Insieme, giorno dopo giorno

di ROW99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova pagina ***
Capitolo 2: *** Le grandi idee del secolo ***
Capitolo 3: *** A lezione! ***
Capitolo 4: *** Incubi e soluzioni piccanti ***
Capitolo 5: *** Una panchina per due ***
Capitolo 6: *** Incontri scottanti ***
Capitolo 7: *** Un'ancora di speranza ***
Capitolo 8: *** At work ***
Capitolo 9: *** Piccolo incidente ***
Capitolo 10: *** Primo giorno di lavoro ***
Capitolo 11: *** Sui giornali ***
Capitolo 12: *** Sotto mentite spoglie! ***
Capitolo 13: *** Ricordi ***
Capitolo 14: *** Torneo con scintille! ***
Capitolo 15: *** Contrattempo ***
Capitolo 16: *** La gara ***
Capitolo 17: *** Una partita particolare ***
Capitolo 18: *** Confusione ***
Capitolo 19: *** Incubo e risveglio ***
Capitolo 20: *** Primo stipendio! ***
Capitolo 21: *** A prima vista ***
Capitolo 22: *** La prima pagina! ***
Capitolo 23: *** Appropriazione indebita ***
Capitolo 24: *** Un bimbo con gli occhioni ***
Capitolo 25: *** Spaghetti e bicicletta! ***
Capitolo 26: *** In missione! ***
Capitolo 27: *** Una brutta sorpresa ***
Capitolo 28: *** Visite notturne ***
Capitolo 29: *** Iniziano le indagini ***
Capitolo 30: *** Soluzioni in cantiere! ***
Capitolo 31: *** La prima udienza ***
Capitolo 32: *** Il poliziotto buono ***
Capitolo 33: *** Visita con sorpresa ***
Capitolo 34: *** Rivelazione ***
Capitolo 35: *** Due indizi fanno una prova? ***
Capitolo 36: *** Qualche piccola confessione ***
Capitolo 37: *** La partita si avvicina! ***
Capitolo 38: *** Tradimento ***



Capitolo 1
*** Una nuova pagina ***


Non mi dir, bell’idol mio,
che son io crudel con te.
Tu ben sai quant’io t’amai,
tu conosci la mia fé…

Mattina.
Una bellissima mattina per essere precisi. Una splendida mattina che segnava un nuovo inizio nella vita di Minaho Kazuto e Manabe Jinichirou.

Erano passati più di due mesi da quando si erano conosciuti, ma la loro amicizia era diventata così stretta che nessuno di loro due avrebbe potuto vivere senza l’altro. Ne avevano affrontate così tante…
L’arancione, orfano da quando era piccolo, per la prima volta dopo tanti anni non era più stato divorato dalla solitudine, mentre il lilla, in conflitto con i genitori e incompreso a causa della sua grande intelligenza, aveva trovato nel giovane detective una persona non solo dolce e simpatica, ma anche capace di sostenere il suo livello intellettivo.


-Man… ehi Man! Te la senti di alzarti? Dai.. Lo sai che oggi non abbiamo scuola! È il compleanno dell’imperatore… festa! Così potrai riposare. ..
Il lilla, mezzo sepolto dai lenzuoli, mugugnó qualcosa che suonava tanto come un “vieni qui vicino a me?”

Minaho sospirò buffamente. -E va bene… stiamocene qui tutti stretti! Solo cinque minuti, però…
L’arancione si infilò sotto le coperte vicino al suo amico. -Eccomi… sei contento, razza di panda dormiglione?
Il lilla borbottò qualcosa che Minaho non capì… quindi si girò di colpo e abbracció strettamente il suo migliore amico, che arrossì di colpo.
-Ehm… eeehm… Man?

Niente da fare. Il lilla russava felice. Minaho sospirò, rise e si rilassó. In fondo era davvero comodo quel letto, no? Cinque minuti dopo ronfavano beati insieme.


-Questo profumino promette bene… Man, cosa stai preparando?
L’arancione, che si era appena svegliato, aveva trovato l’amico già intento a preparare la colazione. Avevano dormito una buona oretta, e ora si sentivano freschi e riposati.
-Muffin, pancetta e pane abbrustolito! Spero che ti piaccia…
-Se mi piace? Certo che mi piace! -L’arancione sorrise deliziato. -Sei troppo bravo con il cibo… devi avere un talento naturale!
Il lilla scoppiò a ridere. -Ma dai… non è niente di che! Piuttosto…- gli occhi del ragazzo esaminarono il suo amico. -che ne dici di una pettinata? Sei carino ma… sembri un gufetto!
L’arancione arrossí. -Ehm… è la doccia!! Mi si infeltriscono i ciuffi con l’acqua… sigh!

Manabe sospirò buffamente, quindi si avvicinò al suo amico e gli passò la mano tra i capelli. -Minaho! Quante volte ti devo dire di asciugarti bene i capelli? Altrimenti ti viene male al collo… e corri a metterti i calzini! È quasi inverno e se prendi freddo ai piedi poi ti viene il raffreddore!
Minaho sbuffó. -Sigh… va bene mamma! -Adorava tutte le attenzioni che Manabe gli riservava… non gli importava che fosse un po’ pressante. Lo faceva per lui, ed era una cosa che trovava dolcissima.


Quando Minaho tornó in cucina, asciutto e riscaldato, era già pronto il cibo in tavola.
Il lilla, che non aspettava altro che il suo amico per buttarsi sul cibo, azzannó una fetta di pane spalmata di burro e marmellata. -Finalmente! Sto morendo di fame!
L’arancione rise e si sedette di fronte all’amico. -E allora… diamoci dentro!


La colazione era stata più abbondante del previsto, e i due ragazzi erano fin troppo sazi.
Accoccolati sul divano, le gambe incrociate, discutevano su come passare la mattinata libera. Avevano voglia di divertirsi un po’ dopo tanto tempo, però purtroppo Manabe non poteva ancora fare sforzo almeno per una settimana… dunque niente calcio.
-Sigh… se non possiamo giocare calcio cosa facciamo? Peccato… era una bella giornata… -L’arancione si sistemó un ciuffo.

-Mh… fammi pensare. ..- Il lilla si grattó il mento. -Che ne dici di andare a fare qualcosa di bello in centro? Non so… magari potremmo andare al parco e poi a mangiare qualcosa in paninoteca… oppure se preferisci potremmo magari andare a farci un bel gelato al fiume…
Minaho sorrise. -Non è una cattiva idea! Però… forse ne ho una migliore! Senti… è una giornata bellissima e tiepida… approfittiamo del fatto che non fa freddo e andiamo a farci un bel picnic! È una cosa che non abbiamo mai fatto… non sarebbe divertente?
Manabe spalancò gli occhi. -Ma… è un’idea fantastica!!! Come ho fatto a non pensarci io? Ci divertiremo un mondo!
Il lilla si era illuminato. Minaho arrossí. -Ma dai… è un’idea come un’altra in fondo… ecco…
-Allora… bisogna che vada a comperare qualcosa per preparare i panini e poi… e poi anche una bella coperta! Qui a casa non ne ho di abbastanza grandi! Ci vorranno anche delle scatole per mettere i biscotti e le tartine e poi…
-Ehi ehi Man tranquillo! -Minaho rise dolcemente. -Adesso facciamo una bella lista ok? Vedrai che non dimenticheremo nulla. Iniziamo prendendo un pezzetto di carta…


Manabe era appena tornato dal supermercato.
Aveva riempito una bella borsa di affettati, pane, bibite e biscotti, e non si era minimamente preoccupato del prezzo. Si era reso conto solo alla cassa di come fosse urgente trovare un lavoro… la situazione era drammatica.
Comunque sia, deciso ad essere positivo, se ne era tornato a casa saltellando, e, appena arrivato, si  era lanciato in cucina a preparare i panini. Fuori dalla finestra un bel sole aveva ulteriormente alzato la temperatura… sembrava primavera, ed invece era iniziato novembre! Qualcosa diceva al lilla che li attendeva un Natale senza neve…


-Ehi Min… come li vuoi tu i panini? Ho tante cose buone sul tavolo!
L’arancione si prese il mento fra le mani con fare furbesco. -Mh… vediamo… tonno! Tonno, insalata e carciofini! E… aggiungici tanta salsa piccante!
Il lilla scoppiò a ridere. Sapeva che il suo amico prediligeva i gusti forti… mangiava cose che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di avvicinare!

-E va bene… però dopo non lamentarti se ti viene mal di pancia!  -Il lilla diede un buffetto sui capelli dell’amico.
-Mh… mal di pancia? Naaaa… e già che ci sei… un po’ di olio tartufato,  ok? Ti voglio taaaanto bene!!!


L’autobus non era troppo affollato… e fu una fortuna, dato che Manabe e Minaho si portavano appresso un enorme cestino pieno di cibo e una coperta larga come una piscina!
La destinazione scelta era il campo al fiume. All’ultimo avevano deciso di andare lì perché, anche se Manabe non poteva sforzarsi assolutamente, avrebbero almeno potuto fare qualche passaggio. Il lilla era convinto che un minimo di ossigenazione non potesse che fargli bene.
-Man… stai attento a non perdere la fermata… io non riesco a vedere nulla! -L’arancione era schiacciato dietro ad un signore che doveva aggirarsi sui due quintali. Manabe scoppiò a ridere.
-Tranquillo… nessun pericolo!  Piuttosto… penso che sia quasi ora di scendere davvero! Guarda… il fiume!

Il piccolo fiume cittadino scorreva placido attraverso i quartieri residenziali. L’argine,  molto alto in rapporto alla reale portata d’acqua del fiume stesso, digradava dalla strada in una larga striscia di verde che ospitava un campo da calcio con relative panchine. Da lí si poteva vedere bene il grande ponte che collegava le due sponde del corso d’acqua, lo stesso ponte su cui qualche settimana prima Minaho aveva lottato contro un bulletto che aveva fatto male a Manabe. Il lilla sospirò ricordando l’episodio.  Le conseguenze erano state terribili… il suo migliore amico aveva tentato il suicidio quando aveva saputo che lo avrebbero mandato in orfanotrofio. Ebbe una fitta allo stomaco… per fortuna si era risolto tutto per il meglio e Minaho era sopravvissuto! Manabe si voltó verso il suo amico. Minaho gli sorrise… sospirò e rispose al suo sorriso.


-Eccoci qua! -Minaho aiutò l’amico prendendogli il cestino dalle mani. -Man… non devi affaticarti!  Fatti aiutare dal tuo muscolossisimo amico! Visto che pettorali?
Il lilla scoppiò a ridere. -Ceeerto Min! Non so come farei senza di te e le tue possenti braccia!

Minaho sorrise. Da quando viveva con Manabe la sua autostima era cresciuta, per la prima volta da tanto tempo. Certo, era ancora fragile e non avrebbe mai ammesso a sé stesso di reputarsi bello, ma aveva imparato ad apprezzare e a non considerare difetti la sua pelle lattea e i suoi ciuffi ribelli. Si era anche accorto di aver sviluppato una leggera muscolatura da sportivo. Forse non era così anonimo come si era sempre reputato…

-Che ne dici di questo posticino? – Manabe indicò un angolo appartato, sotto un albero vicino al fiume, al sole. -Se non ti piace ovviamente ci spostiamo… è che… ho il fiato un po’ corto…
L’arancione buttò per terra il cestino e corse dell’amico. -Man! Ma perché non me lo hai detto? Non devi sforzarti!
Il lilla sorrise. -Tranquillo… tranquillo… adesso mi passa! È… è stato per fare le scale dell’argine… scusa…
-Scusa? Non scusarti Man… sono io che non sono stato abbastanza attento… abbastanza premuroso! Vieni… appoggiati a me…

L’arancione si mise intorno alle spalle il braccio dell’amico, riprese il cestino e sostenne Manabe fino al punto designato.
-Ottimo! Eccoci qua… riposati su quella radice mentre io stendo la tovaglia, ok?
Manabe si sedette. -Ho una fame…
-Mi fa piacere! Vuole dire che stai meglio, no? -Minaho sorrise felice. -Vieni allora... iniziamo a fare la pappa!


Minaho e Manabe avevano mangiato come lupi.
L’arancione, con la pancia piena dei suoi panini ultraimbottiti, si stese con le mani dietro la nuca.
-Man… pensavo… dici che ce la faremo vero?? Troveremo. .. troveremo il modo di rimanere insieme… vero?
Il lilla si stese vicino al suo amico e gli arricció dolcemente i capelli. -Min… non avere paura. Certo che ce la faremo! Te lo prometto…
L’arancione sospirò. -Io… io lo spero. Ho così paura… non voglio perderti! Sei tutta la mia vita. .. Tutta.
-Oh Min… sei così dolce… -Il lilla abbracció l’amico. -Non voglio più che tu stia male…mai più! Io sarò sempre con te… senza di te nemmeno io sono nulla.


-Che ne dici… facciamo due tiri?
-Man… non so se… prima stavi per svenire!
-Eddai!! Avevo solo il fiato corto! Adesso sono riposato… sto bene, giuro! -Il lilla fece due splendidi occhioni da cucciolo.. Minaho non poté resistere.
-E va bene… però giusto due tiri eh! E appena sei stanco ci fermiamo… non potrei sopportare di vederti di nuovo in un letto d’ospedale!
Il lilla sorrise felice. -Starò attento… promesso!!


-Passa! Min!! Sono qua!
L’arancione calcio con forza la palla che finí dritta tra i piedi del lilla. Il ragazzo scattò, dribbló l’amico e calció con forza spedendo la palla in porta.
-Evvai! Sei bravo come sempre!! -L’arancione corse ad abbracciare il suo amico. -E ora… -corse a prendere la palla. -Prendi questa!
Il pallone fu intercettato col petto dal lilla, che si preparó a calciare… quando un colpo di tosse gli mozzó il fiato. La palla partì sbilenca e finí in acqua.
-Oh cavolo! Sono proprio un pasticcione!  Aspetta… vado a recuperarla… l’acqua è bassissima…
-Non ci pensare nemmeno Man! Quella tosse non mi è piaciuta affatto… tu ora ti  siedi e ti riposi… vado io a prendere la palla!

-Ma… Ma il disastro l’ho fatto io… l’acqua è fredda…
Minaho sorrise sornione. -Ti sembro uno che ha paura del freddo?


Minaho si sedette sulla coperta a riposare mentre Minaho si toglieva scarpe e calzini e si arrotolata i pantaloni. Entró in acqua… gelida. Ebbe un tremito di freddo.
Camminó rabbrividendo fino alla palla… per fortuna il fiume non l’aveva trascinata lontano… aveva l’acqua alle ginocchia… non avrebbe resistito se fosse salita oltre!
Uscì dal fiume mezzo ibernato. -D…d…dannato n… novembre! Fa…f..freddo!!
Manabe rise. -Min…te l’avevo detto di lasciare andare me! Andrà a finire che prenderai il raffreddore!

L’arancione cercó di darsi un contegno. -N… non t…ti preoccupare… t…tu dovevi. .. dovevi r…riposare… n… non devi… stare… male…
Manabe sospirò. -Sarà… però per una palla rischi di stare male… guarda come tremi Min… oddio… come ti  senti?
-E... ecco… b… bene! Solo… solo non mi sento più le g… gambe dalle ginocchia… in… in giù…

Manabe si alzò e fece sedere Minaho su una radice, quindi iniziò a massaggiargli dolcemente polpacci e piedi -Era solo una palla… non era necessario che ti facessi male…
-Ma… Ma non mi s… sono fatto m… male! Io… ahia!
-Min… vedi? Se ti preoccupi troppo per me poi va a finire che non pensi a te! Sei sempre così premuroso… non voglio che tu ti ammali per me!
L’arancione sorrise. -Non mi ammaleró, tranquillo… anzi, perché non torniamo a giocare? Ho proprio bisogno di scaldarmi!


I ragazzi rimasero al parco per un altro po’, quindi, verso le tre, decisero di tornare a casa.
Il tragitto inverso fu più semplice? Ora che erano liberi dal peso del cestino. In compenso però Manabe sembrava pensieroso.
-Man… che hai? -L’arancione si portò la mano al mento. -Ti vedo molto strano…
-Niente… niente Min. Solo… solo pensavo a quello che ci aspetta. Dobbiamo trovare il modo di dimostrare che sono una persona responsabile… anche se mi sento così spaventato.
Minaho abbracció l’amico. -Vedrai… ce la faremo. Ho già delle idee… e vedrai, io non sbaglio mai!

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Capitolo 2
*** Le grandi idee del secolo ***


MAGDALENE:
 Ma nessuno conosce ancora lo sposo,
fin che domani non lo nomini la giuria
 che assegna il premio al maestro cantore –
EVA:
E la promessa gli porge il ramoscello.
WALTHER:
Al maestro cantore?



-Man… Man, mi fai entrare?

Minaho era in piedi davanti alla porta della camera del lilla, lo sguardo leggermente preoccupato. In mano teneva un vassoio di biscotti.
-Dai… ti ho preparato dei dolcetti! Non capisco… ti ho fatto qualcosa Man? Sei chiuso in camera da ore… perché non vuoi parlarmi?
Dentro la stanza, il lilla ebbe un sussulto. -N…no… Min…
-Ti ho offeso di sicuro… ho detto qualcosa di sbagliato. Scusami… me ne vado.
-No! Min… scusami, non sono molto in vena stasera. Vieni dai… non volevo… non volevo farti soffrire…

Minaho sospirò ed aprì lentamente la porta. Il lilla era seduto sul letto in pigiama e aveva gli occhi rossi. Si teneva le mani fra i capelli e sospirava.
-Man… ma… hai pianto! Cosa è successo? -L’arancione si sedette vicino all’amico e lo abbracció dolcemente. -Hai paura per quello che ci aspetta?
Il lilla tiró su col naso. -S…sí…
Minaho gli asciugó delicatamente una lacrima con il pollice. -Guardami… guardami Man! Ti ho promesso si o no che avremmo trovato una soluzione?
Il lilla teneva gli occhi bassi e singhiozzava. -Non ce la faccio più … voglio… voglio essere felice!

L’arancione ebbe una stretta al cuore. Fece una carezza all’amico e lo strinse a sé. -Man… pensi che saresti più felice con in bocca uno dei miei buonissimi biscotti?
Il lilla alzò lo sguardo, gli occhi arrossati.
Scoppiò a ridere.


Seduti sul letto, sgranocchiando biscotti al cioccolato, Minaho e Manabe avevano riassunto tutto ciò che sapevano e tutti i problemi che  avevano davanti… innanzitutto i soldi che iniziavano a scarseggiare da quando i genitori del lilla avevano smesso di sostenerlo, quindi la necessità di mostrarsi responsabili trovando un lavoro, andando bene a scuola… era una situazione complessa.
Minaho aveva pensato bene se dire o meno a Manabe le idee che aveva studiato in quei giorni, non sapendo se fosse il caso di esporsi subito o meno. Fu la vista del dolore del lilla a spingerlo a decidersi.

-Man… ascolta. Ho avuto un paio di idee… almeno per la parte relativa al mostrarsi responsabili.
Il lilla sorrise debolmente. -D…davvero?
-Certo! -L’arancione sorrise. -Per esempio… ho avuto un’intuizione un po’ pazza. Parteciperai alla gara dei talenti, a scuola!

Silenzio.
Manabe spalancò gli occhi.  -C..c…cosa???


Il lilla era allibito.
-Ma... ma io… io non ho talenti! È un’assurdità! Non è possibile! No… non è una buona idea.
L’arancione sorrise. -Eddai! Qualcosa lo troviamo! Qualcosa che magari sia legato alla matematica… sono certo che ci verrà un’idea! Ci pensi… chi vince riceve anche anche un premio ricchissimo dalla scuola! Prenderemmo due piccioni con una fava! I giudici hanno detto che vogliono vedere risultati… non trovi che sia una bellissima occasione?
Manabe era senza parole. -Min… io non so… non si fare niente! Perché mi… mi metti così in difficoltà… io… non voglio deluderti!
-Man… cosa dici… tu non mi deludi mai! Non dire che non sai fare niente… non è vero! Io so una cosa che sai fare benissimo… oltre alla matematica, ovvio!
Il lilla era sconvolto. -E sarebbe? Se stai parlando della cucina sappi che mai e poi mai mi…
-Sei bravissimo a cantare!


Ci sono momenti nella vita di una persona in cui capisci che non esiste nulla che possa realmente definirsi segreto, quando hai un detective con i capelli color carota in casa.
-Min… co… cosa… come…
-Man… ti  sento sempre sotto la doccia… sei bravo, sai?
Il lilla diventó rosso come un drago cinese. -Ma… Ma tu mi spii mentre mi faccio la doccia? Non me lo sarei mai aspettato da te! Oddio che vergogna…
L’arancione rise. -Ma cosa vai pensando! Per quanto tu possa essere affascinante e procace non arriverei mai a tanto! E poi… ti vedo in mutande tutti i giorni, che bisogno ho di spiarti?
Il lilla spalancò la bocca, incapace di emettere suoni.

-E poi… -Minaho non sembrava avere intenzione di smettere di infierire- … è anche da dirsi che io, perlomeno, non sto tre quarti d’ora sotto la doccia! L’altro giorno, se non erro, è arrivata la bolletta… il postino ha guardato l’importo e si è chiesto se avessi una piantagione di canapa indiana nascosta nel solaio!
Manabe si riebbe e scoppiò a ridere. -Ma… Ma guarda che io sono velocissimo! È che è rilassante starsene al calduccio sotto il getto della doccia, dopo una giornata di scuola… e poi…
-E poi ne approfitti per dare fiato alle trombe, passando senza problemi dal repertorio lirico al moderno, e facendo sapere a tutta la strada che sei felice e rilassato! -L’arancione fece una faccia da schiaffi pazzesca mentre Manabe avvampava di rossore.

-Io… io non canto così forte!! Giusto un paio di note sottovoce quando sono sovrappensiero… e poi niente di che, ecco! -Il lilla mise il broncio e Minaho si intenerí di colpo. Sorrise.
-Guarda che mi piace tanto sentirti cantare! Non volevo prenderti in giro… pensavo solo che magari poteva essere una qualità da sfruttare… ecco… solo questo.
Manabe sospirò. -Non esiste. È vero, prima di conoscerti a volte mi sentivo così solo che cantare mi faceva stare meglio, ma non ho mai preso lezioni, e poi non pensare che io sia disposto a mettermi alla berlina su un palco, davanti alla scuola tutta! Per cosa poi… non servirebbe a nulla se non a rendermi ancora più ridicolo.

Minaho si morse un labbro. Abbassó gli occhi, ferito dalla voce dura del lilla.
-Ok… scusa Man… sono stato uno scemo, vero? Non… non voglio che tu ti senta umiliato per causa mia. Sarebbe stato meglio se fossi stato zitto, credo. Non dovevo nemmeno pensare una cosa simile… scusami. Volevo solo aiutarti.

Manabe era rimasto un poco spiazzato. Di solito il suo amico era molto più insistente, e gli costava un leggero sforzo d’orgoglio ammettere che quando si imputava su qualcosa, di solito ci azzeccava. Forse era stato troppo duro con lui… lo aveva fatto sentire inutile.
Si guardò un istante intorno. Non era forse vero che quella stanza traboccava dei segni delle premure del suo amico per lui? Le foto appese alle pareti, fatte negli ultimi mesi, i biscotti sul comodino che emanavano ancora un delicato calore, il bracciale che gli aveva regalato dopo la sua operazione... i libri di matematica per cui aveva speso quasi tutti i suoi risparmi solo perchè aveva notato che lui non avrebbe potuto permetterseli... si sentì in colpa.

-Ehi Min… lo so che vuoi aiutarmi… lo so. Sai, penso che un pensierino alla tua proposta potrei anche dedicarlo… forse non hai tutti i torti. Del resto non possono prendermi in giro più di così no? E poi… quel premio ci farebbe davvero comodo… altrimenti temo che dovremo stringere la cinghia. I soldi sono quasi finiti…
Minaho alzò gli occhi, commosso. -D… davvero vuoi provarci? Lo fai per me… vero? Oh Man… ti voglio così bene! -L’arancione buttò le braccia al collo del suo amico che arrossì ancora di più.
-Eddai Min… ho solo detto che forse non hai tutti i torti! E poi… rimane comunque il fatto che non ho mai preso lezioni. Come… come possiamo fare? Non so leggere la musica…
L’arancione sorrise sornione. -Ci penso io… tu dammi tempo fino a domani a scuola, e ti prometto che troveró la soluzione! Tu però devi promettermi che ci proverai davvero… -Il ragazzo fece gli occhi dolci.

Manabe sospirò dolcemente. Era impossibile che Minaho potesse risolvere un tale scoglio in poche ore… cosa gli costava farlo felice?
-E va bene Min… se tu entro domani a pranzo mi trovi una soluzione alla mia impreparazione musicale, io ti giuro che proverò… che proverò a cantare.


La mattina dopo Manabe era tranquillo, per quanto si potesse dire tranquillo un ragazzo nella sua situazione.
Aveva quasi dimenticato la sua discussione con Minaho il giorno prima, e dunque non si preoccupò minimamente alla vista del sorriso sornione del suo amico. Non ebbe nemmeno nessun sospetto quando, a ricreazione, l’arancione sparí senza lasciare traccia per dieci minuti, salvo ricomparire poi con un sorriso colossale. Il lilla, preso dal ripasso di inglese per l’ora successiva, non alzò nemmeno la testa dal banco.


La mattinata arrivò finalmente al termine. Era stata decisamente pesante per la media di quel mese. Tutti i prof avevano interrogato e spiegato, e li avevano caricati di compiti.
Fu quando suonó la campanella che Manabe si ricordó della sua scommessa.
-Min! Ho vinto alla fine! Purtroppo non c’è soluzione… non posso partecipare alla gara dei talenti cantando, se non so nemmeno leggere le note!
Il lilla si pentí del tono di voce eccessivamente trionfale che aveva assunto. Non voleva umiliare Minaho… in fondo il suo amico voleva solo il suo bene… solo che era strano. E' vero. l'arancione poteva sembrare un po' pazzo a volte, ma era la persona più seria del mondo... non era da lui agitarsi così tanto per qualcosa!

Minaho sorrideva sornione. Manabe non capiva.
-E chi ti ha detto che non ho trovato la soluzione? Vieni avanti, per favore!
L’arancione fece un cenno in direzione della porta. Shindou Takuto, detto il virtuoso, eccellente pianista nonché ex capitano della squadra di calcio della scuola, entró nell’aula rosso come un pomodoro, schivando due ragazzi che stavano uscendo ridendo tra loro.
-Ehm… ciaaaao…

-M…ma… cosa… -Il lilla fece una faccia buffissima.
Minaho sorrise. -Tadaaaaan! Eccoti qua il tuo nuovo professore di musica! Sei felice?
Manabe prima sbiancó, quindi arrossí come un pomodoro. -S…Shindou! Cosa… cosa significa questo?
-Beh… -Minaho si prese il mento tra le dita. -Shindou è un grande musicista! Chi meglio di lui può insegnarti a leggere le note?
-M…ma…Shindou! Ti ha costretto, vero? Minaho che cosa hai combinato? Shin non avrà mai il… il tempo di…
Il castano alzò dolcemente la mano destra. -Man… guarda che lo faccio volentieri! Quando Min me ne ha parlato a ricreazione non potevo crederci… è così bello che tu abbia deciso di provare a fare questa cosa!
Il lilla guardò Minaho con occhi accusatori. -Ma... è una congiura! Io non ho deciso propr…
-Ma certo! -L'arancione sorrise sornione e interruppe l’amico. -Ce ne è voluto per convincere Man… sai… lui si vergogna! Però anche tu sei d’accordo che sia una splendida idea vero? – Shindou annuì.

-Ecco… -L’arancione continuò. – quando ho detto a Shin del perché ti ho convinto a provare questa cosa ha insistito tantissimo per farci un prestito… però ovviamente mi sono rifiutato! Non lo facciamo solo per i soldi che ci servono come il pane, ma anche per dimostrare ai giudici che siamo responsabili, no?
Manabe era perplesso. Quel fiume di parole e avvenimenti lo stava sconvolgendo.
-Io… io non so che dire… non… non so se… se…

Shindou sorrise. Prese le mani del lilla e sospirò. -Man… rilassati. Non devi vergognarti… verrai a casa mia, ok? Solo io, te e Min. Abbiamo dieci giorni prima della gara… direi che cinque lezioni dovrebbero bastare per insegnarti a leggere le note e preparare un pezzo insieme. Ovviamente ci serve il pianoforte… è per quello che ti chiedo di venire a casa mia.
Manabe era rosso fuoco. Si vergognava tanto e si sentiva imprigionato, però non poteva negare che aveva fatto una promessa, e doveva rispettarla.
-E… e va bene!- Il lilla fece una faccia fintamente imbronciata. -Però… però promettete che non mi prenderete in giro!


Manabe e Minaho erano a casa.
Si erano accordati con Shindou per vedersi per la prima lezione quello stesso pomeriggio, e ora il lilla era in preda all’agitazione.
-O mio Dio… cosa abbiamo combinato! Io canto sotto la doccia, dannazione! Non… non sono affatto bravo! Non sarò mai capace… farò una figuraccia tremenda… non ce la posso fare… non posso!
Minaho sospirò. -Man… calmati… tranquillo! Sei bravo… sei bravissimo! Perché dovrei mentirti? Pensi che vorrei farti fare una figuraccia? Sei… sei il mio migliore amico, lo sai.
Manabe strinse i denti. -L… lo so… lo so. Non dubito di te… è solo che ho, come sempre, paura. Sono un debole, vedi?
Minaho abbracció di colpo l’amico. -Non dirlo mai più. Mai.


Il pomeriggio si preannunciava freddo, ma il tempo era bello.
Manabe e Minaho camminavano lentamente verso casa di Shindou. Minaho rideva, mentre il lilla era letteralmente in preda al panico.
-Non… non ho nemmeno idea di cosa cantare! Oddio… sono finito…
Minaho gli prese la mano. -Abbi fiducia. Fidati di me, ok?
-Io… ok. Mi fido di te.


Il cancello della villa di Shindou era spaventosamente alto, pensò Manabe.
Suonarono al citofono e vennero fatti accomodare da una domestica.
-Attendete qui… Il signorino sta arrivando.
Mentre la donna se ne andava con un inchino, i due ragazzi osservavano la casa. Si stupivano sempre della ricchezza degli arredamenti e della luminosità degli ambienti.
-Ehila! Eccovi! Se siete pronti. .. Possiamo iniziare!
Shindou era comparso all’improvviso dalle scale. Teneva un libro di musica sotto il braccio e sorrideva, un poco imbarazzato.


Manabe sospirò. -E… e va bene… andiamo!

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Capitolo 3
*** A lezione! ***


Il mio tesoro intanto
Andate a consolar,
e del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar…




-Che… che bella sala!

Minaho e Manabe guardavano stupiti l’ambiente in cui Shindou li aveva fatti accomodare. Non erano mai entrati nella sua stanza della musica.
La sala era enorme, grande quanto metà del piano terra di casa di Manabe, e luminosissima. Una  grande parete vetrata, interrotta solo da una porta a vetri, dava su un cortile interno progettato in stile tradizionale,  con un ponticello e uno stagno di ninfee sotto le chiome dei salici e dei ciliegi.
Un moderno lampadario pendeva dal soffitto, ma la luce era tale che Minaho si chiese se fosse mai stato necessario accenderlo.
Due divanetti incorniciavano la parte destra della sala, quella rivolta verso la parete interna sulla quale poggiava una grande libreria di foggia moderna, piena di libri di musica.
Su tutto, di fianco alla grande vetrata, troneggiava il pianoforte a coda, nero e lucido come l’ala di un corvo. Sul leggio era aperto un libro di musica, e il panchetto di velluto nero era leggermente scostato.

-Ehm… sono contento che… che vi piaccia…
Shindou era sempre imbarazzato dalla ricchezza che i suoi genitori amavano ostentare. Sapeva che anche la famiglia di Manabe era molto ricca e influente, ma, paradossalmente, invidiava paurosamente il lilla che poteva vivere una vita appartata dalla famiglia, in una normale villetta di un quartiere residenziale e scolastico.
-Ora… che ne dite… ci sediamo? Vorrei fare qualche domanda a Manabe per rendermi conto della situazione….


I ragazzi chiacchieravano da almeno mezz’ora.
Shindou si era reso conto che sarebbe stato necessario dedicare almeno un’oretta ad insegnare Manabe a leggere le note, ma si era stupito incredibilmente quando si era reso conto che dieci minuti erano bastati.
-Man… è una cosa assurda! Io ci ho messo una settimana…
Manabe ridacchió, arrossendo. -Ecco… io… io non pensavo che la musica e la matematica avessero tante cose in comune! Penso… penso che mi sarà facile imparare le basi. Per l’intonazione,  purtroppo… non posso garantire… mi vergogno così tanto!
-Eddai Man… -Shindou sorrise. -Perché ti butti giù prima ancora di aver provato? Dai… vieni. Proviamo un paio di vocalizzi, ok?
Il lilla sbiancó. -C…cosa? D…di già?
Shindou arrossí. -Ecco… se… se non te la senti… solo mi sembrava che… non so… dobbiamo provare la tua voce prima o poi…
Manabe sospirò. -No… no… scusa Shindou. È che ho paura che sarà un fallimento, come tutto quello che faccio.

Minaho scattò in piedi. -Man! Avevi promesso che non avresti più… più detto questa cosa!
Manabe tremava. -Io… io… scusa!! Non… non volevo… non volevo…
L’arancione si pentí di aver alzato la voce. -Scusa Man… non ti preoccupare. Vuoi… vuoi che esca? Se ti vergogni vado via…
Il lilla era preso dal dubbio. Forse era meglio che rimanesse solo con la sua voce stonata… o no? Guardó gli occhi speranzosi di Minaho. Ci teneva così tanto…
-No Min… tranquillo. Mi fa piacere se rimani. Dai… mettiamoci al lavoro!


Shindou era al pianoforte,  le mani dolcemente adagiate sui tasti.
-Man… sei pronto?
Il lilla tremava come una foglia. -S…sí? Sai che non… non lo so?
Minaho rise di cuore. -Man… andrà tutto bene, te lo prometto.


-Ok… seguimi lentamente. Non avere paura... respira con la pancia, e cerca di buttare fuori la voce in maniera morbida. Vedrai… sarai bravissimo!
Shindou suonó un accordo di do maggiore. Manabe, pauroso e imbarazzato, moduló la voce per adattarvisi. Pian piano il castano inizió ad eseguire una sequenza di accordi crescenti, mentre il lilla lo seguiva con discreta disinvoltura. Shindou, da preoccupato che era, si rassicuró. L’amico era intonato e aveva una bella voce, nonché una discreta estensione da tenore.

-Man! Ma sei bravissimo! Perché non mi avevi detto di avere una voce così bella? Minaho aveva proprio ragione!
Il lilla, imbarazzato, arrossí. -Io… sono contento di… di essere perlomeno accettabile…
Shindou gli fece l’occhiolino. -A questo punto… che ne dici di provare un pezzo vero e proprio? Qualcosa di semplice… magari un Mozart? Che ne dici? Minaho mi ha detto che ti piace molto l’opera “Don Giovanni”…
-Beh… sí. Mi piace tantissimo… però… non sono capace! Non è possibile che… che io…
Minaho intervenne. -Man! Non ci pensare. .. Tu canta!

Shindou sorrise. -Minaho ha ragione… lascia che la musica fluisca! Vedrai… ti porterà lei. Sei bravo… che ne dici dell’aria di Don Ottavio?
Il lilla sbiancó ancora di più. -Aspetta. .. Non. .. Non vorrai…
Shindou, ridendo insieme a Minaho, si buttò a suonare. La musica,  dolce e allegra, invase la sala.
Manabe era come congelato… mancavano dieci secondi all’attacco del canto… cinque… quattro….Tre. .. Due. .. Uno. ..
Ingoió la saliva e chiuse gli occhi, stringendo i pugni. -Ohhhh… dannazione! Io ci provo!

Accordi del pianoforte. Il lilla prese fiato, cercó di placare l’ansia e attaccó.

Il mio tesoro intanto
Andate a consolar…

La voce scivolava calda sulle note del pianoforte. Qualche piccola imperfezione non poteva cancellarne la pulizia, e la voce fresca e giovane di Manabe si adattava perfettamente al ruolo. Shindou era piacevolmente stupito, Minaho addirittura allibito.

... e del bel ciglio il pianto
Cercate di asciugar…

Il pianoforte chiuse la romanza con una serie di dolci accordi in si bemolle. Minaho, la bocca spalancata, scattò in piedi. Shindou rideva dolcemente.
Manabe era rimasto come congelato. Si guardò intorno, quindi guardò i suoi amici senza riuscire a dire una parola. No sapeva se vergognarsi e scappare o cadere a terra svenuto. Inizió a tremargli il labbro… e scoppiò a piangere come una fontana.

Minaho corse ad abbracciarlo. -Man… perché piangi? Sei stato meraviglioso! Meraviglioso! Non… non avrei mai immaginato che fossi così bravo! È… è stato bellissimo!!
Shindou, da parte sua, era senza parole. -Giuro… anni che suono il pianoforte, e non ho mai sentito una voce come la tua! E pensare che non hai mai preso lezioni! È… è un miracolo!
Il lilla, sconvolto e fin troppo confuso, non smetteva di piangere. Non riusciva nemmeno a rendersi conto di cosa avesse esattamente fatto… non voleva crollare così, ma erano due giorni che si teneva quella tensione dentro… non aveva resistito.
-S…sono stato… sono stato pessimo, vero? Lo dite solo per… per non umiliarmi! Io… sono… non…

Minaho prese dolcemente la mano del suo amico. -Vieni Man… mettiamoci a sedere.
Shindou aveva fatto un cenno all’arancione ed era corso fuori dalla stanza. Manabe non se ne era nemmeno reso conto, accecato dalle lacrime che gli bagnavano gli occhi e gli inzuppavano le lenti degli occhiali. Si odiava per la sua debolezza.
-V…vedi? Piango in continuazione! S…so solo piangere! So solo piangere e frignare come un bambino, cazzo!

Minaho sobbalzó. Manabe non imprecava praticamente mai… si rese conto che dovesse essere sconvolto ben più di quanto potesse immaginare fino a poco prima. Sorreggendolo delicatamente lo portó al divanetto e lo fece sedere al suo fianco, accarezzandogli dolcemente i capelli.
-Man… amico mio… vieni qui! Dovevo capirlo da solo che questa cosa era troppo stressante per te… ti ho fatto ancora del male. Non ti preoccupare… non dovrai mai più fare niente di simile, te lo prometto! Te lo prometto…

Il lilla continuava a singhiozzare sommessamente, con il viso contro la spalla di Minaho. L’arancione sentiva la stanghetta dei suoi occhiali premere contro la sua scapola.
-Ho… ho fatto pena vero? Quello che mi avete… avete detto era solo per… per farmi felice… dimmi la verità… ti… ti prego…
Minaho sorrise dolcemente. -Man, ti giuro su papà che era tutto vero. Sei bravo, sei bravissimo! Non avrei mai creduto che avessi anche questo talento… è stato bellissimo.

Il lilla sospirò e trattenne a fatica un altro singhiozzo. Alzò gli occhi lucidi e li fissó in quelli di Minaho. Sapeva che non avrebbe mai detto una bugia giurando sul nome di suo padre. Il ragazzo era orfano di entrambi i genitori, e Manabe sapeva quanto avesse sofferto. Inoltre gli occhi verdi del suo amico brillavano di una luce speciale quando credeva in quello che diceva. No, non stava mentendo.
-M…ma… ma se… allora…
-Già. Non c’è motivo di piangere, sai? -L’arancione sorrise e parló con voce dolce. Non poteva non trovare tenero Manabe… ma doveva proprio pensarci in quel momento, cavolo?

Il lilla si morse il labbro. Minaho gli diede un buffetto sulla guancia. -Man! Te l’ho detto tante volte… quando sei nervoso, non morderti le labbra! Poi ti viene il sangue…
Manabe sorrise, con gli occhi ancora umidi di lacrime. Gli piacevano le premure del suo amico.
-Scusa Min… credo… credo di aver fatto un pasticcio, vero?


Un minuto dopo Shindou era tornato dalla cucina con una tazza di camomilla. Si mise a sedere al fianco del lilla e gliela mise delicatamente in mano.
-Attento a non scottarti… è buona, sai? Non l’ho fatta troppo dolce. Ti rilasserà un po’,e poi è l’ideale dopo aver cantato!
Manabe teneva gli occhi bassi. Bevve un sorso di bevanda.
-Scusa.
Shindou ebbe un sussulto. -E di cosa?
Il lilla sospirò. -Di essere così schifosamente debole, e di aver dubitato delle vostre parole.

Il castano gli prese le mani sorridendo. -Niente di che. Innanzitutto essere sensibili non vuole dire essere deboli! Poi… sei troppo modesto. Noi ti abbiamo solo detto la verità.
Manabe sorrise. -G… grazie. E… Shindou? Min? Vorrei chiedervi una cosa…
Indie ragazzi spalancarono le orecchie. -Dicci tutto!
-Beh… sapete… vorrei continuare le lezioni.


Minaho saltellava felice per la strada, attirando su di sé gli sguardi critici di benpensanti e bigotte, sempre a caccia di gioventù da criticare.
Manabe era allibito. Il suo migliore amico era pacato, riflessivo, acuto, volitivo… ma di sicuro non propenso a dare spettacolo per la pubblica via, facendo piroette e saltellando sulle piastrelle del marciapiede!
L’arancione era pazzescamente felice. Da tanto tempo non si sentiva così… non solo il suo migliore amico era bravissimo, ma aveva anche deciso di continuare le lezioni!

Si erano congedati da Shindou poco meno di dieci minuti prima, dandosi appuntamento per due giorni dopo alla stessa ora, ed ora stavano tornando a casa con la testa piena di emozioni.
-Min, guarda che se non ti decidi a camminare in maniera normale ti si spettineranno i ciuffi! Lo sai che poi assomigli ad un gufetto! -Il lilla sospirò.
Minaho lo guardó sorridendo. -Ma sono così felice! Perché dovrei preoccuparmi dei capelli?

Manabe fece finta di disinteressarsi e accennó un “come desideri…”… salvo correre in un baleno verso l’amico.
-Preso! E ora prova a prendermi!

Minaho era rimasto un istante senza parole, quindi era scoppiato a ridere, lanciandosi all’inseguimento di quello strano genietto lilla.

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Capitolo 4
*** Incubi e soluzioni piccanti ***


Inflammatus
Et accensus…


È sempre una bella cosa quando due persone che si vogliono bene, dopo una lunga giornata ricca di emozioni, possono sedersi intorno ad un tavolo e mangiarsi una buona cenetta.

Di certo così sarebbe stato anche per Minaho e Manabe, che erano tornati a casa pieni di appetito… se non fosse che, aperto il frigorifero, questo si era rivelato desolatamente vuoto!
-Min… penso… penso di aver dimenticato di fare la spesa, ieri… eravamo scombussolati, e mi è completamente passato di mente! Aiuto… e ora cosa si mangia?
L’arancione si teneva il mento tra le dita, con fare indagatore. -Beh… penso che questo sia un bel problema!


Avevano dovuto chiamare un ristorante e farsi portare a casa almeno un piatto di riso e del pollo.
Il fattorino aveva suonato alla porta dopo nemmeno dieci minuti.
-Man… vado io!
L'arancione scattó in piedi abbandonando sul divano il libro che stava leggendo. Sorrise all’amico passandogli davanti, quindi si infilò le scarpe prima di aprire la porta e correre a ritirare il cibo.
Fu aprendo il portafoglio che si rese conto di quanto pochi soldi gli rimanessero. Stava spendendo i suoi ultimi yen… e sapeva per certo che nella cassa comune, in casa, non rimaneva che di che andare avanti per una decina di giorni massimo, e stando attenti alle spese.
L’arancione ringraziò mentalmente il giudice del processo di Manabe, che aveva imposto ai genitori del lilla di lasciare la casa al figlio per tutta la durata del test. Se avessero avuto un affitto da pagare, si sarebbero dovuti arrendere.

Tornó in casa in preda ai dubbi. Manabe gli sorrise dolcemente. -In tavola è apparecchiato, porta pure qui la pappa… ma… Min? Qualcosa non va?
Minaho era scuro in volto. Alzò gli occhi e sorrise debolmente. -N…niente di che…è solo che… -valutó se parlare delle sue preoccupazioni al lilla. No voleva angosciarlo… era già così pieno di problemi… del resto però non era giusto che lo tenesse all’oscuro. Si fece coraggio. -…è che… siamo a corto di denaro, Man. Dobbiamo assolutamente trovare un lavoro. Ovviamente lo farò io. Non ti permetteró di sollevare nemmeno un dito, lo sai. -L’arancione sorrise sornione.
Manabe sospirò di sollievo. -Ahhh… tutto qui! Tranquillo… lo sapevo già, purtroppo. Dobbiamo pensarci, e in fretta, ma non credere che ti permetteró di faticare da solo! E poi abbiamo anche gli impegni con la squadra…

L’arancione abbassò gli occhi.
-Se serve… posso anche lasciar…
-NO!- Manabe alzò involontariamente la voce. -Non è giusto! È tuo diritto fare una cosa che ti piace… sei così triste a volte… non credere che non lo sappia. In un modo o nell’altro faremo, non avere paura. Anzi… questa volta sono io ad avere un’idea… ora però non posso parlartene.
-Man… -L’arancione sospirò. -Io to ringrazio! Ma… perché non vuoi parlarmene?
-Beh… è… è un mio segreto, ecco. Ti prego… poi ti dirò… ti dirò tutto, giuro.
L’arancione annuì sorridendo… cosa gli stava nascondendo il suo migliore amico?


Andarono a dormire dopo aver visto insieme un film. Erano molto stanchi.
Minaho, al calduccio delle coperte, pensava… troppe angoscie davanti a lui. Non si rese conto di cadere addormentato…


Era mattina.
Minaho si alzò con un grande peso sul cuore e scese in salotto. Perché Manabe non c’era? Che strano… si sentiva pesante e leggero insieme… la casa brillava di colori.
Prese in mano la sua foto con il lilla. Qualcosa di strano gli si muoveva nel petto. Perché… perché…
Ricordó di colpo. Era solo. Manabe era morto.

Ricordava vagamente di una mattina… al campo al fiume. Un infarto? I dottori non avevano potuto salvarlo.
Una lacrima gli rigó il volto. Voleva vomitare. Sentiva un urlo soffocarglisi in gola… gli esplodeva la testa…


Minaho si svegliò di colpo, sudato fradicio. Il sapore di sangue in bocca gli fece scoprire che si era morso le labbra.
-Grazie a Dio… era solo un incubo…
Doveva essere stata la tensione del giorno prima. Si sentiva ancora le guance bagnate di lacrime… solo ripensare a quello che aveva sognato gli provocava il pianto.
Si rigiró nel letto. Aveva bisogno di dormire… perché allora non ci riusciva?
Sospirò. -Sono proprio un bambino… -

Voleva vedere Manabe. Ne aveva bisogno… non sarebbe stato tranquillo fino a che non lo avesse fatto. Gli bastava una sbirciatina… un istante solo. Non lo avrebbe svegliato, visto che di certo alle due di notte stava dormendo della grossa…
Si alzò silenziosamente dal letto e sgattaioló in corridoio. Rimpianse amaramente di non essersi messo le pantofole, visto il pavimento gelato, ma pensó che sarebbe stato questione di un istante.

In fondo al corridoio la stanza di Manabe. Una lama di luce filtrata sotto la porta. Era ancora sveglio? Minaho sorrise… doveva essere così stanco da essersi addormentato senza spegnere la lampada sul comodino!
Appoggió la mano sulla maniglia e aprì lentissimamente la porta. Manabe era sveglio e seduto alla scrivania! Stava scrivendo qualcosa e gli dava le spalle.
Minaho si stupì. -Ehi… Man… è permesso?

Manabe sobbalzó. -Min! Che… che ci fai tu qui? È… è notte fonda!
-Scusa… -L’arancione chinó il capo vergognoso. -È che… che… -tremava.
Il lilla sospirò e lo guardó dolcemente. -Brutto sogno?
L’arancione annuì arrossendo. -Eri… eri morto.
Manabe sorrise. -Davvero? Vuol dire che mi hai allungato la vita! Dai… vieni qua. Siediti sul letto vicino a me… il pavimento è gelido e tu sei scalzo.

L’arancione si sedette sul letto dove fu raggiunto dell’amico,  che lo abbracció dolcemente. -Non avere paura… succede di fare un incubo! Visto che sto bene? Vuoi una camomilla?
Minaho fece cenno di no con la testa. -Man… ma… perché sei ancora sveglio? Quei… quei fogli sono pieni di numeri!
Il lilla arrossí e sospirò. -E va bene… penso di non poterti dire una bugia. Non ti mentirei mai, e poi ormai mi hai scoperto... ecco… sto elaborando una nuova formula per il calcolo degli integrali indefiniti… è matematica complessa. Quando ero piccolo ho iniziato a studiarla… e non mi sono mai piaciute quelle formule lunghissime dei libri! C’è sempre un modo più rapido… me lo hanno insegnato i grandi matematici della storia! E così mi sono messo al lavoro… è più di un anno che ci sono impegnato.

Minaho ascoltava a bocca aperta. -Ma… Ma perché adesso? Sei un genio! Però non capisco perché alle due di notte, con il rischio di essere interrogati domani…
Manabe sospirò ancora. -Ecco… vedi… ho pensato a quello di cui abbiamo parlato ieri… dei soldi che stanno finendo… e… insomma… se finisco questa cosa possiamo provare a venderla a qualche rivista scientifica o simili! Il fratello di papà è un dottore, e quando ero piccolo ricordo che spesso leggevamo i suoi articoli sui giornali… papà voleva che diventassi come lui, un giorno.

Ora Minaho era, se possibile,  ancora più senza parole.
-M…Man… ma è fantastico! Perché non me lo hai detto prima? Sarai famoso! Il mio migliore amico sarà famoso! Lo sapevo che sei un genio!
Manabe arrossí come un peperone. -Ma… Ma cosa dici… non è niente di speciale… niente di che! E poi lo faccio per i soldi… per noi…
L’arancione non lo lasció finire. Lo abbracció strettissimo mugolando felice. -È… è così fantastico!
Il lilla sorrise ancora più vergognoso. -Oh Min… senza di te non so come farei, sai?


Nonostante le obiezioni di Manabe, Minaho non aveva voluto sentire ragioni. Aveva praticamente costretto il suo migliore amico a mettersi a letto.
-Devi riposare Man! Sei stato male… e poi sono quasi le tre!
Il lilla aveva provato ad opporsi, ma non c’era stato niente da fare. Quando Minaho si impuntava su qualcosa era impossibile fargli cambiare idea, e poi in fondo aveva ragione. Il giorno dopo dovevano andare a scuola!
Inutile dire che il lilla chiese all’amico di rimanere a dormire con lui. Non bisognava avere l’intuito geniale dell’arancione per capire che il brutto sogno lo aveva lasciato molto scosso. Manabe preferì tenerselo vicino. Anche lui aveva diritto di riposare.

Ora era il lilla però a non riuscire a dormire. Si sentiva così travolto dagli eventi… era agitato. Guardò Minaho che dormiva felice… quanto gli voleva bene… gli prese dolcemente la mano.
Mentre gliela massaggiava  lentamente le sue dita caddero sulla cicatrice che aveva sul polso. Quella volta che era così disperato da aver provato ad uccidersi… il lilla non poteva nemmeno pensarci. Sapeva però che le più grandi cicatrici Minaho le aveva sul cuore.
Ora l'arancione era meno fragile. Per fortuna era sopravvissuto, e aveva promesso al lilla che mai e poi mai avrebbe rifatto un gesto simile. Si volevano troppo bene, e, nonostante tutto, insieme le loro vite erano decisamente migliorate. Manabe ridacchió alla vista della faccia di Minaho. Doveva stare sognando qualcosa di molto buffo. Respirava tranquillo però… doveva essere un bel sogno.
Affondò il viso nei capelli del suo migliore amico pensando a cosa li aspettava. Ogni angoscia spariva quando erano insieme… sorridendo, si addormentó.


La mattina dopo il clima era decisamente rigido. C’era il sole, ma la notte aveva piovuto molto e le strade erano un aquitrino.
Minaho e Manabe, divisi tra il tentativo di evitare di farsi inondare dalle macchine che passavano di gran carriera nelle pozzanghere e quello di non affondare nel fango dei giardinetti, ringraziarono sarcasticamente l’autobus perso perché passato esageratamente in anticipo.
-E dobbiamo pure correre, perché quella strega di chimica interroga alla prima ora! -Il lilla sbuffó sconsolato, con una faccia buffissima. Manabe scoppiò a ridere.
-Tranquillo Min… la scuola non è lontana. Ce la faremo senza dubbio… attento! Si scivola! -Il lilla aveva afferrato per un braccio l’amico prima che cadesse in una pozzanghera. -Probabilità al 59 per cento che uno di noi cada in acqua, sigh!
L’arancione sospirò. -Speriamo bene…


Entrarono finalmente a scuola, in tempo ma fradici d’acqua fino alle ginocchia. Si tolsero le giacche e le appesero nei loro armadietti, quindi si sfilarono le scarpe inzuppate d’acqua. Purtroppo dovettero tenersi i pantaloni bagnati… avevano preso dalla borsa da calcio un paio di calzini asciutti, ma non potevano presentarsi a lezione in pantaloncini corti!
La prima ora fu un incubo assoluto. La prof era entrata gorgheggiando, segno inequivocabile di coscienza sporca, e aveva esclamato: -Interrogazione a tappeto!
Inutile dire che la classe si era trasformata in una trincea, mentre una pioggia di domande assassine pioveva a tradimento come granate a frammentazione a destra, a sinistra,  davanti e dietro…

Fino ad allora la bancata di Minaho e Manabe era rimasta praticamente al sicuro… era un brutto segno. L’arancione guardò l’amico, e le occhiaie del lilla non promettevano affatto bene.
Fu il vicepreside a salvarli. Entró a metà lezione per discutere di collegi docenti, e la prof, che tutti sapevano essere segretamente innamorata pazza dell’uomo, si sciolse come neve al sole. Fra salamelecchi e paroline, gli ultimi venti minuti passarono in un lampo con grande gioia della classe.


Finite le lezioni, i due ragazzi si diressero al campo al fiume.
Quel giorno Manabe sarebbe tornato a giocare, e l’allenatore Endou per festeggiare aveva deciso di organizzare qualcosa di speciale. Un’allenamento a squadre. Il campo al fiume era sembrato immediatamente la location perfetta.
Arrivati salutarono i compagni di squadra. Erano tutti felici per il ritorno del lilla, che arrossì come un pomodoro di fronte a tanta gioia. Iniziarono a scaldarsi.
Rex, il figlio adottivo del mister, era venuto con il padre ad assistere agli allenamenti. Quando vide Minaho e Mannabe corse ad abbracciarli urlando di gioia. -Fratelloni! Che bello! Non vedo l’ora di vedervi giocare!!


La partita fu splendida. Manabe e Minaho fecero miracoli e si divertirono molto. Il lilla fu anche rassicurato da tutti. Il suo rendimento non aveva risentito del periodo di allenamenti sospesi. Era felice come un bambino.
Erano così felici che nemmeno quando si resero conto con orrore di doversi infilare pantaloni, calzini e scarpe bagnate il loro entusiasmo venne meno. Salutarono tutti e si diressero a casa. Quella sera non ebbero nessuna avvisaglia di quanto stava per succedere… cenarono felici e si guardarono un film, prima di andare a letto. Fu al risveglio che si resero conto di qualcosa di alquanto drammatico.

Era domenica mattina, dunque niente scuola. Minaho si svegliò tutto allegro e scese in cucina a preparare la colazione… era il suo turno. Si stupì quando vide Manabe già seduto al tavolo, la testa tra le mani. Non si era nemmeno cambiato… era scalzo e indossava il pigiama. -Strano… -pensò Minaho.
-Man! Ma… perché sei già sveglio? Che hai? -L’arancione era leggermente preoccupato.
Il lilla alzò gli occhi. Erano rossi… Minaho ebbe una stretta al cuore. Doveva avere pianto.

-Min… -La voce del lilla era debole. -È… è stata tutta colpa della pioggia e di quei dannati vestiti bagnati! Io… penso… penso di aver avuto un grosso calo di voce.


Minaho era sconvolto. Non è che gli importasse molto del canto in quel momento, quanto piuttosto era terrorizzato al pensiero che il suo amico avesse una ricaduta di polmonite.
-Tranquillo Min… sto benissimo! È solo che… oggi dovevamo andare da Shindou… e ora come facciamo? Se non prendo lezioni tra una settimana sarà un disastro… io… non voglio che ridano di me!
L’arancione mise una mano sulla spalla dell’amico. -Man… non preoccuparti. Basta che tu stia bene. Se il problema è solo la voce… la soluzione c’è! Ricordo benissimo di averlo letto su uno dei tuoi libri… ne sono certo! C’è un sistema che usano i più grandi cantanti quando sono giù di voce… risolve subito il problema! Aspettami in salotto… arrivo subito!

Manabe andò a sedersi sul divano, curiosissimo e un po’ preoccupato. Minaho era sempre capace di spiazzarlo! Chissà cosa stava preparando per lui…
Finalmente l’arancione comparve nel salotto con un bel piatto tra le mani. Sopra, una semplice tartina spalmata di marmellata.
-Ecco qua Man… butta giù tutto!
Il lilla non capiva. Fissó il cibo sul piatto senza notare nulla di strano. Era una piccolissima tartine,  quasi un cracker. Nulla di più. -Mh… posso fidarmi?
Minaho fece una faccia stupendamente brigantesca. -Ma ceeeeerto!

Il lilla non era affatto convinto, ma decise di provare a fidarsi. Prese in mano il cibo e lo annusó… non aveva proprio idea di cosa stava per mettere in bocca. Chiuse gli occhi, mise la piccola tartina sulla lingua e iniziò a masticare. Nulla di strano… marmellata di arance, la preferita di Minaho.
Fu proprio mentre stava per convincersi che non ci fosse nulla di strano che lo percepí. Prima un leggero pizzicore… poi una pazzesca esplosione di bruciore!

-Ma… Ma. .. che… che cosa… hai… messo dentro… questo… pane! -Il lilla boccheggiava con le lacrime agli occhi. -Ho… ho la… la bocca in fiamme!
Minaho sorrise sornione. -Nieeeente… pane, la mia marmellata preferita e… due cucchiai di polvere di peperoncino! Ti avevo detto che avevo letto di un rimedio speciale! Vedrai che la voce tornerà immediatamente!
Manabe era nel panico. -Tu… tu sei… sei pazzo! Completamente pazzo! Sto… sto andando a fuoco!
-Eddai Man. .. Cosa vuoi che sia! È solo un po’ di peperoncino!

Il lilla scattó in piedi e si fiondó in cucina, scolandosi immediatamente una bottiglia d’acqua intera. Si accasció su una sedia sospirando di sollievo. -Hai cercato di uccidermi!
Minaho sorrise sornione. -Man, hai visto? Ti è tornata la voce!
Manabe rimase interdetto. -È… è vero!
L’arancione lo abbracció. -Devi fidarti di più di me… io so sempre cosa fare!

Manabe scoppió a ridere. -Hai ragione Min… sei proprio un genio! Però… sappi che mi vendicheró!

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Capitolo 5
*** Una panchina per due ***


Like a small boat
On the ocean
Sending big waves
Into motion
Like how a single word
Can make a heart open
I might only have one match
But I can make an explosion


Non si poteva certo dire che lo stratagemma di Minaho non avesse fatto effetto.

Manabe, nonostante il colpo basso della tartina al peperoncino, aveva recuperato perfettamente la voce. Che poteva chiedere di più?
Peccato che il primo utilizzo di quella voce fosse stato l’interrogazione di inglese, altrimenti si sarebbe potuta definire una mattinata tranquilla. Minaho e Manabe erano arrivati a scuola in perfetto orario, anche grazie al sole che aveva asciugato le strade. Ora i problemi dei due ragazzi erano altri… primo fra tutti capire perché quella megera della prof di inglese, felice di rispettare tutti gli stereotipi dei film di seconda serie, pareva ignorare l’esistenza di file di banchi ulteriori alla prima.
Minaho e Manabe, relegati lí da inizio anno, sapevano che prima o poi sarebbe stato il loro turno. Ovviamente proprio la mattina in cui si doveva portare tutto il programma del mese trascorso… Manabe ringrazió la sua fortuna che era stata così cortese con lui.
-Perlomeno non ti ha chiamato, Min… -Il lilla sussurrò all’amico di pregare per lui. Sapeva che l’inglese era l’unica materia in cui l’arancione trovasse difficoltà, ed era stoicamente contento di averlo coperto.


-Non parlarmi mai più di Oscar Wilde, o potrei svenire!
Manabe si teneva la testa tra le mani. L’interrogazione era andata bene, ma non si era mai sentito tanto angosciato come davanti a quella donna.
-Tranquillo Man… adesso abbiamo matematica! Sei contento?
Gli occhi del lilla si illuminarono. Quando poteva calcolare, era felice come un bambino… un bambino che mastica matematica complessa, però!
-Che bello! Non vedevo l’ora!
Minaho sospirò buffamente. -Non avevo dubbi…


Dopo le lezioni Minaho e Manabe erano tornati a casa per pranzare.
Minaho non si sentiva tanto bene… lo stress lo aveva sfinito. Aveva un po’ di nausea e mal di testa. Il lilla lo guardò preoccupato.
-Min… vuoi stare a casa oggi pomeriggio? Guarda che non è un problema… così ti riposi! Io posso andare anche da solo da Shindou… non mi succederà nulla, prometto.
-Man, non esiste! E se avessi un’altra crisi di pianto? -L’arancione scattò in piedi.
Il lilla si rabbuiò di colpo. -È…è questo che pensi di me? Io non… non sono così debole! Non… non lo sono… non lo sono!

L’arancione si morse la lingua. Non voleva assolutamente dire quello! -Man… io… scusami… non era questo che volevo dire… anzi, non è proprio questo il motivo a dire il vero. -mise una mano sulla spalla dell’amico.
-E… e allora qual è? -Il lilla sembrava triste. Minaho si detestò per avergli fatto male.
-Ecco… la… la verità… la verità è che non voglio perdermi il mio migliore amico che canta, ecco!
Manabe rimase spiazzato. Minaho era arrossito, segno inequivocabile di sincerità. -D…davvero?
-Davvero. -Il ragazzo si girava i pollici, il capo basso.
Manabe si sciolse come neve al sole. -Oh Min… sei così dolce! Guarda che io lo dicevo per te… non voglio che ti venga la febbre! Se però ci tieni così tanto…
L’arancione sfoderò i suoi più luccicanti occhi da cucciolo. -Ci tengo taaaaanto…. -Manabe scoppiò a ridere.
-E va bene! Va bene… vieni con me.


La lezione con Shindou era andata bene.
Manabe aveva imparato senza problemi le basi della scrittura musicale già dalla volta precedente, e quindi aveva potuto direttamente iniziare a cantare. Questa volta si erano dedicati alla musica moderna, ripromettendosi di tornare alla classica due giorni dopo, alla lezione successiva.
Inutile dire che Minaho aveva come sempre sommerso di attenzioni l’amico, che si vergognava abbastanza a dire il vero. Quel ragazzo lo viziava troppo! -Eddai Man… non sforzarti! Ci penso io a toglierti la giacca!

Tornati a casa erano stati costretti ad accendere il riscaldamento. La temperatura era calata molto con il tramonto, e le coperte in cui si erano avvolti non li scaldavano abbastanza.  Manabe non aveva potuto non pensare alla bolletta che sarebbe arrivata… non avevano abbastanza soldi.
-Senti Min… devo assolutamente trovare un lavoro. Non… non arriviamo a fine mese. Nemmeno… nemmeno a domenica prossima, con questo ritmo.
L’arancione spalancò gli occhi. -Siamo… siamo messi così male? Io… io ho ancora qualche soldo di quelli che mi aveva dato mia zia! Useremo quelli, no?
Il lilla sorrise, sospirando. -Min… non se ne parla. A parte che so che sono pochi… li hai spesi quasi tutti in regali per me, dannazione! Io invece non riesco a combinare niente.. guarda! Faccio abbastanza pena come amico, temo.

Minaho abbassò lo sguardo. -Avevi… avevi promesso che non avresti più detto queste cose. Lo… lo avevi promesso, Man… perché non capisci… perché non capisci che mi fai stare male!
L’arancione si alzò in piedi di scatto, gli occhi accesi e i pugni stretti. Lo stress era venuto tutto a galla. Si diede un pugno su una gamba, quindi uscì sbattendo la porta… aveva sentito un singhiozzo salire in gola, e non voleva che Manabe lo vedesse piangere.


Il lilla era rimasto senza parole.
Aveva parlato senza dare troppo peso a quello che diceva… perché il suo amico aveva reagito così? In fondo non aveva nessuna reale intenzione di fare la vittima… si sentiva colpevole. Per colpa sua il suo migliore amico era scappato di casa, in pigiama, con due gradi sotto zero... ed era calato il buio.
Si diede uno schiaffo. -Idiota! -Non c’era tempo da perdere… si infilò di corsa scarpe e giacca  sul pigiama, e afferrò una coperta correndo fuori di casa. La porta si richiuse sbattendo, mentre il lilla si lanciava per strada.


La notte era silenziosa. Nel quartiere di Manabe il traffico era limitato, e non c’era quasi nessuno in strada… troppo freddo quella sera. Il lilla correva velocemente. Sapeva bene dove andare… svoltò l’angolo e si diresse ai giardinetti del quartiere.
Minaho era lì, tremante di freddo, il viso coperto di lacrime.
Il lilla sapeva che si sarebbe rifugiato su quella panchina. Ci andavano sempre insieme, ed era troppo freddo perché potesse andare oltre. Ringraziò mentalmente il suo migliore amico, che gli aveva insegnato l’attenzione per i particolari e l’amore per le deduzioni. Corse verso il suo amico.
-Min! Min! Cosa…

L’arancione alzò gli occhi lucidi. -Cosa… vattene! Non… non voglio vederti! Non… non ne posso più di tutta questa storia! Sto… sto male!!
Il lilla ignorò la pugnalata di dolore che gli aveva mozzato il fiato. Non era il momento di essere debole.
-Minaho! Min… picchiami! Picchiami, forza! Fammi nero di botte se mi odi, ma copriti prima di svenire per il freddo!
L’arancione tentò di sottrarsi alla mano del lilla che era scattata verso di lui. -Lasc…

Manabe non parlò. Serró con le braccia il suo migliore amico, tremando. Inizió a piangere silenziosamente, senza singhiozzi plateali ma in un modo che spezzava il cuore. Minaho, irrigidito, si rilassó. Ebbe una fitta alla coscienza.
Dolcemente, silenziosamente, fece scivolare una mano tra i capelli del suo amico. Erano morbidi… non aveva mai fatto caso a quanto fossero belli.
-Man?
Silenzio. Il lilla continuava a piangere.
-Man… io… -le parole gli si strozzarono in gola. Non riusciva più a trattenere le lacrime. Ricambiò l’abbraccio di Manabe.


Minaho si svegliò dolorante e intorpidito. Aveva un tremendo mal di testa, non sentiva i piedi e gli sembrava di avere le orecchie in fiamme. Non capiva dove si trovasse… albeggiava.
Spalancò gli occhi di colpo. Erano su una panchina! Come era possibile che si fossero addormentati? Ricordava di stare piangendo...
L’arancione era ancora abbracciato al suo migliore amico. Manabe aveva una faccia così triste nel sonno… ebbe un’altra fitta di senso di colpa al ricordo della loro lite. Lo accarezzò dolcemente.
-Man… Man, mi senti? Svegliati… oddio svegliati!
Il lilla faticava a sfuggire alle braccia del sonno. Era così freddo, e lui era così debole… aprì lentamente gli occhi, in tempo per vedere quelli verdi di Minaho, terrorizzati e lucidi, fissi nei suoi.
-Min… c…cosa è successo?
L’arancione non riusciva a parlare… -M…Man…
Il lilla sorrise dolcemente.
-P…perdonami…
Minaho sorrise… si abbracciarono stretti.


