Fluorescent Adolescent

di Laila Inkheart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Straordinariamente ordinario ***
Capitolo 3: *** Il Quartier Generale ***
Capitolo 4: *** Ritorno al passato ***
Capitolo 5: *** L'Arazzo e l'Udienza ***
Capitolo 6: *** Missioni segrete e Partenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Fluorescent Adolescent

Prologo


Le ultime luci dell’alba, tremolanti mentre lasciavano posto al giorno, disegnavano pallide ombre azzurrine sulle case quadrate di Little Whinging.
La cittadina, che di solito pullulava di zelanti signore intente alla cura maniacale del proprio giardino e di panciuti impiegati muniti di pompa e idrante per il lavaggio di auto scolorite, era avvolta in un dolce torpore: la si poteva quasi sentir respirare, come il lento e ritmato alzarsi e abbassarsi del petto di un bambino.
Solo il sonnacchioso, ovattato e beatamente felice silenzio.
Era davvero un peccato che qualcuno al numero 4 di Privet Drive non potesse godere di tale spettacolo, perché recluso nel ripostiglio del sottoscala.
Harry poteva sentire chiaramente ciò che avveniva in salotto: c’era un curioso viavai, zia Petunia trafficava con il bacon , Dudley piagnucolava pestando i piedoni al suolo perché non trovava il suo giocattolo preferito, un tramestio di piatti schiantati al suolo e un’ imprecazione di zio Vernon.
Poi un sonoro bussare alla porta del sottoscala: "Esci subito da qui, pelandrone!".
La porticina si aprì e ciò che Harry intravide, con gli occhi socchiusi per la nuova luce del giorno, fu una visione tutt’altro che rassicurante: zio Vernon torreggiava su di lui ed era particolarmente di malumore.
Il suo viso corrucciato aveva assunto una calda sfumatura di mattone, gli occhi porcini erano ridotti a fessure, digrignava i denti e una macchia rossastra compariva vistosa sulla camicia “delle occasioni speciali”; a Harry ricordò un gigantesco cinghiale che aveva appena divorato la sua preda.
"E non stare lì impalato con quella faccia da tonno" grugnì sgarbato zio Vernon " infila la divisa e monta in macchina, altrimenti ti lasciamo qui.. Razza di ingrato! ".
Non sarebbe mancato al suo primo giorno di scuola per nulla al mondo!
Così, dopo che zio Vernon si esibì in una nevrotica corsetta alla volta delle scale, Harry entrò in cucina e vi trovò uno spettacolo alquanto insolito: Dudley troneggiava su una sedia con i braccioli, al centro della stanza, con un’espressione imbronciata.
La divisa giallo miele in cui era avvolto, i ciuffi di capelli biondi che spuntavano sul suo testone, il “trono” su cui era seduto e da cui dava ordini a zia Petunia che eseguiva, svolazzando di qua e di là come una frenetica ape operaia, davano a Dudley l’aspetto di una fiera ape regina.
Quando si accorsero che era lì, operaia e regina guardarono Harry come un infido apicoltore che avrebbe rotto gli equilibri dell’alveare.
" Ah, sei qui" gracchiò arcigna zia Petunia scrutando il nipote con disapprovazione "quello è il cestino del pranzo, ma dovrai guadagnartelo. Porta fuori la spazzatura e pulisci la macchia di ketchup qui per terra. Questa è la tua uniforme... "e glì lanciò di malagrazia un telo sformato giallo paglierino, che somigliava più a un piumone che ad una divisa vera e propria.
"Ma.." cercò di ribadire Harry debolmente: zia Petunia doveva aver sbagliato, non era della sua misura! Ce ne sarebbero entrati tre di lui lì dentro!
 "Niente ma, non fare storie, moccioso irriconoscente! Con i soldi che ho speso per quella cosa" e indicò la divisa tra le braccia di Harry "avrei potuto comprare un giocattolo nuovo al mio Diddino patatino, è un così bravo figliolo..".
Dudley lanciò un’occhiata malevola al cugino che, rassegnato, si apprestava a svolgere le sue mansioni.
Se il buon giorno si vede dal mattino, per Harry non si preannunciava nulla di buono.
 
*
La scuola elementare più vicina a Little Whinging era senza dubbio Meadowfield, che distava una decina di minuti da Privet Drive.
 Harry pensava che potevano andarci benissimo a piedi: gli piaceva sentirsi accarezzare il viso dal fresco vento settembrino, riempirsi le narici con il profumo degli alberi, sgranchirsi le gambe… Ma, come al solito, a nessuno importava di ciò che pensava Harry che, parcheggiato sul sedile posteriore, osservava le colorate abitazioni di Little Whinging susseguirsi rapidamente.
A malapena colse qualche brandello delle raccomandazioni concitate degli zii: "Non dare fastidio a Dudley… Non prendere le sue cose… Non fare cose strane… Non fare amicizia con gli amici di Dudley.. Non rispondere alle domande sui tuoi genitori…".
Ma c’erano cose più importante che preoccupavano Harry: e se l’avessero preso in giro per gli occhiali tenuti insieme con il nastro adesivo e l’uniforme extra-large? E se non si fosse fatto nessun amico? E se non fosse stato abbastanza intelligente per seguire le lezioni? E se Dudley l’avesse reso nuovamente vittima dei suoi scherzi maligni? E se la maestra fosse stata cattiva e antipatica come zia Petunia?
Solo fino a qualche giorno prima era entusiasta di non dover più passare tutto il giorno ad essere tormentato dai Dursley, mentre ora sarebbe ritornato volentieri nella quiete e nella penombra del sottoscala.
Erano arrivati.
Assorto in questi pensieri, Harry scese dall’auto e uno stormo di voci chiassose gli riempì le orecchie.
Era nel cortile di Meadowfield e non aveva mai visto così tante persone tutte insieme: genitori che che tranquillizzavano i figli, gruppi di ragazzine di quinta che si raccontavano i pettegolezzi estivi, amici ritrovati, fragorose risate, minuscoli bambini della materna attaccati alla gonna delle madri, auto dai colori vivaci che brillavano al timido sole di settembre, adulti che si scambiavano convenevoli e sorrisi di circostanza.
Era tutto così.. Nuovo e diverso.
Ma improvvisamente l’intero cortile sembrò ammutolire, come se qualcuno avesse tolto l’audio; l’attenzione di tutti era focalizzata su un punto imprecisato dietro Harry, sicchè in un folle attimo si chiese se fissassero proprio lui.
Poi scoppiò un fitto brusio di sorpresa e lui si voltò per scoprire quale fosse la fonte di tale scompiglio.
Avanzava verso di loro un’alta figura, avvolta in una lunga e appariscente veste blu notte, i capelli argentei raccolti in un’elaborata treccia, le mani e il collo pieni dei più luccicanti gioielli che Harry avesse mai visto.
Ma nessun gioiello brillava quanto i suoi vispi occhi azzurri che, Harry poteva giurarci, almeno per un attimo avevano indugiato proprio nella sua direzione.
Pochi l’avevano conosciuta di persona, ancor di meno erano quelli che osavano rivolgerle la parola e nessuno sano di mente si sarebbe mai sognato di bussare alla sua porta; era ciò che il vicinato definiva “una vecchia svitata e spaventosamente stramba” e Harry ricordò che una volta zia Petunia disse che “bisognava evitarla come la peste bubbonica”.
Si raccontavano strane storie su Vera Van Winklewick: la signora Claythorne affermava di averla vista conversare allegramente con il suo gatto nero e quello aveva.. annuito!
Il rispettabilissimo signor Wargrave invece era certo di sentire strane esplosioni provenire dalla casa dell’anziana signora, per non parlare dei fuochi d’artificio che uscivano dal suo camino ogni Halloween!
Il figlio dei signori Morris, dal canto suo, giurava che quando era andato a fare “dolcetto o scherzetto?” alla porta di quella, un brutto quadro dell’ingresso gli aveva fatto una boccaccia!
La signora Van Winklewick non amava farsi vedere in giro, civettare con le vicine, curare il suo giardino (occupazione considerata sacra per gli abitanti di Little Whinging).. Non si preoccupava di vestire alla moda («Quel vestito sembra uscito dal secolo scorso, per l’amor del cielo!» commentò zia Petunia in tutto il suo disappunto) né tantomeno di smentire la poco desiderabile reputazione che aveva presso i vicini; anzi, sembrava quasi che si divertisse a scandalizzarli.
Tuttavia, non viveva da sola: aveva una nipotina dell’età di Harry e quello era il primo giorno di scuola anche per lei.
Le due raggiunsero a passo svelto un luogo isolato, incuranti degli sguardi invadenti e delle maligne osservazioni; la vecchia Vera bisbigliò qualcosa all’orecchio della nipote, che sorrise divertita, e poco dopo il suono metallico della campanella riempì il cortile.
 
*
La campanella dell’intervallo aveva suscitato moti di gioia all’interno delle classi; una fiumana di ragazzini rumorosi si riversava in cortile.
Molti avevano già fatto amicizia: c’era chi saltava con la corda, chi giocava alla “settimana”, chi faceva una partita a carte o a biglie, chi chiacchierava, chi giocava a palla, chi si rincorreva, chi andava sull’altalena.. In qualche modo, tutti sembravano aver trovato il proprio posto.
Perfino Dudley si era fatto dei nuovi amici: Piers Polkiss, un bambino pelle e ossa con la faccia da topo; Dave Rockhood, una specie di barile dai capelli a spazzola; e Tyler McGavin, con il muso schiacciato e i capelli biondi a scodella.
Il cortile offriva a tutti la possibilità di godersi l’intervallo come meglio preferivano: c’erano delle giostre, dei tavolini, grandi spazi verdi e delle panchine un po’ isolate, perfette per chi voleva stare al riparo da sguardi indiscreti.
Su una di quelle sedeva il piccolo Harry Potter, tutto solo, mentre osservava gli altri bambini divertirsi e ripercorreva mentalmente la mattinata appena trascorsa.
Quando entrò per la prima volta in classe si sentì come un uccellino spinto fuori dal nido ma non ancora pronto per volare.
Aveva preso posto in un banchetto della seconda fila e Dudley era pericolosamente sistemato nel banco di dietro.
Nel frattempo entrò la maestra, che si presentò come la signorina Mahoney: era poco più che una ragazza, con morbidi capelli biondo miele, dai lineamenti delicati e i modi gentili; sembrava un angelo.
Gli amorevoli occhi chiari passavano in rassegna dei suoi giovani alunni, mentre cercava di memorizzare più nomi possibile; erano tutti incantati dalla giovane maestra e si divertirono un mondo quando propose loro una filastrocca e un gioco di parole.
Tuttavia i dispetti di Dudley non tardarono ad arrivare: iniziò a lanciare palline di carta nei capelli del cugino, gli mise uno sgambetto che per poco non gli fece frantumare gli occhiali, e gli rovinò il quaderno che zia Petunia gli aveva dato perché a Dudley non piaceva più la copertina dopo essere uscito dalla cartoleria; molti bambini scoppiarono a ridere additando la vittima degli scherzetti.
Le flebili ammonizioni della signorina Mahoney non poterono nulla con Dudley, che gongolava con un’aria innocente.
Harry era abituato a subire le angherie di suo cugino ma nel profondo del suo cuore aveva sperato, almeno quella volta, di essere come tutti gli altri.. Essere normale.
Era il primo giorno di scuola e già veniva deriso dai compagni e ignorato durante l’intervallo.. Davvero un pessimo inizio.
Ma, come si suol dire, al peggio non c’è mai fine.
Infatti proprio in quel momento passava di lì Dudley con la sua nuova banda e naturalmente non si fecero scappare l’occasione di stuzzicare Harry.
“Hey femminuccia!” lo chiamò, facendo sbellicare i suoi compari. Harry decise di ignorarlo: prima o poi si sarebbe stancato e l’avrebbe lasciato in pace.
 “Che c’è? Sei così tonto che ti sei ingoiato la lingua?” cantilenò quello. Altre risate e Piers squittì tra uno spasmo e l’altro « Buona questa, Dud! ».
Nessuna risposta.
Dudley Dursley detestava parecchie cose. Detestava le verdure, il non venire assecondato in tutti i suoi capricci, i giocattoli vecchi, ma soprattutto, detestava essere ignorato.
“Da quando in qua i pidocchi provano a fare i duri, eh?” domandò gonfiando il petto, con aria di sfida.
La mente di Harry lavorava frenetica mentre goccioline di sudore gli imperlavano la fronte.
Avrebbe potuto scappare: era piuttosto veloce a correre, soprattutto quando c’era in gioco la sua incolumità.
Ma non sarebbe arrivato lontano, la cricca di Dudley l’aveva praticamente circondato.
Avrebbe potuto continuare ad ignorare il problema.
Certo, così da portare Dudley ad una crisi di nervi che poi avrebbe sfogato sul suo sacco da boxe preferito che, guarda caso, era proprio lui.
Avrebbe potuto chiedere aiuto o chiamare la signorina Mahoney.
Sì, così avrebbe fatto la figura del codardo.
L’unica possibilità era quella di trattare suo cugino con le pinze, in modo che il “vulcano” non esplodesse, e pregare in cuor suo di tornare a casa sano e salvo.
“Ehm.. I-io stavo solo.. E-ecco, quello che intendevo dire è..” iniziò Harry flebilmente, “DOLCETTI AL CIOCCOLATO!” strillò Dudley con gli occhi spalancati e la bava alla bocca, indicando un sacchetto che spuntava appena da dietro la schiena di Harry.
“Non sapevo che tua madre preparasse il cestino del pranzo anche per quel piccolo perdente, Dud!” biascicò Piers con la sua voce nasale, con un tono sorpreso.
“Q-questo me l’ha dato la signorina Mahoney!” disse Harry, questa volta più deciso, e con una nota d’orgoglio nella voce.
“E ora lo darai a me altrimenti ti riduco in polpette, pivello.” gli intimò Dudley, avvicinandosi con aria minacciosa.
“Neanche per sogno, lasciami in pace!” esclamò Harry, stringendo forte il sacchetto a sé.
Non aveva idea di come quelle parole gli fossero uscite dalla bocca, era come se fosse stato un altro a dirle: il suo istinto di sopravvivenza sapeva che dare quel sacchetto a Dudley era la cosa più sensata da fare, infondo erano soltanto degli stupidi dolcetti.. No?!
Forse ci teneva tanto perché era la prima volta, nella sua vita, che Harry riceveva un regalo. La prima volta che qualcosa era davvero sua, e di nessun’altro.
“Le cose stanno così, eh?” Dudley era pericolosamente vicino.. “Allora beccati questo, quattrocchi!”.
E lo colpì in pieno viso, scaraventando gli occhiali chissà dove; prima che Harry potesse rendersene conto, venne sollevato da terra e trascinato di peso nella casetta giocattolo al centro del cortile.
 
Udì la porticina venire chiusa precipitosamente e rimase disteso sull’erba morbida e fresca, con le orecchie che gli ronzavano e la vista appannata. La testa pulsava violentemente.
Le voci dei bulletti arrivavano in modo ovattato alle orecchie di Harry: “Lasciamolo qui e andiamocene!” “Giusto, così impara a fare il gradasso” “Se l’è cercata, e se prova a dirlo a qualcuno avrà il resto”.
Sghignazzarono tutti di gusto, mentre Harry arrancò per cercare di aprire la porticina di plastica colorata: era bloccata.
Pensò con orrore che l’intervallo era finito da un pezzo, e tutti dovevano essere tornati in classe.. Nessuno avrebbe mai sospettato che lui era chiuso lì dentro, e probabilmente sarebbe rimasto lì fino alla fine delle lezioni o addirittura fino alla mattina successiva!
Proprio non capiva perché dovevano succedergli cose del genere. Cosa aveva fatto di male per meritarsi i maltrattamenti di Dudley? Perché nessuno si preoccupava mai per lui?
In quel momento si sentiva invisibile, impotente e completamente solo.
 
