Maritombola 8

di TheSlavicShadow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 45. Ophelia – John Everett Millais (Tony Stark; Steve/Tony) ***
Capitolo 2: *** 50. Chrysler Building – William van Alen (Peter Parker) ***
Capitolo 3: *** 83. Disney references (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***
Capitolo 4: *** 35. Immagine di Pixelpower-01 (Steve/Tony) ***
Capitolo 5: *** 15. Fire – Augustana (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***
Capitolo 6: *** 82. He’s gay and he’s got communication issues (Steve/Tony) ***
Capitolo 7: *** 27. Sale / Zolfo / Mercurio (Tony, Steve, Peter; Fantasy(???) AU) ***
Capitolo 8: *** 59. I pilastri della Terra (Nick Fury; E3490; HadesPersephone AU) ***
Capitolo 9: *** 19. Higher Love - Depeche Mode (Wade/Peter) ***
Capitolo 10: *** 22. Giorni / Mesi / Anni (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***
Capitolo 11: *** 41. La verità esce dal pozzo – Jean Léon Gerôme (Bucky/Natasha; Bucky POV, Civil War) ***
Capitolo 12: *** 26. Nascere / Crescere / Morire (Peggy Carter) ***
Capitolo 13: *** 75. Italiano (Steve/Tony) ***
Capitolo 14: *** 54. Ultime notizie dalla famiglia (Superfamily) ***
Capitolo 15: *** 90. If you think this has a happy ending you haven’t being paying attention (Steve/Tony; Civil War II) ***



Capitolo 1
*** 45. Ophelia – John Everett Millais (Tony Stark; Steve/Tony) ***


« O, what a noble mind is here o'erthrown!
The courtier's, soldier's, scholar's, eye, tongue, sword;
The expectancy and rose of the fair state,
The glass of fashion and the mould of form,
The observed of all observers, quite, quite down!
And I, of ladies most deject and wretched,
That suck'd the honey of his music vows,
Now see that noble and most sovereign reason,
Like sweet bells jangled, out of tune and harsh;
That unmatch'd form and feature of blown youth
Blasted with ecstasy: O, woe is me,
To have seen what I have seen, see what I see! »

C’era qualcosa nel modo in cui Steve lo aveva guardato che lo aveva ferito molto più dei pugni. O dello scudo. C’era qualcosa nel suo sguardo, e anche nelle sue parole, che lo aveva distrutto.

Tutto era stato un tradimento. Steve gli aveva mentito per troppo tempo. Una menzogna per salvarlo. Per non farlo cadere nel baratro dell’odio e della vendetta. Se stava zitto, Tony non poteva sapere che lui era a conoscenza di chi fosse l’assassino di Howard e Maria Stark. Aveva mentito. Aveva accusato lui di mantenere segreti, di non mettere a conoscenza nessuno di quello che aveva intenzione di fare fino a quando non era almeno a metà dell’opera. Tony aveva sempre avuto questo modus operandi. Faceva da solo e poi coinvolgeva gli altri.

A quanto pare lo faceva anche Steve. Steve che coinvolgeva i loro compagni di squadra alle sue spalle. Steve che lo guardava negli occhi e mentiva.

Quel semplice sì come risposta davanti al video della morte dei suoi genitori lo aveva spezzato, distrutto. Tutto quello che ne era seguito era come attutito dal dolore che provava a causa di quella semplice breve e concisa risposta. Si sentiva svuotato. Privo di qualsiasi motivazione. Combatteva solo per sfogare il dolore di quel tradimento.

Era stato uno sciocco. Aveva creduto che l’amore di Steve nei suoi confronti potesse essere sincero. Aveva riposto fiducia in quello che avevano costruito negli anni in cui erano stati assieme.

Suo padre glielo aveva sempre ripetuto che non poteva fidarsi di nessuno. Erano uno dei primi insegnamenti del vecchio Stark. Ma lui era uno sciocco sentimentale che si lasciava fregare. Da Obadiah anni prima. Da Steve ora. Persone di cui si fidava così tanto da non dubitare mai di loro e che al contrario non vedevano l’ora di pugnalarlo alle spalle.

“Lui è mio amico.”

Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto piangere. Avrebbe voluto affogare per sempre nell’alcool.

Ora capiva tutte quelle eroine sfortunate della letteratura che si suicidavano per colpa dei loro amanti. Capiva il dolore di un cuore spezzato a cui non sembrava essere rimasta alcuna speranza.

Steve lo aveva tradito. Steve lo aveva lasciato. Steve che non si era neppure voltato verso di lui mentre si allontanava. E lui urlava. Ed era assolutamente patetico.

Suo padre avrebbe avuto ragione a disprezzarlo in quel momento, in cui quasi piangeva come una donnetta.

Solo che…

Solo che amava davvero quell’uomo. Steve gli aveva dato la calma, la stabilità che cercava da troppo tempo. E poi gli aveva tolto tutto senza nemmeno pensarci. Il terreno stabile e compatto su cui aveva camminato si era trasformato in sabbie mobili nel momento in cui Steve gli aveva voltato le spalle.

Davvero Steve aveva pensato che non lo avrebbe aiutato a trovare Barnes e portarlo al sicuro? Davvero pensava che non sarebbe potuto andare oltre al dolore per la perdita dei suoi genitori per aiutare qualcuno che non aveva colpa di quanto era successo?

Se davvero avesse voluto farli imprigionare, lo avrebbe già fatto. Trovare il quinjet con cui erano scappati sarebbe stata una passeggiata. Ancora più semplice sarebbe stato usare il telefono che Steve gli aveva mandato. Se davvero avesse voluto lo avrebbe trovato, li avrebbe trovati entrambi e con loro anche gli altri che erano fuggiti. Era sicuro che anche Natasha fosse con loro alla fine.

Ma aveva mentito. Quando Ross gli aveva chiesto di trovare Rogers e gli altri criminali, lui gli aveva detto che non sapeva come fare. Che aveva disattivato il gps del quinjet e che non aveva altri modi per trovarli. Che non aveva potuto seguirli fuori dal bunker perché la sua armatura era distrutta. Aveva però fatto un accenno che forse T’Challa avesse una tecnologia più avanzata e potesse rintracciare i fuggitivi. Ma il principe del Wakanda lo aveva solo guardato come se avesse con lo sguardo potuto trafiggerlo con centinaia di lance. Sapeva dov’erano. Sapeva che T’Challa li aveva accolti. Ma non sarebbe andato a cercarli.

Steve aveva fatto una scelta. Probabilmente si era anche pentito visto che gli aveva mandato quel cellulare. Ma Tony era troppo ferito per poter anche solo pensare di perdonarlo.

 

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Capitolo 2
*** 50. Chrysler Building – William van Alen (Peter Parker) ***


Non andava spesso a Manhattan. Non era la sua zona d’azione. Si occupava del suo quartiere, sforando a volte a Brooklyn, ma raramente andava oltre al ponte. Quella era una zona che aveva già fin troppi supereroi. L’isola era ben protetta e lui aveva già abbastanza lavoro nell’essere l’amichevole Spider-Man di quartiere.