Tornarono a casa che il sole era già sorto. Erano letteralmente congelati… Minaho si sentiva terribilmente in colpa ed era terrorizzato al pensiero che Manabe potesse avere una ricaduta di polmonite. Ancora non si spiegava come avesse fatto ad addormentarsi.
Seduti sul bordo della vasca, i piedi immersi nell’acqua calda, faticavano a trovare le parole.
-Man… senti Man… ho sbagliato ancora.
-Cosa dici… ho sbagliato io. Dovevo capire che non ce la facevi più. Spero che potrai perdonarmi…
L’arancione sospirò. -Stessa cosa… perdonami, amico mio.
Il lilla rise dolcemente. -Perdonato… ora però… vorrei un altro abbraccio!


Manabe, travolto leggermente dagli eventi, aveva preso in mano la situazione.
Dopo aver piazzato il suo migliore amico sul divano, ignorando le sue suppliche di mettersi al caldo e dormire, dato che era lui quello ad avere avuto la polmonite, lo aveva sommerso di coperte. Successivamente era andato in cucina e aveva preparato un thermos di camomilla calda, tornando poi in salotto con due tazze e un vassoio di biscotti.
-Mangia e bevi! Marsh! -Il lilla scoppiò a ridere.
Minaho sorrise e bevve un sorso di camomilla. -Buona! Sei bravo, Man…
Il lilla sospirò. -Mi fa piacere che tu lo dica, però…
-Però?
-Però, nonostante tutto, la preoccupazione per i soldi mi rimane, Min. Non posso farci niente. Lo so che non vuoi sentirlo dire, però penso che se fossi stato meno debole e non avessi monopolizzato le tue attenzioni, non saremmo arrivati a questo punto.

L’arancione socchiuse gli occhi. -Man… Dove sarebbe stata la tua debolezza? Quanti pensi che alla tua età stiano passando quello che tu… che noi stiamo passando? Dove sono le tue colpe? Di essere stato in pericolo di vita? Di essere stato picchiato da un bullo? Di avere avuto una polmonite? Allora anche io ho le mie! Se non avessi picchiato Kitama non sarei andato in orfanotrofio! Se non fossi stato così idiota non avrei cercato di uccidermi!
Manabe rimase spiazzato. -Tu… tu pensi che…
L’arancione lo strinse forte a sé. -Certo che lo penso. Non ci sono colpe che tengano… dobbiamo stare uniti,  e passerà anche questa… è una promessa.


-E va bene… oggi che si fa di bello? -Minaho scrutó l’orologio. Erano già le nove di mattina, e fuori c’era il sole. La temperatura era decisamente risalita.
-Bhe… io vorrei andare avanti con il mio lavoro di matematica. .. Ho quasi finito! Così magari domani, dopo scuola, possiamo fare un salto da mio zio… e chiedere qualche informazione. Lui saprà se abbiamo qualche possibilità di trovare una rivista che pubblichi le mie formule.
Minaho spalancò gli occhi. -Tuo… tuo zio? Ma… Ma come possiamo…
Manabe capí. Sorrise e si sistemó gli occhiali sul naso. -Tranquillo Min… mio zio non… non è come papà e mamma. Lui… lui mi ha sempre voluto bene… sono… sono sicuro che ci aiuterà.
L’arancione sospirò. -Lo spero proprio… ne… ne abbiamo bisogno. Tanto bisogno. E tu te lo meriti. Meriti di vederti riconoscere le tue capacità.
Il lilla arrossí. -Lo… lo credi davvero, Min?
Minaho gli fece l’occhiolino. -Certo! E poi mi piace l’idea di vedere il tuo nome su una rivista! Ti faranno la pagina su Wikipedia!

Manabe rimase immobile un istante… il labbro prese a tremargli. Un istante dopo rideva come un matto!

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Capitolo 6
*** Incontri scottanti ***


Con gran piacer ben mio
Sarem nipote e zio
E ognun lo crederà!



Dopo una mattinata passata all’insegna della matematica, Manabe era molto affamato.
Chiuse il libro… davanti a lui una stesa di fogli scritti. Era ad un passo solo dalla soluzione… ancora pochi accomodamenti e il suo lavoro sarebbe stato pronto. Era felice e spaventato allo stesso tempo.

Sospirò, si alzò in piedi e si sgranchí. Il profumino che risaliva le scale faceva ben sperare per il pranzo… doveva ammettere che, come cuoco, Minaho era decisamente migliorato!
Si preparò per una bella scorpacciata ed uscì dalla stanza molto di buon umore. Sentiva il suo amico canticchiare in cucina, al piano terra. Sorrise tra sé e scese di corsa le scale, facendo irruzione in cucina.

-Ehila Min! Che hai preparato di buono?
L’arancione si voltó sorridendo sornione.-Vedrai… questo sarà il miglior pranzo della tua vita! Ho fatto il sushi!
Manabe sorrise felice. -E Bravo Min! Così mi piaci! Ma… il pesce? Sarà costato tantissimo!
-Tranquillo. .. Mentre lavorava è passato il mister. Ci ha portato del pesce fresco, appena pescato e sanissimo.  Diceva di non voler dare strane idee alla moglie… ieri sera ha preparato il pollo arrosto… Endou deve ancora riprendersi, credo!
Manabe scoppiò a ridere. Si sentiva discretamente di buon umore, al netto dell’ansia. Il tepore della cucina immersa nella luce della tarda mattinata lo faceva sentire come in un nido sicuro. Lo sguardo di Minaho, poi, illuminava tutto. Era così facile per Manabe capire quando era felice… era un libro aperto per lui.
-Bene allora! Che ne dici… facciamo onore alla tua cucina?


Il pranzo non era stato niente male, e il lilla se ne stava ora sul divano insieme a Minaho, intorpiditi dalla digestione e infreddoliti, a stringersi sotto una coperta troppo corta per entrambi.
-Man… Man, allora, come procede il tuo lavoro?
-Bhe… -Il lilla si grattó i capelli. -Diciamo che sono quasi arrivato al mio obiettivo. Questo pomeriggio, se tutto va bene, conto di arrivare fino in fondo.
-Ma… non hai paura di stancarti troppo? -Minaho lo guardò preoccupato. -È tutta la mattina che lavori… devi riposare…
Il lilla sospirò. -Min… ti ringrazio per le tue premure ma… abbiamo tempo, per caso? Hai visto anche tu il sacchetto dei soldi. Ne abbiamo per quanto… tre giorni? Quattro? Abbiamo disperato bisogno di soldi, subito.
L’arancione strinse i denti. -Credo che… che tu abbia ragione, Man. Il punto è che tu non puoi sforzarti così tanto… sei stato male! Se non riposi…
Manabe sorrise e fece con la mano cenno di non pensarci. -Sto benissimo Min… benissimo.


Non c’era stato niente da fare. Il tempo di vedere una puntata di un telefilm che seguivano da tempo, e non erano nemmeno le due che Manabe era di nuovo al lavoro, chiuso in camera.
L’arancione, da parte sua, cercava di passare il tempo rassettando la casa. I lavori domestici non erano mai stati il suo forte… strano per uno che aveva una mente così analitica e ordinata.
Raccolse da terra un paio di pantaloni e li piegò, appoggiandoli poi sul corrimano delle scale. Caricó la lavatrice di biancheria sua e di Manabe e ripulì il piano della cucina dagli avanzi della preparazione del pesce. Accese il ferro da stiro… non poteva sistemare i vestiti nei cassetti senza stirare prima. Inizió a pensare.

Ricordava il padre… si chiedeva se sarebbe stato fiero di lui. Poteva dire di essere indipendente? Forse no… però combatteva, ed era felice ora. Felice con un vero amico, quello che aveva sempre desiderato.
Aveva sempre visto i genitori come troppo perfetti, troppo alti per lui. Li adorava, li stimava, ma non si sentiva mai alla loro altezza. Ora, invece, per la prima volta,  sentiva di stare gestendo la sua vita in maniera produttiva. Stava lottando per un amico…
Sovrappensiero, appoggió per errore la mano sulla piastra del ferro da stiro, cacciando un grido di dolore soffocato.
Mentre teneva la mano sotto il getto dell’acqua fredda, si accorse di una lacrima che, contro la sua volontà, gli scivolava sul viso. Si sentiva fragile.

-Ehi Min… ti sei fatto male?
La voce del lilla era comparsa all’improvviso alle sue spalle, morbida e leggera. Minaho sussultó e si asciugó gli occhi prima di voltarsi.
-M…Man… cosa… cosa ci fai qui?
Il lilla portò una mano dietro la nuca. -Ehm… niente è che… ho… ho sentito un grido soffocato e ho pensato che ti fossi fatto male, ecco…
L’arancione sospirò, pregando che non lo avesse visto piangere. Lui voleva essere quello forte, un riferimento per Manabe.
-Ah… capisco. No… niente di che… mi sono solo scottato. Non… non è niente, credo.

Il lilla sospirò a sua volta. -Fammi vedere…
Prese dolcemente la mano dell’amico e gli aprì le dita. Sul palmo una grossa scottatura rossa risaltava sulla pelle candida. Minaho gemette di dolore quando il lilla la sfiorò con le dita.
-Ok… non è grave. Vedrai che non ti verranno vesciche… tranquillo, lo so che fa male. Aspettami qui…
Minaho si stupiva sempre della voce calma con cui Manabe era in grado di parlargli quando era necessario. Lo faceva sentire al sicuro, in buone mani.
Tempo un minuto ed il lilla  era di ritorno con un tubetto di pomata. Lo aprì e ne pose una minima quantità su indice e medio della mano destra.
-Ok Min... dammi la mano. Vedrai…  sentirai solo un po’ di bruciore.

Minaho appoggió dolorante la mano scottata sulla sinistra di Manabe, con il palmo all’insù. Il lilla gli sorrise come per scusarsi, quindi con la maggior delicatezza possibile iniziò a spalmargli dolcemente la pomata sull’ustione.
Minaho inizialmente sussultó per il dolore, ma poi il sollievo fu immediato. Gemette mentre la pomata gli spegneva il bruciore.
-Grazie al cielo hai subito interrotto il contatto… -Il lilla sorrideva all’amico mentre gli soffiava lentamente sul palmo della mano ustionata. -Vedrai che domani sarà tutto passato… non è niente… non è niente.
Minaho sorrise dolorante. Per fortuna Manabe non si era accorto della sua angoscia… solo quello contava. Aveva dovuto fare un po' di scena... ma ne era valsa la pena, pur di difendere il suo amico.



Il resto della giornata trascorse tranquillo, e Manabe arrivò davvero vicino a concludere il suo lavoro. Tanto vicino che, la mattina successiva, aveva gli occhi rossi dal sonno.
-Min… Min... penso… penso che ci siamo!

A scuola stettero ben poco attenti alle lezioni, vuoi per il sonno (Minaho aveva fatto compagnia al suo amico tutta la notte) vuoi per l’emozione di andare dallo zio di Manabe. L’arancione era terrorizzato, anche se il suo amico gli aveva garantito che non aveva niente a che fare con i suoi genitori.
Minaho non si era ancora liberato dei pensieri del giorno prima… nelle poche ore di sonno quella notte aveva addirittura sognato il padre.


All’ultima ora avevano una sostituzione… momento splendido per ripassare i loro progetti, infatti nessuno faceva nulla e i ragazzi giravano liberi per la classe.
-Ehila, bambini! -Era Kitama, il bulletto della classe. Poche settimane prima aveva preso una bella lezione prima da Minaho, che lo aveva fatto nero per aver osato toccare Manabe, quindi dal padre che era venuto a sapere nel corso di un consiglio di istituto delle violenze che perpetrava nei confronti dei compagni. Da allora non aveva più alzato un dito, sostituendo alla violenza strafottenza e sarcasmo.
-Che mi dite… ve ne state qui tutti soli soletti a parlare del vostro amore?

Minaho si inviperí in un istante. -Cosa vorresti…
Manabe lo prese per il braccio. -Lascialo perdere Min… non perdiamo tempo con lui. Abbiamo di meglio da fare, no?
L’arancione sbuffó. -Hai ragione…
Kitama, da par suo, non sembrava avere intenzione di smettere. -Quindi? Quando vi darete un bel bacio davanti a tutti noi? Vi aspettiamo con ansia!
Nessuna risposta. Manabe e Minaho lo ignoravo bellamente, cosa che lo mandava letteralmente in bestia.
-Allora? Sapete? Sarebbe ora di scambiarsi l’anello! Altrimenti come…

Mentre parlava, Kitama afferrò con violenza la mano di Minaho, come a voler sottolineare le sue parole. L’arancione urló di dolore. L’ustione fresca non aveva smesso di fargli male tutta la notte.
Kitama si ritrasse di colpo. Aveva il terrore di fare del male a Minaho… dopo quello che era successo, temeva di essere espulso. E poi chi lo sentiva suo padre?
-Io… io non ho fatto nulla! Gli ho solo preso la mano, dannazione!
Manabe, che aveva subito costretto Minaho ad aprire le dita e gli premeva dolcemente un fazzoletto bagnato sull’ustione, gli lanciò uno sguardo nero di rabbia.
-Sparisci, idiota.


Cinque minuti dopo Manabe e Minaho erano in infermieria.
Il lilla aveva praticamente costretto l’amico a seguirlo, nonostante dicesse che non era nulla. I suoi gemiti di dolore dicevano il contrario.
-Ooook… dammi la mano Min…
L’arancione aprì la mano e il lilla vi pose delicamente sopra un sacchetto di ghiaccio. Minaho sospirò di sollievo.
-Tienilo per un po’… ti calmerà il bruciore.
Minaho annuì a testa bassa, uggiolando di dolore.
-G…grazie Man… non è davvero niente, comunque.
-Lascia stare… lo capisco quando soffri. Se avessi accettato di bendarti oggi la tua mano starebbe bene…
-Ma… lo sai che odio farmi vedere così in pubblico… mi vergogno, ecco!
Manabe non trattenne una dolce risata. -Oh Min… non devi vergognarti! E poi ti sei fatto male per una giusta causa… aiutarmi nelle faccende di casa!
L’arancione sospirò. -Ero sovrappensiero…
-Lo so, pensavi a tuo padre.


Minaho era rimasto paralizzato. -Co…come lo…
-Chiamala intuizione… -Manabe gli mise una mano sulla spalla. -… oppure nascondi meglio il viso la prossima volta. Hai la pelle troppo chiara perché non si vedano le lacrime, sai?
Minaho sospirò. -Non ero triste… è solo che… che…

-Che hai paura e ti senti inadeguato, proprio come me. Siamo fatti per stare insieme, vedi?
Il lilla fece un sorriso talmente  buffo che Minaho non poté che scoppiare a ridere. Come si faceva ad essere tristi con un amico così?


Le lezioni finirono poco dopo.
Manabe, dopo aver fatto lo zaino, si infilò il giacchetto e guardò Minaho.
-Min… ascolta. Dobbiamo andare abbastanza spediti se vogliamo essere di ritorno a scuola per le tre per poter prendere parte agli allenamenti. Te la senti di correre?
L’arancione era tutto tranne che entusiasta di accelerare il suo incontro con lo zio del lilla, ma poteva fare altrimenti? Non voleva che perdessero l’allenamento… la domenica successiva avevano l'ultima partita per le selezioni del torneo nazionale... la finale del girone della prefettura. Vinto quello... avrebbero avuto davanti le squadre più forti del paese!
-Va bene Man… che corsa sia, allora!


Un tiepido sole illuminava la città, mentre Minaho e Manabe filava come fulmini verso uno dei quartieri più  benestanti del centro.
Intorno a loro ville sempre più lussuose, macchine sportive e negozi di grandi firme. Niente a che vedere con il tranquillo quartiere scolastico immerso nel verde del parco dove risiedevano loro. Qui c’erano addirittura dei grattacieli!
-Ci siamo quasi Min… dobbiamo fare ancora due isolati! -Manabe prese la mano dell’amico. Gli sembrava molto in agitazione…
-O…ok Man. Ci…ci sono.


Gli ultimi duecento metri furono percorsi in un lampo, e i due ragazzi si ritrovarono di fronte ad una villetta elegante, in mattone rosso.
L’arancione, che iniziava ad essere letteralmente terrorizzato, cercava disperatamente un modo per ritardare l’incontro. Era certo che tutti i parenti del lilla lo odiassero, nessuno escluso.
-Man… ascolta… non è il caso di…


Dlin dlon…. Il lilla aveva suonato il campanello, spiazzando l’amico battuto sul tempo. Minaho sbiancó.
-Sì? -Una voce profonda risuonó nel citofono. Manabe sorrise.
-Zio? Zio… sono Manabe! Sono qui con un amico… abbiamo bisogno del tuo aiuto! Possiamo  salire?
Ci fu un istante di silenzio.
-Ma certo! Venite pure ragazzi! Man… è da tanto che non ti vedo!

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Capitolo 7
*** Un'ancora di speranza ***


Mio zio era allora nella prima giovinezza: l’età in cui i sentimenti stanno tutti in uno slancio confuso‚ non distinti ancora in male e in bene; l’età in cui ogni nuova esperienza‚ anche macabra e inumana‚ è tutta trepida e calda d’amore per la vita.
(Il visconte dimezzato)


Avvicinandosi alla casa lungo il vialetto, Minaho notava particolari sempre nuovi.
Il giardino era straordinariamente curato ed incredibilmente ampio. Sulla sua destra si apriva un laghetto tradizionale incorniciato da alcuni ciliegi, sul quale un ponticello in legno rosato sembrava offrire intimità e pace. A sinistra, invece, un gazebo avvolto da rampicanti abbastanza spazioso da ospitare un tavolo e molte sedie, nonché due divanetti.

La porta di casa era in quercia. Si vedeva che erano di fronte all’abitazione di un uomo ricco.
Manabe afferrò il pomello e lo girò. La serratura, già schiavata, scattò permettendo al battente di aprirsi.
Minaho era letteralmente terrorizzato, ma non poté che rimanere stupito. La casa, all’interno, fondeva in maniera incredibile antico e moderno.
Le pareti erano in carta, e le porte nient’altro che pannelli scorrevoli come nelle residenze tradizionali giapponesi… Minaho ne aveva viste altre così. La cosa curiosa però era che invece gli arredamenti erano quanto di più moderno ci si poteva immaginare. Tutto, sui toni del bianco e dei colori pastello, contributiva ad amplificare il mare di luce che entrava da una grande parete vetrata che permetteva alla sala di affacciarsi direttamente sulla parte più intima del giardino, alla quale si poteva anche accedere attraverso una porta a vetri.
La tecnologia era ovunque, e faceva da contraltare ai libri e alle enciclopedie che affollavano le moderne librerie alle pareti.

Una voce risuonó dalle scale.
-Scendo subito! Devo finire di scrivere una cosa al computer… accomodatevi pure nella sala e prendete un biscotto… sono sul tavolo!


-Min… ma stai tremando?
Il lilla, seduto su un divano del salotto sul quale aveva costretto anche il suo amico, sorrideva.
-N…no! Assolutamente. .. no!
Minaho era ancora più bianco del solito, e non sembrava sentirsi tanto bene. Armeggiava con la mano sul colletto della divisa scolastica come per allargarlo e non riusciva a tenere i piedi fermi.
-Min… guarda che mio zio non è come papà… te l’ho detto! Hai visto che non era nemmeno al processo? È da quando ero piccolo che cerca di convincere suo fratello… cioè mio padre… ad essere… ecco… diverso, con me. Sai… lui è un importante psichiatra. Ha lavorato anche per la famiglia imperiale.
-D…davvero? -Minaho si riscosse un istante dalla sua paura, interessato.
-Certo! Ha prescritto dei farmaci all’imperatrice, dopo la morte del primo figlio in un incidente stradale… ricordi? Tre anni fa... ne hanno parlato tutti i giornali.
-S…si… ricordo! Papà diceva sempre che non doveva essere stato solo un incidente.
-Ecco… vedi? Zio aiuta le persone, non le fa stare male come… come… ecco, hai capito.

Minaho era rincuorato… anche se aveva ancora paura. Come era possibile che nella famiglia di Manabe non ci fosse stato un minimo di passaparola? Certamente il pregiudizio contro di lui era all’ordine del giorno nei discorsi di quella gente…
Corse con lo sguardo alla scatola di biscotti sul tavolo. Costosa, firmata da una pasticceria alla moda del centro. Niente foto alle pareti se non quella di due ragazzi... uno circa della loro età, l'alto decisamente più piccolo, vestiti secondo la moda degli anni ottanta, e quella di un bambino appena nato. Niente ragazze, né  donne adulte, né foto di famiglia… il cervello dell’arancione elaborata i dati.
-Man… Man, tuo zio è single, vero?

Il lilla sorrise debolmente. -Sì. .. cioè… diciamo di si. È vedovo… mia zia è morta a venticinque anni. Erano sposati solo da tre anni quando è successo… si erano conosciuti all’Università. Lei… lei è stata portata via da una di quelle malattie che aveva deciso di studiare e curare… crudele, vero?
Minaho sussultó. -Oh Dio… mi dispiace… non potevo immaginarlo… è… è davvero triste.
L’arancione era arrossito. La confusione di quel momento gli aveva impedito di sentire dei passi lungo il corridoio… la porta scorrevole si aprì ed un uomo della stessa età di Endou entrò in sala. Indossava una giacca blu e sorrideva.
-Manabe! Era da così tanto tempo che non ti vedevo! Perché non sei mai passato a trovarmi in questi mesi? So… so cosa sta succedendo con tuo padre…


L’arancione era allibito.
-Questo… questo è… è tuo…
-Mio zio? -Manabe sorrise. -Sì! Zio… ti presento Minaho, l’amico di cui ti parlavo. Minaho… lui è Manabe Terauchi, mio zio.
L’arancione fissava L’uomo, (o il ragazzo?) ad occhi spalancati.
-M…ma…
-Min… perché fai quella faccia? -Il lilla scoppiò a ridere. -Cosa ti aspettavi, Babbo Natale? Con tanto di barba bianca? Zio ha solo ventisette anni! Forse dovevo parlartene di più prima…

Minaho, allibito, finalmente si riscosse.
-Oh mio Dio… sono stato tremendamente maleducato! Mi. .. Mi perdoni… io… io sono Minaho Kazuto, l’amico di Man… avrà… avrà sentito parlare di me, e niente affatto bene, temo…
Il giovane sorrise. Minaho notó quanto assomigliasse a Manabe… molto più del padre. Aveva capelli lilla come quelli del nipote, anche se gli occhi erano neri, ed era cinque o sei centimetri più alto. Se possibile, dimostrava ancora meno degli anni che aveva.
-Tranquillo… sono uno psichiatra, so distinguere un pettegolezzo interessato da una parola di verità… è soprattutto so che mio fratello maggiore ha… come dire… la tendenza a vedere le cose sotto una luce un po’ troppo drammatica. Pensa… quando ero piccolo e lui stava per prendere il diploma, tutti i giorni tornava a casa imprecando e lamentandosi di quanta strada dovesse fare a piedi… dalla fermata dell’autobus, in fondo alla strada!

Minaho non poté evitare di sorridere. Quell’aneddoto lo aveva messo a suo agio.
-Lei è… è così… giovane! È vero che… che ha già pubblicato relazioni su importanti riviste scientifiche? -L’arancione si morse la lingua. Dannata curiosità!
Il giovane rise e guardò Manabe. -Man… hai già raccontato tutta la mia vita a questo bel ragazzo? Comunque si… -si rivolse a Minaho con gentilezza. -… ho già pubblicato alcune cose. Diciamo che… ho avuto una carriera lampo. Ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste,  credo, e mi hanno saputo valorizzare.  Comunque… non parliamo di me! Ditemi… perché siete qui? Vi serve un aiuto di qualche tipo? So che la situazione tra voi, mio fratello e mia cognata non è rosea… però non posso dire di condividere le loro motivazioni. Man… io c’ero. So quanto hai sofferto per le loro pretese e so in quale isolamento ti hanno lasciato per tutta la tua infanzia.

Minaho si sentiva la testa in fiamme. Un po’ per l’ansia, un po’ per la sorpresa… non capiva più nulla.
-Ma allora perché non avete fatto nulla per aiutarlo, dannazione? Perché avete lasciato che soffrisse così?
L’urlo era partito senza che Minaho potesse fermarlo. -Dio, ho fatto una cazzata… -Pensò.
Manabe era sbiancato. -Ehm… Min… forse non era il caso, non trovi? Non è stata colpa sua…

Il medico sorrise ancora. -No Man… ha pienamente ragione. Lascia che gli risponda. -Si voltó verso L’arancione e gli mise una mano sulla spalla. Minaho sussultó. Quel ragazzo aveva qualcosa di… particolare.
-Vedi… io vedevo quello che succedeva e lo capivo… forse troppo. Ho finito l’università con due anni d’anticipo grazie a questa mia capacità di leggere nella psiche degli altri, sai? Dicevo… vedevo la sofferenza di Manabe, e la cecità di mio fratello che non capiva quanto suo figlio stesse male. Avrei fatto qualunque cosa per intervenire ma… avevo meno di vent’anni,  Minaho. Pensi che mi avrebbero dato retta? Mio fratello aveva dieci anni in più di me, una moglie in carriera e una professione prestigiosa, io ero uno studente che, geniale o meno, sopravviveva con i soldi dei genitori e con quanto messo da parte facendo vari lavoretti. L’unica cosa che potevo fare era prendere Manabe con me ogni volta che mi era concesso, e portarlo a giocare al parco, o in biblioteca. Dio, quanto amava i libri… fin da piccolissimo. Dicevo a tutti che fosse il mio fratellino… ero così fiero di lui!

Minaho sorrise debolmente. -Mi… mi perdoni se può. Avrò confermato le maldicenze nei miei confronti, con questa mia frase idiota. Mi… mi perdoni!
-No, tranquillo. -Il giovane prese un biscotto dalla scatola sul tavolino. -Anzi… non solo hai smentito le tesi di mio fratello, ma hai confermato le mie. Vuoi bene al mio nipotino. Solo questo conta. Sei un ragazzo curioso, molto interessante. Mi piaci, sai?
Minaho arrossí come un pomodoro. -Io… io non… non so cosa…
Manabe scoppiò a ridere. -Min… che ti avevo detto? Non è fantastico?
L’arancione iniziò finalmente a rilassarsi. Riprese un minimo di colore e sentì la tensione sciogliersi.

-Ma… quindi? -Il medico sorrise mentre offriva i biscotti ai ragazzi. -Ditemi… perché siete venuti? Chiedetemi qualunque cosa… farei di tutto per Manabe e i suoi amici!
Il lilla sospirò. -Zio… sai che mamma e papà mi hanno bloccato i fondi, vero? Abbiamo bisogno di denaro, oppure tutto il castello crollerà, e i giudici non mi daranno l’emancipazione.
-Certo… capisco. Ho letto le carte processuali.
Manabe prese un biscotto. -Dunque saprai della nostra situazione. Ebbene… ho lavorato tanto, in questi mesi, a un progetto speciale. Matematica complessa… tu mi capisci. Ora ho in mano un bel malloppo di appunti,  e delle formule nuove… che forse non sono malaccio. Ci chiedevamo… tu potresti darci l’indirizzo email, o il numero di telefono di qualcuna delle riviste scientifiche con cui hai collaborato? Se potessi… se potessi vendere queste carte magari potremmo tirare avanti un po’ di più… fino a che non troveremo un lavoro che ci permetta di sostenerci.

L’uomo spalancò gli occhi. -Certo ragazzi… certamente vi darò quello che mi chiedete ma… non sarebbe meglio se vi facessi direttamente un prestito?
Manabe si alzò in piedi. -Zio, non se ne parla! Non… non posso chiederti tanto, e poi così non dimostreremmo affatto di essere indipendenti, lo capisci vero?
L’uomo sospirò. -Purtroppo sì … aspettate qui, torno subito.


L’uomo si alzò ed uscì dalla stanza.
Minaho e Manabe si guardarono sorridendo debolmente. -Min… ora sei tranquillo?
L’arancione annuì. -Sì… è… è simpatico. Non sembra vedovo… è così allegro!
-Sai Min… ci sono dolori che rimangono sepolti molto più in profondità del colore degli occhi, e della luce del sorriso.


Pochi minuti dopo il giovane rientrò in sala.
-Ecco qua ragazzi… private a sentire con questi numeri e con queste email... Sono tutte riviste nazionali molto importanti, tranne questa… questa è internazionale. Roba davvero grossa… ma mi sembrava il caso di passarvela comunque, io ho fiducia in voi! -Fece l’occhiolino ai ragazzi. -Piuttosto… state molto attenti. Quella gente non sempre è disinteressata. Mi raccomando Man… fai sempre il mio nome così che sappiano che non sei scoperto, e non accettare nulla se non ti offrono un contratto scritto e se non ti garantiscono che il tuo nome comparirà in tutti i fogli necessari. Quella roba è tua, Man. Tua e di nessun altro.

Il lilla era commosso. -Zio… zio, ti ringraziamo infinitamente! Senti… perché non vieni a cena da noi, domani sera? Vorrei che tu e Minaho vi conoscesse meglio… e che tu possa conoscere i nostri amici! Min, tu che ne dici?
L’arancione sorrise, finalmente rassicurato. -Certamente! È una splendida idea! Accetti, la prego!
Il giovane scoppiò a ridere. -Davvero? Perché no? Però tu devi farmi una promessa…
Minaho sussultò. -Io?
-Sì… proprio tu! Ti prego, dammi del tu! Mi fai sentire vecchio!
Ci fu silenzio per un attimo… quindi scoppiarono tutti a ridere!


Di ritorno a casa, Minaho e Manabe parlavano allegramente. Le cose erano andate nel migliore dei modi.
-Man… tuo zio è fantastico! È così… così particolare! E giovane…
Il lilla sorrise. -Lo so… quando sono nato aveva solo undici anni, ci pensi? Ho dei bellissimi ricordi di lui… era l’unico con cui giocavo, da piccolo.
Minaho sorrise tristemente. -Man… non posso dire che sia allegra questa cosa, lo sai… cioè, è dolce, però è dannatamente triste.
Manabe sospirò. -Lo so.


La giornata seguente sarebbe stata particolarmente pesante, Manabe lo sapeva.
Avevano un compito di inglese, avevano l’allenamento per la partita di domenica che si avvicinava, la lezione con Shindou e la cena da preparare. Lui e Minaho avevano deciso di invitare, oltre allo zio del lilla, anche Endou, Rex e, se lo avesse voluto, Shindou stesso. Nemmeno lui sapeva spiegarsi il perché, ma voleva che suo zio vedesse la sua nuova vita.
Ma allora… se il lilla sapeva di avere davanti a sé una giornata così piena, perché non riusciva a chiudere occhio?
Pensò che si trattasse semplicemente di ansia. Oramai era così abituato ai suoi effetti da non stupirsi nemmeno più. Il fatto era che il problema denaro proprio non riusciva a toglierselo dalla testa.
Certo, aveva i numeri di telefono delle redazioni di tutte quelle riviste, e lui e Minaho avevano deciso di svegliarsi presto la mattina dopo per inviare un mucchio di email, ma gli sembrava una soluzione improbabile e lenta. Loro avevano bisogno di denaro subito… facendo la spesa, prima di cena, aveva dato fondo ai suoi risparmi. Ora i pochi yen che gli rimanevano erano a malapena sufficienti per tirare avanti due, al massimo tre giorni. Non si era mai posto il problema di non avere soldi per mangiare… era una sensazione strana, per chi era figlio di milionari. Incredibilmente però preferiva mille volte non avere il cibo,  piuttosto che non avete Minaho.
Doveva prendere delle decisioni… il giorno seguente, non oltre. Non poteva più temporeggiare e lo sapeva.

Ebbe un tremendo attacco di malinconia. Odiava sentirsi sempre così debole… proprio mentre Minaho invece era così volitivo, così certo è così acuto. Non sarebbe mai stato come lui, pensó.
Scese dal letto. Tanto valeva andare a farsi una camomilla, visto che non riusciva a dormire in nessun modo, si disse. Rabbrividí al contatto con il pavimento gelido.
Aprì la porta della stanza e si tuffó nel buio del corridoio, alla ricerca dell’interruttore della luce. Andando alla cieca sentì qualcosa muoversi alle sue spalle. Qualcosa che lentamente si avvicinava… e lo abbracciava con delicatezza!
Manabe saltò come una molla, con un urletto alquanto buffo.

-Man!! Man sono io! Tranquillo! -Minaho emerse dal buio sorridendo. -Ti ho sentito muovere e volevo assicurarmi che stessi bene… immaginavo che non riuscissi a dormire.
Il lilla sospirò. -Già… stavo andando a fare qualcosa di caldo da bere.
-Man… so io cosa ti serve. Altro che camomilla… dai, prendi una coperta e vieni in camera da me, tu faccio spazio, razza di panda furbetto!
Manabe sorrise dolcemente. Minaho sapeva sempre cosa fare, in qualunque circostanza, e riusciva sempre a dire la parola giusta al momento giusto.

-G… grazie…
-Non mi ringraziare! Piuttosto preparati… camera mia non è prooooprio in ordine, sai?

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Capitolo 8
*** At work ***


Di quella pira l’orrendo  foco
Tutte le fibre m’arse, avvampò!

Il sole, sorgendo silenzioso e violando la notte come un amante impaziente, si infiltrava tra le persiane socchiuse della stanza di Minaho.

Il ragazzo era già sveglio da un po’, e pensava tranquillamente mentre Manabe gli dormiva al fianco. Pensava al padre,  pensava al destino, e, ben più banalmente, pensava a quanta poca voglia aveva di andare a scuola!
Sospirò. Era ora di svegliare Manabe… dovevano mandare le email alle redazioni prima di andare a scuola, e ciò significava levataccia mezz’ora prima del solito. Inoltre non si poteva dire che la sera prima, stante l’insonnia del lilla, avessero riposato più di tanto…
L’arancione ridacchió tra sé e sé. Manabe valeva bene un po’ di sonno perduto… Manabe valeva troppo, per dirlo a parole.

Si girò lentamente verso di lui. Il lilla dormiva beato, sorridendo.
-Man… ehi Man! È ora di alzarsi… purtroppo!
Il lilla spalancò gli occhi. Minaho fu colpito da quando erano belli. Profondi e intelligenti, del colore delle viole.
-Sigh… di già? Mi sembra di avere appena chiuso gli occhi…
-E aspetta di assaggiare i miei pancake, Man… solo allora potrai davvero rimpiangere di esserti svegliato così presto!


Ridendo, i due ragazzi fecero i turni per la doccia, quindi scesero al piano terra. Era una mattina molto luminosa… non servì accendere le luci. L’arancione si diresse in cucina, mentre il lilla accendeva il computer. Era un regalo di Shindou… ancora ricordava con piacere la festa a sorpresa che gli avevano organizzato.
-Bene Min… -Manabe alzò la voce per farsi sentire dell’amico nella stanza a fianco. -Io preparo una bozza… prima di spedire però voglio il tuo parere!
L’arancione, intento a spadellare felice, sorrise tra sé e sé.
-Va bene Man… grazie per la fiducia!


Manabe masticava un pancake  (non male, a dire il vero) con discreto impegno, nel momento in cui Minaho finalmente finì di leggere il testo dell’email che Manabe aveva preparato.
-Man… ma è perfetta! Non potranno dire di no, ad una cosa così! Hai detto tutto, ma il tuo tono di mistero di certo li invoglierà a rispondere per saperne di più … ne sono sicuro!
Il lilla ridacchió. -Tono… di mistero? Okkey…
Da lì a premere, emozionati, il tasto “invia a tutti i destinatari” il passo fu breve.
-Bene Man… quel che è fatto è fatto. Ora, se non ti dispiace… avrei bisogno della tua presenza in cucina, amico mio… la mia buonissima, e sottolineo buonissima colazione si sta raffreddando!


Colazione, divisa scolastica, scarpe, vialetto, autobus, banco vicino a Minaho… le mattinate di Manabe oramai erano diventate rilassanti nella loro ripetitività. Del resto, con tutto quello che stava succedendo, era proprio la sicurezza dell’arancione al suo fianco che permetteva al lilla di resistere.
Fatta eccezione per il compito di inglese, la mattinata non fu devastante. Avevano matematica, scienze e ginnastica… Minaho era sempre entusiasta di fare attività fisica… per non parlare poi delle facce dei loro compagni,  quando avevano visto Manabe prendere dieci pure lí! Il calcio dava i suoi risultati… e ai due ragazzi poco importava dei pareri di quegli ipocriti.
Finite le lezioni… allenamenti! Manabe e Minaho fecero appena in tempo a cambiarsi, che i loro compagni già li aspettavano in mezzo al campo. Erano tutti emozionati per la partita imminente… soprattutto Tenma, che saltellava come un coniglio per il campo!


-Passa! Man… cerca di essere più svelto nei movimenti, ok?
Quel giorno la regia di Shindou era particolarmente nervosa. L’emozione per la gara di domenica era forte, e tutti giocavano con il massimo impegno.
-O…ok… perdonami! -Manabe si sentiva confuso. Troppe cose gli ballavano in testa… felicità e rabbia, stress ed energia insieme. Si scosse… doveva dare del suo meglio. Era così stanco… il poco sonno, lo stress, il compito di matematica, gli allenamenti… si sentiva vuoto. Per fortuna che c’era Minaho vicino a lui… Minaho e il suo sorriso, Minaho e la sua voce fresca ma avvolgente, Minaho e i suoi occhi che lo seguivano sempre, brillando quando incrociavano i suoi.
Sospirò rinfrancato, tornando a concentrarsi sul gioco.


Due ore e mezza di allenamento avrebbero annientato chiunque, e Manabe e Minaho non erano da meno. Nello spogliatoio parlavano con i compagni delle tattiche e dei miglioramenti che dovevano fare ancora prima della partita di domenica, cercando nel contempo di riprendere un minimo di fiato. Minaho era entusiasta dei progressi della squadra, e quel giorno si era sentito vicino a creare una nuova supertecnica… -Chissà! -Pensò.
Era davvero emozionato, e non poteva che eccitarsi ancora di più vedendo la gioia dei suoi amici. Solo Manabe sembrava strano. Era incantato su una panca, in mutande e con un calzino in mano, lo sguardo perso nel vuoto.
-Man… ehi, Man! Man, va tutto bene? Mi sembri strano…
Il lilla si riscosse di colpo. -Eh? Cos… oh Min, scusa… ero sovrappensiero. È stata… è stata una bella partita.


Un’ora dopo i ragazzi erano a casa di Shindou per la lezione di Manabe. Giusto il tempo di tornare a casa per farsi una doccia, ed erano già alla meta.
Manabe, in piedi vicino al pianoforte, non sapeva quasi nemmeno dove fosse tanto era stanco e confuso. Come se non bastasse quel giorno era il turno della lirica. Il lilla adorava cantare la musica classica, ma richiedeva molto più sforzo e fiato che la moderna… non sapeva se ce l’avrebbe fatta.
-Allora Man… che ne dici di provare un Verdi? Ad esempio… “Il Trovatore”? Secondo me la tua voce sarebbe perfetta per la famosissima “Di quella pira”… L’aria del protagonista, hai presente? Certo… è difficilotta, però…


Manabe si sentì male. Cosa gli stavano chiedendo di fare? No… non era possibile. Non QUELLA romanza… era troppo! Inoltre si sentiva lo sguardo di Minaho sul collo… L’arancione doveva aver capito che qualcosa non andava in lui quel pomeriggio… impossibile mentire o nascondere qualcosa ad un detective come lui.
Il lilla provó a concentrarsi sulla luce del primo pomeriggio, che entrava dalla grande parete vetrata. Aveva bisogno di rilassarsi… quelle vampe di calore che lo scuotevano dalle piante dei piedi alle punte dei capelli non promettevano niente di buono.

Incurante dei problemi del ragazzo lilla, il pianoforte attaccó con tutta la potenza della grande aria verdiana. Manabe ricordava la scena… il castello, l’assedio,  il rogo della zingara… era un’opera che lo faceva sempre piangere… non lo avrebbe mai ammesso davanti a Minaho, ma gli faceva venire troppa voglia di abbracciare la madre, e quando ricordava che non era possibile… lacrime.
Shindou interpretava benissimo la solennità del momento. Il do maggiore riempiva l’aria con la sua grandiosità, mentre l’attacco del cantante si avvicinava pericolosamente… Manabe sentì gocce di sudore scendergli sulla fronte. Si preparò, stringendo i denti.

Di quella pira
L’orrendo foco…

Caldo, caldo, ronzio nelle orecchie. Cosa stava succedendo?

…tutte le fibre
M’arse, avvampò!

Minaho era preoccupato… perché il suo amico barcollava? Era dalla mattina che gli sembrava strano… qualcosa non andava.

Empi spegnetelo,
o io tra poco…

Perché Manabe sentiva la testa pulsare? Qualcosa non andava… era così stanco…

Col sangue vostro…


La gola si chiuse, strozzando la voce. Manabe vide lucciole davanti agli occhi… e poi fu tutto buio.


Rumori, urla e luce… luce a sprazzi davanti agli occhi.
-Man! Oddio Man!! Rispondimi!!
-Min… stai tranquillo… stai tranquillo! Vedrai che adesso si sveglia… insomma!! Aiutateci!!!
Manabe si sentiva così calmo… qualcuno gli massaggiava dolcemente la mano. Percepí dei passi concitati entrare in sala e delle braccia sollevarlo… percepì contro la guancia la seta di una divisa… un cameriere? Dove si trovava?
-M…Man… ti prego…


Manabe aprì lentamente gli occhi. Era mattina? Perché si trovava nel letto?
Si guardò intorno. Camera sua… eppure non gli sembrava di aver così tanti cuscini... e perché la finestra era dalla parte sbagliata? Stava ancora sognando?
-M…Min? Min… ci sei anche tu?
-Man!! Oddio Man sei sveglio! Sei rimasto svenuto quasi dieci minuti… ho avuto così paura!
Finalmente la mente del lilla si snebbiò. Quella non era camera sua! Era nel letto di Shindou! Era svenuto durante la lezione di canto. Ora però si sentiva molto meglio… era stata colpa dello stress.
-Min… sto bene, giuro. Ora sto bene… non preoccuparti. Scusami… non volevo farvi preoccupare.
L’arancione sorrise debolmente, tenendo la mano dell’amico. -Non preoccuparti… ho… ho solo avuto paura che… che il tuo cuore… il tuo cuore… di…di nuovo…

L’arancione scoppiò a piangere. Manabe rimase per un attimo senza parole… cosa stava succedendo? Di colpo capì.
-Min! Min, mi guardi? Il mio cuore va benissimo! Ricordi cosa ha detto il dottore? Ora va bene… era solo stanchezza… credimi! È stata una giornata dura…
L’arancione singhiozzava con il volto affondato nel braccio. -S… scusa è… è che… io… io non…
Manabe abbracció l’amico. -Lo so. Tranquillo… lo so.


Erano le quattro passate quando Minaho e Manabe misero piede a casa.
Shindou aveva insistito affinché Manabe rimanesse almeno una mezz’oretta steso sul suo letto, a sorseggiare una tisana. Ora il lilla stava bene… la confusione era passata del tutto. Rimaneva altro, però… rimaneva la rabbia. Rabbia per la sua debolezza e per i suoi fallimenti. Aveva perso l’occasione di fare quello che voleva fare… il suo progetto segreto per quel pomeriggio. Voleva sgattaiolare alla ricerca di un lavoro… sapeva che Minaho se lo avesse saputo non glielo avrebbe permesso… l’unica possibilità era uscire con una scusa.
-Min… ascolta… devo assolutamente tornare a scuola. Ho lasciato lì… ecco… i… giusto! I miei fogli di appunti di matematica… senza non posso lavorare! Ci metterò poco…
-Man… ma… sei sicuro? Sei svenuto, poco fa! No… andrò io.
-NO! Ehm… cioè… non è il caso! Ho bisogno di prendere una boccata d’aria…

L’arancione trattenne dentro di sé ciò che realmente pensava. Non voleva dare un dispiacere a Manabe… doveva provare a fidarsi.
-O…ok Man… stai attento, però.


Manabe era in strada.
Aveva corso fin oltre il fiume, verso il quartiere dei ristoranti. Era certo che avrebbe trovato lì ciò che cercava.
Inizió a provarli tutti. .. Aveva poco tempo. Si trovò a supplicare per un lavoro. Si vergognava, ma sapeva di doverlo fare.
Evitando con attenzione i locali che sapeva frequentati da amici dei genitori, finì per trovare un bar – ristorante che faceva cucina tradizionale. Il proprietario era un uomo anziano sulla settantina, che ascoltò con attenzione il fiume di parole del lilla, annuendo seriamente.
-Ecco… in effetti avrei bisogno di un cameriere. Il problema è che tu mi poni tante condizioni… puoi lavorare solo tre giorni su sette per colpa degli allenamenti, per di più solo il pomeriggio! E come se non bastasse mi chiedi una settimana di stipendio in anticipo… io ti credo quando dici che hai disperato bisogno di soldi, però…

-Nonno, a me il ragazzo piace. Penso che dovresti assumerlo.
A parlare era stato un ragazzo alto, dai capelli blu. Sorrideva… assomigliava vagamente a Tenma.
-Oh! Ragazzo… lascia che ti presenti il mio miglior dipendente! In realtà non sono suo nonno… ma è cresciuto praticamente dentro questo ristorante! Si chiama Hayato… Matatagi Hayato.


Manabe era sconvolto ed entusiasta.
Non si capacitava di come le cose si fossero sistemate. Quel ragazzo… Matatagi… lo aveva fatto assumere! Non poteva ancora crederci… avrebbe iniziato il giorno dopo. E come se non bastasse… aveva un bel sacchetto di yen in tasca! Prima settimana di stipendio… sembrava un sogno! Non era nemmeno una miseria, a dire il vero… lo avrebbero pagato discretamente.
Volò a casa sulle ali dell’entusiasmo ed entrò come un fulmine, travolgendo Minaho.
-Man… ma… ma che…
-Oh Min… stai a sentire che novità che ho!!

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Capitolo 9
*** Piccolo incidente ***


Andiam, andiam,
andiam a lavorar!


Manabe aveva raccontato tutto, senza omettere nulla. Era così felice… aveva un lavoro che si adattava alle loro necessità! Sembrava un miracolo… proprio quando stavano finendo i soldi!
-Man… perché l’hai fatto?
Il lilla si immobilizzó. -Ma… io… io pensavo che…
-Ti avevo detto che non avresti dovuto faticare… che avrei lavorato io… sei ancora troppo debole Man!
-Io… volevo solo… anche tu hai diritto ad avere tempo libero… io…
Il lilla sospirò. -Man… non se ne parla. Tu non puoi faticare.


Manabe esplose.
Non seppe nemmeno lui perché. Forse lo stress, forse la rabbia… esplose.
-Ma insomma!! Dannazione, basta dirmi cosa devo fare!! Basta! Non ne avete il diritto!! Non hai il diritto di decidere della mia vita!!
Urlava. Lui, che non alzava mai la voce, urlava a gola spiegata, gli occhi accesi. Minaho era spiazzato.

-Man… io…
-BASTA!! -Manabe era infuriato. Diede un calcio tremendo al tavolino, ribaltandolo e facendosi un male terribile al piede destro. Un portapenne si rovesció sul tappeto mentre il lilla si inginocchiava a terra, il piede tra le mani, piangendo di frustrazione e dolore.
-Manabe… mi ascolti, per favore? Manabe… hai pienamente ragione, sai? Ho sbagliato. Ho totalmente sbagliato a dirti cosa dovevi fare. Solo che.. credevo di proteggerti, capisci? Proteggendo te proteggo me… senza di te io non vado avanti, lo sai.
La voce pacata dell’arancione aprì una breccia nel cuore del lilla. Aveva esagerato, se ne rese perfettamente conto mentre il piede gli lanciava fitte di dolore lancinante al cervello. La volta successiva in cui avesse voluto lasciare che i suoi nervi si esprimessero in maniera così violenta, pensó che fosse il caso di verificare di avere le scarpe, perlomeno.
-Min… ho… ho fatto una grossa cazzata.


Manabe era seduto sul divano, i capelli spettinati e il piede su una busta di surgelati. Era tanto calmo quanto poco prima era stato furioso. Si sentiva terribilmente in colpa, e avere le dita di un piede praticamente paralizzate certo non aiutava il suo umore.
-Minaho gli si avvicinò sorridendo debolmente.
-Min… scusa… ho… ho detto delle cose indegne. Vergognose.
-Tranquillo. Tranquillo… in fondo avevi ragione. Aspetta… lascia che ti faccia un massaggio al piede.
Minaho si inginocchió davanti all’amico e gli prese delicatamente il piede. Gli sfilò il calzino e inizió a massaggiarlo dolcemente, cercando di sciogliergli i muscoli. -Ok Man… rilassati, altrimenti non riesco a darti un po’di sollievo ai piedi.
-Min… grazie. Sei bravo. Ne... ne ho proprio bisogno... – Il lilla gemette mentre Minaho, con leggere pressioni dei pollici sotto la pianta del piede, gli scioglieva una contrattura.
-Ho avuto un ottimo insegnante… ricordi? Hai fatto lo stesso massaggio a me, quando ci siamo conosciuti. Avevo avuto un brutto incontro con un gradino… piede destro anche io, se non erro!
Manabe sorrise. Ricordava i suoi primi giorni con Minaho… la sua vita era cambiata in meglio in così poche ore… aveva rischiato di rovinare tutto.
-Minaho Kazuto, ascoltami bene. Io qui presente Manabe Jinichirou ammetto di essere stato un grosso, grasso, eccellente ed emerito… stronzo.

Minaho si fermò. -Tu… -Scoppiò a ridere come un matto. -Ma va… era più che giusto che ti arrabbiassi! Guarda… abbiamo già fatto pace… non pensarci più! Piuttosto… come va il tuo povero piede?  
-Beeeenissimo... Ti ringrazio. Se non ci foste stati tu e le tue mani, penso che starei ancora saltellando per la stanza.
L’arancione sorrise. -Beh… sarebbe una scena molto buffa! A parte gli scherzi... poveretto, hai preso una bella botta…sei tutto irrigidito... non riesco a piegarti le dita! È una fortuna che non ti sia rotto nulla. Tieni duro...
L’arancione era felice… niente di rotto, sembrava. Si concentrò sui muscoli dell’amico. I gemiti di dolore di Manabe non gli piacevano affatto.


A cena mangiarono riso bollito… più un bel gelato pagato con i soldi del primo stipendio di Manabe, quello anticipato. I loro ospiti parteciparono ad un clima che si poteva dire entusiastico, e lo zio di Manabe fu lieto di conoscere Endou, Rex e Shindou.
-Sai Man… forse ti avevo giudicato male! Tu portami un gelato così tutte le sere… e penso che potrei anche accettare questo tuo nuovo lavoro! -Minaho sorrise furbescamente.
Manabe rise. Erano felici. Fu una bella serata, ed andarono a letto ancora con il sorriso sulle labbra, pronti finalmente a riposare qualche ora in vista di una giornata scolastica niente affatto leggera!



La mattina seguente, Minaho si alzò per primo.
Sceso per preparare la colazione, si accorse che Manabe ronfava ancora della grossa… a rischio di fare tardi! Entrò in camera sua.
-Man… ehi Man! Mi spiace svegliarti ma… è ora!
Il lilla borbottó qualcosa voltandosi verso Minaho, quindi aprì gli occhi sorridendo. -E va bene… alziamoci pure!
Si stiró, lanció le coperte e mise piede a terra… prima di cadere, gemendo di dolore.


-D…dannazione lo… lo sapevo che qualcosa non andava in questo… in questo maledetto piede!
Il lilla era seduto sul divano, pallido e dolorante. Dopo la notte il dolore della botta presa il giorno prima era esploso.
-Man… tieni duro, ok? Ho chiamato il dottore…
Manabe sussultó. -D…dottore? Ma… costa troppo! Non abbiamo così tanti soldi… e poi non è nulla… guard… ahia! -Il lilla si pentí di aver provato ad appoggiare il piede a terra.
Minaho sospirò, sorridendo dolcemente. -Man… attento, ti fai male. Tranquillo… ho chiamato il dottor Konoe. Oggi ha il giorno libero dell’ospedale… non spenderemo un centesimo.

Il dottor Konoe… Manabe tiró un sospiro di sollievo. Era il medico che lo aveva operato, un paio di mesi prima… nonostante fosse un ragazzo giovane e fresco di laurea, si era dimostrato un amico fidato e un grande dottore. Si sentiva anche più tranquillo… aveva sempre odiato le mani dei medici che lo palpavano, da piccolo.

Squilló il campanello. Minaho andò ad aprire ancora in pigiama… del resto quel giorno non sarebbe stato possibile andare a scuola.
-Ehila! Ciao Minaho! Come va? Portami da Manabe… e spiegami bene cosa vi è successo.

Il dottor Konoe entrò in salotto con un gran sorriso rivolto al lilla, che gemeva di dolore. Era vestito sportivo, e così davvero sembrava quasi della loro età.
-Allora… ci siamo fatti molto male, vedo… Minaho mi ha spiegato cosa è successo… prendere a calci i tavoli in legno massiccio non è molto salutare, amico mio! -Il medico riuscì a strappare un sorriso a Manabe. -Bene… Minaho, per favore, vai a prendere del ghiaccio… adesso visitiamo questo soggetto strano!

Manabe spiegò al dottore esattamente cosa provava. La sera prima era molto meno doloroso… quella mattina la fitta quando aveva appoggiato il piede a terra era stata devastante. Aveva dovuto farsi la doccia sostenendosi alla maniglia del box, tenendo la gamba sollevata.
-Mh… va bene… -Il dottore prese un sorso d’acqua dal bicchiere che Minaho gli aveva portato. -Ho capito la dinamica… posso darti una sola garanzia. Se ieri lo appoggiavi, significa che non è rotto… è già tanto, no? Adesso comunque controlliamo bene… togliti il calzino, per favore, e prova a rilassare il piede...

Manabe gemeva di dolore mentre il medico gli manipolava dolcemente il piede dolorante. -Fa male così? E così?
Manabe gemeva di dolore. Sentiva una tensione terribile... all'improvviso ebbe un crampo violentissimo. Urlò di dolore mentre le dita si contraevano dolorosamente. Immediatamente il dottore prese tra le mani il piede del lilla ed esercitò una serie di pressioni con i pollici sotto la pianta, all'altezza dell'alluce, riuscendo infine a placargli i dolori e ad alleviargli la tensione. Manabe lo ringraziò gemendo di sollievo.
Minaho sorrideva sotto i baffi, nonostante la preoccupazione. Vedere il suo amico in quella posizione, rosso come un pomodoro per la vergogna di farsi vedere così lamentoso aveva un qualcosa di buffo. Il lilla sembró rendersene conto a sua volta, sorridendo imbarazzato.


La visita durò lo spazio di cinque minuti.
-Ok… è tutto chiaro. -Il dottore si alzò in piedi. -Come pensavamo… niente di rotto. La botta purtroppo è stata forte, ma per fortuna il massaggio che ti ha subito fatto Minaho ha salvato la situazione. Hai una grossa contrattura, e le dita quasi bloccate, credo. Non stavi esagerando, fa davvero molto male e rischi altri crampi come quello di prima.
Minaho e Manabe sussultarono. -Dottore… oddio… domenica abbiamo la prima partita del campionato nazionale! È la finale del girone eliminatorio… Manabe ci tiene così tanto! Potrà… potrà giocare?
Konoe sospirò. -Non lo so. Però non lo escludo. Dobbiamo assolutamente sciogliergli le dita e deve tenere il piede in assoluto riposo… purtroppo per le contratture farmaci e pomate fanno poco. Forse dei massaggi potrebbero darti sollievo, ma te li deve fare un dottore esperto in fisioterapia.
-Ma… dottore… non possiamo permetterci nessuna spesa, ora come ora… le… le avevo parlato della situazione…
Konoe si grattó il mento. -Beh... forse a questo ho io la soluzione, sai? Conosco uno bravo che, su mia raccomandazione, potrebbe anche aiutarti gratis… c’è solo un piccolo problema…
Minaho e Manabe si guardarono. Il lilla desiderava giocare quella partita più di ogni cosa… era pronto a tutto.
-S…si?
Il dottore si portò la mano dietro la nuca e sorrise imbarazzato.
-Beh… è ancora al terzo anno di università… ma tanto non potrà fare più danni di così, no?



Era tarda mattinata.
Minaho sorreggeva Manabe verso la fermata del bus. Il lilla sembrava tutto tranne che tranquillo.
-Min… ma… non è che questo la situazione me la peggiora, vero? Se mi distrugge un muscolo io poi come ci gioco, a calcio? Almeno fosse stata una mano, o la spalla…
Minaho rise. -Eddai Man… hai sentito al telefono! È contento di potersi esercitare con te… dove lo troviamo un fisioterapista gratis, altrimenti? Hai bisogno di quel massaggio ai piedi… vedrai che andrà tutto bene e ti rimetterà in sesto per la partita! E poi… chi è stato il pollo che ha calciato quaranta chili di tavolo a piedi nudi? Ti lamenti pure?
Manabe sospirò. -Tu e il tuo, ammetto buffissimo, sarcasmo… che il cielo ci aiuti! Se non gioco quella partita non so come farò… mi manca così tanto giocare al tuo fianco!

Lo studio del “dottore” era una palazzina ad appartamenti assai modesta. Tipico rifugio per universitari a corto di yen, pensò Minaho.
Al citofono una voce allegra rispose -Scala B, terzo piano!
I ragazzi, con Minaho che sosteneva Manabe, si infilarono nell’ascensore che li catapultó direttamente sul pianerottolo, dove li aspettava il “fisioterapista”.
Era un ragazzo moro con gli occhi verdi e i capelli a caschetto. Sembrava simpatico, pensò Manabe. Cercò di ignorare la sua scarsa esperienza e i timori che essa suscitava…

Minaho si ritrovò per la terza volta a rivivere il momento dell’incidente di Manabe. Il ragazzo ascoltava trattenendo in certi passi un leggero sorriso. -Beh… una storia particolare! Comunque tranquillo… non voglio prenderti in giro. Voglio aiutarti a stare meglio.
Manabe spalancò gli occhi. Quella frase lo aveva messo a suo agio più di mille diplomi. Si guardò attorno… l’appartamento era piccolo e modesto, ma pulito e profumato di lavanda. -Un ragazzo ordinato…- pensò. -È decisamente un buon segno. Anche Minaho sembrava calmo e sorridente.

-Bene… aiuta il tuo amico a distendersi su questa branda, per favore. Manabe, vero? Hai un bel nome. Io sono Takashiro… piacere! Spero di poterti aiutare.
Minaho aiutò Manabe a distendersi sulla branda, quindi si sedette al tavolo sgranocchiando alcuni biscotti che il ragazzo aveva offerto ad entrambi.
Il moro prese una cassetta di medicinali da un mobiletto a muro e fece cadere sulle mani alcune gocce di una strana sostanza oleosa. -Tranquilli… non è droga! È solo un blando antidolorifico da contatto… ti aiuterà a rilassarti. Sai… potrei dover andare a fondo, e non voglio che tu senta dolore. Ora se puoi togli scarpa e calzino… vedrai, non ti farò male.
Manabe eseguì l’ordine non senza una fitta di dolore. Il muscolo, a freddo, faceva malissimo e le dita del suo povero piede erano arricciate e bloccate. Gemette di preoccupazione.
-Allora… dimmi tutto. Dove senti dolore?
Manabe strinse i denti. -Ehm… ovunque? Diciamo però che se appoggio il piede a terra urlo, e se muovo le dita svengo…
Il ragazzo scoppiò a ridere. -Capisco… mi fa piacere vedere che riesci a ridere dei tuoi guai… sono in pochi a farlo! Invece è così che va presa la vita… con gioia! Allora… lasciami dare un’occhiata…

Il “dottore” controlló la situazione generale.
-Brutta. Davvero brutta. La botta ti ha contratto il muscolo che ora non riesce più a rilassarsi... è come se avessi provato ad afferrare una matita a piedi nudi. Presto... devo subito scioglierti le dita! Immagino il dolore, poveretto...
Manabe, dolorante, sorrise. -Ecco... non avevo dubbi!


Il ragazzo iniziò a massaggiare dolcemente il piede di Manabe. Individuó le contratture senza troppa fatica e iniziò a lavorarci sopra con i pollici.
-Ok… senti dolore alla pianta del piede?
-S…sì… e pure molto… ho... ho una tensione terribile sotto il piede... però… però sei bravo, sai? Che... che sollievo...
-Ti ringrazio. Ora stai tranquillo… adesso te la rilasso… non pensare al dolore. Dove senti la tensione?
Il lilla gemette. -Ovunque... da... dall'alluce fino al tallone... ahhh... sotto tutta la pianta...
Il medico pose immediatamente i pollici dove aveva indicato il lilla, che subito gemette di sollievo. -Tieni duro e rilassa l'alluce... ti massaggio subito lí... resisti. Manabe si sforzó di concentrarsi su Minaho, che sorrideva incoraggiante. -Man, vuoi un biscotto?
-Ma… Ma si… perché n… ahia!!
-Dai… tieni duro. Adesso ti sciolgo la contrattura alle dita… fatto questo, è andata.
Manabe ci sperava proprio. Dolore era una parola riduttiva per descrivere quello che stava provando.
Il dottore si stava concentrando sulla radice delle dita, con movimenti circolari. Manabe non poteva dire di non stare provando dolore... gli sembrava di camminare scalzo sui sassi, ma non voleva offendere il medico. -Ok… tre… due… e uno!
I muscoli di Manabe si sciolsero di colpo, strappandogli un gemito di sollievo. Il dolore alla pianta del piede diminuì all’istante.
-Eeeeeeccoci qua! La contrattura si è sciolta, per fortuna. Prova a muovere le dita…
Manabe obbedí gemendo di sollievo. -Incredibile! -Pensò. Stava decisamente meglio.
-Bene… hai trovato sollievo?
-Fin… fin troppo, grazie a Dio.

Il ragazzo sorrise, riprendendo a massaggiargli dolcemente il piede. -Bene… ora rilassati completamente e goditi il massaggio. Adesso devo scioglierti i muscoli. Tornerai a casa come nuovo.
Manabe sospirò. -A…ascolta… se io avessi… una partita di calcio domenica… potrei…
Il giovane sorrise. -Se puoi giocare? Ma certo! Riposa fino a domani, e vedrai che domattina sarai come nuovo.


Minaho e Manabe se ne tornarono a casa contenti come pasque.
-Vedi Man? È andata bene! Abbiamo salvato la partita! Il miglior regista difensivo del Giappone giocherà!
Il lilla arrossí imbarazzato. -Min… ma… ma cosa dici… non sono niente di che…

L’arancione non lo lasció nemmeno finire… gli saltò al collo e lo abbracció.

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Capitolo 10
*** Primo giorno di lavoro ***


Agli appuntamenti sono immancabilmente in ritardo, a volte anche di due ore. Ho provato a cambiare questi miei modi, ma i motivi che mi fanno ritardare sono troppo forti e troppo piacevoli.
(Marilyn Monroe)


Casa dolce casa.
Mentre Manabe si piazzava sul divano a guardare un bel film (-Min… cosa ha detto il dottore? Devo riposaaaare!) Minaho si dirigeva in cucina. Qualcuno doveva preparare il pranzo… del resto bisognava mangiare!


-Maaaan? Che ne dici di riso… ehm… riso e…. riso? Aspetta aspetta qui c’è qualcosa di… ah no… riso.
Manabe ridacchió. -Min… qualunque cosa tu faccia mi andrà bene, lo sai. Però… senti, abbiamo i soldi della mia prima settimana di lavoro anticipati… hai visto… è un buono stipendio! Ordiniamo qualcosa di buono? Anche tu te lo meriteresti… non è stata una settimana facile.
L’arancione sorrise. -Forse.. forse hai ragione, sai? Dai… ordino subito un paio di pizze.
-E patatine…
-E aranciata….
-E… gelato! Che ne dici?
-Va bene! E già che ci sei… pollo fritto?


Quando si fa una follia, bisogna farla bene e fino in fondo.
Minaho sentiva risuonare nelle orecchie le parole del padre. Quante volte glielo aveva detto… era stato tanti anni fa, ma il ragazzo lo ricordava benissimo.
Del resto… una scorpacciata simile era una vera, assoluta follia... però gustosa! Servendosi alla loro pizzeria di fiducia, non avevano nemmeno speso troppo in fin dei conti.


-Man… che ne dici… film e divano?
Il lilla guardò l’amico con un grande sorriso stampato in volto. -Film e divano sia! Giallo o horror?


Si fecero le due del pomeriggio… la stanchezza si faceva sentire. In fondo le ore di sonno erano sempre troppo poche ultimamente,  Manabe sentiva le palpebre pesanti… vide che, al suo fianco, Minaho dormiva già. Sorrise dolcemente… era così tenero mentre dormiva, pensò.
Non voleva cadere addormentato anche lui… provó a tenersi sveglio prendendo in mano il cellulare e scrivendo qualcosa a Tenma… niente da fare. Chiuse dolcemente gli occhi e si addormentó.


-Jinichirou, sbrigati. Mi hai già fatto perdere troppo tempo con queste storie. Torna a studiare!
-Papà… papà… io… io credevo che fossi felice…
-Felice? E per cosa? Perché un cretino di insegnante ti ha detto che sei bravo a cantare e ti ha dato un dieci su una stupida canzoncina di Natale? Devi fare ben altro nella vita! Torna a studiare Jinichirou, e non farmi perdere altro tempo con queste idiozie.
-Ma… pa… papà...
-Stai piangendo? Quante volte ti ho detto di non piangere? Asciugati gli occhi e vai in camera tua, ora devo lavorare e non posso perdere tempo con te. Sei proprio una delusione. Una grossa delusione.


Manabe si svegliò di colpo. -Papà…
Sentì di avere le guance bagnate. E poi… cos’era quello strano peso sul petto?
Prese dolcemente la mano di Minaho che dormiva al suo fianco e se la strinse contro la guancia. Il suo calore lo tranquillizzò. Non si accorse che l’arancione stava aprendo lentamente gli occhi.
-M…Man? Va… va tutto bene? Vedo che ti piace la mia mano… penso che lo prenderò come un complimento!
Il lilla arrossí come un peperone. -Ecco… io… non è che…
-Brutto sogno?
-G…già…
-Tieni la mia mano finché vuoi.


Qualcosa non tornava nell’agenda mentale di Manabe Jinichirou.
Si era alzato insieme a Minaho, avevano bevuto un bel bicchiere di succo di frutta e mangiato dei biscotti parlando di tattiche per la partita di domenica, aveva fatto i compiti… erano quasi le quattro, eppure non si sentiva ancora a posto con sé stesso.
Entró in cucina Dove Minaho stava studiando chimica con discreto interesse. Si versò un bicchiere d’acqua e si sedette al fianco del suo amico, mettendogli la mano sulla spalla.
Minaho lo guardò sorridendo. -Man, pensa che stupido che sono… ero convinto che tu oggi dovessi andare al lavoro! Devo proprio decidermi a comprare un’agenda… o meglio, a usare quella del cellulare!


Manabe sbiancó.
-O…oddio… il lavoro! Che… che ore sono?
Minaho spalancò gli occhi. -Che… ma tu… oddio! Sono le quattro meno un quarto!
Manabe crollò sulla sedia. -Dovevo… dovevo essere lì mezz’ora fa! Ho… già rovinato tutto!!
E così dicendo corse fuori di casa, lasciando Minaho con un palmo di naso.


Manabe correva come un fulmine verso il centro cittadino. Travolse alcuni passanti e a mala pena salutò Tenma, che passeggiava nel parco con… Tsurugi.
Si precipitó sul ponte, quindi si lanciò attraverso la via commerciale in cui aveva sede il locale dove avrebbe dovuto lavorare… anche se ormai era certo di  essere licenziato. Non osava pensare a cosa sarebbe successo se gli avessero chiesto indietro i soldi!
Entrò nel locale alle quattro in punto. Esattamente tra quarti d’ora dopo l’orario previsto, e mezz’ora dopo l’apertura del locale.  Si sentiva terribilmente imbarazzato.

