini.
– Sono
stati giorni difficili. – Ammise il
biondo. – Hai anche ottenuto una squadra di basket.
– Già.
Spero di trovare un modo per
gestire tutto.
– Lo
fai sempre.
– Hai
troppa fiducia in me.
– È ben
riposta. – Lo baciò. – Sai,
dovremmo sfruttare questi momenti di pace e fare tanto, tanto sesso.
– Ma
davvero? – Rise, mentre veniva
trascinato al piano superiore.
– Con
dei bambini in giro per casa avremo
meno tempo!
– Siete
pazzi! – Decise Lionel. – Come
potete anche solo pensare di fare una cosa del genere?! Non è pratico.
Seduto
alla sua poltrona, Jude cercò Zero
con lo sguardo. – A volte devi fare ciò che è giusto, non quello che è
facile.
– Sii
serio! – Lo sgridò lei, passeggiando
per l’ufficio. – Stiamo parlando di due neonati. Come farete? Li
metterai nel
borsone e li porterai in trasferta? – Ironizzò rivolta al giocatore,
semisdraiato sul divano, con una rivista in mano.
– Se
non faranno la pipì sui miei vestiti…
–
Lionel, so che sarà difficile. – Jude si
massaggio le tempie. – Ma dobbiamo farlo. Quei bambini non saranno
lasciati in
una casa famiglia, o separati. Posso occuparmi io dei bambini. Qui c’è
abbastanza spazio per mettere un fasciatoio.
– Mi
prendi in giro? – Sbottò Lionel. –
Sei il presidente dei Devils, per l’amore di Dio! Vorresti trasformare
il tuo
ufficio in una nursery?!
– Jude,
ne sei sicuro? – Si preoccupò il
giocatore.
– Non
ho molte riunioni e per gli eventi
importanti c’è Jelena. Io devo solo occuparti delle scartoffie.
Fermarmi ogni
tanto per cambiare due bambini non sarà un grosso problema.
–
Piangeranno e dovranno mangiare. – Gli
fece notare lei. – Ci saranno pannolini puzzolenti ovunque!
– Non
ho mai detto che sarebbe stato
facile! – Precisò lui. – Ci ho pensato bene. I contratti li leggerò al
pc, così
non rischierò che si sporchino. Chiederò all’avvocato Martin di
rileggerli e
controllarli, prima di firmare. I bambini mi potrebbero distrarre e non
voglio
che la squadra paghi per colpa di una mia svista. L’alternativa è che
mi metta
in paternità e, in questo momento, nessuno di noi se lo può permettere.
La mia
gestione è appena iniziata, non posso sparire per mesi.
Zero
incrociò le braccia. – Posso chiedere
che mi vengano dimezzati gli allenamenti, così da tenere i bambini nel
pomeriggio.
–
Assolutamente no. – Sbottò Jude, in
modalità presidente. – Tu sei il co-capitano. Sei la star e devi
portarci alla
vittoria!
Lionel
scosse la testa. – Ho partecipato a
follie peggiori. – Si disse, cercando qualcosa sul cellulare. – Ho
visto questa
camera ieri sera. Per puro caso! – Si affrettò a precisare. – Ho di
meglio da
fare la sera che cercare arredamenti per bambini!
Jude
strinse le labbra, cercando di non
sorridere. – Ne sono certo! – Rispose guardando le immagini.
Le
pareti erano verde chiaro decorate con
le sagome di alberi bianchi, dello stesso colore del mobilio.
– Che
ne pensi? – Chiese subito a Zero.
– È
luminosa e trasmette una grande
tranquillità. Se non dormono in una stanza così, servirà il sonnifero.
– Scherzò,
facendolo ridere.
Jude
guardò l’orologio e si affrettò a
prendere la giacca. – Ho appuntamento con Michael. A dopo. – Li salutò,
uscendo
in tutta fretta.
Lionel
si versò da bere, lanciando
sporadiche occhiate alla porta chiusa.
– Sei
preoccupata per lui. – Intuì il
giocatore.
– Per
una volta, lo sono per entrambi. –
Gli puntò un dito contro. – Lo faccio solo perché fai parte della
squadra e i
Devils sono un mio investimento. – Precisò in fretta. – I bambini non
sono un
gioco.
– Lo
sappiamo.
–
Volete formare una famiglia. Non molto
tempo fa eravate bravissimi a mentire a voi stessi. Lui convinto di non
essere
gay e tu certo di non voler relazioni stabili.
– Siamo
cambiati. – Sbottò alzandosi in
piedi. – La gente normale cresce e matura.
– Hai
detto bene. La gente normale. –
Sbuffò stizzita. – Normali! Tenete in casa anche degli animali
aggressivi e
pensate di essere normali!
–
Aggressivi?! Devil ti voleva leccare una
mano! – Allargò le braccia, allibito.
– E non
è un’aggressione?! – Esplose,
mostrandogli le unghie. – Hai una vaga idea di quanto mi costi la
manicure?!
– E
saremmo noi gli anormali! – Brontolò,
passandosi una mano sul viso.
–
Voglio solo essere certa che abbiate
valutato tutti i pro e i contro. – Si appoggiò contro la scrivania in
legno massiccio.
– Jude ha avuto troppe delusioni nella sua vita. Harrison è solo
l’ultimo della
lista.
– Né
lui né i bambini erano previsti, ma
sono capitati e stiamo affrontando la situazione nel migliore dei modi.
L’ho
detto anche a Jude: sbaglieremo e impareremo.
– Tutto
molto romantico. – Ironizzò, con
un sopracciglio alzato. – E hai già pensato a cosa dire alla stampa?
Perché non
potrai più essere soltanto Zero il giocatore. Scopriranno di Laura. Già
qualcosa era trapelata alcuni mesi fa e si è scoperto delle condizioni
in cui
si cresciuto. Grazie a questo hanno aperto un’inchiesta sulle case
famiglie
americane. Ci sono state scoperte agghiaccianti, scandali e arresti.
Zero
strinse i pugni e si avvicino alle
finestre. C’erano ancora macchine a colorare il parcheggio dell’Arena.
–
Ricordo bene. ma sono stati centinaia i bambini che hanno ottenuto una
casa
nuova e una vita migliore. Se posso fare la stessa cosa per i figli di
mia
sorella, allora sono pronto anche ad essere Gideon.
– Chi
diavolo è Gid… Oh, è vero! Laura ti
ha chiamato così. – Si ricordò. – Una volta avevo sentito Jude parlare
al
telefono con un certo Gideon. Tsk! E io che pensavo che si fosse fatto
un
amante! – Scosse il capo, disgustata. – Siete una coppia così noiosa!
Zero
rise suo malgrado. – Forse c’è
davvero qualcosa di sbagliato in noi due!
–
Partirai sabato? – Jude non riuscì a
porre la domanda senza un velo di malinconia.
– Sì,
ho molti affari lasciati in sospeso.
– Michael posò una mano sulla sua. – Ci sentiremo spesso, te lo
prometto. Voglio
sapere come va con i gemelli! Wow! Sono un quasi nonno! – Scherzò,
riuscendo a
farlo sorridere.
Ordinarono
altri due caffè al barista
dell’Arena, nervoso all’idea di servire il neopresidente.
–
Rovinerò tutto. – Annunciò Jude,
passandosi una mano tra i capelli. – Cosa ne so io di padri?
–
Allora non esserlo.
– Cosa?!
– Non
essere un padre. – Ripeté Michael. –
Sii un esempio, un amico, un confidente, una persona importante per
loro. Amali
e nutrili. Prenditi cura di loro. In altre parole, ciò che fai per
Zero!
Risero
alla sua battuta, mentre il
cameriere portava le loro ordinazioni.
– Oh,
Dio! In cosa mi sono cacciato? – Si
domandò, passandosi le mani sul viso.
– In
una grande avventura, almeno credo.
Non posso parlare per esperienza personale. – Un’ombra offuscò il suo
sorriso.
– Sei un bravo ragazzo e hai fatto la scelta giusta. Te la caverai
egregiamente. Pensaci bene, il tuo lavoro è sempre stato quello di
capire le
esigenze di chi ti sta accanto. Lo facevi da manager e lo fai ancora
adesso. Sei
la coperta di Linus per Zero, la squadra e Lionel che si affidano a te
in tutto
e per tutto.
Jude
sospirò profondamente. – Grazie.
– Ti
chiamerò tutte le volte che posso e
voglio una foto di Zero che cambia un pannolino.
Scoppiarono
a ridere.
–
Improbabile. È di stomaco delicato.
– Siete
una bella coppia, vi compensate a
vicenda. – Lo rassicurò ancora. – Non sei come Oscar e la sensibilità
che hai
ereditato da tua madre è ben difesa da Zero. – Contorse il viso in una
smorfia.
– Nessuno ha saputo proteggerla. Né io, né tuo padre. La colpa maggiore
è mia,
perché sapevo di amarla.
– No, –
lo interruppe Jude, – non è colpa
tua e l’esaurimento di mia madre non è stato causato dalla mancanza di
amore.
Stando con Zero ho capito una cosa: l’amore è anche coraggio. Coraggio,
cura
costante, attenzione. È una pianta che va accudita ogni giorno. Non va
annaffiata troppo, né lasciata troppo al sole. – Bevve il suo caffè
ormai
freddo. – Mia madre era abituata ad essere amata, ma non aveva il
coraggio di
amare. Avrebbe potuto comprare un biglietto aereo e correre da te, ma
non lo ha
mai fatto. Si aspettava che gli altri l’accudissero e la viziassero, ma
si è
ritrovata sola. Quando ha capito che lei stessa era la causa della sua
infelicità, ha avuto un crollo nervoso.
Harrison
sembrò rilassarsi. – Sembrava
attorniata da un alone quasi divino. Era minuta e delicata. Un bocciolo
da
proteggere e amare. – Ricordò malinconico. – Jude, non vivere di
rimpianti. –
Esclamò con passione. – Vivi tutti i sentimenti che puoi, incurante del
giudizio della gente.
– Te lo
prometto. – Gli sorrise, posando
una mano sulla sua.
Quando
scesero al bar, Zero e Lionel li
trovarono ancora così, in silenzio e con il medesimo sorriso appena
accennato.
–
Stiamo interrompendo qualcosa? – Sbottò
il giocatore, sedendosi accanto al compagno. Non che fosse geloso. Non
lo era
affatto. Solo perché non erano padre e figlio e tra loro c’era un
feeling
palpabile, non significava nulla.
Non era
geloso di nessuno, lui.
Figuriamoci.
Meglio
però che non si tenessero per mano
nel bel mezzo del bar dell’Arena, dove avrebbero potuto passare
giornalisti e
giocatori. Non era il caso di dare adito a nuove illazioni.
– Stai
bene? – Sussurrò Jude, preoccupato
dal suo improvviso broncio.
–
Certo, stupido. – Replicò, cingendogli
le spalle con un braccio.
–Z-Zero?
– Balbettò perplesso. Non erano
soliti abbracciarsi in modo così plateale sul posto di lavoro. Michael
e Lionel
si scambiarono un’occhiata. Lui sembrava divertito, mentre lei roteò
gli occhi,
annoiata da qualcosa che il giovane presidente non capì. – Mi sfugge
qualcosa?
– Nulla
Jude, nulla! – Rispose Harrison,
terminando il caffè.
– Ora
capisci in che inferno vivo? Mi
serve un whisky. – Commentò Lionel.
–
Qualcuno mi può spiegare? Zero?
– Taci,
stupido. – Brontolò, decidendo
fosse il caso di cambiare argomento. – Prima che tu parta, dobbiamo
organizzare
una cena da noi. Inviteremo anche gli altri membri del Consiglio, così
nessuno
di offenderà. Che ne pensi, Jude?
– Non è
un problema, posso chiamare il
nostro catering di fiducia.
– Se
chiuderai nel ripostiglio le tue
belve. – Brontolò Lionel, che rivolse loro un sorrisetto ironico. – Ora
che
avete deciso di metter su famiglia, dovrete imparare a cucinare
qualcosa di
vero. Non penserete di crescere due bambini a insalate di pollo e
frullati?
– So
fare la frittata. – Si difese Zero,
mentre una nuova ondata di preoccupazione travolgeva Jude .
Michael
corse in suo aiuto. – Ehi,
imparerai a cucinare. Hai tempo! Per i primi mesi credo mangino latte e
omogeneizzati. Sei terribile! – Disse a Lionel, che gli sorrise
maliziosa.
– E non
hai ancora visto nulla! – Ammiccò
da dietro il bicchiere di vetro.
– Che
diavolo! – Sbottò Zero, disgustato.
– Jude? Posa quel cellulare. – Sospirò quando lo scoprì alla ricerca di
ricette
per bambini.
– Cos’è
un celiaco? Perché il glutine fa
male?! Cosa sta succedendo nel mondo?
–
Lionel, è tutta colpa tua! – Ringhiò il
giocatore. – Insegnerò a Devil a pisciare sulle tue scarpe.
– Non
oseresti! Jude! Fai qualcosa, mi sta
minacciando!
– Il
mondo è diventato vegano e non me ne
sono accorto! – Esclamò il presidente, dimostrando di non aver
ascoltato una
sola parola dell’ennesimo battibecco dei due.
Michael
scoppiò a ridere. – Mi mancherete.
Con voi non ci si annoia mai!
–
Dannazione! – Sibilò Jude, guardandosi
allo specchio. Gli ospiti stavano per arrivare e lui non riusciva ad
annodare
la cravatta.
–
Fermo, stupido! – Zero lo sgridò,
correndo in suo aiuto prima che si strangolasse.
–
Scusami. Lo faccio tutti i giorni ma
stasera non ci riesco. – Sorrise rilassando le spalle. – Adesso sembri
sul
serio una wifey!
–
Stupido! – Il giocatore provò a fingersi
offeso per qualche istante, prima di sorridergli. – Ascolta, anche se
Michael
sta partendo, rimarremo in contatto. – Lo rassicurò, dimostrando di
aver capito
il motivo della sua tensione.
Jude
andò a sedersi sul letto. – Tornerà a
casa sua dall’altra parte del mondo, mentre qui ho Oscar a tramare
nell’ombra.
Ho cercato di non farlo, per non ricevere l’ennesima delusione, ma non
sono
riuscito a fermarmi. Ho davvero, davvero sperato che fosse Michael mio
padre.
– Mi
dispiace. – Zero gli cinse le spalle
e lo strinse a sé, baciandogli la testa.
– Sono
stato uno stupido a illudermi.
– Non
c’è nulla di male nel desiderare una
vita migliore. – Gli fece notare. – Avresti meritato una persona
gentile come Michael.
– Sto
diventando ingordo e viziato. –
Ammise, sorridendogli. – Ho te, i due cuccioli e, a breve, i gemelli.
Non ho
motivo di lamentarmi. È vero, non sono cresciuto in una famiglia
normale e non
so cosa significhi essere un padre. Forse ho solo paura di rovinare la
vita a
quei bambini, di commettere gli stessi errori di Oscar.
–
Non dire stupidaggini! – Lo interruppe con voce dura. – Come puoi anche
solo
pensare di paragonarti a quel mostro?! Sei la persona più sensibile e
piena di
attenzioni che io conosca. I gemelli sono i bambini più fortunati del
pianeta,
ad averti nella loro vita. – Jude si rilassò contro di lui. – Va
meglio, ora? –
Indagò il giocatore.
– Sì!
Non so perché mi stiano venendo
tutti questi dubbi.
– È
normale. Li ho anche io.
–
Davvero?!
– Jude,
ben presto ci saranno due neonati
nella stanza accanto. È ovvio che sia preoccupato. Sono cresciuto
praticamente
da solo, abbandonato. Mi hanno portato via anche mia sorella, l’unica
famiglia
che mi fosse rimasta.
– Ehi,
non succederà di nuovo. – Lo
rassicurò, accarezzandogli il viso. – Saremo sempre Team Zero!
– Zude.
– Lo corresse.
–
Quello che vuoi. Siamo una squadra e lo
saremo sempre.
Il
giocatore annuì. – Andiamo adesso. In
sala c’è troppo silenzio.
– Non
stai insegnando a Devil a dare
fastidio a Lionel, vero? – Indagò sospettoso.
– Per
chi mi hai presto?!
–
Gideon?
– Gli
ospiti sono arrivati.
–
Gideon! – Ripeté mentre l’altro,
ignorandolo ancora, andò ad accogliere i nuovi arrivati.
Marcus
accettò lo champagne con un sorriso
cordiale. – Come va la convivenza con Derek?
– Ci
stiamo cordialmente ignorando. –
Rispose Zero. – Ci siamo divisi i giocatori, così ognuno di loro sa a
chi
rivolgersi.
– Mossa
intelligente.
–
Adesso è fissato con le foto della figlia.
Non fa che parlare di lei. – Borbottò infastidito.
– Lo
sai, vero, che a breve farai lo
stesso?
– Non
diciamo sciocchezze! Non sarò mai a
quel livello. Lui e la moglie fanno addirittura i video a quella
bambina! – Era
scandalizzato.
– Jude,
fermala! – Al grido di Lionel, il
biondo nascose un sorriso dietro al bicchiere.
– Sei
terribile. – Sogghignò l’uomo
d’affari , mentre il cucciolo correva felice per la sala con la
borsetta di
Lionel in bocca.
Michael
intercettò il cane e riuscì a
barattare il bottino per una tartina.
–
Grazie, – sospirò Jude, notando i danni
causati dalla bava di Devil. – Non so come tu ci sia riuscito, – disse
a Zero,
– ma me la pagherai.
Il suo
uomo gli rivolse un sorriso
malizioso. – Non vedo l’ora.
– Per
l’amore di Dio!
L’avvocato
Martin tossì imbarazzato,
mentre Jelena scuoteva il capo, rassegnata ad assistere a quelle scene.
– Se
Miguel dovesse trovarvi in ufficio a…
– Non
c’è pericolo, – la interruppe il
giocatore, – Jude dice che è poco professionale farlo sulla scrivania.
– Zero!
– Tuonò il giovane presidente, tra
le risate del Consiglio.
–
Potresti evitare di procurargli un
attacco di cuore? – Chiese Marcus. – Ci serve alla guida della società.
Il
biondo scrollò le spalle. – Non
prometto niente. – Scherzò, sorseggiando lo champagne.
Dopo il
brindisi in onore di Michael, il
party proseguì senza ulteriori momenti di imbarazzo.
Logan
era coccolato dalla signora Lewis e
Devil amava avere la casa piena di gente e confusione.
– Non
sei pentito di aver lasciato i
Devils? – Si sentì chiedere da Marcus.
Harrison
si soffermò sulla coppia di
padroni di casa. Zero aveva sempre una mano su Jude, in modo che
sentisse in
ogni momento la sua presenza e il modo in cui si sorridevano era pieno
di amore
e di fiducia.
– Ho
rinunciato alle quote, ma ho
guadagnato qualcosa di molto più importante.
– Sei
diventato un sentimentale! – Lo
prese in giro l’amico.
– I
miei sono rimpianti.
–
Avresti voluto avere tempo per sposarti?
Guarda me, l’ho fatto tre volte e devo versare tre alimenti al mese.
Questi
sono i veri rimpianti. – Rise insieme a lui.
– Se la
metti così, non hai tutti i torti!
– Siamo
uomini d’affari, Micky. Noi
viviamo per il brivido della contrattazione. Potere, fama, prestigio.
Per fare
il marito servono tempo e dedizione e noi li abbiamo riservati al
lavoro. Non
riesco a immaginarti ai pranzi domenicali in famiglia, a cambiare un
pannolino
o a tagliare l’erba del prato.
– Mi
stai facendo accapponare la pelle. –
Ammise, prendendo un altro calice di champagne.
– Lieto
che tu sia rinsavito! – Dichiarò,
facendo un brindisi con lui.
Fu
allora che il cellulare di Jude
squillò.
–
C-Cosa? – Balbettò il giovane uomo, il
viso già arrossato. – C-Che ospedale? S-Sì, no, non è un problema. Non
lo so,
forse. Sì arriviamo subito.
– Jude?
– Zero gli prese il viso tra le
mani. – È quello che penso?
Il moro
annuì freneticamente, negli occhi
un lampo di pure terrore.
– Va
bene, va bene! – Lionel si affrettò a
passare loro la giacca. – Chiamo un taxi, non siete nelle condizioni di
guidare. Alla casa baderò io. Non ai vostri cani, però.
Michael
li seguì all’entrata. – Vi
accompagno io.
– Cosa
succede?! – Domandò Marcus. – Chi è
in ospedale?
Lionel
sorrise sollevando il bicchiere. – Alla
nuova generazione di Kinkade!
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Capitolo 6 *** ch6 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
6
Gojyina
Michael
parcheggiò l’auto che aveva
affittato il giorno del suo arrivo a Los Angeles e accompagnò la coppia
all’interno
dell’ospedale.
Zero
era nervoso e preoccupato. Apriva e
chiudeva le dita delle mani, stringeva la mascella e, in macchina, il
suo piede
non aveva smesso di muoversi ritmicamente.
Jude
era una statua di cera. A stento
sembrava respirare e poteva leggersi il terrore nei suoi occhi,
divenuti di un
verde molto chiaro.
– Cosa
ti hanno detto al telefono? –
Chiese Michael, cercando di essere il più gentile possibile.
–
Ce-Cesareo. – Balbettò Jude, sospinto in
ascensore da Zero.
Raggiunto
il reparto maternità il
giocatore esitò. – Non vorrà vedermi.
Il
dolore nel suo sussurro sembrò destare
il suo uomo dalla trance.
–
Ascolta, perché non andate a vedere i
bambini, mentre io parlo con lei, vuoi?
Zero
scosse la testa. – Dobbiamo farlo
insieme. Aspetterò qui nel corridoio. – Disse, sedendosi su una delle
poltrone
verde chiaro.
Jude
annuì e andò a chiedere informazioni
alla prima infermiera che incontrò.
Pochi
minuti ancora e bussò alla porta
della camera dove Laura stava riposando.
– Ehi!
– Lo salutò la giovane, ancora
frastornata.
– Come
stai? – Sussurrò sedendosi sulla
poltrona più vicina.
La
stanza era pulita e ordinata di un bel
colore verde chiaro. I due letti erano separati da una tenda bianca,
adesso accostata,
poiché Laura era l’unica paziente e occupava il posto vicino all’ampia
finestra.
–
Stanca e frastornata, ma sto bene. Con
l’anestesia non ho sentito nulla. – Esitò evitando di guardarlo. –
Gideon è
qui, vero?
–
Aspetta in corridoio, ma non entrerà. –
Si affrettò a tranquillizzarla.
– Non
so, vorrei tanto ma…
– Hai
paura. Va bene, ne ha anche lui.
Ascolta, possiamo fare un esperimento?
Lo
guardò sospettosa. – Cosa hai in mente?
– Non
vi guarderete. Tirerò la tenda che
divide i due letti, così potrete solo parlarvi.
– Se a
lui va bene. – Rispose dopo una
lunga riflessione.
Jude
andò a cercare Zero e gli spiegò la
sua idea. – Resta qui. – Disse, facendolo sedere sul letto vuoto.
A
dividere i due fratelli c’erano solo una
tenda bianca e il proprio imbarazzo.
Jude
fece per raggiungere la porta. – Vi
lascio soli?
– No! –
Esclamarono i due al tempo stesso.
– Rory
– Sussurrò il giocatore, dopo aver
sentito la sua voce.
– Gidy?
– Azzardò lei, tirando su col
naso. – Mi dispiace tanto.
– Ehi,
ehi! Non hai fatto nulla di male.
Sono contento che ti sia rivolta a noi. Non ho ancora visto i bambini,
ma
saranno di certo bellissimi.
–
Siete… siete scuri di volervene prendere
cura?
–
Certo! Abbiamo già pensato a come
arredare la camera e Jude imparerà a mettere e togliere i pannolini. –
Scherzò,
facendo l’occhiolino al suo uomo, che gli sorrise.
–
Perché deve farlo lui? – S’incuriosì
lei.
– Tuo
fratello è di stomaco debole.
– Ehi!
– S’inalberò il diretto
interessato.
– Non
pulisce nemmeno i pasticci lasciati
dai nostri cani.
–
Vergognati, Gidy.
– Già
vi siete coalizzati contro di me?
La
giovane donna rise, sobbalzando poco
dopo.
– Stai
bene? – Si preoccupò Jude.
– I
punti. Devo fare piano. – Si massaggiò
il ventre. – Ascoltate, potete prendere i bambini appena sarà
possibile. Non ho
molto latte perciò, quando sarete a casa, dovrete dar loro delle
formule, ma la
dottoressa dell’ospedale si è detta disponibile ad aiutarvi in tutto. –
Si
passò una mano tra i capelli biondi. I suoi occhi erano così simili a
quelli di
Gideon, che Jude quasi sorrise.
– Hai
pensato ai loro nomi? – Le chiese
con gentilezza.
– Sono
i vostri figli, spetta a voi.
A
quelle parole i due trasalirono,
guardandosi scioccati. Li avevano chiamati bambini e gemelli, ma mai
figli.
Una
cosa tanto ovvia a cui nessuno dei due
aveva pensato.
–
Andate a vederli.
Zero si
alzò con riluttanza. – Rory?
–
Quando saremo pronti, Gidy. – Promise
sorridendo.
Il
biondo tirò un sospiro di sollievo. – A
presto!
Michael
li aspettava davanti ad un’ampia
vetrata. Dall’espressione del suo viso sembrava stesse ammirando
un’opera d’arte
d’inestimabile valore.
– Sono
magnifici! – Si complimentò.
Jude si
grattò un sopracciglio,
riflettendo ad alta voce. – Domattina dobbiamo chiamare l’arredatore e
farci
preparare la camera a tempo di record. – Guardò distrattamente la
nursery. –
Non sappiamo… non sappiamo quando… quando…– La voce scomparve, una
volta di
fronte alla culla in cui dormivano due piccoli bambini, coperti da una
paio di
tutine verdi e azzurre. Fianco a fianco, uno teneva la manina su quella
del
gemello.
Erano
piccoli. Erano le creature più piccole
che Jude avesse mai visto e se ne innamorò all’istante.
Sentì
le braccia di Zero attorno alla
vita, nei suoi occhi lesse lo stesso stupore misto a un primordiale
istinto di
protezione.
Un’infermiera
andò loro vicino con un
sorriso cordiale.
–
Volete prenderli in braccio?
–
C-Cosa? Io? Non so, non ho mai.. – Jude
esitò, anche se tentato. Aveva paura di farli cadere, di far loro del
male.
–
Coraggio! – disse Michael. – Dovrete
portarli a casa. Fatevelo insegnare da questa bellissima signorina. –
Sorrise
galante e la donna arrossì.
Titubante,
i due si prepararono indossando
delle strane tute verde chiaro.
Poco
dopo, Michael li vide dall’altra
parte del vetro, ognuno con un bambino in braccio. Il modo in cui si
stavano
sorridendo, i loro occhi lucidi e colmi di stupore e amore, lo commosse.
Li
guardò interagire con quei piccoli
bambini, guardandoli come se fossero i tesori più preziosi del mondo e
forse
era davvero così. Decise di lasciare loro una parvenza di privacy e
andò a
prendere un caffè al bar.
Stava
tornando al reparto maternità,
quando il cellulare lo avvertì dell’arrivo di un messaggio. Increspò la
fronte
quando lesse le poche parole di Marcus.
“Guarda
sul web”
Cercò
su Google il nome Devils e sibilò
una parolaccia.
Giravano
già le foto della giovane coppia
con i loro bambini in braccio. Inutile dire che le fans erano
letteralmente
impazzite. Non aveva capito di fosse Zude,
ma le foto ritraevano chiaramente Jude e Zero.
Tornati
a casa il mattino seguente,
trovarono i cuccioli ad accoglierli.
–
Almeno non li ha chiusi nel ripostiglio.
– Commentò Jude, cercando Lionel.
Udì la
sua voce al piano superiore.
–
Portate tutto in soffitta, ci penseranno
in seguito. Oh, ciao! – Esclamò, quando li vide spuntare dalle scale. –
Voglio
le foto! Sul web non si vedono bene i loro visi.
– Cosa
stai facendo? – Domandò Zero,
notando due uomini intenti a portare via quelli che sembravano parti di
un
letto.
–
Comincio a preparare la camera dei
bambini, ovviamente! – Esclamò, allibita da tanta stupidità. – Armadio
e
cassettiera vanno bene, ma il letto va sostituito con una culla doppia,
che
arriverà solo lunedì. Oggi faccio dipingere le pareti, verdi con gli
alberi
bianchi. Le foto. Voglio le foto! – Cantilenò allungando le mani verso
Jude.
–
Cellulare di Zero. – Sbadigliò,
passandosi una mano sugli occhi.
–
Andate a risposare, rimango a
controllare i lavori.
– Sei
un tesoro. – Disse il giovane,
baciandole una guancia.
– Non
dirlo in giro o ti querelo.
– Ti ho
mandato le foto, – disse il
giocatore, – qualsiasi cosa stia accadendo nel mondo, siamo fuori per
le
prossime ore.
Entrato
in camera, trovò Jude già senza
giacca e cravatta. – Spero di riuscire a dormire. – Ammise, sfilandosi
la
camicia.
Zero
sorrise. – Se vuoi ti posso stancare
un po’.
–
Abbiamo gente in casa. – Gli ricordò, slacciandosi
i pantaloni.
Una
volta in tuta, si stesero sotto le
coperte.
–
Gideon! Sono bellissimi! – Esclamò,
ridendo contro la sua spalla.
Zero
non poté che dargli ragione. – Ehi, hai
qualche idea per nomi?
– Non
proprio, no. Ho solo pensato ai miei
preferiti, tutto qui. – Sollevò il viso per guardarlo. – Certo che
Laura è
furba come te. Non mi sarei mai aspettato che scrivesse il mio nome sui
documenti di paternità.
– Era
la cosa più logica da fare. Ci
eviterà un mucchio di scartoffie e complicazioni. Jude lottò per tenere
gli
occhi aperti, avrebbe voluto parlare dei nomi dei bambini, delle loro
foto
divenute virali, della loro cameretta, ma si addormentò sprofondando in
un buio
rassicurante, circondato dal calore di Zero e da un lieve profumo di
calendula.
–
Dovremmo fare un comunicato stampa o
un’intervista vera e propria. – Jude nascose uno sbadiglio contro la
mano e
versò il caffè in tre tazze.
–
Un’intervista è la soluzione migliore,
se non volete trovarvi i paparazzi in giardino. – Commentò Lionel. –
Allora?
Avete pensato ai nomi? Quando li porterete a casa?
Seduto
sul pavimento, la schiena contro lo
stipite dell’arcata che separava cucina e sala, Zero stava giocando con
Devil.
– Nulla di definitivo. Jude è reticente.
–
Stupido! È solo che non voglio scegliere
da solo, dovremmo farlo insieme!
– Beh,
decidete in fretta! Dovrete dare i
loro nomi durante l’intervista, presentarli ufficialmente ai fans.
– Non
siamo i sovrani del Regno Unito! –
Sbottò Jude.
– No,
stupido! Siamo i Re di Los Angeles!
– Replicò il giocatore, alzandosi in piedi con il cucciolo in braccio.
Lionel
decise di porre fine alla sua
permanenza. – Vi lascio soli, così ne potete parlare con calma. – Devil
mosse
una zampa verso di lei e la donna quasi sorrise. Quasi. – Tsk! Dovrò
disinfettare i miei vestiti. Microbi e germi.
Jude
rise e l’accompagnò alla porta. –
Grazie di tutto!
Gli
baciò una guancia. – Ciao papà! – Scherzò
andando via.
Zero
aveva appoggiato le loro tazze sul
tavolino da caffè e stava aspettando il compagno seduto sul divano,
avvolto in
un caldo plaid. Un’offerta troppo invitante per il giovane presidente.
Prese
il piccolo Logan in braccio e gli
rubò il posto, lasciando che Zero creasse per loro un bozzolo caldo e
accogliente. Sorrise a Devil, che stava giocando con una pallina di
pezza
colorata.
– Che
ne dici se il primo nome avesse la
stessa lettera? – Propose all’improvviso, coccolando il cucciolo.
– Mi
piace! – Zero lo guardò di sbieco. –
Per il secondo nome, pensavo a quello di due persone di famiglia. Che
sono importanti
o che lo sono diventate di recente.
– Chi
avevi in mente?
–
Lionel e Michael.
Jude
sobbalzò. – Ne sei sicuro? – Quando
lo vide annuire, tornò a posare la testa sulla sua spalla. – Mi è
sempre
piaciuto il nome Sean, – ammise dopo qualche minuto passato a
riflettere, –
Sean Michael Kinkade. Non suona male, vero?
– Mi
piace, – confermò il biondo, – che ne
pensi di Sky? Sky Lionel Kindake.
– Lo
adoro! Oddio, abbiamo i loro nomi. –
Abbracciò Logan, ridendo incredulo. – Non so, è come se solo adesso
fossero
reali. Ti sembra folle?
– No,
lo capisco. Ieri sera è stato
sconvolgente e surreale. La loro nascita, risentire la voce di mia
sorella,
vedere i gemelli. Adesso che hanno un nome, so di non aver sognato!
– Pensi
che i cuccioli potrebbero essere
pericolosi per loro? – Domandò all’improvviso.
– Logan
non fa che dormire e Devil vuole
solo giocare. Sono piccoli anche loro, cresceranno tutti e quattro
insieme. –
Lo rassicurò. – Cosa vogliamo fare, un’intervista?
– Sì, è
la cosa migliore. un semplice
comunicato stampa non soddisferebbe la curiosità della gente. Non
voglio
rischiare di trovare i paparazzi fuori al cancello. Ancora non siamo
arrivati a
quel punto e mi piacerebbe che le cose rimanessero così. – Distese le
labbra in
un sorriso custodito. – Sean e Sky. – Ripeté a se stesso.
–
Dovremmo comprare una nuova auto, non è
possibile mettere due seggiolini su una Porsche.
– Già
fatto, arriverà la settimana
prossima.
– Sul
serio?!
– Ho
preso una Range Rover. È più sicura.
– Pensi
sempre a tutto. – Si complimentò,
scostandogli una ciocca di capelli dalla fronte. – Domani Michael
parte, vuoi
accompagnarlo all’aeroporto?
– Ha
rimandato alla settimana prossima.
Zero
rise sommessamente. – Sta prendendo
sul serio la faccenda nonno, o mi sbaglio?
– Si è
anche fatto spiegare dalle
infermiere quali prodotti acquistare per i bambini. Neanche sapevo
esistessero
le creme alla calendula! – Ammise Jude. – E Lionel che già voleva
iscriverli
all’università?
Risero
insieme, poi la mente del giovane
presidente cominciò a lavorare.
– Ehi,
che succede qui dentro? – Indagò
Zero, baciandogli la fronte.
–
Voglio organizzare per stasera la
conferenza stampa.
– Così
presto?
–
Vorrei poter andare in ospedale, senza
uno stuolo di giornalisti curiosi che spuntano come funghi.
– Non
possono salire sino al reparto
maternità.
– Non
serve essere un paparazzo per
scattare una foto. Chi ha postato in rete le immagini di noi due coi
bambini in
braccio, era un paziente o un infermiere.
– Hai
ragione. Se ci esponiamo io e te,
distoglieremo l’attenzione dai gemelli.
–
Esatto, dobbiamo distrare i Mass media. –
Con delicatezza, posò Logan sul divano, dandogli un paio di carezze
sulla
testa. – Faccio un paio di telefonate.
Mentre
camminava verso lo studio, fu
pugnalato alle spalle dal sorriso compiaciuto di Zero.
– Odio
le telecamere. – Borbottò Jude,
sistemandosi la cravatta color ambra.
–
Ricorda perché lo stai facendo, – disse
Lionel, lisciandogli la giacca verde scuro. – La hall è gremita e i
giornalisti
vi stanno aspettando. Ehi, sei pronto? – Domandò a Zero, che stava
sistemando i
capelli davanti allo specchio del bagno.
Per
l’occasione, aveva indossato un
completo color carta da zucchero. A stupire la donna era stata la
scelta della
cravatta e del fazzoletto che sporgeva dal taschino, identici a quelli
di Jude.
Non lo aveva mai visto così elegante.
–
Andiamo. – Il giocatore prese il suo
ragazzo per mano e scesero al piano terra. Sembrava nervoso e il suo
uomo non
poteva biasimarlo.
– Andrà
tutto bene, – provò a
tranquillizzarlo Jude, – cercheremo di tenere nascosto Gideon.
Quando
le porte dell’ascensore si aprirono
furono travolti da un tripudio di flash e mormorii. La curiosità e
l’aspettativa erano palpabili.
La
coppia si scambiò un cenno d’intesa,
prima di avvicinarsi ai microfoni.
–
Grazie per essere intervenuti con un
così breve preavviso, – iniziò il presidente, – immagino sia inutile
tergiversare: io e Zero abbiamo avuto due gemelli.
Un’onda
di domande si diffuse nell’ampia
entrata, rimbombando su vetrate e pareti.
“Chi
è la madre?”
“Come
si chiamano?”
“Avete
intenzione di sposarvi?”
“Come
cambierà la vostra relazione?”
“Zero,
cosa ne pensa la squadra?”
“Farete
un servizio fotografico?”
