S like Sarada, Shikadai, Sharingan and Scape

di Heyale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fuga ***
Capitolo 2: *** Team nuovi, compagni nuovi. ***
Capitolo 3: *** Il covo, Daichi e la fuga di gruppo. ***
Capitolo 4: *** Paura per tutti ***
Capitolo 5: *** Questione di amicizia ***
Capitolo 6: *** Psicologo ***
Capitolo 7: *** Team ***
Capitolo 8: *** Hakisada ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fuga ***


Sarada
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S  like Sarada, Shikadai, Sharingan and Scape
Come un raggio che ha il coraggio di lasciarsi il sole dietro






Sarada Uchiha odiava essere rimproverata in pubblico, essere vista come un'Uchiha non abbastanza degna di tale nome, non riuscire a sviluppare la tecnica dei Mille Falchi, non controllare lo Sharingan, non ottenere il massimo dei voti nei test, dover lucidare gli occhiali e il coprifronte, le battute di Boruto Uzumaki e gli abbracci di Yutaka Inuzuka.
Al contrario, amava allenarsi con suo padre Sasuke, essere considerata la prima della classe, stare in compagnia di Inojin Yamanaka, camminare per le strade di Konoha con i suoi genitori, osservare la foto di suo zio Itachi - sebbene ne conoscesse solo il nome e non la storia -, essere aiutata da Mirai Sarutobi e poter passare delle ore insieme al suo migliore amico Shikadai Nara.
Quella giornata, di certo, non era iniziata col piede giusto.
Tanto per cominciare, Sasuke era andato via di casa prima di salutarla, lasciandola con sua mamma Sakura, e nel tragitto verso l'accademia era stata costretta a fare la strada con Boruto, che aveva deciso di irritarla sul serio, facendo battute su battute in merito alla cattiva generazione passata degli Uchiha.
Quando era entrata in classe, Shikadai le aveva fatto un cenno e dal grugnito di risposta della ragazza aveva capito che avrebbe sicuramente dovuto parlarle finita la scuola, sarebbe stato addirittura carino da parte sua se l'avesse invitata da lui come al solito, ma non era sicuro che lei fosse stata dell'umore adatto. Sapeva anche che quella mattina era dedicata al lavoro di squadra, ed essendo lui con Inojin e Chouchou -mantenendo così la tradizionale forma InoShikaChou-, Sarada sarebbe dovuta restare da sola con i suoi compagni Boruto e Mitsuki, e non era di certo in vena per restare in compagnia del biondo.
Secondo il parere del giovane Nara, Sarada non era nemmeno in piena forma: non aveva il solito sorrisetto stampato sulla faccia e la voglia di far del male fisico a Boruto - mania presa sia dal padre che dalla madre -, il che era decisamente strano.
Per questo motivo il ragazzo rimase a guardare il combattimento tra la sua migliore amica e quella testa calda di Bolt, preoccupandosi un po' per entrambi. Con lui c'era il suo team e Himawari, decisamente spaventata per le sorti del fratello data l'avversaria nettamente più astuta e attenta negli scontri corpo a corpo.
Il Sensei, Kakashi, guardò prima l'Uchiha e poi l'Uzumaki, dando il via alzando il braccio come se fosse una bandiera. Come da copione, Boruto si fiondò su Sarada evocando una sua copia, ma la ragazza conosceva fin troppo bene quello schema e ci mise assai poco a schivare l'attacco, spostandosi di qualche metro a sinistra.
"Attacca tu, per una volta!" gridò il biondo, assottigliando gli occhi azzurri in segno di sfida.
"E' stupido" sibilò la mora, riducendo gli occhi neri ad una fessura. "Solo un idiota attacca per primo."
"Sarà," rispose l'altro, evocando di nuovo una copia. "Ma non tutti gli attacchi li puoi prevedere, Sarada."
L'Uchiha restò interdetta, ma giusto il tempo di realizzare la situazione che un Rasengan la colpì alla schiena, catapultandola in avanti senza un solo secondo per pensare a come difendersi. Era chiaro, pensò lei, le era sfuggita una copia e quello era il risultato, si era fatta fregare. Ma, presa dall'umiliazione e dalla rabbia, una volta essersi rialzata con un attimo di esitazione, portò la mano in posizione al petto, attivando lo Sharingan. Subito una fitta la colse agli occhi, ma non fu più dolorosa dell'illusione che stava vivendo Boruto, di fonte a lei, trovandosi immerso in un mare di stelle ninja e kunai. Sarada sentiva male alla schiena, poteva sentire il sangue scorrerle dalla ferita in giù, arrivando a macchiare i pantaloni, ma doveva prendere la sua rivincita. Non era abituata a sconfitte così clamorose, essendo figlia di un'Haruno e di un Uchiha non poteva proprio permetterlo. Andava pian piano affaticandosi sempre di più, finché le gambe non cedettero e lei cadde a terra, tenendo la mano costantemente in posizione, anche se la vista offuscata e il fiato corto le rendevano difficile quel compito. Stava vivendo anche lei un'illusione, ormai, proiettata nello stesso scenario di Bolt, che ora stava facendo soffrire entrambi. Stava vincendo lei, non c'era dubbio, ma le condizioni fisiche sarebbero state critiche per entrambi.
L'ultima cosa che Sarada sentì fu il suo nome gridato da Inojin, e l'ultima cosa che vide fu Shikadai correre verso di lei per prenderla prima che cadesse all'indietro. Nell'illusione vide Boruto cadere a terra come se fosse il suo riflesso nello specchio, ma si rese conto che era la stessa fine che stava facendo lei. Arresa all'idea di essere ormai impotente, l'Uchiha chiuse gli occhi e si lasciò cadere tra le braccia di Shikadai, addormentandosi pesantemente.


Shikadai Nara odiava doversi alzare presto la mattina, doversi alzare prima delle undici alla domenica, dover affrontare un esame, sentire sua mamma lamentarsi costantemente, dover imparare tecniche difficili, ascoltare la parlantina di Yutaka Inuzuka e andare in giro con i suoi genitori.
Al contrario, amava avere i pomeriggi liberi, poter passare del tempo col suo team, le rimpatriate di famiglia - sua mamma e suo papà con lui, Ino e Sai con Inojin, Chuoji e Karui con Chouchou -, risolvere enigmi impossibili, avere lo stesso rifiuto verso dimostrazioni d'affetto della sua migliore amica Sarada, allenarsi con Mirai e ascoltare le storie del passato.
Quella giornata era iniziata esattamente come le altre.
Sua madre Temari l'aveva svegliato alle sei e mezz'ora dopo era passato suo papà Shikamaru per buttarlo giù dal letto con la forza, dato che non ne voleva sapere di alzarsi. Era sceso poi di sotto, aveva bofonchiato un saluto e aveva mangiato le stesse cose della mattina precedente, ascoltando ciò che i suoi genitori dovevano dirgli in merito alla giornata appena iniziata.
Era uscito poi da casa, era arrivato in accademia e, come al solito, aveva salutato Sarada ricevendo un grugnito di risposta. Si era preoccupato, aveva cercato di ipotizzare i mille e uno problemi di Sarada Uchiha, ma aveva rinunciato e si era rassegnato a capire tutto quando sarebbe arrivato il momento.
Quando il Sensei aveva annunciato che era ora dell'allenamento col team, la giornata aveva preso una piega migliore, perché non capitava spesso di poter restare con Chouchou e Inojin nelle ore di scuola. Ovviamente però non poteva non badare al combattimento tra Sarada e Naruto, e una volta raggiunto il campo, si era messo ad osservare l'espressione adirata della sua migliore amica, trovandola più cattiva del solito. Sperava in un combattimento botta e risposta a suon di kunai e stelle ninja, al massimo qualche colpo ravvicinato, ma non avrebbe mai immaginato di vedere lo Sharingan di Sarada attivarsi ed essere funzionante in una tale velocità. Che poi, a conti fatti, la ragazza non aveva mai usato le sue abilità innate in combattimento, anche perché non erano ancora ben formate e stabili e come le ricordava sempre suo padre, per padroneggiarle ci volevano molto impegno e dedizione.
Infatti, appena gli occhi neri di Sarada erano diventati rossi, Shikadai si era sentito mancare. Non aveva mai visto lo Sharingan della sua migliore amica, e non si era mai nemmeno immaginato di chiederle come usarlo o di farglielo vedere, sapeva che sarebbe stato veramente pericoloso. Aveva sentito lo stomaco contorcersi dall'agitazione, e vedere Sarada crollare poco a poco su se stessa non faceva altro che accelerargli il battito cardiaco. Per quel motivo lui e Inojin erano scattati verso di lei quando il combattimento stava giungendo alla fine, e il Nara non pensò al bruciore delle ginocchia quando si lanciò in scivolata per evitare che la testa di Sarada toccasse il suolo, e che invece si appoggiasse sulle sue gambe. L'unico sollievo che provò in quel momento fu vedere gli occhi di Sarada, un istante prima che si chiudessero, tornare al solito color pece.
"E' uscita di testa!" l'esclamazione di Boruto non passò inosservata a Shikadai, che cercò per un istante l'autocontrollo che teoricamente aveva ereditato da suo padre. Ma, in fin dei conti, era anche figlio di Temari, e come tale era veramente difficile trattenere gli istinti.
"L'avete vista?" le esclamazioni di Boruto continuavano a riempire l'aria di quel corridoio alquanto stretto, e solo poche persone lo stavano a sentire, annuendo o negando. "Stava per ammazzarmi, con quegli occhi rossi dell'accidenti!"
"Sei veramente una seccatura!" Shikadai si voltò di scatto, allontanandosi di qualche centimetro dalla porta della camera di Sarada. "Non ti avrebbe fatto proprio niente, e la colpa in ogni caso non è sua."
"Stai scherzando, spero" il biondo si alzò dalla sedia reggendosi la testa con la mano dato che non aveva ascoltato il medico e si ostinava a non stendersi. "Ma l'hai vista, Nara? Quella mi odia!"
"E un motivo ci sarà." Shikadai scosse la testa, facendo una smorfia.
"La difendi solo perché siete amici."
"Già, forse hai ragione" il moro fece finta di pensarci su. "Ma resti comunque una testa quadra."
E Shikadai si dileguò portando le mani in tasca, sparendo dentro la camera dove Sarada stava riposando. Era tutto silenzioso, fortunatamente erano entrambi abituati al silenzio. Avevano passato tanti minuti in silenzio, magari lui impegnato a leggere e lei a svolgere i compiti, ma erano insieme, ed era già un silenzio diverso. Non erano per niente quegli amici che si abbracciavano ogni due per tre e che poi litigavano risolvendo con una discussione e un bacio sulla guancia. Shikadai e Sarada, in effetti, erano due migliori amici proprio strani. Non amavano spupazzarsi e chiedersi costantemente se andava tutto bene, loro erano in sintonia senza doversi parlare o toccare. Sapevano che qualcosa non andava senza bisogno di saperlo dall'altro, e avrebbero fatto di tutto per aiutarsi, anche se non l'avrebbero mai dimostrato.
Col solo suono del respiro lento di Sarada, Shikadai si sedette accanto al letto e sorrise come se lei avesse potuto vederlo, nell'attesa che i suoi occhi si fossero aperti da dietro gli occhiali dalla montatura rossa.
"E' sveglia?"
Inojin entrò chiudendo subito la porta alle sue spalle, spostandosi il ciuffo biondo dagli occhi.
"Non ancora" Shikadai fece un sospiro, sbadigliando in seguito. "Ma il medico ha detto che tra un'oretta dovrebbe stare meglio e svegliarsi da sola."
"Speriamo" il biondo fece un sorrisone, uguale a quello di sua madre, e si sedette ai piedi del letto. "E' stato brutto stare lì a guardare. Volevo fare qualcosa, ma avevo paura delle conseguenze. Sono stato codardo?"
Il Nara scosse la testa, rievocando per un istante le discussioni tra Shikamaru e Ino, quando ancora erano nella squadra 10.
"Sei stato prudente. Era la sua battaglia, non la tua. Sarada sapeva i rischi che stava correndo, li sapeva dal primo all'ultimo. Eppure ha fatto di testa sua - questo l'ha preso da Sakura - e ha continuato ad usare lo Sharingan. Come se io di punto in bianco prendessi il ventaglio di mia mamma e iniziassi a tentare tecniche con i tre Astri, o come se tu provassi il Capovolgimento Spirituale senza che qualcuno sia con te. E' abbastanza da idioti, non credi?"
"Abbastanza, sì." il biondo se ne uscì con un sorrisetto, posando poi lo sguardo sull'Uchiha che dormiva beata appoggiata sul materasso.

Boruto Uzumaki odiava il lavoro di suo padre, dover fare il baby sitter a sua sorella Himawari, dover andare a scuola, alcuni atteggiamenti di Sarada Uchiha, dover rimediare ai disastri che aveva combinato, doversi allenare con sua madre - proprio non sopportava il suo Byakugan -, essere richiamato da Shikadai Nara e sostenere gli esami per salire di livello.
Al contrario, amava mangiare il Ramen, allenarsi con suo padre, saltare da un albero ad un altro, portare a termine più missioni possibili, riuscire a fare un Rasengan perfetto, fare più copie possibili del suo corpo, parlare in qualche modo con suo zio Neji e lavorare con la sua squadra.
Quella giornata era iniziata nel modo più normale possibile.
Boruto era stato svegliato come sempre da sua sorella, aveva fatto colazione ed era uscito di fretta e furia perché, come al solito, era in ritardo. Sua mamma gli aveva gridato di stare attento per la strada, e lui si era girato e come da copione le aveva gridato di essere ormai un ninja che sa badare benissimo a se stesso. Si era voltato con fierezza per dimostrare a sua mamma che preoccuparsi era inutile, ma nemmeno due passi dopo era inciampato ed aveva fatto un volo, al quale Hinata e Himawari non avevano saputo trattenersi dal ridere, e il biondo in tutta risposta aveva borbottato qualcosa e si era allontanato velocemente da casa sua, dileguandosi dalla visuale delle due donne. Non amava per nulla le preoccupazioni di sua madre, non gli piaceva sentirsi dire che era ancora giovane e non era pronto per avere lo stesso ruolo di suo papà. Ma lui mica voleva diventare Hokage, per carità, lui odiava gli Hokage, a partire da Naruto. Forse, era proprio quella la causa del suo accanimento verso le autorità: gli portavano via il suo papà. Si ricordava quando, nei suoi primi anni di vita, Naruto non era Hokage e stava sempre con lui, lo portava a spasso, gli insegnava le basi per essere un buon ninja, giocava con lui, gli raccontava le storie degli eroi del passato. In quel momento avrebbe dato tutto quanto per passare anche un solo giorno come un tempo, ma quando pensava alla mancanza lasciata da Naruto, sostituiva il vuoto nello stomaco con la rabbia nata dallo stesso motivo. Allora scherzava su tutto, prendeva in giro persino gli insegnanti, se ne infischiava di tutto quanto.
Quando vide Sarada, quella mattina, non aveva per niente voglia di stare con lei e fare la strada insieme, ma l'Uchiha se ne sarebbe sicuramente accorta, e quindi tanto valeva sacrificarsi per quei dieci minuti. Quando la raggiunse tentò di fare qualche battuta ma lei rispondeva sempre con lo stesso grugnito, e alla fine lasciò perdere e giocò l'ultima carta per far parlare la ragazza, ossia l'argomento "Uchiha", ma lei non lo badò e smisero di parlare. La mattinata passò poi tranquillamente, a parte il momento in cui erano stati annunciati i combattimenti uno contro uno. Si era trovato davanti proprio Sarada, e non era riuscito a tenere la bocca cucita, causando poi tutto quello che era successo. Si era ritrovato imprigionato dallo Sharingan, che almeno aveva messo k.o. anche l'Uchiha. Gli era dispiaciuto essere la causa di tutto quel casino, ma nonostante ciò era talmente arrabbiato per aver perso contro la ragazza che non aveva perso occasione per lamentarsi di lei e cercare di metterla in cattiva luce. In fondo, lui era pur sempre Boruto Uzumaki, doveva mantenere un po' di orgoglio - decisamente preso dal padre -.
E se c'era un'altra cosa che non sopportava, era quando Shikadai si metteva a difesa di Sarada, sebbene la cosa non lo riguardasse minimamente. Era sempre lì per lei, ogni suo desiderio veniva esaudito, andavano sempre d'amore e d'accordo. E lui? Chi c'era per lui? Certo, aveva tanti amici, ma uno come Shikadai non riusciva nemmeno a capire cosa fosse. Sentiva che gli mancava, una persona così al suo fianco, ma non poteva comunque farci nulla. Il suo carattere era quello che era e a causa di quello tutti quanti si allontanavano da lui, fine della storia.
Era appoggiato al cornicione della finestra dopo aver discusso con Shikadai quando aveva visto passare Inojin alquanto di fretta, e non aveva esitato a fermarlo. Bolt aveva capito da tempo che tra lui e l'Uchiha ci fosse qualcosa - altro fattore veramente irritante per lui -, ma voleva almeno avere qualcuno con cui parlare, in quel momento.
"Ehi, Yamanaka!" gridò, e il biondo si fermò all'istante.
Si girò di scatto, e fece un sorrisetto, uno di quelli che ricordavano molto suo padre: "Ehi, Boruto."
"Dove vai?"
Inojin indicò il corridoio di fronte a lui: "Vado a vedere come sta Sarada. Vieni anche tu?"
"Mi sa che Shikadai non ci tiene molto a vedermi lì" e sorrise amaramente, quasi ridacchiando. "Sta tanto male?"
"E' solo stanca, suppongo. Il tuo Rasengan non era al massimo del potenziale disponibile. Sbaglio?"
Bolt si stupì di come Inojin avesse visto che quel Rasengan era molto meno potente degli altri. Solo qualcuno che stava guardando molto attentamente poteva accorgersene. Così arrossì appena, avrebbe preferito che nessuno lo notasse.
"Non sbagli" mormorò solamente. "Non volevo farle troppo male."
"Hai fatto bene. Era solo un allenamento, no?"
Boruto annuì, e poi sorrise: "Vai pure da lei. Ci vediamo più tardi."


Inojin Yamanaka odiava gli urli di sua madre Ino alle sei di mattina, l'odore del dopobarba di suo papà Sai, avere la divisa sporca di inchiostro, il Ramen, trovare i biglietti dove sua mamma scriveva le varie mansioni da svolgere mentre lei era in negozio, dover lucidare i kunai, svegliarsi troppo tardi e i capelli che non stavano in ordine.
Al contrario, amava svegliarsi presto e godersi l'alba, imparare il gioco degli shogi insieme a Shikadai, chiacchierare con Chuochou - essendo come fratello e sorella -, passare ore a disegnare, stare all'aria aperta insieme ai suoi amici, far ridere Sarada Uchiha, organizzare delle serate insieme agli altri ragazzi di Konoha e saltare da un ramo all'altro per sentire il vesto sferzare contro la sua faccia.
Quella giornata era iniziata in modo strano.
Non si era svegliato con la solita allegria, non aveva salutato i suoi genitori con un abbraccio e non aveva perso tempo a leggere quelle inutili informazioni dietro la scatola dei cereali per passare il tempo mentre faceva colazione. Sai e Ino si erano lanciati uno sguardo capendo che loro figlio non era lo stesso di sempre, ma le domande tattiche non avevano funzionato e Inojin aveva tranquillamente fatto finta di nulla. Del resto nemmeno lui sapeva spiegarsi quel bruciore di stomaco che aveva da quando si era alzato, e non era da lui comportarsi in modo strano, anzi, di solito si poteva sempre contare sulla sua allegria e vitalità, ma quel giorno sembrava proprio non funzionare.
Anche Chouchou gli chiese se andava tutto bene, e a sentire la sua risposta, Shikadai nemmeno si preoccupò perché se non l'aveva detto all'Akimichi, di certo non lo avrebbe detto a lui. E poi, a vedere Boruto sfidare in quel modo Sarada, aveva sentito il bruciore salirgli fino al petto. Avrebbe voluto alzarsi e gridare di smetterla, avrebbe rischiato di essere fermato dal controllo dell'ombra di Shikadai - cosa tra l'altro già successa - e avrebbe sopportato i rimproveri dei suoi genitori, ma non aveva potuto sopportare l'arroganza del biondo in quel caso. Di solito Inojin era un ragazzo tranquillo, in pace col mondo, ma quando c'era Sarada di mezzo potevano diventare tutti quanti suoi nemici in un millesimo di secondo. Era chiaro, il motivo: anche se era evidente, ne erano a conoscenza solo Shikadai e Chouchou. Era più o meno un anno che la cosa andava avanti, e i due migliori amici di Inojin non sapevano più dove sbattere la testa: era chiaro che avere uno Yamanaka in squadra innamorato di un'Uchiha era decisamente svantaggioso.
Infatti, Shikdai non storse il naso quando Inojin entrò nella stanza sebbene sapesse che il suo migliore amico non gradiva troppa compagnia in momenti del genere. Ormai, il Nara aveva capito che non c'era niente da fare e che Inojin era proprio perso per Sarada, e a quel punto non rimaneva poi così tanto da fare. Anzi, da parte sua aveva il sospetto che pure l'Uchiha provasse qualcosa per lui, ma era veramente difficile da capire. Sarada Uchiha, per definizione, era difficile da capire.
"E' strano pensare che tra pochi mesi partiremo ognuno per una missione diversa" Inojin tenne gli occhi su Sarada e parlò a Shikadai, nella speranza che la ragazza aprisse gli occhi da un momento all'altro. "Insomma, siamo già stati in missione, ma non...così a lungo."
"Che ti spaventa?" Shikadai fece un sorrisetto, incrociando gli occhi verde acqua del biondo.
"Non lo so precisamente. Qualcosa di indefinito."
"Guarda che lei sarà con Boruto e Mitsuki, non le succederà niente e la missione finirà prima del previsto."
Le guance di Inojin si colorarono di rosso molto velocemente, e Shikadai si alzò dalla sedia ridacchiando. In fondo, era del tutto prevedibile che tra i due ci fosse qualcosa fin dal loro primo incontro.
Inojin e Shikadai si conoscevano dal giorno delle loro nascite, erano sempre cresciuti insieme come fratelli insieme a Chouchou. L'unica eccezione per il Nara era Mirai, con cui era cresciuto a causa di un patto che legava suo padre alla ragazza fin dalla morte di Asuma. Del resto, il trio InoShikaChou, sebbene fosse formato da una nuova generazione cresciuta con princìpi molto diversi da quella precedente, era molto unito e grazie ai loro genitori già appartenenti al trio, quali Ino, Shikamaru e Choji, riuscivano ad avere quasi un'empatia molto sviluppata.
Era un giorno come tanti quando Inojin conobbe Sarada. Non avevano più di undici anni, Inojin e Shikadai si stavano dirigendo verso uno dei tanti campi d'allenamento quando il Nara salutò quella ragazzina dai capelli neri che si avvicinava ai due. Sarada fece un sorriso gentile e salutò Inojin, presentandosi formalmente, tipica pratica degli Uchiha. A tal proposito, Inojin rimase sorpreso scoprendo che si trattava proprio della figlia del famoso Sasuke Uchiha, ma si sorprese ancora di più conoscendo poco a poco la ragazza, capendo che oltre alla dura corazza degli Uchiha aveva comunque un cuore da Haruno, sapeva essere una buona amica e una buona compagna di avventure, mantenendo però sempre un certo distacco. Shikadai la presentò come 'una delle sue più care amiche', e a quelle parole vide il viso del biondo farsi stupito, perché il Nara non era di certo un tipo da amici del cuore. Però Inojin non ci diede più di tanto peso e invece fece a sua volta un sorriso verso Sarada, sistemandosi poi la piccola coda che gli raccoglieva i ciuffi biondi. Shikadai aveva subito notato il sorrisetto che fece poi Sarada sistemandosi gli occhiali sul naso, ed era un sorrisetto che aveva potuto vedere ben poche volte.
"Vi lascio soli." Shikadai si alzò dalla sedia, stiracchiandosi leggermente. "Avvisami se si sveglia."
"Chiaro." il biondo annuì, vedendo la porta richiudersi dietro il suo migliore amico. Posò poi gli occhi su Sarada, la quale li aprì di scatto e si tirò seduta come se nulla fosse, guardandosi attorno tranquillamente.
"Si vedeva?" chiese poi, preoccupata, al biondo.
"In teoria no. Ma si è visto quando ti sei svegliata, hai avuto un sussulto."
La mora sbuffò, sistemandosi i capelli dietro le orecchie: "Non mi piace mentire a Shikadai ma se mi fossi svegliata lui si sarebbe arrabbiato con me. Mi dice sempre di non usare mai lo Sharingan...ma non posso farci nulla, fa parte di me. Questo non lo capisce."
Inojin si alzò dalla sedia e si sedette ai piedi del letto, facendo un sorriso: "Guarda che lui l'ha capito, Sarada. Il fatto è che si preoccupa. Hai visto anche tu dove sei finita, oggi."
"Non farmi la predica, Inojin" brontolò l'Uchiha. "Lo sai come sono fatta."
"Sì, e lo sa anche Shikadai. Probabilmente è lì fuori dalla porta che origlia."
"Hai ragione!" dalla porta si udì un tonfo e Sarada scoppiò a ridere, sinceramente divertita.
"Scusami, Shikadai!"
"Tranquilla, Sarada. Ci vediamo domani!"
Anche Inojin salutò Shikadai con una battuta che il Nara non capì, e si dileguò prima di sentire la spiegazione. Così rimasero solo i due ragazzi chiusi dentro quella stanza d'ospedale, la mora fissava gli occhi di Inojin e sospirava ogni tanto, in effetti sì, era stata una stupida. Aveva fatto preoccupare il suo migliore amico per niente e alla fine ci aveva rimesso pure lei.
"Sono un'idiota, vero?" Sarada alzò gli occhi verso il biondo, che invece si alzò dal letto e le andò vicino, sorridendo nella stessa maniera in cui suo padre faceva quando era giovane.
"Giusto un tantino." si strinse poi nelle spalle, dando un bacio sulla guancia alla ragazza. "Ci si vede domani, Uchiha."
Sarada fece un sorrisetto, passando la mano tra i capelli di Inojin prima che lui si allontanasse troppo: "A domani, Yamanaka."

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"Non puoi farmi questo!"
"Oh sì, che posso. E ti dirò di più, lo sto già facendo!"
Sarada si picchiò una mano contro la fronte, esasperata. Non capiva da dove potesse arrivare tutta quella vitalità che Shikadai non aveva mai dimostrato in quindici anni di esistenza. Infatti, il Nara stava frugando nell'armadio della ragazza in cerca di un vestito carino da mettere per la serata in programma. Non succedeva di certo spesso che tutte le famiglie della generazione precedente si ritrovassero per festeggiare il diciottesimo anniversario dalla liberazione del Decacode.
"Spiegami almeno perché."
"Perché c'è Inojin. E tu devi fare colpo."
Sarada per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, e proprio mentre stava per dare di matto contro il suo amico, sua madre entrò in camera per sistemare dei vestiti che aveva appena lavato: "La smetti di scaldarti tanto?" riprese sua figlia, posando le mani sui fianchi. "Sei peggio di me e tuo padre messi insieme. Guarda Shikadai, lui è sempre calmo."
"E ci credo" brontolò la mora, mettendo il broncio. "I suoi genitori sono dei santi. Voi siete matti."
Shikadai trattenne una risatina, mentre Sakura scoppiò a ridere: "Ti conviene che non ti senta tuo papà, cara mia! Lo sai che lui ci tiene che tu abbia stima di lui."
"Il fatto che io dica che è matto non implica che non lo stimi. Certo, non è il modello di bontà per eccellenza ma è pur sempre il mio papà."
"Così va meglio" Sakura fece un sorriso e si rivolse poi a Shikadai. "Come sta tuo zio Gaara? So che c'è molto lavoro per il Kazekage di Suna, in questo periodo."
"Lo vedo molto poco" il ragazzo si strinse nelle spalle. "Anche mia mamma, questo mese l'ho vista qualche mattina. Ma so che comunque sono affari pacifici che stanno risolvendo."
"Sei il benvenuto qui, quando vuoi." Sakura fece un sorriso gentile. "Magari potremmo invitare tuo padre e Ino, dato che è tanto che non la vedo. Così tu e Sarada potete stare con Inojin. Che ne dite?"
Il Nara fece un ghigno, dimostrandosi sorprendentemente abile nel nascondere la sua vera idea di base: "E' un'idea grandiosa, lo dirò subito a papà quando arrivo a casa."
"Perfetto" Sakura sorrise, osservando poi sua figlia. "Sarada, come mai sei arrossita?"
"Fa caldo." rispose l'Uchiha prontamente, levandosi gli occhiali. "Tutto qui. Puoi andare, ora? Shikadai è convinto di potermi dare una mano."
"Certo, stasera tutti e due pronti per le sette!"
I due ragazzi annuirono, osservando la mamma di Sarada uscire dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé. Una volta passato qualche secondo, la ragazza si fiondò su Shikadai puntandogli un kunai alla gola, osservandolo con sguardo minaccioso: "Come hai osato dire di sì?!"
"E' una buona idea, tutto qui."
"Non...mi sembra!"
"Sarada..." Shikadai osservò gli occhi della ragazza tendere sempre più velocemente al rosso, e prima che succedesse qualcosa si tolse dalla sua presa e appoggiò la schiena all'angolo della stanza, guardando la sua migliore amica. "I tuoi occhi."
"Che hanno?" s'innervosì lei, tirandosi in piedi. Non si stava rendendo conto di nulla.
"Lo Sharingan." Shikadai cercava di mantenere la calma, provando a guardarla negli occhi come aveva sempre fatto. "Lo stai attivando."
Allora l'Uchiha si girò di scatto verso lo specchio, e vedendo il colore rosso dei suoi occhi, vi portò subito le mani davanti e strinse forte le palpebre, iniziando a scuotere la testa.
"Sarada, va tutto bene." Shikadai aveva già la situazione sotto controllo, si avvicinò alla ragazza e le tolse delicatamente le mani dagli occhi. "E' passata solo una settimana da quell'incidente durante gli allenamenti, magari è solo una conseguenza per essere stata la prima volta ad averlo usato."
"E' andato via?"
Il Nara scosse la testa: "No, ma non lo stai usando su di me. E' solo attivo."
"Non capisco cosa mi stia succedendo, mi è capitato solo in due occasioni, entrambe quando mi sono arrabbiata tanto."
"Forse è un problema di controllo delle emozioni. Dovresti parlarne con tuo papà, io ne so più di ombre che di Sharingan, sinceramente."
Sarada sorrise, scuotendo poi la testa, dispiaciuta: "Scusami, non volevo spaventarti. Allora, qualcuno qui non mi doveva a far colpo su Inojin?"
Shikadai scoppiò a ridere, spettinando poi la sua migliore amica: "Ai suoi ordini, capitano!"

