Brandelli

di FrozenOpera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addio Dalmazia ***
Capitolo 2: *** Ritorno a D'Qar ***
Capitolo 3: *** Ostaggio ***
Capitolo 4: *** Un ordine spiacevole ***
Capitolo 5: *** Il buio dell'anima ***
Capitolo 6: *** Giocando con il fuoco ***
Capitolo 7: *** Disequilibrio di potere ***
Capitolo 8: *** Tempesta perfetta ***
Capitolo 9: *** Cry ***
Capitolo 10: *** Difficile decisione ***
Capitolo 11: *** Cenere e brandelli ***



Capitolo 1
*** Addio Dalmazia ***


Ispirata dall'ultimo film ho deciso di postare questa fic che forse avrebbe fatto meglio a non lasciare mai il mio computer.
Questa storia si situa cronologicamente tra “Il Risveglio della Forza” e “Gli ultimi Jedi”, e ha come protagonisti membri della Feccia Ribelle e la mia amata Leia Organa, qui nelle vesti di saggia e combattiva comandante della Resistenza. Non ho la pretesa di essere aderente al canon al 100%, anche perché ho visto solo i film e ho leggiucchiato qualche articolo online. Mi perdonerete? :)
Buona lettura e grazie anticipate a chi vorrà lasciare un commento!

 

Addio Dalmazia

 

Videro il segnale della Dalmazia scomparire davanti ai loro occhi.

La giovane comandate della missione scrutò interrogativamente il pilota della sua nave, senza capire cosa fosse successo. “Daal, dove diavolo è finita?”

“Non so. I sensori non rilevano un salto nell'iperspazio. Si è semplicemente volatilizzata.”

Nadira strinse il poggiatesta del sedile del pilota, scuotendo i ricci color rame. “È impossibile. Lancia un'altra scansione dell'area e vedi se capti un'esplosione. Potrebbero essere incappati in un'imboscata del Primo Ordine.”

La ragazza si raddrizzò, fissando il buio dello spazio che si estendeva oltre l'abitacolo della loro piccola lancia. Accanto a lei, Daal mormorava qualcosa circa la bravura del capitano Arda a sfuggire a tutte le trappole tese dai loro odiati nemici.

Nadira conosceva bene il valore di Tula Arda, una dei migliori capitani di incrociatori della Flotta Ribelle, ma la brutalità ed efficienza dell'Impero prima, e del Primo Ordine poi, nel perseguire i suoi nemici non le erano oscuri. La sua stessa famiglia era stata vittima delle loro tattiche di guerra. E lei, per vendicarli, si era votata anima e corpo alla causa Ribelle. Non aveva mai creduto che la pace potesse durare, e aveva combattuto i resti dell'Impero insieme ai seguaci del generale Leia Organa per tutti i sui ventisette anni. Nella sua vita non aveva conosciuto altro che guerra, ma non si pentiva di nulla. Quando, qualche tempo prima, il fantasma dell'Impero era risorto dalle ceneri, più odioso che mai, lei e gli altri erano pronti a combatterlo.

“Comandante, i sensori rilevano qualcosa... l'eco di un'esplosione.”

Nadira si irrigidì. “Ispeziona i dintorni, se non abbiamo segnali di navi nemiche ci avvicineremo per cercare sopravvissuti.”

Notò l'occhiata di Daal ma preferì non commentarla. Odiava l'idea di abbandonare qualcuno là fuori, ma se la Dalmazia era caduta in trappola lei non voleva fare la stessa fine. C'erano cinque persone su quella lancia le cui vite dipendevano da lei. Non le avrebbe messe in pericolo.

I minuti passarono lentamente prima che il computer di bordo restituisse il segnale che non c'erano navi del Primo Ordine nelle vicinanze.

Annuendo, Nadira diede l'ordine di avanzare. “Invia un messaggio alla Raddus” aggiunse. “Che informino il generale Organa che la Dalmazia è perduta.”
C'era un equipaggio di cinquanta membri della Resistenza su quella nave. Cinquanta preziosi membri, ora che i loro ranghi si assottigliavano sempre di più. Alcuni di loro Nadira li conosceva di persona. Si portò le mani al petto serrando per un momento gli occhi verdi. Quanti altri morti avrebbe preteso quella guerra?

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La Dalmazia era stata un incrociatore dei più grandi, e i suoi rottami erano sparsi ovunque.

Il computer di bordo della nave di Nadira scandagliava senza sosta i dintorni, nella disperata, quanto forse vana, ricerca di superstiti.

Clare Luko, il medico che nei piani originali avrebbero dovuto trasbordare sull'incrociatore scomparso, guardava esterrefatta il disastro che si estendeva fuori dalla lancia.

“Ma com'è successo?”

Nadira, accanto a lei, scosse la testa. “Il sensore ha rivelato tracce di radiazione ionizzata. Probabilmente la Dalmazia è esplosa a causa di un deterioramento catastrofico e improvviso del rettore principale.”

“Non ho mai sentito di problemi del genere su una nave di quella classe.”

“Nemmeno io, ma le tracce sono chiare. Cosa l'abbia causato però... non è certo.”

Le labbra di Nadira si strinsero in una linea sottile, mentre valutava tutte le ipotesi, dal sabotaggio all'attacco kamikaze. “Per sapere cosa è esattamente successo dobbiamo recuperare la scatola nera della Dalmazia, che contiene il log del computer di bordo e i filmati interni.”

“Ci sono speranze di trovare sopravvissuti?”

“Dipende da quanto preavviso ha avuto l'equipaggio. Se c'è qualcuno lì fuori lo troveremo, Clare.”

Proprio in quel momento la lancia sfilò accanto ad un corpo smembrato che galleggiava nel vuoto. Nadira sentì una morsa stringerle il cuore, mentre il medico sussultava. La vista desolante le aveva quasi fatto perdere le speranze, quando improvvisamente la voce di Daal irruppe dall'interfono.

“Comandante, abbiamo un riscontro positivo.”

Seguita da Clare, Nadira si precipitò in plancia.

“Lì davanti a noi. È un modulo pressurizzato, si è sganciato autonomamente dalla Dalmazia nel momento in cui il computer di bordo ha rilevato il cedimento strutturale.”

Nadira annuì entusiasta. “Vecchie, favolose nave corelliane! Sapevo che le navi da crociera avevano questi sistemi a bordo, ma non li ho mai visti in funzione.”

“La Dalmazia era proprio una nave da crociera riallestita come incrociatore da guerra” la informò Daal, nella voce la sua stessa eccitazione.

“Ne hai trovate altre?”

“Tre intatte, con quattro persone dentro. I loro segni vitali sono deboli, ma...”

“Per ora sono vivi” esclamò Nadira, voltandosi poi verso Clare. “Prepara i tuoi strumenti. Una volta recuperati i sopravvissuti ci dirigeremo alla massima velocità possibile verso il resto della flotta, ma quelle persone avranno bisogno di aiuto immediato. Daal, portaci accanto ai moduli, io vado dietro con Jos e Talek ad approntare il ponte mobile.”

Quattro persone su cinquanta. Nadira avrebbe fatto di tutto per salvarle.

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Fortunatamente l'aggancio ai moduli del ponte mobile standard non era stato difficoltoso. Il trasbordo nemmeno, considerato che i due uomini e la donna recuperati erano svenuti e che la gravità era nulla sia nei moduli che lungo il ponte mobile. Dei tre, solo uno degli uomini era ferito. Aveva un trauma alla testa, probabilmente causato dall'impatto con la paratia del modulo al momento dell'espulsione. La donna trovata insieme a lui, seppur inconscia, era invece in buone condizioni.

Niente aveva invece preparato Nadira, e Jos che l'accompagnava, allo spettacolo a cui si trovarono davanti al momento di aprire l'ultimo modulo ritrovato.

Il faro che si erano portati illuminò di una luce livida lo spazio interno al modulo. Era completamente vuoto, ad eccezione di una barra di metallo piegata ad u che usciva dal pavimento.

“È una cella” commentò Jos, la voce stozzata in gola.

Nadira non commentò, non osava parlare. Che fosse una cella era chiaro. Un uomo era incatenato alla barra da un paio di manette che gli avevano consentito unicamente di stare in posizione sdraiata e supina, il volto verso il soffitto e le mani bloccate sopra la testa. Era scalzo e nudo fino alla cintola, la pelle chiara coperta da ecchimosi e da quelle che sembravano bruciature. Schizzi di sangue rappreso erano ovunque attorno a lui.

Fu difficile staccargli gli occhi di dosso, ma Nadira non poté farne a meno. Nello spazio del modulo, un corpo volteggiava senza peso. Il torso era come se fosse bruciato, ma il volto intatto era di una donna che Nadira aveva visto spesso nei rapporti del generale Organa: quella davanti lei era il capitano Tula Arda. Malgrado le ferite, era abbastanza chiaro chi fosse il sopravvissuto dei due.

“Talek” chiamò Nadira nel commlink assicurato all'orecchio. “Porta un paio di cesoie laser, dobbiamo liberare una persona da un paio di manette.”

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Davanti a Nadira, sul pavimento della baia di carico, giaceva la scatola nera della Dalmazia. Recuperata quella, e una volta sicuri che non ci fossero più sopravvissuti, erano partiti per raggiungere il resto della flotta, al massimo della velocità consentita dalla lancia.

La giovane osservò con sospetto l'oggetto davanti a lei, cilindrico e vagamente simile ad un grosso depuratore takodano. Quella “scatola” conteneva un bel po' di misteri, e lei doveva assicurarsi che solo il generale Organa e il suo stretto seguito avesse accesso a quei file.
Gli occhi le corsero ad un fagotto dalla vaga forma umana sistemato pietosamente un angolo. Avevano deciso di portare con loro anche il cadavere di Arda. Era un'eroina della Resistenza che si meritava un funerale con tutti gli onori, e Nadira era determinata a scoprire il motivo della sua morte, che difficilmente poteva essere attribuito all'esplosione della Dalmazia. Accanto al corpo era appoggiata un'arma che era stata trovata nel modulo.

Nadira la fissò. Si trattava di un bastone la cui estremità girevole era elettrificata. L'arma che gli affiliati del Primo Ordine utilizzavano nel controllo dei rivoltosi. Cosa ci facesse nel modulo penitenziario la giovane non ne aveva idea, e sperò che i filmati chiarissero le cose.

Stava per tornare in plancia quando il comlink si attivò.

“Nadira, per favore puoi venire qui?”

La giovane conosceva Clare da anni, e mai l'aveva sentita così tesa. Girò sui tacchi e si avviò nella zona della lancia che avevano risistemato provvisoriamente come ambulatorio. Cos'altro poteva andare storto in quella giornata?

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Lo spazio era risicato. Avevano trasformato una branda in barella, sulla quale era sdraiato il prigioniero trovato nella cella.

L'uomo era cosparso da capo a piedi di un gel medico e stavolta era girato prono, dalla vita in giù coperto da un leggero lenzuolo. La schiena, osservò Nadira ostentando un distacco che non provava, era anche quella coperta da bruciature e da tagli inferti da uno staffile o da una frusta. Sul pianeta da cui lei proveniva la schiavitù era legale, e quei segni li conosceva bene.
La giovane si avvicinò alla barella, sopprimendo una leggera nausea. Aveva visto molti cadaveri nella sua vita, ma quello era molto peggio.

Cercò di osservare il ferito, che aveva il volto girato verso di lei. Era giovane, forse la sua stessa età. I capelli biondo scuro erano tagliati corti, e anche in faccia aveva un taglio sopra un sopracciglio e un livido violaceo su uno zigomo. Gli occhi di Nadira si spostarono alla schiena martoriata. L'uomo era in forma, muscoloso ma slanciato. E alto, forse più di lei che eguagliava in altezza l'Ammiraglio Holdo, la più alta tra le donne della Resistenza che la ragazza conosceva.

Nadira corrugò le sopracciglia. Lo sconosciuto aveva il fisico di un soldato. Era forse uno dei loro, punito per qualche motivo? Ma quale delitto avrebbe giustificato una pena del genere?

“Le sue condizioni?” chiese a Clare.

“Stabili. Non è in pericolo di vita, ma gli ho somministrato un sedativo. Quelle ferite sono superficiali ma molto dolorose.” Il medico sospirò, controllando un datapad. “Ha traumi ovunque. Tre costole, le dita della mano sinistra e un polso rotti, quest'ultimo forse a causa dell'espulsione del modulo. E poi bruciature, dappertutto, causate da qualcosa che non sono riuscita ad identificare.”

Nadira visualizzò il bastone elettrificato che giaceva nella baia di carico. “Forse lo so io... ma dimmi cosa c'è di altro.”

“I marker nel suo sangue evidenziano un livello di stress ossidativo e neurologico molto altro. Stava soffrendo terribilmente quando è... successo l'evento. Penso... beh, penso lo stessero torturando, e l'hanno fatto per giorni a giudicare da come l'hanno conciato.”

Nadira scosse la testa, ora la nausea era davvero forte. “Ma perché? Cosa può aver fatto di così terribile per subire questo?”

“Guarda qui, in mezzo a questo disastro mi era quasi sfuggito. Questo forse ci può dare un indizio.”

Clare le indicò un punto sulla schiena del prigioniero. Alla base del collo, coperto da un livido ma ancora visibile, era leggibile un tatuaggio. Un codice alfanumerico in caratteri imperiali. Nadira, che si era chinata a leggere, si rialzò di scatto guardando l'uomo sulla barella con altri occhi.

KR-6790. Il prigioniero era uno Stormtrooper del Primo Ordine.

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Capitolo 2
*** Ritorno a D'Qar ***


Ritorno a D'Qar

 

Era successo un disastro.
Un prezioso incrociatore distrutto e quarantasette membri della Resistenza morti. Tra i morti, uno dei loro capitani più capaci. Una donna che il generale Leia Organa non poteva ricordare come un'amica -troppo aspri erano stati a volte i loro confronti-, ma che aveva servito bene la loro causa.
La lancia tornava con il suo cadavere. Leia era determinata a scoprire cosa fosse successo.

 

Sulla principale base della Resisteza su D’Qar gravavano nubi cariche di pioggia, tuttavia Leia aveva deciso di attendere a lato della pista di atterraggio l'arrivo della lancia. Lo doveva ai morti e ai pochi sopravvissuti. Accanto a lei, aspettava un team medico, e il tenente Kaydel Ko Connix, stretta in un cappotto imbottito.

“Se hai freddo puoi rientrare” le disse lanciandole un'occhiata di simpatia. Le piaceva quella ragazza, che aveva promosso dopo il successo dell'attacco contro la base Starkiller. Oramai, era diventata una sorta di braccio destro.
Kaydel strinse le spalle, il volto serio che non lasciava trapelare nemmeno un'oncia di fastidio.

“No, va tutto bene, voglio attendere qui con lei.”

“Cerca di non ammalarti… per come siamo messi, ogni risorsa è oramai insostituibile.”

Leia si voltò verso il cielo, dove si aspettava apparisse la lancia. Kaydel, come Nadira ed altre, le considerava un po' le figlie che non aveva mai avuto; anche se tanti anni di guerra, e tante persone care morte, avrebbero dovuto insegnarle il contrario, non poteva che provare affetto per loro.
Per questo un po' si rammaricava che proprio Nadira fosse incappata nel disastro della Dalmazia. La ragazza era considerata una veterana, ma una cosa era partecipare ad una battaglia, un'altra raccogliere nello spazio i resti dei propri compagni morti.

D'un tratto, la navetta che stavano aspettando discese dal cielo, interrompendo i suoi pensieri. Il velivolo si appoggiò lieve sulla pista di atterraggio, mentre il team medico già si precipitava verso il portellone di carico.

Leia li seguì più lentamente, il tenente Connix alle calcagna.

 

Lanciò un'occhiata veloce ai feriti sbarcati, e diede personalmente il bentornato ai due membri dell'equipaggio della Dalmazia sopravvissuti e in grado di camminare. Entrambi erano comunque sotto shock, e seguirono di buon grado i medici per ulteriori controlli.

Nadira sbarcò per ultima, scortando due suoi compagni che reggevano una barella. Sopra, avvolto in un lenzuolo, era adagiato il corpo del capitano Arda.

Leia guardò Connix accompagnare il feretro e i due uomini verso la camera criogenica, poi si voltò verso Nadira. Erano rimaste sole. La ragazza davanti a lei si scostò i ricci ramati che il vento le gettava negli occhi. Non aveva ancora detto una parola. A Leia sembrò molto stanca.

“Vieni a fare due passi, dobbiamo parlare” le disse, prendendola per un braccio.

“Non nel suo ufficio?”

“No, penso che tu abbia bisogno di prendere una boccata d'aria, non è vero?”

Nadira annuì, stringendo le labbra.

A volte, guardandola, Leia provava un sentimento di orgoglio misto a pietà per lei. Era felice che giovani valenti e coraggiosi come Nadira avessero deciso di unirsi alla causa ribelle, ma contemporaneamente si rammaricava. Se la riformata Repubblica non avesse sciaguratamente deciso di disinteressarsi del Primo Ordine, nel momento in cui questo radunava le vecchie forze imperiali, ragazzi e ragazze come quella che aveva davanti avrebbero potuto condurre una vita pacifica.

 

Camminarono per qualche minuto, ognuna persa nei propri pensieri.

“Generale, com'è potuto succedere?” ad un tratto la ragazza le chiese, fermandosi e fissandola negli occhi.

Nadira non si riferiva all’esplosione della Dalmazia, Leia lo avvertiva. Per l’altra questione, la risposta le sembrava abbastanza scontata, anche se aveva seri dubbi che fosse anche quella giusta.

“Vedi... sulle navi sotto il mio diretto comando i diritti umani dei prigionieri sono sempre stati rispettati. Fossero anche stati i peggiori assassini dell'Impero. Altrimenti, cosa ci avrebbe distinto da loro? Tuttavia” e Leia nel dirlo abbassò la voce, “non posso controllare quello che i capitani fanno sulle loro rispettive navi. Tu sei troppo giovane per ricordare, non hai vissuto direttamente la guerra contro l'Impero, ma so per certo che molte informazioni, vitali per la nostra vittoria definitiva, furono strappate con la forza ai nostri nemici. Anche questo è combattere una guerra, che purtroppo noi non abbiamo voluto.”

Gli occhi verdi di Nadira ebbero come un lampo, mentre si scostava di nuovo i capelli dalla faccia. La mano destra prese a torcere nervosamente una ciocca.

“Lo immagino. Non sono così naif da credere che loro siano i bastardi, e noi i cavalieri che combattono con onore e lealtà, ma quello... quello che hanno fatto a quell'uomo va decisamente oltre tutto quello che io ho visto in questi anni di lotta al Primo Ordine.” La ragazza si sfregò nervosamente le mani tra loro. “Di quale maledetta informazione era a conoscenza quello Stormtrooper per ridurlo così? E comunque ci sono metodi più puliti. Sonde mentali non meno dolorose ma sicuramente più affidabili della tortura fisica. Io non capisco, generale Organa. Quello è il lavoro di un sadico macellaio, non di un interrogatore.”

Ecco, l'aveva detto. La stessa cosa che anche Leia aveva pensato quando aveva visto il rapporto della ragazza, corredato da quello del medico a bordo della lancia. Il tipo di ferite dell’assaltatore erano incompatibili con quelle di un mero interrogatorio. Sembrava quasi, e un brivido di freddo la scuoteva anche solo a pensarci, che chi le avesse inflitte volesse punire l'uomo per qualcosa. Oppure, e questa era l'ipotesi più agghiacciante, divertirsi.

Leia appoggiò una sua mano sopra quelle ancora serrate di Nadira.
“Sarà complicato, ma devi cercare di non pensarci, ora. Hai fatto un ottimo lavoro riportando a casa i sopravvissuti e la scatola nera della Dalmazia. Ora lascia che ci pensi io. Tu vai a riposarti.”

La ragazza annuì, esibendo una vaga aria insoddisfatta. “Cercherò. Grazie per le sue parole, generale. Con il suo permesso rientro.”

“Accordato.”

Leia la guardò alzarsi sul capo il cappuccio del logoro giaccone di volo, per poi rientrare a passo svelto verso l'edificio principale.

Rimasta sola, un sorriso triste reclamò le labbra della Principessa di Alderaan. Il suo tempo era volato. Le sembrava ieri da quando anche lei scorrazzava senza sosta avanti ed indietro, e aveva un’idea forse un po’ troppo idilliaca della rettitudine di tutti i combattenti nella Resistenza. Nadira poteva affermare di essere consapevole che così non fosse, ma Leia poteva leggere le sue emozioni: la ragazza era ancora convinta che mai i suoi compagni avrebbero potuto compiere azioni tanto abiette.
Anni di guerra avevano insegnato a Leia altrimenti. Per questo, invidiava profondamente i combattenti più giovani ed idealisti.

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'Prima i file' Leia si disse accomodandosi alla sua scrivania. Avrebbe sentito anche i sopravvissuti, ma voleva dargli qualche giorno per riprendersi. I medici l'avevano rassicurata che l'uomo con la ferita alla testa era stato trattato per tempo, e non era più in pericolo di vita.

Con una smorfia, Leia fissò la lista di filmati che i tecnici avevano estratto dal mainframe della scatola nera. Avrebbe interrogato anche l’assaltatore, ma per ultimo. Prima voleva farsi un'idea esatta di quello che era successo.  

I file erano ordinati per data, ma non per settore della nave. Appoggiò il gomito sulla scrivania e si sorresse il mento con la mano aperta. Quello sarebbe stato un lavoro lungo e noioso, che aveva deciso di condurre da sola. Aveva una brutta sensazione, e non voleva che altri, Connix compresa, vedessero quei filmati prima di lei.
Ne scelse uno a caso, risalente a circa una settimana prima, e lo aprì. Il proiettore olografico visualizzò un gruppo di persone bisticciare all'interno di quella che sembrava la mensa della nave.

Leia sbuffò. 'Cominciamo bene...'