Non andava spesso a Manhattan, ma quando lo faceva era per salire sugli edifici più alti della città. Spesso si fermava sulla punta del Chrysler Building. Era una posizione strategica. Era abbastanza vicino al Queens ed era piuttosto in alto. C’erano edifici più alti. Lo sapeva benissimo. Ma Manhattan poteva farsi proteggere da tutti gli altri. Dagli Avengers, dai Fantastici 4, e anche da Daredevil.

Il Chrysler Building gli andava bene anche solo per l’aspetto. Non gli dispiaceva quell’aspetto così retrò che aveva mantenuto mentre tutta la città attorno ad esso si modernizzava ed espandeva. Solo qualche chilometro più in là c’erano la Baxter Building e la Stark Tower che erano fin troppo moderne. Soprattutto l’ultima.

Il Chrysler Building gli piaceva anche perché un giorno aveva passato diverse ore assieme a Steve Rogers. Aveva chiesto aiuto all’uomo per un progetto scolastico su alcuni vecchi palazzi ancora presenti nella Grande Mela. E il Capitano sapeva molte cose, nonostante tutto che dicesse Tony Stark. Aveva passato ore a parlargli della costruzione di quel palazzo. Lui aveva una decina d’anni, gli aveva detto, quando ne avevano concluso la costruzione. Gli aveva raccontato di quanto ne fosse rimasto meravigliato, e di quanto era stupito di vederlo ancora in piedi dopo così tanti anni.

Quel pomeriggio con Cap gli aveva fatto venire in mente i pomeriggi che aveva passato con suo padre prima e poi con suo zio Ben. Quei pomeriggi piacevoli fatti di risate e conversazioni che poi riempivano mente e cuore. E che gli mancavano da quando suo zio non c’era più. Anche se il Capitano gli aveva detto che poteva chiamarlo quando voleva. E lo stesso valeva per Tony. Poteva chiamarli quando desiderava.

Non li avrebbe disturbati troppo, aveva deciso. Gli bastava anche solo il pensiero del Capitano e di quel pomeriggio assieme per renderlo felice.

E ora gli piaceva tornare sulla punta del palazzo e guardare il cielo sopra Manhattan.

 

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Capitolo 3
*** 83. Disney references (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***


“At least out loud I won’t say I’m in love”

“Ti sei perso delle cose mentre eri Capitan Ghiacciolo.”

Steve Rogers aveva guardato la donna che gli si avvicinava con pop corn e birra. Stava passando sempre più tempo con lei. Era come se lei lo stesse aiutando a reintegrarsi nel mondo.

“70 anni nel ghiaccio sono molti. Credo tu sia brava in matematica.”

Natasha Stark si era seduta accanto a lui lasciandosi sfuggire dalle labbra quella che poteva definire una risata sarcastica. Molto sarcastica. Ma stava imparando a conoscerla. Tutto il suo sarcasmo nascondeva una persona molto fragile.

“Molto brava. Mi guadagno da vivere con la matematica.” Aveva bevuto un sorso di birra direttamente dalla bottiglia mentre faceva partire il film. Lo aveva invitato per una pizza e film. Solo che la cena stava tardando ad arrivare. E lei aveva detto di essere pessima ai fornelli. Che avrebbe potuto uccidere qualcuno con quello che preparava e che non aveva voglia di accumulare sempre più lavoro. C’erano già abbastanza morti di cui occuparsi.

Era la prima volta che incontrava un Ade. Quando lui era giovane non c’era. Non si era ancora presentato. Come lei aveva sempre detto che non si era mai manifestata alcuna Persefone per settant’anni. E tutti ne erano stupiti in quanto lo credevano morto.

“Tasha, questo cosa sarebbe?” Aveva aggrottato le sopracciglia quando sullo schermo era comparso il logo della Disney. Voleva fargli vedere un cartone animato.

“La mitologia greca ha sempre il suo fascino. Film, serie tv, cartoni animati. Questo è così inaccurato che sto male fisicamente, ma devi vederlo.”

“Cosa vuol dire inaccurato?”

“Hercules figlio di Era e lei una madre amorevole nei suoi confronti.” Aveva guardato la donna inarcare un sopracciglio e fare una smorfia schifata. “Io, un essere totalmente stronzo. E tu neppure esisti.”

“Secondo Rhodes sei totalmente stronza.” Aveva bevuto un sorso di birra, facendo finta di non notare l’occhiataccia che la donna gli stava lanciando. “Anche secondo Natasha. E Clint. E…”

“Ok, ho capito. Non sono la persona preferita di nessuno. Sai che novità.”

Aveva sorriso, allungando subito dopo una mano per prendere la sua. Gli piaceva passare del tempo con lei. Era così strana. Era così particolare ed eccentrica. Era la prima volta che incontrava Ade e non avrebbe mai pensato che si sarebbe presentato in una forma così minuta e dall’aspetto inoffensivo e indifeso, fatta però di sarcasmo e alcool. Una donna che la prima volta che lo aveva visto gli aveva detto che non si sarebbe mai innamorata di lui solo perché glielo imponevano i loro ruoli. E del resto faticava anche lui a capire cos’era che li legava.

Non era amore. Non avrebbe mai detto che era amore. Anche solo per non perdere quello che stavano costruendo.

“Hai le mani bollenti.” Tasha aveva girato la mano in modo da stringere la sua. Era fredda. Aveva le mani sempre fredde. Ma gli faceva piacere il contrasto con la sua pelle.

No, non avrebbe mai detto che si stava innamorando lentamente di quella donna.

 

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Capitolo 4
*** 35. Immagine di Pixelpower-01 (Steve/Tony) ***


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A Steve Rogers non dispiacevano le giornate di pioggia. Certo, non poteva uscire per la sua solita corsa a Central Park. Non poteva neppure prendere la moto per fare un giro fuori città. Non poteva fare molte cose che era solito fare. Però aveva trovato un nuovo passatempo.

Si armava di blocco da disegno, matite e tanto caffè. Il caffè gli serviva solo come scusa per poter entrare nell’officina di Tony. All’inventore non piaceva essere disturbato nel proprio santuario, ma se si aveva la giusta moneta di scambio era tutto più facile.

Era nelle giornate di pioggia soprattutto che sedeva sul divano di pelle presente nella stanza. Aveva trovato Tony addormentato su di esso più volte. Lo prendeva allora in braccio per portarlo a letto. E il mattino dopo Tony si lamentava ogni volta che poteva lasciarlo lì.

Tony si lamentava spesso. Si lamentava anche quando Steve si metteva sul divano e iniziava a disegnare. La maggior parte della volte disegnava lui.

Guardarlo lavorare era sempre interessante. Poteva vedere un Tony che altrimenti non era visibile a nessuno. Era serio. Concentrato. Aveva una pazienza infinita mentre maneggiava componenti minuscole.

“Cosa stai facendo?” Era appena entrato nell’officina quel pomeriggio. Tony era scomparso dopo colazione e non si era fatto vivo a pranzo. Era sceso soprattutto per portargli qualcosa da mangiare e poi per passare qualche ora in sua compagnia.

