Vedere, non guardare

di lagertha95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Osservare immobile ***
Capitolo 2: *** Prigioniera ***
Capitolo 3: *** Anatomia Umana vol.I ***
Capitolo 4: *** Anatomia Umana vol.II ***
Capitolo 5: *** Angelo e Diavolo ***
Capitolo 6: *** Contatto ***
Capitolo 7: *** Sonno ***
Capitolo 8: *** Rinuncia ***
Capitolo 9: *** Trovata ***
Capitolo 10: *** Prendersi le misure ***
Capitolo 11: *** Temporale ***



Capitolo 1
*** Osservare immobile ***


Salve a tutti/e!
Sono Lagherta e sono nuova in questo fandom. Nuova come scrittrice, perchè il mio amore per Star Wars ha radici profonde, nate una quindicina (anno più anno meno) di anni fa. 
Sono stata una purista della trilogia originale per molto tempo, anche se non ho mai disprezzato la trilogia prequel, ma una volta finite mi hanno lasciato un vuoto così grande nel cuore che ho tentennato molto prima di riaccostarmi alla saga, con Rogue One e la trilogia sequel, perchè avevo una dannata paura di rimanere scottata o delusa. Poi ho seguito il mio cuore, che scalpitava indomabile, e sono ritornata alle origini.
Shippo la Reylo, come ho shippato Padme e Anakin a suo tempo: Kylo, oltre al fatto che per me è davvero bello e affascinante, è un personaggio che sento molto vicino. Ha un caos di emozioni dentro che lo rendono più umano di chiunque altro e che spingono me a tirare fuori il mio lato da crocerossina. Rey è il suo opposto e al tempo stesso è simile a lui e sono convinta che sia l'unica a tirar fuori il Ben che è dentro di lui.
Non ho mai sopportato il fatto che i Jedi dovessero rinunciare a qualcosa di bello come l'Amore o la passione. Non amo il Lato Oscuro della Forza, ma neanche il Lato Chiaro perchè entrambi limitano l'individuo e la personalità, senza portare equilibrio.
Spero quindi che Kylo/Ben e Rey possano portare l'equilibrio che serve alla galassia. 
E perchè no, spero anche in tanti piccoli pargoli dai capelli neri e il naso all'insù che si divertano a far impazzire C3PO sostenuti da R2D2, BB8 e Chewbecca! *-*

Comunque, spero davvero che questa raccolta di deliri vi piaccia! 
Fatemi sapere che ne pensate! 
A presto, 

Baci, Lagherta :*


 

Osservare immobile

 

"La vie commence là où commence le regard"
"La vita comincia la dove comincia lo sguardo"
Amélie Nothomb

 

Era successo tutto molto velocemente.

Gli avevano detto di una ragazza. Un'insulsa ragazzina che gli aveva portato via di sotto il naso un droide e uno stormtrooper ribelle distruggendogli un paio di navicelle, apparentemente senza fare neanche troppi sforzi.
Si era infuriato, tantissimo, ma aveva anche sentito un briciolo di ammirazione per quella ragazza che lo aveva fregato in quel modo.

Poi era arrivata la chiamata: il droide, lo stormtrooper e la ragazza erano stati visti da Maz Kanata e lui non aveva perso tempo. Aveva organizzato l'attacco, era salito sulla sua astronave e si era diretto da lei. Aveva ignorato sua madre e suo padre, aveva lasciato che gli stormtrooper si occupassero del ribelle e del droide.
Non gli importava nulla se non lei.

Così l'aveva seguita nel bosco, silenzioso come solo lui sapeva essere. L'aveva osservata mentre si muoveva cauta e spaventata tra gli alberi, le rocce e la neve, guardandosi ogni tanto alle spalle, e aveva guardato la sua faccia impaurita quando le era apparso di fronte, ammantato nelle sue vesti nere e con la spada laser rossa e crepitante sguainata.
Lei si era battuta, o almeno aveva cercato di farlo, spaventata ma coraggiosa.
E lui non le aveva fatto niente se non bloccarla con la Forza. Chissà perché poi. Avrebbe potuto tranquillamente torturarla, per divertimento anche, prima di prendere con la forza le informazioni dalla mente di lei per poi ucciderla, senza rimorsi, come aveva sempre fatto. Nessuno gli avrebbe detto niente.
Eppure lei rappresentava un'eccezione che neanche lui si sapeva spiegare.

L'aveva fatta svenire e poi l'aveva raccolta, trasportandola, sempre stretta a sé, dal bosco dove si era rifugiata alla sua navicella.
Era salito con lei ed era decollato, seguito dagli stormtrooper sopravvissuti all'attacco della Resistenza. Non aveva degnato nessuno né di una parola né di uno sguardo.
Non l'aveva mai lasciata andare, tenendola sempre tra le braccia, svenuta, mentre il respiro lieve di lei, caratteristico di chi dorme, gli sfiorava il collo. Sentiva il suo odore, leggero, sudato, ma non sgradevole. Diverso da qualunque odore avesse mai sentito: diverso dall'odore di Leia, fiorito e dolce; diverso da quello di Han, di grasso di motore e aria fresca; diverso da quello di Luke, vecchio ma pulito.
Era un odore nuovo, che sapeva di donna, di buono, di libertà e innocenza e al tempo stesso di Forza grezza.

E adesso erano lì, nella cella della Starkiller, lei legata e svenuta e lui che le stava seduto davanti, i gomiti poggiati sulle cosce, le mani intrecciate in mezzo alle gambe, in attesa del suo risveglio.
Continuava ad osservarla. Con gli occhi neri come il carbone, schermati dalla maschera, ne percorreva i tratti del volto: il taglio obliquo degli occhi, il naso piccolo, affilato e all'insù, le lentiggini che adornavano leggere e delicate il naso e le guance, gli zigomi alti, le labbra carnose e schiuse, luccicanti di saliva e sudore.
Era…carina, sì. Molto carina. Non che avesse grandi metri di paragone, dal momento che sulla Starkiller non c'erano molte donne e che le poche non avevano mai destato il suo interesse. Ma lei - il vederla così inerme, dopo l'averla vista decisa e battagliera quando aveva cercato prima di di sfuggirgli, poi di resistergli - gli suscitava emozioni nuove, calde, luminose.
Non poteva – lo sapeva benissimo – ma non riusciva a non esserne affascinato e quindi continuava a guardarla, abbeverandosi alla sua luce, lasciandosi riscaldare da essa, relegando in un angolo nascosto l'oscurità permeante la sua anima, solo per un momento, soltanto uno.

Poi lei aggrottò le sopracciglia, come a dire di essere prossima al risveglio e lui eresse nuovamente le proprie difese. Non ne aveva bisogno, non per lei almeno, che aprendo gli occhi avrebbe visto una forma umanoide ammantata di nero, con una maschera vagamente somigliante a quella di Darth Vader, seduto di fronte a lei, in silenzio.
No, non ne aveva bisogno per lei, ma ne aveva bisogno per se stesso, per sentirsi forte, al sicuro, certo delle scelte compiute molto tempo prima.


* * *
 

La osservò aprire le palpebre lentamente, sbattendole ripetutamente, per abituare di nuovo gli occhi alla luce, nonostante questa non fosse troppo forte.
Aveva gli occhi nocciola, screziati di verde e giallo, luminosi e caldi, così diversi dai suoi, neri e freddi come l'ossidiana.
Lo sguardo di lei vagò per pochi istanti, nel tentativo di capire dove fosse, per poi posarsi su di lui, che ringraziò di avere la maschera a coprirlo: incontrare il suo sguardo gli aveva provocato un brivido che non era riuscito a reprimere.

«Dove sono?» chiese lei, la voce sottile ma decisa.

«Sei mia ospite» rispose lui, la voce modificata dalla maschera.

«Dove sono gli altri?» chiese ancora lei, ignorando il suo tentativo di essere gentile.

«Intendi gli assassini, traditori e ladri che chiami amici? Ti solleverà sapere che non ne ho idea. Vuoi ancora uccidermi...»

«Capita, quando ti dà la caccia una creatura con la maschera»

Per un istante, calò il silenzio. Nessuno parlava, nessuno si muoveva: solo i respiri veloci di lei risuonavano nella cella.
Poi lui portò le mani guantate dietro il collo, spinse un pulsante e si tolse la maschera.

Lei trattenne il fiato e aggrottò la fronte: si aspettava un mostro.
Lui se ne accorse e dentro di sé sogghignò, soddisfatto.
Posò malamente la maschera e le si avvicinò, godendo del suo distogliere lo sguardo, nel tentativo di sfuggirgli.
Vedeva il suo smarrimento, il volto della ragazza era come un libro aperto, non riusciva a nascondere niente, men che meno il suo sentirsi disorientata dal ragazzo alto e sottile che ora le si stava avvicinando.

Parlami del droide”

Gli avrebbe risposto. Lo vedeva da come i tratti del suo viso si erano ammorbiditi, da come gli occhi si erano schiariti, dall'espressione di sorpresa e sollievo che aveva assunto. Non era più così restia ad avere un contatto.

È un'unità BB con drive al selenio e iperscambi a indicator termico” rispose subito lei la voce ferma e priva di esitazioni.

Ha una sezione di una carta di navigazione” disse, distogliendo lo sguardo fino a quel momento fisso su di lei. “E noi abbiamo il resto, recuperato dagli archivi dell'Impero, ma ci serve l'ultimo pezzo e non so come, hai convinto il droide a mostrartelo.”

Tornò a fissarla, mentre lei cercava un altro punto, un qualsiasi altro punto dove puntare lo sguardo. Gli piaceva come lo rifuggiva, lo faceva sentire potente, ma voleva anche osservarla, scoprire quale fosse il vero colore dei suoi occhi, ammirare la punta del naso all'insù...No. Non poteva e non doveva. Era una prigioniera, la sua prigioniera.

Tu. Una mercante di rottami. Sai che posso avere quello che voglio...” Si avvicinò a lei, abbassandosi fino a porre le labbra al livello delle orecchie. La guardava, osservandone il profilo netto, così diverso dal suo.
Sei così sola. Hai paura di partire.” Nella sua mente il buio, poi un forte senso di solitudine e abbandono, ma anche di speranza. Speranza che un giorno sarebbero tornati, che tutto sarebbe tornato al proprio posto. E fino a quel momento la certezza di dover restare, di non dover andar via.
Di notte non riesci a dormire. Immagini un oceano, lo vedo. E vedo l'isola.” Continuava a sussurrarle all'orecchio, come si fa con un'amante. Leggeva il caos chiaro che dominava la mente di lei, dandogli accesso solo a sprazzi di pensieri, sensazioni troppo forti per essere dominate, che prendevano il sopravvento. Era forte, la ragazzina. Non addestrata, lo percepiva, ma forte. Una pietra grezza che però esprime già tutto il suo potenziale. Poi un volto, così dolorosamente familiare, accompagnato da una sensazione di calore e sicurezza.
E Han Solo. Lo vedi come il padre che non hai mai avuto. Ti avrebbe molto delusa.” L'amarezza, il dolore, l'abbandono, la rabbia presero il sopravvento nell'animo di Kylo Ren. Indurì i lineamenti e il tono di voce, indossò una maschera, quella che usava per proteggersi dal dolore che quell'uomo gli aveva causato. Perchè tutti amavano Han Solo? Era soltanto una canaglia, inadatto a fare il padre, che amava più quel coso peloso e quella ferraglia del Falcon del proprio figlio, che non aveva esitato a spedire su un pianeta lontano e sperduto.

Sta. Fuori. Dalla mia testa.” La voce di lei lo distolse dai propri pensieri. Lo aveva detto a denti stretti, sputando fuori le parole con rabbia e fatica, resistendo con sforzo alla sua intromissione e cercando con tutta la propria forza di cacciarlo.

Lo so che hai visto la mappa. È lì dentro.” Tornò a guardarla e ammorbidì di nuovo viso e tono di voce. Aveva capito che lei era combattuta. Era suo nemico, l'aveva rapita e la teneva prigioniera. Eppure non le aveva fatto del male, nemmeno su Takodan, ma l'aveva raccolta, portata in braccio sulla navicella. E ora che ci faceva caso gli stalli a polsi e caviglie non erano neanche così stretti da ferirla. Era suo nemico, sì, ma era anche un ragazzo e lei percepiva il suo essere combattuto, la sua solitudine, il senso di abbandoni, il dolore, la rabbia...Lo riconosceva.
E ora la darai a me.” Aveva assunto un tono quasi carezzevole, continuando a parlarle all'orecchio, sussurrandole le parole, annusando il suo odore di sabbia e sole e sudore.
Hai paura, sento anche questo.” La vedeva combattere. La vedeva sforzarsi di convincersi del suo essere nemico, di non guardare oltre. Sapeva che lei stava rimpiangendo di avergli fatto togliere la maschera. Era più facile odiare, quando il tuo obiettivo aveva un volto che non conoscevi.

Io non ti darò niente” Sputò fuori, rabbiosa.

Vedremo” Lo disse sfrontato, convinto di quel che asseriva. Poi la resistenza della mente di lei. E il contrattacco. Era forte, non se lo aspettava e le sue barriere mentali vacillarono. Era come un muro che veniva preso a martellate. Lui era sottigliezza e manipolazione, lei era potenza allo stato puro. Lo respingeva e lo incalzava finché lui fu costretto a mollare, lasciando uno spazio in cui lei si infilò immediatamente.

Tu. Tu hai paura. Di non diventare mai forte come Darth Vader!”

Schizzò via da lei, come se una scossa lo avesse folgorato. Fece due passi indietro, guardandola con un misto di sorpresa e rabbia. Lo aveva fregato.


NdA: le frasi in grassetto sono tratte dal film "Star Wars Episodio VII - The force awaken"

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Capitolo 2
*** Prigioniera ***


Salve a tutti/e!

Eccomi qua con un nuovo capitolo di questa serie di deliri.
Come potrete capire dalla lettura di questo, questa serie ripercorrerà quelle scene del film che per me sono state significative.
Come potete capire sono molto affezionata a questa coppia, in particolare a Kylo, e ovviamente non pretendo che le scene che io ho trovato importanti siano anche le vostre.
In ogni caso, le scene saranno ripercorse prima dal punto di vista di Kylo Ren/Ben Solo e poi da quello di Rey, anche se non escludo che possano essere presenti punti di vista di altri personaggi e che questi potranno essere sia relativi alla scena descritta che, magari, pensieri o riflessioni fatte.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito e inserito la storia nelle varie categorie. Ringrazio anche le ragazze di Reylo Italia (su FB) che sono carinissime, che pubblicano un sacco di immagini fantastiche e che danno spazio a questa ship che nell'opinione generale è molto bistrattata.
Detto questo, spero come sempre che il capitolo vi piaccia, che la mia scrittura e il modo in cui imposto le storie sia di vostro gradimento e che mi continuiate a seguire e a recensire :)

A presto,
Baci Lagherta :*


 

Prigioniera

 

Lo sguardo alle volte può farsi carne, unire due persone più di un abbraccio”
Dacia Maraini

 

Rey era sempre stata sola.
Non che la cosa le piacesse, ovviamente, ma non poteva fare altro che aspettare e lo sapeva perfettamente.
Non amava stare da sola, ma si era rassegnata.
Poi era arrivato BB8 e su Jakku anche un droide che ti fosse amico era un miraggio.
Subito dopo Finn, che però, oltre ad averle mentito, non aveva esitato a mollare tutto per fuggire con quei...mercanti diretti all'orlo esterno. Le sarebbe mancato, in ogni caso. Dopotutto era stato il primo essere umano con cui era davvero entrata in contatto e con cui aveva anche sentito un certo...affiatamento.
Han e Chewbecca. Han che le aveva proposto un lavoro sul Falcon, Chewbecca che la apprezzava…
E ora tutto stava per andare in malora.

