Dopoguerra 2: I° reggimento I.D.G.

di Uptrand
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Derica Yorks ***
Capitolo 2: *** Piromani ***
Capitolo 3: *** Isabella: Lavoro, passatempo e amicizie di un phantom. ***
Capitolo 4: *** Niente panico, c'è Ignazio ***
Capitolo 5: *** Sipaf Pinok ***
Capitolo 6: *** Gatius Bellinus ***
Capitolo 7: *** Linora Sera ***



Capitolo 1
*** Derica Yorks ***


PROLOGO


 
I° Reggimento I.D.G.
 
Ufficiale al comando: Comandante capo Steve Williams Shepard
Ufficiale in seconda: Comandante Derica Yorks
Stemma: Teschio con clessidra che ha esaurito la sabbia tra i denti.
Motto ufficiale: Tempo scaduto.
 
I° reggimento dell’Iniziativa Difesa Galattica (I.D.G.). Forza d’assalto terrestre di pronto intervento pesantemente armata, ha all'effettivo cinquemila soldati.
Il suo dispiegamento può essere autorizzato solo dal Consiglio della Cittadella, al contrario delle restanti forze I.D.G., dal II° al VII° regg., che rispondono allo stato maggiore militare.
Il I° è il solo ad avere un comandante s.p.e.t.t.r.o. e questo lo autorizza a violare qualsiasi legge e regola inerente la guerra per raggiungere l’obiettivo.
Qualsiasi crimine dovessero compiere dopo il dispiegamento in teatri di guerra, i soldati di questo gruppo militare non sono perseguibili.
Data la sua peculiarità giuridica esso è il solo corpo militare autorizzato a usare tecnologia illegale.
L’armamento in dotazione è bandito da ogni trattato.
Il suo dispiegamento su un campo di battaglia preclude alla chiusura di ogni canale diplomatico.
Il corpo di terra ha un effettivo di duemila soldati.
Spina dorsale di questo gruppo sono i soldati in armatura NC-13, dal peso di 70kg e altezza di 243 cm. Definita da alcuni un mech in miniatura.
Data la forma umanoide può essere indossata solo da Umani, Turian, Quarian, Asari e Batarian. L’alto costo di produzione ne sconsiglia la produzione per specie non umanoidi.
Pesantemente corazzata, fornisce una copertura totale da ogni agente ambientale, chimico, nucleare e biologico in cui i soldati possano imbattersi.
Dotata di micromotori, è in grado di spostare fino a 80kg senza il minimo sforzo.
È alimentata da un nucleo miniaturizzato di eezo, come quello usato sulle navi.
L’arma in dotazione è il fucile particellare T-17, dotato di un enorme potere di penetrazione; non può essere usato separato dall’armatura.
Il danno inflitto è paragonabile a quello di un razzo anticarro.
Dotato di proiettili virtualmente infiniti, si ricarica direttamente dal nucleo dell’armatura NC-13.
Per garantirne la carica è sufficiente che un soldato in armatura lo tenga in mano, il processo si avvierà automaticamente.
Separato dall’armatura il fucile non è in grado di sparare. Inoltre il peso di 10 kg ne ostacola l’utilizzo.
In condizioni normali questo corpo militare è in grado di agire in profondità in territorio nemico, senza nessun aiuto esterno.
 
