Insieme, giorno dopo giorno di ROW99 (/viewuser.php?uid=1035163)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova pagina ***
Capitolo 2: *** Le grandi idee del secolo ***
Capitolo 3: *** A lezione! ***
Capitolo 4: *** Incubi e soluzioni piccanti ***
Capitolo 5: *** Una panchina per due ***
Capitolo 6: *** Incontri scottanti ***
Capitolo 7: *** Un'ancora di speranza ***
Capitolo 8: *** At work ***
Capitolo 9: *** Piccolo incidente ***
Capitolo 10: *** Primo giorno di lavoro ***
Capitolo 11: *** Sui giornali ***
Capitolo 12: *** Sotto mentite spoglie! ***
Capitolo 13: *** Ricordi ***
Capitolo 14: *** Torneo con scintille! ***
Capitolo 15: *** Contrattempo ***
Capitolo 16: *** La gara ***
Capitolo 17: *** Una partita particolare ***
Capitolo 18: *** Confusione ***
Capitolo 19: *** Incubo e risveglio ***
Capitolo 20: *** Primo stipendio! ***
Capitolo 21: *** A prima vista ***
Capitolo 22: *** La prima pagina! ***
Capitolo 23: *** Appropriazione indebita ***
Capitolo 24: *** Un bimbo con gli occhioni ***
Capitolo 25: *** Spaghetti e bicicletta! ***
Capitolo 26: *** In missione! ***
Capitolo 27: *** Una brutta sorpresa ***
Capitolo 28: *** Visite notturne ***
Capitolo 29: *** Iniziano le indagini ***
Capitolo 30: *** Soluzioni in cantiere! ***
Capitolo 31: *** La prima udienza ***
Capitolo 32: *** Il poliziotto buono ***
Capitolo 33: *** Visita con sorpresa ***
Capitolo 34: *** Rivelazione ***
Capitolo 35: *** Due indizi fanno una prova? ***
Capitolo 36: *** Qualche piccola confessione ***
Capitolo 37: *** La partita si avvicina! ***
Capitolo 38: *** Tradimento ***
Capitolo 1 *** Una nuova pagina ***
Non mi dir,
bell’idol mio,
che son io crudel con te.
Tu ben sai quant’io t’amai,
tu conosci la mia fé…
Mattina.
Una bellissima mattina per essere precisi. Una splendida mattina che
segnava un nuovo inizio nella vita di Minaho Kazuto e Manabe Jinichirou.
Erano passati più di due mesi da quando si erano conosciuti,
ma la loro amicizia era diventata così stretta che nessuno
di loro due avrebbe potuto vivere senza l’altro. Ne avevano
affrontate così tante…
L’arancione, orfano da quando era piccolo, per la prima volta
dopo tanti anni non era più stato divorato dalla solitudine,
mentre il lilla, in conflitto con i genitori e incompreso a causa della
sua grande intelligenza, aveva trovato nel giovane detective una
persona non solo dolce e simpatica, ma anche capace di sostenere il suo
livello intellettivo.
-Man… ehi Man! Te la senti di alzarti? Dai.. Lo sai che oggi
non abbiamo scuola! È il compleanno
dell’imperatore… festa! Così potrai
riposare. ..
Il lilla, mezzo sepolto dai lenzuoli, mugugnó qualcosa che
suonava tanto come un “vieni qui vicino a me?”
Minaho sospirò buffamente. -E va bene… stiamocene
qui tutti stretti! Solo cinque minuti, però…
L’arancione si infilò sotto le coperte vicino al
suo amico. -Eccomi… sei contento, razza di panda dormiglione?
Il lilla borbottò qualcosa che Minaho non
capì… quindi si girò di colpo e
abbracció strettamente il suo migliore amico, che
arrossì di colpo.
-Ehm… eeehm… Man?
Niente da fare. Il lilla russava felice. Minaho sospirò,
rise e si rilassó. In fondo era davvero comodo quel letto,
no? Cinque minuti dopo ronfavano beati insieme.
-Questo profumino promette bene… Man, cosa stai preparando?
L’arancione, che si era appena svegliato, aveva trovato
l’amico già intento a preparare la colazione.
Avevano dormito una buona oretta, e ora si sentivano freschi e riposati.
-Muffin, pancetta e pane abbrustolito! Spero che ti piaccia…
-Se mi piace? Certo che mi piace! -L’arancione sorrise
deliziato. -Sei troppo bravo con il cibo… devi avere un
talento naturale!
Il lilla scoppiò a ridere. -Ma dai… non
è niente di che! Piuttosto…- gli occhi del
ragazzo esaminarono il suo amico. -che ne dici di una pettinata? Sei
carino ma… sembri un gufetto!
L’arancione arrossí. -Ehm… è
la doccia!! Mi si infeltriscono i ciuffi con
l’acqua… sigh!
Manabe sospirò buffamente, quindi si avvicinò al
suo amico e gli passò la mano tra i capelli. -Minaho! Quante
volte ti devo dire di asciugarti bene i capelli? Altrimenti ti viene
male al collo… e corri a metterti i calzini! È
quasi inverno e se prendi freddo ai piedi poi ti viene il raffreddore!
Minaho sbuffó. -Sigh… va bene mamma! -Adorava
tutte le attenzioni che Manabe gli riservava… non gli
importava che fosse un po’ pressante. Lo faceva per lui, ed
era una cosa che trovava dolcissima.
Quando Minaho tornó in cucina, asciutto e riscaldato, era
già pronto il cibo in tavola.
Il lilla, che non aspettava altro che il suo amico per buttarsi sul
cibo, azzannó una fetta di pane spalmata di burro e
marmellata. -Finalmente! Sto morendo di fame!
L’arancione rise e si sedette di fronte all’amico.
-E allora… diamoci dentro!
La colazione era stata più abbondante del previsto, e i due
ragazzi erano fin troppo sazi.
Accoccolati sul divano, le gambe incrociate, discutevano su come
passare la mattinata libera. Avevano voglia di divertirsi un
po’ dopo tanto tempo, però purtroppo Manabe non
poteva ancora fare sforzo almeno per una settimana… dunque
niente calcio.
-Sigh… se non possiamo giocare calcio cosa facciamo?
Peccato… era una bella giornata…
-L’arancione si sistemó un ciuffo.
-Mh… fammi pensare. ..- Il lilla si grattó il
mento. -Che ne dici di andare a fare qualcosa di bello in centro? Non
so… magari potremmo andare al parco e poi a mangiare
qualcosa in paninoteca… oppure se preferisci potremmo magari
andare a farci un bel gelato al fiume…
Minaho sorrise. -Non è una cattiva idea!
Però… forse ne ho una migliore! Senti…
è una giornata bellissima e tiepida…
approfittiamo del fatto che non fa freddo e andiamo a farci un bel
picnic! È una cosa che non abbiamo mai fatto… non
sarebbe divertente?
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… è
un’idea fantastica!!! Come ho fatto a non pensarci io? Ci
divertiremo un mondo!
Il lilla si era illuminato. Minaho arrossí. -Ma
dai… è un’idea come un’altra
in fondo… ecco…
-Allora… bisogna che vada a comperare qualcosa per preparare
i panini e poi… e poi anche una bella coperta! Qui a casa
non ne ho di abbastanza grandi! Ci vorranno anche delle scatole per
mettere i biscotti e le tartine e poi…
-Ehi ehi Man tranquillo! -Minaho rise dolcemente. -Adesso facciamo una
bella lista ok? Vedrai che non dimenticheremo nulla. Iniziamo prendendo
un pezzetto di carta…
Manabe era appena tornato dal supermercato.
Aveva riempito una bella borsa di affettati, pane, bibite e biscotti, e
non si era minimamente preoccupato del prezzo. Si era reso conto solo
alla cassa di come fosse urgente trovare un lavoro… la
situazione era drammatica.
Comunque sia, deciso ad essere positivo, se ne era tornato a casa
saltellando, e, appena arrivato, si era lanciato in cucina a
preparare i panini. Fuori dalla finestra un bel sole aveva
ulteriormente alzato la temperatura… sembrava primavera, ed
invece era iniziato novembre! Qualcosa diceva al lilla che li attendeva
un Natale senza neve…
-Ehi Min… come li vuoi tu i panini? Ho tante cose buone sul
tavolo!
L’arancione si prese il mento fra le mani con fare furbesco.
-Mh… vediamo… tonno! Tonno, insalata e
carciofini! E… aggiungici tanta salsa piccante!
Il lilla scoppiò a ridere. Sapeva che il suo amico
prediligeva i gusti forti… mangiava cose che lui non avrebbe
mai avuto il coraggio di avvicinare!
-E va bene… però dopo non lamentarti se ti viene
mal di pancia! -Il lilla diede un buffetto sui capelli
dell’amico.
-Mh… mal di pancia? Naaaa… e già che
ci sei… un po’ di olio tartufato, ok? Ti
voglio taaaanto bene!!!
L’autobus non era troppo affollato… e fu una
fortuna, dato che Manabe e Minaho si portavano appresso un enorme
cestino pieno di cibo e una coperta larga come una piscina!
La destinazione scelta era il campo al fiume. All’ultimo
avevano deciso di andare lì perché, anche se
Manabe non poteva sforzarsi assolutamente, avrebbero almeno potuto fare
qualche passaggio. Il lilla era convinto che un minimo di ossigenazione
non potesse che fargli bene.
-Man… stai attento a non perdere la fermata… io
non riesco a vedere nulla! -L’arancione era schiacciato
dietro ad un signore che doveva aggirarsi sui due quintali. Manabe
scoppiò a ridere.
-Tranquillo… nessun pericolo!
Piuttosto… penso che sia quasi ora di scendere davvero!
Guarda… il fiume!
Il piccolo fiume cittadino scorreva placido attraverso i quartieri
residenziali. L’argine, molto alto in rapporto alla
reale portata d’acqua del fiume stesso, digradava dalla
strada in una larga striscia di verde che ospitava un campo da calcio
con relative panchine. Da lí si poteva vedere bene il grande
ponte che collegava le due sponde del corso d’acqua, lo
stesso ponte su cui qualche settimana prima Minaho aveva lottato contro
un bulletto che aveva fatto male a Manabe. Il lilla sospirò
ricordando l’episodio. Le conseguenze erano state
terribili… il suo migliore amico aveva tentato il suicidio
quando aveva saputo che lo avrebbero mandato in orfanotrofio. Ebbe una
fitta allo stomaco… per fortuna si era risolto tutto per il
meglio e Minaho era sopravvissuto! Manabe si voltó verso il
suo amico. Minaho gli sorrise… sospirò e rispose
al suo sorriso.
-Eccoci qua! -Minaho aiutò l’amico prendendogli il
cestino dalle mani. -Man… non devi affaticarti!
Fatti aiutare dal tuo muscolossisimo amico! Visto che pettorali?
Il lilla scoppiò a ridere. -Ceeerto Min! Non so come farei
senza di te e le tue possenti braccia!
Minaho sorrise. Da quando viveva con Manabe la sua autostima era
cresciuta, per la prima volta da tanto tempo. Certo, era ancora fragile
e non avrebbe mai ammesso a sé stesso di reputarsi bello, ma
aveva imparato ad apprezzare e a non considerare difetti la sua pelle
lattea e i suoi ciuffi ribelli. Si era anche accorto di aver sviluppato
una leggera muscolatura da sportivo. Forse non era così
anonimo come si era sempre reputato…
-Che ne dici di questo posticino? – Manabe indicò
un angolo appartato, sotto un albero vicino al fiume, al sole. -Se non
ti piace ovviamente ci spostiamo… è
che… ho il fiato un po’ corto…
L’arancione buttò per terra il cestino e corse
dell’amico. -Man! Ma perché non me lo hai detto?
Non devi sforzarti!
Il lilla sorrise. -Tranquillo… tranquillo… adesso
mi passa! È… è stato per fare le scale
dell’argine… scusa…
-Scusa? Non scusarti Man… sono io che non sono stato
abbastanza attento… abbastanza premuroso! Vieni…
appoggiati a me…
L’arancione si mise intorno alle spalle il braccio
dell’amico, riprese il cestino e sostenne Manabe fino al
punto designato.
-Ottimo! Eccoci qua… riposati su quella radice mentre io
stendo la tovaglia, ok?
Manabe si sedette. -Ho una fame…
-Mi fa piacere! Vuole dire che stai meglio, no? -Minaho sorrise felice.
-Vieni allora... iniziamo a fare la pappa!
Minaho e Manabe avevano mangiato come lupi.
L’arancione, con la pancia piena dei suoi panini
ultraimbottiti, si stese con le mani dietro la nuca.
-Man… pensavo… dici che ce la faremo vero??
Troveremo. .. troveremo il modo di rimanere insieme… vero?
Il lilla si stese vicino al suo amico e gli arricció
dolcemente i capelli. -Min… non avere paura. Certo che ce la
faremo! Te lo prometto…
L’arancione sospirò. -Io… io lo spero.
Ho così paura… non voglio perderti! Sei tutta la
mia vita. .. Tutta.
-Oh Min… sei così dolce… -Il lilla
abbracció l’amico. -Non voglio più che
tu stia male…mai più! Io sarò sempre
con te… senza di te nemmeno io sono nulla.
-Che ne dici… facciamo due tiri?
-Man… non so se… prima stavi per svenire!
-Eddai!! Avevo solo il fiato corto! Adesso sono riposato…
sto bene, giuro! -Il lilla fece due splendidi occhioni da cucciolo..
Minaho non poté resistere.
-E va bene… però giusto due tiri eh! E appena sei
stanco ci fermiamo… non potrei sopportare di vederti di
nuovo in un letto d’ospedale!
Il lilla sorrise felice. -Starò attento…
promesso!!
-Passa! Min!! Sono qua!
L’arancione calcio con forza la palla che finí
dritta tra i piedi del lilla. Il ragazzo scattò,
dribbló l’amico e calció con forza
spedendo la palla in porta.
-Evvai! Sei bravo come sempre!! -L’arancione corse ad
abbracciare il suo amico. -E ora… -corse a prendere la
palla. -Prendi questa!
Il pallone fu intercettato col petto dal lilla, che si
preparó a calciare… quando un colpo di tosse gli
mozzó il fiato. La palla partì sbilenca e
finí in acqua.
-Oh cavolo! Sono proprio un pasticcione! Aspetta…
vado a recuperarla… l’acqua è
bassissima…
-Non ci pensare nemmeno Man! Quella tosse non mi è piaciuta
affatto… tu ora ti siedi e ti riposi…
vado io a prendere la palla!
-Ma… Ma il disastro l’ho fatto io…
l’acqua è fredda…
Minaho sorrise sornione. -Ti sembro uno che ha paura del freddo?
Minaho si sedette sulla coperta a riposare mentre Minaho si toglieva
scarpe e calzini e si arrotolata i pantaloni. Entró in
acqua… gelida. Ebbe un tremito di freddo.
Camminó rabbrividendo fino alla palla… per
fortuna il fiume non l’aveva trascinata lontano…
aveva l’acqua alle ginocchia… non avrebbe
resistito se fosse salita oltre!
Uscì dal fiume mezzo ibernato.
-D…d…dannato n… novembre!
Fa…f..freddo!!
Manabe rise. -Min…te l’avevo detto di lasciare
andare me! Andrà a finire che prenderai il raffreddore!
L’arancione cercó di darsi un contegno.
-N… non t…ti preoccupare…
t…tu dovevi. .. dovevi r…riposare…
n… non devi… stare… male…
Manabe sospirò. -Sarà… però
per una palla rischi di stare male… guarda come tremi
Min… oddio… come ti senti?
-E... ecco… b… bene! Solo… solo non mi
sento più le g… gambe dalle ginocchia…
in… in giù…
Manabe si alzò e fece sedere Minaho su una radice, quindi
iniziò a massaggiargli dolcemente polpacci e piedi -Era solo
una palla… non era necessario che ti facessi male…
-Ma… Ma non mi s… sono fatto m… male!
Io… ahia!
-Min… vedi? Se ti preoccupi troppo per me poi va a finire
che non pensi a te! Sei sempre così premuroso…
non voglio che tu ti ammali per me!
L’arancione sorrise. -Non mi ammaleró,
tranquillo… anzi, perché non torniamo a giocare?
Ho proprio bisogno di scaldarmi!
I ragazzi rimasero al parco per un altro po’, quindi, verso
le tre, decisero di tornare a casa.
Il tragitto inverso fu più semplice? Ora che erano liberi
dal peso del cestino. In compenso però Manabe sembrava
pensieroso.
-Man… che hai? -L’arancione si portò la
mano al mento. -Ti vedo molto strano…
-Niente… niente Min. Solo… solo pensavo a quello
che ci aspetta. Dobbiamo trovare il modo di dimostrare che sono una
persona responsabile… anche se mi sento così
spaventato.
Minaho abbracció l’amico. -Vedrai… ce
la faremo. Ho già delle idee… e vedrai, io non
sbaglio mai!
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Capitolo 2 *** Le grandi idee del secolo ***
MAGDALENE:
Ma nessuno conosce ancora lo sposo,
fin che domani non lo nomini la giuria
che assegna il premio al maestro cantore –
EVA:
E la promessa gli porge il ramoscello.
WALTHER:
Al maestro cantore?
-Man… Man, mi fai entrare?
Minaho era in piedi davanti alla porta della camera del lilla, lo
sguardo leggermente preoccupato. In mano teneva un vassoio di biscotti.
-Dai… ti ho preparato dei dolcetti! Non capisco…
ti ho fatto qualcosa Man? Sei chiuso in camera da ore…
perché non vuoi parlarmi?
Dentro la stanza, il lilla ebbe un sussulto.
-N…no… Min…
-Ti ho offeso di sicuro… ho detto qualcosa di sbagliato.
Scusami… me ne vado.
-No! Min… scusami, non sono molto in vena stasera. Vieni
dai… non volevo… non volevo farti
soffrire…
Minaho sospirò ed aprì lentamente la porta. Il
lilla era seduto sul letto in pigiama e aveva gli occhi rossi. Si
teneva le mani fra i capelli e sospirava.
-Man… ma… hai pianto! Cosa è successo?
-L’arancione si sedette vicino all’amico e lo
abbracció dolcemente. -Hai paura per quello che ci aspetta?
Il lilla tiró su col naso.
-S…sí…
Minaho gli asciugó delicatamente una lacrima con il pollice.
-Guardami… guardami Man! Ti ho promesso si o no che avremmo
trovato una soluzione?
Il lilla teneva gli occhi bassi e singhiozzava. -Non ce la faccio
più … voglio… voglio essere felice!
L’arancione ebbe una stretta al cuore. Fece una carezza
all’amico e lo strinse a sé. -Man…
pensi che saresti più felice con in bocca uno dei miei
buonissimi biscotti?
Il lilla alzò lo sguardo, gli occhi arrossati.
Scoppiò a ridere.
Seduti sul letto, sgranocchiando biscotti al cioccolato, Minaho e
Manabe avevano riassunto tutto ciò che sapevano e tutti i
problemi che avevano davanti… innanzitutto i soldi
che iniziavano a scarseggiare da quando i genitori del lilla avevano
smesso di sostenerlo, quindi la necessità di mostrarsi
responsabili trovando un lavoro, andando bene a scuola… era
una situazione complessa.
Minaho aveva pensato bene se dire o meno a Manabe le idee che aveva
studiato in quei giorni, non sapendo se fosse il caso di esporsi subito
o meno. Fu la vista del dolore del lilla a spingerlo a decidersi.
-Man… ascolta. Ho avuto un paio di idee… almeno
per la parte relativa al mostrarsi responsabili.
Il lilla sorrise debolmente. -D…davvero?
-Certo! -L’arancione sorrise. -Per esempio… ho
avuto un’intuizione un po’ pazza. Parteciperai alla
gara dei talenti, a scuola!
Silenzio.
Manabe spalancò gli occhi. -C..c…cosa???
Il lilla era allibito.
-Ma... ma io… io non ho talenti! È
un’assurdità! Non è possibile!
No… non è una buona idea.
L’arancione sorrise. -Eddai! Qualcosa lo troviamo! Qualcosa
che magari sia legato alla matematica… sono certo che ci
verrà un’idea! Ci pensi… chi vince
riceve anche anche un premio ricchissimo dalla scuola! Prenderemmo due
piccioni con una fava! I giudici hanno detto che vogliono vedere
risultati… non trovi che sia una bellissima occasione?
Manabe era senza parole. -Min… io non so… non si
fare niente! Perché mi… mi metti così
in difficoltà… io… non voglio
deluderti!
-Man… cosa dici… tu non mi deludi mai! Non dire
che non sai fare niente… non è vero! Io so una
cosa che sai fare benissimo… oltre alla matematica, ovvio!
Il lilla era sconvolto. -E sarebbe? Se stai parlando della cucina sappi
che mai e poi mai mi…
-Sei bravissimo a cantare!
Ci sono momenti nella vita di una persona in cui capisci che non esiste
nulla che possa realmente definirsi segreto, quando hai un detective
con i capelli color carota in casa.
-Min… co… cosa… come…
-Man… ti sento sempre sotto la doccia…
sei bravo, sai?
Il lilla diventó rosso come un drago cinese. -Ma…
Ma tu mi spii mentre mi faccio la doccia? Non me lo sarei mai aspettato
da te! Oddio che vergogna…
L’arancione rise. -Ma cosa vai pensando! Per quanto tu possa
essere affascinante e procace non arriverei mai a tanto! E
poi… ti vedo in mutande tutti i giorni, che bisogno ho di
spiarti?
Il lilla spalancò la bocca, incapace di emettere suoni.
-E poi… -Minaho non sembrava avere intenzione di smettere di
infierire- … è anche da dirsi che io, perlomeno,
non sto tre quarti d’ora sotto la doccia! L’altro
giorno, se non erro, è arrivata la bolletta… il
postino ha guardato l’importo e si è chiesto se
avessi una piantagione di canapa indiana nascosta nel solaio!
Manabe si riebbe e scoppiò a ridere. -Ma… Ma
guarda che io sono velocissimo! È che è
rilassante starsene al calduccio sotto il getto della doccia, dopo una
giornata di scuola… e poi…
-E poi ne approfitti per dare fiato alle trombe, passando senza
problemi dal repertorio lirico al moderno, e facendo sapere a tutta la
strada che sei felice e rilassato! -L’arancione fece una
faccia da schiaffi pazzesca mentre Manabe avvampava di rossore.
-Io… io non canto così forte!! Giusto un paio di
note sottovoce quando sono sovrappensiero… e poi niente di
che, ecco! -Il lilla mise il broncio e Minaho si intenerí di
colpo. Sorrise.
-Guarda che mi piace tanto sentirti cantare! Non volevo prenderti in
giro… pensavo solo che magari poteva essere una
qualità da sfruttare… ecco… solo
questo.
Manabe sospirò. -Non esiste. È vero, prima di
conoscerti a volte mi sentivo così solo che cantare mi
faceva stare meglio, ma non ho mai preso lezioni, e poi non pensare che
io sia disposto a mettermi alla berlina su un palco, davanti alla
scuola tutta! Per cosa poi… non servirebbe a nulla se non a
rendermi ancora più ridicolo.
Minaho si morse un labbro. Abbassó gli occhi, ferito dalla
voce dura del lilla.
-Ok… scusa Man… sono stato uno scemo, vero?
Non… non voglio che tu ti senta umiliato per causa mia.
Sarebbe stato meglio se fossi stato zitto, credo. Non dovevo nemmeno
pensare una cosa simile… scusami. Volevo solo aiutarti.
Manabe era rimasto un poco spiazzato. Di solito il suo amico era molto
più insistente, e gli costava un leggero sforzo
d’orgoglio ammettere che quando si imputava su qualcosa, di
solito ci azzeccava. Forse era stato troppo duro con lui… lo
aveva fatto sentire inutile.
Si guardò un istante intorno. Non era forse vero che quella
stanza traboccava dei segni delle premure del suo amico per lui? Le
foto appese alle pareti, fatte negli ultimi mesi, i biscotti sul
comodino che emanavano ancora un delicato calore, il bracciale che gli
aveva regalato dopo la sua operazione... i libri di matematica per cui
aveva speso quasi tutti i suoi risparmi solo perchè aveva
notato che lui non avrebbe potuto permetterseli... si sentì
in colpa.
-Ehi Min… lo so che vuoi aiutarmi… lo so. Sai,
penso che un pensierino alla tua proposta potrei anche
dedicarlo… forse non hai tutti i torti. Del resto non
possono prendermi in giro più di così no? E
poi… quel premio ci farebbe davvero comodo…
altrimenti temo che dovremo stringere la cinghia. I soldi sono quasi
finiti…
Minaho alzò gli occhi, commosso. -D… davvero vuoi
provarci? Lo fai per me… vero? Oh Man… ti voglio
così bene! -L’arancione buttò le
braccia al collo del suo amico che arrossì ancora di
più.
-Eddai Min… ho solo detto che forse non hai tutti i torti! E
poi… rimane comunque il fatto che non ho mai preso lezioni.
Come… come possiamo fare? Non so leggere la
musica…
L’arancione sorrise sornione. -Ci penso io… tu
dammi tempo fino a domani a scuola, e ti prometto che
troveró la soluzione! Tu però devi promettermi
che ci proverai davvero… -Il ragazzo fece gli occhi dolci.
Manabe sospirò dolcemente. Era impossibile che Minaho
potesse risolvere un tale scoglio in poche ore… cosa gli
costava farlo felice?
-E va bene Min… se tu entro domani a pranzo mi trovi una
soluzione alla mia impreparazione musicale, io ti giuro che
proverò… che proverò a cantare.
La mattina dopo Manabe era tranquillo, per quanto si potesse dire
tranquillo un ragazzo nella sua situazione.
Aveva quasi dimenticato la sua discussione con Minaho il giorno prima,
e dunque non si preoccupò minimamente alla vista del sorriso
sornione del suo amico. Non ebbe nemmeno nessun sospetto quando, a
ricreazione, l’arancione sparí senza lasciare
traccia per dieci minuti, salvo ricomparire poi con un sorriso
colossale. Il lilla, preso dal ripasso di inglese per l’ora
successiva, non alzò nemmeno la testa dal banco.
La mattinata arrivò finalmente al termine. Era stata
decisamente pesante per la media di quel mese. Tutti i prof avevano
interrogato e spiegato, e li avevano caricati di compiti.
Fu quando suonó la campanella che Manabe si
ricordó della sua scommessa.
-Min! Ho vinto alla fine! Purtroppo non c’è
soluzione… non posso partecipare alla gara dei talenti
cantando, se non so nemmeno leggere le note!
Il lilla si pentí del tono di voce eccessivamente trionfale
che aveva assunto. Non voleva umiliare Minaho… in fondo il
suo amico voleva solo il suo bene… solo che era strano. E'
vero. l'arancione poteva sembrare un po' pazzo a volte, ma era la
persona più seria del mondo... non era da lui agitarsi
così tanto per qualcosa!
Minaho sorrideva sornione. Manabe non capiva.
-E chi ti ha detto che non ho trovato la soluzione? Vieni avanti, per
favore!
L’arancione fece un cenno in direzione della porta. Shindou
Takuto, detto il virtuoso, eccellente pianista nonché ex
capitano della squadra di calcio della scuola, entró
nell’aula rosso come un pomodoro, schivando due ragazzi che
stavano uscendo ridendo tra loro.
-Ehm… ciaaaao…
-M…ma… cosa… -Il lilla fece una faccia
buffissima.
Minaho sorrise. -Tadaaaaan! Eccoti qua il tuo nuovo professore di
musica! Sei felice?
Manabe prima sbiancó, quindi arrossí come un
pomodoro. -S…Shindou! Cosa… cosa significa questo?
-Beh… -Minaho si prese il mento tra le dita. -Shindou
è un grande musicista! Chi meglio di lui può
insegnarti a leggere le note?
-M…ma…Shindou! Ti ha costretto, vero? Minaho che
cosa hai combinato? Shin non avrà mai il… il
tempo di…
Il castano alzò dolcemente la mano destra. -Man…
guarda che lo faccio volentieri! Quando Min me ne ha parlato a
ricreazione non potevo crederci… è
così bello che tu abbia deciso di provare a fare questa cosa!
Il lilla guardò Minaho con occhi accusatori. -Ma...
è una congiura! Io non ho deciso propr…
-Ma certo! -L'arancione sorrise sornione e interruppe
l’amico. -Ce ne è voluto per convincere
Man… sai… lui si vergogna! Però anche
tu sei d’accordo che sia una splendida idea vero? –
Shindou annuì.
-Ecco… -L’arancione continuò.
– quando ho detto a Shin del perché ti ho convinto
a provare questa cosa ha insistito tantissimo per farci un
prestito… però ovviamente mi sono rifiutato! Non
lo facciamo solo per i soldi che ci servono come il pane, ma anche per
dimostrare ai giudici che siamo responsabili, no?
Manabe era perplesso. Quel fiume di parole e avvenimenti lo stava
sconvolgendo.
-Io… io non so che dire… non… non so
se… se…
Shindou sorrise. Prese le mani del lilla e sospirò.
-Man… rilassati. Non devi vergognarti… verrai a
casa mia, ok? Solo io, te e Min. Abbiamo dieci giorni prima della
gara… direi che cinque lezioni dovrebbero bastare per
insegnarti a leggere le note e preparare un pezzo insieme. Ovviamente
ci serve il pianoforte… è per quello che ti
chiedo di venire a casa mia.
Manabe era rosso fuoco. Si vergognava tanto e si sentiva imprigionato,
però non poteva negare che aveva fatto una promessa, e
doveva rispettarla.
-E… e va bene!- Il lilla fece una faccia fintamente
imbronciata. -Però… però promettete
che non mi prenderete in giro!
Manabe e Minaho erano a casa.
Si erano accordati con Shindou per vedersi per la prima lezione quello
stesso pomeriggio, e ora il lilla era in preda all’agitazione.
-O mio Dio… cosa abbiamo combinato! Io canto sotto la
doccia, dannazione! Non… non sono affatto bravo! Non
sarò mai capace… farò una figuraccia
tremenda… non ce la posso fare… non posso!
Minaho sospirò. -Man… calmati…
tranquillo! Sei bravo… sei bravissimo! Perché
dovrei mentirti? Pensi che vorrei farti fare una figuraccia?
Sei… sei il mio migliore amico, lo sai.
Manabe strinse i denti. -L… lo so… lo so. Non
dubito di te… è solo che ho, come sempre, paura.
Sono un debole, vedi?
Minaho abbracció di colpo l’amico. -Non dirlo mai
più. Mai.
Il pomeriggio si preannunciava freddo, ma il tempo era bello.
Manabe e Minaho camminavano lentamente verso casa di Shindou. Minaho
rideva, mentre il lilla era letteralmente in preda al panico.
-Non… non ho nemmeno idea di cosa cantare! Oddio…
sono finito…
Minaho gli prese la mano. -Abbi fiducia. Fidati di me, ok?
-Io… ok. Mi fido di te.
Il cancello della villa di Shindou era spaventosamente alto,
pensò Manabe.
Suonarono al citofono e vennero fatti accomodare da una domestica.
-Attendete qui… Il signorino sta arrivando.
Mentre la donna se ne andava con un inchino, i due ragazzi osservavano
la casa. Si stupivano sempre della ricchezza degli arredamenti e della
luminosità degli ambienti.
-Ehila! Eccovi! Se siete pronti. .. Possiamo iniziare!
Shindou era comparso all’improvviso dalle scale. Teneva un
libro di musica sotto il braccio e sorrideva, un poco imbarazzato.
Manabe sospirò. -E… e va bene… andiamo!
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Capitolo 3 *** A lezione! ***
Il mio tesoro intanto
Andate a consolar,
e del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar…
-Che… che bella sala!
Minaho e Manabe guardavano stupiti l’ambiente in cui Shindou
li aveva fatti accomodare. Non erano mai entrati nella sua stanza della
musica.
La sala era enorme, grande quanto metà del piano terra di
casa di Manabe, e luminosissima. Una grande parete vetrata,
interrotta solo da una porta a vetri, dava su un cortile interno
progettato in stile tradizionale, con un ponticello e uno
stagno di ninfee sotto le chiome dei salici e dei ciliegi.
Un moderno lampadario pendeva dal soffitto, ma la luce era tale che
Minaho si chiese se fosse mai stato necessario accenderlo.
Due divanetti incorniciavano la parte destra della sala, quella rivolta
verso la parete interna sulla quale poggiava una grande libreria di
foggia moderna, piena di libri di musica.
Su tutto, di fianco alla grande vetrata, troneggiava il pianoforte a
coda, nero e lucido come l’ala di un corvo. Sul leggio era
aperto un libro di musica, e il panchetto di velluto nero era
leggermente scostato.
-Ehm… sono contento che… che vi
piaccia…
Shindou era sempre imbarazzato dalla ricchezza che i suoi genitori
amavano ostentare. Sapeva che anche la famiglia di Manabe era molto
ricca e influente, ma, paradossalmente, invidiava paurosamente il lilla
che poteva vivere una vita appartata dalla famiglia, in una normale
villetta di un quartiere residenziale e scolastico.
-Ora… che ne dite… ci sediamo? Vorrei fare
qualche domanda a Manabe per rendermi conto della
situazione….
I ragazzi chiacchieravano da almeno mezz’ora.
Shindou si era reso conto che sarebbe stato necessario dedicare almeno
un’oretta ad insegnare Manabe a leggere le note, ma si era
stupito incredibilmente quando si era reso conto che dieci minuti erano
bastati.
-Man… è una cosa assurda! Io ci ho messo una
settimana…
Manabe ridacchió, arrossendo. -Ecco…
io… io non pensavo che la musica e la matematica avessero
tante cose in comune! Penso… penso che mi sarà
facile imparare le basi. Per l’intonazione,
purtroppo… non posso garantire… mi vergogno
così tanto!
-Eddai Man… -Shindou sorrise. -Perché ti butti
giù prima ancora di aver provato? Dai… vieni.
Proviamo un paio di vocalizzi, ok?
Il lilla sbiancó. -C…cosa? D…di
già?
Shindou arrossí. -Ecco… se… se non te
la senti… solo mi sembrava che… non
so… dobbiamo provare la tua voce prima o poi…
Manabe sospirò. -No… no… scusa
Shindou. È che ho paura che sarà un fallimento,
come tutto quello che faccio.
Minaho scattò in piedi. -Man! Avevi promesso che non avresti
più… più detto questa cosa!
Manabe tremava. -Io… io… scusa!! Non…
non volevo… non volevo…
L’arancione si pentí di aver alzato la voce.
-Scusa Man… non ti preoccupare. Vuoi… vuoi che
esca? Se ti vergogni vado via…
Il lilla era preso dal dubbio. Forse era meglio che rimanesse solo con
la sua voce stonata… o no? Guardó gli occhi
speranzosi di Minaho. Ci teneva così tanto…
-No Min… tranquillo. Mi fa piacere se rimani.
Dai… mettiamoci al lavoro!
Shindou era al pianoforte, le mani dolcemente adagiate sui
tasti.
-Man… sei pronto?
Il lilla tremava come una foglia. -S…sí? Sai che
non… non lo so?
Minaho rise di cuore. -Man… andrà tutto bene, te
lo prometto.
-Ok… seguimi lentamente. Non avere paura... respira con la
pancia, e cerca di buttare fuori la voce in maniera morbida.
Vedrai… sarai bravissimo!
Shindou suonó un accordo di do maggiore. Manabe, pauroso e
imbarazzato, moduló la voce per adattarvisi. Pian piano il
castano inizió ad eseguire una sequenza di accordi
crescenti, mentre il lilla lo seguiva con discreta disinvoltura.
Shindou, da preoccupato che era, si rassicuró.
L’amico era intonato e aveva una bella voce,
nonché una discreta estensione da tenore.
-Man! Ma sei bravissimo! Perché non mi avevi detto di avere
una voce così bella? Minaho aveva proprio ragione!
Il lilla, imbarazzato, arrossí. -Io… sono
contento di… di essere perlomeno accettabile…
Shindou gli fece l’occhiolino. -A questo punto…
che ne dici di provare un pezzo vero e proprio? Qualcosa di
semplice… magari un Mozart? Che ne dici? Minaho mi ha detto
che ti piace molto l’opera “Don
Giovanni”…
-Beh… sí. Mi piace tantissimo…
però… non sono capace! Non è possibile
che… che io…
Minaho intervenne. -Man! Non ci pensare. .. Tu canta!
Shindou sorrise. -Minaho ha ragione… lascia che la musica
fluisca! Vedrai… ti porterà lei. Sei
bravo… che ne dici dell’aria di Don Ottavio?
Il lilla sbiancó ancora di più. -Aspetta. .. Non.
.. Non vorrai…
Shindou, ridendo insieme a Minaho, si buttò a suonare. La
musica, dolce e allegra, invase la sala.
Manabe era come congelato… mancavano dieci secondi
all’attacco del canto… cinque…
quattro….Tre. .. Due. .. Uno. ..
Ingoió la saliva e chiuse gli occhi, stringendo i pugni.
-Ohhhh… dannazione! Io ci provo!
Accordi del pianoforte. Il lilla prese fiato, cercó di
placare l’ansia e attaccó.
Il mio tesoro intanto
Andate a consolar…
La voce scivolava calda sulle note del pianoforte. Qualche piccola
imperfezione non poteva cancellarne la pulizia, e la voce fresca e
giovane di Manabe si adattava perfettamente al ruolo. Shindou era
piacevolmente stupito, Minaho addirittura allibito.
... e del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar…
Il pianoforte chiuse la romanza con una serie di dolci accordi in si
bemolle. Minaho, la bocca spalancata, scattò in piedi.
Shindou rideva dolcemente.
Manabe era rimasto come congelato. Si guardò intorno, quindi
guardò i suoi amici senza riuscire a dire una parola. No
sapeva se vergognarsi e scappare o cadere a terra svenuto.
Inizió a tremargli il labbro… e
scoppiò a piangere come una fontana.
Minaho corse ad abbracciarlo. -Man… perché
piangi? Sei stato meraviglioso! Meraviglioso! Non… non avrei
mai immaginato che fossi così bravo!
È… è stato bellissimo!!
Shindou, da parte sua, era senza parole. -Giuro… anni che
suono il pianoforte, e non ho mai sentito una voce come la tua! E
pensare che non hai mai preso lezioni! È…
è un miracolo!
Il lilla, sconvolto e fin troppo confuso, non smetteva di piangere. Non
riusciva nemmeno a rendersi conto di cosa avesse esattamente
fatto… non voleva crollare così, ma erano due
giorni che si teneva quella tensione dentro… non aveva
resistito.
-S…sono stato… sono stato pessimo, vero? Lo dite
solo per… per non umiliarmi! Io… sono…
non…
Minaho prese dolcemente la mano del suo amico. -Vieni Man…
mettiamoci a sedere.
Shindou aveva fatto un cenno all’arancione ed era corso fuori
dalla stanza. Manabe non se ne era nemmeno reso conto, accecato dalle
lacrime che gli bagnavano gli occhi e gli inzuppavano le lenti degli
occhiali. Si odiava per la sua debolezza.
-V…vedi? Piango in continuazione! S…so solo
piangere! So solo piangere e frignare come un bambino, cazzo!
Minaho sobbalzó. Manabe non imprecava praticamente
mai… si rese conto che dovesse essere sconvolto ben
più di quanto potesse immaginare fino a poco prima.
Sorreggendolo delicatamente lo portó al divanetto e lo fece
sedere al suo fianco, accarezzandogli dolcemente i capelli.
-Man… amico mio… vieni qui! Dovevo capirlo da
solo che questa cosa era troppo stressante per te… ti ho
fatto ancora del male. Non ti preoccupare… non dovrai mai
più fare niente di simile, te lo prometto! Te lo
prometto…
Il lilla continuava a singhiozzare sommessamente, con il viso contro la
spalla di Minaho. L’arancione sentiva la stanghetta dei suoi
occhiali premere contro la sua scapola.
-Ho… ho fatto pena vero? Quello che mi avete…
avete detto era solo per… per farmi felice… dimmi
la verità… ti… ti prego…
Minaho sorrise dolcemente. -Man, ti giuro su papà che era
tutto vero. Sei bravo, sei bravissimo! Non avrei mai creduto che avessi
anche questo talento… è stato bellissimo.
Il lilla sospirò e trattenne a fatica un altro singhiozzo.
Alzò gli occhi lucidi e li fissó in quelli di
Minaho. Sapeva che non avrebbe mai detto una bugia giurando sul nome di
suo padre. Il ragazzo era orfano di entrambi i genitori, e Manabe
sapeva quanto avesse sofferto. Inoltre gli occhi verdi del suo amico
brillavano di una luce speciale quando credeva in quello che diceva.
No, non stava mentendo.
-M…ma… ma se… allora…
-Già. Non c’è motivo di piangere, sai?
-L’arancione sorrise e parló con voce dolce. Non
poteva non trovare tenero Manabe… ma doveva proprio pensarci
in quel momento, cavolo?
Il lilla si morse il labbro. Minaho gli diede un buffetto sulla
guancia. -Man! Te l’ho detto tante volte… quando
sei nervoso, non morderti le labbra! Poi ti viene il sangue…
Manabe sorrise, con gli occhi ancora umidi di lacrime. Gli piacevano le
premure del suo amico.
-Scusa Min… credo… credo di aver fatto un
pasticcio, vero?
Un minuto dopo Shindou era tornato dalla cucina con una tazza di
camomilla. Si mise a sedere al fianco del lilla e gliela mise
delicatamente in mano.
-Attento a non scottarti… è buona, sai? Non
l’ho fatta troppo dolce. Ti rilasserà un
po’,e poi è l’ideale dopo aver cantato!
Manabe teneva gli occhi bassi. Bevve un sorso di bevanda.
-Scusa.
Shindou ebbe un sussulto. -E di cosa?
Il lilla sospirò. -Di essere così schifosamente
debole, e di aver dubitato delle vostre parole.
Il castano gli prese le mani sorridendo. -Niente di che. Innanzitutto
essere sensibili non vuole dire essere deboli! Poi… sei
troppo modesto. Noi ti abbiamo solo detto la verità.
Manabe sorrise. -G… grazie. E… Shindou? Min?
Vorrei chiedervi una cosa…
Indie ragazzi spalancarono le orecchie. -Dicci tutto!
-Beh… sapete… vorrei continuare le lezioni.
Minaho saltellava felice per la strada, attirando su di sé
gli sguardi critici di benpensanti e bigotte, sempre a caccia di
gioventù da criticare.
Manabe era allibito. Il suo migliore amico era pacato, riflessivo,
acuto, volitivo… ma di sicuro non propenso a dare spettacolo
per la pubblica via, facendo piroette e saltellando sulle piastrelle
del marciapiede!
L’arancione era pazzescamente felice. Da tanto tempo non si
sentiva così… non solo il suo migliore amico era
bravissimo, ma aveva anche deciso di continuare le lezioni!
Si erano congedati da Shindou poco meno di dieci minuti prima, dandosi
appuntamento per due giorni dopo alla stessa ora, ed ora stavano
tornando a casa con la testa piena di emozioni.
-Min, guarda che se non ti decidi a camminare in maniera normale ti si
spettineranno i ciuffi! Lo sai che poi assomigli ad un gufetto! -Il
lilla sospirò.
Minaho lo guardó sorridendo. -Ma sono così
felice! Perché dovrei preoccuparmi dei capelli?
Manabe fece finta di disinteressarsi e accennó un
“come desideri…”… salvo
correre in un baleno verso l’amico.
-Preso! E ora prova a prendermi!
Minaho era rimasto un istante senza parole, quindi era scoppiato a
ridere, lanciandosi all’inseguimento di quello strano
genietto lilla.
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Capitolo 4 *** Incubi e soluzioni piccanti ***
Inflammatus
Et accensus…
È sempre una bella cosa quando due persone che si vogliono
bene, dopo una lunga giornata ricca di emozioni, possono sedersi
intorno ad un tavolo e mangiarsi una buona cenetta.
Di certo così sarebbe stato anche per Minaho e Manabe, che
erano tornati a casa pieni di appetito… se non fosse che,
aperto il frigorifero, questo si era rivelato desolatamente vuoto!
-Min… penso… penso di aver dimenticato di fare la
spesa, ieri… eravamo scombussolati, e mi è
completamente passato di mente! Aiuto… e ora cosa si mangia?
L’arancione si teneva il mento tra le dita, con fare
indagatore. -Beh… penso che questo sia un bel problema!
Avevano dovuto chiamare un ristorante e farsi portare a casa almeno un
piatto di riso e del pollo.
Il fattorino aveva suonato alla porta dopo nemmeno dieci minuti.
-Man… vado io!
L'arancione scattó in piedi abbandonando sul divano il libro
che stava leggendo. Sorrise all’amico passandogli davanti,
quindi si infilò le scarpe prima di aprire la porta e
correre a ritirare il cibo.
Fu aprendo il portafoglio che si rese conto di quanto pochi soldi gli
rimanessero. Stava spendendo i suoi ultimi yen… e sapeva per
certo che nella cassa comune, in casa, non rimaneva che di che andare
avanti per una decina di giorni massimo, e stando attenti alle spese.
L’arancione ringraziò mentalmente il giudice del
processo di Manabe, che aveva imposto ai genitori del lilla di lasciare
la casa al figlio per tutta la durata del test. Se avessero avuto un
affitto da pagare, si sarebbero dovuti arrendere.
Tornó in casa in preda ai dubbi. Manabe gli sorrise
dolcemente. -In tavola è apparecchiato, porta pure qui la
pappa… ma… Min? Qualcosa non va?
Minaho era scuro in volto. Alzò gli occhi e sorrise
debolmente. -N…niente di che…è solo
che… -valutó se parlare delle sue preoccupazioni
al lilla. No voleva angosciarlo… era già
così pieno di problemi… del resto però
non era giusto che lo tenesse all’oscuro. Si fece coraggio.
-…è che… siamo a corto di denaro, Man.
Dobbiamo assolutamente trovare un lavoro. Ovviamente lo farò
io. Non ti permetteró di sollevare nemmeno un dito, lo sai.
-L’arancione sorrise sornione.
Manabe sospirò di sollievo. -Ahhh… tutto qui!
Tranquillo… lo sapevo già, purtroppo. Dobbiamo
pensarci, e in fretta, ma non credere che ti permetteró di
faticare da solo! E poi abbiamo anche gli impegni con la
squadra…
L’arancione abbassò gli occhi.
-Se serve… posso anche lasciar…
-NO!- Manabe alzò involontariamente la voce. -Non
è giusto! È tuo diritto fare una cosa che ti
piace… sei così triste a volte… non
credere che non lo sappia. In un modo o nell’altro faremo,
non avere paura. Anzi… questa volta sono io ad avere
un’idea… ora però non posso parlartene.
-Man… -L’arancione sospirò. -Io to
ringrazio! Ma… perché non vuoi parlarmene?
-Beh… è… è un mio segreto,
ecco. Ti prego… poi ti dirò… ti
dirò tutto, giuro.
L’arancione annuì sorridendo… cosa gli
stava nascondendo il suo migliore amico?
Andarono a dormire dopo aver visto insieme un film. Erano molto stanchi.
Minaho, al calduccio delle coperte, pensava… troppe angoscie
davanti a lui. Non si rese conto di cadere addormentato…
Era mattina.
Minaho si alzò con un grande peso sul cuore e scese in
salotto. Perché Manabe non c’era? Che
strano… si sentiva pesante e leggero insieme… la
casa brillava di colori.
Prese in mano la sua foto con il lilla. Qualcosa di strano gli si
muoveva nel petto. Perché…
perché…
Ricordó di colpo. Era solo. Manabe era morto.
Ricordava vagamente di una mattina… al campo al fiume. Un
infarto? I dottori non avevano potuto salvarlo.
Una lacrima gli rigó il volto. Voleva vomitare. Sentiva un
urlo soffocarglisi in gola… gli esplodeva la
testa…
Minaho si svegliò di colpo, sudato fradicio. Il sapore di
sangue in bocca gli fece scoprire che si era morso le labbra.
-Grazie a Dio… era solo un incubo…
Doveva essere stata la tensione del giorno prima. Si sentiva ancora le
guance bagnate di lacrime… solo ripensare a quello che aveva
sognato gli provocava il pianto.
Si rigiró nel letto. Aveva bisogno di dormire…
perché allora non ci riusciva?
Sospirò. -Sono proprio un bambino… -
Voleva vedere Manabe. Ne aveva bisogno… non sarebbe stato
tranquillo fino a che non lo avesse fatto. Gli bastava una
sbirciatina… un istante solo. Non lo avrebbe svegliato,
visto che di certo alle due di notte stava dormendo della
grossa…
Si alzò silenziosamente dal letto e sgattaioló in
corridoio. Rimpianse amaramente di non essersi messo le pantofole,
visto il pavimento gelato, ma pensó che sarebbe stato
questione di un istante.
In fondo al corridoio la stanza di Manabe. Una lama di luce filtrata
sotto la porta. Era ancora sveglio? Minaho sorrise… doveva
essere così stanco da essersi addormentato senza spegnere la
lampada sul comodino!
Appoggió la mano sulla maniglia e aprì
lentissimamente la porta. Manabe era sveglio e seduto alla scrivania!
Stava scrivendo qualcosa e gli dava le spalle.
Minaho si stupì. -Ehi… Man…
è permesso?
Manabe sobbalzó. -Min! Che… che ci fai tu qui?
È… è notte fonda!
-Scusa… -L’arancione chinó il capo
vergognoso. -È che… che… -tremava.
Il lilla sospirò e lo guardó dolcemente. -Brutto
sogno?
L’arancione annuì arrossendo. -Eri… eri
morto.
Manabe sorrise. -Davvero? Vuol dire che mi hai allungato la vita!
Dai… vieni qua. Siediti sul letto vicino a me… il
pavimento è gelido e tu sei scalzo.
L’arancione si sedette sul letto dove fu raggiunto
dell’amico, che lo abbracció dolcemente.
-Non avere paura… succede di fare un incubo! Visto che sto
bene? Vuoi una camomilla?
Minaho fece cenno di no con la testa. -Man… ma…
perché sei ancora sveglio? Quei… quei fogli sono
pieni di numeri!
Il lilla arrossí e sospirò. -E va
bene… penso di non poterti dire una bugia. Non ti mentirei
mai, e poi ormai mi hai scoperto... ecco… sto elaborando una
nuova formula per il calcolo degli integrali indefiniti…
è matematica complessa. Quando ero piccolo ho iniziato a
studiarla… e non mi sono mai piaciute quelle formule
lunghissime dei libri! C’è sempre un modo
più rapido… me lo hanno insegnato i grandi
matematici della storia! E così mi sono messo al
lavoro… è più di un anno che ci sono
impegnato.
Minaho ascoltava a bocca aperta. -Ma… Ma perché
adesso? Sei un genio! Però non capisco perché
alle due di notte, con il rischio di essere interrogati
domani…
Manabe sospirò ancora. -Ecco… vedi… ho
pensato a quello di cui abbiamo parlato ieri… dei soldi che
stanno finendo… e… insomma… se finisco
questa cosa possiamo provare a venderla a qualche rivista scientifica o
simili! Il fratello di papà è un dottore, e
quando ero piccolo ricordo che spesso leggevamo i suoi articoli sui
giornali… papà voleva che diventassi come lui, un
giorno.
Ora Minaho era, se possibile, ancora più senza
parole.
-M…Man… ma è fantastico!
Perché non me lo hai detto prima? Sarai famoso! Il mio
migliore amico sarà famoso! Lo sapevo che sei un genio!
Manabe arrossí come un peperone. -Ma… Ma cosa
dici… non è niente di speciale… niente
di che! E poi lo faccio per i soldi… per noi…
L’arancione non lo lasció finire. Lo
abbracció strettissimo mugolando felice.
-È… è così fantastico!
Il lilla sorrise ancora più vergognoso. -Oh Min…
senza di te non so come farei, sai?
Nonostante le obiezioni di Manabe, Minaho non aveva voluto sentire
ragioni. Aveva praticamente costretto il suo migliore amico a mettersi
a letto.
-Devi riposare Man! Sei stato male… e poi sono quasi le tre!
Il lilla aveva provato ad opporsi, ma non c’era stato niente
da fare. Quando Minaho si impuntava su qualcosa era impossibile fargli
cambiare idea, e poi in fondo aveva ragione. Il giorno dopo dovevano
andare a scuola!
Inutile dire che il lilla chiese all’amico di rimanere a
dormire con lui. Non bisognava avere l’intuito geniale
dell’arancione per capire che il brutto sogno lo aveva
lasciato molto scosso. Manabe preferì tenerselo vicino.
Anche lui aveva diritto di riposare.
Ora era il lilla però a non riuscire a dormire. Si sentiva
così travolto dagli eventi… era agitato.
Guardò Minaho che dormiva felice… quanto gli
voleva bene… gli prese dolcemente la mano.
Mentre gliela massaggiava lentamente le sue dita caddero
sulla cicatrice che aveva sul polso. Quella volta che era
così disperato da aver provato ad uccidersi… il
lilla non poteva nemmeno pensarci. Sapeva però che le
più grandi cicatrici Minaho le aveva sul cuore.
Ora l'arancione era meno fragile. Per fortuna era sopravvissuto, e
aveva promesso al lilla che mai e poi mai avrebbe rifatto un gesto
simile. Si volevano troppo bene, e, nonostante tutto, insieme le loro
vite erano decisamente migliorate. Manabe ridacchió alla
vista della faccia di Minaho. Doveva stare sognando qualcosa di molto
buffo. Respirava tranquillo però… doveva essere
un bel sogno.
Affondò il viso nei capelli del suo migliore amico pensando
a cosa li aspettava. Ogni angoscia spariva quando erano
insieme… sorridendo, si addormentó.
La mattina dopo il clima era decisamente rigido. C’era il
sole, ma la notte aveva piovuto molto e le strade erano un aquitrino.
Minaho e Manabe, divisi tra il tentativo di evitare di farsi inondare
dalle macchine che passavano di gran carriera nelle pozzanghere e
quello di non affondare nel fango dei giardinetti, ringraziarono
sarcasticamente l’autobus perso perché passato
esageratamente in anticipo.
-E dobbiamo pure correre, perché quella strega di chimica
interroga alla prima ora! -Il lilla sbuffó sconsolato, con
una faccia buffissima. Manabe scoppiò a ridere.
-Tranquillo Min… la scuola non è lontana. Ce la
faremo senza dubbio… attento! Si scivola! -Il lilla aveva
afferrato per un braccio l’amico prima che cadesse in una
pozzanghera. -Probabilità al 59 per cento che uno di noi
cada in acqua, sigh!
L’arancione sospirò. -Speriamo bene…
Entrarono finalmente a scuola, in tempo ma fradici d’acqua
fino alle ginocchia. Si tolsero le giacche e le appesero nei loro
armadietti, quindi si sfilarono le scarpe inzuppate d’acqua.
Purtroppo dovettero tenersi i pantaloni bagnati… avevano
preso dalla borsa da calcio un paio di calzini asciutti, ma non
potevano presentarsi a lezione in pantaloncini corti!
La prima ora fu un incubo assoluto. La prof era entrata gorgheggiando,
segno inequivocabile di coscienza sporca, e aveva esclamato:
-Interrogazione a tappeto!
Inutile dire che la classe si era trasformata in una trincea, mentre
una pioggia di domande assassine pioveva a tradimento come granate a
frammentazione a destra, a sinistra, davanti e
dietro…
Fino ad allora la bancata di Minaho e Manabe era rimasta praticamente
al sicuro… era un brutto segno. L’arancione
guardò l’amico, e le occhiaie del lilla non
promettevano affatto bene.
Fu il vicepreside a salvarli. Entró a metà
lezione per discutere di collegi docenti, e la prof, che tutti sapevano
essere segretamente innamorata pazza dell’uomo, si sciolse
come neve al sole. Fra salamelecchi e paroline, gli ultimi venti minuti
passarono in un lampo con grande gioia della classe.
Finite le lezioni, i due ragazzi si diressero al campo al fiume.
Quel giorno Manabe sarebbe tornato a giocare, e l’allenatore
Endou per festeggiare aveva deciso di organizzare qualcosa di speciale.
Un’allenamento a squadre. Il campo al fiume era sembrato
immediatamente la location perfetta.
Arrivati salutarono i compagni di squadra. Erano tutti felici per il
ritorno del lilla, che arrossì come un pomodoro di fronte a
tanta gioia. Iniziarono a scaldarsi.
Rex, il figlio adottivo del mister, era venuto con il padre ad
assistere agli allenamenti. Quando vide Minaho e Mannabe corse ad
abbracciarli urlando di gioia. -Fratelloni! Che bello! Non vedo
l’ora di vedervi giocare!!
La partita fu splendida. Manabe e Minaho fecero miracoli e si
divertirono molto. Il lilla fu anche rassicurato da tutti. Il suo
rendimento non aveva risentito del periodo di allenamenti sospesi. Era
felice come un bambino.
Erano così felici che nemmeno quando si resero conto con
orrore di doversi infilare pantaloni, calzini e scarpe bagnate il loro
entusiasmo venne meno. Salutarono tutti e si diressero a casa. Quella
sera non ebbero nessuna avvisaglia di quanto stava per
succedere… cenarono felici e si guardarono un film, prima di
andare a letto. Fu al risveglio che si resero conto di qualcosa di
alquanto drammatico.
Era domenica mattina, dunque niente scuola. Minaho si
svegliò tutto allegro e scese in cucina a preparare la
colazione… era il suo turno. Si stupì quando vide
Manabe già seduto al tavolo, la testa tra le mani. Non si
era nemmeno cambiato… era scalzo e indossava il pigiama.
-Strano… -pensò Minaho.
-Man! Ma… perché sei già sveglio? Che
hai? -L’arancione era leggermente preoccupato.
Il lilla alzò gli occhi. Erano rossi… Minaho ebbe
una stretta al cuore. Doveva avere pianto.
-Min… -La voce del lilla era debole.
-È… è stata tutta colpa della pioggia
e di quei dannati vestiti bagnati! Io… penso…
penso di aver avuto un grosso calo di voce.
Minaho era sconvolto. Non è che gli importasse molto del
canto in quel momento, quanto piuttosto era terrorizzato al pensiero
che il suo amico avesse una ricaduta di polmonite.
-Tranquillo Min… sto benissimo! È solo
che… oggi dovevamo andare da Shindou… e ora come
facciamo? Se non prendo lezioni tra una settimana sarà un
disastro… io… non voglio che ridano di me!
L’arancione mise una mano sulla spalla dell’amico.
-Man… non preoccuparti. Basta che tu stia bene. Se il
problema è solo la voce… la soluzione
c’è! Ricordo benissimo di averlo letto su uno dei
tuoi libri… ne sono certo! C’è un
sistema che usano i più grandi cantanti quando sono
giù di voce… risolve subito il problema!
Aspettami in salotto… arrivo subito!
Manabe andò a sedersi sul divano, curiosissimo e un
po’ preoccupato. Minaho era sempre capace di spiazzarlo!
Chissà cosa stava preparando per lui…
Finalmente l’arancione comparve nel salotto con un bel piatto
tra le mani. Sopra, una semplice tartina spalmata di marmellata.
-Ecco qua Man… butta giù tutto!
Il lilla non capiva. Fissó il cibo sul piatto senza notare
nulla di strano. Era una piccolissima tartine, quasi un
cracker. Nulla di più. -Mh… posso fidarmi?
Minaho fece una faccia stupendamente brigantesca. -Ma ceeeeerto!
Il lilla non era affatto convinto, ma decise di provare a fidarsi.
Prese in mano il cibo e lo annusó… non aveva
proprio idea di cosa stava per mettere in bocca. Chiuse gli occhi, mise
la piccola tartina sulla lingua e iniziò a masticare. Nulla
di strano… marmellata di arance, la preferita di Minaho.
Fu proprio mentre stava per convincersi che non ci fosse nulla di
strano che lo percepí. Prima un leggero
pizzicore… poi una pazzesca esplosione di bruciore!
-Ma… Ma. .. che… che cosa…
hai… messo dentro… questo… pane! -Il
lilla boccheggiava con le lacrime agli occhi. -Ho… ho
la… la bocca in fiamme!
Minaho sorrise sornione. -Nieeeente… pane, la mia marmellata
preferita e… due cucchiai di polvere di peperoncino! Ti
avevo detto che avevo letto di un rimedio speciale! Vedrai che la voce
tornerà immediatamente!
Manabe era nel panico. -Tu… tu sei… sei pazzo!
Completamente pazzo! Sto… sto andando a fuoco!
-Eddai Man. .. Cosa vuoi che sia! È solo un po’ di
peperoncino!
Il lilla scattó in piedi e si fiondó in cucina,
scolandosi immediatamente una bottiglia d’acqua intera. Si
accasció su una sedia sospirando di sollievo. -Hai cercato
di uccidermi!
Minaho sorrise sornione. -Man, hai visto? Ti è tornata la
voce!
Manabe rimase interdetto. -È… è vero!
L’arancione lo abbracció. -Devi fidarti di
più di me… io so sempre cosa fare!
Manabe scoppió a ridere. -Hai ragione Min… sei
proprio un genio! Però… sappi che mi
vendicheró!
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Capitolo 5 *** Una panchina per due ***
Like a small boat
On the ocean
Sending big waves
Into motion
Like how a single word
Can make a heart open
I might only have one match
But I can make an explosion
Non si poteva certo dire che lo stratagemma di Minaho non avesse fatto
effetto.
Manabe, nonostante il colpo basso della tartina al peperoncino, aveva
recuperato perfettamente la voce. Che poteva chiedere di più?
Peccato che il primo utilizzo di quella voce fosse stato
l’interrogazione di inglese, altrimenti si sarebbe potuta
definire una mattinata tranquilla. Minaho e Manabe erano arrivati a
scuola in perfetto orario, anche grazie al sole che aveva asciugato le
strade. Ora i problemi dei due ragazzi erano altri… primo
fra tutti capire perché quella megera della prof di inglese,
felice di rispettare tutti gli stereotipi dei film di seconda serie,
pareva ignorare l’esistenza di file di banchi ulteriori alla
prima.
Minaho e Manabe, relegati lí da inizio anno, sapevano che
prima o poi sarebbe stato il loro turno. Ovviamente proprio la mattina
in cui si doveva portare tutto il programma del mese
trascorso… Manabe ringrazió la sua fortuna che
era stata così cortese con lui.
-Perlomeno non ti ha chiamato, Min… -Il lilla
sussurrò all’amico di pregare per lui. Sapeva che
l’inglese era l’unica materia in cui
l’arancione trovasse difficoltà, ed era
stoicamente contento di averlo coperto.
-Non parlarmi mai più di Oscar Wilde, o potrei svenire!
Manabe si teneva la testa tra le mani. L’interrogazione era
andata bene, ma non si era mai sentito tanto angosciato come davanti a
quella donna.
-Tranquillo Man… adesso abbiamo matematica! Sei contento?
Gli occhi del lilla si illuminarono. Quando poteva calcolare, era
felice come un bambino… un bambino che mastica matematica
complessa, però!
-Che bello! Non vedevo l’ora!
Minaho sospirò buffamente. -Non avevo dubbi…
Dopo le lezioni Minaho e Manabe erano tornati a casa per pranzare.
Minaho non si sentiva tanto bene… lo stress lo aveva
sfinito. Aveva un po’ di nausea e mal di testa. Il lilla lo
guardò preoccupato.
-Min… vuoi stare a casa oggi pomeriggio? Guarda che non
è un problema… così ti riposi! Io
posso andare anche da solo da Shindou… non mi
succederà nulla, prometto.
-Man, non esiste! E se avessi un’altra crisi di pianto?
-L’arancione scattò in piedi.
Il lilla si rabbuiò di colpo.
-È…è questo che pensi di me? Io
non… non sono così debole! Non… non lo
sono… non lo sono!
L’arancione si morse la lingua. Non voleva assolutamente dire
quello! -Man… io… scusami… non era
questo che volevo dire… anzi, non è proprio
questo il motivo a dire il vero. -mise una mano sulla spalla
dell’amico.
-E… e allora qual è? -Il lilla sembrava triste.
Minaho si detestò per avergli fatto male.
-Ecco… la… la verità… la
verità è che non voglio perdermi il mio migliore
amico che canta, ecco!
Manabe rimase spiazzato. Minaho era arrossito, segno inequivocabile di
sincerità. -D…davvero?
-Davvero. -Il ragazzo si girava i pollici, il capo basso.
Manabe si sciolse come neve al sole. -Oh Min… sei
così dolce! Guarda che io lo dicevo per te… non
voglio che ti venga la febbre! Se però ci tieni
così tanto…
L’arancione sfoderò i suoi più
luccicanti occhi da cucciolo. -Ci tengo taaaaanto…. -Manabe
scoppiò a ridere.
-E va bene! Va bene… vieni con me.
La lezione con Shindou era andata bene.
Manabe aveva imparato senza problemi le basi della scrittura musicale
già dalla volta precedente, e quindi aveva potuto
direttamente iniziare a cantare. Questa volta si erano dedicati alla
musica moderna, ripromettendosi di tornare alla classica due giorni
dopo, alla lezione successiva.
Inutile dire che Minaho aveva come sempre sommerso di attenzioni
l’amico, che si vergognava abbastanza a dire il vero. Quel
ragazzo lo viziava troppo! -Eddai Man… non sforzarti! Ci
penso io a toglierti la giacca!
Tornati a casa erano stati costretti ad accendere il riscaldamento. La
temperatura era calata molto con il tramonto, e le coperte in cui si
erano avvolti non li scaldavano abbastanza. Manabe non aveva
potuto non pensare alla bolletta che sarebbe arrivata… non
avevano abbastanza soldi.
-Senti Min… devo assolutamente trovare un lavoro.
Non… non arriviamo a fine mese. Nemmeno… nemmeno
a domenica prossima, con questo ritmo.
L’arancione spalancò gli occhi. -Siamo…
siamo messi così male? Io… io ho ancora qualche
soldo di quelli che mi aveva dato mia zia! Useremo quelli, no?
Il lilla sorrise, sospirando. -Min… non se ne parla. A parte
che so che sono pochi… li hai spesi quasi tutti in regali
per me, dannazione! Io invece non riesco a combinare niente.. guarda!
Faccio abbastanza pena come amico, temo.
Minaho abbassò lo sguardo. -Avevi… avevi promesso
che non avresti più detto queste cose. Lo… lo
avevi promesso, Man… perché non
capisci… perché non capisci che mi fai stare male!
L’arancione si alzò in piedi di scatto, gli occhi
accesi e i pugni stretti. Lo stress era venuto tutto a galla. Si diede
un pugno su una gamba, quindi uscì sbattendo la
porta… aveva sentito un singhiozzo salire in gola, e non
voleva che Manabe lo vedesse piangere.
Il lilla era rimasto senza parole.
Aveva parlato senza dare troppo peso a quello che diceva…
perché il suo amico aveva reagito così? In fondo
non aveva nessuna reale intenzione di fare la vittima… si
sentiva colpevole. Per colpa sua il suo migliore amico era scappato di
casa, in pigiama, con due gradi sotto zero... ed era calato il buio.
Si diede uno schiaffo. -Idiota! -Non c’era tempo da
perdere… si infilò di corsa scarpe e
giacca sul pigiama, e afferrò una coperta correndo
fuori di casa. La porta si richiuse sbattendo, mentre il lilla si
lanciava per strada.
La notte era silenziosa. Nel quartiere di Manabe il traffico era
limitato, e non c’era quasi nessuno in strada…
troppo freddo quella sera. Il lilla correva velocemente. Sapeva bene
dove andare… svoltò l’angolo e si
diresse ai giardinetti del quartiere.
Minaho era lì, tremante di freddo, il viso coperto di
lacrime.
Il lilla sapeva che si sarebbe rifugiato su quella panchina. Ci
andavano sempre insieme, ed era troppo freddo perché potesse
andare oltre. Ringraziò mentalmente il suo migliore amico,
che gli aveva insegnato l’attenzione per i particolari e
l’amore per le deduzioni. Corse verso il suo amico.
-Min! Min! Cosa…
L’arancione alzò gli occhi lucidi.
-Cosa… vattene! Non… non voglio vederti!
Non… non ne posso più di tutta questa storia!
Sto… sto male!!
Il lilla ignorò la pugnalata di dolore che gli aveva mozzato
il fiato. Non era il momento di essere debole.
-Minaho! Min… picchiami! Picchiami, forza! Fammi nero di
botte se mi odi, ma copriti prima di svenire per il freddo!
L’arancione tentò di sottrarsi alla mano del lilla
che era scattata verso di lui. -Lasc…
Manabe non parlò. Serró con le braccia il suo
migliore amico, tremando. Inizió a piangere silenziosamente,
senza singhiozzi plateali ma in un modo che spezzava il cuore. Minaho,
irrigidito, si rilassó. Ebbe una fitta alla coscienza.
Dolcemente, silenziosamente, fece scivolare una mano tra i capelli del
suo amico. Erano morbidi… non aveva mai fatto caso a quanto
fossero belli.
-Man?
Silenzio. Il lilla continuava a piangere.
-Man… io… -le parole gli si strozzarono in gola.
Non riusciva più a trattenere le lacrime.
Ricambiò l’abbraccio di Manabe.
Minaho si svegliò dolorante e intorpidito. Aveva un tremendo
mal di testa, non sentiva i piedi e gli sembrava di avere le orecchie
in fiamme. Non capiva dove si trovasse… albeggiava.
Spalancò gli occhi di colpo. Erano su una panchina! Come era
possibile che si fossero addormentati? Ricordava di stare piangendo...
L’arancione era ancora abbracciato al suo migliore amico.
Manabe aveva una faccia così triste nel sonno…
ebbe un’altra fitta di senso di colpa al ricordo della loro
lite. Lo accarezzò dolcemente.
-Man… Man, mi senti? Svegliati… oddio svegliati!
Il lilla faticava a sfuggire alle braccia del sonno. Era
così freddo, e lui era così debole…
aprì lentamente gli occhi, in tempo per vedere quelli verdi
di Minaho, terrorizzati e lucidi, fissi nei suoi.
-Min… c…cosa è successo?
L’arancione non riusciva a parlare…
-M…Man…
Il lilla sorrise dolcemente.
-P…perdonami…
Minaho sorrise… si abbracciarono stretti.
Tornarono a casa che il sole era già sorto. Erano
letteralmente congelati… Minaho si sentiva terribilmente in
colpa ed era terrorizzato al pensiero che Manabe potesse avere una
ricaduta di polmonite. Ancora non si spiegava come avesse fatto ad
addormentarsi.