Rey camminava nel bosco di Takodan, guardandosi ogni tanto alle spalle, sparando agli Stormtrooper che incontrava e intanto pensava.
Aveva paura, moltissima paura. Non le piacevano i boschi. Su Jakku tutto era deserto e questo ti rendeva poco appetibile agli assalti, dal momento che non c'erano posti in cui nascondersi. Ma qui, su questo pianeta così tanto verde, in quel bosco dagli alberi così alti, Rey non si sentiva completamente a suo agio.
Odiava gli scricchiolii delle foglie secche sul suolo, i crepitii del legno: erano suoni che non le erano familiari e che non riusciva a collocare.
Mentre conosceva bene il suono di astronavi che atterravano e sapeva che l'ultima non era un Tie Fighter.

Continuava ad addentrarsi nel bosco e nonostante si guardasse alle spalle a intervalli regolari, il blaster in pugno pronto a sparare, alla fine se lo trovò davanti.
Era enorme e spaventoso, completamente ammantato di nero, la spada laser scarlatta, la prima che avesse mai visto, che sfrigolava nell'aria fredda di Takodan.
Per un attimo si bloccò dinanzi quella figura mastodontica e terrorizzante che emanava potenza e terrore ma anche maestosità. Ma fu solo un attimo. Poi quell'istinto che l'aveva mantenuta in vita su Jakku prese il sopravvento e lei uscì dall'immobilità in cui l'aveva gettata quell'apparizione.
Mirò con il blaster e sparò.
Fu un colpo nemmeno troppo convinto, perché alla fine lo sentiva che lui lo avrebbe parato, ma l'istinto di sopravvivenza l'aveva fatta agire senza pensarci due volte.

Gli sparò un paio di colpi, cercando al tempo stesso di scappare tra gli alberi, finché non si trovarono l'uno di fronte all'altra in uno spiazzo.
Un attimo di esitazione fu sufficiente: lui tese un braccio e lei si trovò bloccata, capace di muovere esclusivamente gli occhi.

Un senso di panico la invase. Non era abituata a non avere il controllo del proprio corpo e oltre a questo non l'aiutava certo il senso di allarme che la pervadeva.
Eppure, in un remoto angolo della sua mente, sentiva della curiosità provenire dall'essere davanti a sé.
Era un po' come quando aveva incontrato la prima volta uno steelpecker¹ su Jakku: quell'uccello era enorme e orrendo e la spaventava, ma lei sentiva che la osservava con quello strano piglio solo perché era curioso. La voleva inquadrare e poi avrebbe deciso se attaccarla o meno.
In quel momento, su un pianeta diversissimo da Jakku, immobilizzata da qualcosa che non poteva vedere, ma che percepiva, per volere di qualcuno che non riusciva a inquadrare, Rey provò le stesse sensazioni.

La ragazza di cui si parla tanto.”

Lo vide avvicinarsi, lo sfrigolio della spada laser che lo seguiva e che improvvisamente le viene puntata alla gola. Calore e pericolo.

Il droide. Dov'è?” La sua voce era profonda, deformata dalla maschera, con un accenno metallico. Le era impossibile capire l'età, la razza, il sesso di chi le stava davanti.

La mappa. Tu l'hai vista” Continuò, la mano avvolta in un guanto di pelle nera davanti agli occhi di Rey.

Digrignò i denti, cercando di resistere all'intrusione di lui nella sua mente.

Poi arrivarono due stormtrooper, dissero che la Resistenza stava arrivando.
Lui rispose che avevano già quello che serviva e ordinò la ritirata.
Poi, tutto d'un tratto, fu il buio.

Una sensazione di calore si accompagnò al buio e anche un odore, nuovo e diverso: era cenere, era fresco, era fuoco, era odore di pulito, era odore di quelle notti gelide di Jakku prive di luna.
Era un buon odore, rassicurante e la accompagnò per tutta la durata del suo sonno forzato.

* * *

Si svegliò diverse ore dopo, in una posizione dannatamente scomoda.
Ci mise un paio di secondi a mettere a fuoco e poi capire dove fosse. Le ci volle molto meno a capire con chi fosse.
Le davano fastidio i polsi e le caviglie bloccate da quei bracciali metallici che trovava troppo stretti.

Lo fissò per un istante, imponente anche da seduto, ammantato nelle sue vesti nere, la maschera dello stesso colore, come se volesse ritrarsi nell'ombra.
Eppure catturava tutta l'attenzione di Rey, come se fosse un buco nero che attira tutto ciò che orbita nelle vicinanze.

Dove sono?” chiese, cercando di darsi un tono e volendo rompere quel silenzio assoluto.

Sei mia ospite” La risposta la sorprese. Si sarebbe detta prigioniera.

«Dove sono gli altri?» chiese ancora.

«Intendi gli assassini, traditori e ladri che chiami amici? Ti solleverà sapere che non ne ho idea.” Rey tirò un impercettibile sospiro di sollievo. Erano al sicuro, almeno per il momento. “ Vuoi ancora uccidermi...» Quella di Kylo Ren era una constatazione di fatto, non una domanda. Come se le avesse letto nel pensiero.

«Capita, quando ti dà la caccia una creatura con la maschera» Le uscì più secco di quanto avesse voluto. Aveva paura, sì ma c'era di più. C'era dell'altro che la spingeva a chiederlo: sentiva curiosità e qualcosa di simile a quello che l'aveva spinta a tenere BB8 con sé, invece di venderlo per 60 porzioni. Non era fiducia, perché non l'aveva mai davvero provata e quindi non sapeva che cosa fosse, ma era qualcosa che la rassicurava.

Silenzio. Poi un suo movimento che lei percepì come a rallentatore.
Le mani salirono lente dietro il collo, uno scatto e poi uno sbuffo, come se fosse stato rilasciato il sottovuoto.
Rey continuava ad osservare cosa stava accadendo come se fosse una moviola e non riusciva a distogliere lo sguardo: era incantata e sentiva un brivido, come quando trovava un AT-AT o una nave spaziale nuova, mai stata esplorata prima.
Kylo Ren si tolse il casco e Rey si trovò davanti qualcosa che non avrebbe mai immaginato.

Un ragazzo. Un ragazzo di al massimo una decina d'anni più vecchio di lei. Un viso giovane, senza barba, dai lineamenti delicati anche se non perfetti. Un naso importante che però non stonava, forse anche grazie alle labbra carnose e luccicanti. Occhi neri e profondi come la notte, dello stesso colore dei capelli che scendevano mossi fino alle spalle. Occhi che la guardavano e in cui lei lesse molte cose, talmente tante e controverse che fu costretta a distogliere lo sguardo.

Parlami del droide” La sua voce, non distorta dalla maschera, era giovane. Non squillante come quella dei bambini, né con gli sbalzi di tono tipici degli adolescenti, eppure neanche profonda come quella degli adulti. Rey la trovò bella, una voce che le sarebbe piaciuto ascoltare negli anni di solitudine su Jakku.

È un'unità BB con drive al selenio e iperscambi a indicator termico” Gli rispose senza esitazione, spinta da quella sensazione di sicurezza che l'aveva colta prima.

Ha una sezione di una carta di navigazione” Continuò lui, avvicinandosi.

E noi abbiamo il resto, recuperato dagli archivi dell'Impero, ma ci serve l'ultimo pezzo e non so come hai convinto il droide a mostrartelo.” La guardò e lei vide nel suo sguardo un accenno di sorpresa, come se non la ritenesse capace. Ma ci era abituata.15 anni nel deserto di Jakku le avevano insegnato che lei era vista come una debole ragazzina che non sarebbe sopravvissuta e nonostante lo avesse smentito (dopotutto, era ancora viva), l'opinione della gente che incontrava all'avamposto di Niima non era cambiata.

Tu. Una mercante di rottami. Sai che posso avere quello che voglio...” Kylo Ren le si avvicinò ancora, con cautela eppure decisione. La guardava come se la “vedesse” davvero, come se riuscisse ad andare oltre alla superficie, ai suoi tre codini, alla polvere che la ricopriva. La mano destra di lui emanava calore.

Sei così sola. Hai paura di partire.” Non voleva guardarlo. Non voleva che leggesse tutto il dolore, le incertezze, l'insicurezza. Aveva già letto la solitudine, poteva bastare.

Di notte non riesci a dormire. Immagini un oceano, lo vedo. E vedo l'isola.” Le si era avvicinato ancora di più, le si era posto al fianco sinistro, chinandosi leggermente per essere alla sua altezza. Le parlava con un tono strano, simile a quello che aveva sentito quando i mercantili attraccavano all'avamposto e gli uomini scendevano e cercavano...sollievo, in qualche donna che vedeva un'opportunità per avere qualche razione in più.

E Han Solo. Lo vedi come il padre che non hai mai avuto. Ti avrebbe molto delusa.” Han Solo. È vero, lo aveva iniziato a vedere come il padre che non c'era mai stato. Ne aveva sempre sentito parlare, lo aveva sempre considerato una leggenda. E poi lo aveva conosciuto e ne era rimasta affascinata, così come era affascinata dal Falcon e divertita da Chewbe.

Sta. Fuori. Dalla mia testa.” Lo disse a denti stretti. Quello che aveva visto era sufficiente. Non lo avrebbe fatto più entrare. Gli avrebbe impedito di vedere altro.

Lo so che hai visto la mappa. È lì dentro.” Si era allontanato dal suo orecchio e la guardava di nuovo in quel modo che le metteva i brividi, con il braccio teso di fronte a se. Il punto, il problema, è che non erano brividi di paura. Erano brividi che non aveva mai provato prima, brividi indotti dal timore che lui potesse leggerla ancora, che potesse leggere il caos di emozioni che le impedivano di pensare razionalmente. “E ora la darai a me.”

Hai paura, sento anche questo.” Era come se la volesse rassicurare.

Io non ti darò niente” Rey lo disse convinta di quel che diceva, guardandolo negli occhi neri.

Vedremo” Un'ondata. Poi un'altra. Era come se con quello sguardo, attraverso quel braccio teso, lui le inviasse energia allo stato puro, che le si abbatteva addosso, distruggendo quella misera difesa che lei aveva costruito per proteggersi.

Poi Rey iniziò a reagire. Non voleva che vedesse altro. Non voleva. E questo la spinse a resistere e a rivolgere quell'energia che le arrivava addosso al mittente. Poi una crepa, uno scricchiolio inquietante, come quelli che sentiva risuonare tra le pareti dell'AT-AT durante le tempeste di sabbia. Ebbe paura, ma non capiva da dove provenisse quel rumore, dalle sue difese o da quelle di lui? Decise di resistere e continuare a rispedirgli addosso quelle onde, finché un altro scricchiolio creò una crepa nelle difese di Kylo Ren e lei vide.

Tu. Tu hai paura.” Il giovane uomo di fronte a lei esitò e con lui anche il suo attacco mentale si indebolì. ”Di non diventare mai forte come Darth Vader!”

Si distaccò da lei, nonostante non avessero condiviso nulla di fisico, come se qualcosa lo avesse bruciato. Si allontanò, guardandola. Uscì dalla cella senza guardarsi indietro, mentre Rey lo seguiva con lo sguardo. L'ultima cosa che percepì di lui fu rabbia. E dolore.

 



Note ¹: http://star-wars-canon.wikia.com/wiki/Steelpecker

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Capitolo 3
*** Anatomia Umana vol.I ***


Salve a tutti/e!
Eccomi qua con un nuovo capitolo!
Spero che vi piaccia, come ogni volta, e che vi fermiate a spendere due paroline per farmi sapere che cosa pensate sia di questa raccolta che del capitolo in sè! :)
Come sempre, ringrazio chi segue, preferisce, ricorda, legge e recensisce: siete tutti/e molto molto importanti per me!
A presto, 
Baci Lagherta :*

P.S: la frase in corsivo, può essere riferita a entrambi gli sguardi di cui leggerete, scegliete voi quello a cui la frase si adatta di più!
P.P.S: come sempre, le frasi in grassetto sono tratte dal film, quelle in corsivo sono pensieri.


 
Anatomia umana
vol.I

 
Si limitò a guardarmi. Quello sguardo mi disse tutto quello che c'era da dire.”
Charles Bukowski

 
Lo sentì chiaramente.

Il rumore del suo cuore, quel cuore che così faticosamente aveva represso in tutti quegli anni, che si crepava risuonò nelle sue orecchie nel momento esatto in cui la lama sfrigolante e vermiglia della sua spada laser trafisse il cuore di suo padre.
Un'unica lacrima scese lungo la sua guancia, seguendo un percorso che, con il senno del poi, sembrava disegnare la cicatrice che lei gli avrebbe disegnato sul volto.

Quell'organo che pompava il sangue nelle sue vene da quasi trent'anni, che era stato ricoperto d'acciaio poco più di 10 anni prima per evitare qualsiasi sentimento che non fosse rabbia o odio, che era stato votato al Lato Oscuro e che aveva cancellato ogni traccia della sua vita precedente, compreso un nome troppo pesante per le spalle di un ragazzino, quel cuore che pensava di non avere più, quel giorno, sul ponte della Starkiller, si incrinò, lasciando che un raggio, debolissimo, di Luce potesse entrare.

Quell'uomo, Dio se lo odiava. Eppure non poteva fare a meno di amarlo, incondizionatamente e profondamente. E non voleva guardarlo, ma non poteva evitarlo.
Non era mai riuscito a sfuggire agli occhi azzurri di suo padre, nemmeno da bambino. Riusciva a mentire a sua madre, che aveva degli occhi così simili ai suoi, castani così scuri da sembrare neri. Ma a suo padre...no. Non ce l'avrebbe mai fatta. Quando combinava un guaio poteva nasconderlo per mesi a Leia, ma non appena Han scendeva dal Falcon, lui capitolava e, piangendo, ammetteva tutto. Han lo sgridava, ma aveva sempre quel suo sorriso da canaglia, stampato sul volto, e minimizzava la marachella del figlio, anche di fronte allo sguardo severo della moglie. Han lo amava e lui amava Han.

E proprio per questo aveva dovuto ucciderlo. Perchè non poteva permettere che la Luce vincesse. Lui apparteneva all'Oscurità, l'unica che l'aveva accolto e capito quando era un ragazzino incerto. La Luce non aveva fatto altro che considerarlo pericoloso e rifiutarlo, mentre lui non avrebbe avuto bisogno altro che di comprensione e guida.
Snoke era stato chiaro e Kylo Ren non era stato minimamente sfiorato dall'idea di opporsi: era la cosa giusta da fare, con quell'azione avrebbe sancito la definitiva appartenenza al Buio, recidendo ogni legame rimasto con Ben Solo e la sua vita precedente.

Ma nonostante si fosse macchiato di uno dei peggiori delitti di cui ci si potesse macchiare, nonostante avesse appena trafitto suo padre con la lama rossa e sfrigolante della sua spada laser, lo sguardo che Han Solo gli aveva rivolto non lo avrebbe mai dimenticato.
Non c'era traccia di rimprovero, né di delusione. Era uno sguardo di perdono, di comprensione, di amore profondo e incondizionato, accompagnato da una carezza data da una mano vecchia, callosa, macchiata, alla guancia sbarbata del figlio che non aveva mai scordato.
Nonostante fosse cosciente di tutto quello che Ben Solo, che Kylo Ren aveva fatto, Han non aveva mai perso la speranza di rivedere suo figlio, il bambino aveva riso sulle sue ginocchia, il neonato che aveva tenuto tra le braccia, il ragazzino che era stato spedito senza sentire ragioni ai margini della Galassia per un addestramento che non capiva. E ora lo rivedeva che era uomo fatto. Un bell'uomo, in cui rivedeva così tanto di sé e di Leia.