*****

I CAPITOLO


 
Derica Yorks sorrise uscendo di casa, il cielo era limpido quel giorno di piena estate sul pianeta Bekenstein, nella nebulosa del Serpente. Era un’indiana americana della tribù dei Sioux, aveva la carnagione olivastra, occhi grandi e scuri, capelli neri e nel tipico taglio corto dei militari. Il naso leggermente schiacciato, gli zigomi alti e la bocca ben delineata.
Alzando lo sguardo si poteva intravedere la sagoma della Cittadella, la gigantesca stazione spaziale sede del governo galattico. Quando si riusciva a vederla in pieno giorno, generalmente voleva dire che ci sarebbe stata una magnifica giornata.
«Signore, va da qualche parte? » Chiese un uomo che passeggiava con il suo cane, un rottweiler di nome Dragon.
Lei rispose con un largo sorriso, riconoscendo il sergente Ywan Chuli delle unità cinofile. Di origine asiatiche, proveniva dalle metropoli cinesi. Lui e Dragon erano arrivati assieme ad altri quattro istruttori e altrettanti cani. Si era subito dimostrato un tipo socievole, esperto nel suo lavoro.
Da appena un mese il I° reggimento dell’ Iniziativa di Difesa Galattica poteva contare su cani potenziati, un esperimento che era toccato loro prendere in consegna. Essendo a loro volta un esperimento.
Ancora dovevano dimostrare di essere di qualche utilità, su un possibile campo di battaglia.
Lo salutò spiegando le sue intenzioni e indicando la sacca che portava a tracolla « Voglio prendere la mia moto, andare al mare e non so… Credo che rifletterò. » Per guardarlo in faccia dovette piegare non poco il collo: lei era alta un 1,90 m e lui arrivava a stento a 1,60 m.
«Ogni tanto fa bene, non la trattengo oltre. La saluto, comandate Yorks. »
«Mi chiami “Sioux” come fanno tutti. » Disse infine salutando a sua volta l’uomo.
Salì sulla moto, qualcosa che si era potuta permettere proprio grazie al suo avanzamento di grado e al titolo di comandante.
Ripose la sacca, mise il casco, accese il motore e sfrecciò via. Le piaceva guidare, quando lo faceva i pensieri fluivano liberamente.
Comandate Derica Yorks, seconda al comando del I° regg I.D.G., chi mai l’avrebbe detto? Un’indiana del popolo dei Sioux che diventa ufficiale di un corpo militare scelto. Rimani nella tribù, lavora per la tribù, mi dicevano e invece guardatemi adesso. 
Fanculo il Casinò, il servire tra i tavoli e il sopportare i clienti dalle mani lunghe.
Sorrise entusiasta all’idea di aver mandato all’aria il destino che la sua famiglia le aveva costruito, tutto interno alla riserva.
Chissà come stanno a casa? Quella domanda le smorzò il sorriso e l’espressione felice, non li sentiva da tempo.
Suo padre era un uomo troppo autoritario, alla sua decisone di entrare nell’Alleanza i loro rapporti si erano rotti. Avrebbe voluto avere notizie da sua madre, ma era impossibile che quell’uomo glielo permettesse.
Più volte aveva pensato che il suo pessimo stato di servizio derivasse da avere un problema con gli ufficiali autoritari, originato da suo padre.
Se avesse potuto definire se stessa, il miglior modo sarebbe stata con la frase “non adatta.” Aveva sentito quell’affermazioni per anni, da bambina fino all’età adulta.
L’avevano accusata di essere malinconica, di essere pigra, indolente e svogliata. La verità era che non sapeva adeguarsi alla società.
Dai bambini ci si aspettava che facessero certe cose, lei non le faceva.
Dagli adulti ci sia aspettava un certo comportamento, lei non riusciva ad averlo.
I soldati dovevano rispettare le fantasie stereotipate delle masse, lei non aveva niente di eroico.
