Aori of the Melancholy

di Alicia_Hotaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In a dark street, we met each other ***
Capitolo 2: *** When I saw you again ***
Capitolo 3: *** Subclass ***
Capitolo 4: *** I was there for you ***
Capitolo 5: *** Family ***
Capitolo 6: *** Friendship, Love ***
Capitolo 7: *** In that restaurant I asked myself why ***
Capitolo 8: *** Little sister ***
Capitolo 9: *** So scary. So sad ***
Capitolo 10: *** Never be the same again ***
Capitolo 11: *** Erase me ***
Capitolo 12: *** Changes ***
Capitolo 13: *** It's over ***
Capitolo 14: *** Together again ***
Capitolo 15: *** Interlude ***
Capitolo 16: *** The end of the beginning ***
Capitolo 17: *** Sword music hall ***
Capitolo 18: *** Terrible mistake ***
Capitolo 19: *** Corruption ***
Capitolo 20: *** Minus three ***
Capitolo 21: *** A girl, a cat and the Melancholy ***
Capitolo 22: *** I don't let you leave ***



Capitolo 1
*** In a dark street, we met each other ***


– Che bel gattino!

Kuro sentì una mano posarsi sul suo capo, grattandogli dietro l'orecchio col dito, ed emise delle flebili fusa, muovendosi appena. Non riusciva a distinguere la figura che lo sovrastava, anche se avrebbe scommesso fosse una ragazza, una liceale forse...

– Vieni via da lì! Potrebbe essere pieno di batteri – esclamò un'altra voce, sempre giovane e femminile – Quello sporco felino...

Kuro colse un movimento fulmineo, quindi un dolore lancinante all'addome, e alla schiena, quando andò a schiantarsi contro una parete. Mugolando piano, il vampiro tornò a raggomitolarsi sulla strada, gli occhi socchiusi verso quelle figure che quel giorno l'avevano degnato di attenzione.

– Lascialo stare! - gridò la ragazza che l'aveva accarezzato – Non vedi che è già debole? Lascialo in pace!
Era davanti a lui, le braccia aperte per coprirlo il più possibile dagli sguardi dell'altra: capelli scuri, lunghi, che riflettevano la luce dei lampioni mandando fugaci bagliori bluastri.

– Cosa ti prende? Sei fuori, davvero – commentò l'altra, con disprezzo. Kuro la sentì allontanarsi, girare l'angolo e sparire. La ragazza che l'aveva protetto, invece, rimaneva immobile, il respiro affrettato dallo sforzo e il corpo tremante per la paura.

Aveva appena fatto qualcosa di cui si sarebbe pentita? Pensò il vampiro, osservandola meglio.

Aveva appena bruciato la sua ultima possibilità di integrazione?

– Va tutto bene, gattino? - gli chiese improvvisamente, chinandosi su di lui – Non ti fa male, vero?

Miagolando piano, il felino cercò di farle capire che non doveva preoccuparsi e, anzi, poteva anche andarsene per la sua strada. La ragazza, però, lo prese tra le braccia e si sedette contro la parete, mettendoselo in grembo e cominciando ad accarezzarlo piano, ritmicamente, come se le servisse per calmarsi.

– Quella era mia cugina, vivo da lei – gli spiego, lo sguardo perso sulle mille persone che le passavano davanti, sulla strada principale – Anche se abbiamo la stessa età, non andiamo molto d'accordo, anzi, finiamo sempre per litigare. Non è una persona cattiva, comunque, solo non le piacciono gli animali.

Smise di muovere la mano, fissando improvvisamente il terreno davanti a lei, o forse le sue scarpe; fatto sta che due grosse lacrime le imperlarono gli angoli degli occhi, accompagnate da singhiozzi bassi e brevi, silenziosi. Kuro alzò appena la testa per cercare le sue dita, per farla ricominciare ad accarezzarlo, e, a quei tentativi, la ragazza gli sorrise, grattandolo dietro le orecchie con suo sommo piacere. Ad un tratto, però, smise di nuovo, e il vampiro si ritrovò stretto tra le sue braccia, schiacciato contro il suo petto, trattenuto amorevolmente con la testa sostenuta dalle sue dita: una sensazione strana lo percorse, facendolo sentire allo stesso tempo bene e a disagio. Non aveva mai sperimentato un abbraccio, o almeno, non di quel tipo.

Era bellissimo.

– Sei veramente un gattino adorabile – commentò la ragazza, lasciandolo e asciugandosi le lacrime con il dorso della mano – E vorrei tanto tenerti con me, ma dove abito non vogliono animali...

Miagolando il suo disappunto, Kuro si accoccolò sul suo grembo, chiudendo gli occhi e fingendo di dormire: non voleva che se ne andasse, anche se sapeva che così l'avrebbe messa in pericolo. Voleva ancora quella sensazione; voleva sperimentare ancora l'affetto.

– Dovrei andare adesso – mormorò la ragazza, prendendolo delicatamente e posandolo a terra – Potrei tornare a trovarti, uno di questi giorni.

Detto ciò, si alzò, spolverandosi la gonna dalla polvere e sistemandosi la giacca. Dal basso della sua posizione, Kuro la fissava come se volesse imprimersi ogni dettaglio della sua figura in mente, per non dimenticarla mai: quegli occhi azzurro cielo, quei capelli all'apparenza neri, che a contatto con la luce risplendevano bluastri, quel sorriso triste, di chi non sa dove andare...

– Magari potrei portarti del cibo, la prossima volta – aggiunse lei, sorridendogli affettuosamente – Ti trovo qui?

Il vampiro miagolò, pensando che, dopotutto, non poteva essere male se qualcuno si occupava di lui una volta ogni tanto. Non rischiava nulla così, no?

 

La ragazza tornò parecchie volte, nei giorni successivi, e sempre con qualche prelibatezza. Kuro la accoglieva col suo solito atteggiamento svogliato, cercando in tutti i modi di non farla avvicinare troppo, in termini di confidenza, e di evitarle qualche brutta esperienza.

Uno di quei giorni, però, il vampiro riuscì a evitarne una per un pelo.

– Visto che ci conosciamo da così tanto, ormai – aveva esordito la ragazza, passandogli una sardina – Direi che possiamo anche presentarci come si deve: io sono Aori. Tu sei randagio, giusto?

Kuro aveva percepito il pericolo, la possibilità che quella strana ragazza potesse indovinare il suo nome e legarsi a lui, diventando la sua padrona: non voleva che accadesse, non voleva che soffrisse a causa sua.

Prima che potesse anche solo provarci, quindi, il vampiro era sfrecciato via, allontanandosi il più possibile da lei, da quello che rappresentava. Da quello che non voleva diventasse.

Aveva corso per qualche giorno nei vicoli per mettere più strada possibile tra lui e Aori ma, alla fine, non sapeva nemmeno lui come, si era ritrovato esattamente in quella piccola via buia, con l'odore di immondizia e i rifiuti che l'avevano ospitato, con le vecchie scatolette ormai vuote.

Con il suo sguardo su di lui.

– Ah, sei tornato! - lo accolse la ragazza, sorridendo come se non se ne fosse mai andato – Ti eri perso? Non dovevi scappare in quel modo.

Kuro fu tentato di fuggire ancora, di rimanere in qualche angolo buio per sempre, se necessario: la storia si sarebbe ripetuta ancora e ancora, rischiando di degenerare. Se i sottoposti di qualche altro vampiro l'avessero scoperta, chissà cosa le sarebbe successo...

E invece si ritrovò a miagolare, cercando la sua mano e strusciandocisi sopra. Gli era mancata terribilmente, in quei giorni; gli era mancata quella sensazione, quella sorta di accettazione che solo lei sapeva infondere.

Al diavolo i nomi, al diavolo il pericolo: la voleva, e non poteva farci niente.

– Se sei fuggito perché non volevi rivelarmi il tuo nome potevi anche dirmelo – lo rimproverò affettuosamente Aori, passandogli la mano sulla testa mentre si sedeva accanto a lui – Se non ne vuoi uno da me fa lo stesso. L'importante è che tu non mi faccia più preoccupare.

Miagolando in risposta, Kuro le saltò in grembo, mettendole le zampine sulle clavicole e guardandola dal basso, in attesa. La ragazza ci mise un po' a capire, ma alla fine gli sorrise, infondendo in quell'espressione tutto l'affetto che provava.

– Sei proprio un furbacchione, eh? - gli disse, prendendolo da sotto le ascelle e alzandoselo al livello dello sguardo – Ormai credo di capirti come se mi parlassi, sai?

Detto ciò, quindi, se lo portò al petto, stringendolo come la prima volta che si erano incontrati; e Kuro provò di nuovo tutte quelle sensazioni magnifiche, quell'amore che non riusciva nemmeno a concepire, senza di lei.

Mentre si godeva l'abbraccio, gli venne da pensare a come l'avrebbe presa Aori se avesse scoperto che non era un comune gattino; a come avrebbe preso l'idea che, in realtà, era un vampiro.

L'avrebbe guardato con orrore? Con paura? Sarebbe scappata di fronte alla sua voce?

Come avrebbe reagito al suo corpo “umano”?

L'avrebbe abbracciato lo stesso, in quella forma?

“Ovvio che no” si rispose Kuro, chiudendo gli occhi nella stretta della ragazza: lei lo credeva un gatto qualunque, un randagio bisognoso di aiuto...Se avesse scoperto che in realtà era più potente di qualsiasi altro essere che lei conosceva, come minimo l'avrebbe abbandonato, considerandolo un approfittatore. Un bugiardo.

– Ehi, stai tremando – gli fece notare Aori, allentando appena la presa – Hai freddo? Potrei portarti una coperta calda, domani, che ne pensi?

Anche se sentiva chiaramente che quei tremori non erano provocati dal gelo invernale, Kuro miagolò in risposta, guadagnandosi un cenno dalla ragazza, che lo mise a terra e si alzò.

– Allora tornerò domani con qualcosa di caldo – gli sorrise, sistemandosi il giaccone, poi si sfilò la sciarpa, posandogliela di fianco – Per ora dovrai accontentarti di questa. A domani, allora.

Detto ciò, si allontanò, agitando la mano in segno di saluto per ancora qualche istante, prima di sparire tra la folla.

Guardandola svanire, il vampiro si accucciò a terra, osservando poi le luci abbaglianti dei lampioni accendersi nella sera che si faceva notte, le persone che gli camminavano a fianco senza vederlo, i negozi sulla strada...

Improvvisamente si ricordò della sciarpa, fissandola per decidere se utilizzarla o meno: gliel'aveva donata, giusto? Questo faceva di lei una padrona a metà, e questo non era sicuro per nessuno dei due. Quel regalo doveva essere distrutto per preservare la sua vita umana, doveva sparire...

L'odore, il suo odore, era così forte, nelle sue narici feline, da farlo avvicinare sempre di più, fino ad accoccolarsi dentro il cerchio formato dalla sciarpa sul terreno. Era soffice, pulita, profumata...Tutta un'altra storia rispetto al marciume dei vicoli.

Quell'odore lo convinse, per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, a riprendere la sua vera forma.

Con le lunghe dita, Kuro prese quel tessuto così delicato, se lo portò al viso e ci si perse dentro, lasciando entrare quell'odore dolce che tanto lo confondeva. Se lo mise intorno al collo, carezzando il materiale con le mani, immaginando Aori mentre indossava quella sciarpa. Immaginando il momento in cui sarebbe tornata. Pensando a quante cose ancora non le avrebbe detto.

Forse, però, avrebbe potuto provare. Forse non si sarebbe spaventata come pensava.

Forse l'avrebbe accettato. Poteva portarla via con sé, da quella vita che la opprimeva, dalla famiglia che non l'amava. Poteva farle lasciare quella città che non le dava altro che dispiacere.

Kuro lo sentiva: avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche infrangere il suo voto di non decisione.

Avrebbe rinunciato alla sua identità, se lei avesse accettato di rimanere con lui.

 

Aori, però, non tornò più. O, almeno, non quella Aori.

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Capitolo 2
*** When I saw you again ***


Belkia minacciava un umano a terra, richiamando l'attenzione di Mahiru, che gli buttò le mani al collo per bloccarlo. Da parte sua, Kuro non sembrava volersi impegnare particolarmente, nemmeno di fronte alle gesta non proprio eroiche del ragazzo.

Un movimento attirò l'attenzione del vampiro, proprio dietro il sottoclasse: una figura bassa, con un kimono e lunghi capelli scuri. Una distrazione che quasi gli costò la vita del suo futuro Eve.

Con uno scatto fulmineo, Kuro si frappose tra la spada di Belkia e Mahiru, facendosi trafiggere.

Da quella posizione la vedeva più chiaramente: una ragazza, forse dell'età del suo Eve, con un lungo kimono bianco e rosso, si era portata le mani alla bocca, soffocando un gemito sorpreso. Al vampiro sembrò di conoscerla, anche se era certo di non aver mai visto un'umana aggirarsi per la città con un vestito tradizionale di quel colore e capelli così neri, senza nessun riflesso. Eppure, quegli occhi sbarrati dallo spavento erano così blu...

– Kuro! - gridò Mahiru, riportandolo alla realtà. Ad un secondo sguardo, comunque, il vampiro non vide più la ragazza. Come fosse sparita nel nulla.

 

La battaglia era finita con la netta sconfitta di Belkia, la scomparsa della catena del contratto e la conseguente perdita di sensi dei due vincitori.

Il momento opportuno per la sua ricomparsa.

– Sai che non è carino aiutare il nemico, vero? - la riprese Belkia, lamentandosi dalla sua forma a bambola.

– Non sarebbe carino nemmeno lasciarli qui – replicò la ragazza, tirandosi su alla bell'e meglio le maniche del kimono per non sporcarle – Scusa, intendevo “lasciarvi”.

Sbuffando contrariato, il sottoclasse sembrò voltarsi dall'altra parte, anche se era piuttosto difficile in quella forma.

– Tsubakyun non ne sarebbe felice – mormorò, quasi in un ringhio – Se sapesse che sei qui...

– Lui sa che sono qui – lo interruppe la ragazza, prendendo Mahiru per la vita, il suo braccio sulle sue spalle – E mi ha dato il permesso di fare ciò che ritengo più giusto.

Caricato il ragazzo, la sconosciuta si chinò appena a terra, prendendo col braccio libero sia Kuro che Belkia e stringendoseli al petto; a quel punto, cominciò a camminare.

– Da quand'è che sei così rigido, comunque? - rimproverò, rivolta al sottoclasse – Non ti ho mai sentito parlare in modo così pacato e tranquillo.

– Sarà il tuo comportamento fastidioso a farmi questo effetto! - le ringhiò Belkia, agitandosi – Da quando sei arrivata tu, Tsubakyun sembra un'altra persona...da quando aiutare il nemico è una cosa sensata?!

– Da quando Tsubaki fa cose sensate? - lo rimbeccò lei, con una risatina – Quanto sei lamentoso!

Mormorando un “irritante” piuttosto seccato, il sottoclasse si arrese a starsene tranquillo.

Pochi minuti più tardi raggiunsero la meta e la ragazza saltò sul balcone della camera di Mahiru, passando per il vetro rotto della finestra; a quel punto, tirò un sospiro di sollievo, posando il ragazzo sul suo letto.

– Pensavo che non sarei mai arrivata! - esclamò la sconosciuta, posando Kuro nella sua cuccia.

Quando cercò di rialzarsi, però, un violento capogiro la fece barcollare contro il muro, gli occhi socchiusi e la mano alla tempia. Belkia, ancora nella sua stretta, si agitò, rischiando di caderle dalle mani.

– Accidenti a te! Quando ti deciderai a bere il sangue degli umani?! - la rimproverò il sottoclasse, guardandola dal basso della sua posizione – Lo vedi come ti riduci ogni volta?!
Ignorandolo, la ragazza lo appoggiò sul comodino, rivolgendogli un faticoso sorriso, quindi cadde a terra, producendo un rumore sordo.

– Ehi, vedi di non scherzare – la chiamò Belkia, sporgendosi, per quanto potesse, dal bordo – E alzati! Devi portarmi via da qui!

Vedendo che non rispondeva, e non si muoveva, il sottoclasse venne percorso da un brivido al pensiero di quello che avrebbe fatto Tsubaki venendo a sapere della cosa: quella ragazzina era l'ultima arrivata, eppure era già la sua preferita, la più vicina, la più importante.

Se le fosse successo qualcosa, solo il cielo sapeva cosa sarebbe accaduto al responsabile.

E se Tsubaki avesse ritenuto lui la causa di tutto?

– Maledizione, alzati! - la chiamò ancora Belkia, stavolta in preda al panico – Dannazione, Aori!!

 

Quando si svegliò, Mahiru credette di aver fatto un sogno stranissimo: vampiri, Servamp, quella strana bambola parlante, il suo gatto...

Voltandosi alla sua sinistra, il braccio ancora sulla fronte, il ragazzo vide Kuro dormire beatamente nella sua cuccetta. Le immagini del combattimento, e di come il vampiro volesse distruggere il suo avversario, gli tornarono in mente, facendogli desiderare che fosse stato veramente tutto frutto della sua immaginazione. Kuro, però, borbottava qualcosa riguardo un'impresa e un cuscino, cosa che un gatto non avrebbe mai miagolato.

Cercando di mantenere la calma, Mahiru cercò di fare mente locale, ma lo sguardo gli cadde qualche centimetro più in là, sul corpo immobile di una ragazza...

– Che cavolo..?! - esclamò, indietreggiando di scatto sul letto: ricordava i vampiri, ricordava i suoi amici, ma di certo lei non l'aveva mai vista! Con quel kimono bianco e rosso, infatti, non poteva certo passare inosservata, nemmeno nella folla che si era radunata attorno al combattimento.

Non si muoveva, constatò il ragazzo, scendendo piano dal suo rifugio, e non sembrava pericolosa, anche se, ormai, avrebbe dovuto ricredersi sulle sue convinzioni. Il suo gatto era un vampiro, dopotutto...

– Ehi, mi senti? - le chiese, trovando il coraggio di metterle una mano sulla spalla e scuoterla piano.

Quasi come fosse stata colpita da una scossa elettrica, la ragazza si alzò di scatto, gli occhi spalancati e un'espressione sorpresa in volto. Si guardò attorno con piccoli gesti veloci, incontrando alla fine lo sguardo esterrefatto di Mahiru.

– Ah... - mormorò Aori, sbattendo le palpebre – Devo essermi addormentata.

Sempre più confuso, il ragazzo non riuscì a fare altro che rimanere immobile, fissandola mentre sembrava ambientarsi nella sua stanza.

– Caspita, questo posto è davvero grande! - commentò lei, mettendosi seduta sulle gambe più comodamente – Anche a me sarebbe piaciuta una camera come questa.

– Chi sei? - si costrinse a chiedere Mahiru, con tutto il coraggio che riuscì a trovare: una ragazza, per di più stranissima, era entrata nella sua stanza...C'era una ragazza nella sua stanza!
Aori tornò a guardarlo, apparendo sorpresa, quindi sorrise, in un modo così amabile che il ragazzo si sentì in colpa ad averle parlato in quel modo. Non sembrava pericolosa...Anche perché era pieno giorno, e i vampiri non potevano girare con la luce del sole, no?

– Scusa, non mi sono ancora presentata – disse lei, inchinandosi brevemente; mentre si rialzava, Mahiru credette di averla vista lanciare una rapida occhiata a Kuro, che ancora dormiva nella sua cuccia.

– Mi chiamo Aori – rispose, inclinando leggermente la testa di lato – Felice di conoscerti.

Il ragazzo vide chiaramente Kuro sussultare, come se avesse sentito qualcosa di sbagliato: quando poi il felino si decide ad aprire gli occhi e guardarla, Mahiru ci vide diffidenza, tutta un'altra cosa rispetto al solito distacco, alla solita apatia. Doveva sapere qualcosa, e l'Eve si ripromise di chiederglielo più tardi.

Fu proprio mentre pensava alla domanda successiva che il ragazzo vide l'orologio, e in quel momento l'attacco del giorno prima tornò prepotentemente ad affacciarglisi in mente, insieme alle immagini dei suoi amici minacciati da Belkia.

– Devo andare a scuola! - esclamò quindi, affrettandosi in bagno per sistemarsi la divisa.

Il silenzio scese per qualche istante nella stanza, momenti in cui Kuro fissò insistentemente Aori.

– Non ci siamo già incontrati, vero? - le chiese alla fine, in tono quasi lamentoso: quel nome aveva attirato la sua attenzione, come il suo aspetto singolare quando l'aveva vista tra la folla; doveva averla già vista, si diceva per darsi pace, non c'era altra spiegazione.

– Chissà – rispose la ragazza, con un sorriso enigmatico, quindi lo prese da sotto le ascelle, posandolo nella borsa di Mahiru insieme a Belkia – Statevene buoni, ok?

Quando poi il ragazzo riapparve, tutto trafelato, prendendo in fretta e furia la borsa per andarsene, Kuro si sporse dall'apertura, dandole un ultimo sguardo; a cui lei rispose agitando la mano con un'espressione ancora più misteriosa.

– Vedo che hai fatto amicizia.

La voce la fece voltare piano verso un uomo in kimono e calzature tradizionali in bilico sulla ringhiera, che la guardava con malcelata curiosità. Quando scese e le si avvicinò, Aori sorrise, facendo un passo verso di lui.

– Aspetta – la bloccò lui, alzando una mano. La raggiunse, alzandola dalle spalle e da sotto le ginocchia, reggendola contro il suo petto – Non vorrai scivolare di nuovo?

– Sei sempre così apprensivo – disse la ragazza, accoccolandosi tra le sue braccia e rivolgendogli uno sguardo amorevole – Tsubaki.

Il Servamp le restituì un sorriso sghembo, dirigendosi poi di nuovo verso la finestra.

– Se avessi saputo che saresti arrivato avrei tenuto Belkia con me – mormorò Aori, dispiaciuta.

– Andrò a prenderlo più tardi – replicò Tsubaki, accennando una breve risata – Tanto devo andare a salutare il mio caro fratellone.

– Quel gattino è sempre uguale – commentò la ragazza, stringendosi nelle spalle con un sorriso malinconico – Ci siamo tenuti compagnia tante di quelle volte...Non mi sarei mai aspettata che fosse un Servamp.

Fece una pausa mentre il vampiro raggiungeva la ringhiera e ci si inerpicava sopra, pronto a saltare.

– Grazie, Tsubaki – riprese improvvisamente, allungando la mano fino a sfiorare il viso dell'uomo – Per avermi dato la possibilità di incontrarlo di nuovo.

Quando il Servamp abbassò lo sguardo su di lei, le trovò gli occhi umidi e il corpo tremante, singhiozzi leggeri che le scuotevano le spalle. Ne rimase talmente sconvolto da desiderare che quella tristezza svanisse. O, almeno, chi l'aveva provocata.

Il suo piano, però, era un altro: non poteva certo eliminare un importante personaggio del suo dramma!

– Ti riporto a casa – mormorò, saltando oltre la ringhiera.




Angolino dei commenti:

Salve a tutti, sono Alicia_Hotaru ^-^ Spero che il primo capitolo (l'introduzione, insomma) vi sia piaciuto. In questo secondo capitolo si intravedono
già alcuni problemi che i nostri cari personaggi dovranno affrontare durante la storia: la ricomparsa di Aori e la sua evidente affiliazione allo
schieramento di Tsubaki.
Spero davvero che Aori, in queste prime due parti, vi sia piaciuta ^-^ e che continuerete a leggere (se qualcuno vuole anche lasciare un commentino ne sarei immensamente felice *-*).

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 3
*** Subclass ***


Misono e il suo Servamp avevano fatto la loro mossa finale: stringere un'alleanza con Mahiru e Kuro contro il nemico comune Tsubaki.

Nonostante le cose fossero quasi precipitate, nella sala dove i quattro si erano riuniti, appena Mahiru sciolse Sleepy Ash dalla catena quello tornò alla sua forma abitudinaria di gattino nero e si defilò, andando a nascondersi nei bui corridoi appena fuori la stanza.

Una seccatura, continuava a pensare mentre ascoltava le voci concitate del suo Eve e di Misono, che discutevano di come sconfiggere Tsubaki; d'altronde, cos'era rimasto da salvare?

– Va tutto bene, gattino?

Quella voce, così familiare, con quelle stesse parole che aveva sentito tanto tempo prima, lo colpì come un pugno nello stomaco: non poteva essere, non dopo così tanto.

L'aveva abbandonato, aveva smesso di andare a trovarlo...

– Sei sempre così diffidente – commentò la voce mentre una figura emergeva dal buio, a passi lenti e misurati – Eppure ti ho lasciato la mia sciarpa per tenerti caldo.

Era davvero lei. La sua Aori.

Quando finalmente riuscì a vederla, Kuro rimase pietrificato dalla vista della ragazza in kimono che, apparentemente, aveva riportato lui e Mahiru a casa: allora era proprio lei, non si era sbagliato.

Quel nome era il suo, l'unica e vera Aori.

Eppure, qualcosa nel suo odore era cambiato. Era sempre dolce e piacevole, ma sembrava più flebile, come annacquato.

– Sapere che eri un Servamp mi ha stupita, ammetto che non me l'aspettavo – gli stava sorridendo, un po' imbarazzata, chinata verso di lui con le mani sulle ginocchia – E' per quello che non volevi un nome da me?

Kuro non sapeva cosa dire, non riusciva a pensare: perché l'aveva abbandonato? No, cosa ci faceva lì? Dov'era stata in quei mesi? Perché era tornata, dopo tanto tempo?

– Mi sei mancato tantissimo – continuò Aori, inclinando leggermente la testa di lato – Mi dispiace, per tutto quello che non ho fatto.

– Non devi dispiacerti di nulla – si sentì dire il Servamp, fissandola dritta negli occhi – Non avevi nessun obbligo verso di me. Te ne saresti potuta andare tranquillamente in qualsiasi momento.

– Me ne sono andata davvero – mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo – Non volevo...ma me ne sono andata comunque.

Kuro avrebbe voluto chiederle cos'era successo per farla andare via così, senza dirgli niente, ma il rumore della porta li interruppe, illuminandoli col caldo fascio di luce artificiale.

– Kuro, vedi di metterci un po' più di impegno in questa riunione! - lo riprese Mahiru, sgranando poi gli occhi alla vista della ragazza accucciata davanti al felino.

– Cosa ci fai qui?! - esclamò l'Eve, facendo un salto indietro – Non sarà che ci stai pedinando?

– Niente del genere – lo rassicurò Aori, alzandosi e spazzolandosi il kimono con le mani – Me ne stavo giusto andando...

– Ferma dove sei.

La falce le sfiorò la gola, facendola fermare; tranquillamente, la ragazza si voltò verso Lily, dando una rapida occhiata a lui e alla sua arma.

Non fece nemmeno in tempo a dire una parola che Kuro balzò, in forma umana, contro Lussuria, spostando la lama lontana da Aori.

– Non pensare nemmeno di sfiorarla – sibilò Accidia, lo sguardo minacciosamente illuminato nell'oscurità.

Lily lo fissò senza capire, facendo sparire la falce e chiedendo silenziosamente indicazioni al suo padrone: Misono era sconvolto quanto lui.

– Perchè la proteggi? - chiese allora All of Love, interdetto – Stava origliando la nostra conversazione, non sappiamo nemmeno chi sia o cosa ci faccia qui...

– Non azzardarti a toccarla e basta – sibilò Kuro, abbassando lo sguardo.

Mahiru lo guardò, completamente sconvolto: cosa stava succedendo? Com'è che di colpo il Servamp aveva deciso di proteggere una perfetta sconosciuta?

Eppure, da come la guardava, un po' di sfuggita, il ragazzo si accorse che non poteva essere così.

Quei due dovevano conoscersi, e anche abbastanza bene.

– Chi sei? - le chiese, di nuovo. Dall'incontro con Tsubaki e i suoi sottoposti, tutto si era fatto improvvisamente indefinito, imprevedibile. Caotico. Non poteva più pensare che qualcuno potesse essere normale, se sapeva di quel mondo.

Quella ragazza li aveva portati via dalla strada, trasportando lui e Kuro tutto da sola, apparentemente.

– Come hai fatto a riportarci a casa? - continuò, senza aspettare la sua risposta.

– Sono più forte di quanto sembro – sorrise Aori, intrecciando le mani in grembo.

– Sei una sottoposta? - la incalzò Misono, in tono secco – E' evidente che conosci parecchie cose su di noi, di me e Lily, di Kuro...

Fece una pausa, fissandola storto dalla sua sedia.

– Quindi te lo chiederò una volta sola: chi è il tuo padrone? - concluse, appoggiando i gomiti sulle ginocchia ed intrecciando le dita tra loro.

Kuro la guardò, confuso, cercando di capire: lei era la sua Aori, giusto? Era umana, proprio come Mahiru. Se fosse morta non l'avrebbe forse sentito?

La ragazza non ricambiò il suo sguardo, tenendo gli occhi dritti in quelli di Misono: aveva un'espressione calma. E infinitamente triste.

– Il fatto che tu ci sia arrivato non mi sorprende – commentò Aori, alzando il mento in un gesto che sembrava di superiorità, ma poteva passare semplicemente resa.

Kuro indietreggiò, incontrando quasi immediatamente il muro dietro di lui: cosa stava dicendo? Lei era la sua Aori, la ragazza gentile che l'aveva nutrito e coccolato, che lo aveva accettato.

Che lo aveva amato.

Non poteva essere un vampiro...Non poteva e basta, si disse, scuotendo violentemente la testa.

Non la sua Aori, non dopo tutto quello che aveva fatto per tenerla lontana da quel mondo.

– Hai ragione, Misono Arisuin – continuò la ragazza, tornando a sorridere. Nel suo sorriso, però, c'era qualcosa che Kuro non aveva mai visto.

– Piacere di conoscervi, mi chiamo Aori e sono una sottoposta di Tsubaki.

Freddezza.

 

Tsubaki alzò lo sguardo al cielo, allungandosi verso di esso. Belkia, al suo fianco, lo fissò storto, tornando poi a rigirarsi la spada tra le mani.