Il piccolo Harry era assorto nei suoi pensieri, a tal punto da non accorgersi che la porta prima chiusa a chiave, adesso era spalancata. Fino a che la sua attenzione non fu richiamata da due grandi occhi neri e un naso lentigginoso a pochi centimetri dal suo viso: Harry sussultò per un attimo e mise a fuoco la figura di una bambina minuta che era accovacciata vicino a lui e lo fissava con uno sguardo vispo e un po’ incuriosito.
“Va tutto bene? Hai qualcosa di rotto?” chiese lei in tono preoccupato, che stonava in modo un po’ inquietante con i suoi occhi spalancati di sorpresa.
“I-io credo d-di no…” balbettò Harry in fretta e cercò di rimettersi in piedi, ma una fitta alla testa lo fece barcollare e cadere al suolo.
La strana bambina gli tese la mano senza dire nulla, continuando a guardarlo insistentemente.
Harry l’afferrò mormorando un grazie ed insieme uscirono dalla casa giocattolo, quando improvvisamente la luce aranciata del
tramonto gli colpì le lenti: quanto tempo aveva passato lì dentro?
Con la testa che ancora gli girava, rivolse lo sguardo alla sua salvatrice: ora era voltata di spalle e sembrava stesse cercando qualcosa, il caschetto scuro e arruffato svolazzava in ogni direzione ed Harry si chiese cosa stesse facendo.
Lei, quasi come se gli avesse letto nel pensiero, commentò a bassa voce: “Stavo cercando il tuo sacchetto del pranzo, ma credo che qualcuno lo abbia rubato”.
“Oh sì… quello. Be’, dev’essere stato mio cugino Dudley, non importa.” Rispose Harry mordendosi il labbro con aria affranta.
“Mh-mh, capisco.” annuì la bambina con il tono di chi è curioso ma troppo cortese per chiedere di più.
Poi si mise una mano nella tasca dei pantaloni e ne cacciò una confezione nera e rossa che aprì velocemente: era una barretta di cioccolato piuttosto doppia.
Ne spezzò metà e la porse ad Harry, che la guardò stranito e confuso, un po’ sorpreso da quel gesto.
“Prendilo, è con il doppio caramello” lo incoraggiò lei come se stesse parlando di una cosa molto pregiata, così Harry si decise ed afferrò il dolce: era effettivamente la cosa più buona che avesse mai mangiato fino a quel momento.
Il viso di Harry dovette essersi trasfigurato di delizia perché la ragazzina rise di gusto: “Buona vero? E’ la preferita della nonna, io invece preferisco il Nougat.” Gli spiegò con un gran sorriso.
Sua nonna? Harry collegò immediatamente, aveva già visto la bambina, quella mattina in cortile, parlare con Vera Van Wincklewick! Era sua nipote!
Tuttavia si chiese come mai fosse così gentile con lui: nemmeno si conoscevano! Solitamente le persone non erano cortesi con Harry, lo “strambo nipote dei Dursley”; per lo più era abituato ad essere preso in giro o, nel migliore dei casi, ignorato.
Quella bambina gli sembrò diversa da tutte le persone che aveva incontrato fino a quel momento.
Si accorse che lei lo stava scrutando attentamente, quasi come se avesse scoperto una nuova interessantissima specie animale.
Harry arrossì violentemente: aveva gli occhiali tenuti insieme dallo scotch (dopotutto era il sacco da boxe preferito di suo cugino) e l’uniforme scolastica larga tre volte lui, che lo faceva assomigliare ad un sacco di patate. Pensò che la ragazzina sarebbe scoppiata a ridere da un momento all’altro.
Lei non lo fece, e disse d’un tratto: “Be’, allora io vado. Ci vediamo domani a scuola.” e gli rivolse un gran sorriso: Harry notò che le mancavano i due denti davanti, e nel complesso aveva un aspetto piuttosto buffo.
Harry era perplesso e tante domande affollavano la sua mente, mentre lei gli aveva dato le spalle e si avviava verso il cancello.
“Hey! Aspetta un attimo! I-io.. cioè tu..?”
“Io sono Laila. E’ stato un piacere incontrarti, Harry!”.
Aspetta un attimo. Harry? Lo aveva chiamato per nome? Come faceva a conoscere il suo nome? Non l’aveva vista se non di sfuggita prima di allora.
Prima che Harry potesse replicare alcunché, era sparita nel tramonto fiammeggiante.

*Angolo dell'idiota autrice*

Salve popolo di EFP! Dopo anni di inattività ho deciso di pubblicare questa fanfiction.. Lo so, lo so, sono terribile. Sono cambiate tantissime cose dall'ultima volta che ho pubblicato qui: mi sono iscritta al sito che ero una completa adolescema e ora ho quasi 21 anni. E bazzico ancora qui su. Eh già, la mia vita è alquanto nefasta.
Ma bando alle ciance: questa fanfiction mi ronza in testa da almeno una decina d'anni, ho cominciato a scriverla diversi anni fa ma cambiando computer persi tutti i capitoli (e grazie al Cielo, erano penosi), in un momento di nullafacenza universitaria e scazzo universale taedium vitae ho deciso di riprenderla sotto mano, lasciando l'idea originale invariata quasi per rispetto alle me stessa versione ragazzetta nerd e sfigata che aveva concepito questa storia malsana e disagiata.
Probabilmente è un qualcosa di trito e ritrito, ma avevo lo sfizio di pubblicarla e vedere cosa ne pensate voi.
Ho deciso di inserire un OC, ossia un Nuovo Personaggio, perchè sì insomma.. Tutti abbiamo desiderato almeno una volta di far parte della storia di Harry Potter. Chi dice di no sta mentendo spudoratamente.
Questo personaggio è nato un po' come una Mary Sue, lo ammetto, chiedo venia e vado a fustigarmi con il cilicio :') tuttavia con gli anni e la saggia verecondia che la vecchiaia mi ha conferito (sto a parlà come Silente..) ho cercato di stravolgere completamente questo personaggio, rendendolo quanto più possibile vicina al lettore (no, grazie a Merlino non mi sono ancora dimenticata com'è avere 15 anni).
E nulla detto questo mi smaterializzo dileguo e vi chiedo di scrivermi, se vi va, cosa sinceramente pensate di questo Prologo! 
Vi confesso che io stessa lo trovo leggermente noioso e prolisso, tuttavia mi è essenziale per la continuazione della storia. E' stato un po' difficile "mettermi nei panni" di un Harry bambino ma spero di esserci riuscita nel modo più naturale e spontaneo possibile.
A presto, la vostra
Laila Inkheart 

 

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Capitolo 2
*** Straordinariamente ordinario ***


 CAPITOLO I


Straordinariamente ordinario


Diversi anni dopo

Una serie improvvisa di rumori si susseguì velocemente, uno dopo l’altro: un sonoro crac di due corpi che si schiantano sul terreno, trombe che suonano l’inno della vittoria; un fitto brusio si diffonde tra le tribune, urla agghiaccianti e pianti disperati.
Poi il silenzio. Come una cupola di ferro che cala su tutto lo stadio.
L’unica cosa che riuscì a sentire era la voce di Harry, spezzata e fuori controllo, gridare “Voleva che riportassi indietro, voleva che lo riportassi ai suoi genitori.”
Avrebbe voluto fare qualcosa; urlare, far fuoriuscire le lacrime, attraversare di corsa le scalinate che la separavano dall’inizio del Labirinto. Eppure sembrava che qualcuno le avesse scagliato un Petrificus Totalus, era congelata dal terrore di fronte a quella scena straziante.
Poi il buio. Amos Diggory,in ginocchio sul prato, stringeva tra le braccia un corpo: si avvicinò lentamente, le sue gambe si muovevano da sole quasi come se fosse un automa, gli occhi splancati nell’oscurità.
Si chinò sui resti senza vita per scoprire con suo grande orrore che era.. Harry. Le labbra bianche e le iridi di smeraldo girate all’indietro.
Gridò con tutto il fiato che aveva in gola mentre sentiva gli organi in fiamme, gli arti rompersi e cadere al suolo come fossero di cristallo, udì dei passi strascicati, clunk clunk clunk, e due mani intorno al collo che la strozzavano.
Con gli ultimi soffi di respiro rimasti, aprì gli occhi lacrimanti e vide un orbita blu elettrico roteare velocemente. Poi, affogò nelle tenebre.
 
*

Laila spalancò gli occhì di colpo e continuò a strofinarli fin quando non iniziarono a darle fastidio; si scostò delle ciocche sudate e appiccicaticce dalla fronte e prese ad ammirare il disordine rassicurante della sua camera: le mensole strabordavano di volumi e vedevano affiancati titoli come “Il Corvo” di Poe e “Manuale di Incantesimi, Volume IV” di Miranda Goshawk, il muro color azzurro cielo era tappezzato di poster dei Nirvana e delle Holyhead Harpies, una montagna di vestiti prevalentemente neri giaceva sul pavimento in legno scuro e lì, nell’angolo, faceva capolino un baule semiaperto con una gabbia vuota sopra di esso.
Il suo ospite, un gufetto nero dagli occhi ambrati, tubava tranquillamente da sopra l’alto armadio di ebano intarsiato.
“E’ stato solo un incubo Anacleto, non c’è nulla di cui preoccuparsi.” disse la giovane a mezzavoce, più a sé stessa che al volatile.
Poi si alzò tentennando e aprì le tende: i suoi occhi, ciechi fino a quel momento, si bearono della tiepida luce del crepuscolo.
Si ritrovò a pensare che le pennichelle pomeridiane fossero più dannose che altro, ma si rendevano necessarie poiché di notte non riusciva a chiudere occhio: paure, ricordi e traumi degli ultimi mesi le affollavano la mente dando vita agli incubi più assurdi.
Sbadigliò pigramente e notò il suo riflesso nello specchio posto vicino alla finestra: a restituirle lo sguardo c’era una giovane pallida, emaciata, i grandi occhi scuri contornati da profonde ombre viola.
Ormai non si dava più la pena di cercare di dare alla propria capigliatura una qualche parvenza di ordine; il risultato era una zazzera scura scomposta e sparata da tutte le parti.
E, visto che le sventure non vengono mai da sole, aveva da poco deciso di tagliare la frangetta e la forbice le era leggermente scivolata di mano, per cui ora risultava ridicolmente corta rispetto alla sua fronte, che era, come amava definirla un suo simpatico amico dai capelli rossi, “più alta della torre di Astronomia”.
Sbuffò e distolse lo sguardo ma, improvvisamente, le sembrò di udire una voce familiare provenire dalla cucina, al piano inferiore.
Uscì lentamente dalla camera da letto, camminando come un ninja per non fare rumore, e si arrestò alla rampa delle scale: il suo cuore fece una capriola (o un doppio carpiato all’indietro) e notò con grande stupore che nel suo salotto, ritto in tutta la sua statura e avvolto da una veste rosso rubino, c’era proprio lui: Albus Silente.
Parlava con la nonna di Laila tenendo basso il tono della voce: quasi come se non volesse che qualcuno sentisse i loro discorsi.
 Lei tuttavia fece del suo meglio per origliare e colse qualche brandello: stavano parlando di un certo Mundungus Fletcher che stava di guardia a qualcosa.. e di una riunione importante che si sarebbe tenuta a breve.
Poi Laila rischiò letteralmente l’infarto: lo sguardo azzurrino di Silente guizzò esattamente nella sua direzione, come se sapesse che era stata lì a ficcanasare per tutto quel tempo.
“E giacchè la signorina Laila desidera prendere parte alla nostra conversazione, cara Vera” e fece un inchino col capo all’anziana donna che scrutava la nipote con grande disappunto “Posso solo dirle di concentrarsi sugli studi e sui prossimi esami G.U.F.O. anziché corrucciare la sua testolina con faccende che riguardano due vecchi signori.”
Laila sentì la faccia andare a fuoco dalla vergogna, balbettò delle scuse confuse, si chiuse nella sua stanza e si buttò a peso morto sul letto a pancia in giù, pensando che sua nonna le avrebbe fatto scrostare calderoni per il resto della vita.
Poi schizzò in piedi come se le lenzuola fossero lava bollente: doveva assolutamente parlare con Harry.
Doveva dirgli che Silente era stato a casa sua, di cosa aveva sentito, del fatto che le aveva praticamente detto di farsi i fattacci suoi e non impicciarsi oltre.
Che avessero qualcosa da nascondere quei due vecchi balordi?
Sospettosa e piena di dubbi, Laila si infilò di fretta e furia le converse sbiadite e si fiondò giù per le scale; controllò che non ci fosse nessuno e sgattaiolò fino alla porta.
Proprio mentre stava uscendo, una voce fredda la gelò sul posto: “Dove credi di andare, signorina?”
La nonna era furiosa, a momenti le sarebbe uscito del fumo dalle narici come ad un Petardo Cinese.
“Ehm… VadoafareicompitidiTrasfigurazionealparco,ciao!” rispose lei veloce come un Bolide, e si catapultò fuori.
La sentì urlare “Quando torni faremo i conti signorinella! Oh vedrai che ti combino!”.
Laila svoltò l’angolo della vicina Magnolia Road, diretta verso il parco giochi, sperando in cuor suo di non essere trasformata in uno scarafaggio al suo ritorno.

 
*


“… E quindi? Cos’altro ha detto Silente?” chiese impaziente Harry, abbandonato mollemente sull’altalena del parco.
“Oh santo Merlino Harry, te l’ho ripetuto centinaia di volte!” replicò la ragazza spazientita.
Laila notò l’espressione frustrata di Harry e cercò di limitare al massimo la sua naturale scortesia verso il mondo: “Insomma, le uniche cose che ho sentito sono stati dei vaneggiamenti su un tale, Mundungus qualcosa e una riunione che sembra piuttosto importante.” Spiegò lei afflitta.
Harry grugnì, con lo sguardo fisso sull’erba rinsecchita.
“Già. Poi Silente ha usato i suoi superpoteri per intercettarmi e addio copertura. E ora mia nonna mi Trasfigurerà in un copriteiera quando tornerò a casa. La prospettiva di andare a vivere con i Dursley non mi sembra tanto malvagia al confronto.” Cercò di sdrammatizzare lei.
Harry abbozzò un sorriso tirato, per poi ritornare alla sua espressione imbronciata: doveva ritenersi fortunata a vivere con Vera, era una vecchietta adorabile ed era una strega, mentre lui era costretto a vivere con quei mentecatti dei Dursley ogni estate.
Ma nessuna estate era stata mai nefasta come quella attuale.
“Invece tu? Hai novità?” chiese cauta Laila all’amico.
“Be’, a parte vacanzieri spagnoli bloccati e pappagallini dediti allo sci d’acqua, credo che una creatura magica si sia Smaterializzata nel giardino dei Dursley.” Rispose Harry pensieroso; sperava che Laila ci capisse più di lui o che almeno sapessi dirgli qualcosa dato che era evidentemente più in contatto con il mondo magico.
“Una creatura magica a Privet Drive?  In effetti avrebbe decisamente senso... Credo che Silente stia in qualche modo controllando la situazione.” Osservò la ragazza, con il viso corrucciato di chi sta vagliando delle ipotesi.
“Ma perché mai Silente dovrebbe inviare una creatura magica a controllarmi? Tua nonna abita a due isolati da me, potrebbe farlo tranquillamente lei, no?”
“E’ così, però forse Silente non vuole dare nell’occhio e vuole ridurre il più possibile i vostri contatti.. Riflettici Harry, noi non dovremmo nemmeno poter abitare nelle tue vicinanze *, figurarsi avere rapporti frequenti con te.”
Harry era sollevato che lì con lui ci fosse Laila e non Hermione, la quale certamente gli avrebbe detto che era un rumore prodotto dalla sua fantasia.
Al pensiero di Hermione, Harry non potè più trattenersi e sbottò: “Che diamine, ti pare giusto che Ron
ed Hermione sono in vacanza insieme mentre io sono confinato qui dai Dursley senza uno straccio di notizia? Dopotutto sono stato io ad affrontare Voldemort, sono stato io ad assistere all’assassinio di Cedric..”.
Laila lo guardò allibita, non era abituata a vedere Harry inveire in quel modo, ma capiva il suo senso di impotenza.
“..  E come se non bastasse, gli incubi continuano a tormentarmi” proseguì lui insofferente “continuo a sognare il cimitero, oppure dei corridoi infiniti che non portano da nessuna parte.”
“Questo è perché ti senti imprigionato qui, presumo.. Ho letto qualcosina di Freud ultimamente.” commentò Laila sovrappensiero.
“Già, sono imprigionato qui da quattro settimane e Silente si è completamente dimenticat..” stava continuando impietoso, quando Laila gli fece cenno di chiudere la bocca, e Harry capì subito il perché: Dudley Dursley si avviava a casa con la sua fedele banda.
Lo sport preferito di Dudley era diventato ufficialmente prendere a pugni: che si trattasse dei partecipanti al Campionato di Pesi Medi Juniores Scolastici del Sud-Est o indifesi bambini di dieci anni, non aveva importanza; fatto sta che i bambini del vicinato erano terrorizzati da lui ancora più che da “quel Potter” che, li avevano avvertiti, era un teppista incallito e frequentava il Centro di Massima Sicurezza San Bruto per Giovani Irrecuperabili*, e anche di più che da “la stramba nipote della stramba” la quale, si diceva, fosse in grado di trasformare in gargoyle chi le stava antipatico e che fosse spedita, durante l’anno, in un collegio esclusivamente femminile in Svizzera.
Laila si voltò di scatto verso Harry, il quale pareva stesse lottando contro l’impulso di chiamarli e sfogare un po’ della sua frustrazione sui ragazzi che un tempo avevano reso la sua vita un inferno*.
“Non fare idiozie, vuoi rischiare l’espulsione come due anni fa? Cos’hai nella testa, Caccabombe?” sibilò Laila sottovoce ma con veemenza.
Harry serrò la mascella, era infastidito da quelle parole ma purtroppo aveva ragione: cercare lo scontro non era una mossa astuta.
Entrambi seguirono con lo sguardo l’allegra combriccola che si allontanava; Harry si alzò e Laila lo seguì senza dire nulla, immaginò non avesse molta voglia di parlare.
I loro cammini si divisero a Wisteria Walk, dove abitava lei.
Laila borbottò delle raccomandazioni che Harry non ascoltò:“Non fare stupidaggini… Mantieni la distanza da Dudley… Non usare la magia… Mi senti?”.