“Lavoro il ferro, no?” Tony lo aveva guardato inarcando un sopracciglio. Aveva alzato la testa da quella che sembrava una fucina in miniatura proprio nel mezzo dell’officina. Aveva almeno indossato dei guanti, per quanto logori fossero, e gli occhiali protettivi. Ma aveva una canotta. “Fa caldo, Rogers. Non guardarmi così.”

“Non ho detto nulla.”

“Mi hai guardato con rimprovero.”

“Se ti è sembrato così, allora forse hai fatto qualcosa di sbagliato.”

Tony aveva aperto la bocca per ribattergli qualcosa, ma subito dopo l’aveva chiusa e aveva disteso le labbra in una linea dura. L’aveva visto appoggiare sia il pezzo di ferro che stava battendo sia il martello che stava usando.

“Se mi hai portato il pranzo posso perdonare queste tue basse insinuazioni, Capitano.”

Steve aveva soltanto scosso un po’ la testa mentre appoggiava il pranzo e il caffè di Tony su uno dei tavoli e successivamente si metteva comodo sul divano, come faceva fin troppo spesso.

 

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Capitolo 5
*** 15. Fire – Augustana (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***


No it don’t come easy

No it don’t come fast

Lock me up inside your garden

Take me to the riverside
 

C’erano cose che non faceva spesso. C’erano cose che si rifiutava di fare. Tornare nella casa dei suoi genitori era qualcosa che era sulla lista dei tabù mortali. Non ci tornava da quando li aveva seppelliti.

Gli spiriti spesso restavano attaccati a qualche luogo ed era quello che temeva. Per lei era facile richiamare chiunque. A volte non lo faceva neppure apposta. Le bastava provare delle emozioni forti e qualche spirito rischiava di materializzarsi.

Non tornava nella casa dei suoi genitori perché aveva sempre avuto il terrore di richiamarli. Non le portava alcun conforto vedere le loro anime. Quando era più giovane credeva di sì. Aveva perso sé stessa cercando di tenere sua madre ancorata tra i viventi.

Non le piaceva tornare in quella casa. Aveva anche pensato di raderla al suolo e cospargere tutto il terreno di sale. Far dimenticare ad ogni essere vivente quel luogo.

“Natasha, questo giardino è enorme.” Steve Rogers si era voltato verso di lei non appena avevano messo piede nel giardino sul retro della Stark Mansion. Era stupendo quando era piccola, quando un giardiniere se ne occupava quotidianamente. Sua madre passava ore intere nel rosetto. Jarvis serviva il tè nel gazebo. Suo padre fumava il sigaro e leggeva il giornale in veranda. Era stato un giardino molto vivo.

“Una volta era ancora in condizioni decenti, ma non torno qui da anni e passano solo un paio di volte all’anno ad occuparsene. Sia del giardino che della casa.” Non poteva demolire tutto. Non poteva cancellare tutto quello che le faceva male. Anche se sarebbe stato facile. “Non so neppure se ci sia qualche pianta ancora viva qui dentro.”

“E’ più vivo di quello che credi. Vieni.” Steve le aveva porto la mano e lei l’aveva presa senza esitazione.

“Cosa sei? Mary? Mi porti nel giardino segreto? O sono io Mary e tu sei il pettirosso? Deve comparire anche Dickon ad un certo punto? Che nome ridicolo. Scommetto che tutti i suoi amici lo sfottevano.”

“Sai che sei impossibile a volte?” Steve si muoveva con sicurezza, come se avesse trascorso una vita intera in quel giardino. Solo che non era possibile. Quella era la prima volta in cui Steve entrava in quella casa. Howard vi si era trasferito dopo la guerra, quando Steve era già scomparso.

“Me lo dici abbastanza spesso, quindi credo di saperlo ormai.” La mano di Steve era calda. Era come se dentro di lui splendesse un sole eterno che si irradiava attraverso la sua pelle.

Era Persefone. Questa era l’unica spiegazione logica che le veniva in mente. Forse era anche il siero del supersoldato, ma voleva essere almeno un po’ romantica e credere che fosse la divinità in lui a dargli quel calore.

Si era fermato al centro del roseto. Ricordava com’era una volta quel luogo. Pieno di colori e profumi.

Ora sembrava tutto morto. Era tutto appassito, come se lei ci avesse passato sopra un velo di morte.

“Steve, queste rose sono morte. Guardale.” Continuava a tenergli la mano. Amava le mani di Steve. Erano grandi. Erano calde. Sembravano poter proteggere anche lei. Amava Steve, ma non poteva dirglielo. Anche solo perché non voleva che il suo, che il loro destino fosse già deciso da millenni.

“Lo sembrano, ma guarda.” Era stato lui a lasciare la sua mano e lei aveva sentito un brivido lungo la schiena. E non le piaceva. Si stava lasciando trascinare in qualcosa che era sicura le avrebbe fatto del male.

Lo aveva guardato ancora. Si era avvicinato ad uno dei cespugli e lei non vedeva altro che una pianta secca e raggrinzita. Aveva spezzato un ramoscello e con un sorriso era tornato accanto a lei.

“Osserva bene. All’esterno sembra secca, ma guarda l’interno. Guarda quanta linfa. Con solo un po’ di cura questo giardino potrebbe tornare alla vita.”

Guardava il ramoscello spezzato. Sembrava riprendere vita con il tocco di Steve. Era sicura che se lo avessero piantato sarebbe cresciuto velocemente e si sarebbe trasformato in un cespuglio stupendo.

“Te lo regalo. Tanto qui non viene nessuno, quindi se vuoi è tuo. L’intero giardino.” Quando aveva alzato lo sguardo, Steve le sorrideva con dolcezza.

Era perduta. Steve l’avrebbe intrappolata in quel giardino tra le sue rose, e lei lo avrebbe trascinato oltre lo Stige per farne il suo re.

 

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Capitolo 6
*** 82. He’s gay and he’s got communication issues (Steve/Tony) ***


“Steve, ti prego, fallo per me. Invitalo ad uscire.” Natasha Romanov aveva atterrato Steve Rogers quando questi si era lasciato distrarre. Tony Stark era solo passato davanti alla palestra, senza neppure guardare dentro, ma questo era bastato per far distrarre il Capitano. Aveva rapito tutta la sua attenzione e questo aveva permesso alla Vedova Nera di atterrarlo e sedersi comodamente sul suo petto.

“Di cosa stai parlando?” Non doveva arrossire o sembrare imbarazzato. Non doveva assolutamente.

“Della tua tremenda cotta per quell’uomo.” Lo aveva guardato negli occhi e Steve era sicuro che quella donna avesse la capacità di leggerti dentro. O qualcosa di simile. “Se ne sono accorti tutti. Forse solo Tony è così tonto e non ha capito nulla.”

“Non ho una cotta per Tony! Non essere ridicola!” Si era passato una mano sul viso perché odiava quando Natasha aveva ragione. E purtroppo aveva fin troppo spesso ragione.

La donna aveva sospirato e si era alzata, porgendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. L’aveva osservata mentre non smetteva di guardarlo e inarcava un sopracciglio.

“Steve, forse non dovrei dirtelo e farmi gli affari miei lasciandovi cuocere nel vostro brodo, ma anche a Tony interessi.”