– Ehi,
ehi! – Rise il giocatore. – Una
domanda alla volta! La madre vuole restare anonima e rispetteremo la
sua
scelta. Niente servizi fotografici. Sono troppo belli, mi ruberebbero
la scena
e sarei geloso! – Jude rise insieme a tutti i presenti. – I loro nomi
sono Sean
Michael e Sky Lionel, – la donna accanto a loro trasalì. Jude le fece
l’occhiolino mentre lei combatteva contro le lacrime pronte a
sfuggirle. – I
miei compagni di squadra sanno già che io e Jude siamo una coppia, non
hanno
mai avuto problemi con questo. Stimano il nostro presidente e amano le
attenzioni
che riserva a tutti noi. Per quanto riguarda il matrimonio… – Trasse un
profondo respiro e mise una mano in tasca. Dinnanzi a decine di
estranei e
telecamere, si inginocchiò di fronte a Jude.
– Non
fai sul serio! – Esclamò di getto.
– Jude,
mi rendi una persona migliore, ma
non fai nulla per costringermi a esserlo. Mi hai sempre accettato senza
volermi
mai cambiare. Viviamo insieme, abbiamo due bambini e due cani. Fai di
me una
wifey onesta e sposami!
Il
presidente rise, coprendosi gli occhi
arrossati con le mani. – Sì! Certo che ti sposerò, stupido!
Zero
aprì la scatolina di velluto blu che
aveva in mano, rivelando una coppia di anelli in oro bianco, sottili e
semplici.
Tra
flash, chiacchiere, sospiri e
applausi, si aiutarono a vicenda ad indossarli senza mai smettere di
sorridersi.
–
Questo sì che si chiama esporsi! –
Sussurrò Jude al suo orecchio.
Zero
scrollò le spalle. – Ora le fans Zude
faranno il resto, inondando il web con le nostre foto, così nessuno
andrà a
importunare i gemelli, – sorrise malizioso – e sarò certo di averti con
me per
sempre.
– Come
se volessi andare altrove, stupido!
– Lo baciò, incurante degli estranei attorno a loro. – Il Team Zero è
un
impegno che dura tutta la vita
Roteò
gli occhi. – Team Zude!
–
Quanto sei noioso! Va bene, Team Zude!
– Ehi,
piccioncini, – li chiamò Lionel, –
aspettate la luna di miele.
La
coppia fu impegnata in un’altra ora di
foto e interviste, poi spostarono l’attenzione sul buffet fatto
preparare da
Lionel. Il diversivo sortì l’effetto voluto e i due poterono andare via
indisturbati.
Tornarono
a casa senza nascondere una
lieve malinconia; l’orario di visite all’ospedale era passato da un
pezzo.
– Per
rispondere a quegli sciacalli, oggi non
siamo riusciti a vedere i gemelli. – Brontolò Zero, rientrando in casa.
– Era
necessario, – gli ricordò il
fidanzato, chinandosi a salutare Devil che saltellava scodinzolante, –
adesso
siamo noi l’oggetto della curiosità generale.
– Noi e
il nostro matrimonio. – Precisò,
afferrandolo per la vita. – Te lo avrei chiesto, prima o poi, ma sapevo
che non
lo ritenevi necessario e volevo aspettare. L’arrivo dei bambini ha solo
accelerato
le cose.
– Non
ho mai pensato che un pezzo di carta
e un anello dovessero o potessero legare le persone. Stare insieme è un
impegno
costante. Adesso che la nostra famiglia si è allargata, i gemelli
meritano di
avere due genitori con pari diritti e doveri, giusto?
–
Esatto! Adesso andiamo a festeggiare! –
Decise Zero, trascinandolo al piano superiore.
–
Stiamo iniziando un po’ troppo presto la
luna di miele! – Rise, slacciandosi la cravatta.
Nudi e
sudati, rimasero a letto impegnati
in baci e carezze, sino a quasi l’ora di cena.
– Per
sfuggire ai giornalisti, ci siamo
persi anche il buffet. – Borbottò Zero, riavviandosi i capelli.
– Hai
fame? Posso
preparare qualcosa.
–
Insalata di
pollo? – Scherzò, baciandogli le labbra imbronciate. – Ordineremo una
pizza.
– Ho
salvato
cinque canali youtube di cucina. – Ci tenne a precisare Jude. – Ho
anche
chiesto alla signora Vega di aggiungere più verdure alla spesa.
– Sarà
rimasta
scioccata.
–
Piacevolmente
stupita. – Precisò imbronciato. – Ha passato anni cercando di
convincermi a
mangiare le verdure.
–
Conoscendo il
tuo razzismo nei confronti del cibo verde, la sua sarà stata un’impresa
titanica.
– I
tuoi frullati
non sono cibo vero!
–
Sciocchezze,
sono pieni di vitamine! – Rise della sua indignazione. – Mi avevi detto
che aveva
lavorato per la tua famiglia, ma non sapevo che ti avesse quasi
cresciuto.
– Mi ha
fatto da
madre, sino a quando non sono andato al college. La famiglia Vega è
stata
l’unica presenza costante nella mia vita. Quando ho saputo che erano
stati
licenziati, li ho chiamati subito. Non potrei avere nessun altro in
casa.
– Oscar
è
sull’orlo della bancarotta, i Vega sono stati i primi a pagarne il
prezzo. –
Zero guardò distrattamente il riverbero della lampada sui loro anelli
di
fidanzamento. – Adesso capisco perché vuoi portare i gemelli in ufficio
con te.
– Gli strinse una mano. – Cresceranno circondati da persone che li
amano! Non
avranno la nostra infanzia. – Lo rassicurò, baciandogli la testa.
– Per i
primi
mesi, posso lavorare qui. Lo studio è abbastanza capiente, posso
portare lì una
culla. Poi verranno con me in ufficio, fino a quando la stagione non
sarà
finita.
– Poi
me ne
occuperò io, però. Non devi fare tutto da solo.
– Tu
hai la
squadra da portare alla vittoria, – gli baciò una guancia, – non voglio
che
Derek ti offuschi solo perché sei stanco. E questo lo dico da
fidanzato. –
Precisò. – Da presidente siete entrambi fondamentali.
– Lo
so, Boss! –
Sogghignò sulle sue labbra.
– Vuoi
farlo di
nuovo?!
– Con
l’arrivo dei
bambini avremo meno tempo per questo.
– La
scusa mi
piace. – Ammise, cingendogli le spalle. Avrebbe voluto baciarlo ancora,
ma fu
interrotto dalle vivaci proteste di Devil. – Un paio di bambini li
abbiamo già.
– Rise, passandosi una mano tra i capelli. – Aspettami sotto la doccia,
il
tempo di dare loro da mangiare e torno.
– Adoro
i tuoi
piani diabolici! – Scherzò Zero, alzandosi dal letto.
Jude
aveva fatto
in tempo a vestirsi che qualcuno suonò al cancello. – A quest’ora può
essere
solo Lionel. – Si disse, scendendo le scale. Perplesso, aprì la porta a
sei
fattorini, ognuno con una voluminosa scatola.
– Una
firma qui.
Buonasera. – Fu salutato da uno di loro.
Rimasto
solo, si
affrettò a riempire le ciotole dei cuccioli.
– Jude?
Chi era?
Stiamo traslocando? – Indagò Zero, vestito solo di un asciugamano
bianco.
– Non
ho fatto in
tempo a leggere la bolla di accompagnamento, vedi chi è il mittente. –
S’incuriosì al suono della risata dell’uomo. – Cosa c’è?
–
Michael ci sta
andando giù pesante. – Rispose aprendo un paio di scatole. – Non
credevo
esistessero peluche così grandi. Ci sono anche due girelli e degli
aggeggi
colorati. Una scorta decennale di pannolini e trenta confezioni di
creme alla
calendula.
Jude
sorrise
passando una mano sulle scatole di giocattoli. – Domani lo ringrazierò
e gli
dirò due parole. Non voglio che i bambini crescano troppo viziati. Mi
basti tu!
– Ehi!
Jude
gli baciò le
labbra. – Il primo che arriva alla doccia, vince. – Dichiarò, salendo
di corsa
le scale.
– Una
sfida, Jude?
– Rise, inseguendolo.
Jude lo
stava
aspettando appoggiato al lavabo. Il petto nudo lievemente sudato attirò
subito
l’attenzione del giocatore che si leccò le labbra.
– Non
ti farò
camminare per un mese. – Ringhiò, afferrandogli l’orlo dei pantaloni.
–
Promesse,
promesse. – Tastò la pelle setosa della sua schiena. Amava i suoi
muscoli, il
modo in cui guizzavano sotto le sue dita. Amava tutto di Gideon.
Una
volta nudo,
sollevò una gamba e sfregò i loro bacini. A separarli solo
l’asciugamano bianco
che presto precipitò sul pavimento.
– Jude.
– Dio!
Ti voglio
dentro di me. Adesso!
– Agli
ordini,
Boss! – Zero lo voltò, facendogli posare le mani sul lavabo. Prese il
lubrificante dal ripiano e iniziò a prepararlo. Quello era un momento
importante per entrambi. Parlava di cura e di essere curati. Parlava di
attenzioni e di affetto. Indipendentemente dalla passione che li
animava, quel
passaggio era sempre stato fondamentale.
–
Adesso. – Ansimò
Jude, allargando le gambe. Il suo uomo fu più che felice di
accontentarlo.
La fame
che
avevano l’uno per l’altro era primordiale. Zero gli morse una spalla,
mentre
affondava in lui. Mai pensava di poter provare una simile passione. Un
desiderio caldo e avvolgente, che gli scuoteva l’anima, la faceva
cantare,
vibrare.
Dopo
fecero la
doccia, lavandosi e asciugandosi con infinita cura e qualche bacio.
Prima
di
coricarsi, decisero di portare i giocattoli nella nursery, così da
liberare la
sala e impedire ai cuccioli di mordicchiare il cartone.
Una
volta finito,
Jude si guardò attorno travolto da un’intensa emozione. Adesso che
conteneva
giocattoli e peluche era davvero una camera per bambini.
Mancavano
solo la
culla e i gemelli, ma presto sarebbero arrivati anche loro. Avrebbero
dormito
lì, sarebbero cresciuti.
– Jude?
– La voce
gentile di Zero gli accarezzò un orecchio. – Respira. Andrà tutto bene.
–
Scusa. Mi sono
perso nella mia mente.
–
Fortuna che ci
sia io a riportarti indietro.
– Già,
è una
fortuna! – Confermò in un sussurro pieno d’affetto.
–
Prendo i
cuccioli, tu intanto aspettami a letto.
Jude
annuì, dando
un’ultima occhiata alla nursery.
Due
bambini.
Presto avrebbero cresciuto insieme due bambini.
Sean e
Sky.
– Vi
aspettiamo! –
Sussurrò alla stanza vuota, prima di spegnere la luce.
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Capitolo 7 *** ch7 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
7
Gojyina
I mesi
successivi all’arrivo dei gemelli furono
un vortice di pannolini, formule e preparativi per il matrimonio. Jude
era
rimasto a casa, lavorando dallo studio. Caty era stata di grande aiuto,
dall’Arena smistava la posta e si occupava di risolvere piccoli
problemi
organizzativi. Nel complesso, quasi nessuno si era accorto dell’assenza
di
Jude.
Ad
eccezione di Zero che, durante la pausa
pranzo, non aveva avuto nessuno da molestare e dei compagni di squadra,
che
spesso avevano chiesto del Boss.
Caty
non sempre era riuscita a ricordarsi di
chiedere agli alberghi in cui la squadra pernottava durante le
trasferte, le
candele all’arancia per Tom o gli asciugamani portafortuna di Grant. A
Samuel,
invece, era mancato il cenno di approvazione di Jude,
Le
nozze Kinkade si erano svolte nel
giardino della loro abitazione, alla presenza della squadra e dei pochi
amici
della coppia. Anche Michael era intervenuto facendo da accompagnatore a
Lionel,
l’organizzatrice ufficiale della cerimonia, che aveva decorato casa e
giardino
di colori oro e avorio.
Anche
Logan e Devil non erano sfuggiti
alle sue grinfie, finendo con i collari infiocchettati e un’espressione
infelice da parte di Devil. Logan invece aveva accettato la novità con
la
solita flemma, utilizzando il fiocco a mo’ di cuscino.
Gli
sposi elegantissimi in completi
argento, unica differenza tra i due era stato il colore della cravatta
e del
fiore all’occhiello ad essa abbinata. Verde acqua per Jude, giallo
chiaro per
Zero.
Il
giocatore aveva chiesto che venisse
chiamato per nome così, tra la confusione generale, Jude e Gideon
Kinkade
furono dichiarati marito e marito.
Non
avevano fatto una vera e propria luna
di miele, preferendo passare due settimane a casa con i piccoli, che
ormai
avevano quasi quattro mesi.
Zero
era spesso stupito dalla bravura di
Jude nel riuscire a cullare i gemelli, leggere un contratto e lanciare
un
pupazzo a Devil, incuriosita dalla presenza dei piccoli umani.
Fin dal
loro arrivo, i due cuccioli
avevano cominciato a giocare o accucciarsi nei pressi delle culle e
annusare i nuovi
arrivati, quasi sempre assopiti sul petto di Jude. Da quando aveva
letto quanto
fosse importante il contatto pelle a pelle, aveva comprato alcune fasce
per
neonati. Sbottonata la camicia, lasciava che i piccoli appoggiassero il
viso
sul suo petto e sentissero il suo profumo.
Anche
Zero faceva la stessa cosa, ma lui
era più bravo a far loro il bagnetto o a dargli il biberon. Con lui i
gemelli
raramente dormivano. Jude aveva, invece, un effetto calmante. Grazie
anche alla
voce bassa e calda con la quale parlava loro. A volte leggeva i
contratti,
altre chiacchierava di fatti casuali, la sua tranquillità era percepita
dai
bambini, che si assopivano quasi subito.
Erano
così quieti che, i primi mesi, Zero
si era svegliato nel cuore della notte per controllare che respirassero.
Quando
iniziò la nuova stagione sportiva,
Jude tornò in ufficio portandoli con sé.
Zero
rincasò prima del previsto.
Nello
studio c’era Devil, autoproclamatasi
guardia del corpo dei gemelli, accucciata sul pavimento. Gli rivolse
solo
un’occhiata e un breve movimento della coda, prima di tornare a
guardare verso
il divano dove probabilmente era seduto Jude. Dall’entrata il giocatore
non
poteva vedere che una parte della scrivania e una delle finestre alle
sue
spalle.
Quel
giorno anche Jude era tornato a casa
presto, perché aveva portato i piccoli dal pediatra per la visita di
controllo.
Sorridendo,
sentì la voce calda e bassa di
suo marito parlare ai bambini.
–… E
non importa se non vorrete giocare a
basket. Sarà sufficiente che studiate legge, così da diventare i
copresidenti
dei Devils. – Zero poté sentire uno dei gemelli sbadigliare. – Manager
e
presidente? Allenatore e presidente? Va bene anche un altro lavoro,
basta che
siate felici. – Li rassicurò Jude. – Ma se uno di voi volesse diventare
il
presidente, non sarei contrario. – Disse a voce più bassa, quasi stesse
rivelando loro un segreto. Zero sorrise, togliendosi la giacca. – Non
importa
cosa sceglierete di fare. Vi ameremo sempre, anche se diventaste dei
killer.
Preferirei che manteneste la fedina penale pulita ma, nel caso, conosco
un paio
di posti dove nascondere un cadavere. – Il giocatore scosse la testa,
in serata
avrebbe dovuto fargli un discorso. – Ma non è questo il punto. Potete
fare
tutto ciò che volete e amare chi vi pare, non importa. E vi giuro che
non vi
sentirete mai abbandonati, che questa casa sarà sempre calda e
accogliente, che
mai avrete paura del nostro giudizio, o di voi stessi, o di una rampa
di scale.
– Aggiunse, facendo tremare di rabbia Zero. L’odio che provava per
Oscar era
travolgente. Non gli avrebbe mai perdonato tutto il dolore che aveva
arrecato a
suo marito. – Non mi importa nemmeno se non mi vorrete chiamare papà,
va bene
anche “ehi, tu con quella cravatta
orribile!” ma forse è un nome un po’ lungo. – Lo sentì scherzare. –
Vi
amerò sempre e per sempre. Lo stesso vale per Gideon. Imparerete a
conoscerlo e
a volergli bene. Fa tanto il duro ma è molto sensibile e si nasconde
dietro
tonnellate di ironia. È anche un nerd quasi peggiore di me, ma non
vuole che si
sappia. Negherà sino al suo ultimo giorno di vita di aver pianto alla
morte di Shireen
Baratheon. Spero non abbiate ereditato la sua testardaggine o la mia
vita
diventerà molto più complicata.
Scuotendo
il capo, Zero decise di
palesarsi. Bussò alla porta aperta dello studio ed entrò, sorridendo a
suo
marito, semisdraiato sul divano con i gemelli nella fascia.
– Ehi,
Boss!
– Ciao,
Wifey. Sei tornato presto. – Jude
si mise a sedere, guardando l’orologio alla parete.
– Com’è
andata oggi? – Domandò
abbracciando i suoi tre ragazzi.
– Hanno
mangiato e dormito come al solito.
Dal pediatra stavano sonnecchiando e sono stati particolarmente
tranquilli. Pensi
sia normale che non piangano quasi mai? – Jude si morse il labbro
inferiore. –
È successo solo un paio di volte, il mese scorso, quando hanno avuto le
coliche. – Si ricordò. – Non dovrebbero piangere quando hanno fame o
devono
essere cambiati?
– Forse
sanno che ci sei tu e che presto
saranno nutriti e lavati. – Azzardò con una scrollata di spalle. – Il
pediatra
dice che stanno bene.
– Hai
ragione, mi sto preoccupando troppo
come al solito.
– Se
non lo facessi, non saresti tu. –
Scherzò, baciandogli la testa. – Vado a preparare la cena. Ah! E, per
la
cronaca, non ho mai pianto, tanto meno per “Game of Thrones”!
Jude
roteò gli occhi. – Che vi avevo
detto? – Sussurrò ai gemelli addormentati. – È testardo.
–
Questa è una catastrofe! – Disse Lionel,
sedendosi sulla poltrona di fronte a lui.
Jude
chiuse gli occhi e si massaggiò
lentamente le tempie. Sorrise poi ai gemelli addormentati nella culla
accanto a
lui.
– Sono
lieto che voi riusciate a dormire,
mentre il sottoscritto sta per avere una crisi di nervi
– Ma
loro dormono perché sanno che ci sono
io a prendermi cura di te. – Zero entrò nell’ufficio e subito controllò
i bambini.
– Dov’è Caty?
– In
sala riunioni.
– Quale
crisi devi gestire?
–
Jelena ha avuto una relazione con uno
dei nostri sponsor. È finita male e adesso lui vuole rescindere dal
contratto.
O cerco di fargli cambiare idea o dovrò trovare un nuovo sponsor. Non
pensavo avresti
fatto così presto e ho chiesto a Lionel se poteva guardare i bambini
mentre
sono in riunione.
Zero
scrollò le spalle. – Ho sentito che
c’era trambusto e sono passato a controllarti.
A Jude
non sfuggì la breve occhiata tra i
due. – Bene, visto che siete entrambi qui, vi lascio l’ufficio così che
possiate tramare alle mie spalle in tutta tranquillità. – Andò in bagno
a darsi
una rinfrescata e indossare una camicia pulita.
Infilata
la giacca guardò i gemelli,
esitante.
–
Coraggio, staranno bene. – Promise suo
marito.
– È
stupido, vero? È la prima volta che li
lascio completamente da soli.
Il
giocatore chiuse la porta dell’ufficio
e l’accompagnò all’ascensore. – Andrà tutto bene. Vai a salvare la
squadra, se
non vuoi che i nostri figli abbiano i genitori disoccupati! – Scherzò
baciandogli le labbra.
Jude
sorrise, visibilmente più tranquillo
e lo salutò con una mano, mentre l’ascensore si richiudeva.
Fischiettando
soddisfatto, Zero ritornò in
ufficio. Aperta la porta, fu travolto dal grido disperato dei gemelli
– Che
diavolo è successo?! – Chiese
scioccato, correndo verso la culla. Non li aveva mai sentiti così
addolorati e
fu preso dal panico.
– Non
lo so, hanno cominciato a urlare, –
disse lei coprendosi le orecchie, – dai loro un po’ di bourbon!
– Noi
non diamo il bourbon ai bambini! –
Ringhiò provando a calmarli facendo oscillare la culla, senza però
ottenere i
risultati sperati.
–
Pessima abitudine. Vado al bar a farmi
un drink. Sto perdendo l’udito! – Sibilò Lionel, andando via quasi di
corsa.
Era bravissima a comprar loro vestiti ma, quando c’era una crisi,
fuggiva a
gambe levate.
Zero
doveva calmarli prima del ritorno di
Jude o non si sarebbe mai più allontanato da loro.
Un
pensiero lo colpì: forse sentivano sul
serio la sua mancanza.
Prese
la sua camicia dal bagno e la
depositò nella culla, tra i due gemelli. Dopo un attimo di perplessità,
i due
cominciarono a tranquillizzarsi.
– Lo
sapevo! – Si complimentò con se
stesso, prendendo il cellulare.
Forse
aveva salvato un video di Jude che
parlava loro, mentre li cullava nella nursery.
Due
video.
Cinque.
Va
bene, erano una dozzina. Ma erano suo
marito, la sua casa e i suoi figli, ok?
Scossa
la testa. Non era il momento per
litigare con la propria coscienza, decise, avviando un filmato. La voce
di Jude
si diffuse nell’ufficio. Sean e Sky strinsero gli occhi un paio di
volte, prima
di decidere di calmarsi del tutto e tornare a dormire.
Con un
sospiro sollevato, Zero si accasciò
sul divano, aspettando il ritorno di suo marito.
– Un
comportamento sconsiderato! – Esplose Marcus Douglas all’altro capo
del
telefono.
– Me ne
sto occupando, ancora non sappiamo
tutta la verità. I tabloid di rado sono attendibili. – Gli fece notare
Jude.
Lo
sentì tergiversare. – Va bene, resto in attesa di tue
nuove. Ma se
dovesse essere vero, allora dovremo parlare seriamente della sua
posizione
all’interno del Consiglio.
– Te lo
prometto. Ora devo andare, ci
sentiamo stasera. – Promise, prima di riattaccare. Entrò nella sala
riunioni
dove trovò sia Caty che Jelena. La sua segretaria stava ultimando i
preparativi
per la videoconferenza con lo sponsor, mentre la giovane camminava
nervosamente. – Caty, potresti darci un minuto, per cortesia?
–
Certo, signor Kinkade. – Rispose,
uscendo dalla sala.
– Tsk!
Stai per farmi la paternale? –
Ringhiò Jelena.
– No,
voglio sapere da te cos’è successo.
– Andò a versarsi del succo di frutta. – Non mi piace partecipare a
riunioni al
buio. – Chiuse lo sportello del mobile bar e rimase in attesa.
– Non
mi crederesti.
–
Mettimi alla prova.
– Non
abbiamo mai avuto una relazione. –
Si accasciò sulla poltrona più vicina. – Siamo usciti un paio di volte,
non è
scattata la scintilla e ho rifiutato i successivi inviti.
– Lui
non l’ha presa bene e adesso si sta
vendicando. – Concluse Jude, andando a rileggere il contratto che Caty
aveva
portato. Sorrise, leggendo a pagina tre.
– Cosa?
– Indagò Jelena, che si ritrovò il
documento tra le mani.
– La
postilla alla voce numero otto.
Increspò
la fronte, cercando di capire
quel linguaggio contorto. – Tradotto?
– I
problemi personali non possono e non
devono interferire. L’ho fatta inserire in tutti i contratti. Temevo
ingerenze
da parte di Oscar.
–
Lungimirante.
Jude
socchiuse gli occhi, adesso di un
paio di tonalità più chiare. Jelena trasalì. Aveva già visto
quell’espressione.
Spietata e quasi inumana. Fu lieta di non esserne il destinatario. –
Vai a
chiamare Caty, prima faremo la videoconferenza e prima sistemeremo quel
bastardo. Non c’è nulla di più patetico di un uomo che non accetta un
rifiuto.
– Non
ti ringrazierò per questo. – Ci
tenne a precisare.
– Non
lo sto facendo per te, ma per la
squadra. Tutti devono sapere che i Devils fanno gruppo, dentro e fuori
dal
campo. Tu fai parte della famiglia. D-Devils. – Si affrettò a
precisare. –
Della famiglia Devils.
Non
erano mai ritornati sull’argomento e
si erano sempre comportati come due semplici colleghi di lavoro che mal
si
sopportavano e volevano che i rapporti restassero tali. L’essere
biologicamente
fratelli non significava nulla per loro.
– Buono
a sapersi. – Rispose sollevata,
andando poi a chiamare Caty.
Tornato
in ufficio trovò suo marito sul
divano con il cellulare sul petto, accanto alla culla con i gemelli
abbracciati
alla sua camicia usata. Quando dormivano i tre si somigliavano ancora
di più,
pensò ridendo del loro broncio. Qualcosa li stava infastidendo ma non
capiva
cosa fosse.
Come se
avessero sentito la sua presenza i
bambini si svegliarono con un borbottio indistinto che destò il
giocatore.
– Ehi!
– Lo salutò, passandosi una mano
sul viso.
– Ehi!
Ho fatto tardi. – Si scusò
togliendosi la giacca per indossare la fascia. – Prendo i bambini e
possiamo
andare.
– Li
hai fatti neri, vero? – Intuì Zero, guardandolo
di sottecchi mentre infilava la giacca ai gemelli.
–
Probabile. – Rise, infilando i piccoli
nell’apposito spazio creato dalla fascia. – Perché la mia camicia è
nella
culla?
– Per
tenerli buoni.
– E io
che pensavo che gli avresti dato
del bourbon! – Lo prese in giro, ridendo della sua espressione
indignata.
– Per
chi mi hai preso?!
Jude
scrollò le spalle. – Lionel lo
avrebbe fatto. Dove si è nascosta?
–
Appena hanno iniziato a lamentarsi è scappata
via come suo solito. – Spiegò, entrando nell’ascensore.
– Hanno
pianto?!
– Non
ti agitare! Ho risolto usando la tua
camicia e facendo loro ascoltare la tua voce.
Jude
increspò la fronte. – Come hai fatto
a fargliela sentire?
– Non è
questo il punto! – Tagliò corto,
attraversando la hall. – Ciò che conta è che abbiamo capito che sanno
piangere.
Non lo fanno perché ci sei tu. – Gli sorrise. – Li rassicuri, Jude.
Suo
marito arrossì mentre adagiava i
piccoli nei loro seggiolini.
–
Grazie per essere venuto ad aiutarmi.
Non mi fido completamente di Lionel. – Gli disse, mentre si immergevano
nel
traffico di Los Angeles.
–
Perdere un’ora di allenamento non è
stato un problema. Ci sarò sempre per voi.
Jude
posò una mano sulla sua coscia a mo’
di ringraziamento. – Ho trovato una ricetta che voglio assolutamente
provare.
– Sul
serio? Le ultime volte non è andata
molto bene.
– Sto
ricominciando partendo dalle basi. –
Brontolò offeso. – I bambini dovranno mangiare sano. Devo imparare e i
frullati
verdastri non fanno testo! – Si affrettò a precisare, quando lo vide
schiudere
le labbra.
– Che
Dio ci aiuti…
– Credo
di esserci riuscito. – Annunciò
Jude, entrando nella sala.
Suo
marito inarcò un sopracciglio. – Avrei
potuto aiutarti.
– Non
voglio che ti tagli, lo sai. –
Sbuffò, asciugandosi le mani.
–
Abbiamo comprato apposta quell’aggeggio
che fa un baccano infernale, quel coso con quattro lame diverse e il
tappo. –
Controllò i piccoli sul divano, dentro la culla portatile beige che
utilizzavano al piano terra. Quando erano con Jude nel suo studio o sul
divano
con i papà.
Sorrise
guardandoli dormire tranquilli, le
teste vicine. Sky sempre con una manina su quella del gemello. Forse
aveva
ereditato l’istinto protettivo di Jude. Quel pensiero fece sorridere il
giocatore.
Si alzò
dopo aver accarezzato i due
cuccioli, sdraiati sul pavimento, lasciandoli a fare da guardia ai
gemelli.
– Non
voglio correre rischi e poi dovevi
badare ai bambini. – Stava intanto dicendo suo marito. – Tra poco
dobbiamo
preparare i biberon.
Il
giocatore capitolò. – Va bene, Boss.
Allora? Cos’hai cucinato?
–
Un’omelette! – Annunciò raggiante.
– Tutto
qui? – Replicò perplesso.
– L’ho
arrotolata! E dentro ci ho messo
carote, piselli, cipolla e prosciutto! – Fu la sua risposta indignata.
– Sei
stato bravo. – Ammise baciandogli
una guancia.
– Ho
anche imparato a fare i pancake e i
waffel. – Gli ricordò, preparando la formula per i bambini.
– Sei
migliorato tantissimo! – Zero
sterilizzò i biberon, sogghignando di nascosto. Trovava Jude
particolarmente
carino quando si intestardiva.
–
Voglio andare con ordine. Adesso sto
imparando a preparare la colazione, poi passerò ai primi piatti. Entro
un anno
dovrei essere in grado di cucinare un pasto completo.
– Sei
molto sexy quando cucini. – Gli
confidò il giocatore, afferrandolo per la vita.
– Per
te sono sexy persino quando cullo i
gemelli! – Lo derise, cercandogli le labbra.
–
Soprattutto, Jude. – Afferrò i suoi
glutei sodi. – Non c’è nulla che mi ecciti di più che vedere come ti
prendi
cura di tutti noi.
–
Adulatore! – Le gote si colorirono e
nascose l’imbarazzo dietro le lunghe ciglia scure.
Prima
che la situazione sfuggisse loro di
mano, furono interrotti da Devil che entrò in cucina abbaiando.
– Penso
che i gemelli si siano svegliati.
– Disse Jude. – Le hai insegnato tu a chiamarci?
– No,
pensavo fossi stato tu. – Sorrise
alla cagnetta. – È una guardia del corpo eccezionale.
–
Eccoli qui. – Salutò i bambini, che
subito lo cercarono con gli occhi. Da qualche tempo avevano cominciato
a
guardarsi attorno, attratti soprattutto dalle voci. Sky emise un gemito
e
infilò una manina in bocca. – Ehi, piccolo principe, cosa succede? –
Indagò,
prendendolo in braccio.
– Jude?
– Zero fu subito al suo fianco.
Tentava, ma non era bravo a nascondere la preoccupazione.
–
Credo… Oh, sì! Sta spuntando il primo
dente. È una cosa normalissima. – Lo tranquillizzò. – Sarà meglio che
avverta
Caty.
– Cosa?
Perché?
– Ho
letto che la dentizione può provocare
febbre e altri disagi, oltre al dolore alle gengive. I gemelli
potrebbero non
dormire bene la notte. Abbiamo alcuni giocattoli specifici, ma non so
se
basteranno. Sono eventualità che devo tenere in considerazione. In caso
di
febbre o insonnia, voglio restare a casa con loro. – Si morse il labbro
inferiore. – Forse sono tornato a lavoro troppo presto.
– Jude,
non hai mai smesso di lavorare, –
gli fece notare, – stai facendo così tanto che mi fai sentire… umile.
Quella
confessione lo scioccò. – Gideon,
anche tu fai la tua parte e sei eccezionale! Dai loro da mangiare, li
intrattieni, fai loro il bagnetto. Io devo solo cambiarli e farli
addormentare!
Senza contare che non salti un allenamento e stai giocando benissimo.
Cerchi
persino di non litigare con Derek per mantenere la serenità della
squadra.
Zero lo
baciò. – Siamo il team migliore
del mondo.
– Puoi
dirlo forte!
– A
proposito di mangiare, vado a prendere
i biberon.
Un
pensiero attraversò la mente di Jude. –
Domani è giovedì, vero? Nel tardo pomeriggio abbiamo organizzato un
piccolo
party nella sala riunioni.
– Cosa
si festeggia? – Domandò passandogli
un biberon.
–
Vent’anni di Martin come avvocato dei
Devils.
– Pur
lavorando per Oscar, è riuscito a mantenere
la fedina penale pulita: questo andrebbe festeggiato!
Risero
mentre davano il biberon ai
gemelli, che li guardavano incuriositi.
– Hanno
i tuoi occhi, – si lasciò sfuggire
Jude, – cosa che non mi stupisce. Sono uguali a quelli di Laura.
– Ieri
mi ha mandato un messaggio su WhatsApp. Ha dato già
due esami. –
Disse, con una punta di orgoglio.
– Sono
davvero felice per lei!
– Ce la
stiamo cavando tutti bene, non
trovi?
Jude
posò la testa sulla sua spalla e
guardò i gemelli con un lieve sorriso. – Sì, sta andando bene.
– Non
avevo dubbi. – Affermò cullando Sean
con delicatezza sino a quando non ruttò.
– Bravo, campione.
Provarono
a farli giocare con un paio di
morbidi pupazzi colorati ma, dopo qualche sbadiglio, si addormentarono
tra le
braccia dei loro papà.
– Oggi
hanno resistito di più. – Rise
Jude, dopo averli adagiati nella culla portatile.
Zero
accese la televisione, abbassando il
volume. Fece un rapido zapping tra i canali sportivi e si fermò davanti
a una
faccia familiare.
–
Dannazione. – L’imprecazione attirò la
curiosità del marito, che distolse l’attenzione dai gemelli per
trovarsi faccia
a faccia con Oscar.
Sotto
alla foto, campeggiava la scritta: “Altri guai per Kinkade
Senior”
Strinse
i pugni e ascoltò il giornalista.
“I
problemi con la giustizia non sembrano essere finiti per Oscar Kinkade,
ex
presidente e fondatore dei Devils, squadra di basket di Los Angeles.
Dopo
l’arresto per omicidio e la seguente scarcerazione, è di oggi la
notizia di una
nuova indagine della polizia nei confronti dell’imprenditore, che
avrebbe
chiesto fondi statali per la ristrutturazione e vendita di complessi
residenziali.
Lavori mai iniziati. L’impresa edile è ora sotto sequestro. Per Kinkade
si
parla di frode, falso in bilancio e aggiotaggio. Vi terremo informati
sugli
sviluppi di questa ennesima, triste vicenda, che coinvolge Oscar
Kinkade. Ben
diversa è la vita del figlio Jude, presidente dei Devils e marito della
stella
dell’N.B.A. Zero con il quale ha adottato due splendidi gemelli.
Amatissimi dal
pubblico, non solo sportivo, la coppia ha un vero e proprio fans club
che ha
coniato per loro l’appellativo Zude, con il quale sono diventati famosi
in
tutto il mondo. Adesso le previsioni del tempo e, a seguire, la replica
della
partita Chicago B…”
Zero
mutò la televisione e lasciò il
telecomando sul divano con uno sbuffo stizzito.
– Quel
bastardo non riesce a star fuori
dai guai! Spero che stavolta lo sbattano in galera e… – Guardando suo
marito
trasalì violentemente. – Jude?! – Gli prese il viso tra le mani,
sconvolto nel
vederlo in lacrime.
Mai,
nemmeno nei momenti peggiori lo aveva
visto piangere e adesso era terrorizzato.
–
Gideon, – sussurrò tirando su col naso,
– potrebbero portarci via i bambini?
– Cosa?!
– Oscar
resta sempre mio padre ed è un
criminale! – Si passò una mano sugli occhi, incapace di guardarlo. –
Potrebbero
pensare che io sia come lui o che non appartenga a una famiglia adatta
a…!
– Sei
uno stupido! – Lo sgridò il marito.
– Mi hai fatto spaventare inutilmente!
– Ma
io…!
– Tu
niente! Non sei affatto come tuo
padre e non hai nessun rapporto con lui. – Gli passò la scatola di
fazzoletti
che tenevano sul tavolino da caffè. – Senza contare che legalmente i
gemelli
risultano figli tuoi e biologicamente sono lo zio. Non solo. Siamo
riusciti ad
adottarli senza problemi nonostante il mio vecchio scandalo sulla
prostituzione.
– Gli fece notare, tranquillizzandolo immediatamente.
– Hai
ragione, scusami. È che, quando ci sono di
mezzo loro, non so
cosa mi prenda.
Zero
gli baciò la fronte. – Sei un papà,
tutto qui. Vai in modalità panico se pensi che siano in pericolo. È
normale.
– Lo
pensi davvero? – Mormorò nascondendo
il viso imbarazzato sulla sua spalla.
– Per i
padri in generale forse, per te
invece è assolutamente normale. – Lo prese in giro, ottenendo il
solito: –
Stupido!
Jude si
ritrovò a ridere di se stesso. –
Scusa.
–
Dovrai fare di meglio, se vuoi il mio
perdono. Mi hai fatto prendere un colpo!
Jude
batté lentamente le palpebre. – I
bambini dormono, i cuccioli anche…
– È una
proposta indecente?
Jude si
alzò in piedi, camminando a
ritroso verso il suo studio. – Possiamo giocare al presidente e al
giocatore da
redarguire?
L’unica
risposta fu il ringhio eccitato
del marito.
Il
consiglio insieme ai membri della
squadra e ai collaboratori più stretti, si incontrarono nella sala
riunioni per
festeggiare Martin.
– Il
comunicato stampa fatto stamane,
chiarisce la nostra presa di posizione contro Oscar e la totale
estraneità a
tutto ciò che lo riguarda. – Spiego l’avvocato, utilizzando un
linguaggio
semplice e alla portata di tutti.
Betty
infatti apprezzò la sua delicatezza.
– Ho capito. Certo che è una mina vagante.
