Loki and Sigyn - Lost Magic

di LadyMintLeaf
(/viewuser.php?uid=541175)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** FALSE KING ***
Capitolo 3: *** REVEALED DECEPTION ***
Capitolo 4: *** THE ESCAPE ***
Capitolo 5: *** A NEW IDENTITY ***
Capitolo 6: *** THEORIC ***
Capitolo 7: *** THE ROOM OF THE RECOVERY ***
Capitolo 8: *** THE MARRIAGE ***
Capitolo 9: *** THE PARTY ***
Capitolo 10: *** CALL ME LOKI ***
Capitolo 11: *** THE STOLEN KISS ***
Capitolo 12: *** A NEW ILLUSION ***
Capitolo 13: *** THE DAGGER AND THE SNAKE ***
Capitolo 14: *** The deception of Odin ***
Capitolo 15: *** Like a nightingale in cage ***
Capitolo 16: *** CHAINS ***
Capitolo 17: *** THE PUNISHMENT ***
Capitolo 18: *** ALONE ***
Capitolo 19: *** SIGYN E THOR ***
Capitolo 20: *** FOR THEORIC ***
Capitolo 21: *** DREAMS... ***
Capitolo 22: *** ... OR MEMORIES ***
Capitolo 23: *** The promise ***
Capitolo 24: *** Into the jail ***
Capitolo 25: *** A light in the dark ***
Capitolo 26: *** Truth or lies? ***
Capitolo 27: *** Free again ***
Capitolo 28: *** In the dark ***
Capitolo 29: *** SOMEONE TO TALK TO ***
Capitolo 30: *** Too shy ***
Capitolo 31: *** There is always a choice ***
Capitolo 32: *** BEFORE LEAVING ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


1

PROLOGO

 
 
Era mattino presto.
L’alba era sorta da poco sulla grande città dorata, sospesa nel cielo, sopra le acque impetuose che sgorgavano riversandosi in mille cascate luminose al di sotto dell’immenso ponte dell’Arcobaleno alla cui estremità, nel suo osservatorio, il guardiano dalla pelle scura chiamato Heimdall sorvegliava notte e giorno i nove regni e le creature che vi abitavano, facendo la guardia inoltre e soprattutto al mondo al quale lui stesso apparteneva.
Un mondo che a quell’ora del mattino si stava ancora svegliando in tutta la sua bellezza.
Molti dei suoi abitanti dormivano ancora, rinchiusi nelle loro comode stanze, assaporando gli ultimi piacevoli istanti del sonno; magari sognando o semplicemente riposando.
Chi non dormiva era invece uno di quelli che avrebbe potuto riposare quanto voleva, vista la sua condizione di principe ed unico erede al trono.
La luce del sole si rifletteva sulle superfici dorate della residenza reale ad Asgard, mentre Thor percorreva i lunghi corridoi con passo affrettato. Sul suo volto era disegnata un’espressione seria e decisa ed il suo passo era fermo e quasi marziale.
In altre occasioni il Dio del Tuono, si sarebbe fermato ad osservare il vasto paesaggio che si stendeva al di sotto delle ampie balconate della reggia di Odino, lasciando che il suo sguardo spaziasse su tutta la vastità della Città Eterna, ammirandone la sua indiscussa maestosità.
Avrebbe ascoltato il canto degli uccelli e si sarebbe lasciato sfiorare il viso dal vento tiepido che spirava dal mare, permettendo ai suoi pensieri di vagare lontani, calmi.
Non quel giorno, però.
Quel giorno Thor aveva ben altro per la mente e non poteva permettersi di perdere un solo istante, perché i suoi pensieri non erano affatto calmi.
Lo turbavano già da parecchi giorni, continuavano a turbinargli nella mente, fastidiosi, insinuanti e lui aveva deciso che era giunto il momento di dare a questi pensieri e a molte delle domande che non lo lasciavano riposare quietamente, una risposta.
Per fare ciò, sapeva che avrebbe dovuto rivolgersi a suo padre, ed era esattamente quello che Thor si stava accingendo a fare.
Continuando a percorrere i corridoi del palazzo, salutando con un semplice cenno del capo le poche guardie assonnate che incontrava al suo passaggio, Thor accelerò ancor più il passo, fin quando giunse dinnanzi alla massiccia porta dorata e riccamente lavorata che dava accesso alla sala del trono.
Qui, si fermò un breve istante, inspirando una profonda boccata d’aria; cercando di assumere un’aria molto più regale e composta, adatta al figlio di Odino; quindi, senza altri indugi, spalancò i pesanti battenti, spingendoli verso l’interno e riprese il cammino, attraversando a grandi falcate decise ma controllate, il lungo corridoio che lo separava ancora dal trono e dalla figura del Padre degli Dei, che vi stava comodamente ma imperiosamente seduto sopra.
Quando infine raggiunse quest’ultimo, il Dio del Tuono si fermò a pochi passi dai primi massicci scalini che si innalzavano verso lo scranno dorato, depositando con cura Mjolnir al suolo, chinando il capo ed inginocchiandosi con reverenza dinnanzi a Odino che, in silenzio, aveva osservato la sua venuta con calma piatta, quasi con ostentata indifferenza.
<< Padre, devo conferire con voi. >> esordì il Dio del Tuono, fissando solo per un istante il massiccio martello che gli donava il potere, dal quale non si separava quasi mai, prima di sollevare il proprio sguardo sul Padre degli Dei.
Odino continuò a guardare il figlio per qualche altro attimo, con l’unico occhio buono che scintillava.
Quindi, con solennità e quasi con le stesse cerimoniose parole che avrebbe potuto usare accogliendo qualsiasi altro suddito al suo cospetto, rispose lentamente: << Bene, Thor. Parla pure se vuoi. >>. Fece una pausa, prima di aggiungere: << Ti ascolto. >>.
Annuendo leggermente, Thor lasciò che il proprio sguardo spaziasse per tutta l’immensa sala del trono, osservandone il prezioso arredamento, i massicci bracieri nei quali ardevano lingue di fuoco color cremisi che s’innalzavano verso le ampie volte soprastanti; le colonne ai due lati della lunga stanza.
Si prese qualche attimo per ripensare a ciò che desiderava esporre al Padre, quindi iniziò a parlare con voce ferma: << Da quando i nove regni sono in pace, Asgard sta vivendo un periodo di tranquillità che da lungo tempo era stato negato a tutti noi. Il popolo è allegro e nessuno più desidera pensare alla guerra e alle pene che essa ha condotto con sé in passato….. >>.
Odino alzò improvvisamente la mano verso di lui, in un imperioso gesto che voleva significare silenzio e Thor, quasi costernato fece come esso gli ordinava.
<< Tutti questi sono fatti dei quali conosco già l’esistenza, figlio mio. >> gli fece notare Odino, senza scomporsi, parlando con voce stentorea e continuando a tenere il suo unico occhio puntato sul volto del principe dai capelli biondi: <<  Se sei venuto da me solo per parlare di Asgard e della felicità del mio popolo, ti informo che so già tutto. Ne sono al corrente da molto tempo e questa è la conferma che tutto sta andando come dovrebbe. >>.
S’interruppe, spostando leggermente il proprio corpo sul trono d’oro lavorato che occupava; poi domandò con tono sbrigativo: << Devi dirmi altro, Thor, oppure devo dedurre che sei qui solo per vantarti delle tue imprese in guerra che hanno condotto il nostro mondo alla pace? >>.
Ricacciando un improvviso moto d’orgoglio,nel notare che il Padre quella mattina pareva più di malumore del solito, Thor rispose quasi di fretta: << No, padre. Non sono qui solo per….. Vantarmi. >>, scosse il capo, ripensando a quando, solo pochi anni prima, si sarebbe realmente recato dal padre solo per parlare delle sue gesta in battaglia, esaltando la sua bravura con le armi a beneficio solo ed esclusivamente suo e della sua indole fiera e combattiva.
<< Ho imparato da tempo e a mie spese che la troppa sicurezza in se stessi non sempre conduce alla giusta soluzione delle cose. >> ammise quindi, chinando leggermente il capo: << Non cerco il vostro compiacimento, ma sono qui perché desidero mettervi a parte di alcuni fatti che stanno accadendo nella Città Eterna. >>.
Smise di parlare solo il tempo necessario a dare il tempo a Odino di concentrare meglio le proprie attenzioni su ciò che lui stava per rivelargli: << Fatti che riguardano appunto i vostri sudditi. Essi sono felici per la nuova pace ritrovata, questo è vero, tuttavia negli ultimi tempi hanno iniziato a circolare delle voci per Asgard. >>.
Esitò, prima di aggiungere quasi fosse una sorta di monito: << Voci che parlano di voi e del vostro modo di governare. >>.
Aggrottando la fronte, il Padre degli dei si mosse adesso leggermente a disagio sulla sedia dorata, domandando poco convinto: << Il mio modo di governare? >>.
Thor rispose ancora una volta con un cenno del capo appena percettibile e non parlò.
Sembrava inquieto più del Padre nel rivelargli questi fatti, seppur si fosse imposto da solo di adempire a questo scomodo compito di portavoce.
<< La gente di Asgard sta forse iniziando a pensare che io sia troppo vecchio per continuare a governare su questo mondo con la dignità necessaria? >> domandò Odino, squadrando Thor da capo a piedi come se fosse la prima volta che lo vedeva e stentasse a riconoscere in lui il proprio figlio.
Sospirò scuotendo il capo.
Quindi fissando uno dei bracieri alla base della scalinata, replicò, alzando la voce a mano a mano che procedeva nel proprio discorso: << È vero, Thor, non sono più giovane come un tempo, ma la forza che scorre nelle mie vene è immutata e la mia capacità di giudizio invariata. Qualunque cosa il popolo stia temendo, non ha ragione di esistere. Sono sempre il loro re e lo resterò per molto tempo ancora. >>.
Queste ultime parole del Padre degli dei, risuonarono molto simili ad una sfida alle orecchie di Thor, che si accorse del cambiamento nella voce del padre.
Un cambiamento sottile, ma pur sempre percettibile.
Pareva quasi che Odino gioisse nello specificare che per il momento lui era e restava Re di Asgard e Thor avrebbe dovuto attendere ancora prima di poter prendere il suo posto.
Avrebbe dovuto attendere fino a quando fosse stato lui a deciderlo.
<< In realtà…. >> farfugliò il Dio del Tuono: << Non è questo a turbare la gente, Padre. In molti vi vedono…. Cambiato. >>.
<< Cambiato? >> Odino parve sorpreso da quell’affermazione, ed un tenue sorriso gli stirò le labbra seminascoste dalla barba e dai baffi grigi.
Sembrava quasi trovare le parole del proprio successore impossibili e ridicole.
Thor annuì leggermente alla domanda dubbiosa che il Padre degli Dei gli aveva appena rivolto.
<< Il popolo non è il solo a pensarlo. >> Rivelò cercando di mantenere un tono neutro: << Dopo la battaglia con gli Elfi Oscuri e il loro capo Malekit; dopo la morte di…..>>.
S’interruppe un solo istante, distogliendo lo sguardo dal volto solenne di Odino, che continuava a fissarlo impassibile dall’alto del suo trono dorato.
Deglutì a vuoto per ricacciare il ricordo di quei momenti orribili, poi riprese: << Dopo la morte di mia madre Frigga, anche chi vi è più vicino inizia a credere che qualcosa in voi sia mutato. I soldati, Lady Sif e i guerrieri, tutti vi vedono in qualche modo diverso. >>.
Dopo che l’eco di queste ultime parole si fu spento, padre e figlio restarono in silenzio per un istante, l’uno riflettendo sulla gravità di quel messaggio, l’altro augurandosi di non irritare o turbare troppo il Re di Asgard con quei suoi dubbi.
Tolto lo sfrigolio delle fiamme che ardevano nei bracieri, non si udiva alcun rumore nella sala del trono.
Quell’attimo di silenzio parve durare un eternità; poi Odino domandò con un tono di voce che pareva un’accusa: << Anche tu, Thor? >>.
<< Io…. >>, Thor tentennò.
Non sembrava aspettarsi dal Padre una domanda come quella, quasi pensasse che la risposta fosse ovvia e scontata: << Non so bene cosa pensare, Padre. >>.
Traendo un profondo sospiro quasi rassegnato, Odino scosse il capo, restando ancora per un attimo in silenzio.
Il suo sguardo si era fatto remoto e intriso di una profonda tristezza e quando parlò la sua voce si fece udire meno stentorea ma più debole di prima e rotta da emozioni intense seppur difficili da identificare: << Ho sofferto per la morte di Frigga, questo non posso negarlo. Era mia moglie e l’amavo come non ho mai amato nessun altra donna. Tu questo dovresti saperlo bene quanto me, Thor. >>.
Smise di parlare, facendosi rigirare pensosamente nel pungo il lungo bastone d’oro che era il simbolo del proprio potere, come se questo avesse potuto infondergli nuova forza per continuare a parlare.
<< Tuttavia, il dolore per la sua perdita non mi ha cambiato in alcun modo. >> puntualizzò quindi, tornando a indirizzare lo sguardo su Thor che, sempre inginocchiato ai piedi del trono, aveva chinato a sua volta il capo, ripensando alla madre: << Anzi; posso dire di vedere le cose ancor più chiaramente, ora. >>.
Thor assentì leggermente e, come se questo suo gesto avesse rotto una sorta di incantesimo, facendo tornarne immediatamente il Padre degli Dei deciso e sicuro di sé, questo si alzò velocemente dal trono lavorato e poggiando l’estremità inferiore dello scettro a terra, fece riecheggiare il tonfo sordo del metallo contro il metallo per tutta l’immensa sala circostante.
Questo suo gesto ovviamente significava che per lui quella riunione era terminata.
Infatti, quando l’eco si fu spento fra le alte colonne intarsiate, il Re di Asgard riprese la parola, esclamando con un tono che non lasciava spazio alle repliche: << Adesso va, Thor. Lasciami ai miei compiti di sovrano. >>.
Mosse la mano, verso il figlio, quasi ad accentuare le proprie parole, poi gli volse le spalle, facendo allargare dietro di sé l’ampio mantello rosso, assai simile a quello indossato dallo stesso Thor.
Questo rimase in ginocchio ancora per un istante, sperando dentro di sé che il Padre avrebbe aggiunto qualcosa.
Invece, Odino continuò a dargli le spalle, come se Thor non fosse già più presente in quella stanza. Allora, comprendendo che quel colloquio era effettivamente terminato e che lui non sarebbe riuscito a conversare oltre con il Padre, il Dio del Tuono raccolse in fretta Mjolnir da terra e  sollevandosi, tornò ad annuire lentamente, pur sapendo che Odino non avrebbe potuto vederlo.
Quindi, volse a sua volta le spalle al sovrano di Asgard, iniziando a percorrere a ritroso la lunga sala del trono, pronto a lasciare suo Padre alle incombenze reali.
Aveva quasi raggiunto la porta che conduceva all’esterno, quando improvvisamente e ormai inaspettatamente, la voce di odino tornò a farsi sentire alle sue spalle, decretando con
enfasi: << Comunque hai fatto la cosa più saggia nel venire a rivelarmi i dubbi del popolo, figlio mio. Conoscere e tenere in considerazione il parere della gente è assai importante per un buon re. >>.
Nell’udire quelle parole, un nuovo barlume di speranza si fece strada nel cuore di Thor che, dopo essere tornato a guardare il Padre, si affrettò a domandargli: <>.
Odino assentì solennemente, rispondendo: << Lo farò. >>.
In parte rincuorato da quell’affermazione, sicuro che le sue parole non erano state vane, Thor sorrise leggermente e tornò a voltare le spalle al padre, accingendosi una volta ancora  a lasciare la sala del trono.
Mentre procedeva a passo spedito, con l’ampio mantello che svolazzava dietro di lui, non sentì le ultime parole che uscirono dalle labbra di Odino.
Non riuscì a percepire il cambiamento vibrante nel tono della sua voce, fattasi più sottile ed insidiosa, simile al sibilo di un serpente pronto a mordere la propria inconsapevole vittima.
<< Non temere Thor….. Lo farò senz’altro. >> mormorò colui che avrebbe dovuto essere Odino, ma che adesso non pareva più tanto simile al padre degli Dei.
Una lieve smorfia di disappunto si fece largo sulla sua bocca.
L’unico occhio buono si chiuse per un istante e quando si riaprì, non era più quello di Odino.
Non era più azzurro e limpido come il cielo sopra la città eterna, ma verde come uno smeraldo dalle mille sfaccettature, luminoso ed indagatore. 


-----------------------------------

Primo capitolo della mia Loki x Sigyn fan fiction. 
è da tanto che non scrivo più qualcosa, ma spero che questa nuova storia vi piaccia; e spero di non aver fatto troppi errori nello scrivere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** FALSE KING ***


2

 FALSE KING
 
La trasformazione avvenne lentamente, coperta e occultata alla potente vista del guardiano di Asgard grazie ad un incantesimo che rendeva colui che lo creava  invisibile per alcuni istanti.
Una sorta di ologramma aveva preso il suo posto sul trono d’oro; un fantasma semievanescente che sarebbe scomparso non appena qualcuno avesse osato sfiorarlo, ma che per il momento, sarebbe bastato allo scopo per cui era stato creato, ossia come uno specchio per le allodole fatto apposta per ingannare la prodigiosa vista di Heimdall che avrebbe scorto Odino tuttora seduto sul suo trono, anche se in realtà il Re di Asgard non era più a comando della città eterna già da parecchio tempo.
Il vero Odino non governava più il suo popolo da un mese e solo in pochi fino ad allora si erano accorti della differenza fra l’effettivo governatore della città eterna all’impostore che adesso aveva preso il suo posto.
Un lieve sorriso astuto stirò gli angoli della bocca dell’uomo che fino ad allora si era fatto passare per Odino e un altro pezzo della maschera magica che esso si era costruito addosso si spezzò e si dissolse, rivelando le labbra sottili che vi stavano al di sotto.
La placca d’oro che copriva l’occhio menomato del Padre degli Dei si ridusse in cenere, mentre al suo posto appariva un occhio totalmente sano, verde come il suo gemello di sinistra.
La barba svanì dal mento, che si fece più sottile e totalmente glabro; i capelli bianchi si scurirono su di una fronte ampia e levigata, mentre il naso si faceva più adunco, il volto assumeva tratti spigolosi e le ossa degli zigomi si facevano più pronunciate.
Così come stava accadendo al volto, anche il resto del corpo subì un totale mutamento.
Le membra del Padre degli Dei si affievolirono, mentre la sua statura aumentava, definendosi in contorni più longilinei.
Le sue movenze si fecero più sinuose, sciolte, il passo si allungò leggermente e divenne simile a quello di un felino intento a cacciare.
Anche le mani si assottigliarono fino a quando l’intera figura del Padre degli Dei non venne totalmente sconvolta e al suo posto apparve un uomo totalmente diverso.
Adesso nella sala del trono, non visto perché sempre protetto dalla magia, c’era un bugiardo e un traditore; non più Odino ma Loki; il fratello adottivo di Thor, che avrebbe dovuto essere morto, ma che invece viveva ancora a dispetto delle più rosee aspettative di tutti quegli stolti Asgardiani, convinti di essere protetti dal loro benevolo re, quando invece erano sudditi dell’uomo che detestavano già da tanto tempo, colui che in molti ormai conoscevano come il Dio degli Inganni.
Continuando a camminare per la sala del trono con passo nervoso, rapido, Loki lasciò che il sorriso svanisse rapidamente dalle sue labbra.
Aveva messo tutto il suo impegno in quella messinscena.
Per mantenere costantemente le sembianze di Odino aveva dovuto impiegare quasi tutte le proprie energie.
Persino le sue risorse magiche non erano illimitate come esso avrebbe desiderato credere e far credere agli altri.
Non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma restare sul trono di Asgard sotto le false sembianze del Padre degli Dei lo aveva stremato.
Mentre sfilava lentamente dinnanzi ad una delle colonne d’oro lavorato, Loki riuscì a scorgere su quella superficie irregolare i tratti scavati del proprio volto e si accorse con una punta di collera, che seppur esso desiderasse negarlo, stava pagando ad un caro prezzo tutte le magie degli ultimi tempi.
Il suo viso era ancor più cinereo del solito, la fronte e le labbra tese nello sforzo che anche in quel momento stava compiendo per mantenersi invisibile.
Storcendo ancor più le labbra, totalmente insoddisfatto dall’immagine che la superficie dorata gli restituiva, Loki si affrettò ad allontanarsi da essa, continuando a riflettere.
Notte e giorno per un mese intero aveva mantenuto alte le sue difese, in modo che anche mentre dormiva il guardiano del Bifrost avesse visto Odino e non lui assopito nel grande letto del Re.
Aveva dovuto dormire solamente a metà, con una parte del cervello ancora vigile e sveglia e non era impresa facile.
Aveva fatto tutto questo per mantenere il suo controllo su Asgard, per essere Re prima di Thor; per adempire a tutte le menzogne che il Padre degli Dei per primo gli aveva raccontato.
Aveva creduto che tutto stesse funzionando alla perfezione, ma forse….. Forse aveva solo ingannato se stesso.
Perché lui aveva tutto ma non aveva niente.
Possedeva il potere sull’intera Città Eterna, ma non era mai stato veramente lui a governare.
Non era a Loki che i sudditi si rivolgevano quando parlavano.
Non era Loki che temevano coloro che infrangevano la legge.
Era diventato Re ma non lo era mai veramente stato, perché tutti lo vedevano con le sembianze di Odino.
Quella che aveva attuato era una menzogna nella menzogna.
Perché esso non aveva raccontato bugie solo al popolo asgardiano ma anche e forse soprattutto a sé stesso.
Aveva sempre mentito a sé stesso quando diceva di essere lui il Re.
E come se ciò non bastasse, esso aveva abusato delle proprie forze ed ora le sue difese magiche stavano lentamente affievolendosi e crollando, permettendo a tratti a chi lo conosceva di scorgere sotto alla maschera del Padre degli Dei il volto pallido del Dio della menzogna.
La stanchezza a volte poteva essere la nemica più insidiosa per uno come Loki che basava quasi tutta la sua vita su inganni e magie; su trucchi ben riusciti che costavano comunque ogni volta al suo corpo un piccolo prezzo da pagare.
La magia non era semplice da utilizzare e, come Loki sapeva bene, ad ogni incantesimo un brandello della sua forza diminuiva.
Ultimamente aveva dovuto mettere a dura prova la sua resistenza fisica e spirituale, mantenendo la propria mente concentrata su vari fronti, conservando il suo reale aspetto celato sotto a quello di Odino e nel frattempo tenere segregato il vero Re di Asgard lontano da occhi troppo curiosi.
Perché, si, era così, Odino non era morto, ma solamente imprigionato.
Nonostante tutto il tempo che aveva avuto a sua disposizione, Loki non era ancora riuscito a togliere di mezzo il Padre degli Dei.
Questo non perché tenesse a lui, ma perché Odino era forte, resistente come la roccia stessa malgrado tutti gli anni che pesavano sulle sue spalle.
Quasi immortale esattamente come credevano i Midgardiani.
Loki le aveva escogitate quasi tutte per avvilire e far soffrire Odino; si era divertito a stuzzicarlo, punendolo per quello che gli aveva fatto.
Lo aveva tenuto in vita anche intenzionalmente, ma forse ora era giunto il momento di portare a termine quella messinscena.
Soprattutto ora che anche quello sciocco di Thor pareva si stesse accorgendo della sua menzogna.
Il Dio del Tuono non era mai stato un tipo che lui avrebbe considerato intelligente.
Tuttavia esso sapeva che anche gli stolti potevano rivelarsi una minaccia.
Soprattutto quel genere di stolti che agivano in nome di una giusta causa.
Coloro che si definivano i buoni.
Stringendo in pugno il bastone d’oro di Odino con tanta forza da farsi sbiancare le nocche, Loki indurì la mascella, cercando di dominare la propria collera e domandandosi una volta ancora perché i suoi piani non andavano mai a buon fine.
Perché, nonostante tutto, lui dovesse sempre trovarsi dinnanzi a mille ostacoli da superare.
Scuotendo il capo, smise improvvisamente di pensare e decise di agire.
Sapeva con estrema certezza che ormai non aveva più tempo a sua disposizione per gingillarsi tranquillamente sul trono di Asgard.
Era giunto per lui il momento di porre fine a quella messinscena teatralmente costruita.
Era giunto il momento di recarsi dal vero Padre degli Dei, questa volta non per tormentarlo ma per toglierlo definitivamente di mezzo.
Una volta che lui fosse morto, il rischio che Heimdall, Thor o qualcun altro potessero riuscire a scoprire il suo inganno sarebbe notevolmente diminuito e lui avrebbe potuto continuare a governare su Asgard come legittimo e incontrastato Re, o magari, nelle migliori delle ipotesi, avrebbe persino assumendo le sue reali sembianze, sconvolgendo la vita di tutti quegli zotici villani, rivelando loro che da allora in avanti, Loki avrebbe avuto il controllo sull’intero pianeta.
Concedendosi un nuovo affilato sorriso di pregustato trionfo, il Dio degli Inganni chiuse gli occhi per un istante, prima di incamminarsi a passo svelto verso la grande porta che dava sui corridoi della fortezza.
Aveva un compito da svolgere e desiderava metterlo in atto il prima possibile.
 
 
Parecchi metri sotto la superficie, dove nemmeno un lieve barlume di sole riusciva a penetrare; nelle profondità dei sotterranei della fortezza reale ad Asgard, un vecchio individuo dal corpo esile ed emaciato languiva avvolto dalla quasi totale oscurità.
Lo sconosciuto, tenuto prigioniero in una delle celle riservate ai nemici e ai traditori, se ne stava immobile in apparente attesa.
Indossava indumenti poveri e dai colori spenti, troppo ampi per la sua esile figura.
I capelli bianchi sulla sommità del suo capo erano sottili e radi; il volto scuro segnato da miriadi di rughe che glie lo deturpavano, insieme alla profonda cicatrice rossa che gli tagliava la palpebra destra partendo dalla fronte, fino a scendere sul mento.
Era stato condotto lì sotto in catene; le stesse che adesso gli legavano i polsi alla parete fredda e scabra; condannato alla prigionia dal re; o da colui che si fingeva tale.
Perché quel vecchio sapeva ogni cosa.
Sapeva che non era il vero Odino a regnare su Asgad in quel buio periodo, bensì un impostore.
Lo sapeva bene, perché lui non era né un ladro, né un vecchio stanco e debole, ma il vero Padre degli Dei, tenuto vincolato a quella miserevole forma dalla magia del Dio degli Inganni. 
Costretto in ginocchio perché le catene alle quali era stato legato erano troppo corte per consentirgli di mettersi seduto, colui che avrebbe dovuto occupare il trono della Città Eterna teneva la testa reclinata in avanti e pareva addormentato.
Pareva addormentato ma non lo era.
Rifletteva; come sempre.
D’altronde li sotto non aveva null’altro da fare.
Rifletteva e cercava di trovare un modo per riuscire a liberarsi da quella trappola ordita a sue spese da Loki.
Non aveva perso la nozione del tempo nonostante fosse rinchiuso lì da un mese intero, ormai, e sapeva benissimo che in quel momento il sole doveva essere da poco sorto sopra la grande città sospesa nel cielo.
Privato della sua dignità e del suo grado di regnante grazie ad un subdolo incantesimo del Dio degli Inganni, che aveva tramutato il volto del Padre degli Dei in quello di un totale sconosciuto, Odino non aveva mai ricevuto alcun tipo di visite da quando era stato rinchiuso nelle segrete, in una delle celle più buie e lontane dalla luce.
L’unica compagnia di cui Odino aveva potuto godere durante quel periodo di solitudine, erano i suoi due inseparabili corvi; le sue vedette personali che gli avevano giurato fedeltà eterna e che, anche in quel momento, parevano riuscire a vedere oltre quella maschera fatta di inganno che Loki gli aveva costruito addosso.
Loro vedevano il vero Odino e per questo, da quando era stato recluso in quelle celle oscure, non si erano mai allontanati da lui un solo attimo.
I due corvi, erano coloro che in tutta Asgard non avevano mai perso di vista la verità.
Erano coloro che avevano capito ogni cosa sin dal principio.
Sospirando lentamente il Padre degli Dei sollevò un poco il capo canuto, fissando l’oscurità che lo attorniava con l’unico occhio buono.
Sino ad allora aveva sopportato con onore quella prigionia insensata, non cedendo mai alle minacce e alle crudeli punizioni a cui quel figlio adottivo che adesso lui riusciva solo a disprezzare, lo aveva sottoposto.
Seppur esso si sentisse ormai stanco ed il proprio limite di sopportazione stesse giungendo ad un punto critico, Odino non avrebbe ceduto proprio ora.
Lui vedeva ancora della speranza dinnanzi a sé.
La speranza che il suo reale figlio Thor, Heimdall, Sif o chiunque altro si accorgesse del mutamento subito nel carattere del falso re che ora regnava incontrastato su Asgard.
Asgard….. Odino non osava nemmeno provare ad immaginare dove il dominio folle e contorto di Loki avrebbero potuto condurre il suo regno un tempo perfetto.
Scuotendo il capo, il Padre degli Dei iniziò cautamente a contorcere i sottili polsi dentro alle pesanti cinghie di metallo che lo imprigionavano, tentando invano di liberarsi dalla loro salda presa.
Sapeva già che ogni suo sforzo era inutile, e anche se si sarebbe tolto quelle catene di dosso, sarebbe comunque dovuto restare segregato lì sotto, prigioniero di quella barriera magica e nebulosa che circondava la sua cella.
Tuttavia non poteva continuare a restarsene inerte, senza nemmeno fare un piccolo tentativo per ribellarsi all’ossessivo dominio di Loki sulla sua città.
Stava ancora contorcendosi nelle strette ferree del metallo che gli imprigionava le mani, quando un fruscio lieve in fondo al corridoio della cella lo fece sobbalzare.
Immediatamente esso s’immobilizzò, trattenendo quasi il fiato, mentre i corvi che lo attorniavano, iniziavano a gracchiare e ad agitarsi, facendo frullare le ali nello spazio ristretto della stanza.
La figura alta di Loki emerse lentamente dal buio e, come faceva quasi ogni volta, apparve dinnanzi a Odino quando esso meno se lo sarebbe aspettato.
<< Stai pensando ad un modo per fuggire, Odino? >>, sibilò la voce fredda e familiare del giovane Dio dai capelli neri: << I tuoi corvi non ti hanno fornito nessun consiglio? >>.
Sogghignò leggermente, mentre con passo misurato si avvicinava alla cella dove stava rinchiuso colui che un tempo aveva chiamato Padre.
L’altro non rispose, così Loki proseguì: << Peccato. Non sono poi dei così ottimi consiglieri, allora, non è vero? >>.
Tacque un istante, sostando dinnanzi alla barriera magica che brillava leggermente di luce dorata che componeva il perimetro della cella e poggiando il bastone del Re al suolo, lo tenne ben in vista, in modo che il Padre degli Dei potesse scorgerlo al meglio.
<< O forse anche loro sanno che per te è impossibile fuggire e si sono rassegnati? >> tornò a domandare aggrottando la fronte con aria dubbiosa.
<< Dovresti farlo anche tu, >> suggerì poi: << perché dovresti sapere che tutti i tuoi sforzi sono vani e sciocchi. >>.
Sospirò e scosse il capo, portandosi una mano alla fronte con un gesto teatrale, fingendosi desolato: << Perché continui a ribellarti all’evidenza, io non capisco. Davvero…. Non capisco. Potresti limitarti ad inchinarti  a me, invece continui a ribellarti. Oh, Padre degli Dei, come sei caduto in basso. >>.
Odino non replicò ancora per un istante, ma si concesse un altro attimo per riflettere.
Loki era sceso spesso sino alle prigioni per andare a fargli visita.
In quelle occasioni non aveva mai perso tempo e lo aveva sempre e solo deriso e umiliato, facendogli notare in continuazione quanto lui; il potente Padre degli Dei, fosse ridotto all’impotenza senza il suo bastone dorato; senza il suo trono su cui sedere e regnare.
Questa volta non pareva diversa da tutte le altre, tuttavia Il Padre degli Dei ebbe l’impressione di intuire maggior nervosismo nel principe usurpatore.
Qualcosa era cambiato in superficie, lo sentiva, e quel qualcosa poteva rivelarsi assai importante per il suo ritorno al mondo della luce.
<< Che cosa vuoi, Loki? >>, domandò alla fine Odino con una voce che non era la sua: << Sei qui solo per schernirmi, come fai sempre? Questi giochetti non ti hanno ancora stancato? >>.
<< Oh, non mi stancherei mai di vederti imprigionato e tu lo sai bene. >> replicò Loki, senza nascondere minimamente la soddisfazione che esso provava nel vedere il Padre degli Dei in suo totale potere.
<< Ma purtroppo il tempo sta per finire. >> soggiunse dopo un attimo.
<< Si. Il tempo sta per finire, Loki, ma per te. >> ribatté prontamente Odino, sollevando il mento verso l’alto e fissando colui che un tempo aveva persino osato chiamare figlio.
Uno dei corvi, gli balzò sulla spalla destra, come a confermare la sua concordia nei confronti del Re di Asgard.
<< Sul serio lo pensi? >> Loki parve stupefatto da quell’affermazione.
<> continuò a domandare, socchiudendo gli occhi verdi che nella semioscurità parevano mandare bagliori diabolici: << Sei imprigionato e trattato come un fuorilegge da più di trenta giorni ormai. Quanto credi di poter resistere ancora? >>.
<< Il problema non è quanto posso resistere io, Loki, ma quanto puoi resistere tu. >> rispose il vecchio scheletrico che non aveva nulla di Odino tranne forse il suo unico occhio buono, rimasto invariabilmente di quel colore tanto azzurro da sembrare quello di un cielo limpido e senza nubi.
Lo stesso colore azzurro degli occhi di Thor.
Loki distolse per un attimo lo sguardo, suo malgrado irritato dalla luce che scorgeva nell’occhio del Padre degli Dei.
<< Sei stremato, lo vedo anche da qui, anche con questa flebile luce. >> proseguì il Padre degli Dei, o quello in cui era stato tramutato grazie alla magia, accorgendosi a mano a mano che parlava che Loki si faceva più nervoso e leggermente meno sicuro di sé stesso.
Odino aveva immediatamente notato lo sfinimento sul volto del Dio degli Inganni e voleva sfruttare questa sua nuova debolezza per cercare di ottenere da lui maggiori informazioni riguardo ciò che aveva intenzione di fare con lui: << Non riuscirai a mantenere tutta questa magia attiva ancora per molto, a meno che tu non voglia segnare in questo modo la tua stessa fine. >>.
Per un istante attorno alla cella cadde il silenzio, mentre il vecchio scheletrico ed emaciato ed il Dio degli Inganni si fissavano a vicenda.
Fu Loki infine a parlare per primo, borbottando a denti stretti, reprimendo a stento un improvviso moto di collera, forse perché aveva compreso che nonostante tutto il tempo nel quale era rimasto maltrattato e segregato nella cella, Odino non aveva ancora perso la fiducia in sé stesso e negli altri.
<< Tu credi di conoscermi abbastanza da poter valutare i miei limiti, Padre degli Dei? >>.
Tacque, aspettando una risposta che non giunse mai, così proseguì ribattendo da solo alla propria domanda: << No. Tu non sai per quanto ancora io posso continuare a tenerti imprigionato qui, sotto le mentite spoglie di un povero vecchio ladro. Tu non sai quanta forza posseggo ancora. >>.
Odino restò ad osservare Loki ancora per un attimo, notando il pulsare di una vena sulla tempia dell’uomo dai capelli corvini, il leggero tremito della sua mano sottile stretta quasi come una morsa sul bastone d’oro. Era nervoso, irritato.
<< Non lo so, questo è vero >> confermò alla fine il Padre degli Dei: << Ma vedo che si sta estinguendo molto rapidamente. Tu racconti a tutti bugie, ma io posso leggere la verità dietro alla menzogna. >>.
<< Davvero? Ti reputi così esperto? >> indagò immediatamente Loki, quasi con furia: << Se fosse così, non sarei riuscito ad imprigionarti, non ti pare? >>. Sogghignò, probabilmente sicuro d’aver fatto breccia in un punto dolente dell’altro.
Questo non si scompose, tuttavia, muovendosi leggermente sulle ginocchia nel tentativo di lenire il dolore alle braccia anchilosate a alle gambe, esclamò: << Loki, ti giuro che quando riuscirò a liberarmi e a spezzare quest’incantesimo che mi fa apparire agli altri per un uomo diverso da quello che sono, avrai ciò che ti meritavi fin dall’inizio. >>.
<< Quale gentilezza da parte tua. >> lo canzonò l’altro, rilassandosi un poco e allentando la presa sullo scettro dorato: <>.
<< No. >> Odino scosse il lentamente e solennemente il capo, pronunciando quelle parole come una sorta di promessa impossibile da infrangere: << Ma farò ciò che non sono riuscito a fare quando ancora eri in fasce. >>.
<< Dovrai essere leggermente più esaustivo di così. >>.
<< Ti condannerò a morte certa, Loki. >> sbottò Odino. E mentre pronunciava quelle parole, i due corvi al suo seguito iniziarono a lanciare i loro versi gracchianti contro l’uomo alto immobile dinnanzi alla cella.
Gli occhi del principe dardeggiarono per un istante, ed esso strinse la mandibola con odio, quindi sibilò: << Oh, davvero? E di grazia, com’è che pensi di fare, Padre degli Dei, visto che sarò io ad ucciderti per primo? >>.
E senza lasciare il tempo al Padre degli Dei di capire ciò che esso aveva intenzione di fare, disattivò in fretta la magia che teneva sigillata la cella dove Odino era rinchiuso, un attimo prima di balzargli letteralmente addosso con la lancia dorata diretta al suo cuore. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** REVEALED DECEPTION ***


3   REVEALED DECEPTION


Per un istante, solo per un istante, mentre Loki si gettava con la lancia in pugno contro il Padre degli Dei, imprigionato e impossibilitato a difende se stesso in alcun modo,  alla mente del Dio degli Inganni si affacciarono i ricordi di quando lui e Thor giocavano insieme, del sorriso amorevole di Odino quando esso si rivolgeva a loro e leggeva l’entusiasmo nei loro occhi di bambini, della felicità che lui aveva provato sentendosi amato; quando ancora era certo di avere una famiglia, di appartenere a qualcuno.
Durò poco; un battito di ciglia, pochi palpiti del suo cuore e Loki tornò a ricacciare quei pensieri in un angolo lontano della propria coscienza, intimando a sé stesso di concentrarsi solo sul presente. 
Ce la stava facendo!
Ce la stava facendo ad attuare la sua vendetta e non poteva permettersi alcun tipo di distrazione. Non poteva farsi coinvolgere e fuorviare da inutili sentimentalismi. 
Stava riuscendo finalmente a trovare la volontà necessaria per colpire il Padre degli Dei a morte e non stava esitando.
Avrebbe spazzato via Odino da Asgard con un solo colpo ben assestato e ciò che rendeva quell'azione ancor più memorabile era il fatto che il Padre degli Dei sarebbe perito proprio grazie allo scettro che un tempo gli aveva donato il potere su tutta la Città Eterna.
Quel giorno Loki, il figlio adottato trattato sempre come una sorta di reliquia; un oggetto di scambio da utilizzare quando e come Odino avesse ritenuto più necessario per sé stesso, stava per ottenere la propria rivincita su tutto.
Stava per dimostrare al Padre degli Dei che anche quel figlio che aveva reputato debole ed inutile, e che mai avrebbe potuto governare su Asgard perché figlio di qualcun altro e non realmente legittimo erede di Odino e Frigga, poteva rivelarsi molto più forte ed astuto di quello che tutti si erano aspettati.
Mancava poco, ormai. 
Un passo soltanto lo separava da Odino; da quel mucchio di ossa antiche nel quale esso lo aveva tramutato, rendendolo debole e stanco; impotente dinnanzi al suo potere ed alla sua magia.
Quasi come se avesse previsto in precedenza ogni possibile intralcio che avrebbe potuto ostacolare la riuscita del suo piano, Loki evitò agilmente l’attacco dei tre corvi fedeli ad Odino che, comprendendo il pericolo che il loro Re stava correndo, gli si erano gettati contro, cercando di beccarlo agli occhi e alle mani, inutilmente.
Il Dio degli Inganni fu più veloce di loro. 
Atterrò il primo con un colpo dello scettro dorato, scansando il secondo e scagliando lontano il terzo grazie alla magia.
Quegli animali neri fatti di piume scure non potevano nulla contro di lui; come ormai non poteva nulla lo stesso Odino. 
Questa volta sarebbe stato lui a trionfare!
Senza perdere tempo a guardare i tre pennuti che lentamente cercavano di riprendersi dai colpi subiti, Loki tornò a volgersi verso il Padre degli Dei con un ghigno tremendo sulla faccia e gli occhi che brillavano di una furia implacabile, mista alla follia stessa.
Mancava poco……
Loki sollevò verso l’alto la lancia, pronto a calarla su Odino che, a dispetto di tutto se ne restava immobile e composto ad aspettare quel colpo giunto quasi a tradimento da un uomo libero contro uno legato ed imprigionato; quando improvvisamente un intenso lampo di luce inondò l’intero sotterraneo, accecando e ferendo la vista del Dio degli Inganni, che senza più un punto di riferimento da osservare, andò a conficcare la punta acuminata della lancia d’oro al suolo, sfiorando solamente una delle braccia di Odino, senza creargli alcun danno.
Anche il Padre degli Dei, nella sua attuale forma, per un attimo aveva perso l’uso della vista; abbagliato da quel raggio di luce azzurrina ed intensa; anche se già sapeva che cosa era accaduto.
Lentamente sulle labbra del vecchio incatenato comparve un sorriso fiducioso.
<< Fermo! >> la voce che, un attimo dopo scaturì dalle tenebre era decisa e stentorea. 
Una voce forte, adatta ad appartenere al figlio legittimo del Re di Asgard. 
Una voce fatta per comandare. 
La voce di….
<< Thor……. >> il nome del Dio del Tuono fuoriuscì in una specie di roco sussurro dalle labbra di Loki che, dopo aver perso il controllo sulla situazione che, fino a pochi attimi prima era sembrata totalmente nelle sue mani, era tuttora inginocchiato al suolo, accanto al bastone incagliatosi nel pavimento levigato e gelido della prigione a pochi centimetri da Odino. 
Il Dio del Tuono mosse qualche passo affrettato in avanti, uscendo dalla nuvola di lampi che per un attimo avevano continuato a crepitare nell'aria attorno a lui, dopo che esso aveva scagliato la propria folgore attraverso il lungo corridoio dei sotterranei, illuminandone a giorno ogni singola cella; abbagliando il fratellastro.
<< Loki, io ti credevo morto. >> esordì, mentre la sua voce abbandonava il tono imperioso di poco prima e si faceva più bassa, quasi nostalgica. 
Nell'udire quelle parole e nel leggere sul volto del fratello un dolore sincero e spontaneo, gli occhi di Loki si velarono per un istante di lacrime che esso si affrettò a scacciare, insieme a quella nuova ondata di subdoli ricordi che lo aggredivano a tradimento, facendogli perdere seppur per brevi attimi la concentrazione. 
Indurendo il proprio cuore per scacciare le emozioni che gli sussurravano insistenti del passato e che lui non voleva ascoltare, Loki tramutò la propria incertezza nel solito scudo fatto di arroganza e parole sferzanti, replicando in fretta: << È già la seconda volta che pensi una cosa del genere, e sembra quasi che questo non ti dispiaccia affatto. Anzi, sembri deluso di vedermi sano e 
salvo. >>.
Thor, fermo quasi all'altra estremità della stanza, scosse fermamente il capo, rispondendo con una sincerità che l’altro trovò disgustosamente fastidiosa: << Non è così. >>.
Tacque un istante, mentre osservava il Dio degli Inganni che, strappato lo scettro di Odino dal suolo, tornava a rimettersi in piedi, ritto dinnanzi a lui.
Poi, gli domandò, angustiato: << Perché non mi hai fatto sapere che eri vivo? Perché hai inventato questa nuova messinscena? >>.
<< Non volevo rovinarti la festa facendoti sapere che stavo bene. >>, replicò Loki fissando l’altro con fasulla noncuranza. 
<< Io non ho mai gioito pensando alla tua morte, fratello. >>disse Thor, muovendo un passo verso di lui, ma Loki lo immobilizzò quasi immediatamente con il solo potere del suo sguardo minaccioso, ringhiando a denti stretti, mentre una rabbia inimmaginabile tornava ad ardere nel suo corpo: << Io non sono tuo fratello; già dimentichi? >>.
Sospirando Thor lasciò cadere il braccio con il quale impugnava il martello del tuono lungo il fianco, abbassando leggermente lo sguardo verso terra: << Come potrei dimenticarlo con te che non perdi un’occasione per rammentarmelo con le tue parole o con le tue azioni dissennate? >>.
Tornò a scuotere il capo ed i suoi capelli biondi, lunghi fino alle spalle ondeggiarono leggermente, lanciando bagliori dorati nella semioscurità.
<< Quando ti ho visto…. >> tentennò, incerto.
<< Ti ho creduto… >> si corresse in fretta, sollevando lo sguardo sul fratello solo per un attimo, prima di tornare ad abbassarlo: << Morire fra le mie braccia su Svartalfheim ho pensato…. Ho pensato che tu fossi stato onesto almeno quella volta. >>. 
Chinò ancor di più il capo, assumendo un’espressione avvilita e contrariata al contempo: << Ho pensato che avessi veramente dato la tua vita per vendicare nostra madre….. A quanto pare…. Mi sbagliavo. >>.
<< Ma io l’ho fatto veramente per Frigga. >> sussurrò Loki, mentre il suo sguardo si faceva ancora per un istante distante, perduto in ricordi lontani: << Ti ho salvato veramente la vita, distruggendo quel maledetto mostro dal cuore nero. >>.
Smise di parlare solo un attimo. 
Poi, tornando a fissare Thor in volto, concluse a voce più alta, fiera: << Anche se, ovviamente, ho abilmente evitato di perdere la mia, di vita, come invece ho fatto in modo che tu credessi. >>.
<< Questo non toglie il fatto che tu abbia sottratto ancora una volta il trono di Asgard al suo legittimo proprietario. >> gli fece notare Thor, sollevando in un vago gesto il martello dei Tuoni verso l’alto.
<< Poco fa >> continuò con una serietà inquietante: << Quando mi sono recato nella sala del trono, ti ho parlato volutamente dei dubbi che serpeggiavano fra la gente di Asgard per metterti alla prova. Non volevo credere a Sif e agli altri, quando essi dicevano che l’Odino che governava su Asgard negli ultimi tempi non era lo stesso che conoscevamo in passato. Ma , a quanto pare, aveva perfettamente ragione. >>.
<< Quindi è stata Sif per prima a dubitare di me. >> sibilò Loki, squadrando il Dio dai capelli biondi ed il mantello rosso con freddezza e distacco.
<< Sif >> assentì lievemente Thor: << Sembra conoscerti molto più degli altri, Loki. >>.
L’altro rimase in silenzio per qualche attimo, quindi aggrottando la fronte, annunciò in tono leggero ma insinuante: << Mi ricorderò di lei e di questo suo affronto, quando deciderò di far scoppiare una nuova guerra fra i mondi. >>.
<< Loki, ora basta! >> lo ammonì Thor, rivolgendogli uno sguardo grave: << Tu hai tradito di nuovo tutti noi a partire da me! Perché? >> domandò esasperato: << Perché non hai semplicemente rivelato a tutti che eri ancora vivo? >>.
<< E rovinare così la mia unica occasione per diventare finalmente Re di Asgard? >> Loki lanciò un’occhiata raggelante al fratello: << No, Thor. Preferivo che voi mi aveste creduto morto, così avrei potuto manovrarvi a mio piacimento e prendere il posto di Odino indisturbato. >>.
Sogghignò: << Come vedi, il mio piano ha funzionato alla perfezione. >>.
<< Forse fino ad ora. >> gli fece notare immediatamente Thor: << Ma non proseguirà oltre, fratello.
Ora, libera mio Padre da quelle catene e dal sortilegio che lo rende differente da chi è in realtà. >>.
Un silenzio sgradevole scese sui due uomini che, nei sotterranei, si fronteggiavano scrutandosi a vicenda. 
Due fratelli, due dei; uno l’esatto opposto dell’altro: biondo contro bruno, buono contro cattivo.
Poi, improvvisamente il volto del Dio degli Inganni tornò ad aprirsi in un sorriso astuto, mentre esso replicava quasi con allegria: << Perché mai dovrei seguire un consiglio tanto sciocco ed incauto? >>.
Il sorriso svanì con la medesima velocità con il quale era arrivato e Loki tornò a farsi cupo e minaccioso: << Adesso sono io a brandire lo scettro del potere. Io sono il Re e quindi dico che Odino deve morire e tu con lui! >>. Mosse con noncuranza una mano, quasi stesse scacciando un insetto fastidioso: << Una volta tolti di mezzo voi due, avrò finalmente l’intera Asgard ai miei piedi! >>.
Nell'udire queste ultime parole il corpo possente di Thor s’irrigidì completamente. 
<< E poi, Loki? >> domandò dopo un breve attimo di esitazione: << Quando sarai finalmente il vero e unico Re di Asgard, che cosa farai del regno? Lo condurrai alla rovina, trascinando l’intera popolazione nella tua stessa follia? >>.
Il volto spigoloso di Loki s’indurì mentre sbottava, incapace di trattenere un nuovo, improvviso moto di collera: << Fino ad ora ho regnato su Asgard senza che tu neppure te ne accorgessi.
Ti sembra forse abbia condotto il regno alla rovina? Io voglio solo il bene per questo mondo e per il suo popolo, esattamente come lo volete tu e Odino. >>.
<< No, Loki. >> Thor scosse mestamente il capo: << Tu sei accecato dalla bramosia di potere. Solo questo conta per te. Solo questo è importante per te. Poi, non sei altro che un individuo pieno di odio e rancore. >>. Chinò leggermente il capo mentre proseguiva, abbassando appena la 
voce: << Mi dispiace, fratello, ma è da molto; forse troppo tempo ormai che non riesco a vedere del buono in te. >>.
Aveva parlato con franchezza e con la sua solita sincerità, esponendo quello che pensava al fratello.
Sapeva che pur essendo oneste, o forse proprio per questo motivo,  le sue parole avrebbero potuto irritare il Dio degli Inganni che non sopportava di essere giudicato da nessuno e, men che meno dal legittimo figlio di Odino.  
Si aspettava quindi da lui una risposta sferzante e crudele, ma mai come quella che effettivamente uscì dalle labbra di Loki.
<< In tal caso, non dovrò farmi troppi scrupoli ad attaccarti! >> ringhiò questo di rimando e, senza lasciare il tempo al fratello anche solo di comprendere cosa stava per accadere, gli si gettò contro esattamente come un attimo prima aveva fatto con il Padre degli Dei, cercando di colpirlo a tradimento quando ancora esso aveva la guardia abbassata. 
Riuscendo ad intuire solo all'ultimo momento le intenzioni del Dio degli Inganni, Thor riuscì a sollevare il martello del Tuono dinnanzi a sé, parando quasi per pura fortuna il colpo che Loki stava dirigendo al suo cuore. 
<< Loki, non voglio combattere contro di te, e tu lo sai. >> disse Thor, mentre evitava un altro furioso colpo del fratello dai capelli neri, cercando di farlo ragionare, pur sapendo che le sue parole probabilmente erano come foglie al vento per l’altro uomo.
Negli occhi di Loki aveva preso ad ardere un fuoco verde, pericoloso, ed esso pareva non sentire nemmeno la voce del Dio del Tuono.
<< Loki. >> continuò a supplicarlo questi, contraccambiando con poca convinzione i colpi che l’altro gli rivolgeva contro.
Per tutta risposa, il Dio della menzogna iniziò a brandire la lancia con ancor maggior forza, non più mirando al petto di Thor ma abbassando la propria traiettoria verso le gambe del fratello nel tentativo di coglierlo impreparato e così fu.
Quando il freddo metallo della lancia andò ad urtare le caviglie di Thor, questo si sentì immediatamente mancare la terra sotto ai piedi e  cadde rovinosamente, stordito dal colpo. 
La sua prima reazione fu di sorpresa, dato che non aveva creduto che Loki disponesse ancora di una rapidità tale, almeno non dopo aver utilizzato tanta magia per mascherare se stesso e Odino.
A quanto pareva però, come era accaduto molte volte negli ultimi tempi, si era sbagliato.
Si alzò frettolosamente sulle ginocchia, osservando l’altro uomo vestito di nero e verde che, a pochi passi da lui indietreggiava, prima di tornare di nuovo all'attacco con l’estremità superiore affilata del bastone d’oro lavorato puntata contro di lui.
Comprendendo tutto ad un tratto che cercare di far ragionare Loki sarebbe stato praticamente impossibile in un momento come quello, Thor decise di mettere da parte le buone maniere e di iniziare a combattere a sua volta sul serio.
Non si sarebbe fatto battere dal folle fratello bramoso del potere senza sollevare un dito per opporsi a lui. 
Non dopo ciò che aveva fatto a Odino; non dopo che si era ancora preso gioco di lui e di tutti gli altri, ingannandoli con la sua magia.
In fretta, mentre ogni altro pensiero abbandonava la sua mente, lasciando spazio solamente alla volontà di fermare il fratello, Thor si sollevò in piedi, impugnando Mjolnir con saldezza e con improvvisa rabbia, mirò a sua volta alle gambe dell’altro uomo.
Il Dio dai capelli neri e lisci riuscì però a schivare il colpo con estrema facilità, e si affrettò a colpire una volta ancora il Dio del Tuono. 
Thor prese allora a parare i colpi di Loki che si susseguivano con una rapidità sconcertante, utilizzando il manico del martello per fermare il lungo bastone dorato che saettava prima in alto e poi in basso.
Loki pareva colpire a caso, senza una tattica precisa, ma Thor sapeva che quello era il modo di lottare del fratello che si basava sull'agilità e sulla imprevedibilità dei propri colpi per cogliere alla sprovvista l’avversario.
Ad ogni colpo, le collisioni fra la lancia ed il martello, facevano tremare le braccia dei due uomini, mentre l’aria attorno a loro si faceva via via sempre più carica di elettricità e scintille e lampi di energia sprizzavano tutt'attorno a loro.
Mentre si muoveva, evitando i colpi dell’altro e cercando a sua volta di colpire il fratello, Thor aveva l’impressione d’aver già vissuto quella battaglia tempo addietro, quando per la prima volta Loki aveva tentato di diventare re di Asgard.
Quella volta avevano lottato in bilico sul ponte dell’Arcobaleno, e successivamente lo stesso Thor era stato costretto a distruggere il Bifrost.
Questa volta si augurava di non dover ricorrere ad un metodo altrettanto catastrofico per placare la follia che andava e veniva a ondate dalla mente confusa e ossessionata dal potere di colui che aveva sempre considerato come un vero fratello.
Notando l'espressione vagamente distante che aveva assunto il volto del Dio del Tuono, Loki ne approfittò immediatamente per attaccare di nuovo.
Questa volta però Thor non si lasciò cogliere impreparato e riuscì ad evitare il colpo del fratello.
Poi, attaccò a sua volta, mulinando Mjolnir nell'aria e tentando di abbatterlo sul braccio destro dell'altro.
Loki si gettò di lato, evitando a sua volta il colpo di Thor e in fretta mosse lo scettro contro il fratello, riuscendo a colpirlo alla mano nella quale reggeva Mjolnir.
Un rapido sorriso gelido tese se labbra di Loki e Thor strinse i denti, cercando di mantenere la presa salda sul martello del Tuono.
Loki però non gli diede nemmeno il tempo di riprendersi dal colpo e agile attaccò di nuovo.
Questa volta Thor sentì che Mjolnir gli veniva strappato di mano.
Allibito il Dio del tuono restò a guardare il martello che finiva a terra, lontano da lui, mentre lentamente una collera furiosa iniziava a farsi strada in lui.
Aveva sopportato abbastanza.
Loki poteva colpirlo come più voleva, ma sapeva bene che non doveva toccare Mjolnir nemmeno con un dito ed ora lui era riuscito persino a disarmarlo.
Thor ne aveva abbastanza.
Così, con questi pensieri nella mente, il Dio del Tuono si volse a fissare il fratello con astio.
Loki stava ancora ghignando e non parve far caso alla collera del fratello maggiore.
Invece, si scagliò di nuovo contro Thor, probabilmente credendolo ormai battuto.
Forse il Dio degli Inganni era astuto e svelto, ma quando si trattava di prestanza fisica, il Dio del Tuono sapeva di essere ben più forte dell’altro.
Così, seppur momentaneamente disarmato, Thor riuscì a bloccare un nuovo colpo di Loki a mezz'aria e afferrando con entrambe le mani il bastone impugnato dal fratello, sfruttando tutta la sua forza, lo strappò dalle dita dell’altro che, esterrefatto, non poté fare altro che osservare il Dio del Tuono mentre questo scagliava lo scettro lontano, fuori dalla sua portata.
Per un breve attimo, la battaglia parve essere giunta al termine, con entrambi i fratelli disarmati.
I due si osservarono guardinghi l’un l’altro per pochi istanti, poi, quella fasulla calma venne nuovamente interrotta da Loki che, ormai totalmente preso dalla furia e dalla cieca collera che provava verso l’altro uomo che, ancora una volta gli stava rendendo difficile la vita, digrignando i denti come una furia, gli urlò contro come una sorta di minaccia: << Non rovinerai un’altra volta tutto quanto, Thor! Non te lo permetterò! Io devo essere re di Asgard e tu non puoi impedirmelo! >>. 
E senza altre esitazioni tornò ad avventarsi contro Thor.
Questo arretrò in tutta fretta, cercando di raggiungere Mjolnir che giaceva al suolo poco lontano da lui, ma l’altro come sempre fu più veloce di lui e, estraendo un piccolo pugnale dalle pieghe del proprio abito di pelle scura, riuscì a conficcarlo nel fianco del Dio del Tuono.
Digrignando i denti per l’improvviso dolore, Thor indietreggiò di un altro passo, quando inavvertitamente andò ad urtare contro qualcosa ai suoi piedi, perdendo l’equilibrio.
Per la seconda volta in pochi attimi, si ritrovò a terra, stordito.
E questa volta non ebbe il tempo per rialzarsi poiché Loki gli si era gettato addosso e cercava di colpirlo ancora con il pugnale, il volto pallido sconvolto dall'ira ed un miscuglio di emozioni diverse che Thor in quell'istante non riuscì a definire.
Era come se Loki provasse vergogna per ciò che stava facendo, per i suoi continui tradimenti, eppure non riuscisse a fermarsi; non volesse fermarsi perché gli piaceva. 
Gli piaceva essere considerato pericoloso.
Lui cercava vendetta per un dolore che solo lui conosceva, e non si sarebbe arreso fin quando non avrebbe battuto il fratello.
Fin quando non fosse tornato a governare indisturbato su Asgard.
Boccheggiando ed annaspando, Thor cercò di allontanarsi dal fratellastro e dal pugnale che fendeva l’aria a pochi centimetri dal suo viso; con una mano stretta attorno al polso e alla mano con la quale Loki impugnava l’arma, nel tentativo di limitarne la forza.
<< Smettila di opporti, Thor. >> esordì ad un certo punto Loki, ansimando nella furia dello scontro, con il volto madido di sudore; formulando quella specie di minaccia come se fosse stato un consiglio: << Servirà solo a farti più male del necessario. >>.
<< No. >> replicò il Dio del Tuono, pur accorgendosi che effettivamente l’altro aveva ragione.
Lui era in netto svantaggio, questa volta e non sarebbe riuscito a vincere se non…..
Improvvisamente i pensieri di Thor vennero interrotti, quando esso percepì sotto il palmo della sua mano la forma solida e rassicurante di Mjolnir.
Allora, con un gesto rapido, impugnò saldamente il manico dell’arma e, quasi senza pensare, sollevò il pesante martello verso l’alto, abbattendolo sul volto di Loki, ancora avvinghiato a lui in quella lotta furibonda.
Colpì Loki sulla tempia e sullo zigomo destro con tanta violenza da sollevarlo da terra.
Gemendo, Loki volò per aria, lasciando la presa sulla spalla del fratello, mentre il pugnale che fino a pochi minuti prima aveva tenuto ben saldo fra le mani gli schizzava via finendo con un fragoroso tintinnio al suolo, poco lontano da Thor.
Scariche di fulmini seguirono il corpo del Dio degli Inganni mentre con un tonfo sordo ed un rantolo soffocato finiva a terra, battendo la schiena contro il pavimento freddo e scabro delle prigioni e lì restava per un istante, ad occhi chiusi, senza fiato.
A fatica, nonostante il dolore e la confusione, riuscì a sollevarsi sui gomiti per guardarsi attorno, attraverso le miriadi di luci contorte e confuse che gli annebbiavano la vista ed allora capì di aver esitato al suolo un attimo di troppo.
Fra le luci abbaglianti, Loki scorse sopra di sé la sagoma imponente di Thor che adesso lo guardava dall'alto al basso, impugnando il martello del Tuono come se fosse pronto a scagliarglielo di nuovo addosso ad una sua sola mossa falsa.
Loki rimase immobile, fissando il fratello con occhi crudeli; più furibondo che spaventato di fronte alla constatazione che il suo grandioso piano era ancora una volta stato fatto a pezzi da Thor.
Il volto del Dio del Tuono appariva duro e minaccioso quando esso riprese la parola: << Libera mio padre! Ora! So che quelle catene sono opera tua; fatte di una magia che solo tu puoi spezzare. Quindi…. Muoviti! E niente scherzi. >>.
<< …. Ormai è evidente che sono stato sconfitto, quindi farò come vuoi tu, Thor, ma… >> borbottò il Dio degli Inganni dopo un attimo di esitazione, apparentemente riprendendo il controllo sulle proprie emozioni: << … C’è un piccolo problema da risolvere, prima. >>.
<< Che genere di problema? Parla! >> lo incitò Thor, quasi totalmente certo che l’altro stesse cercando, con quelle sue parole, di distrarlo e di ritardare il momento in cui avrebbe realmente liberato Odino.
Loki stava cercando una scusa per non fare ciò che il Dio del Tuono gli chiedeva. O peggio; stava prendendo tempo per ideare uno dei suoi subdoli piani contorti ancora una volta.
<< Ho bisogno della spada di Heimdall per spezzare le catene. >> rivelò Loki, parlando in fretta e furia, mentre cautamente poggiava i gomiti a terra per sollevarsi un altro po’ dal suolo e fissare l’altro negli occhi.
Thor parve sorpreso da quella richiesta e, senza sapere che cosa fare, si limitò a ripetere esterrefatto: << La spada di Heimdall?! >>.
<< Si, Heimdall, il guardiano del Bifrost, hai presente? Pelle scura, occhi dorati…..>> la voce di Loki in quel momento aveva assunto un tono beffardo e sprezzante.
<< Ce l’ho presente, Loki. >> lo zittì Thor, irritato dalla supponenza del fratellastro.
Loki parve non far caso alla collera del Dio del Tuono e proseguì, spiegando con una calma che Thor trovò decisamente sospetta: << La sua spada è l’unica arma abbastanza forte da poter annullare la magia che ho messo in atto e spezzare le catene che imprigionano tuo padre. >>.
Thor aggrottò la fronte, dimostrando all'altro tutto il suo scetticismo: << Non basta un tuo gesto della mano? >>.
<< Non questa volta. >> scosse il capo Loki, sospirando quasi rassegnato: << Odino non è tipo facile da tenere imprigionato. >>.
Per un attimo, Thor restò immobile a fissare il Dio dell’inganno che, ancora mezzo sdraiato al suolo, ricambiava il suo sguardo con noncuranza.
<< Queste tue parole mi sanno tanto di bugia, fratello. >> disse alla fine il Dio dai capelli biondi, senza sapere bene che cosa pensare.
La risposta di Loki non si fece attendere; e questo, stringendosi nelle spalle, mormorò innocentemente: << Potrei mai mentirti in una situazione del genere? >>.
<< Lo chiedo a te. >> replicò Thor, lanciando una vaga occhiata al vecchio scheletrico ancora prigioniero.
Non sembrava davvero suo padre Odino. 
Eppure lui sapeva ora con estrema certezza che lo era. 
Sembrava stanco e provato per la lunga prigionia, ma nel suo unico occhio brillava una determinazione incrollabile.
Durante il combattimento fra i due, esso se ne era sempre restato in silenzio ad osservare, ma era ben evidente che aveva sperato nella vittoria di Thor. 
Anche adesso non parlava, ma era attento e vigile. 
Forse stava riflettendo.
Thor si chiese per un istante come avesse potuto essere tanto cieco da non accorgersi del nuovo tremendo inganno del fratello.
Lentamente tornò a fissare Loki, sconfitto ai suoi piedi, mentre una nuova idea si faceva largo nella sua mente: << Se serve un’arma potente, posso utilizzare Mjolnir o lo scettro, per intaccare la forza magica che tiene prigioniero mio padre. >>. 
Così dicendo, avanzò verso il punto dove giaceva lo scettro del Padre degli Dei, pronto a raccoglierlo da terra per tentare di mettere in atto ciò che aveva appena esposto al fratellastro.
Non aveva fatto che pochi passi, tuttavia, quando la voce di Loki lo raggiunse alle spalle, fredda, dura: << Io te lo sconsiglierei. Ho predisposto appositamente l’incanto che tiene prigioniero Odino in modo che il suo scettro o il tuo martello non possano essere usati per infrangerlo. >>.
Stringendo la mascella con collera, Thor tornò a volgersi verso l’altro, fissandolo con insistenza per spingerlo ad aggiungere altro.
Loki sembrò leggergli nello sguardo e replicò, divertito da un segreto che solo lui poteva conoscere: << Se vuoi, sei comunque libero di tentare, a rischio e pericolo del tuo amato padre. Io me ne resterò qui ad osservarti, mentre distruggi la vita di Odino con le tue stesse mani. 
Sarà divertente. >>.
Il Dio dai capelli biondi rimase al suo posto, stringendo con maggior forza l’impugnatura di Mjolnir tra le dita, mentre tentava di intuire se le ultime parole del fratello fossero permeate di falsità oppure no.
Lo sguardo di Loki non pareva suggerirgli nulla, tranne il fatto che vedere Thor mentre distruggeva Odino lo avrebbe sinceramente calmato di perversa gioia. 
Nulla poteva far comprendere al Dio del Tuono se colpendo le catene che imprigionavano Odino sarebbe accaduto veramente ciò che Loki affermava con tanta soddisfazione. 
<< Thor. >> improvvisamente la voce dell’uomo imprigionato, si levò echeggiando flebilmente fra le pareti dei sotterranei: << Attacca le catene con Mjolnir o con la lancia. Non credere a Loki. Sta di certo mentendo. Lui….. >>
<< Oh, Padre degli Dei, sei stanco e confuso. >> l’interruppe improvvisamente Loki, sollevandosi in ginocchio e scrutando verso l’uomo vecchio e debole nel quale aveva trasformato Odino: << Sono sicuro che nemmeno tu vuoi rischiare la vita per non dare retta alle mie parole. Ed io, sarei un vero pazzo se dicessi il falso in un momento come questo. Thor, rifletti. >>. Si volse in fretta verso l’uomo dai capelli biondi, ancora totalmente incerto sulla decisione più saggia da prendere: << Sono già in netto svantaggio combattendo solo contro di te. Cosa guadagnerei a chiamare Heimdall nei sotterranei? Solo una guardia in più pronta a farmi a fette ad un mio gesto. >>.
Scosse il capo, mestamente: << No. Accetto la mia sconfitta e ribadisco che per spezzare le catene serve la spada del guardiano del Bifrost. Non è una menzogna, questa. È un consiglio. >>.
Per un attimo ancora Thor rimase in silenzio; assorto.
Poi, ignorando la voce del Padre degli Dei che stava tentando di metterlo nuovamente in guardia contro le parole di Loki, esclamò: << E sia. >>. E senza aggiungere altro, sollevò il capo verso l’alto, chiamando a gran voce il nome del guardiano del Bifrost.
Questo, come suo solito, non si fece attendere e, dopo pochi attimi, Thor, Loki e il Padre degli Dei, lo videro scendere in fretta le scale, percorrere il lungo corridoio e fermarsi a pochi passi dal Dio del Tuono in atteggiamento marziale.
<< Loki dice che…. >> fece per esordire Thor, venendo tuttavia prontamente interrotto dal possente guardiano dalla pelle scura che, lanciando un’occhiataccia nella direzione in cui Loki pareva tuttora rannicchiato in un atteggiamento di umile sconfitta, esclamò: << So cosa dice questo misero traditore. Afferma che la mia spada può liberare il Padre degli Dei dagli incantesimi che lui gli ha gettato contro. >>.
<< Può farlo? >> domandò Thor senza esitare oltre.
<< Non ci resta che scoprirlo. >>, rispose l’altro e, senza esitazione alcuna si avvicinò al vecchio incatenato, fissandolo intensamente.
<< Fa ciò che più ritieni giusto, Heimdall. Ho fiducia nelle tue capacità. >>, annuì questo, con un rantolo spossato.
Qualsiasi incantesimo gli avesse lanciato contro Loki, lo aveva veramente reso debole e vulnerabile; irriconoscibile; anche se ora, nella sua voce si poteva riuscire a notare una certa somiglianza con quella vera e propria del Padre degli Dei.
Anche Thor, lentamente si accostò al padre, notando quasi solamente in quel momento i corvi che saltellavano qua e la sul pavimento della cella, quasi frementi di vedere se la spada del guardiano avrebbe realmente sortito qualche effetto sulle catene che imprigionavano il loro Re.
Per un attimo ancora nessuno si mosse.
Poi, Heimdall sollevò la spada verso l’alto e, concentrando tutte le sue forze in un solo poderoso colpo, l’abbatté sulle catene scintillanti che ancoravano quel vecchio irriconoscibile al muro della cella dove Loki lo aveva fatto rinchiudere.
Non appena la lunga lama dello spadone impugnato a due mani dal guardiano di Asgard andò a scontrarsi con il metallo solido delle catene, da esse s’irradiò una violenta luce incandescente che si espanse quasi per tutta la cella; simile al lampo azzurrino che Thor aveva scagliato poco prima per accecare il fratello; solo che questa volta era verde, fumosa e evanescente come nebbia, che tuttavia riusciva a celare alla vista qualsiasi cosa nel raggio di parecchi centimetri. 
Restando come interdetti per quel breve attimo in cui tutto si era fatto fumoso, Thor e Heimdal non riuscirono a scorgere nulla ad un palmo dal loro naso.
Poi, quando la nebbia finalmente si diradò e i contorni della cella tornarono a farsi distinti; i due restarono quasi a bocca aperta nel trovarsi non più a fissare il vecchio rattrappito incatenato alla parete; bensì il vero Padre degli Dei.
Questo stava ritto, in piedi a pochi passi da loro e sembrava aver riottenuto, insieme al suo aspetto fiero e autoritario, anche tutta la sua forza.
L’occhio buono del Padre degli Dei si puntò prima su Heimdall e poi su Thor, benevolo e grato ai due per averlo liberato. 
Poi, senza dire una parola, oltrepassò in fretta il figlio, diretto a grandi falcate verso il punto dove Loki era stato scagliato da Thor alla fine della battaglia e dove, fino a pochi minuti prima, era rimasto immobile e arrendevole come poche altre volte.
Voleva esprimere tutta la sua collera a quel traditore che aveva ancora una volta rubato il trono di Asgard; tuttavia non appena mosse qualche passo in avanti, Odino si accorse immediatamente che qualcosa non andava.
Loki non era più al suo posto; e nemmeno lo scettro d’oro giaceva a terra dove, nell'impeto della battaglia svoltasi poco prima nei sotterranei era rimasto abbandonato.
Contemporaneamente a Odino, anche Thor ed Heimdall si accorsero dell’assenza del principe dai capelli neri.
Esso aveva detto il vero quando aveva affermato che la spada del guardiano del Bifrost avrebbe rotto l’incantesimo che lui stesso aveva scagliato sul Padre degli dei; solo si era scordato astutamente di dire loro che quella verità nascondeva un piccolo particolare rilevante per la riuscita di un suo nuovo piano.
Colto da un improvviso e furente moto di collera, Odino si volse in fretta verso il figlio e il guardiano dalla pelle scura, fissandoli con una luce selvaggia nello sguardo; un attimo prima di ordinare: << Loki vuole indubbiamente fuggire da Asgard e questo non deve accadere! Avvertite immediatamente tutte le guardie! Fermate la sua ritirata, con ogni mezzo! >>.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** THE ESCAPE ***


4 THE ESCAPE

Loki non aveva dovuto riflettere.
Non appena aveva visto che l’attenzione di tutti; quella di Heimdall compreso era rivolta verso il Padre degli Dei, esso si era preparato alla fuga, sollevandosi definitivamente da terra e; quando le catene erano state spezzate e l’incantesimo rimosso dal corpo di Odino, come da lui predetto e la nebbia verde era calata tutt'attorno ai presenti; lui ne aveva abilmente approfittato per volgere a suo favore una situazione che ad altri sarebbe parsa senza via di uscita. 
Agilmente, si era diretto quasi alla cieca verso il punto dove rammentava giacere lo scettro d’oro del Padre degli Dei e; una volta che aveva incontrato la levigata superficie di metallo dell’arma sotto alle dita, aveva afferrato il bastone, ricominciando a correre senza perdere un solo istante.
Sapeva che la nebbia sarebbe scomparsa entro breve; d'altronde era stato lui stesso a crearla, predisponendo la sua comparsa nel caso qualcuno fosse riuscito a spezzare l’incantesimo, per confondere le idee a coloro che avevano liberato Odino dalla sua prigionia; per questo doveva affrettarsi ad uscire dai sotterranei il più in fretta possibile.
Aveva imboccato di corsa il lungo corridoio vuoto, ignorando il suono dei suoi passi affrettati che riecheggiava sulle mura di pietra e che avrebbe potuto attirare su di sé l’attenzione di Thor o di Heimdall.
Non poteva permettersi il lusso di fermarsi a guardare se il suo piano di fuga stava funzionando; altrimenti avrebbe perso anche quel lieve margine di vantaggio che, per il momento, grazie alla sua astuzia, era riuscito a guadagnare.
Continuò a correre, fin quando scorse dinnanzi a sé i due bracieri gemelli che affiancavano le scale che conducevano ai piani superiori della residenza reale. 
Allora, accelerando ancora di più la sua andatura, già rapida, balzò verso le scale, pronto a brandire lo scettro di Odino contro qualunque guardia avesse incrociato sul suo cammino.
Stranamente, nessuno stava pattugliando la zona. 
Evidentemente, quando poco prima, sotto le mentite spoglie di Odino, aveva ordinato alle due guardie che sostavano dinnanzi alle porte delle prigioni di concedersi una pausa; esse avevano perso alla lettere le sue parole, cogliendo al volo l’occasione per spezzare la monotonia del loro lavoro di sentinelle.
Probabilmente in quel momento stavano girovagando in compagnia di qualche bella e frivola Asgardiana per i corridoi del castello.
Un lieve sorriso tornò ad insinuarsi sul volto affilato del Dio degli Inganni, mentre esso pensava che forse, questa volta, nonostante tutto, la fortuna stesse iniziando a volgersi dalla sua parte.
Una volta raggiunta la sommità delle scale, rallentò il passo, ricordando a sé stesso che sarebbe stato molto più prudente procedere comunque con cautela, senza permettere alla fretta di fargli abbassare la guardia.
Con gli occhi che, nella semioscurità delle scale parevano quelli di un animale braccato, non impaurito ma pronto ad attaccare chiunque si fosse frapposto fra lui e il suo nuovo intento, Loki si accostò all'enorme portone dorato che divideva il resto del palazzo da quella zona buia e isolata, dimora di ladri, traditori e assassini.
Pian piano, per evitare che, inavvertitamente, qualcuno avesse potuto scorgerlo, l’uomo alto dai lunghi capelli corvini, poggiò le mani sul pesante battente dorato, un attimo prima di sospingerlo leggermente verso l’esterno.
Accompagnato da un soffio di aria fresca, un lieve spiraglio di luce fece capolino dall'altro lato della porta, penetrando le ombre per andare ad illuminare gli occhi verdi e acuti del Dio degli Inganni.
Quasi trattenendo il fiato, Loki sbirciò dalla piccola apertura oltre la porta socchiusa, esaminando il corridoio successivo.
Anche qui non parevano esserci guardie.
Tuttavia, poco distante dalla porta dietro alla quale lui era momentaneamente nascosto, uno sparuto gruppetto di dame di compagnia si stava aggirando tranquillamente per il corridoio. 
Le donne, tutte elegantemente vestite con lunghi abiti dai colori brillanti, chiacchieravano allegramente fra loro, totalmente ignare della presenza di Loki, nascosto appena oltre la soglia della porta che conduceva ai sotterranei.
Erano ancora troppo lontane da lui perché il principe potesse riuscire a comprendere quello che esse stavano dicendo; anche se, dalle loro espressioni rilassate e dai sorrisi sui loro volti, era ben evidente che ancora nessuno le aveva avvertite della minacciosa presenza del Dio degli Inganni a piede libero fra le protette mura di Asgard.
Ritirandosi leggermente fra le ombre oltre l’uscio socchiuso, esso riprese in fretta a pensare.
Togliere di mezzo quelle deboli e sciocche dame di compagnia non sarebbe certo stato un problema per lui, tuttavia Loki non aveva motivo di fare loro del male.
Era un traditore ed un bugiardo, ma non un crudele assassino villano.
Doveva escogitare un altro modo per evitare che esse non lo vedessero.
Poteva tornare ad impadronirsi delle sembianze di qualcun altro; magari dello stesso Thor; ma preferiva non abusare troppo dei suoi poteri.
Era già stanco per via dei troppi giorni passati a mantenere vivi gli incantesimi su di lui e su Odino e a causa dello scontro di poco prima con il fratello, nelle prigioni, aveva perso un'altra fetta delle sue energie.
Se avesse usato il potere magico che gli restava per trasformare sé stesso in qualcun altro, avrebbe finito con l’esaurire totalmente le forze e questo ovviamente non doveva accadere.
Forse non poteva fare un incantesimo su di sé, ma magari poteva fare in modo che fossero le donne a cambiare spontaneamente strada.
Doveva semplicemente creare un diversivo.
Qualcosa che avrebbe costretto quelle dame di compagnia con le loro inutili chiacchiere a lasciargli libero il passaggio; e Loki sapeva già quale era la soluzione migliore.
Lentamente, tornò a sporgersi verso il battente semiaperto, sbirciando verso l’esterno.
Le donne si erano avvicinate di più al suo momentaneo nascondiglio e adesso Loki riusciva ad 
intercettare qualcuna delle frasi che si stavano scambiando e a vedere molto meglio i loro volti.
Una o due ricordava persino di averle già incontrate in passato, quando ancora era considerato come il figlio di Odino.
Erano state le dame di compagnia di sua madre Frigga, quando ella era ancora in vita.
In quel momento non parevano per nulla addolorate per la orribile fine che era spettata alla loro regina e parlavano spensieratamente con le altre discorrendo riguardo i preparativi di un imminente matrimonio.
A Loki quelle sciocchezze non interessavano; men che meno in un momento come quello.
Ignorando le voci e le risate delle donne che, alle sue orecchie sembravano stridule e vuote, il Dio degli Inganni si accinse quindi a compiere una nuova magia; o per meglio dire un altro dei suoi trucchi.
In fretta, concentrando le proprie attenzioni in un punto del pavimento dinnanzi alle dame di compagnia, Loki fece un rapido gesto con la mano destra, senza mai staccare lo sguardo dal suolo e, in un attimo, a pochi passi dalle donne, esattamente dove lui aveva indirizzato la propria magia, comparve un enorme topo grigio che iniziò a squittire e a zampettare rapidamente verso le gonne delle adesso sbigottite Asgardiane.
<< Che cos'è quello? >> esordì quella più vicina all'animaletto dalle grandi orecchie, smettendo di blaterare riguardo il matrimonio.
<< è un topo! >> urlò un’altra, portandosi le mani alla bocca ed iniziando a saltellare senza posa, improvvisamente agitata.
L’animaletto, quasi a voler far notare a tutte che le parole dell’ultima dama erano esatte, annusò l’aria con il musetto, prima di tornare a squittire e a spiccare un lungo balzo nella loro direzione.
Senza staccare gli occhi di dosso al piccolo animale, le dame di compagnia si strinsero le une alle altre, urlando all'unisono, come se così facendo avessero potuto proteggersi da quel piccolo roditore peloso che aveva scatenato in loro la stessa repulsione di un mostro a otto braccia.
Solo una fra esse non si unì a quel coro raccapricciato e, staccandosi dal gruppo, mosse un passo in avanti, esclamando rivolta alle compagne: <>.
<< Parla per te. >> sbottò un’altra fra le donne, tenendosi la lunga gonna rossa con le mani.
<< Non dirai sul serio? È un topo orrendo e scommetto che viene dalle prigioni. Guarda; la porta è socchiusa. >> aggiunse quella più vicina alla dama coraggiosa.
<< …. Strano. >> fece questa, voltandosi in fretta verso il grosso portone dorato e guardando dritto nella direzione dove Loki era nascosto: << Di solito non è mai aperto. Dove sono le sentinelle a guardia delle prigioni? >>.
Per un istante il Dio degli Inganni ebbe la assoluta certezza che quella donna lo avesse scorto fra le ombre al di là dell’uscio socchiuso e, in fretta si ritirò di qualche passo più all'interno.
Aveva avuto l’impressione che i loro occhi si incrociassero per un breve attimo: i suoi verdi e acuti e quelli color nocciola della giovane dama di compagnia, privi della paura che riflettevano gli sguardi delle altre, ma colmi invece di determinazione e forse anche una punta di divertimento nel constatare che le compagne erano tanto impaurite a causa di un piccolo topo.
Poi quell'attimo passò e una lieve irritazione scosse il corpo del Dio degli Inganni, mentre esso si domandava come osasse quella misera donnicciola mettergli i bastoni fra le ruote con quella sua  inopportuna dimostrazione di coraggio.
La donna dai capelli biondi stava adesso muovendo qualche passo nella sua direzione.
Loki fremette per la collera; sapendo che se avrebbe esitato essa lo avrebbe di certo scoperto.
Allora, con un nuovo gesto della mano, fece apparire altri due topi e, questa volta li fece uscire direttamente da dietro il portone dietro al quale lui stesso era acquattato, rendendoli contemporaneamente più grossi e minacciosi del precedente; con occhi rossi e artigli affilati.
Nonostante tutto, questa volta anche ella sobbalzò, quando vide sfrecciare a pochi passi dai suoi piedi quella nuova coppia di roditori dalle sembianze mostruose.
<< Ne arrivano altri! >> urlò la stessa dama che già poco prima si era lamentata.
<< Sigyn, che fai? Smettila di fare l’eroina e vieni con noi. Non ne vale la pena. Lasciamo quelle brutte bestiacce dove sono e ….. Oh, cielo! Vengono dalla nostra parte! Andiamocene! >>.
E così dicendo tutte le dame li riunite iniziarono a fuggire, trascinandosi dietro l’esterrefatta donna dai capelli biondi che aveva persino cercato di avvicinarsi alla porta delle celle, quasi scoprendo il trucco di Loki.
Traendo un lieve sospiro, il Dio degli Inganni guardò le donne che si allontanavano in fretta da lui; correndo non proprio elegantemente, per poi scomparire oltre la curva infondo al corridoio.
Allora, Loki lasciò che i tre topo fatti di fumosa illusione svanissero nello stesso nulla dal quale erano stati creati e, in un attimo aprì completamente il portone, uscendo nel corridoio ora totalmente deserto.
Gli era occorso più tempo del necessario per convincere le donne ad andarsene, ma ora aveva la strada di fronte a sé totalmente sgombra e lui non aveva alcuna intenzione di perdere altri preziosi minuti per nulla.
Così, certo che Odino, Thor ed Heimdall ormai avessero scoperto la sua fuga e sarebbe stata questione di minuti prima che ogni singola guardia di Asgard venisse avvisata del suo nuovo tradimento, Loki ricominciò a correre, muovendo i propri passi nella direzione opposta a quella presa dalle dame in fuga.
Continuò a correre, fin quando non scorse dinnanzi a sé le scale che conducevano ai piani inferiori e al giardino esterno.
Aveva appena sceso una manciata di scalini, quando sentì avvicinarsi dei passi in corsa.
Immobilizzandosi di botto, Loki si guardò attorno freneticamente, fin quando riuscì a vedere chi era il responsabile di quei nuovi passi affrettati.
Erano in due; due uomini massicci vestiti con le armature, il mantello giallo e l’elmo delle guardie di Asgard.
Indubbiamente doveva trattarsi degli Einherjar che avrebbero dovuto dare il cambio alle sentinelle che sorvegliavano le prigioni durante il turno di notte.
Nessuno dei due aveva un valido motivo per restare in guardia ed essi non parevano nemmeno essersi accorti dell’ora silenziosa presenza del Dio degli Inganni che li osservava attentamente in cima alle scale e Loki sapeva che doveva agire in fretta se voleva sfruttare il vantaggio della sorpresa.
Così, senza riflettere se fosse una mossa azzardata o meno, spiccò un balzo piombando addosso alla prima guardia e facendola ruzzolare addosso a quella immediatamente dietro di lei, in un groviglio di braccia e gambe che si agitavano scompostamente.
Poi, prima che anche uno solo dei due Einherjar  potesse capire chi fosse quella sorta di uragano vivente che li aveva investiti, Loki strappò la lancia dalle mani della prima sentinella, lanciandola lontano, dove questa non avrebbe potuto raggiungerla con facilità e con un calcio stordì l’altro uomo che stava andando a cercare tentoni la propria spada, ancora ben custodita nel fodero.
Loki avrebbe potuto ucciderli entrambi, infilzandoli con le loro stesse armi o con la lancia di Odino,  invece si limitò ad abbattere quest’ultima sulla tempia della prima guardia che era ancora cosciente.
La seconda, era già svenuta, dopo che lui l’aveva colpita con lo stivale, così, il Dio degli Inganni riprese la fuga, lasciando i due Einherjar distesi a terra privi di coscienza.
Era pericoloso abbandonare due guardie accasciate in fondo alle scale nella residenza di Odino, tuttavia Loki non aveva tempo per nascondere i suoi misfatti.
Così, ricominciando a correre, il principe dai capelli neri imboccò il corridoio che conduceva al portone principale del palazzo e, dopo averlo spalancato, questa vota senza alcun tipo di cautela, uscì in tutta fretta nei giardini.
Immediatamente venne accolto all'esterno dalla luce accecante del sole che, ormai sorto sulla Città Eterna, illuminava tutta l’area circostante rendendo i colori del mondo fin troppo vividi e intensi.
Molti degli abitanti di Asgard si erano ormai svegliati ed avevano iniziato a svolgere le loro abituali attività; perciò i giardini non erano più deserti come invece Loki si sarebbe augurato.
Stallieri, cavalieri, donne ben vestite con i loro accompagnatori; tutti si affollavano per le strade esterne al palazzo, chi affaccendandosi per occuparsi dei cavalli e delle scuderie, chi prendendosi cura dei fiori che abbellivano le immense aiuole multicolori che abbellivano i prati verdi attorno al castello dorato; e chi fra i più benestanti, esclusivamente passeggiando senza avere nulla da fare, tranne che perdere tempo.
Immobilizzandosi per un breve istante appena fuori dal portone spalancato, Loki guardò quella scena colma di vita e fermento quasi con disgusto e disprezzo.
Eccoli lì, quelli che avrebbero dovuto essere i suoi sudditi, che ora ignari di tutto, continuavano a comportarsi come ignoranti bifolchi.
Lui li disprezzava. 
Disprezzava tutti quanti, perché essi non valevano niente senza la sua guida, senza un Re che li governasse non avrebbero nemmeno saputo allacciarsi le scarpe da soli; eppure quando era tornato da Midgard non avevano perso un attimo per guardarlo come se fosse una nullità; un mostro, un pazzo; giudicandolo e condannandolo.
Le mani affusolate e pallide del Dio degli Inganni si strinsero violentemente a pugno, mentre una nuova ondata di collera lo faceva sprofondare per un attimo ancora nella solita follia che sempre era in agguato nella sua mente.
Avrebbe potuto spazzare via quegli Asgardiani come foglie al vento se solo lo avesse voluto.
Avrebbe potuto raccontare loro tutta la verità, facendo sapere ad essi che lui era sempre stato fra loro sotto le mentite spoglie del Padre degli dei e avrebbe gioito nel cogliere lo smarrimento nei loro sguardi, nel veder crollare tutte le loro sciocche certezze.
Avrebbe potuto……
All'improvviso la sirena dell’allarme delle prigioni iniziò a risuonare nell'aria, interrompendo di colpo i cupi pensieri del principe dai capelli neri e, la scena calma che si era presentata ai suoi occhi solo un attimo prima, venne in un istante totalmente sconvolta.
Allora Loki, riscuotendosi, riprese a muoversi, ben sapendo che ormai Odino e tutti gli altri erano sulle sue tracce e che il Padre degli dei, ostinato e furente come era non lo avrebbe mai lasciato fuggire da Asgard.
Si fece strada fra i capannelli di gente che aveva smesso di girovagare quietamente per i giardini e adesso aveva iniziato invece a chiedersi perché mai la sirena delle prigioni avesse iniziato a suonare.
Corse scansandoli senza degnarli nemmeno di uno sguardo ed ignorando completamente le occhiate stupite e alle volte persino indignate che questi gli lanciavano contro.
Solo pochi avevano il tempo di accorgersi che quello che passava accanto a loro come un fulmine era Loki; il principe che tutti credevano morto.
Alcuni, probabilmente quelli che fra gli altri possedevano la vista più acuta, scorgendo fra le sue mani lo scettro di Odino avevano iniziato ad urlare e ad additarlo al suo passaggi, atterriti e confusi.
In altri momenti Loki avrebbe gioito di quel timore, assaporando l’ebbrezza che il potere; anche quello ottenuto con azioni malvagie, poteva donargli.
In quel momento però non ne aveva né la voglia né il tempo.
Doveva sbrigarsi a raggiungere le scuderie e tutte le sue attenzioni erano rivolte in quella fuga.
Nei pochi istanti dopo che Thor lo aveva battuto nei sotterranei, Loki aveva penato ad ogni cosa.
Grazie al suo espediente era riuscito ad attirare Heimdall nelle celle ed ora che anche il guardiano di Asgard aveva lasciato la sua postazione, il Bifrost era totalmente incustodito.
Grazie al bastone d’oro del Padre degli Dei, Loki avrebbe potuto facilmente aprirsi un varco fra i mondi attraverso il Ponte dell’Arcobaleno.
Si sarebbe fatto trasportare su un altro pianeta, il tempo necessario di calmare le acque agitate che si stavano riversando su Asgard ora che tutti conoscevano il suo nuovo tradimento ai danni di Odino; poi sarebbe tornato.
La sua non era una fuga ma semplicemente una momentanea ritirata.
Quello che gli serviva adesso non era altro che una cavalcatura per raggiungere in fretta il Bifrost.
Per questo era diretto alle scuderie.
Loki continuò a correre, ignorando il battito furioso del suo cuore agitato, fin quando raggiunse le prime stalle.
Qui, il caos che stava rapidamente dilagando in tutto il castello non pareva essere ancora sopraggiunto; così, approfittando di questo, Loki rallentò leggermente l’andatura, dirigendosi a passo spedito verso il primo cavaliere che aveva scorto sul suo cammino.
Uno scudiero basso e grassoccio, vestito con umili indumenti marroni, stava aiutando un Asgardiano alquanto anziano a montare in sella e, quando vide Loki marciare nella sua direzione come un ariete alla carica, spalancò la bocca esterrefatto, dimenticandosi persino di continuare a sostenere l’altro uomo che, solo grazie a molta fortuna, riuscì a restare aggrappato al proprio destriero.
Il Dio degli Inganni si accostò allo scudiero guardandolo con freddezza e venendo ricambiato dall'altro con un’occhiata smarrita e confusa; con lo stesso sguardo che avrebbe potuto avere un uomo che, dopo anni dalla morte di qualcuno, se lo vedeva ricomparire dinnanzi sotto forma di spirito malevolo risorto dal mondo degli inferi.
Un lento sorriso glaciale si fece largo prepotentemente sul volto scavato di Loki, mentre esso si rendeva conto che l’altro lo aveva riconosciuto e aveva timore di lui.
Quasi a confermare questo, lo scudiero bofonchiò all'improvviso: << P….Principe Lo....Loki?! Si….Siete veramente… Vo… Voi? >>. Balbettava in una maniera a dir poco irritante: << Ma…. Ma…. Ma… I…Io… Pensavo che…. Che…. >>.
<< Pensavi male, servo! >> Loki si affrettò a tranciare le ultime sconnesse parole dell’altro, percependo il pulsare violento di una vena sulla tempia destra. 
In quel momento avrebbe desiderato più di ogni altra cosa afferrare quell'individuo per il collo della casacca sformata che indossava per gettarlo lontano da sé.
Invece si limitò ad ordinare con un allarmante calma, scandendo le parole ad una ad una come se si stesse rivolgendo ad un idiota: << Fai scendere immediatamente questo pomposo cavaliere di sella. Ho fretta di lasciare Asgard. >>.
<< Ma…. Ma… Ma…. Io non … Non posso….. >> iniziò a replicare l’altro.
<< Hei, voi, ma dico, che modi sono questi? >> domandò all'improvviso l’uomo a cavallo che o era mezzo cieco o era totalmente pazzo a rivolgersi a qual modo ad un Loki già evidentemente furibondo: << Chi sarebbe il pomposo cavaliere a cui vi state riferendo con tanto sdegno? >>
<< Siete voi, messere. >>lo fulminò Loki con lo sguardo: << Ed ora, con il vostro permesso, il cavallo lo prendo io! >>.
E, senza lasciare il tempo all'altro di comprendere le sue intenzioni, strinse una mano attorno al bavero dell’attempato cavaliere e con un violento strattone, lo trascinò giù di sella.
Questo cadde bocconi al suolo, evitando per poco di finire addosso al costernato scudiero che, in fretta si era chinato su di esso per accertarsi che non fosse ferito.
Chi invece non aveva davvero alcuna intenzione di perdere tempo a ad accertarsi che il vecchio cavaliere stesse bene era Loki che, balzando in sella al grande cavallo bianco partì in tutta fretta al galoppo, lasciando dietro di sé una scia di polvere e ciottoli sollevati dagli zoccoli dell’agile destriero.
Ovunque regnava adesso la confusione, mentre le guardie si raggruppavano in drappelli, raccogliendo le armi per prepararsi ad arrestare la sua fuga.
Domestici e nobili si agitavano per il palazzo in preda al panico e urla di terrore si perdevano nella grandiosità del vasto giardino fuori dalle mura del castello, divorate dal suono lontano delle cascate che scorrevano impetuose al di sotto del lungo Ponte dell’Arcobaleno che Loki si stava accingendo a raggiungere.
Aveva appena superato i grossi portali che conducevano al Bifrost, quando improvvisamente il principe in fuga sentì dietro di sé le voci di alcuni uomini che gli intimavano di fermarsi e il rumore scalpitante di una ventina di zoccoli sulla liscia superficie solida e luminosa del Ponte dell’Arcobaleno.
Un gruppetto di cinque Einherjar gli era alle calcagna.
Senza pensarci due volte il Dio degli Inganni diede un nuovo violento colpo di redini spronando la propria cavalcatura ad accelerare ancora di più la propria andatura.
Il cavallo dal manto candido, ansimando e sbuffando dalle narici, scattò in avanti e al galoppo corse spostandosi lungo il bordo del Bifrost.
Loki sentiva il corpo possente dell’animale in corsa che si muoveva, teso, stretto fra le sue cosce e reagiva con furia ai suoi ordini, senza perdere il controllo seppur stesse cavalcando ad un palmo dal vuoto.
Se il Dio degli Inganni si fosse sporto di qualche centimetro verso sinistra, esso avrebbe persino potuto scorgere la vastità dello spazio circostante con i suoi colori tenui che passavano dall'azzurro al viola e al rosso pallido.
Più sotto, le acque si muovevano violente verso la cascata all'estremità del ponte e parevano riflettere la stessa irrequietudine che covava nel cuore del principe rinnegato.
A Loki era sempre piaciuta quella vista.
Molte volte, quando lui era ancora in pace con Asgard e con la sua anima tormentata, si era recato da solo sul Bifrost, di sera, per osservare il cielo stellato, sporgendo con audacia le gambe dal Ponte dell’Arcobaleno, per lasciarle penzolare nel vuoto sulle acque della cascata, assaporando quella malinconica calma; sognando……Sognando ciò che ora non desiderava più da tanto…..
Chiudendo con forza gli occhi per un istante, Loki si costrinse a tornare alla violenta realtà nella quale si trovava, sapendo che gli Einherjar gli erano sempre dietro, e che lui avrebbe fatto meglio a non ignorarli se voleva riuscire a lasciare Asgard tutto intero.
Chino sul collo del cavallo, il Dio degli Inganni spronò di nuovo l’animale alla corsa, finché davanti a lui iniziò a delinearsi la forma tondeggiante dell’osservatorio di Heimdall.
Loki stava ormai pensando di avercela fatta a raggiungere la sua meta, quando tre delle guardie che lo inseguivano fecero la loro comparsa correndo con i loro cavalli di fianco al suo, tentando al contempo di colpirlo con le lance e con le spade che imbracciavano.
Odino doveva aver dato loro l’ordine di interrompere la sua fuga a qualsiasi costo.
Stringendo i denti in una sorta di ringhio minaccioso, Loki sollevò allora una mano verso di loro, con un gesto veloce e fluido che fece scaturire dalla punta delle sue dita dardi di fuoco verde che scagliò con un solo colpo verso le tre guardie che stavano ancora tentando, invano, di disarcionarlo.
Queste, pur vedendo quello che lui stava facendo, reagirono al suo attacco con un secondo di ritardo.
Il fuoco verde li colpì tutti, sparpagliandoli, mentre una delle tre colpita dallo spostamento d’aria causato dal potere di Loki, finì perfino con il ruzzolare giù dal Ponte dell’Arcobaleno, finendo con un urlo nelle acque sottostanti.
Senza perdere tempo a contemplare l’ottimo risultato della propria azione, il principe dai capelli neri lasciò allora andare una delle briglie della bestia che cavalcava e, voltandosi indietro sulla sella, dedicò tutte le proprie attenzioni alle ultime due guardie che ancora si ostinavano ad inseguirlo.
Questi, ormai accorti di ciò che era accaduto ai loro compagni che prima di loro avevano cercato di fermare il Dio degli Inganni, si erano fatti più cauti e avevano iniziato a seguirlo da una distanza più ragionevole, pensando forse che se fossero stati lontani, esso non sarebbe mai riuscito a fare loro del male.
Sul volto di Loki si fece strada un nuovo tremendo e selvaggio sorriso, mentre già pregustava la propria vittoria sulle due guardie rimaste.
Poi, senza più perdere tempo, puntò lo scettro di Odino nella direzione dalla quale proveniva la coppia di Einherjar, scagliando contro di essi un raggio dorato.
Le guardie Asgardiane preparate ad un nuovo attacco da parte del fuggitivo, si affrettarono a tirare le redini dei rispettivi cavalli, nel disperato tentativo di evitare la possente scarica di energia luminosa proveniente dallo scettro che, clamorosamente, a dispetto delle loro più pessime aspettative, li evitò entrambi, finendo in un punto imprecisato poco dietro le loro spalle.
Allora, ridendo come dei veri idioti nel comprendere di essere ancora tutti interi, essi arrestarono i loro cavalli e uno fra i due trovò perfino il coraggio di urlare contro a Loki: << Pessima mira, Dio degli Inganni! >>.
Per tutta risposta, Loki fece rallentare a sua volta il cavallo bianco che montava, e sorridendo di rimando, replicò con una calma raggelante: << Oh, ma io non miravo a voi. >>.
<< Che cosa…..?! >> la guardia non concluse la frase, poiché improvvisamente un fragoroso rumore alle sue spalle lo fece sobbalzare.
Sul volto dell’altro Einherjar si era dipinta invece un espressione colma di orrore. Lui aveva già capito cosa stava succedendo e infatti, mormorò rivolto al compagno: << Dice il vero, temo. Lui non mirava a noi ma ai sostegni del Ponte. >>.
E, come a confermare le sue parole, con un nuovo mostruoso gemito di metallo uno degli enormi pilastri che reggevano il ponte dell’Arcobaleno iniziò ad inclinarsi rapidamente verso di loro.
Allora, atterrite come poche altre volte nella loro vita, le guardie Asgardiane spronarono contemporaneamente i loro destrieri alla ritirata.
Le bestie, scalpitando e nitrendo furiosamente riuscirono a scostarsi proprio un attimo prima che la grande colonna cedesse completamente, andando ad abbattersi con uno schianto violento ed assordante sul Bifrost, ad un palmo dal naso degli storditi Einherjar, evitando cavalli e cavalieri per un soffio ma sbarrando loro il cammino.
Al massimo ora quelle guardi avrebbero potuto procedere a piedi fra i resti del pilone adagiato di traverso sul ponte dell’Arcobaleno che; stranamente aveva retto al peso immane della enorme colonna di metallo.
Esitando solo un istante per rivolgere ai due un nuovo sorriso sbilenco, Loki fece loro un beffardo cenno di saluto per poi spronare una volta ancora il suo destriero al galoppo.
Per un attimo, le due guardie indenni ma frastornate, continuarono a guardare il fuggiasco che si dileguava sul lungo ponte multicolore.
Poi, voltarono i cavalli, decisi ad andare ad informare Odino dell’accaduto.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** A NEW IDENTITY ***