Ti voglio bene, figlio mio. Te ne ho sempre voluto. E anche tua madre...perdona gli errori che abbiamo commesso, se puoi...

Fu l'ultimo pensiero di Han Solo, contrabbandiere, membro dell'Alleanza Ribelle, marito e padre, prima di cadere nel vuoto dal ponte della Starkiller.
Kylo Ren, nel leggere tutto questo nello sguardo morente del padre, sentì distintamente il creparsi del proprio cuore. Non fece tempo a metabolizzare che cosa gli stesse succedendo che sentì una voce femminile urlare piena di disperazione. E poi il partire di un colpo di balestra. Si voltò appena in tempo per vedere la ragazzina di Jakku che usciva dalla Starkiller seguita dal traditore.
Non fu necessario chiedersi chi avesse sparato. Il lamento era così caratteristico che l'avrebbe riconosciuto ovunque. Chewbe. Quel dannato tappeto ambulante compagno di suo padre praticamente da sempre.

Una fitta dolorosa, il suono dello strapparsi sia della stoffa che della carne, il calore del sangue che colava lungo il fianco dallo squarcio, l'odore ferroso che impregnava l'aria e la tunica nera, il crack della costa che il colpo aveva rotto. A Kylo Ren mancò il fiato, come se i polmoni si fossero improvvisamente chiusi, impedendogli quell'azione tanto fondamentale quanto inconscia.
L'attimo si dilatò all'infinito e Kylo Ren, il Maestro dei Cavalieri di Ren, rivide tutto quella che era stata la propria vita fino a quel grido doloroso, come se alla rottamaia di Jakku fosse stato strappato un braccio.

Non ci pensò un attimo e le corse dietro, guidato da qualcosa che non capiva. Neanche il dolore lancinante al fianco lo fermò dall'inseguirla.
Dietro di sé Chewbe continuava a emettere quei suoni così suoi, in cui Kylo Ren percepiva il dolore assurdo che stava lacerando l'anima dello Wookie: Chewbecca lo aveva cresciuto, c'era stato quando Leia non c'era e Han non era pronto; Chewbecca lo aveva consolato e abbracciato quando sentiva il giovane Ben Solo percepiva l'enormità della propria potenza e la difficoltà a gestirla, quando si sentiva affine al nonno di cui nessuno parlava. Chewbecca. Il Wookie era diviso tra la voglia di uccidere chi aveva appena ammazzato il suo migliore amico e il dolore per vedere quel ragazzino che aveva giocato sulle sue ginocchia pelose. Voleva uccidere Kylo Ren, ma non era in grado di ammazzare Ben Solo. Il colpo al fianco era un compromesso: dolore e patimento per Kylo Ren, soddisfazione e vendetta per Chewbecca, speranza che Ben Solo capisse.

Perdonami.

E in quel momento Kylo Ren non aveva idea di a chi si stesse rivolgendo.

* * *

Correva, Kylo Ren. Correva in mezzo alla neve, inseguendo quella ragazzina magra e sporca che gli era sfuggita, che aveva resistito al suo attacco mentale, che aveva gridato come se fosse dilaniata alla morte di un uomo che neanche conosceva, ma che aveva considerato un mito prima e una specie di padre dopo.
Non gli interessava il traditore, ma già che c'era si sarebbe occupato anche di lui. Prima di lui.
Il suo obiettivo, però, era la mercante di rottami.

Apparve di fronte a loro, in una radura innevata. Il fianco gli doleva immensamente, ma lui dal dolore traeva forza.

Non abbiamo finito” disse, guardandola fisso. Il mondo intorno a lui sarebbe potuto crollare da un momento all'altro e a lui non sarebbe interessato.

Sei un mostro” Lei lo sputò tra i denti e con le lacrime agli occhi e lui ne fu ferito. Lo sapeva certo, ma non voleva sentirlo da lei.

Siamo solo noi ora. Han solo non può salvarti.” Continuò, come se le sue parole non lo avessero minimamente toccato. Eppure quella crepa che si era creata poco prima si era allargata.

Si colpì con violenza il fianco, per trovare la rabbia e la forza. Gocce di sangue vermiglio caddero sulla neve candida.
Lei tirò fuori il blaster ed era pronta a sparare. Lui tese una mano verso di lei e la mandò a sbattere contro un albero. Il colpo fu abbastanza forte da farle perdere i sensi. Prima si sarebbe occupato del traditore, poi di lei.

Osservò FN-2187 correre da lei, preoccupato. Lo odiò.

TRADITORE!” gridò.

Combatterono con la foga e la rabbia di chi vede messa a repentaglio la propria vita e di chi si vede portare via ciò che desidera.
FN-2187 riuscì a ferirlo a un braccio, prima di essere messo KO.
Poi Kylo Ren si voltò verso la spada laser di suo nonno e di suo zio, la cui elsa spuntava dalla neve. Tese una mano, cercando di trarla a sé e fu sollevato quando la vide muoversi. Gli rispondeva.
Quella però uscì dalla neve in un lampo e si diresse in tutte altre mani.

La rottamaia era lì, in piedi nella neve. Piena di rabbia e di dolore, la spada laser azzurra degli Skywalker sguainata. Era in posizione, pronta a combattere.
Kylo Ren sentì una scarica di adrenalina, di anticipazione, percorrergli il corpo e per un attimo si scordò del dolore al fianco.

Un attimo di silenzio, poi iniziarono.
Lei era come una pietra grezza, una pietra che avrebbe potuto splendere come nessun'altra se solo fosse stata lavorata. E lui voleva lavorarla fino a farla brillare.
I movimenti di lei erano guidati dall'ira e dalla disperazione, dalla voglia di vivere, di vendicare chi era morto e di salvare chi era stato ferito.
Le spade si scontravano, sfregavano le lame, a volte colpivano gli alberi, che venivano tranciati con facilità.

Era grezza, ma dannatamente forte. E bella. Era bella con il viso rosso dallo sforzo, i denti digrignati, gli occhi illuminati da quella voglia di fargli del male. I suoi movimenti si facevano sempre più disarmonici, man mano che lei si stancava e lui la incalzava, senza pietà.
Poi lo stallo, le spade incrociate fino all'elsa, entrambi sull'orlo di un abisso, lei che gli dava le spalle. Le avrebbe potuto dare il colpo di grazia. Un colpetto, nulla di che, e lei sarebbe precipitata.
Ma non lo fece.

Ti serve un maestro! Ti mostrerei le vie della Forza!” le disse invece. La voleva con sé. Non sapeva perché, cioè lo sapeva: lei era forte, potente, sarebbe stata un'allieva meravigliosa. Le stava dando la possibilità di affiancarsi a lui, di diventare di più.

La Forza…” ma a lei non interessava il potere. E al nominare la Forza da parte di lui, fu come illuminata. Chiuse gli occhi e lui restò a fissarla incantato, sperando che lo scegliesse. Invece lei scelse di rispondere e spalancò i suoi meravigliosi occhi dal taglio obliquo e dai colori del bosco, illuminati da una nuova determinazione.

C'era ancora rabbia in lei, ma non era più disorganizzata e caotica. La rabbia veniva incanalata verso di lui e gli si abbatté addosso con tutta la potenza della disperazione.
I suoi colpi erano ancora sgraziati, ma erano più duri e lui si trovò a fronteggiare una fiera ragazzina che lo incalzava sempre di più. Il dolore al fianco tornò prepotente a farsi sentire e lui non vi attingeva più forza, ma debolezza. Un altro colpo andò a segno, ferendogli la spalla sinistra.

Un calcio di lei nel petto lo fece cadere, ma era come se lo stesse aspettando. Lui si rialzò ansimante, le lame si incrociarono un'ultima volta. La prese per i polsi, bloccando le spade una in alto e una in basso.
Poi ancora quella determinazione nello sguardo e il colpo che la rottamaia vibrò fu risolutivo: la lama tracciò un arco dal basso verso l'alto, ferendogli il braccio che impugnava la lama e ripercorrendo la strada della lacrima e della mano di suo padre.

Con il volto squarciato, la stanchezza che si faceva sempre più forte, lui rimase a guardarla dal terreno.
Ai suoi occhi appariva come una dea della guerra: forte, implacabile e bellissima.

Poi la terra tra loro tremò, aprendo uno squarcio che li divise. Un ultimo sguardo, poi gli voltò le spalle e corse via.
Lui restò a guardarla, mentre si allontanava.

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Capitolo 4
*** Anatomia Umana vol.II ***


Salve a tutti/e! 
Ecco "Anatomia Umana vol.II".
Che dire? Spero che vi piaccia, come spero vi sian piaciuti gli altri.
Ringrazio ImmaDreamer, MorganaRoisinDubh81, Superlight777 per aver commentato, e tutti quelli che seguono, ricordano, preferiscono e leggono silenziosamente: vi bacio e vi abbraccio virtualmente tutti quanti! :)
Quindi, adesso vi lascio alla lettura e mi ritiro nel mio angolino!
Spero di sentirvi presto!
Baci Lagherta :*


 

Anatomia Umana
vol.II


 
A volte ci sono parole che non dicono niente, ma sguardi che dicono tutto”
Anonimo


 

Rey non sapeva cosa le facesse più male.

Il cuore: irrimediabilmente ferito dalla perdita della prima figura che aveva visto come un padre e che aveva visto in lei qualcosa di più rispetto ad una mercante di rottami.

I polmoni: che bruciavano per il ridotto apporto d'ossigeno dovuto alla corsa a perdifiato che la stava conducendo verso il Millennium Falcon, seguita a ruota da Finn e Chewbecca.

I muscoli delle gambe: che dolevano sempre di più mentre si muovevano veloci, guidati dall'istinto di sopravvivenza che tante volte l'aveva salvata su Jakku.

Gli occhi: che, offuscati, cercavano di trattenere la marea di lacrime dannatamente salate che scendevano inarrestabili lungo le sue guance, facendosi beffe delle barriere che lei poneva e bruciandole insensibili le cornee.


Rey di Jakku sentiva di stare per andare in mille pezzi.
Soltanto quell'istinto radicato nelle profondità della sua anima, quell'istinto che le diceva di aspettare, che non era il momento, che si sarebbe potuta disperare dopo, la teneva insieme. Faticosamente, ma la teneva insieme.
Correva tra gli alberi, la neve le schizzava sui polpacci lasciati nudi dai pantaloni che usava su Jakku, il cuore le esplodeva nel petto, il fiato le mancava e le faceva dannatamente male la milza. Eppure non poteva cedere.

Sentiva Finn che correva alle sue spalle, il suo ansimare potente tra il rumore dei passi pesanti sulla neve, i rami che si spezzavano una volta calpestati. Aveva freddo e paura e dolore, perdita, rimorso, colpa. Quel misto di emozioni che le attanagliava il cuore monopolizzava l'attenzione del suo corpo e rendeva la fuga ancora più difficoltosa di quanto già non fosse.
Non sapeva dove fosse Chewbecca, sperava solo che fosse vivo e che riuscisse ad arrivare al Falcon e a metterlo in moto, per partire una volta che anche loro fossero arrivati e saliti.

Erano arrivati in uno spiazzo innevato quando era apparso di fronte a loro.
Lo sgradevole rumore della sua spada sguainata che faceva da ironica colonna sonora a quel momento.
Lui stava lì, in piedi in mezzo alla radura, avvolto dal suo mantello nero che svolazzava, i capelli neri e sudati appiccicati alla fronte, gli occhi scuri febbricitanti e belli.

“Non abbiamo finito” le aveva detto, ignorando bellamente Finn di fianco a lei.

“Sei un mostro” gli aveva risposto, sputando tra le labbra tutto il senso di perdita, la rabbia, il dolore, il disprezzo che provava per uno che non ci aveva messo meno di un secondo a uccidere il proprio padre.

“Siamo solo noi ora. Han solo non può salvarti.” Oh, lo sapeva. Eccome se lo sapeva. Han Solo giaceva probabilmente, con la schiena spezzata da un palo, sul fondo della Starkiller che adesso stava per esplodere. Rey sapeva benissimo che non sarebbe arrivato a salvarla. Poi un gesto di lui e lei era volata indietro, sbattendo forte contro un tronco.

“Rey!” la voce di Finn che la chiamava era stata l'ultima cosa che aveva sentito prima di scivolare nell'incoscienza. Un'altra volta. Era come se lui non volesse davvero affrontarla, conscio di poterle fare del male, e per questo la rendesse innocua. Bel modo di non farle del male, in ogni caso.


Si era svegliata, con la cassa toracica dolorante, poco dopo. Aveva appena fatto in tempo a vedere Finn sbalzato via, a terra, innocuo come lo era stata lei fino a quel momento. Si era alzata in piedi e mentre vedeva Kylo Ren voltarsi verso la spada laser di Luke Skywalker, aveva teso una mano verso l'elsa metà sepolta nella neve e aveva desiderato con tutta se stessa che quella venisse a lei.
E così era stato. La spada laser era venuta a lei, che l'aveva impugnata e sfoderata, pronta al confronto.

Combatteva con vigore, con quella voglia di vivere che l'aveva sempre contraddistinta, fin da bambina, e aiutata dalla rabbia e dal dolore per aver perso l'unica persona che aveva visto come padre e per il terrore che a Finn fosse successo qualcosa di più di qualche graffio superficiale. Aveva paura di perdere tutto, di restare sola un'altra volta e per quello combatteva.
Incrociavano le spade con rabbia e furia, tranciando rami e tronchi.
Eppure lei restava incantata dal modo in cui lui combatteva: lo osservava e nonostante fosse impossibile non notare il modo rabbioso, basato puramente sulla potenza fisica, in cui combatteva, Rey riusciva a vedere delle figure nei suoi movimenti. Era come se ballasse, seguendo un ritmo tutto suo, con dei movimenti particolari, pieni di odio, ma affascinanti. Era come un serpente: bellissimo e letale e lei non poteva permettersi di restare incantata.

“Ti serve un maestro. Ti mostrerei le vie della Forza!” gli urlò lui.

Quel ragazzo alto che le stava davanti, impugnando una lama rossa e strana, aveva qualcosa di disperato nello sguardo. Rey riusciva a leggerlo nei suoi occhi neri e rimase stupita: era una volontà dolorosa, di quelle che probabilmente sfuggivano al volere del proprietario, che altrimenti non verrebbero mai espresse. Si specciò nei suoi occhi, insieme alle luci blu e rossa delle spade laser incrociate in uno stallo.

“La Forza...”

L'accenno a quella cosa misteriosa che era la Forza fu come una scossa che la riportò alla realtà: realtà in cui non poteva fantasticare su come gli occhi di lui fossero i più belli che avessero visto, su come i suoi movimenti la incantassero, su come avrebbe voluto saggiare la consistenza dei suoi capelli neri.
Rey chiuse gli occhi, cercando una pace interiore che non aveva mai provato. Quando li riaprì, aveva una nuova determinazione nello sguardo che destabilizzò lui. Kylo Ren aggrottò le sopracciglia e si preparò a contrastare gli assalti furiosi di lei. Ma la ferita al fianco era troppo dolorosa e la rabbia di lei troppo grande, Rey lo vide pian piano perdere il ritmo, scansare gli assalti invece che respingerli. Poi uno stallo e un lampo, Rey che drizza la schiena e lui che cade nella neve, uno squarcio a rovinargli i viso dai lineamenti insoliti, ma non meno belli.
Gocce purpuree di sangue macchiarono la neve candida.