Era diventate tenente di una pattuglia di cui nessuno voleva il ruolo. Neanche lei, semplicemente glielo avevano dato.
Alla fine scoprì che non le dispiaceva essere in un angolo remoto dello spazio a controllare il niente. Dava l’impressione che tutti si fossero dimenticati di lei. Quell’idea le diede un grande sollievo.
Poi venne la guerra e il progetto Iniziativa Difesa Galattica.
Lei entrò negli I.D.G. sempre su ordine di qualche superiore.
Vennero incorporati in un'unica formazione militare identificata come I° reggimento I.D.G. Lei non capì come ma finì per essere uno degli ufficiali dello stato maggiore di questo nuovo corpo militare.
Parlò con il suo superiore e comandate della base, gli spiegò tutte le ragioni per cui non era adatta.
Lui semplicemente disse « Non ci vedo niente di male, per me puoi essere pigra fin che vuoi, fai pure le cose con svogliatezza; a me basta che siano fatte come richiesto e nei tempi previsti. Anche a me piace prenderla comoda. Ti dirò, in una galassia dove tutti si impegnano è bello trovare un’altra persona pigra. »
Lei aveva ancora difficoltà a credere che quelle parole fossero pronunciate da Steve Williams Shepard, il figlio minore del grande eroe della galassia.
Sua sorella, Olivia Williams Shepard, aveva già cominciato a costruire la sua leggenda personale. Scoprì che i due si volevano un mondo di bene, quando provò a entrare in argomento sul fatto che fosse sua sorella quella famosa.
La sua risposta fu « Ad Olivia è sempre piaciuto giocare al cavaliere senza macchia e senza paura, raddrizzare i torti e cose simili. Per come la vedo io, sono tutte cose troppo difficili e con uno stipendio troppo basso per accettare di complicarsi la vita in quel modo. »
Quelle parole la fecero sorridere, sorrideva ogni volta che le tornavano in mente. Per lei erano un toccasana contro le sue preoccupazioni da ufficiale.
Perché alla fine tutti in quel corpo militare erano come lei, non vi erano eroi ma solo gente che voleva giornate comode e tranquille. Decisamente uno strano tipo di soldati, componeva il reparto militare più pesantemente armato di tutto lo spazio del Consiglio della Cittadella.
Per essere eroi servivano medaglie, per averle servivano guai e di quelli nessun soldato del I° regg ne voleva.
Arrivò su un pezzo di spiaggia libera totalmente deserto, quello che voleva. Estrasse dalla sacca un grande telo da bagno che mise sulla sabbia, si spogliò dei vestiti sportivi che indossava mostrando il costume che aveva sotto. Uno giallo tutto intero.
Prese il sole ascoltando musica, fece delle ampie nuotate e lesse per almeno un paio di piacevoli ore. Sorrise sentendosi soddisfatta.
Il sorriso scomparve, un pensiero aveva fatto scattare qualcosa e da qualche parte nella sua mente. Sentì le parole: Sioux, sei noiosa, che stai facendo? Ha senso quello che stai facendo della mia vita? Non hai nessuno che ti aspetta, niente che ti appassioni, sei solo pigra. La cosa più notevole che tu abbia mai fatto è stata sopravvivere alla guerra, servi davvero a qualcuno? La chiameresti vita la tua? Sicura di non stare solo sopravvivendo? 
Sentì chiaramente una lacrima formarsi nell’occhio sinistro e scenderle lungo la guancia e svelta si passò una mano sul viso per asciugarla.
Era entrata nell’Alleanza perché non aveva altre idee: con quel lavoro avrebbe avuto uno stipendio, vitto e alloggio assicurati. Quella era stata la sua semplice motivazione, insieme al desiderio di non essere relegata nella riserva.
Si alzò sentendosi incerta e depressa per il suo futuro, aveva detto a Ywan che andava al mare per riflettere e lo aveva fatto veramente. Adesso se ne pentiva.