Seduti sul bordo della vasca, i piedi immersi nell’acqua
calda, faticavano a trovare le parole.
-Man… senti Man… ho sbagliato ancora.
-Cosa dici… ho sbagliato io. Dovevo capire che non ce la
facevi più. Spero che potrai perdonarmi…
L’arancione sospirò. -Stessa cosa…
perdonami, amico mio.
Il lilla rise dolcemente. -Perdonato… ora
però… vorrei un altro abbraccio!
Manabe, travolto leggermente dagli eventi, aveva preso in mano la
situazione.
Dopo aver piazzato il suo migliore amico sul divano, ignorando le sue
suppliche di mettersi al caldo e dormire, dato che era lui quello ad
avere avuto la polmonite, lo aveva sommerso di coperte. Successivamente
era andato in cucina e aveva preparato un thermos di camomilla calda,
tornando poi in salotto con due tazze e un vassoio di biscotti.
-Mangia e bevi! Marsh! -Il lilla scoppiò a ridere.
Minaho sorrise e bevve un sorso di camomilla. -Buona! Sei bravo,
Man…
Il lilla sospirò. -Mi fa piacere che tu lo dica,
però…
-Però?
-Però, nonostante tutto, la preoccupazione per i soldi mi
rimane, Min. Non posso farci niente. Lo so che non vuoi sentirlo dire,
però penso che se fossi stato meno debole e non avessi
monopolizzato le tue attenzioni, non saremmo arrivati a questo punto.
L’arancione socchiuse gli occhi. -Man… Dove
sarebbe stata la tua debolezza? Quanti pensi che alla tua
età stiano passando quello che tu… che noi stiamo
passando? Dove sono le tue colpe? Di essere stato in pericolo di vita?
Di essere stato picchiato da un bullo? Di avere avuto una polmonite?
Allora anche io ho le mie! Se non avessi picchiato Kitama non sarei
andato in orfanotrofio! Se non fossi stato così idiota non
avrei cercato di uccidermi!
Manabe rimase spiazzato. -Tu… tu pensi che…
L’arancione lo strinse forte a sé. -Certo che lo
penso. Non ci sono colpe che tengano… dobbiamo stare
uniti, e passerà anche questa…
è una promessa.
-E va bene… oggi che si fa di bello? -Minaho
scrutó l’orologio. Erano già le nove di
mattina, e fuori c’era il sole. La temperatura era
decisamente risalita.
-Bhe… io vorrei andare avanti con il mio lavoro di
matematica. .. Ho quasi finito! Così magari domani, dopo
scuola, possiamo fare un salto da mio zio… e chiedere
qualche informazione. Lui saprà se abbiamo qualche
possibilità di trovare una rivista che pubblichi le mie
formule.
Minaho spalancò gli occhi. -Tuo… tuo zio?
Ma… Ma come possiamo…
Manabe capí. Sorrise e si sistemó gli occhiali
sul naso. -Tranquillo Min… mio zio non… non
è come papà e mamma. Lui… lui mi ha
sempre voluto bene… sono… sono sicuro che ci
aiuterà.
L’arancione sospirò. -Lo spero proprio…
ne… ne abbiamo bisogno. Tanto bisogno. E tu te lo meriti.
Meriti di vederti riconoscere le tue capacità.
Il lilla arrossí. -Lo… lo credi davvero, Min?
Minaho gli fece l’occhiolino. -Certo! E poi mi piace
l’idea di vedere il tuo nome su una rivista! Ti faranno la
pagina su Wikipedia!
Manabe rimase immobile un istante… il labbro prese a
tremargli. Un istante dopo rideva come un matto!
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Capitolo 6 *** Incontri scottanti ***
Con gran piacer ben mio
Sarem nipote e zio
E ognun lo crederà!
Dopo una mattinata passata all’insegna della matematica,
Manabe era molto affamato.
Chiuse il libro… davanti a lui una stesa di fogli scritti.
Era ad un passo solo dalla soluzione… ancora pochi
accomodamenti e il suo lavoro sarebbe stato pronto. Era felice e
spaventato allo stesso tempo.
Sospirò, si alzò in piedi e si
sgranchí. Il profumino che risaliva le scale faceva ben
sperare per il pranzo… doveva ammettere che, come cuoco,
Minaho era decisamente migliorato!
Si preparò per una bella scorpacciata ed uscì
dalla stanza molto di buon umore. Sentiva il suo amico canticchiare in
cucina, al piano terra. Sorrise tra sé e scese di corsa le
scale, facendo irruzione in cucina.
-Ehila Min! Che hai preparato di buono?
L’arancione si voltó sorridendo
sornione.-Vedrai… questo sarà il miglior pranzo
della tua vita! Ho fatto il sushi!
Manabe sorrise felice. -E Bravo Min! Così mi piaci!
Ma… il pesce? Sarà costato tantissimo!
-Tranquillo. .. Mentre lavorava è passato il mister. Ci ha
portato del pesce fresco, appena pescato e sanissimo. Diceva
di non voler dare strane idee alla moglie… ieri sera ha
preparato il pollo arrosto… Endou deve ancora riprendersi,
credo!
Manabe scoppiò a ridere. Si sentiva discretamente di buon
umore, al netto dell’ansia. Il tepore della cucina immersa
nella luce della tarda mattinata lo faceva sentire come in un nido
sicuro. Lo sguardo di Minaho, poi, illuminava tutto. Era
così facile per Manabe capire quando era felice…
era un libro aperto per lui.
-Bene allora! Che ne dici… facciamo onore alla tua cucina?
Il pranzo non era stato niente male, e il lilla se ne stava ora sul
divano insieme a Minaho, intorpiditi dalla digestione e infreddoliti, a
stringersi sotto una coperta troppo corta per entrambi.
-Man… Man, allora, come procede il tuo lavoro?
-Bhe… -Il lilla si grattó i capelli. -Diciamo che
sono quasi arrivato al mio obiettivo. Questo pomeriggio, se tutto va
bene, conto di arrivare fino in fondo.
-Ma… non hai paura di stancarti troppo? -Minaho lo
guardò preoccupato. -È tutta la mattina che
lavori… devi riposare…
Il lilla sospirò. -Min… ti ringrazio per le tue
premure ma… abbiamo tempo, per caso? Hai visto anche tu il
sacchetto dei soldi. Ne abbiamo per quanto… tre giorni?
Quattro? Abbiamo disperato bisogno di soldi, subito.
L’arancione strinse i denti. -Credo che… che tu
abbia ragione, Man. Il punto è che tu non puoi sforzarti
così tanto… sei stato male! Se non
riposi…
Manabe sorrise e fece con la mano cenno di non pensarci. -Sto benissimo
Min… benissimo.
Non c’era stato niente da fare. Il tempo di vedere una
puntata di un telefilm che seguivano da tempo, e non erano nemmeno le
due che Manabe era di nuovo al lavoro, chiuso in camera.
L’arancione, da parte sua, cercava di passare il tempo
rassettando la casa. I lavori domestici non erano mai stati il suo
forte… strano per uno che aveva una mente così
analitica e ordinata.
Raccolse da terra un paio di pantaloni e li piegò,
appoggiandoli poi sul corrimano delle scale. Caricó la
lavatrice di biancheria sua e di Manabe e ripulì il piano
della cucina dagli avanzi della preparazione del pesce. Accese il ferro
da stiro… non poteva sistemare i vestiti nei cassetti senza
stirare prima. Inizió a pensare.
Ricordava il padre… si chiedeva se sarebbe stato fiero di
lui. Poteva dire di essere indipendente? Forse no…
però combatteva, ed era felice ora. Felice con un vero
amico, quello che aveva sempre desiderato.
Aveva sempre visto i genitori come troppo perfetti, troppo alti per
lui. Li adorava, li stimava, ma non si sentiva mai alla loro altezza.
Ora, invece, per la prima volta, sentiva di stare gestendo la
sua vita in maniera produttiva. Stava lottando per un amico…
Sovrappensiero, appoggió per errore la mano sulla piastra
del ferro da stiro, cacciando un grido di dolore soffocato.
Mentre teneva la mano sotto il getto dell’acqua fredda, si
accorse di una lacrima che, contro la sua volontà, gli
scivolava sul viso. Si sentiva fragile.
-Ehi Min… ti sei fatto male?
La voce del lilla era comparsa all’improvviso alle sue
spalle, morbida e leggera. Minaho sussultó e si
asciugó gli occhi prima di voltarsi.
-M…Man… cosa… cosa ci fai qui?
Il lilla portò una mano dietro la nuca. -Ehm…
niente è che… ho… ho sentito un grido
soffocato e ho pensato che ti fossi fatto male, ecco…
L’arancione sospirò, pregando che non lo avesse
visto piangere. Lui voleva essere quello forte, un riferimento per
Manabe.
-Ah… capisco. No… niente di che… mi
sono solo scottato. Non… non è niente, credo.
Il lilla sospirò a sua volta. -Fammi vedere…
Prese dolcemente la mano dell’amico e gli aprì le
dita. Sul palmo una grossa scottatura rossa risaltava sulla pelle
candida. Minaho gemette di dolore quando il lilla la sfiorò
con le dita.
-Ok… non è grave. Vedrai che non ti verranno
vesciche… tranquillo, lo so che fa male. Aspettami
qui…
Minaho si stupiva sempre della voce calma con cui Manabe era in grado
di parlargli quando era necessario. Lo faceva sentire al sicuro, in
buone mani.
Tempo un minuto ed il lilla era di ritorno con un tubetto di
pomata. Lo aprì e ne pose una minima quantità su
indice e medio della mano destra.
-Ok Min... dammi la mano. Vedrai… sentirai solo un
po’ di bruciore.
Minaho appoggió dolorante la mano scottata sulla sinistra di
Manabe, con il palmo all’insù. Il lilla gli
sorrise come per scusarsi, quindi con la maggior delicatezza possibile
iniziò a spalmargli dolcemente la pomata
sull’ustione.
Minaho inizialmente sussultó per il dolore, ma poi il
sollievo fu immediato. Gemette mentre la pomata gli spegneva il
bruciore.
-Grazie al cielo hai subito interrotto il contatto… -Il
lilla sorrideva all’amico mentre gli soffiava lentamente sul
palmo della mano ustionata. -Vedrai che domani sarà tutto
passato… non è niente… non
è niente.
Minaho sorrise dolorante. Per fortuna Manabe non si era accorto della
sua angoscia… solo quello contava. Aveva dovuto fare un po'
di scena... ma ne era valsa la pena, pur di difendere il suo amico.
Il resto della giornata trascorse tranquillo, e Manabe
arrivò davvero vicino a concludere il suo lavoro. Tanto
vicino che, la mattina successiva, aveva gli occhi rossi dal sonno.
-Min… Min... penso… penso che ci siamo!
A scuola stettero ben poco attenti alle lezioni, vuoi per il sonno
(Minaho aveva fatto compagnia al suo amico tutta la notte) vuoi per
l’emozione di andare dallo zio di Manabe.
L’arancione era terrorizzato, anche se il suo amico gli aveva
garantito che non aveva niente a che fare con i suoi genitori.
Minaho non si era ancora liberato dei pensieri del giorno
prima… nelle poche ore di sonno quella notte aveva
addirittura sognato il padre.
All’ultima ora avevano una sostituzione… momento
splendido per ripassare i loro progetti, infatti nessuno faceva nulla e
i ragazzi giravano liberi per la classe.
-Ehila, bambini! -Era Kitama, il bulletto della classe. Poche settimane
prima aveva preso una bella lezione prima da Minaho, che lo aveva fatto
nero per aver osato toccare Manabe, quindi dal padre che era venuto a
sapere nel corso di un consiglio di istituto delle violenze che
perpetrava nei confronti dei compagni. Da allora non aveva
più alzato un dito, sostituendo alla violenza strafottenza e
sarcasmo.
-Che mi dite… ve ne state qui tutti soli soletti a parlare
del vostro amore?
Minaho si inviperí in un istante. -Cosa vorresti…
Manabe lo prese per il braccio. -Lascialo perdere Min… non
perdiamo tempo con lui. Abbiamo di meglio da fare, no?
L’arancione sbuffó. -Hai ragione…
Kitama, da par suo, non sembrava avere intenzione di smettere. -Quindi?
Quando vi darete un bel bacio davanti a tutti noi? Vi aspettiamo con
ansia!
Nessuna risposta. Manabe e Minaho lo ignoravo bellamente, cosa che lo
mandava letteralmente in bestia.
-Allora? Sapete? Sarebbe ora di scambiarsi l’anello!
Altrimenti come…
Mentre parlava, Kitama afferrò con violenza la mano di
Minaho, come a voler sottolineare le sue parole. L’arancione
urló di dolore. L’ustione fresca non aveva smesso
di fargli male tutta la notte.
Kitama si ritrasse di colpo. Aveva il terrore di fare del male a
Minaho… dopo quello che era successo, temeva di essere
espulso. E poi chi lo sentiva suo padre?
-Io… io non ho fatto nulla! Gli ho solo preso la mano,
dannazione!
Manabe, che aveva subito costretto Minaho ad aprire le dita e gli
premeva dolcemente un fazzoletto bagnato sull’ustione, gli
lanciò uno sguardo nero di rabbia.
-Sparisci, idiota.
Cinque minuti dopo Manabe e Minaho erano in infermieria.
Il lilla aveva praticamente costretto l’amico a seguirlo,
nonostante dicesse che non era nulla. I suoi gemiti di dolore dicevano
il contrario.
-Ooook… dammi la mano Min…
L’arancione aprì la mano e il lilla vi pose
delicamente sopra un sacchetto di ghiaccio. Minaho sospirò
di sollievo.
-Tienilo per un po’… ti calmerà il
bruciore.
Minaho annuì a testa bassa, uggiolando di dolore.
-G…grazie Man… non è davvero niente,
comunque.
-Lascia stare… lo capisco quando soffri. Se avessi accettato
di bendarti oggi la tua mano starebbe bene…
-Ma… lo sai che odio farmi vedere così in
pubblico… mi vergogno, ecco!
Manabe non trattenne una dolce risata. -Oh Min… non devi
vergognarti! E poi ti sei fatto male per una giusta causa…
aiutarmi nelle faccende di casa!
L’arancione sospirò. -Ero
sovrappensiero…
-Lo so, pensavi a tuo padre.
Minaho era rimasto paralizzato. -Co…come lo…
-Chiamala intuizione… -Manabe gli mise una mano sulla
spalla. -… oppure nascondi meglio il viso la prossima volta.
Hai la pelle troppo chiara perché non si vedano le lacrime,
sai?
Minaho sospirò. -Non ero triste… è
solo che… che…
-Che hai paura e ti senti inadeguato, proprio come me. Siamo fatti per
stare insieme, vedi?
Il lilla fece un sorriso talmente buffo che Minaho non
poté che scoppiare a ridere. Come si faceva ad essere tristi
con un amico così?
Le lezioni finirono poco dopo.
Manabe, dopo aver fatto lo zaino, si infilò il giacchetto e
guardò Minaho.
-Min… ascolta. Dobbiamo andare abbastanza spediti se
vogliamo essere di ritorno a scuola per le tre per poter prendere parte
agli allenamenti. Te la senti di correre?
L’arancione era tutto tranne che entusiasta di accelerare il
suo incontro con lo zio del lilla, ma poteva fare altrimenti? Non
voleva che perdessero l’allenamento… la domenica
successiva avevano l'ultima partita per le selezioni del torneo
nazionale... la finale del girone della prefettura. Vinto quello...
avrebbero avuto davanti le squadre più forti del paese!
-Va bene Man… che corsa sia, allora!
Un tiepido sole illuminava la città, mentre Minaho e Manabe
filava come fulmini verso uno dei quartieri più
benestanti del centro.
Intorno a loro ville sempre più lussuose, macchine sportive
e negozi di grandi firme. Niente a che vedere con il tranquillo
quartiere scolastico immerso nel verde del parco dove risiedevano loro.
Qui c’erano addirittura dei grattacieli!
-Ci siamo quasi Min… dobbiamo fare ancora due isolati!
-Manabe prese la mano dell’amico. Gli sembrava molto in
agitazione…
-O…ok Man. Ci…ci sono.
Gli ultimi duecento metri furono percorsi in un lampo, e i due ragazzi
si ritrovarono di fronte ad una villetta elegante, in mattone rosso.
L’arancione, che iniziava ad essere letteralmente
terrorizzato, cercava disperatamente un modo per ritardare
l’incontro. Era certo che tutti i parenti del lilla lo
odiassero, nessuno escluso.
-Man… ascolta… non è il caso
di…
Dlin dlon…. Il lilla aveva suonato il campanello, spiazzando
l’amico battuto sul tempo. Minaho sbiancó.
-Sì? -Una voce profonda risuonó nel citofono.
Manabe sorrise.
-Zio? Zio… sono Manabe! Sono qui con un amico…
abbiamo bisogno del tuo aiuto! Possiamo salire?
Ci fu un istante di silenzio.
-Ma certo! Venite pure ragazzi! Man… è da tanto
che non ti vedo!
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Capitolo 7 *** Un'ancora di speranza ***
Mio zio era allora nella
prima giovinezza: l’età in cui i sentimenti stanno
tutti in uno slancio confuso‚ non distinti ancora in male e
in bene; l’età in cui ogni nuova
esperienza‚ anche macabra e inumana‚ è
tutta trepida e calda d’amore per la vita.
(Il visconte
dimezzato)
Avvicinandosi alla casa lungo il vialetto, Minaho notava particolari
sempre nuovi.
Il giardino era straordinariamente curato ed incredibilmente ampio.
Sulla sua destra si apriva un laghetto tradizionale incorniciato da
alcuni ciliegi, sul quale un ponticello in legno rosato sembrava
offrire intimità e pace. A sinistra, invece, un gazebo
avvolto da rampicanti abbastanza spazioso da ospitare un tavolo e molte
sedie, nonché due divanetti.
La porta di casa era in quercia. Si vedeva che erano di fronte
all’abitazione di un uomo ricco.
Manabe afferrò il pomello e lo girò. La
serratura, già schiavata, scattò permettendo al
battente di aprirsi.
Minaho era letteralmente terrorizzato, ma non poté che
rimanere stupito. La casa, all’interno, fondeva in maniera
incredibile antico e moderno.
Le pareti erano in carta, e le porte nient’altro che pannelli
scorrevoli come nelle residenze tradizionali giapponesi…
Minaho ne aveva viste altre così. La cosa curiosa
però era che invece gli arredamenti erano quanto di
più moderno ci si poteva immaginare. Tutto, sui toni del
bianco e dei colori pastello, contributiva ad amplificare il mare di
luce che entrava da una grande parete vetrata che permetteva alla sala
di affacciarsi direttamente sulla parte più intima del
giardino, alla quale si poteva anche accedere attraverso una porta a
vetri.
La tecnologia era ovunque, e faceva da contraltare ai libri e alle
enciclopedie che affollavano le moderne librerie alle pareti.
Una voce risuonó dalle scale.
-Scendo subito! Devo finire di scrivere una cosa al
computer… accomodatevi pure nella sala e prendete un
biscotto… sono sul tavolo!
-Min… ma stai tremando?
Il lilla, seduto su un divano del salotto sul quale aveva costretto
anche il suo amico, sorrideva.
-N…no! Assolutamente. .. no!
Minaho era ancora più bianco del solito, e non sembrava
sentirsi tanto bene. Armeggiava con la mano sul colletto della divisa
scolastica come per allargarlo e non riusciva a tenere i piedi fermi.
-Min… guarda che mio zio non è come
papà… te l’ho detto! Hai visto che non
era nemmeno al processo? È da quando ero piccolo che cerca
di convincere suo fratello… cioè mio
padre… ad essere… ecco… diverso, con
me. Sai… lui è un importante psichiatra. Ha
lavorato anche per la famiglia imperiale.
-D…davvero? -Minaho si riscosse un istante dalla sua paura,
interessato.
-Certo! Ha prescritto dei farmaci all’imperatrice, dopo la
morte del primo figlio in un incidente stradale… ricordi?
Tre anni fa... ne hanno parlato tutti i giornali.
-S…si… ricordo! Papà diceva sempre che
non doveva essere stato solo un incidente.
-Ecco… vedi? Zio aiuta le persone, non le fa stare male
come… come… ecco, hai capito.
Minaho era rincuorato… anche se aveva ancora paura. Come era
possibile che nella famiglia di Manabe non ci fosse stato un minimo di
passaparola? Certamente il pregiudizio contro di lui era
all’ordine del giorno nei discorsi di quella gente…
Corse con lo sguardo alla scatola di biscotti sul tavolo. Costosa,
firmata da una pasticceria alla moda del centro. Niente foto alle
pareti se non quella di due ragazzi... uno circa della loro
età, l'alto decisamente più piccolo, vestiti
secondo la moda degli anni ottanta, e quella di un bambino appena nato.
Niente ragazze, né donne adulte, né
foto di famiglia… il cervello dell’arancione
elaborata i dati.
-Man… Man, tuo zio è single, vero?
Il lilla sorrise debolmente. -Sì. ..
cioè… diciamo di si. È
vedovo… mia zia è morta a venticinque anni. Erano
sposati solo da tre anni quando è successo… si
erano conosciuti all’Università. Lei…
lei è stata portata via da una di quelle malattie che aveva
deciso di studiare e curare… crudele, vero?
Minaho sussultó. -Oh Dio… mi dispiace…
non potevo immaginarlo… è…
è davvero triste.
L’arancione era arrossito. La confusione di quel momento gli
aveva impedito di sentire dei passi lungo il corridoio… la
porta scorrevole si aprì ed un uomo della stessa
età di Endou entrò in sala. Indossava una giacca
blu e sorrideva.
-Manabe! Era da così tanto tempo che non ti vedevo!
Perché non sei mai passato a trovarmi in questi mesi?
So… so cosa sta succedendo con tuo padre…
L’arancione era allibito.
-Questo… questo è… è
tuo…
-Mio zio? -Manabe sorrise. -Sì! Zio… ti presento
Minaho, l’amico di cui ti parlavo. Minaho… lui
è Manabe Terauchi, mio zio.
L’arancione fissava L’uomo, (o il ragazzo?) ad
occhi spalancati.
-M…ma…
-Min… perché fai quella faccia? -Il lilla
scoppiò a ridere. -Cosa ti aspettavi, Babbo Natale? Con
tanto di barba bianca? Zio ha solo ventisette anni! Forse dovevo
parlartene di più prima…
Minaho, allibito, finalmente si riscosse.
-Oh mio Dio… sono stato tremendamente maleducato! Mi. .. Mi
perdoni… io… io sono Minaho Kazuto,
l’amico di Man… avrà…
avrà sentito parlare di me, e niente affatto bene,
temo…
Il giovane sorrise. Minaho notó quanto assomigliasse a
Manabe… molto più del padre. Aveva capelli lilla
come quelli del nipote, anche se gli occhi erano neri, ed era cinque o
sei centimetri più alto. Se possibile, dimostrava ancora
meno degli anni che aveva.
-Tranquillo… sono uno psichiatra, so distinguere un
pettegolezzo interessato da una parola di verità…
è soprattutto so che mio fratello maggiore ha…
come dire… la tendenza a vedere le cose sotto una luce un
po’ troppo drammatica. Pensa… quando ero piccolo e
lui stava per prendere il diploma, tutti i giorni tornava a casa
imprecando e lamentandosi di quanta strada dovesse fare a
piedi… dalla fermata dell’autobus, in fondo alla
strada!
Minaho non poté evitare di sorridere.
Quell’aneddoto lo aveva messo a suo agio.
-Lei è… è così…
giovane! È vero che… che ha già
pubblicato relazioni su importanti riviste scientifiche?
-L’arancione si morse la lingua. Dannata curiosità!
Il giovane rise e guardò Manabe. -Man… hai
già raccontato tutta la mia vita a questo bel ragazzo?
Comunque si… -si rivolse a Minaho con gentilezza.
-… ho già pubblicato alcune cose. Diciamo
che… ho avuto una carriera lampo. Ho avuto la fortuna di
incontrare le persone giuste, credo, e mi hanno saputo
valorizzare. Comunque… non parliamo di me!
Ditemi… perché siete qui? Vi serve un aiuto di
qualche tipo? So che la situazione tra voi, mio fratello e mia cognata
non è rosea… però non posso dire di
condividere le loro motivazioni. Man… io c’ero. So
quanto hai sofferto per le loro pretese e so in quale isolamento ti
hanno lasciato per tutta la tua infanzia.
Minaho si sentiva la testa in fiamme. Un po’ per
l’ansia, un po’ per la sorpresa… non
capiva più nulla.
-Ma allora perché non avete fatto nulla per aiutarlo,
dannazione? Perché avete lasciato che soffrisse
così?
L’urlo era partito senza che Minaho potesse fermarlo. -Dio,
ho fatto una cazzata… -Pensò.
Manabe era sbiancato. -Ehm… Min… forse non era il
caso, non trovi? Non è stata colpa sua…
Il medico sorrise ancora. -No Man… ha pienamente ragione.
Lascia che gli risponda. -Si voltó verso
L’arancione e gli mise una mano sulla spalla. Minaho
sussultó. Quel ragazzo aveva qualcosa di…
particolare.
-Vedi… io vedevo quello che succedeva e lo
capivo… forse troppo. Ho finito
l’università con due anni d’anticipo
grazie a questa mia capacità di leggere nella psiche degli
altri, sai? Dicevo… vedevo la sofferenza di Manabe, e la
cecità di mio fratello che non capiva quanto suo figlio
stesse male. Avrei fatto qualunque cosa per intervenire ma…
avevo meno di vent’anni, Minaho. Pensi che mi
avrebbero dato retta? Mio fratello aveva dieci anni in più
di me, una moglie in carriera e una professione prestigiosa, io ero uno
studente che, geniale o meno, sopravviveva con i soldi dei genitori e
con quanto messo da parte facendo vari lavoretti. L’unica
cosa che potevo fare era prendere Manabe con me ogni volta che mi era
concesso, e portarlo a giocare al parco, o in biblioteca. Dio, quanto
amava i libri… fin da piccolissimo. Dicevo a tutti che fosse
il mio fratellino… ero così fiero di lui!
Minaho sorrise debolmente. -Mi… mi perdoni se
può. Avrò confermato le maldicenze nei miei
confronti, con questa mia frase idiota. Mi… mi perdoni!
-No, tranquillo. -Il giovane prese un biscotto dalla scatola sul
tavolino. -Anzi… non solo hai smentito le tesi di mio
fratello, ma hai confermato le mie. Vuoi bene al mio nipotino. Solo
questo conta. Sei un ragazzo curioso, molto interessante. Mi piaci, sai?
Minaho arrossí come un pomodoro. -Io… io
non… non so cosa…
Manabe scoppiò a ridere. -Min… che ti avevo
detto? Non è fantastico?
L’arancione iniziò finalmente a rilassarsi.
Riprese un minimo di colore e sentì la tensione sciogliersi.
-Ma… quindi? -Il medico sorrise mentre offriva i biscotti ai
ragazzi. -Ditemi… perché siete venuti? Chiedetemi
qualunque cosa… farei di tutto per Manabe e i suoi amici!
Il lilla sospirò. -Zio… sai che mamma e
papà mi hanno bloccato i fondi, vero? Abbiamo bisogno di
denaro, oppure tutto il castello crollerà, e i giudici non
mi daranno l’emancipazione.
-Certo… capisco. Ho letto le carte processuali.
Manabe prese un biscotto. -Dunque saprai della nostra situazione.
Ebbene… ho lavorato tanto, in questi mesi, a un progetto
speciale. Matematica complessa… tu mi capisci. Ora ho in
mano un bel malloppo di appunti, e delle formule
nuove… che forse non sono malaccio. Ci
chiedevamo… tu potresti darci l’indirizzo email, o
il numero di telefono di qualcuna delle riviste scientifiche con cui
hai collaborato? Se potessi… se potessi vendere queste carte
magari potremmo tirare avanti un po’ di
più… fino a che non troveremo un lavoro che ci
permetta di sostenerci.
L’uomo spalancò gli occhi. -Certo
ragazzi… certamente vi darò quello che mi
chiedete ma… non sarebbe meglio se vi facessi direttamente
un prestito?
Manabe si alzò in piedi. -Zio, non se ne parla!
Non… non posso chiederti tanto, e poi così non
dimostreremmo affatto di essere indipendenti, lo capisci vero?
L’uomo sospirò. -Purtroppo sì
… aspettate qui, torno subito.
L’uomo si alzò ed uscì dalla stanza.
Minaho e Manabe si guardarono sorridendo debolmente. -Min…
ora sei tranquillo?
L’arancione annuì. -Sì…
è… è simpatico. Non sembra
vedovo… è così allegro!
-Sai Min… ci sono dolori che rimangono sepolti molto
più in profondità del colore degli occhi, e della
luce del sorriso.
Pochi minuti dopo il giovane rientrò in sala.
-Ecco qua ragazzi… private a sentire con questi numeri e con
queste email... Sono tutte riviste nazionali molto importanti, tranne
questa… questa è internazionale. Roba davvero
grossa… ma mi sembrava il caso di passarvela comunque, io ho
fiducia in voi! -Fece l’occhiolino ai ragazzi.
-Piuttosto… state molto attenti. Quella gente non sempre
è disinteressata. Mi raccomando Man… fai sempre
il mio nome così che sappiano che non sei scoperto, e non
accettare nulla se non ti offrono un contratto scritto e se non ti
garantiscono che il tuo nome comparirà in tutti i fogli
necessari. Quella roba è tua, Man. Tua e di nessun altro.
Il lilla era commosso. -Zio… zio, ti ringraziamo
infinitamente! Senti… perché non vieni a cena da
noi, domani sera? Vorrei che tu e Minaho vi conoscesse
meglio… e che tu possa conoscere i nostri amici! Min, tu che
ne dici?
L’arancione sorrise, finalmente rassicurato. -Certamente!
È una splendida idea! Accetti, la prego!
Il giovane scoppiò a ridere. -Davvero? Perché no?
Però tu devi farmi una promessa…
Minaho sussultò. -Io?
-Sì… proprio tu! Ti prego, dammi del tu! Mi fai
sentire vecchio!
Ci fu silenzio per un attimo… quindi scoppiarono tutti a
ridere!
Di ritorno a casa, Minaho e Manabe parlavano allegramente. Le cose
erano andate nel migliore dei modi.
-Man… tuo zio è fantastico! È
così… così particolare! E
giovane…
Il lilla sorrise. -Lo so… quando sono nato aveva solo undici
anni, ci pensi? Ho dei bellissimi ricordi di lui… era
l’unico con cui giocavo, da piccolo.
Minaho sorrise tristemente. -Man… non posso dire che sia
allegra questa cosa, lo sai… cioè, è
dolce, però è dannatamente triste.
Manabe sospirò. -Lo so.
La giornata seguente sarebbe stata particolarmente pesante, Manabe lo
sapeva.
Avevano un compito di inglese, avevano l’allenamento per la
partita di domenica che si avvicinava, la lezione con Shindou e la cena
da preparare. Lui e Minaho avevano deciso di invitare, oltre allo zio
del lilla, anche Endou, Rex e, se lo avesse voluto, Shindou stesso.
Nemmeno lui sapeva spiegarsi il perché, ma voleva che suo
zio vedesse la sua nuova vita.
Ma allora… se il lilla sapeva di avere davanti a
sé una giornata così piena, perché non
riusciva a chiudere occhio?
Pensò che si trattasse semplicemente di ansia. Oramai era
così abituato ai suoi effetti da non stupirsi nemmeno
più. Il fatto era che il problema denaro proprio non
riusciva a toglierselo dalla testa.
Certo, aveva i numeri di telefono delle redazioni di tutte quelle
riviste, e lui e Minaho avevano deciso di svegliarsi presto la mattina
dopo per inviare un mucchio di email, ma gli sembrava una soluzione
improbabile e lenta. Loro avevano bisogno di denaro subito…
facendo la spesa, prima di cena, aveva dato fondo ai suoi risparmi. Ora
i pochi yen che gli rimanevano erano a malapena sufficienti per tirare
avanti due, al massimo tre giorni. Non si era mai posto il problema di
non avere soldi per mangiare… era una sensazione strana, per
chi era figlio di milionari. Incredibilmente però preferiva
mille volte non avere il cibo, piuttosto che non avete Minaho.
Doveva prendere delle decisioni… il giorno seguente, non
oltre. Non poteva più temporeggiare e lo sapeva.
Ebbe un tremendo attacco di malinconia. Odiava sentirsi sempre
così debole… proprio mentre Minaho invece era
così volitivo, così certo è
così acuto. Non sarebbe mai stato come lui, pensó.
Scese dal letto. Tanto valeva andare a farsi una camomilla, visto che
non riusciva a dormire in nessun modo, si disse. Rabbrividí
al contatto con il pavimento gelido.
Aprì la porta della stanza e si tuffó nel buio
del corridoio, alla ricerca dell’interruttore della luce.
Andando alla cieca sentì qualcosa muoversi alle sue spalle.
Qualcosa che lentamente si avvicinava… e lo abbracciava con
delicatezza!
Manabe saltò come una molla, con un urletto alquanto buffo.
-Man!! Man sono io! Tranquillo! -Minaho emerse dal buio sorridendo. -Ti
ho sentito muovere e volevo assicurarmi che stessi bene…
immaginavo che non riuscissi a dormire.
Il lilla sospirò. -Già… stavo andando
a fare qualcosa di caldo da bere.
-Man… so io cosa ti serve. Altro che camomilla…
dai, prendi una coperta e vieni in camera da me, tu faccio spazio,
razza di panda furbetto!
Manabe sorrise dolcemente. Minaho sapeva sempre cosa fare, in qualunque
circostanza, e riusciva sempre a dire la parola giusta al momento
giusto.
-G… grazie…
-Non mi ringraziare! Piuttosto preparati… camera mia non
è prooooprio in ordine, sai?
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Capitolo 8 *** At work ***
Di quella pira
l’orrendo foco
Tutte le fibre m’arse, avvampò!
Il sole, sorgendo silenzioso e violando la notte come un amante
impaziente, si infiltrava tra le persiane socchiuse della stanza di
Minaho.
Il ragazzo era già sveglio da un po’, e pensava
tranquillamente mentre Manabe gli dormiva al fianco. Pensava al
padre, pensava al destino, e, ben più banalmente,
pensava a quanta poca voglia aveva di andare a scuola!
Sospirò. Era ora di svegliare Manabe… dovevano
mandare le email alle redazioni prima di andare a scuola, e
ciò significava levataccia mezz’ora prima del
solito. Inoltre non si poteva dire che la sera prima, stante
l’insonnia del lilla, avessero riposato più di
tanto…
L’arancione ridacchió tra sé e
sé. Manabe valeva bene un po’ di sonno
perduto… Manabe valeva troppo, per dirlo a parole.
Si girò lentamente verso di lui. Il lilla dormiva beato,
sorridendo.
-Man… ehi Man! È ora di alzarsi…
purtroppo!
Il lilla spalancò gli occhi. Minaho fu colpito da quando
erano belli. Profondi e intelligenti, del colore delle viole.
-Sigh… di già? Mi sembra di avere appena chiuso
gli occhi…
-E aspetta di assaggiare i miei pancake, Man… solo allora
potrai davvero rimpiangere di esserti svegliato così presto!
Ridendo, i due ragazzi fecero i turni per la doccia, quindi scesero al
piano terra. Era una mattina molto luminosa… non
servì accendere le luci. L’arancione si diresse in
cucina, mentre il lilla accendeva il computer. Era un regalo di
Shindou… ancora ricordava con piacere la festa a sorpresa
che gli avevano organizzato.
-Bene Min… -Manabe alzò la voce per farsi sentire
dell’amico nella stanza a fianco. -Io preparo una
bozza… prima di spedire però voglio il tuo parere!
L’arancione, intento a spadellare felice, sorrise tra
sé e sé.
-Va bene Man… grazie per la fiducia!
Manabe masticava un pancake (non male, a dire il vero) con
discreto impegno, nel momento in cui Minaho finalmente finì
di leggere il testo dell’email che Manabe aveva preparato.
-Man… ma è perfetta! Non potranno dire di no, ad
una cosa così! Hai detto tutto, ma il tuo tono di mistero di
certo li invoglierà a rispondere per saperne di
più … ne sono sicuro!
Il lilla ridacchió. -Tono… di mistero?
Okkey…
Da lì a premere, emozionati, il tasto “invia a
tutti i destinatari” il passo fu breve.
-Bene Man… quel che è fatto è fatto.
Ora, se non ti dispiace… avrei bisogno della tua presenza in
cucina, amico mio… la mia buonissima, e sottolineo
buonissima colazione si sta raffreddando!
Colazione, divisa scolastica, scarpe, vialetto, autobus, banco vicino a
Minaho… le mattinate di Manabe oramai erano diventate
rilassanti nella loro ripetitività. Del resto, con tutto
quello che stava succedendo, era proprio la sicurezza
dell’arancione al suo fianco che permetteva al lilla di
resistere.
Fatta eccezione per il compito di inglese, la mattinata non fu
devastante. Avevano matematica, scienze e ginnastica… Minaho
era sempre entusiasta di fare attività fisica…
per non parlare poi delle facce dei loro compagni, quando
avevano visto Manabe prendere dieci pure lí! Il calcio dava
i suoi risultati… e ai due ragazzi poco importava dei pareri
di quegli ipocriti.
Finite le lezioni… allenamenti! Manabe e Minaho fecero
appena in tempo a cambiarsi, che i loro compagni già li
aspettavano in mezzo al campo. Erano tutti emozionati per la partita
imminente… soprattutto Tenma, che saltellava come un
coniglio per il campo!
-Passa! Man… cerca di essere più svelto nei
movimenti, ok?
Quel giorno la regia di Shindou era particolarmente nervosa.
L’emozione per la gara di domenica era forte, e tutti
giocavano con il massimo impegno.
-O…ok… perdonami! -Manabe si sentiva confuso.
Troppe cose gli ballavano in testa… felicità e
rabbia, stress ed energia insieme. Si scosse… doveva dare
del suo meglio. Era così stanco… il poco sonno,
lo stress, il compito di matematica, gli allenamenti… si
sentiva vuoto. Per fortuna che c’era Minaho vicino a
lui… Minaho e il suo sorriso, Minaho e la sua voce fresca ma
avvolgente, Minaho e i suoi occhi che lo seguivano sempre, brillando
quando incrociavano i suoi.
Sospirò rinfrancato, tornando a concentrarsi sul gioco.
Due ore e mezza di allenamento avrebbero annientato chiunque, e Manabe
e Minaho non erano da meno. Nello spogliatoio parlavano con i compagni
delle tattiche e dei miglioramenti che dovevano fare ancora prima della
partita di domenica, cercando nel contempo di riprendere un minimo di
fiato. Minaho era entusiasta dei progressi della squadra, e quel giorno
si era sentito vicino a creare una nuova supertecnica…
-Chissà! -Pensò.
Era davvero emozionato, e non poteva che eccitarsi ancora di
più vedendo la gioia dei suoi amici. Solo Manabe sembrava
strano. Era incantato su una panca, in mutande e con un calzino in
mano, lo sguardo perso nel vuoto.
-Man… ehi, Man! Man, va tutto bene? Mi sembri
strano…
Il lilla si riscosse di colpo. -Eh? Cos… oh Min,
scusa… ero sovrappensiero. È stata…
è stata una bella partita.
Un’ora dopo i ragazzi erano a casa di Shindou per la lezione
di Manabe. Giusto il tempo di tornare a casa per farsi una doccia, ed
erano già alla meta.
Manabe, in piedi vicino al pianoforte, non sapeva quasi nemmeno dove
fosse tanto era stanco e confuso. Come se non bastasse quel giorno era
il turno della lirica. Il lilla adorava cantare la musica classica, ma
richiedeva molto più sforzo e fiato che la
moderna… non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
-Allora Man… che ne dici di provare un Verdi? Ad
esempio… “Il Trovatore”? Secondo me la
tua voce sarebbe perfetta per la famosissima “Di quella
pira”… L’aria del protagonista, hai
presente? Certo… è difficilotta,
però…
Manabe si sentì male. Cosa gli stavano chiedendo di fare?
No… non era possibile. Non QUELLA romanza… era
troppo! Inoltre si sentiva lo sguardo di Minaho sul collo…
L’arancione doveva aver capito che qualcosa non andava in lui
quel pomeriggio… impossibile mentire o nascondere qualcosa
ad un detective come lui.
Il lilla provó a concentrarsi sulla luce del primo
pomeriggio, che entrava dalla grande parete vetrata. Aveva bisogno di
rilassarsi… quelle vampe di calore che lo scuotevano dalle
piante dei piedi alle punte dei capelli non promettevano niente di
buono.
Incurante dei problemi del ragazzo lilla, il pianoforte
attaccó con tutta la potenza della grande aria verdiana.
Manabe ricordava la scena… il castello,
l’assedio, il rogo della zingara… era
un’opera che lo faceva sempre piangere… non lo
avrebbe mai ammesso davanti a Minaho, ma gli faceva venire troppa
voglia di abbracciare la madre, e quando ricordava che non era
possibile… lacrime.
Shindou interpretava benissimo la solennità del momento. Il
do maggiore riempiva l’aria con la sua
grandiosità, mentre l’attacco del cantante si
avvicinava pericolosamente… Manabe sentì gocce di
sudore scendergli sulla fronte. Si preparò, stringendo i
denti.
Di quella pira
L’orrendo foco…
Caldo, caldo, ronzio nelle orecchie. Cosa stava succedendo?
…tutte le fibre
M’arse, avvampò!
Minaho era preoccupato… perché il suo amico
barcollava? Era dalla mattina che gli sembrava strano…
qualcosa non andava.
Empi spegnetelo,
o io tra poco…
Perché Manabe sentiva la testa pulsare? Qualcosa non
andava… era così stanco…
Col sangue vostro…
La gola si chiuse, strozzando la voce. Manabe vide lucciole davanti
agli occhi… e poi fu tutto buio.
Rumori, urla e luce… luce a sprazzi davanti agli occhi.
-Man! Oddio Man!! Rispondimi!!
-Min… stai tranquillo… stai tranquillo! Vedrai
che adesso si sveglia… insomma!! Aiutateci!!!
Manabe si sentiva così calmo… qualcuno gli
massaggiava dolcemente la mano. Percepí dei passi concitati
entrare in sala e delle braccia sollevarlo…
percepì contro la guancia la seta di una divisa…
un cameriere? Dove si trovava?
-M…Man… ti prego…
Manabe aprì lentamente gli occhi. Era mattina?
Perché si trovava nel letto?
Si guardò intorno. Camera sua… eppure non gli
sembrava di aver così tanti cuscini... e perché
la finestra era dalla parte sbagliata? Stava ancora sognando?
-M…Min? Min… ci sei anche tu?
-Man!! Oddio Man sei sveglio! Sei rimasto svenuto quasi dieci
minuti… ho avuto così paura!
Finalmente la mente del lilla si snebbiò. Quella non era
camera sua! Era nel letto di Shindou! Era svenuto durante la lezione di
canto. Ora però si sentiva molto meglio… era
stata colpa dello stress.
-Min… sto bene, giuro. Ora sto bene… non
preoccuparti. Scusami… non volevo farvi preoccupare.
L’arancione sorrise debolmente, tenendo la mano
dell’amico. -Non preoccuparti… ho… ho
solo avuto paura che… che il tuo cuore… il tuo
cuore… di…di nuovo…
L’arancione scoppiò a piangere. Manabe rimase per
un attimo senza parole… cosa stava succedendo? Di colpo
capì.
-Min! Min, mi guardi? Il mio cuore va benissimo! Ricordi cosa ha detto
il dottore? Ora va bene… era solo stanchezza…
credimi! È stata una giornata dura…
L’arancione singhiozzava con il volto affondato nel braccio.
-S… scusa è… è
che… io… io non…
Manabe abbracció l’amico. -Lo so.
Tranquillo… lo so.
Erano le quattro passate quando Minaho e Manabe misero piede a casa.
Shindou aveva insistito affinché Manabe rimanesse almeno una
mezz’oretta steso sul suo letto, a sorseggiare una tisana.
Ora il lilla stava bene… la confusione era passata del
tutto. Rimaneva altro, però… rimaneva la rabbia.
Rabbia per la sua debolezza e per i suoi fallimenti. Aveva perso
l’occasione di fare quello che voleva fare… il suo
progetto segreto per quel pomeriggio. Voleva sgattaiolare alla ricerca
di un lavoro… sapeva che Minaho se lo avesse saputo non
glielo avrebbe permesso… l’unica
possibilità era uscire con una scusa.
-Min… ascolta… devo assolutamente tornare a
scuola. Ho lasciato lì… ecco…
i… giusto! I miei fogli di appunti di matematica…
senza non posso lavorare! Ci metterò poco…
-Man… ma… sei sicuro? Sei svenuto, poco fa!
No… andrò io.
-NO! Ehm… cioè… non è il
caso! Ho bisogno di prendere una boccata d’aria…
L’arancione trattenne dentro di sé ciò
che realmente pensava. Non voleva dare un dispiacere a
Manabe… doveva provare a fidarsi.
-O…ok Man… stai attento, però.
Manabe era in strada.
Aveva corso fin oltre il fiume, verso il quartiere dei ristoranti. Era
certo che avrebbe trovato lì ciò che cercava.
Inizió a provarli tutti. .. Aveva poco tempo. Si
trovò a supplicare per un lavoro. Si vergognava, ma sapeva
di doverlo fare.
Evitando con attenzione i locali che sapeva frequentati da amici dei
genitori, finì per trovare un bar – ristorante che
faceva cucina tradizionale. Il proprietario era un uomo anziano sulla
settantina, che ascoltò con attenzione il fiume di parole
del lilla, annuendo seriamente.
-Ecco… in effetti avrei bisogno di un cameriere. Il problema
è che tu mi poni tante condizioni… puoi lavorare
solo tre giorni su sette per colpa degli allenamenti, per di
più solo il pomeriggio! E come se non bastasse mi chiedi una
settimana di stipendio in anticipo… io ti credo quando dici
che hai disperato bisogno di soldi, però…
-Nonno, a me il ragazzo piace. Penso che dovresti assumerlo.
A parlare era stato un ragazzo alto, dai capelli blu.
Sorrideva… assomigliava vagamente a Tenma.
-Oh! Ragazzo… lascia che ti presenti il mio miglior
dipendente! In realtà non sono suo nonno… ma
è cresciuto praticamente dentro questo ristorante! Si chiama
Hayato… Matatagi Hayato.
Manabe era sconvolto ed entusiasta.
Non si capacitava di come le cose si fossero sistemate. Quel
ragazzo… Matatagi… lo aveva fatto assumere! Non
poteva ancora crederci… avrebbe iniziato il giorno dopo. E
come se non bastasse… aveva un bel sacchetto di yen in
tasca! Prima settimana di stipendio… sembrava un sogno! Non
era nemmeno una miseria, a dire il vero… lo avrebbero pagato
discretamente.
Volò a casa sulle ali dell’entusiasmo ed
entrò come un fulmine, travolgendo Minaho.
-Man… ma… ma che…
-Oh Min… stai a sentire che novità che ho!!
|
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Capitolo 9 *** Piccolo incidente ***
Andiam, andiam,
andiam a lavorar!
Manabe aveva raccontato tutto, senza omettere nulla. Era
così felice… aveva un lavoro che si adattava alle
loro necessità! Sembrava un miracolo… proprio
quando stavano finendo i soldi!
-Man… perché l’hai fatto?
Il lilla si immobilizzó. -Ma… io… io
pensavo che…
-Ti avevo detto che non avresti dovuto faticare… che avrei
lavorato io… sei ancora troppo debole Man!
-Io… volevo solo… anche tu hai diritto ad avere
tempo libero… io…
Il lilla sospirò. -Man… non se ne parla. Tu non
puoi faticare.
Manabe esplose.
Non seppe nemmeno lui perché. Forse lo stress, forse la
rabbia… esplose.
-Ma insomma!! Dannazione, basta dirmi cosa devo fare!! Basta! Non ne
avete il diritto!! Non hai il diritto di decidere della mia vita!!
Urlava. Lui, che non alzava mai la voce, urlava a gola spiegata, gli
occhi accesi. Minaho era spiazzato.
-Man… io…
-BASTA!! -Manabe era infuriato. Diede un calcio tremendo al tavolino,
ribaltandolo e facendosi un male terribile al piede destro. Un
portapenne si rovesció sul tappeto mentre il lilla si
inginocchiava a terra, il piede tra le mani, piangendo di frustrazione
e dolore.
-Manabe… mi ascolti, per favore? Manabe… hai
pienamente ragione, sai? Ho sbagliato. Ho totalmente sbagliato a dirti
cosa dovevi fare. Solo che.. credevo di proteggerti, capisci?
Proteggendo te proteggo me… senza di te io non vado avanti,
lo sai.
La voce pacata dell’arancione aprì una breccia nel
cuore del lilla. Aveva esagerato, se ne rese perfettamente conto mentre
il piede gli lanciava fitte di dolore lancinante al cervello. La volta
successiva in cui avesse voluto lasciare che i suoi nervi si
esprimessero in maniera così violenta, pensó che
fosse il caso di verificare di avere le scarpe, perlomeno.
-Min… ho… ho fatto una grossa cazzata.
Manabe era seduto sul divano, i capelli spettinati e il piede su una
busta di surgelati. Era tanto calmo quanto poco prima era stato
furioso. Si sentiva terribilmente in colpa, e avere le dita di un piede
praticamente paralizzate certo non aiutava il suo umore.
-Minaho gli si avvicinò sorridendo debolmente.
-Min… scusa… ho… ho detto delle cose
indegne. Vergognose.
-Tranquillo. Tranquillo… in fondo avevi ragione.
Aspetta… lascia che ti faccia un massaggio al piede.
Minaho si inginocchió davanti all’amico e gli
prese delicatamente il piede. Gli sfilò il calzino e inizió a massaggiarlo
dolcemente, cercando di sciogliergli i muscoli. -Ok Man…
rilassati, altrimenti non riesco a darti un po’di sollievo ai piedi.
-Min… grazie. Sei bravo. Ne... ne ho proprio bisogno... – Il lilla gemette mentre
Minaho, con leggere pressioni dei pollici sotto la pianta del piede, gli scioglieva una contrattura.
-Ho avuto un ottimo insegnante… ricordi? Hai fatto lo stesso
massaggio a me, quando ci siamo conosciuti. Avevo avuto un brutto
incontro con un gradino… piede destro anche io, se non erro!
Manabe sorrise. Ricordava i suoi primi giorni con Minaho… la
sua vita era cambiata in meglio in così poche
ore… aveva rischiato di rovinare tutto.
-Minaho Kazuto, ascoltami bene. Io qui presente Manabe Jinichirou
ammetto di essere stato un grosso, grasso, eccellente ed
emerito… stronzo.
Minaho si fermò. -Tu… -Scoppiò a
ridere come un matto. -Ma va… era più che giusto
che ti arrabbiassi! Guarda… abbiamo già fatto
pace… non pensarci più! Piuttosto…
come va il tuo povero piede?
-Beeeenissimo... Ti ringrazio. Se non ci foste stati tu e le tue mani, penso che
starei ancora saltellando per la stanza.
L’arancione sorrise. -Beh… sarebbe una scena molto
buffa! A parte gli scherzi... poveretto, hai preso una bella
botta…sei tutto irrigidito... non riesco a piegarti le dita! È una fortuna che non ti sia rotto nulla.
Tieni duro...
L’arancione era felice… niente di rotto, sembrava.
Si concentrò sui muscoli dell’amico. I gemiti di
dolore di Manabe non gli piacevano affatto.
A cena mangiarono riso bollito… più un bel gelato
pagato con i soldi del primo stipendio di Manabe, quello anticipato. I
loro ospiti parteciparono ad un clima che si poteva dire entusiastico,
e lo zio di Manabe fu lieto di conoscere Endou, Rex e Shindou.
-Sai Man… forse ti avevo giudicato male! Tu portami un
gelato così tutte le sere… e penso che potrei
anche accettare questo tuo nuovo lavoro! -Minaho sorrise furbescamente.
Manabe rise. Erano felici. Fu una bella serata, ed andarono a letto
ancora con il sorriso sulle labbra, pronti finalmente a riposare
qualche ora in vista di una giornata scolastica niente affatto leggera!
La mattina seguente, Minaho si alzò per primo.
Sceso per preparare la colazione, si accorse che Manabe ronfava ancora
della grossa… a rischio di fare tardi! Entrò in
camera sua.
-Man… ehi Man! Mi spiace svegliarti ma…
è ora!
Il lilla borbottó qualcosa voltandosi verso Minaho, quindi
aprì gli occhi sorridendo. -E va bene… alziamoci
pure!
Si stiró, lanció le coperte e mise piede a
terra… prima di cadere, gemendo di dolore.
-D…dannazione lo… lo sapevo che qualcosa non
andava in questo… in questo maledetto piede!
Il lilla era seduto sul divano, pallido e dolorante. Dopo la notte il
dolore della botta presa il giorno prima era esploso.
-Man… tieni duro, ok? Ho chiamato il dottore…
Manabe sussultó. -D…dottore? Ma… costa
troppo! Non abbiamo così tanti soldi… e poi non
è nulla… guard… ahia! -Il lilla si
pentí di aver provato ad appoggiare il piede a terra.
Minaho sospirò, sorridendo dolcemente. -Man…
attento, ti fai male. Tranquillo… ho chiamato il dottor
Konoe. Oggi ha il giorno libero dell’ospedale… non
spenderemo un centesimo.
Il dottor Konoe… Manabe tiró un sospiro di
sollievo. Era il medico che lo aveva operato, un paio di mesi
prima… nonostante fosse un ragazzo giovane e fresco di
laurea, si era dimostrato un amico fidato e un grande dottore. Si
sentiva anche più tranquillo… aveva sempre odiato
le mani dei medici che lo palpavano, da piccolo.
Squilló il campanello. Minaho andò ad aprire
ancora in pigiama… del resto quel giorno non sarebbe stato
possibile andare a scuola.
-Ehila! Ciao Minaho! Come va? Portami da Manabe… e spiegami
bene cosa vi è successo.
Il dottor Konoe entrò in salotto con un gran sorriso rivolto
al lilla, che gemeva di dolore. Era vestito sportivo, e così
davvero sembrava quasi della loro età.
-Allora… ci siamo fatti molto male, vedo… Minaho
mi ha spiegato cosa è successo… prendere a calci
i tavoli in legno massiccio non è molto salutare, amico mio!
-Il medico riuscì a strappare un sorriso a Manabe.
-Bene… Minaho, per favore, vai a prendere del
ghiaccio… adesso visitiamo questo soggetto strano!
Manabe spiegò al dottore esattamente cosa provava. La sera
prima era molto meno doloroso… quella mattina la fitta
quando aveva appoggiato il piede a terra era stata devastante. Aveva
dovuto farsi la doccia sostenendosi alla maniglia del box, tenendo la
gamba sollevata.
-Mh… va bene… -Il dottore prese un sorso
d’acqua dal bicchiere che Minaho gli aveva portato. -Ho
capito la dinamica… posso darti una sola garanzia. Se ieri
lo appoggiavi, significa che non è rotto…
è già tanto, no? Adesso comunque controlliamo
bene… togliti il calzino, per favore, e prova a rilassare il piede...
Manabe gemeva di dolore mentre il medico gli manipolava dolcemente il
piede dolorante. -Fa male così? E così?
Manabe gemeva di dolore. Sentiva una tensione terribile... all'improvviso ebbe un crampo violentissimo. Urlò di dolore mentre le dita si contraevano dolorosamente. Immediatamente il dottore prese tra le mani il piede del lilla ed esercitò una serie di pressioni con i pollici sotto la pianta, all'altezza dell'alluce, riuscendo infine a placargli i dolori e ad alleviargli la tensione. Manabe lo ringraziò gemendo di sollievo.
Minaho sorrideva sotto i baffi, nonostante la preoccupazione. Vedere il
suo amico in quella posizione, rosso come un pomodoro per la vergogna
di farsi vedere così lamentoso aveva un qualcosa di buffo.
Il lilla sembró rendersene conto a sua volta, sorridendo
imbarazzato.
La visita durò lo spazio di cinque minuti.
-Ok… è tutto chiaro. -Il dottore si
alzò in piedi. -Come pensavamo… niente di rotto.
La botta purtroppo è stata forte, ma per fortuna il massaggio che ti ha subito fatto Minaho ha salvato la situazione. Hai una grossa
contrattura, e le dita quasi bloccate, credo. Non stavi esagerando, fa
davvero molto male e rischi altri crampi come quello di prima.
Minaho e Manabe sussultarono. -Dottore… oddio…
domenica abbiamo la prima partita del campionato nazionale!
È la finale del girone eliminatorio… Manabe ci
tiene così tanto! Potrà…
potrà giocare?
Konoe sospirò. -Non lo so. Però non lo escludo.
Dobbiamo assolutamente sciogliergli le dita e deve tenere il piede in assoluto riposo… purtroppo per le
contratture farmaci e pomate fanno poco. Forse dei massaggi potrebbero
darti sollievo, ma te li deve fare un dottore esperto in fisioterapia.
-Ma… dottore… non possiamo permetterci nessuna
spesa, ora come ora… le… le avevo parlato della
situazione…
Konoe si grattó il mento. -Beh... forse a questo ho io la
soluzione, sai? Conosco uno bravo che, su mia raccomandazione, potrebbe
anche aiutarti gratis… c’è solo un
piccolo problema…
Minaho e Manabe si guardarono. Il lilla desiderava giocare quella
partita più di ogni cosa… era pronto a tutto.
-S…si?
Il dottore si portò la mano dietro la nuca e sorrise
imbarazzato.
-Beh… è ancora al terzo anno di
università… ma tanto non potrà fare
più danni di così, no?
Era tarda mattinata.
Minaho sorreggeva Manabe verso la fermata del bus. Il lilla sembrava
tutto tranne che tranquillo.
-Min… ma… non è che questo la
situazione me la peggiora, vero? Se mi distrugge un muscolo io poi come
ci gioco, a calcio? Almeno fosse stata una mano, o la spalla…
Minaho rise. -Eddai Man… hai sentito al telefono!
È contento di potersi esercitare con te… dove lo
troviamo un fisioterapista gratis, altrimenti? Hai bisogno di quel
massaggio ai piedi… vedrai che andrà tutto bene e ti
rimetterà in sesto per la partita! E poi… chi
è stato il pollo che ha calciato quaranta chili di tavolo a
piedi nudi? Ti lamenti pure?
Manabe sospirò. -Tu e il tuo, ammetto buffissimo,
sarcasmo… che il cielo ci aiuti! Se non gioco quella partita
non so come farò… mi manca così tanto
giocare al tuo fianco!
Lo studio del “dottore” era una palazzina ad
appartamenti assai modesta. Tipico rifugio per universitari a corto di
yen, pensò Minaho.
Al citofono una voce allegra rispose -Scala B, terzo piano!
I ragazzi, con Minaho che sosteneva Manabe, si infilarono
nell’ascensore che li catapultó direttamente sul
pianerottolo, dove li aspettava il “fisioterapista”.
Era un ragazzo moro con gli occhi verdi e i capelli a caschetto.
Sembrava simpatico, pensò Manabe. Cercò di
ignorare la sua scarsa esperienza e i timori che essa
suscitava…
Minaho si ritrovò per la terza volta a rivivere il momento
dell’incidente di Manabe. Il ragazzo ascoltava trattenendo in
certi passi un leggero sorriso. -Beh… una storia
particolare! Comunque tranquillo… non voglio prenderti in
giro. Voglio aiutarti a stare meglio.
Manabe spalancò gli occhi. Quella frase lo aveva messo a suo
agio più di mille diplomi. Si guardò
attorno… l’appartamento era piccolo e modesto, ma
pulito e profumato di lavanda. -Un ragazzo ordinato…-
pensò. -È decisamente un buon segno. Anche Minaho
sembrava calmo e sorridente.
-Bene… aiuta il tuo amico a distendersi su questa branda,
per favore. Manabe, vero? Hai un bel nome. Io sono
Takashiro… piacere! Spero di poterti aiutare.
Minaho aiutò Manabe a distendersi sulla branda, quindi si
sedette al tavolo sgranocchiando alcuni biscotti che il ragazzo aveva
offerto ad entrambi.
Il moro prese una cassetta di medicinali da un mobiletto a muro e fece
cadere sulle mani alcune gocce di una strana sostanza oleosa.
-Tranquilli… non è droga! È solo un
blando antidolorifico da contatto… ti aiuterà a
rilassarti. Sai… potrei dover andare a fondo, e non voglio
che tu senta dolore. Ora se puoi togli scarpa e calzino…
vedrai, non ti farò male.
Manabe eseguì l’ordine non senza una fitta di
dolore. Il muscolo, a freddo, faceva malissimo e le dita del suo povero piede erano arricciate e bloccate. Gemette di preoccupazione.
-Allora… dimmi tutto. Dove senti dolore?
Manabe strinse i denti. -Ehm… ovunque? Diciamo
però che se appoggio il piede a terra urlo, e se muovo le
dita svengo…
Il ragazzo scoppiò a ridere. -Capisco… mi fa
piacere vedere che riesci a ridere dei tuoi guai… sono in
pochi a farlo! Invece è così che va presa la
vita… con gioia! Allora… lasciami dare
un’occhiata…
Il “dottore” controlló la situazione
generale.
-Brutta. Davvero brutta. La botta ti ha contratto il muscolo che ora non riesce più a rilassarsi... è come se avessi provato ad afferrare una matita a piedi nudi. Presto... devo subito scioglierti le dita! Immagino il dolore, poveretto...
Manabe, dolorante, sorrise. -Ecco... non avevo dubbi!
Il ragazzo iniziò a massaggiare dolcemente il piede di
Manabe. Individuó le contratture senza troppa fatica e
iniziò a lavorarci sopra con i pollici.
-Ok… senti dolore alla pianta del piede?
-S…sì… e pure molto… ho... ho una tensione terribile sotto il piede...
però… però sei bravo, sai? Che... che sollievo...
-Ti ringrazio. Ora stai tranquillo… adesso te la
rilasso… non pensare al dolore. Dove senti la tensione?
Il lilla gemette. -Ovunque... da... dall'alluce fino al tallone... ahhh... sotto tutta la pianta...
Il medico pose immediatamente i pollici dove aveva indicato il lilla, che subito gemette di sollievo. -Tieni duro e rilassa l'alluce... ti massaggio subito lí... resisti.
Manabe si sforzó di concentrarsi su Minaho, che sorrideva
incoraggiante. -Man, vuoi un biscotto?
-Ma… Ma si… perché n…
ahia!!
-Dai… tieni duro. Adesso ti sciolgo la contrattura alle
dita… fatto questo, è andata.
Manabe ci sperava proprio. Dolore era una parola riduttiva per
descrivere quello che stava provando.
Il dottore si stava concentrando sulla radice delle dita, con movimenti
circolari. Manabe non poteva dire di non stare provando dolore... gli sembrava di camminare scalzo sui sassi, ma non voleva offendere il medico. -Ok… tre… due… e uno!
I muscoli di Manabe si sciolsero di colpo, strappandogli un gemito di
sollievo. Il dolore alla pianta del piede diminuì all’istante.
-Eeeeeeccoci qua! La contrattura si è sciolta, per fortuna. Prova a
muovere le dita…
Manabe obbedí gemendo di sollievo. -Incredibile!
-Pensò. Stava decisamente meglio.
-Bene… hai trovato sollievo?
-Fin… fin troppo, grazie a Dio.
Il ragazzo sorrise, riprendendo a massaggiargli dolcemente il piede. -Bene… ora rilassati completamente e
goditi il massaggio. Adesso devo scioglierti i muscoli. Tornerai a casa come nuovo.
Manabe sospirò. -A…ascolta… se io
avessi… una partita di calcio domenica…
potrei…
Il giovane sorrise. -Se puoi giocare? Ma certo! Riposa fino a domani, e
vedrai che domattina sarai come nuovo.
Minaho e Manabe se ne tornarono a casa contenti come pasque.
-Vedi Man? È andata bene! Abbiamo salvato la partita! Il
miglior regista difensivo del Giappone giocherà!
Il lilla arrossí imbarazzato. -Min…
ma… ma cosa dici… non sono niente di
che…
L’arancione non lo lasció nemmeno
finire… gli saltò al collo e lo
abbracció.
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Capitolo 10 *** Primo giorno di lavoro ***
Agli appuntamenti sono
immancabilmente in ritardo, a volte anche di due ore. Ho provato a
cambiare questi miei modi, ma i motivi che mi fanno ritardare sono
troppo forti e troppo piacevoli.
(Marilyn Monroe)
Casa dolce casa.
Mentre Manabe si piazzava sul divano a guardare un bel film
(-Min… cosa ha detto il dottore? Devo riposaaaare!) Minaho
si dirigeva in cucina. Qualcuno doveva preparare il pranzo…
del resto bisognava mangiare!
-Maaaan? Che ne dici di riso… ehm… riso
e…. riso? Aspetta aspetta qui c’è
qualcosa di… ah no… riso.
Manabe ridacchió. -Min… qualunque cosa tu faccia
mi andrà bene, lo sai. Però… senti,
abbiamo i soldi della mia prima settimana di lavoro
anticipati… hai visto… è un buono
stipendio! Ordiniamo qualcosa di buono? Anche tu te lo
meriteresti… non è stata una settimana facile.
L’arancione sorrise. -Forse.. forse hai ragione, sai?
Dai… ordino subito un paio di pizze.
-E patatine…
-E aranciata….
-E… gelato! Che ne dici?
-Va bene! E già che ci sei… pollo fritto?
Quando si fa una follia, bisogna farla bene e fino in fondo.
Minaho sentiva risuonare nelle orecchie le parole del padre. Quante
volte glielo aveva detto… era stato tanti anni fa, ma il
ragazzo lo ricordava benissimo.
Del resto… una scorpacciata simile era una vera, assoluta
follia... però gustosa! Servendosi alla loro pizzeria di
fiducia, non avevano nemmeno speso troppo in fin dei conti.
-Man… che ne dici… film e divano?
Il lilla guardò l’amico con un grande sorriso
stampato in volto. -Film e divano sia! Giallo o horror?
Si fecero le due del pomeriggio… la stanchezza si faceva
sentire. In fondo le ore di sonno erano sempre troppo poche
ultimamente, Manabe sentiva le palpebre pesanti…
vide che, al suo fianco, Minaho dormiva già. Sorrise
dolcemente… era così tenero mentre dormiva,
pensò.
Non voleva cadere addormentato anche lui… provó a
tenersi sveglio prendendo in mano il cellulare e scrivendo qualcosa a
Tenma… niente da fare. Chiuse dolcemente gli occhi e si
addormentó.
-Jinichirou, sbrigati. Mi hai già fatto perdere troppo tempo
con queste storie. Torna a studiare!
-Papà… papà… io…
io credevo che fossi felice…
-Felice? E per cosa? Perché un cretino di insegnante ti ha
detto che sei bravo a cantare e ti ha dato un dieci su una stupida
canzoncina di Natale? Devi fare ben altro nella vita! Torna a studiare
Jinichirou, e non farmi perdere altro tempo con queste idiozie.
-Ma… pa… papà...
-Stai piangendo? Quante volte ti ho detto di non piangere? Asciugati
gli occhi e vai in camera tua, ora devo lavorare e non posso perdere
tempo con te. Sei proprio una delusione. Una grossa delusione.
Manabe si svegliò di colpo. -Papà…
Sentì di avere le guance bagnate. E poi…
cos’era quello strano peso sul petto?
Prese dolcemente la mano di Minaho che dormiva al suo fianco e se la
strinse contro la guancia. Il suo calore lo tranquillizzò.
Non si accorse che l’arancione stava aprendo lentamente gli
occhi.
-M…Man? Va… va tutto bene? Vedo che ti piace la
mia mano… penso che lo prenderò come un
complimento!
Il lilla arrossí come un peperone. -Ecco…
io… non è che…
-Brutto sogno?
-G…già…
-Tieni la mia mano finché vuoi.
Qualcosa non tornava nell’agenda mentale di Manabe Jinichirou.
Si era alzato insieme a Minaho, avevano bevuto un bel bicchiere di
succo di frutta e mangiato dei biscotti parlando di tattiche per la
partita di domenica, aveva fatto i compiti… erano quasi le
quattro, eppure non si sentiva ancora a posto con sé stesso.
Entró in cucina Dove Minaho stava studiando chimica con
discreto interesse. Si versò un bicchiere d’acqua
e si sedette al fianco del suo amico, mettendogli la mano sulla spalla.
Minaho lo guardò sorridendo. -Man, pensa che stupido che
sono… ero convinto che tu oggi dovessi andare al lavoro!
Devo proprio decidermi a comprare un’agenda… o
meglio, a usare quella del cellulare!
Manabe sbiancó.
-O…oddio… il lavoro! Che… che ore sono?
Minaho spalancò gli occhi. -Che… ma
tu… oddio! Sono le quattro meno un quarto!
Manabe crollò sulla sedia. -Dovevo… dovevo essere
lì mezz’ora fa! Ho… già
rovinato tutto!!
E così dicendo corse fuori di casa, lasciando Minaho con un
palmo di naso.
Manabe correva come un fulmine verso il centro cittadino. Travolse
alcuni passanti e a mala pena salutò Tenma, che passeggiava
nel parco con… Tsurugi.
Si precipitó sul ponte, quindi si lanciò
attraverso la via commerciale in cui aveva sede il locale dove avrebbe
dovuto lavorare… anche se ormai era certo di
essere licenziato. Non osava pensare a cosa sarebbe successo se gli
avessero chiesto indietro i soldi!
Entrò nel locale alle quattro in punto. Esattamente tra
quarti d’ora dopo l’orario previsto, e
mezz’ora dopo l’apertura del locale. Si
sentiva terribilmente imbarazzato.
-Ehila! Manabe! Mamma mia… sei tutto sudato! Ma…
hai corso?
Matatagi Hayato, quello strano ragazzo che lo aveva fatto
assumere… Manabe, mentre cercava di riprendere fiato,
trovò la forza di chiedersi perché non stesse
urlando contro di lui. In quel momento entrava in sala il proprietario
del ristorante, visibilmente arrabbiato.
-Ragazzo! Ma insomma! Tu non hai idea dello sforzo che ho
fatto per assumerti, visto tutte le condizioni che mi hai posto! Dopo
quello che ho fatto mi inganni così? Ho perso dei clienti!