-Ehila! Manabe! Mamma mia… sei tutto sudato! Ma… hai corso?
Matatagi Hayato, quello strano ragazzo che lo aveva fatto assumere… Manabe, mentre cercava di riprendere fiato, trovò la forza di chiedersi perché non stesse urlando contro di lui. In quel momento entrava in sala il proprietario del ristorante, visibilmente arrabbiato.
-Ragazzo!  Ma insomma! Tu non hai idea dello sforzo che ho fatto per assumerti, visto tutte le condizioni che mi hai posto! Dopo quello che ho fatto mi inganni così? Ho perso dei clienti! Mi dispiace ma penso che il nostro rapporto di lavoro finis…

-No! Aspetta nonno… è colpa mia! -Matatagi aveva messo la mano sulla spalla di Manabe e lentamente lo aveva spinto dietro di sé, come per proteggerlo. Il lilla non capiva assolutamente cosa stesse dicendo con quelle parole sibilline. -Mi sono sbagliato… gli ho detto di venire per le quattro e un quarto, invece che per le tre e un quarto! Ero distratto e ho fatto un pasticcio… se lo desideri puoi prendere i danni dal mio stipendio, ma ti prego, non licenziare Manabe… non sarebbe giusto! È stata colpa mia!


Il lilla era allibito. Letteralmente allibito.
-Ma… Hayato… davvero è andata così? -L’anziano sembrava perplesso.
-Certo… te l’ho detto nonno… sono stato distratto, e me ne pento molto. Sai che ti voglio bene, non l’ho fatto apposta!
L’anziano sospirò. -Certo.. Certo. Non ti preoccupare… anzi, perdona la mia reazione. Se è andata così niente da dire. Ragazzo, scusami per averti aggredito. Mettiti pure il grembiule, il farfallino e segui Hayato… ti dirà cosa fare.


Manabe era in piena confusione.
Mentre seguiva il ragazzo dai capelli blu e meccanicamente indossava la sua divisa, si faceva mille domande. Percepiva qualcosa di strano… quel ragazzo era… oscuro. Aveva spudoratamente mentito per salvarlo, come se nulla fosse. Eppure… eppure era così solare…
-Ehi… grazie per prima… perdonami, ti ho messo nei guai.
Il blu sorrise dolcemente. -Guai? Tranquillo… nonno abbaia ma non morde. Mi vuole troppo bene. Piuttosto… deve essere successo qualcosa di grave per averti fatto tardare. Vabbè… non preoccuparti. Sei un ragazzo interessante, sai?
-I…interessante? Io?
Il blu sorrise ancora. -Proprio tu! Ora però seguimi… stiamo facendo troppo tardi. Non temere… devi solo portare ai tavoli le ordinazioni.. è facile, e poi ci sono io con te!
Manabe sorrise di rimando… era confuso. Avrebbe voluto avere le capacità di indagine di Minaho per capire quello strano ragazzo… eppure sentiva di doversi fidare. -Va… va bene. Andiamo.


Tutto sommato si sarebbe dovuto guadagnare lo stipendio, realizzò Manabe.
Il lavoro in sé non era complesso. Si trattava solo di prendere ordini e servire ai tavoli, ma si sentiva impacciato come non mai. Aveva paura di far cadere i vassoi e le tazzine, e dimenticava in continuazione a chi doveva portare le ordinazioni. Era nel pallone… sarebbe già crollato se Matatagi non lo avesse coperto in ogni modo, aiutandolo e svolgendo una buona metà del suo lavoro.
-Hayato… non… non devi fare tutto questo per me…
Il blu sorrise. -E perché? Sei nuovo… è normale che tu faccia fatica. Io lavoro qui praticamente da quando ero piccolo… vedrai, presto imparerai e non avrai più bisogno del mio aiuto.

Il lilla, nonostante le parole del blu, si sentiva osservato e giudicato.
Il proprietario del locale non era affatto soddisfatto di lui… ne era certo. Lo vedeva da come lo guardava. Scuoteva il capo e sospirava, e sembrava tutt’altro che felice… era certo che a fine giornata lo avrebbe messo alla porta.
Come se non bastasse, l’imprevisto era sempre dietro l’angolo.


Il locale si  affacciava sulla strada commerciale attraverso una porticina tradizionale, che nascondeva un gradino. Non rispettava le norme di sicurezza.. Il proprietario lo sapeva, ma il locale era vecchio e leggermente più basso del livello stradale. Non c’era spazio per fare una rampa, ed ogni altro intervento sarebbe stato troppo costoso per le sue tasche.  Era un uomo anziano, vedovo da anni… il locale gli permetteva di andare avanti dignitosamente, ma nulla più. I pochi soldi che guadagnava in più li dava in stipendio ai dipendenti, una cuoca anziana, un aiuto cuoco giovane che veniva dal Camerun e Hayato.
Il ragazzo blu era quasi un vero nipote per lui… era una lunga storia, e quando ci ripensava aveva sempre una fitta di nostalgia.
L’anziano aveva piazzato un grosso cartello co  scritto “ATTENZIONE, GRADINO!” fuori dalla porta, ma non aveva potuto fare di più. Non era l’unico intervento di cui il vecchio locale avrebbe avuto bisogno… era luminoso, tradizionale e carino, ma mostrava tutti i suoi anni negli arredi un po’ rotti e negli intonaci scrostati.


Era appunto quasi ora per il sole di tramontare, quando la porta si spalancò mettendo in moto i campanelli appesi davanti ad essa. Era una donna abbastanza giovane, molto impacciata e apparentemente timida, che teneva per mano un bambino sui cinque anni.
La donna si guardò un istante intorno, quindi entrò nel locale, mentre il bambino dietro di lei si affannava a seguirla… mettendo un piede in fallo sul maledetto gradino e cadendo rovinosamente a terra sbattendo il ginocchio, proprio a pochi metri da Manabe che ai dirigeva al bancone con un vassoio di tazzine vuote.
Immediatamente il bambino scoppiò in lacrime. La donna non sapeva bene cosa fare e sembrava in piena confusione, mentre il proprietario del locale sbiancava. Una denuncia per irregolarità edilizie avrebbe significato la chiusura, e quel locale era tutta la sua vita…


Manabe, inizialmente confuso e sorpreso, sentì qualcosa scattare dentro di lui. Qualcosa che aveva le sue origini nella sua infanzia infelice, e che scattava ogni volta che sentiva un bambino piangere.
Appoggió il vassoio su un tavolo vuoto e si avvicinò al bambino, abbassandosi alla sua altezza e sedendosi sui talloni.
-Ehi… piccolo… non è niente. .. stai tranquillo. Vuoi un bel biscotto?
Il lilla tiró fuori dalla tasca un biscotto al cioccolato. Il bambino smise di piangere per un istante e lo fissò con gli occhi lucidi, incerto sul da farsi.
-Ecco! Vieni… non avere paura… io mi chiamo Manabe, e tu?
Il bambino prese dolcemente il biscotto. Singhiozzava ancora. -I…io sono… k… Kiro…
-Kiro? Che bel nome! Mi piace un sacco! Ehi… ti va di venire in braccio? Vorrei  controllarti la gamba… sai, per essere sicuro che vada tutto bene! Ci mettiamo un po’ di ghiaccio magari…
Il bambino,  lacrimando, fece di si con la testa e tese le braccia verso il lilla, che lo sollevò dolcemente. Il piccolo strinse le braccia dolcemente intorno al suo collo, ed insieme si diressero verso le cucine, sotto lo sguardo sconvolto e confuso dell’anziano proprietario e della donna.


-Ecco qua… va tutto bene… vedi? Non ti sei fatto niente… non c’è sangue… puoi stare tranquillo!
Il lilla teneva premuto un sacchetto di ghiaccio contro il ginocchio del bambino, che nel frattempo giocava con i suoi capelli sorridendo.
-G…grazie Manabe... Mi. .. Mi riporti dalla mamma adesso?
Il lilla sorrise. -E va bene… vieni in braccio…. Facciamo l’aeropiano!


Tornato in sala con il bambino, Manabe trovò il proprietario intento a discutere pacatamente con la donna, che si era presentata come la madre del bambino.
-Io… perdonatemi…. Signora,  le giuro che sto cercando di risparmiare soldi per far sistemare quel gradino! La prego. .. Non mi denunci! Questo locale è… è tutto quello che mi resta di mia moglie.
La donna era in confusione. -Non… non voglio denunciarla… è che…
Il lilla si intromise nel discorso. -Ehm… scusatemi… ho riportato il bimbo. Sta bene… era solo una botta e un grosso spavento. Ora, se il signore permette, penso che la cosa migliore da fare sia offrirgli una cioccolata calda, e un bel caffè con pasticcini alla signora… che ne dice?
L’anziano,  prima confuso, intuì il gioco di Manabe. -Io… certo! Certamente… Manabe, ci pensi tu?
-Ovvio!


La donna stava bevendo il caffè,  il bambino al suo fianco sorridente seduto vicino a Manabe.
-Sa? Quel ragazzo è fantastico! È vostro dipendente da molto?
-A dire il vero è stato assunto ieri… mi è sembrato subito un ragazzo onesto, anche se non è esperto ed è un po’ maldestro…
La donna sospirò. -La capisco… comunque sia, è bravissimo a trattare con i bambini. Io, fossi in lei, sfrutterei questo suo talento! -Bevve l’ultimo sorso di caffè. -Ora però io e Kiro dobbiamo andare… abbiamo delle compere da fare! Vero Kiro?
Il bambino annuì.
-E… signora…. Quindi…
-Non abbia paura. Nessuna denuncia. Anzi… Kiro si è affezionato a quel ragazzo. .. Penso che ci rivedremo  presto!


Poco dopo arrivò la fine del turno. Manabe lavorava solo di pomeriggio… servire anche a cena gli avrebbe rubato troppo tempo allo studio.
Aveva riposto il grembiule e stava per uscire, quando il proprietario lo fermò.
-Manabe… grazie per oggi. Sei stato bravo… non importa se mi rompi qualche bicchiere. Ho fatto bene ad assumerti.
Il lilla si sentiva sull’orlo delle lacrime. -Dice… dice davvero?
-Davvero.


Manabe uscì dalla porta che il sole stava tramontando. Aveva giusto il tempo di tornare a casa prima che facesse buio.
Era già in fondo alla strada quando sentì una voce chiamarlo.
-Manabe! Ehi, Manabe!
Era Matatagi. Il lilla si girò e lo aspettò. -Dimmi… dimmi Hayato!
-Ecco… nulla… volevo salutarti. A… a domani!
Il lilla era perplesso. -Mi hai rincorso per… salutarmi? Sei… sei carino.
Il blu sorrise. -Ti ho visto oggi… in te… c’è qualcosa di speciale.


Manabe tornó a casa particolarmente leggero quella sera, e nemmeno Minaho seppe spiegare da cosa derivava quel buonumore.
Manabe in fondo al cuore lo sapeva… era la gioia di una giornata andata meglio del previsto,  che stava per lasciare il posto ad una rilassante nottata. Il giorno dopo altre fatiche lo attendevano… ma Minaho era al suo fianco, e questo voleva dire felicità, in qualunque situazione.
-Min… ci pensi che fortuna oggi? Temevo di venire licenziato…
L’arancione sorrise. -Fortuna? Diciamo pure che il mio migliore amico è un ragazzo speciale.
-E amico dei bambini?
-E amico dei bambini!

Si guardarono per un istante… prima di scoppiare a ridere felici!

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Capitolo 11
*** Sui giornali ***


Conquest
He was out to make a conquest


-È mercoledì… -fu il primo pensiero di Manabe al momento del risveglio. Era ancora confuso e mezzo addormentato, ma già aveva preso coscienza del fatto che non sarebbe stata una giornata facile. Mercoledì significava scuola, allenamento, lezione di musica con Shindou… nel weekend si sarebbero tenute sia la gara dei talenti dove avrebbe dovuto cantare, sia la finale del girone locale del torneo nazionale.
Dopo settimane di spostamenti e indecisioni, finalmente la preside aveva deciso la data della gara dei talenti per sabato. Manabe aveva tirato un sospiro di sollievo… almeno non avrebbe dovuto rinunciarvi. Inizialmente si era parlato di domenica… e mai e poi mai lui avrebbe rinunciato alla partita con Minaho.
Del resto non era affatto entusiasta di dover cantare… chissà se sarebbe stato l’unico… sotto gli occhi di tutti i suoi compagni che lo disprezzavano, e di centinaia di studenti di tutta la scuola. Sarebbe stato così imbarazzante… del resto però lo aveva promesso a Minaho, e mai e poi mai avrebbe tradito la sua fiducia.


Scese dal letto sbadigliando. Come se non bastasse toccava a lui preparare la colazione.
Si infilò nella doccia il più silenziosamente possibile… voleva che Minaho dormisse ancora un po’. Faceva il forte e l’eroico, ma era stanco… il lilla lo sapeva.  Lasciò che l’acqua calda gli scorresse addosso, uscendo poi dalla doccia fresco e pronto ad affrontare la sua giornata con lo spirito giusto.
Si avvicinò alla porta della camera di Minaho e la spalancò lentamente.
-Min… purtroppo devo venire a…
In camera non c’era nessuno. La finestra era aperta e il letto sommariamente rifatto, ma Minaho non era lì.
Il lilla si guardò intorno. Almeno non c’erano troppi vestiti sul pavimento, né montagne di calzini sotto il letto. Minaho era disordinato nella gestione delle sue cose tanto quanto invece era ordinato a livelli logico e mentale… proprio non riusciva a fare altrimenti. Manabe trovava tenerissimo che provasse in tutti modi a mantenere le sue cose in ordine per farlo felice… a prescindere dal risultato.
Sorridendo scese le scale. Non aveva sentito nulla muoversi di sotto… come mai non si era accorto che Minaho si era svegliato prima di lui?


Lo trovò di spalle, seduto al computer. Un profumino di pancetta affumicata proveniva dalla cucina.
-Ehi Min! Perché sei già in piedi? Devi riposare anche tu, sai? Questa mattina toccava a me preparare la colazione…
L’arancione si voltó con un sorriso misterioso e luminoso.
-Man… ti prego. .. vieni qui. Penso… penso che ci sia una sorpresa che tu farà piacere.
Il lilla era perplesso. A cosa si riferiva il suo amico? Si avvicinò lentamente e mise le mani sulle spalle di Minaho. -Dimmi Min… di che si tratta?
Il giovane detective sorrise sornione, indicando lo schermo del computer.
Manabe guardò. -La posta elettronica? Cosa mai… O. Mio. Dio!!
Un’email in inglese… Manabe la aprì con mano tremante, iniziando a tradurre nel mondo migliore possibile il contenuto.


“Gentile Sig. Manabe Jinichirou.
In ossequio agli ottimi rapporti di lavoro che abbiamo intavolato con suo zio negli anni passati, abbiamo ritenuto corretto prendere visione di quanto da lei inviatoci con la maggior cura possibile.
I suoi scritti sono sorprendenti. In sintesi, saremmo molto interessati a prendere contatti con lei, affinché dai suoi studi possa essere tratto un articolo pubblicabile sulle nostre pagine nel numero che uscirà la settimana ventura. Desidereremmo pertanto avere un incontro con lei nella giornata di domani, così da concordare le linee dell’articolo e, ovviamente, l’ammontare del suo compenso.
Distinti saluti,
International Association of Math pure and applicated, divisione editoriale. “


Manabe era come paralizzato, immobile è con gli occhi confusi.
-No…
Fu Minaho ad agire per primo. Senza parlare, con un sorriso grande come il mondo, abbracció stretto il suo migliore amico. -Lo sapevo… io lo sapevo! Hai… hai visto la firma?
-S..sì… è una testata… a diffusione internazionale… letta… letta dai professori delle… delle più grandi università del mondo e… e…

Sbam. Il lilla cadde tra le braccia di Minaho.
-Ehi!! Ehi, Man!! Che hai? -Minaho era preoccupato, ma sorrideva. Sapeva distinguere un colpo di felicità quando lo vedeva!
Manabe aprì lentamente gli occhi, ritrovandosi tra le braccia dell’arancione. -M..Min? Ciao… Ho… ho appena fatto un sogno strano…
Minaho rise. -Sogno? Guarda che è tutto vero!
Manabe sbiancó, quindi arrossí come un pomodoro. -Dunque… dunque è vero? Vogliono… vogliono pubblicare i miei scritti? No… non è possibile. È… è di sicuro un errore!
L’arancione sorrise sornione. -No… nessun errore! Man, non è incredibile! Lo sapevo che saresti diventato famoso! Oh… non vedo l’ora di dirlo a tutti!! Saranno così contenti!!
-Freeeena i bollenti spiriti, gufetto! Ancora devo crederci io, e tu vuoi dirlo a mezzo mondo? -Il lilla scoppiò a ridere. Minaho mise un broncio buffissimo.
-E perché no? Così imparano a prenderti in giro! Sbattiamoglielo in faccia!
Il lilla sorrise… poi, di colpo, si rabbuiò. L’arancione gli prese subito la mano. -Man… che hai? Non sei felice?
Il lilla sospirò. -Certo… certamente, lo sono, però… ecco… mi sono chiesto cosa penserebbe papà di me, adesso. Se… se sarebbe felice e fiero di me, per una volta nella sua vita.
Minaho ebbe una fitta al cuore. Dio, quanto odiava quell’uomo per quello che aveva fatto a Manabe!
-Man… sarà fiero di te, ne sono certo. Gli metterò una copia della rivista sotto il tergicristallo della macchina, voglio vedere la sua faccia mentre la legge!
Manabe sorrise debolmente, quindi scoppiò definitivamente a ridere. Se lo vedeva, il suo migliore amico, intento ad un’operazione di polizia simile!


Non si poteva dire che la giornata non fosse partita con il piede giusto.
Manabe aveva immediatamente  risposto all’email dicendo che il giorno dopo sarebbe stato perfetto e chiedendo un orario, quindi si era seduto al tavolo con Minaho e aveva gustato la colazione speciale del suo migliore amico. Leggermente bruciata invero… ma si era impegnato così tanto!
Finito di mangiare si resero conto che era tardi! Volarono a cambiarsi, quindi presero l’autobus alla fermata e si precipitarono a scuola appena in tempo per l’inizio delle lezioni, battendo sul tempo la prof per pochi secondi. (-Grazie al cielo la vecchia si ferma sempre a rifornirsi di caffè alla macchinetta, altrimenti non ingrana la marcia! -Aveva esclamato Minaho, provocando nel lilla risate incontenibili.).
-Che amarezza… inglese! -Minaho sbuffó.
-Eddai Min… passerà in fretta. Poi abbiamo tutte materie leggere! Meglio… non vedo l’ora di andare al campo al fiume! Oggi allenamento speciale!
L’arancione sorrise. -Giusto! Lo avevo dimenticato… non vedo l’ora nemmeno io!


-Niente da fare… i nostri professori non ne vogliono proprio sapere di moderare i propri bassi istinti… domani ci aspetta un’altra interrogazione! -Manabe sospirò mentre si dirigeva, insieme a Minaho, al campo al fiume.
L’arancione scosse la testa. -Mamma mia quanta roba in questo periodo… e poi interrogano sempre noi! Sembra una congiura… come se non bastasse ogni volta che prendiamo un bel voto, dobbiamo pure sopportare le prese in giro degli ipocriti che abbiamo in classe!
Manabe sorrise. -Guarda che a loro fa solo comodo che qualcuno vada interrogato al posto loro… farebbero meglio a stare zitti!

Presi da questi discorsi, Minaho e Manabe non si resero conto di essere quasi arrivati. Fu il lilla ad accorgersi che stavano per rotolare giù dall’argine!
I loro amici erano già tutti lì ad aspettarli. Il tempo di cambiarsi, riscaldarsi, e l’allenamento poté avere inizio!


Manabe non aveva mai amato tanto correre come in quel periodo. Si sentiva leggero, felice e veloce… era una sensazione bellissima poter dimenticare tutte le ansie per qualche minuto, giocando semplicemente come un bambino, insieme a Minaho.
A volte si chiedeva come sarebbe stata la sua vita se avesse conosciuto l’arancione fin da quando erano piccoli. Sarebbe stato come per Shindou e Kirino? Avrebbero pian piano costituito qualcosa insieme?
Scacció questi pensieri. I suoi genitori non gli avrebbero mai permesso di trascorrere i suoi pomeriggi con un amico… figurarsi. In fondo, aver conosciuto Minaho solo ora che erano adolescenti gli aveva permesso di creare un rapporto diverso… speciale. Era come avere un fratello, ma senza la banalità che una parentela dava. Potevano scoprirsi ogni giorno, non dando nulla per scontato… avevano sempre qualche consiglio da darsi a vicenda, qualche parola dolce l’uno per l’altro.
Tra amici non era necessario litigare per tutto, come spesso fanno i fratelli. La loro diversità metteva ancora più in luce la loro somiglianza. Erano così diversi, eppure così uguali… il lilla non poteva non pensarci. Minaho era quello forte e coraggioso, eppure era stato lui a farsi coraggio e a rivolgergli la parola, vincendo la timidezza quel pomeriggio di alcuni mesi prima. Manabe era il matematico e il logico, eppure spesso era l’intuizione e il genio ribelle di Minaho che li tiravano fuori dai guai.
Manabe sorrise. Da quando conosceva Minaho, era come essere rinato. Gli voleva così bene…


-Ehi Man… ho un’idea!
L’arancione si sbracció verso il lilla, intento a provare alcuni schemi con Tsurugi, Kirino e Kariya dalla parte opposta del campo. Manabe si voltó e gli sorrise. -Dimmi tutto Min!
-È da qualche giorno che ci penso… perché non facciamo una supertecnica insieme? Qualcosa per la difesa!
Il lilla sussultò. Una supertecnica con Minaho? -Io… io non so se sarò in grado… non… non sono bravo come te…
Il mister intervenne da bordo campo. -Ehi, Manabe! Io invece trovo che sia una splendida idea! Devi credere in te stesso… abbiamo bisogno di rinforzare la difesa visto che i nostri avversari hanno un attacco potente… e credo proprio che tu e Manabe siate perfetti per una supertecnica!
Il lilla guardò il mister. -O…ok! Va bene mister, ci proveremo senza dubbio!
Minaho sorrise, facendo l’occhiolino ad Endou. Manabe aveva bisogno di fiducia in sé stesso… il mister lo aveva capito subito.


Alla fine degli allenamenti i ragazzi erano stremati.
Manabe e Minaho avevano corso come matti, cercando di costruire qualcosa di efficace. Avevano avuto delle buone idee… speravano di riuscire a concretizzare una nuova supertecnica combinata entro domenica!
Il lilla in particolare aveva dato il massimo, spingendosi oltre i limiti. Aveva bisogno di sentirsi utile, e il calcio lo faceva stare incredibilmente bene… non avrebbe mai ringraziato Minaho abbastanza per avergli proposto di fare insieme il provino per la squadra. Ora era seduto su una panca, cercando di riprendere fiato rosso come un pomodoro. Aveva decisamente sforzato troppo… aveva anche iniziato a fargli di nuovo leggermente male il piede. Si tolse subito scarpe e calzettoni sperando che non fosse troppo tardi e provò ad allungare i muscoli, stringendo i denti. Nulla da fare... le dita si erano arricciate e sentiva una tremenda tensione sotto la pianta del piede. Ricordava le parole del fisioterapista.
-Se senti tornare la contrattura alle dita, immagina di suonare il pianoforte...
-Ecco… vedi che dovevi ascoltarmi? Ti avevo detto che stavi sforzandoti troppo, Man… -L’arancione bevve un sorso d’acqua dalla sua borraccia, sospirando buffamente.

-Guarda che… che va… tutto… tutto ben… ahia!! -Il lilla strinse i denti. -Ehm… quasi tutto? Il... il mio povero piede... fai... fai qualcosa ti... ti prego... presto...
-Man? Che... che hai? Un crampo? -Tenma guardava preoccupato le dita del lilla. -Presto! Presto qualcuno lo aiuti!
Minaho rise. Tenma quando si agitava tendeva ad esagerare le cose. -Aspetta… lascia fare a me. Man... dammi il piede, ok? Tranquillo Tenma, Manabe ha solo bisogno di un massaggio. -Si inginocchió e iniziò a massaggiare dolcemente la pianta del piede del suo amico, che emise immediatamente un leggero gemito a metà tra dolore e sollievo. -Era così che faceva il dottore, vero? Rilassati… ti aiuto io. Fortuna che sei scalzo...
Manabe sospirò di sollievo. -Grazie… forse ho un po’ esagerato. Ahia… fai piano, per favore… in quel punto mi fa molto male...- il lilla evidenziò una grossa contrattura alla radice dell'alluce, che Minaho sciolse immediatamente con delicate pressioni dei pollici, provocando un sospiro di sollievo di Manabe.
Minaho sorrise sornione. -Vedi? Te l’avevo detto io! Comunque sei stato bravissimo Man… vedrai che riusciremo a finire la supertecnica in tempo per la partita di domenica! Ok… ora rilassa tutte le dita… devo darti subito sollievo da questa tensione.
Manabe strinse i denti mentre il suo amico spingeva e faceva movimenti circolari con i pollici per sciogliergli una contrattura. -Lo… lo credi davvero?
-Credere?  Ne sono certo! Vedrai… non falliremo. Ora però rilassati dalle caviglie in giù, o non riesco a darti sollievo.


Pian piano il massaggio dell'arancione aveva sciolto la tensione alla pianta del piede del lilla, sbloccandogli le dita. Appena Manabe ebbe trovato un minimo di sollievo, tranquillizzando i compagni di squadra che erano rimasti in attesa per tutta la durata del provvidenziale massaggio d'emergenza di Minaho, ebbero giusto il tempo di cambiarsi che era ora di andare insieme a Shindou a casa sua per la lezione di canto.
Quel giorno affrontarono repertorio moderno, così da non sforzare troppo Manabe.
-Senti Man… pensavo… la gara è sabato! Abbiamo tre giorni… altre due lezioni. Forse… forse dovresti scegliere il pezzo. Così potremmo iniziare a provarlo e a lavorarci. -Shindou si sgranchí le dita. Suonava oramai da più di un ora.
Manabe sorrise. -Hai ragione. Io una mezza idea me la sono già fatta. Avrei voluto portare qualcosa di classico, ma mi vergogno troppo… così mi sono detto, perché non prendere un pezzo famoso che è tratto da una romanza classica, ma è stato cantato da uno dei più grandi cantanti moderni del secolo scorso?

Shindou annuì. -Penso di intuire cosa vuoi fare…
Manabe sorrise facendo l’occhiolino a Minaho. -Elvis Presley, Can’t help falling in love. La musica è quella della romanza “Plaisir d’amour”, se non erro…
Shindou sorrise raggiante. -Esatto! È un pezzo bellissimo e famosissimo… tu sei un genio!
Manabe arrossí. -Ma no… anzi… aspetta un po’ di vedere cosa viene fuori…
Minaho sorrise a sua volta. -Man, sarai perfetto!
Il lilla sospirò felice.

-E va bene… diamoci dentro allora ragazzi!!

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Capitolo 12
*** Sotto mentite spoglie! ***


“Forse tutti i bambini che sono sfortunati da piccoli diventano grandi prima degli altri.”



-Dannazione… non pensavo fosse così difficile!

Manabe sedeva sul divanetto della sala musica di Shindou, massaggiandosi la gola. Al suo fianco Minaho rideva. -Man! Sei andato benissimo! Vedrai che sabato sarà tutto perfetto…
-Ha ragione. Hai solo bisogno di ulteriore esercizio… sei già molto intonato. La difficoltà principale è “entrare nella parte” quando canti qualcosa di così famoso… -Shindou intervenne, cercando di tranquillizzare l’amico.
Manabe sospirò. -Già… però credetemi, non è affatto facile fare quella voce così profonda… la mia è un po’ più leggera! Sembro un pervertito…
Minaho  scoppiò a ridere. -Sembri? Ma tu sei un pervertito! Tutte le volte che vieni a dormire nel mio letto mi abbracci e  sbaciucchi tutta la notte, nel sonno!
Manabe divenne rosso come un peperone, avvampando di vergogna. -Perché, tu allora? Mi spii mentre faccio la doccia!
-Solo perché ci metti ore, secoli, millenni!
Shindou non si tratteneva più. Scoppiò a ridere, seguito a ruota dai due amici.


-Va bene… allora dopodomani faremo la prova generale! Vedrai Man… andrà tutto bene. Sabato ti accompagnerò io, ok? È più d’effetto che usare una base.
Shindou accompagnò Minaho e Manabe alla porta, sorridendo. Il lilla era stanco ma felice.
-Ti ringrazio Shin… con te al pianoforte sarò un po’ più tranquillo.
Il castano sorrise imbarazzato. -Farò… farò del mio meglio!


Tornati a casa, Manabe si buttò sul divano stremato mentre L’arancione andava a preparare una tisana per entrambi.
-Man… ci guardiamo un film? Ho visto un bel documentario storico su internet… dovrebbe essere sul primo canale. Siediti e rilassati...e via subito scarpe e calzini. appena ho finito qui vengo a farti un massaggio ai piedi...da come zoppichi, direi che ti vanno a fuoco.
Manabe sorrise all’amico e accese la tv. -Buona idea... mi stanno letteralmente uccidendo...

Il salotto del lilla era immerso nella luce del tramonto. La portafinestra che dava sul giardino lasciava filtrare una tiepida luce, che illuminava i mobili e i soprammobili, finendo per cadere morbidamente sulla foto che ritraeva i ragazzi insieme. Minaho sorrise tra sé e sé.
-Ok Man… arrivo subito… il tempo di mettere la tisana nelle tazze! Fatti trovare a piedi scalzi...


Pochi minuti dopo Minaho entrò in sala con un vassoio fumante. Lo appoggiò dul tavolino e passò una tazza al lilla, che si era tolto le scarpe e gemeva cercando di muovere le dita dei piedi, quindi si sedette al suo fianco e gli fece stendere le gambe sulle sue.
-Ok caro il mio Man... -Minaho prese le caviglie del lilla e gli tolse i calzini, lasciandoli cadere a terra accanto alle scarpe slacciate, quindi gli prese i piedi nudi tra le mani iniziando immediatamente a disegnargli cerchi con i pollici sotto le piante e ad allungargli le dita. -Ora lascia fare a me... hai dei piedi bellissimi, lo sai? Cerca di rilassarli...
Minaho massaggiò le caviglie ed i talloni di Manabe, quindi inizio ad esercitare delicate pressioni con i pollici alla base dei suoi alluci, dove Manabe aveva dei piccoli calli dolorosi, e nello spazio tra le dita. Il lilla mugolò di sollevo, muovendo le dita dei piedi.
-Oh sì... Min... lì... proprio in quel punto... grazie Min, ne ho proprio bisogno.
Per quanto la Restaurazione Meiji fosse un argomento interessante, non si poteva dire che Manabe lo stesse seguendo con estrema attenzione. Passava più tempo a sospirare e a grattarsi il mento di quanto non ne passasse a guardare lo schermo o a guidare le mani di Minaho, che gli stavano scaricando la tensione dalle piante dei piedi con energiche frizioni.
-Ehila Man… perché non mi guardi e mi dici cosa ti preoccupa? Guarda che io ti conosco…- L'arancione intensificò le pressioni circolari e gli impastamenti alle dita contratte dell'amico. Sapeva che se non avesse rilassato adeguatamente quella zona delicata, Manabe avrebbe avuto i crampi.
Il lilla gemette di sollievo, guardò Minaho e sorrise debolmente, la mano dietro la nuca. -Ecco… niente, lascia stare. Le solite cose. Penso a papà e mamma…  ci penso solo.
Minaho sospirò. -Ho capito… Toc Toc!
Manabe guardò perplesso il suo migliore amico. -Ehm… Prego?
Minaho sorrideva sornione, con un buffo sguardo che prometteva sorprese. -Eddai Man! Toc Toc...
Il lilla sospirò sconsolato, ma sorrideva. -Chi è?
-Treno di coccole in arrivo alla stazione Manabe!! -L’arancione si buttò di peso sull’amico, prendendolo di sorpresa, e iniziò a fargli il solletico. Manabe scoppiò a ridere, rispondendo all’arancione con le sue stesse armi!

Tempo cinque minuti ed erano sudati, spettinati e felici. Fare un po’ i bambini li tirava sempre su di morale!
-Min… mi… mi ricorderò di questa aggressione, sappilo! Stai attento… soprattutto quando dormi con me! Potrei legarti al letto e vendicarmi!
L’arancione fece una faccia buffissima. -Man! Amico mio… non pensavo ti piacesse il sadomaso! Dimmi la verità… nascondi un frustino sotto il cuscino!
Il lilla scoppiò a ridere talmente forte che per poco non iniziò a lacrimare. -Minaho Kazuto sei ufficialmente condannato ai lavori socialmente utili! E hai anche lasciato a metà il massaggio ai miei poveri piedi... fila in cucina ad apparecchiare… stasera cucino io!


Minaho e Manabe mangiarono felici, senza fare troppo caso alle provviste consumate. Per una volta, era il caso di festeggiare, no? E poi… avevano lo stipendio di Manabe. Adesso che l’arancione aveva accettato che il suo amico lavorasse (dopo infinite promesse del lilla su quanto sarebbe stato attento a non faticare troppo) potevano essere felici della loro nuova indipendenza economica. Certo, dovevano stare attenti a risparmiare fino all’ultimo yen, però potevano permettersi qualche serata come quella, a base di gelato e pesce arrosto!
-Man, rimani sempre un cuoco migliore di me, sai? Mamma mia… sei troppo bravo! -L’arancione parlava a bocca piena, preso dalla foga di assaporare il branzino arrosto, ben dorato e profumato, che gli riempiva il piatto.
Il lilla arrossí. -Ma… Ma che dici… non è… niente di speciale! Sono contento che ti piaccia Min… lo sai che il pesce fa molto bene! E poi possiamo permetterci qualche piccolo lusso, no? Ce lo meritiamo pure, a dirla tutta!
L’arancione sorrise sornione. -Puoi dirlo forte! Piuttosto… domani devi lavorare, vero? Pensavo .. Se sei  troppo stanco, magari posso andare io al post…
-No. -Il lilla scoppiò a ridere scuotendo la testa. -Non ci provare, canaglia! Quello è il mio lavoro, e me lo tengo stretto!
L’arancione mise un broncio buffissimo. -Sigh… però adesso con questa storia sparisci tre giorni alla settimana fino all'ora di cena… io mi sento solo! Tutto il pomeriggio qui senza niente da fare se non studiare…

Manabe sospirò. Temeva di sentirglielo dire. -Min… mi dispiace davvero, credimi. Dai… sono solo poche ore… e poi appena avrò avuto l’emancipazione troveremo una soluzione diversa… te lo prometto. Ti fidi di me?
L’arancione sorrise dolcemente. -Sì… certo che mi fido di te. Vorrà dire che nelle ore vuote in cui ti aspetto a casa mi dedicherò a qualche hobbies! Mmmmh… uncinetto?
Il lilla scoppiò a ridere. -E perché no?


Quando i ragazzi andarono a  dormire, erano talmente stanchi che non fecero quasi in tempo a spogliarsi per infilare il pigiama. Dormirono bene e profondamente, non disturbati da ansia o brutti sogni, e la mattina dopo si svegliarono freschi e riposati.
Il lilla saltelló giù per le scale canticchiando felice. Sentiva che sarebbe stata una bella giornata… era un ottimo auspicio. Prese una padella e iniziò a friggere della pancetta, mentre spalmava delle fette di pane con la marmellata all’arancio preferita dal suo amico. Non si accorse di Minaho che faceva la sua comparsa in cucina.
-Ehi… Man, vedo che sei già al lavoro! Senti che profumino… ma come fai ad essere così indegnamente bravo? Ho l’acquolina in bocca!
Il lilla sorrise sornione. -Segreto della casa… a proposito, Tenma mi ha mandato un messaggio. Domani sera siamo invitati a casa sua… vorrebbe organizzare un torneo di videogiochi. Cosa gli diciamo?
L’arancione addentó una fetta di pane. -Beh… se non sei troppo stanco, perché no? Sarà divertente!
Il lilla sorrise eccitato.  -Speravo lo dicessi! Allora confermo… dai, sarà una serata diversa!
-Certo… e poi voglio proprio vedere Kirino sfidare Kariya!


La mattina scolastica trascorse, per una volta, abbastanza velocemente. Niente interrogazioni e niente brutte sorprese…  ciò significava meno stress. Quando tornarono a casa infatti erano più allegri del solito, cosa evidente da come l’arancione faceva battute a raffica sulla prof di chimica, che aveva dato il meglio di sé nella spiegazione degli orbitali atomici, imitando un atomo e agitandosi in mezzo alla classe come assatanata .
-L’hai vista? Sembrava in preda ad una crisi convulsiva!
Il lilla scoppiò a ridere. -Esatto… hai visto come si può rapidamente e senza sforzo perdere la dignità di quarant’anni di onorato insegnamento!


Per pranzo prepararono del pollo. Seduti al tavolo, discutevano dei prossimi passi da fare nel loro difficile percorso.
-Min… allora… ricapitolando. Oggi lavoro e stasera da Tenma, domani lezione da Shindou e allenamenti, sabato gara di canto e domenica… la nostra partita! C’è tutto no?
L’arancione sorrise… poi un pensiero gli attraversò la mente. -Man… il colloquio con quelli della rivista! È oggi! Alle quattro, maledizione!
Il lilla spalancò gli occhi saltando sulla sedia. -Oddio! È…è vero! Ma io lavoro… non posso non andare!

L’arancione sospirò. -Che pasticcio… aspetta! Ho un ‘idea… andrò io al posto tuo! Basterà che tu mi firmi una delega… dirò che sono il tuo agente! Ci pensi? Sarebbe fantastico!
Il lilla sorrise, riflettendo. -È un’idea totalmente folle…
-Non… non ti fidi di me? Ok… scusa. Forse allora conviene chiedere di rimandare il colloquio…
-… così folle che dobbiamo assolutamente farlo!!


Erano le tre, e il piano speciale stava per partire.
Manabe era pronto per andare al lavoro, e aveva scritto un documento per Minaho in cui gli delegava il diritto di firmare il contratto al posto suo. Aveva anche detto all’amico di riferire che se volevano ulteriore conferma avrebbero potuto telefonargli.
Minaho, da parte sua, era pronto per partire. L’incontro era fissato in un bar vicino a scuola. Voleva arrivare in anticipo, così da essere sicuro di fare tutto giusto. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era incredibilmente emozionato.
Quando si salutarono sulla porta dandosi appuntamento per le sette a casa, erano consci che sarebbe stato un pomeriggio importante, anzi, fondamentale. Erano pronti.


-Manabe! Che bello vederti arrivare in anticipo… sei proprio un ragazzo responsabile. Vai in cucina… Matatagi ti sta aspettando. -Il proprietario del locale dove lavorava Manabe era raggiante.
-Certamente signore… vado subito a cambiarmi! Piuttosto… lei come sta?
-Ottimamente, ottimamente… stanotte ho sognato mia moglie, sai? Era così bella… beh, ma perché ti sto scocciando con i miei deliri da povero vecchio? Tranquillo… sono certo che sarà un pomeriggio positivo per tutti.


Il lilla entrò in cucina e iniziò ad infilare la divisa, composta da un semplice farfallino nero, da un grembiule e da scarpe nere di vernice.
-Ehila! Manabe! Avevo proprio voglia di vederti, sai? La tua compagnia rallegra la giornata delle persone. -Matatagi diede un colpetto sulla spalla del lilla. -Mettiamoci al lavoro… sarà un pomeriggio molto pieno, visto il sole che risplende!
Manabe era confuso, come sempre quando parlava con il blu. Era strano… nascondeva qualcosa, eppure… eppure lo faceva sentire felice. Lo valorizzava e lo faceva sentire importante e ben voluto, come… come Minaho.
-Va bene… diamoci dentro!


Matatagi aveva ragione. Quel giorno il bel tempo aveva favorito gli affari.
I clienti entravano continuamente, e i due ragazzi dovevano fare gli straordinari per servirli tutti. Inutile dire che la fatica che faceva Manabe per non far cadere nulla era tanta. Ill suo stupore fu quindi ancora più grande quando vide entrare dalla porta Kiro, il bambino che aveva aiutato il giorno prima quando era inciampato nel locale e si era fatto male, accompagnato dalla madre e da un’altra bambino dai capelli neri, dall’aspetto timido.
-Manabe! -Il piccolo corse verso il lilla trascinandosi dietro l’amico. -Lui è Yasuda… viene con me in prima elementare! Gli ho detto di quanto sei simpatico e buono e ha voluto venire a conoscerti!
Il lilla arrossí come un peperone. -S…simpatico… io? -Con la coda dell’occhio vide la madre di Kiro sorridere, insieme al proprietario del locale.


Niente da fare. Tempo un minuto e Manabe, con il bonario consenso dell’anziano e sotto l’occhio divertito di Matatagi, si era ritrovato seduto sul pavimento dietro al bancone, con un bambino sulle ginocchia e l’altro sulle spalle.
-Hai visto? Lui è speciale! Ero caduto e mi ha aiutato e mi ha preso in braccio e mi ha messo il ghiaccio e…
Manabe sorrise fermando quel fiume di parole con un gesto della mano. -Niente di che… così mi fai sembrare un eroe!
-Magari hai anche i superpoteri! Ci pensi, Yasuda? Magari di notte Manabe si mette il mantello e gira per la città difendendo i bambini e le vecchiette con i suoi raggi laser! -E cosí dicendo il bambino finse di sparare qualcosa dagli occhi.
Il lilla rideva come un matto. C’era qualcosa nei bambini che lo inteneriva sempre. Lasciava che giocassero con le sue mani e i suoi capelli, e che gli si arrampicassero addosso senza nessun problema, mentre gli raccontava favole e barzellette facendoli ridere felici.


La donna, intanto, mentre osservava felice la scena, sorseggiava un caffè al bancone, parlando con il proprietario.
-Vede… le avevo detto che ci sa fare con i bambini! Quel ragazzo è un genio… non sembra, ma mio figlio non dà mai confidenza a nessuno! Deve avere qualcosa di speciale per averlo fatto affezionare così… oggi mi ha implorato di riportarlo da voi insieme al suo migliore amico!
-Signora, non so cosa dirle… ha ragione, è davvero bravo… dovrei pensare a qualcosa di speciale per lui. Come semplice cameriere è sprecato… cercherò di inventarmi qualcosa!


Tornando a casa, Manabe sentiva crescere l’agitazione.  Chissà come era andato l’incontro di Minaho… aveva il cuore in gola.
Aprì la porta ed entrò in casa. Le luci erano spente e solo il tramonto illuminava il salotto… segno che Minaho non era ancora tornato. Si tolse le scarpe con un sospiro di sollievo. Non immaginava che servire ai tavoli si traducesse nel camminare così tanto!
Dopo aver riempito di patatine una ciotola,  si sedette sul divano a guardare un po’ di tv, nell’attesa del ritorno dell’amico. -Maledizione… a quest’ora non c’è mai niente di interessante!


Finalmente la porta si aprì, e Minaho entró in casa raggiante. Il suo sorriso sciolse immediatamente tutta l’ansia del lilla.
-Min! È… è andata…
L’arancione sorrise sornione.

-Sì. È andata bene!!

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Capitolo 13
*** Ricordi ***


Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo.


Manabe non stava più nella pelle. Aveva immediatamente fatto sedere Minaho al suo fianco senza nemmeno dargli il tempo di riprendere fiato dalla corsa che aveva fatto per tornare a casa, e lo stava ricoprendo di domande.
-Come è andata? Come erano loro? Che ti hanno detto? Hai firmato? E poi…
-Ehiehiehi! Man, dammi tempo di fare mente locale! -L’arancione scoppiò a ridere. –Ora ti racconto tutto…


Minaho raccontò a Manabe ogni particolare. Aveva trattato con una donna e un uomo che gli erano subito sembrati molto simpatici e non avevano posto problemi quando gli aveva spiegato il perché della sua presenza al posto di quella del lilla. Avevano parlato un poco e si erano fatti raccontare qualcosa sulla loro vita, quindi erano passati al dunque. Gli offrivano una cifra piccola, ma tutto sommato in linea con quanto avevano sperato di guadagnare. Sarebbe stata una boccata di ossigeno che gli avrebbe permesso di andare avanti con più tranquillità.
-… e ovviamente, prima di firmare, ho letto e riletto il contratto cinque volte… mi sembrava regolare. Ti garantiscono che il tuo nome appaia bello in grande, è questo che conta, no? -L’arancione sorrise sornione. -Hanno detto che domani, prima di cena, passeranno a prendere i tuoi appunti e a darci i soldi. Si sono raccomandati che tu faccia una fotocopia di tutto prima di dargli il tuo lavoro, e hanno detto di stare tranquillo… anche se sei minorenne, tuo zio garantisce per te e questo gli basta.
Manabe era letteralmente entusiasta. Non ci poteva ancora credere… ce l’avevano fatta! Sembrava troppo bello per essere vero.

-In più…
Il lilla sussultó. -Ecco… sapevo che c’era qualcosa che non andava…
L’arancione fece un sorriso indecifrabile. -In più… mi hanno detto che il quotidiano cittadino vuole intervistarti! Non è cosa comune che un sedicenne riscriva le regole della matematica, sai?
Il lilla sbiancó, quindi arrossí come un pomodoro. -O… mio… Dio!


Dieci minuti dopo Manabe era ancora sconvolto.
Lui voleva solo ragganellare qualche soldo per aiutare sé stesso e il suo amico, e ora si ritrovava a pubblicare un saggio con una delle riviste scientifiche più importanti al mondo, in rampa di lancio per avere finalmente, per una volta, la stima di suo padre.
In fondo era proprio di quella che gli importava. Sapeva che non sarebbe diventato famoso… quelle riviste venivano lette in tutto il mondo, ma solo da una ristrettissima cerchia di esperti. Non era questo però che gli premeva… non riusciva a farci nulla. Voleva la stima di suo padre. Sentiva ancora le sue parole. .. “Manabe, se un buono a nulla!”, “Manabe, sei una delusione!”, “Manabe, non ti riconosco!”. Ebbe una fitta di tristezza.


Minaho, intento a fare le fotocopie degli appunti del lilla, lavoro che lui per la troppa emozione e il tremore delle mani dovuto alla felicità non riusciva a fare, notó che qualcosa impediva al suo migliore amico di essere felice al cento per cento.
-Man… gli piacerà, non dubitare. Sarà fiero di te, anche se magari sarà troppo orgoglioso per dirtelo.
Il lilla trasalì. -Ma… Ma tu come…
L’arancione sorrise dolcemente, andando a sedersi vicino all’amico e prendendogli le mani. -Uno. Sono un detective e… due. I tuoi occhi non hanno più segreti per me.
Manabe era confuso e commosso. Riuscì solo a emettere un buffo, leggero -Oh… - prima di buttarsi tra le braccia del suo migliore amico, gli occhi lucidi.
Minaho lo tenne stretto a sé per un tempo lunghissimo. Lo sentiva tremare. Avrebbe voluto trasmettergli sicurezza… sperava di starci riuscendo. Lui non aveva ricevuto abbracci per tanti anni… ma il lilla doveva essere nella sua stessa situazione, purtroppo.
-Man… ehi Man… -Minaho accarezzò dolcemente i capelli dell’amico. -Se devi piangere un po’, piangi pure. Ci sono io qui con te, ok?
Il lilla alzò gli occhi dal petto di Minaho. Erano lucidi, ma sorrideva. L’arancione lo trovò tenerissimo ed arrossí leggermente.
-Min… sai una cosa? Sei strambo, taaanto vanitoso, disordinato e con la bruttissima abitudine di spiare i tuoi amici nei momenti più intimi, però… però penso di non aver mai conosciuto un’anima più buona della tua. Rimani sempre con me, ti prego.
L’arancione sorrise. -Beh… grazie,  genietto lilla! Anche io voglio passare la mia vita con te. Siamo come i due poli di un magnete… possono dividerci quanto vogliono, ma non ci separeranno mai!



Quella sera, quando andarono a dormire, sapevano che nessuno dei due sarebbe caduto in poco tempo preda del sonno.
Manabe, nella sua camera piena di appunti di matematica e di foto, se ne stava steso sul letto con le mani dietro alla nuca. Troppi pensieri, troppe paure e troppo peso sullo stomaco. Non si era mai accorto di quanto i suoi genitori riuscissero a farlo sentire sempre in colpa. Tutto quello che faceva, tutto quello che desiderava e sognava passavano in secondo piano di fronte alle loro pretese sempre diverse. Ogni volta che raggiungeva un nuovo traguardo, vedeva l’asticella alzarsi sfuggendogli di mano.
Era terribile quando, da piccolo, faceva un incubo e sapeva che nessuno nella stanza vicina avrebbe potuto abbracciarlo per tranquillizzarlo. Gli avrebbero detto che era uno stupido, e che avere un figlio così credulone era una grossa delusione. Quante notti passate a piangere, quanti pomeriggi senza sapere che fare, senza nessuno con cui parlare se non la propria coscienza che si interrogava su cosa avesse sbagliato.
Poi era arrivata l’adolescenza, e con il suo vento leggero la voglia di farla finita. Ogni coltello una promessa, ogni corda un viatico per smettere di soffrire. Però… paradossalmente, erano stati i suoi genitori a salvarlo. L’idea di morire senza un senso, senza aver fatto niente nella vita, di spegnersi così, lo agghiacciava. Chi gli aveva tolto tutto, gli aveva tolto anche la speranza che farla finita significasse andare in un posto migliore.
Così come erano venute, quelle terribili giornate se ne erano andate. Il lilla aveva iniziato a disprezzare l’idea del suicidio e aveva deciso di provare a lottare. Se ne era andato di casa… aveva preso possesso di quella casa di proprietà dei suoi e aveva iniziato il suo percorso per l’emancipazione. Poi… poi era arrivato Minaho.
E con Minaho tutto era cambiato.

Adesso, di fronte alle paure della notte, aveva un amico da cui correre per farsi consolare. Poteva affondare il viso in un petto caldo, stringere una mano amica e lasciare che il suo respiro caldo e regolare lo tranquillizzasse mentre la sua voce gli sollevava l’umore. Era tutto così diverso… così bello…
Non aveva mai pensato al grande regalo che aveva ricevuto sotto quell’ottica. -Dio, se esisti, ti ringrazio con tutto il cuore…
Ebbe improvvisamente una forte vampe di emozione, a metà tra dolore e gioia. Sentì le lacrime premere per uscire… si accucció con le ginocchia strette al petto ed iniziò a piangere. Un pianto leggero, struggente, da bambino solo. Non sapeva perché, sapeva solo di averne bisogno.
Il petto gli tremava scosso dai singhiozzi mentre lasciava che l’emozione uscisse fuori. Si sentiva strano… caldo. Le lacrime avevano iniziato a bagnare il cuscino. Lo strinse forte, immaginando fosse la madre. Voleva tanto rivederla…
-Man… ehi? Man… vieni qui…

Delle braccia calde, un pigiama profumato contro la guancia… Minaho.
-Min… sei… sei qui…
-E lo sarò sempre. Ti hai sentito piangere... e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere un abbraccio… non so, magari scambiare due parole con un amico… o anche solo tenermi la mano.
Il lilla sorrise debolmente.
-G…grazie….
Abbracció stretto Minaho, e si addormentó al suo fianco con il sorriso sulle labbra, rilassandosi al contatto delle sue mani e pensando che forse la vita meritava una seconda possibilità, insieme a quel ragazzo arancione.


Mattina. Uno splendido sole entrava dalle persiane socchiuse, mentre la città si svegliava.
-Man… ehi Man svegliati! Facciamo tardi! Guarda… per fortuna è una bella giornata!
Il lilla si riscosse dal sonno. -Ciao Min… ben svegliato! È… è stata una nottata riposante! Adesso vado a preparare la colazione, ok?
L’arancione scosse la testa. -Non ci pensare nemmeno… stamattina è il mio turno! Vedrai… ti stupirò con incredibili delizie… ehm… forse.
Il lilla scoppiò a ridere. -E va bene… mi voglio fidare di te! Vada per la Minaho – colazione a sorpresa!


-Man, guarda che non  sei costretto a mangiarli…
-Ehm… ma… ma no! Sembrano… ecco… dai… buoni? Sì! Buoni…
Il lilla era seduto al tavolo della cucina insieme a Minaho, che lo fissava con occhi mortificati. Davanti a loro un vassoio pieno di muffin… crudi dentro, carbonizzato fuori.
-Lo sapevo. .. Aver sostituito il lievito con lo strutto non deve essere stata una grande idea… -L’arancione giocherellava con i pollici, gli occhi bassi.
-Beh… di certo non si può dire che non sia cucina creativa! Guarda… adesso li assaggio e… -Il lilla prese in mano un muffin. Quelli che sembrava più vicino all’idea di “commestibile” che vi fosse sul vassoio. Gli diede un morso pregando il cielo di proteggerlo. -Mmmh! B…buoni! Non… non avevo mai… oddio… ehm… sentito nulla di simile! Sanno di cadav… ehm… di cioccolato!
L’arancione era perplesso. -A dire il vero sarebbero stati alla vaniglia…
Manabe sbiancó, portandosi una mano alla pancia. -D…davvero? Che… che notizia… rassicurante…
Minaho abbassò gli occhi. -Dillo che fanno pena… non sarò mai bravo come te! Mi ci ero impegnato tanto…
Il lilla ebbe una leggera fitta di compassione. In fondo li aveva fatto per lui… -Oh, maledizione! – pensò tra sé e sé. Tempo dieci minuti,  cinque di quegli strani cosi erano spariti nella sua pancia, e Minaho gli sorrideva con le lacrime agli occhi.


La scuola nascondeva sempre interessanti sorprese.
Ad esempio, chi avrebbe mai detto che la prof di inglese si sarebbe sposata? Ciò significava che, per una settimana, avrebbero fatto a meno di Wilde, Byron e Tennyson, trascorrendo le sue ore a chiacchierare e ringraziare la legge che permetteva di concedersi lunghe licenze matrimoniali!
-Ehi Min… oggi in allenamento dovremmo lavorare alla nostra supertecnica… io… io o spero  di riuscirci.
L’arancione prese la mano dell’amico. -Tu lo pensi,  io ne sono sono sicuro! Con te al mio fianco, non possiamo fallire… vedrai, ci riusciremo sicuramente.
Il lilla sospirò. -Mi fido di te, però… cavolo, la partita è fra due giorni e io proprio non so se sarò alla vostra altezza, dopo tutti gli allenamenti che ho perso… farò un a figuraccia pazzesca e non vi sarò di nessun aiuto…
Minaho sorrise. -Certo… e poi,  quando ci farai vincere come sempre,  con le tue strategie e il tuo genio, potremo dare la colpa di tutto a quella grandissima figuraccia?
Manabe sorrise debolmente. -Io ti… ti ringrazio. È che a volte… a volte mi comporto come un bambino. Sono un debole. Lo… lo diceva sempre papà… Jinichirou, sei debole, debole… debole… delusione… debolezza… solo queste cose mi dicevano… solo queste…
Minaho vide spuntare una lacrima sul viso dell’amico. Non voleva che lo vedessero piangere… lo prendevano già abbastanza in giro. Quegli ipocriti dei loro compagni non lo avrebbero mai capito. Così… lo abbracciò stretto e lo attirò a sé, coprendolo col suo corpo.

-Min… ma… ci vedono… poi diranno… di te…
-Non me ne importa nulla. Dicano quello che gli pare di me. In trenta,  non valgono un decimo di quanto vali tu… e ora rilassati. Non devi pensare alle cose che ti fanno soffrire… tu non sei debole, tu sei la persona più forte che conosca, e non permettere a nessuno di metterlo in dubbio. Stai con me… lascia perdere le cattiverie di questa gente… meriti di meglio, amico mio.
Manabe sospirò, aggrappato alla maglietta dell‘arancione. Aveva ragione… pensassero quello che gli pareva. Lui voleva solo state con Minaho… non gli importava dei pareri altrui. Minaho lo faceva sentire forte, lo faceva sentire importante per qualcuno e magari anche capace di fare qualcosa… non si sentiva più inutile come si era sentito per un decennio. L’arancione aveva ragione… basta dargli credito. Aveva già troppi problemi di suo, per accollarsi anche quello dell’opinione dei suoi compagni di classe.
-Hai ragione Min… oggi faremo una splendida supertecnica, noi due insieme.


Agli allenamenti le speranze del lilla si mostrarono ben riposte.
Ogni volta che lui e Minaho riprovano la supertecnica,  aiutati e sostenuti dai loro amici, si sentivano più vicini all’obiettivo.
L’unica preoccupazione per il lilla era quella del poco tempo che avevano avuto… il lavoro non era ancora perfetto, e non avevano altri allenamenti prima della partita. Sperava che al momento giusto sarebbe andato tutto bene… certo, il sorriso di Endou lasciava ben sperare!


Anche la lezione con Shindou andò bene. Manabe si sentiva più sicuro dopo due ore di prove. Certo… la sola idea del palco, degli sguardi su di lui e del dover cantare lo mandavano nel panico,  ma oramai cosa poteva farci? Era in gioco e doveva giocare.
La canzone che aveva scelto si era plasmata sulla sua voce, creando qualcosa di nuovo. Chissà… sperava di non tirare stecche, e di finire in fretta. Sarebbero stati tra i minuti più ansiogeni della sua vita, se lo sentiva.
Minaho, dal canto suo, era entusiasta. Trovava che la voce del suo amico fosse splendida, eccezionale, e non perdeva occasione per esultare come un bambino. Il lilla lo trovava così tenero… gli dava la forza di provarci.

-Min… Shindou… o la va o la spacca! Domani è il grande giorno… io sono pronto, e voi?

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Capitolo 14
*** Torneo con scintille! ***


If you want you can get to know me well
We get along so we shouldn't argue
And I don't know, said I don't know, no
All these feelings, cloud up my reasoning
They cloud up my reasoning


Quella sera, quando Minaho rientrò dal supermercato con la spesa (era il suo turno… inutile dire la sua felicità nel poter evitare a Manabe una fatica!) trovò la casa vuota ad aspettarlo.
Dove diavolo si era cacciato il lilla? L’arancione andò nel panico.
Inizió a camminare avanti e indietro per la casa, facendosi mille domande e dandosi mille rispose ipotetiche, sforzando al massimo la sua mente analitica da detective. Non negava di essere molto preoccupato… eppure Manabe non aveva dato segni di stranezza… che non avesse colto qualcosa? Che fosse arrabbiato, o offeso? Che fosse scappato? Non poteva nemmeno pensarci…
Corse in camera del lilla, in cerca di prove. Fu allora che notó che mancava il borsone da calcio. L’arancione iniziò ad intuire, sospirando di sollievo e sorridendo.
Scese di sotto, si infilò le scarpe e corse fuori nella luce dell’ultimo sole che precede il tramonto.


Manabe era al campo al fiume.
Non aveva resistito… doveva allenarsi, oppure la supertecnica con Minaho sarebbe fallita e il senso di colpa lo avrebbe divorato per giorni.
Fu proprio mentre correva dietro la palla che vide comparire,  trafelato e sorridente, l’arancione dal bordo dell’argine.  Rimase a bocca aperta, mentre Minaho scendeva e gli saltava quasi addosso ridendo.
-Min! Ma… Ma che ci fai qui?
-Che ci faccio? Mi hai fatto prendere un  colpo! Ma sarà il modo di sparire?
Il lilla lo fissò perplesso. -Ehm… non hai letto il foglio grosso come una casa che ho attaccato al frigorifero? Quello dove ti spiegavo dove fossi e perché?
L’arancione avvampó. -Ehm… ecco… io… -Si vergognò di sé stesso. Preso dalla foga della ricerca di tracce, non aveva nemmeno guardato alle cose più ovvie ed evidenti! Manabe scoppiò a ridere.
-Tranquillo Min… non è mica successo niente! Mi stavo solo allenando… ho così paura di fallire!
Minaho ebbe un sussulto, guardandolo commosso. -Man… ma… ti stai allenando per… per la nostra supertecnica? Lo fai per… per me?
Il lilla arrossí, portandosi la mano dietro alla nuca. -Ehm…
Minaho era commosso. -Aspetta… vengo con te!


Giocarono per quasi due ore, fino al tramonto del sole. Erano migliorati molto in coordinazione e velocità… ora si sentivano quasi pronti. Manabe era pieno di energie… fu l’arancione a chiedere una pausa per primo.
-Man… possiamo… possiamo fermarci un istante? Sono… stremato … la divisa scolastica non è proprio adatta… sono in un bagno di sudore e queste dannate scarpe mi stanno distruggendo i piedi.
Il lilla sorrise. -E va bene… anche io sono stanco a dire il vero. Siamo stati bravi, no?
Minaho sorrise, mentre si sfilava le scarpe con un sospiro di sollievo. -Solo bravi? Siamo a cavallo Man! Vedrai… domenica sarà un successone, se ci impegnato e rimaniamo insieme. Io e te siamo invincibili.
Manabe sorrise. -Minaho e Manabe, i gemelli del goal!
L’arancione scoppiò a ridere. -Questo è lo spirito giusto! E ora… a casa, che devo preparare una buona cenetta e rifarmi dei muffin quasi tossici di questa mattina!


-Pollo o pesce e riso, questo è il problema! -Minaho, le sopracciglia aggrottate in espressione drammatica, si aggirava per la cucina brandendo una pentola vuota come fosse il famoso teschio dell’Amleto, scatenando risa irrefrenabili nel lilla. -Che sia più nobile all’animo spennare con foga il pennuto defunto, oppure fuggire da questo mare di tribolazioni e gettarsi a piene mani nelle viscere della trota, consci di puzzare poi di pesce per cinque ore? Mangiare, pregare che sia buono… e nulla più!
-Min.. -Il lilla cercava di parlare trattenendo le risate. -Fossi in te mi butterei sul pesce! Se vedo altro pollo penso che mi spunteranno le piume (lilla!) e inizierò a razzolare per il cortile…
Minaho sorrise sornione. -Mh… vada per il pesce. Va bene al forno? Rischio di fare meno dan… ehm… credo che venga più buono così!
Il lilla scosse la testa sorridendo. -Qualunque cosa faccia tu, per me sarà buonissima.


Mangiarono rapidamente, parlando di calcio. Dopo cena avevano appuntamento da Tenma per il torneo di videogiochi che aveva organizzato…  e non sapevano bene cosa aspettarsi.
-Speriamo che Tenma non abbia teso qualche trappola delle sue… a volte la sua innocenza mi fa paura!
-Tranquillo Man… c’è Tsurugi, no? Qualcosa mi dice che lo terrà lui sotto stretta sorveglianza…
Il lilla scoppiò a ridere. -Min… ma cosa vai a pensare! Tenma e Tsurugi non… oppure… oddio… già, credo che tu abbia ragione!
-Sì vede lontano un kilometro! Figurati... ho sempre avuto il sospetto che il nostro amico dai capelli blu fosse un grande, grosso pervertito… in senso buono, ovviamente!
Manabe prese in mano il bicchiere e bevve un sorso d’acqua. -Quali brutte immagini mi vengono alla mente… oddio, li fisserò tutta questa sera temendo di vederli sparire sul terrazzo!
L’arancione fu travolto da uno scoppio di risa così clamorose che per poco non sputò nel piatto il boccone che stava masticando. -O… oddio!


Erano le otto in punto quando Minaho e Manabe, vestiti sportivi anche grazie al tepore della serata, suonavano al campanello di casa di Tenma.
Il castano li accolse quasi saltandogli in braccio, quindi li condusse in camera sua, dove trovarono già Shindou e Kirino, seduti al fianco di Kariya che sembrava tramare qualcosa ai danni del rosa, a giudicare dal sorriso delinquenziale che sfoggiava.
-Bene… ragazzi, sedetevi pure… appena saranno arrivati gli altri, inizieremo a darci dentro! Piuttosto… volete un biscotto? Dei popcorn? Una bibita?
Manabe accettò un bicchiere di succo, mentre Minaho, non pago della pur abbondante cena, si lanciò a capofitto sui dolcetti suscitando le risate degli amici. Manabe sapeva che il cioccolato era un suo punto debole… soprattutto quello all’arancio. Tenma ci aveva pensato… era incredibile quanta attenzione desse ai particolari e agli amici.


Tempo quindici minuti e la piccola stanza si era riempita di tutti i loro amici. Ci stavano a malapena, ma avere Shindou, Kirino e Kariya seduti sul letto facilitava le cose. Inutile dire che il castano fosse tutto tranne che entusiasta di stare in mezzo a quei due… in così poco tempo il verde aveva tirato i capelli al rosa (ribaltando Shindou), il quale aveva risposto con uno scappellotto (ribaltando di nuovo Shindou.). Il verde, ben deciso ad aver l’ultima parola, aveva risposto con un fitto lancio di popcorn  (finiti negli occhi di Shindou) al quale il rosa aveva opposto un letale pestone sul piede  del verde, il quale, saltellando per la stanza, aveva risposto con un ceffone (che aveva preso in pieno Shindou.). Fortunatamente l’intervento di Tsurugi aveva posto fine allo “scambio d’opinioni”, permettendo al rosa di sistemarsi i capelli, al verde di calmarsi il dolore e a Shindou di tirare finalmente un sospiro di sollievo.


Poco tempo dopo si diede inizio alle danze.
Inutile dire che Manabe e Minaho erano tutto tranne che allenati. Non che fossero completamente estranei al mondo dei videogiochi… in fondo Manabe aveva recuperato dalla sua stanza una playstation con la quale passavano molte serate, però ultimamente il tempo non era stato molto…
Mentre il lilla era abbastanza impacciato, però, Minaho mostrava un discreto talento naturale.
-Ohi Min… non ti avrei mai immaginato così svelto nel maneggiare un fucile! Stai facendo una strage di quei poveri mistriciattoli verdi! Non ti hanno fatto nulla! -Il lilla scoppiò a ridere.
-Tu non mi conosci… questo e altro! Guarda che io ci so fare… chi è che vince sempre, quando giochiamo a casa?
Il lilla guardò verso l’alto.  -Mh… un uccellino?
L’arancione mise il broncio.  -Sì… un uccellino arancione!
-Ahh… ora ho capito!  Il gufetto!
Minaho sospirò sorridendo. -Beh… se la metti in questi termini… yes, il gufetto!


Tenma non era rimasto immobile un istante. Aveva portato cibo, bibite, cambiato musica più volte, parlato fino a perdere la voce… era stato davvero un ospite perfetto.
-Ragazzi… spero che vi stiate divertendo! Pensate… se domenica vinciamo presto andremo a giocare in trasferta! Il torneo nazionale… sarà come l’anno scorso! Anzi… sarà ancora più bello. Quest’anno abbiamo nuovi amici… e poi finalmente il calcio è tornato libero! Non vedo l’ora!
Gli occhi sognanti del castano scatenarono il sarcasmo di Kariya.
-Certo capitano… tante belle cose, ma prima dobbiamo arrivarci, al torneo nazionale!
Tenma si oscurò in un istante. -Ma… Ma Kariya…
-Insomma! Possibile che tu non sappia mai quando stare zitto? -Kirino era intervenuto a gamba tesa nella discussione. -Sei inopportuno!
-Senti chi parla! Perché tu allora cosa sei? Barbie ex tossica in edizione limitata?
Shindou, che stava mangiando un pugno di popcorn, quasi si strozzò dalle risate. Kirino fulminó il fidanzato con la potenza della sua disapprovazione. Il castano arrossí come un peperone.
-Ma… ma come ti permetti? È possibile che tu debba sempre aggredirmi?
Il verde fece una faccia stranissima. -Coooosa? Io aggredire te? Mi hai quasi distrutto un piede!
-Beh? Te lo sei meritato! E non fare il bambino!
-Bambino? Mi hai azzoppato!
La situazione stava degenerando rapidamente, prima che Shindou intervenisse a ripristinare l’ordine.
-Ehm… Ran? Che ne dici di…
-Kssssst!! -Il rosa sibiló come una serpe sotto un sasso. Shindou fece un salto indietro di mezzo metro.

-E basta!! Datevi la mano e fate la pace!
Era stato Tsurugi a parlare. Il rosa lo guardò scandalizzato, mentre il verde sogghignava.
-Mpf... Non se ne parla!
Tsurugi sospirò come per calmarsi. -Allora… è ora di finirla con queste pagliacciate! Se vi odiate mi dite perché quando Kariya beve Kirino inizia ad agitarsi come una donnola?
-Cos… io non…
-E vogliamo parlare dei pianti che ti sei fatto, Kariya, quando Kirino ha detto che non avrebbe mai più voluto avere a che fare con te?
-Io…
Il blu li prese di peso e li lanciò sul letto. -Forza! Darsi la mano!
Il verde guardò il rosa di sottecchi. -Mpf…
Si diedero la mano mugugnando.