“Perché sono Capitan America, un esperimento di suo padre. E poi sta con Pepper.”

“Con Pepper non sta da diverso tempo.” Steve l’aveva guardata ancora, e lei aveva soltanto sospirato più forte. “Perché siete così stupidi entrambi? Pepper lo ha lasciato perché si è accorta che Tony non prova più lo stesso interesse per lei. Solo che anche Tony è come te e non sa come dire le cose nonostante non stia zitto un momento.”

“Tony frequenta molte donne. Non può essere interessato a me.”

“Tony è molto interessato a te, solo che crede che tu non possa essere interessato a lui. Sai, tutta questa storia del simbolo americano, non puoi essere gay, no?”

“Io…” Era arrossito, ne era sicuro. Sentiva tutto il viso andare in fiamme. Stava per protestare. Era bravo nel farlo quando qualcuno metteva in dubbio la sua eterosessualità. “Io amavo Peggy.”

“Questo nessuno lo mette in dubbio, Steve. Ma non siamo più nel 1940, almeno qui non si finisce più in carcere perché si è omosessuali. Puoi tranquillamente amare sia Peggy che Tony. Tony stesso non ha preferenze sui partner. Pensaci, ok?” Natasha gli aveva baciato una guancia e si era allontanata, veloce e silenziosa come solo lei sapeva essere.

Aveva più volte pensato di farlo. Di invitarlo a bere una cosa o a cena, ma alla fine ne era sempre stato terrorizzato. E se Tony lo avesse rifiutato e deriso? Se avesse frainteso tutto e per Tony fosse solo un amico? Solo Capitan America? Poteva davvero rischiare la sua posizione nella squadra solo per una semplice cotta?

Come poteva chiedergli di uscire? Tony avrebbe riso, ne era certo. Poteva già vederlo mettergli una mano sulla spalla e ridacchiare.

Avrebbe riso di imbarazzo? Imbarazzo perché Steve era stato uno stupido e aveva ascoltato Natasha? Avrebbe fatto una delle sue battute e poi sarebbe andato a raccontarlo a tutti?

“Cap, ma sei ancora qui?” Aveva alzato spostato lo sguardo sulla porta della palestra. Tony era appoggiato contro lo stipite della porta e lo osservava. “Natasha mi ha detto che avevi bisogno di me. E’ successo qualcosa?”

Doveva immaginare che ci fosse lo zampino di Natasha. Tony gli aveva detto una volta che non ci si può mai fidare delle spie.

“Come…? Ah, no… E’ che mi ha detto di te e Pepper. Non mi hai mai detto nulla.”

Tony aveva solo alzato le spalle e si era spostato dalla porta per avvicinarsi a lui. Camminava lentamente e aveva infilato le mani in tasca. E guardava i propri piedi mentre camminava.

“Non sapevo ti potesse interessare questa informazione.”

“Se avevi bisogno di qualcuno con cui parlarne, potevi farlo con me.”

“Non sono bravo a parlare di queste cose. Ci siamo lasciati, mi sono sbronzato, e mi sono rimesso in piedi. Fine della storia.”

Non voleva parlare di Pepper in realtà. Non voleva sentire Tony parlare della donna che aveva amato e che forse amava ancora.

“Mi dispiace, Tony.”

“Non importa, Cap. Forse era destino che dovesse andare così.” Tony gli aveva sorriso. Era uno di quei suoi sorrisi che non sapeva mai come interpretare veramente. “Le cose si sono fatte un po’ complicate e la cosa migliore è stata questa. Tu piuttosto? Sei sveglio da diverso tempo e ancora non c’è nessuna signora Rogers all’orizzonte?”

“Cosa? Io non… Cioè. C’è una persona che ho conosciuto, ma non le interesso. Quindi no, nessuna signora Rogers.” Aveva spostato lo sguardo. Tony avrebbe potuto essere la sua signora Rogers. Si era stupito quando aveva saputo che gli omosessuali potevano anche sposarsi in quell’epoca. Addirittura adottare dei figli.

“Oh, ma ti prego. Ti sei guardato allo specchio? Chiunque vorrebbe averti, Steve. Dovresti solo farti avanti. Potresti anche sfruttare a tuo vantaggio il fatto di essere Capitan America. Anche se non ti serve. Guarda quel fisico. Quello basta e avanza per avere chiunque ai tuoi piedi.”

“A me non interessa chiunque.” Aveva mormorato e da come Tony lo aveva guardato sapeva di essersi scavato la fossa con le sue stesse mani. “Una persona… Quella… Non altri.”

“Allora invitala ad uscire e poi presentamela. Voglio proprio vedere che tipo di donna ti interessa.”

“La conosci già. Fin troppo bene.” Era arrossito. Ne era sicuro. Sentiva anche le punte delle orecchie che erano diventate bollenti.

“Mh? Natasha? Ti piace la nostra piccola spia russa? Quella più velenosa del ragno di cui porta il nome? No, Steven. Questo te lo sconsiglio. Quella donna ti mangia a colazione. Quella è un mostro. Ma l’hai vista combattere? Se la fai incazzare ti spacca la testa con le cosce. Potrei fare una battuta pessima sullo stare tra le sue cosce, ma non è il momento adatto.”

“No, Tony. Cosa stai dicendo? Non mi interessa Natasha! Non in quel senso!”

“Steve, posso invitarti ad uscire con me?” Tony gli aveva sorriso, e lui era sicuro che quello doveva essere un sogno.

 

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Capitolo 7
*** 27. Sale / Zolfo / Mercurio (Tony, Steve, Peter; Fantasy(???) AU) ***


“Stark! Apri questa porta!” Steve Rogers, capitano delle guardie reali, stava battendo un pugno con forza alla porta di una delle botteghe della città. Era una delle più famose, sia per i prodotti che vendeva che per l’eccentricità del proprietario. E lui si ritrovava sempre più spesso a dover bussare alla sua porta. “Stark, lo so che sei lì dentro! Se non apri questa porta la butto giù!”

Iniziava ad attirare sempre più persone con il suo bussare. Curiosi che si affacciavano alle finestre, i passanti si fermavano per strada.

“Oh, capitano Rogers! Che sorpresa vedervi qui! Come posso aiutarvi?”

“Figliolo, tua zia sai che sei qui?” Il nipote della vedova Parker aveva aperto la porta della bottega. Teneva in braccio qualcosa e aveva quasi paura a chiedergli cosa fosse. L’ultima volta Stark gli aveva aperto la porta mentre in mano teneva un coltello particolare, molto lavorato e decorato.

“Beh… Il signor Stark mi ha preso come apprendista… Non è tanto d’accordo, ma…”

“Peter, mi porti quel sale per favore? E di a Rogers che non ho tempo per le sue lamentele oggi.”

Sentiva la voce di Stark dal fondo della bottega e non aveva atteso oltre per spingere la porta ed entrare. Come sempre quel negozio era caldo. Per i suoi esperimenti, diceva Stark ogni volta che gli chiedeva il motivo di tanto fuoco. Doveva essere un semplice maniscalco. Gli sarebbe bastato rispondere così per non destare alcun sospetto.