– Oscar
non è più lo stesso dopo l’esito
del test di paternità. – Sussurrò lui, guardando di sottecchi Jude, che
stava
cullando i gemelli. – Non avrebbe mai compiuto un gesto tanto
azzardato. È
sempre stato incredibilmente furbo e scaltro. Invece adesso sembra aver
perso
lucidità.
– Ha
odiato un bambino convinto fosse il
simbolo del tradimento, per poi scoprire che invece era suo. – Gli
ricordò
l’ereditiera. – Credo sia stato un trauma anche per uno come lui. Senza
contare
la palese bravura di Jude. Non ho mai visto nessuno coccolare e
proteggere i
propri dipendenti come fa lui. Dal giocatore all’uscere, sono tutti
presi in
grande considerazione. – Abbassò la voce e lo prese a braccetto. – Una
delle
ragazze della reception ha avuto tre mesi di ferie per permetterle di
tornare
in Oregon ad assistere la madre malata. E pensa che lei non aveva
chiesto
nulla. Jude è venuto a saperlo da terzi.
Marcus
andò loro vicino. – La sua
generosità potrebbe anche attirare parassiti e malintenzionati. Per
fortuna ha
due guardie del corpo spietate. – Scherzò, indicando loro Zero e
Lionel. Lei e
Jelena erano impegnate ad ignorarsi, mentre il giocatore prestava
attenzione al
piccolo Miguel. – Il nostro presidente è in buone mani. – Concluse
sollevando
il calice.
Jude
accarezzò la testa di Sean e cercò di
mantenere un certo decoro. Era difficile non ridere dei loro adorabili
bronci,
identici a quelli di suo marito. Per ovvie ragioni, non aveva potuto
sbottonarsi la camicia e i gemelli non lo avevano apprezzato, decidendo
di
battere le manine sulla stoffa e guardarlo interdetti. Avevano anche
impiegato
mezz’ora più del solito per addormentarsi.
Sky
increspò la fronte e tossì un paio di
volte nel sonno.
– Jude?
– Zero gli fu subito accanto,
guardando i bambini.
– Non
lo so, è stata solo un po’ di tosse.
– Sussurrò per non svegliarli.
Il
giocatore gli cinse la vita e
guardarono insieme i loro figli
–
Raccapricciante, – commentò Lionel,
arricciando il naso, – fanno spesso così?
– Ogni
dannato giorno. – Ringhiò Jelena.
–
Infernale. – Borbottò dietro al
bicchiere di champagne.
Di
fronte al sorriso della coppia, le due
emisero lo stesso gemito disgustato, prima di tornare ad ignorarsi.
–
Cominciano ad andare d’accordo, –
scherzò Jude, – sei sicuro di non essere in imbarazzo di fronte alla
squadra?
–
Perché i gemelli sono sempre qui con noi
e i loro figli no? No, non ci sono problemi. Sanno che è l’unico modo
per
averti qui.
– A
questo proposito, – si ricordò,
facendo un passo verso il gruppo di giocatori che parlava e scherzava
tra loro.
Si zittirono non appena lo videro avvicinarsi.
– Boss!
– Lo salutò Tom, con un cenno del
capo.
– Avrei
bisogno di farvi una domanda.
–
Certo! – Rispose Derek, incrociando le
braccia.
– Molti
di voi hanno dei bambini, stavo
pensando di allestire una nursery. – Spiegò loro. – Può interessarvi?
–
Scherzi, Boss?! – Esplose Grant,
raggiante. – Sarebbe perfetto!
Jude
annuì. Da quando aveva saputo del suo
imminente divorzio, aveva pensato a un modo per fargli vedere i due
figli,
senza fargli perdere gli allenamenti. Era stato allora che aveva notato
quanti
padri ci fossero in squadra.
– Ho
pensato di ricavare la nursery
utilizzando il vecchio magazzino al piano terra, quello tra il bar e il
campo,
ma vorrei conferma da voi prima di procedere con i lavori.
I
ragazzi si guardarono l’un l’altro,
pensando al tragitto che facevano ogni giorno.
–
Potremmo allenarci avendo i bambini
letteralmente accanto a noi, – ragionò Grant, – pranzare con loro al
bar e poi
nel pomeriggio andare in palestra mentre loro fanno il riposino.
Jude
annuì. – Sì, l’idea era questa. Bene,
lunedì inizieremo i lavori. – Annunciò, facendo per allontanarsi.
– Ehi,
Boss? – Grant strinse le labbra
prima di proseguire. – Grazie! – Sussurrò commosso.
– Non
c’è di che. Se porto i miei figli a
lavoro, è giusto che possiate farlo anche voi. – Li salutò con un cenno
del
capo e tornò dal suo compagno, che stava ricevendo una lezione di
trigonometria
da Miguel.
–
Matematica e geometria sono ovunque, –
stava dicendo il bambino, – anche nel basket. Quando tiri, la palla
traccia una
parabola. Secondo Newton, la palla ha una reazione che varia a seconda
della
forza che applichi su di essa.
Jude
scompigliò i
suoi capelli. – Mi dispiace, piccolo, ma mio marito è un babbano.
È da almeno cinque minuti che ti sta guardando con gli
occhi vuoti.
– Mi
sono perso a
parabola, – ammise candidamente, – non è l’antenna satellitare, vero?
Miguel
e Jude
emisero un sospiro infelice.
Marcus
attirò l’attenzione
del giovane presidente. – Visto che sono qui, ho portato alcuni
documenti di
cui vorrei parlarti.
–
Qualche sponsor
interessante?
– Penso
di sì.
Jude
annuì e, con
l’aiuto di Zero, mise i gemelli nella culla portatile. Tolta anche la
fascia,
fu pronto per andare nel suo ufficio.
Una
sagoma
inconfondibile li costrinse a camminare più lentamente.
Marcus
scosse la
testa con uno sbuffo quasi rassegnato.
– Cosa
ci fai qui,
Oscar?
Note
Babbano
(in
inglese Muggle).
Nei
libri di Harry
Potter scritti da J. K. Rowling, indica gli esseri umani, persone prive
di poteri
magici.
|
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Capitolo 8 *** ch8 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
8
Gojyina
– Cosa
ci fai qui, Oscar?
La
domanda di Marcus attese una risposta
per alcuni secondi, prima che l’uomo si decidesse a parlare.
–
Martin è stato il mio avvocato, sono
passato a fargli le congratulazioni. – Rispose con un sorriso beffardo.
– Non
credo che sia il caso. – Provò a
farlo ragionare.
Jude
strinse i denti e decise di
intervenire. – Se stai cercando di coinvolgerci nel tuo ennesimo
scandalo, stai
solo sprecando il tuo tempo e anche il nostro.
– Oh,
chi l’avrebbe mai detto! Stai
iniziando a parlare come un presidente, figliolo.
– Non
sono tuo figlio. – Rispose di getto.
– No,
non lo sei. Non ti ho mai
considerato tale.
Jude si
rivolse a Marcus. – Puoi darci
qualche minuto?
L’uomo
esitò. – Torno di là. Cinque minuti,
non uno di più. Oscar! – Lo salutò con un cenno del capo e si allontanò.
Il
giovane presidente incrociò le braccia
al petto. – Cosa vuoi stavolta? Un alibi? Dei soldi? Visibilità? Cosa?
– Te
l’ho detto, solo…
–
Martin non ha più rapporti con te dai
tempi del carcere.
– Bene,
– capitolò, – sono passato per
vederti.
– Me? –
Inarcò le sopracciglia.
–
Volevo guardarti. Ho passato tutta la
vita ignorandoti, certo che non fossi mio.
– Non
cambia nulla. Tu non sei mai stato
un padre e ho smesso di biasimare me stesso, quando la colpa è solo tua.
– Per
me rappresentavi il tradimento di
tua madre.
– Era
un problema che riguardava solo voi
due. Avresti potuto fare subito il test del DNA, ma non ne hai mai
avuto il
coraggio. – Lo accusò, esultando internamente quando lo vite arretrare.
– Non
importa più. È troppo tardi e io ho una famiglia vera.
– Tsk!
Un mezzo frocio e due bastardi.
Judo lo
afferrò per il collo, sbattendolo
contro una parete. – Non osare insultare i miei figli. – Ringhiò,
stringendo la
presa.
– Ok, OK!
– Tossì, quando fu lasciato. – Non ti facevo così battagliero.
– Non
ti sei mai preso la briga di
conoscermi.
Oscar
si massaggiò il braccio sinistro,
guardando un punto imprecisato del pavimento.
– Ho
costruito l’Arena per me. Non ho mai
pensato di lasciarla a qualcuno. I legami familiari non li ho mai
capiti. Non
ci ho mai neanche provato.
– Ti
sei perso la parte migliore. –
Sussurrò Jude, pensando a suo marito e ai loro bambini.
–
Forse, ma qualcosa l’ho lasciata. Te.
– Cosa
intendi? – Domandò increspando la
fronte.
– Per
quanto ti sforzi di essere diverso,
ora sei costretto ad avere a che fare con i problemi che ho dovuto
affrontare
per quasi venticinque anni.
–
Agisco in modo diverso da te. – Adesso
era Jude che arretrò di un passo.
– Ma
sai cosa avrei fatto io. – Sorrise,
gli occhi sottili e malvagi. – Ci sarà sempre una parte di te che si
ricorderà di
me. L’istinto è difficile da controllare.
– Non
sono come te.
Zero
scattò una dozzina di foto ai gemelli
e le postò su Instagram, avendo l’accortezza di coprire prima i loro
volti con
un gatto e un koala in stile manga.
– Tsk!
– Sbottò Derek. – E pensare che mi
prendevi in giro quando mostravo le foto di mia figlia!
– Tsk!
Tua figlia è carina, ma i miei sono
bellissimi!
– Tsk!
Presuntuoso!
– Tsk!
Geloso!
– Per
l’amor di Dio! – Esclamò Jelena. –
Rimpiango i giorni in cui litigavano per chi lo avesse più lungo!
Marcus
entrò
giusto in tempo per ascoltare l’ultima frase. – Vedo che vi state
divertendo! –
Ironizzò, andando a versarsi da bere.
– Jude?
– Chiese
subito Zero.
Lui
strinse il
bicchiere tra le mani. – C’è Oscar.
–
Cosa?! – Esplose
mezza stanza.
– Lo
abbiamo
incrociato nel corridoio. Ho dato loro cinque minuti, non uno di più.
– Tu,
forse, –
disse il giocatore, – ma io non ho intenzione di lasciarlo con quel
mostro. –
Guardò i gemelli, indeciso sul da farsi.
– Vai,
– intervenne
Lionel, – bado io a loro.
Dopo un
cenno di
assenso, uscì dalla sala riunioni seguito dalla squadra al completo.
– Non
sono come te. – Sentì dire da suo
marito.
–
Oscar, – lo salutò con un sorriso finto,
– non abbiamo disinfestato a dovere. – Commentò, affiancando Jude.
Oscar
non raccolse la provocazione. – Ciao
ragazzi!
– Forse
è il caso che vada, signore. – Disse
Tom. – Nessuno vuole guai.
–
Nessuno ne vuole, – confermò continuando
a guardare suo figlio, – avete un buon presidente, vero? Gentile e
attento alle
vostre esigenze, – barcollò avvicinandosi a lui. – A Jude non sfugge
mai nulla,
vero? Protegge tutti, tranne che se stesso. – Rise, afferrandolo per la
camicia. – Cosa insegnerai ai tuo figli? – Cadde in terra portandolo
sul
pavimento con sé.
– Cosa
sta…? – Il giovane uomo si ritrovò
il padre tra le braccia. L’uomo aveva una mano artigliata all’altezza
del
cuore. – Chiamate il 911!
–
Ricordatelo, Jude, – ansimò Oscar, – sei
un Kinkade. La cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Blaterò,
stringendo gli
occhi. – Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA… Sempre.
Oscar
si accasciò privo di vita sul petto
del figlio.
– Jude?
– La voce di suo marito lo
costrinse a sollevare il viso. – Jude, andrà tutto bene, ora adagiamolo
sul
pavimento. Ecco, così. Sei stato bravissimo. – Continuò,
parlando a voce bassa. Lo avvolse in un
abbraccio protettivo mentre attorno a loro si agitavano giocatori e
azionisti. –
Andiamo, ti porto a casa.
– I
bambini! – Chiese spaventato.
– Sono
di là, c’è Lionel con loro. Andiamo
a casa. – Ripeté guidandolo fino alla sala riunioni.
Jude si
riprese solo una volta abbracciati
i gemelli. – Martin, dobbiamo fare un comunicato stampa e…
– Ce ne
occupiamo noi, – lo interruppe
Marcus, – vai a casa e riposa per qualche giorno. Stai con la famiglia
e non
preoccuparti di nulla. Abbiamo tutto sotto controllo.
Jude
annuì a mo’ di ringraziamento.
Tornati
a casa misero la culla dei gemelli
sul divano e andarono a svestirsi.
I due
cani si accucciarono vicino al tavolino
da caffè, subito in modalità guardie del corpo. Persino Logan sembrava
vigile,
come se avesse percepito la tensione di Jude.
Dopo la
doccia, il giovane Kinkade tornò
in soggiorno e si rannicchiò sul divano, accanto ai suoi bambini.
Zero lo
avvolse in una delle loro coperte
più morbide e lo strinse a sé. – Vuoi un tè?
– No,
sto bene così. – Mormorò sulla sua
spalla.
–
Riposa, ci sono io. – Lo rassicurò,
massaggiandogli lentamente la schiena.
Lo
senti annuire e rilassarsi.
Zero
vegliò sui suoi tre ragazzi, mentre
controllava il cellulare, dal quale seguiva gli aggiornamenti di
Marcus.
Lionel
si versò da bere. – E io che
pensavo che Oscar non potesse più fargli del male. Dov’è?
– A
letto. – Rispose Zero, passandosi una
mano tra i capelli biondi. – Ci sono i gemelli e i cuccioli con lui.
Si
ritrovò a sorridere pensando a come
fossero diventati iperprotettivi i loro cani.
Lei
nascose il sollievo dietro al
bicchiere. – I Mass Media sono tenuti a bada da Martin e da Douglas.
Betty si è
occupata di organizzare la funzione. Semplice e veloce. Si è deciso di
partecipare tutti solo per rispetto al morto, non all’uomo che è stato
in vita.
–
Facciamo tutti una bella figura, ma
prendiamo le distanze dai suoi guai giudiziari. – Comprese al volo.
– Il
funerale sarà dopodomani, pensi che
verrà?
Inarcò
le sopracciglia, guardando verso la
scalinata. – Non lo so. Ma non ho intenzione di forzarlo se decidesse
di non
andare. – Si avvicinò al camino spento, sorridendo alle foto sul
ripiano. Il
matrimonio, i cuccioli col fiocco, i gemelli addormentati nella culla,
la
squadra dell’anno precedente vincitrice della campionato.
Su di
tutti, torreggiava la sua prima
maglietta dei Devils, appesa al muro come fosse un quadro. Ricordava i
loro
primi anni lì. Tra scandali e successi, lui e Jude avevano trovato il
tempo di
scendere a patti con loro stessi e innamorarsi.
Ironico
essere arrivati sino a lì per due
come loro.
“Non
sono gay”
e “Non ho relazioni” erano una delle
coppie più stabili di Los Angeles.
–
Michael arriverà stasera. – Lo avvertì
Lionel, strappandolo ai suoi ricordi. – Mi ha chiesto di voi, era
chiaramente
preoccupato.
–
Domani verrà qui sicuramente. A Jude
farà piacere.
Lei
annuì. – Lo penso anch’io. Adesso
vado. Salutamelo.
–
Certo. – Promise accompagnandola alla
porta.
Stava
per andare a farsi un caffè, quando
vide Devil sulla cima delle scale. Entrato in camera da letto, si coprì
la
bocca con una mano per attutire il suono della sua risata.
I
gemelli erano sdraiati sullo stomaco di
Jude, ancora addormentato, afferrandosi i piedini con le mani.
– Avete
messo a letto il papà? – Scherzò,
sedendosi sulla sponda più vicina.
– Ta
ta! – Disse Sky allungandosi verso di
lui.
– Ci
puoi giurare amico. Ta ta! – Sussurrò
prendendolo in braccio. Sean si rotolò sulla pancia e puntò il piccolo
indice
sul neo alla base del collo di Jude. – Quello è mio. – Lo avvertì il
biondo,
facendogli il solletico su un fianco.
Suo
marito si mosse nel sonno e abbracciò piccolo.
Spalancò gli occhi e si guardò attorno stranito, rilassandosi solo
quando vide
Zero.
– Va
tutto bene, Sky è con me. – Lo
rassicurò il giocatore. – Torna a dormire.
Gli
sorrise. – Oggi ho battuto persino
Logan. – Scherzò, quando si accorse che il cucciolo scuro era ai piedi
del
letto per una volta sveglio.
Sean
emise un
suono infelice e mise una manina in bocca.
– Ha la
febbre? – Si preoccupò subito il
giocatore.
– No,
ma quel dente gli sta dando fastidio
da ieri.
–
Prendo gli anelli? Li ho messi in frigo
stamattina.
Jude
scosse la testa. – Non credo servano,
tra poco si riaddormenterà.
Il
giocatore accarezzò la testa del
piccolo, sorridendo nel vederlo già con gli occhi socchiusi. – Hai un
effetto
soporifero su di loro.
Rise
sommessamente, sistemando la coperta
sul bambino. – È reciproco. Quando sono con me, riesco a dormire meglio.
Sky si
mosse nell’abbraccio di Zero e
allungò le manine verso Jude. – Penso che anche lui voglia stare con
te. –
Scherzò, aiutandolo a spostare la coperta per far sdraiare il piccolo
accanto al
gemello.
– Come
va là fuori? – Domandò Jude,
mantenendo un tono di voce basso e gentile, così da non svegliare i
bambini.
–
Marcus e gli altri stanno gestendo
tutto. Michael sarà qui tra stasera e domani.
– Forse
dovrei andare al funerale, così da
non creare ulteriori pettegolezzi.
– Jude,
quelli ci saranno in ogni caso.
Fai solo ciò che desideri.
–
Scelgo il male minore. – Lo guardò
pensieroso. – Non abbiamo mai parlato di religione, noi due. Io vengo
da una
famiglia ebrea, ma non sono mai stato un credente, tu sei cristiano.
Vorresti
battezzare i bambini?
Scosse
la testa. – No, è una cosa che
devono scegliere da soli. La religione non è qualcosa che erediti. La
fede o ce
l’hai o non ce l’hai.
– Mi
sembra una buona idea. Possono fare
ciò che desiderano. Basta che tifino per i Devils. – Sussurrò
quell’ultima
frase con un sorriso condiviso da Zero.
–
Stupido. – Si stese sul letto e rimboccò
loro le coperte. Non che fosse stato necessario, ma lo trovavano
entrambi un
gesto rassicurante. – Riposa un altro paio di ore.
Jude
amava avere tutta la sua famiglia
attorno a sé. Il calore del corpo di suo marito, il russare basso e
ritmico dei
loro cani e il profumo di calendula dei gemelli. Non provò neanche a
resistere
e si addormentò con un lieve sorriso sulle labbra.
I
Devils al completo parteciparono al
funerale ebraico organizzato da Betty. Una cerimonia semplice e intima,
qualcosa che Oscar avrebbe certamente odiato. Lontano dai flash e dal
glamour
di cui si era circondato in vita.
Ignorarono
giornalisti e telecamere e si
ritrovarono all’Arena, dove era stato allestito un rinfresco. Zero,
Lionel e
Michael erano rimasti tutto il tempo vicino al giovane presidente,
segretamente
preoccupati dal viso impassibile.
Avevano
portato con loro i gemelli,
naturalmente. Al caldo e potetti nella loro culla portatile, avevano
sonnecchiato nonostante la confusione attorno a loro.
Jude li
lasciò al marito e guadagnò il
centro della sala. – Grazie a tutti voi per essere intervenuti. –
Esordì,
guardando la squadra, gli amici e la sua famiglia. – Di solito dei
morti si
parla bene ma, a essere onesti, pensare a qualcosa di gentile da dire
su Oscar
è stato difficile. Era una persona che, nel bene o nel male, non si
arrendeva
mai. Mi ha insegnato molto e gliene sono grato. – Quest’ultima frase fu
accolta
con stupore e perplessità. – Oscar mi ha insegnato a non essere come
lui. –
Spiegò, sorridendo a Zero. – Si può essere furbi, senza essere
criminali. Si
può essere gentili, senza sembrare deboli. Lui non lo ha mai compreso,
o ha
preferito trovare sempre e solo delle scorciatoie. Ma questo modo di
fare, alla
fine gli si è ritorto contro. Questo spero sia da monito a tutti noi.
Non
esistono sotterfugi, c’è solo il duro lavoro, senza mai dimenticare o
dare per
scontate le persone che amiamo. Grazie.
Tornò
da suo marito avvolto in un caldo
applauso.
– Sexy.
–
Sussurrò Gideon al suo orecchio.
–
Secondo te perché utilizzo così spesso
la mia voce da capo?
– Sei
sempre stato subdolo.
Jude
rise, controllando i gemelli, che
avevano iniziato a lamentarsi. – Credo debbano essere cambiati.
Zero,
Lionel e Michael fecero un passo
indietro, più o meno disgustati.
Il
presidente roteò gli occhi. – Non mi serve
l’aiuto di nessuno e mai lo avrei chiesto a voi! –
Sbuffò, togliendosi la giacca. –
Sono circondato da gente dallo stomaco debole!
Ahsha
posò una mano sulla sua spalla,
sorridendogli comprensiva. – So cosa vuol dire. Anche Derek diventava
verde
all’idea.
– Ehi!
– Sbottò il diretto interessato,
cullando la loro piccola Amanda.
– Ho
ragione. – Replicò, sorridendo ai
gemelli. – Andiamo, ti aiuto io.
Jude le
sorrise a mo’ di ringraziamento e
andarono nel bagno del bar a cambiare i piccoli.
Nonostante
non avessero molta familiarità
con la giovane donna, nessuno dei due protestò quando mosse un pupazzo
colorato
sotto ai loro nasi, per distrarli.
– Non
stai usando il ciuccio. – Notò,
sorridendo ai gemelli. – Nemmeno io.
– Ho
letto pareri contrastanti e ho provato
a non darglielo. Per adesso va tutto bene. stanno mettendo i denti e
ogni tanto
si infilano una mano in bocca, ma è solo una fase.
– Come
stai, Jude? – Domandò, cambiando
drasticamente argomento.
– Non
lo so. – Ammise con un sospiro
sconfitto. – In realtà non provo nulla. Anni fa ho perso le speranze di
essere
considerato suo figlio, perciò che sia morto non mi suscita alcun
rimpianto.
Non mi avrebbe mai amato neanche se fosse vissuto cent’anni.
– Colpa
sua, non sa cosa si sia perso. –
Lo rincuorò. – E con Jelena?
– Non
siamo fratelli e non ci trattiamo
come tali. Anche se il DNA dice diversamente. Siamo più che felici così.
– Buon
per voi.
– Non
ha senso fingere. Non siamo mai
stati neanche amici. – Sistemò la tutina a Sky e gli sorrise.
Appena
nati erano quasi identici. L’unica
lampante differenza era un piccolo neo sulla spalla destra di Sean. Per
non
confonderli avevano deciso di usare abiti verde chiaro per lui e
azzurri per
Sky.
Crescendo,
Jude aveva però iniziato a
distinguerli dagli occhi appena più grandi di Sky e dal viso più munito
di
Sean.
Sistemò
la fascia attorno al corpo e vi
inserì i gemelli che sospirarono soddisfatti, nonostante la stoffa
della
camicia a dividerli dalla pelle del loro papà.
–
Adorano starti in braccio. – Notò Ahsha.
– Amano
il calore del corpo. –
Minimizzò,
buttando via i due pannolini
– Amano
te!
Jude
arrossì, ma le sorrise nonostante
l’imbarazzo.
Fu
allora che sentirono bussare alla porta. – Jude?
– Lo
chiamò Zero. – Tutto bene?
– È
arrivato il papà coraggioso! – Lo
prese in giro, mentre si lavava le mani. – Abbiamo finito, mammoletta!
– Come
mi hai chiamato? – Il giocatore
incrociò le braccia al petto. – Queste mani…
–…
Valgono milioni! – Finirono in coro
Jude e Ahsha, scoppiando poi a ridere insieme.
– Non
siete divertenti. – I due uscirono
dalla toilette incuranti delle sue proteste. – Sul serio, non faceva
ridere!
Ehi? Jude, non mi ignorare!
– Hai
preparato i biberon? – Il presidente
sedé al bancone del bar. – Stanno cominciando a lamentarsi.
Zero
gli fu subito accanto, porgendoglieli.
Si sorrisero senza un motivo, felici di essere insieme con i loro
bambini.
Quel
momento di intimità fu interrotto da
un paio di fastidiosi flash.
– Jude,
una dichiarazione. – Il
giornalista provò ad avvicinarsi col microfono, subito bloccato dalla
squadra,
che si frappose come un muro umano tra gli infiltrati e il loro
presidente.
Ronnie,
il capo della security arrivò con
due dei suoi che si affrettarono a portare via paparazzo e giornalista.
–
Scusi, Boss. Sono scappati nel marasma
che c’è all’entrata. – Disse, mortificato per l’accaduto.
– Non è
successo nulla, – lo rassicurò
Jude, – sapevamo che sarebbe potuto accadere. – Lo vide annuire
sollevato e
tornare nella hall.
Non
aveva voluto costringere i ragazzi
della sicurezza a fare straordinari solo per la veglia funebre di
Oscar. Soprattutto
perché non esistevano pericoli reali.
Sorrise
a suo marito, che si era
immediatamente frapposto tra la sua famiglia e gli intrusi. Quel suo
lato
protettivo lo eccitava, ammise mordendosi il labbro inferiore.
– Sul
serio, Jude? – Il giocatore
sogghignò, chinandosi per cercargli le labbra.
–
Grazie. – Sussurrò quando si separarono.
– Per
cosa mi stai ringraziando, adesso?
– Per
tutto.
Zero
rise di lui. – Stupido. – Spostò una
ciocca di capelli castani dalla fronte. – Casa? Qui avranno da mangiare
e da
bere per almeno un altro paio di ore.
– Sì.
Avverto Michael e Lionel e possiamo
andare.
Passando
per il parcheggio interno,
riuscirono a tornare a casa senza incrociare giornalisti e paparazzi.
Accolti
dai cuccioli, poterono finalmente rilassarsi sul loro bel divano.
–
Vorrei dormire per un mese. – Ammise
Jude, massaggiandosi le tempie.
– Tutto
questo stress non ti fa bene. Vieni
qui. –
Zero lo fece girare, così da potergli massaggiare le spalle e la testa.
– Hai
le mani magiche. –
Sospirò
estasiato.
– Me lo
dici spesso. – Scherzò malizioso.
–
Stupido. – Rise, sistemando la coperta
sui gemelli. – Hanno già il primo dente, – si ritrovò a pensare, –
presto
cammineranno, parleranno, andranno a scuola e al college e …
– Wow!
Jude? Jude! – Zero lo abbracciò,
cullandolo piano. – Stai correndo un po’ troppo. Un passo per volta!
Respirò
profondamente, socchiudendo gli
occhi stanchi. – Scusa.
–
Abbiamo la nostra coperta, loro sono con
noi, tranquilli e protetti e i cuccioli dormono ai nostri piedi. Va
tutto bene.
Stiamo bene. – Sussurrò. – Abbiamo superato anche questa brutta
giornata.
Jude si
rilassò, posando la testa sulla
sua spalla. – Hai ragione.
– Siamo
tutti qui con te, non andiamo da
nessuna parte. – Continuò a rassicurarlo.
– Ne
abbiamo fatta di strada, vero? – Si
ritrovò a pensare, sorridendogli.
Zero
gli baciò la cima della testa. – Sono
felice di avere te come compagno di viaggio.
– Lo
stesso vale per me. – Sky si svegliò
con un rumoroso sbadiglio. – Sono felice anche di avere te! – Scherzò,
prendendolo in braccio, prima che infastidisse il gemello.
– Ta
ta! – Decise il piccolo, posando la
fronte sulla sua spalla.
– Mi
hai tolto le parole di bocca. – Zero
accarezzò la sua testa e andò al piano di sopra a prendere una seconda
copertina. Tornato in soggiorno, trovò Jude con una guancia sulla
fronte del
piccolo.
– Ha la
febbre? – Chiese il giocatore.
– No,
ma le gengive solo molto rosse. Mi
prendi un anello da dentizione, per favore? Non voglio che soffra
inutilmente.
–
Subito.
Di
nuovo insieme sul divano, Zero colse
l’occasione per controllare il cellulare.
– Da
non crederci, – si lasciò sfuggire, –
dalle interviste su Oscar, sembra che ci abbia lasciati un santo.
Jude
sbuffò un mezzo sorriso. – Da morti
sono tutti bravi. – Sky posò una manina sulla sua guancia, guardandolo
con i
suoi occhioni azzurri. – Certo che ti somigliano ogni giorno di più. –
Si
ritrovò a pensare ad alza voce. – Gli occhi e la forma della bocca,
soprattutto. È un po’ presto per dirlo, ma penso che anche il naso sarà
come il
tuo. – Gli accarezzò i capelli, che da biondo scuro stavano diventando
castani
e si adombrò. – Il DNA non sbaglia mai.
– Jude,
non farlo. – Lo avvertì subito. –
Non sei come Oscar. Non lo sarai mai, neanche se ci provassi. Guarda
come ti
sono affezionati i gemelli. – Gli baciò una tempia. – Voi tre siete una
cosa
sola! – Lo prese in giro. – I bambini sono empatici e lo stesso vale
per gli
animali. – Gli fece notare, indicando i cani accucciati ai loro piedi.
Il
marito chiuse gli occhi, inspirando il
profumo dei capelli di Sky. – Vorrei tenerli per sempre tra le mie
braccia e
questo mi spaventa a morte. – Ammise. – Sono sempre stato indipendente
e so
quanto sia importante, eppure non riesco più nemmeno a dormire se non
vi ho
tutti e cinque con me.
– Si
chiama amore, stupido! – Lo prese in
giro, cercandogli le labbra.
–
Sembra divertente, me lo devo scrivere.
– Lo prese in giro, ottenendo un bacio sul naso.
Devil
sollevò la testa, guardando verso la
porta. Pochi minuti e qualcuno suonò al cancello.
– La
nostra piccola guardiana! – Gongolò
Zero, andando al videocitofono. – Non come te, dormiglione! – Sgridò
Logan, che
russava ai piedi di Jude.
– Mi
serve un drink! – Annunciò Lionel, sedendosi
accanto al giovane presidente.
– Ciao
anche a te! – Sussurrò lui per non
infastidire Sky, tra le sue braccia.
– Ma
quanto siete carini! – Pigolò Betty,
guardando padre e figlio abbracciati.
Zero
fece accomodare Marcus e Michael sulle
due poltrone di fronte al camino spento.
– Tuo
figlio sbava. – Annunciò l’attrice,
senza nascondere il suo disgusto.
–
Stanno mettendo i denti, è normale. –
Rispose, stringendo istintivamente a sé il piccolo Sky, intento a
mordere il
suo anello colorato.
– Sbava
comunque.
– Non
insultare i miei figli. – La avvertì,
senza notare i sorrisi divertiti dei suoi ospiti.
– Tsk!
– Lionel spostò una ciocca di
capelli scuri dalla spalla, per nulla impressionata.
Jude
piegò le labbra in un lieve sorriso e
si rivolse al suo bambino. – Sky, guarda chi c’è qui con noi? Nonna Lionel.
– Jude
Kinkade! – Esclamò lei, rossa in
viso. – Non oseresti mai!
–
Mettimi alla prova.
– Non
ti facevo così permaloso. –
Borbottò, accettando il bourbon che il giocatore gli porse. – La tua
influenza
è negativa.
Zero
scrollò le spalle. – Il mio
presidente è iperprotettivo. – Sogghignò, facendo l’occhiolino a suo
marito.
Lei
roteò gli occhi. – Per l’amor di Dio,
non flirtate davanti a me, potrei vomitare!
– Ma
che carini! – Pigolò di nuovo Betty,
seduta poco distante dalla culla in cui Sean dormiva ancora
profondamente.
Sky si
voltò a guardarla e le mostrò il
suo anello colorato. – Ta ta!
– Come
vanno i denti? – Chiese sorridendo
al piccolo.
– Per
ora procede tutto bene. Il primo è
spuntato, ora sono alle prese con il secondo.
– Il
pediatra cosa dice?
– Che
sono altissimi per la loro età. –
Finse di mordere l’anello, per la gioia del piccolo, che rise come un
pazzo. –
Presto sarete titolari!
– Jude…
– Lo ammonì suo marito, chiudendo
il mobile bar.
– Va
bene, aspetteremo che inizino almeno
a gattonare. – Scherzò, baciando la fronte del figlio.
Zero si
inserì tra il marito e la culla
portatile. – All’Arena è andato tutto bene?
Marcus
annuì subito. – Abbiamo risposto a
qualche domanda dei giornalisti, per tenerli buoni, – spiegò ricevendo
un cenno
di assenso da parte di Jude, – i ragazzi erano ancora al bar quando
siamo
andati via, ma erano tutti molto tranquilli. La vostra foto è diventata
virale.
Non pensavo che aveste così tante fans! – Commentò, ancora stupito.
– Zude
è per sempre! – Dichiarò il
giocatore, gonfiando il petto. – Voglio farne una maglietta. – Pensò,
grattandosi il mento.
– Ci
manca solo quello. – Brontolò Jude,
sistemando la copertina sulle spalle di Sky, quasi assopito sulla sua
spalla. –
Danni all’immagine?
–
Nessuno. – Rispose Lionel. – L’attuale
avvocato di Oscar ha detto che non ha lasciato un testamento, ma devono
essere
vendute tutte le sue proprietà per risarcire le vittime della sua
ultima frode.
– Più
che giusto. – Jude socchiuse gli
occhi, meditabondo. – Dobbiamo pulire l’immagine dei Devils.
– Hai
qualcosa in mente? – Indagò Marcus.
–
Eventi benefici. Qualcosa che coinvolga
gli orfani e i giovani con famiglie disagiate. Centri d’accoglienza
minorili e
case famiglie.
–
Ottima idea. – Si complimentò Betty. –
Conosco un paio di ragazze eccezionali che lavorano per i servizi
sociali, Mary
e Paula. Posso contattarle per organizzare qualcosa. Sarà una partita
con due
squadre dei Devils, vero?
–
Pensavo alle vecchie glorie dell’NBA. –
Rispose Jude.
–
Geniale! – Si complimentò Marcus. –
Hanno un grande seguito e sono ancora amatissimi da milioni di fans.
–
Sarebbe una bella festa dello sport.
Aiuteremmo i bambini meno fortunati e ci allontaneremmo dalle malefatte
di
Oscar una volta per tutte. – Spiegò.
– Mi
piace. – Decise Betty. – Voglio iniziare
subito i preparativi. – Stava per chiamare un taxi quando Marcus la
fermò.
– Ti
accompagno io.
Lionel
guardò l’orologio. – Bene, penso
sia meglio che vada anch’io. Domattina ho le riprese di un film.
Zero li
accompagnò alla porta, non potendo
fare a meno di notare lo strano imbarazzo tra lei e Marcus.
– Non
voglio sapere. – Decise, tornando in
soggiorno.
–
Michael, non devi preoccuparti per me. –
Stava dicendo Jude, adagiando Sky accanto al gemello. – Oscar non è mai
stato
un padre.
– Ma lo
era. – Gli ricordò l’uomo, adesso
seduto accanto a lui. – Sei sicuro di star bene? Trattenere le emozioni
può far
male.
– Se
non avessi avuto i gemelli e Gideon,
forse avrei reagito in modo diverso. Con loro so che il mio meglio è
più che
abbastanza. Per Oscar, invece, tutto quello che facevo non era mai
sufficiente.
Quando ha saputo che ero gay mi ha diseredato senza pensarci due volte.
Potrei
piangere per il padre che non è mai stato, o per quello che avrei
meritato e
non ho avuto, ma preferisco stare con i gemelli, sperando di non
diventare mai
come Oscar.
– È un
pericolo inesistente. – Lo
rassicurò Zero.
– Ha
ragione. Fidati, conoscevo tuo padre
da decenni. Non ha mai avuto l’umanità, la gentilezza e l’empatia che
dimostri
tu. Sei un leader naturale, lui lo è diventato grazie ai soldi e al
potere che
ha ottenuto con mezzi illeciti.
–
Grazie, – arrossì sorridendogli, – e
grazie anche per essere venuto sin qui solo per noi.
– Che
sciocchezza! Te l’ho detto che non
ti saresti liberato di me così facilmente! – Rise lui, dandogli una
pacca sulla
spalla.
Jude
avrebbe voluto sorridere ma,
inaspettatamente, gli occhi si riempirono di lacrime. – Scusa, non so
perché…
non ha senso…
– Shh,
va tutto bene. – Michael lo
abbracciò, lasciando che si aggrappasse alla sua camicia. – So che ti
preoccupa
ciò che ti ha detto Oscar, ma ti giuro che il DNA c’entra molto poco
con la
famiglia. I gemelli ti amano più di qualsiasi altra cosa al mondo, Zero
mostra
il suo lato migliore solo con te e persino Lionel sembra quasi umana in
tua
compagnia. – Risero insieme. – Ho conosciuto i tuoi genitori, Jude. Tu
sei
riuscito ad ereditare la testardaggine di Oscar e la grande sensibilità
di tua
madre, ma ciò che sei lo hai creato tu. L’onestà e la gentilezza, sono
tue
qualità. Questo è ciò che insegnerai ai tuoi figli.