5  A NEW IDENTITY

Loki percorse l’ultimo tratto del Bifrost in pochi minuti, fino a quando raggiunse l’Osservatorio di Heimdall con la sua struttura metallica fatta di ruote dentate ed ingranaggi ed il suo nucleo centrale, magico e antico come il portale che, una volta attivato, consentiva agli Asgardiani di passare dal loro mondo ad uno fra gli altri nove sparsi nell'universo.
Arrivato al limitare del Ponte dell’Arcobaleno, il Dio degli Inganni fece fermare il cavallo proprio dinnanzi all'entrata ad arco circolare dell’osservatorio, smontando di sella con un balzo.
Per un istante, quando i suoi piedi sfiorarono il pavimento levigato del Bifrost, Loki sentì le gambe tremargli e quasi cedere sotto il peso del suo corpo.
Per mettere fuori gioco i cinque Einherjar che lo avevano inseguito quasi sin lì, aveva dovuto utilizzare altra della propria magia ed ora la stanchezza minacciava di farlo crollare.
Ma non poteva lasciarsi andare proprio ora.
Doveva farsi forza e continuare ad andare avanti.
Una volta raggiunto un pianeta lontano, avrebbe cercato un nascondiglio e là avrebbe avuto a sua disposizione tutto il tempo di cui aveva bisogno per riacquistare le forze e per ideare un nuovo piano.
Con questi razionali pensieri nella mente, Loki inspirò una profonda boccata d’aria, facendo fronte alle vertigini che lo avevano colto all'improvviso, quasi a tradimento e, raddrizzandosi, si avviò verso il centro della tondeggiante struttura di metallo, salendo i gradini che lo separavano dall'ingranaggio principale quasi a due a due per la fretta.
Sapeva bene quello che doveva fare e, in men che non si dica, aveva già inserito il lungo bastone d’oro del Padre degli Dei nella fessura circolare al centro della cupola.
Lo scettro scivolò nell'apertura con facilità, senza incontrare alcun tipo di resistenza e quando la sua estremità inferiore ebbe toccato il fondo, da esso iniziarono a scaturire lampi di luce molto simili ai fulmini prodotti dal martello di Thor.
Contemporaneamente l’intera costruzione dell’Osservatorio si mise a ruotare su se stessa con un intenso rumore metallico, mentre l’elettricità invadeva tutto lo spazio circostante.
Loki sentì i peli sulla nuca rizzarsi; le dita e le mani pervase da una sensazione formicolante, ma cercò di non badarvi.
Era solo l’effetto della forza magica proveniente dal bastone del Padre degli Dei che, in quell'istante, si sprigionava rivelando tutta la sua potenza per mettere in moto il Bifrost e aprire il varco fra i mondi.
Sarebbe occorso ancora poco tempo e poi Loki avrebbe potuto ritirarsi in un luogo meno pericoloso.
E per come la vedeva lui,in quel momento qualsiasi altro pianeta era meno pericoloso della stessa Asgard.
Aveva appena formulato quell'idea nella propria mente, quando il suono di zoccoli in corsa si fece prepotentemente udire, riuscendo persino a sovrastare il forte rumore delle scariche elettriche che si susseguivano sempre più rapidamente nella grande cupola dell’osservatorio alla fine del Ponte dell’Arcobaleno.
Sbalordito, Loki si voltò appena in tempo per vedere un grosso stallone grigio che si slanciava verso di lui, entrava nella cupola e si impennava a pochi palmi dal suo volto, prima di arrestare bruscamente la sua corsa. 
Ancor prima che il cavallo si fosse calmato definitivamente, l’uomo che era in sella smontò dalla groppa per pararsi dinnanzi al Dio degli Inganni ed esclamare a gran voce: << Non una mossa, vile bugiardo! >>.
<< Posso sopportare il bugiardo, d'altronde ormai mi conoscono tutti; ma mai il vile. >> replicò Loki con una smorfia di scontento, soffermandosi a studiare il nuovo venuto.
Nella confusone del momento, Loki aveva per un attimo provato la sgradevole impressione di scorgere il volto del fratello fra i lineamenti dell’estraneo; tuttavia adesso che lo vedeva meglio, si accorse che non aveva davvero nulla a che vedere con Thor.
Anche lui era alto e possente, con gli occhi azzurri ed i capelli biondi, ma le somiglianze con il Dio del Tuono finivano lì.
Era vestito con l’armatura degli Einherjar: l’elmo scintillante che rifletteva le mille luci che accendevano il Bifrost; il mantello giallo drappeggiato sulle ampie spalle che veniva mosso leggermente dalla brezza che spirava dalle vicine cascate, ma era più che evidente che quello dinnanzi a lui non era una guardia comune.
Il suo portamento e la sua aria decisa, sprezzante del pericolo al quale stava andando incontro sfidando da solo il Dio degli Inganni lo facevano facilmente dedurre.
Quello doveva essere uno dei comandanti delle guardie a difesa di Asgard e Loki, improvvisamente si ricordò di averci anche parlato un paio di volte, quando ancora lui credeva di essere il secondogenito di Odino.
Non gli era mai piaciuto; in compenso andava d’amore e d’accordo con Thor e questo era un motivo in più per avercela con lui.
Indolentemente Loki si chiese come quella guardia fosse riuscita a superare il pilone che lui stesso aveva fatto crollare solo pochi attimi prima sul Ponte dell’Arcobaleno; ma poi in un momento, quasi con stizza per aver permesso alla propria mente di divagare da quello che contava realmente in quel momento, cancellò quell'inutile domanda dai priori pensieri.
Non importava come quel tizio avesse saputo evitare l’ostacolo che sbarrava la strada di accesso all'osservatorio. 
Quello che contava era che adesso esso si trovava lì, dinnanzi a lui, e gli stava mettendo i bastoni fra le ruote.
<< Poche chiacchiere, traditore! >> tornò a sbottare l’ Einherjar, senza accorgersi dello sguardo penetrante e indagatore che il Dio degli Inganni gli teneva puntato addosso e, con rapidità, estrasse una lunga spada dal fodero di pelle lavorata che portava legato alla vita, fino a quel momento totalmente nascosto sotto all'ampio mantello.
La luce della lama affilata e tagliente si rifletté negli occhi del Dio degli Inganni, mentre l’altro gli puntava l’arma al petto, senza nemmeno tentare di nascondere quella sua evidente minaccia.
Loki rimase per un attimo interdetto, non aspettandosi da quell'individuo un’azione tanto violenta, mentre la sua mente iniziava a lavorare sempre più freneticamente ed il suo cuore accelerava i battiti.
Evidentemente si sbagliava sul fatto che le somiglianze fra lo sconosciuto e Thor fossero poche ed esclusivamente riguardanti l’aspetto fisico.
Anche questo tizio pareva avventato e rude quanto il figlio di Odino. 
Questo poteva rivelarsi un vantaggio a favore del principe dai capelli neri, o forse poteva rivelarsi la sua fine se l’altro, pur senza utilizzare il cervello, possedeva dalla sua parte la forza e l’abilità forgiate da mille battaglie.
Loki ovviamente non aveva paura di dover combattere, ma non era nemmeno uno sciocco che si scagliava in battaglia senza riflettere come invece aveva sempre fatto Thor e come, a quanto pareva, stava facendo anche il tizio bardato nella sua scintillante armatura fermo a pochi passi da lui.
Loki osservava chi gli stava davanti prima di tutto e l’ Einherjar di fronte a lui, seppur impulsivo e probabilmente poco riflessivo, non sembrava un tipo facile da battere.
Inoltre il Dio degli Inganni aveva conficcato la lancia di Odino nell'ingranaggio primario del Bifrost privandosi di un’arma efficace e il suo pugnale era rimasto nei sotterranei dopo la disputa con Thor.
Non aveva con sé altra arma, se non la sua magia, e questa pareva insufficiente per affrontare quel nuovo nemico giunto dal nulla.
In silenzio Loki maledisse il tempismo di quella guardia, lanciando un’occhiata al portale alle sue spalle che si allargava sempre di più. 
Se esso fosse giunto al Bifrost solo pochi attimi più tardi, non avrebbe certo trovato Loki ad attenderlo. Purtroppo non era andata così.
Lentamente, riportando lo sguardo dell' Einherjar che lo stava deliberatamente minacciando, Loki iniziò ad indietreggiare nella camera tondeggiante allontanandosi dalla lama lucente che esso gli puntava contro e, un po’ per guadagnare tempo e pensare ad un modo per sconfiggere quel nuovo avversario e in parte per distrarlo, iniziò a parlare con apparente calma, cercando di mascherare il suo reale stato d’animo.
<< Cosa vedono i miei occhi. Un soldato di Odino, tutto solo, che vuole fare l’eroe. >>.
Loki sorrise debolmente, insinuando poi in un sibilo glaciale: << Credi veramente che la tua spada possa fermarmi? >>. 
Aveva posto questa domanda all'altro quasi beffandosi di lui, come se l’arma impugnata dall'altro non riservasse per lui un eccessivo pericolo, ma in realtà si stava chiedendo la medesima cosa, non con la stessa sicurezza che palesava dinnanzi agli occhi dell’altro.
L’ Einherjar rimase muto ancora per un istante, seguendo le mosse del Dio degli Inganni sempre con la spada puntata nella sua direzione. 
Poi, con una fermezza inimmaginabile, esclamò: << Posso almeno provarci. Devo provarci, per il bene di tutta Asgard! >>.
<< Ma che belle parole. Davvero toccanti. >> ghignò Loki di rimando, incrociando le braccia sul petto, quasi volesse far comprendere all'altro che anche disarmato non aveva per nulla timore di lui. 
Era tutta una messinscena, naturalmente; anche se in quel momento un piano stava già iniziando a formarsi nella mente del Dio della Menzogna.
<< È impressionante quanto molte persone siano tanto devote ai loro comandanti da seguire ogni loro ordine fino alla morte. Quanto individui come te vogliano proteggere il loro mondo con ogni mezzo. Tu sei un vero patriota, giusto? Tutto quello che fai, lo fai per Asgard; per la brava gente che vive su questo pianeta e per Odino. Scommetto che se il Padre degli Dei ti ordinasse di gettarti dal Bifrost, tu lo faresti, senza nemmeno domandarti se è giusto oppure no. >>. 
Tacque un istante, quasi si aspettasse dall'altro una risposta a quelle sue beffarde parole.
Come c’era da aspettarsi l’ Einherjar non rispose ma rimase immobile come una statua, continuando a tenere la spada puntata nella direzione di Loki e fissandolo in malo modo.
Il Dio degli Inganni ignorò completamente lo sguardo ostile dell’altro e proseguì dicendo: << Sai, mi ricordi mio fratello Thor. Sono sicuro che lo conosci. >>. Tornò a tacere, scrutando il volto dell’altro. 
Poi, affermò: << Ma certo che lo conosci.  Rammento vagamente che eravate ottimi amici e immagino lo siate ancora. Peccato che il tuo nome mi sfugga, soldato. Com'è che ti chiami? >>.
L’altro strinse la mascella e s’irrigidì leggermente, non capendo che cosa il Dio degli Inganni volesse da lui ma sapendo con estrema certezza di non dover badare troppo alle sue parole, di non lasciarsi irretire dagli occhi verdi e scintillanti che indugiavano nei suoi, quasi l’altro avesse l’intenzione di ipnotizzarlo con una malia.
<< Il mio nome non è affar tuo. >> cercò di tagliar corto, con un vago gesto della mano: << Ed ora battiti o accetta la tua resa. >>.
<< Che modi sgarbati. Ma d'altronde avrei dovuto aspettarmelo da un comandante della guardia personale di Odino. >> Loki scosse lentamente il capo; prima di tornare a ribadire: << Voglio solo conoscere il nome del coraggioso che crede di potermi sconfiggere. >>.
<< ….. Il mio nome è Theoric, traditore! >> si decise finalmente a rivelare l’altro, irritato dal fatto che Loki pareva quasi totalmente sicuro di non poter mai essere sconfitto. 
Lui; uno dei capitani degli Einherjar. 
Lui, che non aveva mai perso una sola battaglia; non poteva permettere a quel bugiardo che aveva tradito Asgard e il suo stesso Re, di insinuare che fosse un debole. 
<< Tienilo bene a mente, ora che lo conosci. >> tornò a ringhiare, incapace di domare la propria collera, aizzata ulteriormente dal sorrisetto obliquo che adesso era tornato a spuntare sulle labbra sottili dell’altro: << Perché questo sarà l’ultimo nome che sentirai! >>.
E senza permettere a Loki di fuggire, o anche solo di abbozzare una mossa, gli si scagliò contro con la spada puntata. 
Inutile dire che questa non era la reazione che Loki avrebbe desiderato scatenare in lui. 
Tuttavia il Dio degli Inganni era comunque soddisfatto. 
Aveva ottenuto ciò che voleva: ora conosceva il nome dell’altro e presto se ne sarebbe servito per i propri scopi.
Loki non poté comunque concedersi quell'attimo di vittoria, perché Theoric gli fu addosso in un istante e tentò di colpirlo alla gola scoperta.
Il Dio degli Inganni riuscì quasi per mera fortuna più che per abilità a evitare quel colpo improvviso e si sbrigò a contraccambiare l’attacco scagliando la propria magia contro l’altro uomo, molto più massiccio di lui.
Sfortunatamente l’azione di Loki fu totalmente vana perché il proprio colpo andò a vuoto e l’altro, attento ed allenato, tornò a accanirsi sul principe traditore, menando fendenti nell'aria con una forza ed una rapidità impressionanti.
Loki faticava ad evitare le stoccate e gli affondi che l’altro gli riversava addosso sempre con maggior furia e per qualche istante non fece altro che chinarsi, saltare e roteare su se stesso nel tentativo di scansare la lama affilata brandita dal suo avversario che pareva attaccare come un toro inferocito dinnanzi al quale veniva sventolato un drappo scarlatto.
Ma doveva essere paziente.
Doveva aspettare il momento giusto per agire.
Alla fine quelli che attaccavano alla cieca, finivano sempre per abbassare la guardia almeno per un attimo e allora, sarebbe venuto il suo turno per ricambiare tutti i colpi subiti.
E all'improvviso il momento che Loki aspettava giunse.
Durante l’ultimo affondo, la spada di Theoric era rimasta sollevata per aria un secondo di più del necessario e il Dio degli Inganni, lesto non si era fatto scappare l’occasione di sfruttare l’improvvisa posizione sbilanciata dell’avversario per passare al contrattacco. 
Evitando la lama della spada che tagliò l’aria a pochi centimetri dal suo petto, Loki raccolse dentro di lui l’energia necessaria e tendendo le mani aperte, scagliò un colpo fortissimo contro l’altro uomo.
Il fuoco magico verde saettò dalle dita del Dio degli Inganni e colpì Theoric con una tale potenza da sollevarlo nel vuoto.
Questo sentì la terra mancargli sotto ai piedi e venne scagliato al suolo, dalla parte opposta dell’osservatorio di Heimdall.
Il colpo di Loki era andato a segno, ma l’uomo dai capelli corvini non ebbe l’opportunità di gioire per quella piccola e momentanea vittoria poiché per contrastare l’altro aveva utilizzato, pur senza desiderarlo realmente, quasi tutte le sue energie.
Sentiva dentro di lui che la magia si stava rapidamente esaurendo e con essa anche le sue forze.
Deglutendo a fatica, Loki sbatté le palpebre più volte mentre la vista gli si appannava ed esso vacillava fortemente sulle gambe improvvisamente deboli.
Era debole. Troppo debole. Doveva usare più cautela con la magia o avrebbe finito con il distruggersi.
Scuotendo il capo nel tentativo di schiarirsi la vista e le idee, momentaneamente confuse nel caos delle emozioni, Loki si passò una mano sulle palpebre. 
Fu allora che l’altro reagì e, rimettendosi in piedi, mentre il Dio degli inganni si sforzava di non cedere alla stanchezza, tornò a scagliarsi verso di lui, riuscendo a piantargli un lungo coltello nel polpaccio destro, indietreggiando poi di qualche passo per evitare di venire colpito a sua volta dal violento manrovescio che Loki, quasi alla cieca gli stava rivolgendo contro.
Stringendo i denti, esso si portò quindi la mano alla ferita, ritirandola in fretta con il pugnale dell’altro fra le dita e una luce furente nello sguardo.
Poi, senza alcun preavviso, si gettò in avanti, ignorando il dolore alla gamba ferita e eseguendo un’agile capriola  per distrarre l’altro, gli scagliò contro il suo stesso coltello.
Loki era sempre stato bravo nel lancio dei pugnali, tuttavia questa volta, reso debole dalla fatica e dal dolore, non fu abbastanza agile e Theoric, abilmente riuscì ad evitare il pugnale e si gettò una volta ancora contro il principe traditore, riuscendo a colpirlo una volta ancora al braccio destro.
Una lunga striscia rossa si disegnò sulla stoffa lacerata della manica della casacca di Loki e ancora una volta esso si sentì invadere dal dolore.
Chiudendo forte gli occhi, ansimò e per poco non perse l’equilibrio.
In pochi istanti era già stato colpito due volte, mentre il suo avversario, molto più riposato di lui, era ancora totalmente indenne.
Loki si sentì sommergere dalla collera. 
Non poteva lasciare che quell'inutile Einherjar vincesse contro di lui.
Non dopo tutta la fatica che aveva fatto per arrivare fino a lì.
Eppure continuava a sentire le forze che lo abbandonavano sempre più rapidamente.
Se avesse continuato a combattere e a scagliare la propria magia contro quel nuovo, cocciuto avversario, non sarebbe mai riuscito a lasciare Asgard.
Ma forse…. Forse non avrebbe dovuto essere lui ad abbandonare la Città Eterna.
Una nuova idea, che si andava  a sommare a quella che aveva avuto pochi attimi prima, iniziò a farsi strada con prepotenza nella mente del malconcio Dio degli Inganni e un nuovo sorriso leggero ma insinuante e tremendamente astuto tese gli angoli della sua bocca.
Nel notare l’espressione che si era impressa sul volto affilato di Loki, Theoric aggrottò la fronte perplesso, domandandogli in un ringhio sommesso: << Che cos'è che ti mette tanto di buonumore, Dio degli Inganni? Ti piace forse il dolore? Oppure non ti sei accorto di stare perdendo? >>.
<< Sto perdendo?! Tu credi?! >> si limitò a domandare a sua volta Loki, senza abbandonare quel sorriso in un qual modo lugubre che gli era comparso sul viso e, facendo appello alle sue ultime riserve di energia, si gettò verso l’altro, strappando al volo lo scettro di Odino dall'ingranaggio principale del Bifrost.
Theoric, comprendendo ciò che l’altro aveva intenzione di fare si mise in guardia, pronto a bloccare quel colpo apparentemente dettato dalla disperazione, che sembrava diretto alle sue gambe.
Invece, quando Loki fu abbastanza vicino, cambiò traiettoria, roteando la lancia nell'aria.
Aveva notato un punto scoperto nella guardia dell’altro e voleva sfruttarlo a suo vantaggio.
Colpì rapido e in un battito di ciglia, l’asta d’oro del Padre degli dei si infisse in profondità nel petto dell’altro, squarciando la sua armatura e passandolo da parte a parte.
Gli occhi di Loki e della guardia si incontrarono per un istante e Il principe dai capelli neri riuscì a leggere tutto il terrore e l’incredulità dipinti in quelli del suo avversario.
Per quel breve istante Loki venne sconvolto dai sentimenti che vi lesse.
L’altro infatti in pareva essere preoccupato per se stesso, ma per qualcun altro.
Scacciando l’orrore che improvvisamente si stava impadronendo della sua mente, nel constatare che ancora una volta aveva ferito mortalmente qualcuno senza alcuna esitazione, Loki ritrasse la lancia, estraendola dal petto dell’altro che, gemendo, si portò la mano all'altezza della ferita, fissando l’altro uomo alto e magro come se non riuscisse a credere a quello che era appena successo.
Poi il suo volto cambiò totalmente espressione, facendosi duro e furente e, a dispetto di ciò che il Dio degli Inganni si sarebbe aspettato da un uomo ferito e plausibilmente in fin di vita, Theoric si scagliò come un pazzo contro di lui, ancora una volta con la spada spianata.
Per un istante Loki fu colto alla sprovvista da quella audace ed al contempo sciocca mossa, tuttavia fu rapido a riprendersi e spostandosi di qualche passo verso destra, si mise direttamente dinnanzi al portale del Bifrost, per il momento ancora aperto ma che ad ogni minuto che passava  si stava restringendo sempre di più e senza l’influsso del bastone di Odino, ad aprire la via fra i mondi, alla fine si sarebbe chiuso definitivamente.
Theoric, nonostante avesse gli occhi annebbiati dal dolore, non si lasciò sfuggire il movimento del Dio degli Inganni e deviò a sua volta direzione, correndo verso l’altro quasi alla cieca.
E Loki sorrise ancora perché l’ Einherjar stava cascando esattamente nella trappola che lui gli aveva teso.
Aspettò pazientemente che lo slancio portasse Theoric con la lama della sua spada a pochi centimetri dal suo volto; allora si lasciò cadere a terra e gli fece lo sgambetto.
L’altro, ferito e stremato, perse immediatamente l’equilibrio e cadde direttamente nel raggio del Bifrost.
Loki avrebbe potuto lasciarlo cadere da subito nel vuoto, ma aveva ancora una cosa da fare, prima di lasciarlo andare.
Così, tornando in piedi, dimentico della stanchezza delle proprie membra, riuscì ad afferrare il capo degli Einherjar per una mano e lo tenne sospeso nel raggio arcobaleno diretto ad un pianeta lontano.
<< Che…. Che stai facendo?… >>domandò Theoric con un filo di voce; le labbra tremanti al di sotto della barba bionda ed il viso pallido: << Perché non mi lasci andare? Prima mi vuoi uccidere  e poi mi salvi la vita? >>.
<< Ti sbagli. Io non ti sto salvando la vita. >> lo zittì Loki con freddezza. 
Nei suoi occhi si riflettevano le mille luci colorate del portale ancora momentaneamente aperto: << Volevo solo che, prima di andare, tu vedessi una cosa. >>.
<< Maledetto! Che cosa vuoi fare? >> domandò l’altro, fissando con occhi quasi imploranti il Dio degli Inganni che in quel momento torreggiava su di lui, tenendolo per un braccio.
Loki adesso poteva fare di quel soldato asgardiano ciò che voleva.
Poteva decidere di salvarlo o di lasciarlo cadere nel Bifrost, mandandolo incontro ad un destino che solo il fato avrebbe scelto per lui.
Forse, se sarebbe stato abbastanza forte, Theoric avrebbe persino potuto sopravvivere nel pianeta dove il raggio era diretto.
<< Niente di personale, Theoric; solo…. >> rivelò improvvisamente Loki, facendo volutamente una pausa per accrescere la tensione nell'aria: << Ho bisogno di una nuova identità e la tua mi sembra perfetta per mettere in atto il mio nuovo piano. >>.
<< Di quale piano stai parlando?…. >> tornò a domandare l’ Einherjar con un filo di voce, terrorizzato e furioso allo stesso tempo.
<< In realtà, avevo raggiunto il Bifrot con l’intenzione di fuggire da Asgard. Ma l’idea di nascondermi su un altro pianeta come un codardo, non mi era mai veramente piaciuta. Adesso, grazie a te, questo non è più necessario. >> spiegò con calma Loki, sorridendo quasi amabilmente all'altro uomo che penzolava in precario equilibrio sul raggio multicolore.
<> ansimò questo, cercando invano di afferrare anche con l’altra mano il braccio di Loki, o forse più precisamente tentando di far sbilanciare l’altro in modo che anch'esso cadesse con lui nel portale ormai in procinto di svanire.
Poi, all’imrpovviso un’idea parve folgorare lo smarrito comandante delle guardie di Odino ed esso, boccheggiando, farfugliò: << Non vorrai per caso….? >>.
<< Invece si. >> la voce di Loki gli fece morire le ultime parole sulle labbra; e Theoric, si ritrovò in un istante ad osservare sconvolto il corpo del Dio degli Inganni che veniva attraversato da una luminescenza verdastra e in men che non si dica, colui che lo teneva sospeso sul Bifrost non era più il fratellastro di Thor ma una copia perfetta di se stesso. 
Un Theoric fluttuava a mezz'aria nel raggio alla fine del Ponte dell’Arcobaleno, l’altro lo teneva vincolato a sé con una mano stretta nella sua.
<< Ora io interpreto la parte di Theoric e tu, di conseguenza, non servi più. >> disse Loki nella sua nuova forma di capo degli Einherjar, sorridendo beffardo al vero Theoric che continuava a fissarlo ammutolito ed incredulo.
<< Addio. >> proseguì Loki quasi con tristezza; prima di soggiungere a bassa voce, quasi gli stesse rivelando un segreto: << Fai un buon viaggio nel Bifrost e saluta gli Jotun da parte mia. >>.
Theoric fece solo in tempo a rendersi vagamente conto di quello che le ultime parole del Dio degli Inganni significavano quando questo gli lasciò andare rapidamente la mano, facendo scivolare le sue dita su quelle dell’altro uomo, quasi fosse una sorta di carezza di addio.
Fu un attimo; poi il vero Theoric cadde nelle luci del Bifrost, trascinato velocemente in un gorgo luminoso che conduceva ad un mondo freddo e desolato come l’animo dell’uomo che lo aveva appena sconfitto, rubandogli l’identità e condannandolo, nelle migliori delle ipotesi a vagare ferito in un mondo dove il ghiaccio era il padrone incontrastato di ogni cosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** THEORIC ***


6 THEORIC

Loki, vacillò pericolosamente sul bordo del portale un attimo prima che questo si richiudesse rapidamente dinnanzi ai suoi occhi. 
Le mille luci del Bifrost rotearono ancora per un breve attimo attraverso il cono di metallo che serviva per indirizzare il raggio multicolore verso il pianeta prescelto; poi con un ultimo avvitamento, si spensero definitivamente, mentre contemporaneamente i lampi di energia che avevano alimentato la cupola dell’Osservatorio ed il suoi complicati ingranaggi, svanivano nel nulla, lasciando solamente una lieve carica elettrostatica nell'aria circostante.
Per un attimo ancora Loki rimase a guardare dritto dinnanzi a lui, come se di colpo avesse preso coscienza di ciò che stava accadendo e si fosse reso conto d’aver appena scagliato uno dei più forti Einherjar di tutta Asgard verso uno dei pianeti più ostili di tutta la galassia. 
Poi si lasciò scivolare al suolo con un sospiro strozzato; afferrandosi la testa fra le mani.
Ce l’aveva fatta!
Certo questo non era previsto nei suoi piani, ma era sempre preferibile che fuggire attraverso i mondi in una sorta di esilio; come gli era capitato di dover fare la prima volta che si era gettato volutamente dal Ponte dell’Arcobaleno. 
Questa volta era riuscito a rimanere su Asgard, anche se aveva dovuto sottrarre un’altra identità; rubare un’altra vita; celando il suo reale essere dietro ad una nuova maschera ben costruita. 
Per fare questo aveva dovuto però dare fondo a quasi tutte le sue energie magiche ed il proprio corpo stava ora protestando intensamente, straziandolo con un feroce mal di testa che pareva volergli spaccare il cranio a metà.
Avrebbe desiderato sdraiarsi al suolo, chiudere gli occhi e riposare almeno per qualche attimo, ma sapeva che non poteva farlo altrimenti l’illusione avrebbe abbandonato il suo corpo, rivelando agli altri la sua vera identità.
E lui sapeva che altri Einherjar stavano accorrendo in aiuto di coloro che credevano essere il vero Theoric.
Ora ne avvertiva vagamente i passi in corsa sulla liscia superficie del Ponte dell’Arcobaleno.
Presto lo avrebbero raggiunto e allora lui avrebbe dovuto continuare a fingere come sapeva fare tanto bene.
D'altronde questa era la sua vita ultimamente; una continua successione di menzogne infinite che si intersecavano fra di loro come una sorta di enorme ragnatela tessuta con abilità e perizia. 
Una ragnatela che però Loki invece di vedere allargarsi, la sentiva stringersi sempre più intensamente attorno a lui, imprigionandolo, alle volte persino ostacolandolo.
Grazie alla sua nuova trasformazione avrebbe potuto continuare a restare su Asgard indisturbato ancora per un po’; anche se questo gli sarebbe costato altri sforzi; altro dispendio di energie.
Di colpo, anche se immortale si sentiva come un vecchio terrestre con centinaia di anni sulle spalle.
<< Theoric, mio capitano! Che cosa è successo? >> una voce sconosciuta ruppe improvvisamente il silenzio solitario nel quale Loki era sprofondato, penetrando nella sua mente e facendogli martellare ulteriormente il capo. 
Lentamente, il Dio degli Inganni si volse, sollevando gli occhi, ora dello stesso colore del cielo terso in un’estate totalmente priva di nuvole verso colui che aveva appena parlato, trovandosi faccia a faccia con un’altra guardia Asgardiana vestita con la solita armatura sgargiante.
Teneva saldamente stretta in una mano una lunga spada affilata e nell'altra uno scudo dorato ricoperto di fregi e si muoveva con spavalderia, come se fosse pronto ad affrontare qualsiasi battaglia con coraggio e devozione assolute. 
Il suo volto, seppur seminascosto dall'elmo e da una corta barbetta castana, era giovane e levigato; privo di rughe d’espressione. 
I suoi occhi color del miele erano fissi su Loki, decisi e ardenti; colmi di aspettative. 
Quella guardia doveva essere una delle ultime che erano entrate a far parte degli Einherjar Asgardiani.
Alle sue spalle, venivano altre due guardie, non meno armate della prima e altrettanto giovani. Tenevano tutti quanti lo sguardo fisso sul falso Theoric.
Loki per un istante non rispose alla perentoria domanda che la prima guardia gli aveva rivolto, riuscendo solamente ad augurarsi, fra le fitte di dolore che gli trapassavano le tempie, di riuscire a mantenere vivo e attivo l’incanto che lo rendeva visibile agli altri come il loro valoroso comandante. 
Se, per puro caso o per uno scherzo crudele del destino, le forze gli fossero venute a mancare proprio in quel momento, per lui sarebbe stata la fine.
Anche se giovani e presumibilmente non molto esperte nelle battaglie corpo a corpo, quegli Einherjar restavano sempre in tre contro uno. 
Senza contare il fatto che Loki aveva ormai dato fondo a tutte le proprie risorse fisiche e, quelle mentali stavano per unirsi alle prime in quanto ad assenza. 
Ma non doveva pensare a queste sgradevoli possibilità. 
Non doveva far altro che rimanere concentrato sulla parte che si stava accingendo ad interpretare e tutto sarebbe andato per il verso giusto.
<< Theoric; avete trovato il traditore? >> domandò nuovamente il primo fra le guardie ad aver raggiunto l’osservatorio, inginocchiandosi direttamente dinnanzi a Loki, per riuscire a guardarlo meglio in viso.
Senza farvi troppo caso, il Dio degli Inganni chinò leggermente il capo, cercando di nascondere le proprie fattezze trasformate in quelle del capo degli Einherjar, timoroso che l’altro avesse potuto scorgere in lui qualche particolare che non andava. 
Tuttavia, questa volta si affrettò a rispondere: 
<< Ho seguito Loki fin qui…. Ma sono arrivato un attimo troppo tardi. Il fratellastro del principe Thor era già riuscito ad attivare il portale. Era già pronto a lasciare Asgard. >>, deglutì a fatica, smettendo per un attimo di parlare e accorgendosi una volta di più che era ormai giunto allo stremo delle proprie forze.
Quell'attimo di esitazione bastò ad una delle guardie che venivano dietro la prima per domandare: << Quindi Loki si è gettato nel Bifrost? >>.
<< È fuggito? >> volle sapere il terzo, avanzando a sua volta di qualche passo. 
<< Fuggito, si. >> rispose Loki sempre sotto le mentite spoglie del capitano delle guardie di Odino: << Non ho potuto impedirgli di andarsene, ma non posso dire di non aver tentato in tutti i modi di fermarlo. >>.
Faticava a parlare e a mantenere il controllo della magia sul suo corpo e si improvvisamente si augurò che quelle guardie la smettessero presto di fargli domande e lo lasciassero in pace. 
<< Sapete su quale pianeta era diretto il raggio? >> si fece avanti il secondo Einherjar, mettendosi di fianco al primo che aveva raggiunto l’osservatorio e fissando quasi con troppa intensità il volto magicamente trasformato di Loki. 
Facendo fronte ad un nuovo capogiro e impartendo alla sua voce, grazie alla magia di risuonare nella mente degli altri individui più poderosa e roca della sua; più simile a quella del vero Theoric, Il Dio degli Inganni replicò: << Purtroppo non sono riuscito a estorcergli nessun nome dalle labbra. Loki è astuto ed è stato ben attento a non menzionare nemmeno di sfuggita questo particolare. Quando ho raggiunto il Bifrost, lui mi ha attaccato alla sprovvista. Ho dovuto ingaggiare con lui un violento duello che, malauguratamente si è concluso con la mia disfatta.>>. 
Scosse il capo e rabbrividì. 
Il suo era stato un brivido di freddo dovuto alla stanchezza, ma le tre guardie evidentemente associarono quella sua reazione alle parole da lui appena pronunciate, perché all'improvviso iniziarono a guardarlo con leggera preoccupazione. 
<< Ho tentato di chiudere il portale, ma ho impiegato un attimo di troppo e Loki se l’è svignata. >> concluse il Dio degli Inganni, cercando di ignorare i volti compassionevoli di quegli sciocchi Asgardiani; quindi sollevò lo scettro di Odino che reggeva ancora fra le mani , per ribadire le sue ultime parole. 
La prima delle guardie scosse il capo, sbottando all'indirizzo del Bifrost, dove esso immaginava si fosse dileguato Loki: << Codardo! Quell'uomo è sempre stato un vigliacco e oggi lo ha dimostrato ulteriormente con la sua fuga. Non si è mai battuto lealmente, ma ha sempre usato quei suoi trucchetti da prestigiatore da quattro soldi. >>. Smise di parlare solo un momento, infilzando con collera la punta della spada che ancora impugnava al suolo, poi soggiunse: << Non mi è mai piaciuta come persona. >>.
<< Ricorda che un tempo era creduto da tutti fratello di Thor. Era considerato un principe. >> gli fece notare uno degli altri due Einherjar che, in quel momento, agli occhi di Loki parevano totalmente identici fra loro; tutti vistosamente vestiti delle loro armature tirate a lucido; tutti plasmati sotto le ferree regole marziali seguite alla lettera dai soldati di Asgard.
<< Se ti sentisse Odino, non ne sarebbe felice. >> convenne con lui il terzo Einherjar.
A quelle ultime parole sul viso di Loki adesso abilmente tramutato in quello più squadrato e villoso di Theoric comparve un amaro sorriso che, fortunatamente nessuno delle sentinelle riuscì a scorgere, mentre esso pensava che in realtà Odino sarebbe persino stato fiero di sentir pronunciare tali parole ai guerrieri Asgardiani. 
D'altronde il disprezzo che essi provavano nei confronti del Dio degli Inganni, non era poi così dissimile da quello che Odio covava nel suo cuore verso il figlio adottivo che per ben due volte aveva osato tradirlo rubandogli il trono ed il potere sulla Città Eterna. 
<< Un vigliacco resta pur sempre un vigliacco, anche se di sangue reale. >> sbuffò il primo Einherjar, stringendosi nelle spalle. 
Allora Loki fremette al di sotto della cortina di magia che lo faceva apparire in tutto e per tutto identico a Theoric, ma si astenne dal replicare alle dispregiative parole della guardia Asgardiana.
Avrebbe voluto mostrare a quei tizi che lui era Loki e che non era mai veramente fuggito.
Avrebbe desiderato dire a tutti loro la verità.
Dire che per un mese intero era stato lui a comandare sotto le false sembianze di Odino; dire che il loro adorato comandante che essi credevano invincibile era stato appena sconfitto da quello stesso uomo che loro definivano vile e codardo; ma non fece nulla di tutto ciò.
Era furente, ma non era tanto incauto da lasciare che l’orgoglio sopraffacesse la sua ragionevolezza; non avrebbe permesso alla rabbia di mandare a monte i suoi propositi.
Non avrebbe spezzato l’incantesimo….. per ora.
Avrebbe atteso; e un giorno l’avrebbe fatta pagare a quei tre idioti. 
Un giorno…….
Loki non riuscì a concludere quest’ultimo pensiero, poiché inaspettatamente, la prima delle tre guardie scelte al servizio di Odino gli mise una mano sul braccio destro, facendolo sobbalzare violentemente.
Il suo sarebbe dovuto essere un gesto di conforto rivolto a colui che era sempre stato il più forte e fiero capitano degli Einherjar; tuttavia l’effetto che sortì su Loki non fu lo stesso che la guardia si sarebbe aspettato di vedere.
Infatti, inavvertitamente, aveva sfiorato con la propria mano; pesante e ricoperta di calli come solo quella di un uomo abituato a maneggiare giorno e notte spade e lance da guerra, la lunga ferita che il vero Theoric aveva inferto a Loki durante il combattimento svoltosi pochi attimi prima dinnanzi al portale spalancato del Bifrost.
Senza riuscire a trattenere un sibilo per l’improvviso bruciore che il semplice contatto delle dita dell’altro uomo gli avevano procurato al loro passaggio sulla sua pelle ferita, il Dio degli Inganni allontanò frettolosamente i braccio, afferrandosi il polso con l’altra mano e stringendo i denti in silenzio.
Sorpreso dalla inattesa fragilità che Theoric stava dimostrando ed al contempo costernato l’Einherjar rimase a fissare l’uomo a pochi passi da lui, mentre ad occhi chiusi cercava di far fronte al dolore intenso che gli serpeggiava lungo tutto il braccio; la ferita che tornava ad aprirsi e ricominciava a sanguinare copiosamente.
Lui, come tutte le altre guardie, avevano sempre creduto che il capitano degli Einherjar fosse praticamente imbattibile; poderoso quanto una roccia e altrettanto indistruttibile, ma evidentemente si erano sbagliati tutti quanti.
Indietreggiando impacciatamene di qualche passo da colui che credeva essere il suo capitano, la sentinella farfugliò: << Theoric, siete ferito? Loki è riuscito a colpirvi? Io…. Io non immaginavo che……>>.
Ancora in preda al dolore, Loki gli scoccò un’occhiataccia obliqua, con tale intensità che quasi si sorprese nel non vedere quella guardia tramutarsi in un mucchietto di cenere carbonizzato ai suoi piedi. 
Avrebbe voluto urlare in faccia a quel tizio di stargli lontano e di smettere di infastidirlo.
Avrebbe desiderato far frustare lui ed i suoi compagni solo per il fatto che gli stavano facendo perdere tempo con le loro moine e le loro vane parole gettate al vento, contro un uomo che essi credevano fuggito e che invece si trovava proprio lì, davanti a loro. 
Se fosse stato ancora padrone delle fattezze di Odino; se avesse avuto ancora a disposizione tutte le proprie forze magiche, avrebbe potuto fare in modo che tutto questo si avverasse, ma ora non poteva. 
Doveva rammentare ancora una volta a sé stesso che da adesso in avanti avrebbe dovuto sforzarsi di comportarsi da uomo onesto e leale come di certo era sempre stato il vero Theoric.
Così, con un’espressione che avrebbe dovuto essere un sorriso ma che in realtà appariva più come una smorfia, si costrinse a rispondere: << Non è nulla. …. Nulla di serio……Mi riprenderò….. >>.
<< Non certo da solo. >> replicò una delle due guardie al seguito della prima: << Loki è fuggito, è vero, ma questo non è il momento per fare l’eroe, Theoric. Noi tutti sappiamo che siete il nostro comandante; il più valente fra tutti gli Einherjar.  Non vi giudichiamo per esservi lasciato sfuggire quel traditore. Eravate solo contro un abile maestro di magia. Nessuno di noi sarebbe riuscito a batterlo. Ora, non dovete rammaricarvi per la sua fuga, ma dovete solamente pensare a rimettervi in forze. Dovete andare alla stanza della guarigione. >>. 
Loki non si mosse ma dentro di sé si concesse un piccolo invisibile sorriso; mentre pensava che per lo meno uno di quei tre conosceva i propri limiti e ammetteva la superiorità del Dio degli Inganni. La sua superiorità.
Tuttavia quella breve esultanza svanì dopo pochi attimi, quando un nuovo capogiro lo costrinse a tornare a pensare direttamente al presente. 
Loki lanciò allora un’occhiata alla guardia che aveva appena parlato; poi guardò le altre due.
Tutti parevano concordare sul fatto che esso dovesse lasciare che fossero i guaritori a curare le sue ferite.
D'altronde lo credevano il loro comandante e tenevano alla sua salute .
Loki fece una lieve smorfia disgustata.
Se avessero saputo che davanti a loro non c’era Theoric ma Loki; colui che essi chiamavano traditore e vigliacco, non gli avrebbero certo offerto le stesse premure. 
Lo avrebbero semplicemente lasciato lì a terra, ferito e privo di forze, o peggio, lo avrebbero legato e condotto in cella, senza nemmeno concedergli la ragione d’aver sconfitto uno dei più valorosi guerrieri di tutta la storia Asgardiana. 
Il Dio degli Inganni scosse il capo. 
Quelli non erano altro che miseri leccapiedi, pronti a ingraziarsi i favori del guerriero più forte di tutto il plotone di Einherjar  composto da uomini messi a protezione di Asgard grazie al loro coraggio ma certo non per via della loro intelligenza.
Si mostravano bendisposti solo per farsi notare dal loro superiore e magari convincerlo a far avanzare tutti loro di carriera.
Erano solamente un branco di illusi che sognavano ad occhi aperti; come tanti bambini in attesa di un regalo a lungo desiderato per il giorno del loro compleanno. 
Patetici; ecco cosa erano tutti loro.
Sciocchi patetici Asgardiani che si credevano guerrieri provetti soltanto perché portavano legata alla vita una spada che, con ogni probabilità avevano avuto l’occasione di utilizzare ben poche volte nella loro vita. 
Si vedeva lontano un miglio che erano novellini; troppo giovani per conoscere veramente i rudimenti della guerra; troppo inesperti e già si atteggiavano a grandi guerrieri. 
Già cercavano l’approvazione di quello spocchioso Theoric. 
Loki strinse la mascella con furia, mentre ancora una volta pensava all'odio che provava nei confronti di tutta la gente che viveva nella lucente e meravigliosa Città Eterna; a quanto disprezzava quelli che come Theoric e Thor volevano mostrarsi i più bravi dell’universo. 
Non sarebbe stato facile continuare ad interpretare il ruolo di capitano degli Einherjar, con tutto la scarsa considerazione che Loki aveva nei suoi confronti. 
Facendo fronte a quei pessimi pensieri solo grazie ad un intenso sforzo di volontà, Loki tornò a ripetere caparbiamente: << È solo un graffio. Me la posso cavare egregiamente anche da solo. >>. Se avesse accettato le cure che essi gli stavano offrendo, c’era il rischio plausibile che qualcuna fra le guaritrici avesse potuto scoprire l’inganno che lui stava perpetrando, e questo era ovvio che non doveva accadere.
Sarebbe stato molto meglio per lui se fosse riuscito a convincere quei tre buoni a nulla a lasciarlo di nuovo solo. 
Allora avrebbe potuto raggiungere le stanze di questo Theoric e là, con calma, avrebbe medicato da solo le proprie ferite. 
<< No. Quello non è solo un graffio. >> insistette  la terza fra le guardie presenti; un tizio non molto robusto, con un lieve accenno quasi invisibile di barba rossiccia sul mento: << È meglio andare nella camera di guarigione e permettere alle guaritrici di dare almeno uno sguardo alle vostre ferite. Se sono state provocate dalla magia, è con la magia che debbono essere curate. >>.
<< Se invece è stata una spada, serve comunque l’intervento di una persona adeguata. >> intervenne un altro Einherjar, annuendo vigorosamente alle parole dell’altro: << Siamo longevi, ma non immortali; mio capitano; voi dovreste saperlo meglio di tutti noi. Una ferita di spada potrebbe infettarsi. >>.
<< Ho detto che non ne ho bisogno… Davvero. >>, replicò cocciutamente Loki, alzandosi in fretta da terra, per dimostrare a tutti quanti che quello che stava dicendo era la pura verità.
Ma ciò che diceva Loki non era mai la verità e ormai, il Dio degli Inganni aveva mentito così tante volte da aver iniziato a raccontare bugie anche a sé stesso.
Questa volta non era stato da meno e lui se ne accorse nella maniera meno piacevole di tutte. 
Non appena si fu messo in piedi, infatti, ebbe la sgradevole impressione che tutto il mondo attorno a lui avesse iniziato di colpo a ruotare rapidamente su se stesso.
Come se non bastasse, il mal di testa che fino ad un attimo prima sembrava essersi leggermente placato, ricominciò ad aggredirlo ad ondate sempre più intense, facendogli perdere l’equilibrio e abbassare la guardia.
Per un istante, l’alone di magia che ricopriva la sua immagine, sovrapponendo quella di Theoric al suo vero essere, tremolò leggermente, minacciando di incrinarsi ed infine spezzarsi da un istante all'altro.
Deglutendo a vuoto, Loki indirizzò tutte le proprie energie verso la barriera magica che lo circondava, rafforzando l’immagine del falso Theoric; timoroso che qualcuno fra i tre Einherjar che lo osservavano allibiti, potesse scorgere attraverso quel velo adesso più confuso il vero volto del Dio degli Inganni che si nascondeva al di sotto.
Un gemito di dolore gli sfuggì dalle labbra, mentre tornava ad accasciarsi al suolo, tremando con le braccia strette attorno al corpo muscoloso che non gli apparteneva. 
Quand'è che era diventato tanto fragile? Era veramente giunto al limite della propria sopportazione? Aveva realmente abusato dei suoi poteri tanto da ridurlo ad un fantoccio senza forze? 
Non poteva crederci. Non voleva credere ad una cosa simile. 
<< Si invece che ne avete bisogno! >> tornò ad esclamare la prima delle guardie giunte sul Ponte dell’Arcobaleno, accostandosi di nuovo a lui e sfilandogli quasi con gentilezza dalle mani il bastone di Odino che ancora lui teneva strettamente in pugno.
Per un breve istante, Loki pensò quasi di provare a combattere anche contro di loro: con lo scettro del Padre degli Dei avrebbe certo potuto annientarli senza troppo dispendio di energie.
Ma si sentiva così esausto e confuso e, quasi senza rendersene conto, aveva già lasciato andare lo scettro, permettendo al giovane Einherjar di impossessarsene con assoluta facilità. 
<< Questo è meglio riconsegnarlo nelle mani del nostro Re. >> disse la guardia, tornando a raddrizzarsi con un espressione allegra sul volto: << Odino sarà felice di sapere che siete riuscito a recuperare il suo scettro. >>.
<< D'altronde non per nulla ha nominato voi capitano degli Einherjar. >> soggiunse un'altra delle tre guardie, aiutando Loki ad alzarsi in piedi e, sorreggendolo con un braccio all'altezza delle costole, s’incamminò verso l’uscita dell’osservatorio.
Sempre più smarrito, il Dio degli Inganni guardò l’altro uomo con aria inebetita, seguendo i suoi passi pur senza desiderarlo veramente. 
Non riusciva a ragionare coerentemente e adesso aveva l’impressione di galleggiare in una sorta di sogno confuso.
Non poteva comunque rifiutare una seconda volta l’invito a curare le proprie ferite. 
Avrebbe seguito quei tre sino a palazzo, perché ormai non aveva più scelta. 
Una volta raggiunta la camera di guarigione, si sarebbe lasciato curare docilmente, e successivamente avrebbe pensato a un nuovo piano d’azione.
Per il momento doveva semplicemente accettare i fatti per quelli che erano: lui era ferito e stremato e solo quelle guardie avrebbero potuto aiutarlo.
Fin quando avrebbe continuato a mascherare le sue vere sembianze al di sotto di quelle del buon Theoric, tutti si sarebbero comportati con gentilezza nei suoi confronti.
Non gli restava che accettare le loro cure; approfittando della devozione assoluta di quegli Einherjar verso il loro comandante.
Avrebbe riposato solo il tempo necessario a riprendersi; restare in ozio non faceva per lui, ma sapeva che se non avesse accettato quelle cure, sarebbe stato sempre più male.
Una volta recuperata la sua forza vitale e magica, avrebbe agito di nuovo. 
<< E poi non dimentichiamoci che domani ci sarà il grande evento. >> esclamò l’ultima delle guardie Asgardiane, strizzando l’occhio a colui che credeva essere il suo comandante: << Non vorrete arrivare al giorno più importante della vostra vita pieno di tagli e ferite, vero? >>.
Ovviamente Loki non aveva la più pallida idea di quello che l’ Einherjar voleva dirgli con le sue ultime parole, tuttavia queste non promettevano nulla di buono. 
Il Dio degli Inganni era comunque stranamente convinto che avrebbe scoperto molto presto a quale evento si stesse riferendo ed esso aveva lo sgradevole sospetto che, di qualunque cosa si trattasse, non gli sarebbe piaciuta.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** THE ROOM OF THE RECOVERY ***


7 - THE ROOM OF THE RECOVERY

<< Dov'è Theoric? Devo parlare con lui. >> l’inconfondibile voce del Dio del Tuono riecheggiò nel corridoio all'esterno della stanza della guarigione dove il fasullo Theoric era stato condotto dai tre giovani Einherjar che lo avevano, per così dire, soccorso all'osservatorio di Heimdall.

Il Dio degli Inganni, ancora ben avvolto dalla magia che lo rendeva una copia perfetta del capitano delle guardie di Asgard, si trovava lì da qualche ora, e già le cure della guaritrice che gli era stata assegnata, con il compito di rimetterlo in sesto,  stavano sortendo sul suo corpo un incredibile effetto benefico e rivitalizzante. 
<< Principe Thor, il comandante delle guardie si trova nella stanza qui di fianco. >> si affrettò a rispondere con una lieve nota di ansia una delle guardie che si erano schierate fuori dalla porta, in attesa che il loro capitano riacquistasse le forze: << Vostro padre Odino è già stato informato dell’accaduto e ha dato ordine alla più esperta delle nostre guaritrici di occuparsi di lui. Non è permesso a nessuno di entrare nella camera….. Fin quando la guaritrice avrà finito. >>.
<< A quanto pare, tuo fratello non gli ha risparmiato nemmeno uno dei suoi colpi bassi. >> intervenne un’altra delle guardie, quasi prima che l’altra riuscisse a concludere la frase.
<< Quando lo abbiamo soccorso all'estremità del Ponte dell’Arcobaleno, non era certo nelle condizioni migliori. >> soggiunse la voce ovattata del terzo. 
<< Mi dispiace molto per ciò che è accaduto. >> si scusò inaspettatamente Thor, mostrandosi ancora fin troppo gentile e altruista per i gusti del fratello che, all'insaputa di tutti stava origliando la conversazione ben nascosto sotto alle fattezze di Theoric. 
<< So di non essere io a dover rispondere delle pessime azioni di Loki, ma resta pur sempre mio fratello. >> continuò il Dio del Tuono. 
<< Fortunatamente il nostro capitano è un uomo estremamente capace e; in quanto a resistenza ne ha a sufficienza per non lasciarsi sconfiggere con tanta facilità da un semplice mago. >> ridacchiò la seconda delle giovani guardie che avevano trovato Loki sul ponte del Bifrost. 
Nell'udire l’appellativo di “ semplice mago”, il Dio degli Inganni s’irrigidì violentemente sulla panca di oro e velluto rosso sulla quale sedeva e la guaritrice che si stava occupando di lui, pensando erroneamente che la reazione dell’uomo fosse dovuta alle sue cure, si affrettò a mormorare sconsolata: << Scusate, mio signore. Debbo essere stata poco delicata nel medicare la vostra ferita. In seguito starò più attenta. >>.
Loki non le prestò la minima attenzione, ma si limitò a chinare leggermente il capo e a tendere le orecchie per riuscire a intuire meglio la conversazione che si stava svolgendo all'esterno della sala della guarigione fra Thor e i tre Einherjar che lo avevano accompagnato sin li. 
A quanto pareva si divertivano tutti quanti a parlare male di lui; in sua assenza. 
Avrebbero fatto di certo meno gli spiritosi, se avessero saputo che il Dio degli Inganni in persona 
si trovava esattamente oltre la porta chiusa della stanza della guarigione e che, ancora una volta, stava riuscendo ad ingannare tutti loro, usandoli come marionette fra le sue mani.
<< Se Theoric era ridotto male, m’immagino come deve essere conciato Loki. >> riprese parola una delle tre guardie, con la voce ovattata e distorta dalla parete che lo separava dal Dio degli Inganni, in ascolto: << Ovunque lui si trovi in questo momento, non se la deve star passando molto meglio del nostro comandante. E di certo Theoric non lo avrà lasciato fuggire senza ricambiare i suoi 
colpi. >>.
Thor non ribatté a questa affermazione. 
Invece, fuori dalla stanza cadde di colpo un imbarazzante silenzio.
Evidentemente il Dio del Tuono non la pensava come i tre inesperti Einherjar che, avendo probabilmente compreso l’umore del principe, preferivano adesso restarsene a bocca chiusa per evitare di dire altre cose che non sarebbero state approvate da Thor. 
Nessuno di loro voleva mettersi nei pasticci per aver offeso in qualche modo colui che sarebbe diventato il loro Re, quando Odino gli avrebbe lasciato spazio sul trono di Asgard.
La guaritrice: una donna alta e dalla corporatura esile, con i capelli color nocciola raccolti sulla nuca, non ottenendo, da quello che lei immaginava essere Theoric, alcun tipo di risposta, aveva continuato a spalmare con accurata lentezza sul suo braccio una strana pomata trasparente dal forte sentore di erbe.
Dove le mani esperte della guaritrice sfioravano la pelle ferita dell’uomo, questa si rimarginava quasi immediatamente, e su di essa non rimaneva che una lieve cicatrice più scura che con il tempo sarebbe comunque sparita totalmente, senza lasciare alcun segno della battaglia. 
Quando ebbe concluso il suo lavoro, la donna ripose il vasetto dorato dal quale aveva tratto il medicamento in una borsa che si portava al fianco. 
Dopo di che, con un lieve inchino si ritirò dalla stanza in completo silenzio, lasciando il Dio degli Inganni nella sua nuova veste di fiero e leale capitano degli Einherjar finalmente solo.
Approfittando di quel momentaneo attimo di quiete, Loki sospirò leggermente, appoggiandosi all'alto schienale della panca che occupava, fissando la fiamma rossa e gialla che ardeva nel grande braciere al centro esatto della stanza.
Quell'attimo di pace, tuttavia, durò relativamente poco, visto che improvvisamente al di fuori della stanza tornò a farsi udire la voce del Dio del Tuono che scambiava qualche parola con la guaritrice, informandosi sulla salute del compagno d’armi.
Poi, dopo un altro breve istante Thor fece la sua trionfale entrata nella camera della guarigione, avanzando a passo deciso verso il fratello mascherato da comandante delle guardie Asgardiane; quasi con la stessa rapidità del fulmine che era tanto abile a richiamare grazie al suo portentoso martello. 
<< Theoric, amico mio, come stai? >> gli domandò a gran voce senza troppe cerimonie, allargando le braccia quasi avesse tutta l’intenzione di andarlo a stritolare.
<< Mi è stato riferito che hai affrontato Loki da solo. Sei stato un vero eroe ma anche un vero incosciente. >> lo rimproverò, guardandolo con la stessa espressione con cui una madre preoccupata avrebbe potuto osservare il figlioletto dispettoso che aveva disobbedito ad una sua regola.
<< Senti chi parla. >> borbottò Loki, accrescendo il proprio influsso magico in modo che il fratello riuscisse a vedere chiaramente il volto di Theoric che si accigliava leggermente: <<  Da quel che ricordo, anche tu non sei uno dei guerrieri più riflessivi del Regno. >>.
<< No; hai perfettamente ragione. Io sono impulsivo almeno quanto lo sei tu. Per questo andiamo così d’accordo! >> convenne con lui Thor, mentre con una gioviale risata si avvicinava ancora di qualche passo all'altro uomo, per posargli amichevolmente una mano sulla spalla. 
<< Se hai avuto a che fare con mio fratello, devi considerarti molto fortunato. >> aggiunse poi, facendosi più serio e guardando in un punto distante al di fuori della immensa terrazza che si affacciava sulla Città Eterna: << Avrebbe potuto farti di peggio che qualche graffio. >>.
Tacque un istante, scuotendo il capo. 
Poi, lasciando andare la spalla dell’altro, spiegò: << Loki non è mai stato un buon guerriero e con le armi non se l’è mai cavata egregiamente; anche se devo concedergli che è sempre stato un ottimo lanciatore di pugnali. La sua forza però risiede tutta nella magia. Come mago può diventare davvero pericoloso, se lo desidera. >>.
<< Suvvia Thor; ora stai esagerando. >> rise Loki, senza riuscire a nascondere nella voce bassa e roca di Theoric il fatto che quelle parole lo avevano parecchio lusingato: << Così fai apparire tuo fratello molto più forte di quanto in realtà sia. >>. 
Rise di nuovo e distolse per un attimo lo sguardo, fattosi di colpo astuto e penetrante come solo quello del Dio degli Inganni poteva essere, dal fratello: << Insomma, cosa mai avrebbe potuto farmi, secondo te? Rubare la mia identità per poi gettarmi nel Bifrost al posto suo? >>.
Tornò ad osservare Thor al suo fianco, senza mai smettere di sorridere furbescamente: << Questo è praticamente…. Assurdo. >>.
<< Questo è da Loki. >> controbatté il Dio del tuono con una serietà allarmante; passandosi frettolosamente una mano fra i lunghi capelli biondi per scostarseli dal viso. 
Nell'udire quell'affermazione Loki inclinò leggermente il capo, scrutando il volto del fratello come se lo vedesse per la prima volta. 
Non aveva mai immaginato che Thor lo conoscesse tanto bene da poter dichiarare una cosa simile. 
Eppure il Dio del Tuono pareva essere realmente sicuro di ciò che aveva appena detto e stranamente le sue parole erano esatte. 
<< Thor, io….. Non avrei mai dovuto lasciare che Loki fuggisse da Asgard. >> esclamò improvvisamente Loki, cercando di distrarre l’altro da quei pensieri che avrebbero potuto aiutarlo a capire il suo nuovo inganno.
Scostando la schiena dall'alta spalliera della panca su cui sedeva, per spostare il massiccio e ingombrante corpo di Theoric, fin troppo muscoloso e poco flessibile per i suoi gusti, in una posizione leggermente più comoda, il Dio degli Inganni tentò di accavallare le gambe, muovendosi sul bordo della panca, ma poi vi rinunciò quasi subito.
Non gli piaceva affatto quel corpo. 
Si sentiva come un maestoso cervo che, a causa dell’incantesimo malefico di una strega era stato imprigionato nelle sembianze di un toro. 
<< Non pensarci ora. Sei appena uscito da un difficile scontro. È normale se ti senti un po’ confuso; ma io so come risollevarti il morale! >> esclamò Thor allegramente.
<< Ho una sorpresa per te! >>, soggiunse e; come se queste ultime parole fossero state una sorta di parola magica, una delle porte laterali si aprì con un lieve cigolio e Loki, voltandosi vide con la coda dell’occhio un servitore basso e grassoccio che faceva la sua entrata trotterellante nell'ampia stanza della guarigione.
Loki si accorse quasi immediatamente che quello era lo stesso diligente servitore che, tempo prima, esattamente nel giorno in cui Thor avrebbe dovuto essere nominato Re di Asgard, lo stesso Dio degli Inganni aveva spaventato a morte con uno dei suoi trucchi di magia più riusciti.
Era stato solo uno scherzetto innocuo, quasi infantile, ma aveva sortito l’effetto che Loki aveva desiderato e l’espressione del povero servo quando aveva visto il vino che si tramutava in tanti piccoli serpenti dalla pelle lucida e nera come la notte, ne era stata la conferma. 
Anche questa volta il paffuto servitore reggeva fra le mani un vassoio su cui erano ordinatamente disposti due calici intarsiati e una grossa brocca semitrasparente colma di un liquido dello stesso colore dei rubini più preziosi. 
Un lieve sorriso tese le labbra del Dio degli Inganni mentre ripensava ancora all'accaduto e si soffermava ad immaginare come sarebbe stato se avesse ripetuto una volta ancora quella semplice ma efficace magia. 
Sarebbe stato certo divertente, anche se probabilmente lui non ne avrebbe tratto il piacere della prima volta.
Inoltre aveva adesso ben due valide ragioni per non compiere quel gesto: primo, lui doveva continuare a recitare la parte del composto soldato privo di ogni minima conoscenza in fatto di magia e secondo, non si era ancora totalmente ristabilito per sprecare le proprie energie in un così banale scherzetto.
Avrebbe avuto modo di terrorizzare quel servo in un'altra occasione.
Accantonando quel pensiero, decisamente poco serio, Loki tornò quindi a dedicare le proprie attenzioni al grassoccio servitore che, in quel preciso momento stava disponendo in completo silenzio le due coppe su un  tavolino tondo di fianco alla panca dove sedeva Loki, versando in ciascuno una buona dose di vino.
Non appena ebbe finito di colmare il secondo bicchiere, Thor si avvicinò in fretta ad esso e, prendendolo fra le mani, ne bevve una lieve sorsata, annuendo compiaciuto.
Quindi, sorridendo fin troppo cordialmente a quel basso e grasso servitore privo della benché minima eleganza, lo ringraziò, facendogli un vago gesto di congedo.
Inchinandosi rispettosamente dinnanzi ai due uomini, questo sorrise a sua volta verso il Dio del Tuono, rivolgendo solo una breve occhiata al falso Theoric; quasi avesse capito che in lui ci fosse qualcosa che non andava; poi in fretta tornò ad uscire dalla porta dalla quale pochi attimi prima era giunto; seguito dallo sguardo poco soddisfatto del Dio degli Inganni e da quello quasi perennemente allegro di Thor. 
<< Ebbene; cosa ne dici? Ti piace la sorpresa? >> domandò improvvisamente il Dio del Tuono rivolto a Loki.
L’altro rimase per un istante in silenzio a fissare Thor, chiedendosi se per caso il fratello si stesse prendendo gioco di lui.
Poi, lentamente , bofonchiò: << Una….Brocca colma di vino? Sarebbe questa l’eclatante 
sorpresa che avevi in serbo per me? >>.
Thor annuì, un attimo prima di alzare la propria coppa all'indirizzo del fasullo Theoric, in un silenzioso brindisi.
Poi bevve di nuovo; questa volta una sorsata molto più lunga della precedente, annunciando con euforia: << È il vino più pregiato che sono riuscito a scovare. Questo ovviamente per ringraziarti di aver in parte ostacolato la fuga di mio fratello da Asgard. >>.
Nonostante il Dio del Tuono fosse diventato molto più maturo rispetto al fatidico giorno di tanto tempo prima, quando Loki aveva osato tradire per la prima volta lui e Odino, Thor non pareva aver ancora abbandonato la sua passione per il buon vino.
<< Avanti; facciamo un brindisi! Al ritorno al trono di mio padre! >> proseguì Thor sempre con quel tono leggero e scanzonato. 
Per tutta risposta Loki si limitò a fissare la coppa che sarebbe spettata a lui, con la stessa espressione che avrebbe potuto usare una nobildonna in presenza di un enorme scarafaggio spuntato di colpo da sotto al proprio letto. 
<< Credo che io farò a meno di bere. >> rifiutò dopo un istante, evitando volutamente di incontrare il suo sguardo con quello adesso allibito del fratello maggiore.
<< Parli sul serio? >> gli domandò questo di rimando, squadrandolo da capo a piedi, come se adesso fosse lui lo scarafaggio gigante: << Da quand'è che rifiuti una sana bevuta in compagnia di un tuo vecchio amico?  Non è davvero da te, Theoric. Devo forse preoccuparmi? >>.
<< Certo che no. >> si affrettò a replicare Loki, alzandosi dalla panca dorata per avvicinarsi di qualche passo al fuoco che ardeva al centro della sala e, sottrarsi contemporaneamente allo sguardo dell’altro uomo, timoroso che il fratello avrebbe potuto intuire qualcosa che non andava dai suoi modi di fare: << Sono solo…. Stanco per via dello scontro con tuo fratello. >>. 
Istintivamente strinse le mani l’una nell'altra, come era sua abitudine fare quando era particolarmente nervoso. 
<< Non eri forse tu che dicevi che una buona bevuta avrebbe guarito ogni male? >> gli domandò Thor, continuando a fissarlo con insistenza. 
Loki restò per un istante imbambolato, continuando a fissare le fiamme rosse che s’innalzavano verso il soffitto della camera, scaldandogli il viso e facendolo quasi sudare; pensando che parecchi far gli Asgardiani che aveva avuto modo di conoscere sino ad allora erano forti e possenti ma altrettanto scarsi di cervello.
Questo Theoric non doveva essere da meno, visto che, da quello che stava apprendendo, pareva essere un grande amante delle bevute sfrenate.
<< Era solo un modo di dire, Thor. >> cercò di schermirsi, rivolgendo un pallido sorriso per nulla convinto al Dio del Tuono che, replicò prontamente: << Davvero? E che mi dici allora della volta in cui sei stato l’unico che mi ha battuto alla sfida di chi riusciva a bere più boccali di birra alla festa per la vittoria contro i Pentapalmi. Io ne bevvi venti; tu se non sbaglio ventitré e avresti continuato ancora. Sembravi fresco come una rosa quando io ero mezzo addormentato. >>.
<< Si…. Rammento…. >> sbottò Loki sospirando; e se ne rammentava realmente. 
Anche lui aveva partecipato alla festa, standosene però in disparte in un angolo ad osservare a braccia conserte e con un’espressione per nulla allegra sul volto il fratello maggiore che si ubriacava irresponsabilmente in compagnia del capitano delle guardie di Asgard. 
Quella stessa sera Thor era tanto sbronzo che successivamente aveva trascinato il fratello in un ballo decisamente poco elegante e molto, molto vergognoso; non certo degno della compostezza di un futuro Re. 
Per un breve attimo nella sala della guarigione cadde un profondo silenzio.
Poi, tornando a farsi avanti verso l’altro uomo, Thor borbottò con aria impensierita: << Mio fratello deve averti davvero fatto una brutta impressione, se sei tanto preoccupato da non riuscire nemmeno a divertirti. >>.
Fissò la coppa che reggeva nella grande mano destra, facendo roteare il vino al suo interno; poi proseguì, svelando: << Neppure io mi sento tranquillo ora che so che Loki è di nuovo libero su un pianeta a noi sconosciuto, ma dobbiamo cercare di prendere le cose per il loro lato migliore. Tu sei riuscito a recuperare lo scettro di mio padre e questo è un bene. >>. 
Sorrise, alzando la voce per enfatizzare quelle sue ultime parole: << Loki non se ne potrà servire in futuro per causare distruzione. E mio padre è tornato a regnare. >>.
Loki osservò il fratello, invidiandone per un istante l’allegria e la leggerezza con cui riusciva a sdrammatizzare anche le più disperate situazioni.
Thor era sempre stato così, d'altronde. 
Lui era il fratello fortunato; quello sempre deciso e sicuro di sé; l’orgoglioso figlio di Odino.
Il Dio degli Inganni tornò a distogliere lo sguardo dall'altro uomo, cercando di ignorare quei fastidiosi pensieri a suo riguardo.
Era sempre stato difficile per lui, però, riuscire ad escludere il fratello maggiore dalla sua vita; soprattutto quando Thor si metteva in testa di dovervi fare obbligatoriamente parte, esattamente come aveva intenzione di fare in quel momento.
Infatti, dopo poco, tornò a bere un’altra lunga sorsata dal proprio boccale, porgendo quell'altro al falso capitano degli Einherjar, esclamando con un tono di voce imperioso e fastidiosamente presuntuoso: << Ed ora avanti, brindiamo! Questo è un ordine del Principe Thor e non può essere rifiutato. >>.
Thor aveva ragione.
Loki non poteva rifiutarsi di bere in sua compagnia, altrimenti il Dio del Tuono avrebbe potuto insospettirsi, e se quel Theoric era uno scellerato ubriacone….. il Dio degli Inganni, per quanto detestasse comportarsi a quel modo, avrebbe dovuto adattarsi alla situazione.
Con una smorfia, Loki si impose di smettere di comportarsi come suo solito e, ricacciando quegli inutili e fastidiosi pensieri, cercò di allontanare la propria ritrosia e si decise a prendere dalle mani dell’altro uomo il calice che esso gli porgeva.
Guardò per un istante ancora il vino con sospetto; poi poggiò il bordo del bicchiere sulle labbra e lo assaggiò appena.
Era forte…. Su questo Thor non aveva mentito. 
Ma d'altronde non c’era nulla di cui meravigliarsi. 
Raramente il Dio del Tuono raccontava bugie.
Per un attimo ancora, né Thor né il falso Theoric ripresero a parlare; almeno finché Loki si decise a spezzare quell'irritante silenzio; cercando per altro di deviare i pensieri del fratello dal boccale di vino ancora quasi totalmente intatto che lui reggeva fra le mani e che aveva intenzione di bere il meno possibile.
<< È stato un vero peccato che Heimdall non fosse al suo posto a sorvegliare il portale del 
Bifrost. >> mormorò, fingendosi avvilito: << Lui avrebbe certo saputo evitare tutto questo. >>.
<< Ciò che conta è che stai bene. >> rispose quasi immediatamente il Dio del Tuono, sorridendo bonariamente: << A Lady Sigyn sarebbe venuto un colpo se ti sarebbe accaduto qualcosa di 
male. >>.
<< Lady... Sigyn... >> quelle parole uscirono dalle labbra di Loki sotto forma di un incerto sussurro.
Stranamente aveva l’impressione di aver già sentito prima di allora quel nome ma non riusciva ad associarlo ad un volto noto.  
Forse era una delle dame di compagnia della madre e lui rammentava quel nome perché lo aveva già udito, quando ancora faceva parte della vita di Frigga come se fosse stato il suo vero figlio ed erede.
Ciò nonostante, non ne era del tutto certo.
Se aveva dimenticato a chi apparteneva quel nome, questo poteva significare una cosa soltanto: non era una persona che aveva attirato particolarmente la sua attenzione.
Probabilmente si trattava semplicemente di una di quelle sciocche fanciulle prive di interessi, capace solamente di esibirsi in quelle moine di corte che tanto piacevano a Odino e a Thor.
Una donnicciola insipida che considerava sé stessa più importante delle altre solo per il fatto che conosceva la Regina.
Se questa Sigyn era come tutte le altre donne di corte, Loki capiva benissimo il motivo per cui se l'era già dimenticata.
Era inconsueto tuttavia che lui ricordasse il suo nome, anche se solo vagamente.
Di solito quando qualcuno non lo incuriosiva in alcun modo, lui tendeva a cancellare dalla sua mente ogni informazione riguardante la persona che non lo interessava.
Se Loki si rammentava quel nome significava che la dama in questione doveva aver già avuto a che fare con lui e probabilmente il loro incontro non era stato uno di quelli che il Dio degli Inganni considerava piacevole.
Lei doveva avergli fatto qualche torto e questo non era poi così improbabile se ella conosceva quel Theoric.
Se credeva nella giustizia ed era devota quanto il capitano degli Einherjar al Re di Asgard, non sarebbe stata una novità se ella avesse a suo modo messo i bastoni fra le ruote dei piani congegnati da Loki.
Il Dio degli Inganni smise di colpo di pensare, scuotendo il capo infastidito.
Non doveva puntare ogni suo pensiero sul nome di quella donna semisconosciuta, tanto più che era certo non avrebbe mai dovuto avere a che fare con essa.
Improvvisamente, chiaramente intuendo dai modi di fare dell’altro uomo che c’era qualcosa che non andava, Thor tornò a domandargli, anche se con una lieve incertezza nella voce: << Non dirmi che non ti rammenti di lei?!>>.
<< No. Certo che…. No. >> si affrettò a replicare Loki, sforzandosi meglio che poteva di mantenere un’espressione rilassata e neutra: << Come potrei dimenticarmi di….. >>.
<< Della donna che questa sera stessa diventerà tua moglie? Non ne ho la più pallida idea. >> esclamò Thor con aria solenne, senza permettere all'altro di terminare la frase.
Nell'udire quelle parole, il volto fino ad allora impassibile del falso Theoric subì un leggero cambiamento e questi parve vacillare leggermente, prima di sussurrare con un filo di voce appena percettibile: << Mia….. Moglie?!… >>.
Le parole uscirono dalle labbra del finto Theoric come forzate; a fatica e Loki, quando Thor fece per volgersi a guardarlo di nuovo, sottrasse frettolosamente il proprio sguardo a quello del fratello.
Era certo che se Thor avesse letto nei suoi occhi le sensazioni che lui stava provando in quel momento, si sarebbe potuto accorgere immediatamente del suo nuovo inganno. 
Perché non si ricordava di quel matrimonio?
Fino a quella mattina tutti lo avevano sempre creduto Odino, e con molta probabilità qualcuno fra i suoi servitori gli aveva accennato riguardo la questione. 
Lui però doveva avergli dato poco peso e di questo Loki non doveva certo meravigliarsi.
I matrimoni d'altronde erano una di quelle cose che il Dio degli Inganni tendeva ad evitare.
Troppo smielati per i suoi gusti; troppo pieni di inutili cerimonie.
L’amore vero secondo lui era una menzogna; esattamente come lo era la libertà.
<< Lo so. Hai perfettamente ragione ad essere stupito, amico mio. >> tornò a parlare Thor, dopo un momento, posando una delle sue mani sulle spalle dell’altro: << Il matrimonio doveva essere celebrato domani, alle prime luci dell’alba, ma Odino ha preferito anticipare l’evento in modo che poi tutti gli Einherjar di Asgard possano essere liberi di andare a dare la caccia a mio fratello. >>.
“Che idea ridicola era mai quella?”, tornò a domandarsi Loki, fissando quasi inorridito il fratello maggiore che gli sorrideva con la sua solita e fastidiosissima gentilezza. 
Gli Asgardiani dovevano essere molto più sprovveduti di quello che Loki si era sempre immaginato se, subito dopo il suo nuovo tradimento e la sua presunta fuga dal regno, avevano ancora intenzione di mettersi a festeggiare matrimoni. 
<< Odino deve aver perso completamente il lume della ragione! >> sbottò di colpo Loki, senza riuscire a trattenere la propria indignazione.
Thor inarcò le sopracciglia chiare, allontanando il braccio che fino a quel momento aveva tenuto sulla spalla dell’altro, osservando al contempo il volto di Theoric come se non riuscisse a credere a ciò che stava udendo. 
<< Theoric, ricorda che stai parlando di mio padre…. Del Padre degli Dei; del tuo Re. >> gli rammentò subito dopo, con un’occhiata corrucciata. 
Ma Loki non voleva ascoltarlo. 
Non gli interessava se Theoric si era sempre comportato onestamente con tutti. 
Non gli interessava se si metteva a fare una scenata dinnanzi al fratello. 
Aveva tutte le ragioni del mondo per irritarsi: lui non voleva quel matrimonio e avrebbe fatto cambiare idea a Thor e a Odino.
Sapeva già che scusa poteva utilizzare; così riprese a parlare, concitatamente: << Loki è a piede libero su uno dei nove regni , forse già pronto a sferrare un nuovo attacco contro Asgard per impadronirsi del regno e Odino si mette a dar feste e a celebrare matrimoni?! Tutti gli Einherjar dovrebbero già essere sulle tracce del traditore in questo preciso momento; io e te compresi, 
Thor. >>.
<< Non devi preoccuparti di questo, mio buon amico. >> cercò di rassicuralo il Dio del Tuono, senza dare minimamente peso al fatto che l’altro, invece di essere lieto di sposarsi, come avrebbe certo fatto il vero Theoric, sembrava quasi disgustato dall'idea di dover prendere moglie: << Mio padre ha tutto sotto controllo. >>.
<< Thor, il matrimonio deve essere rimandato. >> insistette il falso Theoric, tornando a cambiare il tono della propria voce e facendolo divenire questa volta molto più calmo e ragionevole del necessario: << Ci sono questioni molto più urgenti che vanno risolte il più in fretta possibile. >>.
<< Lady Sigyn ne resterebbe enormemente delusa. >> disse Thor di rimando, senza mai distogliere lo sguardo dal capitano degli Einherjar, ma bevendo un piccolo sorso dal proprio calice.
Loki, quasi automaticamente lo imitò e, troppo impegnato a riflettere a quello che avrebbe potuto replicare; non si rese quasi conto di aver bevuto quasi tutto d’un fiato il vino che c’era nel suo calice.
Poi, iniziò di nuovo a protestare: << Ne convengo, ma…… >>.
<< No, Theoric. >> lo interruppe rapidamente Thor assumendo un’aria greve e solenne al contempo: << Non devi rinunciare al tuo matrimonio per colpa delle malvagie azioni ordite da mio fratello. Lui godrebbe nel saper distrutto il giorno più bello della tua vita ed io non desidero la sua soddisfazione. >>.
Loki si sentì quasi ferito nell'udire l’affermazione del fratello e aggrottando la fronte senza riflettere sibilò: << Ah, è così?! >>.
<< Si, è così, mio vecchio compagno d’armi. >> ridacchio Thor benevolmente, fraintendendo le parole dell’altro: << Il matrimonio si farà e tutto sarà perfetto. >>.
Per un attimo ancora Loki rimase immobile come una statua accanto al Dio del Tuono. 
Poi, comprendendo che, per quanto si fosse sforzato, l’altro non avrebbe mai accettato di rimandare il matrimonio, sospirò rassegnato, borbottando la prima domanda che gli sorse alla mente: << E che mi dici di Lady Sif e dei guerrieri? Anche loro verranno alla cerimonia? >>.
<< Loro non ci saranno. >> Thor scosse desolatamente il capo mentre pronunciava quelle parole e il Dio degli Inganni, domandò allora: << No? E come mai? >>.
<< Ti ho detto che mio padre aveva tutto sotto controllo. Sif e gli altri sono stati incaricati di prendere il comando di alcuni gruppi di Einherjar. Ognuno di loro è già diretto su un pianeta diverso. Fandral è stato incaricato di recarsi su Svarthalfeim, Hogun su Vanaheim, Volstagg su Midagrd e Sif su Jotunheim. >>.
Gli occhi del falso Theoric si fecero di colpo dilatati nell'udire quelle ultime parole e il guerriero parve tremare leggermente. 
Era ovvio; pensò Loki.
Odino continuava a comportarsi normalmente per mostrarsi un Re clemente e per non turbare gli abitanti della Città Eterna, ma in realtà c’era chi era già al lavoro alla caccia del figlio traditore.
Anche se il Padre degli Dei esteriormente sembrava calmo e composto, nel suo cuore stava già pensando a come avrebbe punto Loki una volta che esso fosse stato ricondotto ad Asgard nuovamente in catene.
Thor, accorgendosi che l’altro si era irrigidito ancora di più, e sembrava turbato da quelle parole, gli rivolse uno sguardo confuso: << Qualcosa non va? >>.
Loki continuò a fissare il Dio del Tuono, pensando che quella domanda era allo stesso tempo assurda e ingannevole, tormentato per un istante da un intensa incertezza.
Sapeva di star esitando troppo a rispondere, ma essere venuto a conoscenza del fatto che Sif e gli altri erano già sulle sue tracce lo aveva spiazzato.
Non pensava che Odino avesse reagito tanto rapidamente ad una sua eventuale fuga.
Se Sif era diretta a Jotunheim, avrebbe potuto incontrare il vero Theoric e, una volta scoperto il nuovo gioco di inganni orchestrato da Loki, per lui sarebbe stata veramente la fine.
<< Theoric? >>
Loki si riscosse nell'udire la voce tonante di Thor che chiamava il nome del capitano delle guardie di Asgard e, riprendendo il controllo di sé, quasi automaticamente si avvicinò al tavolino dove era sistemata la brocca con il vino; si riempì di nuovo la coppa e ne bevve una lunga sorsata nella speranza che questo avrebbe potuto allentare leggermente la propria tensione emotiva.
Sentiva che Thor lo stava ancora guardando, ora con leggera impazienza, mentre aspettava la sua risposta.
Theoric, o l’immagine del guerriero che Loki aveva sovrapposto alla sua, tenne gli occhi fissi sul Dio del Tuono, senza vederlo realmente.
Stava immaginando che cosa sarebbe potuto essere di lui se Odino avesse scoperto che si stava nascondendo ancora su Asgard.
Thor gli scoccò nuovamente un’occhiata confusa, ma immediatamente scosse il capo e tornò a sorridere: << Sei teso per via del matrimonio, vero? Ti capisco. >>.
<< Credi? >> lo incalzò Loki, sorbendo distrattamente un altro sorso di vino. 
Ormai non faceva più caso a cosa stava facendo. 
Era troppo teso: <<  Dimmi Thor; tu ti sei mai sposato? >>.
<< Bè, in effetti io non…… >> Thor tossicchiò nervosamente, fissando il proprio calice quasi vuoto; poi mormorò: << No. >>.
<< Oh, certo. Perché tu ami quella Jane, vero? >> continuò il Dio dell’Inganno, parlando con la voce di Theoric, leggermente distorta dall'ansia: << La Midgardiana che ti ha rubato il cuore quando tuo padre Odino ti ha esiliato da Asgard. >>.
<< Theoric, sei sicuro di stare bene? >> tornò a domandargli Thor, sconcertato dal comportamento inusuale dell’altro uomo.
<< Te l’ho detto…… >> Loki sospirò, cercando di ritrovare un minimo di contegno; poi soggiunse con voce leggermente più calma: << Sono solo stanco. Ad ogni modo, grazie per la visita, Thor. >>.
Queste furono le parole che Loki disse a voce. 
Quelle che aveva nella mente però erano ben altre e ben più aggressive e gelide: “Vattene da questa stanza, così posso riflettere in pace.”.
<< Questo e altro per un vecchio amico. >> rispose Thor allegramente, rispondendo naturalmente alle parole dette a voce alta e non ai pensieri dell’altro uomo: << E …. Restando in tema di furto, credo di aver già rubato abbastanza tempo allo sposo. Fra non molto inizierà la cerimonia e tu ancora devi prepararti. >>.
Così dicendo, senza perdere altro tempo in vane chiacchiere, il Dio del Tuono lasciò la stanza della guarigione.
Prima di chiudere la porta dorata alle sue spalle, tuttavia Thor gli strizzò l’occhio tornando a sorridere come un bambino e finalmente Loki fu solo.
Per un attimo il Dio degli Inganni restò immobile accanto al tavolino dove era posato il vassoio con il vino; poi posando malamente la propria coppa, si lasciò scivolare sulla panca vicina, posando una mano su quel volto deciso e squadrato che non era il suo; sentendo il contatto ruvido della barba sulle dita.
Fra tutti gli Einherjar presenti su Asgard, doveva proprio sottrarre le sembianze a quel tizio?
Un matrimonio era giusto quello che lui avrebbe desiderato meno di ogni altra cosa in un momento come quello.
Ma le guardie lo stavano ancora cercando, Odino era pronto a punirlo con una lezione a suo parere più orrenda della morte stessa e non dubitava che Thor lo avrebbe volentieri fatto a pezzi con le sue mani se avesse saputo che in quella stanza non c’era il vero Theoric, ma Loki. 
Riprendere le sue sembianze naturali era in quel momento totalmente sconsigliato.
Non gli restava altro da fare, quindi, se non continuare a recitare la parte del buon Theoric.
Avrebbe sopportato quella messinscena del matrimonio fin tanto che gli avrebbe fatto comodo.
Poi, avrebbe di certo trovato un altro modo per restare ad Asgard anche senza continuare a nascondersi dietro alle fattezze del capo degli Einherjar.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** THE MARRIAGE ***


8
THE MARRIAGE

In quel momento Loki riusciva a pensare solamente che, nessuno fra i presenti avrebbe potuto essere più ansioso di lui.
Da quando Thor se ne era andato dalla camera della guarigione, il Dio degli Inganni non era stato lasciato libero di riflettere nemmeno per pochi istanti.
Uno dopo l’altro, una fila all'apparenza interminabile di servitori avevano fatto la loro comparsa nella camera della guarigione ed ognuno di loro aveva aiutato il falso Theoric a prepararsi per la festa.
Per ben tre volte uno dei servitori aveva tentato di instaurare con lui una conversazione oziosa riguardo il matrimonio, ma Loki era troppo di malumore per fingersi gentile e lieto per quell'evento e aveva continuato imperterrito a starsene zitto, rispondendo per monosillabi alle domande che non avrebbe proprio potuto ignorare. 
Dopo che tutti quei preparativi erano finiti; dopo che era stato costretto ad indossare la pesante armatura dorata e argentata degli Einherjar con quella ridicola cappa gialla sulle spalle, era stato condotto nel luogo dove avrebbe avuto inizio la cerimonia nuziale e lì era dovuto restare, per evitare di destare nuovi sospetti.  
Adesso si trovava direttamente all'ombra dell’albero che simboleggiava Yggdrasil, immobile nell'armatura che pareva pesare tonnellate e teso come lo era stato ben poche volte nella sua vita.
Loki si mosse leggermente a disagio e sollevò lo sguardo verso le fronde dell’albero sotto al quale era costretto a restare. 
Il vento gli sfiorò per un istante il viso, intriso dei profumi del giardino e il Dio degli Inganni inspirò a fondo, automaticamente, cercando di calmarsi.
Era innaturale essere agitato per una questione di così scarso conto.
D'altronde, non era realmente lui che stava per sposarsi; giusto? 
Anche una volta conclusa, la cerimonia nuziale sarebbe servita a ben poco visto che lui non era il vero Theoric e perciò il matrimonio sarebbe di certo stato annullato, quando Loki avesse deciso di mostrarsi a tutti per quello che era realmente. 
Quando sarebbe stato al sicuro dalla indubbia collera del Padre degli Dei.
Quando avrebbe avuto modo di pensare…..
Le foglie verdi dell’immenso albero al centro esatto del giardino fuori dalla residenza dorata del Padre degli Dei si muovevano leggermente al vento fresco che trasportava le dolci fragranze dei fiori fra le aiuole piene di mille colori, ma Loki non si sentiva affatto rinfrancato da esso. 
Il tronco immenso dell’albero s’innalzava verso il cielo con i rami affusolati carichi di foglie color verde e rosso.
Alla sua base, in un tratto di terreno piastrellato, era tracciato con l’oro il disegno di un albero quasi identico a quello che lo sovrastava, solo che questo aveva i rami che si snodavano in direzioni diverse, con le radici ben in vista e ritraeva la mappa dei nove regni esistenti.
Nella parte superiore; quella composta dalle fronde, erano scritti i nomi in lettere runiche di Asgard al centro, di Vanaheim terra dei Vanir alla sua destra e di Svartalfheim Terra degli Elfi Oscuri alla sua sinistra.
Nel centro esatto del tronco dell’albero dipinto c’era invece Midgard; dove viveva la donna amata da Thor; Alfheim la terra degli Elfi della Luce e Jotunheim; il pianeta di origine dello stesso Loki, terra dei Giganti di Ghiaccio.
Alla base dell’albero, verso le radici c’erano Niflheim, Nidavellir e Muspelheim, la Terra dei Demoni .
Loki lasciò che il proprio sguardo vagasse distrattamente lungo tutto quell'elaborato disegno, osservando l’Yggdrasil dipinto al suolo.
Fu allora che si accorse inaspettatamente di essere fermo in piedi esattamente sopra alla piastrella dipinta sulla quale era stato inciso il nome di Jotunheim. 
Sobbalzando, Loki rimase per un attimo a fissare quella scritta dorata che stava calpestando, pensando con un lampo di insensata ironia che se avesse continuato a restarsene lì impalato senza fare nulla, esattamente sul nome del suo pianeta d’origine, tanto valeva che si mettesse ad urlare a tutti i presenti la sua vera identità. 
Quello pareva un aperto invito ai presenti a svelare il suo inganno. 
Sollevando frettolosamente lo sguardo sulla gente che lo attorniava; sulle dame dai vestiti luccicanti e sui loro accompagnatori, il Dio degli Inganni si affrettò a spostarsi di qualche passo più indietro, lieto che nessuno avesse fatto caso alla sua espressione momentaneamente allarmata.
Ma la gente non sembrava affatto interessata a colui che avrebbe dovuto essere lo sposo e, da quando il Dio degli Inganni era stato scortato nel vasto giardino, in attesa dell’inizio della cerimonia, non avevano fatto altro che conversare animatamente fra di loro.
Questo naturalmente aveva contribuito a rendere lo stato d’animo di Loki, sempre nascosto sotto alle sembianze del capitano degli Einherjar, ancora più irrequieto.
Parlavano della donna che Theoric avrebbe dovuto sposare; quella Lady Sigyn il cui nome era noto al Dio degli Inganni, ma di cui ancora esso non riusciva a rammentare il viso.
Sia le donne che gli uomini facevano di lei descrizioni lusinghiere, definendola buona e gentile e insistevano sul fatto che fosse una donna davvero fortunata a poter prendere come marito uno dei più abili guerrieri di tutto il Regno.
Loki si sforzava in tutti i modi di non ascoltare quelle chiacchiere, evitando accuratamente di dover instaurare una seppur breve conversazione con chicchessia; tenendosi il più in disparte possibile da tutti quei fastidiosi invitati.
Sembrava che l’unico a non conoscere ancora questa Sigyn, fosse proprio colui che avrebbe dovuto diventare suo sposo.
Scuotendo leggermente il capo, Loki si passò una mano sul mento squadrato e ricoperto di barba appartenente al comandante delle guardie chiamato Theoric e fece una smorfia.
Non gli era mai piaciuto farsi crescere la barba e adesso sentirla sul mento; seppur non fosse realmente il suo, lo infastidiva parecchio; ma avrebbe dovuto sopportare quella piccola inezia per il suo bene; così come si stava impegnando a sopportare quella inutile farsa del matrimonio. 
Sospirando tornò a sollevare lo sguardo sul giardino fiorito e sui suoi occupanti.
La gente si era raccolta nel vasto giardino, attorno al grande albero simbolico, sotto al quale lo stesso Padre degli Dei avrebbe celebrato il matrimonio.
Si accalcavano ai bordi del parco, in trepidante attesa che la cerimonia prendesse il via.
La maggioranza di essi era giunta dopo aver ricevuto un invito ufficiale al matrimonio; probabilmente scritto di proprio pugno dalla sposa stessa e altri, quelli più sfacciati, si erano imbucati anche senza permesso, troppo curiosi per restarsene chiusi nelle loro case.
D'altronde non tutti i giorni si festeggiava il matrimonio di uno dei più fedeli uomini a guardia della Città Eterna.
Uno dei guerrieri in cui Odino riponeva la massima fiducia.
Odino, appunto…….
Il Padre degli Dei era fermo a pochi passi dal Dio degli Inganni; anch'esso immobile come una figura scolpita nella roccia; il volto solenne illuminato dai fuochi che ardevano nei bracieri sistemati in vari punti del vasto giardino, in modo da dissipare le ombre che lentamente si stavano allungando su Asgard con l’arrivo della sera.
Sul volto del fasullo Theoric comparve un lieve sogghigno di certo poco rassicurante per chi lo avesse notato anche solamente di sfuggita; mentre Loki pensava alla faccia che avrebbe potuto fare lo stesso Odino se avesse saputo che al posto del capitano delle guardie, di quell'uomo tanto fidato, c’era proprio colui di cui doveva fidarsi di meno fra tutti. 
Non se ne sarebbe certo restato lì impettito con il bastone dorato fra le mani.
Mentre continuava ad osservare di sottecchi il Padre degli dei, Loki dovette ammettere che il vecchio si era ripreso bene dal suo ultimo tentativo di rubargli il trono.
La lunga prigionia nelle celle del Regno non pareva aver intaccato minimamente il suo autocontrollo e la sua innegabile regalità.
Anche i suoi poteri non parevano essere diminuiti minimamente e Loki, improvvisamente si domandò se per caso le avversità passate negli ultimi tempi non avessero sortito su Odino l’esatto contrario di quello che lui desiderava ottenere.
Immobile, ritto sotto alle fronde dell’albero al centro del giardino della reggia dorata, il Padre degli dei pareva quasi essere avvolto da un alone invisibile di potere.
Loki sobbalzò leggermente quando Odino spostò il suo unico occhio buono nella sua direzione e si affrettò a guardare altrove, per evitare di incrociare lo sguardo con quello del Padre degli Dei.
In quel breve attimo il Dio degli Inganni aveva avuto la sgradevole impressione che Odino sapesse ogni cosa.
Ma questo era impossibile; giusto?
Odino non poteva sapere che lui era Loki. 
Non poteva conoscere il suo nuovo misfatto. 
Questo era…. Inconcepibile…..
Eppure il Dio degli Inganni non riuscì a reprimere un brivido di apprensione.
Stava ancora riflettendo sull'orrendo dubbio che lo aveva colto quasi a tradimento; minando il suo autocontrollo, quando la sposa fece la sua comparsa nel giardino.
In quel preciso istante, tutti gli invitati smisero simultaneamente di parlare ed uno strano silenzio scese sulla folla, tanto che nei giardini non si sentiva altro se non il cinguettio degli uccelli sugli alberi vicini e lo sciabordio delle cascate lontane.
Lady Sigyn avanzava al centro della strada che portava all'albero dei nove regni, guardando dritto dinnanzi a sé, anche se pareva leggermente imbarazzata dagli sguardi che gli invitati le tenevano puntati addosso.
Era una giovane non molto alta, esile ed elegante con lunghi capelli dello stesso colore del miele scuro, che scendevano sulle sue spalle come una cascata; trattenuti soltanto sulla nuca da un piccolo fermaglio d’argento.
Camminava lentamente, ma con grazia e compostezza e, avvolta nel lungo vestito argentato, sembrava quasi fluttuare fra la folla di gente che la attorniava.
Quando arrivò davanti al falso Theoric ella lo guardò in volto con un amore che Loki era certo di non aver mai visto sul volto di nessun’altra persona.
Lo guardò negli occhi solo per un istante, prima di tornare ad abbassare timidamente il proprio sguardo verso il suolo ed allora Loki si accorse che non era effettivamente vero che lui non conosceva questa Sigyn.
Perché lui l’aveva già incontrata prima di allora, anche se, fino a quel momento se ne era completamente dimenticato.
Aveva già visto quegli occhi nocciola acuti e allegri.
Adesso riusciva a riconoscere nella donna che gli stava dinnanzi la medesima fanciulla che aveva visto quella stessa mattina nei corridoi della residenza reale, quando lui stava fuggendo dalle prigioni, dopo lo scontro con Thor.
Lei era stata l’unica donna del gruppo di dame di corte che aveva osato avvicinarsi alla porta semiaperta che conduceva nei sotterranei, ignorando completamente la presenza dell’enorme topo che Loki aveva fatto comparire nel corridoio, per allontanare le signore dal suo nascondiglio improvvisato.
Lei era stata l’unica che, in un qual modo aveva osato sfidare la sua magia e aveva minacciato di scoprirlo.
Lady Sigyn….. Ecco perché il Dio degli Inganni rammentava quel nome.
Ed ora, riusciva anche a ricordare che le dame scorte nel corridoio, stavano effettivamente parlando di un matrimonio.
Loki strinse i pugni lungo i fianchi, maledicendo in silenzio la propria noncuranza.
Se avesse prestato maggior attenzione alla conversazione di quelle donne, di certo avrebbe avuto modo di apprendere che Theoric e Sigyn si sarebbero dovuti sposare di li a breve.
Se avesse saputo fin dall'inizio come stavano le cose, di certo non avrebbe mai deciso di impadronirsi dell’identità del capitano degli Einherjar.
Ma ormai il danno era fatto e Loki doveva semplicemente rimproverare se stesso per ciò che stava accadendo.
Di colpo il Dio degli Inganni fu costretto ad interrompere il flusso dei propri pensieri poiché Odino mosse un passo in avanti, battendo lo scettro d’oro al suolo, per richiamare l’attenzione di tutti su di lui.
<< Questo è davvero un giorno di gioia per tutta la Città Eterna. >> esordì il Padre degli Dei con solennità, spostando il proprio sguardo benevolo ma al contempo attento e penetrante su tutti gli Asgardiani lì riuniti: << In questo giorno, non solo io, Odino, sono tornato al comando della nostra città; sfuggendo alle malefatte di colui che un tempo chiamavo figlio….. >>. 
A quelle parole, sul volto di colui che avrebbe dovuto essere lo sposo, comparve un’espressione contrariata, ma nessuno parve accorgersene. 
Sigyn in quel momento teneva lo sguardo basso; forse intimidita dalla presenza del Padre degli Dei o più probabilmente assorta in una deferente attesa; felice e al contempo agitata nel prendere atto di stare per sposarsi con l’uomo più valoroso del pianeta.
Odino, fortunatamente troppo impegnato nel suo altisonante discorso per badare ai piccoli cambiamenti d’espressione sul volto del capo degli Einherjar.
<< Ho anche il sommo piacere di unire Sigyn. >> continuò calmo il Padre degli Dei, indicando vagamente con un gesto dello scettro la giovane fanciulla dai lunghi capelli biondi, che parve chinare ancor più il capo in quello che; molto probabilmente avrebbe dovuto essere una sorta di inchino: << con Theoric; uno dei più fedeli e coraggiosi Einherjar di tutta Asgard.>>. Sorrise debolmente nella direzione di Loki che; per quanto si sforzasse, non riuscì a ricambiare quel gesto; trovando tutta quella storia fastidiosamente snervante.
Le parole che pronunciò successivamente il Padre degli Dei non furono altro che un borbottio molesto nelle orecchie del Dio degli Inganni che, cercando in tutti i modi di estraniarsi da quel luogo e da quel momento indesiderato, aveva ripreso a far funzionare la propria mente alla ricerca di un modo per sottrarsi a quell'incombenza fuori programma. 
Ma pensare con coerenza risultava estremamente complicato per lui, soprattutto visto che doveva mantenere sempre una parte del suo potere magico ben attiva, per evitare di perdere il controllo sulla maschera magica dietro alla quale si stava celando. 
<< Come pegno del vostro amore, scambiatevi un bacio. >>, concluse improvvisamente Odino con la sua voce tonante, sollevando verso l’alto il proprio scettro dorato, per batterlo al suolo una sola poderosa volta. 
La cerimonia era finita e Loki, sobbalzando leggermente nel prenderne atto, si riscosse dalle proprie elucubrazioni.
Quello era il momento del bacio e il Dio degli Inganni si ritrovò improvvisamente a pensare che sarebbe stato divertente se, all'improvviso, in quello stesso momento, lui avrebbe abbandonato il suo travestimento, per mostrarsi a tutti per colui che era realmente.
Sarebbe stato interessante leggere lo sgomento sui volti della gente; studiare le loro reazioni allarmate, scrutare nello sguardo della sposa e vedere….. Che cosa? Che cosa avrebbe desiderato vedere nello sguardo di quella esile donna dai capelli pallidi che gli stava accanto?
Istintivamente Loki guardò verso la giovane donna dinnanzi a lui, cercando i suoi occhi del colore del miele, per poi pentirsene quasi immediatamente.
Lei lo stava guardando a sua volta, intensamente. Quasi troppo intensamente per i gusti di Loki che all'improvviso non si sentì più tanto certo riguardo ciò che stava facendo.
Sforzandosi di ricambiare lo sguardo fastidiosamente gentile della donna, il Dio degli Inganni continuò a mantenere il proprio sicuro e il più calmo possibile, anche se dentro di lui iniziava a farsi strada il timore che qualcosa potesse andare per il verso sbagliato; che in qualche modo lei avrebbe potuto scoprire il suo inganno; prima ancora che lui decidesse di svelarlo a tutti; cosa che non era poi così sicuro di aver intenzione di fare.
Preferiva mantenersi celato dietro alle sembianze di Theoric ancora per un po’; almeno fino a quando avrebbe riottenuto tutte le sue forse e quando Thor e Odino non fossero stati tanto vicini da poterlo fermare.
Ormai Loki si considerava un vero maestro nel fingersi qualcun altro; ciò nonostante esso aveva costruito quella nuova illusione basandosi sul ricordo che aveva di Theoric e non era certo di aver ricostruito una maschera perfetta.
Anche la mancanza di un piccolo particolare nel volto e nel corpo poteva insospettire chi conosceva molto meglio di lui il vero comandante degli Einherjar.
Proprio come era successo pochi attimi prima sotto lo sguardo indagatore di Odino, il Dio degli Inganni sentì una miriade di dubbi che iniziavano ad affastellarsi nella propria mente assalendolo con la stessa violenza delle acque turbinose che scorrevano al di sotto del Bifrost e comprendendo di non poter riuscire a sopportare un attimo ancora lo sguardo della donna di fronte a lui, smise improvvisamente di pensare e si chinò quasi inconsapevolmente a dare alla giovane donna accanto a lui il bacio di rito.
Il Dio degli Inganni avrebbe volentieri fatto a meno di quella irrilevante e vana dimostrazione d’un affetto inesistente nei confronti della donna dai lunghi capelli biondi al suo fianco; una donna di cui non sapeva praticamente nulla, e di cui Loki, era sicuro, si sarebbe scordato non appena fosse riuscito a elaborare un nuovo imbroglio. 
Tuttavia continuò a recitare quella seppur scomoda parte, sapendo che tutti gli invitati alla festa; ossia una buona parte degli abitanti di Asgard lo stavano osservando; sicuro soprattutto che così facendo si sarebbe tolto gli occhi della giovane fanciulla di dosso e avrebbe evitato che ella potesse riuscire in qualche oscuro ed improbabile modo a smascherarlo. 
Fu un bacio vuoto; inconsistente, freddo e distaccato che per Loki non significava nulla; e le loro labbra si sfiorarono solo un brevissimo istante, prima di dividersi subito dopo. 
Sigyn tentò di prolungare quel bacio, ma il Dio degli Inganni, ancora ben celato sotto alle fattezze del guerriero a capo degli Einherjar non glie lo permise e si staccò da lei quasi con brutalità e insofferenza. 
La donna si fece per un attimo perplessa.
Non era così che ella si era immaginata potesse essere il bacio dell’uomo amato, ma restò composta ed in silenzio, mantenendo i propri pensieri ben celati nella sua anima; ignorando quella vocina interiore che le suggeriva di fare attenzione; che le faceva notare tanti piccoli particolari nel modo di comportarsi del Theoric che aveva di fronte che non collimavano minimamente con i ricordi che lei aveva del suo promesso sposo. 
Sigyn sapeva bene che il suo amato aveva protetto l’intera Asgard dalla follia del principe traditore, ingaggiando un violento duello con il fratello di Thor quella stessa mattina e, probabilmente era per questo che appariva ai suoi occhi tanto diverso dal solito; più teso, in un qualche oscuro modo molto più irrequieto. 
Ella era certa che ci fosse qualcosa di differente soprattutto nei suoi occhi; non nel loro colore come sempre azzurro brillante, o nella loro forma ma in ciò che rispecchiavano: dei fantasmi oscuri che ella non aveva mai veduto nello sguardo del capitano delle guardie reali. 
Cercando di mostrarsi comunque lieta, la giovane donna sorrise al fasullo Theoric e lui quasi involontariamente ricambiò il gesto.
Poi, Loki, accorgendosi di quello che stava facendo, inorridì e tornò a chiudersi in sé stesso; provando solamente un intenso ed implacabile senso di collera; constatando quanto riuscisse facile a quella smorfiosa, assoggettare gli uomini al suo volere.
In tutto il giardino gli uomini e le donne esultarono, mentre le coppie sposate si prendevano per mano o si scambiavano a loro volta un bacio, molto più appassionato e sincero rispetto a quello che si era appena svolto fra i due sposi.
Loki notò vagamente che sul volto di Thor in quel momento era impressa un’espressione distante a leggermente intristita.
Era ben evidente che stava ancora pensando alla sua adorata mortale e Loki all'improvviso sentì un moto di crudele trionfo nell'animo.
Lui stava prendendo moglie prima del fratello e si stava sposando con una donna bellissima e immortale quanto lui; non con una miserevole Midgardiana, fragile e debole. 
Poi Odino decretò: << Io, Padre degli Dei, vi dichiaro marito e moglie! >>, e nel giardino tornarono a sollevarsi i complimenti e gli auguri degli abitanti della Città Eterna.
Dopo di che, la marea di gente assiepata dinnanzi all'enorme albero al centro del vasto giardino della reggia di Odino si aprì in due file ordinate e marito e moglie vennero condotti al lungo tavolo del banchetto.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** THE PARTY ***


I cuochi avevano fatto del loro meglio per la cena nuziale e molti degli asgardiani più umili che erano stati invitati alla festa, si accomodarono ai loro posti a tavola con degli enormi sorrisi sul volto e dimenticandosi quasi delle buone maniere, iniziarono immediatamente a gustare quei piatti prelibati.
Anche Thor che si era seduto al suo posto a capotavola accanto al Padre degli Dei, non aveva quasi atteso di toccare la sedia, che già aveva incominciato a divorare la sua razione di carne ben cotta con un vorace appetito.
Lo stesso non poteva certo dirsi dello sposo che, seguito docilmente dalla giovane donna che aveva appena preso in moglie, era rimasto a fissare il proprio piatto colmo di cibo, senza alcun tipo di interesse, scoccando alle volte delle occhiate quasi disgustate verso il Dio del Tuono che sembrava molto soddisfatto e aveva ritrovato immediatamente la sua solita baldanza. 
Loki ovviamente immaginava che il vero Theoric, in una occasione come quella, avrebbe attaccato il cibo quasi con la medesima impazienza di Thor, ma lui non si sarebbe comportato come una belva affamata; anche perché in quel momento non aveva un briciolo di appetito. 
Distrattamente Loki scoccò un’occhiata alla giovane donna dai lunghi capelli biondi che gli stava seduta accanto.
Sembrava perfettamente a suo agio in quell'atmosfera satura di falsità e mangiava lentamente la propria porzione, abbozzando un sorriso cortese a tutti coloro che le rivolgevano la parola. 
Per il Dio degli Inganni gli invitati a quella festa non facevano altro che mostrare loro sorrisi fasulli recitando a memoria congratulazioni che avevano imparato a ripetere come pappagalli il giorno precedente; vuote e banali.
Invece lei ringraziava gentilmente e restituiva a tutti quanti sorrisi altrettanto smaglianti ma all'apparenza colmi di una incomprensibile sincerità.
Sigyn in quel momento era raggiante come solo una donna nel girono del proprio matrimonio con l’uomo amato poteva essere.
Non poteva certo immaginare che al suo fianco non era seduto il vero Theoric, ma un suo sostituto.
Un uomo falso e meschino con addosso la maschera della rettitudine.
Un lupo famelico, travestito da agnello.
Loki stava ancora pensando a quanto quella donna fosse sciocca e credulona, quando improvvisamente una voce femminile , dolce e gentile s’innalzò dalla sedia al suo fianco.
<< Sei silenzioso, marito mio e non hai ancora toccato cibo. Non ti senti bene, per caso? >>.
La voce di Sigyn lo sorprese tanto da farlo sussultare, mentre lui si rendeva conto che era la prima volta che la sentiva parlare.
Aveva sentito la sua voce quando l’aveva spiata di nascosto da dietro la grande porta che conduceva alle prigioni, quando quella mattina stessa aveva cercato di fuggire da Asgard spaventando le donne che si erano frapposte fra lui e la suddetta libertà chiacchierando come oche nel corridoio della residenza reale; ma ella non gli aveva mai veramente rivolto la parola di persona.
Ora invece lo stava facendo e stava parlando direttamente a lui; o per meglio dire a quello che ella credeva essere suo marito Theoric.
Per un breve attimo, Loki rimase quasi interdetto, incapace di tornare a volgere il suo sguardo sulla donna che gli sedeva accanto, timoroso che in qualche modo ella avrebbe potuto scorgere la menzogna nascosta dietro alle apparenze.
Ciò nonostante l’incertezza del Dio degli Inganni durò solo un istante; poi esso, certo di non poter essere smascherato se solo si fosse comportato come avrebbe fatto vero Einherjar, si costrinse a rispondere con un minimo di cortesia, immaginando che Theoric avrebbe di certo parlato con gentilezza e garbo alla giovane moglie.
Il Dio degli Inganni non riuscì comunque a dare la giusta inflessione al suo tono di voce che rimase distaccato e quasi glaciale, privo dell’amore che avrebbe dovuto certamente scaturire dalle parole di un uomo appena sposato alla donna che amava.
<< Non tacevo per causa tua. Questa giornata mi ha dato molte cose a cui pensare, >> borbottò, e questa non era proprio da considerarsi come una bugia a tutti gli effetti.
Gli occhi di lei, brillanti e sinceri continuarono a guardarlo intensamente per qualche altro minuto.
Poi ella mormorò, con una punta di umorismo nella voce: << Debbo forse intuire che anche alla festa del nostro matrimonio tu stia  pensando ai tuoi doveri di Einherjar?! >>.
Loki non replicò, così ella proseguì, indicando vagamente il punto dove il Padre degli Dei era seduto: << Lo stesso Odino sta partecipando alla festa e siede al posto d’onore. Asgard non corre alcun immediato rischio, al momento, perciò perché per un istante non smetti di pensare e torni qui…. Da me? >>.
Così dicendo posò dolcemente una mano soffice su quella robusta e callosa del falso capitano delle guardie di Asgard; una mano enorme che Loki non sentiva sua; come del resto nulla di tutto quel corpo ingombrante e muscoloso. 
Turbato da quell'inatteso contatto, Loki s’irrigidì, spostando quasi a rilento il proprio sguardo dalla sottile mano che stringeva la sua al bel volto della donna al suo fianco.
Lei lo stava adesso fissando con intensità e una lieve preoccupazione nello sguardo…..
Una preoccupazione e un amore sconcertante.
Per un istante Loki rimase colpito dalla bellezza di quella giovane donna e dalla fiducia che le leggeva negli occhi limpidi.
Un’intensa emozione pervase il corpo del Dio degli Inganni, mentre esso si scordava per un attimo di tutti i suoi biechi progetti; si dimenticava di non desiderare affatto quella vita; e scordava ogni suo proposito di fuga. 
Quelle emozioni durarono tuttavia solo pochi attimi, prima che una gelida razionalità tornasse ad impadronirsi della mente e cancellasse dal cuore di Loki quei sentimenti totalmente sbagliati.
Una voce interiore gli stava dicendo di non lasciarsi incantare dalle moine di quella smorfiosa, ricordandogli con prepotente brutalità che lo sguardo che ella gli stava rivolgendo in realtà non era indirizzato a lui, ma a quel tanto odiato Theoric.
Con un moto di furente rabbia nel cuore, dandosi del perfetto idiota solo per aver ceduto a quegli sdolcinati sentimentalismi per un solo istante, Loki sollevò il proprio bicchiere colmo di vino, lo tracannò in un sol sorso e se ne versò immediatamente un secondo.
Stava riempiendo il calice per la terza volta, senza una precisa motivazione ma pensando solamente che, così facendo avrebbe potuto guardare altrove ed ignorare le occhiate così tremendamente buone di quella fastidiosa donnicciola, quando la voce di Thor giunse al suo udito; un attimo prima che il legittimo proprietario si avvicinasse a lui ridendo allegramente: << Ora si che ti riconosco, 
Theoric! >>.
Loki, sforzandosi di ignorarlo, per evitare di venire spinto dalla collera a reagire alle parole del fratello con una mossa troppo impulsiva, tornò a deglutire una nuova sorsata di vino, domandandosi cosa diamine mettesse tanto di buonumore il Dio del Tuono.
<< Theoric è angustiato per qualcosa che, a quanto sembra, non ha alcuna intenzione di 
rivelare. >> spiegò Sigyn, con una discrezione e una gentilezza che servirono solo a irritare ancora di più il già spazientito Dio degli Inganni, arrogantemente seduto al suo fianco sulla sedia destinata allo sposo.
<< Oh, Theoric, amico mio, sei sgarbato con Lady Sigyn. Non dovresti comportarti a questo 
modo. >> lo rimproverò Thor, senza nascondere tutto il proprio divertimento: << Non ti è mai stato detto che in un buon matrimonio non debbono esserci segreti o bugie? >>. 
Ridacchiò, interrompendosi per sorbire un sorso di vino dal calice che aveva portato con lui.
Loki sorrise con una smorfia sprezzante pensando che se Thor avesse saputo la verità, non avrebbe parlato a quel modo con lui; il più bugiardo fra tutti gli abitanti di Asgard e sollevò il calice a sua volta, accorgendosi solo allora che era vuoto.
<< Non dirmi che stai ancora pensando a Loki? >> lo interrogò quindi il figlio di Odino, prendendo posto sulla sedia, in quel momento vuota, direttamente di fronte a quella occupata dal falso Einherjar, senza minimamente sospettare che l’uomo a cui stava rivolgendo quella domanda era proprio il fratello celato al di sotto di un potente inganno.
Sigyn osservò Thor, mentre un’espressione leggermente turbata si andava lentamente disegnando sul suo giovane viso di fanciulla.
Poi ella passò a scrutare il volto del fasullo Theoric, domandandogli: << Stai pensando ad un uomo…. Durante la cerimonia per il nostro matrimonio?! >>. Nella sua voce adesso c’era una nota diversa. Lei era sempre preoccupata, ovviamente, ma aveva pronunciato quelle ultime parole con umorismo, forse cercando di sdrammatizzare quel momento. 
<< Esatto! >> rise allegramente Thor con la sua solita baldanza, senza lasciare a Loki un solo istante per rispondere e dando un’amichevole manata sulla spalla dell’altro: << Sta pensando ad un uomo e ovviamente al proprio lavoro. Non è forse così, Theoric? >>.
Loki gli scoccò un’occhiata truce, riuscendo solo a desiderare che tutta quella inutile farsa avesse al più presto una fine.
Si mosse a disagio sulla sedia e tornò automaticamente a riempire il calice dinnanzi a lui, senza tuttavia bere.
Si sentiva oppresso in quell'armatura rigida e luccicante che non gli apparteneva; intralciato nei movimenti, prigioniero di un corpo possente fin troppo simile a quello del suo odiato fratello.
Poi, cercando di moderare il tono della sua voce, intensificando l’influsso magico che celava il suo vero essere dietro alla maschera di Theoric, tornò a mentire all'indirizzo del Dio del Tuono; replicando alle sue ultime parole: << Stavo pensando che avrei dovuto esserci io fra gli uomini che stanno danno la caccia a tuo fratello. >>.
<< Se è per questo, dovrei essere anch'io sulle tracce di Loki, ma non temere…. >> parve cercare di rassicurarlo Thor, sorridendo di nuovo; lievemente, bonariamente: << Quando ti sarai ripreso; quando il matrimonio sarà concluso, ci uniremo alle ricerche e fermeremo la folle fuga di mio fratello. >>.
Tacque un istante, per inghiottire il vino contenuto nel suo boccale tutto d’un sorso e Loki si affrettò ad imitarlo, senza pensare troppo a quello che stava facendo; accorgendosi solo dopo qualche sorsata di star iniziando a bere un po’ troppo. 
Rabbrividendo involontariamente per la scarsa cautela che stava dimostrando in quelle ultime ore, Loki tornò a posare il calice sul tavolo, fissando il metallo luccicante di cui era composto come se di colpo questo si fosse tramutato in un mostro orrendo e molto pericoloso; cosa che per altro non era poi tanto lontana dalla verità, visto che il Dio degli Inganni aveva sempre odiato l’ubriachezza e gli stati d’animo che essa poteva portare con se. 
Loki detestava perdere il controllo sugli eventi ed in quel momento aveva la sgradevole impressione che ciò stesse per l’appunto accadendo.
Se avesse conosciuto in anticipo le conseguenze che sottrarre l’identità del capo degli Einherjar avrebbero comportato, quella mattina sul Bifrost non avrebbe di certo mai barattato la sua vita in cambio di quella di quel Theoric.
Ma ormai quel che era fatto non poteva essere modificato. 
Doveva solo pazientare e non lasciarsi prendere dalla fretta. 
Tutto sarebbe andato secondo i suoi piani.
Avrebbe solo dovuto attendere ancora qualche tempo e, a cerimonia conclusa, avrebbe ricominciato ad agire.
Loki non fece quasi nemmeno in tempo a concludere quel rassicurante pensiero, quando la voce possente del Dio del Tuono tornò a farsi sentire, allegra come suo solito: << Sempre che la sposa ce lo conceda. Non sarebbe giusto privarla del suo uomo subito dopo le nozze; non trovi anche tu, Theoric? Di certo, sarai impaziente di passare qualche tempo con la tua donna! >>. 
A quelle parole, Sigyn abbassò leggermente il capo, arrossendo in viso con una timidezza incredibile. 
Il volto del Dio degli Inganni, sempre ben celato sotto a quello di Theoric si fece invece ancor più teso di quanto già era stato in precedenza e la maschera magica che esso portava tremolò leggermente, facendosi più sfumata; come l’immagine lontana di un uomo che stesse camminando nel deserto.
Fortunatamente, il Dio del Tuono stava sorbendo un altro sorso di vino e non si accorse di nulla.
Che cosa stava dicendo Thor?
Che lui avrebbe dovuto passare la notte di nozze al fianco di quella donna esile e gentile che gli stava seduta vicina? 
Ma certo; d'altronde non era forse così che andavano le cose?
Una volta sposati, marito e moglie dovevano adempire ai loro compiti e dovevano passare la notte insieme, nella stessa camera.
Questo significava che lui avrebbe dovuto dormire nello stesso letto di Sigyn e che avrebbe dovuto anche……
Loki lasciò in sospeso quel pensiero a metà, perché la sola idea di dover restare solo con quella donna lo spiazzava e lo sconvolgeva allo stesso tempo.
Questo non lo aveva veramente previsto e una smorfia tornò a contrargli il viso, mentre i suoi occhi iniziavano a saettare furiosamente da una parte all'altra del tavolo, evasivi e agitati.
Fino ad allora aveva giocato le sue carte come meglio poteva, ma adesso il destino sembrava si stesse divertendo fin troppo a rimescolarle in modi che lui non aveva previsto; ostacolandolo, complicando ogni sua nuova mossa.
Loki avrebbe voluto mettersi a ridere come un isterico lì, dinnanzi a tutti.
Aveva sopportato per anni le idiozie del fratello maggiore, comportandosi con dignità e autocontrollo; più simile lui ad un Re che lo stesso Thor che era il vero figlio di Odino.
Aveva studiato, imparato cose che la maggioranza degli altri non sapevano.
Era diventato il più abile nell'utilizzo della magia e aveva affinato la sua arte dell’inganno con perizia e orgoglio.
Ma adesso, a parte continuare a recitare come uno sciocco quella parte che lui nemmeno desiderava veramente, a cosa gli sarebbero potuti servire tutto quello che aveva appreso?
Era stanco delle buone maniere.
Era stanco di quelle inutili moine di corte.
Stanco fino alla nausea di quella farsa del matrimonio.
Non sopportava gli invitati con le loro congratulazioni ed i loro inchini smielati; non sopportava i sorrisi di Thor all'altro lato del tavolo che sembrava divertirsi un mondo alle sue spalle, quasi sapesse che lui era in realtà Loki e che stava impazzendo nascosto sotto alle falsa identità di Theoric.
Ma più di tutto, il Dio degli Inganni non sopportava la bellezza abbagliante della fanciulla che aveva accanto, che continuava a lanciargli sguardi gentili che non erano rivolti realmente a lui. 
Una donna con cui avrebbe dovuto passare la notte.
Ora si che desiderava davvero bere e non vedeva perché non avrebbe dovuto farlo.
Sembrava che tutti si aspettassero da lui che si comportasse come un bifolco.
Allora perché non accontentarli?
Doveva partecipare a quel matrimonio non programmato perché lui interpretava la scomoda parte dello sposo; tuttavia non era tenuto a farlo da sobrio.
Con questi pensieri nella mente, Loki tornò ad afferrare il calice posato sul tavolo dinnanzi a lui, per portarselo alle labbra e berne l’intero contenuto tutto d’un fiato.
Poi, riempiendo ancora una volta il proprio calice, il Dio degli Inganni si affrettò a riprendere parola, per evitare di dover pensare ancora a ciò che lo avrebbe aspettato quella stessa sera se non avesse trovato un modo per abbandonare non visto le sembianze di quel maledetto capitano degli Einherjar e al contempo per allontanare l’attenzione di Sigyn e dello stesso Thor dalle proprie scombussolate reazioni.
<< E una volta che avremo trovato Loki…. Che ne faremo di lui? >> domandò, cercando di imporsi un minimo di quell'autocontrollo che sembrava sempre più vicino dallo sfuggirli di mano.
Thor allontanò i propri occhi azzurri dal volto di Sigyn, per spostarli sul volto del fasullo Theoric e rispondere con assoluta convinzione: << Lo ricondurremo ad Asgard e una volta qui, cercheremo di farlo tornare alla ragione. >>.
<< Sei clemente con tuo fratello. >> sbottò fin troppo freddamente Loki, fissando il piano del tavolo dinnanzi a lui e il proprio calice, desiderando nonostante tutto di riempirlo ancora una volta: << Ma il Padre degli Dei non penso sia del tuo stesso parere. >>.
<< Mio padre è in collera con Loki, questo è naturale. >> ammise Thor di rimando, con un breve cenno del capo: << Ma forse riuscirò a far ragionare anche lui. >>. 
Il Dio del Tuono sospirò, stringendo con forza la mano sul calice dorato colmo di vino che impugnava, smettendo per un attimo di parlare; aggrottando la fronte come se all'improvviso dei grevi pensieri avessero intaccato la sua solita allegria. 
Stava pensando a Loki e, come spesso capitava quando Thor pensava al fratello, una cappa di tristezza calava su di lui, turbandolo.
Il fasullo Thoeric, sotto alle cui sembianze si celava proprio Loki, non mancò di notare l’espressione afflitta che all'improvviso aveva preso il posto della solarità dell’altro uomo e suo malgrado si chiese che cosa colui che un tempo era stato suo fratello maggiore, stesse pensando di lui. 
Ovviamente non argomenti piacevoli. 
Un tenue sogghigno sghembo tese le labbra del capitano degli Einherjar, solo leggermente nascosto dalla barba che gli adombrava il mento, mentre Loki pensava con una certa amarezza che l’unico sentimento che stava sempre riuscendo ad infondere nella gente era il terrore, la confusione, oppure come succedeva in Thor, la tristezza. 
Ma Thor era sempre stato un idiota; un uomo fin troppo buono.
Lui non lo aveva mai capito e Loki era sicuro che mai vi sarebbe riuscito. 
I suoi pensieri e le ragioni che muovevano le proprie azioni erano troppo complessi per la semplice mente del Dio del Tuono. 
Per questo, anche quando erano stati fratelli, Loki aveva sempre avuto la sensazione di non essere mai veramente capito da nessuno.
Nemmeno adesso lo stavano capendo, né Thor, né men che meno Sigyn e questo era un bene, perché così, quegli inutili Asgardiani nei loro eleganti vestiti non avrebbero mai sospettato che sotto alla maschera magica di Theoric si stesse celando in realtà il principe traditore di quel regno dorato che era la stessa Asgard.
Thor ricominciò a parlare: << Per quanto sottrarre il trono al legittimo Re sia stata una mossa decisamente sbagliata e priva di onore, durante il suo dominio sulla Città Eterna, non posso certo dire che Loki abbia causato qualche disagio…. >>, tacque un istante, lasciando che il suo sguardo spaziasse per l’intera sala del banchetto; prima di soggiungere con ancor maggiore 
gravità: <<….. Per nostra fortuna ….. >>.
Nell'udire quell'ultima frase, Loki sollevò di scatto il volto, fissando il Dio del Tuono con una scintilla di odio in quegli occhi azzurri che non appartenevano realmente a lui; prima di rispondere in tono acido, quasi senza rendersi conto di stare perdendo il controllo sulle proprie
emozioni: << Fortuna? Chi ti fa pensare che sia stata solo fortuna, Thor? Se Loki lo avesse desiderato veramente, avrebbe potuto creare il caos nella Città Eterna e nessuno lo avrebbe 
fermato! >>.
Non appena ebbe smesso di parlare Loki abbassò il capo, fissando il vino contenuto nel boccale che aveva fra le mani, cercando al contempo di dominare la collera che altrimenti lo avrebbe di certo spinto a prendere Thor per il collo e a torcerglielo.
<< Thoeric, ma che cosa stai dicendo? >> la voce di Sigyn accanto a lui, parve rompere quell'incantesimo e Loki dovette all'improvviso rammentare a se stesso che non avrebbe mai dovuto esternare a quel modo i propri sentimenti. 
Si stava comportando avventatamente e questo non era da lui e aveva l’impressione che  Thor stesse giocando con lui; divertendosi a stuzzicarlo. 
Ma questo era assolutamente impossibile. 
Il Dio del Tuono non era mai stato un uomo perspicace e non poteva certo sapeva che in realtà quello con cui stava conversando non era il vero Theoric ma il principe dai capelli corvini e lo sguardo smeraldino.  
Deglutendo lentamente Loki si costrinse a tornare a ragionare con lucidità e a scacciare una volta ancora dalla propria mente l’odio bruciante nei confronti di Thor e di tutti coloro che lo attorniavano; inutili e patetici esseri che non servivano a nulla fuorché ad intralciare la riuscita dei suoi piani; soggiunse: << Intendevo dire che forse Loki vuole regnare su Asgard, ma desidera essere un Re giusto. Rispettato e temuto, ma mai odiato. >>.
Per un istante il silenzio sembrò calare attorno a Thor, Sigyn e lo stesso Loki magicamente tramutato in Theoric, come se il tempo si fosse fermato, anche se in realtà nulla era cambiato e la festa per il matrimonio stava procedendo allegramente, accompagnata dalle voci concitate delle genti di Asgard.
<< Sembra quasi che tu riesca a comprendere le ragioni di quell'uomo. >> borbottò pensosamente Sigyn, spezzando all'improvviso quel silenzio innaturale che solo loro tre avevano potuto percepire. 
<< La mia è solo una supposizione…. >> si schermì in fretta Loki, con un vago gesto della mano, tornando a sollevare il calice per sorbire una lunga sorsata di quel vino forte che in molte altre occasioni avrebbe trovato disgustoso, ma che in quel momento lo tentava come se fosse stato la sua unica salvezza da tutto quello che lo circondava.
Thor rivolse all'altro uomo un’occhiata interrogativa. 
Poi, evidentemente giungendo alla conclusione che il vecchio compagno d’armi stesse scherzando, scoppiò in una delle sue fragorose risate, assestando al contempo una violenta manata sulle spalle dell’altro. 
Loki incassò il colpo senza fiatare anche se ebbe la sgradevole sensazione che le sue povere costole venissero fatte a pezzi una ad una.
Thor non era mai stato particolarmente delicato quando esternava i propri sentimenti. 
Probabilmente notando l’espressione dolorante comparsa sul volto barbuto dell’altro, il Dio del Tuono lo osservò perplesso. 
Poi, a titolo di scuse, esclamò: << Perdonami. Dimentico sempre che sei appena uscito da uno scontro con mio fratello. >>.
Reprimendo l’impellente desiderio di prendere Thor a pugni in faccia, Loki sospirò, senza tuttavia riuscire a frenare la propria lingua e sbottando in un sussurro sibilante: << Non è la prima cosa e non sarà l’ultima che ti dimentichi, Thor. >>.
Per quel breve istante esso si era scordato di mantenere il controllo sulla propria voce ed essa era uscita dalle labbra di Theoric con la tonalità più sottile ed irritata del Dio degli Inganni.
Thor e Sigyn fissarono i loro occhi sull'uomo che sedeva accanto a loro; sorpresi da quella tagliente risposta; poi il Dio del Tuono borbottò in tono indulgente: << Comprendo il tuo stato d’animo. Quello con Loki non deve essere stato un incontro che può essere definito piacevole. >>.
<< Oh, al contrario, mio buon amico. >> replicò Loki in fretta, quasi senza riflettere, sorbendo un'altra robusta dose di vino: << Ho trovato che tuo fratello sia una persona molto …. >> esitò, cercando la parola più adatta, prima di concludere: << Ingegnosa. >>.
<< Fin troppo ingegnosa, oserei dire. >> Thor scosse il capo e trasse un breve sospiro intriso di frustrazione: << Devo ammettere che è sempre stato lui il più intelligente dei due. Anche mia madre Frigga lo diceva sempre. Loki era la mente ed io ero il guerriero. Insieme formavamo una bella squadra…. Quando ancora ci amavamo come fratelli. >>.
Sospirò di nuovo: << Poi Loki è cambiato. In lui c’è sempre stato una sorta di lato oscuro, ma lui riusciva a tenerlo a bada. Riusciva a controllarlo forse anche grazie alla nostra fratellanza. Ora… Non è più così… Purtroppo. >>.
Loki distolse lo sguardo per evitare che il fratello riuscisse a scorgere attraverso i suoi occhi le emozioni contrastanti che all'improvviso avevano preso ad agitarsi dentro di lui, rendendolo nervoso ed inquieto, tornando a inghiottire un sorso del forte vino asgardiano. 
Perché Thor doveva essere sempre così sentimentale quando parlava di loro due e della loro passata amicizia?
Perché riusciva sempre a confonderlo?
Loki odiava Thor con tutto se stesso, questo era vero, ma non poteva dimenticare che un tempo lo aveva chiamato fratello e amico.
Quando il Dio del Tuono tornò a prendere la parola, lo fece questa volta con esuberanza ed entusiasmo: << Ma ora basta parlare di Loki. L’ombra di mio fratello non deve riuscire ad intaccare la bellezza e la serenità di questo lieto giorno ed io vedo che c’è qualcuno che richiede la presenza dello sposo altrove! >>.
Indicò vagamente un gruppo di nobildonne che, con passo veloce e leggiadro si stavano avvicinando a loro.
Quando queste raggiunsero i due uomini, si inchinarono riverentemente a Thor; salutandolo, prima che una fra esse; una ragazza dai lunghi capelli bruni, decidesse di rivolgersi con estrema cortesia verso colui che tutte pensavano essere Theoric; esclamando: << Capitano Theoric, potremmo invitarla a danzare con noi? >>.
Loki rivolse loro uno sguardo frettoloso, disdegnando quasi immediatamente la loro offerta; cercando al contempo di nascondere l’ira e l’opprimente desiderio di ribellione.
Non era ancora diventato tanto idiota da mettersi a danzare ad una festa che per altro non era in suo onore e che lui avrebbe volentieri evitato.
<< Non credo di….. >> stava iniziando a lamentarsi Loki; prima di venire interrotto nuovamente da Thor che tornò ad annunciare: << Suvvia; non fare il timido! Sappiamo tutti che come ballerino sei un vero disastro, ma non mi pare gentile da parte tua lasciare che queste giovani fanciulle ballino tutte sole. >>.
Nell'udire quelle parole, parecchie delle signore lì riunite iniziarono a ridere, arrossendo in viso e alcune fra loro; evidentemente le più sfacciate, si decisero persino a chiedere allo stesso Thor se volesse danzare con loro. 
Loki non stava quasi più ascoltando quello che il Dio del Tuono gli diceva e, se avesse dovuto dire tutta la verità, non era nemmeno molto convinto che tutte le donne che lo stavano invitando a ballare fossero fanciulle.
Molte fra esse avevano all'incirca la stessa età di Odino; e questo voleva dire che erano molto ma molto vecchie.
Scuotendo il capo, Loki si lasciò scivolare sulla sedia che occupava, come se avesse desiderato svanire sotto al tavolo.
Iniziava a sentire l’effetto del vino sul suo corpo.
La testa gli si era fatta leggera ed i pensieri restavano nella sua mente solo per pochi attimi, prima di prendere il volo come uccelli liberati dalla gabbia che li imprigionava.
E poi c’era quella sorta di innaturale euforia che minacciava di minuto in minuto di sopraffarlo.
Eppure in tutto quello non c’era davvero nulla da ridere.
Ecco il motivo per cui Loki aveva sempre odiato bere.
Mescolare vino e incantesimi era ciò che un maestro di magia con un briciolo di buonsenso non avrebbe mai dovuto fare.
Lui avrebbe dovuto mantenersi sempre lucido e in quel momento non lo era particolarmente.
In silenzio maledisse quelle avverse circostanze, scoccando un’occhiata rovente e quasi ostile alla donna che era stato appena costretto a sposare, che in quel preciso istante stava conversando con uno degli Einherjar più giovani; uno di quelli che aveva osato sfidare lo stesso Loki quella mattina. 
Ma non era lui che l’aveva sposata in realtà; giusto?
Era quel Theoric e lui; Loki, avrebbe potuto abbandonarla lì, in quello stesso istante, senza provare un briciolo di compassione per lei che, senza nemmeno saperlo si era data ad un uomo che non era il suo promesso sposo.
Avrebbe potuto togliere quella maschera di finzione dal suo volto da un momento all'altro.
Avrebbe potuto ridere in faccia a tutti quanti e affrontarli uno ad uno, senza timore.
Eppure Loki non fece nulla di tutto questo.
Se c’erano delle costanti nella sua vita, quelle erano sempre state la calma e la pazienza. 
Ed anche adesso avrebbe dovuto pazientare. 
Sopportare e pazientare fino al momento più opportuno. 
Senza fermarsi troppo a riflettere; cosa che per altro non gli veniva poi tanto facile in quelle ultime ore, Loki ingollò una nuova sorsata di vino, senza più ascoltare le parole del fratello e delle donne che facevano a gara per poter ballare per prime con il capitano delle guardie reali o magari, osando ancora di più, con lo stesso figlio di Odino.
A Loki non importava più nulla ormai. 
Riusciva solo a sperare che quella maledetta festa potesse avere presto una fine.
O forse no…..
Perché in fondo il Dio degli Inganni non era nemmeno sicuro di volere che la notte arrivasse tanto velocemente.
Non era per nulla certo di voler condividere il proprio letto con quella donna sconosciuta chiamata Sigyn.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CALL ME LOKI ***