– Cos'è, non torna più? - sbottò il sottoposto, facendo stridere la lama sul cemento del tetto dove si trovavano – Non dovresti lasciarla andare in quel modo, potrebbe anche farsi venire strane idee e decidere di tradirci-

– Taci – mormorò Tsubaki, in tono tanto calmo quanto autoritario. Continuava a fissare le nuvole come se ci vedesse qualcosa, un segno, una visione...Probabilmente, pensò Belkia, ci vedeva solamente il sorriso di quella maledetta Aori: da quando era arrivata, il Servamp era cambiato, secondo lui in peggio. Certo, era anche più attento alle esigenze dei suoi sottoposti, cosa che aveva sempre fatto in ogni caso, ma aveva un che di...ancora più malinconico, se possibile.

Si distraeva più spesso, si metteva a fissare il cielo come in quel momento, se ne stava nella sua stanza per ore, bisbigliando a quella dannata ragazza. Da quando l'aveva trovata, sembrava essersene affezionato al punto da non riuscire a fare a meno di volerla felice, anche a costo di lasciarla andare in giro coi suoi nemici.

– Aori può anche andare con loro ma non mi tradirà mai – aggiunse, abbassando lo sguardo sulla strada sottostante, brulicante di persone. Gente insignificante ai suoi occhi, gente banale.

Da quando aveva portato quella ragazza a casa sorrideva più spesso, non come suo solito, con crudeltà e divertimento, o con malinconia.

Sembrava...dolce.

Disgustato dal suo stesso pensiero, Belkia rimise la spada nel cilindro, alzandosi e sistemandoselo in testa. Come sottoposto di Tsubaki, anche lui non l'avrebbe mai tradito. Mai.

– Andiamo, abbiamo del lavoro da sbrigare – disse il Servamp, preparandosi a saltare – Sento che tra poco dovrò andare a prenderla.






Angolino dei commenti:

Ed ecco che entriamo nel vivo del problema: la neutralità è davvero possibile?
Anche Aori comincia a delinearsi meglio, anche se il grosso della sua personalità si vedrà prossimamente ^-^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (anche perchè senza nessuna recensione non riesco proprio a capirlo ^-^').
Ah, scusate per il ritardo, avrei voluto pubblicare una volta a settimana ma gli esami hanno deciso di rendermi la vita impossibile T^T
D'ora in poi cercherò di essere più puntuale.
Grazie ancora a chi mi segue, lo apprezzo molto ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 4
*** I was there for you ***


– Tsubaki?! - esclamò Mahiru, rabbrividendo al suono di quel nome: dopo il pericoloso incontro con il Servamp della malinconia, il ragazzo trovava spaventoso anche solo pensarlo.

Avere davanti una sua sottoposta lo metteva nelle condizioni di darsela a gambe o attivare la catena del contratto. Kuro, dal canto suo, però, sembrava più occupato ad accasciarsi contro il muro.

– Quindi ammetti che sei qui per spiarci – ringhiò Misono, irrigidendosi sulla sedia – Vuoi portare i nostri piani al nemico!

– Niente di tutto ciò – rispose tranquillamente Aori, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio – Sono libera di andare dove voglio, non sono sotto i comandi di Tsubaki. Non ho alcun interesse ad origliare le vostre riunioni, non voglio avere niente a che fare con la guerra.

Il suo sguardo andò immediatamente a Kuro, che teneva la bocca socchiusa e gli occhi sbarrati, quasi terrorizzati: non poteva, non voleva crederci. Non lei, non la sua Aori.

– Tsubaki mi ha permesso di vederti di nuovo – gli disse la ragazza, avvicinandosi di un passo – Senza di lui, non avrei potuto chiederti scusa, non avrei potuto vedere come stavi, non-

– Smettila – la interruppe Kuro, in un sibilo.

– Sono felice che tu abbia incontrato un bravo ragazzo come Mahiru – continuò Aori, sorridendo con autentica gratitudine – Non avrei sopportato l'idea che tu rimanessi ancora da solo, in quel vicolo. Hai un compagno, ora, hai un amico...

– Smettila! - gridò il Servamp dell'Accidia, mettendosi le mani sulle orecchie.

La ragazza si interruppe di colpo, fissandolo sorpresa. Persino i due Eve e Lily presero a guardarlo, sconvolti dalla sua reazione anomala.

Dopo qualche istante, Aori indietreggiò, quasi scontrandosi con All of Love, e, alla fine, si voltò dall'altra parte, dirigendosi verso l'uscita a grandi passi.

– Non pensi di aver esagerato, Kuro? - chiese Mahiru, avvicinandoglisi. In risposta, il Servamp si trasformò in gatto, correndo nella direzione opposta a quella della ragazza.

– Ecco cosa succede ad affezionarsi a qualcuno – continuava a ripetersi, sfrecciando a testa bassa per gli infiniti corridoi. Quando, a causa della sua sbadataggine, andò a sbattere contro una parete, il Servamp si accasciò sul pavimento, raggomitolandosi con la testa tra le zampine: non voleva saperne più nulla, non voleva soffrire, non di nuovo.

L'aveva abbandonato, ecco tutto; la sua Aori l'aveva lasciato a morire in mezzo alla strada dopo avergli promesso di prendersi cura di lui; l'aveva tradito, l'aveva illuso.

Eppure, ancora un pensiero lo tormentava: se davvero Aori era una sottoposta, doveva essere...

Cosa stava facendo quando era successo? Com'era successo?

A starsene acciambellato contro il muro non l'avrebbe mai saputo. Ma non gli interessava, giusto? Non voleva più saperne di lei.

– Chi voglio prendere in giro? - mormorò, fissando l'intonaco da troppo vicino.

Stancamente, si alzò sulle zampe, trotterellando poi di nuovo verso il suo Eve: avrebbe risolto quel problema con calma. Ci sarebbero sicuramente state altre occasioni di incontrare Tsubaki e i suoi sottoposti: a quel punto, Kuro avrebbe svelato il mistero che avvolgeva la scomparsa di Aori.

 

La mattina dopo, la pioggia scrosciante distrasse Kuro dai suoi pensieri cupi, facendolo raggomitolare ancora di più nella borsa: con quel tempaccio non aveva voglia di pensare, non valeva la pena arrovellarsi su come incontrare nuovamente Aori.

In più, la ragazza era scappata davanti alla sua reazione, a casa di Misono, quindi poteva benissimo essere che se ne fosse tornata da dov'era venuta per non farsi più vedere.

– Oh, guardate che carina! - sentì esclamare ad alcune ragazze in corridoio. Rintanato nello zaino di Mahiru, ancora in classe per il cambio dell'ora, Kuro decise di sbirciare all'esterno, riuscendo solo a vedere un capannello di persone davanti alla porta che fissavano qualcuno di non molto alto, a quanto pareva. Curioso, saltò giù dalla sua “cuccia” e zampettò fino all'ammasso di studenti, miagolando perché non lo pestassero per sbaglio; strisciando attraverso la foresta di gambe, alla fine, riuscì ad arrivare al centro: e rimase di sasso.

– Oh, proprio te stavo cercando – mormorò Aori, accucciandosi per prenderlo in braccio. Troppo sconvolto per reagire, Kuro la lasciò fare, guardandola dal basso.

– Quello è il gatto di Mahiru? - chiese una studentessa, voltandosi verso l'Eve. Quello alzò appena la testa per vedere perché lo avessero citato, ma la ragazza e il Servamp erano già scomparsi.

 

La pioggia li colpì come uno schiaffo, cominciando già a bagnarli impietosamente.

– Perchè sei venuta a scuola? - mormorò Kuro mentre atterravano sul tetto dell'edificio. Saltò giù dalla presa di Aori, tornando a guardarla: sembrava stanca, anche se si sforzava di nasconderlo con un sorriso imbarazzato, e continuava a tenersi la mano sul petto, prendendo di tanto in tanto respiri profondi.

– Non volevo scappare, ieri – rispose la ragazza, intrecciando le dita in grembo – Quando, però, ho capito che eri arrabbiato con me, ho preferito rimandare.

Prese l'ennesimo respiro profondo, quindi continuò, facendosi seria.

– So che non accetti che io sia diventata una sottoposta, tanto meno se di Tsubaki, ma ci tenevo comunque a dirti che quello che ho detto è vero – disse, quasi in tono supplichevole – Non ho intenzione di partecipare alla guerra di Tsubaki, lo sa anche lui.

Le domande che voleva farle tornarono in mente a Kuro, tutte insieme e in una tale confusione da metterlo in difficoltà. Quando decise cosa chiederle, la voce gli uscì più seccata di quanto volesse.

– Com'è successo? - disse, fissando i suoi occhi in quelli di lei.

Aori non sembrò sorpresa della domanda, solo fece un sorriso amaro, quasi fosse arrabbiata con se stessa per quello che le era accaduto.

– Una sera sono partita da casa – raccontò, stringendo più forte le dita tra loro – Faceva già parecchio buio, ma non avevo paura: sapevo la strada a memoria, da quante volte l'avevo fatta. Avevo un solo pensiero in testa.

Fece una pausa, inclinando la testa di lato, le sopracciglia piegate come in un'espressione di scuse e un sorriso triste.

– Ero talmente concentrata sulla mia meta che non ho pensato di guardare il semaforo. Se solo quella macchina si fosse fermata a soccorrermi... – fece una risatina nervosa, stringendosi le braccia al petto e spostando lo sguardo alla sua destra, assorta nei ricordi – Se penso a quant'è stata stupida la mia morte quasi me ne vergogno ancora.

Kuro fu tentato di dirle qualcosa, anche solo per lenire di poco la sua tristezza, l'amarezza che aveva nel tono di voce, ma non fece niente. Come al solito. Rimase a guardarla da qualche metro di distanza, aspettando che continuasse; poi si accorse che, nel racconto, mancava un solo dettaglio.

– Perchè sei uscita, quella sera? - le chiese. Credeva di conoscere già la risposta, voleva che la risposta fosse quella. In uno slancio egoistico, sperò con tutto se stesso che fosse quella.

– Davvero me lo stai chiedendo? - rise Aori, con quella sua aria quasi spensierata, che aveva raramente anche quando stava con lui: aveva gli occhi lucidi, le mani tremanti, anche se tenute strette tra loro.

– Ero lì per te, Kuro – mormorò, alzando la mano per catturare una lacrima prima che potesse scendere dalle ciglia – Quel giorno mi hanno trattenuta a casa per tutto il pomeriggio. Stavo venendo a portarti da mangiare.

Ormai stava piangendo, le spalle che sobbalzavano e le lacrime che le scorrevano sulle guance mischiandosi con le gocce di pioggia, nonostante provasse continuamente ad asciugarle. Kuro non si sarebbe mai aspettato una spiegazione così semplice: voleva che fosse più crudele, più ingiusta; invece era quasi ridicola. Proprio da lei.

Avrebbe voluto consolarla, farle sapere che non era andata così male, dopo che se n'era andata. Non doveva sentirsi in colpa per averlo lasciato.

Nella sua forma felina, però, non potè far altro che avvicinarsi a lei, strusciando il muso sulle sue gambe. Aori, a quel gesto, abbassò lo sguardo, rivolgendogli un sorriso grato, e fece per chinarsi su di lui. Appena cominciò a piegare le ginocchia, però, sembrò bloccarsi per un istante, per poi cadere di lato sulla pietra bagnata del tetto, gli occhi chiusi e il respiro corto.

Pietrificato, Kuro fece per passarle il muso sul viso per cercare di svegliarla, ma un'oscura presenza lo costrinse a nascondersi dietro un angolo.

Tsubaki atterrò proprio accanto a lei, fissandola per alcuni istanti dall'alto della sua posizione con occhi inespressivi, assorti. Quando finalmente si riscosse, si chinò su di lei, alzandosi la manica del kimono e porgendo il polso alla ragazza. Aori socchiuse gli occhi, rivolgendo al Servamp uno sguardo dispiaciuto, che lui ricambiò con un sorriso quasi dolce, indicandosi il braccio con un cenno del mento. Lentamente, quindi, la ragazza si alzò debolmente sul gomito, prendendo delicatamente la mano di Tsubaki dal dorso e appoggiando le labbra sul suo polso; altrettanto lentamente, come se si sentisse infinitamente in colpa, poi, socchiuse la bocca e piantò i canini nella carne, succhiando piano il liquido scuro. Al termine di quell'operazione, si tolse un fazzoletto di stoffa da una tasca, annodandolo con cura attorno alla ferita ancora sanguinante del Servamp, e, alla fine, alzò lo sguardo su di lui, continuando ad avere quell'espressione mortificata.

In risposta, Tsubaki la prese tra le braccia, stringendosela al petto: prima di saltare giù dal tetto, Kuro avrebbe giurato di vederlo guardare nella sua direzione con un'espressione soddisfatta.







Angolino dei commenti:

Non vedevo l'ora di pubblicare questo capitolo *-* Anche se sì, sono in ritardo di nuovo, perdonate la mia mancanza cronica di puntualità -_-
Cooooomunque, guerra, guerra e ancora guerra, su tutti i fronti e per tutti. Comincia a capirsi l'origine di parecchi problemi, anche se non voglio fare anticipazioni...E anche qualcosina in più sul legame tra Tsubaki e Aori (e voi probabilmente mi direte: "si era già capito", lo so, lo so...) anche se le cose sembrano non essere così semplici...
Restate con noi per scoprire il seguito ^-^
Ringrazio ancora tantissimo chi legge la mia storia (e il mio angolino, portate pazienza per quello..); attendo con ansia i vostri commenti, ci tengo tantissimo a capire se c'è qualche problema nella narrazione (nella mia testa è tutto a posto per quanto la legga, quindi un aiutino se c'è bisogno..).

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 5
*** Family ***


Andando verso il luogo dove si sarebbe svolta la riunione tra Servamp, Mahiru continuò a pensare a Sakuya: quell'espressione che aveva, mentre gli chiedeva se gli stesse mentendo, lo aveva fatto sentire ancora più in colpa per quella piccola bugia a fin di bene che aveva detto per proteggerlo.

Non voleva che finisse invischiato anche lui in quella storia impossibile, non lui che era il suo migliore amico; dato che in quei giorni aveva scoperto che non aveva ancora la forza necessaria per aiutare davvero, Mahiru voleva evitare a tutti i costi di coinvolgere le persone a cui teneva.

Voltandosi indietro, l'Eve intravide Kuro sporgersi dal suo zaino, fissando nel vuoto.

– Va tutto bene, Kuro? – gli chiese, rallentando il passo – Da quando sei sparito, a scuola, ti comporti in modo strano.

Il Servamp emise un lamento seccato, tornando ad accoccolarsi tra i libri, e Mahiru intese che non voleva ancora parlarne: prima o poi, però, avrebbe dovuto richiedergli cos'aveva fatto in quella mezz'ora sul tetto, dove l'aveva trovato raggomitolato dopo averlo cercato per tutta la scuola.

Di una cosa era certo, però: c'entrava sicuramente Aori.

 

– Belkia, non essere maleducato.

Aori rivolse un'occhiata storta al sottoposto, indicando col dito il piattino che questo stava rimettendo sul nastro.

– Aori ha ragione – convenne Tsubaki, seduto tra i due – Non si può rimettere quello che si è preso sul nastro.

– Le dai sempre ragione, accidenti! - sbottò Belkia, alzandosi di scatto dallo sgabello.

– Perchè ha ragione – replicò il Servamp, con un sorriso luminoso – Dovresti imparare un po' da lei, sai?

Ringhiando scompostamente e risedendosi nervosamente sulla sedia, minacciando di mandare all'aria l'intero locale solo con lo sguardo, Belkia le rivolse un'occhiataccia, incrociando poi le braccia al petto con un sospiro che sembrava più uno sbuffo violento.

– Comunque sia, verrà anche quel bugiardo? - sbottò, infilzando un pezzo di sushi con le bacchette – Come se non ci fosse già abbastanza gente irritante, stasera.

– Lo so che mi vuoi bene alla fine, Belkia – gli sorrise Aori, candida e letale come una lama.

Rabbrividendo per quell'affermazione, il sottoposto si mise a fissare ostinatamente il nastro che scorreva davanti a lui, trattenendo a stento un'altra rispostaccia.

– Per rispondere alla tua domanda – intervenne Tsubaki in suo aiuto. Il rumore della porta accompagnò le sue parole – L'ospite mancante è appena arrivato.

Grida spaventate cominciarono a riempire il locale, mentre tutti gli umani scappavano fuori di fronte al fagotto senza vita e sanguinante tenuto dalla persona appena entrata. Aori, dal canto suo, scese dallo sgabello, correndo incontro a quest'ultimo.

– Cosa ti è successo? Sei tutto sporco di sangue – chiese, preoccupata, estraendo un fazzoletto dalla tasca – Non ti ha ferito, vero?

Stava per cominciare a pulirgli il viso dagli schizzi rossastri che il ragazzo alla porta le allontanò la mano con una sberla, lasciando contemporaneamente cadere il corpo della sua vittima a terra.

– Non ti andrebbe di dirmi come mai sei così violento, questa sera? - disse Tsubaki, quasi in un sibilo: il suo sguardo comunicava quanto non gli fosse andato a genio quel gesto – Sakuya.

Davanti a quel tono così tagliente, il ragazzo cercò di sembrare sicuro, suonando comunque un po' titubante.

– Questo qui mi stava inseguendo – rispose, indicando il cadavere, poi fissò lo sguardo su Aori, che si teneva la mano guardandolo confusa – E prima ho visto Aori sul tetto della scuola con uno dei nemici. Gli stava parlando...

– Sono al corrente di quello che Aori fa nel suo tempo libero – lo interruppe Tsubaki, in un ringhio – E' lei stessa a chiedermi il permesso e a riferirmi cosa deve fare, tanto più che ero nelle vicinanze, quindi ho visto a mia volta.

Sakuya non riusciva a credere alle sue orecchie: aveva creduto di vederla complottare, aveva creduto che mentisse per stare col nemico...invece era la più fedele di tutti loro, al punto che non aveva nessun bisogno di dire bugie.

E lui l'aveva giudicata senza sapere. L'aveva colpita senza avere le prove.

Abbassando lo sguardo, il ragazzo si sentì un verme per quello che aveva fatto, ma era anche pronto a ricevere la giusta punizione. Se lo meritava.

– Su, non è il caso di essere così seri – disse improvvisamente Aori, in tono calmo – Ha sbagliato, certo, ma l'avrei fatto anch'io, se avessi visto una scena del genere.

Il tocco del fazzoletto sulla sua guancia fece alzare lo sguardo sorpreso a Sakuya: la ragazza gli stava diligentemente pulendo il sangue, anche se evidentemente non era suo, dalla faccia e dal collo, sorridendo come se nulla fosse successo. Dietro di lei, Tsubaki fece lo stesso, invitandolo poi a sedersi con loro al banco.

– Ah, dimenticavo che abbiamo fatto scappare tutti i dipendenti – disse dopo un po', notando che il nastro non distribuiva più nuove pietanze – Direi che per stavolta sono a posto, allora.

Detto ciò, si alzò, stiracchiandosi, e andò verso l'uscita, seguito a ruota da Belkia. Aori stava per fare lo stesso, ma Sakuya la prese per la manica, facendola bloccare di scatto.

– Scusami – disse il sottoposto, tenendo lo sguardo ostinatamente puntato altrove – Il mio è stato un errore terribile. Darti della bugiarda...

– Non devi preoccuparti, Sakuya – gli sorrise la ragazza, mettendogli una mano sul braccio che le teneva la manica – Hai fatto quello che credevi giusto per Tsubaki, e di questo sono felice.

– Ma così...! - replicò lui, alzando finalmente gli occhi su di lei.

Il caldo contatto col suo corpo lo lasciò senza parole, facendolo irrigidire: lo stava abbracciando, facendogli sentire tutta la sua presenza, il suo sostegno. Non era solo, sembrava dirgli.

– Siamo una famiglia, Sakuya – gli mormorò all'orecchio, carezzandogli piano i capelli sulla nuca – Puoi contare su tutti noi, in qualsiasi momento.

– Su di me no di certo! - li interruppe Belkia, in tono irritato – Nessuno dei due.

Voltandosi indignata, Aori lasciò andare il ragazzo, lanciando uno sguardo di fuoco al sottoposto alla porta.

– Sei veramente antipatico! - lo apostrofò, seccata – Non sai proprio avere un minimo di tatto!
– Per quello ci sei tu, no? Maledettissima ultima arrivata – le ringhiò Belkia, battendo il piede a terra – Sei insopportabile!

– Tu lo sei di più! - ribattè la ragazza, quasi gridando.

La risata di Sakuya interruppe improvvisamente il loro litigio, facendo posare tutti gli sguardi sul ragazzo; quando si accorse di essere guardato, quello si limitò a passarsi una mano sulla nuca, esibendo un sorriso tra il divertito e l'imbarazzato.

– Scusate, ma voi due siete proprio uno spasso! – rise, attirandosi le occhiatacce di Belkia e l'espressione prima confusa, poi lieta di Aori.

Era quello che intendeva, pensò Sakuya, incontrando lo sguardo calmo di Tsubaki: erano una famiglia e potevano contare gli uni sugli altri per qualsiasi cosa. Insieme a tutti loro, il ragazzo si era sentito per la prima volta a casa.







Angolino dei commenti:

Ho l'impressione che questo capitolo mi sia venuto più corto del solito...Beh, pazienza ^-^'
Ehilà, bentrovati! Come vedete stavolta sono stata brava, ho solo un giorno di ritardo ^-^
Lascio a voi i commenti per questa simpatica scena familiare, non voglio certo autorecensirmi ^-^'
Intanto ringrazio chi mi legge, chi mi segue (grazie, oh tu 1 sul contatore *o*) e in anticipo chi recensirà in futuro (sono curiosissima di avere un vostro parere).
Spero che rimarrete per leggere il finale ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 6
*** Friendship, Love ***


– Dovresti impegnarti di più, Shirota! - ringhiò Misono, dopo l'ennesima frase idiota dell'altro Eve per evocare la sua guida – Se non ti dai una regolata, come pensi che il tuo Servamp possa essere meno pigro di così?!

Nel dirlo, indicò Kuro, che, nella sua forma di gatto, stava saltellando dietro una spiga, con evidente soddisfazione. Esterrefatti, i due umani seguirono il filo del vegetale, arrivando ad una mano semi coperta dalla manica di un kimono bianco e rosso.

– Aori! - esclamò Mahiru, attirando l'attenzione della ragazza, che si voltò verso di lui con un'espressione sorpresa – Cosa ci fai qui?!

Sbattendo un paio di volte le palpebre, la sottoposta si alzò, togliendo il prezioso divertimento a Kuro, e sorrise, in quel suo modo fin troppo gentile per la sua natura.

– Passavo di qui, ho pensato di salutare Kuro – disse, abbassando poi gli occhi sul felino.

Senza parole, Misono fece un cenno, forse per indicare a Lily di tenerla sotto tiro, ma si accorse che il suo Servamp non era alle sue spalle, come suo solito: si trovava invece sulla spalla di Aori, nella sua forma di farfalla, e guardava il suo Eve come se si stesse divertendo.

– Maledetto..! - ringhiò Misono, sedendosi pesantemente sulla sua sedia – Almeno avvertimi quando vorrai cambiare schieramento!
– Perdonami – mormorò Lily, apparendo alle sue spalle, stavolta in forma umana – Non succederà più.

Sembrava mortificato, osservò Mahiru, anche se le sue labbra conservavano ancora un po' del sorriso divertito che doveva avere poco prima.

– Cosa sei venuta a fare qui, veramente? - riprovò Misono, appoggiando seccamente il mento sul dorso della mano – Non ho ancora deciso di fidarmi di te, quindi vedi di essere convincente.

Aori smise di sorridere, mostrandosi dispiaciuta, e abbassò lo sguardo, rigirandosi il gambo della spiga tra le dita nervose. Sembrava pensare a cosa dire, o a come dirlo, dato l'avvertimento dell'Eve.

– Io... - disse, alla fine, in tono incerto – Vorrei esservi amica, anche se so che può sembrare strano, o difficile, vista la mia posizione.

Misono si irrigidì sulla sedia: già il fatto che gliel'avesse proposto Mahiru gli dava i brividi, ma che lo facesse una nemica, una sottoposta...non sapeva se essere più diffidente o scosso.

E se anche lei avesse avuto i suoi stessi problemi? Se anche lei non avesse avuto amici, fino a quando non era diventata un vampiro? Se così fosse stato, pensò il ragazzo, erano più simili di quanto non volesse ammettere.

Ma tutto ciò non era vero, no? Come faceva una ragazza come lei, così carina e gentile, a non avere amici? Semplicemente impossibile.

– Va via di qui – sibilò Misono, senza guardarla. Non poteva crederle, non voleva essere raggirato, non voleva che la sua mancanza di amici diventasse la sua debolezza. Non voleva crederle.

Aori alzò lo sguardo, ferito e profondamente triste, quindi si accucciò vicino a Kuro, posandogli la spiga davanti con un sorriso lieve; alla fine, si alzò, raggiungendo a grandi passi la porta.

Il rumore dell'uscio che si chiudeva fece quasi sobbalzare il ragazzo sulla sedia.

– Non pensi di aver esagerato? - gli chiese Mahiru, in tono incerto. Aveva un'espressione di rimprovero, con qualcos'altro: dispiacere? Pietà?

– Continuiamo l'allenamento – decretò secco Misono, evitando di guardarlo.

Nel suo angolo, intanto, Kuro fissava la spiga, perdendo tutta la voglia di fare che gli era rimasta.

 

– Sembri distratta, oggi.

La voce di Tsubaki la riportò alla realtà, facendole fermare la mano. Abbassando lo sguardo, Aori incontrò la figura del Servamp, sdraiato su un fianco con la testa appoggiata sulle sue gambe. Solo un momento prima lo accarezzava meccanicamente sui capelli, pensando a quanto fosse dura fare amicizia, soprattutto se di amici non se ne aveva mai avuti.

– Stavo solo pensando – mormorò, sfiorando i capelli di Tsubaki con le dita piegate. Stare da sola con lui l'aveva sempre rilassata, ma quel giorno proprio non riusciva a non pensare a Misono; alle sue parole fredde, al suo atteggiamento diffidente...Non sarebbe mai arrivato a fidarsi.

– Raccontami qualcosa di interessante – disse il Servamp, distogliendola ancora una volta dalle sue considerazioni: si era girato in modo da poterla vedere, la nuca sul suo grembo. Con un sorriso, poi, le stava avvicinando la mano alla guancia, arrivando a sfiorargliela dolcemente, passando il pollice sullo zigomo e le altre dita dietro l'orecchio.

– Non ho niente di interessante da raccontarti – mormorò Aori, in tono dispiaciuto, quindi abbassò ancora di più lo sguardo – Dopotutto, sono una persona così banale...

– Non dirlo neanche per scherzo – la interruppe Tsubaki, in tono duro, smettendo di sorridere. La fissava dritto negli occhi, con una serietà che aveva sempre un che di malinconico, espressa da lui: quello sguardo, però, la faceva sentire importante, considerata. Apprezzata.

Stava pensando a quanto la sua presenza la facesse sentire in pace che quasi non si accorse che il Servamp si era alzato, trascinandola leggermente verso di lui.

Sentì le sue labbra sulle sue ancora prima di rendersene conto e, dopo un istante, ricambiò il bacio, affondando le mani nei suoi capelli e tirandolo verso di lei, gli occhi chiusi, i respiri condivisi.

Quando si divisero, Aori vide il suo sorriso dolce a pochi centimetri dal suo viso, tutto il suo affetto in quel poco spazio. Sarebbe stato suo, fino alla fine.

– Tu sei la cosa più importante, per me – sussurrò Tsubaki, appoggiando la fronte alla sua – E sei la cosa più interessante del mio mondo.

Il rumore della porta li interruppe, senza però dividerli ancora. Quando, però, Shamrock si schiarì nervosamente la voce, il Servamp la lasciò andare, alzandosi dal divano su cui erano seduti e voltandosi verso di lui, lo sguardo calmo, rilassato.

– M-mi scusi – balbettò il sottoposto, non sapendo dove guardare – Ma sembra che Sakuya si sia mosso. Al momento, lui, Belkia e Otogiri stanno fronteggiando Accidia e Lussuria insieme ai loro Eve...

– Grazie per l'informazione – gli sorrise Tsubaki, nascondendo le mani nelle ampie maniche – Penso che andrò a dare un'occhiata.

Si voltò verso Aori, invitandola silenziosamente; la ragazza si alzò, sistemandosi il kimono e raggiungendolo, prendendogli il braccio con la mano.

Shamrock li vide sparire insieme, tirando alla fine un lungo sospiro di sollievo: il Servamp doveva essere di buonumore, pensò. Alcuni, in quella stessa situazione, erano finiti male per molto meno.

 

La pioggerellina che accompagnava la comparsa di Tsubaki cominciò a bagnare Otogiri, che si voltò appena in tempo per vedere lui e Aori apparire alle sue spalle: trovava piacevole la presenza della ragazza, anche se non avevano mai conversato molto, dato che il Servamp amava tenerla per sé. Otogiri, però, era sempre incuriosita dalla gentilezza di Aori: sembrava capace di fare amicizia con chiunque, tranne forse con Belkia, che faceva resistenza da quando era arrivata.

Oltre a questo, però, nessuno degli altri sottoposti conosceva qualcosa dell'ultima arrivata: era morta, non sapevano come, e Tsubaki aveva deciso di salvarla, facendone il suo seguito.

Perché l'avesse scelta, qual era il suo passato, se aveva abilità particolari...tutto avvolto nel più fitto mistero, senza speranza di risolverlo.

– Cos'è successo a Belkia? - le chiese Aori, chinandosi accanto a lei e guardando con curiosità la scena sottostante. Otogiri la guardò per un istante, rischiando quasi di intralciare Sakuya col corpo esanime del sottoposto tra i fili. Quando si fu stabilizzata di nuovo, tenne distante Belkia dalla mischia, concedendosi finalmente di voltare lo sguardo verso di lei: capelli lunghi sciolti sulle spalle, dall'anonimo colore nero, senza riflessi, e occhi blu ciano, così in contrasto col kimono bianco e rosso. Si diceva che l'avesse scelto Tsubaki in persona, il che era probabile.