“Stark, alcuni dei tuoi vicini si lamentano di rumori molesti durante la notte.” Aveva osservato l’uomo piegato su un tavolo. Aveva degli strani occhiali addosso e sembrava stesse misurando qualcosa.

“Non posso farci nulla se la notte ho compagnia.” Dall’angolazione in cui si trovava poteva scorgere un sorrisetto malizioso su quelle labbra. Sapeva il motivo, ma preferiva ignorarlo in quel momento. Soprattutto per la presenza del giovane Peter Parker. “Ragazzo, portami qui quel sale. E ti avevo detto di non aprirgli.”

“Ma signor Stark, aveva minacciato di buttare giù la porta!” Peter si era avvicinato velocemente, porgendogli il sacchetto con cui lo aveva visto all’ingresso.

“Dovrai abituarti, lo fa ogni volta che qualcuno del vicinato si lamenta di qualcosa. Anche se ha la chiave e potrebbe entrare senza disturbarmi. Non è vero, Steven?” Questa volta aveva girato il volto verso di lui. Non sorrideva più, ma sembrava in ogni caso piuttosto divertito.

“Tony, se continui così ti accuseranno di stregoneria. E cosa credi di ottenere mettendo in mezzo Peter?”

“S-stregoneria? Signor Stark?” Il ragazzo aveva guardato prima il proprio maestro e poi si era voltato verso di lui. “Voi sapete come mi chiamo?”

“Tony parla spesso di te.” Aveva visto il volto del ragazzo illuminarsi a quelle sue parole, e subito dopo era di nuovo voltato verso il maniscalco.

“Dunque, o mi arresti una volta per tutte oppure vattene. Ci stai disturbando.”

“La tua vicina di casa è convinta che tu stia cercando di evocare il diavolo. Dice che si sente puzza di zolfo fin troppo spesso e che di conseguenza tu stia contattando con gli inferi.”

“Gli inferi non esistono. E neanche i diavoli.” Tony aveva ripreso a lavorare, dandogli di nuovo la schiena. “Da casa sua si sente puzza di morte, ma mica le vado a dire che si sta decomponendo da tanta cattiveria sta covando. Sono sicuro che la sua sia tutta invidia perché tu…”

“Tony.”

“Sì sì, devo stare attento a quello che dico. Peter, puoi andare a prendere il contenitore del mercurio mentre scambio due parole con il nostro stimato capitano?” Il ragazzo era corso nel magazzino senza farselo ripetere due volte, e solo allora Tony si era davvero voltato verso di lui. Aveva tolto gli occhiali e si era appoggiato al tavolo. “Sentiamo, cosa avrei fatto stavolta? Ho volato in groppa ad una scopa? Sono riuscito a trovare la pietra filosofale? Ho tramutato qualcosa in oro? Sabba? Orge demoniache?”

“Tu scherzi, ma sai com’è la gente. Sono creduloni, e tu sei diverso.”

“Onestamente io avrei più paura per te. Finora me la sono cavata sempre e il re sembra essere ancora dalla mia parte. Gioco con i metalli e con altre cose, tutti lo sanno e molti ne sono divertiti. Anche ora sto cercando di ottenere qualcosa mescolando mercurio e sale, ma non ho idea di cosa ne uscirà. Magari faccio saltare in aria la casa di quella vecchia megera.”

“Tony, devi stare attento.” Gli si era avvicinato forse un po’ troppo. Peter era solo nella stanza accanto e ci stava sicuramente mettendo troppo tempo apposta.

“Steve, andrà tutto bene.” Tony si era spostato dal tavolo e aveva mosso un passo verso di lui. Sarebbe stato così facile attirarlo a sé e baciarlo. Ma non poteva. Non era permessa una cosa simile. “Verrai anche stasera?”

“Dopo cena, come sempre.”

Tony gli aveva sorriso, e quello gli bastava. Gli bastava sapere che avrebbe potuto proteggere ancora per qualche tempo quello strano alchimista.

 

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Capitolo 8
*** 59. I pilastri della Terra (Nick Fury; E3490; HadesPersephone AU) ***


Nick Fury osservava Steve Rogers con molta attenzione. Osservava i suoi movimenti. Osservava il modo in cui parlava con gli altri. Osservava il modo in cui il suo viso pareva illuminarsi mentre parlava con la donna che gli stava accanto.

Lo avevano cercato per 70 anni. O almeno una nuova incarnazione di Persefone. Non era possibile che il mondo fosse improvvisamente sprovvisto sia di Persefone che di Demetra. Persefone era davanti ai suoi occhi, mentre di Demetra ancora nessuna traccia.

Era capitato più volte che mancasse qualcuno all’appello per diversi anni. Moriva una incarnazione e non era detto che subito dopo ce ne sarebbe stata un’altra. Bastava vedere l’assenza di Ade durante la guerra in cui Persefone era scomparsa.

E ora stavano lentamente tutti tornando ad esistere allo stesso momento.

Aveva una brutta sensazione. Come se il fatto che esistessero tutti contemporaneamente comportasse una qualche catastrofe. E lui lentamente li stava radunando.

Era stupito da Ade. Quella donna si era sempre tenuta a debita distanza da loro, interagendo soltanto quando era strettamente necessario.

Era perché era Ade, si era sempre detto. Gli Ade del passato avevano spesso anche vissuto come dei veri e propri reclusi. Lei no. Natasha Stark si mostrava al mondo a testa alta, solo evitava spesso gli altri dei come lei. Fino al ritorno di Persefone.

Era sempre scostante con gli altri, ma quando era vicino a Steve Rogers sembrava una persona diversa. E lo stesso poteva dire di Rogers. Era diverso quando stava attorno a quella donna. Lasciava cadere la maschera del soldato che così spesso gli aveva visto sul volto e sembrava una persona completamente diversa. Sorrideva. Sorrideva ogni volta che quella donna apriva bocca, e anche lei non aveva sempre il suo sorrisetto ironico stampato in faccia.

E li osservava mentre lentamente orbitavano uno attorno all’altro. Tutte le incarnazioni iniziavano ad intrecciare dei rapporti uno con l’altro. Gli sembrava quasi che lo facessero con armonia. Come se da sempre fossero vissuti legati. Come se i millenni non avessero mai cancellato tutti i ricordi dalle loro anime.

Ne era soddisfatto. Come lo erano stati in passato, al tempo dei miti e delle leggende, anche ora potevano essere i pilastri su cui si fondava tutta la società. Potevano ancora essere i combattenti che avrebbero salvato la terra.

 

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Capitolo 9
*** 19. Higher Love - Depeche Mode (Wade/Peter) ***


I can taste more than feel
This burning inside is so real
I can almost lay my hands upon
The warm glow that lingers on

Aveva guardato il giovane uomo che dormiva accanto a lui. Sembrava ora così rilassato ed in pace con il mondo, ma quando si erano visti poche ore prima non era stato così. Peter era arrabbiato perché la serata non era andata bene. Non era riuscito a fermare un ladro e qualcuno era morto.

Aveva capito solo questo.