Il suo umore non migliorò nel viaggio di ritorno. La sera andò al circolo ufficiali. Faceva caldo, fortunatamente il locale aveva una pedana esterna con sedie, tavolini e un bancone.
Si sedette vicino a quest’ultimo e prese una birra. Stava per berla quando qualcosa le toccò il sedere.
Si girò indignata, all’idea che qualche soldato ci avesse davvero provato.
Vide un cane, un rottweiler, che seduto, la guardava non particolarmente interessato.
«Cattivo! Dragon, seduto! » Gridò qualcuno arrivando di corsa a riprendere il cane.
«Comandate Yorks, mi scusi se Dragon l’ha importunata. Ci dispiace, a entrambi. » Disse il sergente.
«Non si preoccupi, però credevo che i cani delle unità cinofile fossero perfettamente addestrati. »
«Lo sono, ma… Sono cani, a volte sentono un odore e il loro istinto… Posso offrirle da bere? »
«Sono a posto, grazie. » Rispose lei mostrando la birra che non aveva ancora fatto in tempo a toccare.
«Passata una bella giornata al mare? » Chiese frettolosamente lui. Quello fece sorgere un sospetto in lei, l’uomo sembrava aver tutte le intenzioni di rimanere.
Riguardò il cane. Le sembrò davvero strano che un animale come quello non potesse ubbidire al suo istruttore.
«Se vuole rimanere a chiacchierare, sergente, a me va bene. » Dichiarò, mostrando un mezzo sorriso totalmente finto.
Dimostrando più entusiasmo del dovuto lui le sedette accanto. Il cane si accucciò tranquillamente a terra; anche se era il circolo ufficiali nessuno protestò per la presenza di un sergente. Gli snob non erano ben visti nel I° regg.
Sorrisi e ammiccamenti, andarono avanti così per un‘ora buona. Lei ancora non ci credeva, Ywan ci stava provando con lei e aveva mandato il cane per spianargli la strada. Adesso ne era sicura.
«Allora, Sioux, come ci sente a essere il secondo in comando del cosiddetto Reggimento Spettro? »
Lui capì all’istante che avrebbe dovuto mordersi la lingua a quella domanda, la donna si era fatta seria.
«Non lo so, il reggimento non esiste da neanche un anno. Non è mai stato messo alla prova, siamo autorizzati a usare ogni tecnologia militare che le convenzioni di guerra proibiscono. Il nostro armamento è un insieme di tecnologie illegali, siamo un po’ come le testate nucleari durante la guerra fredda. Costruite con la speranza di non usarle mai. A volte mi chiedo se sono utile a qualcuno. Lei, invece? Il suo gruppo è l’ultima aggiunta ma anche voi siete membri del I° »
«C’è molta rilassatezza… »
«L’ha notato allora, è uno dei credi del nostro comandate: “ Approfitta di ogni occasione che ti si presenta per essere pigro, se puoi permettertelo significa che va tutto bene.”» Sorrise nel ripetere quelle parole.
Lui la fissò un istante « Non mi sembra un credo tanto marziale. »
«Sa che con il nostro armamento base, un fuciliere del I° regg ha la potenza di un carro armato leggero? Questo è stato il risultato di un’inchiesta interna. Siamo duemila soldati e ognuno ha la potenza di un mezzo blindato. L’ultima cosa che qualcuno vorrebbe sarebbe vedere questa potenza gestita da qualche invasato. Abbiamo le armi, ma nessun particolare entusiasmo nell’usarle, per questo i soldati che trova qui sono beh… ”Pigri”. »
«Non le piace? »
«Apprezzo i lavori tranquilli, non so… Mi piacerebbe avere un segno dagli spiriti che la mia tribù ancora venera.»
«Be’, comandante, le auguro di trovarlo o di avere qualche visione da uno spirito guida. » Disse lui scherzando, facendola ridere a sua volta.
Un messaggio arrivò in quell’istante, un ordine di presentarsi a rapporto.
 