– Lussuria e il suo Eve lo hanno decapitato – rispose e, davanti allo sguardo confuso di Aori, che guardava il corpo di Belkia, ancora con la testa sul collo, aggiunse – Sembra che sia una ferita dello spirito, non fisica.

Mormorando un “Ah” sorpreso, la ragazza alzò lo sguardo su Tsubaki, che fissava estasiato la battaglia. All'improvviso, però, proprio mentre Kuro stava per sferrare il suo devastante attacco, sembrò irrigidirsi, spalancando gli occhi come fosse...spaventato.

Con una rapidità che sorprese Aori, il Servamp la prese precipitosamente tra le braccia, sparendo immediatamente dal tetto. Otogiri, commentando la svolta della vicenda sottostante, si voltò, convinta di trovare il suo padrone e la ragazza, ma non vide altro che una nuvola di foglie alzate dal vento.

La pioggia era terminata.







Angolino dei commenti:

Graaaazie sempre a chi mi segue, chi mi legge e chi pensa di recensire (lo so, sono senza speranze -_-').
Eh, la nostra eroina non può certo sempre riuscire, nemmeno col suo bel faccino; servirà ancora del tempo prima che possa convincere Misono -_-
Ma intanto godiamoci l'evoluzione della vicenda, che in questo capitolo non si è evoluta granchè (portate pazienza, mi sono accorta che manca ancora qualche capitolo al clou della faccenda), quindi per ora continuate a seguire Aori, se ne vedranno di belle ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 7
*** In that restaurant I asked myself why ***


– Come sta?

La voce di Aori prese Lily completamente impreparato, facendolo sobbalzare: era talmente concentrato su Misono, steso su quel letto d'ospedale con il petto fasciato e alcuni cerotti sul viso, che non si era minimamente accorto del suo arrivo.

Voltandosi verso di lei, cercò di sorridere, anche se ne risultò un'espressione tirata, e la guardò avvicinarsi lentamente al giaciglio, lo sguardo dispiaciuto di chi vorrebbe fosse andata diversamente.

– Mi dispiace che, a causa di Sakuya, Misono sia costretto qui – mormorò lei, gli occhi lucidi e le mani strette al petto – So che non dovrei permettermi di venire qui, dato che faccio parte delle persone che l'hanno ridotto in questo modo, ma ci tenevo a controllare che andasse tutto bene.

– Non è stata colpa tua – replicò Lily, in tono più duro di quanto volesse – Dovevo solo stare più attento, reagire più in fretta...Invece sono stato solo capace di farmi tagliare una gamba e far ferire il mio Eve...

– Ti hanno tagliato la gamba?! - esclamò Aori, fissandolo preoccupata, le mani alla bocca e lo sguardo mortificato.

– E' tutto a posto – sorrise il Servamp, cercando di suonare convincente – L'ho riattaccata, ora va meglio.

Sospirando di sollievo, la ragazza sorrise, un po' imbarazzata, e intrecciò le dita in grembo.

– Meno male – mormorò, abbassando lo sguardo – Comunque, ho fatto quello che dovevo fare. Posso andarmene, adesso.

Stava per uscire quando si sentì tirare il per la manica, tanto da farla voltare: Lily la fissava con urgenza, sembrava dispiaciuto, triste, preoccupato, tutto allo stesso tempo. Aori capì cosa provava: se fosse successo qualcosa a Tsubaki avrebbe reagito esattamente in quel modo. La sua era disperazione.

– Hai detto che volevi diventare amica di Misono – mormorò il Servamp, sorridendo lievemente – Penso che per lui sia lo stesso, solo non credo che riuscirà mai ad ammetterlo.

Fece una pausa, assicurandosi che il suo Eve non si fosse svegliato.

– Misono è sempre stato difficile, come persona – continuò, facendosi improvvisamente serio – E proprio per questo non ha mai avuto amici, né ha mai provato cosa volesse dire stare con qualcuno di cui fidarsi. È diffidente, ma, in fondo, non credo che siate molto diversi.

Aori ci aveva pensato, quando il ragazzo l'aveva cacciata dalla sua villa, ma mai avrebbe creduto che Lily la pensasse allo stesso modo.

Ciò, però, non cambiava il fatto che Misono le avesse detto apertamente di andarsene. Non la voleva come amica, non in quel momento.

– Per favore, rimani fino al suo risveglio – la implorò il Servamp, abbassando lo sguardo.

A quelle parole, la ragazza si voltò completamente verso di lui, alzandosi sulle punte e abbracciandolo, circondandogli il collo con le mani e premendosi il suo viso sulla spalla. Lily non si ritrasse, abbandonandosi a quel gesto inaspettato, così dolce, anche per lui che rappresentava la Lussuria, e così piacevole che quando sentì quello che disse Aori quasi pensò di aver capito male.

– Tornerò a trovarvi, ma questo non è il momento – gli sussurrò all'orecchio, sciogliendosi poi dall'abbraccio e fissandolo negli occhi – Non smetterò di provare, ma non voglio disturbarlo in quelle condizioni. Quando sarà guarito ritenterò, va bene?

Il Servamp non potè fare altro che annuire, sorridendole poi comprensivo.

E mentre la ragazza usciva, chiudendosi piano la porta alle spalle, Lily pensò che Kuro aveva ragione: era troppo buona per voler fare del male a qualcuno.

 

Erano ore ormai che Kuro tentava di distrarre Mahiru dalla sua depressione, senza risultato: l'unica cosa che aveva ottenuto era stata una domanda sulle sue condizioni, peraltro stupida, visto che era un vampiro.

Arrendendosi all'evidenza, quindi, il Servamp prese una confezione di ramen istantaneo e si piazzò davanti alla televisione, immerso nella penombra come suo solito.

Quando sentì dei passi leggeri avvicinarsi, si irrigidì, fermando le bacchette con gli spaghettini a mezz'aria.

– Proprio non riesce a darsi pace, eh? - commentò Aori, in tono dispiaciuto. Sentendo la sua voce, Kuro si rilassò, posando il ramen a terra e voltandosi a guardarla: anche in quella semi oscurità, i suoi occhi rilucevano di un intenso blu elettrico, quasi fossero fosforescenti, mentre i capelli, immaginava, avevano perso ogni riflesso che ricordava di aver visto quando la ragazza ancora era in vita; che fosse un effetto della trasformazione, pensò il Servamp, mentre Aori fissava apprensivamente la porta della camera di Mahiru.

– Mi dispiace che sia andata così – sospirò alla fine la sottoposta, sedendosi accanto a lui – Sakuya è un ragazzo molto emotivo, a volte. Anche con me ogni tanto perde le staffe.

Cercando di immaginarsi come dovesse essere la vita in casa di Tsubaki, Kuro quasi non si accorse che Aori gli aveva appoggiato la testa alla spalla e stava fissando distrattamente la televisione, ancora con quell'espressione mortificata.

– Sarebbe bello riuscire ad andare tutti d'accordo – mormorò la ragazza, socchiudendo gli occhi con un sorriso triste – Potremo essere tutti amici, no?

Il Servamp stava per rispondere, ma il rumore della porta, insieme alla voce tonante che urlò in corridoio, lo fece irrigidire, incuriosendo molto Aori.

– C'è qualcosa che non va? - gli chiese la ragazza, distratta a sua volta dalle urla sempre più vicine.

Quando i passi pesanti sul pavimento si fermarono, entrambi i vampiri capirono che, probabilmente, nessuno si aspettava di trovarli lì.

– E tu chi diavolo sei?! - sbraitò un uomo, brandendo una scopa e puntando dritto su Kuro. Aori fece appena in tempo ad alzarsi e allontanarsi, prima che quello sconosciuto facesse cadere il colpo tra loro, e vide il Servamp sgusciare via fulmineo, sparendo in corridoio.

– S-signore! - balbettò allora la ragazza, tentando di prendere tempo. L'uomo si voltò verso di lei, squadrandola da capo a piedi, quindi sgranò gli occhi, abbassando la scopa.

– Ah, tu devi essere la fidanzata di Mahiru, non c'è altra spiegazione – commentò lo sconosciuto, con un ampio sorriso – Sai per caso dov'è finito quel rapinatore? Ti ha forse fatto del male?!

Aori era rimasta talmente colpita dalla parola “fidanzata” da non riuscire più a parlare, il viso in fiamme e il corpo tremante per la vergogna, le mani strette in grembo e lo sguardo basso.

– Zio Toru! - lo richiamò Mahiru, apparendo sulla porta della sua stanza. Grata del diversivo, la ragazza ne approfittò per sparire in corridoio, alla ricerca di Kuro.

– Ah, Mahiru! - salutò l'uomo, con un sorriso ancora più ampio – Davvero carina la tua fidanzata, sul serio. Dove l'hai scovata?

– Non è la mia fidanzata! - si affrettò a chiarire il ragazzo, quasi imbarazzato quanto lei – E' solo un'amica, è venuta a farmi visita.

Vedendo per la prima volta l'enorme medicazione sulla fronte del nipote, Toru sgranò gli occhi, posando la scopa al muro.

– Cos'è quella? - chiese, indicando la toppa – Hai per caso fatto a botte?

Indeciso sul da farsi, dato che non aveva voglia di mentire anche al suo tutore, Mahiru trovò confortante l'arrivo di Aori, con Kuro tra le braccia.

– Zio, voglio presentarti Aori – disse il ragazzo, accennando un sorriso un po' forzato – E questo è Kuro. Probabilmente è lui che hai visto correre per casa.

Come a voler sottolineare la cosa, il Servamp miagolò, stiracchiandosi nella stretta della sottoposta.

– Ma quindi davvero non sei riuscito a conquistare questa bellezza? - sospirò Toru, lanciando uno sguardo dispiaciuto alla ragazza, quasi a volersi scusare per l'incapacità del nipote.

Aori rispose con un sorriso teso, desiderando profondamente non essere mai andata in quella casa.

– In ogni caso, adesso andiamo a mangiare qualcosa! - ordinò l'uomo, scompigliando i capelli di Mahiru – Conosco un posto fantastico!

 

Quando Aori vide il nome del ristorante di sushi dove intendeva portarli Toru, le venne da sorridere: quale simpatica coincidenza, pensò, mentre le porte scorrevoli li facevano entrare e i proprietari li invitavano ad accomodarsi in tre posti liberi. Sapendo già come sarebbe andata a finire, la ragazza si attardò all'entrata, mentre Mahiru e Toru si sedettero alla sinistra dell'unico altro cliente; e quando il ragazzo alzò lo sguardo, si ritrovò a fissare l'espressione sorpresa di Tsubaki, intento a portarsi alla bocca un pezzo di sushi con le bacchette.

– Ah, ma guarda chi si vede! - commentò il Servamp, in tono calmo – Vieni spesso qui?

Senza aspettare la risposta, poi, si voltò, facendo cenno ad Aori di raggiungerlo: la ragazza non se lo fece ripetere due volte e gli si avvicinò, prendendogli la mano che gli porgeva.

– Mahiru, credo che questo signore elegante ti stia soffiando la ragazza – bisbigliò Toru. Il ragazzo, però, non lo sentì affatto: era la prima volta che vedeva Tsubaki e Aori insieme e gli sembrò che fossero talmente in sintonia da prevedere e anticipare l'uno la mossa dell'altra e viceversa.

Trasudavano sicurezza e affetto da ogni lato; erano abbaglianti nella loro perfezione.

Elegantemente, Tsubaki la fece salire sulle sue ginocchia, di lato, e lei scorse e prese un piattino dal nastro, posandoglielo davanti come se avesse saputo che avrebbe scelto proprio quello.

– Sai, di tutti i sottoposti che ho, Aori è la mia preferita – disse il Servamp, sfiorandole lo zigomo con le dita piegate – Senza di lei non potrei vivere.

Arrossendo lievemente per il complimento, la ragazza prese un paio di bacchette, sollevando delicatamente un pezzo di pesce dal piattino e cominciando a mangiarlo, piano, tenendo lo sguardo su Mahiru come se si aspettasse che dovesse succedere qualcosa di interessante.

– Zio, andiamocene da qui, è pericoloso – stava dicendo il ragazzo, deciso a non lasciare che Tsubaki lo provocasse. A quelle parole, Aori scese dalle ginocchia del Servamp, accomodandosi poi alla sua destra, in attesa.

Quando Toru fece una battuta patetica sul sushi e sull'essere “sushiettibile”, Mahiru capì il motivo della sua mossa.

Tsubaki cominciò a ridere, battendo la mano sul tavolo e ripetendo spezzoni della freddura come se fosse la cosa più divertente del mondo.

– Ah, l'hai capita, vero?! - esclamò lo zio, raggiante.

Il Servamp smise improvvisamente, assumendo altrettanto repentinamente la sua solita espressione annoiata.

– Non è divertente – sentenziò, prendendo un piattino dal nastro e posandolo di fronte ad Aori. La ragazza cominciò a mordicchiare un pezzetto di salmone con un sorriso grato, rivolgendone poi uno dispiaciuto e imbarazzato a Mahiru. Quando Toru si alzò per rispondere ad una telefonata, Tsubaki sembrò sfruttare la situazione.

– Ad ogni modo – si riprese il Servamp, con un'espressione interessata – Che ne dici se parliamo un po' di Sakuya?

Aori conosceva benissimo la storia del “bugiardo”, come amava chiamarlo Belkia: da bambino era stato costretto a mentire sulla morte della sorella, mandata a morire dai genitori per l'assicurazione; in seguito, quegli stessi individui, contravvenendo alla promessa fatta alla ragazza prima di morire, avevano ucciso anche lui, o almeno, credevano di averlo fatto. Tsubaki era intervenuto quando ormai era troppo tardi per gli umani e l'aveva reso un suo sottoposto, facendone ciò che era in quel momento. Proprio come aveva salvato lei, solo qualche mese prima.

– Certo che non sai proprio niente! - commentò il Servamp, ridendo, al termine delle spiegazioni – E tu ti riterresti suo amico?!
Cambiando repentinamente di nuovo espressione, poi, Tsubaki scese dallo sgabello, lanciando uno sguardo seccato allo zaino di Mahiru.

– Certo che il fratellone è spaventoso – commentò, porgendo la mano ad Aori per aiutarla a scendere a sua volta – La sua aura violenta si vede persino da qui.

Voltandosi preoccupato per controllare che non fosse davvero così, il ragazzo vide Aori passargli accanto, alla destra del Servamp, e salutarlo con un sorriso che aveva qualcosa di infinitamente...triste.

– Ci si vede – concluse Tsubaki, andando verso la porta. La sottoposta gli prese il braccio, accoccolandocisi contro, e varcò la soglia in quella posizione, così aggraziata, così carina...

Mahiru proprio non capiva come potesse stare accanto ad un simile individuo.

– Ehi, quell'uomo elegante se n'è andato? - riapparve Toru, poi, vedendo lo sguardo teso del nipote aggiunse – Non ti avrà mica soffiato davvero la ragazza?!

Il ragazzo avrebbe voluto sorridere a quella stupidaggine, ma non ce la fece: il pensiero di quello che era successo a Sakuya in passato, di quello che gli aveva fatto la sera prima...

Invidiando un po' Aori per essere sempre così buona e disponibile con tutti, Mahiru non potè fare a meno di esprimere tutto il suo dispiacere allo zio.

Nello zaino, Kuro ascoltò tutto, pensando a cosa sarebbe successo se quella fatidica sera, in cui l'aveva persa, il Servamp avesse trovato Aori: le avrebbe dato il suo sangue, condannandola ad una vita disumana? Avrebbe avuto la stessa premura di Tsubaki, se l'avesse fatto?

Da quando aveva visto quella scena sul tetto della scuola, Kuro continuava a chiederselo: se le avesse donato la salvezza, sarebbe rimasta con lui come faceva con Tsubaki?







Angolino dei commenti:

Ah beh, fino al centro della storia non mi rimane altro da fare in questo angolino: ringrazio di cuore tutti quelli che leggono questo mio sfogo di fantasia (grazie per l'infinita pazienza nel constatare che non riesco ad essere puntuale nemmeno se voglio -_-') e quell'unica persona, sempre presente nella colonna "storia seguita da" (anche se rimani sempre solo tu quell'1 mi riempie di gioia ToT).
Lancio come al solito la mia implorazione: datemi un segno! ^o^ Anche due righe, battete un colpo.
Inoltre, sono felice di annunciare che il primo e il secondo capitolo hanno superato le 100 letture *-* grazie a tutti ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 8
*** Little sister ***


Lily stava percorrendo la stanza avanti e indietro nella sua forma di farfalla, cercando di far passare il tempo, quando sentì una presenza familiare arrivare nel corridoio, davanti alla porta.

Tornando “umano”, il Servamp si lasciò andare ad un sorriso sollevato e la aprì: Aori aveva la mano alzata per bussare, un'espressione sorpresa che diventò ben presto un sorriso imbarazzato.

– Non è sveglio, vero? - chiese in un sussurro, non sapendo più dove guardare.

Lasciandosi andare ad una breve risata, Lily le andò vicino, sospingendola con la mano sulla sua schiena nella stanza. Facendo lievemente resistenza all'inizio, la ragazza si rilassò vedendo Misono dormire beatamente nel suo letto, le lenzuola fino al mento e un'espressione pacifica che, ci avrebbe scommesso, non gli avrebbe mai visto da sveglio.

– Si è addormentato poco fa, quindi penso ci vorrà un po' prima che si svegli di nuovo – le disse il Servamp, raggiungendo il comodino: ne raccolse un mazzo di carte tenute da un elastico.

– Ti va di giocare, mentre aspettiamo? - propose, sorridendo incoraggiante.

– Solo se prometti di non spogliarti davanti a me – mormorò lei, tormentandosi le mani con un sorriso imbarazzato.

Mormorando un “Ok” che di rassicurante non aveva nulla, Lily la fece accomodare sul pavimento, mettendosi rivolto verso il letto, e distribuì le carte.

– Sono felice che tu sia venuta – disse, osservando ciò che aveva pescato ed eliminando le figure ed i numeri uguali, quindi mostrò il proprio ventaglio coperto ad Aori, che, fatta la stessa cernita, pescò da lui.

– Avevo promesso di venire, quindi eccomi qui – replicò la ragazza, accoppiando due cinque e lasciandoli cadere a terra con un sorriso timido – E poi, avevo del tempo libero, quindi mi ha fatto piacere trovare posto qui.

Porse il suo ventaglio al Servamp, che lo guardò pensieroso, le dita sospese al di sopra. Alla fine, prese una carta, aggiungendola alla sua mano e accoppiandola con un'altra.

– Sai, quando si è svegliato la prima volta, tra le prime cose che ha fatto, Misono ha chiesto di Mahiru – disse, facendosi improvvisamente più dolce – Non come fosse finita la battaglia, chi avesse vinto...Ha chiesto come stesse Mahiru.

Aori non ne sembrò sorpresa, anzi, sorrise come se l'avesse sempre saputo. Lily non se l'aspettava, credeva che sarebbe apparsa sorpresa, e poi felice, forse: quella che vedeva, invece, era una fiducia sconfinata nel prossimo, un affetto per tutti quelli che le stavano attorno che superava quello di qualsiasi essere umano.

– Credo di aver perso – borbottò la ragazza, con una smorfia sconsolata – A questo punto cosa dovrei fare?

Il Servamp guardò sorpreso la carta rimanente tra le mani della sottoposta, quindi gliela prese, rimettendola nel mucchio e raccogliendo tutto per mescolare.

– Sarai più fortunata alla prossima partita – le disse, incoraggiante – In ogni caso, questa era una prova. Alla prossima sarebbe più divertente mettere delle condizioni.

Aori deglutì a vuoto, raddrizzandosi: non osava pensare a cosa volesse in cambio quello spogliarellista in caso di sconfitta. Non voleva proprio pensarci.

– Se vinci tu, sarai libera di andare quando vorrai – disse Lily, in tono calmo, facendo passare le carte le une sulle altre – Se vinco io...rimarrai qui finché Misono non si sveglia.

Tirando un evidente sospiro di sollievo, tenendosi platealmente la mano sul petto, la ragazza prese le proprie carte, scoprendo con altrettanto sollievo di non avere ancora quella perdente. Scartando i doppioni, quindi, porse il ventaglio al Servamp, che prese tranquillamente una delle sue figure e l'accoppiò, gettandole entrambe a terra.

– Sono sicuro che Misono sarà felice di sapere che sei rimasta per lui – disse improvvisamente Lily. Solo due carte gli rimanevano tra le dita, mentre ad Aori una sola: era il momento per lei di pescare.

Vittoria e sconfitta si decidevano lì, in quell'istante infinito in cui la ragazza sentì un brivido correrle lungo la schiena.

– Se la vittoria dovesse essere mia... – continuò il Servamp, in tono fin troppo candido.

Aori alzò lo sguardo, sbarrandolo immediatamente davanti alla spalla abbassata della camicia del vampiro, già in una posa provocante, gli occhi languidi e la bocca socchiusa. Avvampando per l'imbarazzo, la sottoposta abbassò repentinamente gli occhi, poi si ricordò che doveva pescare. Avanzando con la mano alla cieca, quindi, prese una delle due carte, girandola poi piano verso di lei e guardandola con un solo occhio.

Lo sconforto la invase quando vide la perdente tra le sue dita, segno che la sconfitta era tremendamente vicina. Porgendo il suo ventaglio a Lily, Aori implorò la dea della fortuna di mandargliela buona.

– Sembra che qualcuno qui si stia divertendo – sbottò una voce dietro di lei, facendola irrigidire.

Sentiva prepotente lo sguardo minaccioso di Misono sulla sua schiena e provava il bisogno impellente di sparire istantaneamente: la promessa fatta al Servamp, però, le impedì di muoversi.

– Ah, Misono! - esclamò Lily, alzandosi e raggiungendolo – Aori stava giusto aspettando che ti svegliassi. È venuta a trovarti...

– Perchè questa maledetta sottoposta è qui?! - tuonò il ragazzo, ergendosi ancora più minaccioso in piedi sul letto, le mani piantate sui fianchi – Per di più in combutta col mio Servamp!

– Io me ne andrei... - mormorò Aori, con un filo di voce, alzandosi piano da terra per non farsi notare. La presa ferrea di Lily, però, le impedì di fare anche solo un passo verso la porta.

– Misono... - sospirò il vampiro, prendendo anche la sua mano – Sei sempre così timido!

Nel dirlo, unì le dita dei due, facendo sbarrare gli occhi ad entrambi: timidamente, la ragazza si voltò verso l'Eve, guardandolo dal basso con un lieve rossore sulle guance; da parte sua, lui non riuscì a fare altro che avvampare, voltandosi velocemente dall'altra parte con un broncio imbarazzato.

– C-cosa ti metti a fare, Lily?! - balbettò in un ringhio, senza però staccare la mano da quella di lei.

Sorridendo sornione, il Servamp lasciò i loro polsi, facendo un passo indietro.

– P-piacere di conoscerti! - esclamò Aori, cogliendo entrambi di sorpresa con un profondo inchino, per quanto le permettesse la stretta di mano – S-so che ci siamo g-già presentati. C-comunque mi chiamo A-Aori!

Guardandola come se avesse detto la più grande delle assurdità, Misono si ritrovò ad abbassare lo sguardo con un'espressione quasi vulnerabile.

– Io sono Misono Arisuin – mormorò, tornando alla sua solita aria seccata – E ci tengo a precisare che per me rimani comunque una sottoposta di Tsubaki. Non mi fido del tutto di te, capito?!

La ragazza alzò di scatto lo sguardo, fissandolo con gli occhi spalancati dalla sorpresa: dopo un istante, gli sorrise, annuendo con convinzione.

– Ok – disse, in tono allegro, scuotendo appena le loro mani intrecciate.

 

– In questi giorni sei di buonumore, eh, Tsubakyun? - esclamò Belkia, spostando le sue tessere del Majhong. Nel dirlo, lanciò un'occhiataccia ad Aori, seduta in braccio al Servamp e intenta a guardare lo svolgimento del gioco con interesse.

– Può darsi – rispose Tsubaki, dichiarando pon – Merito della situazione sempre più favorevole. E degli incontri divertenti.

Guardò la ragazza, che gli restituì un sorriso complice e gli prese alcune tessere, cominciando a giocherellarci.

Borbottando qualcosa di schifato, Belkia lasciò correre, abbassando lo sguardo per concentrarsi sulla partita.

– Comunque, boss, è un onore vedere ogni giorno il suo volto sorridente – sospirò estasiato Shamrock, ignorando completamente l'intervento dell'altro sottoposto.

Aori scese dalle gambe di Tsubaki, dirigendosi verso Sakuya mentre il Servamp definiva “deprimente” l'appellativo “boss”.

– Tutto bene? - chiese la sottoposta al ragazzo, appoggiandosi al davanzale su cui era seduto.

Lui rispose con un mugugno, guardando ostinatamente fuori. A quel punto, Aori gli mise una mano sulla spalla, osservando a sua volta le fredde luci notturne della città.

– Comunque, boss – disse in quel momento Shamrock, lanciando un'occhiata gelida a Sakuya – Perchè non ha ancora ordinato a quel bugiardo di fare harakiri? È questione di tempo prima che ci tradisca..

– Shamrock! - lo riprese duramente Aori, voltandosi di scatto a guardarlo, un'espressione furiosa in viso che nessuno le aveva mai visto. Accorgendosi di aver esagerato, la ragazza abbassò la voce, conservando comunque un po' della sua aria offesa – Ti pare una cosa carina da dire?

Sakuya era sconvolto: quanto ancora si sarebbe fatta maltrattare per proteggerlo? Quanti insulti avrebbe ricevuto ancora al posto suo per farlo sentire parte di quella famiglia?

– Ah, Mahiru Shirota! - esclamò improvvisamente Belkia, facendolo irrigidire.

E mentre tutti ridevano dello scherzo, Aori fece per reagire di nuovo.

– Lascia perdere – le mormorò il ragazzo, mentre al tavolo Tsubaki riportava l'attenzione sul piano – Non ne vale la pena.

– Ma insomma! - protestò la sottoposta, senza però arrivare a farsi sentire dagli altri – Eppure qui dentro siamo quasi tutti adulti!

In quella posa arrabbiata, le mani piantate sui fianchi e lo sguardo truce, Aori appariva quasi comica: il resto del tempo era talmente buona con tutti da sembrare impossibile che potesse prendersela con qualcuno.

Lasciandosi andare ad una breve risata liberatoria, Sakuya pensò che non gli dispiaceva che lo proteggesse, ogni tanto. In qualche modo, la vedeva come una sorella minore: se la prendeva con persone più grandi di lei, da cui avrebbe dovuto essere lui a proteggerla.

– E non prendertela, dai! - esclamò, mettendole una mano sul capo – Tanto fanno sempre così.

In quel momento, Tsubaki cominciò a tossire scompostamente, attirando l'attenzione di una Aori ora solo preoccupata. Così com'era arrivata, quindi, la ragazza tornò dal Servamp, porgendogli un bicchiere d'acqua e aiutandolo a bere, passandogli contemporaneamente la mano sulla schiena per aiutarlo a calmarsi.

Ed eccola lì, la sua famiglia, tutti riuniti attorno al padre che aveva dato loro una seconda vita, condannati a servirlo anche contro la propria volontà.

Tutti tranne una, pensò Sakuya, sorridendo gentilmente alla vista del sorriso radioso che esibì Aori quando finalmente i colpi di tosse di Tsubaki si calmarono: lei di certo non considerava tutta quella faccenda come schiavitù, come servizio per ripagare il dono che le era stato fatto.

Lei lo faceva per amore.







Angolino dei commenti:

Ringrazio sempre chi mi segue, chi mi legge e chi vorrebbe recensire ma non lo fa ^-^'
Piccole scene familiari e non, un po' di idillio prima della tempesta. Godetevi questi momenti felici: tra poco ci sarà davvero poco di idilliaco ^-^
Tenete duro ancora un paio di capitoli, mi raccomando. Rivedendo la divisione della storia mi sono accorta che siamo quasi al punto cruciale *-*
Nel frattempo, recensite ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 9
*** So scary. So sad ***


Allenarsi con la guida era sembrata a Mahiru una buona idea. Dopo ore passate a sventolare la sua scopa in aria, però, non ne era più molto sicuro. In più, Kuro non aveva per niente voglia di impegnarsi, sdraiato com'era in cima allo scivolo con la console tra le mani.

Quando un nemico si profilò all'orizzonte, comunque, entrambi trovarono più sensato darsela a gambe.

Trovato un altro spiazzo, abbastanza grande per combattere più comodamente, Mahiru si fermò, seguito a ruota dal Servamp, che riprese la sua forma umana. L'avversario, però, li saltò via, ripreso immediatamente da un colpo d'arma da fuoco.

– Ciao, ragazzo, ci si rivede! - esclamò l'uomo con la bambola, padrone di Doubt Doubt, scostandosi di poco la tesa del cappello dagli occhi.

Intanto, un cappio era apparso sopra il sottoposto nemico, e gli si era stretto al collo.

– Ah, è una buona occasione per mostrarti la mia guida – commentò l'Eve di Invidia, legando Abel, la sua bambola, ad un altro cappio, connesso al precedente per mezzo di una corda – Se quest'uomo ha ucciso degli esseri umani, Abel diventerà pesante.

Una figura di donna apparve tra i due legati, facendo da ago della bilancia al momento di emanare il verdetto.

Sotto gli occhi esterrefatti di Mahiru, la bambola si fece improvvisamente più greve, tanto da strangolare il sottoposto dall'altra parte. In ogni caso, quello non morì per il cappio: Doubt Doubt gli succhiò il sangue, rendendolo un infimo cumulo di cenere.

– E' la prima volta che lo vedi? - chiese l'antiquario, facendosi improvvisamente serio – Anche se i sottoposti sono immortali, un Servamp può ucciderli succhiandone il sangue.

Si fermò un istante a guardare la polvere lasciata dal giudicato, quindi si rivolse di nuovo al suo pubblico.

– Non è un bello spettacolo, vero? - continuò, con un sorriso – Comunque, quello era un sottoposto di Tsubaki.

