In War, Victory.

di _Schwarz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Things we lose have a way of coming back to us in the end, if not always in the way we expect. ***
Capitolo 2: *** Those who wander are not always lost. ***
Capitolo 3: *** “Atrast nal tunsha” (May you always find your way in the dark). ***
Capitolo 4: *** Do not pity the dead; pity the living, and above all those who live without love. ***
Capitolo 5: *** Maybe I'm foolish/ Maybe I'm blind/ Thinking I can see through this/ And see what's behind. ***
Capitolo 6: *** I am a question to the world, not an answer to be heard. ***



Capitolo 1
*** Things we lose have a way of coming back to us in the end, if not always in the way we expect. ***


In War, Victory

 

“Things we lose have a way of coming back to us in the end,
if not always in the way we expect”.

~ J.K.Rowling, Harry Potter and the Order of the Phoenix.
 
 

Sereda Aeducan era sempre riuscita nella sua breve vita a tenersi stretta la sua femminilità, nonostante i suoi obblighi come membro della famiglia reale e le sue stesse inclinazioni, l’avessero portata verso una carriera di tipo militare.
Adorava seta, gioielli e bei vestiti come quasi ogni diciottenne nobile e non di Orzammar, le piaceva cantare e farsi coccolare dalle sue serve, ma allo stesso tempo non le bastava mai: lei era figlia e nipote di re, discendente del Paragon Aeducan, e il suo posto era nelle vie profonde con due pugnali in mano, sporchi del sangue dei Darkspawn.
La principessa dei nani, avendo non uno, ma ben due fratelli, avrebbe anche potuto dedicarsi a una vita diversa, fatta di seta e balie, ma non era mai stato più che una lontana certezza della sua vita: un giorno ci sarebbero stati un marito e dei figli nella sua esistenza, ma per ora non era ancora il momento.
“E probabilmente non lo sarà mai più”, pensò la giovane nana, schivando un genlock e facendogli lo sgambetto: quello cadde a terra e lei lo finì con la spada datale da Lord Harrowmont. Le erano state donate armi migliori di quelle che altri prima di lei avevano ricevuto, ma non sarebbe durata a lungo lì sotto: per quanto le Vie Profonde fossero più vuote del solito, se non avesse trovato i Custodi Grigi al più presto sarebbe morta.
Sapeva più o meno in che direzione doveva dirigersi, sperava solo di trovarli ancora lì.
Continuò a muoversi e a combattere, non sapeva quante ore fossero passate ma se voleva sopravvivere non poteva fermarsi fino a quando non fosse stata tra le loro file.
I muscoli delle braccia e delle spalle le facevano male, i suoi piedi urlavano dal dolore nei suoi nervi stanchi e le decine di graffi e ferite più o meno profonde che aveva sul corpo bruciavano come dannate, ma Sereda non si fermava; nessuno le aveva mai insegnato ad arrendersi, e anche volendo non avrebbe potuto, non con Gorim esiliato sulla superficie e Trian morto per mano di Bhelen.
Uccise l’ennesimo darkspawn e mise via i suoi pugnali, dirigendosi verso una fenditura nella roccia che sperava si aprisse su una delle larghe strade delle vie profonde: la luce per un attimo le impedì di vedere, ma le sue orecchie sentirono subito quello che cercava disperatamente da giorni, voci. Voci umane, non i disgustosi versi dei mostri che abitavano le profondità del Thedas.
Discese in fretta verso la strada principale e si trovò di fronte i Custodi Grigi: Duncan, l’umano conosciuto a palazzo, altri due umani, un elfo e ciò che la colpì più di tutto, un’altra nana.
Era giovane, probabilmente aveva la sua età, scurissimi capelli rossi, un trucco che la principessa Sereda avrebbe definito eccessivo e un marchio sulla guancia destra e la fronte.
Una senza casta?”, si chiese per poi guardare verso Duncan che le stava offrendo dell’acqua; accettò volentieri, senza sapere da quanto in effetti non beveva, e poi le venne fatta la domanda che più temeva: «Che ci fate qui, Lady Aeducan? Dove sono i vostri uomini?».
«Non c’è nessuno con me, Duncan. Percorro le Vie Profonde da sola» rispose lei con tutta la dignità che le restava: perché se anche suo fratello le aveva strappato la sua vita, la sua famiglia, il suo retaggio, la sua identità e il suo onore, la dignità non se la sarebbe lasciata togliere. Quello mai.
«Capisco» fu tutto ciò che rispose il comandante dei Custodi, tacitando le domande curiose dei suoi uomini e poi continuò: «A palazzo vi avevo chiesto cosa pensavate della possibilità di unirvi a noi, e mi avete risposto che il vostro posto era con la vostra famiglia. Ho già trovato la recluta che cercavo ad Orzammar, ma ve lo chiederò ancora una volta: Lady Aeducan, volete unirvi ai Custodi Grigi?».
«Per me sarebbe un onore» chinò la testa Sereda, davanti a quell’umano che le aveva dimostrato più sensibilità di qualunque membro della sua famiglia, pur non conoscendola.
E forse, nell’unirsi ai Custodi Grigi, avrebbe potuto recuperare almeno una parte dell’onore che suo fratello le aveva tolto in quella maniera così vile.

 
 ***


Nahir Brosca, senza casta nata e cresciuta nel distretto della polvere tra mendicanti e ladri, aveva imparato presto a non aspettarsi parecchie cose dalla vita: un pasto caldo a fine giornata per esempio, o coperte, vestiti buoni e tante altre piccole cose che tutti quelli che una casta a Orzammar la avevano, di certo non avevano problemi a procurarsi.
“Di certo la principessa del popolo nanico non era mai andata a letto affamata in vita sua”, pensava con un leggero astio mentre osservava l’altra nana del gruppo: vestita con un’armatura di pessima fattura che avrebbe trovato più sensata su un guerriero di una famiglia di basso rango – che l’avessero chiusa nelle vie profonde senza nemmeno uno straccio di armatura? – era piena di graffi e ferite e una sulla guancia destra probabilmente avrebbe lasciato una cicatrice; le armi erano l’unica cosa davvero buona che aveva con se, il che la insospettì, perché se era stata davvero esiliata come aveva fatto capire, avrebbe dovuto riceverne di molto peggiori.
Ma cosa poteva aver combinato la perfetta e amatissima principessa di Orzammar per finire i suoi giorni a vagare da sola per le vie profonde?
Nahir era curiosa, molto curiosa, il che spesso e volentieri le creava più problemi che altro, ma non riusciva a fare a meno di osservarla, e la bionda si accorse presto del suo sguardo, incrociandolo senza farsi problemi: quella probabilmente era la più grande differenza tra loro, rifletté la senza casta puntando i suoi occhi a terra e mormorando delle scuse, Sereda Aeducan non pareva avere problemi in nulla; nonostante la stanchezza che fuoriusciva da ogni poro del suo corpo la sua schiena era dritta e il capo alto, lo sguardo fisso davanti a sé le conferivano una consapevolezza di se stessa e della propria importanza che Nahir non aveva mai avuto.
Dove lei era abituata a confondersi tra le ombre, l’altra brillava di luce quasi propria.
Sereda la osservò a sua volta per un po’ prima di rispondere alle sue parole: «Non devi scusarti, non hai fatto nulla di male. E non chiamarmi “mia Signora”, sono solo Sereda ormai, una Custode come te, il che ci rende due pari».
L’altra annuì, senza sapere come credere a quelle parole: quando passano una vita intera a dirti che non hai alcun valore, come fai a convincerti del contrario?
 
Tre giorni – tre lunghe, faticose, massacranti giornate passate a correre e uccidere darkspawn – dopo, Duncan decise di dirigersi verso Ostagar e quella notizia non fece che aumentare l’adrenalina delle due nane: nessuna delle due aveva mai messo piede fuori da Orzammar – o meglio, entrambe erano state nelle vie profonde, ma mai davvero lontano dalla città – e tutte e due erano spaventate ed emozionate insieme all’idea di vedere la tanto temuta superficie.
Le domande più varie dominavano la mente di Nahir: sarebbero cadute nel cielo? Di che colore era il cielo? E come avrebbero fatto a reggersi per terra? Come facevano gli umani a vivere lì sopra senza cadere? Avevano qualche immunità particolare che ai nani mancava?
Presto avrebbe avuto tutte le risposte, si disse infine, camminando a fianco di Sereda verso la nuova vita di entrambe, e intanto pregava che Rica e sua madre stessero bene.





Note autrice:
Hello people! Cavolo, è più di un anno che non pubblico niente, e sinceramente non ero sicura di voler pubblicare nemmeno questa, ma alla fine mi sono fatta coraggio e mi sono buttata.
Sarà una storia a capitoli che seguirà Sereda e Nahir - le mie OC naniche, che ho amato particolarmente - nel loro viaggio per fermare il flagello: è un po' un esperimento, perché queste due OC sono particolarmente diverse e hanno fatto scelte diverse durante le loro storie, quindi mettere il tutto insieme sarà strano e - spero - divertente ^^


 

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Capitolo 2
*** Those who wander are not always lost. ***


In War, Victory

 

“Those who wander are not always lost”.
~ Peter Pan.
 
 
Non erano cadute nel cielo, non si erano dovute aggrappare a nulla per rimanere ancorate a terra, né pareva fossero destinate a finire di sopra nel loro futuro prossimo, ma il malessere non diminuiva per nulla: Nahir sentiva il suo stomaco fare su e giù per il suo corpo, la nausea una costante, mentre il cielo grigio opaco si estendeva fino all’orizzonte e sembrava non finire mai; era così diverso da tutto ciò che conosceva, così strano e ignoto da riempirla di terrore e curiosità insieme.
L’aria era completamente diversa, molto più umida e fredda di quella di Orzammar, e i suoi capelli si erano gonfiati come mai prima d’allora: anche Sereda pareva avere problemi a controllare i suoi, che oltre a essere gonfi erano lunghi; come se tutto ciò non bastasse la superficie era infinita, camminavano a passo sostenuto da giorni – e maledizione alla Pietra che aveva deciso di dare ai nani gambe così corte –, ma ancora di Ostagar e dei darkspawn nessuna traccia.
Non che la giovane si lamentasse, nessuno con il cervello a posto avrebbe voluto vedere dei darkspawn da vicino, però iniziava a diventare seccante: era scappata da Orzammar per combattere, oltre che per sfuggire a una sentenza di morte, e non metteva mano ai suoi pugnali da eoni.
Non sapeva dire cosa pensasse di ciò la principessa, il suo viso era liscio e inespressivo per la maggior parte del tempo, ma se i sospiri che ogni tanto sentiva venire da lei erano una qualche indicazione, allora non era contenta di quella situazione.
Stava scendendo la notte, quando arrivarono in una locanda un poco dimessa e Duncan decise di concedere a tutti loro un tetto e un letto comodo per quella notte: Sereda e Nahir decisero di dividere la camera, essendo le uniche due donne del gruppo, e notarono in un angolo un gruppo di nani impegnati a giocare a dadi e bere.
La senza casta si avvicinò, sperando di spillare qualche informazione – o soldo, se avesse avuto fortuna – agli altri avventori, e rimase colpita quando la Aeducan la seguì con uno sguardo quasi divertito.
Evidentemente alla principessa mancava avere a che fare con i suoi simili abbastanza da accettare la compagnia di quelli di superficie: si sedettero in mezzo a loro, facendo chiacchiere leggere e chiedendo dei loro mestieri; nessuno fece domande su Sereda, probabilmente la maggior parte pensò che avesse solo lo stesso nome della principessa.
Ma se Nahir pensava che la serata fosse destinata a essere tranquilla si sbagliava, perché proprio in quel momento la non più principessa di Orzammar chiese a una delle nane che trafficava con quelli che lei aveva capito essere inchiostri il prezzo di un tatuaggio.
Per un attimo la senza casta rimase a bocca aperta e poi sbottò: «Non puoi!».
La bionda si voltò a guardarla e il suo sguardo era chiaramente di sfida: «Oh, non posso?».
«Hai la più vaga idea di quanto faccia male un tatuaggio esattamente? E domani dobbiamo viaggiare, non avrai tempo di occupartene come si deve!» continuò Nahir, con un tono che non ammetteva repliche.
Le repliche arrivarono eccome: «Voglio un tatuaggio, e se posso permettermelo me lo faccio».
«Ah! Fai un po’ come ti pare!» si sedette di nuovo Nahir, guardandola di sottecchi.
Sereda sorrise soddisfatta, come se avesse vinto chissà quale premio con la sua resa, e poi tirò fuori una moneta d’oro di Orzammar come per magia.
Doveva averla avuta addosso da prima di essere rinchiusa nelle vie profonde, chissà come aveva fatto a tenersela, i carcerieri di solito controllavano bene per qualunque spicciolo.
Diverse ore e imprecazioni contro la Pietra e tutti gli antenati fino a Paragon Aeducan dopo, Sereda sfoggiava sul viso i suoi nuovi tatuaggi: guance e fronte erano contornati, ma le linee sottili – invece di quelle solitamente grosse e vistose come quelli di Nahir – parevano snellirle il viso e accentuare il biondo dei capelli e il colore chiaro degli occhi.
L’unica pecca era che sottolineavano anche la brutta cicatrice che le era rimasta sulla guancia destra, ma la bionda non pareva preoccuparsene oltre il dovuto.
Persino Duncan e gli altri custodi le fecero dei complimenti e Nahir la vide piangere solo al riparo da occhi indiscreti nella loro camera; fu allora che capì che quei tatuaggi per la principessa dovevano essere ben più che un capriccio del momento: erano la prova fisica che lei non era più Sereda Aeducan, figlia di Re Endrin Aeducan, ma Sereda dei Custodi Grigi, e nulla più.