 

Ne aprì circa una trentina prima di trovare quello che cercava. Il locale in questione era la cella dove avevano trovato l’assaltatore, riconoscibile dalla curiosa maniglia a u che si protrudeva dal pavimento.
Il soldato era presente nel filmato, insieme ad altri tre uomini, tutti armati. Il video doveva essere stato registrato appena dopo la cattura, considerato che l’assaltatore aveva ancora la corazza addosso, ma senza il casco. Leia ruotò il filmato per guardarlo in faccia.
Doveva avere più o meno l'età di Nadira, e un bel viso dall'espressione assolutamente impenetrabile. Occhi azzurro ghiaccio si guardavano attorno senza la minima traccia di paura o altra emozione visibile.

Finn le aveva raccontato cosa succedeva nei centri di reclutamento coatto del Primo Ordine. Le aveva detto dei bambini strappati o venduti dalle loro stesse famiglie, e indotti con il lavaggio del cervello a trasformarsi in macchine per uccidere.

“È ancora solo un ragazzo. Follia... la loro è solo crudele follia...” mormorò Leia, provando un passeggero guizzo di pietà per l’assaltatore. Il filmato continuava con i tre dell’equipaggio che facevano spogliare il soldato, e finiva con loro che uscivano e lui che si sedeva per terra, gli occhi fissi sulla porta. Imperturbabile, non aveva detto una parola per tutto il tempo. Leia si chiese se il Primo Ordine, ad alcune di queste compagnie di Stormtrooper, non inoculasse anche droghe desensibilizzanti.

Chiuse il file con l'ennesimo sospiro, guardando l'orologio e versandosi una bevanda calda ed energizzante. Aveva davanti a sé almeno un altro migliaio di file da guardare.  

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Capitolo 3
*** Ostaggio ***


Ostaggio

 

Il fischio improvviso di una sirena sorprese Nadira talmente tanto che lasciò cadere il datapad che reggeva. Da terra lo schermo sfarfallò offeso, per poi virare dal blu ad un'accesa tonalità di giallo ocra che feriva gli occhi.

La ragazza lo sollevò imbarazzata, poi si girò verso la fonte del rumore.

Dietro di lei, un muletto a levitazione la sovrastava, le forche anteriori cariche di materiale. L'operatore si sporse dall'abitacolo, il volto scuro dalla tensione.

“Vuoi guardare dove vai? Se non hai niente da fare levati di mezzo!”

“Certo certo, mi spiace...” Nadira biascicò, allontanandosi velocemente del mezzo e sentendosi una stupida. L'uomo aveva ragione, si era presa una pausa, ma non era il caso di rimanere a gironzolare proprio in una baia di carico, fervente di attività.

Il Primo Ordine conosceva la loro posizione, e il generale Organa sapeva che presto sarebbero venuti a fargli pagare la distruzione della Starkiller. Per questo aveva richiamato la Raddus e le navi appoggio, e aveva ordinato l'evacuazione della base.

Navette spia stavano tracciando la rotta degli Star Destroyer del nemico; avevano circa una settimana prima che fossero su di loro. Dovevano sbrigarsi.

Gli occhi di Nadira scesero al datapad: i cristalli dello schermo dovevano essersi danneggiati, ed erano talmente carenti di materiale che avrebbe dovuto tenerselo così com'era.

“Il prezzo della tua stupidità!” si lamentò con se stessa, arrotolando il lettore e infilandolo nella tasca del giaccone.

Era distratta, se ne rendeva conto. Tre giorni erano passati da quando era rientrata con i sopravvissuti della Dalmazia, e il generale Organa non le aveva fatto sapere nulla. La vedeva in giro di tanto in tanto, impegnata insieme a Connix a coordinare l'evacuazione, ma non osava chiederle nulla. Il generale sembrava così impegnata...

Un mormorio sfuggì alle labbra di Nadia, mentre le sue dita trovavano una ciocca di capelli e, come sempre quando era nervosa, prendeva a torcersela.

Dopo qualche istante si decise. Affrettando il passo imboccò il corridoio che portava all'unico posto dove poteva trovare qualche risposta: l'infermeria. Una vocina nella testa le diceva che non era molto corretto quello che stava facendo, ma volutamente la silenziò. Dopotutto nessuno le aveva detto di dimenticare tutto e di non occuparsene più.

 

L'infermeria era un blocco separato dagli altri, anche se sotterraneo come il resto della base.
Svoltando nel passaggio che portava alla sua destinazione, Nadira non fu sorpresa di trovare una guardia davanti all'unica porta scorrevole a più battenti.
Sorrise all'uomo che si scostò per farla passare.

Dentro, la struttura era semi-vuota. Eccetto il materiale indispensabile al primo soccorso, tutto il resto era già stato trasportato sulla nave ospedale in orbita sopra di loro; il paziente più grave recuperato dalla Dalmazia si era invece già ripreso, ed era accomodato in un alloggio esterno.

Nadira si guardò attorno, muovendosi attraverso i locali deserti.

La sua amica Clare era uno dei pochi medici rimasti. Si era offerta di rimanere a terra fino all'ultimo: in parte per assistere chi si fosse eventualmente ferito durante l'evacuazione, e in parte per curare l'assaltatore del Primo Ordine loro prigioniero. L'aveva trovato lei, e un certo attaccamento professionale al suo lavoro le imponeva di seguire il suo caso.
Nadira si era messa a ridere quando Clare gliel'aveva confessato, un po' imbarazzata, ma adesso la cosa le tornava utile.  

A voce non troppo alta chiamò Clare, senza avere risposta. Aggrottò le sopracciglia. Era strano, la sua amica le aveva detto che sarebbe stata di turno alla sua postazione tutto il pomeriggio.
Aveva quasi deciso di andarsene, quando sentì un rumore dietro una delle porte semichiuse davanti alle quali era appena passata. Un rumore strano, come un respiro soffocato.

La mano le corse immediatamente alla pistola blaster che portava sempre con sé. La estrasse sganciando la sicura e settandola sul minimo della potenza, poi se la portò davanti al viso, reggendo il calcio con entrambe le mani per supporto.

Lentamente, e più silenziosamente che poté, si mise davanti alla porta da dove il rumore era filtrato.
Prese un bel respiro, cercando di mantenersi più calma possibile, poi aprì la porta con un calcio. Irruppe nella stanza spianando l'arma con un movimento fluido, l'indice della mano destra già sul grilletto. Si bloccò appena in tempo.

“Maledizione” sibilò.

 

L'assaltatore era in piedi in mezzo al locale e la guardava, come se la stesse aspettando. Calmo e controllato, teneva stretta a sé la sua amica, il braccio sinistro attorno alle spalle di Clare, e l'altro a lato del viso della donna.

Nadira si era cristallizzata sul posto. Un movimento sbagliato, e il tizio avrebbe spezzato il collo alla sua amica. Clare era bassa e formosa, arrivava appena al torace dell'uomo, e probabilmente non aveva nemmeno la metà dei muscoli dell'assaltatore. Era un medico, non un soldato. I suoi occhi scuri erano dilatati dalla shock.
Non sarebbe mai riuscita a liberarsi da sola.  

Nel silenzio assoluto della stanza, Nadira sentiva il suo cuore battere all'impazzata. Pur avendo un'infarinatura di combattimento corpo a corpo, il suo addestramento era quello di un pilota. Non si era mai trovata in una situazione come quella, e non sapeva che fare. Escluse subito di richiamare la guardia, sarebbe stato probabilmente peggio.

Lasciandosi guidare dall'istinto fissò lo Stormtrooper, cercando di anticiparne le mosse.

Guardarlo negli occhi era come scrutare nelle ottiche di un droide; raramente aveva visto uno sguardo così freddo e determinato in una persona così giovane.

Lentamente, l'assaltatore prese a muoversi verso il muro, trascinandosi dietro la sua amica.

Come in tranche, Nadira notò che il ragazzo in faccia non aveva più alcun segno di violenza, mentre le braccia – che spuntavano nude da una maglia a maniche corte – recavano ancora qua e là solo qualche cerotto.

La vista le fece salire il sangue alla testa. Pensare che l'aveva anche compatito per quello che gli avevano fatto...
“Che bastardo” sibilò. “Ti abbiamo salvato e curato, e ci ripaghi così? Devi la vita a quella donna e alla sottoscritta. Ti abbiamo trovato noi tra i rottami della Dalmazia, avremmo dovuto...”

“Rottami?”

Meravigliata, Nadira sbatté le palpebre. Non si era aspettata che l'assaltatore parlasse. Aveva una voce roca e bassa, come se non la usasse da giorni.
“Già. È esplosa” replicò cattiva. “A parte tre persone sono morti tutti. Lavoro vostro? Avevate piazzato una bomba a bordo e il capitano Arda cercava di scoprire da te dove fosse?”

La reazione fu sorprendente. Lo vide stingere gli occhi, le labbra deformate in un ghigno di rabbia.

“No!” il ragazzo urlò.

Gettò Clare da parte come se fosse stata una bambola di stracci. La donna urtò un armadio e crollò sul pavimento, inconscia.

Nadira non ebbe tempo di correre da lei come avrebbe voluto perché l'assaltatore, che oramai aveva le spalle al muro, si lasciò scivolare a terra in ginocchio.

Aveva qualcosa nella mano sinistra che Nadira non aveva notato prima. Con una torsione del polso il ragazzo se lo puntò alla tempia. Solo allora lei riconobbe lo strumento per quello che era: un bisturi laser.
Una morsa le chiuse lo stomaco.

“Che stai facendo?”

Lui non le rispose. Si limitò a fissarla, con occhi che ora sembravano fuori fuoco. Come se stessero guardando qualcosa che era in quella stanza ma che lei non poteva vedere.
A Nadira formicolavano le mani dalla tensione. L'assaltatore teneva il pollice sul pulsante di attivazione del bisturi; se anche lei fosse riuscita a premere il grilletto, non l'avrebbe mai stordito in tempo.

“Perché?” gli ripeté.

La ragazza non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Un momento prima avrebbe voluto sparargli in testa, ora per niente al mondo gli avrebbe permesso di premere quel pulsante. La sensazione era straniante.

“Togli il dito da quell'affare...” lo esortò, cercando di tenere la voce ferma, confidente.

Non doveva morire. Non davanti a lei, almeno. Non se lo sarebbe mai perdonata.

“L'hai sentita KR-6790. È un ordine. Getta immediatamente quel bisturi.”

Quella voce...

Il cuore le mancò un battito. Sorpresa ancora una volta dal rapido mutare degli eventi, Nadira abbassò la pisola, mettendosi da parte ed occhieggiando la porta dietro di lei.

Il generale Leia Organa in persona apparve nel suo riquadro.

 

Un sorriso triste graziava il suo volto, e a Nadira sembrò spossata. La donna guardava l'assaltatore con uno sguardo di compassata pietà, e le nocche della mano che cingevano lo stipite della porta erano sbiancate dalla tensione.

“Mettilo giù, avanti.”

Quando Leia usava quel tono pochi riuscivano a resistere, ma il ragazzo inginocchiato a terra davanti a lei non si mosse.
Leia sospirò. “Pensi di risolvere così? Un attimo di dolore e poi la pace eterna? Non posso permettertelo. Tu hai ucciso quarantasette persone. Quarantasette insostituibili membri della Resistenza. Ho bisogno di avere spiegazioni.”

“Erano solo feccia ribelle...” mormorò lui, ma senza molta convinzione.

Nonostante l'insulto, Nadira vide il sorriso di Leia allargarsi.

“E allora perché ti senti così colpevole?” La donna lasciò la porta, e fece qualche passo verso il ragazzo. “Ho visto i video. Tutti. Io e te dobbiamo parlare. Poi, se vuoi, potrai anche ucciderti.”

La mano destra di KR-6790, lasciata abbandonata lungo la coscia, si chiuse in un pugno che tradiva tutto il nervosismo del soldato. I minuti passarono, fatalmente lenti. Quando oramai Nadira aveva perso le speranze, l'assaltatore abbassò il bisturi e lo lasciò cadere a terra. Rotolò fino ai piedi della ragazza, che si abbassò ad afferrarlo.

Quando rialzò lo sguardo, vide una delle scene più strane alle quali le fosse mai capitato di assistere.

Lacrime cadevano dagli occhi di KR-6790, ma non sembrava se ne fosse accorto. Il ragazzo si portò una mano al viso e poi la esaminò, come se fosse sorpreso di trovarla bagnata. Come se nemmeno capisse cosa gli stesse succedendo.

Leia, davanti a lui, lo guardava affranta. “Hai un nome?”

Lui scosse la testa, tenendo gli occhi bassi.

“Ti ricordi quello che ti hanno dato i tuoi genitori?”

Non ebbe risposta.

“Quando spiravano i venti da nord, il cielo sopra la capitale di Alderaan aveva il tuo stesso colore di occhi. Sai, la mia amica Winter lo amava molto, e anche io” il generale Organa gli disse. Nonostante fosse passato così tanto tempo dalla distruzione del suo pianeta, c'era nostalgia nella voce di Leia, Nadira la percepiva benissimo. “Ti chiamerò Sky, va bene?”

Stavolta KR-6790 annuì, alzando finalmente lo sguardo sulla donna.

 

Ancora una volta, Nadira si chiese cosa potesse essere successo a bordo della Dalmazia per ridurre un soldato del Primo Ordine in quello stato.

E come mai, nonostante il generale Organa avesse affermato che era stato lui a causare quel disastro, lo stesse trattando con la cautela e la dolcezza dovute ad una vittima. 

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Capitolo 4
*** Un ordine spiacevole ***


Un ordine spiacevole

 

“Che significa riassegnata alla movimentazione dei carichi?”

“Proprio quello. Nessun significato nascosto, sergente Hella.”

Nadira era furibonda.

Pochi minuti prima, sullo schermo del commlink che portava al polso, le era lampeggiato lo stupefacente messaggio con il quale Connix la spostava dalle navette alla squadra di terra. Non aveva perso tempo ad esporre le sue rimostranze.

“Ma siamo nella fase clou dell'evacuazione! Avete bisogno di comandanti per quelle navette!”

Kaydel si permise un sorrisetto derisorio. “Certo. Ma ne abbiamo più di quelli necessari. Ho piloti e comandanti più vecchi di te e di grande esperienza che si stanno occupando di trasbordare il materiale alla flotta. Tu, sergente Hella, sei più necessaria a guidare i muletti.”

Se un'occhiata avesse potuto uccidere, Kaydel Ko Connix sarebbe morta sul posto.

Nadira non faceva mistero di detestare la giovane, che considerava troppo rigida ed arrogante, men che meno le piaceva che le venisse ricordato così brutalmente il suo grado. Malgrado avesse ottenuto il comando di qualche lancia o navetta, Kaydel come tenente le era comunque gerarchicamente superiore. E non mancava di farglielo notare.

“E c'è un'altra cosa che devi fare” Kaydel aggiunse, abbassando la voce. Chiuse la mano a pugno e alzò il pollice, indicando qualcosa dietro di lei. “Quello. Non lo devi perdere di vista un attimo.”

Lo sguardo di Nadira seguì la direzione indicata dalla sua superiore. Ai lati della pista erano accatastati dei contenitori, e c'era qualcuno seduto sopra. Un uomo, giudicò Nadira dalla fisionomia. Un uomo che, nonostante il sole e il relativo caldo di quel giorno, si teneva il cappuccio del giaccone accuratamente sopra la testa.

La ragazza ci mise un paio di secondi a capire. Le si mozzò il fiato in gola, mentre ritornava a guardare Kaydel.

“Stai scherzando, vero? Quello che ci fa in giro?”

“Ordini del generale Organa. Non abbiamo vere e proprio celle qui, e il resto delle porte ha serrature che aprirebbe subito, se volesse.” Kaydel scosse le spalle. “Non so perché il generale non voglia trasferirlo sulla Raddus, comunque ha un tracciatore al polso che non può rimuovere. In ogni istante ho la sua posizione ma, anche se qui in effetti non c'è nulla di segreto che non possa vedere, non mi va che vada in giro da solo. Troppe armi lasciate incustodite.”

A Nadira sfuggì una smorfia, ripensando al giorno prima. Kaydel aveva paura che l'assaltatore ammazzasse qualcuno ma, evidentemente, non sapeva che da quando era lì KR-6790 aveva cercato di uccidere solo sé stesso. In ogni caso, la decisione di Leia di non trasferirlo sulla Raddus le era incomprensibile.

Scosse lentamente la testa. “Non capisco ancora perché proprio io.”

“E chi altri dovrebbe farlo? L'hai portato tu qui, no?”

Nadira intuì un certo disprezzo nel tono di Kaydel. Intuiva perché. “E cosa avei dovuto fare, secondo te?”

“Buttarlo fuoribordo nel momento in cui avevate scoperto chi fosse. Cos'altro?”

Dal tono piatto che la ragazza davanti a lei aveva usato, Nadira non dubitò neppure per un istante che, se si fosse trovata al suo posto, Kaydel avrebbe fatto esattamente quello che aveva detto. "E come avrei potuto? Era...”

“È un assaltatore” la interruppe Kaydel. “Come quelli che hanno bruciato vivi i miei genitori, e sgozzato il mio fratellino. Come quelli che hanno rastrellato gli abitanti del tuo villaggio, e tu sei l'unica salva perché eri a giocare nei campi.”

Ricordarle la sua famiglia, che non aveva mai più rivisto da quel giorno di tanti anni prima, che non aveva neppure potuto salutare, era stato un colpo basso. Nadira strinse i pugni, desiderando di colpire Kaydel.
La ragazza non aveva tutti i torti, doveva ammetterlo; loro non sapevano il sangue di quanti innocenti avesse sulle mani KR-6790 ma, d'altra parte, Kaydel non era presente quando l'avevano ritrovato tra i rottami della Dalmazia, e nemmeno l'aveva visto il giorno prima, in lacrime davanti al generale Leia.
A ripensarci, quelle scene ancora le facevano venire i brividi. E non si sentiva né debole né meno dedita alla causa per quei pensieri. Perché quello che lei intuiva fosse successo a bordo della nave perduta, non aveva niente a che fare con la Resistenza.

Nadira fece appello a tutto il suo autocontrollo, per poter rispondere in maniera civile. "Non lo dimentico di certo. Ma se li trattassimo come loro trattano noi, cosa ci renderebbe diversi?”

Quella frase di Leia l'aveva fatta pensare, ma la ragazza davanti a lei serrò semplicemente le labbra, senza addolcire la sua aria severa. "Risparmiami le frasi fatte. Il generale la pensa come te, ma io non sono per niente d'accordo, e mai lo sarò. Comunque, abbiamo perso già troppo tempo. Torna al lavoro, la navetta C-5 deve essere pronta per partire tra un'ora.”

“Come posso caricare la C-5 e badare al prigioniero?”

Kaydel scosse le spalle. “Non ci devi badare, basta che non lo perdi di vista. Fatti aiutare da lui in quel lavoro, se ti pesa troppo farlo.”

Con quell'ultima battuta la ragazza se ne andò, lasciando sola una stupefatta Nadira.
Non solo doveva fare da cane da guardia ad un assaltatore, ma doveva pure pregarlo di lavorare con lei.
Si domandò cosa avesse fatto di male per dover affrontare dei giorni così assurdi.

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KR-6790 doveva averla vista per forza arrivare, e si era girato di proposito a fissare la distante linea di colline, togliendosi il cappuccio ma dandole le spalle.

Nadira si fermò accanto a lui, incrociando le braccia al petto e affondando i denti nel labbro inferiore. Era imbarazzante essere lì.

Quello era il primo affiliato al Primo Ordine che lei aveva la dubbia fortuna di conoscere personalmente. Essendo una pilota, li aveva uccisi semplicemente schiacciando un pulsante, senza nemmeno rendersi conto di quanti erano, sulle navi e sui caccia TIE che aveva abbattuto. Si rese conto di non averci mai pensato prima. Li aveva mai davvero considerati esseri umani? Per quello che ne sapeva lei, potevano essere benissimo droidi.

Si inumidì leggermente le labbra, per una volta a corto di parole ma, sorprendentemente, fu l'assaltatore il primo a parlare, senza degnarla di uno sguardo.

“Come sta la tua amica?”

Nadira aggrottò le sopracciglia. Non se era aspettata la domanda. “Bene... mi ha raccontato com'è andata. Ti ha visto con il bisturi puntato alla testa e ha cercato di fermarti... non la stavi tenendo in ostaggio.”

“La tua amica è un bravo medico, ma avrebbe dovuto lasciarmi fare.”

Ancora quel discorso. Nadira ne aveva conosciuta di gente che avrebbe desiderato vivere, ma che invece era morta in battaglia. Che un ragazzone in buona salute desiderasse togliersi la vita le era inconcepibile.

Esalò un lungo respiro, richiamando alla mente il nome che Leila aveva dato all'assaltatore. “Senti... Sky. Non so quale problema tu abbia. Ma stare lì senza fare niente non ti aiuterà a non pensarci. Ho del lavoro da fare, potresti darmi una mano.”

Finalmente, l'assaltatore girò la testa verso di lei. “Lavoro?”

La ragazza indicò dietro di sé. “Devo caricare quella navetta...”

Sky degnò di uno sguardo il vascello, per poi riportare gli occhi su Nadira. “Sono un assaltatore del Primo Ordine, non un operaio.”

“Dalle tue parti non so come si usa, ma qui se c'è bisogno chiunque dà una mano” ritorse lei, innervosita. “Fosse anche l'ammiraglio Ackbar.”

Senza preavviso, il ragazzo si alzò con un movimento fluido, fronteggiandola.

Sfiorando l'uno e ottanta di altezza, Nadira era alta per essere una donna, ma lui la sovrastava. Nelle mortifere armature bianche del Primo Ordine doveva davvero incutere timore.

Quello che gli era successo sembrava non aver lasciato alcuna traccia: non sulla pelle del viso, guarita da applicazioni di gel bacta, e non interiormente, a giudicare dall'aria imperturbabile che esibiva. Apparentemente.
Tanti anni passati in mezzo a uomini e donne provati da esperienze di guerra, avevano reso Nadira perspicace. Non le sfuggi l'aria guardinga di Sky. L'aveva vista tante volte. L'assaltatore aveva paura di qualcosa, ma lo nascondeva bene. Era addestrato a farlo.

“Hai deciso di aiutarmi o di strangolarmi?”

“Aiutarti, se proprio devo.”

Nadira annuì, esitante nell'avviarsi, però. La sua curiosità ebbe ancora una volta il sopravvento.