CALL ME LOKI
 
Loki gettò l'ultimo pezzo dell'armatura in un angolo di fianco al letto; accanto ad una pila di cuscini, traendo un immediato sollievo dalla sua assenza e dal suo peso ingombrante.
Lentamente si passò una mano sulla nuca, girando il capo da una parte all'altra per sgranchirsi le ossa anchilosate ; poi trasse un lungo, lento sospiro, lasciando che il suo sguardo spaziasse sulla camera che gli era stata assegnata, fino a soffermarlo sulla esile figura di Sigyn, seduta sul bordo del letto, in silenziosa attesa.
La giovane donna indossava ancora il lungo abito nuziale, ma aveva sfilato il fermaglio d'argento che le tratteneva i lunghi capelli color miele sulla nuca e adesso quella cascata lucente le ricadeva sulla schiena, nascondendole quasi le spalle esili. 
Si era tolta anche le scarpe argentate e sembrava indecisa su quello che avrebbe dovuto fare, adesso che la cerimonia era terminata; anche se ella  risplendeva ancora della stessa felicità che Loki aveva letto sul suo viso per tutta la durata del matrimonio.
Sigyn....
Sua moglie.....
No. Non era questa la verità.
Sigyn non era sua moglie, ma colei che avrebbe dovuto sposare Theoric.
Lei non era sua e, come quasi ogni altra cosa nella vita di Loki, anche ella non era altro che un'illusione.
Scosse il capo infastidito e si diresse a grandi passi verso un tavolino sul quale erano disposti ordinatamente una brocca di vino e un paio di bicchieri dorati; insieme ad una ciotola ricolma di frutta fresca
Per un istante, il Dio degli Inganni esitò, fermandosi a pochi passi dal piccolo mobile levigato, rivolgendo le proprie attenzioni alla terrazza vicina che si affacciava sui giardini di Asgard.
I tendaggi che la ornavano erano tanto sottili da risultare trasparenti ed il mondo all'esterno era ben visibile anche da dove si trovava il Dio degli Inganni.
Si avvicinava la notte ed il vasto cielo sopra la Città Eterna impallidiva mentre le ombre prendevano terreno e le stelle iniziavano a brillare con maggior intensità su Asgard.
La finestra della stanza dove Loki e lady Sigyn erano stati condotti subito dopo che i festeggiamenti per il matrimonio erano terminati, si affacciava sulle acque impetuose che circondavano la Città Eterna, e dalla sua posizione il fasullo Theoric poteva riuscire a scorgere il ponte dell'Arcobaleno e quel tratto di Bifrost dove quella mattina stessa lui aveva creato scompiglio, facendo crollare una delle enormi colonne portanti.
Anche a quell'ora tarda, qualche povero asgardiano di rango inferiore era affaccendato nei pressi del ponte; e si stava dando da fare, ovviamente sotto ordine dello stesso Odino, che desiderava avere il Bifrost di nuovo agibile in più in fretta possibile, per riparare il danno che Loki stesso aveva creato.
Un vago sorriso cupo e sprezzante si insinuò per un istante sulle labbra del fasullo Theoric, mentre Loki permetteva ai suoi pensieri leggermente confusi di vagare, riflettendo sul fatto che, ancora una volta, per fare in modo che i suoi contorti piani avessero una lieta conclusione per lui, non aveva esitato a spargere il caos per tutta la Città Eterna.
Si sentiva quasi compiaciuto per questo.
Per lo meno stava dando un mucchio di grattacapi a Odino e al suo figlio prediletto.
Anche se essi non erano effettivamente gli unici ai quali Loki aveva causato dei guai.
Lui stesso si sentiva in quel momento prigioniero delle proprie scelte che, a dispetto di tutto quello in cui aveva sperato, non erano andate esattamente nel modo in cui esso si era auspicato.
La presenza silenziosa e placida della donna tranquillamente seduta sul grande letto nuziale, in quella stessa stanza, ne era la lampante conferma.
Stringendo le labbra in una smorfia insoddisfatta, il Dio degli Inganni si dimenticò immediatamente del piccolo pensiero trionfante che lo aveva pervaso quando aveva veduto il ponte dell'arcobaleno semidistrutto e, afferrando una delle bottiglie disposte sul ripiano al quale poco prima si era avvicinato, senza pensarci due volte riempì fino all'orlo uno dei calici, sorbendo subito dopo una lunga sorsata di vino.
Non appena ebbe deglutito, una smorfia amara si dipinse sul suo volto; o per meglio dire sul viso barbuto del falso Theoric.
Per tutta la durata della festa Loki aveva cercato di pianificare le sue mosse future.
Tuttavia per quanto si fosse impegnato, non era riuscito a farsi venire in mente niente: nessuna menzogna adatta a trarlo d'impaccio; così si era limitato a restarsene seduto al tavolo imbandito, continuando a bere un calice di vino dopo l'altro con la mente che lentamente si sgombrava sempre più da ogni pensiero.
Lui che odiava gli ubriachi perché perdevano ogni controllo sulle loro inibizioni, diventando sciocchi come scimmie mal ammaestrate, aveva continuato a bere senza ritegno per l'intera serata; gettando alle ortiche ogni suo ideale.
Le cose non stavano affatto andando come lui desiderava.
Quindi se esso avrebbe finito con l'ubriacarsi, quella sarebbe stata la giusta e orrenda conclusione di un'altrettanto orrenda giornata.
<< Theoric. >> la voce della giovane donna che, suo malgrado Loki si era visto costretto a prendere in moglie lo raggiunse alle spalle; benevola e lieve come sempre.
Il corpo del Dio degli Inganni si tese leggermente nell'udire il nome del capitano delle guardie al servizio di Odino nel quale esso si era tramutato grazie alla propria magia, ed esso rimase immobile dinnanzi al tavolino, stringendo le dita della mano destra sul calice dorato.
Non sopportava la vicinanza di quella fanciulla dai capelli color miele; ma più di tutto in quel momento, lo infastidiva il modo in cui lei osava chiamare per nome quel Theoric.
C'era troppa fiducia nella sua voce; troppo di quel disgustoso sentimento chiamato amore.
<< Che cosa c'è che non va? >> tornò a chiedere la voce di Sigyn, evidentemente notando che il massiccio corpo del marito si era fatto rigido e immobile.
Loki stava tornando a sorbire una nuova sorsata di vino, deciso a continuare ad ignorare la piccola donna bionda che pareva intenzionata a non lasciargli nemmeno un istante il tempo per pensare; quando inavvertitamente si sentì sfiorare la schiena dalle mani della fanciulla.
Il Dio degli Inganni s'irrigidì ulteriormente, trattenendo quasi il fiato a quel contatto lieve che lui non aveva mai minimamente desiderato, nemmeno per un istante.
<< So che sei ancora angustiato per la fuga di.... >> la voce della donna parve esitare e tremare leggermente, un momento prima che ella concludesse: <<...Del principe traditore. >>.
Tacque ancora un istante e Loki si domandò vagamente il motivo per cui la donna non avesse osato pronunciare il proprio nome ad alta voce.
Loki! Lui si chiamava Loki!
Perché non lo aveva chiamato così?
Aveva tanta paura di lui da non osare nemmeno pronunciare il suo nome?
Le labbra del Dio degli Inganni si sollevarono leggermente verso l'alto, ma poi tornarono subito ad abbassarsi, mentre lui si diceva che non era poi tanto sicuro di desiderare questo dalla gente di Asgard.
Perché lui voleva sentire il suo nome.
Voleva capire come ella lo avrebbe pronunciato.
Di certo non lo avrebbe fatto con l'amorevolezza che trapelava quando ella chiamava il nome di Theoric.
Ma d'altronde, che cosa importava?
Perché avrebbe dovuto interessargli come quella fanciulla petulante avrebbe chiamato il suo nome?
<< Questa sera non deve essere rovinata dalla sua malefica ombra. Non pensare più alla malvagità di quell'individuo. >> riprese Sigyn, avvicinandosi ancora di qualche passo al fasullo capitano delle guardie asgardiane: << Non essere più il valente capitando degli Einherjar. Questa notte sii solo mio marito, ti prego. Sii l'uomo che amo e che ho sempre amato. >>.
E nel pronunciare quelle parole, fece scivolare le proprie esili mani lungo tutta la schiena dell'uomo, solleticandogli la pelle al di sotto della sottile tunica che esso ancora indossava.
Pur senza desiderarlo realmente, Loki sentì il proprio corpo reagire a quel contatto e, rabbrividendo, si lasciò andare a quella insolita sensazione, chiudendo per un attimo le palpebre in qualche oscuro modo rapito da un tumulto di emozioni diverse e sconosciute alle quali non avrebbe mai dovuto cedere. La magia che lo ammantava sotto alle false sembianze di Theoric vacillò leggermente, agitando l'aria attorno a lui, mentre dalle sue labbra sfuggiva un tenue sospiro ed il suo cuore accelerava i battiti.
<< Questa notte, passala solo con me. >> continuava a sussurrare Sigyn con dolcezza, facendo scivolare le sue mani sulla nuca e sul collo dell'uomo: << So che anche tu lo vuoi e poi; è così che si deve fare. Questo è il nostro compito. >>.
Il nostro compito? No!
Loki tornò a spalancare di colpo gli occhi, colto all'improvviso da una emozione diversa, molto più simile al panico vero e proprio; mentre si rendeva subitaneamente conto che quella sciocca fanciulla stava iniziando a confondergli troppo le idee.
Lo stava facendo distrarre dal suo obiettivo principale; ossia restare su Asgard per riuscire a riprendere successivamente il controllo della sua vita.
Un controllo che gli spettava di diritto ma che al momento sembrava non essere più di suo dominio.
<< No! >> sbottò frettolosamente il Dio degli Inganni, ripetendo quell'unica parola che continuava a martellargli nella testa; anche mentre si voltava ad affrontare la giovane ferma alle sue spalle, che lo stava fastidiosamente e inopportunamente provocando senza rendersi effettivamente conto con chi stava realmente parlando.
Era pronto ad allontanarla da lui con una mossa veloce; tuttavia la sua reazione non fu poi così svelta.
Mentre il suo sguardo si posava su di lei, Loki sentì qualcosa di strano in lui; forse..... Una fitta di desiderio?!
Il volto incantevole, i capelli biondi che profumavano come fiori in un giorno d'estate; Loki si domandò per un istante se ella fosse a conoscenza di essere talmente bella.
Se soltanto lui l'avesse sfiorata con un dito, lo sapeva, tutti i suoi propositi sarebbero spariti.
L'avrebbe stretta fra le braccia a sua volta; stuzzicandola in modi che solo lui poteva immaginare; magari prendendosi gioco di lei ma godendone; l'avrebbe baciata e......
Loki chiuse in fretta gli occhi distogliendo rabbiosamente lo sguardo dal viso e dal corpo di lei e allontanò da sé quei pensieri che parevano non suoi dalla mente, tornando a volgerle le spalle.
Che diavolo gli stava succedendo?
Lui non si lasciava mai andare a simili pensieri con le donne.
Esse per Loki erano sempre state inutili e vane creature da disdegnare; persone che non meritavano il proprio interesse. 
No. Non poteva realmente desiderare di amare quella donna.
Non ne aveva alcun diritto, perché le parole ed i gesti che lei compieva non erano rivolti realmente a lui ma a Theoric.
O forse era esattamente per questo che quella ragazza pareva intrigarlo tanto?!
Proprio perché lei pensava che Loki fosse l'uomo che amava e lui, il Dio degli Inganni avrebbe potuto fare di quella donna ciò che voleva; giocando con lei a suo piacimento; usandola, magari anche ferendola.
Ora  Theoric era lui; giusto?
Avrebbe potuto continuare a fingere, portarsi a letto quella miserevole donna dai capelli biondi e poi abbandonarla lì, quella notte stessa; una volta che ella si fosse addormentata.
Chissà, passare la notte con lei avrebbe persino potuto rivelarsi divertente.
Mentre un sorrido quasi malefico si disegnava sulle labbra del fasullo Theoric, esso tornò a volgersi verso di Sigyn, pronto a mentirle come sempre faceva con tutti.
Poi però, Loki si paralizzò completamente, mentre un pensiero più intenso degli altri si faceva largo in lui quasi con prepotenza.
Aveva ucciso decine di persone su Midgard.
Aveva compiuto azioni deplorevoli, ma lui non era un perverso.
Non così tanto da giungere a fare quello che stava pensando adesso.
Non era questo che gli aveva insegnato sua madre.
Sua madre.....Frigga.....
Loki sentì che improvvisamente gli occhi iniziavano a bruciargli.
Scosse il capo, rammentandosi solo allora che aveva ancora stretto fra le mani il calice colmo di vino e automaticamente tornò a bere un nuovo sorso per allontanare quel ricordo fastidioso.
Avrebbe desiderato soffocare tutte quelle emozioni indesiderate e quei maledetti ricordi in un mare di alcol; per sprofondare nell'incoscienza e trovare forse la pace da quel nuovo, mostruoso dilemma che lo assillava.
Perché era riuscito a portare avanti una guerra su Midgard ed ora il solo pensiero di giacere con una donna che non lo amava veramente lo faceva sentire tanto vulnerabile e fragile?
Certo, se si sarebbe arreso alle emozioni e l'avrebbe amata, la folla dei pensieri che turbinavano nella sua mente sarebbero svaniti.
Ma era anche convinto che se l'avesse fatto, in futuro non sarebbe più riuscito a vivere in pace con sé stesso.
Non che ora ci stesse riuscendo con particolare successo, pensò il Dio degli Inganni con amarezza; ma dopo si sarebbe sentito ancora peggio.
<< No? >> ripeté confusamente Sigyn, osservando il volto di Theoric come se di colpo si fosse tramutato in un perfetto estraneo.
<< Vuoi dire che non vuoi passare la notte con me? >> tornò a chiedergli ella, scostandosi una ciocca di lunghi capelli biondi dal viso: << Non credo che mio padre e il resto degli Asgardiani saranno felici di sapere che non abbiamo adempito ai nostri doveri. >>.
<< I nostri doveri? >> la paralizzò lui puntandogli addosso uno sguardo gelido, nel quale all'improvviso Sigyn ebbe l'impressione di scorgere una volta ancora quei demoni oscuri che aveva veduto per puro caso anche al matrimonio.
<< E quali sarebbero, di grazia quelli che tu chiami doveri? >> insistette lui, accorgendosi che le parole avevano iniziato ad uscirgli di bocca impastate e nel sottofondo della voce di Theoric, il Dio degli Inganni ebbe l'impressione che si potesse intuire il tono più tagliente della propria.
Dannazione... doveva essere quasi ubriaco se stava perdendo il controllo della magia a quel modo.
<< Il matrimonio per essere valido deve.... Deve essere doverosamente consumato; Theoric. >> sussurrò Sigyn, titubante, chiedendosi la ragione per cui continuava ad avere lo spiacevole presentimento che colui che era diventato suo marito si comportasse esattamente all'opposto del Theoric che aveva sempre conosciuto.
<< Tutti si aspettano da noi questo. È sempre funzionato così su Asgard. Dovresti saperlo anche tu. >> più la donna continuava a parlare, più Loki si accorgeva che ella era irrequieta, confusa e forse anche delusa dalle risposte che otteneva da lui.
Probabilmente quella sciocca si stava convincendo di non essere più di gradimento dello sposo.
<< E tu faresti questo solo per rendere felici gli Asgardiani? Per rendere fiero di te tuo padre? O magari il Padre degli Dei stesso? Perché non vuoi deluderlo facendogli comprendere di aver unito due persone che non si amano in un matrimonio pressoché fasullo? >> tornò a domandarle Loki, senza più badare ormai al suo comportamento.
Con quei sui ultimi sferzanti quesiti il Dio degli Inganni aveva rivelato la pura verità di ciò che era accaduto quel giorno, ma la donna dinnanzi a lui era troppo convinta che quello che stava guardando fosse il vero capitano degli Einherjar per rendersi conto di ciò che quelle parole implicavano.
Sigyn lo guardò ancora per un attimo, poi lentamente distolse lo sguardo, mormorando a disagio: << Non solo per questo, Theoric. Lo faccio perché ti amo e credevo che lo stesso valesse per te. >>.
Loki ebbe l'impressione di scorgere la lucentezza di una lacrima negli occhi ambrati della donna e per un istante gli parve di comprendere il tumulto che ella stava provando nel cuore.
Per un attimo ne venne spiazzato.
Quel sentimento in ogni caso durò poco e quasi immediatamente venne rimpiazzato da una nuova ondata di collera.
Lei stava ricominciando a parlare a voce bassa, rotta da emozioni che riusciva a malapena a celare; ma Loki non voleva più sentire nulla. 
<< Ma forse mi stavo solo ingannando, quando..... >>.
<< Tu non mi vuoi veramente al tuo fianco. >> la zittì Loki, brutalmente, prendendo Sigyn  per le esili spalle e allontanandola da sé; conscio di non poter sopportare un solo istante di più la vicinanza di quella donna tanto fastidiosa, piagnucolante e al contempo insensatamente intrigante.
<< Ma certo che ti voglio! Come potrei non desiderare il tuo amore? Tu sei mio marito. >> continuò lei con l'ombra della disperazione sul volto.
Quindi, senza lasciare all'altro il tempo di prevedere le sue mosse, tornò ad accostarsi a lui, sollevandosi sulle punte dei piedi scalzi, nel tentativo di baciarlo sulle labbra.
Trangugiando a vuoto Loki, restò come inebetito a fissare le labbra rosee di lei che si avvicinavano sempre più alle sue; stranamente combattuto sul da farsi.
Poi la rabbia tornò a subentrare a quell'insignificante istante di debolezza e senza badare a quanta forza stesse usando, il falso Theoric spintonò lontano da sé la giovane, rivolgendole un'occhiata colma di astio: << Credimi se ti dico che è meglio se non lo fai. >>.
<<.... Theoric, mi stai confondendo...>> ansimò la giovane, barcollando all'indietro e aggrottando le sopracciglia sul procinto di mettersi a piangere: << Perché ti comporti così? Hai sempre detto di tenere a me e di volermi sposare. Perché adesso disdegni il nostro legame? >>.
Loki tornò a volgerle le spalle, muovendo qualche passo nervoso lontano da lei; coprendosi la faccia e gli occhi con la mano libera.
La stanza troppo calda gli faceva girare la testa e il Dio degli Inganni rimpianse per un istante di non essersi gettato lui stesso nel Bifrost.
Per lo meno su Jotunheim non avrebbe dovuto sposare una donna che nemmeno conosceva.
<< Io.....Non capisco.... Ho forse fatto qualcosa di sbagliato? >> insistette lei sempre più sconvolta dalle reazioni dell'uomo.
Loki si fissò le mani tremanti, continuando a camminare avanti e indietro, sempre più nervoso.
Era sciocco sentirsi così agitato per una questione tanto insignificante.
Sarebbe stato tutto molto più semplice se avesse continuato a recitare la parte di quell'idiota di Theoric; ma stranamente non vi riusciva. Non voleva farlo.
Come avrebbe potuto giacere al fianco di quella donna, facendole credere di essere l'uomo che ella amava senza sentirsi un vero e proprio mostro?
Volgendosi verso di lei Loki la fissò inorridito ed ella dovette leggere nello sguardo del fasullo capitano degli Einherjar la stessa disperata confusione che il Dio degli Inganni sentiva nel cuore.
Tuttavia la donna non ebbe nemmeno il tempo per provare a parlare di nuovo o per compiere un qualunque gesto; poiché Loki fu più veloce, anticipando ogni sua mossa.
<< Maledizione! >> urlò, dando sfogo a tutte quelle confuse sensazioni che aveva dentro.
Tornò a sollevare il calice che stringeva ancora nella mano destra e ingollando quasi a forza il vino che vi era contenuto, lo scagliò furiosamente al suolo, dove andò a schiantarsi in mille frammenti di vetro.
A quel suo inatteso gesto violento Sigyn sobbalzò, ritraendosi istintivamente da lui, sconcertata.
<< Perché deve essere tutto così complicato?! >> continuò Loki, perdendo momentaneamente la padronanza di sé e della magia che moderava la propria voce e la faceva apparire molto più profonda della sua.
Sigyn non parve far caso alla tonalità più acuta della voce dell'altro e facendosi coraggio, tornò a muovere un incerto passo verso di lui; mormorando: << Theoric, non c'è nulla di complicato. Io ti amo e credo, o almeno spero che tu ami me. Questo è quello che conta. >>.
Loki sollevò lo sguardo del fasullo capitano degli Einherjar che ora appariva stralunato e fuori di sé sulla donna e scosse il capo, mormorando: << No..... No.... Nulla di tutto questo è reale.... >>.
Lei smise di avanzare, scrutandolo e il Dio degli Inganni si sentì quasi vulnerabile; scoperto sotto a quello sguardo insieme colmo di un affetto che non era rivolto a lui e una intensa delusione.
Sigyn non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo all'uomo che amava, ma pareva anche avere tutta l'intenzione di scoprirlo.
Idiota, si disse mentalmente Loki.
Se solo avesse saputo con chi stava parlando, sarebbe di certo fuggita da quella stanza senza alcun tipo di esitazione.
Invece stava lì, immobile ed incerta a guardarlo; ad aspettare che lui le fornisse delle spiegazioni riguardo il suo inusitato modo di comportarsi.
Aspettava paziente e quasi sottomessa, assumendosi persino delle colpe che non aveva e questo suo comportamento docile riusciva solamente a far infuriare ancora di più il Dio degli Inganni.
<> sussurrò Loki a denti stretti; talmente a bassa voce che ella probabilmente non riuscì nemmeno a percepire quelle offensive parole.
Poi, senza aspettare oltre, il Dio degli Inganni la superò, ignorando lo sguardo di apprensione con il quale ella lo seguiva e si diresse a grandi falcate leggermente traballanti verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle con un colpo violento.
 
Il Dio degli inganni non aspettò quasi di vedere se la porta si era chiusa dietro di lui e barcollando andò ad aggrapparsi al tavolo su cui era disposta la bacinella per lavarsi, appoggiandovi la fronte per qualche istante.
Non riusciva a ricordare di essere mai stato tanto furioso, disperato e fuori di sé come in quel momento.
Si sentiva male......
Tremendamente male e sospettava che quel suo stato d'animo non fosse esclusivamente dovuto al fatto che in una sola sera aveva bevuto più di quanto avesse mai fatto in tutta la sua vita.
Chiuse gli occhi e deglutì per ricacciare la nausea che lo stava invadendo; cercando di riacquistare un seppur minimo brandello di autocontrollo e freddezza.
Si era lasciato sommergere da troppi pensieri; da troppi ingannevoli sentimentalismi; permettendo a quella donna di avvicinarsi eccessivamente a lui e di abbassare le sue difese; ma poteva ancora sistemare le cose.
Poteva; anzi doveva riprendere il controllo sulle proprie azioni.
Fin quando fosse riuscito a restare concentrato, la magia avrebbe continuato a tessere su di lui quella sorta di travestimento, rendendolo un sosia perfetto del vero Theoric ed era questo ciò che più contava.
Per un istante ancora rimase chino sulla bacinella colma d'acqua; reprimendo un nuovo capogiro.
Poi, si decise a riaprire cautamente gli occhi.
Fu allora che; stordito e incredulo si accorse che la mano che teneva appoggiata al bordo del tavolo era molto più esile di quella di Theoric.
Allarmato, il Dio degli Inganni si volse verso il punto dove era sistemato l'enorme specchio dalla cornice dorata del bagno e, quando vide la propria immagine riflessa, non fu in grado di fare a meno di barcollare di qualche passo lontano da esso; come se l'immagine tormentata che ricambiava il suo sguardo fosse un orribile spettro da evitare ad ogni costo.
Perché adesso nello specchio non c'erano più il volto ed il corpo di Theoric, ma uno strano miscuglio di fisionomie.
Per metà quello che vedeva riflesso era il corpo massiccio del capo degli Einherjar, per l'altra metà quello più longilineo del Dio degli Inganni; il suo.
Cercando di riacquistare la calma, Loki inspirò una lunga boccata d'aria e tentò di concentrare tutte le proprie energie sulla figura riflessa nell'enorme specchio.
Sapeva bene quello che doveva fare: rafforzare il suo potere; intensificare la propria magia.
Con sua grande frustrazione però si avvide ben presto che non vi riusciva.
L'incantesimo che lo rendeva del tutto simile al capitano degli Einherjar pareva essersi disgregato e per quanto il Dio degli Inganni si impegnasse, la magia non voleva obbedire ai suoi ordini.
Continuando disperatamente a fissare l'immagine che appariva nello specchio, Loki tentò di guidare i brandelli di magia che gli restavano verso i punti dove i tratti del suo volto spigoloso si stavano sostituendo sempre più velocemente a quelli di Theoric: verso le labbra che avrebbero dovuto essere più floride; verso gli zigomi e la fronte più bassa; le sopracciglia più folte e chiare delle sue.
Ma fu tutto vano.
Loki si sentì cambiare ancora e nel riflesso vide la faccia del capitano degli Einherjar che crollava, trasformandosi nella sua.
Fu come se stesse cambiando la propria pelle; come fanno i serpenti, per mostrarne una totalmente rinnovata e quando tornò a concentrare il suo sguardo leggermente offuscato sulla propria immagine riflessa, venne travolto dall'ansia e dallo smarrimento più totali.
Ora non poteva più nascondersi.
La magia aveva momentaneamente ceduto e Loki sapeva di non poter più attingere ad essa fin quando non avesse ritrovato l'autocontrollo del quale in quel momento evidentemente era sprovvisto.
Ecco perché non era saggio per un mago concedersi troppi bicchieri di vino: il risultato era questo.
Forse, si disse Loki, avrebbe potuto ancora riuscire ad evocare piccoli incantesimi, una volta riacquistata la padronanza di sè, ma nulla più.
Aveva appena terminato questo pensiero vago e per nulla consolante, quando la voce della donna con la quale era stato costretto a condividere la camera, tornò a farsi udire al di fuori della porta chiusa del bagno.
<< Theoric..... Ti senti bene? >>.
No. Affatto.
Questo era quello che Loki avrebbe voluto rispondere; invece riuscì solo a restare immobile, pensando che ormai era giunto il momento di scoprire le carte in tavola e a farlo, sarebbe stato lui stesso.
Era giunto per lui il momento di porre fine a quella messinscena e lo avrebbe fatto nel modo più teatrale che poteva.
<< Theoric....Posso entrare?! >> la voce della donna che suo malgrado era stato costretto a sposare tornò a farsi sentire; mentre ella apriva lentamente la porta del bagno, entrando nella stanza pur senza aver ottenuto il permesso dell'uomo.
Loki si affrettò a volgerle le spalle; chinandosi nuovamente sulla bacinella colma d'acqua posata sul mobiletto intagliato posto proprio dinnanzi alla porta dalla quale la donna era appena sopraggiunta, chinando il capo in modo che ella potesse scorgere meno particolari della sua alta figura.
<< Va tutto bene? >> insistette lei, continuando ad avanzare, pur senza troppa convinzione verso il punto dove Loki stava immobile.
Il Dio degli Inganni poteva percepire lo sguardo attento e tuttora angustiato della donna su di lui; i suoi passi lievi sul pavimento lucido della reggia di Odino.
<< è colpa dello scontro che hai avuto questa mattina con il fratello di Thor, vero? >> continuò ella imperterrita, messa in agitazione ora dal silenzio che s'innalzava dalla figura china dell'uomo a pochi passi da lei: << Forse le ferite non si sono ancora rimarginate? Io.... Io se vuoi posso dargli un'occhiata. >>.
Loki continuò a restare in perfetto silenzio; aspettando che ella si avvicinasse ulteriormente a lui; cercando di liberare la mente dalle emozioni e di tornare a ragionare con la sua solita, fredda lucidità.
<< Theoric, ti prego. >> sbottò all'improvviso Sigyn, tendendo una mano verso la spalla destra dell'uomo; come se volesse toccarlo ma non ne avesse il coraggio: << Se c'è qualcosa che posso fare per aiutarti, dimmelo! Ma ti prego, parlami! >>.
Allora, tanto inaspettatamente da farla sobbalzare, Loki si decise a rispondere; non più con la voce possente di Theoric, ma con la sua; molto più distaccata e pungente: << Non c'è nulla che tu possa fare! E smettila di chiamarmi Theoric. Smettila di parlare! >>.
La mano che Sigyn stava allungando verso di lui, tornò a ritrarsi di colpo; mentre la donna riusciva adesso a mormorare solamente: << Co... Come? >>.
<< Ebbene si, la tua voce è a dir poco irritante e la tua vicinanza mi da sui nervi. >> sbottò il Dio degli Inganni, dando sfogo a tutti i pensieri che fino ad allora aveva tenuto celati dentro di lui; sentendosi sempre più vittorioso; gioendo quasi nel percepire il timore che si stava lentamente ma inesorabilmente impadronendo della giovane donna alle sue spalle.
Lei aveva smesso di avanzare e lo fissava adesso con gli occhi spalancati; ma non pareva volersi dare per vinta. Non riusciva proprio a capire che l'uomo con il quale stava parlando non era il suo amato comandante delle guardie reali.
<< Theoric, ma cosa stai dicendo? Così... Così mi spaventi. >> ansimò Sigyn mordendosi il labbro inferiore.
<< Oh, davvero? Io ti spavento? >> domandò quella voce che sembrava sempre più diversa da quella di Theoric alle orecchie della giovane donna dai capelli biondi: << Ne sono lieto; perché è esattamente così che deve essere. >>.
<< Theoric, io non capisco... >> tornò a lamentarsi Sigyn, deglutendo a vuoto.
<< Da ora in avanti..... >> mentre parlava con una voce che era sempre meno rassomigliante a quella del capitano degli Einherjar, Loki si scostò dal mobile dove era riposta la bacinella d'acqua, iniziando a voltarsi con deliberata lentezza verso la donna ancora immobile a pochi passi da lui.
Allora  Sigyn si accorse immediatamente che, in quello che i suoi occhi le mostravano c'erano mille particolari che non andavano.
La figura di Theoric era troppo alta e troppo magra.
I suoi capelli troppo scuri; neri come una notte d'inverno in cui le stelle erano state coperte dalle nubi di una violenta tempesta.
Davanti a lei non c'era più l'uomo che ella aveva sposato; colui che Sigyn amava, bensì....
<< ....Chiamami Loki. >> concluse il Dio degli Inganni, raddrizzando la schiena e guardando la donna con aria malevola dall'alto al basso, con la stessa presunzione di un nobile che si stesse rivolgendo ad una miserevole serva. 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** THE STOLEN KISS ***


Nel vedere il volto dell’uomo a pochi passi da lei, Sigyn s’irrigidì completamente e le preoccupazioni che fino a quel momento aveva avuto nei confronti di colui che aveva creduto fermamente essere Theoric scomparvero di colpo dalla sua mente, lasciandola vuota e sconvolta.
Era talmente sorpresa e spaventata dalla comparsa dinnanzi a lei di colui che tutti definivano come il Dio degli Inganni che non le venne nemmeno in mente di chiamare aiuto.
Rimase semplicemente immobile a fissarlo con le labbra socchiuse e lo sguardo spaventato di una persona che ha visto uno dei suoi più peggiori incubi che improvvisamente aveva preso vita per tormentarla anche nella realtà.
<< Che cos'è quello sguardo spaventato che leggo nei tuoi occhi? >> le domandò quasi beffardamente Loki, inclinando leggermente il capo; mentre sentiva dentro di sé che, tutta la propria arroganza tornava a farsi viva; cancellando tutti quegli sciocchi dubbi e l’incertezza che fino a quel momento lo avevano ostacolato.
Un sorriso cupo gli tese l’angolo destro delle labbra sottili: << Dovresti essere onorata nel fare la mia conoscenza. Di solito non mi abbasso tanto da mettermi a parlare con una misera dama di corte come te. >>.
<< Tu…. Tu sei…. >> riuscì a bofonchiare alla fine ella, torcendosi con apprensione le esili mani.
<< Te l’ho già detto chi sono, se non erro. >> replicò seccamente  il Dio degli Inganni, squadrandola da capo a piedi: << Io sono Loki e, che tu lo voglia o no, mi hai appena sposato. >>.
Più lei era spaventata, più stranamente Loki si sentiva forte; di nuovo deciso e voleva sondare ciò che lei pensava veramente.
<< …… No…. >> Sigyn sentì le lacrime salirle agli occhi mentre pronunciava quel lieve diniego.
Lei sapeva bene chi era Loki e conosceva la sua fama di bugiardo.
Non lo aveva mai visto di persona, ma ne aveva sentito molto parlare quando ancora la regina Frigga era in vita e lei, Sigyn, le stava accanto come sua dama personale, insieme a tre altre giovani donne asgardiane.
Aveva sentito dire che il fratello di Thor era una persona falsa e meschina, di cui difficilmente ci si poteva fidare; un mago che sapeva assumere le identità altrui e che si dilettava ad ingannare la gente solo per il gusto di vederla soffrire.
Frigga aveva sempre parlato bene di lui, ovviamente perché era suo figlio; ma tutte le altre donne con cui Sigyn aveva avuto modo di conversare erano sempre state ben alla larga da lui e sembravano evitare Loki almeno quanto avrebbero desiderato passare del tempo con Thor; l’altro figlio della regina; quello che tutte definivano leale, bello e forte.
Thor era il principe buono; quello che era amico di tutti; Loki era quello cattivo, menzognero e portatore di sventura.
Le descrizioni che la gente faceva di lui coincidevano effettivamente con l’uomo che ella si trovava davanti.
Ma Loki non era forse fuggito nel Bifrost quella mattina stessa?
Theoric aveva combattuto valorosamente contro di lui e per poco non era stato battuto, ma il Dio degli Inganni alla fine era scappato come un codardo, lasciando Asgard forse per sempre.
Allora perché adesso quell'uomo dai capelli scuri e gli occhi da pazzo proclamava di essere Loki in persona?
E diceva di averla sposata al posto del capitano degli Einherjar…..
<< Non può essere vero. >> si lasciò sfuggire dalle labbra Sigyn, ritraendosi istintivamente di qualche passo lontano dall'uomo alto e pallido che si trovava ad osservare.
L’uomo che diceva di essere Loki sollevò un sopracciglio scuro, fissandola come se ella avesse di colpo perso la ragione; ma Sigyn non badò a quell'occhiata fastidiosa e lo accusò: << Tu sei fuggito! Non puoi essere qui ad Asgard! Theoric ti ha visto saltare nel Bifrost e…..>>.
<< Ma davvero? >> la interrogò l’altro, senza lasciarle il tempo per terminare quello che stava dicendo: << Il tuo Theoric ti ha detto questo? E lo ha fatto di persona? >>.
Deglutendo a vuoto Sigyn fissò per un istante il pavimento sotto ai propri piedi scalzi, sentendosi girare la testa e non rispose.
Non lo fece per provocare l’altro ma perché in effetti non sapeva che cosa rispondere.
<< Non lo ha fatto, vero? >> tornò a chiedere Loki, muovendo un paio di lenti passi verso di lei.
Sigyn automaticamente indietreggiò di altrettanti passi e tornò a fissare i suoi occhi allarmati sulla figura alta che la sovrastava; accorgendosi solo allora che il Dio degli Inganni indossava gli stessi indumenti che Theoric portava al matrimonio: i medesimi stivali; gli stessi calzoni che il capo degli Einherjar teneva al di sotto dell’armatura.
<< Sai perché non lo ha fatto? >> la voce di Loki era dura e fredda come metallo, mentre si chiedeva il motivo per cui quella donna pur avendo tanto timore di lui non si mettesse ad urlare; a chiamare aiuto o a fuggire lontano da quella stanza.
Sigyn scosse il capo, non per rispondere alla domanda impertinente dell’altro ma piuttosto per continuare a ripetere a sé stessa che quello che vedeva non era la realtà.
<< Il tuo uomo non ti ha detto nulla di tutto questo perché da quando la battaglia sul Bifrost è terminata, io ho preso le sue sembianze. Nemmeno la guaritrice che mio ha curato le ferite si è accorta dell’abile scambio di persona; quindi non devi biasimare te stessa se non hai compreso che al matrimonio non è mai stato presente il vero capitano degli Einherjar. >>.
Il Dio degli Inganni tacque per un istante, senza aggiungere altro, continuando a fissare Sigyn con un insistenza che metteva la giovane donna ancor più in agitazione.
Poi, finalmente Loki si decise a rivelare: <<  L’uomo a cui hai giurato eterna fedeltà e amore in realtà, sono sempre stato io. >>.
Nell'udire queste ultime parole, Sigyn si sentì spezzare qualcosa nell'animo.
Quell'uomo non poteva essersi sostituti a Theoric per tutto quel tempo; senza che nessuno si accorgesse del suo inganno.
Ma lei aveva visto qualcosa di strano nel comportamento del capitano degli Einherjar al loro matrimonio.
Sigyn si rammentava vagamente d’aver letto ne suoi occhi un inquietudine eccessiva; insolita; una sorta di pazzia.
Quella stessa pazzia che adesso ella riusciva a percepire nelle parole taglienti del Dio degli Inganni; nei suoi occhi verdi che ella non aveva il coraggio di guardare per paura di leggervi qualcosa che l’avrebbe fatta stare ancora più male.
<< Non è vero. >> si sforzò di replicare, soffocando i singhiozzi che altrimenti le sarebbero sfuggiti dalle labbra, facendola apparire allo sguardo indagatore dell’alto uomo oscuro fermo a pochi passi da lei, ancora più fragile.
<< Tutto quello che stai dicendo è solamente una menzogna. >> proseguì, certa di non volere che l’altro pensasse di lei che fosse una preda facile.
<< Oh, no invece. >> replicò Loki, fingendosi addolorato: << Mi dispiace deluderti ma è tutto vero. >>.
Tacque, lasciando che il suo sguardo sondasse il corpo ed il volto della giovane tremante a pochi passi da lui.
Poi, la voce del Dio degli Inganni subì un ulteriore trasformazione e da quasi gentile e turbata, si fece dura e glaciale.
<< Io ti ho sposata e tu sei mia moglie. >> disse, quasi sfidandola: << Ed ora che sai come sono andate realmente le cose; dimmi che mi ami. >>.
Sigyn non rispose.
Invece indietreggiò ancora di più da quell'uomo oscuro che le stava dinnanzi, senza più allontanare i suoi occhi allarmati da lui; timorosa che se lo avesse fatto, lui avrebbe potuto attaccarla a tradimento; facendole del male solo per il gusto di vederla patire.
Poi, inavvertitamente si trovò con la schiena premuta contro il muro ed ella si sentì mancare il fiato.
<< Adesso vuoi ancora baciare le mie labbra? >> continuò imperterrito lui, avanzando ancora; più rapido adesso; muovendosi con l’agilità di un gatto che sta cacciando il topo.
Non sapeva precisamente perché avesse pronunciato quelle parole, e lei era sempre più spaventata dalla sua presenza.
Ora che sapeva di essere andata in moglie a lui; al Dio degli Inganni, aveva smesso di guardarlo con amore.
Adesso nei suoi occhi color ambra non c’era altro che terrore e confusione.
Loki riusciva quasi a vedere il suo riflesso in quegli occhi, dilatati e colmi di lacrime che minacciavano di sgorgarle sulle guance da un istante all'altro.
Riusciva a capire come lei lo immaginava: alto, con la pelle diafana ed i capelli neri, una figura che incuteva timore; un mostro con gli occhi verdi di un demone folle.
Questo avrebbe dovuto far sentire Loki ancora più forte e deciso, sicuro delle proprie capacità; invece ella stava riuscendo ancora una volta a farlo infuriare.
Lei lo disprezzava, lo detestava perfino e aveva timore della sua collera; delle azioni che esso poteva compiere.
Temeva che lui potesse ferirla non solo a parole ma in ben altri modi e questo spingeva Loki a desiderare realmente di farle del male.
Se tutti lo vedevano come un mostro; perché non avrebbe dovuto comportarsi esattamente come tale?
<< Dimmelo! >> insistette, digrignando i denti per l’improvviso moto di astio che lo stava sopraffacendo.
Negli occhi verdi di lui brillava adesso una fredda, intensa furia.
La bocca di Sigyn si mosse a formare ancora una volta la parola no, ma dalla sua gola non uscì alcun suono.
E prima che ella se ne potesse rendere conto, Loki le aveva afferrato la spalla destra con una mano; mentre le aveva passato l’altra dietro alla nuca, fra i lunghi capelli dorati, bloccandole con forza il collo, in modo che ella non avesse potuto sottrarsi a lui.
Il bel volto di Sigyn sbiancò sotto quella stretta, mentre il Dio degli Inganni la fissava negli occhi con i suoi; ardenti, in quel momento appannati da una lieve ubriachezza.
Poi,  Loki esclamò: << Io sono il primo uomo ad averti baciata e tu, sarai mia per sempre. >>.
Così dicendo, come se quella fosse stata una sorta di profetica maledizione, le lasciò andare la spalla destra e sciolse la stretta sulla sua nuca.
Sigyn però non riuscì nemmeno a voltare la testa di lato o a compiere un solo passo lontano da lui, poiché in un istante si ritrovò con le labbra del Dio degli Inganni premute violentemente sulle sue in un bacio duro, quasi feroce; possessivo ed al contempo disordinato.
Lei avrebbe voluto scappare, spingere lontano da sé quell'uomo sconosciuto e insensibile, magari schiaffeggiarlo; urlargli in faccia che era un individuo odioso e un essere orribile, ma non fece nulla di tutto questo.
Il corpo di Loki la teneva inchiodata alla parete che lei aveva alle spalle perciò Sigyn non poteva fare nulla.
Nulla, fuorché restarsene immobile a ricevere quel bacio indesiderato senza minimamente restituirne il selvaggio slancio.
Dal canto suo Loki si accorse invece con sgomento che mentre continuava a baciare le labbra calde e soffici della donna; con una forza e una brutalità quasi eccessive; pur senza passione ma quasi con furia, gli occhi avevano ricominciato a bruciargli intensamente.
Stava per mettersi a piangere a sua volta; sopraffatto da emozioni che non immaginava di poter provare nei confronti di una misera donna di corte che conosceva da nemmeno ventiquattro ore.
Una donna per la quale non avrebbe dovuto sentire nulla.
Eppure, Loki aveva l’impressione di stare comportandosi come un mostro per ciò che stava facendo; con l’animo a pezzi ed il cuore anche; sapendo di star baciando una donna che lo temeva.
Sapendo che mai nessuno lo avrebbe desiderato baciare e amare per come lui era realmente.
Perché era il nemico; era il principe oscuro e malvagio; e anche adesso stava facendo la cosa sbagliata.
Stava prendendo con la forza l’amore che una donna non voleva dargli.
Piangeva perché si vergognava di sé stesso e si odiava ma non poteva fermarsi.
Non voleva fermarsi.
Continuò a tenerla avvinghiata a sé con quel bacio ancora per qualche tempo; restio a lasciarla andare; facendole male; stringendole le spalle con troppa forza; premendo le sue labbra su quelle di lei con un insistenza crudele, mentre continuava a ripetersi che a lui non importava nulla di quella donna; nulla; ed era esattamente per questo che la stava baciando, per umiliarla; per fare in modo che lei lo temesse ancora di più, o forse per convincere sé stesso che anche adesso stava vincendo lui; che con i suoi inganni era riuscito a soggiogare quella insignificante fanciulla.
Sigyn adesso era immobile e non tentava nemmeno più di allontanarsi da lui.
Si limitava a singhiozzare in silenzio.
Allora Loki smise di baciarla e indietreggiando di un passo, sbatté le palpebre per allontanare il velo delle sue stesse lacrime, tornando a scorgere la donna dinnanzi a lui.
Il suo viso giovane e bello era sconvolto, pallido, rigato di lacrime a causa del rancore e della vergogna che provava per essersi lasciata baciare a quel modo da quell'uomo meschino e menzognero.
Nei suoi occhi dilatati il Dio degli Inganni leggeva chiaramente tutta la paura che ella provava.
Ma c’era anche dell’altro;un intenso sentimento che lottava con la paura per prendere il sopravvento sulla donna: la rabbia e l’odio nei confronti dell’uomo che l’aveva ingannata.
L’uomo che le aveva strappato quel bacio senza permesso.
Quello stesso uomo che l’aveva sposata con l’inganno.
Ispirando una profonda boccata d’aria, Loki respinse le emozioni di poco prima, fingendosi tuttora spavaldo e ricacciando le lacrime che lei fortunatamente non aveva notato, indossò di nuovo la maschera della freddezza; domandandole beffardo: << Allora? Sei contenta di avermi sposato; mogliettina mia? >>.
<< Tu…. Tu sei un uomo spregevole… >> trovò la forza di gemere ella fra le lacrime.
Loki scosse il capo, allontanando dal volto una ciocca di capelli neri che gli era finita sugli occhi; sbuffando: << È una frase che ho già sentito un centinaio di volte. Se vuoi offendermi… >> tornò a stuzzicarla poi, piegandosi su di lei e prendendole il volto fra le mani per costringerla a guardarlo in faccia: << Devi trovare di meglio. >>.
Non riuscì però quasi a concludere la frase, quando la voce estranea di un terzo uomo giunse all'udito dei due; ovattata e confusa ma vicina: << Capitano Theoric?! Capitano Theoric, chiedo il permesso di entrare. Porto un messaggio urgente da parte del principe Thor.  >>.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** A NEW ILLUSION ***


Non appena la voce della sentinella era giunta alle orecchie di Loki, il principe dai capelli scuri si era allontanato leggermente da Sigyn ed il suo corpo alto e flessuoso si era fatto teso, come quello di un gatto che avesse appena individuato la presenza di un incauto topolino avventuratosi per sbaglio nel proprio territorio di caccia. 
Teneva lo sguardo fisso sulla porta socchiusa della stanza da bagno dove si trovavano lui e la giovane asgardiana che fino a poco tempo prima lo aveva creduto essere il suo vero marito e sembrava voler penetrare le pareti con la sola forza dello sguardo pur di scorgere la guardia che aveva osato tanto scioccamente andare a disturbarli. 
Quale Einherjar poteva essere così maleducato e insolente da andare ad intrufolarsi nella camera degli sposi alla loro prima notte di nozze?
La prima notte di nozze di colui che avrebbe dovuto essere il suo capitano, per giunta. 
Non doveva essere certo una guardia delle più sveglie, pensò Loki, ricordandosi tuttavia quasi immediatamente che la sentinella aveva parlato di un messaggio urgente.
<< Capitano; devo necessariamente conferire con voi. >> insistette la voce ovattata della sentinella ancora rispettosamente immobile fuori dalla porta chiusa della stanza, probabilmente in attesa che qualcuno gli concedesse il permesso di entrare: << So che non è un buon momento, ma il principe Thor ha insistito che io venissi a parlare direttamente con voi. >>.
La mascella del Dio degli Inganni si tese, mentre esso tentava di pensare ad una azione diversiva che avrebbe impedito a quel ficcanaso di rovinare ogni suo sforzo compiuto fino ad allora. 
Non era certo rimasto ad Asgard, prendendo in moglie una fanciulla fastidiosa ed inutile solo per poi vedersi smascherato dal primo idiota che avesse varcato la porta di quella camera.
Sigyn conosceva la verità ormai; certo, ma di lei Loki poteva sbarazzarsi come e quando voleva. 
Non sarebbe stato un grosso problema costringerla a mantenere il segreto o magari toglierla di mezzo in modi un po meno galanti ma certamente più efficaci. 
Lui conosceva un migliaio di modi per dissuadere le persone dal compiere certe azioni e se, solo l'inganno non avesse funzionato, sarebbe passato alle minacce vere e proprie.
Di Sigyn non doveva preoccuparsi. 
Ma non poteva certo permettere che altri lo vedessero lì, vivo e vegeto, in compagnia di colei che avrebbe dovuto essere la sposa del capitano delle guardie reali. 
Doveva continuare a far credere a tutti gli Asgardiani che era fuggito attraverso il Bifrost.
Solo così avrebbe potuto riorganizzare le idee.
Come sempre aveva bisogno di tempo e, naturalmente questo era proprio quello che mancava. 
Mentre rifletteva sulla mossa più astuta da compiere, Loki non si accorse tuttavia che anche la fanciulla al suo fianco, dopo aver smesso di tremare impaurita, aveva iniziato a pensare.
Comprendendo che, se voleva fare qualcosa per liberarsi dalle insidiose vicinanze di Loki, avrebbe dovuto agire in quel preciso momento, ella riuscì a precedere l'uomo, mettendosi improvvisamente ad urlare, rivolta alla sentinella che sapeva trovarsi appena fuori dalla porta chiusa della stanza matrimoniale: << Qui! Siamo qui! Per favore voi dovete…. >>.
Non riuscì comunque a terminare la frase, poiché Loki indispettito, le tappò quasi immediatamente la bocca con una mano.
Quindi, tornando a spingerla bruscamente contro alla parete, le intimò a voce bassissima; quasi impercettibile: << Sta zitta! >>.
Con il viso coperto quasi per metà dalla grande ma sottile mano del Dio degli Inganni, Sigyn si sentì di nuovo inondare gli occhi di lacrime.
<< Theoric?! >> riprese a parlare la voce della guardia asgardiana: << Capitano…..Siete in camera? >>.
Quelle nuove domande vennero quasi immediatamente seguite dal suono di una porta che veniva lentamente socchiusa e da pochi ed incerti passi, leggermente strascicati.
L' Einherjar aveva evidentemente deciso di abbandonare i tentennamenti per entrare direttamente nella camera da letto riservata ai due sposi.
Non pareva comunque aver udito le suppliche della giovane che Loki stava tenendo prigioniera; altrimenti esso sospettava che l' Einherjar avrebbe fatto irruzione nella camera in ben altro modo.
Non sarebbe certo rimasto a ciondolare appena dentro l'uscio, trascindo quasi i piedi sul pavimento; incerto sul da farsi. 
<< Capitano? è permesso? >> proseguì l' Einherjar sempre più confuso e, ora con una leggera punta di sospetto nella voce. 
La mano che Loki teneva poggiata alla parete a poca distanza dal viso di Sigyn si chiuse improvvisamente a pugno e tutto il suo corpo parve farsi ancora più teso al di sotto di ciò che restava dell'armatura di Theoric. 
Adesso, il Dio degli Inganni stava quasi schiacciando Sigyn contro la parete con il suo corpo, mentre teneva lo sguardo puntato verso la direzione dalla quale proveniva il suono dei passi del nuovo venuto, che, allontanata definitivamente da sé l'esitazione che fino ad allora lo aveva tenuto immobile dinnanzi alla porta aperta della stanza, si era deciso ad avanzare.
Loki fremette, sforzandosi di pensare ad un modo per sbarazzarsi di quel ficcanaso e Sigyn si accorse che, nonostante esso tentasse di mostrarsi ai suoi occhi completamente padrone della situazione, in realtà non lo era poi tanto. 
Era agitato e non sembrava sapere bene cosa fare. 
Le nocche della mano che esso teneva poggiata contro la parete erano diventata bianche da quanto Loki teneva stretto il pugno.
I suoi occhi verdi erano sempre fissi sulla porta del bagno, ma avevano incominciato a danzare qua e la, mentre i suoi pensieri si muovevano con sempre maggior rapidità, mentre i passi dell' Einherjar si facevano di minuto in minuto più vicini. 
Poi, inaspettatamente, Sigyn si accorse di alcuni piccoli ma repentini cambiamenti nei gesti dell'uomo che la teneva imprigionata fra il suo corpo e la parete della stanza da bagno. 
La mano con cui le teneva chiusa la bocca, aveva allentato un poco la presa ed il suo alto corpo pareva essersi fatto ancora più rigido, come se il Dio degli Inganni si stesse preparando a compiere un enorme sforzo. 
Allora, stupita e preoccupata al contempo, Sigyn accantonò per un istante i propri pensieri di fuga e si decise a sollevare cautamente lo sguardo verso il volto pallido del principe traditore. 
Loki adesso non stava più guardando verso la porta con il proprio sguardo acuto ed in qualche modo inquietante.
Aveva invece chiuso gli occhi e dopo aver inspirato una profonda boccata d'aria come per calmarsi, aveva trattenuto bruscamente il fiato fra le labbra socchiuse. 
Per un istante la donna, frastornata, continuò a osservare ad occhi spalancati i gesti che l’uomo stava compiendo, senza comprendere quello che realmente esso aveva intenzione di fare.
Poi, improvvisamente capì.
Loki aveva ideato un nuovo piano e; come molte altre volte stava tentando di evocare il proprio potere per metterlo in atto. 
D'altronde non era forse quello l’uomo che tutti ad Asgard dicevano essere un vero e proprio maestro di magia?
Senza poter far altro se non restare inerme con le spalle al muro guardando quello che Loki stava facendo, Sigyn volse le proprie attenzioni verso la porta aperta che dal bagno conduceva alla camera da letto; pregando mentalmente che l’Einherjar sopraggiunto nella stanza, riuscisse ad aiutarla in qualche modo, senza cascare nell'inganno che di certo Loki stava ordendo appositamente per lui.
Solo allora, la donna si accorse con sgomento che proprio dinnanzi alla porta aperta aveva cominciato a prendere forma una lieve nebbiolina verde che in breve tempo assunse le forme di una persona umana.
Mani, gambe e testa si definirono meglio ed in un battito di ciglia Sigyn si trovò a fissare una copia esatta di Theoric. 
Theoric; il suo amato o forse…. 
Forse no. 
Quello non era Theoric, ma solo una perfida illusione. 
Un’illusione creata da Loki; lo stesso uomo che l’aveva già ingannata per ben due volte; prima al matrimonio sostituendosi al capitano degli Einherjar ed ora rubandole un bacio che ella non avrebbe mai desiderato donargli, tenendola vincolata a lui con la forza. 
Sigyn scosse il capo, sentendosi quasi soffocare sotto alla mano che Loki teneva stretta sulla sua bocca, mozzandole il respiro, insieme alle parole che ella avrebbe potuto pronunciare. 
Ma ormai l' Einherjar era arrivato dinnanzi alla porta e aveva notato l'illusione creata da Loki.
Ovviamente nessun sospetto subentrò nella mente della sentinella asgardiana che, facendosi aventi, esclamò: << Capitano! Finalmente vi ho trovato! >>.
<< Ebbene, spero per voi che questo messaggio sia davvero urgete come dite! >> sbottò Loki di nuovo ad occhi chiusi, muovendo appena le labbra.
Contemporaneamente l'ologramma che esso aveva creato con la magia dinnanzi alla porta socchiusa del bagno ripeté le parole una ad una, e dalle sue labbra immateriali ma all'apparenza tanto reali e tangibili, fuoriuscì la voce del capitano delle guardie reali. 
Era un inganno creato alla perfezione ma Sigyn all'improvviso intuì che quella doveva essere una magia molto complessa da tenere viva, poiché il volto del Dio degli Inganni si era fatto più livido del solito; teso per lo sforzo di mantenere vivida la forma evanescente del fasullo capitano degli Einherjar.
Forse quella magia non era difficile come quella che il Dio degli Inganni aveva usato in precedenza; quando aveva trasformato direttamente il suo corpo in quello di Theoric; ma sembrava costargli comunque un intenso dispendio di energie.
 L'immagine di Theoric vacillò leggermente dinnanzi agli occhi della sentinella e Loki digrignò i denti con forza, allontanando contemporaneamente la mano che fino a poco tempo prima aveva tenuto premuta sulle labbra di Sigyn per stringerla a pugno lungo il fianco.
Piccole goccioline di sudore avevano iniziato a formarglisi sulla fronte ampia ed il suo respiro si era fatto leggermente irregolare.
I suoi occhi che Sigyn trovava così inquietanti e minacciosi quando erano aperti, avevano iniziato a fremere sotto le palpebre chiuse.
Sembrava stesse faticando molto per dare vita a quell'illusione effimera come fumo ma all'apparenza tanto reale; che stava tuttavia ingannando con estrema facilità la guardia asgardiana, ancora immobile dinnanzi alla porta che dalla camera da letto nuziale conduceva alla adiacente stanza da bagno.
Ogni minuto che passava il Dio degli Inganni sembrava indebolirsi sempre di più.
Ed allora Sigyn ebbe un idea.
Forse, mentre l'oscuro fratello di Thor era impegnato con quella messinscena, lei avrebbe potuto riuscire ad allontanarsi dalla parete dove ancora la teneva prigioniera con il suo corpo tanto vicino a quello di lei.
Ad occhi chiusi il Dio degli Inganni non avrebbe mai potuto scorgere i suoi movimenti e se lei sarebbe stata cauta; forse avrebbe potuto spostarsi tanto da entrare nella visuale dell'Einherjar, ancora impegnato a parlare con l'immagine evanescente del falso Theoric.
Se Sigyn sarebbe riuscita a far notare la propria presenza alla guardia, allora avrebbe avuto una possibilità di salvezza.
Così, con questi propositi di fuga nella mente, la donna dai lunghi capelli biondi, iniziò a spostarsi con estrema lentezza; scivolando con la schiena lungo la parete levigata, abbassandosi in modo da poter passare al di sotto del braccio teso che il Dio degli Inganni teneva ancora poggiato alla parete; per imprigionarla e vincolarla a sè.
Mancava poco.
Se fosse stava abbastanza silenziosa e rapida nel compiere quegli ultimi gesti, sarebbe stata ben presto libera.
Forse poteva farcela.
Forse...
Non riuscì a concludere quel pensiero, poiché tanto repentinamente da lasciarla senza fiato, la giovane promessa sposa di Theoric si sentì afferrare il polso da una mano sottile ma forte come l'acciaio.
<< Dove credi di andare, piccola, piagnucolante donnicciola? >> sbottò la voce del Dio degli Inganni,distruggendo in un solo attimo tutte le speranze della donna.
Loki non si era voltato verso di lei con mosse rapide, ma così lentamente da strappare a Sigyn un gemito involontario, mentre un brivido freddo le attraversava la schiena, raggelandola.
Le strattonò il polso e riuscì a farla tornare in piedi.
Sigyn chiuse gli occhi, lottando contro il dolore che le aveva invaso il braccio, per evitare di mettersi ad urlare.
Il viso di Loki adesso era ad un soffio dal suo; mentre il Dio degli Inganni teneva il corpo alto chino su di lei, quasi soffocandola con la sua vicinanza. 
Una ciocca dei lunghi capelli corvini; scarmigliati, gli era finita davanti al volto ed i suoi occhi; quegli occhi che Sigyn aveva tanto paura di guardare perché sapeva pieni di demoni, sembravano adesso veramente quelli di un folle.
Mentre Loki continuava a fissarla con un intensità raggelante, la giovane promessa sposa di Theoric voltò in fretta il capo, abbassando il proprio sguardo; ora ancora più spaventata di quanto non fosse stata in precedenza.
Aveva paura di quell'uomo alto che le teneva stretto con troppa forza l'esile polso fra le dita, facendole male.
Lei temeva d'aver osato troppo nel tentare la fuga; speranzosa che esso, concentrato com'era nel creare l'illusione per la guardia armata, si fosse scordato di lei e della sua presenza.
Sigyn aveva voluto sottovalutare le capacità del Dio degli Inganni; ma si era solo illusa e adesso temeva per le conseguenze che l'attendevano.
Il Dio degli Inganni non l'avrebbe certo lasciata in pace dopo quell'affronto.
Istintivamente ella premette con maggior forza la schiena contro la parete.
<< Credi forse di essere più furba di me? >> le afferrò il volto fra le mani brutalmente; aggressivamente e la costrinse a voltarlo ancora una volta verso di lui.
Sigyn non poté fare a meno di assecondarlo, ma mantenne lo sguardo lontano da lui, singhiozzando.
<< Rispondi! >> la incitò lui spazientito e furente, ignorando il fatto che le stava veramente facendo del male.
<<.... Si... >> mormorò Sigyn, ma non si stava riferendo alla domanda che l'altro le aveva appena posto.
A pochi passi da lei, infatti, la figura del falso capitano degli Einherjar stava iniziando a sbiadire, disfacendosi come una nuvola di fumo trasportata lontano dalla brezza della sera.
Forse il suo tentativo di fuga non era riuscito, ma almeno era servito a distrarre Loki e ad intaccare la magia che esso stava compiendo dinnanzi agli occhi della sentinella asgardiana.
Questo, infatti, trovandosi a osservare adesso il viso ed il corpo di quello che lui aveva creduto essere il vero Theoric, che scompariva lentamente ma inesorabilmente davanti ai suoi occhi, aveva iniziato ad indietreggiare boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.
<<.... Ma cosa?... >> l'esclamazione soffocata della sentinella, richiamò all'improvviso l'attenzione di Loki su di essa e finalmente il Dio degli Inganni capì ciò che stava accadendo.
La donna era riuscita a distrarlo, facendogli perdere la concentrazione; spezzando i fili della magia che lui stava tessendo come una tela dinnanzi agli occhi della guardia che; adesso aveva voltato esterrefatta il viso proprio nella direzione dove lui e Sigyn si trovavano.
Per un breve attimo, Loki, Sigyn e l'Einherjar rimasero a guardarsi l'un l'altro senza muoversi nè parlare; ognuno immerso nei propri pensieri e nelle proprie domande.
Poi, fu la sentinella a riscuotersi per prima ansimando: << ..Principe Loki, voi... >>  
Aveva gli occhi sgranati, come se all'improvviso si fosse trovato non ad affrontare un essere in carne ed ossa, ma fosse stato alla presenza di un oscuro fantasma risorto dalla propria tomba. 
Mosse lentamente un incerto passo a ritroso, annaspando: << ..No...Questo è... Impossibile.... Voi dovreste essere fuggito come un codardo attraverso il Bifrost...>>.
<< Era tutto un inganno! >> urlò Sigyn, sentendo di colpo il gelo del terrore che fino ad allora l'aveva paralizzata, allentare un poco la sua morsa: << Lui non se ne è mai andato da Asgard! >>.
<< Ma non mi dire. >> borbottò Loki, scoccando un'occhiataccia furente alla donna, prima di osservare il volto inebetito della guardia dinnanzi a lui senza la minima ombra di interesse.
Poi, senza alcun preavviso, prima che Sigyn o la guardia asgardiana potessero intuire ciò che esso avesse intenzione di fare, e potessero perciò magari tentare di reagire, il Dio degli Inganni balzò contro l'Einherjar, colpendo rapido il malcapitato con una gomitata dritta in viso che lo lasciò ancor più senza parole di quanto già non fosse stato in precedenza. 
La sentinella asgardiana, ancora interdetta da ciò che aveva appena visto; incredula e spaesata nel trovarsi faccia a faccia con il principe traditore del regno; colui che tutti credevano essere ormai fuggito dal pianeta per andare a nascondersi in un luogo dimenticato della galassia, magari in attesa di recuperare le forze, non riuscì ad evitare quel colpo sferrato con tanta aggressività e barcollò all'indietro, portandosi la mano libera al naso.
Alle loro spalle, ancora ferma accanto alla parete dove il Dio degli Inganni l'aveva malamente spinta, Sigyn si portò istintivamente le mani alla bocca, soffocando il gridolino terrorizzato che le stava salendo alle labbra.
Ignorando completamente i singhiozzi spaventati della donna, come se lei non fosse nemmeno presente nella stessa stanza ad osservare la scena, Loki si lanciò di nuovo sull'Einherjar che continuava ad arretrare stordito.
Quindi, senza perdere altro tempo, afferrò la sentinella per un braccio deciso a colpire di nuovo. 
Riuscendo ad evitare per un soffio il fendente che l'Einherjar stava tentando di dirigere contro il suo petto, Loki afferrò anche l'altro braccio della sentinella, torcendogli con forza il polso nel quale stringeva il pugnale d'ordinanza che cadde al solo con un tintinnio sinistro. 
Poi, prima che la guardia potesse anche solo pensare di chinarsi a raccogliere di nuovo l'arma, il principe dai capelli neri sferrò un calcio al pugnale, facendolo ruzzolare sul pavimento, lontano da entrambi.
Allora, con un intenso strattone, il Dio degli Inganni riuscì a trascinare la allibita e dolorante sentinella nella stanza da bagno, facendogli sbattere la testa contro al mobile di legno alle sue spalle.
L'elmo che la sentinella indossava schizzò via per poi andare a ruzzolare al suolo e servì a ben poco per proteggere il suo proprietario che, battuta violentemente la testa, si accasciò al suolo con un gemito. 
<< Poche lamentele, soldato! >> ghignò Loki, ritraendosi di qualche passo dalla guardia intontita.
<< Avrei potuto fare di peggio. >>. 
In quelle sue ultime azioni stava ritrovando un pò della suo solito scherno e della sua arroganza e probabilmente avrebbe anche aggiunto dell'altro, se all'improvviso non avesse sentito la terra mancargli sotto ai piedi. 
Quelle mosse rapide gli avevano fatto tornare i capogiri e una fitta di dolore gli trapassò la testa da una parte all'altra come se avesse già quelli che i terrestri chiamavano postumi di una sbornia.
Che cosa stava succedendo?
Aveva perso di nuovo il controllo.
Il potere magico che lui credeva d'avere quasi totalmente recuperato si stava affievolendo ancora una volta.
Perché?
Aveva forse sopravvalutato le proprie capacità di resistenza?
La magia non lo aveva mai tradito; eppure ora pareva voler abbandonare il suo corpo insieme alle sue forze vitali.
Ancora una volta Loki maledisse le circostanze che lo avevano condotto sin lì, in quella stanza.
Quelle stesse circostanze per le quali aveva dovuto sposare quella Sigyn e che lo avevano spinto a bere troppo, comportandosi come un vero irresponsabile senza cervello.
A comportarsi come Thor.
In silenzio, mentre cercava di farsi passare i capogiri che lo tormentavano insieme a quella fastidiosa emicrania, ripromise a sé stesso, quasi disgustato dalle proprie ultime scellerate azioni, che mai e poi mai avrebbe osato toccare di nuovo un solo calice di vino.
Stava ancora riflettendo, aspettando che quel malessere si placasse come già era successo le volte precedenti, quando all'improvviso, colse un movimento alla sua sinistra.
Lo vide con la coda dell'occhio: indistinto e rapido; come una lama di luce che tagliava la semioscurità della stanza.
In fretta, colto da un improvviso pensiero; sicuro che avrebbe fatto bene a togliersi da lì, il Dio degli Inganni rizzò la schiena, pronto a voltarsi; certo che lo sguardo non gli avesse giocato solamente un brutto scherzo. 
Esso non ebbe tuttavia neppure il tempo di reagire, quando inavvertitamente si ritrovò con una lama affilata ad un soffio dal proprio zigomo destro. 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** THE DAGGER AND THE SNAKE ***


Nell'avvertire il contatto gelido della lama contro la pelle della guancia; Loki trattenne per un istante il fiato, irrigidendo i muscoli del collo e delle spalle, ma si trattenne abilmente, evitando di mostrare il proprio stupore a colui che gli stava alle spalle.
Si era ripreso abbastanza dai capogiri che gli avevano fatto perdere per un istante la propria lucidità ed ora si sentiva di nuovo pronto ad affrontare un nuovo sfidante; pur sapendo di non poter utilizzare appieno le proprie capacità.
Se non voleva risentire di nuovo dell'effetto del vino e di quelle strane e spiacevoli sensazioni che gli toglievano le forze, avrebbe dovuto risparmiare le energie, evitando di creare magie troppo complesse, ma non era ancora completamente disarmato e non aveva alcuna intenzione di dare la soddisfazione a chi lo stava, per così dire minacciando, di vederlo sobbalzare per la sorpresa.
Lentamente, imponendosi di mantenere quella calma che tanto facilmente, in quegli ultimi tempi, si stava lasciando sfuggire, Loki mosse appena il capo, per cercare di scorgere in volto di colui che era riuscito a coglierlo alle spalle; impreparato.
Si sarebbe aspettato di vedere uno qualunque fra tutti gli abitanti della Città Eterna; magari un'altro Einherjar che voleva fare l'eroe attaccando il traditore tutto solo; o forse un servitore incosciente dalle manie di grandezza, che desiderava con quel suo gesto attirare le attenzioni di Odino su di sè.
Avrebbe sopportato benissimo anche l'idea che a puntargli quel pugnale contro fosse soltanto un ragazzino troppo sveglio; ma mai si sarebbe aspettato di vedere lei.
Perché a tenere il pugnale fra le mani era proprio Sigyn; l'ultima persona di cui Loki avrebbe tenuto conto; quella che credeva ormai troppo confusa e spaventata per tentare di reagire.
Non aveva preso in considerazione che una semplice dama di compagnia avrebbe osato tanto scioccamente tentare di tenergli testa, fingendo di essere una guerriera coraggiosa, ma Loki cercò comunque di celare la propria sorpresa sotto ad una maschera di freddezza.
Aveva creduto che quella piccola ragazza dai capelli biondi fosse ormai in preda al panico, dopo essere stata costretta quasi con la forza ad assistere al piccolo scontro svoltosi fra lui e l'Einherjar in quella stessa stanza, ma Sigyn invece di scappare lontano dall'uomo che tutti dicevano essere un traditore e un folle, era rimasta; arrivando persino a sfidarlo.
Qualsiasi altra sciocca dama di compagnia, al posto suo, si sarebbe certo limitata a mettersi a strillare come un isterica e l'avrebbe implorato di lasciarla andare via incolume da quella stanza; promettendo in ginocchio che non avrebbe mai e poi mai rivelato ad alcuno la sua presenza nel palazzo di Odino.
Avrebbe mantenuto il segreto pur di restare viva e sarebbe di certo fuggita a rintanarsi nei propri alloggi; dai quali non sarebbe più uscita per parecchio tempo.
Ma lei no.
Non quella incauta ragazzetta.
Non quella Sigyn.
Lei a dispetto di tutto, era rimasta e, probabilmente dopo aver fatto appello ad ogni sua stilla di coraggio, aveva deciso di attaccarlo alle spalle.
Doveva aver notato che lui non era totalmente lucido in quel momento e aveva approfittato della situazione per tentare di reagire.
Era stata una mossa avventata e Loki sentiva già montare dentro di sé la collera per quell'affronto che esso non era riuscito ad evitare e prevedere.
Quella donna doveva essere più idiota di quanto lui aveva immaginato, se credeva di poterlo sfidare senza incorrere in gravi conseguenze.
Oppure era semplicemente una pazza.
Pazza....Come lui?
No. Non come lui.
Doveva togliersi quell'idea dalla mente sin dal principio.
Sigyn non era nulla rispetto a lui. 
Era solo una piccola donnicciola; una seccatura in più di cui lui avrebbe dovuto sbarazzarsi il più presto possibile e; dopo quell'affronto, non era certo l'avrebbe lasciata andare senza punirla almeno un poco per quella sua sfrontatezza.
A quel pensiero, un lieve sorriso compiaciuto si dipinse sulle labbra sottili del Dio degli Inganni.
Così, mentre già pregustava il suo trionfo, le chiese con sgarbo: << Che cosa credi di fare con quell'arma, donna? >>.
Sigyn, alle sue spalle, sobbalzò nell'udire la voce del Dio degli Inganni, diretta inequivocabilmente a lei.
Aveva creduto di coglierlo impreparato, invece lui sembrava aver immediatamente capito chi lo stava minacciando.
Sembrava già aver capito che lei non avrebbe mai rappresentato per lui una reale minaccia.
Che non sarebbe mai stata in grado di colpirlo.
Con poche parole, Loki aveva lasciato intendere tutto questo e altro ancora.
E poi l'aveva chiamata "donna" con un tono di voce odioso e presuntuoso che infastidì immediatamente Sigyn.
Il Dio degli Inganni l’aveva pronunciata come se si fosse trattato di un difetto; come se lei dovesse essere necessariamente inferiore a lui solo per il fatto che era una donna, mentre Loki un uomo.
<< Non essere ridicola. >> continuò, assumendo un tono di voce sicuro e deciso: << Lo vedo che tremi. Hai paura di me e hai paura ad usare anche quel pugnale. >>.
Il Dio degli Inganni indicò con un vago gesto della mano l’arma affilata che, ancora ferma alle sue spalle, Sigyn stringeva con decisamente poca convinzione nella mano destra; tremante. 
Aveva paura. 
Molta paura...Troppa e questo facilitava le cose.
Le persone spaventate commettono errori e Loki era certo che di li a poco, lei gli avrebbe fornito l'opportunità di disarmarla.
Avrebbe fatto o detto qualcosa che lui avrebbe potuto ritorcerle contro e, ancora una volta, sarebbe stato lui a tenere il pugnale dalla parte del manico.
Doveva solo spingerla a parlare; a provare a difendersi.
<< Non hai mai usato un arma in tutta la tua vita e disprezzi la violenza; perciò io so già che non lo userai contro di me. >> continuò a stuzzicarla: << Metti via quel pugnale e comportati da brava dama di compagnia quale sei. >>.
<< Io…. Non lo farò e ….Ti consiglio di non sottovalutarmi troppo. >> cercò di mostrarsi decisa Sigyn, accorgendosi tuttavia che la sua voce risuonava incerta e tremante persino alle sue stesse orecchie.
<< Non sottovalutarti troppo? >> il volto di Loki si schiuse in un largo sorriso colmo di sarcasmo.
Non l'avrebbe mai creduto possibile, ma quel gioco di battute e parole iniziava a piacergli. 
Era troppo facile con lei riuscire a confonderla; eppure lo intrigava il modo deciso con cui Sigyn tentava in tutti i modi di difendersi; di fingere di essere più forte di quanto in realtà fosse.
Loki si sentiva già la vittoria in pugno.
<< Altrimenti cosa farai? Mi attaccherai? Ne avresti davvero il coraggio? >>.
Tacque aggrottando la fronte e osservando con supponenza la giovane donna ferma alle sue spalle, a pochi passi da lui con i lunghi capelli fuori posto ed il pugnale fra le mani tremanti.
Dopo aver atteso un breve istante che fosse ella stessa a rispondere, fu di nuovo lui a concludere: << La risposta è no. Stai ostentando una sicurezza che non hai ed io lo so. >>.
Loki aveva perfettamente ragione; tutto quello che stava affermando sul conto di Sigyn era la pura verità.
Lei odiava le armi ed i duelli e in altre circostanze non si sarebbe nemmeno mai sognata di prendere fra le mani un pugnale. 
Nonostante ciò, questa volta lo aveva fatto. 
Era stata la paura a spingerla ad una azione come quella, ma naturalmente era tutta una messinscena e lei non avrebbe mai avuto il coraggio di utilizzare quell'arma, nemmeno se avesse dovuto scontrarsi con il più feroce degli Jotun.
Non poteva però mostrarsi tanto debole e spaventata davanti agli occhi di quell'uomo infido che si era preso gioco di lei, sposandola senza una ragione che per ella potesse avere un senso; sostituendosi a Theoric. 
Theoric; appunto; colui che avrebbe dovuto diventare realmente suo marito.
Dov'era adesso? 
Forse se lei fosse riuscita a far credere al Dio degli Inganni che avrebbe usato quell'arma contro di lui; esso le avrebbe detto tutto quanto.
Così, con questi speranzosi pensieri nella mente, Sigyn mosse appena il pugnale contro la guancia dell’alto uomo dai capelli corvini; decretando con maggior convinzione possibile: << Non è detto! >>.
Per un istante ancora Loki restò immobile ad osservarla, senza muovere un dito e senza proferire una sola parola.
Poi, come se fosse la cosa più naturale da dire in un momento come quello, esclamò: << D’accordo; comunque mi sento in dovere di informarti che stai sbagliando bersaglio. Non sono io il nemico, ma loro. >>.
Loki indicò con un vago cenno del capo il soldato asgardiano ancora disteso a terra, apparentemente privo di sensi.
<< Non metto in dubbio che gli Einherjar siano tuoi nemici; ma certo non sono i miei. >> controbatté Sigyn, accorgendosi che, malgrado tutti gli sforzi che lei stava facendo per dominare la propria paura, la sua voce aveva ricominciato a tremare: << Essi sono le guardie di Odino; uomini valorosi che hanno giurato di proteggere Asgard da individui come te! >>.
<< Individui come me? >> gli occhi del Dio degli Inganni la fissarono, freddi come ghiaccio.
<< Persone crudeli e dall'animo oscuro. >> confermò lei per tutta risposta; ormai decisa a farsi valere, per quel che poteva. 
<< Ed io sarei questo? >> tornò a domandarle Loki, che adesso al posto di essere irritato, pareva solamente molto incuriosito: << È davvero così che mi vedi? >>
<< Esatto! >> annuì Sigyn, muovendo leggermente le dita sottili che teneva strette sul manico del pugnale. 
<< Bene; se le cose stanno così, non vedo perché io non debba disarmarti qui; ora! >>.
Così dicendo, inavvertitamente, Loki si voltò di scatto su se stesso, fronteggiando la donna.
Una lieve striscia rossa si disegnò sullo zigomo sinistro del Dio degli Inganni, quando la lama del pugnale premette con maggior forza sulla sua pelle, ma lui parve non accorgersene neppure e continuò a muoversi, fin quando si trovò a poter guardare Sigyn dritto in viso.
Non appena la giovane donna vide il graffio rosso sul viso dell'uomo alto che ora la guardava immobile con un espressione dura sul volto affilato, si ritrasse istintivamente da lui; rabbrividendo leggermente, quasi avesse percepito sulla sua stessa pelle il bruciore del taglio che aveva involontariamente provocato sul viso dell'altro.
Sconcertata abbassò lo sguardo per un breve attimo verso la lama del pugnale che ancora teneva fra le mani e ansimò quando vide che era sporca di sangue.
Allora, tornò a guardare il volto di Loki e sul suo viso apparve evidente tutta la sua insicurezza.
Approfittando immediatamente di quell'attimo di confusione, il Dio degli Inganni mosse un nuovo passo in avanti, mormorando: << Lo vedo che sei terrorizzata. Lo scorgo nei tuoi gesti. Lo sento dalla tua voce. >>.
Aveva aggrottato le sopracciglia, guardando la donna come se riuscisse a capire perfettamente quello che lei stava provando in quel momento. 
Sembrava tremendamente comprensivo. 
Ma poi, all'improvviso la sua voce si fece più fredda e distaccata, mentre continuava affermando: << Tu... Sei solo una piccola, insignificante bambina che sta giocando con il fuoco. >>.
Sigyn strinse le dita sul pugnale, per un istante senza avere il coraggio di muoversi o di parlare.
Non sapeva che cosa pensare di quell'uomo alto ed enigmatico che si trovava ad affrontare.
Sapeva solo che le aveva mentito; l'aveva presa in moglie sotto le false sembianze di Theoric e aveva aggredito un Einherjar davanti ai suoi occhi.
Tutto questo avrebbe dovuto incitarla a lottare contro di lui; a non permettere a colui che tutti definivano come il Dio degli Inganni di sopraffarla con le sue parole ed i suoi modi di fare contorti; prima suadenti e poi un attimo dopo aggressivi; folli. 
Invece lei in quel momento si sentiva solamente indecisa e tremendamente turbata.
Non avrebbe voluto ferirlo, eppure l'aveva fatto.... No; si corresse; era stato lo stesso Dio degli Inganni a ferire se stesso.
Con quel suo gesto rapido aveva volontariamente sfiorato la lama con la propria guancia; ferendosi. 
Ma perché questo gesto?
Forse perché voleva metterla in difficoltà, farla sentire in colpa quando in realtà ella non ne aveva.
Voleva ostacolarla e minare la momentanea sicurezza che era sorta in lei.
Allora, comprendendo ogni cosa, Sigyn controbatté in fretta, cercando di non consentire all'altro di credere d'averla già battuta: << Tu non sei il fuoco...Ed io non sono una bambina. Non riuscirai a disarmarmi. Non te lo permetterò! >>.
Evidentemente Loki non si era aspettato da lei una nuova resistenza e, per un attimo rimase come immobile a studiare la sua reazione.
Quindi, con voce ferma, annunciò: << Posso impadronirmi di quell'arma senza alcun problema. Anzi; posso convincerti a lasciarmi il pugnale di tua spontanea volontà. >>.
<< Dimostralo! >> sbottò Sigyn, un attimo prima di rendersi conto di ciò che aveva appena detto.
Con quelle sue ultime parole stava praticamente invitando Loki ad aggredirla. 
Allora, di colpo, la giovane donna dai capelli dorati e gli occhi d'ambra parve accorgersi di quanto fosse breve la distanza che separava il Dio degli Inganni da lei.
Loki a quel punto avrebbe semplicemente potuto allungare la sua mano per strapparle il pugnale dalle dita, proprio come poco prima ella lo aveva visto fare con la guardia sopraggiunta nella camera.
Sigyn mosse appena un passo all'indietro, il piede scalzo che non produceva alcun rumore sul pavimento levigato; cercando di mantenere la calma, ma non poteva evitare che la mano continuasse a tremarle intensamente.
Non riusciva a celare la propria paura allo sguardo acuto del Dio degli Inganni, sul cui volto adesso si era allargato nuovamente un ampio, tremendo sorriso.
Lui aveva individuato nelle ultime parole della donna l'errore che stava aspettando.
Una frase; questo bastava e lui già sapeva come torcere quell'invito contro la stessa donna che glie lo aveva fatto; sotto forma di quella che lei aveva immaginato come una banale sfida. 
Naturalmente nessun'altro asgardiano avrebbe accettato di seguire le sue parole alla lettera.
Non avrebbero avuto il coraggio di aggredire una donna.
Ma Loki non era un asgardiano comune; giusto?
<< Oh, non avresti mai dovuto chiedermelo. >> sussurrò sogghignando e; a quelle parole mosse la mano destra in un vago gesto all'apparenza innocuo e di cui Sigyn non comprese il significato.
La giovane donna dai capelli biondi tuttavia non ebbe nemmeno il tempo per chiedere a sé stessa cosa il Dio degli Inganni stesse facendo, quando improvvisamente il pugnale che ella reggeva fra le mani assunse una consistenza stranamente molle e viscida e, quando ella abbassò appena lo sguardo in quella direzione, si accorse con orrore che ormai dell’arma non era rimasto nulla.
Al suo posto era apparso un lungo serpente dalla pelle squamosa di un intenso verde brillante, simile al colore degli occhi dell’uomo che le stava di fronte che in quel momento teneva fissi e concentrati.
Era stato indubbiamente lui a dare vita a quel sortilegio.
Spaventata, boccheggiando senza riuscire più a pensare a nulla fuorché al rettile strisciante che le si stava attorcigliando sul braccio, sibilando minaccioso, Sigyn iniziò ad agitarsi fin quando riuscì a scagliare lontano da sé il serpente.
L’animale cadde a pochi centimetri dallo stivale destro dell’uomo che l’aveva creato, ed esso, senza mai staccare lo sguardo dal viso sconvolto di Sigyn e senza abbandonare il sorriso malefico che gli era spuntato sulle labbra, si chinò a raccoglierlo nella propria mano sottile e pallida.
Il rettile vi si attorcigliò come aveva fatto solo un istante prima sul polso della donna e, in un attimo tornò ad essere il pugnale freddo e inanimato di sempre.
Allora Sigyn ebbe solo il tempo di rendersi conto che ora lei era totalmente disarmata, dinnanzi all'uomo più pericoloso di tutta Asgard; quando questo le si avventò contro, roteando il pugnale e puntandolo dritto alla sua gola.
<< Ti è piaciuta la mia magia? >> le domandò beffardo.
<< Vuoi…..Uccidermi? >> gli chiese ella di rimando, senza rispondere alla domanda che il Dio degli Inganni le aveva appena posto.
Sigyn tremava violentemente adesso; mentre sentiva il fiato caldo di Loki sul suo viso; la figura alta del fratello di Thor china su di lei.
Il tocco della lama del pugnale era gelida sul suo collo nudo.
<< Vuoi uccidermi come… Come hai fatto con Theoric prima di me? >> tornò a chiedere ella con un filo di voce a malapena percepibile.
Loki parve per un istante spiazzato da quella domanda.
Come poteva quella donna avere tanto timore di lui, eppure riuscire a pensare anche in un momento come quello all'uomo che avrebbe dovuto sposare?
Il sorriso beffardo e sicuro lasciò il volto di Loki.
Lui non aveva mai avuto nessuno che lo amasse a quel modo…..
<< Io non ho mai detto di aver ucciso Theoric. >> mormorò lentamente, mentre una ridda di emozioni contorte ed ambigue, difficili da decifrare persino da lui stesso, gli attraversavano il volto.
Sembrava irritato dalla propria confusione e al contempo dispiaciuto per il dolore che stava causando a quella donna esile e indifesa a pochi passi da lui.
Combattendo il timore che stava provando, Sigyn fece per sollevare lo sguardo verso quello di Loki.
I loro occhi tuttavia non fecero in tempo ad incontrarsi, quando la voce dell’Einherjar che il Dio degli Inganni aveva creduto di mettere fuori combattimento poco prima tornò a farsi udire alle spalle di quest’ultimo.
<< Principe Loki; gettate immediatamente quel pugnale e lasciate Lady Sigyn! >> intimò, esagerando una fiducia che in realtà non possedeva, sguainando la lunga spada e brandendola verso il Dio degli Inganni come per ammonirlo.
Il pugnale stretto nella mano di Loki ondeggiò leggermente mentre questo pareva riflettere sulle parole della guardia, come se le stesse realmente prendendo in considerazione.
Poi, rapidamente, inavvertitamente il Dio degli Inganni roteò su se stesso e, con una precisione impressionante scagliò l’arma affilata verso la guardia di Asgard, colpendola in pieno petto.
L’Einherjar boccheggiò barcollando sulle gambe malferme; incredulo.
Poi crollò al suolo bocconi.
Sigyn, dalla sua posizione ancora immobile accanto alla parete, sgranò gli occhi terrorizzata, probabilmente comprendendo in quel breve attimo che avrebbe potuto essere lei al posto della sventurata guardia e Loki non avrebbe esitato un attimo a ferirla.
Avrebbe benissimo potuto fare lo stesso con lei.
Quando il Dio degli Inganni tornò a volgersi verso di lei; Sigyn sobbalzò violentemente, guardandolo questa volta come se lui fosse stato un vero mostro.
Si aspettava che adesso fosse giunto il suo turno.
<< Perché gli asgardiani sono così prevedibili? >> le domandò invece, scuotendo il capo quasi fosse desolato per il gesto che aveva appena compiuto e ostentando una falsa noncuranza, tornò ad avvicinarsi a lei di qualche passo. 
Deglutendo a vuoto, la donna chinò leggermente il capo, chiudendo gli occhi in attesa di un colpo che, a dispetto delle sue più orride aspettative, non giunse mai.
Al contrario, sentì lo sguardo intenso del Dio degli Inganni che sondava il suo volto per un istante; poi la voce di quell'uomo alto e oscuro tornò a farsi sentire, non minacciosa né beffarda: << La guardia non è morta. Se non vuoi che ciò accada, ti conviene prenderti cura di lui ed in fretta 
anche. >>.
Quindi, senza aggiungere altro; senza stuzzicarla, ferirla o colpirla in alcun modo, Loki se ne andò in tutta fretta, dileguandosi oltre la porta d’entrata della camera nuziale, per lasciare l’esterrefatta e ancora tremante Sigyn sola, come se nulla fosse mai successo.
Ma qualcosa era successo e, sapendo che suo malgrado Loki aveva ragione e le sue ultime parole dicevano stranamente il vero, ella smise di pensare al pericolo che aveva corso e si avvicinò in fretta alla guardia colpita dal pugnale, chinandosi su di lui, cercando di individuare la gravità della ferita che il principe traditore gli aveva inflitto.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** The deception of Odin ***


Ancora una volta Loki stava correndo lungo i passaggi della residenza regale con la stessa agilità di un cervo inseguito da un lupo.
Una parte di lui pretendeva di restare nella camera nuziale e cercare di riprendere possesso delle sembianze di Theoric per continuare la propria messinscena.
Ma ormai quella ficcanaso dai capelli biondi aveva scoperto ogni cosa e non sarebbe certo stata dalla sua parte, aiutandolo a restare ad Asgard impunito.
Non aveva più nulla da fare lì.
Con una guardia ferita e quella Sigyn che conoscevano la sua vera identità, non poteva più sperare di nascondesi dietro alle sembianze del capitano degli Einherjar.
Inoltre quel giorno si era rivelato fin troppo movimentato per i suoi gusti e Loki non sopportava l’idea di dover restare ancora accanto a quella donna.
Era anche per colpa sua se il suo piano era fallito ed esso si era visto alla fine smascherato e costretto a darsi alla fuga come un vile ladruncolo di strada.
Scuotendo il capo per scacciare quei pensieri, dicendo a se stesso che doveva smettere di pensare a quella donna inutile che, grazie al cielo ben presto non sarebbe più stato costretto a vedere; Loki continuò a muoversi per i lunghi corridoi del palazzo, tenendo i sensi vigili e più attenti che poteva, cercando di udire nel silenzio qualche suono che avrebbe potuto rivelare la presenza di guardie.
Sembrava comunque che quella notte nessuno si stesse preoccupando più di tanto di tenere sorvegliato il palazzo di Odino.
Sif, Fandral, Hogun e Volstagg  erano stati spediti in missione su altri pianeti alla sua vana ricerca e molte delle guardie erano andate con loro.
Tutti credevano che Loki fosse fuggito, perciò nessuno si preoccupava di sorvegliare il palazzo.
Un lieve sorriso stirò gli angoli delle labbra del Dio degli Inganni.
Forse non tutto stava andando secondo i suoi piani, ma presto avrebbe potuto fare in modo che la situazione tornasse pienamente a suo favore.
Tempo.... Questo era quello di cui aveva bisogno e che continuava a ripetersi all'infinito... Lui aveva solo bisogno di un po di tempo e poi tutto si sarebbe sistemato.
Avrebbe avuto di nuovo il controllo completo degli eventi.
Doveva solo trovare un posto dove nascondersi per poter pensare con maggior facilità.
Pensare....
Era strano ed in un qual modo inquietante quanto questa semplice operazione gli risultasse difficile in quegli ultimi tempi.
Ma tutto era dovuto al vino, ovviamente.
Doveva solo riuscire a far cessare gli effetti dell'ubriachezza e poi....
Loki non riuscì a concludere quel pensiero; poiché, appena dopo aver svoltato ad un angolo, davanti a lui scorse un'ombra.
Arrestando di botto la sua corsa, Loki s'immobilizzò, trattenendo il fiato e scrutando le ombre con gli occhi spalancati.
Davanti a lui, la sagoma oscura che aveva visto solo un attimo prima si mosse adagio, avanzando appena.
La luce della luna che penetrava da una ampia balconata sin nell'immenso salone nel quale Loki era appena giunto, illuminava la figura sconosciuta da dietro, ma al Dio degli Inganni non occorse che un istante prima che esso riuscisse a comprendere di chi si trattava.
Il corpo atletico; il mantello rosso che si allargava alle sue spalle, mosso dal lieve vento della notte, il luccichio delle scariche elettriche che saettavano attorno al martello che impugnava nella solida mano....
La voce familiare che, all'improvviso ruppe il silenzio che era calato tutt'intorno a loro fu solo una conferma in più per il Dio degli Inganni che già aveva compreso con chi avesse a che fare.
<< Non un altro passo, fratello! >> tuonò, la voce di Thor, come la stessa tempesta che esso avrebbe potuto richiamare a sé grazie al suo prezioso martello, irrompendo a grandi passi nel vasto corridoio della residenza di Odino per fermarsi a pochi passi da Loki.
Uno dei lampi che scaturivano dal martello che esso impugnava, saettò con maggio forza nell'aria, illuminando il volto del Dio del Tuono e il principe dai capelli scuri riuscì a vedere la sua espressione dura e decisa.
Loki perse un attimo di tempo a domandarsi come il fratello avesse fatto a trovarlo.
Nessuno poteva sapere che lui era ancora ad Asgard.
Le uniche due persone che lo avevano visto fino ad allora erano la dama di corte dai capelli biondi e l'impulsivo e maldestro Einherjar che era andato nella stanza nuziale a cercare lo scomparso Theoric.
Le altre persone che vivevano nella Città Eterna avrebbero dovuto essere totalmente all'oscuro del suo nuovo, abile inganno; persino Thor e Odino.
Heimdall avrebbe potuto scorgere la sua presenza ad Asgard grazie alla sua formidabile vista, ma Loki escludeva che questo potesse essere possibile.
Fino a poco tempo prima lui era stato ben nascosto dietro alle sembianze di Theoric e quando la magia lo aveva tradito; sfuggendogli dalle mani come un uccello dalla propria gabbia, abbandonandolo proprio nel momento meno opportuno, Loki era stato ben attento a mascherare la sua presenza muovendosi quasi sempre nell'ombra.
Quando voleva era bravo a passare inosservato.
Ma se era stato così abile come lui credeva; allora perché adesso si ritrovava di nuovo fra i piedi il tanto odiato fratello maggiore?
Come aveva fatto Thor a sapere dove trovarlo?
Loki esitò ancora un istante, cercando di dare un senso a tutte quelle domande senza risposta; poi tuttavia si arrese, dicendosi che non era poi così importante.
Quello che contava ora era riuscire a sbarazzarsi di Thor il più in fretta possibile e per fare questo, Loki aveva solo un arma a sua disposizione: le parole.
Così, si rivolse direttamente al Dio del Tuono, parlando con voce sferzante e velata di ironia; sforzandosi di fare fronte all'improvvisa agitazione che lo aveva colto nello stesso momento in cui aveva visto il fratello dai capelli biondi bloccargli il passaggio: << Thor! Sei qui per accertarti della mia schiacciante vittoria su Theoric? >>.
Loki non voleva che Thor comprendesse che lui, in quel momento era parecchio confuso e in difficoltà, con i pensieri che, ancora una volta andavano per conto loro, senza riuscire a formulare idee chiare.
Perciò, cercava di mostrarsi sicuro di sé utilizzando le parole.
Era sempre stato bravo a confondere le altre persone con la sua lingua affilata: << Ebbene si; ho sopraffatto il grande capitano degli Einherjar. Ancora una volta sono riuscito a giocarvi tutti quanti. >>.
Rise lievemente, pur senza allegria; poi mentre quel sorriso si spegneva, indagò a voce più bassa: << Questa non te l'aspettavi, vero Thor? >>.
Strinse le labbra in una smorfia, rispondendo automaticamente alla domanda da lui stesso posta al fratello: << Certo che no. Tu mi hai sempre sottovalutato. >>.
C'era del rammarico nella sua voce, ma probabilmente Thor non lo notò neppure, poiché si affrettò a replicare: << E tu ti sei sempre sopravvalutato, Loki. >>.
<< Ah! >> Loki sogghignò di nuovo, sollevando il capo verso l'alto in un gesto di sfida.
<< Lo pensi realmente? >> domandò poi, aggrottando la fronte e osservando Thor con una certa supponenza nello sguardo acuto: << Non sono io che ho bisogno di mandare una guardia inesperta in avanscoperta, prima di agire. >>.
Fece una smorfia, aggiungendo: << Ti facevo più coraggioso, figlio di Odino. >>.
<< Non ho mandato io la guardia in avanscoperta. >> rivelò Thor sostenendo lo sguardo derisorio del fratello, facendo un gesto vago nell'aria con la mano nella quale impugnava Mjolnir : << Quel cadetto ha semplicemente disobbedito agli ordini. >>.
Per un istante Loki rimase immobile a fissare l'altro, quasi non avesse compreso le sue ultime parole.
Poi borbottò: << Ha parlato di un messaggio urgente... >>.
Inclinò leggermente il capo, osservando Thor come se volesse trapassarlo da parte a parte con la sola forza dello sguardo: <<...Da parte tua. >>.
Il Dio del Tuono già scuoteva il capo, mentre ancora Loki stava parlando e, alla fine spiegò: << Ha inventato tutto; presumo. Voleva fare l'eroe... >>.
<< Invece ha fatto la fine dello sciocco. >> l'interruppe Loki, sollevando un sopracciglio.
<< Tutto sommato, però, è stato gentile a procurarmi un'arma. >> così dicendo Loki estrasse il pugnale da sotto la tunica dove l'aveva nascosto, subito dopo averlo rubato, non visto, dalla stanza che aveva suo malgrado dovuto condividere con Sigyn, iniziando a rigirarselo fra le mani; mostrandolo deliberatamente al Dio del Tuono.
Questo rimase in silenzio per un attimo, soppesando la forza del fratello dai capelli scuri e la lieve minaccia che esso celava in ogni suo gesto; poi borbottò cupamente: << Fin troppo gentile. >>.
Loki continuò ancora per un istante a roteare il pugnale nella mano destra; senza mai allontanare lo sguardo dal fratello che, a sua volta lo osservava con Mjolnir sempre stretto in pugno.
Sembrava stessero studiandosi a vicenda; come se ognuno aspettasse che fosse l'altro a reagire per primo: un lupo e un leone che si contendevano lo stesso territorio.
Poi, stanco di aspettare, fu Loki a domandare seccamente: << Che cosa vuoi, Thor? >>.
<< Pensavo fosse evidente. >> disse Thor in risposta: << Sono qui per fermare la tua fuga da Asgard. >>.
<< Io non sto affatto fuggendo! >> replicò Loki; il viso magro teso per la collera improvvisa.
<< Non è quello che sembra. >> Thor scosse il capo, scostandosi una ciocca di capelli biondi che gli era finita sugli occhi e questa volta fu lui a sorridere, mentre continuava: << Se non sbaglio hai qualche problema ultimamente a governare i tuoi poteri; vero Loki? >>.
Il Dio degli Inganni fulminò l'altro con lo sguardo, puntandogli addosso i suoi occhi verdi con insistenza: << Tu che ne sai? >>.
Thor si strinse nelle spalle, spiegando con una calma che serviva solamente a far irritare Loki più del necessario: << Attento ai dettagli come sei sempre stato, a quest'ora ti saresti già cambiato d'abito indossando la tua armatura; solamente per fare più scena. Invece non l'hai fatto. >>.
<< Sai, Thor, ho sempre saputo che eri uno stolto, ma non immaginavo arrivassi a tanto. >> borbottò Loki, parlando in fretta; come se desiderasse solamente trovare una giustificazione con cui ribattere contro alle parole di Thor.
Odiava quando il fratello voleva mostrarsi più scaltro di lui e voleva fare in modo che Thor smettesse di fingere di sapere tutto di lui; perché ovviamente non poteva conoscere come stavano realmente i fatti.
<< Non ci vuole poi molto per capire che non sto cercando assolutamente di farmi notare ma semmai è esattamente l'opposto. >> continuò Loki, gesticolando vagamente per enfatizzare le proprie parole: << Se indossassi la mia armatura sarebbe come se mi mettessi ad urlare a squarciagola dai balconi di Asgard, annunciando a tutti i sudditi che sono ancora sano e salvo e sono esattamente qui. >> indicò il pavimento sotto ai suoi piedi.
<< Sarebbe un vero e proprio invito a farmi catturare. >> concluse, fissando Thor in attesa di una sua risposta.
<< No, Loki. >> Thor tornò a scuotere la testa: << Tu stai mentendo ed io lo so. Non è per astuzia che non indossi la tua armatura, ma perché non puoi. >>.
<< Vorresti forse farmi credere che tu sai qual'è il motivo per cui accade questo, Thor? >> lo interrogò Loki, smettendo di fingere e squadrando l'alta figura del Dio del Tuono dalla punta dei capelli fino a quella degli stivali.
Thor sorrise di nuovo; anche se non sembrava affatto divertito da quello che stava per dire: << è naturale che lo so. >>.
<< Naturale. >> ripeté Loki facendogli quasi il verso.
S'interruppe un istante con un espressione fortemente dubbiosa sul viso.
<<....Spiegati meglio. >> lo incitò poi.
La sua voce si era adesso fata più profonda, mentre lui osservava Thor con il capo chinò, in volto impressa un espressione ben poco amichevole.
Temeva di ascoltare la risposta, ma voleva sapere la verità.
Non fece tuttavia nemmeno in tempo a concludere quella frase, quando uno scalpiccio di passi affrettati ruppe la tranquillità che albergava nel palazzo e alle sue spalle, dallo stesso corridoio che lui aveva percorso solo pochi attimi prima, fece la sua comparsa la esile sagoma di una donna.
Una donna che Loki riconobbe al primo distratto sguardo: Sigyn.
Il Dio degli Inganni s'irrigidì completamente.
Che cosa ci faceva lei li?
Aveva creduto che ella non si sarebbe più azzardata a lasciare la camera dove lui l'aveva abbandonata, impaurita e confusa.
Le aveva dato anche un compito da portare a termine; per evitare che lei potesse avere la incauta idea di seguirlo; ma a quanto sembrava a quella donna non importava poi molto della sorte di uno solo delle guardie di Odino.
<< Hai già finito di badare all'Einherjar ferito? >> le domandò Loki, riuscendo anche in un momento come quello a rivolgere alla donna uno dei suoi sorrisi più sarcastici e insinuanti, facendo fronte allo stupore che lo aveva colto non appena l'aveva vista sopraggiungere nella sala, con il lungo vestito in disordine ed i capelli fuori posto: << Ho l'impressione che tu non ti sia data poi molto da fare se sei già qui. O forse sei una guaritrice più scarsa di quanto immaginassi e la guardia è già morta? >>.