 
*


Laila aprì la porta e si preparò mentalmente ad affrontare la nonna; era senz’altro furiosa.
Ma con sorpresa notò che tutte le luci erano spente: le accese velocemente e trovò una pergamena sul tavolo della cucina.
“Sono via per un’importante commissione che mi si è inaspettatamente presentata.
Torno domattina. Pulisci la gabbia di Anacleto e prepara la cena.
Baci,
Nonna”

Quella vecchia pazza, pensò tra sé e sé Laila, è andata a fare l’ennesimo torneo di Scacchi Magici e lo sta facendo passare per un compito segretissimo misterioso super importante.
Sorrise serena al pensiero che la resa dei conti con la nonna era rimandata a domani, si sarebbe sicuramente calmata e le avrebbe preparato la torta di more che tanto le piaceva.
Poi ci pensò con più attenzione. L’improvvisa sparizione della nonna c’entrava qualcosa con la visita di Silente? O meglio, c’entrava qualcosa con la riunione importante di cui avevano parlato quel pomeriggio.
Laila non lo sapeva.
Uscì frettolosamente di casa, sperando che Harry non fosse già arrivato dai Dursley.
*
 
Si mise a correre per l’isolato deserto, la notte di velluto avvolgeva le case quadrate e scorse qualche luce accesa dalle abitazioni.
Dopo qualche minuto, Harry e Dudley entrarono nel suo campo visivo: stava succedendo proprio ciò che temeva.
Harry aveva la bacchetta sfoderata e la stava premendo sul petto del cugino, il quale rantolava impaurito e cercava di intimargli di  puntare“quella cosa” da un’altra parte.
Laila gridò “Harry, cosa diamine pensi di fare?”
“G-già ha r-ragione.. C-cosa pensi di f-fare?” le fece eco Dudley balbettando impaurito.
“Cosa diavolo ci fai tu qui?” le rispose Harry su tutte le furie.
Laila si avvicinò ai due ragazzi, cercando di camuffare il fiatone: “Devo parlarti, quindi se fossi così gentile da smettere di...”
Dudley emise uno strano respiro tremolante, come se fosse stato immerso in acqua gelata. Qualcosa era successo alla notte* : era diventata fredda, scura, nera come la pece, silenziosa come un cimitero.
Laila sentì il gelo penetrarle fino a dentro le ossa, e avvertì quasi come se tutta la felicità, ed ogni emozione, fosse stata risucchiata via dal suo corpo.
Conosceva quella sensazione, l’aveva provata sull’Espresso per Hogwarts due anni prima, ma era impossibile che fossero lì, a Little Whinging.. Cercò invano Harry, voleva chiamarlo ma le sue labbra non riuscivano ad emettere nessun suono, i suoi occhi erano ciechi nella notte.
Udì Dudley e Harry battibeccare; Dudley continuava a minacciare il cugino “T-te le do! G-giuro che te le do!” mentre Harry provava a farlo star zitto.
“Chiudi quella bocca, idiota di un Dursley!” riuscì a soffiare lei tra i brividi di freddo.
Come Harry, aveva le orecchie tese e la bacchetta sfoderata, nella speranza di captare il minimo rumore.
All’improvviso, sentì un sonoro WHAM, e subito dopo Harry che urlò “Dudley, sei un idiota!”
“Harry, che sta succedendo?” Laila provò ad andargli incontro ma non riuscì a vedere nulla: caddero entrambi a terra e sentirono Dudley sferrare pugni, colpire la staccionata del vicolo, barcollare.
“La bacchetta! Ho perso la bacchetta!” strillò lei in preda al panico.
Sentì Harry borbottare al suo fianco e poi un “Lumos” che fece accendere la punta della sua bacchetta, che ora brandiva come un’arma.
Ciò che Laila vide le fece raggelare il sangue nelle vene: due figure incappucciate  fluttuavano a mezz’aria verso di loro: erano due Dissennatori.
L’unico modo per respingerli era l’Incanto Patronus e lei non ne sapeva produrre uno, nonostante avesse letto molto sull’argomento qualche anno prima.
Notò che Harry si era messo davanti a lei, come a farle da scudo: pensò che doveva essere lì impalata ed inerme, paralizzata dalla paura.
I tentativi del ragazzo erano fallimentari: riuscì a produrre degli sbuffi di vapore argenteo che rallentavano solo per un attimo l’avanzata dei Dissennatori, ma non erano efficaci.
Le sembrava di essere la spettatrice di un film horror; immobile, avvolta da un’atmosfera ovattata e surreale dalla sua poltrona in ultima fila.
Poi qualcosa la scosse: il Dissennatore era chino su Harry, le sue mani viscide e rattrappite stavano per afferrargli il collo.
Accadde tutto molto velocemente: agguantò la bacchetta che giaceva vicino a lei, si alzò di scatto e corse verso il Dissennatore: il suo fiato putrido e freddo di morte le riempiva i polmoni, cercò di trovare un pensiero felice che le avrebbe permesso di ricreare un Patronus, ma non l’aveva mai fatto prima, era debole, Harry stava per ricevere il Bacio e lei non poteva fare nulla per salvarlo…
Expecto Patronum!” la sua voce risuonò flebile, nell’oscurità della notte.
Un esile sbuffo di vapore argenteo uscì dalla lunga bacchetta di ebano.
Dopo, il buio totale. Sentì il suo corpo cadere a terra con un tonfo, un rumore sordo, delle urla, e una voce lontana ma decisa pronunciò l’Incanto Patronus.
Intravide una potente luce perlacea attraverso le palpebre chiuse e avvertì una sensazione di sicurezza, di calore, irradiarsi per tutto il suo corpo.
Quando aprì gli occhi, scorse l’immagine confusa del viso di Harry sopra di lei che continuava a parlarle in tono preoccupato.
Poi si sentì sollevare da terra da una forza sconosciuta; la testa le girava vorticosamente e udì i rumori delle auto in lontananza. La sensazione di confusione e straniamento era totale.
Fissò inebetita Harry che provava a far rialzare suo cugino Dudley, che giaceva rannicchiato e tremante sulla strada e quasi non si accorse che la signora Figg, la vecchia matta, avanzava verso di loro ciabattando sonoramente.
Harry si affrettò a mettere via la bacchetta, ma..
“Non metterla via, sciocco!” strillò lei “E se ce ne sono altri in giro? Oh, lo ucciderò, quel Mundungus Fletcher!”*

A sentir pronunciare quel nome vagamente familiare, Harry e Laila si scambiarono un’occhiata attonita.
 

*Angolo dell’autrice*

Eccomi con un nuovo capitolo! Ci ritroviamo all’inizio del quinto libro quindi nell’estate tra il quarto e il quinto anno. Non succede niente di particolare ma ci tenevo ad introdurre un po’ l’atmosfera in casa di Laila, il rapporto con la nonna, la chiacchierata emblematica tra la nonnina e Silente, l’amicizia di Harry e Laila.. Insomma, volevo farvi calare nell’ambientazione, tanto che ho messo in corsivo e con l’* le frasi che ho tratto direttamente dal libro. Perché? Boh, perché mi piacciono un sacco e no, non è perché non ho fantasia ma perché trovo che questo tipo di avvenimenti possono essere descritti unicamente alla maniera della zia Row (ad esempio Dudley, io non avrei parole migliori per definirlo).
Vi ho messo un altro * nel dialogo tra Harry e Laila, ora vi spiego: se non ricordo male all’interno dei libri viene chiaramente spiegato che due o più maghi non possono vivere vicini in un quartiere babbano, per rispetto allo Statuto di Segretezza.
Se memoria non m’inganna eh, abbiate pietà, sono vetusta oramai. In ogni caso ho immaginato che Vera si è trasferita lì per volontà di Silente (che ha contrattato un po’con Caramellino per far glissare la cosa), appunto per proteggere Harry finchè ha addosso la Traccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi piace, se vi fa schifo, se i capitoli son troppo lunghi.. Insomma, sarò felice di ricevere qualsiasi tipo di commento!
Grazie per la gentile attenzione, passo e chiudo.
La vostra,
Laila Inkheart

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Capitolo 3
*** Il Quartier Generale ***


CAPITOLO 2

Il Quartier Generale

 
 
Laila percorreva a passo svelto l’isolato che la separava da casa sua.
Camminava, leggermente sbilenca, quanto più vicina possibile ai lampioni, come se la loro luce le desse sicurezza.
La testa le pulsava incessantemente, si sentiva frastornata, stordita, eppure cercava di dare un ordine consequenziale alla marea di pensieri che le turbinavano nella mente.
Allo stesso tempo stringeva spasmodicamente la bacchetta nella tasca destra dei jeans: se fossero tornati non si sarebbe fatta cogliere impreparata. Anche se, in effetti, cosa poteva fare?  Ciò che era appena accaduto le aveva confermato che, davanti ad un attacco dei Dissennatori, lei era completamente inutile.
Scrollò la testa come per liberarsi di quei pensieri frustranti e ricchi di autocommiserazione, e cercò di far lavorare il cervello.
Silente viene a trovare la nonna, la nonna scompare misteriosamente nel nulla, quel... Mundungus Fletcher – e non riuscì a reprimere una smorfia di disgusto al pensiero dell’uomo tarchiato e puzzolente che aveva incontrato pochi minuti prima- che doveva sorvegliare Harry ma che, stranamente, abbandona prima il turno. E infine due Dissenatori qui, a Little Whinging.
Come diavolo fa il Ministero a farsi sfuggire due Dissennatori da sotto al naso?

Assorta in questi pensieri, sfilò le chiavi di casa dalla tasca posteriore dei pantaloni e fece per inserirle nella toppa che, con sua grande sorpresa e terrore, si aprì al suo tocco.
Sfilò velocemente la bacchetta e si preparò al peggio.
Le sembrava che il cuore battesse così forte che a momenti le sarebbe uscito dal petto.
Una giovane donna che non aveva mai visto sbucò da dietro la porta e, con gli occhi scuri carichi di meraviglia, esclamò: “Ahhh! Tu devi essere la nipotina della vecchia Vera, giusto? Assomigli moltissimo a tuo…”
“Chiudi quella bocca Tonks, o ti sentirà tutto il vicinato!” intimò una voce bassa e ringhiosa.
Laila spostò il suo sguardo allibito dalla strega, i cui capelli avevano appena assunto un’intensa sfumatura di rosso carminio, a un vecchio mago dai lunghi capelli brizzolati: incredula, vide Malocchio Moody seduto al tavolo della sua cucina e istintivamente gli puntò contro la bacchetta.
“Vacci piano ragazzina, rimetti a posto il tuo giocattolo.” le disse lui con fare burbero.
Il cervello di Laila continuava a lavorare furiosamente.
Sono in due e io mi reggo in piedi per miracolo: non ho speranza di batterli, o me la do a gambe oppure...
“Andiamo Alastor, ha appena fronteggiato due Dissennatori e si ritrova due loschi figuri in casa sua, direi che Laila non ha tutti i torti a non voler mettere via la bacchetta.”
A parlare fu un altro mago, che dimostrava più anni di quelli che aveva e che Laila non vedeva ormai da un annetto; tuttavia sentire la sua voce pacata le sembrò la cosa migliore che potesse capitare in quel momento.
“P-Professor Lupin” mormorò lei esitante, reprimendo l’impulso di abbracciarlo: per un attimo aveva temuto il peggio e si sentì infinitamente rassicurata da quel volto un po’ stanco e segnato che le sorrideva.
Il cervello di Laila riprese freneticamente a macchinare per la terza volta quella sera, e all’improvviso fu colta nuovamente dall’agitazione “Professore… io.. i Dissennatori, Harry. Cosa succederà a Harry? I Dissennatori qui.. la signora Figg sa tutto..”.
Cercò di esprimere con ordine i millemila pensieri e accadimenti che si erano susseguiti quella sera, ma riuscì solo a mettere insieme qualche frase sconnessa:  Malocchio e la giovane strega si guardarono con aria complice, mentre Lupin la fece sedere e si offrì di prepararle del tè.
 
*
 
“Un’udienza disciplinare? Professore, ma è assurdo! Se non avesse usato l’Incanto Patronus a quest’ora non sarei qui per raccontarlo!”.
Laila non poteva capacitarsi di ciò che Lupin le aveva appena detto e, dovendo scegliere, non sapeva quale fosse la notizia più assurda: Harry che veniva trascinato davanti al Wizengamot per aver salvato le chiappe di entrambi, o sua nonna che era in missione segreta Merlino solo sa dove, così, dal nulla.
Si sentiva confusa e vagamente nervosa per tutta quella situazione: Ron e Hermione avevano a stento risposto alle sue lettere quell’estate, sua nonna spariva di tanto in tanto senza fornire spiegazioni accettabili ed ebbe la sensazione che tutti volessero tenerla all’oscuro di qualcosa, quasi come se fosse una bomba sul punto di esplodere.
Pensò ad Harry e sentì il fastidio trasformarsi in rabbia: si alzò di scatto e virò verso la porta; tuttavia Malocchio, con una mossa fulminea della bacchetta, sigillò la serratura e ringhiò: “Dove pensi di andare? Ti pare il momento di uscire a fare una scampagnata?”.
Laila non potè fare a meno di fissare Malocchio con una punta di astio: dopotutto l’Alastor Moody che aveva conosciuto per nove mesi era stato un viscido impostore che continuava a popolare i suoi incubi notturni.
La strega, poco più grande di lei, che le aveva chiesto espressamente di chiamarla per cognome, Tonks, guardò prima Laila e poi Moody: doveva aver avvertito una certa tensione che Lupin prontamente sciolse rivolgendosi a Laila in maniera calma, come se fossero ritornati ad Hogwarts e le stesse spiegando il capitolo sugli Avvincini.
“Laila, sei sicuramente preoccupata per Harry e lo capiamo, ma non temere: abbiamo un piano per lui, lo porteremo via domani sera dopo il tramonto.”
“E i Dursley?” chiese lei dubbiosa.
“Me ne occuperò io!” rispose subito Tonks, allegra.
“Dove lo porterete?” si informò ancora.
“Dove porteremo te non appena avrai finito di cianciare: al Quartier Generale.” Biascicò burbero Malocchio
Laila allora andò in direzione delle scale per salire in camera a preparare il baule, ma Tonks le spiegò che i suoi effetti e il suo gufo (“E’ così tenero!” fu il suo commento) erano già al Quartier Generale.
I tre maghi si alzarono in piedi e: “Suppongo tu non ti sia mai Materializzata, eh?” abbaiò Malocchio con l’occhio artificiale blu elettrico che roteava.
“Io.. Beh, sì, soltanto una volta, con la nonna..” disse esitante Laila, ripensando alla sensazione di nausea che si provava con la Materializzazione congiunta.
“Ottimo, lo rifarai ora. Afferra il braccio di Tonks” tagliò corto Moody.
“Ma.. potremmo utilizzare la Metropolvere, no?” avanzò timidamente Laila che non era assolutamente entusiasta all’idea di doversi Smaterializzare.
“La Metropolvere è controllata quindi non sarebbe sicuro, e non vale la pena allestire una Passaporta non autorizzata” spiegò frettolosamente Lupin.
Laila guardò con sguardo malinconico la cucina, poi prese il braccio di Tonks e fu risucchiata nel vuoto.