Jude
annuì, asciugandosi gli occhi con il
dorso della mano. – A volte ho paura di rovinare tutto.
– Ci
sono io a impedirlo. – Lo rassicurò
Zero, rimasto in disparte sino a quel momento per lasciarli parlare.
C’erano
momenti in cui quei due sembravano davvero padre e figlio e ne era
segretamente
felice.
Jude
non era brano nell’esternare i propri
problemi, troppo abituato alla solitudine. Ma con Michael riusciva a
parlare di
tutto. Si sentivano almeno due volte alla settimana su Skype, perché
l’uomo
voleva vedere i gemelli e, al termine delle loro telefonate, Jude era
più rilassato
e positivo. All’inizio aveva provato una lieve gelosia, ma poi aveva
capito
quanto fosse inutile.
– Vedi?
Sei al sicuro! – Lo rincuorò
Michael, ottenendo un vero sorriso da Jude.
– Con
Gideon lo sono sempre, – ammise, –
tranne quando cerca di coinvolgermi nel glamour. – Scherzò, ottenendo
un’occhiataccia.
– Le
magliette Zude saranno un successo
mondiale!
– Chi è
Zude?! – Michael non riuscì a
nascondere la sua confusione.
–
Lasciamo stare! – Capitolò Jude con un
sospiro sconfitto.
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Capitolo 9 *** ch9 ***
Hit
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Floor 4
Capitolo
9
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– No,
no, no! – Esclamò Jude, – Dove state
andando?! – Nudi e insaponati, i gemelli rovesciarono la vasca di gomma
per poi
correre per il giardino, lasciandolo bagnato fradicio. – Quando Daddy
vi lava
state buoni, però! – Li accusò, sdraiandosi sulla schiena.
Una
bassa risata lo costrinse a riaprire
gli occhi.
Appoggiato
contro il muro della villetta,
Gideon lo stava guardando con gli occhi colmi di divertimento.
–
Daddy!!! – Urlarono in coro i piccoli
che, a tre anni compiuti, erano due furie scatenate.
– Avete
fatto il bagnetto a Papa? – Chiese
prendendoli in braccio, incurante delle macchie d’acqua e sapone sulla
sua
maglietta blu. – Perché li stai lavando qui?
– Nel
caso in cui fosse successo questo,
almeno avrebbero corso sull’erba e non sul pavimento, col rischio di
scivolare.
– Brontolò Jude, rannicchiandosi in posizione fetale. – Vai via! Ridi
dei miei
fallimenti!
– No!
Papa! – Sky corse da lui,
preoccupatissimo. – No piange Papa!
– Posso
toglierti il sapone di dosso? –
Domandò speranzoso.
– No! –
Rispose il piccolo, allontanandosi,
mentre Zero era ormai piegato in avanti ridendo come un matto.
– Non
gli hai promesso nulla in cambio? –
Indagò, afferrando di nuovo il piccolo.
– Non
voglio ricattare i miei figli per
far loro il bagno! – Sbottò oltraggiato.
– Non è
un ricatto, è un accordo. –
Specificò, guardando i due bambini. – Finite il bagnetto o stasera
niente
favola.
– No! –
Sean sbuffò, iniziando a
scalciare. – Faccio il bravo!
– Bene,
allora fermi qui, mentre Papa
riempie di nuovo la vasca.
Venti
minuti dopo i gemelli correvano di
nuovo per il giardino nei loro costumi da bagno, giocando con Devil.
Sdraiato
all’ombra del patio, Logan li guardava muovendo sporadicamente la coda.
Anche
se cresciuto, la sua indole pigra era rimasta immutata.
–
Avresti potuto aspettarmi. – Zero si
tolse la maglietta e si sedé accanto al marito, godendosi quel
pomeriggio
estivo.
– Ieri
hai giocato, non volevo ti
stancassi. – Si sdraiò sull’erba, sorridendo quando sentì le labbra di
suo
marito sulle sue.
– Anche
noi! – Sky saltò sulla schiena di
Zero, mentre il gemello e Devil assalivano Jude.
– Ehi,
piccoli mostri, facciamo la
merenda? – Propose quest’ultimo. – C’è l’anguria che vi piace tanto.
– Sì!!!
– Urlarono i piccoli, che non
protestarono quando furono portati a casa dai loro papà.
Zero li
fece sedere nel loro seggiolone e
posò sul tavolino annesso due piattini con l’anguria tagliata a
quadretti.
Jude
stava per raggiungerli quando il
cellulare squillò. – Torno subito. – Disse, andando nel suo studio.
– Vi
siete divertiti con Papa? – Domandò
il giocatore, versando dell’acqua fresca nelle ciotole dei cani.
– Sì! –
Esclamò Sky. – Fatto colori!
– Avete
colorato un libro? – Il biondo
tornò vicino a loro. – Quale?
I
gemelli si guardarono l’un l’altro,
prima che Sean rispondesse. – Dinori
–
Dinosauri. – Lo corresse il papà,
sorridendo loro. – Tra poco arriverà Lionel, vi ricordate cosa dovete
dirle?
I
piccoli risero, sgambettando felici. –
Granny! – Esclamarono in coro.
–
Davvero, Gideon?
Jude,
braccia incrociate al petto,
guardava suo marito con aria di rimprovero.
– Che
c’è?! È divertente! – Borbottò sulla
difensiva.
– Non
per lei che poi telefona a me, lamentandosi
di te. – Jude si passò una mano tra i capelli con un sospiro che attirò
l’attenzione di suo marito.
– Stai
bene? – La sua preoccupazione era
palese.
– No,
ma te ne parlo dopo. – Promise, sorridendo
ai gemelli che già sonnecchiavano sui piatti vuoti. Bagnò un paio di
tovaglioli
e pulì loro le mani. – Andiamo a fare il riposino, prima che arrivi
Lionel.
Aiutato
da Zero, portò i gemelli nella
loro cameretta, seguiti da Logan.
Avevano
sostituito la culla con un letto a
una piazza e mezza, che aveva la sagoma di un’automobile rossa. I
gemelli
l’adoravano e potevano dormire insieme come erano abituati a fare sin
dalla
nascita.
– Papa
favola. – Sbadigliò Sean, mentre
gli venivano rimboccate le coperte. Logan si era già accucciato ai
piedi del
letto e aspettava che loro dormissero, prima di riposare a sua volta.
Jude
sorrise, sedendosi sulla sponda più
vicina.– C’erano due piccoli principi che dovevano fare il pisolino…
– Ma
Papa! – Rise Sky, mettendosi a pancia
in giù.
– Io e
Daddy resteremo qui finché non vi
sarete addormentati. – Promise, accarezzando la testa di Sean, mentre
il
gemello già sonnecchiava. – Anche Teddy sta facendo il sonnellino. –
Aggiunse,
indicando l’enorme orsacchiotto di peluche vicino alla finestra, dono
di
Michael, che vegliava sulla stanza dall’alto del suo metro e mezzo.
Quando
furono certi che i piccoli
dormissero, accesero il baby monitor sul comodino e scesero in cucina.
Jude
preparò loro un caffè, posando le
mani sul ripiano in marmo. – Mi hanno chiamato Mary e Paula.
Zero
sedé al tavolo. – Per un altro evento
benefico? – Domandò, conoscendo l’attività delle due assistenti sociali.
– No,
per due bambini.
–
Cosa?!
– Sono
due fratelli. – Iniziò a
spiegargli. – Il maggiore ha quattro anni e la piccola due. I genitori
sono
morti in un incidente d’auto, mentre andavano a prendere la figlia al
nido. Il
bambino era con loro e si è salvato per miracolo, anche se è rimasto
traumatizzato.
Ha paura dei rumori forti e parla solo con la sorella.
– Cosa
vuoi fare? – Gli chiese,
massaggiandogli la schiena.
– Non
abbiamo mai parlato di avere altri
figli.
–
Questo non significa che non possiamo ampliare
la famiglia.
–
Saranno separati, Gideon. Lei potrebbe essere
adottata, ma lui…
– Sono
in pochi a voler bambini
problematici.
– Cosa
facciamo? – Domandò Jude,
mordendosi il labbro inferiore.
Zero
gli sorrise malizioso. – Avremo altri
due bambini che chiameranno Lionel “Granny”!
– La
vostra è follia! – Dichiarò la donna,
versandosi del bourbon. – Non vi bastano i gemelli? Già dovrete
spiegare loro
perché la madre naturale e uno dei loro padri siano fratelli, ci
mancano solo
altri due ragazzini in giro per casa.
– Santo
Cielo! – Esclamò Jude. – Non siamo
i Lannister! E non fate finta di non sapere chi siano! – Li minacciò,
puntando
un dito contro di loro. – Tu hai fatto il provino per Melisandre e tu
guardi le
repliche ogni volta che puoi!
– Bene!
– Sospirò Zero. – Ora che abbiamo
svelato i nostri più torbidi segreti, – ironizzò, sedendosi sul divano,
– puoi
spiegare alla tua amica perché avere altri due figli non sarebbe un
problema
per noi?
– Sarà
un problema. – Rispose suo marito.
– Jude!
–
Intendo dire, – iniziò andandogli
vicino, – che dobbiamo fare le cose con ordine. Prima di tutto bisogna
parlare
ai gemelli. Se loro non vogliono, cercheremo di aiutare quei bambini in
un
altro modo.
– Hai
ragione. – Approvò Zero,
abbracciandolo e baciandogli la testa.
– Se
avessimo la loro approvazione, allora
dovremmo recuperare la culla dei gemelli e preparare due camerette.
Avremmo per
la prima volta una bambina.
Gli
occhi azzurri di Lionel si
illuminarono a giorno. – Le comprerò centinaia di abitini e
parteciperemo ai
concorsi di bellezza! Sarà l’invidia di Hollywood e…
– E
tieni giù le mani da mia figlia! –
Ringhiò Zero. – Possibile figlia. – Si corresse. – Possibile futura
figlia. Insomma
mi hai capito!
Jude
posò la testa sulla sua spalla. –
Adoro il tuo lato protettivo.
– Sto
per vomitare. – Annunciò la donna,
prima di sentire Logan abbaiare dal piano di sopra.
– Si
sono svegliati, vado a prenderli.
Jude
salì le scale di corsa, per poi
tornare con i due piccoli tra le braccia.
–
Granny! – Esclamarono i due non appena
la videro.
Zero
scoppiò a ridere di fronte alla sua
espressione oltraggiata.
– Come
hai osato?! – Sibilò l’attrice,
meditando vendetta.
Jude
decise di ignorarli e portò i figli
in cucina per dare loro del succo di frutta.
–
Vorrei parlarvi di una cosa importante.
– Disse, sedendosi accanto a loro. – Vi piacerebbe avere un fratello e
una
sorella?
Sean si
stropicciò un occhio. –
Uguale-uguale?
– No,
non saranno gemelli come voi. Sono
un bimbo un po’ più grande che si è fatto la bua cadendo e adesso ha
paura e
una bimba piccola che piangerà perché non ci conosce ancora bene.
Sky
finì il suo succo di frutta. – Ma poi
ci conosce e gioca con noi!
– Sì,
ci conoscerà e certamente giocherà
con tutti noi! Ma sono due bambini delicati. Ve la sentite di
proteggerli come
fanno Logan e Devil con voi?
I
gemelli dondolarono le gambette. –
Dormono nel letto con noi? – Chiese Sean, non troppo felice all’idea di
cedere
il suo letto rosso.
– Ne
avranno uno tutto loro. – Li
rassicurò Jude. – Ma i primi mesi è probabile che stiano con me e
Daddy.
Proprio come facevate voi da piccoli.
– Prima
della macchinina rossa! – Esclamò
Sky.
–
Esatto! Prima dormivate con noi nel
lettone, ma poi avete avuto la vostra macchinina. I bambini che
arriveranno
saranno piccoli o feriti e forse piangeranno di meno se staranno con
noi.
– Mi
piace fare come Devy! – Disse Sean.
–
Giochiamo di più! – Aggiunse Sky,
battendo le mani.
–
Allora siete d’accordo? Possiamo andare
a prendere i due bambini? Quando saranno qui, non potranno tornare
indietro,
pensateci bene!
I
gemelli risero felici. – Sì! –
Esclamarono in coro.
Jude
baciò le loro teste scure. – Se quei
due di là fossero ragionevoli come voi, la mia vita sarebbe molto più
facile.
Gideon vai a prendere la culla, stiamo per avere altri due bambini! –
Annunciò,
riuscendo a sedare la lite in soggiorno.
–
Co-Che cosa?! – Il giocatore corse da
lui, gli occhi sgranati. – Hai già parlato con loro?!
Sky
scrollò le spalle. – Facile! Siamo
ragionevoli! – Esclamò col nasino all’insù, felice nel sentire il suo
Papa
ridere.
Jude
fermò la macchina nel parcheggio
interno.
– Tutto
bene? – Gli chiese Zero quando non
lo vide slacciarsi la cintura.
– Un
bambino traumatizzato e una bambina.
Pensi che riusciremo a conquistare la loro fiducia? E se i gemelli si
ingelosissero? E se ci odiassero tutti e
quattro? E…
–
Respira! – Gli ordinò, prendendogli il
viso tra le mani. – Inspira ed espira. Di nuovo. Bravissimo! Jude, un
passo
alla volta. Come abbiamo fatto con i gemelli, ricordi? – Lo vide
annuire. –
Andrà tutto bene!
–
Scusa, ho cominciato a pensare a tutto
quello che potrebbe andare storto.
Zero
gli baciò la fronte. – Lo so. Pensi
sempre a tutte le possibilità, ma siamo in due. Non ti lascio solo!
Si
sorrisero e mano nella mano andarono a
incontrare i bambini.
Mary li
aspettava nell’ampia entrata, in
verde chiaro, decorata con macchinine e orsetti.
–
Grazie per aver accettato! – Disse,
accompagnandoli in una stanza con un piccolo tavolino basso e qualche
sedia di
plastica rosa. – Sono orfani e i genitori non avevano parenti. Matthew
e
Kimberly sono arrivati qui tre giorni fa. Lui non parla se non con lei.
Poche
parole, ma la tranquillizza. Kim non fa che piangere se il fratello non
è con
lei.
Furono
interrotti da Paula che bussò alla
porta. Pochi secondi ancora ed entrò insieme ai bambini.
Zero
poté vedere l’esatto momento in cui
Jude si innamorò. Conosceva bene quell’espressione, gliel’aveva vista
in più di
un’occasione. La prima volta che avevano incontrato i gemelli, i primi
mesi con
loro, la prima volta che lo avevano chiamato Papa.
Matt
era poco più alto dei gemelli. Aveva
dei folti capelli scuri e gli occhi nocciola, enormi e spaventati. La
sua guancia
destra era coperta da un brutto livido violaceo e il labbro inferiore
era
spaccato.
Sua
sorella era dietro di lui, una mano
nella sua e l’altra in bocca, li guardava incuriosita. Somigliava molto
al
fratello ed era chiaro l’attaccamento che avevano l’uno per l’altra.
Jude
sorrise loro, sedendosi sul
pavimento. Rimase a distanza, per non spaventarli.
– Ciao,
mi chiamo Jude. – Si presentò, con
il tono basso e gentile che usava con i gemelli. – Lui è Gideon, mio
marito.
Matt li
guardò con attenzione, prima di
annuire.
– Ciao,
– li salutò il giocatore, –
abbiamo due gemelli poco più grandi di te, principessa. – Fece
l’occhiolino a
Kim, che sorrise. – Abbiamo anche due cani, Devil e Logan che non
vedono l’ora
di conoscervi.
Matt
sembrò molto interessato a
quest’ultima notizia.
– Oh,
sì! Sono due cani da guardia che
proteggono i bambini. Come i supereroi. – Spiegò Jude. – Vorreste
conoscerli?
Matt si
grattò il nasino, indeciso. Aveva
meno paura di loro, ma ancora non si fidava.
– Ehi,
campione! – Zero sedé accanto al
marito. – Se non vi piacciono, possiamo tornare qui quando volete. Ma
secondo
me Logan è già a casa che scodinzola.
– E Devil avrà già capito quale
sia la loro cameretta e sarà lì a fare la guardia. – Aggiunse Jude,
annuendo
con grande serietà.
Matt
fece un paio di passi verso di loro,
incerto.
– Vuoi
vederli? – Zero gli mostrò il
cellulare. – Questo marrone scuro è Logan, l’altra invece è Devil.
Il
bambino guardò affascinato le
fotografie dei due cuccioli.
– Ti va
di conoscerli? – Alla domanda di
Jude, annuì velocemente.
Il
viaggio in macchina fu un momento
delicato. Per non spaventare Matt, Zero si era seduto sul retro con
loro e suo
marito aveva guidato piano e con molta attenzione.
Distratto
dai video dei cani che il biondo
gli fece vedere, il bambino smise di tremare e sorrise un paio di volte
alla
vista di Logan che dormiva a pancia in su.
Giunti
a casa, Jude prese la piccola Kim
in braccio mentre Zero aiutò Matt a uscire dal seggiolino.
Lionel
stava già aprendo la porta quando
Devil aveva iniziato ad abbaiare.
Matt
nascose il viso sulla spalla di Zero.
– Non
aver paura, ti sta dicendo ciao. –
Lo tranquillizzò. – Ehi, Devy! Lui si chiama Matt. – Annunciò entrando
in sala
dove i gemelli sedevano sul pavimento.
–
Daddy! – Strillarono, smettendo subito
di colorare. Guardarono incuriositi il bambino nuovo.
– Lui è
Matt. Matt, loro sono Sean e Sky!
I
gemelli lo salutarono scuotendo una
mano. – Ha tanta bua. – Notò Sky, guardandogli la guancia viola. –
Devy, vieni qui!
Devy ci protegge sempre, – spiegò al nuovo arrivato, – così non ci
facciamo la
bua.
Jude
entrò con l’amica e andò a sedersi
sul divano, dove Logan dormiva come al solito.
– Tu
sei un incrocio tra un cane e un
ghiro. – Lo accusò socchiudendo gli occhi.
Lui
mugolò e si avvicinò con
circospezione, annusando i piedi di Kim che rise nonostante la manina
in bocca.
Lionel
non riusciva a staccare gli occhi
dai segni sul viso di Matt. Jude non le aveva mai visto
quell’espressione, un
misto di compassione e dolore che poco le si addiceva.
Devil
scodinzolò felice, lasciando che i
gemelli l’abbracciassero. Seguì Zero quando andò a sedersi sul divano
con Matt
aggrappato alla maglietta. La cagnetta annusò i piedi del bimbo e
scodinzolò.
–
Visto? È felice di conoscerti. Vero,
Devy? – Lei abbaiò e rotolò sul pavimento. Zero rise dello stupore del
bambino.
– Che ti ho detto? È proprio felice!
–
Felice! – Ripeté Kim, stropicciandosi un
occhio.
–
Volete vedere la vostra cameretta? –
Chiese Jude. – Matt, decidi tu dove dormire. C’è la camera di Kim con
la sua
culla e un lettino accanto, ma se vuoi dormire da solo, abbiamo altre
stanze
libere.
Il
bimbo indicò sua sorella e Jude gli
sorrise. – Certo, tesoro, come vuoi. Andiamo a fare un riposino?
Stasera c’è la
pizza. Vi piace? – Chiese, ai due nuovi arrivati.
Matt
annuì di nuovo.
– Papa,
riposino anche noi! – Sbuffò Sky,
puntando le manine verso di lui.
– Un
altro? Dormirete stanotte? – Gli
chiese, prendendolo in braccio.
Faccia
a faccia con Kim, il piccolo
sorrise, posando una manina sulla sua. Era un gesto che faceva dalla
nascita.
Un modo per proteggere chi amava. Jude capì che aveva appena accettato
la bimba
nella loro famiglia e non poté che sorridergli.
Sean si
aggrappò alla gamba di Zero,
ridendo quando salì le scale in quel modo, tra le finte lamentele del
giocatore.
–
Letto! – Esclamò, correndo nella sua
stanza. – Vieni! – Chiamò Matt, che si spaventò alla vista dell’auto
rossa. –
Loga! Devy! Difende! – Il bimbo guardò la porta e attese l’arrivo dei
due cani
che si accucciarono ai piedi del letto. – No paura più! – Disse il
bambino. –
Teddy difende anche! – Spiegò indicando il peluche vicino alla finestra.
– Puoi
dormire dove vuoi, Matt. – Sorrise
Jude. – Devil potrebbe leccarti il viso, non è divertente se ha
mangiato le
crocchette! – Scherzò, attirando la sua attenzione. – Kim si è
addormentata, ma
devi dirmi tu dove andare. Qui nel lettone con i gemelli o nella stanza
di
fronte.
Matt
guardò sua sorella che russava tra le
braccia di Jude e i gemelli già nel letto rosso e puntò il dito su di
loro.
–
Benissimo, campione! – Esclamò Zero, –
Sky, Sean, avvicinatevi. Mettiamo Kim in mezzo, così non cade dal
letto. È la
più piccola, la dobbiamo proteggere. – I gemelli annuirono e fecero
subito
spazio ai due bambini. – Matt, il bagno è qui accanto se vuoi andare. –
Disse,
rimboccandogli le coperte. – Non scendere le scale da solo, è
pericoloso.
Quando ti sarai svegliato Logan e Devil verranno a chiamarci e ti
aiuteremo a
scendere. State attenti anche a Kim. Non fatela scendere dal letto.
Sarete dei
bravi guardiani? – Domandò ai gemelli che subito annuirono.
Jude
sorrise e sedé sulla sponda del
letto. – Matt, vuoi che restiamo qui anche noi a fare la guardia? – Lo
vide
annuire, anche se titubante. – Va bene, riposa quanto vuoi, troverai
uno di noi
qui, al tuo risveglio. – Promise con un caldo sorriso.
I
gemelli russavano piano e Sky aveva di
nuovo una mano su quella di Kim. Matt provò a resistere, ma il sonno
ebbe la
meglio e si addormentò circondato dal calore e dal profumo della sua
nuova
famiglia.
Al suo
risveglio, il suo viso si trovò a
pochi centimetri da quello di Jude. Seduto sul pavimento, l’uomo si era
appisolato con la testa sul cuscino usato dal bimbo.
Matt si
spostò di fianco e lo guardò.
Aveva promesso di vegliare su di loro e lo aveva fatto, pensò
grattandosi il
nasino. Forse si poteva fidare di lui.
Kim si
lamentò nel sonno, svegliando sia
Jude che i due cuccioli.
L’uomo
sorride tra sé. – Non muovetevi
troppo, i bambini stanno dormendo. – Avvertì i cani, che si
riaccucciarono in
silenzio. – Ehi, ciao! – Salutò Matt, quando lo trovò intento a
guardarlo.
Prese Kim in braccio e sedé sul letto accanto al suo fratellino. – Avrà
avuto
un incubo? – Gli chiese fingendosi preoccupato. – Oppure andrà
cambiata? Tu la
conosci meglio di me. Cosa dovrei fare? – Matt annusò il pannolino
della
sorellina e fece una smorfia. – Vado a cambiarla. – Rise piano Jude. –
Posso
lasciarti con i cuccioli a farti da guardia? – Quando lo vide annuire,
andò
rapidamente a cambiare la bambina.
Devil
scodinzolò, annusando il nuovo
arrivato. Senza fare rumore si accucciò con la testa sullo stomaco di
Matt,
guardandolo implorante.
In
imbarazzo, il piccolo non seppe dove
mettere le manine, fino a quando non decise di posarle sulla testa
della
cagnetta che ricominciò a scodinzolare felice, colpendo
inavvertitamente il
muso di Logan, che si ribalto a pancia in su con uno sbuffo infastidito.
Matt si
coprì la bocca con una mano, ma non
riuscì a non ridere. Una bella risata di pancia, che svegliò i gemelli,
che
risero a loro volta, pur non sapendo il motivo.
Zero e
Jude li raggiunsero sorridendosi
l’un l’altro, mentre Kim sonnecchiava sulla spalla del presidente dei
Devils,
per nulla interessata alla confusione che la circondava.
Il
cellulare del moro vibrò dal comodino.
–
Gideon?
– Mmm?
Il
marito rilesse il messaggio almeno un
paio di volte, per essere certo che avesse capito bene. – Non avevamo
deciso di
parlare tra qualche settimana a Michael di Matt e Kim? Così, per essere
prima
certi che restino con noi.
–
Potrebbe essermi sfuggito…
– Ho
notato. – Rise.
–…di
mano…
Jude
sbiancò. – Aspe…Aspetta. Cos’hai
postato?! Cancellerò il tuo account Instagram, te lo giuro! – Lo
minacciò,
facendo segno di passargli il suo cellulare.
– Non è
colpa mia se non hai un profilo. –
Si difese imbronciato. – Eravate troppo carini, dovevo immortalarvi!
– Non
dare la colpa a me per… Oh, per
l’amor di Dio! Cosa sono i “Baby Zude”, adesso?! Perché la mia vita è
così
difficile? – Sospirò, sedendosi sul letto accanto a Matt.
– Papa
triste? – Domandò Sky,
preoccupandosi per lui.
– No,
piccolo principe. – Lo rassicurò, a
voce bassa per non svegliare Kim. – Avete dormito bene? – Chiese ai
tre, che
ancora sonnecchiavano sotto alle coperte.
–
Riposino. – Sbadigliò Sean. – Anche
Papa!
Matt si
spostò verso il centro del letto,
così da fare posto a Jude. Posata la schiena sulla testata del letto,
rimboccò
le coperte alla piccola Kim e a Matt, mentre Zero faceva lo stesso
dall’altro
lato per i gemelli.
– Daddy
ninna? – Chiese Sky speranzoso.
–
Stasera dormiremo tutti insieme nel
lettone. – Promise il giocatore. – Adesso devo rimanere di guardia. Se
arriva
nonno Michael, devo andare ad aprire la porta. Devy non lo può fare.
– No ha
mani. – Spiegò il bimbo, rivolto
al gemello, che sbadigliò spostandosi su un fianco.
–
Finite il riposino, adesso. Restiamo
tutti qui insieme. – Disse Zero, seduto sulla sponda del letto dei
gemelli.
Sorrise quando si accorse che Matt si era addormentato avvinghiato al braccio di Jude.
– Hai
chiesto a Michael di non strafare? –
Sussurrò Jude, accarezzando distrattamente la schiena di Kim.
– Ha
mai funzionato?
– Siamo
rovinati. – Annunciò, ridendo
sommessamente.
Michael
aveva spostato le sue attività
principali a Los Angeles, così da essere più vicino alla sua famiglia.
Adorava
i gemelli e vederli solo su Skype non era stato sufficiente.
–
Melodrammatico.
– Per
il loro ultimo compleanno voleva
acquistare uno dei triceratopi usati per Jurassic World. – Gli ricordò
con voce
piatta.
Zero
scrollò le spalle. – Sarebbe bastato
allargare il giardino.
– Solo
perché è il tuo dinosauro
preferito.
– Chi
non ama i triceratopi?!
–
Gideon?
–
Essere senza cuore. – Brontolò,
sbirciando il cellulare. – Che noia.
–
Domani devi andare all’anteprima del
film della Jolie?
– C’è
una starletta della tv che vuole un
po’ di pubblicità.
– Non
ha un agente molto furbo. –
Sbadigliò, socchiudendo gli occhi. – Farsi vedere con te, farà
imbestialire le
fans Zude.
– Hai
imparato il nome. – Lo prese in
giro.
– Ho
dovuto. – Bofonchiò, addormentandosi
poco dopo.
Tra
riunioni del Consiglio e appuntamenti
con sponsor e agenti vari, le ultime settimane erano state molto
impegnative
per lui.
Zero
scattò un altro paio di foto alla sua
bellissima famiglia, proteggendo i visi dei bambini con le emoticon.
Prima
di postarle pensò a qualche hashtag
appropriato.
#family
#tuelove #zude4ever #babyzude
Potevano
bastare per il momento.
Jude
spostò il tavolino da caffè vicino al
camino spento e stese sul pavimento un’enorme coperta colorata. I
gemelli
avevano deciso che quel sabato sarebbe stata la giornata degli animali
e avevano
voluto indossare le loro tutine preferiti. Panda per Sky e Orsetto per
Sean.
Avevano chiesto a Matt di scegliere la sua e il piccolo aveva optato
per quella
del leopardo. Jude aveva recuperato una delle prime tutine dei gemelli,
da
coccinella, per la piccola Kim che subito si era messa a giocare col
cappuccio
rosso.
Mentre
i gemelli decidevano dove mettere i
peluche, lasciò Matt in compagnia di Logan che aveva scelto il piccolo
come suo
nuovo migliore amico, forse perché silenzioso e tranquillo. Anche lui
si
trovava bene con quel ghiro dal pelo scuro. La prima notte in casa
Kinkade era
andata bene. I gemelli avevano usato Zero come cuscino e Matt si era
abbarbicato al braccio di Jude, come aveva fatto nel pomeriggio. La
piccola Kim
aveva dormito sul suo petto senza mai svegliarsi. Prima di andare a
dormire, Matt
aveva usato il vasino per lo stupore dei gemelli, che ancora non
avevano capito
bene cosa fosse. Jude aveva ringraziato il bambino per aver insegnato
ai due
come si usasse e Matt era arrossito, grattandosi il nasino. Anche se
non
parlava, il suo viso era così espressivo da essere facilmente
comprensibile.
A metà
pomeriggio, nel bel mezzo della
terza replica de “Il libro della Giungla”, arrivò Michael con quattro
facchini.
– Avevi
promesso di mantenere il
controllo. – Gli ricordò, trovandosi l’entrata piena di scatole.
– Lo
stretto indispensabile. – Promise
l’uomo, andando a salutare i bambini.
Jude
scosse il capo, aprendo un paio di
scatole con una mano sola, dato che aveva in braccio Kim che si
guardava
attorno curiosa.
Peluche
e libri sui dinosauri, vestiti
vari e giochi per bambini da zero a sei anni. Controllo perfettamente
mantenuto, pensò, quando si accorse della confezione più grande
contenente un
castello gonfiabile.
Michael
sorrise a Matt, quando lo vide
abbracciare Logan. Non volendo spaventarlo si tolse le scarpe e sedé
sulla
coperta insieme a loro. Il bimbo lo guardò incuriosito ma non fece
nulla per
andargli vicino.
– La
tua dolce metà? – Chiese quando Jude
lo raggiunse con la piccola in braccio.
–
Evento mondano. A volte gli tocca.
Prima
dei gemelli, partecipavano insieme a
qualche prima e ai party più glamour. Jude non avrebbe barattato le
serate con
i suoi figli con niente al mondo. Purtroppo Zero aveva obblighi
contrattuali
che lo costringevano, ogni tanto, ad accontentare qualche sponsor.
–
Capisco. Allora, cosa guardiamo? –
Chiese ai gemelli che subito gli mostrarono i peluche che avevano
sparpagliato.
–
Giugla! – Esclamò Sky.
–
Giungla. – Lo corresse Jude, seduto
accanto a Matt e Logan. Non troppo vicino, ma abbastanza perché il
piccolo
vedesse sua sorella. – Sai che Matt sta insegnando ai gemelli a usare
il
vasino? Io non riuscivo a farlo. Per fortuna è arrivato lui.
– Sono
impressionato! – Replicò l’uomo,
sorridendo al bimbo che nascose il viso arrossato contro il braccio di
Jude.
–
Adesso mi insegnerai a far mangiare loro
le verdure, vero? – Scherzò Jude, felice di sentirlo ridere.
– Papa,
in braccio. – Sbadigliò Sean,
gattonando verso di lui.
– L’ora
del pisolino è passata da un
pezzo. – Disse prendendo dal divano una coperta. – Matt mi dai una mano, per
favore?
Prendiamo tutti i cuscini che hanno sparpagliato per la stanza e
mettiamoli in
cerchio.
– Anche
io! – Esclamò Sky, seguendo
il bimbo più grande.
Sistemato
tutto, Jude li aiutò uno ad uno
ad entrare nello spazio vuoto e li coprì con un paio di copertine di
cotone. Anche
Devil e Logan saltarono nel cerchio. Lei si accucciò dal lato dei
gemelli e lui
accanto a Matt.
Jude
stese Kimberly tra il fratello e Sky.
Quando si furono addormentati, andò in cucina con Michael, per fare
loro un
caffè.
– Hai
le mani belle piene! – Rise piano,
per non svegliare i bambini.
– Già.
Spero davvero che si trovino bene
con noi. Matt sta iniziando a fidarsi. Lo coinvolgo nelle attività e
valorizzo
il fatto che sia il più grande.
–
Mi sembra un’ottima idea. Sono sicuro che, appena si sentirà a suo
agio,
parlerà di nuovo.
– Me lo
auguro! – Gli porse una tazza e
guardò l’orologio alla parete. – Spero che le formine di Hulk mi
aiutino a far
loro mangiare i broccoli.
– Anche
l’odore è un problema.
– Li ho
mescolati con un formaggio cremoso
che ha coperto tutto. Le crocchette di patate e carote le mangiano. Il
problema
è tutto ciò che è verde. Gideon dice che hanno preso da me.
– Stai
facendo un ottimo lavoro con loro.
– Lo rassicurò, posando una mano sulla sua.
–
Voglio solo che siano felici. È
difficile, ma non tornerei indietro per nulla al mondo.
– Sorrise, finendo il suo caffè.
Michael
si fermò a cena. Rimesso il
tavolino da caffè di fronte al divano, fu lieto di mangiare sul
pavimento, con
i gemelli sulle ginocchia.
L’incredibile
Hulk compì il miracolo e le
due piccole pesti non si accorsero di aver mangiato i tanto odiati
broccoli.
Matthew sedé accanto a Jude che con un braccio reggeva Kim e con la
mano libera
le dava piccoli pezzetti di sformato.
Michael
si divertì tantissimo, nonostante
le due macchie di broccoli sul pantalone e la visione de “Il libro
della
giungla” per tre volte di fila.
– Con
voi non ci si annoia mai. – Rise,
pulendo le mani dei gemelli con un paio di salviette profumate.
– No
innoia! – Confermò Sky. – Ma no
bagno!
–
Niente bagno perché non c’è Daddy, –
spiegò Jude, – ma lo faremo domani. Adesso andiamo a fare la nanna.
– Nonno
favola! – Sbottò Sean,
afferrandogli il pantalone.
Michael
rise, prendendolo in braccio. – Ci
puoi scommettere! – Rivolse un sorriso gentile a Matt, nascosto dietro
una
gamba di Jude. – Spero ti piacciano le storie sui dinosauri. In quella
scatola
vicino alla scala ci sono alcuni peluche a tema.
Jude
sollevò un sopracciglio scuro. –
Alcuni? Ce ne saranno una mezza dozzina.
– Hai
quattro figli! Sono anche pochi!
Dopo
averli cambiati per la notte e
aiutati col vasino, finalmente i bambini furono pronti. Volevano
dormire tutti
insieme nel letto dei gemelli e Jude li accontentò. Ormai avevano
trovato la
loro posizione, notò riconoscendo uno schema. Sean, Sky, Kim e Matt,
Devil ai
piedi dei gemelli e Logan con la testa sulla pancia di Matt.
Circondati
da morbidissimi dinosauri
colorati, ascoltarono un paio di favole, prima di addormentarsi uno
vicino
all’altro.
I due
adulti sorrisero prima di accendere
il baby monitor e scendere al piano inferiore.
– Non
credo di essere mai stato così
stanco in vita mia. – Ammise l’uomo più anziano.
Jude
rise adagio. – Ti capisco. Io ho
smesso di fare palestra! – Scherzò, spegnendo il dvd. Stava per fare
altrettanto con la televisione, quando il titolo del servizio attirò la
sua
attenzione.
Era
finito sul solito canale sportivo che
avevano di default.
“Zero
e la bella Sabrina: già finita la luna di miele con l’affascinante
Kinkade?”
Su
questo campeggiava la foto di suo
marito con la starletta biondo platino abbarbicata sul suo braccio.
I visi
così vicini che, in prospettiva,
sembrava si stessero baciando.
– Jude?
Preoccupato,
Michael gli posò
delicatamente una mano sulla spalla, mentre il giovane guardava lo
schermo
senza dire una parola.
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Capitolo 10 *** ch10 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
10
Gojyina
Zero
corse a casa non appena ricevuta la
telefonata di Marcus, che lo aveva messo al corrente delle foto
compromettenti
che stavano girando in rete.
– Ti
prego, fa che Jude non lo sappia! – Sussurrò
tra sé, varcando la soglia del cancello.
Trovò
suo marito in cucina insieme a
Michael.
– Si è
fatto tardi, meglio che vada, –
disse quest’ultimo, – grazie per la bella serata. Ciao! – Li salutò
scappando a
gambe levate.
– Non è
un buon segno. – Si disse il
giocatore, guardando poi suoi marito, ancora di spalle. – Jude…
– Caffè?
–
Co-Che cosa?!
– Vuoi
un caffè? – Ripeté, prendendo due
tazze.
– Jude,
vorrei che mi guardassi.
Sospirò,
prima di accontentarlo. – Allora?
Lui gli
prese le mani con le sue. – Lo sai
che non è successo nulla, vero? – Sussurrò con voce quasi tremante,
terrorizzato all’idea di perdere la sua famiglia.
– Certo
che lo so, stupido! – Sbottò,
posando la fronte sulla sua. – Ma questo tipo di pubblicità non va più
bene per
te. Adesso abbiamo Matt e Kimberly e con loro non ci sono legami di
sangue. Ce
li possono portare via, se non stiamo attenti!