Poi un tuono e una voragine si era aperta tra loro, separandoli. Gli aveva rivolto un ultimo sguardo, poi gli aveva voltato le spalle ed era fuggita, i suoi occhi e i suoi ringhi dolorosi impressi nella mente.

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Capitolo 5
*** Angelo e Diavolo ***


Salve a tutti/e!
Un paio di notifiche: 
1) In seguito al consiglio di ImmaDreamer - che ringrazio davvero moltissimo - ho deciso di cambiare l'impostazione della raccolta. Mi spiego meglio: invece di descrivere la stessa scena due volte, una dal punto di vista di Kylo/Ben e una dal punto di vista di Rey, proverò a fare un'alternanza dei punti di vista dei due, nello stesso capitolo. Siccome non ho idea, davvero, di come possano venire, vi chiedo dal più profondo del mio cuore di farmi sapere quel che ne pensate, quando li leggerete.
2) Altra cosa che cambierà, sarà la presenza di capitoli che non racconteranno nulla di già visto, ma che saranno esclusivamente narrazioni introspettive di quel che io ho immaginato potesse succedere e potessero pensare i protagonisti nei momenti che i film non descrivono. Quindi saranno presenti sia capitoli in cui verranno ripercorse scene già viste, sia capitoli di mia colpeta invenzione. Stesso avviso: se qualcosa non dovesse tornare, non vi dovesse piacere o altro, per favore, ditemelo. Ve ne sarei immensamente grata.

Questo capitolo sarà un misto di entrambi. Racconterà, dal punto di vista dei due, quel che sono le loro emozioni (anzi, parte delle loro emozioni) nel primo periodo di distacco dopo l'esplosione della Starkiller.
Adesso, dal momento che ho già parlato abbastanza, smetto di scocciarvi e vi lascio alla lettura.
Spero che vi piaccia.
A presto, 
Baci Lagherta.


 
Angelo e Diavolo



Parte Prima
 


Lo sguardo indifferente è un perpetuo addio”
Malcolm de Chazal
 
Non riesce a togliersela dalla mente.
Non il terrore quando era sbucato nel bosco su Takodana.
Non la sua espressione stupita e disorientata quando si era tolto il casco nella cella.
Non quella inorridita e disperata quando lo aveva visto trafiggere Han Solo.
Non quella risoluta quando lo aveva affrontato nel bosco, tra la neve, la spada laser degli Skywalker stretta in mano.
Men che meno quella…strana, che aveva quando gli aveva voltato le spalle al di là della voragine, prima di scappare.
Sono passati giorni da quando l'ha vista l'ultima volta eppure ha popolato ogni secondo dei suoi giorni e delle sue notti.

 

Sa di doverla odiare, di doverla distruggere se lei non accetterà di seguirlo e abbracciare il Lato Oscuro e lui è sicuro, come poche volte è stato nella vita, che lei non lo farà.
Nonostante la lieve goccia scura che ha intravisto nella sua anima, lei è Luce, è Forza allo stato puro, grezza, ma non meno potente. Rey di Jakku è l'emblema della speranza e della fiducia: nonostante abbia vissuto un'intera vita di delusioni, che avrebbero dovuta renderla la persona più scettica dela galassia, lei continua a sperare.

È frustrato. Vorrebbe distruggere ogni cosa.
La desidera accanto a sé e quei sogni, quei maledetti sogni, non lo lasciano in pace.

Si allena tutti i giorni fino allo stremo: spada laser, corpo a corpo, da solo, in compagnia. Ora dopo ora, respiro dopo respiro, crampi, strappi muscolari, ossa incrinate, labbra rotte, sudore, fatica. Kylo Ren si distrugge, ma quando tira un attimo il fiato eccola di nuovo, luminosa e splendente come un angelo, con quei suoi occhi così sinceri e leggibili, le lentiggini sul viso e i capelli raccolti in quei tre ridicoli codini.

Rey di Jakku è la sua punizione: punito per aver abbandonato il Lato Chiaro, per aver tradito una madre e un padre che lo amavano, per aver trucidato dei ragazzini, per aver ucciso una marea di persone, per aver abbracciato il Lato Oscuro, per non essere stato abbastanza per nessuno.

L'unica che vuole e l'unica che non può avere. Un desiderio insito in sé, qualcosa di incomprensibile, ma che gli sembra aria: senza non riesci a vivere. Da quando l'ha vista, lui è tornato a respirare, come se avesse vissuto una vita in apnea, e adesso non può farne a meno.
E allora sa che cosa fare: la prenderà e la porterà con sé. La farà passare al Lato Oscuro, in modo da averla. Sarà sua.

È la prima volta che sceglie senza interferenze altrui: ha scelto la via dei Jedi perché i suoi genitori lo hanno obbligato, poi quella del Lato Oscuro perché Snoke gli sussurrava nelle orecchie da anni e lo faceva sentire apprezzato nonostante la sua spaventosa potenza. Non aveva mai davvero scelto.

Ogni giorno uguale, uno dopo l'altro: mattina, giorno, sera e notte. Un ciclo infinito, identico, privo di cambiamenti.
Colazione, allenamento, pranzo, allenamento, cena, Rey.
Ogni volta, per quanto spossato e distrutto possa essere, per quanto le azioni commesse su ordine di Snoke possano essere raccapriccianti, ogni sera Kylo Ren trova la pace.
Chiude gli occhi, disteso nel suo letto dalle lenzuola nere, e le appare. Eterea e bellissima, ma anche selvaggia e indipendente, potente e grezza, ma aggraziata. Non nera, ma neanche completamente bianca. La luce che emette non è quella calda del sole, ma nemmeno quella fredda della luna: è un misto, qualcosa che prende sia da un lato che dall'altro. Buono e cattivo, attivo e passivo, attacco e difesa, luce e buio, bianco e nero.
Rey è bilanciata, ma lui sa che sta camminando sul filo del rasoio. La luce è preponderante, ma il buio l'attira a sé, la chiama e lui anche. Nel sonno pronuncia il suo nome, lo sussurra, assaporando come suoni detto dalla sua voce. E lei nel sogno risponde. Lo chiama a sé, gli tende la mano e apre le braccia, come ad accoglierlo nel suo abbraccio.
L'ultima cosa che ogni volta vede, prima di svegliarsi, sono i suoi occhi.

Occhi dal taglio obliquo e affilato, contornato da folte ciglia scure. Occhi nocciola, screziati di verde e di giallo e di oro: luminosi e intriganti, come quel bosco su Takodana in cui l'ha vista per la prima volta, raccogliendola poco dopo tra le braccia.
Occhi in cui si sono susseguite una marea di emozioni: paura, sfida, stupore, insicurezza. Mai indifferenza, però.
Nonostante tutto, neanche l'ultima volta c'era indifferenza nel suo sguardo. C'era rabbia, c'era decisione, disperazione e…dispiacere?

Può davvero essere stata dispiaciuta per lui?
Quando l'ha ferito, poteva dargli il colpo di grazia, niente l'avrebbe fermata, neanche lui. Eppure non lo ha fatto. Perchè?
Avrebbe privato il Primo Ordine di un'arma potente, indebolendolo.
Invece no.

E adesso lei impregna ogni suo pensiero, ogni momento del giorno e sopratutto della notte, facendolo svegliare nervoso e irrequieto.

Ti troverò, Rey di Jakku. Non puoi nasconderti da me. Ti troverò e allora sarai mia.

 


Parte Seconda


 

La bianchezza dello squalo bianco, l'orrida fissità del suo sguardo che demolisce il coraggio”
Vinicio Capossela

 

Pensava spesso a lui, anche se non riusciva a capire in che modo lo stesse facendo.
Da quando l'aveva catturata tutto era cambiato, irrimediabilmente.
Aveva scoperto di essere capace di usare la Forza e di saper usare una spada laser, ma non era questo che la turbava.

La turbava il modo in cui aveva ancora l'odore di Kylo Ren nelle narici (cenere e fuoco, notti oscure e pulito); le dava fastidio il modo in cui si era tolto il casco, lasciandola senza parole, perché è più facile odiare un mostro senza volto, che un mostro con il volto pulito di un ragazzo poco più grande di lei; la innervosiva il ricordo del combattimento sulla Base Starkiller, in cui lui sembrava voler evitare di farle male in modo grave, di come combatteva opponendole resistenza, ma senza mai attaccare davvero; e infine la sconvolgevano i suoi sguardi, gli ultimi sguardi che le aveva rivolto, prima offrendole aiuto, offrendosi di insegnarle, poi quello sguardo strano, prima che lei gli voltasse le spalle, uno sguardo pieno di dolore in cui però lei aveva scorto qualcosa di più, che non riusciva a inquadrare.

Andare da Luke Skywalker, riportargli la spada laser, chiedergli di tornare…era stato uno sbaglio. Luke non voleva tornare. Si era volontariamente isolato dal mondo, abbandonando sua sorella, Ian e suo nipote, abbandonando il mondo per cui aveva combattuto e che adesso si trovava minacciato da una nuova ombra scura.
Luke Skywalker non aveva nulla dell'eroe di cui aveva tanto sentito parlare. Nulla.

Era un vecchio, soltanto un vecchio, indolente e burbero, quasi un sociopatico. Non voleva nessuno intorno, neanche quelle strane “suore” anfibie che zampettavano tutto il giorno nel tentativo – inutile – di mantenere in buono stato quel villaggio sull'isola e soprattutto non voleva lei.
La vedeva come una mosca fastidiosa che non smetteva di ronzargli intorno e lei lo sapeva benissimo, ma esattamente come le mosche, Rey faceva finta di nulla e continuava a stare lì, su Ach-To, rifugiandosi talvolta sul Millennium, talvolta in una delle casupole mantenute integre dalle suore.

Lo sognava, ogni tanto.
Sentiva il suo odore, sentiva il suo tocco, sentiva il suo sguardo, sentiva la sua voce e il suo respiro.
E quando si svegliava era scombussolata, come se non fosse se stessa, come se ci fosse di più.

Era attratta, non faticava più ad ammetterlo, da lui.
Non le importava che nome si desse, perché lui era entrambi. Non poteva esistere Kylo Ren senza Ben Solo e non esisteva Ben Solo senza Kylo Ren.
Rey lo vedeva come l'unione di due entità, al tempo stesso distinte e unite ed era proprio quello che la stregava, quel misto di entrambi.
Era rimasta incantata dai suoi occhi, in cui l'iride non si distingueva dalla pupilla. Sguardo nero e fisso che la inquietava e la spaventava quando era freddo, ma che la faceva sentire fiduciosa e meno impaurita quando, nelle sue profondità, scintillava pieno di emozioni.

A differenza di lui – ma questo Rey non poteva saperlo – si era fatta una ragione dei suoi sogni. D'altronde, per anni, nell'AT-AT su Jakku aveva sognato dell'isola. Rey dava un significato ai sogni, sapeva che volevano dirle qualcosa e che quel qualcosa sarebbe stato chiaro solo nel momento appropriato. Era inutile rodersi il fegato per questo: avrebbe aspettato.

Intanto Luke si era convinto a darle delle lezioni. Tre, per l'esattezza. Tre lezioni le sarebbero dovute bastare per imparare tutto quel che c'era da imparare sull'arte dei Jedi. Rey non si era fatta scoraggiare e aveva accettato le tre lezioni: erano comunque meglio di niente e lei avrebbe tratto il più possibile da quel che Luke le avrebbe insegnato.

“Cominceremo domani all'alba. Intanto farai meglio a riposare” le aveva detto Luke.

E Rey di Jakku, per la prima volta dopo tanto tempo, dormì senza sognare.

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Capitolo 6
*** Contatto ***


Salve a tutti/e!
Perdonate la prolungata assenza (terribilmente lunga, lo ammetto), ma mi ero bloccata nell'attesa di Episodio IX.
Questa storia non contiene spoiler di nessun tipo, non seguirà minimamente la linea dei film e da questo momento in poi prenderà una strada diversa.
Essendo una Reylo, capirò se qualcuno non avrà piacere a leggerla.
Da questo capitolo si avrà una svolta, Rey e Kylo si avvicineranno di più andando avanti, si avranno battaglie e fughe e momenti di tranquillità e apparente pace.
Io spero che chi l'ha seguita continui a farlo e che nessuno mi maledica per essere scomparsa: ogni tanto è necessario.
Vi abbraccio tutti, uno per uno, 
Lagertha

 

Contatto

 
L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche:
se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati.”
Carl Gustav Jung

 

Rey si stringeva in quell’enorme ed avvolgente scialle di lana, allungando le mani verso il fuoco e ritirando le gambe al petto, accovacciata davanti al piccolo ma caldo falò che aveva acceso nella capanna scelta per essere sua fin tanto che l’addestramento con Luke Skywalker fosse proseguito.

Fuori pioveva come ogni notte su Ach-To.
Fulmini e tuoni, scrosci pesanti come secchiate d’acqua, il vento che ululava potente entrando negli spiragli lasciati tra pietra e pietra dallo sgretolarsi della calce, le onde che enormi e pesanti si infrangevano sulle pareti scoscese di quel grosso scoglio localizzato, sperduto, in mezzo al mare.

La prima volta che gli era apparso, Rey aveva sparato un colpo di blaster, fatto un buco nella parete di pietra della sua casupola e quasi ucciso una suora anfibia che le si era rivolta urlando in quella lingua strana che Rey non capiva.

Gli era apparso sotto la pioggia, a torso nudo, il volto pieno delle ferite che lei stessa gli aveva inferto, piccole e sottili cicatrici che, anche se invisibili sul volto di lui, sarebbero rimaste, indelebili, nel cuore di entrambi.
A Rey si strinse il cuore nel vedere come lo aveva ridotto, ma lo guardò comunque in cagnesco, prendendo le distanze anche se il suo cuore la spingeva ad andare da lui, ad avvicinarsi e assicurarsi che nonostante tutto stesse bene.

Ben Solo. Kylo Ren. Due facce della stessa medaglia tormentata e sola.
Un qualcosa che le nasceva nel profondo la spingeva ad allargare le braccia e ad accoglierlo, a proteggerlo. L’altra parte le diceva che era solo un assassino, un parricida, un traditore e che non si meritava nulla. Ma era stanca. Stanca di odiarlo quando non riusciva a farlo davvero.

Luke non la considerava se non per addestrarla e la sera divenne il momento in cui si incontravano.
All’inizio non facevano altro che condividere, in quello strano e tutto loro modo, lo spazio della capanna.
Si sedevano davanti al fuoco e meditavano. Non si guardavano, non si parlavano.
Per Rey era sufficiente: soltanto con Ben riusciva a non sentirsi sola e percepiva che lo stesso era per lui.