“Tu, invece, come stai?” gli chiese, cercando di suonare meno interessata di quanto effettivamente fosse.

La risposta fu laconica. “Bene.”

“Ottimo...”

Forse parlare della sua salute non era un argomento sicuro. Provò con altro. “Il generale Organa mi ha detto che qui nessuno deve sapere chi sei. Gli unici che sono a conoscenza della tua identità sono l'equipaggio della navetta con la quale ti abbiamo recuperato, e i membri della Dalmazia, ma è stato ordinato a tutti di mantenere la segretezza.” Abbassò gli occhi per calciare pigramente un sasso. Lo guardò rotolare piano lontano da lei. “Non capisco comunque perché ti facciano andare in giro liberamente. Non è che passi esattamente inosservato.”

“In che senso?”

La ragazza si mise quasi a ridere. Lo squadrò da capo a piedi. “Ti possono aver fatto indossare i nostri abiti, ma hai l'aria troppo perfettina per passare per uno di noi. Forse è il caso che tu tenga quel cappuccio in testa.”

L'assaltatore abbassò gli occhi sul giaccone usato che indossava e si passò le dita sui pantaloni neri, come se si volesse togliere un'invisibile granello di polvere. Il tutto ostentando una smorfia disgustata. “In effetti siete davvero conciati male.”

“Sei simpatico quanto l'idea di buttarsi in pasto ad un sarlacc.”

Finalmente, un pallido sorriso toccò le labbra di Sky, attenuando la sua perenne espressione di controllata diffidenza. “Grazie per il complimento. Ma non avevi detto che c'era un lavoro da fare?”

Nadira sbarrò gli occhi. Si era completamente scordata del carico. Decisamente amava troppo chiacchierare ed era troppo curiosa.

“Andiamo. È tardissimo.” Si voltò e si affrettò verso la navetta, seguita da Sky.

 

Mormorò sottovoce un'imprecazione quando si accorse che Kaydel la stava osservando; anche a distanza la sua aria scocciata era chiara. Chissà da quanto la stava guardando.

Nadira sbuffò. Decisamente, aveva passato giorni migliori.

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Capitolo 5
*** Il buio dell'anima ***


Il buio dell'anima

 

Leia aveva deciso di riceve Anvir come se l'uomo fosse stato un amico di lunga data, e non il nostromo della Dalmazia, che lei in precedenza aveva incontrato solo un paio di volte. Voleva evitare che il colloquio assomigliasse troppo ad un interrogatorio, quindi lo ricevette nel suo salottino privato, lo fece sedere in una comoda poltrona, e gli versò personalmente un pregiato infuso mandaloriano.

L'uomo, un sessantenne in ottima forma, occhieggiò la tazza senza prenderla. Non sembrava essere molto a suo agio in presenza di Leia, anche se le sue condizioni di salute erano buone. Si era ripreso dal trauma, nonostante la parte destra del suo capo fosse racchiusa in un guscio di plastene grigio che teneva insieme la volta cranica. Era la conseguenza del disastro della Dalmazia, che si sarebbe portato dietro per tutta la vita. E gli era andata ancora bene.

La Principessa di Alderaan sfiorò un proiettore olografico posato sul tavolino tra loro. Le immagini del servizio funebre del capitano Tula Arda, e del resto del suo equipaggio, apparvero tra loro. Si era tenuto il giorno prima, nel mezzo della confusione dell'evacuazione.
Per sua precisa volontà il corpo del capitano Arda era stato tumulato sul pianeta D'Qar, e non lanciato nello spazio, come tanti altri chiedevano. Come se, alla fine della sua vita, la donna avesse voluto tornare alla terra che aveva lasciato tanti anni prima.

 

“È stato un bel funerale, non è vero?” Leia chiese al suo ospite.

L'aria infelice dell'uomo non si smorzò. “Sì. Anche se i miei compagni non si meritavano di morire così.”

“Lo so. La perdita è incolmabile. Per questo, tenente Anvir, io devo sapere cosa è successo là sopra.”

Non aveva senso tergiversare. Leia non aveva tempo per farlo. Quella storia maledetta era saltata fuori nel momento più sbagliato.

“Non le hanno detto nulla i miei compagni?”

“Qualcosa... ma è lei il più alto in grado, e quello che era più vicino al capitano Arda. Tenente, mi deve una spiegazione.” Con il tocco lieve dell'indice Leia selezionò un secondo filmato sul proiettore. In una stanza vuota, tre uomini toglievano ad un assaltatore la sua armatura. Dei tre, l'unico che non rideva era l'uomo davanti a lei.

“Lo trovavano divertente, Anvir?”

Lui non rispose, ma il solco tra le sue sopracciglia divenne un crepaccio, mentre il viso perdeva colore.

“Ce n'è un altro su di lei” lo informò Leia. “Viene ripreso pochi istanti prima dell'esplosione della Dalmazia. Sta urlando alla donna che abbiamo trovato con lei nel modulo che non ce la faceva più. Che avrebbe preso un blaster e sarebbe andato a mettere fine a quella follia...”

“... e che non mi importava nulla di quello che Arda voleva o comandava” Anvir terminò, abbassando gli occhi. “Ricordo benissimo quello che ho detto. Ogni singola parola.”

Rimorso, vergogna, paura. Leia non aveva completato il suo addestramento come Jedi, ma ne sapeva abbastanza per percepire quanto Anvir fosse turbato.

L'uomo si premette le grosse mani tra loro. Le mani di un uomo che aveva passato la vita a lavorare sugli incrociatori della Resistenza, prima in sala macchine, poi sul ponte di comando. Un uomo solido e fidato, il braccio destro di Arda.

“Mi racconti Anvir, non abbia timore. Lei non ha fatto nulla” Leia lo esortò, usando il suo tono più dolce.

L'uomo scosse la testa. “E invece sì. Sarei dovuto intervenire prima. Ma lei era così carismatica, e amata a bordo. Tra l'equipaggio nessuno osava contraddirla, e nessuno osava parlare. A terra qualche voce girava, ma riuscivamo a contenerle. Io... sono stato un vigliacco. Ma non potevo rovinare la sua reputazione... così tanti anni di stimato servizio... tante battaglie vinte.”

Anvir distolse lo sguardo, combattuto.

“Non c'è più niente da rovinare” Leia lo esortò. “Arda è morta. Sepolta con onore. Sarà ricordata come un'eroina della Resistenza. Quello che mi dirà, serve solo a me.”

L'uomo davanti a lei esitava, ma Leia non voleva forzarlo. Lo guardò portarsi la tazza alle labbra, e vuotarla metà.

Poi i suoi occhi trovarono quelli di lei, e non li lasciarono più andare.

 

“La prima volta fu tre anni fa” Anvir quasi sussurrò. “Era un convoglio di pirati. Pensavano che fossimo una preda facile; ci avevano scambiati per la nave da crociera che una volta la Dalmazia era stata. Riuscirono a salire a bordo, ma li respingemmo agevolmente. Qualcuno, ferito più o meno gravemente, era rimasto a bordo. Li scaricammo al primo avamposto commerciale che incontrammo ma...”

L'uomo si interruppe, per passarsi una mano sugli occhi. La Principessa di Alderaan poteva capirlo. Stava tradendo la fiducia del suo capitano. Anche se morta, per un uomo come lui non doveva essere facile. Riprese solo dopo essersi bevuto il resto della bevanda.

“Uno rimase a bordo. Arda ci ordinò di portarlo in quel compartimento. Non so a cosa fosse servito prima, ma quella barra sul pavimento era perfetta per incatenare i prigionieri.”

“Lui non aveva opposto resistenza”?

“Oh, certo che sì. Era un pirata, ed era giovane e forte. E strafottente. Rimase in quella cella tre giorni. Ne uscì con il collo spezzato.”

“E cosa aveva di speciale questo pirata?”

“Era giovane, ed era bello. Come tutti gli altri venuti dopo. Lei non voleva niente di meno.”

Leia serrò le labbra, sentendo uno sgradevole sapore di bile in bocca. Tre anni, aveva detto?

“E per tre anni... il vostro capitano ha continuato a...”
Non trovava nemmeno le parole per dirlo. Era peggio di quello che aveva immaginato. Molto peggio.

Nel corso della sua vita la Principessa di Alderaan aveva assistito a crudeltà inimmaginabili, ma non smetteva mai di stupirsene, e di dolersene. Le vite sprecate, le possibilità, i sogni e le aspirazioni in cenere per i vizi di pochi, era questo quello contro cui lei aveva combattuto tutta la vita. Nella Resistenza non erano tutti santi, ma quando certi limiti venivano superati, le erano particolarmente imperdonabili. Soprattutto se, come in quel caso, non sembrava ci fosse neppure alcuna giustificazione strategica. Era solo un capriccio. Un gioco.

Anvir si prese la testa fra le mani. “Se nel corso delle nostre operazioni incappavamo in qualche soggetto degno di attenzione, l'ordine era di portarglielo. Così, abbiamo continuato a catturare per lei contrabbandieri, ladri, pirati. Persone che non avevano fatto nulla di buono nella vita. Alcuni erano sicuramente assassini, almeno uno era un informatore del Primo Ordine.”

“E come lo giustificava davanti al resto dell'equipaggio?”

“Gliel'ho detto, Generale. Lei era molto amata, un'eroina della Resistenza, e quei ragazzi non erano nessuno, o erano brutte persone.”

Loro non erano nessuno. Leia chiuse un gli occhi, e si sfregò leggermente le palpebre con la punta delle dita. Anche Han era nessuno. Ed era stato molto bello da giovane. Ai tempi sarebbe stato la preda perfetta per Tula Arda.

Rabbrividendo, tornò a guardare Anvir, sempre più affranto.

“E una volta a bordo, qual era il vostro ruolo?”

Doveva averlo detto in un tono più brusco di quello che avrebbe voluto, perché Anvir sussultò, ma poi riprese a parlare.

“Noi tre ci occupavamo dei prigionieri quando... quando lei finiva con loro. Una volta al giorno li lavavamo e gli davamo da mangiare. Non potevamo curare le loro ferite però, quello non ci era permesso. E quando il capitano si stancava, noi passavamo a ritirare il corpo e lo facevamo sparire.”

Leia si alzò con un sospiro. Non era necessario che Anvir scendesse nei particolari. Lei aveva visto i video, e non dubitava che quello che Arda aveva inflitto all'assaltatore fosse parte di un copione ben rodato.

Prese un bollitore e tornò verso il tavolo, versando ad Anvir e per sé un'altra dose di tisana fragrante. Il profumo si sparse nel piccolo ambiente, ma non riuscì a dissipare l'atmosfera tetra.

Era tutto chiaro. Arda era attratta in modo malato da quei giovani; ma era solo un gioco di potere. Qualcuno probabilmente aveva anche ceduto, ma lei aveva comunque continuato a torturarli fino a quando non li aveva ammazzati. Il suo piacere lo ricavava dal tormentarli e non, o non solo, dal farci sesso.

Tornò a riaccomodarsi, avvicinando la mano destra alla tazza bollente. Le era venuto freddo.

“Da dove arriva lo Stormtrooper?”

“Una settimana fa incrociammo un shuttle del Primo Ordine. Aveva avuto un'avaria al sistema di iperguida e lanciato un segnale di soccorso. La Dalmazia è stata la prima a captarlo.” Anvir sospirò profondamente. “Proposi di abbatterli senza esitazione, ma il capitano mi bloccò. Non sapevamo chi ci fosse a bordo. Se era un VIP, avremmo potuto raccogliere informazioni interessanti.”

“Non era sbagliato... continui” lo esortò lei.

“Tenemmo la Dalmazia fuori dal raggio dei loro sensori, non volevamo rischiare che per non essere catturati autodistruggessero lo shuttle, e li abbordammo usando una lancia di trasporto di Bespin che tenevamo di scorta. A Cloud City commerciano con loro... ci credettero amici fino a quando i nostri uomini non salirono a bordo.”

“Ingegnoso.”

“Già. Arda era una brava stratega. Comunque, lo scontro fu breve. C'erano una decina di assaltatori a bordo, due ufficiali e due piloti. Nessuno di loro VIP. Combatterono bene, ma non avevano armi pesanti, ed erano svantaggiati dall'esiguità dello spazio in cui dovevano muoversi. Alla fine rimasero in vita solo in due: quel tizio e uno dei piloti.”

“L'assaltatore non ha usato il suo detonatore termico di ordinanza? So che ognuno di loro ne ha uno per questo scopo.”

Anvir scosse la testa. “No, non so perché. Forse non ne ha avuto il tempo. Li circondarono, e qualcuno dei miei glielo tolse. I nostri uomini li stavano per passare per le armi quando Arda, che aveva seguito con me lo scontro a bordo della Dalmazia, gli disse di fermarsi.” Anvir fece una pausa per afferrare la tazza. La mano gli tremava dalla tensione, notò Leia.

L'uomo non bevve, ma abbassò la testa per guardare il liquido azzurrato, come se dentro ci potesse vedere il suo destino. “Ricordo ancora il suo tono... ordinò che gli venissero tolti i caschi e poi... fece uccidere il pilota. Non era di suo gradimento.”

Leia aveva il cuore pesante. “E lei, Anvir? Lei che cosa pensava?” gli chiese, quasi dolcemente.

“Che stava facendo un grandissimo errore!” ruggì lui, quasi sorprendendola. L'uomo sbatté la tazza sul tavolo e il liquido si sparse sul tavolino. “Non si era mai spinta a tanto. Gli affiliati al Primo Ordine erano sempre stati off limits. Li combattevamo, ma non ne avevamo MAI imprigionato uno. Io cercai di farle cambiare idea, ma Nang e Josek ridevano. Le dissero che si sarebbe divertita con quello. Che era il nemico, e quindi c’era ancora più gusto. Le dissero che in guerra queste cose succedono, e tutti sappiamo come trattano i nostri prigionieri nelle loro prigioni. Quindi, dopotutto, non ci sarebbe stato nulla di male.”

Sconfortata, Leia scosse la testa. “Se siamo dalla parte giusta di questa guerra, Anvir, è anche perché noi queste cose non le facciamo. Comunque... alla fine lo portaste a bordo.”

“Sì. Credo che l’assaltatore abbia capito quando ha visto la cella cosa sarebbe successo, ma non cercò in nessun modo di reagire. Ci guardava senza dire nulla, e io sapevo che sarebbe finita male.” L'uomo si grattò il mento, esalando un sospiro. “Sa che si addestrano fin da bambini a sopportare le torture? Se le infliggono l'un l'altro, fino a spaccarsi le ossa. Così sono sicuri che nessuno di loro cederà se interrogato dal nemico. Bastardi fanatici. Ma sa cosa? Avrei voluto dire a quel ragazzo di non provarci nemmeno ad opporsi. Di cedere subito e dare a Varda quello che voleva, qualunque cosa fosse, in modo da farla finita in fretta. Tanto da lì sarebbe uscito morto in ogni caso.”

“Ma così non è andata, vero?”

Anvir scosse la testa. “No. Quell’idiota forse pensava che fosse una situazione di guerra normale. I giorni passarono. Lui resisteva, e lei si accaniva sempre di più. Si vedeva che era un soldato, e non uno dei furfanti qualunque ai quali lei era abituata. Si era divertita all’inizio, ma poi aveva cominciato ad uscire da quella cella sempre più frustrata. Non me ne sono stupito, prima o poi succedeva con tutti. Si stancava presto del suo… giocattolo.”

“Lo so. L'ho vista.”

Davanti allo sguardo stupito del suo interlocutore, Leia si portò entrambi le mani giunte al petto. Le aveva quasi fatto male fisicamente quello che l’uomo le aveva raccontato.

“Ho visto tutti video, tenente. Ho dovuto. KR-6790 non si è mai lamentato, né ha cercato accattivarsi il favore di Arda, e nemmeno l'ha mai pregata di smettere. Stava semplicemente lì sdraiato e silenzioso mentre Arda, come ha detto lei, si divertiva. Solo nelle prigioni degli Hutt ho visto tanta crudeltà.”

L'uomo abbassò la testa, mortificato. “Ad un certo punto volevo che la smettesse. Avevo visto il ragazzo poche ore prima, ed era chiaramente sotto shock. Ma era anche addestrato a resistere, non poteva fare altro. Ero io non potevo più sopportarlo. Volevo ucciderlo, sarebbe stato un atto di pietà. Nemmeno uno di loro si merita quello che lei gli ha fatto. E poi avrei denunciato Arda.”

Leia annuì comprensiva, pur sapendo che Anvir aveva coperto il suo capitano per tanti, troppi anni.

“Avrebbe fatto bene, tenente. Questa sua... depravazione, poteva costarci molto cara. Pirati e contrabbandieri sono nostri informatori. Se la notizia di questi trattamenti fosse giunta alle orecchie sbagliate sarebbe stato un colpo micidiale per noi.”

“Non creda che non ci abbia pensato. Anche lei lo sapeva, ma non le importava.”

“Posso immaginarlo. Bene, penso non ci sia altro da dire... può andare, tenente.”

Anvir la fissò, stupito. “Così?”

“E come, altrimenti? Pensa che la possa punire ora per gli errori del suo capitano? Non succederà.” Leia si alzò, seguita dall'uomo. “Fuori da qui si diriga immediatamente alle navette, la trasbordiamo subito sulla Raddus. Si dimentichi questa storia, se riesce, e non ne faccia menzione con nessuno.”

L'uomo aveva in volto l'espressione di chi è stato appena graziato da una condanna a morte. “Non so come ringraziarla, generale Organa...”

“Non deve. Ancora una cosa, Anvir. Poco prima che la Dalmazia esplodesse ha sentito qualcosa di strano?”

Anvir scosse la testa. “Non proprio. Stavo parlando con la mia compagna quando è suonato l'allarme. Non ho fatto in tempo a chiedermi cosa fosse che c'è stata l'esplosione e il modulo dove eravamo è stato espulso.“

“Niente segnali premonitori, quindi? Secondo i dati della scatola nera la nave era in perfetta efficienza, e il computer non ha rivelato navi nemiche nel perimetro della scansione.”

“Non ce n’erano, di questo sono sicuro. Adesso che mi ci fa pensare, però…” Anvir fece una pausa, sfregandosi le dita della mano destra tra di loro. “Qualche secondo prima che l’allarme suonasse io e la mia compagna abbiamo avvertito qualcosa. Ho sentito un brivido, e mi si sono rizzati i peli delle braccia. Come… come se ci fossimo d’un tratto avvicinati ad un… cavo elettrico scoperto.”

Le labbra di Leia si piegarono in un sorriso che non sentiva. Quello che Anvir aveva detto forse confermava la sua peggiore ipotesi.

“Bene… la ringrazio. Ci rivedremo sulla Raddus.”

L'uomo le fece un rapido saluto militare, per poi avviarsi. Aveva già la mano sulla parete scorrevole, quando si girò leggermente verso di lei. “Generale... per quello che può valere, gli dica che mi dispiace. Io non ce la faccio nemmeno a guardarlo.”

Non c'era bisogno di specificare a chi Anvir si stesse riferendo. “Certo. Lo farò, tenente. Lei è un brav'uomo, se lo ricordi.”

 

Leia stette per lunghi minuti a guardare la porta dietro la quale Anvir era scomparso. Raccolse i suoi pensieri e poi si avvicinò al tavolino. Lì riaccese il proiettore con le immagini del funerale. Fissò le facce dolenti. La partecipazione era stata grande. Tutti loro avevano amici sulla Dalmazia. Qualcuno anche dei famigliari.

La Principessa di Aldreraan prese un respiro profondo, sentendo la rabbia montarle dentro come una marea.

Cos'è che le ripeteva sempre Luke? Collera, paura, aggressività. Non bisognava cedervi, erano la porta per il lato oscuro. Meno male che lei non era mai diventata una Jedi a tutti gli effetti allora; il suo temperamento focoso, solo mitigato dall'età, le avrebbe dato qualche problema.

Luke le diceva anche che tutti gli esseri umani erano pervasi dalla Forza e che, dopo morti, si riunivano ad essa. Tuttavia, nulla lasciava pensare che, a parte i Jedi, le persone normali potessero mantenere la loro individualità.

Scrutando i volti dei presenti al funerale, Leia pregò che invece fosse vero; pregò che, da qualche parte, l'anima di Tula Arda ancora esistesse, e che potesse sentirla.

“Alla fine è solo colpa tua” sibilò sottovoce. “Brutta cagna, li hai ammazzati tutti.”

 

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Capitolo 6
*** Giocando con il fuoco ***


Giocando con il fuoco

 

Nadira era così stanca che quasi non aveva fame. Ma se anche l'avesse avuta, le orrende barrette proteiche che costituivano tutto il cibo oramai disponibile nel quartier generale gliel'avrebbero fatta passare. Ne aveva sbocconcellata una di malavoglia, ma non riusciva ad andare oltre il primo boccone della seconda.

Stufa di masticare quello che le sembrava plastene, e stufa anche delle occhiate di Sky, gliela allungò attraverso il tavolo.

“Va bene. Tienila pure se ti piace tanto.”

“In mancanza di meglio... non solo siete messi male ma queste barrette sono tremende.”

Sospirando, Nadira appoggiò il gomito sul tavolo e raccolse la mano a pugno sotto il mento. Quante volte quel giorno aveva già sentito quella frase?

Sconsolata, fissò il ragazzo davanti a lei. Non valeva nemmeno la pena di arrabbiarsi. Per KR-6790 non c'era nulla che funzionasse come doveva, e trovava tutti estremamente malvestiti, sporchi e, soprattutto, disorganizzati.
Una pecca insopportabile per uno del Primo Ordine, evidentemente.

Nadira abbassò la voce. “Saremo anche messi male, ma la vostra bella arma grazie a noi adesso è polvere di stelle.”

“Almeno è bella polvere” rispose lui, con una noncurante alzata di spalle e un sorrisetto lieve. Le lanciò un'occhiata, e il cuore di Nadira mancò platealmente un battito.

'No. Ragazza. No' si disse allarmata. 'Non lo devi nemmeno prendere in considerazione.'

Kaydel l'avrebbe uccisa se avesse saputo che cominciava a sviluppare pensieri tutt'altro che casti sull'assaltatore. Lui era il nemico, anche se le era difficile pensarlo come tale. E poi Nadira aveva un debole per i bei ragazzi alti con gli occhi chiari, e Sky rispondeva a tutti i requisiti.