I due migliori amici arrivarono in centro leggermente in ritardo dato che Sarada aveva insistito per scegliere i vestiti di Shikadai, giusto per ricambiare il favore. Mancavano pochi metri, quando Sarada intravide Inojin e strinse la manica del Nara, che si trattenne a fatica dalle risate. L'Uchiha sentiva il cuore battere veloce, le tremavano quasi le mani. Dalla chiacchierata in ospedale non si erano più parlati, sebbene fossero passate quasi due settimane, e a loro reciproca insaputa, si erano mancati. Perché sì, che ad Inojin piacesse Sarada era chiaro, ma per il contrario era più complicato. Lei era un'Uchiha, non era stata abituata a riconoscere i veri sentimenti, non capiva se tra lei e Inojin ci fosse solo amicizia o qualcosa di più, però sicuramente sapeva che le era mancato e che non vedeva l'ora di potergli parlare.
Prima di arrivare ad Inojin però vide Boruto andarle incontro, e prima che se ne rendesse conto Shikadai si era dileguato, e a lei toccò parlare faccia a faccia con quella testa quadra.
"Senti, Sarada, mi dispiace per quel giorno là" iniziò il biondo. "Davvero, so di aver detto peste e corna però mi dispiace, non volevo assolutamente farti del male."
L'Uchiha fece un sorriso, colpita da quelle parole: "Tranquillo, scusami anche tu, non avevo mai usato lo Sharingan e mi è sfuggito di mano."
Il biondo fece una smorfia stupita: "Mai usato?"
"Mio padre non me lo vuole insegnare, e io da brava idiota ho voluto fare da sola."
"Ah tranquilla, la prima volta che ho tentato il Rasengan ho rotto il cancello di casa mia. Ti capisco."
Entrambi sorrisero e si avviarono insieme dove tutti quanti stavano ridendo e scherzando, specialmente diretti al gruppetto dei ragazzi radunato all'inizio dell'enorme tavolata. Sarada si sedette salutò prima i suoi genitori con la mano, e poi tutti i suoi amici, soffermandosi solo qualche secondo su Inojin, rivolgendogli un sorriso.
"Ci sono pure alcuni del suono" esordì Yutaka, passando la lingua tra i denti appuntiti come quelli del padre. "Ma io dico, perché? Che c'entrano loro?"
Inojin batté una mano sulla sua spalla: "Non si sa. Ci sono sempre, comunque. Ci sono pure due ragazze che hanno la nostra età."
Boruto prese per mano Himawari e l'accompagnò vicino a Sarada, a sua volta seduta vicino a Shikadai. L'Uzumaki ne approfittò e si avvicinò all'orecchio di Sarada, ghignando: "Attenta che non ti portino via il tuo Yamanaka."
La mora arrossì di botto, girandosi: "Come...?"
"Si vede chiaramente" tagliò corto Boruto, serio più che mai. "Tranquilla, terrò la bocca chiusa. Promesso."
"Chi altro lo sa?"
"Quasi tutti, penso."
L'Uchiha fece un sospiro, rassegnata, pensando poi ad alzare la mano quando passò la mamma di Chouchou per portare da mangiare. I suoi occhi vagavano tra Inojin e le due ragazze del villaggio del Suono che si erano sedute con loro e chiacchieravano fin troppo amichevolmente col biondino. Si stava chiedendo il perché di quella reazione, lei non aveva mai provato gelosia nei confronti di qualcuno. Eppure vedeva il sorriso di Inojin e sentiva un brivido percorrerle il corpo, voleva gridargli di smettere di sorridere, stava morendo di gelosia. Si stava arrabbiando, lo sentiva, le mani fremevano tremendamente. Si alzò da tavola non appena finì di mangiare, avviandosi verso un vicolo lì vicino. Sentiva gli occhi bruciare terribilmente, le facevano male, eppure non sapeva cosa le stava succedendo: per lei era tutto nuovo.
Sperava che nessuno l'avesse seguita, eppure quando si girò, una volta arrivata al termine del vicolo, vide una chioma bionda scintillare col chiarore della luna già alta. Tirò un sospiro di sollievo riconoscendo che si trattava di Bolt, e appoggiò la schiena alla parete, lasciandosi poi scivolare a terra.
"Che ti prende?" le domandò lui, sorridendo.
"Sinceramente non lo so. Ho solo voglia di spaccare la faccia a qualcuno. E mi bruciano gli occhi."
Il biondo ridacchiò, accucciandosi su di lei: "Fa' un po' vedere." appoggiò entrambe le mani sul viso della ragazza, scrutando i suoi occhi, guardandola poi preoccupato. "Credo che dovresti chiedere qualcosa a tuo papà, Sarada, sono rossi e neri con una forma strana al centro."
E allora Sarada capì che si era attivato di nuovo lo Sharingan senza che lei potesse controllarlo, incapace anche di gestire le sue stesse emozioni. Boruto l'aiutò a rimettersi in piedi, ed insieme si incamminarono verso l'enorme tavolata, peccato che fu proprio una mossa da evitare. Inojin stava lì di fronte a loro, proprio nel momento in cui una ragazza bionda si stava allungando sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra, con una faccia confusa e il corpo inerme. Fu questione di un attimo, e lo Sharingan eterno apparve al centro dei suoi occhi in una forma simile a quella del padre e dello zio fuse insieme. Sarada non voleva fare del male, era solo gelosa e arrabbiata, ma era una rabbia che purtroppo non riusciva a controllare, e in pochi istanti tutti gli occhi furono puntati nella sua direzione, Shikadai era già scattato verso di lei e l'aveva presa prima che cadesse, Inojin si era portato le mani agli occhi e la ragazza che prima gli era attaccata era stata scaraventata cinque metri più in là. I tavoli erano completamente ribaltati, a terra giacevano i vassoi e i cibi ormai irrecuperabili, Sasuke e Sakura fissavano allibiti il corpo di Sarada tremare tra le braccia di Shikadai. La loro figlia aveva appena devastato quasi venti metri di superficie sprigionando un'energia incontenibile, e la cosa peggiore era che, conoscendola, non se lo sarebbe mai perdonata. Sasuke corse verso di lei, si inginocchiò ma la lasciò tra le braccia di Shikadai, troppo incredulo a ciò che aveva appena visto. Com'era possibile un potere così forte in una ragazza che non aveva mai imparato nemmeno a controllarlo?
"Sarada, svegliati" Shikadai la scosse leggermente, non gli importava se di fronte a lui ci fosse il padre della ragazza. Sapeva bene che Sasuke non amava - e soprattutto non era abituato - a vedere sua figlia in compagnia di qualche ragazzo, ma in quel momento non si era potuto trattenere e aveva dovuto sapere cos'era successo. "Bolt!" gridò poi, e l'Uzumaki corse verso di lui, disperato.
"Che le è successo?" domandò ancora il Nara, facendo saettare il suo sguardo dal biondo a Sarada.
"Si è arrabbiata dopo aver visto Inojin, aveva già lo Sharingan attivo ma poi è esplosa."
"Datela a me" Sasuke prese posizione e si caricò sua figlia in braccio, venendo raggiunto immediatamente da Sakura, che fece di veloci accertamenti di primo soccorso. Naruto arrivò lì nel giro di due secondi, ma il suo migliore amico lo liquidò con un 'ci sentiamo più tardi'. La famiglia Uchiha-Haruno stava già andando via di fretta, ma Shikadai - ignorando le parole di sua madre che gli intimava di non immischiarsi - saltò accanto a Sasuke e lo fermò tirandogli la manica. Nessuno si era mai preso questo genere di confidenze, ma al Nara non importava, perché in quel momento c'era la vita di Sarada di mezzo.
"Sasuke!" sbottò, senza nemmeno badare al tono formale che avrebbe dovuto tenere. "Non è la prima volta che ha problemi con lo Sharingan, sarà almeno la terza!"
"Cosa vuoi dire?" gli domandò Sasuke, assumendo un'espressione preoccupata mentre Sakura invece parlava con Naruto, spiegandogli in breve ciò che era successo.
"Le succede quando si arrabbia, le è già successo in combattimento e mentre stavamo litigando, oggi pomeriggio. Devi aiutarla a capire, non sa più cosa fare, e conoscendola non è una che attende risposte. Se non le ha, le troverà da sola. Per favore, Sasuke."
L'Uchiha scorse nelle parole di Shikadai tutta quella saggezza che c'era anche in Shikamaru, e comprese che nel suo tono c'era un implicita richiesta di prendersi cura di Sarada. Allora sorrise, per quanto la situazione glielo permettesse, e fece un cenno con la testa: "Puoi venirla a trovare quando vuoi."


Quando si risvegliò, Sarada era in camera sua. Aveva delle bende sugli occhi, le sentiva, e sentiva anche che le pupille le bruciavano come mai prima. Riconobbe di essere in camera sua solo allungando la mano verso destra, quando sentì il suo coprifronte tintinnare appena le sue dita lo sfiorarono. Cercò di ricordare gli avvenimenti della sera prima, ma si ricordava solo le lacrime versate per il dolore causatole dagli occhi, e ricordava l'ambiente attorno a lei devastato da qualcosa che sicuramente la riguardava. Non aveva risposte, non sapeva più dove sbattere la testa, e sicuramente suo padre non le avrebbe detto nulla nemmeno quella volta. Si strappò via le bende dagli occhi, non fece nemmeno smorfie quando la luce del sole la colpì in pieno viso. Si alzò di fretta dal letto, nelle vene le scorreva qualcosa simile all'adrenalina, ma era qualcosa che non avrebbe portato a nulla di buono. Si vestì in fretta e furia, prese tutti i kunai e shuriken possibile, due o tre carte bomba, una katana che infilò sulla cintura e il coprifronte ben stretto poco sopra gli occhiali dalla montatura rossa. Cosa aveva intenzione non lo sapeva nemmeno lei, prese solo tutti i suoi risparmi e li mise in una sacca, prese la foto di famiglia da suo comodino e mise dentro anche quella, e infine diede un'ultima occhiata alla foto di lei e Shikadai. Sentì nella sua mente le parole che lui le avrebbe detto in quel momento, dicendole di star combinando una cavolata, di tornare indietro e mettere giù l'attrezzatura, di rimettersi a letto e recuperare il chakra perduto durante la sera precedente. L'Uchiha cercò di far sparire quelle voci dalla sua mente, si guardò attorno per l'ultima volta e alla fine uscì dalla finestra, senza guardarsi indietro una sola volta: sapeva che se l'avesse fatto avrebbe capito di star facendo una cavolata madornale. Non toccò nemmeno terra, scatto subito da un ramo all'altro senza lasciare traccia del suo passaggio, tanto era sicura che i suoi l'avrebbero scoperto soltanto due ore dopo, di ritorno da lavoro. Stava scappando da tutto ciò che era successo nel giro di pochi giorni, voleva sapere cos'aveva di sbagliato e perché era riuscita a distruggere venti metri di superficie senza rendersene conto. Sapeva che suo papà non le avrebbe comunque detto niente in merito a tutto ciò, avrebbe fatto dell'episodio un incidente di percorso e avrebbe chiuso lì l'argomento. Mentre saltava da un ramo all'altro la piccola Uchiha cercava di fare di tutte quelle sue supposizioni delle realtà future, e usava quella rabbia che già sentiva crescere dentro di lei per allontanarsi sempre più velocemente da casa sua. Non sarebbe tornata indietro, avrebbe dato lei stessa una risposta alle domande che non ne avevano una da anni. Avrebbe girato il mondo per sapere di più sugli Uchiha e sullo Sharingan, e lo promise a se stessa, che non sarebbe tornata finché non avrebbe portato a termine la sua missione.
Fu una sola cosa a bloccarla, e fu la casa di Shikadai. Non poteva fargli questo, non a lui. Poteva sopportare di non dire nulla ad Inojin, dato anche che la colpa della catastrofe della sera scorsa era stata in parte sua, ma il suo migliore amico non ne aveva il diritto. Né lui, né Boruto, che era andato a cercarla solo per sapere come stava. Alla fine, era come se li avesse traditi entrambi. Peccato che avvisare Bolt avrebbe fatto saltare subito la sua copertura, perché suo padre era l'Hokage, e quindi non le rimaneva che chiarire tutto attraverso un unico messaggio che avrebbe lasciato a Shikadai.
Preparò un foglio, scrisse tutto ciò che era necessario e lo appuntò con un kunai alla porta della casa dei Nara. Lo lesse un'ultima volta, e poi sparì di nuovo con un senso di colpa addosso che sembrava ucciderla. Ma lei era un'Uchiha, non si sarebbe tirata indietro, ormai aveva deciso. Sarebbe cresciuta anche da sola, e al suo ritorno avrebbe potuto dare tutte le spiegazioni.
Saltò sulle mura del Villaggio della Foglia, vedeva tutte le case distendersi di fronte a lei e le persone camminare tranquillamente. Regalò un ultimo sorriso alle sue origini, poi guardò al futuro e come suo padre e suo zio prima di lei, scappò dal Villaggio.



Shikadai, ti prometto che tornerò. Presto o tardi, potremo abbracciarci di nuovo.  
Di' a Boruto che lo ringrazio per essere stato un buon compagno di team anche dopo tutto ciò che è successo.
Di' anche ad Inojin che ci rivedremo e che gli dovrò dire una cosa importante. Digli che mi aspetti.
Non cercatemi. Se mi volete bene, non cercatemi.
Starò bene, promesso.
Sarada







ANGOLO AUTRICE
Ebbene, ecco il mio esordio in questo fandom. Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, e spero che vi sia piaciuta. L'ho iniziata tanto tempo fa, e dopo essermi vista Naruto The Last, the movie, sapevo come finirla.
Quindi grazie ancora, Naruto.
Un bacione!
Ale xx

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Capitolo 2
*** Team nuovi, compagni nuovi. ***


Sarada 01
Riassunto del capitolo precedente: Sarada, dopo aver evocato lo Sharingan in seguito alla vista di Inojin che stava per essere baciato da una ninja del Suono ed aver provocato un disastro dovuto alla perdita di controllo, decide di scappare dal Villaggio in cerca di quante più possibili risposte lasciando solamente un biglietto a Shikadai dove promette che ritornerà.

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01

Insieme a voi, amici miei, ho imparato in fondo che diventerai quel che già sei.



Sarada doveva riprendere fiato, erano almeno tre ore che saltava da un ramo all'altro per non essere vista. Più che altro, lei non aveva problemi di resistenza, il problema era che il cuore le martellava in petto talmente forte che era impossibile sostenerne il peso senza sentire il fiato abbandonarla piano piano. Sapeva bene di aver commesso uno sbaglio più grande di lei, non sarebbe stato facile ricucire lo squarcio causato da lei stessa. Se n'era andata dalla sua vita, era scappata da tutto e da tutti senza preoccuparsi di come avrebbe potuto vivere da lì in avanti. Ma non la vedeva come un'arresa, l'Uchiha, per lei era una rinascita. Era stanca di vivere in un mondo dove non sapeva nemmeno chi lei fosse o chi fossero le persone nella sua famiglia, non poteva convivere con abilità innate che non le insegnavano ad utilizzare. Si sentiva una stupida per essere andata via anche dai suoi amici, dai suoi compagni, ma con loro non sarebbe riuscita ad andare via senza un minimo di rimorso. Nel cuore sentiva solo veleno, in quel momento, la rabbia per aver dovuto ricorrere alla fuga per sapere tutto ciò che non era mai riuscita a capire, la delusione per aver avuto un padre assente e totalmente diverso dai racconti che giravano su di lui. Tutti parlavano di Sasuke Uchiha coma un uomo temuto, molto potente, che sapeva ciò che voleva: ai suoi occhi, però, non era altro che un padre non degno di quel nome, che non si prendeva cura di niente e di nessuno, che pensava solo a se stesso. E allora, che senso avrebbe avuto rimanere lì? Il Villaggio della Foglia era sì casa sua, ma non le apparteneva. Non sentiva di essere legata a quel posto, nemmeno alla sua famiglia: aveva sempre sentito che qualcosa non andava.
In quel momento si rese conto di trovarsi ancora a Konoha, ma fortunatamente lontana dal suo villaggio. Aveva già visto quel posto, ma in un disegno o qualcosa del genere. Sapeva chi erano le persone raffigurate nelle statue ormai distrutte, sapeva anche chi era stato a distruggerle.
La Valle dell'Epilogo era famosa per essere stata teatro degli scontri tra il Primo Hokage e Madara Uchiha, e successivamente tra il Settimo Hokage e Sasuke Uchiha. Sarada continuava a chiedersi com'era possibile che il suo cognome fosse così famoso e che lei non avesse uno straccio di informazione riguardo ad esso, se non che il suo Clan si era estinto ed erano rimasti solo lei e suo padre. Saltò sempre più in basso, fino ad atterrare sulle superficie rocciosa, bagnata ancora da qualche rivolo d'acqua. Sorrise quando vide un punto segnato da un coprifronte fermato da una bandiera, dove c'erano scritto i nomi dei quattro guerrieri che si erano affrontati tra quelle pareti. Passò la mano lungo i due cognomi uguali al suo, e sentì un brivido correrle lungo il braccio, come se lì sotto ci fosse ancora un flusso di chakra. Ma era impossibile, pensò Sarada, era proibito tenere battaglie lì, era inconcepibile che ci fosse del chakra residuo. Per lo meno, la situazione rimase strana finché, attivando lo Sharingan, si rese conto di non essere sola. Possibile che l'avessero già trovata dopo appena tre ore? Si girò di scatto, lanciando un kunai nella direzione della concentrazione di chakra, peccato che lì non ci fosse proprio nessuno. Sebbene Sarada non sapesse controllare lo Sharingan, era sicura che dietro di lei ci fosse stato qualcuno.
"Ti ho spaventata?"
L'Uchiha fece un balzo all'indietro, e quando alzò gli occhi davanti a lei, vide un ragazzo che non conosceva. Aveva i capelli bianchi, tenuti in un ciuffo un po' strano che quasi copriva l'occhio destro, e le iridi di un vivace colore viola. Indossava una maglietta senza maniche viola con una cerniera quasi laterale, dei pantaloni grigio scuro e aveva fasciature fino al gomito del braccio destro, sulla pancia e fino a poco prima delle caviglie. Chissà perché, ma era sicura di averlo già visto da qualche parte. Comunque sospirò, sollevata, stranamente nemmeno intimorita. Poteva essere chiunque, ma l'importante era che non avesse il coprifronte del suo stesso villaggio.
"Diciamo di no. Sei stato veloce."
"Chi vorrebbe prendersi un kunai in pieno petto?"
Il ragazzo sorrise, e anche Sarada si ritrovò sinceramente divertita. Anche lei, certo, non sarebbe rimasta ferma. Scrutò quindi il tipo di fronte a lei, sentendosi per un attimo mancare quando vide un'enorme spada agganciata con una cintura sulle sua schiena. Forse, se avesse voluto essere una ninja astuta, si sarebbe messa sulla difensiva, invece che dialogare con lo sconosciuto.
"Sei un'Uchiha, vedo. Bello Sharingan."
"Sì, io...grazie. Sempre che sia un complimento."
Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata: "Certo che lo è!" e con un balzo si avvicinò a Sarada, rivolgendole un sorriso. "Sono Aki Hozuki, ninja senza una qualificazione che vaga senza una meta precisa."
Sarada guardò Aki un po' confusa, chiedendosi da quando in qua uno sconosciuto si presentasse senza un apparente motivo. Per di più uno sconosciuto con una spada più grande di lui dietro alla schiena. Era indecisa se presentarsi o no, ma alla fine non sarebbe potuta andar via così senza dir nulla. Sarebbe stato alquanto bizzarro.
"Sarada Uchiha" disse alla fine. "Chunin in fuga dal proprio villaggio."
"Ma non dirmi" ridacchiò lui, mettendo in mostra i denti affilati. "Come i vecchi tempi!"
La ragazza storse il naso, confusa. Cosa voleva dire quel tipo con quella frase? Insomma, che l'avesse già visto in giro era un conto, ma che addirittura si conoscessero era un altro. Così lo guardò stranita, ma lui rimase tranquillo e con quel sorrisetto stampato sulle labbra.
"Vecchi tempi?" domandò poi, incrociando le braccia al petto. Le sue idee stavano andando alla rinfusa, e si rese conto che probabilmente non doveva restare lì: di sicuro Shikadai aveva già visto il messaggio e aveva smosso mari e monti. 
"Intendo dire che-"
"Che ne dici se mi spieghi mentre ci allontaniamo da qui? Sai com'è, dato che sto scappando dovrei...beh, scappare."
Aki fece un sorriso, indicandole una via tra gli alberi. "Dopo di te."


Shikadai era quasi crollato sulle sue ginocchia col biglietto tra le mani e lo sguardo perso in qualcosa di indecifrabile. Temari lo vide e, preoccupata, gli chiese cosa gli stesse succedendo. Ma lui non riusciva a parlare, la sua mente era occupata ad ipotizzare i mille pretesti che avevano portato Sarada ad allontanarsi dal villaggio, dandosi una buona metà della colpa, pensando che la sera scorsa lui non c'era quando lei aveva visto Inojin, al suo posto c'era Boruto. Ma poteva essere benissimo qualcos'altro, chissà cosa frullava in testa alla sua migliore amica. Migliore amica, appunto, perché non gli aveva detto nulla? Niente prima l'aveva mai ferito come pensare a quella parola e collegarla al volto di Sarada, ora così distante. Non era mai stato un tipo sentimentale, Shikadai, per niente. Ma quello era decisamente un colpo basso.
"Forza, figliolo" Shikamaru lo prese per le spalle, rimettendolo in piedi. "Andiamo ad avvisare Naruto."
Shikadai annuì, ma non era convinto. Anzi, era in stato di shock più completo. Non capiva cosa fosse successo, perché quel biglietto e quella promessa di un ritorno, non credeva che Sarada potesse fargli una cosa così. Nonostante non si fossero mai dichiarati apertamente di volersi un bene dell'anima, erano sicuri che ci fosse qualcosa di dannatamente forte ad unirli. Eppure, l'Uchiha non ne aveva tenuto conto ed aveva deciso di andarsene, lasciandolo con un misero biglietto attaccato alla porta di casa.

Il Settimo Hokage era appena stato avvisato, ed aveva appena fatto chiamare Sasuke e Sakura. Nel frattempo, la famiglia Nara era salita al piano di sopra del palazzo, e mentre Shikamaru e Temari stavano parlando con Ino e Sai - chiamati a loro volta da quest'ultima -, il più piccolo dei Nara se ne stava ad osservare le nuvole seduto sulla panchina sistemata al centro dell'enorme tetto.
"Come ha potuto?" domandò flebilmente Shikadai, rivolto probabilmente verso l'aria, non aspettandosi alcun genere di risposta. Era veramente una domanda, sebbene non fosse rivolta a qualcuno. Lui voleva sapere.
"Ce lo può dire solo lei."
"Inojin..." Shikadai guardò il biondo negli occhi, notando nelle iridi azzurre la stessa tristezza presente nelle sue.
"E' colpa mia. Ieri sera, dico. Non avrei dovuto lasciarmi abbindolare da quella lì."
Il moro annuì: "Già, non avresti dovuto" prese una piccola pausa, e poi guardò di nuovo il suo migliore amico negli occhi. "Ma sono sicuro che non sia quello il problema."
Inojin rimase in silenzio, anche perché le sue parole non sarebbero servite a riportare indietro Sarada. Si chiedeva cos'avrebbe fatto da quel momento in poi, senza di lei. Lui non poteva stare senza di lei, si sarebbe preoccupato per la sua intera esistenza se non l'avesse trovata. Aveva passato quasi due anni a preoccuparsi di non fare brutte figure davanti a lei, e in quel momento ne avrebbe fatte un milione per di riaverla davanti agli occhi. Lui sapeva che Sarada perdeva facilmente il controllo, sapeva che se l'avesse visto avrebbe scatenato poi il putiferio - in un certo senso ci sperava, voleva sapere se l'Uchiha teneva veramente a lui -, ma non immaginava di certo un disastro simile. E poi nemmeno se n'era reso conto che quella ninja del Suono lo stava baciando, stavano parlando fino a tre secondi prima delle loro rispettive cotte, come se fosse un paradosso.
"Tornerà?" domandò Inojin dopo qualche minuto di silenzio, rivolto verso Shikadai. Lui si strinse nelle spalle, sconfortato, e sospirò.
"Ha detto di sì. Tu però devi aspettarla."
Il biondo fece una smorfia ironica: "Come posso dimenticarla dopo tutto ciò che è successo?"
"Beh, ieri sera non ci hai messo molto" Shikadai sferrò questo colpo basso per vedere la reazione del suo amico e, come previsto, ottenne ciò che si aspettava.
"Non è vero che-" Inojin prese quasi a gridare, arrabbiato come mai, ma si diede un contegno non appena notò che i suoi genitori si erano girati verso di lui. "Non c'ero con la testa, va bene? E poi mi fido di lei, se ha detto che tornerà, allora tornerà. Non dimenticarti che è un'Uchiha."
"Non afferri il punto, Inojin" sospirò il Nara ancora una volta. "E' proprio per questo che è andata via."


"Aki Hozuki, eh?" Sarada camminava accanto a quel ragazzo dai capelli bianchi da un bel po' ormai, ma non erano ancora andati in argomento fuga o familiarità. Avevano solo chiarito l'età - quindici anni Sarada e sedici Aki - e la provenienza, anche se era già intuibile per entrambi.
"Non capisco come tu faccia a non sapere il mio cognome" brontolò l'altro, mettendo le mani dietro alla testa. "Non dico che tu debba conoscere me personalmente, ma almeno il mio cognome. Tuo padre deve averti parlato del team Taka."
Sarada storse il naso, scuotendo la testa. Ne sarebbe rimasta sicuramente delusa se suo padre fosse stato un tipo come Naruto o Shikamaru, ma suo padre era Sasuke, e i misteri erano all'ordine del giorno. Quindi si limitò a sbuffare, alzando le spalle: più tempo passava, più il senso di colpa si trasformava in frustrazione.
"Non ne so nulla" rispose alla fine, e Aki imitò il suo gesto, prendendola giocosamente in giro.
"Sei solita a non sapere nulla tu, vero?"
"Prova ad essere figlio di Sasuke Uchiha e poi ne possiamo riparlare. Piuttosto, dimmi un po' di più sui tuoi. Sono come mio padre?"
"In un certo senso" Aki si strinse nelle spalle, facendo una smorfia indifferente. "Non so chi sia mia madre, e sinceramente me ne importa ben poco. Non sono uno di quei tipi 'mamma, ti ritroverò!'. No, sai, sono più un tipo 'mia mamma mi ha lasciato con mio papà dopo avermi messo al mondo, bene, è una stronza. Fine.', nulla di speciale in fondo."
Sarada si trattenne dal ridere, anche se quel ragazzo le infondeva una strana allegria. Era proprio un tipo simpatico.
"E tuo padre? Come si chiama?" chiese poi, ricomponendosi per non scoppiare a ridere.
Aki prima indicò una strada in mezzo agli alberi con la mano, e poi rispose: "Suigetsu. Sasuke e lui erano nel team Taka insieme ad un altro tipo e ad una ragazza."
"Ragazza, dici? Sei sicuro?"
Il ragazzo annuì, e poi sorrise: "Stiamo andando proprio da lei, in effetti."
Sarada si bloccò all'istante, perché non avevano ancora stabilito una meta e non si sarebbe fatta portare in giro da questo tipo, per quanto amichevole e ben intenzionato potesse risultare. Poteva anche non saper usare lo Sharingan, ma non era di certo ingenua.
"E quando l'avremmo deciso?" domandò, retorica, incrociando le braccia al petto.
"Ho pensato che fosse la cosa migliore. E poi, non andiamo proprio da lei, ma da suo figlio. Hai bisogno di risposte, no? Lui te le può dare. E poi è come se fosse mio fratello, non devi avere paura. Ci hanno cresciuti insieme."
"Non ci sto capendo più nulla" Sarada si portò e mani alla testa, sinceramente confusa. "Chi è questo qui? Quanti anni ha? Come faccio a sapere di potermi fidare? Con chi vivete? E-"
Aki portò la mano sulla bocca della ragazza, scoppiando a ridere: "Che parlantina!"
"Di solito non parlo mai" borbottò Sarada da dietro la mano di Aki. "Toglimela di dosso!"
L'Hozuki eseguì, e poi si incamminò nuovamente senza badare se l'Uchiha lo stesse seguendo o meno. Sarada tenne gli occhi su di lui, confondendosi ad ogni secondo di più. Come poteva essere che quel tipo sapeva chi era lei, che cosa fosse la cosa migliore da fare, che fosse un bene presentarla al suo amico? Di sicuro, se fosse stato lì, Shikadai avrebbe scosso la testa e le avrebbe detto di stare bene attenta a ciò che combinava. Sarada sorrise, perché vedeva il suo migliore amico di fronte a lei che agitava il dito all'aria con fare autoritario, mentre scuoteva la testa e oscillava anche il ciuffo d'ananas in cima alla nuca. Già, Shikadai. Il suo sorriso si trasformò in una smorfia triste, le mancava. Era arrabbiata per via di suo padre, ma le moriva il cuore se pensava a come aveva salutato il suo migliore amico. L'aveva abbandonato lì senza una straccio di spiegazione, e sebbene da un lato fosse stata la cosa migliore da fare, dall'altro era stata la peggiore. Forse lui si sarebbe addossato tutta la colpa, ma non sarebbe mai stata più grande di quella che lei doveva portare nel cuore. Forse doveva tornare indietro, forse no. Era ancora in tempo. Guardò indietro, e poi davanti a lei, dove Aki la fissava interrogativo. Sì, Shikadai avrebbe fatto la stessa identica espressione. Per non parlare di Inojin, a quel punto lui le avrebbe già chiesto cosa stava succedendo, se si sentisse bene o cose del genere. Possibile che se ne fosse andata solo per Inojin? Era davvero così importante quel Yamanaka per lei? Ne era davvero innamorata?
Ancora domande e, come al solito, nessuna risposta.
"Ehi, Uchiha" Aki le andò finalmente vicino, notando nei suoi occhi uno smarrimento totale. "Che ti prende?"
"Io...devo tornare indietro." mormorò lei, prendendosi la testa tra le mani. "Non dovevo farlo, io non dovevo andarmene."
"Bene, allora. Ti riaccompagno al Villaggio della Foglia. Forza, vieni."
"Cosa?" la mora alzò gli occhi di scatto verso il ragazzo. "Mi lasci andare via dopo tutto quello che mi hai raccontato?"
"Sei tu a volertene andare via dopo tutto quello che ti ho raccontato" ghignò l'altro, sistemandosi l'enorme spada sulla schiena. "E' semplice, Sarada Uchiha. O torni indietro da tutti i tuoi dubbi, domande, e dal tuo fantastico papi che ti dice sempre tutto, o ti apri ad una nuova vita, ad un percorso che ti porterà a sviluppare le tue abilità e che ti aiuterà a trovare ogni risposta. E, naturalmente, nel prezzo siamo compresi anche io e il mio amico. Pensaci su, è un grande affare. Tu guadagneresti due compagni di team pronti a scortarti ovunque, a proteggerti e ad aiutarti, e noi guadagneremmo semplicemente qualcosa da fare. Immaginati: tre giovani ninja in giro per i Villaggi alla ricerca di un modo per sviluppare la tua tecnica e in cerca delle origini degli Uchiha. Sarà divertente, te lo prometto. E se finiamo i soldi, beh, siamo ninja, per l'amor di Dio!"
Sarada sorrise, ritrovando la sicurezza di qualche decina di minuti prima. Era tutto lì, a portata di mano, aveva l'occasione di crescere senza dover essere costretta a capire cose inutili, senza imparare tecniche che non avrebbe mai usato e senza stare ad ascoltare chi pensava di saperne più di lei.
Avrebbe posto solo l'ultima domanda, e poi avrebbe acconsentito all'inizio di questa sua nuova avventura.
"E che diranno i vostri genitori?"
Aki abbassò lo sguardo per un istante, ma lo tirò su pochi secondi dopo, ghignando: "Te l'ho detto, Sarada. Mia madre era una stronza ma mio padre non è da meno, si fa sentire una o due volte all'anno. Stessa cosa la mamma del mio amico. A differenza mia, sua padre ha abbandonato lui e sua madre quando lui aveva quattro o cinque anni, e da allora lei e mio padre stanno sempre via. Io e lui ce ne stiamo nel vecchio covo di Orochimaru a far nulla."
"E dimmi, ce l'ha un nome questo terzo membro del gruppo?" Sarada sorrise, perché aveva dato la sua conferma. Non sarebbe tornata indietro prima di aver ottenuto tutto ciò che voleva.
"Il nuovo team Taka è pronto a rinascere! Dobbiamo solo trovari un nome..nostro. Comunque si chiama Daichi." sorrise anche Aki, abbracciando leggermente l'Uchiha. "Daichi Uzumaki."


Boruto Uzumaki stava inveendo contro suo padre peggio di un serpente sputando domande su domande in merito alle sorti di Sarada.
"E' la mia accidenti di compagna di team!" aveva gridato, e Naruto era sicuro che gli uccelli fossero scappati dal tetto del palazzo. "E se n'è andata da questo accidenti di villaggio per chissà quale accidenti di motivo! Sei l'Hokage, e non che io ti rispetti o riconosca la tua autorità, ma tu devi fare qualcosa!"
"Questo non mi dovrebbe incoraggiare a prestarti ascolto, piccola peste" Naruto aveva incrociato le braccia al petto, scrutando suo figlio davanti a lui. "Ma dovresti sapere che è mio dovere riportare a casa Sarada, indipendentemente da quanto tu possa essere arrabbiato o meno. Lei è una del Villaggio della Foglia, fa parte della nostra famiglia. E' chiaro che la riporteremo indietro."
"Papà, senti..." il biondino si sedette sul banco che divideva lui e suo padre, sospirando. "Devi farla tornare indietro. Lei è la mia compagna, cosa posso fare io senza di lei?"
"Ma voi due non vi detestavate spudoratamente?" Naruto di tolse il cappello da Hokage, pensando di dover finalmente parlare a tu per tu con suo figlio.
"In fondo siamo amici. Insomma, il fatto che ci prendiamo a botte ad ogni due per tre non sta a significare che la odio. Avrei voluto che mi dicesse almeno perché ha deciso di andarsene."
"Sai, Bolt, quando avevo la tua età, avevo un amico che era come Sarada è per te ora. E pensa un po', era proprio suo papà. Io e Sasuke non siamo mai andati d'accordo, ma ho sempre fatto di tutto per esserci per lui, per fargli sapere che la mia porta sarebbe sempre stata aperta. Ma lui era una testa dura, sai, non voleva saperne di tornare indietro, e si è cacciato in guai più grandi di lui." Naruto sospirò, ricordando per un attimo l'ultima battaglia combattuta contro Sasuke alla Valle dell'Epilogo. "Per fargli cambiare idea, alla fine, abbiamo dovuto perdere un braccio. Ma poi ha capito, e anche io ho capito. Da quel momento sapeva che io c'era per lui, come c'era anche Sakura, che ora è diventata sua moglie."
"Non credo mica che Mitsuki possa diventare suo marito" borbottò Boruto, guardando male suo papà. "E lei è sicuramente più ragionevole di Sasuke, del resto è anche una femmina."
"Il punto è, figliolo: pensi che valga la pena perdere un braccio per lei? Correre rischi, restare via per mesi dal villaggio?"
Boruto ci pensò un po' su, ma poi alzò lo sguardo verso gli occhi del padre, convinto: "Assolutamente sì...quindi posso partire per cercarla?"
"No, santo cielo!" Naruto si picchiò una mano alla fronte, pensando che come al solito suo figlio aveva travisato ogni parola. "Non voglio dire che tu debba partire e fare l'eroe, Bolt, dico solo che magari potremo avere bisogno di te per portarla indietro. Di chi è tanto amica?"
"Di Shikadai, Inojin...un po' tutti, insomma, è una tipa abbastanza socievole." nel pronunciare quei due nomi, Boruto si rese conto che in effetti aveva una possibilità per riportare a casa Sarada prima che si potessero muovere le squadre di jonin. Bastava liberarsi in fretta di suo padre ed andare a chiamare i due diretti interessati.
"Vedrai che la troveremo. Sasuke non la lascerà a andare via, non se lo può permettere."
Boruto annuì distrattamente, e poi indicò la porta: "Ora devo andare, papà. Ho promesso a Himawari che l'avrei aiutata con i compiti."
L'Hokage guardò storto suo figlio: "Mi posso fidare?"
"Quando mai ho tradito la tua fiducia?" domandò il ragazzino retoricamente, con un sorrisetto. "Ci vediamo, papà!"
E si dileguò dalla stanza, studiando nella sua mente le prossime mosse. Sarebbe andato prima da Shikadai e poi da Inojin, e avrebbero riportato a casa Sarada. Costi quel che costi, pensava l'Uzumaki, ti sfiderò ancora una volta, Uchiha.