Al termine della serata il clima era tornato più che normale… addirittura il rosa e il verde erano stati sorpresi a chiacchierare in bagno!
Era passata da un pezzo la mezzanotte quando si decisero a salutarsi… del resto il giorno dopo avevano scuola. Tenma accompagnò gli amici alle scale sorridendo beato. Si era divertito un mondo. Manabe e Minaho, da parte loro, non erano da meno.
-Bene ragazzi! A domani allora! Che ne dite… ci vediamo il pomeriggio per un allenamento speciale? Tranquilli Man e Min… sappiamo della gara di talenti e… verremo a vedervi! Poi se non sarete stanchi… magari potreste venire anche voi all’allenamento!
Minaho e Manabe scoppiarono a ridere. -Certamente Tenma… certamente.


-Ciao ragazzi! A domani!
-Ciao! Buonanotte!
Tutti si stavano salutando sulle scale. Shindou teneva Kirino per mano e Tsurugi si attardava a salutare Tenma..
-Ehi, Barbie! Kariya sorrise a Kirino. -Ehm… scusa per prima, ok?
Il rosa sospirò sorridendo. -Scuse accettate…

Kariya gli fece l’occhiolino, si girò, fece per scendere il primo scalino e… cadde rovinosamente dalle scale.

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Capitolo 15
*** Contrattempo ***


“Se non vuoi avere dispiaceri tratta le catastrofi come fastidi, ma non trattare mai i fastidi come catastrofi.”




-Kariya! Oddio Kariya stai bene?
-Kariya! Ma come è successo?
-Kariya!


Dopo il volo giù per le scale del verde, tutti erano rimasti un istante come ammutoliti. Mezzo secondo dopo si erano precipitati giù per le scale e avevano raggiunto l’amico steso a terra, attorniandolo angosciati. Kirino in particolare dava segni di isteria.
Il verde si riscosse, cercando di snebbiare la mente dalla confusione. -Tranquilli… non mi sono fatto nulla!
Sorridendo in maniera fin troppo esagerata per non rivelare un terribile imbarazzo, con il suo solito ghigno sornione sul volto, Kariya fece per alzarsi in piedi tra i compagni preoccupati. -Visto? Niente di ch…
Ricadde a terra tenendosi la gamba e gemendo di dolore. Aveva le lacrime agli occhi.
-Oddio Kariya che hai? Stai soffrendo! -Kirino era decisamente nel panico.
La voce del verde tremava per il dolore. -Io… la… la caviglia… la mia caviglia…
-Stai fermo Kariya! Non ti muovere… aiutatemi a portarlo di sopra, presto!

Tsurugi aveva come al solito preso il controllo della situazione. Insieme a Ryoma prese il verde da sotto le   ascelle e lo sollevò il più lentamente possibile. Kariya urló di dolore.
Lo sorressero fino al piano di sopra e, con tutta la delicatezza possibile, lo aiutarono a sedersi sul divano. Quando il piede toccó terra, Kariya gemette di dolore.
-Ho il brutto presentimento che sia slogata… Tenma, presto, porta del ghiaccio e chiama un dottore!
-Un… un dottore? Ma è mezzanotte passata! Dove lo trovo un dottore? -Il castano era nel pallone.
-Ha ragione… -Shindou scosse la testa nervoso. -Dobbiamo portarlo al pronto soccorso immediatamente.
Kariya sussultó. -Co… cosa? Io non ci vado al pronto soccorso! Sto… sto benissimo… ahia!! -Un altro grido di dolore.
-Kariya… non è il momento! Shindou aveva preso il controllo della situazione con quella sicurezza che tirava fuori solo nei momenti più difficili. -Potrebbe essere rotta! Non ci tieni per nulla al calcio?
Il verde sbiancó. -Cosa…Cosa vorresti dire?
Kirino intervenne prima che il castano facesse un disastro. -Ne parleremo dopo! Ora è inutile farsi viaggi mentali… dobbiamo aiutare Kariya! Tenma vai a prendere quel ghiaccio per favore.
Il rosa  si inginocchió davanti a Kariya e, con la massima delicatezza possibile, gli tolse le scarpe e i calzini. -Grazie a dio non è troppo gonfia… senti dolore così? E così? -Il rosa aveva preso il piede dell’amico e gli stava facendo muovere delicatamente la caviglia. Kariya lacrimava di dolore. -Sì… sì dannazione! Non è proprio il momento migliore per farmi un massaggio, non trovi?
Kirino sorrise amaramente. -Mi fa piacere vedere che non perdi la tua bastardaggine nemmeno in questa situazione… cerca di tenere duro, il ghiaccio sta arrivando.


In quel momento Tenma tornava, appunto, con il ghiaccio. Immediatamente misero la borsa sulla caviglia del verde, discutendo il da farsi.
-Nessuno di noi ha la patente… maledetti sedici anni! Per fortuna l’ospedale è a due passi… ma chi lo porta?
-Ci penso io… sono abbastanza forte da tenerlo sulle spalle. -Tsurugi alzò la mano.
-Bene… -Shindou sospirò. -Prepariamoci allora. Non sarà facile.


Portare Kariya fino al pronto soccorso, nonostante fossero solo trecento metri, fu un incubo.
Innanzitutto la vergogna. Il verde era imabarazzatissimo tra le braccia di Tsurugi, poi il dolore. Ad ogni passo sentiva una fitta tremenda che gli si irradiava lungo la gamba e sotto la pianta del piede.
Entrati in ospedale, gli fu assegnato un codice giallo. Per fortuna avevano poche persone davanti, ed il tempo che dovettero aspettare sulle scomode sedie dell’accettazione, il verde con una borsa ormai piena d’acqua sul piede, non superò la mezz’ora.


Finalmente li fecero entrare… o meglio, fecero entrare il verde accompagnato da Kirino, Tsurugi, Minaho e Manabe, mentre gli altri rimanevano fuori ad aspettare.
Il dottore lo visitò e gli disse che sarebbe stata necessaria una radiografia, e che solo dopo avrebbero potuto fare qualcosa per il dolore. Kariya strinse i denti e gemette. Non lo avrebbe mai ammesso, ma odiava gli ospedali.
Pochi minuti dopo veniva sottoposto alla radiografia, il cui esito tranquillizzò tutti. Niente di rotto… era una grossa botta.
-Non… non potete fare qualcosa per dargli sollievo? Non ce la fa più… -Il rosa supplicò il dottore.
Subito Kariya fu fatto sedere su un lettino. Finalmente un infermiere inizió a praticargli un massaggio al piede e alla caviglia con una pomata lenitiva e il verde poté trovare sollievo. La notizia pessima era un’altra. Per dieci giorni niente calcio!
Senza il verde la difesa della squadra sarebbe ricaduta tutta sulle spalle di Kirino, Minaho e Manabe. Era terribile… come avrebbero fatto per la partita?
Kariya, dal canto suo, continuava a sostenere di poter giocare. Fu il medico a mettere la parola fine alla discussione.
-Se giochi la finale, non giocherai mai più come prima.
Niente da fare… sarebbe stato costretto a rimanere in panchina.


Manabe e Minaho rientrarono a casa che erano passate le due di notte.
-Meraviglioso Min! Ora sí che siamo fregati! Abbiamo perso un difensore un giorno prima di giocare… come faremo? Non…
L’arancione diede un buffetto all’amico. -Man… di cosa ti preoccupi? Ci sei tu in difesa… il miglior regista difensivo del calcio giovanile! Ci siamo io e Kirino con te… non devi avere paura!
Il lilla sospirò. -Io vi ringrazio ma… lo sai, sono un matematico. Ecco… le nostre possibilità di vittoria sono appena crollate del trenta per cento.
Minaho sorrise… non riusciva a non trovarlo tenero quando usava la matematica per giustificare le sue parole. -Mh… sarà! Però come la mettiamo se Minaho Kazuto ti dice che giocherò per due e non ti perderò di vista un attimo?
-Bhe… -Il lilla sorrise debolmente. -Se Minaho Kazuto dice questo, Manabe Jinichirou gli risponde che gli vuole tanto, ma tanto tanto tanto bene.


La notte passò troppo in fretta, a giudicare dalle occhiaie che risultavano sulla pelle candida dell’arancione a colazione, la mattina dopo.
-Come… come si fa a dormire neanche cinque ore… penso che non resterò alle lezioni, oggi!
Manabe sorrise sornione, prendendo in mano la sua tazza di latte caldo. -Davvero? E io che credevo che i gufetti fossero animali notturni!
Minaho sorrise sarcastico. -Ah. Ah. Ah! Bhe, se il gufetto non è notturno, di certo non lo è nemmeno il panda lilla!  Devo forse fare la tua imitazione mentre, a metà nottata, ti aggrappi a me come un Koala? E se ti piace tanto il mio bagnoschiuma… compratelo, e smettila di sniffarmi come un arbre magique! Pure io ho diritto di dormire, no?
Il lilla avvampó di rossore. -Minaho…
-Dimmi amico mio!
-Inizia a scappare.


-Ahia…
Minaho era alla fermata dell’autobus insieme a Manabe, intento a massaggiarsi la testa.
Il lilla sorrideva sornione. -Visto? Stai più attento quando corri, oppure potresti avere brutti incontri con le mensole!
Manabe spalancò gli occhi. -Brutti incontri? Mi hai inseguito! Volevi molestarmi!
-Beh… solo perché tu mi hai accusato di inenarrabili stalking notturni! E io che credevo di essere carino e coccoloso!
L’arancione scoppiò a ridere. -Lo sei… credimi che lo sei. Carino, pericoloso e coccoloso!


Finalmente arrivò l’autobus. Mentre si dirigevano a scuola, Minaho e Manabe osservavano la città che si svegliava. Commercianti che aprivano i negozi, bambini piccoli per mano alle madri, uomini eleganti che correvano al posto di lavoro, magari con il telefono all’orecchio.
La loro città non era particolarmente trafficata, nemmeno nei quartieri del centro. Un’attenta urbanistica l’aveva dotata di strade larghe, molti parchi e verde pubblico, favorito da un clima secco d’inverno e umido d’estate. Avevano una grande stazione ferroviaria che li metteva in contatto con le altre grandi città del paese, sempre affollata di pendolari, una buona rete di metropolitane e ben due ospedali. Del resto la città contava quasi un milione di abitanti. Il fiume la attraversava placido, accarezzando i quartieri tradizionali e lambendo il centro economico, con le vie di negozi e i palazzi d’uffici. Al sud della città una foresta lambiva le pendici di un monte innevato, al nord invece un breve tratto di pianura li separava dal mare.
Il sistema dei trasporti pubblici era efficiente, per fortuna. Infatti, come ogni mattina, l’arancione e il lilla arrivarono a scuola in perfetto orario.


Quella mattina tutta la scuola era in fibrillazione.
La gara dei talenti, che si sarebbe tenuta nella grande aula magna (per una volta sottratta ai discorsi clamorosi e noiosissimi della preside e dei suoi vicari) era uno dei momenti più attesi dell’anno. Ufficialmente un modo per mettere in mostra le capacità degli studenti, di fatto un sistema per impressionare gli altri istituti e attrarre iscrizioni… come se non bastasse già la presenza del club di calcio della Raimon!
Gli studenti attendevano la giornata con grande emozione. Si aspettavano stupire e divertimento, e c’erano pure i “simpaticoni” che non vedevano l’ora di farsi grasse risate alle spalle di qualche concorrente più temerario che talentuoso.
Le iscrizioni erano sempre molte… del resto il gioco valeva la candela. In palio  c’era un mucchio di crediti, e la possibilità di far incorniciare la propria fotografia e metterla in bella mostra, nella sala dei trofei dove trovavano posto i premi degli studenti illustri della storia della scuola. Inutile dire che tutto ciò a Manabe interessava relativamente… era terrorizzato, e lo faceva solo per Minaho… e per dimostrare ai giudici di essere un ragazzo responsabile.


-Ehi Manabe! È vero che ti sei iscritto alla gara dei talenti?
-Manabe! Hai un bel coraggio! Uno come te che razza di talenti può avere, secchia?
-Ahahahah Manabe Jinichirou lo sgobbone alla gara! Facci ridere!
Era un incubo. Quella mattina qualcuno, in segreteria, aveva avuto la bella idea di pubblicare la lista dei partecipanti… tutti sapevano, adesso.
Minaho guardava il suo amico soffrire come un cane e non poteva fare assolutamente nulla. Si sentiva tremendamente in colpa… lo aveva costretto, ed ora lo stavano umiliando per colpa sua!
 Il lilla, da parte sua, non ce la faceva più. Quante cose non aveva previsto… o aveva semplicemente mentito a sé stesso? Lo avrebbero umiliato, distrutto, ridicolizzato davanti alla scuola intera. Che razza di idea aveva avuto ad iscriversi? Lui? Cantare? Si sentiva brutto, stonato, sfigato e stupido… come aveva potuto?

Poi però vide Minaho.
Lo fissava con tanta paura negli occhi… si stava dando tutte le colpe, ne era certo. Gli tornarono alla mente le lezioni con Shindou… lui era lì con lui. Era con lui quando aveva scelto la canzone… era con lui quando aveva presentato il modulo per iscriversi e gli aveva fatto l’occhiolino… perché doveva rovinare la bellezza di quei momenti per colpa di venti idioti?
-Sapete che vi dico?
Il lilla aveva urlato. Di colpo si vide tutti gli sguardi addosso. Minaho, preoccupato e confuso, i compagni perplessi e anche stupiti… prese fiato e chiuse gli occhi per un istante.
-Andate affanculo.


-Man! Sei… sei stato grande!! -Minaho saltellava intorno al suo migliore amico, gli occhi luccicanti, mentre camminavano nel corridoio che li avrebbe condotti all’aula magna. -Li… li hai polverizzati!
Manabe sorrise sornione. -Se lo meritavano, no? E poi… è stato così rilassante… davvero!
Minaho scoppiò a ridere di gusto. -Man… ho avuto così paura che fosse colpa mia…
Il lilla gli fece una fugace carezza sulla mano. -Colpa tua? Direi più che altro che è stato merito tuo, amico mio.


L’aula magna era un ambiente imponente, organizzato a gradoni che avvolgevano un palco spazioso su cui trovava spazio un grande pianoforte a coda., dono alla scuola dei facoltosi genitori dei ragazzi del club di musica.
La sala teneva facilmente almeno 500 persone… Tenma ne aveva un ottimo ricordo. Era lì che aveva conosciuto Shinsuke, l’anno precedente.
Il lilla ebbe un sussulto di terrore vedendo che era tutto già pronto. I ragazzi iniziavano a prendere posto sulle gradinate, mentre alcuni professori chiacchieravano in un angolo. Le luci erano state approntate già dal giorno prima, e la tensione era palpabile a distanza di mezz’ora dall’apertura delle danze.
-Min… devo… devo andare in bagno! Torno subito!
Il lilla sparì fuori dalla porta, lasciando Minaho con un palmo di naso. -Man…
L’arancione, perplesso, andò ad accomodarsi nei primi posti, prendendo una scaletta delle esibizioni. -Mamma mia! Ci vorranno due ore! -Esclamò il ragazzo quando si rese conto che avrebbero partecipato almeno venti persone diverse. Manabe era verso la fine… terzultimo, per essere precisi.


-Ehila Min! Come va?
Tenma, seguito dalla squadra al gran completo, fece irruzione nella sala. Erano venuti a tifare per l’amico!
-Beh… prima di Man, dovremo sorbirci tre ballerine, due imitatori, un prestigiatore e quattro atleti… qualcosa mi dice che ci terremo la nostra ansia a lungo!
I ragazzi scoppiarono a ridere. -Piuttosto Min… Man dov’è?
L’arancione si colpì la fronte con il palmo della mano. Manabe! Ecco chi era sparito! È… è corso fuori dieci minuti fa dicendo che andava in bagno!
Minaho scattò in piedi e corse fuori dalla stanza, seguito a ruota dai ragazzi.


Lo trovarono in bagno, chiuso dentro un gabinetto.
-Eddai Man… rilassati! Vedrai… non devi avere paura!
Il lilla era nel panico… si sentiva il tremito della voce attraverso la porta.
-Io non… non ci riesco!
Tsurugi bussò con una delicatezza strana per lui. -Ehi Man… sono io… Tsurugi! Ascolta… ti sei preparato tanto, no? Forza… vieni fuori! Siamo tutti qui per te!
-Ma… Ma se dovessero ridere di me… io… come…
-Se ridono di te, li lancio fuori dalla finestra personalmente, e penso che in questo avrò l’aiuto di Minaho e del resto della squadra!
Silenzio. Tenma soprattutto era sconvolto. Dove era finito il pacato e gelido Tsurugi? Quello era… era diverso!
Dall’interno del bagno si sentì una risata… prima soffocata, poi plateale. -E… e va bene! Andiamo pure…
Manabe uscì rosso come un pomodoro, tra gli applausi dei compagni… in tutto ciò, Tenma saltò addosso a Tsurugi. -Oh Tsu!! Sei stato così dolce!


Di nuovo silenzio. Tutti muti.
-Ehm… il blu era arrossito… per la prima volta nella sua vita, forse. -A questo punto, penso che sia evidente… io e lo schizofrenico con i capelli a forma di girandola stiamo insieme… ehm… da un mese.
-Voi…
-Voi state…

Due istanti dopo dal bagno si poteva sentire provenire un inquietante baldoria. Un insegnante di passaggio immaginó un festino osceno e scosse la testa. -Giovinastri…

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Capitolo 16
*** La gara ***


Wise man say,
only fool rush in…
But i can’t help falling in love with you…




-Dio del cielo, dammi la forza…
Minaho era seduto in prima fila, proprio davanti all’emiciclo dell’aula magna… da due ore. Aveva visto di tutto.. ballerine sgambettanti, prestigiatori tirare fuori dal cappello un pezzo di gomma cercando di spacciarlo per un coniglio, imitatori fare il verso a papere e galline… la sua salute mentale era in agonia.
Teneva il braccio sinistro steso sul pianale e vi poggiava sopra la guancia, mentre si guardava intorno. Anche i loro compagni di squadra sembravano esausti… resistevano solo per Manabe. La prossima esibizione sarebbe stata la sua, e la tensione si tagliava con il coltello.
-Ehi… ci siamo! -Kirino allungó il collo per vedere meglio puntellandosi su un irritatissimo Kariya, scomodamente sistemato su due posti e con la caviglia fasciata. -Tocca… tocca a lui ragazzi!


L’ultima ballerina aveva appena finito di proporre la sua personale variazione al Lago dei Cigni… roba vista e stravista, pensò Minaho, non fosse stato per il fatto che questa era talmente chiatta da far sembrare la sua esibizione più che altro una citazione alla danza degli ippopotami del film “Fantasia” di Walt Disney. Ecco… il momento era arrivato.
Il presentatore, un ragazzotto alto e allampanato intabarrato in una giacca stirata male (probabilmente pescato dall’ultimo anno, pensò Minaho) si portò al centro della sala e annunciò:
-E ora… un numero di canto. Ecco a voi Manabe Jinichirou, 16 anni, che canterà “Can’t help falling in love” di Elvis Presley, accompagnato al pianoforte da Shindou Takuto!
Un applauso risuonò nella sala. Grazie al cielo i ragazzi delle altre classi coprirono le risate degli idioti della loro… Minaho non voleva che Manabe li sentisse, a costo di tappargli la bocca a cazzotti.
Finalmente il lilla entrò nella sala… era bianco come uno straccio. Indossava una giacca blu di stoffa, jeans e scarpe da tennis nere. Dietro di lui Shindou, che si accomodó al pianoforte dopo aver dato un rapido buffetto sulla guancia dell’amico.


Minaho era nel panico. Aveva il terrore che qualcosa andasse storto… sospirò, si era accorto di stare trattenendo il fiato!
Manabe tremava come una foglia e sembrava sul punto di svenire. Sussultó quando si accorse che era calato il silenzio. Shindou gli sorrise e… senza aspettare un altro istante, iniziò a suonare.
Il lilla si sentì pugnalato alle spalle. Ma come! Perché non aveva aspettato… il terrore lo invase. Non ricordava le parole, non ricordava le note… e l’attacco era sempre più vicino. Tre battute… due battute…
Guardò sugli spalti… sembrava che tutti lo fissassero ridendo. Si sentiva mancare… poi incontrò lo sguardo di Minaho e quello dei suoi compagni di squadra. Gli volevano bene… lo stavano guardando per infondergli il loro coraggio e la loro forza. Anche Kariya sorrideva… non poteva deluderli.
Prese fiato,  chiuse gli occhi per un istante e poi li riaprì…


Wise man say,
only fool rush in…
But i can’t help falling in love with you…

La voce del lilla era bellissima. Riusciva a modularla affinché fosse calda e profonda, come quella di Elvis, nonostante la sua fosse in realtà più leggera. La sala era ammutolita… c’era un abisso rispetto a quanto avevano sentito fino ad ora.

Shall I stay?
Would it be a sin
Il I can’t help…

Minaho era allibito… stava andando così bene… finché una voce non si levò dal fondo della sala.
-Ehi! Idiota! Quanto deve durare ancora questa lagna schifosa?
Mormorii vari, risate e bisbigli. Minaho si sentì avvampare fino alle orecchie. Scattò in piedi e iniziò a marciare su per le gradinate seguito a ruota da Tenma che cercava di fermarlo.
Manabe era come congelato… allora era vero, faceva schifo. La voce gli si strozzó in gola e si paralizzó, mentre Shindou andava a sua volta nel pallone con l’accompagnamento. Il lilla arrossí e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Era completamente nel panico… finché non sentì Shindou sussurrare.
-Ehi… Man, seguimi!

Il castano scosse i capelli e… con una modulazione acrobatica, improvvisó una sfrenata versione Jazz di “Let it snow!” di Michael Bublè. Manabe capí… era la canzone che usava sempre per scaldare la voce! Chiuse gli occhi e si lanciò.

The fire is slowly diyng
and, my dear, we’re still goodbyeing,
but as long as you love me so…
Let it snow, let it snow, let it snow!!!


Manabe concluse con il cuore a mille. Minaho, che aveva quasi raggiunto lo stupido che aveva urlato per farlo nero, si bloccò sorridendo confuso… la sala esplose in una applauso fragoroso.
Il lilla sorrise… fece un rapido inchino… quindi, bianco come uno straccio e tremando come una foglia, uscì a precipizio dalla sala.


-Man! Man… è stato… strepitoso!!
-Non… non ci posso credere! Siete dei geni!!
-O cielo… è stata la cosa più bella che abbia mai visto!
Tutta la squadra, Minaho in testa, si era precipitata fuori dall’aula magna rincorrendo il lilla. Lo avevano trovato in una classe vuota… intento a piangere come una fontana. Immediatamente lo avevano accerchiato iniziando ad esultare e a fargli un mare di complimenti. Manabe era confuso e nel pallone come non mai. Minaho lo abbracció con entusiasmo esagerato.
-Ca-po-la-vo-ro. Mi… mi viene da piangere pure a me!
Il lilla turò su col naso. -Non… non faceva… schifo?
-Schifo?  È stato… splendido!!
Manabe sorrise debolmente. -È… è stato merito di Shindou…
-… e della tua voce clamorosa. -Il castano fece il suo ingresso in sala. -Man… ti notifico che la sala urla il tuo nome, e che una banda di scemi capitanata dal nostro amico nonché bulletto Kitama sta battendo in ritirata dalla porta d’emergenza che dà sul giardino, con la codaccia fra le gambe!
Il lilla sbiancó, quindi arrossí come un pomodoro. -D… davvero? Oh…. Oh mio Dio!


Era il momento della premiazione.
Tutti i ragazzi erano sul palco, Manabe stretto a Shindou e visibilmente terrorizzato. Minaho aveva ripreso il suo posto in prima fila insieme agli altri ragazzi e gli sorrideva entusiasta.
-E per la categoria ballo… Miyoko Tsumasa! -Il presentatore consegnò una statuetta dorata a una ragazzina cicciottella, rossa come un pomodoro che tremava palesemente. -Bene… ora rimane solo la categoria canto! La giuria non ha proprio potuto avere dubbi… il vincitore è palese! Signori fate un grande applauso a… Manabe Jinichirou, la voce più bella della scuola!!


La sala esplose in un applauso roboante, arricchito da urla e battito di piedi al suolo. Minaho esplose di gioia come un fuoco d’artificio, mentre Manabe, prima paralizzato, prendeva lentamente coscienza di quanto aveva appena sentito.
-Ch…che… cosa… io… io cosa?
Fu investito dalla gioia totale di Minaho e dei suoi amici, che lo abbracciarono a turno come invasati, ridendo e coprendolo di complimenti. Finalmente si riebbe… e riuscì ad emettere solo un buffo -Sciuf!- Prima di scoppiare a piangere e ridere insieme.


Mezz’ora dopo, nello spogliatoio del club di calcio, il lilla ancora non si capacitava di come un disastro potesse essere diventato… quello che stava vivendo. Si vergognava tantissimo… sensazione strana per uno che aveva appena vinto una gara. Nel corridoio un sacco di ragazzi gli avevano stretto la mano… le ragazze lo guardavano… gli sembrava impossibile. Lui era sempre stato considerato solo un secchione sfigato e antipatico… cosa diavolo stava succedendo?
Minaho, da parte sua, era raggiante. Sembrava addirittura più felice lui di Manabe, e si pavoneggiava in maniera che il lilla trovava buffissima e tenerissima. -Ehi! Quello è il mio migliore amico, sai?
Tutta la squadra aveva deciso di dedicare i primi dieci minuti a festeggiare.  Endou aveva fatto venire dalla mensa una torta, e ora la stava dividendo, offrendola ai ragazzi che intanto entravano in campo. Inutile dire che quel mare di attenzioni non aiutava Manabe a sentirsi meno in inbarazzo!
-Ci manca solo che mi facc…
-Manabe! Manabe! Il grande cantante! Manabe! Manabe! Manabe nel cuor!
-…iano i cori! Sigh… -Il lilla sorrise, sospirando sconsolato.


L’allenamento era andato bene, nonostante fosse stato davvero stancante.
Minaho e Manabe, esausti, avevano deciso di affidarsi alla sorte per quanto riguardava la loro supertecnica insieme. L’avevano provata e riprovata, eppure…
-Man… rilassati. Non possiamo sforzarci oltre oppure potresti avere di nuovo fitte al piede… anche io poi sono distrutto. Vedrai, domani andrà bene. -L’arancione sorrise rassicurante.
-Ti… ti credo Min ma… senza Kariya… non so se…
-Abbi fiducia… credici. -Minaho stese la mano verso l’amico, che la afferrò deciso.
-Ok… ci credo… se siamo insieme… ci credo.


Quella sera Manabe aveva la nausea. Però… però era una nausea positiva. Sentiva ribollire nella pancia tutte le emozioni che aveva provato quel giorno… gioia, ansia, paura e carica. Non vedeva l’ora di buttarsi a capofitto nella partita del giorno dopo, eppure era terrorizzato… non sapeva proprio che fare… e ancora meno lo seppe dopo aver vomitato addosso a Minaho quella che era stata la sua cena!
-Min! Io non… non ho parole per chiederti… per… per chiederti scusa… non… oddio che… che pasticcio!
Minaho scoppiò a ridere. -Quando sei emozionato fai sempre così? Sai che anche i cuccioli di panda, in quanto a vomitare…
Il lilla, imbarazzato in maniera indegna, cercava di ripulire l’amico a colpi di fazzoletti mentre quasi era sull’orlo delle lacrime. -Ti prego… ti prego perdonami…
Minaho gli fermò la mano con delicatezza. -Ehiehi Man! Davvero… non è nulla! L’importanza è che tu stia bene… è stata solo l’emozione! Adesso vado a cambiarmi… non è mica successo nulla di grave! Ehi… dai… non piangere… oddio Man ma davvero ti sei preoccupato così tanto? Sono cose che succedono, amico…

Manabe tiró su col naso. -Lo dici solo per non farmi sentire in colpa…
-Ma cosa dici! Con tutto quello che è successo oggi anche io ho lo stomaco sottosopra… e poi ti sei fregato con le tue mani, mangiando il mio sushi fatto con tanto amore!
Il labbro del lilla prese a tremare… fino a quando il ragazzo non esplose in una risata liberatoria. -Oh Min… era buonissimo! Anzi… apriamo il frigorifero… ho lo stomaco vuoto, ora!


Incredibilmente, quella notte dormirono bene. Del resto era impossibile non crollare addormentati dopo una giornata come quella che avevano appena passato…
Manabe sognò di giocare a calcio, e fu un bel sogno… perché era con Minaho.


-Sveglia! Sorgi e splendi, uccellino arancione! Chi è adesso il panda dormiglione?
Manabe si  era svegliato di umore eccellente, cosa rara e gradita per lui. Stava letteralmente saltando sul letto di Minaho, quando l’arancione finalmente aprì gli occhi e sbadigliò, stiracchiandosi.
-Ehi… Ciao Man! Mi fa piacere vederti di buon umore… ora però scendi dal letto… rischi di cadere!
-Agli ordini mamma! -Manabe balzò giù dal letto canticchiando. -Sei pronto? Oggi abbiamo la partita!
-Certo… certo che sono pronto Man. E ora… coooolazione!


Il bello della domenica è proprio che non si va a scuola… anche per due amanti dello studio come Minaho e Manabe.
-Vedi Man… tutti ci prendono in giro perché pensano che siamo due secchioni… eppure la verità è che a noi non piace studiare, piace imparare. Sono… sono due cose diverse.
-Hai pienamente ragione. È la scuola che non lo capisce. Loro imparano le cose a pappagallo senza capire… non amano come noi fare nuove scoperte, trovare risposte alle domande sulla vita in chimica, capire il cielo in fisica… scoprire la perfezione del creato in matematica. Io… io penso che non ci sia nulla di più triste che vivere in un mondo che non comprendiamo, almeno in parte, Min.
-Giusto!  -Minaho diede un bel morso al suo panino al prosciutto. -Giusto… ci sono già troppe cose che non vanno come dovrebbero, Man… conoscere le cose vuol dire poter lottare per farle andare meglio.


Dopo colazione si sedettero sul divano e si guardarono un film. Quella mattina davano un bel film storico sul Giappone feudale, e non volevano perderselo. Durava tanto, ma erano due ore ben spese.
Quando fu finito, era quasi ora di pranzo. Si erano accordati col mister e con i compagni di squadra per un pasto leggero al bar in fondo alla strada… alle due dovevano essere in campo, leggeri e carichi!
Si incontrarono con gli amici davanti alla scuola e si diressero insieme al locale, dive Manabe dovette lottare per costringere l’arancione a limitarsi ad un insalatina accompagnata da pane fresco. Minaho era decisamente una buona forchetta…

-Ti supplico Man… almeno una bistecchina! -L’arancione rideva sotto i baffi a vedere tutte le premure del lilla.
-Ma quale bistecchina e bistecchina! Mastica bene la tua zucchina piuttosto,che devi tenerti leggero proprio come noi!
-Ma io sono un  difensore! Più sono pesante più è difficile spostarmi!
Un istante di silenzio… quindi tutti scoppiarono a ridere, Manabe compreso!


Nello spogliatoio si cambiarono con il cuore in gola. La partita stava per iniziare… e lo stadio della scuola era strapieno. Manabe pensò che se avessero vinto avrebbero dovuto giocare le partite della fase nazionale in trasferta… in strutture letteralmente immense. Già lo stadio della Raimon era enorme… come avrebbe retto alla pressione del pubblico?
Scesero in campo carichi come non mai. Era il momento di darci davvero dentro. Minaho guardò Manabe e gli sorrise. -Ehi… che si fa Man?

Il lilla sorrise risoluto. -Andiamo a vincere!

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Capitolo 17
*** Una partita particolare ***


La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.


L’avversario della Raimon era lo stesso della finale regionale dell’anno precedente… la Kaiou Gakuen.
I ragazzi del secondo e del terzo anno si ricordavano perfettamente della forza di quei temibili giocatori… avevano un gioco molto fisico ed erano rapidi come fulmini. Come se non bastasse pareva che il loro nuovo allenatore non avesse voluto più di tanto prendere le distanze dai metodi del Quinto Settore… si vociferava che sottoponesse i suoi ragazzi ad un regime di allenamenti quasi militare.

Nonostante questi ragionevoli terrori, la Raimon scese in campo a testa alta, accolta dal fragore del pubblico. Erano migliaia… tutti lì per loro!
Al momento della stretta di mano fra capitani, gli avversari rimasero spaventosamente impassibili. Nemmeno un sorriso… solo ghigni malevoli. Tenma gemette quando il capitano avversario gli strinse la mano in una morsa.


Le squadre si disposero in campo, mentre ogni giocatore prendeva posizione. Manabe, nonostante i sorrisi incoraggianti di Minaho e dei suoi amici, continuava ad essere nel panico. Innanzitutto lo spaventava il buco lasciato da Kariya nella difesa… ma soprattutto temeva di fare pasticci. Era più di un mese che non giocava una partita, escluse quelle di allenamento!

Per pochi istanti calò un silenzio quasi magico. Lo stadio respirava come un organismo vivente, mentre l’arbitro alzava il braccio e si metteva in bocca il fischietto. Il lilla guardò gli spalti.. Kariya sorrideva con in mano una grossa trombetta… immaginava già cosa volesse farci. Ridacchió.
Il fischio, accompagnato dall’abbassarsi del braccio dell’arbitro, fece vibrare l’aria dello stadio. Si iniziava!


Gli avversari scattarono verso la loro metà campo palla al piede. -Ma quanto sono veloci? -Shindou strinse i denti. Per fortuna un intervento in scivolata del capitano della Raimon fermò l’azione avversaria.
Immediatamente Tenma passò la palla a Tsurugi che iniziò a correre come un fulmine, schivando gli attaccanti avversari e marciando verso la loro difesa. -Mh… troppo facile… qualcosa non mi convince.
Si guardò rapidamente intorno cercando di leggere tra le righe della strategia avversaria… ma non aveva nemmeno iniziato la sua analisi che un intervento in scivolata gli aveva rubato palla, passando a pochi centimetri dalla sua caviglia. Il moro fece un salto indietro. -Ma cos…
-Svegliati! -Il capitano avversario ghignó scattando in avanti. Trapassò l’attacco della Raimon e si lanciò contro Kirino spintonandolo con violenza, quindi calciò con una potenza inaudita… e segnó.


-Ma… Ma è assurdo!
Endou era corso a protestare con l’arbitro. -L’azione di gioco è stata vergognosamente violenta! Ha buttato a terra un ragazzo!
L’arbitro era serio e sembrava scocciato. -Ascolti… io non ho visto nulla! Due giocatori coprivano L’azione.  Io posso anche crederle,  ma non posso annullare una rete su qualcosa che non ho visto!
Il castano era senza parole. Capiva le ragioni dell’arbitro, però… dannazione, Kirino poteva farsi male! Guardò l’allenatore della squadra avversaria… era un uomo alto e magro, vestito di nero e con una vistosa cravatta rossa. Non sembrava turbato, anzi… rideva, o meglio, ghignava.


Il gioco riprese con foga ancora maggiore.
Gli avversari attaccavano senza posa, giocando pesante in maniera scandalosa, ma l’arbitro non sembrava volerne sapere di intervenire. Tsurugi aveva ricevuto un tremendo pestone e saltellava tenendosi i piedi tra le mani, Shindou era stato sbattuto a terra e si era fatto male ad una spalla… stavano perdendo giocatori uno dietro l’altro.
A nulla erano valse le parole di Endou. L’arbitro non ne voleva sapere. Qualcosa decisamente non tornava… non era la prima volta che arbitrava partite della Raimon, ed era sempre stato un uomo onesto. Perché ora lasciava che avvenisse tutto quello?


Manabe era terrorizzato.
Non solo si sentiva debole, ma la situazione stava sfuggendo completamente al suo controllo. Desiderava aiutare i suoi compagni,  ma era come paralizzato nel suo angolino in difesa. Aveva provato più volte ad intervenire, ma durante l’ultima azione aveva ricevuto una gomitata così forte che quasi gli aveva rotto gli occhiali. Minaho aveva letteralmente dato di matto ma nemmeno quella volta c’era stato niente da fare.
-Manabe! Manabe!
Endou urlava da bordo campo. Il lilla si voltó spaventato. -D… dica allenatore…
-Manabe! Guarda il loro gioco! Guardali! Solo tu… solo tu puoi capire cosa sta succedendo… io so che puoi farcela!
Manabe sussultó. Il mister voleva che capisse il perché di quel gioco violento e del silenzio dell’arbitro? Era troppo… come poteva sperare di farcela? Si decise perlomeno di provarci… Aveva così paura di deludere qualcuno!


L’arbitro fischiò di nuovo. La partita riprendeva dopo l’ennesimo incidente. Tenma aveva preso una botta abbastanza forte sul braccio a causa di un urto, e ora si teneva l’arto gemendo di dolore.
Manabe si concentrò immediatamente sul gioco. Nonostante tremasse come una  foglia, guardava ogni azione e ogni passo dei suoi avversari… così tanto da non concentrarsi abbastanza sul gioco. Quando un avversario lo superò di scatto non reagì nemmeno… inutile dire che quando quella maledetta palla entrò in porta, sentì un tuffo al cuore. -È stata solo… solo colpa… mia…

-Manabe! Svegliati, maledizione! Guarda che cosa hai combinato! -Kariya urló dagli spalti con decisamente poco tatto. Il lilla ebbe una pugnalata allo stomaco… lo stavano guardando… male?
Minaho gli sorrise incoraggiante. -Non prendetevela con Man! Sono stato io… mi sono lasciato superare come un idiota e lui non era pronto!
Manabe sorrise debolmente. Minaho… sempre la parola giusta, sempre pronto a difenderlo… a proteggerlo. Improvvisamente sentiva di voler piangere.
Si riscosse e si batté le mani sul viso. Doveva concentrarsi… per farsi perdonare! Riprese posizione e cercò di calmarsi.

Il primo tempo era appena finito.
Le squadre erano rientrate alle proprie panchine… i ragazzi della Kaiou ghignanti, quelli della Raimon doloranti.
-Dannazione… siamo sotto di due reti! -Shindou sospirò mentre si sedeva in panchina. -Questa situazione è assurda! Ci stanno facendo del male senza che nessuno dica nulla!
-È scandaloso… eppure… eppure qualcosa non torna. Tsurugi era seduto in panchina in preda ai crampi. -Ten... Ten... i... i miei poveri piedi... un massaggio... ti... ti prego... fammi un massaggio ai piedi...
Tenma si era precipitato a togliergli le scarpe e ora gli stava sfilando i calzettoni, liberando i piedi del moro. Immediatamente li orese tra le mani e li esaminò. Le dita dei piedi di Tsurugi erano completamente annodate e contratte. Tenma gli fece alzare le piante dei piedi e le esaminò, gemendo di preoccupazione. Erano rosse come il fuoco. -Ghiaccio!! Del ghiaccio, presto!! Qualcuno porti del ghiaccio per i piedi di Tsurugi, vi prego!!! -Ecco... resisti Tsu... ora ti faccio un massaggio ai piedi... rilassali! Rilassali, ti prego! -
Tenma intrecciò le dita con quelle dei piedi scalzi di Tsurugi e strinse, quindi appoggiò i palmi contro le piante dei piedi del ragazzo ed iniziò a massaggiarlo intensamente. Tsurugi quasi urlò di sollievo, stingendo i pugni.
Il castano iniziò a soffiare sotto le piante dei piedi del moro, cercando di placare le fiamme. Finalmente una menager si precipitò con del ghiaccio spray, che Tenma immediatamente spruzzò contro sotto le piante dei piedi in fiamme del suo ragazzo. Tsurugi ululò di sollievo, muovendo le dita dei piedi. Tenma gli prese di nuovo i piedi tra le mani e iniziò a massaggiargli dolcemente gli alluci con il ghiaccio, dove era ancora rosso fuoco. Tsurugi socchiuse gli occhi, gemendo di sollievo e lasciando che il suo ragazzo gli toccasse liberamente i piedi nudi.
-Va... va meglio così Tsu? Ti sto dando sollievo?
Il moro gemette di sollievo. Tenma gli aveva placato i dolori plantari. Non era la prima volta che aveva un crampo ai piedi, e sapeva che lo aspettava una serata a piedi nudi, se voleva snodare le dita. Poco male, gli piaceva camminare scalzo e sospettava che a tenma i suoi piedi non dispiacessero affatto. -Proprio non capisco cosa stia succedendo...
-Io sì.


Era calato il silenzio… un silenzio stupito.
Manabe era in piedi tra i ragazzi, spaventato ma sorridente. -Dovevo… dovevo pur farmi perdonare per il mio errore, no? Li… li ho guardati. So come fanno a restare impuniti.
Endou sorrise. La squadra era senza parole.
-M…Man… che… che dici? -Shindou sembrava allibito.
-Beh… -Il lilla portò la mano alla nuca sorridendo imbarazzato. -Ho… ho notato una cosa importante. Ogni volta che fanno un fallo, due dei loro giocatori coprono l’arbitro. Non gli fanno vedere nulla, capite? È talmente sleale da sembrare incredibile… però è così, non ho dubbi, ragazzi! Ho… ho calcolato le angolazioni dei loro sguardi... Ho fatto le derivate prime e seconde dei loro moti, ho integrato i calcoli… insomma, ne sono certo!
La squadra era paralizzata. Minaho sorrideva entusiasta. -Man! Sei… sei un genio!
-Ma anche ora che lo sappiamo come possiamo fare… fare qualcosa? -Shindou era abbattuto.
-Semplice. -Tenma intervenne nel discorso con un sorriso. -Seguite gli ordini di Manabe! – Così dicendo si tolse dal braccio la fascia di capitano. -Tieni Man… per oggi sei l’unico a poterla portare. Voglio che tu sappia che ti stimo e… e che vorrei essere come te. Saremo al sicuro se ci guidi tu.

Manabe ebbe un leggerissimo collasso nervoso. Divenne prima bianco, quindi rosso, infine spalancò gli occhi e iniziò a balbettare. -Co… cos… no! Cioè… io non… non posso… non so… oddio… non… no! Proprio no!
Endou intervenne sorridendo. -Man… accettala. Quello che dice Tenma è vero ed onesto. Non avere paura.
Il lilla guardava sconvolto il castano che sorrideva ed Endou… prese la fascia con mano tremante.


-Ed eccoci al secondo tempo! Le squadre scendono in campo! -La voce del presentatore risuonava nello stadio stracolmo.- Ad ora, la Kaiou Gakuen conduce per due a zero! Riuscirà la Raimon a rimontare? Il mister Endou non ha effettuato sostituzioni, ma ha scelto di far sostituire Tenma Matsukaze nel ruolo di capitano. In questo secondo tempo la fascia e la guida della squadra spetteranno a Manabe Jinichirou!
Il lilla tremava. Sentir pronunciare il suo nome… sentire il tessuto della fascia sul braccio… era tutto così incredibile!
Il fischio dell’arbitro ruppe gli indugi. Si ripartiva.


Ecco… l’azione stava per raggiungere il culmine. Manabe vide il capitano avversario prendere la palla e correre verso l’area della Raimon. Insieme a lui si muovevano due attaccanti che avrebbero dovuto coprire la visuale all’arbitro.
-Kirino! Min! Marcate stretti il numero 7 e il 15! Teneteli lontani dell’arbitro! Tre… due… uno… ora! A settanta gradi a destra!
I ragazzi obbedirono. I due attaccanti avversari vennero colti di sorpresa e deviati proprio mentre il capitano della Kaiou buttava a terra Shindou.  L’arbitro fischiò il fallo… cartellino giallo!
Il ragazzo si morse le labbra con furia. Come avevano fatto a capire il loro gioco? Urló rabbiosamente.


-Man… Man sei stato bravissimo!  -Tenma sorrise entusiasta. -Andiamo avanti così!
Il lilla sorrise imbarazzato. -Io… io ci provo!

Detto fatto. Scoperto il gioco avversario fu facile fare la prima rete sfruttando l’effetto sorpresa. Con sforzo e impegno fecero anche la seconda, guadagnando il pareggio. Gli avversari erano in piena confusione.
-Dannazione! Come diavolo fanno a prevenire sempre le nostre mosse! È assurdo!
-Capitano… capitano! -Un ragazzo moro urló alla volta del capitano della Kaiou. -Ho capito che gioco stanno giocando! In qualche modo il loro capitano ha capito la nostra tattica e li guida, dicendogli dove stiamo per colpire!
-Cosa??? Quel ragazzino? Dio mio… quanto mi fa infuriare!
-Cosa… cosa facciamo?
-Cosa facciamo? Te lo dico io… -Guardò l’allenatore che, impassibile, annuì. -Spezzategli le gambe.


-Kirino! Shindou! Trenta gradi a sinistra subito! Bloccateli! -Manabe correva come un matto per gestire la partita. Avevano pochi minuti per segnare il goal della vittoria.
Vide i compagni obbedire all’ordine.  Ora era il suo turno… Corse come un fulmine e si lanciò sull’avversario. -Equazione difensiva!
Il lilla fu avvolto da una nube di formule e calcoli, e riuscì a rubare palla con un sorriso. Immediatamente si gettò verso la porta avversaria. Fu in quell’ustante che avvenne.
Un difensore della Kaiou si buttò il scivolata, mancando il piede del lilla di pochi centimetri. Manabe fece un mezzo salto indietro perdendo palla. -Ma cos…
Un altro difensore, dal lato opposto, si buttò a sua volta mancando il lilla di ancora meno millimetri. Manabe era sconvolto.

-Man! Via di li presto! Vogliono farti male! -Minaho si lanciò verso l’amico. Il lilla si riscosse e passò la palla a Tsurugi che scattò verso la porta. Era l’ultimo minuto. Il moro urlava di rabbia mentre si preparava a tirare. In quello stesso istante, il capitano della Kaiou, furioso, si lanciava verso Manabe.
Il lilla era come paralizzato. Tsurugi stava per tirare… cosa stava succedendo…
-Man!!! Spostati!!!! -Minaho si buttò davanti all’amico per coprirlo con il suo corpo, venendo investito in pieno dall’avversario e rotolando tre volte a terra.
-M…Min!
-Goal! La Raimon ha fatto goal! -Il presentatore urlava come un matto. -Ed ecco il triplice fischio!!
La partita era finita… avevano vinto. Tenma, Shindou e gli altri però non avevano nessuna voglia di festeggiare.

Minaho era a terra, privo di sensi.

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Capitolo 18
*** Confusione ***


Il calcio è un gioco, seppure mima la guerra. La civiltà dello spettatore è direttamente chiamata in causa, ed essa − bisogna dirlo − non è precisamente elevata.




-Min!! Min rispondimi!

Manabe, sconvolto, fradicio di sudore e di lacrime, era in ginocchio di fianco all’amico. Intorno a loro si era precipitata tutta la squadra, mentre Endou era andato letteralmente a sbranare l’allenatore avversario.
Minaho era terribilmente pallido. Sulla fronte aveva un brutto taglio sanguinante, e non voleva saperne di riprendere i sensi. Il lilla piangeva.
-Min… se… se mi lasci in un modo così idiota, io non so cosa… non so cosa posso fare! Non… non morire ti prego… ti prego!
In quel momento, Minaho apriva lentamente gli occhi. -M…Man…
-Minaho! Oddio Min sei sveglio!! - Manabe ebbe una crisi di pianto. -Cosa… cosa mi hai combinato… cosa… cosa ti…
-Man… ehi Man tranquillo… io sto… sto bene… sto bene.

In quel momento un infermiere procedeva a pulire la fronte di Minaho e a coprirgli il taglio con un cerotto. L’arancione riprendeva un minimo di colore. -Va bene così… vi prego… non… non preoccupatevi per me, ok?
-Min ma che dici… hai preso una botta terribile! Quei delinquenti… l’arbitro doveva sbatterli fuori prima! -Shindou era arrabbiato, molto più della sua solita media.
-Volevano… volevano fare del male a Manabe, non a me. Avrebbero… avrebbero potuto romperti una gamba, Man…
Il lilla continuava a piangere. -E tu per salvare la mia gamba rischi di farti ammazzare? È stato così…  così terribile… temevo che… che…
-Ehiehiehi Man… non… non è successo, no? Abbiamo… abbiamo vinto e… e adesso me ne torno a casa con… -L’arancione, sorridendo, aveva provato ad alzarsi a sedere ma un terribile giramento di testa lo aveva atto ricadere tra le braccia del lilla.
-Min! Che… che hai?

-Manabe… stai tranquillo. -L’allenatore era corso da loro appena aveva finito di sbranare a parole l’arbitro e il mister avversario, ottenendo dal primo la promessa di una punizione esemplare e dal secondo un antipatico ghigno. -Minaho starà bene, ok? Ora. .. Ora però penso che sia il caso di chiamare un’ambulanza.
-Un… un ambulanza? Cosa… oddio è così grave? -Manabe tremava ed era in preda ad un mezzo attacco di panico.
-Allenatore… ha ragione… io… io non sto… non sto così male…
-Ragazzi… ascoltate. Min, sono contento che tu stia bene, ma la botta è stata molto brutta e la testa non è un bel posto dove prenderne. Vedrete che non succederà nulla, però meglio prevenire che curare, no? Fidatevi…
Manabe singhiozzó. Minaho era così pallido… e poi vedeva bene l’espressione di Endou. Era spaventato… era un pessimo segno. -Min… Min ce la farà vero?
Endou si morse le labbra. -Certo… certamente.
-Man! Sono più duro… di… di quanto pensi. Vedrai, andrà tutto bene.


L’ambulanza aveva impiegato quasi dieci minuti ad arrivare.
Manabe era terrorizzato. Minaho sembrava stare molto male… aveva ripreso a perdere sangue, ed era pallido come uno straccio. Non riusciva ad alzarsi e si sentiva confuso… non voleva ammetterlo, ma era spaventato.
-Min… stai giù… chiudi gli occhi e riposa… non devi sforzarti. I soccorsi stanno per arrivare. -Shindou era in ginocchio al fianco dell’arancione, che gli teneva premuto con delicatezza un fazzoletto sulla fronte per fermare il leggero sanguinamento.
Quando i paramedici entrarono in campo fecero allontanare i ragazzi dell’arancione. Solo Manabe aveva supplicato ed ottenuto di potergli rimanere vicino.
Immediatamente iniziarono ad esaminare Minaho, che si sentiva sempre peggio. Il taglio venne chiuso da un nuovo cerotto mentre il ragazzo veniva dolcemente adagiato su una barella, che veniva poi caricata in ambulanza.
-Ragazzo… ora devi lasciarlo per un po’. Per favore, allontanati. -Il paramedico sospirò guardando Manabe.
-Ma… Ma io non posso lasciarlo! Non posso…
-Credimi… non è il caso che tu stia qua dentro. Dobbiamo poterci muovere per aiutare il tuo amico. Abbi fiducia.

Endou si avvicinò a Manabe e lo strinse a sé. -Ok Man… vieni con me. Andiamo subito in ospedale, ok? Ti porto io.
Il lilla scoppiò di nuovo a piangere contro il petto dell’allenatore, stringendo tra le mani la sua maglietta.
-Vieni… vieni con me. -Endou condusse via Manabe come un bambino, tenendolo per mano. Il resto della squadra promise che avrebbero preso il primo autobus per seguirli. Manabe non sapeva cosa pensare… aveva solo paura.


Arrivati in ospedale scoprirono che Minaho era già stato portato dentro. Seppero solo che il reparto era quello di medicina da trauma, e lo raggiunsero immediatamente. Nessuno sapeva dirgli nulla… era frustrante per Manabe, che singhiozzava in una maniera da strappare il cuore.
Endou, visibilmente agitato, faceva di tutto per non mostrarlo e per tranquillizzare Manabe, ma con scarsi risultati. Il lilla era terrorizzato e voleva assolutamente vedere Minaho. Si sentiva morire.
Dovettero aspettare quasi mezz’ora prima che un dottore uscisse da una stanza con notizie per loro.
-Salve... siete in attesa per Minaho Kazuto?
-Sì! Sì dottore… lui è… lui è il mio migliore amico… vi prego,  ditemi che sta bene!
Il dottore sospirò, ma era un sospiro leggero, positivo. -Certo… certo che sta bene.
Manabe fu scosso da un singhiozzo violento. Sentì la tensione sciogliersi ed emise un piccolo gemito. Il dottore continuò.
-È stata unna bruttissima botta… il tuo amico ha avuto un trauma cranico. Tranquillo… non dovremo operarlo, ma questa notte dovrà rimanere qui con noi, per sicurezza. Adesso riposa… non si sveglierà prima di un paio d’ore. Se volete, abbiamo un’ottima mensa. Mangiare qualcosa vi farà bene… sembrate sconvolti. Vedrai, dopo potrai parlare con il tuo amico, ragazzo.
Endou sorrise. -Ok… grazie mille. Grazie con tutto il cuore. Faremo così.
-Bene. -Il medico sorrise a sua volta.  -Piuttosto… lei chi è? Sa… se non siete parenti, non posso farvi entrare.
Manabe si morse il labbro. Endou sussultó, quindi in pochi secondi si scosse.
-Sono… sono il suo tutore legale, e il ragazzo è con me.
Il lilla ebbe un sussulto. Era vero… Endou era stato nominato tutore legale di Minaho! Se ne era dimenticato… ringraziò il cielo.


Mentre mangiava un panino al salame, Manabe rifletteva.
Minaho si era sacrificato ancora per il suo bene… pensava sempre a lui, costantemente. Non era convinto di fare abbastanza per ricambiare tanto affetto, tanta bontà. Si sentiva inutile come sempre.  Si guardò le gambe… poteva esserci lui in ospedale, ora. Anzi… forse doveva esserci lui. Minaho non si meritava di soffrire… non si meritava di rischiare sempre la salute per colpa sua.
-Man… ehi Man… stai attento… ti stai bagnando!
Endou aveva appoggiato dolcemente la mano sulla spalla del lilla, indicandogli Il succo che gli sgocciolava sulle gambe dal bicchiere che teneva in bilico in mano. Manabe si riscosse e si tamponò con un fazzoletto, sospirando.

-Ehi… vuoi andare da Minaho? È sveglio…
Il dottore era comparso alle loro spalle con un caffè in mano. Sorrideva. Manabe lo guardò tristemente… quindi si illuminò.
-Mister… posso… posso andare?
Endou sorrise. -Vai Man… più in fretta che puoi.


Manabe fece il corridoio di piena corsa. Entró nella stanza di Minaho il più silenziosamente possibile come nel timore di svegliarlo, ma lo trovò già seduto sul letto. Aveva la testa fasciata da una sottile benda ed aveva ripreso colore. Sorrideva.
-Man!!
Il lilla si buttò tra le sue braccia, cercando di trattenersi per non fargli male. -Min… è… è finita vero?
-Finita finita Man… sto bene, lo giuro.
-Ho… ho avuto paura.
L’arancione sospirò. -Se ti avesse fatto male lo avrei ammazzato, credo. Giuro, almeno un cazzotto glielo avrei dato!
Manabe ridacchió. -Min… non esageriamo! Se penso a cosa hai rischiato per me… ora però lasciati abbracciare!
Minaho rise. -Volentieri… sei tutto bagnato di lacrime e non sei nemmeno troppo profumato, però ti voglio bene anche io!
Il lilla scoppiò a ridere. In effetti era ancora in divisa da calcio. Si accorse solo allora di avere ancora la fascia da capitano sul braccio. Sorrise. -Abbiamo… abbiamo vinto…
L’arancione era entusiasta. -Lo so! Andremo insieme ai nazionali! Non mi sembra vero… è un sogno! Io e te Man… ci pensi?
Il lilla sorrise. -Ci penso ci penso… però pensa a riprenderti, ora… domattina ti voglio fuori di qui!
Minaho ridacchió. -Promesso… e lo sai che io mantengo sempre le promesse.


Dopo aver salutato Minaho e avergli dato appuntamento per la mattina seguente, Manabe ed Endou lasciarono l’ospedale un poco più tranquilli, salutando i membri della squadra che intanto li avevano raggiunti.
-Senti Manabe… vuoi venire a mangiare qualcosa con me, Rex e Natsumi? Oggi hai avuto troppe emozioni per metterti anche ai fornelli… dai, ti porto a casa, ti fai una bella doccia e poi fra un’oretta passo a prenderti, va bene?
Manabe sorrise debolmente. -Non… non preoccupatevi per me…
-Eddai… ne hai bisogno, e poi Rex chiede di te ogni minuto… fallo per lui!
Il lilla rise dolcemente. -E… e va bene!


Niente di meglio di una doccia calda può far scivolare via dal corpo lo stress di una giornata come quella che Manabe aveva dovuto passare.
Mentre si passava le mani tra i capelli sospirando, pensò a quanto doveva essere difficile tutto quello che faceva. Non era sicuro di credere in un Dio, o in più Dei, o in chissà cosa, ma tutta la sua matematica e la sua scienza non potevano togliergli dal cuore l’idea che qualcosa che giustificasse il mondo dovesse esserci. Anche fosse un Dio, una forza naturale o cosa non lo sapeva, ma lo sentiva.
Quando a scuola avevano, nelle peraltro difficili lezioni di filosofia, parlato di Nietzsche, Manabe non aveva potuto fare a meno di farsi delle domande… -È a questo che serve la filosofia, no? -Aveva pensato.
Non riusciva a tollerare che si potesse credere che la vita non significasse nulla. Non pensava si trattasse di filosofia, di un punto di vista legittimo. Gli sembrava più che altro una clamorosa manifestazione di egoismo, poiché così si poteva nascondere sotto la sabbia, ignorando il dolore altrui e rinunciando a provare a fare del mondo un posto migliore. Troppo facile dire che vivere non ha scopo! Perché tanta bellezza allora? Perché tanta potenza nell’anima del mondo?
Ecco, adesso lui aveva uno scopo, anzi due. Primo, vivere felice con Minaho, secondo, combattere per fare, nel suo piccolo, il bene del prossimo.


Sospirando, uscì dalla doccia e si legò in vita un asciugamano. Si diresse in camera sua dove si vestì con jeans, una maglietta e una camicia. Scelse le sue scarpe preferite, e scese in salotto in attesa di Endou.
Quando finalmente l’allenatore arrivò, era pronto. Salì in macchina dove venne praticamente sommerso dall’affetto di un felicissimo Rex, e tutti insieme partirono per un ristorantino in centro.


La cena era stata ottima. Manabe si era tirato su un po’ il morale e aveva riso molto insieme a Rex, che non aveva fatto altro che parlare a raffica per tutta la sera. Per lui, un’ora passata con i suoi amici era un’ora preziosa.
Avevano mangiato una pizza all’italiana, molto buona. Il lilla pensò che quel posticino fosse abbastanza buono ed economico per diventare meta di qualche sua serata con Minaho.
Quando fu ora di tornare a casa, Manabe aveva la pancia piena e l’umore risollevato. In macchina, poco prima di svoltare nel viale dove abitava il lilla, Rex tirò leggermente la manica del ragazzo.
Manabe, sorridendo, si avvicinò al bambino così da permettergli di parlargli all’orecchio.
-Ehi… fratellone… ti va… ti va di chiedere a papà e mamma se… se stasera posso rimanere a dormire da te? Ci vorrei essere anche io quando domani vai da Min…
Il lilla ridacchió dolcemente. -E va bene! -Sussurrò, prima di schiarirsi buffamente la voce. -Ehm… mister? Che ne direbbe di lasciare a casa mia questo piccolo delinquente questa sera? È da tanto che non dorme da me!
Endou e Natsumi risero. -Chissà di chi è stata questa bella idea! Comunque… perché no? È una buona idea, non trovi, Natsumi? Del resto anche io stasera sono fuori… voglio rimanere in ospedale con Minaho.
-Certamente! Permesso accordato! -Rispose la ragazza sorridendo.


-Ehi fratellone… Min starà bene, vero?
Rex si era appena infilato nel letto di Manabe. Avevano passato una bella serata, ed il lilla era stato felice di accordare, per una volta, il suo orario di nanna con quello del bambino. Dormire qualche ora in più gli avrebbe fatto bene… e così eccolo lì, pronto per il letto alle dieci e mezza.
-Tranquillo fratellino… starà benissimo.


Erano le tre di notte quando arrivò la telefonata.
Manabe si alzò con il cuore in gola e lo sguardo offuscato. Chi poteva essere a quell’ora?  Aveva un terribile presentimento… e non gli piaceva.
Rex continuava a dormire tranquillo mentre il lilla sollevava la cornetta pregando che fosse un semplice scherzo idiota.
-P…pronto?
La voce di Endou risuonò nella cornetta.
-Manabe… ho bisogno che tu ti sieda… per favore… siediti.
Il lilla ebbe un tuffo al cuore. -No…

-Respira Manabe… cerca di respirare. Minaho… Minaho sta molto male.

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Capitolo 19
*** Incubo e risveglio ***


L’incubo è il sogno che s’è preso uno spavento.


Manabe aveva urlato.

Aveva urlato senza potersi controllare, senza poterlo evitare in alcun modo. Qualcosa attraverso la sua voce aveva voluto farsi largo… una terribile angoscia.
Cosa significava che Manabe stava molto male? Era… era forse un modo ipocrita per dirgli che… che se ne era andato? Manabe si sentì svenire mentre chiedeva al mister cosa stesse succedendo. Endou sospirò amaramente.
-Manabe… lui… lui si è sentito male. Sembrava andasse tutto bene… purtroppo ad un certo punto ha iniziato a vomitare, e poi ha perso conoscenza… per non riprenderla più, ad ora. Lo hanno sottoposto a tanti esami… credo… credo che abbia una grave commozione celebrale. Dio, quanto vorrei dirti che non è grave… purtroppo lo è. Devi essere forte.

Manabe cadde in ginocchio. Si sentiva soffocare, voleva vomitare…
-Mister… mister… dov’è ora?
-L’hanno portato in sala operatoria. Sperano… Sperano di poterlo salvare.
Il mondo di Manabe crollò in un secondo. -Cosa… cosa significa? Ci sono… ci sono possibilità che non… che non…
Endou non rispose.


Manabe era senza parole, faticava a sostenersi in piedi e a respirare.
-F…fratellone…
Il lilla si girò lentamente. Rex era in piedi, nel suo pigiama rosso e con il suo orsacchiotto a penzoloni. -Fratellone… ho… ho sognato Min…
Manabe scoppiò a piangere abbracciando il bambino. -Rex… Rex… oddio… Min sta… sta male… cosa… cosa facciamo ora! Cosa faremo se… se… -Fratellone scosso da una serie di singhiozzi da strappare il cuore.
-Fratellone… vestiti, andiamo in ospedale.
Manabe rimase interdetto. Cosa? Un bambino stava pensando a come agire mentre lui se ne stava lì a piangere? Era proprio vero… non serviva proprio a nulla. Singhiozzò ancora.
-Hai… hai ragione Rex. Adesso… adesso mi vesto.


L’ospedale era bianco, bianco e freddo.
I corridoi interminabili che nascondevano tante vite appese a un filo… Manabe colse la particolarità della situazione. Pochi mesi prima lui era al posto di Minaho, e l’arancione al suo.
Tenendo per mano Rex che aveva dato prova di incredibile forza non scoppiando in lacrime, a contrario suo, il lilla si diresse esso il reparto di medicina da trauma, trovando Endou seduto fuori dalla sala operatoria, con le mani tra i capelli. Quando li vide, spalancò gli occhi.
-Ragazzi! Ma… Ma perché siete qui?
-Mister… come… come pensava che potessi tornare a letto? E poi… e poi Rex voleva venire. Se lui non avesse voluto, sarei… sarei rimasto con lui.
Endou sorrise debolmente. -Man… è grave, lo sai, vero?
Il lilla sospirò dolorosamente.
-Non mi hanno ancora detto nulla… nulla. Siediti qui con me… ti vado a prendere una camomilla.


Dovettero aspettare le cinque per avere qualche notizia.
Un dottore uscì dalla sala operatoria. Aveva gli occhi arrossati per la stanchezza, e le spalle curve. Immediatamente Endou, Manabe e Rex corsero verso di lui.
-Dottore… dottore, come sta?
Il medico sospirò.
-Venga con me.
Endou sussultó, quindi seguì il medico verso un angolo della sala. Manabe sentì lo sguardo offuscarsi mentre vedeva gli occhi del mister riempirsi di lacrime. Tornó verso di lui curvo, tormentandosi le mani.
-Lui… lui è… -Il lilla sentiva un coltello scavargli lo stomaco.
-Manabe, dobbiamo essere forti. Non doveva succedere… non doveva. Io… io come posso… non è giusto, dannazione!
Manabe capí quello che non avrebbe mai voluto capire.
-No…
-Perdonami… non dovevo farvi giocare. Non avrei mai dovuto, vedendo come si… come si comportavano i nostri avversari. Sono… sono responsabile.
-Di… di cosa! Dannazione, mi dica di cosa! -Il lilla cadde un ginocchio urlando. Endou scoppiò in lacrime.
-Man… Man, Minaho se ne è andato.



Un urlo terribile. Un urlo da far spaccare i vetri.
Manabe balzò in piedi sul letto in lacrime, il cuore a mille. Di fianco a lui Rex si svegliò di colpo, terrorizzato.
-No… no! No!!! Non può essere vero! Non può! Non puoi essere morto! No!! No!!!
Manabe era completamente nel panico, incapace di fermarsi, incapace di tacere. Rex era atterrito.
-F…fratellone cosa… cosa succede?  Ho… ho paura… ho tanta paura! Ti… ti ha fatto male la pizza?
Manabe non capiva. -La… la pizza? Cosa… cosa stai… -Fu allora che si rese conto di essere in pigiama, nel suo letto. Afferrò il cellulare… le due e mezza.
-Ma… Ma. .. erano le tre…poi le cinque... l’ospedale… il telefono… cosa…
Rex si strinse al petto del lilla. -Fratellone… hai… hai fatto un brutto sogno?



Manabe era letteralmente collassato su sé stesso. Rideva, piangeva, diceva cose sconnesse e senza senso davanti agli occhi di un bambino incredulo.
-Un… un sogno! Uno stupido sogno! E... Endou… l’ospedale, il dannato ospedale! Tutto un sogno… oddio! Un sogno…
Manabe saltò giù dal letto, si trascinò in cucina e aprì una lattina di birra.
-Oddio… cosa sto facendo? Io e una birra?  Alle… alle due e mezza di notte?
Rex si avvicinò all’amico. Non riusciva proprio a capire… aveva paura. Il pavimento gelido sotto i suoi piedi nudi lo faceva rabbrividire, e non trovava le parole.
-Fratellone… fratellone, ti prego, non bere… non… non voglio che tu stia male!
Solo allora Manabe riprese effettivamente il controllo di sé. Si guardò le mani… guardò la lattina. Sorrise e si alzò, andando a svuotarla nel lavandino, quindi corse ad abbracciare Rex.
-Ehi… fratellino… perdonami. Adesso sono io… non avere più paura. Adesso torniamo a letto, ok? Ho… ho avuto un momento di stranezza. Sono… sono morto e rinato in poche ore, per dirlo con una metafora. Adesso però… adesso sono felice e tranquillo. Dai… vieni qui, stai tremando!
Il lilla prese in braccio il bambino che finalmente si rilassó, mentre con una mano gli massaggiava e riscaldava i piedi. Rex sospirò di sollievo, rilassandoli completamente per quanto permettessero i suoi muscoli doloranti e godendosi il massaggio d'emergenza. Massaggandogli i piedini, Manabe non potè non notare i calletti e la tensione dei muscoli del bambino. Endou lo stava facendo allenare a calcio. -Rex... i tuoi... i tuoi poveri piedi sono congelati... hai preso freddo per colpa mia… scusami, davvero. Vieni… andiamo a riscaldarci.
Manabe portò immediatamente il bambino in bagno e riempì un catino d’acqua calda, lasciando poi che il bambino vi immergesse i piedi. -Va meglio ora?
Rex mosse le dita dei piedi. -Ahhh… molto meglio… ma senti fratellone… domani Min tornerà a casa, vero?
Il lilla sorrise. -Certo… certo, tornerà a casa. Ascolta... prima, mentre ti scaldavo i piedini, ho sentito che sei tutto irrigidito...
-Già... -Il bimbo sorrise. Mi... mi esercito molto, anche se fa male a volte...
-Parlane con il mister... forse state esagerando. Senti... ti va un massaggio? Vorrei provare a scioglierti quella tensione. Senti tirare sotto i piedini, vero?
Il bambino si guardò i piedi e cercò di muovere le dita. -Sì... è come se il pollicione fosse sempre bloccato... mi fa tanto male provare a muoverlo, fratellone...
Manabe sorrise. -Capito. Vieni con me a letto... ci penso io a farti un bel massaggio ai piedi... come ai calciatori professionisti!- Manabe rise e fece l'occhiolino al bambino, che ridacchiò.