Negli anni che aveva passato nella Resistenza le storie di Nadira erano sempre nate così, dall'oggi al domani. E durate altrettanto. A volte ne rideva con Clare, mentre le raccontava della notte passata con l'ennesimo compagno conosciuto la sera prima e di cui a malapena conosceva il nome; uno che probabilmente non avrebbe rivisto l'indomani. Che, a volte, l'indomani era stato mandato in battaglia per non tornare più.
Mentre Clare, che aveva studiato medicina in una prestigiosa università di uno dei mondi centrali, a sua volta le parlava dei lunghissimi corteggiamenti che deliziavano le ragazze laggiù.
Per Nadira era una vita inconcepibile. I ragazzi e le ragazze come lei, che combattevano nella Resistenza, non si sarebbero mai potuti permettere infinite schermaglie d'amore; l'unica cosa che si concedevano era qualche fugace ora di piacere tra una battaglia e l'altra.
Qualcuno si innamorava, e si sposava pure. Nadira un po' li compativa e un po' li invidiava.

“Se voi due avete finito di farvi i fatti vostri ci sarebbe la prossima navetta da caricare.”

Esalando un sospiro di rassegnazione, Nadira si alzò di malavoglia girandosi verso l'uomo che aveva parlato. Non solo l'avevano relegata a terra, ma il suo caposquadra era uno schiavista.

“Arriviamo, arriviamo” fece a Rafa, un gigante dalla pelle scura anche più alto di Sky. “Certo che potrebbe venire anche qualcuno a darci una mano, no?”

“Figurati” le rispose lui, passandole accanto mentre se ne andava, e dandole con la mano chiusa a pugno un leggero buffetto su una spalla. “Non vedi che quasi tutto il personale è stato già trasferito sulla Raddus? Qui siamo rimasti in pochi fortunelli. Forza, prima finite prima imbarcheranno anche voi.”

Imbarazzata, Nadira spiò l'espressione neutrale di Sky. Non sembrava che quello che aveva detto Rafa l'avesse colpito più di tanto. Eppure doveva chiedersi anche lui quale sarebbe stato il suo destino, meditò la ragazza.

“Vieni un attimo con me” gli disse sottovoce. Lui la seguì senza fare storie. Era bravo ad eseguire gli ordini alla lettera.

 

Camminarono insieme verso la zona di carico. L'area era caotica, ma Nadira cercò un angolo dove poter parlare in pace. Kaydel non era nei paraggi, doveva approfittarne.

Trovò il posto che cercava accanto ad uno dei muri perimetrali della base. Era una zona abbastanza tranquilla, forse lì Rafa non li avrebbe trovati per almeno cinque minuti.

“Quindi, che vuoi fare?” chiese a Sky.

“In che senso?”

Lei indicò il caos di pallet e muletti che li circondava. “Presto ce ne andremo. Tu che farai?”

“Non credo dipenda da me.”

“E allora da chi?”

“Domani il tuo generale Organa ha chiesto di vedermi, chiederò a lei cosa vuole farne di me.”

Sky incrociò le braccia al petto, distogliendo gli occhi da lei.

Nadira non sapeva che pensare. Non le sembrava fosse un fanatico. A parte i commenti ironici sulla mancanza di organizzazione nella Resistenza, Sky non parlava mai del Primo Ordine. D'altra parte, non era nemmeno amichevole come Finn. Teneva tutti accuratamente a distanza, mantenendo un atteggiamento cortese, se interpellato, ma glaciale come l'azzurro dei suoi occhi.

Solo con lei sprecava qualche parola in più. Ogni tanto le sorrideva anche, un gesto che però non scalfiva mai il suo contegno perennemente controllato.
Nadira si chiedeva a cosa fosse dovuto. Se al fatto che KR-6790 fosse davvero caratterialmente così, o a quello che gli era successo sulla Dalmazia.

“Va bene. Ma ci sarà pure qualcosa che vuoi tu, giusto?” lei gli chiese, resistendo alla tentazione di prenderlo per i lembi del giaccone e scuoterlo.

La risposta fu immediata, e le fece male. “Voglio tornare dai miei compagni.”

Semplice così. Non sembrava dare molto adito a ripensamenti. Eppure era una risposta che non le bastava.

“Perché? Ci credi così tanto negli ideali del Primo Ordine? Tu... non ti sei arruolato di tua volontà. NON è questa la vita che avresti dovuto vivere.” Nadira scosse la testa, e i capelli rossi si agitarono attorno a lei come lingue di magma. “Sei stato condizionato a combattere per loro...”

“Non importa” la interruppe lui. “In ogni caso non combatterò mai contro di loro. Hai ragione quando dici che non ho scelto io di arruolami, ma lo stesso vale per tutti gli altri. Quei ragazzi hanno passato quello che ho passato io.” Sky abbassò la testa, infilando le mani nel giaccone che indossava. “Infinite ore di addestramento fin da quando eravamo bambini. Esercitazioni che non erano molto diverse da una sessione di tortura. E chi rimaneva indietro veniva scartato. Non ci era nemmeno concesso di aiutare i nostri compagni più fragili. La catena è tanto forte quanto il suo anello più debole, ci ripetevano sempre i nostri istruttori.” Il ragazzo ritornò a guardare Nadira, in volto la solita espressione determinata e guardinga. “Io non alzerò mai il blaster contro uno di loro. Sono tutti sopravvissuti come me.”

Nadira si sentì sprofondare. Messa così la questione era, in effetti, complicata. Se Finn fosse stato lì li avrebbe fatti parlare. Finn che non sembrava avere nessun problema a sparare sui suoi ex-compagni. Ma forse sarebbe stato peggio. Sky le sembrava così intransigente.
La ragazza contrasse i pugni. Cosa doveva fare? Non sembrava ci fosse molto spazio per discuterne, eppure doveva tentare. Perché se Sky non voleva unirsi a loro, il generale Organa non avrebbe avuto altra scelta che mandarlo davanti al plotone di esecuzione. Il pensiero le era intollerabile.

“Proprio per quello che mi dici... io non capisco. Perché vuoi tornare nel Primo Ordine? Che cosa ti hanno dato nella vita, se non l'ordine di inquadrarti in ranghi con altri disgraziati come te per andare a morire?”

“La disciplina, Nadira. Il controllo.”

Lei aggrottò le sopracciglia, confusa. Il controllo? Su cosa? Prima che potesse chiederglielo, la voce di Rafa tuonò imperiosa per tutta l'area di carico, superando persino il frastuono degli elevatori.

“Voi due piccioncini volete piantarla di imboscarvi? Potrete sbaciucchiarvi quanto vorrete quando avremo finito qui. Datevi una mossa.”

Non c'era alcun dubbio che Rafa si fosse rivolto a loro. Imbarazzata, Nadira si guardò attorno. Tutti quelli a portata di voce si erano interrotti e li guardavano ridacchiando. La voce di Sky le giunse soffocata, ma vagamente divertita.

“Forse è meglio andare...”

Nadira annuì, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Che figuraccia. Si avviò dietro di lui, che nel frattempo si era fatto scivolare in testa il cappuccio del giaccone. Probabilmente era imbarazzato tanto quanto lei.
La ragazza di ripromise di ritornare sull'argomento. Non esisteva proprio che Sky dicesse quelle cose al generale Organa. Leia era paziente, ma non con le persone inflessibili. Non quando c'era in gioco ben altro che non la vita di una persona.
Una persona che, e a Nadira il solo pensiero strappò un brivido doloroso, stava cominciando a interessarle per ben di più che non il mero aspetto fisico.

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'Stai facendo la cosa più idiota della tua vita...' Nadira si disse collegando la scatola nera della Dalmazia al suo datapad.

Qualche ora prima aveva adocchiato l'ingombrante macchinario in una parte defilata della baia di carico, pronto ad essere imbarcato. Fortuna sua, era stato catalogato tra gli ultimi materiali a dover essere caricati sulle navette.
E così era tornata dopo la fine del suo turno, e si era accucciata accanto al pallet intenzionata a scaricare dal mainframe della scatola nera, sempre se non fossero già stati cancellati, i video registrati a bordo della Dalmazia.
Le avrebbero dato un'idea di quello che era successo. Aveva bisogno di qualcosa, qualunque cosa che le spiegasse il comportamento di Sky.

Per tutto il resto della giornata lui si era limitato a rispondere a monosillabi alle sue domande, lasciando cadere nel vuoto i testardi tentativi della ragazza di riprendere la conversazione. E Nadira non sapeva se, dopo il colloquio che Sky avrebbe avuto con Leia il giorno dopo, sarebbero più riusciti a parlare.

“Non esiste proprio...” sibilò sotto voce la ragazza, scorrendo la lista dei file presenti nel mainframe. Erano ancora tutti là, ma non solo. Chi li aveva aperti ne aveva salvati una ventina in una cartella separata sul suo dispositivo, che poi li aveva sincronizzati a ritroso sulla memoria della scatola nera.
Nadira sorrise, benedicendo i sistemi automatici di salvataggio. Trasferì tutto, ma decise di cominciare ad esaminare i file della cartella separata. Dovevano essere importanti se li avevano selezionati.

Una volta copiato il materiale, e scollegato il datapad, si alzò cautamente per andarsene. Era notte fatta ma la baia di carico ferveva di attività. Dovevano completare l'evacuazione in tre giorni. Non c'era più molto tempo.  

 

Rientrò nel suo alloggio quasi correndo. Le compagne con le quali condivideva l'esiguo spazio erano già partite, ora era completamente sola. Si chiuse comunque la porta alle spalle, non voleva rischiare che qualcuno la beccasse a visionare quello che non avrebbe assolutamente dovuto vedere.
Poi si accoccolò sulla sua branda. Adesso che era giunto il momento, quasi le mancava il coraggio.

“Forza, vediamo un po'” sussurrò aprendo il primo.

Il video non era niente di particolarmente sconvolgente; lei immaginò fosse consuetudine che ai soldati del Primo Ordine prigionieri venisse rimossa l'armatura, oltre che le armi. Però non apprezzò le facce e le risatine dei due nella cella con Sky. C'era anche un altro uomo, che Nadira identificò come uno dei sopravvissuti. L'uomo guardava severamente i suoi due compagni, e Nadira non si vergognò di essere contenta che non fossero sopravvissuti. Chiuse il file con un sospiro. Il peggio doveva ancora venire, lo sapeva.
Nel secondo la situazione era cambiata.

L'assaltatore era seduto per terra a gambe incrociate, le braccia bloccate dietro la schiena da un paio di manette assicurate alla maniglia sul pavimento. C'era una donna in piedi davanti a lui, il capitano Arda.

La donna mostrava il suo viso alla videocamera. Era di media altezza, in forma, all'incirca della stessa età del generale Organa. I suoi occhi però non avevano nulla della saggezza e umanità che permeava lo sguardo di Leia. Nonostante fosse una ripresa, Nadira si sentì a disagio davanti a quel cipiglio arrogante, quello di una persona abituata a non sentirsi dire mai di no.

Osservò le labbra di Arda schiudersi in un sorriso rapace, mentre allungava una mano per accarezzare il volto di Sky.

“Finalmente qualcosa di diverso rispetto ai soliti straccioni. Ma lo sai che sei proprio bello, soldatino? Fammi divertire e ti prometto che ritornerai al Primo Ordine tutto intero.”

Forse istintivamente, Sky allontanò il viso dalla mano della donna.

Il manrovescio che lei gli assestò per ripicca fu violento, ma non strappò nemmeno un gemito al ragazzo.

“Cominciamo bene” gli urlò la donna, stingendo la mano destra attorno al collo dell'assaltatore e costringendolo a guardarla negli occhi. “Vedi di fare esattamente quello che ti dico, altrimenti ti farò tanto male che rimpiangerai di non essere morto insieme ai tuoi compagni sullo shuttle.”

Nadira chiuse precipitosamente il video, desiderando di lanciare il datapad conto il muro. Si premette la mano sulla bocca, incredula di fronte a quello che aveva appena visto.
Aveva capito bene? Il capitano Arda aveva torturato Sky non perché fosse del Primo Ordine ma perché, in qualche contorto modo, le piaceva? E quell'accenno agli straccioni cosa significava? Che non era la prima volta?

Le mani le tremavano. Sfiorò il file successivo senza avere il coraggio di aprirlo. Come aveva fatto il generale Organa a guardarli tutti? Adesso capiva perché Leia aveva quell'espressione distrutta, quando l'aveva vista nell'infermeria.

Nadira lasciò perdere quel file e ne aprì uno più avanti. Riuscì a guardarne solo qualche istante. Era abbastanza chiaro, da quello che stava facendo, che Arda non fosse assolutamente contenta di come stavano andando le cose.
Il disgusto e lo sconcerto stavano lasciando il posto alla rabbia. L'aveva trovata morta, e il pensiero ora le era dolcissimo. Ma chi l'aveva uccisa? A prima vista le era sembrato un colpo di blaster. Forse uno dei suoi uomini?

“Vecchia pazza depravata” sibilò la ragazza andando a selezionare l'ultimo file. Controllò l'orario della registrazione e lo confrontò con quello del ritrovamento dei pod di soccorso, che aveva salvato sul suo datapad: erano passate solo un paio d'ore. Nel frattempo, la nave era esplosa.

L'ultimo file si apriva con una scena che Nadira aveva già visto nel file precedente. L'assaltatore era incatenato al pavimento, nella stessa posizione in cui lei l'aveva trovato, e altrettanto martoriato. Arda gli era accanto, in piedi, il volto scuro di rabbia. La donna teneva in mano il manganello che avevano poi ritrovato a galleggiare nel pod, l'estremità estesa ma non attivata.

“Sono proprio stanca. Colpa mia. Anvir mi aveva avvertita. Mi aveva detto che eravate troppo rigidi, inquadrati da anni di condizionamento mentale. È impossibile sedurvi. Peccato, sai, credo che sarebbe piaciuto anche a te.”

Nadira trattenne il fiato, mentre Arda accarezzava lo stomaco nudo dell'assaltatore con l'estremità del manganello. Gliele aveva fatte così quelle bruciature?

Il ragazzo girò la testa verso la parete. “Basta. Per favore, basta...” sussurrò.

Tanto disperata era suonata quella richiesta, che a Nadira si spezzò il cuore. Guardò Arda ridere di gusto, e sollevare il manganello sopra la testa, attivandolo contemporaneamente. Scariche di plasma passarono tra gli elettrodi, e il capitano le guardò quasi compiaciuta.

“Solo adesso chiedi pietà? Avresti dovuto pensarci prima. Ma sai cosa ti dico? Avevo deciso di ucciderti, ma adesso penso che staremo insieme ancora qualche giorno. Voi del Primo Ordine siete proprio dei giocattoli divertenti. Devo dire ai miei uomini di portarmene qualcun altro. Magari i tuoi compagni saranno più malleabili di te.”

La donna stava ancora ridendo quando una scarica di plasma si sprigionò dal manganello e la colpì al centro dello sterno. Il bagliore fu tale che Nadira fu costretta a distogliere lo sguardo. Quando ritornò a guardare il file, il corpo di Arda era collassato sul pavimento. Sky, accanto a lei, era assolutamente immobile.

“Ma...” Nadira non fece in tempo a chiedersi cosa fosse stato. La ripresa cominciò a riempirsi di linee di statica, per poi interrompersi. Intuì che fosse quello il quel momento in cui il reattore della Dalmazia collassava.

Nadira, senza capire cosa fosse successo, ma sconvolta da quello che aveva visto, posò il datapad sul letto.

 

Uscì dalla sua stanza, e si diresse nel settore adiacente. Trovo subito l'alloggio che avevano riservato a Sky, era dove lo riportava lei stessa tutte le sere.
C'era una guardia, ma dormiva accasciata su una sedia posta dall'altra parte del corridoio. Cautamente, Nadira estrasse dalla tasca dell'uomo il pass che disserrava la porta.

La avvicinò alla serratura mettendo a tacere tutti i dubbi che le erano nel frattempo venuti.

Aprì la porta e scivolò dentro la stanza portandosi dietro il pass, con il quale richiuse la porta dall'altro lato.

Si volse con il cuore in gola, ancora stravolta da quello che aveva visto. Si sentiva in trance.

Una fiochissima lampada su un muro proiettava una luce aranciata che rischiarava poco la piccola stanza. Una branda costituiva l'unico arredamento, ma Sky era seduto a terra, la schiena appoggiata contro il muro. La fissava e sembrava sapesse quello che lei aveva fatto, sensazione confermata dalle parole con cui la accolse.

“Perché li hai guardati? Vattene via.”

“No” Nadira rispose, il tono battagliero nonostante dentro si sentisse morire. Non sapeva se stesse facendo la cosa giusta, sicuramente era una pazzia, ma di certo non se ne sarebbe andata. Quegli orribili filmati le avevano dato il metro dell'oscurità che giaceva nei cuori delle persone. Aveva visto qualcuno fare del male solo per il gusto di divertirsi; qualcuno che aveva giurato di combattere per la libertà.

“Se vuoi che me ne vada, mi devi buttare fuori. Ma non prima di avermi detto perché non vuoi rimanere. Se è per quello che è successo...”

La risposta fu quanto mai criptica. “Sì, in un certo senso sì. Ma non per quello che pensi tu.” Confusa, Nadira contrasse i pugni.

“Va bene. Mi stai dicendo di farmi i fatti miei. Lo accetto. Ma se non ti unirai alla Resistenza, ti aspetta un colpo di blaster in testa.”

“Forse è meglio così... e a te non dovrebbe importare niente. Tu non dovresti nemmeno essere qui.”

“Sono qui perché è esattamente dove... dove devo essere stanotte. Come ti ho detto, vieni a buttarmi fuori se ti do tanto fastidio.”

Nadira non si mosse, limitandosi a fissarlo mentre il ragazzo si alzava e la raggiungeva, fermandosi ad una distanza ben inferiore a quella socialmente accettabile tra due che si erano appena conosciuti. Peggio, tra due persone che combattevano su opposti fronti.

Adesso che lo guardava negli occhi da vicino, le era chiaro che Sky stesse come al solito cercando di controllarsi, ma questa volta stava perdendo la battaglia.

“Quindi, me ne devo davvero andare?” gli chiese, maliziosa.

“Quello che stai facendo è pericoloso. Perché ti interessi così tanto a me?”

Nadira sorrise. Era una domanda complicata, che aveva più risposte. Decise per quelle più semplici e sincere che potesse dare. “Perché mi piaci. E perché domani potremmo essere morti tutti e due. E anche perché non c'è nessun futuro per quelli come noi, solo questo momento. Questo presente che... non è giusto lasciare scappare, quando vogliamo tutti e due la stessa cosa.”

“Nadira, tu sei della Resistenza, io del Primo Ordine. Non dovremmo volere la stessa cosa.”

Che Sky la desiderasse, nonostante le sue parole, le era chiarissimo. L'espressione che l'aveva in volto l'aveva vista troppe volte, su troppi altri uomini, per sbagliarsi. Evidentemente, però, il condizionamento a cui il Primo Ordine sottoponeva i suoi soldati non era facile da eludere.

Doveva fare lei l'ultimo passo.

Chiuse la distanza tra loro appoggiandogli delicatamente le mani sulle spalle. Lui non la respinse.

“Quanti anni hai, Sky?”

“Ventidue.”

Nonostante la situazione le venne quasi da ridere. Pensava fossero di più. Era davvero un ragazzino.
Si alzò in punta di piedi per sfiorargli le labbra con le sue. “Fuori da quella porta, tu sei KR-6790. E anche io ho un codice, sai? Sono Rosso-10. Qui fuori, due come noi si ucciderebbero in una guerra che è in corso da ben prima che nascessimo. Una guerra che noi non abbiamo scelto. Ma possiamo volere, almeno per stanotte, di non essere niente altro che due persone, al di là dei loro maledetti codici. A te la scelta.”

La scelta fu scontata. Nadira sentì le labbra di Sky posarsi sulle sue appena ebbe finito di parlare. Le mani del ragazzo le circondarono la vita, e la strinsero a sé. Il corpo di Nadira reagì immediatamente, inarcandosi come un grosso felino akiviano per godere di ogni centimetro di contatto.

Il bacio fu lungo e perfetto. Nemmeno interrotto quando Sky la sollevò da terra, per posarla poi sulla branda. Solo allora Nadira si staccò quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. L'aria determinata era ancora lì, il controllo un po' meno.

La ragazza si leccò le labbra, sentendo le mani di lui che le si stavano infilando sotto la maglietta. Ci sapeva fare.

“Bene... vedo che dalle vostre parti non vi fanno solo marciare” gli sussurrò, la voce che sentiva roca dal desiderio.

Sky sorrise divertito. “Certo che no. Ogni tanto ci concedono delle pause. E... beh, le giovani sottufficiali vanno matte per le nostre armature.”

A Nadira facevano paura, invece. “Ti preferisco senza...”

Le sfilò la maglietta e rimase a guardarla, per poi sfiorarle la pelle nuda tra i seni con le dita della mano destra, facendola rabbrividire.

“Quando non sei in servizio, sono ammesse certe cose... fare sesso, va bene” il ragazzo continuò a bassa voce, le dita che scendevano lievi ad accarezzarle lo stomaco. “Ma una relazione... quelle sono vietate. E chi comunque le vorrebbe, con qualcuno che potrebbe morire il giorno dopo?”

Quella cosa avrebbe potuta dirla lei. O uno qualunque di quelli che lei conosceva.

Nadira sorrise, poi l'aiutò a sganciarle la fibbia della cintura. E decise di non pensare più a niente, solo a stare bene. Il resto, era tutto troppo complicato.

 

Qualche ora dopo si mise a piovere. Le tempeste su D'Qar erano violente manifestazioni della collera della natura. Anche sottoterra si sentivano.
Nadira fu svegliata da un fulmine caduto su una delle antenne della base; il tuono che l'accompagnava era arrivato fino a lei.

Sdraiato contro il suo corpo, Sky continuava a dormire. Nel sonno sembrava ancora più giovane di quello che era.
Cercando di non svegliarlo, Nadira sollevò una mano per accarezzargli il braccio che la cingeva. Sulla pelle liscia avvertiva delle leggere imperfezioni. Il gel bacta aveva curato i tagli e le bruciature in poche ore, ma gli sarebbero rimaste le cicatrici.