Peter non aveva voluto parlarne e lui non lo aveva forzato. Era del resto il primo che quando non voleva parlare di qualcosa non lo faceva. Per le cose serie almeno. Per le cazzate aveva sempre la bocca aperta. Ed era divertente anche solo perché così faceva ridere Peter. Quella era la cosa più importante.

Quel giovane uomo era diventato il centro di tutto. All’inizio per scherzo, poi lentamente tutto era diventato molto serio. Era un sentimento così bruciante che era ancora stupito di poter provare qualcosa di simile. Era qualcosa di palpabile, quasi fisico, che andava ben aldilà della concretezza dei loro corpi.

Aveva baciato una spalla scoperta di Peter. La sua pelle era sempre calda ed era piacevole percepire quel calore. Gli faceva capire che era tutto reale, che non era solo nella sua testa.

C’era qualcosa che li legava. Qualcosa che era molto forte e che sembrava indistruttibile. Peter era anche andato oltre al fatto che lui fosse Deadpool. Che fosse un mercenario. Che la sua faccia sembrasse appena uscita da un tritacarne. Peter lo amava nonostante tutto quello che era e che rappresentava.

E se questo non era vero amore, non sapeva cos’altro potesse esserlo.

 

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Capitolo 10
*** 22. Giorni / Mesi / Anni (Steve/Natasha; E3490; HadesPersephone AU) ***


C’erano cose che Tasha aveva sempre adorato ignorare. Di solito erano delle cose stupide e futili. I rimproveri dei suoi genitori quando era ragazzina. I rimproveri delle tate e del maggiordomo. I rimproveri dei suoi docenti perché si annoiava durante le lezioni. Le altre divinità come lei. Soprattutto Efesto, suo padre.

E poi c’erano cose che aveva dovuto imparare ad ignorare.

Gli spiriti erano qualcosa che l’aveva terrorizzata da bambina. Li vedeva ovunque. Li richiamava anche quando non voleva. E non era stato per nulla facile imparare a controllare questo potere. Se di potere si potesse davvero parlare. Certo, era potente. L’essere Ade le aveva permesso di sopravvivere in diverse situazioni che sembravano disperate. Ma c’era sempre qualcosa che mancava.

L’assenza di Persefone era come la mancanza di acqua. Lei lo percepiva forse più degli altri. Le sembrava di avere sempre la gola secca, inaridita. Era come se fosse a piedi in un deserto rovente e non riuscisse mai a trovarne l’uscita. E ci aveva provato, oh, se ci aveva provato a soddisfare quella sete.

Aveva cercato Persefone disperatamente in ogni persona con cui era andata a letto. Aveva cercato qualcosa, e non aveva mai trovato assolutamente nulla.

Non c’era Persefone. Non c’era quella che doveva essere la sua anima gemella. Non c’era l’amante che le era stato promesso ad ogni incarnazione per millenni. Le stagioni avevano continuato a susseguirsi, questo voleva dire che c’era. Esisteva da qualche parte ma era nascosta a tutti.

La sua anima era imprigionata tra i ghiacci? Lì dove l’ultima Persefone si era sacrificata per gli esseri umani? Era questo il motivo per cui non fosse possibile trovarla?

O si era semplicemente stancata di tutto? Stancata di dare vita ad un mondo tanto orribile?

Queste erano le cose a cui pensava in continuazione, sin da quando era una bambina e le avevano spiegato cosa fosse. Aveva cercato Persefone. Suo padre aveva conosciuto l’ultima Persefone. Un uomo. Un uomo con i capelli del colore del grano maturo. Un uomo giusto. Un uomo che aveva messo la salvezza di altri prima di sé stesso.

Aveva cercato il suo aspetto in tutte le anime degli inferi. Aveva cercato il suo spirito tra i morti e tra i vivi. Ma era sempre stata una ricerca vana. Qualcosa che non l’aveva portata a nulla se non a punti morti.

La sua ricerca era durata giorni. I giorni erano diventati mesi. E i mesi erano diventati anni.

Ma di Persefone neppure una misera traccia.

Fino a quando uno sconosciuto l’aveva urtata sul marciapiede. Uno splendido sconosciuto con i capelli del colore del grano che profumava di fiori.

 

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Capitolo 11
*** 41. La verità esce dal pozzo – Jean Léon Gerôme (Bucky/Natasha; Bucky POV, Civil War) ***


Aveva aperto gli occhi all’improvviso. Aveva sognato. E non riusciva ancora ad abituarsi. Aveva dimenticato come fosse sognare mentre era il Winter Soldier. Forse era impossibile farlo. Forse il fatto di cancellargli costantemente i ricordi influiva sulla capacità di sognare.

Solo che da quando non era più sotto il controllo dell’Hydra i sogni erano lentamente ritornati. Molte volte sotto forma di ricordi. Ricordi per nulla piacevoli. Ricordi che non voleva avere. Ricordi che erano suoi, ma che non sembrava gli appartenessero.

Gli sembrava tutto così surreale.

Si era messo seduto passandosi una mano sul viso. T’Challa gli aveva fatto costruire un braccio nuovo. E Steve aveva deciso di svegliarlo di nuovo.

Era stato a causa della donna che ora gli dormiva accanto. Steve gli aveva detto che nel momento in cui aveva saputo cosa avessero fatto, cosa lui avesse deciso di fare, era scoppiata. Lui sapeva perché. Sapeva quanto Natasha stessa fosse rimasta ferita in passato da lui. Soprattutto quando lo aveva visto in una cella criogenica e si era incolpata dell’accaduto.

“Se non dormi, la tua pelle diventerà piena di rughe. Guarda quanto è vecchio Stark.” La voce calma di Natasha lo aveva colto di sorpresa. Doveva sapere che l’avrebbe svegliata. Aveva sempre il sonno così leggero.

“Non parlare di Stark.” Aveva voltato il viso solo un po’ verso di lei. Era bellissima illuminata solo dalla luce che proveniva dall’esterno. Gli sembrava una fata, o qualcosa del genere.

“Lo hai nominato tu per primo. Anche se forse il tuo Stark era riferito a qualcun’altro.” Si era messa seduta anche lei e aveva appoggiato la testa sulla sua spalla.

“Sapevo che era Howard. E l’ho ucciso. L’ho riconosciuto nel momento in cui ha pronunciato il mio nome e non mi sono fermato. Non mi sono potuto fermare. Era un ordine e non sapevo disobbedire agli ordini.”

“So cosa vuol dire non potersi ribellare ad un ordine. Nessuno ti incolpa di questo. Nemmeno Tony.”

“Dovrebbe volermi morto. Non posso biasimarlo.”

“Se Tony davvero ti volesse morto sarebbe già qui.” Aveva percepito le labbra di Natasha contro la spalla, subito sopra la cicatrice che una il braccio metallico con il suo corpo. “Credi davvero che quell’uomo non vi abbia già localizzati? Solo che non riesce a perdonare Steve, per questo non si è ancora presentato qui. Ha permesso anche a me di scappare, quando avrebbe potuto arrestarmi subito per avervi aiutati a scappare da Lipsia.”