– Ho
già avvertito Stevens che è stata
l’ultima volta che mi presto a fare una cosa del genere.
– Ne
sono lieto. Ora andiamo a letto. I
tuoi figli mi hanno distrutto! – Sbadigliò, stiracchiandosi.
– Matt?
– Logan
lo ha scelto come migliore amico.
O cuscino. Forse entrambi! – Scherzò, andando a controllare i bambini
prima di
entrare in camera da letto, dove Zero già si stava cambiando.
– Oggi
hanno persino mangiato i broccoli.
– Annunciò con grande soddisfazione.
– Mi
sono perso un evento più unico che
raro. – Brontolò, infilandosi sotto al lenzuolo fresco.
– So
che devi accontentare qualche
sponsor, ma quel tipo di pubblicità fa male anche a te, oltre che alle
tue
accompagnatrici.
– Non
ha un agente molto furbo, non che
lei sia una scienziata. – Si voltò su un fianco e lo abbracciò.
– Lo
immaginavo. Solo una pazza suicida
avrebbe osato sfidare le fans Zude. – Sbadigliò, posando la testa sulla
sua
spalla. – Non hanno fatto il bagno stasera, volevano te.
–
Domani. Ora dormi. – Sussurrò,
baciandogli la testa.
Inspirando
il profumo dei suoi capelli si
rilassò, ringraziando qualsiasi divinità in cielo per avergli regalato
una
persona gentile e comprensiva come Jude. Aveva rischiato di ferirlo e
perdere
la sua famiglia. Mai più, si ripromise stringendolo a sé.
Cambiata
la piccola, Jude tornò in camera,
trovando i gemelli svegli e Matt che scendeva dal letto.
–
Vasino? – Sorrise quando lo vide
annuire.
Jude
adagiò la piccola sul letto, usando i
cuscini come muro protettivo e accompagnò il maggiore, seguito dai
gemelli.
Zero
uscì dalla doccia e li raggiunse nel
bagno accanto alla loro stanza in tempo per vedere Matt inciampare e
sbattere
la testa sul bordo del lavandino. Non era stato un colpo forte ma si
spaventò
molto, perché ancora mezzo addormentato.
Jude
sedé sul pavimento e lo abbracciò
subito, cullandolo delicatamente. Vedendolo in lacrime anche i gemelli
scoppiarono a piangere, abbracciando il loro Papa. Dalla camera da
letto
poterono udire anche i lamenti di Kim.
– Va
tutto bene. Ci mettiamo un po’ di
ghiaccio, vuoi? – Propose al piccolo, che proseguì imperterrito a
piangere.
Nel
caos generale, Logan e Devil corsero
in bagno ringhiando e abbaiando al lavandino. Era la prima volta che li
vedevano così aggressivi.
– Wow!
Hai visto, Matt? Stanno sgridando
il lavandino perché ti ha fatto del male! – Sussurrò al piccolo, che si
calmò,
guardando i due cani prendere a zampate la ceramica.
–
Protegge! – Disse Sky, asciugandosi gli
occhi con la mano.
Matt
annuì, smettendo di piangere.
– Vuoi
usare il vasino? – Chiese Jude,
accarezzandogli la testa scura. Quando lo vide annuire di nuovo, lo
aiutò
osservato dai gemelli che avevano deciso di imparare.
Lavato
e asciugato, Matthew abbracciò
Logan restando lì in bagno in attesa di Jude.
– Ti
voglio bene. – Sussurrò contro il
pelo scuro del cane. Il giovane uomo finse di non aver sentito per non
metterlo
a disagio, ma strinse le labbra tentando di tenere sotto controllo la
sua
commozione.
Quando
anche i due gemelli furono pronti,
tornarono in camera da letto, dove Zero stava cullando la bambina,
finalmente
addormentata.
– Vuoi
un po’ di ghiaccio sulla fronte,
Matt? – Domandò al piccolo dagli occhi ancora arrossati, che però
scosse la
testa.
– Ehi!
Andiamo tutti nel lettone? –
Propose Jude, trovando il consenso dei gemelli e di Devil che non se lo
fecero
ripetere due volte.
Matt,
sempre abbracciato a Logan, li seguì
titubante.
Il
letto era più alto rispetto al loro e furono
costretti ad aspettare Papa, che stava raccogliendo i loro cuscini.
Zero si
sdraiò al suo solito posto,
portando la piccola Kim con sé, raggiunto dai gemelli e da Matt che non
sembrò
innervosito all’idea di dormire senza la sorella accanto.
Jude
sistemò il lenzuolo su di loro,
mentre i due cani si accucciarono ai piedi del letto. – Riposate un
altro po’.
Resteremo qui a vegliare su di voi. – Fu piacevolmente stupito quando
Matt si
spostò di fianco per abbracciarlo. Gli accarezzò i capelli scuri e il
piccolo
usò il suo petto come cuscino.
– Papa
favola? – Sbadigliò Sean.
–
C’erano tre ninja, – iniziò con la voce
bassa e gentile che riservava sempre loro, – ognuno aveva un animale
portafortuna.
–
Panda. – Bofonchiò Sky nel dormiveglia.
– C’era
anche il panda, – confermò Jude, –
insieme al leopardo e all’orsetto. C’erano anche due grandi cani che
proteggevano i ninja e una coccinella che aveva un sacchetto di polvere
magica
che spargeva in aria per diffondere fortuna e felicità. Questa polvere
allontanava anche gli incubi, così i tre ninja potevano sempre dormire
tranquilli.
– Li
hai stesi come al solito. – Scherzò
Zero, spostandosi di lato. Adagiò Kim sulla schiena e le sistemò il
lenzuolo
sul pancino. Sky si spostò per tenerle la mano e Sean rotolò verso
Matthew.
Jude
sistemò di nuovo il lenzuolo su di
loro e abbracciò il piccolo Matt, controllandogli la fronte.
– Sta
bene? – Chiese suo marito.
– Non
ha neanche il segno rosso. Penso si
sia solo spaventato. Ha parlato, sai?
Zero
distese le labbra in un tenero
sorriso. – Che ha detto?
– Ha
abbracciato Logan dicendo che gli
vuole bene.
–
Sembra a suo agio qui, vero?
– Pare
di sì. Anche i gemelli li hanno
accettati subito. Sean guarda Matt con grande ammirazione, soprattutto
adesso
che gli sta insegnando a usare il vasino e Sky è molto protettivo nei
confronti
di Kim. Sono davvero contento. – Socchiuse gli occhi, adombrandosi.
– Che
succede?
–
Dopodomani torno a lavoro. Vorrei portare i bambini, come al solito, ma ho paura per Matt, visto che viaggeremo
in
macchina.
–
Quando siamo venuti qui lo abbiamo
distratto con un filmato.
– E se
portassimo anche i cani, con noi?
Così avrebbe Logan con lui. Che ne pensi?
–
Quattro bambini e due cani? Dovrai
aumentare lo stipendio a Caty.
Risero
insieme, poi il display del
cellulare di Jude si illuminò, distraendolo.
–
Qualcosa non va?
– Ah,
no. No, niente…
– Jude?
– Nulla
che non possa risolvere. – Tagliò
corto, accarezzando la testa scura di Matt. – Dobbiamo anche comprargli
qualche
vestito, sempre che Michael non ci batta sul tempo.
– Ho
visto le scatole all’ingresso.
– E ne
abbiamo anche aperte tre.
Si
sorrisero.
– Sai
com’è fatto.
– Già!
– Rise Jude, rassegnato agli
eccessi del suo “quasi padre”.
Zero
allungò un braccio e posò una mano
sulla sua.
– Mi
spiace di aver fatto un casino. –
Mormorò serio.
– Non è
colpa tua, ma avremmo dovuto
avvertire Stevens riguardo ai nuovi membri della famiglia. Potenziali
membri, –
si corresse, – non sappiamo ancora se Matt voglia rimanere con noi o
no. –
Ricordò a se stesso.
D’improvviso
si sentì stringere con forza.
I due
adulti guardarono il piccolo che si
stava stropicciando un occhio.
– Vuoi
restare con noi? Sono molto
contento! – Sorrise Jude. – Anche Logan è felice, vero?
Il cane
sfregò il muso sulla schiena del
bambino e tornò a ronfare dopo aver scodinzolato ben due volte.
– Si è
sprecato. – Commentò, ridendo
insieme al marito. – Oggi a colazione festeggiamo con i waffle, ti
piacciono? –
Matt scrollò le spalle, non sapendo cosa rispondere. – Te li preparo
così li
assaggi e mi dirai. Ho anche preso le formine nuove. Cavalluccio marino
e
delfino. – Sussurrò, accarezzandogli la schiena. – Li possiamo fare
anche
quadrati e a forma di cuore. Albero di Natale, campana, stella, cane e
gatto,
orsetto e cavallo, dinosauri vari. Abbiamo formine di qualsiasi tipo. –
Guardò
Zero di sottecchi. – Waffle vegani, ovvio.
– Jude!
– Ho
trovato una ricetta nuova. Si usa la
banana al posto delle uova.
–
L’ultima volta erano durissimi e avevano
uno strano odore. – Gli ricordò con fare accusatorio.
– Sto
ancora imparando a cucinare. Mi devi
fare da cavia. – Brontolò. – Continuo a non capire se i derivati degli
animali
facciano male o no. Ci sono pareri discordanti. Nel dubbio scelgo solo
le carni
bianche, lo sai. Se posso, evito di utilizzare latte e uova. È
difficile quando
non si hanno certezze.
Zero
gli sorrise. – Lo so, ma stai facendo
un lavoro straordinario.
– Lo
stiamo facendo insieme. – Gli ricordò
con dolcezza.
– Siamo
o non siamo la migliore coppia di
Los Angeles?
– State
scherzando?! – Mani sui fianchi,
Jelena guardò la bambina in braccio a Jude, i due cani sul pavimento e
i
maschietti sul divano dell’ufficio. – Vi riproducete durante la notte?!
–
Potrebbe essere stato inaspettato. –
Ammise, mettendo la piccola nel box. – Chi vuole farle compagnia?
– Io! –
Esplosero i gemelli, puntando le
manine verso di lui.
Fatti
sedere accanto alla bambina, rivolse
un sorriso a Matt. – Vuoi restare qui a colorare o preferisci
raggiungere gli
altri?
Il
piccolo puntò il dito sui bambini, così
Jude lo mise facilmente nel box, portando qualche peluche.
Jelena
socchiuse gli occhi quando vide il
livido e il labbro ferito del nuovo arrivato in casa Kinkade. – Chi è
stato? –
Ringhiò, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
– No,
no! – La rassicurò lui. – Nessuna
famiglia violenta. – Le andò vicino per non farsi sentire dei bambini.
–
Incidente d’auto. Lui è l’unico sopravvissuto. Stava andando con i
genitori a
prendere Kimberly al nido.
Lei
annuì lentamente, cercando di
calmarsi. Alcuni argomenti le facevano perdere il sangue freddo.
– Zia
Lena, Dinauro! – La chiamò Sean,
mostrandole lo stegosauro di peluche.
–
Michael ha svaligiato di nuovo il
negozio di giocattoli?
– Temo
che lo abbia comprato. – Scherzò,
posando le ciotole dei cani accanto al divano. – Logan, Devil,
controllate i
bambini. Sono qui fuori a parlare con Caty, non abbiate paura. – Quando
i
bambini annuirono, uscì socchiudendo la porta. – Quanto è grave?
– Il
danno di immagine di Zero è
preoccupante, – sussurrò Jelena, per correre il rischio di essere
ascoltata dai
bambini, – per quanto riguarda noi, alcuni sponsor hanno storto il naso
ma, per
il momento, non sembrano intenzionati a fare altro.
Jude si
passò una mano tra i capelli.
Come
presidente doveva essere certo di non
correre il rischio di perdere sponsor, per questo avrebbe dovuto
insistere
perché l’immagine di Zero venisse pulita.
Come
marito doveva essere certo che
tornasse linda.
– Come
vuoi procedere? – Chiese Jelena,
sedendosi su un angolo della scrivania.
–
Evento per la famiglia? – Propose Caty.
– Non
voglio coinvolgere i bambini.
– Sono
Kinkade, – gli ricordò Jelena, –
sono coinvolti per forza.
–
Matthew ancora non parla e Kim è
piccola. I gemelli hanno avuto tre anni per abituarsi ai tifosi sugli
spalti
dell’Arena.
–
Niente tifosi, allora. Fatti vedere con
i bambini durante gli allenamenti di questa settimana. Cooper inizia
oggi, –
gli ricordò, – abbiamo promesso ai giornalisti cinque giorni qui
all’Arena per vederlo
all’opera. Hanno accesso solo al piano terra, ma è più che sufficiente.
C’è il
bar. I bambini dovranno pur mangiare.
– E la
nursery! – Aggiunse Caty. – Lo
sanno tutti che Sean ha una cotta per Alyssa. – Scherzò, riuscendo a
far
sorridere il suo capo.
Alyssa
Roman aveva quasi due anni.
Secondogenita di Derek e Ahsha, era una bambina adorabile. Gentile e
sorridente. Fisicamente somigliava molto alla sorella maggiore Amanda
che, a
quasi quattro anni, già aveva dimostrato una passione per il basket,
tanto da
avere una collezione di palloni di peluche con i quali giocava ogni
pomeriggio.
Da
alcuni mesi Sean e Sky avevano iniziato
a socializzare con gli altri bambini Devils, giocando con loro nella
nursery mentre
aspettavano i rispettivi papà.
– I
gemelli si divertono con le figlie di
Derek, – gli fece notare Jelena, – sarebbe strano se non ti
presentassi.
Daresti adito a illazioni peggiori rispetto a un paio di foto in
penombra.
Jude
infilò le mani nelle tasche dei
pantaloni e annuì. – Hai ragione. Spero solo che Matt non si spaventi.
Non
posso portare Logan nella nursery. Gli animali non sono ammessi al
piano terra.
– Se
dovesse sentirsi a disagio, lo
riporterete qui, insieme, come una famiglia. – Replicò lei con una
scrollata di
spalle. – Andrà tutto bene. Dovrà conoscere gli altri bambini, prima o
poi!
– Vado
a chiedere loro se hanno voglia di
scendere giù. La pausa pranzo è tra mezz’ora, no? C’è tutto il tempo
per scoprire
come reagirà Matt. – Tornato in ufficio, sorrise ai bambini che
giocavano con i
loro peluche, mentre Kim mordeva un anello da dentizione. – Ehi,
piccoli
principi? Vi andrebbe di aspettare Daddy nella stanza dei bambini?
Sean si
illuminò, sollevando le manine per
farsi prendere in braccio. – Ally c’è?
– Non
lo so, piccolo. Possiamo andare a
vedere, se vuoi. – Lo posò sul pavimento per poi guardare Sky. –
Ricordate che
Kim è piccola e Matt ha ancora la bua. Se non se la sentono di stare
con gli
altri, dobbiamo proteggerli e tornare qui senza fare i capricci.
I
gemelli annuirono. – No picci! –
Promisero in coro.
– Sono
fiero di voi! – Si rivolse al
bambino più grande. – Se non ti piace, basta che mi tiri la camicia,
così
possiamo tornare qui. Devil e Logan, devono restare qui a fare la
guardia a
Caty, perché sarà da sola. – Il bimbo non disse nulla, ma annuì
titubante.
– Zia
Lena ci porta? – Indagò Sky
– Sì,
si è fermata a parlare con Caty. –
Jude mise Kim nella fascia e tese le mani a Matthew e Sean, mentre Sky
si
aggrappava alla sua gamba, usando il piede come sedile.
Quando
vide Jelena, puntò le manine su di
lei che subito lo prese in braccio, non senza sbuffare e roteare gli
occhi.
Jude
non aveva ancora avuto il coraggio di
dirle che tutti sapevano che fingeva di essere infastidita dai bambini.
Giunti
nella nursery, furono accolti da
Ahsha in compagnia delle figlie e da Susan, la moglie di Tom, con il
figlio
Samuel di due anni.
– Ally!
– Trillò Sean, correndo a salutare
l’amica, carinissima in un abitino rosa chiaro.
Amanda
interruppe i suoi palleggi per
osservare il nuovo arrivato.
Jude
sorrise nel vederla indossare la divisa
dei Devils. La linea per bambini si era rivelata un successo.
– Ciao
Amanda, ti sta molto bene il rosso.
– Si complimentò, sorridendo alle due donne che lo guardavano scioccate.
Sky non
sembrava particolarmente
impressionato dall’abbigliamento della bambina. – Anche Daddy è in
mutande! –
Fece loro notare scrollando le spalle. Incurante anche delle risate che
suscitò
la sua considerazione.
Jelena
decise di essere stata fin troppo
umana e, con una scusa, tornò nel suo ufficio, non prima di aver fatto
l’occhiolino al piccolo Sky che le sorrise.
Ahsha
si avvicinò lentamente a Matt,
nascosto dietro le gambe di Jude. – Mi chiamo Ahsha, loro sono Amanda e
Alyssa.
Venite a conoscere il fratellino di Sean e di Sky.
Le
bambine lo salutarono agitando una mano
e Matt sembrò più tranquillo e meno intimidito.
Jude
sedé sul pavimento insieme a Kim e
alle due mamme e il bambino non si mosse dal suo fianco, anche se
osservava con
attenzione gli altri interagire tra loro.
Amanda
gli passò uno dei suoi adorati
palloni e si accucciò davanti a lui, aspettando che glielo restituisse.
Titubante
la accontentò e cominciarono a
giocare in silenzio, mentre Ally e Sean fingevano di prendere il tè e
Sky
giocava con il Lego insieme al piccolo Samuel.
Tom,
Derek e Zero li trovarono così.
–
Daddy! – Sean sollevò le manine per farsi
prendere in braccio dal biondo.
Sky
stropicciò un occhio, rivolgendosi a
Matt. – Visto? È in mutande.
– Sono
pantaloncini. – Lo corresse l’uomo,
prendendo in braccio i gemelli.
Derek
intanto stava sorridendo alle donne
della sua vita. Quando si avvicinò alla primogenita, notò i due bambini
nuovi.
Cercò
di nascondere la sua sorpresa alla
vista del livido di Matt. – Ciao, sono il papà di Amanda, – lo salutò,
– spero
non ti abbia dato fastidio.
– No
fastidio! – Si lamentò lei.
– Hai
fatto la brava con il tuo nuovo
amico?
Lei
annuì, avvicinandosi a Matt. – Passa
la bua. – Decise, dandogli un bacio sulla guancia ancora viola.
Arrossendo
furiosamente, il bimbo nascose
il viso sul petto di Jude, che sorrise alla piccola.
–
Grazie, Amanda. Sei stata molto gentile.
Sono sicura che Matt guarirà prestissimo.
Lei
annuì soddisfatta, prima di correre
dal suo papà per farsi prendere in braccio.
– Pappa!
Derek
annuì e aspettò gli altri per andare
insieme al bar.
Zero
aiutò suo marito ad alzarsi. – Tutto
bene? – Fece un passo indietro permettendogli di prendere in braccio
Matthew, col
viso ancora nascosto.
Protetta
nella sua fascia, Kim sbadigliò,
incurante del chiacchiericcio che la circondava.
–
Certo. Andiamo di là, ho chiesto ai
ragazzi di preparare le crocchette di verdure.
– Jude,
qui fuori ci sono…
– Lo
so. – Lo interruppe con un sorriso,
prima di uscire dalla nursery, dove fu scorto e avvicinato da un gruppo
di
giornalisti.
D’istinto,
protesse i volti dei bambini.
– Jude,
avete allargato la famiglia?
– Cosa
ne pensi delle foto uscite di
recente?
–
Troppi bambini stanno rovinando il
vostro rapporto di coppia?
– Pensi
che sia tornato il lato libertino
di Zero?
– Zero
si è già stufato di fare il padre?
–
Conoscevi l’accompagnatrice di tuo
marito?
– Wow!
Quante domande! – Scherzò, per
nulla ferito dalle loro insinuazioni. – Matthew e Kimberly sono entrati
di
recenti nelle nostre vite. Sono due bambini dolcissimi e i gemelli li
adorano. Io
e Zero abbiamo deciso insieme di creare una famiglia tutta nostra e
nessuno dei
due se n’è mai pentito. Ormai tutti conosco alcune dinamiche di
marketing. È
normale per i personaggi emergenti farsi vedere in compagnia di persone
già
famose del mondo dello sport e dello spettacolo. Zero si è prestato per
esigenze contrattuali. Ma sta già lavorando per modificare i suoi
accordi con
gli sponsor. I fans Zude possono stare tranquilli. – Sorrise alle
telecamere. –
Adesso scusate, i bambini devono mangiare. – Si allontanò dalla porta,
lasciando che il marito e i gemelli uscissero dalla nursery.
– Zero,
una domanda!
– Ha
già risposto Jude. Essere padre è un
lavoro per la vita. Non esiste pensione o vacanza. Amo i miei figli e
amo Jude.
A volte devo accontentare qualche sponsor con servizi fotografici o
serate
mondane, ma cerco di limitarle per stare con la mia famiglia. – Senza
aggiungere altro andò al bar dove erano stati preparati i piatti per i
bambini.
Sorrise
quando si accorse che Amanda si
era seduta accanto a Matt, che non riusciva a guardarla senza arrossire.
– Ha
fatto conquiste, – scherzò Jude,
spostandosi sulla panca, così da fare sedere il marito con i gemelli
sulle
ginocchia. – Vediamo se a Kim piacciono le crocchette di carote e
patate. Speriamo
in bene! – Disse al bambino, coinvolgendolo come sempre in ciò che
riguardava
la famiglia e, in particolare, la sorellina.
Matt
annuì, afferrando la camicia di Jude
con una mano, mentre con l’altra mangiava le sue crocchette.
Tornati
nella nursery, lasciarono giocare
i bambini sino a quando non fu l’ora del riposino.
Samuel
si addormentò nella fascia,
abbracciato alla sua mamma, mentre le figlie di Ahsha scelsero uno dei
futon a disposizione
e una copertina lilla.
I
gemelli faticarono a prendere sonno, come
spesso accadeva quando erano al di fuori dell’ambito familiare.
Zero li
fece stendere insieme a Matthew
che allungò una mano per prendere quella di Jude. L’uomo sedé sul
pavimento
sorridendo al piccolo. – Non vado da nessuna parte e nemmeno Kim.
Sky si
stropicciò un occhio. – Papa con
noi nanna.
– Resto
proprio qui a fare da guardia. –
Li tranquillizzò, rimboccando la loro copertina.
Zero
mise qualche cuscino dietro la sua
schiena, così che fosse più confortevole possibile. – Ho due ore di
palestra. –
Disse riluttante all’idea di lasciarli.
– Vai
pure. Ti aspettiamo qui e poi
torniamo insieme a casa. – Promise Jude, lieto che i bambini si fossero
finalmente addormentati.
Il
biondo annuì, ma rimase silenzioso fino
a quando non furono tra le mura domestiche.
Puliti
e cambiati, i bambini si misero a
giocare alle costruzioni nella cameretta dei gemelli, divenuta ormai di
tutti e
quattro.
Jude
utilizzò quel momento di tranquillità
per sistemare il bucato pulito.
Entrato
nella camera che condivideva con
Zero, lo trovò a letto steso su un fianco e abbracciato al suo cuscino.
– Stai
bene? – Chiese subito, posando il
cesto sul pavimento.
– Ho
fatto un casino e abbiamo coinvolto i
bambini per risolverlo. – Si passò una mano tra i capelli, incapace di
guardarlo
in viso.
–
Stiamo imparando anche noi. Non dici
sempre così? – Sedé accanto a lui. – Dobbiamo crescere insieme, come
fanno le
famiglie.
Zero
nascose il suo broncio dietro al
cuscino. – Da quando sono così saggio?
– Non
saprei. In effetti è strano. – Lo
prese in giro, ricevendo una pedata. – Stai meglio? – Quando lo vide
annuire,
prese a sistemare gli abiti nella cassettiera.
– Kim?
– Nella
stanza dei ragazzi, nella culla
portatile. Credo stia ancora dormendo. Vado a controllare.
Zero lo
fermò. – Vado io, tu riposati. Tra
lavoro e bambini hai avuto una giornata pesante. – Gli baciò la testa,
prima di
uscire dalla stanza.
I
gemelli stavano giocando con il Lego e
Matt stava guardando un libro di favole, steso sul pavimento accanto
alla culla
della sorella, usando un triceratopo di peluche come cuscino.
– Ehi,
piccoli principi, – li salutò Zero,
– Papa sta facendo un riposino.
– Con
Papa! – Disse subito Sky, posando il
Lego.
–
Sicuro? Stavi giocando.
– Con
Papa, no sogni butti! – Spiegò,
abbarbicandosi alla sua gamba.
Zero
sorrise. – Se siamo insieme nessuno
fa sogni brutti, è vero. Qualcun altro vuole venire? – Chiese per pura
cortesia.
Infatti
sia Matt che Sean erano già in
piedi.
Presa
la piccola Kim dalla culla, andarono
tutti nella camera matrimoniale, dove il giocatore li aiutò uno ad uno
a salire
sul letto.
Matt
corse subito ad abbracciare Jude che,
nel dormiveglia, lo strinse a sé sorridendo ai gemelli che usarono il
suo
braccio come cuscino.
– No
butti sogni. – Sussurrò Sky,
facendolo sorridere ancora di più.
– Mai
brutti sogni, con voi vicino. –
Confermò avvicinando il viso a quello dei gemelli.
Quando
Kim iniziò a lamentarsi, Zero si
affrettò a portarla nella sua camera per un veloce cambio del
pannolino.
Scesero in cucina dove prese dal frigo un nuovo anello da farle
mordere. Oltre
ai canini stavano iniziando a spuntarle i secondi molari.
–
Resisti ancora un po’, vedrai che
passerà tutto. – Passeggiando per la sala.
I
gemelli avevano avuto pochissimi
problemi. Per fortuna, i dentini erano spuntati a gran velocità
evitando a Jude
troppe notti insonni.
Si
adombrò pensando a tutto quello che
faceva suo marito. Doveva trovare un modo per riequilibrare i loro
doveri
familiari. Sino a quando sarebbe stato un giocatore, non gli avrebbe
permesso
né di cucinare né di saltare allenamenti e partite importanti.
Una
volta ritiratosi, Zero aveva già
deciso di fare il commentatore sportivo. Gli studi televisivi erano a
Los
Angeles e sarebbe stato impegnato solo qualche sera a settimana.
Voleva
fare di più per la sua famiglia. Le
insinuazioni di alcuni giornalisti lo avevano indispettito. Non si era
affatto “stufato
di fare il padre”, né rimpiangeva la sua vita da single.
Certo,
quando erano da soli, lui e Jude
facevano sesso con regolarità. Dall’arrivo
dei gemelli, erano diventati occasionali ma intensi.
Non
avrebbe cambiato la sua vita con
niente al mondo.
Kimberly
sbadigliò, posando il viso sulla
sua spalla.
–
Torniamo dagli altri, va bene? –
Sussurrò, salendo le scale.
Devil
sollevò la testa appena lo sentì
arrivare. Una volta riconosciuto, scodinzolò un paio di volte per poi
tornare a
dormire accanto a Logan, tra Matt e i gemelli.
– Tutto
bene? – Sbadigliò Jude, faticando
a tenere gli occhi aperti.
–
Benissimo. L’ho cambiata e abbiamo preso
un anello fresco. Torna a dormire, ci sono io.
Rassicurato
dalla sua presenza, si
riaddormentò quasi subito.
Zero
guardò la sua famiglia.
Matthew
e Sean erano stesi su Jude, usando il suo
petto come
cuscino e Sky era abbarbicato al suo braccio muscoloso. C’era qualcosa
nei loro
visi tranquilli che gli trasmetteva un intenso calore al petto.
Sapevano di
essere al sicuro con Jude, che lui li avrebbe protetti. Era ciò che
provava anche
lui sin dalla prima volta che lo aveva incontrato.
Jude
era un padre naturale, amorevole e
attento alle esigenze di chi gli stava attorno.
Zero si
ripromise di essere un marito
migliore e di aiutarlo il più possibile.
Dopotutto,
il Team Zude era invincibile!
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Capitolo 11 *** ch11 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
11
Gojyina
–
Questo non lo potete mangiare!
– Ma…
Papa!
Scendendo
le scale con un asciugamano
sulla testa, Zero si incuriosì al tono perentorio di suo marito.
Entrato in
cucina cercò di non sorridere di fronte ai visi quasi oltraggiati dei
gemelli.
–
Daddy! – Sky corse da lui, afferrano un
lembo del suo pantalone nero. – Uffa!
– Jude?
Suo
marito scrollò le spalle e nascose il
piatto che aveva ancora in mano. Faticava a camminare con Sean
attaccato alle
sue gambe. Matthew era in un angolo accanto ai due cani, assistendo
alla
tragedia in corso a metà tra imbarazzo e curiosità.
–
Questo è solo per gli adulti e forse per
i ninja. Voi non appartenete a nessuna delle due categorie.
– Ma
sono ninja Papa! – Protestò Sky. –
Daddy!
– Oh,
Sommo Imperatore della Cucina
Galattica, – esordì, con una mano sul petto, – sono pronto a giurare
che sono
tre ninja, – prese in braccio Matthew, per coinvolgerlo nel gioco, –
grandi
guerrieri con o senza la tutina nera.
– Bravo
Daddy! – Esclamò Sky, guardando
Jude speranzoso.
– Se
garantisci tu, Generale Supremo dalle
Mutante Rosse.
– Non
mi piace quell’appellativo. – Gli
ricordò, imbronciandosi.
– Ti
tocca. Dicevo, – ricominciò Jude, –
se garantisci tu, forse possono mangiare questo cervello umano. –
Dichiarò
mostrando il piatto con un cavolo intero, cosparso di sugo. – Sedete ai
vostri
posti. – Disse tra le urla festanti dei gemelli.
Avevano
acquistato due tavoli per bambini,
circolari in legno chiaro, con sei sedie colorate, così che potessero
mangiare come
adulti. Li avevano posizionati in soggiorno, tra il camino e la porta
della
cucina, in questo modo potevano guardare la televisione e andare a
prendere
piatti o bevande dal frigo in tutta comodità.
Mentre
i piccoli imparavano a stare a
tavola come si deve, Jude e Zero preferivano sedere su un cuscino o
direttamente sul pavimento, viste le dimensioni ridotte del tavolo.
Kim si
lamentò dal suo box in soggiorno e
il giocatore si affrettò a prenderla.
– Hai
fame?
–
Pappa, io! – Indicò Jude, perché sedeva
sempre sulle sue ginocchia per mangiare.
– Ecco
fatto, piccoli ninja! – Disse il
presidente, dopo aver riempito i piatti dei tre bambini. – Vieni qui,
cucciolo,
vediamo se piace anche a te.
– Non è
una ninja! – Protestò Sean.
– Ma fa
parte della famiglia. Se mangiate
il cervello voi tre, deve poterlo fare anche lei. – Spiegò loro Zero.
I
bambini annuirono anche se titubanti e
iniziarono a mangiare. Lo odiavano, naturalmente, ma era cervello umano
e loro
tre ninja. I ninja non potevano fare figuracce.
– Sei
stato un genio. – Sussurrò Zero
all’orecchio del marito.
–
Cavalco la loro nuova mania per lo
splatter. – Sorrise, mescolando il formaggio morbido con il cavolo al
sugo,
creando una crema rosa. – Vuoi la pappa delle principesse?
– Rosa
come Barbie!
– Sì,
rosa come Barbie. – Confermò,
tirando un sospiro di sollievo quando mangiò senza problemi.
– Noi
cosa abbiamo, cervello umano o
Barbie? – Scherzò Zero.
–
Vellutata di cavolfiore.
–
Ricordo il tempo in cui sapevi cucinare
solo insalate di pollo. – Gli baciò la testa, prima di alzarsi e
preparare i
loro piatti. – Vorrei aiutarti anche io.
–
Quando ti sarai ritirato, farai la wifey
a tempo pieno. – Scherzò, controllando che i bambini stessero
mangiando. Erano
insolitamente silenziosi. – Ehi, piccoli ninja, va tutto bene? –
Indagò,
vedendoli già assonnati. Pensandoci bene, già nel pomeriggio erano sembrati stanchi tanto da aver fatto il pisolino senza opporre resistenza.
Logan
annusò la schiena di Matt e abbaiò
un paio di volte, prima di tornare alla sua ciotola.
Jude
allungò una mano e controllò la
fronte del bambino.
– Fate
i ninja e mangiate tutto. – Sorrise
loro, mentre digitava un messaggio sul cellulare.
– Jude?
–
Domani resto a casa. – Disse,
proseguendo a dare da mangiare alla piccola.
Zero si
limitò ad annuire, massaggiandosi
le tempie.
– Stai
bene?
– Mal
di testa.
– Daddy
anche testa. – Disse Sean,
stropicciandosi un occhio.
– Hai
male anche tu? – Chiese Jude.
–
Freddo. – Aggiunse Sky.
– Va
bene, allora stasera dormiremo tutti
insieme nel lettone, così non sentirete freddo. – Disse il giovane dai
capelli
scuri, ricevendo il consenso generale.
Zero si
alzò un attimo per recuperare un
paio di plaid dal divano con i quali coprì i suoi tre ninja. Stava
tornando al
tavolo quando il cellulare di Jude trillò.
Dopo
aver letto il messaggio, Zero notò la
ruga di preoccupazione in mezzo alle sue sopracciglia scure.
–
Piccoli ninja, finite anche il succo di
frutta. – Disse il biondo. – Se il male alla testa peggiora, ditelo
subito.
I tre
annuirono e terminarono la cena. Mentre
Jude caricava la lavastoviglie, Zero e i bambini si riunirono sul
divano per
guardare un cartone animato.
Quando
ebbe finito di rassettare la
cucina, sentì piangere Sean che si stava stropicciando un occhio con il
pugno.
– Ehi, piccolo ninja, sono qui. – Lo rassicurò, abbracciandolo. – Ci
vogliamo
mettere a letto? Sì? Chi altri vuole venire con noi? – Sia Sky che Matt
scesero
dal divano, pronti a seguirlo. – Adesso Daddy prende i vostri peluche
preferiti
e ce li portiamo tutti nel lettone, va bene? – Si chinò per prender in
braccio
anche Kim e salì in camera.
Logan e
Devil seguirono i bambini e
saltarono sul letto, aspettandoli.
Jude li
mise sotto le coperte e abbassò le
luci della stanza. Subito i bambini si sentirono meglio. – Vado a
prendervi
l’acqua. Non vi muovete.
Zero
portò i loro peluche e si stese con
loro, in tempo per vedere Jude fare ritorno con una bottiglia di acqua
e i
bicchieri dei bambini.
– Ho
chiuso tutto e inserito l’allarme. –
Lo avvertì, andando in bagno per riempire un secchio di acqua, prendere
qualche
straccio e il termometro.
Si mise
a sua volta sotto le coperte e
misurò la temperatura ai bambini già assopiti, mentre Zero rimboccava
loro le
coperte.
– Jude?
– A
cena mi sono accorto che Matt aveva la
febbre. Poi ho ricevuto un messaggio da Ahsha. Le sue bambine hanno la
scarlattina.
–
Co-che cosa?! – Sbiancò il giocatore,
allungando un braccio per stringere i figli.
– Non
ti spaventare. Hanno fatto i vaccini
per le malattie più gravi. La scarlattina è fastidiosa, ma curabile con
gli
antibiotici e gli antifebbrili. Ma ancora non sappiamo se sia questo o
una
normale febbre. Essendo una malattia contagiosa, Ahsha mi ha voluto
avvertire.
I bambini non hanno la febbre molto alta. Vediamo domattina come si
sentono. –
Lo guardò con attenzione. – Dovresti riposare anche tu, sembri stanco.
Zero
annuì. – Ho solo un po’ di mal di
testa, passerà presto. – Sbadigliò, sistemandosi su un fianco, così da
poter
abbracciare i bambini.
– Il
pediatra è appena andato via. Sì, ha
prescritto antibiotici e antifebbrili. – Sistemò il cellulare tra
l’orecchio e
la spalla, salendo le scale con un vassoio. – Devono bere molti
liquidi. Ora
sto portando loro del succo di frutta. Jelena non sei simpatica. No,
non è
dell’umore adatto. No, non ti faccio nemmeno la foto! –
Entrato in camera si trovò cinque visi
arrossati che lo guardavano con vari gradi di fastidio. – Ci sentiamo
presto.
Per qualsiasi problema, hai la mia email. Ciao.
Sorrise
alla sua famiglia ammalata.
Matt
era abbracciato al suo triceratopo
preferito, usandolo per proteggersi dalla luce, che lo infastidiva. Kim
aveva
il suo cuscino a forma di coccinella a tenerle compagnia. I gemelli,
imbronciatissimi, non sopportavano né il mal di testa né la febbre
alta. Non
volevano neanche prendere i medicinali ma purtroppo, essendo ninja,
dovevano
dare il buon esempio a Kim. Il loro Papa aveva detto così e lui aveva
sempre
ragione.
Zero
era inferocito e vedere Jude che
cercava di non ridergli in faccia non faceva che peggiorare il suo
umore.
Avere
la scarlattina alla sua età era a
dir poco imbarazzante.
–
Tranquillo, Gideon, – lo rassicurò,
posando il vassoio sul comodino, – ho sempre saputo quanto fossi
infantile.
–
Stupido. – Brontolò, usando Sean come
peluche.
– Daddy
rosso come noi. – Sbadigliò il
bambino.