 
 ***


I tatuaggi facevano un male cane, e forse Nahir aveva avuto ragione quando le aveva detto che era meglio non farli, quando non li puoi curare a dovere; ormai però erano lì e non poteva far altro che sopportare. Per fortuna Ostagar era ormai visibile e vicina, dopo più di tre settimane di viaggio, e la principessa sperava di poter riposare, prima di combattere contro i Darkspawn in superficie.
La notte si avvicinava velocemente e Sereda iniziava a imparare le basi della vita lontano da Orzammar: i nani non erano così ben visti dagli umani come aveva sempre supposto; non esistevano reali differenze tra i nani di superficie, a parte la ricchezza che riuscivano ad accumulare, e, soprattutto, i nani di superficie non apprezzavano quelli sotto di essa.
E, si era sempre resa conto Sereda, avevano tutte le ragioni: Orzammar sopravviveva alle loro spalle, del commercio che quei nani portavano nella città, e comunque li umiliava togliendo loro la loro casta e il loro status, come se fossero degli esiliati o criminali.
Dire che era ingiusto era poco, e la principessa si era sempre ripromessa di cambiare le cose – o più specificatamente, di farle cambiare a Trian, visto che lei non aveva intenzione di essere regina; ora, però, non era più un suo problema, visto che lei era, ufficialmente, una dei sopracitati esiliati.
Fu mentre pensava quasi con allegria all’enorme diminuzione delle sue responsabilità che le vide: le rovine di Ostagar dominavano la valle su cui si affacciavano una così grande distesa di alberi che non sarebbe riuscita nemmeno a immaginare possibile, se non fosse stata proprio lì di fronte a lei.
Lei e Nahir si scambiarono sguardi sconvolti ed esaltati, per poi seguire gli altri custodi in fretta verso il lungo ponte.
Erano arrivate, ora le aspettavano prove e battaglie, e loro erano pronte.
«Amgarrak*» sussurrò Sereda e Nahir le sorrise feroce.


 
 ***


E ovviamente era andata male.
Ostagar era stata la peggiore sconfitta che Sereda riusciva a ricordare, e lei ne aveva viste diverse di spedizioni tornare sconfitte e con meno di metà degli uomini con cui erano partite. O non tornare affatto.
Eppure la sconfitta di Ostagar le bruciava molto di più di tutte le altre a cui aveva assistito; prima di tutto perché lei era lì, e non aveva comunque potuto fare nulla: non per gli altri custodi, non per Duncan, l’umano a cui doveva la vita, e non per Re Cailan, troppo giovane e pieno di speranze per essere ucciso in quella maniera.
Allo stesso tempo lei sapeva che avrebbero perso: l’esercito del Ferelden non era abbastanza numeroso, né abbastanza preparato per battere quell’orda mostruosa.
Non potevano vincere senza rinforzi, ma quello che aveva fatto Loghain Mac Tir non era perdonabile comunque, i morti ad Ostagar non erano morti solo a causa dei darkspawn.
Erano caduti davanti al tradimento del loro generale più fidato.
Alistair e Nahir erano convinti che fosse solo colpa di Loghain, si rifiutavano di vedere la realtà per quella che era, e volevano giustizia per un crimine che era stato commesso solo in parte.
A volte non capiva se si era portata dietro due guerrieri o due bambini: per fortuna c’erano Morrigan e i due Mabari che avevano salvato a Ostagar – Duster e Lady – a riportare la maturità e la sanità mentale ad un livello accettabile.
Si erano lasciati alle spalle le Selve Korcari poche ore prima e il villaggio menzionato da Morrigan quando erano partiti dalla capanna di Flemeth – e ancora non capiva la paura mostrata da Alistair a sentire quel nome – era finalmente in vista, e già da lontano si potevano notare due cose: non c’erano soldati, in quel posto, e una quantità enorme di rifugiati probabilmente fuggiti dai villaggi più a sud appena sentito della sconfitta dell’esercito reale.
Arrivati al villaggio non solo si trovarono con due nuovi membri nella compagnia – e ora viaggiavano insieme non solo due nane, un’eretica vestita da barbara, un guerriero biondo e due mabari da guerra, ma anche una sorella della Chiesa e un Qunari; se speravano di passare inosservati avevano scelto il modo sbagliato per farlo – ma scoprirono di essere ricercati per aver tradito il re, se Alistair era furioso prima, ora era più rabbioso di un cane idrofobo, e di avere delle ricche taglie sulla testa, pagate niente meno che dal Teyrn di Gwaren.
Uccidere quei poveri rifugiati che volevano solo dare da mangiare alle loro mogli e figli era stato difficile, ma non potevano certo morire lì, o Ferelden avrebbe avuto parecchi problemi a fermare l’orda di mostri che avanzava dal sud.
 
Nahir aveva la sensazione che, prima di avere di nuovo un tetto sulla testa, sarebbe passato davvero tanto tempo.
Stava risistemando le sue cose nel suo zaino dopo l’intensa giornata di cammino che avevano affrontato per allontanarsi il più possibile da Lothering e i suoi templari; le notizie trovate in quel villaggio erano state tutte fuorché confortanti: una taglia sulle loro teste, l’Arl Eamon più volte nominato da Alistair sul letto di morte, i Darkspawn che avanzavano indisturbati mentre gli umani si contendevano un trono che gli sarebbe crollato sotto le mani, se non avessero fatto qualcosa.
L’idea migliore era, secondo lei, tornare ad Orzammar: i nani li avrebbero aiutati sicuramente contro il Flagello, re Endrin non avrebbe mai rifiutato la chiamata alle armi dei Custodi Grigi, specie se era sua figlia a farla.
Ma Sereda aveva rifiutato categoricamente.
«Se vogliamo avere una sola speranza di fermare quegli esseri e il loro dannato Arcidemone, dobbiamo fermare la guerra civile qui sopra: l’aiuto della nostra gente sarà inutile se gli umani non tolgono le loro teste da sotto la sabbia» aveva ribadito l’ex principessa di Orzammar, e Alistair si era dimostrato d’accordo con lei.
«Ha ragione Sereda, per questo ci serve Arl Eamon» aveva annuito convinto, ma anche lì la nana bionda scosse la testa.
«Prima di tutto dobbiamo contattare i maghi» disse lei, lasciando entrambi a bocca aperta.
«Perché i maghi?» chiese interessata Nahir, notando con la coda dell’occhio gli sguardi concentrati e interessati degli altri membri del gruppo, che non facevano nemmeno finta di non ascoltare.
«Li avete visti combattere, giusto? I maghi sono quelli che hanno fatto più danni contro i darkspawn, e visto che combatteremo un drago, è meglio prima assicurarsi di avere i mezzi per ucciderlo» rispose la Aeducan, poi continuò: «la seconda tappa sarà Redcliffe, per questo Arl Eamon, perché dobbiamo fermare la guerra civile prima che distrugga ciò che resta dell’esercito del Ferelden. Dopo di loro, dovremo andare ad Orzammar e se ci avanzerà tempo penseremo ai Dalish».
«I Dalish sono famosi per essere i migliori arcieri dell’intero Ferelden. Sarebbe meglio…» iniziò Alistair, ma Sereda lo interruppe immediatamente: «Da quanto ho sentito dire io sono anche estremamente difficili da rintracciare! Non possiamo perdere mesi dietro a dei fantasmi. Li cercheremo per ultimi».
E così fu delineata la loro strategia per salvare Ferelden, non tanto dal Flagello, quanto da se stesso.


 
 ***



E, nonostante tutti i piani e le discussioni, la prima tappa era stata Denerim: la scusa ufficiale era il voler tastare il terreno per vedere quanto la popolazione fosse fedele a Loghain e se erano altrettanto facilmente riconoscibili senza le loro armature da Custodi Grigi addosso; quella meno ufficiale era cercare Gorim, il secondo di Sereda, che voleva sapere se era vivo o meno.
Trovarono il famoso Gorim sposato e con un figlio in arrivo: una brutta ferita non guarita gli impediva di tornare a combattere, ma fece loro un notevole sconto su ciò che gli serviva, e soprattutto aveva informazioni e un dono per la Mia Signora Aeducan, come continuava a chiamarla lui.
Suddetto dono erano uno scudo molto vecchio e usurato dal tempo, ma che ancora recava uno stemma familiare nanico impresso sopra – quello degli Aeducan, molto probabilmente, anche se Nahir non avrebbe saputo riconoscerne uno nemmeno pagata in argento – e una lettera, che Sereda lesse velocemente per poi quasi strapparla in un attacco di rabbia.
Si fermò però, e la ripiegò con cura per poi sistemarla in una delle tasche del suo zaino.
«Andiamo, qui abbiamo finito» disse poi, voltandosi con un’espressione a metà tra il rassegnato e il disgustato sul viso
 