Aveva soltanto annuito lentamente. Parole simili le aveva pronunciate anche Steve quando erano atterrati. Il suo migliore amico gli aveva detto che se Tony Stark avesse voluto catturarli, nulla lo avrebbe fermato. Ma l’uomo non si era fatto vedere, e solo dopo aveva capito il reale motivo.

“Steve lo ama molto. E io ho rovinato tutto.”

“E Tony ama Steve.” L’aveva percepita spostarsi e l’attimo dopo era seduta sulle sue gambe e gli prendeva il viso tra le mani. “E non hai rovinato nulla. Il problema è stata la loro mancanza di comunicazione. Steve gli ha nascosto qualcosa che non avrebbe dovuto. E la verità è sempre preferibile alla menzogna, non credi? Anche quando fa male.”

Non ne era sicuro. Non sapeva cosa fosse preferibile in quell’istante. Ma Natasha era così convinta di quelle parole che non aveva il coraggio di ribattere.

 

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Capitolo 12
*** 26. Nascere / Crescere / Morire (Peggy Carter) ***


Peggy non aveva mai creduto nelle rinascite. Nascevi una volta soltanto, il resto erano trasformazioni, crescite. Nascevi solo il giorno in cui aprivi gli occhi per la prima volta e vedevi il mondo. Il resto erano percezioni che cambiavano con il tempo. Una stessa persona cresceva e cambiava anche migliaia di volte nel corso della propria vita. Era qualcosa di normale. Doveva succedere. Crescevi sempre un po’ per qualcosa. Perché la vita ti metteva di fronte a degli ostacoli che dovevi superare. Perché tu stesso decidevi di fare qualcosa di diverso.

Lei stessa avrebbe solo dovuto sposarsi ed essere una madre e moglie perfetta. Era per questo che si era preparata per tutta la sua giovinezza. Aveva lentamente assopito il suo spirito ribelle, a detta di sua madre, e si era fidanzata. Era pronta a fare quel passo ed essere quello che tutti si aspettavano da lei.

Solo che la vita era imprevedibile e si poteva morire molte volte pur restando in vita. Era una morte lenta, qualcosa che ti uccideva lentamente. Qualcosa che a volte ti permetteva anche di essere felice, fino a quando qualcosa non ti faceva di nuovo e ti ricordava per cosa eri morto.

I vestiti da sposa erano una di queste cose. Lo ricordava bene. Ricordava la morbidezza della stoffa e il modo perfetto in cui le fasciava seno e vita. Ricordava come si era sentita felice mentre si guardava allo specchio, pronta per il gran giorno.

E si ricordava il modo in cui le era mancato il respiro quando aveva saputo della morte del fratello. Michael era stato l’unica persona che l’aveva davvero capita. Era stato l’unico a parlare con franchezza anche della sua idea di sposarsi. E qualcosa dentro di lei era morto assieme a lui.

Ma non era neppure paragonabile al dolore che provava ogni volta che pensava a Steve Rogers.

Non era mai stata una donna particolarmente romantica, ma Steve Rogers l’aveva colpita già la prima volta in cui lo aveva visto. Qualcosa nel suo modo di essere l’aveva completamente rapita e si era anche sentita stupida. Era lì per lavorare. Non per prendersi una cotta per il topo di laboratorio di Erskine e Stark.

Eppure l’aveva colpita. Era stato uno stupido colpo di fulmine. E neppure ci credeva al colpo di fulmine. Ma Steve… Steve era stato speciale dal primo momento. Il modo impacciato in cui le parlava. Il modo in cui la guardava. Steve la guardava sempre come se fosse sua pari. Non una donna che pretendeva di fare il soldato. Era sua pari. E questo per lei aveva significato moltissimo.

Perderlo era stato come morire ancora una volta. Ogni volta che pensava a lui era come se la ferita nel suo cuore si riaprisse.

Steve era morto. Si era sacrificato affinché loro tutti potessero continuare a vivere. Solo che lei non aveva mai smesso di morire dal giorno in cui lo aveva perso.

 

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Capitolo 13
*** 75. Italiano (Steve/Tony) ***


Era divertente stare ad ascoltarlo quando blaterava qualcosa. Steve faceva anche finta di non stare ad ascoltarlo. Succedeva di tanto in tanto, mentre Tony lavorava, mentre Steve preparava i pasti, mentre Tony guidava il quinjet, mentre Steve dava ordini durante le missioni.

Erano frasi brevi. Erano semplici e basilari normalmente. Nessun discorso troppo complicato.

“Sei bello.”

“Cosa non ti farei.”

“Quella divisa ti fa un culo perfetto.”

Complimenti di questo tipo erano all’ordine del giorno. E lui faceva finta di nulla. Ignorava anche il sorriso divertito sulle labbra di Natasha quando li intercettava. Lui si limitava ad ascoltarlo cercando di fare finta di non capire.

Solo che Tony si dimenticava che durante la guerra aveva passato diverso tempo in Italia e qualcosa aveva imparato. E quando si era risvegliato aveva ripreso a studiare qualcosa. Tra queste cose c’era l’italiano.

Era divertito. Sapeva che Tony parlava italiano. Sua madre era di origini italiane o qualcosa di simile, gli aveva detto Tony. E lui lo aveva sempre parlato.

Se solo avessi il coraggio di dirti cosa provo davvero per te.

Aveva sentito Tony mormorare mentre erano nella sua officina. Steve vi passava sempre più tempo, seduto sul divano e leggere qualcosa mentre Tony lavorava alle sue armature o all’equipaggiamento della squadra. Aveva alzato lo sguardo dal libro che stava leggendo e aveva guardato la schiena di Tony. Probabilmente l’inventore non si era nemmeno accorto di aver parlato a voce alta. Aveva notato che ogni tanto gli capitava. Quando era molto concentrato a volte parlava da solo.

Magari potrei farlo a modo, sommergendoti di regali inutili. Oppure rapendoti e porandoti a Parigi. Parigi è molto romantica e servirebbe allo scopo in effetti. Ma so che sarebbe inutile. Non potresti mai prendere seriamente quello che avrei da dire.

Steve aveva spostato il libro a quelle parole. Lo aveva chiuso e messo sul divano prima di alzarsi e muoversi lentamente verso Tony. Era la prima volta che lo sentiva parlare così. Aveva sempre pensato che il flirtare di Tony fosse uno scherzo. Lo faceva con tutti. Anche con Rhodes e Rhodes era come un fratello per lui. Lo aveva sentito flirtare anche con Natasha e questa aveva risposto a tono facendolo solo ridere. Per Tony flirtare era come respirare.

Cosa sarebbe questa cosa che hai paura di dire?

Aveva parlato in italiano apporta e Tony si era voltato verso di lui di scatto. Aveva spalancato gli occhi e lo guardava con orrore. Come un bambino colto in flagrante mentre combinava una marachella.

“Rogers! Non origliare i pensieri nascosti degli altri!”

“Stavi parlando a voce abbastanza alta perché potessi sentirti fin troppo bene.” Gli aveva sorriso e lo aveva guardato. Tony sembrava davvero preoccupato dalle parole che si era lasciato sfuggire. “Quindi, queste cose di cui mi vuoi parlare… Che ne dici se ne parliamo a cena? Solo tu ed io.”