Iniziarono a raccontarsi.
Rey gli raccontò la vita su Jakku, sola, abbandonata, affamata.
Gli raccontò di come incideva una linea nel metallo dell’At-At che le faceva da casa per tenere il conto dei giorni che passavano da quando i suoi genitori erano partiti.
Gli disse delle voci che sentiva quando indossava il casco del pilota della Resistenza, dei sogni che tormentavano le sue notti.
Gli raccontò di come avesse incontrato Finn e BB-8, del Falcon, di Han e Chewbecca, Leia e Luke, di Poe.
Gli raccontò tanto di sé, stando ben attenta a non rivelare dove fosse lei o la Resistenza, aprendo il cuore a quel ragazzo che sentiva così simile a sé.
Anche lui le raccontò di sé, riempiendo i vuoti che avevano lasciato Luke, Leia e Han.
Le disse di come fosse un bambino solitario, di come stravedesse per il padre mai a casa, di come amasse la madre e odiasse il Generale, di quanto si fosse sentito tradito quando era stato mandato dallo zio e di quanto, se possibile, si fosse sentito ancor più abbandonato da tutto quando anche lo zio lo aveva tradito, cercando di ucciderlo perché adolescente incapace di gestire da solo il proprio potere.
Aveva bisogno di aiuto, Ben Solo, e quando non glielo avevano dato si era trasformato in Kylo Ren, fomentato dall’odio e dalla voce di Snoke che sussurrava infida al suo orecchio di ragazzo.

La connessione permetteva loro di provare le emozioni dell’altro, di comprendere a pieno tutto ciò che apparteneva all’altro: Kylo e Rey, connessi, erano un’unica entità.

“Vorrei che fosse diverso…”

“Che cosa?”

Rey e Kylo stavano, come sempre, dai lati opposti del fuoco acceso nella casetta di Rey. Rey fissava le fiamme come ipnotizzata, lo sguardo vacuo di chi sta pensando a tutt’altro. Kylo fissava lei, osservandola e imprimendosi ogni suo più piccolo dettaglio nella memoria, sapendo che tutto quello un giorno sarebbe finito e lui avrebbe potuto viverla soltanto nei propri ricordi.

“Tutto questo” mormorò lei in risposta, senza distogliere lo sguardo dalle fiamme. “Vorrei che non ci fossero una Resistenza e un Primo Ordine. Vorrei che non condannassero chi ha un potere oscuro, ma gli insegnassero a gestirlo. Vorrei essere una ragazza normale, con una vita normale e…”

“Lo so.”

“Perchè deve andare così? Perchè non potevo essere lasciata su Jakku? Alla fine non era tanto male…”

“La tua vita su Jakku faceva schifo”

“Non-”

“Non mentire. Non a me.”

Rey si zittì senza distogliere lo sguardo dalle fiamme, impassibile fuori, in tempesta dentro.
Restarono in silenzio davanti al fuoco finché Rey non si addormentò, sfinita, lasciando che Kylo restasse lì a guardarla dormire, le guance lentigginose ombreggiate dalle lunghe ciglia scure, le labbra carnose semi aperte.
Pensò a quanto fossero cambiate le cose. Non molto tempo prima lei non lo avrebbe accettato nella capanna, neanche sottoforma di proiezione, e sicuramente non si sarebbe lasciata guardare mentre, inerme, dormiva. E lui non l'avrebbe guardata dormire in quel modo indifeso senza pensare che la sua mente era priva di resistenze e che avrebbe potuto estorcerle qualsiasi informazione avesse voluto.
Dal momento in cui si erano incontrati erano cambiati e Kylo Ren non sapeva ancora se fosse un bene.
Se ne andò che era quasi l’alba su Ach-To. Rey continuava a dormire, fuori aveva smesso di piovere.


 
Kylo Ren si guardò allo specchio.
Le cicatrici deturpavano il suo corpo giovane e possente.
La sua stanza, di un bianco abbagliante, era fredda e sterile, terribilmente diversa da lui, dal suo spirito che ora più che mai era preda di una tremenda burrasca emotiva.

“Che cosa succede?”

La voce musicale e dolce di Rey lo raggiunse all’improvviso.
Kylo Ren la osservò dalla superficie riflettente.

“Mi hai chiamata, anche se non te ne sei accorto.”

“E tu sei accorsa”

“Ben…” Rey sospirò leggermente, socchiudendo gli occhi e torturandosi le dita intrecciate.

“Kylo Ren. Devi smetterla di cercare Ben. Accetta quel che sono Rey-” Lo faceva infuriare il rifiuto di lei di vederlo per quel che era: un assassino spietato, non un ragazzino dolce e incompreso.

“Lo farei, se tu per primo ti accettassi davvero” replicò la ragazza, guardandolo con il capo inclinato.

Kylo Ren si voltò, dando le spalle allo specchio e rivolgendosi a lei, la sua esatta metà.
Era bella come sempre, più adulta forse, con una punta di potenza selvaggia che ancora riusciva a sfuggire alle briglie che Luke le aveva fatto indossare.

“Dovresti fare lo stesso” disse semplicemente lui, guardandola, lo sguardo più innocente che Rey gli avesse mai visto.

“Io mi accetto-”

“Già una volta ti ho detto che non puoi mentire a me, Rey. Io sono dentro di te più di chiunque altro potrà mai essere”

Il non voluto doppio senso fece avvampare Rey che distolse lo sguardo e si avvicinò alla finestra. Kylo Ren la seguì, affiancandola e fissando il fuoco visivo sul loro riflesso nel vetro che li separava dallo spazio infinito.
Rimasero in silenzio per un tempo lunghissimo. Le braccia di entrambi lungo i fianchi, le mani che si sfioravano così lievemente da far sembrare il contatto un’illusione. Rey non era lì fisicamente, eppure emanava calore e Kylo Ren poteva sentirne l’odore e, se si concentrava, il battito del cuore impazzito.

“Vorrei…”

“Che tutto questo fosse diverso. Lo so.”

“Stavo per dire che vorrei poterti conoscere, ma va bene anche quello che hai detto tu”

“Tu mi conosci già-”

“No. Io conosco quello che di te mi hanno raccontato Han, Leia e Luke. So quello che mi hai raccontato tu, ma non ti conosco, non davvero.” sorrise dolcemente al riflesso del ragazzo che, spalle dritte e testa alta, la guardava con uno sguardo diverso dal solito.

“Ero un bambino solitario. Mi piaceva leggere-”

“Questo me lo hai già raccontato. Avevi degli amici?”

“Gli altri padawan da Luke avevano paura di me, mi rispettavano perché impauriti. Solo alcuni non mi temevano.”

“Come si chiamano?”

“Perchè non credi che li abbia uccisi, quando ho fatto fuori tutti gli altri allievi di Luke?”

“Perchè se non avevano paura di te e ti rispettavano li avresti risparmiati come hai risparmiato me.”

“Tu sei diversa…”

“Lo so”

Kylo Ren la guardò sogghignare dallo specchio e le sorrise dolcemente.

“Quella è la mia risposta, rottamaia”

“Quella è la risposta di Han, cavaliere”

L’accenno al padre fece perdere un battito al cuore di Kylo, i cui occhi si inumidirono.
La mano proiettata di Rey raggiunse la sua, stringendola brevemente.

“Ti amava più di quanto abbia mai amato chiunque altro…”

Kylo Ren non rispose. Continuò a guardare lo spazio fuori dall’oblò, il cuore che gli batteva frenetico nel petto e le lacrime che, pungenti, spingevano per uscire.
Dopo un po’ Rey capì che era meglio lasciarlo da solo: quando ne avesse avuto bisogno, l’avrebbe chiamata e lei sarebbe accorsa.

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Capitolo 7
*** Sonno ***


Salve a tutti/e!
Eccoci di nuovo qui, dopo le abbuffate natalizie, rotolanti e pieni. Spero tutto sia andato bene :)
Avevo annunciato una svolta e prometto che ci sarà, anche se qui è già un po' accennata (almeno così pare a me che scrivo, se a voi pare di no fatemelo sapere), la svolta vera avverrà nel prossimo capitolo che verrà pubblicato all'incirca a metà gennaio.
Nel frattempo mando un bacio a tutti e ringrazio chi legge, segue, preferisce, ricorda e recensisce questa storia.
A presto
Lagertha


 
Sonno

 
A dispetto degli igienisti, il sonno è più salutare quand'è condiviso da un essere amato. Il calore, la sicurezza, la pace e quell'intimo conforto che derivano dal contatto dell'altro, lo intessono infatti come una specie di dolcissimo velo che avvolge interamente anima e corpo.”
David Herbert Lawrence


Rey si svegliò sudata fradicia e in preda al panico.
L’ennesimo incubo in cui annegava senza riuscire ad urlare, a chiedere aiuto, l’aveva svegliata all’improvviso nel bel mezzo della notte.

“Dovresti parlarne con Luke”

La voce di Kylo la raggiunse nell’oscurità della capanna.
Appena gli occhi si furono abituati al buio, Rey lo vide: era seduto su uno sgabello in legno ai piedi del letto spartano in cui dormiva.
Si strofinò il viso, cercando di non apparire disperata come in realtà si sentiva.

“Ti sento, Rey, non importa che tu ti nasconda a me” disse lui sospirando e alzandosi in piedi.

“Luke mi direbbe di chiudere la mente…”

“Allora fallo”

“Non posso”

“Perchè?”

Kylo Ren sapeva quale sarebbe stata la risposta di Rey, lo sentiva nella parte più profonda di se stesso, eppure aveva necessità che lei pronunciasse quelle parole, una necessità simile al bisogno d’aria.

“Perchè se chiudessi la mente ti perderei per sempre”

Rey lo guardava da sotto le lunghe ciglia, timida e insicura di ciò che aveva appena detto, di quello che aveva capito di provare, di quella che sarebbe potuta essere la sua reazione. Gli venne da sorridere a vedere la piccola e promettente apprendista jedi capitolare ed essere insicura davanti all’amore e alla possibilità di non essere ricambiata.

“Non è da jedi quello che provi”

“Io non sono una jedi”

La guardò sorpreso, aspettando che proseguisse, ma lei non lo fece, restò in silenzio, fissandolo.
Restarono così a lungo, scrutandosi, leggendosi nella mente senza che uno provasse a forzare e senza che l’altro opponesse resistenza.

“Dovresti dormire…”
Ti veglierò io.

“Non so se ci riesco…”
Non andartene.

“Se Luke mi vede qui…”
Non voglio andarmene, ma devo.

“Hai ragione”
Non voglio che tu te ne vada, ma devi.

“Buonanotte Rey”

“Buonanotte Kylo”
 


 

“PADRE!”

“BEN!”

La voce di Rey penetrò la nebbia di terrore che avvolgeva Kylo Ren.

“Kylo, svegliati, è solo un incubo…”

Al cavaliere di Ren parve che le mani di Rey asciugassero il sudore che imperlava la sua fronte. Chiuse gli occhi, inspirò profondamente cercando di rilassarsi, godendo di quel contatto immaginario che però a lui pareva dannatamente reale.

“Io…” provò a spiegare alla fine, guardando Rey che era accovacciata ai piedi del suo enorme letto dalle lenzuola nere.

“So cosa hai visto”

"Non so che cosa fare"

"Vieni da noi...la Resistenza ti proteggerà-"


“Mi uccideranno”

“Nessuno lo farà”

“Dici?” il ghigno che deformò il viso di Kylo Ren non fu sufficiente ad allontanare Rey. “Appena mi vedranno mi scaricheranno addosso i blaster. Mia madre mi volterà le spalle lasciandomi alla mercè dei suoi leccapiedi. I tuoi amici ti terranno lontana da me, ti rinchiuderanno da qualche parte pensando che tu sia impazzita-”

“Lo impedirò”

Kylo guardò Rey che, rossa in viso, cercava qualcosa su cui puntare lo sguardo. Quello strano legame che li univa comprendeva anche il condividere le emozioni e in quel preciso istante la giovane padawan era scossa da un tumulto di emozioni che mal si addicevano ad un’apprendista jedi. Passione, piacere, amore, protezione, paura. A Kylo venne da sorridere, ma se lo avesse fatto lei avrebbe pensato che la stesse prendendo in giro e sarebbe fuggita e lui non lo voleva. Così si limitò a fissarla intensamente, in attesa che lei ricambiasse lo sguardo.

“Perchè?”

Di nuovo, Kylo Ren voleva sentirsi dire ciò che nel profondo già sapeva, ma questa volta Rey non rispose.

“Non posso, non ce la faccio”

Rey avanzò, accovacciandoglisi a fianco, piccola come una bambina.
Emanava calore anche se non era realmente lì e quello e il ritmo tranquillo del suo respiro tranquillizzarono Kylo, che si stese nuovamente sulla schiena, fissando il soffitto.
Rey lo guardava, studiandone le curve del viso, strani lineamenti che lo rendevano bello in un modo tutto suo.

“Che c’è?”

Le chiese lui ad un tratto, facendola sobbalzare: non si era accorta che la stava osservando.
Lei allungò una mano in risposta, percorrendo in punta di dita la cicatrice frastagliata che gli deturpava il volto.

“Mi dispiace…”sussurrò infine, dopo che le dita ebbero perso contatto con il calore della pelle tesa a ricoprire la mandibola di Kylo. “Mi dispiace davvero tanto…”

“Non è la mia prima cicatrice…”

“No, ma è la prima a causa mia.” lo interruppe lei, senza guardarlo in faccia.

“Non puoi farti carico delle disgrazie dell’universo, Rey. È solo una cicatrice, alla fine.”

Lei annuì, lasciando che le dita percorressero di nuovo quella strada ruvida e tortuosa.

Si stava appisolando, il possente Kylo Ren, quando percepì il contatto, il calore delle dita di Rey andare man mano svanendo e un sorriso amaro gli piegò le labbra carnose.

“Che succede?” chiese, temendo la risposta.

“Il sole sorge, Luke si sta svegliando. Tra poco verrà a chiamarmi…”

“Mi dispiace”

“Per cosa?”

“Per non averti fatta dormire”

“Non importa. Su Jakku non dormivo mai molto” Rey si guardò alle spalle. “Devo andare, Luke sta arrivando”

“Va bene”

Nessuno dei due aggiunse altro. Lasciarono che le rispettive proiezioni svanissero, che il calore della pelle dell’altro lasciasse il posto al freddo dello spazio o all’umidità di Ach-To.
Erano entrambi certo che si sarebbero rivisti.
Ultimamente quegli strani incontri si erano fatti più frequenti.

Quando Rey fu sparita davvero e Kylo Ren si ritrovò solo nella stanza, il cavaliere sith chiuse gli occhi e cadde in un sonno popolato da sogni caldi e belli, dove il padre e la madre non lo odiavano, dove lo zio gli sorrideva e dove Rey era al suo fianco, con quel suo sorriso dolce e le lentiggini, calda come il sole di Jakku, diversa dallo spazio gelido che lo circondava da una vita.

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Capitolo 8
*** Rinuncia ***


Salve a tutti/e!
Giorni di pubblicazione per il mio profilo (ho aggiornato anche le altre due long che ho in ballo, una su Harry Potter che si intitola "Rubino e Smeraldo", l'altra su The 100 che si intitola "Il colonnello e la dottoressa"). 
Come promesso, eccomi qui, a metà gennaio, con l'aggiornamento di "Vedere, non guardare".
Spero che vi piaccia, come sempre.
Grazie a tutti voi che leggete silenziosamente, seguite, ricordate, preferite, seguite e usate un po' del vostro tempo per recensire: grazie davvero!
A presto, 
Baci Lagertha

 
Rinuncia

 

Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. È dire "ti sento".
Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano.
Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro.
Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.”

Erri de Luca


 


Non doveva cercarlo più.
Rey se lo ripeteva ogni giorno da quando lui aveva ucciso Snoke per lei e le aveva teso la mano, invitandola a diventare la sua regina, ad affiancarlo nel dominio della galassia.
Ogni volta che ripensava ai suoi occhi le si spezzava il cuore e allora correva nella foresta, rifugiandosi nel punto più folto, e piangeva, il petto e le spalle scossi dai singhiozzi.
Quando tornava all’accampamento, tutti la guardavano di sottecchi, ma nessuno si azzardava a chiederle niente.
Gli occhi rossi e lo sguardo basso, oltre al frequente tirare su col naso, erano segni più che evidenti della volontà di restare sola.