-Ok... senti questi muscoli? Partono dalla caviglia. Hai i talloni molto rigidi... spero di riuscire a scioglierteli. E poi, ovviamente, dobbiamo scioglierti il ditone...
Manabe aveva fatto accolodare il bambino a letto e gli aveva fatto distendere le gambe sulle sue, in modo da avere di fronte le piante dei piedi di Rex. Erano molto più arrossate e contratte di quanto temesse. -Tu pensa solo a rilassarti... immagina di camminare a piedi nudi sull'erba.-
Il bambino sorrise. -O...Ok...
Manabe prese dolcemente i piedini di Rex tra le mani e, dopo averli unti con alcune gocce d'olio, iniziò a massaggiarli con cura, lavorando con i polpastrelli sulle piante dei piedi, cercando di dare sollievo al bambino. Rex, da parte sua, incominciò subito a mugolare di sollievo, rilassando i piedini nudi e lasciando che Manabe, dopo aver adeguatamente alleviato la tensione, intrecciasse le dita delle mani con le sue dita dei piedi, muovendole e sciogliendo il blocco. Rex gemette di sollievo.
-Ahh...ahhhhhh... fratellone... ahhhhhhh!! Mi... mi fa tanto bene...
-Le tue povere piante dei piedi... li senti i muscoli irrigiditi? Sarà un lavoro lungo... aspetta! Ho un idea!
Manabe uscì dalla stanza e tornò poco dopo tutto trafelato, con in mano un piccolo rullo da cucina. Prese di nuovo i piedini di Rex ed iniziò a farvi scorrere sotto lentamente il rullo. In poco tempo il bambino iniziò ad emettere piccoli gemiti di sollievo, con grande soddisfazione di Manabe, che proseguì il lavoro con movimenti circolari dei pollici. Il bambino aveva un disperato bisogno di quel massaggio e provava un grande sollievo, era evidente. Manabe non capiva perchè il mister non avesse fatto nulla per i suoi poveri piedi in fiamme.
-Ok... ci siamo quasi. Ora apri le dita... -
Il bambino ubbidì, permettendo a Manabe di infilare le dita delle mani tra le dita dei suoi piedi ed iniziare una serie di manovre di rilassamento. Le ultime tensioni cedettero con un sospiro di immenso sollievo da parte di Rex.
-Ahh... AHHHHHHHH!!! Che... che bello...
-Rex, ora rilassati. Prova a muovere le dita... fai vedere.
Manabe osservò con cura i piedini di Rex, mentre il bambino muoveva con gusto le dita dei piedi rilassate dal massaggio. Finalmente riusciva a muovere gli alluci.
-Fiuuu... fratellone, non sento più il dolore... riesco a muovere le dita! Ma dove hai imparato?
-Beh... -Il lilla rise. -Il nostro fratellone Minaho è un po' pasticcione, ed ogni tanto anche lui ha bisogno di un aiutino con i muscoli! Comunque il peggio è passato... però dimmelo se ti fanno ancora male! Potrei farti un massaggio ai piedi dopo gli allenamenti, d'ora in poi. E mi raccomando, devi stare più tempo a piedi nudi...
-Fratellone... -Rex si morse il labbro. -Starà bene, vero?
Manabe sorrise. -Ma certo... certo che starà bene.

La mattina seguente Manabe e Rex fecero colazione e si vestirono rapidamente. Non erano nemmeno le otto, che il mister li aveva già portati in ospedale.
-Minaho Kazuto, per favore.
Il mister sorrise alla ragazza dell’accettazione, che rispose a sua volta con un sorriso. -Il ragazzo della botta in testa, vero? Stanza 105… è già sveglio. Questa mattina è passato il dottore… posso anticipare che va tutto bene. Lui potrà confermarvelo meglio.
Manabe sospirò di sollievo. Solo allora tutti i suoi timori si sciolsero. Sorrideva mentre si dirigevano alla camera dell’arancione.


Poco dopo essere entrati nel corridoio del reparto di medicina traumatica, furono fermati dal dottore del giorno prima.
-Salve, signor Endou! Salve ragazzi… siete venuti per il vostro amico, vero? Ho buone notizie per voi… abbiamo fatto tutti gli esami, il ragazzo sta bene e l’ematoma si è completamente riassorbito. Prima di pranzo possiamo rimandarlo a casa… questo brutto capitolo è definitivamente chiuso.
Endou ringraziò il dottore mentre questi sorrideva imbarazzato. Manabe chiese se poteva entrare nella stanza dell’arancione.
Il medico sorrise ancora. -Certo! Vai pure… io intanto vado a prendere i fogli di dimissione.


Manabe entrò nella stanza come un fulmine, pentendosi subito dopo della sua irruenza.
Minaho era in piedi davanti alla finestra. Quando sentì entrare qualcuno si girò , e vendendo Manabe sorrise entusiasta.
-Man! Sei già qua!
Il lilla corse ad abbracciare l’amico. L’arancione aveva un piccolo cerotto sulla fronte, ma per il resto era normalissimo e pieno di colore.
-Min… sapessi che brutto sogno ho fatto questa notte! Non farmi più scherzi del genere, altrimenti diventerò matto!
L’arancione sorrise. -Ohi… guardami. Sono vivo, sto bene, e adesso me ne vengo a casa con te. Anzi… cosa fai per pranzo? -Minaho si leccò le labbra.
Manabe scoppiò a ridere. -Oh Min… mi sei mancato!


Erano le undici quando poterono finalmente lasciare l’ospedale.
Endou accompagnò a casa i ragazzi, quindi se ne andò con Rex al seguito, felice come una Pasqua. Era molto stanco, anche se non lo dava a vedere.
Minaho e Manabe entrarono in casa, finalmente felici e rilassati.
-Min… fila sul divano a riposare! Io mi metto ai fornelli… ti vizierò!
Minaho scoppiò a ridere. -Man… guarda che ti conosco! Stanotte non avrai chiuso occhio… anche tu hai bisogno di riposare! Vieni qui vicino a me… ordineremo del pollo. Oggi devi anche andare al lavoro… non sarebbe meglio se stessi a casa?
Il lilla sospirò. -Purtroppo devo andare… pagano bene, e non posso permettermi brutte figure. Non temere però… sarò a casa in pochissimo tempo, e questa sera ti prometto che andremo insieme a mangiare qualcosa in qualche posto speciale. Ci stai?
L’arancione fece gli occhi dolci. -Man… io ti adoro!


Il pranzo fu quanto mai lieto.
Si disinteressarono di quanto avessero speso… non era importante. L’importante era che stessero bene, che fossero felici e soprattutto che fossero insieme!
Chiacchierarono della partita, della notizia che il mister gli aveva comunicato dell’avvenuta squalifica dei loro avversari… erano eccitati all’idea di andare al torneo nazionale!
-Man… è… è bellissimo!
-Lo so… lo so.

Quando a metà pomeriggio il lilla uscì di casa per andare al lavoro, stava bene.
Un’altra sfida era stata vinta… -Minaho, sei proprio una roccia. -Pensò.
Si incamminò verso il locale dove lavorava con un grandissimo sorriso stampato in volto… e una grandissima voglia di passare in fretta quelle poche ore. Non vedeva l’ora di essere a casa con Minaho, per combinarne qualcuna delle loro!

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Capitolo 20
*** Primo stipendio! ***


Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano!)


Niente poteva preparare Manabe alla sorpresa che quel pomeriggio lo aspettava al lavoro.

Appena entrato nel locale fu accolto dal proprietario, che sfoggiava un sorriso inquietante.
-Manabe! Che puntualità! Vedi… oggi, alla luce delle recenti esperienze… ho pensato che foooorse tu saresti più adatto per una mansione… diciamo… differente rispetto a servire ai tavoli!
Il lilla aveva un terribile presentimento. Non che gli dispiacesse smettere di correre avanti e indietro rovesciando più roba di quanta ne portasse a destinazione, però c’era qualcosa che lo spaventava nel sorriso a trecento denti dell’anziano.  -Ehm… oooovvero?
L’uomo ridacchiò. -Beh… vista la tua propensione ad accudire e coccolare i bambini… ti annuncio che ho allestito una saletta apposta per loro… e tu sarai il responsabile!
Manabe arrossì come un peperone. -Co…cos… cosa dovrei fare io? Non… non sono così bravo… non… io…combinerò pasticci!
L’uomo scosse la mano noncurante. -Ma quali pasticci… i bambini ti adorano! Sarai perfetto, ne sono sicuro!


Manabe non seppe cosa fosse successo con esattezza… seppe solo che mezz’ora dopo era seduto per terra, mentre molto stoicamente lasciava che un bambino moro sui tre anni gli scalasse le spalle aggrappandosi a lui come un koala.
-Ma perché… perché ho fatto questa cosa! Se mi vedesse Minhao…
Il lilla sospirò con un debole sorriso. In fondo non era così traumatico… o no? Però era vero, adorava i bambini, e loro adoravano lui, a giudicare da come sembravano entusiasti.
-Ehi! Man…Ehi! -Un piccoletto con gli occhi color nocciola tirava il ragazzo per la manica. -Mi prendi in braccio?
Manabe scosse la testa sorridendo dolcemente. -E va bene… vieni qua!


Minaho, a casa, si annoiava terribilmente.
Aveva provato a guardare un po’ di televisione, ma senza trovare nulla che lo interessasse, quindi aveva tentato con i videogiochi, con ancor meno successo. La testa gli pulsava leggermente sotto il cerotto. Si toccó la ferita con i polpastrelli… cosa importava di un po’ di dolore? Aveva difeso Manabe!
Si versò un bicchiere di succo con un sospiro. Aveva voglia di parlare con il suo migliore amico… come avrebbe fatto a resistere ad altre due ore di attesa? Voleva così tanto stare con lui… sorrise, pensando a quanto fosse buffo.
Mentre si sedeva ancora sul divano afferrò una rivista. Mentre la apriva per sfogliarla vide cadere un foglietto… lo raccolse immediatamente, leggendolo.
-È un opuscolo del locale dove lavora Man! Mh… mi sta venendo un’idea…


-Man… Man! Mi sono fatto male…
Il lilla sorrise all’insegna di un bimbo dai capelli castani che si teneva la mano dolorante.
-Ehi… cosa avevamo detto riguardo alle forbici? Dai… vieni qua, che mettiamo un cerottino, ok?
Il bambino si lasciò sollevare da Manabe, che lo appoggió sulle ginocchia. Prese un cerotto dalla tasca e glielo applicó sul dito. -Va meglio ora?
Il bambino sorrideva, indicando qualcosa alle spalle del lilla. Manabe lo fissò perplesso… cosa stava succedendo? Di colpo sentì una mano leggera appoggiarsi sulla spalla.
-Ehi… ho sentito che qui si fanno giocare i bambini… non è che hai posto per il bimbo più coccoloso di tutti?
Manabe si voltó di colpo, ritrovandosi immerso negli occhi verdi di Minaho. Arrossí di botto.
-M…Min? Oddio… cosa ci fai tu qui? Che… che vergogna… guarda in che situazione…
L’arancione sorrise. -Man, penso che tu non ti renda conto che quella davanti a me è la scena più dolce del mondo.


Quando il proprietario del locale aveva visto che Manabe aveva visite, gli aveva concesso quindici minuti di pausa e due cioccolate calde in omaggio. Ora il lilla e l’arancione erano seduti ad un tavolino, a chiacchierare sorseggiando la bevanda calda e dolce.
-Man… è bello qui. Non ero mai venuto in questo locale…
-Già… in fondo anche a me piace. -Il lilla sorrise.
-Sono contento… e poi fai una cosa bellissima!
-Ma… Ma cosa dici…
L’arancione prese la mano dell’amico. -Guarda che dico davvero. Sei così dolce… ci sai fare con i bambini. Ho visto come ti adorano…
Manabe sorrise e imbarazzato. -Io… beh… io non so se…
-Ehila! Manabe! Quello è un tuo amico?
Matatagi era entrato in sala asciugandosi le mani nel grembiule, sorridendo in maniera fin troppo palese. Il lilla sorrise.
-Ehi… Matatagi, lui è Minaho, il mio migliore amico… Minaho, lui è Matatagi… diciamo che è quasi il nipote del proprietario del locale, ed è un ragazzo molto gentile! Mi ha già salvato dal licenziamento un paio di volte…

Minaho sorrise, distratto. Appena aveva visto il moro qualcosa in lui lo aveva turbato. Non sapeva dire cosa… era come un’aura, o una forza. Eppure sorrideva… sembrava normale… proprio non capiva.
-Ehi Min, non saluti?
L’arancione si riscosse sentendo il suo migliore amico ridacchiare. -Ehm… certo! Salve… è un vero piacere conoscerti!
Il moro sorrise di rimando. -Anche per me… un vero, vero piacere.


Minaho e Manabe avevano chiacchierato per tutto il tempo a loro concesso, insieme a Matatagi che si era seduto con loro approfittando di un momento di pausa nel servizio.
Manabe non smetteva mai di parlare… Minaho non sapeva se quella gioia dipendesse dal moro. Sarebbe stato bello che il lilla iniziasse a rendersi conto che il mondo nascondeva anche tanti amici, e non solo persone cattive, ma l’arancione non riusciva ad essere tranquillo. Non si era ancora liberato di quella strana impressione che Matatagi gli dava… non sapeva nemmeno lui spiegarsi di cosa si trattasse. Era come se la voce nascondesse una vibrazione strana… gli occhi sembravano tacere qualcosa sull’anima del moro.
-Minaho? Qualcosa non va? Non ti vedo a tuo agio…
Matatagi sorrideva all’insegna del ragazzo. Minaho si riscosse ed arrossì imbarazzato. -Ehm… no… nulla… nulla!
Il moro annuì col capo, socchiudendo gli occhi. Manabe ridacchió. Anche lui sentiva qualcosa di strano nei confronti di Matatagi… però era qualcosa di decisamente positivo. Forse il suo sorriso… la sua voce… l’aiuto e la comprensione che gli dava… aveva le idee confuse. Simili sensazioni non erano spiegabili attraverso la matematica. Era uno strano affetto… ovviamente niente di paragonabile a quello che provava per Minaho, che era il centro di stabilità del suo universo, ma qualcosa di differente… di meno intimo, di più carnale. Sentiva qualcosa nello stomaco… non ci pensò più e tornò a chiacchierare, deciso a non dare troppa importanza a qualcosa che non poteva essere spiegato dalla sua amata scienza.

-Bene! -Il moro si alzò in piedi sorridendo felice. -Purtroppo devo tornare a lavorare… Minaho, vuoi un caffè? Offre la casa.
L’arancione sorrise a sua volta. -No… ti ringrazio, ma il caffè non fa per me! Bisogna che vada a casa… ci sono delle cosucce da sistemare prima che Manabe torni a casa e inizi a inseguirmi perché non vede più il pavimento per colpa delle mie riviste!
Il lilla scoppiò a ridere di cuore. Sapeva che il suo migliore amico preferiva il dolce all’amaro! -E bravo Min… dai, fra un paio d’ore sono a casa. Ricordati che ti ho promesso che a cena ti porto fuori… preparati!
L’arancione fece l’occhiolino al moro, una faccia buffissima e salutò tutti, ringraziando per la cioccolata e uscendo dal locale con un rumoroso -A dopo!


-Bene bene… Dove eravamo rimasti?
Il lilla fece capolino nella stanza dei giochi con una faccia quantomai furbetta. I bambini, che avevano giocato da soli per una ventina di minuti, lo accolsero con un coro di grida di gioia. Il ragazzo sentì qualcosa formicolargli nel petto… gli volevano davvero così bene?
-Man! Ci avevi promesso che avremmo costruito un castello di carta! Ricordi?
Manabe sorrise sornione. -Mh… Dove avete nascosto il cartoncino e la colla?


Matatagi serviva ai tavoli con abilità e velocità. Non dimenticava nulla, non faceva cadere nulla… dopo tutti quegli anni, era diventato un campione nel suo lavoro.
Mentre portava l’ennesimo vassoio di pasticcini ad una coppia di pingui signore di mezza età vestite in delicati colori pastello, un grido di gioia proveniente dalla stanza a fianco lo fece pensare a Manabe.
Che strano ragazzo… lo incuriosiva. Non solo, a dire il vero… lo intrigava proprio. Così dolce… così innocente ma per nulla ingenuo. U a specie rara. Emanava un calore speciale… qualcosa che non aveva mai sentito prima. Chissà… forse… forse poteva essere una persona di cui fidarsi?
Rimase per un attimo come paralizzato.
-Io, fidarmi di qualcuno?
Una risata strana, fredda, risuonò nella sala.


Minaho correva avanti e indietro per il salotto illuminato dal bel sole di quel pomeriggio, raccattando riviste e libri dal pavimento.
-Mpf… devo diventare più ordinato!
Mentre lavorava pensava a Manabe e a Matatagi… avrebbe voluto così tanto che Manabe si facesse altri amici, però… qualcosa lo turbava.
Calpestò un oggetto puntuto e mugugnò di dolore, ridacchiando della sua stessa distrazione. -E va bene… inutile preoccuparsi troppo. Ora finiamo il lavoro… Man sta per tornare a casa!


Finalmente il turno di lavoro era finito.
Manabe salutò l’ultimo bambino che se ne andava per mano alla madre, sorridendogli, quindi uscì e si diresse verso l’ufficio del proprietario.
Era stanchissimo. Si sentiva zuppo di sudore (-Da quanto non giocavo a cavallina!) ed era distrutto, ma era anche estremamente felice… in fondo non poteva lamentarsi del suo nuovo compito. Bussò alla porta con il sorriso sulle labbra.
-Avanti! -La voce dell’anziano risuonò tranquilla. Il lilla entrò lentamente, trovandolo seduto alla scrivania.
-Manabe! Sei stato bravo oggi… bravissimo! Sapessi quante persone hanno voluto farmi sapere quanto apprezzino il nuovo servizio! E poi… ad essere sinceri, oggi mi hai fatto piangere. Erano tanti anni che non sentivo le risate dei bambini intorno a me… i miei figli… i miei figli vivono lontano. Per tanti anni ho… ho avuto solo Matatagi vicino a me. Sai… l’ho raccolto dalla strada quando era solo un bimbo… sua madre è molto malata, e il padre li ha lasciati. Ha anche due fratelli piccoli… ha sofferto tanto. Per me è come un nipote.
Manabe ascoltava commosso. Non immaginava che Matatagi potesse avere sofferto così tanto… come lui e Min. Di nuovo quello sfarfallio nello stomaco…
-Dannazione… ti sto annoiando con le mie riflessioni da povero vecchio. Scusami! -L’uomo sorrise. -Comunque… oggi inizia una nuova settimana, e come d’accordo ho qui il tuo stipendio.
Manabe sorrise. Avevano deciso per pagamenti settimanali… era la cosa migliore, a parere del lilla.
-Ecco qui i tuoi 20 000 yen (*)… e sappi che ho una bella notizia per te!Hai ricevuto tantissime mance dai genitori dei tuoi amichetti… e io ho fatto in modo che facessero cifra tonda. In totale, questa settimana porti a casa 25.000 yen sonanti!
Il lilla spalancò gli occhi. Erano davvero tanti soldi! Quella sera avrebbe portato Min in un posto speciale... non gli sembrava vero!
-Grazie… grazie di cuore!
L’anziano sorrise teneramente. -Te li sei guadagnati fino all’ultimo.


Il lilla uscì dal locale con il suo gruzzolo nella tasca interna della giacca. Era davvero un sogno… certo, non avrebbero messo da parte chissà quanti soldi, ma quella cifra gli permetteva di andare avanti senza problemi fino alla settimana successiva, se fossero stati attenti alle spese.
Il sole era ancora alto e il cielo limpido favoriva un clima quasi primaverile. Manabe aveva una grandiosa voglia di correre, di saltare, di fare il bambino. Non sapeva perché, non sapeva cosa gli formicolasse nel cuore, ma era felice.
Così felice che non vide nulla muoversi alle sue spalle, così felice che non sentì le risate cattive, così felice che non si accorse di nulla, finché non sentì una mano violenta afferrargli la giacca e strattonarlo in un vicolo. Il lilla urló terrorizzato.
-Ma bene! Cosa abbiamo davanti… un bel ragazzino idiota che saltella come un coniglio!
Manabe era terrorizzato. Davanti a lui due giovani sui vent’anni. Uno di loro, che sembrava essere il capo, aveva un grosso tatuaggio sul viso. L’altro, vestito con un vecchio giubbotto di pelle, mostrava le braccia muscolose con fare minaccioso.
-Cosa… cosa… oddio chi…
-Ahahaha! Ma sentilo, il bambino! Vuoi metterti a piangere, scemo? Stai molto attento a non farci arrabbiare! Forza, caccia fuori i soldi! Sappiamo che ne hai, ti abbiamo seguito!
Il lilla andò nel panico. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, il che non aiutava. -Dannazione… perché sono sempre così infantile? -Pensò. Non sapeva che fare… il vicolo era cieco, e l’uscita era bloccata da quei due delinquenti.
-Allora? Darti una mossa, idiota, oppure… -Il più grosso dei due tiró fuori dalla tasca un coltellino. Manabe urló di terrore. Non sapeva che fare… prese in mano il portafoglio e fece per porgerlo con mano tremante.


-Non credo proprio!
I due energumeni si voltarono di colpo, furiosi. -Chi ha parlato?
Alle loro spalle, Matatagi. Il lilla spalancò gli occhi confuso, ma trovò la forza di urlare. -Matatagi! Scappa! Scappa!
Il moro sembrava furioso. Con un balzo scavalcó i due giovani prendendoli di sorpresa e si parò davanti a Manabe, coprendolo con il suo corpo. -Andatevene immediatamente! Se lo toccate vi ammazzo, delinquenti!
Il lilla era senza parole. Matatagi lo stava difendendo!
I due ragazzi schiumavano di rabbia. Puntarono il coltello verso il moro urlando. -Razza di idiota… levati di lì o ti ammazzo! Giuro che ti ammazzo!
Matatagi strinse i denti. -Fuori. Dai. Piedi.
Il più grosso dei due era rosso come un peperone. Esplose. -Sei morto!


Un lampo argentato, Manabe che si fa piccolo piccolo e un’ombra che gli si para davanti… e poi Matatagi che cade in ginocchio, i denti stretti e un’espressione contratta di dolore sul volto, tenendosi la mano.
-Che cosa hai fatto? Razza di idiota, qui finiamo in galera!
I due teppisti fuggirono a gambe levate, mentre Manabe finalmente si riscuoteva.

-Matatagi!



(*) circa 150 euro. In un mese sono 600… non sono tanti per due persone che vivono sole, anche se in yen sembrano un’esagerazione!

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Capitolo 21
*** A prima vista ***


Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.



La luce del tramonto, calda e avvolgente, inizia a prendere il posto del cielo limpido di quello strano novembre. Le strade sono piene di gente, i locali iniziano ad aprire mentre le prime coppiette, le più frettolose, si dirigono ai tavoli per cenare insieme.

I vicoli.
Un mondo a parte, mutevole, variabile.
Alcuni eleganti, in centro, scanditi da piccoli negozi tradizionali e localini,  altri, soprattutto in periferia, fatiscenti nella loro desolazione… ma nessuno era come quello in cui Manabe era stato aggredito. Un angolo di oscurità in pieno centro… un’isola senza padrone alla deriva tra palazzi d’uffici alti e lucenti, tra locali alla moda.
Manabe si avvicinò a Matatagi, dubbioso se correre o tremare per la paura e lo shock. Si era lanciato davanti a quei due teppisti… lo aveva difeso. Lo… lo aveva difeso. Si scosse e corse ad inginocchiarsi al suo fianco.

-Matatagi! Che hai? TI hanno ferito?
Il lilla scuoteva il moro per le spalle. Il ragazzo alzò la testa e sforzó un sorriso a denti stretti. -T… tutto… bene…
Manabe scosse la testa nervoso, correndo con gli occhi sul corpo dell’amico alla ricerca di un segno, di una ferita. Alla fine la vide… un taglio regolare, profondo, lungo almeno sette o otto centimetri, sul palmo della mano destra del moro. Lo avevano colpito di certo mentre cercava di fargli scudo con la mano, pensò il lilla.
-M…Man… va… va tutto… bene? Ti… ti hanno fatto… male… ti…ti hanno rapinato?
-Matatagi! Cosa importa adesso? Stai perdendo tantissimo sangue! Oddio… e ora che faccio…
Il lilla prese dalla sacca un fazzoletto di lino che faceva parte della sua divisa da lavoro e lo usò per fare pressione sulla mano del moro. -Tuo nonno capirà… mal che vada lo ripago!
Matatagi, pur sofferente, non poté non sorridere scuotendo la testa. -Man… non cambi proprio mai… sei troppo… troppo preciso… ahia!
Manabe si portò l’indice della destra alle labbra. -Ssst… non parlare! Devi conservare energie… adesso andiamo in ospedale. È a due passi… tieniti a me.
-Ma… non… non serve…
-Matatagi, potrebbe riprendere a sanguinare non appena togliamo il panno. Hai bisogno di venire disinfettato, e ti servono dei punti. Forza… andiamo.
Il moro sorrise. -Mi piace questo tuo lato decisionista! -Si alzò e passò il braccio intorno al collo del lilla. -E… e va bene! Andiamo, mio cavaliere!
Manabe scoppiò a ridere… sperando di nascondere la realtà dei fatti. Era arrossito come poche volte in vita sua.


Minaho era pronto.
Si era fatto la doccia e aveva indossato i suoi vestiti migliori. Aveva scelto una maglietta regalatagli da Manabe e una felpa verde smeraldo che si abbinava con i suoi occhi. I Jeans erano i soliti, una delle poche spese che si era concesso negli ultimi mesi. Infine aveva scelto le sue scarpe più belle, quelle sportive bianche.
Quando Manabe prometteva una bella serata, si poteva stare sicuri che sarebbe stata una bella serata. Minaho non aveva dubbi. Aveva scacciato la strana impressione che Matatagi gli aveva trasmesso quel pomeriggio, ed ora era molto di buon umore.
Si sedette sul divano e compose il numero di Tenma. Manabe sarebbe arrivato a momenti, e intanto avrebbe passato il tempo chiacchierando con i suoi amici… si preannunciava una splendida serata!


-Ok ragazzi… potete entrare.
Manabe e Matatagi non avevano dovuto aspettare molto. Il ragazzo aveva ricevuto un codice giallo, e il pronto soccorso era fortunatamente quasi vuoto. Manabe aveva perso il conto di quante volte aveva visto quel posto triste negli ultimi mesi…
Entrarono nell’ambulatorio. La dottoressa, una donna sui trent’anni conforti capelli mori, si fece raccontare i fatti mentre svolgeva la benda provvisoria che Manabe aveva approntato.
-Vi capisco… sapeste quanti casi come il vostro stiamo avendo! Sarebbe ora di fare qualcosa per la piccola criminalità… certo che un aggressione in pieno centro è proprio un’assurdità!
Matatagi sospirò e strinse i denti mentre la mano gli veniva disinfettata. -Già…


Ci volle solo una mezz’oretta perché il taglio venisse suturato… il più fu attendere per l’antitetanica!
Manabe osservò l’orologio sconsolato. Già le dieci… erano lì da quattro ore! Del resto la dottoressa era stata inflessibile… con i coltelli non si scherza, specialmente se arrugginiti.
Mentre aspettava, il lilla sentiva il prurito nel petto aumentare. Matatagi gli faceva un effetto sempre più strano… sempre più affascinante. Strinse i denti… non voleva ammettere a sé stesso ciò che la sua mente razionale già intuiva.


Finalmente uscirono. Erano le undici meno un quarto, e la notte era fresca.
Si strinsero nei giacchetti rabbrividendo. Il clima, di notte,, era già invernale. Per fortuna la città sembrava non volerne sapere di andare a letto… i negozi erano aperti, e le strade ancora discretamente piene.
-Ehm… bene. Manabe… grazie di tutto.
Il lilla arrossí. -Ma… ma figurati! Mi… mi hai salvato…
Matatagi scosse la testa,  sorrise e si voltó. -Tranquillo… per te questo e altro… a dopodomani, amico.
Una mano sulla giacca… un leggero strattone. Matatagi si immobilizzò e si voltò, tremando leggermente. I suoi occhi si immersero in quelli pervinca del lilla.
-Man…
Fu un istante, e le loro labbra erano unite, mentre le guance avvampavano.


Manabe si sentiva volare.
Mentre tornava verso casa ripensava a quello che era successo, e si sentiva pieno di gioia, paura, confusione. Alla fine aveva ceduto… qualcosa nel suo cuore aveva guidato le sue mani.
Non sapeva nemmeno lui spiegare bene come fosse successo… era stato un ordine, un imperativo. Aveva dovuto farlo… e Matatagi era stato al gioco. Questa era la cosa che lo eccitava e spaventava di più.
Aveva infatti un grande paura… che Minaho non accettasse quello che lui aveva dovuto accettare con il tempo. Gli piacevano i ragazzi.
Lo aveva scoperto gradatamente… prima quando aveva notato di non provare attrazione per le sue compagne,  poi quando aveva iniziato a provarne per persone del suo stesso sesso. Inizialmente era stato un colpo terribile… era fragile, e non voleva sentirsi “diverso” anche su questo. Poi, con il tempo, aveva imparato ad accettarsi, nonostante il suo più grande dolore fosse non poter dire a nessuno ciò che provava.  Nessuno avrebbe capito.
Adesso però era terrorizzato. E se Minaho non lo avesse accettato, o peggio avesse pensato che la loro amicizia nascondesse un tentativo di seduzione? Un istante gli sembrava spaventosamente possibile, quello dopo assurdo… non sapeva cosa pensare. In fondo era Minaho… sapeva quanto fosse aperto e buono…
Fu allora che un fulmine a ciel sereno lo trasse dai suoi pensieri. Guardò l’orologio sul telefono…
-Minaho! O cavolo! Mi sono dimenticato della nostra serata!


Quando aprì la porta lo trovò sul divano.
Era addormentato, seduto con le ginocchia al petto... Manabe ebbe una stretta al cuore.
Si avvicinò lentamente e gli mise dolcemente le mani sulle spalle. -Min… ehi Min… sono a casa…
L’arancione aprì lentamente gli occhi e fissò Manabe. Il lilla lesse nello sguardo dell’amico una tristezza ferita… si sentì clamorosamente in colpa.
-Min… sono stato un mostro… non so come sia successo… ho… ho avuto un incidente e…
L’arancione sospirò. -Potevi telefonare..
Manabe strinse i denti. -Lo… lo so. Penso di doverti delle spiegazioni.


In meno di dieci minuti il lilla aveva riferito tutti i fatti al suo migliore amico.
Minaho lo aveva ascoltato attentamente, e pian piano la tristezza nel suo sguardo lasciò il posto alla preoccupazione.
-Man… dovevo rimanere con te al locale! Sono stato così stupido… farti uscire al tramonto con i soldi in tasca…
Il lilla scosse la testa. -Sono stato io ad essere stato responsabile di tutto… anche del tuo dolore e della tua delusione. Ti giuro su quello che vuoi che domani sarò tutto tuo… tutto. Non so proprio cosa mi sia preso… spero che un giorno potrai perdonarmi.
Minaho sorrise dolcemente. -Un giorno? Vieni qua…

Sì abbracciarono.
Manabe sentì in quell’abbraccio tutto quell’affetto, tutto quell’amore che un fratello può dare. Non c’era niente di ambiguo nel suo rapporto con Minaho… era il suo migliore amico la sua ancora e la sua forza. Non lo avrebbe lasciato mai. Decise di dirgli tutta la verità… glielo doveva.
-Min… devo… devo dirti una cosa.



Matatagi era finalmente arrivato a casa. Si diresse verso il portone, abbastanza confuso.
Forse aveva accelerato troppo… doveva essere più cauto? Temeva di avete fatto il passo più lungo della gamba. Insomma… lo aveva baciato!
Non poteva affatto negare che Manabe lo intrigava. Era strano… speciale. Forse non era giusto quello che stava facendo… forse non doveva farlo. Una stilla di rimorso… era una sensazione così rara per lui! Sentiva sempre quel freddo in fondo alla pancia… si sentiva come un gatto randagio, solo e diffidente, pronto a graffiare. Tutto quello che aveva dovuto subire…
Entrò in casa e si tolse le scarpe con un sospiro di sollievo. Iniziava ad odiare il suo lavoro di cameriere… non ricordava più cosa significasse indossare scarpe comode. Si sedette su una sedia gemendo di dolore e iniziò a massaggiarsi i piedi doloranti.
-Ehi Hayato… bentornato. Hai fatto molto tardi…
Una donna estremamente giovane, poco più che una ragazzina in volto, era entrata in cucina tenendo per mano un bambino castano. Dietro di lei veniva un’altra bimbo.
-Mamma….Ciao. Ciao Yuuta, ciao Shun… come va? Perdonatemi… ho… ho avuto un invito a cena, e ho dimenticato di avvertirvi. -Il moro strinse i denti… non avrebbe mai detto la verità. La madre era troppo fragile… rimasta incinta di lui a soli quattordici anni, era stata abbandonata dal marito dopo avergli dato altri due figli… presi a forza. I suoi fratellini… erano gli unici che gli volessero davvero bene. Di fatto era il moro a reggere la famiglia, nonostante dovesse compiere sedici anni la settimana successiva. La madre era gravemente malata, e non poteva lavorare. -Qua tutto bene... solo stanchezza.
La donna annuì. -Lavori troppo… prima o poi dovrò trovare una soluzione. Vai pure… forse conviene che tu stia a casa dagli allenamenti, domani.
Matatagi sospirò, e fingendo di zoppicare salì le scale. Giunto al primo piano si barricò in camera sua e chiuse a chiave la porta. Era un ambiente molto piccolo,  ma carino e pulito.
Il moro rise. Non era niente male come attore! Si era rapidamente liberato delle domande scomode,  rimandando a data da destinarsi ogni discorso e chiarificazione su Manabe!
Si buttò sul letto sospirando di sollievo e chiuse gli occhi… salvo riaprirli dolorante due istanti dopo. Aveva un crampo terribile.
-Karma… perché mi odi così tanto!



-Ehi… Man? Qualcosa non va? Lo sai che a me puoi dire tutto… perché fai quella faccia?
L’arancione sorrideva perplesso all’indirizzo di Manabe, che tremava ed era nel panico.
Il lilla si guardò intorno… i mobili tradizionali, la televisione, il tavolo dove lui e Minaho facevano colazione… nulla gli dava sicurezza. Doveva parlare… non poteva nascondere la verità al suo migliore amico.
-M…Min… ho una brutta notizia.
L’arancione spalancò gli occhi. -Oddio Man… Mi fai preoccupare!
Il lilla strinse i denti. -Basta! Adesso… adesso lo dico. Ecco… Min… capisco se poi non vorrai più guardarmi o parlarmi. Vedi… a… a me… ecco… piacciono i ragazzi e…
-E? Man non farmi stare sulle spine! Quando… quando arriva la brutta notizia?

Il lilla rimase interdetto. -Ma… a dire il vero… ecco... Era questa! Era… questa…
L’arancione sembrava perplesso. -Man… hai… hai detto che mi dovevi dare una brutta notizia! Ok, ti piacciono i ragazzi e… non farmi preoccupare!  Che cosa ti è successo?
Ok. Manabe era letteralmente fuori fase.
Iniziò a tremare e scuotere la testa, confuso. -La… la brutta notizia. .. era… era quella. Tu… tu adesso penserai che… che sono tuo amico solo per… per interesse e che… che… -Alcune lacrime scivolavano lungo le guance del lilla. L’arancione si riscosse e lo abbracció.
-Man… ma… ma perché dovrebbe essere una brutta notizia? Cosa cambia? Non sei forse lo stesso Manabe di cinque minuti fa? Perché… perché dovrei pensare male di te? Proprio non capisco…
Il lilla tirò su col naso. -Esiste… esiste una cosa che si chiama pregiudizio… sai…
L’arancione sorrise dolcemente. -Pregiudizio? Da parte mia? Se i detective avessero pregiudizi come farebbero a seguire un’indagine?  E soprattutto… come potrei avere pregiudizi quando sono nella tua stessa situazione?


Sbam.
Ecco, adesso Manabe era completamente nel pallone. Doveva avere certamente capito male…
-Min… ma… ma tu sei così bello… come… cosa dici… alle… alle ragazze piaci…
L’arancione scoppiò a ridere. -Beh… anche se fosse vero…  e credimi, mi piacerebbe taaaanto essere bello come dici tu, il problema è che loro non piacciono a me!
Manabe spalancò tanto gli occhi da sembrare una trota. -E… e perché non… non me lo hai mai… detto…
Minaho sospirò e si portò la mano dietro la nuca. -Per… per lo stesso motivo per cui tu me lo hai detto solo ora. Non sono così forte come sembra, sai? Tu lo sei molto più di me…
Il lilla sentì gli occhi riempirsi di lacrime. -Min…

Si abbracciarono stretti… più uniti di prima.

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Capitolo 22
*** La prima pagina! ***


Un briciolo di preoccupazione è più pesante di tonnellate di felicità.



Gli uccellini contavano fuori dalla finestra, salutando una nuova giornata. Il sole filtrava attraverso le tapparelle e disegnava arabeschi leggeri sui mobili. Manabe si svegliò lentamente, cullandosi nella penombra.
La sera prima aveva pianto. Era vero… con Minaho era tutto a posto, però lui non riusciva proprio ad essere tranquillo. Prima il bacio con Matatagi, poi la confessione con l'arancione… pensandoci bene, non gli aveva detto nulla del moro. Sospirò. Minaho doveva essersi accorto della sua angoscia… prima di andare a letto gli aveva proposto di andare in camera sua, ma il lilla aveva rifiutato, non riuscendo ancora del tutto a liberarsi dalla vergogna. Aveva paura di cosa potesse pensare Minaho, anche se lo aveva rassicurato.

Sbadigliò e si grattò la nuca. Si sentiva meno confuso dopo un bel sonno… ora voleva mangiare qualcosa. Aveva bisogno di vedere Minaho… e il suo sorriso.
Si stirò e allargò le braccia… finendo per toccare qualcosa di morbido alla sua sinistra. Si girò di colpo e… trovò Minaho steso sul suo letto, con le mani incrociate dietro la testa e un bel sorriso furbetto in viso. Fece un salto di due metri e ruzzolò tra i cuscini, con un urletto alquanto buffo.
-M…Min!! Che… che ci fai tu qui? Mi hai fatto prendere un colpo!! -Il lilla ansimava tenendosi la mano sul petto.
L’arancione sorrise. Si tiró a sedere a gambe incrociate e alzò l’indice con fare solenne.
-Alla luce delle mie indagini, e dopo attente deduzioni, posso affermare che…
-Ti avevo detto che avrei voluto rimanere da solo! -Il lilla alzò leggermente la voce senza volerlo, mentre l’arancione arrossiva leggermente.

-M…Man… scusa… è che…che… ti ho sentito agitarti nel sonno e volevo… volevo assicurarmi che stessi bene. Lo so cosa pensi… a me non importa nulla del fatto che ti piacciano i ragazzi! Perché dovresti vergognartene? Te l’ho detto… anche a me, no? Abbiamo dormito insieme un sacco di notti, eppure sono ancora vergine… che mi dici? Perché non dovrei fidarmi del mio migliore amico, la persona a cui affiderei la mia vita e… e che me l’ha già salvata una volta?
Il lilla sospirò. -Mi… mi spiace Min. Scusa per come ho reagito. È che… non… non è facile, lo sai. Ora però va meglio… tranquillo. Senti… preparo qualcosa di buono?
Minaho sorrise facendogli l’occhiolino. -E perché no?
-Bene… volo! Min… già che ci sei… sei tutto spettinato! Sistema quel porcospino che hai in testa… oppure lo farò io! Mi piace pettinarti… sei come un bambolotto! Un peluche morbidoso!
Manabe scoppiò a ridere e gli diede il cinque, quindi aprì l’armadio. -Prendi Min… vestiti. Vado a preparare la pappa! -Minaho lo fissò sorridendo mentre lanciava sul letto pantaloni, calzini, magliette e mutande. Il suo amico sarebbe rimasto sempre lo stesso… qualunque cosa fosse successa.


-Ehi Man… ho pensato una cosa che ti farà saltare sulla sedia!
Un ragazzo arancione particolarmente affamato aveva assalito il suo panino, quindi era stato colto da un pensiero affascinante… e ora voleva comunicarlo al suo migliore amico.
-Mh… ho un brutto presentimento!  Dimmi Min… dimmi tutto.
L’arancione sorrise sornione. -Che giorno è oggi?
-Il… quindici? -Manabe lo fissò perplesso.
-Eeeesatto… e cosa esce il quindici di ogni mese?
Manabe inizialmente non capì, quindi ebbe un’illuminazione. Sbiancó.
-O… oddio… oggi esce la rivista che ha accettato di pubblicare la mia ricerca!
-E bravo Man! E sai cosa significa? Che appena usciamo da scuola ci fiondiamo in edicola a fare giustizia sommaria! -L’arancione si portò la mano al mento. -Non ti sembra una bella idea?
-C… certo! -Manabe doveva ancora riprendere colore. -e… speriamo bene…

Minaho si alzò in piedi e mise le mani sulle spalle dell’amico. -Ehi… qualcosa non va? Stamattina sei strano… guarda che lo vedo. Lo sai che puoi parlamene, se vuoi…
Il lilla sospirò e strinse i pugni. -Lo… lo sai che non sarà più come prima, forse… che… che potrebbe essere cambiato tutto, tra noi….
Minaho scosse la testa. -Non è cambiato proprio nulla! Preferivi continuare a vivere nelle bugie? A parte che non sarebbe cambiato nulla comunque… però non sei più leggero ora? Io… io lo sono molto, sai? A… a zia non piacevano quelli come…  ecco… come noi. Non mi… non mi sembra vero di poter vivere con qualcuno che mi capisce e mi accetta per quello che sono.
Manabe sorrise debolmente. Aveva intuito il gioco dell’arancione…stava portando il centro del discorso su di sé per non farlo sentire responsabile. Solo Minaho poteva essere così dolce da avere queste premure… gli venne voglia di abbracciarlo.
-Forse hai ragione… anzi, hai proprio ragione. Però…
-Però? -Il ragazzo sorrise.
-Però penso che ora ti abbraccerò, e tu non potrai fare nulla per evitarlo se non vuoi che ti faccia il solletico!
Minaho fece una faccia buffissima, quindi aprì le braccia e si mise in guardia.
-Fatto sotto!


Quella mattina la scuola puzzava particolarmente di detersivo per pavimenti scadente. Era periodo di grandi pulizie… e sembrava di stare in uno stabilimento per la raffinatura del petrolio greggio.
-Man… non trovi che sia splendido quanto si possa pulire un posto fino alle ossa, lasciando comunque che ci stia dentro gente sudicia fino al midollo?
Manabe ridacchió. -Certo che quando vuoi sai essere piccante! Comunque condivido… più mi guardo intorno, più vedo da queste parti sempre la stessa gentaglia da quattro soldi. Chi non è vagabondo e ipocrita è acido come il fiele… che bel panorama!
L’arancione sospirò. -Beh… perlomeno io ho te e tu hai me, no?
Il lilla gli diede un buffetto sulla guancia. -Mi sa che hai proprio ragione.


Le lezioni avevano riservato ben poche sorprese. I rendimenti del lilla e di Minaho erano così alti che nessuno avrebbe osato infastidirli senza una valida ragione, e i cari compagni si tenevano ben distanti da loro e dalle loro vite. Il loro compito era semplicemente quello di fare una dignitosa presenza.
Il momento più epico fu l’ora di matematica, dove un piccoletto moro del terzo banco, un elemento pressoché invisibile nell’ecosistema della classe, fu praticamente crocifisso alla lavagna. Alla fine la situazione era così triste e patetica che Manabe aveva provato spudoratamente a suggerire, con scarsi risultati ma guadagnando un raro sorriso.

Alla fine non rimaneva altro da fare che correre agli allenamenti. Minaho e Manabe non avevano assolutamente voglia di tornarsene a casa senza prima essersi ben scaricati!

Arrivati al campo furono accolti da un clima strano. I compagni erano raccolti in gruppetti, cupi e confusi, a parlottare.
-Ehm… ragazzi… che… che succede? -Minaho si fece avanti. Era già in allerta, e il suo spirito protettivo gli aveva fatto tirare fuori gli artigli. Manabe non meritava altre brutte sorprese.
Shindou si distaccò dal gruppo e sospirò. -Ragazzi… è successa una cosa stranissima. Il mister Endou non è ancora arrivato! Lo conoscete… non era mai successo, e nemmeno in segreteria hanno saputo dirci nulla… iniziamo ad essere preoccupati.
L’arancione si portò la mano al mento. -Endou… dove diavolo può essersi cacciato? In effetti è molto strano… giurerei di averlo visto in macchina, nel parcheggio, a ricreazione… a scuola fino a poco fa c’era. Perché dovrebbe essere sparito?
Shindou scosse la testa. -Non ne abbiamo proprio idea… non ci resta che aspettare.


Mezz’ora, e di Endou nessuna traccia.
-Non so… forse dovremmo cambiarci ed iniziare ad allenarci da soli… -Kirino era perplesso.
-E se non dovesse arrivare? -Shindou era preoccupato già da molto tempo. – Potremmo doverlo andare a cercare…
Manabe sospirò. -Min…
L’arancione mise il braccio intorno alle spalle dell’amico e lo attrasse a sé. -Man… dimmi cosa non va… sei così triste…
-Ho… ho un brutto presentimento. Non so perché… non lo so proprio. Fa… fa male.
Era vero. Il lilla sentiva qualcosa pesargli sul petto. Qualcosa di molto brutto si stava avvicinando… ne era certo.


Endou arrivò con quasi un’ora di ritardo. Sembrava sconvolto.
-Mister! Mister! Che è successo?
L’uomo sforzó un debolissimo sorriso. -Nulla… iniziamo ad allenarci.


Erano le tre quando Minaho e Manabe uscirono dagli spogliatoi.
Non era stato affatto un allenamento normale. Era ovvio che qualcosa non andasse nel mister, che sembrava incredibilmente triste, distratto e confuso. Le azioni erano lente, le giocate banali… non prometteva affatto bene se si pensava che la domenica successiva avrebbero avuto la prima partita del campionato nazionale!
I ragazzi non avevano potuto fare altro che guardarsi e interrogarsi con gli occhi. Ogni tentativo di sapere qualcosa di più dal mister era stato vano.

-Ehi Man… dai… su col morale! Adesso andiamo in edicola… non vedo l’ora di leggere il tuo nome su quella rivista!
-L’arancione sorrise e diede un buffetto sulla spalla dell’amico, che continuava a sospirare. -Tranquillo Min… va tutto bene… è… è che qualcosa non va nel mister, lo sento. Hai visto i suoi occhi quando ci ha salutato? Giurerei che avesse pianto…
Minaho sospirò a sua volta. -Man… non possiamo sapere… magari sono solo questioni… che ne so… di stipendio?
Il lilla scosse la testa. -Lo conosci… a lui dei soldi non importa nulla, e di sicuro non rischia di svegliarsi in mezzo a una strada! No… deve esserci qualcos’altro…


Camminando di buon passo, i ragazzi erano arrivati davanti all’edicola di quartiere. L’edificio, nulla più di un baracchino di giornali all’incrocio fra la via del centro studi e una via di locali, era gestito da una signora anziana molto simpatica, sempre pronta a fornire agli studenti carta e articoli di cancelleria a prezzi di favore.
Quando Minaho le ebbe detto il titolo della rivista sembrò spaesata. Fece una risata leggera e iniziò a cercare in una rastrelliera piena di giornali. -Caspita ragazzi quanto inglese! Ai miei tempi c’erano troppe bombe da evitare per potersi permettere di studiarlo bene… comunque… eccola qua! Me ne arrivano solo una decina di copie al mese… non la comprano in molti, ma spesso vengono qui i professori del centro studi a prenderla.
Manabe sorrise. L’idea della prof di matematica che scopriva il suo nome su quella rivista lo fece arrossire leggermente.
-Grazie mille… Buon pomeriggio!
La signora prese i soldi che le venivano allungati da Minaho e alzò la mano. -Anche a voi ragazzi… a domani! Passate a salutarmi…
-Senza dubbio! Stia bene!


Minaho e Manabe non stavano più nella pelle.
Corsero a casa e si fiondarono in camera del lilla, aprendo al massimo le persiane per catturare tutta la luce possibile e tremando leggermente.
Manabe aveva quasi paura di toccare la rivista. Se non fosse stato per l’assegno che avevano ricevuto (e purtroppo già speso quasi del tutto!)  non avrebbe potuto credere a cosa lo aspettava tra quei fogli luccicanti…
Minaho fece una faccia buffissima. -Ehm… Man? Anche a me piace tanto la copertina ma… che ne dici di aprirla? -E cosí dicendo, per rompere gli indugi, sfiló le scarpe con un calcio e si buttò sul letto abbracciando l’amico da dietro le spalle. Manabe arrossí di colpo.
-Ehm… Min? Allarme ambiguità… allarme ambiguità… biiiip… biiiip… biiiip!
L’arancione scoppiò a ridere. -E da quando non posso più abbracciare mio fratello?
Il lilla lo guardò intensamente. Sentì due lacrime spuntargli… ma seppe dissimulare. -E va bene! Apriamo questa rivista di qualità!


“Le equazioni differenziali, uno studio sulla risoluzione grafica”.
Il titolo compariva in bella vista all’inizio della seconda pagina dell’indice. Manabe tremava come una foglia. -P… pagina 34…
Aprirono la rivista e la afogliiarono rapidamente nonostante i palesi tentativi del lilla di prendere tempo. Pagina 10… 15… 20… 30…
-Eccoci… Man… ci siamo. -L’arancione mise la mano sulla spalla dell’amico.

-Quanta ansia per una pagina… -Il lilla ridacchió nervoso. -Ok… sono pronto!

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Capitolo 23
*** Appropriazione indebita ***


Nei tempi antichi, barbari e feroci,
i ladri s’appendevano alle croci:
ma nei presenti tempi più leggiadri,
s’appendono le croci in petto ai ladri.




Il titolo spiccava in caratteri azzurri, ben centrato rispetto alla pagina.
Il testo era riassuntivo, ma limpido e chiaro, corredato di grafici, disegni ed esempi. Manabe sorrise dolcemente… era strano vedere lì tutto il suo lavoro.
Non avevano dimenticato nulla… i suoi appunti erano stati interpretati con precisione certosina. Ogni dato, ogni calcolo erano stati posizionati al punto giusto… era davvero tutto perfetto.
Preso dal suo innocente entusiasmo, il lilla non vide l’arancione impallidire. Solo quando sentì un gemito sfuggirgli dalla bocca si voltò verso di lui e lo guardò perplesso.
-Ehm… Min? Va tutto bene? Quello sguardo non mi piace affatto…
L’arancione faticava a parlare. Aveva aperto la bocca, ma il suono che ne usciva era strozzato e fievole. -Min? -Il lilla iniziava a preoccuparsi. -Devo chiamare qualcuno? Ti senti poco bene?
-M…Man… -Minaho prese fiato. -Man… quello… quello non è il tuo nome.


In fondo all’articolo il nome dell’autore,  o di chi si spacciava per tale, era bellamente in mostra, in lettere nere come la sfacciataggine di chi lo aveva apposto.
-Okigawa Yoshinobu… o mio Dio… e questo chi è? -Manabe si mordeva il labbro. Perché aveva sperato per un istante che qualcosa potesse andare bene? Ora l’unica cosa che poteva fare era dissimulare il più possibile il suo dolore e la sua delusione. Non voleva che Minaho se la prendesse.
L’arancione, da parte sua, stava camminando vorticosamente per la stanza lanciando anatemi ai quattro venti. Il lilla non lo aveva mai sentito dire tante parolacce, e così forti. Era rarissimo che Minaho imprecasse.
-Giuro che li ammazzo, ladri maledetti! Ladri schifosi!  Delinquenti!! Bastardi!!
-Min… ti prego… puoi… puoi calmarti?
-Calmarmi? Che diavolo stai dicendo! Ti rendi conto di cosa hanno fatto? Ti hanno appena derubato, dannazione! E io dovrei calmarmi?
Il lilla abbassò la testa. -Scusa… mi… mi fai p… paura…
Minaho si fermò di colpo, mordendosi il labbro. Si sedette vicino all’amico e lo strinse forte. -Io… scusami, ok? È che non riesco ad accettare questa cosa… non posso!
-Lo sapevo. Sapevo che qualcosa doveva andare storto… era destino. Beh… abbiamo… abbiamo i soldi, no? C… cosa ci… ci Importa? -Gli occhi di Manabe si riempirono di lacrime. Immediatamente il lilla voltò le spalle all’amico e si asciugó furtivamente con la manica.
-Man… ma… come puoi pensare che…

Un leggero tremore… e poi lo scoppio di pianto.
-Era… era… erano due… due anni di lavoro, capisci? Ci… ci tenevo a… a dimostrare a te e a papà che… che non sono un fannullone idiota… e… e ora… ora…
Minaho sospirò, abbracciando forte l’amico. Inizió a passargli la mano tra i capelli, sussurrandogli dolcemente di stare tranquillo. -Man… io lo so quanto questa cosa sia importante per te. Non devi dimostrarmi nulla… io so cosa sei. Adesso prendo immediatamente il telefono e monto un casino che… che se lo ricorderanno per dieci anni! Anche se non so bene l’inglese,  e anche se sono solo uno stupido ragazzino… dio, li trascinerò in tribunale! Non possono fare questo al mio migliore amico! Non… non possono…
Manabe singhiozzò. -Min… sei… sei così dolce… non… non devi preoccuparti e non devi metterti in difficoltà per colpa mia…
L’arancione scosse la testa. -Non esiste… dobbiamo fare qualcosa. Senti… pensi che tuo zio possa riceverci oggi?
-Io non… non so… bisognerebbe…
Non era passato nemmeno un secondo, che Minaho aveva afferrato la mano di Manabe e lo stava trascinando verso la porta di casa.


Endou non credeva di poter piangere ancora così tanto… non a venticinque anni.
Non aveva mai pianto così, a dire il vero… o almeno non se lo ricordava. Da ragazzino aveva conosciuto molte forme di dolore… preoccupazione per i compagni, nostalgia del nonno, frustrazione… ma quella mai. Quello era qualcosa di diverso.
-Tesoro… posso entrare? Almeno un bicchiere di latte lo devi prendere…
Natsumi, con una voce fioca e dolorosa, si faceva forza di sorridere dietro la porta. Da dentro solo un singhiozzo le rispose.


-Min… cosa… non…
Manabe era confuso. Il suo migliore amico lo stava trascinando per le strade del quartiere, puntando decisamente verso il centro. A malapena riusciva a vedere gli alberi ai lati della strada, da quanto correva Minaho. Il lilla non aveva neppure fatto in tempo a sciacquarsi la faccia… il fatto che avesse pianto era decisamente evidente, e non riusciva nemmeno a smettere di singhiozzare.
-Ascoltami Man… devi fidarti di me. Tuo zio risolverà tutto, e quei ladri bastardi ti restituiranno il tuo lavoro, ok? Si sono messi contro la persona sbagliata! Tu sei il mio migliore amico, e giuro che dovranno pestarmi per farmi stare zitto!
L’arancione era furioso. Gli succedeva sempre quando qualcuno faceva piangere Manabe. Era un istinto… qualcosa di più forte di lui. Diventava protettivo come un orso. Non potevano farlo soffrire… non Manabe!
-Min… -Il lilla tiró su col naso. -Ascolta… sono… sono proprio un bambino… non devi… preoccuparti…
 L’arancione si fermò, si voltó verso l’amico e sorrise dolcemente portandosi la mano dietro la a nuca. Manabe notò quanto fosse bello… brillava di vita.
-Man… Esiste una cosa chiamata giustizia. So che tu la conosci… purtroppo molti invece non sanno nemmeno dove stia di casa. Ti hanno fatto soffrire,  e sai che significa? Significa che devono iniziare ad avere paura, perché sto arrivando, e sono molto, molto arrabbiato.


La casa dello zio di Manabe, se possibile, sembrava ancora più grande e luminosa alla luce di quel primo pomeriggio.
Al loro arrivo erano stati accolti da una cameriera giovane e abbastanza timida.
-Il dottore è fuori casa… è impegnato in una visita a domicilio. Di cosa avete bisogno? Posso aiutarvi io, oppure devo riferire qualcosa?
L’arancione la guardò seriamente. -Lui è il nipote del dottore. Abbiamo un problema grave. Possiamo aspettarlo in casa?
La donna rimase per un attimo interdetta, quindi finalmente vide Manabe. Arrossí di colpo. -Oddio… signorino, mi perdoni, non l’avevo vista! Prego… entrate. Il dottore dovrebbe tornare entro una mezz’oretta.


Minaho e Manabe erano seduti sul divano del salotto.
Il lilla era ancora sconvolto. Non poteva credere di avere fatto irruzione in casa dello zio in quel modo… si vergognava tantissimo, eppure non riusciva a parlare e nemmeno a smettere di singhiozzare. Aveva gli occhi rossi, e la dignità sotto i piedi.
L’arancione, da parte sua, era ancora furioso. -Man… guardami. Adesso sistemiamo tutto, ok? Vedrai… siamo nel posto giusto.
Manabe annuì tremando. Forse il suo amico aveva ragione… sarebbe andato tutto a posto. Sapeva solo di essere così stanco…


-I signorini desiderano del caffè? Un biscotto?
La cameriera era entrata in salotto con un vassoio. Era stata assunta da poco e viveva nel terrore di sbagliare… sapeva quanto il suo datore di lavoro adorasse il nipote, e vederlo in lacrime non prometteva affatto bene.
-Grazie… sei molto gentile. Stai tranquilla, qui va tutto bene…
Minaho sorrise alla ragazza, che arrossì uscendo dalla stanza. Di sicuro il dottore doveva essere in arrivo… l’arancione sperò che facesse il più in fretta possibile.


Finalmente si sentì aprire la porta di casa.
Dal salotto i ragazzi sentirono la cameriera spiegare in poche parole al medico cosa fosse successo, e L’uomo stupirsi molto. La ringraziò con voce gentile.
Poco dopo, il giovane faceva il suo ingresso nel salotto.
-Ehilà ragazzi! Qualcuno buon vento? Ma… Manabe, hai pianto? È successo qualcosa che dovrei sapere?
Il giovane si sedette al fianco del nipote e gli passò il un braccio sulle spalle. Manabe singhiozzò e gli si strinse al petto.
Minaho sospirò… notava quanto fossero simili il suo migliore amico e il medico. Stessi capelli… stesso sguardo. Uno di fianco all’altro parevano quasi avere la stessa età.

-Signore… -l’arancione esordì.
-Signore? -Il medico sorrise. -Non sono così anziano! Dammi pure del tu… e dimmi cosa vi è successo.
Minaho arrossí. -Ehm… ok… ecco… il… il problema è serio. Ricorda… ehm… ricordi le riviste di cui ci avevi dato il recapito?
Il giovane annuì. -Certamente! Mi avevate detto che una aveva accettato di pubblicare il lavoro di Man… la più importante, se non erro!
Minaho strinse i denti. -Esatto. Ecco… il… il problema…
-Dimmi tutto, niente paura…
L’arancione sospirò. -Il problema è che hanno rubato due anni di lavoro del mio migliore amico.


Il dottor Manabe Terauchi era un luminare famoso, nonostante la giovane età, ed una persona estremamente calma e controllata.
Ecco perché il terrore delle domestiche era più che giustificato, dal momento che ora marciava per la casa imprecando ai quattro venti e gettando all’aria schedari e libri della sua biblioteca.
-Ma dove diavolo ho messo il numero di quei maledetti ladri!
Mentre il giovane tirava libri a Manabe fuori dagli scaffali, lasciando che cadessero ora aperti ora chiusi sul morbido tappeto, Minaho e Manabe lo guardavano allibiti. Tutto potevano aspettarsi tranne quella reazione! Era letteralmente esploso alla fine del loro racconto… esploso in maniera così palese da spaventare il lilla, che si era nascosto dietro al suo migliore amico.
L’arancione teneva per mano Manabe e cercava di infondergli sicurezza con la stretta, ma tremava a sua volta come una foglia. Sperava davvero che il dottore potesse fare qualcosa per loro…

-Eccolo!!! Finalmente ti ho trovato, maledetto! -Il giovane strinse un pugno in segno di vittoria brandendo un tesserino. Si sistemó gli occhiali con un gesto che Minaho conosceva bene… era identico a quello di Manabe che lui trovava sempre dolcissimo… lo usava per darsi un tono. -Adesso vediamo un po’ chi ride ultimo… preparatevi per fuoco e fiamme! A me un telefono!
Il giovane si precipitó di nuovo in salotto seguito a ruota dai due ragazzi confusi. Prese il cellulare appoggiato sul tavolino e fece per digitare furiosamente un numero, quando il suo sguardo cadde su Minaho e Manabe. Il lilla era letteralmente terrorizzato e singhiozzava, mentre L’arancione gli faceva scudo davanti, tremando a sua volta leggermente. Sospirò.
-Ok… scusa nipotino, mi sono lasciato prendere la mano. Capisci però che è grave quello che è successo, vero? -Il dottore tese la mano verso il nipote. -Dobbiamo fare qualcosa, e subito. È una vergogna che mio fratello si disinteressi di te a tal punto… solo il tuo amico ti difende, vero? Tienitelo stretto… è speciale.
Minaho arrossí. -C… cosa?
Il medico sorrise. -Già… proprio quello che ho detto. Comunque… Myzaki! Vieni subito, per favore!

Immediatamente la cameriera più giovane, quella che li aveva accolti alla porta poco prima, entrò nel salotto trafelata. -Mi… mi dica signore!
-Signore? -Il giovane rise. -Ma se abbiamo la stessa età! Minaho… l’hai contagiata tu? -Scoppiò a ridere allegramente. -Myzaki… lo so che sei appena stata assunta e ti sentirai a disagio però… come potranno dirti le altre domestiche, non dovete chiamarmi signore… potete anche darmi del tu. Siete collaboratrici, non serve.
La ragazza arrossí di colpo. -D… davvero… grazie! Grazie sign… ops !
Tutti risero… anche Manabe smise di singhiozzare per un istante.
-Bene… -Il giovane riprese a parlare. -Chiarita questa cosa… se puoi accompagnare il mio nipotino e il suo migliore amico in cucina… ho sentito il profumo di una torta! Offrirgli anche qualcosa da bere… ci sono delle bibite fresche in frigo, se non erro. Io devo fare una telefonata noiosa e… feroce? Comunque sia è meglio che stiano con te, se non ti spiace. Man è già abbastanza sconvolto così, e non sopporto di vederlo stare male.
La ragazza sorrise e annuì. -Certo… ci penso io.


Minaho e Manabe erano in cucina, intenti a mangiare una fetta di torta alle fragole. La domestica era rimasta in piedi, rigida come un fuso, incerta sul da farsi.
-Ehm… Myzaki, vero? Perché… perché non ti siedi con noi e mangi un po’ di torta? -Manabe si era ripreso e sorrideva dolcemente.
La ragazza arrossí. -Ma… signorino… io…
-Eddai… vieni! -Minaho intervenne a sostegno dell’amico.
La domestica sorrise e si sedette un po’ vergognosa, prendendo una fettina di torta.
-Beh… Myzaki, che mi dici di mio zio? Sai… sono molto legato a lui. -Il lilla cercava di fare conversazione.
-Signorino… il dottore… è fantastico! Lavoro qui da nemmeno un mese, e mi ha già alzato lo stipendio due volte! E poi sembra sempre così allegro… non si stanca mai. Se vi ha promesso che risolverà tutto, credete a me… lo farà.


Minaho e Manabe, accompagnati dalla domestica,  fecero il loro ingresso nel salotto. Pochi minuti prima il dottore li aveva chiamati, visibilmente provato.
Appena li vide entrare sorrise debolmente. -Ragazzi… ho notizie.
Manabe sussultó. Minaho lo prese per mano e lo fece sedere sul divano al suo fianco. -Ci dica tutto…

-Allora… ascoltate mi bene…

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Capitolo 24
*** Un bimbo con gli occhioni ***


Dio ci ha dato i ricordi in modo che potessimo avere le rose di giugno nel mese di dicembre



Il salotto era tiepido.
La luce pomeridiana scaldava i divani, filtrando attraverso le ampie foglie delle conifere in vaso che sparavano la portafinestra dal resto del giardino. Minaho e Manabe erano seduti uno di fianco all’altro, agitati. Davanti a loro il dottor Manabe Terauchi, zio del lilla, con ancora il telefono in mano.

-Ragazzi. Allora... la situazione è peggiore di quanto mi aspettassi.
-P…peggiore? -Manabe strinse i denti. Si sentiva così ridicolo… però non riusciva a non soffrire. Aveva lavorato tanto per mostrare al padre di cosa fosse capace… anche se l’uomo non voleva vederlo, qualcosa nel lilla lo faceva sperare di poterlo fare felice.
Il dottore sospirò, passando la mano in quei capelli lilla così simili a quelli del nipote. -Beh… non è un discorso facile. Il… il problema è nel contratto che vi hanno fatto firmare. Sostengono che… che la firma non sia la tua, Man. Che… che ci sia la firma di qualcun altro, e che siccome questa persona non ha portato a termine le procedure contrattuali, loro non possano fare nulla. Il professore che ti ha rubato la ricerca è un luminare… la sua parola è oro, nell’ambiente.

Minaho si sentì mancare. La saliva gli andò di traverso e iniziò a tossire furiosamente, tenendosi il petto.
Manabe gli sorresse la fronte preoccupato, massaggiandogli la schiena con il pugno chiuso. -Min… che hai? Mi… mi fai paura…
L’arancione sospirò profondamente cercando di calmare gli spasmi. -Io… io… ho…
Il dottore, che aveva fatto portare un bicchiere d’acqua, glielo porse gentilmente. -Minaho, che hai? Dicci tutto.
Minaho guardò Manabe… i suoi occhi tristi… singhiozzò mentre una lacrima gli rigava il volto.
-Man… ricordi? La… la maledetta firma era la mia.


Era calato un silenzio strano, imbarazzato.
Ovviamente Manabe ricordava.. Minaho era andato all’incontro con i responsabili della rivista al posto suo. Però… però ricordava anche di avergli firmato una delega! La sua firma doveva valere come quella del lilla.
-Min, non ti devi preoccupare. Mica è colpa tua…
L’arancione si passò il dorso della mano destra sulle guance per asciugare le lacrime e tiró su col naso. -Non… non è vero! Dovevo… dovevo leggere meglio le… le carte che avevo… avevo tra le mani! Mi… mi hanno fregato mentre… mentre io come un cretino pensavo solo… solo a farti felice!
-Ma no… -Il lilla sospirò sorridendo. -Cosa c’entri tu con quei ladri? Sei stato così gentile ad andare al posto mio… non potevamo sapere…
-D…dovevamo, invece! Io… io dovevo leggere prima di… di firmare… e dire che… che mi do tante arie! Minaho l’acuto! Minaho il genio… Minaho l’idiota, ecco cosa sono! Minaho l’incapace! -L’arancione ebbe un’altra crisi di pianto.
Manabe strinse i denti. Non sopportava di vederlo così… guardò lo zio preoccupato.
-Zio… non… non possiamo fare nulla?
L’uomo sospirò. -Non lo so, devo essere onesto con voi. Ascoltate… avete una copia dei documenti?
Manabe annuì con forza. -Certo! Ho anche i miei appunti scritti a mano… mi… mi piace più che lavorare al computer.
Gli occhi del giovane brillarono. -Splendido! Questa è una buona notizia… presto, andiamo a casa vostra a vedere! Minaho… mi serve il tuo aiuto. Abbiamo delle indagini da fare, e solo tu puoi risolvere questo pasticcio!
Gli occhi dell’arancione si accesero di una scintilla nuova. Singhiozzò mentre pian piano le lacrime si fermavano. -D… davvero posso aiutarvi? Posso… posso farmi perdonare da Man?
Manabe fece per bloccarlo. -Min… ma che dici… tu non hai…
Uno sguardo del dottore e il lilla capí. Voleva che l’arancione si sentisse utile per superare il senso di colpa. Ebbe una stretta al cuore… commozione.