L’espressione stupita di Tony in quel momento non aveva prezzo. E nemmeno lui ci credeva di avergli davvero chiesto di uscire.

 

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Capitolo 14
*** 54. Ultime notizie dalla famiglia (Superfamily) ***


Peter Parker aveva guardato la cartolina che gli era appena stata consegnata. Aveva inarcato un sopracciglio e aveva guardato la torre di ferro più famosa del mondo che vi era raffigurata.

Dovevano aver sbagliato buca delle lettere o qualcosa del genere. Nessuno di quelli che conosceva era a Parigi in quel momento. Gli unici due che potevano farlo erano Wade e Tony, ma il primo stava preparando la colazione e il secondo era a New York. O così credeva.

“Wade, sono andati a Parigi.” Era rientrato in casa, dirigendosi subito in cucina. Wade canticchiava mentre preparava dei pancakes, come ogni mattina.

“Chi è andato a Parigi? Anastasia e Dimitri? Hanno trovato la nonna?” Wade non si era neppure voltato verso di lui. Aveva continuato a preparare la colazione.

“Tony e Steve.” Si era seduto a tavola rileggendo le poche parole scritte da entrambi gli uomini che per anni aveva considerato delle figure paterne. E li considerava ancora tali. I due uomini che aveva conosciuto quando era solo un ragazzino che saltava sui muri di New York e che Iron Man aveva deciso di prendere sotto la sua ala protettrice.

“Stark è di nuovo nel pieno della sua crisi di mezza età?”

“A quanto pare.” Peter aveva sorriso. Quella era al 100% un’idea di Tony. Si erano sentiti al telefono solo il giorno prima e non gli aveva detto nulla. Anzi, avevano continuato a messaggiare per buona parte della serata, anche mentre Peter era fuori in pattuglia. E Tony non gli aveva detto nulla. Avevano parlato di passare il weekend insieme. Steve voleva fare una gita di famiglia e Tony glielo aveva proposto subito. Ma non aveva fatto una sola parola riguardo ad un possibile viaggio a Parigi.

“Certo che il tuo vecchio è strano. Vorrei avere anch’io tutti quei soldi e godermi le mie crisi di mezza età.” Wade aveva servito la colazione e gli si era seduto accanto, mettendo subito una mano sulla sua coscia.

“Come puoi avere una crisi di mezza età se non hai ancora raggiunto la mezza età?” Peter si era sporto un po’ verso di lui e gli aveva dato un bacio sulla guancia. “Portami a Parigi.”

“In viaggio di nozze? Devi prima accettare di sposarmi.”

“Te l’ho detto, prima mi laureo e poi possiamo parlarne.”

“Allora sbrigati a laurearti e poi facciamo venire un infarto ai tuoi paparini con un bel matrimonio a Las Vegas e una fuga in Europa.”

Peter aveva ridacchiato, dando un bacio sulle labbra del compagno, prima di rigirarsi ancora una volta la cartolina tra le dita ed iniziare poi a fare colazione.

 

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Capitolo 15
*** 90. If you think this has a happy ending you haven’t being paying attention (Steve/Tony; Civil War II) ***


Era stato stranamente felice e sollevato di avere Tony dalla propria parte. Almeno per una volta l’inventore non era contro di lui. Era sembrato anzi disperato mentre cercava di capire cosa lui ne pensava di tutta quella nuova guerra che li vedeva coinvolti. Gli sembrava quasi di vedere gli ingranaggi del cervello di Tony che cercavano di trovare una soluzione che potesse andare bene per tutti.

Per un istante aveva anche pensato che Tony sarebbe stato dalla sua parte fino alla fine. Che sarebbe stato al suo fianco come braccio destro di un leader. Aveva avuto speranza nel credere che Tony si sarebbe schierato con lui. Che lo avrebbe accompagnato in quella missione. Vivendo con quell’uomo per anni, guardando ogni sfumatura del suo essere, aveva sperato che Tony avrebbe visto il bene di ciò che stava facendo.

Aveva sperato che Tony potesse sempre vedere oltre le apparenze. Di solito lo faceva. Di solito era l’unico che capiva il grande schema delle cose senza che nessuno gli dovesse spiegare nulla.

Tony avrebbe sicuramente capito. Tony capiva sempre. Anche quando litigavano. Anche quando passavano poi alle mani. Anche quando non si parlavano per settimane. Tony lo capiva sempre.

Lo avrebbe capito anche questa volta. Avrebbe solo dovuto parlargli e spiegargli come stavano le cose. Voleva farlo. Voleva davvero prenderlo da parte e dirgli come stavano le cose. Chiedergli di aiutarlo. Con il cervello di Tony sarebbe stato tutto ancora più facile. Avrebbe avuto accesso a tutta la tecnologia di cui disponeva e sarebbe stato tutto così semplice.

Anche solo per il fatto che avrebbe avuto Tony accanto.

Perché lo amava. Lo aveva sempre amato e lo avrebbe sempre fatto. Questa era una cosa che non sarebbe mai cambiata. Missione o non missione. Avrebbe preteso di avere delle relazioni con altre persone. Con delle donne. Il Leader Supremo non poteva stare con un uomo, questo sarebbe stato inaccettabile per il loro ideali. Ma avrebbe sempre amato Tony. Questa era una cosa che non avrebbe mai potuto cambiare.

Ed era sicuro che Tony provava lo stesso per lui. Era sicuro che avrebbero litigato di nuovo. Era certo che Tony avrebbe fatto fatica ad accettare la sua appartenenza all’Hydra, ma si sarebbe abituato all’idea. Come lui, anche Tony voleva solo salvare gli altri. Non importava con quali mezzi. Tony stesso aveva più volte fatto scelte che altri avevano giudicato come troppo forti, troppo estreme. Tony avrebbe capito.

Avrebbe solo dovuto parlargliene e Tony avrebbe capito.

Aveva bisogno della sua comprensione. Aveva bisogno anche della sua rabbia. Aveva bisogno della presenza di Tony Stark al suo fianco per poter compiere quella missione. Senza Tony sarebbe stato perso. Senza Tony era solo una missione, ma senza un vero scopo.

Senza Tony era davvero possibile continuare a vivere?

Aveva guardato la bara in cui avevano posto il corpo di Tony. Sapeva che sarebbe successo. Le guerre portano sempre delle vittime. Anche tra i capi delle fazioni che si danno battaglia. Tony era caduto di fronte ai suoi occhi e ora aveva davvero significato tutto quello che aveva fatto?

Un giorno Tony si sarebbe risvegliato da quel coma. Di questo era più che certo. Se qualcuno era capace di ingannare anche la morte, quello era Tony Stark.

Ma tra quanto? Sarebbe stato abbastanza risoluto durante l’assenza di Tony Stark?

Avrebbe potuto continuare a combattere per salvare un mondo che era stato privato dell’uomo che amava?

Please tell me you'll fight this fight
I can't see without your light
I need you to breathe into my life
Don't tell me this is goodbye
I won't grieve, it's not yet time
Each breath breathed is keeping hope alive
{Breathe - Superchick}

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