Chiuse gli occhi, godendosi il momento di pace. Forse era stata avventata, ma le era piaciuto. Così tanto che si sarebbe potuta innamorare di lui, realizzò con una stretta al cuore. E il pensiero dell'indomani le faceva chiudere lo stomaco. Chissà cosa gli avrebbe detto il generale Organa.

Cercò di non pensarci, e di riaddormentarsi ascoltando il suono della pioggia. Stanca com'era, stava già scivolando nel sonno quando un altro fulmine cadde vicino al quartier generale, e solo allora a Nadira tornò in mente la scarica elettrica che aveva colpito Arda, tanto intensa e prolungata che probabilmente aveva ucciso la donna sul colpo.

Nel dormiveglia la ragazza sorrise, attribuendo la scarica ad un malfunzionamento dell'arma. Quella pazza aveva avuto una fine decisamente appropriata.

 

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Capitolo 7
*** Disequilibrio di potere ***


Disequilibrio di potere

 

Kaydel Ko Connix era un ottimo elemento. Aveva solo una pecca, rifletté Leia alzandosi il bavero dell'elegante cappotto per ripararsi dal vento.
Guardò la ragazza aggirarsi circospetta attorno alla piccola radura dove il generale aveva deciso di incontrare l'assaltatore. Kaydel si era opposta a che lei lo vedesse nel suo appartamento, da sola. Non si poteva mai sapere cosa passava per la testa di uno del Primo Ordine. D'altra parte Leia aveva ordinato che nessuno fosse presente. Così si erano accordate per un colloquio negli immediati dintorni della base, in un punto in cui Kaydel e la guardia che si era portata dietro potevano almeno tenere d'occhio il soldato nemico.

Seduta su di una vecchia panchina in pietra, Leia sospirò. Kaydel era una bravissima organizzatrice, peccato che non ragionasse come le ragazze della sua età. Peccato avesse completamente dimenticato cosa volesse dire avere vent'anni.

Una volta tornate alla base, Leia si ripromise di chiedere alla sua assistente cosa l'avesse spinta ad affidare l'assaltatore a Nadira. Chissà per via di quale incomprensibile percorso mentale Kaydel li avesse addirittura fatti lavorare insieme.
Gli occhi scuri di Leia si spostarono da Kaydel per posarsi su KR-6790... Sky, come lei stessa l'aveva ribattezzato. Il ragazzo aveva deciso di rimanere in piedi, braccia conserte e in faccia la solita espressione impenetrabile.

 

Quando erano andati a prenderlo l'avevano trovato nella baia di carico che aiutava Nadira. A Leia era bastata un'occhiata alla ragazza, e vedere come i due si erano guardati mentre si salutavano, per capire che erano amanti. Non ci voleva nemmeno l'uso di qualche mistico potere mentale. Nadira era un libro aperto.

'D'altronde' rifletté Leia esalando l'ennesimo sospiro. 'Questo è il risultato che ottieni se metti a stretto contatto due persone giovani e di bell'aspetto. Una delle quali è troppo compassionevole ed idealista. La ricetta per un disastro.'

“Sei sicuro di non volerti sedere?”

Sky scosse la testa. Leia non l'aveva ancora sentito proferire verbo, né riusciva a capire cosa gli stesse passando per la testa. A parte il pomeriggio di qualche giorno prima, in infermeria, quando l'aveva visto chiaramente sull'orlo di un crollo nervoso, il ragazzo aveva mostrato un'emotività pari a quella di un blocco di ghiaccio. Come se avesse issato uno muro tra sé e tutto quello lo circondava. Un'armatura.
'Ti deve proprio piacere tanto la tua corazza per indossarne una mentale così potente.'

Leia sospettava che fosse anche quello che aveva affascinato Nadira: la sfida di abbattere quelle difese, e di confortarlo per quello che aveva sofferto.
Peccato che, e la Principessa di Aldreraan lo percepiva chiaramente, Sky non avesse bisogno di nessun conforto, men che meno avrebbe rinunciato alla sua amata armatura per una notte passata con una ragazza che gli si era offerta tanto liberamente.

“D'altronde, anche io ero così, ai miei tempi. Sempre appresso ai cattivi ragazzi...” considerò a voce abbastanza alta perché l'assaltatore si girasse verso di lei.

“Cosa?”

“Nulla. Meditavo sulla stupidità delle giovani. Kaydel non è così, lei è tutta lealtà e lavoro duro. Sarà per quello che è sempre così brusca?” Leia fece un gesto elegante con la mano, come a spazzare l'aria davanti a sé. “Ma lasciamo perdere queste considerazioni da madre troppo apprensiva. Siamo qui per parlare di te. Da dove arrivi, Sky”?

"Non me lo ricordo.”

“Nemmeno mi sai dire qualcosa della tua famiglia?”

“No. Ero troppo piccolo quando mi hanno portato dai reclutatori del Primo Ordine.”

Leia sorrise. E come faceva a sapere che ce l'avevano portato? Il ragazzo stava mentendo, e lei intuiva che solo utilizzando la Forza sarebbe riuscita a penetrare le sue difese, ma non osava. Quello che voleva sapere, sperava che Sky l'avrebbe rivelato senza forzarlo.

“Peccato che non ricordi nulla, mi sarebbe piaciuto saperlo che capire cosa farne di te.”

L'assaltatore abbassò gli occhi. “So che scambiate prigionieri con il Primo Ordine. Rimandatemi là. Io in ogni caso io non passerò dalla vostra parte... non potrei mai sparare sui miei compagni.”

Leia si era aspettata una risposta del genere. KR-6790 non voleva avere niente a che fare con la Resistenza, altrimenti si sarebbe già unito a loro. La sua risolutezza in materia era adamantina. Sky non era affatto come Finn; lei non capiva quanto lui credesse nei fini e nell'ideologia del Primo Ordine, ma era chiaramente indottrinato a considerarla la parte giusta dove stare.

“Non posso rimandarti da dove vieni, e tu lo sai benissimo perché.” La donna abbassò la voce. Kaydel e la guardia erano sufficientemente lontani, ma non voleva correre il rischio che ascoltassero quello che non dovevano. “Vieni qui a sederti, per favore. Sei troppo alto, guardarti dalla panchina mi fa venire il torcicollo.”
Non senza un attimo di esitazione, il ragazzo si sedette accanto a lei.

Leia lo guardò, rammaricandosi.
'Se dimentico per un attimo chi sei, e da dove vieni, vedo davanti a me solo un ragazzo cresciuto troppo in fretta, a cui hanno insegnato solo ad uccidere. È innaturale. Se penso che nel Primo Ordine ce ne sono fin troppi come te... combattere contro gli imperiali è stato eticamente più facile.'
Quel colloquio era più complicato di quello che aveva preventivato.

“Sky... io non posso rimandarti indietro. Tu hai ucciso quarantasette membri della Resistenza, non lo posso dimenticare.”

L'assaltatore non rispose, solo le labbra serrate tradivano un certo nervosismo. Non la stava nemmeno guardando, preferendo fissare la linea dell'orizzonte.
“Lo so che non ti dispiace per loro” ricominciò lei, cercando di suonare comprensiva. “Non ti hanno insegnato l'empatia nei campi di addestramento del Primo Ordine. L'altro giorno, in infermeria, piangevi solo per te stesso, vero?”

“Non lo so...” ammise sorprendentemente lui. “Non avrei dovuto perdere il controllo. Però... faceva così male. Io... volevo solo che la smettesse.” Leia non percepiva in lui nessuna traccia di vero rimorso, solo una sensazione di sconfortante fallimento. “Quando ha detto che avrebbe continuato, non ce l'ho più fatta. Non avrei potuto resistere un secondo di più.”

“E così, l'hai colpita.”

L'assaltatore si girò finalmente verso di lei. La fissò per un lungo secondo, come se la stesse soppesando. Come se stesse decidendo se si potesse fidare di lei o meno. Poi annuì lentamente.

 

Leia era stata molte cose nella vita, tutte più o meno di successo: una ribelle, un politico, una stratega. Una cosa che le era sempre riuscita male era stato addestrarsi all'uso della Forza. L'abilità ce l'aveva nel sangue, era parte della sua famiglia, la sua eredità, ma non aveva avuto la pazienza di proseguire su quel cammino. A dirla tutta, quelle capacità le facevano anche un po' paura. Spalancavano un mondo di possibilità illimitate, che conducevano anche al male assoluto. Un cancro che aveva corrotto suo padre prima, e poi il suo stesso figlio.

D'istinto, Leia allungò una mano per posarla sull'avambraccio del ragazzo. L'assaltatore non ebbe alcuna reazione, ma lei poteva sentire i muscoli di Sky tesi sotto le sue dita.

“L'hai colpita, ma non è finita lì vero?”

“No... ma non l'ho fatto volutamente.”

“Ed è per questo che una volta qui hai cercato di suicidarti, ancora prima di sapere quale era stata l'entità del danno? Era così difficile accettare di non aver saputo controllarti?”

“Generale...” il ragazzo rispose lentamente, come se stesse soppesando ogni singola parola che pronunciava. “Ricordo una sola cosa della mia infanzia: la persona che mi portò dai reclutatori continuava a ripetermi che ero pericoloso. Non so chi fosse... un uomo, forse mio padre. Mi disse che era quello il mio posto, di non rivelare a nessuno quello che potevo fare, ma che nel Primo Ordine mi avrebbero aiutato a controllare questa... cosa.”

Adesso Leia aveva freddo. Ovviamente Sky era sensibile alla Forza; lei l'aveva capito non appena l'assaltatore era arrivato a D'Qar. Ma il suo talento naturale era volatile, e potenzialmente disastroso. Un potere che aveva terrorizzato anche i suoi stessi genitori. A sua volta, Sky aveva una paura folle di quella capacità che, evidentemente, non aveva idea di come gestire.

E quello era l'unico motivo per cui la Principessa di Alderaan era ancora seduta lì a parlargli.

'Dovrei ucciderti, qui e ora. Sarebbe l'unica soluzione facile e pulita per tutti.'
Ma come avrebbe potuto farlo senza rinnegare tutto quello in cui credeva? Si appoggiò la mano all'altezza del cuore; le batteva tanto forte che le sembrava le dovesse sfuggire dal petto.
Anche suo fratello si era trovato davanti ad un dilemma del genere, Leia lo sapeva. E non era finita bene.

Nonostante quello, avrebbe così tanto voluto che Luke fosse lì con lei. Lui avrebbe saputo come affrontare quella situazione.

“Sky, credi davvero che ti abbiano insegnato qualcosa?”

Lui non rispose, ma la sua espressione fu più eloquente di un'affermazione urlata.

“Non crederci” Leia ricominciò, cercando di suonare convincente e rassicurante. E sapendo di non poter rivaleggiare con anni di lavaggio del cervello. “Il Primo Ordine ti ha addestrato a dominare te stesso, attraverso la brutale disciplina, ma non hai comunque alcun controllo sulla tua capacità di manipolare la Forza. Non l'avevi da bambino, e non l'hai certo ora.”

“Non è vero. Non è mai successo alcun incidente da quando sono con loro” ritorse il ragazzo, ritraendosi da lei bruscamente.

“Perché non hanno mai testato i tuoi limiti. Ma quando sulla Dalmazia li hai superati, hai reagito con tutta la rabbia e la paura accumulate in tutti quei giorni in compagnia del capitano Arda, non è vero? Sopprimere i tuoi poteri non servirà, Sky. Sono parte di te, non se ne andranno solo perché tu li ignori.”

Davanti al silenzio risentito di lui, Leia continuò. Sempre calma, sempre cercando di essere ragionevole. Che a KR-6790 non piacesse parlare di quelle cose era chiaro. Era impallidito, e si stringeva con la destra la mano sinistra, quella che Arda gli aveva spezzato. Un dito alla volta.

“Ti capisco, sai? Sei talmente spaventato dall'impossibilità di controllare quello che puoi scatenare che preferiresti morire, o finire i tuoi giorni su un campo di battaglia, piuttosto che averci ancora a che fare.” Leia si premette i palmi delle mani tra loro, fissandolo negli occhi chiari. “E ne hai tutte le ragioni. Sky, nemmeno i Mestri Jedi più potenti ardivano maneggiare le forze che tengono insieme il tessuto stesso del nostro universo. Solo i Sith, nella loro brama di potere, a volte hanno osato. Spesso con risultati catastrofici.”

“Lo so” le disse lui, una smorfia ad accompagnare le sue parole. “Ma cos'altro potevo fare? Lei voleva ricominciare. Ero terrorizzato. Fosse stato solo il dolore, avrei potuto resistere ancora, ci hanno addestrati a sopportare anche di peggio. Ma quello era... una cosa diversa. Quello che lei faceva era insopportabile.” Il ragazzo scosse la testa, distogliendo lo sguardo da Leia. “Le piaceva usare lo Z6. Il flusso di elettroni era vivo. L'ho solo diretto contro di lei.”

Leia dovette riconsiderare la sua valutazione riguardo allo stato di salute mentale dell'assaltatore. Tutte quelle frasi smozzicate forse volevano dire che il trauma era stato più profondo di quello che lei credeva?

La situazione non faceva che peggiorare.

“E poi cos'è successo?” gli chiese, gelata fino al midollo, e non solo per colpa del vento.

“Non lo so veramente cos'ho fatto. Sapevo che era morta... poi non mi è più importato di nulla.”

A Leia venne quasi da ridere. Nemmeno sapeva come aveva distrutto una nave intera? Per quello che poteva intuire lei, Sky aveva inconsapevolmente distorto il campo elettrico della Dalmazia, mandando in corto circuito tutti i sistemi. Il collasso del reattore era avvenuto di conseguenza.

La Principessa di Alderaan guardò verso la base.

C'era qualcosa che utilizzavano che non era alimentato da impulsi elettrici? A parte i loro strumenti, oltretutto, anche i corpi umani funzionavano per trasmissione di impulsi elettrochimici.
A meno che non li stesse accuratamente nascondendo, Sky non sembrava aver nessun altro potere associato alla capacità di manipolare la Forza. La cosa voleva forse dire che, a parte l'abilità specifica di influenzare i campi elettrici, lui avesse limitate altre facoltà? O non ne avesse proprio?

Per una volta, Leia si crucciò di non essersi mai impegnata nello studio della Forza. Comunque, di una cosa era certa, e le veniva dalla conoscenza delle leggi della fisica: non era necessario che il ragazzo facesse qualcosa di estremamente violento o potente. Bastava che invertisse una polarità per provocare conseguenze drammatiche.

Quel potere, Leia se ne rendeva conto, era un'arma letale. Un potere Sith, tra l'altro, scatenato da rabbia e paura. Se Ben fosse venuto a saperlo...

Di certo, per tornare al suo dilemma principale, non poteva permettergli di tornare al Primo Ordine. Quanto al farlo salire sulla Raddus, o su una delle navi appoggio, la sola idea la metteva a disagio.
C'era anche la questione della Dalmazia. Anche con tutti le attenuanti del caso, rimaneva il fatto che era lui che l'aveva materialmente fatta esplodere. Non meritava proprio nessuna punizione?

Leia alzò la testa a guardare il cielo. Le nubi si agitavano inquiete, grigio pece come il suo umore. C'era ancora una cosa che doveva chiedere all'assaltatore.
“Dimmi, Sky, a quante azioni di guerra hai partecipato per il Primo Ordine?”

“Non le ho contate. Avevo diciotto anni quando la mia unità è scesa in campo la prima volta. Ma già da quando ne avevo sedici partecipavo ad azioni di ricognizione avanzata.”

Sedici anni... Leia riportò l'attenzione su di lui. “E, dimmi, hai mai sparato sui civili?”

Sky non ebbe nessuna esitazione. Al contrario. La fissò imperturbabile, come se lei gli avesse chiesto di commentare il tempo. “Sono un soldato. Ho sempre eseguito gli ordini. Non mi hanno addestrato per farmi domande su chi fossero quelli su cui facevamo fuoco. Dubbi del genere avrebbero ucciso me, e i miei compagni. Questo ci insegnavano.”

Quindi la risposta era sì. Leia aveva sentito abbastanza. Si alzò, facendo cenno a Kaydel di avvicinarsi.

“Per ora rimarrai nell'alloggio che ti abbiamo assegnato” disse all'assaltatore. “Purtroppo non posso più permetterti di avere contatti con il nostro personale.” Nadira avrebbe protestato, Leia lo sapeva, ma lo faceva anche per il suo bene. “Tra tre giorni al massimo ce ne andremo e, per allora, ti comunicherò la mia decisione.”

Dubbiosa su cosa fare, Leia sperò in cuor suo che Rey riuscisse a trovare Luke; il suo aiuto, ora, le era più che mai necessario.  

Guardò il ragazzo. Sky si era ripreso dal momento di difficoltà che aveva avuto poco prima, e aveva indossato nuovamente la sua solita aria distaccata. Non c'era modo di sapere se fosse amareggiato o infuriato, senza usare la Forza, e Leia non voleva.
Sky le fece semplicemente un cenno del capo, per poi alzarsi a sua volta e andarsene verso la base, fiancheggiato dalla guardia.

 

“Va tutto bene, generale Organa?”

Esalando in rassegnazione, Leia annuì alla domanda di Kaydel.

“Mi ricordi quanti anni hai?”

“Venticinque, signora.”

Venticinque. L'assaltatore ne aveva ventidue. Leia si rese conto di essere più vecchia di tutti e due messi insieme. Poi c'era Nadira, anche lei appena ventisettenne, e Rey, che ne aveva una ventina, più o meno come Finn. Infine Ben, ventinovenne, che non aveva mai smesso di essere nel suo cuore, nonostante avesse ucciso Han. Nonostante ora si facesse chiamare Kylo Ren.

“Mi dispiace sai” la Principessa di Alderaan disse, con l'ombra di un sorriso a rischiararle il volto grave. “Avemmo dovuto preparare un futuro di pace per voi. Per i nostri figli. È la mia generazione che ha fallito.”

Il sorriso di Leia si accentuò di fronte all'espressione confusa di Kaydel. Decisamente, la ragazza era troppo concreta per discutere di sofismi sulla guerra, e forse sarebbe inorridita a sapere che Leia si rammaricava tanto per la sua sorte, quanto per quella di KR-6790.

Han le mancò più che mai. Solo a lui avrebbe potuto confessare l'angoscia che la consumava.

 


 

NdA: per la stesura di questo capitolo ringrazio pubblicamente la mia beta AtlantisLux. Lei sa, che ho combinato (e mi perdona?) :)

 

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Capitolo 8
*** Tempesta perfetta ***


Tempesta perfetta

 

Forse avrebbe dovuto mentirle, più di quanto non avesse già fatto.

A KR-6790 il generale Leia Organa non era sembrata il mostro che la martellante propaganda del Primo Ordine dipingeva. Tutt’altro. Dal primo momento che l’aveva vista aveva avvertito in lei una certa… compassione. Era un sentimento che più che altro conosceva per sentito dire; uno di quelli che gli addestratori ordinavano di reprimere con più spietatezza.

Sul campo di battaglia, a lui e i suoi compagni era concesso un minimo di potere decisionale e libertà di improvvisazione: era funzionale alla strategia del Primo Ordine. Ma, per il resto, non dovevano nutrire nulla per quelli contro cui combattevano. Empatia, pietà, rimorsi… li avrebbero solo distratti dagli obiettivi. Nel caso peggiore, quelle emozioni dannose li avrebbero messi in pericolo. Meglio sopprimerle. In ogni caso, i nemici erano solo terroristi. Feccia assassina che minacciava la pace. Dovevano morire tutti. Civili compresi. Bambini compresi.

Lui aveva fatto la sua parte. Aveva obbedito agli ordini. Reprimendo non solo tutti i sentimenti inutili per sopravvivere, ma anche quelle strane facoltà che avevano tanto spaventato suo padre. Però, da qualche tempo, era diventato tutto più difficile.

Qualche settimana prima della distruzione della Starkiller, una notte improvvisamente qualcosa era successo. Qualcosa dentro di lui era cambiato. Come se la realtà si fosse fatta più nitida, i colori più intensi; anche le persone avevano acquisito una profondità che prima non avevano.
Non era un cambiamento che aveva gradito. Era fastidioso avvertire così intensamente le emozioni e i bisogni di chi lo circondava. Era il motivo per cui sulla Dalmazia aveva sofferto tanto. Al di là del dolore fisico, la continua proiezione dei desideri di quella donna orribile era stata logorante.

A D'Qar, invece, KR-6790 aveva dovuto usare tutta la disciplina e il controllo mentale che aveva appreso nei campi di addestramento del Primo Ordine per nascondere a Leia le sue capacità, così come le aveva nascoste a Kylo Ren, le rare volte che si erano incrociati sulla Starkiller.
Come tutti gli assaltatori, KR-6790 rispondeva solo al capitano Phasma e al generale Hux, e come loro pensava che il pupillo di Snoke fosse un'incontrollabile mina vagante. Non voleva avere nulla a che fare con lui.

 

Continuando a camminare davanti alla guardia che lo stava riportando nel suo alloggio, KR-6790 alzò gli occhi al cielo. La temperatura era calata, mentre il vento faceva rotolare pesanti nubi nere, cariche di pioggia, sul quartier generale ribelle. L'atmosfera era carica di elettricità statica, e lui la avvertiva benissimo.

A disagio, si sfregò tra di loro la punta delle dita della mano sinistra, che gli faceva ancora male. Anche la capacità di manipolare i campi elettrici, che aveva sin da bambino, allo stesso modo da qualche tempo sembrava essersi acuita.

Leia aveva ragione. Poteva anche ignorare le sue facoltà, cercare di nasconderle a tutti, ma non se ne sarebbero andate. Forse non avrebbe dovuto ammettere di aver partecipato ad azioni contro i civili. L'aveva solo messo in una situazione peggiore. Adesso, probabilmente, alla comandante della Resistenza non restava altra scelta che ucciderlo. La capiva, ma non glielo avrebbe lasciato fare. Una cosa era suicidarsi, un'altra finire davanti ad un plotone di esecuzione della Resistenza, come un contrabbandiere qualunque. Inaccettabile.