Non ricordava che la scalata per l’ingresso di Orzammar fosse così ripida, ma in effetti lei non l’aveva mai percorsa in salita – né percorsa in generale, visto che con Duncan erano usciti da tutt’altra parte – ma a prescindere, era davvero troppo in salita per le sue gambe corte.
Erano passati più di nove mesi dall’ultima volta che lei e Sereda erano state a Orzammar, e né lei né l’altra nana erano ansiose di tornarci, su questo avrebbe potuto scommettere le sue – poche – monete.
All’inizio della loro avventura, avevano pensato di metterci meno di tre mesi per arrivare a Orzammar, ma avevano sottovalutato di molto la loro situazione: combattere ogni giorno non permetteva di viaggiare velocemente, né lo permetteva il dover evitare villaggi e città; l’unica cosa buona era che erano riuscite ad ottenere il supporto dei maghi e di Arl Eamon, e che la soluzione di tutto quello schifo sembrava un poco più vicina.
Superato il ponte notarono una strana calca – principalmente nani mercanti – stazionata fuori dalle porte che davano sulla sala dei Paragon: i nani non erano famosi per essere gentili con quelli che avevano scelto di vivere in superficie, ma non era certo usanza lasciarli lì fuori al freddo senza motivo.
Sereda si bloccò e sbiancò davanti al portale chiuso, affrettando il passo verso di esso, lasciando che gli altri la seguissero senza poter fare domande.
Salirono la scalinata e l’esiliata principessa di Orzammar si infilò nella conversazione senza curarsi di star interrompendo il messaggero di Teyrn Loghain: «Perché il portale è chiuso? Che è successo?».
La guardia nanica si voltò verso di lei, probabilmente con una risposta brusca già pronta, ma si fermò vedendo il viso di Sereda: «Tu sei… l’esiliata? Re Endrin Aeducan è tornato alla Pietra poco meno di due lune fa, distrutto dalla perdita dei suoi figli».
«Cosa? Mio padre è morto?» la giovane pareva non avere parole e Nahir le si affiancò, ma quella scosse la testa e continuò: «Richiedo udienza all’assemblea dei Deshyr».
«Se non entro io, non entra nessuno!» ringhiò il giovane ambasciatore alla loro sinistra, ma nessuno di loro ci badò.
«Nessuno può entrare fino a che la questione della successione non verrà sistemata, e questo vale soprattutto per te e per questa gangue*. Oh, non pensare che non ti abbia riconosciuta, donna» rispose la guardia, facendo un cenno sdegnato verso Nahir.
«Siamo Custodi Grigi» ribatté aspramente Sereda, consegnando alla guardia il trattato firmato dal popolo nanico: «Quello è il sigillo reale, e se nell’anno in cui sono stata via i nani non hanno fatto più cambiamenti che dal primo Flagello, allora solo il re e l’Assemblea possono rispondere al nostro appello. Facci passare».
La guardia dopo aver studiato il sigillo si fece stancamente da parte, ma vennero nuovamente interrotti dal messaggero: «I Custodi Grigi hanno ucciso Re Cailan e tradito Ferelden! Vi ordino di uccidere questi traditori all’istante!» urlò indicando il loro gruppo, al che Sereda, che aveva esaurito la pazienza nel momento stesso in cui aveva saputo della morte del padre, mise mano alle armi subito imitata da Leliana, Morrigan e Sten e sibilò: «I Nani non prendono ordini dagli umani, e soprattutto non dalla feccia come te. Ora torna dal tuo falso re o giuro sul Creatore e la Pietra che gli spedisco la tua testa».
L’uomo impallidì e se ne andò, non senza lanciare altre minacce di morte, ma se il meglio che Loghain Mac Tir poteva fare erano assassini del livello di Zevran, che era lì in loro compagnia giocherellando a sua volta con i suoi pugnali, allora avevano poco di cui preoccuparsi.
«Entrate, Custodi Grigi, ma sappiate che non troverete aiuto ad Orzammar» disse la guardia, facendoli passare e le pesanti porte si chiusero con un rumore sordo dietro di loro.

 





Note autrice:
Salve! Ed eccoci qui con il secondo capitolo xD
La scorsa volta, nelle note, mi sono dimenticata di dire che terrò alcune parole in inglese e non userò la traduzione - un po' perché io gioco in inglese e quindi non so/odio la traduzione, e un po' perché mi piacciono di più.
Le parole che avrete già notato sono darkspawnParagon (perché Campione non rende affatto come traduzione), e le altre le scriverò via via che appariranno.
Le due parole con l'asterisco che ci sono nel testo sono invece parole naniche: "Amgarrak" vuol dire "vittoria", mentre "Gangue" è un insulto usato solitamente contro i senza casta e significa, letteralmente, "spreco della pietra". Popolo tenero, quello nanico.
E niente, le due reclute fresche fresche di iniziazione ora sono nel bel mezzo del salvataggio del Ferelden, vedremo come andrà ad Orzammar.
E sì, se ve lo state chiedendo, questa storia si concentrerà maggiormente su Orzammar, visti gli interessi opposti che guideranno Nahir e Sereda nei prossimi capitoli. 
Ora vi saluto O/


 

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Capitolo 3
*** “Atrast nal tunsha” (May you always find your way in the dark). ***


In War, Victory

 

“Atrast nal tunsha” (May you always find your way in the dark”.
~ Paragon Caridin, Dragon Age Origins.
 
 


Orzammar era ancora più inospitale di quanto Nahir e Sereda la ricordassero e, visto che entrambe avevano trascorso le ultime loro ore in città in una prigione a un passo dalla morte, ciò non era confortante.
Le strade erano semideserte, solo pochi dei tanti mercanti avevano posizionato le loro bancarelle sfidando il caos; chi ci si avventurava si guardava intorno sospettoso ed erano quasi tutti chiaramente armati; bande di senza casta scorrazzavano tranquillamente in giro per il quartiere comune come se fossero i padroni e nessuna delle guardie pareva preoccuparsene; e i guerrieri di diverse case, un tempo alleati, si scontravano apertamente in città senza che nessuno potesse fare niente.
L’anarchia era totale.
“Spero che mio padre non debba vedere questo scempio, ovunque si trovi”, pensò Sereda guardandosi attorno, e poi vide una giovane con i capelli rossi correre verso di loro, e ci mise poco a riconoscerla come la senza casta che Bhelen portava spesso a palazzo.
«Nahir! Nahir, o grazie alla Pietra!» si buttò tra le braccia dell’altra Custode con le lacrime agli occhi e vedendole una affianco all’altra notarono tutti una somiglianza che altrimenti, tra i diversi colori dei capelli, della pelle e degli occhi, nessuno avrebbe facilmente visto.
Le due iniziarono a bisbigliare tra loro, e Sereda si allontanò di qualche passo, per lasciare loro un minimo d’intimità imitata dal resto del gruppo, quando notò in un angolo una sua vecchia conoscenza.
«Nerav? Nerav Helmi, sei proprio tu?» chiese, avvicinandosi a lei.
«Sono proprio io, ma al momento penso di star vedendo un fantasma. Sei stata esiliata nelle vie profonde, come fai ad essere ancora viva?» chiese l’altra giovane nobile, una delle poche in cui Sereda avesse mai riposto un minimo di fiducia.
«Ho trovato i Custodi Grigi e mi sono unita a loro mentre ero la sotto» rispose Sereda, per poi chiedere: «Nerav, cosa sai di mio padre?».
«Re Endrin è tornato alla Pietra, principessa, tutti dicono che è morto nel sonno, ma con Bhelen ancora a palazzo non sono in pochi a pensare che sia stato aiutato».
“No, è troppo anche per Bhelen, avvelenare il re. E avrebbe creato un precedente non troppo piacevole”, pensò lei, per poi domandare: «Chi si sta opponendo a mio fratello?».
«Il buon Lord Harrowmont, la Pietra lo benedica, sta cercando di fermarlo. Ma se voi siete tornata con i Custodi Grigi significa…».
«Sì, Nerav, è iniziato un nuovo Flagello» annuì Sereda, guardando la reazione sconvolta dell’altra.
«Un Flagello! E i nostri guerrieri si uccidono tra loro nelle strade! Se puoi fare qualcosa, principessa, ti prego falla! Dulin Forender, il secondo di Harrowmont sarà sicuramente fuori dall’Assemblea, trovalo e appellati a lui, o Orzammar non sopravvivrà stavolta».
Nerav si allontanò di fretta, e probabilmente prima di un’ora l’intera casta nobiliare di Orzammar sarebbe venuta a conoscenza del fatto che la principessa esiliata camminava di nuovo per la città in tutta tranquillità.
E lo avrebbe saputo Bhelen. Peccato che non avrebbe potuto assistere alla sua reazione.
Voltandosi stancamente Sereda notò principalmente gli strani sguardi che il suo variegato gruppo le rivolgeva, ma più di tutto notò quello di assoluta paura e disgusto che spiccava sul viso della senza casta – Rica, ricordò un momento dopo –, attaccata al braccio di Nahir.
«L’esiliata…? Ma com’è possibile? Dovresti essere…!» balbettò, stringendosi alla sorella.
«Morta? Sì, quello era il piano di Bhelen. I tuoi vestiti sono migliorati dall’ultima volta che ci siamo viste, Rica» rispose la bionda, e quella sussultò, «Evidentemente hai avuto il figlio di Bhelen, alla fine».
«Sì, mio figlio Endrin è un maschio ed è in buona salute» le rinfacciò lei, «e non parlare così del principe Bhelen, tu che hai commesso fratricidio…!».
«Silenzio» sibilò Sereda, e fu quasi contenta di vedere l’altra che ammutoliva di fronte a lei: «E ricordati una cosa, senza casta, il fatto che sei durata più delle altre che sono venute prima di te, o che hai avuto un maschio, non ti rendono intoccabile. Bhelen si stanca più in fretta di quanto pensi».
Poi si voltò verso Nahir e continuò: «Io mi appellerò a Lord Harrowmont, tu puoi fare quello che vuoi, però visto che stiamo tutti andando verso il quartiere di Diamante possiamo scortarci tua sorella».
L’altra Custode annuì e quando Sereda si mise in testa al gruppo, lei e Rica si posizionarono alla fine, continuando a confabulare sottovoce: pareva quasi che litigassero, ma non era un problema di Sereda, lei non avrebbe lasciato che suo fratello prendesse il trono, fosse anche l’ultima cosa che faceva.
Anche se ciò l’avesse messa in guerra con l’unica sorella che avesse mai avuto.
Nahir.
 