ANGOLO AUTRICE
Okay eccomi qui!
La nostra Sarada si è decisa e finalmente seguirà Aki!
Al prossimo capitolo metterò i disegni che ho fatto di come mi immagino Aki e Daichi, ammetto che mi sono divertita a farli :')
Grazie per le recensioni nel capitolo precedente e a tutte le persone che hanno già aggiunto la storia nelle loro liste, spero di non deludervi ♥
Ps. Ho modificato la trama, perché per come si presentava parlava solo del primo capitolo, ora ho dato una panoramica.

Un bacione!
Ale xx

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Capitolo 3
*** Il covo, Daichi e la fuga di gruppo. ***


Sarada 02 Riassunto del capitolo precedente: Sarada giunge alla Valle dell'Epilogo dopo tre ore dalla sua partenza, e lì incontra Aki Hozuki, figlio di Suigetsu Hozuki, il quale resta sorpreso scoprendo che la ragazza non sa nulla dell'ex team Taka composto dai loro padri, Juugo e Karin. Tenta comunque di spiegarle qualcosa mentre si incamminano nel fitto della foresta, e quando Sarada comincia ad avere dei ripensamenti e vuole tornare indietro, lui le fa capire che è la scelta giusta e si offre per diventare suo compagno di team, insieme a Daichi Uzumaki, figlio di Karin, che lo aspetta all'ex covo di Orochimaru.
Nel frattempo, Shikadai e Inojin scambiano due parole in merito a ciò che è successo e Boruto parla con suo padre, e nel mezzo del colloquio, gli viene un'idea che potrebbe riportare Sarada a casa, non gli resta che trovare Inojin e Shikadai.


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02
Io credo in me, nel cuore mio, e al dolore dico addio.




"Uzumaki, hai detto?"
Sarada era stata investita da un'altra ondata di confusione non appena aveva sentito quel cognome. Era sicura che non ci fossero altri clan che portavano quel cognome, era sicuramente lo stesso clan del suo Hokage e dei suoi figli.
Aki annuì vigorosamente: "Sì, Daichi Uzumaki. Ma lui ha preso il cognome da sua madre, non voleva nemmeno avere il cognome di suo papà. Benvenuta sull'isola di chi non ha un bel rapporto con i propri genitori."
"E' strano, però" commentò Sarada, ridacchiando per la battuta. "Insomma, non pensavo che gli Uzumaki avessero altri membri. Quelli attuali li conosco già."
"A dirla tutta non ne abbiamo mai parlato, io e Daichi. Insomma, Hozuki e Uzumaki o meno, non sono i cognomi a dettare la vita di una persona, no?"
La ragazza abbassò la testa, sconfortata. Purtoppo, nel suo caso, era proprio così. Era stata solo colpa del suo cognome se si era dovuta spingere fino a lì, dovendo abbandonare i propri amici e il Villaggio della Foglia. Tutta colpa di quel maledetto 'Uchiha' che andava scritto dopo il suo nome.
"E' stato per il mio cognome che sono venuta fin qui." borbottò lei, riprendendo a camminare rapidamente.
"Non credo tu mi abbia ancora detto le vere ragioni della tua fuga" il sorriso di Aki si fece più amichevole, e riuscì a mettere subito Sarada a suo agio.
Così la ragazza si strinse nelle spalle, sfoderò la katana solo per giocherellarci e si decise a parlare: "Circa due settimane fa, durante un allenamento, ho attivato lo Sharingan perché mi sono arrabbiata, e sono finita in ospedale perché ho combinato un disastro. Poi è stato tutto tranquillo fino a ieri, però ieri pomeriggio mi si è attivato ancora e ieri sera ho fatto qualcosa che mi ha fatto distruggere venti metri di superficie."
Aki ci pensò un po' su, in effetti era strano che un'Uchiha come lei non sapesse ancora controllare lo Sharingan. Da quello che gli aveva raccontato suo papà, Sasuke sapeva controllarlo fin dai dodici anni, ed era anche molto potente. In confronto a lui, Sarada poteva sembrare solo un pulcino.
"Cos'è stato a fartelo attivare?" domandò il ragazzo, scrutando Sarada nel viso.
Forse era ancora troppo presto per mettersi a raccontare la sua intera esistenza, ma se Aki doveva diventare il suo compagno di squadra, probabilmente lei avrebbe fatto bene a raccontargli le cose per bene, dall'inizio. Eppure, pensare di dover parlare di Shikadai e Inojin le sembrava strano, perché la consapevolezza di non poterli vedere per molto tempo la metteva in stato di confusione, dato che era sempre stata abituata a stare con loro quasi ogni giorno.
"Beh, ecco, in realtà-"
"Giù!"
Aki trascinò a terra Sarada, facendole schivare miracolosamente uno shuriken che volava roteando verso di lei. Certo, in compenso per poco la ninja non picchiò il naso a terra, ma per lo meno evitò l'arma in pieno petto. Rimasero giù per un po', quando alla fine il ragazzo si alzò in piedi e fece un sorrisetto: "Fuyuko, ma che piacere!"
"Ancora tu, Akito?"
"Dove sono i tuoi tirapiedi?"
"Vedo che tu ne hai trovata un'altra, invece."
Sarada si alzò dal nascondiglio, pulendosi la divisa dalla polvere: "Io non sono la tirapiedi di nessuno!"
Davanti a lei, Fuyuko la squadrava da testa a piedi, con un ghigno non molto amichevole. In compenso, l'aspetto di questa ragazza non prometteva di certo bene: aveva i capelli biondo cenere lasciati cadere lungo le spalle, racconti un quattro piccole code alle punte. Aveva anche il coprifronte del Villaggio del Suono legato dietro al collo.
"Puoi lasciarci in pace?" domandò Aki, sbuffando. "Abbiamo fretta."
"Dovete raggiungere quell'altro?"
Aki annuì, mettendosi poco a poco davanti a Sarada. Ci mancava solo che Fuyuko notasse che si trattava dell'ultima Uchiha. Istintivamente portò la mano sull'elsa della spada, pronto a sfoderarla in posizione d'attacco. Sarada si sentì mancare, impressionata dall'incredibile flusso di chakra che aveva sentito improvvisamente scorrere nelle vene di Aki. Sebbene lo conoscesse da poco più di un'ora, non si sarebbe mai immaginata che potesse farle un tale paura. Si chiamò fortunata per averlo come compagno di squadra e non come rivale.
Fuyuko però in tutta risposta alzò le mani e ridacchiò, per niente intimorita: "Tranquillo, Hozuki. Devo raggiungere anche io Tatsuya e Ryoichi. Non oggi, okay?"
Sarada notò i muscoli di Aki rilassarsi all'istante, e la sua postura farsi più rilassata: "Non oggi, Fuyuko. Alla prossima."
La ragazza fece un finto inchino, dileguandosi poi sulle fronde degli alberi. Aki tirò un sospiro di sollievo, e si voltò verso Sarada: "Tutto bene?"
"Nulla di rotto. Ma, aspetta, ti ha chiamato Akito. Ti chiami così o cosa?"
"Cosa." il ragazzo fece un sorrisetto, sistemandosi i capelli con una mano: "Sarai pure un'Uchiha, ma non ti è venuto in mente che Aki potrebbe essere un soprannome?"
Sarada scosse la testa ingenuamente, e Aki scoppiò a ridere: "Sei forte, ninja della Foglia."
L'Uchiha fece un sorrisetto imbarazzato, non capendo se si trattasse di un complimento o meno. Di sicuro, c'era parecchio mistero prima di arrivare a rispondere completamente alla domanda 'chi è Akito Hozuki?', ma per lo meno, Sarada sentiva che sarebbe stato più facile di scoprire come usare lo Sharingan in ogni sua forma.
"Chi era?" domandò alla fine, mettendosi alla pari del ragazzo.
"Ti racconterò tutto insieme a Daichi. Storia un po' lunga."
Sarada sorrise, mettendosi a posto gli occhiali sul naso: "Fai paura quando stai per attaccare."
"Attaccare?" Aki guardò la mora negli occhi, inclinando leggermente la testa. "Ma non stavo per attaccare. Era una palesissima finta, solo che 1. lei è troppo stupida per capirlo e 2. tu non mi conosci abbastanza. Ecco tutto. E' meglio per te se non mi dovrai mai vedere attaccare per primo."
"Ti vorrei dire lo stesso per fare la figa assurda anche io, ma l'ultima volta che mi hanno detto di attaccare per prima sono stata colpita alla schiena da un Rasengan e poi finita all'ospedale per colpa mia. Quindi no, tu puoi tranquillamente vedermi attaccare per prima, tanto faccio pena."
Aki scoppiò a ridere nuovamente, tenendosi una mano sulla fronte: "Ma come ti vengono in mente certe cose?"
"Dico solo la verità" brontolò Sarada con una vena di ironia, stringendosi il coprifronte. "Non lo direi se non ne fossi sicura. Ecco, Hozuki, regola numero uno: Sarada Uchiha non dice niente se non ne è sicura al novantanove virgola due per cento. Questo è certo."
Aki scosse la testa, dando una leggera spinta alla ragazza: "Regola numero due: non parlare di te in terza persona, è inquietante!"
"Parla quello che gira con una spada sulla schiena" si difese Sarada, ridacchiando come una bambina.
"Ehi!" sbottò lui, facendo finta di mettere il broncio. "Non offendere la mia Tagliateste."
Sarada rise di nuovo, ma in quel momento si rese conto che parlare di Shikadai, Boruto e Inojin senza sentire nostalgia, era impossibile. Forse, pensava, doveva solo arrendersi all'idea che da quel momento in poi sarebbe andato tutto meglio. Eppure, qualcosa le diceva che sarebbero stati proprio quei tre a farla pentire ogni secondo di più della sua decisione.


Boruto era entrato in casa sua come una furia, aveva salutato Himawari e sua mamma, preso al volo qualcosa da mangiare e si era fiondato di nuovo per le strade, con due mete ben precise: casa Yamanaka e casa Nara. Erano parecchie vicine fortunatamente, anche se per lui non era assolutamente un problema: aveva una strana allegria che gli percorreva le vene, che lo faceva sentire libero, curioso più che mai verso quella che era la vita di Sarada. Voleva sapere cosa l'aveva spinta ad allontanarsi così da tutti e da tutto, e voleva anche riportarla a casa. Voleva che Sarada lo riconoscesse come un valido compagno di team, pronto a seguirla solo per assicurarsi che fosse in salvo. Certo, avrebbe dovuto essere ben organizzato per fuggire senza essere scoperto da suo padre, ma per quello avrebbe avuto un Nara in squadra. E Inojin, beh, il suo ruolo era semplice: esca. Lui avrebbe fatto da esca, Sarada sarebbe andata da lui e sarebbero tornati tutti felici e contenti al villaggio. Gli rimaneva solo da convincere gli altri due sventurati.
Bussò svariate volte alla porta di Shikadai prima che proprio quest'ultimo gli aprisse, fissandolo con un'espressione da fantasma.
"Cazzo ti è successo?" sbottò Boruto, sinceramente preoccupato. Si aspettava un Shikadai pronto a combattere, non uno straccio con un ciuffo ad ananas.
"Indovina, testa quadra. Che ci fai qui?"
"Ci sono i tuoi?"
Shikadai si strinse nelle spalle, e svogliatamente disse: "Nah, sono con il Settimo."
"Fantastico, perché ti voglio proporre una missione di salvataggio. E se mi dirai di no, sappi che sei il peggior migliore amico della storia."
Shikadai sbadigliò, portandosi la mano davanti alla bocca: "Mi stai dicendo che dobbiamo andare a recuperare Sarada?"
"Bingo!"
"Quindi noi dobbiamo scappare dal villaggio, seguire Sarada, correre diecimila rischi dopo che lei ci ha detto che tornerà prima o poi, cercare di riportarla a casa, subirci l'ira dei nostri genitori e le punizioni delle nostre rispettive madri?"
Boruto si portò la mano al mento, con fare pensieroso, e alla fine annuì: "Hai centrato il segno."
"Figo. Mi preparo e arrivo."
"Aspetta, niente opposizioni?"
Shikadai alzò le spalle, tranquillo: "Ma perché dovrei? Almeno non me ne sto qui a far nulla mentre lei è chissà dove. Anzi, direi che hai avuto proprio una buona idea. Peccato che lei abbia diversi chilometri di differenza."
Il biondo ghignò, stringendosi con fare innocente nelle spalle: "E che problema c'è? Siamo ninja come lei, non ci dovremmo mettere molto. Metti una o due ore per localizzarla, e poi la seguiamo. Coraggio, Nara, sarà divertente, vedrai. Almeno potrai stare distante da tua madre per un po', no?"
"Non hai tutti i torti" Shikadai sorrise, e sparì dietro la porta d'ingresso, per poi ripresentarsi dopo alcuni minuti, munito del necessario. "Andiamo?"
"Con calma, piccola ananas. Prima ci serve l'innamorato, e poi l'aiuto del fiuto di un cane."
"Eh?"
"Yutaka" spiegò Bolt, allontanandosi da casa Nara insieme al suo compagno di viaggio. "Yutaka Inuzuka e il cucciolo del cane di suo padre. Dio, che intreccio."
"Bastava che dicessi 'il fiuto di Yutaka Inuzuka e Hisanobu', e io capivo. E poi ricordati che non possiamo farci scoprire da nessuno e-"
"Ehi, bello, l'ho ideato io questo piano. Tranquillo, so cosa faccio. Il vecchio Boruto Uzumaki sa il fatto suo!"
Shikadai ridacchiò tra se e se, pensando che forse quella sarebbe stata la volta buona per cambiare opinione su quella testa quadra. E poi, era un'ottima occasione per riportare indietro la sua Sarada. Non poteva permettersi di lasciarla andare, sapeva che lei voleva due cose prima di tutto: scappare ed essere trovata. Era una contraddizione umana quella ragazza, ma a lui andava bene così. Sarebbe andato ovunque per lei.


Il fatidico covo di Orochimaru non era altro che una grotta semi-deserta vista da fuori, e dopo quattro ore di viaggio, era l'ultima cosa di cui Sarada avesse bisogno. Fissò sbigottita le pareti di roccia e l'attività umana invisibile. E pensare che Aki le aveva parlato di un covo che disponeva di ogni genere di comodità, c'era pure il frigo e - tutto elettrizzato aveva aggiunto che - c'era anche una tivù. Sarada era parecchio curiosa di conoscere Daichi, ma lì, di fatto, di Daichi non c'era la minima traccia. Anzi, al massimo ci poteva essere traccia di un uccello di passaggio, ma nulla di più. Aki invece guardava soddisfatto il paesaggio davanti a lui, sorridendo. Se non altro, Sarada vedeva quel ragazzo come un gran ottimista.
"Non è che forse ti sei sbagliato?" domandò Sarada dopo quasi un minuto di silenzio da quando erano arrivati lì.
Aki fece finta di offendersi, portando una mano al cuore: "Non starai mettendo in dubbio la mia parola, spero!"
"No, è solo che, beh...non ci sono forme di vita, qui."
E allora il ragazzo ghignò, e dopo aver composto un segno con le mani sbatté il palmo a terra, e sotto di loro si aprì una scala che portava sottoterra non appena il sigillo sopra di essa fu sbloccato. Sarada rimase sinceramente sorpresa, e ci mise un po' a realizzare che quel tipo sapeva veramente ciò che diceva.
"Pensa se fosse stato veramente dentro quella grotta" brontolò Aki scherzando. "Ci avrebbero scoperti da tempo, no?"
"Non hai tutti i torti" sorrise Sarada, e seguì l'Hozuki per le scale. Non c'era molta luce, i due ninja si facevano bastare la luce che proveniva dall'esterno. Poco distante da loro si sentivano dei rumori indefiniti, o meglio, per la ragazza erano irriconoscibili. Aki, invece, sapeva bene che il suo amico stava lavorando a uno dei suoi tanti attacchi combinati con i kunai e gli shuriken. Non che li avesse mai usati tutti in combattimento, ma l'occasione si sarebbe potuta presentare da un momento all'altro, e da quelle parti era sempre meglio essere attrezzati.
"Quindi voi abitate qui da...?"
"Ufficialmente sono sei anni, poi sono un po' di più ma noi diciamo sei. Sono comunque abbastanza, no?"
"Dipende per che cosa sono abbastanza" puntualizzò Sarada, facendo un sorrisetto. Era assolutamente normale che lei puntualizzasse ogni cosa.
"Per ogni cosa: in sei anni, hai il tempo per fare tutto ciò che vuoi. Soprattutto affinare l'empatia in un gruppo. Di sicuro anche tu hai...ehm, avevi un team."
Sarada rimase interdetta, chiedendosi se quel tipo lo facesse apposta per farle cambiare idea. Almeno tre o quattro volte all'ora Aki doveva dire qualcosa per farle pensare alla vecchia vita - che aveva lasciato non più di cinque ore prima -. E, Sarada, questo non lo poteva sopportare. Il suo obbiettivo era cercare di pensare il meno possibile ad Inojin, Boruto, Shikadai, Chouchou, Yutaka, Mitsuki e tutti gli amici che aveva dovuto lasciare, non pensarci ogni dannato secondo.
"Dato che tu mi devi spiegare la storia della ragazza-che-voleva-gentilmente-infilzarmi in presenza di Daichi, allora anche io ti spiegherò tutto in presenza di Daichi."
"Magari nemmeno lo sopporti" brontolò Aki, incrociando le braccia. "Io ho bisogno di sapere per aiutarti, le informazioni che servono a te invece non sono molto utili."
"Brontolone!" sbottò Sarada, imitando la sua posizione. In tutta risposta Aki la spinse giù facendole saltare gli ultimi tre gradini, ma quando lei si girò per dirgliene quattro, lui se la stava beatamente ridendo. L'Uchiha non capiva se Aki fosse veramente di natura ironica o se lo fosse solo a tratti. Nel dubbio, sbollì la rabbia in pochi istanti e seguì il ragazzo per un cunicolo che portava ad una zona nettamente più illuminata, mentre le scale si chiudevano poco a poco. Prese in considerazione di giocargli lo stesso scherzo, ma trattandosi di un ninja più grande di lei - sia di stazza, che di età - e provvisto di una spada sulla schiena, era un'idea leggermente sconsigliabile.


Sasuke Uchiha era appoggiato alla parete dello studio di Naruto, aveva le braccia conserte e i capelli gli coprivano quasi l'occhio sinistro. Picchiettava nervosamente le dita contro la piega del braccio, aveva il fiato corto e il mantello gli faceva decisamente caldo. Eppure, a pensarci, non aveva avuto caldo nemmeno a Suna con quel mantello, si chiedeva perché in quel momento dovesse sudare per colpa di quel maledetto indumento. Si guardò intorno, guardò l'orologio, e constatò che erano passati solo tredici secondi dall'ultima volta che lo aveva fatto. Sbuffò ancora una volta, sbatté la nuca sulla parete e strinse forte le palpebre degli occhi, cercando un modo per scaricare tutto quel nervosismo. Nulla. Non c'era nulla da fare, continuava ad avere quel terribile peso sullo stomaco che gli impediva di respirare regolarmente. Era esausto dal suo ultimo viaggio, e proprio non ce la faceva a sapere che sua figlia era là fuori, in cerca di chissà che cosa, forse da sola o forse in compagnia. Ad un tratto crollò, la sua schiena scivolò sulla parete e lui raccolse la sua testa tra le mani, stringendole tra i suoi capelli. Si chiedeva cosa aveva fatto, soprattutto cosa non aveva fatto, ed era convinto che la causa della fuga di Sarada fosse la mancanza del suo papà nella sua vita.
"Sasuke, cosa...?"
Sasuke alzò gli occhi, e davanti a lui vide Naruto, inginocchiato per avere lo sguardo al suo stesso livello. Lo fissava con un'espressione preoccupata, con le sopracciglia ravvicinate e le palpebre spalancate.
"Forza, mettiti in piedi" gli diede una mano a rialzarsi, sentendo il corpo del suo amico estremamente rigido. "Sasuke, dai, parliamo un po'."
L'Uchiha si sedette di fronte all'Hokage, sulla sedia che stava davanti al bancone. Naruto non aveva mai visto Sasuke in quello stato, nemmeno quando aveva perso un braccio aveva quell'espressione di terrore dipinta in volto. Ma lo capiva, riusciva a sentire il suo stesso dolore.
"Sei qui per tua figlia, vero?"
Sasuke annuì: "Ma che intuito."
"Riesci sempre ad essere ironico?" sbuffò il biondo, appoggiando i gomiti sulla scrivania. "Lo so che sei preoccupato, non devi mascherarlo."
"Io...non lo sto mascherando."
"Hai sempre fatto così per ogni cosa" puntualizzò Naruto. "Non ti devi vergognare di quello che stai provando, Sasuke, accidenti a te. Non riesci a parlare, per una volta?"
"Quanto ci vorrà per trovarla?" sibilò allora Sasuke tra i denti, guardando Naruto negli occhi.
"Non sappiamo nemmeno dove sia. A giudicare dalle tracce che Kiba è riuscito ad individuare è partita-"
L'Uchiha si alzò in piedi di scatto, facendo strisciare la sedia sul pavimento: "Tre ore e venti fa, lo so anch'io. So bene che mia figlia è scappata per andare chissà dove, so che è partita tre ore e venti fa, so che ha lasciato uno straccio di biglietto al figlio di Shikamaru perché sono tanto amici e so che ha scritto di avvisare tuo figlio e il figlio di Sai." Sasuke prese un respiro, appoggiando le mani sulla scrivania sotto lo sguardo allarmato di Naruto. "Quello che non so è perché non mi abbia detto nulla, perché abbia preferito andarsene da sola senza un minimo di aiuto, sparendo alle nove del mattino dopo aver causato un disastro per colpa della maledizione che le ho trasmesso!"
"Io capisco che tu sia frustrato, Sasuke, e che l'unica cosa che tu voglia è dare delle risposte a tutte queste domande, ma-"
"Lei aveva bisogno di quelle stupide risposte, io ho bisogno di avere mia figlia al sicuro tra le mie braccia!" gridò quella frase con tutta la rabbia che aveva in corpo, stringendo le mani a pugno e digrignando i denti. Naruto spalancò gli occhi, ma poi non lo rimproverò per aver alzato la voce in quel luogo dove era proibito, non lo rimproverò nemmeno per avere ammaccato la sua scrivania. Invece lo guardò con gli occhi di un amico, e lo raggiunse davanti al bancone, mettendogli la mano sulla spalla.
"La troveremo, Sasuke. Te lo prometto, tua figlia sarà presto al sicuro."
"Sta ripetendo il mio stesso errore...hai visto dove sono finito, vero? E se lei dovesse fare la stessa fine?"
"Non le succederà nulla" Naruto fece un sorriso. "Lei è un'Uchiha, e come tale se la saprà cavare. Anche tu te la sei sempre cavata, no? Vedrai che sarà lo stesso."
Sasuke annuì, per niente convinto, e si lasciò cadere sulla sedia, ascoltando l'organizzazione della missione di recupero che Naruto e Shikamaru stavano studiando. Sarebbe andato in capo al mondo, l'avrebbe ritrovata, e dopo averla stretta le avrebbe raccontato tutto. Ogni verità su Itachi, sugli Uchiha, sullo Sharingan. Gli sarebbe bastato solo sapere che Sarada era al sicuro.


Dopo essersi assicurati che Ino e Sai fossero ancora fuori casa, Bolt e Shikadai raggiunsero in fretta casa Yamanaka, e prima che i due potessero bussare alla porta di Inojin, il giovane ninja era già sul tetto, appollaiato di fronte a loro.
"Hai proprio le abilità di tuo papà!" aveva esclamato Boruto, cercando di far sorridere almeno uno dei suoi due compagni. Ma, come al solito, missione fallita.
"Che ci fate qui?" borbottò il biondino sul tetto, lasciando penzolare le gambe dalla grondaia. Guardò poi Shikadai. "Ci siamo visti appena mezz'ora fa."
"Lo so anche io, Yamanaka" sbuffò Shikadai. "Ma la testa quadra ha avuto una buona idea ed è giusto che anche tu la senta."
"Non ho voglia di scherzi, Bolt" ammise Inojin, scendendo dal suo rifugio. "Mi sento già parecchio a terra per tutta la faccenda di Sarada, non sono esattamente dell'umore adatto per sentire strane idee."
"Non diventerai mica stupido da un momento all'altro?!" sbottò il suo migliore amico. "Se l'ho ascoltato io, ti pare che non lo possa fare tu?"
Inojin ci pensò un po' su, e in effetti il ragionamento di Shikadai non faceva una piega. Di sicuro lui non era uno che ascoltava idee stupide dette da persone altrettanto stupide, quindi doveva fidarsi per forza. E, soprattutto, la garanzia che tutto ciò fosse serio era che Shikadai era nervoso. E Shikadai Nara non era mai nervoso.
"Fai le valige, Inojin Yamanaka" sorrise Boruto, facendogli cenno di scendere. "Andiamo a recuperare Sarada."
Il biondino strabuzzò gli occhi, e in un balzo raggiunse i suoi compagni: "Stai scherzando?"
"Non scherzerei mai su una cosa tanto seria" promise Bolt, mettendo la mano sul cuore. "Ascoltami: Shikadai è il suo migliore amico e tu sei innamorato di lei, se ci aggiungiamo poi che è la mia compagna di team e che mi dispiace non averla più con me allora il gioco è fatto. Partiamo seduta stante."
"Allora 1. non hai le certezze per dire certe cose e 2. ci scoprirebbero subito."
Boruto allora fece un sorrisetto furbo: "Senti, rincretinito, ora sono tutti impegnati ad organizzare le squadre di soccorso: tuo papà con le vedute dall'alto con l'arte del disegno, il papà di Shikadai con l'organizzazione in generale, Sasuke è impegnato a preoccuparsi e mio padre è impegnato a fare l'idiota come al solito. Se partiamo ora possiamo avere almeno un'ora o due di vantaggio. Pensa che figata, una fuga di squadra!"
"E pensi che non sarà un gioco da ragazzi per i nostri genitori ritrovarci?"
"Si accorgeranno stasera che non siamo in casa. Fidati di me. E nel caso mi prenderò io tutte le responsabilità."
Inojin incrociò le braccia al petto, fissando l'Uzumaki pensieroso: "E perché fai tutto questo?"
Shikadai sbuffò sonoramente, appoggiandosi alla colonna del portico d'ingresso. Se c'era una cosa che non sopportava di Inojin, quella era la curiosità. Non capiva proprio quel bisogno di sapere tutto nei minimi dettagli, a lui bastava avere la consapevolezza di essere al mondo ed il resto passava in secondo piano.
"Semplice" borbottò Boruto, grattandosi la nuca. "Per quanti litigi abbiamo avuto, lei resta la mia compagna di team e come tale ho il diritto e il dovere di riportala a casa. E poi mi dà fastidio sapere che se ne sia andata prima di poterci affrontare seriamente."
Inojin annuì, e poi fece un sorriso: "Allora sono dei vostri. Arruolatemi!"
Shikadai e Bolt si dettero il cinque, soddisfatti, e pochi minuti dopo il trio era pronto a levare le ancore. Ce l'avrebbero fatta, Sarada avrebbe cambiato idea e sarebbe tornata con loro. Non poteva aver già dimenticato tutto ciò che la legava al Villaggio della Foglia, pensavano tutti e tre. Impossibile.


Quando entrarono nell'atrio principale, Sarada non vide nessuno. Era completamente deserto. Aveva sempre la sensazione che Aki la stesse bellamente prendendo in giro, del resto lei non poteva sapere fino in fondo quali fossero i suoi scopi. Anche se non potevano essere così misteriosi se le aveva già fatto vedere il covo top-secret.
"Sono arrivato!" gridò Aki, sfilandosi la spada dalla schiena e appoggiandola al muro. "Daichi!" chiamò poi a gran voce, incrociando le braccia al petto. Dopo qualche secondo si rivolse verso Sarada, scocciato. "Mai una volta che quello lì stia a sentire chi arriva o meno! Potrebbe tranquillamente trovarci un esercito di ninja che lui se ne starebbe nel suo stanzino a fabbricare nuovi armi. Accidenti a lui!"
"Dovresti calmarti" una voce da dietro di loro li fece sobbalzare. "Anche perché per quanto io non stia ad ascoltare chi entra o meno, tu porti gente a caso qui dentro. Dopo non chiederti chi ce l'ha portato l'esercito di ninja."
Sarada si girò di scatto, e davanti a lei si aprì la visuale sul famoso Daichi Uzumaki. Al contrario di Aki lui non indossava l'uniforme da missione, aveva un maglione con il simbolo del Clan Uzumaki che lasciava spazio ad una maglia a rete sotto di esso, un paio di pantaloni e i piedi erano scalzi. In quanto al viso, l'Uchiha non poté fare a meno di notare che gli occhi erano quasi del tutto uguali a quelli di Boruto: stessa forma e di un colore forse più chiaro, mentre i capelli erano di un rosso acceso. Non aveva i lineamenti di un ninja spietato in combattimento come invece li aveva Aki, lui sembrava un ragazzo normalissimo che quasi quasi si divertiva di più a fabbricare armi che non ad usarle. In ogni caso, la prima cosa che saltò all'occhio di Sarada fu il coprifronte del Villaggio dell'Erba coperto solo da alcuni ciuffi rossi, data la natura liscia dei capelli del soggetto. Tutto sommato, non sembrava per niente un ninja da dover temere.
"Potevi rispondere" sbottò Aki in tutta risposta, liquidandolo con un gesto della mano. "Comunque evita di fare subito brutta impressione, non essere scortese."
"Già, hai ragione. Con te farò i conti più tardi."
Aki fece un sorrisetto, e si allontanò di qualche passo da Sarada: "Finché voi fate conoscenza io preparo qualcosa da mangiare!"
Sarada gli avrebbe detto di restare lì e non lasciarla da sola, perché per quanto fosse orgogliosa e indifferente era comunque imbarazzante dover conoscere un ragazzo mai visto prima durante una fuga in casa sua. Però ormai era lì, e non poteva di certo tirarsi indietro.
Daichi scrollò le spalle, e poi sostituì la smorfia seccata con un sorriso amichevole: "Scusa se sono stato così brusco. Piacere, Daichi Uzumaki."
Sarada sorrise a sua volta, sollevata dal tono cordiale che il ninja aveva usato. Si strinsero così la mano: "Sarada Uchiha, piacere mio."
"Uchiha? Ma guarda te, che cosa buffa: come ai vecchi tempi. Dimmi un po', che ci fai qui? Ti ha obbligato Aki a venire? Ti ha somministrato qualche veleno, addormentata, drogata...che ne so?"
"Ma che fiducia che hai in me!" dalla cucina spuntò nuovamente l'Hozuki, guardando male il suo compagno. "Io non ho fatto proprio niente, anzi, sono stato buono."
"Beh, considerando il soggetto ci si potrebbe aspettare cose del genere, no?" Daichi fece un sorriso sghembo, portando le mani ai fianchi. "Comunque sia, ti sarei grato se con calma mi spiegassi il motivo per cui ti trovi qui, Sarada. Non che ti voglia cacciare, figurati. Giusto per sapere."
La ragazza annuì, sorridendo, e tutti e tre si spostarono in cucina, dove sul tavolo c'erano tre panini ammassati l'uno sull'altro. Non avevano un aspetto particolarmente invitante, ma Sarada pensava che sarebbe dovuta essere solo che grata a quei due ragazzi, non poteva certo lamentarsi per cose del genere. Non aveva nemmeno tutta questa confidenza per poterlo fare, del resto.
"Comincia pure quando vuoi" la incoraggiò Daichi. "Ti ascolto."
"Sì, ti ascolto anch'io" intervenne Aki, ghignando. "Anche perché devi ancora dirmi praticamente tutto."
Sarada sorrise, e appoggiò la schiena alla parete, pronta a raccontare tutto ciò che l'aveva portata a compiere quel gesto. Certo, le sembrava assurdo dover parlare della sua vita ad un perfetto sconosciuto e ad uno sconosciuto per tre quarti, soprattutto considerando che si trovava in mezzo ad una situazione che lei non aveva programmato. Chissà per quale motivo però quei due ragazzi non le sembravano così male, se non avevano fatto una piega per ospitarla voleva dire che non erano poi così inaffidabili. Così prese un respiro, e si preparò a parlare sotto gli sguardi attenti di Aki e di Daichi.