 
*


La testa le girava come un vortice, la vista era annebbiata da stelline colorate e temette di cadere a terra in preda ai conati da un momento all’altro. Fu sorretta da Lupin e realizzò che si trovavano sopra degli scalini di pietra grigia, dinanzi ad una grande porta nera con la vernice scrostata, il battente era un serpente argenteo intrecciato.
Laila si chiese dove diavolo si trovassero e stava per dar voce ai suoi pensieri quando Moody la tirò dentro di malagrazia: fu avvolta nuovamente dall’oscurità e sentì il suo corpo venire sospinto in avanti.
Delle lampade a gas illuminavano vagamente un ingresso desolato e antico, la moquette lisa e la tappezzeria lievemente scollata conferivano un aspetto di cupa decadenza a quel luogo.
“Do.. Dove siamo..?” chiese Laila a bassa voce, quasi come se avesse paura di sentire il responso.
Ma la risposta apparve tutt’un tratto di fronte a lei, in una disordinata nuvola di capelli rossi e un grembiule da cucina; la signora Weasley la strinse in un abbraccio che per poco non le tolse il respiro, e continuava a chiocciare con voce preoccupata e ansante “Oh.. cara, cara bambina…”.
La signora Weasley adorava la ragazza e quasi la considerava la sua seconda figlia femmina così che, quando le due si incontravano, la ricopriva di affetto materno e di cibo, poiché ogni volta la vedeva più deperita e magrolina.
“Su su Molly, ci sarà tempo per le smancerie.” Bofonchiò Malocchio irritato.
La signora Weasley parve ignorarlo ma disse: “Devi essere distrutta cara, ti accompagno in camera delle ragazze a riposare un po’.”
Laila non fece domande e seguì la signora Weasley al piano superiore; con la testa che pareva sul punto di esplodere, si sarebbe volentieri appoggiata al corrimano delle grandi scale ma era ricoperto di polvere; si voltò e alla sua destra e, con orrore misto a disgusto, notò delle teste mozzate di elfi domestici appese alla parete, che parevano fissarla in modo meschino.
“Si.. Signora Weasley.. Dove..?” sussurrò la ragazza, un conato parve farsi strada nel suo stomaco, se era dovuto alla Materializzazione o a quelle povere creature, Laila non lo sapeva.
La signora Weasley si premette un dito sulle labbra come a dirle di fare silenzio, poi mormorò con fare rassicurante :“I ragazzi ti spiegheranno tutto, non preoccuparti.”
“Non preoccuparti” beh, le era stato ripetuto un po’ di volte quella sera e ogni volta la situazione sembrava peggiorare, si ritrovò a pensare con un brivido di fastidio.
Aveva lo stomaco in subbuglio e temeva di poter svenire da un momento all’altro, ma continuò a salire le scale fino a che arrivarono ad un lugubre pianerottolo.
La signora Weasley si rivolse a Laila: “ La tua stanza è la seconda porta sulla destra, vi chiamo appena è pronta la cena.”
Poi le accarezzò dolcemente i capelli spettinati e ridiscese in fretta le scale.
Laila aprì la porta con la maniglia a forma di serpente e la prima cosa che notò furono due ragazze della sua età, sedute all’indiana sul letto a baldacchino con le tende verdi smeraldo: una aveva i capelli vaporosi e  crespi, fissava l’uscio della porta come se avesse visto un fantasma, mentre l’altra ragazza si aprì in un gran sorriso, i capelli lunghi dell’inconfondibile rosso Weasley.
Esclamarono in coro: “Laila!” e corsero da lei per un abbraccio stritola costole: non si vedevano da decisamente troppo tempo.
Laila per poco non restò secca per la stretta combinata delle due amiche, le quali, prima che potesse dire qualcosa, la inondarono di domande: “LAILA! Nessuno ci aveva informato che venissi… E’ surreale, Dissennatori a Little Whinging, l’Udienza di Harry… Da non credere…”
“A proposito di Harry, che ne è di lui? Hanno intenzione di portarlo al Quartier Generale? E’ arrabbiato con noi?”
“Andiamo ragazze, non vedete che è ridotta ad uno straccio peggio del solito? Datele un attimo di tregua!”  disse una voce dietro di loro; appollaiato mollemente all’uscio della porta c’era Ron Weasley che sorrideva divertito.
“Chi sarebbe ridotta ad uno straccio, di grazia?” chiese Laila, fintamente offesa e con gli occhi ridotti a fessure.
“Ma lei ovviamente, madama, e devo anche disapprovare la sua nuova acconciatura!” e indicò la frangetta troppo corta, sghignazzando senza malizia.
Laila e Ron scherzavano sempre così, lui adorava prenderla affettuosamente in giro (e viceversa),  lei dal canto suo amava fingersi irreparabilmente offesa; i loro teatrini facevano divertire tutti e per un attimo smorzarono l’atmosfera grave che c’era nella stanza.
Poi la ragazza tornò seria e si rivolse a tutti e tre, spiegando: “Sì, hanno già un piano per portarlo al Quartier Generale domani sera, ora è rinchiuso dai Dursley e starà facendo l’ameba presumo, e sì, è furioso con voi. A dir la verità, nemmeno io sono entusiasta del fatto che, per quattro dannate settimane, non avete mandato più di mezza lettera ad entrambi.” Concluse in tono gelido.
Ron e Hermione si scambiarono delle occhiate colpevoli e quest’ultima avanzò piano: “Senti Laila… La verità è che volevamo scrivere a tutti e due, informarvi della situazione, ma Silente ci ha imposto di tenere il segreto...”
“Il segreto?Perchè?”
“Beh è semplice, probabilmente avrà pensato che Harry fosse al sicuro tra i Babbani ma, se avessimo comunicato con te, in qualche modo lui lo sarebbe venuto a sapere ecco…”disse Hermione cautamente.
“Quindi non mi reputate all’altezza di una missione top secret per proteggere Harry? Avrei potuto aiutarvi e non gli avrei detto nulla.” Rispose Laila offesa; evidentemente Silente non la riteneva matura e degna di fiducia quanto Hermione e Ron.
Decise di incassare il colpo, ci avrebbe pensato più tardi, e colse la palla al balzo per chiedere di una questione che le premeva: “Cos’è questo Quartier Generale, comunque? Ha qualcosa a che fare con Silente e, per caso, con mia nonna?”.
“Ecco…” iniziò Ron: “il Quartier Generale è la sede dell’Ordine della Fenice, fondato da Silente durante la prima guerra contro Tu-Sai-Chi.”
“Quindi.. L’Ordine è una specie di Resistenza? Chi ne fa parte?”
“Varie persone, tra cui tua nonna. Per quanto ne sappiamo è in missione top secret al momento…”
Laila avvertì un nodo alla gola e lo stomaco attorcigliarsi sempre di più nella preoccupazione e nell’ansia: la nonna non era troppo vecchia per fare quelle cose? Di che genere di missione top secret si trattava?
Prima che potesse esplicitare i suoi dubbi, avverti un sonoro pop e improvvisamente i due gemelli Weasley erano di fianco a lei.
“Siete.. Siete due idioti! Mi stava per venire un infarto!” alzò la voce Laila, e diede un pugno scherzoso a George. “Qualcosa mi dice che siete diventati maggiorenni e vi Materializzate anche sulla tazza del water.” Sentenziò, questa volta ridacchiando.
“Acuta come al solito Miss!” fece l’occhiolino Fred.
“Tuttavia abbiamo udito che Miss Laila bramava una conoscenza che i comuni mortali privi di Orecchie Oblunghe non possono fornirle, perciò ci siamo adoperati al suo servizio.” Esordì pomposamente George, atteggiandosi a gentiluomo di altri tempi.
“Orecchie Obcosa?”
“Orecchie Oblunghe, sono un congegno di loro invenzione che permette di sentire conversazioni oltre i muri e a grandi distanze: è così che ci teniamo informati sulla novità dell’Ordine” spiegò Ginny.
“Non sarebbe più semplice partecipare alle riunioni?” chiese Laila.
“Beh sì, ma i nostri genitori non ci lasciano farne parte e perlopiù ci tengono all’oscuro di ciò che si dice lì.”
“Capisco” rispose lei, leggermente consolata dal fatto di non essere l’unica a cui si nascondevano le cose.
Si sedette sul bordo del grande letto a baldacchino e notò Anacleto, il suo gufo, che svolazzava freneticamente per la stanza.
Fred riprese in mano la conversazione: “Riguardo la vecchia Vera, per quanto siamo riusciti a captare, è in missione in America. Sta parlamentando con un certo Matusa o Macusa, non ho ben capito, a volte ci sono delle interferenze con le Orecchie dovute a quel rompiscatole del tuo gatto, Hermione” e indicò la ragazza dai capelli cespugliosi con aria di biasimo.
“Lascia stare Grattastinchi, Fred, vuole solo giocare!” lo difese lei.
“Insomma cos’è questo Macusa?” li interruppe Laila, curiosa e con una punta di apprensione nella voce.
“E’ il Magico Congresso degli Stati Uniti d’America.” Rispose prontamente Hermione, pensierosa.
“E perché diamine mia nonna sarebbe andata in America?” chiese Laila, più retoricamente che altro, con esasperazione.
“Questo non lo sappiamo.” Ammisero in coro Fred e George.
Un silenzio imbarazzante calò nella stanza, lo interruppe Ginny chiedendo: “Allora, è pronta la cena? Sto morendo di fame!”
“Oh sì, mamma ci ha mandato su per dirvelo.” La buttò lì George.
“E, Laila, c’è una sorpresa per te di sotto.” Sorrise Fred con gli occhi vispi.
Laila non fece domande e si aspettò uno dei soliti scherzi dei gemelli Weasley; dopo che Harry aveva donato loro la vincita del Torneo Tremaghi, le avevano confidato che la avrebbero usata per finanziare un progetto tutto nuovo e, per festeggiare, le avevano offerto un pasticcino che le aveva fatto diventare la faccia interamente blu (“Te lo dicevo che non avrebbe funzionato, razza di zuccone!” così George aveva incolpato Fred per l’effetto evidentemente mal riuscito del prodotto).
Scesero le scale tutti insieme, in fila indiana (meno i due gemelli Weasley che si erano Materializzati in cucina, accompagnati dalle imprecazioni della signora Weasley) fino a giungere all’ingresso polveroso su cui si affacciava la sala da pranzo, chiusa a chiave.
Nessuno poteva preparare Laila a ciò che sarebbe successo di lì a poco; udì un mormorio indistinto provenire da dietro la porta, un rumore soffocato e un cigolio: la riunione doveva essere terminata, infatti vide uscire dalla cucina diversi maghi e streghe che non aveva mai visto prima di allora: un uomo alto di colore, calvo e con un orecchino d’oro avvolto in una veste blu notte, le fece un piccolo inchino col capo.
Poi uscì il signor Weasley che le strinse affettuosamente la mano: “E’ sempre un piacere vederti, Laila, sempre un gran piacere!”.
E improvvisamente, Laila trasalì e credette che le gambe non avrebbero retto a quello shock.
Un uomo alto, dai capelli neri, che doveva essere stato incredibilmente attraente in passato, comparve sullo stipite della porta e le rivolse un ampio sorriso.
Laila non si accorse che gli occhi di tutti i presenti passavano da lei a Sirius, da Sirius a lei; non si accorse che Piton in carne ed ossa uscì dalla cucina come un gigantesco pipistrello e scoccò uno sguardo disgustato a quella scenetta patetica.
L’unica cosa che riuscì a sussurrare con un filo di voce fu: “C-ciao… Papà.”


 
*


Angolo dell’autrice

Salve salvino a tutti, come state? Passato bene le vacanze di Natale?
Scusate l’attesa imperdonabile ma ho avuto tanto da fare e da studiare e non ho trovato il tempo di scrivere questo capitolo.
Ci ho messo un po’ per scriverlo perché non sapevo come darvi questa notizia BOOM: ebbene sì, Sirius è il padre di Laila.
Vi confesso che ci ho pensato tantissimo prima di scrivere questa cosa: l’idea originale era questa, ma la trovavo un po’ scontata, ho letto tante fanfic di figlie di Sirius, figlie di Severus, sorelle di Harry etc.. Però nulla alla fine ho deciso di mantenere questa linea per una serie di scelte che ho preso e che diverranno palesi nel corso della storia.
Non so bene come la prenderete ma vi assicuro che è una cosa ponderata a cui tengo molto, poiché ho scritto questa storia in primo luogo, in un momento in cui stavo vivendo un rapporto famigliare un po’ travagliato e sentivo in qualche modo la necessità di trasporlo in scrittura.
Volevo ringraziare le personcine carinissime che hanno messo la storia nei seguiti e nei ricordati, i miei meravigliosi recensori ossia @Guido e @mallveollos , e anche le persone che semplicemente leggono e rimangono nel silenzio!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate anche di questo capitolo, se ho bisogno di migliorare in qualche aspetto e cose del genere :) vi abbraccio e ci si vede (virtualmente) al prossimo capitolo!
Vostra,
Laila Inkheart.

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Capitolo 4
*** Ritorno al passato ***


CAPITOLO 3
 
Ritorno al passato
 
 
Qualche anno prima
 
Nel vialetto di Wisteria Road tirava un fresco venticello settembrino, così piacevole dopo un’estate afosa.
Laila stava tornando da scuola con la brezza che le scompigliava il caschetto scuro e aveva un’aria decisamente sconsolata.
Ad un’occhiata più attenta, si poteva notare che era conciata piuttosto male: sulle calze bianche sporche di terra compariva un grosso buco, che lasciava intravedere un ginocchio ossuto con una sanguinolenta sbucciatura che la faceva zoppicare.
Su una guancia bagnata di lacrime c’era un livido viola simile ad una patacca.
Entrò di soppiatto in casa, il più silenziosamente possibile per non farsi notare.
Ma troppo tardi, la signora Van Winklewick era un falco: “Laila, cos’hai combinato questa volta?”
“Niente, nonna.” Rispose la bambina seccamente, evitando lo sguardo dell’anziana signora.
“Oh, benedetta bambina, come devo fare con te? Torni a casa ogni giorno con un livido diverso e ricoperta di sangue come se avessi lottato con un’Acromantula , e hai anche la faccia tosta di dirmi che non è successo nulla?” ribattè Vera, ma la sua voce non era arrabbiata, notò con sollievo Laila, solo preoccupata e un po’ esasperata.
Era inutile mentire, la nonna lo avrebbe scoperto comunque, così decise di sputare il rospo: “Ho fatto a cazzotti con Dudley Dursley e la sua banda.”
Allo sguardo interrogativo della nonna, continuò: “Mi hanno insultato perché non ho i genitori.” Disse mestamente con gli occhi fissi sul pavimento.
“Oh è così? Allora non ti dispiace se lo Trasfiguro in un maialino appena lo vedo, vero cara?”.
Laila scuotè la testa: la prospettiva era sicuramente allettante ma avrebbe senz’altro contribuito all’immagine poco consona che la loro bizzarra famiglia aveva nel vicinato.
Laila si chiedeva spesso perché era costretta a vivere quella noiosa e frustrante vita Babbana: non che avesse qualcosa contro i Babbani, sia chiaro (a meno che non si chiamassero Dudley Dursley o Piers Polkiss), anzi, li trovava alquanto simpatici e ingegnosi; ma proprio non capiva perché nonna Vera, una strega Purosangue di alto lignaggio, molto rispettata nella comunità dei maghi per le sue strabilianti qualità e proprietaria di un delizioso cottage nel Kent, avesse deciso di vivere una vita squallida e triste a Little Whinging.
L’argomento sembrava tabù per la nonna: appena Laila ne parlava, la vecchia Vera rompeva accidentalmente tutto ciò che aveva in mano oppure si ricordava all’improvviso di dover fare una commissione importante.
Così, spesso, Laila si ritrovava a fantasticare su una vita magica, sulla fantomatica lettera che sarebbe dovuta arrivarle a undici anni, sulla sua futura bacchetta, sul castello di Hogwarts di cui la nonna narrava storie incredibili…
Dopotutto, Vera Van Winklewick ad Hogwarts ci aveva insegnato: dopo essere andata in pensione dal suo ruolo di Capo del Dipartimento Auror della Gran Bretagna, Silente l’aveva esplicitamente richiesta per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure, che a quanto pare rimaneva vacante ogni anno.
La donna aveva accettato entusiasta, ma la sua felicità non durò a lungo; al termine di quell’anno di insegnamento, una serie di eventi sciagurati si susseguirono: sua figlia morì in un tragico incidente e suo genero fu imprigionato ad Azkaban, colpevole di diversi omicidi.
Così Vera decise di ritirarsi a vita privata per occuparsi della nipote, che altrimenti sarebbe rimasta sola al mondo: inspiegabilmente per tutti, abbandonò il Mondo Magico e per anni non vi fece ritorno salvo rare occasioni.
Tuttavia, per quanto agli occhi esterni l’abitazione della vecchia signora potesse apparire come tutte le altre, l’interno era piuttosto singolare: fotografie che si muovevano, il fuoco del camino che talvolta diventava verde, quadri parlanti... Anche quello che sembrava un grasso gatto dal muso schiacciato e che rispondeva al nome di Albert, in realtà era una creatura magica: un Kneazle.