Si guardò attorno. D’Qar era un pianeta coperto quasi interamente da foreste pluviali e, a parte la base della Resistenza, l’unico altro insediamento umano era una piccola stazione commerciale, a circa 2.000 km a sud-est.

Erano tante, senza equipaggiamento. Ma il protocollo di addestramento per le missioni di ricognizione prevedeva tragitti più o meno simili, che i cadetti dovevano percorrere in solitaria, con solo un coltello, abiti leggeri e una mantella impermeabile. Acqua e cibo dovevano trovarseli da soli sul posto. KR-6790 ne era sempre uscito vivo, a differenza di alcuni suoi compagni e, da quello che aveva saputo, nelle foreste di D’Qar nemmeno viveva nulla che strisciasse velenoso o che avesse zanne e artigli.

Il ragazzo sorrise. Non sarebbe stata una passeggiata, ma poteva andare peggio. Affondò le mani nelle tasche del giaccone che indossava, stringendo la bussola che aveva rubato nei giorni precedenti. Non sapendo chi fosse, nessuno si era preoccupato di controllare cosa si mettesse in tasca, che mappe guardasse, e come mai cercasse tutte quelle informazioni sulla posizione della base e sulla fauna locale. Quelle in realtà gliele aveva rivelate Nadira; era così contenta di chiacchierare con lui che non si era domandata il perché di tutta quella curiosità.

Il pensiero della ragazza strappò a KR-6790 una smorfia annoiata.
La propaganda del Primo Ordine raccontava che quelli della Resistenza erano terroristi sanguinari, ma a lui sembravano solo una banda di miserabili senza scopo e organizzazione. Cominciava ad avere seri dubbi su quello che gli avevano inculcato negli anni ma, comunque, non riusciva bene a comprendere perché ci stessero mettendo così tanto a spazzarli via, né capiva perché ci fosse qualcuno sano di mente che volesse combattere per loro, contro la superiore tecnologia del Primo Ordine.

E poi c'era Nadira. Era della Resistenza, però non gli importava. Era attratto da lei, e percepiva che la cosa era reciproca, ma non aveva osato incoraggiarla in nessun modo. Non si era stupito che avesse preso lei l’iniziativa; gli era sembrata proprio la persona che avrebbe potuto fare qualcosa di così folle come chiudersi in una stanza con uno dei soldati nemici. E dopo era stata… appassionante. Non avrebbe saputo trovare parola migliore.

Fino a quel momento fare sesso aveva voluto dire, al massimo, solo passare piacevolmente il poco tempo libero che gli era concesso. Le donne del Primo Ordine non sembravano volere niente altro che soddisfare una mera necessità fisiologica, e lui sospettava che fosse il motivo per cui le élite lasciassero correre. Se non c’era coinvolgimento di nessun genere da nessuna delle due parti, perché vietare qualcosa che contribuiva solo ad sollevare il morale di tutti?

Con Nadira, tuttavia, e lui se ne era reso conto benissimo, era stata un'esperienza totalmente dissimile. Era lei, che era stata diversa: i suoi baci, le sue carezze, erano stati dati senza quell'inquietante freddezza di fondo così normale tra le ragazze sulla Starkiller, ma con invece un entusiasmo naturale e coinvolgente.

Il pensiero di non vederla più non era affatto esaltante, ma d'altronde non avrebbe avuto occasione più favorevole per scappare di lì.

 

Erano oramai rientrati nella struttura principale. Il corridoio si stendeva dritto davanti a loro, debolmente illuminato e completamente vuoto. Dal suono strascicato che faceva la guardia camminando, l'assaltatore stabilì che l'uomo dovesse essere piuttosto stanco ed annoiato, e a non più di un paio di passi dietro le sue spalle. KR-6790 sorrise. Fin troppo facile.

Si girò di scatto, troppo velocemente perché la guardia potesse reagire. La colpì con il taglio della mano in un punto preciso sul lato del collo, mandando l'uomo a sbattere contro la parete. Il combattente ribelle si accasciò privo di sensi, senza nemmeno essere riuscito a sollevare il blaster che portava a tracolla.

L'assaltatore si chinò e glielo tolse, insieme ad un coltello che l'uomo aveva agganciato alla cintura. Gli sarebbero stati utili nella foresta.

Prima di andarsene, KR-6790 settò il blaster sulla media potenza ed infilò con una certa difficoltà la canna tra il polso sinistro e il bordo del bracciale di tracciamento. Ci mise un po' a trovare l'inclinazione giusta, ma poi bastò un solo colpo per spezzare il dispositivo.

Il ragazzo si alzò, finalmente libero.

 

Quando uscì all'aperto, scoprì che il vento si era intensificato. Presto la tempesta sarebbe scoppiata. Guardò la linea degli alberi; non erano lontani, e non c'era nessuno in giro. Una volta raggiunti, dubitava che sarebbero andati a cercarlo. Avevano comunque di meglio da fare.
Si mosse verso gli alberi, per bloccarsi quasi subito.

Avvertì che qualcosa stava arrivando, prima ancora di vederlo.

Alzò gli occhi verso la foresta davanti a lui, in tempo per cogliere due velivoli sopraggiungere veloci, sfiorando le cime degli alberi: un AAL, navetta per il trasporto truppe, e uno shuttle di comando con le insegne del Primo Ordine.

Mentre un allarme cominciava a suonare, i velivoli gli passarono sopra la testa, sorvolarono gli edifici per poi cabrare a sinistra e posarsi lievi dalla parte della baia di carico, senza che da terra ci fosse alcun tentativo di fermarli.

Dalla sua posizione KR-6790 non poteva vedere quello che stava succedendo, ma raffiche a ripetizione di blaster si fecero udire quasi immediatamente.

L'assaltatore guardò la foresta. Gli sembrava fosse lì in attesa.

Il ragazzo esitò. Abbassò gli occhi sul blaster, come se l'arma avesse potuto dagli una risposta. I rumori della battaglia si erano fatti più intensi.

Non dovevano essere più di una cinquantina i ribelli rimasti sulla superficie, mentre l'AAL del Primo Ordine trasportava venti soldati. I numeri erano solo apparentemente favorevoli alla Resistenza. Considerando il fattore sorpresa, e la circostanza che la maggior parte delle armi pesanti fosse già stata trasportata sulla Raddus, i ribelli non avrebbero potuto resistere per molto tempo.

KR-6790 strinse il fucile. Perché ci stava ancora pensando? Poteva essere la sua occasione per tornare a casa. Lasciando perdere qualunque altra considerazione, l'assaltatore volse le spalle alla foresta e si mise a correre verso la baia cargo.

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Quella mattina Nadira non ne aveva combinata una giusta. Per poco non si era ferita gravemente facendosi quasi cadere su un piede una cassa piena di munizioni. E lo strillo che aveva cacciato aveva convinto Rafa a dirle di smettere, di fare una pausa e bere qualcosa di caldo, tanto per rilassarsi.

Seduta a terra, con in mano una tazza di tè bollente, Nadira realizzò che forse avrebbe fatto meglio a continuare a lavorare, almeno avrebbe tenuto la mente occupata.

Non riusciva a non pensare a quello che era successo la notte prima, e allo sguardo che le aveva lanciato il generale Organa, quando quella mattina era passata a convocare Sky.
Nadira sapeva che Leia era la sorella del grande Jedi Luke Skywalker e, anche se non aveva mai avuto prova dei poteri della donna, immaginava che avesse sicuramente intuito quello che era successo. Non le era sembrata adirata, però, solo molto molto stanca.

Anche lei era stanca, la sua solita vitalità smorzata dalla preoccupazione e dalla notte insonne. La ragazza fece una smorfia, prendendo un sorso di tè. Aveva fatto una pazzia, le era piaciuto, ma adesso cosa sarebbe successo? Sperava, pregava, che Leia volesse far rimanere Sky con loro, ma c'era sempre il problema di quello che voleva l'assaltatore.

Aveva provato a richiederglielo quella mattina, ma la risposta era stata sempre la stessa. Sky considerava il Primo Ordine la sua “famiglia”, e voleva ritornare con loro.

Ripensandoci, Nadira sentiva ancora una morsa chiuderle lo stomaco. Aveva immaginato tanta intransigenza, ma non pensava che ci sarebbe rimasta così male.

Sbuffando, posò la tazza a terra e si appoggiò il capo sulle braccia.
“Troppo esaltata come al solito” si disse sottovoce. “Pensavi che una notte con te gli avrebbe fatto cambiare idea? Avresti dovuto sapere che oggi sarebbe stato anche peggio.”

Soffocando un'imprecazione scattò il piedi, decidendo che era meglio tornare al lavoro invece di perdere tempo in inutili recriminazioni.

In quel momento il suono dell'allarme la bloccò sul posto.

Senza capire si guardò in giro, la mano che le correva alla pistola. Tutti gli altri avevano fatto lo stesso, e si fissavano incerti.

“Al riparo” urlò un suo compagno, il più vicino all'ingresso dell'edificio. Nadira guardò fuori, verso il piazzale, e le si gelò il sangue nelle vene.

Due velivoli del Primo Ordine stavano atterrando. In quel momento sulla pista d'atterraggio c'era solo una loro navetta pronta a partire, ma la torretta dell'AAL, che montava un cannone blaster, la ignorò, puntando invece verso l'interno dell'edificio.
Nadira sentì qualcuno che la spingeva e, un secondo dopo, colpi piovvero dappertutto.

“Al coperto!” le urlò Rafa nelle orecchie, spingendola dietro uno dei muletti. Il mezzo, colpito dalle raffiche, tremò ma rimase intatto.

“Mi sposto più avanti, questo non è sufficiente per entrambi. Tu rimani qui” le intimò il compagno, scattando in avanti e andando a ripararsi dietro ad una cassa sistemata verso l'uscita.

Nadira, il cuore che le martellava nel petto, le dita strette intorno al calcio della pistola, si guardò attorno.

La sventagliata dalla torretta aveva causato ingenti danni ma, da quello che poteva vedere lei, solo un paio di persone erano state colpite direttamente, e ora giacevano a terra immobili.
L'effetto maggiore dell'attacco era stato sorprenderli e disorientarli.

Improvvisamente un nuovo sbarramento di colpi eruppe dalla torretta, e Nadira fu costretta quasi a sdraiarsi sotto al muletto.

Rafa era nel suo campo visivo. Lo vide rispondere al fuoco e cercò di imitarlo, allungando solo il braccio sul lato del veicolo, consapevole che i probabilmente i suoi colpi stavano andando tutti a vuoto. Così, cercando di rimanere al riparo il più possibile, sporse la testa per guardare verso i velivoli nemici; era l'unico modo per cercare di prendere meglio la mira.

Il portellone anteriore dell'AAL si era aperto, e un gruppo di assaltatori ne stava sbarcando, dispiegandosi a ventaglio. I primi, armati con megablaster a ripetizione, si posizionarono davanti alla navetta, aprendo immediatamente il fuoco ad alzo zero verso l'interno dell'edificio.

Nadira abbassò la testa, stringendo spasmodicamente il calcio della pistola.
Non stava andando affatto bene.

 

Dovevano essere passati solo pochi secondi, ma a lei erano sembrati un'eternità, prima che anche dalla loro parte qualcuno rispondesse al fuoco con qualcosa di più potente di una pistola o di un fucile.

I colpi arrivavano dai lati, e avevano reso discontinuo l'attacco nemico; la ragazza si azzardò a guardare di nuovo verso la navetta nemica. Qualcuno tra gli assaltatori della prima linea era caduto, ma quelli dietro erano avanzati fino ad entrare nell'edificio, riparandosi dietro le casse ed i macchinari abbandonati. Dovevano essere circa una ventina.

Nadira ebbe paura. Non si era mai trovata nel mezzo di un attacco di terra, e il solo fatto che i soldati nemici avessero un'armatura a proteggerli e lei no, la fece sentire tremendamente vulnerabile. Ora i cannoni blaster del Primo Ordine tacevano, ma non è che i colpi di fucile avrebbero fatto meno danni.

Tentò per quanto possibile di rispondere al fuoco, cercando di non pensare a quanto la sua posizione fosse avanzata. C'era forse solo una trentina di metri tra lei e i primi assaltatori dell'unità; se si sporgeva poteva vedere le luci della baia cargo riflettersi sulla superficie bianco ottico delle loro armature. Fuori dal capannone, Nadira intravide un ufficiale in divisa nera, probabilmente sbarcato dalla navetta di comando.

L'uomo era inginocchiato dietro ad uno scudo retto da uno dei suoi soldati, teneva in mano un fucile e e urlava qualcosa in un commlink agganciato all'orecchio.

“Brutto bastardo...” sibilò lei.

Gli assaltatori ora non avanzavano più, limitandosi a colpire tutto quello che avevano davanti, come se il loro obiettivo fosse di demolire la struttura, invece che prenderla.

All'improvviso, un urlo straziante superò il frastuono degli spari.

Davanti a Nadira, Rafa si stava contorcendo a terra. Si teneva le mani davanti alla faccia, e il sangue gli colava dalle dita. Un angolo della cassa dietro la quale si era nascosto era annerita e sbrecciata, e la ragazza realizzò che probabilmente il suo compagno doveva essere stato colpito dalle schegge.

Lei non poteva stabilire l'entità delle sue ferite, ma la cosa preoccupante era che Rafa ora era con tutto il busto fuori dalla protezione offerta dalla cassa, in piena vista degli assaltatori. E lei era l'unica abbastanza vicino da poterlo aiutare.

Il frastuono dei colpi decrebbe ad un tratto, ma il cervello di Nadira lo registrò appena. Gli occhi fissi suo compagno, si lanciò verso Rafa. Le gambe lunghe le permisero di coprire la distanza in un paio di passi.
Si accucciò accanto a lui e cercò di alzarlo, realizzando troppo tardi di avere fatto un errore. Avrebbe dovuto lanciarsi dietro la cassa e tirarlo al riparo, perché ora era lei in piena vista.

Non fece nemmeno in tempo a cercare di rimediare. Avvertì un colpo sordo tra il collo e la spalla e si ritrovò a terra. Il dolore esplose straziante, così forte che la vista le si annebbiò. Non riusciva a respirare, e dopo qualche momento di agonia in cui le sembrò che i suoi polmoni fossero in fiamme, sentì la coscienza abbandonarla. Accolse grata le tenebre, e la fine della sofferenza.

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L'attacco aveva sorpreso Leia e Kaydel che erano ancora alla radura.

Le due donne si abbassarono per un riflesso condizionato quando i velivoli passarono sopra la base, e videro con orrore dove si erano posati.
Leia fece voltare Kaydel verso di lei. Raggelata sorpresa campeggiava sul volto della ragazza.

“Non li abbiamo sentiti arrivare.”

“No, quelle navette hanno una copertura stealth, e forse volavano troppo basse perché il nostro radar di terra le intercettasse.” Leia indicò una struttura della base alla ragazza. “Corri alla sala operativa e richiedi supporto aereo alla Raddus, sempre che anche loro non siano sotto attacco.”

Kaydel scosse la testa. “Non la posso lasciare da sola.”

“Io non sono così importante, tenente, e comunque non penso di essere io il bersaglio. Il Primo Ordine non può sapere che sono ancora qui.” Il generale Organa sorrise alla ragazza. “Sei sicuramente più veloce di me. Corri, forza, io ti raggiungerò.”

Kaydel non le sembrò per niente convinta, ma annuì e corse via come se avesse avuto un Sith alle calcagna.

Leia la lasciò percorrere un tratto di strada, per poi dirigersi lei stessa velocemente verso la baia cargo. Se fosse stata lì Kaydel l'avrebbe dissuasa, ma Leia era convinta che il suo posto fosse sul campo, vicino agli uomini e alle donne che combattevano, non al sicuro dentro un bunker.

 

Arrivò nel pieno della battaglia, sgattaiolando nell'edificio sotto attacco da una delle aperture laterali.
Durante la strada aveva avuto tempo di realizzare che quell'attacco era veramente curioso. I soldati del Primo Ordine non erano arrivati in massa e avevano attaccato la base in un unico punto, come se non fossero dopotutto interessati a prenderla davvero.

Leia si accovacciò dietro ad un gruppo di difensori, i cui volti si illuminarono di gioia quando la videro. Qualcuno le passò un fucile.

“Dobbiamo respingerli” ordinò, alzando la voce nel tentativo di superare il fragore della battaglia. “Stanno solo cercando di rallentare l'evacuazione.”

Aveva senso. Con le Star Destroyer in arrivo era l'unica ragione che lei aveva trovato in quell'attacco.

Vide un altro gruppetto davanti a lei; maneggiavano un cannone a ripetizione che aveva falcidiato la prima linea nemica.

Cauta, ma determinata, Leia si mosse per raggiungerli, aggirando le casse sparse in giro. Fornivano delle eccellenti protezioni.

Quando fu da loro accettò grata i sorrisi dei presenti. Aveva il cuore che le stava scoppiando in petto per l'adrenalina della battaglia.
“Decisamente sono troppo vecchia per fare queste cose” commentò a voce talmente alta che il ragazzo che manovrava il cannoncino sorrise da un orecchio all'altro.

“Generale Organa, credo si stiano ritirando” qualcuno urlò.

Lei si sporse oltre la protezione.

Era vero. Il fuoco continuava, solo un poco meno intenso ma, cautamente, gli assaltatori stavano uscendo dall'edificio, ritirandosi verso la loro navetta. Qualcuno era già risalito, e aveva avuto cura di riportare a bordo i compagni caduti.

Leia si guardò attorno. Evidentemente avevano raggiunto il loro obiettivo. Tutto quello che c'era nell'edificio era stato colpito, e poteva intravedere dei corpi tra le macerie. Il conto dei morti sarebbe stato alto.

Fu allora che la notò, alla sua destra ma più avanti rispetto al punto in cui Leia aveva trovato riparo.

Una ragazza dai capelli rossi era inginocchiata a terra, accanto ad un corpo che si contorceva. Praticamente era in prima linea, e completamente esposta.

'Nadira'.

Accadde così in fretta che Leia non fece in tempo a reagire. Un preciso colpo di blaster colpì la ragazza nella parte alta del torso, scagliandola a terra.
La Principessa di Alderaan si sentì gelare, il suo sguardo attratto verso la navetta nemica.

Gli assaltatori erano rientrati quasi tutti, a parte un terzetto riunito attorno ad un ufficiale. L'uomo teneva il blaster puntato davanti a sé. Nadira era esattamente sulla sua linea di tiro. Nadira e i suoi folti capelli fiammeggianti. Un bersaglio impossibile da mancare.

Era così concentrata sull'ufficiale, che quasi le sfuggì il movimento di qualcosa alla sua destra. Leia si girò leggermente, per notare uno dei suoi uomini in piedi, più o meno a metà strada tra lei e Nadira. Incurante dei colpi che potevano ancora arrivare, l'uomo se ne stava perfettamente immobile a fissava qualcosa davanti a sé. Se Nadira, o chi le aveva sparato, Leia non avrebbe saputo dirlo.

Allo stesso modo, dalla posizione in cui era, Leia non riusciva a capire chi fosse. Era alto, ed indossava sulla tuta nera un giaccone grigio, il cappuccio accuratamente tirato sul capo.

In quel momento, sopra di loro, una scarica di fulmini accese le nubi, e il bagliore rischiarò l'interno della baia, illuminando l'ambiente di una luce livida, spettrale. Il rombo del tuono giunse immediatamente, a segnalare che il cuore della tempesta era oramai su di loro.

La realizzazione colpì Leia con la forza di un maglio. Vide l'uomo lasciar cadere a terra il blaster che reggeva nella destra.

Quello che la Principessa di Alderaan avvertì dopo gliel'aveva perfettamente descritto Anvir qualche giorno prima: la netta e spiacevole sensazione di essere troppo vicina ad un cavo elettrico scoperto.
NO” urlò a pieni polmoni.

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Capitolo 9
*** Cry ***


Cry

 

Nel raccontare alla sua amica Amilyn Holdo, giorni dopo, il fenomeno a cui aveva assistito, Leia non trovò similitudine migliore che paragonarlo ad una frustata. Quello era stato. Ugualmente repentino e violento. Certo, la frustata era stata da qualche centinaio di kiloampere.

Il lampo fu talmente inaspettato che, in quel momento, Leia non fu abbastanza lesta da serrare le palpebre.
Brillante come un sole da quella poca distanza, il fulmine le si stampò sulla retina. Poi l'onda d'urto, generata dal fascio di plasma che aveva attraversato l’atmosfera, si propagò all'interno dell’edificio investendo i presenti. Assordante, il tuono costrinse i ragazzi attorno a Leia ad accovacciarsi premendosi le mani sulle orecchie, nel tentativo di proteggersi i timpani.

Lei no. Lei era bloccata in piedi, e fissava il punto in cui il fulmine aveva colpito.
L'ufficiale del Primo Ordine era riverso a terra bocconi, esanime. Leggeri fili di fumo si alzavano dal corpo e Leia non dubitò di stare guardando un cadavere.
Accanto a lui, i tre assaltatori di scorta erano allo stesso modo finiti a terra, ma si stavano già rialzando. Sembravano scossi, ma illesi.
Le armi tacevano.

La Principessa di Alderaan si guardò attorno. Anche i gruppi di Ribelli sparsi per il capannone parevano confusi. Alcuni erano ancora accartocciati a terra, ma nessuno sembrava ferito. Di certo i blaster del Primo Ordine avevano fatto molti più danni.

Stringendo i denti, la donna si costrinse a muoversi. Altri stavano facendo lo stesso, andando in soccorso dei compagni colpiti dalle armi del nemico.
Distrattamente scoccò un’occhiata verso l’esterno dell’edificio. Aveva cominciato a piovere. Dal cielo cadevano torrenti d’acqua che rendevano la visibilità nulla. Era buio pesto, nonostante fosse da poco passato mezzogiorno.

Nell’edificio l’energia elettrica era completamente saltata, solo le fioche luci di emergenza erano attive, e se Leia vedeva qualcosa con più chiarezza era, paradossalmente, solo grazie ai fari di segnalazione della navetta trasporto truppe del Primo Ordine.
I tre assaltatori stavano risalendo la rampa anteriore, trascinandosi dietro poco cerimoniosamente il cadavere dell’ufficiale, mentre la navetta di comando era già decollata.