Angolo autrice
Allora, salve.
Innanzi tutto, festeggiamo all together per aver avuto ancora una volta la conferma che Suigetsu sia un idiota e che quindi la madre biologica di Sarada è Sakura!
Non potrei essere più felice, Sasuke non poteva essere baka fino a questo accidenti di punto. Va bene tutto, Kishimoto, ma non fin qui.
Comunque, torniamo a noi, sappiate che scrivo questa storia con una cartina geografica del mondo di Naruto per non sbagliare le posizioni :') quindi spero apprezziate il mio sforzo dato anche che sono una frana in geografia, io. Faccio proprio cagare.
QUi sotto vi lascio anche il disegno che ho fatto di come mi immagino Aki e Daichi, spero che corrispondano anche alle vostre aspettative. Aki è un gran figo, io lo amo.
Anyway, spero vi piaccia il capitolo, alla prossima!
E grazie a tutte le ragazze che hanno recensito i capitoli precedenti :*

Ale xx
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Capitolo 4
*** Paura per tutti ***


Sarada 03 Riassunto del capitolo precedente: Nel tragitto verso il covo di Orochimaru, Aki e Sarada si imbattono in Fuyuko, in apparenza una semplice nemesi del ragazzo. Sarada viene a sapere che Aki è il soprannome di Akito, ma lui non le racconta granché di Fuyuko, anzi, dice che gliene parlerà insieme a Daichi. Finalmente arrivano al covo, e Sarada fa la conoscenza di Daichi Uzumaki, un ragazzo rosso dagli occhi quasi uguali a quelli di Boruto. All'inizio lui non si presenta bene perché è impegnato a rimproverare Aki (sebbene siano coetanei), ma in seguito si presenta e incoraggia Sarada a parlare di sé.
Nel frattempo, Boruto convince sia Inojin che Shikadai a partire con lui in una missione di salvataggio per riportare a casa Sarada e Sasuke confida a Naruto tutte le sue preoccupazioni.


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03
Io credo in me e dico addio agli eroi puerili


"Allora, da dove posso iniziare...?" Sarada si strofinò la mano sul collo, sbuffando. "Comincerò con le presentazioni. Io sono Sarada Uchiha, compagna di team di Boruto Uzumaki e-"
"Uzumaki, hai detto?" Daichi aguzzò lo sguardo. "Eppure non ne ho mai sentito parlare."
"Infatti, anche io ho trovato strano che ci fosse un altro Uzumaki quando Aki mi ha detto di te" spiegò l'Uchiha, pensierosa. "Uzumaki è il cognome del nostro Hokage e dei suoi figli, non sapevo che ce ne fossero altri in giro."
"Non sai proprio nulla del team Taka, eh?" Aki appoggiò i gomiti sul tavolo, senza l'ombra del suo solito ghigno sul viso. Poi si rivolse verso Daichi. "Dobbiamo insegnarle un po' di cose."
"Con calma, però" replicò l'altro, poi parlò di nuovo con Sarada. "Tuo padre è Sasuke Uchiha, no?"
Sarada annuì, leggermente insicura. A quel punto, chi fosse suo padre non lo sapeva nemmeno lei. Guardò i ragazzi scambiarsi una veloce occhiata, e in quel momento la situazione si chiarì in merito a quei due: evidentemente, Aki doveva essere quello esperto nei combattimenti, un tipo furbo nelle strategie ma meno attento nelle questioni della realtà; Daichi doveva essere l'opposto, ovvero quello con più calma e abilità di riflessione nella vita di tutti i giorni ma meno forte nei combattimenti. Almeno, quello era lo scan a prima vista di Sarada, che fosse vero era tutto da vedere.
"Possibile che tu non sappia nulla?"
"Se mi lasciate finire forse saprete anche il perché" ribatté Sarada, irritata da tutte quelle domande. Mica era colpa sua se Sasuke aveva preferito il silenzio ad un normale dialogo padre/figlia. "Mio papà non mi ha mai raccontato niente, spesso non è nemmeno a casa. Non ho idea di chi siano Suigetsu, Juugo o Karin, non so nulla di questo posto o di cosa ne sia stato. E'...tutta colpa sua se io sono scappata. Solo sua." la ragazza strinse i pugni lungo i fianchi, mordendosi il labbro inferiore. "Non mi ha mai detto nulla in merito allo Sharingan, sono cresciuta senza conoscere nemmeno la mia abilità innata, mia mamma non poteva comunque essermi d'aiuto, quindi diciamo che l'esperienza da autodidatta non è andata poi così bene. In ogni caso, tornando alle presentazioni, ci sono altri due personaggi fondamentali in questa storia. Il primo è Shikadai, ovvero il mio migliore amico. Ho lasciato a lui l'unico biglietto dove ho scritto che me ne sarei andata, sperando che lasci perdere le ricerche."
"Mossa alquanto stupida" commentò Aki, contrariato. "Se è il tuo migliore amico è ovvio che farà partire delle ricerche per trovarti."
"Lo so, ma...insomma, non potevo fargli questo."
Daichi sbuffò, scuotendo la testa, mentre pensava che Aki aveva commesso un grosso errore portando Sarada in casa loro, sicuramente i ninja del Villaggio della Foglia avrebbero trovato tutti e tre.
"Va' avanti" disse infine il rosso, concentrato sul racconto per raccogliere quante più informazioni possibili.
Sarada incrociò le braccia: "Poi c'è Inojin, che, beh...è il ragazzo che un po' mi piace, sostanzialmente è sua la colpa di una delle sfuriate che ho fatto con lo Sharingan."
"Perché? Ti ha rifiutata?" Aki fece un sorrisetto, inclinando leggermente la testa.
"Non ci siamo nemmeno mai dichiarati" sbottò invece Sarada, stizzita. "E' solo che una ninja lo stava per baciare e allora ho perso le staffe, ho ribaltato venti metri di superficie. C'erano tavoli ovunque, il cibo era finito per terra, le persone erano a terra e mi fissavano terrorizzate. O meglio, l'hanno fatto finché non ho perso i sensi. Tutto questo è successo ieri sera."
I due ragazzi spalancarono gli occhi, credendo che si trattasse di un aneddoto lontano. Sarada rimase impassibile, forse arrabbiata con se stessa per aver perso il controllo per così poco. Dopo un sospiro, Daichi si alzò e sfilò la katana dalla schiena di Sarada, mentre lei lo guardava confusa. Lui rimase indifferente, sfilò gli occhiali dal suo viso e anche il coprifronte, per poi sorridere: "Allora ora te ne vai a riposare. Tranquilla, ti svegliamo per cena."
"Scherzi?" domandò la ragazza, posando le mani sui fianchi. Quel tipo era davvero strano.
"No, non scherza" si intromise anche Aki, prendendo l'Uchiha per le spalle e guidandola per il corridoio fino ad arrivare in una stanza da letto. "Fai la nanna, Sarada. Al tuo risveglio ci sarà la pappa."
La mora alzò le sopracciglia: "Mi prendi per il culo?"
"In realtà sì, lo sto facendo" Aki sorrise affettuosamente. "Dai, va'. A dopo."
Ad ogni secondo che passava, Sarada era sempre più convinta di essere finita in un covo di matti. Comunque non poteva negare di essere sfinita, e senza pensare a cosa stesse realmente facendo, annuì e sparì nel buio della camera, buttandosi a capofitto sul letto. Non le importava chi fossero i due ragazzi là fuori, sapeva solo che poteva fidarsi di loro.
"Buonanotte" mormorò infine, con il tono della voce decisamente più tranquillo.
Aki scoppiò a ridere: "Sembri una bambina, che tenera. Buonanotte, Uchiha."


"Temari, sono a casa!"
Shikamaru tolse le scarpe all'entrata della casa, e sentì la porta di qualche camera di sopra chiudersi di scatto.
"Temari?" ripeté, dando un'occhiata in cucina. La cena era sul tavolo, ma di sua moglie e suo figlio non c'era traccia. Si grattò la nuca, annoiato, ma quando stava per andare al piano di sopra Temari piombò addosso a lui come una furia, spingendolo di lato per la foga. Shikamaru la fissò mentre si stringeva il coprifronte dietro ai capelli e quando si avvicinò a lei, lei si girò di scatto e lo prese per le spalle.
"Dimmi un po', nostro figlio assomiglia di più a me o a te?"
"Eh?" il Nara sgranò gli occhi, confuso. "A...me, credo. Abbiamo sempre detto che assomiglia a me."
"Allora lo dico a te che sei un incosciente! Siete sempre svogliati che servono le minacce per farvi alzare dal divano però quando dovete fare di testa vostra correte come dei fulmini, eh? Perché ti ho sposato?!"
"Wow, Temari, dolce amore mio, ti ringrazio" Shikamaru roteò gli occhi al cielo, seccato. "Che problema c'è?"
"Shikadai è sparito!"
Il moro sbiancò, capendo allora la furia di sua moglie. Scattò all'ingresso e si infilò le scarpe in un istante, tirando su la cerniera del gilet.
"Cazzo" mormorò tra i denti. "Hai ragione, Temari, perché mi hai sposato?"
"Me lo stavo chiedendo" sbuffò la donna, che nella drammaticità della situazione cercava di alleggerire la tensione. "Shikamaru..." mormorò, e lo shinobi si girò verso di lei.
"Dimmi."
La bionda sorrise appena, stringendo per un attimo la mano di suo marito: "Shikadai è come te anche sul fronte dell'amicizia. Sono sicura che ha seguito Sarada. Dopotutto mi va bene che ti assomigli."
Shikamaru sorrise, e dopo aver dato un bacio sulla fronte a Temari, uscirono entrambi di casa per avvisare l'Hokage.

"Inojin, la cena è pronta!" Ino stava sistemando gli ingredienti nella ciotola di Ramen quando chiamò suo figlio. Era tornata a casa da poco a causa del lavoro in fioreria e si era messa subito a cucinare, non si era nemmeno preoccupata quando suo figlio non aveva risposto al suo saluto.
"Sai!" la bionda chiamò allora suo marito, che arrivò in cucina dopo pochi istanti. Aveva il solito sorriso cordiale dipinto il viso.
"Scusa se ho fatto tardi, ma come sai domani all'alba partiranno le squadre per trovare Sarada e quindi Naruto mi ha trattenuto. Dov'è Inojin? Non l'hai chiamato?"
Ino alzò le spalle: "Certo che l'ho chiamato, ma non credo che mi abbia sentita. Andresti a chiamarlo tu?"
Sai annuì, sorridendo, e si avviò verso il piano di sopra. Peccato che quando tornò giù non aveva la stessa espressione rilassata, anzi, la sua era un'espressione di pura disperazione. Corse in soggiorno, in bagno, fece un salto anche fuori e salì sul tetto, in pochi secondi controllò l'intera casa ma di Inojin non c'era traccia.
"Sai?" Ino guardò male suo marito. "Che ti prende?"
"Non trovo Inojin."
"Hai perso nostro figlio?" sbottò Ino, spaventata.
"Tu eri a casa prima di me!" rispose a tono Sai, appoggiando le mani sui fianchi. "E comunque non è questo il problema, dov'è andato?!"
"A me lo chiedi?" strillò la bionda con la sua vocetta acuta, ripercorrendo tutto il tragitto di Sai all'interno della loro casa. Inojin non c'era proprio da nessuna parte. "Muoviti, Sai. Andiamo da Naruto."
"Ma Naruto sta già cercando Sarada!" replicò l'altro, preoccupato.
"Inojin è nostro figlio, baka!" gridacchiò istericamente Ino, prendendo suo marito per la manica. "Vuol dire che dovremo solo cercare più di un fuggitivo."

Naruto e Hinata stavano discutendo della scomparsa di Boruto quando Ino, Sai, Shikamaru e Temari piombarono nell'ufficio dell'Hokage sebbene fossero le otto di sera passate. Si guardarono uno ad uno, sorpresi di trovarsi tutti lì nello stesso momento. Ino e Shikamaru compirono lo stesso gesto di portare la mano alla fronte, Sai fece un risatina imbarazzata, Temari buttò la testa all'indietro, Hinata scosse il capo e Naruto si limitò a sbuffare.
"Credo di sapere perché ci troviamo tutti qui" iniziò il Settimo, sedendosi sulla scrivania con nonchalance. Del resto, quando era con i suoi amici, non aveva bisogno di restare tutto impeccabile. "Boruto è sparito."
"Anche Shikadai." borbottò Shikamaru.
"E anche Inojin." terminò Sai, demoralizzato.
"Io l'avevo detto a mio figlio di restarne fuori" iniziò Naruto, furibondo. "E lui no, ovviamente. Anche perché-"
"Naruto!" la porta si spalancò, e fecero capolino Sasuke e Sakura, che sgranarono gli occhi non appena videro tutti i loro ex compagni raccolti in quella stanza. Ino stava per chiamare la sua migliore amica come era solita a fare quando il Settimo scoppiò in una risata disperata, fingendo poi di piangere: "Ma che generazione è questa?!"
"Naruto, non mi sembra il caso..." Hinata appoggiò le mani sul braccio del marito, rivolgendosi poi ai presenti. "La situazione è chiara, no?"
"In realtà non per noi" intervenne Sakura, chiudendo la porta alle sue spalle. "Che ci fate voi qui?"
"Vuoi sapere che c'è, Sakura?" chiese retoricamente Naruto, esaurito. "C'è che Sarada è scappata magari per motivi anche intelligenti, e magari Shikadai e Inojin le sono andati dietro per motivi altrettanto intelligenti, ma Boruto perché diavolo se n'è andato? Lui...lui e Sarada, a quanto so, sono come eravamo io e Sasuke!"
"Infatti tu mi sei venuto dietro per anni" brontolò Sasuke, incrociando le braccia.
"Boruto è più spericolato di me" replicò Naruto, mettendo il broncio. "Comunque sia, sono sicuro che la troveranno forse più in fretta di noi. E torneranno a casa sani e salvi."
Shikamaru fece un passetto avanti, ghignando: "Questo lo stai dicendo per dire un'affermazione o per cercare di convincerti?"
"Tutte e due" sbuffò il biondo, sgranchendosi le braccia. "Comunque sia, alle quattro di domani mattina partiranno tutte le squadre di ricerca. Vado subito ad avvisare di cercare anche i nostri figli e..." Naruto si bloccò mentre tutti lo stavano fissando, e se ne uscì con un sorriso da scemo. "Niente, scusate. Potete stare tranquilli, li troveremo. Se volete potete partire anche voi, vi sospendo dal vostro lavoro fino a che non ritroveremo i nostri quattro monelli."
Il resto della comitiva annuì, e in poco tempo si dileguarono tutti quanti. In quello studio rimasero solo Naruto, Sakura e Sasuke, rimasti lì forse per uno strano senso del dovere.
Naruto tirò un sospiro di sollievo, perdendo anche quel minimo di professionalità che gli era rimasto. Era con il suo team.
"Ve lo prometto, ragazzi. Riporteremo a casa i nostri figli prima del previsto."
Sasuke strinse Sakura in un mezzo abbraccio, e quest'ultima poi guardò Naruto: "A cosa stavi pensando prima, quando ti sei interrotto?"
Il biondo sorrise: "Sapete, fa strano dire 'i nostri figli' quando sembra ieri che affrontavamo gli esami per diventare chunin. Ho solo pensato a questo."
"Hai ragione" Sasuke annuì, facendo un mezzo sorriso. "Siamo cresciuti anche noi, alla fine."
"Puoi dirlo forte, teme."
"Taci, dobe."




Le prime luci del mattino svegliarono Inojin che, dopo essersi stiracchiato per bene, si preoccupò di svegliare Shikadai e Boruto, che dormivano rannicchiati vicino ai resti del fuoco acceso la sera prima. Inizialmente non fu molto facile, ma dopo averli minacciati di usare la tecnica del Capovolgimento Spirituale per farli alzare si misero subito in piedi, un po' barcollando ma comunque stabili. Fecero colazione in svelta con le provviste che aveva portato Shikadai, e si rimisero in viaggio a distanza di un'ora dal loro risveglio. Il primo giorno di ricerche era andato bene, non avevano avuto problemi e ancora nessuno li aveva trovati. Ancora quando erano al villaggio, Yutaka aveva indicato loro la strada e poi aveva dovuto giurare di non dire nulla in merito alla loro partenza. Così i tre giovani chunin saltavano da un ramo all'altro della foresta in cerca di qualcosa che potesse condurli a Sarada, ma al momento non c'era ancora stato nulla a favorirli. Ma loro tre non si abbattevano, concentrati sul loro obbiettivo, sicuri di raggiungerlo, prima o poi. Bastava solo avere pazienza e un po' di fortuna.


"Non la vai a svegliare?"
"Finché dorme lasciala nel mondo dei sogni."
Aki reggeva una tazza di the caldo tra le mani, ci soffiava sopra ogni tanto, giusto per raffreddarlo poco a poco. Daichi invece se ne stava seduto sulla mensola con una ciotola di cereali in mano, addosso aveva ancora il pigiama e probabilmente non l'avrebbe tolto prima delle undici.
La sera prima i due avevano discusso di ciò che avrebbero fatto con Sarada, perché entrambi erano a conoscenza del rischio che correvano nel tenerla con loro. Del resto però erano già un team, e non potevano abbandonarla. L'unico rimedio, quindi, era allenarla per prevenire ogni evenienza. L'avrebbero aiutata a migliorare l'abilità in combattimento, la velocità e i riflessi, perché nel caso qualcuno li avesse dovuti trovare, lei avrebbe dovuto evadere prima di tutti. Una volta completato l'allenamento, che pensavano potesse durare al massimo due settimane, sarebbero andati in cerca di qualcuno in grado di aiutarla con le abilità magiche, e quindi sviluppare anche lo Sharingan.
"Spiegami solo una cosa" iniziò Daichi, alzando lo sguardo verso il suo compagno. "Perché l'hai portata qui? Insomma, non è mica la prima ninja smarrita che trovi eppure hai deciso di fare il buon samaritano."
"Non so perché l'ho fatto" Aki si strinse nelle spalle, posando la tazza sul tavolo. "Mi sta simpatica."
"Nessuno qui ha detto che sia antipatica, dico solo che è strano che tu le abbia addirittura detto di diventare parte del team."
"Mi sembrava disperata, tutto qui. Aveva bisogno del nostro aiuto."
Daichi annuì, e poi scese dalla mensola. Sapeva che il suo amico, sotto la scorza di ironia e indifferenza, aveva comunque un animo buono, e che forse era quella parte di lui responsabile di tutta quella situazione. Non che a lui dispiacesse, ma era comunque strano. Aveva vissuto per anni solo con Aki, e ora si ritrovava con un'altra ragazza in casa, tra l'altro un'Uchiha.
"Buongiorno!" Sarada spuntò dalla porta della cucina con un sorrisone, e si sedette di fianco ad Aki dopo essersi stiracchiata. "Dormito bene?"
"Dovremmo essere noi a chiedertelo" precisò Daichi, mettendo sul tavolo i cereali che erano rimasti. "Ieri sera abbiamo provato a chiamarti, ma dormivi di sasso."
La mora sorrise, un po' imbarazzata, ma in fondo lo sapeva che sarebbe finita così. Poteva restare sveglia tutte le ore che voleva, ma quando poi toccava il letto dormiva come un ghiro. Iniziò a mangiare e i due ragazzi le spiegarono i loro piani, che a lei andavano più che bene. Se non era stata capace di sviluppare le sue abilità ninja all'interno del suo villaggio, allora l'avrebbe fatto fuori.

Quando i tre raggiunsero l'esterno, Sarada notò per terra una serie di armi diverse, tre o quattro pergamene e vari alberi coperti da decine di piccoli bersagli. Sembrava un campo di allenamento normale finché Aki non sfoderò la sua spada e si mise subito di fronte a lei, puntando l'arma alla sua gola. Aveva un sorrisetto ironico stampato in faccia, e Sarada si sorprese nel vedere con quanta fermezza la spada restava a mezz'aria senza tremare mai. Si rese conto solo dopo qualche secondo che la spada era rivolta proprio verso la sua gola.
"Cosa dovrei fare?!" sbottò, allontanandosi di qualche passo.
"Riflessi, ragazza. Hai bisogno di riflessi lucidi." fece notare Daichi, in piedi dietro di loro. Ora che lo notava, Sarada pensava che il rosso stava molto meglio con l'uniforme che non in tenuta casalinga. Riconobbe il simbolo degli Uzumaki su entrambe le maniche della maglietta azzurra, anche se la maglia a rete che arrivava quasi ai polsi e copriva la pancia le ricordava parecchio Shikamaru. Doveva solo capire perché lui avesse il coprifronte e Aki invece no.
"Devi difenderti, no?" rispose l'Hozuki, ovvio. "Prova con ogni tuo mezzo."
"Mi vuoi uccidere?" domandò retorica la ragazza, parecchio sconcertata dalla situazione surreale. Aki scosse la testa, ma nemmeno due secondi dopo si era già avventato su di lei, di nuovo alla carica con quell'enorme spada. Sarada sentiva il cuore esploderle in petto, si chiedeva come Fuyuko avesse potuto rimanere impassibile davanti a quell'espressione terrorizzante del ragazzo.
"Ce l'ho!" esclamò improvvisamente Daichi, facendo un sorrisone.
"Sappiamo che ce l'hai, amico" ghignò Aki in tutta risposta. "Ma non è il momento più opportuno per gridarlo ai quattro venti." e si scagliò nuovamente su Sarada, che balzò via con più velocità rispetto all'attacco precedente.
"Che simpatico, Aki. Davvero, esilarante" il rosso fece finta di offendersi, però alla fine si sedette a terra e si sistemò il coprifronte. "Dicevo il nome per il nostro team!"
"Sarebbe?" chiese Sarada, salendo sul ramo di un albero, preparandosi la katana stretta tra le mani. Certo non avrebbe battuto la spada di Aki, ma poteva sicuramente essere una buona difesa.
"Akisada. O Sadaki. Come volete." Daichi incise le due alternative sul tronco di un albero, proprio mentre Sarada piombò sulle spalle di Aki dall'alto, chiudendo il suo collo contro la katana.
"Razza di bastarda" sibilò il ragazzo, ridendo, cercando di liberarsi di lei. "Non vale approfittare dei momenti di distrazione!"
"Invece sì!" Sarada saltò via, mettendosi di nuovo di fronte a lui. "Comunque è originale il nome. Mi piace che tu abbia unito le nostre iniziali, Daichi. Io preferisco il secondo."
"Sono d'accordo con l'Uchiha!" sorrise Aki, mettendosi in posizioni di guardia. "Sadaki sia."
I due combattenti partirono di nuovo all'attacco, e si sentì uno terribile stridio non appena le due lame si incrociarono, anche se Aki ci mise assai poco a disarmare Sarada. La ragazza finì a terra, e proprio mentre sperava che Aki fermasse la lama, quella le stava per piombare precisamente sullo stomaco. Fu grazie a qualcosa che inizialmente non capì che la lama non la colpì in pieno, e solo dopo vide che Daichi la teneva saldamente in braccio guardando il suo amico con una smorfia seccata.
"La smetti di fare il figo? Così la traumatizzi." infierì il rosso, con un tono parecchio scocciato.
"Tu mi hai appena traumatizzata" disse Sarada, guardando gli occhi di Daichi così da vicino. "Un istante fa eri a sette metri da noi, come hai fatto?!"
Aki si appoggiò all'elsa della sua spada, ghignando: "Mentre io ci tengo a dimostrare le mie abilità, l'Uzumaki qui presente ne fa uso solo in caso di estrema emergenza. Per quanto mi scocci ammetterlo, è persino più forte di me."
La mora fissò sbalordita il ragazzo che la teneva in braccio, e lui fece un sorrisetto: "Sorpresa?"
"Quindi dovrei temere te e non lui?"
"Lui è un cretino e basta, io ragiono su ciò che faccio" rispose Daichi, e poi si rivolse al ragazzo di fronte a loro. "La pianti con quel ghigno? Sei maledettamente irritante."
In un balzo Aki fu di fianco a loro, fortunatamente la spada era rimasta dov'era prima. Appoggiò una mano sulla spalla di Sarada non appena il rosso la mise giù: "Vedi, Sarada, al ragazzone rosso dà fastidio che io lo constringa ad utilizzare le sue tecniche. Invece io lo faccio per il suo bene."
"Stavi per infilzarmi!" sbottò la mora, irritata, dandogli un sonoro pugno sulla spalla. Se c'era una cosa che non sopportava, era quando si scherzava su certe cose. Lei non era mai stata abituata ai combattimenti, se non fosse stato per Daichi quel colpo sarebbe sicuramente andato a segno.
"Non ti avrei mai colpita" rispose calmo l'Hozuki, tirandola per la manica in modo che si sedette sul ramo insieme a lui.
"Io scommetto di sì."
Daichi sospirò: "No, su questo ha ragione. Si sarebbe fermato, ha una certa abilità. Ciò non toglie che se evitava tutto questo casino era meglio."
Aki sorrise, rimettendosi in piedi e balzando giù. Sarada osservò i suoi movimenti, e pensò che quando aveva provato ad immaginare come fossero realmente quei due ragazzi, aveva totalmente sbagliato. Sentiva che si sarebbe divertita parecchio, anche se avesse dovuto correre dei pericoli. Sebbene li conoscesse da molto poco, si fidava di quei due. Se non altro, le avevano detto più cose loro in un giorno che non suo padre in quindici anni. A quel pensiero, la ragazza lasciò penzolare le gambe e perse il suo sguardo sul manto d'erba sottostante. Ricordava bene quando Sasuke le diceva che non le aveva trasmesso lo Sharingan, eppure lei l'aveva sempre sentito, sebbene lui continuasse a negare. Poi ricordò anche tutte quelle volte che, quando lui faceva il suo ingresso in casa dopo giorni di assenza, lei correva ad abbracciarlo e restavano stretti finché non arrivava Sakura. Le mancavano quel genere di abbracci, e senza rendersene conto portò le mani sulla spalla opposta, stringendosi per cercare di sentire di nuovo quel calore. Forse, le stava mancando più del previsto.
"Ehi, ninja della Foglia" Aki fu di nuovo vicino a lei, e Sarada notò che il suo sguardo era diverso rispetto a prima. Ora la fissava preoccupato, sicuro del fatto che qualcosa non andasse. "Che hai, mh? E' la seconda volta che ti succede."
"Io...ho ancora paura di aver fatto la cosa sbagliata."
"E' ovvio che l'hai fatta!" sbottò lui, allargando le braccia. "Non ci si abbraccia mica da soli. Se vuoi un abbraccio, basta dirlo."
Sarada scosse la testa, divertita, ma sorrise non appena le braccia del ragazzo le furono attorno, e per qualche secondo riuscì a sentire lo stesso calore degli abbracci che tempo prima dava a suo padre. Lo strinse a sua volta, espirando profondamente.
"Devi stare tranquilla, Sarada" mormorò Aki al suo orecchio, parlando piano come mai aveva fatto prima. "Adesso ci siamo noi per te."


"Siamo sicuri che sia da questa parte, Shikadai?"
"Non ho mica il Byakugan" brontolò il Nara, fermandosi in cima ad un albero. "Però stiamo seguendo la pista che Yutaka ci ha detto, sperando che Sarada non abbia deviato da qualche parte."
"Stiamo andando al covo di Orochimaru" esordì Boruto, e gli altri due si voltarono a guardarlo, confusi e sbalorditi. "Ehi, guardate che ogni tanto sto attento in classe!"
Inojin sghignazzò: "Non sembrava. I tuoi pisolini erano costanti."
"Simpatico, Yamanaka" sbuffò il biondo, e si rimisero subito in viaggio. "Mancheranno sì e no venti kilometri. Ricordiamoci che comunque siamo partiti poco dopo di lei e che sicuramente si sarà fermata per la notte, non può essere tanto distante."
Shikadai, che apriva la fila, scosse la testa demoralizzato. A quel punto, forse non conosceva Sarada bene come credeva. Voleva trovarla più di ogni altra cosa al mondo, ma non era sicuro che lei avrebbe voluto tornare al villaggio con loro. Anzi, ne era praticamente convinto.
"Shikadai, tempistiche?"
Fu distratto solo da Inojin, che lo affiancò in un istante.
"Per il covo?" chiese il Nara. "Beh, forse mezz'ora. Anche meno. Ma non è detto che la troveremo, ci stiamo illudendo troppo."
"Forse sei tu che ti demoralizzi" infierì Boruto, raggiungendo i due. "Non può essere distante. E' fisicamente impossibile."
"Si spera." concluse Shikadai, riportando il silenzio nel trio. Il cuore gli martellava forte in petto, un po' per lo sforzo a cui non erano mai stati sottoposti, un po' per l'agitazione di ricevere un no come risposta nel caso ce l'avesse avuta davanti. Ad un tratto, gli sembrava che la sua migliore amica non fosse mai stata tale.


Naruto osservò un'ultima volta le tre squadre che aveva preparato per cercare i quattro piccoli ninja dispersi chissà dove.
Nei tre gruppi che aveva formato c'erano almeno cinque jonin, mentre a capitanarli c'erano rispettivamente uno o entrambi i genitori dei ragazzi scomparsi: Shikamaru e Ino, Sai e Sakura, Sasuke e Hinata.
Temari era rimasta a fianco di Naruto per sostituire Shikamaru, dato che essendo già braccio destro del Kazekage di Suna, ovvero suo fratello, sapeva bene come svolgere il lavoro. Del resto poi si fidava del marito, anche se non andava di persona era sicura che avrebbe rivisto suo figlio prima del previsto. E messo in castigo a vita di conseguenza.
"Bene, ci siamo" Naruto si mise di fronte ai tre gruppi, pronti a scattare al momento del via. Erano già alle porte di Konoha, un passo e sarebbero stati fuori. "Confido in voi per riavere i nostri ragazzi nel minor tempo possibile, alle conseguenze delle loro azioni ci penseremo più tardi. Mi raccomando, impegnatevi al massimo."
Tutti annuirono, e prima che il Settimo desse il via, lui si avvicinò a Sasuke, posandogli una mano sulla spalla: "La troverete. E se così non sarà, interverrò io stesso. Avviserò tutti i Kage, di sicuro non può essere sparita in solo un giorno. Stai tranquillo."
Sasuke annuì: "Grazie." mormorò solamente, prima di partire al segnale dell'amico.
Naruto lo sapeva bene, quel grazie conteneva tutto ciò che Sasuke avrebbe voluto dirgli. Era sempre stato così.


Le lame di Aki e Sarada si incontrarono per l'ennesima volta, stavolta alla pari, dato che entrambi usavano una katana. Prima frontale e poi laterale, un passo avanti e uno indietro, era un duello combattuto quasi allo stesso livello. Ovviamente c'era sempre un po' di vantaggio per Aki, abile spadaccino ormai da anni, ma Sarada non se la cavava male. L'aveva detto pure Daichi, e se lo diceva lui, allora lei doveva fidarsi ad ogni costo.
I due combattenti erano entrambi sudati, dato che ormai si allenavano da un'ora e mezza, ma nessuno sembrava essere stanco. Ogni tanto si fermavano, scambiavano un paio di battute e ricominciavano: un po' con i kunai e gli shuriken, un po' con le katane e un po' di combattimento a distanza. Si affrontavano in campi che entrambi conoscevano, se Aki avesse combattuto contro Sarada utilizzando solo arti magiche, allora lei sarebbe andata subito al tappeto. Per il momento era meglio allenare solo il corpo a corpo.
"Ehi, fermatevi un attimo!" Daichi si alzò in piedi, alzando anche una mano. "Sta arrivando qualcuno."
"Che?" Aki si allarmò subito, chiudendo gli occhi per un istante cercando di avvertire qualche rumore. "Merda." sibilò solamente, prendendo Sarada per il polso. "Dobbiamo nasconderci."
"Non possiamo scendere giù?" chiese lei, confusa da tutta quella preoccupazione.
"Il sigillo ci mette troppo" spiegò il rosso, buttando tutte le armi in un cespuglio. "E' un gruppo di tre ninja, stanno a meno di cento metri da qui."
I tre si scambiarono uno sguardo preoccupato, e cercarono dei nascondigli: Sarada e Daichi sulle fronde di un albero piuttosto fitto e Aki si sistemò più in basso con la Tagliateste tra le mani.
"Perché vi preoccupate tanto?" chiese Sarada a bassa voce, e Daichi si girò verso di lei.
"Perché potrebbero essere Fuyuko e la sua banda. L'ultima volta li abbiamo conciati male, forse vogliono la rivincita."
Tra i tre calò il silenzio, e vi rimase finché i tre ninja sconosciuti non arrivarono dove prima loro si stavano allenando. Sarada spalancò gli occhi nel vedere che l'avevano già trovata, si chiedeva come potesse essere stato possibile. Inojin, Shikadai e Boruto stavano lì in piedi esaminando il territorio, e lei si portò le mani alla bocca.
Daichi le fece un cenno, e lei rispose annuendo, e mimò con la bocca i tre nomi che aveva detto loro anche la sera prima. Daichi capì al volo, e per un attimo non riuscì a capire le intenzioni di Sarada. Avrebbe potuto andarsene in quel preciso istante, uscire allo scoperto e tornare nel suo villaggio. Guardava i suoi amici con uno sguardo sofferente, e quando il primo dei tre parlò, lei portò la mano allo stomaco.
"Te l'avevo detto, Inojin. Non è qui." Shikadai scosse la testa, deluso.
"Cazzo" sbottò Boruto, scuotendo vigorosamente la testa. "Forza, dobbiamo trovarla. Dobbiamo fare prima dei jonin. Io la devo trovare."
"Lo sappiamo" mormorò Inojin, sistemandosi lo zaino sulle spalle indolenzite. "E se penso a come ci siamo salutati...io le devo dire le cose come stanno."
"Calmati, Romeo" rispose il biondo, ridacchiando. "Rivedrai la tua Giulietta prima del previsto, promesso. Ora dobbiamo solo capire dove sia."
"Perché non hai chiamato anche Yutaka? Il suo fiuto ci avrebbe aiutati."
"Perché, Inojin-rincretinito, suo padre ha un esercito di cani. Un. Esercito. Di. Cani. Da. Fiuto."
Shikadai sorrise: "Abbiamo tante cose da dire a Sarada tutti quanti. Ora bando alle ciance, rimettiamoci in marcia."
I tre balzarono via in un istante, e quando Daichi si girò verso Sarada dopo aver osservato tutta la scena, notò che la ragazza era voltata di spalle con le mani strette lungo i fianchi e il labbro inferiore tra i denti. Si chiese se avesse visto o no i suoi amici parlare di lei, ma si rispose che aveva semplicemente ascoltato, quando vide il suo labbro tremare. Solo un brivido, nulla di più. Non c'erano lacrime, singhiozzi, nulla. Solo la pelle d'oca e uno sguardo impassibile negli occhi perso chissà dove.