Ogni notte rivedeva la sua mano tesa, avvolta nel guanto di pelle nera, e rivedeva i suoi occhi: occhi neri come la notte, pieni di dolore e solitudine e amore, amore che però veniva soffocato dalla volontà di dominare la galassia, di arrivare dove suo nonno, il potente Darth Vader, non era mai arrivato. E aveva rifiutato. Con il cuore distrutto e le lacrime che premevano per uscire, Rey di Jakku, figlia di nessuno, aveva rifiutato la mano tesa dell’unico essere in tutta la galassia che l’amasse e in cui si era riconosciuta. Erano sempre stati soli, sarebbero potuti essere soli insieme e Rey avrebbe accettato la mano, se solo lui avesse lasciato perdere quelle sue assurde idee di dominio, ma Kylo Ren non lo aveva fatto e lei aveva rinunciato.

Era scappata dopo essersi assicurata che fosse soltanto ferito lievemente, svenuto, non in pericolo di vita.
Senza guardarsi indietro aveva lasciato l’ammiraglia del Primo Ordine ed era fuggita.
Aveva partecipato poco alla battaglia su Crait, non voleva incontrarlo, ma alla fine lo aveva visto.
Era vivo. Stava bene. Il suo cuore aveva mancato un battito e lei aveva tirato un sospiro di sollievo.
Si erano guardati per un attimo, un momento soltanto, la connessione così solo loro attiva. Lei sul Falcon, lui nella base ribelle ormai vuota.


Stai bene.

Non mi hai fatto davvero del male.

Sono contenta di vederti.

Perchè?

Non posso.

Vattene.

Kylo…

Vattene Rey.



Aveva chiuso il portellone, mascherando il dolore dietro un’espressione decisa, mentre in realtà dentro stava morendo.
Non poteva lasciarsi andare, non ancora. Aveva altre cose da fare: portare in salvo gli altri, per esempio, far sì che la Resistenza restasse viva. Le lacrime da versare e tutto il dolore che sentiva accumularsi nel cuore dovevano attendere.
La morte di Luke le aveva dato la scusa perfetta per lasciarsi andare senza che nessuno le facesse domande. Neanche Leia aveva sospettato niente. Le aveva stretto una spalla e si era chiusa nel suo dolore.
Rey si era rifugiata sul Falcon e aveva pianto per ore, raggomitolata nella cuccetta in cui aveva dormito Ben per anni, prima che lo mandassero da Luke.
Immaginava il suo odore di bambino, così diverso da quello che aveva sentito lei quando l’aveva catturata. Non cenere, ma foresta. Non aria fresca, ma vento dolce e tiepido che sfiorava il viso di Ben Solo bambino. Non fuoco, ma acqua scrosciante. Non odore di pulito, odore di quelle notti gelide di Jakku prive di luna, ma odore di olio per motore, di Chewbe e di sole.
Pianse distrutta per ore, finché le lacrime non terminarono e lei fu costretta ad uscire dal suo rifugio, perché la Resistenza aveva bisogno di lei. Lei che era l’ultimo Jedi.

 


“Stai male”

Era sobbalzata, tirandosi di scatto su a sedere nella cuccetta in cui era, per l’ennesima volta, raggomitolata.

“Non hai un bell’aspetto neanche tu” aveva replicato, cercando di darsi un tono.

Nonostante tutto, aveva scelto e non poteva tornare indietro. Kylo Ren aveva scelto il potere all’amore, lei aveva scelto di resistere, relegando l’amore in un angolo. Ne morivano entrambi ogni giorno.

“Sento quanto tu stia soffrendo, Rey, non mentirmi”

“Non ti mento, non l’ho mai fatto”

“Parlami”

“Che cosa vuoi che ti dica? Che mi fa male il cuore ogni giorno in cui mi sveglio e vedo chi mi circonda? Che ogni giorno piango perché tu hai preferito il potere a me? Che mi si spezza il cuore perché per l’ennesima volta chi amo mi ha abbandonato?”

La proiezione di Kylo non le rispose, ma i suoi occhi neri dicevano tutto quello che la bocca non riusciva.
Il silenzio si protrasse per un tempo che a entrambi sembrò infinito.

“Mi dispiace, avrei voluto…” scusarsi non era decisamente il punto forte del leader del Primo ordine.

Kylo soffriva, Rey lo percepiva, ma erano entrambi troppo orgogliosi per fare un passo indietro.

“Lo so…”

“Ma mi odi comunque”

In quelle situazione Kylo era un vero idiota. Rey non lo aveva mai odiato, mai. Aveva avuto paura di lui, all’inizio, ma non lo aveva mai davvero odiato: sapeva che c’era qualcosa che li legava indissolubilmente.

“Non ti odio e tu lo sai”

Kylo sorrise, uno di quei sorrisi che riservava a lei soltanto, dolci, sinceri e terribilmente infantili.

“Avevo bisogno di sentirtelo dire”

Rey arrossì, abbassando gli occhi. Kylo Ren era l’unica persona nell’intera galassia capace di metterla a disagio, di farla sentire una bambina, di farla sentire piccola, amata e degna di quella protezione che non aveva mai avuto.

“Mi sei mancata, Rey…”

“Kylo…”

“Non mi chiami più Ben”

“Non mi interessa più con quale nome vuoi essere chiamato.” lo guardò tristemente, allungando una mano a sfiorargli la guancia sbarbata di fresco. “Io so chi sei davvero, il nome con cui la gente ti chiama è solo un qualcosa in più, un qualcosa che a me non è necessario…”

La proiezione di Kylo si fece corporea per un attimo, un unico istante, permettendo ai due ragazzi distanti migliaia di anni luce di toccarsi.
La mano fredda di Rey avvolse la guancia calda di Kylo e una scintilla scaturì da quel contatto di pelli, sorprendendo i due che si staccarono di scatto e si guardarono per un secondo prima che la comunicazione svanisse improvvisamente.

Rey si trovò di nuovo sola, seduta sulla cuccetta del piccolo Ben Solo, all’interno del Falcon. Guardò sconvolta la mano, cercando di stampare nella memoria ogni singola sensazione scaturita da quel contatto inaspettato e brevissimo che l’aveva sconvolta come mai prima.

 


 

A migliaia di anni luce di distanza, Kylo Ren era seduto a gambe incrociate sul grande letto dalle lenzuola nere. Con una mano sulla guancia guardava fisso davanti a sé.
Non si accorse dell’unica lacrima che sfuggì al suo ferreo controllo, andandosi a infrangere contro il collo della maglia bianca che indossava dopo aver percorso la via disegnata dalla cicatrice che Rey gli aveva lasciato quello che sembrava un infinito tempo prima.

Si alzò dal letto, fiondandosi sotto la doccia. Aveva bisogno di calmarsi e il getto gelido che gli batteva sulle ampie spalle era l’unica cosa in grado di riuscirci.
Quella ragazzina lo aveva portato a mettere in dubbio ogni sua singola scelta, ogni sua cellula. Quando l’aveva vista per la prima volta, fiera e spaventata nel bosco di Takodana…già lì gli era sembrata bellissima.
Poi la resistenza che gli aveva opposto sulla Starkiller, quando l’aveva interrogata: era degna, più degna di chiunque altro avesse mai incontrato, di stargli accanto.
E la scoperta del legame, dopo il combattimento sulla Starkiller, gli aveva dato la certezza che fosse lei e nessun’altra.
Aveva rovinato tutto, perché era un idiota, ma lei non lo aveva mai odiato, lo sapeva benissimo, e nonostante tutto quello che aveva fatto aveva bisogno di lui e lo cercava, lo chiamava a sé anche senza volerlo, nei momenti in cui si sentiva sola, abbandonata.

Il getto d’acqua si interruppe e Kylo Ren, maestro dei cavalieri di Ren, leader del Primo Ordine, rimase con la fronte poggiata alla parete, grondante, a ripensare a quell’ultimo contatto da cui era scaturita un’energia che mai aveva sentito.

“Sai figliolo, l’amore funziona così. Ti toglie la dignità, il sonno, la fame. Un uomo forte, un uomo potente…quando si innamora perde quella forza che lo aveva caratterizzato.”

Han Solo era appoggiato allo stipite della porta del bagno e lo guardava con quel suo sorriso sghembo che così tanti cuori nell’intera galassia aveva fatto capitolare.

“Padre…”

“Non scusarti. Era necessario che tu lo facessi, io lo sapevo e adesso lo ha capito anche tua madre”

“L’ho delusa”

“Se parli di tua madre, forse hai ragione, ma è una donna che sa perdonare, anche se le ci vuole tempo.” fece una pausa e sorrise di nuovo. “Se parli di Rey, lei ti capisce meglio di chiunque altro. Lei non è delusa da te, è ferita perché non l’hai scelta come non l’hanno scelta i suoi genitori. Si sente abbandonata.

“Io non so come si conquista il cuore di una donna, padre…”

“Il cuore di Rey è già tuo, lo è da sempre anche se lo ha capito solo adesso. Il tuo problema è come mantenerlo tale.” fece una pausa e si avvicinò alla grande doccia. “Vedi figliolo, noi Solo siamo troppo sicuri di noi stessi. Diamo sempre per scontate le cose. Io l’ho fatto con tua madre, sempre convinto che lei mi avrebbe aspettato e accolto a braccia aperte anche dopo mesi di assenza, anche dopo i disastri che combinavo…il mio errore è stato darla per scontata. Tu hai dato per scontato che lei ti seguisse, che ti affiancasse nel dominio della galassia ma-”

“Ma Rey non è così.”

“No, figliolo. Rey non è così.”

“Devo andare da lei”

“Ricordati, figliolo-”

“Non devo darla per scontata.”

“Rendimi fiero di te, figliolo…”

Han Solo scomparve lentamente, lasciando il figlio nella doccia, lo stesso sorriso sghembo disegnato sulle labbra.

“Lo prometto, padre”

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Capitolo 9
*** Trovata ***


Eccoci qua!
Nuovo capitolo, l'ultimo scritto e pubblicato nei miei ventiquattro anni.
Come vi ho detto, la storia sta prendendo una nuova piega e ci saranno capitoli, come questo, in cui non ci sarà una parte riguardante Kylo e una riguardante Rey, ma saranno semplicemente due momenti differenti.
Spero che come sempre la mia storia vi piaccia e continui a farlo.
Intanto ringrazio tutti voi che seguite, ricordate, preferite, leggete e recensite, ma non ciancio oltre e vi lascio alla lettura.
A presto, 
Baci Lagertha

Trovata
 
 

L'amore, così come esiste nella società, non è altro che lo scambio di due fantasie e il contatto di due epidermidi.”
Nicolas Chamfort

 

Rey era partita. Aveva detto a Poe, Finn e Leia che aveva bisogno di tranquillità, che aveva bisogno di meditare e completare l’addestramento da sola.
Aveva salutato Chewbe e, alla guida del Falcon, era partita.

Batuu l’aveva accolta, brullo e pacifico, dandole quel rifugio e quella quiete di cui sapeva avere bisogno.
Rey era atterrata e era subito andata in esplorazione.
Il paesaggio era diverso da tutti i pianeti su cui era stata, aveva però la stessa natura selvaggia di Jakku e di Ach-To, poco civilizzati, dove la natura continuava a fare da padrona, lasciando poco spazio alle razze senzienti che popolavano la galassia.

L’esplorazione si concluse al tramonto. Non conosceva quel posto e non si sentiva sicura a stare lontana dal Falcon la notte.
Rifugiandosi nella leggendaria astronave, Rey decise che una doccia e una bella dormita le avrebbero tolto di dosso la stanchezza del viaggio e degli ultimi tempi.
Nuda sotto al getto caldo, Rey si rilassò completamente e una volta uscita si rannicchiò nella cuccetta di Ben Solo, avvolta nelle coperte che avevano il suo stesso odore di bambino ancora innocente e felice.

La mattina dopo si svegliò con la strana sensazione di essere osservata.
Stropicciandosi gli occhi si guardò intorno senza notare nulla di diverso dalla sera prima.
Con la tunica che usava per dormire, andò verso il minuscolo cucinotto e lì, seduto al tavolo dell’holochess, stava Kylo Ren, vestito negli abiti più normali che gli avesse mai visto indossare.

Rey si bloccò sul posto, sconvolta e incredula, le lunghe gambe tremanti lasciate scoperte dalla corta tunica color sabbia.
Lui la guardò serio, senza muoversi, gli occhi scuri che urlavano mille cose diverse.
Poi Rey mosse un passo e un altro e Kylo restò fermo guardandola mentre gli si dirigeva incontro per poi alla fine precipitarglisi tra le braccia forti che esitarono un attimo prima di stringerla di rimando.

I singhiozzi che scuotevano le spalle muscolose, ma dalla linea delicata, della ragazza risuonavano sommessi nella cabina del Falcon.
Kylo la stringeva a sé delicatamente, carezzandole la schiena magra e posandole baci leggeri sui capelli acconciati in quei tre codini che aveva sempre trovato terribilmente ridicoli.
Quando la ragazza si fu calmata, Kylo la allontanò leggermente da sé e la scrutò con attenzione, costringendola a sottostare al nerissimo sguardo critico del leader supremo del Primo Ordine.

Tirando su col naso e strofinandosi gli occhi col dorso della mano, Rey cercò di darsi un tono e lo guardò di rimando, gli occhi verdi pieni di fierezza.

“Sei ancora più bella…” sussurrò infine lui, dopo averla esaminata da capo a piedi.

“Come mi hai trovata?”

“Io so sempre dove sei, Rey.”

Quella frase – e la verità che conteneva – restò sospesa tra i due per qualche istante, depositandosi come si deposita la fondata di un vino invecchiato: lentamente.

“Tu…”

“Ho sempre saputo dove foste da dopo che si è creato il legame, sì”

“E allora perchè-”

“Davvero mi stai chiedendo perché?”

Rey rifletté brevemente, poi scosse la testa. Non le serviva la sua risposta.

“Perchè hai scelto proprio Batuu?” le chiese ancora lui, guardandola seduta dall’altro lato dell’holochess.

“Non l’ho scelto. Ho impostato una rotta casuale e il Falcon mi ha portato qua.” alzò le spalle e osservò il ragazzo sedutole di fronte “Perchè? È successo qualcosa qui?”

Kylo si alzò in silenzio, i pugni stretti e le spalle tese, mettendosi a camminare nervosamente nello spazio ristretto del Falcon che, con lui enorme com’era, pareva ancora più piccolo.

“Kylo…?”

“Quando litigavano e lei si rifugiava nel suo ruolo di Generale, lui prendeva, mi caricava sul Falcon e mi portava qua.”

Rey non ebbe bisogno di chiedere chi. Ancora prima che pronunciasse la parola “Generale”, il tono pieno di dolore con cui parlava aveva fatto capire tutto alla ragazza, che si limitò ad accostarglisi senza toccarlo, ancora non certa che il contatto fosse qualcosa che a lui piacesse davvero.
Lui la sorprese, circondandole i fianchi magri con il braccio sinistro e stringendola a sé senza però farla sentire intrappolata: al suo fianco, come l’aveva sempre desiderata.