Mahiru deglutì a fatica: il pensiero gli era corso immediatamente ad Aori, l'idea che potesse succederle la stessa cosa gli dava un intenso senso di nausea.

Kuro, al suo fianco, sembrava provare lo stesso.

– Non mi guardare così – sospirò l'uomo – Tsubaki ha sterminato tanti dei nostri, quindi gli restituisco il favore. Occhio per occhio.

Assumendo un'espressione spaventosa, poi, l'Eve di Invidia fissò lo sguardo su una via alla sua sinistra; dopo alcuni istanti, anche Mahiru cominciò a sentire dei passi veloci. Dei passi che gli sembrava di conoscere.

– Ah, eccovi qua! - esclamò Aori, respirando a fondo per riprendere fiato – Ero venuta a trovarvi, ma vi ho visti scappare. Va tutto bene..?

Lasciò il tono in sospeso, rimanendo sorpresa dalla corda che le si avvolse attorno al collo fino a comporre una forma tonda. Tastandosela con un'espressione curiosa, la ragazza guardò l'uomo con la bambola, già intento a mettere Abel nell'altro cappio.

– Certo che oggi sono fortunato! - esclamò l'antiquario, soddisfatto – Vale lo stesso anche per te, sottoposta di Tsubaki: se hai ucciso degli esseri umani, Abel diventerà talmente pesante da strangolarti. Ma non preoccuparti: dato che sei una così bella ragazza, Jeje provvederà a darti una morte rapida.

Mahiru vide Kuro tendersi al suo fianco, bloccato dalle due forze contrastanti che si combattevano dentro di lui: agire in favore di Aori, dichiarandosi così nemico di Invidia, o starsene buono, rischiando di vedere la ragazza ridotta in cenere.

Il ragazzo, però, aveva piena fiducia in lei. Era certo che, data la sua gentilezza e il suo modo di essere, così dolce con chiunque si trovasse davanti, Aori non avesse mai fatto del male a nessuno.

– Avanti, Abel! È l'ora del giusto verdetto! - esclamò l'uomo della bambola, emozionato all'idea di poter fare un'altra vittima in nome della causa.

Al suo comando, però, nulla si mosse. La sottoposta era ancora nella stessa posizione e guardava l'Eve di Invidia con curiosità, aspettando che le dicesse in che cosa consistesse quel buffo gioco.

Doubt Doubt, dietro di lei, indietreggiò lentamente, guardando sparire cappio e corda nel nulla.

– Questa sì che è una sorpresa – commentò l'uomo, un pochino deluso – Non mi sarei mai aspettato di veder fallire la mia guida su un sottoposto di Tsubaki.

– Piacere, io sono Aori – si presentò la ragazza, porgendogli la mano. L'Eve di invidia la fissò per qualche istante, indeciso sul da farsi. Mahiru pensava che le avrebbe allontanato il braccio con una sberla, proprio come aveva fatto Misono: l'uomo, invece, gliela prese, titubante nonostante non volesse darlo a vedere, e gliela strinse con un sorriso teso.

– Non posso farci niente, Abel ha decretato la tua innocenza quindi non ho motivo di avercela con te, per il momento – disse, in tono diffidente – Sappi, però, che se mi sembrerà di vedere qualcosa di sospetto, agirò di conseguenza.

Nel dirlo, rivolse anche a Mahiru la stessa occhiata, comunicandogli che per lui valeva lo stesso, dato che simpatizzava per quella ragazza sconsiderata.

– Certo che sei proprio uguale a tuo fratello – commentò Aori, con un sorriso imbarazzato – Pensa che mi ha detto quasi la stessa cosa.

Stavolta fu il turno dell'uomo di stupirsi: non pensava che una sconosciuta potesse arrivare a sapere un'informazione del genere senza nemmeno conoscere il suo nome.

– Ah, quindi ho ragione a dire che ci assomigliamo molto! - esclamò per nascondere il disagio che provava di fronte al sorriso limpido della ragazza.

Lasciandole andare la mano, poi, si voltò verso Mahiru.

– Non ci siamo ancora presentati – gli disse – Piacere, mi chiamo Mikuni Arisuin.

E lanciando un'occhiata di sfuggita ad Aori, aggiunse:

– Grazie per essere diventati amici di Misono.

 

Aori era rimasta un po' con loro mentre discutevano del funzionamento della guida, e di come Mahiru volesse che Mikuni gli insegnasse come usarla; alla fine, però, quando il gruppo si era avviato verso un ristorante, dove avrebbe continuato il discorso, la ragazza se n'era rimasta indietro, aspettando che voltassero l'angolo.

Nessuno si accorse della sua scomparsa, o almeno era quello che sperava.

Arrivando su uno dei tanti tetti della città, Aori si sfregò gli occhi per impedirsi di piangere: con Mahiru e Kuro aveva finto di averli appena raggiunti; in realtà, però, aveva visto l'intero processo di Mikuni, compresa l'esecuzione del sottoposto ad opera di Doubt Doubt. Ne era rimasta talmente sconvolta che dapprima aveva pensato di andarsene, di scappare davanti a tanta crudeltà.

Poi, però, aveva pensato che, con simili pregiudizi, non avrebbe potuto farsi molti amici: aveva vinto quindi la paura ed era uscita allo scoperto, ostentando un'aria tranquilla, ignara.

Quando, però, il cappio aveva stretto anche il suo collo, si era ritrovata a pensare che la sua idea non fosse davvero così giusta: quell'uomo aveva ucciso a sangue freddo un suo compagno, un sottoposto che Tsubaki aveva gentilmente accolto. Come poteva perdonarlo per quello che stava facendo?

Come poteva pensare di cambiare una persona simile?

– Ti sei spaventata? - le disse una voce, alle sue spalle. Voltandosi piano, Aori incontrò il musetto nero di una piccola volpe, accucciata ai suoi piedi con gli occhi fissi su di lei. Lasciandosi sfuggire un singhiozzo, la ragazza si chinò, prendendola tra le braccia e stringendosela al petto.

Quel gesto spezzò definitivamente la sua determinazione: lasciandosi finalmente andare, Aori pianse tutta la paura per la sorte dei sottoposti, tutta la rabbia che provava verso chi maltrattava il prossimo. Tutta la frustrazione per non essere in grado di portare la pace a chi la circondava.

– Non avresti dovuto vedere una cosa del genere – mormorò Tsubaki, di nuovo in forma umana, circondandole le spalle con le braccia e stringendola a sé – Avrei preferito non vederti mai piangere in questo modo.

La ragazza si aggrappò al suo kimono, affondando il viso nella sua spalla e continuando a sobbalzare ad ogni singhiozzo, incapace di fermarsi.

Perché, nonostante tutti i suoi sforzi, la gente continuava a farsi guerra? Perché, nonostante continuasse a provare, le persone continuavano a deriderne altre?

Perché, nonostante lo amasse così tanto, non era mai abbastanza per fermare Tsubaki?






Angolino dei commenti:

Ultimo capitolo della serie "Così stanno le cose". Dal prossimo l'atmosfera cambierà radicalmente, quindi preparatevi ^-^
Ringrazio come al solito chi segue (grazie, 1 solitario ^-^), chi legge e chi potenzialmente recensirebbe. Grazie a quelli che sono giunti fino a questo capitolo (ammesso che siate sempre voi ^-^') e a quelli che leggeranno in futuro fino a qui.

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 10
*** Never be the same again ***


– Oh, quant'è carino!

– Lo strapazzerei di coccole!
– E quella ragazza?

– E' talmente bella che quasi quasi mi dichiaro!
Mahiru si irrigidì sulla sedia: non solo Kuro, nella sua forma di gatto, aveva conquistato tutto il pubblico femminile della classe, e forse anche della scuola; ora ci si metteva anche Aori, con quel kimono troppo appariscente e l'ingenuità di una bambina. Sembrava non accorgersi della folla di ragazzi che le sbavavano dietro ad ogni sua occhiata sorpresa.

– Voi due, devo proprio parlarvi – borbottò ad un certo punto, trascinando via sia il felino che la ragazza.

Al momento di scegliere un posto in cui strigliarli, però, il ragazzo quasi non si accorse di aver erroneamente infilato senza pensarci la porta del bagno dei maschi, seguito fedelmente da Aori.

– Ehm, Aori – le mormorò, visibilmente imbarazzato – Ti spiacerebbe aspettare fuori? Con te parlerò più tardi.

Sbattendo un paio di volte le palpebre, la ragazza dapprima non capì il motivo di tanto riserbo, poi si guardò intorno, vedendo gli orinatoi sistemati contro il muro alla sua destra; e comprese.

Arrossendo visibilmente, annuì, facendo immediatamente dietrofront e sistemandosi con la schiena appoggiata alla parete accanto alla porta. Quasi non si accorse delle due persone che le passarono davanti per entrare nei bagni; se non fosse stato per quel ragazzo, con un paio di occhiali triangolari, che la fissò un attimo di troppo, Aori non avrebbe dato peso alla cosa. La sua occhiata, però, le aveva messo una strana inquietudine addosso, come se rappresentasse un nemico.

La paura ebbe il sopravvento: appena pochi istanti dopo essere stata scrutata in quel modo, la ragazza si accinse a dirigersi verso l'uscita della scuola, sperando che Mahiru e Kuro perdonassero la sua sparizione così improvvisa. Arrivata alle scale, però, sentì dei passi alle sue spalle, lenti e misurati, felpati; eppure, Aori li sentì chiaramente e l'inquietudine tornò prepotentemente a farsi sentire. Raggiungendo il pianerottolo, però, i passi si interruppero: al loro posto, la ragazza sentì un tonfo e, un attimo dopo, il ragazzo del bagno atterrò proprio accanto a lei dopo una terribile caduta dalle scale.

– Ehi! Tutto bene?! - gridò Mahiru dalla cima della scalinata, cominciando poi a scenderla a grandi passi. A quelle parole Aori si riscosse: cosa le prendeva? Non era da lei avere simili pregiudizi, soprattutto affidandosi ad una sensazione. Quel tipo aveva appena sperimentato una brutta caduta, non poteva rimanere impassibile.

– E' tutto a posto? Ti sei fatto male da qualche parte? - gli chiese quindi, chinandosi su di lui. Non fece nemmeno in tempo ad allungare la mano per controllare che non avesse battuto la testa che un bricco del latte gli arrivò dritto sulla nuca, cospargendolo di liquido bianco. Subito dopo, un pallone da calcio fece la stessa cosa, sotto lo sguardo strabiliato di Mahiru e quello confuso di Aori: come poteva una persona sola essere tanto sfortunata?

– Va tutto bene – rispose a quel punto lo sfortunato studente – Avevo previsto tutto.

E mentre spiegava tutte le tecniche e gli stratagemmi che aveva utilizzato per minimizzare o rimediare agli incidenti, la ragazza pensò che non poteva essere la persona spaventosa che si era immaginata: il suo istinto doveva sbagliarsi.

– Meno male – sospirò, sorridendo sollevata – Dopo una caduta del genere chiunque si sarebbe fatto del male.

Lo studente si voltò verso di lei, fissandola di nuovo con quel suo sguardo indagatore, freddo. Sentendo un brivido correrle lungo la schiena, Aori indietreggiò appena, cercando di non smettere di sorridere per nascondere il disagio: cosa le prendeva di nuovo?

– Tu devi essere la ragazza che accompagna sempre Mahiru Shirota a scuola – le disse, sistemandosi gli occhiali ed alzandosi da terra, quindi si rivolse ad entrambi – Io sono il vice presidente del consiglio studentesco, Tsuyuki, secondo anno. Stavo proprio per venire a parlare con te, Mahiru Shirota, ma il fatto che ci sia anche la tua amica mi facilita le cose.

Si voltò completamente verso Aori, che sentì qualcosa annodarsi nel petto: stava per arrivare qualcosa di brutto, se lo sentiva.

– Con Shirota parlerò tra poco, a te devo dire una cosa sola – le disse, in tono gelido – Da questo momento, in quanto non iscritta al nostro istituto, non potrai più mettere piede in questa scuola.

 

– E' dura non essere accettati, eh?

Aori socchiuse gli occhi, raggomitolandosi ancora di più sul suo futon: tornare alla base le era sembrata l'idea migliore, dato che non sarebbe più potuta andare a scuola con Mahiru e Kuro; ogni volta che pensava di ripresentarsi, sentiva di nuovo lo sguardo glaciale di quel Tsuyuki su di sé, come se si trovasse ancora accanto a lei. Che avesse scoperto il suo segreto? Che fosse un sottoposto di uno dei Servamp non ancora usciti allo scoperto? In quel caso, allora, perché non l'aveva seguita per eliminarla?

– Vederti in questo stato d'animo peggiora la mia malinconia – mormorò Tsubaki, sedendosi accanto a lei – Rivoglio indietro la mia Aori.

La ragazza evitò con tutta se stessa di guardarlo: era qualche giorno ormai che si ostinava a non uscire dalla sua stanza e non trovava un motivo valido per farlo. La guerra tra vampiri era ormai iniziata e andarsene in giro cominciava a diventare pericoloso. Se si fosse imbattuta di nuovo in Mikuni, ne era quasi sicura, l'Eve non ci avrebbe pensato due volte a farla sparire, anche se Abel l'aveva giudicata innocente.

Per qualche strana ragione, quelle motivazioni che prima la spingevano a seguire Mahiru e Kuro nella loro assurda missione ora le sembravano completamente prive di senso. In più, lei era morta, non c'era motivo di andare a scuola; lei era una sottoposta, un vampiro, e come tale non poteva più mischiarsi con gli umani. La sua vita era finita nell'attimo in cui quella macchina era sfrecciata via, lasciandola morente in mezzo alla strada.

– E' insopportabile – ringhiò improvvisamente Tsubaki, riscuotendola dal suo torpore: non gli aveva mai sentito quel tono nel rivolgersi a lei, nemmeno una volta. Sembrava arrabbiato.

Quando si alzò, poi, Aori lo guardò di sottecchi, controllando che se ne andasse.

Il Servamp, però, non raggiunse mai la porta; le andò invece alle spalle, alzandola di peso come faceva ogni volta che doveva teletrasportarsi con lei da qualche parte e si gustò il suo sguardo sorpreso con un sorriso sornione.

– Tra una ventina di minuti sono previsti dei bellissimi fuochi d'artificio – le disse, facendosi improvvisamente più euforico – Devi assolutamente vederli.

Un attimo dopo si trovavano su un tetto, proprio sopra una via illuminata piena di bancarelle e persone abbigliate a festa con kimono di tutti i colori. Un festival.

– Guarda un po', c'è anche il fratellone – continuò Tsubaki. Dal suo tono, pensò Aori guardando nella sua stessa direzione, sembrava che l'uomo l'avesse sempre saputo. Doveva aver architettato qualcosa per quella sera, qualcosa di pericoloso.

E Mahiru e Kuro ci erano proprio in mezzo.

Stringendosi nelle spalle, la ragazza si ritrovò a pensare che, alla fine, non le interessava molto: perché avrebbe dovuto continuare a preoccuparsi per loro? Non c'entrava nulla con la loro vita e non voleva avere nulla a che fare con la guerra tra vampiri. Aveva imparato la lezione: non sarebbe mai riuscita a farsi degli amici in quel mondo, non ci era riuscita da viva, non ci sarebbe riuscita da morta. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento, seguire Mahiru, giocare con Kuro, intrattenere conversazioni con Lily e aspettare con lui il risveglio di Misono...era stato tutto inutile.

– Hai ancora quell'espressione – le fece notare Tsubaki, facendosi cupo – Dimmi cosa ti rende triste e io la eliminerò per te.

Aori prese seriamente in considerazione la proposta per un istante, allungando lo sguardo sulla folla, su tutte quelle persone che si divertivano nella loro tranquilla vita umana, che ridevano, scherzavano, parlavano ed intessevano relazioni; pensò a quanto fosse ingiusto che quell'auto l'avesse investita, lasciandola a morire, a quanto la sua vita facesse schifo prima dell'arrivo di Tsubaki, a com'era stato bello trovare Kuro e pensare che loro due, insieme, sarebbero bastati...

Scuotendo violentemente la testa, la ragazza scese dalle braccia dell'uomo, andando sul ciglio del tetto e guardando le luci appannarsi nei suoi occhi: Kuro era un vampiro, apparteneva al mondo di cui ora anche lei faceva parte, quindi la sua vita non sarebbe stata molto diversa da ora.

Aori si chiese come sarebbe andata se fosse stato Accidia a darle una seconda possibilità: come sarebbe stata quella guerra? La sua presenza nell'altro schieramento avrebbe cambiato qualcosa?

No. Quella era la verità. La sua era solo un'esistenza vuota, priva di significato, resa eterna dal capriccio di un Servamp.

– Aori – la chiamò Tsubaki, in tono incerto, avvicinandosi lentamente. Quando tentò di metterle la mano sulla spalla successe l'inaspettato: la ragazza si scostò, facendo fluttuare i capelli nella lieve brezza notturna. Il Servamp spalancò gli occhi per la sorpresa.

– Dovevi lasciarmi morire su quella strada – mormorò Aori, lo sguardo basso e inespressivo – Non servo proprio a niente. Sono totalmente inutile.

Detto ciò, fece un passo verso il baratro, scivolando di sotto. Quando Tsubaki trovò il coraggio di guardare la stradina illuminata vide che non c'era più traccia di lei: era semplicemente sparita nel nulla.

Per la prima volta dopo tanto tempo, il Servamp sentì qualcosa nel petto dolergli terribilmente, costringendolo a piegarsi leggermente in avanti con la mano stretta all'altezza del cuore.

Aori, la sua Aori...

– Boss, è tutto a posto?

La voce di Shamrock gli giunse attutita dalla prima esplosione: le otto e mezza precise, l'ora dei fuochi d'artificio. Della meravigliosa fase iniziale del suo piano.

E mentre il sottoposto gli si avvicinava per accertarsi che andasse tutto bene, Tsubaki cominciò a ridere piano, a denti stretti, poi sempre più forte, fino a buttare indietro la testa, lanciando la sua risata maligna verso il cielo già coperto di fumo denso.

Shamrock sorrise, pensando a quanto gli facesse piacere vedere il suo capo così felice.

Se solo avesse conosciuto gli ultimi sviluppi, avrebbe sentito di certo la nota di disperazione in quell'inaspettato accesso di divertimento sfrenato.

Perché Tsubaki aveva sentito qualcosa rompersi dentro di lui, qualcosa di molto, molto importante.







Angolino dei commenti:

La rottura. Da adesso in poi si passa alla storia vera e propria, quindi state con noi ^-^
Grazie come al solito a chi legge/segue/pensa di recensire. Il primo capitolo ha superato le 200 letture! *-*
Da questo capitolo in poi ci terrei particolarmente a sentire i vostri commenti ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 11
*** Erase me ***


La prima esplosione aveva colto Mahiru di sorpresa; quando però si rese conto che la bomba sembrava essere stata ritrovata in una ventiquattr'ore uguale a quella che teneva tra le mani, il ragazzo si ritrovò a pensare in fretta: non poteva richiamare Kuro davanti a Tetsu, il nuovo conoscente che aveva incontrato al festival, ma non poteva nemmeno lasciare che quella valigetta esplodesse lì, facendo decine di vittime tra la folla.

Arrivando a comprendere che l'unica soluzione era fidarsi di Tetsu e nel fatto che non avrebbe svelato a nessuno il suo segreto, Mahiru si preparò a chiamare Accidia; un movimento a margine del suo campo visivo, però, lo fece bloccare per un istante.

Dopo cinque giorni di assenza, in cui Kuro aveva fatto di tutto per non mostrarsi in ansia, Aori gli ricomparve davanti, i lunghi capelli scuri distesi nella lieve brezza e un'aria diversa dal solito, più...cupa.

Lo fissava come se non lo vedesse davvero, come se non lo conoscesse. Quello che però sconvolse di più il ragazzo fu la tristezza immane che le vide negli occhi.

Come richiamato dalla sua presenza, Kuro gli apparve alle spalle, fissando Aori con gli occhi sbarrati: aveva creduto di non rivederla più, che se ne fosse andata per sempre, o che Tsubaki avesse deciso di tenerla più strettamente al suo fianco. E invece eccola lì, con quell'espressione dolorosamente triste in quell'aria cupa.

– Eliminami, Kuro – disse semplicemente la ragazza, in tono secco, facendo un passo verso il Servamp.

Il vampiro la fissò senza capire, trovandosi ad indietreggiare: perché gli chiedeva una cosa del genere? Pensava davvero che avrebbe potuto farlo?

E mentre Tetsu, con la sua bara ritrovata, risolveva una volta per tutte il problema della bomba, Kuro le si avvicinò e, quando furono ad un soffio l'uno dall'altro, abbassò lo sguardo in quello di lei, cercando di mantenerlo il più neutrale possibile.

– Sarebbe una seccatura immane – le disse semplicemente, quindi la colpì alla nuca, prendendola tra le braccia prima che cadesse.

– Kuro! Cosa stai facendo?! - lo riprese Mahiru, raggiungendoli.

In risposta, il Servamp gli rivolse un'occhiata significativa, sistemandosela meglio contro il petto.

 

– Capisco.

Old Child si sistemò meglio contro la bara, prendendosi il mento tra le dita e fissando il corpo esanime di Aori. Mahiru gli aveva spiegato la situazione, di come quella sottoposta, di Tsubaki per giunta, li avesse sempre accompagnati fino a quel momento e di come, quella sera, avesse avanzato quella richiesta così assurda.

Kuro si sporse per la centesima volta in avanti, controllando le condizioni della ragazza, appoggiata di schiena alla ringhiera del tetto dove i due Eve e Servamp avevano deciso di scambiarsi i convenevoli.

– Avevo sentito da alcuni miei sottoposti che Tsubaki aveva una...compagna particolare – continuò Superbia, analizzando attentamente le reazioni di Accidia; quello, da parte sua, lo ignorò volutamente, continuando a fissare insistentemente Aori, come se solo guardandola potesse risvegliarla.

– Ma pensavo fossero solo dicerie – concluse Old Child, con un'alzata di spalle – Ad ogni modo, dal punto di vista tattico potrebbe essere una grande occasione per far uscire Tsubaki allo scoperto.

Deglutendo a fatica, Mahiru si ritrovò disgustato all'idea: Aori non aveva mai fatto del male a nessuno, nemmeno di fronte alle minacce di Mikuni; usarla in quella guerra, di cui non voleva far parte, gli sembrava una cosa meschina...

– Sarebbe una rottura immane – sospirò Kuro, sempre senza guardarli. Sembrava quasi stanco – Aori ha chiesto di non essere coinvolta, ha promesso di non consegnare informazioni su di noi a Tsubaki, e viceversa.

Mahiru annuì con convinzione, preparandosi a sostenere il compagno contro Superbia. Old Child, dal canto suo, fece un'altra alzata di spalle, liquidando la cosa con un cenno della mano.

– La mia era solo una considerazione – precisò, lanciando poi una nuova occhiata alla sottoposta – Per ora sarà meglio separarsi, ci ritroveremo per decidere una linea d'azione.

Il suo sguardo si spostò su Kuro, facendosi significativo.

– Nel frattempo, state attenti alla C3 – concluse.

E mentre Superbia spiegava a Mahiru in che cosa consistesse l'organizzazione neutrale, Kuro strinse la lettera che teneva in tasca, lanciando contemporaneamente un'occhiata apprensiva ad Aori: aveva l'impressione che le cose si sarebbero complicate, e presto.

 

Mentre percorreva la strada verso casa, Mahiru si voltò più volte a controllare Kuro: teneva Aori tra le braccia come se temesse che si potesse rompere da un momento all'altro, e intanto fissava davanti a sé con un'aria ancora più cupa del solito.

– Si riprenderà, giusto? - gli chiese l'Eve, rallentando leggermente per affiancarlo. Kuro si voltò a guardarlo distrattamente, porgendogli poi la ragazza. Quando Mahiru la prese, il Servamp si trasformò istantaneamente in un gatto, appollaiandosi sulla testa del suo padrone con un miagolio stanco.

– Ti sembra il momento di riposare?! - lo riprese l'Eve, alzando la testa per cercare di sbraitargli addosso – Pensavo me la stessi lasciando per un motivo importante!

– Sono distrutto – mugolò Kuro, appoggiando svogliatamente il muso sui suoi capelli – Non ce la posso fare.

Arrendendosi all'evidenza, Mahiru sbuffò, lanciando un'occhiata apprensiva al cielo: il fumo delle esplosioni del festival sporcava il manto ormai stellato sopra di lui, ricordandogli che per poco, se non fosse stato per Tetsu, sarebbe saltato in aria pure lui.

Le volute di fumo, però, non provenivano solo dalla zona del festival. Lo notava solo ora, nonostante fosse rimasto su un tetto fino a quel momento. Come aveva fatto a non rendersene conto?

Dando una rapida occhiata attorno a sé, Mahiru riuscì a vedere diverse colonne di fuliggine scura. Una in particolare, però, attirò la sua attenzione.

Ignorando le proteste di Kuro, in equilibrio precario sulla sua testa, l'Eve accelerò il passo, per quanto gli consentisse il corpo di Aori tra le braccia, e raggiunse il suo obiettivo in pochi minuti.

– Non è possibile... - mormorò, sconvolto. La sua scuola...un ammasso di rovine ormai spente, da cui si levavano ancora sottili pennacchi neri.

Barcollando leggermente, Mahiru non si rese conto delle due figure che gli arrivarono alle spalle.

Una scossa gli penetrò nelle membra, facendogli mollare immediatamente la presa su Aori, che finì tra braccia sconosciute.

– Oh, cielo – esclamò una voce, osservando la sua compagna tenere stretti la sottoposta e Kuro, ancora in forma di gatto, e poi l'Eve, steso a terra privo di sensi – Che fosse troppo forte?








Angolino dei commenti:

piccola nota tecnica: come avrete notato, il secondo paragrafo è tratto dall'anime, mentre il terzo torna alla versione del manga...portate pazienza, ma per una questione di tempistiche della storia mi sono dovuta arrangiare con le parti più brevi ^-^'
Se avessi usato la versione manga anche per il secondo paragrafo avrei scritto dieci pagine inutili solo per quello -_-
Per qualsiasi dubbio (potrebbero essercene, dato il macello temporale ^-^') chiedete pure, anche solo due righe. Farò in modo, se ci sono problemi, di renderla più sensata *-*
Infine ringrazio come al solito i miei invisibili fan (grazie, o voi che leggete *-*) e chi mi segue ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 12
*** Changes ***


– Finalmente ti sei ripresa.

Aori socchiuse gli occhi, feriti immediatamente dalla luce accecante che si ritrovò puntata addosso. Conosceva la voce che le aveva parlato e avrebbe preferito non sentirla mai più.

– Dalla tua espressione deduco che ti ricordi di me – continuò Tsuyuki, sistemandosi gli occhiali triangolari sul naso – Sai anche dove ti trovi al momento?

Gli ultimi giorni erano stati piuttosto confusi, anche a causa della mancanza di alimentazione: da quando si era chiusa nella sua stanza, alla base, fino a quel momento, non aveva più bevuto il sangue di Tsubaki. Al momento l'unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stata arrancare fino alla porta, ammesso che ce ne fosse una.

In ogni caso, quando provò a muoversi, la ragazza si accorse di essere legata polsi e caviglie ad una sedia, e di avere qualcosa attaccato alle tempie.

– Cosa mi vuoi fare? - gemette, divincolandosi debolmente.

Sentì Tsuyuki spostarsi al suo fianco, cominciando a digitare qualcosa su una tastiera. L'attimo dopo una violenta scarica elettrica le attraversò il corpo, facendola urlare di dolore.

– Sei una sottoposta di Tsubaki, giusto? - disse il ragazzo, senza guardarla. Sembrava molto più interessato a qualcosa di scritto sul monitor davanti a lui – Dimmi dove si trova la sua base.

– Perchè mai dovrei dirtelo? - ansimò Aori, sentendo il panico montarle dentro: aveva avuto ragione, quello strano individuo l'aveva riconosciuta, a scuola. Ma chi era in realtà? Un normale studente non avrebbe povuto avere accesso a simili apparecchiature, oltre che ai mezzi per detenere un vampiro, per quanto debole.

Una nuova scossa le sconquassò il corpo, facendola gridare ancora più forte.

– Altrimenti succede questo – replicò Tsuyuki, impassibile – Posso andare avanti anche tutto il giorno. Il tuo corpo, però, mi sembra già al limite.

Fece una pausa, scorrendo ancora una volta i dati sul monitor con interesse.

– Per essere una sottoposta sei parecchio interessante – continuò, voltandosi finalmente a guardarla – Hai un grado di purezza prossimo al cento per cento. Non hai mai bevuto sangue umano, sbaglio?

Aori sentiva ancora i muscoli tremarle per la scossa ma trovò il modo di non gemere di nuovo davanti a lui: non poteva cedere, non poteva consegnare Tsubaki a quella persona, chiunque fosse.

– Chi sei..? - sibilò la ragazza, girando appena gli occhi per guardarlo – Che cos'è...questo posto?

Alzando leggermente il mento, con la solita espressione neutra, il ragazzo sospirò appena, appoggiandosi al piano su cui stava la tastiera.

– Questa è una delle basi della C3 – rispose, in tono calmo, come se avesse soppesato attentamente la possibilità di tenersi o cedere quell'informazione – Siamo un'organizzazione neutrale che regola i rapporti tra umani ed esseri sovrannaturali.

– E questo ti sembra “regolare”? - ringhiò Aori, tendendo le cinghie a cui era legata – Se siete davvero neutrali umani e vampiri dovrebbero essere sullo stesso piano, no? Fate così anche con gli ospiti umani?!

Un'altra scossa la percorse, piegandola in due tra le urla. Tsuyuki la fissò impietosamente, tenendo il dito sul pulsante più del dovuto.

– Tsubaki e voi sottoposti siete una minaccia per il mondo – le sibilò, mettendo fine alla corrente – Il mio compito è mantenere questa città al sicuro da quel pazzo. Già una volta ci è sfuggito...

Un rumore proveniente dal monitor distolse la sua attenzione dalla ragazza. Una voce femminile lo avvertì che Mahiru era pronto per l'interrogatorio.