Mi dispiace ma penso che il nostro rapporto di lavoro finis…
-No! Aspetta nonno… è colpa mia! -Matatagi aveva
messo la mano sulla spalla di Manabe e lentamente lo aveva spinto
dietro di sé, come per proteggerlo. Il lilla non capiva
assolutamente cosa stesse dicendo con quelle parole sibilline. -Mi sono
sbagliato… gli ho detto di venire per le quattro e un
quarto, invece che per le tre e un quarto! Ero distratto e ho fatto un
pasticcio… se lo desideri puoi prendere i danni dal mio
stipendio, ma ti prego, non licenziare Manabe… non sarebbe
giusto! È stata colpa mia!
Il lilla era allibito. Letteralmente allibito.
-Ma… Hayato… davvero è andata
così? -L’anziano sembrava perplesso.
-Certo… te l’ho detto nonno… sono stato
distratto, e me ne pento molto. Sai che ti voglio bene, non
l’ho fatto apposta!
L’anziano sospirò. -Certo.. Certo. Non ti
preoccupare… anzi, perdona la mia reazione. Se è
andata così niente da dire. Ragazzo, scusami per averti
aggredito. Mettiti pure il grembiule, il farfallino e segui
Hayato… ti dirà cosa fare.
Manabe era in piena confusione.
Mentre seguiva il ragazzo dai capelli blu e meccanicamente indossava la
sua divisa, si faceva mille domande. Percepiva qualcosa di
strano… quel ragazzo era… oscuro. Aveva
spudoratamente mentito per salvarlo, come se nulla fosse.
Eppure… eppure era così solare…
-Ehi… grazie per prima… perdonami, ti ho messo
nei guai.
Il blu sorrise dolcemente. -Guai? Tranquillo… nonno abbaia
ma non morde. Mi vuole troppo bene. Piuttosto… deve essere
successo qualcosa di grave per averti fatto tardare.
Vabbè… non preoccuparti. Sei un ragazzo
interessante, sai?
-I…interessante? Io?
Il blu sorrise ancora. -Proprio tu! Ora però
seguimi… stiamo facendo troppo tardi. Non temere…
devi solo portare ai tavoli le ordinazioni.. è facile, e poi
ci sono io con te!
Manabe sorrise di rimando… era confuso. Avrebbe voluto avere
le capacità di indagine di Minaho per capire quello strano
ragazzo… eppure sentiva di doversi fidare. -Va…
va bene. Andiamo.
Tutto sommato si sarebbe dovuto guadagnare lo stipendio,
realizzò Manabe.
Il lavoro in sé non era complesso. Si trattava solo di
prendere ordini e servire ai tavoli, ma si sentiva impacciato come non
mai. Aveva paura di far cadere i vassoi e le tazzine, e dimenticava in
continuazione a chi doveva portare le ordinazioni. Era nel
pallone… sarebbe già crollato se Matatagi non lo
avesse coperto in ogni modo, aiutandolo e svolgendo una buona
metà del suo lavoro.
-Hayato… non… non devi fare tutto questo per
me…
Il blu sorrise. -E perché? Sei nuovo…
è normale che tu faccia fatica. Io lavoro qui praticamente
da quando ero piccolo… vedrai, presto imparerai e non avrai
più bisogno del mio aiuto.
Il lilla, nonostante le parole del blu, si sentiva osservato e
giudicato.
Il proprietario del locale non era affatto soddisfatto di
lui… ne era certo. Lo vedeva da come lo guardava. Scuoteva
il capo e sospirava, e sembrava tutt’altro che
felice… era certo che a fine giornata lo avrebbe messo alla
porta.
Come se non bastasse, l’imprevisto era sempre dietro
l’angolo.
Il locale si affacciava sulla strada commerciale attraverso
una porticina tradizionale, che nascondeva un gradino. Non rispettava
le norme di sicurezza.. Il proprietario lo sapeva, ma il locale era
vecchio e leggermente più basso del livello stradale. Non
c’era spazio per fare una rampa, ed ogni altro intervento
sarebbe stato troppo costoso per le sue tasche. Era un uomo
anziano, vedovo da anni… il locale gli permetteva di andare
avanti dignitosamente, ma nulla più. I pochi soldi che
guadagnava in più li dava in stipendio ai dipendenti, una
cuoca anziana, un aiuto cuoco giovane che veniva dal Camerun e Hayato.
Il ragazzo blu era quasi un vero nipote per lui… era una
lunga storia, e quando ci ripensava aveva sempre una fitta di nostalgia.
L’anziano aveva piazzato un grosso cartello co
scritto “ATTENZIONE, GRADINO!” fuori dalla porta,
ma non aveva potuto fare di più. Non era l’unico
intervento di cui il vecchio locale avrebbe avuto bisogno…
era luminoso, tradizionale e carino, ma mostrava tutti i suoi anni
negli arredi un po’ rotti e negli intonaci scrostati.
Era appunto quasi ora per il sole di tramontare, quando la porta si
spalancò mettendo in moto i campanelli appesi davanti ad
essa. Era una donna abbastanza giovane, molto impacciata e
apparentemente timida, che teneva per mano un bambino sui cinque anni.
La donna si guardò un istante intorno, quindi
entrò nel locale, mentre il bambino dietro di lei si
affannava a seguirla… mettendo un piede in fallo sul
maledetto gradino e cadendo rovinosamente a terra sbattendo il
ginocchio, proprio a pochi metri da Manabe che ai dirigeva al bancone
con un vassoio di tazzine vuote.
Immediatamente il bambino scoppiò in lacrime. La donna non
sapeva bene cosa fare e sembrava in piena confusione, mentre il
proprietario del locale sbiancava. Una denuncia per
irregolarità edilizie avrebbe significato la chiusura, e
quel locale era tutta la sua vita…
Manabe, inizialmente confuso e sorpreso, sentì qualcosa
scattare dentro di lui. Qualcosa che aveva le sue origini nella sua
infanzia infelice, e che scattava ogni volta che sentiva un bambino
piangere.
Appoggió il vassoio su un tavolo vuoto e si
avvicinò al bambino, abbassandosi alla sua altezza e
sedendosi sui talloni.
-Ehi… piccolo… non è niente. .. stai
tranquillo. Vuoi un bel biscotto?
Il lilla tiró fuori dalla tasca un biscotto al cioccolato.
Il bambino smise di piangere per un istante e lo fissò con
gli occhi lucidi, incerto sul da farsi.
-Ecco! Vieni… non avere paura… io mi chiamo
Manabe, e tu?
Il bambino prese dolcemente il biscotto. Singhiozzava ancora.
-I…io sono… k… Kiro…
-Kiro? Che bel nome! Mi piace un sacco! Ehi… ti va di venire
in braccio? Vorrei controllarti la gamba… sai, per
essere sicuro che vada tutto bene! Ci mettiamo un po’ di
ghiaccio magari…
Il bambino, lacrimando, fece di si con la testa e tese le
braccia verso il lilla, che lo sollevò dolcemente. Il
piccolo strinse le braccia dolcemente intorno al suo collo, ed insieme
si diressero verso le cucine, sotto lo sguardo sconvolto e confuso
dell’anziano proprietario e della donna.
-Ecco qua… va tutto bene… vedi? Non ti sei fatto
niente… non c’è sangue… puoi
stare tranquillo!
Il lilla teneva premuto un sacchetto di ghiaccio contro il ginocchio
del bambino, che nel frattempo giocava con i suoi capelli sorridendo.
-G…grazie Manabe... Mi. .. Mi riporti dalla mamma adesso?
Il lilla sorrise. -E va bene… vieni in braccio….
Facciamo l’aeropiano!
Tornato in sala con il bambino, Manabe trovò il proprietario
intento a discutere pacatamente con la donna, che si era presentata
come la madre del bambino.
-Io… perdonatemi…. Signora, le giuro
che sto cercando di risparmiare soldi per far sistemare quel gradino!
La prego. .. Non mi denunci! Questo locale è…
è tutto quello che mi resta di mia moglie.
La donna era in confusione. -Non… non voglio
denunciarla… è che…
Il lilla si intromise nel discorso. -Ehm…
scusatemi… ho riportato il bimbo. Sta bene… era
solo una botta e un grosso spavento. Ora, se il signore permette, penso
che la cosa migliore da fare sia offrirgli una cioccolata calda, e un
bel caffè con pasticcini alla signora… che ne
dice?
L’anziano, prima confuso, intuì il gioco
di Manabe. -Io… certo! Certamente… Manabe, ci
pensi tu?
-Ovvio!
La donna stava bevendo il caffè, il bambino al suo
fianco sorridente seduto vicino a Manabe.
-Sa? Quel ragazzo è fantastico! È vostro
dipendente da molto?
-A dire il vero è stato assunto ieri… mi
è sembrato subito un ragazzo onesto, anche se non
è esperto ed è un po’
maldestro…
La donna sospirò. -La capisco… comunque sia,
è bravissimo a trattare con i bambini. Io, fossi in lei,
sfrutterei questo suo talento! -Bevve l’ultimo sorso di
caffè. -Ora però io e Kiro dobbiamo
andare… abbiamo delle compere da fare! Vero Kiro?
Il bambino annuì.
-E… signora…. Quindi…
-Non abbia paura. Nessuna denuncia. Anzi… Kiro si
è affezionato a quel ragazzo. .. Penso che ci
rivedremo presto!
Poco dopo arrivò la fine del turno. Manabe lavorava solo di
pomeriggio… servire anche a cena gli avrebbe rubato troppo
tempo allo studio.
Aveva riposto il grembiule e stava per uscire, quando il proprietario
lo fermò.
-Manabe… grazie per oggi. Sei stato bravo… non
importa se mi rompi qualche bicchiere. Ho fatto bene ad assumerti.
Il lilla si sentiva sull’orlo delle lacrime.
-Dice… dice davvero?
-Davvero.
Manabe uscì dalla porta che il sole stava tramontando. Aveva
giusto il tempo di tornare a casa prima che facesse buio.
Era già in fondo alla strada quando sentì una
voce chiamarlo.
-Manabe! Ehi, Manabe!
Era Matatagi. Il lilla si girò e lo aspettò.
-Dimmi… dimmi Hayato!
-Ecco… nulla… volevo salutarti. A… a
domani!
Il lilla era perplesso. -Mi hai rincorso per… salutarmi?
Sei… sei carino.
Il blu sorrise. -Ti ho visto oggi… in te…
c’è qualcosa di speciale.
Manabe tornó a casa particolarmente leggero quella sera, e
nemmeno Minaho seppe spiegare da cosa derivava quel buonumore.
Manabe in fondo al cuore lo sapeva… era la gioia di una
giornata andata meglio del previsto, che stava per lasciare
il posto ad una rilassante nottata. Il giorno dopo altre fatiche lo
attendevano… ma Minaho era al suo fianco, e questo voleva
dire felicità, in qualunque situazione.
-Min… ci pensi che fortuna oggi? Temevo di venire
licenziato…
L’arancione sorrise. -Fortuna? Diciamo pure che il mio
migliore amico è un ragazzo speciale.
-E amico dei bambini?
-E amico dei bambini!
Si guardarono per un istante… prima di scoppiare a ridere
felici!
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Capitolo 11 *** Sui giornali ***
Conquest
He was out to make a conquest
-È mercoledì… -fu il primo pensiero di
Manabe al momento del risveglio. Era ancora confuso e mezzo
addormentato, ma già aveva preso coscienza del fatto che non
sarebbe stata una giornata facile. Mercoledì significava
scuola, allenamento, lezione di musica con Shindou… nel
weekend si sarebbero tenute sia la gara dei talenti dove avrebbe dovuto
cantare, sia la finale del girone locale del torneo nazionale.
Dopo settimane di spostamenti e indecisioni, finalmente la preside
aveva deciso la data della gara dei talenti per sabato. Manabe aveva
tirato un sospiro di sollievo… almeno non avrebbe dovuto
rinunciarvi. Inizialmente si era parlato di domenica… e mai
e poi mai lui avrebbe rinunciato alla partita con Minaho.
Del resto non era affatto entusiasta di dover cantare…
chissà se sarebbe stato l’unico… sotto
gli occhi di tutti i suoi compagni che lo disprezzavano, e di centinaia
di studenti di tutta la scuola. Sarebbe stato così
imbarazzante… del resto però lo aveva promesso a
Minaho, e mai e poi mai avrebbe tradito la sua fiducia.
Scese dal letto sbadigliando. Come se non bastasse toccava a lui
preparare la colazione.
Si infilò nella doccia il più silenziosamente
possibile… voleva che Minaho dormisse ancora un
po’. Faceva il forte e l’eroico, ma era
stanco… il lilla lo sapeva. Lasciò che
l’acqua calda gli scorresse addosso, uscendo poi dalla doccia
fresco e pronto ad affrontare la sua giornata con lo spirito giusto.
Si avvicinò alla porta della camera di Minaho e la
spalancò lentamente.
-Min… purtroppo devo venire a…
In camera non c’era nessuno. La finestra era aperta e il
letto sommariamente rifatto, ma Minaho non era lì.
Il lilla si guardò intorno. Almeno non c’erano
troppi vestiti sul pavimento, né montagne di calzini sotto
il letto. Minaho era disordinato nella gestione delle sue cose tanto
quanto invece era ordinato a livelli logico e mentale…
proprio non riusciva a fare altrimenti. Manabe trovava tenerissimo che
provasse in tutti modi a mantenere le sue cose in ordine per farlo
felice… a prescindere dal risultato.
Sorridendo scese le scale. Non aveva sentito nulla muoversi di
sotto… come mai non si era accorto che Minaho si era
svegliato prima di lui?
Lo trovò di spalle, seduto al computer. Un profumino di
pancetta affumicata proveniva dalla cucina.
-Ehi Min! Perché sei già in piedi? Devi riposare
anche tu, sai? Questa mattina toccava a me preparare la
colazione…
L’arancione si voltó con un sorriso misterioso e
luminoso.
-Man… ti prego. .. vieni qui. Penso… penso che ci
sia una sorpresa che tu farà piacere.
Il lilla era perplesso. A cosa si riferiva il suo amico? Si
avvicinò lentamente e mise le mani sulle spalle di Minaho.
-Dimmi Min… di che si tratta?
Il giovane detective sorrise sornione, indicando lo schermo del
computer.
Manabe guardò. -La posta elettronica? Cosa mai…
O. Mio. Dio!!
Un’email in inglese… Manabe la aprì con
mano tremante, iniziando a tradurre nel mondo migliore possibile il
contenuto.
“Gentile Sig. Manabe Jinichirou.
In ossequio agli ottimi rapporti di lavoro che abbiamo intavolato con
suo zio negli anni passati, abbiamo ritenuto corretto prendere visione
di quanto da lei inviatoci con la maggior cura possibile.
I suoi scritti sono sorprendenti. In sintesi, saremmo molto interessati
a prendere contatti con lei, affinché dai suoi studi possa
essere tratto un articolo pubblicabile sulle nostre pagine nel numero
che uscirà la settimana ventura. Desidereremmo pertanto
avere un incontro con lei nella giornata di domani, così da
concordare le linee dell’articolo e, ovviamente,
l’ammontare del suo compenso.
Distinti saluti,
International Association of Math pure and applicated, divisione
editoriale. “
Manabe era come paralizzato, immobile è con gli occhi
confusi.
-No…
Fu Minaho ad agire per primo. Senza parlare, con un sorriso grande come
il mondo, abbracció stretto il suo migliore amico. -Lo
sapevo… io lo sapevo! Hai… hai visto la firma?
-S..sì… è una testata… a
diffusione internazionale… letta… letta dai
professori delle… delle più grandi
università del mondo e… e…
Sbam. Il lilla cadde tra le braccia di Minaho.
-Ehi!! Ehi, Man!! Che hai? -Minaho era preoccupato, ma sorrideva.
Sapeva distinguere un colpo di felicità quando lo vedeva!
Manabe aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi tra le
braccia dell’arancione. -M..Min? Ciao…
Ho… ho appena fatto un sogno strano…
Minaho rise. -Sogno? Guarda che è tutto vero!
Manabe sbiancó, quindi arrossí come un pomodoro.
-Dunque… dunque è vero? Vogliono…
vogliono pubblicare i miei scritti? No… non è
possibile. È… è di sicuro un errore!
L’arancione sorrise sornione. -No… nessun errore!
Man, non è incredibile! Lo sapevo che saresti diventato
famoso! Oh… non vedo l’ora di dirlo a tutti!!
Saranno così contenti!!
-Freeeena i bollenti spiriti, gufetto! Ancora devo crederci io, e tu
vuoi dirlo a mezzo mondo? -Il lilla scoppiò a ridere. Minaho
mise un broncio buffissimo.
-E perché no? Così imparano a prenderti in giro!
Sbattiamoglielo in faccia!
Il lilla sorrise… poi, di colpo, si rabbuiò.
L’arancione gli prese subito la mano. -Man… che
hai? Non sei felice?
Il lilla sospirò. -Certo… certamente, lo sono,
però… ecco… mi sono chiesto cosa
penserebbe papà di me, adesso. Se… se sarebbe
felice e fiero di me, per una volta nella sua vita.
Minaho ebbe una fitta al cuore. Dio, quanto odiava quell’uomo
per quello che aveva fatto a Manabe!
-Man… sarà fiero di te, ne sono certo. Gli
metterò una copia della rivista sotto il tergicristallo
della macchina, voglio vedere la sua faccia mentre la legge!
Manabe sorrise debolmente, quindi scoppiò definitivamente a
ridere. Se lo vedeva, il suo migliore amico, intento ad
un’operazione di polizia simile!
Non si poteva dire che la giornata non fosse partita con il piede
giusto.
Manabe aveva immediatamente risposto all’email
dicendo che il giorno dopo sarebbe stato perfetto e chiedendo un
orario, quindi si era seduto al tavolo con Minaho e aveva gustato la
colazione speciale del suo migliore amico. Leggermente bruciata
invero… ma si era impegnato così tanto!
Finito di mangiare si resero conto che era tardi! Volarono a cambiarsi,
quindi presero l’autobus alla fermata e si precipitarono a
scuola appena in tempo per l’inizio delle lezioni, battendo
sul tempo la prof per pochi secondi. (-Grazie al cielo la vecchia si
ferma sempre a rifornirsi di caffè alla macchinetta,
altrimenti non ingrana la marcia! -Aveva esclamato Minaho, provocando
nel lilla risate incontenibili.).
-Che amarezza… inglese! -Minaho sbuffó.
-Eddai Min… passerà in fretta. Poi abbiamo tutte
materie leggere! Meglio… non vedo l’ora di andare
al campo al fiume! Oggi allenamento speciale!
L’arancione sorrise. -Giusto! Lo avevo
dimenticato… non vedo l’ora nemmeno io!
-Niente da fare… i nostri professori non ne vogliono proprio
sapere di moderare i propri bassi istinti… domani ci aspetta
un’altra interrogazione! -Manabe sospirò mentre si
dirigeva, insieme a Minaho, al campo al fiume.
L’arancione scosse la testa. -Mamma mia quanta roba in questo
periodo… e poi interrogano sempre noi! Sembra una
congiura… come se non bastasse ogni volta che prendiamo un
bel voto, dobbiamo pure sopportare le prese in giro degli ipocriti che
abbiamo in classe!
Manabe sorrise. -Guarda che a loro fa solo comodo che qualcuno vada
interrogato al posto loro… farebbero meglio a stare zitti!
Presi da questi discorsi, Minaho e Manabe non si resero conto di essere
quasi arrivati. Fu il lilla ad accorgersi che stavano per rotolare
giù dall’argine!
I loro amici erano già tutti lì ad aspettarli. Il
tempo di cambiarsi, riscaldarsi, e l’allenamento
poté avere inizio!
Manabe non aveva mai amato tanto correre come in quel periodo. Si
sentiva leggero, felice e veloce… era una sensazione
bellissima poter dimenticare tutte le ansie per qualche minuto,
giocando semplicemente come un bambino, insieme a Minaho.
A volte si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se avesse conosciuto
l’arancione fin da quando erano piccoli. Sarebbe stato come
per Shindou e Kirino? Avrebbero pian piano costituito qualcosa insieme?
Scacció questi pensieri. I suoi genitori non gli avrebbero
mai permesso di trascorrere i suoi pomeriggi con un amico…
figurarsi. In fondo, aver conosciuto Minaho solo ora che erano
adolescenti gli aveva permesso di creare un rapporto
diverso… speciale. Era come avere un fratello, ma senza la
banalità che una parentela dava. Potevano scoprirsi ogni
giorno, non dando nulla per scontato… avevano sempre qualche
consiglio da darsi a vicenda, qualche parola dolce l’uno per
l’altro.
Tra amici non era necessario litigare per tutto, come spesso fanno i
fratelli. La loro diversità metteva ancora più in
luce la loro somiglianza. Erano così diversi, eppure
così uguali… il lilla non poteva non pensarci.
Minaho era quello forte e coraggioso, eppure era stato lui a farsi
coraggio e a rivolgergli la parola, vincendo la timidezza quel
pomeriggio di alcuni mesi prima. Manabe era il matematico e il logico,
eppure spesso era l’intuizione e il genio ribelle di Minaho
che li tiravano fuori dai guai.
Manabe sorrise. Da quando conosceva Minaho, era come essere rinato. Gli
voleva così bene…
-Ehi Man… ho un’idea!
L’arancione si sbracció verso il lilla, intento a
provare alcuni schemi con Tsurugi, Kirino e Kariya dalla parte opposta
del campo. Manabe si voltó e gli sorrise. -Dimmi tutto Min!
-È da qualche giorno che ci penso…
perché non facciamo una supertecnica insieme? Qualcosa per
la difesa!
Il lilla sussultò. Una supertecnica con Minaho?
-Io… io non so se sarò in grado…
non… non sono bravo come te…
Il mister intervenne da bordo campo. -Ehi, Manabe! Io invece trovo che
sia una splendida idea! Devi credere in te stesso… abbiamo
bisogno di rinforzare la difesa visto che i nostri avversari hanno un
attacco potente… e credo proprio che tu e Manabe siate
perfetti per una supertecnica!
Il lilla guardò il mister. -O…ok! Va bene mister,
ci proveremo senza dubbio!
Minaho sorrise, facendo l’occhiolino ad Endou. Manabe aveva
bisogno di fiducia in sé stesso… il mister lo
aveva capito subito.
Alla fine degli allenamenti i ragazzi erano stremati.
Manabe e Minaho avevano corso come matti, cercando di costruire
qualcosa di efficace. Avevano avuto delle buone idee…
speravano di riuscire a concretizzare una nuova supertecnica combinata
entro domenica!
Il lilla in particolare aveva dato il massimo, spingendosi oltre i
limiti. Aveva bisogno di sentirsi utile, e il calcio lo faceva stare
incredibilmente bene… non avrebbe mai ringraziato Minaho
abbastanza per avergli proposto di fare insieme il provino per la
squadra. Ora era seduto su una panca, cercando di riprendere fiato
rosso come un pomodoro. Aveva decisamente sforzato troppo…
aveva anche iniziato a fargli di nuovo leggermente male il piede.
Si tolse subito scarpe e calzettoni sperando che non fosse troppo tardi e provò ad allungare i muscoli, stringendo i denti. Nulla da fare... le dita si erano arricciate e sentiva una tremenda tensione sotto la pianta del piede. Ricordava le parole del fisioterapista.
-Se senti tornare la contrattura alle dita, immagina di suonare il pianoforte...
-Ecco… vedi che dovevi ascoltarmi? Ti avevo detto che stavi
sforzandoti troppo, Man… -L’arancione bevve un
sorso d’acqua dalla sua borraccia, sospirando buffamente.
-Guarda che… che va… tutto… tutto
ben… ahia!! -Il lilla strinse i denti. -Ehm…
quasi tutto? Il... il mio povero piede... fai... fai qualcosa ti... ti prego... presto...
-Man? Che... che hai? Un crampo? -Tenma guardava preoccupato le dita del lilla. -Presto! Presto qualcuno lo aiuti!
Minaho rise. Tenma quando si agitava tendeva ad esagerare le cose. -Aspetta… lascia fare a me. Man... dammi il piede, ok? Tranquillo Tenma, Manabe ha solo bisogno di un massaggio. -Si
inginocchió e iniziò a massaggiare dolcemente la pianta del
piede del suo amico, che emise immediatamente un leggero gemito a metà tra
dolore e sollievo. -Era così che faceva il dottore, vero?
Rilassati… ti aiuto io. Fortuna che sei scalzo...
Manabe sospirò di sollievo. -Grazie… forse ho un
po’ esagerato. Ahia… fai piano, per
favore… in quel punto mi fa molto male...- il lilla evidenziò una grossa contrattura alla radice dell'alluce, che Minaho sciolse immediatamente con delicate pressioni dei pollici, provocando un sospiro di sollievo di Manabe.
Minaho sorrise sornione. -Vedi? Te l’avevo detto io! Comunque
sei stato bravissimo Man… vedrai che riusciremo a finire la
supertecnica in tempo per la partita di domenica! Ok… ora
rilassa tutte le dita… devo darti subito sollievo da questa tensione.
Manabe strinse i denti mentre il suo amico spingeva e faceva movimenti circolari con i pollici per sciogliergli
una contrattura. -Lo… lo credi davvero?
-Credere? Ne sono certo! Vedrai… non falliremo. Ora però rilassati dalle caviglie in giù, o non riesco a darti sollievo.
Pian piano il massaggio dell'arancione aveva sciolto la tensione alla pianta del piede del lilla, sbloccandogli le dita. Appena Manabe ebbe trovato un minimo di sollievo, tranquillizzando i
compagni di squadra che erano rimasti in attesa per tutta la durata del provvidenziale massaggio d'emergenza di Minaho, ebbero giusto il tempo di cambiarsi che era ora di
andare insieme a Shindou a casa sua per la lezione di canto.
Quel giorno affrontarono repertorio moderno, così da non
sforzare troppo Manabe.
-Senti Man… pensavo… la gara è sabato!
Abbiamo tre giorni… altre due lezioni. Forse…
forse dovresti scegliere il pezzo. Così potremmo iniziare a
provarlo e a lavorarci. -Shindou si sgranchí le dita.
Suonava oramai da più di un ora.
Manabe sorrise. -Hai ragione. Io una mezza idea me la sono
già fatta. Avrei voluto portare qualcosa di classico, ma mi
vergogno troppo… così mi sono detto,
perché non prendere un pezzo famoso che è tratto
da una romanza classica, ma è stato cantato da uno dei
più grandi cantanti moderni del secolo scorso?
Shindou annuì. -Penso di intuire cosa vuoi fare…
Manabe sorrise facendo l’occhiolino a Minaho. -Elvis Presley,
Can’t help falling in love. La musica è quella
della romanza “Plaisir d’amour”, se non
erro…
Shindou sorrise raggiante. -Esatto! È un pezzo bellissimo e
famosissimo… tu sei un genio!
Manabe arrossí. -Ma no… anzi… aspetta
un po’ di vedere cosa viene fuori…
Minaho sorrise a sua volta. -Man, sarai perfetto!
Il lilla sospirò felice.
-E va bene… diamoci dentro allora ragazzi!!
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Capitolo 12 *** Sotto mentite spoglie! ***
“Forse tutti i bambini
che sono sfortunati da piccoli diventano grandi prima degli
altri.”
-Dannazione… non pensavo fosse così difficile!
Manabe sedeva sul divanetto della sala musica di Shindou,
massaggiandosi la gola. Al suo fianco Minaho rideva. -Man! Sei andato
benissimo! Vedrai che sabato sarà tutto perfetto…
-Ha ragione. Hai solo bisogno di ulteriore esercizio… sei
già molto intonato. La difficoltà principale
è “entrare nella parte” quando canti
qualcosa di così famoso… -Shindou intervenne,
cercando di tranquillizzare l’amico.
Manabe sospirò. -Già… però
credetemi, non è affatto facile fare quella voce
così profonda… la mia è un
po’ più leggera! Sembro un pervertito…
Minaho scoppiò a ridere. -Sembri? Ma tu sei un
pervertito! Tutte le volte che vieni a dormire nel mio letto mi
abbracci e sbaciucchi tutta la notte, nel sonno!
Manabe divenne rosso come un peperone, avvampando di vergogna.
-Perché, tu allora? Mi spii mentre faccio la doccia!
-Solo perché ci metti ore, secoli, millenni!
Shindou non si tratteneva più. Scoppiò a ridere,
seguito a ruota dai due amici.
-Va bene… allora dopodomani faremo la prova generale! Vedrai
Man… andrà tutto bene. Sabato ti
accompagnerò io, ok? È più
d’effetto che usare una base.
Shindou accompagnò Minaho e Manabe alla porta, sorridendo.
Il lilla era stanco ma felice.
-Ti ringrazio Shin… con te al pianoforte sarò un
po’ più tranquillo.
Il castano sorrise imbarazzato. -Farò…
farò del mio meglio!
Tornati a casa, Manabe si buttò sul divano stremato mentre
L’arancione andava a preparare una tisana per entrambi.
-Man… ci guardiamo un film? Ho visto un bel documentario
storico su internet… dovrebbe essere sul primo canale. Siediti e rilassati...e via subito scarpe e calzini. appena ho finito qui vengo a farti un massaggio ai piedi...da come zoppichi, direi che ti vanno a fuoco.
Manabe sorrise all’amico e accese la tv. -Buona idea... mi stanno letteralmente uccidendo...
Il salotto del lilla era immerso nella luce del tramonto. La
portafinestra che dava sul giardino lasciava filtrare una tiepida luce,
che illuminava i mobili e i soprammobili, finendo per cadere
morbidamente sulla foto che ritraeva i ragazzi insieme. Minaho sorrise
tra sé e sé.
-Ok Man… arrivo subito… il tempo di mettere la
tisana nelle tazze! Fatti trovare a piedi scalzi...
Pochi minuti dopo Minaho entrò in sala con un vassoio fumante. Lo appoggiò dul tavolino e passò una tazza al lilla, che si era tolto le scarpe e gemeva cercando di muovere le dita dei piedi, quindi si sedette al suo fianco e gli fece stendere le gambe sulle sue.
-Ok caro il mio Man... -Minaho prese le caviglie del lilla e gli tolse i calzini, lasciandoli cadere a terra accanto alle scarpe slacciate, quindi gli prese i piedi nudi tra le mani iniziando immediatamente a disegnargli cerchi con i pollici sotto le piante e ad allungargli le dita. -Ora lascia fare a me... hai dei piedi bellissimi, lo sai? Cerca di rilassarli...
Minaho massaggiò le caviglie ed i talloni di Manabe, quindi inizio ad esercitare delicate pressioni con i pollici alla base dei suoi alluci, dove Manabe aveva dei piccoli calli dolorosi, e nello spazio tra le dita. Il lilla mugolò di sollevo, muovendo le dita dei piedi.
-Oh sì... Min... lì... proprio in quel punto... grazie Min, ne ho proprio bisogno.
Per quanto la Restaurazione Meiji fosse un argomento interessante, non
si poteva dire che Manabe lo stesse seguendo con estrema attenzione.
Passava più tempo a sospirare e a grattarsi il mento di
quanto non ne passasse a guardare lo schermo o a guidare le mani di Minaho, che gli stavano scaricando la tensione dalle piante dei piedi con energiche frizioni.
-Ehila Man… perché non mi guardi e mi dici cosa
ti preoccupa? Guarda che io ti conosco…- L'arancione intensificò le pressioni circolari e gli impastamenti alle dita contratte dell'amico. Sapeva che se non avesse rilassato adeguatamente quella zona delicata, Manabe avrebbe avuto i crampi.
Il lilla gemette di sollievo, guardò Minaho e sorrise debolmente, la mano dietro
la nuca. -Ecco… niente, lascia stare. Le solite cose. Penso
a papà e mamma… ci penso solo.
Minaho sospirò. -Ho capito… Toc Toc!
Manabe guardò perplesso il suo migliore amico.
-Ehm… Prego?
Minaho sorrideva sornione, con un buffo sguardo che prometteva
sorprese. -Eddai Man! Toc Toc...
Il lilla sospirò sconsolato, ma sorrideva. -Chi è?
-Treno di coccole in arrivo alla stazione Manabe!!
-L’arancione si buttò di peso
sull’amico, prendendolo di sorpresa, e iniziò a
fargli il solletico. Manabe scoppiò a ridere, rispondendo
all’arancione con le sue stesse armi!
Tempo cinque minuti ed erano sudati, spettinati e felici. Fare un
po’ i bambini li tirava sempre su di morale!
-Min… mi… mi ricorderò di questa
aggressione, sappilo! Stai attento… soprattutto quando dormi
con me! Potrei legarti al letto e vendicarmi!
L’arancione fece una faccia buffissima. -Man! Amico
mio… non pensavo ti piacesse il sadomaso! Dimmi la
verità… nascondi un frustino sotto il cuscino!
Il lilla scoppiò a ridere talmente forte che per poco non
iniziò a lacrimare. -Minaho Kazuto sei ufficialmente
condannato ai lavori socialmente utili! E hai anche lasciato a metà il massaggio ai miei poveri piedi... fila in cucina ad
apparecchiare… stasera cucino io!
Minaho e Manabe mangiarono felici, senza fare troppo caso alle
provviste consumate. Per una volta, era il caso di festeggiare, no? E
poi… avevano lo stipendio di Manabe. Adesso che
l’arancione aveva accettato che il suo amico lavorasse (dopo
infinite promesse del lilla su quanto sarebbe stato attento a non
faticare troppo) potevano essere felici della loro nuova indipendenza
economica. Certo, dovevano stare attenti a risparmiare fino
all’ultimo yen, però potevano permettersi qualche
serata come quella, a base di gelato e pesce arrosto!
-Man, rimani sempre un cuoco migliore di me, sai? Mamma mia…
sei troppo bravo! -L’arancione parlava a bocca piena, preso
dalla foga di assaporare il branzino arrosto, ben dorato e profumato,
che gli riempiva il piatto.
Il lilla arrossí. -Ma… Ma che dici…
non è… niente di speciale! Sono contento che ti
piaccia Min… lo sai che il pesce fa molto bene! E poi
possiamo permetterci qualche piccolo lusso, no? Ce lo meritiamo pure, a
dirla tutta!
L’arancione sorrise sornione. -Puoi dirlo forte!
Piuttosto… domani devi lavorare, vero? Pensavo .. Se
sei troppo stanco, magari posso andare io al post…
-No. -Il lilla scoppiò a ridere scuotendo la testa. -Non ci
provare, canaglia! Quello è il mio lavoro, e me lo tengo
stretto!
L’arancione mise un broncio buffissimo. -Sigh…
però adesso con questa storia sparisci tre giorni alla
settimana fino all'ora di cena… io mi sento solo! Tutto il
pomeriggio qui senza niente da fare se non studiare…
Manabe sospirò. Temeva di sentirglielo dire.
-Min… mi dispiace davvero, credimi. Dai… sono
solo poche ore… e poi appena avrò avuto
l’emancipazione troveremo una soluzione diversa…
te lo prometto. Ti fidi di me?
L’arancione sorrise dolcemente. -Sì…
certo che mi fido di te. Vorrà dire che nelle ore vuote in
cui ti aspetto a casa mi dedicherò a qualche hobbies!
Mmmmh… uncinetto?
Il lilla scoppiò a ridere. -E perché no?
Quando i ragazzi andarono a dormire, erano talmente stanchi
che non fecero quasi in tempo a spogliarsi per infilare il pigiama.
Dormirono bene e profondamente, non disturbati da ansia o brutti sogni,
e la mattina dopo si svegliarono freschi e riposati.
Il lilla saltelló giù per le scale canticchiando
felice. Sentiva che sarebbe stata una bella giornata… era un
ottimo auspicio. Prese una padella e iniziò a friggere della
pancetta, mentre spalmava delle fette di pane con la marmellata
all’arancio preferita dal suo amico. Non si accorse di Minaho
che faceva la sua comparsa in cucina.
-Ehi… Man, vedo che sei già al lavoro! Senti che
profumino… ma come fai ad essere così
indegnamente bravo? Ho l’acquolina in bocca!
Il lilla sorrise sornione. -Segreto della casa… a proposito,
Tenma mi ha mandato un messaggio. Domani sera siamo invitati a casa
sua… vorrebbe organizzare un torneo di videogiochi. Cosa gli
diciamo?
L’arancione addentó una fetta di pane.
-Beh… se non sei troppo stanco, perché no?
Sarà divertente!
Il lilla sorrise eccitato. -Speravo lo dicessi! Allora
confermo… dai, sarà una serata diversa!
-Certo… e poi voglio proprio vedere Kirino sfidare Kariya!
La mattina scolastica trascorse, per una volta, abbastanza velocemente.
Niente interrogazioni e niente brutte sorprese…
ciò significava meno stress. Quando tornarono a casa infatti
erano più allegri del solito, cosa evidente da come
l’arancione faceva battute a raffica sulla prof di chimica,
che aveva dato il meglio di sé nella spiegazione degli
orbitali atomici, imitando un atomo e agitandosi in mezzo alla classe
come assatanata .
-L’hai vista? Sembrava in preda ad una crisi convulsiva!
Il lilla scoppiò a ridere. -Esatto… hai visto
come si può rapidamente e senza sforzo perdere la
dignità di quarant’anni di onorato insegnamento!
Per pranzo prepararono del pollo. Seduti al tavolo, discutevano dei
prossimi passi da fare nel loro difficile percorso.
-Min… allora… ricapitolando. Oggi lavoro e
stasera da Tenma, domani lezione da Shindou e allenamenti, sabato gara
di canto e domenica… la nostra partita!
C’è tutto no?
L’arancione sorrise… poi un pensiero gli
attraversò la mente. -Man… il colloquio con
quelli della rivista! È oggi! Alle quattro, maledizione!
Il lilla spalancò gli occhi saltando sulla sedia. -Oddio!
È…è vero! Ma io lavoro… non
posso non andare!
L’arancione sospirò. -Che pasticcio…
aspetta! Ho un ‘idea… andrò io al posto
tuo! Basterà che tu mi firmi una delega…
dirò che sono il tuo agente! Ci pensi? Sarebbe fantastico!
Il lilla sorrise, riflettendo. -È un’idea
totalmente folle…
-Non… non ti fidi di me? Ok… scusa. Forse allora
conviene chiedere di rimandare il colloquio…
-… così folle che dobbiamo assolutamente farlo!!
Erano le tre, e il piano speciale stava per partire.
Manabe era pronto per andare al lavoro, e aveva scritto un documento
per Minaho in cui gli delegava il diritto di firmare il contratto al
posto suo. Aveva anche detto all’amico di riferire che se
volevano ulteriore conferma avrebbero potuto telefonargli.
Minaho, da parte sua, era pronto per partire. L’incontro era
fissato in un bar vicino a scuola. Voleva arrivare in anticipo,
così da essere sicuro di fare tutto giusto. Non lo avrebbe
mai ammesso, ma era incredibilmente emozionato.
Quando si salutarono sulla porta dandosi appuntamento per le sette a
casa, erano consci che sarebbe stato un pomeriggio importante, anzi,
fondamentale. Erano pronti.
-Manabe! Che bello vederti arrivare in anticipo… sei proprio
un ragazzo responsabile. Vai in cucina… Matatagi ti sta
aspettando. -Il proprietario del locale dove lavorava Manabe era
raggiante.
-Certamente signore… vado subito a cambiarmi!
Piuttosto… lei come sta?
-Ottimamente, ottimamente… stanotte ho sognato mia moglie,
sai? Era così bella… beh, ma perché ti
sto scocciando con i miei deliri da povero vecchio?
Tranquillo… sono certo che sarà un pomeriggio
positivo per tutti.
Il lilla entrò in cucina e iniziò ad infilare la
divisa, composta da un semplice farfallino nero, da un grembiule e da
scarpe nere di vernice.
-Ehila! Manabe! Avevo proprio voglia di vederti, sai? La tua compagnia
rallegra la giornata delle persone. -Matatagi diede un colpetto sulla
spalla del lilla. -Mettiamoci al lavoro… sarà un
pomeriggio molto pieno, visto il sole che risplende!
Manabe era confuso, come sempre quando parlava con il blu. Era
strano… nascondeva qualcosa, eppure… eppure lo
faceva sentire felice. Lo valorizzava e lo faceva sentire importante e
ben voluto, come… come Minaho.
-Va bene… diamoci dentro!
Matatagi aveva ragione. Quel giorno il bel tempo aveva favorito gli
affari.
I clienti entravano continuamente, e i due ragazzi dovevano fare gli
straordinari per servirli tutti. Inutile dire che la fatica che faceva
Manabe per non far cadere nulla era tanta. Ill suo stupore fu quindi
ancora più grande quando vide entrare dalla porta Kiro, il
bambino che aveva aiutato il giorno prima quando era inciampato nel
locale e si era fatto male, accompagnato dalla madre e da
un’altra bambino dai capelli neri, dall’aspetto
timido.
-Manabe! -Il piccolo corse verso il lilla trascinandosi dietro
l’amico. -Lui è Yasuda… viene con me in
prima elementare! Gli ho detto di quanto sei simpatico e buono e ha
voluto venire a conoscerti!
Il lilla arrossí come un peperone.
-S…simpatico… io? -Con la coda
dell’occhio vide la madre di Kiro sorridere, insieme al
proprietario del locale.
Niente da fare. Tempo un minuto e Manabe, con il bonario consenso
dell’anziano e sotto l’occhio divertito di
Matatagi, si era ritrovato seduto sul pavimento dietro al bancone, con
un bambino sulle ginocchia e l’altro sulle spalle.
-Hai visto? Lui è speciale! Ero caduto e mi ha aiutato e mi
ha preso in braccio e mi ha messo il ghiaccio e…
Manabe sorrise fermando quel fiume di parole con un gesto della mano.
-Niente di che… così mi fai sembrare un eroe!
-Magari hai anche i superpoteri! Ci pensi, Yasuda? Magari di notte
Manabe si mette il mantello e gira per la città difendendo i
bambini e le vecchiette con i suoi raggi laser! -E cosí
dicendo il bambino finse di sparare qualcosa dagli occhi.
Il lilla rideva come un matto. C’era qualcosa nei bambini che
lo inteneriva sempre. Lasciava che giocassero con le sue mani e i suoi
capelli, e che gli si arrampicassero addosso senza nessun problema,
mentre gli raccontava favole e barzellette facendoli ridere felici.
La donna, intanto, mentre osservava felice la scena, sorseggiava un
caffè al bancone, parlando con il proprietario.
-Vede… le avevo detto che ci sa fare con i bambini! Quel
ragazzo è un genio… non sembra, ma mio figlio non
dà mai confidenza a nessuno! Deve avere qualcosa di speciale
per averlo fatto affezionare così… oggi mi ha
implorato di riportarlo da voi insieme al suo migliore amico!
-Signora, non so cosa dirle… ha ragione, è
davvero bravo… dovrei pensare a qualcosa di speciale per
lui. Come semplice cameriere è sprecato…
cercherò di inventarmi qualcosa!
Tornando a casa, Manabe sentiva crescere
l’agitazione. Chissà come era andato
l’incontro di Minaho… aveva il cuore in gola.
Aprì la porta ed entrò in casa. Le luci erano
spente e solo il tramonto illuminava il salotto… segno che
Minaho non era ancora tornato. Si tolse le scarpe con un sospiro di
sollievo. Non immaginava che servire ai tavoli si traducesse nel
camminare così tanto!
Dopo aver riempito di patatine una ciotola, si sedette sul
divano a guardare un po’ di tv, nell’attesa del
ritorno dell’amico. -Maledizione… a
quest’ora non c’è mai niente di
interessante!
Finalmente la porta si aprì, e Minaho entró in
casa raggiante. Il suo sorriso sciolse immediatamente tutta
l’ansia del lilla.
-Min! È… è andata…
L’arancione sorrise sornione.
-Sì. È andata bene!!
|
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Capitolo 13 *** Ricordi ***
Ognuno
ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di
un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il
titolo.
Manabe non stava più nella pelle. Aveva immediatamente fatto
sedere Minaho al suo fianco senza nemmeno dargli il tempo di riprendere
fiato dalla corsa che aveva fatto per tornare a casa, e lo stava
ricoprendo di domande.
-Come è andata? Come erano loro? Che ti hanno detto? Hai
firmato? E poi…
-Ehiehiehi! Man, dammi tempo di fare mente locale!
-L’arancione scoppiò a ridere. –Ora ti
racconto tutto…
Minaho raccontò a Manabe ogni particolare. Aveva trattato
con una donna e un uomo che gli erano subito sembrati molto simpatici e
non avevano posto problemi quando gli aveva spiegato il
perché della sua presenza al posto di quella del lilla.
Avevano parlato un poco e si erano fatti raccontare qualcosa sulla loro
vita, quindi erano passati al dunque. Gli offrivano una cifra piccola,
ma tutto sommato in linea con quanto avevano sperato di guadagnare.
Sarebbe stata una boccata di ossigeno che gli avrebbe permesso di
andare avanti con più tranquillità.
-… e ovviamente, prima di firmare, ho letto e riletto il
contratto cinque volte… mi sembrava regolare. Ti
garantiscono che il tuo nome appaia bello in grande, è
questo che conta, no? -L’arancione sorrise sornione. -Hanno
detto che domani, prima di cena, passeranno a prendere i tuoi appunti e
a darci i soldi. Si sono raccomandati che tu faccia una fotocopia di
tutto prima di dargli il tuo lavoro, e hanno detto di stare
tranquillo… anche se sei minorenne, tuo zio garantisce per
te e questo gli basta.
Manabe era letteralmente entusiasta. Non ci poteva ancora
credere… ce l’avevano fatta! Sembrava troppo bello
per essere vero.
-In più…
Il lilla sussultó. -Ecco… sapevo che
c’era qualcosa che non andava…
L’arancione fece un sorriso indecifrabile. -In
più… mi hanno detto che il quotidiano cittadino
vuole intervistarti! Non è cosa comune che un sedicenne
riscriva le regole della matematica, sai?
Il lilla sbiancó, quindi arrossí come un
pomodoro. -O… mio… Dio!
Dieci minuti dopo Manabe era ancora sconvolto.
Lui voleva solo ragganellare qualche soldo per aiutare sé
stesso e il suo amico, e ora si ritrovava a pubblicare un saggio con
una delle riviste scientifiche più importanti al mondo, in
rampa di lancio per avere finalmente, per una volta, la stima di suo
padre.
In fondo era proprio di quella che gli importava. Sapeva che non
sarebbe diventato famoso… quelle riviste venivano lette in
tutto il mondo, ma solo da una ristrettissima cerchia di esperti. Non
era questo però che gli premeva… non riusciva a
farci nulla. Voleva la stima di suo padre. Sentiva ancora le sue
parole. .. “Manabe, se un buono a nulla!”,
“Manabe, sei una delusione!”, “Manabe,
non ti riconosco!”. Ebbe una fitta di tristezza.
Minaho, intento a fare le fotocopie degli appunti del lilla, lavoro che
lui per la troppa emozione e il tremore delle mani dovuto alla
felicità non riusciva a fare, notó che qualcosa
impediva al suo migliore amico di essere felice al cento per cento.
-Man… gli piacerà, non dubitare. Sarà
fiero di te, anche se magari sarà troppo orgoglioso per
dirtelo.
Il lilla trasalì. -Ma… Ma tu come…
L’arancione sorrise dolcemente, andando a sedersi vicino
all’amico e prendendogli le mani. -Uno. Sono un detective
e… due. I tuoi occhi non hanno più segreti per me.
Manabe era confuso e commosso. Riuscì solo a emettere un
buffo, leggero -Oh… - prima di buttarsi tra le braccia del
suo migliore amico, gli occhi lucidi.
Minaho lo tenne stretto a sé per un tempo lunghissimo. Lo
sentiva tremare. Avrebbe voluto trasmettergli sicurezza…
sperava di starci riuscendo. Lui non aveva ricevuto abbracci per tanti
anni… ma il lilla doveva essere nella sua stessa situazione,
purtroppo.
-Man… ehi Man… -Minaho accarezzò
dolcemente i capelli dell’amico. -Se devi piangere un
po’, piangi pure. Ci sono io qui con te, ok?
Il lilla alzò gli occhi dal petto di Minaho. Erano lucidi,
ma sorrideva. L’arancione lo trovò tenerissimo ed
arrossí leggermente.
-Min… sai una cosa? Sei strambo, taaanto vanitoso,
disordinato e con la bruttissima abitudine di spiare i tuoi amici nei
momenti più intimi, però…
però penso di non aver mai conosciuto un’anima
più buona della tua. Rimani sempre con me, ti prego.
L’arancione sorrise. -Beh… grazie,
genietto lilla! Anche io voglio passare la mia vita con te. Siamo come
i due poli di un magnete… possono dividerci quanto vogliono,
ma non ci separeranno mai!
Quella sera, quando andarono a dormire, sapevano che nessuno dei due
sarebbe caduto in poco tempo preda del sonno.
Manabe, nella sua camera piena di appunti di matematica e di foto, se
ne stava steso sul letto con le mani dietro alla nuca. Troppi pensieri,
troppe paure e troppo peso sullo stomaco. Non si era mai accorto di
quanto i suoi genitori riuscissero a farlo sentire sempre in colpa.
Tutto quello che faceva, tutto quello che desiderava e sognava
passavano in secondo piano di fronte alle loro pretese sempre diverse.
Ogni volta che raggiungeva un nuovo traguardo, vedeva
l’asticella alzarsi sfuggendogli di mano.
Era terribile quando, da piccolo, faceva un incubo e sapeva che nessuno
nella stanza vicina avrebbe potuto abbracciarlo per tranquillizzarlo.
Gli avrebbero detto che era uno stupido, e che avere un figlio
così credulone era una grossa delusione. Quante notti
passate a piangere, quanti pomeriggi senza sapere che fare, senza
nessuno con cui parlare se non la propria coscienza che si interrogava
su cosa avesse sbagliato.
Poi era arrivata l’adolescenza, e con il suo vento leggero la
voglia di farla finita. Ogni coltello una promessa, ogni corda un
viatico per smettere di soffrire. Però…
paradossalmente, erano stati i suoi genitori a salvarlo.
L’idea di morire senza un senso, senza aver fatto niente
nella vita, di spegnersi così, lo agghiacciava. Chi gli
aveva tolto tutto, gli aveva tolto anche la speranza che farla finita
significasse andare in un posto migliore.
Così come erano venute, quelle terribili giornate se ne
erano andate. Il lilla aveva iniziato a disprezzare l’idea
del suicidio e aveva deciso di provare a lottare. Se ne era andato di
casa… aveva preso possesso di quella casa di
proprietà dei suoi e aveva iniziato il suo percorso per
l’emancipazione. Poi… poi era arrivato Minaho.
E con Minaho tutto era cambiato.
Adesso, di fronte alle paure della notte, aveva un amico da cui correre
per farsi consolare. Poteva affondare il viso in un petto caldo,
stringere una mano amica e lasciare che il suo respiro caldo e regolare
lo tranquillizzasse mentre la sua voce gli sollevava l’umore.
Era tutto così diverso… così
bello…
Non aveva mai pensato al grande regalo che aveva ricevuto sotto
quell’ottica. -Dio, se esisti, ti ringrazio con tutto il
cuore…
Ebbe improvvisamente una forte vampe di emozione, a metà tra
dolore e gioia. Sentì le lacrime premere per
uscire… si accucció con le ginocchia strette al
petto ed iniziò a piangere. Un pianto leggero, struggente,
da bambino solo. Non sapeva perché, sapeva solo di averne
bisogno.
Il petto gli tremava scosso dai singhiozzi mentre lasciava che
l’emozione uscisse fuori. Si sentiva strano…
caldo. Le lacrime avevano iniziato a bagnare il cuscino. Lo strinse
forte, immaginando fosse la madre. Voleva tanto rivederla…
-Man… ehi? Man… vieni qui…
Delle braccia calde, un pigiama profumato contro la guancia…
Minaho.
-Min… sei… sei qui…
-E lo sarò sempre. Ti hai sentito piangere... e ho pensato
che ti avrebbe fatto piacere un abbraccio… non so, magari
scambiare due parole con un amico… o anche solo tenermi la
mano.
Il lilla sorrise debolmente.
-G…grazie….
Abbracció stretto Minaho, e si addormentó al suo
fianco con il sorriso sulle labbra, rilassandosi al contatto delle sue
mani e pensando che forse la vita meritava una seconda
possibilità, insieme a quel ragazzo arancione.
Mattina. Uno splendido sole entrava dalle persiane socchiuse, mentre la
città si svegliava.
-Man… ehi Man svegliati! Facciamo tardi! Guarda…
per fortuna è una bella giornata!
Il lilla si riscosse dal sonno. -Ciao Min… ben svegliato!
È… è stata una nottata riposante!
Adesso vado a preparare la colazione, ok?
L’arancione scosse la testa. -Non ci pensare
nemmeno… stamattina è il mio turno!
Vedrai… ti stupirò con incredibili
delizie… ehm… forse.
Il lilla scoppiò a ridere. -E va bene… mi voglio
fidare di te! Vada per la Minaho – colazione a sorpresa!
-Man, guarda che non sei costretto a mangiarli…
-Ehm… ma… ma no! Sembrano…
ecco… dai… buoni? Sì! Buoni…
Il lilla era seduto al tavolo della cucina insieme a Minaho, che lo
fissava con occhi mortificati. Davanti a loro un vassoio pieno di
muffin… crudi dentro, carbonizzato fuori.
-Lo sapevo. .. Aver sostituito il lievito con lo strutto non deve
essere stata una grande idea… -L’arancione
giocherellava con i pollici, gli occhi bassi.
-Beh… di certo non si può dire che non sia cucina
creativa! Guarda… adesso li assaggio e… -Il lilla
prese in mano un muffin. Quelli che sembrava più vicino
all’idea di “commestibile” che vi fosse
sul vassoio. Gli diede un morso pregando il cielo di proteggerlo.
-Mmmh! B…buoni! Non… non avevo mai…
oddio… ehm… sentito nulla di simile! Sanno di
cadav… ehm… di cioccolato!
L’arancione era perplesso. -A dire il vero sarebbero stati
alla vaniglia…
Manabe sbiancó, portandosi una mano alla pancia.
-D…davvero? Che… che notizia…
rassicurante…
Minaho abbassò gli occhi. -Dillo che fanno pena…
non sarò mai bravo come te! Mi ci ero impegnato
tanto…
Il lilla ebbe una leggera fitta di compassione. In fondo li aveva fatto
per lui… -Oh, maledizione! – pensò tra
sé e sé. Tempo dieci minuti, cinque di
quegli strani cosi erano spariti nella sua pancia, e Minaho gli
sorrideva con le lacrime agli occhi.
La scuola nascondeva sempre interessanti sorprese.
Ad esempio, chi avrebbe mai detto che la prof di inglese si sarebbe
sposata? Ciò significava che, per una settimana, avrebbero
fatto a meno di Wilde, Byron e Tennyson, trascorrendo le sue ore a
chiacchierare e ringraziare la legge che permetteva di concedersi
lunghe licenze matrimoniali!
-Ehi Min… oggi in allenamento dovremmo lavorare alla nostra
supertecnica… io… io o spero di
riuscirci.
L’arancione prese la mano dell’amico. -Tu lo
pensi, io ne sono sono sicuro! Con te al mio fianco, non
possiamo fallire… vedrai, ci riusciremo sicuramente.
Il lilla sospirò. -Mi fido di te,
però… cavolo, la partita è fra due
giorni e io proprio non so se sarò alla vostra altezza, dopo
tutti gli allenamenti che ho perso… farò un a
figuraccia pazzesca e non vi sarò di nessun aiuto…
Minaho sorrise. -Certo… e poi, quando ci farai
vincere come sempre, con le tue strategie e il tuo genio,
potremo dare la colpa di tutto a quella grandissima figuraccia?
Manabe sorrise debolmente. -Io ti… ti ringrazio.
È che a volte… a volte mi comporto come un
bambino. Sono un debole. Lo… lo diceva sempre
papà… Jinichirou, sei debole, debole…
debole… delusione… debolezza… solo
queste cose mi dicevano… solo queste…
Minaho vide spuntare una lacrima sul viso dell’amico. Non
voleva che lo vedessero piangere… lo prendevano
già abbastanza in giro. Quegli ipocriti dei loro compagni
non lo avrebbero mai capito. Così… lo
abbracciò stretto e lo attirò a sé,
coprendolo col suo corpo.
-Min… ma… ci vedono… poi
diranno… di te…
-Non me ne importa nulla. Dicano quello che gli pare di me. In
trenta, non valgono un decimo di quanto vali tu… e
ora rilassati. Non devi pensare alle cose che ti fanno
soffrire… tu non sei debole, tu sei la persona
più forte che conosca, e non permettere a nessuno di
metterlo in dubbio. Stai con me… lascia perdere le
cattiverie di questa gente… meriti di meglio, amico mio.
Manabe sospirò, aggrappato alla maglietta
dell‘arancione. Aveva ragione… pensassero quello
che gli pareva. Lui voleva solo state con Minaho… non gli
importava dei pareri altrui. Minaho lo faceva sentire forte, lo faceva
sentire importante per qualcuno e magari anche capace di fare
qualcosa… non si sentiva più inutile come si era
sentito per un decennio. L’arancione aveva
ragione… basta dargli credito. Aveva già troppi
problemi di suo, per accollarsi anche quello dell’opinione
dei suoi compagni di classe.
-Hai ragione Min… oggi faremo una splendida supertecnica,
noi due insieme.
Agli allenamenti le speranze del lilla si mostrarono ben riposte.
Ogni volta che lui e Minaho riprovano la supertecnica,
aiutati e sostenuti dai loro amici, si sentivano più vicini
all’obiettivo.
L’unica preoccupazione per il lilla era quella del poco tempo
che avevano avuto… il lavoro non era ancora perfetto, e non
avevano altri allenamenti prima della partita. Sperava che al momento
giusto sarebbe andato tutto bene… certo, il sorriso di Endou
lasciava ben sperare!
Anche la lezione con Shindou andò bene. Manabe si sentiva
più sicuro dopo due ore di prove. Certo… la sola
idea del palco, degli sguardi su di lui e del dover cantare lo
mandavano nel panico, ma oramai cosa poteva farci? Era in
gioco e doveva giocare.
La canzone che aveva scelto si era plasmata sulla sua voce, creando
qualcosa di nuovo. Chissà… sperava di non tirare
stecche, e di finire in fretta. Sarebbero stati tra i minuti
più ansiogeni della sua vita, se lo sentiva.
Minaho, dal canto suo, era entusiasta. Trovava che la voce del suo
amico fosse splendida, eccezionale, e non perdeva occasione per
esultare come un bambino. Il lilla lo trovava così
tenero… gli dava la forza di provarci.
-Min… Shindou… o la va o la spacca! Domani
è il grande giorno… io sono pronto, e voi?
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Capitolo 14 *** Torneo con scintille! ***
If you want you can get to
know me well
We get along so we shouldn't argue
And I don't know, said I don't know, no
All these feelings, cloud up my reasoning
They cloud up my reasoning
Quella sera, quando Minaho rientrò dal supermercato con la
spesa (era il suo turno… inutile dire la sua
felicità nel poter evitare a Manabe una fatica!)
trovò la casa vuota ad aspettarlo.
Dove diavolo si era cacciato il lilla? L’arancione
andò nel panico.
Inizió a camminare avanti e indietro per la casa, facendosi
mille domande e dandosi mille rispose ipotetiche, sforzando al massimo
la sua mente analitica da detective. Non negava di essere molto
preoccupato… eppure Manabe non aveva dato segni di
stranezza… che non avesse colto qualcosa? Che fosse
arrabbiato, o offeso? Che fosse scappato? Non poteva nemmeno
pensarci…
Corse in camera del lilla, in cerca di prove. Fu allora che
notó che mancava il borsone da calcio. L’arancione
iniziò ad intuire, sospirando di sollievo e sorridendo.
Scese di sotto, si infilò le scarpe e corse fuori nella luce
dell’ultimo sole che precede il tramonto.
Manabe era al campo al fiume.
Non aveva resistito… doveva allenarsi, oppure la
supertecnica con Minaho sarebbe fallita e il senso di colpa lo avrebbe
divorato per giorni.
Fu proprio mentre correva dietro la palla che vide comparire,
trafelato e sorridente, l’arancione dal bordo
dell’argine. Rimase a bocca aperta, mentre Minaho
scendeva e gli saltava quasi addosso ridendo.
-Min! Ma… Ma che ci fai qui?
-Che ci faccio? Mi hai fatto prendere un colpo! Ma
sarà il modo di sparire?
Il lilla lo fissò perplesso. -Ehm… non hai letto
il foglio grosso come una casa che ho attaccato al frigorifero? Quello
dove ti spiegavo dove fossi e perché?
L’arancione avvampó. -Ehm…
ecco… io… -Si vergognò di
sé stesso. Preso dalla foga della ricerca di tracce, non
aveva nemmeno guardato alle cose più ovvie ed evidenti!
Manabe scoppiò a ridere.
-Tranquillo Min… non è mica successo niente! Mi
stavo solo allenando… ho così paura di fallire!
Minaho ebbe un sussulto, guardandolo commosso. -Man…
ma… ti stai allenando per… per la nostra
supertecnica? Lo fai per… per me?
Il lilla arrossí, portandosi la mano dietro alla nuca.
-Ehm…
Minaho era commosso. -Aspetta… vengo con te!
Giocarono per quasi due ore, fino al tramonto del sole. Erano
migliorati molto in coordinazione e velocità… ora
si sentivano quasi pronti. Manabe era pieno di energie… fu
l’arancione a chiedere una pausa per primo.
-Man… possiamo… possiamo fermarci un istante?
Sono… stremato … la divisa scolastica non
è proprio adatta… sono in un bagno di sudore e
queste dannate scarpe mi stanno distruggendo i piedi.
Il lilla sorrise. -E va bene… anche io sono stanco a dire il
vero. Siamo stati bravi, no?
Minaho sorrise, mentre si sfilava le scarpe con un sospiro di sollievo.
-Solo bravi? Siamo a cavallo Man! Vedrai… domenica
sarà un successone, se ci impegnato e rimaniamo insieme. Io
e te siamo invincibili.
Manabe sorrise. -Minaho e Manabe, i gemelli del goal!
L’arancione scoppiò a ridere. -Questo è
lo spirito giusto! E ora… a casa, che devo preparare una
buona cenetta e rifarmi dei muffin quasi tossici di questa mattina!
-Pollo o pesce e riso, questo è il problema! -Minaho, le
sopracciglia aggrottate in espressione drammatica, si aggirava per la
cucina brandendo una pentola vuota come fosse il famoso teschio
dell’Amleto, scatenando risa irrefrenabili nel lilla. -Che
sia più nobile all’animo spennare con foga il
pennuto defunto, oppure fuggire da questo mare di tribolazioni e
gettarsi a piene mani nelle viscere della trota, consci di puzzare poi
di pesce per cinque ore? Mangiare, pregare che sia buono… e
nulla più!
-Min.. -Il lilla cercava di parlare trattenendo le risate. -Fossi in te
mi butterei sul pesce! Se vedo altro pollo penso che mi spunteranno le
piume (lilla!) e inizierò a razzolare per il
cortile…
Minaho sorrise sornione. -Mh… vada per il pesce. Va bene al
forno? Rischio di fare meno dan… ehm… credo che
venga più buono così!
Il lilla scosse la testa sorridendo. -Qualunque cosa faccia tu, per me
sarà buonissima.
Mangiarono rapidamente, parlando di calcio. Dopo cena avevano
appuntamento da Tenma per il torneo di videogiochi che aveva
organizzato… e non sapevano bene cosa aspettarsi.
-Speriamo che Tenma non abbia teso qualche trappola delle
sue… a volte la sua innocenza mi fa paura!
-Tranquillo Man… c’è Tsurugi, no?
Qualcosa mi dice che lo terrà lui sotto stretta
sorveglianza…
Il lilla scoppiò a ridere. -Min… ma cosa vai a
pensare! Tenma e Tsurugi non… oppure…
oddio… già, credo che tu abbia ragione!
-Sì vede lontano un kilometro! Figurati... ho sempre avuto
il sospetto che il nostro amico dai capelli blu fosse un grande, grosso
pervertito… in senso buono, ovviamente!
Manabe prese in mano il bicchiere e bevve un sorso d’acqua.
-Quali brutte immagini mi vengono alla mente… oddio, li
fisserò tutta questa sera temendo di vederli sparire sul
terrazzo!
L’arancione fu travolto da uno scoppio di risa
così clamorose che per poco non sputò nel piatto
il boccone che stava masticando. -O… oddio!
Erano le otto in punto quando Minaho e Manabe, vestiti sportivi anche
grazie al tepore della serata, suonavano al campanello di casa di Tenma.
Il castano li accolse quasi saltandogli in braccio, quindi li condusse
in camera sua, dove trovarono già Shindou e Kirino, seduti
al fianco di Kariya che sembrava tramare qualcosa ai danni del rosa, a
giudicare dal sorriso delinquenziale che sfoggiava.
-Bene… ragazzi, sedetevi pure… appena saranno
arrivati gli altri, inizieremo a darci dentro! Piuttosto…
volete un biscotto? Dei popcorn? Una bibita?
Manabe accettò un bicchiere di succo, mentre Minaho, non
pago della pur abbondante cena, si lanciò a capofitto sui
dolcetti suscitando le risate degli amici. Manabe sapeva che il
cioccolato era un suo punto debole… soprattutto quello
all’arancio. Tenma ci aveva pensato… era
incredibile quanta attenzione desse ai particolari e agli amici.
Tempo quindici minuti e la piccola stanza si era riempita di tutti i
loro amici. Ci stavano a malapena, ma avere Shindou, Kirino e Kariya
seduti sul letto facilitava le cose. Inutile dire che il castano fosse
tutto tranne che entusiasta di stare in mezzo a quei due… in
così poco tempo il verde aveva tirato i capelli al rosa
(ribaltando Shindou), il quale aveva risposto con uno scappellotto
(ribaltando di nuovo Shindou.). Il verde, ben deciso ad aver
l’ultima parola, aveva risposto con un fitto lancio di
popcorn (finiti negli occhi di Shindou) al quale il rosa
aveva opposto un letale pestone sul piede del verde, il
quale, saltellando per la stanza, aveva risposto con un ceffone (che
aveva preso in pieno Shindou.). Fortunatamente l’intervento
di Tsurugi aveva posto fine allo “scambio
d’opinioni”, permettendo al rosa di sistemarsi i
capelli, al verde di calmarsi il dolore e a Shindou di tirare
finalmente un sospiro di sollievo.
Poco tempo dopo si diede inizio alle danze.
Inutile dire che Manabe e Minaho erano tutto tranne che allenati. Non
che fossero completamente estranei al mondo dei videogiochi…
in fondo Manabe aveva recuperato dalla sua stanza una playstation con
la quale passavano molte serate, però ultimamente il tempo
non era stato molto…
Mentre il lilla era abbastanza impacciato, però, Minaho
mostrava un discreto talento naturale.
-Ohi Min… non ti avrei mai immaginato così svelto
nel maneggiare un fucile! Stai facendo una strage di quei poveri
mistriciattoli verdi! Non ti hanno fatto nulla! -Il lilla
scoppiò a ridere.
-Tu non mi conosci… questo e altro! Guarda che io ci so
fare… chi è che vince sempre, quando giochiamo a
casa?
Il lilla guardò verso l’alto.
-Mh… un uccellino?
L’arancione mise il broncio.
-Sì… un uccellino arancione!
-Ahh… ora ho capito! Il gufetto!
Minaho sospirò sorridendo. -Beh… se la metti in
questi termini… yes, il gufetto!
Tenma non era rimasto immobile un istante. Aveva portato cibo, bibite,
cambiato musica più volte, parlato fino a perdere la
voce… era stato davvero un ospite perfetto.
-Ragazzi… spero che vi stiate divertendo!
Pensate… se domenica vinciamo presto andremo a giocare in
trasferta! Il torneo nazionale… sarà come
l’anno scorso! Anzi… sarà ancora
più bello. Quest’anno abbiamo nuovi
amici… e poi finalmente il calcio è tornato
libero! Non vedo l’ora!
Gli occhi sognanti del castano scatenarono il sarcasmo di Kariya.
-Certo capitano… tante belle cose, ma prima dobbiamo
arrivarci, al torneo nazionale!
Tenma si oscurò in un istante. -Ma… Ma
Kariya…
-Insomma! Possibile che tu non sappia mai quando stare zitto? -Kirino
era intervenuto a gamba tesa nella discussione. -Sei inopportuno!
-Senti chi parla! Perché tu allora cosa sei? Barbie ex
tossica in edizione limitata?
Shindou, che stava mangiando un pugno di popcorn, quasi si
strozzò dalle risate. Kirino fulminó il fidanzato
con la potenza della sua disapprovazione. Il castano arrossí
come un peperone.
-Ma… ma come ti permetti? È possibile che tu
debba sempre aggredirmi?
Il verde fece una faccia stranissima. -Coooosa? Io aggredire te? Mi hai
quasi distrutto un piede!
-Beh? Te lo sei meritato! E non fare il bambino!
-Bambino? Mi hai azzoppato!
La situazione stava degenerando rapidamente, prima che Shindou
intervenisse a ripristinare l’ordine.
-Ehm… Ran? Che ne dici di…
-Kssssst!! -Il rosa sibiló come una serpe sotto un sasso.
Shindou fece un salto indietro di mezzo metro.
-E basta!! Datevi la mano e fate la pace!
Era stato Tsurugi a parlare. Il rosa lo guardò
scandalizzato, mentre il verde sogghignava.
-Mpf... Non se ne parla!
Tsurugi sospirò come per calmarsi. -Allora…
è ora di finirla con queste pagliacciate! Se vi odiate mi
dite perché quando Kariya beve Kirino inizia ad agitarsi
come una donnola?
-Cos… io non…
-E vogliamo parlare dei pianti che ti sei fatto, Kariya, quando Kirino
ha detto che non avrebbe mai più voluto avere a che fare con
te?
-Io…
Il blu li prese di peso e li lanciò sul letto. -Forza! Darsi
la mano!
Il verde guardò il rosa di sottecchi. -Mpf…
Si diedero la mano mugugnando.
Al termine della serata il clima era tornato più che
normale… addirittura il rosa e il verde erano stati sorpresi
a chiacchierare in bagno!