 
***
 
 
Suddetta Nahir non aveva idea di cosa fare: da una parte c’era sua sorella, la sua sorella di sangue, e sua madre che finalmente non si trovavano a un passo dal morire di fame, e questo solo per grazia di Bhelen Aeducan.
Dall’altra c’era l’altra sorella, quella donatale dai Custodi Grigi, e che se le cose fossero andate diversamente – se Duncan non l’avesse vista combattere e reclutata; se Sereda non fosse stata esiliata, o se non li avesse trovati nelle vie profonde, le possibilità erano infinite – non avrebbe né conosciuto né considerato tale.
Ma Sereda Aeducan era sua sorella tanto quanto Rica, e Nahir non sapeva cosa fare.
Per sangue doveva la sua fedeltà a Rica e suo figlio, ma non aveva alcuna fiducia nel principe Bhelen – e come averla, dopo ciò che aveva fatto ai suoi stessi fratello e sorella -, mentre per i giuramenti fatti la doveva all’altra custode, che di certo non avrebbe lasciato che il trono finisse in mano all’ultimogenito di Endrin Aeducan.
«Certo che, per gente tanto piccola, i nani costruiscono edifici molto altri» la distrasse in quel momento la voce di Morrigan, che si guardava attorno interessata: si trovavano nel centro del quartiere di Diamante, in uno dei tanti terrazzi che davano sul quartiere comune e il mare di lava.
«Si, si, spettacolare, ma a me interessa un’altra cosa; anzi, probabilmente a tutti noi» interruppe Leliana, le braccia incrociate al petto e lo sguardo puntato su Sereda, che ricambiava con una espressione tutt’altro che cordiale, quasi a sfidarla.
La barda – la vita interessante di Leliana era stato giusto l’ultimo dei loro innumerevoli problemi, e Nahir ancora ricordava il corpo senza vita di Marjolane riverso sul pavimento della sua catapecchia a Denerim – non si fece intimidire, forse forte anche del recente rapporto che cresceva tra lei e la nana, e chiese: «Sereda, hai qualcosa che vorresti dirci?».
«Cosa dovrei dire esattamente, Leliana? Sì, sono la figlia di Re Endrin Aeducan, ma no, non sono la principessa di Orzammar» sbottò l’altra, alzando gli occhi al cielo.
«Avresti anche potuto dirlo prima che ce lo dicesse la guardia all’ingresso!» rispose piccata Leliana, per nulla preoccupata dal crescente furore negli occhi della nana.
«Oh, certo, è così facile dire “ah, mi sono unita ai custodi grigi perché sono stata esiliata per fratricidio”!» ringhiò Sereda.
Un mare di domande sommerse la giovane che però si limitò a chiedere: «Ma perché improvvisamente siete così interessati? Viaggiamo insieme da quasi un anno e solo ora chiedete?» quello parve tacitare il gruppo per qualche secondo e Nahir interruppe prima che potessero ricominciare con l’interrogatorio: «Basta così, abbiamo cose più importanti a cui pensare! Ci serve un piano se vogliamo mettere un re sul trono di Orzammar».
«Non mi piace questa cosa» disse Alistair, «i Custodi Grigi non fanno politica, è una regola che c’è dalla nostra fondazione, e questo è un precedente che preferirei non creare».
«Vai a dirlo a Sophia Dryden, e comunque non abbiamo scelta, se non risolviamo questo conflitto non avremo il supporto del popolo nanico, e senza i nani avremo parecchi problemi contro i Darkspawn» rispose Sereda, avvicinandosi a Nahir.
«Serve a qualcosa far notare che a causa di Sophia Dryden i Custodi Grigi sono stati esiliati dal Ferelden per secoli?» chiese Alistair, e al no collettivo del gruppo scosse la testa sconfitto.
Zevran sfiorò Nahir leggermente quando questa fece segno al gruppo di stringersi tra loro per poter abbassare la voce e far sì che nessun altro sentisse e lei arrossì vistosamente, cosa che tutti notarono, ma fortunatamente nessuno commentò: «Penso che la scelta migliore sia dividersi e lavorare per entrambi».
«Cosa? Perché mai?» domandò Alistair.
«Sono d’accordo con Nahir» disse Sereda, «lavorare per entrambi ci darà modo di controllare i loro movimenti, cosicché non ci facciano qualche brutto scherzo».
«Pensate davvero che farebbero una cosa del genere? Attaccare i Custodi Grigi?» chiese Leliana piuttosto preoccupata.
«I giochi di Orlais sono scherzi da bambini, rispetto a ciò che facciamo a Orzammar, Leliana. Io sono stata condannata a morire nelle vie profonde perché ho sbagliato, non posso permettere che succeda qualcosa anche a voi» rispose l’ex principessa dei nani.
«Bene, ci dividiamo. Chi va con chi?» chiese Zevran, guardando verso la senza casta, la quale a sua volta si voltò verso la principessa, che sbuffò e si guardò intorno: «Con me vengono Lady, Leliana, Sten, Wynne e Shale» scelse, e si mise a camminare verso il palazzo dell’Assemblea senza aspettare nessuno.
“Speriamo bene…”, pregò silenziosamente Nahir, incamminandosi dietro di lei, Zevran sempre vicino a lei.
“E speriamo non mi venga un infarto prima di stasera”.
 
 
***
 
 
Combattere nuovamente nelle Prove, di fronte alla sua gente, solo per onore e gloria, era stato un toccasana: aveva scordato l’adrenalina che scorreva nelle vene in quei momenti; si era dimenticata di come ci si sentiva, mentre la folla gridava il tuo nome, il cuore che batteva forte nel petto e l’avversario a terra, sconfitto.
Allo stesso tempo, ricordarsi che l’ultima volta che aveva lottato in quell’arena, era stato per il proprio onore, e non per impedire al suo fratellino fratricida di mettere il suo sedere lardoso sul trono di suo padre, non era il migliore dei pensieri.
Dopo che Wynne aveva curato le loro ferite – suo cugino Piotin era ancora lo stesso mostro di sempre, con quella sua maledetta ascia – si erano diretti verso l’uscita, e lì avevano trovato Vartag Gavorn: «Non so come tu abbia fatto a sopravvivere, ma non mi stupisce che anche la Pietra non ti abbia accettata, esiliata, però stai facendo un grosso errore a metterti in mezzo. Persino gli altri due Custodi si sono rivoltati contro di te, e sostengono il vero re di Orzammar, arrenditi all’evidenza, hai perso» le ringhiò contro, gli occhi stretti in due fessure.
«Se fosse così non saresti qui a parlare con me, Gavorn» rispose Sereda, sfoderando il suo tono e sorriso più dolce, «e se mi arrendessi così in fretta, ora sarei morta nelle vie profonde, come Bhelen voleva. Ah, ti dispiace portare un messaggio al mio adorato fratellino? Digli che il suo errore è stato non uccidermi quando poteva, non si devono mai lasciare cose così cruciali alla fortuna, è una delle prime lezioni che nostro padre ci ha dato».
Continuò a camminare soddisfatta nel sentire il ringhio infuriato che uscì prepotentemente dalla gola di Vartag, e si rese conto che il gioco vero iniziava solo ora.
 
«Quando sei uscita dalle porte sotterranee per il tuo esilio, di certo non mi sarei mai aspettato di rivederti qui, ma non ne sono meno grato. Se solo re Endrin fosse qui…» disse Harrowmont voltandosi verso di lei.
«Nemmeno io, se devo essere sincera» rispose Sereda, per poi avvicinarglisi e prendere una delle sue mani vecchie e rugose tra le sue, «Lord Harrowmont, ho trovato Gorim a Denerim e letto la lettera di mio padre. Com’è morto?».
«Tuo padre è morto di dolore, Sereda, la morte di Trian e il sapere che sei stata condannata da innocente lo hanno ucciso» le rispose lui sincero, «Molti dicono che sia stato avvelenato da Bhelen, ma io non ho mai lasciato il suo fianco, e non vedo come avrebbe fatto».
Lacrime pungenti si affacciarono agli occhi della ragazza, che però le trattenne: non poteva piangere, non era il momento, prima doveva sistemare i problemi di Orzammar, poi avrebbe potuto sfogarsi in pace in un angolo del campo.
«Immagino che il mio combattimento nelle prove non sia stato sufficiente a battere mio fratello» disse quindi, guardando verso Harrowmont.
«No, se fosse così facile non saremmo mai arrivati a questo punto» sorrise lievemente lui, per poi continuare: «sono certo che hai notato i senza casta che creano problemi per tutto il quartiere comune: hanno un nuovo capo, una donna di nome Jarvia. Ho bisogno che tu la faccia sparire in mio nome».
«Molto bene, mi dirigerò subito verso Dust Town» rispose Sereda, ma venne bloccata da Harrowmont che disse: «Probabilmente anche Bhelen cercherà di fare la stessa cosa, chiunque mandi puoi occupartene come più ritieni opportuno. Un’ultima cosa: quando sei lì, cerca prove del fatto che Bhelen ha organizzato l’omicidio di Trian. Ho scoperto che ad occuparsene è stata proprio la banda di Jarvia».
Sereda annuì senza voltarsi, e si diresse con il suo gruppo verso il quartiere dei senza casta certa di due cose: anche Nahir sarebbe stata lì, e probabilmente avrebbero dovuto litigarsi la preda, per la prima volta da quando lottavano insieme.

«Uccidi Jarvia in mio nome, e blocca i successi dell’esiliata: quella per vendetta sarebbe capace di far mettere a morte anche Rica e il piccolo Endrin».
Le parole di Bhelen risuonavano nella sua testa, e non per la prima volta si chiese come faceva quell’uomo a vedere il mondo e la gente in maniera così distorta: Sereda non avrebbe torto un capello a un bambino nemmeno se l’avessero torturata, e non avrebbe toccato Rica anche se si fosse scoperto che era coinvolta nella morte di Trian, anche se solo perché era sua sorella.
“Orzammar deve cambiare, è vero, ma davvero è lui l’uomo adatto? Possibile che non ci sia nessun altro?” si chiese Nahir, riflettendo su quanto aveva detto l’ex principessa di Orzammar riguardo le donne “venute prima di Rica”.
Non poteva lasciare sua sorella nelle mani di un uomo così, c’era qualcosa che non andava in Bhelen Aeducan.
Ma quelli erano pensieri per dopo, per ora doveva continuare a danzare al ritmo deciso dall’ultimo erede di Endrin Aeducan, e sperare che Sereda arrivasse con un altro dei suoi piani geniali per salvare la situazione; da quando combatteva fianco a fianco con lei capiva perché era la figlia preferita del re e la principessa del popolo: quella giovane donna era gentile, sveglia e forte; aveva un qualcosa che ispirava il prossimo a seguirla e a fare sempre meglio per tentare di compiacerla e stare al passo con lei.
Non aveva lo stesso senso di superiorità che aveva il resto della loro razza, e non vedeva il suo prossimo come inferiore a prescindere per via della sua nobiltà: lei giudicava solo per le capacità e l’attitudine che chiunque dimostrava.
Sarebbe stata una grande regina, se Bhelen e Trian non avessero rovinato tutto, il primo con i suoi piani fratricidi e il secondo essendo così stupido da credergli.
A scuoterla da quei pensieri fu la vista del portale che conduceva a Dust Town: quella zona della città era ancora sporca, buia e umida come la ricordava, l’unica cosa fuori posto nel mezzo di tutta quella povertà e fame era Sereda e il suo gruppo che parlavano con una senza casta nel mezzo della piazza: Nahir si avvicinò a loro, incurante di essere vista, perché nessuno a Dust Town guardava né parlava con le autorità se non voleva problemi, e soprattutto nessuno parlava delle sorelle Brosca, perché anche se la vita di Nahir valeva poco, lei uccideva pur di tenersela stretta.
Vide la mano della principessa esiliata allungarsi verso la senza casta e farci cadere diverse monete d’argento, e quella sorridere quasi estasiata alla vista.
Nahir sapeva bene cosa stava pensando, perché parecchie volte nella sua vita aveva condiviso quei pensieri, ossia che almeno quella notte avrebbe avuto qualcosa nello stomaco.
Il gruppo si riunì, e visto che avevano ricevuto la stessa missione, decisero di entrare nel nascondiglio di Jarvia tutti insieme, e poi di reclamare entrambe la vittoria: non ci sarebbe stato alcun modo di provare che avevano collaborato, né chi delle due esattamente avesse “vinto”, e sia Bhelen che Harrowmont sarebbero stati soddisfatti.
 
Sereda, seguendo Nahir verso la vecchia casa della ragazza, non disse nulla riguardo la ricerca delle prove contro Bhelen, e notò gli occhi di Sten e Leliana su di sé, ma li tacitò con uno sguardo, prima che potessero anche solo pensare di obiettare: non sapeva da che parte stesse Nahir, non sapeva cosa pensasse di Bhelen o cosa aveva intenzione di fare quando fosse arrivato il momento di scegliere il re, ma lei non poteva lasciare che vincesse suo fratello, non poteva proprio.
Sapeva che Harrowmont non sarebbe stato né il più illuminato né il più forte dei Re che Orzammar aveva avuto, ma era un uomo anziano e non sarebbe durato ancora abbastanza da fare danni permanenti; nel frattempo forse la casa di Aeducan avrebbe avuto nuovo sangue e si sarebbe rialzata dal tradimento di Bhelen.
O almeno quello era ciò che Sereda pregava succedesse.