– Sembra proprio che dovremo rimandare la nostra conversazione – sospirò Tsuyuki, riprendendo la sua aria neutra – Pensa bene alla mia domanda. Se al mio ritorno avrai la posizione esatta della base di Tsubaki potrei anche decidere di risparmiarti.

Detto ciò, uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e spegnendo le luci, facendo piombare Aori nel buio più totale.

– Sta lontano da Tsubaki... - sussurrò nel buio, la voce strozzata dal dolore.

 

Trovarsi davanti Tsuyuki sconvolse Mahiru quasi quanto la stanza bianco abbagliante con quella moltitudine infinita di porte. Capire che in realtà non era uno studente come lui lo sorprese. Capire che Kuro si trovava da qualche parte in quella stessa struttura, ma troppo lontano perché la comunicazione Eve-Servamp funzionasse, gli fece comprendere quanto fosse doloroso stare separati. Arrivare alla conclusione che tentare tutte le porte per trovarlo era assurdo gli fece usare la sua guida per risolvere il problema.

Trovare quella stanza, dopo essersi ritrovato e di nuovo separato da Kuro, con tutti quei fascicoli sui vampiri, tra cui alcuni sottoposti, infine, gli diede la nausea.

Uno, in particolare, gli fece dolere ancora di più il petto: tra i sottoposti di Tsubaki, infatti, senza nessuna sorpresa, figurava anche Aori, solo che, al contrario di tutti gli altri, aveva una correzione a livello dello stato.

“Catturato”.

– Non è possibile... - gemette il ragazzo, stringendo convulsamente i suoi fogli.

– Risposta sbagliata – gli giunse la voce di Tsuyuki dalla porta, accompagnata dal suono di uno sparo. Il proiettile attraversò di netto il fascicolo, costringendo Mahiru a mollarlo.

– Cosa vuol dire “Catturato”?! Cosa le state facendo?! - gridò l'Eve, voltandosi di scatto verso l'ex senpai.

– Il nostro è un semplice interrogatorio – rispose tranquillamente Tsuyuki, facendo un passo avanti, la pistola ancora alzata davanti a sé – Se ci darà le informazioni che chiediamo la lasceremo andare.

L'improvvisa caduta di alcuni calcinacci distrasse entrambi dalla discussione.

– Cosa diavolo..? - gemette il membro della C3, osservando il soffitto coprirsi di piccole crepe – Non avevo previsto una cosa simile...

– Cosa sta succedendo?! - gridò Mahiru, evitando per un pelo un pezzo di intonaco.

Tsuyuki si sistemò gli occhiali, abbassando suo malgrado la pistola. Sembrava combattuto, notò l'Eve, come se dare quell'informazione gli costasse un'immensa fatica.

– Tu non sai niente sui vampiri – ringhiò, stringendo convulsamente l'arma tra le dita – E nemmeno su quella ragazza. Non hai idea di quanto sia pericolosa.

 

Girare a vuoto per quei corridoi tutti uguali stava cominciando a stancarlo. Grattandosi la nuca, Kuro pensò a quanto l'idea di Mahiru di dividersi fosse stata avventata: quegli strani tizi della C3 sarebbero potuti sbucare da dietro l'angolo in ogni momento e catturarlo di nuovo.

– Seccante.. - sospirò il Servamp, abbassando l'ennesima maniglia a caso. La stanza che si ritrovò davanti era buia come le altre, fatta eccezione per un monitor, acceso su una moltitudine incomprensibile di dati. Avvicinandosi di soppiatto, Kuro sentì un fruscio, che lo fece irrigidire di colpo. Voltandosi piano verso la fonte, il Servamp vide qualcosa muoversi appena nella penombra, le mani e i piedi legati a quella che sembrava una sedia, lunghi capelli scuri...

– Aori..! - gemette, spalancando gli occhi in quelli socchiusi della ragazza, che gli lanciò uno sguardo confuso, come se non lo riconoscesse.

– Non vi dirò mai dove si trova Tsubaki... - ringhiò debolmente la ragazza, poi cominciò ad agitarsi sulla sedia, ansimando per lo sforzo – Non vi porterò da lui...non lo farò mai!

Kuro indietreggiò, non riuscendo più a guardarla: da quanto era lì? Cosa le avevano fatti? Come avevano potuto ridurla in quello stato?

Vedendo che Aori non accennava a smettere di dimenarsi, e notando che le corde che le stringevano i polsi stavano cominciando a farla sanguinare, il Servamp la prese per le spalle, costringendola a guardarlo negli occhi.

– Aori – la chiamò, in tono fermo. Quando vide che lo stava fissando con le lacrime agli occhi, vedendolo veramente questa volta, si lasciò andare ad un sorriso – Sapevo che questo posto sarebbe stato una rottura.

Con un colpo d'artigli le levò le corde da polsi e caviglie, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.

– Quella rottura ambulante di Mahiru si sarà sicuramente cacciato nei guai – brontolò Kuro, per alleviare la tensione che si stava creando in quella stanza buia – Meglio sbrigarsi a trovarlo.

– Vai avanti senza di me – replicò d'improvviso la ragazza, tenendo lo sguardo ostinatamente basso – Non voglio esservi d'intralcio.

– Non dire stupidaggini proprio adesso – si lamentò Kuro, cercando di prenderla per il polso.

Aori gli allontanò la mano con una sberla, indietreggiando di un passo e rischiando di sbattere contro la sedia. Tremava leggermente, notò il Servamp, e le lacrime le scorrevano copiose sulle guance.

– Non sono la persona che volete che io sia – gemette, stringendosi le braccia – Non è vero che vi ho trovati solo dopo che Mikuni aveva ucciso quel sottoposto...non è vero che sorrido perché non ho giudizi su nessuno...non sono una così bella persona, non lo sono mai stata.

Quando alzò lo sguardo, Kuro si sentì dilaniare da tutta la tristezza che le vide negli occhi: sembrava così spaventata, così fragile...il vampiro non avrebbe mai pensato che si dovesse sentire così. Non aveva pensato a quanto dovesse soffrire, a quanto la vista dell'esecuzione di Mikuni avrebbe potuto terrorizzarla.

– Ho paura...di tutti voi – mormorò Aori, tra i singhiozzi – E ho paura anche di me, di come potrei diventare se mi lasciassi andare e bevessi sangue umano...Per ora è sempre bastato quello di Tsubaki, ma...

Con un movimento impercettibilmente rapido, Kuro le pose la mano davanti al volto, guardandola seccamente negli occhi.

– Se quello degli umani non lo vuoi prendi il mio – disse, con una determinazione che non si riconobbe nemmeno lui – Non sarà come quello di Tsubaki...

– Grazie, Kuro – lo interruppe Aori, sorridendo tristemente, la testa inclinata di lato e le mani strette in grembo – Ma non posso. Lo capisci anche tu, vero?

Il Servamp si sentì improvvisamente stupido, al punto da abbassare timidamente la mano e fingendo noncuranza per quello che era appena accaduto: ovviamente non si sarebbe permessa di bere il suo sangue, non con un padrone diverso. Non si sarebbe mai affidata a lui. Mai.

– Ora vai da Mahiru – gli disse ancora, in tono che non ammetteva repliche – Ha sicuramente più bisogno lui di aiuto.

Kuro la fissò di nuovo, incerto sul da farsi, ma alla fine dovette darle ragione: Mahiru non era proprio in grado di stare fuori dai guai.

– Torneremo a prenderti, anche se sarà una rottura immane – concluse il Servamp, allontanandosi di corsa dalla stanza.

Appena fu fuori portata, Aori smise di sorridere, stringendo i pugni lungo i fianchi. Non aveva la forza per trovare un'uscita e scappare da quel posto, ma sentiva una strana energia scorrerle dentro da quando aveva sentito nominare Tsubaki per la prima volta da quell'inquietante ragazzo occhialuto.

“Già una volta ci è sfuggito...” aveva detto prima di andarsene lasciandola nel buio. Quei maledetti umani avevano tenuto Tsubaki come avevano fatto con lei? L'avevano torturato, usato, ricattato..?

Aori non poteva sopportarlo, non poteva perdonare chi faceva del male a Tsubaki.

Il computer cominciò a lanciare dei “bip” allarmati, lampeggiando mentre le pareti cominciavano a tremare, l'intonaco a cadere, la sedia a tintinnare...Una delle cinghie che l'avevano legata le si impigliò al kimono: spazientita, Aori si strappò la veste fin sopra il ginocchio, muovendosi poi verso la porta, la stanza che ormai crollava su se stessa.

Un nugolo di ombre la circondò, roteandole attorno e materializzandosi alla fine in molteplici lame di oscurità; con la stessa velocità con cui erano apparse, le figure taglienti schizzarono tutt'intorno, perforando le pareti come se fossero state di burro, e facendo saltare le luci.

Tra i neon ormai lampeggianti o spenti, Aori continuò a camminare, incurante della distruzione che si stava diffondendo attorno a lei: quel luogo doveva sparire, quello era il suo unico pensiero.

La sofferenza di Tsubaki doveva scomparire.






Angolino dei commenti:

Ricordo, come per il capitolo precedente, che la storia si svolge nella versione manga, per quanto riguarda questa parte alla C3. Per sicurezza indicherò sempre la versione in uso, almeno finchè non si stabilizzerà su quella dell'anime.
Cooooomunque, come vedete siamo in piena crisi, si comincia ad intravedere una nuova, bellissima piega degli eventi ^-^
Non vi spoilero nulla, quindi continuate a seguire la vicenda ^-^
Ringrazio come al solito chi legge/segue/vuole recensire ma non lo fa/incappa per sbaglio nella storia ^-^

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 13
*** It's over ***


– Cosa vuol dire pericolosa? - chiese Mahiru, in tono incerto – Aori non farebbe mai del male a nessuno...

– Ripeto, Mahiru Shirota: tu non sai nulla di quella ragazza – ringhiò di nuovo Tsuyuki, apparendo sempre più nervoso – Ho fatto le mie ricerche, non posso sbagliarmi...

Un'aura scura lo avvolse per un istante, facendogli accapponare la pelle. Prima ancora che potesse voltarsi e puntare la sua arma sulla nuova minaccia, però, Kuro riprese la sua forma di gatto, saltandogli sulla testa e atterrando in forma umana davanti al suo Eve.

– Cerca di moderare la tua stupidità, Mahiru – lo rimproverò il Servamp, in tono seccato – Volevi farti catturare di nuovo?

Tsuyuki proprio non riusciva a capire: anche se a lui la mano tremava convulsamente per la potenza che aveva appena percepito alle sue spalle, il ragazzino che aveva di fronte sembrava a proprio agio con Accidia, come se lo considerasse al pari di un normale essere umano. E quella ragazza...

– Lo capisci che quello non è tuo amico, vero? - sibilò il membro della C3, sentendosi sempre più agitato: se solo ci fosse stato solamente Sleepy Ash, per di più sotto controllo... Con quella forza sconosciuta che stava demolendo l'edificio, però, era tutta un'altra storia – Ti fidi di questo vampiro? Ti fidi di quella sottoposta di Tsubaki? Sono solo creature che uccidono gli esseri umani, che li privano della loro energia!

Mahiru lo fissò, confuso dalla sua reazione, e per la prima volta smise di sentire i calcinacci cadere e le pareti tremare.

– Hai mai visto un vampiro che ozia giocando ai videogiochi? - chiese al suo senpai, in tono fermo, sovrastando il rumore della distruzione intorno a lui. Persino Kuro si fermò ad ascoltarlo – Hai mai visto un vampiro piangere pentito? O un pigrone salvare una persona appena conosciuta?

Sotto lo sguardo stupito e sconvolto di Tsuyuki, il ragazzo sorrise.

– Io mi fido di Kuro, e Aori è mia amica. Non potrei mai dubitare di loro – concluse l'Eve, rivolgendosi anche al Servamp – E ora credo sia il momento di andare a prenderla.

Una scossa più forte delle altre fece tremare pericolosamente l'edificio, creando nuove crepe sulle pareti. Lame di oscurità cominciarono a filtrare dalle rotture, sfrecciando a mezz'aria e demolendo ogni cosa capitasse loro a tiro.

– Dobbiamo andarcene di qui – sibilò Tsuyuki, riprendendosi dalla forza del discorso di Mahiru – Distruggerà tutto ciò che troverà sulla sua strada. Non possiamo fermarla...

– Tutto questo è opera di Aori?! - esclamò l'Eve, sconvolto. Non poteva credere che una persona come lei potesse anche solo pensare di portare tanta distruzione: le era sembrata sempre così calma e gentile...mettere a rischio i suoi amici non poteva essere nel suo interesse.

– A proposito di Aori... - mormorò Kuro, stringendosi nelle spalle – L'ho trovata, qualche minuto fa, e non mi è sembrato stesse molto bene...

– Dobbiamo andare a recuperarla! - insistette Mahiru, scuotendo violentemente la testa: non poteva essere lei. Non voleva che fosse lei.

Quando però la sua figura si stagliò nel rettangolo della porta, le lame di oscurità che le vorticavano freneticamente attorno, il ragazzo dovette ricredersi, sentendo tutte le sue certezze vacillare pericolosamente. Davanti a lui e Kuro, Aori aveva un aspetto completamente diverso da quello che erano abituati a vedere: il kimono ora era lungo fin sopra le ginocchia e di un nero pece, la fascia in vita di un rosso acceso; i lunghi capelli scuri erano legati in una coda alta e frusciavano nel vento creato dalle figure scure e taglienti. Gli occhi, di solito di un rassicurante blu ciano limpido, ora rilucevano in modo sinistro mentre li fissava con il mento leggermente alzato.

Il tutto emanava un'aura di violenza che nemmeno Tsubaki aveva ancora mai manifestato.

– Aori..? - gemette Mahiru, facendo un passo verso di lei. Una lama gli passò ad un nulla dalla faccia, facendolo sobbalzare – Non c'è motivo di distruggere questo posto. Ho spiegato al senpai come stanno le cose...

– Non vi darò mai Tsubaki – lo interruppe la ragazza, come se non lo avesse minimamente sentito – Non lascerò che gli facciate del male. Non voglio che soffra ancora.

– Come stavo dicendo prima – riprese Kuro, rivolto al suo Eve – Quando l'ho trovata farneticava cose del genere. Credo sia fuori controllo.

– Aori non ha mai avuto poteri del genere! - protestò Mahiru, sconvolto – Non glieli ho mai visti usare...

Lo sguardo duro del Servamp lo zittì, facendolo deglutire a fatica: non l'aveva mai visto così serio da quando l'aveva conosciuto. La faccenda doveva essere più critica di quanto pensasse.

– Se posso intervenire – li richiamò Tsuyuki, evitando a stento una lama oscura e sistemandosi gli occhiali – Secondo i miei dati, in questo momento la vostra amica si trova a corto di sangue.

– Come scusa? - obiettò Mahiru, confuso, schivando per un pelo un'ombra e deviandone un'altra con la guida – Non mi sembra debilitata come dovrebbe essere. Mi pare che stia fin troppo bene, invece.

– Ti posso assicurare che, secondo le analisi che le ho fatto appena è arrivata in sede, questa maledetta sottoposta ha terribilmente bisogno di nutrirsi – replicò il membro della C3, seccato – Credo che questa reazione possa derivare da una sorta di meccanismo di difesa.

– Stai dicendo che, dato che è troppo debole per trovare del nutrimento, sta cercando di proteggersi? - borbottò Kuro, scansando senza fatica i casuali attacchi di Aori – Non ha il minimo senso.

Nel guardarla meglio, però, il Servamp notò qualcosa che prima gli era sfuggito: quello sguardo così blu che l'aveva sempre attirato ora era sottolineato da pesanti occhiaie scure e il respiro della ragazza era faticoso, affannato. Sembrava reggersi in piedi a stento.

In più, le sue parole gli tornarono prepotentemente in mente: non aveva mai bevuto sangue umano per paura di cosa sarebbe diventata...finora il sangue di Tsubaki era bastato...

Da quanti giorni non ne beveva? E lo stato d'animo in cui l'aveva trovata in quella piccola stanza buia era forse connesso a quel suo improvviso eccesso di potere?

– Ok, ammetto che forse hai ragione – sospirò Kuro, rivolto a Tsuyuki.

Il diretto interessato sgranò gli occhi, rivolgendogli uno sguardo diffidente: le parole di Mahiru continuavano a ronzargli in testa senza sosta.

– Il problema adesso non è certo questo! - protestò l'Eve, indietreggiando di un passo. Grossi pezzi di soffitto cadevano ormai a mucchi, disintegrandosi sul pavimento intorno a loro, e le pareti erano ormai ridotte ad un colabrodo. La struttura non avrebbe retto ancora molto.

– L'unico modo è eliminarla – concluse Tsuyuki, rispondendo alla domanda lasciata in sospeso tra loro, e alzò la pistola davanti a sé, prendendo la mira.

Una lama lo colpì di taglio sul dorso della mano, facendolo gemere e lasciare la presa sull'arma; con un'espressione di puro terrore, l'uomo si portò la ferita al petto, indietreggiando fino ad appoggiarsi con la schiena ad un tavolo.

Mahiru cercò di raggiungerlo per aiutarlo, ma una figura scura gli tagliò la strada, graffiandolo sul braccio.

Un gemito sommesso attirò l'attenzione di Kuro, che distolse per un attimo l'attenzione dal suo Eve: Aori era ancora lì, davanti a loro, in tutta la sua decadente potenza, ma sembrava essersi irrigidita di colpo. Quando un'altra lama sfregiò di nuovo Mahiru, la ragazza gemette ancora, tendendosi in un debole spasmo.

– Stai facendo del male ai tuoi amici – disse il Servamp, in tono freddo, mettendosi le mani in tasca e fingendo indifferenza – Se andrai avanti in questo modo finirai per ucciderli.

Dicendolo, si avvicinò alla coltre di pugnali d'oscurità, finendo inevitabilmente infilzato da alcuni di essi. Sotto lo sguardo sconvolto di Mahiru, che aveva allungato la mano per tentare di fermarlo, Aori lanciò un urlo soffocato, prendendosi le braccia con le mani e piegandosi in avanti, la bocca aperta in cerca d'aria e gli occhi sbarrati, sempre intensamente luminosi.

– Visto? Finchè non decidi cosa vuoi fare veramente finirai solo con il ferire chi ti sta attorno – mormorò Kuro, in tono tagliente. Dirlo gli dava un intenso senso di disagio, come se, in qualche modo, le sue parole non fossero rivolte solo a lei.

Intanto Aori continuava a emettere rantoli di dolore, malferma sulle gambe, in mezzo alle lame che si muovevano senza controllo, bloccandosi a mezz'aria per poi ripartire tremolando.

Mahiru si trovò straziato da quella vista, soprattutto dal corpo dilaniato del suo compagno, che rimaneva comunque impassibile davanti alla ragazza, in attesa che succedesse qualcosa. Com'erano arrivati a quel punto? Com'era potuto succedere tutto ciò?

Perché persino Aori aveva dovuto conoscere tutta quella sofferenza?

– Tu non vuoi fare del male, vero? - chiese l'Eve, in tono incerto, facendo un passo azzardato verso la coltre di figure d'ombra – Sei sempre gentile con tutti, hai fatto amicizia anche con Misono, e con Mikuni...

A quel nome, le lame si agitarono per un istante, finendo solo per arrivare ad un soffio dal ragazzo per poi ricominciare ad agonizzare a mezz'aria.

– Hai visto come ti trattano gli altri? I miei compagni ti adorano – continuò Mahiru, sempre più convinto – Se tornassi a scuola ti accoglierebbero calorosamente...potremo andare a trovare Misono...

– Mahiru, smettila – lo interruppe Kuro, in tono secco. Punto sul vivo, l'Eve cercò di capire il motivo di tanta scontrosità: il rumore di un pianto sommesso, però, rispose a tutte le sue domande.

Grosse lacrime cadevano sul pavimento, accompagnate dagli strazianti singhiozzi che scuotevano le spalle di Aori, ancora piegata in avanti con le braccia strette al corpo.

In quel momento, a Mahiru ricordò terribilmente Sakuya, quel giorno in cui finalmente si erano chiariti, in cui l'Eve aveva capito qualcosa di più sull'amico che pensava di conoscere da una vita.

In quell'istante capì ogni cosa: non solo glielo ricordava. Erano proprio uguali.

Anche Aori era morta, riportata in vita dal sangue di Tsubaki; anche Aori non si sarebbe più potuta mischiare ai suoi coetanei, frequentando la scuola e intessendo amicizie durature; anche Aori sentiva la solitudine della sua condizione, la paura di rimanere ferita dalle perdite, il terrore di fare del male agli altri. Sakuya gli aveva chiesto di ucciderlo per liberarlo da quella pena. Forse anche Aori, nel profondo, provava lo stesso.

– Va tutto bene, è tutto finito – mormorò la voce spezzata di Kuro, indolenzito dalle ferite che si rimarginavano lentamente contro le lame d'ombra infilzate nel suo corpo – Non hai fatto niente di male.

Quando le sue braccia la circondarono, premendola contro la sua spalla, la ragazza diede libero sfogo a tutta la sua tristezza: pianse come una bambina, lanciando lunghi singhiozzi e gemiti liberatori e bagnando la giacca del Servamp con le copiose lacrime.

Le lame scomparvero all'istante, sia da attorno a lei sia dal corpo martoriato del vampiro, smettendo di levitare nella stanza e di minacciare i suoi occupanti. Era tornato tutto esattamente come doveva: una timida ragazza che piangeva il suo dolore. Una persona tutto sommato normale.

Nel vedere quella scena, Tsuyuki si rese conto di quanto le parole di Mahiru fossero vere: non aveva mai visto un vampiro piangere per il dispiacere di aver fatto del male a qualcuno, ma di certo non ne aveva mai visto uno consolarne un altro.

Con un grugnito, l'uomo si raddrizzò, sistemandosi gli occhiali, e osservò quello strano evento, pensando che, dopotutto, forse si era sbagliato nel giudicare Aori.







Angolino dei commenti:

Ricordo di nuovo che la storia si svolge nella versione manga, per quanto riguarda questa parte alla C3.
Finalmente siamo giunti alla svolta, il momento in cui Aori si rivela per quello che è: una ragazza che vorrebbe solo una vita normale.
D'ora in poi conviveremo con questa nuova versione, vogliatele bene come prima, mi raccomando ^-^
La storia è ancora piena di sorprese, quindi state con noi ^-^

Ringrazio come al solito tutti quelli che seguono/leggono, aspetto commenti ^-^
Piccola nota tecnica: probabilmente andando avanti tenderò a pubblicare i capitoli una volta ogni due settimane, portate pazienza, ma gli impegni chiamano ToT

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 14
*** Together again ***


– Penso sia il caso di mostrarvi l'uscita.

Non appena Aori aveva smesso di piangere, calmandosi, Tsuyuki aveva deciso che quella faccenda era andata avanti anche troppo: non solo aveva fallito nel portare Mahiru dalla parte della C3, ma la sede aveva subito dei danni talmente importanti da necessitare attenzione immediata. In più, interrogare quella dannata sottoposta non aveva portato a nessun risultato. Trattenerla oltre sarebbe stata solo una perdita di tempo.

Quando fu il momento di uscire dalla stanza, però, Aori si accasciò contro Kuro, ricominciando a respirare affannosamente, gli occhi chiusi e il corpo tremante mentre il Servamp la prendeva tra le braccia.

– Penso proprio che le sue energie siano terminate – concluse Tsuyuki, precedendoli oltre la soglia distrutta. Guidandoli per i corridoi labirintici della struttura, ora più o meno tutta bucherellata dagli interventi della sottoposta, il membro della C3 li accompagnò ad una parete, che si rivelò essere un ascensore nascosto.

– Andate pure passando di qui – disse loro, indicando le porte scorrevoli con un cenno della testa – Ma sappiate che questa storia non è certo finita.

Kuro non lo stette ad ascoltare, e ignorò completamente le successive parole di Mahiru sull'aiutare qualsiasi fazione contro il nemico comune Tsubaki. L'unica cosa di cui gli importava, in quel momento, era portare Aori fuori di lì.

Quando finalmente il suo Eve si decise ad entrare nell'ascensore il mezzo cominciò a salire, facendo scorrere i numeri fino all'1.

– Quando saremo usciti da qui cosa faremo? - chiese Mahiru, rivolto alle porte dell'elevatore. Il Servamp capiva cosa intendeva: era ovvio che Aori avesse bisogno del sangue di Tsubaki, ma trovare il vampiro della malinconia non era certo una cosa da poco.

– Sono sicuro che verrà lui da noi – rispose quindi Kuro, in tono pragmatico, appoggiandosi con la schiena alla parete. L'Eve gli lanciò uno sguardo apprensivo, dandosi dello stupido immediatamente dopo: Kuro era un vampiro, non doveva preoccuparsi delle sue ferite.

– Quindi...dove andiamo? - sospirò Mahiru, grattandosi la nuca e gettando un'altra occhiata indietro, stavolta verso la ragazza: ora respirava debolmente ed era completamente abbandonata tra le braccia del Servamp. Dovevano fare in fretta.

Il suono dell'arrivo dell'ascensore distolse la loro attenzione dal problema: all'esterno, il corridoio della stazione si allungò davanti a loro, cogliendoli del tutto impreparati.

– Quindi è qui che hanno nascosto la loro base! - esclamò l'Eve, ripensando alla struttura enorme e labirintica della C3 – In ogni caso, penso sia meglio portarla a casa con noi, per il momento.

Annuendo, Kuro lo seguì fuori dalla stazione, percorrendo dietro di lui la strada trafficata e piena di persone. Non si sarebbe mai aspettato di vedere sottili gocce di pioggia scendere dal cielo limpido, il famigliare panorama sparire e l'orizzonte farsi infinito, sfumato di rosso e nero.

– Penso tu abbia qualcosa che mi appartiene – disse una voce, accompagnata dai passi ticchettati sempre più vicini di un paio di calzature tradizionali giapponesi. La figura alta di Tsubaki emerse dall'oscurità, facendo frusciare il kimono bianco che teneva sulle spalle e rilucere gli occhiali.

Vedendo le condizioni pietose in cui Aori versava, la sua espressione ebbe uno spasmo: Kuro avrebbe potuto giurare di vedere un'ombra di preoccupazione passare sul quel viso annoiato a cui in tanti davano la caccia.

– Ha finito la sua riserva di sangue – disse Accidia, fingendosi seccato e posando il corpo della ragazza a terra – Sapevo che saresti tornato a prenderla.

Con calma, a passi misurati, Tsubaki raggiunse Aori, chinandosi su di lei e sfiorandole la frangetta irregolare per spostargliela dagli occhi. Sembrava assorto, pensò Kuro, non capendo cosa ci facesse ancora in quel luogo. Il Servamp della malinconia aveva ottenuto ciò che voleva: perché non lo lasciava ancora andare?

– Ringrazia il tuo Eve impertinente da parte mia – disse improvvisamente Tsubaki, prendendo tra le braccia Aori e rivolgendo al fratello maggiore un sorriso enigmatico – Sappiate, però, che non cambierò i miei piani per questo piccolo favore.

Prima che Kuro potesse anche solo pensare di ribattere, la pioggia era terminata e la strada era tornata ad essere trafficata e affollata. Mahiru si voltò a guardarlo, sgranando gli occhi nel vedere che la ragazza non era più con lui.

– E' già passato? - chiese al Servamp, che annuì e lanciò un lungo sguardo al cielo: Tsubaki avrebbe avuto cura di lei, proprio come lui non era mai riuscito a fare.

 

La tensione tra i sottoposti di Tsubaki si stava facendo pesante.

Da quando il Servamp era uscito, sparendo senza una parola, Sakuya aveva sentito la preoccupazione attanagliare i presenti: Shamrock si tormentava le mani, seduto coi gomiti puntati sul tavolo; Otogiri mormorava di tanto in tanto i suoi “è un problema” mentre giocherellava distrattamente con i suoi fili; Belkia sembrava voler distruggere il pianeta consumandone la terra a forza di passarci sopra.

– Si può sapere perché non ha voluto dirci nulla?! - esclamò all'improvviso quest'ultimo, in tono esasperato, facendo sobbalzare Sakuya, seduto sulla finestra come suo solito – Sono sicuro che c'entra qualcosa quella piccola ingrata...

– Il giovane boss sembrava così triste, in questi giorni – sospirò Shamrock, appoggiando il mento sulle mani – Non vedere più il suo volto sorridente...metteva tristezza anche a me.

– E' un problema – si limitò a commentare Otogiri, senza smettere di fare quello che stava facendo.

Sakuya, dal canto suo, si limitò a tornare a guardare fuori dalla finestra, osservando i riflessi del sole sui palazzi senza vederli davvero: era sicuro che c'entrasse Aori, altrimenti Tsubaki non se ne sarebbe andato in quel modo.

Da quando era sparita, il Servamp sembrava essere stato prosciugato della sua voglia di vivere, più del solito almeno. Si era limitato a ritirarsi nella sua stanza, a rispondere distrattamente alle domande e a continuare a guardare altrove, come se pensasse di poter vedere la ragazza anche nella sua assenza.

Era stata una visione straziante, per tutti loro. Niente sembravano motivarlo, in quelle condizioni, neppure i risultati del suo recente intervento contro le sedi della C3.

Si limitava a starsene immobile, come fosse in attesa di qualcosa. In attesa di Aori.

– Se non torna nei prossimi due minuti esco a cercarlo – ringhiò Belkia, giocherellando nervosamente con una delle sue spade.

Proprio in quel momento, come richiamato da quell'ultimatum, Tsubaki riapparve in mezzo a loro.

Sakuya capì immediatamente che doveva essere successo qualcosa, dato che il Servamp teneva lo sguardo basso, indecifrabile, nascosto dai ciuffi di capelli scuri, e Aori era tra le sue braccia, avvolta nella sua sopraveste bianca e completamente incosciente. Il ragazzo sentì l'impulso di alzarsi e andare a ricoprirlo di domande, di chiedere perché fosse scomparso così all'improvviso, perché Aori si trovasse in quelle condizioni...se sarebbe stata bene.