Jude
riempì le loro tazze colorate. Aveva
scelto quelle con il beccuccio, così che potessero bere senza il rischio
di fare
cadere tutto sul letto.
Verde
per Sean, azzurra per Sky, rosa per
Kim e rossa per Matt. Avrebbe voluto fare una battuta a suo marito, ma
evitò
visto quanto fosse irritato.
–
Dovete bere molta acqua e succhi di
frutta. – Si stese con loro e allungò una mano per raggiungere quella
di
Zero.
Nonostante
la febbre e il malessere
generale, i bambini trovavano confortante la presenza di entrambi i
genitori
con loro.
Una
volta svuotate le tazze, si misero
tutti a dormire.
Matt
abbracciò Jude. – Papa. – Sbadigliò,
addormentandosi profondamente.
Jude lo
stinse a sé, baciandogli la cima
della testa. – Va tutto bene, ci sono io qui con te. Riposa. –
Sussurrò,
ricacciando le lacrime di commozione. Era la prima volta che lo
chiamava Papa.
– Come
si dice? Non tutti i mali vengono
per nuocere! – Sorrise il marito, condividendo il suo stato d’animo.
Jude
chiuse gli occhi per riposare qualche
minuto. Avere quattro bambini e un bambinone ammalati
contemporaneamente si
stava rivelando faticoso.
– Non
sono un bambinone.
– L’ho
detto ad alta voce, vero?
– Già!
Riposa, stupido. Senza di te
saremmo persi! – Ammise Zero, allungando una gamba per raggiungere
quella del
marito.
Jude si
svegliò quando sentì Matthew
agitarsi. Non sapeva che ore fossero, ma era certo di aver dormito più
del
previsto.
– Stai
bene, piccolo?
– Devo
fare la pipì. – Sbadigliò,
stropicciandosi un occhio.
Jude
provò a muoversi ma, avere quattro
bambini addosso, limitava i suoi movimenti.
– Lo
accompagno io. – Sbadigliò Zero. –
Logan, vieni con noi. – Disse mentre prendeva in braccio il bambino.
Il cane
scese subito dal letto e li seguì.
Infastidita
dall’assenza del fratello,
Kimberly scoppiò a piangere seguita a ruota dai gemelli.
– Ehi,
ehi! Va tutto bene, Matty è andato
a fare la pipì, torna subito.
– Papa!
– Singhiozzò Kim, sfregando il
viso sulla sua maglietta.
– Lo so
che è tutto fastidioso, ma presto
guarirete. Promesso.
– Siamo
ninja rossi. – Disse Sky, tirando
su col naso.
– Sì,
siete proprio rossi, come Daddy.
Zero
tornò in quel momento con Matt in
braccio. Lo aiutò a stendersi di nuovo su Jude e Logan saltò sul letto
per affiancare il bimbo, così da farsi accarezzare da lui. Presto
Matthew si
addormentò di nuovo, tranquillizzato dalla sua presenza.
– Stai
meglio, Gideon? – Chiese Jude,
guardando preoccupato suo marito.
–
Tralasciando il fatto che potrei fare la
mascotte dei Devils? Sì, mi sento meglio.
– Bene,
p-perché non posso fare questo da
solo.
Riconoscendo
il principio di attacco di
panico del marito, si affrettò ad accarezzargli una guancia. – Ehi,
stupido, sta
andando tutto bene e io non vado da nessuna parte, mi hai capito?
Jude
tirò un sospiro di sollievo. – Non mi
piace quando state male.
Zero
annuì e si stese accanto a lui,
allungando un braccio per stringere a sé tutta la famiglia.
– Ha
paura Papa? – Sentì chiedere a Kim,
gli occhi ancora lucidi di pianto.
– No,
tanto poi Daddy e Papa si danno
bacio e tutti sono felici. – Borbottò Sky, con voce assonnata.
– Si
baciano sempre. – Aggiunse Sean,
arricciando il nasino.
–
Piccoli ninja, tornate a dormire. –
Sussurrò Jude. – Lo sanno anche loro che hai i baci magici. – Rise
piano per
non infastidire i bambini.
–
Vedrai appena sarò guarito! – Promise il
giocatore, sorridendo nonostante la malattia.
Li
guardò dormire, pensando a quanto fosse
fortunato. Non era certo di meritare tutto quello che la vita gli stava
regalando, ma si ripromise di diventare una persona migliore, qualcuno
che i
suoi figli potessero ammirare.
Prese
il cellulare e scattò un paio di
foto. Coprì come sempre i visi dei suo bambini con qualche animaletto
simpatico
e sorrise tra sé mentre digitava poche parole.
#scarletfeverzude
#familyinred #alltogether #loveofmylife
Il
sabato successivo Michael si presentò
con quattro peluche: tre ninja rossi e uno rosa che i bambini amarono
all’istante.
– Ne
stavo per comprare un altro… ma forse
tuo marito si sarebbe offeso. – Scherzò, accettando il caffè con un
sorriso.
– Sta
migliorando, ha ricominciato a
postare foto su Instagram.
Risero
dietro alle tazze di ceramica.
– Tu
come stai?
–
Stanco. – Ammise. – Quattro bambini
ammalati contemporaneamente è stato impegnativo. Senza contare che i
primi giorni
Gideon è stato molto male, perciò all’inizio ero solo con cinque
malati. Ma per
fortuna il sintomo peggiore è stata la febbre che, con i medicinali
prescritti
dal pediatra, non ha mai raggiunto temperature preoccupanti.
–
Immagino che tu abbia anche lavorato.
– Ho
risposto solo a qualche email. La
stagione è ormai finita, per adesso c’è poco da fare.
–
Quindi non sai di…
– Oh,
sì. Ho saputo. – Scrollò le spalle.
– Al momento lo considero irrilevante. Siamo un gruppo abbastanza unito
e io,
grazie a te e a Lionel, sono sempre il maggior azionista.
– Nonno
ninja! – Furono interrotti da Sky,
che li chiamava dal divano.
– Mi
dispiace. – Si scusò Jude, mentre
l’amico veniva rapito dai gemelli.
Tutti
nelle loro tutine preferite, stavano
giocando coi loro peluche nuovi. Tranne Kim, che si era addormentata
nel box
abbracciata al suo ninja rosa.
Zero
lasciò i tre bambini in compagnia di
Michael ed entrò in cucina. La febbre era passata, ma aveva ancora un
forte mal
di gola e il corpo rosso.
– Jude,
va tutto bene?
–
Tralasciando la vostra scarlattina?
– Sì.
– Direi
che va tutto bene, perché me lo
chiedi?
Zero
socchiuse gli occhi. – Ho sentito
qualche frase.
– Oh,
quello. Nulla di preoccupante. –
Finì di caricare la lavastoviglie. – I soliti tentativi di entrare
nella
famiglia Devils – Ironizzò, chiudendo lo sportello
dell’elettrodomestico.
– Puoi
parlarmi di tutto, lo sai, vero? –
Zero incrociò le braccia al petto.
– Un ex
sponsor, con l’aiuto di Terrence
Wall, ha provato ad acquistare le quote di Betty e di Walker, che ci
hanno
avvertiti subito, dopo aver rifiutato l’offerta.
–
Pensavo che Terrence si fosse arreso.
– Forse
è così, ma l’offerta di
collaborazione da parte dello sponsor deve essere stata allettante. Da
quel che
so, sta allenando una squadra di basket in un prestigioso liceo
privato, non se
la passa affatto male.
– I
Devils sono speciali, Jude. – Affondò
il viso tra i suoi capelli scuri. – Ne sentirà la mancanza.
– Non
lo so, ma comunque non è successo
nulla di grave.
–
Vorrei che me ne avessi parlato lo
stesso.
– Stavi
male. – Gli ricordò, baciandogli
la fronte.
– Ora
sto meglio, però.
Furono
interrotti dalla voce di Sky. –
Sono ninja e mangiano cervello umano!
– Direi
che stanno migliorando anche loro!
– Rise contro la spalla di Jude.
Tornarono
in soggiorno per salvare il loro
ospite dalle grinfie dei gemelli.
Furono
sorpresi di trovare Matt sulle
ginocchia dell’uomo.
– Sono
ninja speciali. – Sussurrò dietro
il suo peluche.
– L’ho
notato! – Rise Michael,
scompigliandogli i capelli.
– I
ninja vogliono fare la merenda o
preferiscono il pisolino? – Domandò Jude, controllando Kim.
– Con
nonno! – Sbadigliò Sky,
aggrappandosi alla gamba dell’uomo.
– Legge
storia! – Esclamò Sean, raggiungendo
il fratello.
– Sono
in trappola. – Scherzò Michael,
facendo ridere Matt. – Ehi, panda e orsetto, se mi liberate le gambe,
possiamo
andare al piano di sopra. Scegliete il libro da leggere.
I
gemelli corsero dai loro papà per farsi
portare in camera. Non avevano il permesso di salire e scendere le
scale da
soli.
Scelto
il libro, andarono tutti nella
camera di Jude e Zero, dove il bel presidente controllò loro la febbre
e
rimboccò loro le coperte.
Aveva
portato anche Kim, così che potesse
stare con il resto della famiglia.
– Jude
detesta ancora la Disney? – Indagò
Michael dalla porta.
– Ha
anche bloccato il loro canale. –
Rispose Zero, sedendosi sulla sponda del letto.
– E
rimarrà così ancora a lungo. – Sbottò
il diretto interessato. – In quello con il cervo, sparano! E i
protagonisti
sono quasi sempre orfani. Avercela con la madre non giustifica Disney
dal
traumatizzare generazioni di bambini!
I due
risero della sua espressione
oltraggiata. – È una battaglia che non ho intenzione di combattere. –
Annunciò
il giocatore, lasciando il suo posto a Devil e a Logan, che si
accucciarono
vicino ai bambini.
– Credo
di aver colpito nel segno. –
Scherzò Michael, chiudendo il libro alla fine della storia.
Trattenendo
una risata, Zero trovò anche
suo marito addormentato come i loro figli.
Scesi
in cucina, preparò un caffè.
– Oltre
alla scarlattina, va tutto bene?
Il
biondo gli porse la tazza e sedé di
fronte a lui al tavolo della cucina.
– Hai
visto la mia famiglia, sì? Come
potrebbe non andare bene? – Scherzò, per poi tornare serio. – Matthew
sta
cominciando a parlare anche con noi. All’inizio lo faceva solo con Kim,
poi anche
coi gemelli e persino con Logan. Da qualche giorno invece sta iniziando
a
chiamarci Papa e Daddy. – Sorrise, senza nascondere la sua
soddisfazione.
– Si
vede che stanno tutti bene,
scarlattina a parte, intendo dire. Si sentono protetti e al sicuro con
voi.
Anche nella malattia, sanno che ci siete voi due e che hanno anche i
loro fratelli.
Non si sentono soli e abbandonati. Questo è fondamentale.
– Tutto
merito di Jude. Mi lascia fare
molto poco. Va in modalità presidente e non mi permette di cucinare o,
quando
erano più piccoli, stare sveglio la notte per accudirli. Quando hanno
messo i
dentini, i gemelli hanno avuto qualche nottata difficile, ma c’è sempre
stato
Jude con loro. Io mi limito a giocare e a far loro il bagnetto. Un
tempo davo
loro il biberon, ma ormai quasi tutti sanno mangiare da soli.
– Sai
meglio di me quanto sia
iperprotettivo.
– È
solo che vorrei mi parlasse
spontaneamente dei suoi problemi.
–
Purtroppo alcune cicatrici dell’infanzia
si portano per tutta la vita. Ma chiunque può vedere quanto tu lo renda
felice
e quanto si sentano amati i vostri figli.
–
Voglio fare di più.
L’uomo
si adagiò sullo schienale della
sedia, guardandolo intensamente. – Stai già pensando al tuo ritiro,
vero?
– Tra
qualche anno dovrò lasciare
l’agonismo in ogni caso. In tempo per avere i ragazzi alle medie.
Potrei
seguirli meglio durante l’adolescenza.
– Hai
già pensato a cosa fare?
–
L’opinionista sportivo. Gli studi non sono
lontani e mi terrebbe occupato solo un paio di sere alla settimana.
Potrei
anche collegarmi dallo studio, così da non dover lasciare nemmeno casa.
E resto
sempre testimonial della linea di abbigliamento dei Devils.
– Forse
Jude non vuole coinvolgerti troppo
nei problemi interni della società, per non metterti a disagio con gli
altri
giocatori.
– Lo
penso anche io, ma odio che lo
faccia. Vorrei potesse venire da me per qualsiasi problema. – Si passò
una mano
tra i capelli biondi. – Tra poco sarà anche l’anniversario della morte
di
Oscar.
Michael
finì il suo caffè. – È un momento
difficile per Jude?
– No, è
questo il punto. Non dice nulla
sull’argomento e non fa nulla di strano. Ma io so quanto abbia cercato
la sua
approvazione e il suo amore, senza essere mai riuscito ad ottenerlo.
Dannazione! Gli è morto tra le braccia! Credo sia per questo che inizio
a
dubitare di essere un buon marito. Forse non ci sono tagliato. –
Sussurrò con
amarezza.
– Non
dire stronzate! – La voce, per una
volta dura, di Michael lo fece trasalire. – Davvero non lo vedi? Non
vedi
quanto tu sia importante per lui e per i vostri figli?! Persino i
vostri cani
sono adorabili! Sembrate usciti da uno spot per famiglie!
–
Abbiamo anche noi dei momenti difficili.
– Borbottò imbarazzato. Era inquietante essere paragonati a quelle
famiglie
fittizie e sempre sorridenti.
– Ma
siete una squadra e lavorate insieme.
Ti è mai venuto in mente che, forse, è la tua presenza e quella dei
bambini che
permette a Jude di non pensare troppo a Oscar? – Zero schiuse le labbra
pronto
a rispondere, quando si rese conto di non sapere cosa dire. – Lo
sapevo. Ti
stai sottovalutando. – Fu la bonaria accusa dell’uomo d’affari. –
Strano per
uno con l’ego grande quanto la Svizzera. Così almeno mi dice tuo
marito. –Lo
prese in giro, alzandosi. – Ti lascio a meditare su questa mia perla di
saggezza. Stasera ho un gala di beneficienza a cui non posso mancare.
Salutami
Jude e i bambini.
Rimasto
solo, Zero tornò in camera da
letto guardando la sua famiglia, appoggiato con una spalla allo stipite
della
porta.
– Ma
Papa! – Sbuffò Sky, aggrappandosi
alla sua gamba.
–
Niente giubbotti di salvataggio, niente
piscina.
– Non è
ragionevole. – Sospirò il gemello,
che si stava facendo allacciare il giubbotto dal suo Daddy.
Zero
rise, scompigliandogli i capelli. – A
volte non lo è.
Matthew
guardò l’acqua intimorito e andò a
sedersi sul patio in compagnia di Logan.
Jude
finì di preparare Kim e la passò a
Zero, per poi andare dal bambino. – Ehi, piccolo ninja, non ti piace la
piscina? – Matt si grattò il nasino, ma non disse nulla. –Vorresti
aiutarmi con
Kim? Da solo non so se riesco a guardare lei e i gemelli. Sky oggi sta
facendo
i capricci. Basta solo che tu sieda sulla sponda, con soltanto i piedi
in
acqua. Se non ti vede, Kim ha paura.
Matt
annuì, prendendolo per mano. – Sono
il maggiore. – Disse lasciando che gli allacciasse il giubbotto
arancione.
–
Esatto, piccolo principe.
Zero
era già in acqua con Sean e Kim, che
subito sorrise alla vista del fratello. – Matty dinauro! – Esclamò
indicando il
materassino a forma di dinosauro rosa sul quale era seduta.
Jude
rimase in disparte, su una sdraio non
lontano da Sky, steso sull’erba con il broncio delle grandi occasioni.
Quando
sentì i suoi fratelli ridere tra loro si voltò su un fianco,
nascondendo le sue
lacrime.
– Tutti
possono cambiare idea, – gli disse
il suo Papa, – ti stanno aspettando. È un peccato non giocare con loro,
non
credi?
Sky si
asciugò gli occhi e corse ad
abbracciarlo. – Ma fa fastidio giubbotto. – Cercò di spiegargli, contro
la sua
spalla.
– Te lo
metto perché tu possa giocare
senza pericolo. Questo giubbotto è nuovo. È un po’ più grande. Provalo,
sono
sicuro che non avrai problemi.
Sky
ubbidì e mosse le braccia. – Non tira
tanto.
–
Visto? Ora andiamo in acqua, i tuoi
fratelli ti stanno aspettando. – Lo aiutò ad entrare in piscina e andò
a
sedersi sulla sponda accanto a Matt.
– Non
vai in piscina, Papa?
–
Preferisco stare qui con te. Tanto Daddy
si sta divertendo per tutti e due! – Rise guardando suo marito farsi
schizzare
dai gemelli, mentre Kim chiamava Devil, che si stava rotolando
nell’erba lì
vicino.
– Non
mi piace l’acqua nel naso. – Pigolò,
nascondendo il viso contro il suo braccio.
–
Neanche a me! Ma la soffio via. Sai, per
una sola cosa fastidiosa, rischierei di non poter giocare con gli
altri. – Gli
accarezzò la testa. – Proviamo a nuotare insieme? Ci mettiamo io e te
quaggiù,
tanto si tocca e sei vicino alla scaletta. Puoi andare via quando vuoi.
Matt,
anche se titubante, annuì e si
lasciò aiutare ad entrare in acqua.
Devil
si tuffò schizzando i gemelli alle
spalle, per la gioia di Kim, che rise delle loro lamentele e di Zero,
che si
autoproclamò Sommo Ninja dell’Acqua.
Jude
rise di loro, mentre insegnava a
Matthew i rudimenti del nuoto. Dopo alcune difficoltà iniziali, il
piccolo
cominciò pian piano a non temere più l’acqua e imparò a soffiarla via
dal naso.
Quando
fu ora di asciugarsi e di fare il
pisolino, paradossalmente, fu proprio lui a chiedere di poter stare un
po’ di
più.
Jude
gli promise che avrebbero proseguito
il pomeriggio seguente e lo aiutò ad asciugarsi. Era felice che il
bambino
avesse superato la sua paura. – Vi siete meritati tutti una anguria
gigante!
I
gemelli saltellarono sul prato e corsero
in casa seguiti da Devil. Matt attese Logan e rientrò insieme a lui.
Zero
asciugò la bambina e le cambiò il costumino, prima di seguire il resto
della
famiglia.
Una
volta fatti stendere nel letto rosso a
forma di automobile, Jude lesse una favola. Dopo poche pagine già
dormivano
profondamente. Lasciò i due cani a protezione dei bambini e tornò in
cucina.
–
Dormono come sassi. – Disse al marito,
aprendo il frigo alla ricerca del succo di frutta.
Sentì
le sue mani sul costume da bagno che
ancora indossava.
– Jude?
– Dove?
– Il
tuo studio.
I due
uomini si baciarono, mentre
raggiungevano la scrivania. – Dio! – Ansimò, quando la bocca di Zero
gli
succhiò un capezzolo.
Gli
accarezzò i capelli e le spalle,
cercandogli di nuovo le labbra. Con un colpo di anca lo sbatté contro
la
scrivania e cadde in ginocchio alla ricerca del sesso di suo marito.
Abbassò il
suo costume nero e leccò dalla radice alla punta, mordicchiando come e
dove
piaceva a lui.
–
Ju-Jude! – Lo sentì ringhiare, mentre
gli tirava i capelli scuri.
– Primo
cassetto a destra. – Ansimò,
lasciandosi trascinare sino alla poltrona.
Quando
Zero si sedé con il lubrificante in
mano, lui gli si mise a cavalcioni, lasciando che suo marito lo
preparasse con
cura.
Non lo
facevano da diversi giorni e Zero
non voleva fargli alcun male.
Quando
Jude si calò su di lui, ansimarono
entrambi. Duellando con le lingue si mossero in perfetta sincronia,
raggiungendo il piacere a poche spinte di distanza l’uno dall’altro.
– Dio!
Mi sei mancato così tanto. – Ansimò
Jude, contro la sua spalla sudata.
– Anche
tu, stupido. – Pettinò con le dita
i suoi capelli sudati, mentre con l’altra mano gli accarezzava la
schiena. – Oggi
sei stato bravo con Matty. Finalmente ha smesso di aver paura
dell’acqua.
– Lo
pensi davvero? – Domandò Jude, il
viso ancora nascosto sulla sua pelle.
– Mmm?
Ehi, cosa c’è?
–
Niente. – Bofonchiò, stringendosi a lui.
– Sei
un padre eccezionale, stupido.
Perché ne stai dubitando propr… Jude? – Si allarmò, sentendolo
piangere.
– Non
so cosa mi sia preso. – Si
giustificò una volta calmatosi.
Zero
gli prese il viso tra le mani e lo
costrinse a guardarlo in viso. – Sei un padre eccezionale. Te lo giuro.
– Lo
vide annuire anche se titubante. – Ciò che ti disse Oscar è stata solo
la sua
ultima cattiveria. Hai quattro bambini di là che sono la prova vivente
di
quanto lui si sbagliasse. – Gli baciò la punta del naso. – Stai dando
loro solo
il meglio di te. Te lo prometto.
–
Grazie. – Sospirò, abbracciandolo. – Di
solito non ci penso.
– Oggi
è l’anniversario della sua morte,
lo so. Gli altri anni non hai detto nulla.
– Ho
passato la notte in bianco a guardare
te e i gemelli dormire. – Confessò arrossendo. – Oggi però è stato
diverso.
Aver insegnato Matt a nuotare, vedere i gemelli giocare con te e Kim
con Devil,
non lo so. Per la prima volta ho davvero capito che stavamo crescendo
quattro
persone. Che stiamo insegnando qualcosa a quattro persone. Non so se
quello che
sto dicendo abbia un senso.
– Ti
capisco. A volte non riesco a credere
a ciò che abbiamo. Ma stiamo facendo bene, Jude. Lo so che è difficile,
ma ci
stiamo riuscendo.
– Chi
lo avrebbe mai detto! – Rise
incredulo.
– Io!
– Cosa?!
– Ero
certo che ce l’avremmo fatta. – Jude
lo guardò con gli occhi socchiusi. – Cosa?
– Sul
serio, Gideon? Tu non volevi nemmeno
una relazione!
– E tu
non volevi ammettere di essere gay,
eppure eccoci qui!
Si
sorrisero.
–
Eccoci qui! – Ripeté Jude, sfregando il
naso contro il suo.
Devil
abbaiò dalla cima delle scale,
avvertendoli che i bambini si stavano svegliando.
–
Quando eravamo da soli, nessuno
interrompeva le nostre sessioni di sesso sfrenato!
Jude lo
guardò da dietro la spalla, mentre
saliva al piano superiore. – Ti stai lamentando?
–
Assolutamente no! – Rise, seguendolo.
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Capitolo 12 *** ch12 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
12
Gojyina
–
Qualcosa
l’ho lasciata. Te. – Disse Oscar, con un brandy in mano.
La
luce artificiale illuminava lo studio di colori ocra. Una luce troppo
calda per
quella stanza. Troppo confortevole. Aveva sempre odiato lo studio di
suo padre.
–
Per quanto ti sforzi di essere diverso, ora sei costretto ad avere a
che fare
con i problemi che ho dovuto affrontare per quasi venticinque anni.
Jude
fece un passo indietro. Non era vero, non era come lui. Stava gestendo
la
squadra diversamente.
– Ci
sarà sempre una parte di te che si ricorderà di me. L’istinto è
difficile da
controllare. – Oscar sembrava infintamente soddisfatto. – Sei un
Kinkade. La
cattiveria è nel DNA. Il DNA, Jude. – Rise, una luce malvagia
attraversò i suoi
occhi sottili. –
Sarai sempre legato a me. Sempre… Il DNA…
Sempre.
La
sagoma di Oscar si accavallò con la propria.
Con
orrore, vide se stesso allungare una mano e spingere Matthew giù per le
scale.
Il
piccolo rotolò sino a raggiungere il pavimento, dove si accasciò con un
tonfo
che, nelle orecchie di Jude, risuonò come uno sparo.
– No! –
Urlò, mettendosi a sedere di
scatto.
– Jude?
Si
guardò attorno stordito. In un primo
momento non riuscì a riconoscere la sua camera da letto.
–
Matty. Ho spinto Matty. – Balbettò
graffiandosi il braccio sinistro.
– No,
stupido! – Zero gli prese il viso
tra le mani. – Non faresti mai del male a nessuno di noi. Capito?
Jude
batté lentamente le palpebre,
cercando di mettere a fuoco la persona che aveva davanti. – Gideon?
– Sì,
stupido! Hai la febbre alta e stavi
delirando. Stiamo bene, non ci faresti mai del male. Stenditi, ci sono
io qui
con te.
Jude
chiuse gli occhi arrossati e tornò
sotto le coperte. Zero gli mise una pezza imbevuta di acqua sulla
fronte e gli
accarezzò i capelli, pettinandoli all’indietro sino a quando non fu
certo che
si fosse addormentato.
Digrignò
i denti.
Persino
dalla tomba Oscar continuava a
infastidirli.
Come
potesse suo marito anche solo pensare
di somigliare a quel mostro, era qualcosa di cui non riusciva a
capacitarsi.
Alcune
ferite non smettevano mai di
sanguinare del tutto. Quando sembravano cicatrizzate, eccole che si
riaprivano
a tradimento.
Gli
accarezzò il viso arrossato. –
Guarisci e torna presto da noi, stupido.
– Daddy?
La voce
preoccupata di Matthew attirò la
sua attenzione. Posato il giornale su divano, si voltò per guardarlo.
A sei
anni da poco compiuti, era il figlio
più serio e giudizioso dei quattro.
– Che
succede?
– Kim
sta piangendo. – Pigolò, spostando il peso
da una gamba
all’altra. – Pensa che Papa la odi. Le ho detto che è una stupidaggine,
ma non
mi crede.
– Hai
fatto bene a chiamarmi. – Gli
scompigliò i capelli scuri e salirono insieme in camera.
I
gemelli erano ai lati del letto rosso a
forma di macchinina e tirarono un sospiro di sollievo quando lo videro.
– Daddy!
–
Dateci un minuto, va bene? – Chiese
loro, prima di avvicinarsi alla piccola, nascosta sotto le coperte. –
Ehi,
piccola ninja? Il tuo Papa non ti odierebbe mai e poi mai!
– Ha la
febbre per colpa mia. – Bofonchiò,
la voce attutita dalle coperte.
– Si
sono ammalati prima i tuoi fratelli e
adesso tu e Papa. A volte i virus volano in aria, non possiamo farci
nulla.
Kim
spostò il piumone per poterlo guardare
con i suoi occhioni lucidi di pianto e di febbre. – Papa non sta mai
male,
però.
– Lo so
tesoro, ma è umano anche lui. A
volte succede. Ehi, perché non andiamo a trovarlo? Si sentirà solo in
quel
letto così grande.
–
Davvero possiamo? – Chiese piena di
speranza.
– Certo
che sì! Andiamo piccola! – La
prese in braccio e uscì, trovando i tre figli nel corridoio.
–
Possiamo venire anche noi? – Matthew
sembrava spaventato.
All’inizio
Zero non capì il perché, ma poi
un pensiero lo colpì allo stomaco.
Di
tutti i suoi figli, lui era l’unico che
conservava alcuni, seppur vaghi, ricordi della sua famiglia naturale.
Era
quindi probabile che fosse terrorizzato all’idea di perdere un altro
genitore.
– Ehi,
campioni. Papa non voleva che
entraste in camera per paura di contagiarvi, ma sapete cosa? Non
importa.
Andiamo da lui, ma facciamo piano!
Aperta
la porta, trovarono Jude sotto le
coperte, il viso arrossato e madido di sudore.
Aprì
lentamente gli occhi quando sentì i
bambini salire sul letto. – Che succede? Gideon?!
– Hanno
paura per te e gli mancavi. – Spiegò,
sorridendo quando Kim si lanciò sul petto del marito, seguita da Sean e
da Sky,
che usò la sua spalla come cuscino.
Matt si
andò a sdraiare dall’altro lato,
nascondendo il viso contro il suo braccio. Poteva vederlo tremare anche
sotto
le coperte. Devil e Logan li raggiunsero e si accucciarono sulle
coperte, lei
accanto a Sky e lui ai piedi del letto.
– Direi
che ci siamo tutti! – Scherzò il
giocatore, stendendosi accanto a Matthew, così che sentisse la presenza
di
entrambi i genitori.
– Ora
mi sento molto meglio. – Sorrise
Jude, quando suo marito allungò una mano per abbracciarli.
– Non
sei arrabbiato con me, Papa? –
Chiese Kimberly, sfregando il naso contro il suo petto.
–
Impossibile! – Rispose subito,
tranquillizzandola.
– Che
ti avevo detto? – Le sorrise Zero. –
Ora facciamo riposare i due ammalati, così guariranno velocemente.
–
Sapete una cosa? – Sussurrò Jude, nel
dormiveglia. – Anche la febbre può essere divertente, se siete qui non
me!
– Ma
Papa! – Rise Kim.
–
Giuro! Sto già meglio! – Mentì,
sorridendo loro.
– Hai
la faccia tutta rossa, – notò Sean,
– se fai il pisolino poi passa!
– Hai
ragione, facciamo il pisolino, così
la febbre scomparirà. Può capitare di ammalarsi, non è colpa di
nessuno. Ma se
siete con me, guarirò prima. Ora riposatevi anche voi, o non riuscirete
a
giocare più tardi.
Avrebbe
voluto dire di più, ma la
stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.
Zero
posò una mano sulla sua fronte e
subito si preoccupò, sentendola ancora molto, molto calda.
Era la
prima volta che i bambini lo
vedevano malato. Dannazione, era la prima volta che lui stesso lo
vedeva
malato. Poteva capire il loro timore. Jude era sempre stato colui che
si
prendeva cura di tutti. Una specie di supereroe da cui andare per farsi
abbracciare. Persino lui si sentiva destabilizzato adesso che lo vedeva
fiaccato dalla febbre.
– Papa
guarirà? – La vocina spaventata di
Matt lo intenerì.
Gli
baciò la cima della testa. – Certo,
piccolo ninja. Serve solo un po’ di tempo.
– Non
mi piace vederlo malato.
–
Neanche a me, ma succede. Non dobbiamo
farlo sentire in colpa, vero?
– No. –
Scosse la testa.
–
Allora dobbiamo avere pazienza e
trattarlo come fa sempre lui, quando siamo noi quelli malati.
–
Allora lo abbraccio. – Disse il piccolo,
sfregando la fronte contro il braccio di Jude. – Però non so cucinare.
–
Quello lo farò io, – promise il
giocatore, – non devi preoccuparti. Non resterai mai da solo. Ci siamo
io e
Papa, Kim e i gemelli, Miguel, zia Jelena e zia Lionel, poi c’è nonno
Michael
che farebbe di tutto per voi.
– E
Devil e Logan.
–
Certo, anche Devil e Logan. – Confermò,
accarezzandogli i capelli. – Non aver paura, siamo tutti qui con te.
Matt
sorrise, abbandonandosi finalmente al
sonno.
Zero
vegliò sulla sua famiglia sino a
quando i gemelli non iniziarono a sbadigliare e a strofinare i visi su
Jude.
– Fanno
ancora il riposino? – Bofonchiò
Sky.
–
Lasciamoli dormire, così guariranno
prima. – Sussurrò Gideon.
– Papa
guarisce perché lo abbracciamo. –
Disse Sean, stropicciandosi un occhio.
L’uomo
gli accarezzò la testolina scura.
Avevano
dei bambini davvero eccezionali.
Intelligenti, generosi e gentili.
Era
certo che il merito maggiore lo avesse
Jude, che aveva fatto di tutto per proteggerli dai gossip e dai
giornalisti,
permettendo loro di avere un’infanzia il più normale possibile. Non
solo. Li
stava crescendo con pazienza e attenzione. Mai lo aveva visto adirato,
mai
aveva alzato la voce con loro. I loro figli si sentivano al sicuro con
lui, lo
consideravano una certezza.
Sapevano
che il lavoro di Zero lo portava
ogni tanto via per qualche giorno, ma Jude era sempre con loro.
Per
questo trovava assurdo che suo marito ancora
temesse di diventare come Oscar. I loro figli erano la prova vivente
dell’abisso che c’era tra i due.
–
Daddy, andiamo a prende il succo per
Papa e Kim? – Domandò Sky. – Papa ce lo dà sempre quando siamo
ammalati, dice
che dobbiamo rimanere diratati. Ah,
no, iradati.
– Idarati!
– Lo corresse Sean, roteando gli occhi.
–
Idratati. – Rise il giocatore, spostando
la coperta. – Avete ragione. Prendiamo tutti i bicchieri e i succhi di
frutta.
Scesero
senza fare rumore, i gemelli presero
una bottiglia ciascuno e il padre si occupò delle tazze colorate.
Tornati al piano superiore posarono tutto sui due comodini, per poi tornare sotto le coperte.
Kim
tossì nel sonno e Jude si svegliò
controllando subito la sua fronte.
– Papa?
– Sussurrò Sky. – Stai meglio?
– Sì,
grazie ai vostri abbracci! – Lo
rassicurò sorridendo. – Devo solo misurare la febbre a tua sorella e…
Zero lo
fermò prima che si alzasse. – Rimani
steso. Sean prendi il termometro, per favore, è sul comodino. Sky,
controlla
che anche Papa si misuri la febbre.
–
Gideon, sto molto meglio. – Provò a
protestare.
– Jude,
sei bollente e non nel modo in cui
piace a me, e hai gli occhi lucidi. I bambini sono preoccupatissimi.
Resta
sotto le coperte con Kim, ci prenderemo cura di voi.
Suo
marito annuì con un sospiro sconfitto.
– Vorrà dire che riposerò ancora un po’, così la febbre passerà più in
fretta.
– Si morse il labbro inferiore. – Non dovreste stare nel letto con noi,
potreste ammalarvi di nuovo.
– Non
importa. Non ti lasciamo. – Disse il
giocatore, accarezzandogli i capelli fino a quando non si fu
riaddormentato.
Cercò
di contenere la preoccupazione
quando lesse la loro temperatura, non volendo allarmare i gemelli.
–
Stanno meglio, Daddy? – Chiese Sky.
–
Dobbiamo abbracciarli ancora un po’.
– Va
bene! – Accettarono subito i due e si
accoccolarono meglio sul loro Papa.
– Jude?
Stai avendo una reazione
eccessiva.
Zero
sistemò la coperta sui due malati e
accese loro la televisione.
Aveva
anche cosparso di cuscini l’angolo
del divano così che i due fossero più comodi. Era il primo giorno che
riuscivano ad alzarsi dal letto e voleva che si sentissero confortevoli.
– Non
diciamo sciocchezze! – Borbottò, per
poi ricominciare a respirare nel sacchetto di carta. – Sono i nostri
figli.
– Lo so.
–
Gideon! Dove ho sbagliato con loro?
– Vedi?
È una reazione eccessiva!
– Mi
hanno detto che non gli piace il basket!
Come posso non avere una reazione eccessiva! –
Esclamò, con tutta la voce che il
suo mal di gola gli concedeva. – Il baseball e il tennis! Tsk! Gli
piace
guardare quella roba, neanche giocare! Guardare!
Zero
sedé accanto al suo drammatico
marito. – L’importante è che siano bambini sani ed educati, no? –
Abbracciò i
suoi due ammalti, baciando le loro teste. – Crescendo magari
cambieranno idea.
– Ho
fatto realizzare la linea Devils per
bambini proprio per loro. – Si lamentò, posando la fronte calda sulla
sua
spalla, in cerca di conforto.
– Ma
noi li amiamo indipendentemente dalle
loro scelte di vita. – Gli ricordò.
– È
vero. – Ammise sconsolato, rivolgendosi
poi alla piccola Kim. – A te piace il basket, vero? – Chiese con la
voce colma
di speranza.
–
Preferisco Barbie! – Zero e Jude
scoppiarono a ridere, abbracciandola. – Papa?
–
Dimmi, cucciolo.
– Per
Natale mi regali una sorellina? – Chiese,
stropicciandosi un occhio.
I due
la guardarono sorpresi, poi Jude le
rivolse un sorriso triste. – Ti senti sola?
– Non
proprio. Non lo so. Matt ha Sean e
Sky con cui giocare ai ninja. Ma io non ho nessuno. Amanda e Alyssa non
sono
proprio come avere in casa delle sorelle.
Gideon
le baciò la testa. – Ci proveremo,
tesoro. – Promise, mentre Jude le accarezzò la schiena sino a quando
non si fu
addormentata. – Ehi, stupido? Ti stai di nuovo perdendo nella tua testa.
– Non
pensavo che si sentisse sola.
Il
giocatore gli accarezzò la fronte. –
Nemmeno io, ma ce lo ha detto adesso. Forse non lo sapeva neanche lei.
– Gli
sorrise, sfregando la punta del naso contro la sua tempia. – Cosa ne
pensi?
– Non
lo so. Non era mia intenzione avere
altri bambini, ma se lei vuole una sorella, penso che potremmo
accontentarla.
–
Stavolta mi permetterai di aiutarti di
più?
–
Assolutamente no! – Fu la sua categorica
risposta. – Fino a quando sarai un giocatore dei Devils, niente notti
in bianco
per te.
– Ti
amo, stupido. Anche se sei testardo!
– Ti
amo anch’io, per lo stesso identico
motivo.
– Ora
riposa anche tu o l’influenza non ti
passerà mai.