Mentre la nonna armeggiava con l’essenza di Dittamo per guarire le ferite di guerra della sua giovane nipote, lo sguardo di Laila passò incuriosito sulle numerose foto animate, messe in cornici d’argento, sul grande comò antico del salotto.
C’era la squadra Auror di Vera che salutava di rimando, poi una fotografia della nonna al suo matrimonio con nonno Emmitt, morto svariati anni prima che lei nascesse; i due giovani sorridevano felici e Laila pensò che il nonno le ricordava vagamente il principe delle fiabe Babbane per via dei capelli biondi e i ridenti occhi chiari.
Una graziosa bambina dai lunghi capelli mossi svolazzava entusiasta su una scopa giocattolo.
E, infine, una Vera con una lunga treccia ramata striata di grigio, stringeva la mano ad un mago alto, dalla lunga barba bianca e degli occhiali a mezzaluna, che Laila sapeva essere il mago più grande di tutti i tempi nonché Preside di Hogwarts: Albus Silente.
Ma la sua fotografia preferita non figurava accanto a quelle sul mobile; la custodiva gelosamente sotto il cuscino, nascondendola alla vista della nonna che, Laila non sapeva bene per quale motivo, aveva fatto scomparire tutte le foto simili dalla circolazione.


Non aveva mai conosciuto i suoi genitori: Vera le aveva detto che erano entrambi morti prima che lei potesse ricordarli.
Anche questo, evidentemente, era un argomento intoccabile per la vecchia signora: non amava parlare della figlia e di suo marito, ed era sempre molto vaga riguardo le circostanze della loro morte; a quanto aveva capito Laila, erano morti entrambi in un incendio di fiamme magiche che non si spegnevano mai.
La mamma, Ophelia, aveva un bel vestito rosso svolazzante, la carnagione un po’ più scura della sua e lunghi capelli castani e ondulati.
Laila pensò che assomigliasse ad una farfalla mentre volteggiava, sorrideva e volteggiava ancora.
Mentre suo padre, da quel poco che si vedeva, sembrava un uomo incredibilmente bello: aveva i capelli neri e un po’ scomposti come i suoi, la pelle diafana, gli occhi grigi e brillanti, anche lui ballava incurante di tutto, immortalato in quella vecchia fotografia: l’unico ricordo che, per anni, Laila ebbe di loro.

 
*
.
Hogwarts, terzo anno


“E cosa me ne faccio di una vecchia pergamena?” chiese Harry.
“Una vecchia pergamena!” esclamò Fred fortemente offeso, scuotendo la testa.
“Beh, in effetti ha tutta l’aria di essere carta straccia.”, ribattè Laila stizzita e con le braccia incrociate sul petto, il suo umore non era affatto dei migliori quella mattina: sua nonna Vera si era rifiutata di firmarle il permesso per andare a Hogsmeade, poiché sembrava essere terrorizzata da un criminale pluriomicida che era addirittura comparso nel notiziario babbano.
Ma Sirius Black in comune con Laila non aveva nulla se non il cognome, tanto che la ragazza era arrivata a chiedersi se non fosse un suo lontano parente; “Ma non dire baggianate!” le aveva risposto la nonna su tutte le furie quando lei aveva avanzato quell’ipotesi, “Non scherzare su queste cose, piccola incosciente, non hai idea di cosa sia capace quell’uomo!”.
Laila risolse la questione pensando che fosse un omonimo, ma dopotutto non aveva mai conosciuto la famiglia del padre, Lewis Black: una volta la nonna le aveva detto che erano morti tutti in preda ad una violenta epidemia di vaiolo di drago, ma perlopiù era abbastanza restia a parlarne, come tutto ciò che riguardava i suoi genitori: Laila aveva immaginato che non aveva ancora superato la morte della giovane e unica figlia, per cui non insistette più di tanto sull’argomento.


“Questa qui, cara la mia signorina miscredente, è il segreto del nostro successo.” le rispose secco George, sfiorando il foglio.
“Darla a voi due è una vera sofferenza, ma al momento ne avete più bisogno di noi.” Continuò Fred in tono melodrammatico, come se stesse dando via una sacco pieno d’oro.
“Continuo a non capire cosa possa servire se non a scriverci gli appunti di una materia orribile come Pozioni, o fabbricarci un qualcosa da tirare in testa a quell’imbecille di Malfoy.” Replicò la ragazza accigliata, guadagnandosi una serie di sguardi torvi dai due gemelli e un tacito consenso da parte di Harry.
“Spiega tu, George.”
E George raccontò di come, il primo anno, avevano impunemente fregato la Mappa del Malandrino da un cassetto nell’ufficio di Gazza quando erano in punizione, di come bastasse un “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” e quella vecchia pergamena strappata si sarebbe trasformata in una mappa che rivelava la posizione di ogni essere presente nella scuola (che fosse una persona, un fantasma, un animale o addirittura un poltergeist).
Mentre Fred e George si profondevano in solenni lodi e ammirazione verso i creatori della mappa (“Ah.. Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso.. Nobili signori che hanno lavorato instancabilmente per aiutare una nuova generazione di fuorilegge!”*), Laila notò che vi erano sette passaggi segreti che conducevano fuori dalla scuola: capì cosa intendevano Fred e George quando avevano detto che la mappa era proprio ciò di cui avevano bisogno in quel momento; c’era un passaggio dietro la statua di una strega orba che portava dritto alla cantina di Mielandia!
I gemelli guardarono Harry e Laila con aria decisamente fiera e commossa: stavano per seguire il loro balordo esempio entrando nel mondo dei trasgressori della legge.

 
*


Harry e Laila, seduti ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa con Hermione e Ron a sorseggiare Burrobirra, sobbalzarono violentemente quando dalla porta aperta entrarono niente poco di meno che i professori Vitious e McGranitt, seguiti da Hagrid e dal Primo Ministro, Cornelius Caramell.
I due si acquattarono velocemente sotto il tavolo: Laila stringeva spasmodicamente il bicchiere vuoto di Burrobirra e lanciava occhiate terrorizzate ad Harry, che sembrava ascoltare con attenzione la conversazione che si stava tenendo qualche tavolo più in là.
“Non hai la più pallida idea di quello che ha fatto, Rosmerta” disse Caramell burbero. “Le cose peggiori non sono note ai più.”*
Madama Rosmerta era incredula: cosa poteva esserci di peggio che uccidere tutta quella povera gente?
“Dici che te lo ricordi ad Hogwarts, Rosmerta” mormorò la professoressa McGranitt “Ti ricordi chi era il suo migliore amico?”
“Ma certo” rispose Madama Rosmerta con una risatina.
“Dove c’era uno c’era anche l’altro, vi ricordate? Quante volte sono stati qui… ooh, mi facevano ridere, eccome. Che coppia Sirius Black e James Potter!”.*

Laila sbiancò fino ad assumere il colorito iridescente di un fantasma, Harry fece cadere il boccale vuoto con un tonfo e Ron gli sferrò un calcio.
Harry aveva gli occhi fissi davanti a lui, come se stesse contemplando qualcosa di invisibile, mentre Laila lo guardava di sottecchi con aria preoccupata per ciò che avevano appena sentito.
Nessuno staccò un orecchio da quella conversazione, che diventava sempre più sorprendente ad ogni parola: appresero che Black era il Custode Segreto dei Potter, designato dall’Incanto Fidelius, ma li aveva traditi e consegnati a Voldemort; successivamente aveva provato a scappare, ma un amico di infanzia suo e di James, un tale Peter Minus, aveva fatto di tutto per fermarlo. Di lui era rimasto solo un dito, Black l’aveva letteralmente polverizzato.
“Ma c’è di peggio.” Affermò la McGranitt con voce tetra.
“Cosa può esserci di peggio?” sbottò Madama Rosmerta: al peggio non c’era mai fine quando si trattava di Black.
“Sirius Black era.. Ed è tutt’ora… Il padrino di Harry Potter!”
Harry trasalì, come se gli avessero buttato addosso una secchiata di acqua gelida.
“Frottole, un mare di frottole” disse Hagrid contorcendosi le manone. “Io ho incontrato quel traditore assassino, tutto bianco e tremante era, quel disgraziato. ‘Dammi Harry, sono il padrino, lo curo io..’.. E se gli davo Harry,eh? Ci scommetto che lo buttava giù dalla moto. Il figlio del suo migliore amico..”
Un lungo silenzio seguì il racconto di Hagrid; fu interrotto da Caramell, che disse con il suo solito tono concitato:
“Black non ha rovinato solo la famiglia dei Potter, ma anche la propria. Aveva sposato la figlia di Vera ed Emmitt, te la ricordi Rosmerta?” e si rivolse alla locandiera.
“Certo, come dimenticarla? Lei e Lily erano inseparabili ai tempi di Hogwarts, era una ragazza così bella…”
La professoressa McGranitt tirò su con il naso ed esordì con voce stranamente spezzata: “Era… Era una fanciulla così dotata. La povera Vera non si è mai ripresa completamente, è ovvio. Ophelia aveva intercettato il folle piano di Black, aveva capito che era malvagio… Cercò di fermarlo, ma lui si fece scudo con la loro figlia neonata, Laila. E poi uccise brutalmente sua moglie, dopo averla torturata.”
Harry distolse finalmente lo sguardo, che scattò furtivamente su Laila: anche lei lo stava guardando, con gli occhi neri inondati di lacrime e il viso contorto in un’espressione di dolore.
“Naturalmente la ragazzina non sa nulla e mai dovrà sapere.” Disse sbrigativo Caramell. “Lei e Potter potrebbero mettersi inutilmente in pericolo, perciò è meglio tenerli all’oscuro fin tanto che non riacciuffiamo Black.”
Poi il cervello di Laila andò in completo stand by, come se si fosse spento improvvisamente; fu richiamata alla realtà da Harry che le aveva preso la mano e la guardava con un’espressione sconvolta e spaventata.
Si accorse che stava tremando come una foglia, incontrollabilmente.
“Laila? Harry?”
I volti di Ron e di Hermione spuntarono da sotto il tavolo. Li fissarano entrambi, senza parole.


 
*

 
“E’ lui il cane… E’ un Animagus…”
Ron guardò un punto imprecisato oltre la spalla di Harry: gli occhi spalancati in un’espressione di puro terrore.
Laila si voltò di scatto e dovette puntare saldamente i piedi a terra, perché altrimenti le gambe esili avrebbero ceduto.
Dinanzi a lei ritto in tutta la sua altezza, stava quello che sembrava un vero e proprio cadavere con abiti da prigioniero: la pelle cerea era tesa sul volto scavato e cupo, la mascella tagliente lasciava intravedere un sottile collo tirato, una massa aggrovigliata di capelli sudici gli ricadeva sulle spalle; l’unica cosa che pareva essere ancora in vita erano i grandi occhi grigi che scintillavano nell’oscurità, di un brivido folle, febbrile.
Era Sirius Black.
Prima che i ragazzi potessero fare qualcosa, Black li Disarmò con uno scatto rapido della bacchetta.
Poi si avvicinò di un passo, pericolosamente vicino a Laila, il suo sguardo brillante non smetteva di guizzare da lei a Harry, da Harry a lei.
“Bene, bene, bene… Cosa abbiamo qui? La mia figliola, con il mio figlioccio e i loro amici. Sapevo che sareste venuti…”
Un ghigno giallognolo e canino si allargò sul volto senza vita di Black.
“Tu… Hai ucciso mia madre, hai ucciso i genitori di Harry… SEI UN ASSASSINO!” la voce dapprima tremante di Laila si era trasformata in un grido di rabbia.
Gli occhi incavati del prigioniero, all’improvviso si riempirono di… lacrime; splendevano nel buio come due fari in mezzo al mare.
Laila era incredula e pensò che fosse pazzo, teoria che si confermò ad ogni passo che Black faceva verso di lei con la mano tesa, come per accarezzarle il volto.
Avrebbe voluto indietreggiare ma le sue gambe non collaboravano, era come raggelata, poi tutto accadde molto velocemente: Harry le si parò davanti per poi scagliarsi con tutta la sua forza addosso a Black, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo: “Non ti azzardare a toccarla o ti uccido!”.
Forse per la sorpresa di vedere Harry fare una cosa così stupida, ma Black non fece in tempo ad usare la bacchetta: caddero entrambi all’indietro, stesi sul pavimento, Harry che colpiva ogni parte dell’uomo che gli capitava sotto tiro con una furia e una veemenza che né Laila, né Ron né Hermione, avevano mai visto prima.
Poi Harry recuperò una delle bacchette finite sul pavimento e la puntò sul petto di Black, che si alzava e abbassava furiosamente: “Vuoi uccidermi, Harry?” disse in un sussurro che alle orecchie di Laila suonò quasi beffardo.
“Tu hai ucciso i miei genitori.” Rispose Harry tremante, ma la mano che stringeva la bacchetta era immobile.
“Non lo nego, ma se solo sapessi com’è andata…”
“STA’ ZITTO! SONO STANCA DI SENTIRE BUGIE!” urlò Laila, aveva raccolto la sua bacchetta da terra e ora la stava puntando verso suo padre, con uno sguardo pieno d’odio.
“Hai torturato e ucciso mia madre. Hai consegnato i genitori di Harry a Voldemort. Meriti di pagare per tutto questo.” Sebbene la voce di Laila era rotta e scossa da continui tremolii, giunse ad Harry come molto risoluta.
“Volete uccidermi senza sapere la verità? Potreste pentirvene…” mormorò Black con una nota di urgenza nella voce.
A quel punto Grattastinchi atterrò morbidamente sul petto dell’uomo, quasi come se volesse proteggerlo, ma Harry e Laila non abbassarono le bacchette; Hermione singhiozzò.
Improvvisamente, quel silenzio assordante venne interrotto da dei passi smorzati al piano di sotto, c’era qualcun altro nella Stamberga Strillante.
Hermione gridò “SIAMO QUASSU’! C’E’ SIRIUS BLACK… PRESTO!
La porta della stanza si spalancò in una pioggia di scintille rosse, Harry e Laila vennero Disarmati per la seconda volta quella notte; con il viso esangue e pallido ma la bacchetta levata davanti a sé, il professor Lupin si diresse verso Black e, dopo averlo rimesso in piedi, lo abbracciò come un caro amico che non vedeva da molto tempo.