-Myzaki, esco e non tornerò prima di un paio d’ore!  Se mi dovessero cercare, lascialo detto.
-Ma… dottore… le visite… -La cameriera era perplessa. Il giovane sorrise.
-Le visite potranno aspettare. Mio nipote viene prima di tutto.
Così dicendo si buttò sulle spalle un elegante giacca di velluto e afferrò la sua valigetta, quindi spinse delicatamente i ragazzi fuori dalla porta.
Appena usciti, invece di dirigersi verso il cancello come Minaho e Manabe si sarebbero aspettati, il medico li guidò deciso sul retro della casa, verso una sorta di dependance in legno. Lì vennero accolti da un uomo sulla sessantina, in divisa.
-Goto, per favore, portaci al fiume. Mio nipote vive a pochi isolati di distanza dal ponte del quartiere scolastico.
L’uomo si inchinò leggermente. -Certo. Prego signorini, accomodatevi. -E cosí dicendo entrò nella struttura che si rivelò essere un garage… contente una clamorosa Rolls Royce nera d’epoca.  Minaho e Manabe erano letteralmente allibiti. Non avevano mai visto un’automobile del genere… e ora gli si chiedeva di salirci?
-Man… ma quanti soldi ha tuo zio? -Minaho spalancò gli occhi. Il lilla arrossí, portandosi la mano dietro la nuca.


Meno di dieci minuti dopo, il trio era in macchina, seduto su comodi sedili di pelle. Era Incredibile quanto spazio ci fosse in una macchina simile.
-Signorino, posso parcheggiare davanti al suo cancello oppure è divieto di sosta? -La voce dell'autista, che doveva essere alle dipendenze dello zio di Manabe già da qualche anno a giudicare dalla sua esperienza e bonarietà, risuonò nella radio interna.
-Ehm… certo… ma… non… non mi chiami signorino! Mi… mi vergogno… -Il lilla arrossí provocando un bonario scoppio di risa nel giovane dottore.
-Man… pensavo che ti piacesse questa forma di rispetto! Te la meriteresti pure, a dirla tutta… sei un ragazzo speciale.
Il lilla si portò la mano dietro la nuca arrossendo ancora di più. -Ma… Ma cosa dici… io… io non… ecco… non mi piace che la gente si umili quando parla con me. Non sono meglio di nessuno, io.
Il giovane sospirò sorridendo. -Nipotino… mi assomigli, sai? Anche io la penso come te. Da questo punto di vista assomigli più a me che a tuo padre, purtroppo…
Manabe strinse i denti. -Lo… lo so. Forse… forse sarebbe stato meglio se fossi stato figlio tuo.

Il medico scoppiò a ridere. -Ma che dici! Quando sei nato io avevo undici anni! Ehi Minaho... Tu non immagini quanto Manabe fosse carino da piccolo! Ricordo che quando mio fratello lo ha portato a casa dell’ospedale e me l’ha messo in braccio la prima cosa che ha fatto è stata iniziare a succhiarmi un dito! Era così dolce… e poi ero così felice che avesse i miei stessi capelli! Mi piaceva fingere che fosse il mio fratellino… e poi quando è cresciuto quanto abbiamo giocato insieme!
Minaho sorrise. -Man…
Il lilla sospirava nostalgico. -Che bei ricordi… aspettavo con così tanta ansia che arrivasse il sabato e tu venissi a passare il weekend a casa! Sapevo che avevi l’università, però… eri il mio solo compagno di giochi. Vedi Min… zio mi costruiva tante cose… giocavamo a nascondino, cantavamo, facevamo le costruzioni…
Il giovane medico sospirò a sua volta. -Già… stavamo così bene insieme… Minaho, vedi, Manabe era un bambino prodigio. Solo che mentre io vedevo in lui un grande potenziale che necessitava solo di amore per esplodere,  mio fratello… mio fratello preferiva altri mezzi. Lo facevano studiare così tanto… era sempre sui libri, e che libri! A sette anni affrontava testi universitari con la stessa facilità con cui io leggevo il giornale. Era straordinario… ma anche tanto triste. Ehi Man… ricordi quella volta che ci siamo sporcati tutti di pittura? Ci eravamo messi in testa di disegnare un affresco in garage! Ho avuto le mani azzurre per tre giorni!
Il lilla scoppiò a ridere. -È vero! A papà venne un colpo e ti accusò di avermi fatto perdere tempo utile per lo studio con “ridicoli passatempi infantili”!
Il medico sorrise sornione. -E ti ricordi cosa risposi a mio fratello?
Manabe rise ancora più forte, coinvolgendo anche Minaho. -Tu, a diciotto anni appena compiuti, lo annientasti dicendo che lo psicologo eri tu, e che avrebbe fatto meglio a leggersi i trattati di pedagogia della Montessori, perché non sapeva farmi felice!
Scoppiarono a ridere tutti e tre, proprio mentre la macchina svoltava nel viale alberato di Manabe.


Mentre il trio si accomodarsi in casa, e appena Manabe ebbe portato un piattino di biscotti in salotto, Minaho si sedette vicino all’amico.
-Man… mi raccontate qualcos’altro di voi? È così dolce… ci sono tante cose che ancora non so di te, credo.
Il lilla arrossí e sorrise. -Beh… cosa potrei…
-Io un aneddoto divertente ce l’avrei! -Il medico interruppe il nipote sorridendo. Minaho pensò che oltre ai capelli e alla fisionomia avessero anche lo stesso sorriso. Era vero… sembravano fratelli. -Ricordi di quando ti ho rapito per portarti in spiaggia?
Manabe scoppiò a ridere. -Avevamo detto a papà che avremmo passato un lungo pomeriggio di studi in biblioteca! Quanto avevo… otto anni?
-Già… io ne avevo diciannove, ed ero già al terzo anno di università. Non avremmo dato nessun sospetto! Min… pensa. Uscimmo di casa come ladri, prendiamo la macchina che i nonni di Manabe ci avevano messo a disposizione e via! Tempo mezz’ora e siamo in riva al mare! Sole, un bel gelato e tante belle ragazze che mi fanno i complimenti per il mio bellissimo fratellino!
-Certo… -Manabe sorrise sornione sistemandosi gli occhiali. -Peccato che tu fossi molto più impegnato a fare le voci buffe con me, piuttosto che a comportarti da adolescente e fare la corte a loro!
Il giovane rise. -Beh… avevo paura di perderti di vista! Dovevo pure stare attento…
-Certo! -Manabe rise ancora più forte. -Così attento che a forza di guardare me invece che dove mettevi i piedi, calpestasti in pieno una medusa e dovesti passare il resto del pomeriggio con una borsa di ghiaccio sotto il piede, guaendo come un cucciolo ferito!
-Mpf… particolari… -Il ragazzo borbottò.


Mentre la conversazione andava avanti, Minaho non poteva non notare quanto fossero in sintonia Manabe e suo zio. Sembravano due vecchi amici. Sorrise. Era contento di sapere che nell’infanzia di Manabe c’era stato almeno un raggio di luce.
-… davvero… e poi dovevi vedere quanto era carino Manabe da piccolo! Era un bimbo buonissimo… non piangeva mai. Quando lo prendevi in braccio ti sorrideva con quegli occhioni dolcissimi… mi metteva le braccia intorno al collo ed era capace di starmi in braccio per ore, a ronfare.
Manabe arrossí come un peperone. -Ma… Ma devi proprio dipingermi come un koala in fase  digestiva? E poi guarda che quello strano eri tu… a dodici anni invece di andare a giocare a calcio con i tuoi amici passavi i pomeriggi interi a cullarmi.
Il giovane sorrise. -Ti volevo bene… tanto. Quando nonno e nonna sono morti, le liti con mio fratello si sono fatte sempre più aspre. Lo sai quanto poco parliamo, anche oggi. Tu invece eri diverso… per un po’ sei stato il mio fratellino, poi, crescendo, mentre io diventavo adolescente e poi adulto e tu un ragazzo, sei diventato il figlio che non ho mai avuto. Ho ventisette anni Man… e vivo da solo. Solo in quella casa enorme,  con i miei ricordi come un vecchio. Ma… parliamo di cose più allegre! Tu Minaho? Che mi racconti? I tuoi genitori sono simpatici?

Manabe strinse i denti. Sperava che quella domanda non arrivasse… si era dimenticato di dire allo zio come stavano le cose, e ora non aveva potuto fare nulla per impedire il pasticcio.
Minaho abbassò gli occhi e si oscurò. -I miei genitori sono morti… un… un po’ di anni fa. Papà sul lavoro… era… era un detective della polizia. Mamma si è tolta la vita poco dopo.
Il medico sbiancò. Lui, così geniale, così sicuro, non sapeva proprio perché aveva fatto un disastro simile.
-Oh… Minaho… puoi… puoi perdonarmi? Non... Non ne avevo idea. Sono… sono stato davvero indelicato.
Minaho si riscosse e sorrise debolmente. -Non… non preoccuparti. Ci sono abituato. Adesso ho Man… ecco uno dei tanti motivi per cui è così importante per me. Prima ero riuscito quasi a convincermi di meritare solo la solitudine… ora invece non so come farei senza di lui. È come mio fratello.
Il dottore sorrise e gli fece l’occhiolino. -Vedo che ci capiamo!


Seduti comodamente in salotto, Minaho, Manabe e lo zio del lilla avevano passato e ripassato le carte per quasi mezz’ora. Gli appunti di Manabe erano nelle mani della rivista, ma loro avevano ancora le fotocopie. Inoltre c’era il contratto firmato da Minaho, anche se purtroppo a causa degli inghippi burocratici di cui avevano parlato a casa del medico, poteva aiutarli poco… con un gioco di carte bollate, il nome di Manabe era praticamente sparito.
-Bene… per fortuna i tuoi appunti sono firmati, Man. È già qualcosa… forse abbiamo una possibilità.
Minaho spalancò gli occhi. -D… davvero? Man potrà riavere i diritti sul suo lavoro?
Il medico sospirò. -Non sarà facile… ma ci proveremo, lo giuro. Dovete sapere che esiste una legge che dice che quando qualcosa viene pubblicato, le bozze di pubblicazione devono rimanere in archivio per almeno novanta giorni. Per motivi di trasparenza, sapete… questo significa che gli appunti originali di Manabe dovrebbero essere ancora integri. Se riusciamo a prenderli… possiamo trascinarli in tribunale. Ora… il problema è il come. Se glieli chiediamo così, sospetteranno e cercheranno o di temporeggiare oltre i novanta giorni, o di cancellare le firme… se non l’hanno già fatto.
-Ma… Ma allora… -Il lilla abbassò gli occhi mordendosi leggermente il labbro.
-Tranquilli… troverò il sistema. Lo giuro. Lasciate fare a me…


-Zio… ti va di fermarti a cena da noi? Non abbiamo tanto, però è oramai sera e ancora non abbiamo finito di ordinare tutti i documenti… -Manabe sorrise.
-Man… non so se… forse dovrei iniziare a lavorare ad alcuni articoli che devo pubblicare…
-Eddai… la prego. .. ehm… ti prego! Qualcosa da mangiare lo troviamo, giuro! E poi vorrei sentire altre storie su Manabe da piccolo! -Minaho si portò la mano dietro la nuca, arrossendo. Il medico scosse la testa sorridendo. Va bene… va bene! Adesso però devo fare un paio di telefonate… innanzitutto a casa, per avvertire la cuoca di non preparare nulla. Sarà contenta di avere un giorno di riposo… è anziana ormai. Ricordi Man? È la stessa signora che lavorava per i nonni quando eravamo piccoli! Ti metteva sempre da parte qualche biscotto…
Manabe scoppiò a ridere. -Certo che la ricordo! Avrà più di ottant’anni!
-Ottantatre… ma fa dei dolci fuori dal comune!! -Il giovane rise di gusto,, coinvolgendo anche Minaho e Manabe.

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Capitolo 25
*** Spaghetti e bicicletta! ***


Ricordare il passato è una questione di memoria. Certe volte anche di coraggio.


In dispensa Minaho e Manabe avevano la bellezza di mezzo pollo arrosto avanzato dalla cena del giorno prima, tre pagnotte, quattro patate e due buste di riso. La giornata non era stata facile, e il lilla non aveva avuto modo di andare a fare la spesa.
-Beh… -L’arancione, con indosso il suo grembiule da cuoco, era vistosamente arrossito. -Spero che non ti scandalizzerai… di solito non siamo così disperati! Non vorrei che pensassi che affamo tuo nipote!
Il dottore rise. -Non ne dubito!  Comunque tranquilli… ci ho pensato io. Avete presente le mie telefonate di prima? Beh, il mio ristorante italiano preferito si stupirà di aver ricevuto ordinazioni per tre e non per uno!
Manabe esplose di rossore. -Zio! Ma… ma non era necessario! Non… non so che dire… -Anche Minaho era costernato.
-Ma va… già che ci siamo, teniamoci allegri, no? Siamo tre ragazzi in fondo… o quasi! Piuttosto… Minaho, non ho dimenticato che volevi altre storie su Manabe. Tranquillo… ne ho un sacco da parte!
-Ehm… non è che… che mi metti sotto una luce strana, vero? -Il lilla si portò la mano dietro la nuca, imbarazzato.
-Ma no… tranquillo! Del resto non eri un bambino… eri un bambolotto! Con quelle braccine tenere che…
-Zio!!
Il medico ridacchió. -Oook… cercherò di soprassedere sulle parti più scabrose!


Il cibo arrivò dopo nemmeno mezz’ora, mentre i tre ragazzi stavano rimettendo a posto gli ultimi appunti del lilla.
-Vado io! -Minaho scattò come una molla appena sentì suonare il campanello, e pochi istanti dopo rientrò in casa con una tale pila di confezioni di cibo che a malapena si riuscivano a vedere i suoi ciuffi arancioni!
Manabe aveva provveduto ad apparecchiare la tavola, e in quattro e quattr’otto erano seduti. Di fronte a loro una quantità spropositata di maccheroni, spaghetti, polpette, formaggi e salumi. Sembrava un film anni cinquanta.
-Che ne dite… ci diamo dentro? Non ringrazierò mai abbastanza il cielo di avermi fatto psichiatra e non dietologo! -Il medico scoppiò a ridere dolcemente.
-E perché no? Buon appetito! -Il lilla sorrideva un po’ imbarazzato, sotto lo sguardo amichevole di Minaho.



La cena fu meravigliosa e, per la fame, fu consumata in pochi minuti.
-Bene… Minaho voleva sentire qualche storia, se non erro! -Il medico scosse i capelli dello stesso colore di quelli di Manabe e si sistemò il colletto della camicia. -Man… che ne dici di quella volta che ti ho insegnato ad andare in bicicletta?
Il lilla arrossì. -Mh… avevo sette anni, vero? Ricordo che tu avevi appena compiuto i diciotto…
-Esattamente. Era un bel pomeriggio di primavera e faceva molto caldo… mio fratello ti aveva bloccato in casa a fare fisica, quando sono tornato dall’università per il weekend e ti ho trovato in quelle condizioni… avevi gli occhi così tristi! Lo so che hai sempre adorato lo studio, però non era quello il modo… se ci ripenso… mamma mia quanto vorrei dirne quattro a tuo padre! Comunque… ricordi cosa è successo?
-Beh… -Il lilla si grattò la testa sorridendo. -Hai fatto irruzione in camera mia, se non erro!
-Adesso… irruzione! A dire il vero ho dovuto sgattaiolare alle spalle di tuo padre che leggeva in salotto con le gambe incrociate e il petto in fuori come una tacchina!
-E poi… e poi ce la siamo data a gambe dalla finestra…

Minaho sgranò gli occhi sconvolto e sorridente. -Cosacosacosa? Il mio amico geniale Manabe Jinichirou che se fugge dalla finestra lasciando tutto solo il suo libro di fisica?
Il lilla arrossí e mise in broncio. -Non mi prendere in giro Min… eddai!
Il medico rise di gusto. -Beh… dicevamo…. Certo! Siamo sgattaiolati fuori e ci siamo infilati in garage. Li ho provveduto a dare a Man il suo regalo di compleanno… con qualche mese d’anticipo!  Avevo ricevuto i miei primi soldi per aver pubblicato un articolo… ero agli inizi! È stata una sensazione bellissima…
-Certo! Soprattutto perché li hai spesi tutti per regalarmi la bicicletta più costosa della città! -Manabe si battè ironicamente il palmo della mano in fronte.
-Ma ne valeva la pena! -Il giovane parlò come se fosse tutto ovvio. -Soprattutto ne ho avuto la certezza quando ho visto il tuo sorriso… oh Man eri così felice!
Manabe sorrise dolcemente. -Non hai idea di quanto sognassi una bicicletta… mi sentivo così… diverso dagli altri… sempre.
 -Lo so… -Il medico prese un biscotto da un vassoio sul tavolo. -Io ti vedevo, Man. Ti sentivo piangere. Capisci adesso perché è valsa la pena di spendere quei soldi? La tua felicità valeva più di qualunque altra cosa… qualunque.
-Zio… ti voglio bene.

L'aranione era in imbarazzo. Era incredibile quanti sguardi di ammirazione il suo migliore amico riservasse allo zio! Pensò che fosse il caso di rompere il silenzio.
-Beh… come va avanti questa storia? -Minaho ridacchiò sgranocchiando a sua volta un biscotto. -Sono interessato!
-Dunque… -Il medico riprese. -Dopo essere fuggiti dal cortile con la bici, siamo andati al parco, a pochi isolati da casa. Man, da bravo genietto, ha imparato subito! In pochi minuti già andava avanti e indietro come un fulmine. Fino a che non ha quasi investito un vecchietto che lo ha quasi bastonato…
Minaho scoppiò a ridere. -Davvero?
-Davvero… -Il lilla sospirò sconsolato. -E vogliamo parlare di quando siamo tornati a casa? Papà urlava come un matto! Ha detto che…
-…Che ero un delinquente e uno scellerato, vero? -Il medico scosse la testa. -Sai qual è sempre stato il principale problema di tuo padre, Man? È troppo pieno di sé. I soldi e l’influenza non sono tutto nella vita, anzi, sono molto poco quando perdi quello che conta veramente.
Il lilla sospirò. -Lo so…però… ho provato ad odiarlo così tante volte... e… e non ci sono mai riuscito, sai? Gli voglio bene, nonostante tutto.
Il medico sorrise e mise il braccio intorno alle spalle del nipote. -Anche lui te ne vuole,  Man. Io lo so… è mio fratello e lo conosco. Ora… Minaho, che ne dici della storia? Piaciuta?

L’arancione annuì con vigore,  sorridendo. -Molto… anche a me piacerebbe avere qualcosa di interessante da raccontare, ma la mia infanzia non è stata granché eccitante dopo… dopo che mamma e papà… ecco… ci… ci siamo capiti.
-Io invece sono sicuro che tu sia un ragazzo pieno di cose interessanti da raccontare. Devi solo sforzarti di credere un po’ di più in te stesso… sei una persona buona, Minaho. Lo vedo bene attraverso la tua anima leggera e robusta insieme.-Il medico sorrise. -Lo vedi come sono poeta?
L’arancione scoppiò a ridere di gusto. -Beh… ti ringrazio! Il fatto è che… finché… finché papà e mamma erano vivi, per i pochi ricordi che ho, ero un bimbo felice ma… ma poi… tutto… tutto è cambiato.
-Minaho, non soffermarti su queste cose, ok? Pensa a quelle felici, solo a quelle felici!

Manabe fissò il giovane con curiosità. Aveva avuto conferma a quello che sospettava da qualche minuto. Lo zio stava usando il suo talento e la sua professionalità da psichiatra per aiutare Minaho. Aveva iniziato ad intuirlo dalle domande che faceva al suo amico, ma ora ne aveva la certezza. Si commosse leggermente, sorridendo.
Anche Minaho doveva avere capito qualcosa… il lilla ne era certo. Però stava al gioco, tranquillo, sapendo che poteva fidarsi del suo migliore amico e di suo zio.
-Allora… qualcosa di felice… qualcosa di buffo ce l’ho! -A Minaho brillarono gli occhi. -Sapete che anche io quando sono nato avevo gli stessi capelli di papà? Proprio come te, Man!
-Davvero? Da noi il lilla è una tradizione di famiglia! -Il giovane dottore scoppiò a ridere arricciandosi un ciuffo di capelli tra le dita.
-Già… -Minaho si morse il labbro. -Arancioni, come quelli di papà. Solo che quelli di papà erano corti e ordinati… non… non come i miei che vanno dove vogliono e… e non si riesce a pettinarli mai e… e…
L’arancione, sopraffatto dai ricordi, era andato in agitazione. Manabe pensò che fosse il caso di intervenire.
-A me i tuoi capelli piacciono tanto, Min.

L’arancione si fermò di colpo, prendendo fiato. -D… davvero?
Il lilla sorrise dolcemente. -Davvero. Ti danno personalità, e ti fanno sembrare ancora più bello.
Minaho arrossí di botto, portandosi la mano dietro la nuca. -Ti… ti ringrazio Man… è… è una cosa carina quella che mi hai detto. G… grazie…
Il medico, di nascosto, sorrise e fece l’occhiolino a Manabe.


-Ragazzi… bisogna che io vada a a casa. Devo assolutamente riordinare degli appunti prima di domani, ed è ormai sera. Vi ringrazio tanto per la cena e per l’ospitalità. Quando vorrete essere miei ospiti, non avete che da chiedere!
Il medico si alzò in piedi sorridendo, seguito da Minaho e Manabe.
-Grazie a te zio! Ci… ci aiuti tanto…
-Man ha ragione. Senza di lei… ehm… di te non so cosa avrei fatto. Non sopporto il pensiero che abbiano rubato il suo lavoro! Non si devono permettere di far soffrire il mio migliore amico! -Minaho strinse i pugni.
-Minaho… sei davvero l’amico che tutti desidererebbero. Vorrei aver conosciuto io una persona come te quando avevo la vostra età. Man… tienitelo stretto.
L’arancione avvampò di rossore. -Ma… ma cosa dici…
Scoppiarono tutti a ridere, dirigendosi verso la porta. Appena furono sull’uscio il medico si mise la giacca e sorrise ancora. -Ragazzi… mi raccomando siate fiduciosi. Datemi un paio di giorni e vedrete che vi saprò dire qualcosa, ok? Risolveremo tutto.
Manabe sospirò. -Lo… lo spero proprio…


-Ehi Man, un po’ di televisione?
-Perché no Min? Del resto non abbiamo quasi nulla di nuovo da studiare per domani… danno qualche film interessante?
-Mah… -L’arancione prese il telecomando ed iniziò a cambiare canali uno dopo l’altro.  -Politica… interessante, ma per oggi direi che abbiamo avuto abbastanza preoccupazioni… film d’amore… film comico… horror da quattro soldi con insetti talmente finti da sembrare la prof di chimica… dimmi tu!
-Beh… che ne dici di guardarci il film comico? Per una volta rilassiamoci!


Il film scelto da Manabe era una simpatica commedia romantica ambientata in America, proprio quello che ci voleva per farsi due risate senza troppi pensieri.
-Penso proprio che quella ragazza dovrebbe stare attenta… a giudicare da come lui ha costruito l’alibi, è ovvio che si contraddice in almeno tre punti! Penso che la stia tradendo…
L’arancione, la mano al mento con fare interrogativo, stava facendo come di suo solito delle belle deduzioni. Manabe, da parte sua, invece era pensieroso… L’arancione non capiva perché.
-Eh? Ehm… già… già. Hai ragione Min… qualcosa… qualcosa non… non torna…

Minaho sospirò preoccupato. -Man… ehi. Mi dici cosa c’è che non va? Guarda che te lo leggo negli occhi.
Il lilla si voltò verso l’amico, visibilmente preoccupato. -Min… scusa… non… non c’entra con noi. Stavo pensando al mister Endou… oggi non era lui. Non vorrei che fosse successo qualcosa di grave…
Minaho sorrise dolcemente e si strinse più vicino all’amico. -Ti capisco Man. Anche io ho notato quello che hai notato tu… in effetti era davvero sconvolto. Speriamo che non abbia problemi al lavoro, o con Natsumi… non so cosa faremmo senza di lui, come squadra.
-Già… -Il lilla sospirò ancora. -È che è così strano… lui di solito è così solare!
-Man… facciamo una cosa. Domani dopo scuola andiamo a mangiare un panino in centro… per una volta vada per il fast food. Dopo andiamo a trovare il mister… magari chiediamo anche ai ragazzi se qualcuno vuole venire con noi. Siamo i suoi compagni d’avventura… deve dirci se possiamo aiutarlo in qualche modo!
Manabe sorrise. -È una buona idea Min! Ti… ti ringrazio per averci pensato. È decisamente la cosa migliore da fare!
L’arancione lo guardò con una faccia incredibilmente furbetta. -Vedi che devi fidarti di Minaho? I am magic!


Minaho si era appena svegliato.
Dovevano essere le tre di notte… dalla finestra entrava solo la luce dei lampioni, insieme al rumore di qualche rara automobile. Il ragazzo arancione sospirò sorridendo… non aveva sonno. Era stata una giornata dolceamara e ora tante cose gli prudevano nel cuore.
Da bravo detective logico, iniziò a mettere insieme tutti i dati in suo possesso per fare ordine nella sua mente. Tante cose si accumulavano… purtroppo molte di più di quante se ne risolvessero!
Minaho sospirò ancora. Doveva provare a riprendere sonno… il giorno dopo sarebbe dovuto andare a scuola! Si girò sul fianco e… toccó qualcosa di morbido e ronfante.
L’arancione fece un salto terrorizzato. -Man!!
Il lilla emerse dalle coperte insonnolito e sorridente. Provò a dire qualcosa, quindi ricadde addormentato con un buffo mugolio. Minaho sorrise… doveva essersi infilato nel letto di nascosto, la sera prima!

Scuotendo la testa e sospirando, ma felice, si stese e lo abbracció.

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Capitolo 26
*** In missione! ***


Ci sono due forze motrici fondamentali: la paura e l’amore. Quando abbiamo paura, ci ritraiamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a tutto ciò che la vita ha da offrire con passione, entusiasmo, e l’accettazione.
    
    

-Minaho? Carotino? Tigrotto dormiglione? Che ne dici di aprire i tuoi begli occhioni verdi? Purtroppo la scuola esiste ancoral
Manabe, a cavalcioni del suo migliore amico, cercava di svegliarlo con grande impegno. Finalmente l’arancione aprì gli occhi e sorrise debolmente. -Ho sooooonno…
-Vedi cosa succede quando la notte ti svegli per seguire i tuoi ragionamenti da detective? Poi non dormi abbastanza!
Minaho si tiró a sedere stiracchiandosi. -Certo… poi ovviamente se alle tre di notte un panda si infila nel mio letto… e per tutta la notte scalcia come un mulo…
Manabe arrossí come un peperone. -Ehm… non… non so di cosa tu stia parlando!

Manabe era sceso in cucina a preparare la colazione dopo aver spalancato la finestra per far entrare aria fresca e luce. Era una bellissima mattinata di sole.
Minaho si stiracchiò ancora, sorridendo, quindi scese dal letto rabbrividendo al contatto del pavimento gelido con i suoi piedi nudi. Strinse i denti mentre cercava il telefono. Guardò l’ora… non era affatto tardi.
Si diresse in bagno per farsi la doccia, sospirando di sollievo al contatto con la moquette tiepida. Un’altra giornata lo aspettava, ma il pensiero che l’avrebbe affrontata insieme a Manabe gli diede la forza di sorridere.

Dopo essersi lavati e vestito Minaho scese le scale, attratto dal profumino di torta al cioccolato. Manabe aveva dato il meglio di sé quella mattina, a parere dell’arancione. Del resto il lilla lo sapeva… i dolci erano il punto debole del suo migliore amico!
-Ehi Man… perché mi vuoi viziare così tanto? -L’arancione sorrise mentre entrava in cucina, dando una pacca sulle spalle del lilla che stava tagliando a fette il dolce.
-Mh… forse perché anche io vado matto per il cioccolato? È… è così matematicamente perfetto! Sai che statisticamente sembra che chi ne mangia in quantità giuste soffra meno di infarto?
L’arancione ridacchiò, guardando l’amico. Manabe non capiva.
-Cosa… perché stai ridendo? Guarda che è vero! La matematica non mente mai!
Minaho rise ancora di più vedendo il suo amico alterarsi leggermente. -Man… certo che ti credo però… ehm… prova a rileggere la frase in questo modo. –“Il panda Manabe mangia tanto cioccolato, e dunque non ha infarti!”…
Il lilla rimase perplesso qualche secondo. -Non colgo il tuo sarcasmo… perché dovrei avere qualcosa a che fare con gli infar… ehm… ehmehm… -Il lilla ricordò di colpo il suo ricovero in ospedale. -Sigh… cento punti per Minaho! Colpito e affondato…
L’arancione sorrise sornione. -E ora… perché non ci pappiamo il cioccolato anti-infarto, finché è bello caldo?


La torta era davvero buonissima, e per Minaho e Manabe farne sparire la metà, a rischio di procurarsi il mal di pancia, non fu un problema. La cosa più difficile fu decidersi a prepararsi per andare a scuola!
-Man… non ho voglia di vedere ancora la prof di inglese! Mi odia… ne sono sicuro!
Il lilla scoppiò a ridere. -Min… ma che dici! Ci vuole bene… ehm… forse?
-Certo… come il topo vuole bene all’esca avvelenata! È l’unica materia dove incontro qualche difficoltà… perché devono accanirsi così? -L’arancione sospirò buffamente.
-Beh… secondo me è invaghita di te! -Il lilla sorrise sornione. -Massì… è una ragazzina fresca di diploma, e deve aver preso una bella cotta!
Minaho avvampò di rossore. -Ma… Ma che dici! È… è una professoressa!!!
-E allora? -Manabe ridacchiò. -Ho visto come ti fissa i pettorali quando passa tra i banchi!
L’arancione diventò direttamente viola. -Mp… pf….Oddio! Ci manca solo la maniaca assetata d’amore!
-Eddai Min… ci pensi? Sembra uno di quei telefilm americani di sedicesima categoria!
Minaho sospirò. -Già… che amarezza! E poi… te l’ho detto. A me piacciono i ragazzi, proprio come a te.
Il lilla sorrise, nascondendo una fitta di emozione. Sapere che Minaho lo capiva era la cosa più bella del mondo.


Mentre si avvicinava la metà di novembre, ed il clima non voleva saperne di raffreddarsi più di tanto, le lezioni si facevano sempre più impegnative. I corsi frequentati da Minaho e Manabe erano pieni di ragazzi dotati, ma le assenze di alcuni professori nell’anno precedente avevano contribuito a creare in alcuni importanti lacune. Inutile dire che l’arancione e il lilla spiccavano ancora di più dato il loro talento decisamente superiore, e ciò gli attirava ancora di più quell’antipatia cattiva che gli insegnanti da anni fingevano di non vedere.
-Ehi, Minaho! Hai preso il tuo solito dieci, oggi? Non vorrei che la tua media calasse di un decimo di punto!
-Manabe! Ti faccio paura? Perché non vai a piangere dal tuo amichetto?
Inutile dire che Minaho se ne infischiava bellamente. Lo stesso purtroppo non si poteva dire di Manabe, che ci soffriva davvero molto. Aveva sempre desiderato di essere invisibile, in quelle situazioni. Quella mattina specialmente… Kitama, bulletto ufficiale della classe, stava dando il meglio di sé.
-Piccolo Manabe! Sembri più sfigato del solito questa mattina! E che cos’è questo odore? Ti sei pure profumato? Stai aspettando la fidanzatina? -Il moro parlando sputacchiava in maniera disgustosa, da quando aveva perso un paio di denti nella sua zuffa con Minaho.
Il lilla sospirò stringendo i denti. Già si sentiva sfigato di suo, non faticava a credere che anche l’impressione che dava agli altri fosse quella.
-Ahhh! Giusto!! -Kitama proseguì sarcastico. -Niente fidanzatina per te, piccolo Manabe! I miei amici ti hanno visto, mentre ti baciavi con quell’altro deviato del tuo nuovo amico! È una nostra vecchia conoscenza, sai? Una volta frequentava questa scuola… prima di smettere per andare a lavorare come un volgare poveraccio!

Il lilla sbiancó e si sentì mancare. Lo avevano visto baciarsi con Matatagi… poteva dirsi finito. Ora tutti avrebbero saputo che gli piacevano i ragazzi… sarebbe crollato per la vergogna. Voleva solo scappare e piangere. Una lacrima gli rigò il volto, mentre tante altre gli riempivano gli occhi.
-Ohohoh… il piccolo Manabe vuole piangere? Solo perché tra pochi minuti il mondo intero saprà che è uno schifoso deviato? Davvero?
Manabe sentiva la testa girare. -Ti… ti prego non… non…
Gli occhi di Kitama vennero attraversati da un lampo di odio volgare ed eccitato. -Cosa? Mi stai supplicando? E perché dovrei mantenere il segreto, idiota pervertito?
-Forse perché il tuo dentista ha già faticato a rattopparti la bocca una volta, e non vorrebbe che io ti buttassi giù tutti i dentacci marci che ti riempiono quella fogna!- Minaho era comparso dietro le spalle del lilla, serio e tranquillo. -Stai molto attento Kitama. Se anche solo mi arriva voce che tu abbia fiatato, è la volta che ti rompo le ossicine una per una. Capisci? Una per una.
Il bullo strinse i denti. Odiava pensarlo, ma aveva un terrore assoluto dell'arancione che già una volta lo aveva riempito di botte. Si guardò nervosamente intorno e vide che i suoi scagnozzi se l’erano già data a gambe con discrezione. Ringhiò promettendo vendetta e sparì nel corridoio.


-Min… non dovevi intervenire. È troppo rischioso.
-Ehi… hai sentito cosa stava dicendo? Sono stato fin troppo gentile con lui! Se si azzarda…
Manabe sospirò. -Min… ho paura che stia tramando qualcosa. Ne ho davvero paura. Comunque… grazie. Ti devo un favore.
L’arancione sorrise. -Chi ti tocca è finito. Li malmeno e, ti assicuro, non sarò io il detective ad indagare sul caso della sparizione dei loro denti.
Il labbro di Manabe iniziò a tremare sempre più forte… finché non scoppiò a ridere di gusto, seguito a ruota dell’arancione.


Al suono della campanella di fine delle lezioni come sempre i corridoi si erano riempiti di ragazzi e ragazze vocianti. Chi si lanciava verso i cappotti, chi affollava il bar per pranzare, chi correva fuori da solo o con gli amici.
A Manabe in fondo quella confusione piaceva. Per un po’ poteva nascondersi nella massa e sentirsi come tutti gli altri, mentre quello clima di allegria lo avvolgeva. Ovviamente tutto era più bello con Minaho al suo fianco. Solo una cosa lo preoccupava… quel giorno, dopo gli allenamenti, avevano deciso di chiedere conto al mister del suo strano comportamento degli ultimi giorni.
-Min… sei sicuro che non si offenderà? -Il lilla passeggiava al fianco dell’arancione, mentre si dirigevano verso la sede del club attraversando il cortile della scuola.
-No… non credo. Del resto abbiamo il dovere di cercare di capire cosa non va, e se magari possiamo aiutarlo…
Il lilla sospirò. -Già… in effetti hai ragione. Speriamo solo non sia nulla di serio… ehi guarda! Quello non è Shindou? Perché sta venendo verso di noi con quell’aria strana?
Minaho si portò la mano al mento pensieroso. -Non… non lo so. Di certo non sembra portare belle notizie. Tranquillo Man… stai vicino a me, e niente potrà scalfirci.


Shindou non aveva portato belle notizie. Nemmeno quel giorno il mister era arrivato in orario, e nemmeno quel giorno aveva lasciato detto nulla per loro. A questo punto ebbero la certezza che qualcosa non andava, e doveva trattarsi di qualcosa di grosso.
-Shin… ma siete sicuri? Avete provato a chiedere ai segretari? -Minaho ragionava, la mano al mento.
-No… non possiamo. Metti caso che il mister non abbia detto nulla… se scoprono che da due giorni si presenta in ritardo al lavoro, potrebbe passare un guaio.
L’arancione sospirò. -Hai ragione… meglio non rischiare.  A questo punto… cambiamoci ed aspettiamo. Prima o poi arriverà…

Il mister arrivò che erano quasi le tre, apparentemente stravolto e pallido. Non disse quasi nulla, e per tutto l’allenamento rimase in uno strano stato di apatia, dal quale ogni tanto un lampo strano lo riscuoteva. Quando avveniva gli occhi gli si animavano e sembrava preso dal tremore.
Inutile dire che nessuno avesse idea di cosa stesse succedendo. Di bocca in bocca si facevano le ipotesi più strane. Chi temeva problemi sul lavoro, chi con la moglie… nessuno poteva portare una qualsivoglia certezza in quel calderone di dubbi e angoscie dalle quali non sembrava proprio si potesse uscire facilmente. Avevano molta paura… non lo avevano mai visto così.
Anche quando l’allenamento finí la situazione non migliorò. Endou li salutò con un sorriso triste e se ne andò lasciandoli con un palmo di naso. Niente discorso post allenamento… niente consigli… non era mai successo prima.


-Ok ragazzi. Ora sono davvero preoccupato. -Tenma sospirò, in piedi nel mezzo dello spogliatoio.
-Già… deve essere successo qualcosa di brutto… non era in lui! -Shinsuke sembrava agitato più del solito, è non riusciva a stare fermo.
-Sentite… io e Manabe andiamo adesso a casa sua per farlo parlare. Volete venire anche voi? Non so se… magari potrebbe essere meglio, no?
Immediatamente Tenma si illuminò, ma intervenne Tsurugi a riportarlo con i piedi per terra.
-Andare tutti non è conveniente. Sarebbe indelicato, e poi se non ce ne ha parlato adesso, di certo non lo farà se ci spostiamo tutti a casa sua. Io penso che la cosa migliore sia che vadano Minaho e Manabe… poi ci diranno. Al massimo potrebbe andare un altro di noi…
-Vado io. -Shindou sospirò e si alzò in piedi. -Lasciate andare me… vi prego.  Voglio vederci chiaro in questa faccenda.
I ragazzi, confusi, borbottarono tra loro qualche istante. Alla fine fu Tenma a parlare.
-Va bene… va bene Shin. Ragazzi… ci fidiamo di voi. Vediamoci fra due ore sotto casa mia… faremo il punto della situazione.
Tutti annuirono convinti.
-Va… va bene.


Minaho e Manabe sapevano bene dove abitasse il mister. Non era la prima volta che andavano da lui, e da scuola il tragitto era breve.
Mentre camminavano insieme a Shindou sotto il sole tiepido di novembre, riflettevano, ciascuno a suo modo su cosa stesse succedendo. Intorno a loro la città viveva e respirava , con le sue strade e i locali ancora chiusi, in attesa del tramontare del sole.
-Senti Min… io non so cosa sia successo, ma forse dovremmo pensare bene a cosa dire prima di parlargli…
Manabe era molto preoccupato,  e Minaho, guardandolo, non poté che dargli ragione. -Già… hai detto una cosa giusta, Man. Io direi la verità… che siamo preoccupati, e che lo vorremmo aiutare.
Shindou sospirò. -Sì… penso che la verità sia la cosa giusta da dire.
Manabe annuì pensoso. Aveva un presentimento che non gli piaceva affatto in fondo al cuore, e la brutta sensazione di stare dimenticando qualcosa di importante.

Arrivati davanti alla porta di casa del mister, notarono subito il giardino poco curato.
-Mh… non è da lui. -Minaho rifletteva, la mano al mento.
-Già… c’è troppo disordine. È strano. -Shindou strinse i pugni.
-Va bene ragazzi… tutti pronti? -Manabe appoggiò l’indice sul campanello.
I ragazzi si guardarono titubanti.

-P…pronti.

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Capitolo 27
*** Una brutta sorpresa ***


I pescatori sanno che il mare è pericoloso e la tempesta terribile, ma non hanno mai trovato questi pericoli, una ragione sufficiente per restare a riva.



Il campanello suonò con il suo solito suono allegro, il che contribuì ad aumentare la stranezza della situazione. Prima che qualcuno rispondesse passò così tanto tempo che i ragazzi stavano quasi per risuonare.
-Sì?  Chi… chi è?
Era la voce del mister. Il tono era così strano che i ragazzi quasi faticarono a riconoscerlo. Quando si riscossero, fu Minaho a farsi coraggio e prendere la parola.
-Ehm… m…mister Endou? S… siamo Minaho, Manabe e Shindou… volevamo… volevamo chiederle se… se qualcosa non… non andasse… la… la vediamo un po’ strana ultimamente…
Nessuna risposta. I secondi passavano, e si sentiva solo il leggero crepitio del citofono. Shindou sospirò. -Ragazzi… forse non…
In quell’esatto istante il cancelletto scattò.


I tre ragazzi, vergognosi e insicuri, entrarono silenziosamente in casa del mister. C’era davvero tanto disordine… una cosa stranissima. Sembrava che nessuno facesse più i lavori di casa da giorni, e di Natsumi nessuna traccia.
-È…è permesso? -Manabe, precedendo i suoi amici, mise piede in salotto. Endou era seduto sul divano, con uno strano sguardo stralunato sul volto, quando li vide si sforzò di sorridere ma quello che venne fuori era solo una parodia del suo solito sorriso allegro e felice.
-Ehi… ehi ragazzi… come… come va?
-Noi bene… -Shindou sospirò. -A dire il vero, è per lei che siamo qua… abbiamo notato che qualcosa non va in questi giorni…
Endou strinse i denti. Quando il suo sguardo, correndo per la stanza come quello di un animale in trappola, cadde su Minaho, ebbe un sussulto.
-Ecco… io… ragazzi non… non è il caso di… di dirvi…
-Ci provi… forse possiamo aiutarla, no? È… è un problema con Natsumi? -Manabe sorrise dolcemente.
-N…Natsumi? No… no… lei non c’entra. Io…

Fu in quel momento che Minaho, dubbioso, prese la parola. -Mister… ma Rex dov’è? Di solito quando sente la nostra voce si precipita…
Endou ebbe una fitta. Il suo sguardo fu attraversato da qualcosa di doloroso. -M…Minaho…Rex…
L’arancione sentì qualcosa scattare dentro di lui. Una forza protettiva e primordiale, simile a quella che aveva sentito nei difficili giorni dell’intervento di Manabe. -Dio… gli… gli è… gli è successo… qualcosa….
Il giovane abbassò gli occhi, che in breve tempo, sotto lo sguardo preoccupato dei tre ragazzi, iniziarono a riempirsi di lacrime. -Lui… lui…
-Insomma… parli! Parli la prego… parli! -Minaho stava diventando isterico. Quel bambino era la seconda cosa più importante della sua vita dopo Manabe. Si erano trovati in orfanotrofio, e il piccolo lo considerava il suo fratellone.

Endou si morse le labbra così forte da ferirsi leggermente. Singhiozzò mentre una goccia di sangue gli colava sul mento. -Lui… sta… sta male da alcuni giorni… è… è in ospedale con Natsumi per dei controlli… ho… ho paura che sia qualcosa di brutto… ho… ho così tanta paura! -Il giovane scoppiò platealmente in lacrime, lasciando sconvolti i ragazzi. Come si faceva a consolare quello che, nonostante i pochi anni di differenza, era comunque un loro professore?
Minaho, da parte sua, si era sentito collassare il mondo addosso. Cosa significavano quelle parole?
-Ma… Ma… ha… ha una polmonite? Un virus intestinale? Ha… ha una di quelle malattie che prendono tutti i bambini, no? Deve… deve essere così no? Dimmi… dimmi che è così!!
L’arancione iniziò a singhiozzare a sua volta, stringendo i pugni, con gemiti che spezzavano il cuore. Sentiva un macigno nello stomaco e la testa in fiamme. Si guardò intorno. I mobili moderni…la televisione a schermo piatto… la luce del sole che entrava dalla grande portafinestra… come poteva essere tutto così dannatamente normale? Come aveva potuto svegliarsi quella mattina senza preoccupazioni? Come era potuto cambiare tutto così in fretta?


Manabe era letteralmente spiazzato e non riusciva a fare nulla se non accarezzare dolcemente i capelli del suo amico. Solo Shindou, con il carisma che lo caratterizzava, era riuscito a mantenere il controllo. Prese le redini della situazione. Versò un bicchiere d’acqua da una brocca sul tavolino e lo porse al mister, quindi fece gentilmente sedere sul l’altro divano Minaho, aiutato da Manabe che si era a sua volta ripreso.
-Ok… mister? Ascolti… capisco la sua paura ma… non si fasci la testa prima di essersela rotta, ok? Ci racconti bene cosa è successo…
Endou si asciugó gli occhi con il polso e tirò su col naso. I ragazzi non poterono, per un attimo, non vederlo ancora come un ragazzino che cerca il consiglio del nonno per imparare una nuova tecnica.
-Io… Rex… sta… sta male da qualche giorno… ha… ha mal di testa… poi… ha… ha iniziato a perdere l’equilibrio… ha… non… non lo so!! -Scoppiò di nuovo a piangere. -È in ospedale da tre giorni con Natsumi… oggi… oggi devono arrivare i… i referti degli esami e… e… e ho così tanta paura!!

Shindou strinse i denti. Non gli piaceva per nulla quella storia… ricordava benissimo che, quando era piccolo, un suo lontano zio era morto dopo aver avuto sintomi simili. Si sentì mancare. Rex era così piccolo… in fondo non si trattava di una persona anziana… doveva sicuramente trattarsi di qualcos’altro!
Minaho, dopo aver sentito la storia, aveva preso ad agitarsi ancora di più e ora Manabe cercava dolcemente di farlo ragionare. -Ehi Min… rilassati… vedrai che… che andrà tutto bene… guardami, ok?
Shindou parlò ancora.  -Mister… quando dovrebbero arrivare i risultati di questi esami?
Il giovane alzò gli occhi facendosi forza. Aveva dei doveri nei confronti di quei ragazzi… sforzó eroicamente un sorriso. -Credo… credo che tra poco dovremmo sap…
In quell’istante il cellulare di Endou prese a vibrare.


Tutti erano rimasti come paralizzati. Endou con il telefono in mano, Shindou in piedi, Minaho con gli occhi lucidi e Manabe con una mano sulla sua spalla. Immobili.
Improvvisamente il mister si riscosse. Strisciò l’indice sullo schermo e avvicinò il cellulare all’orecchio.
-Sì… Natsumi… sei tu? -Una nota di angoscia gli incrinò la voce. -D…dimmi… avete… avete avuto i risultati? Cosa… cosa dicono?
Fu un istante. Un lampo attraversò gli occhi di Endou, e Shindou capì. -Man! Porta Minaho fuori dalla stanza! Qui ci penso io…
Manabe si riscosse. -Io… o… ok! – Prese Minaho per un braccio e delicatamente lo portò fuori, mentre un grido rompeva il silenzio del salotto.


-M…M….Man!! Man fai… fai qualcosa ti… ti prego!!! -Minaho piangeva a dirotto, singhiozzando violentemente aggrappato alla maglietta di Manabe.
Il lilla non sapeva cosa fare. Non era affatto la prima volta che Minaho passava un momento difficile, così come lui, ma questa volta era qualcosa di diverso. Non lo aveva mai visto soffrire così… era qualcosa di totalmente nuovo. Un pianto incontrollabile che lo accecava di lacrime e gli faceva tremare tutto il corpo.
A sua volta sentiva le lacrime premere per uscire, eppure si faceva forza e continuava a passare la mano tra i capelli del suo amico, sussurrandogli parole gentili e stringendolo a sé.
Proprio in quel momento Shindou si affacciava alla porta.
-Man… ti… ti devo parlare.


Ora erano tutti e tre seduti nella cucina di Endou, confusi dalla situazione assurda e irreale. Minaho aveva preteso di rimanere a sentire ciò che Shindou aveva da dire, e presto le resistenze del castano erano state vinte. Avrebbero comunque dovuto dirgli la verità. Si stava mangiando le unghie con tanta violenza da farsi male.
-Shin… allora… dicci cosa… cosa… -Manabe tremava.
Il castano sospirò, alzando gli occhi al soffitto come per prendere forza. -Ecco… gli… gli esami hanno… hanno mostrato una cosa non bella. Rex ha un meningioma. -Shindou si morse la lingua… per l’agitazione era stato troppo brutale.
Manabe sembrava perplesso. -Un… un meningioma? Ho… ho già sentito questo nome… dove… dove non ricordo… aspetta Min… vado a cercare su internet… tu non devi…
Troppo tardi. L’arancione fissava con occhi vuoti e terrorizzati lo schermo del suo telefonino. Nella barra di ricerca di Google era scritto meningioma, e sotto una sola parola risaltava in un azzurro così oscenamente allegro.
Cancro.


I secondi successivi erano stati irreali. Minaho era rimasto come paralizzato.
-R… Rex ha… ha… il… il cancro…
Poi, di colpo, era crollato. Era corso fuori dalla stanza e dall’appartamento, sbattendo la porta con violenza.


Ciò che avvenne dopo fu concitato. Shindou prese Manabe per le spalle e lo fece ragionare, nonostante fosse a sua volta nel panico.
-Man… ehi Man! Ascolta! Io rimango qui a parlare con il mister,  tu vai da Minaho, ok? Ci vediamo tra un’ora da Tenma, come d’accordo.
Il lilla strinse i denti ed annuì, uscendo poi di casa e precipitandosi giù per le scale al seguito del suo migliore amico.


Dove cercare Minaho? Manabe non ne aveva la più pallida idea. Aveva provato nei loro posti preferiti, ma non lo aveva trovato. Al telefono non ne voleva sapere di rispondere, e intanto il tempo passava… mezz’ora era già bella che andata.
Finalmente lo trovò. Era al campo al fiume, seduto a terra, a singhiozzare. Intorno a lui non c’era nessuno nonostante ci fossero ancora due buone ore di luce davanti a loro.
Il lilla si avvicinò silenziosamente e si sedette sull’erba vicino al suo migliore amico, mettendogli una mano sulla spalla.
-Ehi Min… stavo pensando ad una cosa.
L’arancione, che singhiozzava disperato con la fronte affondata tra le braccia, alzò per un istante gli occhi lucidi e lo fissò. Il lilla riprese sorridendo.
-Ecco… pensavo che in questo momento Rex si senta molto solo in ospedale… pensavo che potremmo andare a trovarlo… anche subito se vuoi!
Minaho soffocò un singhiozzo più forte. -M….Man… è… è co… colpa mia se… dovevo… dovevo accorgermi che… che non stava… bene… che… che fratello sono se… se non… -Scoppiò a piangere con più violenza, mentre il lilla lo stringeva forte a sé.
-Non dire così Min. Non è colpa di nessuno… queste… queste sono cose terribili e casuali. Comunque ascoltami… ce la farà. Io me lo sento. Non devi piangere… lui è ancora con noi, e ti assicuro che ci rimarrà. Poi… non sappiamo quanto sia grave. Magari può essere molto meno terribile di quanto sembra.
Per un attimo gli occhi dell’arancione si illuminarono. -Tu… tu dici? Lo… lo pensi davvero?
Il lilla sorrise dolcemente. -Ne sono più che certo. Ora… andiamo in ospedale, ok? Così potrai vederlo e parleremo con i medici. Sono certo che si risolverà tutto.


Dopo aver scritto un tutta fretta un messaggio a Tenma dove gli spiegava dove sarebbero andati e gli diceva che avrebbero tardato una mezz’oretta all’incontro con lui e con i compagni, Manabe, sorridendo, porse la mano a Minaho e lo aiutò ad alzarsi da terra. Lo guardò con sguardo professionale e… gli diede un paio di pacche sul didietro.
-Ehi!! Man! Ma… Ma insomma!
Il lilla sorrise sornione. -Sei tutto pieno di erba…
Minaho ridacchiò. -Maniaco… dimmelo quando vuoi palparmi il… il… ecco! Hai capito!
Scoppiarono a ridere insieme, mentre Minaho dimenticava per un istante il dolore. Manabe sospirò…
-Missione compiuta.


L’ospedale, distante nemmeno cinquecento metri dal campo al fiume, era sempre lo stesso. Bianco, sterile, profumato di pulito.
-Man… oramai viviamo qui dentro…
Il lilla ridacchió. -Già…
Sì presentarono all’accettazione e chiesero di Rex. Gli diede una stranissima impressione dover chiedere di “Endou Rex”! Non avevano mai fatto così tanto caso al fatto che avesse preso il cognome del mister!
L’infermiera li guardò sorridendo, quindi iniziò a scartabellare i suoi fogli. Trovato ciò che cercava inserì dei dati nel computer, ed in pochi secondi poté comunicare all’arancione e al lilla -Stanza 15, reparto di oncologia pediatrica.
Minaho, alla parola oncologia, ebbe una fitta di senso di colpa. Se avesse notato prima che qualcosa non andava…
Con il cuore in gola salirono le scale per il nono piano. Da lassù si vedeva tutta la città, quando si passava nei lunghi corridoi vetrati e luminosi, resi più allegri da piante e poltroncine. La porta del reparto di oncologia pediatrica, una semplice porta tagliafuoco come tutte quelle dell’ospedale,  era però tutta decorata di disegni e di poesie. Manabe sorrise.
-Ok Min… adesso mettiamoci questi, ok?

Il lilla porse all’amico una mascherina e un paio di sovrascarpe di plastica. Li indossarono entrambi… servivano per evitare di contagiare i bambini del reparto, già indeboliti dalle terapie.
Entrarono. Minaho pensò di non avere mai sentito su di sé un clima così pesante. Certo… qualcosa di simile si respirava all’orfanotrofio, ma quello… quello era diverso. Paura, dolore e speranza mischiati insieme.
Camminarono fino alla porta della camera del bambino. Fu li che Minaho afferrò il braccio di Manabe.
-Man… io… io non… non… non voglio che mi veda… piangere e…
Il lilla sospirò e sorrise dolcemente. -Oh Min… dai… cerca di essere forte. Per lui, ok?
L’arancione, con gli occhi lucidi, annuì. -Senti… Man… non è che… che prima possiamo cercare un dottore? Io… io ho bisogno di sapere se… se… hai… hai capito, vero? Ho… ho bisogno di saperlo.
Manabe strinse i denti. -Hai… hai ragione. Non possiamo presentarci da lui senza sapere. Anche… anche io ho paura, credimi. Guarda… chiediamo a quel dottore con i capelli bianchi laggiù.


Minaho e Manabe, sforzandosi di rimanere calmi, si avvicinarono al medico. Era un uomo sulla sessantina, con gli occhiali legati ad un cordino rosso. Sembrava buono.
-Dottore… scusi… dottore…
L’uomo si voltó verso di loro con un sorriso. -Sì? Posso fare qualcosa per voi?
Minaho provò a parlare,  ma un singhiozzo gli incrinò per un istante la voce. Fu Manabe a trovare la forza.
-Ecco… noi… noi vorremmo sapere come… come sta il paziente della stanza 15. Rex… Endou Rex.
Il medico sospirò. -Ragazzi… non è che non mi fidi di voi però… siete parenti? Sapete… sono informazioni riservate…
Minaho singhiozzò ancora, mentre Manabe strinse i denti. -Ecco….

-Sono con me dottore! Gli spieghi pure la situazione.
Il dottore sorrise. Minaho e Manabe si votarono e videro, bellissima e stanca, Natsumi sorridere con in mano una tazza di caffè.

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Capitolo 28
*** Visite notturne ***



La speranza è quella cosa piumata
che si posa sull’anima
canta melodie senza parole
e non smette mai.



-Beh… se sono con lei…
Il medico sembrava rassicurato, e non fece caso alle facce confuse di Minaho e Manabe che fissava no la ragazza. Sapeva che aveva adottato da poco il bambino che ora era ricoverato nella stanza 15, e tutta quella storia era stata decisamente un brutto colpo.
-Certamente, sono con me. Sono studenti di mio marito e amici di famiglia. Gli dica tutto, dottore.
L’uomo sorrise. -Certamente. Vedete ragazzi… il bambino… Rex... Ha un meningioma. Il meningioma è un tumore cerebrale tipico dell’infanzia, e tende ad ingrossare molto.

Minaho si morse le labbra. -Dottore è… è…
L’uomo sospirò. Aveva capito. -No. Tranquillo, non è maligno, almeno non lo è ancora diventato.
L’arancione sentì una scarica di adrenalina attraversargli il corpo. -G… grazie a Dio! E… cosa… cosa farete?
-Beh… -Il medico si pulì gli occhiali nel camice. -Abbiamo una notizia positiva e una negativa. La positiva è che il meningioma è un tumore comune nei bambini e non molto aggressivo… sappiamo come aiutarlo. La cattiva è che , nel caso del vostro amico, vista la localizzazione della massa, operare non basterà a garantire la sua salvezza… tra pochi minuti avrò appunto una riunione per discutere con i colleghi del piano di cure.

Manabe strinse i pugni mentre Minaho sentiva di nuovo le lacrime salire agli occhi. -E… quante… quante possibilità ha di… di…
Il medico sospirò. -Come vi ho detto non è un tumore troppo aggressivo… in casi normali non sarebbe difficile da curare… purtroppo quello del vostro amico è in fase abbastanza avanzata e in una brutta posizione. Comunque sia rimane un tumore che possiamo provare a combattere… non fasciatevi la testa. Se dovessi stimare le possibilità direi che… forse un venti per cento.
Minaho ebbe un tuffo al cuore. -Un venti per cento di possibilità di… di non farcela? Ma… Ma è terribile!!
Il medico si morse un labbro in un piccolo gesto inconsulto. -Purtroppo… purtroppo venti per cento si riferisce alle sue possibilità di... di farcela.


Manabe non avrebbe mai immaginato gli effetti di un tale colpo sul suo migliore amico.
Dopo la notizia, il ragazzo arancione era crollato. Manabe aveva dovuto chiedere l’aiuto di suo zio per portarlo via dell’ospedale, ed ovviamente non era stato possibile incontrare Rex. Natsumi stessa, che non aveva ancora parlato così approfonditamente con il dottore, era sconvolta.
Quando il lilla aveva telefonato allo zio supplicandolo di venirli a prendere con l’auto, non si era scordato dell’appuntamento con Tenma. Lo aveva subito chiamato per dirgli gli sviluppi, e il castano, sconvolto, aveva promesso che si sarebbero precipitati a casa sua per aiutarlo con Minaho, che non riusciva a far smettere di piangere.
Appena lo zio del lilla aveva fatto capolino nel parcheggio dell’ospedale, Manabe aveva praticamente trascinato Minaho in macchina. Del resto piangeva così tanto che non riusciva bene a vedere dove metteva i piedi.
-Ehi Man… sedetevi comodi, ok? Adesso vi porto a casa.


Tempo dieci minuti ed erano a casa. Minaho, seduto sul divano, fissava la televisione spenta con occhi vuoti e singhiozzava. Manabe invece, dopo aver portato un bicchiere d’acqua che il suo amico aveva dovuto bere, si era seduto al suo fianco. Sulla poltrona all’angolo aveva preso posto lo zio del lilla.
-Ehi… Min? Vuoi un biscotto? -Manabe si sforzò di sorridere radioso. -Guarda… sono al cioccolato, i tuoi preferiti!
L’arancione lo fissò con un immenso dolore nello sguardo. Non smetteva di piangere silenziosamente.
-Minaho, posso parlarti?
Il lilla era confuso. Suo zio aveva avuto qualche idea? Che cosa stava provando a fare?
Minaho, tirando su col naso, guardò il giovane. Annuì lentamente, tremando.
-Ascoltami Minaho… posso chiamarti Min?
L’arancione, singhiozzando, annuì ancora.
-Ok! Bene Min… senti. Tu pensi che sia colpa tua, vero?
Il labbro di Minaho prese a tremare. -S… sì… è… solo… è solo colpa… mia… se… io… io dovevo capire che… mi… mi chiama fratello e… e io non sono… non sono in grado di… di proteggerlo…
-Minaho, quel bambino sta molto male. Come pensi di poterlo aiutare se rimani chiuso qui a piangere? Non pensi che magari in questo momento potrebbe voler parlare con te, perché si sente solo?
Il lilla sorrise rassicurato. Iniziava a capire. Minaho, da parte sua, smise per un istante di piangere e alzò gli occhi. -D… dici?
-Ne sono certo! -Il giovane premette i pugni sui braccioli della poltrona. -E poi… il dottore non ha detto che morirà! Può farcela Min, lo capisci? Può andare tutto a posto! Non pensi che bisogni iniziare subito a pensare positivo e a darsi da fare per aiutarlo a guarire? Ogni secondo è prezioso! Non possiamo sprecarne nemmeno uno!
L’arancione sospirò… quindi alzò lo guardo, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. -Io… io sono stato un idiota e un debole. Avete perfettamente ragione… me ne rimango qui a piangere mentre dovremmo darci da fare!
Il medico sorrise. -Bravo! Non farti una colpa del l tuo dolore però… soffri perché gli vuoi bene. Ora però guarda alla tua destra… penso che qualcuno voglia un abbraccio!
Minaho, perplesso, si voltò e… vide Manabe con ancora in mano il biscotto al cioccolato… era dolcissimo. Il lilla arrossí di colpo. -Ehm… io…
Non fece in tempo a finire la frase che un fulmine arancione gli saltò addosso, abbracciandolo.


-Bene ragazzi… penso che i vostri amici stiano per arrivare. Vi lascio con loro… non vorrei spaventarli! -Lo zio di Manabe si alzò sorridendo dalla poltrona.
-Tranquillo zio… questa sera ti chiamo per aggiornarti. Comunque grazie… -Manabe si portò la mano dietro la nuca.
Il giovane sospirò ridendo. -E di che? Attenti piuttosto… e tu, Min… ehi! Forte, mi raccomando!
L’arancione annuì convinto. -Forte.


Dopo la partenza dello zio di Manabe, erano trascorsi solo dieci minuti prima che Tenma e tutti i loro compagni facessero timidamente capolino dalla porta, terrorizzati all’idea dI ricevere brutte notizie e trovare Minaho in lacrime. Inutile dire il loro stupore quando invece l’arancione li salutò con un abbraccio!
Ma… ma… che è successo qui? -Shindou era confuso e sorridente. -Sono felice di vederti tranquillo Min, però… mi stupisci! Sei un ragazzo forte… forte e coraggioso.
Minaho arrossí. -Io… io ti ringrazio… è… è stato lo zio di Manabe che mi ha fatto ragionare… a… a cosa serve piangere, ora? -Il ragazzo sospirò.
-Hai pienamente ragione. Dobbiamo essere lucidi se vogliamo essere d’aiuto!  Ora… facciamo il punto della situazione. -Il castano mise la mano sulla spalla dell’amico.
-Va bene! -Manabe intervenne sorridendo. -Venite tutti in salotto… temo che qualcuno dovrà sedersi per terra! Se fosse stata estate avrei aperto la portafinestra e, contando anche il portico, ci saremmo stati tutti… purtroppo dovremo stringerci un po’. Vado a prendere dei biscotti e dell'aranciata!
Tutti i ragazzi annuirono sorridendo, mentre entravano nel luminoso salotto del lilla e si accomodavano chi sui divani, chi sul tappeto.


-… e dunque questo è tutto quello che ci ha detto il dottore. Non sono belle notizie,  purtroppo…
Manabe sospirò, scuotendo la testa. Aveva appena finito di raccontare ai ragazzi della sua visita in ospedale con Minaho, e tutti sembravano sconvolti. Shindou stringeva i pugni, e il povero Tenma sembrava sull’orlo delle lacrime.
-Ma… ma è terribile! -Il castano strinse i denti. -Non posso nemmeno pensarci…
Shindou, da parte sua, scosse la testa. -Endou non è in condizione di aiutarci, qualunque iniziativa volessimo prendere. Sta male… del resto lo capisco. Lo capiamo tutti… però non posso non essere preoccupato, tenendo anche conto che siamo ormai vicini alla prima partita del campionato nazionale…
-Ma come puoi pensare al campionato in un momento simile? -Minaho era balzato in piedi, i pugni stretti. -Io… io… scusa Shin. Non mi sono saputo controllare.
Il castano sorrise dolcemente. -Tranquillo… sono io che sono stato indelicato. Però… non pensi che Rex vorrebbe che continuassimo a vincere per lui?
L’arancione sospirò. -Sì… sì, credo che tu abbia ragione. Dobbiamo vincere anche per lui… anche per lui.


Era ora di cena quando i ragazzi tornarono a casa, lasciando soli Manabe e Minaho. Avevano deciso insieme di vedersi il pomeriggio seguente, dopo gli allenamenti, per decidere che iniziative prendere.
-Bene Min… vuoi che ti faccia una camomilla? Penso che tu ne abbia bisogno…
Il lilla sorrise dando una pacca sulla spalla a Minaho, che sorrise debolmente di rimando. -Ok… ok Man. Grazie… falla anche per te però… ce la beviamo insieme se ti va.
Manabe fece l’occhiolino al suo migliore amico e si infilò in cucina.


-Buona questa camomilla, Man… ha un gusto speciale.
-L’ho fatta con i fiori essiccati… quelle polverine del supermercato sanno di coperta vecchia!
L’arancione sorrise. -Hai proprio ragione… così poi è molto più dolce. Come te.
Il lilla arrossì di botto, imbarazzatissimo. -Ma… ma che… che dici Min… mi… mi fai vergognare, ecco! Io non… insomma… oppure sì? Ehm… ecco…
Minaho ridacchiò dolcemente. Quando Manabe si imbarazzava era davvero tenero, pensò. Lo abbracciò stretto. -Ecco qua… adesso ti tranquillizzo io, cucciolo di panda.

La serata era trascorsa in fretta, grazie al bel film d’azione che Minaho e Manabe avevano trovato in televisione. Manabe aveva tenuto d’occhio l’arancione per tutta la sera, temendo che avesse un nuovo crollo, ma sembrava essere andato tutto bene.
-Min… che ne dici… nanna? È mezzanotte, e domani abbiamo scuola…
L’arancione sbadigliò. -Penso che tu abbia ragione Man… ho un sonno incredibile. Mi porti a letto in braccio?
Manabe, per la seconda volta in una serata, divenne rosso come un pomodoro. -Ehm… Min! S… sei troppo pesante! Non credi che…
Minaho, opera tutta risposta, si stiracchiò e allungò le braccia verso il lilla.
Manabe sospirò e… lo prese faticosamente in braccio, borbottando imbarazzato.


Manabe era nel letto, e non riusciva ancora a dormire.
Pensava a tante cose… alla fortuna e alla sfortuna, ai problemi suoi e dell‘arancione e a Rex, che combatteva una battaglia troppo grossa per quel suo corpicino magro e piccolo. Troppo grossa.
Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Preso dal consolare Minaho, non si era reso conto di quanto soffrisse a sua volta. Rex era anche il suo fratellino… il bimbo che giocava con i suoi occhiali, quello che si sedeva sulle sue gambe per farsi raccontare una favola, quello che insisteva per farsi spiegare i calcoli difficilissimi che trovava sulla scrivania del lilla e, speciale come solo lui sapeva essere, li capiva subito.
Per la prima volta Manabe scopri di vedersi padre. Un domani… un domani si immaginava felice, con dei bambini che gli volevano bene e gli saltellavano intorno. Una fitta tremenda lo trafisse quando si rese conto che, per quelli come lui, quello era un sogno irrealizzabile.
Anni e anni di lotte per i diritti civili, anni di dolore, di orgoglio, di vittorie e sconfitte, eppure… eppure quelli come lui erano ancora visti da tanti come deviati, come persone pericolose e scandalose. Sospirò.
In quel momento qualcosa si mosse nel corridoio.


Manabe era immobile. Che cosa era stato quel rumore?
Non poteva essere Minaho… l’arancione riposava tranquillo al suo fianco. Non se l’era sentita di lasciarlo in camera sua da solo tutta la notte con quello che era successo… temeva che si sentisse solo.
Si rese conto di stare tremando. Chi poteva essersi introdotto in casa loro? Con quali intenzioni? Non osava darsi risposta a queste domande… doveva solo portare Minaho al sicuro. Il suo spirito protettivo era partito a mille.
-Min… ehi Min… svegliati!
L’arancione si svegliò borbottando. -Man… che… che cosa succede…
-Ssst!! -Manabe mise il palmo della mano sulla bocca dell’amico. -Senti… c’è… c’è qualcuno in casa!
Minaho spalancò gli occhi spaventato. -Che… che cosa? Oddio Man… è terribile! Dobbiamo assolutamente indagare!
Manabe sospirò sconsolato. Non aveva tenuto conto della mentalità da detective del suo migliore amico. -Min… ma… ma non possiamo risch… ehi! -sussurrò. L’arancione era partito di gran carriera verso la porta.