Era passata da un pezzo la mezzanotte quando si decisero a
salutarsi… del resto il giorno dopo avevano scuola. Tenma
accompagnò gli amici alle scale sorridendo beato. Si era
divertito un mondo. Manabe e Minaho, da parte loro, non erano da meno.
-Bene ragazzi! A domani allora! Che ne dite… ci vediamo il
pomeriggio per un allenamento speciale? Tranquilli Man e
Min… sappiamo della gara di talenti e… verremo a
vedervi! Poi se non sarete stanchi… magari potreste venire
anche voi all’allenamento!
Minaho e Manabe scoppiarono a ridere. -Certamente Tenma…
certamente.
-Ciao ragazzi! A domani!
-Ciao! Buonanotte!
Tutti si stavano salutando sulle scale. Shindou teneva Kirino per mano
e Tsurugi si attardava a salutare Tenma..
-Ehi, Barbie! Kariya sorrise a Kirino. -Ehm… scusa per
prima, ok?
Il rosa sospirò sorridendo. -Scuse accettate…
Kariya gli fece l’occhiolino, si girò, fece per
scendere il primo scalino e… cadde rovinosamente dalle
scale.
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Capitolo 15 *** Contrattempo ***
“Se non vuoi
avere dispiaceri tratta le catastrofi come fastidi, ma non trattare mai
i fastidi come catastrofi.”
-Kariya! Oddio Kariya stai bene?
-Kariya! Ma come è successo?
-Kariya!
Dopo il volo giù per le scale del verde, tutti erano rimasti
un istante come ammutoliti. Mezzo secondo dopo si erano precipitati
giù per le scale e avevano raggiunto l’amico steso
a terra, attorniandolo angosciati. Kirino in particolare dava segni di
isteria.
Il verde si riscosse, cercando di snebbiare la mente dalla confusione.
-Tranquilli… non mi sono fatto nulla!
Sorridendo in maniera fin troppo esagerata per non rivelare un
terribile imbarazzo, con il suo solito ghigno sornione sul volto,
Kariya fece per alzarsi in piedi tra i compagni preoccupati. -Visto?
Niente di ch…
Ricadde a terra tenendosi la gamba e gemendo di dolore. Aveva le
lacrime agli occhi.
-Oddio Kariya che hai? Stai soffrendo! -Kirino era decisamente nel
panico.
La voce del verde tremava per il dolore. -Io… la…
la caviglia… la mia caviglia…
-Stai fermo Kariya! Non ti muovere… aiutatemi a portarlo di
sopra, presto!
Tsurugi aveva come al solito preso il controllo della situazione.
Insieme a Ryoma prese il verde da sotto le ascelle
e lo sollevò il più lentamente possibile. Kariya
urló di dolore.
Lo sorressero fino al piano di sopra e, con tutta la delicatezza
possibile, lo aiutarono a sedersi sul divano. Quando il piede
toccó terra, Kariya gemette di dolore.
-Ho il brutto presentimento che sia slogata… Tenma, presto,
porta del ghiaccio e chiama un dottore!
-Un… un dottore? Ma è mezzanotte passata! Dove lo
trovo un dottore? -Il castano era nel pallone.
-Ha ragione… -Shindou scosse la testa nervoso. -Dobbiamo
portarlo al pronto soccorso immediatamente.
Kariya sussultó. -Co… cosa? Io non ci vado al
pronto soccorso! Sto… sto benissimo… ahia!! -Un
altro grido di dolore.
-Kariya… non è il momento! Shindou aveva preso il
controllo della situazione con quella sicurezza che tirava fuori solo
nei momenti più difficili. -Potrebbe essere rotta! Non ci
tieni per nulla al calcio?
Il verde sbiancó. -Cosa…Cosa vorresti dire?
Kirino intervenne prima che il castano facesse un disastro. -Ne
parleremo dopo! Ora è inutile farsi viaggi
mentali… dobbiamo aiutare Kariya! Tenma vai a prendere quel
ghiaccio per favore.
Il rosa si inginocchió davanti a Kariya e, con la
massima delicatezza possibile, gli tolse le scarpe e i calzini. -Grazie
a dio non è troppo gonfia… senti dolore
così? E così? -Il rosa aveva preso il piede
dell’amico e gli stava facendo muovere delicatamente la
caviglia. Kariya lacrimava di dolore. -Sì…
sì dannazione! Non è proprio il momento migliore
per farmi un massaggio, non trovi?
Kirino sorrise amaramente. -Mi fa piacere vedere che non perdi la tua
bastardaggine nemmeno in questa situazione… cerca di tenere
duro, il ghiaccio sta arrivando.
In quel momento Tenma tornava, appunto, con il ghiaccio. Immediatamente
misero la borsa sulla caviglia del verde, discutendo il da farsi.
-Nessuno di noi ha la patente… maledetti sedici anni! Per
fortuna l’ospedale è a due passi… ma
chi lo porta?
-Ci penso io… sono abbastanza forte da tenerlo sulle spalle.
-Tsurugi alzò la mano.
-Bene… -Shindou sospirò. -Prepariamoci allora.
Non sarà facile.
Portare Kariya fino al pronto soccorso, nonostante fossero solo
trecento metri, fu un incubo.
Innanzitutto la vergogna. Il verde era imabarazzatissimo tra le braccia
di Tsurugi, poi il dolore. Ad ogni passo sentiva una fitta tremenda che
gli si irradiava lungo la gamba e sotto la pianta del piede.
Entrati in ospedale, gli fu assegnato un codice giallo. Per fortuna
avevano poche persone davanti, ed il tempo che dovettero aspettare
sulle scomode sedie dell’accettazione, il verde con una borsa
ormai piena d’acqua sul piede, non superò la
mezz’ora.
Finalmente li fecero entrare… o meglio, fecero entrare il
verde accompagnato da Kirino, Tsurugi, Minaho e Manabe, mentre gli
altri rimanevano fuori ad aspettare.
Il dottore lo visitò e gli disse che sarebbe stata
necessaria una radiografia, e che solo dopo avrebbero potuto fare
qualcosa per il dolore. Kariya strinse i denti e gemette. Non lo
avrebbe mai ammesso, ma odiava gli ospedali.
Pochi minuti dopo veniva sottoposto alla radiografia, il cui esito
tranquillizzò tutti. Niente di rotto… era una
grossa botta.
-Non… non potete fare qualcosa per dargli sollievo? Non ce
la fa più… -Il rosa supplicò il
dottore.
Subito Kariya fu fatto sedere su un lettino. Finalmente un infermiere
inizió a praticargli un massaggio al piede e alla caviglia
con una pomata lenitiva e il verde poté trovare sollievo. La
notizia pessima era un’altra. Per dieci giorni niente calcio!
Senza il verde la difesa della squadra sarebbe ricaduta tutta sulle
spalle di Kirino, Minaho e Manabe. Era terribile… come
avrebbero fatto per la partita?
Kariya, dal canto suo, continuava a sostenere di poter giocare. Fu il
medico a mettere la parola fine alla discussione.
-Se giochi la finale, non giocherai mai più come prima.
Niente da fare… sarebbe stato costretto a rimanere in
panchina.
Manabe e Minaho rientrarono a casa che erano passate le due di notte.
-Meraviglioso Min! Ora sí che siamo fregati! Abbiamo perso
un difensore un giorno prima di giocare… come faremo?
Non…
L’arancione diede un buffetto all’amico.
-Man… di cosa ti preoccupi? Ci sei tu in difesa…
il miglior regista difensivo del calcio giovanile! Ci siamo io e Kirino
con te… non devi avere paura!
Il lilla sospirò. -Io vi ringrazio ma… lo sai,
sono un matematico. Ecco… le nostre possibilità
di vittoria sono appena crollate del trenta per cento.
Minaho sorrise… non riusciva a non trovarlo tenero quando
usava la matematica per giustificare le sue parole. -Mh…
sarà! Però come la mettiamo se Minaho Kazuto ti
dice che giocherò per due e non ti perderò di
vista un attimo?
-Bhe… -Il lilla sorrise debolmente. -Se Minaho Kazuto dice
questo, Manabe Jinichirou gli risponde che gli vuole tanto, ma tanto
tanto tanto bene.
La notte passò troppo in fretta, a giudicare dalle occhiaie
che risultavano sulla pelle candida dell’arancione a
colazione, la mattina dopo.
-Come… come si fa a dormire neanche cinque ore…
penso che non resterò alle lezioni, oggi!
Manabe sorrise sornione, prendendo in mano la sua tazza di latte caldo.
-Davvero? E io che credevo che i gufetti fossero animali notturni!
Minaho sorrise sarcastico. -Ah. Ah. Ah! Bhe, se il gufetto non
è notturno, di certo non lo è nemmeno il panda
lilla! Devo forse fare la tua imitazione mentre, a
metà nottata, ti aggrappi a me come un Koala? E se ti piace
tanto il mio bagnoschiuma… compratelo, e smettila di
sniffarmi come un arbre magique! Pure io ho diritto di dormire, no?
Il lilla avvampó di rossore. -Minaho…
-Dimmi amico mio!
-Inizia a scappare.
-Ahia…
Minaho era alla fermata dell’autobus insieme a Manabe,
intento a massaggiarsi la testa.
Il lilla sorrideva sornione. -Visto? Stai più attento quando
corri, oppure potresti avere brutti incontri con le mensole!
Manabe spalancò gli occhi. -Brutti incontri? Mi hai
inseguito! Volevi molestarmi!
-Beh… solo perché tu mi hai accusato di
inenarrabili stalking notturni! E io che credevo di essere carino e
coccoloso!
L’arancione scoppiò a ridere. -Lo sei…
credimi che lo sei. Carino, pericoloso e coccoloso!
Finalmente arrivò l’autobus. Mentre si dirigevano
a scuola, Minaho e Manabe osservavano la città che si
svegliava. Commercianti che aprivano i negozi, bambini piccoli per mano
alle madri, uomini eleganti che correvano al posto di lavoro, magari
con il telefono all’orecchio.
La loro città non era particolarmente trafficata, nemmeno
nei quartieri del centro. Un’attenta urbanistica
l’aveva dotata di strade larghe, molti parchi e verde
pubblico, favorito da un clima secco d’inverno e umido
d’estate. Avevano una grande stazione ferroviaria che li
metteva in contatto con le altre grandi città del paese,
sempre affollata di pendolari, una buona rete di metropolitane e ben
due ospedali. Del resto la città contava quasi un milione di
abitanti. Il fiume la attraversava placido, accarezzando i quartieri
tradizionali e lambendo il centro economico, con le vie di negozi e i
palazzi d’uffici. Al sud della città una foresta
lambiva le pendici di un monte innevato, al nord invece un breve tratto
di pianura li separava dal mare.
Il sistema dei trasporti pubblici era efficiente, per fortuna. Infatti,
come ogni mattina, l’arancione e il lilla arrivarono a scuola
in perfetto orario.
Quella mattina tutta la scuola era in fibrillazione.
La gara dei talenti, che si sarebbe tenuta nella grande aula magna (per
una volta sottratta ai discorsi clamorosi e noiosissimi della preside e
dei suoi vicari) era uno dei momenti più attesi
dell’anno. Ufficialmente un modo per mettere in mostra le
capacità degli studenti, di fatto un sistema per
impressionare gli altri istituti e attrarre iscrizioni… come
se non bastasse già la presenza del club di calcio della
Raimon!
Gli studenti attendevano la giornata con grande emozione. Si
aspettavano stupire e divertimento, e c’erano pure i
“simpaticoni” che non vedevano l’ora di
farsi grasse risate alle spalle di qualche concorrente più
temerario che talentuoso.
Le iscrizioni erano sempre molte… del resto il gioco valeva
la candela. In palio c’era un mucchio di crediti, e
la possibilità di far incorniciare la propria fotografia e
metterla in bella mostra, nella sala dei trofei dove trovavano posto i
premi degli studenti illustri della storia della scuola. Inutile dire
che tutto ciò a Manabe interessava relativamente…
era terrorizzato, e lo faceva solo per Minaho… e per
dimostrare ai giudici di essere un ragazzo responsabile.
-Ehi Manabe! È vero che ti sei iscritto alla gara dei
talenti?
-Manabe! Hai un bel coraggio! Uno come te che razza di talenti
può avere, secchia?
-Ahahahah Manabe Jinichirou lo sgobbone alla gara! Facci ridere!
Era un incubo. Quella mattina qualcuno, in segreteria, aveva avuto la
bella idea di pubblicare la lista dei partecipanti… tutti
sapevano, adesso.
Minaho guardava il suo amico soffrire come un cane e non poteva fare
assolutamente nulla. Si sentiva tremendamente in colpa… lo
aveva costretto, ed ora lo stavano umiliando per colpa sua!
Il lilla, da parte sua, non ce la faceva più.
Quante cose non aveva previsto… o aveva semplicemente
mentito a sé stesso? Lo avrebbero umiliato, distrutto,
ridicolizzato davanti alla scuola intera. Che razza di idea aveva avuto
ad iscriversi? Lui? Cantare? Si sentiva brutto, stonato, sfigato e
stupido… come aveva potuto?
Poi però vide Minaho.
Lo fissava con tanta paura negli occhi… si stava dando tutte
le colpe, ne era certo. Gli tornarono alla mente le lezioni con
Shindou… lui era lì con lui. Era con lui quando
aveva scelto la canzone… era con lui quando aveva presentato
il modulo per iscriversi e gli aveva fatto
l’occhiolino… perché doveva rovinare la
bellezza di quei momenti per colpa di venti idioti?
-Sapete che vi dico?
Il lilla aveva urlato. Di colpo si vide tutti gli sguardi addosso.
Minaho, preoccupato e confuso, i compagni perplessi e anche
stupiti… prese fiato e chiuse gli occhi per un istante.
-Andate affanculo.
-Man! Sei… sei stato grande!! -Minaho saltellava intorno al
suo migliore amico, gli occhi luccicanti, mentre camminavano nel
corridoio che li avrebbe condotti all’aula magna.
-Li… li hai polverizzati!
Manabe sorrise sornione. -Se lo meritavano, no? E poi…
è stato così rilassante… davvero!
Minaho scoppiò a ridere di gusto. -Man… ho avuto
così paura che fosse colpa mia…
Il lilla gli fece una fugace carezza sulla mano. -Colpa tua? Direi
più che altro che è stato merito tuo, amico mio.
L’aula magna era un ambiente imponente, organizzato a gradoni
che avvolgevano un palco spazioso su cui trovava spazio un grande
pianoforte a coda., dono alla scuola dei facoltosi genitori dei ragazzi
del club di musica.
La sala teneva facilmente almeno 500 persone… Tenma ne aveva
un ottimo ricordo. Era lì che aveva conosciuto Shinsuke,
l’anno precedente.
Il lilla ebbe un sussulto di terrore vedendo che era tutto
già pronto. I ragazzi iniziavano a prendere posto sulle
gradinate, mentre alcuni professori chiacchieravano in un angolo. Le
luci erano state approntate già dal giorno prima, e la
tensione era palpabile a distanza di mezz’ora
dall’apertura delle danze.
-Min… devo… devo andare in bagno! Torno subito!
Il lilla sparì fuori dalla porta, lasciando Minaho con un
palmo di naso. -Man…
L’arancione, perplesso, andò ad accomodarsi nei
primi posti, prendendo una scaletta delle esibizioni. -Mamma mia! Ci
vorranno due ore! -Esclamò il ragazzo quando si rese conto
che avrebbero partecipato almeno venti persone diverse. Manabe era
verso la fine… terzultimo, per essere precisi.
-Ehila Min! Come va?
Tenma, seguito dalla squadra al gran completo, fece irruzione nella
sala. Erano venuti a tifare per l’amico!
-Beh… prima di Man, dovremo sorbirci tre ballerine, due
imitatori, un prestigiatore e quattro atleti… qualcosa mi
dice che ci terremo la nostra ansia a lungo!
I ragazzi scoppiarono a ridere. -Piuttosto Min… Man
dov’è?
L’arancione si colpì la fronte con il palmo della
mano. Manabe! Ecco chi era sparito! È…
è corso fuori dieci minuti fa dicendo che andava in bagno!
Minaho scattò in piedi e corse fuori dalla stanza, seguito a
ruota dai ragazzi.
Lo trovarono in bagno, chiuso dentro un gabinetto.
-Eddai Man… rilassati! Vedrai… non devi avere
paura!
Il lilla era nel panico… si sentiva il tremito della voce
attraverso la porta.
-Io non… non ci riesco!
Tsurugi bussò con una delicatezza strana per lui. -Ehi
Man… sono io… Tsurugi! Ascolta… ti sei
preparato tanto, no? Forza… vieni fuori! Siamo tutti qui per
te!
-Ma… Ma se dovessero ridere di me… io…
come…
-Se ridono di te, li lancio fuori dalla finestra personalmente, e penso
che in questo avrò l’aiuto di Minaho e del resto
della squadra!
Silenzio. Tenma soprattutto era sconvolto. Dove era finito il pacato e
gelido Tsurugi? Quello era… era diverso!
Dall’interno del bagno si sentì una
risata… prima soffocata, poi plateale. -E… e va
bene! Andiamo pure…
Manabe uscì rosso come un pomodoro, tra gli applausi dei
compagni… in tutto ciò, Tenma saltò
addosso a Tsurugi. -Oh Tsu!! Sei stato così dolce!
Di nuovo silenzio. Tutti muti.
-Ehm… il blu era arrossito… per la prima volta
nella sua vita, forse. -A questo punto, penso che sia
evidente… io e lo schizofrenico con i capelli a forma di
girandola stiamo insieme… ehm… da un mese.
-Voi…
-Voi state…
Due istanti dopo dal bagno si poteva sentire provenire un inquietante
baldoria. Un insegnante di passaggio immaginó un festino
osceno e scosse la testa. -Giovinastri…
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Capitolo 16 *** La gara ***
Wise man say,
only fool rush in…
But i can’t help falling in love with you…
-Dio del cielo, dammi la forza…
Minaho era seduto in prima fila, proprio davanti all’emiciclo
dell’aula magna… da due ore. Aveva visto di
tutto.. ballerine sgambettanti, prestigiatori tirare fuori dal cappello
un pezzo di gomma cercando di spacciarlo per un coniglio, imitatori
fare il verso a papere e galline… la sua salute mentale era
in agonia.
Teneva il braccio sinistro steso sul pianale e vi poggiava sopra la
guancia, mentre si guardava intorno. Anche i loro compagni di squadra
sembravano esausti… resistevano solo per Manabe. La prossima
esibizione sarebbe stata la sua, e la tensione si tagliava con il
coltello.
-Ehi… ci siamo! -Kirino allungó il collo per
vedere meglio puntellandosi su un irritatissimo Kariya, scomodamente
sistemato su due posti e con la caviglia fasciata. -Tocca…
tocca a lui ragazzi!
L’ultima ballerina aveva appena finito di proporre la sua
personale variazione al Lago dei Cigni… roba vista e
stravista, pensò Minaho, non fosse stato per il fatto che
questa era talmente chiatta da far sembrare la sua esibizione
più che altro una citazione alla danza degli ippopotami del
film “Fantasia” di Walt Disney. Ecco… il
momento era arrivato.
Il presentatore, un ragazzotto alto e allampanato intabarrato in una
giacca stirata male (probabilmente pescato dall’ultimo anno,
pensò Minaho) si portò al centro della sala e
annunciò:
-E ora… un numero di canto. Ecco a voi Manabe Jinichirou, 16
anni, che canterà “Can’t help falling in
love” di Elvis Presley, accompagnato al pianoforte da Shindou
Takuto!
Un applauso risuonò nella sala. Grazie al cielo i ragazzi
delle altre classi coprirono le risate degli idioti della
loro… Minaho non voleva che Manabe li sentisse, a costo di
tappargli la bocca a cazzotti.
Finalmente il lilla entrò nella sala… era bianco
come uno straccio. Indossava una giacca blu di stoffa, jeans e scarpe
da tennis nere. Dietro di lui Shindou, che si accomodó al
pianoforte dopo aver dato un rapido buffetto sulla guancia
dell’amico.
Minaho era nel panico. Aveva il terrore che qualcosa andasse
storto… sospirò, si era accorto di stare
trattenendo il fiato!
Manabe tremava come una foglia e sembrava sul punto di svenire.
Sussultó quando si accorse che era calato il silenzio.
Shindou gli sorrise e… senza aspettare un altro istante,
iniziò a suonare.
Il lilla si sentì pugnalato alle spalle. Ma come!
Perché non aveva aspettato… il terrore lo invase.
Non ricordava le parole, non ricordava le note… e
l’attacco era sempre più vicino. Tre
battute… due battute…
Guardò sugli spalti… sembrava che tutti lo
fissassero ridendo. Si sentiva mancare… poi
incontrò lo sguardo di Minaho e quello dei suoi compagni di
squadra. Gli volevano bene… lo stavano guardando per
infondergli il loro coraggio e la loro forza. Anche Kariya
sorrideva… non poteva deluderli.
Prese fiato, chiuse gli occhi per un istante e poi li
riaprì…
Wise man say,
only fool rush in…
But i can’t help falling in love with you…
La voce del lilla era bellissima. Riusciva a modularla
affinché fosse calda e profonda, come quella di Elvis,
nonostante la sua fosse in realtà più leggera. La
sala era ammutolita… c’era un abisso rispetto a
quanto avevano sentito fino ad ora.
Shall I stay?
Would it be a sin
Il I can’t help…
Minaho era allibito… stava andando così
bene… finché una voce non si levò dal
fondo della sala.
-Ehi! Idiota! Quanto deve durare ancora questa lagna schifosa?
Mormorii vari, risate e bisbigli. Minaho si sentì avvampare
fino alle orecchie. Scattò in piedi e iniziò a
marciare su per le gradinate seguito a ruota da Tenma che cercava di
fermarlo.
Manabe era come congelato… allora era vero, faceva schifo.
La voce gli si strozzó in gola e si paralizzó,
mentre Shindou andava a sua volta nel pallone con
l’accompagnamento. Il lilla arrossí e gli occhi
gli si riempirono di lacrime. Era completamente nel panico…
finché non sentì Shindou sussurrare.
-Ehi… Man, seguimi!
Il castano scosse i capelli e… con una modulazione
acrobatica, improvvisó una sfrenata versione Jazz di
“Let it snow!” di Michael Bublè. Manabe
capí… era la canzone che usava sempre per
scaldare la voce! Chiuse gli occhi e si lanciò.
The fire is slowly diyng
and, my dear, we’re still goodbyeing,
but as long as you love me so…
Let it snow, let it snow, let it snow!!!
Manabe concluse con il cuore a mille. Minaho, che aveva quasi raggiunto
lo stupido che aveva urlato per farlo nero, si bloccò
sorridendo confuso… la sala esplose in una applauso
fragoroso.
Il lilla sorrise… fece un rapido inchino… quindi,
bianco come uno straccio e tremando come una foglia, uscì a
precipizio dalla sala.
-Man! Man… è stato… strepitoso!!
-Non… non ci posso credere! Siete dei geni!!
-O cielo… è stata la cosa più bella
che abbia mai visto!
Tutta la squadra, Minaho in testa, si era precipitata fuori
dall’aula magna rincorrendo il lilla. Lo avevano trovato in
una classe vuota… intento a piangere come una fontana.
Immediatamente lo avevano accerchiato iniziando ad esultare e a fargli
un mare di complimenti. Manabe era confuso e nel pallone come non mai.
Minaho lo abbracció con entusiasmo esagerato.
-Ca-po-la-vo-ro. Mi… mi viene da piangere pure a me!
Il lilla turò su col naso. -Non… non
faceva… schifo?
-Schifo? È stato… splendido!!
Manabe sorrise debolmente. -È… è stato
merito di Shindou…
-… e della tua voce clamorosa. -Il castano fece il suo
ingresso in sala. -Man… ti notifico che la sala urla il tuo
nome, e che una banda di scemi capitanata dal nostro amico
nonché bulletto Kitama sta battendo in ritirata dalla porta
d’emergenza che dà sul giardino, con la codaccia
fra le gambe!
Il lilla sbiancó, quindi arrossí come un
pomodoro. -D… davvero? Oh…. Oh mio Dio!
Era il momento della premiazione.
Tutti i ragazzi erano sul palco, Manabe stretto a Shindou e
visibilmente terrorizzato. Minaho aveva ripreso il suo posto in prima
fila insieme agli altri ragazzi e gli sorrideva entusiasta.
-E per la categoria ballo… Miyoko Tsumasa! -Il presentatore
consegnò una statuetta dorata a una ragazzina cicciottella,
rossa come un pomodoro che tremava palesemente. -Bene… ora
rimane solo la categoria canto! La giuria non ha proprio potuto avere
dubbi… il vincitore è palese! Signori fate un
grande applauso a… Manabe Jinichirou, la voce più
bella della scuola!!
La sala esplose in un applauso roboante, arricchito da urla e battito
di piedi al suolo. Minaho esplose di gioia come un fuoco
d’artificio, mentre Manabe, prima paralizzato, prendeva
lentamente coscienza di quanto aveva appena sentito.
-Ch…che… cosa… io… io cosa?
Fu investito dalla gioia totale di Minaho e dei suoi amici, che lo
abbracciarono a turno come invasati, ridendo e coprendolo di
complimenti. Finalmente si riebbe… e riuscì ad
emettere solo un buffo -Sciuf!- Prima di scoppiare a piangere e ridere
insieme.
Mezz’ora dopo, nello spogliatoio del club di calcio, il lilla
ancora non si capacitava di come un disastro potesse essere
diventato… quello che stava vivendo. Si vergognava
tantissimo… sensazione strana per uno che aveva appena vinto
una gara. Nel corridoio un sacco di ragazzi gli avevano stretto la
mano… le ragazze lo guardavano… gli sembrava
impossibile. Lui era sempre stato considerato solo un secchione sfigato
e antipatico… cosa diavolo stava succedendo?
Minaho, da parte sua, era raggiante. Sembrava addirittura
più felice lui di Manabe, e si pavoneggiava in maniera che
il lilla trovava buffissima e tenerissima. -Ehi! Quello è il
mio migliore amico, sai?
Tutta la squadra aveva deciso di dedicare i primi dieci minuti a
festeggiare. Endou aveva fatto venire dalla mensa una torta,
e ora la stava dividendo, offrendola ai ragazzi che intanto entravano
in campo. Inutile dire che quel mare di attenzioni non aiutava Manabe a
sentirsi meno in inbarazzo!
-Ci manca solo che mi facc…
-Manabe! Manabe! Il grande cantante! Manabe! Manabe! Manabe nel cuor!
-…iano i cori! Sigh… -Il lilla sorrise,
sospirando sconsolato.
L’allenamento era andato bene, nonostante fosse stato davvero
stancante.
Minaho e Manabe, esausti, avevano deciso di affidarsi alla sorte per
quanto riguardava la loro supertecnica insieme. L’avevano
provata e riprovata, eppure…
-Man… rilassati. Non possiamo sforzarci oltre oppure
potresti avere di nuovo fitte al piede… anche io poi sono
distrutto. Vedrai, domani andrà bene. -L’arancione
sorrise rassicurante.
-Ti… ti credo Min ma… senza Kariya…
non so se…
-Abbi fiducia… credici. -Minaho stese la mano verso
l’amico, che la afferrò deciso.
-Ok… ci credo… se siamo insieme… ci
credo.
Quella sera Manabe aveva la nausea. Però…
però era una nausea positiva. Sentiva ribollire nella pancia
tutte le emozioni che aveva provato quel giorno… gioia,
ansia, paura e carica. Non vedeva l’ora di buttarsi a
capofitto nella partita del giorno dopo, eppure era
terrorizzato… non sapeva proprio che fare… e
ancora meno lo seppe dopo aver vomitato addosso a Minaho quella che era
stata la sua cena!
-Min! Io non… non ho parole per chiederti…
per… per chiederti scusa… non… oddio
che… che pasticcio!
Minaho scoppiò a ridere. -Quando sei emozionato fai sempre
così? Sai che anche i cuccioli di panda, in quanto a
vomitare…
Il lilla, imbarazzato in maniera indegna, cercava di ripulire
l’amico a colpi di fazzoletti mentre quasi era
sull’orlo delle lacrime. -Ti prego… ti prego
perdonami…
Minaho gli fermò la mano con delicatezza. -Ehiehi Man!
Davvero… non è nulla! L’importanza
è che tu stia bene… è stata solo
l’emozione! Adesso vado a cambiarmi… non
è mica successo nulla di grave! Ehi…
dai… non piangere… oddio Man ma davvero ti sei
preoccupato così tanto? Sono cose che succedono,
amico…
Manabe tiró su col naso. -Lo dici solo per non farmi sentire
in colpa…
-Ma cosa dici! Con tutto quello che è successo oggi anche io
ho lo stomaco sottosopra… e poi ti sei fregato con le tue
mani, mangiando il mio sushi fatto con tanto amore!
Il labbro del lilla prese a tremare… fino a quando il
ragazzo non esplose in una risata liberatoria. -Oh Min… era
buonissimo! Anzi… apriamo il frigorifero… ho lo
stomaco vuoto, ora!
Incredibilmente, quella notte dormirono bene. Del resto era impossibile
non crollare addormentati dopo una giornata come quella che avevano
appena passato…
Manabe sognò di giocare a calcio, e fu un bel
sogno… perché era con Minaho.
-Sveglia! Sorgi e splendi, uccellino arancione! Chi è adesso
il panda dormiglione?
Manabe si era svegliato di umore eccellente, cosa rara e
gradita per lui. Stava letteralmente saltando sul letto di Minaho,
quando l’arancione finalmente aprì gli occhi e
sbadigliò, stiracchiandosi.
-Ehi… Ciao Man! Mi fa piacere vederti di buon
umore… ora però scendi dal letto…
rischi di cadere!
-Agli ordini mamma! -Manabe balzò giù dal letto
canticchiando. -Sei pronto? Oggi abbiamo la partita!
-Certo… certo che sono pronto Man. E ora…
coooolazione!
Il bello della domenica è proprio che non si va a
scuola… anche per due amanti dello studio come Minaho e
Manabe.
-Vedi Man… tutti ci prendono in giro perché
pensano che siamo due secchioni… eppure la verità
è che a noi non piace studiare, piace imparare.
Sono… sono due cose diverse.
-Hai pienamente ragione. È la scuola che non lo capisce.
Loro imparano le cose a pappagallo senza capire… non amano
come noi fare nuove scoperte, trovare risposte alle domande sulla vita
in chimica, capire il cielo in fisica… scoprire la
perfezione del creato in matematica. Io… io penso che non ci
sia nulla di più triste che vivere in un mondo che non
comprendiamo, almeno in parte, Min.
-Giusto! -Minaho diede un bel morso al suo panino al
prosciutto. -Giusto… ci sono già troppe cose che
non vanno come dovrebbero, Man… conoscere le cose vuol dire
poter lottare per farle andare meglio.
Dopo colazione si sedettero sul divano e si guardarono un film. Quella
mattina davano un bel film storico sul Giappone feudale, e non volevano
perderselo. Durava tanto, ma erano due ore ben spese.
Quando fu finito, era quasi ora di pranzo. Si erano accordati col
mister e con i compagni di squadra per un pasto leggero al bar in fondo
alla strada… alle due dovevano essere in campo, leggeri e
carichi!
Si incontrarono con gli amici davanti alla scuola e si diressero
insieme al locale, dive Manabe dovette lottare per costringere
l’arancione a limitarsi ad un insalatina accompagnata da pane
fresco. Minaho era decisamente una buona forchetta…
-Ti supplico Man… almeno una bistecchina!
-L’arancione rideva sotto i baffi a vedere tutte le premure
del lilla.
-Ma quale bistecchina e bistecchina! Mastica bene la tua zucchina
piuttosto,che devi tenerti leggero proprio come noi!
-Ma io sono un difensore! Più sono pesante
più è difficile spostarmi!
Un istante di silenzio… quindi tutti scoppiarono a ridere,
Manabe compreso!
Nello spogliatoio si cambiarono con il cuore in gola. La partita stava
per iniziare… e lo stadio della scuola era strapieno. Manabe
pensò che se avessero vinto avrebbero dovuto giocare le
partite della fase nazionale in trasferta… in strutture
letteralmente immense. Già lo stadio della Raimon era
enorme… come avrebbe retto alla pressione del pubblico?
Scesero in campo carichi come non mai. Era il momento di darci davvero
dentro. Minaho guardò Manabe e gli sorrise. -Ehi…
che si fa Man?
Il lilla sorrise risoluto. -Andiamo a vincere!
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Capitolo 17 *** Una partita particolare ***
La violenza è
l’ultimo rifugio degli incapaci.
L’avversario della Raimon era lo stesso della finale
regionale dell’anno precedente… la Kaiou Gakuen.
I ragazzi del secondo e del terzo anno si ricordavano perfettamente
della forza di quei temibili giocatori… avevano un gioco
molto fisico ed erano rapidi come fulmini. Come se non bastasse pareva
che il loro nuovo allenatore non avesse voluto più di tanto
prendere le distanze dai metodi del Quinto Settore… si
vociferava che sottoponesse i suoi ragazzi ad un regime di allenamenti
quasi militare.
Nonostante questi ragionevoli terrori, la Raimon scese in campo a testa
alta, accolta dal fragore del pubblico. Erano migliaia…
tutti lì per loro!
Al momento della stretta di mano fra capitani, gli avversari rimasero
spaventosamente impassibili. Nemmeno un sorriso… solo ghigni
malevoli. Tenma gemette quando il capitano avversario gli strinse la
mano in una morsa.
Le squadre si disposero in campo, mentre ogni giocatore prendeva
posizione. Manabe, nonostante i sorrisi incoraggianti di Minaho e dei
suoi amici, continuava ad essere nel panico. Innanzitutto lo spaventava
il buco lasciato da Kariya nella difesa… ma soprattutto
temeva di fare pasticci. Era più di un mese che non giocava
una partita, escluse quelle di allenamento!
Per pochi istanti calò un silenzio quasi magico. Lo stadio
respirava come un organismo vivente, mentre l’arbitro alzava
il braccio e si metteva in bocca il fischietto. Il lilla
guardò gli spalti.. Kariya sorrideva con in mano una grossa
trombetta… immaginava già cosa volesse farci.
Ridacchió.
Il fischio, accompagnato dall’abbassarsi del braccio
dell’arbitro, fece vibrare l’aria dello stadio. Si
iniziava!
Gli avversari scattarono verso la loro metà campo palla al
piede. -Ma quanto sono veloci? -Shindou strinse i denti. Per fortuna un
intervento in scivolata del capitano della Raimon fermò
l’azione avversaria.
Immediatamente Tenma passò la palla a Tsurugi che
iniziò a correre come un fulmine, schivando gli attaccanti
avversari e marciando verso la loro difesa. -Mh… troppo
facile… qualcosa non mi convince.
Si guardò rapidamente intorno cercando di leggere tra le
righe della strategia avversaria… ma non aveva nemmeno
iniziato la sua analisi che un intervento in scivolata gli aveva rubato
palla, passando a pochi centimetri dalla sua caviglia. Il moro fece un
salto indietro. -Ma cos…
-Svegliati! -Il capitano avversario ghignó scattando in
avanti. Trapassò l’attacco della Raimon e si
lanciò contro Kirino spintonandolo con violenza, quindi
calciò con una potenza inaudita… e
segnó.
-Ma… Ma è assurdo!
Endou era corso a protestare con l’arbitro.
-L’azione di gioco è stata vergognosamente
violenta! Ha buttato a terra un ragazzo!
L’arbitro era serio e sembrava scocciato.
-Ascolti… io non ho visto nulla! Due giocatori coprivano
L’azione. Io posso anche crederle, ma non
posso annullare una rete su qualcosa che non ho visto!
Il castano era senza parole. Capiva le ragioni dell’arbitro,
però… dannazione, Kirino poteva farsi male!
Guardò l’allenatore della squadra
avversaria… era un uomo alto e magro, vestito di nero e con
una vistosa cravatta rossa. Non sembrava turbato, anzi…
rideva, o meglio, ghignava.
Il gioco riprese con foga ancora maggiore.
Gli avversari attaccavano senza posa, giocando pesante in maniera
scandalosa, ma l’arbitro non sembrava volerne sapere di
intervenire. Tsurugi aveva ricevuto un tremendo pestone e saltellava tenendosi i piedi tra le mani, Shindou era stato
sbattuto a terra e si era fatto male ad una spalla… stavano
perdendo giocatori uno dietro l’altro.
A nulla erano valse le parole di Endou. L’arbitro non ne
voleva sapere. Qualcosa decisamente non tornava… non era la
prima volta che arbitrava partite della Raimon, ed era sempre stato un
uomo onesto. Perché ora lasciava che avvenisse tutto quello?
Manabe era terrorizzato.
Non solo si sentiva debole, ma la situazione stava sfuggendo
completamente al suo controllo. Desiderava aiutare i suoi
compagni, ma era come paralizzato nel suo angolino in difesa.
Aveva provato più volte ad intervenire, ma durante
l’ultima azione aveva ricevuto una gomitata così
forte che quasi gli aveva rotto gli occhiali. Minaho aveva
letteralmente dato di matto ma nemmeno quella volta c’era
stato niente da fare.
-Manabe! Manabe!
Endou urlava da bordo campo. Il lilla si voltó spaventato.
-D… dica allenatore…
-Manabe! Guarda il loro gioco! Guardali! Solo tu… solo tu
puoi capire cosa sta succedendo… io so che puoi farcela!
Manabe sussultó. Il mister voleva che capisse il
perché di quel gioco violento e del silenzio
dell’arbitro? Era troppo… come poteva sperare di
farcela? Si decise perlomeno di provarci… Aveva
così paura di deludere qualcuno!
L’arbitro fischiò di nuovo. La partita riprendeva
dopo l’ennesimo incidente. Tenma aveva preso una botta
abbastanza forte sul braccio a causa di un urto, e ora si teneva
l’arto gemendo di dolore.
Manabe si concentrò immediatamente sul gioco. Nonostante
tremasse come una foglia, guardava ogni azione e ogni passo
dei suoi avversari… così tanto da non
concentrarsi abbastanza sul gioco. Quando un avversario lo
superò di scatto non reagì nemmeno…
inutile dire che quando quella maledetta palla entrò in
porta, sentì un tuffo al cuore. -È stata
solo… solo colpa… mia…
-Manabe! Svegliati, maledizione! Guarda che cosa hai combinato! -Kariya
urló dagli spalti con decisamente poco tatto. Il lilla ebbe
una pugnalata allo stomaco… lo stavano guardando…
male?
Minaho gli sorrise incoraggiante. -Non prendetevela con Man! Sono stato
io… mi sono lasciato superare come un idiota e lui non era
pronto!
Manabe sorrise debolmente. Minaho… sempre la parola giusta,
sempre pronto a difenderlo… a proteggerlo. Improvvisamente
sentiva di voler piangere.
Si riscosse e si batté le mani sul viso. Doveva
concentrarsi… per farsi perdonare! Riprese posizione e
cercò di calmarsi.
Il primo tempo era appena finito.
Le squadre erano rientrate alle proprie panchine… i ragazzi
della Kaiou ghignanti, quelli della Raimon doloranti.
-Dannazione… siamo sotto di due reti! -Shindou
sospirò mentre si sedeva in panchina. -Questa situazione
è assurda! Ci stanno facendo del male senza che nessuno dica
nulla!
-È scandaloso… eppure… eppure qualcosa
non torna.
Tsurugi era seduto in panchina in preda ai crampi. -Ten... Ten... i... i miei poveri piedi... un massaggio... ti... ti prego... fammi un massaggio ai piedi...
Tenma si era precipitato a togliergli le scarpe e ora gli stava sfilando i calzettoni, liberando i piedi del moro. Immediatamente li orese tra le mani e li esaminò. Le dita dei piedi di Tsurugi erano completamente annodate e contratte. Tenma gli fece alzare le piante dei piedi e le esaminò, gemendo di preoccupazione. Erano rosse come il fuoco. -Ghiaccio!! Del ghiaccio, presto!! Qualcuno porti del ghiaccio per i piedi di Tsurugi, vi prego!!!
-Ecco... resisti Tsu... ora ti faccio un massaggio ai piedi... rilassali! Rilassali, ti prego! -
Tenma intrecciò le dita con quelle dei piedi scalzi di Tsurugi e strinse, quindi appoggiò i palmi contro le piante dei piedi del ragazzo ed iniziò a massaggiarlo intensamente. Tsurugi quasi urlò di sollievo, stingendo i pugni.
Il castano iniziò a soffiare sotto le piante dei piedi del moro, cercando di placare le fiamme. Finalmente una menager si precipitò con del ghiaccio spray, che Tenma immediatamente spruzzò contro sotto le piante dei piedi in fiamme del suo ragazzo. Tsurugi ululò di sollievo, muovendo le dita dei piedi. Tenma gli prese di nuovo i piedi tra le mani e iniziò a massaggiargli dolcemente gli alluci con il ghiaccio, dove era ancora rosso fuoco. Tsurugi socchiuse gli occhi, gemendo di sollievo e lasciando che il suo ragazzo gli toccasse liberamente i piedi nudi.
-Va... va meglio così Tsu? Ti sto dando sollievo?
Il moro gemette di sollievo. Tenma gli aveva placato i dolori plantari. Non era la prima volta che aveva un crampo ai piedi, e sapeva che lo aspettava una serata a piedi nudi, se voleva snodare le dita. Poco male, gli piaceva camminare scalzo e sospettava che a tenma i suoi piedi non dispiacessero affatto. -Proprio non capisco cosa stia succedendo...
-Io sì.
Era calato il silenzio… un silenzio stupito.
Manabe era in piedi tra i ragazzi, spaventato ma sorridente.
-Dovevo… dovevo pur farmi perdonare per il mio errore, no?
Li… li ho guardati. So come fanno a restare impuniti.
Endou sorrise. La squadra era senza parole.
-M…Man… che… che dici? -Shindou
sembrava allibito.
-Beh… -Il lilla portò la mano alla nuca
sorridendo imbarazzato. -Ho… ho notato una cosa importante.
Ogni volta che fanno un fallo, due dei loro giocatori coprono
l’arbitro. Non gli fanno vedere nulla, capite? È
talmente sleale da sembrare incredibile… però
è così, non ho dubbi, ragazzi! Ho… ho
calcolato le angolazioni dei loro sguardi... Ho fatto le derivate prime
e seconde dei loro moti, ho integrato i calcoli… insomma, ne
sono certo!
La squadra era paralizzata. Minaho sorrideva entusiasta. -Man!
Sei… sei un genio!
-Ma anche ora che lo sappiamo come possiamo fare… fare
qualcosa? -Shindou era abbattuto.
-Semplice. -Tenma intervenne nel discorso con un sorriso. -Seguite gli
ordini di Manabe! – Così dicendo si tolse dal
braccio la fascia di capitano. -Tieni Man… per oggi sei
l’unico a poterla portare. Voglio che tu sappia che ti stimo
e… e che vorrei essere come te. Saremo al sicuro se ci guidi
tu.
Manabe ebbe un leggerissimo collasso nervoso. Divenne prima bianco,
quindi rosso, infine spalancò gli occhi e iniziò
a balbettare. -Co… cos… no!
Cioè… io non… non posso…
non so… oddio… non… no! Proprio no!
Endou intervenne sorridendo. -Man… accettala. Quello che
dice Tenma è vero ed onesto. Non avere paura.
Il lilla guardava sconvolto il castano che sorrideva ed
Endou… prese la fascia con mano tremante.
-Ed eccoci al secondo tempo! Le squadre scendono in campo! -La voce del
presentatore risuonava nello stadio stracolmo.- Ad ora, la Kaiou Gakuen
conduce per due a zero! Riuscirà la Raimon a rimontare? Il
mister Endou non ha effettuato sostituzioni, ma ha scelto di far
sostituire Tenma Matsukaze nel ruolo di capitano. In questo secondo
tempo la fascia e la guida della squadra spetteranno a Manabe
Jinichirou!
Il lilla tremava. Sentir pronunciare il suo nome… sentire il
tessuto della fascia sul braccio… era tutto così
incredibile!
Il fischio dell’arbitro ruppe gli indugi. Si ripartiva.
Ecco… l’azione stava per raggiungere il culmine.
Manabe vide il capitano avversario prendere la palla e correre verso
l’area della Raimon. Insieme a lui si muovevano due
attaccanti che avrebbero dovuto coprire la visuale
all’arbitro.
-Kirino! Min! Marcate stretti il numero 7 e il 15! Teneteli lontani
dell’arbitro! Tre… due… uno…
ora! A settanta gradi a destra!
I ragazzi obbedirono. I due attaccanti avversari vennero colti di
sorpresa e deviati proprio mentre il capitano della Kaiou buttava a
terra Shindou. L’arbitro fischiò il
fallo… cartellino giallo!
Il ragazzo si morse le labbra con furia. Come avevano fatto a capire il
loro gioco? Urló rabbiosamente.
-Man… Man sei stato bravissimo! -Tenma sorrise
entusiasta. -Andiamo avanti così!
Il lilla sorrise imbarazzato. -Io… io ci provo!
Detto fatto. Scoperto il gioco avversario fu facile fare la prima rete
sfruttando l’effetto sorpresa. Con sforzo e impegno fecero
anche la seconda, guadagnando il pareggio. Gli avversari erano in piena
confusione.
-Dannazione! Come diavolo fanno a prevenire sempre le nostre mosse!
È assurdo!
-Capitano… capitano! -Un ragazzo moro urló alla
volta del capitano della Kaiou. -Ho capito che gioco stanno giocando!
In qualche modo il loro capitano ha capito la nostra tattica e li
guida, dicendogli dove stiamo per colpire!
-Cosa??? Quel ragazzino? Dio mio… quanto mi fa infuriare!
-Cosa… cosa facciamo?
-Cosa facciamo? Te lo dico io… -Guardò
l’allenatore che, impassibile, annuì. -Spezzategli
le gambe.
-Kirino! Shindou! Trenta gradi a sinistra subito! Bloccateli! -Manabe
correva come un matto per gestire la partita. Avevano pochi minuti per
segnare il goal della vittoria.
Vide i compagni obbedire all’ordine. Ora era il suo
turno… Corse come un fulmine e si lanciò
sull’avversario. -Equazione difensiva!
Il lilla fu avvolto da una nube di formule e calcoli, e
riuscì a rubare palla con un sorriso. Immediatamente si
gettò verso la porta avversaria. Fu in
quell’ustante che avvenne.
Un difensore della Kaiou si buttò il scivolata, mancando il
piede del lilla di pochi centimetri. Manabe fece un mezzo salto
indietro perdendo palla. -Ma cos…
Un altro difensore, dal lato opposto, si buttò a sua volta
mancando il lilla di ancora meno millimetri. Manabe era sconvolto.
-Man! Via di li presto! Vogliono farti male! -Minaho si
lanciò verso l’amico. Il lilla si riscosse e
passò la palla a Tsurugi che scattò verso la
porta. Era l’ultimo minuto. Il moro urlava di rabbia mentre
si preparava a tirare. In quello stesso istante, il capitano della
Kaiou, furioso, si lanciava verso Manabe.
Il lilla era come paralizzato. Tsurugi stava per tirare…
cosa stava succedendo…
-Man!!! Spostati!!!! -Minaho si buttò davanti
all’amico per coprirlo con il suo corpo, venendo investito in
pieno dall’avversario e rotolando tre volte a terra.
-M…Min!
-Goal! La Raimon ha fatto goal! -Il presentatore urlava come un matto.
-Ed ecco il triplice fischio!!
La partita era finita… avevano vinto. Tenma, Shindou e gli
altri però non avevano nessuna voglia di festeggiare.
Minaho era a terra, privo di sensi.
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Capitolo 18 *** Confusione ***
Il calcio è un
gioco, seppure mima la guerra. La civiltà dello spettatore
è direttamente chiamata in causa, ed essa
− bisogna dirlo − non
è precisamente elevata.
-Min!! Min rispondimi!
Manabe, sconvolto, fradicio di sudore e di lacrime, era in ginocchio di
fianco all’amico. Intorno a loro si era precipitata tutta la
squadra, mentre Endou era andato letteralmente a sbranare
l’allenatore avversario.
Minaho era terribilmente pallido. Sulla fronte aveva un brutto taglio
sanguinante, e non voleva saperne di riprendere i sensi. Il lilla
piangeva.
-Min… se… se mi lasci in un modo così
idiota, io non so cosa… non so cosa posso fare!
Non… non morire ti prego… ti prego!
In quel momento, Minaho apriva lentamente gli occhi.
-M…Man…
-Minaho! Oddio Min sei sveglio!! - Manabe ebbe una crisi di pianto.
-Cosa… cosa mi hai combinato… cosa…
cosa ti…
-Man… ehi Man tranquillo… io sto… sto
bene… sto bene.
In quel momento un infermiere procedeva a pulire la fronte di Minaho e
a coprirgli il taglio con un cerotto. L’arancione riprendeva
un minimo di colore. -Va bene così… vi
prego… non… non preoccupatevi per me, ok?
-Min ma che dici… hai preso una botta terribile! Quei
delinquenti… l’arbitro doveva sbatterli fuori
prima! -Shindou era arrabbiato, molto più della sua solita
media.
-Volevano… volevano fare del male a Manabe, non a me.
Avrebbero… avrebbero potuto romperti una gamba,
Man…
Il lilla continuava a piangere. -E tu per salvare la mia gamba rischi
di farti ammazzare? È stato
così… così
terribile… temevo che… che…
-Ehiehiehi Man… non… non è successo,
no? Abbiamo… abbiamo vinto e… e adesso me ne
torno a casa con… -L’arancione, sorridendo, aveva
provato ad alzarsi a sedere ma un terribile giramento di testa lo
aveva atto ricadere tra le braccia del lilla.
-Min! Che… che hai?
-Manabe… stai tranquillo. -L’allenatore era corso
da loro appena aveva finito di sbranare a parole l’arbitro e
il mister avversario, ottenendo dal primo la promessa di una punizione
esemplare e dal secondo un antipatico ghigno. -Minaho starà
bene, ok? Ora. .. Ora però penso che sia il caso di chiamare
un’ambulanza.
-Un… un ambulanza? Cosa… oddio è
così grave? -Manabe tremava ed era in preda ad un mezzo
attacco di panico.
-Allenatore… ha ragione… io… io non
sto… non sto così male…
-Ragazzi… ascoltate. Min, sono contento che tu stia bene, ma
la botta è stata molto brutta e la testa non è un
bel posto dove prenderne. Vedrete che non succederà nulla,
però meglio prevenire che curare, no? Fidatevi…
Manabe singhiozzó. Minaho era così
pallido… e poi vedeva bene l’espressione di Endou.
Era spaventato… era un pessimo segno. -Min… Min
ce la farà vero?
Endou si morse le labbra. -Certo… certamente.
-Man! Sono più duro… di… di quanto
pensi. Vedrai, andrà tutto bene.
L’ambulanza aveva impiegato quasi dieci minuti ad arrivare.
Manabe era terrorizzato. Minaho sembrava stare molto male…
aveva ripreso a perdere sangue, ed era pallido come uno straccio. Non
riusciva ad alzarsi e si sentiva confuso… non voleva
ammetterlo, ma era spaventato.
-Min… stai giù… chiudi gli occhi e
riposa… non devi sforzarti. I soccorsi stanno per arrivare.
-Shindou era in ginocchio al fianco dell’arancione, che gli
teneva premuto con delicatezza un fazzoletto sulla fronte per fermare
il leggero sanguinamento.
Quando i paramedici entrarono in campo fecero allontanare i ragazzi
dell’arancione. Solo Manabe aveva supplicato ed ottenuto di
potergli rimanere vicino.
Immediatamente iniziarono ad esaminare Minaho, che si sentiva sempre
peggio. Il taglio venne chiuso da un nuovo cerotto mentre il ragazzo
veniva dolcemente adagiato su una barella, che veniva poi caricata in
ambulanza.
-Ragazzo… ora devi lasciarlo per un po’. Per
favore, allontanati. -Il paramedico sospirò guardando Manabe.
-Ma… Ma io non posso lasciarlo! Non posso…
-Credimi… non è il caso che tu stia qua dentro.
Dobbiamo poterci muovere per aiutare il tuo amico. Abbi fiducia.
Endou si avvicinò a Manabe e lo strinse a sé. -Ok
Man… vieni con me. Andiamo subito in ospedale, ok? Ti porto
io.
Il lilla scoppiò di nuovo a piangere contro il petto
dell’allenatore, stringendo tra le mani la sua maglietta.
-Vieni… vieni con me. -Endou condusse via Manabe come un
bambino, tenendolo per mano. Il resto della squadra promise che
avrebbero preso il primo autobus per seguirli. Manabe non sapeva cosa
pensare… aveva solo paura.
Arrivati in ospedale scoprirono che Minaho era già stato
portato dentro. Seppero solo che il reparto era quello di medicina da
trauma, e lo raggiunsero immediatamente. Nessuno sapeva dirgli
nulla… era frustrante per Manabe, che singhiozzava in una
maniera da strappare il cuore.
Endou, visibilmente agitato, faceva di tutto per non mostrarlo e per
tranquillizzare Manabe, ma con scarsi risultati. Il lilla era
terrorizzato e voleva assolutamente vedere Minaho. Si sentiva morire.
Dovettero aspettare quasi mezz’ora prima che un dottore
uscisse da una stanza con notizie per loro.
-Salve... siete in attesa per Minaho Kazuto?
-Sì! Sì dottore… lui
è… lui è il mio migliore
amico… vi prego, ditemi che sta bene!
Il dottore sospirò, ma era un sospiro leggero, positivo.
-Certo… certo che sta bene.
Manabe fu scosso da un singhiozzo violento. Sentì la
tensione sciogliersi ed emise un piccolo gemito. Il dottore
continuò.
-È stata unna bruttissima botta… il tuo amico ha
avuto un trauma cranico. Tranquillo… non dovremo operarlo,
ma questa notte dovrà rimanere qui con noi, per sicurezza.
Adesso riposa… non si sveglierà prima di un paio
d’ore. Se volete, abbiamo un’ottima mensa. Mangiare
qualcosa vi farà bene… sembrate sconvolti.
Vedrai, dopo potrai parlare con il tuo amico, ragazzo.
Endou sorrise. -Ok… grazie mille. Grazie con tutto il cuore.
Faremo così.
-Bene. -Il medico sorrise a sua volta. -Piuttosto…
lei chi è? Sa… se non siete parenti, non posso
farvi entrare.
Manabe si morse il labbro. Endou sussultó, quindi in pochi
secondi si scosse.
-Sono… sono il suo tutore legale, e il ragazzo è
con me.
Il lilla ebbe un sussulto. Era vero… Endou era stato
nominato tutore legale di Minaho! Se ne era dimenticato…
ringraziò il cielo.
Mentre mangiava un panino al salame, Manabe rifletteva.
Minaho si era sacrificato ancora per il suo bene… pensava
sempre a lui, costantemente. Non era convinto di fare abbastanza per
ricambiare tanto affetto, tanta bontà. Si sentiva inutile
come sempre. Si guardò le gambe… poteva
esserci lui in ospedale, ora. Anzi… forse doveva esserci
lui. Minaho non si meritava di soffrire… non si meritava di
rischiare sempre la salute per colpa sua.
-Man… ehi Man… stai attento… ti stai
bagnando!
Endou aveva appoggiato dolcemente la mano sulla spalla del lilla,
indicandogli Il succo che gli sgocciolava sulle gambe dal bicchiere che
teneva in bilico in mano. Manabe si riscosse e si tamponò
con un fazzoletto, sospirando.
-Ehi… vuoi andare da Minaho? È sveglio…
Il dottore era comparso alle loro spalle con un caffè in
mano. Sorrideva. Manabe lo guardò tristemente…
quindi si illuminò.
-Mister… posso… posso andare?
Endou sorrise. -Vai Man… più in fretta che puoi.
Manabe fece il corridoio di piena corsa. Entró nella stanza
di Minaho il più silenziosamente possibile come nel timore
di svegliarlo, ma lo trovò già seduto sul letto.
Aveva la testa fasciata da una sottile benda ed aveva ripreso colore.
Sorrideva.
-Man!!
Il lilla si buttò tra le sue braccia, cercando di
trattenersi per non fargli male. -Min…
è… è finita vero?
-Finita finita Man… sto bene, lo giuro.
-Ho… ho avuto paura.
L’arancione sospirò. -Se ti avesse fatto male lo
avrei ammazzato, credo. Giuro, almeno un cazzotto glielo avrei dato!
Manabe ridacchió. -Min… non esageriamo! Se penso
a cosa hai rischiato per me… ora però lasciati
abbracciare!
Minaho rise. -Volentieri… sei tutto bagnato di lacrime e non
sei nemmeno troppo profumato, però ti voglio bene anche io!
Il lilla scoppiò a ridere. In effetti era ancora in divisa
da calcio. Si accorse solo allora di avere ancora la fascia da capitano
sul braccio. Sorrise. -Abbiamo… abbiamo vinto…
L’arancione era entusiasta. -Lo so! Andremo insieme ai
nazionali! Non mi sembra vero… è un sogno! Io e
te Man… ci pensi?
Il lilla sorrise. -Ci penso ci penso… però pensa
a riprenderti, ora… domattina ti voglio fuori di qui!
Minaho ridacchió. -Promesso… e lo sai che io
mantengo sempre le promesse.
Dopo aver salutato Minaho e avergli dato appuntamento per la mattina
seguente, Manabe ed Endou lasciarono l’ospedale un poco
più tranquilli, salutando i membri della squadra che intanto
li avevano raggiunti.
-Senti Manabe… vuoi venire a mangiare qualcosa con me, Rex e
Natsumi? Oggi hai avuto troppe emozioni per metterti anche ai
fornelli… dai, ti porto a casa, ti fai una bella doccia e
poi fra un’oretta passo a prenderti, va bene?
Manabe sorrise debolmente. -Non… non preoccupatevi per
me…
-Eddai… ne hai bisogno, e poi Rex chiede di te ogni
minuto… fallo per lui!
Il lilla rise dolcemente. -E… e va bene!
Niente di meglio di una doccia calda può far scivolare via
dal corpo lo stress di una giornata come quella che Manabe aveva dovuto
passare.
Mentre si passava le mani tra i capelli sospirando, pensò a
quanto doveva essere difficile tutto quello che faceva. Non era sicuro
di credere in un Dio, o in più Dei, o in chissà
cosa, ma tutta la sua matematica e la sua scienza non potevano
togliergli dal cuore l’idea che qualcosa che giustificasse il
mondo dovesse esserci. Anche fosse un Dio, una forza naturale o cosa
non lo sapeva, ma lo sentiva.
Quando a scuola avevano, nelle peraltro difficili lezioni di filosofia,
parlato di Nietzsche, Manabe non aveva potuto fare a meno di farsi
delle domande… -È a questo che serve la
filosofia, no? -Aveva pensato.
Non riusciva a tollerare che si potesse credere che la vita non
significasse nulla. Non pensava si trattasse di filosofia, di un punto
di vista legittimo. Gli sembrava più che altro una clamorosa
manifestazione di egoismo, poiché così si poteva
nascondere sotto la sabbia, ignorando il dolore altrui e rinunciando a
provare a fare del mondo un posto migliore. Troppo facile dire che
vivere non ha scopo! Perché tanta bellezza allora?
Perché tanta potenza nell’anima del mondo?
Ecco, adesso lui aveva uno scopo, anzi due. Primo, vivere felice con
Minaho, secondo, combattere per fare, nel suo piccolo, il bene del
prossimo.
Sospirando, uscì dalla doccia e si legò in vita
un asciugamano. Si diresse in camera sua dove si vestì con
jeans, una maglietta e una camicia. Scelse le sue scarpe preferite, e
scese in salotto in attesa di Endou.
Quando finalmente l’allenatore arrivò, era pronto.
Salì in macchina dove venne praticamente sommerso
dall’affetto di un felicissimo Rex, e tutti insieme partirono
per un ristorantino in centro.
La cena era stata ottima. Manabe si era tirato su un po’ il
morale e aveva riso molto insieme a Rex, che non aveva fatto altro che
parlare a raffica per tutta la sera. Per lui, un’ora passata
con i suoi amici era un’ora preziosa.
Avevano mangiato una pizza all’italiana, molto buona. Il
lilla pensò che quel posticino fosse abbastanza buono ed
economico per diventare meta di qualche sua serata con Minaho.
Quando fu ora di tornare a casa, Manabe aveva la pancia piena e
l’umore risollevato. In macchina, poco prima di svoltare nel
viale dove abitava il lilla, Rex tirò leggermente la manica
del ragazzo.
Manabe, sorridendo, si avvicinò al bambino così
da permettergli di parlargli all’orecchio.
-Ehi… fratellone… ti va… ti va di
chiedere a papà e mamma se… se stasera posso
rimanere a dormire da te? Ci vorrei essere anche io quando domani vai
da Min…
Il lilla ridacchió dolcemente. -E va bene!
-Sussurrò, prima di schiarirsi buffamente la voce.
-Ehm… mister? Che ne direbbe di lasciare a casa mia questo
piccolo delinquente questa sera? È da tanto che non dorme da
me!
Endou e Natsumi risero. -Chissà di chi è stata
questa bella idea! Comunque… perché no?
È una buona idea, non trovi, Natsumi? Del resto anche io
stasera sono fuori… voglio rimanere in ospedale con Minaho.
-Certamente! Permesso accordato! -Rispose la ragazza sorridendo.
-Ehi fratellone… Min starà bene, vero?
Rex si era appena infilato nel letto di Manabe. Avevano passato una
bella serata, ed il lilla era stato felice di accordare, per una volta,
il suo orario di nanna con quello del bambino. Dormire qualche ora in
più gli avrebbe fatto bene… e così
eccolo lì, pronto per il letto alle dieci e mezza.
-Tranquillo fratellino… starà benissimo.
Erano le tre di notte quando arrivò la telefonata.
Manabe si alzò con il cuore in gola e lo sguardo offuscato.
Chi poteva essere a quell’ora? Aveva un terribile
presentimento… e non gli piaceva.
Rex continuava a dormire tranquillo mentre il lilla sollevava la
cornetta pregando che fosse un semplice scherzo idiota.
-P…pronto?
La voce di Endou risuonò nella cornetta.
-Manabe… ho bisogno che tu ti sieda… per
favore… siediti.
Il lilla ebbe un tuffo al cuore. -No…
-Respira Manabe… cerca di respirare. Minaho…
Minaho sta molto male.
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Capitolo 19 *** Incubo e risveglio ***
L’incubo
è il sogno che s’è preso uno spavento.
Manabe aveva urlato.
Aveva urlato senza potersi controllare, senza poterlo evitare in alcun
modo. Qualcosa attraverso la sua voce aveva voluto farsi
largo… una terribile angoscia.
Cosa significava che Manabe stava molto male? Era… era forse
un modo ipocrita per dirgli che… che se ne era andato?
Manabe si sentì svenire mentre chiedeva al mister cosa
stesse succedendo. Endou sospirò amaramente.
-Manabe… lui… lui si è sentito male.
Sembrava andasse tutto bene… purtroppo ad un certo punto ha
iniziato a vomitare, e poi ha perso conoscenza… per non
riprenderla più, ad ora. Lo hanno sottoposto a tanti
esami… credo… credo che abbia una grave
commozione celebrale. Dio, quanto vorrei dirti che non è
grave… purtroppo lo è. Devi essere forte.
Manabe cadde in ginocchio. Si sentiva soffocare, voleva
vomitare…
-Mister… mister… dov’è ora?
-L’hanno portato in sala operatoria. Sperano…
Sperano di poterlo salvare.
Il mondo di Manabe crollò in un secondo. -Cosa…
cosa significa? Ci sono… ci sono possibilità che
non… che non…
Endou non rispose.
Manabe era senza parole, faticava a sostenersi in piedi e a respirare.
-F…fratellone…
Il lilla si girò lentamente. Rex era in piedi, nel suo
pigiama rosso e con il suo orsacchiotto a penzoloni.
-Fratellone… ho… ho sognato Min…
Manabe scoppiò a piangere abbracciando il bambino.
-Rex… Rex… oddio… Min sta…
sta male… cosa… cosa facciamo ora! Cosa faremo
se… se… -Fratellone scosso da una serie di
singhiozzi da strappare il cuore.
-Fratellone… vestiti, andiamo in ospedale.
Manabe rimase interdetto. Cosa? Un bambino stava pensando a come agire
mentre lui se ne stava lì a piangere? Era proprio
vero… non serviva proprio a nulla. Singhiozzò
ancora.
-Hai… hai ragione Rex. Adesso… adesso mi vesto.
L’ospedale era bianco, bianco e freddo.
I corridoi interminabili che nascondevano tante vite appese a un
filo… Manabe colse la particolarità della
situazione. Pochi mesi prima lui era al posto di Minaho, e
l’arancione al suo.
Tenendo per mano Rex che aveva dato prova di incredibile forza non
scoppiando in lacrime, a contrario suo, il lilla si diresse esso il
reparto di medicina da trauma, trovando Endou seduto fuori dalla sala
operatoria, con le mani tra i capelli. Quando li vide,
spalancò gli occhi.
-Ragazzi! Ma… Ma perché siete qui?
-Mister… come… come pensava che potessi tornare a
letto? E poi… e poi Rex voleva venire. Se lui non avesse
voluto, sarei… sarei rimasto con lui.
Endou sorrise debolmente. -Man… è grave, lo sai,
vero?
Il lilla sospirò dolorosamente.
-Non mi hanno ancora detto nulla… nulla. Siediti qui con
me… ti vado a prendere una camomilla.
Dovettero aspettare le cinque per avere qualche notizia.
Un dottore uscì dalla sala operatoria. Aveva gli occhi
arrossati per la stanchezza, e le spalle curve. Immediatamente Endou,
Manabe e Rex corsero verso di lui.
-Dottore… dottore, come sta?
Il medico sospirò.
-Venga con me.
Endou sussultó, quindi seguì il medico verso un
angolo della sala. Manabe sentì lo sguardo offuscarsi mentre
vedeva gli occhi del mister riempirsi di lacrime. Tornó
verso di lui curvo, tormentandosi le mani.
-Lui… lui è… -Il lilla sentiva un
coltello scavargli lo stomaco.
-Manabe, dobbiamo essere forti. Non doveva succedere… non
doveva. Io… io come posso… non è
giusto, dannazione!
Manabe capí quello che non avrebbe mai voluto capire.
-No…
-Perdonami… non dovevo farvi giocare. Non avrei mai dovuto,
vedendo come si… come si comportavano i nostri avversari.
Sono… sono responsabile.
-Di… di cosa! Dannazione, mi dica di cosa! -Il lilla cadde
un ginocchio urlando. Endou scoppiò in lacrime.
-Man… Man, Minaho se ne è andato.
Un urlo terribile. Un urlo da far spaccare i vetri.
Manabe balzò in piedi sul letto in lacrime, il cuore a
mille. Di fianco a lui Rex si svegliò di colpo, terrorizzato.
-No… no! No!!! Non può essere vero! Non
può! Non puoi essere morto! No!! No!!!
Manabe era completamente nel panico, incapace di fermarsi, incapace di
tacere. Rex era atterrito.
-F…fratellone cosa… cosa succede?
Ho… ho paura… ho tanta paura! Ti… ti
ha fatto male la pizza?
Manabe non capiva. -La… la pizza? Cosa… cosa
stai… -Fu allora che si rese conto di essere in pigiama, nel
suo letto. Afferrò il cellulare… le due e mezza.
-Ma… Ma. .. erano le tre…poi le cinque...
l’ospedale… il telefono…
cosa…
Rex si strinse al petto del lilla. -Fratellone…
hai… hai fatto un brutto sogno?
Manabe era letteralmente collassato su sé stesso. Rideva,
piangeva, diceva cose sconnesse e senza senso davanti agli occhi di un
bambino incredulo.
-Un… un sogno! Uno stupido sogno! E... Endou…
l’ospedale, il dannato ospedale! Tutto un sogno…
oddio! Un sogno…
Manabe saltò giù dal letto, si
trascinò in cucina e aprì una lattina di birra.
-Oddio… cosa sto facendo? Io e una birra?
Alle… alle due e mezza di notte?
Rex si avvicinò all’amico. Non riusciva proprio a
capire… aveva paura. Il pavimento gelido sotto i suoi piedi
nudi lo faceva rabbrividire, e non trovava le parole.
-Fratellone… fratellone, ti prego, non bere…
non… non voglio che tu stia male!
Solo allora Manabe riprese effettivamente il controllo di
sé. Si guardò le mani…
guardò la lattina. Sorrise e si alzò, andando a
svuotarla nel lavandino, quindi corse ad abbracciare Rex.
-Ehi… fratellino… perdonami. Adesso sono
io… non avere più paura. Adesso torniamo a letto,
ok? Ho… ho avuto un momento di stranezza. Sono…
sono morto e rinato in poche ore, per dirlo con una metafora. Adesso
però… adesso sono felice e tranquillo.
Dai… vieni qui, stai tremando!
Il lilla prese in braccio il bambino che finalmente si
rilassó, mentre con una mano gli massaggiava e riscaldava i piedi. Rex
sospirò di sollievo, rilassandoli completamente per quanto permettessero i suoi muscoli doloranti e godendosi il massaggio d'emergenza. Massaggandogli i piedini, Manabe non potè non notare i calletti e la tensione dei muscoli del bambino. Endou lo stava facendo allenare a calcio. -Rex... i tuoi... i tuoi poveri piedi sono congelati... hai preso freddo per colpa
mia… scusami, davvero. Vieni… andiamo a
riscaldarci.
Manabe portò immediatamente il bambino in bagno e riempì un
catino d’acqua calda, lasciando poi che il bambino vi
immergesse i piedi. -Va meglio ora?
Rex mosse le dita dei piedi. -Ahhh… molto meglio… ma senti
fratellone… domani Min tornerà a casa, vero?
Il lilla sorrise. -Certo… certo, tornerà a casa. Ascolta... prima, mentre ti scaldavo i piedini, ho sentito che sei tutto irrigidito...
-Già... -Il bimbo sorrise. Mi... mi esercito molto, anche se fa male a volte...
-Parlane con il mister... forse state esagerando. Senti... ti va un massaggio? Vorrei provare a scioglierti quella tensione. Senti tirare sotto i piedini, vero?
Il bambino si guardò i piedi e cercò di muovere le dita. -Sì... è come se il pollicione fosse sempre bloccato... mi fa tanto male provare a muoverlo, fratellone...