Sogghignò lentamente, guardandola con aria incuriosita.
Nell'udire quelle parole sferzanti rivolte direttamente a lei, e nel vedere Loki, Sigyn s'immobilizzò di colpo, smettendo di correre.
Chinò leggermente il capo e non rispose.
Allora il sorriso del Dio degli Inganni si accentuò ulteriormente; mentre traeva una piccola ma appagante soddisfazione nel constatare che su di lei, le sue parole sortivano sempre l'effetto desiderato.
Era così facile sottometterla a lui; temeva troppo la sua collera e ciò che lui avrebbe potuto farle se ella non si fosse comportata come lui desiderava.
<< Oh, probabilmente ho indovinato, vero? >> ghignò con aria malefica e pareva quasi che trovasse quella prospettiva assai divertente.
Quella sua ilarità ebbe tuttavia una vita breve; poiché alle spalle della giovane donna comparvero all'improvviso le sagome di tre Einherjar armati.
<< Ti sbagli! >> esclamò in fretta uno di essi, che aveva udito ogni parola pronunciata dal Dio degli Inganni: << Il nostro compagno non è morto, come tu sembri augurarti. è vivo e Lady Sigyn non l'ha affatto abbandonato. >>.
Non appena nel suo campo visivo erano entrate le sagome delle tre guardie, il volto di Loki si era improvvisamente incupito mentre nella sua mente si insinuava in fretta un tremendo sospetto.
Forse la donna non era poi tanto sciocca e sottomessa come aveva immaginato.
Forse era stata persino più furba di lui.
A quel pensiero, Loki tremò per la collera.
Nessuno poteva riuscire a prendersi gioco di lui.
Nessuno...
<< Tu! >> sbottò contro la ragazza, muovendo un minaccioso passo verso di lei: << Tu hai condotti questi Einherjar sino a me! Per questo hai lasciato la stanza senza badare alla guardia ferita. Avevi altro per la mente e sei riuscita a non farmelo intuire. >>.
Pareva quasi sconvolto da quella rivelazione che lui stesso stava immaginando.
<< Sei andata a rivelare ogni cosa a Thor >> indicò vagamente il fratello che, ora alle sue spalle, continuava a tenere Mjolnir stretto in pugno, senza mai staccare lo sguardo di dosso all'altro uomo. << Poi, non soddisfatta hai anche dato l'allarme a tutte le guardie del palazzo! >> continuò Loki furibondo.
Stava urlando adesso, ma non gli importava.
Che lo sentissero le guardie.
Che lo sentisse Odino.
Era stanco di venire ostacolato da quella sciocca donnicciola.
Stanco di fare la figura dell'idiota: << Dunque è così che mi ripaghi per averti lasciata libera? Avrei benissimo potuto fare di te ciò che volevo. Avrei potuto colpirti e ferirti e farti soffrire fino a quando avresti implorato pietà, ma.... >>.
Di colpo smise di palare, battendo le palpebre come se le sue stesse parole gli avessero fatto comprendere qualcosa di importante.
Poi aggiunse con voce meno astiosa, come se esso stesso si sorprendesse di quell'ammissione: << Ma non l’ho fatto.... >>.
<< Già, Loki. Perché non l’hai fatto? >> ad aver parlato questa volta non era stato Thor; ma una voce più stentorea e autoritaria: quella inconfondibile del Padre degli Dei che era sopraggiunto proprio in quel momento nella sala.
Dietro di lui una fila di sagome dai contorni indistinti emersero dall'oscurità del vasto corridoio, avanzando in file ordinate a passo di marcia.
Tre, sei, nove, dodici...
Loki rimase ad osservarli mentre a uno a uno emergevano dalle ombre che avvolgevano il palazzo a quell'ora tarda della notte.
Sebbene la luce fosse poca, il Dio degli Inganni li riconobbe immediatamente.
Erano tutti Einherjar con le loro scintillanti corazze che mandavano lievi bagliori anche alla scarsa luce della luna; gli elmi calati sul capo; lance e spade strette fra le mani.
Non dissero una parola, mentre sfilavano dietro al Padre degli Dei, ma i loro occhi erano fissi sul Dio degli Inganni e, in essi, ovviamente non c'era alcuna sfumatura amichevole.
No. No. No.
Non andava affatto bene.
Ancora una volta stava perdendo il controllo su tutto.
Loki strinse i denti, frustrato.
<< Padre?! >> Thor sembrava stupito di udire quella domanda quanto lo era lo stesso Dio degli Inganni.
<< Non mi sembrava avessi degli scrupoli di coscienza a fare del male alle altre persone. >> continuò Odino, ignorando completamente Thor ma avvicinandosi di qualche altro passo a Loki che, invece di dare una risposta alla domanda che il Padre degli Dei gli aveva appena posto, fissò i suoi occhi verdi, malevoli sul suo volto; sibilando: << Odino. Mancavi giusto tu all'appello. Adesso la famiglia è proprio al completo. >>.
Il fatto era che nemmeno lui sapeva perché avesse deciso di lasciare libera Sigyn.
Andando contro ogni ragionevole logica, quella fanciulla debole ed inutile riusciva a confondergli le idee come pochi altri individui.
Accanto a lei Loki si sentiva scoperto; vulnerabile.
Prima di lei solo Frigga ci era riuscita.
Forse l’aveva erroneamente valutata troppo debole ed impaurita.
Aveva sbagliato una volta di troppo.
Così, indurendo il proprio cuore, Loki ripromise a sé stesso che la prossima volta che avrebbe incontrato una donna sulla sua strada, per quanto bella, gentile o impaurita potesse mostrarsi, non si sarebbe mai concesso di compiere un altro errore del genere.
Tornò a rivolgere un'occhiata glaciale verso Sigyn; che adesso lo guardava immobile a pochi passi di distanza dal plotone di Einherjar che l'avevano seguita fin li insieme a Odino.
<< Sei stata brava; devo ammetterlo. Hai recitato bene la parte della donnicciola spaventata solo per poi pugnalarmi alle spalle. >>.
Sigyn scosse il capo ed appariva quasi desolata; come se volesse in qualche modo controbattere alle fredde parole che l'altro le stava rivolgendo; difendendosi o forse persino scusandosi con lui.
Stava quasi per socchiudere le labbra e parlare, quando Thor la precedette, annunciando deciso: << Lady Sigyn non ha fatto proprio nulla, Loki. Non è a lei che devi imputare questi fatti ma a me e a nostro padre! >>.
Loki tornò a volgere lo sguardo sul Dio del Tuono, domandando: << Quello che mi domando è come abbiate fatto quindi a capire che mi ero sostituito al vero Theoric. Come sapevate che avrei tentato di andarmene proprio questa notte; per questo corridoio? La donna non ha urlato, non è scappata e, da quello che affermate non è venuta a dare l'allarme. è stato forse di nuovo Heimdall a notare le mie mosse? >>.
<< Non questa volta. >> rispose immediatamente Thor.
<< Allora come....?! >> fece per chiedere ancora una volta Loki, ma venne immediatamente zittito da Odino che replicò con estrema calma: << Allora avevamo semplicemente previsto un tuo possibile ritorno, Loki. >>.
<< Sospettavamo già di te, fratello. >> gli fece eco Thor, annuendo.
<< Sospettavate di me?! >> Loki adesso sembrava veramente stupito; anche se non voleva credere a quello che sentiva.
La sua incertezza durò tuttavia solamente pochi attimi, prima che esso tornasse a schernire il fratello dai capelli biondi: << E dimmi, Thor, da quando hai delle intuizioni così brillanti? >>.
<< Da quando il mio amico Theoric ha iniziato a comportarsi come un estraneo. >> rispose semplicemente l'altro, indurendo un poco la propria voce.
<< Pensavo di aver interpretato bene la parte. Da quel che ho appreso Theoric è un vero ubriacone. >> ghignò Loki, scoccando un'occhiata frettolosa a Sigyn, per osservare la sua reazione.
Ella non aveva mosso un solo passo da quando aveva raggiunto lui e Thor nell'immenso salone dove ora si trovavano ad affrontarsi.
Sembrava tesa e attenta a tutto quello che succedeva e seguiva lo scontro verbale tra i due fratelli ed il Padre degli Dei con il cuore in gola.
<< Ama il buon vino; tutto qui. >> disse Thor, costringendo Loki a tornare a guardare verso di lui: << E per lo meno lui sa reggerlo; non come te, fratello. >> sorrise appena: << Dopo due bicchieri eri già stravolto. >>.
Ed allora, a quelle parole, un'improvvisa idea si accese nella mente del Dio degli Inganni.
<<...Il vino... Ma certo! >> sussurrò con un filo di voce, iniziando a spostare lo sguardo in modo febbrile e sfuggente, come se di colpo avesse iniziato a vedere nella stanza fantasmi noti a lui soltanto.
Batté le palpebre più volte, come per scacciare un velo che glie li appannava, poi sbottò, mentre la sua voce tornava a farsi furiosa e insistente: << Che cosa mi hai dato? Che cosa c’era nel vino? Una droga? Un veleno? >>.
<< Nulla di tutto ciò. Ti assicuro che quello era solo comune vino, Loki. >>.
<< Tu menti! >> lo accusò il Dio degli Inganni, fremendo di collera e sdegno.
<< è strano sentir dire da te un’accusa simile, fratello. >> mormorò Thor abbassando lo sguardo al suolo: << Comunque no; ti sbagli. Sai bene che mentire non è mai stata una mia vocazione, ma esclusivamente tua. >>.
<< Allora... No... Non è possibile….. La guaritrice?! L’unguento che ella mi ha spalmato sulla ferita era…. >> Loki non riuscì a concludere la frase.
Era troppo irritato con sé stesso e con tutti quegli asgardiani che lo circondavano.
Troppo livido di rabbia persino per continuare a parlare.
<< Esatto, Loki. >> confermò Odino, rivelando a voce alta quelli che erano i pensieri del principe dai capelli corvini e lo sguardo tormentato: << Era un inibitore di sensi. Come ti senti ora? Un po’ confuso, direi. >>.
Ecco spiegato con poche parole il motivo per cui in quelle ultime ore Loki aveva iniziato a comportarsi in maniera non proprio assennata.
Non era da lui lasciarsi sopraffare dalle emozioni.
Non era da lui bere tanto da perdere il controllo.
Ma ora tutto si spiegava.
Era stato ingannato; guarito dalle ferite ma al contempo drogato con erbe che rendevano chiunque ne venisse a contatto confuso, stordito, impulsivo....
Mentre una furia silenziosa si impadroniva di lui, Loki si diede del perfetto idiota ad aver lasciato che il Padre degli Dei lo manipolasse a quel modo.
Era cascato nella sua trappola senza riflettere, troppo esausto e dolorante per rinunciare a quelle cure che gli erano state offerte.
Cure che però erano anche un vero e proprio inganno.
<< Voi….. >> Loki digrignò i denti, mentre muoveva un lento e incerto passo a ritroso, sollevando i suoi occhi verdi bruciante di collera prima su Thor, poi su Odino ed infine su Sigyn che fu l'unica, quando i loro sguardi s'incontrarono ad abbassare in fretta il proprio, intimorita: << Voi mi avete ingannato! >>.
<< Ti abbiamo solamente ripagato con la tua stessa moneta. >> lo contraddisse in fretta Odino.
<< Quando hai lasciato le sembianze di mio padre e sei fuggito dalle prigioni con lo scettro dorato, Heimdall ha subito intuito il tuo nuovo piano. >> rivelò Thor: << Volevi fuggire attraverso il Bifrost, approfittando del fatto che il suo custode non era più in grado di bloccarti il passaggio. >>.
<< No. >> Loki scosse lentamente il capo, mentre la sua voce si faceva profonda, tetra: << Voi non potete aver previsto le mie mosse…. >>.
<< Abbiamo imparato a conoscerti, fratello. >>.
<< Voi credete di conoscermi?! >> puntualizzò lui, cercando in tutti i modi di non mostrarsi confuso e impreparato alle loro affermazioni.
<< Noi siamo certi di conoscerti, Loki. >> la risposta di Thor fu immediata: << Come puoi vedere anche tu stesso, non ci siamo sbagliati questa volta. >> s'interruppe un istante, prima di continuare, ammettendo: << Non avevamo previsto ogni tua azione, questo è naturale, ma gran parte si. Certo, non sospettavamo che tu avessi addirittura preso il posto di Theoric. >>.
<< Allora perché avete ordinato alla guaritrice di drogarmi? >> continuò a domandare Loki, mentre i suoi occhi verdi si socchiudevano, sospettosi: << Perché avete mandato quella guardia negli alloggi nuziali? >>.
<< Erano solo precauzioni. >> disse il Padre degli Dei con un vago gesto della mano: << Da quando eri fuggito dalle prigioni dove mi avevi rinchiuso sotto incantesimo, non potevamo più permetterci di fidarci di nessuno e Theoric era stato indubbiamente l’ultimo che ti aveva visto. Se quello che la guaritrice stava medicando fosse stato il vero Theoric, non avrebbe risentito dell’effetto delle erbe inibitrici, perché non usava la magia ed esse sono fatte proprio per ostacolare la buona riuscita degli incantesimi e diminuire la concentrazione di chi li vuole usare. Ma dato che tu hai usato la magia, Loki, le erbe si sono limitate a scoprire la tua vera natura. >>.
<< Eravamo pronti a questa possibilità. >> commentò Thor a voce bassa.
<< Questo non te lo aspettavi, vero fratello? >> gli chiese poi, sorridendo appena, senza la benché minima nota di soddisfazione nella propria voce, ripetendo la stessa domanda che poco tempo prima Loki aveva posto a lui.
<< Te l’ho già detto. Smettila di chiamarmi fratello! >> urlò Loki di rimando; accorgendosi troppo tardi di star perdendo di nuovo il controllo.
Aveva appena finito di pronunciare quelle parole, quando inaspettatamente Sigyn corse dinnanzi a lui, frapponendosi fra il Dio degli Inganni e Thor.
Sul suo volto era apparsa adesso un'espressione confusa, quasi scioccata, mentre si volgeva verso il Re di Asgard e il suo erede.
<< Principe Thor, Padre degli Dei, voi... >> aveva la voce tremante mentre parlava: << Voi avete lasciato che io mi sposassi con.... >> si volse a guardare Loki che, esterrefatto dalla sua inaspettata azione, la guardava immobile con i suoi occhi verdi fissi su di lei: << Con quest'uomo pur sapendo che... >> esitò, singhiozzando, poi cercando di mantenere la calma, tornò a volgersi verso Thor e Odino, continuando: << Che poteva non essere il vero Theoric..?! Avreste lasciato persino che io consumassi la notte di nozze al suo fianco?.... >>.
La voce le mancò ed ella scosse la testa, agitando i lunghi capelli biondi, incredula e tremendamente confusa.
<< Confidavamo nel fatto che il medicamento avesse agito prima di dover giungere a tanto. >> mentre pronunciava queste parole, quasi con fare distaccato, Odino mantenne l'occhio buono fisso su Loki, come se Sigyn non fosse lì dinnanzi a lui.
Thor, invece, nell'udire quella domanda, pronunciata dalla giovane donna con lo stesso tono di un'accusa, abbassò per un istante lo sguardo, facendosi pensieroso.
Strinse con forza la mano sull'impugnatura del martello Mjolnir; quindi mormorò rivolto alla donna: << E ci auguravamo che mio fratello non fosse tanto perverso da metterti le mani addosso. >>.
Così dicendo il Dio del Tuono rivolse una breve occhiata distratta verso Loki.
Ma lui già non ascoltava più le parole che la donna, Thor e Odino si stavano scambiando.
Il Dio degli Inganni aveva invece iniziato a riflettere; disinteressandosi quasi immediatamente alla scenata della giovane dama di corte.
Stava ripensando alle rivelazioni che il Padre degli Dei e Thor gli avevano fatto solo qualche istante prima.
Avevano ammesso di aver usato su di lui delle erbe; perciò ora Loki sapeva che erano queste a renderlo tanto avventato quanto irascibile.
Lui non amava ciò che non poteva controllare e sospettava che fosse difficile per chiunque dominare il potere di quelle erbe inebrianti che confondevano l'animo e la mente.
Ma senza dubbio lui non era chiunque e ora che sapeva contro cosa doveva combattere; ora che sapeva che non era solo colpa sua se aveva perso quasi totalmente il controllo sulle sue azioni, iniziava già a sentire la mente più libera.
Iniziava già a riacquistare il controllo su se stesso.
Nulla era perduto.
Ancora una volta era stato scoperto, i suoi inganni messi a nudo, ma lui poteva sistemare le cose.
Poteva ancora riuscire a ribaltare la situazione a suo favore e certo non si sarebbe arreso tanto facilmente.
Prima non sapeva contro cosa combatteva.
Si era lasciato confondere e irretire dalla droga e dal vino, ma non sarebbe più accaduto.
Gli occhi di Loki lampeggiarono, mentre l'uomo scrutava i contorni dell'ampia sala attorniata dalle terrazze, sul quale si trovava quasi a cercare una via di scampo dal proprio turbamento, sforzandosi freneticamente di mettere insieme un nuovo piano dei suoi; un nuovo inganno da perpetrare ai danni della giovane donna, di Thor e del resto degli Asgardiani.
Tutti loro erano così ciechi da poter cascare in una qualsiasi delle sue menzogne, persino la più banale.
Il problema era che al momento Loki aveva l'impressione che la sua mente fosse bloccata e qualunque ragionamento lui provasse a fare, fosse impossibile da completare.
Inoltre sentiva il violento desiderio di sfogare la sua rabbia contro qualcosa o qualcuno.
Si era lasciato ingannare come un novellino;  lui che degli intrighi e dei sotterfugi si reputava un maestro.
Aveva permesso a Thor e a Odino di manovrarlo al pari di quella donna senza cervello che aveva accanto.
Lei; già.
Era colpa sua.....Colpa di quella Sigyn se il suo piano stava ancora una volta miseramente fallendo.
E all'improvviso, con questi cupi pensieri che gli affollavano la mente, Loki decise che era proprio lei quella su cui avrebbe dovuto sfogare la sua collera; perché se lo meritava.
Voleva ferirla, umiliarla, farla sentire debole e inutile  davanti agli occhi di tutti.
Poco importava se quella sarebbe stata solo una misera vittoria in confronto a tutto il resto.
Per il momento poteva bastare e lei poteva rimediare agli errori compiuti, diventando un oggetto nelle mani di Loki; il suo passaporto per la libertà.
E all'improvviso, l'idea giunse.
A pochi passi da lui, il corpo esile della donna che esso si era visto costretto a sposare, tremava leggermente, mentre ella continuava a guardare la scena, con l'espressione sconvolta di chi si sentiva profondamente tradito.
Evidentemente, pensò Loki, era troppo terrorizzata e stordita per riuscire a muovere anche un solo passo a ritroso.
Non sarebbe mai fuggita da quella sala e forse.... Forse la vicinanza di quella donna avrebbe potuto rivelarsi utile per una volta.
Nulla era segnato; e la presenza di quella donna, lì, nel bel mezzo di una disputa fra guerrieri, faceva esattamente al caso suo.
Quella sarebbe stata la sua unica occasione per ribaltare ancora una volta la sorte a suo favore e lui non poteva permettersi di sbagliare.
Non questa volta.
Sigyn aveva distratto Thor, Odino e tutte le guardie il tempo necessario a permettere a Loki di muoversi non visto.
Così, prima che chiunque potesse intuire ciò che il Dio degli Inganni aveva intenzione di fare, esso afferrò Sigyn, passandole un braccio attorno alla vita e attirandola a sé con una velocità disarmante, sotto lo sguardo allibito di tutti i presenti, con un solo movimento le portò il pugnale alla gola.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Like a nightingale in cage ***


La lama del pugnale stretto nella mano di Loki brillò minaccioso sulla gola della giovane donna e Sigyn singhiozzò leggermente nell'avvertirne il contatto gelido contro la propria pelle.
Era accaduto tutto tanto rapidamente che ella non aveva potuto fare niente per sfuggire alla presa salda del Dio degli Inganni.
Lui le si era avvicinato senza produrre alcun suono, agile come un felino e quando Sigyn aveva avvertito il braccio forte dell'uomo che le circondava la vita aveva sentito il proprio cuore mancare un battito.
Non aveva avuto bisogno di guardarsi alle spalle per comprendere di chi fosse quella mano che le stringeva la vita con forza quasi eccessiva, trascinandola con se lontano da Thor e dal Padre degli Dei.
Aveva subito capito che era Loki ad averla raggiunta e contemporaneamente si era resa conto dell'errore che aveva commesso mettendosi fra lui e il Dio del Tuono.
Ma sopratutto, ciò che ella non avrebbe mai dovuto fare, era voltare le spalle al Dio degli Inganni.
Si era comportata come una vera e propria sprovveduta, troppo presa dall'orribile pensiero che Odino, pur sapendo che lei era andata in moglie a Loki e non al vero Theoric, l'avesse lasciata comunque sola in compagnia di quell'impostore, per tutto quel tempo.
L'aveva lasciata alla mercé del fratello pazzo di Thor; di quello che tutti evitavano e temevano come uno dei più crudeli guerriero venuto dalle lande desolate della tanto temuta Jotunheim.
Quella rivelazione l'aveva sconvolta a tal modo che Sigyn si era dimenticata che Loki era ancora presente nella sala e che la stava osservando con quei suoi occhi verdi, indagatori e acuti.
Quando lui l'aveva afferrata per la vita, Sigyn aveva puntato i piedi scalzi al suolo, opponendo resistenza con tutta la forza che possedeva, cercando di evitare quello che ormai era già segnato.
Ma poi lui, in un lampo le aveva puntato contro alla gola il pugnale; quella stessa arma che lei, poco prima aveva usato contro di lui nella stanza matrimoniale, cercando di dissuaderlo; sperando di obbligarlo a dirgli che fine avesse fatto il vero Theoric.
Allora, Sigyn non aveva potuto fare nient'altro che smettere di opporsi.
Adesso, se ne stava perfettamente immobile nella stretta possessiva e brutale del Dio degli Inganni, quasi senza respirare, timorosa che se solo avesse mosso un muscolo, lui avrebbe affondato la lama, togliendole la vita.
Alle sue spalle, Loki si concesse un lungo sorriso trionfante, nel vedere l'espressione confusa e allarmata che riempì gli occhi di Thor e degli Einherjar lì presenti.
Nessuno si era aspettato quella sua mossa e questo era un bene.
Loki da un lato, con Sigyn stretta fra le braccia; Thor, Odino e il gruppo di Einherjar dall'altra, si fronteggiarono per un attimo senza che nessuno osasse parlare.
Poi, fu il Dio degli Inganni a muoversi per primo.
<< Dimmi, Lady Sigyn, come ci si sente ad avere un pugnale puntato contro? >> domandò all'improvviso e la giovane donna dai lunghi capelli biondi, stretta in quel suo abbraccio crudele, sobbalzò violentemente.
Il sorriso cupo del Dio degli Inganni si accentuò, mentre esso si rendeva conto con una punta di cattiveria che era davvero riuscito a spaventarla.
<< Non è una bella sensazione, vero? >> continuò, piegandosi verso la donna e abbassò la voce fino a farla diventare un sussurro appena percettibile.
<< Lasciami andare! >> urlò lei, agitandosi di nuovo fra le sue braccia, scalciando terrorizzata.
<< Non ti facevo così combattiva. >> replicò Loki digrignando i denti, cercando di tenerla avvinta a sé, senza badare alla propria forza; a quanto le stringesse le braccia e la vita: << Comunque non sperare che ascolti la tua richiesta. Tu mi servi ancora. Fin quando sarai così vicina a me, Thor non oserà colpirmi. Giusto, Dio del Tuono? >>.
Gli occhi verdi che Loki sollevò vero il fratello dai capelli biondi erano crudeli e colmi di una fredda minaccia che esso non tentava minimamente di dissimulare.
<< Loki.... Abbassa il pugnale e allontanati da Lady Sigyn. >> ordinò immediatamente Thor, muovendo qualche passo verso il principe dai capelli neri.
<< E se io decidessi di non ascoltare il tuo consiglio, Thor? >> domandò immediatamente Loki, aggrottando la fronte: << Sai che non è mai piaciuto prendere ordini dagli altri; sopratutto se a impartirmeli eri tu; l'orgoglioso figlio di Odino che crede sempre di fare la cosa giusta. >>.
La sua voce si indurì: << Che vuole sempre salvare il mondo. >>.
Poi un sorriso gelido come l'inverno gli stirò le labbra sottili: << Dimmi, valente Thor. Che cosa faresti se decidessi di non ascoltare le tue parole? >>.
Come sempre la collera era amica di Loki ed in quell'istante lui era molto infuriato.
Infuriato perché si era lasciato ingannare come uno sciocco da Thor e da Odino.
Infuriato con Sigyn perché non lo aveva aiutato nella propria messinscena ma, al contrario, si era messa contro di lui, ostacolandolo per ben due volte.
La collera era quasi sempre un motivo di distrazione per gli altri, ma non per Loki.
Al contrario, lo aiutava a pensare con maggior lucidità e freddezza e in quel momento lo stava aiutando ad allontanare gli effetti del vino e delle erbe inibitrici; a ragionare con maggior lucidità e con la sua solita astuzia.
<< Se tu decidessi di non ascoltare le sagge parole di mio figlio, ti ritroveresti con le lame di mille spade Einherjar puntate al cuore! >> Odino non si mosse, ma continuò a scrutare il figlio dai capelli neri, con l'aria solenne e severa di chi ha capito ogni cosa e ha già la situazione in pugno.
Negli occhi di Thor adesso c'era una profonda collera, mista a qualcos'altro, forse dolore nel constatare che il fratello sembrava essere ancora più folle dell'ultima volta che lo aveva visto.
In quelli del Padre degli Dei, invece c'era soltanto indifferenza.
Sembrava che a lui, al contrario del figlio prediletto, non importasse molto della sorte di quella donna che Loki teneva imprigionata.
Stringendo le labbra con astio, Loki mosse qualche passo a ritroso, trascinando con sé Sigyn.
Poi, senza mai staccare lo sguardo da Thor e dal Padre degli Dei, le domandò: << Che cosa ti avevo detto riguardo gli Einherjar? >>.
Sigyn non rispose, ma chiuse gli occhi per un istante, cercando di evitare di tremare al contatto della lama gelida sul suo collo.
Voleva essere coraggiosa; per opporsi al fratello oscuro di Thor, ma non riusciva a smettere di pensare all'arma affilata con la quale l'uomo alto alle sue spalle la stava minacciando.
<< Te lo ricordi, vero? >> continuò ad insistere Loki, strattonandola per poter avvicinare le sue labbra ad un soffio dall'orecchio destro di lei.
<< Mi... Mi dicesti che erano.... >> Sigyn esitò, la sua voce ridotta ad un sussurro spaventato.
<< Che cosa? >> le domandò di nuovo Loki: << Dillo, avanti! >>.
<< Erano miei nemici. >> sussurrò Sigyn con voce tremante.
<< Esatto, ed ora non trovi che lo siano veramente? Anche Thor... E Odino?! Loro ti hanno mentito e ingannato; così come hanno ingannato me. Loro sapevano che sotto alle sembianze di Theoric c'ero in realtà io, ma ti hanno comunque lasciata sposare con me; senza badare a ciò che avrebbe potuto accaderti. >>.
La sua voce si faceva di minuto in minuto sempre più insinuante, mentre Loki ritrovava la propria fiducia in sé stesso; il proprio lato più menzognero e astuto: << Tu per loro non sei nulla, Sigyn. Vogliono solo usarti come se tu fossi una marionetta. Usarti per riuscire a catturare me. >>.
Se fosse riuscito a convincere la donna che Odino e Thor non erano i buoni, lei avrebbe potuto aiutarlo nella sua fuga.
Con quella donna dalla sua parte, dubitava che il Padre degli Dei avrebbe osato continuare ad inseguirlo.
Anche Thor avrebbe esitato; perché Loki sapeva che nessuno dei due sarebbe stato tanto crudele da rischiare di fare del male ad una giovane donna.
Poco importava se lui la odiava per ciò che fino ad allora lei gli aveva fatto; perché aveva osato ostacolare i suoi piani, distruggendo l'illusione a cui esso aveva ancora una volta dato vita.
Avrebbe sopportato la sua vicinanza, almeno fin quando sarebbe stato lontano da Asgard.
Le avrebbe fatto credere di stare dalla sua parte e poi, l'avrebbe tolta di mezzo una volta per tutte.
<< Odino ed il principe Thor non mi hanno mai minacciata con un pugnale puntato alla gola. >> mormorò all'improvviso ella, con la voce ridotta ad un sussurro appena percettibile: << Se desideravano qualcosa da me non hanno mai dovuto fare null'altro che chiederlo con gentilezza. >>.
Scosse il capo, disperata.
<< Gentilezza? >> scattò Loki, scuotendola con forza per le spalle: << è stato forse una gentilezza da parte loro lasciarti sposare a me? è stata una gentilezza farti passare la notte in mia compagnia? Avremmo potuto consumare la notte di nozze come nostro dovere e tu, non avresti nemmeno mai immaginato di giacere con me invece che al fianco del tuo Einherjar prediletto. >>.
<< Loki. >> lo ammonì il Dio del Tuono, come se in quel momento il nome del fratello risultasse alle sue orecchie particolarmente odioso.
Mosse un passo in avanti e sollevò appena Mjolnir verso l'alto.
Immediatamente una miriade di piccole scariche elettriche attraversarono l'aria.
Voleva far tacere il fratello e tutte le parole insidiose che stava rivolgendo a Sigyn.
Aveva evidentemente capito il gioco di Loki e voleva impedire che lui riuscisse ad ingannare la donna con il solo suono della sua voce; con quelle parole per molti versi assai veritiere e perciò ancor più convincenti.
<< Stammi lontano Thor! >> lo ammonì l'altro, premendo con maggior forza la lama affilata del pugnale sul collo esile di Sigyn, che agitandosi leggermente fra le sue braccia, non riuscì a trattenere un singulto terrorizzato.
<< Ci conosciamo abbastanza, tu ed io, per sapere ciò di cui siamo capaci. >> continuò il Dio degli Inganni: << Posso farle davvero male se voglio e tu lo sai. Meglio se mi lasci andare subito, senza minacce....>>.
<< L'unico che minaccia qui, sei tu, Loki. >> affermò Thor mantenendo i suoi occhi azzurri come il cielo fissi sull'altro uomo dai capelli corvini e sul suo ostaggio.
Loki sorrise cupo: << Non illuderti di riuscire a essere più veloce di me. >>.
<< Non voglio essere più veloce di te. >> mormorò Thor, scuotendo lentamente il capo: << Voglio solo che tu non ti muova. Altri Einherjar stanno già arrivando, insieme a Sif e ai tre guerrieri e.... >>
<< Pensavo che Sif e gli altri fossero sparpagliati per la galassia alla mia ricerca. >> lo zittì Loki bruscamente.
<< Sono già stati richiamati da Heimdall ad Agsagrd. >> fu Odino questa volta a rispondere, muovendo un breve passo in avanti, con lo scettro dorato ben saldo fra le mani: << Fra non molto saranno qui. >>.
<< Per questo il guardiano del Bifrost non è ancora accorso qui con voi per cercare di impedire la mia fuga. >> comprese Loki tutto a un tratto.
Thor annuì: << Lui è rimasto al Bifrost per aprire e chiudere il passaggio ai guerrieri e quando saranno tornati, non potrai più nasconderti dietro a Lady Sigyn. >>.
<< Quando arriveranno, me ne sarò già andato. >>.
Il disprezzo nello sguardo del Dio degli Inganni si tramutò in odio, mentre esso puntava i suoi occhi verdi, brucianti di collera sul fratello.
<< Tu prova solo ad ostacolarmi, Thor e.... >> non concluse la minaccia, ma spinse la lama del puganle ancor più vicina alla pelle delle gola di Sigyn, che ansimò: << No.... No ti prego.... >>.
<< Smettila! >> urlò rivolto ancora una volta alla donna: << Smettila di piagnucolare! >>
Il bel volto di Sigyn sbiancò, mentre il Dio degli Inganni aumentava la stretta.
<< Se le farai del male, ti riterrai soddisfatto, fratello? >>.
Thor guardava adesso il fratello minore con ira, senza più alcuna ombra di affetto nei suoi confronti e il Dio degli Inganni ricambiò il suo sguardo.
Ma poi distolse per primo gli occhi, fissando per un istante il pavimento.
La tensione nell'aria era quasi visibile, attraverso le piccole scariche di elettricità che a tratti attraversavano il metallo di Mjolnir, sempre fermamente impugnato dal Dio del Tuono.
<< Lasciami la via libera, Thor. >> disse Loki, senza rispondere alla domanda dell'altro.
Thor non rispose e rimase in silenzio ad osservare il fratello ancora per qualche attimo; studiandone l'espressione dura; i lineamenti tesi del volto pallido.
Quindi, dopo un altro attimo di esitazione, il Dio del Tuono iniziò ad avanzare.
Loki sentì che Sigyn s'irrigidiva ancora di più fra le sue braccia e il Dio degli Inganni capì che era preoccupata per il principe dai capelli biondi, oltre che per se stessa.
Quella considerazione, stranamente, lo fece infuriare ancora più del necessario.
Tornò a tirare Sigyn a sé con maggior forza, aumentando la pressione della lama sul suo collo esile e strappandole un singhiozzo spaventato.
Nessuno aveva notato che Loki pur continuando a minacciare Sigyn, fino ad allora non le aveva mai fatto realmente del male.
Sembrava intenzionato a colpirla da un attimo all'altro, ma in realtà era sempre stato ben attento a non ferirla.
<< Allontanati da me! >> tornò ad intimare Loki, accorgendosi improvvisamente che la sua voce si era fatta più acuta, quasi isterica e tradiva tutta la sua perdita di autocontrollo: << Ne va della vita della fanciulla, Thor! >>.
Non poteva continuare con quella messinscena ancora per molto e lui ne era pienamente cosciente.
<< Tu non vuoi che le faccia del male, giusto? >>.
<< Lasciala libera! >> ripeté Thor aumentando la stretta delle dita sull'impugnatura di Mjolnir.
Sembrava pronto a scagliare il martello del tuono in testa al fratello da un istante all'altro, anche se non sembrava preoccuparsi veramente per la sorte di Sigyn, come se già sapesse che le parole del fratello non erano altro che vane menzogne.
Come se immaginasse che Loki non avrebbe avuto il coraggio di fare del male ad una donna.
Ci fu un momento di silenzio che sembrò interminabile, mentre Loki e Thor si fronteggiavano, poi Odino fece un passo in avanti, con calma, e afferrò il principe dai capelli biondi per un braccio, tirandolo indietro, quasi volesse placare la sua collera.
Poi si rivolse a Loki; ammonendolo: << Pensa a quello che fai, Loki. >>.
La voce del Padre degli dei rivelava una fredda ira.
Qualcosa non andava, ma Loki non riusciva a capire cosa fosse.
Con quella sua azione rapida e spiazzante, avrebbe dovuto ormai avere il controllo della situazione.
Invece non era affatto così.
Senza allentare la presa su Sigyn, Loki cominciò ad indietreggiare.
Si sentiva meschino ad utilizzare il corpo di una dama di compagnia come scudo contro la forza di Thor e la collera del Padre degli Dei, ma in quel momento la fanciulla era la sua unica protezione.
Con lei a coprirlo, nessuno avrebbe osato tentare di fargli del male; a meno che Odino ed il figlio prediletto non fossero improvvisamente ammattiti.
Se i loro posti fossero stati invertiti, probabilmente Loki non avrebbe esitato a colpire la donna pur di avere la meglio sull'avversario, ma sapeva che Thor ed il Padre degli Dei erano troppo buoni per compiere un azione tanto avventata.
Non avrebbero mai rischiato di fare del male ad una donna innocente.
Cercando di controllare il tremito delle proprie mani, Loki tornò a curvarsi verso Sigyn, annunciandole: << Potrei toglierti questa lama dal collo, se tu accetterai di aiutarmi. >>.
Fece una pausa, breve ma di effetto, poi continuò: << Passa dalla mia parte e aiutami ad andarmene da Asgard. In cambio sarai libera. >>.
Sigyn smise per un istante di dimenarsi e sussurrò la domanda che immediatamente le era sorta spontanea: << Libera? Da che cosa? >>.
<< Da questa prigione; dalle pompose etichette di corte; dal matrimonio con Theoric. >> replicò Loki scuotendo il capo: << Non dirmi che desideravi veramente legarti a quell'Einherjar impettito e sempre perfetto nella sua armatura d'oro, con quel suo ridicolo elmo e il mantello giallo. >>.
<< Io.... Io lo amo. >> riuscì a mormorare semplicemente Sigyn.
Adesso singhiozzava fra le braccia di Loki, il volto arrossato dalla disperazione, mentre ella tentava ancora una volta di divincolarsi dalla stretta insistente del principe traditore.
<< Non ti accorgi che Asgard è solo un'immensa gabbia dorata? >> tornò a domandarle lui.
<< Oh, si. >> sorrise, nel notare l'espressione sbigottita della donna che ancora teneva prigioniera: << E tu sei l'usignolo che vi è rinchiuso e che non potrà mai volare libero nel vento. >>.
<< Io non cerco la libertà. >> piagnucolò lei.
<< Tutti cercano la libertà. >> l'enigmatico sorriso sul volto affilato di Loki si accentuò ulteriormente.
<<... Anche tu? >> domandò ella, quasi automaticamente.
Loki per un breve attimo non rispose.
Sembrava indeciso su cosa dire; poi però le sussurrò:<< La libertà è solo una menzogna. >>.
E mentre pronunciava queste parole, con quel suo tono di voce quasi suadente ed in un certo senso ammaliante, sfiorò appena il lobo dell'orecchio destro della donna con le sue labbra.
Era stato un contatto lieve e del tutto casuale, ma fece fremere Sigyn dalla testa ai piedi; non solo per paura, ma anche perché all'improvviso le era tornato alla mente quel bacio che lui le aveva rubato tanto bruscamente nella camera matrimoniale, non appena lei aveva scoperto il suo inganno.
Per un istante ancora Sigyn non riuscì a fare altro che restare paralizzata nella stretta di Loki.
Lui sembrava deciso a farle del male, ma se allora era così, perché perdeva tempo a parlarle?
Perché voleva convincerla a stare dalla sua parte?
Per avere una difesa in più contro Odino e Thor, questo era ovvio, ma Sigyn aveva anche l'impressione che il Dio degli Inganni le stesse nascondendo dell'altro.
Cercando di farsi coraggio, decisa a non arrendersi al volere del fratello di Thor, Sigyn strinse la mano a pugno, replicando in un soffio spaventato: << Allora tu mi stai offrendo null'altro che una menzogna. >>.
Loki non si aspettava quella risposta da parte sua e per un istante rimase immobile, esitante; mentre il pugnale che teneva ancora sollevato per aria vacillava leggermente nella stretta dalla sua mano.
Come poteva quella donna avere tanta paura di lui, eppure continuare a fare delle affermazioni così dirette.
Affermazioni di una semplicità ridicola ma, proprio per questo tanto disarmanti.
Lei riusciva sempre a ritorcere le sue parole contro di lui e Loki per un attimo si chiese come ella riuscisse a fare questo, quando nessun'altro mai ne era stato capace.
Una fitta di dubbio attanagliò la mente di Loki, ma lui la respinse, ignorandola con violenza.
Non doveva lasciarsi distrarre da quella donna.
Doveva mantenere la calma e continuare a pensare che adesso stava tornando ad avere la situazione nelle proprie mani.
<< Arrenditi all'evidenza, fratello! >> esclamò tutto a un tratto Thor, scuotendo il capo: << Lei non ascolterà mai le tue menzogne. Sa chi sei e non cascherà in uno dei tuoi subdoli trucchi. >>.
<< Opponiti a loro! >> continuò imperterrito a sibilare Loki, adesso con il volto tanto vicino a quello di lei che Sigyn poteva percepire il calore del suo respiro teso: << Tu sei mia moglie ed è a me da ora in avanti che devi obbedienza. >>.
Sigyn deglutì ed il filo della lama le premette gelido sulla pelle del collo, graffiandole la pelle.:<< ....No. >>
Loki sapeva che lei era sul punto di piangere.
Lo sentiva dal suo corpo esile che tremava nelle sue braccia; dal respiro spezzato e dal battito violento del suo cuore spaventato.
Le sue parole non stavano avendo su di lei l'effetto sperato; anzi, stavano solo riuscendo ad atterrirla più di quanto già non fosse.
Non la stavano avvicinando a lui; bensì la stavano allontanando ancora di più.
<< Bene! >> sbottò all'improvviso, premendo ancor più in profondità il pugnale: << Allora se è questo che vuoi.... >>.
Non riuscì a concludere la frase, perché Sigyn, completamente atterrita, aveva adesso ricominciato ad agitarsi nelle sue braccio, scalciando e dimenandosi come una furia.
Loki strinse i denti e inveì dentro di sè contro la stupidaggine di quella donna.
Se continuava così lui avrebbe veramente finito con il ferirla.
Avrebbe dovuto ignorare quelle inutili sensazioni che lei risvegliava nel suo corpo; ricordi di un Loki più gentile e controllato che non avrebbe mai osato minacciare una donna solo per proteggere sé stesso.
Quel Loki che lui era stato tanto tempo addietro, quando credeva ancora che Thor fosse suo fratello e che Odino lo amasse veramente come un figlio.
Avrebbe dovuto colpire veramente Sigyn, così avrebbe finalmente smesso di sentire la sua voce implorante che tanto lo disturbava e gli faceva perdere la concentrazione.
Ma stranamente non poteva farlo.
Non riusciva a farle del male e Loki si maledisse per la propria sentimentalità.
Attraverso la stoffa della lunga veste di lei; all'altezza del petto dove esso teneva la mano destra, aveva l'impressione di udire il battito accelerato del cuore della donna e questo lo confondeva ancora di più.
Lei aveva paura e non solo della vicinanza della lama al suo collo, ma dalla stessa presenza di Loki accanto a sé.
Il suo era un terrore tremendo che pareva riuscire a diffondersi attraverso il suo corpo tremante sino a quello di Loki; rendendolo insicuro e agitato.
Lui che raramente era stato un uomo impulsivo; ma che aveva sempre saputo mantenere la calma anche nelle situazioni più confusionarie o disperate, si ritrovava adesso a desiderare di agire il più in fretta possibile.
<< Loki, te lo ripeto per l'ultima volta; lascia libera Lady Sigyn. >> la voce di Thor, servì come sempre a richiamare Loki al presente.
<< Thor...Vuoi davvero che liberi questa donna? >> Il Dio degli Inganni tornò a farsi scudo con il corpo della fanciulla in lacrime, cercando di ignorare le intense emozioni che scuotevano il suo esile corpo.
<< Dovresti già conoscere la mia risposta! >> borbottò il fratello.
Adesso sul suo volto c'era un espressione decisa ed impassibile.
<< Oh, allora avevo ragione. A te interessa che lei resti viva. >> sorrise freddamente Loki: << Chissà cosa direbbe la tua adorata Jane se lo sapesse. >>.
Stava divagando, lo sapeva, ma lo faceva solo per prendere tempo.
La verità era che in quel momento non si sentiva forte abbastanza per poter ingaggiare una battaglia contro tutti quegli Einherjar armati; contro Thor e lo stesso Padre degli Dei.
Prendere in ostaggio quella misera dama di compagnia, fingendosi ancora padrone della situazione quando in realtà tutto stava andando per il verso sbagliato, era un modo come un altro per non pensare al proprio momentaneo stato di debolezza.
Fin tanto che esso fosse riuscito a tenere Sigyn vicina a sé; avrebbe avuto del tempo a suo favore per poter riflettere e organizzare le idee.
Loki si sentiva ancora inspiegabilmente debole e faticava a comandare il proprio potere magico, ma non per questo si sarebbe arreso.
<< Sta zitto, Loki! >> Thor mosse un altro passo verso l'altro e continuò a roteare Mjolnir nella mano destra.
<< Io tengo alla vita di Lady Sigyn, è ovvio! >>, annuì vagamente: << Tengo alla sua vita come a quella di ogni altro singolo asgardiano. >>.
<< Però anche lei tiene a te. >> commentò Loki inclinando leggermente il capo, come se stesse riflettendo su un particolare molto interessante: << Ha paura che io possa farti del male. >>.
<< Loki! Ora basta. >> lo redarguì l'altro, stanco dei giochetti del fratello: << Lasciala andare e smetti di cercare una via di fuga anche dove non esiste. >>.
<< Se non esiste una via di fuga; posso comunque crearla da me. >> annunciò Loki, ostentando una fasulla spavalderia.
<< E come; sentiamo. Sono proprio curioso di sapere come intendi andartene da qui. Non puoi certo gettarti dal primo terrazzo alle tue spalle. >> Thor indicò vagamente l'ampia balconata che, proprio a pochi passi di distanza dal punto in cui Loki si trovava, si apriva sulla vastità della Città Eterna: << Tu non hai mai saputo volare e... Francamente non credo possibile che tu possa farlo proprio ora, con i tuoi poteri magici fuori uso. >>.
Un lampo di incertezza scosse ancora una volta la determinazione del Dio degli Inganni, ma Loki cercò di ignorarla, replicando con un sibilo irato: << Non definitivamente fuori uso. >>.
Tacque un istante, prima di aggiungere: << Non ancora, Thor. E se davvero credi che io mi arrenda, sei un vero illuso. >>.
Nonostante quelle sue parole spavalde, Loki cominciò a spostare lo sguardo in modo febbrile e sfuggente.
Proprio come aveva detto Thor, non poteva gettarsi da una delle terrazze più alte del palazzo regale sperando di non subire alcun tipo di danno.
Sarebbe caduto nel vuoto, incapace di volare e probabilmente sarebbe atterrato malamente, ferendosi.
Ma Loki era disposto a correre il rischio, pur di non farsi catturare; pur di cogliere tutti impreparati.
Era disposto anche a questo per non vedere Odino e Thor di nuovo vincitori.
Il respiro dello stesso Dio degli Inganni si era fatto teso, adesso, mentre rifletteva, la mente attraversata da una miriade di pensieri.
I suoi occhi saettavano qua e la con la stessa rapidità dei suoi pensieri, alla ricerca di una via d'uscita da quella situazione e parevano quelli di un animale in gabbia, ancora spaventato ma furioso.
Furioso perché sapeva che nonostante tutto Thor aveva ragione e spaventato perché non si era aspettato di essere così debole; di poter esitare nel fare del male ad una donna che per lui non valeva niente.
Una donna che nemmeno conosceva.
Avrebbe dovuto sentirsi irritato dalla sua debolezza.
Le inutili lacrime di quella donna lo infastidivano; eppure Loki non riusciva ad evitare di provare un profondo senso di colpa che gravava sul suo petto come un enorme masso.
Un masso che minacciava di minuto in minuto di trascinarlo con sè verso il basso.
Cercando di ignorare quegli inutili sentimenti che lo avrebbero solo ostacolato e rallentato, Loki si impose di pensare solamente alle sue prossime mosse.
Ora che la sua mente aveva iniziato a funzionare con la solita efficienza, lui sapeva che tentare di sfidare ancora una volta il Padre degli Dei equivaleva a giocare con la sorte e che avrebbe finito con il pentirsene.
Non pensava di poter sopravvivere ad uno scontro con Thor e con tutte le guardie che lo stavano accerchiando sempre più strettamente.
Tuttavia non poteva arrendersi senza prima tentare di opporre un ultima resistenza.
In fondo era troppo orgoglioso per arrendersi al volere di Odino e del Dio del Tuono e tutto sommato non gli era occorso poi tanto tempo per ideare un nuovo piano d'azione.
Certo, non era uno dei migliori, ma poteva bastare.... Per ora.
<< Sarebbe così semplice per me ferirti.. >> mormorò con cattiveria; tornando ad abbassare lo sguardo sul volto desolato di Sigyn: << ..farti del male...>>.
Sigyn non era mai stata tanto terrorizzata in tutta la sua vita e quasi non ascoltava più le parole che il Dio degli Inganni le stava rivolgendo.
Avrebbe voluto essere più forte, per riuscire a sfuggire alla stretta del Dio degli Inganni, ma purtroppo non lo era.
Avrebbe voluto fare qualcosa, qualunque cosa, che le permettesse di sfuggire al principe traditore, all'uomo che aveva sconfitto Theoric in battaglia e ne aveva tanto subdolamente rubato le sembianze per ingannare lei e tutti gli altri, ma non ci riusciva.
<< Più male di quanto non ti abbia fatto fino ad ora. >> continuò Loki: << Ma... Credo che non lo farò. >>.
Scosse il capo: << Sarebbe troppo crudele da parte mia ed io non sono un violento villano. >>.
Loki fece una pausa, mentre sulle sue labbra riaffiorava il sorriso ironico e freddo: << Invece penso che ti lascerò libera. >>.
Sigyn ebbe l'impressione che il fragore del suo cuore agitato cessasse all'improvviso.
Smise persino di respirare, tanto fu sorpresa.
Era sicura di aver capito male le parole di Loki, così domandò con un filo di voce: <>
<< Vuoi la libertà, si o no? >> insistette Loki, dietro di lei.
Fra le sue braccia, la sentiva tremare.
<< ....Io. >> I lunghi capelli biondi le erano finiti davanti alla faccia e ad ogni suo singhiozzante respiro si muovevano, scostandosi dai suoi occhi, come una cascata di luce.
<< Si o no? >> si ostinò a chiederle Loki: << Decidi! >>.
<< ...Si... >> ansimò Sigyn senza riuscire a smettere di tremare, adesso incredula e stupita, sperando con tutta se stessa che quella fosse stata la risposta giusta da dare.
Le parole che Loki aveva pronunciato poco prima; cioè che la libertà è solo una menzogna, continuavano a turbinarle nella mente, impossibili da scacciare.
Significavano forse qualcosa?
Lei voleva la libertà che Loki sembrava offrirle?
Una libertà che forse era una bugia?
La desiderava, si o no?
La risposta che ella aveva dato ora era quella esatta?
Sigyn si augurava fortemente di si.
In caso contrario, si sarebbe accorta ben presto del proprio errore e lei era certa che non sarebbe stato piacevole.
Alle sue spalle Sigyn sentì Loki sospirare.
Poi, la voce del Dio degli Inganni tornò a farsi violenta, mentre lui apriva gli occhi di scatto, decretando come una sentenza: << Così sia! >>.
Poi, tutto avvenne tanto rapidamente che nemmeno Thor ebbe il tempo di muovere un solo muscolo per attaccare il fratello dai capelli corvini e gli occhi verdi.
Un attimo prima il Dio degli Inganni pareva fermamente deciso a non lasciare andare Sigyn, usando il suo corpo come uno scudo.
Un attimo dopo la spinse via, lontano da sé, con forza, verso il Dio del Tuono che, automaticamente allungò le proprie braccia per afferrare la donna in una stretta salda e rassicurante.
Quasi contemporaneamente, Loki fece guizzare la mano destra in avanti, facendo appello ancora una volta a quella magia che ultimamente continuava ad abbandonarlo con tanta facilità, gettando direttamente in faccia alle guardie, a Thor e allo stesso Padre degli Dei un globo luminoso che investì tutti i presenti con un bagliore accecante, sparpagliandosi in miriadi di scintille in tutte le direzioni.
Istintivamente tutti gli Einherjar si voltarono, riparandosi gli occhi, ed in quell'istante il Dio degli inganni si mosse.
Voltò le spalle a Thor e Odino e balzò verso la balaustra, conscio che quella era la sua unica via di fuga.
La sua unica opportunità di lasciare Asgard.
La sua ultima possibilità.
Immediatamente, due delle guardie che non avevano perso tempo a ripararsi lo sguardo dalla luce magica scagliata da Loki, tentarono di colpirlo, quasi a casaccio, ma il Dio degli Inganni fu veloce ad evitarli.
Si lanciò in avanti con un balzo, oltrepassando le sagome degli Einherjar evitando le lame delle spade ed era appena riuscito a raggiungere la balaustra, con le dita già posate sulla balconata, quando un nuovo colpo lo raggiunse al braccio destro, rapido ed inatteso, cogliendolo di sorpresa.
Si girò in fretta, per guardare in faccia il suo aggressore....
Ma non fu abbastanza svelto, poiché qualcun'altro alle sue spalle lo colpì su un lato del volto, facendolo volare per aria.
Una fitta lancinante gli esplose nella testa e in un attimo si ritrovò a terra, boccheggiante.
Quando andò a sbattere la schiena contro al suolo duro dell'ampio terrazzo sul quale ora si trovava, Loki chiuse per un istante gli occhi, senza fiato, cercando di ignorare il dolore che dalla testa pareva irradiarsi in tutto il suo corpo.
Un attimo solo.... E quando riaprì le palpebre si ritrovò dinnanzi la lama di una lunga spada, puntata al suo naso.
Non era una delle comuni spade degli Einherjar, ma quella della stessa Lady Sif che ora torreggiava su di lui con un espressione decisamente poco allegra e cordiale sul viso; i capelli neri raccolti in una lunga coda e gli occhi che mandavo scintille di collera.
<< Fermo dove sei. >> lo avvertì.
<< Ho sempre pensato che tu parlassi troppo e a sproposito, Loki. >> un'altra sagoma entrò nel suo campo visivo e Loki riuscì a scorgere anche la massiccia figura di Volstagg; un sorriso teso sul volto rubicondo, nascosto al di sotto della lunga barba rossa.
Sembrava a disagio, mentre concludeva: << A quanto pare avevo ragione. >>.
Fra le mani stringeva l'enorme ascia da combattimento che si adattava adeguatamente alla sua mole, ma per lo meno lui non sembrava intenzionato a scagliala addosso a Loki, anche se il Dio degli Inganni sospettava che l'ultimo ad averlo colpito fosse stato proprio lui.
Nessuno degli altri sarebbe stato capace di sollevare Loki da terra per scagliarlo sul pavimento, qualche passo lontano dalla balaustra.
Con la donna guerriera e Volstagg , ovviamente c'erano anche Fandral e Hogun che se ne stavano ai due lati, con le rispettive armi ben salde in pugno.
Anche loro le tenevano puntate contro Loki, pronti a scattare in caso di necessità.
Non c'era ombra di Heimdall, ma il Dio degli Inganni sapeva che, pur non essendo presente, lo sguardo del guardiano della Città Eterna era sempre fisso su di lui.
Da adesso, sarebbe sempre stato vigile nei suoi confronti.
Ancora più vigile di quanto già non fosse stato in precedenza.
Deglutendo a vuoto, Loki tese il collo per cercare di guardarsi attorno, senza minimamente degnarsi di rispondere alle affermazioni provocanti dei tre guerrieri.
Poi, si fece avanti Odino.
<< Questi trucchetti da quattro soldi possono funzionare con gli altri, ma non con me e non certo con i miei più valorosi guerrieri. >> indicò vagamente Lady Sif e gli altri che, dopo essersi scostati appena da Loki, per lasciar avvicinare Odino, assistevano alla scena senza mai abbassare le armi: << Non siamo degli sprovveduti. >>.
Loki aggrottò la fronte, fingendosi tranquillo e rilassato anche in un momento come quello, sforzandosi di nascondere in ogni modo l'uragano che imperversava nella sua anima.
<< Volete forse dire che i vostri tanto declamati Einherjar lo sono? >> domandò.
<< No. >> replicò in fretta Odino: << Tuttavia loro non ti conoscono come ti conosco io. Ho imparato a mie spese a diffidare sempre da te e ad evitare i tuoi inganni. Sapevo avresti reagito d'impulso. Affermi di essere diverso da Thor, ma per alcuni versi non lo sei poi molto. >>.
<< Questa è un'offesa alla mia intelligenza. >> sbottò Loki, fremendo leggermente e fece per sollevarsi sui gomiti, venendo tuttavia immediatamente persuaso dal compiere il seppur minimo gesto da Sif che, agilmente tornò a puntargli conto il petto la lama della sua spada.
<< Ti sei sempre visto superiore agli altri, Loki. >> proseguì Odino guardandolo dall'alto al basso: << Ma se davvero lo fossi, adesso non ti troveresti in questa situazione. >> gli fece notare.
<< Guardati attorno. Guarda dove sei e come sei ridotto. >> Odino allargò le braccia per enfatizzare le proprie parole.
Il Dio degli Inganni fece come l'altro gli diceva, e mentre si guardava attorno, con gli occhi spalancati, si accorgeva che il Padre degli Dei diceva il vero.
Tutti gli Einherjar stavano tenendo adesso le loro armi puntate contro di lui.
<< Non puoi più fuggire. >> Odino scosse quasi mestamente il capo: << Non più. >>.
E all'improvviso, Loki si accorse di non poter più negare l'evidenza.
<< Dimmi, Loki, la tua pazzia si è spinta tanto in la da farti tentare ancora una volta di contrastare me, Odino, ed il potere dello scettro in mio possesso? >> lo interrogò ancora il padre degli Dei, alzando la voce: << Ormai dovresti sapere bene che non puoi battermi. >>.
<< Arrenditi Loki. >> da un punto indistinto del terrazzo la voce di Thor raggiunse l'udito del fratello, ancora costretto sul pavimento dalle armi che tutti gli tenevano puntate contro.
Allora, lentamente, mentre tutta la collera che fino ad allora lo aveva sorretto lo abbandonava, sostituita da una improvvisa e schiacciante insicurezza, Loki alzò le mani con le palme aperte verso il cielo.
Odino e Thor avevano maledettamente ragione....
Lui era stato sconfitto ed era saggio quanto bastava per capire che ormai non c'era più nulla che lui potesse fare per opporsi a loro.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** CHAINS ***


Due guardie lo stavano conducendo lungo i corridoi del palazzo.
Loki li lasciava fare, chiuso in un ostinato silenzio.
Da quando Sif lo avevano letteralmente inchiodato al terreno e Odino lo aveva dissuaso dal compiere gesti avventati, Loki non aveva più aperto bocca.
Deluso da quel nuovo fallimento, si sentiva adesso stanco come non mai e la rabbia che fino a poco prima lo aveva accompagnato in molti dei suoi gesti era stata sostituita da una tremenda frustrazione.
Gli stessi Einherjar che adesso lo guidavano per i lungo ed ampi saloni e per i corridoi della residenza reale, avevano avuto premura di ammanettarlo con fredde catene d'acciaio che gli ferivano i polsi, stritolandoglieli in due morse impossibili da aprire.
Loki però non ci faceva caso e continuava a camminare un passo dopo l'altro, dietro alle guardie e al Padre degli Dei che apriva la fila.
Altre guardie armate e soldati erano adesso appostati ovunque, e nei corridoi che si snodavano accanto alle camere dei più ricchi popolani di Asgard, che potevano permettersi di essere accolti nella reggia di Odino era tutto in subbuglio.
In molti si affacciavano all'uscio delle rispettive camere per assistere a quella inattesa sfilata di guardie con il loro prigioniero.
Alcuni fra essi erano gli invitati che quello stesso giorno avevano assistito al matrimonio fra Sigyn e il fasullo Theoric, ancora ignari di tutto e confusi dall'improvvisa apparizione fra loro del fratellastro di Thor.
Fissavano ad occhi spalancati il traditore che veniva condotto alla sala del trono, dove lo stesso Padre degli Dei avrebbe alla fine decretato la condanna che gli spettava.
Solo i più arditi fra loro osavano aprir bocca per parlare, ponendosi domande l'un l'altro e guardandosi con aria scandalizzata.
Pochi fra quei curiosi osavano sostenere il suo sguardo.
E ogni volta che lui muoveva i suoi occhi verdi nella loro direzione, preferivano concentrare la loro attenzione altrove, aspettando che il Dio degli Inganni fosse passato oltre.
Solo allora tornavano a gettare su di lui occhiate furtive e atterrite.
Tutti loro non era altro che pusillanimi che non avevano praticamente nulla da spartire con Loki e lui, improvvisamente, mentre guardava l'ennesimo asgardiano che al suo passaggio si appiattiva contro la parete levigata a pochi passi dalla porta della propria stanza da letto, dalla quale era stato bruscamente svegliato; provò un profondo odio per quella gente sciocca e fin troppo impicciona.
Tuttavia, l'odio questa volta era accompagnato da qualcos'altro: da un nuovo, insistente, senso di estraneità.
Nonostante quelle fossero null'altro che miserevoli creature spaventate che si ritraevano mentre lui passava, erano anche asgardiani veri e propri; nati da una madre e da un padre asgardiani e non conoscevano né avrebbero mai conosciuto nulla di diverso da quel mondo dorato nel quale vivevano.
Un mondo rassicurante e quasi immutabile.
Un mondo al quale Loki sentiva di non appartenere ormai da tempo.
Improvvisamente non riuscì più a guardare quegli uomini e quelle donne in faccia, poiché i loro sguardi atterriti in realtà gli mostravano chiaramente come lui non appartenesse ormai più al loro mondo.
Per loro il cosiddetto Dio degli Inganni non era altro se non un subdolo nemico da vedere sconfitto una volta per tutte.
Cercando di evitare di ascoltare quella strana stretta all'altezza dello stomaco che lo aveva colto a tradimento, Loki chinò leggermente il capo, fissando l'impiantito che scorreva sotto ai suoi piedi e si concentrò ostinatamente sull'alternarsi ritmico dei passi sulle piastrelle levigate del pavimento.
Continuò a camminare così, a volte spintonato dalle guardie, altre volte trascinato per le spalle, finché le file di Einherjar che lo circondavano come una muraglia umana, si scostarono davanti a lui, e all'improvviso Loki si trovò a fissare l'immenso portale dorato, riccamente lavorato che dava accesso alla sala del trono.
Quando ciò accadde, lui non poté evitare di rabbrividire leggermente.
Le guardie dovettero avvertire quel cambiamento nel loro prigioniero; l'irrigidirsi improvviso dei muscoli delle braccia e delle gambe di Loki e di conseguenza si affrettarono ad aumentare la stretta delle loro mani sulle catene che lo legavano; dandogli qualche breve strattone, come a suggerirgli di non tentare in alcun modo la fuga.
La mattina di quello stesso giorno, Loki aveva lasciato quella immensa sala dorata come un re.
Ora vi stava facendo ritorno come un prigioniero.
Loki sospirò lievemente, cercando di scacciare l'ansia che lo stava sopraffacendo e solo allora si accorse di star tenendo i piedi puntati al suolo, opponendo resistenza alle guardie che avevano ricominciato ad avanzare.
Senza rendersene conto aveva iniziato ad avere paura di quello che lo avrebbe aspettato una volta varcato il portone dorato.
Odino diceva di essere un re saggio, ma quando in passato aveva dovuto punire i nemici del regno, non era mai stato particolarmente remissivo.
L'ultima volta, quando lui aveva tentato di invadere Midgard insieme ai Kitauri di Thanos, il Padre degli Dei lo aveva fatto rinchiudere in cella.
Ma questa volta Loki aveva fatto di peggio.
Aveva rubato il trono allo stesso Odino, imprigionando il legittimo re di Asgard in una cella nei sotterranei del palazzo; incatenandolo come un ladro.
Aveva giocato a governare la Città Eterna, sotto le mentite spoglie del Padre degli Dei e poi, come se non bastasse, aveva sottratto l'identità al capitano delle guardie Einherjar, sposando Sigyn e ingannando l'intero popolo di Asgard per ben due volte consecutive.
Odino doveva certo essere furioso per quell'affronto e Loki sospettava quindi che non si sarebbe limitato a dargli una sonora strigliata, gettandolo una volta ancora in cella.
Adesso Loki temeva persino per la sua stessa vita.
<< Avanti, traditore! >> lo incitò una delle guardie, dandogli uno spintone, mentre Odino, in testa al gruppo, entrava per primo nella sala del trono.
Loki strinse i denti e si costrinse a non replicare, nonostante desiderasse con tutto se stesso opporsi al volere di quell'Einherjar impettito che si credeva chissà chi solamente perché adesso lui era imprigionato.
Se fosse stato libero avrebbe fatto rimangiare le parole a quell'impudente.
Se avesse avuto almeno le mani libere....
Ma non le aveva.
Ed ora lui doveva mantenere la calma e la mente vigile.
Inspirando una profonda boccata d'aria, per cercare di allentare la tensione che sentiva in tutto il corpo, Loki tornò a muoversi con riluttanza, lasciandosi condurre per l'ampio salone, pensando che per lo meno, una volta raggiunto il trono, quell'ingloriosa e ridicola sfilata avrebbe presto avuto fine.
Stranamente, improvvisamente, mentre procedeva fra le alte colonne dorate ed i bracieri ardenti, Loki si ritrovò a pensare a Sigyn e, seguendo l'istinto più della ragione, spostò il proprio sguardo per la sala, cercando la esile figura della dama di corte.
Non sapeva perchè all'improvviso gli fosse venuta in mente lei, ma sentiva, inaspettato, il desiderio di trovare quella donna accanto a sé.
Forse voleva semplicemente guardare i suoi occhi ambrati, per leggervi il terrore, in modo da riuscire a placare quasi automaticamente il proprio.
Al primo momento Loki non riuscì a trovarla, ma non se ne sorprese; poteva benissimo immaginare che ella se ne fosse andata da tempo; fuggita lontano da lui e dalla sua cattiveria dilagante.
Fu invece quando alla fine riuscì a scorgerla che si meravigliò.
Era strano constatare che quella giovane donna, nonostante tutto quello che lui aveva fatto, ancora esitasse a ritirarsi disperata nella sua stanza.
Era molto più ostinata di quello che Loki aveva immaginato; solo che lui non riusciva a capire il motivo che la spingeva a non andarsene.
Lei aveva ancora il volto arrossato dal pianto, i lunghi capelli biondi che le scendevano scomposti sulle spalle; il vestito stropicciato ed in disordine.
Aveva smesso di tremare, ma dopo che Thor l'aveva aiutata a reggersi in piedi, quando Loki l'aveva lasciata bruscamente andare, gettandola quasi a terra, con forza eccessiva, davanti al terrazzo dal quale lui poi aveva tentato la fuga, ella non si era più allontanata dal Dio del Tuono.
Adesso non lo stava guardando, ma nascondeva quasi il viso fra le pieghe del mantello di Thor, come una bambina in lacrime che cerca riparo da un mostro.
Si aggrappava al Dio del Tuono come se lui fosse la sua unica speranza; un'ancora di salvezza in mezzo ad una furiosa tempesta ed era proprio così che doveva essere l'animo di Sigyn in quel momento: simile ad un uragano.
Ed era stato proprio Loki a farla stare male.
Era stato lui a minacciarla con furia e freddezza; ignorando che ella apparisse tanto fragile, disperata e.... Sola?
Talmente bella, anche in un momento come quello.
Loki stava ancora riflettendo, colto improvvisamente da quegli incauti pensieri, quando inaspettatamente Sigyn sollevò il proprio sguardo e lo fissò su di lui; guardandolo.
Il tempo parve raggelarsi attorno a Loki.
La sala del trono svanì; le guardie e le catene che lo legavano smisero di esistere e Loki per un breve ma intenso attimo, smise persino di respirare.
Uno sguardo....Due occhi.... Occhi dalle sfumature dorate e un calore intenso che pareva riempirli, nonostante il dolore che li inondavano.
Una sola breve occhiata che colpì Loki con la violenza di uno schiaffo in pieno volto.
Lei stava male perché aveva paura di lui, ma sembrava anche implorarlo di smettere di combattere; di smettere di opporsi.
Sembrava turbata, come se avesse timore di lui ma anche per lui e desiderasse che nessuno in quella stanza si facesse del male.
Nessuno doveva essere ferito; nemmeno lui che avrebbe dovuto essere il cattivo per eccellenza.
Sembrava implorarlo di smettere di lottare, non solo per fare in modo che Odino vincesse, ma anche per il suo bene.
Un attimo ancora; poi ella tornò ad abbassare lo sguardo e Loki si sentì di nuovo libero di respirare, incapace di comprendere ciò che gli era appena successo.
Guardandosi attorno, scoprì che nulla era cambiato attorno a lui.
La sala del trono era ancora lì, così come le guardie e lo stesso Odino che adesso stava salendo le scale che portavano al trono.
Quando le guardie smisero di avanzare, Loki fece lo stesso; i pungi stretti dinnanzi al petto; le catene che sferragliavano ad ogni suo lieve movimento.
In petto, sentiva il proprio cuore che batteva con forza.
Ormai sapeva che non poteva più sfuggire al Padre degli Dei e questa constatazione lo irritava e lo terrorizzava al contempo.
Anche se adesso gli effetti delle erbe erano cessati e lui riusciva a pensare coerentemente, per quanto si impegnasse, non riusciva a calmarsi e sapeva che in parte era anche colpa di quella Sigyn.
Incomprensibilmente il breve sguardo che ella gli aveva rivolto lo aveva confuso oltre ogni dire.
Strinse le labbra in una smorfia insoddisfatta quando notò che le sue mani avevano iniziato a tremare leggermente ma incontrollabilmente.
Odino salì i gradini che conducevano al trono e vi si sedette lentamente, come se fosse invecchiato di colpo e quel semplice gesto gli costasse un enorme sforzo.
Per un breve attimo, nella vasta sala del trono nessuno parlò, mentre l'unico suono che rompeva la apparente quiete caduta nella stanza era il tintinnio leggero delle catene che tenevano prigioniero il Dio degli Inganni.
Il Padre degli Dei, accasciato sul suo trono si era preso per un momento il capo fra le mani, come se non sapesse bene che cosa fare del principe traditore; poi improvvisamente tornò ad alzarsi dal trono, rivolgendo lo sguardo del suo unico occhio sano tutt'intorno a sé.
Guardò prima Loki, di fronte a lui; poi Thor, Sigyn, Sif e i tre guerrieri.
Tutti i presenti parvero tendersi sotto al suo vigile sguardo.
Quando parlò, tuttavia la sua voce non fu possente come al solito, ma più bassa, quasi tenue, mentre chiamava per nome il figlio: << Thor! >>.
Immediatamente questo sollevò lo sguardo verso il Padre degli Dei che, dopo aver posato l'estremità inferiore del bastone al suolo, riprese a parlare.
<< Conduci Lady Sigyn ai suoi alloggi. >> ordinò, muovendo leggermente la mano verso di lei: << Quella che sta per svolgersi nella sala, non è una festicciola, ma una condanna. >>, nel pronunciare quest'ultima parola, Odino alzò la voce e fissò il suo occhi su Loki, trafiggendolo con la violenza della collera che scaturiva dal suo sguardo.
Loki non abbassò lo sguardo, ma riuscì a stento a reprimere un nuovo brivido gelido che gli scorreva lungo la schiena.Si maledisse per la propria codardia e deglutendo a vuoto si impose nuovamente la calma.
Poi, quell'attimo passò e il Padre degli Dei tornò a volgere lo sguardo su Thor e Sigyn, sempre al suo fianco, ribadendo, rivolto questa volta direttamente a lei: << Non è bene che una giovane donna come te assista a certi spettacoli. >>.
Thor teneva adesso posata una mano sulla esile spalla di Sigyn e alle parole del Padre degli Dei la strinse leggermente, come se con quel semplice gesto avesse potuto infonderle un pò di nuova forza.
<< Andiamo, Lady Sigyn. >> le mormorò poi, facendo un inchino al padre e prendendola in fretta sottobraccio.
Per un breve attimo Sigyn seguì quasi automaticamente il Dio del Tuono, senza protestare, senza parlare, con lo sguardo fisso e l'espressione impassibile e sottomessa.
Poi però, improvvisamente parve riscuotersi, esclamando: << No! >>.
Ella non aveva urlato, ma quel suo diniego inatteso parve propagarsi ed ingigantirsi, echeggiando per tutta la sala del trono.
Thor la fissò come se di colpo fosse ammattita, ma lei lo ignorò e balbettò con aria confusa ma decisa: << A... Aspettate, principe Thor. >>.
<< Aspettare? Che cosa? >> domandò lui interdetto.
Sigyn scosse il capo desolata, senza tuttavia rispondere alla domanda del Dio del Tuono e, senza curarsi degli sguardi dei presenti che si appuntavano su di lei, insieme a quello severo del Padre degli dei, lei si divincolò dalla stretta di Thor, tornando in tutta fretta sui propri passi.
Sapeva bene che tutti nella grande sala la stavano guardando, compreso Odino.
Non era sua intenzione disobbedire agli ordini del Padre degli Dei; non lo aveva mai fatto, tuttavia questa volta non poteva semplicemente lasciare le cose come stavano, seguendo Thor buona e silenziosa fino alla sua stanza.
Lei tremava ancora ed aveva ben impresso nella mente gli attimi in cui il fratello tenebroso di Thor le aveva tenuto il pugnale alla gola, ma non voleva andarsene senza prima sapere.
Così, senza più pensare al pericolo che avrebbe potuto incontrare compiendo quella sua azione avventata, corse fino al punto in cui Loki era fermo, stretto nelle catene saldamente impugnate da quattro Einherjar.
Anche le guardie armate la stavano guardando, ma Sigyn le ignorò.
Adesso tutta la sua attenzione era rivolta a Loki.
Lui, da parte sua, sentì uno strano tufo al cuore nel vederla avvicinare a lui, trafelata, con il bel volto arrossato ed i capelli fuori posto.
Aveva l'impressione che lei fosse l'unica persona veramente sincera e pura in quella stanza; una luce brillante in mezzo ad un mucchio di oscurità.
Questi pensieri lo confondevano, perciò volse il capo altrove, fingendo di ignorarla.
Nonostante ella fosse convinta che Loki avesse avvertito la sua presenza accanto a lui, si accorse ben presto che il principe traditore continuava a non degnarla nemmeno di uno sguardo.
Era come se ormai Sigyn non fosse nemmeno più esistita, ma lei non si sarebbe arresa.
Sapeva che Loki l'aveva tenuta in considerazione solamente quando aveva avuto bisogno di lei per proteggersi da Odino e Thor ed ora che lei non serviva più per raggiungere i suoi scopi, Loki non l'avrebbe più degnata di uno sguardo, ma lei aveva bisogno di parlargli.
Doveva sapere cosa era accaduto a Theoric e solo Loki poteva rivelargli la verità; ammesso che quell'uomo sapesse parlare onestamente e non solo tramite bugie ed inganni.
Quando ella si fu avvicinata abbastanza a lui, sollevò lentamente il suo sguardo verso il viso del Dio degli Inganni, guardandolo in silenzio per un breve, fuggevole attimo.
Poi, incredibilmente gli prese delicatamente il volto fra le mani, scacciando violentemente dalla propria mente il timore che provava nei suoi confronti.
Era ancora terrorizzata da Loki, ma non voleva arrendersi senza prima conoscere la sorte che era spettata a Theoric.
Con gesti misurati ed attenti, fece voltare lentamente il volto di Loki verso di lei; non con forza, ma accompagnandolo con le proprie mani; le dita sottili che danzavano leggermente sulla pelle levigata della mandibola del Dio degli inganni, senza che lei riuscisse a tenerle ferme.
Era tesa, ancora spaventata da ciò che stava facendo e dalla vicinanza di colui che solo pochi attimo prima l'aveva minacciata con un coltello alla gola, eppure non voleva darsi per vinta.
Loki deglutì a vuoto, irrigidendo la mascella, cercando di non guardare il viso di lei, tanto vicino al suo.
Cercando di non pensare a tutto il male che le aveva fatto fino a quel momento.
Esattamente come gli era successo nella camera nuziale, quando lei gli aveva posato le mani sulle spalle, lui avvertì un violento brivido scorrergli lungo la schiena.
Il tocco delicato delle dita di lei era quasi come una carezza sul suo viso; dopo le percosse degli Einherjar che lo avevano incatenato.
Era fresco e piacevole sulla pelle del volto di Loki e per un breve istante fu tentato di assaporare quel lieve contatto passeggero, chiudendo gli occhi; fingendo di trovarsi altrove.
Quel tocco gli ricordava tanto quello delle mani di sua madre; l'unica donna che lo avesse accettato sempre per come era.
Invece, ribellandosi a quelle emozioni, spalancò di colpo gli occhi, fingendosi irritato e sbottando: << Che cosa vuoi? >>.
Era ovvio che lei desiderava qualcosa da lui.
Altrimenti non avrebbe mai corso il rischio inutile di tornare ad avvicinarsi a colui che fino a poco tempo prima era stato il suo aguzzino.
Sigyn per un attimo s'irrigidì completamente; colta alla sprovvista dalla freddezza della voce sferzante di lui e dai suoi occhi verdi fissi su di lei; poi chinando leggermente il capo, mormorò: << Io.... Devo sapere. >>.
<< Tu devi sapere? >> le fece eco Loki aggrottando la fronte.
Rimase un istante con quest'espressione sul volto, facendo danzare i suoi occhi sul viso di lei che, tesa era tornata ad abbassare il proprio sguardo al suolo, reprimendo un nuovo brivido incontrollato.
Sembrava che il solo udire la voce insinuante di Loki la turbasse e la terrorizzasse, scuotendo il suo corpo fino nell'anima.
<< Che cosa devi sapere di preciso? >> domandò lui, mentre un sorriso beffardo gli stirava le labbra, celando alla donna e a tutti i presenti i reali pensieri che esso provava: << Vuoi sapere forse come sono riuscito ad ingannarti con tanta facilità? >>.
<< Io.... >> Sigyn esitò, mentre le sue mani si scostavano un poco dal volto di Loki come se volesse lasciarlo andare; probabilmente ricordando di colpo con chi aveva a che fare.
<< Ti prego, dimmi che cosa ne hai fatto di lui! >> esclamò poi improvvisamente, parlando tutto d'un fiato, come se temesse che, se avesse esitato ancora un istante, non sarebbe più riuscita a porre la domanda.
Non appena ebbe finito di parlare, trattenne il fiato e rimase a guardare Loki, rigida e tesa.
Loki si ritrasse un poco da lei, guardandola come se la vedesse per la prima volta e domandandosi in silenzio come riuscisse a comportarsi sempre in modo tanto gentile anche quando era spaventata e quando avrebbe dovuto essere irata con lui.
Sigyn in quel momento avrebbe potuto trattarlo male, strattonarlo o colpirlo mentre gli chiedeva quelle cose, visto che lui ormai era prigioniero e non avrebbe potuto farle nulla di male, eppure non lo faceva.
Anzi; a dispetto di tutto, continuava a comportarsi con una insolita premura nei suoi confronti.
Non era solo il timore che ancora Loki le leggeva nello sguardo che la tratteneva dal comportarsi male con lui.
C'era dell'altro.
Era la bontà che muoveva ogni gesto di quella donna; che la spingeva a tenere il volto dell'unico suo nemico fra le mani, quasi carezzandoglielo; come se volesse alleviare un poco il tormento che ella leggeva nell'animo del Dio degli Inganni.
<< Di lui? >> domandò Loki, senza riuscire veramente a comprendere le parole di Sigyn; adesso di nuovo incantato dai suoi occhi terrorizzati così vicini ai suoi, angustiato dai sentimenti contrastanti che ella provocava in continuazione nel suo corpo.
<< Sai a chi mi sto riferendo. >> replicò lei a voce bassa, quasi timidamente: << Parlo di Theoric. Vorrei sapere che cosa gli hai fatto. >>.
Ma certo, ora tutto si spiegava.
Ecco perché solo pochi attimi prima Sigyn lo aveva guardato in lacrime, con quell'aria implorante, come se a lei importasse qualcosa della sua vita.
Non era per lui che si preoccupava in realtà.
Non certo per quel mostro che l'aveva minacciata con un pugnale puntato alla gola.
Loki avrebbe dovuto accorgersene da subito, ma ancora una volta gli occhi di lei; quegli occhi così insopportabilmente brillanti e colmi di speranze nascoste, lo avevano confuso; distratto.
Si era lasciato irretire dalla sua bellezza e da quella che aveva creduto essere preoccupazione nei suoi confronti.
Ma era più che ovvio che Sigyn non potesse essere angustiata per la sorte che spettava a lui: al traditore del regno di Asgard; al fratello oscuro e infido di Thor.
Lei voleva solamente che Loki si arrendesse ad Odino, ma non per evitare che lui potesse essere ferito.
Non per salvare la sua vita e la sua anima, che ella certo vedeva nera come la notte, ma solo perché Loki era l'unico che potesse rivelarle dov'era quel tanto odiato capitano degli Einherjar.
Ancora una volta Sigyn aveva pensato solo ed esclusivamente a Theoric.
Era ovvio che lei amasse quell' Einherjar a cui era promessa in sposa e a cui certo aveva giurato fedeltà assoluta, ma Loki non pensava ella potesse spingersi fino a tanto.
E lui, come un vero idiota, era cascato nella sua trappola, illudendosi che, per una volta, qualcuno si stesse preoccupando non per Thor o Odino; non per i perfetti Einherjar a guardia della Città Eterna, ma per lui; la pecora nera della famiglia, il figlio adottivo del Padre degli Dei che non era mai stato veramente accettato come tale e aveva vissuto gran parte della sua vita a corte nella più totale menzogna.
Loki avrebbe desiderato in quel momento più che in qualsiasi altro di mettersi a ridere in faccia a quella sciocca donnicciola, ma non lo fece.
Invece si limitò a commentare: << Però; devo dire che è ammirevole da parte tua tutto ciò. >>.
Fece una smorfia esageratamente impressionata: << Anche in un momento come questo non pensi a te stessa ma a quel Theoric. >>.
Fece una pausa, osservando il viso di lei, ancora chino accanto al suo.
<< Hai seguito Thor e Odino solo per chiedermi dov'è lui? >> domandò: << Hai persino rischiato la tua stessa vita per quell'uomo. >>.
Aggrottò le sopracciglia: << Quanta lealtà. Quanto amore. >>, scosse il capo: << Sono a dir poco disgustato. >>.
Sigyn continuò a tenere gli occhi bassi, quasi senza ascoltare le parole tornate aggressive e fredde del Dio degli Inganni.
Rimase per un istante così, poi tornò a mormorare: << Dimmi che cosa gli hai fatto....Ti prego. >>.
Loki rimase a guardarla di traverso per un altro breve attimo, trovandosi ancora a pensare con quanta delicatezza lei compisse ogni piccolo gesto rivolto a lui.
Era brava a farsi vedere da tutti sottomessa e timida.
E poi, voleva solo conoscere la verità sull'uomo che avrebbe dovuto sposare realmente; quello che era il suo eroico promesso sposo.
Loki si passò la lingua sulle labbra asciutte, riflettendo e per un istante fu quasi tentato di dirgli cosa era accaduto sul Bifrost; di parlare a lei e a tutti gli altri lì presenti di come aveva battuto quello che loro credevano essere uno dei migliori Einherjar a guardia di Asgard.
Avrebbe potuto spaventarli di nuovo tutti quanti, con quella sua rivelazione; parlando loro della sua maestria nell'impadronirsi delle sembianze altrui senza che nessuno e se accorgesse; annunciando che probabilmente Theoric era morto di freddo e per via delle ferite riportate in battaglia, mentre vagava senza una meta nelle terre desolate di Jotunheim.
Un sorriso freddo aveva già iniziato a stirargli gli angoli della bocca sottile, quando Loki cambiò bruscamente idea.
No! Non doveva parlare a nessuno di come aveva tolto di mezzo Theoric.
Non ancora.
Non avrebbe dato a Sigyn la soddisfazione di sapere dov'era il suo amato.
Lo infastidiva tutto l'amore che ella provava per quel Theoric.
Così, tornando a posare i suoi occhi su di lei, annunciò, sforzandosi di assumere l'aria più innocente che poteva: << L’ho spedito lontano, su un altro pianeta. >>.
Stava mentendo spudoratamente ma era terribilmente bravo e, come molte altre volte, godeva nel prendersi gioco degli altri; soprattutto quando loro pendevano dalle sue labbra come ora Sigyn.
<< Devo dire però che è stato molto consolante vedere il Bifrost funzionare ancora a dovere. >> aggiunse poi annuendo soddisfatto.
<< Allora; Theoric è ancora vivo. >> esclamò la giovane donna accanto a lui, con una nuova luce di speranza che le accendeva gli occhi: << Non l’hai ucciso?! >>.
Loki la guardò esterrefatto; quasi si stesse chiedendo se uccidere Theoric fosse quello che lei si augurava che lui avesse fatto.
Esitò un istante, poi le domandò: << Avrei dovuto? >>.
Solo troppo tardi si accorse che con quella sua ultima sciocca domanda aveva parlato troppo, quasi confessandole che aveva ragione nel dire che lui non aveva ucciso il capo degli Einherjar.
Nei suoi occhi verdi era apparsa una punta di disagio e Loki batté le palpebre per scacciarlo, senza accorgersi che sul viso di Sigyn, era nel frattempo comparsa un'espressione altrettanto disorientata.
Era ben evidente che non si aspettava da Loki una risposta del genere e che fino ad allora aveva realmente temuto che il Dio degli Inganni avesse ucciso Theoric senza farsi scrupoli.
Invece ora Loki le stava dicendo, per la seconda volta, che non aveva ucciso il capo degli Einherjar.
Se stava mentendo, pensò la donna, era davvero bravo.
Allora, il volto di Sigyn si rilassò leggermente, mentre tornava ad implorare: << Se non hai ucciso Theoric, ti prego, dimmi dov'è! Voglio sapere dov'è mio marito! >>.
Questa volta l'occhiata che Loki le rivolse le mozzò letteralmente il fiato in gola.
Si era voltato verso di lei con uno scatto veloce e adesso la guardava come se avesse voluto balzarle addosso.
Si era accorto dello sbaglio che aveva commesso troppo tardi ed ora era di nuovo irritato con lei. perché con quella sua apparente ingenuità riusciva sempre a confonderlo?
Voleva ferirla, farla sentire inutile ed inferiore.
Voleva spaventarla ancora, in modo che ella smettesse una volta per tutte di rivolgergli domande su Theoric.
Ne aveva abbastanza di quella donna.
Se solo poco tempo prima l'aveva cercata fra la folla, ora non voleva più vederla.
Voleva allontanare da sé i suoi occhi imploranti e la sua vana gentilezza.
<< Ce l’hai di fronte. >> sibilò, muovendo un veloce passo verso di lei e facendo tintinnare furiosamente le catene che lo tenevano legato: << Io sono tuo marito. Odino ci ha dichiarato sposi solo poche ore fa; rammenti? >>.
Sigyn indietreggiò frettolosamente, veloce almeno quanto lui; timorosa, pur sapendo che Loki non poteva raggiungerla, trattenuto com'era dagli Einherjar immobili alle sue spalle, con le estremità delle catene strette fra le mani.
<< Tu non sei e non sarai mai il marito di Sigyn! >> sbottò Thor, parlando al posto della giovane donna, che invece chinando il capo tornò a domandare con un filo di voce: << Dove si trova Theoric? >>
<< Può darsi che me ne possa rammentare….>> borbottò Loki, senza troppo entusiasmo, volgendo lo sguardo nei dintorni: <<... In futuro. >>.
<< Questa... Questa non è una risposta accettabile! >> balbettò lei, imbronciandosi e sollevando il mento verso di lui con fare deciso.
A quanto pareva non voleva ancora darsi per vinta e Loki ancora una volta rimase esterrefatto dalla forza d'animo che muoveva le azioni di Sigyn.
Ella doveva essere davvero meno debole ed insicura di quanto sembrasse.
Dietro a quella facciata di semplicità e innocenza, doveva nascondersi un'altra Sigyn, ben più tenace e forse anche più intelligente di quanto Loki avesse sospettato.
Non era da tutte osare tenergli testa, quando lui era infuriato.
In realtà.... Mai nessuna asgardiana aveva avuto l'ardire di avvicinarsi a lui così tanto come faceva Sigyn.
Tutte le dame del regno lo avevano sempre evitato, anche quando era semplicemente il fratello minore di Thor, dai capelli scuri, gli occhi come smeraldi, la lingua veloce e l'animo irrequieto.
Quando passava le giornate rintanato nella biblioteca del regno, cercando di imparare nuove magie o di scoprire cose a lui ignote o si divertiva a fare scherzi innocui ma alquanto spaventosi agli abitanti del regno.
Le poche che sembravano trovarlo interessante, erano le fanciulle prima scartate da Thor; ma loro non erano altro che sciocche.
Sigyn invece.... Lei sembrava essere diversa.
<< Te la devi far bastare,per ora. >> replicò lui fissandola dall'alto al basso: << Se non l’hai ancora notato, non mi trovo momentaneamente in una situazione idonea a conversare amabilmente con te. >>.
<< Lady Sigyn; non date confidenza al traditore o dovremo giudicare anche voi come nemica di Asgard. >> esordì improvvisamente uno degli Einherjar lì vicini, dando volontariamente uno strattone alle catene che imprigionavano Loki.
Per un istante lui barcollò leggermente, ma poi tornò ritto come sempre e si rivolse anch'esso alla donna.
<< Sentito, Sigyn? Che crudeltà. >> mormorò Loki, fingendosi ancora sicuro di sè, anche se in realtà non lo era poi tanto, il volto affilato steso in un sorriso freddo: << Siamo freschi di matrimonio e non ci permettono neppure di parlare fra noi. >>.
<< Sigyn. >> fu Sif questa volta a chiamarla per nome, un attimo prima di staccarsi dal resto degli Einherjar e dai tre guerrieri per muovere qualche passo verso di lei e tenderle la mano, quasi invitandola ad allontanarsi dal Dio degli Inganni: << Se davvero Theoric è ancora vivo, sono sicura che Heimdal saprà rintracciarlo, su qualunque pianeta esso sia stato scaraventato da Loki. >>
<< Sif ha ragione. >> concordò immediatamente con lei Thor: << Non hai bisogno dell’aiuto di mio fratello per ritrovare il tuo vero marito. >>.
Loki alzò gli occhi al cielo, sbuffando teatralmente, poi si rivolse a Thor, mugugnando a denti stretti: << Sai una cosa, Thor? Mi stai sempre più antipatico. >>.
Senza soffermarsi neppure un istante a pensare, Thor si avvicinò al padre, che adesso aveva disceso nuovamente i gradini per portarsi più vicino a Loki.
Thor si fermò un passo dietro di lui, fissando il fratello adottivo con astio, sollevando la mano nella quale impugnava Mjolnir con fare minaccioso.
<< Stà bene attento a quello che dici, fratello! >> gli consigliò con voce tonante: << Io potrei... >>.
Ma, sorprendentemente Odino, comprendendo le sue intenzioni, allungò il braccio e afferrò quello del figlio in una stretta ferrea, esclamando: << Tu non farai niente, Thor. Placa la tua ira, figlio mio. Non è necessaria. Ho intenzione di punire Loki in ben altro modo. >>.
Con quelle sue ultime parole, Odino rivolse a Loki uno sguardo talmente colmo di minacce che lo stesso Thor si sentì raggelare.
Aveva conosciuto a sua volta la furia del Padre degli Dei, quando esso lo aveva scagliato su Midgard, esiliandolo dalla Città Eterna, e lo aveva privato del potere di Mjolnir.
Temeva per ciò che aspettava il fratello.
Loki, immobile a poca distanza da loro, non sembrava affatto turbato da quelle minacce e continuava invece a fissare il viso di Sigyn, sfidandola quasi a continuare a chiedergli dell'uomo che amava.
Ignorando totalmente la giovane donna, invece Odino tornò a guardare Thor, ribadendo una volta ancora, con voce decisa e questa volta parecchio irritata: << Piuttosto, scorta Lady Sigyn alle sue stanze come ti ho già ordinato e fai in modo di sistemare qualche guardia a sua sorveglianza, mentre io mi occupo di questo traditore. >>.
Nell'udire quella parola, urlata da Odino come un vero e proprio insulto, Loki si tese, facendo notare al Padre degli Dei: << Questo traditore è colui che un tempo chiamavate figlio. >>.
<< Taci! >> urlò in tono minaccioso il Padre degli Dei, volgendo il suo unico occhio buono, brillante e severo sul sottile volto pallido di Loki che, nonostante tutto si ritrasse leggermente, scostandosi dal Padre degli Dei.
Con quel gesto andò inavvertitamente a sfiorare con il braccio il corpo di Sigyn, ma lei questa volta non indietreggiò impaurita.
Sembrava confusa; stupita.
<< Sigyn, andiamo. >> le mormorò Thor all'orecchio, tirandola per un braccio, leggermente ma con insistenza.
Sigyn non si mosse.
Stava guardando Loki e sembrava quasi ipnotizzata da lui e da quello che credeva d'aver visto baluginare nei suoi occhi verdi per un solo breve attimo.
Aveva creduto di vedere il terrore negli occhi del Dio degli Inganni; ma era durato poco ed ora Loki fissava ancora Odino con sguardo di sfida.
<< Sigyn... >> insistette Thor, ammonendola di ascoltare il Padre degli Dei e, senza ricevere risposta da lei, iniziò a tirarla per il braccio con maggior forza.
<< Ma… Principe Thor… Io…. >> farfugliò finalmente lei, voltandosi a guardarlo e agitandosi leggermente nella stretta della mano di Thor, che adesso aveva iniziato a trascinarla via quasi di peso.
Persino con la fiducia che ella riponeva nelle rassicuranti parole di Thor e del Padre degli Dei, Sigyn non pareva ancora del tutto convinta di andarsene da li, per allontanarsi dall'unico uomo che forse conosceva la verità.
Loki poteva essere l'unico a sapere cosa fosse accaduto realmente a Theoric.
<< Lady Sigyn; che cosa c’è? >> le domandò improvvisamente Odino, notando la sua ritrosia ad abbandonare la sala: << È per via del matrimonio che sei turbata, è così? >>.
<< …. Io… >> Sigyn lanciò un'occhiata esitante a Thor, come se lui avrebbe potuto in qualche modo aiutarla ad esprimere i propri pensieri.
Per tutta risposta il Dio del Tuono smise di trascinarsela dietro e chinò leggermente il capo, evitando il suo sguardo.
<< Posso ben comprendere ciò che provi. >> proseguì Odino, probabilmente con l'intento di rassicurarla: << Ma ora ho una questione ben più urgente da risolvere; come ben sai. >>.
Era spazientito e perciò non si curava di modificare il proprio tono di voce aspro e duro: << Ti garantisco però che romperò il legame che ti unisce a Loki il prima possibile. >>.
Agitò la mano verso di lei, congedandola quasi come se fosse stata una serva disobbediente: << Ora ritirati nelle tue stanze, sapendo che l’uomo che ha così ingloriosamente rovinato il giorno del tuo matrimonio, avrà la punizione che merita. >>.
<< Ma… Padre degli Dei, io…. >> La voce le tremò.
Sigyn batté alcune volte le ciglia, come per scacciare nuove lacrime e smise di parlare chinando la testa.
Appariva insicura e fragile come non mai.
<<  È deciso! >> replicò Odino, battendo con forza lo scettro a terra.
Sembrava infuriato non solo con Loki ma anche con Sigyn ora; forse perché lei aveva osato disobbedire ai suoi ordini e non si era immediatamente ritirata nelle sue stanze o magari perché aveva incautamente parlato con il Dio degli Inganni senza chiedere il permesso.
Loki si domandò per un attimo se ella sarebbe stata punita per quella sua breve ed eroica azione.
Iniziava a covare un celato interesse per lei, anche se era ritroso ad ammetterlo persino con sè stesso.
Sigyn si morse il labbro inferiore.
Respirava velocemente e sembrava veramente sul punto di piangere, terrorizzata non solo da Loki ora, ma dalla possibile collera del Padre degli Dei.
Poi, lentamente s'inchinò a Odino, sussurrando: << …. Si, mio Re. >>.
E senza aggiungere altro, si voltò e fuggì via dalla sala del trono, seguita a ruota da un costernato Thor.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** THE PUNISHMENT ***


Il principe dai capelli neri e gli occhi verdi fissò Sigyn e Thor per un momento, mentre questi si allontanavano in tutta fretta dalla sala del trono.
Li guardò senza parlare, tutti i pensieri ben celati dietro uno sguardo impenetrabile, e continuò a tenerli d'occhio fino a quando le pesanti porte d'oro non si furono richiuse dietro di loro.
Solo allora, quando infine non poteva più scorgere né il fratello né la donna dai capelli biondi e gli occhi d'ambra, Loki tornò a voltarsi verso il trono, alla cui base il Padre degli Dei attendeva in silenzio di poter decretare la condanna che lui meritava.
Sif e i tre guerrieri si erano adesso ritirati rispettosamente in un angolo dell'immenso salone, accanto ad una delle colonne intarsiate, osservando in completo silenzio la scena.
Loki era infastidito dai loro sguardi carichi d'odio e di aspettative.
Sapeva che tutti loro lo volevano vedere incatenato nelle più squallide prigioni del regno e lo umiliava doversene restare lì, dinnanzi al Padre degli Dei, ad aspettare che lui decidesse cosa fare della sua esistenza.
L'attesa iniziava ad essere snervante e il Dio degli Inganni si domandò se per caso Odino stesse tentando di farlo innervosire di nuovo; di farlo cedere ai timori che inesorabilmente si stavano facendo sempre più spazio nei suo pensieri.
Poi, finalmente Odino parlò.
La sua voce si alzò stentorea nella sala, mentre pronunciava una sola parola che era il nome dell'uomo incatenato a pochi passi di distanza da lui.
<< Loki! >> lo chiamò, posato il suo occhio buono su di lui e muovendo un passo in avanti, lento ma a suo modo reso minaccioso dall'espressione decisa che albergava sul volto del Padre degli Dei.
Fu lo stesso Loki questa volta a prendere tempo.
Si mosse adagio, con una lentezza volutamente indolente, sollevando il viso verso quello di Odino.
Gli rivolse un'occhiata penetrante, nascondendo tutto il proprio timore dietro ad un nuovo, feroce sorriso, mentre replicava, ripetendo le stesse parole pronunciate da Sigyn un attimo prima, ma con scherno, senza la benché minima nota di devozione: << Si, mio Re?! >>.
Odino storse le labbra in una smorfia per nulla soddisfatta e nel suo occhi brillò un'improvvisa collera.
Sollevò lo scettro per aria, quasi stesse provando l'irrefrenabile desiderio di colpire Loki in viso per togliere dal suo volto affilato quel sorriso freddo, ironico e totalmente fuori luogo.
Poi però parve controllarsi e tornando ad abbassare il bastone dorato a terra, lo ammonì: << Abbi per lo meno quel tanto di buon senso da non rendermi ancora più irato di quanto già io sia. >>.
Loki continuò a fissarlo, mantenendo inalterato il sorriso e inclinando appena il capo, domandò in tono pungente, come se non avesse ascoltato nemmeno una delle parole pronunciate dal Padre degli Dei: << Quale punizione esemplare mi spetta questa volta, o potente Padre degli Dei? Mi trascinerete di nuovo in catene nella solita cella isolata, con solo un paio di libri come compagnia? >>.
La risata di Odino fu forzata; la sua voce stanca, mentre gli domandava a sua volta: << Questo è ciò che ti auguri, vero Loki? >>.
Fece una pausa, quasi si aspettasse che l'altro rispondesse.
Loki però rimase in silenzio a fissarlo, impassibile, anche se il suo sorriso stava iniziando lentamente a sciogliersi, mentre Loki si domandava dove il Padre degli Dei volesse arrivare con quella domanda.
Sembrava fatta apposta per essere un trabocchetto; per questo lui rimase zitto, in attesa che fosse Odino a continuare.
<< L’altra volta però, se ben ricordo, Frigga era ancora viva. >> gli rammentò lui, iniziando a camminare avanti e indietro davanti a Loki: << e fu solo grazie a lei e alla sua benevolenza se non ricevesti una punizione molto più severa. >>.
<< Si. >> disse Loki a denti stretti, mentre il sorriso abbandonava definitivamente le sue labbra: << Rammento tutto ciò. >>.
Lo rendeva nervoso il fatto che Odino nominasse Frigga.
<< Ma adesso non c’è nessuno che può implorare per il tuo perdono. >> continuò Odino imperturbabile. Era evidente che si era accorto del nervosismo di Loki e ne era quasi compiaciuto mentre ribadiva, alzando la voce, in modo che riverberasse su tutte le pareti della sala: << Nessuno! >>.
Lasciò che il proprio sguardo si spostasse su tutti i presenti, come se li stesse mettendo alla prova uno ad uno, per capire se qualcuno avrebbe deciso di contraddirlo, anche se già Odino conosceva la risposta, esattamente come la conosceva Loki.
Come affermava il Padre degli Dei, nessuno avrebbe mai implorato per risparmiare una punizione severa e giusta al principe traditore.
Nessuno avrebbe sprecato una buona parola per lui, perché nessuno lo amava.
Per un breve ma intenso attimo quella constatazione lo fece sentire solo e abbandonato a sè stesso, come mai prima di allora.
Non aveva amici su Asgard né su qualsiasi altro pianeta e sospettava che mai ne avrebbe avuti.
Alleati, forse, ma per breve tempo.
Amici? Compagni?
Li aveva avuti un tempo, quando lottava al fianco di Thor, Sif e gli altri.
Ma quel periodo della sua vita era lontano dal presente e mai sarebbe potuto tornare.
Loki distolse in fretta lo sguardo dalla donna guerriera e dagli altri, nascondendo a loro quelle improvvise e indesiderate emozioni; residuo lontano di ricordi che sempre più spesso lui soffocava in un angolo remoto e buio della sua coscienza.
Poi, deciso a togliersi dalla mente quei pensieri molesti, tornò a fissare Odino con sfida, domandandogli: << Dunque che cosa mi aspetta? >>.
Inclinò leggermente il capo con aria pensosa: << Forse la morte per via della vostra troppa tediosità?! >>.
<< La morte?!…. >> ripeté Odino, guardando Loki come se stesse realmente soppesando quell'ipotesi.
Per un istante tornò a farsi silenzioso, poi sollevò lentamente lo scettro d'oro, puntandolo verso il petto del principe traditore quasi fosse un silente avvertimento.
<< Sarebbe veramente questo che spetterebbe a te, Loki. >> borbottò: << Tuttavia, seppur Frigga sia venuta  a mancare, rammento benissimo ciò che lei diceva di te. >>.
Sospirò e con un aria di profonda stanchezza, aggiunse: << Ti vedeva ancora come suo figlio. >>.
Fece una pausa, chinando appena il capo, mentre ripensava alla sua regina.
Poi scosse il capo, decretando: << Non ti ucciderò perciò solamente per non deludere la mia defunta moglie. >>.
L'occhio buono del sovrano di Asgard fissò il vuoto, intristendosi solo per un attimo ancora.
Poi il suo sguardo tornò a posarsi sul volto pallido di Loki e la voce del Padre degli Dei si fece ancora una volta minacciosa: << Però, questa volta non te la caverai con una punizione leggera. >>.
Fece una pausa per lasciare il tempo all'altro di assimilare le proprie parole, quindi riprese, alzando la voce: << Verrai condotto in cella, si, ma non in quella confortevole dell’altra volta. Bensì nella più buia, isolata e scomoda prigione della Città Eterna; riservata solamente ai condannati a morte. >>.
Abbassò lo scettro, ma non smise di parlare: << Non avrai libri da poter leggere e nessuno con cui parlare o solamente da poter osservare. Sarai solo, Loki; con l’unica compagnia della tua mente contorta e delle tue bugie. >>.
Tacque un breve attimo, riflettendo, poi gli chiese: << A chi mentirai allora, Loki? Saresti capace di raccontare menzogne anche a te stesso? >>.
Il Dio degli Inganni non rispose immediatamente alla domanda del Padre degli Dei.
In realtà in quel momento non stava ascoltando con troppa attenzione le parole di Odino.
Aveva ripreso a pensare ad una via di fuga.
Non aveva mai accantonato quell'idea, anche se per un momento si era arreso al volere di Odino.
Si era arreso solo per dare una parvenza di vittoria a tutti loro e perché in quel momento non si sentiva abbastanza forte da poter contrastare Thor, Sif e i tre guerrieri e tutta quella masnada di Einherjar mal addestrati.
Comunque non si era ancora dato per vinto.
Doveva solo aspettare il momento buono per tentare di nuovo uno dei suoi trucchi.
Si trattava solamente di decidere quando.
Sapeva anche come fare.
Quella parte era facile.
Avrebbe semplicemente rubato le sembianze di qualcun'altro, una volta che ne avesse avuto l'opportunità.
Magari una volta che si sarebbe trovato solo con uno degli Einherjar.
Doveva solo pazientare qualche tempo, fino a quando l'effetto dell'erba inibitrice che attenuava i suoi poteri magici fosse cessato definitivamente e lui avesse ottenuto di nuovo tutta la sua forza.
Prima o poi avrebbe avuto l'opportunità di ingannarli di nuovo.
Prima o poi lo avrebbero liberato quel tanto che bastava per usare nuovamente la magia.
Non che a lui piacesse dover rubare in continuazione le identità altrui, anche se le illusioni lo avevano sempre entusiasmato e, riuscire a far credere alla gente che lo circondava di essere tutta un'altra persona era piacevole; persino divertente, quando vedeva come gli altri fossero ingenui e quanto lui fosse bravo a mentire; a recitare una parte sempre diversa; a far credere a tutti quello che lui voleva.
Questa volta naturalmente non lo avrebbe fatto per puro diletto, ma per poter continuare a restare su Asgard liberamente.
Per continuare a portare a termine la sua vendetta nei confronti di Odino e del fratello.
Solo un attimo...
Gli sarebbe bastato solo un attimo.
Nel frattempo avrebbe semplicemente dovuto mostrarsi arreso e sottomesso.
D'altronde, non pensava veramente che Odino lo avrebbe castigato con una punizione peggiore della morte.
Il Padre degli dei era severo, ma Loki non credeva avrebbe potuto giungere a tanto..... Almeno se lo augurava.
Il Dio degli Inganni tagliò corto alle proprie riflessioni, accorgendosi all'improvviso che Odino lo stava scrutando con fastidiosa insistenza, quasi come se riuscisse a leggergli nel pensiero.
Allora, aggrottando la fronte, esclamò: << Solo con me stesso? Un ottima compagnia davvero, Padre degli Dei. >>.
Loki si lasciò sfuggire l'ombra di un ironico sorriso: << Certo non potrei chiedere di meglio. >>.
<< Lo credi davvero? >> lo interrogò Odino, come se all'improvviso stesse seriamente dubitando della sanità mentale di Loki.
<< Oh, si. >> ribadì questo senza scomporsi, ma continuando a sogghignare: << Mi state praticamente fornendo il tempo ed il luogo più opportuni per ideare un nuovo piano per tornare a governare Asgard come voi non avete mai saputo fare, mio astuto re. >>.