 





Note autrice:
Hey! Terzo capitolo, non pensavo ci sarei arrivata xD
Questo capitolo è il più lungo di quelli che ho scritto fino ad ora, spero di riuscire a rimanere su questa lunghezza anche nei prossimi!
E sì, la principessa esiliata e la senza casta sono tornate ad Orzammar per trovarla nell'anarchia totale, oltre che con parecchie differenze, tipo un nipote in comune lol

E lavorano per due candidati diversi in lotta per lo stesso trono: Nahir ha dubbi su suo cognato, mentre Sereda ha dubbi su Harrowmont e Nahir. Porteranno problemi? Sì, probabilmente si, o non sarebbe Dragon Age.
Cosa succederà da Jarvia? Nahir si accorgerà della "missione segreta" di Sereda? E come la prenderà? Lo scoprirete solo continuando a leggere! Ci sentiamo la prossima settimana!
Buon fine settimana :D
_Schwarz
 

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Capitolo 4
*** Do not pity the dead; pity the living, and above all those who live without love. ***


In War, Victory

 

“Do not pity the dead; pity the living,
and above all those who live without love”.
~ J.K.Rowling, Harry Potter and the Deathly Hallows.
 
 


Leske l’aveva tradita: il suo più vecchio compagno, il suo salroka* l’aveva servita a Jarvia su un vassoio d’argento, come usavano dire gli umani.
Ancora non poteva crederci, doveva ringraziare Sereda se era ancora viva, perché se non ci fosse stata lei con il suo gruppo, non sarebbero usciti dai bassifondi di Dust Town: Jarvia era più che preparata per loro, tra mercenari e senza casta, oltre che ben decisa ad avere la testa di Nahir su una picca.
Ripensò alle parole di Leske, ricordando com’era, nemmeno un anno prima, correre da una parte all’altra per soddisfare quel mostro di Berath, e si rese conto che in fondo capiva cosa lo aveva spinto a tanto.
Era stato ingenuo da parte sua pensare che le cose non sarebbero cambiate, con lei dall’altra parte del soffitto, e lui qui sotto, ancora a fare il lavoro sporco per altri che potevano decidere come e quando sarebbe morto in ogni momento.
Sì, era stata proprio una povera sciocca.
A distrarla dai suoi pensieri giunse una mano dalla pelle dorata, che si poggiò delicatamente sulla sua spalla: Nahir notò i guanti in stile Dalish che la ricoprivano immediatamente – glieli aveva regalati lei quei guanti, senza sapere di quelli di sua madre – per poi vedere il viso di Zevran e sorridere mestamente.
Con la coda dell’occhio notò Sereda frugare in una pila di fogli, non sapeva cosa stesse cercando e non le importava, si limitò a prendere uno dei pugnali di Jarvia e a lanciare l’altro a Leliana, frugando anche lei qua e là, trovando oro, pietre preziose e quant’altro.
Tutta Dust Town avrebbe potuto vivere nel lusso dai ricavati di Berath prima e Jarvia poi, invece quei due si tenevano praticamente ogni centesimo, mentre lei e i suoi fratelli e sorelle senza casta crepavano per loro: quei due avevano meritato la loro morte già solo per quello, pensava vendicativa Nahir, ricordando come se fosse ieri la cella in cui Berath l’aveva chiusa e le parole con cui aveva autorizzato lo stupro di Rica.
Ma ormai sia lui che Jarvia erano morti, e non restava altro da fare se non tornare da Bhelen e Harrowmont e vedere che altro avevano in serbo per loro quei due.
«Spero che abbiamo finito, perché questa situazione inizia a darmi sui nervi» disse in quel momento Sereda, mettendo via alcune lettere, probabilmente trovate sulla scrivania di Jarvia, e tutti si limitarono ad annuire e seguirla, sperando davvero di aver finito con le “prove” per i nobili.
 
 
***
 
 
Ovviamente avevano parlato troppo presto.
«Qualcuno mi ricordi perché ho accettato di venire di nuovo qua sotto» gridò Sereda a nessuno in particolare, mentre uccideva un genlock particolarmente resistente; attaccata alle sue spalle Leliana scoccava una freccia dietro l’altra, le rune di fuoco impresse nel legno dell’arco di Marjolaine aiutavano contro i ragni e i deepstalker, ma non molto contro i darkspawn.
Sten e Oghren poco lontano da loro facevano a pezzi diversi nemici alla volta, con le loro enormi armi a due mani, mentre Alistair e Shale tenevano i nemici lontano da Morrigan e Wynne, troppo impegnate a creare gli incantesimi per potersi difendere efficacemente.
Zevran si muoveva velocemente vicino a Nahir, mentre Duster e Lady erano rimasti con i candidati delle rispettive padrone, non potendo rischiare che ingerissero il sangue dei darkspawn: li avevano curati una volta, ma non era detto che fossero immuni, e non avevano idea di come creare un antidoto, perciò avevano deciso di non rischiare.
«Quando te lo ricordi, non è che lo dici anche a me?» le rispose Nahir, infilando violentemente i suoi coltelli nei polmoni di un altro genlock, mentre Zevran ne approfittava per staccargli la testa.
Erano in dieci, c’era un Flagello in corso, il che significava che le vie profonde dovevano essere quasi vuote, eppure erano lì sotto da quasi una settimana a combattere quei mostri e di Branca avevano visto giusto l’ombra e i resti di un paio di campi.
Non fosse stato per l’insistenza di Oghren e la disperazione della loro situazione, probabilmente Sereda avrebbe ordinato di fare marcia indietro: stare troppo tempo nelle vie profonde, per chiunque non fosse un nano, non era mai una buona idea, la piaga del flagello poteva far ammalare chiunque in qualunque momento; senza contare, ovviamente, che il tutto brulicava di ragni, deepstalker e darspawn pronti a mangiarseli.
L’ultimo Hurlock cadde colpito in piena fronte da una freccia di Leliana e fu in quel momento che tutti e tre i Custodi del gruppo lo sentirono, chiaro e potente come un fulmine che colpiva la terra e la faceva tremare durante una tempesta: l’Arcidemone era lì, vicino a loro. Troppo vicino, perché non si accorgesse di loro.
E Sereda poté solo rivolgere una silenziosa preghiera alla Pietra perché li nascondesse da quel mostro.
 
 
Il quinto giorno tocca a una fanciulla sparire nel nulla.
Il sesto giorno di sognare cerchiamo, ma le sue urla son tutto ciò che sentiamo.
 
La voce era sottile, a tratti delicata, ma rimbombava comunque potente tra le mura delle Trincee dei Morti: la città che fino a poco tempo prima era il santuario di coloro che giuravano di difendere Orzammar anche dopo aver rinunciato alla vita, ora era piena di sporco, sangue e carne in putrefazione; Nahir, con i nervi a fior di pelle e i pugnali stretti tra le mani, teneva le orecchie tese, cercando di captare nel benché minimo rumore.
Non era l’unica in quello stato d’animo, tutto il gruppo camminava piano e quasi non respiravano, pur di non far rumore, e l’orribile nenia riprese, con l’orrenda verità che portava con sé.
 
Il settimo giorno lei crebbe, quando il loro vomito in bocca ebbe.
L’ottavo giorno violentata l’hanno, e noi tutti insieme li odiammo.
 
Nahir, incapace di ragionare, di connettere ciò che la voce diceva con le realtà – perché era troppo orribile da pensare, troppo terribile da concepire per essere vero – si voltò verso Sereda, certa che lei l’avrebbe rassicurata, ma l’altra nana non aveva alcun sorriso per lei questa volta, il suo volto era gelato in una maschera di sconcerto e paura e lì Nahir capì che Sereda sapeva cosa stavano per incontrare, e ne era terrorizzata.
 
Il nono giorno lei sogghignò e quelli della sua stirpe divorò.
 
«Che cosa è?» domandò Nahir, avvicinandosi a Sereda; questa si voltò verso di lei e chiese, come se non avesse compreso la domanda: «Che cosa è cosa?».
«Qualunque cosa stia venendo descritta da questa maledetta voce e non dirmi che non lo sai…!».
 
E la sua fame non è mai saziata, ora che la bestia lei è diventata.
 
Sereda impallidì vistosamente ma girò cautamente l’angolo e lì la videro: enorme, sporca di sangue e putridume, i tentacoli che si allungavano violenti in tutte le direzioni.
«Una Madre della Nidiata…» sussurrò infine la principessa esiliata, ma nessuno aveva la forza di rispondere, non dopo che Hespit aveva spiegato loro, in quella maniera orrida e cantilenante, chi era stata quel mostro, prima di essere trasformata.
 
 
***
 
 
Sereda non aveva avuto dubbi su chi scegliere tra Branka e Caridin, e sapeva che quasi tutto il gruppo concordava con lei: nel momento in cui aveva capito cosa quella pazza aveva fatto ai membri della sua casa aveva deciso che non sarebbe uscita dalle vie profonde.
E non avrebbe permesso che una simile arma come l’Incudine del Vuoto finisse nelle mani di mostri senza scrupoli come la Paragon o suo fratello Bhelen, né in quelle altrettanto incapaci di Harrowmont, sapeva cosa altrimenti sarebbe successo di ogni “nemico” che si fossero trovati davanti e non sarebbe stata lei a dare inizio a quella mattanza.
Distruggere l’incudine, nonostante le rimostranze di Morrigan era l’unica cosa davvero saggia che avessero fatto da quando avevano rimesso piede a Orzammar, e così ritornarono, con una corona forgiata da Paragon Caridin e la consapevolezza che, qualunque cosa fosse successa, ne sarebbero usciti con l’aiuto dei nani contro il Flagello.
 
Furono ricevuti per la seconda volta dall’Assemblea esattamente nello stesso modo in cui l’avevano trovata la prima volta, ossia mentre litigavano animatamente per sciocchezze di cui a nessuno in quella stanza importava davvero.
Questa volta però avevano la risposta che tutti là dentro volevano, e Sereda quasi si trovò a ghignare, quando si rese conto della situazione: nove mesi prima buona parte di quei nobili l’aveva mandata a morte, e ora pendevano dalle sue labbra mentre lei decideva il loro destino, oltre che il loro sovrano.
Com'era bizzarra la vita a volte.
«Diteci, Custodi Grigi, chi è stato scelto come nuovo Re di Orzammar?» domandò allora il cancelliere dell’assemblea.
 
«Ho pensato molto alla nostra situazione» aveva detto Nahir, la notte prima di rientrare in città, sedendosi vicino a Sereda e abbassando considerevolmente la voce.
«Se con situazione intendi il fatto che abbiamo una corona ma non un re a cui darla, ti ascolto» rispose la Aeducan.
«Nessuno dei due sarà un buon re: Bhelen è un progressista, e sicuramente porterebbe avanti Orzammar di parecchi anni, ma è anche un uomo senza scrupoli e mi chiedo se davvero ci sia qualcosa che lo interessi più della vittoria; Harrowmont non ha spina dorsale, è vecchio e debole, oltre che un tradizionalista convinto, potrebbe fare tanti danni quanti Bhelen» iniziò a spiegare la senza casta, ascoltata attentamente dalla principessa.
«E fino a qui la situazione sembra senza via d’uscita, poi però ho capito che non ci sono solo due candidati al trono di Orzammar» continuò Nahir, sorridendo.
«Hai un terzo candidato di cui io – e tutta Orzammar – non so niente?» domandò Sereda scettica.
«Sì, tu Sereda. Sereda Aeducan, figlia di Re Endrin. Sua secondogenita, in effetti, il che ti da preferenza rispetto a Bhelen» disse Nahir guardandola dritta negli occhi, e da quello sguardo Sereda capì che la senza casta non scherzava.
«Hai solo scordato che sono stata esiliata per fratricidio e che il mio nome è stato cancellato dalle memorie, il che rende la mia salita al trono vagamente complicata».
«È vero, ma se tu sconfiggessi il flagello e diventassi Paragon, nessuno potrebbe vietarti il ritorno ad Orzammar, e nemmeno il trono».
«Ne parli come se fosse semplice!».
«Lo è, e lo hai anche giurato insieme a me e Alistair, quindi a meno che tu non ti voglia rimangiare la tua parola, direi che devi darti da fare per salvare Orzammar da se stessa, altezza».
Le due nane si guardarono e si sorrisero a vicenda: il piano era pronto, ora andava solo portato a termine.
 