Manabe sorrise. -Capito. Vieni con me a letto... ci penso io a farti un bel massaggio ai piedi... come ai calciatori professionisti!- Manabe rise e fece l'occhiolino al bambino, che ridacchiò.
-Ok... senti questi muscoli? Partono dalla caviglia. Hai i talloni molto rigidi... spero di riuscire a scioglierteli. E poi, ovviamente, dobbiamo scioglierti il ditone...
Manabe aveva fatto accolodare il bambino a letto e gli aveva fatto distendere le gambe sulle sue, in modo da avere di fronte le piante dei piedi di Rex. Erano molto più arrossate e contratte di quanto temesse. -Tu pensa solo a rilassarti... immagina di camminare a piedi nudi sull'erba.-
Il bambino sorrise. -O...Ok...
Manabe prese dolcemente i piedini di Rex tra le mani e, dopo averli unti con alcune gocce d'olio, iniziò a massaggiarli con cura, lavorando con i polpastrelli sulle piante dei piedi, cercando di dare sollievo al bambino. Rex, da parte sua, incominciò subito a mugolare di sollievo, rilassando i piedini nudi e lasciando che Manabe, dopo aver adeguatamente alleviato la tensione, intrecciasse le dita delle mani con le sue dita dei piedi, muovendole e sciogliendo il blocco. Rex gemette di sollievo.
-Ahh...ahhhhhh... fratellone... ahhhhhhh!! Mi... mi fa tanto bene...
-Le tue povere piante dei piedi... li senti i muscoli irrigiditi? Sarà un lavoro lungo... aspetta! Ho un idea!
Manabe uscì dalla stanza e tornò poco dopo tutto trafelato, con in mano un piccolo rullo da cucina. Prese di nuovo i piedini di Rex ed iniziò a farvi scorrere sotto lentamente il rullo. In poco tempo il bambino iniziò ad emettere piccoli gemiti di sollievo, con grande soddisfazione di Manabe, che proseguì il lavoro con movimenti circolari dei pollici. Il bambino aveva un disperato bisogno di quel massaggio e provava un grande sollievo, era evidente. Manabe non capiva perchè il mister non avesse fatto nulla per i suoi poveri piedi in fiamme.
-Ok... ci siamo quasi. Ora apri le dita... -
Il bambino ubbidì, permettendo a Manabe di infilare le dita delle mani tra le dita dei suoi piedi ed iniziare una serie di manovre di rilassamento. Le ultime tensioni cedettero con un sospiro di immenso sollievo da parte di Rex.
-Ahh... AHHHHHHHH!!! Che... che bello...
-Rex, ora rilassati. Prova a muovere le dita... fai vedere.
Manabe osservò con cura i piedini di Rex, mentre il bambino muoveva con gusto le dita dei piedi rilassate dal massaggio. Finalmente riusciva a muovere gli alluci.
-Fiuuu... fratellone, non sento più il dolore... riesco a muovere le dita! Ma dove hai imparato?
-Beh... -Il lilla rise. -Il nostro fratellone Minaho è un po' pasticcione, ed ogni tanto anche lui ha bisogno di un aiutino con i muscoli! Comunque il peggio è passato... però dimmelo se ti fanno ancora male! Potrei farti un massaggio ai piedi dopo gli allenamenti, d'ora in poi. E mi raccomando, devi stare più tempo a piedi nudi...
-Fratellone... -Rex si morse il labbro. -Starà bene, vero?
Manabe sorrise. -Ma certo... certo che starà bene.
La mattina seguente Manabe e Rex fecero colazione e si vestirono
rapidamente. Non erano nemmeno le otto, che il mister li aveva
già portati in ospedale.
-Minaho Kazuto, per favore.
Il mister sorrise alla ragazza dell’accettazione, che rispose
a sua volta con un sorriso. -Il ragazzo della botta in testa, vero?
Stanza 105… è già sveglio. Questa
mattina è passato il dottore… posso anticipare
che va tutto bene. Lui potrà confermarvelo meglio.
Manabe sospirò di sollievo. Solo allora tutti i suoi timori
si sciolsero. Sorrideva mentre si dirigevano alla camera
dell’arancione.
Poco dopo essere entrati nel corridoio del reparto di medicina
traumatica, furono fermati dal dottore del giorno prima.
-Salve, signor Endou! Salve ragazzi… siete venuti per il
vostro amico, vero? Ho buone notizie per voi… abbiamo fatto
tutti gli esami, il ragazzo sta bene e l’ematoma si
è completamente riassorbito. Prima di pranzo possiamo
rimandarlo a casa… questo brutto capitolo è
definitivamente chiuso.
Endou ringraziò il dottore mentre questi sorrideva
imbarazzato. Manabe chiese se poteva entrare nella stanza
dell’arancione.
Il medico sorrise ancora. -Certo! Vai pure… io intanto vado
a prendere i fogli di dimissione.
Manabe entrò nella stanza come un fulmine, pentendosi subito
dopo della sua irruenza.
Minaho era in piedi davanti alla finestra. Quando sentì
entrare qualcuno si girò , e vendendo Manabe sorrise
entusiasta.
-Man! Sei già qua!
Il lilla corse ad abbracciare l’amico. L’arancione
aveva un piccolo cerotto sulla fronte, ma per il resto era normalissimo
e pieno di colore.
-Min… sapessi che brutto sogno ho fatto questa notte! Non
farmi più scherzi del genere, altrimenti
diventerò matto!
L’arancione sorrise. -Ohi… guardami. Sono vivo,
sto bene, e adesso me ne vengo a casa con te. Anzi… cosa fai
per pranzo? -Minaho si leccò le labbra.
Manabe scoppiò a ridere. -Oh Min… mi sei mancato!
Erano le undici quando poterono finalmente lasciare
l’ospedale.
Endou accompagnò a casa i ragazzi, quindi se ne
andò con Rex al seguito, felice come una Pasqua. Era molto
stanco, anche se non lo dava a vedere.
Minaho e Manabe entrarono in casa, finalmente felici e rilassati.
-Min… fila sul divano a riposare! Io mi metto ai
fornelli… ti vizierò!
Minaho scoppiò a ridere. -Man… guarda che ti
conosco! Stanotte non avrai chiuso occhio… anche tu hai
bisogno di riposare! Vieni qui vicino a me… ordineremo del
pollo. Oggi devi anche andare al lavoro… non sarebbe meglio
se stessi a casa?
Il lilla sospirò. -Purtroppo devo andare… pagano
bene, e non posso permettermi brutte figure. Non temere
però… sarò a casa in pochissimo tempo,
e questa sera ti prometto che andremo insieme a mangiare qualcosa in
qualche posto speciale. Ci stai?
L’arancione fece gli occhi dolci. -Man… io ti
adoro!
Il pranzo fu quanto mai lieto.
Si disinteressarono di quanto avessero speso… non era
importante. L’importante era che stessero bene, che fossero
felici e soprattutto che fossero insieme!
Chiacchierarono della partita, della notizia che il mister gli aveva
comunicato dell’avvenuta squalifica dei loro
avversari… erano eccitati all’idea di andare al
torneo nazionale!
-Man… è… è bellissimo!
-Lo so… lo so.
Quando a metà pomeriggio il lilla uscì di casa
per andare al lavoro, stava bene.
Un’altra sfida era stata vinta… -Minaho, sei
proprio una roccia. -Pensò.
Si incamminò verso il locale dove lavorava con un
grandissimo sorriso stampato in volto… e una grandissima
voglia di passare in fretta quelle poche ore. Non vedeva
l’ora di essere a casa con Minaho, per combinarne qualcuna
delle loro!
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Capitolo 20 *** Primo stipendio! ***
Tutti i grandi sono stati bambini
una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano!)
Niente poteva preparare Manabe alla sorpresa che quel pomeriggio lo
aspettava al lavoro.
Appena entrato nel locale fu accolto dal proprietario, che sfoggiava un
sorriso inquietante.
-Manabe! Che puntualità! Vedi… oggi, alla luce
delle recenti esperienze… ho pensato che foooorse tu saresti
più adatto per una mansione… diciamo…
differente rispetto a servire ai tavoli!
Il lilla aveva un terribile presentimento. Non che gli dispiacesse
smettere di correre avanti e indietro rovesciando più roba
di quanta ne portasse a destinazione, però c’era
qualcosa che lo spaventava nel sorriso a trecento denti
dell’anziano. -Ehm… oooovvero?
L’uomo ridacchiò. -Beh… vista la tua
propensione ad accudire e coccolare i bambini… ti annuncio
che ho allestito una saletta apposta per loro… e tu sarai il
responsabile!
Manabe arrossì come un peperone.
-Co…cos… cosa dovrei fare io? Non… non
sono così bravo… non…
io…combinerò pasticci!
L’uomo scosse la mano noncurante. -Ma quali
pasticci… i bambini ti adorano! Sarai perfetto, ne sono
sicuro!
Manabe non seppe cosa fosse successo con esattezza… seppe
solo che mezz’ora dopo era seduto per terra, mentre molto
stoicamente lasciava che un bambino moro sui tre anni gli scalasse le
spalle aggrappandosi a lui come un koala.
-Ma perché… perché ho fatto questa
cosa! Se mi vedesse Minhao…
Il lilla sospirò con un debole sorriso. In fondo non era
così traumatico… o no? Però era vero,
adorava i bambini, e loro adoravano lui, a giudicare da come sembravano
entusiasti.
-Ehi! Man…Ehi! -Un piccoletto con gli occhi color nocciola
tirava il ragazzo per la manica. -Mi prendi in braccio?
Manabe scosse la testa sorridendo dolcemente. -E va bene…
vieni qua!
Minaho, a casa, si annoiava terribilmente.
Aveva provato a guardare un po’ di televisione, ma senza
trovare nulla che lo interessasse, quindi aveva tentato con i
videogiochi, con ancor meno successo. La testa gli pulsava leggermente
sotto il cerotto. Si toccó la ferita con i
polpastrelli… cosa importava di un po’ di dolore?
Aveva difeso Manabe!
Si versò un bicchiere di succo con un sospiro. Aveva voglia
di parlare con il suo migliore amico… come avrebbe fatto a
resistere ad altre due ore di attesa? Voleva così tanto
stare con lui… sorrise, pensando a quanto fosse buffo.
Mentre si sedeva ancora sul divano afferrò una rivista.
Mentre la apriva per sfogliarla vide cadere un foglietto… lo
raccolse immediatamente, leggendolo.
-È un opuscolo del locale dove lavora Man! Mh… mi
sta venendo un’idea…
-Man… Man! Mi sono fatto male…
Il lilla sorrise all’insegna di un bimbo dai capelli castani
che si teneva la mano dolorante.
-Ehi… cosa avevamo detto riguardo alle forbici?
Dai… vieni qua, che mettiamo un cerottino, ok?
Il bambino si lasciò sollevare da Manabe, che lo
appoggió sulle ginocchia. Prese un cerotto dalla tasca e
glielo applicó sul dito. -Va meglio ora?
Il bambino sorrideva, indicando qualcosa alle spalle del lilla. Manabe
lo fissò perplesso… cosa stava succedendo? Di
colpo sentì una mano leggera appoggiarsi sulla spalla.
-Ehi… ho sentito che qui si fanno giocare i
bambini… non è che hai posto per il bimbo
più coccoloso di tutti?
Manabe si voltó di colpo, ritrovandosi immerso negli occhi
verdi di Minaho. Arrossí di botto.
-M…Min? Oddio… cosa ci fai tu qui?
Che… che vergogna… guarda in che
situazione…
L’arancione sorrise. -Man, penso che tu non ti renda conto
che quella davanti a me è la scena più dolce del
mondo.
Quando il proprietario del locale aveva visto che Manabe aveva visite,
gli aveva concesso quindici minuti di pausa e due cioccolate calde in
omaggio. Ora il lilla e l’arancione erano seduti ad un
tavolino, a chiacchierare sorseggiando la bevanda calda e dolce.
-Man… è bello qui. Non ero mai venuto in questo
locale…
-Già… in fondo anche a me piace. -Il lilla
sorrise.
-Sono contento… e poi fai una cosa bellissima!
-Ma… Ma cosa dici…
L’arancione prese la mano dell’amico. -Guarda che
dico davvero. Sei così dolce… ci sai fare con i
bambini. Ho visto come ti adorano…
Manabe sorrise e imbarazzato. -Io… beh… io non so
se…
-Ehila! Manabe! Quello è un tuo amico?
Matatagi era entrato in sala asciugandosi le mani nel grembiule,
sorridendo in maniera fin troppo palese. Il lilla sorrise.
-Ehi… Matatagi, lui è Minaho, il mio migliore
amico… Minaho, lui è Matatagi… diciamo
che è quasi il nipote del proprietario del locale, ed
è un ragazzo molto gentile! Mi ha già salvato dal
licenziamento un paio di volte…
Minaho sorrise, distratto. Appena aveva visto il moro qualcosa in lui
lo aveva turbato. Non sapeva dire cosa… era come
un’aura, o una forza. Eppure sorrideva… sembrava
normale… proprio non capiva.
-Ehi Min, non saluti?
L’arancione si riscosse sentendo il suo migliore amico
ridacchiare. -Ehm… certo! Salve… è un
vero piacere conoscerti!
Il moro sorrise di rimando. -Anche per me… un vero, vero
piacere.
Minaho e Manabe avevano chiacchierato per tutto il tempo a loro
concesso, insieme a Matatagi che si era seduto con loro approfittando
di un momento di pausa nel servizio.
Manabe non smetteva mai di parlare… Minaho non sapeva se
quella gioia dipendesse dal moro. Sarebbe stato bello che il lilla
iniziasse a rendersi conto che il mondo nascondeva anche tanti amici, e
non solo persone cattive, ma l’arancione non riusciva ad
essere tranquillo. Non si era ancora liberato di quella strana
impressione che Matatagi gli dava… non sapeva nemmeno lui
spiegarsi di cosa si trattasse. Era come se la voce nascondesse una
vibrazione strana… gli occhi sembravano tacere qualcosa
sull’anima del moro.
-Minaho? Qualcosa non va? Non ti vedo a tuo agio…
Matatagi sorrideva all’insegna del ragazzo. Minaho si
riscosse ed arrossì imbarazzato. -Ehm…
no… nulla… nulla!
Il moro annuì col capo, socchiudendo gli occhi. Manabe
ridacchió. Anche lui sentiva qualcosa di strano nei
confronti di Matatagi… però era qualcosa di
decisamente positivo. Forse il suo sorriso… la sua
voce… l’aiuto e la comprensione che gli
dava… aveva le idee confuse. Simili sensazioni non erano
spiegabili attraverso la matematica. Era uno strano affetto…
ovviamente niente di paragonabile a quello che provava per Minaho, che
era il centro di stabilità del suo universo, ma qualcosa di
differente… di meno intimo, di più carnale.
Sentiva qualcosa nello stomaco… non ci pensò
più e tornò a chiacchierare, deciso a non dare
troppa importanza a qualcosa che non poteva essere spiegato dalla sua
amata scienza.
-Bene! -Il moro si alzò in piedi sorridendo felice.
-Purtroppo devo tornare a lavorare… Minaho, vuoi un
caffè? Offre la casa.
L’arancione sorrise a sua volta. -No… ti
ringrazio, ma il caffè non fa per me! Bisogna che vada a
casa… ci sono delle cosucce da sistemare prima che Manabe
torni a casa e inizi a inseguirmi perché non vede
più il pavimento per colpa delle mie riviste!
Il lilla scoppiò a ridere di cuore. Sapeva che il suo
migliore amico preferiva il dolce all’amaro! -E bravo
Min… dai, fra un paio d’ore sono a casa. Ricordati
che ti ho promesso che a cena ti porto fuori… preparati!
L’arancione fece l’occhiolino al moro, una faccia
buffissima e salutò tutti, ringraziando per la cioccolata e
uscendo dal locale con un rumoroso -A dopo!
-Bene bene… Dove eravamo rimasti?
Il lilla fece capolino nella stanza dei giochi con una faccia quantomai
furbetta. I bambini, che avevano giocato da soli per una ventina di
minuti, lo accolsero con un coro di grida di gioia. Il ragazzo
sentì qualcosa formicolargli nel petto… gli
volevano davvero così bene?
-Man! Ci avevi promesso che avremmo costruito un castello di carta!
Ricordi?
Manabe sorrise sornione. -Mh… Dove avete nascosto il
cartoncino e la colla?
Matatagi serviva ai tavoli con abilità e
velocità. Non dimenticava nulla, non faceva cadere
nulla… dopo tutti quegli anni, era diventato un campione nel
suo lavoro.
Mentre portava l’ennesimo vassoio di pasticcini ad una coppia
di pingui signore di mezza età vestite in delicati colori
pastello, un grido di gioia proveniente dalla stanza a fianco lo fece
pensare a Manabe.
Che strano ragazzo… lo incuriosiva. Non solo, a dire il
vero… lo intrigava proprio. Così
dolce… così innocente ma per nulla ingenuo. U a
specie rara. Emanava un calore speciale… qualcosa che non
aveva mai sentito prima. Chissà…
forse… forse poteva essere una persona di cui fidarsi?
Rimase per un attimo come paralizzato.
-Io, fidarmi di qualcuno?
Una risata strana, fredda, risuonò nella sala.
Minaho correva avanti e indietro per il salotto illuminato dal bel sole
di quel pomeriggio, raccattando riviste e libri dal pavimento.
-Mpf… devo diventare più ordinato!
Mentre lavorava pensava a Manabe e a Matatagi… avrebbe
voluto così tanto che Manabe si facesse altri amici,
però… qualcosa lo turbava.
Calpestò un oggetto puntuto e mugugnò di dolore,
ridacchiando della sua stessa distrazione. -E va bene…
inutile preoccuparsi troppo. Ora finiamo il lavoro… Man sta
per tornare a casa!
Finalmente il turno di lavoro era finito.
Manabe salutò l’ultimo bambino che se ne andava
per mano alla madre, sorridendogli, quindi uscì e si diresse
verso l’ufficio del proprietario.
Era stanchissimo. Si sentiva zuppo di sudore (-Da quanto non giocavo a
cavallina!) ed era distrutto, ma era anche estremamente
felice… in fondo non poteva lamentarsi del suo nuovo
compito. Bussò alla porta con il sorriso sulle labbra.
-Avanti! -La voce dell’anziano risuonò tranquilla.
Il lilla entrò lentamente, trovandolo seduto alla scrivania.
-Manabe! Sei stato bravo oggi… bravissimo! Sapessi quante
persone hanno voluto farmi sapere quanto apprezzino il nuovo servizio!
E poi… ad essere sinceri, oggi mi hai fatto piangere. Erano
tanti anni che non sentivo le risate dei bambini intorno a
me… i miei figli… i miei figli vivono lontano.
Per tanti anni ho… ho avuto solo Matatagi vicino a me.
Sai… l’ho raccolto dalla strada quando era solo un
bimbo… sua madre è molto malata, e il padre li ha
lasciati. Ha anche due fratelli piccoli… ha sofferto tanto.
Per me è come un nipote.
Manabe ascoltava commosso. Non immaginava che Matatagi potesse avere
sofferto così tanto… come lui e Min. Di nuovo
quello sfarfallio nello stomaco…
-Dannazione… ti sto annoiando con le mie riflessioni da
povero vecchio. Scusami! -L’uomo sorrise.
-Comunque… oggi inizia una nuova settimana, e come
d’accordo ho qui il tuo stipendio.
Manabe sorrise. Avevano deciso per pagamenti settimanali…
era la cosa migliore, a parere del lilla.
-Ecco qui i tuoi 20 000 yen (*)… e sappi che ho una bella
notizia per te!Hai ricevuto tantissime mance dai genitori dei tuoi
amichetti… e io ho fatto in modo che facessero cifra tonda.
In totale, questa settimana porti a casa 25.000 yen sonanti!
Il lilla spalancò gli occhi. Erano davvero tanti soldi!
Quella sera avrebbe portato Min in un posto speciale... non gli
sembrava vero!
-Grazie… grazie di cuore!
L’anziano sorrise teneramente. -Te li sei guadagnati fino
all’ultimo.
Il lilla uscì dal locale con il suo gruzzolo nella tasca
interna della giacca. Era davvero un sogno… certo, non
avrebbero messo da parte chissà quanti soldi, ma quella
cifra gli permetteva di andare avanti senza problemi fino alla
settimana successiva, se fossero stati attenti alle spese.
Il sole era ancora alto e il cielo limpido favoriva un clima quasi
primaverile. Manabe aveva una grandiosa voglia di correre, di saltare,
di fare il bambino. Non sapeva perché, non sapeva cosa gli
formicolasse nel cuore, ma era felice.
Così felice che non vide nulla muoversi alle sue spalle,
così felice che non sentì le risate cattive,
così felice che non si accorse di nulla, finché
non sentì una mano violenta afferrargli la giacca e
strattonarlo in un vicolo. Il lilla urló terrorizzato.
-Ma bene! Cosa abbiamo davanti… un bel ragazzino idiota che
saltella come un coniglio!
Manabe era terrorizzato. Davanti a lui due giovani sui
vent’anni. Uno di loro, che sembrava essere il capo, aveva un
grosso tatuaggio sul viso. L’altro, vestito con un vecchio
giubbotto di pelle, mostrava le braccia muscolose con fare minaccioso.
-Cosa… cosa… oddio chi…
-Ahahaha! Ma sentilo, il bambino! Vuoi metterti a piangere, scemo? Stai
molto attento a non farci arrabbiare! Forza, caccia fuori i soldi!
Sappiamo che ne hai, ti abbiamo seguito!
Il lilla andò nel panico. Sentì gli occhi
riempirsi di lacrime, il che non aiutava. -Dannazione…
perché sono sempre così infantile?
-Pensò. Non sapeva che fare… il vicolo era cieco,
e l’uscita era bloccata da quei due delinquenti.
-Allora? Darti una mossa, idiota, oppure… -Il più
grosso dei due tiró fuori dalla tasca un coltellino. Manabe
urló di terrore. Non sapeva che fare… prese in
mano il portafoglio e fece per porgerlo con mano tremante.
-Non credo proprio!
I due energumeni si voltarono di colpo, furiosi. -Chi ha parlato?
Alle loro spalle, Matatagi. Il lilla spalancò gli occhi
confuso, ma trovò la forza di urlare. -Matatagi! Scappa!
Scappa!
Il moro sembrava furioso. Con un balzo scavalcó i due
giovani prendendoli di sorpresa e si parò davanti a Manabe,
coprendolo con il suo corpo. -Andatevene immediatamente! Se lo toccate
vi ammazzo, delinquenti!
Il lilla era senza parole. Matatagi lo stava difendendo!
I due ragazzi schiumavano di rabbia. Puntarono il coltello verso il
moro urlando. -Razza di idiota… levati di lì o ti
ammazzo! Giuro che ti ammazzo!
Matatagi strinse i denti. -Fuori. Dai. Piedi.
Il più grosso dei due era rosso come un peperone. Esplose.
-Sei morto!
Un lampo argentato, Manabe che si fa piccolo piccolo e
un’ombra che gli si para davanti… e poi Matatagi
che cade in ginocchio, i denti stretti e un’espressione
contratta di dolore sul volto, tenendosi la mano.
-Che cosa hai fatto? Razza di idiota, qui finiamo in galera!
I due teppisti fuggirono a gambe levate, mentre Manabe finalmente si
riscuoteva.
-Matatagi!
(*) circa 150 euro. In un
mese sono 600… non sono tanti per due persone che vivono
sole, anche se in yen sembrano un’esagerazione!
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Capitolo 21 *** A prima vista ***
Capitano a volte incontri con
persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse
fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera
inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.
La luce del tramonto, calda e avvolgente, inizia a prendere il posto
del cielo limpido di quello strano novembre. Le strade sono piene di
gente, i locali iniziano ad aprire mentre le prime coppiette, le
più frettolose, si dirigono ai tavoli per cenare insieme.
I vicoli.
Un mondo a parte, mutevole, variabile.
Alcuni eleganti, in centro, scanditi da piccoli negozi tradizionali e
localini, altri, soprattutto in periferia, fatiscenti nella
loro desolazione… ma nessuno era come quello in cui Manabe
era stato aggredito. Un angolo di oscurità in pieno
centro… un’isola senza padrone alla deriva tra
palazzi d’uffici alti e lucenti, tra locali alla moda.
Manabe si avvicinò a Matatagi, dubbioso se correre o tremare
per la paura e lo shock. Si era lanciato davanti a quei due
teppisti… lo aveva difeso. Lo… lo aveva difeso.
Si scosse e corse ad inginocchiarsi al suo fianco.
-Matatagi! Che hai? TI hanno ferito?
Il lilla scuoteva il moro per le spalle. Il ragazzo alzò la
testa e sforzó un sorriso a denti stretti. -T…
tutto… bene…
Manabe scosse la testa nervoso, correndo con gli occhi sul corpo
dell’amico alla ricerca di un segno, di una ferita. Alla fine
la vide… un taglio regolare, profondo, lungo almeno sette o
otto centimetri, sul palmo della mano destra del moro. Lo avevano
colpito di certo mentre cercava di fargli scudo con la mano,
pensò il lilla.
-M…Man… va… va tutto… bene?
Ti… ti hanno fatto… male…
ti…ti hanno rapinato?
-Matatagi! Cosa importa adesso? Stai perdendo tantissimo sangue!
Oddio… e ora che faccio…
Il lilla prese dalla sacca un fazzoletto di lino che faceva parte della
sua divisa da lavoro e lo usò per fare pressione sulla mano
del moro. -Tuo nonno capirà… mal che vada lo
ripago!
Matatagi, pur sofferente, non poté non sorridere scuotendo
la testa. -Man… non cambi proprio mai… sei
troppo… troppo preciso… ahia!
Manabe si portò l’indice della destra alle labbra.
-Ssst… non parlare! Devi conservare energie…
adesso andiamo in ospedale. È a due passi…
tieniti a me.
-Ma… non… non serve…
-Matatagi, potrebbe riprendere a sanguinare non appena togliamo il
panno. Hai bisogno di venire disinfettato, e ti servono dei punti.
Forza… andiamo.
Il moro sorrise. -Mi piace questo tuo lato decisionista! -Si
alzò e passò il braccio intorno al collo del
lilla. -E… e va bene! Andiamo, mio cavaliere!
Manabe scoppiò a ridere… sperando di nascondere
la realtà dei fatti. Era arrossito come poche volte in vita
sua.
Minaho era pronto.
Si era fatto la doccia e aveva indossato i suoi vestiti migliori. Aveva
scelto una maglietta regalatagli da Manabe e una felpa verde smeraldo
che si abbinava con i suoi occhi. I Jeans erano i soliti, una delle
poche spese che si era concesso negli ultimi mesi. Infine aveva scelto
le sue scarpe più belle, quelle sportive bianche.
Quando Manabe prometteva una bella serata, si poteva stare sicuri che
sarebbe stata una bella serata. Minaho non aveva dubbi. Aveva scacciato
la strana impressione che Matatagi gli aveva trasmesso quel pomeriggio,
ed ora era molto di buon umore.
Si sedette sul divano e compose il numero di Tenma. Manabe sarebbe
arrivato a momenti, e intanto avrebbe passato il tempo chiacchierando
con i suoi amici… si preannunciava una splendida serata!
-Ok ragazzi… potete entrare.
Manabe e Matatagi non avevano dovuto aspettare molto. Il ragazzo aveva
ricevuto un codice giallo, e il pronto soccorso era fortunatamente
quasi vuoto. Manabe aveva perso il conto di quante volte aveva visto
quel posto triste negli ultimi mesi…
Entrarono nell’ambulatorio. La dottoressa, una donna sui
trent’anni conforti capelli mori, si fece raccontare i fatti
mentre svolgeva la benda provvisoria che Manabe aveva approntato.
-Vi capisco… sapeste quanti casi come il vostro stiamo
avendo! Sarebbe ora di fare qualcosa per la piccola
criminalità… certo che un aggressione in pieno
centro è proprio un’assurdità!
Matatagi sospirò e strinse i denti mentre la mano gli veniva
disinfettata. -Già…
Ci volle solo una mezz’oretta perché il taglio
venisse suturato… il più fu attendere per
l’antitetanica!
Manabe osservò l’orologio sconsolato.
Già le dieci… erano lì da quattro ore!
Del resto la dottoressa era stata inflessibile… con i
coltelli non si scherza, specialmente se arrugginiti.
Mentre aspettava, il lilla sentiva il prurito nel petto aumentare.
Matatagi gli faceva un effetto sempre più strano…
sempre più affascinante. Strinse i denti… non
voleva ammettere a sé stesso ciò che la sua mente
razionale già intuiva.
Finalmente uscirono. Erano le undici meno un quarto, e la notte era
fresca.
Si strinsero nei giacchetti rabbrividendo. Il clima, di notte,, era
già invernale. Per fortuna la città sembrava non
volerne sapere di andare a letto… i negozi erano aperti, e
le strade ancora discretamente piene.
-Ehm… bene. Manabe… grazie di tutto.
Il lilla arrossí. -Ma… ma figurati!
Mi… mi hai salvato…
Matatagi scosse la testa, sorrise e si voltó.
-Tranquillo… per te questo e altro… a dopodomani,
amico.
Una mano sulla giacca… un leggero strattone. Matatagi si
immobilizzò e si voltò, tremando leggermente. I
suoi occhi si immersero in quelli pervinca del lilla.
-Man…
Fu un istante, e le loro labbra erano unite, mentre le guance
avvampavano.
Manabe si sentiva volare.
Mentre tornava verso casa ripensava a quello che era successo, e si
sentiva pieno di gioia, paura, confusione. Alla fine aveva
ceduto… qualcosa nel suo cuore aveva guidato le sue mani.
Non sapeva nemmeno lui spiegare bene come fosse successo…
era stato un ordine, un imperativo. Aveva dovuto farlo… e
Matatagi era stato al gioco. Questa era la cosa che lo eccitava e
spaventava di più.
Aveva infatti un grande paura… che Minaho non accettasse
quello che lui aveva dovuto accettare con il tempo. Gli piacevano i
ragazzi.
Lo aveva scoperto gradatamente… prima quando aveva notato di
non provare attrazione per le sue compagne, poi quando aveva
iniziato a provarne per persone del suo stesso sesso. Inizialmente era
stato un colpo terribile… era fragile, e non voleva sentirsi
“diverso” anche su questo. Poi, con il tempo, aveva
imparato ad accettarsi, nonostante il suo più grande dolore
fosse non poter dire a nessuno ciò che provava.
Nessuno avrebbe capito.
Adesso però era terrorizzato. E se Minaho non lo avesse
accettato, o peggio avesse pensato che la loro amicizia nascondesse un
tentativo di seduzione? Un istante gli sembrava spaventosamente
possibile, quello dopo assurdo… non sapeva cosa pensare. In
fondo era Minaho… sapeva quanto fosse aperto e
buono…
Fu allora che un fulmine a ciel sereno lo trasse dai suoi pensieri.
Guardò l’orologio sul telefono…
-Minaho! O cavolo! Mi sono dimenticato della nostra serata!
Quando aprì la porta lo trovò sul divano.
Era addormentato, seduto con le ginocchia al petto... Manabe ebbe una
stretta al cuore.
Si avvicinò lentamente e gli mise dolcemente le mani sulle
spalle. -Min… ehi Min… sono a casa…
L’arancione aprì lentamente gli occhi e
fissò Manabe. Il lilla lesse nello sguardo
dell’amico una tristezza ferita… si
sentì clamorosamente in colpa.
-Min… sono stato un mostro… non so come sia
successo… ho… ho avuto un incidente e…
L’arancione sospirò. -Potevi telefonare..
Manabe strinse i denti. -Lo… lo so. Penso di doverti delle
spiegazioni.
In meno di dieci minuti il lilla aveva riferito tutti i fatti al suo
migliore amico.
Minaho lo aveva ascoltato attentamente, e pian piano la tristezza nel
suo sguardo lasciò il posto alla preoccupazione.
-Man… dovevo rimanere con te al locale! Sono stato
così stupido… farti uscire al tramonto con i
soldi in tasca…
Il lilla scosse la testa. -Sono stato io ad essere stato responsabile
di tutto… anche del tuo dolore e della tua delusione. Ti
giuro su quello che vuoi che domani sarò tutto
tuo… tutto. Non so proprio cosa mi sia preso…
spero che un giorno potrai perdonarmi.
Minaho sorrise dolcemente. -Un giorno? Vieni qua…
Sì abbracciarono.
Manabe sentì in quell’abbraccio tutto
quell’affetto, tutto quell’amore che un fratello
può dare. Non c’era niente di ambiguo nel suo
rapporto con Minaho… era il suo migliore amico la sua ancora
e la sua forza. Non lo avrebbe lasciato mai. Decise di dirgli tutta la
verità… glielo doveva.
-Min… devo… devo dirti una cosa.
Matatagi era finalmente arrivato a casa. Si diresse verso il portone,
abbastanza confuso.
Forse aveva accelerato troppo… doveva essere più
cauto? Temeva di avete fatto il passo più lungo della gamba.
Insomma… lo aveva baciato!
Non poteva affatto negare che Manabe lo intrigava. Era
strano… speciale. Forse non era giusto quello che stava
facendo… forse non doveva farlo. Una stilla di
rimorso… era una sensazione così rara per lui!
Sentiva sempre quel freddo in fondo alla pancia… si sentiva
come un gatto randagio, solo e diffidente, pronto a graffiare. Tutto
quello che aveva dovuto subire…
Entrò in casa e si tolse le scarpe con un sospiro di
sollievo. Iniziava ad odiare il suo lavoro di cameriere… non
ricordava più cosa significasse indossare scarpe comode. Si
sedette su una sedia gemendo di dolore e iniziò a
massaggiarsi i piedi doloranti.
-Ehi Hayato… bentornato. Hai fatto molto tardi…
Una donna estremamente giovane, poco più che una ragazzina
in volto, era entrata in cucina tenendo per mano un bambino castano.
Dietro di lei veniva un’altra bimbo.
-Mamma….Ciao. Ciao Yuuta, ciao Shun… come va?
Perdonatemi… ho… ho avuto un invito a cena, e ho
dimenticato di avvertirvi. -Il moro strinse i denti… non
avrebbe mai detto la verità. La madre era troppo
fragile… rimasta incinta di lui a soli quattordici anni, era
stata abbandonata dal marito dopo avergli dato altri due
figli… presi a forza. I suoi fratellini… erano
gli unici che gli volessero davvero bene. Di fatto era il moro a
reggere la famiglia, nonostante dovesse compiere sedici anni la
settimana successiva. La madre era gravemente malata, e non poteva
lavorare. -Qua tutto bene... solo stanchezza.
La donna annuì. -Lavori troppo… prima o poi
dovrò trovare una soluzione. Vai pure… forse
conviene che tu stia a casa dagli allenamenti, domani.
Matatagi sospirò, e fingendo di zoppicare salì le
scale. Giunto al primo piano si barricò in camera sua e
chiuse a chiave la porta. Era un ambiente molto piccolo, ma
carino e pulito.
Il moro rise. Non era niente male come attore! Si era rapidamente
liberato delle domande scomode, rimandando a data da
destinarsi ogni discorso e chiarificazione su Manabe!
Si buttò sul letto sospirando di sollievo e chiuse gli
occhi… salvo riaprirli dolorante due istanti dopo. Aveva un
crampo terribile.
-Karma… perché mi odi così tanto!
-Ehi… Man? Qualcosa non va? Lo sai che a me puoi dire
tutto… perché fai quella faccia?
L’arancione sorrideva perplesso all’indirizzo di
Manabe, che tremava ed era nel panico.
Il lilla si guardò intorno… i mobili
tradizionali, la televisione, il tavolo dove lui e Minaho facevano
colazione… nulla gli dava sicurezza. Doveva
parlare… non poteva nascondere la verità al suo
migliore amico.
-M…Min… ho una brutta notizia.
L’arancione spalancò gli occhi. -Oddio
Man… Mi fai preoccupare!
Il lilla strinse i denti. -Basta! Adesso… adesso lo dico.
Ecco… Min… capisco se poi non vorrai
più guardarmi o parlarmi. Vedi… a… a
me… ecco… piacciono i ragazzi e…
-E? Man non farmi stare sulle spine! Quando… quando arriva
la brutta notizia?
Il lilla rimase interdetto. -Ma… a dire il vero…
ecco... Era questa! Era… questa…
L’arancione sembrava perplesso. -Man…
hai… hai detto che mi dovevi dare una brutta notizia! Ok, ti
piacciono i ragazzi e… non farmi preoccupare! Che
cosa ti è successo?
Ok. Manabe era letteralmente fuori fase.
Iniziò a tremare e scuotere la testa, confuso.
-La… la brutta notizia. .. era… era quella.
Tu… tu adesso penserai che… che sono tuo amico
solo per… per interesse e che… che…
-Alcune lacrime scivolavano lungo le guance del lilla.
L’arancione si riscosse e lo abbracció.
-Man… ma… ma perché dovrebbe essere
una brutta notizia? Cosa cambia? Non sei forse lo stesso Manabe di
cinque minuti fa? Perché… perché
dovrei pensare male di te? Proprio non capisco…
Il lilla tirò su col naso. -Esiste… esiste una
cosa che si chiama pregiudizio… sai…
L’arancione sorrise dolcemente. -Pregiudizio? Da parte mia?
Se i detective avessero pregiudizi come farebbero a seguire
un’indagine? E soprattutto… come potrei
avere pregiudizi quando sono nella tua stessa situazione?
Sbam.
Ecco, adesso Manabe era completamente nel pallone. Doveva avere
certamente capito male…
-Min… ma… ma tu sei così
bello… come… cosa dici…
alle… alle ragazze piaci…
L’arancione scoppiò a ridere. -Beh…
anche se fosse vero… e credimi, mi piacerebbe
taaaanto essere bello come dici tu, il problema è che loro
non piacciono a me!
Manabe spalancò tanto gli occhi da sembrare una trota.
-E… e perché non… non me lo hai
mai… detto…
Minaho sospirò e si portò la mano dietro la nuca.
-Per… per lo stesso motivo per cui tu me lo hai detto solo
ora. Non sono così forte come sembra, sai? Tu lo sei molto
più di me…
Il lilla sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
-Min…
Si abbracciarono stretti… più uniti di prima.
|
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Capitolo 22 *** La prima pagina! ***
Un briciolo di preoccupazione
è più pesante di tonnellate di
felicità.
Gli uccellini contavano fuori dalla finestra, salutando una nuova
giornata. Il sole filtrava attraverso le tapparelle e disegnava
arabeschi leggeri sui mobili. Manabe si svegliò lentamente,
cullandosi nella penombra.
La sera prima aveva pianto. Era vero… con Minaho era tutto a
posto, però lui non riusciva proprio ad essere tranquillo.
Prima il bacio con Matatagi, poi la confessione con
l'arancione… pensandoci bene, non gli aveva detto nulla del
moro. Sospirò. Minaho doveva essersi accorto della sua
angoscia… prima di andare a letto gli aveva proposto di
andare in camera sua, ma il lilla aveva rifiutato, non riuscendo ancora
del tutto a liberarsi dalla vergogna. Aveva paura di cosa potesse
pensare Minaho, anche se lo aveva rassicurato.
Sbadigliò e si grattò la nuca. Si sentiva meno
confuso dopo un bel sonno… ora voleva mangiare qualcosa.
Aveva bisogno di vedere Minaho… e il suo sorriso.
Si stirò e allargò le braccia… finendo
per toccare qualcosa di morbido alla sua sinistra. Si girò
di colpo e… trovò Minaho steso sul suo letto, con
le mani incrociate dietro la testa e un bel sorriso furbetto in viso.
Fece un salto di due metri e ruzzolò tra i cuscini, con un
urletto alquanto buffo.
-M…Min!! Che… che ci fai tu qui? Mi hai fatto
prendere un colpo!! -Il lilla ansimava tenendosi la mano sul petto.
L’arancione sorrise. Si tiró a sedere a gambe
incrociate e alzò l’indice con fare solenne.
-Alla luce delle mie indagini, e dopo attente deduzioni, posso
affermare che…
-Ti avevo detto che avrei voluto rimanere da solo! -Il lilla
alzò leggermente la voce senza volerlo, mentre
l’arancione arrossiva leggermente.
-M…Man… scusa… è
che…che… ti ho sentito agitarti nel sonno e
volevo… volevo assicurarmi che stessi bene. Lo so cosa
pensi… a me non importa nulla del fatto che ti piacciano i
ragazzi! Perché dovresti vergognartene? Te l’ho
detto… anche a me, no? Abbiamo dormito insieme un sacco di
notti, eppure sono ancora vergine… che mi dici?
Perché non dovrei fidarmi del mio migliore amico, la persona
a cui affiderei la mia vita e… e che me l’ha
già salvata una volta?
Il lilla sospirò. -Mi… mi spiace Min. Scusa per
come ho reagito. È che… non… non
è facile, lo sai. Ora però va meglio…
tranquillo. Senti… preparo qualcosa di buono?
Minaho sorrise facendogli l’occhiolino. -E perché
no?
-Bene… volo! Min… già che ci
sei… sei tutto spettinato! Sistema quel porcospino che hai
in testa… oppure lo farò io! Mi piace
pettinarti… sei come un bambolotto! Un peluche morbidoso!
Manabe scoppiò a ridere e gli diede il cinque, quindi
aprì l’armadio. -Prendi Min… vestiti.
Vado a preparare la pappa! -Minaho lo fissò sorridendo
mentre lanciava sul letto pantaloni, calzini, magliette e mutande. Il
suo amico sarebbe rimasto sempre lo stesso… qualunque cosa
fosse successa.
-Ehi Man… ho pensato una cosa che ti farà saltare
sulla sedia!
Un ragazzo arancione particolarmente affamato aveva assalito il suo
panino, quindi era stato colto da un pensiero affascinante…
e ora voleva comunicarlo al suo migliore amico.
-Mh… ho un brutto presentimento! Dimmi
Min… dimmi tutto.
L’arancione sorrise sornione. -Che giorno è oggi?
-Il… quindici? -Manabe lo fissò perplesso.
-Eeeesatto… e cosa esce il quindici di ogni mese?
Manabe inizialmente non capì, quindi ebbe
un’illuminazione. Sbiancó.
-O… oddio… oggi esce la rivista che ha accettato
di pubblicare la mia ricerca!
-E bravo Man! E sai cosa significa? Che appena usciamo da scuola ci
fiondiamo in edicola a fare giustizia sommaria! -L’arancione
si portò la mano al mento. -Non ti sembra una bella idea?
-C… certo! -Manabe doveva ancora riprendere colore.
-e… speriamo bene…
Minaho si alzò in piedi e mise le mani sulle spalle
dell’amico. -Ehi… qualcosa non va? Stamattina sei
strano… guarda che lo vedo. Lo sai che puoi parlamene, se
vuoi…
Il lilla sospirò e strinse i pugni. -Lo… lo sai
che non sarà più come prima, forse…
che… che potrebbe essere cambiato tutto, tra noi….
Minaho scosse la testa. -Non è cambiato proprio nulla!
Preferivi continuare a vivere nelle bugie? A parte che non sarebbe
cambiato nulla comunque… però non sei
più leggero ora? Io… io lo sono molto, sai?
A… a zia non piacevano quelli come…
ecco… come noi. Non mi… non mi sembra vero di
poter vivere con qualcuno che mi capisce e mi accetta per quello che
sono.
Manabe sorrise debolmente. Aveva intuito il gioco
dell’arancione…stava portando il centro del
discorso su di sé per non farlo sentire responsabile. Solo
Minaho poteva essere così dolce da avere queste
premure… gli venne voglia di abbracciarlo.
-Forse hai ragione… anzi, hai proprio ragione.
Però…
-Però? -Il ragazzo sorrise.
-Però penso che ora ti abbraccerò, e tu non
potrai fare nulla per evitarlo se non vuoi che ti faccia il solletico!
Minaho fece una faccia buffissima, quindi aprì le braccia e
si mise in guardia.
-Fatto sotto!
Quella mattina la scuola puzzava particolarmente di detersivo per
pavimenti scadente. Era periodo di grandi pulizie… e
sembrava di stare in uno stabilimento per la raffinatura del petrolio
greggio.
-Man… non trovi che sia splendido quanto si possa pulire un
posto fino alle ossa, lasciando comunque che ci stia dentro gente
sudicia fino al midollo?
Manabe ridacchió. -Certo che quando vuoi sai essere
piccante! Comunque condivido… più mi guardo
intorno, più vedo da queste parti sempre la stessa gentaglia
da quattro soldi. Chi non è vagabondo e ipocrita
è acido come il fiele… che bel panorama!
L’arancione sospirò. -Beh… perlomeno io
ho te e tu hai me, no?
Il lilla gli diede un buffetto sulla guancia. -Mi sa che hai proprio
ragione.
Le lezioni avevano riservato ben poche sorprese. I rendimenti del lilla
e di Minaho erano così alti che nessuno avrebbe osato
infastidirli senza una valida ragione, e i cari compagni si tenevano
ben distanti da loro e dalle loro vite. Il loro compito era
semplicemente quello di fare una dignitosa presenza.
Il momento più epico fu l’ora di matematica, dove
un piccoletto moro del terzo banco, un elemento pressoché
invisibile nell’ecosistema della classe, fu praticamente
crocifisso alla lavagna. Alla fine la situazione era così
triste e patetica che Manabe aveva provato spudoratamente a suggerire,
con scarsi risultati ma guadagnando un raro sorriso.
Alla fine non rimaneva altro da fare che correre agli allenamenti.
Minaho e Manabe non avevano assolutamente voglia di tornarsene a casa
senza prima essersi ben scaricati!
Arrivati al campo furono accolti da un clima strano. I compagni erano
raccolti in gruppetti, cupi e confusi, a parlottare.
-Ehm… ragazzi… che… che succede?
-Minaho si fece avanti. Era già in allerta, e il suo spirito
protettivo gli aveva fatto tirare fuori gli artigli. Manabe non
meritava altre brutte sorprese.
Shindou si distaccò dal gruppo e sospirò.
-Ragazzi… è successa una cosa stranissima. Il
mister Endou non è ancora arrivato! Lo conoscete…
non era mai successo, e nemmeno in segreteria hanno saputo dirci
nulla… iniziamo ad essere preoccupati.
L’arancione si portò la mano al mento.
-Endou… dove diavolo può essersi cacciato? In
effetti è molto strano… giurerei di averlo visto
in macchina, nel parcheggio, a ricreazione… a scuola fino a
poco fa c’era. Perché dovrebbe essere sparito?
Shindou scosse la testa. -Non ne abbiamo proprio idea… non
ci resta che aspettare.
Mezz’ora, e di Endou nessuna traccia.
-Non so… forse dovremmo cambiarci ed iniziare ad allenarci
da soli… -Kirino era perplesso.
-E se non dovesse arrivare? -Shindou era preoccupato già da
molto tempo. – Potremmo doverlo andare a cercare…
Manabe sospirò. -Min…
L’arancione mise il braccio intorno alle spalle
dell’amico e lo attrasse a sé. -Man…
dimmi cosa non va… sei così triste…
-Ho… ho un brutto presentimento. Non so
perché… non lo so proprio. Fa… fa male.
Era vero. Il lilla sentiva qualcosa pesargli sul petto. Qualcosa di
molto brutto si stava avvicinando… ne era certo.
Endou arrivò con quasi un’ora di ritardo. Sembrava
sconvolto.
-Mister! Mister! Che è successo?
L’uomo sforzó un debolissimo sorriso.
-Nulla… iniziamo ad allenarci.
Erano le tre quando Minaho e Manabe uscirono dagli spogliatoi.
Non era stato affatto un allenamento normale. Era ovvio che qualcosa
non andasse nel mister, che sembrava incredibilmente triste, distratto
e confuso. Le azioni erano lente, le giocate banali… non
prometteva affatto bene se si pensava che la domenica successiva
avrebbero avuto la prima partita del campionato nazionale!
I ragazzi non avevano potuto fare altro che guardarsi e interrogarsi
con gli occhi. Ogni tentativo di sapere qualcosa di più dal
mister era stato vano.
-Ehi Man… dai… su col morale! Adesso andiamo in
edicola… non vedo l’ora di leggere il tuo nome su
quella rivista!
-L’arancione sorrise e diede un buffetto sulla spalla
dell’amico, che continuava a sospirare. -Tranquillo
Min… va tutto bene… è…
è che qualcosa non va nel mister, lo sento. Hai visto i suoi
occhi quando ci ha salutato? Giurerei che avesse pianto…
Minaho sospirò a sua volta. -Man… non possiamo
sapere… magari sono solo questioni… che ne
so… di stipendio?
Il lilla scosse la testa. -Lo conosci… a lui dei soldi non
importa nulla, e di sicuro non rischia di svegliarsi in mezzo a una
strada! No… deve esserci qualcos’altro…
Camminando di buon passo, i ragazzi erano arrivati davanti
all’edicola di quartiere. L’edificio, nulla
più di un baracchino di giornali all’incrocio fra
la via del centro studi e una via di locali, era gestito da una signora
anziana molto simpatica, sempre pronta a fornire agli studenti carta e
articoli di cancelleria a prezzi di favore.
Quando Minaho le ebbe detto il titolo della rivista sembrò
spaesata. Fece una risata leggera e iniziò a cercare in una
rastrelliera piena di giornali. -Caspita ragazzi quanto inglese! Ai
miei tempi c’erano troppe bombe da evitare per potersi
permettere di studiarlo bene… comunque… eccola
qua! Me ne arrivano solo una decina di copie al mese… non la
comprano in molti, ma spesso vengono qui i professori del centro studi
a prenderla.
Manabe sorrise. L’idea della prof di matematica che scopriva
il suo nome su quella rivista lo fece arrossire leggermente.
-Grazie mille… Buon pomeriggio!
La signora prese i soldi che le venivano allungati da Minaho e
alzò la mano. -Anche a voi ragazzi… a domani!
Passate a salutarmi…
-Senza dubbio! Stia bene!
Minaho e Manabe non stavano più nella pelle.
Corsero a casa e si fiondarono in camera del lilla, aprendo al massimo
le persiane per catturare tutta la luce possibile e tremando
leggermente.
Manabe aveva quasi paura di toccare la rivista. Se non fosse stato per
l’assegno che avevano ricevuto (e purtroppo già
speso quasi del tutto!) non avrebbe potuto credere a cosa lo
aspettava tra quei fogli luccicanti…
Minaho fece una faccia buffissima. -Ehm… Man? Anche a me
piace tanto la copertina ma… che ne dici di aprirla? -E
cosí dicendo, per rompere gli indugi, sfiló le
scarpe con un calcio e si buttò sul letto abbracciando
l’amico da dietro le spalle. Manabe arrossí di
colpo.
-Ehm… Min? Allarme ambiguità… allarme
ambiguità… biiiip… biiiip…
biiiip!
L’arancione scoppiò a ridere. -E da quando non
posso più abbracciare mio fratello?
Il lilla lo guardò intensamente. Sentì due
lacrime spuntargli… ma seppe dissimulare. -E va bene!
Apriamo questa rivista di qualità!
“Le equazioni differenziali, uno studio sulla risoluzione
grafica”.
Il titolo compariva in bella vista all’inizio della seconda
pagina dell’indice. Manabe tremava come una foglia.
-P… pagina 34…
Aprirono la rivista e la afogliiarono rapidamente nonostante i palesi
tentativi del lilla di prendere tempo. Pagina 10…
15… 20… 30…
-Eccoci… Man… ci siamo. -L’arancione
mise la mano sulla spalla dell’amico.
-Quanta ansia per una pagina… -Il lilla ridacchió
nervoso. -Ok… sono pronto!
|
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Capitolo 23 *** Appropriazione indebita ***
Nei tempi antichi, barbari e
feroci,
i ladri
s’appendevano alle croci:
ma nei presenti tempi
più leggiadri,
s’appendono le
croci in petto ai ladri.
Il titolo spiccava in caratteri azzurri, ben centrato rispetto alla
pagina.
Il testo era riassuntivo, ma limpido e chiaro, corredato di grafici,
disegni ed esempi. Manabe sorrise dolcemente… era strano
vedere lì tutto il suo lavoro.
Non avevano dimenticato nulla… i suoi appunti erano stati
interpretati con precisione certosina. Ogni dato, ogni calcolo erano
stati posizionati al punto giusto… era davvero tutto
perfetto.
Preso dal suo innocente entusiasmo, il lilla non vide
l’arancione impallidire. Solo quando sentì un
gemito sfuggirgli dalla bocca si voltò verso di lui e lo
guardò perplesso.
-Ehm… Min? Va tutto bene? Quello sguardo non mi piace
affatto…
L’arancione faticava a parlare. Aveva aperto la bocca, ma il
suono che ne usciva era strozzato e fievole. -Min? -Il lilla iniziava a
preoccuparsi. -Devo chiamare qualcuno? Ti senti poco bene?
-M…Man… -Minaho prese fiato. -Man…
quello… quello non è il tuo nome.
In fondo all’articolo il nome
dell’autore, o di chi si spacciava per tale, era
bellamente in mostra, in lettere nere come la sfacciataggine di chi lo
aveva apposto.
-Okigawa Yoshinobu… o mio Dio… e questo chi
è? -Manabe si mordeva il labbro. Perché aveva
sperato per un istante che qualcosa potesse andare bene? Ora
l’unica cosa che poteva fare era dissimulare il
più possibile il suo dolore e la sua delusione. Non voleva
che Minaho se la prendesse.
L’arancione, da parte sua, stava camminando vorticosamente
per la stanza lanciando anatemi ai quattro venti. Il lilla non lo aveva
mai sentito dire tante parolacce, e così forti. Era
rarissimo che Minaho imprecasse.
-Giuro che li ammazzo, ladri maledetti! Ladri schifosi!
Delinquenti!! Bastardi!!
-Min… ti prego… puoi… puoi calmarti?
-Calmarmi? Che diavolo stai dicendo! Ti rendi conto di cosa hanno
fatto? Ti hanno appena derubato, dannazione! E io dovrei calmarmi?
Il lilla abbassò la testa. -Scusa… mi…
mi fai p… paura…
Minaho si fermò di colpo, mordendosi il labbro. Si sedette
vicino all’amico e lo strinse forte. -Io… scusami,
ok? È che non riesco ad accettare questa cosa…
non posso!
-Lo sapevo. Sapevo che qualcosa doveva andare storto… era
destino. Beh… abbiamo… abbiamo i soldi, no?
C… cosa ci… ci Importa? -Gli occhi di Manabe si
riempirono di lacrime. Immediatamente il lilla voltò le
spalle all’amico e si asciugó furtivamente con la
manica.
-Man… ma… come puoi pensare che…
Un leggero tremore… e poi lo scoppio di pianto.
-Era… era… erano due… due anni di
lavoro, capisci? Ci… ci tenevo a… a dimostrare a
te e a papà che… che non sono un fannullone
idiota… e… e ora… ora…
Minaho sospirò, abbracciando forte l’amico.
Inizió a passargli la mano tra i capelli, sussurrandogli
dolcemente di stare tranquillo. -Man… io lo so quanto questa
cosa sia importante per te. Non devi dimostrarmi nulla… io
so cosa sei. Adesso prendo immediatamente il telefono e monto un casino
che… che se lo ricorderanno per dieci anni! Anche se non so
bene l’inglese, e anche se sono solo uno stupido
ragazzino… dio, li trascinerò in tribunale! Non
possono fare questo al mio migliore amico! Non… non
possono…
Manabe singhiozzò. -Min… sei… sei
così dolce… non… non devi preoccuparti
e non devi metterti in difficoltà per colpa mia…
L’arancione scosse la testa. -Non esiste… dobbiamo
fare qualcosa. Senti… pensi che tuo zio possa riceverci oggi?
-Io non… non so… bisognerebbe…
Non era passato nemmeno un secondo, che Minaho aveva afferrato la mano
di Manabe e lo stava trascinando verso la porta di casa.
Endou non credeva di poter piangere ancora così
tanto… non a venticinque anni.
Non aveva mai pianto così, a dire il vero… o
almeno non se lo ricordava. Da ragazzino aveva conosciuto molte forme
di dolore… preoccupazione per i compagni, nostalgia del
nonno, frustrazione… ma quella mai. Quello era qualcosa di
diverso.
-Tesoro… posso entrare? Almeno un bicchiere di latte lo devi
prendere…
Natsumi, con una voce fioca e dolorosa, si faceva forza di sorridere
dietro la porta. Da dentro solo un singhiozzo le rispose.
-Min… cosa… non…
Manabe era confuso. Il suo migliore amico lo stava trascinando per le
strade del quartiere, puntando decisamente verso il centro. A malapena
riusciva a vedere gli alberi ai lati della strada, da quanto correva
Minaho. Il lilla non aveva neppure fatto in tempo a sciacquarsi la
faccia… il fatto che avesse pianto era decisamente evidente,
e non riusciva nemmeno a smettere di singhiozzare.
-Ascoltami Man… devi fidarti di me. Tuo zio
risolverà tutto, e quei ladri bastardi ti restituiranno il
tuo lavoro, ok? Si sono messi contro la persona sbagliata! Tu sei il
mio migliore amico, e giuro che dovranno pestarmi per farmi stare zitto!
L’arancione era furioso. Gli succedeva sempre quando qualcuno
faceva piangere Manabe. Era un istinto… qualcosa di
più forte di lui. Diventava protettivo come un orso. Non
potevano farlo soffrire… non Manabe!
-Min… -Il lilla tiró su col naso.
-Ascolta… sono… sono proprio un
bambino… non devi… preoccuparti…
L’arancione si fermò, si
voltó verso l’amico e sorrise dolcemente
portandosi la mano dietro la a nuca. Manabe notò quanto
fosse bello… brillava di vita.
-Man… Esiste una cosa chiamata giustizia. So che tu la
conosci… purtroppo molti invece non sanno nemmeno dove stia
di casa. Ti hanno fatto soffrire, e sai che significa?
Significa che devono iniziare ad avere paura, perché sto
arrivando, e sono molto, molto arrabbiato.
La casa dello zio di Manabe, se possibile, sembrava ancora
più grande e luminosa alla luce di quel primo pomeriggio.
Al loro arrivo erano stati accolti da una cameriera giovane e
abbastanza timida.
-Il dottore è fuori casa… è impegnato
in una visita a domicilio. Di cosa avete bisogno? Posso aiutarvi io,
oppure devo riferire qualcosa?
L’arancione la guardò seriamente. -Lui
è il nipote del dottore. Abbiamo un problema grave. Possiamo
aspettarlo in casa?
La donna rimase per un attimo interdetta, quindi finalmente vide
Manabe. Arrossí di colpo. -Oddio… signorino, mi
perdoni, non l’avevo vista! Prego… entrate. Il
dottore dovrebbe tornare entro una mezz’oretta.
Minaho e Manabe erano seduti sul divano del salotto.
Il lilla era ancora sconvolto. Non poteva credere di avere fatto
irruzione in casa dello zio in quel modo… si vergognava
tantissimo, eppure non riusciva a parlare e nemmeno a smettere di
singhiozzare. Aveva gli occhi rossi, e la dignità sotto i
piedi.
L’arancione, da parte sua, era ancora furioso.
-Man… guardami. Adesso sistemiamo tutto, ok?
Vedrai… siamo nel posto giusto.
Manabe annuì tremando. Forse il suo amico aveva
ragione… sarebbe andato tutto a posto. Sapeva solo di essere
così stanco…
-I signorini desiderano del caffè? Un biscotto?
La cameriera era entrata in salotto con un vassoio. Era stata assunta
da poco e viveva nel terrore di sbagliare… sapeva quanto il
suo datore di lavoro adorasse il nipote, e vederlo in lacrime non
prometteva affatto bene.
-Grazie… sei molto gentile. Stai tranquilla, qui va tutto
bene…
Minaho sorrise alla ragazza, che arrossì uscendo dalla
stanza. Di sicuro il dottore doveva essere in arrivo…
l’arancione sperò che facesse il più in
fretta possibile.
Finalmente si sentì aprire la porta di casa.
Dal salotto i ragazzi sentirono la cameriera spiegare in poche parole
al medico cosa fosse successo, e L’uomo stupirsi molto. La
ringraziò con voce gentile.
Poco dopo, il giovane faceva il suo ingresso nel salotto.
-Ehilà ragazzi! Qualcuno buon vento? Ma… Manabe,
hai pianto? È successo qualcosa che dovrei sapere?
Il giovane si sedette al fianco del nipote e gli passò il un
braccio sulle spalle. Manabe singhiozzò e gli si strinse al
petto.
Minaho sospirò… notava quanto fossero simili il
suo migliore amico e il medico. Stessi capelli… stesso
sguardo. Uno di fianco all’altro parevano quasi avere la
stessa età.
-Signore… -l’arancione esordì.
-Signore? -Il medico sorrise. -Non sono così anziano! Dammi
pure del tu… e dimmi cosa vi è successo.
Minaho arrossí. -Ehm… ok…
ecco… il… il problema è serio.
Ricorda… ehm… ricordi le riviste di cui ci avevi
dato il recapito?
Il giovane annuì. -Certamente! Mi avevate detto che una
aveva accettato di pubblicare il lavoro di Man… la
più importante, se non erro!
Minaho strinse i denti. -Esatto. Ecco… il… il
problema…
-Dimmi tutto, niente paura…
L’arancione sospirò. -Il problema è che
hanno rubato due anni di lavoro del mio migliore amico.
Il dottor Manabe Terauchi era un luminare famoso, nonostante la giovane
età, ed una persona estremamente calma e controllata.
Ecco perché il terrore delle domestiche era più
che giustificato, dal momento che ora marciava per la casa imprecando
ai quattro venti e gettando all’aria schedari e libri della
sua biblioteca.
-Ma dove diavolo ho messo il numero di quei maledetti ladri!
Mentre il giovane tirava libri a Manabe fuori dagli scaffali, lasciando
che cadessero ora aperti ora chiusi sul morbido tappeto, Minaho e
Manabe lo guardavano allibiti. Tutto potevano aspettarsi tranne quella
reazione! Era letteralmente esploso alla fine del loro
racconto… esploso in maniera così palese da
spaventare il lilla, che si era nascosto dietro al suo migliore amico.
L’arancione teneva per mano Manabe e cercava di infondergli
sicurezza con la stretta, ma tremava a sua volta come una foglia.
Sperava davvero che il dottore potesse fare qualcosa per
loro…
-Eccolo!!! Finalmente ti ho trovato, maledetto! -Il giovane strinse un
pugno in segno di vittoria brandendo un tesserino. Si
sistemó gli occhiali con un gesto che Minaho conosceva
bene… era identico a quello di Manabe che lui trovava sempre
dolcissimo… lo usava per darsi un tono. -Adesso vediamo un
po’ chi ride ultimo… preparatevi per fuoco e
fiamme! A me un telefono!
Il giovane si precipitó di nuovo in salotto seguito a ruota
dai due ragazzi confusi. Prese il cellulare appoggiato sul tavolino e
fece per digitare furiosamente un numero, quando il suo sguardo cadde
su Minaho e Manabe. Il lilla era letteralmente terrorizzato e
singhiozzava, mentre L’arancione gli faceva scudo davanti,
tremando a sua volta leggermente. Sospirò.
-Ok… scusa nipotino, mi sono lasciato prendere la mano.
Capisci però che è grave quello che è
successo, vero? -Il dottore tese la mano verso il nipote. -Dobbiamo
fare qualcosa, e subito. È una vergogna che mio fratello si
disinteressi di te a tal punto… solo il tuo amico ti
difende, vero? Tienitelo stretto… è speciale.
Minaho arrossí. -C… cosa?
Il medico sorrise. -Già… proprio quello che ho
detto. Comunque… Myzaki! Vieni subito, per favore!
Immediatamente la cameriera più giovane, quella che li aveva
accolti alla porta poco prima, entrò nel salotto trafelata.
-Mi… mi dica signore!
-Signore? -Il giovane rise. -Ma se abbiamo la stessa età!
Minaho… l’hai contagiata tu? -Scoppiò a
ridere allegramente. -Myzaki… lo so che sei appena stata
assunta e ti sentirai a disagio però… come
potranno dirti le altre domestiche, non dovete chiamarmi
signore… potete anche darmi del tu. Siete collaboratrici,
non serve.
La ragazza arrossí di colpo. -D…
davvero… grazie! Grazie sign… ops !
Tutti risero… anche Manabe smise di singhiozzare per un
istante.
-Bene… -Il giovane riprese a parlare. -Chiarita questa
cosa… se puoi accompagnare il mio nipotino e il suo migliore
amico in cucina… ho sentito il profumo di una torta!
Offrirgli anche qualcosa da bere… ci sono delle bibite
fresche in frigo, se non erro. Io devo fare una telefonata noiosa
e… feroce? Comunque sia è meglio che stiano con
te, se non ti spiace. Man è già abbastanza
sconvolto così, e non sopporto di vederlo stare male.
La ragazza sorrise e annuì. -Certo… ci penso io.
Minaho e Manabe erano in cucina, intenti a mangiare una fetta di torta
alle fragole. La domestica era rimasta in piedi, rigida come un fuso,
incerta sul da farsi.
-Ehm… Myzaki, vero? Perché…
perché non ti siedi con noi e mangi un po’ di
torta? -Manabe si era ripreso e sorrideva dolcemente.
La ragazza arrossí. -Ma… signorino…
io…
-Eddai… vieni! -Minaho intervenne a sostegno
dell’amico.
La domestica sorrise e si sedette un po’ vergognosa,
prendendo una fettina di torta.
-Beh… Myzaki, che mi dici di mio zio? Sai… sono
molto legato a lui. -Il lilla cercava di fare conversazione.
-Signorino… il dottore… è fantastico!
Lavoro qui da nemmeno un mese, e mi ha già alzato lo
stipendio due volte! E poi sembra sempre così
allegro… non si stanca mai. Se vi ha promesso che
risolverà tutto, credete a me… lo farà.
Minaho e Manabe, accompagnati dalla domestica, fecero il loro
ingresso nel salotto. Pochi minuti prima il dottore li aveva chiamati,
visibilmente provato.
Appena li vide entrare sorrise debolmente. -Ragazzi… ho
notizie.
Manabe sussultó. Minaho lo prese per mano e lo fece sedere
sul divano al suo fianco. -Ci dica tutto…
-Allora… ascoltate mi bene…
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Capitolo 24 *** Un bimbo con gli occhioni ***
Dio ci ha dato i ricordi in modo
che potessimo avere le rose di giugno nel mese di dicembre
Il salotto era tiepido.
La luce pomeridiana scaldava i divani, filtrando attraverso le ampie
foglie delle conifere in vaso che sparavano la portafinestra dal resto
del giardino. Minaho e Manabe erano seduti uno di fianco
all’altro, agitati. Davanti a loro il dottor Manabe Terauchi,
zio del lilla, con ancora il telefono in mano.
-Ragazzi. Allora... la situazione è peggiore di quanto mi
aspettassi.
-P…peggiore? -Manabe strinse i denti. Si sentiva
così ridicolo… però non riusciva a non
soffrire. Aveva lavorato tanto per mostrare al padre di cosa fosse
capace… anche se l’uomo non voleva vederlo,
qualcosa nel lilla lo faceva sperare di poterlo fare felice.
Il dottore sospirò, passando la mano in quei capelli lilla
così simili a quelli del nipote. -Beh… non
è un discorso facile. Il… il problema
è nel contratto che vi hanno fatto firmare. Sostengono
che… che la firma non sia la tua, Man. Che… che
ci sia la firma di qualcun altro, e che siccome questa persona non ha
portato a termine le procedure contrattuali, loro non possano fare
nulla. Il professore che ti ha rubato la ricerca è un
luminare… la sua parola è oro,
nell’ambiente.
Minaho si sentì mancare. La saliva gli andò di
traverso e iniziò a tossire furiosamente, tenendosi il petto.
Manabe gli sorresse la fronte preoccupato, massaggiandogli la schiena
con il pugno chiuso. -Min… che hai? Mi… mi fai
paura…
L’arancione sospirò profondamente cercando di
calmare gli spasmi. -Io… io… ho…
Il dottore, che aveva fatto portare un bicchiere d’acqua,
glielo porse gentilmente. -Minaho, che hai? Dicci tutto.
Minaho guardò Manabe… i suoi occhi
tristi… singhiozzò mentre una lacrima gli rigava
il volto.
-Man… ricordi? La… la maledetta firma era la mia.
Era calato un silenzio strano, imbarazzato.
Ovviamente Manabe ricordava.. Minaho era andato all’incontro
con i responsabili della rivista al posto suo.
Però… però ricordava anche di avergli
firmato una delega! La sua firma doveva valere come quella del lilla.
-Min, non ti devi preoccupare. Mica è colpa tua…
L’arancione si passò il dorso della mano destra
sulle guance per asciugare le lacrime e tiró su col naso.
-Non… non è vero! Dovevo… dovevo
leggere meglio le… le carte che avevo… avevo tra
le mani! Mi… mi hanno fregato mentre… mentre io
come un cretino pensavo solo… solo a farti felice!
-Ma no… -Il lilla sospirò sorridendo. -Cosa
c’entri tu con quei ladri? Sei stato così gentile
ad andare al posto mio… non potevamo sapere…
-D…dovevamo, invece! Io… io dovevo leggere prima
di… di firmare… e dire che… che mi do
tante arie! Minaho l’acuto! Minaho il genio…
Minaho l’idiota, ecco cosa sono! Minaho l’incapace!
-L’arancione ebbe un’altra crisi di pianto.
Manabe strinse i denti. Non sopportava di vederlo
così… guardò lo zio preoccupato.
-Zio… non… non possiamo fare nulla?
L’uomo sospirò. -Non lo so, devo essere onesto con
voi. Ascoltate… avete una copia dei documenti?
Manabe annuì con forza. -Certo! Ho anche i miei appunti
scritti a mano… mi… mi piace più che
lavorare al computer.
Gli occhi del giovane brillarono. -Splendido! Questa è una
buona notizia… presto, andiamo a casa vostra a vedere!
Minaho… mi serve il tuo aiuto. Abbiamo delle indagini da
fare, e solo tu puoi risolvere questo pasticcio!
Gli occhi dell’arancione si accesero di una scintilla nuova.
Singhiozzò mentre pian piano le lacrime si fermavano.
-D… davvero posso aiutarvi? Posso… posso farmi
perdonare da Man?
Manabe fece per bloccarlo. -Min… ma che dici… tu
non hai…
Uno sguardo del dottore e il lilla capí. Voleva che
l’arancione si sentisse utile per superare il senso di colpa.