#AngoloAutrice
Che poi, io dico, non è un angolo questo.
Okay, beh, bando alle ciance sono tornata e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Ammetto che rileggendo il primo capitolo non mi piace per nulla, ma ormai non posso più cambiarlo.
Comunque, il team Sadaki è ufficializzato e già ci sono le prime difficoltà: come reagirà Sarada dopo aver rivisto i suoi amici?
Stay tuned!

Ale xx

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Capitolo 5
*** Questione di amicizia ***


Sarada 04 Riassunto del capitolo precedente: al Villaggio della Foglia si accorgono che anche Inojin, Boruto e Shikadai sono fuggiti per andare dietro a Sarada, e così l'Hokage tre squadre formate da almeno cinque jonin capitanate rispettivamente da Shikamaru e Ino, Sakura e Sai, Sasuke e Hinata. Nel fattempo, Sarada racconta a Daichi e Aki cosa l'ha spinta a scappare, e la mattina dopo iniziano ad allenarsi tutti e tre insieme. Inizialmente combattono solo Sarada e Aki, ma quando quest'ultimo calca troppo la mano, Daichi salva Sarada in uno scatto e allora viene svelato che in realtà Daichi è più forte di Aki, ma che preferisce semplicemente non dimostrarlo. Proprio mentre si stanno allenando avvertono dei rumori e si nascondono, e alla fine scoprono che erano Inojin, Boruto e Shikadai che sono arrivati al covo di Orochimaru. Sarada ascolta la conversazione in cui constatano che non è lì e che devono cercarla, ma non guarda la scena e preferisce guardare dall'altra parte, è solo Daichi a notare che la sua unica reazione è un fremito sulle labbra e lo sguardo impassibile perso nel vuoto.

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04
Finalmente anticipo i tuoi sguardi e provo come un sentimento nuovo



Sarada fissava le fronde degli alberi davanti a lei, scrutava le venature di ogni foglia sperando di smaltire quel peso che aveva nello stomaco dopo quello che aveva sentito. Shikadai era stato lì due secondi prima, lei avrebbe potuto scendere e dirgli tutto con calma ma non l'aveva fatto. Era rimasta lì ad ascoltare la sua voce, ad ascoltare che Inojin doveva chiarire delle cose, ad ascoltare che Boruto doveva riportarla a casa. Eppure, non si era girata a guardarli mentre la sua possibilità di abbracciarli l'ultima volta stava sfumando. Sarebbe bastato anche solo chiamarli, ma non l'aveva fatto. Dopotutto, però, si sentiva veramente una stupida.
"Sarada, ehi..." Aki saltò sul loro ramo, ma in tutta risposta lei lo guardò senza dire una parola, troppo arrabbiata per formulare un pensiero razionale.
"Se vuoi parlarci di qualcosa, sai che siamo qui." concluse Daichi, posando una mano sulla sua spalla.
"Lo so, grazie." rispose lei, ferma col tono della voce. "Credo che andrò a fare una passeggiata. Non so quando torno."
E così dicendo la chunin saltò giù dal ramo, toccando terra con un tonfo leggero. Si incamminò velocemente, recuperando la katana infilata nel cespuglio. Non le importava nulla in quel momento, doveva solo andare via anche da lì, giusto per riprendere fiato.
"Non puoi scappare sempre!" gridò Aki, e Sarada sentì anche il rimprovero che gli fece Daichi subito dopo. Oh sì, aveva toccato decisamente un nervo scoperto.
L'Uchiha si girò verso di loro, che erano arrivati a terra, e si rivolse verso Aki: "Non sto scappando, accidenti a te! Sto solo andando via per un attimo!"
"Stai scappando." ripeté l'altro, caricandosi la spada sulla schiena. "Ammettilo e starai meglio anche con te stessa!"
"Con me stessa sto bene anche senza i tuoi consigli nei momenti meno opportuni" sbottò lei, stringendo i pugni lungo i fianchi, doveva solo mantenere la calma.
"Stai dicendo solo bugie!"
"Non credo tu sia in grado di dirmi se sto sbagliando o meno" Sarada fece una risatina forzata. "Per favore, Aki, lasciami andare. Tornerò."
"Hai detto così anche ai tuoi amici, vero?" l'Hozuki prese un respiro, e alzò la voce. "Eppure non hai nemmeno avuto il coraggio di parlare con loro. Il tuo migliore amico era quello con i capelli neri, no? Shikadai? Se tu sapessi veramente le tue intenzioni saresti andata lì, gli avresti parlato e lo avresti lasciato andare, dicendogli che stai facendo tutto questo per migliorarti, non per stare distante da lui. Ma cosa vuoi tu, veramente? Hai paura dei tuoi amici, ora?"
L'Uchiha alzò gli occhi, furente: "Cosa puoi insegnarmi sull'amicizia? Credo che sia battaglia persa in partenza per te, non metterti contro di me."
Daichi guardò entrambi i suoi amici spaventato. appoggiò una mano sulla spalla di Aki per calmarlo ma lui la cacciò via, espirando profondamente: "Dici così ora perché non sai che cazzo voglia dire essere costretti a non avere amici. Ma tu mica sei stata costretta ad abbandonare i tuoi e lasciarli soffrire senza una motivazione logica."
Sarada non ci vide più, sbatté il piede a terra, strinse gli occhi e gridò con tutte le sue forze: "Sai solo la mia storia, accidenti, chiudi quella maledetta bocca!"
Quando riaprì gli occhi, le zolle di terra davanti a lei erano state ribaltate come se qualcuno le avesse tolte e poi buttate dall'alto, alcuni rami erano a terra e le armi che prima erano nel cespuglio ora erano attorno ai suoi piedi. Aki e Daichi la fissavano sbalorditi, forse leggermente spaventati, ma solo Daichi ebbe il coraggio di togliere le braccia dalla posizione di difesa e avvicinarsi a lei.
"Come stai?" fu l'unica domanda che le pose, e lei in tutta risposta girò lentamente la testa verso di lui con la cera di un fantasma.
Stava per rispondere, ma riuscì solo a perdere l'equilibrio e cadere all'indietro, venendo presa però da Aki, arrivato lì in uno scatto. Quest'ultimo, dopo essersi tolto le bende dal braccio destro, appoggiò le mani sul petto di Sarada dopo aver composto un segno e fece defluire il suo chakra lì, creando una strana luce verde. Sarada era parecchio intorpidita, ma stava combattendo per non perdere i sensi, cosa che solo grazie alle cure istantanee di Aki riuscì a fare. Quando riuscì ad aprire di nuovo gli occhi restando lucida e vigile, la prima cosa che notò fu che Aki stava coprendo un segno strano mentre rimetteva le bende sul braccio. Avrebbe voluto chiedergli di più, ma in quel momento non ne aveva le forze. Era già un miracolo che fosse rimasta sveglia.
"Adesso basta Sharingan" Daichi le sorrise, ma mentre stava per caricarsela sulle spalle, Aki lo precedette e la prese in braccio, informandolo solo che l'avrebbe portata dentro. Una volta raggiunto l'interno l'adagiò sul suo letto a due piazze, decisamente più comodo rispetto in cui le aveva dormito la notte prima. Le porse anche una sua maglietta e le sfilò il coprifronte sperando che si riprendesse più in fretta. Lasciò solo la luce bassa, spense quella del lampadario e si sedette sul letto accanto a lei. La guardò, e guardandola constatò di essere stato veramente stupido per averla fatta arrabbiare così. In fondo lei aveva ragione, cosa ne sapeva lui della sua vita? Poteva solo provare ad immaginare come fosse vivere in un villaggio, ma lui non era mai cresciuto in compagnia di altri bambini, non capiva cosa voleva dire essere accerchiato da tante persone. Non gli piaceva assomigliare a suo padre, lui lo odiava, ma era in quei momenti che si rendeva conto di essere come lui. Arrogante e strafottente, sempre così. E i risultati erano sempre quelli.
"Sono una stupida..." mormorò appena Sarada, girandosi verso Aki. "Li ho lasciati andare. Io non voglio tornare, ma voglio solo parlare."
"Abbiamo qualcosa in comune" le fece notare il ragazzo, riferendosi all'essere stupidi. "Ma non devi fare questi discorsi con me, perché io voglio che tu resti. Non sono parziale."
"Perché vuoi che io resti?"
Giusta domanda. Ma lui non lo sapeva, lo voleva e basta. Per una volta voleva aiutare qualcuno invece di causare solo disastri.
"Perché di sì. Siamo il team Sadaki, no? E in più ti ho promesso che non ti abbandono...mi dispiace, Sarada."
La mora alzo appena le sopracciglia, confusa: "Per cosa?"
"Per averti fatta arrabbiare. Non volevo farti attivare lo Sharingan...io sono così abituato a pensare solo per me stesso che non riesco a capire che tu sei una ragazza che è appena scappata dal proprio villaggio. Dammi solo il tempo di abituarmi e ti prometto che diventerò un angioletto."
Sarada ridacchiò appena: "Tranquillo, io prometto che imparerò a contenermi." e poi tirò fuori dalle coperte la mano, porgendo il mignolo ad Aki. "Prometti che mi impedirai di andarmene?"
Il ragazzo osservò il dito dell'Uchiha, stranito, ma poi lo strinse con il suo, sorridendo: "Prometto."

Quando Sarada riaprì gli occhi, sentì due voci nuove provenire dalla cucina insieme a quelle dei suoi compagni di team. Non le aveva mai sentite prima, quindi escluse che si trattasse di qualcuno in cerca di lei. Riuscì ad alzarsi dal letto velocemente, e si appiattì addosso alla parete della sua camera in modo da riuscire a sentire ciò che stavano dicendo. Stavano parlando di viaggi, sentiva Aki inveire alquanto animatamente contro il rientro di queste persone fin troppo in anticipo, quindi immaginò che si trattasse di Karin e Suigetsu, i loro genitori. Forse, pensò la ragazza, potevano essere loro la chiave di tutte le risposte che cercava. Del resto, avevano vissuto con Sasuke per un bel po' di tempo, non potevano non sapere nulla. Oltre alla grida di Aki sentiva anche Daichi riconfermare il pensiero dell'amico, rimproverando sua madre di essere rientrata troppo presto. E poi sentì la domanda che la donna fece a suo figlio: "Chi c'è in camera? Avverto un flusso di chakra molto potente."
"Un'amica" rispose lui, usando un tono parecchio duro.
Purtroppo la donna non cedette, e proprio quando le domande si facevano più intense, la porta della sua camera venne aperta di scatto e Aki la guardò confuso, vedendola attaccata alla parete come un'idiota. Come il suo solito poi scoppiò a ridere e le diede una sonora pacca sulla spalla: "Sono arrivati quei miserabili dei nostri genitori, penso tu lo abbia già capito. Vieni, ti presentiamo."
"Eh?" sbottò Sarada, tirandosi indietro. "Io...non sono pronta!"
"Senti, non fare complimenti. Tu ora sei sotto la protezione mia e di Daichi, quei due non ti possono toccare nemmeno se vogliono. Chiaro? Tu fai solo domande e rispondi a ciò che ti chiedono, al resto ci pensiamo noi."
"La fai semplice tu!" Sarada si ritrovò a piagnucolare come un'idiota mentre si dava una sistemata ai capelli. "Mi vergogno."
"Dopo questa mi metto a ridere" la rimproverò il ragazzo, prendendole il polso ed avvicinandola a lei. "Senti, piccola Uchiha lunatica, tu vai lì e ti presenti come la strafiga figlia di Sasuke, okay?"
"Così mi offendi" borbottò scherzosamente Sarada, ma alla fine si ritrovò a percorrere il corridoio al fianco di Aki. Anzi, più precisamente, dietro ad Aki. Quando arrivarono in cucina si fece improvvisamente silenzio, e la ragazza si perse nell'osservare i due adulti davanti a lei. Si rese conto che Aki era veramente simile a suo padre, nel colore dei capelli e degli occhi, pure nella forma del fisico e, a quanto vedeva, anche nell'abilità di spadaccino, dato che anche Suigetsu portava una spada sulla schiena. L'unica differenza era che Aki riusciva ad avere anche un aspetto rassicurante, mentre Suigetsu sembrava essere una persona fredda e disinteressata. Poi passò a Karin, e constatò che Daichi aveva preso dalla donna solo il colore dei capelli, nulla di più. Per fortuna non aveva preso da lei gli occhi o quant'altro, perché ispiravano tutt'altro che fiducia. Sarada però non poteva non notare che, tra tutti i ninja che lei avesse mai visto, solo lei indossava gli occhiali.
"Decisamente un'Uchiha" sorrise Suigetsu, squadrandola da capo a piedi. "Sei identica a tuo padre."
"Non lo prendo come un complimento" confessò la ragazza, schiarendosi la gola. "Sono Sarada Uchiha, piacere."
La donna di fronte a lei indicò prima se stessa e poi il suo compagno: "Io sono Karin e lui è Suigetsu, credo che loro due ti abbiano parlato di noi."
Non troppo bene, pensò Sarada, ma tenne il pensiero dentro di sé, uscendosene con un sorrisetto che poteva fare invidia perfino ad Aki: "Certo che sì."
"E come mai sei qui?" Suigetsu si sedette su una sedia, appoggiando la spada vicino a lui. "Insomma, da quanto mi ricordo il nostro Sasuke vive al Villaggio della Foglia con sua moglie e sua figlia, appunto. Però tu sei qui."
"Sì, ecco...me ne sono andata. Ho bisogno di sapere cosa è in grado di fare il mio Sharingan, e nessuno mi rispondeva mai. Quindi ho deciso che avrei trovato le risposte da sola."
"E hai trovato loro due" concluse Karin, sistemandosi gli occhiali sul naso aquilino. "Quali sono i tuoi piani, ora? Vuoi metterli in pericolo?"
"Mamma" sibilò Daichi, guardando la donna con cattiveria. "Sarada è con noi perché siamo stati noi a chiederglielo, lei non vuole fare proprio nulla. Chiaro?"
La rossa annuì, divertita, e lasciò la parola a Suigetsu. Lui guardò prima Sarada e poi suo figlio: "E tu che mi dici, Akito? Hai qualche novità?"
"Preferirei che tu rispondessi alle sue domande piuttosto che porle a me" brontolò il ragazzo, mettendosi di fianco a Sarada. "Avanti."
L'attenzione dei due adulti allora si concentrò su Sarada, che in quel momento si sentì piccola piccola. Però si doveva fare forza, se voleva delle risposte doveva per forza iniziare da qualche parte. Del resto, con lei c'erano comunque Aki e Daichi.
"Cosa sapeva fare mio papà?" Sarada fece la prima domanda, puntando più su Suigetsu.
Infatti fu lui a ridacchiare e a rispondere: "Sapeva fare tante cose. Lui ha il potere eterno degli occhi di tuo zio Itachi grazie ad un intervento voluto proprio da Itachi, sa evocare Susanoo e anche Amaterasu. In più aveva tutte la carte in regola per battere Orochimaru, quindi era uno dei ninja più temibili in assoluto. Ora non so come sia, francamente."
Di tutte le cose che aveva sentito, Sarada riconobbe solo il nome di suo zio, che tra l'altro per lei non era altro che un semplice nome collegato ad una fotografia. Sasuke sapeva fare tutto quel casino però non le aveva mai detto nulla. A quel punto, ai suoi occhi era solo una persona che non serviva assolutamente a nulla.
"Senti, Sarada, io non credo che questo potrà esserti utile" Karin le appoggiò una mano sulla spalla, e Daichi mosse un passo verso di lei. Inutile dire che aveva con Karin lo stesso rapporto che Sarada aveva con Sasuke e Aki con Suigetsu. La fiducia non era per nulla di casa. "Fidati, questo genere di risposte non ti servono a niente."
"Cosa vuoi dire?" le chiese allora Sarada, fissandola negli occhi. "Dovrò pur cominciare da qualche parte."
"Non dico che tu non debba iniziare" Karin la parlò con estrema naturalezza, guardando Sarada con una nota di premura. Daichi non riusciva a capirne il motivo. "Dico solo che tu debba iniziare a lavorare lo Sharingan su di te, le storie del passato non ti possono condizionare, anzi, potrebbero metterti in pericolo. Tieni conto che evocare Amaterasu e Susanoo ha quasi reso cieco tuo padre, è meglio che tu non venga a conoscenza di quel genere di abilità. Avremo tempo di parlare di chi era Sasuke quando sarai pronta a saperlo."
Sarada si ritrasse leggermente, confusa, ma qualcosa le diceva che Karin stava parlando seriamente. Più che altro si chiedeva com'era possibile che fosse passata da un tono così ostile ad un tono dolce e premuroso. Daichi era ormai a fianco della ragazza, la sua mano era pronta a scattare per portare via Sarada nel caso sua madre stesse tramando qualcosa. Non aveva mai parlato così nemmeno a lui.
"Non capisco...cos'ha fatto mio padre per avere questa fama dappertutto?"
"Vedi, Sarada, i ninja quando sono giovani e hanno poco più della vostra età commettono degli sbagli di cui non vanno fieri, e non vogliono raccontarli ai loro figli, ma è normale. Sono verità che solo altre persone sanno, e magari chi dovrebbe saperle di diritto, non ha idea di cosa siano. Tutta la tua attuale famiglia è un mistero, ma te lo potremo svelare solo quando sarai pronta. Non ora."
"Ora basta, accidenti" Daichi afferrò saldamente il polso di Sarada, allontanandola da sua madre. "Volevamo chiarire delle cose, non creare più confusione. Perché gliel'hai detto così? Quando le dirai, o direte, tutte queste grandi verità?"
"Quando lei sarà pronta e grande abbastanza per tornare nel suo villaggio e guardare le persone che l'hanno cresciuta per quelle che sono." rispose Suigetsu. "Ora non è nemmeno immaginabile che lei ci riesca. Deve crescere in ogni senso possibile. Ora ha una motivazione in più."
"Motivazione?" ridacchiò Aki, raggiungendo finalmente i due ragazzi. "Scherzi, vero? E' venuta qui fin troppo motivata, ora cosa dobbiamo fare noi?"
"Dovete aiutarla ad aprire gli occhi" rispose suo padre, caricando la spada sulla schiena. "Portatela in giro per i villaggi, fatele vedere tutto quanto. E' una fuga? Bene, non si fugge rimanendo nascosti sottoterra, ragazzini. Probabilmente scoprirà tutto prima che glielo potremo dire noi. Ma tanto meglio."
"Ora basta" sbottò Aki, sbattendo il palmo a terra ed aprendo le scale, facendo entrare più luce. "Andatevene."
"Volentieri, figliolo" Suigestu ripeté lo stesso sorriso che Aki era solito a fare, e salì le scale facendo un cenno ironicamente cordiale a Sarada. Karin invece non disse nulla, strinse solo un'ultima volta la spalla di Sarada e poi sparì alle spalle di Suigetsu, mentre Aki chiudeva il sigillo più in fretta possibile.
"Che giornata di merda" mormorò solo la ragazza, passandosi una mano tra i capelli neri, esasperata. "Prima di sera mi ritroverete con una corda appesa al collo."
"Niente stronzate, ninja della Foglia," sghignazzò Aki, decisamente più felice. "Ci siamo in tre in questa situazione. Non puoi lasciarmi di nuovo da solo con questo qui!" disse indicando Daichi, che non ci mise molto a mollargli un sonoro pungo sulla spalla. Tutti e tre scoppiarono poi a ridere, ma nessuno in cuor suo era del tutto tranquillo.


Inojin se ne stava seduto su un ramo con le gambe a penzoloni, stava giocherellando con le punte dei suoi capelli giusto per ammazzare il tempo. Di fame non ne aveva nemmeno un po', la delusione di poco prima era bastata per fargli passare l'appetito. Era quasi arrabbiato, ma non sapeva se era perché non riuscivano a trovarla o se era perché sapeva che la goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato proprio lui. Si malediceva costantemente per essersi lasciato abbindolare, ma la situazione era stata così strana che lui non poteva immaginare che sarebbe successa una cosa del genere: stava parlando proprio di Sarada quando la ninja del Suono si era avvicinata a lui. Si sentiva fin troppo stupido, avrebbe voluto vedere Sarada per dirle tutto quanto: che gli dispiaceva, che voleva riaverla a casa, che gli piaceva da anni. A quel punto, in mezzo a tutta la confusione, non sapeva nemmeno se le piaceva perché le piaceva o per abitudine. Era talmente assuefatto a pensare a lei come la ragazza di cui era innamorato che aveva tralasciato qualsiasi altro tipo di rapporto che poteva avere con lei.

"Inojin!"
"Sarada!" il biondo si girò, e strinse la ragazza in un abbraccio. "Ce l'abbiamo fatta!"
"Puoi dirlo, finalmente chunin!"
I due ripresero fiato, dopo tutta quell'agitazione quasi quasi avevano dimenticato di respirare. Erano passati quasi tutti, solo Boruto, Yutaka e Chouchou avrebbero riprovato l'anno successivo. A quel punto potevano iniziare ad andare in missione, e di certo non aspettavano altro.
"Possiamo considerarci veri ninja ora."
"Lo eravamo già prima, dai!" Sarada ridacchiò sistemandosi il coprifronte, orgogliosa di poterlo finalmente indossare. "Cosa farai oggi?"
"In realtà dovevo decidere con Shikadai ma poi ci siamo dimenticati, quindi...non saprei, veramente. Tu?"
"Nessun programma" la ragazza fece un sorriso, prendendo Inojin per la manica della giacca. "Allora andiamo noi due da qualche parte, no? Raggiungeremo Shikadai nel pomeriggio."
Il biondo sentì il suo cuore fare un salto, e non poté fare altro che sorridere come un idiota e spostare la sua mano attorno a quella di Sarada, trascinandola poi in giro per il villaggio.

Inojin sorrise a quel ricordo, consapevole di non poterlo più ripetere ancora per parecchio tempo. Gli faceva male sapere di aver sprecato così tante occasioni, magari se avesse detto a Sarada ciò che provava forse lei sarebbe stata ancora al villaggio, e tutto quel casino non sarebbe mai successo.
"Inojin, dai, andiamo!" Shikadai lo chiamò, e lui fece finta di essersi perso con lo sguardo.
Infatti ridacchiò e portò la mano dietro la nuca: "Scusate, mi ero incantato."
"Forza, Inojin-rincretinito, dobbiamo andare" Boruto alzò il pollice in aria. "Dobbiamo ancora trovarla, se ti ricordi."
"Me lo ricordo, tranquillo" sorrise il biondo scendendo dall'albero, pronto per ricominciare la caccia al fantasma.


Le squadre di jonin proseguivano la ricerca senza alcun genere di progressi. Purtroppo il clan Inuzuka non aveva potuto prendere parte alla spedizione, lasciando quindi i ninja senza tracce sicure. Era un po' una ricerca ad occhi chiusi: sapevano bene chi cercare ma non sapevano dove cercare. Ino e Shikamaru stavano perlustrando tutta la zona est di Konoha, Sakura e Sai quella ad ovest mentre Sasuke e Hinata erano già usciti da Konoha, e si stavano dedicando al perimetro di Suna. Grazie alle ricetrasmittenti si tenevano tutti quanti in contatto con Naruto, così l'Hokage riusciva ad avere sempre tutte le loro posizioni.
"Sembra che non abbiano ancora trovato nulla" mormorò Naruto, sbuffando.
"Devi avere pazienza, Settimo" Temari appoggiò una mano sulla sua spalla. "Vedrai che li troveranno."
"Non sono preoccupato per Shikadai, Sarada o Inojin...loro sono ninja in gamba, già formati e con la testa sulle spalle. Bolt, invece...ah, quel guastafeste è capace solo di farsi male."
"Devi avere più fiducia in lui" Temari si sedette sulla sedia davanti alla scrivania. "Se ha passato gli esami per diventare chunin vuol dire che ha tutte le carte in regola. E poi non è da solo, ricorda che è in una squadra che gli può guardare le spalle."
"Sembra che tu non sia nemmeno preoccupata per tuo figlio."
La donna sorrise, e poi sospirò: "Per quanto Shikadai sia sfaticato come suo padre, ci mette il cuore nelle cose che fa, e se vuole può raggiungere qualsiasi obbiettivo. E' ovvio che io sia preoccupata per lui, ma allo stesso tempo sono felice che abbia fatto questo, perché significa che lui tiene veramente all'amicizia che ha con Sarada. Vuol dire che in fondo è più grande di quanto io pensassi."
Naruto ci pensò un po' su, e concluse che Temari aveva pienamente ragione. Restava solo che sperare che avesse preso la prudenza di Hinata e non la sua.


"Okay, ora dobbiamo chiarire un po' di cose" Sarada portò le mani ai fianchi, seria più che mai. "Mi dovete spiegare che fine ha fatto il quarto membro del team Taka, ovvero Juugo, chi è Fuyuko e gli altri due che ha nominato quando ero con Aki" poi indicò l'Hozuki. "Perché hai le bende sul braccio destro che ti sei tolto per medicarmi e perché dovrei concentrarmi sullo sviluppo dell'abilità prima di conoscere le risposte che cerco."
"Poi sarà anche il nostro turno, vero?" Daichi imitò la postura di Sarada. "Allora, non sappiamo più nulla di Juugo, non che i nostri genitori ce ne parlino più di molto. Sappiamo solo che è sparito. Fuyuko è una nostra nemica, e insieme a Ryoichi e Tatsuya formano un trio parecchio rompicoglioni. Purtroppo loro sanno dove stiamo nascosti, ma solo io e Aki sappiamo sbloccare il sigillo, fortunatamente. Fatto sta che però siamo entrati in conflitto anni fa, e ci scontriamo quasi regolarmente. Finalmente combatteremo alla pari con te in squadra, la prossima volta."
"Chi vi dice che voglio combattere?"
Aki appoggiò scherzosamente il mento sulla testa di Sarada, ghignando: "Ce lo dice il fatto che siamo il team Sadaki, cara mia. E volente o nolente comunque ci finirai in mezzo, poi deciderai tu se buttarti nella mischia o meno."
L'Uchiha scivolò via dalla sua presa, fulminandolo con lo sguardo: "E perché mi avevi detto che era una storia lunga?"
"Perché è una storia lunga, solo che al momento non avevo voglia di raccontartela."
"Che simpatico" brontolò Sarada, incrociando le braccia. "E che mi dici di te? La questione delle bende?"
"Altra storia lunga" sibilò Aki tra i denti, ma Sarada riuscì a prendere il lembo della maglietta prima che si allontanasse.
"Io ti ho detto tutto, ora tocca a te!" sbottò lei, incrociando le braccia. "Chi è che scappa sempre, ora?"
Aki fece un sorrisetto: "Non citare le mie frasi, ninja della Foglia. Hanno il copyright."
Daichi scosse la testa portandosi una mano alla fronte, esasperato. Sarada invece si limitò a fissarlo, un po' scocciata ma un po' divertita. Così Aki dovette prendere un respiro, sedersi sul tavolo e iniziare a raccontare una storia che solo Daichi sapeva: "Quando sono nato c'era una specie di piccola guerra in corso tra il Villaggio del Suono e quello della Nebbia, dove mia madre mi stava dando alla luce. Mio padre la difendeva, combatteva chiunque le andasse vicino. Non che lei avesse fatto qualcosa di male, ma sai, erano ninja stronzi e non volevano che il Villaggio della Nebbia crescesse sempre di più" il sorriso di Aki andava via via spegnendosi. "Così appena sono nato mio papà mi ha portato via da lì, lasciando per un attimo mia mamma senza copertura. Mi ha nascosto da qualche parte, è tornato sul campo di battaglia ma lei era quasi già morta. Così mio padre non ha nemmeno fatto in tempo a girarsi che avevano preso anche me, stavano per ammazzarmi ma lui li ha scaraventati via e ha trasferito il chakra della mamma dentro di me, sigillandolo col simbolo che ho sulla spalla. Lei era un ninja medico, così le sua abilità curative ora le ho io, solo che preferisco usarle solo se ce n'è necessità. Preferisco essere un ninja che combatte, piuttosto che ciò che era mia mamma."
Sarada rimase a bocca aperta, non aspettandosi nulla di tutto ciò. Aki la guardava negli occhi con lo sguardo perso in qualche ricordo, ma la domanda che lei gli doveva fare le venne spontanea, e la disse senza nemmeno pensare.
"Se tu avevi poco più che qualche minuto, come fai a ricordarti tutto?"
"I ricordi sono nel chakra di mia mamma, da solo non potrei sapere niente di tutto ciò" il ragazzo si strinse nelle spalle. "Se il sigillo è coperto non può fare nulla, ecco perché tengo le bende."
"Io vi lascio parlare" sorrise Daichi. "Ho diverse cose da finire. Preparate voi il pranzo, eh?"
I due annuirono, e il rosso si dileguò, chiudendosi dentro il suo studio. Chissà per quale motivo alla fine Daichi non aveva mai segreti e invece Aki doveva esserne coperto.
"Perché mi hai detto che ti aveva abbandonato?" domandò Sarada, sedendosi sul tavolo accanto a lui.
"Perché è una storia che non mi diverto a raccontare. Mi dispiace."
L'Uchiha si strinse nelle spalle, e poi sorridere: "Guarda che non vale che solo io devo romperti i coglioni con le mie fisse mentali. Puoi farlo anche tu."
Aki scosse la testa, divertito, e poi girò il viso verso Sarada: "Ci sto, ninja della Foglia."
"Un'ultima domanda" disse la ragazza, confusa. "Perché non indossi il coprifronte mentre Daichi sì?"
"Perché quelli del Suono si ricordano di me e di mio padre, se vedessero il coprifronte sarebbe battaglia persa in partenza per noi. Lo metto solo in caso di combattimenti seri."
"Quindi è per questo che Fuyuko è tanto arrabbiata? Lei sa chi sei?"
"Eccome se lo sa!" Aki scese dal tavolo, sgranchendosi le braccia. "Purtroppo sì. Ma finora io e Daichi abbiamo sempre avuto la quasi meglio."
Sarada sorrise, scendendo dal tavolo per raggiungere Aki. Non parlarono più dell'argomento, anzi, cambiarono totalmente discorso. Per la prima volta Sarada si mise a cucinare, e non avendolo mai fatto prima, Aki trovava ogni pretesto buono per prenderla in giro e insegnarle come andava fatto correttamente. Ridevano per ogni cosa, specialmente quando Sarada buttò metà del sacchetto di riso in testa al ragazzo, che ormai esasperato non fece altro che ridere. Si misero anche a ballare il valzer aspettando che il riso cuocesse, sebbene nessuno dei due sapesse bene i passi. Ma era una cosa fatta tanto per, tanto a loro bastava divertirsi. Daichi li osservava dal suo studio in fondo al corridoio, e sorrideva pensando che finalmente Aki aveva trovato un'amica che lo aiutasse a fare i conti con tutta la sua storia.


Sasuke era salito sul punto più alto dell'albero più vicino per riuscire a parlare con Naruto senza che la linea venisse costantemente interrotta. Hinata stava perlustrando la zona con il Byakugan, allora lui ne aveva approfittato per riposarsi un attimo. Sentiva la stanchezza del viaggio precedente gravargli sulle spalle, ma non era comunque più pesante della consapevolezza che Sarada fosse chissà dove.
"Sasuke, ehi, mi senti?"
Lo shinobi portò la mano sull'auricolare, avviando il contatto: "Forte e chiaro."
"A che punto siete?"
"Siamo a metà del perimetro di Suna, penso che dopo passeremo al Villaggio della Terra. Lì come vanno le cose? Novità?"
Naruto girò sulla sedia, fermandosi poi con i piedi addosso alla scrivania: "Purtroppo no. Come sta Hinata? E' stanca?"
"E' più in forze di me" brontolò Sasuke, appoggiando la schiena al tronco.
"Mi è venuta un'idea" Naruto appoggiò i gomiti alla scrivania. "Perché non provi con Susanoo? La troverebbe subito."
"Non ho chakra a sufficienza. Per chiamare Susanoo mi servirebbe almeno il quadruplo di chakra."
Il Settimo sbuffò: "Capisco, certo, hai ragione. Meglio non fare cazzate. Hai notizie dalle altre squadre?"
"Ino e Shikamaru hanno trovato tracce di un gruppo di tre ninja, ma non possiamo sapere se sono loro. Sakura e Sai invece ancora nulla."
"Va bene, del resto siete partiti solo da qualche ora. Ci sentiamo più tardi, teme."
"A dopo, dobe."





Eccoci qui.

Mi scuso per il ritardo, ma alla fine ho più voglia di scrivere che di pubblicare, perciò in questo periodo mi sto dedicando solo alla stesura dei capitoli, tant'è che sono al capitolo dieci :')
Comunque, le scuole sono iniziate e i ritmi si fanno difficili per tutti quanti, quindi innanzitutto volevo fare gli auguri a tutti per un buon inizio e per chi ha gli esami a fine anno, auguro ancora più fortuna.
Passiamo al capitolo, che dite?
Insomma, sono un po' tutti in giro, come finiranno le questioni lasciate in sospeso?
Stay tuned!