Jude
annuì e si stese sui cuscini,
sistemando la coperta sulle spalle di Kim. Zero gli fece posare la
testa sulla
sua spalla e strinse a sé i due malati.
Jelena
e Miguel andarono a trovarli il
sabato successivo.
– Zia
Lena! – Trillò Kim, felice di
vederla.
– Ehi,
piccola guerriera. Come stai? – Le
chiese, sedendosi sul divano vicino a lei.
–
Meglio. Tra poco mi passerà la febbre e
per Natale avrò una sorellina! – Annunciò eccitata.
Jelena
sollevò un sopracciglio, guardando
Jude, accanto alla figlia.
– Si
sente sola, insomma, è l’unica
ragazza della famiglia. – Balbettò arrossendo.
Matthew
e i gemelli scesero le scale e
saltarono addosso a Miguel.
– Mi
insegni i numeri? – Chiese subito
Matthew.
– Prima
i dinosauri! Li conosce tutti! –
Esclamò Sky ammirato, aggrappato alla sua gamba destra, mentre il
gemello
s’impossessava della sinistra.
– Ehi,
piccoli ninja, – li chiamò Zero,
uscendo dalla cucina, – liberate il prigioniero e venite a sedervi qui.
Mi
spiace, amico! – Rise, dando una pacca sulla spalla del ragazzo. –
Adesso vi
porto del succo di frutta.
I
bambini presero posto ai tavoli bassi che
usavano per mangiare, trascinando Miguel
con loro.
Jelena,
elegantissima nel suo completo
bianco giacca pantalone, continuava a guardare Jude.
– Cosa?
– Hai
intenzione di formare una seconda
squadra di basket? Non ti basta la nostra?
– Ce la
posso fare. – Sussurrò per non
svegliare Kim, assopitasi abbracciata alla sua ninja rosa.
–
Almeno prendi un tata, qualcuno per…
– No.
Non cresceranno con degli estranei.
– Decise perentorio. – Faremo come sempre, se dovessimo adottare una
bambina
molto piccola, allora lavorerò da casa.
Incrociò
le braccia al petto e scosse la
testa, facendo risuonare i pendenti in oro bianco che le adornavano i
lobi. –
So che faresti di tutto per i tuoi figli, ma…
– Tra
quattro e cinque non c’è molta
differenza. – Le fece notare.
– Ma
non saranno cinque. Lo sai tu come lo
so io. Sceglierete due sorelle o un fratello e una sorella, così che
non
vengano adottati separatamente.
– È
possibile. – Ammise, massaggiandosi le
tempie.
–
Potrei scommettere la mia poltrona e sai
quanto ci sia attaccata!
Zero li
raggiunse porgendole una tazza di
caffè. – Tutta questa preoccupazione per Jude è inquietante. – La prese
in
giro, sedendosi accanto la marito. Subito posò una mano sulla sua
fronte, lieto
di sentirla molto meno calda rispetto ai giorni precedenti.
– Resta
il presidente e il maggior
azionista. Controllo che non si ammazzi.
–
Melodrammatica. – Borbottò, posando la
testa sulla spalla di Zero. – Posso gestire lavoro e famiglia. L’ho
sempre
fatto.
–
Questo prima di adottare altri due
bambini!
– Due?!
– Le fece eco il giocatore. –
Perché due, Jude?
Jelena
roteò gli occhi. – Siete
insopportabili!
– Per
quanto riguarda la squadra? Pete ha
rinnovato il contratto? – Le domandò, posando la testa sulla spalla di
Zero.
– Sì,
ha voluto un aumento del premio
obiettivo alla fine dell’anno, ma nulla che non possiamo permetterci. I
ragazzi
si fidano di lui, sostituirlo sarebbe stato difficile.
– Prima
o poi se ne andrà. Resta solo per
Ahsha, che è la coreografa delle ragazze, ma anche lei un giorno andrà
via.
– Pensi
che Derek vorrà fare l’allenatore
quando avrà lasciato l’agonismo? – Domandò la donna, sorseggiando il
caffè.
– Mi
aveva accennato qualcosa tempo fa.
Jelena
indicò Zero con la testa. – E il
“principe consorte”?
– Ho
scelto altro. – La sua risposta
attirò la loro curiosità. Non aveva ancora avuto il tempo di parlarne
con Jude.
– Farò l’opinionista sportivo. Gli studi non sono lontani e potrei
anche
collegarmi da qui. Così potrò essere più presente quando i
bambini
saranno adolescenti.
Suo
marito gli strinse una mano. – Sei
sicuro?
– Sì.
Poi sarà divertente commentare il
lavoro altrui stando comodamente seduto! – Scherzò, facendolo sorridere.
– Bene,
vorrà dire che Jude avrà più tempo
per i Devils. – Commentò lei, guardando l’orologio. – Miguel, andiamo o
faremo
tardi.
Il
ragazzo sorrise ai bambini, promettendo
loro che sarebbe tornato a giocare ancora con loro.
– Matt
è portato per la matematica. –
Commentò salutando i due adulti.
– Così
sembra, anche se non ama il basket.
– Sussurrò Jude. – Nessuno di loro è appassionato di sport.
– Ahia.
– Già.
Zero
sbuffò una mezza risata. – Non
ricominciare, melodrammatico. – Lo ammonì, rivolgendosi poi al
ragazzino. – Ehi,
campione! Dove devi andare di sabato pomeriggio?
Miguel
deviò il suo sguardo indagatore. –
Festa. Un compleanno. Niente.
– Oh!
Chi è lei?
– La
mia compagna di classe de… No! Non
fare quella faccia! – Sbottò, guardando Zero sorridere allusivo. –
Vado, ciao!
Jelena
sollevò un sopracciglio scuro. –
Fossi in voi, non prenderei in giro la vita sentimentale altrui. Presto
avrete
decine di ragazze e ragazzi, qui fuori, alla ricerca dei vostri figli!
– Sul
mio cadavere. – Promise Zero,
accompagnandola alla porta.
– Ehi,
malato! Il mese prossimo dobbiamo
organizzare la raccolta fondi per Mary e Paula. Vedi di rimetterti per
allora! –
Lo salutò, raggiungendo Miguel che la aspettava vicino all’auto.
– Tsk!
Ragazzi alla porta. – Brontolò il
giocatore, tornando dal marito. – Ce n’è di tempo per quello!
– Non
ti starai già preoccupando, vero? –
Lo prese in giro, lasciandosi abbracciare. – Melodrammatico.
– Ho
ancora tempo per farmi il porto
d’armi.
–
Gideon!
Jude e
Zero sorrisero a Mary, che corse ad
abbracciarli.
–
Grazie per il vostro prezioso aiuto! –
Disse loro.
– Non
scherzare, è il minimo che possiamo
fare! – La tranquillizzò Zero. – La raccolta di beneficienza sarà un
successo.
Hanno aderito diversi programmi televisivi e il nostro ufficio stampa
si sta
occupando sei social.
Passeggiarono
per l’edificio, notando
preoccupati alcune crepe e i segni di muffa sui soffitti.
– Se
non facciamo qualcosa, l’ufficio
d’igiene ci farà chiudere e non saprei come fare con i bambini.
Passarono
per la nursery e sorrisero a una
doppia culla, con due bambine, addormentate una di fronte all’altra, in
una
posizione che ricordò loro Sean e Sky durante i loro primi anni di vita.
D’improvviso
spuntò una bimba di circa due
anni, che si frappose tra loro e la culla.
– Wow!
Principessa guerriera! – Sorrise
Gideon, inginocchiandosi di fronte a lei. – Non vogliamo farti del
male. Sono
le tue sorelline?
Lei lo
guardò un lungo istante, prima di
annuire.
Jude
fece un passo indietro. – Mary?
– Sono
tre sorelle. – Iniziò a spiegare. –
Orfane, sono state affidate alla nonna materna, che è deceduta la
settimana
scorsa. Amethyst, la sorella maggiore, è molto protettiva, come puoi
vedere. Ha
solo due anni, ma non permette a nessuno di avvicinarsi a lei o alle
sorelle.
Io ho impiegato un pomeriggio per farmi accettare, spiegandole che
volevo solo
cambiarle e dar loro da mangiare.
– Forse
ha trovato qualcuno di cui potersi
fidare. – Sussurrò con un caldo sorriso, quando vide suo marito con la
bambina.
Li
guardò insieme e una sensazione di
calore gli invase il petto.
Forse
era il sorriso di Zero o i capelli
biondi di lei, ma sembravano davvero padre e figlia.
Era una
follia. Una di quelle che non era
solito fare. Eppure nulla gli era sembrato più sensato di quello.
– Mary,
puoi farmi una cortesia?
– Tutto
ciò che posso! – Rispose subito la
donna.
–
Potresti preparare i documenti per
l’adozione?
– Jude?
– Domandarono in coro sia lei che
il giocatore. Mary scioccata, lui pieno di speranza.
–
Kimberly si sente sola e noi non
vogliamo che queste tre piccole vengano separate, vero? Anche le
guerriere
devono avere un posto in cui riposare. – Amethyst lo guardò con
attenzione. – A
casa abbiamo tre ninja, due cani guardiani e una principessa solitaria
che
avrebbe tanto bisogno di sorelline con cui condividere i suoi giochi.
Gideon
cercò le foto sul cellulare e
gliele mostrò. – Loro sono Logan e Devil. Questi piccoli diavoli sono
Matt,
Sean e Sky. Lei è Kimberly.
Amethyst
posò una manina sulla sua,
attratta dal ninja rosa che aveva la bambina della foto.
– Ne
vuoi uno anche tu? – La vide annuire.
– Va bene, allora ne prenderemo uno per te e uno per le tue sorelline,
così
ognuna di voi avrà il suo.
–
Bambola rosa. – Disse puntando il dito
sulla foto.
–
Certo, piccola guerriera, è una bambola
rosa.
Amethyst
gli sorrise, grattandosi il
nasino.
Jude
s’intenerì di fronte al sorriso di
suoi marito e li lasciò nella nursery per fare un paio di telefonate.
Mary
attese che finisse prima di
avvicinarlo. – Sei sicuro di farcela?
– Sette
è numero perfetto, no? – Scherzò,
passandosi una mano tra i capelli. – Non lo so, ma ci riuscirò. Ho
visto quel
sorriso sul viso di Zero solo con i nostri figli e quella bambina è
così
coraggiosa e protettiva. È davvero una piccola guerriera e merita di
avere
un’infanzia normale.
– Siete
delle persone davvero buone. –
Sorrise commossa.
– Ci
proviamo! Ma non dirlo a mio marito,
ama ancora interpretare la parte del cattivo ragazzo.
Risero
insieme, mentre Jude aspettava i
rinforzi.
– Avete
ufficialmente formato una squadra di
basket più due riserve. – Esordì Lionel, togliendosi gli occhiali da
sole. Il suono
dei suoi tacchi riecheggiò nella hall dalle pareti verde chiaro. – I
seggiolini
sono nella mia auto. Dove sono le nuove Kinkade?
–
Grazie per l’aiuto. – Disse Jude. – Zero
sta mostrando altre foto alla piccola Amethyst.
–
Amethyst? Bel nome.
– Le
gemelle si chiamano Amber e Agatha.
–
Quanti anni hanno?
– La
maggiore due anni e le gemelle nove
mesi e mezzo.
– Te la
senti di ricominciare con i
pannolini e gli omogeneizzati?
Jude si
passò una mano tra i capelli. –
Appena vedrai il viso di Gideon, saprai la risposta. Oh, eccoli qui.
Zero
arrivò con la piccola Amethyst in
braccio, aveva il sorriso più luminoso che Lionel gli avesse mai visto.
Mary
era accanto a lui, con due fagotti uno rosa e uno bianco.
–
Gideon è stato l’unico a conquistare
subito la fiducia di quella bambina. Ne va molto orgoglioso. – Spiegò
all’amica, andando a prendere le due gemelle.
L’attrice
inforcò gli occhiali scuri. –
Insegna loro a chiamarmi nonna e ci saranno delle ripercussioni!
– I
bambini ti chiamano zia. – Le fece
notare Jude, sollevando un sopracciglio scuro. Emise un sospiro
sconsolato. –
Jelena mi prenderà in giro per il resto della mia vita. Oddio! Non lo
hai detto
a Michael, vero? – Si allarmò immediatamente.
Il
sorriso soddisfatto di Lionel gli
procurò un brivido di puro terrore.
– Credo
che abbia superato se stesso. –
Decise Gideon, scendendo dalla macchina.
Accanto
alla porta di casa c’erano tre
orsacchiotti alti quasi due metri, uno rosa, uno lilla e uno verde
chiaro e ben
dodici scatole piuttosto grandi.
– Non
siamo mai riusciti a fermarlo. – Si
limitò a dire, slacciando la cintura delle gemelle.
Sorrise
vedendo come la piccola Amethyst
allacciò le braccia al collo di Zero. Era felice che fosse finalmente
il genitore
più richiesto.
Non che
i loro figli non lo amassero, ma
il primo che chiamavano era Jude perché sapevano che il lavoro di Zero
lo
impegnava anche fuori casa, mentre lui lavorando anche dallo studio,
era una
certezza.
Era
stato questo uno dei motivi che lo
avevano spinto a chiedere le tre bambine in adozione.
Si
augurò solo di avere l’energia
sufficiente per ricominciare con le notti in bianco. Aveva notato che
le
gemelle avevano giusto un paio di dentini a testa.
Con
l’aiuto di Lionel, mise le piccole
nella culla portatile ed entrò in casa.
– Papa!
Daddy! – Kim cominciò a saltellare
per il soggiorno. – Anche io ho le sorelline! Anche io ho le sorelline! Ciao
zia Lio! – Trillò, aggrappandosi alla gamba dell’attrice, che le
sorrise.
– Hai
visto che bella sorpresa? – La prese
in braccio. – Adesso sediamoci o le spaventeremo.
– Tutti
sul divano. – Disse Gideon. – Vi
dobbiamo presentare qualcuno. – Quando i bambini furono ai loro posti,
sedé
accanto a Jude. – Lei si chiama Amethyst Jane, ha due anni. Loro sono
Amber
Lillian e Agatha Lorelai e hanno nove mesi e mezzo. Sono piccole e
dobbiamo
fare attenzione con loro. Avete voglia di presentarvi?
Matt fu
il primo a parlare. – Sono Matthew
Robert Kinkade. Ho sei anni e vado a scuola. Mi piace nuotare e anche
giocare a
tennis.
– Io
sono Sky Lionel Kinkade, ho cinque
anni, mi piace colorare e giocare a baseball.
– Mi
chiamo Sean Michael Kinkade e sono il
gemello di Sky. A me piacciono i dinosauri e basta. Sono più
ragionevole di mio
fratello.
– Non
c’era bisogno di dirglielo! –
Protestò Sky.
– Ma lo
dice sempre Papa che sono più
ragionevole di te!
– Uffa.
Kim si
imbronciò. – Smettetela di
bisticciare, tocca a me presentarmi! Sono Kimberly Serena Kinkade. Ho
quattro
anni. Io vado in ufficio con Papa e ho delle amiche e insieme poi
aspettiamo i
nostri Daddy e mangiamo insieme. I nostri Daddy giocano in mutande. Poi
noi
facciamo il pisolino e poi arriva Papa e mi porta a casa. Però mi piace
avere
delle sorelle, perché le mie amiche hanno una casa loro. Invece voi
starete qui
con me! – Si voltò verso i gemelli. – Adesso potete bisticciare di
nuovo. Tanto
la più ragionevole sono io!
– Ben
detto, principessa! – Esclamò Zero. Amethyst
sbadigliò e posò la testa sulla spalla del giocatore. – Andiamo a fare
il
pisolino?
– Dorme
con noi? – Chiese Sky, incerto. –
Non ci stiamo tutti nella macchinina rossa.
– Per i
primi giorni dormiranno con me e Daddy, –
disse Jude, – quando Amy si sentirà a suo agio con noi, poi decideremo
cosa
fare.
– Vi
lascio al vostro riposino, – disse
Lionel, – passerò a trovarvi domani, però. – Promise a Kim che subito
le
sorrise. – Alle scatole qui fuori pensate voi?
Jude
annuì. – Me ne occupo subito. Grazie
per essere venuta ad aiutarci.
– Non
ti affaticare. – Gli disse con un
lampo di preoccupazione negli occhi azzurri.
Jude
impiegò mezz’ora a portare in casa
tutti i regali di Michael.
Salito
in camera, sorride guardando la sua
famiglia al gran completo.
Amethyst
si era addormentata sul petto di
Zero incurante del vociare attorno a lei.
Mentre
i bambini stavano tempestando di
domande il loro Daddy.
–
Eravamo piccoli come loro? – Indagò Sky,
guardando le gemelline, la cui culla era stata posizionata al centro
del letto.
– No,
eravate molto più piccoli. – Rispose
Zero.
– Wow!
– Esclamò scioccato. – Ma più
piccoli di così è come la bambola di Kim!
–
Quasi, sì. – Sorrise loro Jude. – Adesso
lasciamole riposare. Più tardi risponderemo alle vostre domande,
promesso.
Abbiamo anche mezzo soggiorno da sgomberare.
–
Ringrazia Lionel! – Lo prese in giro
Zero, guardandolo di traverso. – Jude?
– Mmm?
–
Grazie.
Jude
gli sorrise, regalandogli
quell’espressione di pura dolcezza che ancora sapeva artigliare il suo
stomaco.
Alcuni sentimenti non sarebbero mai cambiati, pensò il biondo,
guardando i suoi
bambini uno ad uno. – Davvero, Jelena ci prenderà in giro per il resto
delle
nostre vite! – Pensò una volta di più, guardando suo marito, prima di
ridacchiare insieme a lui.
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Capitolo 13 *** ch13 ***
Hit
the
Floor 4
Capitolo
13
Gojyina
Jude si
svegliò sul divano. Disorientato
si guardò intorno e sorrise alle gemelle che dormivano sul suo petto,
protette
dalla fascia. Controllò la loro temperatura e tirò un sospiro di
sollievo
quando si rese conto che la febbre era sparita.
Purtroppo
la dentizione delle piccole si
stava rivelando difficile. Tra febbre alta, dolore, diarrea e altri
sintomi
antipatici che non permetteva loro di dormire bene la notte.
Jude si
rese conto di quanto fosse stanco
lui stesso. Sette bambini al di sotto dei sei anni era seriamente
impegnativo,
tanto da non permettergli nemmeno di seguire la squadra come faceva un
tempo.
Accese
la televisione e abbassò il volume
per non svegliare le bambine.
–… Non
se la passano bene nemmeno i Devils, che sono soltanto al quarto posto.
Non c’è
da stupirsi, – rise il telecronista, – tra
giocatori vecchi o fuori forma e il presidente occupato con il suo
asilo
personale, – sullo schermo apparve una foto di uno degli ultimi
selfie di
Gideon, che ritraeva la famiglia al completo, – per la
squadra di Los Angeles si prospettano tempi duri!
Jude
spense la televisione, iniziando a
respirare a fatica.
Quando
Zero rincasò, una ventina di minuti
dopo, lo trovò seduto sul divano, rantolante, e subito corse da lui.
– Jude?
Jude! – Lo abbracciò, posandogli
una mano sul viso. – Respira con me, bravo così. Inspira, espira. Di
nuovo.
Bravo, continua così. – Attese che si fosse calmato, prima di salire in
camera
e prendere un plaid.
Quando
tornò da lui, lo avvolse nel caldo
tessuto e pretese una spiegazione.
– Colpa
mia. Ho acceso la televisione.
Il
biondo strinse gli occhi. – Cosa hanno
detto? E non minimizzare perché lo verrò a sapere domani negli
spogliatoi.
– Che
la squadra fa schifo perché sono
impegnato con il mio asilo privato. – Sentì suo marito tremare di
rabbia. – Sai
come funziona, tesoro. Meglio lasciar correre, così non ci saranno
polemiche.
– Jude,
possono insultarmi fino allo
sfinimento, non mi importa, ma la mia famiglia non si tocca.
–
Questo è il prezzo della fama, lo sai. –
Sussurrò, posando la fronte sulla sua spalla.
– Non è
colpa tua, stupido. Derek è appena
tornato dopo un infortunio, io in questo periodo dell’anno sono sempre
fuori
forma e i nuovi giocatori si stanno ancora ambientando.
– La
mia presenza limita gli acquisti. I
giocatori cristiani non firmerebbero mai un contratto con un presidente
gay.
–
Smettila, stupido. Abbiamo un’ottima
squadra, ma non sempre si può vincere, lo sai. Non è colpa tua. Stai
facendo di
tutto per noi. – Gli accarezzò il viso. – Sei stanco, lo vediamo. Ma
non devi
fare sempre tutto da solo.
–
Oddio! Dove sono i bambini?! – Domandò
scioccato, notando la loro assenza solo in quel momento.
– Vieni
a vedere. – Lo aiutò ad alzarsi,
perché ancora spossato dall’attacco di panico precedente.
– Hanno
usato le scale? È pericoloso per
le bambine!
– Shh!
Hanno tre fratelli e due cani da
guardia. – Gli ricordò, avvicinandosi alla stanza dei gemelli. – Guarda.
I
cinque erano stesi sul letto a forma di
macchinina rossa.
Sean
russava sulla schiena di Sky che
teneva Kim per mano. Accanto a loro Matt aveva la piccola Amy sul petto
e, con
voce bassa e gentile, le stava raccontando fatti casuali avvenuti negli
ultimi
giorni. Il suo tono ricordava molto quello che usava sempre Jude per
farli
addormentare.
Soprattutto
al tempo dei gemelli, Jude non
conosceva favole o ninne nanne, così aveva iniziato a raccontare ai
piccoli
della sua giornata o di Gideon e Lionel. Racconti vari, sussurrati con
gentilezza, che avevano un effetto soporifero.
Ai
piedi del letto, Devil e Logan
sollevarono la testa e puntarono i musi verso la porta. Quando furono
riconosciuti, tornarono a sonnecchiare l’uno sull’altro.
– Hai
visto? – Sorrise Zero, conducendolo
nella loro camera da letto. – Va tutto bene, non sei da solo. Riposati,
ci sono
io qui. – Lo coprì con cura e Jude crollò non appena posata la testa
sul
cuscino.
Zero
accarezzò le teste bionde delle
bambine e rimase a lungo in silenzio, meditando vendetta. Prese il
cellulare
pronto a chiamare l’avvocato, quando trovò una decina di messaggi dei
compagni
di squadra. Distese le labbra in un sorriso predatore.
Jude si
svegliò sentendo una pioggia di baci
sul viso. Sorrise e aprì gli occhi, specchiandosi in quelli di suo
marito. –
Sei di buon umore. – Notò, cercando le gemelle che non erano più con
lui. Si
rilassò quando le vide nella culla portatile, ancora profondamente
addormentate.
– Vuoi
la storia intera o quella breve?
Si
accoccolò contro di lui. – Breve.
– I
social si sono scagliati contro quel
giornalista. Oltre alle comunità gay, sono insorte anche le famiglie
con bambini
adottati, quelle arcobaleno, l’Unicef e tutte le associazioni che si
occupano a
livello mondiale di salvaguardare i bambini meno fortunati. La rete
televisiva
ha mandato un comunicato in cui si è scusata per il giornalismo troppo
“aggressivo”. Tsk! Aggressivo, lo hanno chiamo! – Ringhiò, adombrandosi.
–
Allora tutto è finito bene, no?
–
Nessuno ha accettato quelle scuse e la
polemica continua.
– A me
interessa solo che non importunino
i bambini. Matt e i gemelli hanno scuola lunedì.
–
Dubito che qualcuno lo farà. È
impopolare darci contro. Le fans Zude si inferociscono. Carina questa
fanart, la
voglio stampare. – Borbottò guardando il cellulare.
– Cos’è
una fanart? – Jude sollevò il
viso, guardandolo confuso.
–
Disegni fatti dai fans. Guarda. – Gli
occhi verde chiaro di suo marito si allargarono così tanto da farlo assomigliare a uno dei
pupazzetti che usava per coprire il volto dei loro figli su Instagram.
– Jude?
–
Co-Che, cosa, cosa che, cosa? – Iniziò a
balbettare, rosso come un pomodoro maturo. – Sono nudo. Perché sono
nudo? E sei
nudo anche tu e… e quest’altra cos’è?! Usano Photoshop?!
–
Dimentico sempre che non hai tempo per i
social. Quindi tu non hai mai letto nemmeno le nostre fanfiction,
giusto?
– Non
voglio sapere cosa siano. – Decise,
infilando la testa sotto al cuscino.
–
Storie su di noi scritte dai nostri
fans. Esistono da prima che ci mettessimo insieme!
–
Cosa?! – Tornò a guardarlo scioccato.
– Zude
esiste dalla mia presentazione con
i Devils. Ricordi? Ti ringraziai per avermi portato a Los Angeles e tu
sorridesti alle telecamere. È allora che è nata la ship Zude.
– Ma se
neanche pensavo a te in quel
senso!
– Lo
so, eravamo troppo impegnati a
cercare le cose sbagliate. – Gli baciò una tempia. – Per fortuna siamo
rinsaviti.
Jude
gli sorrise con dolcezza. – Hai
ragione. – L’occhio gli cadde su un sito di fanfiction e lesse
distrattamente
alcune trame. – Non riesco a crederci. – Si sollevò su un gomito. – La
cosa che
hai fatto per il nostro anniversario con la piuma di struzzo, l’hai
trovata
qui?!
– È una
fonte di ispirazione. – Borbottò,
scrollando le spalle.
– Oh,
mio Dio! – Esclamò, nascondendosi di
nuovo sotto al cuscino.
– Papa,
quando viene nonno Michael? –
Domandò Sky, addentando un pezzo di mela.
–
Domani pomeriggio. – Rispose Jude,
seduto sul pavimento accanto ai tavolini. Per sua fortuna alle gemelle
piacevano le mele e le pere grattugiate e farle fare merenda era molto
semplice.
–
Possiamo andare in piscina con lui? – La
voce di Matt era piena di speranza. Adorava nuotare in piscina nella
calde
giornate estive. Assurdo ricordando quanto, da piccolo, avesse avuto
paura
dell’acqua.
– Penso
di sì. Dipende da lui, non
possiamo forzarlo. Voi però potete andare, è stata pulita apposta.
Amy si
stropicciò un occhio con una mano e
tirò la manica di Jude, così che si potesse girare, permettendole di
salirgli
in grembo.
Dopo
avergli buttato le braccia al collo,
gli baciò una guancia.
Aveva
notato che lo faceva sempre quando
dava da mangiare alle gemelle.
– Ehi,
piccola guerriera, non ti devi
preoccupare. A te e alle tue sorelline ci pensiamo noi. – La rassicurò
con un
sorriso gentile. – Hai dato un nome agli orsacchiotti che ti ha
regalato nonno
Michael?
– Non
ancora. – Pigolò, sbadigliando
contro il suo petto.
–
Allora dobbiamo inventare qualcosa. Nomi
corti, così li ricorderemo più facilmente. Mally, Molly, Tolly, Tilly…
–
Tilly! – Decise la piccola. – Rosa.
– Tilly
l’orso rosa, Tally quello lilla e…
Telly quello verde?
– Sì!
Sky e
Sean cominciarono a prendersi a
gomitate, facendo cenno con la testa a Matt che fece loro segno di no.
Kim
sbuffò, roteando gli occhi, in una
mimica che a Jude ricordò Lionel.
–
Maschi! Sempre a fare confusione! – Sbottò,
posando la testa sul braccio del suo papà. – La cagnetta di Miguel ha
avuto tre
cuccioli. Possiamo prenderli noi?
– Tre
cuccioli?! – L’uomo inarcò le
sopracciglia. – Tesoro, non credo che…
– Ma
sono tre fratelli! Non vogliamo che
siano divisi! Per favore Papa! – Pigolò, sbattendo gli occhi, altro
gesto che
gli ricordò drammaticamente la sua migliore amica.
– Tu
sei stata troppo in compagnia di zia
Lionel. – Decise, atteggiando le labbra a un lieve broncio. – Quando
stasera
torna Daddy, lo chiederemo anche a lui.
–
Abbiamo già i nomi! – Disse lei, come se
questo potesse essere un incentivo. – Thor, Hulk e Groot!
–
Dovete stare lontani anche dai film
Marvel. – Borbottò tra sé, guardando l’orologio. – Avete voglia di fare
il
riposino? – Chiese ai figli più grandi che scrollarono le spalle.
Non
erano più obbligati, ma spesso lo
facevano per tenere compagnia ad Amy e alle gemelle. Kim ancora lo
faceva
volentieri, ma i maschietti di solito preferivano fare altro. Matt si
era
appassionato alla matematica e i gemelli avevano ricevuto in regalo dal
nonno
decine di libri sui dinosauri.
Non fu
sorpreso quando solo Kim accettò di
salire in camera, mentre i bambini scelsero di studiare.
C’erano
stati alcuni cambiamenti al
secondo piano.
Quando
aveva iniziato la scuola, Matt
aveva scelto di dormire in una camera tutta sua. Kim aveva diviso la
sua con Amy, per questo avevano comprato loro un bel letto lilla a due
piazze, mentre
la nursery era nella stanza accanto alla loro.
Per il
sonnellino pomeridiano le due
bambine dormivano nella loro cameretta e le gemelle restavano con loro
nella
culla portatile, con Devil a fare da guardia, dato che Logan non
lasciava quasi
mai il fianco di Matt.
Forse
era per questo che volevano dei
cuccioli, così che anche i gemelli e Kim avessero un cane tutto per
loro.
Accese
il baby monitor e lasciò dormire le
bambine. I maschietti erano rimasti in soggiorno, seduti ai loro
tavolini.
Cogliendo
al volo quel momento di quiete,
andò nello studio a lavorare.
Quando
Zero tornò a casa, li trovò così. –
Ehi, piccoli lettori! – Sorrise quando i tre figli corsero ad
abbracciarlo.
–
Possiamo avere dei cuccioli, Daddy? –
Chiese subito Sky, da sempre il più impaziente. – Papa dice che se
anche tu sei
d’accordo possiamo!
–
J-Jude? – Balbettò, non sapendo cosa dire.
Suo
marito lo guardava appoggiato allo
stipite della porta dello studio. – Hanno anche i nomi! – Rispose con
tono
semiserio. – Almeno fategli togliere la giacca.
Prese
il borsone del marito e lo portò
nella lavanderia del seminterrato.
– Sono
i cuccioli di Betty. – Spiegò Sky,
saltellando intorno al padre.
– Chi è
Betty? – Domandò Zero,
afferrandolo per la vita.
Il
bimbo scoppiò a ridere – La cagnetta di
Miguel.
– Ha
avuto tre cuccioli, – spiegò Matthew,
seguendoli sul divano, – vuole darli a qualche amico. Ma così saranno
divisi!
Non possiamo dividere tre fratelli!
Zero
smise di sorridere. – Capisco. – Gli
scompigliò i capelli. – Non possiamo permetterlo.
Jude
tornò da loro e sedé accanto a Sean,
che subito si arrampicò su di lui per farsi abbracciare. – Daddy ha
detto di
sì!
– Ne
ero certo. Fa tanto il brontolone, ma
è di buon cuore.
– Ehi!
– Protestò il diretto interessato.
– Ho
già chiamato Miguel, ci porterà i
cuccioli appena saranno svezzati.
Mentre
i bambini rotolavano sul pavimento,
abbracciandosi felici, Zero posò la testa sulla spalla del marito. –
Gli hai
chiesto di sterilizzarla, vero?
–
Forse. – Sbadigliò, passandosi una mano
sul viso. – Sono tre Akita Inu.
– Che
sarebbe?
– Una
razza giapponese. Miguel ha visto il
film con Richard Gere e se n’è innamorato, così Jelena gliene ha
comprato uno
per il compleanno.
–
Aspetta, non c’è a Tokyo la statua di un
cane simile? Quello che attese il padrone per anni e anni alla stazione
di
Shibuya senza sapere che lui era morto sul lavoro. Da questa storia
hanno poi
tratto il film. Jude, sono cani piuttosto grandi. – Commentò, iniziando
a
preoccuparsi.
–
Abbiamo spazio. Spero che Logan e Devil
li accolgano senza problemi.
– Sono
i cani più buoni del mondo! – Rise
della sua preoccupazione. – Le bambine dormono di sopra?
– Sì,
Kim è andata a far compagnia ad Amy
e alle gemelle.
–
Dovresti riposare anche tu. – Gli
accarezzò il viso un po’ pallido. Sapeva quanta fatica stesse facendo
Jude,
anche se non glielo diceva apertamente. Sette bambini erano impegnativi
da
gestire, senza contare che non voleva l’aiuto di estranei.
Con le
gemelle e i loro problemi di
dentizione, nelle ultime settimane aveva dormito pochissimo.
– Non
potevo lasciare i bambini senza
nessuno a controllarli.
–
Adesso ci sono io. Vai a riposarti.
Penserò anche alle bambine quando si sveglieranno. – Gli baciò le
labbra e lo
sospinse verso le scale.
–
Grazie! – Gli sorrise Jude, salendo al
piano superiore.
–
Piccoli ninja, avete dei compiti da
fare? – Domandò ai bambini ancora sul pavimento.
–
Matematica. – Rispose Matt.
–
Dinosauri! – Dissero in coro i gemelli.
–
Daddy, se vuoi fare il riposino con
Papa, possiamo andare a studiare nelle nostre camere. – Propose il
figlio
maggiore. – Tutti i libri li abbiamo lì!
– Sei
un piccolo genio. Forza, andiamo!
Controllate
le bambine, il giocatore andò
da Jude. Non si stupì nel trovarlo già profondamente addormentato.
Aveva
sposato una delle persone più
testarde del mondo, pensò mentre lasciava la porta aperta.
Si
sdraiò accanto a lui e sorrise.
Poteva
sentire i gemelli parlare a voce
bassa, Logan russare e Amy parlottare nel sonno.
La sua
vita era molto diversa da come se
l’era immaginata quando aveva firmato il primo contratto con una
squadra di
basket.
Per
fortuna aveva incontrato Jude.
Sperare
che fosse anche ragionevole
sarebbe stato chiedere un po’ troppo.
Lo vide
muoversi nel sonno, spostandosi su
un fianco. Gli sistemò la coperta sulle spalle e si attardò per
accarezzargli
il viso.
Passavano
gli anni ma lo amava sempre,
forse anche di più.
Vederlo
con i bambini smuoveva qualcosa
dentro di lui, un istinto di protezione che non pensava di avere. Nel
corso
degli anni l’amore per Jude si era riempito di sfumature diverse, ma
rimaneva
forte e vitale.
Il
suono delle zampe di Devil sul
pavimento attirò la sua attenzione. Sollevandosi su un gomito, vide il
cane
affiancato dalla piccola Amethyst, ancora assonnata.
–
Daddy! – Lo chiamò, puntando le manine
verso di lui.
Si
affrettò a prenderla in braccio e
accarezzò la testa della baby sitter a quattro zampe, che tornò
scodinzolando
nella stanza delle bambine.
La fece
stendere tra lui e Jude sorridendo
quando, nel sonno, suo marito allungò una mano per avvicinarla a sé.
Zero
non aveva nostalgia per la vita
mondana. Feste, bevute, musica, appartenevano al suo passato solitario.
Quando
era certo che sarebbe morto da solo in una casa fatiscente.
Quella
pace, il profumo dello shampoo dei
bambini, il calore dei loro abbracci, l’amore nella voce di Jude, erano
tesori
inestimabili.
Presto
avrebbe lasciato l’agonismo per
dedicarsi alla sua famiglia, ma non aveva rimpianti. Aveva vinto tutto
quello
che era possibile. Con l’arrivo delle bambine, però, aveva iniziato a
pesagli
l’andare in trasferta, assentandosi da casa per uno o due giorni.
Non gli
piaceva l’idea di lasciare Jude da
solo con sette bambini da accudire. Non che lui potesse fare chissà
cosa, suo
marito era un padre eccezionale, ma voleva essere più presente.
Si
passò una mano tra i capelli biondi.
Si
augurava di essere alla sua altezza,
quando sarebbe stato lui ad occuparsi dei bambini a tempo pieno.
–… E
sto imparando le moltiplicazioni. –
Stava dicendo Matt, trascinando Michael per una mano. – Mi sta
insegnando
Miguel, perché Papa è spesso impegnato con le gemelle. Loro sono
piccole, hanno
bisogno di cure!
– Sei
un bambino davvero giudizioso! – Si
complimentò l’uomo d’affari.
– E io
sono ragionevole! – Disse Sean.
Accanto a lui, il gemello sbuffò.
Zero
corse a salvare il loro ospite. –
Ehi, piccoli ninja, andate a prendere i vostri giubbotti o niente
piscina.
Ciao, Michael! – Gli strinse la mano e lo fece entrare in casa. – Caffè?
–
Grazie. – Inarcò le sopracciglia quando
vide il soggiorno. – Avete ridecorato! – Scherzò, notando i tre
orsacchiotti
colorati che aveva regalato alle bambine, posizionati davanti alla
vetrata che
dava sul giardino. Sdraiate su quello lilla e quello rosa, dormivano
Amy e Kim.
– Ehi!
– Lo salutò Jude uscendo dalla
cucina con un piatto di frutta grattugiata. – Sono diventati i loro
letti
preferiti.
– Lieto
che siano piaciuti. Eccole qui. –
Esclamò, salutando le gemelle, sedute sui seggioloni.
– Ta
ta! – Lo salutò Bera, mostrandogli la
sua bambola di stoffa.
– Oggi
niente pisolino? – Domandò l’uomo,
accettando il caffè da Zero.