«Caridin ha scelto Harrowmont» disse Sereda, indicando la corona che Nahir teneva in mano.
«No, non andrà così, non lo permetterò!» urlò Bhelen, tirando fuori le armi, imitato da tanti altri membri dell’assemblea; «Attenzione, sono armati!» gridò qualcuno, ma Sereda non lo ascoltò.
Non sentì niente e nessuno, mentre si parava di fronte a suo fratello e lui le sibilò: «Perché, perché sei tornata! Che cosa vuoi?».
«Nulla, da te nulla. Arrenditi Bhelen».
«MAI!» urlò lui, lanciandosi verso di lei, e ancora una volta lei notò come lui ignorasse sempre gli avvertimenti degli altri.
“Trian gli ha detto mille volte di quella apertura sulla destra”, pensò mestamente per una frazione di secondo, per poi sfruttarla e infilare il suo pugnale nel collo del fratello.
Lo guardò dissanguarsi sul pavimento, senza preoccuparsi dei combattimenti attorno a lei, e solo quando Nahir e Leliana le si avvicinarono e le chiesero come stava parlò: «Alla fine ce l’ha fatta a farmi diventare una fratricida».
 
 
***
 
 
«Re Harrowmont ha giurato di aiutarci contro il flagello, Rica, mia madre e il piccolo Endrin vivono ancora con Casa Aeducan… Direi che abbiamo vinto» disse Nahir, mentre scendevano verso valle, per cominciare il loro viaggio verso la foresta di Brecilian, dove speravano di trovare almeno un clan Dalish.
«Non canterò vittoria fino a che non avremo ucciso l’arcidemone» le rispose Sereda, camminando vicino a lei.
«… Dimmi una cosa: come facevi a sapere cosa fosse quel mostro che abbiamo incontrato prima di trovare Branka?» domandò Nahir, guardando verso di lei.
«Ne avevo sentito parlare dai racconti dei guerrieri anziani, capita di trovare nidi a volte… Ma pensavo fosse solo un altro tipo di darkspawn, non che venissero create da… da donne».
«Però questo in effetti spiega perché ci sono così tanti tipi diversi di Darkspawn: diverse specie di madri creano diversi tipi di darkspawn».
«Spiega anche perché ci sono pochissime donne nei Custodi Grigi» si intromise nella discussione anche Alistair, «per evitare, quando scendiamo per la chiamata, che vengano catturate e trasformate in quelle cose».
«Quando verrà il momento della tua chiamata, anche se non sarà ancora arrivata la mia, scenderò con te» giurò improvvisamente Sereda a Nahir, che annuì, giurando a sua volta.
La loro vita era cominciata e sarebbe finita sotto un soffitto di pietra, ma non sarebbero morte da sole.





Note autrice:
Ce l'ho fatta, non ci speravo più!
E così l'avventura ad Orzammar è giunta alla fine, un po' mi dispiace, è probabilmente la mia parte preferita di Origins, ed è stato bello scriverla in questa storia :)
Penso che tutti sappiate che cosa è il salroka quindi eviterò di dirlo ^^
Avrei preferito scrivere "Broodmother" al posto di "madre della nidiata", ma per una volta la traduzione non mi dispiace e niente, l'ho lasciata.
Ho sempre pensato che, al contrario di tutte le altre origini, fosse probabile che il nano nobile sapesse delle/avesse visto una "madre" almeno una volta: la mia Sereda non ne ha mai vista una - anche se avessero beccato un nido, Endrin avrebbe tenuto sua figlia ben lontana da quella roba - ma ne aveva sentito parlare, probabilmente da Trian e suo cugino Piotin.

E no, le lettere alla fine non sono servite contro Bhelen, ma chissà che non vengano fuori in un altro momento.
Alla fine, dimostrando una insolita mente strategica, ad avere l'idea giusta è stata Nahir, che pensa che in effetti la scelta migliore per quel benedetto trono sia davvero Sereda: la nuova principessa, quella cambiata dalla vita in superficie. E niente, ci vediamo al prossimo capitolo!
_Schwarz
 

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Capitolo 5
*** Maybe I'm foolish/ Maybe I'm blind/ Thinking I can see through this/ And see what's behind. ***


In War, Victory

 

“Maybe I'm foolish,
Maybe I'm blind,
Thinking I can see through this,
And see what's behind”.

~ Rag'n'Bone Man - Human.
 
 


Nahir si trovava a concludere spesso che l’unica cosa davvero fortunata che le fosse successa nell’ultimo anno – il lungo ed estenuante anno che l’aveva portata via dalla sua famiglia e da tutto ciò che aveva sempre conosciuto – era stata incontrare Sereda;
non aveva idea di come sarebbero andate le cose senza di lei, ma sapeva che molte scelte che aveva fatto l’Aeducan lei non le avrebbe mai prese: per esempio non avrebbe perso tempo a contattare i maghi per salvare Connor, il figlio dell’Arl di Redcliffe, avrebbe semplicemente ucciso il piccolo abominio dove si trovava.
Non avrebbe nemmeno tentato il tutto per tutto per salvare i maghi, al contrario di quello che aveva fatto Sereda: certo, i maghi servivano, ma quella torre non l’aveva fatta dormire per settimane, dopo esserne usciti.
La magia la spaventava, il fatto che qualcuno avesse tanto potere da uccidere centinaia di persone solo volendolo la inquietava, e a volte anche Wynne e Morrigan le mettevano agitazione: sapeva che erano entrambe maghe forti e capaci, e che non avrebbero mai ceduto ai demoni, ma bastava un nulla in realtà, perché cadessero, volenti o nolenti.
La ex-principessa di Orzammar aveva un approccio completamente diverso, infatti non giudicava mai la possibilità che qualcuno facesse qualcosa di male come sufficiente per condannarla, anzi; per lei tutti avevano diritto alla possibilità di dimostrare che erano migliori di quello che il mondo credeva, aveva dato quella stessa possibilità anche a Nahir, e non l’aveva mai trattata con nulla di diverso da gentilezza prima e rispetto poi.
Per quello Nahir, nonostante non condividesse sempre il suo approccio o le sue idee, la seguiva senza protestare: perché Sereda poneva il bene comune e la loro missione sopra ogni altra cosa; la vistosa cicatrice lasciatale da Flemeth sulla schiena quando erano andate a ucciderla per aiutare Morrigan dimostrava quanto la nana fosse disposta a fare per le persone che considerava care.
Come Bhelen o Trian avessero potuto anche solo pensare di buttare via una persona simile Nahir non riusciva nemmeno a immaginarlo, ma si sarebbe assicurata di fare quello che quei due poveri idioti non erano riusciti a fare: amare quella giovane donna come la sorella che meritava di poter dimostrare di essere.
 
«Credo che ci siamo persi» interruppe i suoi pensieri la voce di Zevran che si guardava attorno spaesato: per essere un elfo, figlio di una Dalish oltretutto, non era a suo agio tra gli alberi e lo aveva rimarcato diverse volte da quando, tre giorni prima, avevano iniziato a girovagare per la foresta di Brecilian, alla ricerca dei famosi elfi.
Zevran, nel piccolo campo che avevano stabilito la notte prima, le aveva raccontato la storia di sua madre e la sua disillusione riguardo gli elfi nomadi; Nahir era molto curiosa di vederli, si chiedeva se davvero fossero diversi dagli altri elfi come parevano tutti pensare, o non fossero semplicemente elfi normali: certo, ammirava la loro ferrea volontà di preservare le loro tradizioni e la loro storia, ma dopo tutti quei secoli di schiavitù, quanto potevano davvero aver ritrovato? E come sapevano di non aver mal interpretato quello che credevano di sapere?
Nahir non aveva ovviamente risposte per quelle domande, e sapeva di non poterle nemmeno porre, o avrebbe rischiato un incidente diplomatico che non potevano permettersi al momento.
E Sereda le avrebbe staccato la testa, perché avevano camminato sotto la pioggia per settimane per arrivare in quella foresta, quindi meglio evitare.
«Lo credo anche io… Che facciamo, ci accampiamo?» domandò la sopracitata principessa, guardandosi intorno, ma non ebbe alcuna risposta dal gruppo, cosa che la innervosì al quanto, poiché si girò e disse: «Com’è che devo essere sempre io a prendere le decisioni in questo gruppo? Avete una lingua, non ve la stacco se ogni tanto mi suggerite qualcosa!».
«Ma tu prendi sempre la decisione più giusta, darti pareri è superfluo» le rispose semplicemente Nahir, facendo spallucce e lasciandosi cadere a terra senza troppa grazia, e fu presto imitata dal resto del gruppo: se dovevano discutere, tanto valeva farlo comodi.
«Io non prendo sempre la decisione giusta, Nahir! Da dove ti viene questa idea?» ribatté Sereda, sedendosi su una roccia che spuntava dal terreno: ci si accomodò come avrebbe fatto su un trono, la schiena dritta e il capo alto, sorridendo lievemente a Leliana quando le si poggio accanto.
«Quello che dice Nahir non è infondato: nessuna delle tue decisioni ha dato cattivi risultati» si intromise Alistair, sedendosi anche lui su una roccia.
«Fino ad ora, ma non è quello il punto! Il punto è che siamo un gruppo ma per qualche motivo, nonostante ci siano diversi individui assolutamente capaci e ben tre Custodi Grigi, la guida spetta sempre a me».
«Il gruppo ha scelto te perché sei nata per fare questo, Kadan» li interruppe inaspettatamente Sten, guardando dritto negli occhi l’ultima figlia in vita di Endrin Aeducan: «tu pensi logicamente le tue strategie, riesci a mantenere la calma in situazioni stressanti, sei una buona combattente e hai un buon naso per la politica: tutte queste caratteristiche hanno portato – più o meno inconsciamente – ognuno di noi a darti quel ruolo nel nostro gruppo».
«Ma io…!».
«Niente ‘ma’, Kadan. Quello è il tuo ruolo e il tuo dovere, non puoi sottrarti, puoi solo portarlo avanti» pose fine alla discussione Sten, senza dare a Sereda possibilità di ribattere, poi organizzò un gruppo per procacciare del cibo e un gruppo per la creazione dell’accampamento, sperando che questo desse alla bionda il tempo che le serviva per riflettere.
 