Ale xx

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Capitolo 6
*** Psicologo ***


Sarada 05

Riassunto del capitolo precedente:dopo aver lasciato andare via Inojin, Boruto e Shikadai, Sarada si rende conto di aver commesso uno sbaglio e vuole allontanarsi dai Daichi e Aki per prendere aria, ma Aki glielo impedisce scatenando così la rabbia della ragazza, che dopo aver fatto involontariamente utilizzo viene portata dentro proprio da Aki, e dopo essersi chiariti concludono che Sarada fa promettere ad Aki di non lasciarla mai andare via. Al suo risveglio, Sarada conosce Karin e Suigetsu, rientrati in anticipo, e parlando con loro Karin le rivela che non è ancora pronta per sapere la verità su Sasuke e che farebbe meglio a sviluppare la sua abilità prima di cercare tutte le risposte che vuole. Aki si arrabbia e allontana i due adulti da Sarada, cacciandoli via. Successivamente i tre si riuniscono per chiarire un po' di cose: Daichi spiega che Fuyuko, Ryoichi e Tatsuya sono un team che si scontra regolarmente con loro. Il motivo viene spiegato dopo da Aki, che racconta che quando è nato c'era una guerra tra Suono e Nebbia in corso e appena nato i ninja del Suono hanno ucciso sua mamma, ma Suigetsu è riuscito a salvare lui trasferendo il chakra della donna - a sua volta ninja medico - dentro di lui, procurandogli il sigillo che tiene nascosto dalle bende sul braccio destro e i ricordi che la donna aveva dal momento in cui scoprì di essere incinta. Essendo quindi Fuyuko ninja del Suono dà la caccia ad Aki perché sa bene di quell'episodio e vuole saldare i conti. La riunione si conclude comunque giocosamente quando Aki e Sarada preparano la cena mentre improvvisano un valzer.
Nel frattempo, Inojin è convinto che la colpa sia sua e ci pensa sempre di più, anche se i suoi compagni cercano di distrarlo.
Infine, le squadre di jonin continuano la ricerca, Naruto parla con Temari di suo figlio e la donna lo rassicura, dicendo che comunque è in compagnia. Sakura e Sai non trovano nulla, Shikamaru e Ino trovano delle tracce ma non sono sicure, Naruto parla con Sasuke e gli consiglia di usare Susanoo, ma l'Uchiha è a corto di chakra e non può fare nulla.


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05
Quando scoprirai che il grande amore esiste, che c'è ancora chi resiste.



Era passata una settimana da quando Sarada, Aki e Daichi avevano ufficializzato la nascita del team Sadaki.
Sarada continuava ad allenarsi duramente, a tratti combatteva utilizzando lo Sharingan, e sebbene ci riuscisse per pochi minuti era comunque un bel traguardo. Diventò più brava nel combattimento con le armi, specialmente ad usare la katana, grazie ad Aki. Lui le insegnò anche un paio di arti magiche di difesa, mentre Daichi arbitrava gli allenamenti per non stancare troppo nessuno dei due. Erano un bel trio, non c'era dubbio. Erano molto in sintonia, non litigavano quasi mai - tranne gli eventuali battibecchi tra Sarada e Aki - e riuscivano sempre a divertirsi, in qualche modo. Non avevano più parlato delle loro storie, avevano pensato solo a costruire quella del team Sadaki. Chiarito poi che la loro partenza sarebbe stata una settimana dopo ancora, si lasciarono come giorno libero la domenica, giusto per riprendere le forze. Avevano anche allestito la camera di Sarada: oltre al fatto che Daichi era andato su al Villaggio dell'Erba per comprare un po' di vestiti per l'Uchiha, avevano anche dato una pulitina in giro e messo delle lenzuola nuove. Era tutto perfetto: sembrava che nulla potesse ritardare la loro partenza senza meta e senza un preciso scopo.
Per lo meno, questo fino a quando Sarada non aprì gli occhi quella domenica mattina.
Era parecchio indolenzita dagli allenamenti precedenti, gli occhi le bruciavano appena ma tutto sommato riusciva a stare in piedi. L'unica disgrazia erano i suoi capelli, che arrivando ben al di sotto delle spalle, non volevano decidersi a stare bene. Certo, mentre li teneva legati per gli allenamenti erano perfetti ma quando poteva tenerli sciolti per una giornata, ecco che non si potevano vedere. Se avesse saputo una tecnica stupida per i capelli, l'avrebbe di certo usata. Poi sorrise tra se e se, perché se quella fosse stata una tecnica stupida, c'era un motivo. Le sembrava di essere come Ino, quando andava a casa di Inojin lei era sempre preoccupata per qualcosa che riguardava il suo aspetto e suo marito Sai rideva in modo un po' inquietante. Peccato che non fosse a casa di Inojin e che lui non fosse nemmeno nei paraggi. Sarada comunque si stava impegnando per pensare alla sua vecchia vita il meno possibile, e spesso erano Daichi e Aki ad aiutarla in questo arduo compito, specialmente poi quest'ultimo, col qualche aveva sviluppato uno strano rapporto di amicizia. Tutto sommato, niente andava più male da una settimana a quella parte. Per lo meno, fino a quel momento.
Sarada si vestì velocemente e raggiunse poi la cucina, dimenticandosi perfino dei capelli disastrosi. Aveva un languorino che poteva concorrere a quello che Chouchou aveva di solito. Non si preoccupò nemmeno di vedere l'ora, infatti quando arrivò in cucina pensò solo a battere la mano sulla spalla di Daichi e poi raggiungere la credenza per prendere i cereali. Il rosso rispose con un grugnito, ma Sarada aveva imparato che Daichi, quando era appena sveglio, era intrattabile. Ancora più di Aki.
"Dov'è finito quell'altro?" domandò Sarada in uno sbadiglio, sedendosi di fronte al rosso. Era strano, di solito se uno di loro due cercava Aki era sicuro di trovarlo in cucina a mangiare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro.
"Non lo so, forse è in bagno. Di solito non va via a quest'ora."
"In bagno non c'è nessuno" lo informò la ragazza, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Sarà uscito."
Daichi sbuffò, appoggiando la tazza poco distante da lui e picchiando la fronte sul tavolo: "Ha lasciato qui l'auricolare, quel mentecatto. Dove cazzo si è ficcato?"
Sarada sorrise appena, divertita dal linguaggio mattutino di Daichi. Era in quei momenti che veniva fuori il lato Uzumaki del ragazzo. Del resto però aveva ragione, non era da Aki andarsene alle otto della mattina. Per giunta di domenica e senza lasciare tracce. A quel punto i due non sapevano nemmeno se avesse fatto apposta a lasciare lì l'auricolare.
"Quello lì si farà ammazzare, te lo dico io" sbottò il rosso, picchiando di nuovo la fronte sul tavolo. "L'ha sempre fatto, fin da quando era bambino. Spariva per delle ore senza dirmi nulla. La sua ultima bravata risale al mese scorso, quando è uscito ed è tornato in mutande dicendo che un procione l'aveva assalito nel mezzo della foresta. Il giorno dopo mi ha raccontato che aveva semplicemente provato ad abbordare una ninja a caso e lei si era incazzata." il ragazzo scosse la testa, sorridendo per il ricordo. "Quando combattiamo, lui è sempre quello che va davanti, giusto per fare il sono-figo-solo-io della situazione. I suoi attacchi sono stati respinti parecchie volte prima che cominciassero ad essere efficaci. E per forza, dico io. Era un idiota che ballava il tango con una spada che nemmeno riusciva a maneggiare. Fortunatamente la pubertà ha fatto miracoli."
"Eccome, direi" commentò Sarada, arrossendo subito dopo per aver detto una cosa senza nemmeno pensarci. Inutile dire che Daichi scoppiò a ridere come un deficiente. Stava quasi per mettersi a piangere dalle risate.
"Come come, scusa?" Daichi trovò finalmente la forza di guardarla negli occhi. "Ora mi metterò a pensare male."
"Baka!" lo riprese Sarada, tirandogli uno schiaffo. "Non fare l'idiota, Dai-kun. Era solo una constatazione."
Il rosso annuì, trattenendo l'ultima risata: "Okay, okay. Tranquilla, il tuo segreto è al sicuro con me."
"Cosa?!" la ragazza tirò un urletto a dir poco spaccatimpani, e picchiò le mani sul tavolo. "A me piace Inojin, lo sai!"
"Il biondino che diceva di doverti dire delle cose? Ma dai, quello è un amore tutto costruito. Non ti rendi conto di ciò in cui credi? Pensi di essere innamorata in base a che cosa?"
"Ehi, da quando sei il mio psicologo?" Sarada incrociò le braccia al petto, appoggiando la schiena alla sedia. "Non sono ancora da ricoverare."
Daichi sorrise, portando scherzosamente la mano su quella di Sarada: "Tranquilla, io ti capisco, Sarada-chan."
"Ma vaffanculo" sbottò l'altra, guardandolo male. Anche se, se ci fosse stato Aki, sarebbe stata la fine del mondo. Sarebbero andati avanti finché lei non lo avrebbe ammesso anche se non fosse stato vero.
"Dai, parlando seriamente. Da quanto ti piace questo Inojin? Cos'ha di speciale?"
L'Uchiha infilò la mano nel sacchetto dei cereali, e poi sospirò. Niente, era stata incastrata. Doveva parlare di Inojin Yamanaka.


Shikamaru e Ino proseguivano le ricerche ad est di Konoha perlustrando attentamente ogni zona. Erano riusciti a far avere a Kiba un campione delle tracce di quei tre ninja che pensavano fossero i loro ragazzi, ma la risposta di Kiba risultò negativa, e la caccia al fantasma proseguì. Essendo abituati fin dalla tenera età a lavorare come squadra, i due proseguivano anche velocemente, ma non avevano ancora trovato nulla. Purtroppo tutte le loro speranze erano andate in fumo con l'esito che l'Inuzuka aveva fornito. Tuttavia non demordevano, continuavano a perlustrare minuziosamente ogni porzione di territorio in cui mettevano piede, sebbene le armi a loro disposizione non fossero delle più efficaci.
Sakura e Sai invece proseguivano con la parte ad ovest, erano arrivati già al Villaggio della Pioggia. Non avevano ancora trovato nulla, sapevano però che le notizie di quelle molteplici fughe erano giunte fin lì, e non sapevano come erano potute arrivarci. In ogni caso nessuno si era messo a cercare o a chiedere in giro, perciò venne dimostrato ancora una volta che i Villaggi erano uniti solo in caso di minaccia comune, in caso contrario, ognuno era lasciato ai proprio problemi. Comunque Sai e Sakura non si davano per vinti, continuavano la loro ricerca con determinazione e costanza. Del resto, c'erano i loro figli tra le voci che correvano.
Sasuke e Hinata, infine, avevano finito di controllare il perimetro di Suna e si erano dedicati poi al Villaggio della Terra, e una volta finito anche quello, si erano spostati al Villaggio della Nuvola, ed erano arrivati a metà della costa quando dovettero entrambi prendersi una notte di pausa a causa del consumo di chakra dovuto all'utilizzo di Sharingan e Byakugan, usati costantemente. Sebbene le loro tecniche fossero infallibili, non erano ancora stati in grado di trovare qualcosa: una traccia, qualche oggetto. Nulla di nulla.
Naruto, invece, aspettava di ricevere il via di Sasuke per avvisare tutti i Kage e farsi aiutare, ma sapeva fin troppo bene che il suo amico era un gran testone fin troppo orgoglioso, e che avrebbe ceduto molto difficilmente, anche se le circostanze lo mettevano comunque a dura prova. Temari faceva costantemente avanti e indietro da Suna a Konoha, passava un giorno in mezzo in un Paese e l'altro giorno e mezzo in quell'altro. Faceva qualcosa anche lei, restando comunque lì, riuscendo a farsi aiutare anche da Kakuro per la ricerca di Shikadai, di conseguenza quindi per quella di Boruto e Inojin, per poi passare a Sarada. Ce la stavano mettendo tutta tutti quanti: sapevano che c'erano le vite dei loro figli di mezzo e che sebbene fossero chunin diplomati, non erano in grado di reggere una missione del genere. Non era di certo per shinobi come loro.
D'altra parte, Boruto, Inojin e Shikadai non avevano fatto progressi. Anche se a loro insaputa avevano già raggiunto Sarada, continuavano la loro ricerca a sud-est, andando verso il Villaggio della Nebbia. Sarebbero arrivati lì superando il mare con qualche traghetto, fortunatamente erano riusciti a mettere su un po' di denaro essendo in tre. C'era comunque da dire che giocavano molto i fattori pazienza-in-esaurimento e delusione-a-mille, ma i tre ninja cercavano comunque di cavarsela senza farsi schiacciare da quei due fattori.


Sarada era seduta sul divano con le gambe raccolte e tenute strette al petto, la vista leggermente offuscata a causa dell'assenza degli occhiali e con Daichi davanti a lei. Doveva parlare di Inojin come non aveva mai fatto fino a quel momento, e ne aveva quasi paura. Aveva il terrore di rendersi conto che il sentimento che provava per lui non fosse in realtà più di una semplice abitudine dovuta ad una cotta passata, ma pensava anche che se non ne avesse mai parlato forse non lo avrebbe mai scoperto da sola, e quello sarebbe stato un bel problema. Era sicura che Inojin le piacesse, il punto era sapere fino a che punto. Le piaceva come le piaceva Shikadai, cioè come amico? O le piaceva come le piaceva Aki, cioè come un altro tipo di amico? Ricordava perfettamente tutte quelle volte che avevano tenuto le mani unite, che le punte bionde del ragazzo le solleticavano il viso, tutti quei baci sulla guancia. Era stato per gelosia che se n'era andata, o l'aveva usato come pretesto?
"Coraggio, sentiamo che hai da dire su questo Yamanaka. Da quanto o conosci e da quanto ti piace?"
Sarada prese un respiro, e iniziò a giocherellare con le sue dita: "Lo conosco da un po' di anni, in effetti. Come tutti i ninja ci conosciamo da quando andavamo all'accademia insieme, poi però ci siamo conosciuti meglio grazie a Shikadai. A quanto pare a lui piaccio da un bel po', e teoricamente vale anche per me, solo che non so precisamente da quando...ed è tutta una confusione, perché non ci siamo mi dichiarati e quindi è come se non ci fosse nulla di ufficiale."
Daichi annuì, mettendosi comodo sul divano: "E cos'ha lui di speciale? Perché ti piace?"
"Lui è un buon amico, insomma, mi sa ascoltare, è simpatico...e poi dai, l'hai visto, è carino."
"Non lo stavo osservando come un maniaco, scusa" Daichi fece una smorfia, prendendo in giro la ragazza. "E oltre alla simpatia? Che ha?"
"Mi piace così e basta. Dovrebbe esserci dell'altro? Non è che per caso ti piace Aki dato che sai tutte queste cose?"
Il rosso scoppiò a ridere, scuotendo energicamente la testa: "Per carità, no. Aki è come un fratello per me, so queste cose perché è così e basta."
"Sembri tanto uno che non vuole sentire ragioni" brontolò Sarada, incrociando le braccia al petto. "Non c'è dell'altro. Ho sempre visto Inojin sotto questa luce perché mi è sempre stato simpatico."
"Per essere innamorato di qualcuno non credo possa bastare la simpatia. Magari è sufficiente per una cotta...ma per qualcosa di più serio no. Hai mai pensato che il tuo interesse per lui fosse un riflesso alla sua cotta?"
"In realtà no, ma non credo sia così..." Sarada puntò gli occhi sulle sue mani, giocherellando nervosamente con le dita. "Mi stai mettendo in confusione."
"Lo scopo è questo."
L'Uchiha sbuffò, sprofondando nella poltrona. Cosa provava lei per Inojin? Forse Shikadai sarebbe riuscito a chiarire tutto quel casino che le aveva in testa, ma lui non era lì. Lei l'aveva lasciato andare, non poteva nemmeno lamentarsi. Le sembrava che fossero passati anni dall'ultima volta che aveva parlato con lui, eppure era poco più di una settimana. Era solo all'inizio della sua avventura, eppure qualcosa le diceva di star sbagliando tutto quanto.
"Vado a fare un giro" annunciò lei dopo qualche istante. "Magari trovo Aki. Torno tra un'oretta o due, va bene?"
"Certo, prendi il suo auricolare" Daichi indicò l'oggetto alla kunoichi. "Avvisami se succede qualcosa, okay?"
Sarada annuì e dopo essersi preparata in fretta uscì di casa, venendo aperta dal sigillo di Daichi. Doveva proprio farselo insegnare: se quella doveva diventare casa sua, forse era meglio avere le chiavi.

L'Uchiha percorse qualche chilometro a sud, ogni tanto si fermava e provava a vedere se trovava tracce di Aki, ma di lui nessuna traccia. Strano a dirsi, ma si sentiva la sua mancanza. Sarada avrebbe voluto trovarlo come era successo il primo giorno in cui si erano conosciuti, ma quella era stata una coincidenza molto fortunata, era difficile che si ripetesse nuovamente.
Si spinse parecchio più in là del covo, arrivando quasi al Paese del Fulmine, ma decise di non andare oltre. Non poteva di certo farsi vedere in giro, se qualcuno l'avesse riconosciuta sarebbe stata la fine. Se ne stava seduta sul ramo di un albero nascosta tra le fronde, lasciando penzolare le gambe. Si chiedeva dove diavolo fosse finito Aki, perché non le aveva detto nulla la sera prima e perché a tratti riusciva ad essere un mistero vivente.
"Ma guarda chi abbiamo qui!"
Sarada si girò di scatto, mettendosi in piedi. Non ci mise molto a riconoscere la ragazza di fronte a lei: capelli biondo cenere e coprifronte del Suono.
"Fuyuko" mormorò lei, leggermente intimorita.
"Tu sei l'amica di Akito. Come avevi detto di chiamarti?"
L'Uchiha strinse i denti, sapendo di non dover rivelare il suo cognome: "Sarada."
La ninja del suono sorrise, annuendo. Dietro di lei sbucò un altro ragazzo: non aveva il coprifronte, ma che avesse almeno diciassette anni era sicuro. Aveva i capelli scuri come gli occhi, e portava dei vestiti sgualciti. A guardarli, sembravano proprio dei vagabondi. Peccato che avesse non pochi muscoli sulle braccia e che sulla schiena era presente una spada leggermente più piccola di quella di Aki.
"Lui è Ryoichi" Fuyuko indicò il ragazzo al suo fianco. "Ti va di fare conoscenza con lui?"
Sarada scosse la testa: "Devo tornare. Scusatemi."
Fece per scendere dal ramo, ma prima che potesse toccare tardi venne bloccata a mezz'aria da una scarica di vento che ad occhio e croce poteva essere simile a quella di Temari. Peccato che le lame di vento tagliassero parecchio a fondo, però. Sarada iniziò a gridare, attraversata in ogni parte del suo corpo dal dolore.
Sentiva le risate di quei due ninja in mezzo a tutto il frastuono, sentì anche il suo coprifronte cadere e tintinnare a terra, ma più di tutto sentiva il sangue scorrerle su tutte le parti scoperte del suo corpo: braccia, viso, gambe. Continuava a gridare, ma era sicura che il rumore del vento superasse di gran lunga il volume della sua voce. Quando finalmente quella tortura finì, lei cadde a terra con un tonfo sordo, atterrando proprio sul suo coprifronte. Sentiva male in ogni parte del suo corpo, ma sapeva di doversi rialzare. Si era allenata duramente, doveva almeno provare a combattere. Alzò gli occhi, e davanti a lei c'era solo Ryoichi, Fuyuko era sparita. Cercò di rimettersi in piedi, ma un calcio la rispedì a terra, facendole sbattere il viso contro il suolo. Era evidente che lei fosse una principiante.
"Vuoi un vantaggio?" domandò ridendo Ryoichi, appoggiando le mani ai fianchi. "Se vuoi chiudo gli occhi per trenta secondi."
"Vedi di chiudere quella bocca, bastardo" quando Sarada alzò lo sguardo, il ragazzo di fronte a lei rimase sbalordito. Gli occhi non erano più neri, erano di un rosso scarlatto con dei segni neri al centro. Non c'era alcun dubbio che lei fosse un'Uchiha. Sarada riuscì comunque a spingersi via e ad atterrare in piedi qualche metro più indietro. Peccato che in quel momento solo la metà di lei rispondeva agli stimoli legati al cervello, il resto era tutto Sharingan e istinto.
Ryoichi sfilò la spada e partì all'attacco, rivolgendo la punta dell'arma verso il corpo di Sarada. Nell'istante prima, l'Uchiha si vide già trafitta: immaginava di non poter più parlare a Shikadai, di non poter chiarire le cose con Inojin, di non poter ringraziare abbastanza Aki per quello che aveva fatto per lei. Nell'istante dopo però aveva sentito una forza strana dentro di sé, come se lo Sharingan, per un attimo, non avesse alcun genere di segreto. Compose un veloce segno con le mani, e quando riaprì gli occhi, pochi istanti prima che la lama toccasse il suo petto, gridò: "Tsukuyomi!"
Ryoichi si bloccò all'istante, la spada gli scivolò dalle mani e lui perse lo sguardo nel vuoto. Sarada riusciva a vederlo: lui era in piedi, legato la una corda alle mani e ai piedi, circondato da un tetro colore viola. Era stata in grado di creare un'illusione, era stato come se quella tecnica facesse già parte di lei. Sentiva il chakra andarle via come polvere al vento, ma sentiva anche di avere in mano la situazione: quell'illusione non avrebbe di certo ucciso Ryoichi, ma l'avrebbe messo al tappeto per un po'. Tanto valeva consumare bene quella poca energia che le rimaneva.
Si immaginò la spada di Aki, e subito dopo quella aveva già attraversato il corpo del ragazzo, che ora gemeva dolorante. Anche Sarada avrebbe voluto farlo, sentiva male e aveva bisogno di respirare e di gridare, ma non poteva sprecare quei pochi secondi che le restavano. Immaginò altre armi, anche quelle che aveva visto nello studio di Daichi, e un secondo dopo erano tutte addosso a Ryoichi. Fu a quel punto che l'illusione finì, l'Uchiha vide il ragazzo cadere a terra col fiatone, e capì di averla scampata per un pelo. Certo, l'aveva sconfitto, ma sentiva che la sua forza vitale la stava abbandonando velocemente. Così appena si rese conto di essere salva per il rotto della cuffia, si trascinò il più lontano possibile da lì, andando a finire solo una ventina di metri nel fitto del bosco. Appoggiò la schiena contro un albero, si coprì interamente di foglie e cacciò l'ultimo grido di dolore che l'accompagnò poi nel sonno.


Il Villaggio della Nebbia era molto diverso da come i tre giovani shinobi della Foglia se lo aspettavano. Dal nome, pensavano che fosse un luogo tetro, nebbioso e pieno di gente altrettanto cupa, invece c'era quasi caldo quando arrivarono lì, e la gente era tutt'altro che triste. Boruto comprò subito altre scorte di cibo per almeno una settimana, Inojin pensò all'acqua e Shikadai si preoccupò di chiedere informazioni un po' in giro. Quando i due biondi si riuirono al Nara, constatarono che con lui c'era un nuovo amico. Il ragazzo con Shikadai portava il coprifronte sulla spalla, aveva i capelli neri e indossava una tunica grigia abbastanza lunga. Tuttavia aveva un sorriso amichevole, e quando si presentò, i due scoprirono che pure la sua voce era simpatica: "Vi serve una guida per il villaggio, no? Mi chiamo Tatsuya."
"Io sono Boruto e lui è Inojin" l'Uzumaki fece un sorrisone. "Ti ha reclutato Shikadai?"
"Sì, beh, finché i miei due compagni sono nella foresta vicino al Paese del Fulmine allora io resto qui. Mi sembra un buon passatempo, no?"
I tre della Foglia annuirono, e poi iniziarono a chiedere a Tatsuya un po' di cose riguardo al Villaggio e, restando vaghi, a probabili fuggitivi che l'avevano raggiunto.
"Fuggitivi, dite?" Tatsuya pensò alla nuova amica di Aki di cui gli aveva parlato Fuyuko, ma lei non aveva nemmeno menzionato una fuga. "Direi di no. Aspettate un attimo...non sarete mica in cerca della figlia di Sasuke Uchiha, vero?"
Boruto per poco non si strozzò con la sua stessa saliva: "E tu come fai a saperlo?"
"Corrono voci. Ehi, bastava dirlo comunque. Certo, non posso aiutarvi ma vi posso dire che non conosco nessuna Uchiha nei dintorni."
Shikadai sbuffò, rassegnato: "Bene così. Pensi di poterci portare fino al Paese Rotta di Collo?"
Tatsuya sorrise cordialmente: "Certo, prendiamo la prima barchetta in partenza. Andiamo?"
Il gruppetto così raggiunse il porto e si preparò a salpare verso la terra ferma. Tatsuya raccontò loro di questa nuova amica di un suo conoscente, ma Shikadai era convinto che non potesse essere lei, perché Sarada non era tipo da fare amicizia con un estraneo così facilmente. Anche Boruto e Inojin erano d'accordo con lui, ma ancora una volta nessuno dei tre conosceva abbastanza Sarada.


Sasuke stava ripartendo dal rifugio in cui aveva alloggiato quando sentì qualcosa accendersi dentro di lui.
Hinata lo guardò, stranita da quel sussulto che il suo compagno di ricerche aveva avuto. Si avvicinò per chiedergli cosa gli prendesse, ma lui si girò verso di lei con gli occhi spalancati: "Sarada ha usato lo Sharingan!"
La donna rimase interdetta: "Come fai a saperlo? L'hai trovata?"
"No, io..." nemmeno lui riusciva a spiegarsi. Aveva sentito il suo Sharingan risvegliarsi, ma era un avviso. Evidentemente il suo Sharingan era connesso a quello di Sarada, e finora non l'aveva mai sentito perché probabilmente Sarada non aveva mai usato volontariamente la tecnica. D'altronde, oltre ad essere un ninja lui era anche padre, sapeva quando ciò che succedeva a lui era connesso a sua figlia. "...l'ho sentito, so che è lei. So che l'ha usato."
Hinata rimase veramente sorpresa da quanto appena accaduto, non credeva nemmeno possibile una cosa del genere. Comunque restò con i piedi per terra e appoggiò la mano sulla spalla di Sasuke: "Dovresti dirlo a Sakura. Se vuoi ci fermiamo e la contatti con l'auricolare."
L'Uchiha annuì, salì sulla cima più alta dell'albero di fianco a lui e cercò la rete di sua moglie, trovandola dopo poco.
"Sakura in linea, chi è?"
"Sono io, Sakura" l'Uchiha si rese conto di avere la voce parecchio tremante.
"Sasuke? Hai il fiatone?"
La linea di Sasuke era parecchio disturbata, ma Sakura era sicura che il tono della voce di suo marito non fosse lo stesso di sempre.
"Sarada ha usato lo Sharingan" disse lui tutto d'un fiato. "Ne sono sicuro."
"Come può essere?" sbottò la rosa, agitata. "L'hai vista?"
"L'ho sentito. Il suo chakra è connesso al mio. Non lo sapevo fino a due minuti fa."
Sai fissò Sakura preoccupato, mentre lei portava una mano al cuore: "Questo...è incredibile, Sasuke. Esiste un modo di localizzarla, quindi? Se riesci a sentire il suo chakra, allora forse..."
"No. E' una questione di Sharingan, ho sentito il suo e basta. Potrei evocare Susanoo, ma non ho abbastanza chakra. Io...non so più cosa fare."
"Lo so, Sasuke, lo so. Però Sarada è grande, sa badare a se stessa."
"Questo lo so" mormorò lui, appoggiando la testa al tronco. "Sto dicendo che voglio trovarla. Sakura, potrei tranquillamente vivere sapendo di essere un pessimo ninja traditore. Ma non posso vivere sapendo di essere un pessimo padre. Io ho bisogno che Sarada sia al sicuro."
Sakura sorrise appena: "E lo sarà, molto presto. Dobbiamo solo avere pazienza. Vedrai che la troveremo."
Sasuke sospirò, e dopo aver salutato sua moglie chiuse il contatto. Hinata gli sorrise cordialmente una volta che scese accanto a lui, ma non riuscì a ricambiare il suo sorriso. Il suo morale era a terra: era da una settimana che cercavano eppure non avevano ancora trovato nulla. Una traccia, qualcosa, niente di niente. Nemmeno quando scoprì cosa Itachi aveva fatto per lui si era sentito così perso, tradito da se stesso. Non aveva mai trascorso tanto tempo con Sarada, ma quel poco ogni volta bastava per ricordagli quanto fosse fortunato ad avere una famiglia così anche dopo tutto quello che era successo in passato. Ora che una metà di essa era persa chissà dove, lui non poteva fare altro che crogiolarsi poco a poco in quella mancanza, fino a toccare il fondo, secondo dopo secondo.


"Sarada? Ti ho trovata!"
"Shikadai?" Sarada si girò, trovando i suoi movimenti molto lenti. "Che ci fai qui?"
"Che importa, ti ho trovata!"
Sarada si guardò intorno, confusa, sentendo le voci dissolte nell'aria, come se fosse un eco lontano. In un balzo arrivarono anche Inojin e Boruto, mettendosi dietro al Nara. L'Uchiha non capiva: era nello stesso posto in cui si era addormentata ma le ferite sul suo corpo erano completamente sparite.
Inojin le corse incontro, l'abbracciò, e Sarada sentì chiaramente il calore del biondo sulla sua pelle: "Ci sei mancata, Sarada. Devo dirti tante cose."
E per ultimo Boruto le sorrise: "Abbiamo una sfida in sospeso, Uchiha. Avevo voglia di vederti."
Erano lì davanti a lei: Shikadai, Inojin, Boruto. L'avevano trovata. Il cielo sopra di loro si fece più scuro proprio mentre Shikadai afferrava il polso della ragazza: "Dobbiamo andare a casa. Ti stanno aspettando tutti."
"Io non..." Sarada mosse un passo avanti, ma quando alzò lo sguardo, vide che Aki e Daichi la stavano fissando da dietro le spalle del Nara. Sentì il cuore aumentare i battiti e gli occhi riempirsi di lacrime. "...io non posso venire."
I tre ninja della Foglia spalancarono gli occhi: "Cosa? E perché no?"
"Non posso abbandonare Aki e Daichi."
"Aki? E chi è questo Aki? Sei innamorata di lui?" Inojin si parò davanti a lei, posando le mani sui fianchi. "Allora?"
Sarada fece un passo indietro, ma urtò proprio il petto dell'Hozuki, anche se fino a pochi istanti prima era di fronte a lei. Si guardarono negli occhi, e lo sguardo di Aki era implorante, voleva che lei restasse. Eccola lì la sua scelta: tornare o restare?
Sarada guardò tutti negli occhi: Shikadai, Inojin, Boruto, Daichi e Aki. Alla fine però strinse la mano di quest'ultimo, e si avvicinò a lui: "Io resto." dichiarò, ignorando tutte le domande di Inojin.
"Così ci perderai" Shikadai parlò in tono sommesso. "Vuoi perderci?"
E fu allora che Sarada pianse, scoppiò in un mare di lacrime. Cadde a terra, e pianse a lungo. Quando si rialzò, non c'era nessuno attorno a lei. Era sola, nel buio, nell'oblio.

Poi si svegliò.
Ebbe un sussulto, e picchiò la nuca contro il tronco dell'albero a cui era appoggiata. Sentiva le braccia indolenzite, c'erano rivoli di sangue praticamente ovunque. La testa le pulsava, e sentiva che non avrebbe retto un altro attacco nel giro di almeno altri cinque giorni. Era da tanto tempo che non sognava, però. Sapeva di essere entrata nel suo subconscio, e quello che aveva visto l'aveva spaventata. Avrebbe davvero scelto Aki e Daichi, se le si fosse presentata una scelta da fare? Poteva una settimana con loro due poter sostituire tutta la vita passata con Inojin, Shikadai e Boruto? Alzò gli occhi al cielo, si sentiva così stupida. Così piccola davanti a tutto quel casino che aveva combinato. Stava crescendo? Sì, certo che sì. Stava imparando a gestire lo Sharingan, ad usarlo. E poi, cos'era stata quella tecnica? Come faceva lei a conoscerla?
Si toccò l'orecchio, e come previsto, aveva perso l'auricolare. Non poteva avvisare nessuno, né farsi aiutare. Si domandava dove fosse Aki, e perché quella mattina non era a casa. Che poi, non era nemmeno più mattina. A giudicare dal cielo plumbeo potevano essere le sette o le otto al massimo di sera, con un po' di buona volontà dopo un'ora di tentata caminata sarebbe arrivata al covo di Orochimaru. Tanto lo sapeva, di certo non si sarebbe potuta medicare se fosse rimasta lì. Perciò si alzò, traballò appena e una volta in piedi mosse piccoli passi sconnessi, cercando di seguire una linea immaginaria che le impedisse di cadere. Quando sarebbe arrivata, se Aki fosse stato lì, gli avrebbe sicuramente chiesto dov'era andato.