-Man… rimani dietro di me, e cammina piano piano! Non gli permetterò di farti del male… lo giuro!

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Capitolo 29
*** Iniziano le indagini ***


Ho una casa talmente in disordine che se, in mia assenza, venissero i ladri se ne andrebbero pensando: “No, qua ci siamo già stati.”



Manabe era terrorizzato.
Dietro le spalle del suo migliore amico, lo osservava spiare dal buco della serratura il corridoio alla ricerca di qualcosa di interessante. I rumori si erano fatti più forti… qualcuno frugava in casa, ora ne erano certi.
-Man… stammi dietro! Penso che ci sia via libera qui…
-Ehi… Min aspetta…

Manabe non aveva ancora finito la frase che l’arancione aveva, con estrema lentezza, abbassato la maniglia. Sempre lentamente aprì la porta e scrutò nel buio. Niente in vista verso camera sua, dalla parte opposta del corridoio. Nulla nemmeno dal bagno e dalla stanzetta che usavano come studiolo per fare i compiti. I rumori venivano dal piano terra, ed ora erano molto più forti.
-Min… io… ho… ho paura! Dovremmo nasconderci e chiamare la polizia!
-E lasciare che ci rubino tutto? In salotto abbiamo il computer… i portafogli… la televisione! No… stai tranquillo, le statistiche della polizia dicono che questi topi d’appartamento non sono mai armati. Fidati di me.
Il lilla ingoiò la saliva. Non si sentiva affatto rassicurato, anche se il contatto con la schiena calda del suo migliore amico lo tranquillizzava un po’.
Lentamente si avvicinano alle scale, camminando chini al suolo. Dal pianerottolo si intravedeva la portafinestra che dava sul cortile… era aperta. -Dannazione… ecco da dove è entrato! Non l’abbiamo chiusa a chiave… -Manabe strinse i denti.
-Tranquillo Man… ci sono io qui. Ora… scendo le scale. Seguimi a distanza e togliti le ciabatte. Sulle scale non c’è moquette, e a piedi nudi faremo meno rumore.
Manabe sospirò obbedendo all’ordine. -Che il cielo ci aiuti…


Minaho aveva iniziato a scendere lentamente le scale, seguito da Manabe.
-Man… fai come me… prima gli avanpiedi… cerca di essere leggero… da adesso non possiamo più parlare fino a che questa cosa non si è risolta… potrebbe sentirci.
Il lilla strinse i denti. -O…ok…
Arrivarono a terra in un tempo che sembrò essere un’ora. Il salotto era sgombro. Il delinquente doveva essere in cucina, a giudicare dai rumori. L’arancione fece cenno al lilla di fermarsi, ma questi scosse la testa. A gesti gli fece capire che non lo avrebbe lasciato solo per niente al mondo.
Minaho sorrise dolcemente e fece ok con le dita, quindi iniziarono a muoversi silenziosi come gatti verso la cucina. Arrivati alla porta lo videro… era di spalle ed era solo. Sembrava un maschio, ma con il buio non si capiva bene, e stava frugando nei cassetti. Manabe non poté non ringraziare il cielo… non aveva certo argenteria da rubare!
L’arancione, furtivo, prese una cornice dal piano cucina. Dolcemente,  tolse la foto che conteneva (lui e Manabe in divisa da calcio) e la soppesò. In metallo… meglio che affrontare il ladro a mani nude, pensò.
Lentamente si avvicinò al ladro e… si immobilizzò di colpo. Alle sue spalle un sinistro scricchiolio. Manabe aveva calpestato un sacchetto della spesa!
Il ladro si voltó di colpo e li vide, saltando di paura. Era a volto scoperto.
-Kitama!! Brutto schifoso! Cosa ci fai in casa nostra? Ladro!!


Manabe era senza parole. Quello era Kitama! Il bullo che lo aveva picchiato e che quotidianamente li insultava. Era cattivo e stupido, ma pensare che fosse anche un ladro… non credevano ai loro occhi!
-Bastardo!  Esci immediatamente fuori di qui! -Minaho era rosso di rabbia. Detestava quel bullo per quello che aveva fatto a Manabe.
Kitama, vistosi scoperto, prese a respirare velocemente. -Idioti! Voi non avete visto niente, capito? Niente, o vi ammazzo!! Vi ammazzo!!
Manabe fece un salto indietro. Aveva visto il bullo mettere mano alla tasca e tirare fuori qualcosa di brutto…
-No… - Portò le mani alla bocca. Kitama aveva una pistola!


-Indietro!! State indietro o vi ammazzo!!
-Min… ti prego no! Lascialo andare… Lascialo andare! Ci farà del male… -Manabe tirava per la manica del pigiama il suo migliore amico, in preda al panico.
-Io… io ti… -L’arancione era furioso. -Io ti uccido!! Questo è troppo! Buttala giù! Subito!!!
Kitama, di tutta risposta, alzò la pistola puntandola contro Minaho. Manabe andò nel panico.
-No!! Ti prego no!!! Prendi quello che vuoi ma non fargli male!! Ti prego!!!
Minaho sospirò. -Kitama appoggiala a terra… subito.
Il bullo, terrorizzato e furioso, puntava ora un ragazzo ora l’altro. -Adesso basta… io vi…
Fu un secondo. Il colpo partì senza motivo… forse per il tremore della mano, forse per errore. Minaho sentí qualcosa gettarlo a terra e vide con la coda dell’occhio Kitama fuggire a gambe levate della portafinestra. Rotolò a terra.

-Ah…
Un gemito lo fece riscuotere dalla confusione. Si alzò immediatamente a sedere… dov’era Manabe? Lo aveva spinto via… lo aveva salvato! Lo vide a terra vicino al tavolo… perdeva sangue.
L’arancione si sentì mancare. -Man!! Oddio Man!!! No!!! -Si buttò sull’amico, aiutandolo ad alzarsi a sedere a sua volta e facendolo appoggiare al suo petto. -Man… Man!!  Non te ne andare… non te ne puoi andare!!
Il lilla tossì. -M… Min… tranquillo. Mi ha preso di striscio ad un braccio… è solo un graffio, vedi? Il proiettile si è infilato nel mobile delle pentole…
L’arancione tremava. -M… Man… ma… ma perdi sangue!!!
Il lilla strinse i denti. -Fa… fa maluccio in effetti. Senti… puoi prendermi un paio di garze, del disinfettante e una benda? Sistemiamo questa cosa.
L’arancione, prima confuso, adagiò dolcemente Manabe contro il tavolo e scattò verso il bagno. Prese quanto richiesto e tornò in cucina. Tempo dieci minuti e Manabe, a torso nudo, aveva disinfettato, pulito e bendato quello che, per fortuna, si era rivelato davvero solo un graffio leggermente profondo. Il sangue si era fermato subito.
-Ora va meglio… ok Min… aiutami ad alzarmi, ok? Tranquillo… va tutto bene, e non succederà nulla.


Minaho aiutò il lilla sorreggendolo fino al divano dove lo fece distendere, quindi si precipitò a chiudere a doppia mandata la portafinestra che dava sul cortile. Con dello scottex pulì il sangue da terra, agitato, quindi fece ritorno in salotto da Manabe.
-M…Man? Come… come stai?
Il lilla sorrise, nascondendo il dolore. -B… benissimo, non temere. Ho… ho solo bisogno di dormire un po’. Torna a letto anche tu Min…
-Ma... ma non chiamiamo la polizia? Tu…
Il lilla scosse la testa. -Lo direbbero subito a mamma e papà… prima vorrei parlarne con mio zio, domani…
Minaho sospirò. -Penso che tu abbia ragione. Comunque… io a letto non ci torno! Non ti lascio qui da solo… rimango con te!
Detto fatto. L’arancione corse a prendere un cuscino e una coperta e si accoccolò sul tappeto, piombando in un sonno agitato insieme al suo migliore amico.


Quando Minaho si svegliò il sole era già alto. -Anche Manabe era già sveglio.
-Ma… Man! Che… che ore sono?
Il lilla sospirò. -Le nove… abbiamo dimenticato i telefoni con le sveglie di sopra!  Comunque poco male… non penso sia possibile andare a scuola oggi. E poi vorrei che tu ti riposassi ancora… ne hai biso… ahh… -Manabe strinse i denti tenendosi il braccio.
-Man!! Man che hai? -L’arancione si era alzato in piedi, circondando con il braccio le spalle dell’amico.
-Fa… fa più… più male di quanto pensassi. Scusa Min… scusa, non volevo spaventarti.
Minaho era preoccupato. -Man… fammi vedere… -Delicatamente sbottonò il pigiama al lilla, gli fece sfilare la manica sinistra e gemette. -Dannazione… è tutto sporco di sangue! La ferita si è aperta! Man… devo portarti in ospedale, non possiamo aspettare.
Il lilla strinse i denti. -No… non possiamo… farebbero… farebbero domande… e… e io non…
-Manabe! -L’arancione aveva alzato la voce più di quanto avrebbe voluto, a giudicare dallo sguardo ferito del lilla. -Man… non sento ragioni. Non ti ho mai lasciato andare, e di certo non lo farò questa volta. Non sappiamo quanto sangue potresti perdere ancora, ed è fondamentale chiudere subito quella ferita. Aspettami qui… vado a mettermi una felpa e andiamo. Intanto premi delicatamente sulle garze, ok?


Detto fatto. Sostenuto da Minaho, con indosso i pantaloni e la giacca della scuola aperta, appoggiata sulla pelle nuda, Manabe fece il sul ingresso in ospedale nemmeno un quarto d’ora dopo. La ferita sanguinava ancora,  molto lentamente.
-Salve… il ragazzo è ferito? Tipo di incidente? -L’infermiera dell’accettazione sembrava preoccupata.
-Beh… sono caduto e…
-Colpo di arma da fuoco.


-Min! Ma che ti è saltato in mente! Faranno domande! -Il lilla era disteso sul lettino di un ambulatorio, in attesa che il medico a cui era stato assegnato il suo codice arancione arrivasse.
-Perdonami Man… non posso rischiare di perderti. Vedrai, non faranno domande… penso a tutto io.
Il lilla sospirò. -Ok… scusa. Grazie Min… mi stai salvando ancora la vita, credo.
L’arancione sorrise. -Io? Se stanotte non mi avessi buttato a terra… quella pistola era puntata contro il mio cuore. Man, sono io che la devo a te.
Manabe strinse i denti. -Non posso pensarci… non posso nemmeno pensarci. Kitama deve pagare, una volta per tutte.


Finalmente entrò un dottore in stanza. Era di mezza età, con gli occhiali e i capelli brizzolati.
-Bene bene… questa cosa non mi piace affatto. Fammi vedere… -Il medico fece togliere al lilla la giacca. -Mh… brutta! Dovevate venire prima in ospedale… ha perso abbastanza sangue. Comunque tranquilli… adesso gli metto un paio di punti, e andrà tutto a posto.
Mentre il medico prendeva l’attrezzatura Il lilla, dolorante, guardò Minaho ridendo imbarazzato.
-Ho… ho paura degli aghi!
L’arancione scoppiò a ridere. -Tranquillo Man… chiudi gli occhi e tienimi la mano.


L’operazione si concluse in cinque minuti.
-Ecco fatto ragazzo… ora sei anche disinfettato e pulito. Tienici una garza, e fra una settimana togliamo i punti, ok? Ora va tutto bene.
Minaho sospirò di sollievo. -Grazie dottore… grazie infinite.
-Aspettate a ringraziarmi. Questa è una ferita da arma da fuoco… l’ospedale è obbligato per legge a comunicarlo alla polizia. Dovete dirmi che è successo…
Il lilla strinse i denti. -Dottore… io… io non posso… ho… ho una situazione lunga da spiegare…
-Ragazzo, io posso capirti, tranquillo. Si vede lontano un miglio che siete ragazzi onesti. Solo che conosco la polizia… se non esce la verità, potrebbero anche prendersela con il tuo amico. Diranno che cerchi di coprirlo…
Manabe si alzò di scatto. -No!! Lui non c’entra!!! C’era… c’era un ladro in casa. Va bene… dirò la verità.  Il punto è che… conosciamo quel ladro. È un nostro compagno di scuola… un ragazzo difficile e violento, con alle spalle un padre molto potente. Siamo già finiti nei guai con lui in passato… era per questo che avevo paura.
Minaho sospirò. Sapeva che il problema principale era in realtà il processo di emancipazione, ma il lilla non voleva sbandierarlo ai quattro venti.
-Capisco ragazzo… capisco. Tu devi dire la verità… vedrai, prima di pranzo sarete fuori di qui, tutti e due.


Minaho e Manabe erano stati fatti accomodare in una saletta appartata, dove c’era un letto. Il lilla fu fatto stendere, e gli dissero di aspettare. Avrebbero dovuto parlare con un agente di polizia.
Inutile dire che Manabe era terrorizzato. Era proprio quello che avrebbe voluto evitare! Minaho, da parte sua, si arrovellava per trovare una soluzione ma senza successo alcuno. Cosa potevano inventarsi per evitare di peggiorare la situazione?
Ci volle quasi mezz’ora prima che un agente, sulla trentina, entrasse nella stanza. Indossava la divisa di ordinanza e portava una pistola al fianco, ben assicurata nella fondina.
-Salve ragazzi. Sono l’agente Nakata, della polizia distrettuale. I dottori mi hanno detto che avete avuto un brutto incontro con una pistola… ragazzo, sei stato fortunato. Mi hanno fatto vedere il proiettile che avete portato… è un vecchio modello di pistola. Dove diavolo l’avranno presa? Armi simili sono pericolosissime… un colpo di quelli al cuore e… ci siamo capiti.
Manabe strinse i denti. Se pensava che aveva mirato a Minaho… che gli importava del suo braccio? Aveva salvato il suo migliore amico!
-Bene… -L’agente proseguì. -Ora raccontatemi tutto, ok? Mi hanno anticipato che si tratta di un furto finito male…


In dieci minuti, Manabe aveva detto tutto, cercando di non toccare l’argomento emancipazione. Solo quando disse di non voler sporgere denuncia il poliziotto si insospettì fortemente. Ovviamente non poteva sapere la situazione del lilla… un polverone avrebbe potuto pregiudicare il suo processo!
-Mh… ma… davvero non vuoi denunciare? -L’uomo sospirò dubbioso. -Ok… ehi ragazzo, vai a prendere un panino e una tazza di latte per il tuo amico… è pallido. Ha perso molto sangue...
Minaho, confuso, obbedì all’ordine. Perché diamine non ci aveva pensato lui? Manabe invece sembrava dubbioso… qualcosa non tornava.
-Perfetto… ora siamo da soli. Ragazzo, dimmi la verità… è stato lui, vero? Magari un incidente? Oppure voleva farti del male? Forza, ora puoi dirmelo. Non è la prima volta che vedo storie simili… anche se di solito al tuo posto, sul lettino, c’è una ragazza.
Il lilla era a bocca aperta,  scandalizzato. -C…cosa? Minaho è il mio migliore amico! Lui… lui non farebbe mai una cosa del genere! Mi ha già salvato la vita una volta… non le permetto di accusarlo!
Fu in quel momento che lo vide.
L’arancione, fermo sulla porta. Aveva dimenticato il portafoglio.


-Ok. Penso che sia il caso che… che… che me ne vada via.
Minaho, con le lacrime agli occhi, appoggiò in tutta fretta un panino sul mobiletto di fianco alla porta e corse fuori, singhiozzando. Manabe era immobile, gli occhi spalancati.
-Ha… ha visto cosa ha combinato? È fragile! Questa notte per poco non ci lascia le penne per difendere me, e adesso si deve pure sentire accusato di tentato omicidio e violenza domestica?  La prego, mi deve credere! Il motivo per cui non volevo denunciare è un altro…
Il poliziotto sembrava mortificato. -Io… io… scusami… è che spesso mi capitano casi simili e… insomma…
Manabe sospirò. -Capisco… posso immaginare. Ora però… facciamo un patto,  io e lei.
L’uomo si grattò il mento, sorridendo. Forse non era molto professionale, ma qualcosa in quel ragazzo lo intrigava.-Un… patto? E… sentiamo… quale sarebbe il patto?

Manabe lo fissò seriamente, con sguardo profondo e sincero.
-Io le dico tutta la verità, e lei mi porta subito a casa da Minaho.

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Capitolo 30
*** Soluzioni in cantiere! ***


Fai ciò che è giusto, sebbene il mondo possa perire.


L’agente semplice Hideoshi Nakata,  della polizia distrettuale, pensava di averle viste ormai tutte.
Nella sua carriera, iniziata cinque anni prima, aveva assistito alle operazioni più strane e alle soluzioni più disparate,  ma di fare servizio taxi ad un ragazzo per estorcergli la verità su un caso non gli era proprio mai capitato!

-E… quindi il motivo sarebbe questo? Non vuoi sporgere denuncia per paura di compromettere il tuo processo di emancipazione?  Ok… adesso capisco. Anche tu però capirai che non sarebbe giusto lasciare quel bullo impunito. Ha compiuto reati estremamente gravi… tentato furto, e ammettendo che il colpo sia partito per errore, è comunque reato di lesioni involontarie… per non parlare del porto d’armi assente! È minorenne, ma c’è materiale per qualche bel mesetto in riformatorio, se il paparino non sborsa una cauzione bella abbondante. Poteva farti del male… capisci? O… o farlo al tuo amico.
Manabe sospirò. -Ha… ha ragione da vendere, però… se… se perdo il processo di emancipazione la… la mia vita non… insomma… le ho detto che i rapporti con i miei non sono buoni… e… e poi mi allontanerebbero da Minaho!
Il poliziotto, mentre svoltava nella via di Manabe, fece atto di riflettere con attenzione. -Senti… forse ho un’idea che ci permetterebbe di salvare capra e cavoli. Ora però siamo arrivati… ti accompagno in casa, così vi faccio firmare qualche modulo e ne parliamo, ok?
Il lilla sorrise. -Ok… e… potrebbe scusarsi con Minaho? Sarebbe carino da parte sua…
L’uomo rise. -Sei un vero delinquente! Sono la legge,  io! Comunque va bene… mi scuserò con lui. Andiamo ora…
Manabe ridacchió. -Prego… si entra da qua.


Minaho era in salotto, di spalle. Guardava la televisione, le gambe raccolte al petto. Sussultò quando sentì la porta chiudersi.
Manabe non poté non notare come la luce del mattino facesse brillare i suoi capelli e facesse apparire ancora più chiara la sua carnagione lattea. Proprio non capiva come potesse ritenersi poco attraente…
-Ehi… Min? Sono a casa... Anche l’agente Nakata è qua. Dobbiamo compilare alcuni moduli…
L’arancione tremava. Era stato colto di sorpresa, e Manabe se ne dispiaceva molto… faticava a trovare le parole.
-Ah… non parlate con me, sapete, sono sospettato di tentato omicidio.
Il lilla scosse la testa, sospirando. -Min… guarda che quelle erano solo domande di routine... come puoi pensare che qualcuno pensasse che tu… insomma! Pensi che davvero l’agente sia in dubbio? Ho spiegato tutte le cose come stavano… è tutto a posto!
Minaho bofonchiò qualcosa, ma alla fine si girò. Il lilla trovò buffissima la sua faccia leggermente offesa e il suo broncio. –Non è stata una cosa carina, sapete?


Ci fu un attimo di silenzio, poi… sia il lilla che il poliziotto scoppiarono a ridere! Inizialmente Minaho sembrava confuso e anche un po’ offeso… era serio, lui! Poi però sentì un pruritino al naso… e ridacchió a sua volta.
-Ok… scusa ragazzo. Come ti ha detto il tuo amico, sono obbligato a rispettare le procedure e a fare alcune domande scomode… comunque è evidente che tu non hai nulla a che fare con quanto successo. Il tuo amico mi ha detto tutta la verità. Quindi… scusa, ok?
L’arancione rimase perplesso un istante, quindi sospirò. -Scuse accettate… ora però ditemi… cosa pensate di fare? Man ha rischiato la vita per salvarmi!
Manabe, che in tutto ciò era rimasto dietro le spalle dell’uomo sorridendo soddisfatto, si sedette vicino al suo migliore amico. -Min… ho spiegato all’agente la nostra situazione, e ha detto di avere un’idea per salvare capra e cavoli!
L’arancione fece una faccia molto interessata. -Mh….davvero? Sarebbe fantastico! Questa situazione è già strana di per sé… ti sei fatto dare un passaggio dalla polizia! Sono pronto a tutto… ditemi pure.


Pochi minuti dopo erano tutti e tre seduti in salotto. Manabe aveva offerto un bicchiere di the all’agente, che ora si stava schierando la voce.
-Bene… questa è la mia idea. Innanzitutto non faremo denunce… credetemi, non dovrei dirlo. La legge mi obbligherebbe, però… mi state simpatici, e voglio anche credere che Kitama abbia sparato per errore. Comunque non gliela faremo passare liscia! Si dà il caso che conosca la vostra preside… una segnalazione della polizia potrebbe avere effetti… importanti. Non andrà in riformatorio, ma ci assicireremo che ricordi a lungo la punizione! Che ne dite?
Minaho rifletteva, la mano al mento. -Mh… non male. Tu che ne pensi Man? Sei stato tu il ferito…
Manabe sorrise, guardandosi il braccio fasciato. -Beh… Kitama è un idiota e un bastardo, ma penso che sia estremamente insicuro. Non deve essere facile vivere con un padre così… io ne so qualcosa. Non penso volesse davvero farci male… deve pagare, ma non possiamo rovinargli la vita. Nessuno… nessuno se lo merita.
L’arancione sorrise all’insegna dell’amico. -Man… hai ragione come sempre!
L’agente scosse la testa, sorridendo. -Mamma mia… siete più saggi di me!


Manabe non aveva mai dovuto firmare tanti fogli come quella mattina.
-Mamma mia… e questo solo per l’ospedale e la polizia! Min… pensasse avessimo fatto denuncia!  Ho la mano dolorante…
-Se aveste fatto denuncia, la pila di fogli avrebbe raggiunto almeno l’altezza del vostro libro di biologia! -Il poliziotto sorrise. -Tranquilli… sono solo formalità. Vi faccio compilare tutto perché mi avete detto della vostra situazione… non sarebbe piacevole una segnalazione al tribunale dei minori perché manca qualche foglio! Meglio abbondare… ora scusate, devo fare una chiamata in centrale.
Nakata uscì dalla porta e si diresse verso la volante.

L’arancione diede una pacca sulla spalla del suo migliore amico. -Eddai Man… cosa vuoi che sia! Vuoi un bacino sulla manina?
Il lilla arrossì come un pomodoro, attraversando varie fasi di rosso e viola. -Ehm… Min? Allarme ambiguità! Quante volte te lo devo dire…
Minaho sospirò. -Sigh… e io che volevo aiutarti! Guarda che quando finiremo su un’isola deserta, oppure dispersi sull’Himalaya, saranno le mie abilità da detective a tirarci fuori dai guai!
Il lilla sorrise sornione. -Ceeeeerto… come quando la mattina mi tiri giù dal letto perché non trovi i calzini, vero?
Adesso toccava all’arancione arrossire. -Sono solo un po’ disordinato… mica è colpa mia! Guarda che indica grande intelligenza! Ehm… genio e sregolatezza?
Manabe scosse la testa ridacchiando. -E perché no? Ma… allora perché io trovo sempre le mie cose?
-Pf… matematico di giorno, Koala di notte! Due giorni fa mi hai perfino dato un bacino! Penso che fossi convinto che io fossi il tuo orsacchiotto!
Manabe avvampò di viola acceso. -Io… io non è che volessi… oddio…

Per sua grande fortuna, in quel momento rientrava in stanza l’agente. -Ragazzi… mi hanno richiamato in centrale. A quanto pare c’è stata una rapina in centro… un negozio è stato svaligiato. Se avete finito con i documenti…
In quel momento Manabe posava la penna. -Fatto! Ora che succederà?
L’agente sorrise. Tranquilli… va tutto bene. Domattina vi farò chiamare dalla preside insieme a Kitama, e risolveremo la questione.
I due ragazzi sorrisero all’uomo. Erano preoccupati, ma non potevano mica darlo a vedere! Minaho diede una stretta alla mano del lilla, vedendolo tremare. Gli si avvicinò all’orecchio e gli sussurrò di stare tranquillo. Il lilla sorrise, un po’ in ansia.
-G… grazie, Min.


L’agente se ne era andato da un’oretta, quando il lilla si alzò dal divano dove stava guardando un film. -Ok Min… è ora di iniziare a pensare alla pappa! Cosa ti andrebbe di buono?
L’arancione, che se ne stava tranquillo davanti al computer, si girò perplesso. -Man… non esiste che tu ti metta adesso a fare da mangiare! Guarda il tuo povero braccio! Ci penso io… fidati del tuo amico!
Manabe fece per protestare, ma una fitta alla spalla lo convinse a dar ragione a Minaho. In fondo come dargli torto? E poi… la sua cucina era migliorata, no? Il lilla era certo che non ci fosse nulla da temere… a patto che la cucina non andasse a fuoco, ovvio!


-Ehila!! Man… è pronta la pappa!! Ho delle sorpresine per te…
Manabe si alzò dal divano sorridendo. Nella mezz’ora precedente, l’arancione aveva spadellato a più non posso, canticchiando  allegramente. Il lilla non sapeva proprio cosa aspettarsi!
Mentre si dirigeva in cucina, un odore non identificabile lo avvolse. Era confuso… non poteva dire fosse appetitoso, ma nemmeno nauseante… forse sarebbe riuscito a mangiare qualcosa, quella sera.
-Eccoti qua Man! Siediti pure mentre io ti faccio il piatto… per primo ho fatto un risotto con pesce e zucchine… spero ti piaccia e… ehm… sia commestibile!
Il lilla lo fissò preoccupato, sforzandosi di sorridere. Il risotto, se così lo si poteva chiamare, era verde, e questa cosa lo inquietava non poco. Chissà perché si aspettava di vedere i gamberetti fuggire dal piatto e riguadagnare l’oceano di corsa.
Prese una forchettata della mistura e la portò alla bocca… iniziando a masticarla ad occhi chiusi. Doveva ammettere con stupore e felicità che non era affatto male! -Ehi Min… sai che mi piace molto? Vedi che le apparenze ingannano? Dai… vieni qua con me e mangia anche tu!
L’arancione, che era arrossito leggermente, si sedette al fianco di Manabe. Di solito al tavolo gli stava di fronte, ma quale giorno, chissà perché, sentiva il bisogno di stargli più vicino. Forse era colpa dello spavento che avevano preso… o di qualcos’altro? Si sentiva in colpa.

-Ehi… Man… senti…
Il lilla smise per un istante di masticare e fissò l’amico sorridendo, le guance piene di cibo, facendo ridacchiare l’amico. -Dimmi Min! Qualcosa non va?
L’arancione giocherellava con i pollici, un po’ imbarazzato, lui che era sempre così sicuro di sé. -Beh… io… io mi sento un po' in colpa, Man! Ecco… l’ho detto.
Il lilla sembrava perplesso. -E di che?
Minaho sospirò. -Se… se non ti avessi trascinato dietro di me, ieri notte, non… non ti avrebbero sparato! Hai… hai rischiato di… di… per… per colpa mia! -Gli occhi del ragazzo si inumidirono.
Manabe gli mise una mano sulla spalla, fissandolo negli occhi. -Ehi… cosa dici Min? Guarda che quando è partito il colpo, Kitama era a te che puntava… tu sei così… così coraggioso! Vorrei tantissimo essere come te, sai?
L’arancione era sconvolto. -Man ma… ma che dici? Se ti avesse colpito in maniera più grave sarebbe… sarebbe stato solo colpa… colpa mia! Noi… noi dovevamo rimanere chiusi in camera… è… è stato un errore.
Manabe sospirò ancora. -Guarda Min… se avesse colpito te, come avrei fatto io? E poi sono stato io a svegliarti… non… non è stata colpa di nessuno. Anzi… tu hai molti meriti nel fatto che ora siamo qui tutti e due, a mangiare il tuo buonissimo risotto!
Minaho non trattenne un singhiozzo. Lentamente mise le braccia intorno al collo del lilla, appoggiando la testa sul suo petto. -Grazie. Grazie Man.
Il lilla sorrise, scompigliandogli i capelli. -E di che? Anzi… sento un buon profumino di pollo arrosto! Cosa mi proponi per secondo?


La cena era stata decisamente buona. Manabe era felicemente stupito.
-Min… sai che era tutto buonissimo? Sei stato bravo!
L’arancione arrossí, portando la mano dietro la nuca. -Ma… Ma che dici… non… non era niente di che! Sono… sono felice che… che ti sia piaciuto!
Manabe sorrise. Al suo migliore amico brillavano gli occhi… quando riceveva un complimento, l’arancione tornava un po’ bimbo. Manabe amava questo suo piccolo orgoglio, che non era superbia, ma qualcosa di molto più dolce!
-Senti Min… che ne pensi di un bel film? Questa sera non ho sonno…
L’arancione, tranquillizzato, si illuminò. -Ma certo!


-Mpf… a me questa storia del Vietnam non convince!  -Minaho, seduto sul divano a gambe incrociate, la mano al mento, fissava con sguardo perplesso il suo migliore amico. -La storia, secondo me, non era affatto così lineare e ovvia…
Manabe sorrise, sospirando. -Min… penso che ci sia capitato il solito polpettone americano di propaganda! Hanno ammazzato un sacco di gente… non metto in dubbio che la ragione stia nel mezzo, e che anche gli altri avessero compiuto delitti efferati, però… quelle bombe sui villaggi… che cosa triste. Vorrei che il mondo fosse diverso, a volte.
L’arancione mise la mano sulla spalla del lilla. -Man… le cose non vanno mai come dovrebbero andare al primo colpo, ma… ma si può lottare per farle cambiare. Noi lo facciamo sempre,  no?
Il lilla scoppiò a ridere.
-Oh Min… hai proprio ragione!

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Capitolo 31
*** La prima udienza ***


No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.


La mattina seguente Minaho si svegliò discretamente di buon umore.
Scese dal letto quando il sole era appena sorto e spalancò le finestre per godersi un po’ di aria fresca, rabbrividendo un poco. Era una bella mattinata di sole e gli uccellini cantavano allegramente. Si diresse verso l’armadio e prese i suoi vestiti,  quindi si diresse verso il bagno dove si fece una bella doccia. Tornato in camera indossò la biancheria e si vestì, tranquillizzato dalla sveglia. Aveva molto tempo.
Quando fu pronto chiuse la finestra ed uscì dalla stanza, dopo aver sommariamente rifatto il letto e rinunciato a provare a mettere un po’ d’ordine! -Ehm… ci penserò poi… in fondo il pavimento si vede ancora…
Fischiettando allegro si diresse in camera del lilla, dove lo trovò già sveglio ma ancora a letto.

-Ehila Min… Ciao. Mamma mia che sonno che ho… stanotte ho dormito poco per paura che qualcuno altro… ci siamo capiti.
L’arancione sospirò sorridendo. -Man… tranquillo. Non succederà più… avevamo chiuso bene porte e finestre! Piuttosto… come va il tuo braccio?
Il lilla si schiarì la voce e si tirò a sedere sul letto. -Potrebbe andare peggio… mi fa meno male di ieri. Tu? Tutto ok oggi?
L’arancione gli fece l’occhiolino sorridendo sornione. -Ma certo! Guarda qua… fresco come una rosa… ehm… arancione! Piuttosto… devo cambiarti la medicazione Man. Spero che non ti dispiaccia…
Il lilla scoppiò a ridere. -E perché dovrebbe dispiacermi?

Minaho arrossì, portando la mano dietro la nuca. -Beh… devi spogliarti e… devo toccarti… ecco… non so…
Manabe rise ancora più forte, scuotendo la testa. -Oh Min… e pensi che mi vergogni a farmi vedere da te a torso nudo? E da quando? Viviamo insieme da mesi… quante volte ci siamo visti in mutande? Per quanto riguarda il toccarmi… dormiamo insieme a volte! Cosa vuoi che sia?
Minaho, di fronte a tali argomentazioni, si rese conto della realtà dei fatti e scoppiò a ridere a sua volta. -Già… non ci avevo pensato!


-Ok Man… adesso ti i aiuto a toglierti il pigiama. Aspetta…
L’arancione, un po’ in imbarazzo, aiutò il suo amico a finire di sbottonarsi la camicia del pigiama, quindi, molto delicatamente, glielo sfilò dalle spalle. Il lilla gemette. -Ahi…
Minaho sussultò. -Man, ti ho fatto male? Oddio scusami!
Il lilla sorrise. -Tranquillo Min… sono solo i punti che tirano un po’! Va tutto bene… procedi pure.
L’arancione sorrise dolcemente. -Ok Man… temevo di averti fatto male. Aspetta… eccoci qua! Vedrai… faremo in fretta. Non voglio che tu prenda freddo, ok?
Manabe ridacchiò. -Eheheh… magari dovresti abbracciarmi per scaldarmi!
L’arancione scoppiò a ridere, dando un buffetto sulle spalle dell’amico. -Ok Man… aspetta… tolgo il cerotto.

Per fortuna il cerotto venne via facilmente. Fu allora che Minaho si immobilizzò per un istante. Il lilla era perplesso. -Ehm… Min? C’è… c’è qualcosa che non va? La ferita è brutta?
Minaho si riebbe di scatto. -Oddio… Man… stavo notando che… che… ecco…
Manabe era ancora più perplesso. -Cheeee…?
L’arancione si portò la mano dietro la nuca. -Oddio... Mi vergogno un po’ a dirlo… ecco… tu… tu sei… sei bello, Man. Sei diventato davvero bello.
Era vero. Il calcio aveva aiutato entrambi i ragazzi a sviluppare una leggera muscolatura da sportivo che risultava sulla loro pelle chiara, addirittura nivea per l’arancione. A torso nudo, con i capelli un po’ in disordine e gli occhi allegri e buoni che lo caratterizzavano, Manabe era davvero bello.
Il lilla era avvampato di rossore. -M… Min? Che… che dici? Io… io sono uno… uno un po’ sfigato e… e… ecco…
-Man, sei bellissimo.


-Bene… la ferita è pulitissima e non sembra affatto infiammata! Aspetta… prendo la pomata antibiotica.
L’arancione aveva messo mano alla borsa di farmaci che avevano ricevuto in ospedale,  estraendone un tubetto di pomata. -Che bello Man! È profumata alla fragola!
Il lilla scoppiò a ridere. -Evviva!
Minaho, sorridendo felice, mise un po’ di pomata sulle dita e iniziò a spalmarla delicatamente sulla ferita del lilla, massaggiandolo piano. -Scusa Man se fa male… e anche se devo toccarti così… non… non devi pensare male, eh!
Manabe ridacchiò sornione. -Ehi Min… tranquillo! Ne abbiamo già parlato, no? Non è nemmeno la prima volta che mi aiuti con un massaggio, se è per questo. Sei il mio migliore amico, anzi di più, sei come mio fratello! Non devi vergognarti di nulla quando sei con me, ok?
L’arancione sorrise, tranquillizzato. -Man… sei unico! Aspetta… adesso ti metto il nuovo cerotto…


Tempo cinque minuti e la medicazione era pronta.
-Ok Man… stasera rinnoviamo il tutto come hanno detto i dottori. Come va?
Il lilla sospirò. -Bene ma… questa cosa durerà ancora sei giorni, e ti farà perdere un sacco di tempo!
L’arancione si mise a ridere. -Ma che dici Man! Mi diverto a fare il medico! Tranquillo… nessun fastidio e poi… insomma… mi hai salvato. Te lo devo.
Manabe sospirò ancora, sorridendo. -Ma va… cosa avrei fatto senza di te? E ora… questo eroe vorrebbe fare la pappa! Purtroppo a scuola ci aspettano… sigh! Magari poter tornare a letto!


Minaho e Manabe fecero colazione con latte e biscotti, quindi si vestirono e uscirono di casa, diretti alla fermata dell’autobus. Era una bella mattinata nonostante il fresco, e il sole rendeva le temperature più che sopportabili anche senza bisogno di pesanti giacche.
Arrivati a scuola si sedettero al loro posto, un po’ preoccupati.
-Min… dici che… dici che il poliziotto si è ricordato di… ecco… hai capito…
Minaho sorrise all’amico, cercando di tranquillizzarlo. -Penso di sì Man… però stai tranquillo. Andrà tutto bene, e poi ci sono io qui con te, no? Non ti succederà nulla… anzi, non succederà nulla a nessuno dei due. È Kitama che deve preoccuparsi! Chissà perché non è a scuola… che sia già in presidenza?
Il lilla sospirò. -Non lo so… comunque Min, sai che… che un po’ mi fa pena? Continuo ad essere certi che non volesse sparare, e penso che debba aver vissuto questi giorni nel più assoluto terrore. Non vorrei mai vivere una situazione simile… deve essere terribile. In fondo lui non sa se ci è successo qualcosa… potrebbe essere convinto di finire in galera.
Minaho si portò la mano al mento, riflettendo. -Non… non l’avevo considerata sotto questo punto di vista. Hai ragione… fa un po’ compassione anche a me. Speriamo che venga punito pesantemente, ma, se è vero che non voleva sparare, la prigione sarebbe troppo crudele. Hai…hai visto suo padre… non deve rendergli la vita facile.


I ragazzi stavano ancora parlando quando entrò il professore di biologia, scuro in volto. Immediatamente la classe iniziò a borbottare… se era di cattivo umore avrebbe di certo interrogato!
L’uomo si sedette alla cattedra sospirando. Qualcosa doveva agitarsi molto… infatti quando il suo sguardo si posò su Minaho e Manabe, e nello specifico sulla fascia che si vedeva spuntare dal colletto della giacca del lilla, ebbe un sussulto.
Prese il registro… sembrava dovesse interrogare, ma quando aprì bocca quello che disse fu diverso.
-Minaho Kazuto, Manabe Jinichirou, vi… vi aspettano in presidenza. Mettete pure via il libro… qualcosa mi dice che quest’ora la passerete là.


Mentre Minaho e Manabe camminavano lungo i corridoi, l’arancione si accorse che l’amico tremava. Gli prese la mano, facendolo sussultare.
-Min...
-Ascoltami bene Man. Per una volta non siamo noi ad essere sul banco degli imputati… non… non ci succederà nulla, vedrai! Questa cosa la dobbiamo fare… è giusto farla. Tu stai rilassato… per qualunque cosa, io ti difendo anche a pugni se serve.
Il lilla sorrise debolmente. Minaho era sempre pronto a mettersi davanti a lui per fargli scudo… era una cosa che trovava molto dolce. -Ok Min… io sono pronto.


Parlando, i ragazzi avevano svoltato a sinistra dopo il laboratorio di informatica e quello di chimica e si erano ritrovati in un altro corridoio. Dopo venti metri, una nuova svolta verso sinistra li portò nel corridoio che costeggiava il parco interno. Dalla parete, interamente vetrata, si vedeva lo stadio della Raimon dalla parte opposta del grande giardino.
Finalmente arrivarono in fondo al corridoio, davanti alla porta della presidenza.
-Ok Man… sei pronto?
L’arancione sorrideva e tendeva la mano al lilla. Manabe prese un grosso respiro, buttò fuori lentamente l’aria e riprese a respirare normalmente, tranquillizzato.
-Prontissimo Min! Andiamo a far vedere chi siamo!


Dopo essersi guardati negli occhi per darsi sicurezza, Minaho e Manabe entrarono nella stanza più rapidamente di quanto avrebbero voluto, a causa dell’agitazione.
-Benissimo! Ragazzi, benvenuti.
Era la preside ad avere parlato con voce squillante. La donna, vestita con un elegante tailleur nero, sedeva alla scrivania nel mezzo della presidenza inondata dalla luce della prima mattina che entrava dalla parete vetrata che dava sul cortile, prolungamento di quella del corridoio. Alla sua destra, l’agente Nakata in piedi che alla vista dei ragazzi gli fece l’occhiolino, mentre davanti a lei sedeva Kitama, la schiena curva, tremante.
Minaho e Manabe erano in difficoltà, a dire il vero. Fu solo un gesto della preside accompagnato da un sorriso rassicurante a spingerli a sedersi anche loro davanti alla scrivania, cercando nel contempo di  girare alla larga da Kitama.
Il bullo, da parte sua, aveva reagito in maniera molto strana. Alla vista di Manabe, aveva sussultato in maniera palese, e per un istante il lilla aveva avuto la stranissima impressione che gli si fossero inumidito gli occhi.

Di certo era solo una pallida ombra del solito bulletto. Aveva gli occhi rossi e spaventati, la schiena curva e le mani incapaci di stare ferme. Si tormentava il colletto della giacca e aveva il respiro accellerato come chi è in preda al terrore.
Non si poteva dire che il lilla fosse molto più calmo. Sentiva di stare sudando tantissimo e aveva vampate di calore che loro facevano sentire strano. Si sentiva debole come sempre… deluso da sé stesso. Guardava Minaho… lui invece sembrava così sicuro di sé! Sedeva con i gomiti appoggiati alle ginocchia, con aria indagatrice.
-Ok… state tutti calmi. -La preside iniziò a parlare con aria solenne. -In un modo o nell’altro, non ho dubbi sul fatto che… che sappiate tutti perché siete qui.
A queste parole Manabe sussultò. Sentiva le mani inzuppate di sudore, così come la giacca. Kitama, da parte sua, ebbe una specie di tracollo nervoso e iniziò a tremare ancora più violentemente, mentre Minaho manteneva la sua calma risoluta.

-Penso che sia inutile dirvi quanto sia grave la situazione. -La donna continuò. -Vedete chi è alla mia sinistra? Questo è un poliziotto. Un poliziotto, capite? In questa scuola, mai era successo qualcosa di così grave come oggi... Mai! E mai… mai un nostro studente aveva commesso un reato di questo tipo!
Kitama ora era al limite di una crisi nervosa. Tremava, si mangiava le unghie tormentandosi le mani fino a farle sanguinare, respirava ansimando e guardava fisso nel vuoto.

L’agente Nakata prese la parola. -La a vostra preside ha ragione. Quello che è successo non è uno scherzo! Non è un gioco! Qualcuno poteva rimanere ferito gravemente, o peggio… è una fortuna che nessuno si sia fatto troppo male!
-Perché… perché… chi… chi si è fatto male? -Kitama aveva parlato con un filo di voce, il cuore in gola.
L’agente sospirò. -Un colpo di pistola ha rischiato di ferire gravemente Manabe, e gli ha provocato un profondo taglio al braccio sinistro che ha richiesto cure d’ospedale.
A queste parole Kitama si piegò su sé stesso come se avesse una fitta allo stomaco, mettendo le mani tra i capelli. -Io… io non…
La preside si alzò in piedi. -Kitama, ora parla. Sei stato tu ad entrare in casa di questi ragazzi e a sparare un colpo? Basta scherzi.

Calò una cortina di silenzio. Manabe si sentiva zuppo di sudore. Sussultò quando una mano gli si posò sulla spalla.
-M…Min…
L’arancione fece l’occhiolino al suo migliore amico.
-Man… stai tranquillo. Io sono qui con te.

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Capitolo 32
*** Il poliziotto buono ***


In tempi di decadenza, la giustizia smaschera, non giudica.


Nella stanza un silenzio assoluto.
Manabe aveva perso il conto dei secondi. Dieci… venti… perché nessuno parlava? La pressione dello sguardo della preside era intollerabile.
Minaho era il solo ad aver mantenuto apparentemente la calma. Osservava il tutto con sguardo indagatore, la mano a sostenere il mento. La realtà era che anche lui era nel panico, ma voleva essere forte per tranquillizzare il lilla. Guardò l’agente negli occhi, quindi la preside. Nessuno sembrava voler fare la mossa successiva.

Kitama era come rotto, spezzato. Mai, nella sua vita, aveva avuto un tale terrore di essere punito, di andare in prigione. In lui un terribile orgoglio lottava contro l’angoscia. Un misto di sensazioni nuove, che non aveva mai provato prima, a dire il vero. Era abituato ad incutere paura, non a subirla.
La preside prese la parola con tono più acuto. -Kitama! Insomma! Se non parli, finirà male!
Il ragazzo continuava a tacere, ma ora tremava terribilmente. Si potevano sentire i denti sbattere l'uno contro l’altro, ed era in un bagno di sudore, gli occhi di animale preso in trappola iniettati di sangue. Qualcosa in lui si ribellava, voleva spaccare tutto, voleva fare del male, l’unica cosa che sapesse fare bene, l’unica cosa che lo facesse sentire importante.
-Kitama. -L’agente prese la parola. -Sai che se non parli dovremo prendere provvedimenti, vero?
Il tremore aumentò, e con lui la respirazione che accellerò ulteriormente. Manabe iniziava a provare davvero molta pietà, nonostante tutto. Nemmeno Minaho poteva rimanere indifferente, a giudicare dal leggero rossore che gli imporporava la pelle nivea.

-Per favore… non così… -Manabe stringeva i denti. Fu uno sguardo della preside, rassicurante e deciso insieme, a fargli cenno di non parlare.
-Sai che se non parli… -La donna riprese la parola, alzandosi in piedi. -… se non parli l’agente Nakata dovrà portarti via. Subito. Inizierà un’indagine, e andrai in prigione per mesi, con quello che è successo. Verrai espulso da scuola, e tuo padre…
-No!!! Mio padre no!!! Lui no!! -Il bullo crollò di colpo. Era stato un grido animalesco, disperato e pieno di paura. -Vi scongiuro! Io non… non volevo fargli male! Non volevo!!! La pistola è di papà… io non la so usare! Il colpo è partito! Vi… vi imploro!!! Volevo solo fare un dispetto… volevo solo spaventarli!!! Vi supplico, tutto ma non mio padre!!
Il ragazzo esplose in un pianto irrefrenabile. Sembrava così debole ora… si gettò a terra con la testa tra le mani, urlando.


L’agente sospirò, mentre la preside guardava severamente la scena. Il più sconvolto era Manabe. Non poteva evitarlo… provava tantissima compassione per colui che si era dimostrato solo un ragazzo fragile, senza più la sua aria di paura e rispetto finto. Anche Minaho era in difficoltà a trattenersi dal parlare.
Manabe si trovò ad agire senza pensare. In un secondo era in piedi, quello dopo appoggiato su un ginocchio, di fianco a Kitama. Minaho fece per slanciarsi verso di lui, per coprirlo e proteggerlo, ma la preside lo bloccò con un gesto.

-Ehi… ascoltami. Lo so che non volevi farci del male.
Il lilla aveva parlato piano, con dolcezza. Nemmeno lui sapeva cosa lo avesse spinto… era quel forte senso di protezione che scattava in lui quando vedeva qualcuno soffrire. Si rese conto dell’assurdità della situazione… quello era Kitama!
Il ragazzo sollevò per un istante la testa, sconvolto dai singhiozzi, e fissò i suoi occhi pieni di paura in quelli buoni di Manabe. -T…tu… tu vuoi prendermi in giro! Vuoi… vuoi umiliarmi ora che… che sono debole e… -riprese a piangere come una fontana.
Manabe sospirò. -Io… io semplicemente so cosa sei. So cosa significa non avere un’infanzia, perché qualcuno te la porta via, e quando te ne rendi conto è troppo tardi… se ne è già andata… per sempre. Io posso capirti, perché ho passato le stesse cose. Tu odi gli altri perché non sai cosa significhi, non odiare.

A queste parole, il giovane si scosse tutto. -Tu… tu non sai nulla di me! Nulla!
-Oh… io so tanto invece! So, perché vedo i tuoi occhi. Leggi dentro di te, per una volta! Leggi…  dentro di te… -Ora era il lilla a star per cedere all’emozione.
-Kitama… ascoltalo. Parla ora, e forse potremo fare qualcosa per aiutarti! -La preside ora parlava con voce più dolce.
Kitama non resisteva più. Provò a concentrare il suo orgoglio e la sua rabbia, ma dentro di sé trovò solo solitudine. Non poteva andare oltre.
-Io… io… sono stato… sono stato io! -Esplose in un pianto ancora più violento. -Volevo… volevo spaventarli perché… perché tutti li prendono in giro e… e loro non… non reagiscono mai e… e io sono così solo!! Loro sono… sono sempre insieme e… e io li invidio tanto! Nessuno… nessuno mi… mi vuole bene! Sono… sono un mostro! Quella era la pistola di papà… io non so sparare! Non… non la so nemmeno tenere in mano! Ho… ho avuto così paura di averli uccisi… così paura!

Minaho ebbe una stretta al cuore. Adesso capiva il perché del comportamento di Manabe… quel ragazzo stava male, anzi malissimo!
-Potevi ucciderli. Sai quanto sia grave questa cosa? -L’agente Nakata era serio, imponente.
-Io… io non volevo! Vorrei… vorrei solo morire io e smettere di essere così infelice!! Ora… ora non… non so… -Così dicendo, crollò ai piedi di Manabe abbracciandogli le gambe. -Ti… ti prego! Perdonami… io non… non volevi farvi male! Ti… ti giuro che… che… non volevo farvi male!
Manabe era sconvolto. Quello proprio non se lo aspettava. Anche Minaho era nel pallone.
-Io… io cosa… cosa posso dire… lo… lo so. Ti credo… ti credo.

Il ragazzo fissò i suoi occhi in quelli del lilla, con uno sguardo pieno di sofferenza e riconoscenza. Qualcosa era scattato… la preside lo capì subito.
-Kitama,, alzati in piedi. Abbiamo una notizia per te. Devi sapere che Minaho e Manabe hanno deciso di non denunciarti.
Kitama trasalì, confuso e sofferente. -C…cosa? Non… non vogliono…
-No, non ti hanno denunciato e non ti denunceranno. Quello o che è successo ti serva di lezione. Devi cambiare, una volta per sempre. Se non lo farai, a partire da subito, non ti permetterò mai più di mettere piede in questa scuola.
Il ragazzo era sconvolto. Tremava, e non riusciva a parlare. Guardò Minaho, poi Manabe, quindi… si buttò a piangere tra le braccia del lilla, preso completamente di sorpresa.
-Ma… Ma… Ma che…
Minaho era nel panico.  Stava per tirare un cazzotto a Kitama, quando si rese conto che non stava affatto cercando di aggredire Manabe… voleva solo essere consolato. Una situazione ai limiti del surreale.
Il lilla, da parte sua, non sapeva affatto cosa fare. Quello che nemmeno due giorni prima li aveva minacciato con una pistola, ora gli stava inzuppando la maglietta di lacrime, piangendo disperato come un bambino. E ora che doveva fare?

Ehm… ehi? Senti… non… non serve piangere… possiamo… possiamo parlare di… di come sistemare alcune cose se… se vuoi…
Il ragazzo prese a piangere ancora più forte. -Voi mi… mi… mi potevate fare andare in prigione e… e invece… e io… io ho rischiato di… di uccidervi! La…la notte del fatto ho… ho avuto così paura di… io non volevo!  Non volevo!! E voi non… non mi mandate neanche in prigione perché… perché…
Kitama su mangiava le parole, e la confusione era tanta. Manabe sospirò. Non seppe come, né perché, ma si trovò ad accarezzare delicatamente i capelli di Kitama che continuava a piangere. -Ehi… non mi hai ucciso, hai visto? È solo un taglio… niente di grave. Lo so che non volevi… non piangere. Vorrei solo che la… che la smettessi di prendermi… di prendermi in giro, e di litigare sempre con… con Minaho, ecco. Io… io non ho mai avuto nulla contro di te… mai.
Kitama alzò gli occhi lucidi e fissò Manabe. Fece per allungare la mano, ma crollò di nuovo in lacrime. Era una scena molto difficile da sostenere anche per Minaho, che ora era proprio commosso.
-Io… io… io sono stupido e cattivo! Papà ha ragione… non… non sarò mai nessuno, e faccio schifo come persona… papà… papà ha ragione! Mi… mi fate essere così invidioso… voi… voi siete amici! Io… io ho solo persone che… che hanno paura di me… nessuno… nessuno che mi voglia bene per… per quello che sono! Vi… vi ho fatto così male solo… solo per la mia inutile invidia! Inutile come me.

Ecco, adesso Minaho e Manabe erano proprio senza parole. L’arancione non poté non ridacchiare alla vista dell’espressione da pesce lesso del suo migliore amico.
-Io… noi… ecco… perché… perché non hai provato a parlare con qualcuno? Non… non potevamo sapere che… insomma…
Minaho, sorridendo, decise di intervenire. Non poteva lasciare sulle spalle del lilla tutta la situazione, no?
-Ascolta, Kitama. Oggi abbiamo capito molte cose che non sapevamo. Ti va di mettere a tutto una pietra sopra? Ma proprio a tutto tutto… e far ripartire le cose tra noi due e te da zero, ok?
Il ragazzo sussultò. -Ma… Ma voi volete davvero… davvero perdonarmi? Non… non vi darò più fastidio, lo giuro! Non… non darò più fastidio a nessuno senza motivo…
Minaho sorrise, seguito a ruota da Manabe. -Vieni… dacci la mano.
Kitama aveva paura. Si alzò lentamente e, un po’ titubante, si avvicinò ai ragazzi. Un po’ spaventato, allungò la mano verso Minaho, che la afferrò.
-Senti… ecco… scusa per quando ho fatto la spia. E scusa anche per… per tutto quello che ho fatto a Manabe.
L’arancione sospirò, sorridendo. -E tu scusami per averti picchiato.

Il ragazzo rimase per un attimo sconvolto. -Tu… tu ti scusi con me?
Minaho si portò la mano dietro alla nuca. -È… è giusto così.
Kitama sorrise debolmente, quindi si avvicinò a Manabe. Teneva il capo basso e tremava un po’.
-Ecco… ehm…senti… scusami per quando ti ho ferito la mano e… e… e per tutte le volte che ti ho umiliato e… e per averti sparato e… e ferito e… -Gli occhi gli si inumidirono di nuovo. Manabe sospirò e scosse la testa sorridendo.
-Ehi… tutto ok. Perdonato… perdonato. Sono felice di averti come amico, ora.
-A… amico? -Kitama spalancò gli occhi. -Che… che volete dire?
Fu Minaho a rispondere. -Beh… siamo amici ora, no? Cosa ti aspettavi? Non… non vuoi esserlo?
Anche Manabe sorrideva. Kitama invece era davvero sconvolto. Lentamente gli si riempirono gli occhi di lacrime, finché non riprese a piangere, tra le braccia di Manabe.


-Perfetto… mi sembra che si sia risolto tutto per il meglio! -La preside sorrideva. -Penso che il suo aiuto non sia più richiesto, agente Nakata!
Il poliziotto sorrise chinando il capo. -Mai stato più lieto di potermi ritirare, signora! Felice che tutto si sia risolto per il meglio, ma bada… che non senta più il tuo nome, Kitama! La prossima volta non ci sarà tolleranza, né comprensione.
Il ragazzo, tremando, annuì. Non aveva ancora lasciato la maglietta di Manabe, ormai inzuppata delle sue lacrime. -Non… non sentirete più parlare di me! Lo giuro! Ora… ora sono una persona diversa.
-Splendido. Credimi… sei tu quello che ha più da guadagnarne. -La preside sorrise.


-Ehi Man… chi poteva aspettarsi una cosa così?
Mentre camminavano nel corridoio diretti verso la loro classe, Minaho e Manabe parlavano accanitamente. L’arancione era addirittura entusiasta!
Il lilla sospirò, sorridendo. -Io… io non lo avrei mai immaginato! Min… chi l’avrebbe mai detto?
-Già… dietro alle sue cattiverie c’era qualcosa di grave. Pensi… pensi che abbiamo fatto bene a perdonarlo?
Il lilla sospirò ancora. -Perdonare è sempre la scelta giusta. E poi… chi meglio di noi può sapere come ci si sente, quando si è soli?
L’arancione annuì. -Hai ragione, Man. Abbiamo fatto decisamente la scelta giusta.


I ragazzi imboccarono il corridoio della loro classe, parlando a raffica. Fu a metà strada che sentirono una mano poggiarsi sulla spalla.
-Ehi…
Minaho e Manabe si girarono di scatto.
-K…Kitama? Cosa…
-Grazie.


Le lezioni furono devastanti.
Interrogazioni e compiti in classe non mancavano mai a novembre, ma quell’anno veramente si stava passando il limite. Tre in una sola mattina!
Inutile dire che il clima della classe era infuocato, e questo non faceva che peggiorare le opinioni che i compagni avevano di Minaho e Manabe. Erano praticamente gli unici a prendere solo voti altissimi, attirando ancora più odio.
-Ehi! Femminucce! Oggi non avete ancora preso nemmeno un dieci! Siete malati? Ah già… voi siete malati! State insieme, non è vero? Deviati!
Manabe sussultò. Sapeva che nessuno di loro aveva idea del fatto che gli piacessero veramente i ragazzi e che volevano solo offendere lui e Minaho, ma quelle frasi lo facevano soffrire terribilmente. Ecco perché non poteva aspettarsi quello che stava per succedere!

-Quindi? Perché non vi date un bacino qui, davanti a tutti?
Minaho era già in piedi, i pugni stretti. -Sparisci e lascialo stare, oppure…
-Kato! Fuori dai piedi immediatamente, oppure ti farò pentire di essere nato! Da oggi in poi, loro due non si toccano, mi hai capito?
Il ragazzino spalancò gli occhi. -Ma… Kitama…
-MI HAI CAPITO? -Il ragazzo urlò, afferrando per il colletto il piccoletto. -Da oggi in poi, chi li dovesse toccare farà i conti con me, e fossi in voi… starei molto attento.

Il ragazzino, terrorizzato, sparì tra le bancate. Tutti quelli che avevano assistito alla scena sparirono tornando alle proprie attività… in preda al panico. Nessuno avrebbe più dimenticato quanto visto!
Minaho era a bocca aperta, Manabe sconvolto.
-K…Kitama…
Il ragazzo, gonfiando il petto, sorrise mostrando i denti mancanti.

-Nessuno vi farà più male.

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Capitolo 33
*** Visita con sorpresa ***


Le sale d’attesa degli ospedali non indicano prudentemente che cosa dobbiamo attenderci.


Seduto sul divano,  un po’, anzi molto confuso, Minaho rifletteva, la testa fra le mani.

Mentre Manabe preparava il pranzo canticchiando, l’arancione si era preso qualche minuto per riflettere. Aveva troppi pensieri… quanti problemi in quegli ultimi giorni! Innanzitutto il meningioma di Rex per cui soffriva in modo incredibile, ma anche le medicazioni di Manabe, il suo articolo rubato sul quale aspettavano ancora notizie dallo zio del lilla, il processo, il torneo nazionale…
Sospirò, scuotendo la testa e prendendosela tra le mani. Era angosciato.
-Ehi? Min? Ti piacciono così tanto quei calzini, da fissarli così intensamente? Se vuoi posso regalartene qualche altro paio!

Il lilla, sorridendo, entrò in salotto con un vassoio pieno di cibo apparentemente delizioso. L’arancione sorrise debolmente mentre il lilla si sedeva vicino a lui a gambe incrociate e vi poggiava sopra il tutto.
-Ehi… -Il lilla prese la mano dell’amico. -Tranquillo. Risolveremo tutto, un pezzo alla volta.
Minaho emise un piccolo gemito. -Io… io lo spero però… però…
-Però hai paura… ti capisco. Ne ho tanta anche io! Però penso che dobbiamo lottare! Le abbiamo sempre superate tutte, e se siamo insieme, continueremo a farlo.
Il lilla fece l’occhiolino all’arancione, che sorrise un po’ rassicurato.


Per pranzo Manabe si era superato, a parere dell’arancione.
Aveva preparato pasta al sugo di pomodoro, polpettine di pesce, patatine fritte e crostata all’arancia per dessert, impiegando in tutto non più di un ‘ora… Minaho era sbalordito.
-Man ma… ma l’hai tirata fuori dal cappello?
Il lilla ridacchiò imbarazzato. -Beh… dopo quello che è successo prima a scuola ero un po’ agitato, e così ho pensato di preparare qualcosa di speciale… non è stato poi così difficile!
-Sigh… per me lo sarebbe… anzi,  sarebbe proprio impossibile! -Minaho si portò la mano al mento, incrociando le gambe sul divano. -Mh… dal colore e dal profumo, insieme al tempo di preparazione, deduco che… marmellata all’arancio! La mia preferita!
Manabe sorrise sornione. -Primo… è anche la mia preferita! Secondo… come diavolo hai fatto a capirlo subito?
Minaho scoppiò a ridere. -Beh… la marmellata all’arancio è più liquida delle altre. La torta, più umida, deve cuocere di più perché sia bella morbida… e tu ci hai messo esattamente cinque minuti e ventisette secondi in più del solito, oggi!
Manabe spalancò la bocca. -O… o mio Dio! Min… sei fuori dal comune!


Dopo pranzo, Minaho e Manabe erano così stanchi che crollarono addormentati sul divano. Dormirono una buona oretta, e quando si svegliarono si erano fatte le tre.
Il lilla si stiracchiò sbadigliando  -Ok Min… senti… se… se vogliamo andare a trovare Rex, tra mezz’ora è orario di visite in ospedale…
L’arancione sospirò. -Sì… sì… penso sia la cosa migliore da fare. Mi… mi manca tanto, Man…
Il lilla si sedette vicino all’amico. -Lo so… manca tanto anche a me. Vedrai, sarà felice di vederci!
Minaho sforzò un debole sorriso. -Hai ragione… e poi… poi è giusto. Non possiamo lasciarlo da solo.
Manabe sorrise abbracciando il suo amico. -Oh Min… sei così forte! Vorrei essere come te!
L’arancione arrossì vivamente. -M…Man! Guarda che tu sei molto più forte di me! Sei sempre tu a tirarmi fuori dai guai, in un modo o nell’altro! E poi non ti si può resistere, con quel musetto da cucciolo!
Manabe divenne indaco. -C…che cosa?? Minaho Kazuto! Fila a metterti le scarpe prima che ti tiri addosso il computer!! Ma guarda che brigante…
Minaho scoppiò a ridere, correndo a nascondersi in camera sua. -Prova a prendermi se ci riesci, caro mio! E… già che ci sei… guarda che hai i pantaloni al contrario!
Manabe se possibile divenne ancora più rosso di prima. -Ma è tutto stamattina che… che li ho addosso! Dirmelo prima?
Dalla camera del lilla provenne quella che sembrava la voce del suo migliore amico sconvolto dalle risate. -Eri così dolcioso!


Il tragitto fino all’ospedale fu breve, grazie all’arrivo provvidenziale di un autobus in orario.
Mentre si teneva stretto ad una delle sbarre di sostegno, Manabe ridacchiò vedendo il suo amico alle prese con una ragazza impertinente che gli aveva platealmente sfiorato il didietro.
-Ma… Ma insomma! Le distanze non si tengono più, suo mezzi pubblici?
-Scusami… non l’ho fatto apposta! È che sei così carino… VICINO! Volevo dire vicino!!



Arrivati in ospedale, Minaho e Manabe andarono dritti al nono piano, dove, nel reparto di oncologia pediatrica, si trovava la stanza di Rex. Il reparto aveva i soliti colori e il solito odore... un misto di gioia e tristezza.
Arrivati davanti alla Camera numero 15, trovarono Natsumi intenta a parlare con un dottore, visibilmente stanca. Quando li vide li salutò sorridendo debolmente.
-Ehi ragazzi! Venite… oggi sta un po’ meglio, sapete? Mi chiede sempre di voi… sarà felice di vedervi!
Minaho sospirò di sollievo, mentre il lilla sorrideva. -Bene… possiamo entrare da lui?
Il dottore sorrise. -Ma certo! State solo attenti a non toccare i farmaci… quelle pasticche sono tutte uguali!

Minaho e Manabe non se lo fecero ripetere. Inchinandosi ringraziarono Natsumi e il dottore, quindi si fondarono nella stanza! Rex era sul letto, la schiena sollevata, intento a leggere un fumetto.
I due ragazzi si avvicinarono di soppiatto, quindi si buttarono all’unisono sul letto. Rex saltò per lo spavento, quindi atterrò in mezzo a Minaho e Manabe. Quando li vide, gli si illuminarono gli occhi.
-Fratelloni! Siete… siete venuti!! Mi siete mancati così tanto!
-Lo sappiamo… -L’arancione abbracciò il bambino. -Anche tu ci sei mancato tantissimo… sono successe così tante cose! Saremmo voluti venire prima…
Il piccolo sorrise. -Non importa! Ora siete qui… è così bello che siate qui! Vi voglio tanto bene!
Manabe aveva gli occhi lucidi. -Anche… anche noi Rex, anche noi.


Mentre Minaho e Manabe chiacchieravano con Rex, Natsumi rientrò nella stanza. -Ragazzi… vi va di venire qualche minuto qua? Ho alcune cose da dirvi…
Minaho e Manabe si guardarono annuendo. Fu il lilla a parlare. -Certo… certo. Veniamo subito. -Sì rivolse al bambino. -Ehi Rex… aspettaci qua, ok? Due minuti e siamo da te. Intanto se vuoi… che ne dici se ti lascio un regalino?
Manabe tirò fuori dalla tasca un pacchetto e lo porse al piccolo, che lo aprì subito felice. Ne saltò fuori una bellissima macchinina di latta, robusta e colorata. Il bambino era entusiasta, e Minaho senza parole. -M…Man! Ma quando hai… come… oddio!
Il lilla si portò la mano dietro la nuca, arrossendo. -Beh… quando… quando, prima di prendere L’autobus, siamo passati in cartoleria per comprare dei quaderni nuovi l’ho vista vicino alla cassa e… ecco… a me, da piccolo, sarebbe piaciuta una macchinina così!
Minaho scoppiò a ridere. -Anche a me, Man! Oddio… ma quanto sei dolce!
Il lilla, inutile dirlo, si trovò di nuovo color fragola.


Usciti dalla stanza, Minaho e Manabe si avviarono con Natsumi verso le sedie di una delle tante piccole aree ristoro. Si sedettero e si guardarono.
-Ragazzi… -Natsumi iniziò a parlare. -Sono contenta che siate venuti! Rex voleva tanto vedervi…
-Anche noi sentivamo tanto la sua mancanza! -Minaho aveva gli occhi lucidi. -Ma… cosa… cosa ha detto il dottore? Come… come sta? Guarirà, vero? Vero che guarirà?
Manabe gli prese dolcemente la mano, mente Natsumi sospirava. -Ecco… le cose non sono affatto semplici. Da alcuni giorni i dottori hanno iniziato a sottoporre Rex a chemioterapia. Oggi aspettiamo gli esiti… è… è importante perché… scopriremo se possono operarlo per… per salvarlo.
Minaho ebbe un sussulto, prontamente percepito da Manabe che aumentò dolcemente la presa sulla sua mano. Fu lui a parlare. -Ma… Ma quando avremo gli esiti?
Natsumi scosse la testa. -Fra… fra un paio d’ore… o forse più. Di sicuro prima di cena. Il problema è che sono due giorni che non torno a casa… Endou, da solo, sarà in grande difficoltà! Non so proprio come…
Fu Minaho a saltare in piedi.  -Natsumi… vai un po’ a casa! Ci rimaniamo io e Man con Rex!
Manabe annuì. -Sì! Min ha ragione… ci pensiamo noi!
Natsumi era confusa. -Voi... Voi davvero…
I due ragazzi sorrisero, e risposero quasi all’unisono.
-Certamente!