“Han…non era un gran padre, la maggior parte del tempo, ma quando mi prendeva e mi caricava sul Falcon, facendomi sedere sulle sue ginocchia mentre guidava…io ero con lui nel suo universo fatto di circuiti e rotte intergalattiche, di scudi alzati e atterraggi in porti spaziali decisamente malfamati.” si fermò un attimo e un piccolo sorriso gli piegò le labbra carnose. “E anche Leia aveva il suo modo per farmi sentire amato e a casa…”

“Erano i tuoi genitori…”

“Lo so e ogni notte rivivo il momento in cui ho avuto paura e allora ho sguainato la spada, trafiggendo Han, guardandolo cadere nel vuoto e sentendo-”

“Shh…non serve, io c’ero ricordi?”

Kylo iniziò a piangere in silenzio, ricordando quel padre che aveva immensamente amato e che non aveva ancora perdonato del tutto per averlo scaricato, come uno qualunque dei sui passeggeri, su quel odioso pianeta con quello zio per cui Ben stravedeva ma che l’aveva deluso e tradito.
Rey gli carezzò dolcemente i capelli neri e ricci, lasciando che le lacrime del ragazzo le inzuppassero la tunica beige. Lo strinse a sé, strofinandogli le spalle, finché i singhiozzi dolorosi non si quietarono e a rompere il silenzio sul Falcon rimasero soltanto i loro respiri.

“Perchè sei venuta qua?” chiese lui, dopo quello che a Rey parve un tempo infinito.

“Ti ho già detto che-” fece per rispondere lei, venendo però subito interrotta dal ragazzo.

“Non intendo perché Batuu, intendo perché hai lasciato la Resistenza.” chiarì lui, facendosela sedere in braccio e posandole un bacio sui capelli. “Pensavo tu ti sentissi a casa, lì…”

Nonostante tutto Kylo Ren restava un ragazzino insicuro.
Per quanto le cose spesso fossero esattamente come apparivano, Kylo Ren aveva sempre bisogno di essere rassicurato, soprattutto quando si trattava di Rey, che senza accorgersene si ritrovò le labbra piegate in un sorriso a metà tra il dolce e il maligno.

“Mi sentivo a casa, solo che ero sempre tenuta sotto controllo. Pensa che mi hanno addirittura assegnato una scorta personale.” Già all’accenno della scorta le mani di Kylo si erano serrate a pugno. “Un soldato, su ordine di tua madre.” All’accenno al sesso maschile della scorta il respiro del ragazzo aveva accelerato, portandolo quasi a boccheggiare. “Doveva essere sempre con me! Anche di notte! Capisci?”

Kylo Ren non ce la fece più. Esplose, alzandosi in piedi di scatto, facendo scivolare Rey dalle gambe e mettendola seduta sulla pelle del divanetto.

“Io-” prese fiato, chiudendo gli occhi neri. “Tu-” un altro profondo respiro, questa volta corredato dalle mani che corsero a stringere le tempie. “Non mi piace. Sai che sono geloso. Sai che odio che altri uomini ti girino intorno. Tollero Finn e Poe, malissimo, ma tu gli vuoi bene e io voglio bene a te e allora ok, vanno bene, e anche gli altri della Resistenza e tutti gli uomini che vuoi ma che DANNAZIONE stiano lontani da te la notte!”

Era talmente preso da quell’invettiva, che non si accorse delle risate silenziose che scuotevano le piccole spalle di Rey.

“Tu mi hai solo preso in giro.”

“Perchè mi piace vedere come reagisci.”

Kylo Ren sbuffò, imbronciandosi, e a Rey venne ancora di più da ridere guardando quel ragazzone grande e grosso, il Leader supremo del Primo Ordine, l’apprendista di Snoke, che si comportava come un bambino a cui avessero tolto dalle mani il giocattolo preferito.

“Andiamo, sai che stavo scherzando…” Rey gli si avvicinò di nuovo, circondandogli i fianchi con le braccia e poggiando orecchio e guancia sul petto ampio di lui, concentrandosi sul respiro e sul battito accelerati che andavano piano piano rallentando.

Solo quando si sentì abbracciare in risposta, Rey si permise di rilassarsi a sua volta, chiudendo gli occhi e con quelli tutto ciò che era al di fuori della cabina del Falcon.

Rimasero così per minuti interi, in silenzio, abbracciati, a respirarsi, entrando in contatto l’uno con l’altra come non avevano mai potuto fare.

Il passo successivo venne naturale.
I tessuti che dividevano le loro pelli calde scivolarono in un attimo sul pavimento, lasciando una scia che dalla scacchiera dell’holochess portava fino alla cuccetta di Ben.

Con delicatezza e reverenza, Kylo Ren fece distendere Rey sul sottile materasso, coprendone il corpo magro e nervoso con il suo, massiccio e potente, quasi volesse proteggerla dalla vista del mondo, vista che avrebbe portato con sé cattiveria e rifiuto e lui non voleva che lei si sentisse rifiutata mai più.

Posò dei delicati baci sul naso appuntito di lei, così diverso dal suo, e lei ricambiò baciandolo sulle labbra carnose e ben disegnate.
Erano contatti cauti, i loro, contatti mirati a conoscersi lentamente, a tastare il terreno nuovo e sconosciuto su cui entrambi si stavano muovendo.
Si sfioravano, si osservavano curiosi, lei perché la prima volta, lui perché vedeva una dea plasmarsi sotto le sue dita, diversa da chiunque avesse mai incontrato, più degna.

Alla fine si fermò, la guardò negli occhi e la baciò profondamente, trasmettendogli tutto quello che voleva e doveva dirle senza aprire bocca.

È presto, non sei, non siamo pronti. Abbiamo tutto il tempo del mondo. Qui siamo soli, nessuno ci troverà.

In realtà non era così sicuro che quella fosse la verità e lei lo sapeva, ma annuì confortata, sentendosi al sicuro, e si accoccolò in quell’abbraccio avvolgente e totalizzante in cui si sentiva al sicuro dal resto del mondo.

 
Ore dopo li svegliò un raggio di sole che, penetrato da uno spiraglio minuscolo lasciato dalle tende, li colpì esattamente sugli occhi serrati.

Fu imbarazzante per entrambi, abituati da sempre a dormire e a svegliarsi da soli, trovare al risveglio qualcun altro non soltanto nel letto, ma avvinghiato a sé.
Rey si fece piccola e scivolò via dall’abbraccio imbarazzato e caldo di Kylo, acchiappando in fretta e in furia la tunica e rifugiandosi nel bagno.

“Prima io!” gridò, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando uno sbadigliante Kylo semi nudo nel piccolo letto.

Quando sentì lo scroscio della doccia, Kylo si alzò, infilò maglia e pantaloni e andò nel piccolo cucinotto, preparando un pasto per entrambi.

Rey uscì fumante e profumata dal bagno e si accorse di aver fame. In punta di piedi entrò in cucina e fu sorpresa da un bacio sulle labbra, leggero e innamorato.

“La colazione è pronta, io vado a fare la doccia.”

Ecco perché le piaceva: non era insistente.
Il disagio, nonostante tutto, era evidente. D’altronde c’era una bella differenza tra il creare un rapporto tramite litigi furiosi a suon di incroci di spade laser e proiezioni olografiche e trovarsi a potersi toccare e a dover condividere spazi.
Lui lo sapeva e le aveva lasciato i suoi spazi, lasciandola libera di fare colazione, di cambiarsi, di curiosare in quella nave che a entrambi non era mai sembrata così piccola.

Rey, più tranquilla e ancora scombussolata dal bacio sulle labbra, si sedette e si guardò intorno, sconvolta dall’abbondanza della colazione che Kylo le aveva preparato.

“Non sapevo che cosa ti piacesse…” si giustificò lui parlandole nella mente.

E Rey non potè fare altro che sorridere.

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Capitolo 10
*** Prendersi le misure ***


Salve a tutti/e!
Eccomi di nuovo, terribilmente in ritardo su una tabella di marcia che, alla fine, neanche esiste.
In realtà a questa storia tengo tantissimo, solo che ho una terrificante difficoltà nel farla procedere come voglio io, evitando di farla finire in modo totalmente opposto a come avevo immaginato.
Per questo, quindi, gli aggiornamenti non sono per nulla puntuali nè hanno una scadenza precisa: quando vengono vengono, spero che tutto sommato per voi non sia un problema.
Senza dilungarmi oltre, vi lascio alla lettura del nuovo capitolo :)
Ringrazio tutti e vi mando un grande bacio, 
Lagertha

 

Prendersi le misure
 
 
“Non sono niente, non sarò mai niente, non posso voler essere niente,
a parte questo ho dentro di me tutti i sogni del mondo.”

Alvaro De Campos

 


Prendersi le misure. Quello che avevano attivato era un processo lungo e da affrontare senza fretta. Conoscersi era basilare, avevano deciso, così procedevano lenti, a piccoli passi.
Un bacio, qualche carezza.
Al sesso ancora non erano arrivati, nonostante entrambi morissero dalla voglia di sentirsi completamente l’uno dell’altra.

Kylo, con quell’istinto di protezione che da sempre provava nei confronti di Rey, aspettava che lei fosse pronta, non sapendo che, per certe cose, non ci si sente mai pronti davvero.
Lei, di risposta, temeva il rifiuto, dandosi poi della stupida perché sapeva perfettamente che non l’avrebbe mai e poi mai rifiutata con la paura di perderla di nuovo, come sulla Starkiller.

La notte dormivano insieme, abituandosi alla fisicità l’uno dell’altra, al dormire rannicchiata di Rey, al russare lieve di Kylo.
Avevano provato a dormire da soli, ma non aveva funzionato: separati avevano incubi realistici e terribili.
Kylo Ren spesso si svegliava in preda agli incubi e allora neanche la voce di Rey, le sue mani, riuscivano a calmarlo.
Quasi come se la vicinanza avesse fatto perdere loro le capacità curative che fino a quel momento, vissuti lontani anni luce l’uno dall’altra, avevano avuto e allora Rey impazziva.
Non riusciva a vedere Kylo in quelle condizioni, ogni notte, urlante e sudato, preda degli incubi che lo intrappolavano e incapace di fare qualcosa.


Batuu era selvaggio e inospitale, ma li aveva accolti inaspettatamente bene, senza scatenargli addosso bestie sconosciute e feroci o disastri naturali di vario genere.

Si allenavano ogni giorno, senza eccezioni, combattendo con le spade laser o con i bastoni, usando la forza in acqua oppure sul ciglio di un burrone.
Si tenevano occupati, evitando di pensare a quello che si erano lasciati dietro – la ribellione e il primo ordine, una guerra che coinvolgeva tutta la galassia, amici, parenti – e sforzandosi di non pensare a che cosa fossero loro due, adesso insieme.

Si erano desiderati così tanto, con così tanta intensità, che adesso che erano finalmente insieme si sentivano, a volte, a disagio. Non sapevano come toccarsi, erano impacciati, sentivano di aver bisogno ognuno dei propri spazi eppure, al tempo stesso, di non riuscire a concepire la separazione, non adesso che erano riusciti ad ottenerla.

Ogni tanto entrambi sentivano i richiami di chi avevano abbandonato, soprattutto Rey li sentiva, ma li ignoravano e continuavano quella loro vita umile e solitaria cercando ogni giorno il loro punto di equilibrio.


A Kylo Ren meditare piaceva, se possibile, meno di quanto piacesse a Rey.
La ragazza aveva, a differenza di lui, una capacità di mettere da parte quello che voleva per quello che doveva e questo significava meditare anche quando, magari, avrebbe avuto solo voglia di saggiare la consistenza delle labbra di Kylo.
Ovviamente, quanto costasse loro sforzo di darsi tempo entrambi lo sapevano, ma mentre lui scalpitava, lei respirava, accantonava la fretta – che non era mai stata una buona consigliera neanche ai tempi di Jakku, quando per la fame si gettava nelle astronavi abbattute e poi, quando ne usciva carica di rottami, veniva derubata dai rottamai astuti che l’avevano seguita facendole fare tutto il lavoro sporco – e si rilassava, rimandando i desideri al momento in cui si fossero davvero conosciuti.

“Vorrei provare una meditazione diversa.” Esordì una mattina Rey, durante la colazione che, come ogni giorno, consumavano a bordo del Millennium.

“Mmh…” mugugnò lui in risposta, che ancora non si era abituato all’assenza di silenzio al mattino.

“Vorrei provare una meditazione combinata.” Continuò, noncurante del rifiuto mattutino alle chiacchiere del ragazzo che aveva di fronte. “Uniamo le menti, fondiamole e proviamo a meditare.”

Kylo alzò gli occhi su Rey.

“No.” Disse secco, senza spiegare il perché di quel rifiuto così drastico.

“E perché no?” chiese lei, incrociando le braccia al petto e fissandolo con durezza.

Kylo non vuole spiegarle perché non esiste al mondo che uniscano le loro menti. Vorrebbe che lei capisse che unire le menti vuol dire non avere segreti per l’altro e che ci sono cose che ancora Kylo non si sente pronto a rivelarle.

“Perché no. Non ne discuteremo più.” Decretò lui, tornando a prestare attenzione alla sua misera colazione.

La sentì, senza vederla, alzarsi e, pestando i piedi come una ragazzina capricciosa, andarsene, lasciandolo lì solo e in silenzio.


Rey camminò per molto tempo nel bosco di Batuu, borbottando e digrignando i denti, rendendosi conto di quanto fosse difficile, adesso che erano insieme, vivere con Kylo Ren.

Kylo Ren, prepotente e chiuso, le stava rendendo impossibile la vita ormai da troppo tempo.

“È come un animale ferito, devi solo dargli tempo.”

La voce del suo maestro la colse impreparata, facendola sobbalzare e voltare con la spada laser sguainata.

“Maestro…”

Luke Skywalker la guardava con affetto e con una pace che Rey non gli aveva mai visto indossare.

“Mio nipote ha bisogno di sicurezze e attenzioni e cure. Può essere faticoso, soprattutto se anche tu ha bisogno di certezze e attenzioni, ma lui è ferito più di te, lo sai anche tu. Non vuole ferirti, anche se a volte lo fa. E di certo non vuole rifiutarti, ma cerca di comprenderlo, Rey.”

Rey lo comprendeva, stava per dirlo, quando Luke le fece segno di tacere e di chiudere gli occhi, di meditare, prestare attenzione al mondo circostante e Rey obbedì, chiuse gli occhi, tacque, iniziò a meditare, immergendosi nel flusso costante della Forza.

Inizialmente non sentì altro che la vita del pianeta scorrerle intorno, lenta, costante, con quella vena impetuosa propria di tutto ciò che è selvaggio.
Poi si focalizzò sulle creature viventi: cercò l’onda verde delle prede, quella rossa dei predatori, quella flebile delle creature più piccole e quelle onde simili a quelle che si infrangevano sulle scogliere di Ach-To di chi era più grande.
Poi, improvvisamente, un torrente tumultuoso di forza grezza, non chiara ma neanche interamente scura, si abbatté sulle percezioni di Rey che, colpita, rimase senza fiato.

Nonostante sapesse del suo tormento interiore, nonostante fosse venuta a contatto con la crisi di Kylo Ren, solo in quel momento Rey si rese conto dell’entità di quel caos e di che cosa il ragazzo le avesse tenuto nascosto.
Riaprì gli occhi, sentendosi sciocca e impaurita.

“Devo andare…” sussurrò, più a se stessa che al maestro, tremante.

Correndo, spada laser in mano e codini disfatti che le lasciavano i capelli liberi di amoreggiare con il vento, Rey fece rapidamente ritorno al Falcon.

“Perché non me lo hai detto?!” chiese a Kylo, entrando nella nave come una furia. “Perché non mi spieghi mai niente e mi lasci a impazzire?”