Ebbe una stretta al cuore… commozione.
-Myzaki, esco e non tornerò prima di un paio
d’ore! Se mi dovessero cercare, lascialo detto.
-Ma… dottore… le visite… -La cameriera
era perplessa. Il giovane sorrise.
-Le visite potranno aspettare. Mio nipote viene prima di tutto.
Così dicendo si buttò sulle spalle un elegante
giacca di velluto e afferrò la sua valigetta, quindi spinse
delicatamente i ragazzi fuori dalla porta.
Appena usciti, invece di dirigersi verso il cancello come Minaho e
Manabe si sarebbero aspettati, il medico li guidò deciso sul
retro della casa, verso una sorta di dependance in legno. Lì
vennero accolti da un uomo sulla sessantina, in divisa.
-Goto, per favore, portaci al fiume. Mio nipote vive a pochi isolati di
distanza dal ponte del quartiere scolastico.
L’uomo si inchinò leggermente. -Certo. Prego
signorini, accomodatevi. -E cosí dicendo entrò
nella struttura che si rivelò essere un garage…
contente una clamorosa Rolls Royce nera d’epoca.
Minaho e Manabe erano letteralmente allibiti. Non avevano mai visto
un’automobile del genere… e ora gli si chiedeva di
salirci?
-Man… ma quanti soldi ha tuo zio? -Minaho
spalancò gli occhi. Il lilla arrossí, portandosi
la mano dietro la nuca.
Meno di dieci minuti dopo, il trio era in macchina, seduto su comodi
sedili di pelle. Era Incredibile quanto spazio ci fosse in una macchina
simile.
-Signorino, posso parcheggiare davanti al suo cancello oppure
è divieto di sosta? -La voce dell'autista, che doveva essere
alle dipendenze dello zio di Manabe già da qualche anno a
giudicare dalla sua esperienza e bonarietà,
risuonò nella radio interna.
-Ehm… certo… ma… non… non
mi chiami signorino! Mi… mi vergogno… -Il lilla
arrossí provocando un bonario scoppio di risa nel giovane
dottore.
-Man… pensavo che ti piacesse questa forma di rispetto! Te
la meriteresti pure, a dirla tutta… sei un ragazzo speciale.
Il lilla si portò la mano dietro la nuca arrossendo ancora
di più. -Ma… Ma cosa dici…
io… io non… ecco… non mi piace che la
gente si umili quando parla con me. Non sono meglio di nessuno, io.
Il giovane sospirò sorridendo. -Nipotino… mi
assomigli, sai? Anche io la penso come te. Da questo punto di vista
assomigli più a me che a tuo padre, purtroppo…
Manabe strinse i denti. -Lo… lo so. Forse… forse
sarebbe stato meglio se fossi stato figlio tuo.
Il medico scoppiò a ridere. -Ma che dici! Quando sei nato io
avevo undici anni! Ehi Minaho... Tu non immagini quanto Manabe fosse
carino da piccolo! Ricordo che quando mio fratello lo ha portato a casa
dell’ospedale e me l’ha messo in braccio la prima
cosa che ha fatto è stata iniziare a succhiarmi un dito! Era
così dolce… e poi ero così felice che
avesse i miei stessi capelli! Mi piaceva fingere che fosse il mio
fratellino… e poi quando è cresciuto quanto
abbiamo giocato insieme!
Minaho sorrise. -Man…
Il lilla sospirava nostalgico. -Che bei ricordi… aspettavo
con così tanta ansia che arrivasse il sabato e tu venissi a
passare il weekend a casa! Sapevo che avevi
l’università, però… eri il
mio solo compagno di giochi. Vedi Min… zio mi costruiva
tante cose… giocavamo a nascondino, cantavamo, facevamo le
costruzioni…
Il giovane medico sospirò a sua volta.
-Già… stavamo così bene
insieme… Minaho, vedi, Manabe era un bambino prodigio. Solo
che mentre io vedevo in lui un grande potenziale che necessitava solo
di amore per esplodere, mio fratello… mio fratello
preferiva altri mezzi. Lo facevano studiare così
tanto… era sempre sui libri, e che libri! A sette anni
affrontava testi universitari con la stessa facilità con cui
io leggevo il giornale. Era straordinario… ma anche tanto
triste. Ehi Man… ricordi quella volta che ci siamo sporcati
tutti di pittura? Ci eravamo messi in testa di disegnare un affresco in
garage! Ho avuto le mani azzurre per tre giorni!
Il lilla scoppiò a ridere. -È vero! A
papà venne un colpo e ti accusò di avermi fatto
perdere tempo utile per lo studio con “ridicoli passatempi
infantili”!
Il medico sorrise sornione. -E ti ricordi cosa risposi a mio fratello?
Manabe rise ancora più forte, coinvolgendo anche Minaho.
-Tu, a diciotto anni appena compiuti, lo annientasti dicendo che lo
psicologo eri tu, e che avrebbe fatto meglio a leggersi i trattati di
pedagogia della Montessori, perché non sapeva farmi felice!
Scoppiarono a ridere tutti e tre, proprio mentre la macchina svoltava
nel viale alberato di Manabe.
Mentre il trio si accomodarsi in casa, e appena Manabe ebbe portato un
piattino di biscotti in salotto, Minaho si sedette vicino
all’amico.
-Man… mi raccontate qualcos’altro di voi?
È così dolce… ci sono tante cose che
ancora non so di te, credo.
Il lilla arrossí e sorrise. -Beh… cosa
potrei…
-Io un aneddoto divertente ce l’avrei! -Il medico interruppe
il nipote sorridendo. Minaho pensò che oltre ai capelli e
alla fisionomia avessero anche lo stesso sorriso. Era vero…
sembravano fratelli. -Ricordi di quando ti ho rapito per portarti in
spiaggia?
Manabe scoppiò a ridere. -Avevamo detto a papà
che avremmo passato un lungo pomeriggio di studi in biblioteca! Quanto
avevo… otto anni?
-Già… io ne avevo diciannove, ed ero
già al terzo anno di università. Non avremmo dato
nessun sospetto! Min… pensa. Uscimmo di casa come ladri,
prendiamo la macchina che i nonni di Manabe ci avevano messo a
disposizione e via! Tempo mezz’ora e siamo in riva al mare!
Sole, un bel gelato e tante belle ragazze che mi fanno i complimenti
per il mio bellissimo fratellino!
-Certo… -Manabe sorrise sornione sistemandosi gli occhiali.
-Peccato che tu fossi molto più impegnato a fare le voci
buffe con me, piuttosto che a comportarti da adolescente e fare la
corte a loro!
Il giovane rise. -Beh… avevo paura di perderti di vista!
Dovevo pure stare attento…
-Certo! -Manabe rise ancora più forte. -Così
attento che a forza di guardare me invece che dove mettevi i piedi,
calpestasti in pieno una medusa e dovesti passare il resto del
pomeriggio con una borsa di ghiaccio sotto il piede, guaendo come un
cucciolo ferito!
-Mpf… particolari… -Il ragazzo
borbottò.
Mentre la conversazione andava avanti, Minaho non poteva non notare
quanto fossero in sintonia Manabe e suo zio. Sembravano due vecchi
amici. Sorrise. Era contento di sapere che nell’infanzia di
Manabe c’era stato almeno un raggio di luce.
-… davvero… e poi dovevi vedere quanto era carino
Manabe da piccolo! Era un bimbo buonissimo… non piangeva
mai. Quando lo prendevi in braccio ti sorrideva con quegli occhioni
dolcissimi… mi metteva le braccia intorno al collo ed era
capace di starmi in braccio per ore, a ronfare.
Manabe arrossí come un peperone. -Ma… Ma devi
proprio dipingermi come un koala in fase digestiva? E poi
guarda che quello strano eri tu… a dodici anni invece di
andare a giocare a calcio con i tuoi amici passavi i pomeriggi interi a
cullarmi.
Il giovane sorrise. -Ti volevo bene… tanto. Quando nonno e
nonna sono morti, le liti con mio fratello si sono fatte sempre
più aspre. Lo sai quanto poco parliamo, anche oggi. Tu
invece eri diverso… per un po’ sei stato il mio
fratellino, poi, crescendo, mentre io diventavo adolescente e poi
adulto e tu un ragazzo, sei diventato il figlio che non ho mai avuto.
Ho ventisette anni Man… e vivo da solo. Solo in quella casa
enorme, con i miei ricordi come un vecchio. Ma…
parliamo di cose più allegre! Tu Minaho? Che mi racconti? I
tuoi genitori sono simpatici?
Manabe strinse i denti. Sperava che quella domanda non
arrivasse… si era dimenticato di dire allo zio come stavano
le cose, e ora non aveva potuto fare nulla per impedire il pasticcio.
Minaho abbassò gli occhi e si oscurò. -I miei
genitori sono morti… un… un po’ di anni
fa. Papà sul lavoro… era… era un
detective della polizia. Mamma si è tolta la vita poco dopo.
Il medico sbiancò. Lui, così geniale,
così sicuro, non sapeva proprio perché aveva
fatto un disastro simile.
-Oh… Minaho… puoi… puoi perdonarmi?
Non... Non ne avevo idea. Sono… sono stato davvero
indelicato.
Minaho si riscosse e sorrise debolmente. -Non… non
preoccuparti. Ci sono abituato. Adesso ho Man… ecco uno dei
tanti motivi per cui è così importante per me.
Prima ero riuscito quasi a convincermi di meritare solo la
solitudine… ora invece non so come farei senza di lui.
È come mio fratello.
Il dottore sorrise e gli fece l’occhiolino. -Vedo che ci
capiamo!
Seduti comodamente in salotto, Minaho, Manabe e lo zio del lilla
avevano passato e ripassato le carte per quasi mezz’ora. Gli
appunti di Manabe erano nelle mani della rivista, ma loro avevano
ancora le fotocopie. Inoltre c’era il contratto firmato da
Minaho, anche se purtroppo a causa degli inghippi burocratici di cui
avevano parlato a casa del medico, poteva aiutarli poco… con
un gioco di carte bollate, il nome di Manabe era praticamente sparito.
-Bene… per fortuna i tuoi appunti sono firmati, Man.
È già qualcosa… forse abbiamo una
possibilità.
Minaho spalancò gli occhi. -D… davvero? Man
potrà riavere i diritti sul suo lavoro?
Il medico sospirò. -Non sarà facile…
ma ci proveremo, lo giuro. Dovete sapere che esiste una legge che dice
che quando qualcosa viene pubblicato, le bozze di pubblicazione devono
rimanere in archivio per almeno novanta giorni. Per motivi di
trasparenza, sapete… questo significa che gli appunti
originali di Manabe dovrebbero essere ancora integri. Se riusciamo a
prenderli… possiamo trascinarli in tribunale.
Ora… il problema è il come. Se glieli chiediamo
così, sospetteranno e cercheranno o di temporeggiare oltre i
novanta giorni, o di cancellare le firme… se non
l’hanno già fatto.
-Ma… Ma allora… -Il lilla abbassò gli
occhi mordendosi leggermente il labbro.
-Tranquilli… troverò il sistema. Lo giuro.
Lasciate fare a me…
-Zio… ti va di fermarti a cena da noi? Non abbiamo tanto,
però è oramai sera e ancora non abbiamo finito di
ordinare tutti i documenti… -Manabe sorrise.
-Man… non so se… forse dovrei iniziare a lavorare
ad alcuni articoli che devo pubblicare…
-Eddai… la prego. .. ehm… ti prego! Qualcosa da
mangiare lo troviamo, giuro! E poi vorrei sentire altre storie su
Manabe da piccolo! -Minaho si portò la mano dietro la nuca,
arrossendo. Il medico scosse la testa sorridendo. Va bene…
va bene! Adesso però devo fare un paio di
telefonate… innanzitutto a casa, per avvertire la cuoca di
non preparare nulla. Sarà contenta di avere un giorno di
riposo… è anziana ormai. Ricordi Man?
È la stessa signora che lavorava per i nonni quando eravamo
piccoli! Ti metteva sempre da parte qualche biscotto…
Manabe scoppiò a ridere. -Certo che la ricordo!
Avrà più di ottant’anni!
-Ottantatre… ma fa dei dolci fuori dal comune!! -Il giovane
rise di gusto,, coinvolgendo anche Minaho e Manabe.
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Capitolo 25 *** Spaghetti e bicicletta! ***
Ricordare il passato è
una questione di memoria. Certe volte anche di coraggio.
In dispensa Minaho e Manabe avevano la bellezza di mezzo pollo arrosto
avanzato dalla cena del giorno prima, tre pagnotte, quattro patate e
due buste di riso. La giornata non era stata facile, e il lilla non
aveva avuto modo di andare a fare la spesa.
-Beh… -L’arancione, con indosso il suo grembiule
da cuoco, era vistosamente arrossito. -Spero che non ti
scandalizzerai… di solito non siamo così
disperati! Non vorrei che pensassi che affamo tuo nipote!
Il dottore rise. -Non ne dubito! Comunque
tranquilli… ci ho pensato io. Avete presente le mie
telefonate di prima? Beh, il mio ristorante italiano preferito si
stupirà di aver ricevuto ordinazioni per tre e non per uno!
Manabe esplose di rossore. -Zio! Ma… ma non era necessario!
Non… non so che dire… -Anche Minaho era
costernato.
-Ma va… già che ci siamo, teniamoci allegri, no?
Siamo tre ragazzi in fondo… o quasi! Piuttosto…
Minaho, non ho dimenticato che volevi altre storie su Manabe.
Tranquillo… ne ho un sacco da parte!
-Ehm… non è che… che mi metti sotto
una luce strana, vero? -Il lilla si portò la mano dietro la
nuca, imbarazzato.
-Ma no… tranquillo! Del resto non eri un bambino…
eri un bambolotto! Con quelle braccine tenere che…
-Zio!!
Il medico ridacchió. -Oook… cercherò
di soprassedere sulle parti più scabrose!
Il cibo arrivò dopo nemmeno mezz’ora, mentre i tre
ragazzi stavano rimettendo a posto gli ultimi appunti del lilla.
-Vado io! -Minaho scattò come una molla appena
sentì suonare il campanello, e pochi istanti dopo
rientrò in casa con una tale pila di confezioni di cibo che
a malapena si riuscivano a vedere i suoi ciuffi arancioni!
Manabe aveva provveduto ad apparecchiare la tavola, e in quattro e
quattr’otto erano seduti. Di fronte a loro una
quantità spropositata di maccheroni, spaghetti, polpette,
formaggi e salumi. Sembrava un film anni cinquanta.
-Che ne dite… ci diamo dentro? Non ringrazierò
mai abbastanza il cielo di avermi fatto psichiatra e non dietologo! -Il
medico scoppiò a ridere dolcemente.
-E perché no? Buon appetito! -Il lilla sorrideva un
po’ imbarazzato, sotto lo sguardo amichevole di Minaho.
La cena fu meravigliosa e, per la fame, fu consumata in pochi minuti.
-Bene… Minaho voleva sentire qualche storia, se non erro!
-Il medico scosse i capelli dello stesso colore di quelli di Manabe e
si sistemò il colletto della camicia. -Man… che
ne dici di quella volta che ti ho insegnato ad andare in bicicletta?
Il lilla arrossì. -Mh… avevo sette anni, vero?
Ricordo che tu avevi appena compiuto i diciotto…
-Esattamente. Era un bel pomeriggio di primavera e faceva molto
caldo… mio fratello ti aveva bloccato in casa a fare fisica,
quando sono tornato dall’università per il weekend
e ti ho trovato in quelle condizioni… avevi gli occhi
così tristi! Lo so che hai sempre adorato lo studio,
però non era quello il modo… se ci
ripenso… mamma mia quanto vorrei dirne quattro a tuo padre!
Comunque… ricordi cosa è successo?
-Beh… -Il lilla si grattò la testa sorridendo.
-Hai fatto irruzione in camera mia, se non erro!
-Adesso… irruzione! A dire il vero ho dovuto sgattaiolare
alle spalle di tuo padre che leggeva in salotto con le gambe incrociate
e il petto in fuori come una tacchina!
-E poi… e poi ce la siamo data a gambe dalla
finestra…
Minaho sgranò gli occhi sconvolto e sorridente.
-Cosacosacosa? Il mio amico geniale Manabe Jinichirou che se fugge
dalla finestra lasciando tutto solo il suo libro di fisica?
Il lilla arrossí e mise in broncio. -Non mi prendere in giro
Min… eddai!
Il medico rise di gusto. -Beh… dicevamo…. Certo!
Siamo sgattaiolati fuori e ci siamo infilati in garage. Li ho
provveduto a dare a Man il suo regalo di compleanno… con
qualche mese d’anticipo! Avevo ricevuto i miei
primi soldi per aver pubblicato un articolo… ero agli inizi!
È stata una sensazione bellissima…
-Certo! Soprattutto perché li hai spesi tutti per regalarmi
la bicicletta più costosa della città! -Manabe si
battè ironicamente il palmo della mano in fronte.
-Ma ne valeva la pena! -Il giovane parlò come se fosse tutto
ovvio. -Soprattutto ne ho avuto la certezza quando ho visto il tuo
sorriso… oh Man eri così felice!
Manabe sorrise dolcemente. -Non hai idea di quanto sognassi una
bicicletta… mi sentivo così… diverso
dagli altri… sempre.
-Lo so… -Il medico prese un biscotto da un vassoio
sul tavolo. -Io ti vedevo, Man. Ti sentivo piangere. Capisci adesso
perché è valsa la pena di spendere quei soldi? La
tua felicità valeva più di qualunque altra
cosa… qualunque.
-Zio… ti voglio bene.
L'aranione era in imbarazzo. Era incredibile quanti sguardi di
ammirazione il suo migliore amico riservasse allo zio! Pensò
che fosse il caso di rompere il silenzio.
-Beh… come va avanti questa storia? -Minaho
ridacchiò sgranocchiando a sua volta un biscotto. -Sono
interessato!
-Dunque… -Il medico riprese. -Dopo essere fuggiti dal
cortile con la bici, siamo andati al parco, a pochi isolati da casa.
Man, da bravo genietto, ha imparato subito! In pochi minuti
già andava avanti e indietro come un fulmine. Fino a che non
ha quasi investito un vecchietto che lo ha quasi bastonato…
Minaho scoppiò a ridere. -Davvero?
-Davvero… -Il lilla sospirò sconsolato. -E
vogliamo parlare di quando siamo tornati a casa? Papà urlava
come un matto! Ha detto che…
-…Che ero un delinquente e uno scellerato, vero? -Il medico
scosse la testa. -Sai qual è sempre stato il principale
problema di tuo padre, Man? È troppo pieno di sé.
I soldi e l’influenza non sono tutto nella vita, anzi, sono
molto poco quando perdi quello che conta veramente.
Il lilla sospirò. -Lo
so…però… ho provato ad odiarlo
così tante volte... e… e non ci sono mai
riuscito, sai? Gli voglio bene, nonostante tutto.
Il medico sorrise e mise il braccio intorno alle spalle del nipote.
-Anche lui te ne vuole, Man. Io lo so…
è mio fratello e lo conosco. Ora… Minaho, che ne
dici della storia? Piaciuta?
L’arancione annuì con vigore,
sorridendo. -Molto… anche a me piacerebbe avere qualcosa di
interessante da raccontare, ma la mia infanzia non è stata
granché eccitante dopo… dopo che mamma e
papà… ecco… ci… ci siamo
capiti.
-Io invece sono sicuro che tu sia un ragazzo pieno di cose interessanti
da raccontare. Devi solo sforzarti di credere un po’ di
più in te stesso… sei una persona buona, Minaho.
Lo vedo bene attraverso la tua anima leggera e robusta insieme.-Il
medico sorrise. -Lo vedi come sono poeta?
L’arancione scoppiò a ridere di gusto.
-Beh… ti ringrazio! Il fatto è che…
finché… finché papà e mamma
erano vivi, per i pochi ricordi che ho, ero un bimbo felice
ma… ma poi… tutto… tutto è
cambiato.
-Minaho, non soffermarti su queste cose, ok? Pensa a quelle felici,
solo a quelle felici!
Manabe fissò il giovane con curiosità. Aveva
avuto conferma a quello che sospettava da qualche minuto. Lo zio stava
usando il suo talento e la sua professionalità da psichiatra
per aiutare Minaho. Aveva iniziato ad intuirlo dalle domande che faceva
al suo amico, ma ora ne aveva la certezza. Si commosse leggermente,
sorridendo.
Anche Minaho doveva avere capito qualcosa… il lilla ne era
certo. Però stava al gioco, tranquillo, sapendo che poteva
fidarsi del suo migliore amico e di suo zio.
-Allora… qualcosa di felice… qualcosa di buffo ce
l’ho! -A Minaho brillarono gli occhi. -Sapete che anche io
quando sono nato avevo gli stessi capelli di papà? Proprio
come te, Man!
-Davvero? Da noi il lilla è una tradizione di famiglia! -Il
giovane dottore scoppiò a ridere arricciandosi un ciuffo di
capelli tra le dita.
-Già… -Minaho si morse il labbro. -Arancioni,
come quelli di papà. Solo che quelli di papà
erano corti e ordinati… non… non come i miei che
vanno dove vogliono e… e non si riesce a pettinarli mai
e… e…
L’arancione, sopraffatto dai ricordi, era andato in
agitazione. Manabe pensò che fosse il caso di intervenire.
-A me i tuoi capelli piacciono tanto, Min.
L’arancione si fermò di colpo, prendendo fiato.
-D… davvero?
Il lilla sorrise dolcemente. -Davvero. Ti danno personalità,
e ti fanno sembrare ancora più bello.
Minaho arrossí di botto, portandosi la mano dietro la nuca.
-Ti… ti ringrazio Man… è…
è una cosa carina quella che mi hai detto. G…
grazie…
Il medico, di nascosto, sorrise e fece l’occhiolino a Manabe.
-Ragazzi… bisogna che io vada a a casa. Devo assolutamente
riordinare degli appunti prima di domani, ed è ormai sera.
Vi ringrazio tanto per la cena e per l’ospitalità.
Quando vorrete essere miei ospiti, non avete che da chiedere!
Il medico si alzò in piedi sorridendo, seguito da Minaho e
Manabe.
-Grazie a te zio! Ci… ci aiuti tanto…
-Man ha ragione. Senza di lei… ehm… di te non so
cosa avrei fatto. Non sopporto il pensiero che abbiano rubato il suo
lavoro! Non si devono permettere di far soffrire il mio migliore amico!
-Minaho strinse i pugni.
-Minaho… sei davvero l’amico che tutti
desidererebbero. Vorrei aver conosciuto io una persona come te quando
avevo la vostra età. Man… tienitelo stretto.
L’arancione avvampò di rossore. -Ma… ma
cosa dici…
Scoppiarono tutti a ridere, dirigendosi verso la porta. Appena furono
sull’uscio il medico si mise la giacca e sorrise ancora.
-Ragazzi… mi raccomando siate fiduciosi. Datemi un paio di
giorni e vedrete che vi saprò dire qualcosa, ok? Risolveremo
tutto.
Manabe sospirò. -Lo… lo spero proprio…
-Ehi Man, un po’ di televisione?
-Perché no Min? Del resto non abbiamo quasi nulla di nuovo
da studiare per domani… danno qualche film interessante?
-Mah… -L’arancione prese il telecomando ed
iniziò a cambiare canali uno dopo
l’altro. -Politica… interessante, ma per
oggi direi che abbiamo avuto abbastanza preoccupazioni… film
d’amore… film comico… horror da quattro
soldi con insetti talmente finti da sembrare la prof di
chimica… dimmi tu!
-Beh… che ne dici di guardarci il film comico? Per una volta
rilassiamoci!
Il film scelto da Manabe era una simpatica commedia romantica
ambientata in America, proprio quello che ci voleva per farsi due
risate senza troppi pensieri.
-Penso proprio che quella ragazza dovrebbe stare attenta… a
giudicare da come lui ha costruito l’alibi, è
ovvio che si contraddice in almeno tre punti! Penso che la stia
tradendo…
L’arancione, la mano al mento con fare interrogativo, stava
facendo come di suo solito delle belle deduzioni. Manabe, da parte sua,
invece era pensieroso… L’arancione non capiva
perché.
-Eh? Ehm… già… già. Hai
ragione Min… qualcosa… qualcosa non…
non torna…
Minaho sospirò preoccupato. -Man… ehi. Mi dici
cosa c’è che non va? Guarda che te lo leggo negli
occhi.
Il lilla si voltò verso l’amico, visibilmente
preoccupato. -Min… scusa… non… non
c’entra con noi. Stavo pensando al mister Endou…
oggi non era lui. Non vorrei che fosse successo qualcosa di
grave…
Minaho sorrise dolcemente e si strinse più vicino
all’amico. -Ti capisco Man. Anche io ho notato quello che hai
notato tu… in effetti era davvero sconvolto. Speriamo che
non abbia problemi al lavoro, o con Natsumi… non so cosa
faremmo senza di lui, come squadra.
-Già… -Il lilla sospirò ancora.
-È che è così strano… lui
di solito è così solare!
-Man… facciamo una cosa. Domani dopo scuola andiamo a
mangiare un panino in centro… per una volta vada per il fast
food. Dopo andiamo a trovare il mister… magari chiediamo
anche ai ragazzi se qualcuno vuole venire con noi. Siamo i suoi
compagni d’avventura… deve dirci se possiamo
aiutarlo in qualche modo!
Manabe sorrise. -È una buona idea Min! Ti… ti
ringrazio per averci pensato. È decisamente la cosa migliore
da fare!
L’arancione lo guardò con una faccia
incredibilmente furbetta. -Vedi che devi fidarti di Minaho? I am magic!
Minaho si era appena svegliato.
Dovevano essere le tre di notte… dalla finestra entrava solo
la luce dei lampioni, insieme al rumore di qualche rara automobile. Il
ragazzo arancione sospirò sorridendo… non aveva
sonno. Era stata una giornata dolceamara e ora tante cose gli prudevano
nel cuore.
Da bravo detective logico, iniziò a mettere insieme tutti i
dati in suo possesso per fare ordine nella sua mente. Tante cose si
accumulavano… purtroppo molte di più di quante se
ne risolvessero!
Minaho sospirò ancora. Doveva provare a riprendere
sonno… il giorno dopo sarebbe dovuto andare a scuola! Si
girò sul fianco e… toccó qualcosa di
morbido e ronfante.
L’arancione fece un salto terrorizzato. -Man!!
Il lilla emerse dalle coperte insonnolito e sorridente.
Provò a dire qualcosa, quindi ricadde addormentato con un
buffo mugolio. Minaho sorrise… doveva essersi infilato nel
letto di nascosto, la sera prima!
Scuotendo la testa e sospirando, ma felice, si stese e lo
abbracció.
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Capitolo 26 *** In missione! ***
Ci sono due forze motrici
fondamentali: la paura e l’amore. Quando abbiamo paura, ci
ritraiamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a
tutto ciò che la vita ha da offrire con passione,
entusiasmo, e l’accettazione.
-Minaho? Carotino? Tigrotto dormiglione? Che ne dici di aprire i tuoi
begli occhioni verdi? Purtroppo la scuola esiste ancoral
Manabe, a cavalcioni del suo migliore amico, cercava di svegliarlo con
grande impegno. Finalmente l’arancione aprì gli
occhi e sorrise debolmente. -Ho sooooonno…
-Vedi cosa succede quando la notte ti svegli per seguire i tuoi
ragionamenti da detective? Poi non dormi abbastanza!
Minaho si tiró a sedere stiracchiandosi. -Certo…
poi ovviamente se alle tre di notte un panda si infila nel mio
letto… e per tutta la notte scalcia come un mulo…
Manabe arrossí come un peperone. -Ehm…
non… non so di cosa tu stia parlando!
Manabe era sceso in cucina a preparare la colazione dopo aver
spalancato la finestra per far entrare aria fresca e luce. Era una
bellissima mattinata di sole.
Minaho si stiracchiò ancora, sorridendo, quindi scese dal
letto rabbrividendo al contatto del pavimento gelido con i suoi piedi
nudi. Strinse i denti mentre cercava il telefono. Guardò
l’ora… non era affatto tardi.
Si diresse in bagno per farsi la doccia, sospirando di sollievo al
contatto con la moquette tiepida. Un’altra giornata lo
aspettava, ma il pensiero che l’avrebbe affrontata insieme a
Manabe gli diede la forza di sorridere.
Dopo essersi lavati e vestito Minaho scese le scale, attratto dal
profumino di torta al cioccolato. Manabe aveva dato il meglio di
sé quella mattina, a parere dell’arancione. Del
resto il lilla lo sapeva… i dolci erano il punto debole del
suo migliore amico!
-Ehi Man… perché mi vuoi viziare così
tanto? -L’arancione sorrise mentre entrava in cucina, dando
una pacca sulle spalle del lilla che stava tagliando a fette il dolce.
-Mh… forse perché anche io vado matto per il
cioccolato? È… è così
matematicamente perfetto! Sai che statisticamente sembra che chi ne
mangia in quantità giuste soffra meno di infarto?
L’arancione ridacchiò, guardando
l’amico. Manabe non capiva.
-Cosa… perché stai ridendo? Guarda che
è vero! La matematica non mente mai!
Minaho rise ancora di più vedendo il suo amico alterarsi
leggermente. -Man… certo che ti credo
però… ehm… prova a rileggere la frase
in questo modo. –“Il panda Manabe mangia tanto
cioccolato, e dunque non ha infarti!”…
Il lilla rimase perplesso qualche secondo. -Non colgo il tuo
sarcasmo… perché dovrei avere qualcosa a che fare
con gli infar… ehm… ehmehm… -Il lilla
ricordò di colpo il suo ricovero in ospedale.
-Sigh… cento punti per Minaho! Colpito e
affondato…
L’arancione sorrise sornione. -E ora…
perché non ci pappiamo il cioccolato anti-infarto,
finché è bello caldo?
La torta era davvero buonissima, e per Minaho e Manabe farne sparire la
metà, a rischio di procurarsi il mal di pancia, non fu un
problema. La cosa più difficile fu decidersi a prepararsi
per andare a scuola!
-Man… non ho voglia di vedere ancora la prof di inglese! Mi
odia… ne sono sicuro!
Il lilla scoppiò a ridere. -Min… ma che dici! Ci
vuole bene… ehm… forse?
-Certo… come il topo vuole bene all’esca
avvelenata! È l’unica materia dove incontro
qualche difficoltà… perché devono
accanirsi così? -L’arancione sospirò
buffamente.
-Beh… secondo me è invaghita di te! -Il lilla
sorrise sornione. -Massì… è una
ragazzina fresca di diploma, e deve aver preso una bella cotta!
Minaho avvampò di rossore. -Ma… Ma che dici!
È… è una professoressa!!!
-E allora? -Manabe ridacchiò. -Ho visto come ti fissa i
pettorali quando passa tra i banchi!
L’arancione diventò direttamente viola.
-Mp… pf….Oddio! Ci manca solo la maniaca assetata
d’amore!
-Eddai Min… ci pensi? Sembra uno di quei telefilm americani
di sedicesima categoria!
Minaho sospirò. -Già… che amarezza! E
poi… te l’ho detto. A me piacciono i ragazzi,
proprio come a te.
Il lilla sorrise, nascondendo una fitta di emozione. Sapere che Minaho
lo capiva era la cosa più bella del mondo.
Mentre si avvicinava la metà di novembre, ed il clima non
voleva saperne di raffreddarsi più di tanto, le lezioni si
facevano sempre più impegnative. I corsi frequentati da
Minaho e Manabe erano pieni di ragazzi dotati, ma le assenze di alcuni
professori nell’anno precedente avevano contribuito a creare
in alcuni importanti lacune. Inutile dire che l’arancione e
il lilla spiccavano ancora di più dato il loro talento
decisamente superiore, e ciò gli attirava ancora di
più quell’antipatia cattiva che gli insegnanti da
anni fingevano di non vedere.
-Ehi, Minaho! Hai preso il tuo solito dieci, oggi? Non vorrei che la
tua media calasse di un decimo di punto!
-Manabe! Ti faccio paura? Perché non vai a piangere dal tuo
amichetto?
Inutile dire che Minaho se ne infischiava bellamente. Lo stesso
purtroppo non si poteva dire di Manabe, che ci soffriva davvero molto.
Aveva sempre desiderato di essere invisibile, in quelle situazioni.
Quella mattina specialmente… Kitama, bulletto ufficiale
della classe, stava dando il meglio di sé.
-Piccolo Manabe! Sembri più sfigato del solito questa
mattina! E che cos’è questo odore? Ti sei pure
profumato? Stai aspettando la fidanzatina? -Il moro parlando
sputacchiava in maniera disgustosa, da quando aveva perso un paio di
denti nella sua zuffa con Minaho.
Il lilla sospirò stringendo i denti. Già si
sentiva sfigato di suo, non faticava a credere che anche
l’impressione che dava agli altri fosse quella.
-Ahhh! Giusto!! -Kitama proseguì sarcastico. -Niente
fidanzatina per te, piccolo Manabe! I miei amici ti hanno visto, mentre
ti baciavi con quell’altro deviato del tuo nuovo amico!
È una nostra vecchia conoscenza, sai? Una volta frequentava
questa scuola… prima di smettere per andare a lavorare come
un volgare poveraccio!
Il lilla sbiancó e si sentì mancare. Lo avevano
visto baciarsi con Matatagi… poteva dirsi finito. Ora tutti
avrebbero saputo che gli piacevano i ragazzi… sarebbe
crollato per la vergogna. Voleva solo scappare e piangere. Una lacrima
gli rigò il volto, mentre tante altre gli riempivano gli
occhi.
-Ohohoh… il piccolo Manabe vuole piangere? Solo
perché tra pochi minuti il mondo intero saprà che
è uno schifoso deviato? Davvero?
Manabe sentiva la testa girare. -Ti… ti prego
non… non…
Gli occhi di Kitama vennero attraversati da un lampo di odio volgare ed
eccitato. -Cosa? Mi stai supplicando? E perché dovrei
mantenere il segreto, idiota pervertito?
-Forse perché il tuo dentista ha già faticato a
rattopparti la bocca una volta, e non vorrebbe che io ti buttassi
giù tutti i dentacci marci che ti riempiono quella fogna!-
Minaho era comparso dietro le spalle del lilla, serio e tranquillo.
-Stai molto attento Kitama. Se anche solo mi arriva voce che tu abbia
fiatato, è la volta che ti rompo le ossicine una per una.
Capisci? Una per una.
Il bullo strinse i denti. Odiava pensarlo, ma aveva un terrore assoluto
dell'arancione che già una volta lo aveva riempito di botte.
Si guardò nervosamente intorno e vide che i suoi scagnozzi
se l’erano già data a gambe con discrezione.
Ringhiò promettendo vendetta e sparì nel
corridoio.
-Min… non dovevi intervenire. È troppo rischioso.
-Ehi… hai sentito cosa stava dicendo? Sono stato fin troppo
gentile con lui! Se si azzarda…
Manabe sospirò. -Min… ho paura che stia tramando
qualcosa. Ne ho davvero paura. Comunque… grazie. Ti devo un
favore.
L’arancione sorrise. -Chi ti tocca è finito. Li
malmeno e, ti assicuro, non sarò io il detective ad indagare
sul caso della sparizione dei loro denti.
Il labbro di Manabe iniziò a tremare sempre più
forte… finché non scoppiò a ridere di
gusto, seguito a ruota dell’arancione.
Al suono della campanella di fine delle lezioni come sempre i corridoi
si erano riempiti di ragazzi e ragazze vocianti. Chi si lanciava verso
i cappotti, chi affollava il bar per pranzare, chi correva fuori da
solo o con gli amici.
A Manabe in fondo quella confusione piaceva. Per un po’
poteva nascondersi nella massa e sentirsi come tutti gli altri, mentre
quello clima di allegria lo avvolgeva. Ovviamente tutto era
più bello con Minaho al suo fianco. Solo una cosa lo
preoccupava… quel giorno, dopo gli allenamenti, avevano
deciso di chiedere conto al mister del suo strano comportamento degli
ultimi giorni.
-Min… sei sicuro che non si offenderà? -Il lilla
passeggiava al fianco dell’arancione, mentre si dirigevano
verso la sede del club attraversando il cortile della scuola.
-No… non credo. Del resto abbiamo il dovere di cercare di
capire cosa non va, e se magari possiamo aiutarlo…
Il lilla sospirò. -Già… in effetti hai
ragione. Speriamo solo non sia nulla di serio… ehi guarda!
Quello non è Shindou? Perché sta venendo verso di
noi con quell’aria strana?
Minaho si portò la mano al mento pensieroso.
-Non… non lo so. Di certo non sembra portare belle notizie.
Tranquillo Man… stai vicino a me, e niente potrà
scalfirci.
Shindou non aveva portato belle notizie. Nemmeno quel giorno il mister
era arrivato in orario, e nemmeno quel giorno aveva lasciato detto
nulla per loro. A questo punto ebbero la certezza che qualcosa non
andava, e doveva trattarsi di qualcosa di grosso.
-Shin… ma siete sicuri? Avete provato a chiedere ai
segretari? -Minaho ragionava, la mano al mento.
-No… non possiamo. Metti caso che il mister non abbia detto
nulla… se scoprono che da due giorni si presenta in ritardo
al lavoro, potrebbe passare un guaio.
L’arancione sospirò. -Hai ragione…
meglio non rischiare. A questo punto… cambiamoci
ed aspettiamo. Prima o poi arriverà…
Il mister arrivò che erano quasi le tre, apparentemente
stravolto e pallido. Non disse quasi nulla, e per tutto
l’allenamento rimase in uno strano stato di apatia, dal quale
ogni tanto un lampo strano lo riscuoteva. Quando avveniva gli occhi gli
si animavano e sembrava preso dal tremore.
Inutile dire che nessuno avesse idea di cosa stesse succedendo. Di
bocca in bocca si facevano le ipotesi più strane. Chi temeva
problemi sul lavoro, chi con la moglie… nessuno poteva
portare una qualsivoglia certezza in quel calderone di dubbi e angoscie
dalle quali non sembrava proprio si potesse uscire facilmente. Avevano
molta paura… non lo avevano mai visto così.
Anche quando l’allenamento finí la situazione non
migliorò. Endou li salutò con un sorriso triste e
se ne andò lasciandoli con un palmo di naso. Niente discorso
post allenamento… niente consigli… non era mai
successo prima.
-Ok ragazzi. Ora sono davvero preoccupato. -Tenma sospirò,
in piedi nel mezzo dello spogliatoio.
-Già… deve essere successo qualcosa di
brutto… non era in lui! -Shinsuke sembrava agitato
più del solito, è non riusciva a stare fermo.
-Sentite… io e Manabe andiamo adesso a casa sua per farlo
parlare. Volete venire anche voi? Non so se… magari potrebbe
essere meglio, no?
Immediatamente Tenma si illuminò, ma intervenne Tsurugi a
riportarlo con i piedi per terra.
-Andare tutti non è conveniente. Sarebbe indelicato, e poi
se non ce ne ha parlato adesso, di certo non lo farà se ci
spostiamo tutti a casa sua. Io penso che la cosa migliore sia che
vadano Minaho e Manabe… poi ci diranno. Al massimo potrebbe
andare un altro di noi…
-Vado io. -Shindou sospirò e si alzò in piedi.
-Lasciate andare me… vi prego. Voglio vederci
chiaro in questa faccenda.
I ragazzi, confusi, borbottarono tra loro qualche istante. Alla fine fu
Tenma a parlare.
-Va bene… va bene Shin. Ragazzi… ci fidiamo di
voi. Vediamoci fra due ore sotto casa mia… faremo il punto
della situazione.
Tutti annuirono convinti.
-Va… va bene.
Minaho e Manabe sapevano bene dove abitasse il mister. Non era la prima
volta che andavano da lui, e da scuola il tragitto era breve.
Mentre camminavano insieme a Shindou sotto il sole tiepido di novembre,
riflettevano, ciascuno a suo modo su cosa stesse succedendo. Intorno a
loro la città viveva e respirava , con le sue strade e i
locali ancora chiusi, in attesa del tramontare del sole.
-Senti Min… io non so cosa sia successo, ma forse dovremmo
pensare bene a cosa dire prima di parlargli…
Manabe era molto preoccupato, e Minaho, guardandolo, non
poté che dargli ragione. -Già… hai
detto una cosa giusta, Man. Io direi la verità…
che siamo preoccupati, e che lo vorremmo aiutare.
Shindou sospirò. -Sì… penso che la
verità sia la cosa giusta da dire.
Manabe annuì pensoso. Aveva un presentimento che non gli
piaceva affatto in fondo al cuore, e la brutta sensazione di stare
dimenticando qualcosa di importante.
Arrivati davanti alla porta di casa del mister, notarono subito il
giardino poco curato.
-Mh… non è da lui. -Minaho rifletteva, la mano al
mento.
-Già… c’è troppo disordine.
È strano. -Shindou strinse i pugni.
-Va bene ragazzi… tutti pronti? -Manabe appoggiò
l’indice sul campanello.
I ragazzi si guardarono titubanti.
-P…pronti.
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Capitolo 27 *** Una brutta sorpresa ***
I
pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta
terribile, ma non hanno mai trovato questi pericoli, una ragione
sufficiente per restare a riva.
Il campanello suonò con il suo solito suono allegro, il che
contribuì ad aumentare la stranezza della situazione. Prima
che qualcuno rispondesse passò così tanto tempo
che i ragazzi stavano quasi per risuonare.
-Sì? Chi… chi è?
Era la voce del mister. Il tono era così strano che i
ragazzi quasi faticarono a riconoscerlo. Quando si riscossero, fu
Minaho a farsi coraggio e prendere la parola.
-Ehm… m…mister Endou? S… siamo Minaho,
Manabe e Shindou… volevamo… volevamo chiederle
se… se qualcosa non… non andasse…
la… la vediamo un po’ strana
ultimamente…
Nessuna risposta. I secondi passavano, e si sentiva solo il leggero
crepitio del citofono. Shindou sospirò. -Ragazzi…
forse non…
In quell’esatto istante il cancelletto scattò.
I tre ragazzi, vergognosi e insicuri, entrarono silenziosamente in casa
del mister. C’era davvero tanto disordine… una
cosa stranissima. Sembrava che nessuno facesse più i lavori
di casa da giorni, e di Natsumi nessuna traccia.
-È…è permesso? -Manabe, precedendo i
suoi amici, mise piede in salotto. Endou era seduto sul divano, con uno
strano sguardo stralunato sul volto, quando li vide si
sforzò di sorridere ma quello che venne fuori era solo una
parodia del suo solito sorriso allegro e felice.
-Ehi… ehi ragazzi… come… come va?
-Noi bene… -Shindou sospirò. -A dire il vero,
è per lei che siamo qua… abbiamo notato che
qualcosa non va in questi giorni…
Endou strinse i denti. Quando il suo sguardo, correndo per la stanza
come quello di un animale in trappola, cadde su Minaho, ebbe un
sussulto.
-Ecco… io… ragazzi non… non
è il caso di… di dirvi…
-Ci provi… forse possiamo aiutarla, no?
È… è un problema con Natsumi? -Manabe
sorrise dolcemente.
-N…Natsumi? No… no… lei non
c’entra. Io…
Fu in quel momento che Minaho, dubbioso, prese la parola.
-Mister… ma Rex dov’è? Di solito quando
sente la nostra voce si precipita…
Endou ebbe una fitta. Il suo sguardo fu attraversato da qualcosa di
doloroso. -M…Minaho…Rex…
L’arancione sentì qualcosa scattare dentro di lui.
Una forza protettiva e primordiale, simile a quella che aveva sentito
nei difficili giorni dell’intervento di Manabe.
-Dio… gli… gli è… gli
è successo… qualcosa….
Il giovane abbassò gli occhi, che in breve tempo, sotto lo
sguardo preoccupato dei tre ragazzi, iniziarono a riempirsi di lacrime.
-Lui… lui…
-Insomma… parli! Parli la prego… parli! -Minaho
stava diventando isterico. Quel bambino era la seconda cosa
più importante della sua vita dopo Manabe. Si erano trovati
in orfanotrofio, e il piccolo lo considerava il suo fratellone.
Endou si morse le labbra così forte da ferirsi leggermente.
Singhiozzò mentre una goccia di sangue gli colava sul mento.
-Lui… sta… sta male da alcuni giorni…
è… è in ospedale con Natsumi per dei
controlli… ho… ho paura che sia qualcosa di
brutto… ho… ho così tanta paura! -Il
giovane scoppiò platealmente in lacrime, lasciando sconvolti
i ragazzi. Come si faceva a consolare quello che, nonostante i pochi
anni di differenza, era comunque un loro professore?
Minaho, da parte sua, si era sentito collassare il mondo addosso. Cosa
significavano quelle parole?
-Ma… Ma… ha… ha una polmonite? Un
virus intestinale? Ha… ha una di quelle malattie che
prendono tutti i bambini, no? Deve… deve essere
così no? Dimmi… dimmi che è
così!!
L’arancione iniziò a singhiozzare a sua volta,
stringendo i pugni, con gemiti che spezzavano il cuore. Sentiva un
macigno nello stomaco e la testa in fiamme. Si guardò
intorno. I mobili moderni…la televisione a schermo
piatto… la luce del sole che entrava dalla grande
portafinestra… come poteva essere tutto così
dannatamente normale? Come aveva potuto svegliarsi quella mattina senza
preoccupazioni? Come era potuto cambiare tutto così in
fretta?
Manabe era letteralmente spiazzato e non riusciva a fare nulla se non
accarezzare dolcemente i capelli del suo amico. Solo Shindou, con il
carisma che lo caratterizzava, era riuscito a mantenere il controllo.
Prese le redini della situazione. Versò un bicchiere
d’acqua da una brocca sul tavolino e lo porse al mister,
quindi fece gentilmente sedere sul l’altro divano Minaho,
aiutato da Manabe che si era a sua volta ripreso.
-Ok… mister? Ascolti… capisco la sua paura
ma… non si fasci la testa prima di essersela rotta, ok? Ci
racconti bene cosa è successo…
Endou si asciugó gli occhi con il polso e tirò su
col naso. I ragazzi non poterono, per un attimo, non vederlo ancora
come un ragazzino che cerca il consiglio del nonno per imparare una
nuova tecnica.
-Io… Rex… sta… sta male da qualche
giorno… ha… ha mal di testa…
poi… ha… ha iniziato a perdere
l’equilibrio… ha… non… non
lo so!! -Scoppiò di nuovo a piangere. -È in
ospedale da tre giorni con Natsumi… oggi… oggi
devono arrivare i… i referti degli esami e…
e… e ho così tanta paura!!
Shindou strinse i denti. Non gli piaceva per nulla quella
storia… ricordava benissimo che, quando era piccolo, un suo
lontano zio era morto dopo aver avuto sintomi simili. Si
sentì mancare. Rex era così piccolo…
in fondo non si trattava di una persona anziana… doveva
sicuramente trattarsi di qualcos’altro!
Minaho, dopo aver sentito la storia, aveva preso ad agitarsi ancora di
più e ora Manabe cercava dolcemente di farlo ragionare. -Ehi
Min… rilassati… vedrai che… che
andrà tutto bene… guardami, ok?
Shindou parlò ancora. -Mister… quando
dovrebbero arrivare i risultati di questi esami?
Il giovane alzò gli occhi facendosi forza. Aveva dei doveri
nei confronti di quei ragazzi… sforzó eroicamente
un sorriso. -Credo… credo che tra poco dovremmo
sap…
In quell’istante il cellulare di Endou prese a vibrare.
Tutti erano rimasti come paralizzati. Endou con il telefono in mano,
Shindou in piedi, Minaho con gli occhi lucidi e Manabe con una mano
sulla sua spalla. Immobili.
Improvvisamente il mister si riscosse. Strisciò
l’indice sullo schermo e avvicinò il cellulare
all’orecchio.
-Sì… Natsumi… sei tu? -Una nota di
angoscia gli incrinò la voce.
-D…dimmi… avete… avete avuto i
risultati? Cosa… cosa dicono?
Fu un istante. Un lampo attraversò gli occhi di Endou, e
Shindou capì. -Man! Porta Minaho fuori dalla stanza! Qui ci
penso io…
Manabe si riscosse. -Io… o… ok! – Prese
Minaho per un braccio e delicatamente lo portò fuori, mentre
un grido rompeva il silenzio del salotto.
-M…M….Man!! Man fai… fai qualcosa
ti… ti prego!!! -Minaho piangeva a dirotto, singhiozzando
violentemente aggrappato alla maglietta di Manabe.
Il lilla non sapeva cosa fare. Non era affatto la prima volta che
Minaho passava un momento difficile, così come lui, ma
questa volta era qualcosa di diverso. Non lo aveva mai visto soffrire
così… era qualcosa di totalmente nuovo. Un pianto
incontrollabile che lo accecava di lacrime e gli faceva tremare tutto
il corpo.
A sua volta sentiva le lacrime premere per uscire, eppure si faceva
forza e continuava a passare la mano tra i capelli del suo amico,
sussurrandogli parole gentili e stringendolo a sé.
Proprio in quel momento Shindou si affacciava alla porta.
-Man… ti… ti devo parlare.
Ora erano tutti e tre seduti nella cucina di Endou, confusi dalla
situazione assurda e irreale. Minaho aveva preteso di rimanere a
sentire ciò che Shindou aveva da dire, e presto le
resistenze del castano erano state vinte. Avrebbero comunque dovuto
dirgli la verità. Si stava mangiando le unghie con tanta
violenza da farsi male.
-Shin… allora… dicci cosa…
cosa… -Manabe tremava.
Il castano sospirò, alzando gli occhi al soffitto come per
prendere forza. -Ecco… gli… gli esami
hanno… hanno mostrato una cosa non bella. Rex ha un
meningioma. -Shindou si morse la lingua… per
l’agitazione era stato troppo brutale.
Manabe sembrava perplesso. -Un… un meningioma?
Ho… ho già sentito questo nome…
dove… dove non ricordo… aspetta Min…
vado a cercare su internet… tu non devi…
Troppo tardi. L’arancione fissava con occhi vuoti e
terrorizzati lo schermo del suo telefonino. Nella barra di ricerca di
Google era scritto meningioma, e sotto una sola parola risaltava in un
azzurro così oscenamente allegro.
Cancro.
I secondi successivi erano stati irreali. Minaho era rimasto come
paralizzato.
-R… Rex ha… ha… il… il
cancro…
Poi, di colpo, era crollato. Era corso fuori dalla stanza e
dall’appartamento, sbattendo la porta con violenza.
Ciò che avvenne dopo fu concitato. Shindou prese Manabe per
le spalle e lo fece ragionare, nonostante fosse a sua volta nel panico.
-Man… ehi Man! Ascolta! Io rimango qui a parlare con il
mister, tu vai da Minaho, ok? Ci vediamo tra un’ora
da Tenma, come d’accordo.
Il lilla strinse i denti ed annuì, uscendo poi di casa e
precipitandosi giù per le scale al seguito del suo migliore
amico.
Dove cercare Minaho? Manabe non ne aveva la più pallida
idea. Aveva provato nei loro posti preferiti, ma non lo aveva trovato.
Al telefono non ne voleva sapere di rispondere, e intanto il tempo
passava… mezz’ora era già bella che
andata.
Finalmente lo trovò. Era al campo al fiume, seduto a terra,
a singhiozzare. Intorno a lui non c’era nessuno nonostante ci
fossero ancora due buone ore di luce davanti a loro.
Il lilla si avvicinò silenziosamente e si sedette
sull’erba vicino al suo migliore amico, mettendogli una mano
sulla spalla.
-Ehi Min… stavo pensando ad una cosa.
L’arancione, che singhiozzava disperato con la fronte
affondata tra le braccia, alzò per un istante gli occhi
lucidi e lo fissò. Il lilla riprese sorridendo.
-Ecco… pensavo che in questo momento Rex si senta molto solo
in ospedale… pensavo che potremmo andare a
trovarlo… anche subito se vuoi!
Minaho soffocò un singhiozzo più forte.
-M….Man… è… è
co… colpa mia se… dovevo… dovevo
accorgermi che… che non stava… bene…
che… che fratello sono se… se non…
-Scoppiò a piangere con più violenza, mentre il
lilla lo stringeva forte a sé.
-Non dire così Min. Non è colpa di
nessuno… queste… queste sono cose terribili e
casuali. Comunque ascoltami… ce la farà. Io me lo
sento. Non devi piangere… lui è ancora con noi, e
ti assicuro che ci rimarrà. Poi… non sappiamo
quanto sia grave. Magari può essere molto meno terribile di
quanto sembra.
Per un attimo gli occhi dell’arancione si illuminarono.
-Tu… tu dici? Lo… lo pensi davvero?
Il lilla sorrise dolcemente. -Ne sono più che certo.
Ora… andiamo in ospedale, ok? Così potrai vederlo
e parleremo con i medici. Sono certo che si risolverà tutto.
Dopo aver scritto un tutta fretta un messaggio a Tenma dove gli
spiegava dove sarebbero andati e gli diceva che avrebbero tardato una
mezz’oretta all’incontro con lui e con i compagni,
Manabe, sorridendo, porse la mano a Minaho e lo aiutò ad
alzarsi da terra. Lo guardò con sguardo professionale
e… gli diede un paio di pacche sul didietro.
-Ehi!! Man! Ma… Ma insomma!
Il lilla sorrise sornione. -Sei tutto pieno di erba…
Minaho ridacchiò. -Maniaco… dimmelo quando vuoi
palparmi il… il… ecco! Hai capito!
Scoppiarono a ridere insieme, mentre Minaho dimenticava per un istante
il dolore. Manabe sospirò…
-Missione compiuta.
L’ospedale, distante nemmeno cinquecento metri dal campo al
fiume, era sempre lo stesso. Bianco, sterile, profumato di pulito.
-Man… oramai viviamo qui dentro…
Il lilla ridacchió. -Già…
Sì presentarono all’accettazione e chiesero di
Rex. Gli diede una stranissima impressione dover chiedere di
“Endou Rex”! Non avevano mai fatto così
tanto caso al fatto che avesse preso il cognome del mister!
L’infermiera li guardò sorridendo, quindi
iniziò a scartabellare i suoi fogli. Trovato ciò
che cercava inserì dei dati nel computer, ed in pochi
secondi poté comunicare all’arancione e al lilla
-Stanza 15, reparto di oncologia pediatrica.
Minaho, alla parola oncologia, ebbe una fitta di senso di colpa. Se
avesse notato prima che qualcosa non andava…
Con il cuore in gola salirono le scale per il nono piano. Da
lassù si vedeva tutta la città, quando si passava
nei lunghi corridoi vetrati e luminosi, resi più allegri da
piante e poltroncine. La porta del reparto di oncologia pediatrica, una
semplice porta tagliafuoco come tutte quelle
dell’ospedale, era però tutta decorata
di disegni e di poesie. Manabe sorrise.
-Ok Min… adesso mettiamoci questi, ok?
Il lilla porse all’amico una mascherina e un paio di
sovrascarpe di plastica. Li indossarono entrambi… servivano
per evitare di contagiare i bambini del reparto, già
indeboliti dalle terapie.
Entrarono. Minaho pensò di non avere mai sentito su di
sé un clima così pesante. Certo…
qualcosa di simile si respirava all’orfanotrofio, ma
quello… quello era diverso. Paura, dolore e speranza
mischiati insieme.
Camminarono fino alla porta della camera del bambino. Fu li che Minaho
afferrò il braccio di Manabe.
-Man… io… io non… non… non
voglio che mi veda… piangere e…
Il lilla sospirò e sorrise dolcemente. -Oh Min…
dai… cerca di essere forte. Per lui, ok?
L’arancione, con gli occhi lucidi, annuì.
-Senti… Man… non è che… che
prima possiamo cercare un dottore? Io… io ho bisogno di
sapere se… se… hai… hai capito, vero?
Ho… ho bisogno di saperlo.
Manabe strinse i denti. -Hai… hai ragione. Non possiamo
presentarci da lui senza sapere. Anche… anche io ho paura,
credimi. Guarda… chiediamo a quel dottore con i capelli
bianchi laggiù.
Minaho e Manabe, sforzandosi di rimanere calmi, si avvicinarono al
medico. Era un uomo sulla sessantina, con gli occhiali legati ad un
cordino rosso. Sembrava buono.
-Dottore… scusi… dottore…
L’uomo si voltó verso di loro con un sorriso.
-Sì? Posso fare qualcosa per voi?
Minaho provò a parlare, ma un singhiozzo gli
incrinò per un istante la voce. Fu Manabe a trovare la
forza.
-Ecco… noi… noi vorremmo sapere come…
come sta il paziente della stanza 15. Rex… Endou Rex.
Il medico sospirò. -Ragazzi… non è che
non mi fidi di voi però… siete parenti?
Sapete… sono informazioni riservate…
Minaho singhiozzò ancora, mentre Manabe strinse i denti.
-Ecco….
-Sono con me dottore! Gli spieghi pure la situazione.
Il dottore sorrise. Minaho e Manabe si votarono e videro, bellissima e
stanca, Natsumi sorridere con in mano una tazza di caffè.
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Capitolo 28 *** Visite notturne ***
La
speranza è quella cosa piumata
che si posa sull’anima
canta melodie senza parole
e non smette mai.
-Beh… se sono con lei…
Il medico sembrava rassicurato, e non fece caso alle facce confuse di
Minaho e Manabe che fissava no la ragazza. Sapeva che aveva adottato da
poco il bambino che ora era ricoverato nella stanza 15, e tutta quella
storia era stata decisamente un brutto colpo.
-Certamente, sono con me. Sono studenti di mio marito e amici di
famiglia. Gli dica tutto, dottore.
L’uomo sorrise. -Certamente. Vedete ragazzi… il
bambino… Rex... Ha un meningioma. Il meningioma è
un tumore cerebrale tipico dell’infanzia, e tende ad
ingrossare molto.
Minaho si morse le labbra. -Dottore è…
è…
L’uomo sospirò. Aveva capito. -No. Tranquillo, non
è maligno, almeno non lo è ancora diventato.
L’arancione sentì una scarica di adrenalina
attraversargli il corpo. -G… grazie a Dio! E…
cosa… cosa farete?
-Beh… -Il medico si pulì gli occhiali nel camice.
-Abbiamo una notizia positiva e una negativa. La positiva è
che il meningioma è un tumore comune nei bambini e non molto
aggressivo… sappiamo come aiutarlo. La cattiva è
che , nel caso del vostro amico, vista la localizzazione della massa,
operare non basterà a garantire la sua salvezza…
tra pochi minuti avrò appunto una riunione per discutere con
i colleghi del piano di cure.
Manabe strinse i pugni mentre Minaho sentiva di nuovo le lacrime salire
agli occhi. -E… quante… quante
possibilità ha di… di…
Il medico sospirò. -Come vi ho detto non è un
tumore troppo aggressivo… in casi normali non sarebbe
difficile da curare… purtroppo quello del vostro amico
è in fase abbastanza avanzata e in una brutta posizione.
Comunque sia rimane un tumore che possiamo provare a
combattere… non fasciatevi la testa. Se dovessi stimare le
possibilità direi che… forse un venti per cento.
Minaho ebbe un tuffo al cuore. -Un venti per cento di
possibilità di… di non farcela? Ma… Ma
è terribile!!
Il medico si morse un labbro in un piccolo gesto inconsulto.
-Purtroppo… purtroppo venti per cento si riferisce alle sue
possibilità di... di farcela.
Manabe non avrebbe mai immaginato gli effetti di un tale colpo sul suo
migliore amico.
Dopo la notizia, il ragazzo arancione era crollato. Manabe aveva dovuto
chiedere l’aiuto di suo zio per portarlo via
dell’ospedale, ed ovviamente non era stato possibile
incontrare Rex. Natsumi stessa, che non aveva ancora parlato
così approfonditamente con il dottore, era sconvolta.
Quando il lilla aveva telefonato allo zio supplicandolo di venirli a
prendere con l’auto, non si era scordato
dell’appuntamento con Tenma. Lo aveva subito chiamato per
dirgli gli sviluppi, e il castano, sconvolto, aveva promesso che si
sarebbero precipitati a casa sua per aiutarlo con Minaho, che non
riusciva a far smettere di piangere.
Appena lo zio del lilla aveva fatto capolino nel parcheggio
dell’ospedale, Manabe aveva praticamente trascinato Minaho in
macchina. Del resto piangeva così tanto che non riusciva
bene a vedere dove metteva i piedi.
-Ehi Man… sedetevi comodi, ok? Adesso vi porto a casa.
Tempo dieci minuti ed erano a casa. Minaho, seduto sul divano, fissava
la televisione spenta con occhi vuoti e singhiozzava. Manabe invece,
dopo aver portato un bicchiere d’acqua che il suo amico aveva
dovuto bere, si era seduto al suo fianco. Sulla poltrona
all’angolo aveva preso posto lo zio del lilla.
-Ehi… Min? Vuoi un biscotto? -Manabe si sforzò di
sorridere radioso. -Guarda… sono al cioccolato, i tuoi
preferiti!
L’arancione lo fissò con un immenso dolore nello
sguardo. Non smetteva di piangere silenziosamente.
-Minaho, posso parlarti?
Il lilla era confuso. Suo zio aveva avuto qualche idea? Che cosa stava
provando a fare?
Minaho, tirando su col naso, guardò il giovane.
Annuì lentamente, tremando.
-Ascoltami Minaho… posso chiamarti Min?
L’arancione, singhiozzando, annuì ancora.
-Ok! Bene Min… senti. Tu pensi che sia colpa tua, vero?
Il labbro di Minaho prese a tremare. -S…
sì… è… solo…
è solo colpa… mia… se…
io… io dovevo capire che… mi… mi
chiama fratello e… e io non sono… non sono in
grado di… di proteggerlo…
-Minaho, quel bambino sta molto male. Come pensi di poterlo aiutare se
rimani chiuso qui a piangere? Non pensi che magari in questo momento
potrebbe voler parlare con te, perché si sente solo?
Il lilla sorrise rassicurato. Iniziava a capire. Minaho, da parte sua,
smise per un istante di piangere e alzò gli occhi.
-D… dici?
-Ne sono certo! -Il giovane premette i pugni sui braccioli della
poltrona. -E poi… il dottore non ha detto che
morirà! Può farcela Min, lo capisci?
Può andare tutto a posto! Non pensi che bisogni iniziare
subito a pensare positivo e a darsi da fare per aiutarlo a guarire?
Ogni secondo è prezioso! Non possiamo sprecarne nemmeno uno!
L’arancione sospirò… quindi
alzò lo guardo, asciugandosi le lacrime con il dorso della
mano. -Io… io sono stato un idiota e un debole. Avete
perfettamente ragione… me ne rimango qui a piangere mentre
dovremmo darci da fare!
Il medico sorrise. -Bravo! Non farti una colpa del l tuo dolore
però… soffri perché gli vuoi bene. Ora
però guarda alla tua destra… penso che qualcuno
voglia un abbraccio!
Minaho, perplesso, si voltò e… vide Manabe con
ancora in mano il biscotto al cioccolato… era dolcissimo. Il
lilla arrossí di colpo. -Ehm… io…
Non fece in tempo a finire la frase che un fulmine arancione gli
saltò addosso, abbracciandolo.
-Bene ragazzi… penso che i vostri amici stiano per arrivare.
Vi lascio con loro… non vorrei spaventarli! -Lo zio di
Manabe si alzò sorridendo dalla poltrona.
-Tranquillo zio… questa sera ti chiamo per aggiornarti.
Comunque grazie… -Manabe si portò la mano dietro
la nuca.
Il giovane sospirò ridendo. -E di che? Attenti
piuttosto… e tu, Min… ehi! Forte, mi raccomando!
L’arancione annuì convinto. -Forte.
Dopo la partenza dello zio di Manabe, erano trascorsi solo dieci minuti
prima che Tenma e tutti i loro compagni facessero timidamente capolino
dalla porta, terrorizzati all’idea dI ricevere brutte notizie
e trovare Minaho in lacrime. Inutile dire il loro stupore quando invece
l’arancione li salutò con un abbraccio!
Ma… ma… che è successo qui? -Shindou
era confuso e sorridente. -Sono felice di vederti tranquillo Min,
però… mi stupisci! Sei un ragazzo
forte… forte e coraggioso.
Minaho arrossí. -Io… io ti ringrazio…
è… è stato lo zio di Manabe che mi ha
fatto ragionare… a… a cosa serve piangere, ora?
-Il ragazzo sospirò.
-Hai pienamente ragione. Dobbiamo essere lucidi se vogliamo essere
d’aiuto! Ora… facciamo il punto della
situazione. -Il castano mise la mano sulla spalla dell’amico.
-Va bene! -Manabe intervenne sorridendo. -Venite tutti in
salotto… temo che qualcuno dovrà sedersi per
terra! Se fosse stata estate avrei aperto la portafinestra e, contando
anche il portico, ci saremmo stati tutti… purtroppo dovremo
stringerci un po’. Vado a prendere dei biscotti e
dell'aranciata!
Tutti i ragazzi annuirono sorridendo, mentre entravano nel luminoso
salotto del lilla e si accomodavano chi sui divani, chi sul tappeto.
-… e dunque questo è tutto quello che ci ha detto
il dottore. Non sono belle notizie, purtroppo…
Manabe sospirò, scuotendo la testa. Aveva appena finito di
raccontare ai ragazzi della sua visita in ospedale con Minaho, e tutti
sembravano sconvolti. Shindou stringeva i pugni, e il povero Tenma
sembrava sull’orlo delle lacrime.
-Ma… ma è terribile! -Il castano strinse i denti.
-Non posso nemmeno pensarci…
Shindou, da parte sua, scosse la testa. -Endou non è in
condizione di aiutarci, qualunque iniziativa volessimo prendere. Sta
male… del resto lo capisco. Lo capiamo tutti…
però non posso non essere preoccupato, tenendo anche conto
che siamo ormai vicini alla prima partita del campionato
nazionale…
-Ma come puoi pensare al campionato in un momento simile? -Minaho era
balzato in piedi, i pugni stretti. -Io… io… scusa
Shin. Non mi sono saputo controllare.
Il castano sorrise dolcemente. -Tranquillo… sono io che sono
stato indelicato. Però… non pensi che Rex
vorrebbe che continuassimo a vincere per lui?
L’arancione sospirò. -Sì…
sì, credo che tu abbia ragione. Dobbiamo vincere anche per
lui… anche per lui.
Era ora di cena quando i ragazzi tornarono a casa, lasciando soli
Manabe e Minaho. Avevano deciso insieme di vedersi il pomeriggio
seguente, dopo gli allenamenti, per decidere che iniziative prendere.
-Bene Min… vuoi che ti faccia una camomilla? Penso che tu ne
abbia bisogno…
Il lilla sorrise dando una pacca sulla spalla a Minaho, che sorrise
debolmente di rimando. -Ok… ok Man. Grazie… falla
anche per te però… ce la beviamo insieme se ti va.
Manabe fece l’occhiolino al suo migliore amico e si
infilò in cucina.
-Buona questa camomilla, Man… ha un gusto speciale.
-L’ho fatta con i fiori essiccati… quelle
polverine del supermercato sanno di coperta vecchia!
L’arancione sorrise. -Hai proprio ragione…
così poi è molto più dolce. Come te.
Il lilla arrossì di botto, imbarazzatissimo. -Ma…
ma che… che dici Min… mi… mi fai
vergognare, ecco! Io non… insomma… oppure
sì? Ehm… ecco…
Minaho ridacchiò dolcemente. Quando Manabe si imbarazzava
era davvero tenero, pensò. Lo abbracciò stretto.
-Ecco qua… adesso ti tranquillizzo io, cucciolo di panda.
La serata era trascorsa in fretta, grazie al bel film
d’azione che Minaho e Manabe avevano trovato in televisione.
Manabe aveva tenuto d’occhio l’arancione per tutta
la sera, temendo che avesse un nuovo crollo, ma sembrava essere andato
tutto bene.
-Min… che ne dici… nanna? È
mezzanotte, e domani abbiamo scuola…
L’arancione sbadigliò. -Penso che tu abbia ragione
Man… ho un sonno incredibile. Mi porti a letto in braccio?
Manabe, per la seconda volta in una serata, divenne rosso come un
pomodoro. -Ehm… Min! S… sei troppo pesante! Non
credi che…
Minaho, opera tutta risposta, si stiracchiò e
allungò le braccia verso il lilla.
Manabe sospirò e… lo prese faticosamente in
braccio, borbottando imbarazzato.
Manabe era nel letto, e non riusciva ancora a dormire.
Pensava a tante cose… alla fortuna e alla sfortuna, ai
problemi suoi e dell‘arancione e a Rex, che combatteva una
battaglia troppo grossa per quel suo corpicino magro e piccolo. Troppo
grossa.
Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Preso dal consolare
Minaho, non si era reso conto di quanto soffrisse a sua volta. Rex era
anche il suo fratellino… il bimbo che giocava con i suoi
occhiali, quello che si sedeva sulle sue gambe per farsi raccontare una
favola, quello che insisteva per farsi spiegare i calcoli
difficilissimi che trovava sulla scrivania del lilla e, speciale come
solo lui sapeva essere, li capiva subito.
Per la prima volta Manabe scopri di vedersi padre. Un
domani… un domani si immaginava felice, con dei bambini che
gli volevano bene e gli saltellavano intorno. Una fitta tremenda lo
trafisse quando si rese conto che, per quelli come lui, quello era un
sogno irrealizzabile.
Anni e anni di lotte per i diritti civili, anni di dolore, di orgoglio,
di vittorie e sconfitte, eppure… eppure quelli come lui
erano ancora visti da tanti come deviati, come persone pericolose e
scandalose. Sospirò.
In quel momento qualcosa si mosse nel corridoio.
Manabe era immobile. Che cosa era stato quel rumore?
Non poteva essere Minaho… l’arancione riposava
tranquillo al suo fianco. Non se l’era sentita di lasciarlo
in camera sua da solo tutta la notte con quello che era
successo… temeva che si sentisse solo.
Si rese conto di stare tremando. Chi poteva essersi introdotto in casa
loro? Con quali intenzioni? Non osava darsi risposta a queste
domande… doveva solo portare Minaho al sicuro. Il suo
spirito protettivo era partito a mille.
-Min… ehi Min… svegliati!
L’arancione si svegliò borbottando.
-Man… che… che cosa succede…
-Ssst!! -Manabe mise il palmo della mano sulla bocca
dell’amico. -Senti…
c’è… c’è qualcuno
in casa!