-Man… ho… ho fatto un pasticcio. Non ricordavo che tu oggi devi andare al lavoro… ti… ti ho messo in difficoltà!
Manabe sorrise. -Tranquillo… facciamo così. Adesso mando un messaggio a Matatagi… gli dico la verità, e gli chiedo di cambiare oggi con domani. Non penso ci siano problemi…
Minaho era commosso. -Io… io non ho parole…
Manabe sorrise. -Tranquillo Min…

La verità era che nemmeno il lilla aveva molta voglia di andare al lavoro. Avrebbe dovuto rivedere Matatagi… e non sapeva se fosse pronto a farlo. In fondo si erano baciati… significava qualcosa? Si sentiva così in ansia…
Decise di non pensarci, e dopo aver ricevuto risposta positiva al suo messaggio rientrò nella camera di Rex, dove già Minaho si era sistemato.
-Ehi Rex… fammi spazio! Fortuna che quel letto è grande… in tre ci stiamo comodamente!
Così dicendo Manabe si sistemò alla destra del piccolo, dal lato opposto rispetto a Minaho. Il bambino era entusiasta di avere con sé i suoi due fratelloni.
-Man… Min si comporta bene a casa, adesso che io non ci sono?
-Ehi! -L’arancione fece finta di essere offeso. -Io sono sempre bravo!
Manabe scoppiò a ridere. -Ma certo… Min fa il bravo perché sa che altrimenti non gli preparo il pranzo! E credimi… lui ci tiene alla sua pancia!
Il bambino sorrise sospirando. -Sigh… anche io vorrei mangiare le cose che fai tu, fratellone! Qui in ospedale mi danno solo spaghetti di plastica e fettine di pollo dure come suole! Ho una fame…
Negli occhi di Minaho balenò una scintilla furbesca. Manabe lo guardò perplesso.
-Min… non starai pensando di…
-Aspettatemi! Torno in un secondo!


Dieci minuti dopo Minaho era di ritorno. L’arancione aveva fatto una corsa fino al bar, e se ne era tornato con un enorme bombolone alla crema. Manabe non credeva di averne mai visto uno più grosso!
-Ecco qua… Rex, pappati questo! Li hanno appena portati… è ancora bello caldo!
Mentre L’arancione dava la pasta al bambino, il lilla lo prese da parte un po’ accigliato.
-Min… non sappiamo che farmaci prende… non so se…
-Fratelloni! È buonissimo! Prendetene un pezzo!
Manabe si voltò e vide il bambino tutto sporco di crema. Guardò in faccia Minaho, quindi… scoppiarono tutti e tre a ridere!


Il pomeriggio passò bene, senza angoscia, anzi, in un clima felice e rilassato.
Rex era allegro, e questo faceva allegri anche i due ragazzi. Quando alla fine si fece ora di cena, si stupurono che Natsumi non fosse ancora tornata.
-Man… a casa di Endou ci saranno stati problemi? Non vorrei che…
In quel momento un medico entrava in stanza. -Signora Endou, ho i referti di suo… oh! Voi siete gli amici del bambino? La signora Natsumi non c’è?
Manabe si alzò in piedi. -È andata a casa…
Il medico sospirò. -Capisco… la aspetteremo.
Minaho si alzò a sua volta, in ansia. -Dottore… potreste… potreste dirci come sta?
-Beh… -Il dottore era perplesso. -Non potrei, però… siete con la ragazza… in fondo vi ha autorizzato… e va bene. Venite fuori però… parleremo in corridoio.

Minaho sorrise a Rex, dicendogli che sarebbe tornato in un minuto, quindi guardò Manabe.
-Man… sono… sono un po' preoccupato!

Il lilla sorrise, sforzandosi di sembrare tranquillo. -Min… stai vicino a me. Andrà tutto bene, vedrai… te lo prometto!

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Capitolo 34
*** Rivelazione ***


Un uomo è tanto più rispettabile quante più sono le cose di cui si vergogna.


Il sole del tramonto, caldo e luminoso, entrava dalla grande parete vetrata del corridoio del nono piano dell’ospedale. La città ne era letteralmente inondata.
Il dottore camminava svelto, seguito da Minaho e Manabe che provavano ad interpretare le sue movenze ed i suoi gesti. L’arancione soprattutto era nel panico. -Man… ho… ho paura di piangere.
Il lilla sorrise dolcemente all’insegna dell’amico. -Min… è normale. Succede anche a me… però pensa! Potremmo anche avere delle belle notizie, no? Magari qualcosa di inaspettato… magari saranno bellissime notizie!
Minaho sospirò sorridendo, un po’ rassicurato. Pian piano erano arrivati alla stessa area ristoro dove poche ore prima avevano incontrato Natsumi. Il dottore si fermò e si sedette, facendo cenno ai ragazzi di fare altrettanto.

-Ok… non so i vostri nomi, però!
Manabe, protettivo come sempre, rispose per entrambi. -Io sono Manabe Jinichirou, e lui è il mio migliore amico Minaho Kazuto!
L’arancione sorrise. Trovava dolcissimo che Manabe non dimenticasse mai di sottolineare che era il suo migliore amico.
-Bene! Piacere ragazzi! Io sono il dottor Kobayashi, oncologo. Ho qui gli esiti degli esami successivi alla prima settimana di cura del bambino… tranquilli, ci sono alcune buone notizie. Piccole, ma ci sono.
Minaho ebbe un sussulto, così come Manabe. -D… davvero? -L’arancione era in ansia. -Ci dica tutto dottore, presto!
Manabe sorrise scuotendo la testa. -Tranquillo Min… il dottore ci dirà tutto! Rilassati…
L’arancione sospirò. -Ok… ok, scusatemi. Adesso sono tranquillo.

Il dottore sorrise. -Non ti preoccupare… l’ansia è normale. Anzi, adesso ti faccio portare qualcosa di rilassante. -Così dicendo il medico fece un cenno ad un’infermiera. La donna si avvicinò e scambiò due parole con il dottore, quindi prese una scatola da un armadietto e la porse al medico.
-Ok… prendi. È una compressa di erbe… camomilla e valeriana. La diamo ai famigliari dei pazienti prima delle operazioni… funziona, credimi.
Minaho sorrise debolmente e prese la pasticca dalle mani del medico. La mise in bocca e, con l’aiuto di un bicchiere d’acqua portato dall’infermiera, la buttò giù.
Il medico sorrise. -Bene… vedrai, ti farà stare meglio. Certo che gli vuoi proprio bene a quel bambino! È una cosa… una cosa bella. Comunque… dicevamo. Dalle analisi risulta che la massa ha smesso di crescere. È una grande notizia… il problema è che rimane in un punto molto difficile da operare. I miei colleghi ed io abbiamo deciso di provarci comunque… ma serve l’autorizzazione dei genitori adottivi. L’intervento è pericoloso… molto pericoloso, ma se non operiamo…

-Non lo dica! La prego…
Minaho aveva avuto un sussulto. Anche Manabe aveva fatto cenno al medico di non andare oltre. Avevano capito il senso… sentirlo dire a parole sarebbe stato troppo da sopportare. Il dottore riprese.
-Dunque… dobbiamo aspettare domani. A quel punto, se i genitori saranno d’accordo, opereremo.


Finita la conversazione, il medico era tornato al lavoro mentre Minaho e Manabe erano rientrati in camera da Rex.
-Fratelloni… ci avete messo tanto! Ho un po’ di mal di testa…
Minaho sbiancò. -M…mal di testa? Manabe! Oddio dobbiamo chiamare il dottore… subito!
Manabe gli fece cenno di parlare piano. -Min… tranquillo. È tutto sotto controllo. Ricordi cosa ha detto il dottore prima di salutarci? Nausea e mal di testa sono normali… sono segno che i farmaci stanno lottando contro la malattia! Non è male… anzi!
L’arancione sospirò. -Hai… hai ragione. Scusami… scusami Man… è… è che…
Manabe sorrise dolcemente. -Lo so Min… lo so.


Natsumi arrivò mezz’ora dopo, e fu subito informata. Andò immediatamente a parlare con il medico, che le spiegò le difficoltà e i rischi dell’intervento. Rientrando in stanza sembrava molto provata.
-Ragazzi… adesso potete andare… ci penso io a Rex. Vi ringrazio molto per oggi pomeriggio.
Minaho e Manabe sorrisero. Mentre il lilla faceva l’occhiolino a Rex, l’arancione si assicurava che non ci fosse nulla ancora da fare.
-Ok… Natsumi, è stato un piacere. Torneremo domani… ok Rex?
Il bambino sorrise sospirando. -È così noioso stare qui… ho voglia di venire a casa con voi!
Manabe scoppiò a ridere dolcemente.  -Presto… presto, promesso.


L’autobus era molto più vuoto alla sera. Minaho e Manabe avevano anche trovato posto per sedersi! Un mezzo miracolo.
-Ehi Min… sei un po’ più tranquillo adesso?
L’arancione spalancò gli occhi. -Tranquillo? Come diavolo faccio a essere tranquillo sapendo che devono operarlo e potrebbe morire? -Si morse la lingua… aveva alzato la voce.
Manabe abbassò gli occhi. -Ok… scusa… scusami. Lo… lo dicevo solo per… per te…
Minaho sospirò, arrossendo. -No… scusa tu. Non volevo alzare la voce. Guarda… la nostra fermata! Ti va se questa sera preparo io la cena?
Manabe sorrise. -Guarda che non mi sono offeso così tanto da avere istinti suicidi!
Minaho scoppiò a ridere e fece il finto offeso. -Ehi! Qualcosa contro i miei bastoncini di pesce?
Manabe si portò la mano al mento imitando il suo migliore amico. -Perché, era pesce?
Si fissarono negli occhi qualche secondo… prima di scoppiare a ridere di gusto!


-Prima o poi dovremo deciderci a comprare un fornellino elettrico nuovo!
Minaho, un cacciavite in mano, stava lottando da un quarto d’ora contro l’elettrodomestico infingardo che, da qualche settimana a quella parte, faticava ad accendersi. Manabe, che osservava la scena ridacchiando, si era assicurato che la spina fosse staccata… il suo migliore amico era un genio, ma spesso preso dalla foga di investigare dimenticava quelle cose fondamentali.
-Min ma… perché non facciamo un bel piatto di pasta? Non preoccuparti per quell’aggeggio…
L’arancione alzò gli occhi dal fornellino e si scostò un ciuffo dagli occhi. -Man… tu non capisci! È una legge di natura! L’uomo deve prevalere sulla macchina! Devo dominare questa creatura del maligno che ti ostini a chiamare fornellino!
Manabe rise. -E… perché dovresti?
Minaho lo fissò perplesso. -Come… non si vede? Beh.. -E cosí dicendo iniziò a contare sulle dita. -Sono più intelligente, più furbo, più figo… moooolto più figo e… decisamente più umano?
Il lilla scoppiò a ridere. -Mi inchino all’evidenza! Fornellino… chi sei tu per mettere in dubbio il genio di quel figone del mio migliore amico? Guarda che il gufetto poi si offende!!
Minaho scoppiò a ridere a sua volta. -Noto una punta di sarcasmo nella tua voce, amico mio… guarda che scendo e ti faccio il solletico!
Manabe sorrise sornione. -Mh… come l’ultima volta? Se non ricordo male quello finito sul pavimento tutto sudato e ridacchiante eri tu!
Minaho sospirò. -Sigh… sono solo sfortunato! Bello e sfortunato!


Dopo mezz’ora di gentili proteste, per così dire, il fornellino elettrico si decise a partire, con grande gioia di Minaho e di Manabe, che oramai avevano una fame clamorosa.
Poco dopo, seduti al tavolo, mangiavano di gusto del semplice petto di pollo, accompagnato da insalata al tonno e maionese.
-Ammettilo Man… non è poi così terribile!
L’arancione masticò con gusto una forchettata di insalata. Il lilla ridacchiò. -Beh… non è male, lo ammetto! Ehi… aspetta.
Manabe prese un fazzoletto di carta e dolcemente, lo passò sulle labbra di Minaho, che arrossì leggermente. -Man… ma… ma che fai?
Il lilla arrossì a sua volta. -Sc…scusa… eri… eri sporco di maionese… e… ecco…
Minaho sorrise. -Mh… quanto sei premuroso! Posso chiamarti mamma?
Il lilla spalancò la bocca. -C..Cosa?
Minaho lo guardò sornione. -Vieni qui mamma… ho voglia di un abbraccio!
Detto fatto. L’arancione si lanciò sul suo migliore amico e in pochi istanti si ritrovarono sul tappeto, ridendo felici.


-Finalmente il letto… non sai quanto aspettassi questo momento!
Minaho si infilò sotto alle coperte sorridendo. Manabe era in piedi vicino a lui. -Min… è stata una giornata dura.
-Già… notte Man, allora…e per qualunque cosa sono qua! -Minaho fece per spegnere la lampada sul comodino. Manabe però sembrava strano… esitava ad uscire dalla stanza e giocherellava con le dita. Minaho si accorse subito che qualcosa non andava.
-Ehi… Man. Qualcosa non va, vero?
Il lilla sospirò. -È una stupidaggine. Niente… niente di che.
L’arancione si tiró a sedere sul letto e mise la mano sulla spalla di Manabe. -Man… vieni qui e dimmi cosa non va. Anzi… infilati sotto alle coperte. Puoi dormire con me!

Manabe sorrise debolmente e si infilò nel letto, un po’ imbarazzato. -Ecco… Min… hai… hai presente Matatagi, vero?
Minaho sospirò. -Certo… certo. Mi… mi ha lasciato una sensazione strana, il giorno che me lo hai presentato. Qualcosa di… di oscuro in lui. Certamente però mi sbaglierò! Anzi… sono sicuro che sia una splendida persona.
Manabe iniziò a tremare leggermente. Minaho lo strinse. -Ehiehi… Man, ma stai piangendo? Non… non farmi preoccupare!
Il lilla singhiozzava. -M…Min… io… la… la sera che hanno cercato di rapinarmi… io… dopo… dopo averlo portato in ospedale… io l’ho… l’ho…
Minaho era nel panico. -Man! Mi spaventi… dimmi tutto… non preoccuparti!
Manabe proseguì in lacrime. -Io… io l’ho baciato!! L’ho baciato, Min… non so cosa mi sia preso! Non… non so nemmeno se lui mi piace veramente! È… è stato impossibile frenarmi!! Io… io… -Scoppiò a piangere ancora più forte.

Minaho rimase per qualche istante senza parole. Quello proprio non se lo aspettava! Ci mise poco a riprendersi però… non poteva permettersi debolezze, Manabe aveva bisogno del suo sostegno.
-Ehi… Man… guarda che è una cosa bella! Se… se gli vuoi bene, dico… è una cosa bella! Tranquillo se… se qualcosa dentro di te ancora non torna. Vedrai che pian piano… rivedendolo… tutto diventerà chiaro!
Manabe smise di piangere e tirò su col naso, fissando negli occhi il suo migliore amico. -Tu… tu dici? Sono… sono così confuso!
Minaho sorrise dolcemente. -Ma certo… andrà tutto a posto, Man. Riposa ora… domani vedremo come affrontare anche questa, ok?
Il lilla sorrise debolmente. -Ok… ok. Min… insomma…
L’arancione fece l’occhiolino al suo migliore amico. -Sì?
-Min… grazie.


-Sorgi e splendi, cucciolo di panda! C’è il sole, cantano gli uccellini, la colazione è pronta e Minaho Kazuto è più figo del solito!
L’arancione, a quattro zampe, saltellava felice sul letto del suo migliore amico. Manabe aprì gli occhi, assonnato.
-Mh… gufetto figo, se mi stai tutto addosso come faccio ad alzarmi?
Minaho rimase per un istante perplesso. -Ottima argomentazione. Panda uno, gufetto zero. Ok… mi sposto… ma tu sbrigati che perdiamo l’autobus!
Manabe scoppiò a ridere. Si alzò a sedere, si stiracchiò e scostò le coperte, quindi scese dal letto tutto allegro. -Ok… vado a lavarmi. Che si mangia di buono?
Minaho sorrise sornione. -Torta alla crema… l’ho fatta questa mattina! Mi sono alzato alle sei apposta…
Manabe sorrise dolcemente. -Non era necessario Min… potevi riposare di più se volevi…
-Man, per te è sempre necessario! E poi vuoi mettere la torta con le merendine confezionate? Sono anche riuscito a non incendiarla! È un miracolo!
-Beh… -Il lilla sorrise. -Se la cucina non è andata a fuoco, è un buon segno! Andiamo a papparci la tua buonissima torta!


Manabe aveva ragione. La torta era davvero buona.
Se ne mangiarono metà mentre verificavano che le borse per la scuola e quelle per gli allenamenti fossero pronte. Il lilla aveva davanti a sé anche il lavoro quel pomeriggio.
-Ok… maglietta, pantaloncini, calzini, deodorante, asciugamano… c’è tutto, no?
Minaho sorrise. -C’è tutto. Ehi… prima degli allenamenti ti va se andiamo a mangiare un panino? È da un sacco che non pranziamo fuori!
Manabe si bloccò mentre gli si illuminavano gli occhi. -Ma è una splendida idea! Poi dopo gli allenamenti devo anche andare al lavoro… -Il lilla sembrò agitarsi un poco.
Minaho sospirò. -Man… ehi. Tranquillo… verrò con te, ok?

Il lilla sorrise dolcemente. -D…davvero?
L’arancione lo guardò sornione. -Ma certo! Anzi… dopo il lavoro, ti porto in un posto speciale!

Manabe sorrise ancora. Sapeva che quando il suo migliore amico faceva quella faccia… qualcosa di bello bolliva in pentola!

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Capitolo 35
*** Due indizi fanno una prova? ***


Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.



Mentre si sforzava di finire un complesso tema in inglese per il giorno successivo, (sapeva che la sua interrogazione era solo in sospeso!) Minaho rifletteva, pensando a Manabe.
Non aveva voluto farlo preoccupare o deluderlo, però Matatagi non gli trasmetteva proprio niente di positivo. Lo sentiva freddo, metallico… falso, e lui raramente si sbagliava sul conto delle persone che esaminava.
C’era qualcosa in lui… qualcosa di irrisolto, di non detto. Una forza che premeva per uscire con violenza, e il pensiero che potesse uscire in presenza del suo migliore amico lo terrorizzava. Manabe era off limits per i complessi altrui… ne aveva già abbastanza senza bisogno di venire coinvolto in quelli degli altri. Non sopportava il pensiero che finisse in mezzo a qualcosa di brutto… tutti i suoi nervi erano pronti a scattare, i suoi occhi erano pronti a vedere e… i suoi pugni pronti a fare giustizia sommaria di chiunque si azzardasse a fare soffrire il lilla. Del resto lo aveva già fatto in passato… perché non riprovarci se fosse stato necessario? Lui era pronto a tutto.
Sospirò e si rimise a scrivere. -Man… sono pronto a correre da te. Fammi solo uno squillo e io ti difenderò dal mondo intero, se serve!


Manabe era colpito. Il locale era lo stesso di sempre.
Chissà perché qualcosa in lui lo aveva immaginato diverso… come poteva essere lo stesso, dopo quello che era successo? Il mondo doveva essere cambiato! Eppure… eppure non era così.
Si stupì di non vedere subito Matatagi, ma ne fu anche sollevato. Corse in cucina e si mise la divisa, quindi si chinò per allacciarsi le scarpe di vernice.
Una mano sulla spalla. -Ehi Man…
Il lilla, il cuore in gola, alzò gli occhi. -M…Matatagi…
Il moro, sorridendo sornione come suo solito, gli fece l’occhiolino. -Va tutto bene? Ho sentito che non è stato un periodo facile per te e Minaho…
Manabe si sentiva tremare. -Beh… ecco… in… in effetti…
Il moro lo interruppe sorridendo radioso. -Vedrai che tutto si risolverà! Ora… ci mettiamo al lavoro? Nonno mi tiene il fiato sul collo!


Manabe era confuso.
Matatagi non aveva fatto cenno al loro bacio… perché? Perché lo ignorava mentre lui si sentiva tanto in ansia? Quasi… quasi lo faceva arrabbiare, quella cosa.
Come se non bastasse, quel giorno il locale straripava di gente e il lilla era costretto a correre da una parte all’altra senza un attimo di pace. Gioca con i bambini, servi ai tavoli, porta gli ordini in cucina… un incubo, e come se non bastasse lo sguardo di Matatagi non lo abbandonava un istante.
Perché non parlava? Perché lo guardava solo? Si divertiva a vederlo in agitazione? Non se la sentiva di dirgli nulla? Il lilla non sapeva cosa fosse peggio tra le due ipotesi.
Si fermò un istante a riprendere fiato, sconvolto. Non ne poteva più di correre, e le scarpe gli stavano distruggendo i piedi. Mentre si appoggiava al bancone, pronto a scattare di nuovo per prendere altri ordini, sentì di nuovo la mano di Matatagi sulla spalla e sobbalzò.
-Man… va tutto bene? Tranquillo… anche io ho fatto fatica ad abituarmi all’inizio, e so benissimo che queste scarpe fanno un male tremendo. Senti… vai in cucina e prenditi cinque minuti. Se serve ti copro io.
Il lilla fu di nuovo preso di sorpresa. Riuscì solo a fissare il blu, arrivando a balbettare -G…grazie sei… sei nel gentile… -quindi si diresse in cucina, con le guance più rosse di quanto avesse voluto.


La cucina era vuota. Mancava ancora un paio d’ore all’arrivo del personale della cena.
Manabe si sedette su una sedia e si slacciò le scarpe, togliendosele con un sospiro di sollievo. Tutto desiderava tranne che gli tornasse la contrattura che lo aveva costretto ad una non piacevole seduta dal fisioterapista.
Matatagi lo mandava proprio ai matti… perché diavolo fingeva che non fosse successo nulla? Iniziò a massaggiarsi lentamente i piedi, cercando di essere il più delicato possibile. I muscoli erano troppo rigidi perché non fosse preoccupato. Perlomeno il dolore non lo faceva pensare ai suoi problemi con il blu… poteva andare peggio.
-Ehi Man, fa così male?
-Dannazione, di nuovo lui! -Pensò il lilla mentre il blu entrava nella sala slacciandosi il grembiule. -Beh… niente di che, credo… ho… ho avuto problemi muscolari in passato e sai, gioco a calcio… devo stare attento agli arti inferiori, oppure addio campionato! -Sì sforzò di sorridere.
Matatagi sorrise sornione. -Sportivo, eh? Beh… anche io faccio sport! Atletica leggera… è… è bello. Comunque così non risolverai nulla...
-Senti... io... adesso non è questo il problema... quello di cui... di cui vorrei parlarti...
-Manabe, il bacio. Lo so.
Il lilla rimase per un secondo come paralizzato. -Lo… lo sai…
Il blu sorrise. -Taci. -E lo baciò ancora.


Manabe tornò a casa confuso e felice. Era incredibile… era ancora più pieno di dubbi, eppure il cielo sembrava più azzurro, ora.
Dopo il secondo bacio Matatagi era scappato dalla cucina a piedi nudi, le scarpe in mano
Il turno del lilla era finito e, uscendo, lo aveva visto salutarlo un po’ imbarazzato. Cosa significava? Oramai… oramai sembrava definitivo. Si piacevano. Allontanandosi di corsa dal locale, manabe si rese conto di qjando fosse bollente l'asfalto su cui stava correndo a piedi nudi.
-Ahh...ahhh... b... brucia!! A... acqua... ACQUA!!! Ahi!hui! Ahi!! Ahihai!!!
Saltellando, fece una rapida deviazione verso il fiume, si gettò a sedere sull'argine e immerse i piedi nudi in acqua con un sospiro di sollievo.
-Ahh.... ahhhhh.... AHHHHHHHHHH.... che sollievo.... fiuuuuu... appena in tempo.
Mentre le sue piante dei piedi si raffreddavano sfrigolando, Manabe rifletteva. Proprio non sapeva che fare… in fondo la situazione era quella che desiderava, ma era sicuro di desiderata davvero? Impossibile dirlo. Guardò un piccolo pesce nuotare tra i suoi piedi immersi nel fiume. Si controllò dita e piante dei piedi, che erano arrrossate ma sembravano salve. Ora voleva solo tornare a casa… a rifugiarsi da Minaho.


Il lilla notò subito qualcosa di strano. Appena entrato in casa, non fece in tempo a togliere le scarpe che aveva visto un foglietto arancione attaccato alla porta. Lo prese tra le mani curioso. Minaho non era nei paraggi… non rispose quando lo chiamò.
Un po’ preoccupato, aprì il foglietto e vide la calligrafia di Minaho, bella e nervosa, ma nel contempo sicura.

“Il Sole all’ampio cielo
stellato il passo cede,
un giovane arancione
sospira, sogna e siede…
qualcosa in quel cervello
s’accende allegro e brilla.
Se vuoi seguirmi insegui,
guizzante, la scintilla.”


Manabe era perplesso. Aggrottò le ciglia divertito… cosa stava tremando il suo migliore amico?
Iniziò a ritirarsi tra le mani il foglietto. Era una caccia al tesoro? Si mise a riflettere… -Il luogo dove guizza la scintilla… - proprio non capiva. Non avevano caminetti in casa…
Fu allora che ebbe l’illuminazione. -Il forno!
Si precipitó in cucina travolgendo una pila di libri, sempre più divertito, e spalancò il forno. Ancora profumava di torta… vide subito il bigliettino, incastrato sul fondo. Lo prese e lo aprì ridacchiando.

“La luce del tramonto
A casa mi conduce,
ma già figuro l’alba
e sogno un’altra luce…
Al mio risveglio infatti
Mi specchio nei tuoi occhi.
Ora cerca, presto,
nel paese dei balocchi!”.


Ok. Manabe era proprio perplesso. Paese dei balocchi? Pensò di guardare tra le confezioni dei videogiochi mischiate ai Dvd sotto la TV… ma nulla. Cosa intendeva il suo amico?
Salì le scale entrando in camera sua. Doveva riflettere… si sedette sul letto, facendo roteare lo sguardo.
-Eccolo! Oddio!
Era stato un attimo. Il suo orsacchiotto! Lo temeva sulla mensola vicino al letto… e tra le zampe reggeva un foglietto.
Il lilla, ridendo, lo afferrò dando un bacio all’orsetto. Aprì il foglietto.
-Se qui tu sei arrivato
Meriti il mio rispetto.
Ascolta,  amico mio
Ciò che il cuore ha detto.
Se vuoi trovarmi infine
e guadagnarti il rancio,
accorri in fretta dove
ogni mattina mi rubi l’arancio!”


-Ecco… ora stiamo andando sul criptico! -Esclamò Manabe, certo che il suo migliore amico fosse nascosto molto vicino. -Fammi pensare… arancio… marmellata! No… in cucina ho controllato… e poi non puoi infilarti nel mobiletto vicino al frigo, no? Allora… ci sono! Lo shampoo! Tutte le mattine te ne rubo un po’… è buonissimo!
Manabe, sicuro, corse in bagno e afferrò lo sportello del box doccia. Dietro vedeva un’ombra familiare… lo spalancò.
-Ehila! Man, come va?
Minaho era in piedi nella doccia, con un bellissimo sorriso in faccia.
-M…Min! Come ti è venuta in mente la caccia al tesoro? È stato come tornare bambino… bellissimo!
L’arancione arrossì. -Beh… mi sono impegnato molto sulle poesie…
Manabe sorrise. -Erano bellissime Min. Ti voglio davvero bene, sai?


Per cena, come premio, si erano concessi una pizza. Ora se la stavano gustando allegri, chiacchierando.
-Allora Man… come è andata al lavoro?
Il lilla arrossì, ma sorrideva.
-Ecco Min… ho molte cose da raccontarti, sai?



Angolino ritardatario da fare scandalo:

Buonsalve a todos! Eccomi qua... scusate il mese di ritardo... sono ancora fra voi! In queste settimane, oltre agli impegni scolastici, mi sono messo a lavorare ad un altro progetto... una long corale, con molti personaggi tratti dalle varie stagioni e di ambientazione azione-horror-drammatica. Siccome il mese prossimo è pieno di impegni e di prove d'esame, ho pensato di scrivere qualche capitolo sia di quella che di questa long, così da poter continuare a pubblicare a scadenze regolari fino a che a giugno non potrò riprendere i miei soliti ritmi di scrittura... ecco spiegato il perchè del ritardo!

Scusate ancora e grazie a tutti voi!

Il vostro strambo ROW99

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Capitolo 36
*** Qualche piccola confessione ***


La gioia più grande è quella che non era attesa.


Manabe raccontò per filo e per segno quanto successo in giornata al lavoro. Inizialmente Minaho si preoccupò più per la condizione muscolare dell’amico che per altro (-Man! Abbiamo la partita!) ma poi, tranquillizzato, iniziò a ragionare a sua volta sulla situazione.
-Ecco… Min… io sono così confuso! Non so se… ho… ho una strana sensazione.
L’arancione si portò la mano al mento, interessato. Non poteva resistere ad una bella indagine! -Mh… sensazione? Dimmi tutto Man.
Manabe sospirò, sorridendo debolmente. -Beh… fisicamente… fisicamente so che mi piace. Mi… mi attira molto, ecco. Il punto è che… che…
Minaho sorrise dolcemente. -Che non sai se lo ami davvero.

Il lilla spalancò gli occhi. -G… già… come lo hai capito?
L’arancione sorrise sornione, mettendo una mano sulla spalla dell’amico. -Man… sei un libro aperto per me. Comunque tranquillo… non devi sentirti sotto pressione. Datevi tempo… qualunque cosa succeda, lo sai che io ti proteggo.
Manabe sorrise. -Grazie Min… devo… devo fare bene chiarezza dentro di me, credo. Fra due giorni ne sapremo di più… cercherò di parlargli meglio. Piuttosto… si sa nulla da Endou? Oggi non dovevano comunicargli i risultati degli esami di Rex? Forse potranno… potranno operarlo, no?
Minaho si portò la mano dietro la nuca, sospirando. -È arrivato un messaggio poco prima che tu rientrassi a casa dal lavoro…
Immediatamente il lilla si alzò in piedi, aggrappandosi al bordo del tavolo. -Davvero? Min… presto, dimmi tutto!
L’arancione sorrise sornione. -Autorizzano l’operazione. Sarà tra tre giorni, sabato.
Manabe sorrise. -Beh… è una buona notizia, no? Lo cureranno!
Minaho rimase in silenzio per un istante, fissando il suo amico. Gli occhi gli si riempirono di lacrime. -Io… io lo spero. Se… se non dovesse farcela come… come...
Il lilla lo abbracciò di colpo, stringendolo a sé. -Non succederà Min. Ne sono più che sicuro. Non succederà nulla di male, vedrai.


Alla fine della cena Minaho e Manabe si sedettero sul divano, davanti alla TV. Quella sera era in programma un bel film d’azione,  ed entrambi avevano molto bisogno di svagarsi un po’.
-Telecomando? Pronto! Patatine? Pronte! Manabe sul divano? Pronto, panda più che mai!
Il lilla arrossì di colpo, guardando il suo amico. -M…Min? Da quando mi consideri un peluche da tenere stretto davanti alla TV?
L’arancione sorrise sornione. -Tu non sei “un” peluche…
Manabe sorrise imbarazzato. -Ecco… ora va meglio!
Minaho scoppiò a ridere. -Tu sei il mio peluche!
Manabe avvampò di rossore. -M…Min? Che stai… ehi!
In meno di un secondo un fulmine arancione, partito da chissà dove a velocità quasi supersonica e atterrato vicino al lilla, aveva iniziato a fargli il solletico. Manabe, ridendo, si dimenticò per un istante di tutti i suoi problemi.


-Man... ehi? Man?
Minaho, in piedi davanti al suo amico, lo scuoteva delicatamente. Il lilla si era addormentato sul divano.
-M…Min? Che…
Manabe aveva aperto gli occhi per un istante, quindi era sprofondato di nuovo nel mondo dei sogni. Minaho sbuffò buffamente, ma in realtà lo trovava dolcissimo quando dormiva.
-Mpf… ho già capito… tutte a me toccano! Aspetta…
L’arancione, sforzandosi di essere il più delicato possibile, fece scivolare un braccio sotto le gambe del suo migliore amico e l’altro intorno alle sue spalle. Lentamente lo sollevò, stringendoselo al petto. Era davvero un grosso sforzo visto che il lilla e l’arancione, oltre ad essere alti uguali, pesavano circa allo stesso modo.
--M…Man… guarda che lo… lo faccio per te! Speriamo di non rotolare sul tappeto…

Lentamente Minaho portò l’amico su per le scale, fino in camera. Fu allora che gli si presentò un grosso problema. Manabe, ordinato come sempre, aveva rifatto il letto. Non poteva abbassare le coperte per farlo stendere senza appoggiarlo a terra, ma così si sarebbe svegliato… come diavolo poteva fare?
La risposta era ovvia. Minaho, sospirando e sorridendo, si diresse verso camera sua… dove, ovviamente, regnava il caos. Con il piede destro calciò via un paio di scarpe, spostò con la spalla l’anta aperta del suo guardaroba a muro, quindi adagiò il suo amico sul letto.
-Man… visto che bravo? Rifare il letto…ehm… non ho mai imparato bene, sai?
Il lilla borbottò qualcosa nel sonno, sorridendo. Minaho si sciolse come neve al sole. Ridacchiando rimboccò le coperte al suo amico, quindi si stese sul tappeto.
-Notte Man… riposati, che ne hai bisogno.


Furono gli uccellini a fare da sveglia a Manabe. Era una giornata ancora più bella della precedente.
Appena aperti gli occhi, oltre ad una bellissima sensazione di riposo e freschezza, avvertì qualcos’altro di strano. Perché tutto profumava di arancio? E… perché la finestra era dal lato sbagliato?
-Bene sveglio Man! Come va?
Manabe fece un salto sul letto. Alla sua sinistra era apparsa, ad altezza letto, le testa del suo migliore amico con tanto di ciuffetti ribelli!
-Min! Ma… Ma che ci fai a terra?
L’arancione scoppiò a ridere. -Guardati intorno… come il caos ti avrà fatto notare, this is my bedroom! Ieri sera ti sei appisolato sul divano, e così…
-E cosí hai pensato di approfittarne per rapirmi! -Il lilla scoppiò a ridere di gusto.
-Ehi! Guarda che ho dormito per terra, pur di lasciarti il mio letto! -Minaho fece una faccia buffamente offesa, incrociando le braccia.
Manabe sospirò. -Min… ma perché non sei venuto a letto con me? Se ci stringiamo ci stiamo… lo sai.
L’arancione arrossì un poco, portando la mano dietro la nuca. -Beh… dici… dici sempre che… che non dobbiamo essere ambigui e… insomma…

Il lilla portò le gambe fuori dal letto, quindi si sedette sul tappeto di fianco al suo migliore amico. -Ehiehiehi Min… guarda che era per ridere! Dopo che abbiamo… ecco… condiviso il fatto che ci piacciono i ragazzi. Era più che altro per me… avevo tanta paura che tu… che tu pensassi che ci provavo con te, ecco.
Minaho rise dolcemente. -Tranquillo Min… ti vedo in mutande tutti i giorni e non ti sono ancora saltato sulle piume, no? Tra fratelli non si fa!
Manabe prima arrossì, ma poi si lasciò andare ad una risata allegra. -Guarda che anche io ti vedo in mutande, e quelle con i gattini sono davvero carine, sai?
Ora era il turno di Minaho di arrossire come un peperone. -Ehi! Mi piacciono i gattini, ok? Non c’è niente di male se ad un ragazzo piacciono i gattini, o sbaglio? Ehm… sbaglio?
Manabe abbracciò stretto il suo amico. -Piacciono anche a me.


-Ehi Man… se non stai fermo come faccio a medicarti?
L’arancione, con un cerotto stretto tra i denti e un tubetto di pomata nella mano sinistra, era seduto davanti al suo migliore amico, che come ogni mattina subiva storicamente la medicazione al braccio.
-Scusa Min… è che hai le mani gelate!
L’arancione fece come per scusarsi e si soffiò sulle mani, cercando di scaldarle.
-Comunque va molto bene… la ferita è chiusa e non vedo tracce di infezione. Per fortuna anche questa cosa sembra essersi risolta…
Manabe sospirò. -Grazie a Dio… nemmeno questa volta porterai fiori sulla mia tomba, Min.
L’arancione ebbe un sussulto. Si immobilizzò un istante, stringendo i denti.
-Man… lo so che non lo fai apposta ma… potresti non dire più questa cosa? Già… già mi… mi fa male pensare che… che papà e mamma stanno dietro una lastra di marmo da… da tanti anni e io non… non posso abbracciarli più, capisci? Non… non voglio nemmeno pensare che… che tu possa… quando hai avuto l’infarto io… io ho pensato che avrei avuto… avuto una tomba in più da… da visitare e… e…
Minaho era andato un po’ in confusione. Era qualcosa che gli succedeva spesso quando era agitato per qualcosa che riguardasse Manabe. Il lilla lo fissò intensamente, prendendogli il viso tra le mani.
-Min… scusa, ok? Non lo dico più, promesso. Stiamo tutti e due bene e siamo qui, no? Lo hai detto tu che il braccio sta bene…
L’arancione prese fiato, calmandosi. -Scusa… scusa tu Man. Ho esagerato, vero? Perché sono così debole…
-Tu non sei debole! Sai quanto siamo importanti l’uno per l’altro… nemmeno io posso pensare di stare anche solo un giorno senza di te. Mettiamo una pietra sopra a questa cosa, ok? Il mio cuore è a posto ora! Senti qua…

Manabe, sorridendo, prese la mano dell’arancione e se la appoggiò sul petto. Il ragazzo arrossì di colpo… Fu rassicurato dal battito robusto dell’amico, ma la sensazione della sua pelle sotto le dita, e il fatto di stargli toccando il petto in quella maniera lo imbarazzarono un po’. Ci voleva il sorriso allegro di Manabe per tranquillizzarlo.
-Grazie Man… sai sempre cosa fare per migliorarmi l’umore.  Ora però rivestiti, presto! Prima che le ragazze del quartiere inizino ad inseguiti urlando e sbavando!
Manabe scoppiò a ridere di gusto. -Min… sempre simpatico, tu!


-Che ne dici… dopo gli allenamenti mandiamo un messaggio a tuo zio? Vorrei sapere se ci sono aggiornamenti sul tuo articolo… quello che ti hanno rubato.
Mentre camminavano verso la fermata del bus per andare a scuola, Minaho e Manabe chiacchieravano come sempre. L’arancione aveva pensato molto prima di fare quella proposta… non voleva mettere il suo amico in agitazione. Per fortuna il sorriso allegro di Manabe lo tranquillizzò subito.
-E perché no? Anzi… facciamo un salto da lui! Potremmo mangiare qualcosa fuori e dopo andare direttamente a casa sua… dovremmo metterci non più di un’oretta… saremo di ritorno in tempo per gli allenamenti così! Che ne dici?
Minaho si portò una mano al mento, sorridendo. -Direi che… esaminati pro e contro… è una splendida idea, Man. Il problema sarà superare queste traumatiche cinque ore…
Manabe sospirò, ridacchiando. -Ohiohi! Sentite il grande Minaho Kazuto lamentarsi della scuola! Il mondo va alla rovescia! Divenni andremo a finire?
Minaho sorrise sornione. -Manabe? Inizia a scappare.


Raramente Minaho sbagliava una previsione. Le cinque ore di scuola furono un dramma, visto la mole di interrogazioni che intasava i programmi scolastici prima delle vacanze di Natale. Infatti, mentre ci si avviava a finire novembre, la maggior parte dei professori non aveva ancora abbastanza voti.
-Odio inglese… lo odio! -Minaho si mise le mani tra i capelli. Due ore di quella materia per lui erano troppe. -E dire che è la lingua di Scotland Yard… mamma mia… sarebbe il mio sogno lavorare con loro!
Manabe scoppiò a ridere. -E perché no? Solo che così dovremmo trasferirci entrambi a Londra… non pensare che io rimanga qui da solo mentre tu gozzovigli tra scene del crimine e gang varie!
Minaho rise a sua volta. -Ehi… io non ci vado a Londra senza di te. Io non… non vado da nessuna parte senza di te, sappilo.
Manabe rimase colpito. Nel tono del suo migliore amico c’era una dolcezza diversa dal solito… ancora più profonda.
-Io… grazie, Min. Lo stesso vale per me.


Usciti finalmente da scuola, Minaho e Manabe andarono a farsi un panino nello stesso locale che avevano già provato, quindi si diressero in centro verso casa dello zio del lilla, passando dal parco.
La temperatura era fredda, ma non tirava vento e tutto sommato il sole rendeva comunque allegro il clima. I bambini giocavano a pallone infagottati nei giubbotti, mentre alcune signore anziane portavano a spasso i loro cagnolini.
Usciti dal parco il centro città li avvolse con la sua vita pulsante e gioiosa. I locali erano pieni per il pranzo, e i dipendenti in pausa, in giacca e cravatta, camminavano per strada chiacchierando e leggendo il giornale. Coinvolti dal clima, i due ragazzi accellerarono il passo e, in pochi minuti, si trovarono davanti alla cancellata della villa dello zio di Manabe.

-Ok Man… speriamo di ricevere belle notizie! Entriamo?
Il lilla sorrise. -Entriamo.

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Capitolo 37
*** La partita si avvicina! ***


Talvolta, quando si è nei guai, per uscirne bisogna fare qualcosa di folle, qualcosa di così inaspettato che il nemico resta paralizzato dalla sorpresa.


Pochi secondi dopo aver suonato, Minaho e Manabe furono fatti accomodare da una cameriera nel salotto che ormai conoscevano bene.
-Il dottore arriva subito… è sulla retro a potare la siepe. Oggi il giardiniere è in ferie…
Così dicendo la ragazza, con un lieve inchino, uscì dalla stanza. Manabe sorrise imbarazzato… non si sarebbe mai abituato ad essere chiamato “signorino” e a ricevere tutti quei segni di rispetto.

-Min… ma come fa Shindou a sopportare un trattamento simile tutti i giorni? Io morirei di vergogna…
L’arancione ridacchió. -Man… tu per me sei sempre Man, il mio migliore amico, però per gli altri… per gli altri sei il figlio e il nipote di due fra gli uomini più ricchi e importanti del Giappone. Penso che anche in futuro dovrai farci l’abitudine!
Il lilla sospirò. -Già… papà… sono… sono settimane che non lo sento. Prima… prima del processo almeno… almeno mi… mi telefonavano ogni tanto, anche se lo facevano solo per controllarmi. Non credo mi vogliano più… più bene.
-Man! -L’arancione si avvicinò all’amico. -Ma che dici? Sono sicuro che non sia affatto così…
Manabe scosse lentamente la testa e continuò. -Quando… quando ero molto piccolo, ricordo che papà era buono con me… penso… penso che avesse molte speranze. Poi… poi è andata sempre peggio. Ho… ho deluso tutti… non… non ho fatto le scuole che volevano che facessi, innanzitutto. Ci avevano provato, a mandarmi in collegio… piangevo così tanto che mi hanno rimandato a casa dopo dieci giorni. Penso che sia allora che… che si è rotto qualcosa, tra me e loro. Ho… ho provato ad essere… io… io non ho mai avuto amici… ho… ho sempre fatto tutto quello che… che…

Il lilla era andato in agitazione. Minaho lo strinse forte a sé e sfoggiò il suo sorriso più radioso. -Però ci siamo potuti conoscere così , no? Ora non sei più solo… e nemmeno io. Non lo saremo più. Vedrai… con i tuoi risolveremo tutto.
Manabe sorrise debolmente, guardando negli occhi il suo amico.
-Dici… dici davvero?
Minaho sorrise sornione, battendo il palmo della mano sulla spalla del suo amico che pian piano sorrideva più intensamente fino a ridacchiare. -È una promessa!


-Come! Non avete nemmeno assaggiato i biscotti che sono sul tavolino? Forza… prendete pure! Anzi… portate a casa la scatola! Sono buoni!
Lo zio di Manabe era sceso al piano terra cinque minuti dopo. Il lilla si era illuminato quando lo aveva visto… Minaho era sempre più affascinato dal loro rapporto.
-Grazie zio… il cioccolato è uno dei punti deboli miei e di Min… come puoi immaginare.
L’uomo scoppiò a ridere. -Bene… non male, no? Comunque… cosa vi porta da me? Qualcosa non va?
-Ecco…-Il lilla cercava le parole più giuste. Per aiutarlo intervenne Minaho.
-Siamo venuti per salutarti prima degli allenamenti e per chiederti se ci sono notizie riguardo all’articolo di Man…

Manabe arrossí di colpo quando si rese conto che Minaho, volitivo come sempre, lo aveva preceduto, mentre L’uomo si sistemò gli occhiali sul naso in un gesto che lo faceva assomigliare ancora di più al nipote.
-Beh… riguardo alla vostra domanda… per ora non posso dirvi nulla. Ho messo in moto un meccanismo tutto speciale… ragazzi, credo che ci siano buone possibilità di salvare la situazione! Man… ti faremo riavere il tuo lavoro, se tutto va bene.
Manabe ebbe un lieve accenno di esplosione di gioia… mentre Minaho invece non resistette, esibendosi in una buffa mezza piroetta nel bel mezzo del salotto.
-Ma è fantastico! Man, finalmente si saprà che quella è farina del tuo sacco! Non vedo l’ora!

Il medico sorrise. -Già… sono convinto che ci riusciremo. Ora piuttosto… avete parlato di allenamenti! Allenamenti di cosa?
Il lilla si riscosse dal suo stato di gioia catatonica che aveva strappato un sorriso al suo migliore amico. -Ehi?  Ah!! Ma certo! Come abbiamo fatto a non dirtelo prima? Da… da qualche mese gioco nella Raimon… la squadra di calcio della scuola. Mi… mi ha convinto Min e…
-Ma è fantastico!! -Lo zio di Manabe strinse i pugni in un gesto di trionfo. -È da quando eri piccolo che sognavo di farti giocare con i tuoi coetanei e… e ora ti ritrovo nella squadra giovanile più famosa del paese! Oh Man… avevamo ragione a pensare che eri speciale!
Il lilla arrossì di colpo, portandosi la mano dietro alla nuca.
 -Oh, se lo sapesse tuo padre! Quando eravamo piccoli guardavamo sempre le partite! Era uno dei nostri pochi momenti felici insieme… mi ricordo l’anno in cui abbiamo vinto i campionati mondiali! Il capitano era il famoso Endou Mamoru… una leggenda! Man… un giorno potresti conoscerlo, ci pensi?

Proprio in quel momento squillò il cellulare di Minaho. L’arancione lo prese in mano, lesse ciò che era scritto sullo schermo, quindi con un sorriso sornione lo passò a Manabe.
-Man… rispondi tu!
Il lilla era perplesso. Fu solo quando lesse a sua volta il mittente della chiamata che capì, scoppiando a ridere. Passò l’indice sullo schermo per accettare la chiamata.
-Pronto! Mister Endou? Si… sono Manabe… Min è un attimo impegnato… mi dica!
Lo zio di Manabe era a bocca aperta,  la mascella sempre più vicina al pavimento. -E…E…Endou…
Minaho sorrise sornione, allegro come non mai. -Penso che tuo nipote riservi più sorprese di quanto immagini… io ne so qualcosa!


-Ehi Man… è andata bene, no?
Minaho camminava verso la scuola al fianco del suo amico. Erano usciti da casa dello zio del lilla poco prima, dopo aver salutato il ragazzo e averlo ringraziato. Ora avevano due belle ore di allenamento davanti.
Il lilla sospirò. -Benissimo, Min. Se zio dice che ce la faremo… ce la faremo, credimi. Lui è magico… è… è come te, sai?
Minaho arrossì leggermente. -Ma… ma che dici… io… io voglio solo il tuo bene e… non… non è che faccia il miracoli, in fondo…
-Tutte le volte che mi hai fatto una promessa, l’hai mantenuta a qualunque prezzo… nessuno lo aveva mai fatto per me. È uno dei motivi per cui ti voglio bene, oltre ai tuoi ciuffetti arancioni! -Così dicendo, il lilla tirò un ciuffo al suo migliore amico.
-Ehi! Che hai contro i miei ciuffi? Lo sai che il pettine è mio nemico! -Minaho scoppiò a ridere. -E ora… preparati! Solletico in arrivo!


-Forza ragazzi! Oggi allenamento speciale! -Shindou, già vestito e pronto, si affacciò nello spogliatoio urlando.
Manabe, intento a raddrizzarsi la maglietta con una mano e a infilarsi un calzino con l’altra,  si chiese come fosse possibile che Tenma non battesse ciglio mentre, come sempre, gli veniva rapinato il posto di capitano. In fondo il lilla lo sapeva… Tenma rispettava l’esperienza di Shindou.
-Ma insomma… e come diavolo… -Saltellando su un piede solo Manabe cercava di sbrogliare la mano destra dal colletto della divisa, finendo per inciampare rovinosamente. Una mano lo afferrò per le spalle, mentre un ‘altra gli bloccava la caviglia. -Attento Man… ancora due centimetri e prendevi in pieno la panca con il piede. Un dito rotto non è la cosa migliore prima di una partita come quella di domenica, no?
Minaho sorrideva alle spalle del lilla, abituato alla sua agitazione cronica in quei contesti. Manabe si raddrizzò e appoggiò i piedi a terra con un sospiro di sollievo. -Fiuu… grazie Min! Sono un po ’ confuso… troppe emozioni! Ora mi metto le scarpe… prima di fare ulteriori danni.
L’arancione scoppiò a ridere, riprendendo a sua volta a vestirsi. -Niente di grave… tranquillo! Ora… dove saranno i miei, di calzini?


L’allenamento tutto sommato era stato tranquillo. Solo una cosa turbava Manabe… la sua supertecnica combinata con Minaho, quella che non erano riusciti a terminare per la partita precedente.
Sentiva che mancava qualcosa… il più era capire cosa. Il sorriso dell’arancione lo rincuorava, ma non poteva risolvere i loro dubbi. Inutile dire che, al netto del tutto, ciò era motivo di ulteriore agitazione per il lilla, che temeva per il risultato dell’incontro di domenica.
-Min… mancano solo quattro giorni.
-Lo so Man… -L’arancione sorrise, sospirando.
-Sarei banale se dicessi che ho paura?
-Allora siamo banali in due.


Prima di rientrare negli spogliatoi, i due ragazzi furono fermati dal mister. Gli confermò che l’operazione di Rex era fissata per venerdì, due giorni dopo, immediatamente dopo pranzo. Gli allenamenti sarebbero dunque slittati a sabato, in preparazione della partita del giorno dopo.
Minaho e Manabe assicurarono che, appena finite le lezioni, si sarebbero fiondati in ospedale. L’intervento non sarebbe stato lungo, benché difficile, e volevano essere lì per quando il bambino sarebbe uscito dalla sala operatoria. Avrebbero mangiato qualcosa al bar dell’ospedale se fosse stato necessario… ma non lo avrebbero mai lasciato solo.
Dopo essersi messi d’accordo si diedero appuntamento agli allenamenti del giorno dopo, quindi Minaho e Manabe salutarono il mister e si recarono negli spogliatoi, dove una bella doccia li avrebbe aiutati a rilassarsi... nonostante cercasse di rassicurare il lilla sul successo della supertecnica, lo sforzo lo aveva distrutto e zoppicava vistosamente.


Appena arrivati a casa, tirarono un sospiro di sollievo. Erano distrutti. Minaho si lasciò cadere sul divano.
-I miei poveri piedi... sto impazzendo! Mi sembra di avere tutti i muscoli annodati...
-Forza!-Manabe si sedette sul divano. -Dammi i piedi. Adoro sciogliere i tuoi nodi muscolari!
-sono forse la tua cavia?-Minaho rise.
-Ma che dici! Sei solo un adolescente con i piedi in fiamme, a cui ora farò un buon massaggio rilassante prima che le tue dita impazziscano ed io debba sciogliertele con le pinze!
-Oook Man… credo proprio che sia tutto pronto! -Minaho, tutto allegro, saltellava nel salotto controllando Dove avesse messo il telecomando. Quel pomeriggio c’era un bel film di guerra in televisione… roba recente. Non se lo sarebbero perso per nulla al mondo.
-Ecco che arriva la pappa… -Manabe entrò nella stanza dalla cucina, portando un vassoio di tartine. -Servizio istantaneo! E ora… aspetta. -Con un gesto volitivo scostò le tende dalla grande portafinestra che dava sul cortile. -Godiamoci questa bella luce naturale… c’è tempo per chiuderci in casa! Fortuna che la televisione non ha fatto brutti scherzi…
L’arancione scoppiò a ridere. -Eccerto! L’ho sistemata io, l’ultima volta che ha fatto la furba!
-Già… -Il lilla si portò la mano alla nuca, sorridendo. -Se non avessi staccato io la spina, ti saresti anche preso la scossa… però ti voglio bene comunque, sai?
-Ah.Ah.Ah! Simpaticone! Forza… siediti qua e guardiamoci il film, prima che mi venga voglia di legarti al letto e farti il solletico!
Manabe sospirò. -Sempre così violento… a me piace la diplomazia!

L’arancione sorrise sornione. -Ehi Man… sai a cosa serve la diplomazia?
Il lilla aggrottò le sopracciglia. -Ehm… che.. che cosa intendi? A… a che dovrebbe servire?
-Beh… Man, è ovvio! Serve a diplomare tua zia, no?
Il lilla rimase per un istante perplesso… prima di scoppiare a ridere senza freni!


-Dove diavolo l’ho messo??
Manabe, in piedi davanti al divano, stava ribaltando cuscini e vassoi di cibo. Minaho, travolto dalla foga del suo migliore amico, non si raccapezzava.
-Ehm… Man? Guarda che è solo un messaggio…
Il lilla lo fissò stranito. -Min… lo sai! Quando suona il telefono mi prende l’ansia! Devo sapere chi mi scrive! Io devo! Capisci?
Minaho scoppiò a ridere. L’agitazione del suo amico era buffissima! Anche Manabe ridacchiò.
-Ooook… allora… che ne dici di guardare in tasca?
Manabe, perplesso, mise la mano nella tasca e… ne estrasse il cellulare.
-Ops!!


-Allora Man… chi è?
L’arancione sgranocchiava patatine in attesa che il film riprendesse dopo la pubblicità. Il lilla era intento a leggere il messaggio con sguardo curioso.
-È… è mio zio! Dice… dice che ha una sorpresa per noi e di andare subito da lui! Ci offre la cena…
Minaho era senza parole. -Ma… Ma che può essere? Lo abbiamo visto dopo pranzo…
Manabe si era illuminato.
-Min… io non lo so ma… ma so che se zio dice che è una bella sorpresa, lo sarà di sicuro! Che ne dici… dopo il film andiamo?

Minaho sorrise sornione.
-Ma è ovvio!

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Capitolo 38
*** Tradimento ***


«Molti di noi cercano di dare un senso alla propria vita, ma la nostra vita ha senso solo se siamo capaci di raggiungere questi tre traguardi: amare, essere amati e saper perdonare. Il resto è soltanto tempo perso»
(Joel Dicker)


Quando Minaho e Manabe uscirono di casa il sole incominciava a tramontare, tingendo di arancione le strade della città. La gente rincasava dal lavoro riempiendo le strade, mentre i locali iniziavano ad aprire i battenti in previsione di una serata di certo fruttuosa, visto il clima tutto sommato mite e l’assenza di vento.
Attraversando il parco l’arancione non poté non notare la luce negli occhi del suo migliore amico. Mettere nella stessa frase suo zio e il concetto di sorpresa lo aveva fatto illuminare. Minaho lo trovava tenerissimo, ed era raro che il suo amico, sempre maturo e posato, si lasciasse tornare un po’ bambino.
Arrivati davanti a casa dello zio del lilla vennero fatti entrare e, per la seconda volta nello stesso giorno, accomodare in salotto. Ora la luce era però diversa. Quella bianca del mattino aveva lasciato il posto ai colori tenui del tardo pomeriggio.

Come sempre lo zio del lilla li fece aspettare qualche minuto. A quanto pare aveva una visita in corso… infatti dieci minuti dopo entrò dalla porta, gettando a terra la valigetta e togliendosi la giacca. Indossava un completo nero elegante ma professionale.
-Ehila ragazzi! Ci rivediamo! Ho una sorpresa che forse vi farà piacere… ma che ne dite se ne parliamo a tavola? Questa sera siete miei ospiti!
Il lilla si illuminò. -Grazie zio! Non… non vorremmo disturbare però…
-Ma quale disturbo? Stasera non lavoro. Dai… andiamo in sala. Il tempo di lavarsi le mani e si mangia! Spero che per voi non sia troppo presto… io sono abituato a cenare alle sette perché in genere dopo cena studio…

Minaho sorrise. L’idea che lo zio del lilla studiasse come loro era strana. -Ma certo! Anche noi ceniamo presto… sai, dopo cena Manabe entra in fase digestiva, e si piazza sul divano come un panda a guardare la TV…
Manabe arrossì come un peperone. -Ehi! Guarda che anche tu ci sei, su quel divano!
Lo zio del lilla scoppiò a ridere di gusto. -Bene… sono felice di vedere che la vostra vita insieme è piena di momenti eccitanti! Ora venute… e preparate l’appetito!  


La cena era veramente qualcosa di esagerato.
Quando Manabe e Minaho avevano visto arrivare un cameriere con un enorme vassoio di antipasti, avevano pensato ad una sorta di cena fredda… qualcosa di simile ad un buffet. Ovviamente erano stati smentiti! Al vassoio aveva fatto seguito un bis di primi di pesce ed un arrosto enorme, il tutto seguito da una gigantesca torta panna e fragole. Arrivati alla fine della cena, erano pienissimi! Fu lo zio del lilla a decidersi a parlare per primo.
-Ok ragazzi… ora ditemi. Quante avventure avete avuto fuori città, da quando vi conoscete?
Minaho e Manabe si guardarono perplessi. -Avventure? Fuori città?
-Beh… -Il lilla prese la parola, confuso. -In realtà, pensandoci bene, da quando io e Min ci conosciamo siamo stati così pieni di avventure e battaglie in città, che non siamo mai andati a fare nemmeno una gita…

Lo zio di Manabe sorrise con sguardo sornione. -Lo immaginavo… e qui arriva la mia offerta. Sapete… ogni anno, l’associazione giapponese dei medici offre ad alcuni membri che si sono distinti per pubblicazioni e ricerche un viaggio per due persone in varie parti del mondo… ecco, io lo vinco da tre anni, ma… ecco… da quando non c’è più mia… mia moglie, non ne ho più voluto sapere. Dio… sono già vedovo. Comunque non è questo il punto! -Il giovane riprese a sorridere.
Minaho era sconvolto, Manabe senza parole. -Cosa… cosa vuoi… cosa vuoi dire…
Il giovane sorrise. -Voglio dire che andate una settimana a Miami.


Ok, adesso Minaho e Manabe erano proprio senza parole.
-Co…cosa??? -Il lilla spalancò gli occhi. -Ma non è possibile!!
-Manabe ha ragione! -Minaho era ancora più sbalordito. -Non possiamo accettare assolutamente!!
Il medico ridacchiò. -Ehm… e se io avessi già fatto i biglietti a vostro nome, confermando albergo e volo?
-Ma… ma… ma… -Il lilla era nel pallone più totale, e con lui l’arancione.
-Ragazzi… pensate!  La settimana prossima le scuole sono chiuse tre giorni per il compleanno del principe ereditario… potete perdere un paio di giorni di scuola, no? Con i vostri rendimenti… avreste il volo lunedì mattina presto, e il ritorno la domenica successiva dopo pranzo. Eddai… vi immaginate andare al mare e vedere gli Stati Uniti? Sarà bellissimo! Tutto pagato… potreste stare insieme una settimana senza pensare ai problemi, e magari al vostro ritorno potrei anche avere sistemato il problemino dell’articolo di Manabe!
-Zio… io non… non ho parole. Non so cosa… cosa dire…
Manabe era davvero commosso. Anche Minaho faticava a trovare le parole. Il medico scosse la testa ridendo.
-Vi dico io cosa dire. Una parola sola. Accetto.


Tornando a casa Manabe e Minaho erano ancora sulle nuvole.
-Man… non… non riesco a crederci!
-Nemmeno io Min! Una settimana insieme… mare, sole e gite nella foresta… sembra un sogno… forse è un sogno e adesso ci svegliamo in salotto, davanti alla TV!!
L’arancione fece una mezza piroetta. -Dobbiamo comprare un regalo a tuo zio… è fantastico! Dammi un pizzicotto… ti prego!
Manabe scoppiò a ridere. -Io ci ho già provato… è tutti vero! E sai che significa? Che domani… andiamo al centro commerciale a comprare pinne e costumi!


Minaho e Manabe erano appena entrati nel vialetto di casa, ridacchiando, quando squillò il telefono di Minaho.
-Man… è Kirino! Oddio… che sarà successo?
-Ma niente Min… ci vorrà invitare al cinema sabato sera con i ragazzi…
L’arancione sospirò. Aveva un brutto presentimento. Passò l’indice sullo schermo accettando la chiamata. -Pronto? Ehi Kirino…che succede?
La voce del rosa era rotta dal pianto. -M…Min… io… io non volevo disturbarti ma… ma tu sei così forte e… e difendi sempre tutti e… io… io ho fatto un casino tremendo. Potete venire da me? Vi prego…
Il lilla era preoccupato. Aveva capito dallo sguardo di Minaho che qualcosa non andava. Minaho rispose subito... in genere era Kirino quello che faceva a pugni per difendere gli altri!
-Kirino! Arriviamo di corsa! Dove sei?
Il rosa singhiozzò. -Davanti… davanti a casa di Shindou. Scusate… perdonatemi. Vi… vi aspetto.


Minaho e Manabe si precipitarono davanti a casa di Shindou. Al loro arrivo il sole era ormai definitivamente tramontato, e le ultime luci lasciavano il posto alla luna quasi piena e alle luci dei locali e dei lampioni. Casa di Shindou era in un quartiere tradizionale, molto movimentato la sera.
Kirino era seduto sul marciapiede, in lacrime e completamente sconvolto. Immediatamente l’arancione, a cui subito era scattato lo spirito protettivo, si precipitò al suo fianco.
-Ehi Ran… che succede? Cosa ti hanno fatto?
Kirino era distrutto e confuso. -Io…sono… sono stato io… è… è colpa mia… Shindou non… non vuole più… più parlarmi…
Manabe si inginocchiò e prese le mani del rosa. -Ehi… va tutto bene. Che cosa è successo?
Il rosa si morse violentemente il labbro inferiore. -Ho… ho… non so perché!! Non so perché, maledizione! Ho… ho baciato…. Kariya.
Il lilla rimase per un attimo come paralizzato. -Che… che cosa…
Fu Minaho a riguadagnare per primo la parola. -Ma… Ma perché? Perché lo hai fatto? Shindou lo… lo ha saputo?
Il rosa scoppiò in un pianto disperato. -Io… io non so perché! Eravamo al cinema… Shindou era andato a prendere da bere...  è stato più forte di me! Kariya.. Kariya non c’entra! Lui non… non… sono stato io solo a farlo! Mi… mi ha sorriso e… e… e io… Shindou stava entrando proprio in quel momento e… e… -Singhiozzò più forte.
Minaho e Manabe si guardarono sconsolati. E ora che potevano fare?

-Ok… -Minaho prese di nuovo la parola, cercando di sembrare tranquillo e parlare con voce allegra. -Vedrai che adesso sistemiamo tutto. Hai parlato con Shindou?
Kirino smise per un attimo di piangere, tirando su col naso. -Io… io ci ho provato… l’ho… l’ho inseguito fino a casa dopo che… dopo che è corso via ma… ma mi ha cacciato in malo modo e… e ora sono due ore che sto qui seduto per… per terra! Non… non mi risponde nemmeno al cellulare! -Riprese a piangere.
-Tranquillo Ran. -Manabe sorrise dolcemente. -Vado a parlarci io, ok?
Il rosa si asciugò le lacrime con la manica della felpa. -D…davvero? Non… non dovete se non… non so nemmeno perché vi… vi ho disturbato così… io…
Minaho, stupito dal coraggio del suo migliore amico, mise le mani sulle spalle del ragazzo. -Ehi… guardami. Quando Manabe si mette in testa qualcosa, credimi… puoi stare certo che sarà un successo. Aspettaci qui, ok?


Manabe, mentre saliva le scale verso camera del castano, non si sentiva più così sicuro di sé.
Certo… Shindou li aveva fatti entrare, e questo significava che non li avrebbe lanciati dalla finestra senza una buona ragione… almeno sperava. La faccia contrita della cameriera che aveva aperto loro la porta però non prometteva nulla di buono.
-Ehi…Shin? Possiamo entrare?
I ragazzi bussarono delicatamente alla porta della camera del loro compagno. Da dentro nessun suono.
Si fecero coraggio ed aprirono lentamente la porta. Shindou era seduto al pianoforte. Manabe si stupì… un’altra pianoforte? A coda pure quello, per di più! La stanza era enorme… grande quanto il loro salotto e dotata di un grande terrazzo. Il castano stava immobile davanti alla tastiera, le mani sui tasti, ma non suonava.
-Cosa volete?

La voce era dura, senza speranza. Niente a che vedere con la solita di Shindou, scura, sì, posata, ma piena di pazienza e disponibilità.
Manabe si fece aventi. -Ecco… noi… noi volevamo sapere se… se possiamo fare qualcosa per… per aiutare…
-Man ha ragione. Vorremmo che tutto andasse a posto… -Minaho era ancora più imbarazzato del lilla.
Shindou si alzò di scatto, le mani strette al coperchio del pianoforte, tremando.
-Vi… vi ha mandato lui! Si azzarda pure a fare questo, adesso! Dopo quello che mi ha fatto… io mi fidato di lui! Mi fidavo!!! Perché a me una cosa del genere? Con Kariya poi!! Io… io non…
Il tono di voce su era alzato sempre più. Ora il castano urlava a tutti gli effetti, rivolto verso il pianoforte. Quando si voltò Minaho e Manabe videro che aveva gli occhi rossi e lucidi.
-Sia ben chiaro che non lo voglio più vedere! E anche voi, fuori di qui!! Fuori!!

Manabe, spaventato, provó ad avvicinarsi al castano. -Ehi… Shin, lo so che è doloroso però… però sono certo che…
-Che non voleva farlo? Che non è colpa sua? Ma certo!! Portate queste balle fuori da casa mia immediatamente!! Fuori!
-Shin… sei così arrabbiato perché tu lo ami… lo ami e lo sai…
-Basta!!! Non voglio sentire una parola di più, oppure… oppure…
Il lilla tremava, ma si sentiva più risoluto che mai. -Oppure? Ascoltami bene. Qualunque cosa sia successa, voi…


Fu un istante. Con uno scatto, il castano aveva afferrato pesante sgabello del pianoforte e lo aveva scagliato contro il lilla. Il ragazzo fu colpito in pieno al braccio sinistro e buttato a terra.
-Man!! -Minaho si era lanciato a coprire con il suo corpo l’amico. -Razza di… ma cosa ti salta in mente? Gli hai spezzato un braccio! Ehi Man… Man!
Manabe era a terra, stordito. Il tappeto aveva attutito la caduta, ma il braccio faceva malissimo. Sentì le lacrime salire agli occhi ma le ricacciò indietro in un moto d’orgoglio. Il dolore gli sfuocava la vista.
Shindou era rimasto come instupidito. Si fissava le mani, quindi lo sgabello a terra, quindi Manabe che sembrava gravemente ferito. Cadde in ginocchio guardando fisso nel vuoto, senza parlare.

-Shindou… -Minaho si era alzato in piedi palesemente furibondo, ma sforzandosi di sembrare normale. -Posso avere del ghiaccio? Almeno questo… sai, probabilmente gli hai rotto un braccio, e sarebbe carino da parte tua.
Nessuna risposta. Shindou fissava il vuoto. Minaho era senza parole.
-Min… Min aspetta! Sto… sto bene… -Con una fatica tremenda il lilla mosse il braccio e la mano. -Visto? Niente di rotto. Andiamo… andiamo a casa.


Uscendo di casa, Manabe sorretto da Minaho dalla parte del braccio non dolorante, si ricordarono di colpo di Kirino. Il lilla era ancora sul marciapiede, e quando li vide sembrò andare nel panico.
-Oddio… oddio cosa ti ha fatto! È tutta colpa mia!! Tutta colpa mia!!
Il lilla si sforzò di sorridere, gemendo di dolore. -Non… non è niente. Senti… ora non è il momento giusto di parlare con lui, ma la mia promessa è sempre valida. Ho giurato che vi avrei fatto fare pace, e lo farò. Ora vai a casa e cerca di rilassarti… penserò io a tutto. Domani a scuola ne parleremo bene… fidati di me, ok?
Il rosa fissò lo sguardo negli occhi sofferenti di Manabe. Sentì un nodo salirgli in gola.
-Io… io…
-Tranquillo. Non devi dire nulla.

Minaho sospirò.
-La vedo brutta… speriamo bene!

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