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Capitolo 7
*** Team ***


Sarada 06 Riassunto del capitolo precedente: è passata una settimana da quando il team Sadaki è ufficialmente nato, e per Aki, Daichi e Sarada è giorno di riposo, peccato che Aki non si trovi da nessuna parte. Comunque Daichi e Sarada non ci danno molto peso e lui convince la ragazza a parlargli di Inojin, in modo da capire se sia veramente innamorata o no. Dopo di questo però Sarada decide di andare a fare una passeggiata e nel cammino incontra Fuyuko e Ryoichi, purtroppo non sono lì per fare due chiacchiere amichevoli e Ryoichi parte all'attacco. Il ninja del Suono lancia una tecnica imile a quella del ventaglio di Temari, imprigionando Sarada in una raffica di lame di vento, colpendola dappertutto. Appena la scarica finisce Sarada non ce la fa già più, ma sente che se non si rialza per lei è finita. Allora si rimette in piedi, e pochi secondi prima che la spada di Ryoichi la trafigga lei lo imprigiona in un'illusione grazie al suo Sharingan, anche se lei stessa è sopresa dato che non sapeva di sapere quella tecnica. Quando lo scontro finisce entrambi sono al tappeto, ma Sarada si nasconde e riesce a risvegliarsi quando è sera, dopo un sogno in cui doveva prendere una scelta tra il suo Villaggio o Daichi e Aki.
Nel frattempo, Boruto, Inojin e Shikadai arrivano al villaggio della Nebbia e incontrano Tatsuya, a sua volta terzo mebro del team composto da lui, Fuyuko e Ryoichi. Comunque lui si presenta come un normale ninja, e si offre di aiutare i tre nella ricerca di Sarada, dato che nemmeno lui sa chi sia in realtà.
Infine, Sasuke riesce a sentire che Sarada usa lo Sharingan, tuttavia non riesce però a localizzarla. Contatta così Sakura e le racconta ciò che è appena accaduto, rivelandole anche le sue preoccupazioni.



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06
E siamo liberi di tornare a casa a un'altra età


Sarada vide finalmente il covo di Orochimaru dopo un'ora e un quanto che tentava di trascinarsi per la foresta. I tagli le facevano più male di prima, e le abrasioni quasi bruciavano. Non era mai stata abituata a combattimenti del genere, non immaginava nemmeno quanto dolore lei potesse provare. Perché quello era davvero tanto. Certo, niente che potesse far piangere Sarada Uchiha, ma era comunque tanto male.
Sorrise nel vedere che Daichi la stava aspettando con le braccia conserte e un'espressione esasperata in volto: forse si sarebbe beccata una ramanzina, ma probabilmente l'avrebbe anche perdonata dopo aver sentito cos'era successo. Aveva recuperato i kunai che aveva lanciato alla cieca, e quando aveva sentito di aver recuperato un po' di chakra aveva anche tentato di medicarsi, ma non c'era riuscita per più di tre secondi. Si domandò se Aki fosse in casa, se fosse tornato e dove fosse stato. Si preoccupava di cos'avrebbe potuto dire, lei pensava che sicuramente sarebbe rimasto deluso vedendo il suo stato dopo appena un attacco. L'avrebbe guardata dall'altro al basso e avrebbe fatto una delle sue solite smorfie, lei lo sentiva. Voleva essere orgoglioso di lei.
Quel pensiero le faceva male, ma non più male di quando chiamò Daichi rendendosi conto di essere stata zitta per troppo tempo. Uscì solo un verso molto tirato, ma lui riscì lo stesso a sentire. Infatti si girò di scatto, ma la sua esasperazione divenne visibile preoccupazione in meno di qualche istante. Corse verso di lei, prendendola saldamente per le spalle: "Che diavolo hai combinato?!"
"Ryoichi" sibilò lei, aggrappandosi a sua volta alle spalle del rosso. "E Fuyuko. Ma dovrei raccontarti di come l'ho messo al tappeto..." Sarada provò a ridere, ma riuscì solo a sputare un po' di sangue, causando gli occhi azzurri di Daichi spalancati per la paura. Fantastico, pensò l'Uchiha.
"Vieni, è meglio se chiediamo aiuto ad Aki."
"Aki? E' a casa?"
Daichi annuì, passando un braccio sotto le spalle di Sarada: "Sì, è tornato due ore fa. Quando gli ho detto che eri sparita ha provato a cercarti nei dintorni, ma non ha visto nessuno ed è tornato indietro, pensando che ti fossi ritardata apposta. E' preoccupato."
La ragazza abbozzò un sorriso, e scese le scale come meglio poté, sentedosi al sicuro non appena il sigillo sopra di loro si chiuse chiudendo anche l'ingresso. C'era sempre stato fin troppo caldo in quella specie di seminterrato, ma Sarada in quel momento sentiva costantemente brividi di freddo attraversarle tutto il corpo, facendo bruciare maggiormente tutte le ferite.
"Aki!" chiamò Daichi, mentre accompagnava Sarada in camera sua.
"Siete arrivati, finalmente!" la voce dell'Hozuki risuonò per tutto il corridoio, mentre i suoi passi veloci raggiungevano la stanza. "Mi dovete sette anni di vita per lo spavento che mi avete fatto prendere."
"Smettila di blaterare!" sbottò Daichi, aiutando Sarada a stendersi sul letto. Non gli importava più di molto se dopo sarebbe stato sporco di sangue, l'unica cosa che contava al momento era di guarire le ferite della giovane ninja.
"Okay, okay, la smetto" Aki fece il suo ingresso nella stanza, ma appena vide Sarada il suo sorriso si spense all'istante. "Che cazzo ti è successo?!"
"Quel figlio di puttana di Ryoichi" rispose Daichi, lasciando un'ultima carezza sulla guancia di Sarada, sperando nel meglio. "La lascio a te."
Aki annuì, chiudendo la porta dopo che il rosso si fu allontanato. Si sfilò velocemente le bende dal braccio, e poi guardò Sarada: "Ho bisogno che tu ti tolga quella sottospecie di vestito."
"Qipao" lo corresse Sarada, sorridendo appena. "Dovresti aggiornarti sulle nuove mode."
"Non sono in vena di ridere" borbottò lui, passandosi una mano tra i capelli.
La ragazza invece trovò quasi divertente la preoccupazione di Aki, anche se quel poco di allegria le passò non appena provò a sfilarsi il qipao, soprattutto perché non sapeva di essere ferita anche lì sotto. Aki voleva aiutarla, ma non voleva risultare troppo azzardato e si limitò a sfilare l'indumento non appena la kunoichi l'aveva portato alle braccia. Certo, Sarada aveva una fascia a coprirla dal petto fino a metà pancia, ma per il ragazzo era una situazione del tutto nuova. Non doveva far altro che medicarla, ovvio, ma le sue guance non poterono fare a meno di diventare di un rosso acceso. Inutile dire che ringraziarono entrambi il fatto che fosse semi buio.
"Non è possibile" Aki ruppe il ghiaccio, sperando di far sbollire quella situazione imbarazzante. "Vi lascio soli per qualche ora e tu te ne vai a combattere con qualcuno e Daichi arriva lì come una capretta felice sui monti e mi dice che ti ha persa. Okay? Che-ti-ha-persa. Dico, come cazzo si fa a perdere una persona? In genere non è che la metti via e poi non ti ricordi dov'è, no?"
"In genere no" mormorò Sarada, guadando le mani di Aki che si appoggiavano sulle sue gambe producendo la luce verde che aveva visto una settimana prima. "Tu piuttosto dov'eri?"
"In giro, dopo ti farò vedere. Ero andato a prendere una cosa per farvi una sorpresa, ma alla fine me l'avete fatta voi. Begli amici." Aki scosse la testa, apostando le mani sulla pancia di Sarada. "Raccontami com'è andata. Come ha fatto a trovarti?"
"E per te lo so?" chiese lei retoricamente. "Non lo so. So solo che era con Fuyuko prima che mi gettasse addosso una raffica di vento che non finiva più. Ero quasi morta, credo."
"E come hai fatto a scappare? Si è distratto?"
"Qui viene il bello" Sarada trattenne il fiato, sentendo le mani di Aki posarsi sul petto. Non sapeva se il fiato si era esaurito per il contatto o per il dolore. "Ho usato lo Sharingan. Non so come, non so perché, ma mi ha salvato la vita. Ho intrappolato Ryoichi in un'illusione e sono riuscita a metterlo fuori gioco. Poi mi sono nascosta."
Aki spostò le mani sulla spalla destra: "E' slogata, domani non ci alleniamo. E comunque sei stata brava."
"Brava?" domandò Sarada, alzando appena la voce. "Spalla slogata e ho più sangue che altro sulla pelle. Non sono stata capace nemmeno di respingere il primo attacco."
Aki si fermò per un istante, e la guardò negli occhi: "Ma cosa stai dicendo?"
"Dico che non sono stata per niente brava. Potevo farmi uccidere. Mi dispiace, Aki."
"Sei una stupida. Per cosa ti stai scusando?"
Sarada riuscì finalmente a guardare il ragazzo negli occhi: "Perché ti ho deluso."
Aki fece un sorriso che colpì dritto il cuore di Sarada: "Tu non hai deluso proprio nessuno. E' da una settimana che ti alleni, non un anno, e in più eri da sola. Cosa ti aspettavi, di vincere contro Ryoichi? Sei stata fin troppo brava a sopravvivere, Sarada. E non potrei essere più felice di vederti qui, adesso. Non pensare nemmeno una volta di deludermi, io sono cui per essere al tuo fianco, non davanti a te."
Fu allora che la ninja, incurante del dolore, si spinse verso l'alto e si aggrappò alle spalle di Aki, stringendolo in un abbraccio. In un primo momento il ragazzo non seppe cosa fare, ma poi si rese conto che quello era il primo abbraccio che riceveva spontaneamente da Sarada, e di certo non poteva sprecarlo. La strinse quindi a sua volta, stando attenta a non farle male nei punti in cui sentiva che la pelle era lacerata. Gli era mancata e per lei si era preoccupato non poco, averla tra le sue braccia lo faceva sentire veramente sollevato. A Sarada quelle braccia sembravano già casa, avrebbe voluto sentire quella sensazione tutti i giorni. Le piaceva Aki, le piaceva terribilmente come persona. Trovava in lui qualsiasi cosa: un fratello, un amico. Era un po' come era con Shikadai, pensava lei, ma c'era qualcosa di indefinito che non poteva essere un termine di paragone tra di loro.
"Veramente, ninja della Foglia" mormorò Aki, staccandosi da lei e aiutandola a ristendersi. "Non dire più una cosa simile."
Sarada annuì, sorridendo, e lasciò che Aki finì di medicare le ultime parti del suo corpo rimaste. Non parlarono più molto, lui le indicò i punti più fragili e le proibì l'allenamento per due o tre giorni. Sarada invece provò a convincerlo a ridurre il risposo ad un giorno, ma lui non ne volle sapere, programmando quindi l'inizio degli allenamenti per tre giorni dopo a partire da quello dopo. Alla fine i due si salutarono, e Aki obbligò Sarada a dormire almeno fino alla mattina dopo, col puntuale disappunto dell ragazza di conseguenza.

Aki si allontanò lentamente dalla camera di Sarada, voleva prima assicurarsi che lei si mettesse a letto. Si passò una mano tra i capelli, sospirando pesantemente. Non l'aveva detto a lei, ma oltre a medicarla le aveva passato circa metà del suo chakra, e in quel momento si sentiva sfinito proprio per quello. Aveva bisogno di riposare, soprattutto dopo essere andato fino al Paese dell'Erba per prendere una torta per il suo team. Gli era dispiaciuto parecchio non poterla mangiare subito insieme a Sarada e Daichi, ma se le circostanze erano quelle, lui non aveva potuto farci nulla. Si sentiva così strano a parlare di un trio, mentre per sedici anni era stato solo un duo. Lui era sicuro che Sarada non se ne rendesse conto, ma lei aveva fatto tanto per loro due.
Aki sorrise, e si trascinò in soggiorno, buttandosi sul divano. Era talmente stanco che non si era nemmeno accorto che seduto sulla poltrona c'era Daichi intento a leggere qualcosa su un libro, che alzò lo sguardo sorpreso di vedere così sfinito il suo amico.
"Come sta?" gli chiese, appoggiando il libro sul comodino davanti a loro.
Aki girò lentamente il viso verso di lui, aprendo appena gli occhi: "Non molto bene. Ma si riprenderà in poco tempo."
"E che ne hai fatto del tuo chakra?"
L'Hozuki sorrise tra sé e sé, pensando che ancora una volta Daichi aveva dimostrato di essere proprio il figlio di Karin. Sebbene lui odiasse questo fatto, non poteva di certo negare di aver ereditato tutte le abilità di sua madre.
"Ne ho trasferito un pochino a Sarada." Aki vide lo sguardo di Daichi farsi più severo in pochi secondi. Probabilmente stava per arrivare una delle sue solite ramanzine.
"Io capisco tutto, Aki, davvero, ma devi andarci piano" il rosso incrociò le braccia al petto sospirando. "Non ti potevi limitare a guarire le ferite?"
"Non aveva un briciolo di chakra" ribatté allora l'Hozuki, stizzito. "Dovevo lasciarla così?"
"Magari non privarti della metà del tuo chakra. Se ci attaccano, cosa fai tu? Dopo due colpi sei fuori gioco."
Aki si sedette meglio sul divano per poter sembrare più convincente: "Ho pur sempre la spada."
"Okay, Hozuki, ma resta di fatto che non puoi dare corpo e anima a questa ragazza."
Aki non capiva tutta quell'iprovvisa freddezza di Daichi, e sì che tra i due era sempre stato lui stesso quello indifferente. Non gli sembrava di star dando anima e corpo a Sarada, per lui era solo un'amica che aveva bisogno d'aiuto, non capiva proprio cosa l'Uzumaki volesse dire con quel discorso.
"Non capisco il punto" borbottò allora Aki, alzando le braccia all'aria. "Siamo un team, no? Se tu l'avresti lasciata lì mezza morta okay, ben venga, a io non sono fatto così. E lo sai anche piuttosto bene."
"Lo so, Aki, e non sto dicendo che tu abbia sbagliato. Ti voglio solo dire di non attaccarti troppo a lei, perché ricordati che lei non appartiene alla nostra vita: lei ha un villaggio, degli amici e una famiglia che la stanno aspettando. Magari la stanno pure cercando, e se ci hanno trovato i tre suoi coetanei come non potrebbero farlo dei ninja esperti come suo padre, o il Settimo Hokage? E a quel punto tu cosa farai? Andrei da lei e la pregherai di restare con noi perché le abbiamo insegnato...che cosa, poi? Cosa le abbiamo insegnato che lei non sapesse già?"
Aki rimase in silenzio, fissando il rosso seduto di fronte a lui mentre gesticolava animatamente e parlava con un tono fin troppo sostenuto. Si sentiva male, non credeva che proprio Daichi potesse pensarla così. Ma non riusciva nemmeno a rispondere: stava aspettando che lui dicesse almeno una cosa sbagliata.
Daichi prese un respiro, e poi ricominciò a parlare: "Quella che lei sta vivendo adesso è solo una fase di passaggio, ma finirà più in fretta del previsto. Partiremo e andremo in giro senza meta, ma hai potuto notare da te che non ha bisogno di conoscere lo Sharingan, perché fa già parte di lei. Al massimo qualcuno le potrà raccontare di suo zio o dei suoi parenti, ma cos'altro? So che magari a te non va bene, ma ci sono altre persone che le vogliono bene e che farebbero di tutto per tenerla con loro. E non credere che a me non dispiaccia, ma ti sto solo avvisando per ciò che potrebbe succedere da qui a due giorni. Tu dovrai lasciarla andare e tornare a vivere come prima, perché niente è più come prima da quando c'è lei. Ed è meraviglioso, perché lei ha cambiato tante cose. Ma dimmi, sarai capace di tornare a vivere come facevamo una settimana fa?"
Aki sospirò, stendendosi nuovamente sul divano: "Non avrei alcun genere di problema." mormorò solamente, portandosi poi il braccio a coprirgli gli occhi e la fronte. "Non farti venire tutte queste paranoie, Daichi. Mi metti ansia."
Daichi annuì, sbuffando, capendo al volo di aver toccato il nervo scoperto di Aki. Infatti quest'ultimo non riuscì a starsene steso sul divano come se niente fosse, tanto ormai quel pensiero lo stava già divorando. Era inutile propvare a non pensarci, Aki sapeva bene che Daichi aveva ragione. Anche se avesse provato a combattere per la sua causa, il rosso l'avrebbe sempre avuta vinta.
Si alzò dal divano, lanciando uno sguardo alla torta che aveva lasciato prima sul tavolo. Se non avesse speso i suoi soldi per quella torta, probabilmente l'avrebbe gettata a terra per tutta la rabbia che gli scorreva nelle vene. Ricordava bene l'ultima volta che si era arrabbiato così tanto, ma non era stato a causa di Daichi. Era successo tre o quattro mesi prima, quando suo papà era rientrato e aveva cominciato a criticare il suo modo di allenarsi. Fin lì Aki era riuscito a trattenersi, ma quando Suigetsu aveva cominciato a polemizzare anche sulla sua abilità di spadaccino, allora non c'aveva più visto e aveva sfoderato la Tagliateste, puntandola alla gola di suo padre, fregandosene del fatto che lui avesse molta più esperienza. Erano soli, Daichi e Karin stavano parlando nella stanza accanto. Suo padre sorrise, prendendolo in giro, e lo invitò a sfidarlo all'esterno. La rabbia di Aki era tale però che se si fosse battuto avrebbe potuto veramente uccidere Suigetsu, e non era esattamente ciò che voleva. Così si era limitato a dirgli di essere una persona futile alla sua vita, di non potersi considerare suo padre, di avere sbagliato a nascere e di essere un coglione con i controfiocchi. Suigetsu era rimasto sbalordito da tutta la frustrazione che Aki aveva nel tono della voce, ma anche se avrebbe dovuto rispondergli, rimase zitto e guardò suo figlio uscire, chiedendosi che fine avesse fatto il bambino di pochissimi anni prima.
Se lo chiedeva anche Aki, in effetti, ricordava bene quando era lui stesso a cercare suo padre, a non vedere l'ora per il suo rientro, a sperare di passare tanto tempo insieme. In quel momento, steso sotto le stelle cercando di smaltire quel nodo allo stomaco appena creato, si concesse il lusso di entrare per un attimo nei ricordi di sua madre. Rivide tutto dagli occhi della donna, e di fronte a lei c'era Suigetsu, che sorrideva a dir poco come un idiota. Suo padre aveva gli occhi lucidi quando sussurrò: "Non ci credo."
E Aki sentì la sensazione della guancia bagnata da una lacrima mentre la voce di sua mamma ripeteva ancora una volta di essere incinta. I ricordi non erano nitidi, c'era una luce soffusa a rendere difficile la loro visione, ma Aki ormai si era abituato. Aveva un ricordo che preferiva, ma che non guardava mai. L'aveva visto pochissime volte, solo due o tre, ma era l'unico ricordo di cui non aveva parlato a Daichi. Era come un suo segreto, lo custodiva più gelosamente di qualsiasi altra cosa. Prese un respiro, e lo cercò in mezzo a quei nove mesi di memorie. Quando lo trovò, portò le mani sugli occhi e sorrise, osservando attentamente Suigetsu avvicinarsi alla pancia di sua madre, sorridere e poi mormorare: "Ehi, Aki, mi senti? E' il tuo papà...io e tua madre ti stiamo aspettando con tanto amore. Muoviti perché non ce la facciamo più."
Aki amava quel ricordo, lo amava come se in quel quadro fosse rinchiusa la famiglia che avrebbe desiderato. Ovviamente poi c'era il ricordo che più odiava, che era quello che aveva visto più volte di tutti gli altri. Era breve, solo un frammento di secondo prima che la memoria svanisse in un nero e che lui tornasse alla realtà. Sentiva dentro il suo petto il cuore di sua mamma battere sempre più lentamente, e mentre la visuale si stringeva sempre di più, il viso di Suigetsu arrivava davanti al suo, le baciava la fronte e mentre una lacrima rigava la guancia lui prometteva di prendersi cura di loro figlio.
Aki non capiva come suo padre poteva trattarlo così se prima lo amava così tanto, sembrava che la persona nei ricordi di sua madre non fosse in realtà il vero Suigetsu, ma appurato che questo fosse impossibile, ad Aki non restava che capire cos'era successo. Nonostante tutte le volte che Daichi gli aveva detto di parlargli, Aki non ne aveva mai avuto il coraggio. Si sentiva già umiliato abbastanza ad avere un padre che lo odiava, non aveva di certo bisogno di sapere anche il motivo. L'unica cosa che gli dava particolarmente fastidio era il fatto di essere uguale a lui. Certo, non poteva dire di essere uguale a sua madre perché non l'aveva nemmeno mai vista, ma del resto Suigetsu non ne aveva mai voluto parlare.
Prese un respiro, ma quando stava per alzarsi sentì le scale aprirsi e qualcuno avvicinarsi a lui. Non aveva di certo voglia di parlare ancora con Daichi, così chiuse gli occhi e mormorò: "Non ho intenzione di parlare di quell'argomento, Daichi, se sei venuto per quello."
"Allora non parlaremo di quello."
Aki spalancò gli occhi e si girò di scatto, trovando Sarada seduta di fianco a lui. Non portava nemmeno gli occhiali, ed erano poche le volte che si faceva vedere senza di quelli. Aveva un sorriso dipinto sul viso, e un'espressione alquanto indecifrabile.
"Cosa ci fai sveglia?" le chiese Aki tenendo la voce bassa per qualche strano motivo.
"Daichi non parlava a voce abbastanza bassa" ridacchiò lei, e il ragazzo non poté fare che annuire.
"Mi dispiace che tu abbia sentito. Sai, Daichi è sempre stato protettivo verso di me, non ha detto quelle cose per cattiveria. Le ha dette per me."
Sarada sospirò, appoggiando la testa sull'erba: "Ho cambiato veramente così tante cose?"
"Lui la pensa così. Per me è tutto come prima...solo che ci sei tu."
I due si guardarono negli occhi per un istante, per poi tornare a fissare il cielo sopra di loro. Rimasero in silenzio per un po', e alla fine fu Sarada a parlare, abbassando ancora di più il tono della voce.
"Mi dispiace di avervi fatto litigare. Pensavo che Daichi fosse contento come te di avere un membro in più nella squadra."
Aki ridacchiò appena, girandosi sul fianco verso Sarada: "Lui è contento, non è che tu non gli piaccia. E' solo che si preoccupa per me. L'ha sempre fatto."
"Forse lo fa per qualche motivo. Non è che sei tu a preoccuparti troppo poco?"
"Non nascondo che potrebbe essere così" il ragazzo sorrise, giocherellando con l'erba tra le dita.
"Daichi però non capisce una cosa, o forse semplicemente non ci vuole credere."
Aki guardò Sarada negli occhi, incuriosito. Lei sospirò per un attimo, e poi si stese sul fianco, rivolta verso il ragazzo: "Lui forse non crede che io possa considerare voi due come miei compagni di squadra. Per lui voi due ai miei occhi siete dei rimpiazzi, qualcosa di passaggio: ma non è così. Io voglio bene ad entrambi, e non ci penso nemmeno di tornare al mio villaggio alla prima occasione che capita. E' vero, là ho una famiglia e degli amici, ma ho tutto questo anche qui. In fondo, cosa mi hanno dato i miei genitori per aiutarmi sul fronte dell'essere un ninja? Io non vi lascio, Aki, non ora. E nemmeno tra molto tempo."
Aki sorrise, portando la mano dietro la nuca di Sarada per avvicinare i loro visi.
"Ti ringrazio" sussurrò, facendo toccare le loro fronti.
Sarada sorrise a sua volta e chiuse gli occhi contemporaneamente ad Aki, addormentandosi poco tempo dopo.


Boruto, Shikadai e Inojin avevano diminuito la velocità e ora stavano camminando per il Paese in cui erano appena sbarcati insieme a Tatsuya. Quest'ultimo non aveva ancora ricevuto notizie dai suoi compagni di team, ovvero Ryoichi e Fuyuko, perciò continuava ad accompagnare i tre ninja della Foglia in attesa di nuove direttive. Il Paese Rotta di Collo non era di certo un posto soleggiato e allegro, tutt'altro, ma i quattro ninja non ci facevano più di tanto caso.
Shikadai era più preoccupato per Inojin che altro, come suo migliore amico capiva perfettamente che qualcosa non stava andando per il verso giusto, e non era solo la preoccupazione con cui tutti e tre facevano i conti da quando erano andati via dal loro villaggio. Lo vedeva giù di tono, il biondo era completamente muto e non faceva parola con nessuno se non per necessità. Ma non era tristezza, Shikadai l'aveva capito, c'era qualcosa di più sotto quel muso lungo. Sembrava come se Inojin stesse pensando costantemente a qualcosa che gli impediva di essere allegro ed agire così lucidamente. Ed era strano, alla loro partenza lui era più motivato che mai, pur sapendo che non sarebbe stato facile. Non restava che provare a parlargli e cercare di capire cosa gli stesse prendendo.
Così Shikadai alzò entrambe le braccia all'aria e dichiarò: "Io propongo di dividerci e di incontrarci qui tra un'ora esatta. Viaggiando in quattro non serve a nulla, almeno così avremo un compagno a testa e andremo più veloci."
Tatsuya annuì: "Okay, per me non c'è problema. Buona idea."
"Nara-passione-stratega" sorrise Boruto, alzando il pollice. "Ci sto."
Inojin si limitò ad annuire, e Shikadai prese di nuovo parola: "Io e Inojin, Boruto e Tatsuya. A dopo." e così dicendo posò una mano sulla spalla del biondino e lo trascinò con sé, anche se per poco non finì a terra per una svista dovuta al buio delle undici di sera. Boruto sghignazzò, salutando poi i suoi compagni per dirigersi verso ovest.
Inojin seguiva lentamente Shikadai, fissando i passi che muoveva sul terreno sabbioso, mentre avvertiva chiaramente la tensione che si stava creando tra lui e il suo migliore amico. Naturalmente, sapeva bene anche che la colpa era sua.
"Okay, spara" dopo pochi minuti Inojin si decise a parlare. "Non hai mai voluto che il gruppo si separasse durante le missioni. Quindi, cosa vuoi dirmi?"
Shikadai si girò verso di lui, alzando le sopracciglia: "Staresti facendo il sostenuto con me?"
"Mi sa di no" rispose il biondo, facendo spallucce. "Sei nervoso, per caso?"
Shikadai scoppiò a ridere, dovendo tenersi la pancia con le braccia. Era davvero esilarante per lui vedere il suo migliore amico fare il cretino in quel modo, mentre cercava di far passare tutta la sua disperazione per semplice strafottenza.
"Per favore, dimmi che mi stai prendendo in giro" il Nara si portò le mani tra i capelli. "Che n'è stato di Inojin Yamanaka?"
Inojin alzò un sopracciglio, stranito: "Ma cosa stai dicendo?"
"Sto dicendo che fare il depresso e poi mascherare tutto col cinismo con me non funziona."
Il biondo si sentì colpito e affondato appena dopo che Shikadai ebbe pronunciato l'ultima parola. Non gli rimase che sbuffare sonoramente e fare una smorfia, portando le mani dietro la testa: "Cosa vuoi che ti dica?"
"Devi dirmi perché ti stai comportando da stronzo asociale, ecco cosa."
Inojin fece un sorrisetto, stringendosi nelle spalle: "Penso a Sarada. Ti può bastare?"
Shikadai scosse la testa, incrociando le braccia al petto: "Ti comporti come se a me o a Boruto non importasse nulla. Cosa credi, che per noi sia un viaggio di piacere? Che ci stiamo divertendo a stare distanti dalle nostre famiglie? Credi che io vada in giro tutto allegro e spensierato sapendo che la mia migliore amica è in giro chissà dove? Credi che Boruto sia contento che la sua compagna di team sia sparita chissà dove?"
Il biondino tirò su col naso, scostandosi il ciuffo biondo dagli occhi. Non sapeva nemmeno lui se essere infastidito o stupito dal discorso di Shikadai. Anche se probabilmente avrebbe solamente dovuto rifletterci su.
"Mi sto solo chiedendo perché sono qui" sospirò improvvisamente Inojin dopo qualche istante di silenzio, riprendendo a camminare.
Shikadai lo seguì: "Perché? Non è ovvio il motivo?"
"Non per me" il biondo sospirò. "Insomma, mi chiedo se sono qui per evitare di sentirmi in colpa o perché ci tengo davvero. Puoi ben capire che sono due cause un bel po' diverse."
"Abbastanza, sì" Shikadai annuì, pensieroso. "Ma sono sicuro che rimuginarci costantemente non aiuterà la situazione, Inojin."
"Niente l'aiuterà" il biondo ridacchiò nervosamente, scuotendo la testa. "Ma grazie per l'interessamento. Se ne avrò bisogno, ti parlerò."
Shikadai annuì, sconfortato, pensando che se Inojin non voleva parlare con lui allora la situazione era decisamente più grave del previsto.


"Shikamaru?"
"Ti ricevo, Temari."
Il contatto radio era appena partito quando le prima luci dell'alba iniziarono a farsi vedere. Shikamaru osservava attentamente il cielo rosa che si apriva sopra il Villaggio della Pioggia in uno dei pochi giorni soleggiati.
"A che punto siete? Trovato qualcosa?"
"No" Shikamaru era stanco di quella domanda, e soprattutto era stanco di dover dare sempre la stessa risposta. "Nessuna novità."
Temari scosse la testa sconfortata e Naruto annuì, sospirando pesantemente. Aspettava solo il consenso di Sasuke per chiedere aiuto a tutti gli altri Kage.
"Okay, il Settimo è informato" rispose la ninja di Suna, uscendo dall'ufficio di Naruto. "Tu come stai?"
Shikamaru aspettò di essersi allontanato dalla tenda dove dormiva Ino per rispondere alla domanda di Temari: "Sto bene, sono solo un po' stanco. Tu? Come vanno le cose al Villaggio?"
"Vanno bene, sono solo preoccupata per Shikadai. So che sa badare a se stesso, ma non è mai stato via da casa per così tanto tempo."
"Siamo tutti preoccupati" sospirò Shikamaru. "Ino è ogni giorno più triste. Ha perso tutta la vitalità che aveva una settimana fa."
"La posso capire" Temari fece una risatina per cercare di sdrammatizzare tutta quella tensione. "Mi raccomando, non farti male."
Shikamaru accennò ad un sorriso: "Stai tranquilla. Tu fa' il tuo lavoro e non interferire col mio."
"Che gentile. Allora ti saluto, mister-faccio-tutto-da-solo."
"Sei una seccatura" il Nara brontolò ridacchiando, scuotendo la testa. "A presto, Temari."
"A presto."
E il contatto venne interrotto.


Daichi salì le scale che portavano all'esterno in fretta, preoccupato nel non vedere nessuno dei suoi compagni nei paraggi. Non poté fare a meno di sorridere nel vederli tranquillamente dormire sebbene fossero le sei passate ed era dalle undici della sera precedente che si trovavano lì. Erano carini, si ritrovò a pensare il rosso. Si sentiva in colpa per le cose che aveva detto ad Aki la sera prima, forse avrebbe dovuto ricordarsi che il suo amico era decisamente più spensierato da quando Sarada era con loro, e invece aveva solo pensato a dire qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Si sentiva un peso sullo stomaco, ma per fortuna era alleggerito da quei due davanti ai suoi occhi che dormivano beati e tranquilli. Era strana la sua opinione su Sarada, lui sapeva che era un pericolo per Aki ma sapeva anche che era l'unica cosa che rendeva il ragazzo più allegro durante il giorno.
Daichi ricordava bene quando vedeva lo sguardo del suo migliore amico perdersi nel vuoto sommerso dai ricordi e dalle colpe che si addossava, ma da quando c'era Sarada quel fenomeno non era più accaduto. Era felice per lui allo stesso modo in cui temeva il peggio. Probabilmente l'abbandono di Sarada sarebbe stato un ulteriore brutto ricordo da aggiungere alla collezione, ed Aki non ne aveva di certo bisogno.
Però Daichi sorrise in quel momento, vedendo come il braccio del suo migliore amico si spostava con delicatezza anche nel sonno cercando di non colpire Sarada.
Così stava per rientrare in casa, aveva già appoggiato il palmo della mano al suolo, quando però vide qualcuno avvicinarsi.
Lo riconobbe subito, anche se erano passati quasi due anni dall'ultima volta che lui e Aki lo avevano visto. Così sorrise, si alzò da terra e agitò la mano in segno di saluto.
Finalmente era arrivato il quarto membro del loro team.

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Capitolo 8
*** Hakisada ***


Sarada 07 Riassunto del capitolo precedente: Temari ha un breve contatto radio con Shikamaru, rivela le sue preoccupazioni al marito ma lui cerca di tranquillizzarla, salutandola cercando di sdrammatizzare.
Nel frattempo Shikadai si rende conto che qualcosa non va con Inojin, e decide di parlargli. Inojin però non rivela nulla di importante, dice solo di essere confuso, facendo capire al suo migliore amico che in realtà la questione è ben più importante.
Infine, Sarada riesce a tornare a casa dopo lo scontro con Ryoichi e viene subito soccorsa d Aki. Mentre lui cura le sue ferite hanno una discussione alla fine della quale concludono con un abbraccio e l'allenamento sospeso per due giorni. In seguito Aki parla con Daichi e quest'ultimo rivela le sue preoccupazioni per il suo migliore amico, dicendo che l'abbandono di Sarada potrebbe fargli male e che lui dovrebbe tenersi più distante. Al termine della discussione Aki esce dal sotterraneo e si stende sotto le stelle, concedendosi di guardare i ricordi di sua madre nei nove mesi in cui era stata incinta di lui. Così Aki riflette, riguarda le immagini di suo padre quando era contento del suo arrivo e di quando ha pianto dovendo guardare la moglie morire. Appena finisce di guardare i ricordi, Sarada lo raggiunge, anche se malmessa, e dopo aver parlato un po' si addormentano all'aperto. La mattina dopo Daichi li vede e si pente di essere stato così duro con Aki, anche perché è contento nel vederlo così felice. Quando sta per rientrare in casa vede qualcuno avvicinarsi e lo riconosce come il quarto e ultimo membro del loro team.