 
***
 
 
Sereda sedeva con la schiena poggiata a un albero, un po’ lontana dagli altri, cercando di pensare a quanto accaduto nemmeno un paio d’ore prima: nel momento stesso in cui aveva cercato di sollevare la questione del comando del gruppo, si era ritrovata davanti un muro compatto di dissenso alla sola idea che non fosse lei a guidarli.
Era una cosa che non capiva: certo, non pensava di essersela cavata troppo male nell’ultimo anno, avevano trovato quasi tutti gli alleati che si erano riproposti, ma Nahir avrebbe potuto fare altrettanto bene al suo posto, o forse anche meglio per quanto potevano saperne.
La senza casta era furba, aveva un buon occhio per le occasioni e i punti deboli degli avversari, e avrebbe potuto essere un ottimo secondo ad Orzammar, probabilmente anche migliore di Gorim, se le si fosse data la possibilità.
“Se diventerò regina di Orzammar abolirò la differenza tra i senza casta e le altre caste, non è possibile che quasi un quarto della popolazione di Orzammar viva in quelle condizioni”, pensò la giovane, per poi darsi mentalmente uno schiaffo, giacché non era fantasticare sull’improbabile possibilità di diventare regina ciò su cui avrebbe dovuto riflettere, ma sui problemi che aveva ora.
Mentre vagliava le varie possibilità con cui avrebbe potuto mettere a capo del gruppo l’altra Custode, dei passi non troppo leggeri si avvicinarono a lei e li riconobbe come quelli di Nahir, la quale le si sedette accanto offrendole una bottiglia che doveva aver sottratto da qualche cadavere lungo la strada: un anno prima sarebbe stata disgustata alla sola idea di bere da qualcosa appartenuta a un morto, ma dopo tutto il tempo passato in strada, rubando quanto più potevano, aveva imparato ad adattarsi, e così prese la bottiglia e buttò giù due sorsi che le bruciarono la gola e le riscaldarono lo stomaco.
La restituì con un ringraziamento e un sorriso, poi Nahir le chiese, bevendo a sua volta: «Vuoi spiegarmi questa tua improvvisa decisione di farti da parte?».
«È solo che… Non so, mi chiedo se ci sto davvero guidando nella giusta direzione, o se le mie decisioni avranno brutte ripercussioni. E ancora, se tu o qualcun altro nel gruppo non potreste fare meglio».
«È perché ti ho chiesto di diventare regina di Orzammar? Se non vuoi farlo non devi, possiamo cercare e appoggiare un altro candidato…».
«Non è solo quello! Ti ricordi come sono stata esiliata? Perché mi sono fidata troppo di mio fratello! Cosa succederebbe se mi fidassi di nuovo e facessi qualche errore tremendo?».
«Allora fidati solo di me».
«… Come?».
«Se hai paura che qualcuno ti tradisca, fidati solo di me. Di me e di questo gruppo, perché nessuno di loro ti tradirebbe mai» ripeté Nahir, sorridendo lievemente e mettendo un braccio attorno alle spalle dell’altra nana: «Io non ti tradirò mai Sereda, ti dirò sempre la verità e ti darò sempre la mia opinione sincera e tu potrai andare avanti da lì».
Gli occhi verdi della principessa si fecero lucidi per le lacrime e bisbiglio con voce strozzata: «Nahir, io… devo confessarti una cosa».
Il tono della giovane non lasciava adito a dubbi sulla serietà di qualunque cosa stesse per dirle, e la senza casta annuì, spostandosi in modo da avere l’altra di fronte; Sereda infilò la mano dentro una tasca cucita nell’armatura e tirò fuori un mucchio di fogli malamente piegati e un po’ sporchi, per poi porgerglieli; la ragazza li aprì e riconobbe immediatamente il sigillo del Carta e la calligrafia di Berath e Jarvia.
Quando finalmente riuscì a leggere si rese conto di cosa avesse tra le mani: la prova che Bhelen Aeducan aveva fatto uccidere suo fratello era lì, tra le sue mani, e un sacco di domande le affollarono la mente.
«Da quanto le hai? Come le hai trovate?».
«Le ho da Orzammar, da quando ci siamo occupate di Jarvia… erano in bella vista sulla sua scrivania e le ho prese».
«No, non le hai prese, le stavi cercando» rispose Nahir, sicura della sua intuizione.
«… Sì, ero certa che dietro la morte di Trian ci fosse il Carta, e così le ho cercate. Volevo quelle prove a qualunque costo».
«Perché non me ne hai parlato?».
«Non ero certa che mi avresti appoggiato, o che non mi avresti ostacolato; alla fine stavo cercando prove contro il padre di tuo nipote, perché non avresti dovuto fermarmi?».
«Non ti fidavi di me».
«No, ho pensato che avresti scelto tua sorella e la tua famiglia, e avrei capito se lo avessi fatto, ma non mi sarei fermata comunque».
«Anche se ciò avesse distrutto il nostro rapporto? Non avresti cambiato idea?».
«… No, Nahir. Non potevo lasciar salire Bhelen al trono, non dopo che ha ucciso mio fratello e che mio padre è morto per il dolore che gli ha causato. Gli avrei strappato il cuore e mi sarei fatta giustiziare, piuttosto che lasciargli prendere ciò che voleva» disse ferma Sereda, guardandola negli occhi con una convinzione che Nahir aveva visto solo nei loro momenti più disperati.
Ma la consapevolezza che la stessa donna che lei considerava sua sorella non si fosse fidata di lei, che avesse agito alle sue spalle pronta a tradirla pur di avere vendetta, era troppo da sopportare così su due piedi: la senza casta restituì le lettere e si allontanò senza una parola.
Non si scambiarono nemmeno uno sguardo per i tre giorni successivi.
 
 
***
 
 
La tensione avvolgeva il gruppo come una nuvola carica di pioggia mentre lasciavano l’accampamento dei Dalish: pareva quasi che qualcuno avesse deciso che fermare il flagello non fosse un compito abbastanza complicato, e avesse quindi concluso che Sereda e Nahir dovessero anche risolvere i problemi di mezzo Ferelden nel frattempo.
Una maledizione che trasformava gli elfi in lupi mannari era sicuramente ciò che mancava alla lista degli orrori cui avevano dovuto assistere da quando avevano messo piede a Ostagar – ed entrambe le nane maledicevano ancora quel giorno a intervalli più o meno regolari.
Il fatto che Sereda e Nahir non si parlassero da più di tre giorni non aiutava l’umore generale: il punto di forza della loro piccola banda era sempre stato la coesione quasi perfetta che ognuno di loro riusciva ad avere con gli altri, e ora la spaccatura tra le due Custodi poneva la prima vera sfida alla loro unità.
Nessuno poi sapeva perché le due non si rivolgessero la parola: nemmeno Leliana era riuscita a cavare il proverbiale ragno dal buco, e questo non faceva che aumentare il livello di ansia generale; gli unici tranquilli erano Sten e Oghren, che sapevano quanto fossero comuni i disaccordi nei gruppi come i loro.
Quella notte però, stufa di quella situazione, Leliana organizzò i turni di guardia in modo che Nahir e Sereda avessero ben tre ore per risolvere il loro problema, e nemmeno l’occhiata omicida che entrambe le rivolsero servì a cambiare le cose.
 
«Devi tenere d’occhio la tua fidanzata, Aeducan, e insegnarle a farsi i fatti suoi» commentò Nahir quella notte, a metà tra lo scocciato e il divertito, arrendendosi all’evidenza che Leliana le avrebbe accoppiate per il turno di guardia ogni notte, fino a che non avessero parlato.
Sereda rise e disse: «In realtà sono fatti suoi, visto che abbiamo messo in agitazione tutti quanti…»; poi continuò, con un tono più serio: «Mi dispiace di non essermi fidata di te, Nahir, ma non mi scuserò per quello che ho fatto».
«Ah, non ti scusi nemmeno?» le chiese l’altra, senza nemmeno nascondere la ferita che le sue parole le causavano.
«No, io non potevo fidarmi di te, Nahir. Mi ero fidata di Bhelen, mio fratello a cui avevo insegnato a parlare e camminare, e mi ero ritrovata esiliata da Orzammar con il mio nome strappato dalle memorie. Non potevo rischiare di nuovo» rispose la Aeducan, guardando verso l’altra nana.
E la senza casta capì, senza bisogno di altre spiegazioni, e disse: «D’ora in poi pretendo la tua fiducia, come io mi fido di te, cioè senza aspettarmi mai che tu possa tradirmi».
Sereda smise di respirare per un attimo, poi annuì lentamente e sorrise: domani sarebbe stato un giorno migliore.
 
«È mai possibile che nulla vada per il verso giusto in questo regno?!» gridò Sereda, spingendo lontano da sé l’ennesimo darkspawn: si erano lasciati la foresta alle spalle da meno di un’ora, dopo aver lottato senza sosta con alberi furiosi, lupi mannari che volevano solo tornare umani e, infine, Zathrian, che non voleva saperne di cancellare la maledizione; non che Nahir lo giudicasse, quello che era successo ai suoi figli era orribile, ma anche quello che lui aveva fatto a quegli umani lo era.
Alla fine comunque i loro sforzi erano valsi a qualcosa: la maledizione era spezzata, Lanaya aveva giurato l’aiuto dei Dalish alla loro causa e il gruppo si era finalmente lasciato quella foresta da incubo alle spalle.
Quello che non si erano certo aspettati era un agguato organizzato dai Darkspawn all’uscita della foresta, e ora, circondati e stanchi, dovevano assolutamente trovare un modo per scappare o sarebbero morti.
«Nahir, abbassati!» urlò Sereda guardando verso di lei, ma la senza casta non fece in tempo a obbedire perché il colpo assestatole da un Ogre la spedì contro una roccia, mozzandole il fiato.
«NAHIR!» urlò una voce a lei conosciuta.
“Zevran”, pensò la ragazza, prima di venire avvolta dal buio.






Note autrice:
Questo capitolo non ne voleva sapere di farsi scrivere! Giuro cavolo, non ne ha voluto sapere!
A un certo punto ho sinceramente pensato di tagliare e andare avanti ma volevo davvero un capitolo in cui mostrare il "cambiamento" che il rapporto tra Nahir e Sereda ha portato in entrambe e boh, spero di esserci riuscita.
So che non è avvincente come gli altri, ma spero proprio di rifarmi nel prossimo!
E niente, Sten è diventato Yoda (No! Provare no! Fare o non fare, non c'è provare!) e... Ah, Nahir si è fatta male? Sì, ho notato. Ma... quanto si è fatta male? :) Ah boh, lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Sì, lo so, sono una stronza :D
Intanto vi auguro buone feste e un buon anno nuovo! Auguri!

_Schwarz


 

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Capitolo 6
*** I am a question to the world, not an answer to be heard. ***


In War, Victory

 

I am a question to the world,
not an answer to be heard
”.
~ I'm Still Here - Treasure Planet.
 
 


«Nahir! Per la Pietra, Nahir rispondimi!».
«Fammi spazio, Sereda, le ferite sono gravi».
«Ce la farà?!».
«Non lo so, ora levati dai piedi».
«Nahir!».
«Zevran, vieni, lasciamo lavorare Wynne e Morrigan».
 
Voci angustiate parlavano nel buio, senza lasciarla mai da sola, ma lei non riusciva a vedere chi parlava né a capire da dove venivano, poiché le rimbombavano attorno come se fosse nel bel mezzo delle Vie Profonde.
Ma no, non era più ad Orzammar, se l’era lasciata dietro quella che pareva una vita fa.
Nahir continuò a muoversi nel buio per quella che le parve un’eternità, cercando di capire perché non riusciva a vedere nemmeno le proprie mani in quell’oscurità assoluta; alla fine, più grazie alle insistenti richieste dei suoi compagni di aprire gli occhi, capì cos’era che non andava.
Sbatté le palpebre più e più volte, trovandosi davanti il viso di Zevran, la cui espressione era un misto tra il sollevato e lo sconvolto: senza lasciarle il tempo di dire nulla l’elfo la baciò.
“Okay, sono morta”, pensò la nana, senza avere il coraggio di chiudere gli occhi, per paura che qualunque cosa fosse ciò che stava vivendo – realtà o sogno – finisse.
«NAHIR!» strillò una voce conosciuta e Sereda arrivò di corsa, lasciandosi cadere in ginocchio alla sua destra: la principessa eternamente in ordine pareva scomparsa, i suoi capelli solitamente chiusi nella loro acconciatura sembravano aver deciso di ammutinarsi, il trucco era sfatto e pareva che non dormisse da giorni.
«Sto bene» disse Nahir, ma la sua voce uscì debole dalla sua gola, grattando contro le pareti della trachea.
«No che non stai bene, Nahir! Quell’Ogre ti ha quasi ammazzata!» le rispose Sereda, scuotendo la testa; presto l’intero gruppo si riunì attorno alla nana per constatarne le condizioni di persona ma Zevran rimaneva stranamente silenzioso al fianco della giovane, senza unirsi al coro di voci e sospiri sollevati che li circondavano.
Quando furono infine lasciati soli lui sussurò solo una cosa: «Non farlo mai più».
E Nahir poté solo annuire, davanti alla sua espressione.
 