Odino scosse il capo, mormorando: << Io non credo proprio, Loki. Sarai solo e dimenticato in una cella squallida e vuota. Non sarai morto, ma sarà quasi come se lo fossi. E forse, giungerai persino a desiderarla, la morte. >>.
<< Ah, credete forse di spaventarmi con queste vostre parole? >> domandò Loki senza mutare espressione.
<< Non con questo, certo. Ma la punizione non è finita qui. >> annunciò Odino sollevando il mento con orgogliosa autorità.
<< Che altro c’è, ancora? Sto iniziando ad annoiarmi sul serio. >>
<< Ancora non ti ho detto la parte più interessante delle erbe con cui la guaritrice ti ha medicato. >> borbottò Odino, voltandogli per un attimo le spalle e facendo fluttuare nell'aria il mantello scarlatto.
<< Non m'interessa sapere tutte le loro caratteristiche. >> sbottò Loki, adesso irritato dal comportamento incomprensibile del Padre degli Dei che sembrava continuare a perdere tempo, tenendolo sulle spine: << Non sono un erborista, ma un maestro di magia e.... >>.
<< E lo resterai ancora per poco. >> lo zittì Odino, voltandosi di colpo verso di lui e fulminandolo con lo sguardo.
Loki esitò, chiudendo la bocca di scatto.
<< Che cosa...? >> mormorò poi, incredulo.
Non riusciva a capire che cosa passasse per la mente del Padre degli Dei e questo lo infastidiva a dir poco: << Di che cosa stai parlando? >>.
<< Le erbe servono non solo ad indebolire la forza magica ma anche a permettere a me di fare questo! >> e senza lasciare il tempo a Loki di comprendere che cosa esso stesse per fare, Odino sollevò per aria lo scettro, mulinandolo nell'aria qualche volta.
Dalla punta del bastone d'oro scaturì un'intensa luminosità, quasi accecante ed in un istante Loki si sentì strattonare da mani invisibili.
<< A... Aspetta un attimo...Che cosa stai facendo? >> urlò Loki, senza riuscire a dissimulare il terrore che lentamente lo stava pervadendo.
Sentì la magia del Padre degli Dei prima pulsare tutt'attorno a lui e poi intrufolarsi fin nella parte più remota della sua mente.
Avvertendo quella fastidiosa intrusione, Loki fece appello a tutta la sua forza e alla determinazione che rimaneva in lui, cercando di sollevare attorno a sé una barriera, ma non fu abbastanza svelto per prevenire le sue azioni.
Credeva di aver già capito cosa volesse fare Odino e se quello che pensava era vero, ben presto sarebbe stato perduto.
<< Ti sto sottraendo tutta la tua magia, Loki. >>
La sola forza di quelle parole lo fece tremare, e lo sguardo furente che il Padre degli Dei lanciò a Loki gli trasmisero tutta l'infinito potere e l'energia che Odino portava in sé.
<< Miravi a questo sin dall'inizio, è così? >> sibilò Loki con la voce che gli tremava per la rabbia.
Faticava a mantenere la calma: << è così? >>.
Il Padre degli Dei non rispose.
<< Dimmelo! >> tornò ad urlare, fissandolo in volto, adesso totalmente sconvolto.
Ricordava d'aver urlato la stessa furiosa parola solo una volta, ancora rivolgendosi ad Odino, quando lui gli aveva rivelato i suoi veri natali nella camera delle reliquie.
Da allora non aveva più perso il controllo fino a quel punto.
Ma adesso...
Adesso non ce la faceva più.
Per tutta risposta il Padre degli Dei continuò a tenere sollevato nell'aria il bastone d'oro che gli dava potere e, con voce cerimoniosa e stentorea, decretò freddamente: << Per questo tuo nuovo e disonorevole atto di tradimento; io Odino, Padre degli Dei, condanno te, Loki Laufeyson a restare segregato in cella per tutta l’eternità. E… Ti spoglio di ogni tuo potere! >>.
<< Cosa? No! >> urlò fissando Odino intensamente,quasi senza battere le ciglia, cercando di concentrare la propria magia per fermare l'invasione.
<< Tu non puoi togliermi la magia. È mia, donatami da Frigga e….. >> Loki non riuscì a concludere la frase, poiché all'improvviso Odino batté lo scettro al suolo con forza.
Da esso si sprigionò una nuova ondata di potere e Loki si sentì pervadere da un gelo tremendo e, mentre anche le ultime barriere che lui aveva cercato di erigere attorno a sè caddero, Loki chiuse gli occhi per il dolore.
Non si era mai aspettato nulla di simile.
Odino gli stava rubando tutta la magia e Loki non poteva opporsi perché troppo debole.
Loki fremette e si avvolse le mani attorno al petto, quando la magia iniziò a dividersi da lui, sgusciando fuori dal suo corpo, ma non si lasciò sfuggire dalle labbra nemmeno un grido.
All'inizio non furono quasi nulla; semplici riflessi luminosi privi di una vera consistenza.
Poi, lentamente, Loki sentì come se qualcosa gli venisse strappato dal corpo e fili di luce verde iniziarono a sprizzare dalle sue mani, torcendosi nell'aria dinnanzi a lui come spire di fumo nella notte.
Con orrore il Dio degli Inganni sentì tutta la magia che aveva in corpo abbandonarlo; sgusciando via dalle sue mani come se fosse stato qualcosa di reale e tangibile.
Per un istante vide tutto il suo potere magico condensarsi dinnanzi a lui; simile ad una nuvola impalpabile verde che aveva assunto vagamente la forma del suo corpo.
Uno spettro evanescente che mulinava nell'aria privo di una minima consistenza.
Incapace di staccare gli occhi dalla magia che gli veniva così violentemente rubata, Loki si sentì all'improvviso svuotato; indebolito.
Colto improvvisamente dalla disperazione, Loki fece per allungare la mano nel vano tentativo di riprendersi ciò che gli stava venendo sottratto tanto violentemente.
La sua mano però non incontrò nulla, tranne che l'aria.
Poi le spire di fumo verde si alzarono verso il cielo e, dopo essersi divise in tante strisce, volarono in ogni direzione, sparpagliandosi nel vento.
Loki si sentiva la gola secca.
Si sporse in avanti, deglutendo confuso, allarmato ed incredulo.
Voleva avere la certezza di quanto scorgeva, anche se già sapeva con tremenda sicurezza che Odino era riuscito a portare a termine ciò che si era proposto di fare.
Mentre le ultime spire di magia roteavano nell'aria, svanendo nel vento, Loki batté le palpebre per la fitta di dolore che di colpo gli aveva trapassato il petto e tornò a vedere solo Odino, ancora immobile dinnanzi a sé; il volto solenne reso impassibile dalla collera.
In pochi istanti tutto era finito.
Tutta la forza magica che Loki aveva posseduto fino ad allora era andata persa; volatilizzata nell'aria; distrutta dal potere dello scettro di Odino.
Ed allora Loki non sentì più nulla.
Solo un intenso tormentoso vuoto che si allargava dentro di lui e dentro alla sua anima.
Il silenzio che seguì fu interrotto soltanto dal respiro sconvolto di Loki, mentre nell'aria gravava una cappa di tensione che pareva impossibile da allontanare.
Gli occhi verdi di Loki erano dilatati colmi di sconcerto e di una disperazione che esso non riusciva minimamente a dissimulare.
Aveva l'impressione che gli si sarebbero riempiti di lacrime da un momento all'altro.
Voleva urlare, piangere, dare libero sfogo a tutta la sua frustrazione, ma non fece nulla di tutto questo.
Invece rimase immobile, a guardare nel vuoto davanti a lui, con l'impressione che quel nulla fosse esattamente ciò che era rimasto della sua anima.
Poi il volto del Dio degli Inganni, pallido, tirato, si sollevò su Odino e i suoi occhi lo fissarono incupiti.
Stava tremando dalla testa ai piedi, come se fosse stato pervaso da un gelo insopportabile.
Non poteva ancora a credere che Odino fosse realmente riuscito a togliergli la magia.
<< Che cosa... Che cosa hai fatto?! >> chiese Loki, incapace di allontanare l'angoscia dalla voce, mentre il suo sguardo danzava incontrollato sul pavimento dorato della sala.
<< Ho fatto esattamente quello che ti avevo promesso. Ti ho tolto la magia, Loki. >>
Loki cercò di parlare; di dare voce a tutta la frustrazione che sentiva nel cuore, di urlare a squarciagola per manifestare la collera che minacciava di divorarlo da un istante all'altro, ma scoprì di non essere in grado di fare nulla di tutto questo.
Era come paralizzato dall'orrore.
Poi, sentì le gambe tremargli e all'improvviso cadde in ginocchio con il cuore che gli batteva all'impazzata, quasi avesse voluto scoppiargli in petto.
Ed allora capì cos'era quell'unico, intenso sentimento che stava sperimentando in quegli ultimi istanti.
Lo conosceva bene; a volte lo aveva sentito lui stesso, altre era stato lui a farlo provare alle sue vittime: lui aveva paura.
Una paura selvaggia ed incontrollata, perché senza la magia lui non era più lui.
<< La magia.... Di mia madre....Era... Era un suo dono... >> farfugliò, parlando a scatti, in un soffio soffocato.
<< Tua madre? >> gli domandò Odino.
<< Se io non sono tuo padre, Frigga non è mai stata tua madre, quindi non meriti il suo dono. >>
Allora, ricolmo d'ira il Dio degli Inganni si sollevò in piedi e scattò in avanti, stringendo i pugni fino a farli sbiancare.
Sembrava volesse balzare addosso ad Odino per colpirlo se non con la magia almeno con qualche pugno.
Lui che non era mai stato un tipo che si abbassava a lottare a mani nude come un barbaro ora non voleva fare altro che colpire il Padre degli Dei.
Non si era mai sentito tanto umiliato come in quel momento.
Gli Einherjar che tenevano le estremità delle catene alle quali lui era legato, furono però rapide ad intuire le sue azioni e lo costrinsero a tornare al suo posto con un violento strattone.
Loki barcollò leggermente e per poco non cadde di nuovo in ginocchio, ma non distolse mai il proprio sguardo furente dal volto solenne e severo del Padre degli Dei.
Si sentiva vuoto.
Tremendamente vuoto e debole come non lo era mai stato....
Stanco e fragile come se non fosse stato altro che un miserevole midgardiano.
<< Conducete il condannato alla cella che gli spetta. Passerà la il resto dei suoi giorni. >>
Loki strinse i denti, ma non abbassò lo sguardo nemmeno per un istante, anche se sentiva gli occhi bruciargli intensamente.
<< Arrivederci Odino. >> sibilò, strattonando di proposito le catene alle quali era legato, nel tentativo di opporre una minima resistenza contro le guardie che lo stavano trascinando via contro la sua volontà.
<< No, Loki. >> Odino scosse il capo. Sul suo volto c'era adesso una calma impassibile che fece infuriare ancora di più Loki: << Addio. >>.
Aveva finito con lui ed era ben evidente che non voleva mai più rivedere il figlio adottivo per nessuna ragione al mondo.
Mentre le guardie lo trascinavano via dalla enorme sala del trono, Loki non allontanò per un solo istante il suo sguardo irato dal volto di Odino.
Nella sua mente echeggiava solo una parola: Vendetta.
Un giorno avrebbe restituito tutto quanto ad Odino.
Tutto il male che lui gli stava facendo.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** ALONE ***


Sigyn non stava riposando.
Non poteva, non ci riusciva.
Se ne stava semplicemente nel suo letto, con il viso poggiato contro i morbidi cuscini, fissando sconvolta gli angoli bui della sua stanza che iniziavano appena a venire rischiarati dalla luce dell'alba.
Da quando era tornata in lacrime alla sua camera, non l'aveva più lasciata e passava le ore a riflettere sugli eventi che le avevano sconquassato l'esistenza.
Aveva la assurda e sgradevole sensazione che da quando il Dio degli Inganni si era palesato dinnanzi a lei, rivelando i suoi continui tradimenti ed i suoi perversi inganni, fosse stato come se si fosse attivato l'ingranaggio di un enorme macchinario.
Qualcosa di oscuro e contorto che aveva trasformato la placida esistenza di Sigyn in puro caos.
Fino a pochi giorni prima lei non aveva null'altro a cui pensare se non la buona riuscita del suo matrimonio con Theoric, mentre ora si ritrovava legata ad un uomo che temeva; ad uno degli Asgardiani più pericolosi ed infidi del regno.
Un uomo che certo non la amava e non l'avrebbe mai saputa amare.
Il Padre degli Dei l'aveva voluta rassicurare di persona, dicendole che avrebbe spezzato quei vincoli che, tramite il matrimonio, si erano creati fra lei ed il fratello minore di Thor, promettendole che Loki sarebbe stato severamente punito per i danni che aveva osato compiere contro il regno, contro Odino stesso e contro di lei.
Lo avrebbe punito per la sua arroganza e la meschinità che esso aveva avuto nel prenderla in moglie, ingannandola.
Sigyn aveva creduto alle sue parole; tuttavia, quella stessa notte, dopo che ella era praticamente fuggita via dalla sala del trono, in preda ad un angoscia che non riusciva a definire, aveva raggiunto in tutta fretta la sua camera, come il Padre degli Dei le aveva tanto seccamente ordinato e si era chiusa la porta alle spalle, ignorando ogni altra cosa che non fosse stata il suo cuore agitato.
Sapeva che il principe Thor l'aveva seguita fin lì, forse semplicemente per obbedire al volere del Padre degli Dei o magari perché era sinceramente preoccupato per lei, ma Sigyn non si era voltata ad aspettarlo; né gli aveva rivolto parola.
Sapeva di essersi comportata in modo scortese con lui; con il figlio di Odino ed il futuro re, ed ora si vergognava per quelle sue azioni avventate, ma quando aveva lasciato la sala del trono era praticamente fuori di sé.
Aveva paura ed era arrabbiata.
Per la prima volta dopo tanti anni era arrabbiata veramente con qualcuno.
E quel qualcuno non era semplicemente Loki, ma anche Thor e Odino, perché all'improvviso ella si era rammentata che era anche colpa loro, in fondo, se si era trovata costretta a sposare il Dio degli Inganni.
Era colpa loro se Loki aveva avuto l'opportunità di usarla come scudo contro la collera del Padre degli Dei e del Dio del Tuono.
Loki, già, il fratello di Thor che lei non aveva mai osato chiamare per nome.
Era stato rude con lei, l'aveva minacciata e le aveva parlato sgarbatamente, ma.... Quando le aveva fatto veramente del male?
La risposta era mai.
Non l'aveva mai ferita e nemmeno colpita una sola volta.
L'aveva schiaffeggiata, picchiata, sfiorata con il pugnale con la quale la teneva in ostaggio?
La risposta a quelle domande era sempre la stessa: no, mai.
Anzi, ora che Sigyn ripensava all'accaduto, si accorgeva con scioccante chiarezza che Loki era stato quasi attento a non ferirla, assecondando a volte i suoi movimenti bruschi, quando lei aveva cercato di divincolarsi dalla sua stretta, allontanando la lama del pugnale dal suo collo proprio per evitare di ferirla.
Allora.... Allora forse quella del Dio degli Inganni era stata solo tutta una lunga messinscena?
Una enorme somma di bugie che lui aveva creato per far pensare a tutti, compresa lei, che non avrebbe esitato a farle del male, quando invece ferirla non era mai stato il suo intento.
Lui voleva fuggire e forse tutto quello che aveva fatto, lo aveva fatto solo per questo.
Per allontanarsi da Odino e da Asgard.
Per salvare la propria vita.
Le sue fredde e taglienti parole, alle volte irrisorie e fastidiose, l'avevano turbata, colpita come schegge di ghiaccio nell'anima, ma Loki alla fine le aveva fatto veramente del male solo con quelle; con la sua voce alle volte ingannevolmente melliflua, alle volte dura, tagliente, sgarbata e feroce.
E poi Sigyn aveva visto qualcosa di differente nei suoi occhi nella sala del trono, quando lo aveva raggiunto per chiedergli una volta ancora di Theoric.
Lui aveva ovviamente continuato la sua messinscena; ma alla fine, per un attimo soltanto, Sigyn aveva creduto di vedere il panico nei suoi occhi.
Se davvero Loki fosse stato un folle assetato di distruzione, non avrebbe nemmeno conosciuto la paura.
Invece lui sembrava provarla, questa sensazione.
E là, nella sala dorata, dove il Padre degli Dei avrebbe decretato la sua condanna, Loki aveva svelato per un attimo il suo inganno, lasciando involontariamente che Sigyn vedesse sul suo volto lo stesso terrore che lei provava quando stava accanto a lui.
Un terrore feroce, crudele, che il Dio degli Inganni provava nei confronti di Odino.
E adesso chissà cosa avrebbe aspettato il Dio degli Inganni?
Per un breve attimo Sigyn si ritrovò a domandarsi quale punizione Odino avesse decretato per lui e desiderò che non fosse stato troppo crudele con lui; non tanto da togliere la vita al suo stesso figlio, almeno.
Sigyn inspirò a fondo l'aria della mattinata imminente e chiuse per un istante gli occhi.
Lei non era più tanto sicura, adesso, di volere che Loki venisse punito.
Poi però scosse il capo e si rimproverò quasi immediatamente per quei pensieri.
Non doveva fare altro se non essere grata a Odino per qualsiasi condanna avesse dato a Loki.
Eppure non ci riusciva.
Non riusciva a volere del male ad una persona, nemmeno se quella persona era l'uomo che l'aveva ingannata e le aveva tolto la felicità dal cuore e dagli occhi.
Nei confronti di Loki lei riusciva a provare solamente un intenso e desolante timore, misto alla collera per le menzogne che lui le aveva raccontato.
Ma sopratutto era irata con il Dio degli Inganni perché temeva che lui avesse fatto del male a Theoric, prima di impadronirsi della sua identità.
Temeva che lui....
Sigyn aprì di colpo gli occhi ambrati, senza il coraggio di concludere quell'inquietante e nefasto pensiero.
Loki le aveva detto per ben due volte di non aver ucciso il capitano degli Einherjar, ma lei come poteva sapere se il Dio degli Inganni non le avesse raccontato ancora una volta mere e crudeli bugie?
Non poteva fidarsi di lui; cercando di scovare una parte di bontà che lo facesse sembrare più umano, solo per sentirsi più tranquilla.
Non desiderava false illusioni, e lei credeva di essere abbastanza saggia per capire a chi poteva credere e a chi no.
Ma se Loki le aveva raccontato solo un mucchio di menzogne, il Padre degli Dei non era stato da meno.
Lui, al contrario del Dio degli Inganni, sembrava averle mentito solo per cercare di non farla stare male più del necessario.
Per darle un barlume di speranza, facendole credere che tutto avrebbe potuto tornare come prima.
Ma Sigyn non ne era affatto convinta.
Era vero, certo, che il Padre degli Dei avrebbe punito Loki con una condanna severa e meritata.
Ciò che non era vero era che Odino avrebbe sciolto di li a poco il suo matrimonio con il principe traditore.
Sigyn era giovane, questo era vero, ma non era una sprovveduta.
Conosceva le leggi di Asgard e sapeva bene che, una volta che un matrimonio fosse stato celebrato, nessuno; nemmeno il Padre degli Dei avrebbe più potuto scioglierlo.
Nessuno ormai poteva aiutarla, e lei sarebbe sempre rimasta la sposa infelice di un principe folle.
Sigyn sospirò mestamente e si tirò su lentamente, scostando le coltri e sgusciando fuori pian piano dal letto.
Quando i suoi piedi scalzi toccarono il pavimento freddo della camera ella rabbrividì, ma non ci fece troppo caso e si alzò in fretta dal letto.
Ancora una volta lasciò correre il suo sguardo sulle pareti della propria stanza e all'improvviso si sentì piccola, vulnerabile e sola.
Immensamente sola.
Sola, come si era sentita tutte quelle volte in cui Theoric era dovuto partire per qualche missione su pianeti lontani, al seguito del Padre degli Dei.
Ogni volta la lasciava con un semplice abbraccio, senza nemmeno posarle un bacio sulla fronte, il suo corpo possente celato dietro all'armatura così come il battito del suo cuore che Sigyn non aveva mai potuto percepire.
Lei si era sempre immaginata che Theoric fosse agitato, preoccupato e dispiaciuto quando si recava da lei ad annunciarle la sua imminente partenza, eppure lui non glie ne aveva mai dato la prova; sempre regale e fiero; troppo composto e ligio all'etichetta degli Einherjar per scomporsi anche in momenti come quello.
Solo lo sguardo del capitano degli Einherjar lasciava intravedere un qualche minimo sentimento e Sigyn aveva sempre avuto l'impressione che quelle emozioni non fossero mai rivolte a lei.
Alla vigilia di ogni battaglia, di qualsiasi partenza, negli occhi di Theoric brillava una luce d'impazienza, quasi di furia, trattenuta a stento.
Tutte le volte lei lo salutava raccomandandogli amorevolmente di fare attenzione, pregandolo di tornare da lei.
Gli deponeva un lieve bacio sulla guancia, anche se sempre sperava che lui glie lo restituisse sulle labbra, ma questo non avveniva mai.
Theoric annuiva, le rivolgeva un lieve, pallido sorriso e poi, con un inchino formale, le volgeva le spalle e se ne andava.
Allora lei si sentita vuota, sola e quasi abbandonata, mentre osservava il suo promesso sposo che si allontanava da lei a passo di marcia, solenne e quasi impassibile, per andare a raggiungere i suoi compagni d'armi.
Quando lui se ne andava, ella tornava alla propria camera con l'impressione di avere il cuore a pezzi e si gettava sul letto a piangere.
Adesso, si sentiva esattamente come in quei momenti.
Lentamente, smettendo per un attimo di pensare, Sigyn tornò a muovere lo sguardo nella propria stanza, posandolo al suolo, in un angolo a parecchia distanza dal letto accanto al quale lei stava.
Qui giaceva, malamente abbandonato, l'anello nuziale che il fratello di Thor le aveva messo al dito sotto le false sembianze di Theoric, durante il matrimonio.
Era stata la stessa Sigyn a scagliare il piccolo cerchio dorato sul pavimento, lontano da lei, come se non avesse voluto più vedere quell'oggetto che la teneva legata ad un uomo che ella non amava.
Era riuscita a mostrarsi più forte di quello che in realtà era davanti alle minacce e alle parole del Dio degli Inganni, ma quando finalmente si era trovata sola nella sua camera, non aveva più potuto trattenersi.
Era stato allora che, mossa da un'improvvisa ira nei confronti del fratello del principe Thor, che l'aveva sposata con l'inganno, si era sfilata con rabbia l'anello, gettandolo via e dicendo a sé stessa che mai avrebbe più indossato quell'oggetto piccolo e dorato che sembrava legarla a Loki con forza, come una catena.
Eppure ora, sola nella propria camera, si vergognava quasi d'aver compiuto quel gesto.
D'altronde l'anello era quello che Theoric avrebbe dovuto infilarle al dito il giorno del loro matrimonio; era un oggetto importante e se le mani del Dio degli Inganni non lo avessero sfiorato, sarebbe stato l'unico ricordo che lei possedeva del suo vero promesso sposo.
Perché di Theoric lei non aveva nulla, tranne che i ricordi.
Ricordi che, ad essere sincera, non erano mai particolarmente intensi.
Questo perché Theoric era sempre sembrato più interessato ad Odino e ai suoi compiti di Einherjar che a lei.
Non aveva mai passato troppo tempo in compagnia della sua giovane e gentile futura sposa, nonostante questo a Sigyn, ogni volta che Theoric si allontanava da lei, le mancava terribilmente.
Le mancava, esattamente come ora.
Eppure adesso, inopportunamente, c'era anche il viso di un'altra persona che continuava a tormentarla ogni volta che chiudeva gli occhi e tentava di prendere sonno.
Era il viso di Loki.
Lei avrebbe solo dovuto odiarlo, come quando, poche ore prima aveva scagliato l'anello lontano da lei; eppure ella non vi riusciva.
In qualche oscuro modo continuava a sentire di essere preoccupata non solo per la sorte toccata a Theoric, ma anche a quella che avrebbe aspettato il fratello di Thor.
Loki non era niente per lei, tranne che un incubo ad occhi aperti, un uomo spregevole che le aveva tolto la felicità proprio il giorno del suo matrimonio, eppure....
Eppure c'era sempre una strana tristezza di fondo che sembrava legarla a lui in una maniera confusa, contorta, che Sigyn non riusciva a capire.
Aveva paura di lui, però sapeva anche che il Dio degli Inganni era l'unico che in quel momento conoscesse la verità su cosa fosse accaduto al capitano degli Einherjar e forse lei era preoccupata, perché sapeva che, se al fratello del Dio del Tuono fosse accaduto qualcosa di male, con lui sarebbe anche svanita l'unica occasione che lei e gli altri avevano per rintracciare Theoric.
Non che ella non confidasse nelle straordinarie capacità del guardiano del Bifrost.
Tuttavia, temeva profondamente che nemmeno Heimdall sarebbe stato in grado di scoprire su quale pianeta il capo degli Einherjar fosse stato scaraventato dal potente raggio del Bifrost.
Lentamente, Sigyn si avvicinò all'anello che giaceva sul pavimento levigato della propria stanza da letto e chinandosi lo raccolse delicatamente nelle mani, iniziando a farlo rigirare sul palmo aperto.
Avrebbe probabilmente continuato a riflettere sugli ultimi, confusi avvertimenti che stavano prepotentemente sconvolgendo la sua vita, senza che lei avesse potuto fare nulla per impedirlo, se all'improvviso, qualcuno all'esterno della propria camera, non avesse interrotto i propri pensieri, bussando lievemente alla porta che la separava dal corridoio esterno e, Sigyn lo sapeva, anche dalle due guardie Einherjar che Thor aveva messo a sorveglianza della camera.
Senza riflettere più di tanto a ciò che faceva, la donna tornò ad infilarsi l'anello al dito e raggiunse la porta, socchiudendola leggermente.
Aveva l'assurdo timore di potersi ritrovare ancora una volta faccia a faccia con il Dio degli Inagnni e, istintivamente il suo cuore accelerò i battiti, per paura, o forse per qualcosa'altro?....
Sigyn non concluse il pensiero, poiché aperta la porta si trovò ad osservare non il viso affilato di Loki, magari con stampato in faccia quel suo sogghigno malefico, né quello di Thor, o di un qualsiasi altro Einherjar, ma quello deciso di lady Sif.
La guerriera se ne stava immobile dinnanzi alla porta della camera di Sigyn, con le braccia incrociate e l'aria esitante di chi è stato mandato da altri a portare un messaggio.
<< Lady Sif. >> la salutò automaticamente Sigyn, allontanando in fretta lo stupore che quella visita inattesa aveva creato in lei.
Come aveva immaginato, la guerriera le sorrise leggermente, annunciandole immediatamente, quasi stesse recitando delle parole a memoria: << Sono stata mandata dal Padre degli Dei a vedere come state, Lady Sigyn.... >>.
Esitò e per un istante la donna dai capelli biondi pensò che l'altra avrebbe aggiunto qualcosa, ma così non fu.
Allora, fu la stessa Sigyn a riprendere parola, mormorando utilizzando alcune frasi composte che le sembravano adatte all'occasione: << Sto bene, Lady Sif e sono molto onorata che il Padre degli Dei abbia pensato a me, in un momento difficile e complicato come questo. >>.
Non era tutta la verità, visto che in realtà non stava affatto bene, era praticamente sconvolta e non faceva altro che pensare a Theoric e Loki, con uno strano miscuglio confuso di emozioni che la tormentavano di continuo, confondendole le idee.
<< Voi come state? >> chiese poi, rivolta ancora una volta alla guerriera.
Sif parve stupita dalla domanda e per un attimo non rispose.
Poi, sorridendole di nuovo, replicò: << Sto bene. >>.
Poi, facendosi più decisa, annunciò: << Loki non mi ha praticamente sfiorata e se l'avesse fatto si sarebbe ritrovato in meno di un secondo con la lama della mia fedele spada puntata contro alla gola. >>.
Sigyn sobbalzò leggermente a quelle parole, pronunciate con tanta disinvoltura dalla alta donna bruna dinnanzi a lei ed in tutta fretta abbassò lo sguardo al suolo.
Sif parve notare la sua agitazione ed allora, smise di restare sulla porta, impettita come un vero e proprio soldato e, avvicinandosi un poco a lei, le poggiò una mano sulla spalla destra, domandandole con un intuito tutto femminile: << Non va tutto bene, vero lady Sigyn? >>.
La giovane donna bionda che era andata involontariamente in sposa a Loki tornò a sollevare quasi timidamente lo sguardo sull'altra donna, ammettendo con un filo di voce: << No. >>.
Scosse il capo e tacque.
<< Perché non mi inviti ad entrare nella tua camera? >> le domandò all'improvviso Sif, iniziando a darle del tu e smettendo di parlare con lei come se fosse una sconosciuta con la quale attenersi ad un comportamento rigido e severo.
All'improvviso Sigyn ebbe l'impressione che forse quella donna avrebbe potuto capire le emozioni strane che la stavano assalendo in quelle ultime ore e, sperando che lei avrebbe potuto magari aiutarla a dare un senso a tutta la propria confusione, annuì lentamente, scostandosi dalla porta ed invitando l'altra ad entrare con un gesto della mano e una sorta di leggero inchino.
<< Grazie. >> replicò l'altra, oltrepassandola, entrando in camera e andando immediatamente ad accostarsi alla finestra ampia che dava sui giardini del palazzo reale.
Non appena Sigyn ebbe richiuso la porta alle sue spalle, Sif tornò a sorriderle, ammettendo: << Non me la sentivo di continuare a parlare con te come se fossimo due perfette sconosciute. E poi, mi infastidivano i due Einherjar di guardia davanti alla porta della tua stanza. >>.
Sigyn annuì, con l'impressione che l'altra donna stesse facendo di tutto nel tentativo di sdrammatizzare quel momento e di far sentire Sigyn meno tesa ed insicura.
Sfortunatamente non stava ottenendo grandi risultati.
Sigyn sospirò: << Già. Sembra che Odino abbia deciso di farmi sorvegliare notte e giorno. Pare che il Padre degli Dei abbia iniziato a pensare di me che io sia una fuorilegge al pari di.... >>.
Tacque di colpo e distolse in fretta lo sguardo dall'altra donna, che concluse per lei: << Di Loki? >>.
Sembrava stupita dal fatto che Sigyn non pronunciasse mai il nome del Dio degli Inganni.
Sigyn annuì.
<< Il Padre degli Dei ha messo quegli Einherjar a tua sorveglianza solo per difenderti da eventuali attacchi. >> le spiegò con calma la donna guerriero, lisciando leggermente la corta gonna rossa che portava sopra ai calzoni aderenti.
L'armatura che indossava riluceva di riflessi argentei alla flebile luce del giorno che stava nascendo.
<< Attacchi? >> ripeté Sigyn confusa, sollevando di scatto la testa: << Mi domando da parte di chi. >>
<< Non ne ho idea. >> rispose sinceramente Sif, scrollando le spalle: << Ma..... è meglio che tu ascolti il tuo re e resti per qualche giorno nella tua stanza. >>.
Sigyn assentì vagamente.
Era distratta e, anche adesso non riusciva ad evitare di pensare a Loki e alla orribile  e severa punizione che Odino gli aveva di certo imposto.
Ma più che altro, pensava ancora a Theoric.
Per un breve ma intenso attimo, né Sigyn né Sif parlarono più.
Poi, improvvisamente la giovane dai capelli biondi chiese, sollevando il viso per guardare in faccia l'altra donna più alta di lei : << Lady Sif, dimmi la verità. Pensi che Theoric sia ancora vivo? >>.
Mentre pronunciava quella domanda che quasi le era sfuggita dalle labbra senza che lei lo volesse veramente, ma che era il fulcro reale della sua tristezza, Sigyn trattenne il fiato.
Voleva sapere ciò che l'altra donna pensava, ma aveva anche paura di ascoltare la sua risposta.
Forse Heimdall aveva già trovato il capitano degli Einherjar ma nessuno era andato a riferirlo a Sigyn perché Theoric era già morto e.....
Sigyn scacciò in fretta quei pensieri funesti che inesorabilmente continuavano ad ossessionarla e scoccò una breve occhiata a Sif.
La donna guerriero rimase in silenzio per un attimo, prima di rispondere semplicemente: << Si. >>.
Sembrava fermamente convinta di quello che diceva, anche se appariva vagamente assente, come se anche essa stesse pensando ad altro.
Forse stava cercando il modo di dire qualcosa che pensava a Sigyn; senza trovarlo, e poiché non aggiungeva altro, Sigyn tornò a guardarla, domandandole ancora: << Come puoi saperlo? >>.
<< Non posso, è vero, ma.... Questo è quello che penso. Theoric è un guerriero straordinario, Sigyn; non sarebbe diventato il capitano degli Einherjar, altrimenti. Tu forse non lo sai, perché pur essendo la sua promessa sposa, non l'hai mai visto combattere sul campo di battaglia, ma io si, invece. Ho combattuto al suo fianco e mi sono allenata nell'arena insieme a lui. Era un po troppo avventato alcune volte, come Thor....Come tutti noi guerrieri. >> sorrise leggermente a quell'ammissione, alzando per un istante lo sguardo al soffitto: << Ma Theoric sapeva sempre ciò che faceva e quando combatteva, metteva tutta l'anima in quello che faceva. >>.
Tornò a guardare Sigyn, incoraggiante: << Le sue azioni erano sempre votate al bene di Asgard e non posso credere che Loki sia riuscito a sconfiggerlo in battaglia. >>.
<< Si. Suppongo tu abbia ragione. >> mormorò l'altra donna in risposta: << Io.... Mi auguro sia esattamente così. >>.
Per un lungo attimo fra le due donne cadde il silenzio.
Poi, quasi Sif fosse riuscita a leggere i pensieri dell'altra donna, tornò a parlare, dicendo: << Da quando il Padre degli Dei e Thor hanno scoperto l'inganno di Loki, Heimdall non ha smesso per un solo istante di scrutare i nove regni da est a ovest; da nord a sud. >>.
<< Sta cercando Theoric! >> esclamò Sigyn, speranzosamente: << E dimmi, lady Sif, ci sono novità? Il Guardiano del Bifrost ha trovato qualcosa? Un indizio, magari, su dove possa essere il mio compagno? >>.
Sif non rispose subito, ma chinò il capo e iniziò a fissare le proprie mani unite in grembo.
<< Non ancora, vero? >> domandò Sigyn a voce bassa, comprendendo ogni cosa, solo dai movimenti lenti e desolati dell'altra donna.
Sif scosse il capo ed i capelli neri, raccolti sulla sommità del suo capo in una lunga coda di cavallo, si agitarono alle sue spalle con foga: << No, purtroppo. >>
Poi, notando l'espressione desolata sul viso di Sigyn, tentò di rassicurarla, aggiungendo: << Ma sono sicura che presto Heimdall riuscirà a rintracciare il tuo futuro sposo. >>.
Sigyn assentì, ma per un istante non parlò più.
Allora Sif si chinò in avanti, verso l'altra donna più piccola ed esile, domandandole gentilmente: << A che cosa stai pensando? >>
<< Al principe. >> mormorò lentamente Sigyn: << Che ne è stato di lui? >>.
Lady Sif non parve stupita dalla domanda e immediatamente rispose: << è gentile da parte tua preoccuparti per lui, ma il principe Thor sta bene. è forte e tenace, il futuro re di Asgard. >>.
Sigyn guardò la donna guerriero con aria smarrita.
Era strano che Sif avesse immediatamente pensato a Thor, quando lei non aveva nemmeno fatto il nome del Dio del Tuono.
<< Io.... >> Sigyn si mordicchiò le labbra a disagio.
Improvvisamente non riusciva più a spiegare ciò che voleva dire.
<< ...Non mi riferivo a..... quel principe ma....  All'altro...>> balbettò alla fine.
Sif aggrottò la fronte.
Adesso che Sigyn aveva parlato "dell'altro principe", come lei lo definiva, la donna guerriero aveva immediatamente compreso di chi la giovane dai capelli biondi stesse parlando.
<< Ti riferisci a Loki?! >> le domandò comunque.
Sigyn assentì leggermente.
<< Mi stai chiedendo che fine ha fatto il Dio degli Inganni? L'uomo che ti ha tenuta in ostaggio? >> Sif sembrava di minuto in minuto sempre più sconcertata.
Sgyn annuì una volta ancora, sentendosi una perfetta sciocca.
<< Vorrei sapere che tipo di punizione gli ha inflitto il Padre degli Dei. Lui.....>> sollevò lo sguardo su Sif, afferrandole le mani fra le sue in uno slancio improvviso: << Lui non è morto; vero? Lady Sif, dimmi che Odino non l'ha condannato a morte; ti prego. >>.
Aveva parlato tutto d'un fiato, quasi disperatamente ed il suo copro era scosso da emozioni indecifrabili ma intense.
Seguì un profondo silenzio, mentre Sif guardava la giovane donna bionda accanto a lei come se all'improvviso non riuscisse più a riconoscerla.
<< Non vorrai forse farmi credere che tu sei preoccupata per Loki?! >> le domandò poi, e la sua fu quasi una specie di accusa.
Sigyn si mosse a disagio e questa volta non rispose subito.
<< Be... >> le parole le morirono sulle labbra, ancor prima di poter essere pronunciate.
Non sapeva cosa dire.
Lei si stava preoccupando per il fratello oscuro di Thor?
No; non poteva essere.
Questo era inaudito; impossibile.
A lei non interessava la sorte del traditore dagli occhi verdi ed i capelli neri.
Per lei solo Theoric era importante ed era proprio per salvare il capitano degli Einherjar che era costretta a pensare a Loki di continuo.
<< Dimmi solo quale è stata la punizione che il Padre degli Dei gli ha inflitto. >> disse di nuovo, dopo un attimo di pausa.
Sif continuò a guardare il viso della donna bionda accanto a lei, quindi scuotendo il capo, le spiegò: << Se davvero ci tieni a conoscere la sorte che è spettata a Loki, allora posso dirti che il padre degli dei ha deciso per lui che venga chiuso nelle prigioni più oscure della Città Eterna, senza alcun tipo di compagnia; solo, per il resto dei suoi giorni. >>
<< Per il resto dei suoi giorni...?! >> ripeté Sigyn con un filo di voce, mentre le sue mani sottili scivolarono via da quelle della donna guerriero.
<< Esatto e non è finita qui. >> continuò Sif, pensando di risollevare il morale all'altra donna, parlandole della punizione spettata all'uomo che l'aveva sposata con l'inganno e poi minacciata con un pugnale puntato alla gola.
Sigyn tornò a farsi attenta, ma sembrava preoccupata per quello che l'altra le stava dicendo.
<< Odino ha privato Loki di tutti i suoi poteri magici. D'ora in avanti, il fratello di Thor si sentirà ben più che solo in quelle prigioni. Senza l'aiuto della sua magia, Loki non è nulla. >>.
Sigyn rimase a fissare l'altra donna in silenzio, per un attimo, poi lentamente si lasciò cadere seduta sulla sponda del letto.
Sul suo volto era adesso comparsa un'espressione inquieta.
Qualcosa nelle parole di Sif pareva averla scossa, e la donna guerriero vide negli occhi ambrati dell'altra un ansia che confinava con la paura stessa.
<< Che cosa c'è che non va? >> le domandò in fretta, sedendosi automaticamente sul letto accanto a lei.
Sigyn teneva gli occhi fissi sul dorso delle mani e non parlava.
Sapeva che l'altra donna continuava a guardarla, confusa dalla sua inattesa reazione, ma non riusciva a guardarla a sua volta in viso.
<< Loki sta avendo solo ciò che si merita! >> borbottò Sif, sempre senza capire cosa turbasse tanto Sigyn.
<< Forse.... Forse è così, ma...... >> alla giovane donna dai capelli color del miele mancò la voce e la stanza divenne tutto a un tratto totalmente silenziosa.
Chiuse gli occhi con forza, deglutendo a vuoto.
Stranamente, inconcepibilmente, li sentiva bagnati di lacrime.
Ma lacrime per chi?
Per Loki? No, mai!
Per Theoric, certamente. Doveva essere così.
<< Ma che cosa? >> domandò Sif, alzando un poco la voce, irritata non con Sigyn ma con il Dio degli Inganni a cui anch'ella stava adesso pensando: <<  Lui ti ha usata e minacciata solo ed esclusivamente per portare a termine i propri perversi scopi e tu dovresti solamente essere grata al Padre degli Dei per aver dato a Loki questa punizione. >>.
Sigyn non alzò la testa, né aprì gli occhi.
Si limitò ad annuire, anche se lo fece con scarsa convinzione.
Per un lungo attimo nella camera da letto di Sigyn cadde un profondo silenzio, mentre le due donne stavano sedute sul bordo del letto, l'una accanto all'altra, impensierite.
Poi, improvvisamente Sigyn, afferrando l'altra donna per le braccia, dichiarò: << Lady Sif, io devo vedere il fratello di Thor! >>.
La guerriera dai capelli bruni e gli occhi verdi si alzò in fretta in piedi, con un espressione angustiata sul volto.
Con quel suo gesto brusco si era tirata dietro Sigyn, che, a sua volta si era alzata dal letto, ma non parve farci caso.
Esitava e sembrava sempre più confusa dalle affermazioni della donna bionda.
Era ben evidente che non si aspettava da Sigyn una simile richiesta.
<< Loki è prigioniero e.... >> stava per ribadire, non sapendo che altro dire, ma Sigyn al suo fianco, insistette: << Devo vederlo, lady Sif, ti prego! Devo raggiungere le prigioni per poter parlare con lui. Devo potergli chiedere di Theoric. Questa cosa non può aspettare! In questo preciso momento, il capitano degli Einherjar potrebbe essere in pericolo, disperso su chissà quale pianeta. >>.
C'era un immensa disperazione negli occhi della giovane dai capelli biondi, ed il suo volto era pallido e teso.
Mentre parlava la voce le si spezzava, nello sforzo di sottolineare l'urgenza di ciò che affermava.
<< Dunque è a Theoric che stavi pensando, quando mi hai chiesto della sorte che spettava Loki. >>
<< Se al fratello di Thor dovesse succedere qualcosa di male, con lui se ne andrebbe l'unica speranza che io possiedo per scoprire dov'è Theoric. Capisci? >>
<< Capisco. >> assentì Sif assumendo un tono di voce calmo e pacato: << Capisco che dovresti prendere un po di tempo per riflettere meglio su questa faccenda. Potrebbe essere un grave errore. Ti stai assumendo un incarico fuori dalle tue possibilità. >>.
<< Ti prego, Sif, io.... >> Sigyn non riuscì a concludere la frase, perché l'altra donna ribadì, con un veloce gesto della mano: << Non puoi recarti nelle prigioni! Sarebbe un vero e proprio affronto contro il volere del Padre degli Dei. >>.
<< Ma io devo sapere dov'è Theoric e solo il fratello del principe Thor può aiutarmi. >> e mentre pronunciava questa supplica, a Sigyn tornarono in mente chiare le parole che Loki le aveva rivolto nella sala del trono, pochi attimi prima che lei venisse letteralmente scacciata dal Padre degli Dei.
" Può darsi che me ne possa rammentare.....In futuro."
Quelle parole le rimbombavano nella mente come se Loki fosse lì, accanto a lei e glie le stesse ripetendo con lo stesso sogghigno ambiguo sulle labbra tese.
Non le aveva detto che non sapeva dove Theoric fosse stato trasportato dal raggio del Bifrost.
Aveva semplicemente affermato che non riusciva a rammentare su quale pianeta il raggio arcobaleno fosse diretto.
Allora, perché non tentare di farsi dire dallo stesso Loki dov'era Theoric?
Forse con il timore della prigionia, il fratello minore di Thor sarebbe diventato più ragionevole e collaborativo.
Sigyn non ci sperava poi molto, ma.... Non valeva forse la pena tentare?
<< Abbi pazienza, Sigyn. Vedrai che Heimdall prima o poi lo troverà. >>
<< E se quel poi fosse troppo tardi per Theoric? >>
<< Riposa ora, cara. Sei sconvolta e hai bisogno di dormire. >> le suggerì gentilmente Sif, rivolgendole un tenue sorriso :<< Vedrai che poi ti sentirai meglio e l'idea di andare da Loki nelle prigioni, non ti sfiorerà neppure più la mente. >>.
<< Non penso cambierò idea. >> Sigyn aveva parlato con onestà, ma si accorse troppo tardi che quelle parole avrebbero potuto essere intese dall'altra donna come una sorta di sfida.
Sif per un breve attimo rimase ammutolita ad osservare Sigyn da capo a piedi.
Sembrava quasi stesse valutando la possibilità che la giovane donna dai capelli biondi andata in sposa per puro caso a Loki, fosse in realtà in combutta con lo stesso Dio degli Inganni.
Poi, però, parve convincersi del contrario e tornò a sussurrare: << Riposa e stai tranquilla. Abbi fiducia in Heimdall e tutto si sistemerà, vedrai. >>.
Le rivolse un nuovo rapido sorriso, quindi si diresse alla porta e uscì in fretta dalla stanza.
Sigyn seguì istintivamente l'altra donna fino alla porta, salutandola con un lieve inchino.
Poi si chiuse la porta alle spalle e, sospirando poggiò la schiena contro di essa, spostando il suo sguardo desolato verso il soffitto, osservando distrattamente il sole del mattino ormai giunto che entrava a fiotti dall'ampia finestra, danzando sulle pareti lucide della camera.
La vista della luce del sole avrebbe per lo meno dovuto scaldarla un poco; invece in quel momento Sigyn aveva l'impressione d'essere fredda e vuota.
Aveva creduto che almeno Lady Sif l'avrebbe ascoltata, comprendendo i suoi timori e le sue ansie, ma non era stato affatto così.
La guerriera era una donna coraggiosa, ma anche lei, esattamente come tutti gli altri, non avrebbe mai osato contraddire Odino.
Nemmeno in un caso come quello; in cui il Re di Asgard si lasciava guidare forse più dalla collera che dalla ragionevolezza e dal buonsenso.
Lentamente Sigyn si staccò dalla porta chiusa alle sue spalle e si avvicinò alla finestra, sollevando lo sguardo per scrutare la vastità della Città Eterna.
Asgard sembrava vuota, silenziosa, avvolta in una tranquillità che a lei in quel momento era esclusa.
La vita sembrava aver già ripreso a scorrere normalmente per tutti gli abitanti del regno.
Tutti....O quasi.
Sigyn aveva adesso l'impressione di essere la sola in tutta la Città Eterna ad essere stata veramente toccata dagli ultimi nefasti avvenimenti che avevano sconquassato la sua vita alla corte di Odino.
Gli altri, avevano ripreso, come se nulla fosse accaduto, le loro abituali occupazioni.
Certo, la gente di Asgard aveva iniziato a chiacchierare da subito; da quando quella notte aveva veduto comparire Loki nei corridoi del palazzo regale.
Da quando lo avevano visto legato con delle catene e scortato da Odino e da un'intera guarnigione di Einherjar verso la sala del trono.
I pettegolezzi su ciò che era avvenuto durante il matrimonio di Sigyn erano all'ordine del giorno, ma nulla era veramente cambiato per loro.
Per lei, invece, era cambiato tutto.
Sigyn sentì le lacrime solcarle ancora una volta gli occhi, ma si fece forza e le ricacciò immediatamente indietro.
Non sarebbero servite a nulla; non certo a lei e nemmeno a Theoric.
Le lacrime non servivano mai per venire fuori dai guai e dalle situazioni peggiori.
Al capitano degli Einherjar serviva solo una cosa in quel momento: aveva bisogno che qualcuno riuscisse a rintracciarlo, per aiutarlo a ritornare ad Asgard sano e salvo, dai suoi uomini, da Odino e da lei..... Dalla sua promessa sposa.
Con sguardo mesto la giovane donna dai lunghi capelli color miele chiaro tornò ad osservare il paesaggio fuori dall'ampia finestra.
Quando Theoric sarebbe tornato alla Città Eterna, Sigyn era certa che tutto si sarebbe sistemato per il meglio.
Lei però non poteva continuare a restarsene buona ed in silenzio, rinchiusa nella sua camera come se anche lei fosse stata una fuorilegge al pari del fratello di Thor.
Non poteva più restare ferma ad aspettare.
Doveva fare qualcosa per Theoric, per lei e per il loro legame.
E sapeva che per riuscire a portare a termine il compito che ella stessa si era appena assegnata, doveva chiedere aiuto all'ultimo uomo da cui avrebbe desiderato tornare.
L'unico uomo del quale temeva la vicinanza; il solo che la facesse sentire fragile e insignificante: doveva chiedere aiuto a Loki; al Dio degli inganni.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** SIGYN E THOR ***


19 - Sigyn e Thor
 
 
Sigyn sedeva sul bordo del letto con le gambe unite, le braccia tese, con le mani posate rigidamente sulle ginocchia e lo sguardo fisso al suolo.
Stava riflettendo sulla propria condizione di involontaria moglie di un traditore e in quel momento si sentiva prigioniera quanto probabilmente lo era lo stesso Dio degli Inganni.
Era da tre giorni che chiedeva in continuazione agli Einherjar che avevano il compito di sorvegliarla, di poter uscire dalla propria camera, ma essi non la ascoltavano.
Per la verità non badavano quasi nemmeno a lei e alle sue parole e sempre la costringevano a tornare in stanza, con poche parole di rassicurazione che parevano recitare a memoria.
Erano sempre le stesse: non doveva preoccuparsi, tutto si sarebbe sistemato, Heimdall avrebbe trovato Theoric e lei non doveva fare niente altro se non aspettare e sperare che tutto andasse per il verso giusto.
Ma Sigyn era stanca di aspettare; stanca di sentirsi sempre ripetere le stesse parole, stanca di non poter fare nulla per ritrovare il suo promesso sposo.
Non aveva mai sperimentato un impazienza tale e forse stava veramente prendendo la decisione sbagliata, ma..... Non poteva continuare a restare chiusa in stanza ad aspettare che le cose si risolvessero da sole.
Questo, lei lo sapeva, non sarebbe mai successo.
Disperare o sperare in momenti come quelli non facevano alcuna differenza e lei si sentiva schiacciare dal peso delle proprie preoccupazioni.
Se sarebbe rimasta un giorno di più con le mani in mano, avrebbe finito lei stessa per impazzire.
Ed in un momento fu definitivamente certa di non poter più esitare.
Aveva già perso abbastanza tempo.
Tempo che poteva influire su molte cose e determinare la salvezza o la disfatta di Theoric.
Il Padre degli Dei, rifletté, si sarebbe probabilmente infuriato con lei, solo per il fatto che ella avesse deciso di lasciare la sua camera di nascosto, eludendo la sorveglianza delle guardie che, in pratica avrebbero dovuto proteggerla.
Questa volta, magari, sarebbe persino giunto a punire anche lei, come molte volte aveva minacciato di fare con tutti coloro che disobbedivano ai suoi ordini, ma ormai a Sigyn non importava.
Più della punizione, temeva la collera del Padre degli Dei, ma sapeva di non poter rimanere tranquillamente nella propria stanza mentre la sua vita si disfaceva e tutti i cittadini di Asgard la criticavano già, chiamandola moglie di un traditore, rivolgendosi a lei con appellativi ancor peggiori che ella non pensava di meritare.
Lo sapeva che le dame di compagnia; quelle che dicevano di esserle amiche, adesso la guardavano con sospetto, come se avesse scelto di sua spontanea volontà di sposare Loki.
Ma lei non lo voleva come marito; non lo aveva mai desiderato.
Era stata ingannata, solo che....
Nessuno pareva crederle tranne Odino, Thor, Sif ed i guerrieri che sapevano come erano andate realmente le cose, ma che la costringevano comunque a restare chiusa in camera, come se anch'ella avesse qualche colpa in tutto quello che stava accadendo al regno negli ultimi tempi.
No, ripeté di nuovo a sé stessa, non poteva aspettare oltre.
Non poteva attendere che Loki, l'unico a sapere la verità sul luogo in cui il capitano degli Einherjar era finito, venisse ucciso dalla propria follia, solo in una cella dimenticata nelle prigioni più remote del regno di Odino.
Ma sopratutto non poteva attendere che il suo amato Theoric perisse in ben altro modo su un pianeta lontano ed ostile.
Così, con quei pensieri che le riempivano la mente e una determinazione che raramente ella aveva provato, Sigyn si sollevò in fretta dal letto, accertandosi che l'ora fosse abbastanza tarda per agire indisturbata.
Poi, in fretta, si tolse l'abito lungo ed elegante che le impediva i movimenti e la costringeva sempre a camminare con un andatura non troppo veloce per evitare di inciampare nella lunga gonna fluente e afferrò fra le mani quelli più semplici che aveva nascosto sotto al letto quel giorno stesso, in previsione che giungesse la sera e che lei potesse finalmente mettere in atto il suo piano; ammesso che la vaga e folle idea che le turbinava da giorni nella mente fosse veramente un piano.
Era stato facile nascondere quegli abiti sotto al letto, senza che nessuno la notasse.
D'altronde agli Einherjar interessava soltanto che lei non lasciasse la propria stanza.
Quello che ella faceva oltre i confini della porta chiusa che la separava dal resto del palazzo di Odino, erano solo affari suoi.
Nessuno badava mai a lei.
Certo, ci sarebbe potuto essere il rischio che Heimdall scorgesse le sue mosse furtive, anche se indubbiamente il guardiano del Bifrost aveva ben altro a cui pensare in quei giorni e Sigyn si augurava vivamente che esso non indugiasse a spiare le mosse di una semplice dama di corte; almeno non fino a quando lei fosse riuscita a raggiungerlo all'osservatorio, in fondo al ponte dell'arcobaleno.
Perché era esattamente lì che lei aveva intenzione di dirigersi quella sera stessa.
Voleva andare da Heimdall e da Thor per parlare con loro e magari cercare di convincerli a lasciarla andare a far visita al Dio degli Inganni, rinchiuso nelle prigioni.
Sapeva di per certo che avrebbe trovato il Dio del tuono al Bifrost perché le era stato detto da Sif appena il giorno prima.
La donna guerriero le aveva fatto visita perché sentiva il bisogno di parlare con lei.
Più che per la solitudine a cui Sigyn era costretta, sembrava che la donna guerriero non riuscisse a pensare ad altro se non al Dio del Tuono e, quando aveva parlato con Sigyn l'aveva fatto solo per parlarle di Thor e della sua preoccupazione nei suoi confronti.
Sigyn la capiva e anche se Sif non l'avrebbe mai ammesso apertamente, era ben evidente che era infatuata di Thor.
Almeno, pensò amaramente Sigyn, la donna guerriero sapeva dove si trovava in quel momento l'uomo di cui le era cara la vita.
Lei non poteva certo dire lo stesso.
Sif le aveva detto che era dalla notte in cui Loki era stato condotto in cella che il principe Thor non aveva abbandonato l'osservatorio di Heimdall neppure un istante.
Stava scrutando insieme al guardiano dalla pelle nera i nove regni e non si sarebbe dato pace fin quando non avesse scovato l'ubicazione di Theoric.
Lui come Sigyn sembrava voler agire e non solo restare ad aspettare che qualcosa accadesse e che il capitano degli Einherjar tornasse da loro come per magia.
Per questo Sigyn stava pensando di andare da lui.
Forse il principe Thor sarebbe stato più ragionevole del Padre degli dei e l'avrebbe aiutata nei suoi intenti.
Forse, l'avrebbe aiutata ad incontrarsi con il Dio degli Inganni per quell'ultima volta.
Sigyn aveva solo questa possibilità per poter parlare con Loki e chiedergli di Theoric e voleva usarla al meglio.
Sospirando, la giovane donna finì di indossare gli abiti che aveva preparato per l'occasione e si volse verso lo specchio alto che riempiva una porzione della parete destra della camera da letto, salendo dal pavimento quasi fino a raggiungere il soffitto, osservando con occhio critico la sua immagine riflessa.
Al primo istante ebbe quasi l'impressione che a guardarla dallo specchio fosse un'altra donna, totalmente diversa da lei.
Quelli che aveva indossato erano abiti molto differenti da quelli che lei era solita portare, di foggia leggermente maschile, fatti per le donne come lady Sif, che preferivano combattere ed andare a cavallo, piuttosto che restare chiuse nella reggia del Padre degli Dei a svolgere i compiti di una comune ancella.
Era stata per l'appunto la stessa donna guerriera a fargliene dono, il giorno del suo fidanzamento ufficiale con Theoric.
Da allora erano trascorsi un paio di anni e Sigyn non aveva mai avuto modo di indossare quell'abito.
Lo aveva lasciato così, dimenticato in un armadio, a fare la polvere, almeno fino ad ora.
Adesso quell'indumento che, molte altre volte ella aveva disdegnato, le appariva il più adatto da indossare per la missione che ella stessa si era proposta di portare a termine entro quella notte.
Il vestito era composto da lunghi calzoni aderenti, da una casacca azzurra ricamata, che le scendeva più lunga da un lato in una frangia di stoffa sottile, e degli stivali alti, che le riparavano le ginocchia con placche di metallo, proprio come quelli indossati dalla stessa Sif.
C'erano anche dei lunghi bracciali anch'essi di metallo, ma Sigyn non se la sentiva di indossarli.
Era certa che le avrebbero impedito i movimenti e poi, l'avrebbero fatta sentire strana, simile ad una guerriera, e certo lei non lo era e nemmeno avrebbe mai desiderato esserlo.
Con quel genere di vestiti si sentiva strana e quasi impacciata, ma non si soffermò troppo a farci caso.
Aveva raccolto i capelli dietro la testa in una piccola coda, ma per il resto le scendevano ancora lunghi sulle spalle, leggermente scomposti e ondulati.
Esitando ancora un istante, smise di guardarsi allo specchio e lasciò che il proprio sguardo vagasse per la stanza, come se quella fosse stata l'ultima volta che ella avrebbe visto quel luogo sicuro e confortevole, adesso tuttavia tanto simile ad una specie di prigione.
Non sapeva bene perché provasse quelle strane emozioni, ma aveva quasi l'impressione di stare dando addio a tutto quello che ella era stata fino ad allora.
Scosse il capo, per scacciare quei pensieri inopportuni e tornò a volgere lo sguardo verso il proprio letto, sistemato accanto alla finestra che si affacciava sul vasto giardino della reggia; sul lato riservato agli ospiti e ai servitori.
Aveva già legato insieme lenzuola e abiti e, dopo averne fatto una lunga corda, l'aveva assicurata strettamente ad una gamba del letto.
Sigyn nascose quindi qualche cuscino sotto il lenzuolo, per dare l'impressione di essere ancora a letto a dormire.
Quel trucco poteva funzionare solo se nessuno si fosse avvicinato abbastanza al letto da poter guardare sotto alle lenzuola, e fortunatamente lei sapeva bene che nessuno degli Einherjar disposti a fare la guardia alla sua camera, avrebbero mai osato entrare in camera sua per vedere cosa ella stesse facendo.
A loro non interessava come Sigyn stava.
Bastava che non si muovesse da lì.
Mentre si spostava ansiosamente per la camera, Sigyn continuava a ripetere a sè stessa che quello era solo un piccolo inganno, innocuo e necessario, e che lei con quelle sue azioni non avrebbe causato nessun danno ad alcuno; tranne forse che a sé stessa.
Ovviamente non era nelle sue intenzioni disobbedire agli ordini del Padre degli Dei, che le aveva imposto il divieto di lasciare la propria camera, ma Sigyn non poteva continuare a restare ad aspettare che le cose si risolvessero da sole.
Odino e tutti gli altri affermavano che lei non doveva lasciare la propria camera per semplici questioni di sicurezza, ma era da un po che Sigyn aveva invece iniziato a sentirsi come se fosse una specie di prigioniera.
Non capiva da che cosa il Padre degli Dei volesse proteggerla.
In fretta, senza altre esitazioni, si calò di sotto.
La discesa non fu per nulla semplice, ma alla fine, Sigyn riuscì a toccare terra con i piedi e un sospiro le sfuggì dalle labbra.
Per il momento tutto stava andando bene.
Non perse tempo a cercare di nascondere la lunga corda fatta di abiti e lenzuola che pendeva dalla finestra della sua camera fin nel giardino.
Invece si allontanò immediatamente da essa; muovendosi in fretta e il più silenziosamente possibile.
Con i suoi vecchi abiti non sarebbe mai riuscita a muoversi con tanta scioltezza e agilità e improvvisamente si rallegrò di aver preso la decisione di indossare quegli abiti molto più comodi.
Forse non la facevano sembrare una perfetta dama di corte, ma era molto meglio così, visto che lei non desiderava attirare l'attenzione di nessuno.
Attraversò in fretta il giardino, dirigendosi verso la siepe divisoria che cintava quella parte di Asgard appena fuori dalle mura del palazzo di Odino e mentre correva sentì l'aria della notte imminente colpirla sul viso, fresca e leggera.
Passò sotto le fronde degli alberi che di giorno davano ombra ai vasti giardini, cercando di non far scorgere la sua sagoma alla sentinella di vedetta, che di certo, come tutte le altre notti, pattugliava i dintorni del palazzo reale.
I suoi sforzi, parevano comunque sprecati, visto che mentre correva aveva l'impressione che il mondo attorno a lei fosse immobile, le finestre e le ampie verande del palazzo buie e silenziose, la gente della Città Eterna già addormentata o in procinto di prendere sonno.
Continuando a muoversi il più silenziosamente possibile, Sigyn seguì uno stretto sentiero che conduceva al recinto dei cavalli e all'ingresso delle scuderie.
Gli stallieri se ne erano andati già da qualche tempo, dopo aver dato da mangiare ai cavalli; perciò per Sigyn non fu difficile entrare nelle stalle.
Con una certa cautela, sollevò il saliscendi di legno e, aprendo il grande portone che dava accesso alle stalle, vi si infilò dentro agilmente.
Grandi bracieri d'ottone illuminavano una doppia fila di stalle e nel silenzio, l'unico rumore che la donna poteva udire erano si suoi passi affrettati.
Avvertendo la presenza di un estraneo, i cavalli avevano iniziato a nitrire sommessamente e a battere impazientemente gli zoccoli a terra.
Sigyn ringraziò il cielo che, a quell'ora tarda non vi fosse nessuno nei pressi delle scuderie, altrimenti con il baccano che i cavalli stavano facendo, gli Einherjar avrebbero potuto immediatamente scoprirla.
La donna dai capelli biondi si fermò davanti ad una stalla a caso e si volse ad osservare l'animale alto e dall'aria nobile che vi stava rinchiuso all'interno.
Era un cavallo meraviglioso; come tutti quelli che vivevano nella Città Eterna, che venivano sempre trattati con la massima cura.
Il suo manto era completamente bianco; il suo sguardo limpido e quando esso vide la giovane donna ferma a pochi passi da lui, scosse leggermente il capo, nitrendo sommessamente.
Sigyn gli si accostò, facendogli segno di tacere con un dito sulle labbra; aprendo il cancello di legno che ancora la separava dall'animale e chiedendosi al contempo se, dopo tanti anni, fosse ancora capace di cavalcare senza timore.
Era da tanto che non saliva in groppa ad un cavallo ed aveva paura di essersi scordata come esso si conduceva.
Più che altro, la spaventava l'idea che l'animale potesse rifiutarla, non riconoscendone l'odore o captando la sua preoccupazione.
Il cavallo nitrì debolmente, ma non sembrò spaventato dalla presenza della esile donna pallida che lo osservava, avvicinandosi a lui, titubante.
Mentre osservava l'animale ed i suoi occhi marroni, enormi e liquidi, Sigyn sorrise lievemente, dimenticando per un solo, fuggevole attimo la propria ansia.
Quel cavallo le ricordava quello che lei aveva da piccola, a casa sua.
Era davvero da tanto, forse da troppo tempo che non cavalcava libera nel vento.
Accarezzò ancora per un attimo la morbida testa del cavallo, grattandogli le orecchie, poi, dopo avergli mormorato qualche parola gentile, lo sellò, gli mise le briglie e lo condusse in silenzio fuori dalla stalla, lungo il sentiero lastricato d'oro che portava al Bifrost.
Il cavallo la seguì docilmente, senza fare storie, fidandosi quasi per istinto di quella donna piccola e gentile.
Solo quando fu giunta all'estremità del Ponte dell'Arcobaleno, Sigyn tornò a voltarsi verso il cavallo che la seguiva e, dopo averlo carezzato un ultima volta, montò in sella.
Dopo di che, si avvolse più strettamente il mantello azzurro attorno al copro, per proteggersi dal vento della notte e scosse le redini, incitando il cavallo dal manto bianco al galoppo.
Fu allora che si accorse con meraviglia che nulla era cambiato da quando era piccola; e da quando tanti anni prima, aveva cavalcato per l'ultima volta, diretta ad Asgard, per incontrare il suo promesso sposo, Theoric.
 
-------------------
 
All'altro lato del Bifrost, lo stesso vento che sfiorava il viso della donna, soffiava contro la faccia barbuta di Thor, muovendo i suoi lunghi capelli biondi da una parte all'altra del viso.
Il rumore sciabordante delle onde che si infrangevano contro gli enormi pilastri che sorreggevano il Ponte dell'Arcobaleno, accompagnavano la cadenza ritmica dei suoi passi agitati, mentre il Dio del Tuono camminava avanti e indietro nel grande osservatorio di Heimdall.
Alle sue spalle, il guardiano dalla pelle scura, stava immobile dinnanzi al Bifrost in quel momento inattivo, scrutando attraverso l'apertura circolare nella cupola dorata tutti i mondi sottostanti.
Erano lì da tre giorni e Thor non si era allontanato dal Bifrost nemmeno per mangiare, ordinando che il cibo gli venisse portato direttamente sul ponte.
Era agitato e nervoso e non vedeva l'ora di poter agire di nuovo.
Thor non era mai stato un uomo paziente ed in quel momento sembrava lui il principe imprigionato tanto era grande il suo desiderio di fare qualcosa di diverso dal camminare qua e la senza una meta precisa.
Per un breve attimo ancora, il Dio del Tuono continuò a camminare lungo il bordo del Bifrost; poi si volse di scatto verso Heimdall, interpellandolo con voce ferma e pressante: << Ebbene, riesci a vederlo? è da giorni interi che scruti incessantemente i nove regni ed ancora non abbiamo ottenuto nessun risultato. >>.
<< Bisogna che tu impari a portare pazienza, mio principe. >> lo rimproverò la sentinella dalla pelle scura, senza staccare lo sguardo dai regni lontani, che lui riusciva a vedere distintamente.
<< Pazienza?! >> Thor scosse il capo, nervosamente, alzando la voce: << Tutti quanti mi dicono di portare pazienza, ma non è con la pazienza che si risolvono le cose! >>.
<< Non in questo caso. >> lo contraddisse l'altro.
<< Mi domando quanto ancora mio padre abbia intenzione di tenerci qui ad Asgard, senza il permesso di partire. >> sbuffò Thor, ravviandosi una ciocca di lunghi capelli biondi che gli era finita davanti al volto.
<< Partire? >> Heimdall finalmente smise di scrutare le profondità dello spazio e si volse verso il principe; un'aria dubbiosa sul volto scuro: << E dove vorresti andare, principe Thor? >>.
<< Un mondo vale l'altro. >> rispose lui, sbrigativamente: << Possiamo ricominciare le ricerche di Theoric, anche da subito. Sif e gli altri sarebbero con me, ne sono certo. >>.
<< Tuo padre l'ha vietato. Vuole che tutti restino nel regno. >> gli ricordò Heimdall, mantenendo una calma quasi irritante.
<< Mio padre.... >> Thor scosse il capo, reprimendo un improvviso moto di collera: << Da quando è tornato a governare su Asgard, sembra mosso solamente dall'odio per mio fratello. Non pensa ad altro che a vendicarsi di lui. >>.
Per un istante né Thor né Heimdall parlarono più.
Poi, il guardiano del Bifrost disse fermamente: << Loki gli ha arrecato un grave torto, sottraendogli il trono e governando al posto suo, mentre lui era prigioniero nelle celle sotto incantesimo. >>.
<< Già, ma mi domando se davvero il regno di Loki fosse tanto diverso dal suo. >> mugugnò Thor, scuotendo la testa e ricominciando a passeggiare sul ponte con andatura veloce, quasi come se fosse diretto ad una battaglia: <<  In questo momento mio padre sembra totalmente accecato dall'ira. Non pensa a Theoric e alla sua sorte? >>.
<< Il Padre degli Dei crede che sia meglio per tutti restare ad Asgard, al sicuro, per il momento. >> gli fece notare Heimdall: << Teme che Loki abbia solamente raccontato nuove bugie riguardo Theoric. è propenso a credere che il Capitano degli Einherjar sia ancora qui nel regno, da qualche parte e che tuo fratello non abbia fatto altro che ingannarvi nuovamente affermando di aver spedito Theoric su un pianeta lontano. >>.
Thor annuì, riflettendo: << Pensa ad un nuovo inganno di Loki, ma.... Se si stesse sbagliando, questa volta? >>.
Heimdall non rispose immediatamente.
I suoi occhi si fecero di colpo distanti, mentre lui sollevava il capo verso un punto imprecisato del ponte, su qualcosa che solo lui pareva riuscire a scorgere.
Thor si accorse del cambiamento in Heimdall, ma non disse nulla.
Si limitò ad aspettare che fosse l'altro a dirgli quello che aveva visto.
<< Credo che presto lo scopriremo. >> mormorò questo, vagamente.
<< Come? >> Thor aggrottò la fronte confuso, decidendosi a domandare: << Che cosa hai visto? >>.
<< Lei sta arrivando. >> replicò Heimdall con un vago sorriso sulle labbra.
Thor continuò a fissarlo con l'aria di chi ha appena visto un folletto dei boschi comparire davanti ai suoi occhi dal nulla.
<< Lei? >> domandò dubbioso.
<< Lady Sigyn sta venendo qui. >> rispose semplicemente il guardiano dalla pelle scura: <<  è da un po che mi sono accorto delle sue mosse, ma non ho detto nulla. Volevo capire cosa avesse in mente. >>.
<< E l'hai capito? >> tornò ad interrogarlo Thor, ancora confuso.
<< Immagino voglia il tuo aiuto per andare a cercare il suo promesso sposo. >> disse Heimdall, continuando a sorridere: << A quanto pare, non sei l'unico che pensa di agire invece di restare con le mani in mano ad aspettare. >>.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** FOR THEORIC ***


21 - FOR THEORIC
 
 
 
Le ultime parole di Heimdall si erano da poco spente nel silenzio che avvolgeva il ponte dell'Arcobaleno, quando il suono di alcuni zoccoli in corsa giunse all'udito di Thor ed il principe si voltò appena in tempo per vedere Lady Sigyn che, in sella ad un cavallo bianco, spronava l'animale al galoppo, nella sua direzione.
<< Principe Thor, devo poter parlare con tuo fratello! >> annunciò Sigyn, ancor prima di smontare da cavallo.
Thro si accostò al cavallo bianco, mentre la giovane donna tirava le redini per farlo fermare e le tese istintivamente le braccia per aiutarla a smontare dalla sella, in un gesto da vero cavaliere.
Lei esitò solo un istante, ma poi, lasciò che il principe dai capelli biondi la prendesse fra le braccia e la deponesse dinnanzi a sè, sollevandola come se fosse una piuma.
Sulla faccia della donna c'era un espressione decisa che il Dio del Tuono pensava di non averle mai visto in viso, prima di allora.
Per un siante sia lui che Sigyn rimasero in silenzio.
Poi, lentamente, come se non fosse completamente sicuro di quello che stava dicendo, annunciò: << Mio padre ha vietato di andare da Loki. >>.
<< Ma io ho bisogno di parlare con lui! >> insistette Sigyn, senza dissimulare l'urgenza nella sua voce.
<< Non vorrai forse mettere in discussione le parole di mio padre?! >> le domandò Thor, scrutandola intensamente.
<< No. Questo mai. Non oserei mai. Solo.... >> lei esitò solo un istante, prima di continuare: << Non posso restare a guardare mentre tuo fratello viene consumato dalla prigionia. >>.
Sigyn lo guardò intensamente e Thor riuscì a scorgere nei suoi occhi tutta l'ansia che ella provava.
<< Lady Sigyn, hai fatto quanto potevi e anche di più. >> replicò Thor gentilmente: << Non c'è ragione che ora ti interessi anche della salute di Loki. Non dopo tutto quello che ti ha fatto. >>.
Sigyn lo guardò malinconicamente per un attimo, poi scosse la testa: << Lo so... Lo so che dovrei solo essere grata al Padre degli Dei per aver imprigionato colui che ha causato tutto questo caos nella Città Eterna; l'uomo che ha distrutto il mio matrimonio e costretto Theoric a gettarsi nel Bifrost diretto su un pianeta per noi ancora senza nome, ma non posso. >>.
Tacque, allontanando solo per un attimo i suoi occhi dal viso fiero del Dio del Tuono.
Poi, tornò a guardarlo, spiegandogli: << Non posso perché so che solo lui può spiegarci come sono realmente andate le cose durante lo scontro sul Ponte dell'Arcobaleno. Lui solo può dirmi dov'è ora il mio promesso sposo. Non tu, Heimdall. >> Sigyn guardò l'uomo dalla pelle scura: << Non il Padre degli Dei, e nemmeno tu, principe Thor. >>, tornò a volgersi verso il Dio del Tuono: << Non sto mettendo in dubbio le vostre capacità. Sto solo accettando le cose per quello che sono e so che più tempo aspettiamo, più Theoric potrebbe..... >>.
Tacque di colpo, chinando il capo, senza trovare la forza per concludere quella frase; quel pensiero inaccettabile che ormai da troppi giorni la tormentava.
Thor sospirò lievemente, scrutando il bel volto di lei ancora per un momento.
Poi, lentamente guardò altrove, mormorando: << Theoric è un guerriero valente. Il più possente fra tutti gli Einherjar. Non devi temere per lui. Sono certo che, ovunque lui sia, se la saprà cavare. >>.
Ancora rassicurazioni, pensò Sigyn smarrita.
Ancora le stesse parole che quasi tutti le rivolgevano, quando le dicevano di non preoccuparsi per Theoric.
Ma lei non ci riusciva; non poteva.
Smettere di cercare Theoric adesso; smettere di preoccuparsi per lui, sarebbe stato come abbandonarlo nel momento in cui il capitano degli Einherjar aveva più bisogno d'aiuto.
Sarebbe stato come voltargli le spalle e lei non era una donna capace di questo.
Lei non era capace di smettere di pensare e semplicemente aspettare augurandosi che tutto si risolvesse per il meglio.
Doveva almeno tentare, perché se non lo avesse fatto, sapeva che alla fine, se qualcosa fosse andato storto, ella non si sarebbe mai perdonata e avrebbe assunto su se stessa la colpa di quel disastro.
Non era da lei aspettare, senza tentare.
<< Noi non siamo degli dei, principe Thor. >> la voce di Sigyn si era abbassata, fino a diventare un sussurro: << Sono certa che lui sia un guerriero valoroso e leale, ma non è immortale e ... Nemmeno io lo sono. >>.
Deglutì e sembrava stesse combattendo contro le lacrime che ancora una volta stavano insidiando i suoi occhi: << Restarmene qui con le mani in mano, sapendo che forse il mio futuro marito è in pericolo su un pianeta ostile.... non gioverà certo alla mia salute. >>.
Thor continuò a non parlare.
Sigyn lanciò una breve occhiata ad Heimdall, poi guardò di nuovo il Dio del tuono, ripetendo: << Io ho bisogno di sapere dov'è Theoric. Devo sapere se sta bene ed è per questo che ho bisogno dell'aiuto di tuo fratello. >>.
Sembrava estremamente convinta di ciò che diceva.
<< Dovresti averlo capito, ormai. Loki non è uomo di fiducia e inoltre, non acconsentirà mai a parlare con te. Non ti dirà mai nulla. Conosco la sua testardaggine; e anche quella di mio padre. >> Thor distolse lo sguardo: << Se anche Loki decidesse di parlare, non potrebbe farlo, perché Odino ha vietato a tutti di andare nelle vecchie prigioni. >>.
<< Ma tu sei il fratello del prigioniero e sei un principe,Thor. >> c'era una nota di disperazione nella sua voce, quando Sigyn parlò di nuovo: << Sono sicura che almeno a te è permesso parlare con il Dio degli Inganni. >>.
<< Purtroppo non è così, lady Sigyn. >> Thor scosse il capo, mestamente:  << Nemmeno a me è concesso parlare con Loki, ora che è stato condannato alla prigionia perpetua. Il Padre degli Dei ha espressamente vietato a tutti noi di avvicinarsi anche solo di qualche passo alla cella dove mio fratello è stato rinchiuso. >>.
Mentre parlava Thor aveva ricominciato a camminare lungo il bordo del ponte dell'Arcobaleno, la faccia abbassata a scrutare le acque impetuose della cascata, che ora sembravano riflettere il suo stato d'animo inquieto; il mantello rosso che si allargava sulle sue spalle, mosso dal vento.
<< Non vuole che gli si parli e ha decretato che Loki non potrà nemmeno vedere nessuno per tutta la durata della sua prigionia. >> concluse.
<< Ma.... Questo è assurdo. >> esclamò Sigyn, seguendo Thor lungo il Bifrost.
<< Lo è, e mi dispiace per mio fratello. >> disse Thor, scuotendo il capo: << Questa volta, temo si sia cacciato in guai ben più grossi di quelli dai quali è sempre riuscito ad uscire. Questa volta è senza magia e le sue taglienti parole, serviranno a ben poco se non potrà parlare con nessuno. >>.
<< Nessuno con cui parlare, significa anche nessuno da poter ingannare. >> convenne con lui Heimdall, parlando dalla sua posizione accanto all'osservatorio.
<< Mio Padre ha persino ordinato alle guardie di non portare a Loki né cibo né acqua.>> proseguì Thor, quasi ignorando le parole dell'altro uomo.
Sigyn rimase in silenzio per qualche istante, incredula.
Poi, a bassa voce, chiese: << Voi dire che è da tre giorni che tuo fratello non beve e non mangia? >>.
<< Purtroppo è così. >> assentì Thor, senza guardarla.
<< Che cosa vuole fare di lui il Padre degli Dei?! >> domandò allora lei con la voce strozzata.
Sapeva che quando il Padre degli Dei era irato, tutti dovevano temere la sua collera, ma lasciare un prigioniero solo e senza cibo era davvero una specie di tortura.
<< Se non conoscessi abbastanza bene mio padre, inizierei seriamente a pensare che Odino voglia solo vendetta su Loki per ciò che esso gli ha fatto. >> rispose Thor in tono greve.
<< Così però è..... >> mormorò Sigyn, venendo immediatamente interrotta dal Dio del Tuono, che concluse per lei: << Troppo? >>.
Sigyn annuì e non parlò.
<< L'ho pensato anch'io. >> convenne con lei Thor: << Se mio padre non ordinerà alle guardie di portare almeno un pò d'acqua a mio fratello, non so dove finirà lui ben presto. >>.
<< Lui..... e la sua mente. >> concordò Sigyn, scuotendo il capo, sempre più perplessa e sconfortata.
<< Della mente non mi preoccuperei più di tanto. >> borbottò Thor, amaramente: << Quella di Loki è già parecchio complicata ed instabile così com'è. >>.
<< Appunto. >> esclamò d'improvviso la giovane dai lunghi capelli biondi, prendendo il Dio del Tuono per il braccio, per incitarlo a guardarla: << Se vogliamo che ci dica dov'è Theoric, non dobbiamo aspettare che tuo fratello perda definitivamente il senno, o sarà peggio per noi. Se Heimdall non troverà Theoric, allora nessuno più potrà rintracciarlo. >>.
<< E tu credi che con te Loki parlerà? >> domandò improvvisamente Thor, scostandosi dal bordo del ponte e voltandosi a guardare la fanciulla al suo fianco: << Se nemmeno mio padre, con tutto il suo potere, è riuscito a far parlare mio fratello, che cosa ti fa pensare che lui rivelerà proprio a te il nome del pianeta sul quale ha scagliato Theoric? >>.
<< Non..... Non lo so. >> sussurrò Sigyn, sentendosi di colpo fragile e di nuovo molto sola, a combattere una battaglia che solo lei sembrava voler vincere.
<< Ma non credi anche tu che si possa tentare? >> domandò poi, con una nuova luce di speranza nello sguardo.
<< Ti stai assumendo un grave impegno, Lady Sigyn. >> dichiarò Heimdall.
<< Pericoloso, perdipiù. >> si trovò d'accordo con lui Thor, ricordandole: << Se scenderai nelle prigioni, il tuo gesto equivarrà ad un tradimento nei confronti di Odino. >>.
<< Non farei nulla di male. >> mormorò Sigyn, ancor prima di rendersi conto di quello che stava dicendo.
<< Odino ha vietato di parlare con Loki. Se tu vai da mio fratello, questo è già tradimento. >> ripeté Thor a bassa voce.
<< Inoltre rischieresti ben altro che la collera di Odino. Loki è un maestro dei sotterfugi e delle menzogne e tu saresti alla sua mercé, la sotto da sola. >> continuò Heimdall in tono deciso: << Lui ti vede solo come una marionetta da usare per i suoi fini personali, lo sai questo, vero? Ti ha già ingannato e minacciato una volta e... potrebbe rifarlo. >>.
<< Lo rifarà di certo. >> concordò il Dio del Tuono, girandosi bruscamente verso di lei: << Lady Sigyn, se andrai da mio fratello, non otterrai altro che nuovo dolore. Loki non esiterà ad ingannarti ancora. >>.
A quelle parole il viso di Sigyn sbiancò di colpo, mentre la paura tornava a farsi prepotentemente largo nei suoi pensieri.
Il suo timore nei confronti di Loki era perfettamente comprensibile; ma lei non demordette, annunciando quasi con fierezza: << Posso correre tutti questi rischi. >>.
Le tremava la voce, ma continuò: << Devo correrli, per il bene di Theoric. >>.
Mentre Thor osservava la giovane promessa sposa del capitano degli Einherjar, aveva quasi l'impressione di riuscire a percepire tutta la paura che ella provava al solo pensiero di raggiungere Loki nelle prigioni.
Eppure ella non voleva rinunciare a scoprire dove Theoric fosse e per fare ciò era anche disposta ad affrontare il suo timore e ad andare a parlare con il fratello del Dio del Tuono, da sola.
Per un istante nessuno parlò; poi fu di nuovo la donna a mormorare: << Non sempre la violenza risolve le cose, principe Thor. A volte serve la bontà e la pazienza. >>.
Sigyn si interruppe, come se, in fondo, dubitasse di quello che aveva appena detto.
Era convinta della sua affermazione, tuttavia.... Non poteva sapere se con un uomo come Loki, la bontà sarebbe veramente servita a qualcosa.
<< Te ne servirà molto più di quella che immagini con Loki. >> la ammonì Thor, con voce calma.
Lei abbassò per un istante lo sguardo al suolo, quasi timidamente.
Poi, facendosi coraggio, Sigyn guardò fermamente il Dio del Tuono, e ciò che l'uomo lesse nei suoi occhi lo lasciò stupefatto.
C'era decisione in essi e una intensa traccia di speranza.
<< Se ci fosse un modo più facile, principe Thor, ne sarei felice. >> mormorò lei: << Ma non c'è, purtroppo. >>.
Continuò a mantenere lo sguardo fisso sull'uomo alto e muscoloso al suo fianco: << Ti prego; dimmi che almeno tu mi aiuterai ad andare dal Dio degli Inganni. >>.
Thor rimase in silenzio ancora per un attimo, guardando il bel viso di Sigyn stravolto da sentimenti confusi ma intensi, pensando se davvero avrebbe potuto aiutarla.
Il respiro di lei era agitato e tremante, ma c'era un fuoco che ardeva silenzioso nei suoi grandi occhi ambrati.
Ed allora il Dio del Tuono capì che non solo poteva aiutarla.
Lui doveva aiutarla; per lei e per la lealtà nei confronti di Theoric.
<< D'accordo, Lady Sigyn. >> annuì infine Thor, posandole una mano sulla esile spalla in un gesto rassicurante: << Ti aiuterò. >>.
<< Dici sul serio? >> domandò Sigyn, quasi incredula mentre il suo volto si apriva in un ampio sorriso riconoscente.
<< Thor.... >> lo ammonì Heimdall, avvicinandosi a sua volta al Dio del Tuono.
<< Non temere, mio buon amico. >> lo rassicurò subito il figlio di Odino: << Ho già un piano d'azione che potrebbe funzionare. >>.
<< Non hai avuto bisgno di troppo tempo per idearlo. >> commentò l'altro, aggrottando la fronte.
<< Diciamo che.... Avevo già pensato di agire per conto mio. >> sorrise Thor, scoccando un'occhiata complice a Sigyn.
<< Chissà perché non me ne sorprendo. >> borbottò Heimdall sempre meno convinto.
Sospirò lentamente, quindi tornò a chiedere al principe dai capelli biondi: << Dunque, Thor, spiegaci il tuo piano. >>.
Il Dio del Tuono assentì, quindi si volse verso Sigyn, iniziando a spiegare: << Dovremo raggiungere le prigioni senza passare dalla strada dentro al palazzo, ma da quella esterna. Sarà più sicuro. >>.
<< C'è una strada esterna che conduce alle prigioni? >> Le parole di Sigyn erano quasi un sussurro.
<< Si, ma solo a quelle dove è rinchiuso Loki. >> disse Thor con fermezza: << Sono le vecchie prigioni del palazzo e nessuno più vi è stato segregato dopo che mio padre Odino ha fatto costruire le nuove celle nei sotterranei. >>.
Heimdall gettò una rapida occhiata a Sigyn, che teneva le labbra serrate, in attento ascolto.
Thor fissò gli occhi ambrati della fanciulla al suo fianco, come se in essi cercasse di scorgere le emozioni della donna.
Sembrava cercare un segno di timore o esitazione in lei.
Quindi, proseguì: << Una volta raggiunto il portone delle vecchie prigioni, dovrai scendere nelle segrete da sola, mentre io terrò occupate le due sentinelle di guardia al portone principale. Dovrai scoprire dove è tenuto prigioniero Loki e parlare con lui, ma dovrai farlo senza di me. Credi di potercela fare? >>.
Sigyn deglutì, esitando un istante.
Sapeva che questo momento sarebbe arrivato, ma adesso che Thor le diceva che doveva andare completamente sola in quelle prigioni abbandonate, sentiva che il terrore ricominciava a strisciare minaccioso dentro di lei.
Era andata da Thor per chiedere il suo aiuto e lui glie lo stava offrendo, tuttavia Sigyn aveva creduto che il Dio del Tuono non l'avrebbe lasciata sola a parlare con l'infido fratello.
La vicinanza di Thor, la sua forza e la sua voce decisa, l'aiutavano a sentirsi più sicura, ma lei sapeva che non poteva chiedere al principe più di quanto lui le stava già offrendo.
<< Ne sarò capace. >> annuì quindi alla fine.
<< Bene. >> commentò Thor serio.
<< Però... >> l'interruppe lei, di nuovo incerta: << Come farò a ritrovare la strada per uscire dalle prigioni? Io.... Non credo me la ricorderò. >>.
<< Dovrai riuscirci. >> replicò semplicemente Thor.
Sigyn annuì e chinò il capo, lentamente.
<< Una volta raggiunte le celle, parlerai con mio fratello il tempo necessario a farti dire dov'è Theoric e poi tonerai indietro. >> concluse Thor con voce ferma: <<  Io ti aspetterò all'entrata, badando che nessuno ti veda. >>.
Heimdall e Sigyn lo fissarono per un attimo, senza parlare.
Poi, il guardiano dalla pelle scura, gli chiese: << è tutto qui il tuo piano? Le guardie vi scopriranno in un attimo! >>
<< Può darsi. >> disse Thor annuendo gravemente: << Per questo avremo bisogno anche del tuo aiuto. >>.
Fece un respiro profondo, alzando una mano per interrompere la protesta che l'altro stava immediatamente per fare.
<< Il piano dipende in gran parte da te, amico mio, e dal fatto che tu riesca a mantenere il segreto della nostra missione. >>.
S'interruppe, fissando gli occhi dorati del massiccio guardiano: << Dovrai evitare di dare l'allarme, pur sapendo cosa io e Lady Sigyn stiamo per fare. Il Padre degli Dei non deve sapere quello che sta avvenendo nelle prigioni, affinché le sentinelle  non ci scoprano e Lady Sigyn possa andare direttamente da Loki. >>.
Per un istante sul Ponte dell'Arcobaleno cadde un profondo silenzio, rotto soltanto dal suono delle onde sottostanti e del vento che spirava dalla cascata vicina.
Poi, Heimdall allungò una mano sopra la spalla e dopo aver estratto la spada che portava sempre con sé, la portò in avanti, piantandone la punta nel terreno.
Lì rimase, vibrando lievemente, con la sua superficie lucida che brillava di oro alla luce delle stelle e dei pianeti.
Guardò Thor e poi Sigyn, decretando con fare solenne: << Non posso farlo. Mi dispiace. >>.
Thor gli scoccò un'occhiata dubbiosa, ma Sigyn trattenne violentemente il fiato, delusa.
Poi, però, si avvicinò a lui, guardando il suo volto al di sotto dell'elmo dorato, implorandolo: << Ti prego, Heimdall, acconsenti di aiutare me e Thor, solo per questa volta. >>.
Tacque, posando delicatamente una mano su quella enorme e scura del guardiano del Bifrost: << è l'unica occasione che abbiamo per scoprire dove si trova Theoric. >>.
Heimdall rimase un istante a guardare la mano esile e pallida della giovane donna, posata sulla sua.
Sospirò, poi scosse lentamente il capo, allontanando la propria mano da quella di lei, per stringerla sull'impugnatura della pesante spada, spiegandole: << Una volta, in passato, ho già tradito la fiducia del mio Re, quando Thor ha liberato Loki dai sotterranei del palazzo ed è fuggito con lady Jane all'inseguimento di Malekith. >> scosse il capo: << Non posso farlo di nuovo. Ho dato la mia parola al Re di Asgard. >>.
Heimdall fece una pausa, guardando intensamente la giovane con i suoi occhi gialli, simili ad oro: << La mia lealtà nei suoi confronti, mi impone di rivelare ad Odino tutto quello che accade nei confini della Città Eterna, ed anche oltre. Sono il guardiano dei mondi e come tale, ho il dovere di proteggere Asgard anche da coloro che vi abitano, se essi hanno perso momentaneamente la via. >>.
Così dicendo, il guardiano del Bifrost estrasse la spada dalla terra e la rimise nel fodero.
Sigyn adesso aveva iniziato a scuotere desolatamente la testa.
Sembrava in procinto di mettersi a piangere, ma non lo fece.
<< Lady Sigyn, siete accecata dal dolore per la scomparsa del vostro futuro marito, ma questo non significa che dovete abbassarvi al livello del principe traditore. >> continuò Heimdall, scorgendo l'espressione affranta sul viso della donna che, per tutta risposta tornò a ripetere: << Solo il fratello di Thor può aiutarci, in questo momento. >>.
Poi, improvvisamente esclamò: << Mi prendo tutte le responsabilità che il mio gesto comporta! Se il Padre degli Dei mi scoprirà, accetterò le mie colpe e sconterò qualunque punizione che lui deciderà per me. >>.
Davanti a tanta determinazione Heimdall tacque.
Per un breve attimo anche Sigyn non parlò più; dopo di che tornò ad affermare: << Farò questo ed altro, ma ti prego, aiutami..... Se non vuoi farlo per me, fallo almeno per Theoric. Lui.... Era anche tuo amico! >>.
Heimdall sospirò lievemente e, per un istante, le sue possenti spalle parvero afflosciarsi sotto ad un peso insopportabile.
Guardò Sigyn per un attimo, quindi Thor e, alla fine borbottò, rivolto al principe dai capelli biondi: << Come puoi essere sicuro che le guardie non vi scopriranno prima del tempo? O che Loki non tenterà di ingannare di nuovo Sigyn? >>
Thor si avvicinò a lui, stringendo una delle sue spalle, prima di mormorare con un lieve sorriso mesto: << Non sono sicuro di niente, amico mio. Ma so che non posso negare il mio aiuto a Lady Sigyn. Dobbiamo cercare di fare qualcosa, altrimenti Theoric potrebbe essere perduto. >>.
Sigyn sobbalzò a quelle parole e fissò il suolo scintillante e multicolore del ponte dell'arcobaleno, ma rimase in silenzio.
Erano quelle le sue paure.
<< Se fossimo noi al suo posto, lui farebbe lo stesso per aiutarci. >> concluse Thor con fermezza.
Il guardiano del Bifrost rimase ancora in silenzio per un attimo, osservando Thor con i suoi occhi gialli e luminosi.
Poi, si scostò da lui, prendendo la propria decisione: << Vi do mezz'ora di tempo. >>.
<< Oh, grazie! Grazie! >> esclamò immediatamente Sigyn, grata al massiccio guardiano dalla pelle scura per quel suo gesto, che sapeva, era molto per lui.
<< Ma, attenta. >> continuò l'altro, ammonendola e spegnendo immediatamente quella lieve felicità che era nata in lei: << Potrai solo parlare con Loki. Se lascerai che lui ti inganni, se lo libererai, sarò costretto a dare l'allarme. >>.
<< Non accadrà. Sarò prudente. >> garantì lei, sorridendo.
<< Lo spero per te. >> borbottò Heimdall in tono serio.
Thor, si avvicinò a sua volta ad Heimdall, tendendo la mano al gigante dalla pelle scura: << Grazie Heimdall. >>.
<< Fate attenzione. >> raccomandò l'altro, stringendogli la mano a sua volta.
Thor annuì e fece per voltarsi verso Sigyn; quando Heimdall lo bloccò, richiamandolo: << E..... Thor. >>.
Aspettò che il Dio del Tuono tornasse a volgersi verso di lui, quindi soggiunse, scrutando il cielo sopra di sé, come se nelle stelle riuscisse a leggere il futuro che li attendeva: << Bada alla ragazza. >>.
Il Dio del Tuono annuì debolmente, poi, sollevando a sua volta lo sguardo sul cielo terso e ricolmo di stelle sfavillanti, borbottò: << Andiamo a far visita a mio fratello. >> e in silenzio, s'incamminò sul Bifrost con passo deciso.
Sigyn lo seguì a capo chino, indecisa se essere lieta del fatto che fosse riuscita a convincere Thor ad aiutarla, oppure avere timore di ciò che la attendeva.
Adesso che la decisione era presa, il terrore nei confronti di Loki era tonato a farsi largo in lei e la prospettiva di passare anche solo pochi attimi da sola, nelle antiche prigioni, in compagnia del Dio degli Inganni, la rendeva tremendamente ansiosa e titubante.
" Lo faccio solo per Theoric..... Solo per lui.... " si disse mentalmente e, al fianco di Thor si incamminò verso il proprio cavallo, sicura in qualche modo che stava per cacciarsi nei guai.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** DREAMS... ***


<< Svelto fratello! Non restare indietro! >> la voce allegra di un giovane Thor si levò alta nel cielo assolato ed un gruppo di corvi, appollaiati su uno dei tanti alberi fuori dalla residenza reale ad Asgard, presero il volo gracchiando; disturbati dall'esuberanza del principe.
Era successo tanti anni prima: Thor era solo un bambino scalmanato e allegro ed anche Loki lo era.
Entrambi stavano correndo per il vasto giardino appena fuori dal palazzo di Odino.
Thor teneva una mela rossa fra le mani e di tanto in tanto gli dava un morso.
Era sgusciato via dal banchetto che si stava svolgendo a corte, quando era stato troppo stanco per continuare a restare seduto compostamente a tavola e aveva trascinato con sé Loki; coinvolgendolo con le sue idee ed i suoi giochi.
Pallido e apparentemente immune dai raggi del sole sulla sua pelle, Loki era il più piccolo e agile fra i due fratelli.
I suoi capelli neri, lisci e lucidi non erano ancora cresciuti tanto da scendergli ribelli fin sulle spalle.
Erano invece tagliati corti e sempre ben disciplinati.
Stava correndo dietro al fratello maggiore per i giardini del palazzo, ma si muoveva con maggior cautela di Thor, agile ma attento; gli occhi verdi e vispi che si spostavano su tutto ciò che attirava la sua curiosità esagerata.
<< Sbrigati! >> continuò ad incalzarlo Thor, muovendosi rapido fra le aiuole e gli alberi.
<< Arrivo Thor! >> sbuffò Loki, standogli dietro, senza perdere il passo, mentre si domandava silenziosamente che cosa fosse a rendere il fratello maggiore talmente eccitato.
Mentre correva, sollevò il volto verso il cielo limpido, schermandosi gli occhi con una mano per scrutare le foglie degli alberi che creavano ombre sul tappeto d'erba sottostante.
Thor che continuava a fare strada, trovò al primo tentativo il varco nella siepe, si chinò velocemente per infilarsi nella bassa apertura e l'oltrepassò in fretta.
Non vedeva l'ora di mostrare a Loki la propria sorpresa e, da come l'altro lo seguiva, sembrava che fosse parecchio curioso di scoprire che cosa lui gli stesse nascondendo.
In tutta fretta i due fratelli passarono accanto ad un uomo che stava conducendo un cavallo per le redini, ignorando l'occhiata che questo rivolgeva loro; poi, sempre di corsa si infilarono nella porta secondaria che dava accesso alla residenza di Odino.
Imboccarono le scale che portavano ai piani superiori, salendole a due a due; e infine, con il fiatone, giunsero alla loro stanza da letto.
Thor e Loki la consideravano quasi la loro seconda casa.
Per i due fratelli era un luogo magico; un posto dove poter stare soli a giocare, lontano dalla corte del Padre degli Dei, e da tutte le etichette regali che Frigga, loro madre, imponeva.
Come principi del regno di Asgard, dovevano sempre seguire regole ben precise, e solo lì, nelle loro camere, sentivano di poter essere un po più liberi.
Quella era la loro parte di regno; un luogo che apparteneva solo a loro due, e qui Loki e Thor conservavano tutti gli oggetti strani  che riuscivano a scovare per Asgard, le armi di legno per i loro giochi e alcuni libri che Loki trovava interessanti.
Se fosse stata solo di Thor, quella camera, dubitava avrebbe mai portato dei libri, lì dentro.
Ma il fratello, invece, insisteva perché anche quelli venissero conservati in quella che loro consideravano ormai la loro piccola collezione privata.
Fin da bambino Loki aveva dimostrato uno smisurato interesse per tutto il sapere che si può trovare nei libri e, ogni qual volta ne aveva l'opportunità, tempestava i saggi di corte con domande che non si addicevano poi molto a un giovane principe.
Era affascinato dalla magia, dai problemi complessi e dagli enigmi che sfidavano e confondevano l'intelligenza.
Thor invece si era dimostrato già in tenera età amante dell'aria aperta e dell'arte del combattimento.
Si poteva dire che lui era un guerriero nato.
Si addestrava alle armi fin da quando aveva mosso i primi passi, incoraggiato dal padre, che lo spingeva sempre a fare del suo meglio con spade e pugnali di legno.
Molte volte, nelle esercitazioni, la piccola Sif si univa a lui.
La ragazzina era innamorata della lotta quanto il principe dai capelli biondi, affascinata dalle emozioni e dalle sfide delle loro battaglie immaginarie.
Sovente Thor creava scompiglio a corte, immaginando di proteggere Asgard da nemici mostruosi, trascinando nei suoi giochi anche il più calmo Loki che, suo malgrado, il più delle volte doveva impersonare il cattivo della situazione.
Avevano sempre formato una strana coppia: Thor biondo e solare, Loki con i capelli scuri e la pelle pallida.
Loki sapeva usare le parole a suo piacimento ed era astuto e scaltro, Thor era irascibile e sempre in cerca di azione.
Non appena entrati, Thor diede l'ultimo morso alla mela e gettò il torsolo a terra, con fare noncurante; poi si diresse a grandi passi verso il baule che si trovava ai piedi del suo letto.
Sempre in silenzio, seguito dallo sguardo curioso del fratello dai capelli scuri che, adesso seduto sul bordo del proprio letto, cercava di riprendere fiato dopo quella folle corsa per i giardini del palazzo, Thor lo aprì, iniziando a rovistare al suo interno con un frastuono tremendo.
<< Allora? Mi vuoi dire il perché di tanta fretta? >> domandò Loki, incrociando le esili braccia sul petto e osservando i movimenti rapidi del fratello con aria dubbiosa, fingendosi quasi disinteressato.
<< Adesso vedrai. >> cercò di tranquillizzarlo l'altro, continuando imperterrito a frugare nel grosso baule ai piedi del suo letto: << Porta solo un altro attimo di pazienza. >>.
Loki alzò gli occhi al cielo; commentando: << Io sono paziente, Thor. Lo sono sempre stato. Sei tu che non fai altro se non correre su e giù per tutta Asgard come uno scalmanato senza il minimo contegno. >>.
<< Uffa, Loki. >> borbottò di rimando Thor, con la testa ficcata adesso dentro al baule; le parole che uscivano soffocate: << Quando inizi a lamentarti mi sembri nostra madre. >>.
Poi, finalmente, il giovane dai capelli biondi tornò a sollevare il capo e, con aria trionfante, sollevò in aria un'oggetto che al primo momento l'altro non riuscì ad identificare.
<< Ecco, guarda. >> annunciò a gran voce Thor, senza tuttavia allontanarsi dal baule e continuando a dare le spalle al fratello minore.
<< Che cos'è? >> domandò immediatamente Loki, adesso senza più riuscire a nascondere tutta la sua curiosità: <<  Fammi vedere, dai! >>.
Si avvicinò in fretta all'altro, spintonandolo per le spalle: << Spostati! >>.
Thor rimase ancora per un attimo al suo posto, poi, velocemente si volse verso l'altro, mostrandogli l'oggetto che teneva fra le mani.
Al primo mento Loki rimase interdetto a fissare le mani del fratello e l'oggetto che lui gli stava tendendo; poi, lentamente, farfugliò, incredulo: << è... è un martello, quello? >>.
<< Esatto! >> annuì Thor, accarezzando quasi orgogliosamente il manico di legno del martello: << Non è magnifico? >>.
Loki aggrottò un sopracciglio, guardando il fratello come se di colpo si fosse accorto che l'altro non aveva proprio tutte le rotelle al posto giusto.
<< è di legno. >> commentò quindi, senza il minimo entusiasmo.
<< è prezioso. >> controbatté Thor, sfidando l'altro a dargli torto.
Loki scosse il capo e mosse qualche passo a ritroso, andando ad appoggiarsi con la schiena contro la parete della stanza: << E per questo mi hai costretto a lasciare la sala del banchetto? Volevo ascoltare la storia! >> si lamentò: << Be, grazie tante, Thor! Così non saprò mai il finale. >>.
<< Davvero ti interessava quella lagna? >> chiese l'altro esterrefatto: << Non c'era nemmeno un po d'azione nella storia. >>.
<< Azione, azione. Non sai pensare ad altro tu? >> replicò Loki, agitando le mani nell'aria: << E poi non è vero che la storia era una lagna. Parlava di magia e amore ed io la trovavo interessante. >>.
<< Era una storia per femminucce. >> borbottò Thor scuotendo il capo, senza capire se l'altro lo stesse prendendo in giro: << E certo non era interessante quanto questo! >>.
Tornò a sollevare verso l'alto il martello di legno; osservandolo con aria adorante.
<< è solo un martello giocattolo. >> continuò a brontolare Loki, passandosi una mano nei corti capelli neri: << Ne abbiamo a decine di spade e pugnali fatti allo stesso modo. >>.
<< Ti sbagli, Loki. Questo è molto più di un martello giocattolo. >> affermò Thor con estrema solennità: << è il simbolo del mio futuro! >>.
Loki tornò a guardare l'altro con la fronte aggrottata, canzonandolo: << Vuoi forse lasciare il tuo posto di principe per metterti a lavorare come falegname? Non mi pare una grande idea, fratello. >>.
<< No. Tu non capisci. >> lo contraddisse Thor scuotendo il capo: << Questa mattina nostro padre mi ha annunciato che, una volta compiuta la maggiore età, avrò il permesso di impugnare Mjolnir! >>.
Fece una pausa, solo per tornare subito dopo a esclamare eccitato: << Se ne sarò degno, Padre mi farà dono del possente martello ed io potrò governare il tuono e le tempeste! >>.
<< Padre ti ha promesso questo? >> domandò Loki.
Adesso sembrava smarrito: << Non mi stai prendendo in giro, vero Thor? >>.
<< No di ceto, fratellino! >> replicò l'altro con un largo sorriso sulla faccia.
<< Mjolnir. >> mormorò Loki, spostando lo sguardo sulla finestra che si apriva sul giardino, osservando con aria persa le tende mosse dal vento: <<  Nostro padre ti ha promesso in dono quel Mjolnir? Il martello del tuono? >>.
<< Esatto! >> assentì Thor, iniziando a saltellare allegramente per tutta la stanza: << è magnifico, fratellino, non trovi anche tu? Padre non avrebbe potuto annunciarmi un dono più bello! Con quel martello, una volta che sarò diventato adulto, mi batterò contro tutti coloro che oseranno mettersi contro Asgard e li sconfiggerò uno ad uno! Sarò il guerriero più forte di tutto il regno e il miglior re dell'universo! >>.
Il giovane Loki non sembrava condividere l'esagerato entusiasmo del fratello e Thor dovette accorgersene, perchè all'improvviso gli chiese, tendendogli il martello giocattolo: << Vuoi tenerlo un po tu? >>.
Loki tornò a guardarlo, stupito, ma accettò il giocattolo dalle mani dell'altro ed iniziò ad osservarlo con aria pensierosa.
Mentre si faceva ruotare il manico del martello di legno fra le mani, muovendolo lentamente, quasi con circospezione; come se si fosse trattato del vero Mjolnir e da un istante all'altro avrebbe potuto iniziare a scagliare fulmini da una parte all'alta della camera, Loki rifletteva.
Si stava chiedendo perché il padre avesse deciso di promettere in dono Mjolnir proprio a Thor.
Perché non a lui, invece?
Lui l'avrebbe usato nel modo più saggio e certo meno avventato.
Tutto dipendeva ancora una volta dal fatto che Thor era il figlio maggiore e l'erede al trono?
O c'era dell'altro?
Come quando gli altri bambini del regno giocavano con Thor ma tenevano all'oscuro dei loro passatempi il piccolo Loki?
Tutti parevano preferire di gran lunga quel ragazzino biondo e scanzonato, dagli occhi azzurri ed il sorriso caldo.
<< Peccato che non produca lampi. >> la voce di Thor costrinse Loki a tornare alla realtà.
<< Che cosa ti aspettavi, Thor? >> gli domandò Loki, tornando a guardare il fratello maggiore, prima di ribadire: << è un martello giocattolo. >>.
<< Questo lo so, ma..... >> stava già iniziando a replicare Thor, quando Loki riprese la parola, esclamando: << Anche se forse un modo per renderlo più interessante, ci sarebbe. >>.
Sul suo volto pallido si era disegnava un'espressione astuta e furbetta.
Thor ebbe quasi l'impressione di trovarsi a guardare non il fratello ma uno di quei folletti dei boschi di cui narravano le leggende, che facevano gli scherzi ai viandanti per mandarli fuori strada.
<< A cosa stai pensando, Loki? >> gli chiese Thor, desiderando di riuscire a leggere nella mente del fratello minore.
<< Se potessimo usare la magia....>> mormorò pensierosamente l'altro, sfregandosi il mento sottile: << Come quella di nostra madre; potremmo riuscire a trasformarlo in un vero Mjolnir in miniatura. >>.
Sollevò gli occhi su Thor e quello che l'altro vide fu uno strano luccichio divertito.
Sembrava che la cosa intrigasse veramente Loki.
<< Ma che stai dicendo? >> chiese Thor, confuso.
Loki iniziò a gironzolare eccitato per la stanza, senza nemmeno far caso a Thor, che non sembrava convinto quanto lui dell'esperimento che aveva in mente.
<< Conosco la biblioteca e so dove sono riposti i libri che consulta nostra madre. Forse se... >>
<< No, Loki. >> Thor interruppe di botto le fantasticherie dell'altro, avvicinandosi a Loki: << Questa idea non mi piace. Occorrerebbe troppo potere. E poi tu che ne sai? >>.
Ma ormai Loki pareva non ascoltare più il fratello dai capelli biondi.
<< Immagina le facce della gente di Asgard se questo martello iniziasse anche solo a produrre una o due scintille di luce....>> mentre parlava il sorriso sul suo viso si accentuava di minuto in minuto sempre di più e gli occhi verdi rilucevano divertiti, mentre già sembrava pregustare il momento che stava descrivendo.
Sembrava particolarmente contento di creare scompiglio nel regno: << Ho visto nostra madre una volta che.... >>.
<< Non provarci neppure, Loki! >> Thor allungò la mano e tolse al fratello il giocattolo dalle dita: << Questo è l'unico martello che abbiamo e a me piace così com'è. Tu non sai fare magie e se lo rompi vado a dirlo a nostro padre. >>.
Loki guardò l'altro di traverso, mentre si vedeva sottrarre il martello dalle mani; quindi mugugnò, mentre il sorriso spariva velocemente dalle sue labbra: << Io non so ancora fare magie, è vero, ma possiamo chiedere a nostra madre il permesso di provare. >>.
I suoi occhi saettavano di qua e di la dalla stanza mentre rifletteva: << Lei ci aiuterà di certo. Non è necessario che facciamo le cose di nascosto. >>.
Thor scosse il capo: << Non puoi sapere cosa farebbe nostra madre. >>.
Loki tornò a guardare il fratello: << Di piuttosto che semplicemente non vuoi rischiare di perdere il tuo prezioso e ridicolo dono. >>.
<< Se nostro padre l'avesse donato a te, non penso avresti detto lo stesso. A me questo martello piace così com'è. Posso comunque picchiartelo in testa, se mi va! >> Thor ridacchiò allegramente e iniziò a soppesare il martello fra le mani, come se stesse veramente pensando di mettersi a lanciarlo addosso al fratello.
<< Divertente. >> commentò Loki, intendendo ovviamente l'esatto opposto: << Ti piacerebbe, vero? >>.
Per un istante nella stanza cadde il silenzio e Loki volse le spalle al fratello.
A volte aveva l'impressione che Thor cercasse sempre di rovinare i suoi divertimenti; che gli impedisse di fare quello che piaceva a lui.
In quei momenti odiava l'egocentrismo del fratello maggiore.
Poi, Thor, continuando a farsi roteare il manico del martello fra le mani, chiese all'altro con aria goffa; ad occhi bassi: << Loki.... Non sei arrabbiato, vero? >>.
<< Arrabbiato?! >> Loki tornò a volgersi verso di lui, guardandolo quasi con aria costernata: << Perché dovrei esserlo? >>.
<< Per il regalo che nostro padre mi ha fatto. >> mormorò Thor con la sincerità del bambino che era.
<< Non sono arrabbiato. >> mormorò Loki in risposta, pensando di essere sincero in quel momento come lo era l'altro, anche se dentro di sé si chiedeva se davvero non lo fosse, arrabbiato, o se stesse solamente mentendo a Thor, come a se stesso.
Ultimamente gli era sempre più facile dire bugie alla gente.
Si era accorto che, se mentiva, riusciva a uscire dai guai prima e senza alcun problema e si stava abituando ad usare le parole per nascondere agli altri i suoi reali pensieri; le sue emozioni.
Era anche per questo che, molto spesso riusciva a comportarsi già in maniera più adulta di Thor e al contrario del fratello, riusciva a controllava la sua collera.
Mentire gli era di grande aiuto, ma non era certo di volerlo fare anche con il fratello.
Non con Thor, non con Odino, con Frigga o con i suoi amici.
Con loro non avrebbe mai mentito.
Non voleva, perché di loro aveva fiducia e ad essi voleva bene.
<< Non sono arrabbiato. >> ripeté, come se stesse parlando più a se stesso che a Thor.
Come se stesse cercando di convincersi che quelle parole erano vere.
Poi però aggiunse; questa volta sinceramente: << Però... Piacerebbe anche a me un regalo. >>.
Thor sollevò di colpo il capo, fissando il fratello per un attimo, prima di avvicinarglisi e posargli una mano sulla spalla, come avrebbe fatto qualsiasi fratello maggiore per consolare il più piccolo: << Oh, Loki.... Sono certo che nostro padre farà un dono anche a te, quando sarai grande. >>.
Tacque, ma solo per riprendere con maggior determinazione: << Ed allora combatteremo l'uno al fianco dell'altro, coprendoci le spalle a vicenda come solo i veri guerrieri sanno fare e saremo i più forti di tutti! >>.
<< I più forti; davvero. >> concordò Loki, tornando a sorridere e a ritrovare il suo entusiasmo in quello del fratello.
<< Si! >> annuì Thor, alzando il martello giocattolo al cielo: << Io con Mjolnir e tu.... >> esitò, volgendosi a guardare Loki.
<< Con la magia! >> concluse per lui l'altro, continuando a sorridere.
Allora Thor abbassò il martello, stupito.
<< Perché vuoi sempre metterti a fare magie? >> domandò.
Loki si strinse nelle spalle: << Non lo so, è così e basta. E tu, allora, perché vuoi sempre giocare alla guerra? >>.
Fu il turno di Thor di alzare le spalle: << Sono fatto così! Mi piace l'azione! >>.
I due fratelli si guardarono per un istante, poi scoppiarono a ridere.
Per un breve attimo restarono così, vicini, a sorridersi a vicenda.
Poi, Thor sospirò, guardando il martello di legno che reggeva fra le mani: << Vorrei che nostro padre mi avesse già regalato il vero Mjolnir. >>.
<< Nostro padre non è così sconsiderato da donare un potente talismano come Mjolnir ad un bambino come te. >> disse Loki di rimando; scandendo volutamente la parola "bambino": << Scommetto che riusciresti a distruggere mezza Asgard in meno di cinque minuti. >>.
Ridacchiò e tacque; soddisfatto della battuta.
Thor finse di mettere il broncio.
La parola "bambino" pronunciata dal fratello in quel modo insolente lo aveva infastidito parecchio.
<< Senti chi parla! >> sbottò: << Se non sbaglio l'altro giorno sei stato tu a finire nel giardino di nostra madre, calpestando la metà dei fiori. >>.
Loki sollevò le mani come per difendersi da un colpo, assumendo la sua aria più contrita e piagnucolando: << è stato un incidente. >>.
<< Come no. >> sbuffò Thor, senza credergli minimamente.
<< Vuoi scommettere? >> domandò allora Loki, abbandonando immediatamente l'espressione sconsolata per assumere un atteggiamento tutt'altro che indifeso.
<< No. >> replicò Thor, sorridendo con aria complice all'altro: << Voglio vederti in azione! Giochiamo dai! Sono stanco di restare qui seduto. >>.
Iniziò a saltellare per la camera, agitato: << Voglio provare il mio piccolo Mjolnir! >>.
Scoccò una nuova occhiata divertita al fratello: << Sei pronto a scappare? >>.
<< E se dicessi di no? >> chiese Loki, pur conoscendo già la risposta dell'altro, che infatti disse: << Non cambierebbe proprio nulla! >>.
Quindi, assumendo un tono di voce più stentoreo; cercando di imitare quello del padre quando parlava con un suo nemico, esclamò: << Inizia a scappare, brutto mostro, invasore di Asgard! >>.
Loki spalancò la bocca, restando muto per un attimo; poi domandò indignato: << Ma perché i nemici tocca sempre a me farli? >>.
<< Perché ti vengono bene! >> ammise Thor ridacchiando.
<< Confortante.... >> mugugnò l'altro, fingendo di mettere il broncio.
Poi, però, notando che Thor aveva già iniziato a far roteare il piccolo martello di legno fra le mani e sembrava già assorbito dal gioco, esclamò a sua volta: << Non mi prenderai mai, figlio di Odino! Nemmeno Mjolnir potrà sconfiggere il grande.....Il grande..... >> Loki stava cercando un nome pauroso da dare a sé stesso, ma Thor lo precedette: << Gigante di ghiaccio venuto da Jotunheim! >>.
<< Un gigante di ghiaccio? >> Loki aggrottò la fronte e guardò il fratello di traverso: << Ti sembra forse che io abbia la pelle blu e gli occhi rossi? >>.
<< E dai, Loki! È solo per gioco! Fai finta, no? >>.
Loki esitò ancora un istante, poi fece spallucce, annunciando: << D'accordo! Ma questa volta non lascerò che tu mi sconfigga tanto facilmente, fratello! >> e, quasi ancor prima di finire di parlare, iniziò a correre, oltrepassando la porta aperta della stanza per fiondarsi in corridoio.
Ridendo e mulinando l'immaginario Mjolnir nel vento, Thro gli fu subito dietro.
-----------

(nota) 
Lo so, questo capitolo sembra distaccarsi molto dal resto della storia, ma non è proprio così. 
In questo capitolo sono spiegati i ricordi di Loki che ora è chiuso in cella. 
Ho provato ad immaginare come Thor e soprattutto Loki avessero ottenuto le loro capacità, e ancora una volta volevo mettere in evidenza la differenza fra i due fratelli e il legame di Thor con Odino e quello di Loki con Frigga. 
Nei prossimi capitoli sarà tutto più chiaro. 
Almeno spero.... 