 
*


“Mi dispiace di averti detto quelle cose orribili, prima… Io, beh ecco, io…” balbettò Laila incerta, con gli occhi fissi sulla pietra battuta ai suoi piedi.
Lei, Harry e Hermione avevano appena salvato Sirius da una sorte orribile, con l’aiuto della Giratempo e di Silente; ora era giunto il momento di salutarsi.
“Non devi scusarti: per anni hai pensato di non avere un padre, scoprire tutt’un tratto che fossi rinchiuso ad Azkaban, e che tutto quello che credevi di sapere fino a quel momento erano menzogne… Dev’essere stato un bello shock per te.”
Laila scoppiò in lacrime e strinse i pugni mentre diceva: “E’ stato tutto inutile, Minus è scappato, non si saprà mai che sei innocente…”
Sirius si piegò leggermente sulle ginocchia per essere alla sua altezza e guardarla attentamente per la prima volta dopo dodici anni: assomigliava incredibilmente a sua moglie Ophelia.
Gli stessi lineamenti delicati e un po’ infantili, le stesse lentiggini sul naso, gli stessi occhi grandi e neri che ora erano inondati di pianto.
Sirius provò una sensazione di infinita tenerezza che gli contorse qualcosa in fondo allo stomaco: aveva trascorso anni ossessionato dalla vendetta, dal pensiero di essere innocente, al punto che aveva completamente dimenticato la gioia che aveva provato tempo prima, quando strinse per la prima volta quel fagottino con un ciuffo di capelli corvini.
Ora davanti a sé vedeva una ragazzina coraggiosa, forte, che non aveva esitato a mandare in pezzi la finestra della torre Ovest per restituirgli la libertà.
Le posò istintivamente una mano sulla spalla e le disse “Tu sai che sono innocente, è questo che conta.”
E il suo volto scavato e tormentato si aprì nel primo vero sorriso che Laila avesse visto fino a quel momento.
Lei si portò entrambe le mani sul viso e continuò a singhiozzare sommessamente.
“Non piangere Laila, questo non è un addio, è un arrivederci.”
Sirius ringraziò ancora una volta i suoi salvatori, e Laila lo guardò salire in groppa a Fierobecco, per poi scomparire volando nella notte.


*Angolo dell’inetta autrice*
Buonsalve a tutti i miei cari lettori!
Innanzitutto un giga grazie a tutte le adorabili personcine che prendono del tempo per lasciare una recensione a questa storia, ma anche a chi l’ha inserita nei preferiti, ricordati e seguiti o chi la legge in silenzio!
Vi ringrazio davvero di cuore, significa moltissimo per me.
Dolcezza da diabete a parte, volevo dire due parole su questo capitolo.
E’ stato decisamente il più difficile da scrivere ed infatti l’ho steso in più momenti; è un po’ più lungo degli altri perché volevo cogliere vari attimi importanti per la storia di Sirius e Laila, spero di aver reso tutto il più plausibile e verosimile possibile.
E’ stato davvero faticoso per me, tant’è che ho ripreso in mano il terzo libro e non nego di averlo consultato più volte quando ero in difficoltà (il corsivo con i * sono frasi prese direttamente dal libro, infatti): ho cercato di descrivere tutto dal punto di vista di Laila perché beh, quello di Harry lo conosciamo già e mi sembra inutile riproporlo.
Avevo in mente un capitolo più introspettivo ma all’ultimo momento l’ho stravolto perché pensavo che il ritmo della narrazione fosse troppo appesantito; in effetti questo è un capitolo più di “azione” che di “pensiero” e quindi.
Spero che vi sia piaciuto questo tuffo nel passato e che abbia chiarito qualche dubbio, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate anche con un paio di righe, ci tengo molto alla vostra opinione e ai vostri pareri!
Nel prossimo capitolo riprenderemo da dove ci siamo interrotti con il capitolo precedente, ossia quinto anno, Grimmauld Place numero 12.
Detto ciò vi lascio con qualche foto dell’aspetto che, nella mia fantasia, hanno i personaggi!

 
Laila


 
Come prestavolto per Laila del quinto anno con la frangetta scombinata ho scelto Winona Ryder (nei panni di Lydia Deetz nel film "Beetlejuice") che è proprio esattamente come la immagino ^^ l'unica differenza con Winona sono gli occhi: i suoi sono hazel, quelli di Laila neri.


Laila da bambina (9 anni)/durante il terzo anno ad Hogwarts




Nonna Vera

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Capitolo 5
*** L'Arazzo e l'Udienza ***


CAPITOLO 4
 

L’Arazzo e l’Udienza


                                     

Un clima di operoso movimento aleggiava nel Quartier Generale: mentre i membri dell’Ordine si susseguivano in un continuo viavai, la signora Weasley aveva coinvolto tutti nella missione disinfestazione della casa.
In effetti sembrava disabitata da secoli, ma la polvere era solo l’ultimo dei problemi: ogni genere di creatura si era riprodotta nei posti più impensabili; le tende del salotto erano piene di Doxy e lo scrittoio era diventato il nascondiglio di un Molliccio.
Piton poteva anche definire il loro lavoro “pulizie”, ma in realtà stavano muovendo guerra alla casa, e la casa oppeneva una fiera  resistenza, aiutata e sostenuta da Kreacher.
Il vecchio elfo domestico della famiglia Black cercava disperatamente di salvare i cimeli appartenuti alla mamma di Sirius, che quest’ultimo gettava via senza riguardo.
L’umore di Kreacher si alternava a piagnucolii sommessi per la grande opera di disinfestazione (che, secondo Sirius, prevedeva anche lo sbarazzarsi di tutto ciò che recava lo stemma della Nobile e Antichissima Casata dei Black) a imprecazioni sottovoce contro chiunque gli capitasse a tiro: Laila, sembrava essere diventata il suo bersaglio preferito da qualche giorno; “Oh, cosa farebbe la mia signora se vedesse a cosa si è ridotta la Casata dei Black, l’ultima erede è amica di Mezzosangue, traditori del loro sangue, ibridi e feccia di ogni tipo… E’ un disonore proprio come suo padre, oh se la povera signora vedesse…”.
La ragazza sembrava spesso sul punto di perdere le staffe e rispondere a Kreacher per le rime, ma veniva prontamente fermata da Hermione che arrivava in difesa dell’elfo domestico: “Laila calmati, non sa quello che dice, è rimasto troppo solo troppo a lungo, non credo abbia capito che possiamo sentirlo…”.

Laila si sentiva profondamente strana in quel posto e non si era data la pena di nasconderlo.
Il suo malumore era tale da renderla molto più silenziosa e meditabonda del solito; riuscì a stento ad abbozzare un sorriso sbilenco quando Fred e George le spiegarono allegramente che stavano intascando alcuni Doxy per degli esperimenti con le Merendine Marinare.
Un senso di irrequietezza si era impossessato di lei: si sentiva prigioniera di quella casa, come se quelle quattro mura si stringessero sempre di più ogni giorno.
 E poi c’era quel ritratto urlante di sua nonna che le rivolgeva i peggiori appellativi, suo padre Sirius che si aggirava come un’anima in pena per le stanze, con un senso di impotenza che la ragazza capiva perfettamente.
Laila aveva la sensazione che quella fosse molto più che un’antica abitazione, riadattata a Quartier Generale per l’Ordine della Fenice; quel luogo rappresentava delle risposte alle domande che fin da bambina si era posta e su cui nonna Vera tergiversava accuratamente ogni volta che esse si ripresentavano.
Aveva l’occasione di scoprirne di più su Sirius, sulla sua famiglia, sulle proprie origini e i gli antenati che erano vissuti lì… Ma non sapeva se ciò che stava scoprendo le piaceva; la famiglia Black non sembrava molto diversa dai Malfoy, si ritrovò a pensare: degli spocchiosi con la fissa del sangue puro.
Come se non bastasse, quell’atmosfera le dava i brividi e non poteva fare a meno di pensare che i membri della sua famiglia sembravano essere stati dei maghi oscuri della peggior specie.
Per di più, il fatto di essere tenuta all’oscuro dei piani dell’Ordine la frustrava terribilmente: li stavano trattando come dei bambini e, a parte le poche informazioni che Sirius aveva loro dato la prima sera in cui Harry era arrivato lì, non ne sapevano molto su cosa stesse accadendo lì fuori.
A completare quel quadro infelice, c’era l’udienza di Harry che si avvicinava sempre di più: nonostante Laila cercasse di rassicurare l’amico, e nonostante sapesse che, a rigor di logica, era veramente poco probabile che venisse espulso – dopotutto la sua magia era giustificata dal fatto che si trovava in una situazione di vita o di morte- non riusciva a scacciare quella preoccupazione e quella paura che le attanagliavano il cuore.
Non riusciva ad immaginare Hogwarts senza Harry.

Si era accorta di essersi estraniata dalla squadra di disinfestazione, che era intenta ad azzannare dei panini portati su dalla signora Weasley; aveva misurato il salotto ad ampi passi mentre era sovrappensiero, e ora si trovava di fronte a quello che sembrava un arazzo piuttosto antico che occupava tutta la parete.
Era rosicchiato qua e là dal tempo e dai Doxy, ma il filo d’oro che univa svariati nomi fino a formare quello che sembrava un albero genealogico, luccicava ancora alla debole luce che filtrava dalle enormi finestre.
Grosse lettere in cima all’arazzo recitavano:

 
La Nobile e Antichissima Casata dei Black
‘Toujours pur’



Laila scrutò incuriosita la parete: l’albero genealogico affondava le sue radici nei meandri del tempo, per ciò che ne capiva lei risaliva al Medioevo; aveva letto da qualche parte che Phineas Nigellus era stato uno dei primi (e meno amati) Presidi di Hogwarts,
Tra i rami figuravano delle bruciature che lasciavano appena intravedere il nome al di sotto: Laila passò le dita sulla macchia nera dove prima doveva esserci il nome di Sirius.
Poi una voce amara alle sue spalle spiegò, come se le avesse letto nella mente: “Sì.. La mia cara e dolce madre ha fatto questo quando sono scappato di casa e ho gettato fango e disonore sulla “Nobile e Antichissima Casata dei Black.” concluse Sirius con una smorfia.
Allo sguardo interrogativo di Laila continuò: “Avevo sedici anni. Non ne potevo più di questo posto, dei miei genitori con l’ossessione del sangue puro, del mio fratellino perfettino Regulus che si è lasciato inculcare tutte quelle stupidaggini…”.
“E dove sei andato?”
“ Beh, dai Potter, naturalmente. Mi hanno adottato come un secondo figlio finchè non scoprii di aver ereditato un bel gruzzoletto d’oro da mio zio Alphard – è cancellato, qui, probabilmente per questo motivo. A quel punto mi sono trovato un posto tutto mio, ma ero sempre il benvenuto dai Potter: non dimenticherò mai tutto ciò che hanno fatto per me.”
Laila guardò suo padre: nonostante tutti quegl’anni ad Azkaban avessero gettato un’ombra irreversibile sul suo volto, rimaneva un uomo indiscutibilmente bello, dai tratti quasi regali; Laila si chiese come mai non gli somigliasse quasi per nulla, e per un attimo si trovò a desiderare di non avere quei lineamenti così buffi e infantili.
Scuotè la testa quasi come per scacciar via quei pensieri così sciocchi, e si accorse che c’erano altre bruciature sull’arazzo: tra i nomi Bellatrix e Narcissa figurava un buchetto carbonizzato.
“Chi c’era qui?” chiese, indicando la bruciatura che aveva appena notato.
“Oh lì c’era Andromeda, la mia cugina preferita.. Naturalmente, tutte le volte che la famiglia ha prodotto qualcuno di appena decente, è stato diseredato. Lei ha sposato un Babbano, Ted, e Tonks è la loro figlia.”
Laila rimase sconcertata nell’apprendere che lei e Tonks fossero imparentate, ma mai sorpresa fu più grande e sgradita nello scoprire che l’altra cugina di Sirius, Narcissa, avesse sposato Lucius Malfoy.
Questo la rendeva automaticamente cugina di secondo grado di Draco, si ritrovò a pensare con una smorfia di evidente disgusto.
Sirius se ne accorse e rise piano: “Tu e il pargolo dei Malfoy non andate molto d’accordo immagino.”
Laila sorrise spontaneamente a sua volta nello scoprire quella complicità con suo padre: dopotutto prima di allora si erano visti in una situazione non proprio idilliaca durante il terzo anno, e Sirius aveva passato il suo quarto a nascondersi dentro una caverna con Fierobecco; nel complesso, non avevano mai avuto una vera e propria occasione di parlare a tu per tu.
“Immagini bene: è un completo idiota che crede di essere meglio di tutti gli altri e non perdere occasione per deridere Harry. Era quasi più tollerabile quando era un furetto…”
Sirius scoppiò in una risata simile ad un latrato: Laila gli aveva scritto in una lettera dell’anno prima dell’episodio in cui il (presunto) professor Moody lo aveva Trasfigurato in un furetto dal manto grigiastro.
Anche Laila rise di gusto; la risata di suo padre era decisamente contagiosa.
Poi riprese ad esaminare l’arazzo e notò una cosa che non potè fare a meno di constatare ad alta voce: “Orion, Andromeda, Sirius, Bellatrix, Draco… Sono tutti nomi di costellazioni!”
“Oh, sì, una balorda tradizione di famiglia che come avrai notato non mi sono impegnato a continuare, l’ho sempre trovata inutilmente pomposa. Quegli spostati credevano che appartenere alla Casata dei Black ti rendesse praticamente di stirpe reale, che sciocchezza…”
Laila fu grata di non chiamarsi come una costellazione o una stella: ricordò che quando Draco si presentò ad Harry, il primo anno, Ron non la smetteva di ridacchiare per quel nome curioso.
“Come mai mi avete chiamato Laila? Tu e la mamma intendo. Non è un nome molto comune, no? Quand’ero piccola temevo che sulla lettera di Hogwarts avrebbero sbagliato a scriverlo e non mi sarebbe arrivata.”
Sirius accennò un sorriso stranamente colmo di tenerezza in cui sua figlia lesse, sperando di sbagliarsi, una nota di dolceamara malinconia.
“In realtà a tua madre piaceva molto l’idea di poter chiamare la nostra primogenita come un astro, ma alla fine abbiamo deciso per Laila, che in arabo significa ‘un bagliore nella notte’.
Sai, fuori imperversava la guerra, tutti avevano paura di essere presi da un momento all’altro… Sapere che aspettavamo una bambina è stato davvero una luce in quella notte così scura.”
Prima che Laila potesse dire qualcosa, la signora Weasley li invitò a prendere gli ultimi panini rimasti; con una strana ma piacevole sensazione di calore dalle parti dello stomaco, la ragazza raggiunse gli altri.
Il suo cattivo umore e i pensieri assillanti sembravano essersi volatilizzati e, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì qualcosa di molto simile alla  felicità allargarsi nel petto.


 
*



Laila si svegliò di scatto, come se qualcuno le avesse appena gettato addosso un secchio di acqua gelata: la sua visuale era oscurata dal viso un po’ corrucciato della signora Weasley che bisbigliava concitatamente, cercando di mantenere un tono di voce basso per non svegliare Hermione e Ginny; tuttavia riuscì a scorgere un debole raggio di luce che filtrava dalla finestra, coperta dalle pesanti tende verde smeraldo.
Poi improvvisamente si scosse dal torpore e ricordò: l’Udienza. Era il giorno dell’Udienza disciplinare di Harry.
Che ore erano? Era già finita? Possibile che avesse dormito così tanto?
Tutto ciò che riuscì a balbettare fu: “S-signora Weasley… L’U-udienza… Harry..?”.
Lo sguardo della signora Weasley fu molto simile a quello che la sua fantasia aveva attribuito a zia Petunia, quando l’amico le aveva raccontato di cosa era successo quando era tornato dai Dursley, la sera in cui Dudley era stato Dissennato.
Era uno sguardo decisamente timoroso e arrendevole coperto da una premura innaturale che si adotta con una persona che sta facendo qualcosa di talmente folle e sconclusionato, da non poter reagire altrimenti.
Laila cercò di ricomporsi come meglio potè, si schiarì la voce e cercò di dominare la nota di preoccupazione che le permeava la voce: “Signora Weasley, è successo qualcosa? Che ore sono?”.
Molly Weasley era sempre stata una persona un po’ ansiosa in situazioni come quella, per cui dovette richiamare a sé tutto il suo autocontrollo per comunicare alla ragazza ciò che doveva: “Laila.. Cara.. Silente è giù in cucina e vuole vederti urgentemente!” rantolò tutto d’un fiato.
Laila sentì il cuore che le usciva dal petto, faceva una maratona per tutta la casa per poi ritornare al suo posto; senza dire nulla e ancora avvolta nella camicia da notte, scese freneticamente le scale cercando di fare meno rumore possibile e si fiondò in cucina.
Ad accoglierla ci furono mormorii indistinti e i volti tesi e pallidi di Tonks, il professor Lupin e Sirius: solo in un secondo momento notò Silente, adagiato mollemente su una sedia vicino al tavolo, che sorseggiava un tè fumante con tutta la calma del caso.
“Professor Silente, signore.. Voleva vedermi? E’ successo qualcosa a Harry?”.
Laila boccheggiava e si sentiva quasi il fiatone, ma non potè far a meno di arrossire quando lo sguardo celeste di Silente passò da lei alla sua camicia da notte color cipria.
“Mi dispiace di averti fatto svegliare così all’improvviso, tuttavia temo di doverti portare con me al Ministero della Magia: sarai un testimone cruciale all’udienza di Harry, la quale, per inciso, è stata inaspettatamente anticipata all’insaputa di Arthur e di Harry stesso.”
A quelle parole, Laila sentì il muscolo cardiaco fare su e giù dall’esofago allo stomaco, per poi rimbalzare dolorosamente sulle pareti della gabbia toracica.
Non aveva mai assistito ad un’udienza né tantomeno ci aveva testimoniato: non aveva idea di cosa avrebbe detto.. E se avesse solo peggiorato la situazione? E soprattutto, perché le veniva comunicato solo ora?
“Professore, tra quante ore è l’Udienza?”
“Tra esattamente dieci minuti, quindi ti consiglierei di cambiarti in fretta.”