Minaho spalancò gli occhi spaventato. -Che… che
cosa? Oddio Man… è terribile! Dobbiamo
assolutamente indagare!
Manabe sospirò sconsolato. Non aveva tenuto conto della
mentalità da detective del suo migliore amico.
-Min… ma… ma non possiamo risch… ehi!
-sussurrò. L’arancione era partito di gran
carriera verso la porta.
-Man… rimani dietro di me, e cammina piano piano! Non gli
permetterò di farti del male… lo giuro!
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Capitolo 29 *** Iniziano le indagini ***
Ho una casa talmente in disordine
che se, in mia assenza, venissero i ladri se ne andrebbero pensando:
“No, qua ci siamo già stati.”
Manabe era terrorizzato.
Dietro le spalle del suo migliore amico, lo osservava spiare dal buco
della serratura il corridoio alla ricerca di qualcosa di interessante.
I rumori si erano fatti più forti… qualcuno
frugava in casa, ora ne erano certi.
-Man… stammi dietro! Penso che ci sia via libera
qui…
-Ehi… Min aspetta…
Manabe non aveva ancora finito la frase che l’arancione
aveva, con estrema lentezza, abbassato la maniglia. Sempre lentamente
aprì la porta e scrutò nel buio. Niente in vista
verso camera sua, dalla parte opposta del corridoio. Nulla nemmeno dal
bagno e dalla stanzetta che usavano come studiolo per fare i compiti. I
rumori venivano dal piano terra, ed ora erano molto più
forti.
-Min… io… ho… ho paura! Dovremmo
nasconderci e chiamare la polizia!
-E lasciare che ci rubino tutto? In salotto abbiamo il
computer… i portafogli… la televisione!
No… stai tranquillo, le statistiche della polizia dicono che
questi topi d’appartamento non sono mai armati. Fidati di me.
Il lilla ingoiò la saliva. Non si sentiva affatto
rassicurato, anche se il contatto con la schiena calda del suo migliore
amico lo tranquillizzava un po’.
Lentamente si avvicinano alle scale, camminando chini al suolo. Dal
pianerottolo si intravedeva la portafinestra che dava sul
cortile… era aperta. -Dannazione… ecco da dove
è entrato! Non l’abbiamo chiusa a
chiave… -Manabe strinse i denti.
-Tranquillo Man… ci sono io qui. Ora… scendo le
scale. Seguimi a distanza e togliti le ciabatte. Sulle scale non
c’è moquette, e a piedi nudi faremo meno rumore.
Manabe sospirò obbedendo all’ordine. -Che il cielo
ci aiuti…
Minaho aveva iniziato a scendere lentamente le scale, seguito da Manabe.
-Man… fai come me… prima gli
avanpiedi… cerca di essere leggero… da adesso non
possiamo più parlare fino a che questa cosa non si
è risolta… potrebbe sentirci.
Il lilla strinse i denti. -O…ok…
Arrivarono a terra in un tempo che sembrò essere
un’ora. Il salotto era sgombro. Il delinquente doveva essere
in cucina, a giudicare dai rumori. L’arancione fece cenno al
lilla di fermarsi, ma questi scosse la testa. A gesti gli fece capire
che non lo avrebbe lasciato solo per niente al mondo.
Minaho sorrise dolcemente e fece ok con le dita, quindi iniziarono a
muoversi silenziosi come gatti verso la cucina. Arrivati alla porta lo
videro… era di spalle ed era solo. Sembrava un maschio, ma
con il buio non si capiva bene, e stava frugando nei cassetti. Manabe
non poté non ringraziare il cielo… non aveva
certo argenteria da rubare!
L’arancione, furtivo, prese una cornice dal piano cucina.
Dolcemente, tolse la foto che conteneva (lui e Manabe in
divisa da calcio) e la soppesò. In metallo…
meglio che affrontare il ladro a mani nude, pensò.
Lentamente si avvicinò al ladro e… si
immobilizzò di colpo. Alle sue spalle un sinistro
scricchiolio. Manabe aveva calpestato un sacchetto della spesa!
Il ladro si voltó di colpo e li vide, saltando di paura. Era
a volto scoperto.
-Kitama!! Brutto schifoso! Cosa ci fai in casa nostra? Ladro!!
Manabe era senza parole. Quello era Kitama! Il bullo che lo aveva
picchiato e che quotidianamente li insultava. Era cattivo e stupido, ma
pensare che fosse anche un ladro… non credevano ai loro
occhi!
-Bastardo! Esci immediatamente fuori di qui! -Minaho era
rosso di rabbia. Detestava quel bullo per quello che aveva fatto a
Manabe.
Kitama, vistosi scoperto, prese a respirare velocemente. -Idioti! Voi
non avete visto niente, capito? Niente, o vi ammazzo!! Vi ammazzo!!
Manabe fece un salto indietro. Aveva visto il bullo mettere mano alla
tasca e tirare fuori qualcosa di brutto…
-No… - Portò le mani alla bocca. Kitama aveva una
pistola!
-Indietro!! State indietro o vi ammazzo!!
-Min… ti prego no! Lascialo andare… Lascialo
andare! Ci farà del male… -Manabe tirava per la
manica del pigiama il suo migliore amico, in preda al panico.
-Io… io ti… -L’arancione era furioso.
-Io ti uccido!! Questo è troppo! Buttala giù!
Subito!!!
Kitama, di tutta risposta, alzò la pistola puntandola contro
Minaho. Manabe andò nel panico.
-No!! Ti prego no!!! Prendi quello che vuoi ma non fargli male!! Ti
prego!!!
Minaho sospirò. -Kitama appoggiala a terra…
subito.
Il bullo, terrorizzato e furioso, puntava ora un ragazzo ora
l’altro. -Adesso basta… io vi…
Fu un secondo. Il colpo partì senza motivo… forse
per il tremore della mano, forse per errore. Minaho sentí
qualcosa gettarlo a terra e vide con la coda dell’occhio
Kitama fuggire a gambe levate della portafinestra. Rotolò a
terra.
-Ah…
Un gemito lo fece riscuotere dalla confusione. Si alzò
immediatamente a sedere… dov’era Manabe? Lo aveva
spinto via… lo aveva salvato! Lo vide a terra vicino al
tavolo… perdeva sangue.
L’arancione si sentì mancare. -Man!! Oddio Man!!!
No!!! -Si buttò sull’amico, aiutandolo ad alzarsi
a sedere a sua volta e facendolo appoggiare al suo petto.
-Man… Man!! Non te ne andare… non te ne
puoi andare!!
Il lilla tossì. -M… Min… tranquillo.
Mi ha preso di striscio ad un braccio… è solo un
graffio, vedi? Il proiettile si è infilato nel mobile delle
pentole…
L’arancione tremava. -M… Man…
ma… ma perdi sangue!!!
Il lilla strinse i denti. -Fa… fa maluccio in effetti.
Senti… puoi prendermi un paio di garze, del disinfettante e
una benda? Sistemiamo questa cosa.
L’arancione, prima confuso, adagiò dolcemente
Manabe contro il tavolo e scattò verso il bagno. Prese
quanto richiesto e tornò in cucina. Tempo dieci minuti e
Manabe, a torso nudo, aveva disinfettato, pulito e bendato quello che,
per fortuna, si era rivelato davvero solo un graffio leggermente
profondo. Il sangue si era fermato subito.
-Ora va meglio… ok Min… aiutami ad alzarmi, ok?
Tranquillo… va tutto bene, e non succederà nulla.
Minaho aiutò il lilla sorreggendolo fino al divano dove lo
fece distendere, quindi si precipitò a chiudere a doppia
mandata la portafinestra che dava sul cortile. Con dello scottex
pulì il sangue da terra, agitato, quindi fece ritorno in
salotto da Manabe.
-M…Man? Come… come stai?
Il lilla sorrise, nascondendo il dolore. -B… benissimo, non
temere. Ho… ho solo bisogno di dormire un po’.
Torna a letto anche tu Min…
-Ma... ma non chiamiamo la polizia? Tu…
Il lilla scosse la testa. -Lo direbbero subito a mamma e
papà… prima vorrei parlarne con mio zio,
domani…
Minaho sospirò. -Penso che tu abbia ragione.
Comunque… io a letto non ci torno! Non ti lascio qui da
solo… rimango con te!
Detto fatto. L’arancione corse a prendere un cuscino e una
coperta e si accoccolò sul tappeto, piombando in un sonno
agitato insieme al suo migliore amico.
Quando Minaho si svegliò il sole era già alto.
-Anche Manabe era già sveglio.
-Ma… Man! Che… che ore sono?
Il lilla sospirò. -Le nove… abbiamo dimenticato i
telefoni con le sveglie di sopra! Comunque poco
male… non penso sia possibile andare a scuola oggi. E poi
vorrei che tu ti riposassi ancora… ne hai biso…
ahh… -Manabe strinse i denti tenendosi il braccio.
-Man!! Man che hai? -L’arancione si era alzato in piedi,
circondando con il braccio le spalle dell’amico.
-Fa… fa più… più male di
quanto pensassi. Scusa Min… scusa, non volevo spaventarti.
Minaho era preoccupato. -Man… fammi vedere…
-Delicatamente sbottonò il pigiama al lilla, gli fece
sfilare la manica sinistra e gemette. -Dannazione…
è tutto sporco di sangue! La ferita si è aperta!
Man… devo portarti in ospedale, non possiamo aspettare.
Il lilla strinse i denti. -No… non possiamo…
farebbero… farebbero domande… e… e io
non…
-Manabe! -L’arancione aveva alzato la voce più di
quanto avrebbe voluto, a giudicare dallo sguardo ferito del lilla.
-Man… non sento ragioni. Non ti ho mai lasciato andare, e di
certo non lo farò questa volta. Non sappiamo quanto sangue
potresti perdere ancora, ed è fondamentale chiudere subito
quella ferita. Aspettami qui… vado a mettermi una felpa e
andiamo. Intanto premi delicatamente sulle garze, ok?
Detto fatto. Sostenuto da Minaho, con indosso i pantaloni e la giacca
della scuola aperta, appoggiata sulla pelle nuda, Manabe fece il sul
ingresso in ospedale nemmeno un quarto d’ora dopo. La ferita
sanguinava ancora, molto lentamente.
-Salve… il ragazzo è ferito? Tipo di incidente?
-L’infermiera dell’accettazione sembrava
preoccupata.
-Beh… sono caduto e…
-Colpo di arma da fuoco.
-Min! Ma che ti è saltato in mente! Faranno domande! -Il
lilla era disteso sul lettino di un ambulatorio, in attesa che il
medico a cui era stato assegnato il suo codice arancione arrivasse.
-Perdonami Man… non posso rischiare di perderti. Vedrai, non
faranno domande… penso a tutto io.
Il lilla sospirò. -Ok… scusa. Grazie
Min… mi stai salvando ancora la vita, credo.
L’arancione sorrise. -Io? Se stanotte non mi avessi buttato a
terra… quella pistola era puntata contro il mio cuore. Man,
sono io che la devo a te.
Manabe strinse i denti. -Non posso pensarci… non posso
nemmeno pensarci. Kitama deve pagare, una volta per tutte.
Finalmente entrò un dottore in stanza. Era di mezza
età, con gli occhiali e i capelli brizzolati.
-Bene bene… questa cosa non mi piace affatto. Fammi
vedere… -Il medico fece togliere al lilla la giacca.
-Mh… brutta! Dovevate venire prima in ospedale…
ha perso abbastanza sangue. Comunque tranquilli… adesso gli
metto un paio di punti, e andrà tutto a posto.
Mentre il medico prendeva l’attrezzatura Il lilla, dolorante,
guardò Minaho ridendo imbarazzato.
-Ho… ho paura degli aghi!
L’arancione scoppiò a ridere. -Tranquillo
Man… chiudi gli occhi e tienimi la mano.
L’operazione si concluse in cinque minuti.
-Ecco fatto ragazzo… ora sei anche disinfettato e pulito.
Tienici una garza, e fra una settimana togliamo i punti, ok? Ora va
tutto bene.
Minaho sospirò di sollievo. -Grazie dottore…
grazie infinite.
-Aspettate a ringraziarmi. Questa è una ferita da arma da
fuoco… l’ospedale è obbligato per legge
a comunicarlo alla polizia. Dovete dirmi che è
successo…
Il lilla strinse i denti. -Dottore… io… io non
posso… ho… ho una situazione lunga da
spiegare…
-Ragazzo, io posso capirti, tranquillo. Si vede lontano un miglio che
siete ragazzi onesti. Solo che conosco la polizia… se non
esce la verità, potrebbero anche prendersela con il tuo
amico. Diranno che cerchi di coprirlo…
Manabe si alzò di scatto. -No!! Lui non c’entra!!!
C’era… c’era un ladro in casa. Va
bene… dirò la verità. Il
punto è che… conosciamo quel ladro. È
un nostro compagno di scuola… un ragazzo difficile e
violento, con alle spalle un padre molto potente. Siamo già
finiti nei guai con lui in passato… era per questo che avevo
paura.
Minaho sospirò. Sapeva che il problema principale era in
realtà il processo di emancipazione, ma il lilla non voleva
sbandierarlo ai quattro venti.
-Capisco ragazzo… capisco. Tu devi dire la
verità… vedrai, prima di pranzo sarete fuori di
qui, tutti e due.
Minaho e Manabe erano stati fatti accomodare in una saletta appartata,
dove c’era un letto. Il lilla fu fatto stendere, e gli
dissero di aspettare. Avrebbero dovuto parlare con un agente di polizia.
Inutile dire che Manabe era terrorizzato. Era proprio quello che
avrebbe voluto evitare! Minaho, da parte sua, si arrovellava per
trovare una soluzione ma senza successo alcuno. Cosa potevano
inventarsi per evitare di peggiorare la situazione?
Ci volle quasi mezz’ora prima che un agente, sulla trentina,
entrasse nella stanza. Indossava la divisa di ordinanza e portava una
pistola al fianco, ben assicurata nella fondina.
-Salve ragazzi. Sono l’agente Nakata, della polizia
distrettuale. I dottori mi hanno detto che avete avuto un brutto
incontro con una pistola… ragazzo, sei stato fortunato. Mi
hanno fatto vedere il proiettile che avete portato…
è un vecchio modello di pistola. Dove diavolo
l’avranno presa? Armi simili sono pericolosissime…
un colpo di quelli al cuore e… ci siamo capiti.
Manabe strinse i denti. Se pensava che aveva mirato a
Minaho… che gli importava del suo braccio? Aveva salvato il
suo migliore amico!
-Bene… -L’agente proseguì. -Ora
raccontatemi tutto, ok? Mi hanno anticipato che si tratta di un furto
finito male…
In dieci minuti, Manabe aveva detto tutto, cercando di non toccare
l’argomento emancipazione. Solo quando disse di non voler
sporgere denuncia il poliziotto si insospettì fortemente.
Ovviamente non poteva sapere la situazione del lilla… un
polverone avrebbe potuto pregiudicare il suo processo!
-Mh… ma… davvero non vuoi denunciare?
-L’uomo sospirò dubbioso. -Ok… ehi
ragazzo, vai a prendere un panino e una tazza di latte per il tuo
amico… è pallido. Ha perso molto sangue...
Minaho, confuso, obbedì all’ordine.
Perché diamine non ci aveva pensato lui? Manabe invece
sembrava dubbioso… qualcosa non tornava.
-Perfetto… ora siamo da soli. Ragazzo, dimmi la
verità… è stato lui, vero? Magari un
incidente? Oppure voleva farti del male? Forza, ora puoi dirmelo. Non
è la prima volta che vedo storie simili… anche se
di solito al tuo posto, sul lettino, c’è una
ragazza.
Il lilla era a bocca aperta, scandalizzato.
-C…cosa? Minaho è il mio migliore amico!
Lui… lui non farebbe mai una cosa del genere! Mi ha
già salvato la vita una volta… non le permetto di
accusarlo!
Fu in quel momento che lo vide.
L’arancione, fermo sulla porta. Aveva dimenticato il
portafoglio.
-Ok. Penso che sia il caso che… che… che me ne
vada via.
Minaho, con le lacrime agli occhi, appoggiò in tutta fretta
un panino sul mobiletto di fianco alla porta e corse fuori,
singhiozzando. Manabe era immobile, gli occhi spalancati.
-Ha… ha visto cosa ha combinato? È fragile!
Questa notte per poco non ci lascia le penne per difendere me, e adesso
si deve pure sentire accusato di tentato omicidio e violenza
domestica? La prego, mi deve credere! Il motivo per cui non
volevo denunciare è un altro…
Il poliziotto sembrava mortificato. -Io… io…
scusami… è che spesso mi capitano casi simili
e… insomma…
Manabe sospirò. -Capisco… posso immaginare. Ora
però… facciamo un patto, io e lei.
L’uomo si grattò il mento, sorridendo. Forse non
era molto professionale, ma qualcosa in quel ragazzo lo
intrigava.-Un… patto? E… sentiamo…
quale sarebbe il patto?
Manabe lo fissò seriamente, con sguardo profondo e sincero.
-Io le dico tutta la verità, e lei mi porta subito a casa da
Minaho.
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Capitolo 30 *** Soluzioni in cantiere! ***
Fai
ciò che è giusto, sebbene il mondo possa perire.
L’agente semplice Hideoshi Nakata, della polizia
distrettuale, pensava di averle viste ormai tutte.
Nella sua carriera, iniziata cinque anni prima, aveva assistito alle
operazioni più strane e alle soluzioni più
disparate, ma di fare servizio taxi ad un ragazzo per
estorcergli la verità su un caso non gli era proprio mai
capitato!
-E… quindi il motivo sarebbe questo? Non vuoi sporgere
denuncia per paura di compromettere il tuo processo di
emancipazione? Ok… adesso capisco. Anche tu
però capirai che non sarebbe giusto lasciare quel bullo
impunito. Ha compiuto reati estremamente gravi… tentato
furto, e ammettendo che il colpo sia partito per errore, è
comunque reato di lesioni involontarie… per non parlare del
porto d’armi assente! È minorenne, ma
c’è materiale per qualche bel mesetto in
riformatorio, se il paparino non sborsa una cauzione bella abbondante.
Poteva farti del male… capisci? O… o farlo al tuo
amico.
Manabe sospirò. -Ha… ha ragione da vendere,
però… se… se perdo il processo di
emancipazione la… la mia vita non…
insomma… le ho detto che i rapporti con i miei non sono
buoni… e… e poi mi allontanerebbero da Minaho!
Il poliziotto, mentre svoltava nella via di Manabe, fece atto di
riflettere con attenzione. -Senti… forse ho
un’idea che ci permetterebbe di salvare capra e cavoli. Ora
però siamo arrivati… ti accompagno in casa,
così vi faccio firmare qualche modulo e ne parliamo, ok?
Il lilla sorrise. -Ok… e… potrebbe scusarsi con
Minaho? Sarebbe carino da parte sua…
L’uomo rise. -Sei un vero delinquente! Sono la
legge, io! Comunque va bene… mi scuserò
con lui. Andiamo ora…
Manabe ridacchió. -Prego… si entra da qua.
Minaho era in salotto, di spalle. Guardava la televisione, le gambe
raccolte al petto. Sussultò quando sentì la porta
chiudersi.
Manabe non poté non notare come la luce del mattino facesse
brillare i suoi capelli e facesse apparire ancora più chiara
la sua carnagione lattea. Proprio non capiva come potesse ritenersi
poco attraente…
-Ehi… Min? Sono a casa... Anche l’agente Nakata
è qua. Dobbiamo compilare alcuni moduli…
L’arancione tremava. Era stato colto di sorpresa, e Manabe se
ne dispiaceva molto… faticava a trovare le parole.
-Ah… non parlate con me, sapete, sono sospettato di tentato
omicidio.
Il lilla scosse la testa, sospirando. -Min… guarda che
quelle erano solo domande di routine... come puoi pensare che qualcuno
pensasse che tu… insomma! Pensi che davvero
l’agente sia in dubbio? Ho spiegato tutte le cose come
stavano… è tutto a posto!
Minaho bofonchiò qualcosa, ma alla fine si girò.
Il lilla trovò buffissima la sua faccia leggermente offesa e
il suo broncio. –Non è stata una cosa carina,
sapete?
Ci fu un attimo di silenzio, poi… sia il lilla che il
poliziotto scoppiarono a ridere! Inizialmente Minaho sembrava confuso e
anche un po’ offeso… era serio, lui! Poi
però sentì un pruritino al naso… e
ridacchió a sua volta.
-Ok… scusa ragazzo. Come ti ha detto il tuo amico, sono
obbligato a rispettare le procedure e a fare alcune domande
scomode… comunque è evidente che tu non hai nulla
a che fare con quanto successo. Il tuo amico mi ha detto tutta la
verità. Quindi… scusa, ok?
L’arancione rimase perplesso un istante, quindi
sospirò. -Scuse accettate… ora però
ditemi… cosa pensate di fare? Man ha rischiato la vita per
salvarmi!
Manabe, che in tutto ciò era rimasto dietro le spalle
dell’uomo sorridendo soddisfatto, si sedette vicino al suo
migliore amico. -Min… ho spiegato all’agente la
nostra situazione, e ha detto di avere un’idea per salvare
capra e cavoli!
L’arancione fece una faccia molto interessata.
-Mh….davvero? Sarebbe fantastico! Questa situazione
è già strana di per sé… ti
sei fatto dare un passaggio dalla polizia! Sono pronto a
tutto… ditemi pure.
Pochi minuti dopo erano tutti e tre seduti in salotto. Manabe aveva
offerto un bicchiere di the all’agente, che ora si stava
schierando la voce.
-Bene… questa è la mia idea. Innanzitutto non
faremo denunce… credetemi, non dovrei dirlo. La legge mi
obbligherebbe, però… mi state simpatici, e voglio
anche credere che Kitama abbia sparato per errore. Comunque non gliela
faremo passare liscia! Si dà il caso che conosca la vostra
preside… una segnalazione della polizia potrebbe avere
effetti… importanti. Non andrà in riformatorio,
ma ci assicireremo che ricordi a lungo la punizione! Che ne dite?
Minaho rifletteva, la mano al mento. -Mh… non male. Tu che
ne pensi Man? Sei stato tu il ferito…
Manabe sorrise, guardandosi il braccio fasciato. -Beh…
Kitama è un idiota e un bastardo, ma penso che sia
estremamente insicuro. Non deve essere facile vivere con un padre
così… io ne so qualcosa. Non penso volesse
davvero farci male… deve pagare, ma non possiamo rovinargli
la vita. Nessuno… nessuno se lo merita.
L’arancione sorrise all’insegna
dell’amico. -Man… hai ragione come sempre!
L’agente scosse la testa, sorridendo. -Mamma mia…
siete più saggi di me!
Manabe non aveva mai dovuto firmare tanti fogli come quella mattina.
-Mamma mia… e questo solo per l’ospedale e la
polizia! Min… pensasse avessimo fatto denuncia! Ho
la mano dolorante…
-Se aveste fatto denuncia, la pila di fogli avrebbe raggiunto almeno
l’altezza del vostro libro di biologia! -Il poliziotto
sorrise. -Tranquilli… sono solo formalità. Vi
faccio compilare tutto perché mi avete detto della vostra
situazione… non sarebbe piacevole una segnalazione al
tribunale dei minori perché manca qualche foglio! Meglio
abbondare… ora scusate, devo fare una chiamata in centrale.
Nakata uscì dalla porta e si diresse verso la volante.
L’arancione diede una pacca sulla spalla del suo migliore
amico. -Eddai Man… cosa vuoi che sia! Vuoi un bacino sulla
manina?
Il lilla arrossì come un pomodoro, attraversando varie fasi
di rosso e viola. -Ehm… Min? Allarme ambiguità!
Quante volte te lo devo dire…
Minaho sospirò. -Sigh… e io che volevo aiutarti!
Guarda che quando finiremo su un’isola deserta, oppure
dispersi sull’Himalaya, saranno le mie abilità da
detective a tirarci fuori dai guai!
Il lilla sorrise sornione. -Ceeeeerto… come quando la
mattina mi tiri giù dal letto perché non trovi i
calzini, vero?
Adesso toccava all’arancione arrossire. -Sono solo un
po’ disordinato… mica è colpa mia!
Guarda che indica grande intelligenza! Ehm… genio e
sregolatezza?
Manabe scosse la testa ridacchiando. -E perché no?
Ma… allora perché io trovo sempre le mie cose?
-Pf… matematico di giorno, Koala di notte! Due giorni fa mi
hai perfino dato un bacino! Penso che fossi convinto che io fossi il
tuo orsacchiotto!
Manabe avvampò di viola acceso. -Io… io non
è che volessi… oddio…
Per sua grande fortuna, in quel momento rientrava in stanza
l’agente. -Ragazzi… mi hanno richiamato in
centrale. A quanto pare c’è stata una rapina in
centro… un negozio è stato svaligiato. Se avete
finito con i documenti…
In quel momento Manabe posava la penna. -Fatto! Ora che
succederà?
L’agente sorrise. Tranquilli… va tutto bene.
Domattina vi farò chiamare dalla preside insieme a Kitama, e
risolveremo la questione.
I due ragazzi sorrisero all’uomo. Erano preoccupati, ma non
potevano mica darlo a vedere! Minaho diede una stretta alla mano del
lilla, vedendolo tremare. Gli si avvicinò
all’orecchio e gli sussurrò di stare tranquillo.
Il lilla sorrise, un po’ in ansia.
-G… grazie, Min.
L’agente se ne era andato da un’oretta, quando il
lilla si alzò dal divano dove stava guardando un film. -Ok
Min… è ora di iniziare a pensare alla pappa! Cosa
ti andrebbe di buono?
L’arancione, che se ne stava tranquillo davanti al computer,
si girò perplesso. -Man… non esiste che tu ti
metta adesso a fare da mangiare! Guarda il tuo povero braccio! Ci penso
io… fidati del tuo amico!
Manabe fece per protestare, ma una fitta alla spalla lo convinse a dar
ragione a Minaho. In fondo come dargli torto? E poi… la sua
cucina era migliorata, no? Il lilla era certo che non ci fosse nulla da
temere… a patto che la cucina non andasse a fuoco, ovvio!
-Ehila!! Man… è pronta la pappa!! Ho delle
sorpresine per te…
Manabe si alzò dal divano sorridendo. Nella
mezz’ora precedente, l’arancione aveva spadellato a
più non posso, canticchiando allegramente. Il
lilla non sapeva proprio cosa aspettarsi!
Mentre si dirigeva in cucina, un odore non identificabile lo avvolse.
Era confuso… non poteva dire fosse appetitoso, ma nemmeno
nauseante… forse sarebbe riuscito a mangiare qualcosa,
quella sera.
-Eccoti qua Man! Siediti pure mentre io ti faccio il piatto…
per primo ho fatto un risotto con pesce e zucchine… spero ti
piaccia e… ehm… sia commestibile!
Il lilla lo fissò preoccupato, sforzandosi di sorridere. Il
risotto, se così lo si poteva chiamare, era verde, e questa
cosa lo inquietava non poco. Chissà perché si
aspettava di vedere i gamberetti fuggire dal piatto e riguadagnare
l’oceano di corsa.
Prese una forchettata della mistura e la portò alla
bocca… iniziando a masticarla ad occhi chiusi. Doveva
ammettere con stupore e felicità che non era affatto male!
-Ehi Min… sai che mi piace molto? Vedi che le apparenze
ingannano? Dai… vieni qua con me e mangia anche tu!
L’arancione, che era arrossito leggermente, si sedette al
fianco di Manabe. Di solito al tavolo gli stava di fronte, ma quale
giorno, chissà perché, sentiva il bisogno di
stargli più vicino. Forse era colpa dello spavento che
avevano preso… o di qualcos’altro? Si sentiva in
colpa.
-Ehi… Man… senti…
Il lilla smise per un istante di masticare e fissò
l’amico sorridendo, le guance piene di cibo, facendo
ridacchiare l’amico. -Dimmi Min! Qualcosa non va?
L’arancione giocherellava con i pollici, un po’
imbarazzato, lui che era sempre così sicuro di
sé. -Beh… io… io mi sento un po' in
colpa, Man! Ecco… l’ho detto.
Il lilla sembrava perplesso. -E di che?
Minaho sospirò. -Se… se non ti avessi trascinato
dietro di me, ieri notte, non… non ti avrebbero sparato!
Hai… hai rischiato di… di…
per… per colpa mia! -Gli occhi del ragazzo si inumidirono.
Manabe gli mise una mano sulla spalla, fissandolo negli occhi.
-Ehi… cosa dici Min? Guarda che quando è partito
il colpo, Kitama era a te che puntava… tu sei
così… così coraggioso! Vorrei
tantissimo essere come te, sai?
L’arancione era sconvolto. -Man ma… ma che dici?
Se ti avesse colpito in maniera più grave
sarebbe… sarebbe stato solo colpa… colpa mia!
Noi… noi dovevamo rimanere chiusi in camera…
è… è stato un errore.
Manabe sospirò ancora. -Guarda Min… se avesse
colpito te, come avrei fatto io? E poi sono stato io a
svegliarti… non… non è stata colpa di
nessuno. Anzi… tu hai molti meriti nel fatto che ora siamo
qui tutti e due, a mangiare il tuo buonissimo risotto!
Minaho non trattenne un singhiozzo. Lentamente mise le braccia intorno
al collo del lilla, appoggiando la testa sul suo petto. -Grazie. Grazie
Man.
Il lilla sorrise, scompigliandogli i capelli. -E di che?
Anzi… sento un buon profumino di pollo arrosto! Cosa mi
proponi per secondo?
La cena era stata decisamente buona. Manabe era felicemente stupito.
-Min… sai che era tutto buonissimo? Sei stato bravo!
L’arancione arrossí, portando la mano dietro la
nuca. -Ma… Ma che dici… non… non era
niente di che! Sono… sono felice che… che ti sia
piaciuto!
Manabe sorrise. Al suo migliore amico brillavano gli occhi…
quando riceveva un complimento, l’arancione tornava un
po’ bimbo. Manabe amava questo suo piccolo orgoglio, che non
era superbia, ma qualcosa di molto più dolce!
-Senti Min… che ne pensi di un bel film? Questa sera non ho
sonno…
L’arancione, tranquillizzato, si illuminò. -Ma
certo!
-Mpf… a me questa storia del Vietnam non convince!
-Minaho, seduto sul divano a gambe incrociate, la mano al mento,
fissava con sguardo perplesso il suo migliore amico. -La storia,
secondo me, non era affatto così lineare e ovvia…
Manabe sorrise, sospirando. -Min… penso che ci sia capitato
il solito polpettone americano di propaganda! Hanno ammazzato un sacco
di gente… non metto in dubbio che la ragione stia nel mezzo,
e che anche gli altri avessero compiuto delitti efferati,
però… quelle bombe sui villaggi… che
cosa triste. Vorrei che il mondo fosse diverso, a volte.
L’arancione mise la mano sulla spalla del lilla.
-Man… le cose non vanno mai come dovrebbero andare al primo
colpo, ma… ma si può lottare per farle cambiare.
Noi lo facciamo sempre, no?
Il lilla scoppiò a ridere.
-Oh Min… hai proprio ragione!
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Capitolo 31 *** La prima udienza ***
No, non siamo ancora soddisfatti,
e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà
come l’acqua e il diritto come un fiume possente.
La mattina seguente Minaho si svegliò discretamente di buon
umore.
Scese dal letto quando il sole era appena sorto e spalancò
le finestre per godersi un po’ di aria fresca, rabbrividendo
un poco. Era una bella mattinata di sole e gli uccellini cantavano
allegramente. Si diresse verso l’armadio e prese i suoi
vestiti, quindi si diresse verso il bagno dove si fece una
bella doccia. Tornato in camera indossò la biancheria e si
vestì, tranquillizzato dalla sveglia. Aveva molto tempo.
Quando fu pronto chiuse la finestra ed uscì dalla stanza,
dopo aver sommariamente rifatto il letto e rinunciato a provare a
mettere un po’ d’ordine! -Ehm… ci
penserò poi… in fondo il pavimento si vede
ancora…
Fischiettando allegro si diresse in camera del lilla, dove lo
trovò già sveglio ma ancora a letto.
-Ehila Min… Ciao. Mamma mia che sonno che ho…
stanotte ho dormito poco per paura che qualcuno altro… ci
siamo capiti.
L’arancione sospirò sorridendo. -Man…
tranquillo. Non succederà più… avevamo
chiuso bene porte e finestre! Piuttosto… come va il tuo
braccio?
Il lilla si schiarì la voce e si tirò a sedere
sul letto. -Potrebbe andare peggio… mi fa meno male di ieri.
Tu? Tutto ok oggi?
L’arancione gli fece l’occhiolino sorridendo
sornione. -Ma certo! Guarda qua… fresco come una
rosa… ehm… arancione! Piuttosto… devo
cambiarti la medicazione Man. Spero che non ti dispiaccia…
Il lilla scoppiò a ridere. -E perché dovrebbe
dispiacermi?
Minaho arrossì, portando la mano dietro la nuca.
-Beh… devi spogliarti e… devo
toccarti… ecco… non so…
Manabe rise ancora più forte, scuotendo la testa. -Oh
Min… e pensi che mi vergogni a farmi vedere da te a torso
nudo? E da quando? Viviamo insieme da mesi… quante volte ci
siamo visti in mutande? Per quanto riguarda il toccarmi…
dormiamo insieme a volte! Cosa vuoi che sia?
Minaho, di fronte a tali argomentazioni, si rese conto della
realtà dei fatti e scoppiò a ridere a sua volta.
-Già… non ci avevo pensato!
-Ok Man… adesso ti i aiuto a toglierti il pigiama.
Aspetta…
L’arancione, un po’ in imbarazzo, aiutò
il suo amico a finire di sbottonarsi la camicia del pigiama, quindi,
molto delicatamente, glielo sfilò dalle spalle. Il lilla
gemette. -Ahi…
Minaho sussultò. -Man, ti ho fatto male? Oddio scusami!
Il lilla sorrise. -Tranquillo Min… sono solo i punti che
tirano un po’! Va tutto bene… procedi pure.
L’arancione sorrise dolcemente. -Ok Man… temevo di
averti fatto male. Aspetta… eccoci qua! Vedrai…
faremo in fretta. Non voglio che tu prenda freddo, ok?
Manabe ridacchiò. -Eheheh… magari dovresti
abbracciarmi per scaldarmi!
L’arancione scoppiò a ridere, dando un buffetto
sulle spalle dell’amico. -Ok Man…
aspetta… tolgo il cerotto.
Per fortuna il cerotto venne via facilmente. Fu allora che Minaho si
immobilizzò per un istante. Il lilla era perplesso.
-Ehm… Min? C’è…
c’è qualcosa che non va? La ferita è
brutta?
Minaho si riebbe di scatto. -Oddio… Man… stavo
notando che… che… ecco…
Manabe era ancora più perplesso. -Cheeee…?
L’arancione si portò la mano dietro la nuca.
-Oddio... Mi vergogno un po’ a dirlo…
ecco… tu… tu sei… sei bello, Man. Sei
diventato davvero bello.
Era vero. Il calcio aveva aiutato entrambi i ragazzi a sviluppare una
leggera muscolatura da sportivo che risultava sulla loro pelle chiara,
addirittura nivea per l’arancione. A torso nudo, con i
capelli un po’ in disordine e gli occhi allegri e buoni che
lo caratterizzavano, Manabe era davvero bello.
Il lilla era avvampato di rossore. -M… Min? Che…
che dici? Io… io sono uno… uno un po’
sfigato e… e… ecco…
-Man, sei bellissimo.
-Bene… la ferita è pulitissima e non sembra
affatto infiammata! Aspetta… prendo la pomata antibiotica.
L’arancione aveva messo mano alla borsa di farmaci che
avevano ricevuto in ospedale, estraendone un tubetto di
pomata. -Che bello Man! È profumata alla fragola!
Il lilla scoppiò a ridere. -Evviva!
Minaho, sorridendo felice, mise un po’ di pomata sulle dita e
iniziò a spalmarla delicatamente sulla ferita del lilla,
massaggiandolo piano. -Scusa Man se fa male… e anche se devo
toccarti così… non… non devi pensare
male, eh!
Manabe ridacchiò sornione. -Ehi Min… tranquillo!
Ne abbiamo già parlato, no? Non è nemmeno la
prima volta che mi aiuti con un massaggio, se è per questo.
Sei il mio migliore amico, anzi di più, sei come mio
fratello! Non devi vergognarti di nulla quando sei con me, ok?
L’arancione sorrise, tranquillizzato. -Man… sei
unico! Aspetta… adesso ti metto il nuovo cerotto…
Tempo cinque minuti e la medicazione era pronta.
-Ok Man… stasera rinnoviamo il tutto come hanno detto i
dottori. Come va?
Il lilla sospirò. -Bene ma… questa cosa
durerà ancora sei giorni, e ti farà perdere un
sacco di tempo!
L’arancione si mise a ridere. -Ma che dici Man! Mi diverto a
fare il medico! Tranquillo… nessun fastidio e
poi… insomma… mi hai salvato. Te lo devo.
Manabe sospirò ancora, sorridendo. -Ma va… cosa
avrei fatto senza di te? E ora… questo eroe vorrebbe fare la
pappa! Purtroppo a scuola ci aspettano… sigh! Magari poter
tornare a letto!
Minaho e Manabe fecero colazione con latte e biscotti, quindi si
vestirono e uscirono di casa, diretti alla fermata
dell’autobus. Era una bella mattinata nonostante il fresco, e
il sole rendeva le temperature più che sopportabili anche
senza bisogno di pesanti giacche.
Arrivati a scuola si sedettero al loro posto, un po’
preoccupati.
-Min… dici che… dici che il poliziotto si
è ricordato di… ecco… hai
capito…
Minaho sorrise all’amico, cercando di tranquillizzarlo.
-Penso di sì Man… però stai
tranquillo. Andrà tutto bene, e poi ci sono io qui con te,
no? Non ti succederà nulla… anzi, non
succederà nulla a nessuno dei due. È Kitama che
deve preoccuparsi! Chissà perché non è
a scuola… che sia già in presidenza?
Il lilla sospirò. -Non lo so… comunque Min, sai
che… che un po’ mi fa pena? Continuo ad essere
certi che non volesse sparare, e penso che debba aver vissuto questi
giorni nel più assoluto terrore. Non vorrei mai vivere una
situazione simile… deve essere terribile. In fondo lui non
sa se ci è successo qualcosa… potrebbe essere
convinto di finire in galera.
Minaho si portò la mano al mento, riflettendo.
-Non… non l’avevo considerata sotto questo punto
di vista. Hai ragione… fa un po’ compassione anche
a me. Speriamo che venga punito pesantemente, ma, se è vero
che non voleva sparare, la prigione sarebbe troppo crudele.
Hai…hai visto suo padre… non deve rendergli la
vita facile.
I ragazzi stavano ancora parlando quando entrò il professore
di biologia, scuro in volto. Immediatamente la classe iniziò
a borbottare… se era di cattivo umore avrebbe di certo
interrogato!
L’uomo si sedette alla cattedra sospirando. Qualcosa doveva
agitarsi molto… infatti quando il suo sguardo si
posò su Minaho e Manabe, e nello specifico sulla fascia che
si vedeva spuntare dal colletto della giacca del lilla, ebbe un
sussulto.
Prese il registro… sembrava dovesse interrogare, ma quando
aprì bocca quello che disse fu diverso.
-Minaho Kazuto, Manabe Jinichirou, vi… vi aspettano in
presidenza. Mettete pure via il libro… qualcosa mi dice che
quest’ora la passerete là.
Mentre Minaho e Manabe camminavano lungo i corridoi,
l’arancione si accorse che l’amico tremava. Gli
prese la mano, facendolo sussultare.
-Min...
-Ascoltami bene Man. Per una volta non siamo noi ad essere sul banco
degli imputati… non… non ci succederà
nulla, vedrai! Questa cosa la dobbiamo fare… è
giusto farla. Tu stai rilassato… per qualunque cosa, io ti
difendo anche a pugni se serve.
Il lilla sorrise debolmente. Minaho era sempre pronto a mettersi
davanti a lui per fargli scudo… era una cosa che trovava
molto dolce. -Ok Min… io sono pronto.
Parlando, i ragazzi avevano svoltato a sinistra dopo il laboratorio di
informatica e quello di chimica e si erano ritrovati in un altro
corridoio. Dopo venti metri, una nuova svolta verso sinistra li
portò nel corridoio che costeggiava il parco interno. Dalla
parete, interamente vetrata, si vedeva lo stadio della Raimon dalla
parte opposta del grande giardino.
Finalmente arrivarono in fondo al corridoio, davanti alla porta della
presidenza.
-Ok Man… sei pronto?
L’arancione sorrideva e tendeva la mano al lilla. Manabe
prese un grosso respiro, buttò fuori lentamente
l’aria e riprese a respirare normalmente, tranquillizzato.
-Prontissimo Min! Andiamo a far vedere chi siamo!
Dopo essersi guardati negli occhi per darsi sicurezza, Minaho e Manabe
entrarono nella stanza più rapidamente di quanto avrebbero
voluto, a causa dell’agitazione.
-Benissimo! Ragazzi, benvenuti.
Era la preside ad avere parlato con voce squillante. La donna, vestita
con un elegante tailleur nero, sedeva alla scrivania nel mezzo della
presidenza inondata dalla luce della prima mattina che entrava dalla
parete vetrata che dava sul cortile, prolungamento di quella del
corridoio. Alla sua destra, l’agente Nakata in piedi che alla
vista dei ragazzi gli fece l’occhiolino, mentre davanti a lei
sedeva Kitama, la schiena curva, tremante.
Minaho e Manabe erano in difficoltà, a dire il vero. Fu solo
un gesto della preside accompagnato da un sorriso rassicurante a
spingerli a sedersi anche loro davanti alla scrivania, cercando nel
contempo di girare alla larga da Kitama.
Il bullo, da parte sua, aveva reagito in maniera molto strana. Alla
vista di Manabe, aveva sussultato in maniera palese, e per un istante
il lilla aveva avuto la stranissima impressione che gli si fossero
inumidito gli occhi.
Di certo era solo una pallida ombra del solito bulletto. Aveva gli
occhi rossi e spaventati, la schiena curva e le mani incapaci di stare
ferme. Si tormentava il colletto della giacca e aveva il respiro
accellerato come chi è in preda al terrore.
Non si poteva dire che il lilla fosse molto più calmo.
Sentiva di stare sudando tantissimo e aveva vampate di calore che loro
facevano sentire strano. Si sentiva debole come sempre…
deluso da sé stesso. Guardava Minaho… lui invece
sembrava così sicuro di sé! Sedeva con i gomiti
appoggiati alle ginocchia, con aria indagatrice.
-Ok… state tutti calmi. -La preside iniziò a
parlare con aria solenne. -In un modo o nell’altro, non ho
dubbi sul fatto che… che sappiate tutti perché
siete qui.
A queste parole Manabe sussultò. Sentiva le mani inzuppate
di sudore, così come la giacca. Kitama, da parte sua, ebbe
una specie di tracollo nervoso e iniziò a tremare ancora
più violentemente, mentre Minaho manteneva la sua calma
risoluta.
-Penso che sia inutile dirvi quanto sia grave la situazione. -La donna
continuò. -Vedete chi è alla mia sinistra? Questo
è un poliziotto. Un poliziotto, capite? In questa scuola,
mai era successo qualcosa di così grave come oggi... Mai! E
mai… mai un nostro studente aveva commesso un reato di
questo tipo!
Kitama ora era al limite di una crisi nervosa. Tremava, si mangiava le
unghie tormentandosi le mani fino a farle sanguinare, respirava
ansimando e guardava fisso nel vuoto.
L’agente Nakata prese la parola. -La a vostra preside ha
ragione. Quello che è successo non è uno scherzo!
Non è un gioco! Qualcuno poteva rimanere ferito gravemente,
o peggio… è una fortuna che nessuno si sia fatto
troppo male!
-Perché… perché…
chi… chi si è fatto male? -Kitama aveva parlato
con un filo di voce, il cuore in gola.
L’agente sospirò. -Un colpo di pistola ha
rischiato di ferire gravemente Manabe, e gli ha provocato un profondo
taglio al braccio sinistro che ha richiesto cure d’ospedale.
A queste parole Kitama si piegò su sé stesso come
se avesse una fitta allo stomaco, mettendo le mani tra i capelli.
-Io… io non…
La preside si alzò in piedi. -Kitama, ora parla. Sei stato
tu ad entrare in casa di questi ragazzi e a sparare un colpo? Basta
scherzi.
Calò una cortina di silenzio. Manabe si sentiva zuppo di
sudore. Sussultò quando una mano gli si posò
sulla spalla.
-M…Min…
L’arancione fece l’occhiolino al suo migliore amico.
-Man… stai tranquillo. Io sono qui con te.
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Capitolo 32 *** Il poliziotto buono ***
In tempi di decadenza, la
giustizia smaschera, non giudica.
Nella stanza un silenzio assoluto.
Manabe aveva perso il conto dei secondi. Dieci…
venti… perché nessuno parlava? La pressione dello
sguardo della preside era intollerabile.
Minaho era il solo ad aver mantenuto apparentemente la calma. Osservava
il tutto con sguardo indagatore, la mano a sostenere il mento. La
realtà era che anche lui era nel panico, ma voleva essere
forte per tranquillizzare il lilla. Guardò
l’agente negli occhi, quindi la preside. Nessuno sembrava
voler fare la mossa successiva.
Kitama era come rotto, spezzato. Mai, nella sua vita, aveva avuto un
tale terrore di essere punito, di andare in prigione. In lui un
terribile orgoglio lottava contro l’angoscia. Un misto di
sensazioni nuove, che non aveva mai provato prima, a dire il vero. Era
abituato ad incutere paura, non a subirla.
La preside prese la parola con tono più acuto. -Kitama!
Insomma! Se non parli, finirà male!
Il ragazzo continuava a tacere, ma ora tremava terribilmente. Si
potevano sentire i denti sbattere l'uno contro l’altro, ed
era in un bagno di sudore, gli occhi di animale preso in trappola
iniettati di sangue. Qualcosa in lui si ribellava, voleva spaccare
tutto, voleva fare del male, l’unica cosa che sapesse fare
bene, l’unica cosa che lo facesse sentire importante.
-Kitama. -L’agente prese la parola. -Sai che se non parli
dovremo prendere provvedimenti, vero?
Il tremore aumentò, e con lui la respirazione che
accellerò ulteriormente. Manabe iniziava a provare davvero
molta pietà, nonostante tutto. Nemmeno Minaho poteva
rimanere indifferente, a giudicare dal leggero rossore che gli
imporporava la pelle nivea.
-Per favore… non così… -Manabe
stringeva i denti. Fu uno sguardo della preside, rassicurante e deciso
insieme, a fargli cenno di non parlare.
-Sai che se non parli… -La donna riprese la parola,
alzandosi in piedi. -… se non parli l’agente
Nakata dovrà portarti via. Subito. Inizierà
un’indagine, e andrai in prigione per mesi, con quello che
è successo. Verrai espulso da scuola, e tuo padre…
-No!!! Mio padre no!!! Lui no!! -Il bullo crollò di colpo.
Era stato un grido animalesco, disperato e pieno di paura. -Vi
scongiuro! Io non… non volevo fargli male! Non volevo!!! La
pistola è di papà… io non la so usare!
Il colpo è partito! Vi… vi imploro!!! Volevo solo
fare un dispetto… volevo solo spaventarli!!! Vi supplico,
tutto ma non mio padre!!
Il ragazzo esplose in un pianto irrefrenabile. Sembrava così
debole ora… si gettò a terra con la testa tra le
mani, urlando.
L’agente sospirò, mentre la preside guardava
severamente la scena. Il più sconvolto era Manabe. Non
poteva evitarlo… provava tantissima compassione per colui
che si era dimostrato solo un ragazzo fragile, senza più la
sua aria di paura e rispetto finto. Anche Minaho era in
difficoltà a trattenersi dal parlare.
Manabe si trovò ad agire senza pensare. In un secondo era in
piedi, quello dopo appoggiato su un ginocchio, di fianco a Kitama.
Minaho fece per slanciarsi verso di lui, per coprirlo e proteggerlo, ma
la preside lo bloccò con un gesto.
-Ehi… ascoltami. Lo so che non volevi farci del male.
Il lilla aveva parlato piano, con dolcezza. Nemmeno lui sapeva cosa lo
avesse spinto… era quel forte senso di protezione che
scattava in lui quando vedeva qualcuno soffrire. Si rese conto
dell’assurdità della situazione… quello
era Kitama!
Il ragazzo sollevò per un istante la testa, sconvolto dai
singhiozzi, e fissò i suoi occhi pieni di paura in quelli
buoni di Manabe. -T…tu… tu vuoi prendermi in
giro! Vuoi… vuoi umiliarmi ora che… che sono
debole e… -riprese a piangere come una fontana.
Manabe sospirò. -Io… io semplicemente so cosa
sei. So cosa significa non avere un’infanzia,
perché qualcuno te la porta via, e quando te ne rendi conto
è troppo tardi… se ne è già
andata… per sempre. Io posso capirti, perché ho
passato le stesse cose. Tu odi gli altri perché non sai cosa
significhi, non odiare.
A queste parole, il giovane si scosse tutto. -Tu… tu non sai
nulla di me! Nulla!
-Oh… io so tanto invece! So, perché vedo i tuoi
occhi. Leggi dentro di te, per una volta! Leggi…
dentro di te… -Ora era il lilla a star per cedere
all’emozione.
-Kitama… ascoltalo. Parla ora, e forse potremo fare qualcosa
per aiutarti! -La preside ora parlava con voce più dolce.
Kitama non resisteva più. Provò a concentrare il
suo orgoglio e la sua rabbia, ma dentro di sé
trovò solo solitudine. Non poteva andare oltre.
-Io… io… sono stato… sono stato io!
-Esplose in un pianto ancora più violento.
-Volevo… volevo spaventarli perché…
perché tutti li prendono in giro e… e loro
non… non reagiscono mai e… e io sono
così solo!! Loro sono… sono sempre insieme
e… e io li invidio tanto! Nessuno… nessuno
mi… mi vuole bene! Sono… sono un mostro! Quella
era la pistola di papà… io non so sparare!
Non… non la so nemmeno tenere in mano! Ho… ho
avuto così paura di averli uccisi…
così paura!
Minaho ebbe una stretta al cuore. Adesso capiva il perché
del comportamento di Manabe… quel ragazzo stava male, anzi
malissimo!
-Potevi ucciderli. Sai quanto sia grave questa cosa?
-L’agente Nakata era serio, imponente.
-Io… io non volevo! Vorrei… vorrei solo morire io
e smettere di essere così infelice!! Ora… ora
non… non so… -Così dicendo,
crollò ai piedi di Manabe abbracciandogli le gambe.
-Ti… ti prego! Perdonami… io non… non
volevi farvi male! Ti… ti giuro che…
che… non volevo farvi male!
Manabe era sconvolto. Quello proprio non se lo aspettava. Anche Minaho
era nel pallone.
-Io… io cosa… cosa posso dire…
lo… lo so. Ti credo… ti credo.
Il ragazzo fissò i suoi occhi in quelli del lilla, con uno
sguardo pieno di sofferenza e riconoscenza. Qualcosa era
scattato… la preside lo capì subito.
-Kitama,, alzati in piedi. Abbiamo una notizia per te. Devi sapere che
Minaho e Manabe hanno deciso di non denunciarti.
Kitama trasalì, confuso e sofferente. -C…cosa?
Non… non vogliono…
-No, non ti hanno denunciato e non ti denunceranno. Quello o che
è successo ti serva di lezione. Devi cambiare, una volta per
sempre. Se non lo farai, a partire da subito, non ti
permetterò mai più di mettere piede in questa
scuola.
Il ragazzo era sconvolto. Tremava, e non riusciva a parlare.
Guardò Minaho, poi Manabe, quindi… si
buttò a piangere tra le braccia del lilla, preso
completamente di sorpresa.
-Ma… Ma… Ma che…
Minaho era nel panico. Stava per tirare un cazzotto a Kitama,
quando si rese conto che non stava affatto cercando di aggredire
Manabe… voleva solo essere consolato. Una situazione ai
limiti del surreale.
Il lilla, da parte sua, non sapeva affatto cosa fare. Quello che
nemmeno due giorni prima li aveva minacciato con una pistola, ora gli
stava inzuppando la maglietta di lacrime, piangendo disperato come un
bambino. E ora che doveva fare?
Ehm… ehi? Senti… non… non serve
piangere… possiamo… possiamo parlare
di… di come sistemare alcune cose se… se
vuoi…
Il ragazzo prese a piangere ancora più forte. -Voi
mi… mi… mi potevate fare andare in prigione
e… e invece… e io… io ho rischiato
di… di uccidervi! La…la notte del fatto
ho… ho avuto così paura di… io non
volevo! Non volevo!! E voi non… non mi mandate
neanche in prigione perché…
perché…
Kitama su mangiava le parole, e la confusione era tanta. Manabe
sospirò. Non seppe come, né perché, ma
si trovò ad accarezzare delicatamente i capelli di Kitama
che continuava a piangere. -Ehi… non mi hai ucciso, hai
visto? È solo un taglio… niente di grave. Lo so
che non volevi… non piangere. Vorrei solo che la…
che la smettessi di prendermi… di prendermi in giro, e di
litigare sempre con… con Minaho, ecco. Io… io non
ho mai avuto nulla contro di te… mai.
Kitama alzò gli occhi lucidi e fissò Manabe. Fece
per allungare la mano, ma crollò di nuovo in lacrime. Era
una scena molto difficile da sostenere anche per Minaho, che ora era
proprio commosso.
-Io… io… io sono stupido e cattivo!
Papà ha ragione… non… non
sarò mai nessuno, e faccio schifo come persona…
papà… papà ha ragione! Mi…
mi fate essere così invidioso… voi…
voi siete amici! Io… io ho solo persone che… che
hanno paura di me… nessuno… nessuno che mi voglia
bene per… per quello che sono! Vi… vi ho fatto
così male solo… solo per la mia inutile invidia!
Inutile come me.
Ecco, adesso Minaho e Manabe erano proprio senza parole.
L’arancione non poté non ridacchiare alla vista
dell’espressione da pesce lesso del suo migliore amico.
-Io… noi… ecco…
perché… perché non hai provato a
parlare con qualcuno? Non… non potevamo sapere
che… insomma…
Minaho, sorridendo, decise di intervenire. Non poteva lasciare sulle
spalle del lilla tutta la situazione, no?
-Ascolta, Kitama. Oggi abbiamo capito molte cose che non sapevamo. Ti
va di mettere a tutto una pietra sopra? Ma proprio a tutto
tutto… e far ripartire le cose tra noi due e te da zero, ok?
Il ragazzo sussultò. -Ma… Ma voi volete
davvero… davvero perdonarmi? Non… non vi
darò più fastidio, lo giuro! Non… non
darò più fastidio a nessuno senza
motivo…
Minaho sorrise, seguito a ruota da Manabe. -Vieni… dacci la
mano.
Kitama aveva paura. Si alzò lentamente e, un po’
titubante, si avvicinò ai ragazzi. Un po’
spaventato, allungò la mano verso Minaho, che la
afferrò.
-Senti… ecco… scusa per quando ho fatto la spia.
E scusa anche per… per tutto quello che ho fatto a Manabe.
L’arancione sospirò, sorridendo. -E tu scusami per
averti picchiato.
Il ragazzo rimase per un attimo sconvolto. -Tu… tu ti scusi
con me?
Minaho si portò la mano dietro alla nuca.
-È… è giusto così.
Kitama sorrise debolmente, quindi si avvicinò a Manabe.
Teneva il capo basso e tremava un po’.
-Ecco… ehm…senti… scusami per quando
ti ho ferito la mano e… e… e per tutte le volte
che ti ho umiliato e… e per averti sparato e… e
ferito e… -Gli occhi gli si inumidirono di nuovo. Manabe
sospirò e scosse la testa sorridendo.
-Ehi… tutto ok. Perdonato… perdonato. Sono felice
di averti come amico, ora.
-A… amico? -Kitama spalancò gli occhi.
-Che… che volete dire?
Fu Minaho a rispondere. -Beh… siamo amici ora, no? Cosa ti
aspettavi? Non… non vuoi esserlo?
Anche Manabe sorrideva. Kitama invece era davvero sconvolto. Lentamente
gli si riempirono gli occhi di lacrime, finché non riprese a
piangere, tra le braccia di Manabe.
-Perfetto… mi sembra che si sia risolto tutto per il meglio!
-La preside sorrideva. -Penso che il suo aiuto non sia più
richiesto, agente Nakata!
Il poliziotto sorrise chinando il capo. -Mai stato più lieto
di potermi ritirare, signora! Felice che tutto si sia risolto per il
meglio, ma bada… che non senta più il tuo nome,
Kitama! La prossima volta non ci sarà tolleranza,
né comprensione.
Il ragazzo, tremando, annuì. Non aveva ancora lasciato la
maglietta di Manabe, ormai inzuppata delle sue lacrime.
-Non… non sentirete più parlare di me! Lo giuro!
Ora… ora sono una persona diversa.
-Splendido. Credimi… sei tu quello che ha più da
guadagnarne. -La preside sorrise.
-Ehi Man… chi poteva aspettarsi una cosa così?
Mentre camminavano nel corridoio diretti verso la loro classe, Minaho e
Manabe parlavano accanitamente. L’arancione era addirittura
entusiasta!
Il lilla sospirò, sorridendo. -Io… io non lo
avrei mai immaginato! Min… chi l’avrebbe mai detto?
-Già… dietro alle sue cattiverie c’era
qualcosa di grave. Pensi… pensi che abbiamo fatto bene a
perdonarlo?
Il lilla sospirò ancora. -Perdonare è sempre la
scelta giusta. E poi… chi meglio di noi può
sapere come ci si sente, quando si è soli?
L’arancione annuì. -Hai ragione, Man. Abbiamo
fatto decisamente la scelta giusta.
I ragazzi imboccarono il corridoio della loro classe, parlando a
raffica. Fu a metà strada che sentirono una mano poggiarsi
sulla spalla.
-Ehi…
Minaho e Manabe si girarono di scatto.
-K…Kitama? Cosa…
-Grazie.
Le lezioni furono devastanti.
Interrogazioni e compiti in classe non mancavano mai a novembre, ma
quell’anno veramente si stava passando il limite. Tre in una
sola mattina!
Inutile dire che il clima della classe era infuocato, e questo non
faceva che peggiorare le opinioni che i compagni avevano di Minaho e
Manabe. Erano praticamente gli unici a prendere solo voti altissimi,
attirando ancora più odio.
-Ehi! Femminucce! Oggi non avete ancora preso nemmeno un dieci! Siete
malati? Ah già… voi siete malati! State insieme,
non è vero? Deviati!
Manabe sussultò. Sapeva che nessuno di loro aveva idea del
fatto che gli piacessero veramente i ragazzi e che volevano solo
offendere lui e Minaho, ma quelle frasi lo facevano soffrire
terribilmente. Ecco perché non poteva aspettarsi quello che
stava per succedere!
-Quindi? Perché non vi date un bacino qui, davanti a tutti?
Minaho era già in piedi, i pugni stretti. -Sparisci e
lascialo stare, oppure…
-Kato! Fuori dai piedi immediatamente, oppure ti farò
pentire di essere nato! Da oggi in poi, loro due non si toccano, mi hai
capito?
Il ragazzino spalancò gli occhi. -Ma…
Kitama…
-MI HAI CAPITO? -Il ragazzo urlò, afferrando per il colletto
il piccoletto. -Da oggi in poi, chi li dovesse toccare farà
i conti con me, e fossi in voi… starei molto attento.
Il ragazzino, terrorizzato, sparì tra le bancate. Tutti
quelli che avevano assistito alla scena sparirono tornando alle proprie
attività… in preda al panico. Nessuno avrebbe
più dimenticato quanto visto!
Minaho era a bocca aperta, Manabe sconvolto.
-K…Kitama…
Il ragazzo, gonfiando il petto, sorrise mostrando i denti mancanti.
-Nessuno vi farà più male.
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Capitolo 33 *** Visita con sorpresa ***
Le sale
d’attesa degli ospedali non indicano prudentemente che cosa
dobbiamo attenderci.
Seduto sul divano, un po’, anzi molto confuso,
Minaho rifletteva, la testa fra le mani.
Mentre Manabe preparava il pranzo canticchiando, l’arancione
si era preso qualche minuto per riflettere. Aveva troppi
pensieri… quanti problemi in quegli ultimi giorni!
Innanzitutto il meningioma di Rex per cui soffriva in modo incredibile,
ma anche le medicazioni di Manabe, il suo articolo rubato sul quale
aspettavano ancora notizie dallo zio del lilla, il processo, il torneo
nazionale…
Sospirò, scuotendo la testa e prendendosela tra le mani. Era
angosciato.
-Ehi? Min? Ti piacciono così tanto quei calzini, da fissarli
così intensamente? Se vuoi posso regalartene qualche altro
paio!
Il lilla, sorridendo, entrò in salotto con un vassoio pieno
di cibo apparentemente delizioso. L’arancione sorrise
debolmente mentre il lilla si sedeva vicino a lui a gambe incrociate e
vi poggiava sopra il tutto.
-Ehi… -Il lilla prese la mano dell’amico.
-Tranquillo. Risolveremo tutto, un pezzo alla volta.
Minaho emise un piccolo gemito. -Io… io lo spero
però… però…
-Però hai paura… ti capisco. Ne ho tanta anche
io! Però penso che dobbiamo lottare! Le abbiamo sempre
superate tutte, e se siamo insieme, continueremo a farlo.
Il lilla fece l’occhiolino all’arancione, che
sorrise un po’ rassicurato.
Per pranzo Manabe si era superato, a parere dell’arancione.
Aveva preparato pasta al sugo di pomodoro, polpettine di pesce,
patatine fritte e crostata all’arancia per dessert,
impiegando in tutto non più di un ‘ora…
Minaho era sbalordito.
-Man ma… ma l’hai tirata fuori dal cappello?
Il lilla ridacchiò imbarazzato. -Beh… dopo quello
che è successo prima a scuola ero un po’ agitato,
e così ho pensato di preparare qualcosa di
speciale… non è stato poi così
difficile!
-Sigh… per me lo sarebbe… anzi, sarebbe
proprio impossibile! -Minaho si portò la mano al mento,
incrociando le gambe sul divano. -Mh… dal colore e dal
profumo, insieme al tempo di preparazione, deduco che…
marmellata all’arancio! La mia preferita!
Manabe sorrise sornione. -Primo… è anche la mia
preferita! Secondo… come diavolo hai fatto a capirlo subito?
Minaho scoppiò a ridere. -Beh… la marmellata
all’arancio è più liquida delle altre.
La torta, più umida, deve cuocere di più
perché sia bella morbida… e tu ci hai messo
esattamente cinque minuti e ventisette secondi in più del
solito, oggi!
Manabe spalancò la bocca. -O… o mio Dio!
Min… sei fuori dal comune!
Dopo pranzo, Minaho e Manabe erano così stanchi che
crollarono addormentati sul divano. Dormirono una buona oretta, e
quando si svegliarono si erano fatte le tre.
Il lilla si stiracchiò sbadigliando -Ok
Min… senti… se… se vogliamo andare a
trovare Rex, tra mezz’ora è orario di visite in
ospedale…
L’arancione sospirò. -Sì…
sì… penso sia la cosa migliore da fare.
Mi… mi manca tanto, Man…
Il lilla si sedette vicino all’amico. -Lo so…
manca tanto anche a me. Vedrai, sarà felice di vederci!
Minaho sforzò un debole sorriso. -Hai ragione… e
poi… poi è giusto. Non possiamo lasciarlo da solo.
Manabe sorrise abbracciando il suo amico. -Oh Min… sei
così forte! Vorrei essere come te!
L’arancione arrossì vivamente. -M…Man!
Guarda che tu sei molto più forte di me! Sei sempre tu a
tirarmi fuori dai guai, in un modo o nell’altro! E poi non ti
si può resistere, con quel musetto da cucciolo!
Manabe divenne indaco. -C…che cosa?? Minaho Kazuto! Fila a
metterti le scarpe prima che ti tiri addosso il computer!! Ma guarda
che brigante…
Minaho scoppiò a ridere, correndo a nascondersi in camera
sua. -Prova a prendermi se ci riesci, caro mio! E…
già che ci sei… guarda che hai i pantaloni al
contrario!
Manabe se possibile divenne ancora più rosso di prima. -Ma
è tutto stamattina che… che li ho addosso!
Dirmelo prima?
Dalla camera del lilla provenne quella che sembrava la voce del suo
migliore amico sconvolto dalle risate. -Eri così dolcioso!
Il tragitto fino all’ospedale fu breve, grazie
all’arrivo provvidenziale di un autobus in orario.
Mentre si teneva stretto ad una delle sbarre di sostegno, Manabe
ridacchiò vedendo il suo amico alle prese con una ragazza
impertinente che gli aveva platealmente sfiorato il didietro.
-Ma… Ma insomma! Le distanze non si tengono più,
suo mezzi pubblici?
-Scusami… non l’ho fatto apposta! È che
sei così carino… VICINO! Volevo dire vicino!!
Arrivati in ospedale, Minaho e Manabe andarono dritti al nono piano,
dove, nel reparto di oncologia pediatrica, si trovava la stanza di Rex.
Il reparto aveva i soliti colori e il solito odore... un misto di gioia
e tristezza.
Arrivati davanti alla Camera numero 15, trovarono Natsumi intenta a
parlare con un dottore, visibilmente stanca. Quando li vide li
salutò sorridendo debolmente.
-Ehi ragazzi! Venite… oggi sta un po’ meglio,
sapete? Mi chiede sempre di voi… sarà felice di
vedervi!
Minaho sospirò di sollievo, mentre il lilla sorrideva.
-Bene… possiamo entrare da lui?
Il dottore sorrise. -Ma certo! State solo attenti a non toccare i
farmaci… quelle pasticche sono tutte uguali!
Minaho e Manabe non se lo fecero ripetere. Inchinandosi ringraziarono
Natsumi e il dottore, quindi si fondarono nella stanza! Rex era sul
letto, la schiena sollevata, intento a leggere un fumetto.
I due ragazzi si avvicinarono di soppiatto, quindi si buttarono
all’unisono sul letto. Rex saltò per lo spavento,
quindi atterrò in mezzo a Minaho e Manabe. Quando li vide,
gli si illuminarono gli occhi.
-Fratelloni! Siete… siete venuti!! Mi siete mancati
così tanto!
-Lo sappiamo… -L’arancione abbracciò il
bambino. -Anche tu ci sei mancato tantissimo… sono successe
così tante cose! Saremmo voluti venire prima…
Il piccolo sorrise. -Non importa! Ora siete qui…
è così bello che siate qui! Vi voglio tanto bene!
Manabe aveva gli occhi lucidi. -Anche… anche noi Rex, anche
noi.
Mentre Minaho e Manabe chiacchieravano con Rex, Natsumi
rientrò nella stanza. -Ragazzi… vi va di venire
qualche minuto qua? Ho alcune cose da dirvi…
Minaho e Manabe si guardarono annuendo. Fu il lilla a parlare.
-Certo… certo. Veniamo subito. -Sì rivolse al
bambino. -Ehi Rex… aspettaci qua, ok? Due minuti e siamo da
te. Intanto se vuoi… che ne dici se ti lascio un regalino?
Manabe tirò fuori dalla tasca un pacchetto e lo porse al
piccolo, che lo aprì subito felice. Ne saltò
fuori una bellissima macchinina di latta, robusta e colorata. Il
bambino era entusiasta, e Minaho senza parole. -M…Man! Ma
quando hai… come… oddio!
Il lilla si portò la mano dietro la nuca, arrossendo.
-Beh… quando… quando, prima di prendere
L’autobus, siamo passati in cartoleria per comprare dei
quaderni nuovi l’ho vista vicino alla cassa e…
ecco… a me, da piccolo, sarebbe piaciuta una macchinina
così!
Minaho scoppiò a ridere. -Anche a me, Man! Oddio…
ma quanto sei dolce!
Il lilla, inutile dirlo, si trovò di nuovo color fragola.
Usciti dalla stanza, Minaho e Manabe si avviarono con Natsumi verso le
sedie di una delle tante piccole aree ristoro. Si sedettero e si
guardarono.
-Ragazzi… -Natsumi iniziò a parlare. -Sono
contenta che siate venuti! Rex voleva tanto vedervi…
-Anche noi sentivamo tanto la sua mancanza! -Minaho aveva gli occhi
lucidi. -Ma… cosa… cosa ha detto il dottore?
Come… come sta? Guarirà, vero? Vero che
guarirà?
Manabe gli prese dolcemente la mano, mente Natsumi sospirava.
-Ecco… le cose non sono affatto semplici. Da alcuni giorni i
dottori hanno iniziato a sottoporre Rex a chemioterapia. Oggi
aspettiamo gli esiti… è… è
importante perché… scopriremo se possono operarlo
per… per salvarlo.
Minaho ebbe un sussulto, prontamente percepito da Manabe che
aumentò dolcemente la presa sulla sua mano. Fu lui a
parlare. -Ma… Ma quando avremo gli esiti?
Natsumi scosse la testa. -Fra… fra un paio
d’ore… o forse più. Di sicuro prima di
cena. Il problema è che sono due giorni che non torno a
casa… Endou, da solo, sarà in grande
difficoltà! Non so proprio come…
Fu Minaho a saltare in piedi. -Natsumi… vai un
po’ a casa! Ci rimaniamo io e Man con Rex!
Manabe annuì. -Sì! Min ha ragione… ci
pensiamo noi!
Natsumi era confusa. -Voi... Voi davvero…
I due ragazzi sorrisero, e risposero quasi all’unisono.
-Certamente!
-Man… ho… ho fatto un pasticcio. Non ricordavo
che tu oggi devi andare al lavoro… ti… ti ho
messo in difficoltà!
Manabe sorrise. -Tranquillo… facciamo così.
Adesso mando un messaggio a Matatagi… gli dico la
verità, e gli chiedo di cambiare oggi con domani. Non penso
ci siano problemi…
Minaho era commosso. -Io… io non ho parole…
Manabe sorrise. -Tranquillo Min…
La verità era che nemmeno il lilla aveva molta voglia di
andare al lavoro. Avrebbe dovuto rivedere Matatagi… e non
sapeva se fosse pronto a farlo. In fondo si erano baciati…
significava qualcosa? Si sentiva così in ansia…
Decise di non pensarci, e dopo aver ricevuto risposta positiva al suo
messaggio rientrò nella camera di Rex, dove già
Minaho si era sistemato.