Rey era arrabbiata e Kylo Ren sentiva provenire da lei ondate inarrestabili di forza che, nell’abbondanza di luce, presentava ad ogni ondata un po’ più di oscurità.

Guardandola e lasciando perdere il quadro di componenti elettronici che stava – inutilmente – tentando di riparare, il ragazzo tirò un sospiro e le indicò il pavimento di fronte a sé.

“Perché cerco di proteggerti, sempre, anche se evidentemente non ci riesco mai.” Kylo guardò fuori dal portellone del Falcon. “Perché sono un problema che nessuno può risolvere, neanche tu.” Poi rivolse lo sguardo nero su di lei che ricambiò, intimidita. “Se ti avessi concesso la meditazione condivisa…


“Avresti potuto tirarmi giù con te, catturarmi nel vortice del caos che governa la tua forza…” completò lei, sussurrando e capendo un po’ di più perché quel ragazzo fosse da solo.

Il silenzio avvolse il Falcon.
Su Batuu non si muoveva niente, neanche la brezza che era passata in mezzo ai capelli di Rey.
Nessun suono se non quello dei respiri asincroni di Kylo e di Rey che continuavano a fissarsi negli occhi, cercando quella facilità nel parlare, nel dirsi la verità, che aveva caratterizzato le loro chiacchierate interstellari.

Mi dispiace, dovevo capirlo prima.

Non fa niente, non è import-

Lo è, invece. Tu lo sei, per me.

Rey…

Smettila. Risolveremo anche questa cosa. Siamo insieme adesso.

Rey si avvicinò gattonando al ragazzo dall’aria cupa che l’aveva raggiunta in quell’angolo sperduto della galassia.
Gli sfiorò il naso con il proprio e poi, chiusi gli occhi, gli diede un lungo e intenso bacio sulle labbra saporose di polvere, di cenere e di casa.
Rey non si stupì: in fondo, lo aveva sempre saputo che era lui la sua casa.

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Capitolo 11
*** Temporale ***


Salve a tutti/e!
Sono assente da un po', spero possiate perdonarmi, ma la quarantena, purtroppo, non è ozio fine a se stesso e gli impegni sembrano quasi essersi moltiplicati.
In ogni caso, sono riuscita a buttar giù il nuovo capitolo di questa reylo (il prossimo è già in stesura, quindi spero di non farvi aspettare di nuovo così tanto).
Come sempre, ringrazio tutti voi e, in questo periodo più che mai, vi mando un abbraccio e un bacio virtuali pieni del mio affetto.
Buona lettura, 
La vostra Lagertha
.

Temporale
 

Hai un sangue, un respiro. Sei fatta di carne, di capelli, di sguardi anche tu.
Cesare Pavese
 


Per Kylo Ren parlare di sé non era mai stato semplice.
Non aveva mai confessato i propri dubbi, le proprie paure, le ambizioni a nessuno, né a Leia, né ad Han, né a Luke.
Gli unici che potevano vantarsi di essere stati messi al corrente dei piani di quello che, un giorno, sarebbe diventato il Leader Supremo della galassia, erano i cosiddetti cavalieri di Ren.

Nella notte, quando abbassava la guardia, stretto al corpicino morbido e caldo di Rey, Kylo sentiva le loro voci che lo chiamavano, sirene spaziali che lo cercavano e, ammalianti, cercavano di richiamarlo a loro o, almeno, di scoprire dove si fosse nascosto.
Abbracciato a Rey, nel mezzo della silenziosa e fredda notte su Batuu, Kylo Ren spalancava gli occhi e chiudeva la mente, escludendoli da quell’angolo di paradiso in cui Rey lo aveva accolto a braccia aperte.

Rey glielo aveva chiesto, una volta, a chi appartenessero le voci che ogni tanto le capitava di sentire, ma Kylo aveva sempre liquidato in fretta la cosa con “Miei vecchi compagni, niente di cui preoccuparsi”.

Quell’angolo di paradiso, aveva deciso, non sarebbe stato sporcato da nessuno che non fossero loro, mai.
Ovviamente, non sapeva di sbagliarsi.


I giorni passavano lenti, uno dopo l’altro.
Continuavano ad allenarsi e intanto esploravano il pianeta.
Avevano iniziato a costruire una sorta di casa, a partire da una costruzione fatiscente e preesistente che avevano scovato non lontano da dove Rey era atterrata con il Millennium Falcon.

Il pianeta, almeno così pareva, li aveva accettati.
In quella permanenza, entrambi non dimenticavano mai di ringraziare il pianeta per quell’ospitalità, per la protezione che concedeva loro.

Iniziarono a esplorare la forza in un modo che nessuno dei due, tramite gli insegnamenti jedi tradizionali impartitigli da Luke né con gli insegnamenti sith di Snoke, aveva mai sperimentato.

Si aprivano completamente, davano prima di chiedere, concedevano forza e informazioni per poi riceverne in cambio ed essere grati.
Era strano, dover dare per primi, ma con quel loro stare su Batuu entrambi stavano imparando tante nuove cose, a partire dal dover dividere il letto.

Kylo Ren, a dispetto delle proprie enormi dimensioni, nel letto occupava giusto una striscia sul lato sinistro, striscia nella quale restava fermo immobile tutta la notte.
Decisamente diverso era, invece, il modo di dormire di Rey, che da sempre dormiva a stella nel mezzo del giaciglio e che, da quando Kylo le si era infilato nel letto e le aveva fatto provare quanto dannatamente fosse bello avere qualcuno che la scaldasse di notte, aveva iniziato a passare le notti spalmata addosso al ragazzo.
Nonostante avessero progredito nella conoscenza reciproca, la tensione sessuale a cui entrambi resistevano li logorava.
Ogni giorno era una sfida e in realtà non c’era nemmeno più un motivo per cui davvero dovessero negarsi l’uno all’altra quando era palese che si desiderassero.

Ma erano carne e sangue e desideri e dopo settimane di misure prese, di lento avvicinarsi, di conoscenza, nessuno dei due ce la faceva più.
La “casa” che stavano costruendo e gli allenamenti li tenevano occupati, ma non erano mai abbastanza.


Fu il pianeta a dare loro l’occasione di uscire da quell’impasse sfiancante.

Batuu aveva deciso di scatenare nella più totale potenza gli elementi che lo componevano, costringendo Kylo e Rey a rifugiarsi nel Falcon.
La pioggia cadeva scrosciante e imperterrita, facendo risuonare le lamiere dell’astronave e provocando strani scricchiolii che, ogni volta, facevano sobbalzare Rey.
Rey che era abituata al vento secco del deserto di Jakku, al doversi proteggere dalla sabbia frustante, non di certo a quell’oceano che si riversava su di loro dal cielo.
Rey che non si era mai abituata a Ach-To o alle nascoste e sperdute basi ribelli della Resistenza, dove non c’era privacy né silenzio.
Rey che odiava il vuoto dello spazio, così tremendamente silenzioso e solitario.
Si rendeva conto che sarebbe potuta apparire incontentabile e viziata, ma aveva anche capito da tempo che casa sua era dove erano lei e Kylo.



Quando era atterrata sulla Supremacy, Rey aveva sentito come se un peso le fosse stato tolto dalle spalle. Aveva, finalmente, respirato.
Quand’era su Jakku percepiva chiaramente l’assenza di qualcosa di fondamentale, come se le mancasse un pezzo.
Quando aveva incontrato Finn, Han, Chewbe e poi tutti gli altri della Resistenza, Rey aveva pensato di aver trovato il proprio pezzo mancante e presa dal caotico susseguirsi di eventi non aveva avuto tempo per domandarsi se quel pezzo lo avesse trovato davvero o se tutto quello non fosse che un surrogato, un sostituto indegno anche se, al momento, accettato in modo grato.
Era un qualcosa di sottile e strisciante, perennemente presente, tipo quei puntini che ci disturbano la vista ma che non riusciamo mai a fissare perché, non appena ci impegniamo a trovarli, questi spariscono e si nascondono.

Quand’era atterrata, dentro al guscio del Falcon, la spada laser tra le mani, Rey aveva respirato non appena aveva visto il volto sgraziato e bellissimo di Kylo Ren apparire al di là del vetro.
Aveva accennato un sorriso che era stato ricambiato dal tutto d’un pezzo cavaliere di Ren e si era sentita a casa, tranquilla e senza paura, certa che, nonostante tutto, nulla di male le sarebbe occorso in quella sede.

Aveva avuto ragione.
Quando la spada laser di Luke aveva tranciato a metà Snoke, guidata dalla forza di Kylo, e Rey era caduta a terra, quando i pretoriani li avevano accerchiati e, insieme, Kylo e Rey avevano ingaggiato il combattimento, chiunque li avesse visti da fuori non avrebbe mai detto che quei due ragazzi – perché tali erano – si fossero incontrati solo due volte e che quelle due volte avessero combattuto da avversari.
Erano perfetti: equilibrati, armonizzati, un’unica melodia bitonale che risuonava nella sala del trono della Supremacy senza mai stonare.
Belli e letali, avevano combattuto fianco a fianco come se si conoscessero da sempre, come se avessero sempre combattuto insieme e avevano vinto.
I pretoriani erano stati sbaragliati e per un momento, un unico brevissimo istante, la galassia aveva sfiorato la pace che emanava da quei due.
Poi la catastrofe: la mano tesa di Kylo, la richiesta, il rifiuto, quella tesa lotta, la distruzione della spada, lo svenimento di Kylo, la fuga di Rey.



La lontananza forzata e voluta, da lei in primis, aveva fatto capire a Rey quanto doloroso fosse stare senza Kylo, quanto lui e lui solo rappresentasse il suo luogo d’appartenenza, quanto lui fosse casa, universo, tutto.

Nel bel mezzo della tempesta che imperversava su Batuu, Rey rifletteva mentre Kylo Ren, in veste decisamente casalinga, preparava la cena.
Mangiarono in silenzio e altrettanto in silenzio si misero a letto, con il ragazzo che si chiedeva che cosa stesse succedendo alla compagna.

Kylo non voleva invadere la privacy di Rey e per questo, nonostante stesse percependo ogni singola variazione della forza della ragazza, stava in silenzio e in attesa, aspettando il momento in cui lei da sola avrebbe trovato la volontà, il coraggio e il modo di confessargli quello che le stava passando per la mente.

Decise di rendere il tutto meno pesante, così afferrò uno dei manuali jedi che Rey aveva trafugato durante la sua fuga da Ach-To e iniziò a leggere.
Dopo un po’ Rey gli si accoccolò addosso e, con una mano impegnata a disegnare cerchietti che a Kylo provocavano il solletico, iniziò a parlare.

“Io sto bene qui.” Cominciò, tremante. “Con te mi sento al sicuro e a casa come non mi sono mai sentita.”

Kylo Ren percepiva l’immensa difficoltà di Rey nel trovare quelle parole che non solo riteneva giuste, ma che non avrebbero ferito lui, animale selvatico e scontroso.
Decise di non aiutarla. Non tanto perché non volesse, ma perché sapeva che l’avrebbe messa in difficoltà più di quanto già non fosse.
Così si limitò a posare il libro sul materasso sottile e a dedicarle tutta l’attenzione necessaria.

“Vorrei solo che tu stessi bene quanto me.” Terminò, infine, dopo un lungo periodo di silenzio.

Totalmente preso in contropiede, Kylo Ren l’allontanò da sé e la fissò, serio.

“Scusa?”

Rey lo fissava con occhi più che sinceri, convinta della veridicità delle proprie parole.
Il punto era che Rey, che aveva sempre vissuto in completa solitudine, aveva imparato a prestare attenzione anche alle piccole sfumature delle persone che si ritrovava intorno, mentre Kylo Ren da sempre solo in mezzo alla gente, si era chiuso alla percezione dell’altro e, con questo, aveva perso anche la reale percezione di sé e delle proprie emozioni.

“Tu mi respingi. Non te ne accorgi, non lo fai volontariamente, ma quando provo ad avvicinarmi tu mi respingi.”

Kylo Ren era, se possibile, sempre più sconvolto.
Non si era mai reso conto di nulla, tutto concentrato com’era a tenerla al sicuro.
Non si era mai chiesto da che cosa, alla fine, stesse cercando di tenerla al sicuro.
Davvero poteva essere che la stesse cercando di proteggere da se stesso?

“Non ti sto attaccando, Kylo…” la voce sottile di Rey interruppe quella sequela di pensieri catastrofici e il contatto della mano piccola e calda di lei sulla guancia lo riportò alla realtà. “Ti sto solo chiedendo di spiegarmi, di farmi capire cosa pensi perché non sempre ci riesco.”

Fuori dal Falcon la pioggia e il vento erano sempre più forti e Rey, che non si era mai trovata in una tempesta simile, tremava, anche se cercava di non farsi distrarre, di tenere l’attenzione puntata sul ragazzo di fronte a lei.
Kylo sorrise e l’attirò a sé, avvolgendola con tutto se stesso.
Poi, tra un bacio e l’altro posatole sui capelli, iniziò a parlare.

“Dopo aver distrutto il tempio di Luke, io e quelli che tu conosci come Cavalieri di Ren fummo costretti a fuggire. Avevamo paura, nonostante tutto, perché eravamo solo dei ragazzini rimasti senza casa. Io ero già stato allontanato dai miei, terrorizzati dal mio potere, loro erano stati mandati da Luke per lo stesso motivo: imparare a gestire la forza. Nessuno ci voleva, ma io sentivo da tempo una voce nella mia testa. Era una voce melliflua e accattivante che mi traeva a sé e mi guidava. Arrivammo a Snoke, che ci accolse a braccia aperte, che ci fece sentire apprezzati, che ci addestrò, rendendoci quelli che siamo adesso: force user capaci e potenti, votati al lato oscuro.”

Fece una pausa, guardò fuori dall’oblò: la tempesta sembrava essersi leggermente quietata, quasi andasse di pari passo con il suo io interiore.
Il respiro di Rey si era calmato, riprendendo, insieme al cuore, un ritmo normale.

“Sono come una famiglia per me. Una famiglia disastrata e disfunzionale, piena di invidie e rancori, ma è l’unica cosa che in questi anni ho avuto. Con Hux era una continua e stupida competizione. Con Snoke non c’era rapporto se non per i crudeli addestramenti che ci imponeva. I cavalieri sono crudeli e potenti e non hanno apprezzato la tua scesa in campo, colpevole, secondo loro, di avermi portato via, di avermi fatto avvicinare di nuovo al lato chiaro, di avermeli fatti abbandonare.”

Rey si rese conto del tremore delle braccia del ragazzo e gli si avvicinò, stringendolo a sua volta, cercando di infondergli la stessa calma che lui, parlando, aveva infuso a lei.

“Ci troveranno, Rey. Non possiamo nasconderci in eterno. E sono preoccupato per cosa potranno farci, che cosa potranno farti.” Chiuse gli occhi e inspirò a fondo. “Non voglio respingerti, ma se lo faccio è solo per proteggerti. Ho percepito i cavalieri più vicini. Se arriveranno e capiranno quanto io tenga a te, quanto io…”

“Shh…non importa, capisco.”

La tempesta aveva rialzato la testa per un secondo, perfettamente in accordo con la vena di panico che aveva rotto la voce di Kylo Ren, ma si era quietata di nuovo, quando Rey lo aveva zittito.
Rey lo spinse giù, lo fece distendere, gli si accoccolò a fianco dopo aver spento le luci del Falcon.
Carezzandolo, portò le labbra sulle sue e nell’oscurità e nel silenzio più totali, il rumore umido di un bacio risuonò chiaro.

“Ti amo anch’io.”

 

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