Sembrava essersi instaurata una sorta di strana tregua. Nessuno dei Ribelli stava facendo alcunché per fermare i soldati nemici, ma anche la torretta dell’AAL taceva.
Leia scosse la testa. Meglio così, quel giorno c’erano stati già troppi morti.

Con il cuore in gola si avvicinò a Nadira, riversa a terra. Accanto a lei Rafa, che adesso Leia aveva riconosciuto, era riuscito a mettersi in posizione seduta. L’uomo si premeva la mano destra su quel lato della faccia, coprendosi l'occhio, mentre il resto del suo volto era un'epifania di tagli. L'altro occhio, semiaperto, la fissava sotto una palpebra gonfia e sanguinante. Rafa le fece un cenno del capo, e con un gesto della mano le indicò che andava tutto bene. Leia ne fa tranquillizzata; almeno lui non era in pericolo di vita.

Il generale della Resistenza si inginocchiò quindi accanto a Nadira. La ragazza era inconscia, sdraiata supina con il volto rivolto verso il soffitto.
Il giaccone di volo che indossava era bruciacchiato nella parta sinistra, in alto verso la spalla, e il tessuto lacerato lasciava intravedere i tessuti ustionati dal colpo di blaster.
Cautamente, Leia le mise due dita ai lati del collo per controllare il battito. Chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di percepire, anche attraverso la Forza, se la vita avesse lasciato il corpo di quella ragazza alla quale teneva come se fosse stata figlia sua.

Dopo qualche istante, la Principessa di Alderaan sorrise. Il battito era flebile, ma Nadira era solo svenuta.

“Generale Organa.”

Una voce di donna la riscosse dalla sua tranche, e le fece riaprire gli occhi. Clare era lì con lei, e come lei inginocchiata accanto al corpo di Nadira. Teneva in mano uno strumento per l’RX portatile.

“Qui ci penso io, signora” il medico le disse.

Leia annuì. “Bene… è ancora viva, il colpo non ha toccato organi vitali. Tu e gli altri medici, fate quello che potete. Cercate di salvare più persone possibili. Ogni vita è preziosa e necessaria.”

“Non c’è bisogno di dirmelo, generale.”

Faticosamente, Leia si rimise in piedi. Si sentiva stremata. Odiava pensare una cosa del genere, ma non aveva proprio più il fisico per certe cose.
Guardò un’ultima volta fuori dall’edificio. Indisturbato, anche l’AAL era decollato. Dalla flotta in orbita non era giunto nessun supporto aereo, e Leia sperò che fosse a causa del violento temporale che ancora stazionava su di loro. Su quel pianeta le scariche elettromagnetiche generate durante le tempeste erano tanto intense da causare problemi agli apparati radar e ai sistemi di navigazione. Solo un pazzo avrebbe volato attraverso quelle nubi. Un pazzo, o i piloti del Primo Ordine che, probabilmente, erano addestrati a non tenere in gran conto la loro vita e quella di chi trasportavano.

Il rombo di un tuono la scosse dai suoi pensieri, riportandola brutalmente al suo problema principale.
Lasciò Nadira e Rafa nelle mani del medico, e si inoltrò verso il fondo dell’edificio.

 

L’uomo con il giaccone grigio era seduto su una cassa, il cappuccio ancora tirato sopra la testa. Con la mano destra si stava distrattamente accarezzando la sinistra, in un gesto che Leia gli aveva già visto fare. Il blaster era rimasto lì dove l'aveva lasciato cadere, abbandonato.

Leia avvicinò, cautamente, mentre attorno tutti si davano da fare per soccorrere i feriti. Blandamente, tentò di sondare il ragazzo, ma senza insistere troppo. Non aveva idea di fin dove poteva spingere la sua fortuna.
Trovò quello che si era aspettata. Oltre la maschera di inflessibile cinismo, Leia percepì confusione, paura, ma anche un allarmante sentimento di soddisfazione.

“È ancora viva, se la cosa ti può interessare” lo informò. Trovava anche curioso che lui non si fosse nemmeno degnato di avvicinarsi a Nadira per vedere come stava.

“Lo so.”

Leia sospirò. Non si sarebbe lasciata scoraggiare da quell'atteggiamento apatico, visto che era solo una conveniente facciata.
“KR-6790... Sky... cos'è stato quello?” gli chiese a bassa voce.

L'assaltatore si girò a guardarla. “Non so che dirle, Generale... non era quello che volevo fare quando sono arrivato qui...”

Certo che no. Quello per Leia era abbastanza chiaro, visto che qualche ora prima il ragazzo le era sembrato assolutamente e genuinamente terrorizzato da quel potere.
“Te ne volevi andare con i tuoi compagni, vero?”

Sky abbassò gli occhi. Si fissava la mano sinistra, aprendola e chiudendola come sovrappensiero.
“Quella è l'unica famiglia che io abbia mai conosciuto, generale. Per quanto lei pensi che siamo solo degli assassini.”

Leia scosse la testa. “E lo siete, non è qualcosa che penso solo io. Ci dipingete come terroristi, quando siete stati voi a distruggere a tradimento l'intero sistema Hosnian, senza nemmeno una dichiarazione di guerra. Quanti miliardi di innocenti sono morti quel giorno? E tu? Quanti ne hai uccisi durante le azioni che ti comandavano di compiere? Hai solo obbedito agli ordini, mi hai detto, peccato che la diserzione di Finn dimostri che è possibile scegliere diversamente, nonostante il programma di indottrinamento del Primo Ordine.”

“Finn... chi?” l'assaltatore le chiese, scoccandole un'occhiata.

Leia si era aspettata la domanda. Era ovvio che le élite avessero nascosto l'accaduto ai loro soldati, per timore di avere altre defezioni.
“Uno di cui ti parlerò più tardi. Ora, quello che voglio farti capire, KR-6790, è che tu sei stato condizionato a credere di essere nel giusto. Ma non è con i massacri indiscriminati che il Primo Odine porterà la pace nella galassia. Non è sulle ceneri e sulle ossa che si può costruire una realtà più giusta, e vorrei che tu te ne rendessi conto, prima di pensare di nuovo a rientrare nei ranghi.”

“Ho capito quello che vuole dire, ma io sono solo un soldato, che vuole che ne sappia della strategia del Primo Ordine? Li faccia al generale Hux quei bei discorsi” l'assaltatore le disse, in tono categorico. “Non so chi sia questo Finn, ma se ha trovato la motivazione per disertare, buon per lui. Come le ho già detto, io non potrei mai sparare sui miei compagni, e nemmeno ho mai discusso gli ordini. Perché avrei dovuto farlo? Per farmi spedire al ricondizionamento? E per chi avrei dovuto farlo? Per sconosciuti che per me non erano nulla?”

Il ragazzo si alzò e si avvicinò a lei, costringendola ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Se le sue capacità non avessero detto a Leia che era più frastornato che altro, ne sarebbe stata intimorita. La fissava come se volesse strangolarla.

“E sa una cosa? È vero, non ricordo che nome mi diedero i miei genitori, ma come tutti gli assaltatori avevo uno pseudonimo. Non ci chiamiamo tra di noi con quelle sigle, sono troppo lunghe. Nella mia unità mi avevano soprannominato Cry. Perché quando sul campo catturavamo un ribelle, avevamo bisogno di informazioni e non potevamo usare metodi più sofisticati, chiamavano me per farlo cantare.”

Leia soppresse una smorfia. “Ottimo. E come ti è sembrato essere dall'altra parte, a bordo della Dalmazia?”

L'assaltatore non sembrò particolarmente colpito dalla domanda. “Crede che non ci abbia pensato? È stato orribile” rispose. “Anche se io non ho mai fatto quelle cose a nessuno, sia chiaro. Mi limitavo a picchiarli, non li torturavo, e di certo non mi divertivo.”

“Anche solo colpire qualcuno ripetutamente con il calcio del blaster, secondo te non è tortura?” Il ragazzo si irrigidì, ma Leia non aveva voglia di approfondire oltre. Lo fissò, chiedendosi se era solo tutto lì. Se davvero aveva solo picchiato quei poveri disgraziati. E cosa succedeva quando era una donna che dovevano interrogare.

“Lasciamo perdere” gli disse. “D'altronde l'hai ammesso che obbedivi a qualunque ordine. Beh, spero che l'esperienza sulla Dalmazia ti abbia insegnato cosa significa essere impotenti nelle mani di qualcuno.” Leia gli puntò contro l'indice della mano destra. “Comunque, ti assicuro che, anche se fossi riuscito a salire su quella navetta, non avesti potuto tornare a fare quello che facevi prima. Non quando ora puoi percepire il dolore che le tue azioni provocano. Perché puoi farlo, vero? Se ne rimanessi ancora indifferente, saresti veramente senza cuore. Ho forti dubbi a riguardo, tuttavia, da come hai reagito quando Nadira è stata colpita, sono disposta a darti il beneficio del dubbio.”

Sky, o Cry, scosse la testa. “Oggi me ne volevo solo andare, tornare a casa... ma quando l'ho vista a terra, ho perso la testa. Perché proprio lei doveva morire? Era inaccettabile.”

“E non sarebbe stato più facile colpire quell'ufficiale il blaster?” Leia gli chiese. “È da una vita che ti addestri a sparare con quello, giusto?”

Sicuramente più normale che guidare un fulmine sulla testa di qualcuno, la donna pensò senza esternarlo ad alta voce.

Sorprendentemente, Sky scosse le spalle. “Non so che dirle. In quel momento... mi è venuto naturale.”

Un brivido percorse la Principessa di Alderaan. Le occasioni in cui l'assaltatore dava sfogo a quell'uso sconsiderato della Forza cominciavano ad essere troppe. E quell'ultima volta era anche riuscito a controllare quel potere. In tutte, però, i sentimenti che avevano scatenato le capacità latenti del ragazzo non erano affatto positivi. Non le piaceva per niente.

“Comunque ha ragione” continuò lui. “Ho ucciso un ufficiale, non posso più tornare con loro.”

“Se è per quello, dubito che ti abbiano riconosciuto.”

Sky rispose con durezza. “Lo so io. Direi che è sufficiente, no?”

“Certo.” Leia inclinò la testa verso di lui. Mentre parlavano, in testa le si era palesata una soluzione. Non la soddisfaceva completamente, era pericolosa, ma era anche l'unica possibile, escludendo il plotone di esecuzione. “Va bene. Ho pensato ad una soluzione per il nostro... problema. Vieni, accompagnami in infermeria che te ne parlo.”

“Infermeria?”

“Certo. Vorrai vedere come sta Nadira, no?”

Solo un quel momento un lieve sorriso increspò le labbra del ragazzo. Leia annuì, il cuore greve.

“E come ti devo chiamare?”

“Sky va benissimo. Mi piace.”

In sottofondo, Leia poteva sentire i tuoni continuare a rombare. La tempesta non era ancora passata.
Le era stato forse suggerito dalla Forza, quel nome? Era inquietante quanto fosse decisamente appropriato.

 

Si avviarono insieme. Passando tra i suoi uomini, Leia distribuì sorrisi di incoraggiamento, anche se dentro era tutto fuorché tranquilla.
La situazione era già complicata così, ma quello che l'assaltatore provava per Nadira contribuiva a peggiorare le cose.

Leia si rese conto di aver liquidato un po' troppo frettolosamente il sorprendente legame che si era creato tra lui e la ragazza. Non era amore, non come lo intendeva lei, ma doveva comunque essere qualcosa di particolarmente intenso se, per vendicarla, KR-6790 si era spinto fino a folgorare un membro della sua famiglia, come la chiamava lui. Fino a fare del male a un suo compagno, uno di quelli sui quali non avrebbe mai sparato, come aveva affermato più volte.
Leia ne era certa: non era ipocrisia, quella di Sky, credeva davvero a quello che diceva. Ma, evidentemente, per Nadira –e per lei sola– era disposto a fare un'eccezione.
Forse era arrivata nella vita di quel ragazzo al momento giusto. Dopo che in tutta la galassia era riverberato il risveglio della Forza. E dopo quello che l'assaltatore aveva subito sulla Dalmazia, che gli aveva fatto mettere in discussione i metodi che lui stesso aveva usato in passato sui prigionieri.

Dove avrebbe portato quella storia, Leia non lo sapeva. La tragica storia dei suoi genitori dimostrava, però, che non sempre l'amore era la risposta a tutto. Al contrario.

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Capitolo 10
*** Difficile decisione ***


Difficile decisione

 

Quando Nadira era bambina, e l’idea della morte non l’aveva ancora sfiorata, le piaceva ascoltare i racconti dei vecchi al villaggio che parlavano di come la vita di chi se ne era andato non finisse veramente; erano un po' delle fiabe, per lei. Una volta entrata nella Resistenza ci aveva pensato spesso, chiedendosi se davvero una volta morta si sarebbe risvegliata in un bel giardino pensile come quelli perduti di Alderaan, un posto dove il sole splendeva eternamente e l'aria profumava di fiori.
Di certo, pensò aprendo gli occhi, le camere del mondo dì là non avevano sicuramente anonime pareti grigie, e dubitava che i morti percepissero ancora il dolore delle ferite che li avevano uccisi. La spalla sinistra le doleva troppo per essere davvero defunta del tutto.
Cercò di cambiare posizione e così si accorse, finalmente, che il generale Organa era seduta accanto al suo letto, e la fissava benevola.
Chissà perché, poi? Se si trovava lì, era solo perché aveva fatto una vera sciocchezza...

“Generale Organa” la salutò, sentendo la gola riarsa.

Come se le avesse letto nella mente, Leia le allungò un bicchiere d'acqua. Aiutata dalla donna, Nadira bevve avidamente. Da quanto tempo era in quel letto?

“Non ti sforzare di parlare, e attenta a come ti muovi” Leia la avvertì, sistemandole un cuscino dietro la testa per farla stare più dritta.

“Mi sento come se una mandria di bantha mi fosse passata sopra.”

Nadira scrutò sospettosamente la spalla sinistra, incuriosita di vederla ancora al suo posto. Si era quasi aspettata di trovarci un buco. Sotto la maglietta riusciva ad intravedere una corposa fasciatura, che le prendeva anche parte del collo e si estendeva attorno al bicipite sinistro.

Leia annuì. “Posso immaginare, ma sei stata fortunata. Il colpo di blaster ti ha colpita alla spalla, lussandotela e provocandoti una grave ustione. Niente che fasciature imbevute di bacta non possano curare, ma per un po' non potrai usare quel braccio.”

Il braccio era in effetti indolenzito, ma funzionante; poteva flettere senza problemi le dita della mano sinistra. Era stata fortunata, come Leia le aveva detto, ma ad altri non era andata altrettanto bene.

“Come sta Rafa?”

“Ha perso un occhio, e hanno dovuto lavorare a lungo per togliergli tutte le schegge dal viso, ma si riprenderà. Lui e tutti i feriti più gravi sono già stati trasferiti sulla nave ospedale in orbita.” Il generale si abbassò lo sguardo sulle mani, che teneva giunte in grembo. “Le perdite umane e i danni sono stati ingenti. Abbiamo dovuto accelerare i preparativi. Abbandoneremo del materiale che sicuramente ci sarebbe stato necessario, ma non possiamo rimanere oltre. Gli incrociatori del Primo Ordine si stanno avvicinando.”

“Siamo riusciti a tracciare le navette che ci hanno attaccato?”

“No, sparite nel nulla. Le interferenze elettromagnetiche della tempesta gli hanno offerto copertura. È improbabile che non fossero supportate da una nave appoggio, ma non abbiamo i tempi né i mezzi per cercarla. Il comandante Dameron si era offerto, ma gli ho ordinato di non allontanarsi dalla Raddus. Non possiamo dividere ora le nostre forze e rischiare di cadere in un agguato.”

“E se tornassero?”

Leia scosse le spalle, le labbra atteggiate ad un sorriso vagamente ironico. “Pazienza. Qui è rimasta solo una manciata di persone, volontari che hanno voluto a tutti i costi restare per vuotare la base. Siamo tutti vecchi relitti della precedente guerra, la galassia non sentirebbe la nostra mancanza. A parte un paio di feriti non gravi, che ancora attendono di essere trasferiti, le uniche eccezioni di valore siete tu Kaydel.” Il sorriso di Leia divenne più pronunciato. “Quella ragazza sta prendendo un po' troppo sul serio il compito che le ho dato di organizzare l'evacuazione. Mi ha detto che se ne andrà con l'ultima cassa di materiale.”

Sconcertata da quello che aveva appena sentito, Nadira sbarrò gli occhi. “Ma come relitti senza valore? Generale Organa, cosa ci fa ancora qui? Se ne deve andare subito!”

“Lo farò, devo solo sistemare un'ultima questione. Nel frattempo compilavo un resoconto di quello che è successo in questi ultimi giorni” Leia le disse sollevando un databank. “E aspettavo che tu ti svegliassi per parlarti.”

Nadira non riusciva a trovare un senso alle parole di Leia. Si appoggiò la mano destra sul petto. “Che succede? Ho fatto qualcosa che non dovevo?”

“Veramente sì” le rispose la donna, scuotendo la testa sconsolata. “Ma sei giovane, e un po' troppo impetuosa. Capisco che tu non ti sia posta il problema, d'altronde, non potevi nemmeno sapere che…” Il generale Organa si interruppe, fissandola negli occhi. “Nadira, non mi chiedi che fine ha fatto l'assaltatore?”

La ragazza contrasse la mano che aveva portato al petto, scossa da uno spasmo doloroso.
“Generale... certo che lo voglio sapere. Non è che ha avuto un ruolo in tutto questo?” La sola idea le dava la nausea, ma poteva davvero escluderla? Fu un sollievo vedere Leia scuotere la testa.

“No. Il Primo Ordine già conosceva la nostra posizione. Lui però avrebbe potuto aiutarli. Si era liberato e aveva rubato un blaster ad una guardia ma... ha scelto di fare invece un'altra cosa. A dirla tutta, molto stupida e pericolosa.”

Non ci stava capendo nulla, ma a Nadira non piaceva l'espressione che ora Leia aveva in volto. “Quindi? Mi sta dicendo che è morto?”

“No, affatto. È qui fuori, anzi. Voleva vederti per l'ultima volta.”

“Avete deciso allora di eliminarlo?” Nadira chiese, sentendo la voce tremare.

Sorprendentemente, Leia le prese la mano sinistra, abbandonata sul letto, e gliela strinse leggermente. “C'ho pensato. E non posso dire di non aver preso seriamente in considerazione questa opzione.” Leia si portò l'altra mano al viso, passandosela sugli occhi. “Mi fossi trovata davanti ad un dilemma del genere quando avevo la tua età, non avrei esitato. Ero avventata come te, sai? E avevo un unico scopo: far pagare a Darth Vader e all'Impero la distruzione di Alderaan. Nessun sacrificio era abbastanza grande. Compreso il mio, e quello dei miei amici. Gli altri, i nostri nemici, erano solo dei mostri da eliminare. Ora... mi guardo indietro e penso di essere stata folle.”
La stretta di Leia sulla sua mano si intensificò. “No, Nadira. Non posso firmare la sua condanna a morte. Non mi sento di poterlo giudicare IO per gli ordini che ha eseguito, quelli a cui ha obbedito perché così era stato programmato a fare. Sarebbe compito di un tribunale militare, e non è il tempo né il luogo per organizzarlo. Quanto a quello che ancora non ha fatto... non sono così saggia, o così versata nella Forza, da poter prevedere il futuro.”

“Quindi, cosa gli succederà?”

“Rimarrà su D'Qar. Non può venire con noi. Non lo voglio sulle nostre navi. Gli ho dato uno speeder per raggiungere un piccolo avamposto commerciale a circa cinque giorni di distanza da qui. È tutto quello che posso fare per lui.”

Nadira inclinò la testa verso destra, le faceva male il collo dall'altro lato. Che senso aveva la decisione di Leia? Se da una parte ne era felice, dall'altra non le piaceva l'espressione turbata del generale. Si vedeva che le era costata. Ma perché Leia in persona si stava prendendo così tanto a cuore la sorte di un semplice soldato del Primo Ordine?
“Generale, cosa le fa pensare che, una volta liberato, non tornerà da loro? È questo il suo dilemma, giusto?”

“No, non solo” la donna le rispose, abbassando gli occhi. “Ho i miei dubbi che ritorni da loro. Però, ti devo raccontare una cosa. Nadira, ascoltami attentamente.”

 

Avrebbe mai potuto aspettarsi una rivelazione del genere? Quando Leia finì di parlare Nadira la guardò, ed ebbe voglia di abbracciarla.
D'impulso, si allungò per stringere almeno le mani della Principessa di Alderaan tra le sue, quelle mani calde e leggermente callose. Mani di un soldato, non della nobildonna che Leia era destinata a divenire, se il fato non avesse deciso diversamente.
Adesso capiva l’aria abbattuta della donna, e si sentiva profondamente colpevole. Aveva portato lei l’assaltatore a D’Qar. Tutto era stato causato da un suo singolo atto di compassione. Forse aveva ragione Kaydel: era stata una sciocca. Gli occhi le si inumidirono di lacrime.

Leia sembrò percepire il suo rammarico.
“Non ti crucciare. Non puoi disfare quello che hai fatto, e non ti devi sentire colpevole per aver solo seguito la tua coscienza. Se l’avessi lasciato a morire, là fuori, non te lo saresti mai perdonata.”

Quello era certo. Il solo pensiero causava a Nadira una stretta al cuore. Ma non avrebbe mai voluto causare così tante preoccupazioni a Leia, soprattutto in quel momento in cui il generale aveva così tanto altro per la testa.
Si fregò gli occhi con il dorso della mano destra. “Generale Organa, mi permetta di rimanere qui con lui” le disse d’impulso. “La prego, è l'unico modo che ho per fare ammenda.”

Leia era colpita, Nadira se ne rese conto benissimo.

La donna scosse leggermente la testa. “Tu non hai idea di quello che stai chiedendo. È troppo pericoloso.”

“Non sarà più rischioso che vagare per lo spazio con l'intero Primo Ordine alle calcagna, e poi…” Nadira prese un respiro profondo prima di parlare. “Penso che Sky si fidi di me. Posso tenerlo d’occhio io.”