– Tra
poco. Il tempo di dare loro la mela.
Oggi gli orari sono saltati perché mi sono addormentato sul divano. –
Jude
arrossì imbarazzato.
– Con
sette figli, sarebbe strano il
contrario. – Commentò l’uomo.
–
Nonno! Daddy! Abbiamo i giubbotti! –
Urlò Sky dal giardino.
–
Gideon, vai a fermarlo prima che svegli
le bambine. – Disse il marito.
– Vado
anche io, la mia presenza è
richiesta! – Scherzò Michael, uscendo in giardino dove i bambini lo
stavano
aspettando.
Aiutò
Zero ad allacciare i loro giubbotti arancioni
e sedé accanto a lui sulla sdraio più vicina, tenendo sempre
sott’occhio i tre.
–
Qualcosa ti preoccupa. – Intuì Michael.
– Ancora il giornalista con la sua uscita infelice?
– No,
no. Ho lasciato il tizio alla
pubblica gogna. – Replicò ironico. – No, è Jude. È un padre
eccezionale. Ben
presto lo sarò a tempo pieno e…
– Temi
di non essere alla sua altezza?
–
Qualcosa del genere.
–
Quante sciocchezze! – Sbuffò l’uomo più
grande. – Non è un esame, non ti danno un voto. Agli occhi dei bambini
avete
ruoli diversi. Jude li nutre e li protegge, con te giocano e imparano.
–
Vorrei solo poter fare di più ma, come
al solito, il presidente non me lo permette.
– Sai
com’è fatto.
– Sì,
ma speravo che, con sette bambini da
crescere, diventasse più ragionevole.
–
Stando a tuo figlio, Sean è il più
ragionevole della famiglia. – Scherzò, riuscendo a farlo ridere. –
Andrete al
party organizzato da Marcus? – Cambiò argomento, salutando con la mano
i
gemelli in piscina.
– Penso
di sì. La signora Vega terrà i
bambini. Con lei sono a proprio agio. Poi si tratta di poche ore.
Perché? –
Inarcò le sopracciglia. – Oh, capisco… quello!
– Credo
si siano decisi ad annunciare la
loro relazione. Da quanto lo sapete?
– Di
Marcus e Lionel? Dal funerale di
Oscar.
Michael
fischiò. – È molto tempo.
– Hanno
tergiversato più di quanto
pensassimo. Certo che è assurdo, se pensi che non si sopportavano
quando lei
era alla guida dei Devils.
Jude li
raggiunse in quel momento. Posò la
culla portatile sul patio in una zona in ombra e controllò le gemelle
addormentate, prima di sedersi accanto al marito.
– A
proposito di guida, – esordì con un
sorriso appena accennato, – domani Jelena avrà un accompagnatore
particolare.
Ti prego di non metterla in imbarazzo. – Sussurrò a Zero, che inarcò un
sopracciglio.
Si posò
le mani sul petto. – Io che metto
in imbarazzo qualcuno che non sei tu? Impossibile! – Scherzò, facendolo
ridere.
– Sto
parlando di Terrence.
– Quel
Terrence?! Wow! Sono impressionato.
– Non
so quanto durerà stavolta, ma sembra
che abbiano appianato le loro divergenze. Spero solo che sappiano quello
che
stanno facendo. Adesso c’è Miguel. – Sussurrò preoccupato.
–
Jelena sarà una vipera arrivista, ma ama
quel bambino più di qualsiasi altra cosa al mondo. – Gli fece notare
Zero. –
Non farebbe mai nulla che potrebbe farlo soffrire. Se ha voluto
Terrence di
nuovo nella sua vita, avrà i suoi validi motivi.
– Hai
ragione. – Ammise Jude, sorridendo
ai bambini che giocavano nella piscina.
– Non
mi starai diventando un fratello
protettivo, vero? – Lo prese in giro Zero, ricevendo un’occhiataccia.
–
Stupido. Jelena non è mia sorella e lei
non mi tratta come un fratello. Questa è una delle poche
certezze
che ho nella vita!
Michael
inarcò le sopracciglia, pensoso. –
Per fortuna non avete altri parenti stretti o tuo marito ci sarebbe
andato a
letto.
Zero
scrollò le spalle. – Probabile, con
la fortuna che ho!
Jude si
coprì il viso arrossato con le
mani. – Perché mi circondo di persone che mi mettono in imbarazzo?!
Al
ricevimento di Marcus erano presenti i
maggiori esponenti del mondo dello sport e della finanza.
Le luci
del giardino diffondevano una
piacevole luce blu chiaro, il cui riverbero rendeva ancora più
suggestivo il
colore dell’acqua della piscina.
Lionel,
elegantissima in un abito azzurro
chiaro, aveva raccolto i folti capelli castani sulla spalla sinistra.
Raramente
Jude l’aveva vista così radiosa.
– Non
pensavo che saresti venuto. – Lo
salutò lei, sollevando un sopracciglio. – Dove hai lasciato i bambini?
–
Indagò, sistemandogli il fazzoletto verde chiaro che sporgeva dal
taschino.
– A
casa con la signora Vega. L’unica di
cui mi fidi. – Rispose, controllando distrattamente il cellulare.
– Stai
andando in crisi di astinenza? – Lo
prese in giro bonariamente.
–
Prendimi in giro anche tu, tanto sono
abituato con Gideon. È la prima volta che lascio sole Amy e le gemelle.
– Si giustificò,
sorseggiando il suo champagne.
Zero
lasciò i suoi compagni di squadra per
affiancare suo marito. – Quante volte hai controllato il cellulare?
Jude
roteò gli occhi. – Solo due. Va bene,
tre. Forse quattro. Smettetela! – Sibilò, quando i due gli risero in
faccia.
Lionel
distolse lo sguardo dalla coppia,
giocando con la sua collana di perle.
– Jude,
non so bene come dirtelo. –
Cominciò, per una volta in imbarazzo. – So che potrà sembrarti strano,
ma da
qualche tempo, io… Io frequento Marcus.
– No!
Davvero?! – Sbottò, cercando di
risultare credibile.
Lionel
socchiuse gli occhi, scrutando la
coppia con attenzione.
– Da
quanto tempo lo sapete, bastardi?
– Dal
funerale di Oscar. – Rispose il
giocatore, afferrando suo marito per la vita. – Jelena è appena
arrivata e c’è
Terrence con lei. – Sussurrò al suo orecchio.
– Te
l’ho detto, non sono affari miei.
Sono solo preoccupato per Miguel. – Rivolse poi un sorriso gentile alla
sua
amica. – Sono contento per te Lionel. Spero che Marcus ti renda felice.
Lei
annuì e avvicinò i loro bicchieri in
un silenzioso brindisi.
– Ma
guarda chi c’è! – Jelena inarcò le
sopracciglia. – Come hai fatto a convincerlo a separarsi dai bambini? –
Rivolse
quella domanda a Zero, che le sorrise malizioso.
– Ho i
miei metodi. – Ammiccò, suscitando
il malcontento di Jude.
– Siamo
qui da cinque minuti e già stiamo
parlando della nostra vita sessuale? Non esistono altri argomenti al
mondo?
Terrence
si grattò la punta del naso,
nascondendo una risata. – Ti trovo bene Kinkade. Mi hanno detto grandi
cose su di
te, come presidente dei Devils.
– Non
sono stata io, ovviamente. – Ci
tenne a precisare Jelena.
– Ne
ero sicuro. – La tranquillizzò,
trafiggendo l’ex giocatore con i suoi occhi verde chiaro. – Stasera ci
sono
diversi sponsor, se vuoi tentare di rientrare nella squadra. Ah, già!
Sei
passato per la presidenza, stavolta.
–
Jude…– Iniziò Jelena, subito interrotta
da lui.
– Cosa
voi facciate sotto alle lenzuola è
affar vostro, ma Miguel non merita di affezionarsi a un uomo che poi
sparirà da
un giorno all’altro. – Strinse la mascella prima di proseguire. – Non
si tratta
della squadra, dei soldi o di una dannata poltrona. Miguel è stato
rifiutato
dai genitori, merita di avere qualcuno che lo ami. Qualcuno che sia una
presenza costante nella sua vita. Se hai intenzione di giocare a fare
il padre,
esci da questa stanza ora. Perché se farai soffrire quel ragazzino, ti
farò
pentire di essere ritornato. – Concluse con la voce fredda e inumana
che
utilizzava quando era particolarmente inviperito.
Terrence
trasalì, ma cercò di non farsi
intimidire. – Non mi interessa più nulla dei Devils. Mi mancava Jelena
e,
quando ho conosciuto Miguel, mi è subito piaciuto. Ho a che fare quasi
quotidianamente con i ragazzi della sua età, ci stiamo trovando bene
insieme.
Jude
annuì, soddisfatto dalla sua
risposta. – Buon per voi. – Sentì il peso del corpo di Zero su di lui.
– Che
c’è?
–
Quando usi quel tono da presidente mi
ecciti da morire!
– Per
l’amor di Dio! – Esplosero in coro
Jelena e Terrence, allontanandosi il più in fretta possibile, seguiti
da Lionel
che si limitò a sollevare un sopracciglio e scuotere la testa con uno
sbuffo
rassegnato.
Jude
non badò a loro, concentrato com’era
a guardare Zero, mordendosi il labbro inferiore.
– Ci
sarà un ripostiglio da qualche parte?
– Chiese con le gote arrossate.
–
Davvero, Jude? Poi sarei io il maniaco
sessuale di questa coppia?! – Volle sapere il biondo, prendendolo per
mano.
–
Andiamo o vuoi restare qui a lamentarti?
– Non
ti farò camminare per un mese! –
Promise baciandolo con ferocia.
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Capitolo 14 *** Epilogo ***
Hit
the
Floor 4
Epilogo
Gojyina
–
Devil, stai lontana da quelle tartine! –
Sibilò Jude, puntandole un mestolo contro. – Qualcuno la controlli,
prima che
mangi tutto. Gideon?
–
Arrivo, arrivo! – Borbottò il giocatore,
scendendo le scale.
– E non
correre! È pericoloso!
– Sì,
mamma! – Lo prese in giro,
baciandolo prima che potesse insultarlo.
– Che
schifo! – Si lamentò Sean, tirando
fuori il naso dal suo libro sui dinosauri.
–
Invece di lamentarti, vai a controllare
le tue sorelle. – Disse il biondo.
– Quali?
–
Tutte! Gli ospiti arriveranno a momenti.
– La
torta è pronta, le tartine anche,
dovrebbe esserci tutto. – Borbottò Jude tra sé, passando lo sguarda dal
tavolo
della cucina al frigorifero e viceversa.
– Ehi,
va tutto bene. Ogni volta che c’è
un compleanno temi di aver dimenticato qualcosa! – Lo prese in giro,
riuscendo
a farlo ridere.
– Hai
ragione. – Ammise, posando la fronte
contro la sua spalla. – Gideon?
– Mmm?
– Ci
sarà anche Ahsha con le bambine. Se
dovesse passare anche Derek…
– Mi
saprò comportare da perfetto padrone
di casa. – Promise. – Non rovinerò il compleanno di Amy.
– Dieci
anni, mi sembra ieri quando usava
quell’orso gigante come letto. – sussurrò Jude incredulo. – Ricordi?
Quei
peluche giganteschi che Michael aveva regalato a lei e alle gemelle.
Erano così
ingombranti!
– E
Matt che ne ha quattordici, allora?
Stanno crescendo così velocemente che non ho il tempo di stare al loro
passo.
– Tra
qualche anno li avrai a tempo pieno.
– Gli ricordò, accarezzandogli i capelli biondi. – Sei ancora troppo in
forma
per lasciare il basket.
– Parli
da marito o da presidente? –
Indagò increspando la fronte.
–
Entrambi! – Sorrise, baciandogli le
labbra. – Vado a controllare le gemelle. Proteggi le tartine, ti prego!
–
Signorsì, signore! – Lo prese in giro,
scuotendo mestamente il capo.
Come al
solito suo marito si preoccupava
troppo. Di tutte le possibilità valutava sempre le peggiori. Cosa
avrebbe mai
potuto andare storto in una festa di compleanno?!
Arrivati
gli ospiti furono servite tartine
per gli adulti e panini per i bambini. Avevano invitato alcuni compagni
di
scuola di Amy, oltre che i figli dei giocatori dei Devils con i quali
aveva più
confidenza.
Sfruttando
la bella stagione, avevano
organizzato la festa in piscina, dove i bambini giocarono sino a quando
non fu
il momento di tagliare la torta.
Matthew
fu costretto a tenere Devil quasi
in braccio, per paura che saltasse su di essa.
I
bambini giocarono ancora un paio di ore
prima che cominciassero ad andare via.
Era
quasi il tramonto quando Jude si mise
a ripulire il giardino ormai vuoto.
– Ehi,
ci penseranno domani i Vega. – Gli
ricordò suo marito.
– Levo
solo il grosso o Devil ce lo
porterà in casa. Dove sono i ragazzi? – Chiese, chiudendo un sacco
pieno di
carta regalo strappata.
– Le
ragazze stanno guardando i regali di
Amy in camera sua e Matt sta ascoltando la musica nello studio.
– E i
gemelli?
– Non
saprei, penso in camera loro.
– Sono
avanzati due vassoi di tartine e
uno di panini, lascerei quelli per cena. Ma non so se ne
abbiano
voglia.
– Vado
a chiede. Torno subito. – Zero
rientrò in casa e salì al piano superiore. – Ehi, ciurma? Per cena
abbiamo
ancora tartine e panini a volontà, va bene? – Domandò posando una
spalla contro
lo stipite della porta della camera di Amy e Kim, dove le quattro
sorelle
stavano sistemando i regali della festeggiata.
Ricevuto
il loro consenso, aspettò la
risposta dei ragazzi.
Dalla
sua stanza Matthew urlò di sì, prima
di tornare ai suoi libri di matematica.
Quando
i gemelli rimasero in silenzio,
bussò alla porta della loro camera, insolitamente chiusa, e attese.
– Ehi,
piccoli ninja, state bene?
– Vai
via! – La voce rabbiosa di Sky lo
fece trasalire.
– Cosa
succede? – Chiese, aprendo la
porta.
Sean
era seduto alla scrivania e sembrava
in profondo imbarazzo. Il fratello era rannicchiato in un angolo della
stanza,
tra la finestra e l’armadio.
Da
alcuni anni il letto a forma di
macchina era stato sostituito con uno a castello. Nonostante lo spazio
in casa,
i due volevano ancora dormire in camera insieme.
–
Daddy, non penso sia un buon momento. –
Borbottò Sean.
– Dimmi
cos’ha tuo fratello e me ne andrò.
Non siamo abituati a urlarci contro.
Sky lo
guardò con gli occhi azzurri pieni
d’odio. – Dovresti dirci qualcosa tu,
invece!
– Non
ho idea di cosa tu stia parlando. –
Zero incrociò le braccia al petto, iniziando seriamente a irritarsi.
Kimberly,
decise di andare a chiamare
Jude, prima che la situazione degenerasse. Stavano urlando così forte
che
persino Matt li sentì, nonostante la porta chiusa.
–
L’altro giorno eravamo da zia Lionel e,
parlando del compleanno di Amy, le ho chiesto perché tua sorella non
sia mai
stata invitata alle nostre feste. Persino gli ex giocatori dei Devils
vengono
qui, ma lei non ci ha mai messo piede. – Sky si alzò in piedi,
fronteggiando il
padre. – Zia si è subito messa sulla difensiva e mi ha risposto dicendo
che non
lo sapeva. Era ovvio che mentisse, dato che Papa le racconta sempre
tutto!
Jude
entrò trafelato. – Che succede?
Sky gli
mostrò un foglio. – Ho cercato
nella cassaforte dello studio e ho trovato questo.
L’uomo
impallidì, riconoscendo l’atto di
nascita dei gemelli. – Sky…
–
Perché non ce lo hai detto? – Urlò, con
gli occhi lucidi. – Sei stato con la sorella di Daddy! Cos’era? Una
madre
surrogata? Un modo perverso per avere dei figli vostri? Cosa?
– No,
no! – Jude si passò una mano tra i
capelli. – Tesoro, non siete miei!
–
C-Cosa?! – Balbettò il ragazzino. – Ma
il documento…!
– Laura
ha scritto il mio nome per
facilitarci l’affidamento. – Spiegò, sedendosi di fronte a lui.
– Non
capisco.
– Ti
abbiamo raccontato di come, da
piccoli, Daddy e Laura siano stati separati. Molti anni dopo, lei ci ha
contattato. Era ancora all’università e, dopo una relazione con uno
studente
straniero, aveva scoperto di essere incinta di due gemelli. Non poteva
crescervi ma, non volendo che foste separati anche voi, ci
ha chiesto di adottarvi. Ha scritto il mio nome sul certificato di
paternità
per semplificare l’aspetto burocratico. Chiedere l’affidamento di
quelli che
risultavano, per legge, figli miei, era più semplice di una adozione.
– Ma…
perché lei non è mai venuta a
trovarci? Non ci ha voluti come figli, però come nipoti… non so…
– Mia
sorella era giovane e spaventata, –
Spiegò Zero, sedendosi accanto la marito. – Voleva solo il meglio per
voi, per
questo ci ha chiamati. Nel corso degli anni ha chiesto di voi e degli
altri
membri della famiglia.
– Ma
non è mai venuta a trovarci di
persona. Si è limitata a salutarci tramite Skype o al telefono. – Gli
fece
notare Sky.
Jude
annuì. – Credo lo abbia fatto per me.
– In
che senso? – Suo figlio era sempre
più confuso.
– Forse
pensava che potessi avvertire la
sua presenza come una minaccia. Dopotutto, per legge, lei potrebbe
venirvi a
riprendere in qualsiasi momento.
– Pensi
che lo farebbe? – Domandò Zero,
increspando la fronte.
– No,
perché sa meglio di chiunque altro
che i genitori sono coloro che crescono i figli, non chi li fa
fisicamente. Tua
madre vi ha abbandonati nella prima casa famiglia che ha trovato, senza
mai più
farsi né sentire né vedere. Laura invece ha voluto sincerarsi che i
bambini
fossero cresciuti da due persone affidabili e amorevoli. – Sorrise ai
suoi
figli. – Spero che io e Daddy vi abbiamo fatto sentire amati.
Sky
tirò su col naso prima di annuire. –
Mi dispiace di avere gridato, prima. – Bofonchiò, abbracciando i
genitori.
– Mi
dispiace non avertene parlato prima,
– sussurrò Jude, – volevamo aspettare ancora qualche anno.
– Non
importa, adesso so la verità. Zia
Laura per me resta solo una lontana parente. Non è cambiato nulla,
solo… – il
ragazzino si strinse nelle spalle, –… non lo so. Pensavo fosse schifoso
che tu
avessi avuto una storia prima con lei e poi col fratello.
Non
visto dal figlio, Jude diede un
pizzicotto sul braccio del marito, che sobbalzò gemendo.
– Stai
male, Daddy?
– Sta
benone! – Si affrettò a rispondere
il moro. – Ma non può restare seduto sul pavimenti, ha una certa età
ormai!
– Ehi!
– Sbottò il giocatore.
– Bene!
Adesso è tutto chiarito Sky?
– Sì,
mi dispiace di aver pensato male. –
Mormorò imbarazzato.
– Te lo
dico da sempre, – sbuffò il
gemello, seduto alla scrivania, – tutto questo casino solo perché sei
quello
meno ragionevole!
Jude e
Zero lasciarono i gemelli intenti a
lanciarsi i cuscini addosso e scesero in cucina per sistemare gli
avanzi della
festa.
– Non
gli avrei detto di me e Jelena. Solo
il ricordo mi dà il voltastomaco! – Si difese il biondo.
–
Meglio non rischiare. – Sospirò posando
la testa contro il frigorifero. – Mi dispiace che l’abbiano scoperto in
quel
modo.
– C’è
stato un fraintendimento e ora è
tutto chiarito.
– Sì,
ma…
– Non
puoi prevedere il futuro, Jude. Ma
abbiamo cresciuto dei ragazzi molto intelligenti. –
Gli baciò la punta del naso. – Il Team Zude può affrontare qualsiasi
difficoltà.
Venne
il tempo in cui Logan e Devil li
lasciarono, andando via proprio come erano arrivati: insieme.
Una
mattina Logan andò a dormire sotto al
patio e, nel pomeriggio, fu raggiunto da Devil che gli si accucciò di
fronte.
Fu
l’immobilità prolungata di quest’ultima
a mettere Jude in allarme.
Matthew
rimase chiuso in camera per due
giorni. I gemelli si rintanarono nei rispettivi letti senza voler
uscire, Amy e
Kim piansero per ore tra le braccia di Zero, anche lui molto provato
per la
perdita.
Bera e
Taty si aggrapparono a Jude, mentre
i tre cani si accucciarono sul lato del divano più vicino al camino, il
posto
preferito di Logan per sonnecchiare in casa.
Jude li
fece cremare insieme e sotterrò
l’urna in giardino, tra il muro e il cancello poco distante dal punto
in cui li
avevano trovati anni prima.
Quando
Matt finalmente uscì dalla sua
camera, trovò le sorelle sedute sul divano con Zero, che commentavano
le
vecchie foto di famiglia, ridendo delle espressioni buffe dei loro cani.
Entrato
in cucina strinse con forza i
pugni e tornò in sala rosso in viso.
– Dove
sono le loro ciotole?
– Cosa?
– Domandò l’uomo, non capendo di
cosa stesse parlando.
– Le
ciotole di Logan e di Devil! Dove
cazzo sono?
– Ehi!
Capisco il tuo dolore, ma modera il
linguaggio!
Attirato
dalle loro voci, Jude uscì dallo
studio per raggiungerli.
– Che
succede?
– Sei
stato tu, vero? – Ringhiò il figlio maggiore
che, a sedici anni compiuti, era alto quasi quanto Zero. – Hai preso le
ciotole
e le hai buttate via perché tanto ci sono altri tre cani, no? È quello
che hai
fatto con noi, no? Ti sei preso in casa sette randagi e se uno di noi
crepa,
tanto ne hai altri sei…
–
Matthew Robert Kinkade! – Tutti si
zittirono sentendo. Era la prima volta che sentivano Jude alzare la
voce e si
spaventarono. Persino suo marito increspò la fronte, preoccupato. – So
quanto
tu stia soffrendo, Logan è stato il tuo primo, vero, amico, ma non ti
permettere mai più di pensare che voi siate degli animali domestici,
per me e
per tuo padre. Hai capito? Hai capito? – Ripeté con tono severo.
Matt
tirò su col naso e annuì, mentre si
passava una mano sugli occhi di nuovo umidi.
Intenerito,
Jude si affrettò ad
abbracciarlo.
– Papa…
– Lo so
che ti dispiace. – Sussurrò,
stringendolo a sé. – Mancano tanto anche a me. Ma questo dolore non è
paragonabile alla felicità e all’affetto che loro ci hanno dato in
tutti questi
anni.
– Logan era il mio migliore amico. – Sussurrò, contro la sua
spalla.
–
Andiamo a sederci con gli altri. – Gli
propose, raggiungendo il divano. – Ricordare i momenti migliori è di
aiuto. –
Prese un album di fotografie e passarono insieme le successive tre ore
a
raccontarsi aneddoti. Attirati dalle loro risate, anche Sean e Sky li
raggiunsero, sedendosi sul pavimento accanto ai tre cani.
Ordinarono
la pizza e continuarono a
ridere e ricordare sino a quando non fu l’ora di andare a dormire.
– Mi
sento un po’ meglio. – Ammise Kim. –
Il peso che avevo sul petto è sempre lì, ma è meno soffocante.
– Lo
stesso vale per me, piccola
guerriera, – le sorrise Zero, – adesso andate a letto. Si sta facendo
tardi.
Entrato
in camera sentì il suono della
doccia del loro bagno privato. Aspettò quasi mezz’ora, poi decise di
bussare
alla porta. Non ricevendo risposta, entrò e sentì il suo cuore
stringersi alla
vista di suo marito, seduto sul pavimento tra la doccia e il mobile del
lavandino. La testa nascosta tra le ginocchia, stava finalmente
piangendo anche
lui per la perdita dei loro adorati cani.
Zero
chiuse la manopola della doccia e si
affrettò ad abbracciarlo.
– Va
tutto bene, – lo rassicurò,
massaggiandogli la schiena, – sei sempre il solito. Prima pensi a noi e
poi a
te stesso. – Gli baciò la cima della testa.
Era
stato intelligente a usare lo scroscio
dell’acqua per coprire il suono del suo pianto, ma il biondo lo aveva
scoperto
comunque.
–
Daddy? Hai visto la…? – Sky si zittì non
appena li vide e andò via senza finire la sua domanda.
Zero
aiutò suo marito ad alzarsi e
infilarsi sotto le coperte. Non si stupì quando, alcuni minuti dopo, i
suoi
figli entrarono nel lettone con loro.
Era la
prima volta che si trovavano loro
al centro, protetti dai loro ragazzi.
–
Abbiamo fatto bene a comprare un letto king
size. – Commentò Zero, facendo sorridere il marito.
–
Guarda che non ci stiamo più, Daddy! –
Bofonchiò Sean, schiacciato dal peso del gemello.
– Non è
colpa mia se siete alti come
giraffe! Cosa vi avremo dato da mangiare, non lo so.
– Loro
crescono e noi invecchiamo, è
normale. – Sorrise Jude, che già si sentiva meglio, avvolto nel calore
della
sua famiglia.
– Tsk!
Forse tu invecchi! Io miglioro,
come fa il vino. – Borbottò Zero, avvicinando i loro visi. – Però, lo
ammetto,
con gli occhiali sei molto, molto sexy!
–
Daddy! – Tuonarono i figli in coro, le
voci piene di disgusto.
Jude
nascose il viso sul petto di Zero per
attutire il suono della sua risata.
Il
tempo passò senza far loro altro male.
Un
pomeriggio di primavera, Kimberly tornò
a casa di pessimo umore.
– È
tutta colpa tua! – Disse a Zero,
seduto sul divano con Bera.
–
Probabile. Che è successo? – Le chiese,
posando il libro di storia della figlia.
– Deve
essere andato male l’appuntamento.
– Sussurrò la più piccola.
–
Appuntamento? Che appuntamento?!
Kim
roteò gli occhi. – Non era un
appuntamento! Ero fuori con Alyssa e Katy e abbiamo incrociato Ricky!
– Chi è
Ricky?! Perché nessuna di voi mi
risponde? – Indagò l’uomo. – Merito un po’ di considerazione, cambiavo
i vostri
pannolini!
– Che
schifo! – Le due arricciarono il
naso, mentre Taty scendeva le scale in accappatoio.
– Non
mentire. Ci cambiava Papa, – disse
andando in cucina, – perché ti veniva da vomitare.
– Non è
vero! È che giocavo e le mie mani
valevano milioni! Vi hanno raccontato male la storia! Ma non è questo
il punto!
Chi è Ricky e perché sarebbe colpa mia?!
Kim
sbuffò mentre si lanciava a peso morto
sulla poltrona più vicina. – Perché non troverò mai nessuno che mi
guardi come
tu guardi Papa, o lui guarda te, ecco perché! Morirò vecchia e sola!
– Con i
gatti! – Urlò sua sorella, con la
testa nel frigo. – Hai dimenticato i gatti.
Thor
sollevò il muso dalle ginocchia di
Bera e sbuffò infastidito.
– Vanno
bene anche dei cani. – Sussurrò,
abbracciandolo.
– Non
so di cosa stiate parlando. – Ammise
l’uomo, sempre più confuso.
Amy
uscì dallo studio con due libri in
mano.
– Che
succede?
– Il
non appuntamento di tua sorella è
andato male e sta incolpando me! – Brontolò l’ex giocatore.
– Ahia.
Niente scintilla, eh? – Capì,
sedendosi sul bracciolo accanto a lei.
– No.
Era così carino! – Si rammaricò,
abbracciando un cuscino.
Zero
guardò le due ragazze, ricordando
quando correvano per casa con le loro bambole.
Kimberly
sarebbe andata al college
quell’autunno e Amy si sarebbe diplomata entro un paio di anni.
Il
tempo stava scorrendo troppo
velocemente per i suoi gusti.
Allungò
un braccio e strinse a sé Bera,
lei e Taty avrebbero iniziato il liceo dopo l’estate.
–
Almeno ho ancora voi. – Bofonchiò,
baciandole la testa.
– Matt
ha chiamato, – disse Taty, bevendo
il suo succo di frutta, – ha detto che passerà
le vacanze con noi.
Zero
accolse la notizia con un largo
sorriso. – Papa ne sarà davvero felice.
Matthew
studiava informatica al MIT, il Massachusetts
Institute of Technology. Vista la distanza considerevole tra Cambridge
e Los
Angeles, il ragazzo riusciva a tornare a casa solo a Natale e in estate.
Stesso
discorso valeva per i gemelli che
studiavano a New York: Sean architettura e Sky legge.
Non
sapeva quale università avesse scelto
Kimberly, era stata molto reticente ed evasiva quando avevano
affrontato
l’argomento.
– Anche
Sean e Sky ci saranno. – Disse Amy
– Sarà divertente stare tutti insieme prima che… – Kim le diede una
gomitata su
un fianco. – Cioè, dopo. Dopo gli esami. Prima che riprendano i corsi.
–
Balbettò, passandosi una mano tra i capelli biondi. – Vado a fare la
doccia. –
Annunciò correndo su per le scale.
Zero
sollevò un sopracciglio. – C’è
qualcosa che dovrei sapere?
– No,
figurati! – Rise Kim, balzando in
piedi. – Vado a lavarmi i capelli. – Disse, prima di scappare via.
– State
per andare a lavarvi anche voi
due? – Indagò, guardando le gemelle.
Taty
scrollò le spalle. – Già fatto e non
so davvero di cosa stessero parlando.
–
Nemmeno io. – Disse Bera, riaprendo il
libro di storia.
Quando,
dopo la diretta televisiva, Zero
ritornò a casa, trovò suo marito steso sul divano concentrato a
respirare
dentro a un sacchetto di carta.
– Taty
prendi i sali, Papa sta avendo una
crisi! – Urlò Bera, seduta sul pavimento accanto al lui.
– Che
livello è? “Ciclo mestruale” o “Primo
appuntamento”? – Chiese la gemella dal piano superiore.
– “Concepimento”.
–
Cavolo! Sto arrivando!
– Cosa
gli avete fatto? – Si allarmò Zero
andando dal marito, senza neanche togliersi la giacca.
– Ti
avevo detto che l’avrebbe presa male.
– Sibilò Amy, dando una gomitata a Kim.
– Mi
dispiace. – Pigolò, guardando i due
padri.
– No,
no! – Protestò Jude. – Va tutto
bene. È solo che non me lo aspettavo.
Zero si
guardò attorno, confuso. – Non
tifano per i Lakers, non si drogano, non stanno per sposarsi… mi dite
che
succede?!
–
Kimberly andrà a studiare a Oxford. –
Annunciò il marito, con un velo di tristezza nella voce.
– In
Mississippi?!
– Nel
Regno Unito.
– Ah. –
I due di guardarono un lungo
istante prima di abbracciarsi. – Ricordi?
Jude
annuì. – Certo, stupido. Non importa
le scelte che faranno, noi li sosterremo sempre. – Gli sorrise,
affondando gli
occhi nei suoi.
– Ecco,
è quello sguardo! – Disse Amy. –
Nessuno ci guarderà mai così.
Jude
scosse la testa e andò ad abbracciare
Kimberly. – Sono fiero di te! Sono certo che ti troverai benissimo! Per
qualsiasi cosa, noi ci saremo sempre!
–
Grazie, Papa. Ho già avvertito nonno e
dice che ha tantissimi amici e collaboratori lì, pronti a darmi una
mano se
dovesse succedermi qualcosa. Non preoccuparti, ho le spalle coperte!
– Ne
ero certo. – Le sorrise Zero,
abbracciandola a sua volta. – Direi che puoi buttare quel sacchetto di
carta! –
Disse al marito.
– Non
lo farei fossi in te. – Borbottò Taty,
ricevendo un’occhiataccia da parte della gemella.
– Credo
che i sali serviranno comunque. –
Sussurrò Bera, con la bocca coperta da una mano.
– Cosa?
Che cosa? – Cominciò a balbettare
Jude.
– Amber
Lillian Kinkade, hai intenzione di
fargli venire un infarto? – Sbottò Zero, aiutando il marito a sedersi
sul
divano.
– Non
lo dobbiamo dire noi! E se non lo
vuole dire, non lo dirà. – Spiegò Taty, convinta di essere stata molto
chiara.
– Di
chi state parlando? – Chiese l’ex
giocatore.
– Oh,
aspetta! – Esclamò Jude, mettendosi
seduto. – Matt e… quella cosa?
Le
gemelle annuirono.
– Cosa?
Cosa?! – Sbuffò Zero,
preoccupandosi quando suo marito gli passò il sacchetto di carta.
– Credo
servirà più a te che a me.
– Come
lo sai, Papa? – Domandò Kim,
sedendosi accanto a lui.
–
Ahsha. Voi, invece?
–
Alyssa.
– Lo
immaginavo.
– Jude?
– Ah,
sì! Ecco… – si passò una mano tra i
capelli castani,
appena imbiancati sulle tempie. – Matthew e Amanda stanno insieme.
–
Amanda, quella Amanda? Amanda la figlia
di Derek? Sul serio?! – Cominciò a respirare dal sacchetto di carta. –
Non
basta l’essere stato una spina nel fianco da quando ho messo piede a
Los
Angeles? Anche come consuocero, adesso? Sul serio?!
– Era
per questo che non te lo volevo
dire. – Sospirò, aiutandolo a sdraiarsi. – Poi sarei io il
melodrammatico!
– Ma…
Derek Roman, Jude? Derek Roman?!
–
Almeno con Ahsha e le ragazze vai
d’accordo, no? Meglio che delle sconosciute. – Provò a rincuorarlo. –
Cosa
posso fare per farti star meglio, Gideon?
Suo
marito sorrise malizioso. – Dopo tutti
questi anni, me lo chiedi ancora?
–
Daddy! – Tuonarono le figlie, scappando
via con vari livelli di disgusto dipinti sul viso.
– Ehi!
Pensate che vi abbia trovate sotto
a un cavolo? – Sbottò, suscitando l’ilarità di Jude, che cominciò a
ridacchiare
contro la sua spalla.
Zero lo
abbracciò, facendosi serio. –
Londra è lontana.
– Lo
so. È molto difficile essere un
genitore, vero? Per fortuna ho te!
–
Certo, stupido! Non ti libererai di me
tanto facilmente.
– Meno
male!
Zero
salutò le figlie e chiuse la
videochiamata con un sorriso sulle labbra.
Kimberly
e Amethyst, stavano studiando entrambe
a Oxford. Saperle insieme aveva tranquillizzato un po’ tutti, anche se
la loro
mancanza si sentiva.
Da
quando le gemelle si erano trasferite a
New York per frequentare la scuola di arte e design, la casa era
diventata un
po’ troppo silenziosa. Per fortuna aveva sempre Jude e i loro tre cani.
Thor e
Hulk erano diventati molto protettivi nei confronti dei padroni di
casa, forse
temevano che potessero andare via come i ragazzi. Groot aveva preso
l’abitudine
di dormire in camera dei gemelli, dei tre era quello che sentiva
maggiormente
la loro mancanza, dato che era sempre stato con loro.
La
porta si aprì e accolse suo marito con
un ampio sorriso.
– Chi
ha chiamato? – Domandò Jude,
intuendo il motivo della sua gioia.
– Le
inglesi.
Jude
allentò la cravatta e tolse la
giacca, lasciandola sul divano prima di sedersi accanto a lui. – Sono
felice
che stiano bene.
– Ehi,
sei tornato presto. – Notò,
guardando l’orologio.
– S-Sì,
giusto. – Suo marito gli sorrise,
imbarazzato.
– Sai
che non resisto a quell’espressione.
– Sogghignò malizioso, sulle sue labbra. – La cosa positiva di avere la
casa
tutta per noi è poterlo fare ovunque.
–
Avessimo la resistenza dei vecchi tempi.
– Rise Jude, cingendogli le spalle.
– Parla
per te! Io sono ancora
giovanissimo!
– Vero.
– Sussurrò sulle sue labbra.
– Ehi,
stupido? Non distrarmi e rispondi
alla domanda.
Sospirò,
posando la fronte sulla sua
spalla. – Voglio lasciare il mio posto a Miguel, perciò gli sto
insegnando le
basi del mestiere. Oggi ho deciso di fargli affrontare un pomeriggio di
lavoro
da solo.
– Ne
sei sicuro, Jude?
– Sì. I
Devils erano un progetto di Oscar,
io volevo farne parte per i motivi sbagliati. Penso di lasciare da
quando ti
sei ritirato, ma ho dovuto aspettare che Miguel fosse pronto.
– Cosa
farai adesso, oltre a molestarmi
sul divano? – Indagò incuriosito. – Non sei mai stato il tipo da stare
con le
mani in mano.
– Beh,
qualcuno sta diventando uno showman
piuttosto richiesto. Avrà bisogno di un agente, non credi? – Sussurrò
mordendosi il labbro inferiore.
Zero
sorrise con una luce maliziosa negli
occhi azzurri. – Sul serio, Jude?
–
Perché no? Come ai vecchi tempi!
– Team
Zude più unito che mai! – Annunciò
Zero, prima di unire le loro labbra in un bacio appassionato.
Aveva
intenzione di regalare materiale per
le fanfiction e le fanart delle loro fans ancora per molti, molti anni!
Fine
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