Non fece niente di tutto ciò. Si limitò a guardare Tsubaki incedere, maestoso come al solito, tra loro, diretto alla sua stanza e, senza una parola, sparire dietro la porta, facendo cadere un silenzio preoccupato sui presenti.

– Sapevo che c'entrava quella stupida ragazzina – sbuffò Belkia, anche se appariva chiaramente più sollevato. Shamrock si limitò a sospirare di sollievo, tornando a mettere a punto le prossime fasi del piano del Servamp, mentre Otogiri non disse nulla, rimanendo semplicemente immobile dov'era, in attesa di ordini.

Dal canto suo, Sakuya si strinse le ginocchia al petto, raggomitolandosi contro la finestra: avrebbe voluto essere con Aori, in quel momento, giusto per capire cosa le fosse successo e cosa potesse fare per farla stare meglio. L'aveva aiutato così tanto nella sua permanenza tra i sottoposti, nonostante lei lo fosse diventata dopo di lui...

Eppure non trovava il coraggio di aprire quella porta, di raggiungerla e farle sapere che era lì per lei, che gli mancavano i suoi goffi tentativi di difenderlo, il suo infinito affetto per Tsubaki, la sua calma e la sua dolcezza nel trattare con tutti.

In quel momento, però, il Servamp aveva la precedenza su tutti.

 

Il sangue colava copioso dalle vene aperte, scivolando sulle dita abbandonate alla forza di gravità e cadendo verso il basso, verso la sua destinazione.

Tsubaki guardava quel movimento come ipnotizzato, vedendo ogni singola goccia che precipitava dalle sue unghie, ogni rivolo che si separava e si riuniva lungo il palmo della sua mano, osservando le labbra di Aori sporcarsi del liquido scuro senza reagire.

L'aveva cercata, con lo sguardo e con i suoi acutissimi sensi, quand'era scomparsa tra la folla, ma, allo stesso tempo, il fatto che se ne fosse andata con quell'espressione l'aveva frenato, come se nelle parole di Aori ci fosse in qualche modo stato un avvertimento: non seguirmi.

Il solo pensiero che le cose tra loro fossero cambiare, per di più così in fretta, l'aveva distrutto, straziandolo sul quel tetto sopra le festose bancarelle del festival, spegnendo il suo entusiasmo al suo ritorno alla base. Anche se vedeva la preoccupazione dei suoi sottoposti non riusciva a reagire.

Tutto per colpa di qualcosa di cui Tsubaki non era al corrente, che era accaduto in sua assenza, quando la ragazza si trovava con Accidia e il suo Eve. Eppure non doveva essere stata colpa loro: gliel'avevano restituita come se qualcosa gliel'avesse impedito fino a quel momento.

Da quando faceva pensieri così sensati? Cosa gli impediva di incolpare suo fratello e la sua chiara intenzione di portargli via Aori? Cosa gli impediva di eliminare sia lui che Mahiru proprio in quel momento, anche se avrebbe rovinato parte dei suoi piani?

Il sangue smise di colare dalla sua mano, la ferita che si era procurato al polso si rimarginò lentamente. Aori, però, non si mosse nemmeno allora.

Tsubaki le spostò distrattamente i capelli dal viso, soffermandosi a guardare quella nuova e inaspettata pettinatura e quel kimono corto di un nero assoluto: era successo tutto perché non aveva voluto servirsi degli umani come suo cibo, perché aveva resistito fino ad esaurire completamente le sue energie. Il Servamp sentì un terrore cieco assalirlo: se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Se se ne fosse andata per sempre non l'avrebbe sopportato.

Sentendo le forze venirgli meno, Tsubaki si sdraiò lentamente di fianco alla ragazza, prendendole una mano e stringendola nella sua, tenendola a pochi centimetri dal viso.

Abbassando le palpebre gli sembrò quasi di vederla di nuovo com'era stata, con quel magnifico kimono bianco e rosso e i capelli scuri sciolti sulla schiena, lo sguardo dolce e triste, gli occhi lucidi, le labbra piegate in un debole sorriso...

– Tsubaki...

Socchiudendo gli occhi, il Servamp credette di aver sentito semplicemente la voce della sua mente, il suo desiderio di ascoltare quel dolce suono ancora una volta.

Quando lo sguardo azzurrino di Aori lo fissò di rimando, con quella stessa espressione che il vampiro aveva visto nella sua immaginazione, Tsubaki spalancò gli occhi, stringendole più forte la mano.

– Aori... - mugolò il Servamp, portandosi le sue dita alle labbra e raggomitolandosi ancora di più sul fianco, le palpebre ora serrate nel tentativo di trattenere le lacrime.

– Sono qui, Tsubaki – lo rassicurò dolcemente la ragazza, girandosi di fianco e prendendogli entrambe le mani nelle sue – Sono tornata.

Il vampiro continuò a tenersi le sue dita sul viso, sentendo le lacrime pungergli gli occhi: non si era mai sentito così indifeso, così debole, così...sollevato. Per la prima volta, dopo secoli di solitudine, comprendeva come ci si sentisse a ritrovare una persona amata, a quanto fosse emozionante. A quanto fosse magnifico.

E anche se in lei qualcosa era cambiato non gli importava.

Aori, la sua Aori, era tornata da lui.






Angolino dei commenti:

E con ben tre settimane di ritardo rieccomi! (per favore non tiratemi niente di contundente..)
. Gli impegni hanno avuto la meglio, non ultima un'escursione mortale -_-
In ogni caso, bentornati e grazie a tutti per essere ancora in nostra compagnia! Aori ringrazia ^-^
Per chi avesse dubbi/domande/problemi scrivete pure, anzi, sapere se c'è qualcosa di non chiaro aiuta molto per la correzione dei capitoli seguenti.
Ricordo che al momento siamo ancora nella versione manga della storia.
Sempre per lo stesso motivo illustrato nello scorso angolino dei commenti, non ho idea di quando riuscirò a pubblicare di nuovo, potrebbe essere la settimana prossima come quella dopo (esami permettendo...), quindi portate pazienza -_-'
Finendo qui la mia autocommiserazione...

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 15
*** Interlude ***


Il fastidioso sole pomeridiano filtrava dalle spesse tende, colpendo impietosamente le palpebre abbassate di Tsubaki. Premendosi il braccio sugli occhi, il Servamp sbuffò, godendosi gli ultimi momenti di oscurità, quindi si alzò sul gomito libero, poi sulla mano, passando a strofinarsi la nuca con le dita.

Con gli occhi ancora socchiusi, notò un foglietto lasciato accanto al suo futon: un volantino, che promuoveva sconti nel suo ristorante giapponese preferito, e un bigliettino attaccato sopra, poche parole provenienti sicuramente da Shamrock.

– Andiamoci insieme.

La voce di Aori lo avvolse come una coperta calda, facendolo voltare lentamente: era seduta proprio dall'altro lato del futon, sulle gambe, le mani appoggiate elegantemente sul nuovo kimono nero e rosso fino al ginocchio, la lunga coda che si posava dolcemente sul pavimento in un ricciolo scuro.

E sorrideva, la testa leggermente inclinata di lato, l'espressione distesa, raggiante.

– Dove potrei andare senza di te? - disse Tsubaki, con un mezzo sorriso. Trovava così magnifico poterla rivedere con quello sguardo, finalmente di nuovo felice, no...felice veramente.

Sembrava tornata alla vita di nuovo, stavolta per davvero.

– Andiamo, allora? - lo invitò la ragazza, alzandosi e spolverandosi il kimono con le mani.

Il Servamp non credeva ancora possibile che Aori fosse di nuovo accanto a lui: quando l'aveva vista sparire tra la folla, al festival, aveva davvero temuto di averla persa per sempre.

Quando l'aveva rivista inerme tra le braccia di Kuro, però, la ferita che aveva sentito aprirsi nel petto si era lentamente rimarginata. In un modo o nell'altro era tornata indietro; e ora lo guardava di nuovo con quel sorriso che gli faceva desiderare che il mondo non esistesse.

Che lei fosse solo sua.

Anche mentre camminavano tranquillamente, uno di fianco all'altra, Tsubaki trovava fastidiose tutte quelle persone che la guardavano, che sembravano commentare il loro strano abbigliamento.

Aori sembrava non darci peso e, se proprio qualcuno la fissava intensamente, lei gli rivolgeva un magnifico sorriso, facendogli abbassare lo sguardo.

Proprio mentre il Servamp stava pensando di mettere a tacere tutte quelle voci attorno a loro, la ragazza gli prese inaspettatamente la mano, stringendola nella sua così piccola, le sue dita minute che si intrecciavano lentamente alle sue lunghe e affusolate.

Quando il vampiro le rivolse un'occhiata incerta, Aori sorrise in quel suo modo così innocente, semplice eppure così..bellissimo, alzando lo sguardo nel suo e appoggiandosi alla sua spalla, quasi accoccolandosi contro di lui.

– Pensi che sia sconveniente? - gli chiese. Il modo in cui lo disse fece suonare la domanda più come una provocazione. Tsubaki sorrise, tornando a guardare davanti a sé: ora gli sembrava che gli altri passanti li fissassero con una punta di invidia. La cosa lo rallegrava.

– Assolutamente no.

Continuarono così per qualche minuto, lei godendosi il contatto e lui gli sguardi incuriositi della gente. Il Servamp avrebbe voluto dire qualcosa, ma le uniche cose che gli venivano in mente erano domande sul breve periodo di assenza della ragazza, dove fosse stata, cos'avesse fatto...cosa fosse successo per ridurla nello stato in cui Kuro gliel'aveva riportata.

Fu quando stava per farsi forza e chiedere quello che più gli importava che Aori gli lasciò la mano, inaspettatamente, correndo qualche metro più avanti e chinandosi a terra nei pressi di un vicolo.

A Tsubaki sembrò di rivedere quella scena a rallentatore, proprio come quella sera al festival: la vedeva allontanarsi, la vedeva cadere; la vedeva interessarsi ad altro, la vedeva lasciarlo solo...

Quel dolore insopportabile al petto tornò a tormentarlo, facendolo irrigidire. Ora tutta quella folla era tornata ad infastidirlo con il suo vociare, il suo affrettarsi attorno a lui, avvolgendolo e risucchiandolo nel suo vortice. Si sentiva perso...sarebbe bastato così poco per eliminare quel disturbo, bastava solo...

– Guarda solo me, Tsubaki.

La voce decisa, eppure così dolce, di Aori lo riportò immediatamente alla realtà, facendogli abbassare leggermente lo sguardo su di lei. Soddisfatta della sua attenzione, la ragazza sorrise, prendendogli ancora una volta le dita, più delicatamente, senza intrecciarle alle sue, e si voltò di nuovo verso la strada, tirandolo dolcemente perché la seguisse.

Facendosi trasportare docilmente, il Servamp raggiunse con lei il punto in cui si era fermata un attimo prima e vide ciò che Aori stava fissando, e per cui era corsa via in tutta fretta.

Un gattino, dal pelo nero rovinato dalle continue lotte per il cibo e le intemperie, li fissò di rimando, miagolando piano; se ne stava acciambellato un metro dentro il vicolo, pulendosi di tanto in tanto il muso con la zampina e lanciando occhiate significative ai passanti, in attesa che qualcuno si intenerisse e gli lanciasse qualcosa di buono.

A Tsubaki ricordò irrimediabilmente qualcuno di sua conoscenza, non senza una punta di irritazione.

– Sai cosa stavo facendo la sera che mi hai salvata? - chiese improvvisamente Aori, continuando a guardare il felino con un sorriso dolce.

Il Servamp ricordava perfettamente quel giorno: quella giornata che si era tramutata in notte troppo in fretta, le luci troppo flebili dei lampioni, lo scorrere delle auto, quella frenata improvvisa e sibilante...quel tonfo, la sgommata e tutto quel sangue sulla strada...

Ricordava di aver guardato la scena con la solita noia, l'ennesimo incidente senza soccorso, l'ennesima crudeltà degli esseri umani.

Ricordava di essersi avvicinato al corpo esanime sull'asfalto e aver guardato distrattamente chi potesse essere, così, per passare un po' il tempo.

L'espressione di quella ragazza, distesa a terra in un mare di sangue, ormai in fin di vita, l'aveva sconvolto: sorrideva, nonostante il destino infausto che le era toccato, e stringeva una coperta tra le braccia, come ne andasse della sua vita. Tra le lacrime e i colpi di tosse, l'aveva guardato, porgendogli debolmente il suo tesoro.

– Sembra che io non potrò fare più nulla per lui – gli aveva detto, in tono ormai quasi troppo flebile – Potresti portargliela tu...per favore?

Aveva chiuso gli occhi, abbandonando le braccia lungo i fianchi, la coperta le era ricaduta sul corpo martoriato.

– Mi ricordo perfettamente ogni istante di quella sera – rispose Tsubaki, facendosi cupo d'un colpo.

Aori alzò lo sguardo su di lui, non capendo il motivo di quella reazione: quando vide l'espressione afflitta del Servamp, però, comprese che c'era qualcosa, di quella notte, che ancora non sapeva.

– Mi hai chiesto di fare una cosa per te – riprese il vampiro, mentre l'immagine della coperta che le ricadeva sul petto tornava prepotentemente a fare capolino nella sua mente.

– E' proprio per questo che, quando ho visto questo gattino, sono corsa qui – disse la ragazza, ravvivandosi – Mi ha ricordata cosa stavo facendo quando quella macchina mi ha investita. Stavo venendo proprio ad accudire un gattino come questo.

– Devo dirti una cosa – la interruppe Tsubaki, senza riuscire a guardarla. A quelle parole, così dure rispetto al solito, Aori rabbrividì, stringendogli più strettamente la mano: cosa c'era di così importante da farlo parlare in quel modo?

– C'entra Kuro in qualche modo? - lo precedette, costringendolo a guardarla negli occhi.

Il Servamp la fissò di rimando, ancora combattuto e disturbato dalle immagini dell'incidente che tornavano prepotentemente a fargli visita. Avrebbe voluto dimenticarle, pensare che nulla di tutto ciò fosse mai accaduto. Che il suo errore fosse niente di più di un brutto sogno.

– Andiamo, altrimenti occuperanno tutti i posti – le disse alla fine, con un sorriso incerto, guidandola lontano dal vicolo, lontana da quel gattino che chiedeva così insistentemente qualcosa da mangiare. Da quell'essere che gli ricordava così tanto Accidia.

Seguendolo senza fiatare, Aori si ritrovò a pensare che ci fosse qualcosa di strano in quell'atteggiamento, qualcosa che andava oltre la semplice gelosia nei confronti di Kuro.

Tsubaki le stava nascondendo qualcosa.




Angolino dei commenti

Stavolta con quasi esattamente un anno di ritardo (un po' tanto -_-) pubblico questo capitolo, ispirato ad una vignetta in fondo al volume 3 (credo. se mai troverò un'immagine metterò un link ^-^')
Ringrazio calorosamente Anna3 per avermi invogliata a continuare a pubblicare e tutti quelli che continueranno/inizieranno a leggere.
Da qui la faccenda comincia a prendere la piega che porterà al finale (da definire, è ancora nella mia testa ma confido nello sprint finale); qualche problema emerge, come il sentore di qualche segreto.
Tsubaki cosa starà nascondendo?
Ritirandomi dignitosamente (e mettendo un bel promemoria per ricordarmi di pubblicare tra una/due settimane ^-^') vi saluto.

Al prossimo capitolo ~♫

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Capitolo 16
*** The end of the beginning ***


La chiamata di uno dei sottoposti di Superbia mise in allerta il gruppo di Mahiru, che ricevette le sue prime informazioni dagli attacchi esplosivi di qualche giorno prima.

Sembrava che un ragazzo avesse combattuto contro un sottoclasse...volando.

Grazie alla guida dell'informatore, quindi, Mahiru si ritrovò a setacciare un viale ben illuminato, pieno di gente che andava e veniva. Le ultime parole del sottoclasse di Superbia, però, furono provvidenziali.

– E' vestito di scuro e ha delle ali bianche sulla schiena – disse, attraverso il telefono.

– Proprio come quello strano individuo sospetto davanti a noi – disse una voce accanto all'Eve, facendolo sobbalzare. Voltandosi di scatto, il ragazzo si ritrovò ad affogare negli occhi ancora più blu di Aori, che osservava il loro bersaglio con le braccia incrociate al petto, il mento tra le dita e un'espressione talmente concentrata da risultare quasi comica.

– Beh, sembra che ci stia sfuggendo – commentò la sottoposta, prendendo la mano di Mahiru e trascinandolo in avanti. Quando fu il momento di svoltare nel vicolo dove il nemico era scomparso, Aori lo lasciò andare, attraversando la svolta e riparandosi. Kuro, dal canto suo, riprese la sua forma umana e le lanciò uno sguardo, a cui lei rispose con un sorriso colpevole.

Mahiru, dal canto suo, si ritrovò immediatamente faccia a faccia con il pedinato, che gli rivolse un'occhiata penetrante.

– Chi sei tu? - gli chiese, in tono terribilmente serio – Un angelo o un demone?

E mentre l'Eve di Accidia faceva un balzo indietro per la sorpresa, un pianoforte a coda, fatto interamente di luce violacea, apparve di fronte allo sconosciuto, che suonò un paio di accordi.

Kuro si sentì improvvisamente pesante, tanto da cadere in ginocchio. Credendo di capirne la causa, si voltò verso Aori, convinto che fosse nelle sue stesse condizioni; con sua grande sorpresa, però, la sottoposta era già scomparsa.

Al Servamp non rimase quindi più nulla da fare se non subire gli attacchi spietati del suo avversario, che usò i piedi per colpirlo ad una velocità impressionante, portandolo sempre più su.

Solo l'intervento di Mahiru, quando ormai Kuro era arrivato e caduto sul tetto dell'edificio, riuscì a fermare l'avversario in extremis, facendolo desistere.

E quando l'Eve di Accidia gli gridò di lasciar andare il suo prigioniero, lo sconosciuto sembrò profondamente seccato.

– E chi lo vuole? Tenetelo pure – sbuffò, lanciando la gabbietta. Il porcospino ne uscì immediatamente, prendendo la sua forma umana e atterrando platealmente di fronte a Mahiru.

Poi le cose sembrarono precipitare: l'Eve capì solo che Lawless, il nuovo Servamp, e Kuro non andavano molto d'accordo.

– Accidenti, chi l'avrebbe mai detto che ci sarebbe stato anche uno scontro interno alla fazione avversaria – commentò Aori, riapparendo da chissà dove, sotto gli sguardi sorpreso di Mahiru e Kuro e confuso di Lawless; che si riprese immediatamente.

– Chi ha mai voluto stare in squadra con questo qui? - ringhiò, con un sorriso inquietante – In ogni caso, cos'abbiamo qui? Una piccola sottoposta sperduta.

Aori restituì il sorriso, mostrandosi dolce e disponibile come al solito. Allungò la mano, porgendola ad Avarizia.

– Piacere di conoscerti, sono Aori, una sottoposta di Tsubaki – gli disse, senza smettere di sorridere.

Con uno scatto fulmineo, Lawless le colpì il braccio teso, arrivandole ad un nulla dal viso e prendendole il collo con la mano, alzandola da terra.

– Se fosse per me saresti già un banale cumulo di polvere – le sibilò, con un sorriso folle – Peccato che si sia qualcosa in te che mi frena...

Quegli occhi...quei capelli...tutto sbagliato.

Una fila di lame li circondò, ondeggiando piano, le punte rivolte verso il corpo teso di Avarizia. Sorpreso, Lawless smise di sorridere e, in un gesto frustrato, la gettò da parte, sentendola tossire mentre recuperava il fiato.

– Aori! - gridò Mahiru, raggiungendola. La sottoposta, però, sembrò non sentirlo. Le spade continuavano a mirare al Servamp, tese come corde di violino.

– Ragazza interessante, anche se credo che alla fine risulterai banale, proprio come il tuo padrone – ringhiò Lawless, dando poi un'occhiata al cellulare – Ah, sono in ritardo per il part-time! Ci si vede!
Detto ciò, evitò le lame con un salto e volò giù dal tetto, sparendo nell'oscurità. Anche Licht sembrava essersela svignata.

– Quel dannato... - sibilò Aori, rimettendosi in piedi con gli occhi sbarrati malamente nascosti dalla frangetta irregolare, sotto lo sguardo apprensivo di Kuro: “dannato”? Poteva essere benissimo un'espressione di Misono, o di chiunque altro. Ma non sua.

– Sicura di stare bene? - le chiese Mahiru, confuso.

Rivolgendo loro uno dei suoi soliti sorrisi, Aori annuì con convinzione, smettendo di massaggiarsi il collo dolorante; rimaneva ancora qualche segno della mano di Avarizia, ma sembrava tutto a posto.

– Spero riusciate presto a fargli cambiare idea – disse, spolverandosi il kimono – Tsubaki ha grandi piani per lui.

– E adesso dove vai? - domandò l'Eve, in tono quasi esasperato. Gli sembrava che qualcosa non andasse, ed era quasi sicuro che c'entrassero le lame e quel suo sguardo: gelido e violento.

– Tsubaki mi sta aspettando – rispose la sottoposta, con un sorriso ancora più grande e incredibilmente dolce – Abbiamo qualche affare da portare a termine.

 

– La ringrazio ancora per la sua collaborazione – disse il direttore, responsabile degli spettacoli, alzandosi e lasciando la stanza. Prima di chiudersi la porta alle spalle, gettò un'ultima occhiata al suo benefattore: persona elegante, con quel completo e la giacca sulle spalle, i capelli corvini e gli occhi di un anomalo rosso cremisi. Quello che aveva maggiormente attirato la sua attenzione, però, era la ragazza al suo fianco, abbarbicata sul bracciolo della poltrona: sembrava così giovane, forse in età da superiori, eppure così distinta, con quel kimono corto nero pece con obi scarlatto, i capelli lunghi in una coda alta e gli occhi ciano acceso. I suoi sguardi, poi, sembravano saturi di elettricità, soprattutto quando si posavano sull'uomo al suo fianco.

Devono essere una coppia, si era detto il direttore, sentendo una strana sensazione ogni volta che i due lo guardavano all'unisono.

Quando finalmente la porta si chiuse, Aori si alzò dal bracciolo, sistemandosi il kimono con un sospiro sollevato. Tsubaki fece lo stesso, tornando immediatamente ai suoi abiti tradizionali.

– Meno male che è finita – mormorò la ragazza, lanciandogli un'occhiata amorevole – Ti preferisco di gran lunga ora.

– A me piaci sempre e comunque – replicò lui, con un mezzo sorriso, rivolgendosi poi agli altri suoi sottoposti – Ora sta a voi agire.

E mentre quelli annuivano e si mettevano in moto, Tsubaki porse la mano alla compagna; contro ogni previsione, però, Aori non gliela prese, rivolgendogli un'occhiata incerta, le dita che si tormentavano in grembo.

– Vorrei prendere anch'io parte alle operazioni, stavolta – disse, quasi in un mormorio, abbassando lo sguardo – Lawless e il suo Eve non sono né dalla parte di Mahiru e Kuro né dalla nostra, quindi...

Tsubaki si prese un lungo momento per guardarla: era cambiata così tanto dal suo ritorno dalla C3, sia nei modi di fare, ora molto meno timidi, sia nel suo approcciarsi a quella guerra. Il suo voler partecipare alla battaglia di quella sera, anche se era contro due individui apparentemente fuori dai giochi, dimostrava ancora di più la sua teoria. Era successo qualcosa di irreparabile, alla C3.

Qualcosa di profondamente sbagliato.

– Sei sicura? - le chiese, alla fine del suo lungo ragionamento. Non potè fare a meno di risultare preoccupato, soprattutto nel vedere lo sguardo speranzoso che Aori gli rivolse.

– Sicura – rispose lei, con un sorriso rassicurante – D'altronde, ora ho un modo per proteggermi, in caso di bisogno.

Nel dirlo, fece apparire una lunga lama fluttuante, seguita da una serie di altre armi identiche, che circondò i due come una fila di candele. Tsubaki osservò quella manifestazione di forza ad occhi sbarrati, ritrovandosi improvvisamente con una strana angoscia addosso: cos'aveva combinato...

Tornando il più in fretta possibile alla sua aria calma, il Servamp le concesse un sorriso, sperò il più convincente possibile, rubandole un breve bacio, chinandosi leggermente in avanti e tenendola per la nuca. Le lame svanirono in una sottile nebbiolina nerastra.

– Se le cose dovessero mettersi male, per qualsiasi motivo, torna immediatamente da me – le intimò, sfiorandole la guancia mentre ritirava la mano – Capito?

Aori annuì con convinzione, rivolgendogli quel suo sorriso così luminoso. Così puro.

Tsubaki non avrebbe mai voluto che si sporcasse, che venisse contaminato dalla violenza e il sangue della sua guerra.

Il destino, però, sembrava avere altri obiettivi.





Angolino dell'autore

Mi sono accorta solo oggi, dopo aver letto la recensione, che sono passati...parecchi giorni dal capitolo scorso ^-^'
D'altronde, però, quello dell'altra volta era solo un interludio, quindi è passato molto di più ^-^' ^-^'
Cooooomunque, ringrazio come al solito chi mi segue, chi recensisce (Anna3, un enorme grazie *-*) e chi legge semplicemente.
Siamo entrati ufficialmente nella fase due, dopo la C3 il carattere di Aori sta subendo un drastico cambiamento.
Cosa sarà il segreto che Tsubaki custodisce gelosamente? Quale sarà stato il suo errore?
Questo e molto altro (spero) nei prossimi capitoli ^-^

PS. il promemoria ha fallito miseramente -_-'

Alla prossima ~♫

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Capitolo 17
*** Sword music hall ***


Mentre le prime note del pianoforte cominciavano a risuonare nella grande sala, Aori si guardò intorno: tutti i presenti, tutta la platea...tutti adorati sottoposti che Tsubaki aveva gentilmente accolto nelle sue fila. E tutti mormoravano, dandosi indicazioni, dandosi il tempo. Pronti ad attaccare.

Seduto tra quelle poltrone, Lilac le lanciò un'occhiata, rabbrividendo: non si aspettava che una sottoposta come lei, al diretto comando di Tsubaki, si abbassasse a simili compiti. Quando lo guardo di lei si posò sul suo, Aori gli sorrise, intimandogli di rimanere in silenzio portandosi l'indice sulle labbra. Cosa ci faceva una persona simile tra loro, continuò a chiedersi Lilac, tornando a fissare il suo obiettivo. Tutto quello che aveva sentito su di lei era perlopiù che passava moltissimo tempo con Tsubaki, che i due non stavano mai troppo lontani; molti credevano che fosse la sua seconda in comando, altri la sua compagna. Tanti erano convinti che non potesse combattere, altri che i suoi poteri fossero quasi pari a quelli del Servamp.

Qualsiasi fosse la verità, quando successe quello che successe, Lilac vide qualcosa cambiare nei suoi modi gentili e cordiali. E ne ebbe quasi paura.

 

Quando l'attacco ebbe inizio, Aori ebbe pochi istanti per rendersi conto che il loro avversario era più forte del previsto. Troppo.

I sottoposti cadevano come mosche sotto i colpi della sua spada, gridando, scappando, cercando di proteggersi...

Aori non riusciva a sopportare quella vista, non capiva perché dovesse esistere una simile violenza.

Doveva finire.

Scendendo lentamente le scale, lo sguardo basso, cupo, e i sandali che ticchettavano, tingendosi del sangue ancora fresco dei suoi compagni, la sottoposta ignorò le ultime grida agonizzanti, gli ultimi fruscii di corpi che cadevano con un tonfo sordo. L'unica cosa che vedeva, in quel momento, era Lawless, la lama sporca e un sorriso soddisfatto sulle labbra. La musica continuò imperterrita.

– Ma guarda chi si rivede – commentò Avarizia, pulendo la spada con un gesto secco – Non ti è bastata la dimostrazione sul tetto?

Un sibilo lo fece scattare di lato, mentre il suo viso si rifletteva nella lunga lama scura che gli passò ad un nulla dal naso, andandosi a schiantare alla base del palco. Licht si tese appena, trattenendo a stento la sua irritazione.

– Ahi ahi, non puoi interrompere Angel mentre suona – la rimproverò Lawless, agitando l'indice da una parte all'altra – Poi se la prende con me.

Altre lame si conficcarono ai piedi del Servamp, che indietreggiò appena, facendo schioccare la lingua.

– Hai detto di essere una sottoposta di Tsubaki, giusto? - le ringhiò, mentre un sorriso folle gli illuminava il volto – Allora sarà meglio sistemare anche te.

Con uno scatto, Lawless le fu addosso, la spada protesa in avanti, ma una lama fluttuò tra loro, parando la stoccata prima che raggiungesse il petto di Aori. Una seconda si alzò alla sua sinistra, fischiando poi ad un nulla dall'orecchio di Avarizia, che saltò di lato e girò lentamente attorno alla sua avversaria.

– Se pensi che con me sarà più facile ti sbagli – sibilò la sottoposta, osservandolo muoversi con la coda dell'occhio.

– Che battuta scontata – sospirò Lawless, fingendo di provare il filo della sua spada – Penso proprio che uccidere te sarà facile come per tutti gli altri qui dentro.

Detto ciò, ripartì all'attacco, venendo nuovamente parato da una lama di Aori, che si spostò leggermente di lato e tentò di colpirlo alla schiena con un calcio. Il Servamp, però, scartò, evitandola per un pelo. Girando su se stesso, colpì di taglio, cozzando contro l'ennesima lama.

– Sul tetto, hai detto che qualcosa in me ti frenava – disse improvvisamente la ragazza, con quel suo sguardo teso e inespressivo, l'arma che tremava sotto la potenza di Lawless – Cosa intendevi?

– Niente di cui tu debba preoccuparti al momento – ringhiò Avarizia, allontanandosi con un salto per riprendere fiato. Non avrebbe mai detto che lo scontro con una banale sottoposta l'avrebbe sfiancato in quel modo.

– Allora perché non mi hai finita sul tetto? - continuò Aori, facendo apparire una dozzina di lame.

Lawless soppesò le possibilità: poteva farcela contro tutte quelle armi fluttuanti, bastava distrarla abbastanza da rendere il suo attacco il più scoordinato possibile.