Una manciata di minuti dopo, Laila scese le scale con dei vestiti più eleganti e femminili di quanto ne indossasse di solito e con i capelli tirati indietro dalla signora Weasley (“Oh per Merlino, ma come si fa a tenerli in ordine?”), scoccò un bacio veloce sulla guancia di suo padre che le rivolse uno sguardo rassicurante, e sparì con Silente nel camino di Grimmauld Place, avvolta da fiamme verdi.
 
*



Viaggiare con la Metropolvere era decisamente più gradevole della Materializzazione congiunta: meglio avere un po’ di cenere sui vestiti che continui conati.
Silente e Laila uscirono da uno dei tanti camini dorati che affacciavano sul lunghissimo, magnifico salone con il pavimento in legno scuro e il soffitto blu notte pieno di simboli dorati che mutavano dolcemente come un cielo trapunto di stelle.
Ogni pochi secondi un mago o una strega affioravano da uno dei camini sulla sinistra con un morbido fruscio, ma Laila non li notò poiché troppo intenta ad ammirare la fontana dorata al centro dell’ingresso: un mago dall’aria altera, una bella strega, un centauro, un folletto e un elfo domestico da cui zampillavano scintillanti getti d’acqua che si riversavano nel fondo della vasca.
“Mi dispiace rovinare la tua prima visita al Ministero della Magia, tuttavia temo che dovremo affrettarci, siamo in leggero ritardo.” spiegò Silente mentre percorreva a lunghi passi l’enorme sala fin quando raggiunsero un ascensore dorato.
Laila si ritrovò a pensare che Silente era incredibilmente arzillo e veloce per la sua età, lei aveva quasi il fiatone a stargli dietro; si infilarono in uno dei numerosi ascensori, quasi tutti ricolmi di maghi e streghe che dovevano raggiungere la propria postazione di lavoro.
Ognuno sembrava avere una gran fretta: chi portava scatoloni che emettevano rumori inquietanti, chi si sistemava impaziente la veste da mago.
Silente tuttavia scelse un ascensore semivuoto sulla destra: c’era solo un mago anziano, dall’aria timorosa e i soffici capelli bianchi, che si rivolse Silente: “Oh Albus, hai saputo, l’Udienza… E’ stata spostata al vecchio tribunale, Aula Dieci…” disse ansante.
Laila lo riconobbe come Perkins, il collega del signor Weasley che aveva incontrato alla Coppa di Quidditch un’estate prima; Silente gli rispose cortesemente: “Ti ringrazio Ignatius, io e la signorina Black ci stiamo dirigendo proprio lì. Adesso, se vuoi scusarci…”
Mentre il vecchio mago li salutava cerimoniosamente, Laila seguì Silente che si avviava verso una rampa di scale: quasi come se le avesse letto nel pensiero, il Preside spiegò che l’ascensore non arrivava così in basso e, mentre Laila quasi correva sui gradini per stare al suo passo, si chiese dove aveva già sentito parlare di quel posto.
Poi l’illuminazione: “Prof… Professor Silente” iniziò lei con il respiro affannoso “Non stiamo andando in quel tribunale… Voglio dire, quello destinato ai processi criminali per Azkaban. Harry non sarà giudicato dal Wizengamot spero…”.
Una vaga nota di panico le riempiva la voce. Silente non si voltò ed anzi, accellerò il passo.
Qualche mese prima, Harry era stato catapultato nel Pensatoio e le aveva descritto il Processo di Igor Karkaroff, con la successiva cattura di Barty Crouch jr.: non se lo era fatto dire due volte che si era fiondata in biblioteca alla ricerca di vecchi giornali ed archivi che parlavano del caso, e le pareva di aver letto proprio che il loro processo fu tenuto nel livello più basso del Ministero, in un’aula a prova di fuga anche del mago oscuro più capace.
Nel preciso momento in cui stava cercando di calmarsi (“Impossibile che tengano un’udienza per magia minorile in quel posto…”) Silente, a mezza voce, confermò i suoi dubbi: “Temo proprio di sì, Laila.”
Laila deglutì, cercando di fare appello a tutto il sangue freddo di cui disponeva, e notò che si trovavano praticamente in una specie di sotterraneo non diverso da quello di Piton ad Hogwarts, con torce appese alle pareti di pietra viva.
“Professor Silente.. Cosa…? Cosa dovrò dire?” chiese lei con timore, si trovava del tutto impreparata.
“Nient’altro che la verità. Suppongo sarà abbastanza per scagionare il tuo giovane amico.”
Per la prima volta Laila desiderò con tutta se stessa che Silente non fosse così enigmatico e, con il cuore che le premeva forte contro la tempia, lo seguì oltre la porta di legno massiccio con la serratura di ferro.


 
*



“Testimoni per la Difesa: Albus Percival Wulfric Brian Silente e Laila Moira Black.” disse Silente con voce pacata, con Laila alle sue spalle che si guardava intorno.
Quel posto metteva quasi i brividi, si ritrovò a pensare.
 La grande stanza, con pareti di pietra scura, era illuminata fiocamente da torce: al centro di essa, c’era una sedia con braccioli coperti di catene su cui era seduto Harry, che alle parole di Silente si era voltato rapidamente verso di loro con un’espressione di enorme sorpresa.
Di fronte a lui, dietro ad un leggio, stava il Ministro della Magia, Cornelius Caramell con un’aria allibita quanto di contrita disapprovazione sul volto.
In alto invece, c’erano una cinquantina di maghi e streghe disposti su delle panche, avvolti in una veste color prugna, che borbottavano fittamente e non distoglievano lo sguardo dai due nuovi arrivati.
“E cosa c’entrerebbe in questa vicenda la signorina Black, di preciso?”chiese Caramell con tono accigliato.
Caramell guardava decisamente infastidito in direzione di Silente, quasi come se Laila non fosse lì in quel momento: Silente di tutta risposta fece un cenno del capo verso Laila, come per incoraggiarla a prendere parola.
“Io…” cominciò lei con la voce simile ad un soffio, tremula e un po’ impaurita; per qualche momento che le parve un’eternità, scrutò i volti dei giudici che, dall’alto, la fissavano chi con’aria arcigna, chi con sincera curiosità.
Non è questo il momento di farsi intimorire, devo farlo per Harry.
Dopo un attimo di silenzio, esordì con una maggiore risolutezza: “Io ero lì la notte dell’aggressione, Ministro.”
“Ohohoh! Ancora con queste fandonie, Silente? Non è avvenuta nessuna aggressione, né tantomeno da parte di due Dissenatori di Azkaban, questo mi sembra chiaro.” Rispose sbrigativo e sarcastico Caramell che stava lentanemente perdendo il contegno che lo distingueva.
“Dal momento in cui è arrivata fin qui, credo che dovremmo almeno ascoltare la sua versione dei fatti. Non credi, Cornelius?”.
A parlare fu una strega in carne e col monocolo, seduta poco più su di Caramell; quest’ultimo borbottò qualcosa stizzito mentre Laila si sistemava sulla soffice poltrona di chintz che Silente aveva fatto apparire poco prima.
“Molto bene” disse Caramell seccato. “Qual è la sua versione?”
Laila deglutì e si schiarì la gola per camuffare quel fastidioso tremolio alla voce.
“Quella sera, intorno alle nove, Harry ed io camminavamo per il vicolo che unisce Magnolia Crescent a Wisteria Walk, poco più avanti c’era il cugino Babbano di Harry, Dudley Dursley.”
Laila si bloccò. Non sapeva come descrivere la sensazione di panico  che provoca la presenza dei Dissennatori, il respiro mozzato, le gambe che tremano, la vista appannata.
Il suo sguardo incontrò quello smeraldino di Harry, che, più pallido ed esile che mai, era attraversato da preoccupanti pensieri.
Da una parte era grato a Silente per aver portato lì Laila: era l’unica a sapere cosa era effettivamente successo quella notte a parte Dudley e la signora Figg… Ma se ci fosse andata per mezzo anche lei? Se non le avessero creduto e sarebbe finita per essere espulsa insieme a lui?
A distoglierlo, fu proprio la ragazza che aveva ripreso la parola, questa volta con maggiore fermezza.
“Poi… Il cielo è diventato nero e cupo. Le stelle erano sparite. Non si udiva un suono, la vista era offuscata… Nel petto sentivo soltanto una gelida, profonda infelicità. Due Dissennatori vennero nella nostra direzione e hanno attaccato me e Dudley… Credo di aver perso i sensi ad un certo punto, ma ricordo chiaramente il cervo di Harry che li spazzava via…”
Madama Bones la interruppe, il monocolo che era scomparso nelle folte sopracciglia inarcate: “Il cervo... Quindi è dunque vero che Potter è in grado di produrre un Patronus corporeo.”
“Vero o no, mi sembra palese che la versione della signorina Black non sia altro che pensata ad hoc da per aiutare Potter, questo è inaccettabile.”

Prima di rendersene conto, Laila scattò in piedi dalla sedia come se fosse stata punta da uno spillo ed esclamò a pieni polmoni: “Non è così.. Io c’ero quella sera, ma senza l’intervento di Harry probabilmente non sarei qui per raccontarlo! Ha salvato la vita mia e di suo cugino, non potete assolutamente punirlo per questo!”
Le sue parole concitate furono seguite da una serie di fitti borbottii da parte del Wizengamot, le pupille di Madama Bones si dilatarono e Laila faticò nel reggere il suo sguardo penetrante.
“Beh, senz’altro una testimonianza convincente, Silente…  Tuttavia non si può non tener conto che Potter ha violato lo Statuto di Segretezza, non si può riservargli un trattamento speciale anche questa volta.”
Gli occhi di Caramell, oramai ridotti a fessure, scattarono verso Harry: si stava chiaramente riferendo all’episodio di zia Marge, per il quale aveva bonariamente chiuso un occhio.
Ma ora le cose erano cambiate: non c’era più traccia di benevolenza sul volto di Caramell, il quale era fermamente convinto che Harry, Silente e Laila stessero raccontando un mare di frottole a cui non aveva nessunissima intenzione di credere.
“Sono piuttosto certa che lo Statuto Internazionale di Segretezza ammette violazioni nel caso in cui c’è in gioco la propria vita, signor Ministro!”.
Laila era ancora in piedi, sentiva l’ira montare velocemente e sapeva benissimo che era la sua parola, della figlia di colui che era riconosciuto dalla comunità magica come un pluriomicida ricercato in tutto il paese, contro quella del Ministro della Magia attualmente in carica.
Improvvisamente si sentì estremamente piccola e spaesata dinanzi ai brusii del Wizengamot, il volto cupo di Percy e lo sguardo inquisitorio di Caramell.
Ben presto notò che Silente era dietro di lei ritto in tutta la sua altezza e le aveva poggiato una mano che in quel momento le apparve calda e autorevole, sulla spalla.
Prima che prendesse la parola una strega piccola e tozza che ricordava vagamente un rospo pallido e molliccio, ad attraversare la mente di Laila, come quella di Harry, ci fu un pensiero piuttosto rassicurante: non erano soli in quell’Aula, ad affrontare l’Udienza; con loro c’era Albus Silente.


Note dell’Autrice:
Ohibò è passata una vita dall’ultima volta che ho aggiornato! Chiedo venia, ma tra impegni universitari, problemini personali e un’irrimediabile blocco dello “scrittore” (non credo che questo appellativo si confaccia alla mia persona :’)), non sono riuscita a pubblicare né tanto meno a loggare su EFP così da poter recensire le mie amatissime storie (@Mallve @Mietze parlo proprio con voi!)
Beh, che dire, capitoletto più corto degl’altri poiché scritto a sprazzi in più mesi. Non mi convince moltissimo, sono scene che ho trovato difficili da scrivere soprattutto quella dell’Udienza, tuttavia la reputavo necessaria sia per far “conoscere” meglio Laila, sia perché proprio narrativamente è un punto cruciale del quinto libro e non potevo ometterla.
Sì, prevedo già le domande di qualcuno che potrà dire: “E la signora Figg??????”.
Beh, nel libro è divertentissima la scena di lei che testimonia con le pantofoline di feltro, lo devo ammettere, però dato che ho deciso di inserire un nuovo personaggio ho reputato opportuno cambiare la storia originale per adattarla alle mie esigenze… Spero di non peccare di blasfemia :’)
Non so se qualcuno tra voi è ancora interessato/segue ancora questa storia, spero comunque di ricevere opinioni/pareri/critiche.. Qualsiasi cosa insomma, battete un colpo se ci siete!! O anche un telegramma, un piccione viaggiatore (o meglio, un gufo) possono andare.
Vi bacio e spero di vedervi nella sezione commenti, au revoir!!


Vostra Laila.

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Capitolo 6
*** Missioni segrete e Partenze ***


  CAPITOLO 5
 
Missioni segrete e Partenze


 
  ***

 
Era difficile dire che tempo facesse quel giorno: la mattinata era iniziata con un sole pallido, settembrino, che si nascondeva dietro le nuvole.
Poi venne fuori raggiante e illuminò un pomeriggio piuttosto caldo per il clima londinese, ma poche ore dopo ci fu una pioggia battente e improvvisa; sembrava quasi che stesse per venir giù un temporale.
Laila osservava il proprio riflesso pallido, distorto dalle goccioline che si susseguivano veloci sulle finestre incrostate del salotto di Grimmauld Place, e si ritrovò a pensare che quel tempo bizzarro e incerto rifletteva perfettamente il suo umore della giornata: un brusco alternarsi di sereni e rovesci continui che si erano conclusi con il maltempo.
Era stata così quella giornata: l’ansia e la preoccupazione dell’incontro a sorpresa con Silente la mattina presto per l’Udienza, l’assoluzione di Harry e il sollievo momentaneo, poi gli sconvolgimenti.