«Credo che Zevran abbia preso proprio un brutto spavento, questa volta» mormorò Leliana a bassa voce, guardando verso la tenda in cui Nahir riposava: l’elfo non aveva lasciato quella tenda da quando Wynne aveva finito di curare la ragazza, era stata Sereda a ricordargli di mangiare e a preparare un letto affianco a Nahir in cui lui potesse riposare, ma nonostante ciò era certa che lui avesse dormito poco o niente in quei tre giorni.
«Se non lo sveglia questo, direi che non si metteranno mai insieme» le rispose l’altra Custode del gruppo, senza alzare lo sguardo dalle armi che stava affilando: vista la sosta – tanto inaspettata quanto obbligata – a cui le ferite dell’altra nana li aveva costretti, avevano deciso di fare scorte di cibo e di rimettere apposto le loro armi e armature dove potevano fino all’arrivo a Redcliffe, dove avrebbero chiesto al fabbro Owen di completare le riparazioni più importanti.
Erano almeno a due settimane di cammino dal villaggio, forse tre a seconda dei ritmi che Nahir avrebbe dovuto tenere una volta in piedi, ma non era questo che la preoccupava: più tempo passavano lì fermi più Teyrn Loghain avrebbe potuto tirare qualche altro colpo mancino a loro o ad Arl Eamon per impedire l’avvenire del Landsmeet; Sereda aveva sentito spesso parlare dell’eroe di River Dane, del suo genio militare e delle sue gesta durante la ribellione del Ferelden, più di 30 anni prima.
E non aveva dubbi sul fatto che, qualunque fosse l’obbiettivo che si era preposto, non si sarebbe fermato davanti a nulla.
 
Nahir aveva dovuto riposare per un'altra intera giornata, prima di potersi rimettere in marcia, e anche allora il ritmo di marcia che poteva sostenere non era certamente veloce: le due settimane preventivate da Sereda per raggiungere Redcliffe divennero tre e poi quattro, ma alla fine arrivarono alle sponde del lago Calenhad e vennero accompagnati al castello dell’Arl da due dei suoi cavalieri.
Arl Eamon, suo fratello Bann Teagan e l’Arlessa Isolde attendevano nella sala principale, circondati dai cavalieri di Redcliffe.
E tutto il gruppo si rese presto conto che la parte più difficile della loro impresa doveva ancora cominciare.
 
***


«Se un anno fa mi avessero detto che radunare un esercito non sarebbe bastato a fermare questo Flagello, forse me ne sarei tornata a casa» disse Nahir, scolandosi l’ennesimo bicchiere del pregiato vino nanico che Eamon aveva messo a loro disposizione nel suo palazzo di Denerim.
«Questo è facile in confronto alla politica nanica… Anche il numero di morti è più o meno invariato» le rispose sarcasticamente Sereda.
«Allora ti sentirai come a casa».
«Perfettamente a mio agio, sì».
Entrambe scoppiarono a ridere, lasciandosi cadere sul letto, per un attimo dimentiche della situazione che richiedeva insistentemente la loro attenzione, ma la recente visita che avevano fatto in prigione aveva fatto tornare in mente a entrambe momenti non particolarmente belli della loro vita, e avevano deciso per una pausa. E una bevuta. Soprattutto una bevuta.
Il giorno dopo sarebbero andate nell’Enclave Elfica per cercare prove contro Loghain, ed entrambe si erano trovate d’accordo nel decidere di portare Alistair con loro: se l’enclave era messa male anche solo la metà di Dust Town a Orzammar, allora Alistair come futuro re doveva vederla e fare qualcosa a riguardo.
Le ultime ore con il giovane erano state tese: non voleva diventare re, non era preparato a quel compito e probabilmente non ci sarebbe stato nemmeno portato, ma non potevano fidarsi di Anora, quella donna era la figlia di suo padre e le due nane non avevano intenzione di dare nuovamente la schiena a un Mac Tir; no, la soluzione perfetta era stata proprio quella decisa da Sereda, un fidanzamento tra la regina e l’ultimo discendente vivente di Calenhad Theirin.
Anora era un’abile politicante che avrebbe coperto le mancanze di Alistair, mentre lui avrebbe stemperato la vena calcolatrice e impietosa della regina, oltre che assicurato che non si rimangiasse la parola data ai custodi al primo momento utile.
Sì, era un’ottima idea e la mossa migliore per Ferelden e i Custodi, ma questo non impediva a Sereda e Nahir di sentirsi due mostri: stavano condannando il loro amico a una vita infelice, chiuso in un matrimonio e una vita che non desiderava?
Non potevano saperlo – e nemmeno volevano, in tutta sincerità – ma neanche potevano far nulla a riguardo, se c’era infatti una cosa che avevano imparato in quell’ultimo anno, e anche prima, era che non sempre la vita era giusta e tantomeno era felice.
 
 
***


 
«Non tornerò con i Custodi Grigi se lo lasci in vita, Sereda!».
«Non fare il bambino, Alistair! E non puoi semplicemente lasciare i Custodi!».
«Vedremo!».
 
La vita non era facile, giusta e spesso nemmeno felice, ma a volte Sereda si chiedeva se la Pietra, il Creatore o chi per loro, si divertissero a renderla invivibile.
 
 
***


 
Il cielo pareva bruciare attorno a loro a causa delle fiamme che salivano dalla città, era ormai notte fonda, dopo quasi ventiquattro ore di lotta incessante, ma nessuno voleva arrendersi: l’Arcidemone ruggiva ordini alle sue truppe dall’alto del Forte del Drago dove alla fine i Custodi erano riusciti ad attirarlo, mentre l’armata del Ferelden e i suoi alleati combattevano senza sosta per sopravvivere.
Su ordine di Sereda avevano prima cercato e ucciso i generali di Urthemiel, per evitare brutte sorprese una volta arrivati sul tetto del forte, e ora tutti e tre i Custodi Grigi del Ferelden si trovavano in cima per combattere contro il drago: gli incantesimi di Wynne e Morrigan distraevano la bestia, mentre Loghain caricava la bestia con tutta la sua forza; Nahir e Sereda intanto lo bersagliavano con tutte le munizioni che le enormi balestre consentivano loro.
Alla fine il mostro cadde ferito ma non ancora morto: senza lasciare a nessuno il tempo di replicare Sereda raccolse una spada da terra e corse verso l’Arcidemone, colpendolo ancora; l’essere continuava a muoversi e solo quando Nahir aggiunse la sua presa sulla spada le due nane riuscirono a bloccarlo e infilzarlo definitivamente.
Una luce potente uscì dalla ferita di Urthemiel e il mondo intero parve esplodere violentemente.
 
 
Tre giorni dopo Ferelden era ancora in festa: l’Arcidemone era morto, i Darkspawn si erano ritirati nelle Vie Profonde e il Flagello era stato fermato; la nazione aveva un nuovo re – niente meno che un Custode Grigio – e le due nane che avevano salvato il regno erano vive e vegete.
Probabilmente, agli occhi della popolazione, niente sarebbe potuto andare meglio.
Le Eroine del Ferelden non avevano la stessa visione di insieme: quella guerra era costata loro sudore, fatica, sangue e l’amicizia di un giovane uomo gentile e generoso che ora, invece di festeggiare con il gruppo con cui aveva condiviso tutto nell’ultimo anno, se ne stava in disparte appoggiato a una colonna vicino al trono, quasi cercando di nascondersi.
Sia Sereda che Nahir erano dispiaciute dalla piega che gli eventi avevano preso, Alistair era stato il primo con cui avevano fatto amicizia in quella terra sconosciuta e spesso spaventosa che era la superficie, ed era l’unico che capiva cosa svegliasse le due ragazze ogni notte; e però niente di tutto ciò era bastato davanti alla ostinazione di lui nel non voler vedere la verità: che la sconfitta di Ostagar era stata inevitabile e che la colpa non era di Teyrn Loghain, ma di Re Cailan.
Se comunque la perdita di un’amicizia era ciò che dovevano soffrire per la vita di un uomo che poteva ancora dare tanto al loro mondo, era un prezzo accettabile, almeno per la principessa esiliata.
«Che cosa farete ora?» domandò loro la regina, distraendo Sereda dai suoi pensieri – la giovane era rimasta stupita da quella donna, furba e intelligente come pochi che aveva avuto l’onore di incontrare, ed era sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta nel fidanzare lei ed Alistair: Anora era forte, determinata, sapeva cosa era meglio per il suo paese e lo otteneva, a qualunque costo.
Sperava solo che l’influenza di Alistair riuscisse ad ammorbidire un poco quell’ultimo tratto, ma Ferelden davanti a sé aveva un futuro roseo, almeno per quanto riguardava i suoi governanti.
«Ci dirigeremo ad Amarantine e riorganizzeremo i Custodi, sperando che l’imperatrice Celene ci mandi gli uomini che abbiamo richiesto» rispose Nahir, rivolgendo lo sguardo a Sereda.
«Io poi mi dirigerò ad Orzammar per controllare la situazione politica, visto che sono un po’ preoccupata per come l’ho lasciata. E chiederò a Re Harrowmont dei volontari per i Custodi, ovviamente» continuò la principessa.
Proprio il giorno prima Gorim era giunto a palazzo insieme a Rica, e avevano annunciato loro che l’Assemblea dei Deshyr aveva deciso all’unanimità di nominarle entrambe Paragon di Orzammar: Nahir quasi era svenuta alla notizia, non tutti i giorni un senza casta diventava Paragon in fondo.
Le due giovani Custodi raggiunsero il loro gruppo nel mezzo della sala: Nahir si lanciò letteralmente tra le braccia di Zevran, mentre Sereda condusse Leliana in mezzo al salone per ballare.
E tra cibo, danze e risate, Sereda mentalmente espresse un ultima preghiera alla pietra.







Note autrice:
E chissà se la pietra la ascolterà (no, non ve lo dico cosa ha chiesto, non in questa storia almeno :P)!
E... sono in assoluto, inescusabile, incapibile ritardo. Ma, soprattutto, non mi aspettavo di concludere la storia così.
Il capitolo non voleva saperne di farsi scrivere - e tra esami che arrivano e problemi vari non ho avuto il tempo di tirarlo fuori - poi all'improvviso un paio di giorni fa mi sono messa a scrivere e... boh, questo è quello che ne è venuto fuori.
Non ne sono convinta, non so se mi piace, potrebbe subire aggiustamenti in un futuro anche molto prossimo.
L'unica cosa di cui sono certa è che non ho finito con queste mie due custodi: voglio scrivere di Amarantine e della visita ad Orzammar di Sereda quindi penso mi rivedrete presto!

_Schwarz


 

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