– Pensi che ti abbia risparmiata per un qualche motivo? - rise, portando la spada con la punta a terra, in attesa – L'unico motivo per cui non l'ho fatta finita è che in quel momento non avevo voglia di sporcarmi le mani con una persona banale come te.

Quasi non si accorse del fruscio, e del dolore pungente alla guancia, il sangue caldo che colava fino al collo. Non aveva visto la lama arrivare, l'aveva mancato per un pelo.

Le altre non avrebbero fatto lo stesso errore, Lawless lo leggeva negli occhi di Aori: odio puro, caos nella sua peggior forma. Quell'aura scura che la circondava, poi, gli aveva fatto venire la pelle d'oca, ma non poteva certo fermarsi. Il pezzo di Licht era quasi finito.

Con uno scatto fulmineo, il Servamp evitò tutte le lame che gli piovvero addosso, sfiorando il pavimento con la punta della spada, e girò attorno alla ragazza, alzando l'arma per colpire.

E in quel momento li vide: quegli occhi, così terribilmente blu, che venivano attraversati da una fugace, folle sfumatura rossastra.

Tanto bastò per ferirlo superficialmente ad una spalla e sul fianco, ma non per fermare il suo attacco aereo. A quello pensarono i fili.

– Otogiri! - ringhiò Aori, mentre il suo corpo veniva avvolto e tirato verso il fondo della sala dove, sulla porta, la suddetta Otogiri manovrava le sue armi con le agili dita.

Quando arrivò in cima alle scale, la ragazza smise di divincolarsi, facendo piovere una ventina di lame su Lawless, che si spostò agilmente per evitarle.

– Ha ucciso i nostri compagni – sibilò Aori, rivolta alla compagna – Non posso andarmene senza averlo eliminato! Lasciami andare.

– Gli ordini di Tsubaki sono di riportarti indietro in caso di pericolo – le disse meccanicamente Otogiri, slegandola dai fili ma tenendola ben stretta in vita – Se non lo facessi sarebbe un guaio.

– Non possiamo lasciarlo andare! - protestò Aori, scalciando debolmente nella stretta ferrea – Non posso perdonarlo per quello che ha fatto!
– Andiamo – replicò Otogiri, irremovibile, trascinandola fuori.

All'ultimo, proprio mentre le porte stavano per chiudersi su quel massacro, sulle centinaia di compagni uccisi a sangue freddo, Aori sbarrò gli occhi, allungando disperatamente la mano verso la sala, verso quel posto in mezzo alle poltrone.

E Lilac le rivolse un'implorante sguardo di puro terrore.

 

Sakuya non riusciva a credere a cos'aveva appena sentito: sterminati. Tutti i suoi compagni, nella sala concerti...da un solo Servamp.

Ma quello che lo preoccupava di più, mentre correva verso la stanza di Tsubaki, era quello che era successo dopo.

Aori aveva combattuto contro Avarizia, da sola. Questo gli aveva detto Otogiri al telefono, mentre andava a recuperarla. Affrontare da sola Lawless...cosa le era saltato in mente? Sì, ora aveva dei poteri con cui difendersi, ma questo non impediva a Sakuya di preoccuparsi terribilmente.

La sua “sorellina”, che avrebbe dovuto proteggere dal mondo, proprio come lei faceva con lui...eppure eccolo lì, a correre per mettersi al riparo, a nascondersi con la coda tra le gambe mentre Aori combatteva senza speranze di vittoria contro un nemico più grande di lei.

Quando finalmente raggiunse la stanza, il ragazzo entrò di schianto col fiato corto, senza curarsi delle occhiatacce degli altri sottoposti; scrutando con lo sguardo tutt'attorno, la cercò, incontrando solo l'espressione sollevata di Tsubaki.

– Bentornato, Sakuya – lo salutò. Forse, pensò il sottoposto, era ancora ignaro di quello che era appena successo. Shamrock, di fronte al suo padrone, sembrava cercare le parole migliori per annunciarglielo.

– Sono terribilmente spiacente, boss – mormorò alla fine, inchinandosi con l'aria più abbattuta che Sakuya gli avesse mai visto – Devo darle una brutta notizia.

Mentre spiegava della sala concerti, della carneficina ad opera di Lawless, delle centinaia di perdite subite, l'espressione di Tsubaki mutò: sorpresa, confusa e infine neutra, impenetrabile.

Sakuya capiva cosa gli passava per la testa, sapeva qual era la sua unica domanda.

Il rumore poco delicato della porta fece voltare tutti, ma il Servamp fu il più veloce.

E i loro sguardi si incontrarono di nuovo, facendo cadere definitivamente le difese di Tsubaki.

Ancora trattenuta per la vita, Aori smise di divincolarsi, sgranando gli occhi già pieni di lacrime; vedendo che si era calmata, ad un cenno del suo padrone Otogiri la lasciò andare, guardandola barcollare in avanti, verso il suo obiettivo.

– Non sono riuscita a fare niente – singhiozzò Aori, le spalle che sobbalzavano ad ogni respiro, il passo incerto, disperato. Senza dire una parola, Tsubaki la raggiunse in un attimo, stringendosela al petto come se non volesse più lasciarla andare, affondando le dita nei capelli ormai legati in una coda sfatta, strofinando la guancia sulla sua tempia.

– L'ho abbandonato – gemette lei, stringendosi contro di lui – Ce n'era ancora uno...Lilac è...

– Non dovevi fare nulla – la riprese dolcemente il Servamp, scostandosi quel tanto da riuscire a guardarla. Davanti a quello sguardo, Aori si bloccò: calde lacrime cadevano dagli occhi di Tsubaki, scivolando giù per le guance mentre tentava invano di sorridere, di alleviare la sua tristezza.

– E' stata colpa di un mio errore strategico – disse, alzando lo sguardo su nessuno in particolare – Vi chiedo scusa. A tutti.

 

La notte sembrò ancora più scura e impenetrabile a Lawless, mentre questo si dirigeva verso l'hotel dove lui e Licht soggiornavano. Se non fosse stato per la tenue luce della luna, e quella del cellulare, Avarizia avrebbe creduto di aver perso la ragione.

L'immagine di quella ragazzina, di quella stupida sottoposta che gli si era opposta, continuava a fare capolino nella sua mente, innervosendolo ancora di più.

– Come se avesse mai avuto una qualche possibilità contro di me – bofonchiò, pigiando violentemente i tasti del telefono – Il suo è stato un gesto di pura disperazione.

Eppure un'altra immagine continuava a sovrapporsi a quella di Aori: una più alta, con occhi e capelli chiari, una coda identica alla sua...

Ricacciando indietro quel pensiero per l'ennesima volta, Lawless sbuffò, entrando a passo svelto in hotel e salendo le scale fino al suo corridoio. Proprio non si aspettava di trovarsela davanti, non di nuovo, non dopo la netta sconfitta.

Eppure Aori lo fissava come se nulla fosse successo, tormentandosi le dita in grembo e voltandosi di tanto in tanto, come temesse di essere osservata. Come una normale fan di Licht. Come una normale ragazzina umana.

– Cosa ci fai qui? - le ringhiò il Servamp, aprendosi poi in un ghigno crudele – Non ti è bastata?

La sottoposta si avvicinò con calma, senza dire una parola: quella posa composta, la coda che ondeggiava appena oltre le sue spalle...Lawless sentì l'impulso di fuggire, che gli fece fare un teso passo indietro. Perché tutte quelle immagini dovevano tornargli in mente proprio in quel momento?

– Sono qui per chiederti scusa – disse Aori, quando gli fu a poco meno di due metri.

Sgranando gli occhi, il Servamp sentì una risata strozzata uscirgli dalla gola, mentre il desiderio di andarsene gli faceva tremare leggermente le mani. Era solo una ragazzina, non poteva fargli del male. Conosceva i suoi poteri, poteva batterla in qualsiasi momento...o forse no?

– Perchè dovresti chiedermi scusa? - sibilò Lawless, facendo un altro passo indietro. Una presenza ben più spaventosa, però, lo fece bloccare, facendogli correre un brivido lungo la schiena.

Ora era Aori ad avere un sorriso veramente terrificante.

– Per questo – rispose, mentre Tsubaki portava a termine il lavoro.




Angolino dell'autore

Ritardo epocale, lo so, sessione d'esame lunga e difficile -_-
Piccola parte violenta, per evidenziare un pochino il cambiamento di Aori: un piccolo assaggio di quello che sarà il gran finale (ammesso che un giorno questo si palesi ^-^')
Grazie a tutti per la pazienza, soprattutto ad Anna3, che mi avrà maledetta in tutte le lingue del mondo...

Alla prossima ~♫

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Capitolo 18
*** Terrible mistake ***


– Tsubaki verrà a prenderlo – disse Mahiru, in tono talmente convinto da far vacillare persino la sicurezza di Lilac: cosa ne poteva sapere quell'umano di Tsubaki? Come poteva essere sicuro di una cosa simile?

“Per un sottoposto inutile come me, poi” si ritrovò a pensare il sottoclasse, stringendosi le ginocchia al petto.

– E' già successo, pensate a Belkia – continuò Mahiru, imperterrito – Pensate ad Aori!
I presenti si zittirono di colpo, mentre un silenzio pesante riempiva la stanza. Lilac alzò lo sguardo su di loro, sulle loro espressioni combattute, pensando a quanto sapessero davvero. Nemmeno lui, che stava dalla parte di Tsubaki, riusciva a capire appieno quella strana ragazza: c'era sempre stato qualcosa, in lei, che l'aveva incuriosito, se non inquietato; ma era la prescelta di Tsubaki, la sua compagna, la persona gentile che concedeva le sue attenzioni anche a persone miserabili come Lilac.

Le immagini dell'attacco alla sala concerti tornarono ad affacciarsi nella mente del sottoposto, che rabbrividì pensando a quanti compagni avesse perso, a quanto avesse avuto paura nel rimanere da solo, in balia di Avarizia. A quanto fosse disperato lo sguardo che Aori gli aveva rivolto prima di essere trascinata via da Otogiri.

Quello intendeva: una ragazza capace di far sentire speciale anche il più infimo dei sottoposti.

Alzando di nuovo lo sguardo, Lilac si accorse che Mahiru era uscito.

– Mi dispiace, per tutto – gli disse poi, trovandolo solo sulla veranda. Il sottoposto alzò lo sguardo su di lui, chiedendosi come facesse ad essere così tranquillo.

– Perchè mi proteggi? - gli chiese, osservando il dolce che l'Eve aveva condiviso con lui – Sono tuo nemico.

Mahiru gli rivolse un'occhiata, soppesando bene le sue parole, ma alla fine riuscì solo a sorridere, pensando a quanto fosse vero. E a quanto non importasse.

– Sai, il giorno stesso n cui ho conosciuto Kuro una ragazza ci ha portati in salvo – gli disse, giocherellando con l'asciugamano che teneva sulle spalle – All'inizio mi sembrava assurdo, tutto questo, e quando è apparsa lei, le cose sono persino peggiorate.

Lo disse in una risata leggera, osservando i sassolini illuminati dalla finestra.

– Quando ho scoperto che era una sottoposta, beh, ci sono rimasto male, credo – continuò – Insomma, sono l'Eve di un Servamp e quella ragazza è...

– Aori – completò per lui Lilac, senza riuscire a guardarlo.

Con un sorriso incoraggiante, Mahiru annuì, continuando.

– Ci ha aiutati, anche se stava dalla parte opposta, senza tradire nessuno – disse – Almeno finché...

– Aori è fatta così – lo interruppe Lilac, ignorando le ultime parole – Ce la mette tutta anche con noi sottoposti inutili. Ci fa sentire una famiglia.

L'Eve non stentava a crederci: era quello che aveva tentato di fare con Misono e Lily, con Mikuni e Jeje, persino con Licht e Lawless, anche se non era finita come sperato. Aveva un solo obiettivo: fare un modo che nessuno facesse del male a nessuno.

– Sì, Aori è fatta così – mormorò Mahiru, prendendo a tormentarsi le mani.

– Non posso tradire Tsubaki, non dopo quello che ha fatto per me – riprese Lilac, dopo un lungo momento di silenzio – Ma dato che siete amici di Aori, voglio darvi un avvertimento: state attenti a Higan.

Ricevendo l'occhiata confusa dell'Eve, il sottoposto si spiegò meglio.

– Higan è il nostro numero due – disse, stringendosi nelle spalle – E' il più forte tra noi, per ora.

Sconvolto da quelle parole, Mahiru quasi non fece caso a quelle ultime due parole.

 

La notte illuminata dalle innumerevoli luci della città si stagliava ai suoi piedi come un letto di stelle, mentre la brezza leggera le scompigliava i ciuffi attorno al viso.

L'operazione nella sala concerti era stata un disastro, ma Aori non si sarebbe certo arresa. Combattendo con Lawless aveva capito così tante cose su di sè: il suo potere era molto maggiore di quanto si fosse immaginata, le sue lame erano resistenti anche agli attacchi di un Servamp; soprattutto, però, sembrava non esserci limite. Se Otogiri non l'avesse fermata, per quanto sarebbe potuta andare avanti? Magari abbastanza da mettere alle strette Avarizia.

Un fruscio la fece irrigidire. Sentiva una presenza, lì sul tetto con lei, e non si trattava di Tsubaki.

– Notte magnifica, non pensi anche tu?

Voltandosi piano, Aori incontrò gli occhi scarlatti di Higan, intento ad accendersi una sigaretta. Il vento, però, sembrava impedirglielo.

– Quindi sei tornato – commentò la ragazza, scendendo dal parapetto e avvicinandoglisi con un sorriso cordiale – Tsubaki aspettava con ansia il tuo arrivo.

– Perchè, tu no? - chiese il sottoposto, rivolgendogli un'occhiata fintamente ferita.

– No – rispose semplicemente Aori, sorridendo in modo ancora più candido e intrecciando le dita dietro la schiena – Non mi sei mai piaciuto molto, mi spiace.

– Come sei crudele – sospirò l'uomo, con un sorriso offeso, arrendendosi ad accendere la sigaretta col suo potere.

Proprio mentre questa prendeva fuoco, però, qualcosa sfrecciò ad un nulla dalla sua faccia, tagliando il sottile cilindro a metà sotto il suo sguardo sbalordito.

Facendo un passo indietro, più per precauzione che per difesa, Higan sgranò gli occhi: non si erano mai conosciuti molto bene, quello era vero, ma proprio non ricordava che quella ragazzina avesse un potere così devastante e preciso. Doveva fare due chiacchiere con Tsubaki sulla faccenda.

– Devo dire che sei riuscita a cogliermi di sorpresa – commentò, gettando da parte il moncone di sigaretta – Ma credi davvero di riuscirci di nuovo?

Una fiammata raggiunse Aori, illuminandone i lineamenti perfettamente rilassati, calmi, e, ad un nulla dal suo viso, si divise in due, sfiorandole appena le spalle. Alzando il mento con aria annoiata, la ragazza sorrise impercettibilmente, facendo correre le sue lame nell'aria.

Higan ebbe appena il tempo di scansarsi leggermente di lato, sentendo il fruscio talmente forte nelle orecchie da farlo preoccupare: doveva assolutamente parlarne con Tsubaki.

– Cos'è, non riesci a stare al passo? - lo derise Aori, in un ghigno.

Proprio mentre una delle sue lame stava per infilzare il sottoposto alla spalla, la ragazza sentì qualcosa saltarle tra le braccia, costringendola a deviare la sua attenzione. L'arma svanì a pochi centimetri dalla pelle di Higan.

– Tsubaki! Cosa ci fai qui? - esclamò Aori, in tono di rimprovero, stringendo la volpe tra le braccia – Se mi stavi aspettando potevi mandarmi a chiamare. Cos'è, non riuscivi ad aspettare?

La sua voce si addolcì mano a mano che il calore del Servamp la scaldava e il suo musino nero si strofinava sulla sua guancia, facendole il solletico.

Higan, da parte sua, era sempre più perplesso: solo un attimo prima sembrava preda di un istinto violento irrefrenabile; l'attimo dopo, invece, rieccola con la sua gentilezza, pressocchè incondizionata, a giocare con il suo padrone senza nessuna traccia del sadismo precedente.

Con uno sguardo, Tsubaki lo avvertì di pazientare ancora un momento.

– Non potresti scendere adesso? Stiamo ultimando i preparativi per l'arrivo dei nostri ospiti – disse il Servamp ad Aori, nel suo tono più innocente – Devo spiegare gli ultimi dettagli a Higan, quindi scenderemo tra un attimo.

Annuendo con un sorriso dolcissimo, la ragazza lo posò a terra, sorpassando il sottoposto come se non si trovasse realmente lì. Quest'ultimo, però, sentì chiaramente un brivido corrergli lungo la schiena nel percepire così da vicino l'aura cupa di Aori accanto a lui.

– Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo? - sospirò seccamente Higan, quando fu sparita oltre la porta. Riprendendo il suo aspetto umano, Tsubaki diede uno sguardo alla città sottostante, nascondendo le mani nel kimono e sospirando a sua volta.

– Penso di aver fatto un errore, mesi fa – rispose, spostando lo sguardo sul sottoposto: teso, combattuto, triste...

– Un errore che si sta rivelando più pericoloso del previsto.




Angolino dell'autore

Meno ritardo, ma le maledizioni arrivano comunque ^-^'
Siamo agli sgoccioli (in molti sensi) e terribilmente vicini alla fine (ammesso che la scriverò mai...)
Spero che l'ispirazione mi assista (lo spero davvero tanto) perchè il prossimo sarà l'ultimo capitolo già pronto...
Intanto ringrazio la gente paziente che mmi segue, l'impareggiabile Anna3 che ormai non ne può più di me ^-^' e tutti quelli che arriveranno con me alla fine.

Alla prossima ~♫

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Capitolo 19
*** Corruption ***


– Perchè dovrei fare coppia con te?

La domanda secca, e vagamente disgustata, di Aori fece sospirare Higan. I due erano stati incaricati da Tsubaki di intercettare Licht e portarlo alla base, proprio come la sera prima il Servamp e la sottoposta avevano fatto con Lawless. Perché avesse deciso di mandare anche lei la ragazza non l'aveva capito.

– Vedete di fare amicizia – aveva detto Tsubaki, salutandoli dalla porta.

Aori avrebbe preferito di gran lunga rimanere con lui, soprattutto dopo averlo visto così giù la sera prima: tutti quei sottoposti persi...la ragazza sentiva l'urgente bisogno di stare al suo fianco e consolarlo, anche se apparentemente sembrava già passato alla fase successiva del piano.

– Non avertene così a male, sarà divertente – cercò di rabbonirla Higan. Il ricordo del loro scontro sul tetto continuava a ricordargli di andarci piano con lei. Le parole sibilline di Tsubaki, poi, continuavano a tormentarlo.

Cos'era successo qualche mese prima?

Guardando Aori di sottecchi, l'uomo si ritrovò a notare un dettaglio che lo disturbò non poco.

Quegli occhi terribilmente azzurri.

– Penso di aver trovato il nostro bersaglio – gli comunicò la ragazza, indicando davanti a sé con un cenno della testa. Cercando di scrollarsi quell'inquietante pensiero dalla testa, Higan guardò nella sua stessa direzione: un ragazzino arrancava, appoggiandosi al muro accanto a lui, a piccoli passi, borbottando qualcosa tra sé e sé.

– Vuoi avere tu l'onore? - chiese l'uomo ad Aori, che scosse la testa con un sorriso derisorio.

– Penso che potrebbe essere più facile per un vecchietto come te avere un nemico già debole – sorrise candidamente, intrecciando le dita dietro le schiena – Se hai bisogno di una mano basta che lo dici.

Sbuffando divertito a quel tono impietoso, Higan si arrese ad assecondarla. D'altronde, aveva proprio voglia di sfogarsi su qualcuno.

L'approccio dell'uomo alla faccenda lasciò Aori perplessa: la notte prima non si era resa conto di quanto quel vecchio fosse letale, nonostante in qualche modo fosse riuscita a metterlo in difficoltà. Probabilmente, pensò, con lei si era trattenuto, troppo confuso da quel suo nuovo potere per reagire prontamente. In più, chissà cosa ne avrebbe pensato Tsubaki se l'avesse ferita.

Troppo pensierosa per dare attenzione alla vicenda, la ragazza quasi non si accorse delle occhiate di Licht, che continuava a tormentarsi con un'insistente domanda: perché il giorno prima era stata così gentile e disponibile con lui e Lawless e ora invece sembrava completamente impermeabile alla violenza che si stava consumando nei suoi confronti? Che l'approccio amichevole fosse solo un modo per avvicinarli ed eliminarli?

Non sapeva perché, ma Licht continuava a pensare che non fosse così. D'altra parte, però, capiva la sua reazione di fronte al rifiuto secco di Lawless e la probabilità che dividerli e farli fuori fosse, oltre che una strategia di Tsubaki, anche una specie di vendetta di Aori.

Se davvero ormai poteva considerarla una nemica, il ragazzo pensò al da farsi. E decise di reagire.

Con uno scatto, usando i suoi stivali-guida, Licht puntò dritto sulla sottoposta, che sembrava ancora assorta nei suoi pensieri; il momento migliore per coglierla di sorpresa, l'Eve ne era consapevole.

Ad un nulla dal colpirla, però, il ragazzo incontrò i suoi occhi terribilmente divertiti.

Una serie di lame nere emerse dal nulla, sfrecciando intorno a lui per andare a conficcarsi nel terreno alle sue spalle. Sorpreso dall'attacco inaspettato, Licht si bloccò, saltando indietro, ma venne bloccato prontamente da una seconda fila di spade, che lo circondò.

– Sei divertente per essere un pianista – sorrise Aori, avvicinandoglisi piano – Sarebbe un peccato rovinare così un talento tanto promettente.

Detto ciò, rivolse una lunga occhiata seccata a Higan, che le rivolse uno sguardo imbarazzato, passandosi una mano sulla nuca.

– Vedi di portare a termine il tuo compito – gli disse la ragazza, facendo sparire le lame e voltandosi.

– Quel riccio schifoso aveva ragione.

Le parole di Licht la fecero bloccare di scatto.

– A che proposito quello sterminatore di sottoposti avrebbe ragione? - sibilò Aori, guardandolo da sopra la spalla.

Il ragazzo si prese un momento per pensare, notando che anche Higan si era fermato ad ascoltare; si chiese come quella sottoposta potesse essere così diversa da quella notte sul tetto, a come, quella volta, gli avesse dato l'impressione di essere sincera, nel voler fare amicizia con loro.

– Sei solo una banale imitazione del tuo padrone – concluse Licht, sapendo che non avrebbe ricavato nulla da quell'uscita, se non altro dolore – Sei solo un'ipocrita.

Una lama gli arrivò ad un nulla dal viso, talmente veloce che il ragazzo non riuscì nemmeno a pensare di scansarsi. Lo sguardo di Aori, in ogni caso, l'aveva pietrificato sul posto.

Sembrava così piena di odio, sembrava furiosa...eppure, nei suoi occhi sbarrati, Licht credette di leggere una paura divorante. Una completa mancanza di controllo.

– Ehi ehi, Tsubaki ha ordinato di catturarlo vivo – si intromise Higan, alzando le mani per mostrarsi amichevole – Fai sparire quella spada. Lascia finire me.

Come riscuotendosi, Aori spostò lo sguardo su di lui, annuendo, l'espressione spaesata, e fece sparire la lama d'ombra.

Proprio in quel momento, Mahiru girò l'angolo.

 

Mahiru proprio non si aspettava di trovarsi di fronte ad una simile situazione: già solo il fatto che Higan si fosse messo sulla loro strada avrebbe dato loro del filo da torcere; ma perché Aori era proprio davanti a loro?

– Aori! - la chiamò l'Eve, cercando di mostrarsi amichevole nonostante il presentimento che cominciava a tormentarlo – Cosa ci fai qui?

La ragazza lo squadrò, passando poi senza rispondere lo sguardo su Kuro, un passo dietro il suo padrone: sembrava combattuto, notò la sottoposta, come se trovarsela davanti in quel modo avverasse i suoi incubi peggiori.

Ed era proprio il pensiero che continuava a girare nella mente del Servamp, prepotente quanto una condanna: la consapevolezza che uno scontro era inevitabile, finché la situazione versava in quelle condizioni.

Doveva arrivare a risolvere il problema di Aori il prima possibile, altrimenti, se lo sentiva, le cose sarebbero andate sempre peggio.

– Cosa succede, Kuro? - gli chiese la ragazza in tono duro, facendolo rabbrividire – Adesso che capisci come stanno le cose non hai ancora il coraggio di occupartene?

– Cosa stai dicendo, Aori?! - esclamò Mahiru, mettendosi in mezzo – Cosa sta succedendo? Perché stai attaccando Licht?

– Voi non mi conoscete, Mahiru – sibilò la sottoposta, stizzita – Non sapete nulla di me. Non sono chi credete che io sia. Non lo sono più da molto tempo.

Detto ciò, alzò il braccio verso di loro, facendo apparire una lunga spada nera e stringendone l'impugnatura con le dita.

– Il mio padrone è Tsubaki e io gli sarò fedele per sempre – disse, quindi portò la lama ad un nulla dalla nuca. E tagliò.

Sotto gli sguardi attoniti dei presenti, compreso Higan, la lunga coda di capelli nero pece cadde a terra, avviluppandosi su se stessa, seguita subito dopo dal nastro con cui era legata.

Quando Aori gli scoccò un'occhiata dura, Kuro deglutì a vuoto, non riuscendo a togliersi dalla mente quell'unico pensiero che continuava a tormentarlo.

– Non sono più la Aori che conoscevi – gli disse la sottoposta, facendo sparire la spada e svanendo nel nulla.

Era già troppo tardi.

 

Lawless socchiuse gli occhi, accorgendosi di essere circondato solamente dalla penombra. Quell'attacco a sorpresa di Tsubaki l'aveva lasciato senza fiato, come lo sguardo crudele di quella misera sottoposta che gli aveva dato del filo da torcere nel teatro. Sembrava estremamente potente, troppo per essere un banale vampiro, o almeno, quella era stata la sua impressione mentre combatteva con lei. Doveva esserci qualcosa sotto, ma standosene a rimuginare in quella stanza buia non l'avrebbe aiutato.

Qualcosa, però, gli impediva di muoversi.

– Non preoccuparti, presto il tuo Eve tornerà abbastanza vicino da non farvi morire – mormorò una voce, in tono neutro.

Lawless guardò con astio la figura esile di Aori entrare nel suo campo visivo, e si stupì di quanto sembrasse diversa dall'agguato del giorno prima: i capelli erano ora corti fin sotto il mento e gli occhi rilucevano di un bagliore azzurrino ancora più sinistro. Azzurro...

– Tu sei qualcosa di profondamente sbagliato – mormorò il Servamp, in tono che sperò essere di scherno ma che suonò solo soffocato – Quegli occhi...è tutto sbagliato!
– Non c'è più nulla di sbagliato – replicò Aori, con un sorriso inquietante – Nè io, né la guerra di Tsubaki. È tutto così logico, ora.

Si chinò in avanti, ponendo il viso a livello di quello del Servamp senza smettere di sorridere.

– Se fosse per me, ormai il tuo spirito sarebbe già fluito fuori dal tuo corpo – sussurrò, giocherellando con la targhetta con su scritto Hyde.

Lawless tentò di scostarsi, scoprendo di essere legato troppo strettamente e di non poter far altro che subire, per il momento. Con Licht lontano non poteva contare sul suo potere, e con quella sottoposta non poteva rischiare di nuovo.

– Ma Tsubaki vuole fare le cose in grande, e Lilac è ancora dai tuoi amici... - aggiunse Aori, rialzandosi e assumendo un'espressione seccata – Dovremo aspettare che vengano qui, consegnandoci l'ostaggio. A quel punto...

Il suo sguardo si fece crudele, un bagliore azzurrino le illuminò gli occhi e la sagoma di una decina di spade apparve e scomparve alle sue spalle. Lawless deglutì a vuoto, desiderando per la prima volta di poter scappare a gambe levate. Non si poteva ragionare con lei, per quanto Mahiru dicesse il contrario.

Ormai era troppo corrotta.




Angolino dell'autore

Annuncio con orgoglio che, tranne un paio di righe conclusive dell'epilogo, ho finito la storia *-*, quindi d'ora in poi, diciamo ogni due/tre giorni, potrei pubblicare tutto quello che manca. Entro fine settembre, lo prometto, pubblicherò tutto, così da mettere fine alle sofferenze della mia adorata fan Anna3 che si starà chiedendo perchè mi segue ancora ^-^'
Per il resto, stiamo per entrare nelle battute finali, qui siamo ancora nella trama dell'anime, ma tra uno/due capitoli entreremo nella parte veramente originale (nel senso non presente nell'anime) della storia.
Vedrò di mettere un avvertimento, giusto per essere sicuri.

Alla prossima ~♫

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Capitolo 20
*** Minus three ***


Il piano era partito senza intoppi, il gruppo di Mahiru aveva già chiamato Tsubaki per dirottarlo lontano dal grattacielo dove teneva il duo dell'avarizia. Non ci sarebbero stati problemi, il Servamp ne era sicuro. Anche se gli avevano organizzato quella ridicola trappola, aveva fiducia nei suoi sottoposti e nel fatto che avrebbero fatto buona guardia ai prigionieri.

Solo un dettaglio disturbava il suo buonumore: Aori.

Era rimasta in disparte per tutto il tempo, da quando era tornata dal rapimento di Licht. In più, quel taglio di capelli...Tsubaki continuava a pensare a come le cose gli stessero sfuggendo irrimediabilmente di mano, ma non ci fosse mai il tempo di rimediare, se era possibile.

Con quella battaglia in corso non stava affrontando il problema di Aori come avrebbe voluto e, lo sapeva, alla fine ne avrebbe pagato le conseguenze.

Avvicinando Higan, il Servamp gli chiese di accompagnarlo sul tetto, da cui avrebbe raggiunto il luogo di incontro con il gruppo di Mahiru.

– La questione si sta facendo critica, penso che te ne sia accorto anche tu – gli disse Tsubaki, entrando nell'ascensore e premendo distrattamente il pulsante per salire.