Grazie per aver letto questo capitolo e alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** ... OR MEMORIES ***


Il giovane Loki guardava fuori dalla finestra della propria stanza, con i gomiti poggiati allo scrittoio e l'aria assente.
Fuori, il sole splendeva sui magnifici giardini del palazzo.
Era un vero peccato restarsene chiusi in casa a studiare, con un tempo così bello.
Davanti a lui, sul piano di legno, c'era una pagina di somme, e vicino a quella un'altra pagina, con l'inchiostro ancora umido, ma il ragazzino dai capelli neri non le guardava.
Era perso lontano, immaginando di essere fuori a correre in giardino con Thor e magari, per una volta di essere lui il vincitore in una delle gare che spesso inventavano per mettere alla prova le loro capacità.
Di solito era sempre Thor a risultare vittorioso.
Con sguardo annoiato, Loki si volse  verso l'interno della stanza, guardando il fratello dai capelli biondi seduto accanto a lui.
Thor impugnava la penna come se fosse stata il suo adorato martello di legno, dal quale ormai non si separava più e ad ogni frase che scriveva tirava fuori la punta della lingua, mentre tracciava le parole con lettere storte e traballanti.
Fissava con ostilità il foglio di carta, come se questo fosse uno dei suoi nemici immaginari e lui dovesse farlo a pezzi per poter riportare la pace nel Regno.
Quasi come ogni altra volta che lui e Loki dovevano dedicare qualche tempo allo studio, Thor era svogliato e tutt'altro che concentrato.
<< Nooooo. Accidenti! >> brontolò Thor all'improvviso, quando si accorse dell'occhiata divertita che Loki stava indirizzando sul proprio banco: << Questa penna perde gocce in continuazione! Mi si è macchiato un altro foglio! >>.
Sul foglio dove stava scrivendo, in effetti, era caduta un enorme goccia di inchiostro nero e la macchia si stava allargando sempre di più, inzuppando la carta.
<< Adesso devo riscrivere tutto daccapo! >> continuò a piagnucolare Thor.
<< Dovresti stare più attento. >> ridacchiò Loki, guadagnandosi una furente occhiataccia da parte del fratello.
Loki scosse il capo, fissando il fratello con aria critica: << E poi non dovresti stringere la penna d'oca così forte, Thor. >> gli consigliò, con un tono di voce che ricordava vagamente quello di loro madre, quando li rimproverava per aver combinato qualche guaio in giardino, mentre giocavano: << Se continui così, rischi di spezzarla a metà. >>.
<< Stai zitto, Loki. >> mugugnò Thor, volgendosi a guardare l'altro solo il tempo necessario a scoccargli un'altra occhiataccia imbronciata.
Loki parve non fare caso alla reazione di Thor e, facendoglisi più vicino, iniziò a scrutare le parole scritte da Thor sulla pagina posata sul tavolo di fronte a lui.
Si lasciò sfuggire un risolino, nel constatare quanto il fratello fosse disordinato nello scrivere.
<< Tienila con più delicatezza. >> continuò a sussurrare all'altro, rischiando di beccarsi un'altra occhiata storta da parte di Thor che, invece continuò imperterrito a muovere la penna sul foglio, fino a quando questa non iniziò a strusciare su di esso, ormai priva di inchiostro.
Thor allora, fece per allungare la penna d'oca verso il calamaio, quando Loki glie la prese di mano, esclamando: << Adesso ti faccio vedere come devi tenerla. Guarda! >>.
E così dicendo, si fece rigirare la penna d'oca fra le dita sottili, impugnandola con la giusta inclinazione.
<< Vedi? >> domandò all'altro: << Riusciresti a scrivere molto meglio e molto più rapidamente se tu tenessi la penna in questo modo. >>.
<< Io sono un guerriero! >> si lamentò Thor sbuffando e allontanandosi dal volto una ciocca di capelli biondi che gli era finita davanti agli occhi: << A che cosa mi serve imparare a scrivere dritto? >> scosse il capo, con aria esasperata: << L'importante è che io cresca forte e allenato, giusto? >>.
Fece una pausa in attesa di una risposta da parte di Loki, che però non parlò.
Così Thor proseguì esclamando  a gran voce: << Per poter difendere Asgard! >>, senza nemmeno accorgersi che il fratello minore stava ripetendo le stesse parole a voce bassissima, come se già le conoscesse.
Ed in effetti era così, dato che quelle erano le affermazioni pronunciate sempre più spesso da Thor.
<< Ma tu non pensi ad altro? >> gli domandò poi Loki.
<< Difendere il proprio regno è una dei doveri di un re saggio. >> replicò Thor, con estrema convinzione, incrociando le braccia sul petto e guardando Loki come se lo sfidasse a negare le sue ultime parole.
<< Un re saggio sa anche scrivere. >> puntualizzò Loki per tutta risposta.
Thor si strinse nelle spalle, riprendendo la penna d'oca dalle mani dell'altro.
<< Io so scrivere, ma non ne ho voglia, adesso. >> mugugnò.
Loki sorrise appena: << Chissà perché la cosa non mi sorprende. >>.
<< Smettila di fare il sapientone Loki. >> sbottò Thor, intingendo la penna d'oca nel calamaio posato sul banco di fronte a lui.
Chinò il capo e scrisse goffamente un'altra frase.
<< Va bene, va bene. Stavo solo.... >>
<< Cercando di farti quattro risate alle mie spalle. >> terminò Thor per lui: << Ultimamente l'hai fatto in più di una occasione. Sembra che tu ti diverta un mondo a farmi notare che io sono meno bravo di te nello studio. >>.
<< Non è vero. >>
Thor lo ignorò, continuando a fissare con ostilità il foglio di carta che aveva davanti.
<< Non mi permetterei mai di scherzare su qualcuno che da grande vuole farsi costruire un elmo con le ali. >> sogghignò Loki, scoccando un'occhiata divertita all'altro.
A Thor sfuggì un sorriso, sebbene tentasse di mostrarsi serio e offeso: << Parli bene, piccoletto che vuoi un elmo con le corna lunghe due metri per sembrare più alto e imponente. >>.
<< Non è per sembrare più alto. >> si difese Loki immediatamente: << Le corna servono a rendere più elegante l'elmo. >>
<< Elegante?! >> Thor lo guardò come se il fratello si fosse tramutato in un essere di un'altra galassia.
Loki annuì e Thor gli diede una spinta per gioco.
Entrambi scoppiarono a ridere per un istante, immaginandosi l'un l'altro come sarebbero apparsi da adulti, con i loro elmi calati sul capo.
Poi si calmarono e Loki tornò a guardare fuori dalla finestra.
Per un pò, nessuno dei due parlò più.
Poi, improvvisamente, Loki tornò a volgersi verso il fratello, mentre si rammentava improvvisamente di una cosa che, da tempo teneva segreta all'altro, ma che ormai non riusciva più a tenergli nascosta.
<< Thor... >> lo chiamò piano.
Il fratello maggiore si volse a sua volta a guardarlo, mugugnando tuttavia, prima ancora di sapere cosa l'altro avesse intenzione di dire: << Non provare a dirmi ancora una volta che sbaglio qualcosa quando scrivo, perché altrimenti straccio il foglio e lo getto dalla finestra. >>.
<< Quanta irruenza, fratellone. >> lo schernì Loki, aggrottando la fronte: << Comunque no, non volevo parlarti dei compiti, ma...>>
<< Di che cosa? >> domandò allora Thor, senza lasciare che l'altro concludesse la frase.
<< Ho scoperto un nuovo passaggio segreto. >> rivelò Loki tutto d'un fiato, senza riuscire a contenere tutta l'eccitazione che provava.
Era fiero di potersi mostrare almeno in alcune cose più in gamba del fratello maggiore e, scoprire i vari passaggi segreti che riempivano i corridoi del palazzo reale era diventato uno dei suoi passatempi preferiti, quando non giocava insieme a Thor.
Questa volta si era ripromesso di non rivelare al fratello l'esistenza di quel nuovo passaggio segreto, almeno fino a quando non avesse trovato un modo molto teatrale per annunciare la sua scoperta.
Tuttavia ora, non riusciva più a tenere il segreto.
Doveva dirlo a Thor.
Voleva vedere la sua faccia stupita mentre glie lo raccontava; e magari desiderava anche mettere un po nei guai il fratello maggiore.
Se Thor, già svogliato di per sé, avrebbe rinunciato a fare i compiti, lui avrebbe fatto bella figura con la madre, oscurando per una volta la luce che pareva sempre illuminare Thor di fronte agli occhi degli Asgardiani.
Una luce potente che, in confronto faceva sentire Loki sempre avvolto da un'ombra oscura e impossibile da dissipare.
<< Dici sul serio? >> Thor rimase con la penna d'oca a mezz'aria, fissando l'altro con attenzione: << Dove si trova questa volta? In camera di nostro padre e nostra madre? Nel salone principale? Oppure...? >>.
<< Se smetti di chiacchierare e ti sbrighi a finire la tua parte di compiti, te lo mostrerei, invece di restare qui seduto a guardarti negli occhi. >>
Come se Thor non avesse ascoltato nemmeno una delle parole appena pronunciate dal fratello, tornò a domandargli, sempre più eccitato: << Ci sei già entrato? Hai visto dove conduce? >>.
<< Una volta, si. >> annuì Loki: << Ma non sono arrivato fino in fondo, anche se credo di sapere dove conduca il passaggio. >>; sorrise, quindi tacque di nuovo.
Per un attimo Thor continuò a guardare il fratello minore come se avesse desiderato aggiungere qualcosa, ma non sapesse se fosse il caso di dire ciò che pensava, oppure no.
Poi, con riluttanza, tornò a chinarsi sul folgio, continuando a scrivere per un po, e Loki, pesando che la loro piccola conversazione fosse finita lì e che lui non fosse riuscito a incuriosire abbastanza il fratello da spingerlo a smettere di studiare, tornò a guardare fuori dalla finestra, sospirando.
Ma poi, dopo poco, il silenzio venne interrotto di nuovo dalla voce di Thor: << Loki. >>.
<< Che c'è? >> domandò lui quasi distrattamente.
<< Andiamo! >> esclamò Thor, quasi saltando in piedi sulla sedia, tanta era la foga delle proprie parole.
<< Che cosa? >> Loki si voltò a guardarlo come se fosse ammattito, anche se quelle parole erano esattamente quelle che lui avrebbe desiderato sentire dal fratello.
<< Non ho più voglia di studiare. >> si lamentò Thor, scuotendo il capo: << Dai; mostrami questo passaggio segreto! Voglio vederlo! Ora! >>
Loki sorrise debolmente.
Come aveva sospettato, Thor non aspettava altro che trovare una scusa per smettere di studiare, e lui, abilmente, glie ne aveva offerto una.
Mascherando la propria euforia, Loki tornò a guardare il fratello maggiore con aria costernata, mugugnando: << Nostra madre non sarà affatto entusiasta di questo. >>.
Omise però di aggiungere che, probabilmente l'unico che avrebbe subito una sonora ramanzina, sarebbe stato proprio Thor, visto che era lui, e non Loki, a non aver finito la sua parte di studio.
Thor gettò il libro sulla scrivania e corse alla porta, afferrando il suo inseparabile martello giocattolo, mentre passava accanto al letto.
Aprì l'uscio con cautela, quindi guardò fuori.
<< Io non credo sia una buona idea. >> mugugnò Loki alle sue spalle, sentendosi improvvisamente un po in colpa per quello che stava facendo.
Voleva che Thor venisse sgridato, però non gli sembrava giusto ingannare il fratello a quel modo.
Certo, così sarebbero andati a giocare prima, tuttavia....
Il fratello si volse di scatto verso di lui, tenendo un dito sulle labbra e interrompendo bruscamente i suoi pensieri: << Andiamo e basta! Il fratello maggiore sono io e così ho deciso! >>.
Ecco, si disse Loki, adesso non aveva più alcun dubbio.
Thor meritava di essere punito solo per quella sua fastidiosa arroganza.
Solo perché era il fratello maggiore, credeva di poter sempre decidere tutto anche per Loki e questo lui non lo sopportava.
Era sempre e solo Thor a decidere i giochi, quando e dove farli e lui era stanco di seguire l'altro ogni volta, come un fedele agnellino.
Voleva decidere anche lui e, se non avrebbe potuto farlo normalmente, l'avrebbe fatto con l'inganno, facendo credere a Thor che fosse lui a scegliere, mentre invece era Loki che gli suggeriva le mosse da fare, senza che l'altro nemmeno se ne accorgesse.
Era bello essere furbi!
Così, con questo rallegrante pensiero nella mente, Loki non parlò più e si limitò a fare come l'altro diceva.
Camminarono per un po,  in silenzio, l'uno dietro all'altro, muovendosi con cautela.
Thor faceva strada e Loki lo seguiva da molto vicino, continuando a lanciare tutt'attorno a sé sguardi preoccupati.
Poi, improvvisamente Thor si spostò dalla parete, diede una gran manata sulla spalla del fratello, facendogli stringere i denti, quindi lo fece voltare e lo spinse avanti, lungo il corridoio, annunciando: << Va bene, fratellino, ora tocca  a te andare avanti per primo! Portami al passaggio segreto! >>.
Loki assentì leggermente e, in silenzio ricominciò a muoversi, precedendo l'altro.
Sapeva che quando il fratello maggiore prendeva una decisione era pressoché impossibile fargli cambiare idea, quindi non tentò più di persuaderlo, suggerendogli di tornare alla loro camera e di proseguire gli studi.
Thor aveva deciso di ignorare i suoi doveri per iniziare subito a giocare e, se qualcuno li avesse scoperti, si disse Loki, lui non aveva alcuna colpa.
Continuarono a percorrere il corridoio con le spalle rasenti il muro, finché non arrivarono nei pressi di una statua d'oro rappresentante un soldato.
Loki si guardò attorno circospetto, poi vi si infilò dietro.
Qui c'era una porticina di legno, abilmente occultata.
L'aprì in fretta e si infilò nel buio, senza nemmeno voltarsi per accertarsi che Thor lo stesse seguendo.
Il giovane principe dai capelli biondi si stava ancora guardando attorno, esterrefatto dalle risorse del fratello minore, quando la faccia di Loki sbucò di nuovo dal buio oltre la porta aperta.
<< Muoviti, avanti! >> sussurrò: << Ci farai scoprire così! >>.
E senza lasciare a Thor il tempo di ubbidire alle sue parole, lo tirò entro l'uscio socchiuso, verso il buio che c'era oltre.
Quando gli occhi di Thor si furono abituati alla nuova oscurità, il giovane si ritrovò in un corridoio piuttosto stretto.
Alle pareti ai due lati erano appese altrettante torce, ma erano completamente spente.
Nonostante la scarsa illuminazione, tuttavia, più avanti si potevano scorgere alcune scale che portavano verso il basso.
<< Come hai scoperto questo posto? >> domandò Thor sempre più ammirato, guardandosi attorno con aria esterrefatta.
<< Ascoltando di nascosto i discorsi degli adulti. >> rispose Loki con un sorriso furbetto sulle labbra: << Credo conduca direttamente al giardino, ma non so bene in che punto. Quando nostro nonno Bor regnava su Asgard, aveva fatto costruire questi passaggi per consentire alle donne ed ai bambini di fuggire dal palazzo con maggior facilità. >>.
<< Fuggire?! >> Thro scosse il capo, senza riuscire a capire: << Perché mai le donne e i bambini avrebbero desiderato fuggire da Asgard? >>.
<< Rifletti, Thor. Mi sembra ovvio. >> borbottò Loki, portandosi l'indice alla tempia destra, prima di concludere: << Per via della guerra. I Giganti di Ghiaccio hanno tentato di invadere Asgard parecchie volte, in passato. Questi cunicoli servivano ad aiutare i più deboli a fuggire e a nascondersi. >>.
Thor aggrottò la fronte, ancora scettico: << Posso capire le donne, ma i bambini.... >>.
<< I bambini non sono tutti sconsiderati come te, Thor. >> lo interruppe l'altro scuotendo il capo.
<< Se fossi vissuto al tempo di nostro nonno, avrei difeso Asgard anche con gli anni che ho ora! Mi sarei reso disponibile alla battaglia, facendomi onore come gli adulti. >> affermò Thor impettendosi: << Non avrei mai pensato di fuggire! >>.
<< Ecco la sconsideratezza di cui parlavo poco fa. >> sospirò Loki, iniziando ad incamminarsi lungo il passaggio segreto.
Raggiungendo in fretta le scale di fronte a loro che conducevano verso il basso e si fermò solo un istante, guardando in giù, verso le ombre sottostanti; poi riprese a camminare, iniziando a scendere con cautela gli irregolari gradini dinnanzi a lui.
<< Tu saresti fuggito, Loki? >> domandò Thor all'improvviso, fissando il fratello minore con insistenza, come se ne stesse valutando il valore.
Loki smise di colpo di avanzare e s'irrigidì per un breve istante, come se non si fosse aspettato dall'altro una domanda simile.
Poi, con un alzata di spalle, mormorò con sincerità: <<.... è probabile. O per lo meno mi sarei nascosto. >>.
<< Ti saresti comportato da codardo! >> sbottò Thor con enfasi, alle sue spalle iniziando a vorticare il martello giocattolo nell'aria.
Loki si volse di scatto a guardare l'altro, affermando: <<  Mi sarei comportato da bambino quale sono; senza cercare di imitare i modi degli adulti, sapendo che avrei rischiato di fare una brutta fine. >>.
<< Ossia mi stai dicendo che avresti pensato solo ed esclusivamente a te stesso?! >> tonò a domandare Thor, abbassando di colpo il martello di legno, quasi si fosse aspettato una risposta differente da parte del fratello minore.
Loki si strinse nelle spalle: << Avrei protetto se necessario le donne e gli altri bambini. Sempre se i Giganti di ghiaccio fossero riusciti a scovarci in questo magnifico passaggio segreto. >> sorrise: << E questa è una cosa che dubito vivamente sarebbe potuta accadere. >>.
Si voltò e, rapido, ricominciò a scendere i gradini intagliati nella roccia.
Thor rimase a guardarlo immobile per un istante ancora, poi si affretto a seguirlo.
Lo raggiunse in fondo alle scale.
<< Quanto manca ancora? >> indagò Thor, cercando di sbirciare oltre la spalla del fratello che camminava sempre davanti a lui.
<< Poco. >> replicò Loki con estrema convinzione: << Vedo la luce là in fondo. >>.
Infatti, lui e Thor non dovettero fare molti altri passi, prima che il giardino si spalancasse davanti a loro, illuminato dall'intensa luce del sole del mattino e costrinse i due fratelli a socchiudere gli occhi.
Loki si schermò la fronte con una mano, tornando a volgersi verso Thor con quella sua espressione astuta che, sempre più spesso si faceva largo fra i suoi lineamenti sottili, facendolo somigliare alcune volte a un piccolo, astuto folletto: << Che ti dicevo? Ecco il giardino! Bel passaggio segreto, vero? D'ora in avanti, quando vorremo evitare di studiare, potremmo venire qui! Cosa ne dici, fratellone? >>.
<< Dico che è fantastico, Loki! >> replicò Thor, quasi rimasto a bocca aperta per la sorpresa di ritrovarsi veramente nel giardino del palazzo; su un lato coperto, inoltre, dove raramente gli adulti si spingevano.
<< Quello che conta veramente è che nessuno ci scopra. >> disse Loki, riprendendo di nuovo parola: <<  Altrimenti, rischiamo di... >>.
< Chi vuoi che vi scopra? >> domandò allegramente Thor, che pareva aver completamente rimosso dalla propria mente il fatto che solo pochi attimi prima aveva lasciato la sua camera di nascosto, abbandonando i propri studi a metà: << Noi due siamo imbattibili, se restiamo insieme, dovresti saperlo bene, fratellino! >>.
S'interruppe un attimo, per dare una gran manata sulla schiena di Loki e stringergli forte la spalla destra con la mano, in un gesto d'affetto che, tuttavia strappò una smorfia al più minuto Loki.
Thor scordava sempre la sua forza, quando mostrava al fratello minore il proprio affetto.
Loki avrebbe potuto lamentarsi, perché ogni volta aveva l'impressione che l'altro lo stesse stritolando, ma invece non lo faceva mai.
Gli piaceva quando Thor lo abbracciava o, come questa volta lo prendeva per le spalle, sorridendogli.
Lo faceva sentire al suo pari, e questo voleva dire molto per Loki.
Perciò lo lasciava fare, permettendo all'altro di esternare le proprie emozioni  a modo suo; per quanto questo potesse risultare quasi violento.
<< È per questo che mi farò sempre coprire le spalle da te, quando da grandi affronteremo mille battaglie ... >> continuò Thor fiduciosamente: << E naturalmente insieme, le vinceremo tutte quante! >>.
Nell'udire quelle ultime parole, il volto del giovane Loki si oscurò leggermente e lui, si scostò da Thor, rompendo il loro breve contatto.
<< Ti fidi così tanto di me? >> mormorò, sentendosi di colpo un traditore.
Forse non avrebbe dovuto incuriosire Thor al punto da lasciare gli studi quel giorno.
Se il fratello maggiore fosse finito nei guai, sarebbe stata solo colpa sua.....
<< Ora e sempre, fratellino! >> annunciò Thor con la sua solita spensierata allegria.
Loki non replicò e chinò leggermente il capo; domandandosi perché lui sempre più spesso provasse invidia di Thor e desiderasse che lui venisse punito dagli adulti, o almeno, messo un po da parte da Odino, in sua preferenza, quando invece Thor sembrava sempre così sincero e spontaneo con tutti; compreso  con lui.
Loki fissò l'erba sotto ai propri piedi.
Forse, non era poi tanto degno della fiducia che Thor gli offriva.
Nonostante il giovane principe dai capelli scuri fosse caduto improvvisamente in un oscuro silenzio di cui lui solo conosceva il motivo, Thor non parve far caso alla propria cupa reazione e, invece continuò, allegramente: << Forza, muoviamoci, prima che qualcuno ci scopra veramente. >>, e senza lasciare all'altro il tempo di dirgli che magari era meglio tornare in camera, ora che avevano visto dove conduceva veramente il passaggio segreto, afferrò il fratellino per un braccio, trascinandoselo letteralmente dietro.
Loki non oppose resistenza; tuttavia lui e il fratello dai capelli chiari non  avevano fatto che pochi passi fuori dal passaggio segreto, quando Thor andò ad urtare violentemente contro qualcosa di solido che si parava fra lui ed il giardino.
Contemporaneamente un vocione tonante si sollevò a riempire il silenzio circostante, esclamando: << Scoprire? Che cosa? >>.
<< Ops... Temo che ormai sia troppo tardi.... >> sussurrò Loki a voce bassissima, parlando direttamente nell'orecchio di Thor, mentre sollevava lo sguardo verso l'alto, fino ad incrociarlo con quello bonario ma incuriosito di uno degli Einherjar che pattugliavano i dintorni della residenza reale.
<< Da dove sbucate voi due marmocchi? >> tornò a domandare la sentinella, parlando loro come avrebbe fatto con qualsiasi altro bambino del regno, senza far caso che si stava rivolgendo invece ai figli di Odino e perciò a due principi: << A quest'ora non dovreste essere nella vostra stanza a studiare? >>.
<< Bè, si.... In verità.... >> farfugliò Thor, arrossendo violentemente in volto, senza riuscire a mettere insieme una frase decente, tanto era agitato.
Loki alle sue spalle sorrise appena, pensando che il fratello non era proprio abituato ad inventare frottole.
<< Lascia fare a me, Thor. >> sussurrò Loki all'orecchio del fratello, con un aria astuta sul viso da bambino; poi lo superò e si mise direttamente dinnanzi all' Einherjar, fissandolo con la sua espressione più sconsolata.
Quindi iniziò la sua recita, assumendo un tono di voce piagnucolante e confuso: << Stavamo studiando, ma abbiamo sentito un suono sospetto provenire dal giardino, così, siamo venuti a dare un'occhiata, per accertarci che tutto fosse in ordine. Adesso stavamo giusto per ritornare nella nostra camera. Vero Thor? >> così dicendo, diede una gomitata al fratello maggiore, fermo accanto a lui che, per tutta risposta si limitò a grugnire una frase incomprensibile.
Probabilmente non aveva nemmeno parlato, ma si era semplicemente lamentato per le costole doloranti, la dove Loki lo aveva colpito.
<< Ummm... Davvero?! >> domandò l' Einherjar massaggiandosi pensosamente il mento, come se stesse realmente valutando le parole di Loki; anche se era ben evidente che non credeva a una sola delle sue parole, visto che dopo un istante aggiunse, sorridendo: << Non mi stai raccontando una bugia, vero, Loki? >>.
Loki parve offendersi e, imbronciandosi, domandò all'alto uomo in armatura: << Perché ultimamente tutti pensano che io racconti delle bugie? >>
<< Forse perché è vero. >> mormorò Thor al suo indirizzo, senza tuttavia fasi sentire dall' Einherjar.
Loki gli scoccò un'occhiataccia poco gentile.
Tuttavia, prima che potesse ricominciare a parlare, già pronto a raccontare un'alta frottola inventata proprio in quel momento, l' Einherjar che li aveva scoperti a gironzolare per quel lato del giardino, rivelò: << Comunque non m'importa del motivo per cui siete qui. In realtà mi avete risparmiato un bel po di strada. >>.
Sorrise ai due bimbi e tacque, volontariamente, per incuriosirli.
Thor stava quasi per aprire bocca e fare la domanda che, naturalmente era sorta spontanea nella mente di entrambi i fratelli, quando l' Einherjar riprese a spiegare loro: << Sarei dovuto venire a chiamarvi nelle vostre camere per dirvi di smettere di fare i compiti, quindi... >> agitò la mano nell'aria come per accantonare la faccenda: <<.... La cosa non ha poi tanta importanza. >>.
<< Stavate venendo a dirci di smettere di studiare?! >> domandò Loki, parlando un attimo prima che potesse farlo Thor.
Aggrottò la fronte da bambino, assumendo un'espressione che lo faceva sembrare molto più grande della sua età, quindi impettendosi, tornò a domandare: << Per ordine di chi? >>.
L' Einherjar parve non far caso all'aria grave assunta dal principe dai capelli scuri e non ripose direttamente alle sue domande.
Invece si rivolse al fratello maggiore, annunciando: << Principe Thor! Tuo padre ti cerca! >>.
<< Padre? Davvero? >> domandò lui, avvicinandosi alla sentinella con la sua armatura luccicante per guardarla con occhi incuriositi.
<< Ha detto che deve parlare con te di una questione molto importante. >> replicò l' Einherjar, senza spiegare alcun particolare.
<< Riguarda Mjolnir? >> tornò allora all'attacco Thor, iniziando a saltellare eccitato.
<< Non lo so, principe Thor. >> rispose pacatamente l' Einherjar, senza tuttavia riuscire a trattenere un sorrisetto, nel notare l'entusiasmo sfrenato del principe dai capelli biondi: << Il Padre degli Dei non mi ha detto nulla di più. Vuole parlare con te. Tutto qui. >>.
<< Corro subito da lui! >> affermò allora Thor e, senza esitare iniziò a dirigersi di corsa verso il palazzo, disdegnando l'entrata segreta da cui lui e Loki erano usciti solo pochi attimi prima.
Loki lo seguì a ruota, muovendosi quasi automaticamente, arrotolando fin sul gomito la manica destra della casacca che gli era scesa sul polso mentre si muoveva nell'angusto passaggio segreto.
Non aveva fatto che pochi passi dietro a Thor, tuttavia, quando la guardia gli mise una mano davanti al viso, sbarrandogli il cammino e costringendolo a fermarsi.
Loki sollevò lo sguardo sulla guardia, fissando l' Einherjar  confuso.
<< Tu no, principe Loki. >> mormorò quella, scuotendo il capo: << Odino è stato chiaro.  Desidera parlare solo con il maggiore di voi due; quindi tuo fratello Thor. >>.
<< Oh... >> mugugnò lui, senza riuscire ad aggiungere altro, chinando il capo, per fissare la punta delle proprie scarpe.
Era deluso e confuso e, ancora una volta si sentiva messo da parte.
Si sentiva diverso e solo e improvvisamente aveva voglia di mettersi a piangere, mentre il bambino che c'era dentro di lui urlava per uscire allo scoperto.
Lui tentava sempre di mostrarsi più responsabile e adulto del fratello maggiore, per farsi notare da loro padre, che magari così, avrebbe riflettuto sulla possibilità di dare a lui Mjolnir e non a Thor.
Ma ora non importava.
Adesso che si vedeva un altra volta lasciato da parte, mentre Thor poteva andare a parlare con Odino.
Già si immaginava il fratello seduto sulle ginocchia del padre, a parlare con lui del suo futuro da re.
Loki invece..... Quante volte Odino lo aveva preso fra le braccia?
Stranamente non se ne ricordava adesso.
Aveva sempre l'impressione che fosse stato Thor il preferito da loro padre,
Quell'attimo di sconforto durò tuttavia solo pochi istanti, poiché all'improvviso la guardia tornò a parlare, quasi con bonomia: << Non fare quella faccia, principe Loki. Tuo padre Odino non vuole vederti, ma in compenso c'è tua madre che ti cerca. >>.
<< Madre vuole vedermi? >> domandò Loki, sollevando immediatamente lo sguardo, adesso rasserenato verso l' Einherjar, ancora immobile accanto a lui.
Questo annuì: << Ti aspetta in biblioteca e sembra abbia una sorpresa per te. >>.
Sorrise e gli strizzò l'occhio con aria d'intesa.
Loki sorrise a sua volta, stranamente grato a quella guardia per averlo trattato con tanta gentilezza e in un istante, iniziò a correre nella direzione della biblioteca, dimentico dei pensieri tristi che un attimo prima lo avevano tanto turbato.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** The promise ***


Il giovane Loki si muoveva rapido, attraversando quasi di corsa i lunghi corridoi del palazzo reale, diretto alla biblioteca racchiusa nel cuore dell'edificio.
Conosceva bene la strada che conduceva ad essa, poiché parecchie volte, quando non passava il tempo insieme a Thor e a Sif e agli altri giovani del regno, andava spesso a leggere lì, di nascosto ai suoi genitori.
Loki sapeva bene che alcuni dei libri contenuti nella biblioteca del palazzo dorato parlavano di argomenti difficili e, molte volte anche inquietanti per essere letti da un bambino e, alcuni scaffali erano persino pieni di quei tomi voluminosi che sua madre definiva "libri oscuri".
A nessuno era concesso leggere quei libri; nemmeno al mago più potente del regno, ma Loki era spesso tentato di sfogliarne le pagine, attratto dal mistero che gravitava attorno a quei particolari volumi.
Naturalmente non l'aveva mai fatto, anche perché era impossibile raggiungerli, e anche se si era spesso recato da solo nella biblioteca, quando nessun'altro era presente, si era sempre limitato a leggere i libri che riusciva a comprendere.
I libri che lo interessavano maggiormente erano sempre stati quelli che riguardavano l'universo ed il resto dei mondi sparsi in esso.
Era sempre stato incuriosito da ciò che stava oltre Asgard; almeno tanto quando era attratto dalla magia.
Molte volte aveva cercato di rintracciare, nella vasta biblioteca, dei volumi che riguardassero direttamente quell'arte incredibile che riusciva sempre ad incantarlo, ma mai era riuscito a trovarli.
Era ben evidente che solo sua madre conosceva il luogo dove i libri di magia, forse insieme a quei tanto temuti libri oscuri, erano tenuti; perché lei sola, oltre ad un altra manciata di maestri di magia che vivevano nella Città Eterna, avevano libero accesso ad alcune delle aree della biblioteca, per le quali servivano permessi speciali; o per meglio dire, la capacità di usare la magia.
Alcune parti della biblioteca infatti, erano protette da speciali schermi luminosi, impossibili da oltrepassare, se non si era a conoscenza di una minima parte di magia.
Perciò, questi luoghi erano accessibili solo ai maestri di magia ed ai loro allievi, naturalmente accompagnati da un adulto.
Loki aveva sempre desiderato apprendere quell'arte; perché era certo di esserne molto più portato di Thor.
Pensava sarebbe stato un eccelso mago, se solo qualcuno si fosse degnato di insegnargli qualcosa a riguardo.
Però fino ad allora tutti i maestri di magia del regno avevano sempre disdegnato le sue richieste, affermando ogni volta che lui era un principe ed avrebbe dovuto allenarsi in ben altri compiti che nell'uso della magia.
Tutti gli dicevano in continuazione che lui avrebbe dovuto prendere esempio dal fratello Thor; per diventare forte e deciso come lui, ma Loki non poteva; non ci riusciva.
Ogni volta che tentava di imitare Thor si sentiva fuori luogo, confuso, come intrappolato nella vita di qualcun altro, in un esistenza che non vedeva come la sua.
Tutto ciò che sempre lo aveva attratto era la magia e non la guerra o le armi.
I pugnali, si; quelli da lancio, piccoli e facili da nascondere; quelli lo interessavano.
Ma il corpo a corpo o altre discipline simili non lo incuriosivano poi molto.
Lui era più astuto; più scaltro del fratello ed il suo modo di agire era sempre meno violento e molto più discreto.
Lui sapeva usare il cervello; Thor i muscoli.
Fino ad allora, solo sua madre Frigga sembrava averlo capito, almeno in parte.
Odino no; mai.... Lui pretendeva che Loki diventasse una specie di copia perfetta di Thor.
Il giovane scosse il capo, scacciando quei pensieri dalla mente e accelerò ancor più il passo, superando una coppia di nobili ben vestiti che passava poco lontano da lui, lungo lo stesso corridoio.
Sentì vagamente che quelli borbottavano qualcosa riguardo il fatto che non si correva per i corridoi del palazzo e dello scarso rispetto che i giovani mostravano sempre nei confronti degli adulti, e qualche altra frase incomprensibile, poi voltò l'angolo e si ritrovò finalmente dinnanzi alla enorme porta dorata che dava accesso alla biblioteca.
Qui si fermò di colpo, imponendosi un certo contegno; ben sapendo che non sarebbe stato gradito a sua madre se avesse fatto irruzione nella biblioteca con la stessa delicatezza di una mandria di Pentapalmi infuriati.
Inspirò una profonda boccata d'aria, per placare il suo cuore accelerato; quindi, invece di entrare immediatamente, accorgendosi che la porta della biblioteca era socchiusa, si accostò ad essa, restando nell'ombra, per sbirciare al suo interno con la maggior discrezione che gli era possibile in un momento come quello.
Sapeva di essere in grado di muoversi silenziosamente e non visto da altri, se voleva; grazie anche alla sua corporatura minuta ed ai suoi passi leggeri, e non era la prima volta quella, che lui spiava gli adulti mentre essi erano ignari della sua presenza.
Lo divertiva farlo.
Così, conosceva lati della gente che altrimenti non sarebbe mai riuscito a scoprire.
Sapeva che questo non era esattamente comportarsi nella maniera giusta, ma a Loki non importava.
A lui piaceva e, pensava che perciò non ci fosse nulla di male se di tanto in tanto spiava qualcuno di nascosto.
Fra tutti, sua madre era quella che adorava guardare non visto, più di ogni altro individuo ad Asgard, perché lei era sempre composta in ogni momento della giornata: non pareva avere segreti per nessuno e Loki la vedeva come la perfezione pura.
Lei era il suo esempio da seguire.
Poco importava che Frigga fosse una donna e lui un maschio.
Loki avrebbe voluto possedere la stessa eleganza della madre; la medesima compostezza e lucidità in ogni momento; anche nei più difficili.
Avrebbe desiderato imparare da lei tutto ciò che ella sapeva, perché era Odino a regnare su Asgard, ma parecchie volte, Loki lo sapeva bene, era la madre a suggerire al Re cosa fosse stato più saggio fare in momenti difficili, nei quali Odino avrebbe pensato solo ed esclusivamente alla battaglia.
Frigga sapeva parlare, sapeva negoziare ed era riflessiva esattamente come lui.
Quasi trattenendo il respiro, Loki si tese in avanti, allungando il collo per guardare oltre la soglia socchiusa.
Sua madre era seduta su un morbido cuscino, deposto su di un ampio tappeto che ornava il suolo, in fondo alla camera.
Con le gambe ripiegate e la lunga veste fluente, azzurra, abbandonata sul tappeto, stava seduta compostamente, con la schiena ritta e il capo leggermente chino.
Fra le mani affusolate stringeva un libro dalla copertina rossa e in quel momento sembrava completamente assorta nella lettura.
I lunghi capelli biondo-ramati le ricadevano in parte sulle spalle, mentre il resto era raccolto sul capo a formare una complessa acconciatura.
Di tanto in tanto, ella sollevava una mano per scostarsi lentamente una ciocca di capelli che le finiva davanti al viso e poi tornava ad immergersi nella lettura.
La vasta biblioteca era immersa nel silenzio, interrotto soltanto dallo scoppiettio del fuoco che ardeva all'interno del grande camino situato in fondo all'ampio salone principale, disposto direttamente alle spalle della regina.
Le ampie balconate che attorniavano la biblioteca, rendendola ancor più spaziosa e ben areata, creavano un chiarore ambrato nell'ambiente, mescolandosi alla luce proveniente dal focolare, e circondavano la figura assorta di Frigga.
Per un istante ancora Loki rimase così, immobile a scrutare la madre.
Poi, inaspettatamente, Frigga sollevò gli occhi dal libro che teneva posato sulle gambe, aperto sull'ultima pagina che stava leggendo e sorrise a Loki, accorgendosi che il figlio stava immobile a guardarla di nascosto, dietro allo stipite della porta socchiusa.
Sembrava incerto se decidersi o meno ad entrare nella biblioteca, come se fosse indeciso se disturbare la lettura della madre, oppure no.
<< Avvicinati, Loki. >> lo invitò gentilmente lei, facendogli cenno con la mano: << Non stare lì sulla porta a guardarmi. Vieni. >> gli sorrise dolcemente, come solo lei riusciva a fare: << Vieni a sedere con me. >>.
Loki annuì leggermente, arrossendo un poco per essere stato scoperto, mentre spiava la madre di nascosto.
Si sentiva tremendamente impacciato.
Con sua madre era sempre così.
Con gli altri, Loki si mostrava già più adulto di quello che i realtà era, ma con sua madre, sentiva che poteva mostrare anche quei lati di lui che agli altri nascondeva: quelli più infantili e più fragili.
Mentre si avvicinava alla madre, Loki la guardava di sottecchi, continuando a contemplare  tutta la sua regale bellezza.
Aveva sempre pensato che Frigga fosse la donna più bella di tutta Asgard; e questo non solo perché era sua madre.
Non le aveva mai rivelato quello che pensava di lei; ma continuava a tenere quelle sensazioni per sé, in segreto.
<< Un Einherjar mi ha detto che volevate vedermi, madre. >> disse Loki, parlando con estrema gentilezza e quasi con reverenza, mentre avanzava di qualche altro passo nella stanza, con le mani unite e il capo chino.
Cercava di restare composto, anche se dentro fremeva di curiosità ed il suo sforzo per restare calmo era ben evidente.
<< è vero. >> annuì Frigga, guardando il figlio con affetto.
Loki era sempre stato il più attento a rispettare le leggi del regno e a comportarsi come si addiceva ad un principe, sopratutto in presenza degli adulti; o almeno di lei e Odino.
<< Ha detto anche che avevate una sorpresa per me. >> continuò Loki.
<< Anche questo è vero. >> rispose con calma la madre, sorridendo gentilmente al figlio, quando lui le si fu accostato e l'ebbe guardata in volto.
Per un breve istante ancora Loki rimase composto e ritto; mentre Frigga guardava nei suoi occhi verdi e vi scorgeva tutta la sua eccitazione.
Ma poi, quel momento passò e come se di colpo le parole fossero esplose dalle sue labbra, senza che lui riuscisse più a contenerle, Loki esclamò tutto d'un fiato: << L'altro giorno Thor mi ha mostrato il suo martello giocattolo, e ha detto che nostro padre gli ha promesso che quando sarà abbastanza grande, se ne sarà degno, gli farà in dono il potente Mjolnir! Io riceverò forse un dono da voi, madre? Che cos'è? Una spada? Una lancia? Un pugnale? O forse...? >>.
<< Loki! >> rise sua madre, posandogli un dito sulle labbra per farlo tacere: << Quanto entusiasmo, figlio mio. >>.
<< Mi spiace, madre, ma...... >> Loki tornò a chinare il capo, anche se Frigga si accorse che anche lui stava sorridendo, allegro e furbetto: << Sono tanto curioso! >>.
C'era tutta la sincerità di un bambino in quell'affermazione.
<< Lo vedo. >> asserì Frigga, alzandosi in piedi per andare a riporre su un tavolino rotondo, poco lontano, il libro che fino ad allora aveva tenuto fra le mani: << Per questo non ti farò aspettare oltre per mostrarti il mio dono. >>.
<< Dono?! >> ripeté Loki, seguendo attentamente i movimenti della madre e studiando gli oggetti posati sul piccolo tavolo insieme al libro da lei appena posato lì sopra.
Sembrava quasi che Loki sperasse di scorgere proprio sul piano del tavolo il regalo di cui Frigga diceva.
Sul tavolo però non c'era davvero nulla di interessanti: una brocca d'acqua; una mela, e una calice dorato.
<< Allora è vero che avete un dono per me, madre?! Cos'è? >> insistette Loki, distogliendo lo sguardo dal tavolino tondo, per tornare a posarlo sul viso di Frigga che, annuendo, gli disse: << Seguimi e lo scoprirai. >>.
Quindi, si volse e si incamminò per i corridoi della vasta libreria del palazzo, immediatamente seguita da Loki.
Anche senza voltarsi, ella sapeva che il figlioletto dai capelli scuri era subito dietro di lei.
Ne sentiva i passi veloci ed eccitati sul pavimento levigato.
Continuarono a camminare nelle sale della biblioteca per qualche minuto, superando decina di scaffali intarsiati, con i ripiani tutti egualmente ricolmi di libri.
Il cuore di Loki aveva adesso iniziato a battere veloce nel suo piccolo petto, mentre lui sperava con tutto sé stesso che la madre lo stesse magari conducendo ad una delle sale della biblioteca reale protetta dalla barriera magica.
Rimase perciò leggermente confuso e deluso, quando Frigga, invece di proseguire verso una delle barriere luminose, si fermò accanto ad uno scaffale, completamente identico ai precedenti, iniziando a passare in rassegna con l'indice i vari nomi scritti sul lato delle copertine.
Loki seguiva con lo sguardo i movimenti della madre, sempre più agitato e curioso, anche se adesso la sua speranza stava un po calando.
Forse fra quei libri aveva nascosto il suo dono?
Forse era veramente un qualche tipo di arma e lei l'aveva messa fra quei volumi per tenergliela nascosta meglio.
Un piccolo pugnale, rifletté Loki, avrebbe potuto essere nascosto fra e pagine di un libro.
Forse era questo il dono che lei aveva da offrigli?
<< Ecco! >> annunciò all'improvviso Frigga, smettendo di osservare lo scaffale ricolmo di libri per prenderne fra le mani uno; enorme e dalla rilegatura vistosa.
Lo soppesò per un breve attimo, sfogliandone qualche pagina, come soprappensiero, poi lo porse al figlio che ancora la stava osservando, incuriosito: << Tieni, Loki. Questo è il mio dono per te. >>.
Al primo istante Loki non si mosse né parlò.
Rimase completamente interdetto, immobile come una statua di granito a fissare il volume dalla copertina marrone che la madre gli mostrava.
Poi, tendendo leggermente la mano, quasi con riluttanza, senza neppure sfiorare la copertina del grosso volume, fissandolo come se questo avrebbe potuto improvvisamente animarsi per morderlo come un animale feroce, mugugnò in un soffio incredulo: << Un.... Libro? >>.
Frigga assentì e continuò a porgere il pesante libro al figlio, come se si aspettasse da lui che lo prendesse dalle sue mani.
<< Un'altro libro? >> ripeté a bocca aperta Loki, senza riuscire a capacitarsi di ciò che stava vedendo.
Aveva quasi l'impressione che quello fosse uno scherzo; eppure sua madre era seria e composta, come sempre.
Loki non poteva certo dirsi entusiasta al pensiero di quel dono.
Aveva appena finito di studiare e sua madre gli rimetteva fra le mani un nuovo libro; per giunta grosso il doppio di quelli letti da lui fino a quel momento.
Un libro che, all'apparenza non aveva davvero nulla di speciale.
<< Non ti piace? >> gli domandò improvvisamente Frigga, aggrottando leggermente la fronte: << Credevo adorassi leggere. >>.
<< Si, ma.... Io..... >> Loki non sapeva davvero cosa rispondere.
Era veramente deluso.
A Thor odino faceva una promessa inimmaginabile, dicendogli che da grane avrebbe forse potuto brandire Mjolnir contro tutti i nemici di Asgard e gli regalava un martello giocattolo, quasi per confermare tutto ciò.
Mentre a lui, sua madre donava un altro libro come gli altri.
Forse un libro di storia, di matematica o di astrologia, chissà, ma di certo nulla di tanto entusiasmante come un arma o come un volume di magia.....
<< Non fare quella faccia delusa, Loki. >> la voce di Frigga interruppe bruscamente i pensieri del figlio, riportandolo al presente: << Questo libro non è un volume qualunque. Nasconde nelle sue pagine molto più di quello che tu pensi. >>.
Fece una pausa e tese ancora di più la mano nella quale reggeva il voluminoso tomo verso Loki, che sempre lo guardava quasi con diffidenza: << Non solo parole.... Ma magie. >> concluse infine Frigga sorridendo.
<< Magie? >> al primo momento Loki parve non comprendere le parole della madre, ma poi, improvvisamente i suoi occhi si illuminarono ed esso sobbalzando, esclamò a gran voce: << Volete donarmi un libro di magie? Veramente? Ma .... Ma io pensavo che tutti i libri di magia fossero chiusi oltre le pareti luminose. >>.
<< Non questo. >> mormorò la madre, continuando a sorridergli gentilmente: << Questo è speciale. è stato il mio primo libro di magia ed ora io lo voglio donare a te. >>.
Loki era incredulo e eccitato al contempo.
Sua madre gli stava offrendo l'opportunità di imparare a fare magie, donandogli per giunta lo stesso libro con la quale lei aveva esercitato per prima quell'arte.
A lui; e non a Thor!
Questo era un sogno che si stava avverando, per il piccolo Loki.
<< So che sei sempre stato attratto dalla mia capacità di creare illusioni dal nulla, perciò ho pensato che questo fosse il dono più adatto a te. >> affermò Frigga continuando a sorridere gentilmente: << Prendilo. è tuo ora. >>.
Lentamente, quasi con assoluta reverenza, come se stesse per toccare qualcosa di estremamente importante e prezioso, Loki tese le proprie mani verso il volume rilegato che la madre gli mostrava.
Quando le sue dita sfiorarono la copertina ruvida, lui sentì come un fremito attraversargli tutto il corpo.
Poi, quell'attimo passò e lui si ritrovò a stringere il libro fra le mani, guardandolo trasognato.
<< Aprilo. >> lo invitò la madre, notando tutta l'eccitazione che pervadeva il corpo del figlio.
Loki annuì con decisione, e adesso in fretta, aprì il libro su una pagina a caso, iniziando a sbirciare le parole che vi erano scritte in caratteri chiari e precisi.
<< Madre, ma è.... bellissimo! >> mormorò ammirato, senza sapere che altro dire.
Frigga sorrise ancora una volta, partecipe delle emozioni del figlio.
Ricordava che anche per lei era stato un momento indimenticabile, la prima volta che sua madre gli aveva mostrato un libro di magia.
<< Grazie! Grazie davvero! >> esclamò Loki, richiudendo il libro e, prima che Frigga potesse intuire ciò che esso voleva fare, lui mise da parte tutto il suo contegno e le saltò al collo, abbracciandola forte.
<< Piano.... >> sussurrò lei, ma era lieta di quell'abbraccio, e strinse a sè il figlio, continuando a sorridere.
Loki era tutto l'opposto di Thor e, sebbene molte volte le sue idee causassero un mucchio di guai a corte, la madre lo amava così com'era; un piccolo diavoletto astuto e allegro che però sapeva comportarsi come un vero ometto, quando lo desiderava.
Anche se Loki era stato adottato, lei lo sentiva come un figlio suo e lo amava tanto quanto Thor.
Ella ricordava ancora la prima volta che lo aveva visto, fra le braccia di Odino.
Lui era appena tornato vittorioso da una delle tante battaglie contro il popolo degli Jotun e con sé, oltre ad un congegno capace di creare il gelo, aveva portato a corte anche quel piccolo bambino in lacrime.
Era successo qualche anno dopo la nascita di Thor.
Sin dal giorno in cui Odino l'aveva trovato abbandonato sulle gelide rocce ghiacciate nella terra del perenne freddo di Jotunheim, Frigga aveva visto in lui un nuovo figlio da crescere e curare come se fosse stato proprio fratello di Thor.
La regina di Asgard aveva sempre sospettato che Odino avesse preso con sè Loki solamente per utilizzarlo in futuro come una sorta di tramite fra lui e gli Jotun; nella speranza di porre fine alle continue guerre che quel popolo dalla pelle blu, tanto temuto nel regno, continuava a scatenare contro il popolo della città Eterna.
Loki a quel tempo era solamente un neonato fragile, piccolo ed indifeso, che necessitava delle cure altrui per poter sopravvivere e Frigga, non appena l'aveva visto, aveva deciso di tenerlo con sé, amandolo con tutto l'affetto che certo la sua reale famiglia non gli aveva mai dimostrato.
Varie volte, in futuro ella si era chiesta che razza di madre e di padre avessero potuto decidere di abbandonare così loro figlio, destinandolo ad una morte certa.
Era vero che Loki, essendo il figlio di un gigante di ghiaccio, era molto ma molto debole al loro confronto.
Debole e minuto; piccolo persino per lo standard di un asgardiano, ma questo non era certo un motivo valido per condannarlo alla morte.
Frigga lo aveva preso con sé, nascondendo sia a li che a Thor le sue vere discendenze, per evitare che Loki si sentisse diverso ed estraneo ad Asgard.
Lui per Frigga era sempre stato eguale a Thor.
Ora che lo osservava così vicino a lei, composto e intento a leggere le parole sul libro di magie che ella gli aveva appena regalato, Frigga si sentì fiera di lui.
Si sentì orgogliosa del bambino che lui stava diventando, perché in esso vedeva parte di sé stessa.
<< Vieni. >> disse poi Frigga staccandosi per prima dall'abbraccio e lisciando con dolcezza i capelli neri del figlio, prima di oltrepassarlo per compiere il percorso a ritroso nella biblioteca: << Torniamo nella sala principale. >>.
Loki non replicò e seguì in fretta la madre; e affiancandosi a lei, le prese la mano destra nella sua.
Per un attimo continuarono a camminare così, fianco a fianco, in silenzio.
Poi, Loki sollevò di nuovo lo sguardo su di lei, esclamando quasi con una nota implorante nella voce: << Madre, insegnatemi subito qualche magia! Ve ne prego! >>.
Frigga tornò a sorridere al figlio, stringendogli con maggior saldezza la piccola mano calda che lui teneva nella sua: << Sapevo che il regalo ti sarebbe piaciuto e, si, ti insegnerò a fare magie, se veramente lo vorrai. >>.
<< Oh, si, lo voglio! >> annunciò Loki, saltellando allegramente: << Voglio imparare subito qualcosa, madre! >>.
 << Non essere così impaziente, figlio mio. Verrà il tempo in cui anche tu saprai governare la magia. Sono certa che imparerai presto. >>.
Lui e la madre continuarono a camminare lungo i corridoi della biblioteca, restando in silenzio ancora per un po, almeno fino a quando ebbero raggiunto di nuovo l'immenso salone principale.
Qui, Frigga tornò a sedere sul cuscino a terra, facendo cenno a Loki di fare lo stesso.
Lui la seguì in fretta, imitando i suoi gesti e si sedette a gambe incrociate accanto a lei.
Poi, senza più riuscire a trattenersi, curioso e desideroso di imparare a fare magie il prima possibile, si chinò sul libro appena ricevuto dalle mani della madre, iniziando a sfogliare come una furia le pagine, come se così facendo avrebbe potuto imparare con molta più rapidità l'arte della magia.
Frigga rise lievemente nel notare la foga del figlioletto.
<< Vai piano. >> lo redarguì: << Così rischi di distruggere il libro prima ancora di iniziare a leggerlo. >>.
<< Perdonatemi madre, ma sono così.... Eccitato! >>.
<< Non stento a crederlo, Loki, ma devi accettare il fatto che ci vorrà del tempo, prima che tu riesca a creare una qualunque magia. >> gli disse Frigga, posandogli gentilmente una mano sulla spalla.
Fece una pausa, guardando il viso di colpo imbronciato del figlio, poi soggiunse incoraggiante: << Imparerai a governare la magia, ma solo se ti impegnerai ad apprenderla, prima. >>.
<< Fra quanto, madre? Fra quanto sarò in grado di usare la magia? >> le domandò Loki impaziente, smettendo di voltare le pagine quasi a casaccio, per sollevare i suoi vispi occhi verdi sul viso della madre.
Thor avrebbe potuto governare il regno di Asgard dopo Odino, e avrebbe avuto Mjolnir in dono dal padre, ma se la magia era toccata a lui, Loki sapeva che da grande avrebbe goduto dello stesso rispetto della madre.
Magari Thor sarebbe stato meno fiero e arrogante, allora.
<< Non subito, te l'ho già detto. >> ripeté Frigga, con la voce sempre paziente e gentile:  << Ci vorranno anni di studio, prima. >>.
<< Anni? >> domandò Loki deluso.
Era evidente che non era questo che avrebbe desiderato sentirsi dire dalla madre.
<< Prima potrò usare la magia, meglio sarà. >> insistette.
<< Non essere impaziente, Loki. La magia non è un giocattolo. Per questo ho pensato a te e non a Thor. Perché credo che tu sia più adatto di tuo fratello ad apprenderla. Thor è....>> parve riflettere sulle parole più adatte da usare, prima di continuare con un nuovo sorriso: << Troppo impulsivo. Ha preso troppi tratti caratteristici da vostro padre, ma tu, piccolo mio, sei molto più riflessivo e sai aspettare. So che puoi riuscire ad aspettare. >>.
<< Si, madre. >> Loki annuì lentamente, sorridendole allegramente.
 Frigga allora ricambiò il gesto, prendendo Loki fra le braccia per posarlo sulle proprie ginocchia.
<< La forza di tuo fratello sta nel coraggio e nella lotta; mentre la tua, Loki, non è visibile ad occhio nudo, ma risiede dentro di te, qui... >> Mormorò gentilmente Frigga, picchiettando l'indice della propria mano sulla tempia di Loki: << Nella tua intelligenza; nella tua mente. >>.
Loki non disse nulla e tornò a guardare il libro che stringeva fra le mani.
Voleva iniziare subito a studiare e ad esercitarsi; per diventare il migliore mago di tutta Asgard.
Si sarebbe impegnato molto e avrebbe superato Thor in intelligenza ed astuzia.
Sarebbe diventato un abile stratega e avrebbe fatto invidia a tutto il Regno con le sue doti di magia.
<< Loki. >> d'improvviso la voce di Frigga si fece seria, richiamando bruscamente il figlioletto al presente.
Loki guardò la madre in viso e si accorse immediatamente che ella lo osservava adesso con un espressione strana sul volto; come se fosse preoccupata per lui.
Come se stesse ripensando al dono che gli aveva appena fatto e riuscisse a leggere nella mente del figlio tutta l' ambizione che esso provava.
Il suo desiderio sfrenato di eccellere in una arte che Thor non avrebbe mai potuto apprendere.
 << Io ti farò dono della magia, ma tu devi promettermi che la userai sempre con cautela. >> mormorò dopo un attimo Frigga: << Ci sono magie oscure, pericolose persino per chi le usa e tu dovrai stare ben attento ad esse; a non lasciarti mai sopraffare dal desiderio di impararle, solo per diventare più forte. Dovrai essere prudente e non lasciarti governare dalle emozioni e dall'immenso ma distruttivo potere che la magia cela racchiuso in sé. >>.
Gli occhi del piccolo Loki si abbassarono ancora una volta sul libro che teneva fra le mani, poi si alzarono pieni di stupore sul volto della madre: << State parlando delle "magie oscure", madre? >>
<< Proprio quelle. >> confermò Frigga, senza abbandonare la nota grave che aveva nella voce, stupita dalla rapidità con cui Loki aveva compreso ciò che lei gli stava spiegando.
Era sorpresa dal suo intuito.
<< Non serve imparare questo tipo di magie per essere potenti, Loki, ricordalo sempre. Non devi mai lasciarti tentare da esse. Mai... Oppure potrebbero renderti.... Diverso. >>.
Loki batté le palpebre, incredulo e un po turbato da quello che stava dicendo sua madre.
Ma poi assentì, mormorando: << Ho capito. >>.
<< Devi promettermelo, Loki. >> insistette Frigga, con una certa ansia nella voce.
Sembrava intuire quella specie di sfrenata smania che all'improvviso stava nascendo nel cuore del figlioletto dai capelli scuri, mentre già lui vagheggiava, pensando a quando sarebbe stato grande e avesse posseduto il pieno potere della magia.
Già pensava a come sarebbe rimasto di stucco Thor quando avrebbe appreso la notizia che lui avrebbe potuto diventare un mago esperto e letale per i nemici di Asgard almeno quando lo sarebbe stato il fratello dai capelli biondi con il suo Mjolnir.
Il giovane principe dai capelli corvini annuì solennemente e la madre ebbe quasi l'impressione che Loki, con la sua serietà apparisse molto più grande della sua reale età.
<< Te lo prometto, madre. Starò attento e non perderò mai la magia se voi me la donerete. >>rispose con profonda convinzione.
Era sincero, allora.
Sincero come forse, non lo sarebbe più stato.
E mentre parlava, si ripromise che avrebbe ricordato e rispettato sempre quella promessa.
Avrebbe ricordato quel giorno; il volto della madre e la mano calda di Frigga che stringeva la sua......

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Into the jail ***


Spalancando gli occhi verdi di colpo, Loki si destò quasi di soprassalto e si tese in avanti di scatto, ma i suoi movimenti vennero trattenuti da qualcosa di duro e freddo che gli cingeva i polsi e le caviglie e lui fu immediatamente costretto a tornare al suo posto.
Al primo momento non riuscì a rammentare dove si trovava, con gli ultimi frammenti del sogno ancora vividi nella mente.
Ma poi, il peso delle catene, assieme ad un intenso dolore alla spalla destra e al labbro, lo riportarono alla realtà.
Era stato legato così immediatamente dopo essere stato gettato in quella gelida cella, orrenda e buia.
Le catene erano lunghe solo quanto bastava a permettergli di restare inginocchiato  ma non abbastanza da permettergli di alzarsi e muoversi, o magari di sdraiarsi a terra per riposare.
Quando dormiva lo faceva ancora in ginocchio, e riusciva a prendere sonno solo per via della troppa stanchezza.
Inoltre le catene stringevano in una maniera tremenda e gli ferivano la pelle in continuazione.
Sospirando sconsolato, Loki cambiò posizione, guardando l'oscurità che lo attorniava.
Lui conosceva bene i sotterranei del palazzo di Odino, ma non ricordava la stanza dove era stato imprigionato.
Doveva essere stato rinchiuso nell'antica prigione costruita secoli prima da Bor, nonno di Thor.
Quando suo figlio Odino era diventato Padre degli dei dopo di lui, aveva decretato che quelle celle umide e vuote venissero sigillate e dimenticate.
Dimenticate sino ad allora.
Per Loki, Odino aveva addirittura riaperto il passaggio che le collegava ad Asgard.
Le pareti che lo circondavano erano fatte di pietra e ferro e la stanza era quasi totalmente vuota.
Il sentore umido delle celle quasi gli mozzava il respiro ed il freddo che vi albergava, penetrava attraverso il pavimento di roccia, fino ai suoi piedi scalzi, ma Loki cercò di ignorarlo.
Il freddo non lo aveva mai infastidito.
Oltre la porta chiusa, tutto era silenzio ed era ben evidente che, otre a lui, lì sotto non c'era nessuno.
Era una situazione irreale.
Quando Odino aveva dato ordine di gettarlo in quella cella isolata e squallida, lui era sicuro che non lo avrebbero lasciato in pace, pensando che il Padre degli Dei avrebbe usato qualsiasi mezzo per umiliarlo, esattamente come lui aveva fatto con esso durante la sua reclusione.
Aveva cercato di convincere sé stesso che le parole del Padre degli Dei fossero vane e futili.
Invece non era stato così.
Odino gli aveva promesso una severa punizione, affermando che lo avrebbe praticamente abbandonato a sé stesso in un luogo spoglio e dimenticato da tutti ed era proprio così che le cose stavano andando.
Infatti, la maggior parte del tempo Loki era solo.
Solo talvolta, gli sembrava di sentire dei passi davanti alla porta della cella, ma probabilmente erano solo sue illusioni.
Nessuno pensava più a lui, ormai.
Era solo, abbandonato, dimenticato come aveva fatto suo padre.... Il suo vero padre, quando ancora in fasce lo aveva abbandonato sulle rocce ghiacciate di Jotunheim, ignorando il suo pianto disperato.
Dimenticato....
Lui aveva infranto le sue promesse a Frigga ma, a quanto pareva, il Padre degli Dei stava mantenendo le sue alla perfezione.
La vita ad Asgard continuava senza di lui, mentre il tempo nella prigione si trascinava in una successione interminabile di minuti, ore e giorni.
Era smarrito fra ombre e semioscurità, in un silenzio totale che non serviva ad altro se non a farlo impazzire.
L'isolamento nel quale si trovava non era più stato interrotto da quando, il primo giorno, alcune guardie; probabilmente le più coraggiose o le più incaute, lo avevano raggiunto per interrogarlo.
Gli avevano posto domande su domande e quando lui si era rifiutato di rispondere, ossia sempre, oppure aveva parlato loro con fare di scherno, il che era stato altrettanto frequente, gli Einherjar lo avevano colpito con pugni e calci, avvalendosi del fatto che Loki era prigioniero e perciò impossibilitato a reagire.
Avevano agito da codardi, e probabilmente avevano pensato di intimorirlo, così tronfi com'erano, mentre si crogiolavano nel loro attuale ma passeggero momento di gloria, e si erano creduti superiori a lui.
Odino, ovviamente, li aveva lasciati fare.
Forse non era stato ancora messo al corrente di come le sue adorate guardie stavano trattando Loki, anche se il Dio degli Inganni era assai più propenso a credere che quelle torture fossero state ideate dallo stesso padre degli Dei.
Non era da escludere che lui volesse prendersi una piccola rivincita personale sul principe traditore.
E poi, naturalmente, voleva estrapolargli dalle labbra il suo piccolo segreto.
Voleva sapere da lui dov'era finito il suo prezioso capitano degli Einherjar.
Ma Loki non avrebbe dato la soddisfazione ad Odino di rivelargli dove fosse Theoric.
Non all'uomo che lo aveva costretto lì sotto e lo aveva privato del suo potere....La sua magia; la sua anima... Per Loki non c'era alcuna differenza.
Se lo avesse fatto; se avesse ceduto, Loki sapeva che allora non avrebbe più avuto modo di parlare con qualcuno e, più di tutto, non avrebbe più avuto uno scopo utile a Odino e il Padre degli Dei avrebbe potuto decidere di toglierlo di mezzo definitivamente, condannandolo alla morte.
Ma fin quando solo lui sapeva la verità, il Padre degli Dei non avrebbe mai preso la decisione di farlo giustiziare.
Non gli importava se le guardie sarebbero tornate a torturarlo.
Non gli importava davvero...
Anzi,era stato quasi lieto, quel primo giorno, quando di tanto in tanto gli Einherjar erano andate da lui per interrogarlo.
Si era persino divertito a prendersi gioco di loro, ed il dolore, quando lo avevano colpito, gli era stato quasi di conforto, aiutandolo a sentirsi ancora vivo.
Sapeva che prima o poi sarebbero tornati; quasi lo sperava, e attendeva il momento delle torture quasi con ansia.
Sapeva che quel pensiero era perverso e malsano, ma era l'unico modo che aveva per poter vedere qualcun'altro.
L'unico modo per non scomparire inghiottito dalle tenebre della cella che lo circondavano e per non perdersi in quei pensieri sempre più confusi che continuavano ad assalire la sua mente, in quel momento così fragile e tormentata.
Lentamente abbassò il capo, guardando il proprio corpo prono.
Non indossava più la tunica di Theoric, di stoffa bianca e leggera, che veniva portata dagli Einherjar sotto all'armatura, né i pantaloni lunghi e gli stivali.
Questi gli erano stati letteralmente strappati di dosso con forza, prima che lui venisse condotto alle celle, ed era stato rivestito con una casacca sgualcita, dei calzoni corti fino al ginocchio e una specie di gilè di pelle stracciato.
Erano indumenti umili, da schiavo più che da principe e Loki sapeva bene che quella era stata un'altra idea del Padre degli Dei, per umiliarlo e farlo sentire ancora più inutile.
Mentre una nuova ondata d'ira lo assaliva, Loki desiderò con tutto sé stesso di non essere legato con le braccia alla parete alle sue spalle.
Se avesse avuto le mani libere si sarebbe di certo strappato di dosso quella orribile casacca.
Odiava quegli indumento, ed ora era costretto ad indossarli per tutto il tempo trascorso in quell'assurda prigionia.
Reprimendo a fatica quell'improvviso attacco di collera, Loki cercò di muoversi, con cautela, ma le catene glie lo impedivano e la spalla, ora insieme a molti altri punti del corpo, gli dolevano intensamente.
Allora Loki si abbandonò con la schiena contro la parete umida e fredda alle sue spalle, lasciando che tutto il peso del suo copro venisse sorretto dalle catene.
Si sentiva intorpidito dalla stanchezza al punto che sentiva solamente il dolore di giunture e muscoli.
Quanto era riuscito a dormire?
Non sapea dare una risposta a quella domanda.
Probabilmente non più di mezz'ora, visto che la posizione in cui era costretto gli faceva dolere tutto il corpo.
Tuttavia in quei pochi minuti di sonno, Loki aveva sognato.
Aveva sognato di lui e di Thor da bambini e la promessa che aveva fatto a sua madre tanti anni prima.
Un sogno.....Ecco cosa era stato....
Solo un orribile incubo che, però, ancora una volta, aveva riportato alla mente di Loki tutte le differenze che c'erano e c'erano state fra lui e Thor; il preferito da Odino.
Un sogno, ma non solo.
Il suo era stato anche un ricordo, Loki lo sapeva bene.
Il ricordo di un tempo in cui lui era ancora onesto e sincero; quando credeva che Odino fosse suo padre e Frigga sua madre.
Loki scosse il capo, desolato da quel pensiero crudele; perché sapeva che, per quanto avesse potuto fingere il contrario, pensava a Frigga ancora come a sua madre e sempre lo avrebbe fatto.
Perché se Thor aveva sempre avuto l'amore del Padre degli Dei, lui aveva invece avuto quello incondizionato di Frigga che non lo aveva mai considerato inferiore al fratello maggiore e lo aveva trattato come se Loki fosse stato veramente suo figlio, e lui per questo l'avrebbe sempre chiamata madre....
Sua madre....
Ancora una volta, come ormai capitava sempre più spesso, la mente di Loki iniziò a vagare per conto suo, sospinta lontano dai propri ricordi e dai propri pensieri.
Da quel giorno in cui Frigga gli aveva spiegato come poteva riuscire ad apprendere la magia grazie ai libri, Loki aveva iniziato a leggere ogni singola pagina dei volumi rilegati che giacevano nella vasta biblioteca di Asgard.
Si era esercitato di nascosto, quando Thor non lo vedeva, perché poi avrebbe voluto mostrare a lui per primo le sue capacità.
Voleva stupire il fratello maggiore con la propria magia.
Con il passare degli anni il suo potere era cresciuto, insieme con il suo corpo che, da quello di un bambino era diventato adolescente e poi uomo.
Così Loki si era trasformato in quello che tutti chiamavano il maestro della magia; l'uomo tenebroso e silenzioso; il fratello di Thor che per il suo comportamento e le sue idee; se ne stava molte volte in disparte, lontano da tutti.
Aveva iniziato anche a servirsi della magia per fare scherzi di ogni genere e tutti a corte lo evitavano.
Aveva ottenuto il rispetto che voleva, ma in un modo che certo non si era aspettato.
Prima di lui c'era sempre Thor e, da quando Loki aveva iniziato a fare magie, la maggior parte degli asgardiani aveva preso a guardarlo con inquietudine.....
Improvvisamente Loki venne colto da un capogiro e per un momento il suo stomaco parve rivoltarsi, riportandolo di nuovo bruscamente con i pensieri alla realtà.
Dovevano essere la fame e la sete che iniziavano a renderlo troppo debole.
Loki strinse i denti e, a poco a poco, l'ondata di malessere si attenuò.
Deglutendo a vuoto Loki tornò a scivolare inerte contro la parete fredda alle sue spalle.
Sapeva che la sua mente stava divagando e, sapeva con altrettanta certezza che, se avesse continuato a pensare a sua madre, avrebbe solo finito con il ferirsi con le sue stesse mani.
Eppure non riusciva a smettere di pensare a lei.
Loki aveva amato profondamente sua madre, quando ella era in vita, e la amava anche ora che se n'era andata.
L'amava, eppure era riuscito a fare del male anche a lei.
L'ultima volta che aveva avuto l'opportunità di parlarle, Loki si trovava ancora una volta imprigionato.
Lei era andata a fargli visita per consolarlo e per cercare di farlo ragionare e lui, invece di esserle grato per la sua vicinanza, le aveva parlato malamente.
Le aveva detto che lui non pensava che lei fosse sua madre.
Che non la riteneva sua madre....
Era stata una menzogna crudele.
Una menzogna delle tante che lui aveva raccontato agli altri, ma anche una delle più difficili da dimenticare.
Lui si era subito sentito un mostro, ma ormai era stato troppo tardi per rimediare.
Con quelle parole taglienti, lui lo sapeva bene, aveva fatto stare male Frigga; quella donna magnifica che gli aveva voluto bene come se lui fosse stato realmente suo figlio e non il bambino abbandonato di un perfido gigante di ghiaccio.
Lei che lo aveva sempre guardato con affetto e trattato con gentilezza, che lo aveva protetto innumerevoli volte dalla furia di Odino, sia da bambino, quando lui si limitava a combinare qualche innocuo scherzetto, sia da adulto, quando gli scherzi erano diventati tremendi e a volte spaventosi.
Lei non aveva mai smesso di fidarsi di lui, di pensare che in Loki ci fosse del buono.
Era stata sempre lei ad aiutarlo quando era in difficoltà, a consigliarlo, a dirgli che lui era speciale e ad avere sempre fiducia in tutto ciò che Loki faceva.
Frigga....
Loki poteva ancora sentire la sua voce dolce ma decisa, la sua mano soffice mentre gli carezzava la guancia o le sue braccia attorno al corpo quando lei lo stringeva a sé.
Pensò improvvisamente all'affetto particolare che li aveva legati, alla magia che avevano condiviso.....Tutto dissolto, ormai....
Loki trasse un intenso respiro fremente, sentendo una calda lacrima che dalle ciglia ruzzolava giù, sulla sua guancia, finendo a terra, dinnanzi alle sue ginocchia piegate.
Da quando lei era stata uccisa da Malekith, l'unico legame che Loki ancora aveva con Frigga era la magia che scorreva nelle sue vene, il dono di una madre al proprio figlio.
Un dono che lui aveva promesso di usare sempre con saggezza, senza mai perderlo; abbandonarlo.
Ma ora, dopo tanti anni, aveva infranto entrambe le promesse e Loki non era certo fiero di ciò che aveva fatto.
Il dolore per la perdita della magia era ancora vivo dentro di lui, così come l'odio bruciante verso il Padre degli Dei che lo aveva punito, privandolo dell'unica cosa che lo legava alla madre.
Per il momento non poteva fare nulla per cambiare i fatti; doveva solo continuare ad andare avanti, aspettando il momento più opportuno per plasmare nuovi inganni con cui liberarsi da quella cella.
Per il momento doveva sopportare l'assenza tormentosa della magia; la sua compagna da una vita intera.
Da piccolo aveva vissuto per anni senza utilizzarla, ignorandone addirittura l'esistenza, prima che Frigga gli insegnasse ad usarla.
Eppure non poteva fare a meno di soffrire.
Provava un indicibile senso di vuoto che lo consumava, come se avesse perso una parte importantissima di sé stesso.
Si ripeteva che lui era sempre lo stesso di quando aveva la magia.
Che era sempre capace di ingannare e creare illusioni, perché lui era e sarebbe sempre restato Loki; il Dio degli Inganni.
Eppure la magia gli mancava.
Gli mancava la sensazione del potere che riusciva ad evocare, la forza degli incantesimi che prendevano forma dalle sue mani.
Non avrebbe mai dovuto sostituirsi al vero Theoric, si rimproverò improvvisamente.
Avrebbe dovuto semplicemente fuggire attraverso il Bifrost per andare a nascondersi su Jotunheim, in attesa di riuscire ad ideare un piano più assennato.
Invece si era lasciato guidare dall'impulsività e aveva scelto la via sbagliata.
Ora era troppo tardi per rimediare a quell'errore.
Era stato costretto a sposare una donna che non amava; una sciocca fanciulla che era persino riuscita a smascherare il suo inganno ed ora era prigioniero nelle celle più remote della Città Eterna.
Una sensazione di inutilità si mescolò alla rabbia che già aveva invaso i suoi pensieri.
Aveva creduto che fosse impossibile che Thor e Odino potessero riuscire a trionfare di nuovo.
Ora sapeva che si era sbagliato.
Ed all'improvviso, quasi a tradimento, Loki sentì salire in lui la furia; il terrore di non poter mai uscire da quella lurida cella, di dover restare sempre imprigionato immobile contro alla parete della prigione, con le catene ai polsi e alle caviglie, oppure di morire di fame e sete.....
Allora, spinto dall'esasperazione Loki urlò e l'eco del suo grido rimbalzò sulle pareti della cella nella quale era prigioniero, moltiplicandosi all'infinito.
Gridò ancora e ancora, con tanta forza da ferirsi la gola.
Poi, lentamente, si lasciò ciondolare inerte, sostenuto solo dalle catene che lo legavano alla parete.
Fu allora che un lento, cupo sorriso, gli tese le labbra sottili.
Eccola lì, la follia, che strisciando silenziosamente, tornava a fargli compagnia.
 
-----------------------------------------
 
" Lo faccio solo per lui. Solo per Theoric."
Sigyn stava ancora ripetendo nella propria mente queste parole, come una sorta di preghiera che le potesse infondere il coraggio che ella sentiva di non possedere, quando il portone di metallo intarsiato che la separava dal resto di Asgard si chiuse pesantemente alle sue spalle, lasciandola sola e spaurita, nel buio più assoluto.
Per un istante la donna rimase ferma come una statua, nell'oscurità che la attorniava, ascoltando il suono del suo respiro affrettato e il battito del suo cuore agitato.
Poi, annaspando alla cieca, si mosse contro la parete, tastandola finché trovò una serie di torce infisse in staffe di ferro, inchiodate dalla roccia umida.
Dopo averne estratta una, la giovane donna sfregò insieme la pietra focaia ed il sasso che, fortunatamente si era ricordata di portare con lei, prima di mettere piede lì dentro, finché una scintilla riuscì ad accendere la pece di cui era rivestita la torcia.
Attorno a lei, dapprima fiocamente e poi sempre più chiaramente, iniziarono a delinearsi i contorni delle pareti della prigione.
Allora, tendendo alta la fiaccola davanti a sé, Sigyn lasciò che i suoi occhi si abituassero all'ambiente e quando ciò avvenne, lei si ritrovò ad osservare uno stretto corridoio che si delineava davanti a lei.
Poco più avanti, i deboli contorni di gradini rozzamente intagliati nella roccia scomparivano in basso, nel buio.
Con il cuore in gola, Sigyn iniziò ad avanzare, conscia che non aveva molto tempo a sua disposizione per trovare Loki e poter parlare con lui.
Heimdall era stato chiaro: avrebbe continuato a mantenere il segreto della sua visita a Loki solo se ella si fosse recata nelle prigioni disarmata e se avesse solamente parlato con il prigioniero.
Se avesse tentato di liberarlo, il guardiano del Bifrost avrebbe dato l'allarme.
Solo lei poteva andare ed inoltre aveva poco più di una ventina di minuti per farsi dire dal Dio degli Inganni che cosa lui avesse fatto a Theoric.
Venti minuti, perché era esattamente questo il tempo che Thor stimava sarebbe riuscito a trattenere le guardie lontano dalla porta principale delle prigioni con la scusante di un furto che, effettivamente, era realmente avvenuto.
Solo che le guardie non sapevano che il ladro era lo stesso Thor che, dopo averlo sottratto, aveva nascosto il maltolto in un posto sicuro, dove sperava che le guardie avrebbero impiegato parecchio tempo prima di rintracciare.
Normalmente, anche questo sarebbe stato considerato un tradimento da Heimdall, dato che Thor aveva orchestrato quella innocua messinscena solo per aiutare Sigyn a raggiungere le prigioni sotterranee; ma il grande guardiano dalla pelle scura aveva promesso alla giovane donna quel poco di tempo che forse le avrebbe permesso di ritrovare Theoric, perciò avrebbe lasciato correre.
Scaduto quel tempo, però, se Sigyn si fosse travata ancora nelle prigioni, sarebbe stata nei guai, perché nessuno più l'avrebbe potuta proteggere.
Nel buio, il suono solitario dei suoi passi si riverberava sulle pareti in echi strani, inquietanti.
Più si inoltrava nei corridoi più il gelo dell'atmosfera si intensificava, facendola rabbrividire di continuo.
Le prigioni erano fredde e sembravano conservare nelle loro mura un gelo antico che era stato sigillato con esse e con il loro ricordo, quando Odino aveva decretato che venissero costruite le nuove prigioni, più vicine a palazzo; direttamente nei suoi sotterranei.
Queste erano più lontane, dalla reggia del Padre degli Dei e perciò più scomode da raggiungere, anche se erano ancora ben funzionanti, a quanto sembrava.
Non sorvegliate da forze magiche come le prigioni nuove, ma semplicemente munite di buone e robuste porte di metallo e di catene ancor più resistenti.
Queste erano le prigioni più buie di Asgard; un luogo orribile che i più avevano dimenticato.
Non c'era infatti anima viva là sotto.
Essere tanto soli era strano, e anche spaventoso, pensò Sigyn mentre percorreva a passo lento, quasi controvoglia, il lungo corridoio della prigione.
Avrebbe dovuto avvertire almeno il palpitare della vita di persone che non fossero lei, magari il rumore dei passi di qualcuno che si aggirava fuori da quelle mura antiche.
Ma non era affatto così.
Non c'era nessuno lì; nessun insetto, nessun animaletto strisciante; nemmeno un topo.
Solo il silenzio, profondo e pervadente.
Sigyn s'impose la calma, dicendosi di non guardare indietro per evitare che il desiderio di tornare sui suoi passi la spingesse ad abbandonare i suoi propositi e continuò a camminare.
Ora capiva in quale tipo di solitudine era stato lasciato Loki.
Non era per nulla uguale a quella in cui si era trovata lei, in quei giorni passati chiusa nella sua camera.
Con lei c'era stata la presenza costante delle guardie, vigili sentinelle fuori dalla porta della camera.
Sigyn si era comunque sentita sola, ma adesso si vergognava quasi d'aver pensato certe cose.
Si sentiva come una bambina capricciosa, perché si rendeva conto che la sua solitudine non poteva essere minimamente paragonata a quella del fratello di Thor.
Tenendo la torcia davanti a sé, Sigyn continuò ad avanzare con cautela nella prigione dimenticata, scrutando smarrita le mura che si alzavano attorno a lei, domandandosi come avrebbe potuto riuscire a trovare il Dio degli Inganni in tutti quei cunicoli identici fra loro e, cosa ancora più importante, come avrebbe fatto a tornare fuori.
I suoi passi la condussero in un labirinto di corridoi bui, immersi nell'oscurità e mentre avanzava lentamente, tentando di scrutare in quel buio opprimente, quasi impenetrabile persino alla luce della torcia, riuscì ad individuare alcune porte di ferro situate ad intervalli regolari nelle solide pareti di pietra.
Ognuna di queste porte era munita di un chiavistello chiuso ed i cardini e la loro struttura erano quasi totalmente arrugginiti.
Mentre vedeva sfilare tutte quelle porte, Sigyn si sentì sopraffare dall'orrore, pensando alla gente che vi era stata rinchiusa.
Sapeva che erano stati tutti quanti dei criminali, ma la cosa serviva solamente a renderla ancor più allarmata.
Sigyn si avviluppò più strettamente il mantello azzurro attorno al corpo, costringendosi a proseguire, nonostante la propria riluttanza, scacciando la vocina interiore che le diceva di tornare sui suoi passi il più in fretta possibile.
Cautamente tornò a studiare le porte, alla ricerca di un qualche segno che le potesse far intuire se una di queste era stata aperta negli ultimi giorni.
I chiavistelli erano tutti ai loro posti, arrugginiti e nessuna dava impressione di essere stata usata.
Non negli ultimi cento anni, almeno.
Mentre imboccava un corridoio dopo l'altro, muovendosi quasi a caso, Sigyn iniziò a perdere il conto delle porte che vedeva sfilare ai due lati dei cunicoli scavati nella roccia.
Poi, improvvisamente un urlo lacerò l'aria circostante, facendola sobbalzare violentemente.
Per poco la fiaccola non le cadde di mano e Sigyn, tremando s'immobilizzò di colpo, facendo saettare lo sguardo da un lato all'altro del corridoio.
Era più che certa che quell'urlo fosse giunto al suo udito fuoriuscendo da una delle celle più vicine a lei.
Era stato un urlo disperato, potente, rauco e colmo di orrore.
Sigyn deglutì a vuoto e trattenne il fiato, senza trovare dentro di sè la forza per andare avanti.
Era la voce di Loki, quella?
Ella non poteva esserne sicura, perché l'urlo che aveva sentito era tanto sofferente e animalesco che avrebbe potuto appartenere a qualunque disperato rinchiuso in una di quelle celle dimenticate.
Ma lì sotto non c'era forse solo il fratello di Thor?
Sigyn rabbrividì, stringendosi il mantello sulle spalle, anche se sapeva bene, ormai, che il freddo che percepiva in tutto il corpo non era solo dovuto alla temperatura del luogo che la attorniava, ma scaturiva dal proprio timore.
Improvvisamente l'idea di avventurarsi da sola nelle antiche prigioni asgardiane gli piaceva sempre meno.
Ancora paralizzata da quell'urlo, continuò a trattenere il fiato, ascoltando intensamente, ma non avvertì altro.
Nelle prigioni era tornato il silenzio.
Il fuoco che ardeva all'estremità della fiaccola fra le sue mani, guizzò leggermente, quando lei tornò a respirare ed ella fissò per un istante la fiamma gialla, quasi sperasse di assorbire da essa un po del suo calore, per farsi coraggio.
Quindi, respingendo il nodo di terrore che le saliva alla gola, Sigyn percorse l'ultimo tratto che la separava da quella che lei stimava essere la cella da dove poco prima aveva sentito fuoriuscire quell'urlo disperato che tanto l'aveva atterrita.
Si fermò davanti alla porta della cella, con il cuore che le martellava in petto.
Per un istante rimase lì, immobile, a guardare la porta davanti a lei.
Questa, al contrario di tutte le altre porte, aveva molti graffi nel metallo e la polvere era stata spazzata via dal chiavistello.
Quella porta, quindi, era stata usata di recente.
" è pura follia!" pensò improvvisamente Sigyn, restando impalata dinnanzi alla porta ancora chiusa della cella " Loki non mi dirà mai la verità.".
Aveva paura, ma doveva dare a tutti i costi un'occhiata dentro.
Doveva provare a parlare con il fratello di Thor, anche se sapeva che lui avrebbe di certo tentato di ingannarla.
Così, tornò a volgere lo sguardo tutt'attorno a sé e immediatamente notò che, accanto alla porta, appesa ad un gancio, era sistemata la chiave che l'apriva.
Nessuna delle guardie si era curata di portarla via con sè, dato che nessuno immaginava che ci fosse qualcuno in tutta Asgard tanto dissennato da andare a fare visita al principe traditore.
Invece una persona tanto pazza da andare a cacciarsi lì sotto c'era, pensò amaramente Sigyn.
Ma lei lo stava facendo per Theoric, non per Loki, giusto?
Lentamente si allungò e sfilò la grande chiave dal supporto, soppesandola per un istante fra le mani, esitando solo un attimo, riconsiderando ciò che stava per fare.
Ma ormai era arrivata sin lì, aveva chiesto aiuto a Thor per riuscirvi e non poteva più tirarsi indietro.
Quindi, ricordando a sé stessa che il tempo a sua disposizione era poco, infilò la schiave nella serratura con mani tremanti, facendola girare due volte.
Il lucchetto cigolò, arrugginito dal tempo, poi il chiavistello scivolò via.
Allora Sigyn spinse la porta di ferro verso l'interno.
Fu allora che, improvvisamente, quasi a tradimento, nella mente di Sigyn tornarono a farsi sentire le ultime parole che Thor le aveva rivolto in tono pressante prima di lasciarla sola: << Stai attenta quando parli con Loki. Mio fratello non è una di quelle persone che possono essere definite tipi raccomandabili. Non ha più la magia dalla sua parte, ma resta pur sempre un ingannatore. Cercherà di confonderti e sviarti con indovinelli sulla verità che tu vuoi scoprire; schernendoti, dicendoti cose che tu non vorresti sentire e meno di quanto desideri sapere. Raccomandarti di fare attenzione è il minimo che io possa fare. Non lasciarti ingannare da lui. >>.
Sigyn sentì un tremito freddo, poi una lenta risata la accolse all'interno della cella.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** A light in the dark ***


Al suono della risata di Loki, Sigyn s'irrigidì e cercò di respingere l'ondata di paura che ancora una volta minacciava di sommergerla.
Quella non era una risata qualunque: era cupa, calma all'apparenza, ma con un sottofondo strano, come se fosse quella di un pazzo.
Perché solo un pazzo avrebbe trovato il coraggio di ridere nella situazione disperata in cui il fratello di Thor si trovava.
Per un attimo, la donna dai capelli biondi rimase completamente immobile dinnanzi alla porta aperta della cella, senza trovare il coraggio necessario per muovere un solo passo al suo interno.
Ancora una volta la paura selvaggia di quell'uomo oscuro le stava facendo perdere il controllo.
Il cuore le batteva in petto con tale forza che, per un istante, ella si domandò se anche Loki potesse riuscire a sentirne il suono rombante, facendogli intuire ancor meglio tutto il terrore che ella provava nei suoi confronti.
Era più che sicura che, se il Dio degli Inganni avesse saputo quanto lei lo temeva, sarebbe stato fiero di sé stesso.
Fiero dell'orrore che riusciva sempre a scatenare in lei.
Poi, facendosi coraggio, sollevò la torcia dinnanzi a sé, allargando lentamente la pozza di luce fioca, mentre scrutava la cella alla ricerca di un segno di vita.
Nemmeno una lama di luce grigia, sottile, riusciva a penetrare nella minuscola stanzetta dalle strette pareti di pietra dove il fratello di Thor era imprigionato.
Non c'erano bracieri e nemmeno torce lì sotto ad illuminare il paesaggio freddo e vuoto che attorniava il principe traditore.
L'unica fonte di luce proveniva dalla stessa torcia che Sigyn impugnava strettamente nella mano.
La cella era totalmente isolata dal resto del mondo.
Non c'erano letti lì, né tavoli o sedie.
Solo un mucchio di paglia in un angolo e poi, Sigyn iniziò finalmente a distinguere una figura, addossata alla parete all'altro lato della stanza.
Con estrema cautela; quasi a rilento, la giovane donna mosse qualche passo verso l'interno della cella.
Fu allora che la luce della torcia riuscì ad illuminare la figura in fondo alla stanza e Sigyn sentì il proprio cuore mancare un battito.
Eccolo lì, di nuovo di fronte a lei, il principe Loki, come una visione spettrale risorta dall'Hel.
Alto, magro, con la pelle pallida in netto contrasto con i capelli corvini, lunghi fin sotto le spalle.
Il fratello di Thor era in ginocchio, con le braccia tese verso l'alto, legate alla parete di fondo della cella con delle pesanti catene che, attorno alle braccia e alle gambe, terminavano con fasce di ferro.
Non si muoveva e non parlava; sembrava quasi non respirasse nemmeno.
Aveva il viso chino, nascosto sotto all'ombra dei lunghi capelli neri che gli erano finiti scomposti davanti alla faccia.
Quel che restava dell'armatura e dei vestiti di Theoric erano spariti dal suo corpo, sostituiti da indumenti sgualciti e decisamente poco adatti ad un principe.
Loki indossava adesso soltanto una corta camicia sdrucita e dei calzoni corti, legati in vita da una fascia verde.
Era a piedi scalzi e le ginocchi che teneva posate a terra, erano graffiate e sporche di polvere e.....
<< Bentornati! >> mormorò all'improvviso la figura china del Dio degli Inganni, rompendo il silenzio: << Stavano iniziando a mancarmi le vostre amorevoli attenzioni. >>.
Sigyn reagì a quelle parole con un sussulto, ma non si spostò.
Rimase immobile, due soli passi che la dividevano dalla porta aperta della cella.
Una porta dalla quale avrebbe potuto benissimo fuggire.
<< Sentivo la vostra mancanza. >> continuò Loki, senza minimamente accorgersi che chi gli stava di fronte non era affatto una delle guardie asgardiane, alle quali si stava evidentemente rivolgendo: << Come vi diletterete a torturarmi questa volta mie guard.....>>.
Loki s'interruppe basito, quando finalmente decise di sollevare lo sguardo per vedere con chi stesse conversando.
Aveva avuto l'impressione che quel giorno le guardie fossero meno invadenti della prima volta che lo avevano condotto sin lì e la cosa lo confondeva, solo per questo aveva sollevato gli occhi da terra.
Non si era però aspettato di vedere di fronte a lui non la famigliare sagoma di due carcerieri, ma quella esile di una donna.
Una donna che lui riconobbe quasi istintivamente: Sigyn.
Che cosa ci faceva lei lì?
Era impossibile che fosse riuscita a scendere fino alle antiche prigioni.
Ma ancora più incredibile per Loki era il fatto che lei avesse rischiato la sua libertà per....Per fare che cosa?
Non certo per vedere lui.
Per un attimo ancora, il Dio degli Inganni rimase incredulo e confuso, continuando a guardare la giovane donna dai capelli biondi come se si fosse aspettato che da un momento all'altro ella si volatilizzasse nell'aria, svanendo come un fantasma; una specie di apparizione creata dalla sua mente confusa ed instabile.
Invece la donna restava lì, a guardarlo a sua volta, gli occhi spalancati come se anche essa avesse l'impressione di guardare uno spettro; in piedi avvolta dall'alone di luce giallo della torcia; in attesa.
Allora, Loki tornò a parlare, mascherando in fretta il proprio stupore, ed assumendo ancora una volta quel tonto di voce canzonatorio e sferzante che Sigyn gli aveva già sentito usare diverse volte: << Ce ne hai messo di tempo, mogliettina mia, per venire a trovarmi, nella mia nuova dimora. >>.
Fece una pausa, continuando a guardarla da capo a piedi, quasi senza ritegno, quindi borbottò: << Sono spiacente di non poterti accogliere come dovuto, ma come tu stessa puoi vedere, sono leggermente impedito nei movimenti, in questo momento. >>.
Sigyn non si mosse ancora, paralizzata da un terrore che solo lei comprendeva.
Tuttavia, questa volta, c'era anche dell'altro che la rendeva incerta e confusa.
Era qualcosa nella figura del Dio degli Inganni, costretto in ginocchio contro alla parete di fondo della cella.
Era il suo viso; emaciato e se possibile ancora più pallido del solito.
Erano i suoi occhi verdi, che lui teneva inchiodati sulla figura di Sigyn.
Lei aveva già guardato negli occhi di Loki prima di allora, ma non l'aveva mai fatto per così tanto tempo di seguito e, in quel momento, nell'oscurità della cella, restò profondamente sconvolta dal loro colore.
Poi, quella sorta di incantesimo si ruppe, quando la luce della torcia, riuscì a rivelare anche altri particolari che prima Sigyn non aveva notato e lei si accorse degli innumerevoli lividi e dei graffi che l'uomo aveva sul viso, sulle braccia e sulle gambe.
Le guardie dovevano averlo trattato tutt'altro che delicatamente e il Dio degli Inganni portava i segni delle percosse subite durante gli interrogatori.
Il Padre degli Dei doveva aver ordinato loro di estrapolare dalle labbra di Loki le informazioni di cui avevano bisogno per trovare Theoric, lasciando loro il permesso di farlo con ogni mezzo necessario e le guardie dovevano averne approfittato per sfogarsi sul prigioniero.
Thor le aveva detto che Loki era stato lasciato solo, senza cibo ne acqua per tutti e tre quei giorni di reclusione, ma non le aveva minimamente accennato al fatto che il fratello fosse anche stato picchiato.
Forse perché, rifletté Sigyn, nemmeno Thor conosceva quel particolare.
Aveva detto che suo padre Odino era fuori di sé e desiderava solamente vendicarsi per le azioni deplorevoli compiute da Loki, ma giungere persino a torturare il proprio figlio.....
Sigyn non se l'era aspettato e vedere il Dio degli Inganni così legato dalle catene alla parete, con il volto solcato da tagli e lividi, la lasciava confusa; stordita.
Aveva ancora paura di lui, naturalmente e Thor le aveva detto di non fidarsi di lui; di non credere a quello che vedeva.
Tuttavia Loki aveva perso la sua magia; quindi quella non poteva essere un illusione.
Certo, i lividi sul suo volto non lo erano.
Eppure, anche così, con le labbra tagliate, gli occhi cerchiati di nero e la guancia destra arrossata, con indosso quei miseri abiti sgualciti, il Dio degli Inganni riusciva ancora a far tremare Sigyn.
Forse era per via della sua altezza, o per quei suoi occhi inquietanti, tuttavia Sigyn ne era terrorizzata questa volta proprio come lo era stata la notte in cui aveva svelato il suo inganno.
Questa volta però c'era anche un nuovo sentimento che la stava pian piano pervadendo.
Era la pietà.
Perché, nonostante Loki, naturalmente non avrebbe mai voluto ammetterlo, lui aveva sofferto rinchiuso in quella prigione e, seppur fosse un individuo temibile e facilmente disprezzabile per via di tutte le orrende azioni da lui compiute, Sigyn non riusciva a non provare un moto di tristezza per la sua condizione di prigioniero solitario.
Mossa da questa improvvisa pietà nei confronti di quello che tutti conoscevano con il nome di Dio degli Inganni, Sigyn mosse un lento passo verso l'interno della cella, tendendo la torcia davanti a sé, per illuminare meglio il volto dell'uomo imprigionato.
Loki socchiuse istintivamente gli occhi al fioco baluginio della torcia, che per lui, che era stato rinchiuso per tanto tempo al buio, appariva come la luce del sole di mezzogiorno.
<< Come ti hanno ridotto gli Einherjar? >> mormorò Sigyn, pronunciando quasi senza rendersene conto i propri pensieri, parlando ad alta voce.
<< Ti aspettavi forse di trovarmi allegro e rilassato? >> sbottò Loki con voce tagliente, ignorando il fastidioso lucore della torcia che lei teneva fra le mani: << Io non ho avuto il privilegio di dormire nella mia stanza, come invece suppongo abbia fatto tu. >>.
Sigyn sobbalzò nell'udire quelle parole e Loki annuì lentamente nel constatare che aveva visto giusto.
 << Non è una novità d'altronde. >> proseguì: <<  Dovresti conoscere anche tu l'odio che il Padre degli Dei cova nei miei confronti. >>.
 Loki scosse leggermente il capo: << Come prigioniero non ho diritto a nulla e, i tuoi adorati Einherjar, quelli che tu definisci come i buoni, hanno potuto fare di me ciò che volevano. >>.
Sigyn fu colpita dall'odio vibrante delle parole dell'uomo imprigionato, ma ancora di più fu stupita dal fatto che Odino avesse permesso alle guardie di picchiare il proprio figlio.
Nonostante ciò scosse il capo, mostrandosi più di decisa di quanto in realtà fosse: << Non devi far altro se non rimproverare te stesso per la tua attuale condizione di prigioniero. >>.
<< Oh, certo. >> Il volto di Loki appariva tranquillo, ma le sue labbra erano tanto strette da risultare quasi bianche.
<< Perché continui a non parlare? >> gli domandò improvvisamente Sigyn, dimenticando davanti a quella scena, tutto il timore che ella aveva sempre provato nei confronti di Loki.
Adesso lui appariva soltanto come un uomo disperato ma testardo.
<< Ti stanno uccidendo, te ne rendi conto? >> continuò lei, alzando un poco la voce, senza rendersi conto che, così facendo sembrava tenere alla salute dell'altro: << Perché non dici semplicemente loro ciò che ti chiedono? Non ha senso morire così. Solo per ostinazione! Solo per non cedere al volere di tuo padre! >>.
Loki aggrottò la fronte, offeso e irritato al contempo dalle parole che la donna gli stava letteralmente urlando addosso.
Gli stava dando del cocciuto e dell'irresponsabile.
Gli stava dicendo che era lui a voler morire.
Loki strinse i pugni, torcendo i polsi nelle catene che glie li imprigionavano, puntandole addosso i suoi occhi irati.
Dove era finita tutta la paura che lei aveva sempre provato nei suoi confronti?
Cosa la rendeva tanto audace?
Si sarebbe quasi detto che lei fosse preoccupata per la sua salute, ma Loki sapeva perfettamente che così non poteva essere.
<< Non osare alzare la voce con me, donna! >> urlò improvvisamente, facendo sobbalzare Sigyn per la violenza della propria voce: << E non parlarmi come se tu mi conoscessi! >>
Ed in un attimo si tese in avanti con tutte le sue forze,  facendo tintinnare le catene che lo legavano alla parete.
A quel suo gesto, un mucchio di polvere cadde dai mattoni alle sue spalle, nel punto dove le catene erano ancorate alla parete, ma queste non cedettero.
Erano robuste e il tempo le aveva praticamente incollate al loro posto, rendendole ancora più difficili da spezzare.
Sigyn sobbalzò di nuovo a quel gesto violento e si scostò da lui in fretta, quasi inciampando nei suoi stessi piedi, pur di allontanarsi da lui.
Allora Loki si concesse un lugubre sogghigno malefico.
Eccolo lì, il terrore che gli era tanto famigliare negli occhi di lei.
Tornò a rilassarsi leggermente, soddisfatto di averle fatto perdere quella momentanea sicurezza di sé, quindi con maggior calma, borbottò: << Comunque hai ragione. Non vale la pena morire solamente per non cedere al volere di Odino. >>.
<< Allora parlerai, la prossima volta che le guardie verranno ad interrogarti? >> domandò quasi speranzosamente Sigyn.
<< Se verranno! >> Loki si mosse leggermente, ritraendosi un poco, per poggiare la schiena contro la parete alle sue spalle, e il suo volto scomparve nell'ombra.
<< Risponderai alle loro domande? >> insistette Sigyn.
<< Non so.... Mi diverte stuzzicare quegli idioti. Loro pensano che, continuando a torturarmi, riceveranno da me le informazioni che sperano, ma si sbagliano. Sono solo degli illusi e anche Odino lo è. >>.
Sigyn rimase in attesa.
<< No. >> mormorò poi Loki, con deliberata lentezza: << Credo proprio che non parlerò. >>.
Anche se non poteva più vederlo, Sigyn sentiva lo sguardo di Loki fisso su di sé e questo la innervosiva.
<< Allora morirai di fame, sete e solitudine. è questo che vuoi? >> riuscì a trovare il coraggio di chiedergli alla fine.
<< Come ho detto in precedenza, gli Asgardiani sono una massa di sciocchi e le loro mosse sono ridicolmente prevedibili. >>  commentò Loki, come se non avesse ascoltato nemmeno una delle parole che Sigyn gli aveva rivolto, ma piuttosto stesse pensando a tutt'altro.
Le catene mandarono un lieve clangore metallico mentre lui si spostava leggermente e Sigyn rabbrividì involontariamente.
<< Prima mi maltrattano e poi mandano te, una dolce, piccola donnicciola piagnucolante, credendo di addolcirmi? >> Loki scosse il capo: << Pensano di farmi cedere? Pensano che se tu vieni a parlarmi con la tua vocetta gentile io dirò tutto ciò che so su Theoric? >>.
Sigyn scosse lentamente il capo e sollevò lo sguardo al soffitto, mentre sentiva gli occhi bruciarle.
<< Lascia che indovini. >> gli occhi di Loki scintillarono: << Sei qui perché ti ci ha mandato il Padre degli Dei, e tu, buona come sei, non hai avuto l'ardire di rifiutare il suo ordine. >>.
<< No. Ti sbagli. Non è un idea di Odino. Ho deciso io di venire. Il Padre degli Dei non sa nemmeno che io sono qui. >> replicò Sigyn, parlando in fretta, come se volesse sfruttare quell'improvviso e strano momento di coraggio, prima che il timore potesse tornare a bloccarle le parole in gola.
Non aspettandosi da lei una simile risposta, Loki rimase per un istante sconcertato e continuò a guardarla, ora quasi con sospetto.
<< Mi stai dicendo che sei scesa nelle prigioni di tua spontanea volontà? E Odino non lo sa?! >> aggrottò l'ampia fronte, fissandola confuso per un attimo ancora.
Poi il suo volto si tese in un largo sorriso.
<< Oh, questo è tradimento, mia cara, lo sai? >> le domandò e sembrava che la cosa lo intrigasse parecchio.
Pareva divertito da qualcosa che solo lui immaginava.
Poi, il sorriso svanì dal suo volto ed esso, facendosi più serio, tornò a domandare: << Perché lo hai fatto? >>.
<< Come? >> Adesso Sigyn teneva la torcia dinnanzi a sé come se fosse stata uno scudo con il quale potersi riparare dagli improbabili attacchi che Loki avrebbe potuto rivolgerle contro.
<< Perché sei venuta? Lo vedo che hai paura di me. Allora.... perché? >>
La figura scarmigliata del Dio degli Inganni si chinò verso di lei, mentre le poneva queste domande.
Sigyn s'irrigidì istintivamente, ma questa volta non rispose.
Poi, gli volse le spalle per un istante e, dopo aver depositato con cura la torcia a terra, in modo che la fiamma non sfiorasse il suolo freddo e non si spegnesse, iniziò a frugare in una sacca che aveva portato con sé.
Loki si tese istintivamente per vedere cosa lei stesse facendo, ma non parlò.
Si limitò ad attendere pazientemente che lei finisse di trafficare.
Poi, quando infine ella tornò a volgersi verso di lui, Loki la guardò allibito.
Adesso Sigyn reggeva fra le mani un boccale dorato; di quelli che si trovavano ai piani più alti della residenza di Odino e glie lo tendeva con cautela.
<< Tieni. >> Sigyn allungò la mano nella quale adesso reggeva il calice d'oro verso Loki.
<< Che vuoi fare? >> sorrise lui; ma Sigyn vide che le sue labbra tremavano ed esso non era poi tanto convinto che quello che stesse dicendo fosse solo una battuta e non la realtà: << Hai forse intenzione di avvelenarmi? >>.
<< Non avrei motivo per farlo. >> lo rassicurò lei, seguendo l'istinto.
<< Ah, no? >> Loki inclinò leggermente il capo, guardandola incuriosito.
Secondo lui Sigyn avrebbe avuto a sua disposizione un bel po di motivi per volerlo vedere morto.
Il primo fra tutti la scomparsa dell'uomo che ella amava.
<< è semplice acqua. >> mormorò Sigyn, continuando ad avvicinarsi a lui, muovendosi tuttavia con la stessa circospezione di un uomo alle prese con una belva feroce e violenta.
Acqua....
Al suono di quella parola, Loki deglutì lentamente, la gola riarsa che sembrava urlare tutto il suo bisogno di quel liquido fresco e puro di cui Sigyn parlava e in fretta allungò il collo per poter scrutare all'interno del grosso calice impugnato da Sigyn con entrambe le mani.
Rimase per un attimo così, quasi ipnotizzato dai lievi riflessi che le fiamme della torcia creavano sull'acqua, gli occhi verdi fissi sulla contenitore dorato.
Poi sbottò: << Non mi serve la tua compassione. >> e volse il capo lontano dalla ciotola, sforzandosi di ignorare l'acqua fresca e tanto invitante che la donna gli stava offrendo.
Pensava forse di corromperlo con dell'acqua?
Pensava che lui fosse tanto disperato da....Loki interruppe quel pensiero; domandandosi mentalmente se forse non lo era poi davvero, un disperato.
<< Ne hai bisogno! >> asserì Sigyn, provando ad accostargli con mani tremanti la bacinella alle labbra: << Da quanto non bevi? >>.
<< Non lo so, Sigyn. Perché non me lo dici tu? Io francamente ho perso il conto del tempo stando qui sotto. >> I denti di Loki brillarono quando lui dischiuse le labbra in un sorriso forzato e teso: <<  Sai, quando ci si diverte, il tempo vola. >>.
Lei scosse mestamente il capo, sospirando: << .... Loki.... >>
Poi, ebbe un sobbalzò, quando si accorse di aver pronunciato a voce alta il nome del Dio degli Inganni.
Aveva lasciato che quell'unica parola le sfuggisse dalle labbra socchiuse senza riflettere, e istintivamente sgranò gli occhi, chinando il capo, come se avesse detto qualcosa di sbagliato e se ne stesse pentendo immediatamente.
Aveva chiamato quel folle per nome; l'uomo che non voleva come suo marito, ed ora si sentiva confusa e fragile più di prima.
Ancora più legata a lui.
Anche lo stesso Loki era rimasto esterrefatto per un istante, perché era certo di non aver mai sentito Sigyn pronunciare il suo nome, prima di allora.
Stranamente non c'era stato odio nel modo in cui lei lo aveva chiamato.
Terrore, naturalmente, ma anche un inconfondibile tristezza ed ora che Loki la guardava più da vicino, si accorgeva che lei sembrava ancora più turbata del solito.
Sembrava quasi in ansia per lui e per le sue condizioni fisiche che, a dire il vero, in quel momento non erano delle migliori.
Come faceva quella donna a riuscire a comportarsi così gentilmente con lui, dopo tutto quello che le aveva fatto?
Se i loro posti fossero stati invertiti, Loki era certo che lui sarebbe sceso nelle prigioni solo per vendicarsi personalmente di chi lo aveva trattato senza il minimo rispetto.
Invece Sigyn gli offriva persino dell'acqua; tentando di attenuare le sue sofferenze.
Perché?
Come poteva essere tanto buona?
Forse per togliersi d'impaccio da quel momento, Sigyn si fece forza e, accovacciandosi di fronte a lui, esitando nonostante la sua risoluzione, tornò a mormorare: << Sicuro di non volere l'acqua? >>.
Loki rimase in silenzio ancora per un breve attimo, contemplando il viso della donna che gli stava davanti; spaventata ma in qualche modo anche molto coraggiosa.
La luce della torcia che guizzava al suolo, dove lei l'aveva sistemata, le illuminava il volto di riflessi gialli e la faceva apparire come una sorta di visione in un luogo cupo e spettrale.
Loki non si ricordava che ella fosse così bella.
Scosse il capo, affrettandosi a scacciare quei pensieri, infastidito, attribuendoli alla stanchezza e alla sete.
Dopotutto, si disse, avrebbe anche potuto accettare l'acqua che lei gli offriva.
Forse poi, avrebbe avuto le idee più chiare.
Poteva resistere alla fame, ma non alla sete e Loki si accorse con sgomento che l'acqua limpida che Sigyn gli stava offrendo era ormai simile ad un allettante miraggio.
Aveva davvero sete; una mostruosa sete e non se ne era accorto fino a quel momento, completamente assorto nelle sue confuse elucubrazioni da prigioniero.
Così, senza rispondere alla domanda di lei, si tese leggermente nella sua direzione, lasciando che fosse lei ad intuire la sua risposta.
Sigyn, evidentemente, dovette comprendere quello che lui voleva fare e, istintivamente gli accostò con cautela il calice alle labbra screpolate.
Loki non si era accorto di quanto avesse bisogno di bere, almeno fino a quando non aveva sentito le prime gocce d'acqua che gli scendevano fresche e benefiche giù per la gola.
Avrebbe voluto bere molto più rapidamente, assetato com'era, ma si trattenne, mantenendo una dignità che, in quel momento di prigionia, aveva l'impressione d'aver completamente perduto.
Si sentiva come una belva in gabbia che doveva prendere il cibo e l'acqua dalla stessa persona che lo teneva prigioniero.
Era umiliante; patetico....
Smettendo di bere di colpo, Loki si scostò dalla coppa dorata con tanta fretta che, il resto dell'acqua che vi era contenuta, finì a terra, ai suoi piedi.
Non riuscì comunque ad evitare di lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo dalle labbra.
<< Va meglio? >> gli domandò allora Sigyn, scostandosi in tutta fretta da lui, come se temesse che la troppa vicinanza con Loki potesse nuocerle.
Lui tornò a guardarla in viso e per un breve, fuggevole attimo, la donna dai lunghi capelli biondi ebbe l'impressione di scorgere un lampo di gratitudine negli occhi verdi dell'uomo.
Poi però l'espressione di Loki s'indurì di nuovo e Sigyn si domandò se per caso non avesse solamente immaginato quello sprazzo di sentimento nuovo nello sguardo di lui, che improvvisamente sibilò scontroso: << Non ti ho chiesto io di darmi da bere. >>.
Sigyn s'imbronciò per un istante, insoddisfatta.
Non si aspettava davvero la sua gratitudine, ma lui avrebbe potuto almeno evitare di parlarle in modo tanto scortese.
<< No. Hai ragione. >> ammise poi, chinando il capo.
Loki tornò a guardarla, quasi deluso a sua volta da quella sua remissiva dichiarazione.
Per un istante rimasero così, in silenzio.
Poi, fu di nuovo Loki a parlare per primo.
<< Ora credo di aver capito il motivo della tua visita. >> la stuzzicò, assumendo quella sua aria indagatrice, con la fronte aggrottata, la voce di nuovo sibilante ed insidiosa: << Sei qui per dirmi addio?! Se è così, potevi evitare di scomodarti. >>.
<< Sai che cosa voglio da te. >> rispose Sigyn con voce ferma.
<< Oh davvero? >> commentò Loki sogghignando ed iniziando a squadrare il corpo di lei dall'alto al basso: << Non pensavo che il tuo desiderio per me fosse così bruciante. >>.
A quelle parole beffarde, e allo sguardo indagatore che Loki le teneva puntato addosso, Sigyn trattenne bruscamente il respiro, sentendosi avvampare senza motivo.
<< Non scherzare. >> ansimò, mentre un inspiegabile brivido le percorreva la schiena.
Ricordava ancora quando lui aveva premuto prepotentemente le labbra sulle sue, strappandole con la violenza quel bacio che ella non voleva dargli e in quel momento, aveva quasi l'impressione che Loki la stesse guardando allo stesso modo di allora.
Per un attimo ancora, Loki rimase immobile, continuando a guardarla come se stesse valutando i suoi pregi ed i suoi difetti; poi, cambiando di colpo espressione, tornò a domandarle: << Che cosa vuoi? >>.
Credeva di conoscere già la risposta, ma le aveva posto comunque la domanda.
Ormai aveva imparato a conoscere Sigyn e sapeva che l'unica cosa che lei voleva era......
<<  Voglio sapere dov'è Theoric. Solo per questo sono qui. >> confermò lei, parlando con rinnovata decisione, quello strano momento d'imbarazzo lasciato ormai alle spalle.
<< Ah, già, il capitano degli Einherjar. >> Loki finse di essersi scordato di lui: << Quasi me ne dimenticavo, preso come sono a pensare alla mia condizione di prigioniero. >>.
<< Le guardie non ti hanno mai chiesto di lui? >> domandò Sigyn perplessa: << Non ti hanno fatto domande su Theoric quando ti hanno picchiato? >>.
Loki non rispose.
Invece, chinò il capo in ombra, nascondendo volutamente alla donna il lento sogghigno che di nuovo gli stava attraversando le labbra sottili.
Aveva fatto la scelta giusta, quando aveva deciso di tenere il segreto dell'ubicazione di Theoric per sé.
Forse, avrebbe potuto sfruttare la debolezza di quella donna a suo vantaggio.
Ora che vedeva una seppur minima possibilità di fuga, dinnanzi a sé, la mente di Loki aveva ripreso a riflettere con la solita efficienza e rapidità.
Le idee per un nuovo piano d'azione stavano già facendosi largo in lui, prendendo una forma concreta.
Era vero che Odino lo aveva privato della magia, ma Loki aveva ancora dalla sua parte l'astuzia e la sua innata capacità di mentire.
Si sarebbe servito delle parole.
Sarebbe stato facile mentire a Sigyn.
Onesta e ingenua com'era, ella sarebbe di certo caduta in uno qualsiasi dei suoi inganni.
Sposare quella Sigyn non era fra i suoi piani, rifletté, ma forse, ora che lei era sua moglie, Loki poteva riuscire a ribaltare quella sorta di scocciatura a suo vantaggio.
L'amore che quella donna provava per Theoric, per l'uomo che Loki aveva gettato nel Bifrost, ferito e debole, in procinto di cedere alla morte, l'aveva spinta a raggiungerlo nelle prigioni più remote e abbandonate del regno di Odino, quindi forse poteva spingerla a fare anche molto di più.
Quanto era disposta a rischiare quella donna, pur di rivedere il proprio amato?
Non restava che tentare e vedere la sua reazione.
Loki poteva sfruttare quella sua sciocca debolezza per servirsi di lei una volta ancora.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Truth or lies? ***