Sorprendentemente, Leia si mise si mise a ridere. Un riso lento, quasi velato di malinconia. “No, non puoi. Hai la volontà, ma non ne avresti la forza. Sei attratta da lui, e questo ti rende profondamente inadatta. Peggio, anche lui prova qualcosa per te. Mi hai ascoltata bene quando parlavo? Quel ragazzo ha ucciso un membro del Primo Ordine per vendicarti, quando mi aveva appena detto che non avrebbe mai sparato contro di loro.” Il sorriso di Leia si stemperò in una smorfia di dolore. “Siete entrambi troppo giovani per avere il controllo delle vostre emozioni. Lui pensa di averlo, ma è solo un’illusione, che quello che gli è successo sulla Dalmazia ha infranto. In più, non ha nessun freno etico a dirgli quello che è opportuno o non opportuno fare, e non conosce empatia né compassione. Gli istruttori del Primo Ordine hanno fatto di tutto per estirpare questi sentimenti, e penso ci siano riusciti piuttosto bene.”

A Nadira, Sky non era sembrato proprio così spietato. Che quelle di Leia fossero solo brutte impressioni, date dall'aver combattuto quelli come lui tutta una vita?
“Mi sta dipingendo un quadretto desolante, generale…” le disse, senza avere il coraggio di smentirla platealmente.

“Lo so, ma parlo perché ho paura per te, Nadira.”

Leia si alzò in piedi. Sembrò per un attimo sul punto di perdere la calma. “L’unico motivo perché tu vuoi restare qui, è perché ti balocchi con l’idea che voi due potreste… non so, avere una relazione normale. Non sarà così. A modo suo, quel ragazzo potrebbe arrivare a provare dell’affetto per te, ma non metterti in testa che questo potrebbe in qualche modo cambiare la persona che il Primo Ordine ha plasmato.” Leia abbassò la testa, negli occhi un dolore antico. “Non importa quanto innamorato. Se gli darai mai una ragione per ucciderti, lo farà senza pensarci due volte. Magari senza nemmeno volerlo... ma lo farà.”

Un brivido di freddo scosse la ragazza. Leia sembrava conoscere bene quella situazione, ma a Nadira non importava. Strinse le labbra, a lei non sarebbe mai successo; e, soprattutto dopo quello che aveva sentito, non avrebbe mai potuto abbandonare Sky su quel pianeta, da solo. “Non mi sto illudendo su quello che ci potrebbe essere tra noi, glielo assicuro. Ci sono andata a letto, e la cosa svela parecchio del carattere delle persone. Ma, in tutta onestà, rimanere con lui è l'unico modo che ho per rendermi utile. E, poi, sono l'unica che può farlo. Non avete nessun altro che possa restare.”

“Sei cocciuta, Nadira, ma devi anche considerare le tue condizioni.” Leia indicò la spalla sinistra della ragazza. “Nonostante le iniezioni di bacta, i legamenti ci metteranno un po' a rinsaldarsi. Se te ne vai ora, per affrontare un viaggio del genere, potresti non guarire perfettamente. Clare mi ha detto di avvertirti: rischi di non recuperare completamente l'uso del braccio.”

Le implicazioni erano ovvie: se la spalla le avesse dato problemi, non avrebbe potuto tornare a pilotare. Quanto meno, non i caccia più veloci.
Ma oramai aveva preso la sua decisione, nemmeno quello l'avrebbe fermata. “Grazie per avermi avvertita, ma sono ancora convinta che rimanere qui sia più importante.”

Un pesante silenzio scese tra loro. Nadira si fissò le mani, raccolte in grembo. Non c'era incertezza in lei, ma paura sì. Aveva appena scelto un destino ignoto, lontano dalla vita che aveva conosciuto fino a quel momento.

“Sei irremovibile... non posso allora che darti il mio permesso” Leia le disse, estraendo qualcosa da una sacca appesa allo schienale della sedia. “Prendi questo, però.” Posò l'oggetto sul letto, accanto alla mano sinistra di Nadira. “Ti devo chiedere un ultimo favore. Anzi, ti devo dare un ultimo ordine, come tuo superiore.”

Senza prenderlo, ma soppesando gravemente l’oggetto, Nadira annuì. Come avrebbe potuto dire di no a Leia?

“Ai suoi comandi, generale Organa.”

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Che finisse così, Leia se l’era immaginato. Avrebbe dovuto cogliere il suggerimento di Kaydel ed imbarcare Nadira sulla Raddus con il primo shuttle disponibile. Una volta là, la ragazza avrebbe forse pianto sul suo cuore spezzato, ma almeno sarebbe stata in salvo.
D’altro canto, lassù Nadira sarebbe potuta morire anche subito in un attacco del Primo Ordine.

‘Forse qui ha una possibilità in più di sopravvivere?’

Il generale Organa chiuse la porta della camera di Nadira dietro di sé, appoggiandosi pesantemente contro. La ragazza le ricordava così tanto la sé stessa di tanti anni prima che quasi faceva male.
Un tenue sorriso reclamò le sue labbra, mentre ricordava i rimproveri delle zie che l'avevano cresciuta. Come avrebbero riso di lei se avessero assistito a quel colloquio.

'Io ero uguale. Tanto più cercavano di convincermi a stare lontana dalle cattive compagnie, tanto più rovente diventava il mio amore per la peggior canaglia sulla piazza...'

Fissò Sky, fermo davanti a lei. Il ragazzo era rimasto ad aspettare nel corridoio, come lei gli aveva ordinato. Immobile come se fosse di guardia su uno Star Destroyer, la guardava con in volto la solita espressione neutrale, vagamente distaccata.

'Certo, nessuno dei ragazzacci che frequentavo ai tempi, svignandomela di nascosto dal castello, era lontanamente pericoloso come questo...'

“Puoi entrare” Leia lo informò. “Nadira ti deve parlare. Quanto a noi…” La Principessa di Alderaan distolse per un attimo lo sguardo. Si era preparata il discorsetto, ma le costava dirlo. “Come ti ho già detto, tu non hai idea di che cos’è la Forza, e di come utilizzare i poteri che da essa derivano. Nessuno ti ha educato a farlo e, anche se i Jedi ancora esistessero, saresti troppo grande per essere istruito.” Leia lo fissò, in quegli occhi chiari che non mostravano traccia di nulla, né turbamento né dubbio. “Non cercare di giocare con forze che vanno al di là del tuo controllo, se non vuoi mettere in pericolo te stesso e tutti quelli che ti circondano. Avevi detto che ne avevi paura, e avevi ragione ad averne.”

L’assaltatore le fece un leggero cenno della testa, e Leia ebbe la certezza che non l’avrebbe ascoltata. Perché avrebbe dovuto farlo? Chi non sarebbe stato incuriosito da quei poteri? Perché non avrebbe dovuto riprovarci?

Leia si raddrizzò. “Potrei dirti che Nadira è come una figlia per me, e che mi addolorerebbe se per un tuo errore lei dovesse morire ma, purtroppo, ho perso così tante persone care nel corso della mia vita che quella ragazza sarebbe solo una in più. Rifletti invece su cosa è lei per te, e cerca di non farle del male perché, tra tutti, saresti tu quello che ne soffrirebbe di più.”

Fu soddisfatta dal vedere Sky aggrottare le sopracciglia, e finalmente mostrare un’ombra di insicurezza.

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“Generale, non possiamo lasciarla qui con quello.”

Era difficile affrontare lo sguardo di Kaydel. La ragazza la guardava pietrificata, ed esterrefatta.

Leia, tristemente le sorrise. “È Nadira stessa che me l’ha chiesto, non posso obbligarla a partire.” La donna mostrò al suo tenente il databank che teneva in mano. “Questo tienilo tu. Una volta sulla Raddus racconterò quello che è successo in questi giorni al vice-ammiraglio Holdo ma, se dovesse capitarci qualcosa, lo farai avere al comandante Dameron. È necessario che lui sappia.”

“Sappia cosa? Che abbiamo abbandonato qui uno dei nostri membri per fare compagnia ad un assaltatore del Primo Ordine?” Kayel scosse la testa. Raramente Leia l’aveva vista così irritata. “Nadira è una testona, impulsiva ed imprudente, ma è una di noi, e non voglio che le capiti qualcosa di brutto. Ho capito anche io cos’è successo tra lei e quel tizio. Ma Nadira si sta illudendo. Lui le farà solo del male.”

Leia si guardò attorno. Erano all’aperto, accanto ad uno degli shuttle che il personale rimasto a terra stava velocemente caricando. La tempesta era passata, ma faceva freddo, e nelle pozze d’acqua si rifletteva il cielo che si stava rabbuiando. In quel periodo dell’anno le notti su quell’emisfero di D’Qar duravano poche ore, ma erano fredde e umide. Non sarebbero state piacevoli da passare all’aperto, con una ferita come quella di Nadira.
Riportò la sua attenzione su Kaydel. “Non possiamo esserne certe. E comunque non potevo negarglielo.”

“Perché? Lo so che siamo una milizia privata e non un vero e proprio esercito, ma se glielo avesse ordinato...”

“Se ne sarebbe andata comunque. Lo sai com'è fatta, no?”

“Certo che lo so. Per questo credo che stia sbagliando. E non solo lei.” La ragazza si interruppe. Kaydel era sempre stata molto rispettosa, ma era chiaro che si stesse trattenendo.

“Puoi parlare liberamente” la esortò Leia.

La ragazza abbassò gli occhi, il tono teso come una corda in procinto di spezzarsi. “Io non so cos'abbia di speciale questo tizio. Non capisco perché Nadira si sia lasciata incantare così, però, lei... generale, non deve cadere nello stesso tranello, perché lui non può essere il sostituto della persona che lei ha perso.”

Colpita, Leia non riuscì a rispondere. Si limitò a stringere leggermente la spalla di Kaydel, mentre le passava accanto per salire sulla navetta.

 

Leia si accomodò al suo posto e, mentre la navetta decollava, rimase a guardare mentre l'ex-quartier generale della Resistenza scompariva sotto il velivolo. D'Qar diventava un'altra memoria.
Ne aveva così tante, oramai. Brandelli di passato che si agitavano dentro di lei, condizionando le sue decisioni, anche se lei non avrebbe voluto. Era questo che significava invecchiare?
Chiuse gli occhi per godersi il volo, senza riuscire però a fermare i pensieri che l'affliggevano.

Faceva freddo sulla navetta, e Leia si strinse il cappotto attorno al corpo, sopprimendo un brivido.
Le mancava Luke, così come le mancava Han, il suo Han. Più di tutti, però, le mancava Ben, il suo amato figlio, così dotato e così sfortunato.

Kaydel non era andata così lontana dalla verità, anche se Sky non aveva nulla di Ben. Non l'avrebbe certo sostituito ma, con lui, Leia non voleva fare lo stesso errore che Luke aveva fatto con suo figlio. Luke che per un sospetto l'aveva attaccato, spingendolo definitivamente verso il Lato Oscuro.

E ora Leia era costretta a combatterlo, ma tutti i giorni ne moriva un po'. Per questo, anche se rosa dal dubbio, mai avrebbe potuto fare del male a Sky per timore di quello che sarebbe potuto diventare in futuro.
Ancora una volta, pregò per tutti i suoi compagni di avere fatto la scelta giusta.

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Capitolo 11
*** Cenere e brandelli ***


Cenere e brandelli

 

Il quartier generale della Resistenza bruciava.
Colpito dal bombardamento orbitale della corazzata del Primo Ordine, le ceneri del compound si alzavano nel freddo mattino di D'Qar. Spirava un vento secco, gelido, che faceva lacrimare gli occhi, ma non era per quello che Nadira piangeva.
A distanza di sicurezza, da una bassa collina che sovrastava la base, aveva assistito al bombardamento; ora si sentiva fatta a pezzi, a brandelli come quel posto che aveva chiamato casa per così tanti anni. Lì era stata accolta ancora bambina e aveva creato legami; lì c'era tutto il suo mondo, ora in cenere. Mentre tutti quelli che aveva conosciuto, e che non erano morti nel frattempo, erano partiti per un destino ignoto.

Non avrebbe mai scordato l'ultimo abbraccio con il generale Organa. Leia l'aveva guardata con quegli occhi saggi e comprensivi, in quel momento colmi di dolore a malapena trattenuto, e Nadira aveva avvertito -pur non essendo in nessun modo sensibile alla Forza- che non si sarebbero mai più riviste.
L'addio di Kaydel Ko Konnix, sorprendentemente, era stato quasi ugualmente commovente. La ragazza si era limitata a stringerle la mano eppure, nel tono con cui l'aveva salutata, Nadira aveva avvertito strazio, invece che riprovazione. Che la giovane tenente non approvasse la sua scelta era palese, ma era sembrata comunque addolorata per la sua partenza.
Kaydel le aveva sussurrato un 'che la Forza sia con te', che l'aveva fatta rabbrividire, nonostante l'altra ragazza l'avesse inteso come un augurio.

Nadira si voltò a guardare Sky, fermo accanto a lei. Anche se detto in modo figurato, Nadira aveva qualche dubbio che la Forza l'accompagnasse in qualche modo; per il suo compagno, tuttavia, le cose stavano diversamente.
La rivelazione di Leia spiegava tutto: il malfunzionamento del manganello che aveva ucciso il comandante Arda, il collasso del reattore della Dalmazia, e l'assurdo comportamento di Sky quando si era risvegliato.
Leia non era stata in grado di dirle -le aveva confessato di non saperlo nemmeno lei- il grado di controllo che Sky aveva su quelle facoltà. Probabilmente molto basso. E Nadira sapeva che Leia aveva raccomandato all'assaltatore di non provare mai più ad usarle; guardandolo, la ragazza si chiese se avrebbe mai ascoltato quel consiglio.
Per quanto Sky avesse confessato a Leia di averne paura, poteva mai un militare addestrato rinunciare ad usare quella che era l'arma più potente di tutte?

Nadira strinse le labbra, chiudendo gli occhi per non vedere più l'incendio in lontananza. Quello era il passato, doveva dimenticarlo.
Si strinse invece al suo compagno, mettendogli le braccia attorno alla vita e appoggiandogli il viso nell'incavo del collo. Nonostante tutto aveva deciso di rimanere con lui, perché desiderava la sua compagnia più di quanto ne avesse timore; e molto più di quanto, probabilmente, fosse saggio.
Prima che lasciassero definitivamente la base, con poche, secche frasi, e senza cercare di minimizzare, Sky le aveva raccontato tutto di sé. Dell'addestramento del Primo Ordine, delle missioni, dei civili che aveva ucciso, di quando lo chiamavano Cry. Come se volesse convincerla a rimanere con i suoi compagni.
Nadira sorrise contro il collo del ragazzo, sentendo le sue braccia che le circondavano le spalle, e una mano che le accarezzava la nuca.
'Come se ci fosse mai stato qualcuno che potesse convincermi a cambiare idea, una volta che avevo preso una decisione. Nemmeno Leia riusciva, figuriamoci tu, ragazzino. E quanto a quello che mi hai detto... il passato è morto, per tutti e due. È cenere e brandelli, ed è il futuro che ora mi angoscia.'

Il sorriso morì sulle labbra di Nadira, mentre ricordava che si era offerta lei di correggere il futuro, nel caso le peggiori paure di Leia si fossero materializzate. Dipendeva tutto da lei. All'interno degli stivali conservava il pugnale di ferro mandaloriano che il suo generale le aveva dato, insieme al suo ultimo ordine.
'Nel caso il Primo Ordine ci trovasse, o Sky decidesse di ritornarvi, io lo dovrò uccidere.'
Come avrebbe fatto, Nadira non lo sapeva. Non aveva mai usato un'arma del genere, ma Leia le aveva raccomandato di non osare toccare un blaster. Il perché era ovvio: funzionava ad impulsi elettrici.
'Come se fosse quello il solo problema. Chi riesce a manipolare la Forza non è anche in grado di leggere i pensieri? Non è così che funziona? Riuscirebbe a capire cosa ho in mente prima che io faccia qualunque cosa, oppure no? Leia mi ha detto che non ha nessun addestramento in materia, ma basta quello perché mi fidi anche solo a pensare una cosa del genere?”
Anche se il braccio le faceva male, Nadira strinse Sky a sé un po' più forte, stringendo tra le mani la stoffa della giacca che il ragazzo indossava.
'E, io, come potrei mai farlo? Ho dato la mia parola, ma sperando che non sarebbe mai servita. Dopotutto, per stare con lui ho rinunciato a quella che fino a ieri pensavo fosse la mia ragione di vita. Come potrei fargli del male?'
La mano che le stava accarezzando la testa era scesa a sfiorarle la schiena.

Nadira sollevò la testa per guardarlo negli occhi, e fu sollevata nel non vedergli più in faccia l'espressione guardinga che il ragazzo aveva inalberato per tutto il tempo alla base. Ora le sembrava quasi meravigliato per qualcosa, come se stesse vedendo per la prima volta il mondo.
Le accarezzò le labbra, e il gesto la intenerì.
Nel raccontarle della sua vita nel Primo Ordine, Sky non le era sembrato pentito di quello che gli avevano ordinato di fare. Non pareva avere dei rimorsi palesi, ma forse ci sarebbe voluto del tempo perché venissero a galla.
E magari, chissà, Nadira non riusciva ad abbandonare il sogno che un giorno, come Finn, anche Sky avrebbe deciso di unirsi alla Resistenza.
Doveva crederci. Sarebbe andato tutto bene.

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Era una corazzata quella che stava bruciando attraverso l'atmosfera?
Sky la osservò, moderatamente stupito. Come avessero fatto i ribelli a distruggerla, lui non ne aveva proprio idea. Di certo mancavano di mezzi, ma forse compensavano con la motivazione.
Anche quel fattore a lui sfuggiva, però.
Sia Leia che Nadira gli avevano spiegato che la Resistenza combatteva per la libertà, la democrazia e la giustizia, ma Sky non capiva come quelle belle cose potessero conciliarsi con una galassia senza ordine. Per quello che gli avevano insegnato, nel mondo che Leia sognava sarebbe regnata solo l'anarchia, come negli anni successivi alla caduta dell'Impero.
Sky poteva ammettere che la propaganda contro la Resistenza fosse un po' esagerata, ma era assolutamente certo che il Primo Ordine fosse nel giusto: come era sicuro che, alla fine, i ribelli sarebbero stati sconfitti.

Per quello, era felice che Nadira fosse lì. Non ci aveva creduto quando Leia gli aveva detto che la ragazza sarebbe rimasta sul pianeta; non era possibile che lei volesse veramente rimanere con lui. Aveva cercato di convincerla ad andarsene, ma Nadira era stata irremovibile.
Sky le mise una mano sulla nuca, tra quei capelli che trovava così belli. La flotta della Resistenza era riuscita a fuggire, ma molti ribelli erano sicuramente rimasti uccisi nell'attacco alla corazzata. Se fosse partita, forse Nadira sarebbe stata tra di loro.

I rottami della corazzata lasciavano strisce infuocate nel cielo, attraversando l'atmosfera. Se non fosse stato per il pensiero di tutti i compagni morti, Sky avrebbe anche potuto trovare bello lo spettacolo. Peccato per quel disturbo che aveva distintamente avvertito quando la nave era esplosa, e che aveva immediatamente collegato alla perdita di migliaia di vite umane. Se non era anche quella un'altra prova che stava diventando decisamente sensibile alla Forza...
Forse avrebbe dovuto farci qualcosa, ma non sapeva cosa. Leia l'aveva avvertito di non usare più quei poteri, ma proprio stando accanto a lei, a Sky era sembrato che si fossero intensificati.
Adesso ne aveva meno paura, ma non ancora abbastanza curiosità da indagarli più a fondo.

Forse avrebbe dovuto, però. L'avevano salvato sulla Dalmazia, e gli avevano fatto colpire l'ufficiale che aveva sparato a Nadira. Se fosse riuscito a padroneggiarli un po' meglio, magari sarebbero stati anche utili.
Avvertì Nadira stringersi a lui un po' più forte, e le labbra della ragazza che gli sfioravano il collo gli strapparono un brivido.
Magari doveva farlo per lei. Non voleva che qualcuno le facesse del male. E c'erano situazioni in cui un blaster forse non sarebbe bastato.
Accarezzò la schiena di Nadira, appoggiandole una mano all'altezza del cuore. Aveva un ritmo leggermente accelerato. Anche tutto il bel corpo di lei era governato da impulsi elettrici. Sky lo trovava affascinante.
'La proteggerò. E magari potrei anche riuscire a convincerla a lasciar perdere la causa ribelle. Tanto tra poco tutti i suoi compagni moriranno. Kylo Ren e il generale Hux non ne lasceranno vivo nemmeno uno. Mi dispiace un po' per Leia, ma meglio così. Se loro non ci saranno più, Nadira non avrà più una ragione per combattere.'

KR-6790 non aveva mai pensato a cosa avrebbe fatto una volta che la guerra fosse finita. La concreta possibilità di morire sul campo di battaglia era la sola certezza che gli addestratori avevano dato a lui e al resto dei suoi compagni. Questo gli avevano insegnato: che l'unica cosa buona che i soldati del Primo Ordine potessero fare nella vita era combattere per la causa, e morire eroicamente.
Adesso Sky trovava che un futuro con quella ragazza della Resistenza fosse assai preferibile al perdere la vita per un motivo astratto. Combattere, forse, ma morire? No di certo.
Nadira aveva alzato il viso verso di lui. Era così vitale... le accarezzò le labbra, ipnotizzato dalla sua aura tanto brillante da quasi oscurare il sole. Non avrebbe mai permesso che qualcuno la spegnesse.
Doveva crederci. Sarebbe andato tutto bene.

 


 

Wow, sono riuscita a terminare una storia multicapitolo... è un evento :)
Grazie ad AtlantisLux, la mia fida amica e betareader, e a Superlight777, che ha letto e recensito tutti i capitoli, e che ha anche inserito Nadira nella sua bella storia. Carissima, spero che il finale dolceamaro sia stato di tuo gradimento. Non impazzisco per i finali consolatori, e qui mi pare che un “e vissero tutti felici e contenti” ci sarebbe stato un po' male, ma ho comunque dato qualche chance a questi due... erhm... adorabili storditi ;)
Un ringraziamento anche a tutti quelli che hanno letto questa storia e a chi la leggerà in futuro.

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