– Come ti ho già riferito, c'è qualcosa di strano – mormorò Higan, teso – Non mi sembrava che si comportasse così all'inizio, per quanto poco io l'abbia vista. E quel potere...non ce l'aveva prima, o sbaglio?

Il Servamp si prese un paio di istanti di silenzio, fissando il pannello senza vederlo: se solo fosse stato possibile tornare indietro...

– Ci sono delle cose che non ho detto, che nemmeno lei sa – mormorò, in tono cupo – E che probabilmente sono la causa di tutto questo.

Fece una pausa, guardando il sottoposto con la coda dell'occhio.

– Voglio solo che tu la tenga d'occhio. Evita che faccia stupidaggini mentre non ci sono – concluse, superando le porte appena aperte dell'ascensore.

Higan stava per replicare, per chiedere spiegazioni, ma quelle si richiusero davanti a lui, dandogli un ultimo stralcio dell'espressione del suo padrone.

Gli sembrò quasi...pentito.

 

La battaglia era già iniziata per tutti gli altri quando Licht e Lawless trovarono finalmente un punto in comune, ritrovando la sintonia necessaria per liberarsi dalle loro celle e sfondare il muro verso le stanze dell'ultimo piano.

Assumendo un'espressione terrorizzata, il Servamp pensò che, dopotutto, la sua cella forse gli piaceva: non era tanto quello strano vecchio a spaventarlo, nonostante sembrasse parecchio forte, no.

Quello sguardo azzurrino lo fissava, privo di qualsiasi emozione, alle sue spalle una fila di spade pronte a colpire.

Con Licht ridotto ormai allo stremo, Lawless capiva di avere ben poche possibilità contro Aori.

– Cosa c'è, riccio schifoso? Te la stai facendo sotto? - gli ringhiò il pianista, pestandolo con lo stivale, poi aggiunse, in tono più basso – So perfettamente qual è il tuo problema, ma non possiamo tirarci indietro.

Il Servamp lo fissò, sorpreso da tanta empatia, solo per accorgersi che anche il suo padrone sembrava aver capito qualcosa di quella sottoposta inquietante.

– L'unica cosa da fare è sconfiggerli – concluse Licht, in tono normale, facendo sorridere Higan.

Prima ancora che potesse lanciare l'attacco, però, il pianista si vide passare una lama ad un nulla dall'orecchio; rabbrividendo, capì che non avevano possibilità. A quel punto, almeno dovevano prendere tempo.

Lawless, però, proprio non riusciva a muoversi come avrebbe voluto: il pensiero della battaglia nella sala concerti continuava a tormentarlo, insieme alla consapevolezza di non avere speranze contro Aori. Se l'altra sottoposta non l'avesse fermata, Avarizia non sapeva se lo scontro sarebbe finito a suo favore.

Quando una fila di spade si conficcò dove si trovava il duo un attimo prima, Licht si rese conto che avevano una sola chance di sopravvivere.

– Aori, cara, perché non lasci fare anche a me? - protestò gentilmente Higan, con un sorriso cordiale.

L'occhiata gelida che la sottoposta gli rivolse lo fece rabbrividire, ma non gli impedì di sostenere il suo sguardo.

– Non ho intenzione di portare avanti questa stupida battaglia a lungo – ringhiò Aori, lanciando l'ennesima pioggia di spade – Tsubaki vuole una cosa sola, e io la renderò possibile.

Con uno scatto, che nemmeno Higan riuscì a vedere bene, la sottoposta puntò dritta su Avarizia, che indietreggiò per prepararsi a scansarla; nel farlo, vide la targhetta che gli aveva donato Licht sollevarsi davanti a lui e il tempo parve fermarsi.

Aori si avvicinava rapidamente, puntando quegli occhi anomali sull'oggetto per lui più importante, e il Servamp sentì le sue intenzioni. Sapeva cosa voleva fare.

E non riuscì ad evitarlo.

La sottoposta lo sorpassò, fermandosi qualche metro dietro di lui, e Avarizia seppe che avevano perso.

– Fuori tre – mormorò Aori, lanciando in aria la targhetta con un colpo del pollice.

Il Servamp si voltò appena in tempo per vedere il suo amato tesoro volteggiare sopra di lui.

Un istante dopo, una decina di spade disintegrarono il metallo, colpendolo da ogni direzione in una nuvola di scintille.

 

Il grattacielo tremò sotto la forza del leone nero che era Kuro, mandando in frantumi ogni finestra con cui veniva in contatto.

Quando Kuro e Mahiru atterrarono nella stanza al penultimo piano, Misono corse loro incontro, indicando senza fiato verso l'alto.

Senza capire, Accidia alzò lo sguardo, sentendo tremare l'edificio nonostante fosse tornato alla sua forma normale. Stava succedendo qualcosa all'ultimo piano, e non era per niente buona.

I jinn invasero anche quella stanza, riversandosi contro i suoi occupanti. I sottoposti di Tsubaki sembravano spaesati quanto i loro avversari, tanto che preferirono battere in ritirata nonostante il vantaggio numerico.

– E' Avarizia – sentenziò Kuro, corrugando la fronte – Devono aver distrutto quello che lo legava al suo Eve.

– E come può essere possibile? Tra i sottoposti di Tsubaki solo Higan manca all'appello! - gemette Misono. Lo sguardo combattuto che gli rivolse Mahiru lo fece deglutire a vuoto: come aveva fatto a dimenticarlo? C'era un altro sottoposto di Tsubaki che poteva aver sconfitto Avarizia.

– Non l'avrebbe mai fatto – protestò l'Eve di Lussuria, sostenuto dallo svolazzare di Lily.

Kuro li ignorò, dirigendosi verso le scale.

– Che sia stata Aori o meno, abbiamo perso Avarizia – mormorò – E' una seccatura immane.

– L'unico modo per capire cos'è successo e come risolverlo è andare all'ultimo piano – disse Mahiru, impugnando più saldamente la sua nuova guida, una lancia nera – E se sarà stata Aori la faremo ragionare.

– Tu sei quasi più seccante, Mahiru – sospirò Kuro.

Quando arrivarono al piano di sopra, videro qualcosa che non si sarebbero mai aspettati di vedere.

Avarizia era a terra, circondato dal flusso di jinn; Licht era in ginocchio al suo fianco e fissava con astio una figura nascosta dalla calca di creature sovrannaturali.

Aori era immobile, dava loro le spalle e sembrava...sorridere.

Una risatina sgorgò dalla sua gola, facendosi sempre più intensa, fino a diventare una vera e propria risata, che risuonò in tutto il piano mentre la sottoposta rovesciava la testa all'indietro.

Higan decise bene di evitare problemi, sparendo giù dalle scale. Non poteva competere con un tale grado di pazzia e lo sapeva bene.

Al contrario, Misono e Tetsu raggiunsero i compagni, soccorrendo Licht e Avarizia e aspettando indicazioni dal duo di Accidia, l'unico ancora in grado di combattere.

– Andate via, qui ce ne occupiamo noi – disse Mahiru, anche se non con troppa convinzione.

Misono non se lo fece ripetere ed aiutò Licht ad alzarsi, mentre Tetsu portava via un Avarizia esanime.

Ora che il campo era libero, Kuro pensò al da farsi: era evidente che Aori aveva superato il punto di non ritorno, e improvvisamente gli sembrava anche di capirne il perché.

L'arrivo di Tsubaki, che rivolse uno sguardo di puro terrore alla sottoposta, gli diede la risposta che stava aspettando.

 

Il grande leone nero aveva attirato anche l'attenzione di Tsubaki, intento a cercare il suo sottoposto tra quelli di Avarizia. Quello che, però, l'aveva convinto che quell'assurda battaglia con i pupazzi fosse inutile fu l'ondata di jinn che esplose dall'ultimo piano.

Perchè sapeva per certo che doveva c'entrare Aori.

Improvvisamente, proprio mentre il leone spariva dentro il grattacielo, al Servamp tornarono in mente delle immagini: un gattino, una ragazza, una sciarpa, in un vicolo; una strada, una macchina. Sangue.

Scuotendo violentemente la testa, Tsubaki evitò per un pelo l'attacco di uno dei sottoposti di Avarizia e saltò su un albero, appoggiandosi con la mano al tronco e cercando di tornare alla realtà.

Quelle immagini, però, continuavano a tormentarlo, come il presentimento di una infausta piega degli eventi.

Aveva fatto un errore, mesi prima, e ora ne avrebbe osservato le conseguenze.

E mentre lasciava la battaglia coi sottoposti per dirigersi al grattacielo, a Tsubaki tornarono in mente tutti i dettagli di quel periodo della sua vita che aveva cambiato tutto.





Angolino dell'autore

Velocizzo come promesso la pubblicazione, così da riuscire a finire tutto entro fine settembre. Siamo entrati nella parte "originale", quindi non ci saranno particolari corrispondenze, se non saranno completamente assenti, con il manga/anime. Come potete notare, Aori è partita per la tangente, è ora di capire cosa le è successo e perchè da tot capitoli a questa parte Tsubaki ne sembra tanto preoccupato. Cosa si sarà ricordato il nostro caro Malinconia?
Tutto questo nel prossimo episodio, il penultimo della serie!

Alla prossima ~♫

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Capitolo 21
*** A girl, a cat and the Melancholy ***


Che bel gattino!

Tsubaki si fermò sul tetto su cui era appena atterrato, guardando distrattamente in basso: una ragazza stava accarezzando un gattino nero dall'aspetto trasandato, probabilmente un randagio, mentre un'altra cercava di convincerla ad andarsene.

Una scena di vita umana che per il Servamp non aveva molto significato, se non per un dettaglio: quel felino non era un animale normale.

Sorridendo della sua fortuna, Tsubaki si sporse leggermente, pensando già a come avrebbe tormentato il suo amato fratellone Accidia. Se quella ragazza fosse diventata la sua Eve, il gioco sarebbe diventato ancora più divertente.

All'improvviso, dopo averlo accarezzato a lungo, l'umana prese Kuro tra le braccia, stringendoselo al petto come se non volesse farlo più andare via.

Per qualche strana ragione, Tsubaki sentì un moto di irritazione salirgli dentro che lo distolse momentaneamente dai suoi piani malvagi.

Quando l'umana se ne andò, promettendo di tornare, il Servamp la osservò, notando in particolare i suoi lunghi capelli neri dai riflessi bluastri e la sciarpa avvolta attorno al collo. Una ragazza normale, come ne aveva viste tante. Non aveva nulla di interessante.

 

Io sono Aori. Tu sei randagio, giusto?

A quella domanda, Kuro era scappato a gambe levate sotto lo sguardo frustrato di Tsubaki: quanto ci sarebbe voluto ancora perché rendesse quella ragazza la sua Eve?

Ora che era sola, Aori continuava a guardarsi attorno alla ricerca del gattino, rendendo il Servamp ancora più nervoso: non capiva proprio perché continuasse ad interessarsi a lei, nonostante fosse evidente che Accidia non volesse renderla la sua Eve per nessun motivo.

Era terribilmente normale, con gusti discutibili in fatto di amicizie. Non era interessante, continuava a ripetersi Tsubaki, seduto sul solito tetto.

Quando Kuro decise di riapparire, apparentemente dopo essersi perso nella fuga ed essere tornato erroneamente al punto di partenza, Aori lo accolse come se nulla fosse successo, mostrandogli tutto l'affetto che era solita manifestare. E alla richiesta di un abbraccio, la ragazza fu felice di accontentare il gattino, stringendolo proprio come aveva fatto al loro primo incontro.

Quando, poi, Aori avvolse Kuro nella sua sciarpa per tenergli caldo, guardandolo amorevolmente con quel sorriso troppo buono per il mondo, Tsubaki capì perché si sentisse così infastidito da quelle scene.

Accidia aveva qualcosa che a lui mancava: qualcuno che lo amasse.

Dopo tutto quello che aveva fatto, dopo aver uccido il maestro...quell'umana gli stava dando il suo amore, e lui non si stava tirando indietro.

Lui, che non meritava tutto ciò.

Alzandosi nervosamente, Tsubaki decise che non l'avrebbe permesso. Non avrebbe sopportato di vederlo ottenere quello che lui non avrebbe mai potuto.

 

Per quanto ci avesse pensato, Tsubaki non aveva ancora trovato un modo di farla pagare ad Accidia per l'uccisione del maestro, e nemmeno per la recente fortuna che aveva avuto.

Davvero non si aspettava che Aori non tornasse da lui, il giorno dopo.

Ripercorrendo il percorso che le aveva visto fare qualche volta per raggiungere il vicolo, il Servamp vide una piccola folla attorno ad un'esile figura riversa sull'asfalto.

Quando si rese conto di chi fosse, Tsubaki sentì il cuore perdere un battito: in un lago di sangue, Aori fissava tristemente il cielo buio, stringendo una coperta al petto e respirando piano, quasi le rimanessero solo pochi istanti.

Il Servamp non ci mise molto a decidere. La leggera pioggerellina cominciò a cadere nello spazio illusorio, eliminando tutti, tranne loro due. Avvicinandosi piano, Tsubaki rivolse un'occhiata neutra alla ragazza, che, quando lo vide, si sforzò di sorridere, tentando di porgergli la coperta.

Sembra che io non potrò fare più nulla per lui – sussurrò, dopo aver tossito faticosamente a causa del sangue dell'emorraggia – Potresti portargliela tu...per favore?

Era tutto sbagliato, non sarebbe dovuta andare a finire in quel modo, continuava a pensare Tsubaki, guardandola abbandonarsi sul terreno, troppo debole persino per continuare a respirare.

Avrebbe dovuto punire Accidia, ma guardar morire Aori gli faceva stranamente troppo male, anche se avrebbe dovuto gioirne. Kuro ne sarebbe stato distrutto, appena l'avesse saputo.

Continuava a dirsi che avrebbe dovuto lasciarla lì, a dissanguarsi senza speranza di ricevere soccorsi in tempo.

Continuava a mentire a se stesso sulla ragione per cui voleva punire Accidia.

Quanto ci sarebbe voluto perché Tsubaki ammettesse che la sua era solo gelosia?

Quando ormai l'orgoglio lo stava per portare via da quel luogo, gli venne un'idea migliore: Kuro non aveva accettato quella ragazza come sua Eve.

Tsubaki ne avrebbe fatto la sua sottoposta.

Avrebbe sbattuto in faccia ad Accidia la sua perdita, portandogliela via per sempre.

Anzi, avrebbe fatto molto di più: l'avrebbe resa proprio come lui, e Kuro avrebbe visto la sua cara Aori sparire in favore di una sottoposta fedelissima della Malinconia.

Tagliandosi il palmo della mano, Tsubaki si chinò sulla ragazza, facendo cadere il liquido scuro sulle sue labbra.

L'avrebbe trasformata in modo che Kuro non potesse dimenticarsi di lei nemmeno volendo.

L'avrebbe mantenuta esattamente com'era stata in vita, gli occhi azzurri e i riflessi bluastri dei capelli nero pece.

L'avrebbe resa l'arma finale per sconfiggere il più forte dei Servamp.

Aori riaprì gli occhi, ancora così terribilmente azzurri, e Tsubaki esultò internamente per il suo piano. Avrebbe sconfitto Accidia in modo che non tornasse mai più.

Quando, però, la sua nuova sottoposta gli sorrise, mostrando i primi segni di fedeltà, il Servamp vacillò: quel sorriso era solo per lui, Kuro era lontano e non avrebbe potuto interferire nemmeno volendo. Aori stava sorridendo solo per lui.

Penso di doverti ringraziare – mormorò la ragazza, alzandosi a sedere.

Gli prese la mano, stringendola nelle sue, e inclinò leggermente la testa di lato, continuando a sorridere.

Io sono Aori, posso chiedere il tuo nome? - disse.

Tsubaki la guardò a lungo, confuso dai sentimenti contrastanti che stavano iniziando a tormentarlo, e quasi si dimenticò di rispondere.

Mentre pronunciava il suo nome, i riflessi bluastri dei capelli della ragazza sparirono sotto il suo sguardo, ma lui non ci diede peso.

Sarebbe stato tutto perfetto.




Angolino dell'autore

Penultimo capitolo, tempo di spiegazioni! A questo punto voglio proprio sapere cosa ne pensi, Anna3, perchè la questione è: o ho combinato un casino o la storia ha finalmente senso ^-^'''
In ogni caso, capitolo un po' più breve, non volevo tagliare la battaglia finale in due.
Vi rimando al prossimo capitolo che, come promesso, pubblicherò prima della fine di settembre.

Alla prossima ~♫

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Capitolo 22
*** I don't let you leave ***


Ed eccolo lì, il suo castigo.

Aori lo guardava senza vederlo davvero, circondata da decine e decine di lame nero-rossastre, gli occhi azzurri crudelmente illuminati a ricordargli che era tutta colpa sua. Se non avesse giocato con i sentimenti di Accidia, volendo fargli dispetto prendendo quella ragazza che l'aveva accudito così amorevolmente, tutto ciò non sarebbe mai successo.

Era troppo tardi, Tsubaki non poteva fare più nulla; anzi, rimaneva una sola cosa da fare, ma avrebbe significato perdere tutto.

Mahiru, con Kuro al suo fianco, guardava Aori con un misto di determinazione e disperazione, cercando invano di trovare una soluzione. Perché doveva esserci una soluzione.

– Tsubaki, devi darci una mano – disse improvvisamente il ragazzo, facendo riscuotere il Servamp dai suoi pensieri – Dobbiamo arrivare a lei. Ci sarà un modo per disfare la trasformazione!

Tsubaki si guardò le mani, vedendole tremare vistosamente; si accorse appena che Kuro gli si era avvicinato, guardandolo distrattamente, in difficoltà per quello che stava per dire.

– Penso che Aori, alla fine, voglia tornare da te – gli mormorò, tormentandosi la nuca con la mano e tenendo lo sguardo puntato altrove – Si capisce da come continua a rimanere al tuo fianco, nonostante ora abbia il tuo potere.

Mahiru lo guardò, non capendo dove volesse andare a parare: stava cercando di convincere Tsubaki?

No. Sembrava quasi che volesse proporgli qualcosa che, normalmente, non avrebbe mai accettato.

– Dimmi cosa vuoi, fratellone Accidia – ringhiò Tsubaki, con un sorriso superiore che risultò solo infinitamente vulnerabile. A Mahiru dispiaceva, tutto sommato, vederlo in quello stato, soprattutto contando quanti problemi avesse dato loro fino a quel momento.

– Lascia che beva il mio sangue – rispose Kuro, ora guardando il suo interlocutore dritto negli occhi per comunicargli tutta la sua determinazione – Potrebbe intervenire con l'effetto del tuo.

Tsubaki sembrò pensarci su, Mahiru lo vide abbassare lo sguardo, combattuto; alla fine, però, annuì impercettibilmente, lanciando un'occhiata urgente ad Aori.

Come in tutti i tentativi precedenti, la ragazza non reagì, rimanendo in attesa in mezzo alle spade.

– Come intendi fare, Kuro? - intervenì Mahiru, raggiungendoli.

Accidia si voltò a sua volta verso Aori, apparendo in qualche modo...triste.

– Dobbiamo bloccarla per darmi il tempo di farle bere il mio sangue – rispose – Ma serve anche un altro requisito.

Prima che potesse esporlo, Tsubaki scattò verso Aori, cominciando a deviare le lame che gli piovevano addosso. Mahiru stava per urlargli di fermarsi, ma Kuro lo bloccò, assumendo un'espressione terribilmente seria.

– La sta distraendo – disse, preparandosi a sua volta – Il tuo compito, Mahiru, è bloccarla.

– E come dovrei fare? - chiese Mahiru – E quale sarebbe il secondo requisito?

Kuro lo guardò stringere con più convinzione la lancia tra le mani: gli venne quasi da sorridere all'ironia di quel gesto, che sembrava preannunciare quello che avrebbe dovuto fare.

Mahiru era troppo buono per quel compito, ma il Servamp aveva fiducia in lui, e nel loro piano.

Sperò con tutto se stesso di non sbagliarsi.

– Dovrai infilzarla – concluse, piegandosi in avanti per partire all'attacco – Il secondo requisito è portarla in punto di morte.

Detto ciò, scattò in avanti, evitando così di vedere l'espressione esterrefatta di Mahiru.

 

Non c'era modo di avvicinarsi ad Aori, con tutte quelle lame che volavano attorno alla sua esile figura.

Persino Tsubaki, con la sua spada, riusciva a malapena a parare i colpi della sua sottoposta.

Mahiru si stupì di quanto sembrasse normale per lui e Kuro combattere al suo fianco: insomma, non sembrava certo che si fossero fatti guerra fino a cinque minuti prima.

Era quello che Mahiru aveva sempre immaginato, dalla prima volta che aveva incontrato Tsubaki. Quella guerra non aveva mai avuto senso.

Ora c'era solo un problema: Aori.

– Non distrarti, Mahiru – ringhiò Kuro, venendo sfiorato da una lama a livello del braccio.

Riscuotendosi, il ragazzo impugnò più strettamente la sua lancia, continuando ad avvicinarsi lentamente alla sottoposta. Doveva essere pronto ad attaccare non appena si fosse formato un varco.

– Di questo passo ci vorrà un po' – sibilò Tsubaki, venendo graffiato da una lama sulla guancia. Facendo schioccare la lingua, il Servamp saltò indietro, fermandosi un momento ad osservare la situazione: ora capiva perfettamente cosa fosse successo nel teatro dove Aori si era scontrata con Avarizia. Capiva come avesse fatto a tenere testa ad un Servamp fino all'arrivo di Otogiri.

Non avrebbe dovuto sottovalutarla dall'inizio della sua metamorfosi, avrebbe dovuto interpretare meglio i segnali già da quando Higan aveva subìto l'attacco della sottoposta.

Rivolgendole un'occhiata afflitta, Tsubaki si arrese a riprendere il suo assalto, parando fendenti fluttuanti mentre si faceva sempre più vicino, eppure ancora così lontano.

Doveva arrivare a lei. Doveva rimediare a quello che aveva fatto.

E per farlo doveva vederla morire.

– Mi dispiace, Aori – mormorò il Servamp, con un sorriso tristissimo.

La sua spada penetrò le difese della sottoposta, avvicinandosi sempre di più, puntando al suo petto con tutta la convinzione che Tsubaki riuscì a metterci.

Proprio nel momento in cui la lama giungeva ad un nulla dal suo corpo, Aori alzò lo sguardo su di lui, apparendo...terrorizzata.

Tsubaki esitò, la spada tremò leggermente nella sua presa.

E la sottoposta ne approfittò.

Una lama rossastra penetrò nel fianco del Servamp, facendogli sbarrare gli occhi per la sorpresa. Indietreggiando malfermo sulle gambe, Tsubaki deviò seccamente altre armi che lo avrebbero trafitto nuovamente e tossì un rivolo di sangue, asciugandosi la bocca col dorso della mano libera.

Vide perfettamente lo sguardo apprensivo di Mahiru, che stava per urlargli qualcosa ma si trattenne vedendo la sua occhiata truce, indicando seccamente Aori con un cenno del capo.

Era un segnale. Quella era la loro occasione, ora che la sottoposta era chiaramente sconvolta dall'aver colpito Tsubaki.

Scattando come una cosa sola, Mahiru e Kuro la raggiunsero, evitando le ultime lame fluttuanti che li minacciarono fiaccamente durante la loro avanzata, finché l'Eve non le fu di fronte, la lancia alzata, pronto a trafiggerla.

Da quella distanza, Mahiru riuscì a vedere meglio l'espressione di Aori, distorta dalla disperazione mista alla neutralità precedente. Sembrava quasi che il suo volto non riuscisse a decidersi, rendendo i suoi lineamenti ancora più tristi. Fissava Tsubaki quasi volesse chiedergli scusa e allo stesso tempo fargli piovere un centinaio di spade addosso, le mani strette sulle braccia proprio come quel giorno alla C3, quando era impazzita per la prima volta.

Quella visione straziante fece esitare Mahiru, che fece per abbassare la lancia sotto lo sguardo interdetto di Kuro. Poi una spada volò tra loro, andandosi a conficcare nel petto di Aori.

La sottoposta abbassò lo sguardo sull'arma, che stava facendo sgorgare un piccolo rivolo di sangue dal suo corpo, e socchiuse gli occhi, barcollando finché non cadde all'indietro, la lama che svaniva in una nuvola di polvere.

Mahiru e Kuro si voltarono di scatto, incontrando lo sguardo distrutto di Tsubaki, una mano ancora alzata nel gesto di lanciare la sua spada e l'altra a tenersi la ferita al fianco, che stentava a rimarginarsi.

– Vedete di sbrigarvi – mormorò, piegandosi leggermente in avanti, gli occhi socchiusi.

Capendo quanto dovesse essergli costato, Mahiru gli rivolse un cenno di ringraziamento, facendo sparire la lancia.

 

Avvicinandosi al corpo supino di Aori, il cui sguardo si faceva sempre più lontano, Kuro si tagliò sul palmo della mano, facendo gocciolare il suo sangue sulle labbra della sottoposta.

Il corpo di Aori sussultò, tremando senza controllo, gli occhi serrati.

Le spade fluttuanti sfarfallarono fino a sparire sotto lo sguardo esterrefatto di Mahiru.

I capelli lunghi fino al mento assunsero i loro originari riflessi bluastri.

Quando Aori socchiuse gli occhi, questi mandarono un bagliore rossastro.

“La trasformazione come sarebbe dovuta essere” pensò Kuro, aiutandola a mettersi seduta.

La sottoposta si guardò intorno, confusa, e alla fine il suo sguardo si posò su Tsubaki, appoggiato di peso ad una delle sue spade. Poi, inaspettatamente, andò a Kuro, che ne rimase sorpreso e, suo malgrado, felice. Stava pensando che era quello che aveva sempre desiderato, anche se avrebbe preferito farne la sua Eve; che quello sguardo ora poteva essere solo per lui...

No, lo vedeva negli occhi di Aori. Gli stava facendo una domanda ben precisa, ora che era anche una sua sottoposta.

Annuendo mestamente, Kuro la guardò alzarsi incerta sulle gambe, riprendere l'equilibrio e dirigersi lentamente, poi sempre con più urgenza, da quello che sarebbe stato per sempre il suo padrone, il primo, la persona che avrebbe seguito in capo al mondo. Il suo unico amore.

Tsubaki la guardò avvicinarsi sempre di più, sentendo le forze abbandonarlo per il sollievo. Aveva pensato di averla persa, di aver provocato un danno talmente grave da non avere soluzione.

Quando l'aveva vista trasformarsi per il sangue di Accidia, aveva creduto che non sarebbe più tornata da lui. D'altronde, come darle torto: l'aveva usata per i suoi scopi, l'aveva modificata tanto da farla impazzire. Le aveva messo tutti contro, nonostante lei volesse solo rimanere fuori dalla sua guerra e vivere pacificamente anche coi suoi nemici.

Eppure, eccola arrivare da lui, di nuovo, come al ritorno dalla C3, o dal teatro dove Avarizia aveva sterminato i suoi compagni; eccola di nuovo al suo fianco, come al suo risveglio quel giorno che erano andati al ristorante di sushi insieme.

Quando gli fu abbastanza vicino, Aori lo guardò, soffermandosi preoccupata sulla ferita. Gli occhi, ora rosso cremisi, le si riempirono di lacrime, le mani le corsero al petto, dove si strinsero mentre abbassava lo sguardo e piangeva in silenzio.

Tsubaki non aveva mai sopportato di vederla piangere.

Colmando la distanza che li separava, il Servamp le circondò le spalle col braccio libero, attirandola a sé e appoggiandole il mento sui capelli, gli occhi chiusi per gustarsi meglio quel momento.

Il momento in cui era tornata di nuovo da lui.

– Mi dispiace per quello che è successo – le mormorò, sentendo finalmente la ferita cominciare a rimarginarsi lentamente – Tutto quello che voglio, in questo momento, è solo che tu sia felice, non importa se vorrai andartene con il fratellone o non vorrai vedermi mai più...

Quasi non vide Aori scostarsi quel tanto da guardarlo offesa negli occhi e tirargli una sberla in pieno viso, facendogli sbarrare gli occhi.

Esterrefatto, Tsubaki la guardò senza capire, vedendo i suoi occhi ancora umidi e quell'espressione ferita.

– Non ti azzardare a dirmi di andarmene perché non ti meriti il mio affetto – gli ringhiò tristemente, con un sorriso tirato – Anche se ora sono anche una sottoposta di Kuro, non voglio altro che tornare da te. So quello che hai provato a fare contro di lui, so che le cose ti sono sfuggite di mano.

Fece un sorriso più ironico.

– So chi mi ha infilzata, alla fine – aggiunse, con una risatina, coprendosi la bocca con la mano – Ma non per questo ti lascerò andare. Non ti libererai di me così facilmente.

Ed eccolo di nuovo lì, il sorriso amorevole di cui Tsubaki si era innamorato sin dal primo momento.

Quella dolcezza incondizionata, quella gentilezza che le avevano permesso di farsi apprezzare anche da Mahiru e il suo gruppo.

Tsubaki aveva creduto di averlo perso per sempre.

Chinandosi leggermente in avanti con un sorriso sollevato ed immensamente triste, il Servamp posò la fronte alla sua, prendendole il viso con entrambe le mani, ora libere dalla ferita ormai rimarginata.

– Grazie.






Angolino dell'autore

Oddio, l'ultimo angolo di autocommiserazione T^T. Sono contenta di aver finalmente finito di pubblicare questa storia, anche se Aori e Tsubaki mi mancheranno da morire.
Con questo si chiude "Aori of the Melancholy", anche se ho in programma di pubblicare una one-shot ambientata dopo la fine (non prometto nulla...).
Detto ciò, ringrazio tutti, davvero tutti, e per l'ultima volta Anna3, che mi ha sostenuta finora.
Aspetto di sapere cosa ne pensa lei, ma anche gli altri che leggeranno o incapperanno in questa storia.
Se ci dovessero essere dubbi, perplessità, problemi, sarò felice di chiarire, quindi recensite o mandate messaggi.

Alla prossima storia (se mai ci sarà) o all'epilogo (anche questo se mai ci sarà).

Alicia_Hotaru

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