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07
Sono forte e fragile, ma il bello, sai, comincia qua.


Boruto avrebbe dovuto dormire come stavano facendo Tatsuya, Shikadai e Inojin in quel piccolo rifugio che erano riusciti a trovare. Sentiva i respiri pesanti di tutti e tre, cercava di concentrarsi sui suoi e di perdere al più presto la cognizione della realtà per poter dormire, ma proprio non ci riusciva. Era riuscito a dormire tutte le notti precedenti, ma quella no. Si era messo a pensare a sua sorella, e da sua sorella era passato a sua mamma, a suo papà, al Villaggio della Foglia, a com'era tutto quanto prima della fuga di Sarada.
Se alcuni giorni prima gli avessero detto che lui sarebbe partito alla ricerca proprio dell'Uchiha lui sarebbe sicuramente scoppiato a ridere liquidando il tutto dicendo che non poteva sopportarla, ma allora si chiedeva cosa ci faceva lì. Continuava a domandarsi perché era andato così distante da casa sua solo per una persona che, a sua detta, aveva con lui un conto ancora in sospeso e nulla più. Credeva che non gli sarebbe mancato nessuno, eppure gli mancava la pacca sulla spalla di suo papà, la voce gentile di sua mamma che gli diceva di andare a letto e gli occhioni che Himawari faceva per convincerlo a giocare con lui. Gli mancava la sua famiglia, i suoi amici, ma gli mancava anche Sarada. Eppure, gli sembrava strano. Non erano mai andati troppo d'accordo, spesso erano ricorsi ad urlarsi in faccia il loro odio reciproco, ma non era mai veramente così. Se lui era scappato per seguirla e se lei aveva lasciato un messaggio per lui sul biglietto d'addio, forse non si odiavano così tanto.
Boruto ricordava il giorno in cui il sensei Kakashi aveva annunciato i nuovi gruppi da tre. Erano tutti eccitatissimi, tra i banchi si sentivano bisbigli continui e preghiere di non finire in gruppo con qualcuno di indesiderato. Tra gli indesiderati di Boruto, lui lo ricordava come fosse ieri, c'era solo Sarada. A lui sarebbe andato bene chiunque, ma non lei.
Il biondino chiuse gli occhi, cercando di ricostruire quel momento nella sua mente, sperando di addormentarsi.



Il sensei fissò i suoi allievi uno ad uno negli occhi, soffermandosi particolarmente su Boruto. Sapeva che avrebbe sicuramente brontolato, ma era stato l'Hokage in persona a decidere i team della nuova generazione, lui non aveva fatto nulla. Così si schiarì la voce, e si sedette sulla cattedra.
"Allora, ragazzi, ho perso tutti i fogli quindi andrò a memoria. Per fortuna ho studiato bene i vostri nomi, altrimenti sarebbe un bel problema."
"Ma se ci conosce da tre anni?" aveva domandato Boruto, incrociando le braccia. "Mi faccia il favore."
Il maestro sbuffò sonoramente: "Allora scusa, Boruto Uzumaki, magari il prossimo anno iscriviti per diventare sensei, vedrai che gran divertimento."
Il biondo appoggiò la testa sulle sue braccia, sbuffando. Il suo compagno di banco Mitsuki scosse la testa divertito, e poi gli diede una pacca sulla spalla, sperando di calmare i bollenti spiriti del suo amico.
"Team dieci, allora..." Kakashi individuò i tre membri e poi ricordò i loro nomi, associandoli ai loro genitori con i quali aveva combattuto anni prima contro Kakuzu e Hidan. "Yamanaka Inojin, Akimichi Chouchou e Nara Shikamar...Shikadai, scusami."
I tre in causa sorrisero, scambiandosi uno sguardo d'intesa. Boruto li invidiava molto, lui non aveva amici così stretti fin da quando era bambino. Per non dire di quanto gli scocciasse il fatto che loro tre sapevano già fare due o tre tecniche combinate.
Kakashi individuò poi i prossimi tre ragazzi: "Team sette, abbiamo Mitsuki, Uchiha Sarada e Uzumaki Boruto."
Bolt sgranò gli occhi, sbattendosi la mano sulla fronte. Se lo sentiva che gli sarebbe andata male, era sicuro che suo padre l'avrebbe messo in gruppo con quella lì, considerando che si trattava della figlia del suo migliore amico. Avrebbe dovuto sopportare quella saputella per anni, non sapeva se ce l'avrebbe fatta. Si girò per vedere la reazione della ragazza, e non si sorprese nel vedere che si stava tenendo la fronte con entrambe le mani mentre Shikadai ridacchiava per prenderla in giro. Per lo meno non si sarebbero sopportati a vicenda.

Boruto ricordava quelle piccole missioni a cui avevano preso parte come team, tutte le litigate all'andata e al ritorno, tutte quelle volte che Mitsuki aveva dovuto intervenire per calmare entrambi. Eppure lui era lì, steso a ricordare i vecchi tempi nella speranza di addormentarsi per ricominciare la ricerca proprio di Sarada. Si chiedeva come stava sua mamma, se lo stava cercando; se suo papà era dietro a quel bancone a firmare qualche carta oppure a controllare che la ricerca andasse bene o se sua sorella sentiva la sua mancanza. Di sicuro lui sentiva la loro, e in qualche strano modo sperava di rivederli il più presto possibile.


Sasuke e Hinata stavano per concludere la perlustrazione del perimetro del Villaggio della Nuvola, erano entrambi affaticati dal rispettivo continuo utilizzo dello Sharingan e del Byakugan, ma nessuno dei due dava segni di cedimento. Sasuke era sorpreso da Hinata, non pensava che potesse reggere una fatica del genere. In effetti, aveva avuto dei dubbi anche sulla sua stessa resistenza, eppure ce la stava facendo. Se fosse stata una missione normale probabilmente si sarebbe rifiutato di partire fin dal principio, ma sapeva che c'era in gioco la vita di Sarada, e non poteva permettere che succedesse qualcosa alla sua bambina. Ricordava quando una settimana prima l'aveva portata a casa dopo che lei aveva scatenato lo Sharingan inconsapevolmente, quando si era sentito perso per qualche minuto credendo di averla persa. Era stato lì che si era ripromesso di iniziare ad allenare sua figlia una volta che si sarebbe ripresa, aiutandola a sviluppare nel modo più sicuro lo Sharingan. Eppure, era arrivato troppo tardi. Si malediva costantemente per non aver capito prima le esigenze di sua figlia, nella sua testa si figurava solo come un pessimo padre che non era nemmeno stato in grado di aiutare il sangue del suo sangue.
Prese un kunai dal contenitore che portava legato alla gamba, e incise sul primo albero che trovò la prima cosa che gli passò per la testa. Sperava che qualcuno la vedesse, che lei la vedesse, e che tornasse a casa.
'Sarada, torna a casa. Ho bisogno di te.  -Sasuke.'

"Sasuke!"
L'uomo fu distratto da Hinata, che gli indicò l'auricolare.
"Qualcuno ti sta contattando."
Sasuke si rese conto che la luce stava lampeggiando, si chiedeva come aveva fatto a non accorgersene prima, non aveva nemmeno sentito gli squilli che aveva fatto quell'oggetto. Premette così sul pulsante e fece partire il contatto.
"Chi ricevo?"
"Sono Sakura."
L'Uchiha avvertì subito che il tono di sua moglie non era tranquillo, anzi: la voce era di mezzotono più alta ed era interrotta da profondi respiri.
"Stai bene?" le chiese direttamente, aspettandosi decisamente una risposta negativa.
"Più che bene!" rispose Sakura in tono euforico. "Io e Sai abbiamo trovato-"
"Sarada?!" esclamò Sasuke impulsivamente, sperando che la risposta fosse positiva. Sarebbe stato un sollievo enorme per lui.
"Non Sarada" il tono dell'Haruno si smorzò appena. "Ma il suo coprifronte."
La prima impressione di Sasuke fu che non si trattasse di una notizia di cui essere troppo felici, ma quando realizzò che quel coprifronte era la prova che Sarada fosse passata per di lì e che quindi stesse bene, per poco non scoppiò a piangere come un bambino. Viste le circostanze però si limitò a sorridere e a portarsi una mano sul cuore, sperando di calmare i battiti.
"Riesci a capire quando l'ha perso?"
"Sì, ma c'è anche una brutta notizia" Sakura sospirò. "Riesco a capire che l'ha perso ieri mattina, tra le undici e mezzogiorno, perché...beh, c'è del sangue sulla stoffa."
A Sasuke si gelò il sangue nelle vene, mentre vide in un'immagine sfocata la sua bambina venire colpita da qualcosa e lasciata inerme sul suolo. Scosse energicamente la testa, cercando di scacciare quell'immagine: "Riesci a trovare qualcos'altro?"
"No, nient'altro" Sakura fece una piccola pausa, e poi riprese. "Però per lo meno sappiamo che fino a ieri era viva."
"Non sei d'aiuto" borbottò l'Uchiha, passandosi la mano sulla fronte sudata. "Sto perdendo la testa."
Sakura sospirò: "Lo so, Sasuke, lo so. Ma devi resistere, fallo per Sarada."
"Finora non ho mai fatto nulla per lei" Sasuke si rese conto di aver detto ciò che pensava a voce alta senza tener conto di nulla, pensando solo a dire la verità.
"Ma cosa dici?" lo rimproverò sua moglie. "Hai fatto più di quanto immagini, devi solo capire che è una ninja giovane che ha bisogno di scoprire di più. Non credo se ne sia andata solo per fare la ribelle e questo lo sai, ne abbiamo già parlato. Tu pensa solo a lei ora, a nient'altro."
"Lo sto già facendo, Sakura, maledizione!" l'Uchiha cacciò un sospiro. "Scusami. Non volevo alzare la voce."
"Tranquillo, sono abituata" Sakura cercò di far ridere il marito, che rispose solo con una risata palesemente falsa. "Ci sentiamo dopo, va bene?"
"Okay, avvisami se trovi altro. A dopo."
Entrambi spensero il contatto, e Hinata sorrise a Sasuke, appoggiando la mano sulla sua spalla: "Ti dai troppe colpe."
"Mi do quelle che merito" rispose lui, riprendendo a camminare. "Normalmente nemmeno me ne darei."
"E' un passo avanti, lo so" Hinata fece un sorriso. "Ma devi pesare correttamente quello che hai fatto. Sei stato un buon padre per lei, non puoi addossarti il peso di tutta questa faccenda."
L'Uchiha fece una smorfia: "Io so che è così. Conosco Sarada, sebbene non possa sembrare, e dopo tutte quelle volte che mi ha chiesto qualcosa su di me, su Itachi, sullo Sharingan o sul passato del villaggio, io non le ho mai risposto. Mai, nemmeno una volta. E' chiaro che lei mi odi."
Hinata scosse la testa, si fermò e fermò anche Sasuke, posandogli entrambe le mani sulle spalle: "Io conosco Sarada, e non è certo una ragazza capace di odiare suo padre. Boruto mi parla spesso di lei, e l'unica cosa che mi è risultata lampante è che lei, come te, prova un sentimento che non è come l'odio. Per lei è persino più profondo, ma meno grave. Lei è solo tanto arrabbiata, ma non ti odia, Sasuke. Fidati di me, per favore."
Sasuke guardò la donna negli occhi cristallini, annuendo poco dopo. Doveva almeno provare a credere che ciò che lei aveva appena detto fosse vero.


Sarada si svegliò parecchio intorpidita, accecata dal sole che era alto in cielo. Portò istintivamente la mano sopra agli occhi per farsi ombra, ma sentì una fitta partire dalla spalla per arrivare fino alla mano, e si ricordò di essere qualcosa di simile ad una reduce di guerra. Sentiva i tagli bruciare alla luce del sole, e poco a poco, sebbene in pochi secondi, ricostruì la sera prima: la discussione che Aki aveva avuto con Daichi, lei che aveva raggiunto Aki, la chiacchierata che avevano fatto e la notte passata all'aperto.
"Buongiorno dormigliona. Alla buon'ora, mi raccomando."
Sarada si mise seduta, cercando di ignorare le fitte di dolore, e poi sorrise in direzione del ragazzo rosso davanti a lui.
"Daichi" ricambiò lei con un cenno del capo. "E' tanto tardi?"
"Non molto, però io e Aki dobbiamo farti conoscere una persona."
Sarada si mise in piedi aiutata dal ninja, e poi lo guardò negli occhi: "E chi sarebbe?"
"Vedi, è un nostro amico da tanti anni. Abbiamo pensato che avere un membro in più nel gruppo sarebbe stato meglio per tutti, così-"
"Frena frena frena" l'Uchiha agitò le mani all'aria, bloccando Daichi nel mezzo del discorso. "Un membro in più? Non basto io?"
Il rosso fece uno sguardo confuso, non capendo l'acidità nel tono di Sarada. Era sicuro che una persona in più avrebbe fatto piacere anche a lei, significava più sicurezza per tutti quanti, del resto. Così guardò la ragazza di fronte a lei negli occhi: "Certo che basti, Sarada, ma avere un aiuto in più ci farà solo che bene. Ricordati che stiamo per partire allo sbaraglio, non sappiamo nemmeno a cosa stiamo andando incontro. Andrete d'accordo, fidati."
"Non è che mi stia simpatico o meno la questione, è più che altro che potevate dirmelo!"
"Temevamo questo genere di reazione" l'Uzumaki fece una smorfia, sbuffando. "Ti prego, sii clemente. Lui non è un tipo facile da prendere, se parti così in due secondi lo vorrai già ammazzare."
"Così non mi convinci a riempirlo d'affetto" Sarada fece una smorfia degna di quelle di Boruto, per poi portare con enfasi le mani ai fianchi. "Dopo riempio Aki di botte."
"Ti metterebbe al tappeto subito!"
Sarada si voltò di scatto, indispettita, pronta a rispondere indietro a chiunque avesse osato intromettersi nella conversazione. Si trovò di fronte Aki con un sorrisetto alquanto spaventato ed accanto a lui un tipo che sembrava tutt'altro che un ninja. Era ancora più alto di Aki, un po' troppo mingherlino e aveva un'andatura da sbandato. Camminava dondolando leggermente con le mani nelle tasche, avvicinandosi lentamente a lei e Daichi. Certo che per avere quel genere di fisico, pensò Sarada, aveva una voce parecchio bassa. Aveva i capelli neri come la pece che ricadevano sugli occhi con alcuni ciuffi troppo lunghi, l'Uchiha si ritrovò a pensare che nemmeno un coprifronte sarebbe riuscito a domare quei ciuffi spettinati. Del resto il viso poteva anche essere carino, aveva gli occhi grigi e un sorriso quasi timido, ma solo dal commento che lui aveva fatto Sarada aveva capito che sarebbe stato più facile appenderlo al muro che altro. Infine l'Uchiha squadrò i suoi vestiti: una maglietta a maniche corte che sembrava la versione più corta del suo qipao di un verde piuttosto spento, il coprifronte del Villaggio dell'Erba legato in vita e dei pantaloni che arrivavano fino al ginocchio. Sarada pensava che 'minaccioso' fosse l'ultimo aggettivo che gli si sarebbe addetto.
Aki si mise di fianco a Sarada, scompigliandole i capelli: "Dormito bene?"
"Fai caldo mentre dormi" rispose lei facendo un sorrisetto nervoso, e l'Hozuki in tutta risposta arrossì appena, ridacchiando. Lo sapeva anche lui, quando dormiva diventava come una sanguisuga.
Il moro di fronte a loro alzò una mano in segno di saluto, ripondendola subito dopo in tasca: "Sarada Uchiha?"
"Vedi qualche altra ragazza?" domandò lei retoricamente, portando le mani ai fianchi. "Tu sei...?"
"Haru Nakayama. Sei simpatica, lo sai?"
Sarada sbuffò sonoramente, facendo una smorfia: "Me lo dicono spesso."
"Già, immagino tu sia sempre così gentile con i tuoi conoscenti."
L'Uchiha guardò male Daichi, dietro di lei, facendogli capire che tutta quella questione non le andava affatto a genio. Ci mancava solo un mezzo ninja strafottente che probabilmente non sapeva nemmeno lanciare un kunai a rallentare la loro spedizione. Di certo quell'elemento non avrebbe aiutato, continuava a ripetersi Sarada, sicura che sarebbe rimasta arrabbiata con Aki e Daichi per almeno tre giorni.
"Magari voi due potete fare un po' di conoscenza" Daichi fece un sorriso, cercando di convincere i due. "Io e Aki andiamo a preparare per la colazione. Abbiamo la torta!"
"Magari Aki e Haru parlano dei vecchi tempi mentre tu ed io prepariamo la colazione" si propose Sarada, ma venne fermata da Aki, che le prese il polso e le fece fare una smorfia di dolore dato che tirò la spalla già slogata.
"Non fare la cinica" la riprese quindi l'Hozuki, sbuffando. "Rientrate tra dieci minuti, okay?"
Haru e Sarada si guardarono in cagnesco, roteando gli occhi al cielo all'unisono. Aki e Daichi sparirono pochi istanti dopo, lasciando in due amiconi nella reciproca compagnia. Sarada non aveva di certo intenzione di parlare, era già infastidita abbastanza dal fatto che non le avessero detto nulla, e l'arroganza di quel tipo di certo non aiutava a migliorare il suo umore. La kunoichi si lasciò cadere per terra, sentendo i tagli sulle gambe bruciare dallo scontro del giorno prima. Haru si sedette di fronte a lei, raccogliendo le ginocchia al petto.
"E così sei scappata dal tuo villaggio?" le domandò lui, sperando di rompere il ghiaccio.
Come previsto però, Sarada fissò il suolo: "E tu sei venuto per farti i cavoli miei?"
"Il fatto che tu sia un'Uchiha non ti dà il diritto di trattare gli altri come zerbini."
"Io non tratto nessuno come uno zerbino, e che io sia un'Uchiha non c'entra nulla. Non l'ho mica chiesto io di nascere."
Haru sbuffò, passandosi una mano tra i capelli neri: "Allora scusa, miss Sarada, prometto che non le rivolgerò mai più la parola."
"E tu allora? Perché sei qui?"
Haru mimò un no con la testa, indicando poi la sua bocca come se avesse un lucchetto. L'Uchiha sgranò gli occhi, seccata: "Ma fai sul serio?"
Il moro annuì, facendo un sorriso apparentemente simpatico, incrociando le gambe. Si era sempre divertito a vedere la gente domandargli se facesse sul serio o no, perché di fatto era raro che lui fosse serio su qualcosa. Peccato che si divertiva anche a non informare nessuno di questa sua caratteristica.
"Yata" lo chiamò Sarada, incrociando le braccia. "Non ti conviene fare il bambino permaloso con me."
"Se volevi chiamarmi per cognome, hai sbagliato. Tanto per, insomma." borbottò quell'altro, imitando una voce da bambino. "E comunque e sei sempre così seria allora non andremo d'accordo."
"Preferisco comunque non chiamarti affatto, quindi magari userò Yata come soprannome." brontolò lei, guardando Haru dritto negli occhi grigi. "E sappi che io non ho mai sopportato tipi ironici, Yata."
"Io ho sempre detestato le tipe troppo serie, Uchiha. Quindi direi che abbiamo già chiarito le nostre posizioni in merito."
La mora annuì, distogliendo poi lo sguardo. Sperava che spuntasse Aki dalle scale e che dicesse loro di scendere per la colazione, ma i due ci stavano mettendo decisamente troppo per spostare una torta dalla mensola al tavolo e per mettere quattro tovagliette. Probabilmente l'avevano fatto apposta, tanto per cambiare. Non c'era cosa che quei due non facevano apposta, secondo Sarada.
La ragazza spostò lo sguardo sul ninja di fronte a lei, notando che stava giocando con delle piccole fiamme attorno alle sue mani, creando una specie di serpente che si arrotolava attorno al suo polso. Sarada si chiese come facesse a non bruciarsi, ma alla fine si rispose che poteva essere una semplice tecnica creata col solo fine di dare prova delle proprie abilità, come la maggior parte di tecniche usate dai ninja incapaci, ovvero come lei reputava Haru.
Le venne per un attimo in mente Boruto, quando anche lui utilizzava solo quel genere di tecniche. Inutile dire che aveva fatto un grande salto di qualità in solo un anno di allenamento, se era passato a creare delle scintille col fuoco ad usare il Rasengan in combattimento. Si ritrovò a sorridere, domandandosi come mai le venissero in mente certe cose proprio in quei momenti.
"Aki mi ha detto che sei qui solo da una settimana. Come hai fatto a ridurti così?"
Sarada guardò le braccia e le gambe, riconoscendo che in effetti non erano una bella vista: "Mi sono scontrata con Ryoichi da sola."
Haru scoppiò a ridere, e scosse la testa: "Questo si chiama suicidio. Cioè, senza offesa Uchiha, ma se sei venuta qui senza saper usare lo Sharingan, ovvero l'arma più potente che possiedi, come pensavi di averla vinta su quello lì?"
"Non smaniavo dalla voglia di vedermela con lui" borbottò Sarada, facendo il broncio. "E' capitato e basta. Te la saresti saputa cavare meglio, tu?"
"Certamente!" il moro si sgranchì la schiena, facendo schioccare anche le ossa della braccia. "Non sono ancora stato battuto. Da nessuno."
"Eccetto che dal tuo ego" Sarada lo guardò male, notando che il sorriso di Haru si tirò ancora di più, aprendosi in un ghigno radioso. Sì, quel tipo era decisamente bizzarro. La ragazza lasciò perdere, scosse la testa e prese a giocare con la punta di un ciuffo che le ricadeva sulla spalla, pensando che probabilmente anche Haru avrebbe potuto farlo con i ciuffi che gli cadevano in fronte. Sarada però si ritrovò ad alzare gli occhi constatando che il ragazzo di fronte a lei si era messo a canticchiare come un idiota mentre lei invece stava cercando di rimanere seria per non scatenare altri battibecchi. Dopo due minuti buoni si decise a parlare, ma prima che dicesse la prima parola, Aki arrivò e annunciò che la colazione era pronta, facendo loro segno di entrare.
Haru fece un sorrisetto e spalancò la mano verso le scale: "Prima le signore, Uchiha."
"Ti prego." sbottò lei ironicamente, scendendo in fretta i gradini.
Così dicendo sparirono tutti nel sotterraneo, facendo scomparire le scale pochi istanti dopo. I due ninja trovarono sul tavolo una torta presumibilmente al cioccolato con un pezzo di carta sopra lo strato di zucchero a velo dove c'era scritto il nuovo nome del team. A Sarada piacque anche quel nome, nonostante l'intrusione di Haru non le avesse fatto altrettanto piacere. Daichi la divise in quattro, fortunatamente non era molto grande, e dichiarò quello l'inizio ufficiale del team Hakisada. Tutti e quattro alzarono la fetta di torta e mangiarono il primo boccone contemporaneamente, mentre Daichi diede una spinta a Sarada, facendole l'occhiolino. Sarada inizialmente non capì, ma poi ripensò alla sera prima, a quando il rosso aveva discusso con Aki in merito alla formazione del team. Perciò sorrise, arrivando alla conclusione che era finalmente tutto deciso, formato, senza più ombra di dubbio. Certo doveva ancora mettere in chiaro alcune cose con Haru, però era sicura che se non fosse riuscita a sopportarlo, ci sarebbero comunque stati Aki e Daichi. Era tutto lì ciò che aveva, attorno a quel tavolo. Sebbene non conoscesse bene nessuno di quei tre ragazzi, sapeva che sarebbero stati la sua nuova famiglia, e che sarebbero stati i suoi unici aiuti in mezzo a tutto quanto. In quel momento si promise di pensare a tutto quello come un nuovo inizio, una nuova pagina da cui poter ripartire. Doveva accantonare l'idea di tornare presto dai suoi amici e dalla sua famiglia, di vedere tutte le persone a lei state care fino a quel momento, di poter parlare con suo papà e raccontargli tutto quello che era successo.
"E ora i discorsi" Haru si schiarì la voce, ingerendo l'ultimo boccone di torta. "Comincio io?"
L'ex team Sadaki annuì, scambiandosi un'occhiata divertita: non pensavano di certo che avrebbero dovuto anche fare il discorso. Così Haru si sistemò la maglietta e poi guardò tutti e tre negli occhi: "Sono qui con voi da tre ore, più o meno. Sono onorato di essere stato chiamato per far parte di questo team, e anche se non conosco te, Uchiha," rivolse il suo sguardo a Sarada. "E anche se abbiamo già chiarito le nostre opinioni, sono sicuro che come team funzioneremo benissimo. Magari non sono proprio il compagno ideale: Aki e Daichi mi conoscono bene, sanno che spesso sbotto e non mi controllo, ma sono sicuro che voi riuscirete a sopportarmi. E anche tu ci riuscirai, Uchiha, perché non è detto che due caratteri incompatibili lo siano anche in combattimento, no?"
"Giusto!" Daichi alzò quel che rimaneva del suo pezzo di torta. "Quindi direi che la prima cosa da fare sarà affinare la compatibilità su ogni campo e far sì che Sarada riesca a sopportare le uscite inopportune di Haru."
Tutti quanti annuirono sorridendo, e poi il rosso riprese a parlare: "Io volevo scusarmi con te, Sarada, per ciò che ho detto ieri sera, probabilmente ho parlato senza pensare a dovere a tutte e sfaccettature della vicenda. Insomma, sono preoccupato perché Aki, come tutti sappiamo, è un tipo sentimentale che piangerebbe e mangerebbe gelato se la sua amata Sarada decidesse di-"
"Falla finita!" Aki diede un pugno parecchio forte sulla spalla dell'amico, guardandolo male. "Non sono così sentimentale."
Il rosso si trattenne dal ridere: "Era per portare un esempio, permaloso. Dicevo solo che sono preoccupato che tu possa star male...ma ho capito da solo che Sarada non è di certo una cattiva persona. Credo che la piccola Uchiha tenga a noi, no? Un po' come era per tuo padre col team Taka."
Sarada annuì, appoggiando le mani sul tavolo: "E' chiaro che tengo a voi, idioti. Certo, eccetto quando mi state per ammazzare mentre ci alleniamo, ma del resto vi voglio un gran bene. Sono felice di aver trovato un team come questo, e sono sincera quando dico che mi andate bene e che non vorrei ritornare. E' ovvio che mi mancano i miei genitori, ma forse è grazie alla loro assenza che ora capisco quanto io tenga a loro, e quando tornerò al mio villaggio ho intenzione di sistemare tutto ciò che ho lasciato in sospeso."
Al suono di quelle parole, lo sguardo di Aki scattò immediatamente verso Sarada che, colta quella frecciatina, si sbrigò a concludere la frase: "Con i miei genitori, i miei amici e anche Inojin."
L'Hozuki incrociò le braccia al petto, ovviamente non prima di essersi sistemato il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte. Gli dava fastidio quell'Inojin, sebbene non lo conoscesse. Si domandava come uno spirito libero come Sarada poteva avere una cotta per quello che sembrava un damerino come lui. Avrebbe preferito decisamente vederla tranquilla e senza rimorsi, e invece almeno una volta ogni tre giorni la trovava ferma a pensare a chissà cosa.
Prese un sospiro: "Sinceramente non so che dire, non ho mai amato fare discorsi. Comunque, ci proverò. Allora...sebbene siano solo pochi giorni da che Sarada è con noi, io la considero parte del team e fedele compagna di avventure, per non parlare di quanto ami preparare la cena con lei. Per quanto riguarda Haru, lo considero amico e compagno da quando ci siamo conosciuti, perciò non c'è bisogno che ti faccia la serenata" Aki guardò Haru ridendo, stringendosi nelle spalle. "E per quanto riguarda me, so di essere troppo impulsivo e inaffidabile, ma se c'è qualcosa su cui potete contare, quella è la mia fedeltà. Io credo in voi e ho fiducia in questo team, sono sempre stato abituato a lavorare solo in coppia, ma credo che non sarà così diverso lavorare con altre due persone, specialmente se si tratta di due teste dure come Haru e Sarada. Spero solo di essere all'altezza di tutto questo, e naturalmente spero che il nostro viaggio sia il più avventuroso e il più pericoloso di sempre."
"Non potevi chiudere il discorso più alla Aki Hozuki" borbottò Daichi, scuotendo la testa rassegnato. Non c'era più speranza per quello spericolato. "Allora ci siamo. Nove e mezza del mattino, manca una settimana alla nostra partenza, e il team Hakisada è ufficialmente in pista."
Tutti e quattro si guardarono sorridendo, ognuno contento a modo suo per ciò che prevedeva questo viaggio. Nessuno sapeva ancora dove sarebbero finiti, chi avrebbero incontrato o chi avrebbero dovuto affrontare, sapevano solo che avevano altri tre compagni di squadra su cui fare affidamento in caso di difficoltà e di cui potersi fidare. Certo, il discorso era ancora da chiarire per Haru e Sarada, ma entrambi sapevano che prima o poi avrebbero capito almeno come non prendersi ad insulti.
Sarada quindi sospirò, e poi sorrise alla nuova vita che aveva appena deciso di intraprendere: nessun rimorso, nessuna preoccupazione, l'unica voglia di tornare una volta essersi realizzata nel mondo in cui voleva lei. Alzò gli occhi verso Aki, e notando che lui la stava guardando, arrossì e sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori, ricambiati da un altrettanto sorrisone dell'Hozuki.
Se lo sentiva già dal primo momento che l'aveva incontrato, Sarada, che Aki sarebbe diventato importante per lei.


Da qualche altra parte, in quell'istante, Shikadai stava parlando con Tatsuya in merito alla questione 'team'. Stavano aspettando che Boruto e Inojin tornassero dalla missione colazione per proseguire poi la ricerca, e giusto per ammazzare il tempo si erano messi a raccontare delle loro rispettive vite. Non erano ancora arrivati a parlare di cose serie, fino a quando non entrarono nell'argomento famiglia. Shikadai fu il primo ad iniziare quel discorso, uscendosene con: "Se mia madre scoprisse che sono qui, mi ucciderebbe."
"E perché deve venirlo a sapere?" aveva risposto il moro, facendogli l'occhiolino. "Meno cose sanno, meglio è."
"Sarà la mia fine" ridacchiò Shikadai. "E che mi dici dei tuoi? Sanno che ci stai accompagnando?"
Il ninja della Nebbia scosse la testa, sfoderando un sorrisetto: "Sono scappato da mia casa quattro anni fa. E' da lì che sto con Ryoichi e Fuyuko, loro erano già in squadra insieme e hanno deciso di farmi entrare quando hanno visto in che condizioni ero."
Shikadai rimase colpito, di certo non si aspettava una storia così da un tipo equilibrato come Tatsuya, anzi, tutt'altro.
"Mi dispiace" disse allora il Nara. "Sai, anche la mia migliore amica è scappata. E' quella Sarada che a quanto pare ora conoscono tutti quanti, eppure non riusciamo a trovarla. E' da una settimana che la stiamo cercando...ma è come se fosse sparita."
"Non è sparita, sa solo nascondersi bene" asserì Tatsuya, stringendosi nelle spalle mentre pensava a qualche possibile soluzione. "Conosco due ninja che potrebbero aiutarvi, sebbene stiano sempre per i fatti loro sanno sempre tutto di tutti. Probabilmente saprebbero dirvi dov'è la vostra amica. Li trovate all'ex covo di Orochimaru, vivono lì da qualche parte."
Shikadai storse il naso: "Siamo già passati per di lì, non c'era nessuno. Solo il covo abbandonato."
"Non amano ricevere ospiti, come loro rivale li conosco molto bene. Potreste lasciare un biglietto da qualche parte, prima o poi lo leggeranno."
"Rivale?" il Nara si grattò la testa, troppe informazioni in troppi pochi secondi. "Devi spiegarmi un po' di cose."
Tatsuya cacciò un sospiro, cercando di mettere in ordine tutto ciò che doveva dire: "Quei due si chiamano Aki e Daichi, e sono la palla al piede di Fuyuko e Ryoichi da quando sono entrato nel loro team. A quanto pare non è Daichi il problema, ma a quanto ho capito è qualcosa tra Aki e Fuyuko che nasce dalla loro infanzia...ma sai com'è, da cosa nasce cosa e ci ritroviamo sempre due contro tre, anche se Fuyuko mi ha detto che l'ultima volta Aki era con una ragazza con i capelli neri, poi non mi ha detto nient'altro."
Shikadai sospirò pesantemente, decisamente affranto da tutta quella - secondo lui - falsa speranza che lo aveva invaso non appena aveva sentito del colore dei capelli di quella ragazza. Poteva essere chiunque da qualsiasi villaggio, era impossibile che fosse la sua Sarada.
"Proveremo a cercarli. Presumo che tu non ci accompagnerai."
"Perché no?" Tatsuya fece l'occhiolino. "Se Daichi mi vede mi ammazza, poco ma sicuro, ma mi perderei un divertimento. Vi aiuterò con le scorciatoie, comunque. Mi state simpatici."
"Ti ringrazio" sorrise Shikadai, anche se era sovrappensiero. Avrebbe parlato di tutto ciò anche a Boruto e Inojin, sarebbero andati di nuovo al covo ma probabilmente sarebbe stato tutto inutile. In ogni caso ci avrebbero provato, lo dovevano a Sarada.

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