Quel pomeriggio sul tardi, assieme alle liste dei libri e alle comunicazioni varie da Hogwarts, era arrivato anche un trafelato Kingsley Shacklebolt che si chiuse in cucina con la signora Weasley e Sirius per parlare di “faccende private dell’Ordine”.
L’Incantesimo Imperturbabile che Molly aveva gettato sulla porta rendeva impossibile origliare anche al ficcanaso più audace, così Laila con una scrollata di spalle decise di tornare di sopra per dare un’occhiata alla lista dei nuovi libri.
Sulle scale, vide di sfuggita Mundungus che, con un fare furtivo e criminoso, bisbigliava animatamente con Fred e George; inizialmente non ci aveva dato molto peso poiché Fred le aveva spiegato che Mundungus stava rendendo loro “loschi servigi”, come li aveva definiti.
Tuttavia, mentre l’uomo tarchiato e puzzolente si avviava verso la porta, guardandosi freneticamente intorno come per controllare che nessuno lo vedesse, urtò con violenza Kreacher che prese ad imprecare con voce rasposa: “Lurido trafficante alcolista che insudicia la casa della mia povera signora…”.
Una serie di oggetti nascosti nel cappotto di Mundungus caddero a terra facendo un rumore metallico che svegliò la signora Black, la quale iniziò ad urlare a squarciagola invettive crudeli, ma l’uomo non parve dar retta né al quadro né all’elfo domestico, e iniziò a raccogliere in fretta i misteriosi monili che emettevano un potente scintillio.
Laila, che aveva osservato tutta la scena dalla rampa delle scale, scese prontamente per chiudere il quadro ululante di sua nonna, ma mentre faceva attenzione a non inciampare tra gli ammennicoli vari sparsi sul pavimento, riconobbe con un misto di sorpresa e orrore una cornice d’oro che le era stranamente familiare.
Dentro c’era una foto animata di una bambina dai lunghi capelli scuri che sfrecciava ridendo su una scopa giocattolo.
“Mundungus, e questa come diavolo l’hai avuta?” disse Laila furente, con la sensazione che di lì a poco, sua nonna e Kreacher non sarebbero stati gli unici a sbraitare.
“Q-questa… Signorina… Questa qua… Io pensavo che la vecchia ci fosse schiattata ecco, e quindi…” balbettò Mundungus evitando lo sguardo della ragazza.
“Schiattata? Mundungus, è successo qualcosa a mia nonna? Ti sei infiltrato a casa mia? Cosa sai? Parla! E molla quella fotografia!”.
Laila strappò la vecchia foto dalle mani di Mundungus che se la stava rigirando senza avere la più pallida idea di cosa fare, quando improvvisamente la porta della cucina si aprì.
“Allora? Cos’è tutto questo baccano? Vi si sente da dentro! Cosa vi salta in mente?” esclamò la signora Weasley.
Sirius uscì dalla cucina e con una falcata richiuse il quadro strillante di sua madre e mandò via Kreacher con un calcio, ma l’atmosfera era tutt’altro che calma.
“Papà, signora Weasley.. Mi spiegate cosa diamine sta succedendo? Ho appena beccato Mundungus con una cornice che appartiene a nonna Vera, e sta farfugliando cose sul fatto che credeva fosse morta... Allora?!” insistè lei, sentendo la rabbia montare quando vide il viso di suo padre pallido e allibito, e le occhiatacce della signora Weasley in direzione di Mundungus; tutti sembravano decisi ad evitare il suo sguardo.
Non si era neanche accorta che Harry, Ron, Hermione, Ginny e i gemelli erano scesi dal piano di sopra e si rivolgevano occhiate interrogative tra loro.
“Kingsley ci ha appena riferito un messaggio di Silente. La comunicazione con tua nonna Vera si è interrotta bruscamente qualche giorno fa e non riusciamo a rintracciarla.” Spiegò Sirius in modo deciso ma cauto, come se avesse paura che una bomba esplodesse.
Laila ci mise un po’a processare la notizia e intanto, il suo sguardo vacuo passava dalla cornice dorata al pavimento scuro di Grimmauld Place.
Era calato un silenzio tombale, che Kingsley interruppe con un po’ di esitazione: tuttavia la sua voce suonava calda e rassicurante quando, rivolgendosi alla ragazza che era diventata più bianca di un lenzuolo, disse: “Capisco la tua preoccupazione, Laila. E’ naturale che tu sia turbata, ma considera che Silente ha la situazione sotto controllo e non ci ha dato motivo di stare in apprensione.”
“E’ vero cara, cerca di stare tranquilla, non le accadrà nulla di male.” rincarò la signora Weasley con voce dolce e materna.
“Già, poi tua nonna è un osso duro!” esclamò Sirius con un gran sorriso, che attenuò il clima di tensione in cui si trovavano “pensa che una volta ha combattuto contro tre Mangiamorte contemporaneamente e ne è uscita indenne, si dice che hai tempi di Hogwarts abbia stracciato la McGranitt al torneo scolastico di Scacchi Magici, ma soprattutto… ha cresciuto quella peste di tua madre!” e indicò la bimba che rideva a crepapelle sulla scopa giocattolo, nella vecchia foto animata.
Nonostante avvertì delle lacrime calde scorrerle lungo le guance, Laila sentì che il macigno che le era piombato improvvisamente sul petto, si era alleggerito un pochino.

 
*
 
Per il resto del pomeriggio, tutti evitarano accuratamente l’argomento “nonna Vera” ma, sebbene  Laila cercava di tenersi occupata come meglio poteva, il suo pensiero andava inevitabilmente a lei.
Si sentiva incredibilmente frustrata. Frustrata ed impotente in quella casa piena di adulti che pensavano di poter gestire ogni situazione senza dovere la minima spiegazione ai ragazzi e in quel caso a lei, che era la persona più coinvolta e toccata dalla faccenda.
Nonna Vera era stata tutta la sua famiglia fino a quando, qualche anno prima, aveva scoperto che suo padre era vivo. Lei era sempre stata lì, a sostenerla e incoraggiarla, a strapparle un sorriso con i suoi modi un po’ retrò e il suo immancabile sarcasmo.
Poteva essere inflessibile, severa e talvolta burbera, ma la verità era che le aveva fatto da madre e da padre per tredici anni; ora era dispersa chissà dove e anche la più remota possibilità che non l’avrebbe rivista, stringeva il cuore di Laila in una morsa che le rendeva faticoso respirare.

Guardò distrattamente la lista dei libri del quinto anno e con aria assente si congratulò con Ron e Hermione che erano stati nominati Prefetti; non fece caso all’espressione turbata e stizzita di Harry nell’apprendere quella notizia e approfittò della raffica di battute dei gemelli Weasley su “Ronnino il Prefettino” per sgattaiolare nella sua camera dopo aver farfugliato qualcosa sul dover pulire la gabbia del suo gufo Anacleto.
Harry, che nemmeno aveva molta voglia di rimanere in quella stanza, colse al volo l’occasione e seguì a ruota Laila, rispondendo allo sguardo interrogativo di Hermione con un cenno del capo; salì la rampa di scale che portava alla stanza delle ragazze con una sensazione di pesantezza allo stomaco e, quando aprì la porta, trovò Laila di spalle, raggomitolata sul letto con la testa sulle ginocchia.
Harry pensava stesse piangendo, ma, quando si girò a causa del cigolio della porta e lo vide, aveva un’espressione indecifrabile: un po’ trasognata eppure estremamente vigile.
“Oh, sei tu Harry.” disse piano. Harry esitò ad entrare perché, dato il momento delicato in cui lei si trovava, pensava potesse voler restare da sola.
Laila sembrò intuire cosa gli stesse passando per la testa: abbozzò un sorriso un po’ malinconico e gli fece cenno di avvicinarsi; Harry si sedette a sua volta sul margine dell’ampio letto a baldacchino e la guardò di sottecchi: era incredibilmente pallida, più del solito se possibile, con lo sguardo scuro e spento fisso fuori alla finestra che dava sulla strada.
Per quella che forse fu la prima volta, Harry non sapeva bene cosa dirle: avrebbe voluto sfogarsi e liberarsi di quel nodo in gola che non si smuoveva da quando aveva saputo che Ron era stato scelto come Prefetto e non lui.
Avrebbe voluto che lei fosse d’accordo e avesse capito il suo fastidio e la sua incredulità: aveva bisogno di sapere di non essere disgustoso perché pensava che, forse, era più lui, Harry, a meritarsi quella spilla con la grossa P luccicante.
Tuttavia pensò che in quel momento potesse risultare indelicato e fuori luogo: Laila aveva un problema ben peggiore e forse doveva essere lui a darle supporto, ma non sapeva bene come fare e cosa dirle.
Dopo qualche minuto di silenzio, fu lei a parlare, con un tono di voce basso ma vibrante: “Forse non me l’avrebbero detto. Se a Mundungus non fosse caduta la cornice e io l’avessi vista, forse non mi avrebbero detto nulla.”
Harry non rispose: probabilmente sarebbe andata così. D’altronde li tenevano completamente all’oscuro delle faccende dell’Ordine.
“Questa cosa mi fa impazzire, perché mi sento.. Come se non potessi fare nulla per lei. Sono chiusa qui dentro mentre lei è in un altro Paese in difficoltà. Mi sento così, così…”
“…inutile, già.” concluse Harry, capendo perfettamente come si sentisse l’amica. Anche lui si sentiva così.
Lo stavano trattando come un bambino quando era stato lui a vedere Cedric morire davanti ai suoi occhi e ad affrontare Voldemort.. Era stato segregato un’intera estate dai Dursley senza uno straccio di notizia da Ron, Hermione o chicchessia, e ora l’Ordine sembrava ritenere superfluo che lui venisse messo al corrente della situazione in modo più dettagliato.
Non era abbastanza? Lo ritenevano un ragazzino non ancora degno di fiducia? Era forse per questo che Silente aveva scelto Ron e non lui come Prefetto?

Laila era nel totale sconforto e si limitò ad annuire, mentre fissava le goccioline di pioggia rincorrersi sul vetro appannato della finestra.
“Senti… Non posso prometterti che andrà tutto bene. Però io credo che Silente sappia cosa sta facendo…” le sue stesse parole, suonarono a Harry come se non provenissero da lui. E senza alcun motivo apparentemente logico, sentì un’ondata di rabbia montare al pensiero di Albus Silente.
“A me sembra che la situazione gli stia un po’ sfuggendo di mano invece. Ha perso i contatti con nonna Vera, quindi significa che qualcosa non sta andando secondo i piani.” sentenziò Laila brusca; a quanto pare nemmeno lei era molto soddisfatta dell’operato del Preside.
Harry si massaggiò le tempie mentre ripensava all’Udienza di quella mattina: è vero, l’intervento di Silente era stato decisivo. Ma una voce sincera nella sua testa gli sussurrava: “Avrei voluto che mi avesse parlato, però. O quanto meno, guardato.”
Cercò di accantonare quei pensieri in un angolo remoto della sua testa: ci avrebbe rimurginato più tardi, con calma.
“Non sappiamo che tipo di missione è stata affidata a tua nonna ma non sarebbe così strano se in qualche modo c’entrasse l’Ordine. Lo ha detto oggi Sirius, no? Tua nonna è una tipa tosta, ma nel caso si trovasse in qualche serio pericolo sono sicuro che i membri del Quartier Generale non esiterebbero ad accorrere in suo aiuto. E poi il fatto che la loro corrispondenza si sia fermata non significa per forza che l’è capitato qualcosa di brutto; sai com’è fatta, è molto prudente, stile Malocchio… Vigilanza costante!”.
Laila rise di cuore per la fedele imitazione di Alastor Moody e Harry si accorse di quanto la risata di lei, bassa e simile ad un latrato, ricordasse quella di Sirius.

Poco dopo, la signora Weasley li chiamò per la cena; con il cuore ancora pesante e la testa che gli turbinava di pensieri, Harry varcò la soglia della camera delle ragazze e si avviò verso le scale, cercando di stamparsi sul viso un’espressione che non tradiva il suo malumore.
Poi avvertì un tocco leggero sulla spalla e delle parole appena udibili, flebili come un soffio: “Grazie di cuore, Harry.”

 
*

 
La mattina della partenza per Hogwarts, Laila si svegliò tutt’altro che riposata: il suo sonno era stato popolato da incubi e continui risvegli notturni.
Ne risultavano due cerchi violetti attorno agl’occhi che le conferivano vagamente l’aspetto di un cadavere (“Complimenti per la cera, Laila: fai invidia alla Dama Grigia di Corvonero…” commentò Fred guadagnandosi una serie di occhiatacce torve), e la reattività agli stimoli di un bradipo astenico (la signora Weasley le chiese tre volte se le andasse del porridge per colazione).
Dopo una caterva di urla provenienti dalla signora Weasley (“MA COME VI VIENE IN MENTE DI STREGARE I BAULI? DOVEVATE FARE DUE MISERE RAMPE DI SCALE, SANTO MERLINO, POTEVATE FARLE MALE SUL SERIO!”) mentre riparava con la magia il naso sanguinante di Ginny, che era stata urtata dai bauli volanti di Fred e George ed era rotolata fino all’ingresso, e dalla signora Black (“MEZZOSANGUE! FECCIA! SUDICIE CREATURE!”), tutta la combriccola si ritrovò nel soggiorno con bauli, gufi, civette e mantelli da viaggio.
Un grosso cane nero simile ad un orso, scavalcò con un balzo i bauli e si sistemò tra Laila e Harry.
“Oh, per l’amor del cielo Sirius… Silente ha detto di no!”*
Ma l’Animagus scodinzolò felice e fece le feste, al punto che la signora Weasley sbottò esasperata: “Oh insomma… Beh, la responsabilità è solo tua.”*

Attesero la scorta per alcuni minuti prima di chiudersi il battente d’argento alle spalle e uscire al pallido sole settembrino.
Erano stati a Grimmauld Place per circa due settimane, ma negl’ultimi giorni Laila si era sentita sempre di più come un uccellino in gabbia: perciò, uscire all’aria aperta nelle strade caotiche di Londra, la fece sentire in qualche modo più leggera.
Sirius sembrava essere dello stesso parere: diede un latrato di gioia e saltò attorno a Harry, cercando di mordere i piccioni. Laila si ritrovò a pensare che suo padre era stato rinchiuso per tanto, tanto tempo, e provò un moto di tenerezza e felicità a vederlo nella sua forma animale che inseguiva la propria coda.
Harry non potè fare a meno di ridere, ma la signora Weasley ostentò un’espressione di seria disapprovazione.
Ci misero una ventina di minuti a piedi per raggiungere King’s Cross: l’espresso per Hogwarts, rosso scintillante, era già sul binario nove e tre quarti ed eruttava vapore fuligginoso.
Uno sciame di studenti si accalcava vicino al treno: chi salutava le proprie famiglie e chi si affrettava a salire per prendere i posti migliori.
Laila sentì un’emozione crescere dentro al petto… stava tornando a Hogwarts, per davvero, quasi non riusciva a crederci; ben presto li raggiunsero Ron e Hermione seguiti da Malocchio, con Ginny, Fred e George accompagnati da Lupin.
Il treno fischiò due volte e si salutarono tutti in fretta ma calorosamente: Lupin strinse a tutti la mano e li incitò alla prudenza, Malocchio li mise in guardia ad essere cauti nella corrispondenza epistolare, mentre Tonks abbracciò tutti e, con un gran sorriso, aggiunse che era felici di averli conosciuti e che sperava si sarebbero rivisti presto.
La signora Weasley spinse concitata i ragazzi verso lo sportello del treno, facendo le sue solite raccomandazioni:
Scrivete… Fate i bravi… Se avete dimenticato qualcosa ve la spediremo.. Ora salite sul treno, presto…”*.
Laila provò una fitta di nostalgia a vedere il grosso cane nero che scodinzolava e correva accanto al finestrino del treno che lentamente si stava mettendo in moto; diede uno sguardo ai ragazzi vicino a lei che salutavano le persone sul marciapiede e gridavano.
Improvvisamente, provò un’ondata di malinconia al pensiero di separarsi da Sirius, che sarebbe dovuto tornare in quella casa triste e opprimente; premette il viso contro il vetro e vide che il grosso cane rincorreva il treno, abbaiando come per salutarla.
Poi l’Espresso fece una curva e Sirius sparì. Con il naso contro il finestrino, Laila mormorò piano: “Ciao anche a te… papà.”


 
*


Note dell’autrice:

Salve a tutti, popoloso popolo di EFP! Sì, sono proprio io, Laila Inkheart; sono ancora viva e vegeta per chi se lo stesse chiedendo.
Che dire, è una vita che non aggiorno, faccio schifo e ne sono consapevole lol spero possiate perdonarmi, cercherò davvero di aggiornare con una cadenza quanto meno più regolare.
Per quanto riguarda il capitolo: ennesimo capitolo di transizione (NON NE POSSO PIU’ MA VI GARANTISCO CHE SERVONO AI FINI DELLA TRAMA), ma almeno c’è una giuoia: si ritorna alla cara e vecchia Hogwarts!!!!
Per il resto beh, capitolo abbastanza breve che a me risulta anche un po’ palloso. Spero non lo sia eccessivamente per voi, era anche per ri-rompere un po’ il ghiaccio dopo una lunga assenza ^^
Lasciatemi un parere se ne avete voglia, sono sempre curiosa di sapere cosa pensate di ciò che la mia mente malata produce <3 Alla prossima (che, VI GIURO, non sarà tra altri 6 mesi), vi abbraccio forte.

PS: le frasi in corsivo seguite da un * sono quelle che ho ripreso direttamente dal quinto libro, Harry Potter e l’Ordine della Fenice
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