<< Guardami! >> quel singolo comando si alzò improvvisamente nell'angusto spazio della cella, facendo sobbalzare una volta ancora la giovane promessa sposa di Theoric.
Loki continuava ad osservarla con i suoi occhi verdi, cerchiati di scuro, che lo facevano sembrare ancora più pericoloso di quanto la giovane donna avesse pensato in precedenza.
Fu per questo che Sigyn, nonostante la confusione, fece come esso le diceva, senza tergiversare.
Loki continuò a fissarla intensamente, e la donna dai capelli biondi restò a guardarlo a sua volta, sconvolta, mentre un pensiero inquietante le penetrava nella mente.
Sembrava quasi che il Dio degli Inganni volesse impadronirsi della sua anima con la sola forza dello sguardo.
Ma questo ovviamente era impossibile.
Forse, continuò a riflettere Sigyn, quando lui aveva ancora i suoi poteri, avrebbe potuto riuscire ad incantarla in qualche modo, ma ora era privo di ogni possibilità di creare magie ed illusioni.
Eppure... C'era qualcosa di ipnotico nel suo modo di guardarla.
Proprio come un vero re, pretendeva da lei attenzione assoluta.
Sigyn resistette ancora un altro attimo, ma poi evitò frettolosamente il suo sguardo, a disagio.
Loki tuttavia si accorse che non aveva distolto lo sguardo come se fosse stata lei a desiderarlo, ma come se quel gesto le fosse stato suggerito in precedenza, da altri.
Il principe prigioniero riusciva benissimo ad immaginare il fratello Thor mentre le rammentava di usare cautela, quando parlava con lui.
Di non credere alle sue parole.
Di non guardarlo troppo a lungo negli occhi, per evitare di cascare in un suo nuovo tranello ben ordito.
Loki decise immediatamente di far leva sulla sua incertezza.
<< Di certo, qui ad Asgard, hai sentito dire che io sono il male. >> mormorò: << Ma quanto sono malvagio, secondo te? Le storie che hai ascoltato, sono tutte vere? O sono forse state alterate da coloro che le hanno raccontate, per raggiungere i propri scopi? >>.
Lo sguardo di Loki continuava a studiarla con insistenza dalla sua posizione di prigioniero, dall'altra parte della cella, e alla giovane donna pareva quasi di essere lei quella legata alla parete dalle catene e non viceversa.
<< A quanto puoi credere, di ciò che sai? >> le chiese ancora, dopo un attimo di pausa.
Sigyn esitò un istante, incerta su cosa rispondere.
Poi, con un filo di voce, mormorò: << A una buona parte.... Suppongo. >>.
Deglutì e facendosi forza, proseguì con voce più decisa: << Tu mi hai minacciata con un coltello puntato alla gola. Questa non è forse un azione malefica? >>.
Loki sollevò le sopracciglia, con aria costernata.
<< Oh, suvvia. >> disse poi, con la voce addolcita: << Era solo una messinscena. Non ti ho mai fatto veramente del male, contraddicimi se sbaglio. >>.
Sigyn non si mosse, ma continuò a guardare Loki di sottecchi.
Lui sorrideva lievemente adesso e quella sua espressione sembrava fasulla.
Fasulla come potevano esserlo le sue parole.
Sigyn tornò a guardare altrove, iniziando a tormentarsi le mani, indecisa.
Non sembrava convinta di ciò che lui le stava dicendo.
<< Mi dispiace di averti minacciato con quel pugnale. >> esclamò allora il Dio degli Inganni, parlando con voce accorata: << Ero fuori di me... Tu dovresti capire... Io...  Ero confuso; stordito... Non ero in me. >> ripeté: << Avevo paura e non volevo che Odino mi imprigionasse, ma....>> trasse un breve sospiro esausto: << ...Ormai è troppo tardi. >> concluse e, mentre pronunciava quelle parole, sorrise.
Ma questa volta il suo non fu uno dei soliti sorrisi freddi e crudeli.
Fu un sorriso strano, fra il triste e l'ironico e Sigyn ebbe improvvisamente l'impressione che lui fosse veramente desolato per ciò che le aveva fatto.
Durò poco, comunque; e dopo quell'attimo, Loki era tornato a farsi cupo: << Che cosa sai esattamente di me? >>.
<< So che ho bisogno di te per ritrovare Theoric! >> esclamò, con prontezza sconvolgente Sigyn, tornando a sollevare lo sguardo su di lui, senza esitazione, questa volta: << Questo mi basta. >>.
<< Bella risposta. >> Loki ridacchiò piano.
Evidentemente trovava divertente tutto il fervore che lei provava per l' Einherjar scomparso.
<< Allora.... Parlerai con me? >> insistette Sigyn, non con voce dura ma, quasi implorante.
Loki non rispose e Sigyn temette che lui le avrebbe risposto ancora una volta di no.
Poi però, lui abbassò il capo fra le ombre e, a sorpresa, iniziò a raccontare, con voce calma e bassa: << Quando ho incontrato Theoric sul Bifrost, ho subito capito che lui non mi avrebbe lasciato fuggire senza opporsi; senza sfidarmi e senza mettere a repentaglio la propria vita. >>.
Sigyn trattenne il fiato, nel sentire che Loki le stava parlando proprio di Theoric e si fece attenta.
<< Io non volevo battermi con lui, te lo giuro, ma esso era così cocciuto, troppo fiero di sé stesso per farsi da parte e lasciarmi semplicemente fuggire via da Asgard. >> continuò Loki, sollevando di colpo il viso e mostrando alla donna dinnanzi a lui un'espressione turbata, quasi sofferente: << No, lui è uno degli Einherjar. Non poteva lasciarmi andare. Doveva mostrarsi forte e obbediente agli occhi di Odino. >>.
Scosse il capo, come se la cosa per lui fosse praticamente impossibile da pensare: << Penso che morirebbe persino per dimostrare al Padre degli Dei la sua infinita lealtà. >>.
Sigyn annuì, mormorando con voce spezzata: << è vero. >>.
Questo era Theoric.... Il suo promesso sposo.
Loki rimase in silenzio per un istante, quindi riprese parola, parlando con decisione, soffusa da una sorta di tristezza di sottofondo: << L'ho supplicato di farsi da parte, promettendo che non gli avrei fatto nulla di male, ma lui non mi ha voluto ascoltare. >>.
Sigyn si tirò leggermente indietro, indecisa.
In quel momento c'era qualcosa negli occhi di lei che il Dio degli Inganni non riusciva a decifrare.
Incredulità, forse?
Oppure speranza?
Loki rimase in silenzio solo per un attimo.
Dopo di ché, continuò a raccontare la sua versione dei fatti,  con un espressione afflitta in viso: << Sentivo le altre guardie alle mie spalle che stavano per raggiungermi, così ho tentato di oltrepassare Theoric e di gettarmi nel Bifrost, ma lui mi ha colpito; proprio qui... >>.
S'interruppe per volgere il capo verso il proprio braccio, dove era presente e ben visibile una lunga cicatrice chiara.
<< Guarda. >> la invitò, con un'affabilità sospetta: << Avvicinati se non mi credi. >>.
Sigyn rimase ferma a guardare Loki da lontano ancora per un breve attimo, indecisa se fare come lui le diceva, oppure se ignorare completamente le sue parole, convincendosi da subito che erano tutte solamente una subdola menzogna con la quale il Dio degli Inganni stava cercando di guadagnarsi la sua fiducia.
Una fiducia che però lei era ben restia ad offrirgli.
Cautamente, muovendosi piano, ella decise alla fine di fare come lui le suggeriva, avvicinandosi alla parete di fondo della cella per tornare ad inginocchiarsi davanti a lui.
<< La vedi? >> le domandò lui, muovendo ancora il capo nella direzione del braccio ferito: << è una ferita di spada, questa, ed è stato proprio il tuo Theoric a lasciarmela. >>.
Sigyn seguì il suo sguardo, ma non parlò.
La cicatrice era lì, ben visibile e impossibile da ignorare, ma il corpo del Dio degli Inganni era così pieno di ferite che, nessuno avrebbe saputo dire se quella in particolare fosse stata fatta dalla lama di Theoric o da una delle tante altre spade degli Einherjar.
Quel taglio avrebbe potuto procurarglielo benissimo una qualsiasi delle guardie che lo avevano interrogato pochi giorni prima, in quella stessa cella dove lei ora stava cercando, quasi disperatamente di scoprire fra le parole dell'altro una verità quasi impossibile da intuire.
<< Mi avrebbe colpito ancora, se io non mi fossi difeso. >> riprese parola Loki, dopo un istante: << Allora ho scatenato su di lui la mia magia. >>.
Scosse il capo, sospirando: << Che altro avrei potuto fare? L'ho colpito, ma non con l'intenzione di ucciderlo. >>.
Sigyn cercò di controllare il tremito della propria voce, mentre domandava: << Loki, dimmi la verità.... Tu....L'hai ucciso? >>.
<< No. Non l'ho fatto. Ma l'ho spinto nel Bifrost al posto mio. >> rispose prontamente Loki, abbandonando per un istante la sua espressione sofferente.
La fissava di nuovo con quei suoi occhi verdi, astuti ed intensi, che parevano brillare anche quando, come in quel momento, erano in ombra.
Sigyn trasse un lungo respiro per vincere i timori che la assalivano di continuo.
Batté le palpebre qualche volta, senza riuscire però a guardare di nuovo Loki in viso, mentre mormorava: << Dimmi la verità. >>.
Loki scosse il capo, ma quel gesto non era in risposta alle parole che lei aveva appena pronunciato.
Rimase per un altro attimo in silenzio, poi le disse con assoluta convinzione: << Non l'ho ucciso, ma l'ho difeso. >>.
Per un istante nella prigione cadde il silenzio.
Sigyn sentiva di voler credere a quelle parole con tutta se stessa, per poter continuare ad avere una seppure misera speranza che il suo promesso sposo fosse ancora vivo da qualche parte, ma anche perché irragionevolmente desiderava che Loki non fosse il mostro di cui tutti parlavano ad Asgard.
<< Così, tu dici di aver gettato Theoric nel Bifrost al posto tuo? Perchè? >> quando ella riprese parola, la sua voce tremava intensamente.
Eppure,  fece lo stesso la domanda.
<< Per proteggerlo. >> mormorò Loki, piegando leggermente la schiena in avanti, come se fosse schiacciato da un peso invisibile.
<< Proteggerlo da cosa? >> chiese Sigyn, inclinando il capo di lato, mentre si sforzava di capire il senso delle parole che l'altro le stava rivolgendo.
<< Lui era nel giusto! Eri tu quello che stava fuggendo! >> gli fece notare poi, alzando un poco la voce.
<< Appunto. >> asserì Loki con estrema calma: << Dovevo proteggerlo da me stesso. >>.
<< Da te stesso? >> domandò Sigyn dubbiosa.
Adesso Sigyn lo stava guardando accigliata.
Si sentiva frustrata dalle risposte del principe prigioniero, perché, per quanto ella si impegnasse, non riusciva a capire se fosse sincero o meno.
<< Devi capire che non ho avuto altra scelta. >> proseguì Loki d'un tratto, interrompendo quel momentaneo silenzio calato fra loro: << Non potevo esitare. Se lo avessi lasciato fare, lui ed il resto delle guardie mi avrebbero catturato, se non peggio; ferito a morte, e questo non doveva accadere. Se lo avessi colpito a mia volta, continuando a difendere la mia vita, sarei stato io ad uccidere il tuo uomo ed io questo non lo volevo fare. >>.
Chinò leggermente il capo fra le ombre.
Poi, mormorò con un intensità sconcertante: << Non sono il mostro di cui parlano tutti qui ad Asgard. >>.
Sigyn si stupì di quanto Loki pareva conoscerla, di come avesse capito che quelle da lui pronunciate fossero esattamente le parole che lei avrebbe voluto sentirsi dire.
Poi, improvvisamente, ella si rammentò una volta ancora degli avvertimenti di Thor riguardo il fratello e s'irrigidì.
"Non ti fidare di lui.", le aveva detto il Dio del Tuono: " Loki è un bugiardo nato. ".
<< L'ho gettato nel Bifrost e poi ho preso le sue sembianze solo per non essere aggredito a mia volta. >> continuò Loki, parlando sempre più concitatamente: << Così facendo ho salvato la mia vita, e anche la sua. >>.
Sigyn si morse il labbro inferiore.
Non sapeva se potersi fidare veramente di Loki.
Non sapeva più che cosa fare.
<< Perché mi hai sposata lo stesso? >> domandò quasi alla sprovvista Sigyn, infilando tra le altre domande una che le continuava a ronzare insistentemente nella mente, dalla notte in cui aveva scoperto Loki al suo fianco, nella camera matrimoniale: << Una volta gettato Theoric nel Bifrost, avresti potuto fuggire di nuovo. Perché non l'hai fatto? >>.
Il volto pallido di Loki si alzò a guardare quello della fanciulla ancora inginocchiata davanti a lui.
Questa volta però Sigyn non eluse lo sguardo indagatore dell'uomo.
Pareva che Loki stesse riflettendo, come se pensasse quasi che la domanda che lei gli aveva appena posto, potesse nascondere una sorta di tranello al quale avrebbe dovuto rispondere con la massima cautela.
<< Asgard è anche casa mia. >> mormorò alla fine, tornando ad abbassare lo sguardo al suolo: << Non volevo lasciarla e.... >> fece una pausa, prima di aggiungere con maggior intensità nella voce: << Non volevo deludere te. >>.
Nell'udire quelle ultime inaspettate parole, Sigyn tornò a guardarlo con un espressione stupefatta sul bel volto.
Possibile che Loki fosse tanto sensibile?
Oppure stava solo fingendo?
Mentendole con abilità, come solo colui che si era meritato il nominativo di Dio degli Inganni sapeva fare?
Loki lasciò che lei continuasse a studiare il suo viso e la sua espressione, sicuro che dal suo volto non avrebbe mai potuto dedurre la verità.
Non le disse che era stato costretto a restare per via delle ferite che Theoric gli aveva inferto durante il loro scontro.
Non le disse che aveva assunto le sembianze dell'altro proprio per venire curato e per trovare successivamente un modo di fuggire da Asgard; e omise anche il fatto che lui non avrebbe mai e poi mai desiderato prenderla in moglie.
Se le avesse detto tutto questo, sarebbe stato come se lui avrebbe ammesso apertamente di essersi lascito guidare dagli avvenimenti, invece di crearli a suo vantaggio.
Per un attimo ancora, nessuno dei due parlò, ognuno chiuso nel proprio silenzio, riflettendo.
Poi, fu di nuovo Loki a riprendere la parola, spiegandole: << Tu avresti avuto il tuo matrimonio perfetto con l'uomo che amavi e se non ti fossi accorta di nulla, una volta sposati, con calma io avrei cercato di riportare il vero Theoric da te. Ma tu mi hai scoperto, rivelando il mio inganno, e poi....>> sospirò sconsolatamente: << Conosci il resto. Odino mi ha tolto i poteri ed ora sono solo in questa cella, condannato per colpe che nemmeno dovrei scontare. >>.
Sorrise tristemente e allargò appena le braccia, quel tanto che le catene glie lo consentivano, per mostrare alla donna la buia cella nella quale era rinchiuso.
Sigyn si dondolò leggermente sui talloni; incerta; insicura.
<< Perché non hai detto subito anche agli altri quello che stai dicendo a me ora ? >> chiese, parlando piano, soppesando con cura la propria domanda.
Loki aggrottò l'ampia fronte, rispondendo alla domanda di lei con un altro quesito: << Se l'avessi fatto, pensi forse che qualcuno avrebbe creduto alle mie parole? >>.
No.
Questa fu l'immediata risposta che prese forma nella mente di Sigyn.
Tuttavia ella non lo disse a Loki.
Invece, tornò a domandare: << Se gli altri non ti credono, perché dovrei farlo io? >>
Era ormai decisa a sapere il più possibile dall'uomo che l'aveva presa in moglie con l'inganno e che fino ad allora aveva taciuto riguardo ciò che era accaduto fra lui e il suo reale promesso sposo.
Che fossero tutte menzogne o meno, non importava, Sigyn era decisa ad ascoltarle comunque, convinta che, in un modo o nell'altro, avrebbe cercato di distinguere cosa era reale e cosa no.
Ma voleva capire.....
Voleva sentire cosa lui le diceva.
Loki la fissò a lungo, prima di tornare a parlare.
Poi, quando lo fece, mormorò: << Perché tu sei buona, Sigyn, e sapere che Theoric è vivo ti da speranza. >>.
<< Theoric è veramente vivo? >> gli chiese di nuovo lei, con un filo di voce.
<< Lo è. >> affermò Loki, questa volta senza troppi giri di parole.
Impulsivamente, Sigyn si tese verso di lui, incitandolo a continuare: << Allora perché non mi dici su quale pianeta si trova? Se collaborerai, Odino sarà forse più clemente con te. >>.
C'era disperazione negli occhi di lei e una sincera preoccupazione nei confronti dell'uomo che amava.
<< Oh, ma io vorrei dirtelo, Sigyn, davvero. >> mormorò Loki, fingendosi addolorato quanto lei: << Il fatto è che nemmeno io so dove Theoric si trova. >>.
Sospirò ancora una volta, quindi aggiunse con maggior forza nella voce: << E non ho la facoltà di saperlo, fin quando non otterrò di nuovo tutti i poteri che il Padre degli Dei mi ha rubato. >>.
A quelle parole non riuscì a trattenere un fremito di collera, ma a quanto pareva, Sigyn interpretò quel suo gesto in un altra maniera.
Forse pensava che lui avesse tremato per timore o per la troppa debolezza che la prigionia gli stava causando.
<< Io voglio aiutarti a ritrovare il tuo amato, devi credermi, ma per farlo ho bisogno che tu aiuti me, prima. >>.
Sigyn lo fissò; come per capire se fosse sincero e per la seconda volta non distolse subito lo sguardo.
Il suo corpo sottile era teso.
Nei grandi occhi ambrati di lei, Loki leggeva agevolmente tutto il tumulto dei suoi pensieri.
Era ancora terrorizzata, ma aveva anche estremo bisogno di fidarsi di lui.
Loki lo vedeva nei suoi occhi.
Lei voleva credergli.
<< Che cosa vorresti che faccia? >> domandò Sigyn alla fine.
A Loki piacque il modo in cui la donna aveva formulato quella domanda.
Dal tono della sua voce, traspariva tutto il timore che ella provava tuttora nei suoi confronti.
Il principe dai capelli neri sorrise ambiguamente, mentre pensava che, anche senza i suoi poteri, riusciva ad avere autorità sugli altri.
In fondo, non era un male, che gli altri lo temessero.
<< Ah, adesso ci capiamo. >> mentre pronunciava quell'ultima frase, il volto di Loki si dischiuse in uno dei suoi ampi sorrisi che tanto inquietavano Sigyn.
Lei si pentì quasi d'aver posto quella domanda, anche se immaginava di conoscere già cosa quel sorriso da lupo potesse significare.
Negli occhi del Dio degli Inganni aveva ricominciato ad ardere la fiamma verde della follia.
Sigyn si alzò in fretta da terra, dove fino ad allora era rimasta inginocchiata e mosse un passo all'indietro, ma poi s'immobilizzò, quando l'uomo riprese a parlare: << La chiave che hai con te; quella che hai utilizzato per aprire la porta della cella, serve anche per aprire le catene alle quali sono avvinto. >>.
Lo sguardo di Loki corse alla chiave della cella che Sigyn aveva legato alla cintura.
Lei portò rapida la mano ad afferrarla, spalancando gli occhi mentre la solita morsa di terrore le stringeva il cuore con forza.
Mosse un altro passo lontano da Loki.
<< Vuoi che ti liberi, è così? >> domandò.
Il suo respiro si era fatto di colpo affrettato.
<< Secondo te? >> la interrogò lui di rimando, sollevando un sopracciglio.
Sigyn s'irrigidì, impallidendo e, finalmente tornò a mostrarsi intimorita da lui, tanto da tornare a distogliere lo sguardo per fissare il suolo.
<< Ascolta. >> continuò improvvisamente Loki con voce più decisa: << Odio ammettere certi particolari della faccenda, ma da solo non m'illudo di riuscire prima o poi a trovare un modo per uscire da questa maledetta cella. Non da vivo, almeno. E, anche ammettendo che io riuscissi in qualche modo a liberarmi, non riuscirei mai ad oltrepassare le guardie da solo. Aiutami ad uscire di qui ed a recuperare i miei poteri e forse poi potrò dirti qualcosa riguardo il tuo adorato promesso sposo. >>.
Tacque di colpo e la guardò, in attesa che lei replicasse.
Senza sollevare lo sguardo da terra, Sigyn strinse le labbra.
Pareva stesse combattendo contro mille dilemmi interiori.
Poi, tornò a guardarlo, affermando con convinzione: << Mi avevano avvertito che avresti fatto questo gioco con me. >>.
La sua voce era stranamente risoluta, adesso: << Ho sofferto molto in questi giorni per la scomparsa di Theoric. Saperlo su un pianeta lontano, magari in pericolo mi terrorizza. Per questo ho disobbedito a Odino per venire sin qui, nelle prigioni, a parlare con te. Ed ora che ho trovato il coraggio di chiedere l'aiuto dell'uomo più pericoloso del regno, non accetto che lui si prenda gioco di me. >>.
Loki socchiuse bruscamente gli occhi verdi, corrugando la fronte.
Era evidente che non si aspettava da lei quelle parole.
<< Sei più audace e sciocca di quanto immaginassi. >> commentò Loki mentre la sua voce si faceva fredda e distaccata.
<< Dimmi dov'è Theoric. >> lo incalzò lei, con una decisione che Loki difficilmente avrebbe creduto di poterle vedere in viso.
<< E questa volta, niente scherzi! >> lo ammonì.
Più che allarmato da quelle sue ultime audaci parole, il Dio degli Inganni parve divertito da esse.
<< Altrimenti che cosa mi farai? >> le domandò, rivolgendole un mezzo sorriso: << Mi minaccerai come hanno fatto gli Einherjar? Avresti il coraggio di picchiare un uomo incatenato in una squallida prigione, pur di ottenere la propria collaborazione? >>
<< Non lo farei mai. >> borbottò Sigyn con fare solenne, quasi sconvolta dalle accuse dell'altro: << Dovresti sapere che io odio la violenza. >>.
<< Parli bene, per essere la donna di un Einherjar che vive per la guerra. >> commentò Loki per tutta risposta, studiando attentamente la reazione della donna che si affrettò a controbattere: << Forse Theoric adora la guerra, è vero, ma... Questo non vuol dire che anche io provi lo stesso. Io amo Theoric per  altre ragioni. Non solo per la sua forza fisica e non certo per le sue azioni in battaglia. >>.
Gli occhi verdi di Loki si socchiusero per un attimo, mentre lui osservava attentamente la donna ancora ferma a qualche passo di distanza da lui.
Poi, sospirando, mormorò: << Te l'ho detto. Non posso dirti dove si trova Theoric. >>.
Scosse il capo: << Liberami e lascia che io ritrovi i miei poteri. Allora sparai del tuo amato. >>.
<< No! >> disse subito Sigyn, questa volta parlando senza alcuna esitazione.
Aveva la sgradevole impressione che Loki stesse cercando solamente di manipolare le sue azioni; cercando di farle fare ciò che lui desiderava, senza darle nulla in cambio e questo non le piaceva.
<< Allora vattene e lasciami morire in pace. >> sibilò Loki, mentre la collera tornava di colpo a montare in lui: << Va a cercare il tuo adorato capitano degli Einherjar da sola, se ne sei capace. >>.
Sigyn abbassò gli occhi, incapace di sostenere lo sguardo penetrante, e adesso nuovamente irritato del Dio degli Inganni.
<< Questo....Questo è uno spregevole ricatto! >> balbettò, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Le tremavano le mani e Loki dovette notarlo, perché di nuovo si concesse un lungo, enigmatico sorriso, prima di replicare con minor astio: << Diciamo piuttosto un.... Accordo fra due persone consenzienti. >>.
<< Io non faccio accordi con persone come te. Sarebbe come se mi schierassi dalla tua parte. >> protestò Sigyn, senza troppa convinzione: << Sarebbe un tradimento! >>.
<< Oh, ma dai! >> Loki scosse la testa, quasi incredulo di sentire da lei certe affermazioni: << Perché forse credi di non aver già tradito Odino una volta, quando hai preso la decisione di infrangere i suoi ordini per venire si qui? >>.
Gli occhi di Sigyn si abbassarono solo un istante, per poi tornare a sollevarsi su Loki con una certa esitazione.
La stessa che si rifletté anche nella sua voce, quando ella riprese la parola, mormorando: << Non posso lasciarti libero. >>.
<< Perché no? >> volle sapere immediatamente lui.
<< Perché tu sei.... >> Il volto di Sigyn si fece teso ed ella non concluse la frase.
<< Continua. >> Gli occhi di Loki si strinsero, mentre esso fissava il volto della donna.
Sigyn scosse il capo.
Era di nuovo terrorizzata.
<< Dimmi cosa pensi di me. >> la incitò lui,senza aggredirla, né parlarle rabbiosamente.
Sembrava calmo; ma quella tranquillità poteva significare che adesso le stava mentendo realmente.
<< Ti prometto che non ti farò nulla di male, qualunque cosa tu dica. Non posso muovermi di qui, giusto? >> la guardò con fare interrogativo: << Quindi che cosa temi? Non potrei aggredirti neppure se lo volessi e... >> fece una pausa, per scandire meglio le sue ultime parole, che pronunciò a voce bassa; quasi in un sussurro lieve: << Non lo voglio. >>.
Sigyn deglutì e distolse lo sguardo per un istante.
Perché quell'uomo riusciva sempre a confonderla?
Perché riusciva a farla sentire fragile e piccola e tanto insicura?
E perché la sua voce le dava i brividi?
<< Quanto vale la parola di un bugiardo? >> chiese improvvisamente Sigyn, domandandosi di nuovo se ciò che Loki le aveva detto fino ad allora fosse vero oppure no.
C'era sempre quell'incognita con lui.
Non si poteva mai capire quando mentiva o quando, invece, era sincero.
Di certo come bugiardo era bravo; forse il migliore.
<< Oh, questo è un colpo basso da parte tua. >> rise Loki, senza prendersela per quelle parole ma, trovandole quasi divertenti, in un modo che solo lui poteva comprendere.
Sigyn gli volse le spalle, sempre più indecisa.
<< Liberami.... >> esclamò; aggiungendo subito dopo una frase che nessuno si sarebbe mai aspettato di sentire fuoriuscire dalle labbra del principe prigioniero: <<... Per favore. >>.
Sigyn sobbalzò nell'udire quelle ultime parole.
Loki le stava veramente chiedendo di togliergli quelle catene che lo tenevano imprigionato, ma stranamente non lo stava facendo con arroganza, come un re ad un suddito di grado inferiore.
Glie lo stava chiedendo invece quasi con gentilezza e poi... le aveva chiesto per favore...
Sigyn si volse a guardarlo, sconcertata.
<< Non posso. >> ripeté poi, ma sul suo volto c'era un espressione tanto angosciata che Loki capì immediatamente di star riuscendo nel suo intento.
Nascondendo abilmente l'esultanza che aveva nel cuore, Loki rimase in silenzio e chinò il capo, simulando un intenso sconforto.
<< Non voglio liberarti perché...>> Sigyn scosse il capo, poi prendendo un brusco respiro, si fece coraggio e disse, con una calma e una serietà inimmaginabili: << ..Non temo per me stessa, ma per quello che potresti fare ad Asgard e alla sua gente. Non voglio che tu causi altro dolore. >>.
Loki sollevò la testa di scatto e nei suoi occhi passò un guizzo di sorpresa che, immediatamente svanì.
Poi, mormorò: << L'unica cosa che mi interessa ora, sono i miei poteri magici. Se uscirò di qui, sarà esclusivamente per cercare la magia che il Padre degli Dei mi ha sottratto. >>.
<< Mi aiuterai veramente a rintracciare Theoric, dopo che avrai ottenuto di nuovo i tuoi poteri? >> gli domandò lei ancora una volta.
<< Hai la mia parola. >> nonostante le stesse ancora mentendo, Loki si sorprese della gravità con cui lui stesso aveva pronunciato quelle parole.
L'aveva detto come se lo pensasse veramente.
Come se volesse veramente aiutarla, ma questo non era possibile.
<< Chi mi garantisce che non stai mentendo anche ora, e giunto il momento, manterrai la parola data? >> domandò Sigyn, come se gli stesse leggendo nella mente.
<< Nessuno. >> replicò Loki, scuotendo leggermente il capo: << Ma se vuoi sapere del tuo amato capitano degli Einherjar, non hai altra scelta se non quella di fidarti di me. >>.
Si chinò in avanti, facendo tintinnare sinistramente le catene che lo imprigionavano, fissando la donna con occhi improvvisamente ansiosi.
Sigyn si domandò solo per un istante se Loki non le stesse dicendo la verità.
<< Rifletti, Sigyn. >> le suggerì lui, in tono pressante.
La sua figura appariva alta e oscura anche inginocchiata nella semioscurità della cella.
Eppure la sua voce era suadente: << Ragiona su ciò che ti ho detto. Io so che tu puoi liberarmi e so anche che vuoi credermi. Insieme possiamo ritrovare Theoric. >>.
Sigyn esitò ancora un breve istante, stringendo la mano sulla chiave che le pendeva legata alla cintura che ella portava in vita, domandandosi ancora una volta quale fosse la scelta migliore da fare.
Avrebbe corso un rischio enorme, se avesse acconsentito a liberare il principe traditore di Asgard dalla cella dove era stato relegato per il resto della propria esistenza; tuttavia Loki era l'unico che poteva aiutare lei e Thoeric.
Cosa doveva fare?
Stranamente la risposta a quella domanda le venne quasi spontanea adesso.
Così, smettendo di rimuginare, si sfilò la chiave dalla cintura, avvicinandosi al punto dove lui era incatenato alla parete, muovendosi con artificiosa compostezza.
Dentro di lei Sigyn provava solo il desiderio di voltarsi e fuggire.
Non era affatto certa che liberare il Dio degli Inganni fosse la scelta giusta e si sentiva male, come se stesse compiendo allo stesso tempo un gesto buono ed uno cattivo.
Poi, smise di pensare e mormorando: << Farò come vuoi. >>; si affrettò ad infilare la chiave nel primo lucchetto che teneva avvinte le catene che imprigionavano Loki alla parete.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Free again ***


Quando Sigyn aprì l'ultimo dei lucchetti che tenevano le catene a cui era legato Loki, lui cadde in avanti, in ginocchio.
Riuscì a mettere le mani a terra, evitando di battere il mento a terra, ma si fermò con il capo chino, ad un soffio dal suolo.
Si sentiva esausto come non mai e quello spicchio di terra che vedeva davanti ai suoi occhi, pareva vorticare furiosamente.
Dovette affrettarsi a chiudere gli occhi, per proteggersi dalle vertigini.
Rimase per qualche attimo così, in ginocchio, quasi sfiorando il pavimento gelido con la fronte e, solo dopo un attimo un violento pensiero penetrò con invadenza nella sua mente.
Così inginocchiato, dinnanzi alla donna che lo aveva liberato, sembrava quasi si stesse prostrando ai suoi piedi.
Lui, Loki, il principe di Asgard che era stato re, non poteva restare in ginocchio di fronte a quella piccola, sciocca donnicciola.
Non doveva mostrarsi debole.
Non così.
Non dinnanzi a lei.
Con questi furiosi pensieri che gli affollavano la mente con prepotenza, incitandolo a smettere di comportarsi come se la perdita dei propri poteri magici l'avesse reso anche debole quasi al pari di un misero midgardiano, Loki fece forza sulle braccia, riaprendo di colpo gli occhi, adesso colmi di collera nei confronti di sè stesso e anche di quella Sigyn, che lo stava vedendo e forse giudicando più fragile di quanto in realtà lui avrebbe dovuto essere.
Quindi, cercando di ignorare totalmente i capogiri che ancora lo tormentavano e rendevano instabile il proprio senso dell'equilibrio, iniziò a sollevarsi da terra.
Costretto a rimanere inginocchiato accanto alla parete della cella, con le catene legate troppo in basso per poter stare in piedi, adesso Loki sentiva le proprie gambe molli e tremanti.
Le ginocchia gli dolevano e anche la schiena, mentre si sollevava, ma lui strinse i denti e non si diede per vinto.
Fu in quel momento che Sigyn prese l'inaspettata e indesiderata idea di accorrere in suo aiuto.
Frettolosamente ella si chinò verso di lui, cercando di passargli le mani e le braccia sui fianchi, per aiutarlo a sorreggersi in piedi, ma Loki, comprendendo immediatamente le sue intenzioni, fu rapido a scostarla da sé con una spinta.
Per poco, quel gesto violento, non gli fece perdere l'equilibrio, costringendolo a tornare in ginocchio.
Sigyn, barcollò lontano da lui, guardandolo con aria costernata e confusa.
<< Non mi toccare! >> sbraitò Loki, mentre la sua voce si faceva più sottile, irritata e quasi isterica, guardandola storto.
Deglutì una volta, poi, riprendendo all'apparenza un pò del proprio contegno, sibilò glaciale come l'inverno: << Mi sembrava di averti già detto che non ho bisogno della tua inutile compassione. >>.
Sigyn chinò il capo e non replicò a quelle sue rabbiose parole; tuttavia continuò a seguire le sue mosse, guardandolo di sottecchi.
Appoggiandosi pesantemente alla parete accanto a lui, Loki era riuscito a sollevarsi in piedi ma, una volta fatto ciò, dovette fermarsi con la fronte premuta contro il muro freddo della cella, colto nuovamente dai capogiri.
Per quanto lui fosse restio ad ammetterlo, la prigionia lo aveva reso assai debole.
Colpa di Odino e della sua idea di punirlo con la solitudine, vietando persino che qualcuno gli portasse per lo meno un poco di cibo.
Pane ed acqua sarebbero bastati, ma il Padre degli Dei, evidentemente aveva pensato proprio ad indebolire Loki non solo nello spirito, ma anche nel corpo.
Disgraziatamente per Loki, sembrava esserci riuscito.
Loki rimase ancora un istante ad occhi chiusi, muovendo lentamente la testa contro alla parete, in una specie di silenzioso diniego.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò a fissare il volto di Sigyn che, inaspettatamente, nonostante le dure parole che lui le aveva rivolto poco prima, aveva ancora trovato il coraggio di avvicinarsi a lui.
Lo guardava con quella sua espressione incerta, che oscillava sempre fra il timore dell'uomo alto e dagli occhi da folle che le stava davanti e la preoccupazione che, nonostante tutto ella pareva non riuscire ad evitare di provare per lui.
<< Tutto bene? >> si informò, parlando a voce bassissima, quasi impercettibile persino nel silenzio delle prigioni abbandonate.
Di nuovo ella sembrava seriamente preoccupata per lui e, ancora una volta Loki rimase interdetto, chiedendosi il perché.
Quella donna continuava a confonderlo.
Loki si ostinava a trattarla male, parlandole come se ella fosse una nullità in confronto a lui; allora perché Sigyn non si offendeva?
O, più precisamente, perché anche se ella veniva ferita dalle sue parole taglienti, non smetteva di tentare di prendersi cura di lui?
Probabilmente era qualcosa di profondamente radicato in lei; nel suo modo di essere.
Ella era la promessa sposa di un Einherjar, quindi era più che logico che fosse buona e gentile.
Però Loki non riusciva a capire perché continuasse ad essere gentile anche con lui.
È vero, voleva sapere dove fosse Theoric e Loki sospettava che ella non lo avrebbe mai lasciato in pace fino a quando lui non gli avesse rivelato dove il capitano degli Einherjar era finito.
Ma era davvero solo questo che la spingeva a guardarlo a quel modo?
A cercare di aiutarlo?
Si, decise poi Loki.
Doveva essere solo questo.
Sigyn stava facendo la gentile con lui solamente per cercare di renderlo più mansueto.
Doveva essere per forza questo il motivo che la spingeva a preoccuparsi per lui.
<< è solo un capogiro. >> si costrinse a risponderle, a denti stetti: << Niente di davvero preoccupante. >>.
Sigyn non sembrava molto convinta dalle sue parole ma non controbatté.
Non sapeva cosa dire, tuttavia non si scostò da lui, come se fosse pronta, in qualsiasi momento a tornare ad aiutarlo.
Un nuovo lampo di collera saettò nello sguardo di Loki, mentre ancora una volta pensava a quanto fosse debole e sciocca quella donna.
Quindi, senza il minimo preavviso, colto dall'irritazione, sbottò: << Ti ho detto che non ho bisogno del tuo aiuto. Ed ora scostati! >>.
E senza attendere il tempo necessario a fare in modo che lei obbedisse a quel suo ordine, tornò a spingerla via, a malo modo, oltrepassandola con tutta la rapidità che le gambe indolenzite gli consentivano.
La sentì sospirare lievemente dietro di lui; quasi rassegnata a vedersi sempre trattare scortesemente da lui, ma Loki non ci fece caso.
Invece si spostò verso la porta aperta della cella e iniziò immediatamente a guardarsi attorno con attenzione e circospezione.
Sia da un lato che dall'altro della cella dalla quale lui stava sbirciando, si allungavano due corridoi praticamente identici fra loro, completamente immersi nel buio più tetro, senza alcun segno di distinzione che potesse far intuire al Dio degli Inganni quale fosse la strada giusta da percorrere per poter trovare l'uscita da quel luogo ripugnate e gelido.
Se Loki e la donna avessero preso la strada sbagliata, avrebbero rischiato di inoltrarsi ancora di più nelle prigioni, e questo non doveva assolutamente accadere.
Se come il Dio degli Inganni sospettava, quelle prigioni erano state costruite con l'esatto intento di impedire la fuga di chiunque, pur senza l'impiego di barriere magiche, questo voleva dire che i cunicoli erano simili a un immenso labirinto.
Mentre continuava a riflettere, guardandosi attorno con attenzione, Loki sfiorò distrattamente con il polso una delle pareti di roccia lì vicine e, solo allora, quando un suono metallico attirò la sua attenzione sul proprio braccio, si accorse che aveva ancora gli anelli di ferro che gli cingevano i polsi.
Tanto era dolorante e stordito, al primo istante non ci aveva fatto caso, eppure gli anelli erano ancora al loro posto; aggrappati tenacemente ai suoi polsi.
Da quello sinistro, poi, pendeva un pezzo di catena che, quando Sigyn aveva aperto i ganci che lo tenevano imprigionato, si era chissà come divelto dalla parete alle sue spalle, restandogli avvinghiato con il suo lieve peso.
Con una smorfia, Loki sollevò il braccio destro verso il viso, iniziando a scuotere gli anelli nel tentativo di riuscire ad aprirli.
Cercò di scrollare via i bracciali metallici, armeggiando con i perni ed i ganci con i quali erano chiusi attorno ai suoi polsi, tentando di allentarli abbastanza per potersene liberare definitivamente.
Tutto ciò che invece riuscì a ottenere fu un intenso bruciore al polso.
Cautamente allora, il Dio degli Inganni, scostò appena un poco la fascia metallica, accorgendosi solo allora che, al di sotto di essa, aveva un taglio profondo e rossastro, dove il metallo andava a sfregare in continuazione contro la pelle.
Un lento sibilo di dolore gli uscì dalle labbra, ma poi, accorgendosi che la donna lo stava ancora guardando, lasciò ricadere il braccio verso il basso e smise di tentare di liberarsi.
Sapeva bene che, senza una chiave o un Einherjar non sarebbe mai riuscito a togliersi quei ceppi dai polsi.
Era del tutto inutile cercare di manipolare a mani nude quel ferro evidentemente forgiato dal fabbro più abile di Asgard.
Forse erano persino protetti da una qualche magia che serviva a rendere il metallo più resistente.....
Loki non poteva saperlo.
Così, rinunciando a liberarsi dai ceppi, senza badare troppo a quel piccolo fallimento, il Dio degli Inganni si avvolse il frammento di catena attorno al braccio sinistro, in modo che non tintinnasse ad ogni suo movimento.
Non si accorse che, mentre compiva quel gesto, Sigyn, aveva ripreso ad osservarlo di sottecchi, quasi incuriosita.
Sul volto scavato dell'uomo al suo fianco, c'era ora un determinazione che la disarmava.
Nonostante fosse esausto per via della reclusione, sembrava già pronto all'azione e lei riusciva a vedere lo scintillio dei suoi occhi verdi anche nell'oscurità di quelle prigioni.
Sigyn stava ancora osservando il viso del Dio degli Inganni, immobile a pochi passi da lei, quando all'improvviso lui la interpellò, sollevando lo sguardo dal proprio braccio per indirizzarle un'occhiata penetrante: << Immagino tu non abbia elaborato un piano di fuga. >>.
Sigyn scosse il capo, frastornata dalla domanda inattesa.
Nel notare il suo diniego il Dio degli Inganni si lasciò sfuggire un lento sospiro e scosse il capo, borbottando a denti stretti: << Naturale. Sarebbe stato troppo da parte tua. >>.
Nell'udire quell'ultima arrogante frase, Sigyn si sentì avvampare.
Loki riusciva sempre a farla sentire una vera incompetente e questo la faceva infuriare.
Lei non era mai stata una donna dall'animo facilmente infiammabile, ma stranamente con Loki non riusciva a mantenere sempre la calma.
Lui la rendeva nervosa e la cosa che disturbava ancora di più Sigyn era il fatto che non c'era un vero motivo per cui lei avrebbe dovuto prendersela a quel modo.
Sapeva che il Dio degli Inganni stuzzicava le persona con l'esatto scopo di farle infuriare, traendo un perverso piacere dalla loro collera e dalla frustrazione.
Allora perché lei si lasciava ingannare a quel modo?
Perché a lei avrebbe dovuto interessare ciò che pensava di lei Loki?
Quell'uomo era un mostro senza sentimenti e se pensava che lei era una sciocca, ebbene, che continuasse a farlo.
A lei non importava.
Non doveva certo piacere a quell'uomo per ottenere il suo aiuto.
L'importate era che lui mantenesse la parola data e la guidasse infine da Theoric.
Solo questo contava.
Tuttavia, nonostante questi pensieri risoluti, quando tornò a parlare Sigyn lo fece con ancora una lieve nota incollerita nella voce.
<< Secondo... I piani, come tu li chiami, non avrei nemmeno dovuto liberarti dalle catene. >> gli fece notare, sollevando il capo verso di lui, con l'aria più decisa che poteva assumere.
<< Oh, certo. Non avresti dovuto…. >> Loki sorrise lievemente, senza allegria e senza mai voltare del tutto la testa nella direzione della donna ma continuando invece a darle le spalle, con la sua solita ed immancabile superbia: << Questo è quello che ti hanno detto tutti ad Asgard, vero? Ma tu hai deciso diversamente, giusto? Tu mi hai liberato. >>.
Sigyn non rispose.
Lui sembrava sempre pronto a sondare i suoi pensieri. Pareva permanete deciso a capire cosa l’avesse spinta ad infrangere le regole dettate dal Padre degli Dei, anche se sapeva benissimo che tutto quello che lei stava facendo era solo per Theoric.
Questa volta però a Loki non sembrava interessare davvero il motivo per cui la donna dai capelli biondi e gli occhi ambrati lo avesse liberato dalle catene.
L’importante per lui in quel momento era solo riuscire a fuggire definitivamente da quel luogo lugubre e oscuro dove da molto tempo non regnava altro che la desolazione.
<< Da che parte sei venuta? >> tornò infatti a chiedere all'improvviso, decidendosi finalmente a voltarsi verso Sigyn, mentre le rivolgeva affrettatamente la parola.
La donna gli si avvicinò, mantenendo come sempre la solita cautela, e indicò il tunnel alla loro sinistra.
Loki si mosse al suo fianco, scrutando i cunicoli sotterranei che si affacciavano sulla cella nella vecchia prigione asgardiana.
Poi, con un lieve cenno del capo, esclamò, rivolgendole una nuova frettolosa ma quasi disinteressata occhiata: << Molto bene. Allora guidami verso l'uscita. >>.
Per un breve istante, Sigyn restò come pietrificata dalle parole imperiose dell'uomo alto e oscuro al suo fianco.
Quando lei era scesa nei sotterranei, aveva solamente cercato di rintracciare la cella nella quale il Dio degli Inganni era rinchiuso e, tesa ed impaurita, non aveva badato troppo alla strada che stava percorrendo.
Inoltre, Sigyn si era mossa per l'ultimo tratto di quei cunicoli tortuosi quasi correndo, e perciò si rese improvvisamente conto di non riuscire a rammentare granché.
<< Ebbene? Ti vuoi dare una mossa? >> la voce tagliente di Loki la fece sobbalzare, facendole comprendere ancora una volta, quanto la vicinanza di quell'individuo la rendesse agitata: << Vorrei uscire di qui, preferibilmente prima che qualche ficcanaso o qualche guardia troppo zelante nel compiere il proprio mestiere, scopra la nostra piccola fuga in segreto. >>.
Sigyn rabbrividì nell'udire quelle ultime parole, canzonatorie.
Il Dio degli Inganni le aveva pronunciate con un tono simile alla complicità che non le piaceva affatto.
Sembrava quasi che lui le volesse rammentare il fatto che ella, ora che aveva contribuito in modo assai considerevole alla sua liberazione dalle prigioni dove era stato rinchiuso, fosse in combutta con lui.
Ma Sigyn non stava liberando Loki perché lo credeva innocente o per il semplice fatto di volerlo aiutare; per pietà e bontà.
Lo stava facendo per il suo amato capitano degli Einherjar; per il suo vero promesso sposo.
Non era comunque certa che qualcuno in tutta Asgard le avrebbe creduto, se l'avessero scoperta lì sotto, al fianco del principe traditore.
<< Te la ricordi, almeno, la strada? >> tornò a interrogarla con arroganza Loki, notando che la donna, adesso aveva iniziato a muoversi per i corridoi, ma che lo stava facendo a rilento, guardandosi continuamente attorno.
<< Io...>> la donna si morse il labbro inferiore, scuotendo leggermente il capo, ammettendo: << Mi dispiace, non ricordo esattamente la strada che ho percorso nel venire sin qui. Questi cunicoli sono tutti identici e.... >>.
<< Ho capito! Faccio strada io! >> sbottò Loki, facendola tacere di colpo.
Scosse il capo, quasi disgustato, e si mosse accanto a lei, oltrepassandola in fretta.
Mentre si muoveva accanto a lei, voltò leggermente il capo verso il suo orecchio, sussurrandole con perfidia: << Avrei dovuto aspettarmelo. >>.
Sigyn s'irrigidì completamente e per un istante smise di pensare, restando immobile a guardare con gli occhi brucianti  la schiena del Dio degli Inganni che, in fretta si muoveva attraverso il corridoio, senza far caso se lei lo seguiva oppure no.
Stranamente la giovane si sentiva ferita dalle parole che lui le aveva appena rivolto, con cattiveria.
Deglutendo lentamente Sigyn cercò di ricacciare indietro quel senso di smarrimento che l'aveva colta e, mettendo da parte l'orgoglio ferito, riprese a sua volta a camminare, seguendo Loki a capo chino.
Mentre si spostavano per i corridoi delle antiche prigioni abbandonate, Sigyn si accorse che i passi dell'uomo che la precedeva, non producevano quasi alcun tipo di rumore, sulla roccia fredda del pavimento.
Nonostante fosse stato picchiato e privato di cibo e acqua, il Dio degli Inganni si muoveva ancora con rapidità, silenzioso come un felino.
Anche i suoi occhi verdi che scrutavano irrequieti i dintorni, sembravano quelli di un gatto.
Lui si muoveva rapido per i corridoi e non si voltava mai indietro per accertarsi che lei riuscisse a mantenere il suo passo.
Loki aveva le gambe molto più lunghe delle sue, perciò Sigyn si ritrovò ben presto a camminare a passo spedito, quasi correndo, per tenergli dietro ed evitare di perderlo di vista.
Si allontanarono rapidamente dalla cella dove fino a pochi attimi prima era stato rinchiuso il principe traditore, attraversando un corridoio dopo l'altro, senza mai fermarsi.
Avevano percorso solo un paio di corridoi, però, quando all'improvviso dall'oscurità dinnanzi a loro, giunse il rumore di stivali in corsa sul pavimento di pietra, seguiti dal tintinnio di parecchie armi e dalle voci concitate dei loro proprietari.
I rumori erano inconfondibili.
Alcuni Einherjar si stavano avventurando nei cunicoli delle prigioni, spingendosi proprio verso quella appena abbandonata dal Dio degli Inganni e da Sigyn.
La donna ebbe un brivido violento, mentre si ricordava all'improvviso le parole che Heimdall le aveva rivolto durante il loro incontro sul Ponte dell'Arcobaleno.
" Potrai solo parlare con Loki. Se lascerai che lui ti inganni, se lo libererai, sarò costretto a dare l'allarme. "
Se lo libererai....
Non era forse quello che lei aveva appena fatto?
Sigyn sentì mancare un battito del cuore.
Heimdall doveva aver avvertito Odino e le guardie del suo tradimento, e adesso gli Einherjar stavano scendendo nei sotterranei per catturare Loki, ma anche lei.
<< Che cosa hai fatto? >> la voce insinuante di Loki la colpì all'improvviso come se l'uomo le avesse dato uno schiaffo in pieno viso e Sigyn, vedendo che lui si voltava di scatto verso di lei con un espressione minacciosa in volto, mosse un passo all'indietro, stringendosi automaticamente le braccia attorno al corpo, come se avesse dovuto difendersi da lui e dalla furia che, di nuovo aveva preso ad ardere nei suoi occhi.
<< Non ho fatto niente. >> riuscì a schermirsi lei, mentre scuoteva il capo.
<< Ti sei fatta scoprire! >> la incolpò Loki, afferrandola bruscamente per un braccio e trascinandola in un angolo del corridoio.
Sigyn per poco non inciampò nel tentativo di sottrarsi alla stretta di Loki.
<< Ti garantisco che nessuno mi ha vista. >> cercò di difendersi lei, parlando a voce bassa, per non far udire la sua voce alle guardie che, qualche cunicolo più in là, continuavano a setacciare le prigioni alla ricerca dei fuggiaschi: << E il principe Thor aveva detto che... >>.
<< Che c'entra Thor in tutto questo? >> la interruppe furiosamente Loki.
Negli occhi del Dio degli Inganni aveva fatto di nuovo capolino quella furiosa collera che sembrava essere sempre lì, nascosta sotto la sua pelle, pronta a venire fuori ad ogni minimo errore; ad ogni parola errata, ad ogni azione che a lui non piaceva.
<< Tuo fratello.... Mi ha aiutata a raggiungere le prigioni. >> spiegò Sigyn il più pacatamente possibile, senza tuttavia riuscire a guardare Loki in viso: << Senza il suo aiuto non sarei mai riuscita a venire a parlarti. >>.
<< Adesso tutto mi è chiaro. >> commentò il Dio degli Inganni, lasciandole andare bruscamente le spalle : << Avrei dovuto immaginarlo sin dall'inizio. >>.
Mosse un passo a ritroso, scuotendo il capo: << In effetti mi ero chiesto come tu avessi fatto a superare le guardie al portone principale, senza che loro ti fermassero. Non mi sei mai sembrata una donna capace di alcun sortilegio e, buona e disgustosamente onesta come sei, di certo non avevi utilizzato la menzogna per farti strada. >>.
Sigyn non replicò ma continuò ostinatamente a fissare il pavimento sotto ai suoi piedi, ascoltando con apprensione i suoni provenienti dai cunicoli vicini, dove le guardie si stavano dando da fare alla loro frenetica ricerca.
<< Dov'è adesso? >> chiese all'improvviso Loki, costringendo Sigyn a smettere di guardare a terra per sollevare il suo sguardo, ora confuso su di lui.
<< Thor? >> domandò a sua volta ella, sentendosi ancora una volta una sciocca.
<< Chi altri, se no? >> sbottò Loki, senza riuscire a dissimulare l'irritazione che provava quando parlava con lei.
Sigyn indicò vagamente il corridoio che loro stavano percorrendo, mormorando: << Sta sorvegliando l'entrata della prigione. >>.
Nell'udire quelle parole sul volto di Loki comparve una smorfia sarcastica e insoddisfatta al contempo: << Non mi pare si stia impegnando molto, visto che gli Einherjar sono comunque riusciti a scendere fin qui. >>.
<< Sono sicura che lui stia facendo del suo meglio. >> lo difese automaticamente Sigyn.
<< Questo vuol dire che il suo meglio non è sufficiente. >> la interruppe l'altro, acidamente fulminandola con lo sguardo: << Ed ora muoviamoci. Dobbiamo spostarci da qui, prima che le guardie ci scoprano. >>.
Si avviò, di nuovo senza guardarsi alle spalle per controllare se Sigyn lo seguiva o meno.
Lei esitò un istante, poi gli tenne dietro e insieme si inoltrarono nel corridoio, imboccando la strada contraria a quella in cui si sentivano provenire le voci delle sentinelle di Asgard.
Si mossero cautamente, attraverso il buio, passando davanti alle porte sbarrate e arrugginite delle varie celle, avanzando quasi a caso; imboccando un tunnel dopo l'altro.
Tutt'attorno a loro c'era solo il suono del loro respiro e dei loro passi.
Erano riusciti ad allontanarsi dalle guardie per il momento, ma Sigyn si chiese con preoccupazione dove in realtà loro due stessero dirigendo i loro passi.
Aveva l’impressione di star tornando indietro, nelle profondità delle prigioni, invece che dirigersi verso l’uscita.
Loki che procedeva in testa, sembrava cercare di mantenere sempre la stessa direzione, ma i corridoi si intersecavano così spesso che dopo un po dovette rinunciare.
Sigyn scrutò l'oscurità del corridoio davanti a sé.
Era la stessa strada che lei aveva percorso per raggiungere la cella dove era stato rinchiuso Loki?
Non poteva dirlo.
Non riusciva a capire.
Quelle prigioni erano troppo complesse; ed i loro corridoi troppo simili fra loro per poter essere distinti l'uno dall'altro.
Ad un certo punto il Dio degli Inganni si fermò e si voltò verso la donna che lo seguiva da vicino.
<< Non stiamo andando da nessuna parte! >> era di nuovo tremendamente irritato: << Dobbiamo provare in un altro modo. Torniamo indietro! >>.
Aveva appena concluso di pronunciare quella frase, quando attraverso i cunicoli, poco distante da loro, tornarono a farsi sentire le voci concitate degli Einherjar sulle loro tracce.
<< Di qua! Di qua! Seguitemi! >>
Sigyn scoccò un'occhiata affrettata a Loki.
Il Dio degli Inganni aveva iniziato adesso a guardarsi attorno con aria sfuggente; agitato e guardingo.
C'era una rinnovata inquietudine nei suoi occhi verdi; la stessa che probabilmente si rifletteva in quelli di lei.
Stavano per essere scoperti e Sigyn aveva ricominciato ad avere paura, non di Loki questa volta, ma degli Einherjar stessi.
Perché adesso, coloro che fino a qualche giorno prima l’avrebbero solo aiutata e protetta, stavano per diventare, oltre a quelli del Dio degli Inganni, anche suoi nemici.
<< La cella del traditore si trova da questa parte, quindi lui deve necessariamente fuggire da qui se vuole andarsene! >> continuò la voce di una delle sentinelle, giungendo questa volta molto più chiara alle orecchie di Loki e della donna al suo seguito.
Nell'udire la voce dei soldati e la maniera rozza con cui si rivolgevano a lui, il principe dai capelli scuri strinse i denti, cercando di contrastare l’improvviso moto d’ira che quelle parole gli avevano provocato.
Per tutti ormai lui era diventato semplicemente “il traditore”.
Nessuno si curava più di pensare a lui come all'uomo che era stato re di Asgard o, per lo meno, al principe che era tuttora; e le guardie avevano smesso quasi definitivamente di mostrargli il dovuto rispetto.
L’unica cosa che ancora sapevano fare, era temere la sua collera.
E allora Loki avrebbe fatto in modo che loro si ricordassero in eterno di lui; se non come re o principe, come quello che era riuscito ad incutere in loro il terrore.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** In the dark ***


<< Dammi la torcia. >> le ordinò ad un tratto Loki, smettendo di colpo di avanzare lungo i cunicoli sotterranei avvolti nell'oscurità.
Sigyn lo guardò per un istante, esterrefatta, senza riuscire a capire il motivo di quella strana richiesta.
<< La.... La torcia? >> ripeté con un filo di voce, guardando prima la fiaccola che reggeva fra le mani e poi il volto del Dio degli Inganni, adesso immobile a pochi passi da lei.
<< Hai capito bene. >> replicò questo con fare stizzito, agitando la mano destra per enfatizzare l'urgenza delle proprie parole.
Aveva ricominciato a guardare la donna immobile a pochi passi da lui con quella sua aria di superiorità che Sigyn iniziava vagamente a detestare, perché la faceva sempre sentire piccola ed indifesa, dinnanzi al Dio degli Inganni.
<< La torcia; quella che stringi in mano, hai presente? >> proseguì Loki, assumendo lo stesso tono che avrebbe potuto usare con un servitore poco istruito; senza mai distogliere il suo sguardo impertinente dal viso di lei.
<< Io... >> Sigyn esitò ancora un attimo.
Tuttavia quel momento durò poco, visto che all'improvviso Loki la fece sobbalzare violentemente, quando, persa definitivamente la calma, le urlò contro: << Vuoi darti una mossa? >>.
<< Si! Ecco; prendi! >> si affrettò allora ad annuire Sigyn, porgendo in tutta fretta all'alto uomo dalla pelle diafana e dai capelli neri, la torcia che fino ad allora aveva retto lei stessa fra le mani.
Loki la prese, strappandogliela letteralmente dalle dita senza alcun riguardo, e Sigyn rimase a guardarlo infastidita dalle sue reazioni scortesi e quasi violente.
Era ben evidente che Loki, adesso di nuovo libero dalle catene, non aveva più alcuna intenzione di mostrarsi gentile nei suoi confronti.
Sembrava sopportare la vicinanza di Sigyn con estrema riluttanza, e  all'improvvisa ella si ritrovò a domandarsi se non avesse davvero preso una decisione tremendamente errata, quando aveva acconsentito, appena qualche attimo prima, a liberare il Dio degli Inganni dalla sua prigionia.
Lei sapeva bene che Loki era pericoloso e molto, ma molto astuto.
Reprimendo un improvviso brivido gelido, Sigyn si strinse il mantello sulle spalle, lasciando che i dubbi la sommergessero.
Ricominciava ad avere paura della vicinanza del Dio degli Inganni e, quasi a tradimento, l'assalì il ricordo della notte di nozze, quando lui l'aveva minacciata, premendole un coltello alla gola.
Deglutendo a vuoto, Sigyn cercò di scacciare quel ricordo dalla mente, dimenticando la follia che aveva veduto allora nello sguardo di Loki, per tornare ad osservarlo solo come era in quel momento; pallido, dolorante e stremato dalla prigionia.
<< Cosa...Cosa vuoi fare? >> domandò dopo un altro attimo di indecisione.
Non sapeva bene perché avesse rivolto di nuovo la parola al Dio degli Inganni, ma sapeva che non doveva lasciarsi spaventare dai ricordi e, per fare questo avrebbe dovuto evitare di pensare.
Parlare, forse, l'avrebbe aiutata a mantenere la calma.
Loki la degnò appena di uno sguardo fuggevole, prima di tornare a volgerle le spalle per riprendere il cammino attraverso il dedalo di corridoi sotterranei.
Poi, borbottò, senza la minima ombra di entusiasmo: << Ora vedrai. >>.
Non aggiunse altro e Sigyn decise che, per il momento, poteva farsi bastare quella evasiva risposta.
Non aveva alcuna intenzione di rischiare di innervosire il Dio degli Inganni; così, ricominciò a seguirlo a passo svelto.
Avevano percorso solamente un breve tratto di galleria, però, quando Loki, tanto inaspettatamente da lasciare Sigyn senza fiato, tornò a volgersi verso di lei, interrompendo di botto la loro avanzata lungo i cunicoli scavati nella roccia.
Sigyn s'irrigidì istintivamente, chiedendosi che cos'altro lui avesse in mente ora.
Glie l'avrebbe chiesto, ma quando alzò gli occhi su di lui, le parole le morirono sulle labbra.
C'era qualcosa di diverso nello sguardo che lui le stava rivolgendo e quando Loki parlò, anche la sua voce risuonò meno arrogante, anche se sempre decisa.
<< Mi raccomando; resta sempre dietro di me. Non superarmi e non andare assolutamente ai lati. Resta nascosta dietro alla mia schiena. Più vicina stai a me, meglio è. Chiaro? >>.
Perplessa da quelle parole, Sigyn annuì, cercando di mostrarsi decisa quanto lo sembrava lui; stupita da quella nuova e inaspettata apprensione che le era parso di intuire per un attimo soltanto nella voce del Dio degli Inganni, mentre le impartiva quelle specie di ordini.
Sembrava stesse cercando di farle capire che, se non avesse fatto come lui le diceva, sarebbe accaduto qualcosa di assai spiacevole.... A lei, almeno.
Per un attimo ancora, Sigyn ed il Dio degli Inganni restarono fermi, l'uno di fronte all'altra.
Poi, Loki annuì leggermente e tornò a voltarle le spalle per riprendere il cammino.
Al primo momento, Sigyn si impose di restare in silenzio, limitandosi a seguire Loki lungo i cunicoli che si dispiegavano per tutte le antiche prigioni, desiderando di avere a propria disposizione una mappa per potersi orientare meglio, pur sapendo che questo era totalmente impossibile.
Quel luogo era stato costruito proprio con l'intento di evitare l'evasione di chiunque vi fosse stato rinchiuso.
Poi, però, si accorse che il fratello di Thor teneva adesso la torcia che lei gli aveva appena dato, molto scostata dal suo corpo.
La teneva distante, con il braccio destro completamente teso da un lato, quasi avesse timore di tenere troppo vicina la fiamma a sé, per evitare di scottarsi.
Sigyn restò zitta ancora un secondo; poi, senza più riuscire a resistere, gli chiese a bassa voce, formulando con attenzione la propria domanda, per evitare di tornare a far infuriare l'altro :<< Che cosa stai facendo? Perché tieni la torcia così lontana? Riusciremmo a scorgere meglio il sentiero se tu la tenessi dinnanzi a te. >>.
Loki volse appena il capo verso di lei, senza smettere di avanzare, e mentre rispondeva, un vago sogghigno si dipinse sulle sue labbra sottili: << Con un intero plotone di Einherjar che si aggira allegramente per le prigioni, solo un idiota terrebbe la torcia dinnanzi a sé. >>.
Come sempre quando lui non le rispondeva con ira, le sue parole erano sferzanti e derisorie e Sigyn ebbe l'impressione che la parola "idiota" fosse rivolta propriamente a lei.
Questo la fece infuriare, ma lei si trattenne dal replicare.
Non voleva attrarre su di sé la collera di Loki; così represse l'impulso di gridargli in faccia che lei non era affatto il genere di donna che lui si immaginava.
Invece, lo incitò: << Spiegati meglio. >>.
Aveva però appena finito di pronunciare quella frase, quando un suono sibilante ruppe il silenzio circostante e la fiaccola che Loki reggeva nella mano, gli schizzò via come un lampo, piroettando per aria per finire al suolo con uno schianto.
Una freccia era andata a conficcarsi nella parete accanto a loro, poco distante dall'orecchio destro di Sigyn.
Loki sentì che la donna al suo fianco s'irrigidiva violentemente, mentre ella voltava il capo per guardare ad occhi spalancati, confusa e frastornata l'estremità inferiore della freccia che sbucava dalla parete accanto a lei.
Evidentemente, si stava rendendo conto che quella freccia aveva mancato il suo viso solamente di pochi palmi.
<< Ecco, appunto. >> borbottò Loki sospirando, all'apparenza per nulla messo in allarme da quello che era appena successo, come se lui avesse saputo fin dall'inizio che dall'oscurità sarebbe stato scagliato contro di loro un dardo appuntito.
<< Hai ancora bisogno di altre spiegazioni o la dimostrazione pratica ti basta? >> le domandò sferzante, volgendosi per guardarla con un espressione astuta sul volto affilato.
<< Tu.... Tu lo sapevi?! >> domandò Sigyn esterrefatta e ancora tremante per lo scampato pericolo.
<< Diciamo che conosco gli Einherjar meglio di quanto tu immagini. >> rispose Loki con l'aria di chi sa bene ciò che sta dicendo: << Sono cocciuti e molto, molto avventati. >>.
Loki aveva appena concluso quell'ultima frase, quando una guardia solitaria sbucò dalle ombre del corridoio, entrando nel raggio di luce della torcia, che adesso ardeva al suolo a pochi passi di distanza da loro, dove era caduta quando la freccia l'aveva strappata dalle dita del Dio degli Inganni.
Per un breve attimo, la sentinella con l'aratura dorata, rimase immobile a fissare i due fuggiaschi come se fosse praticamente incredula nel trovarseli di fronte.
Poi, riscuotendosi, iniziò ad avvicinandosi a loro con fare deciso e autoritario.
<< Fermi dove siete! >> esordì in tono minaccioso, snudando la spada che portava legata al fianco.
Questa produsse un suono metallico che fece accapponare la pelle di Sigyn ed essa, seguendo un improvviso istinto, mosse un passo più vicino a Loki, cercando di farsi piccola, alle sue spalle.
Era inutile dire che quella situazione la terrorizzava.
L'espressione sul viso di Loki non mutò minimamente, mentre rispondeva con estrema prontezza: << Ti do un consiglio, soldato. Lasciaci libero il passaggio. Se lo farai, potrai salvarti la vita. >>.
<< Taci! >> tentò di zittirlo l'altro, mostrandosi più coraggioso di quanto in realtà Loki sospettava che fosse: << Non riuscirai ad ingannarmi. >>.
<< Ma io non ho alcuna intenzione di ingannarti. >> replicò Loki e Sigyn, alle sue spalle, si sentì attraversare da un nuovo, intenso brivido gelido, sentendo la voce del Dio degli Inganni che si era fatta calma e suadente.
Adesso aveva la netta e spiacevole sensazione che lui stesse veramente mentendo.
Sigyn era convinta che Loki avesse già in mente un piano.
Era per questo che, probabilmente, riusciva a mantenere quella calma composta dinnanzi all' Einherjar armato che sbarrava loro la strada.
<< Qualunque cosa tu dica; qualsiasi stratagemma tu tenti di ideare, non ti lascerò mai uscire dalle prigioni, stanne certo. >> continuò a minacciarlo coraggiosamente l'Einherjar: << I tuoi trucchetti con me non funzionano, e tu sei disarmato. >>.
Scosse il capo, agitando la spada nell'aria: << Come credi di potermi battere? >>.
Il Dio degli Inganni fissò per un attimo l'altro uomo senza parlare; tutti i pensieri ben celati dietro ad uno sguardo impenetrabile.
Poi, rise ferocemente, fermandosi solo quando il labbro rotto riprese a sanguinare.
<< Un'idea ce l'avrei. >> sussurrò.
Per una frazione di secondo, l'Einherjar rimase in silenzio, confuso e, Sigyn lo sapeva, anche spaventato dalle parole di Loki e dalla sicurezza che riusciva a far trapelare dalla sua figura alta e pallida.
Per quanto la sentinella asgardiana tentasse in tutti i modi di non darlo a vedere, era evidente che aveva paura di quello che Loki poteva fare, anche se, come lui stesso aveva affermato, in quel momento il Dio degli Inganni era totalmente disarmato e privo della sua magia.
<< Non puoi fare nulla contro un Einherjar armato. >> continuò ostinatamente a schermirsi il soldato.
<< Lo credi davvero? >> domandò Loki, sollevando il mento con fare imperioso, per guardare l'altro dall'alto al basso.
Sigyn in quel momento pensò che, seppur nelle condizioni pietose in cui Loki si trovava, esso sembrava riuscire a dominare con la sua altezza e le sue maniere decise, qualsiasi altro asgardiano.
In ogni suo movimento; nel suo modo di comportarsi, c'era sempre una nota regale ed altrettanto inquietante.
La guardia, ancora immobile a pochi passi da Loki e Sigyn si lasciò sfuggire una risatina nervosa, squittendo con voce resa acuta dalla tensione: << Senza la tua magia, Dio degli Inganni, tu non sei nessuno. >>.
Scosse in fretta il capo, come per enfatizzare le proprie parole e infondere maggior coraggio a sé stesso, anche se non sembrava credere nemmeno lui a ciò che stava dicendo.
Loki non rispose e per un istante rimase fermo con il mento all'infuori, a fissare intensamente l'Einherjar davanti a lui.
Poi, quasi a tradimento, annunciò con una calma raggelante: << Io ti ho già visto prima. >>.
<< Co... Come?! >> bofonchiò la sentinella, strisciando il piede destro al suolo, nervosamente: << Che cosa stai dicendo? >>.
<< Ma certo... >> Loki fece schioccare le dita della mano destra, come se di colpo si fosse ricordato di un particolare molto importante.
Sorrise crudelmente all'indirizzo dell'altro uomo, poi gli puntò l'indice contro, annunciando: << Tu sei uno dei cari Einherjar che si sono premurati di farmi raggiungere la cella con spintoni e colpi bassi. >>.
Il sorriso lasciò di colpo il volto spigoloso di Loki ed esso s'incupì, concludendo a voce bassa: << Tu sei uno di quelli che mi ha picchiato. >>.
L'Einherjar mosse istintivamente un passo a ritroso, sempre più confuso e Sign notò che adesso era sbiancato in viso e faceva di tutto per evitare lo sguardo furente che Loki gli teneva puntato addosso.
<< Io... >> iniziò a mugugnare, ma il Dio degli Inganni lo  interruppe; proseguendo: << Certo che sei tu. Ricordo bene la tua faccia. >>.
Inclinò leggermente il capo, pronunciando quelle ultime parole con calma e quasi con bonomia: << Ora che sono libero, non fai più tanto lo sbruffone, è così? >>.
Sigyn alle sue spalle, si mosse appena, timorosa di ciò che l'altro potesse avere in mente.
Sembrava tranquillo, quasi sereno, ma ella pensava che quella no fosse altro che una maschera con la quale Loki stava nascondendo tutto l'odio che covava all'interno.
<< ...Loki... Che vuoi fare? >> si azzardò a domandare in un soffio flebile; appena percettibile persino nel silenzio dei sotterranei.
Lo sguardo dell'Einherjar si mosse appena su di lei, quando avvertì la sua voce, ma non disse nulla e, subito dopo tornò a dedicare le proprie attenzioni al Dio degli Inganni che, per conto suo, parve non fare minimamente caso alla presenza di Sigyn accanto a lui.
Le sue parole, comprese allora lei in un lampo, erano state gettate completamente al vento.
A Loki non interessava cosa lei pensava.
Voleva solo....
<< Ora ho un motivo in più per non farmi tanti scrupoli ad attaccarti. >> esclamò tutto a un tratto, rompendo il nuovo silenzio che per un attimo aveva invaso le prigioni.
<< Non osare muoverti. >> balbettò l'Einherjar, portando istintivamente la spada dinnanzi a sé in posizione difensiva.
Loki aggrottò la fronte, fingendo di riflettere sulle parole dell'altro.
Poi, con una scrollata di spalle, decretò freddante: << Spiacente. Temo che non ascolterò il tuo spassionato consiglio. >>.
<< Loki.... >> lo chiamò di novo Sigyn, scattando in avanti, come se avesse avuto l'intenzione di bloccarlo;  afferrandolo per una manica.
Ma non lo fece.
All'ultimo momento si trattenne timorosa che Loki avesse potuto rivoltare la propria collera su di lei, se avesse tentato di ostacolarlo.
Era come se lei non ci fosse e il Dio degli Inganni non le prestava la minima attenzione.
Ormai il principe traditore riusciva solo a pensare al suo avversario.
Agile, si era già chinato verso terra e, dopo aver raccolto la fiaccola, la scagliò quasi in un solo gesto contro l'Einherjar di fronte a lui.
Il soldato agitò la spada dinnanzi a se, con prontezza, deviando la traiettoria della torcia diretta al suo volto.
Questa volò per aria per la seconda volta, finendo contro la parete di fianco con uno schiocco tremendo, spegnendosi tutt'a un tratto e facendo sprofondare le prigioni nell'oscurità più totale.
Alle sue spalle, Loki sentì Sigyn singhiozzare, mentre di fronte a sé, riusciva a percepire il respiro, sempre più agitato della guardia armata.
A quanto pareva, l'unico a non avere problemi a muoversi al buio era proprio Loki.
Nell'oscurità un lento e cupo sorriso dischiuse le labbra del Dio degli Inganni.
<< Non si vede più nulla. >> si lamentò Sigyn, e Loki sentì che gli si faceva più vicina, e cercava istintivamente con la mano tremante, il braccio di lui.
Dunque, pensò il Dio degli Inganni, sorpreso, quella donna aveva più paura di poter restare lì sotto da sola, al buio, che della sua presenza.
<< Tu forse non vedi nulla. L'Einherjar certamente è cieco ormai. >> replicò in tono arrogante: << Ma non necessariamente lo devo essere anche io. >>.
Lui aveva trascorso giorni interi nell'oscurità più totale e, anche prima di venire imprigionato, aveva condiviso molte volte la sua solitudine con il nero più profondo della notte.
Poteva affermare di conoscere tutte le forme e le insidie del buio e sapeva sempre come muoversi in esso.
Sapeva ascoltare ciò che il buio gli suggeriva.
Non aveva bisogno di vedere ciò che lo circondava; ed ora sapeva anche cosa doveva fare.
Doveva togliere di mezzo l'Einherjar prima che l'altro si riprendesse da quel momentaneo attimo di smarrimento.
Prima che esso si rendesse conto di cosa stava realmente succedendo.
Doveva agire in fretta, muovendosi furtivo e diventare più oscuro del buio che lo circondava.
Respirò a fondo per calmare i battiti del suo cuore affrettato, quasi eccitato da ciò che si stava accingendo a fare.
Sapeva bene che aveva poco tempo a sua disposizione e non poteva permettere che quell'Einherjar riuscisse a catturarlo di nuovo.
Avrebbe fatto ciò che era necessario.
Alle sue spalle sentì che Sigyn si agitava; il respiro affannato.
Sapeva che lei stava cercando di penetrare l'oscurità con la vista, senza riuscirci.
Ne poteva percepire tutto il terrore.
Loki si concesse solo un istante per pensare a lei; dopodiché escluse completamente la presenza della donna dai propri pensieri.
Quindi, con uno scatto, si mosse rapido e letale, verso l'Einherjar armato che, lui lo sapeva, da quando l'oscurità era piombata nei sotterranei, era rimasto perfettamente immobile.
Il soldato, comprendendo che Loki lo stava per attaccare, cercò di tirare un fendente con la spada nella direzione in cui era certo che il Dio degli Inganni si stava avvicinando, ma lo mancò.
Loki si era scostato appena in tempo, quando aveva percepito lo spostamento d'aria creato dalla spada stretta nelle mani del suo avversario.
Trattenendo il respiro, Loki premette il proprio corpo contro la parete ruvida delle prigioni, riflettendo.
Forse l'attacco diretto non era la cosa più ovvia da fare in un momento come quello.
Prima doveva distrarre il suo avversario, perché, se anche era un Einherjar impulsivo, era stato addestrato bene all'arte delle armi e anche al buio avrebbe potuto riuscire a scoccare un attacco fortunato che avrebbe colpito Loki se lui si fosse mosso troppo incautamente.
Stava facendo questi ragionamenti, ascoltando il respiro affannoso dell'Einherjar, ora di nuovo immobile quanto lui pochi passi di distanza, quando improvvisamente si ricordò della corta catena che gli pendeva dal braccio.
Poco prima l'Einherjar aveva affermato quasi spavaldamente che Loki era disarmato, ma questo non era del tutto esatto.
Aveva ancora un arma a sua disposizione, rifletté il principe dai capelli corvini, mentre all'improvviso si ricordava del frammento di catena che gli pendeva dal bracciale metallico che ancora aveva stretto sul polso.
Certo, era solo un arma improvvisata, ma avrebbe comunque potuto sortire l'effetto desiderato.
Sarebbe bastata per liberarsi di quell'Einherjar.
Allora Loki prese la sua decisione e tornò ad agire.
Muovendosi in fretta, fece saettare la catena verso la parete opposta a quella dove lui si era acquattato, facendo scontrare il metallo con la roccia e producendo un suono metallico che si espanse per tutti i sotterranei, moltiplicandosi in miriadi di eco diverse.
Ora!
Con quest'unica parola nella mente, Loki tornò a muoversi, sapendo che l'Einherjar, confuso dal frastuono che si era propagato nei corridoi, non avrebbe più potuto seguire i suoi spostamenti.
Gli balzò contro, avventandosi su di lui come un gatto sul topo.
Riuscì a afferrare la spalla dell'altro alla cieca e piroettando su se stesso, lo oltrepassò di lato, finendogli alle spalle.
Sentì che il soldato tirava ancora una stoccata con la spada, nella speranza di colpirlo, e Loki percepì un intenso bruciore alla spalla destra.
L'Einherjar era riuscito a ferirlo; di striscio probabilmente, ma lo aveva comunque colpito.
Allora Loki, sentendosi invadere da tutta la rabbia che in quei giorni di reclusione l'aveva tormentato senza trovare pace, strinse con forza entrambe le mani sul collo dell'altro, non prima di avergli gettato via l'elmo che lo proteggeva alla testa.
L'Einherjar iniziò a menare fendenti a caso, colpendo solamente l'aria dinnanzi a lui e Loki, sempre avvinto a lui alle sue spalle, fu rapido a passargli il frammento di catena che ancora aveva aggrappato al braccio attorno al collo.
Tirò ancor più a se l'Einherjar e con una mossa veloce, strinse con tutta la sua forza la catena intorno al collo scoperto della guardia.
Una furia fredda, violenta, rispose gioendo nel petto di Loki, mentre sentiva l'altro uomo che si divincolava spasmodicamente sotto la propria presa.
Poi i movimenti della sentinella vestito d'oro e marrone si fecero più stanchi, rassegnati; finché questo si accasciò fra le sue braccia.
Allora Loki abbandonò la presa su di lui e lasciò che il corpo dell'Einherjar crollasse al suolo con un tonfo, senza nemmeno un gemito.
Nell'udire quell'ultimo suono, e nel constatare che Loki non le era ormai più accanto, Sigyn sobbalzò violentemente e trattenne il respiro cercando di ascoltare e di capire ciò che accadeva attorno a lei.
Da quando la torcia si era spenta, non era più riuscita a capire cosa stesse accadendo attorno a lei.
Era orribile trovarsi in quel sotterraneo oscuro, imprigionata fra due alte pareti di roccia, sapendo di essere tanto vicina all'uomo più pericoloso, infido ed instabile di tutta Asgard e ad un ---- impulsivo, pronto alla lotta.
Sigyn aveva paura di ciò che stava accadendo, anche se immaginava già la risposta ai suoi interrogativi.
<< Loki.... >> chiamò con un filo di voce, ma dal buio non ricevette alcuna risposta.
Spaventata, con il cuore che le martellava in petto e con oscuri pensieri che minacciavano di sopraffarla, Sigyn chiuse gli occhi per un istante, cercando di calmare il proprio cuore in subbuglio.
Immaginava già il peggio.
<< Loki... Ti prego, rispondi... >> balbettò, ma dall'oscurità non le giunse ancora alcun suono.
Allora, cercando di farsi coraggio, Sigyn decise di muoversi a sua volta.
Era un rischio, lo sapeva, ma non poteva continuare a restare ferma dov'era, ora che nel cunicolo sotterraneo era di nuovo caduto il silenzio più totale.
Intorno a lei c'era solo nero, senza alcun punto di riferimento.
Tese un braccio in avanti ed iniziò ad avanzare con passo incerto.
Urtò con un ginocchio contro qualcosa di duro e cadde, atterrando con le mani in avanti.
Rimase così per un attimo, respirando forte.
Poi riprese a tastare il suolo fino a quando sentì sotto le dita il legno ruvido della torcia spenta.
Allora in fretta, estrasse dalla borsa che aveva con se la pietra focaia, tornando ad accendere la fiaccola con mani tremanti.
Quando la luce tornò ad invadere il sotterraneo, con la sua fiamma baluginante, Sigyn si guardò attorno con occhi ansiosi.
E allora, in un attimo capì cosa era accaduto.
Quello in cui lei era inciampata, era il corpo dell'Einherjar che fino a poco tempo prima, aveva sbarrato il cammino a lei e al principe traditore; impedendo loro di fuggire.
Adesso, la guardia giaceva a terra, con il volto all'ingiù.
A prima vista sembrava solo addormentata, ma la donna non poteva esserne sicura.
Era ovvio che fra lui e Loki c'era stato uno scontro e se il Dio degli Inganni era uscito vincitore, questo poteva voler dire che il principe traditore aveva....
Sigyn chiuse per un attimo gli occhi, scacciando quell'orribile pensiero.
Poi, tornò a guardarsi attorno, frastornata, fino a posare i suoi occhi sulla sagoma del Dio degli Inganni.
Lui era lì, a pochi passi da lei, inginocchiato accanto al corpo inerme dell'Einherjar, e stringeva con forza fra le mani la spada dell'altro uomo; la punta rivolta verso il basso, quasi conficcata a terra.
Loki sembrava poggiarvi sopra tutto il suo peso, come se fosse stremato.
Aveva gli occhi chiusi, ma sul volto era dipinta un'espressione fredda e impassibile che fece raggelare Sigyn.
<< Che... Che cosa hai fatto? >> bofonchiò ella, muovendosi appena nella sua direzione.
Nell'udire la sua voce, Loki parve riprendersi un poco e, aprendo gli occhi, sollevò il capo, allentando la presa sull'impugnatura della spada.
Per un attimo restò ancora immobile a guardare nel vuoto; poi le rivolse un'occhiata frettolosa, dileguando le sue proteste con un semplice e distaccato: << Non è morto, se è questo che ti stai domandando. è solo svenuto. >>.
Sigyn stava per trarre un lungo sospiro di sollievo e stava quasi per ringraziare Loki per non aver ucciso l'Einherjar, quando il Dio degli Inganni soggiunse con un ghigno feroce: << è stato fortunato. Al buio devo averlo colpito male. >>.
Sigyn spalancò e richiuse la bocca per tre volte, allibita e stupefatta dall'affermazione dell'altro, senza sapere bene cosa dire.
Poi, esclamò scandalizzata: << Non dirai sul serio, spero. >>.
Loki aggrottò la fronte, fissandola come se fosse sorpreso dalla sua reazione.
Poi, come se ciò che lui aveva appena fatto fosse la cosa più naturale del mondo, le domandò: << La cosa ti disturba? >>.
Sigyn era esasperata adesso.
<< è questa... Questa è la causa per cui non volevo liberarti dalle catene. >> sbottò, sdegnata, agitando le braccia nell'aria per enfatizzare le proprie parole: << Tu mi avevi detto che non avresti fatto del male a nessuno, se ti avessi liberato. Hai mentito! >> lo accusò, stringendo i denti per la frustrazione.
Nel profondo del petto sentiva un peso; una sorta di delusione.
Aveva l'impressione che se ora Loki faceva del male a qualcuno, fosse anche colpa sua.
era come se fosse Sigyn a colpire ogni Einherjar che lui feriva, perché era stata lei a permettere a Loki di scatenare di nuovo il suo odio sugli abitanti della Città Eterna.
Si sentiva tremendamente il colpa.
<< Non essere ridicola. >> tagliò corto Loki, gelandola con lo sguardo: << Questo qui non è certo migliore di me. >>.
S'interruppe, alzandosi da terra, per affibbiare un calcio nelle costole dell'Einherjar a terra: << Meriterebbe di essere ucciso per ciò che ha osato farmi quando sono stato condotto in cella. Io sono un principe e lui mi ha profondamente mancato di rispetto! >>.
Scosse il capo, poi guardò Sigyn come se quella spiegazione potesse risolvere ogni cosa: << è uno di quelli che mi ha picchiato. >>.
Sigyn scosse il capo e volse lo sguardo altrove, disperatamente.
Sentiva il bisogno di mettersi ad urlare contro Loki con tutto il fiato che aveva in corpo; dicendogli che era un uomo spregevole e crudele; un individuo mosso soltanto dall'odio e dalla presunzione.
Voleva dirgli che essere un principe non gli dava alcun diritto di maltrattare gli altri come lui faceva. 
Invece, a fatica ella riuscì a trattenersi, scacciando le lacrime che parevano sul punto di sgorgarle dagli occhi.
<< Questo.... >> balbettò: << Questo non ti da assolutamente il diritto di ucciderlo. >>.
Era sconvolta e non voleva credere a ciò che Loki le stava dicendo.
<< Avrei un più che buon motivo per farlo, invece. >> puntualizzò lui, pacatamente: << Già dimentichi cos'ha fatto poco fa, quando ha scagliato la freccia che ha colpito la torcia?! >> strinse l'impugnatura della spada fra le mani e puntò l'arma verso la donna a pochi passi da lui, sfiorandole il viso con la lama gelida.
Sigyn istintivamente mosse un passo indietro e il filo tagliente della spada le recise una sottile ciocca di capelli dorati che cadde al suolo, ai suoi piedi.
<< Avresti potuto essere tu a reggere la fiaccola e lui ti avrebbe ferita. >> concluse Loki, tornando ad abbassare la lama della spada.
Poi, osservando la ciocca di capelli che giaceva al suolo, scosse il capo, commentando: << Che peccato. Avresti dovuto restare ferma. Avrei volentieri evitato di dare una spuntatina alla tua acconciatura. >>.
Sigyn deglutì a vuoto, cercando di ignorare la battuta fuori luogo dell'altro.
<< Ha agito d'istinto. >> replicò Sigyn, difendendo istintivamente l'Einherjar svenuto: << Era spaventato. >>.
<< Avrebbe potuto ucciderti, se io non ti avessi tolto la torcia dalle mani. >> ribadì Loki, quasi senza prestare la minima attenzione alle parole di lei.
Aveva iniziato a contemplare la lama della spada che aveva sottratto all'Einherjar, come se ne stesse valutando la fattura.
 << Che cosa stai dicendo? >> gli domandò allora Sigyn, scuotendo il capo incredula: << Vuoi forse farmi credere che tu mi hai salvato la vita? >>.
<< No. >> Loki tornò a guardarla; un'espressione adesso indecifrabile sul viso affilato: << Ma probabilmente ti ho risparmiato un bel po di sofferenza. >>.
Sigyn tornò a fare segno di no con la testa.
Era troppo sconvolta.
Per un istante né lei né il Dio degli Inganni parlarono più; mentre lui continuava imperterrito ad esaminare con occhio critico la spada del soldato asgardiano.
Poi, inaspettatamente fu di nuovo lui a riprendere parola, affermando: << Questo qui ha scoccato la freccia deciso a colpire me, ma non sapeva nemmeno contro chi la stava scagliando. >>.
Rivolse alla donna un sorriso vacuo e distante, prima di chiederle: << Dimmi, Sigyn. Ora osi ancora affermare che loro sono i buoni? >>.
Sigyn si morse il labbro inferiore, chinando la testa.
<< Ha commesso un errore... Tutto qui. >> mormorò, sempre decisa a proteggere l' Einherjar.
D'altronde era Loki il prigioniero che stava tentando la fuga e la sentinella asgardiana aveva solamente fatto il suo dovere, cercando di fermarlo.
<< Poteva trapassarti con una freccia, lo sai? E tu lo proteggi ancora? >> Loki tornò ad aggrottare la fronte, perplesso: << Sono a dir poco senza parole. >>.
L'eco delle sue ultime parole si era appena spenta nella semioscurità del corridoio nel quale lui e Sigyn si trovavano, quando una nuova ma assai familiare voce, esclamò: << Sarebbe la prima volta, fratello. >>.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** SOMEONE TO TALK TO ***