-Ehi Rex… fammi spazio! Fortuna che quel letto è
grande… in tre ci stiamo comodamente!
Così dicendo Manabe si sistemò alla destra del
piccolo, dal lato opposto rispetto a Minaho. Il bambino era entusiasta
di avere con sé i suoi due fratelloni.
-Man… Min si comporta bene a casa, adesso che io non ci
sono?
-Ehi! -L’arancione fece finta di essere offeso. -Io sono
sempre bravo!
Manabe scoppiò a ridere. -Ma certo… Min fa il
bravo perché sa che altrimenti non gli preparo il pranzo! E
credimi… lui ci tiene alla sua pancia!
Il bambino sorrise sospirando. -Sigh… anche io vorrei
mangiare le cose che fai tu, fratellone! Qui in ospedale mi danno solo
spaghetti di plastica e fettine di pollo dure come suole! Ho una
fame…
Negli occhi di Minaho balenò una scintilla furbesca. Manabe
lo guardò perplesso.
-Min… non starai pensando di…
-Aspettatemi! Torno in un secondo!
Dieci minuti dopo Minaho era di ritorno. L’arancione aveva
fatto una corsa fino al bar, e se ne era tornato con un enorme
bombolone alla crema. Manabe non credeva di averne mai visto uno
più grosso!
-Ecco qua… Rex, pappati questo! Li hanno appena
portati… è ancora bello caldo!
Mentre L’arancione dava la pasta al bambino, il lilla lo
prese da parte un po’ accigliato.
-Min… non sappiamo che farmaci prende… non so
se…
-Fratelloni! È buonissimo! Prendetene un pezzo!
Manabe si voltò e vide il bambino tutto sporco di crema.
Guardò in faccia Minaho, quindi… scoppiarono
tutti e tre a ridere!
Il pomeriggio passò bene, senza angoscia, anzi, in un clima
felice e rilassato.
Rex era allegro, e questo faceva allegri anche i due ragazzi. Quando
alla fine si fece ora di cena, si stupurono che Natsumi non fosse
ancora tornata.
-Man… a casa di Endou ci saranno stati problemi? Non vorrei
che…
In quel momento un medico entrava in stanza. -Signora Endou, ho i
referti di suo… oh! Voi siete gli amici del bambino? La
signora Natsumi non c’è?
Manabe si alzò in piedi. -È andata a
casa…
Il medico sospirò. -Capisco… la aspetteremo.
Minaho si alzò a sua volta, in ansia. -Dottore…
potreste… potreste dirci come sta?
-Beh… -Il dottore era perplesso. -Non potrei,
però… siete con la ragazza… in fondo
vi ha autorizzato… e va bene. Venite fuori
però… parleremo in corridoio.
Minaho sorrise a Rex, dicendogli che sarebbe tornato in un minuto,
quindi guardò Manabe.
-Man… sono… sono un po' preoccupato!
Il lilla sorrise, sforzandosi di sembrare tranquillo. -Min…
stai vicino a me. Andrà tutto bene, vedrai… te lo
prometto!
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Capitolo 34 *** Rivelazione ***
Un uomo è tanto
più rispettabile quante più sono le cose di cui
si vergogna.
Il sole del tramonto, caldo e luminoso, entrava dalla grande parete
vetrata del corridoio del nono piano dell’ospedale. La
città ne era letteralmente inondata.
Il dottore camminava svelto, seguito da Minaho e Manabe che provavano
ad interpretare le sue movenze ed i suoi gesti. L’arancione
soprattutto era nel panico. -Man… ho… ho paura di
piangere.
Il lilla sorrise dolcemente all’insegna dell’amico.
-Min… è normale. Succede anche a me…
però pensa! Potremmo anche avere delle belle notizie, no?
Magari qualcosa di inaspettato… magari saranno bellissime
notizie!
Minaho sospirò sorridendo, un po’ rassicurato.
Pian piano erano arrivati alla stessa area ristoro dove poche ore prima
avevano incontrato Natsumi. Il dottore si fermò e si
sedette, facendo cenno ai ragazzi di fare altrettanto.
-Ok… non so i vostri nomi, però!
Manabe, protettivo come sempre, rispose per entrambi. -Io sono Manabe
Jinichirou, e lui è il mio migliore amico Minaho Kazuto!
L’arancione sorrise. Trovava dolcissimo che Manabe non
dimenticasse mai di sottolineare che era il suo migliore amico.
-Bene! Piacere ragazzi! Io sono il dottor Kobayashi, oncologo. Ho qui
gli esiti degli esami successivi alla prima settimana di cura del
bambino… tranquilli, ci sono alcune buone notizie. Piccole,
ma ci sono.
Minaho ebbe un sussulto, così come Manabe. -D…
davvero? -L’arancione era in ansia. -Ci dica tutto dottore,
presto!
Manabe sorrise scuotendo la testa. -Tranquillo Min… il
dottore ci dirà tutto! Rilassati…
L’arancione sospirò. -Ok… ok,
scusatemi. Adesso sono tranquillo.
Il dottore sorrise. -Non ti preoccupare… l’ansia
è normale. Anzi, adesso ti faccio portare qualcosa di
rilassante. -Così dicendo il medico fece un cenno ad
un’infermiera. La donna si avvicinò e
scambiò due parole con il dottore, quindi prese una scatola
da un armadietto e la porse al medico.
-Ok… prendi. È una compressa di erbe…
camomilla e valeriana. La diamo ai famigliari dei pazienti prima delle
operazioni… funziona, credimi.
Minaho sorrise debolmente e prese la pasticca dalle mani del medico. La
mise in bocca e, con l’aiuto di un bicchiere
d’acqua portato dall’infermiera, la
buttò giù.
Il medico sorrise. -Bene… vedrai, ti farà stare
meglio. Certo che gli vuoi proprio bene a quel bambino! È
una cosa… una cosa bella. Comunque… dicevamo.
Dalle analisi risulta che la massa ha smesso di crescere. È
una grande notizia… il problema è che rimane in
un punto molto difficile da operare. I miei colleghi ed io abbiamo
deciso di provarci comunque… ma serve
l’autorizzazione dei genitori adottivi.
L’intervento è pericoloso… molto
pericoloso, ma se non operiamo…
-Non lo dica! La prego…
Minaho aveva avuto un sussulto. Anche Manabe aveva fatto cenno al
medico di non andare oltre. Avevano capito il senso…
sentirlo dire a parole sarebbe stato troppo da sopportare. Il dottore
riprese.
-Dunque… dobbiamo aspettare domani. A quel punto, se i
genitori saranno d’accordo, opereremo.
Finita la conversazione, il medico era tornato al lavoro mentre Minaho
e Manabe erano rientrati in camera da Rex.
-Fratelloni… ci avete messo tanto! Ho un po’ di
mal di testa…
Minaho sbiancò. -M…mal di testa? Manabe! Oddio
dobbiamo chiamare il dottore… subito!
Manabe gli fece cenno di parlare piano. -Min… tranquillo.
È tutto sotto controllo. Ricordi cosa ha detto il dottore
prima di salutarci? Nausea e mal di testa sono normali… sono
segno che i farmaci stanno lottando contro la malattia! Non
è male… anzi!
L’arancione sospirò. -Hai… hai ragione.
Scusami… scusami Man… è…
è che…
Manabe sorrise dolcemente. -Lo so Min… lo so.
Natsumi arrivò mezz’ora dopo, e fu subito
informata. Andò immediatamente a parlare con il medico, che
le spiegò le difficoltà e i rischi
dell’intervento. Rientrando in stanza sembrava molto provata.
-Ragazzi… adesso potete andare… ci penso io a
Rex. Vi ringrazio molto per oggi pomeriggio.
Minaho e Manabe sorrisero. Mentre il lilla faceva
l’occhiolino a Rex, l’arancione si assicurava che
non ci fosse nulla ancora da fare.
-Ok… Natsumi, è stato un piacere. Torneremo
domani… ok Rex?
Il bambino sorrise sospirando. -È così noioso
stare qui… ho voglia di venire a casa con voi!
Manabe scoppiò a ridere dolcemente.
-Presto… presto, promesso.
L’autobus era molto più vuoto alla sera. Minaho e
Manabe avevano anche trovato posto per sedersi! Un mezzo miracolo.
-Ehi Min… sei un po’ più tranquillo
adesso?
L’arancione spalancò gli occhi. -Tranquillo? Come
diavolo faccio a essere tranquillo sapendo che devono operarlo e
potrebbe morire? -Si morse la lingua… aveva alzato la voce.
Manabe abbassò gli occhi. -Ok… scusa…
scusami. Lo… lo dicevo solo per… per
te…
Minaho sospirò, arrossendo. -No… scusa tu. Non
volevo alzare la voce. Guarda… la nostra fermata! Ti va se
questa sera preparo io la cena?
Manabe sorrise. -Guarda che non mi sono offeso così tanto da
avere istinti suicidi!
Minaho scoppiò a ridere e fece il finto offeso. -Ehi!
Qualcosa contro i miei bastoncini di pesce?
Manabe si portò la mano al mento imitando il suo migliore
amico. -Perché, era pesce?
Si fissarono negli occhi qualche secondo… prima di scoppiare
a ridere di gusto!
-Prima o poi dovremo deciderci a comprare un fornellino elettrico
nuovo!
Minaho, un cacciavite in mano, stava lottando da un quarto
d’ora contro l’elettrodomestico infingardo che, da
qualche settimana a quella parte, faticava ad accendersi. Manabe, che
osservava la scena ridacchiando, si era assicurato che la spina fosse
staccata… il suo migliore amico era un genio, ma spesso
preso dalla foga di investigare dimenticava quelle cose fondamentali.
-Min ma… perché non facciamo un bel piatto di
pasta? Non preoccuparti per quell’aggeggio…
L’arancione alzò gli occhi dal fornellino e si
scostò un ciuffo dagli occhi. -Man… tu non
capisci! È una legge di natura! L’uomo deve
prevalere sulla macchina! Devo dominare questa creatura del maligno che
ti ostini a chiamare fornellino!
Manabe rise. -E… perché dovresti?
Minaho lo fissò perplesso. -Come… non si vede?
Beh.. -E cosí dicendo iniziò a contare sulle
dita. -Sono più intelligente, più furbo,
più figo… moooolto più figo
e… decisamente più umano?
Il lilla scoppiò a ridere. -Mi inchino
all’evidenza! Fornellino… chi sei tu per mettere
in dubbio il genio di quel figone del mio migliore amico? Guarda che il
gufetto poi si offende!!
Minaho scoppiò a ridere a sua volta. -Noto una punta di
sarcasmo nella tua voce, amico mio… guarda che scendo e ti
faccio il solletico!
Manabe sorrise sornione. -Mh… come l’ultima volta?
Se non ricordo male quello finito sul pavimento tutto sudato e
ridacchiante eri tu!
Minaho sospirò. -Sigh… sono solo sfortunato!
Bello e sfortunato!
Dopo mezz’ora di gentili proteste, per così dire,
il fornellino elettrico si decise a partire, con grande gioia di Minaho
e di Manabe, che oramai avevano una fame clamorosa.
Poco dopo, seduti al tavolo, mangiavano di gusto del semplice petto di
pollo, accompagnato da insalata al tonno e maionese.
-Ammettilo Man… non è poi così
terribile!
L’arancione masticò con gusto una forchettata di
insalata. Il lilla ridacchiò. -Beh… non
è male, lo ammetto! Ehi… aspetta.
Manabe prese un fazzoletto di carta e dolcemente, lo passò
sulle labbra di Minaho, che arrossì leggermente.
-Man… ma… ma che fai?
Il lilla arrossì a sua volta.
-Sc…scusa… eri… eri sporco di
maionese… e… ecco…
Minaho sorrise. -Mh… quanto sei premuroso! Posso chiamarti
mamma?
Il lilla spalancò la bocca. -C..Cosa?
Minaho lo guardò sornione. -Vieni qui mamma… ho
voglia di un abbraccio!
Detto fatto. L’arancione si lanciò sul suo
migliore amico e in pochi istanti si ritrovarono sul tappeto, ridendo
felici.
-Finalmente il letto… non sai quanto aspettassi questo
momento!
Minaho si infilò sotto alle coperte sorridendo. Manabe era
in piedi vicino a lui. -Min… è stata una giornata
dura.
-Già… notte Man, allora…e per
qualunque cosa sono qua! -Minaho fece per spegnere la lampada sul
comodino. Manabe però sembrava strano… esitava ad
uscire dalla stanza e giocherellava con le dita. Minaho si accorse
subito che qualcosa non andava.
-Ehi… Man. Qualcosa non va, vero?
Il lilla sospirò. -È una stupidaggine.
Niente… niente di che.
L’arancione si tiró a sedere sul letto e mise la
mano sulla spalla di Manabe. -Man… vieni qui e dimmi cosa
non va. Anzi… infilati sotto alle coperte. Puoi dormire con
me!
Manabe sorrise debolmente e si infilò nel letto, un
po’ imbarazzato. -Ecco… Min…
hai… hai presente Matatagi, vero?
Minaho sospirò. -Certo… certo. Mi… mi
ha lasciato una sensazione strana, il giorno che me lo hai presentato.
Qualcosa di… di oscuro in lui. Certamente però mi
sbaglierò! Anzi… sono sicuro che sia una
splendida persona.
Manabe iniziò a tremare leggermente. Minaho lo strinse.
-Ehiehi… Man, ma stai piangendo? Non… non farmi
preoccupare!
Il lilla singhiozzava. -M…Min… io…
la… la sera che hanno cercato di rapinarmi…
io… dopo… dopo averlo portato in
ospedale… io l’ho…
l’ho…
Minaho era nel panico. -Man! Mi spaventi… dimmi
tutto… non preoccuparti!
Manabe proseguì in lacrime. -Io… io
l’ho baciato!! L’ho baciato, Min… non so
cosa mi sia preso! Non… non so nemmeno se lui mi piace
veramente! È… è stato impossibile
frenarmi!! Io… io… -Scoppiò a piangere
ancora più forte.
Minaho rimase per qualche istante senza parole. Quello proprio non se
lo aspettava! Ci mise poco a riprendersi però…
non poteva permettersi debolezze, Manabe aveva bisogno del suo sostegno.
-Ehi… Man… guarda che è una cosa
bella! Se… se gli vuoi bene, dico… è
una cosa bella! Tranquillo se… se qualcosa dentro di te
ancora non torna. Vedrai che pian piano…
rivedendolo… tutto diventerà chiaro!
Manabe smise di piangere e tirò su col naso, fissando negli
occhi il suo migliore amico. -Tu… tu dici? Sono…
sono così confuso!
Minaho sorrise dolcemente. -Ma certo… andrà tutto
a posto, Man. Riposa ora… domani vedremo come affrontare
anche questa, ok?
Il lilla sorrise debolmente. -Ok… ok. Min…
insomma…
L’arancione fece l’occhiolino al suo migliore
amico. -Sì?
-Min… grazie.
-Sorgi e splendi, cucciolo di panda! C’è il sole,
cantano gli uccellini, la colazione è pronta e Minaho Kazuto
è più figo del solito!
L’arancione, a quattro zampe, saltellava felice sul letto del
suo migliore amico. Manabe aprì gli occhi, assonnato.
-Mh… gufetto figo, se mi stai tutto addosso come faccio ad
alzarmi?
Minaho rimase per un istante perplesso. -Ottima argomentazione. Panda
uno, gufetto zero. Ok… mi sposto… ma tu sbrigati
che perdiamo l’autobus!
Manabe scoppiò a ridere. Si alzò a sedere, si
stiracchiò e scostò le coperte, quindi scese dal
letto tutto allegro. -Ok… vado a lavarmi. Che si mangia di
buono?
Minaho sorrise sornione. -Torta alla crema… l’ho
fatta questa mattina! Mi sono alzato alle sei apposta…
Manabe sorrise dolcemente. -Non era necessario Min… potevi
riposare di più se volevi…
-Man, per te è sempre necessario! E poi vuoi mettere la
torta con le merendine confezionate? Sono anche riuscito a non
incendiarla! È un miracolo!
-Beh… -Il lilla sorrise. -Se la cucina non è
andata a fuoco, è un buon segno! Andiamo a papparci la tua
buonissima torta!
Manabe aveva ragione. La torta era davvero buona.
Se ne mangiarono metà mentre verificavano che le borse per
la scuola e quelle per gli allenamenti fossero pronte. Il lilla aveva
davanti a sé anche il lavoro quel pomeriggio.
-Ok… maglietta, pantaloncini, calzini, deodorante,
asciugamano… c’è tutto, no?
Minaho sorrise. -C’è tutto. Ehi… prima
degli allenamenti ti va se andiamo a mangiare un panino? È
da un sacco che non pranziamo fuori!
Manabe si bloccò mentre gli si illuminavano gli occhi. -Ma
è una splendida idea! Poi dopo gli allenamenti devo anche
andare al lavoro… -Il lilla sembrò agitarsi un
poco.
Minaho sospirò. -Man… ehi. Tranquillo…
verrò con te, ok?
Il lilla sorrise dolcemente. -D…davvero?
L’arancione lo guardò sornione. -Ma certo!
Anzi… dopo il lavoro, ti porto in un posto speciale!
Manabe sorrise ancora. Sapeva che quando il suo migliore amico faceva
quella faccia… qualcosa di bello bolliva in pentola!
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Capitolo 35 *** Due indizi fanno una prova? ***
Il problema
dell’umanità è che gli stupidi sono
sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
Mentre si sforzava di finire un complesso tema in inglese per il giorno
successivo, (sapeva che la sua interrogazione era solo in sospeso!)
Minaho rifletteva, pensando a Manabe.
Non aveva voluto farlo preoccupare o deluderlo, però
Matatagi non gli trasmetteva proprio niente di positivo. Lo sentiva
freddo, metallico… falso, e lui raramente si sbagliava sul
conto delle persone che esaminava.
C’era qualcosa in lui… qualcosa di irrisolto, di
non detto. Una forza che premeva per uscire con violenza, e il pensiero
che potesse uscire in presenza del suo migliore amico lo terrorizzava.
Manabe era off limits per i complessi altrui… ne aveva
già abbastanza senza bisogno di venire coinvolto in quelli
degli altri. Non sopportava il pensiero che finisse in mezzo a qualcosa
di brutto… tutti i suoi nervi erano pronti a scattare, i
suoi occhi erano pronti a vedere e… i suoi pugni pronti a
fare giustizia sommaria di chiunque si azzardasse a fare soffrire il
lilla. Del resto lo aveva già fatto in passato…
perché non riprovarci se fosse stato necessario? Lui era
pronto a tutto.
Sospirò e si rimise a scrivere. -Man… sono pronto
a correre da te. Fammi solo uno squillo e io ti difenderò
dal mondo intero, se serve!
Manabe era colpito. Il locale era lo stesso di sempre.
Chissà perché qualcosa in lui lo aveva immaginato
diverso… come poteva essere lo stesso, dopo quello che era
successo? Il mondo doveva essere cambiato! Eppure… eppure
non era così.
Si stupì di non vedere subito Matatagi, ma ne fu anche
sollevato. Corse in cucina e si mise la divisa, quindi si
chinò per allacciarsi le scarpe di vernice.
Una mano sulla spalla. -Ehi Man…
Il lilla, il cuore in gola, alzò gli occhi.
-M…Matatagi…
Il moro, sorridendo sornione come suo solito, gli fece
l’occhiolino. -Va tutto bene? Ho sentito che non è
stato un periodo facile per te e Minaho…
Manabe si sentiva tremare. -Beh… ecco…
in… in effetti…
Il moro lo interruppe sorridendo radioso. -Vedrai che tutto si
risolverà! Ora… ci mettiamo al lavoro? Nonno mi
tiene il fiato sul collo!
Manabe era confuso.
Matatagi non aveva fatto cenno al loro bacio…
perché? Perché lo ignorava mentre lui si sentiva
tanto in ansia? Quasi… quasi lo faceva arrabbiare, quella
cosa.
Come se non bastasse, quel giorno il locale straripava di gente e il
lilla era costretto a correre da una parte all’altra senza un
attimo di pace. Gioca con i bambini, servi ai tavoli, porta gli ordini
in cucina… un incubo, e come se non bastasse lo sguardo di
Matatagi non lo abbandonava un istante.
Perché non parlava? Perché lo guardava solo? Si
divertiva a vederlo in agitazione? Non se la sentiva di dirgli nulla?
Il lilla non sapeva cosa fosse peggio tra le due ipotesi.
Si fermò un istante a riprendere fiato, sconvolto. Non ne
poteva più di correre, e le scarpe gli stavano distruggendo
i piedi. Mentre si appoggiava al bancone, pronto a scattare di nuovo
per prendere altri ordini, sentì di nuovo la mano di
Matatagi sulla spalla e sobbalzò.
-Man… va tutto bene? Tranquillo… anche io ho
fatto fatica ad abituarmi all’inizio, e so benissimo che
queste scarpe fanno un male tremendo. Senti… vai in cucina e
prenditi cinque minuti. Se serve ti copro io.
Il lilla fu di nuovo preso di sorpresa. Riuscì solo a
fissare il blu, arrivando a balbettare -G…grazie
sei… sei nel gentile… -quindi si diresse in
cucina, con le guance più rosse di quanto avesse voluto.
La cucina era vuota. Mancava ancora un paio d’ore
all’arrivo del personale della cena.
Manabe si sedette su una sedia e si slacciò le scarpe,
togliendosele con un sospiro di sollievo. Tutto desiderava tranne che
gli tornasse la contrattura che lo aveva costretto ad una non piacevole
seduta dal fisioterapista.
Matatagi lo mandava proprio ai matti… perché
diavolo fingeva che non fosse successo nulla? Iniziò a
massaggiarsi lentamente i piedi, cercando di essere il più
delicato possibile. I muscoli erano troppo rigidi perché non
fosse preoccupato. Perlomeno il dolore non lo faceva pensare ai suoi
problemi con il blu… poteva andare peggio.
-Ehi Man, fa così male?
-Dannazione, di nuovo lui! -Pensò il lilla mentre il blu
entrava nella sala slacciandosi il grembiule. -Beh… niente
di che, credo… ho… ho avuto problemi muscolari in
passato e sai, gioco a calcio… devo stare attento agli arti
inferiori, oppure addio campionato! -Sì sforzò di
sorridere.
Matatagi sorrise sornione. -Sportivo, eh? Beh… anche io
faccio sport! Atletica leggera… è…
è bello. Comunque così non risolverai nulla...
-Senti... io... adesso non è questo il problema... quello di
cui... di cui vorrei parlarti...
-Manabe, il bacio. Lo so.
Il lilla rimase per un secondo come paralizzato. -Lo… lo
sai…
Il blu sorrise. -Taci. -E lo baciò ancora.
Manabe tornò a casa confuso e felice. Era
incredibile… era ancora più pieno di dubbi,
eppure il cielo sembrava più azzurro, ora.
Dopo il secondo bacio Matatagi era scappato dalla cucina a piedi nudi, le scarpe in mano
Il turno del lilla era finito e, uscendo,
lo aveva visto salutarlo un po’ imbarazzato. Cosa
significava? Oramai… oramai sembrava definitivo. Si
piacevano. Allontanandosi di corsa dal locale, manabe si rese conto di qjando fosse bollente l'asfalto su cui stava correndo a piedi nudi.
-Ahh...ahhh... b... brucia!! A... acqua... ACQUA!!! Ahi!hui! Ahi!! Ahihai!!!
Saltellando, fece una rapida deviazione verso il fiume, si gettò a sedere sull'argine e immerse i piedi nudi in acqua con un sospiro di sollievo.
-Ahh.... ahhhhh.... AHHHHHHHHHH.... che sollievo.... fiuuuuu... appena in tempo.
Mentre le sue piante dei piedi si raffreddavano sfrigolando, Manabe rifletteva.
Proprio non sapeva che fare… in fondo la situazione era
quella che desiderava, ma era sicuro di desiderata davvero? Impossibile
dirlo. Guardò un piccolo pesce nuotare tra i suoi piedi immersi nel fiume. Si controllò dita e piante dei piedi, che erano arrrossate ma sembravano salve. Ora voleva solo tornare a casa… a rifugiarsi da
Minaho.
Il lilla notò subito qualcosa di strano. Appena entrato in
casa, non fece in tempo a togliere le scarpe che aveva visto un
foglietto arancione attaccato alla porta. Lo prese tra le mani curioso.
Minaho non era nei paraggi… non rispose quando lo
chiamò.
Un po’ preoccupato, aprì il foglietto e vide la
calligrafia di Minaho, bella e nervosa, ma nel contempo sicura.
“Il Sole all’ampio cielo
stellato il passo cede,
un giovane arancione
sospira, sogna e siede…
qualcosa in quel cervello
s’accende allegro e brilla.
Se vuoi seguirmi insegui,
guizzante, la scintilla.”
Manabe era perplesso. Aggrottò le ciglia
divertito… cosa stava tremando il suo migliore amico?
Iniziò a ritirarsi tra le mani il foglietto. Era una caccia
al tesoro? Si mise a riflettere… -Il luogo dove guizza la
scintilla… - proprio non capiva. Non avevano caminetti in
casa…
Fu allora che ebbe l’illuminazione. -Il forno!
Si precipitó in cucina travolgendo una pila di libri, sempre
più divertito, e spalancò il forno. Ancora
profumava di torta… vide subito il bigliettino, incastrato
sul fondo. Lo prese e lo aprì ridacchiando.
“La luce del tramonto
A casa mi conduce,
ma già figuro l’alba
e sogno un’altra luce…
Al mio risveglio infatti
Mi specchio nei tuoi occhi.
Ora cerca, presto,
nel paese dei balocchi!”.
Ok. Manabe era proprio perplesso. Paese dei balocchi? Pensò
di guardare tra le confezioni dei videogiochi mischiate ai Dvd sotto la
TV… ma nulla. Cosa intendeva il suo amico?
Salì le scale entrando in camera sua. Doveva
riflettere… si sedette sul letto, facendo roteare lo sguardo.
-Eccolo! Oddio!
Era stato un attimo. Il suo orsacchiotto! Lo temeva sulla mensola
vicino al letto… e tra le zampe reggeva un foglietto.
Il lilla, ridendo, lo afferrò dando un bacio
all’orsetto. Aprì il foglietto.
-Se qui tu sei arrivato
Meriti il mio rispetto.
Ascolta, amico mio
Ciò che il cuore ha detto.
Se vuoi trovarmi infine
e guadagnarti il rancio,
accorri in fretta dove
ogni mattina mi rubi l’arancio!”
-Ecco… ora stiamo andando sul criptico! -Esclamò
Manabe, certo che il suo migliore amico fosse nascosto molto vicino.
-Fammi pensare… arancio… marmellata!
No… in cucina ho controllato… e poi non puoi
infilarti nel mobiletto vicino al frigo, no? Allora… ci
sono! Lo shampoo! Tutte le mattine te ne rubo un
po’… è buonissimo!
Manabe, sicuro, corse in bagno e afferrò lo sportello del
box doccia. Dietro vedeva un’ombra familiare… lo
spalancò.
-Ehila! Man, come va?
Minaho era in piedi nella doccia, con un bellissimo sorriso in faccia.
-M…Min! Come ti è venuta in mente la caccia al
tesoro? È stato come tornare bambino… bellissimo!
L’arancione arrossì. -Beh… mi sono
impegnato molto sulle poesie…
Manabe sorrise. -Erano bellissime Min. Ti voglio davvero bene, sai?
Per cena, come premio, si erano concessi una pizza. Ora se la stavano
gustando allegri, chiacchierando.
-Allora Man… come è andata al lavoro?
Il lilla arrossì, ma sorrideva.
-Ecco Min… ho molte cose da raccontarti, sai?
Angolino ritardatario da fare scandalo:
Buonsalve a todos! Eccomi qua... scusate il mese di ritardo... sono
ancora fra voi! In queste settimane, oltre agli impegni scolastici, mi
sono messo a lavorare ad un altro progetto... una long corale, con
molti personaggi tratti dalle varie stagioni e di ambientazione
azione-horror-drammatica. Siccome il mese prossimo è pieno
di impegni e di prove d'esame, ho pensato di scrivere qualche capitolo
sia di quella che di questa long, così da poter continuare a
pubblicare a scadenze regolari fino a che a giugno non potrò
riprendere i miei soliti ritmi di scrittura... ecco spiegato il
perchè del ritardo!
Scusate ancora e grazie a
tutti voi!
Il vostro strambo ROW99
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Capitolo 36 *** Qualche piccola confessione ***
La gioia più grande
è quella che non era attesa.
Manabe raccontò per filo e per segno quanto successo in
giornata al lavoro. Inizialmente Minaho si preoccupò
più per la condizione muscolare dell’amico che per
altro (-Man! Abbiamo la partita!) ma poi, tranquillizzato,
iniziò a ragionare a sua volta sulla situazione.
-Ecco… Min… io sono così confuso! Non
so se… ho… ho una strana sensazione.
L’arancione si portò la mano al mento,
interessato. Non poteva resistere ad una bella indagine!
-Mh… sensazione? Dimmi tutto Man.
Manabe sospirò, sorridendo debolmente. -Beh…
fisicamente… fisicamente so che mi piace. Mi… mi
attira molto, ecco. Il punto è che…
che…
Minaho sorrise dolcemente. -Che non sai se lo ami davvero.
Il lilla spalancò gli occhi. -G…
già… come lo hai capito?
L’arancione sorrise sornione, mettendo una mano sulla spalla
dell’amico. -Man… sei un libro aperto per me.
Comunque tranquillo… non devi sentirti sotto pressione.
Datevi tempo… qualunque cosa succeda, lo sai che io ti
proteggo.
Manabe sorrise. -Grazie Min… devo… devo fare bene
chiarezza dentro di me, credo. Fra due giorni ne sapremo di
più… cercherò di parlargli meglio.
Piuttosto… si sa nulla da Endou? Oggi non dovevano
comunicargli i risultati degli esami di Rex? Forse potranno…
potranno operarlo, no?
Minaho si portò la mano dietro la nuca, sospirando.
-È arrivato un messaggio poco prima che tu rientrassi a casa
dal lavoro…
Immediatamente il lilla si alzò in piedi, aggrappandosi al
bordo del tavolo. -Davvero? Min… presto, dimmi tutto!
L’arancione sorrise sornione. -Autorizzano
l’operazione. Sarà tra tre giorni, sabato.
Manabe sorrise. -Beh… è una buona notizia, no? Lo
cureranno!
Minaho rimase in silenzio per un istante, fissando il suo amico. Gli
occhi gli si riempirono di lacrime. -Io… io lo spero.
Se… se non dovesse farcela come… come...
Il lilla lo abbracciò di colpo, stringendolo a
sé. -Non succederà Min. Ne sono più
che sicuro. Non succederà nulla di male, vedrai.
Alla fine della cena Minaho e Manabe si sedettero sul divano, davanti
alla TV. Quella sera era in programma un bel film
d’azione, ed entrambi avevano molto bisogno di
svagarsi un po’.
-Telecomando? Pronto! Patatine? Pronte! Manabe sul divano? Pronto,
panda più che mai!
Il lilla arrossì di colpo, guardando il suo amico.
-M…Min? Da quando mi consideri un peluche da tenere stretto
davanti alla TV?
L’arancione sorrise sornione. -Tu non sei
“un” peluche…
Manabe sorrise imbarazzato. -Ecco… ora va meglio!
Minaho scoppiò a ridere. -Tu sei il mio peluche!
Manabe avvampò di rossore. -M…Min? Che
stai… ehi!
In meno di un secondo un fulmine arancione, partito da
chissà dove a velocità quasi supersonica e
atterrato vicino al lilla, aveva iniziato a fargli il solletico.
Manabe, ridendo, si dimenticò per un istante di tutti i suoi
problemi.
-Man... ehi? Man?
Minaho, in piedi davanti al suo amico, lo scuoteva delicatamente. Il
lilla si era addormentato sul divano.
-M…Min? Che…
Manabe aveva aperto gli occhi per un istante, quindi era sprofondato di
nuovo nel mondo dei sogni. Minaho sbuffò buffamente, ma in
realtà lo trovava dolcissimo quando dormiva.
-Mpf… ho già capito… tutte a me
toccano! Aspetta…
L’arancione, sforzandosi di essere il più delicato
possibile, fece scivolare un braccio sotto le gambe del suo migliore
amico e l’altro intorno alle sue spalle. Lentamente lo
sollevò, stringendoselo al petto. Era davvero un grosso
sforzo visto che il lilla e l’arancione, oltre ad essere alti
uguali, pesavano circa allo stesso modo.
--M…Man… guarda che lo… lo faccio per
te! Speriamo di non rotolare sul tappeto…
Lentamente Minaho portò l’amico su per le scale,
fino in camera. Fu allora che gli si presentò un grosso
problema. Manabe, ordinato come sempre, aveva rifatto il letto. Non
poteva abbassare le coperte per farlo stendere senza appoggiarlo a
terra, ma così si sarebbe svegliato… come diavolo
poteva fare?
La risposta era ovvia. Minaho, sospirando e sorridendo, si diresse
verso camera sua… dove, ovviamente, regnava il caos. Con il
piede destro calciò via un paio di scarpe, spostò
con la spalla l’anta aperta del suo guardaroba a muro, quindi
adagiò il suo amico sul letto.
-Man… visto che bravo? Rifare il
letto…ehm… non ho mai imparato bene, sai?
Il lilla borbottò qualcosa nel sonno, sorridendo. Minaho si
sciolse come neve al sole. Ridacchiando rimboccò le coperte
al suo amico, quindi si stese sul tappeto.
-Notte Man… riposati, che ne hai bisogno.
Furono gli uccellini a fare da sveglia a Manabe. Era una giornata
ancora più bella della precedente.
Appena aperti gli occhi, oltre ad una bellissima sensazione di riposo e
freschezza, avvertì qualcos’altro di strano.
Perché tutto profumava di arancio? E…
perché la finestra era dal lato sbagliato?
-Bene sveglio Man! Come va?
Manabe fece un salto sul letto. Alla sua sinistra era apparsa, ad
altezza letto, le testa del suo migliore amico con tanto di ciuffetti
ribelli!
-Min! Ma… Ma che ci fai a terra?
L’arancione scoppiò a ridere. -Guardati
intorno… come il caos ti avrà fatto notare, this
is my bedroom! Ieri sera ti sei appisolato sul divano, e
così…
-E cosí hai pensato di approfittarne per rapirmi! -Il lilla
scoppiò a ridere di gusto.
-Ehi! Guarda che ho dormito per terra, pur di lasciarti il mio letto!
-Minaho fece una faccia buffamente offesa, incrociando le braccia.
Manabe sospirò. -Min… ma perché non
sei venuto a letto con me? Se ci stringiamo ci stiamo… lo
sai.
L’arancione arrossì un poco, portando la mano
dietro la nuca. -Beh… dici… dici sempre
che… che non dobbiamo essere ambigui e…
insomma…
Il lilla portò le gambe fuori dal letto, quindi si sedette
sul tappeto di fianco al suo migliore amico. -Ehiehiehi Min…
guarda che era per ridere! Dopo che abbiamo…
ecco… condiviso il fatto che ci piacciono i ragazzi. Era
più che altro per me… avevo tanta paura che
tu… che tu pensassi che ci provavo con te, ecco.
Minaho rise dolcemente. -Tranquillo Min… ti vedo in mutande
tutti i giorni e non ti sono ancora saltato sulle piume, no? Tra
fratelli non si fa!
Manabe prima arrossì, ma poi si lasciò andare ad
una risata allegra. -Guarda che anche io ti vedo in mutande, e quelle
con i gattini sono davvero carine, sai?
Ora era il turno di Minaho di arrossire come un peperone. -Ehi! Mi
piacciono i gattini, ok? Non c’è niente di male se
ad un ragazzo piacciono i gattini, o sbaglio? Ehm… sbaglio?
Manabe abbracciò stretto il suo amico. -Piacciono anche a me.
-Ehi Man… se non stai fermo come faccio a medicarti?
L’arancione, con un cerotto stretto tra i denti e un tubetto
di pomata nella mano sinistra, era seduto davanti al suo migliore
amico, che come ogni mattina subiva storicamente la medicazione al
braccio.
-Scusa Min… è che hai le mani gelate!
L’arancione fece come per scusarsi e si soffiò
sulle mani, cercando di scaldarle.
-Comunque va molto bene… la ferita è chiusa e non
vedo tracce di infezione. Per fortuna anche questa cosa sembra essersi
risolta…
Manabe sospirò. -Grazie a Dio… nemmeno questa
volta porterai fiori sulla mia tomba, Min.
L’arancione ebbe un sussulto. Si immobilizzò un
istante, stringendo i denti.
-Man… lo so che non lo fai apposta ma… potresti
non dire più questa cosa? Già…
già mi… mi fa male pensare che… che
papà e mamma stanno dietro una lastra di marmo
da… da tanti anni e io non… non posso
abbracciarli più, capisci? Non… non voglio
nemmeno pensare che… che tu possa… quando hai
avuto l’infarto io… io ho pensato che avrei
avuto… avuto una tomba in più da… da
visitare e… e…
Minaho era andato un po’ in confusione. Era qualcosa che gli
succedeva spesso quando era agitato per qualcosa che riguardasse
Manabe. Il lilla lo fissò intensamente, prendendogli il viso
tra le mani.
-Min… scusa, ok? Non lo dico più, promesso.
Stiamo tutti e due bene e siamo qui, no? Lo hai detto tu che il braccio
sta bene…
L’arancione prese fiato, calmandosi. -Scusa… scusa
tu Man. Ho esagerato, vero? Perché sono così
debole…
-Tu non sei debole! Sai quanto siamo importanti l’uno per
l’altro… nemmeno io posso pensare di stare anche
solo un giorno senza di te. Mettiamo una pietra sopra a questa cosa,
ok? Il mio cuore è a posto ora! Senti qua…
Manabe, sorridendo, prese la mano dell’arancione e se la
appoggiò sul petto. Il ragazzo arrossì di
colpo… Fu rassicurato dal battito robusto
dell’amico, ma la sensazione della sua pelle sotto le dita, e
il fatto di stargli toccando il petto in quella maniera lo
imbarazzarono un po’. Ci voleva il sorriso allegro di Manabe
per tranquillizzarlo.
-Grazie Man… sai sempre cosa fare per migliorarmi
l’umore. Ora però rivestiti, presto!
Prima che le ragazze del quartiere inizino ad inseguiti urlando e
sbavando!
Manabe scoppiò a ridere di gusto. -Min… sempre
simpatico, tu!
-Che ne dici… dopo gli allenamenti mandiamo un messaggio a
tuo zio? Vorrei sapere se ci sono aggiornamenti sul tuo
articolo… quello che ti hanno rubato.
Mentre camminavano verso la fermata del bus per andare a scuola, Minaho
e Manabe chiacchieravano come sempre. L’arancione aveva
pensato molto prima di fare quella proposta… non voleva
mettere il suo amico in agitazione. Per fortuna il sorriso allegro di
Manabe lo tranquillizzò subito.
-E perché no? Anzi… facciamo un salto da lui!
Potremmo mangiare qualcosa fuori e dopo andare direttamente a casa
sua… dovremmo metterci non più di
un’oretta… saremo di ritorno in tempo per gli
allenamenti così! Che ne dici?
Minaho si portò una mano al mento, sorridendo. -Direi
che… esaminati pro e contro… è una
splendida idea, Man. Il problema sarà superare queste
traumatiche cinque ore…
Manabe sospirò, ridacchiando. -Ohiohi! Sentite il grande
Minaho Kazuto lamentarsi della scuola! Il mondo va alla rovescia!
Divenni andremo a finire?
Minaho sorrise sornione. -Manabe? Inizia a scappare.
Raramente Minaho sbagliava una previsione. Le cinque ore di scuola
furono un dramma, visto la mole di interrogazioni che intasava i
programmi scolastici prima delle vacanze di Natale. Infatti, mentre ci
si avviava a finire novembre, la maggior parte dei professori non aveva
ancora abbastanza voti.
-Odio inglese… lo odio! -Minaho si mise le mani tra i
capelli. Due ore di quella materia per lui erano troppe. -E dire che
è la lingua di Scotland Yard… mamma
mia… sarebbe il mio sogno lavorare con loro!
Manabe scoppiò a ridere. -E perché no? Solo che
così dovremmo trasferirci entrambi a Londra… non
pensare che io rimanga qui da solo mentre tu gozzovigli tra scene del
crimine e gang varie!
Minaho rise a sua volta. -Ehi… io non ci vado a Londra senza
di te. Io non… non vado da nessuna parte senza di te,
sappilo.
Manabe rimase colpito. Nel tono del suo migliore amico c’era
una dolcezza diversa dal solito… ancora più
profonda.
-Io… grazie, Min. Lo stesso vale per me.
Usciti finalmente da scuola, Minaho e Manabe andarono a farsi un panino
nello stesso locale che avevano già provato, quindi si
diressero in centro verso casa dello zio del lilla, passando dal parco.
La temperatura era fredda, ma non tirava vento e tutto sommato il sole
rendeva comunque allegro il clima. I bambini giocavano a pallone
infagottati nei giubbotti, mentre alcune signore anziane portavano a
spasso i loro cagnolini.
Usciti dal parco il centro città li avvolse con la sua vita
pulsante e gioiosa. I locali erano pieni per il pranzo, e i dipendenti
in pausa, in giacca e cravatta, camminavano per strada chiacchierando e
leggendo il giornale. Coinvolti dal clima, i due ragazzi accellerarono
il passo e, in pochi minuti, si trovarono davanti alla cancellata della
villa dello zio di Manabe.
-Ok Man… speriamo di ricevere belle notizie! Entriamo?
Il lilla sorrise. -Entriamo.
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Capitolo 37 *** La partita si avvicina! ***
Talvolta, quando si
è nei guai, per uscirne bisogna fare qualcosa di folle,
qualcosa di così inaspettato che il nemico resta paralizzato
dalla sorpresa.
Pochi secondi dopo aver suonato, Minaho e Manabe furono fatti
accomodare da una cameriera nel salotto che ormai conoscevano bene.
-Il dottore arriva subito… è sulla retro a potare
la siepe. Oggi il giardiniere è in ferie…
Così dicendo la ragazza, con un lieve inchino,
uscì dalla stanza. Manabe sorrise imbarazzato…
non si sarebbe mai abituato ad essere chiamato
“signorino” e a ricevere tutti quei segni di
rispetto.
-Min… ma come fa Shindou a sopportare un trattamento simile
tutti i giorni? Io morirei di vergogna…
L’arancione ridacchió. -Man… tu per me
sei sempre Man, il mio migliore amico, però per gli
altri… per gli altri sei il figlio e il nipote di due fra
gli uomini più ricchi e importanti del Giappone. Penso che
anche in futuro dovrai farci l’abitudine!
Il lilla sospirò. -Già…
papà… sono… sono settimane che non lo
sento. Prima… prima del processo almeno… almeno
mi… mi telefonavano ogni tanto, anche se lo facevano solo
per controllarmi. Non credo mi vogliano più…
più bene.
-Man! -L’arancione si avvicinò
all’amico. -Ma che dici? Sono sicuro che non sia affatto
così…
Manabe scosse lentamente la testa e continuò.
-Quando… quando ero molto piccolo, ricordo che
papà era buono con me… penso… penso
che avesse molte speranze. Poi… poi è andata
sempre peggio. Ho… ho deluso tutti…
non… non ho fatto le scuole che volevano che facessi,
innanzitutto. Ci avevano provato, a mandarmi in collegio…
piangevo così tanto che mi hanno rimandato a casa dopo dieci
giorni. Penso che sia allora che… che si è rotto
qualcosa, tra me e loro. Ho… ho provato ad
essere… io… io non ho mai avuto amici…
ho… ho sempre fatto tutto quello che…
che…
Il lilla era andato in agitazione. Minaho lo strinse forte a
sé e sfoggiò il suo sorriso più
radioso. -Però ci siamo potuti conoscere così ,
no? Ora non sei più solo… e nemmeno io. Non lo
saremo più. Vedrai… con i tuoi risolveremo tutto.
Manabe sorrise debolmente, guardando negli occhi il suo amico.
-Dici… dici davvero?
Minaho sorrise sornione, battendo il palmo della mano sulla spalla del
suo amico che pian piano sorrideva più intensamente fino a
ridacchiare. -È una promessa!
-Come! Non avete nemmeno assaggiato i biscotti che sono sul tavolino?
Forza… prendete pure! Anzi… portate a casa la
scatola! Sono buoni!
Lo zio di Manabe era sceso al piano terra cinque minuti dopo. Il lilla
si era illuminato quando lo aveva visto… Minaho era sempre
più affascinato dal loro rapporto.
-Grazie zio… il cioccolato è uno dei punti deboli
miei e di Min… come puoi immaginare.
L’uomo scoppiò a ridere. -Bene… non
male, no? Comunque… cosa vi porta da me? Qualcosa non va?
-Ecco…-Il lilla cercava le parole più giuste. Per
aiutarlo intervenne Minaho.
-Siamo venuti per salutarti prima degli allenamenti e per chiederti se
ci sono notizie riguardo all’articolo di Man…
Manabe arrossí di colpo quando si rese conto che Minaho,
volitivo come sempre, lo aveva preceduto, mentre L’uomo si
sistemò gli occhiali sul naso in un gesto che lo faceva
assomigliare ancora di più al nipote.
-Beh… riguardo alla vostra domanda… per ora non
posso dirvi nulla. Ho messo in moto un meccanismo tutto
speciale… ragazzi, credo che ci siano buone
possibilità di salvare la situazione! Man… ti
faremo riavere il tuo lavoro, se tutto va bene.
Manabe ebbe un lieve accenno di esplosione di gioia… mentre
Minaho invece non resistette, esibendosi in una buffa mezza piroetta
nel bel mezzo del salotto.
-Ma è fantastico! Man, finalmente si saprà che
quella è farina del tuo sacco! Non vedo l’ora!
Il medico sorrise. -Già… sono convinto che ci
riusciremo. Ora piuttosto… avete parlato di allenamenti!
Allenamenti di cosa?
Il lilla si riscosse dal suo stato di gioia catatonica che aveva
strappato un sorriso al suo migliore amico. -Ehi? Ah!! Ma
certo! Come abbiamo fatto a non dirtelo prima? Da… da
qualche mese gioco nella Raimon… la squadra di calcio della
scuola. Mi… mi ha convinto Min e…
-Ma è fantastico!! -Lo zio di Manabe strinse i pugni in un
gesto di trionfo. -È da quando eri piccolo che sognavo di
farti giocare con i tuoi coetanei e… e ora ti ritrovo nella
squadra giovanile più famosa del paese! Oh Man…
avevamo ragione a pensare che eri speciale!
Il lilla arrossì di colpo, portandosi la mano dietro alla
nuca.
-Oh, se lo sapesse tuo padre! Quando eravamo piccoli
guardavamo sempre le partite! Era uno dei nostri pochi momenti felici
insieme… mi ricordo l’anno in cui abbiamo vinto i
campionati mondiali! Il capitano era il famoso Endou Mamoru…
una leggenda! Man… un giorno potresti conoscerlo, ci pensi?
Proprio in quel momento squillò il cellulare di Minaho.
L’arancione lo prese in mano, lesse ciò che era
scritto sullo schermo, quindi con un sorriso sornione lo
passò a Manabe.
-Man… rispondi tu!
Il lilla era perplesso. Fu solo quando lesse a sua volta il mittente
della chiamata che capì, scoppiando a ridere.
Passò l’indice sullo schermo per accettare la
chiamata.
-Pronto! Mister Endou? Si… sono Manabe… Min
è un attimo impegnato… mi dica!
Lo zio di Manabe era a bocca aperta, la mascella sempre
più vicina al pavimento.
-E…E…Endou…
Minaho sorrise sornione, allegro come non mai. -Penso che tuo nipote
riservi più sorprese di quanto immagini… io ne so
qualcosa!
-Ehi Man… è andata bene, no?
Minaho camminava verso la scuola al fianco del suo amico. Erano usciti
da casa dello zio del lilla poco prima, dopo aver salutato il ragazzo e
averlo ringraziato. Ora avevano due belle ore di allenamento davanti.
Il lilla sospirò. -Benissimo, Min. Se zio dice che ce la
faremo… ce la faremo, credimi. Lui è
magico… è… è come te, sai?
Minaho arrossì leggermente. -Ma… ma che
dici… io… io voglio solo il tuo bene
e… non… non è che faccia il miracoli,
in fondo…
-Tutte le volte che mi hai fatto una promessa, l’hai
mantenuta a qualunque prezzo… nessuno lo aveva mai fatto per
me. È uno dei motivi per cui ti voglio bene, oltre ai tuoi
ciuffetti arancioni! -Così dicendo, il lilla tirò
un ciuffo al suo migliore amico.
-Ehi! Che hai contro i miei ciuffi? Lo sai che il pettine è
mio nemico! -Minaho scoppiò a ridere. -E ora…
preparati! Solletico in arrivo!
-Forza ragazzi! Oggi allenamento speciale! -Shindou, già
vestito e pronto, si affacciò nello spogliatoio urlando.
Manabe, intento a raddrizzarsi la maglietta con una mano e a infilarsi
un calzino con l’altra, si chiese come fosse
possibile che Tenma non battesse ciglio mentre, come sempre, gli veniva
rapinato il posto di capitano. In fondo il lilla lo sapeva…
Tenma rispettava l’esperienza di Shindou.
-Ma insomma… e come diavolo… -Saltellando su un
piede solo Manabe cercava di sbrogliare la mano destra dal colletto
della divisa, finendo per inciampare rovinosamente. Una mano lo
afferrò per le spalle, mentre un ‘altra gli
bloccava la caviglia. -Attento Man… ancora due centimetri e
prendevi in pieno la panca con il piede. Un dito rotto non è
la cosa migliore prima di una partita come quella di domenica, no?
Minaho sorrideva alle spalle del lilla, abituato alla sua agitazione
cronica in quei contesti. Manabe si raddrizzò e
appoggiò i piedi a terra con un sospiro di sollievo.
-Fiuu… grazie Min! Sono un po ’
confuso… troppe emozioni! Ora mi metto le scarpe…
prima di fare ulteriori danni.
L’arancione scoppiò a ridere, riprendendo a sua
volta a vestirsi. -Niente di grave… tranquillo!
Ora… dove saranno i miei, di calzini?
L’allenamento tutto sommato era stato tranquillo. Solo una
cosa turbava Manabe… la sua supertecnica combinata con
Minaho, quella che non erano riusciti a terminare per la partita
precedente.
Sentiva che mancava qualcosa… il più era capire
cosa. Il sorriso dell’arancione lo rincuorava, ma non poteva
risolvere i loro dubbi. Inutile dire che, al netto del tutto,
ciò era motivo di ulteriore agitazione per il lilla, che
temeva per il risultato dell’incontro di domenica.
-Min… mancano solo quattro giorni.
-Lo so Man… -L’arancione sorrise, sospirando.
-Sarei banale se dicessi che ho paura?
-Allora siamo banali in due.
Prima di rientrare negli spogliatoi, i due ragazzi furono fermati dal
mister. Gli confermò che l’operazione di Rex era
fissata per venerdì, due giorni dopo, immediatamente dopo
pranzo. Gli allenamenti sarebbero dunque slittati a sabato, in
preparazione della partita del giorno dopo.
Minaho e Manabe assicurarono che, appena finite le lezioni, si
sarebbero fiondati in ospedale. L’intervento non sarebbe
stato lungo, benché difficile, e volevano essere
lì per quando il bambino sarebbe uscito dalla sala
operatoria. Avrebbero mangiato qualcosa al bar dell’ospedale
se fosse stato necessario… ma non lo avrebbero mai lasciato
solo.
Dopo essersi messi d’accordo si diedero appuntamento agli
allenamenti del giorno dopo, quindi Minaho e Manabe salutarono il
mister e si recarono negli spogliatoi, dove una bella doccia li avrebbe
aiutati a rilassarsi... nonostante cercasse di rassicurare il lilla sul successo della supertecnica, lo sforzo lo aveva distrutto e zoppicava vistosamente.
Appena arrivati a casa, tirarono un sospiro di sollievo. Erano distrutti. Minaho si lasciò cadere sul divano.
-I miei poveri piedi... sto impazzendo! Mi sembra di avere tutti i muscoli annodati...
-Forza!-Manabe si sedette sul divano. -Dammi i piedi. Adoro sciogliere i tuoi nodi muscolari!
-sono forse la tua cavia?-Minaho rise.
-Ma che dici! Sei solo un adolescente con i piedi in fiamme, a cui ora farò un buon massaggio rilassante prima che le tue dita impazziscano ed io debba sciogliertele con le pinze!
-Oook Man… credo proprio che sia tutto pronto! -Minaho,
tutto allegro, saltellava nel salotto controllando Dove avesse messo il
telecomando. Quel pomeriggio c’era un bel film di guerra in
televisione… roba recente. Non se lo sarebbero perso per
nulla al mondo.
-Ecco che arriva la pappa… -Manabe entrò nella
stanza dalla cucina, portando un vassoio di tartine. -Servizio
istantaneo! E ora… aspetta. -Con un gesto volitivo
scostò le tende dalla grande portafinestra che dava sul
cortile. -Godiamoci questa bella luce naturale…
c’è tempo per chiuderci in casa! Fortuna che la
televisione non ha fatto brutti scherzi…
L’arancione scoppiò a ridere. -Eccerto!
L’ho sistemata io, l’ultima volta che ha fatto la
furba!
-Già… -Il lilla si portò la mano alla
nuca, sorridendo. -Se non avessi staccato io la spina, ti saresti anche
preso la scossa… però ti voglio bene comunque,
sai?
-Ah.Ah.Ah! Simpaticone! Forza… siediti qua e guardiamoci il
film, prima che mi venga voglia di legarti al letto e farti il
solletico!
Manabe sospirò. -Sempre così violento…
a me piace la diplomazia!
L’arancione sorrise sornione. -Ehi Man… sai a cosa
serve la diplomazia?
Il lilla aggrottò le sopracciglia. -Ehm… che..
che cosa intendi? A… a che dovrebbe servire?
-Beh… Man, è ovvio! Serve a diplomare tua zia, no?
Il lilla rimase per un istante perplesso… prima di scoppiare
a ridere senza freni!
-Dove diavolo l’ho messo??
Manabe, in piedi davanti al divano, stava ribaltando cuscini e vassoi
di cibo. Minaho, travolto dalla foga del suo migliore amico, non si
raccapezzava.
-Ehm… Man? Guarda che è solo un
messaggio…
Il lilla lo fissò stranito. -Min… lo sai! Quando
suona il telefono mi prende l’ansia! Devo sapere chi mi
scrive! Io devo! Capisci?
Minaho scoppiò a ridere. L’agitazione del suo
amico era buffissima! Anche Manabe ridacchiò.
-Ooook… allora… che ne dici di guardare in tasca?
Manabe, perplesso, mise la mano nella tasca e… ne estrasse
il cellulare.
-Ops!!
-Allora Man… chi è?
L’arancione sgranocchiava patatine in attesa che il film
riprendesse dopo la pubblicità. Il lilla era intento a
leggere il messaggio con sguardo curioso.
-È… è mio zio! Dice… dice
che ha una sorpresa per noi e di andare subito da lui! Ci offre la
cena…
Minaho era senza parole. -Ma… Ma che può essere?
Lo abbiamo visto dopo pranzo…
Manabe si era illuminato.
-Min… io non lo so ma… ma so che se zio dice che
è una bella sorpresa, lo sarà di sicuro! Che ne
dici… dopo il film andiamo?
Minaho sorrise sornione.
-Ma è ovvio!
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Capitolo 38 *** Tradimento ***
«Molti di noi
cercano di dare un senso alla propria vita, ma la nostra vita ha senso
solo se siamo capaci di raggiungere questi tre traguardi: amare, essere
amati e saper perdonare. Il resto è soltanto tempo
perso»
(Joel Dicker)
Quando Minaho e Manabe uscirono di casa il sole incominciava a
tramontare, tingendo di arancione le strade della città. La
gente rincasava dal lavoro riempiendo le strade, mentre i locali
iniziavano ad aprire i battenti in previsione di una serata di certo
fruttuosa, visto il clima tutto sommato mite e l’assenza di
vento.
Attraversando il parco l’arancione non poté non
notare la luce negli occhi del suo migliore amico. Mettere nella stessa
frase suo zio e il concetto di sorpresa lo aveva fatto illuminare.
Minaho lo trovava tenerissimo, ed era raro che il suo amico, sempre
maturo e posato, si lasciasse tornare un po’ bambino.
Arrivati davanti a casa dello zio del lilla vennero fatti entrare e,
per la seconda volta nello stesso giorno, accomodare in salotto. Ora la
luce era però diversa. Quella bianca del mattino aveva
lasciato il posto ai colori tenui del tardo pomeriggio.
Come sempre lo zio del lilla li fece aspettare qualche minuto. A quanto
pare aveva una visita in corso… infatti dieci minuti dopo
entrò dalla porta, gettando a terra la valigetta e
togliendosi la giacca. Indossava un completo nero elegante ma
professionale.
-Ehila ragazzi! Ci rivediamo! Ho una sorpresa che forse vi
farà piacere… ma che ne dite se ne parliamo a
tavola? Questa sera siete miei ospiti!
Il lilla si illuminò. -Grazie zio! Non… non
vorremmo disturbare però…
-Ma quale disturbo? Stasera non lavoro. Dai… andiamo in
sala. Il tempo di lavarsi le mani e si mangia! Spero che per voi non
sia troppo presto… io sono abituato a cenare alle sette
perché in genere dopo cena studio…
Minaho sorrise. L’idea che lo zio del lilla studiasse come
loro era strana. -Ma certo! Anche noi ceniamo presto… sai,
dopo cena Manabe entra in fase digestiva, e si piazza sul divano come
un panda a guardare la TV…
Manabe arrossì come un peperone. -Ehi! Guarda che anche tu
ci sei, su quel divano!
Lo zio del lilla scoppiò a ridere di gusto.
-Bene… sono felice di vedere che la vostra vita insieme
è piena di momenti eccitanti! Ora venute… e
preparate l’appetito!
La cena era veramente qualcosa di esagerato.
Quando Manabe e Minaho avevano visto arrivare un cameriere con un
enorme vassoio di antipasti, avevano pensato ad una sorta di cena
fredda… qualcosa di simile ad un buffet. Ovviamente erano
stati smentiti! Al vassoio aveva fatto seguito un bis di primi di pesce
ed un arrosto enorme, il tutto seguito da una gigantesca torta panna e
fragole. Arrivati alla fine della cena, erano pienissimi! Fu lo zio del
lilla a decidersi a parlare per primo.
-Ok ragazzi… ora ditemi. Quante avventure avete avuto fuori
città, da quando vi conoscete?
Minaho e Manabe si guardarono perplessi. -Avventure? Fuori
città?
-Beh… -Il lilla prese la parola, confuso. -In
realtà, pensandoci bene, da quando io e Min ci conosciamo
siamo stati così pieni di avventure e battaglie in
città, che non siamo mai andati a fare nemmeno una
gita…
Lo zio di Manabe sorrise con sguardo sornione. -Lo
immaginavo… e qui arriva la mia offerta. Sapete…
ogni anno, l’associazione giapponese dei medici offre ad
alcuni membri che si sono distinti per pubblicazioni e ricerche un
viaggio per due persone in varie parti del mondo… ecco, io
lo vinco da tre anni, ma… ecco… da quando non
c’è più mia… mia moglie, non
ne ho più voluto sapere. Dio… sono già
vedovo. Comunque non è questo il punto! -Il giovane riprese
a sorridere.
Minaho era sconvolto, Manabe senza parole. -Cosa… cosa
vuoi… cosa vuoi dire…
Il giovane sorrise. -Voglio dire che andate una settimana a Miami.
Ok, adesso Minaho e Manabe erano proprio senza parole.
-Co…cosa??? -Il lilla spalancò gli occhi. -Ma non
è possibile!!
-Manabe ha ragione! -Minaho era ancora più sbalordito. -Non
possiamo accettare assolutamente!!
Il medico ridacchiò. -Ehm… e se io avessi
già fatto i biglietti a vostro nome, confermando albergo e
volo?
-Ma… ma… ma… -Il lilla era nel pallone
più totale, e con lui l’arancione.
-Ragazzi… pensate! La settimana prossima le scuole
sono chiuse tre giorni per il compleanno del principe
ereditario… potete perdere un paio di giorni di scuola, no?
Con i vostri rendimenti… avreste il volo lunedì
mattina presto, e il ritorno la domenica successiva dopo pranzo.
Eddai… vi immaginate andare al mare e vedere gli Stati
Uniti? Sarà bellissimo! Tutto pagato… potreste
stare insieme una settimana senza pensare ai problemi, e magari al
vostro ritorno potrei anche avere sistemato il problemino
dell’articolo di Manabe!
-Zio… io non… non ho parole. Non so
cosa… cosa dire…
Manabe era davvero commosso. Anche Minaho faticava a trovare le parole.
Il medico scosse la testa ridendo.
-Vi dico io cosa dire. Una parola sola. Accetto.
Tornando a casa Manabe e Minaho erano ancora sulle nuvole.
-Man… non… non riesco a crederci!
-Nemmeno io Min! Una settimana insieme… mare, sole e gite
nella foresta… sembra un sogno… forse
è un sogno e adesso ci svegliamo in salotto, davanti alla
TV!!
L’arancione fece una mezza piroetta. -Dobbiamo comprare un
regalo a tuo zio… è fantastico! Dammi un
pizzicotto… ti prego!
Manabe scoppiò a ridere. -Io ci ho già
provato… è tutti vero! E sai che significa? Che
domani… andiamo al centro commerciale a comprare pinne e
costumi!
Minaho e Manabe erano appena entrati nel vialetto di casa,
ridacchiando, quando squillò il telefono di Minaho.
-Man… è Kirino! Oddio… che
sarà successo?
-Ma niente Min… ci vorrà invitare al cinema
sabato sera con i ragazzi…
L’arancione sospirò. Aveva un brutto
presentimento. Passò l’indice sullo schermo
accettando la chiamata. -Pronto? Ehi Kirino…che succede?
La voce del rosa era rotta dal pianto. -M…Min…
io… io non volevo disturbarti ma… ma tu sei
così forte e… e difendi sempre tutti
e… io… io ho fatto un casino tremendo. Potete
venire da me? Vi prego…
Il lilla era preoccupato. Aveva capito dallo sguardo di Minaho che
qualcosa non andava. Minaho rispose subito... in genere era Kirino
quello che faceva a pugni per difendere gli altri!
-Kirino! Arriviamo di corsa! Dove sei?
Il rosa singhiozzò. -Davanti… davanti a casa di
Shindou. Scusate… perdonatemi. Vi… vi aspetto.
Minaho e Manabe si precipitarono davanti a casa di Shindou. Al loro
arrivo il sole era ormai definitivamente tramontato, e le ultime luci
lasciavano il posto alla luna quasi piena e alle luci dei locali e dei
lampioni. Casa di Shindou era in un quartiere tradizionale, molto
movimentato la sera.
Kirino era seduto sul marciapiede, in lacrime e completamente
sconvolto. Immediatamente l’arancione, a cui subito era
scattato lo spirito protettivo, si precipitò al suo fianco.
-Ehi Ran… che succede? Cosa ti hanno fatto?
Kirino era distrutto e confuso. -Io…sono… sono
stato io… è… è colpa
mia… Shindou non… non vuole
più… più parlarmi…
Manabe si inginocchiò e prese le mani del rosa.
-Ehi… va tutto bene. Che cosa è successo?
Il rosa si morse violentemente il labbro inferiore. -Ho…
ho… non so perché!! Non so perché,
maledizione! Ho… ho baciato…. Kariya.
Il lilla rimase per un attimo come paralizzato. -Che… che
cosa…
Fu Minaho a riguadagnare per primo la parola. -Ma… Ma
perché? Perché lo hai fatto? Shindou
lo… lo ha saputo?
Il rosa scoppiò in un pianto disperato. -Io… io
non so perché! Eravamo al cinema… Shindou era
andato a prendere da bere... è stato
più forte di me! Kariya.. Kariya non c’entra! Lui
non… non… sono stato io solo a farlo!
Mi… mi ha sorriso e… e… e
io… Shindou stava entrando proprio in quel momento
e… e… -Singhiozzò più forte.
Minaho e Manabe si guardarono sconsolati. E ora che potevano fare?
-Ok… -Minaho prese di nuovo la parola, cercando di sembrare
tranquillo e parlare con voce allegra. -Vedrai che adesso sistemiamo
tutto. Hai parlato con Shindou?
Kirino smise per un attimo di piangere, tirando su col naso.
-Io… io ci ho provato… l’ho…
l’ho inseguito fino a casa dopo che… dopo che
è corso via ma… ma mi ha cacciato in malo modo
e… e ora sono due ore che sto qui seduto per… per
terra! Non… non mi risponde nemmeno al cellulare! -Riprese a
piangere.
-Tranquillo Ran. -Manabe sorrise dolcemente. -Vado a parlarci io, ok?
Il rosa si asciugò le lacrime con la manica della felpa.
-D…davvero? Non… non dovete se non…
non so nemmeno perché vi… vi ho disturbato
così… io…
Minaho, stupito dal coraggio del suo migliore amico, mise le mani sulle
spalle del ragazzo. -Ehi… guardami. Quando Manabe si mette
in testa qualcosa, credimi… puoi stare certo che
sarà un successo. Aspettaci qui, ok?
Manabe, mentre saliva le scale verso camera del castano, non si sentiva
più così sicuro di sé.
Certo… Shindou li aveva fatti entrare, e questo significava
che non li avrebbe lanciati dalla finestra senza una buona
ragione… almeno sperava. La faccia contrita della cameriera
che aveva aperto loro la porta però non prometteva nulla di
buono.
-Ehi…Shin? Possiamo entrare?
I ragazzi bussarono delicatamente alla porta della camera del loro
compagno. Da dentro nessun suono.
Si fecero coraggio ed aprirono lentamente la porta. Shindou era seduto
al pianoforte. Manabe si stupì…
un’altra pianoforte? A coda pure quello, per di
più! La stanza era enorme… grande quanto il loro
salotto e dotata di un grande terrazzo. Il castano stava immobile
davanti alla tastiera, le mani sui tasti, ma non suonava.
-Cosa volete?
La voce era dura, senza speranza. Niente a che vedere con la solita di
Shindou, scura, sì, posata, ma piena di pazienza e
disponibilità.
Manabe si fece aventi. -Ecco… noi… noi volevamo
sapere se… se possiamo fare qualcosa per… per
aiutare…
-Man ha ragione. Vorremmo che tutto andasse a posto… -Minaho
era ancora più imbarazzato del lilla.
Shindou si alzò di scatto, le mani strette al coperchio del
pianoforte, tremando.
-Vi… vi ha mandato lui! Si azzarda pure a fare questo,
adesso! Dopo quello che mi ha fatto… io mi fidato di lui! Mi
fidavo!!! Perché a me una cosa del genere? Con Kariya poi!!
Io… io non…
Il tono di voce su era alzato sempre più. Ora il castano
urlava a tutti gli effetti, rivolto verso il pianoforte. Quando si
voltò Minaho e Manabe videro che aveva gli occhi rossi e
lucidi.
-Sia ben chiaro che non lo voglio più vedere! E anche voi,
fuori di qui!! Fuori!!
Manabe, spaventato, provó ad avvicinarsi al castano.
-Ehi… Shin, lo so che è doloroso
però… però sono certo che…
-Che non voleva farlo? Che non è colpa sua? Ma certo!!
Portate queste balle fuori da casa mia immediatamente!! Fuori!
-Shin… sei così arrabbiato perché tu
lo ami… lo ami e lo sai…
-Basta!!! Non voglio sentire una parola di più,
oppure… oppure…
Il lilla tremava, ma si sentiva più risoluto che mai.
-Oppure? Ascoltami bene. Qualunque cosa sia successa, voi…
Fu un istante. Con uno scatto, il castano aveva afferrato pesante
sgabello del pianoforte e lo aveva scagliato contro il lilla. Il
ragazzo fu colpito in pieno al braccio sinistro e buttato a terra.
-Man!! -Minaho si era lanciato a coprire con il suo corpo
l’amico. -Razza di… ma cosa ti salta in mente? Gli
hai spezzato un braccio! Ehi Man… Man!
Manabe era a terra, stordito. Il tappeto aveva attutito la caduta, ma
il braccio faceva malissimo. Sentì le lacrime salire agli
occhi ma le ricacciò indietro in un moto
d’orgoglio. Il dolore gli sfuocava la vista.
Shindou era rimasto come instupidito. Si fissava le mani, quindi lo
sgabello a terra, quindi Manabe che sembrava gravemente ferito. Cadde
in ginocchio guardando fisso nel vuoto, senza parlare.
-Shindou… -Minaho si era alzato in piedi palesemente
furibondo, ma sforzandosi di sembrare normale. -Posso avere del
ghiaccio? Almeno questo… sai, probabilmente gli hai rotto un
braccio, e sarebbe carino da parte tua.
Nessuna risposta. Shindou fissava il vuoto. Minaho era senza parole.
-Min… Min aspetta! Sto… sto bene… -Con
una fatica tremenda il lilla mosse il braccio e la mano. -Visto? Niente
di rotto. Andiamo… andiamo a casa.
Uscendo di casa, Manabe sorretto da Minaho dalla parte del braccio non
dolorante, si ricordarono di colpo di Kirino. Il lilla era ancora sul
marciapiede, e quando li vide sembrò andare nel panico.
-Oddio… oddio cosa ti ha fatto! È tutta colpa
mia!! Tutta colpa mia!!
Il lilla si sforzò di sorridere, gemendo di dolore.
-Non… non è niente. Senti… ora non
è il momento giusto di parlare con lui, ma la mia promessa
è sempre valida. Ho giurato che vi avrei fatto fare pace, e
lo farò. Ora vai a casa e cerca di rilassarti…
penserò io a tutto. Domani a scuola ne parleremo
bene… fidati di me, ok?
Il rosa fissò lo sguardo negli occhi sofferenti di Manabe.
Sentì un nodo salirgli in gola.
-Io… io…
-Tranquillo. Non devi dire nulla.
Minaho sospirò.
-La vedo brutta… speriamo bene!
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