Nell'udire la voce tonante che, all'improvviso aveva rotto il silenzio che albergava nel corridoio alle sue spalle, il corpo del Dio degli Inganni s'irrigidì violentemente.
Thor era sbucato nel corridoio dove Loki e Sigyn erano immobili, il respiro affannato, Mjolnir stretto in pungo e lo sguardo deciso.
<< Thor.... >> borbottò Loki in tono quasi lugubre: << Ci rivediamo ancora una volta. >>.
Sospirò, come se si stesse rassegnando a sopportare qualcosa di inimmaginabilmente fastidioso: << Sai, trovo che sia particolarmente snervante constatare quanto tu sia.... Appiccicoso. è mai possibile che io ti ritrovi sempre fra i piedi anche nei momenti meno opportuni?! >>.
<< Non sembri contento di trovarmi qui. >> constatò Thor, guardando con aria decisa il volto pallido e segnato dell'altro uomo.
<< Oh, al contrario; fremo dalla gioia di rivederti. >> mugugnò Loki, sempre mantenendo lo stesso tono cupo di poco prima.
<< Thor! >> ripeté Sigyn, mentre il suo viso si distendeva leggermente, felice, al contrario di Loki, di rivedere il Dio del Tuono sano e salvo e probabilmente pronto ad aiutarla ad uscire di lì.
Senza riflettere più di tanto a quello che faceva, oltrepassò il principe dai capelli scuri che aveva da poco liberato di prigione, per mettersi a correre verso il Dio del Tuono.
Quando fu a pochi passi da lui, gli gettò le braccia al collo, nascondendo il viso contro la sua armatura.
Fino ad allora si era comportata il più coraggiosamente possibile, ma ora che rivedeva Thor, tutta la tensione accumulata durante la sua permanenza nelle prigioni, si stava rivelando, rendendola inquieta e bisognosa più che mai della vicinanza e della sicurezza che il figlio di Odino riusciva sempre ad infonderle.
Loki, dietro di loro, seguiva la scena senza muovere un solo muscolo, anche se improvvisamente l'espressione del suo volto si era incupita ulteriormente.
Aveva iniziato a torturare nervosamente con le dita uno dei due bracciali metallici che ancora gli cingevano i polsi doloranti.
Era la prima volta che rivedeva Thor, dopo che Odino aveva dato l'ordine alle guardie di rinchiuderlo nelle prigioni e la cosa gli faceva uno strano effetto.
Inoltre, vedere Sigyn ed il Dio del Tuono così vicini lo, faceva sentire vagamente infastidito.
Trovava completamente fuori luogo quella sdolcinata dimostrazione d'affetto fra i due.
Thor, lasciò che lei lo abbracciasse, ricambiando vagamente il gesto anche se in realtà, non sembrava nemmeno accorgersi della presenza della bella donna che si stava stringendo a lui.
Sembrava invece perso in pensieri all'apparenza tutt'altro che piacevoli.
Poi, allontanando delicatamente Sigyn da sé, le prese il viso sconvolto fra le mani grandi, sollevandolo verso l'alto per poter guardare la sua espressione mentre le parlava, domandandole in tono apprensivo: << Lady Sigyn; stai bene? >>.
Lei annuì lentamente.
<< Loki non ti ha fatto del male?! >> insistette il Dio del Tuono, sempre tenendole il viso fra le mani, scoccando una veloce occhiata intimidatoria verso il fratello, per poi tornare subito dopo a dedicare tutte le proprie attenzioni alla giovane donna davanti a lui.
<< No, lui.... >> Sigyn si scostò un poco da Thor e stava per rispondere che Loki le aveva salvato la vita, impedendo ad un Einherjar di colpirla con una freccia, quando s'interruppe, chiedendosi all'improvviso se fosse stato davvero così o se questo fosse stato solamente quello che il Dio degli Inganni desiderava che lei credesse.
<< Che razza di domanda sarebbe questa? >> sbottò alle sue spalle Loki, approfittando immediatamente della sua esitazione: << Perché mai avrei dovuto farle del male? Non sono mai stato un bruto, dovresti saperlo bene, figlio di Odino. >>.
<< L'unica cosa che so di te, Loki, è che sei estremamente imprevedibile e altrettanto instabile. >> lo fece tacere Thor, scostando definitivamente Sigyn da sé per muovere un passo vagamente minaccioso verso l'altro uomo.
Loki lo guardò torvo ma non si mosse.
<< Instabile?! è così che mi definisci, adesso? Instabile?! >> volle sapere.
Parlava bruscamente, con una nota irritata nella voce.
Nonostante la collera del fratello, Thor parve ignorarlo e tornò a dedicare le proprie attenzioni a Sigyn, dicendole: << Heimdall ti aveva concesso clemenza, Sigyn. Ti aveva permesso di venire nei sotterranei solo se tu avresti semplicemente parlato con Loki; ricordi? Tu avevi accettato, garantendo che non avresti mai liberato mio fratello dalla sua meritata prigionia. >>.
Lei annuì debolmente, già sapendo dove Thor voleva arrivare con le sue parole.
<< Perché allora non hai mantenuto la parola? >> le domandò infatti dopo un breve attimo di silenzio, indicando Loki con la stessa mano nella quale reggeva Mjolnir: << Perché mio fratello è libero, ora? >>.
Sigyn scosse il capo, come se non sapesse dare una risposta alle parole interrogative del Dio del Tuono.
Non riusciva a spiegare come si sentisse desolata in quel momento, per ciò che aveva fatto.
Non riusciva a raccontare a Thor di come ella aveva visto Loki quando ancora era incatenato alla parete, ferito e disidratato.
Non poteva spiegare al Dio del Tuono il loro accordo, perché temeva che lui non l'avrebbe capita.
Aveva paura che Thor potesse giudicarla come una piccola donna egoista che, pur di rivedere l'uomo che amava, aveva donato la libertà ad un individuo folle che, di certo, non avrebbe esitato a voltarle le spalle alla prima occasione.
Così, invece di spiegare il motivo che l'aveva spinta a concedere la libertà al Dio degli Inganni, chiese a sua volta, sollevando gli occhi ambrati su Thor: << Heimdall ha dato l'allarme? >>.
Era una domanda sciocca e quasi inutile, perché lei pensava già di conoscere la risposta; tuttavia la fece comunque.
<< Lo ha fatto, purtroppo. >> confermò tristemente il Dio del Tuono: << Ed ora più della metà degli Einherjar ti sta dando la caccia.... A te e, naturalmente a mio fratello. >>.
Sigyn si portò le mani alle labbra, soffocando un singulto.
<< No.... >> mormorò.
Non riuscì però ad aggiungere altro.
Sapeva che ci sarebbero state delle conseguenze, se lei avesse deciso di liberare Loki e, quando aveva implorato Thor di aiutarla sul Ponte dell'Arcobaleno, aveva anche detto che le avrebbe accettate, ma adesso era tremendamente spaventata.
Aveva praticamente tradito la fiducia del guardiano del Bifrost e del Padre degli Dei e perciò non poteva immaginare quale sarebbe stata la punizione che l'avrebbe attesa, se gli Einherjar l'avessero catturata.
Lei era disposta a pagare per le proprie azioni, ma.... Aveva paura....
Troppa paura.
<< Ma non mi dite! >> s'intromise Loki, improvvisamente, muovendo qualche passo in avanti: << Così, voi eravate in combutta anche con il buon Heimdall. >> aggrottò la fronte, guardando prima Thor e poi Sigyn: << Davvero sorprendente. Devo complimentarmi con voi e con la vostra spiccata ingegnosità. >>.
Finse di riflettere per un istante; poi borbottò: << Quindi ora mi sovviene spontanea alle labbra una domanda: c'è qualcuno in tutta Asgard che non è a conoscenza della tua piccola scappatella nelle antiche prigioni, mia cara? >>.
Si volse verso Sigyn e la guardò intensamente.
Lei, chinò il capo torturandosi le mani e non rispose, mentre quasi automaticamente  Thor muoveva un passo verso il fratello, frapponendosi fra lui e la giovane donna, come se volesse proteggerla dall'altro uomo.
<< Invece di fare lo sbruffone, dovresti ringraziare Lady Sigyn e me, fratello. >> esclamò il Dio del Tuono con la sua voce possente.
<< Ringraziarti? >> Loki scrutò l'altro per un istante, poi scrollò le spalle: << Perchè mai? Tu non hai mosso un dito quando Odino mi ha privato dei poteri magici e mi ha sbattuto in quella lurida cella, dalla quale non sono uscito certo, grazie al tuo aiuto.  >>.
<< Sai bene perché non ti ho aiutato. >>
<< No, non lo so Thor. Perché non sei così gentile da dirmelo tu. >> Loki socchiuse gli occhi, fissando freddamente il Dio del Tuono: << Avanti! Spiegami il motivo per cui non mi hai aiutato. Sono tutt'orecchi. >>.
<< Di solito non sono incline ad appoggiare le cause di un folle. >> borbottò Thor cupo: << Quando nostro padre ti ha privato dei poteri, non ho fatto nulla per aiutarti, perchè non meritavi che io ti difendessi. >>.
Chinò il capo, facendosi rigirare il martello del Tuono fra le mani.
Poi, tornando a sollevare i suoi occhi azzurri su Loki, concluse con determinazione: << Il Padre degli Dei ha avuto ragione nel decidere di imprigionarti. >>.
<< è questo che pensi?! >> domandò Loki, simulando una falsa compostezza.
<< Si, è così. >> annuì in fretta Thor, muovendo bruscamente un altro passo verso il fratello minore: << Hai tradito Asgard ed il suo Re per troppe volte, ormai, fratello. Nessuno più è disposto a spendere una buona parola a tuo favore. >>.
Mosse la mano nella quale impugnava Mjolnir verso il viso di Loki: << Nemmeno io che ho sempre desiderato potermi fidare di te. >>.
Tacque per un breve attimo mentre la sua voce possente, tremava appena, scossa da antichi ricordi.
Poi, sospirando per riprendere il controllo, mormorò quasi desolatamente: << Ti conosco troppo bene, ormai. >>.
Sigyn alle spalle di Thor, assisteva in disparte alla scena, con l'impressione di comprendere solamente ora tutto il bene che Thor ancora provava nei confronti del fratello, seppure volesse far credere agli altri e a sé stesso che non tenesse più a lui.
<< Allora sei sempre stato d'accordo con Odino su tutto. >> la voce sferzante del Dio degli Inganni, riportò l'attenzione di Sigyn e dello stesso Dio del Tuono su di lui: << Anche sul fatto di lasciarmi solo per giorni interi, senza cibo e senza acqua. >>.
Serrò la mascella con forza, sibilando con rabbia: << A quest'ora potrei essere già morto. >>.
Gli sguardi dei due principi si scontrarono per un istante e Loki e Thor rimasero entrambi in silenzio.
Poi, il Dio del Tuono, commentò: << Non lo sei, giusto? >>.
<< Ti sembro forse morto? >> sbottò Loki, infastidito dalla calma che l'altro aveva riacquistato tutt'a un tratto.
<< Ad essere sinceri, non hai un bell'aspetto, fratello. >> ammise Thor, squadrando l'altro dalla testa ai piedi, come se si stesse rendendo conto solo in quel momento dei lividi sul corpo dell'altro e dei vestiti malridotti che indossava.
<< Lo so. Lo so. >> Loki scoppiò a ridere come un isterico, facendo sobbalzare Sigyn e aggrottare la fronte a Thor, che adesso lo guardava come se fosse completamente impazzito.
<< Se il mio aspetto rispecchia solo in parte come mi sento dentro, non stento a credere di sembrare un cadavere che cammina. >> ammise Loki, sempre divertito da qualcosa che solo lui poteva pensare: << Ma fortunatamente per me, sono ancora in grado di ragionare e di agire. >>.
Thor approfittò di quelle ultime parole per esclamare con convinzione assoluta: << Spero che stavolta agirai nella maniera giusta. >>.
Tacque, scrutando la reazione del fratello dai capelli neri come la notte.
Anche Loki rimase a guardare Thor, in completo silenzio, l'espressione sul suo volto di nuovo cupa e vuota.
Poi si strinse nelle spalle, borbottando con indifferenza: << Chissà.... Forse.... >>.
Allora, Thor, colto improvvisamente da un moto di collera, sollevò Mjolnir verso l'alto in segno d'avvertimento, esclamando fermamente: << Cerca di non fare scherzi, Loki, o ti prometto che torni immediatamente nella cella dalla quale sei appena uscito. >>.
Loki esitò solo un istante, strusciando il piede destro al suolo e indietreggiando appena dal fratello.
Poi, il suo volto pallido e teso si dischiuse nuovamente in un sorriso.
<< Grazie molte. >> esclamò: << Questo è proprio l'aiuto che mi sarei aspettato da parte tua, Thor. >>.
Tacque un attimo, spostando il suo sguardo su Mjolnir che oscillava leggermente nella stretta dell'altro.
Poi, evidentemente comprendendo che Thor non gli avrebbe mai scagliato contro il martello del Tuono; almeno per ora, domandò:  << Ma dimmi la verità, ti prego. Saresti davvero così crudele da gettarmi di nuovo in quella cella, fino alla fine dei miei giorni? >>.
Thor non si mosse, non distolse lo sguardo da lui e non abbassò Mjolnir.
Invece, rispose con prontezza: << Solo se fai una mossa sbagliata. Quindi ti consiglio di decidere bene cosa fare da ora in avanti. >>.
Loki scosse il capo.
Poi, sollevando verso l'alto le mani in una specie di segno di resa, annunciò: << Ti posso garantire che queste tue minacce non servono. Non ho alcuna intenzione di fare qualche sciocchezza, né di tradire te o... >> volse o sguardo su Sigyn: << La donna. Anche se volessi, diciamo... >> tornò a spostare i suoi occhi su Thor: << ...Andarmene da qui da solo, senza di te e la bionda, non potrei mai farlo. Tu me lo impediresti, giusto? >>.
Thor non replicò, così Loki proseguì con calma, indicando vagamente il martello ancora stretto nella mano destra di Thor: << Useresti Mjolnir contro di me, ed io conosco i miei limiti. In questo momento non ho nè la forza né il potere magico per poterti battere, Thor. Come hai affermato tu stesso, sono più morto che vivo, perciò, stai pur certo che non ti tradirò. >>.
Sorrise, di nuovo; anche se Sigyn ebbe la netta impressione che questa volta, quel ghigno fosse tutt'altro che onesto.
<< Puoi fidarti di me. >> mormorò.
<< Sai che non lo farò. >> replicò Thor scuotendo il capo, ma abbassando un poco Mjolnir.
<< Bè, puoi sempre fidarti del mio corpo ferito. >> gli fece notare Loki allargando le braccia in un gesto teatrale: << Quello non è certo un inganno. >>.
Thor sospirò e distolse per un attimo lo sguardo dal fratello, come se fosse infastidito a vederlo conciato come una sorta di straccione.
Poi, abbassando definitivamente il martello del Tuono e nascondendolo nelle pieghe dell'ampio mantello rosso, sussurrò sinceramente turbato: << Mi dispiace per quello che gli Einherjar ti hanno fatto. >>.
Loki lo guardò sorpreso per un attimo.
Poi sorrise, esclamando quasi allegramente: << Come no. >>.
<< Non avrebbero dovuto colpirti quando tu non potevi difenderti. >> continuò Thor, senza badare all'altro.
<< Ma l'hanno fatto; ed io ho sopportato come meglio potevo. >> puntualizzò Loki, adesso con aria infastidita.
Non sembrava gradire particolarmente le parole del fratello, nemmeno se Thor era evidentemente onesto con lui.
Alle spalle del Dio del Tuono, Sigyn continuava a sentirsi totalmente esclusa dalla conversazione e aveva l'impressione di essere in qualche modo d'intralcio.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma ogni parola sembrava sbagliata in quel momento.
Erano i due fratelli che si stavano scontrando l'un l'altro e lei non poteva intervenire in alcun modo.
Aveva anzi la sgradevole sensazione di essere solo uno spettatore troppo curioso e questo non le piaceva.
Avrebbe voluto poter lasciare Thor e Loki da soli, ma non sapeva dove andare lì sotto.
<< Sono stato d'accordo con l'idea di mio padre di imprigionarti qua sotto, anche perché Odino non mi ha dato modo di poter dire la mia opinione. >> riprese parola Thor con veemenza: << Ha preso la decisione da solo.... Come Re di Asgard ne ha tutto il diritto, sopratutto dopo quello che tu gli hai fatto. >>.
Puntò l'indice verso il petto di Loki, quindi sospirando distolse lo sguardo per un breve attimo.
<< Ma questo non significa che io non abbia a cuore la tua salute, Loki. >> mormorò: << Non avrei mai voluto che le guardie arrivassero persino a picchiarti. >>.
Tacque ed il silenzio più assoluto tornò a calare sui corridoi bui delle prigioni.
Poi, Loki borbottò, quasi distaccatamente, come se le parole appena pronunciate dal fratello non significassero nulla per lui e lo avessero lasciato totalmente indifferente: << Sai, Thor. Non ti nascondo il fatto che Odino mi ha sorpreso. Deve essere veramente furioso con me, per giungere a tanto. >>.
Abbassò gli occhi alla catena che ancora pendeva dal suo braccio, agitandola distrattamente avanti e indietro: << Nemmeno io avrei saputo fare di meglio, con un prigioniero nemico. >>.
Thor scosse il capo, borbottando: << Ho i miei seri dubbi a riguardo. >>.
<< Non esageriamo ora. >> si schermì immediatamente Loki, smettendo di giocare con la catena per fissare i suoi occhi sull'altro uomo: << Sarò anche un traditore, ma non sono un sadico. >>.
<< Devo forse rammentarti di come hai trattato nostro padre quando tu l'hai imprigionato sotto mentite spoglie? >> gli domandò Thor allora, indurendo un'altra volta la voce.
A quanto pareva il momento delle parole gentili era passato da un bel pezzo.
<< Io non l'ho torturato. >> sussurrò Loki, fissando i suoi occhi verdi e brucianti sul volto di Thor.
L'altro parve non riuscire a reggere lo sguardo del Dio degli Inganni e tornando ad abbassare il proprio, commentò: << Nessuno ti ha torturato, Loki. >>.
<< Davvero? Allora cos'è questo? >> domandò l'altro immediatamente, indicando uno dei lividi sulla sua faccia.
<< E questo come lo chiameresti? >> sporse in avanti il labbro tagliato.
<< Non è certo stata una carezza a procurarmi i lividi che vedi sul mio corpo. >> concluse poi, incrociando le braccia sul petto: << Gli Einherjar volevano estrapolarmi le parole di bocca con la violenza. >>.
<< E tu ti sei ostinato a non parlare. >> disse il Dio del Tuono, come se conoscesse molto bene il fratello e la sua ostinazione.
<< Che cosa avrei dovuto dire? >> domandò Loki, tornando a sciogliere le braccia e a lasciarle ricadere lungo i fianchi.
La catena che ancora pendeva dal suo braccio tintinnò sinistramente nella semioscurità.
<< Ciò che gli Einherjar volevano sentirti dire, ad esempio. >> disse Thor, senza scomporsi.
Loki parve riflettere.
Poi, dopo un istante, commentò: << Avrei potuto mentire di nuovo, come ho sempre fatto, ingannando ancora una volta tutti quanti; per guadagnarmi così la pace. Avrei potuto dire a quegli sciocchi ciò che loro volevano sentirsi dire, cioè che Theoric era vivo e stava bene. Avrei potuto dare loro il nome di un pianeta a caso, in modo di spedire tutti loro lontano da Asgard, per facilitarmi in seguito la fuga. Invece, come puoi immaginare, non ho fatto nulla di tutto questo. >>.
<< A quanto pare, non l'hai fatto.>> concordò Thor, sfregandosi la corta barba pensieroso: << Perché? >>.
<< Mi chiedi perché? >> Loki parve sorpreso: << Dovresti già conoscere la risposta. >>.
<< No. Non la conosco. >> disse Thor di rimando.
<< Non era mia intenzione mentire. >> rivelò allora Loki, parlando con un insolita gentilezza nella voce.
<< Ma lo stai facendo ora. >> borbottò Thor, sicuro di sè.
<< Vuoi forse cercare di offendermi, Thor? >> sbottò Loki, alzando improvvisamente la voce, abbandonando immediatamente i modi affabili di poco prima in favore di parole brusche e affrettate: << Non sto mentendo! >>.
<< Nemmeno io, quando dico di non crederti. >> lo zittì Thor prontamente.
Passò un attimo in silenzio.
Poi, inaspettatamente Loki si avvicinò a Sigyn che continuava ad assistere in silenzio allo scontro verbale fra i due principi, un po’ discosta da Thor che comunque le stava sempre davanti con fare protettivo.
Lo sguardo penetrante del Dio degli Inganni sfiorò il volto del fratello dai capelli biondi solo per un istante, mentre lo oltrepassava come sfidandolo a fermarlo, poi si posò sulla fanciulla, mormorando: << Chiedilo a Lady Sigyn, se vuoi. Lei sa tutto. >>.
Chinò il capo più vicino al suo e Sigyn trattenne il fiato, confusa dalla eccessiva vicinanza dell'uomo a lei.
<< Diglielo! >> la incitò freddamente in un sussurrò appena percettibile.
Sembrava volesse legarla a lui con la sola forza del suo sguardo.
<< Che cosa...? >> balbettò lei, inebetita, ancora incredula dal fatto che Loki stesse cercando adesso di trascinarla nel suo dibattito con Thor, senza riuscire a muoversi o ad allontanare il proprio sguardo da quello ardente di lui.
<< Digli che non mento! >> la incitò lui con voce sferzante.
<< I.... Io.... >> bofonchiò lei di rimando, senza sapere che cosa fare, facendo saettare lo sguardo dal volto affilato di Loki a poca distanza dal suo, a quello duro di Thor.
Non poteva fare come Loki le chiedeva, perché anche lei non era affatto sicura che il Dio degli Inganni stesse dicendo la verità.
Perché Loki chiedeva il suo aiuto?
Perché, quando quello abile nelle parole era lui?
Voleva forse costringere a mentire anche lei?
Sigyn deglutì a vuoto, ritraendosi leggermente da Loki e scosse il capo, senza più aprir bocca.
I suoi occhi erano di nuovo enormi per la tensione e la paura.
Per un istante, Loki continuò a guardarla e Sigyn temette d'essersi messa nei guai, rifiutando al principe dai capelli corvini il suo appoggio.
Ma lui non alzò un dito verso Sigyn.
Piuttosto, sollevò gli occhi al cielo, vedendo che lei non sembrava collaborare, quindi tornò a voltarle le spalle, fissando di nuovo la sua attenzione su Thor.
<< è proprio necessario che io mi ripeta, dunque? >> domandò infastidito: << Odio doverlo fare. >>.
Tuttavia, riprese immediatamente la parola, spiegando al fratello:  << Come già ho detto a Sigyn, non so dov'è Theoric in questo momento e non lo sapevo nemmeno quando gli Einherjar me l'hanno chiesto. Potevo raccontare loro una spudorata bugia, ma non l'ho fatto. >> alzò le spalle, concludendo affabilmente: << Semplice, non trovi? >>.
<< Con tutte le volte che hai mentito, perché hai deciso di non farlo proprio quando ti saresti potuto risparmiare un sacco di sofferenza? >> domandò Thor quindi, confuso: << è irragionevole. >>.
<< è semplicemente onesto, per una volta. >> lo contraddisse l'altro assumendo l'espressione più sincera ed innocente di cui fosse capace.
<< Non cercare di farmi credere che sei cambiato di colpo, Loki. >> lo ammonì Thor freddamente, avvicinandosi a lui a grandi passi: << Forse non hai mentito allora, ma non posso dire con certezza che tu non lo stia facendo con me, ora. Ci vuole ben altro per riuscire a convincermi della tua onestà. >>.
Loki piegò leggermente il capo di lato, studiando l'espressione severa sul volto forte dell'altro.
Poi commentò, seriamente, come se avesse scoperto un lato del fratello che prima non aveva mai sospettato: << Forse è vero che con il tempo sei diventato un po’ più perspicace, Thor. >>.
<< Vuol dire che stai mentendo? >> domandò immediatamente il Dio del Tuono, sicuro d'aver fatto breccia nelle parole fasulle dell'altro che, per tutta risposta ridacchiò: << Forse... O forse no. >>.
<< Basta giochetti di parole, Loki. >> lo apostrofò Thor tornando a stringere Mjolnir con forza.
<< Non sto a chiederti altrimenti cosa farai, Thor, perché potremmo andare avanti giorno e notte così, a discutere, senza mai raggiungere un accordo fra noi. >> borbottò Loki agitando una mano nell'aria: << Quindi ti chiedo semplicemente: cosa sei venuto a fare nelle prigioni? >>.
<< Nostro padre ha vietato a tutti di poterti vedere, dovresti immaginare questo. >> gli spiegò Thor: <<  Sono qui per aiutarvi ad uscire sani e salvi dalle prigioni, anche se così facendo sto infrangendo il volere di Odino. >>.
I due fratelli si scrutarono per un altro attimo, in silenzio.
Poi, il principe dai capelli scuri, commentò mentre un sorrisetto astuto gli stendeva l'angolo destro delle labbra: << Dovrei sentirmi davvero molto lusingato, se stai facendo tutto questo per me. Già una volta mi hai aiutato a fuggire dai sotterranei del palazzo senza il consenso del Padre degli Dei. Hai intenzione di rifarlo? >>.
<< Tutto ciò che sto facendo non è semplicemente per aiutare te, fratello. >> lo zittì Thor, quasi furiosamente.
<< Ah, no? >> domandò Loki, simulando sorpresa.
Thor scosse in fretta il capo: << Ho promesso a Lady Sigyn che l'avrei aiutata a ritrovare Theoric. Solo per questo sono qui. Per la mia lealtà nei confronti del capitano degli Einherjar. >>.
Il volto di Loki si aprì in un sorriso vuoto e distaccato, prima di tornare subitaneamente serio e quasi minaccioso: << Quanti buoni propositi, Thor. Sempre pronto ad aiutare gli altri. Sempre desideroso di fare l'eroe. Non sai quanto mi irrita la tua presenza. >>.
<< Per lo meno puoi parlare con qualcuno. >> gli fece notare Thor, semplicemente.
Loki sbuffò, alzando gli occhi al cielo: << Davvero fantastico. Ad essere sinceri, anche il muro della mia cella, riusciva a fare discorsi più intelligenti dei tuoi. >>.
Nell'udire la voce del Dio degli Inganni che assumeva una sfumatura tagliente, Sigyn trasalì, dalla sua posizione ancora ferma alle spalle di Thor che, al contrario di lei non pareva affatto turbato dalla vicinanza quasi minacciosa del fratello, ma invece sembrava divertito da qualcosa che solo lui immaginava.
<< Dici sul serio? >> domandò, rivolto all'altro, in tono leggero.
<< Oh, si. >> garantì Loki annuendo.
<< Questo significa che tu parlavi con il muro della tua cella?! >> Thor sorrise leggermente.
Per una volta stava riuscendo a prendersi gioco del fratello, senza che l'altro se ne fosse accorto: << Adesso inizio veramente a preoccuparmi per te, Loki. >>.
<< Fai poco lo spiritoso! >> sibilò Loki, irritato quando comprese cosa l'altro stava facendo: << Hai per lo meno una pallida idea di che cosa ho passato in questi giorni rinchiuso in cella? Quanti sono? Due? Tre? >>.
<< Tre. >> rispose Thor con calma.
<< Tu non puoi neanche vagamente immaginare.... >> le lamentele di Loki, vennero interrotte improvvisamente dalle voce di altri uomini e dal suono dei loro passi affrettati.
<< Per di qui! Seguitemi! >>.
<< Einherjar! >> esclamò Thor, voltandosi di scatto verso la direzione dalla quale provenivano le voci concitate ed il suono di passi in corsa: << Li ho visti, prima, quando sono sceso sin qui. Sono stati chiamati a decine da mio padre ed ora stanno ispezionando i cunicoli delle antiche prigioni palmo a palmo. Sono sceso un secondo prima di loro. Credono che io sia qui per darvi la caccia a mia volta. >>.
<< A quanto pare ti è sfuggito un piccolo particolare. Perché vedi...Non sei sceso prima di loro, Thor. >> commentò Loki con voce atona, quasi privo di interesse per quel che l'altro stava dicendo.
Indicò vagamente con il capo verso il punto dove l'Einherjar da lui atterrato, giaceva ancora privo di sensi: << Uno era già qui. >>.
<< E tu, a quanto vedo non ti sei risparmiato di colpirlo. >> sbottò Thor, scuotendo il capo.
Sembrava deluso nel constatare che, il fratello, pur essendo stato imprigionato e picchiato, non pareva essere cambiato di una virgola.
Forse Thor si era illuso che Loki avesse smesso di agire avventatamente, creando distruzione tutt'attorno a sé, in favore esclusivamente di sé stesso, ma quella era solo una fantasia.
Il Dio degli Inganni non sarebbe mai potuto cambiare.
Loki si strinse nelle spalle, come se ciò che pensasse l'altro non lo interessasse minimamente, affermando: << O lui o io, figlio di Odino. >>.
<< Le tue parole non hanno alcun senso. Questa dovrebbe essere casa tua, Loki. E noi non dovremmo essere ripetutamente in guerra. >>.
<< Io lo sono sempre. >> mormorò l'altro, e per un istante, Sigyn ebbe l'impressione di scorgere un vago senso di tristezza e rassegnazione che passava sul viso di Loki.
Durò solo un attimo; un battito di ciglia, un respiro e l'espressione sul volto pallido e tumefatto di Loki era tornato impassibile e quasi vacua.
Quasi a tradimento, le voci dei soldati tornarono all'improvviso a farsi sentire nel buio e i tre s'immobilizzarono completamente, in ascolto.
I richiami degli Einherjar andavano e venivano, a volte lontane e a volte all'apparenza molto vicine, ma sempre impossibili da localizzare in una direzione precisa.
<< Dobbiamo muoverci, se non vogliamo che altri soldati ci trovino qui. >> borbottò Thor, sempre più inquieto.
<< Sembri preoccupato, Thor. Ti disturba il fatto che qualcuno possa vederti in mia presenza? >> Loki si mise le mani sui fianchi e inclinò la testa, in un atteggiamento disinvolto, smentito dalla durezza del suo sguardo e dalla freddezza della voce.
<< Dovresti essere rinchiuso in una delle celle più buie di queste prigioni. >> Thor gettò un'occhiata a Loki.
Questo aggrottò le sopracciglia: << Naturalmente. E tu, come erede al trono e orgoglioso figlio di Odino, non puoi certo sopportare che qualcuno possa accusarti di avermi aiutato nella fuga. >>.
Thor gli scoccò un'occhiata tutt'altro che allegra, ma non perse tempo a rispondere al fratello.
Invece disse: << Se vogliamo uscire di qui sani e salvi, dobbiamo agire in fretta. Per il bene di tutti. >>.
Mosse istintivamente lo sguardo su Sigyn che seguiva in silenzio la conversazione non proprio tranquilla che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi fra i due principi di Asgard.
<< Venite! >> esclamò quindi: << Da questa parte la via dovrebbe essere libera, per il momento. >>.
Così dicendo iniziò a muoversi nel corridoio, accelerando via via il passo.
<< Almeno è il corridoio giusto da imboccare per uscire da qui? >> domandò all'improvviso Loki, che lo seguiva da vicino.
Aveva assunto quel suo atteggiamento sprezzante che Thor detestava: << Non provo particolare piacere nel continuare a girare a vuoto qui sotto, come un topo in gabbia. >>.
<< Abbi un po’ di fiducia, fratello. >> replicò il Dio del Tuono, senza smettere di muoversi.
<< Non sono mai stato incline a fidarmi troppo degli altri, Thor. Soprattutto da quando il Padre degli Dei... >> Loki esitò, accigliandosi: <<... Tu sai cosa.... >>.
Thor smise di avanzare e si volse bruscamente verso l'altro uomo, puntandogli l'indice al petto, prima di esclamare: << Penso che dovrai abbandonare la tua maldisposta sfiducia nei miei confronti, almeno per il momento, se vuoi salvarti la pelle. >>.
Loki annuì: << Suppongo di poter sopportare di seguire i tuoi ordini, almeno per il momento. >> sogghignò: << Naturalmente se in cambio avrò la libertà. >>.
Thor non controbatté, ma riprese a muoversi con rinnovata determinazione.
Avanzarono insieme, tenendosi vicini l'uno all'altro, il più silenziosamente possibile, senza pensare a nulla fuorché ad uscire da quelle antiche prigioni in disuso.
Ora in testa al gruppo c'era Thor.
Subito dietro di lui veniva Sigyn e Loki stava in fondo alla fila.
Avevano appena svoltato ad un angolo, imboccando un nuovo corridoio, quando davanti a loro nell'ombra si mossero alcune figure.
Loki colse il luccichio delle spade che impugnavano e la sfumatura dorata delle loro armature.
Erano tutti Einherjar, ovviamente.
Il Dio degli Inganni cessò di colpo di pensare, e anche se era l'ultimo della fila, strinse le mani sulla spada che poco prima aveva sottratto al soldato da lui atterrato, pronto a reagire automaticamente al possibile attacco dei soldati di Odino.
La sua idea era semplice.
Avrebbe attaccato per primo, senza lasciare ai soldati il tempo di capire cosa fosse successo.
Si mosse veloce, superando Sigyn senza nemmeno vederla, già preso dall'impeto di ciò che intendeva fare, ma Thor, svelto quanto lui ed evidentemente intuendo le sue intenzioni, riuscì a bloccarlo prima che Loki si gettasse a spada tesa verso gli Einherjar.
Loki si ritrovò ad indietreggiare bruscamente, con la mano di Thor premuta con forza sul suo petto.
<< Stai indietro, fratello. A loro penso io. >> decretò il Dio del Tuono, dando un ultimo brusco spintone a Loki che, ancora indebolito dalla prigionia, non riuscì ad evitare di muovere un passo barcollante all'indietro, scoccando un'occhiata offesa e rabbiosa a Thor.
Lui però lo ignorò completamente e, tornando a volgersi verso i soldati, li scrutò per un solo, breve istante, prima di prendere la sua decisione.
Quindi sollevò Mjolnir verso l'alto e, senza alcuna esitazione, lo scagliò in avanti, verso gli Einherjar allibiti.
<< Principe Thor, ma cosa....? >> stava per esclamare il primo della fila di soldati, riconoscendo nell'uomo alto con il mantello rosso il figlio di Odino, quando il Martello del Tuono si abbatté su di lui colpendolo al petto e sollevandolo di peso da terra.
L'Einherjar venne scagliato con forza contro gli uomini che lo seguivano, e tutti quanti finirono contro la parete di fondo del corridoio con una forza tale da lasciarli storditi e praticamente fuori combattimento anche se ancora tutti interi.
Sigyn sentì il cuore sussultarle nel petto, quando vide la violenza della scena e, d'istinto si fece più vicina a Loki.
Lui parve accorgersene ma non si spostò né fece commenti d'alcun genere.
Rimase fermo dov'era; la mano destra lasciata inerte lungo il fianco, a poca distanza adesso da quella di Sigyn.
Poi si rivolse al fratello, esclamando: << Uh! Che botta! E queste sarebbero buone maniere, secondo te, Thor? >>.
Ridacchiò: << Fortuna che solo pochi attimi fa affermavi che ero io quello manesco, anche se ho messo fuori combattimento solo un Einherjar fino ad ora e tu invece..... >>.
<< Taci, fratello! >> lo zittì Thor bruscamente, mentre recuperava al volo il Martello del Tuono, che tornava da lui come per magia, ad un suo solo gesto della mano.
Loki stava per aprire la bocca e replicare, quando Thor tornò ad  avvicinò a loro, Mjolnir che mandava adesso lieve scosse di elettricità nell'aria circostante.
<< Devo andare! >> annunciò inaspettatamente; una luce decisa ed implacabile nello sguardo.
<< Cosa? >> Sigyn sobbalzò nell'udire quell'affermazione: << Cosa stai dicendo, Thor? >>.
<< Non posso continuare a combattere. Devo tentare di attirare il resto degli Einherjar, ancora ignari della mia complicità con voi, lontano da qui. >> spiegò Thor: << Voi due rimanete in questo corridoio finché non mi seguiranno, poi correte via dalle prigioni. Fino a quel momento, rimanete nascosti. >>.
<< Non c'è bisogno che sia tu a dirmelo. >> mugugnò Loki, lanciando una frettolosa occhiata al fratello dai capelli biondi.
<< Che cosa hai intenzione di fare, Thor? >> Sigyn si sporse in avanti, trattenendo il Dio del Tuono per un braccio muscoloso, restia a lasciarlo andare via.
Esitava a permettergli di allontanarsi di nuovo, perché questo avrebbe significato dover restare di nuovo sola in compagnia di Loki, e lei non era poi tanto sicura di volere questo.
Con Thor al suo fianco si sentiva più protetta; meno vulnerabile alle parole taglienti dell'altro uomo.
<< Non devi preoccuparti per me, Sigyn. Faccio ciò che devo. Vi ritroverò quando tutto questo caos sarà cessato. >> annuì, sorridendole lievemente, cercando di rassicurarla, anche se lo stesso Thor non sembrava completamente convinto di quello che le aveva appena detto.
Poi, fece un cenno a Loki e Sigyn si sentì afferrare da dietro.
Irrigidendosi completamente, quando capì che le mani che le stavano stringendo la vita, staccandola bruscamente da Thor erano quelle di Loki, lei non poté fare a meno di restare a guardare il Dio del Tuono che si allontanava di nuovo da loro.
Poi, quell'attimo passò e lei si ritrovò di nuovo sola, con il Dio degli Inganni come unica compagnia, le sue mani grandi e sottili ancora posate sui suoi fianchi in un gesto quasi possessivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Too shy ***


<< Un gesto davvero cavalleresco da parte sua, non c'è che dire. >> commentò Loki, rimasto nuovamente solo con Sigyn.
Aveva finalmente allontanato le mani da lei e si era scostato, andando a sistemarsi in un angolo del lungo corridoio.
Adesso guardava Sigyn con un intensità disarmante, quasi avesse tutta l'intenzione di leggerle nella mente con la sola forza del proprio sguardo.
<< Prima si mostra disposto ad aiutare la dama in pericolo e poi, la abbandona nella tana del drago. >>, fece un vago gesto con le mani come ad indicare se stesso: << Insieme al drago, per giunta. >>.
S'interruppe un attimo, poi scosse il capo, commentando: << Mio fratello non è mai stato un perfetto galantuomo. >>.
<< Tu si, invece? >> domandò Sigyn, quasi senza pensare a chi stava rivolgendo quella domanda: << Drago?! >>. 
Loki sorrise, all'apparenza divertito dall'improvviso sprazzo di audacia che lei stava mostrando, mentre rispondeva ambiguamente: << Lascio che sia tu a decidere. >>.
Sigyn volse lo sguardo altrove e non rispose.
Non riusciva proprio a scorgere in Loki un suo possibile lato galante e non riusciva neppure ad immaginarlo mentre parlava gentilmente con qualcuno; magari con una donna.
No; non Loki, non il principe oscuro di Asgard. 
Lui riusciva solo a portare il caos ovunque andasse e a scatenare il terrore in tutte le persone che erano tanto incaute da provare ad instaurare con lui una qualsiasi conversazione.
Il Dio degli Inganni era così: glaciale, crudele o, alcune volte, ironico, ma sempre in modo confusionario; folle; difficile da comprendere.
Sigyn scosse il capo.
Non voleva nemmeno provare a immaginare che cosa stesse passando in quel momento nella mente del fratello di Thor. 
<< Il tuo silenzio mi fa dedurre che non mi vedi di buon occhio. >> osservò Loki ad un tratto, passandole accanto per avvicinarsi alla parete in fondo al corridoio, dove Thor aveva scagliato gli Einherjar poco prima. 
Guardò quasi con noncuranza i corpi ammassati dei soldati privi di sensi.
Poi si chinò vicino a quello che doveva essere il comandante di quel gruppo ed iniziò a scrutarlo con attenzione, scuotendolo e stuzzicandolo come per accertarsi che fosse veramente svenuto e non stesse solamente recitando. 
<< Fino ad ora non ti sei comportato molto bene con me. >> gli fece notare Sigyn, sistemandosi meglio il cappuccio sul capo e cercando di ignorare quello che l'altro stava facendo al povero Einherjar addormentato. 
Loki le rivolse uno sguardo severo, tornando ad alzarsi da terra per borbottare con una serietà spiazzante: << Io sono ancora qui, o sbaglio. >>.
<< Thor se ne è andato per aiutarci a fuggire. >> disse Sigyn in risposta, con la medesima serietà con cui aveva parlato Loki: << è andato a distrarre gli Einherjar, per proteggere te... e me. >>.
<< Per proteggere te? >> domandò Loki sollevando un sopracciglio. 
<< Dalle guardie, forse. >> ammise poi, tornando ad indicare i corpi degli Einherjar svenuti.
Poi il suo volto affilato si tese in un sorriso, mentre aggiungeva con fare esplicito: << Ma non da me. >>.
Nel vedere l'espressione allarmata che di colpo, nell'udire quelle ultime parole, era apparsa sul viso della giovane donna, Loki non riuscì ad evitare di ridere apertamente.
Sembrava davvero divertito nel notare quanto Sigyn avesse ancora timore di lui.
Ma lei questa volta non era stata spiazzata solamente dalle parole di Loki, bensì dal modo in cui lui le aveva pronunciate; come per gioco.
Inoltre Sigyn era certa di non aver mai sentito il Dio degli Inganni ridere come stava facendo in quel preciso momento e si sorprese nel trovare la ristata dell'uomo inquietante ed al contempo stranamente ammaliante.
Era la ristata di un uomo, ma anche quella di un bambino dispettoso che ha appena fatto uno scherzo ben riuscito. 
<< Oh, non fraintendere le mie parole. >> mormorò poi, senza smettere di sorridere: << Non ho davvero alcuna intenzione di farti del male. Volevo solo vedere la tua reazione. >>.
Sigyn lo guardò imbronciata, domandando seccamente: << Sei soddisfatto, ora? >>.
Non le piaceva essere presa in giro da quell'uomo, anche se la sua risata di poco prima le aveva fatto uno strano effetto. 
Forse perché era la prima volta che i demoni oscuri che ella aveva sempre l'impressione di vedere negli occhi del Dio degli Inganni, parevano averlo per un momento abbandonato, lasciandolo quasi tranquillo, rilassato, per un breve, fuggevole momento. 
Comunque non le andava a genio che lui si divertisse, prendendosi gioco del suo timore. 
Loki scosse il capo, in risposta alla domanda che lei gli aveva appena posto.
Poi le si avvicinò con quel suo passo svelto e silenzioso, sfiorandole appena la spalla destra con la mano, mentre le sussurrava all'orecchio: << Ci vuole ben altro per soddisfarmi, credimi. Non mi accontento di poco. >>.
Rimase per un attimo così, tanto vicino a lei che Sigyn aveva quasi l'impressione che lui potesse sforarle il lobo dell'orecchio con le labbra; poi le volse le spalle, allontanandosi da lei con tale brutalità da lasciarla quasi smarrita.
Quindi, con estrema noncuranza, come se già si fosse scordato della presenza della donna alle sue spalle, Loki si accostò una volta ancora all' Einherjar in cima alla fila di corpi ammassati in disordine l'uno sopra l'altro e si chinò per accertarsi che esso non stesse ancora riprendendo conoscenza.
Il soldato non si muoveva.
Allora, apparentemente soddisfatto, afferrò il malcapitato per le braccia, trascinandolo lontano dagli altri.
Quindi, sotto lo sguardo smarrito di Sigyn, lo volse sulla schiena con un grugnito di protesta, iniziando a sfilargli l'armatura di dosso, senza troppe cerimonie. 
<< Che... Che cosa stai facendo? >> balbettò Sigyn all'improvviso, imbarazzata.
<< Lo spoglio, non si vede? >> replicò semplicemente Loki, sorridendole ancora.
Sembrava improvvisamente diventato di buon umore. 
Sigyn, nell'udire quella risposta arrossì violentemente, sentendosi quasi scandalizzata dalla rivelazione dell'altro.
Loki continuò a sorridere, ancor più marcatamente, senza tuttavia assumere quell'aria da lupo famelico di sempre.
Era davvero divertito da quello che stava per fare e dall'espressione turbata che stava passando sul volto della donna a pochi passi da lui.
Il suo sorriso ancora una volta, sembrava quello di un folletto dispettoso. 
<< Non dirai sul serio? >> volle sapere Sigyn, scuotendo in fretta il capo. 
<< Oh, si, invece. >> rispose il Dio degli Inganni, guardandola adesso con aria complice: << Sta a vedere! >>.
<< .... Io.... Io preferirei di no.... >> mormorò Sigyn, sempre più agitata e, mentre bofonchiava quelle parole, si affrettò a dare le spalle all'altro, fissando impacciatamene il pavimento sotto ai suoi piedi. 
Forse non era una delle mosse più sagge da fare in presenza di Loki, visto che lui avrebbe potuto cogliere l'occasione per colpirla alla sprovvista, ma Sigyn in quel momento non riusciva a pensare ad altro che al suo completo imbarazzo per la situazione nella quale si trovava immischiata.
Non aveva alcuna intenzione di vedere Loki mentre spogliava un Einherjar privo di sensi davanti ai suoi occhi, e men che meno desiderava vedere il Dio degli Inganni a sua volta denudato, visto che era ovvio che lui avrebbe indossato i vestiti della guardia come protezione in più, per ingannare le altre sentinelle, anche senza l'uso della magia che, adesso lui sembrava avere veramente perso. 
Stranamente nell'immaginare di trovarsi ad osservare Loki nudo, il viso di Sigyn si fece ancora più rosso di prima ed ella sentì il proprio cuore che iniziava a batterle freneticamente in petto.
Che sciocchezza, si rimproverò.
Come poteva vergognarsi di quell'uomo violento e poco affidabile?
Come poteva..... se nemmeno provava qualcosa per lui?
<< Ti imbarazzi per poco. >> sentì la voce di Loki alle sue spalle, ma lei evitò di voltarsi, temendo che l'altro le stesse giocando uno strano scherzo. 
Loki continuò a sorridere ancora per un attimo, guardando le spalle che la giovane gli teneva adesso ostinatamente voltate, sentendosi stranamente sorpreso dal pudore che ella stava dimostrando nei suoi confronti ed in quelli degli altri uomini.
Era evidente che lei, voleva restare il più fedele possibile al suo adorato Theoric, anche se lui era lontano; disperso su un pianeta a lei sconosciuto, forse addirittura morto. 
Loki scosse il capo, leggermente irritato da quella constatazione.
Poi, smettendo di colpo di pensare alla donna, tornò a fissare il suo sguardo sull' Einherjar disteso a terra.
Non che spogliare un uomo potesse definirsi una cosa piacevole, ma Loki sapeva che quella era l'unica maniera per potersi camuffare in qualche modo.
Ora che era stato privato dei suoi poteri, doveva arrangiarsi a creare illusioni senza l'utilizzo della magia e questo implicava il fatto che avrebbe dovuto spogliare quella guardia per impadronirsi dei suoi vestiti ed indossarli come una sorta di copertura. 
Senza pensare a ciò che stava per fare, si chinò sull' Einherjar ed iniziò frettolosamente a spogliarlo. 
Loki si accorse con irritazione che le sue mani tremavano per la tensione e la fretta, mentre svestiva il soldato.
Comunque impiegò poco tempo e, quando l'ebbe spogliato completamente, quasi automaticamente si tolse i propri vestiti di dosso, gettandoli in fretta sul soldato nudo a terra. 
Quel gesto non sarebbe stato necessario; con tutto quel buio a celare ogni cosa lì sotto.
Una stupida forma di rispetto che gli era venuta spontanea, chissà come, si disse.
Poi si alzò e si volse verso la donna che, a pochi passi da lui, gli dava le spalle con estremo pudore. 
Sigyn, che fino ad allora era rimasta voltata per evitare di scorgere Loki mentre questo denudava prima il soldato e poi se stesso, per rimpiazzare i propri vestiti sgualciti con l'armatura ordinata e sfavillante dell'altro, sentì all'improvviso il contatto di una mano gelida sulla sua spalla, e sussultò violentemente.
<< Muoviamoci! Dobbiamo andare, ora! >> la spronò il Dio degli Inganni, con voce adesso di nuovo decisa e quasi tagliente.
Cautamente, Sigyn tornò a voltarsi verso di lui, quasi timorosa di potersi trovare davanti il Dio degli Inganni ancora mezzo nudo.
Grazie al cielo questo non avvenne ed ella si ritrovò a guardare Loki completamente bardato nell'armatura dorata degli Einherjar.
Per un istante quella vista la fece stare male, mentre, in uno strano flash, vedeva per un attimo il volto di Theoric e non quello del Dio degli Inganni davanti a sé.
Poi si riscosse e, per evitare di pensare al suo disperso promesso sposo, domandò indicando vagamente l’ Einherjar a terra, adesso coperto dagli stracci che Loki aveva indossato durante la sua prigionia: << Era proprio necessario, sottrarre gli abiti a quel poveretto? >>.
<< Ho solo preso le mie precauzioni. >> Loki posò per un attimo lo sguardo sull' Einherjar a terra, poi tornò a rivolgersi a Sigyn: << Per adesso qui attorno sembra tutto tranquillo, ma non sono così sciocco da pensare che il pericolo sia passato. Perdona il mio scetticismo, ma.... Non mi fido particolarmente delle capacità di Thor. >> 
<< Ho imparato per esperienza che è meglio non basarsi troppo sugli altri, se si vuole restare vivi. Soprattutto non bisogna fidarsi mai di chi ti è più vicino…>>.
Sigyn, sempre immobile a pochi passi da lui, non lo contraddisse, nonostante dentro se stessa ella pensasse del principe Thor l’esatto opposto di quello che il Dio degli Inganni aveva appena affermato. 
Il possente Dio del Tuono per lei era uno degli uomini che, dopo Theoric, la faceva sentire sempre protetta ed al sicuro. 
Lei si fidava completamente del figlio primogenito di Odino.
Thor era forte, leale e sincero e Sigyn non riusciva davvero a capire come Loki potesse dire di lui cose tanto irragionevoli. 
Come poteva non avere fiducia nelle capacità del fratello maggiore?
Proprio lui che era da tutti chiamato con l’appellativo di Dio degli Inganni?
Se c’era qualcuno in tutta Asgard di cui diffidare, quello era solo ed unicamente il principe Loki. 
E poi c’erano state quelle ultime parole pronunciate dal Dio degli Inganni in modo tanto cupo.
Cosa intendeva dire con quel “non bisogna fidarsi mai di chi ti è più vicino”?
Lui per caso si era fidato di qualcuno e poi era stato tradito? 
Ingannato?...
Sigyn era quasi tentata di domandare a Loki di che cosa stesse parlando, sempre più certa del fatto che quella frase non riguardasse solo il Dio del Tuono e quello che stava accadendo in quei giorni, ma qualcosa di ben più distante.
Tuttavia, ella si trattenne e non parlò.
Non era certa di aver capito cosa il Dio degli Inganni volesse intendere con quelle sue ultime parole e non poteva permettersi di porre una domanda che avrebbe magari irritato il principe traditore del Regno di Odino. 
Stava ancora riflettendo su questo, quando Loki riprese improvvisamente parola,domandandole praticamente alla sprovvista: << A che stai pensando? >>.
Nell'udire la voce tagliente del principe traditore, che la osservava ad occhi socchiusi, poco distante da lei, Sigyn non poté evitare di sobbalzare involontariamente. 
Da quanto tempo lui la stava guardando a quel modo?
<< Io… Io stavo pensando…. Niente… Non stavo pensando a niente. >> riuscì a farfugliare ella, sentendosi una perfetta sciocca. 
<< A niente? Davvero? >> Loki sollevò le sopracciglia quasi divertito dalla sua risposta. 
Sigyn non rispose e chinò appena il capo. 
Gli occhi verdi di Loki brillarono per un istante sotto all'elmo dorato che lui aveva appena sottratto all'Einherjar svenuto mentre con un vago sogghigno beffardo, esclamava: << Sai, non immaginavo davvero che fossi capace di fare questo. >>. 
<< Cosa? >>Sigyn tornò a sollevare lo sguardo sul Dio degli Inganni, smarrita. 
<< Non pensavo fossi capace di mentire. >> le spiegò Loki con una semplicità disarmate, senza mai allontanare dal volto affilato quel suo sorriso provocatorio: << E non pensavo avessi il coraggio di farlo proprio con me. >>.
<< Io… Io… >> stava iniziando confusamente a replicare lei, incerta su cosa avrebbe potuto dire per togliersi da quell'impiccio, ancora più confusa da quel sorriso divertito e impertinente che Loki le stava rivolgendo, quando all'improvviso nel corridoio risuonò il rumore di passi pesanti sulla pietra ed il tintinnare di spade e lance che riecheggiava sulle pareti delle antiche prigioni del regno. 
Era ben evidente che altri Einherjar stavano sopraggiungendo alla caccia dei due fuggitivi. 
Incupendosi di colpo in volto, Loki volse in fretta le spalle alla giovane donna dai capelli biondi, facendo fluttuare nell'aria l’ampia cappa dorata degli Einherjar per indirizzare le proprie attenzioni verso la direzione da cui sembravano provenire i suoni dei soldati in corsa. 
Per un istante, il tempo parve cristallizzarsi, mentre il Dio degli Inganni tratteneva quasi il fiato nel tentativo di percepire quanta distanza separasse ancora loro dagli uomini alla loro ricerca. 
Poi, tornando a volgersi verso Sigyn che, sempre più allarmata e tesa era rimasta immobile come una statua alle sue spalle, le sibilò: << Non c’è più tempo per restare qui. Dobbiamo muoverci, subito, se non vogliamo che gli Einherjar ci finiscano letteralmente addosso. >>. 
Sigyn allora annuì in fretta, ritrovando all'improvviso un po’ di coraggio, sollevata dal fatto di non dover spiegare al principe dai capelli scuri cosa stesse realmente pensando di lui solo pochi attimi prima, e senza farselo ripetere due volte, si avviò di qualche passo, nella direzione dove era sparito Thor.
Ma Loki, fu ancora una volta più rapido di lei e, afferrandole un braccio, la trattenne, incitandola: << Non così. Avvicinati a me, forza! >>.
Sigyn irrigidendosi di botto, abbassò per un breve attimo lo sguardo sulla mano grande e sottile che Loki aveva stretto quasi bruscamente sul suo polso, poi guardò il volto del principe dai capelli neri senza capire cosa volesse effettivamente da lei. 
Voleva che lei gli si avvicinasse? 
Per quale motivo?
Che cosa aveva in mente questa volta il Dio degli Inganni? 
Non era del tutto certa di volerlo sapere…
<< Fa come ti dico. >> continuò lui, strattonandola leggermente per il braccio e alzando la voce di qualche tono, innervosito dalla reticenza che la donna dimostrava sempre nei suoi confronti. 
Esitando ancora solo per un istante, Sigyn si decise alla fine a muovere un cauto passo verso di lui, tuttavia continuò a restare tesa e vigile.
E la sua ritrosia doveva essere davvero molto evidente, visto che Loki alzò lo sguardo al cielo, esclamando aspramente: << Non ti faccio nulla se ti dai una mossa, donna! >>.
Sigyn mosse un'altro passo verso Loki, senza mai staccare lo sguardo da lui.
Poteva vedere gli occhi verdi del principe traditore che la seguivano, mentre lei gli si avvicinava.
E lei, quasi inconsapevolmente stava ricominciando ad avere una paura folle di lui.
<< Ed ora, infilati sotto al mantello! >> concluse il principe traditore, afferrando con una mano l'ampio manto giallo che fluttuava alle sue spalle, allargandolo come una sorta di tenda sotto alla quale la stava incitando a nascondersi. 
<< Co... Cosa? >> Sigyn lo guardò, incredula, sicura di aver capito male le parole appena pronunciate dall'uomo alto dinnanzi a lei.
<< Vuoi uscire da questa dannata prigione, oppure vuoi restare qui da sola? >> scattò Loki, quasi aggredendola con la forza delle sue parole.
<< Voglio... Voglio uscire, certo. >> bofonchiò lei, ritraendosi un poco, confusa. 
<< Allora fa come ti dico! Io ho un travestimento, ma tu no. Se le guardie ti scorgessero al mio fianco, sarebbero guai. Questo non deve avvenire, e l'unico modo per passare inosservati è quello di.... >> Loki si concesse un ampio sorriso astuto, prima di concludere: << Farti sparire. >>.
Sembrava compiaciuto dalla nuova idea che aveva concepito dal nulla e perciò nuovamente di buon umore. 
Sigyn era troppo stupita e sconvolta per fare altri commenti, ed inoltre non desiderava far irritare di nuovo Loki con un suo diniego.
Fu forse proprio per questo che fece esattamente come il Dio degli Inganni le diceva, senza protestare.
Vincendo la propria timidezza e la ritrosia a stare troppo vicino al principe dai capelli corvini, la giovane donna s’infilò in fretta sotto al mantello giallo indossato da Loki che, inaspettatamente, con un rapido sogghigno, tornò a voltare il capo verso di lei, esclamando: << Fortuna che non sei né troppo alta né troppo larga, sennò non avremmo potuto mettere in atto questo piccolo inganno! >>. 
Sigyn non rispose, ma Loki non parve farvi caso e, iniziando a camminare, le ordinò, parlando adesso con voce più autoritaria e decisa: << Stammi dietro e tieni il passo. Se mi stai vicina e se la fortuna ci assiste, nessuno si accorgerà di te. >>. 
<< D’accordo… >> si limitò a rispondere lei, con voce flebile, restando vicina a Loki come lui le diceva, ma cercando tuttavia di non toccare o sfiorare nemmeno fuggevolmente la schiena del principe traditore. 
Il Dio degli Inganni e la donna che lo aveva liberato dalla prigione continuarono a muoversi insieme, quasi simultaneamente, senza fare rumore, senza compiere azioni brusche e senza più parlare, respirando appena per un periodo di tempo imprecisato. 
Sigyn era ancora tesa e mentre camminava docilmente dietro Loki , seguiva attentamente i suoi passi, facendo continuamente attenzione a non urtare il corpo dell’uomo alto che la precedeva, tenendo sempre lo sguardo basso per misurare la distanza che separava i loro passi.
Non poteva permettersi di compiere neppure un singolo errore, e non voleva nemmeno immaginare cosa avrebbe potuto succedere se per caso fosse finita contro al principe dai capelli neri. 
Lui si sarebbe di certo infuriato, dandole della sciocca o peggio; e Sigyn non aveva davvero la benché minima intenzione di incorrere nella sua collera. 
Solo di tanto in tanto, sollevava la testa per sbirciare i corridoi che stavano percorrendo, guardandosi vagamente attorno attraverso uno spiraglio del mantello che lei teneva leggermente sollevato con una mano, e allora vedeva un susseguirsi sempre identico di corridoi bui e spogli. 
Le faceva uno stano effetto stare così vicina al principe dagli occhi versi ed i capelli neri ed il cuore aveva ripreso a batterle furiosamente in petto.
Sapeva che quelle emozioni erano totalmente sbagliate in un momento come quello, ma ella non riusciva a fare nulla per evitarle. 
Esattamente come Loki le aveva detto poco tempo prima, lei era troppo timida. 
Loki, davanti a lei, camminava sempre più rapidamente, ostentando una sicurezza che Sigyn in quel momento non possedeva minimamente e alla fine ella si ritrovò quasi a correre per stargli dietro, faticando a tenere il passo del principe traditore. 
Non era certa se il Dio degli Inganni sapesse dove stessero dirigendo i loro passi, ma non disse una parola a riguardo. 
Non poteva mostrarsi scettica nei suoi confronti, anche se lei continuava a non fidarsi completamente di quello che Loki le diceva. 
Era difficile se non quasi impossibile orientarsi in quei cunicoli sotterranei tutti egualmente simili.
Ella ebbe l’impressione di superare decine di porte tutte somiglianti fra loro, identiche in tutto e per tutto a quella della cella dalla quale lei aveva fatto evadere il Dio degli Inganni che ora la stava guidando verso una possibile via d’uscita. 
Per qualche tempo continuarono ad avanzare così, in silenzio, l’una dietro all'altro, poi all'improvviso, il rumore degli Einherjar in avvicinamento si fece di colpo più intenso.
Loki allora s’immobilizzò al centro del corridoio, mosse il suo sguardo tutt'attorno quindi, sibilò: << Maledizione! Non ci voleva. >>.
<< Che cosa succede? >> domandò Sigyn immediatamente allarmata dalla tonalità tagliente che aveva assunto la voce del principe traditore: << Sono gli Einherjar?! >>.
<< Sembrano diretti esattamente nella nostra direzione. >> assentì in fretta Loki senza troppi giri di parole: << Questo è un bene, perché significa che stiamo percorrendo il corridoio giusto; quello che ci condurrà fuori dalle prigioni, ma è anche una pessima cosa, visto che potremmo scontrarci con un plotone armato da un momento all'altro. >>. 
<< Che… Che facciamo allora?! >> volle sapere lei, sbirciando preoccupata oltre il mantello dorato che la ricopriva completamente. 
Loki questa volta non le rispose immediatamente. 
Anche lui era tornato ad essere teso e vigile e Sigyn quasi riusciva a percepire la rigidità del corpo dell’uomo alto, a poca distanza da lei. 
Poi, però ella sentì che il Dio degli inganni riprendeva parola, mormorandole con maggior sicurezza nella voce : << Continuiamo a camminare. Non fermarti e non esitare nemmeno se vedi un Einherjar davanti a noi. Segui solo le mie mosse. E resta ben nascosta. >>.
Tacque un istante, soggiungendo poi: << Può anche darsi che non incontreremo nessuno e che…. >>.
Loki non fece però neppure in tempo a concludere quell'ultima frase, quando come dal nulla, emerse un intero plotone di Einherjar armati di spade e lance, che scorsero subito l'alta figura del Dio degli Inganni, celata al di sotto dell'armatura che aveva sottratto alla sentinella che li aveva scoperti per prima.
<< Come non detto… >> mugugnò il Dio degli Inganni e Sigyn sentì che, nonostante lui volesse sempre mostrarsi sicuro e deciso, il suo corpo aveva iniziato a fremere intensamente.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** There is always a choice ***


Nonostante le continue raccomandazioni di Loki, non appena Sigyn scorse gli Einherjar armati che facevano irruzione nel corridoio, ella si lasciò sfuggire un singhiozzo allarmato e si accosto ancora di più con il suo corpo a quello dell’uomo alto davanti a lei, ora senza più pensare alla ormai inesistenze distanza che li separava.
Voleva solamente rendersi invisibile e chiudendo gli occhi con forza, si avviluppò attorno al corpo l’ampio mantello dorato indossato da Loki, pregando silenziosamente che gli  Einherjar non notassero nulla di strano nel travestimento del Dio degli Inganni.
Loki, avvertendo la tensione della donna, strinse le dita sulla spada sottratta poco prima alla guardia svenuta e contemporaneamente, probabilmente seguendo l'istinto più della ragione, afferrò con l'altra mano il polso di Sigyn, stringendolo appena, come per incitarla a mantenere la calma.
In un momento come quello, trovava particolarmente irritante la debolezza che Sigyn stava mostrando, quel suo modo pavido che aveva di essere donna.
Non stava ascoltando nessuna delle istruzione che lui le aveva dato e se in quel momento si fosse mosso, era certo che lei non lo avrebbe seguito.
Era troppo impaurita dal pensiero di ciò che gli Einherjar avrebbero potuto farle se l’avessero trovata lì, in compagnia del principe traditore, per farlo.
Avvertendo il contatto della mano di Loki sul suo braccio, Sigyn sobbalzò leggermente e lui di rimando, strinse con ancor maggior forza il suo polso, conficcandole le unghie nella pelle, facendole male, e sibilandole al contempo, a bassissima voce: << Sta buona… >>.
Deglutendo a vuoto, Sigyn non rispose, ma cercò di restare più immobile che poteva, tanto vicina alla schiena di lui da poter avvertire il calore del suo corpo, senza riuscire ad evitare di continuare a fissare ad occhi spalancati, attraverso uno spiraglio sotto il mantello che la celava alla loro vista, i sodati che si stavano ora avvicinando a loro, ormai certa che avrebbero immediatamente scoperto il nuovo inganno ordito dal fratello di Thor.
Ma Loki, sorprendentemente sembrava aver già ideato un nuovo piano e con la disinvoltura che solo una persona abituata a mentire in continuazione poteva possedere, esso si mise improvvisamente a gesticolando verso le guardie appena sopraggiunte, indicando contemporaneamente il corridoio dal quale lui e Sigyn erano appena sopraggiunti, urlando concitatamente: << Presto! Loki e la donna che l’ha liberato sono andati da quella parte! Il principe traditore sta fuggendo! Dobbiamo inseguirlo! >>.
Appena videro quei suoi gesti e sentirono le sue parole, i soldati che si stavano avvicinando a loro, si guardarono l’un l’altro per un istante, quindi, senza obiettare, si misero a correre nella direzione indicata da Loki, seguendo alla lettera i suoi ordini.
Non esitarono, non si soffermarono ad ascoltare il timbro della sua voce, che in altri casi e altre circostanze, avrebbero certo riconosciuto come quella del Dio degli Inganni e non si trattennero nemmeno un istante a guardarlo in viso.
Semplicemente si fidarono di lui e delle sue parole.
Ai loro occhi, Loki in quel momento era solamente un altro Einherjar fedele alla corona e ad Asgard.
Il principe dai capelli neri si concesse un breve ma astuto sogghigno, mentre i suoi occhi verdi scintillavano trionfanti.
Se riusciva a farsi superare da quel plotone di caproni vestiti con le loro risplendenti armature dorate, avrebbe avuto la via di fuga libera.
<< In quel corridoio! >> continuò ad incitarli con un enfasi quasi eccessiva: << Li ho visti fuggire di la! >>.
Loki era sempre più disinvolto nel mentire, e Sigyn alle sue spalle, si accorse che il corpo del Dio degli Inganni si era leggermente rilassato, ora che vedeva che il suo piano, rischioso o no, sembrava funzionare come lui aveva sperato.
Tutti gli Einherjar lo raggiunsero e lo oltrepassarono senza dire una sola parola, uno dietro all'altro, ordinati anche nella massa, come il mucchio di soldatini ben addestrati quali erano, sguainando le spade e impugnando le lance a due mani.
Allora Loki fu rapido a muoversi nella direzione opposta, trascinandosi letteralmente dietro la esterrefatta Sigyn, sempre docilmente nascosta sotto al mantello dorato indossato dall'uomo.
Immediatamente guidò la donna dai capelli biondi in un nuovo corridoio, spostandosi con la sua solita silenziosa rapidità.
Non appena però ebbero voltato l’angolo, Loki si trovò faccia a faccia con un altra coppia di  Einherjar e dovette arrestare di botto la sua fuga, per evitare di finire dritto addosso al primo dei due soldati ritardatari.
Trattenendo il fiato, il Dio degli Inganni mosse un lento passo a ritroso, quasi inciampando nelle gambe e nel vestito di Sigyn, che sempre gli stava alle spalle, ben celata sotto al manto dorato.
Chinando il capo nel tentativo di rendere il suo viso meno riconoscibile alla scarsa luce che albergava nelle antiche prigioni asgardiane, Loki si impose di nuovo la calma, cercando di ideare immediatamente un nuovo piano d’azione.
Avrebbe semplicemente potuto ricominciare a camminare come se nulla fosse successo, ma era troppo vicino alle due sentinelle e di certo esse si sarebbero insospettite; anche perché lui e Sigyn stavano praticamente dirigendo i loro passi dalla parte opposta a quella in cui ogni altro Einherjar si stava muovendo.
<< Che ci fai qui da solo, soldato? >> chiese la prima delle due guardie appena sopraggiunte nel corridoio, interpellando Loki con aria attenta.
Il Dio degli Inganni non rispose, ma invece  si scostò lentamente dal passaggio, assumendo un atteggiamento marziale con le braccia lungo i fianchi, le spalle dritte e le gambe unite; immedesimandosi nel personaggio che doveva interpretare, cercando di sembrare un vero e proprio Einherjar e al contempo nascondendo tutta la tensione che provava, sotto alle false sembianze di un comune soldato Asgardiano.
<< Sto parlando con te! >> continuò il nuovo venuto, evidentemente un Einherjar di grado superiore, a giudicare da come si muoveva impettito e sicuro di sé e da come parlava rivolgendosi a Loki: << Dov'è il resto degli uomini che erano con te? A quale drappello appartieni? >>.
Loki ancora non rispose, sicuro che questa volta, se avesse osato parlare, quel soldato avrebbe subito potuto intuire dalla sua voce chi egli fosse in realtà.
Non ricevendo da lui alcuna risposta, l’ Einherjar continuò ad avvicinarsi a Loki con passo fermo.
Dietro di lui l’altra sentinella non sembrava sicura quanto il primo soldato e osservava Loki con una strana espressione di profondo sospetto dipinta in viso.
Sigyn alle sue spalle aveva iniziato a tremare leggermente e Loki tornò ad afferrarle il braccio con forza, stringendola con tanta violenza da strapparle quasi un grido.
Lei però riuscì a trattenersi e mordendosi il labbro, s’impose di restare ferma. 
Loki davanti a lei fremeva per la collera.
Lui e la donna che lo aveva liberato di prigione stavano quasi riuscendo a fuggire da quelle maledette prigioni; ed ora non poteva mandare ancora tutto a monte per colpa di due guardie impiccione, che non si erano sbrigati a seguire il resto del loro gruppo. 
Loki avrebbe dovuto ideare un nuovo piano d’azione, ma di tempo non ne aveva e ormai la sentinella era troppo vicina a lui.
Era impossibile continuare a mentire.
Avrebbe dovuto semplicemente agire.
<< Di un po’, soldato, per caso non ci senti?! >> continuò l’ Einherjar di grado superiore, arrivando tanto vicino a Loki da poter scorgere il suo viso nell'ombra.
Allora il Dio degli Inganni smise completamente di pensare e prese parola, senza più imbrogli, senza più travestimenti, senza fare nulla per cercare di ingannare il soldato che, ormai fermo a pochi passi da lui,  lo osservava con un’espressione sempre più sospettosa.
<< Oh, al contrario, ci sento benissimo. >> esclamò sollevando in fretta il volto verso le due sentinelle in modo che esse potessero vedere bene la sua faccia pallida ricoperta di tagli e lividi: << Però forse tu non ci vedi molto bene. Perché sai, io non sono un soldato, ma un principe. >>.
<< Ma che… >> l’ Einherjar  di grado superiore non riuscì a concludere la frase, perché Loki fu più rapido di lui e lasciando andare il braccio di Sigyn, sollevò contemporaneamente la spada per aria, colpendo a tradimento i due Einherjar ancora stupefatti nell'essersi trovati di fronte proprio l’uomo a cui stavano dando la caccia.
Il soldato più anziano, quello che aveva parlato, venne ferito da Loki in pieno volto e, prima ancora di avere la possibilità di reagire, cadde a terra, inerte.
Il secondo Einherjar riuscì ad emettere un grido invocando aiuto, quando scorse il volto pallido di Loki che lo guardava minaccioso da sotto l'elmo dorato.
Poi, coraggiosamente, si avventò sul Dio degli Inganni cercando di colpirlo con la spada.
Loki non fu abbastanza svelto per evitare la lama della spada del secondo Einherjar che lo raggiunse al braccio destro, trapassando l’armatura e ferendogli la pelle di striscio.
Sigyn alle sue spalle si lasciò sfuggire un urlo terrorizzato.
Digrignando i denti per il bruciante dolore, per l’odio che provava per la guardia di fronte a lui e per se stesso, perché non era risulto ad evitare abbastanza rapidamente il suo attacco, Loki si lasciò sfuggire un sibilo di rabbia, prima di sollevare i suoi occhi verdi, da folle verso l’ Einherjar che aveva osato colpirlo.
Questo non si lasciò intimorire dall'espressione furente del Dio degli Inganni e invece di temere una sua qualche ritorsione, gli domandò con aria di sfida, forte del fatto d’essere riuscito a colpire seppur di striscio uno degli uomini che ultimamente venivano considerati i più pericolosi di tutto il regno di Odino: << Volevi farti passare per uno di noi? Credevi davvero che un simile trucchetto sarebbe riuscito ad ingannare noi Einherjar? Noi siamo le guardie scelte dal Padre degli Dei e sappiamo contro chi dobbiamo combattere, Dio degli Inganni.  >>.
Loki accennò un sogghigno, prima di ripetere con un tono di voce che rasentava la superbia: << Le guardie scelte dal Padre degli Dei… Be, credo che negli ultimi tempi Odino abbia perso un po’ della sua lungimiranza, visto che voi non mi sembrate un granché. >>.
La guardia respirò a fondo e raddrizzò le spalle, controbattendo in fretta: << Sbagli se credi di intimorirmi, traditore! >>.
Il Dio degli Inganni rimase per un istante immobile a fissare l’ Einherjar davanti a lui con sufficienza.
Poi, indicando vagamente con la mano destra la sagoma dell’altro guerriero accasciata con la stessa grazia di un sacco di patate mezzo vuoto, a terra, dove Loki l’aveva scagliato pochi attimi prima, osservò: << Il tuo compagno qui, è cascato nel mio piccolo inganno con una facilità a dir poco grottesca. Ed era persino un tuo superiore. >> sorrise appena e scosse il capo: << Lui non mi ha riconosciuto. Non ne ha praticamente avuto il tempo. >>.
<< Lui no, ma io si. >> ribatté di nuovo l’ Einherjar davanti a lui, sollevando il mento come se avesse tutta l’intenzione di sfidare il Dio degli Inganni a replicare di nuovo alle su parole.
Loki non lo fece attender e immediatamente esclamò: << E per questo ti consideri un uomo sveglio? Credi di potermi battere? >>.
L’altro non rispose immediatamente, ma nemmeno si mosse. Continuò a tenere lo sguardo su Loki, i piedi ben piantati sul pavimento.
Solo la spada, stretta sempre più convulsamente nelle sue mani, poteva far intuire il disagio della sentinella nel doversi trovare solo ad affrontare il Dio degli Inganni, senza altri Einherjar accanto a lui, a dargli man forte.
Notando il nervosismo della guardia armata, sul volto di Loki tornò ad allargarsi un ampio sorriso raggelante, mentre lui domandava, quasi con affabilità: << Vuoi tentare di sfidarmi? >>.
E mentre poneva questa semplice domanda, mosse un breve passo nella direzione dell’altro uomo, sollevando un poco la spada sottratta al primo Einherjar,  che ora Loki impugnava saldamente nella mano destra.
Questa volta, la sicurezza ostentata fino ad allora dalla guardia asgardiana che stava tentando di tenergli testa vacillò leggermente ed esso mosse istintivamente un passo a ritroso, temendo che il Dio degli Inganni avesse potuto attaccarlo immediatamente, balzandogli addosso come una furia.
Negli occhi dell’ Einherjar balenò l’incertezza e tutto ciò che riuscì a rispondere fu un balbettante e confusionario:  << … I ….Io… >>.
Quindi tacque di botto, sollevando a sua volta la spada un po’ più in alto, come se, nonostante tutto, fosse pronto a combattere contro Loki.
<< A giudicare dalla tua monosillabica risposta, non sei poi tanto sveglio come credi. >>
Sentendosi umiliato da quelle velenose parole, l’ Einherjar parve ritrovare un po’ del suo coraggio perso e sbottando: << Non dovresti sottovalutarmi a questo modo. >>, tornò a stringere con maggior saldezza la propria arma fra le mani.
<< E tu non dovresti sopravvalutarti se tieni alla tua pelle. >> gli fece notare Loki, sempre più divertito da quello scambio di battute dal quale al momento ad uscirne vincitore era sempre stato lui.
La sentinella s’irrigidì ma parve ignorare le parole appena pronunciate dal principe dai capelli corvini.
<< Sei ferito, esausto e dolorante; cosa puoi fare contro di me? Non hai nemmeno un brandello dei tuoi vecchi poteri e…. >>.
<< Sei già il secondo Einherjar che parla di me a questo modo, valutandomi indifeso e fragile solo perché privo dei miei poteri. >> gli fece notare Loki, senza permettere all'altro di concludere le sue accuse.
Poi, aggrottando leggermente la fronte, gli chiese in tono leggero: << Vuoi sapere che fine ha fatto l’altro Einherjar che prima di te mi ha svilito a questo modo? >>.
<< Presumo…. >> mormorò la guardia asgardiana, stringendo la mano sull'elsa della spada con maggior forza.
Aveva le mani sudate e le labbra secche per l’agitazione, ma non voleva demordere.
<< Presumo sia morto. >> concluse alla fine, chinando leggermente il capo.
Il sorriso tornò lento e duro sulle labbra del Dio degli Inganni, mentre ribatteva con semplicità: << Non è morto. Ma non posso garantire che lo stesso sarà per te. >>.
Tacque un istante, per lasciare il tempo all'altro di comprendere appieno il significato delle parole da lui appena pronunciate, quindi, proseguì, dichiarando: << Ora ti dirò la stessa cosa che dissi a lui. Togliti dai piedi e non intralciare scioccamente la mia ritirata e forse… Avrai salva la vita. >>.
L’ Einherjar  piegò la testa leggermente di lato, come se stesse riflettendo sulle parole appena pronunciate dal Dio degli Inganni.
Come se si stesse sforzando di capire se in ciò che l’alto uomo dai capelli scuri aveva detto, ci fosse qualche inganno nascosto.
Qualcuna delle sue bugie da svelare.
Poi, indurendo la mandibola con un ostinazione quasi esagerata, decretò: << Io non mi muovo da qui. >>.
Il volto pallido di Loki esprimeva adesso una intensa sorpresa, mentre socchiudendo leggermente gli occhi verdi, scrutava l’ Einherjar con maggior attenzione: << Sei sicuro? >>.
Sembrava non essersi aspettato dall'altro una risposta simile, e lo guardava adesso come se fosse l’altro ad essere un pazzo privo di buonsenso.
<< Tu sei solo; io ho altri compagni con me che giungeranno presto in mio aiuto. Allora verrai sconfitto e ricondotto nella cella dalla quale sei sgusciato fuori come un viscido serpente. >> ribatté la guardia asgardiana, con un coraggio ed una faccia tosta impensabili per uno che si trovava nella sua situazione.
<< Davvero? >> Loki prolungò quella semplice parola in modo provocante, in un qual modo inquietante.
Fece una pausa; fingendosi stupito.
Sapeva che l’ Einherjar dinnanzi a lui non stava mentendo.
Il plotone di Einherjar che Loki aveva spedito nel corridoio sbagliato solo pochi attimi prima non era l’unico ad aggirarsi per le prigioni.
Lui stesso aveva sentito le voci di altre guardie del Regno impegnate nella sua affannosa ricerca nei cunicoli delle antiche prigioni asgardiane, ma al momento nessuno di quegli uomini sembrava essere nei paraggi.
Probabilmente in quel momento, gli altri Einherjar stavano setacciando zone diverse di quei bui sotterranei all’apparenza infiniti.
Nessuno sarebbe dunque giunto in aiuto dell’illusa guardia cocciutamente ferma davanti a lui.
O almeno non nell'immediato futuro.
Gli occhi del Dio degli Inganni ispezionarono ancora per un breve attimo i bui corridoi alle spalle dell’ Einherjar; quindi commentò sarcasticamente: << Io non vedo nessuno. Giusto pochi minuti fa ho spedito un plotone dei vostri nei più profondi recessi di queste orribili celle e non credo, faranno tanto in fretta a tornarne indietro. E riguardo agli altri Einherjar di cui parli, se davvero esistono, devono averti abbandonato qui. Probabilmente non tutti sono sconsideratamente avventati come te. Le altre guardie devono aver deciso di seguire il buonsenso; oppure, troppo spaventati, sono fuggiti dalle prigioni. >>.
<< Gli Einherjar non fuggono mai di fronte al pericolo. >>
Loki aggrottò la fronte, fingendosi nuovamente perplesso: << È questo? Questo è quello che vi insegnano, quando venite addestrati alla guerra? Mai fuggire? Mai pensare? Solo agire, combattere e parlare a vanvera? >>.
Il principe dai capelli neri smise di parlare solo per un istante, fissando la spada impugnata dall’ Einherjar dinnanzi a lui.
Poi spostò di nuovo il suo sguardo sul volto della sentinella vestita di oro e metallo, sorridendo lentamente: << Ho già avuto modo di scontrarmi con altri Einherjar, ma non pensavo che foste tutti uguali. Le vostre frasi sono monotone, identiche fra loro. Sembra quasi le abbiate imparate a memoria e non facciate altro che ripeterle come pappagalli. >>.
<< Bada a come parli. >> tentò di farlo tacere la guardia, agitando la lama della spada dinnanzi a lui.
<< Bada tu a come parli, soldato. Hai visto ciò che ho fatto al tuo compagno d’armi, poco fa. >> di nuovo, indicò con un vago cenno del capo l’altro Einherjar disteso a terra, privo di sensi: << Niente mi impedisce di fare lo stesso con te. >>.
Allora, inaspettatamente, l’ Einherjar che gli sbarrava il cammino scoppiò a ridere quasi istericamente in faccia a Loki e come se si stesse rivolgendo ad un mendicante, annunciò: << Ma guardati! Tu non sei più nulla, Dio degli Inganni. Sei solamente un cencioso prigioniero, privo di magia, forza e potere, costretto a rubare le armature di altri uomini per crearti false identità. Parli male di noi Einherjar, ma l’unico vero codardo qui sei tu. Non sei più il nostro principe. Tu ti credi invincibile, ma sei solo un idiota. >>.
La sentinella tacque di colpo, evidentemente accortasi d’aver parlato troppo.
Ma ormai era tardi per pentirsi di ciò che aveva detto.
<< Che cosa hai detto? >> la voce di Loki ora si era fata improvvisamente bassa e minacciosa.
<< Io… >> l’ Einherjar dinnanzi a lui scosse il capo e non riuscì ad aggiungere altro.
<< Lo pensi davvero?! Io sarei un idiota? >> Loki strinse la mano sull'impugnatura della spada, finché le nocche non diventarono bianche.
Fino ad allora si era quasi divertito a punzecchiare quella guardia, giocando con lei con quello strano botta e risposta, ma adesso l’ Einherjar aveva davvero esagerato.
<< Un idiota più grande di te, soldato? >> adesso Loki fremeva di rabbia: << Un idiota così idiota da avventurarsi con un solo compagno nei sotterranei dove si trova uno dei peggiori nemici del regno di Odino? >>.
L’ Einherjar deglutì a vuoto e non rispose.
Gli occhi verdi del Dio degli Inganni fissarono brucianti il volto dell’ Einherjar a poca distanza da lui, pieni di malcelata collera.
Idiota…
Quella parola continuava a turbinare nella mente di Loki all'infinito, rendendolo furioso.
Come aveva osato dargli dell’idiota?
Quel misero vermiciattolo in armatura non si rendeva forse conto a chi si stava rivolgendo?
Lui era Loki; uno dei principi del regno di Asgard e nessuno poteva dargli dell’idiota.
Nessuno…
<< Finora ho sopportato con fin troppa pazienza la tua stupida aggressione e ti ho lasciato blaterare quanto volevi, dandoti la possibilità di andartene. Ma tu non mi hai ascoltato. Oh, no. Al contrario, hai continuato a parlare senza pensare a nulla, ma ora tocca a me, soldato. >> mentre parlava, Loki non riusciva a dissimulare tutto l’odio che provava mentre le parole uscivano sibilanti, minacciose, dalle sue labbra: << Tu, sei solo un misero, patetico omuncolo che si crede più forte di quello che è solo perché indossa un armatura scintillante. >>.
Si spinse in avanti, minaccioso, lasciando Sigyn indietro di cinque o sei passi.
La giovane donna dai lunghi capelli biondi non lo seguiva più ora; sconvolta dall'audacia della sentinella asgardiana e dal furore che riusciva a leggere sul volto pallido e ferito del Dio degli Inganni.
Lei ancora non poteva sapere che cosa il fratello di Thor avesse intenzione di fare, ma ella temeva di conoscere già la risposta e sospettava con preoccupazione che ciò che sarebbe accaduto di li a poco, non le sarebbe piaciuto.
Come altre volte in precedenza, Sigyn aveva l’impressione di scorgere in quel momento la follia negli occhi color smeraldo di Loki.
<< Sei venuto qui, nelle prigioni, mi hai attaccato, mi hai insultato e pensi di potermi ricondurre in cella da solo? >> sbottò Loki infuriato, mentre la sua voce si faceva più acuta, echeggiando lungo le pareti di pietra dei sotterranei.
L’ Einherjar era impietrito adesso: << I… Io… >> balbettò, senza riuscire ad aggiungere altro.
Sentiva il gelo attorno a sé.
Lo stesso gelo che scaturiva dalle parole pronunciate dal Dio degli Inganni.
Ritto in tutta la sua altezza, con la spada che aveva rubato all’ Einherjar poco prima stretta in pugno ed i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle, in disordine, il volto rigato dalle ferite e dalle percosse subite durante la prigionia, sembrava un demone tremendo, capace di distruggere chiunque con la sola forza dell’odio che fuoriusciva delle sue parole.
<< Be, ti sbagli. >> concluse, senza mai staccare lo sguardo dall'ora atterrito Einherjar ; senza battere quasi le palpebre: << Se prima ti ho offerto la possibilità di fuggire, ora puoi scordarti di tutto. Perché sai…. >> scosse il capo, quasi desolatamente; come se gli dispiacesse pronunciare quelle ultime parole: << Temo che tu non uscirai mai più da qui. >>.
Né l’ Einherjar, né Sigyn ebbero quasi il tempo di comprendere appieno ciò che quell'ultima affermazione di Loki voleva significare, quando il Dio degli Inganni partì fulmineo all'attacco, scagliandosi in un lampo contro la sentinella armata.
Si mosse in fretta, furente ed indignato, riuscendo al primo colpo a ferire l’ Einherjar al petto.
Quindi, senza esitazione, si piegò sulle ginocchia, ruotò la lama della spada che impugnava e colpì le gambe della sentinella asgardiana, che cadde a terra con un urlo, lasciando andare la presa sulla propria arma, mentre il clangore dell’armatura che indossava riverberava per l’intero sotterraneo.
Allora Loki si mosse di nuovo, veloce e silenzioso, balzandogli sopra.
Per un istante, il Dio degli Inganni parve fermarsi a contemplare l’orrore e la paura sul viso della sentinella asgardiana e sembrò persino compiacersi della sua debolezza, mentre un oscuro sorriso gli si dipingeva sulle labbra sottili.
<< Mi arrendo… Ti…. Ti supplico … >> bofonchiò la sentinella asgardiana, alzando lentamente le braccia in segno di resa, tenendo i palmi delle mani aperte come per mostrare all'altro la sua impotenza.
<< Ora dimmi, soldato. Chi è il vero idiota, fra noi due? >>
<< P… Principe Loki, vi prego….non uccidetemi… >> balbettò ancora la guardia, disperatamente.
<< Oh; ora ti ricordi le buone maniere. Ricordi che sono un principe. Ricordi anche il mio nome, vero? >> replicò Loki, con il viso pallido contratto dall'ira: <<  Adesso che hai paura di me; che temi che io possa toglierti la vita. >>.
<< No…. >> Alle sue spalle Loki sentì che a Sigyn  sfuggiva un gemito di orrore.
Aveva ricominciato ad essere spaventata da lui, ma in quel momento a Loki non importava nulla, fuorché umiliare e ferire quel presuntuoso Einherjar.
<< Non sono più solo il traditore, non è così? >> continuò sempre rivolto alla sentinella che adesso teneva inchiodata al suolo con il suo corpo: << Adesso sono tornato il Principe Loki. Ma le tue moine non mi ingannano. Tu stai tentando di ammansirmi per ottenere la libertà. >> scosse il capo: << Ma è troppo tardi ormai. >>.
<< Principe Loki, io…. >>
<< è troppo tardi per le tue penose scuse. >> urlò Loki, digrignando i denti.
<< Non farlo! Loki, ti prego! >> la voce tremante di Sigyn raggiunse l’udito del Dio degli Inganni da lontano, da qualche parte alle sue spalle, ma lui non badò minimamente alla sua supplica e, in fretta, sollevò la spada verso l’alto, prima di abbassarla con forza verso il petto del soldato.
Per un attimo, il silenzio cadde di nuovo sui cunicoli bui delle antiche prigioni.
Loki, ansimando, rimase a guardare con disprezzo l’ Einherjar a terra, immobile, quindi si volse a cercare Sigyn che, durante la lotta era sgusciata fuori dal mantello, lontano da lui.
La trovò addossata contro la parete di roccia, di fianco ad una delle porte rugginose di una delle tante celle lì presenti; pallida come un cadavere, che fissava gli Einherjar a terra con aria allucinata.
Loki scosse infastidito il capo e, avvicinandosi a lei, le tese la mano, borbottando: << Avanti, alzati. Dobbiamo ricominciare a muoverci. >>.
Quando Sigyn vide che l'altro le si accostava, non riuscì ad evitare che un gemito le sfuggisse dalle labbra, e si ritrasse istintivamente, ignorando la mano che lui le tendeva.
Inaspettatamente Loki aggrottò al fronte, domandandole, come se ciò che lui aveva appena fatto fosse la cosa più naturale del mondo: << Che c'è? >>.
<< Che… Che cosa hai fatto? >> balbettò a sua volta Sigyn, sconvolta.
Adesso guardava Loki come se l’uomo di fronte a lei si fosse di colpo tramutato in un orrendo mostro.
Loki aggrottò ancora di più la fronte, senza rispondere alla domanda che la donna gli aveva appena posto.
Invece, borbottò senza dare troppo peso al comportamento di lei: << Non ho fatto nulla di diverso da quello che potrebbe fare qualunque altro asgardiano di fronte ad un nemico. >>.
<< Un nemico!?….>> ripeté Sigyn esterrefatta: << Quello non era un nemico. Era un Einherjar. >>
<< Appunto. Pensavo di averti già spiegato la mia opinione riguardo le guardie del regno. >> replicò Loki con la stessa noncuranza di poco prima, osservando con noncuranza la lama della spada che ancora reggeva nella mano destra: << E quello era un Einherjar che non portava il dovuto rispetto ad uno dei principi di Asgard. >>.
I tratti spigolosi del viso di Loki si indurirono, mentre concludeva: << Ha osato darmi dell’idiota. >>.
Sigyn sobbalzò nell'udire quelle parole.
Loki aveva ragione ad essere furioso.
Lui si sentiva ancora un principe; uno dei figli di Odino e perciò esigeva rispetto dalle guardie del regno.
E quell’ Einherjar aveva parlato troppo.
Si era comportato come un vero incauto e aveva offeso il Dio degli Inganni come mai nessun’altro, presumeva Sigyn, avesse avuto l’ardire di fare in precedenza.
Quella guardia si era comportata avventatamente, questo era vero, tuttavia Loki non aveva alcun diritto di togliere la vita a qualcuno, solo perché esso non aveva saputo trattenere le parole che aveva nella mente.
Cercando di riacquistare un minimo di calma, sempre timorosa dell’uomo alto dai capelli scuri che le stava davanti, ancora impugnando la spada Einherjar fra le mani, Sigyn mormorò cautamente: << Tu sei un principe, questo è vero, ma sei anche un prigioniero; un fuorilegge. Era normale che quella guardia..… >>.
<< Dovresti essere la moglie di un guerriero. >> la interruppe Loki con una nuova nota di astio nella voce, scoccandole un’occhiata furente e smettendo di botto di rigirare la spada fra le mani: << Pensavo fossi abituata a vedere la gente morire. >> fece una pausa, prima di concludere con voce un po’ più bassa: <>.
<< Lo… Lo so, ma….>>
<< Ma che cosa? >> la interrogò lui, perentorio, avvicinandosi a lei di un altro passo.
Sigyn si affrettò a distogliere una volta ancora lo sguardo, evitando di incontrare gli occhi verdi del Dio degli inganni.
Aveva iniziato a tremare violentemente, come se il suo corpo fosse stato sferzato da un gelido vento invernale che solo lei riusciva ad avvertire.
<< Non è la stessa cosa e…>> Sigyn scosse furiosamente il capo, mentre cercava il coraggio per contrastare il terrore e le parole per riuscire a dire a Loki quello che ella pensava veramente: <<  Quell’ Einherjar si era arreso. Non stava più combattendo. Ti ha pregato di non ucciderlo ma tu non hai ascoltato le sue suppliche… Tu….>>.
Sigyn tacque di colpo, senza più riuscire ad esprimere ciò che pensava e con le gambe tremanti, scivolò lungo la parete, finendo seduta a terra, senza trovare il coraggio di allontanare lo sguardo dai due soldati accasciati al suolo a poca distanza da lei.
<< Tu lo hai ucciso ugualmente! >> riuscì lei ad accusarlo infine, attingendo a chissà quale coraggio nascosto.
Nonostante tutto non riusciva a smettere di tremando come una foglia.
<< Come hai potuto..... Come hai potuto.... >> continuò a ripetere, mentre la sua voce si riduceva ad un bisbiglio ansimante.
<< Ho dovuto farlo. >> tagliò corto lui, distogliendo lo sguardo per un istante.
Stranamente non poteva sopportare di guardare gli occhi di lei.
Non riusciva a sostenere l’infinita sofferenza che vi leggeva in quel momento.
Era spaventata, ma sembrava anche delusa; tremendamente delusa da lui, dal suo comportamento violento e feroce.
<< Non avevo scelta. >> borbottò Loki inaspettatamente, lasciando che la collera abbandonasse per un istante il suo corpo, per venire sostituita da una sorta di rassegnazione: << Ho dovuto ucciderlo prima che lui facesse lo stesso con me o…. >> esitò appena, soggiungendo: << …Con te. >>.
Il volto di Sigyn avvampò improvvisamente, e con voce ferma esclamò: << Non è vero! C'è sempre una scelta! Potevi persino evitare di far loro del male se lo volevi….. >>
<< E lasciare in questo modo che fossero loro a farlo a me? >> chiese improvvisamente Loki, battendosi una mano sul petto per mostrare se stesso.
Questa volta aveva parlato solamente per lui; e Sigyn non se ne sorprese.
Aveva capito ormai che Loki fingeva solamente di avere a cuore anche la sua incolumità.
Lui pensava solo ed unicamente a sé stesso e per restare vivo era disposto anche a sterminare tutti gli Einherjar che incontrava sul suo cammino; ignorando il loro dolore e le loro suppliche.
La voce gelida del Dio degli Inganni rimase sospesa nel silenzio delle prigioni, mentre i suoi occhi verdi fissavano quelli impauriti della donna, inginocchiata a terra, davanti a lui.
Sigyn scosse di nuovo il capo, come in risposta alla domanda che l’alto uomo dai capelli scuri le aveva appena posto, anche se in realtà lei non lo stava nemmeno ascoltando, tanto era terrorizzata dalla sua vicinanza.
Adesso non riusciva a far altro se non pensare a lui come ad un pazzo assassino…. Un assassino che lei stessa aveva reso libero.
<< Potevi decidere di agire diversamente. >> continuò lei, parlando con la voce rotta dai singhiozzi: << Ma tu, come sempre, hai scelto di combattere e di uccidere, lasciandoti guidare dall'odio. >>.
Nell'udire quelle ultime parole Loki strinse con forza la mano sull'impugnatura della spada e il volto di Sigyn, nel notare quella sua silenziosa mossa, si fece ancora più pallido.
Sigyn aveva ancora paura di lui e l’avrebbe sempre avuta.
Paura…..Troppa paura.
Che cosa credeva, quella sciocca?
Pensava forse che avrebbe colpito anche lei, ora?
Lo vedeva davvero così tremendo e crudele?
Come una bestia senza cervello che attaccava tutto ciò che si muoveva o respirava?
Loki sentì montare dentro di sè una nuova ondata di collera.
Non sapeva il motivo preciso della propria rabbia.
Sapeva solo che era infastidito da come lei tentasse di proteggersi da lui; da come lo guardava.
Vedere quella donna tremante ai suoi piedi, avrebbe dovuto farlo sentire ancora più sicuro di sè; più forte, ma invece lo faceva solo stare male.
Come la prima volta, nella camera nuziale.
Lei lo faceva sentire un mostro; un individuo sbagliato.
La voce del Dio degli Inganni, quando parlò di nuovo, fuoriuscì dalle sue labbra come un sibilo di furore: << Tu non sai nulla di me e delle ragioni per cui ho agito in questo modo. Tu credi di sapere sempre come vanno le cose; eri convinta di poter far fare a me ciò che volevi solo perché mi hai liberato dalla prigione in cui ero rinchiuso?! Speravi nella mia gratitudine, non è così? Pensavi che se tu mi avessi gentilmente chiesto di non uccidere, io avrei ascoltato le tue parole, solo per farti felice? >>.
<< No…. >> mormorò Sigyn, chinando leggermente il capo e stringendosi le braccia attorno alle gambe, come per proteggersi meglio dalle parole sferzanti dell’uomo: << Desideravo solo che non facessi male a nessuno…. Io credevo che tu fossi stato onesto con me quando ti ho liberato. Mi avevi detto che non avresti ucciso nessun Einherjar .>>.
Una collera improvvisa, terribile, apparve negli occhi di Loki e lei capì subito d'aver sbagliato a parlare, ma ormai era troppo tardi.
Inoltre, lei pensava veramente ciò che aveva detto.
Non voleva che Loki facesse del male agli Einherjar.
Gli occhi del Dio degli Inganni la fissarono, ed il loro colore verde parve farsi di colpo più chiaro, freddo come il ghiaccio.
<< Adesso alzati. >> sbottò quindi, afferrandole a malo modo le braccia e iniziando a scuoterla con forza: << Alzati! >>.
<< No... >> Sigyn scosse furiosamente il capo.
Per un attimo Loki rimase ancora così, chino su di lei, in silenzio, guardandola con quei suoi occhi tremendamente luminosi.
Poi, inavvertitamente, le lasciò andare le braccia con malagrazia, quasi gettandola di nuovo a terra, con forza, decretando: << Allora resta pure dove sei a piagnucolare e lamentarti. Io me ne vado. Non ho alcuna intenzione di restare al tuo fianco per farmi catturare di nuovo. >>.
Quindi, senza aggiungere altro, le volse le spalle ed iniziò a correre via, nei cunicoli bui che si snodavano di fronte a lui.
A Sigyn occorse ancora un istante per riuscire ad apprendere appieno ciò che stava accadendo.
Loki la stava abbandonando lì sotto, nella pigione dalla quale lei lo aveva appena aiutato ad evadere.
Allora, colta improvvisamente da un altro tipo di terrore, Sigyn si sollevò in piedi, volgendosi nella direzione dove aveva visto dileguarsi il Dio degli Inganni.
<< Perdonami.... >> balbettò: << Loki, perdonami, non volevo... >>, ma si rese conto quasi immediatamente che le sue suppliche erano vane.
Ancor più spaventata di prima, timorosa di restare rinchiusa in quell'oscurità umida al posto dell'uomo che aveva da poco liberato dalle catene che, nonostante la promessa che le aveva fatto di non fare del male a nessuno, aveva già iniziato a fare le prime vittime, Sigyn iniziò a correre per i cunicoli, tutti identici, tentando freneticamente di ricordare la strada per raggiungere l'uscita da quel luogo orribile.
Correva alla cieca, nell'oscurità, con la sola compagnia del battito del suo cuore affrettato.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** BEFORE LEAVING ***


Un plotone di Einherjar passò davanti a lui di corsa, senza pensare a null'altro se non a dare la caccia al Dio degli Inganni e a coloro che lo stavano aiutando nella sua fuga, senza minimamente sospettare che il principe traditore in realtà si stesse nascondendo proprio a pochi passi da loro.

Alcune delle guardie impugnavano spade e scudi da guerra, altri lance e picche.

Mentre avanzavano nel corridoio dalle pareti dorate si lanciavano occhiate distratte attorno a loro ma nessuno notò la figura del Dio degli Inganni acquattata nell'ombra, dietro ad una delle enormi statue poste ai lati del passaggio.

In silenzio Loki si sporse un poco dall'apertura di fianco al gomito destro della statua dorata, sbirciando nel corridoio illuminato dai bracieri.

Trattenne il fiato mentre osservava l'ultimo degli Einherjar che passava davanti a lui, affrettandosi a raggiungere il resto del drappello e scompariva nella direzione nella quale gli altri soldati si erano già dileguati.

Quindi, sorrise debolmente fra sé.

Aveva già percorso parecchia strada da quando aveva lasciato le prigioni.

Eppure non si era diretto immediatamente alle porte della Città Eterna, dalle quali progettava di fuggire, possibilmente inosservato, come forse tutti si sarebbero immaginati.

Prima aveva bisogno di prendere le proprie armi e di cambiarsi d'abito.

Odiava l'armatura rigida degli Einherjar che, ancora una volta era stato costretto ad indossare per fingersi qualcun'altro; per nascondere la sua vera identità.

Per il momento quell'armatura era servita al suo scopo, proteggendolo dai suoi nemici; aiutandolo a confondersi fra loro; ma non aveva intenzione di doversela tenere addosso anche durante la fuga da Asgard.

Una volta uscito dalla città, Loki sapeva già dove si sarebbe diretto; o almeno ne aveva una vaga idea.

Avrebbe dovuto cavalcare e lui non sarebbe stato certo a suo agio in sella, rinchiuso in quel barattolo di latta che era l'armatura sfavillante degli Einherjar.

Per non parlare del fatto che fuori dai confini di Asghard, quel tipo di armatura sarebbe stata sin troppo appariscente.

Proprio per questo, invece di dirigere i suoi passi il più lontano possibile dalla residenza di Odino, lui vi si era diretto come un folle dissennato; perché sapeva che solo là, nel castello del Padre degli Dei, avrebbe trovato ciò che gli occorreva per potersene andare da Asgard nella miglior maniera possibile.

Qualsiasi altro comune prigioniero che sarebbe riuscito ad evadere dalle antiche prigioni di Asgard, avrebbe pensato due volte prima di decidere di rientrare nel palazzo del Re come se niente fosse, rischiando una volta ancora di poter essere scoperto e catturato.

Anzi; un comune prigioniero non ci avrebbe proprio pensato.

Si sarebbe limitato a darsela a gambe il più rapidamente possibile.

Ma Loki non era un comune prigioniero, giusto?

Lui era il Dio degli Inganni e indubbiamente, anche senza magia, non temeva di sfidare ancora una volta la collera del Padre degli Dei.

In ogni caso, era sicuro che nessuno l'avrebbe mai sorpreso a girovagare per i corridoi della reggia.

Sapeva bene come muoversi senza farsi notare.

Conosceva a memoria il palazzo di Odino, ogni camera, qualsiasi suo anfratto più recondito.

Ricordava perfettamente ogni passaggio segreto che era riuscito a scovare , quando da bambino giocava con Thor, muovendosi silenzioso per quei vasti corridoi fingendosi per gioco un nemico del Regno.

Sulle labbra sottili di Loki si insinuò per un istante un bieco sorriso.

La parte del nemico era sempre toccata a lui.

Da bambino non gli piaceva l'idea di dover interpretare sempre lui lo Jotun, il mosto, il ladro; ma adesso che era adulto, Loki non si lamentava più per i giochi che aveva fatto con Thor.

Non si offendeva ripensando a quei momenti e al fatto che, chissà come, il fratello maggiore avesse visto sin dall'inizio in lui la sua parte più oscura.

Ora Loki era permanentemente diventato un nemico di Asgard e quasi ne andava fiero.

E poi, era stato anche grazie ai giochi fatti con Thor se adesso era diventato così abile nel farsi passare inosservato, così silenzioso ed esperto nel nascondersi alla vista altrui.

A quanto pareva nessuno ancora sapeva che lui era riuscito ad uscire dai cunicoli sotterranei delle antiche segrete del Regno e gli ultimi due Einherjar che avevano incrociato il suo cammino, erano morti prima di poter andare ad avvertire gli altri soldati di Odino.

Tutti lo credevano ancora disperso chissà dove nei bui e asfittici corridoi che conducevano alle celle e il Dio degli Inganni voleva che gli Einherjar continuassero a pensare questo di lui.

Sembrava strano, ma Heimdall dopo aver dato l'allarme della sua imminente fuga dalle prigioni, sembrava essersi completamente dimenticato di Loki.

Forse aveva altro da osservare in quel momento, anche se il Dio degli Inganni non riusciva davvero ad immaginare chi avesse potuto attirare l'attenzione del guardiano del Bifrost altrove.

Cosa poteva esserci di più interessante o magari preoccupante per il popolo di Asgard della fuga del principe traditore?

Che fosse alla fine riuscito a rintracciare Theoric?

Loki scosse il capo.

La cosa non lo riguardava.

Lui aveva ottenuto ciò che voleva da Sigyn, mantenendo il segreto dell'ubicazione del capitano delle guardie reali e adesso non doveva fare altro che concludere al meglio la sua evasione dal regno.

Una volta fatto ciò, avrebbe pensato a tutto il resto, compreso il recupero dei suoi poteri magici andati perduti.

Inoltre, se Heimdall non badava più alle sue mosse, per Loki sarebbe stato molto più facile ingannare gli altri e fuggire.

Heimdall gli stava praticamente offrendo la possibilità di fuggire da Asgard, pronta su un piatto d'argento.

Loki smise di colpo di riflettere e, dopo aver aspettato pazientemente un altro istante, per accertarsi che nessun'altra guardia ritardataria facesse la sua indesiderata comparsa nel corridoio dinnanzi al suo improvvisato nascondiglio, il Dio degli Inganni si decise ad uscire allo scoperto, muovendo qualche cauto passo nel vasto corridoio dal piano inferiore della Reggia di Odino.

Avanzò senza fretta e senza fare rumore, immerso nel buio dei corridoi del palazzo, illuminati fiocamente dalla luce della luna.

La disposizione degli Einherjar nel palazzo di Odino in quel momento era piuttosto inadeguata.

Una o due guardi per ogni piano del palazzo reale.

Era evidente la mancanza di guardie che si erano spinte in massa verso le antiche prigioni, dove credevano che Loki stesse ancora annaspando nel buio alla ricerca della libertà.

Non incontrò nessuno sulla sua strada, mentre saliva ai piani superiori della reggia di Odino.

Fuori dalla finestra accanto alla quale stava passando, Loki sentì tintinnare le armi e le corazze di altri Einherjar in subbuglio, insieme ai richiami di alcuni soldati di rango superiore che incitavano gli altri a seguirli fino alle prigioni.

Il Dio degli Inganni si lasciò sfuggire un nuovo sorriso soddisfatto.

Aveva giusto bisogno di quel genere di chiasso e di trambusto per poter passare inosservato.

Si diresse verso le scale che portavano ai piani superiori e iniziò a percorrerle, in silenzio.

Quando raggiunse il pianerottolo del secondo piano, cominciò a guardarsi attorno, lasciando che il suo sguardo si spostasse lungo tutto il corridoio illuminato dai grossi bracieri d'oro ed ottone sistemati ai due lati lungo le pareti; di fianco ad ognuna delle varie porte del palazzo.

Non vide nessuno, così si incamminò a passo spedito verso l'estremità del corridoio, nella direzione nella quale erano situate le stanze della famiglia reale: le stanze di Odino di Thor e anche quella che un tempo era appartenuta a lui; quando tutti ancora a palazzo lo credevano il secondogenito del Padre degli Dei.

Quando però svoltò l'angolo in fondo al corridoi, Loki si trovò quasi faccia a faccia con un Einherjar armato di tutto punto.

Il Dio degli Inganni smise di colpo di camminare e trattenne il fiato, allarmato.

Fortunatamente la sentinella gli dava le spalle e non l'aveva visto arrivare, ma più avanti in quello stesso camminamento, Loki scorse altre due figure.

Nella semioscurità colse il luccichio delle armi e delle armature.

Quelle sentinelle guardavano direttamente nella sua direzione, perciò Loki non poteva fare semplicemente marcia indietro, altrimenti le guardie avrebbero sospettato qualcosa.

Deglutendo a vuoto, Loki rimase immobile ancora per un istante, cercando di riflettere il più in fretta possibile.

Era riuscito a evitare la prima piccola schiera di Einherjar di guardia alla reggia, ma sarebbe stata una vera follia tentare di oltrepassare non visto quelle tre altre sentinelle armate che, al contrario dell'altro gruppo di soldati, più vasto, ma meno attento che aveva avuto l'ordine di pattugliare l'esterno della reggia, apparivano molto più vigili e diligenti.

Loki serrò le mani a pugno lungo i fianchi, cercando di ideare in fretta un piano che lo avrebbe tolto d'impaccio ancora una volta, senza dover obbligatoriamente tornare ad impugnare le armi.

Non voleva dover incrociare ancora la lama della spada con altri Einherjar.

Indubbiamente le guardie che pattugliavano la Città Eterna erano molto più riposate di lui, e perciò pensare anche solo di provare a sfidarne apertamente un paio sarebbe stata da parte di Loki una vera pazzia.

Lui era troppo indebolito dalla prigionia e dai giorni passati senza cibo né acqua per sperare di poter uscire vincitore da altri scontri con le guardi scelte di Odino.

Fino ad allora Loki poteva affermare di essere stato fortunato nel riuscire a battere quegli impulsivi Einherjar nelle prigioni.

Ma era evidente che quelle non erano alcune delle più abili sentinelle del Regno Eterno.

Si era trattato certamente di nuovi cadetti, non ancora abbastanza esperti nell'uso delle armi per poter sopraffare il Dio degli Inganni in velocità e astuzia.

Inoltre erano stati sempre in uno o in due ad attaccarlo.

Loki non era uno sprovveduto e era certo che, se malauguratamente avesse finito con l'imbattersi in un intero plotone di Einherjar armati dalla testa ai piedi e fosse stato in qualche modo costretto a battersi con tutti loro, quella sua nuova fuga dal Regno, si sarebbe immediatamente conclusa con la sua inevitabile disfatta.

Non poteva sapere se nelle vicinanze ci fosse stato un altro gruppo di soldati pronti all'attacco, quindi non poteva permettersi di insospettire quei tre Einherjar di guardia, ma non poteva e non voleva nemmeno doversi battere con loro.

Dunque Loki aveva una sola possibilità per riuscire a passare da quel corridoi e poter in questo modo raggiungere la sua vecchia camera da letto.

Doveva tornare a mentire, ma questa volta avrebbe dovuto farlo senza l'ausilio della magia.

Sarebbe stato indubbiamente complicato, ma Loki non vedeva altra scelta che quella.

Così, inspirando una profonda boccata d'aria, riprese ad avanzare.

Si tenne ai margini della zona illuminata, stando lontano dai bracieri accesi, con la faccia mezzo nascosta dall'elmo strappato all' Einherjar nelle prigioni, insieme all'armatura.

Non si mosse furtivamente e non abbassò la testa, perchè avrebbe potuto destare sospetti nelle sentinelle di guardia nel corridoio.

Continuò a camminare come se avesse tutto il diritto di essere lì, oltrepassò la prima sentinella di guardia, quella che ancora gli dava le spalle, senza degnarla di uno sguardo, e non rallentò mai il passo fino a quando non fu vicinissimo agli altri due Einherjar di pattuglia.

Sostavano direttamente dinnanzi alla porta di quella che fino a poco tempo prima era stata la sua camera da letto e Loki avrebbe dovuto trovare un modo per allontanarli da lì.

Ma aveva già un piano.

<< Tu e tu! >> ordinò ai due giovani guerrieri, passando in mezzo a loro senza rallentare il passo, per non farsi vedere in faccia e parlando in fretta e con decisione: << Seguitemi! >>.

I giovani soldati non discussero i suoi ordini.

Gli Einherjar ben addestrati non lo facevano quasi mai.

Loki aveva l'aspetto ed il portamento di un soldato di grado superiore al loro, e i due lo seguirono subito, senza parlare.

Continuò a camminare, seguito a poca distanza dalle due sentinelle, muovendosi per il lungo corridoio come se sapesse cosa stesse facendo lì, come se avesse una missione da compiere, il che non era poi tanto dissimile dalla realtà, anche se il compito che lui si era prefisso era molto diverso da quello che avrebbe potuto svolgere un qualunque Einherjar.

Mentre si muoveva, Loki sentiva lo sguardo della terza sentinella, più lontana dagli altri, che seguiva con attenzione i loro movimenti.

In qualche modo, seppur dalla sua posizione non potesse scorgerlo in volto, il Dio degli Inganni aveva l'impressione che l'altro lo stese osservando con sospetto.

Loki deglutì leggermente.

Fingere senza la possibilità di usare la magia per mascherare le sue fattezze era tutt'altro che piacevole e molto più complicato di quello che lui si era aspettato.

La schiena gli doleva e anche i lividi sul volto.

A tratti la gamba destra tentava di cedere, ma lui si impose di restare dritto ed impettito, ignorando lo sforzo che ciò necessitava.

Li condusse ad una certa distanza dalla porta della sua stanza da letto, poi fermandosi di colpo, si voltò verso di loro, portandosi le mani dietro alla schiena ed esclamando: << Ho ricevuto altri ordini da parte del Padre degli Dei. >>.

<< Altri ordini? Nessuno che ne ha parlato, sinora. >> bofonchiò una delle due sentinelle, parlando talmente veloce che quasi a Loki sfuggì il senso delle sue parole.

<< Che cosa credete che sia venuto a fare sin qui, se non per informarvi di questo? >> domandò lui di rimando, quasi aggredendo l' Einherjar con le sue parole taglienti ed irritate.

Forse non era cauto parlare a quel modo con le guardie del regno, ma per un istante Loki sentì la sua pazienza sfuggirgli di mano.

Quelle sentinelle stavano già iniziando a contraddire le sue parole e questo non doveva accadere.

Evidentemente costernato dall'aggressiva reazione di quello che lui credeva essere a tutti gli effetti un proprio superiore, la sentinella che aveva appena parlato, si affrettò a mormorare: << Mi scusi, signore. Avete perfettamente ragione. >>. Chinò la testa, arrossendo leggermente, probabilmente sicuro di aver fatto una figuraccia, e non parlò più.

Il terzo Einherjar, che fino a quel momento aveva assistito da lontano alla scena, si avvicinò a sua volta a Loki e alle altre due sentinelle, incuriosito.

Era più anziano dei suoi compagni e di certo anche molto più esperto.

Loki si fece d'improvviso più cauto, ma non smise di parlare.

<< Il vostro aiuto qui a palazzo è ormai superfluo. >> proseguì, mentendo con la sua solita scioltezza; tenendo la voce decisa ma bassa e cercando di renderla più roca della sua, per evitare che essi la riconoscessero come quella del traditore.

Si teneva tanto vicino ad una delle torce appese al muro, cosicché l'ombra proiettata dall'elmo sulla sua faccia, nascondesse quasi completamente il suo volto alla vista dei due soldati in ascolto.

<< Il principe traditore difficilmente tenterà di penetrare alla reggia. >> smise di parlare solo un attimo, prima di aggiungere: << Solo un folle lo farebbe. >>.

Quella di certo era una delle frasi che un autentico Einherjar avrebbe usato rivolgendosi a lui.

Infatti, come Loki aveva immaginato, i due soldati davanti a lui si scambiarono un'occhiata e uno di essi abbozzò un vago sorriso idiota, ma non dissero ancora nulla; disponendosi di nuovo all'ascolto.

Invece l'ultimo Einherjar arrivato non si muoveva e non mutava espressione.

Si limitava a restare sull'attenti, osservare l'uomo che stava dando loro quegli ordini e non sembrava particolarmente incline ad obbedire a tutto quello che lui diceva, come invece facevano le altre due sentinelle.

Sembrava sospettoso e poco convinto.

Loki non si lasciò comunque intimorire e continuò imperterrito la sua recita.

<< Mancano invece soldati che pattuglino l'ingresso al Ponte dell'Arcobaleno. >> s'interruppe con una pausa significativa, pensando con attenzione alle parole da pronunciare: << Radunate più uomini e cavalli possibili e dirigetevi a ovest, a nord e a sud di Asgard. Chiudete tutte le entrate, in modo che il fuggiasco non possa andarsene dalla città. >>.

<< Ma.... Signore.... E la porta ad est? >> trovò il coraggio di ribattere una delle guardie; evidentemente la più sveglia.

<< Quella lasciatela a me ed al mio plotone di soldati. >>

<< Si signore! >> esclamarono all'unisono le prime due guardie, voltandogli in tutta fretta le spalle, già pronte ad andarsene, probabilmente troppo eccitata dai nuovi ordini ricevuti per riuscire a ragionare coerentemente.

L'altro Einherjar invece; il può anziano e accorto, rimase impettito di fronte al principe dai capelli neri, fissandolo in una maniera irritante.

Loki sentì un rivolo di sudore scorrergli sul viso, ma non si mosse e non si lasciò turbare dallo sguardo penetrante della sentinella che, sembrava stesse quasi tentando di oltrepassare le ombre dell'elmo sotto al quale il Dio degli Inganni celava a fatica la sua vera identità.

Per un istante il tempo parve fermarsi, mentre lui e l' Einherjar si guardavano a vicenda.

Poi quel momento passò e Loki tirò un sospiro di sollievo, quando alla fine la sentinella si decise che tutto era in ordine e per la prima volta prese parola, domandando in tono marziale: << C'è altro, Signore? >>.

Loki sorrise debolmente, pur sapendo e ringraziando il fatto che l'altro non lo potesse scorgere in viso: << Si. Lasciate un cavallo per me nelle stalle. Sarà sufficiente. >>.

Scosse la mano per congedare l'altro: << è tutto! Buna fortuna, soldato. >>

<< Grazie, signore! >> rispose l'altro automaticamente.

Poi si portò la mano al petto, esclamando solennemente: << Per Asgard! >>.

Quindi, senza badare più a quello che lui credeva essere un suo superiore, volse le spalle a Loki, allontanandosi in gran fretta.

<< No. Per me! >> mormorò il Dio degli Inganni mentre restava a guardare la sentinella che raggiungeva il compagno ed insieme svanivano oltre l'angolo lontano del corridoio.

Sul volto affilato di Loki tornò ad allargarsi un sorriso soddisfatto.

Anche senza magia, restava sempre il migliore nell'arte dell'inganno e mentire senza impiegare mezzi complessi o senza manipolare la fantasia altrui, rendeva la cosa ancor più esaltante, proprio perché anche molto più pericolosa.

Quindi, senza perdere altro tempo, sicuro che ormai nessun Einherjar lo avrebbe più disturbato, almeno per il momento, tornò a volgersi nell'ampio corridoio nel quale si trovava, raggiungendo a grandi falcate una delle porte che si affacciavano direttamente su quel passaggio.

Quando l'ebbe raggiunta tuttavia, Loki si bloccò di colpo, come pietrificato.

Sostò per un breve attimo davanti alla porta chiusa, sollevando la mano a mezz'aria, tendendola piano verso la maniglia; indeciso se abbassarla o meno.

Oltre quella soglia si trovava la propria camera da letto.

Da quanto tempo non vi faceva ritorno?

Troppo, pensò amaramente.

Da quando aveva lasciato Asgard per invadere Midgard, o per meglio dire da quando Thor lo aveva scaraventato giù dal Ponte dell'Arcobaleno, in un viaggio fra i mondi che Loki avrebbe volentieri evitato.

Trasse un respiro e poi lo esalò lentamente, domandandosi che cosa temesse.

Entrare nella sua vecchia camera avrebbe riacceso in lui ricordi passati, piacevoli ma al contempo colmi di risentimento, tuttavia Loki aveva necessariamente bisogno di prendere alcuni oggetti prima di partire.

Doveva cambiarsi d'abito e doveva farlo in fretta.

Perciò, senza esitare oltre, scacciando quell'indesiderata e certamente inopportuna indecisione, il principe dai capelli corvini strinse le dita affusolate della propria mano sulla maniglia d'oro, spingendola lentamente verso il basso.

Una volta entrato, richiuse in fretta ed in silenzio la porta dietro di sé.

La stanza era buia, ma alla luce lunare proveniente dall'ampia finestra posta davanti allo scrittoio, si scorgeva una camera da letto ben arredata, anche se alquanto disordinata.

A quanto pareva, da quando aveva lascito Asgard, e da quando quasi tutti aveva saputo delle sue reali discendenze, nessuno pareva essersi preso la briga di tenere pulita la sua stanza.

Tutto era rimasto esattamente come lui l'aveva lasciato l'ultima volta che vi aveva messo piede: i libri aperti sullo scrittoio; un volume gettato al suolo, sul tappeto verde, accanto ad uno dei cuscini su cui Loki molte volte si sedeva a leggere.

La sua vecchia armatura era sistemata in un angolo della stanza, abbandonata ed impolverata.

Loki la guardò solo un istante, segretamente tentato di indossarla ancora una volta.

Non aveva davvero nulla a che fare con le armature degli Einherjar, grosse e che intralciavano fastidiosamente i movimenti.

Distolse lo sguardo.

La sua armatura con il mantello verde e l'elmo dorato, con le sue corna affusolate che svettavano verso l'alto, non sarebbe certo stato un indumento adeguato per il viaggio che Loki si stava accingendo ad affrontare.

Sarebbe stata appariscente almeno quanto quella dei soldati del regno di Odino e tutti l'avrebbero riconosciuto alla prima occhiata.

Era un ricercato, adesso, perciò avrebbe dovuto passare il meno osservato possibile.

Per questo, ignorando totalmente la propria armatura, Loki si diresse invece sino ad un antico baule, situato accanto allo scrittoio.

Non era altro che una sorta di scrigno di legno scuro, adornato con disegni dorati sui bordi, privo di lucchetto.

Lentamente il Dio degli Inganni si chinò su di esso e, quasi con cautela, sollevò il grosso coperchio verso l'alto, lasciandolo poi ricadere con un lieve tonfo sul lato opposto del baule.

Quando ancora viveva ad Asgard come un principe del regno di Odino, Loki era solito riporre le sue cose lì dentro.

Le cose di cui non aveva più bisogno; gli oggetti più antichi, che appartenevano alla sua gioventù, cose che lui riteneva essere ormai di scarso valore.

E tutte quelle cose erano ancora li, al loro posto, ammucchiate nel baule e dimenticate da tempo.

Fra le tante cose, in cima alla pila di oggetti stavano alcuni vecchi vestiti che Loki non usava ormai da anni.

Erano indumenti più semplici e meno sfarzosi, in alcuni punti persino lisi dall'usura; abiti che non avrebbero dato certo nell'occhio.

O almeno questo era quello che il Dio degli Inganni si auspicava.

Gli indumenti erano composti da una camicia verde, una lunga casacca nera, ampia, una pettorina d'oro, dei calzoni scuri, dai colori un po' sbiaditi e alcune cinture che, una volta legate attorno alla vita sarebbero servite anche come protezione in più, rendendo quei vestiti molto più simili ad un armatura, anche se non lo sembravano affatto.

Senza perdere altro tempo in inutili indugi, Loki si sfilò la pesante armatura degli Einherjar, gettandola a terra quasi con disprezzo e disgusto; poi si chinò a raccogliere dal baule i vecchi indumenti che vi erano riposti, posandoli per un attimo sullo scrittoio davanti alla finestra, prima di iniziando rapidamente a metterseli addosso.

Si mosse in fretta, sapendo bene che prima si cambiava d'abito e prima avrebbe potuto allentarsi da Asgard.

Quando ebbe indossato i calzoni, e gli stivali si infilò la lunga casacca nera, sopra alla camicia verde e guardò per un istante la pettorina d'oro che poco prima aveva poggiato sul piano dello scrittoio insieme al resto dei suoi vecchi indumenti.

Quello era il simbolo dei maghi.

Solo loro avevano il diritto ad indossarlo sul petto, per mostrare a tutti il loro grado di maestri di magia.

Loki desiderava sentire il suo lieve peso sul petto, ma sapeva che ora che non aveva più la magia, non era più degno di portarlo.

Deglutì lentamente, sentendosi la bocca riarsa, tornò a riporre con cura la pettorina nel baule.

Stava per richiuderlo di scatto, pronto ad andarsene, quando la propria mano andò a sfiorare inavvertitamente qualcosa di freddo e metallico, dalla forma irregolare.

Incuriosito da quell'oggetto che lui non rammentava nemmeno d'aver riposto all'interno del baule, Loki tornò a chinarsi sulla cassa aperta, sbirciando al suo interno e fu allora che vide la collana...

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3549837