*****
 
Le porte si aprirono al suo avvicinarsi, facendo entrare Derica nella sala riunioni. « Bene, tranne il comandante direi che ci siamo tutti. » Dichiarò rivolgendosi a una quindicina di persone.
Tutti i presenti avevano una cosa in comune, erano tra i pochi I.D.G. “originali”, ovvero coloro che erano sopravvissuti alla battaglia per la Cittadella contro i grigi.
«Felice di vederla, comandate Sioux. Cos’è successo per riunire lo stato maggiore del I°? » Chiese un Quarian, Lofirn, di fatto l’ufficiale più importante ai suoi ordini.
La gestione della base e la manutenzione degli equipaggiamenti erano una sua responsabilità, era il comandante del genio militare.
«Ascoltate con attenzione, il comandate mi ha inviato degli ordini. Una piccola forza d’assalto del I° sarà impiegata a breve per una missione. »
A quelle parole tutti sussultarono: era il primo incarico di missione che riceveva il reggimento. Il pensiero dei presenti fu per tutti il medesimo “Che seccatura, pacchia finita.”
«Spiegherò i dettagli della missione una volta partiti, vi dico che in pratica siamo obbligati a fare un buon lavoro. Mantenere il I° è una spesa non da poco e il Consiglio della Cittadella, vi ricordo che paga lui i vostri stipendi, vuole vedere che quei soldi sono stati spesi bene! Non so voi, ma io non ho voglia di farmi trasferire da qualche altra parte. Guiderò personalmente la forza d’assalto. »
Si voltò verso un Asari dalle pelle viola e con pitture facciali argentate che si dondolava su una sedia tenendo le gambe appoggiate al tavolo « Nianma! Tu e la tua squadra di fucilieri verrete con me.»
«Ok! » Rispose l’Asari interpellata accompagnando la risposta con un gesto della mano.
«Questa è una riunione ufficiale, siediti in maniera corretta!» La riprese Sioux; lei, che non si aspettava di essere ripresa sobbalzò, alzandosi per fare subito come le era stato detto.
Sembrava una bambina che fosse stata appena sgridata.
« Zepall! » Disse rivolgendosi a un Salarian che da quando era entrata, sembrava più attento a scrivere qualcosa su un datapad che a darle retta « Ci serviranno buone comunicazioni! Provvedi!»
«Sì! » Dichiarò senza perdere tempo o alzare lo sguardo da quello che faceva.
« Artar!» Sempre un Salarian, ma questo sembrava quasi annoiato e stava con le braccia conserte sul tavolo, appoggiandosi sopra la testa « Useremo un incrociatore per il trasporto, con le relative navette. Voglio una nave pronta a partire il prima possibile, con il pieno di rifornimenti.»
«Agli ordini.» Dichiarò senza alzare la testa, fino a adesso era stato il solo a dargli una risposta formale.
«Venendo ad altre questioni; Ignazio, i tuoi rapporti sono in ritardo! Come al solito.» Disse mentre la persona che aveva chiamato, un umano dai folti capelli neri e baffi ben curati, abbassava il capo accettando il rimprovero.
« Senus, non hai ancora completato e consegnato i turni delle pattuglie del prossimo mese. Quanto ti ci vuole ? Basta indugiare! » Disse rimproverando una Turian con delle pitture facciali verdi che disegnavano due cerchi concentrici in volto.
Diede uno sguardo a tutta la sala « Avrei molto altro da dire, ma adesso ho altro da fare. Lofirn, il comando è tuo. »
Lui annuì tranquillamente.
« E noi? Vogliamo essere della partita! » Dichiarò un uomo con una sottile barbetta ai lati.
« Non questa volta Rodi, voi “ fiammiferi” resterete alla base. » Ordinò Derica.
L’uomo guardò Nianma che le sorrise beffarda, lui si voltò facendo finta di niente.
*****
12 ore dopo…
Cinquanta fucilieri del I° erano intervenuti attaccando una struttura sotterranea sconosciuta rilevata su Sarait, il pianeta aveva condizioni di vita estreme con quasi cento gradi all’ombra e un‘atmosfera di metano. In più era estate sul posto e le temperature si erano ulteriormente estremizzate.
Erano nel mezzo della più infernale delle estati, ben diversa da quella piacevole su Bekenstein.
Il Consiglio aveva ordinato che fossero loro a intervenire quando i sospetti erano diventati una conferma, nonostante il pianeta fosse situato nei Sistemi Terminus, quindi fuori teoricamente dalla sua influenza.
Le armature NC-13 del I° potevano affondare qualsiasi avversità ambientale, per questo erano stati scelti.
In più si aveva il sospetto che quella struttura fosse opera degli Yahg. Questi si rilevarono esatti.
Pesanti fino a 200 Kg, con un‘altezza che sfiorava quasi i tre metri, con quattro per parte, un corpo enorme e una grossa bocca triangolare. Questi erano gli Yahg, una razza dotata di un enorme spirito combattivo, unito a un forte senso di comunità che faceva sì che i sottoposti ubbidissero incondizionatamente agli ordini di un loro superiore, data la divisone in caste della loro società. L’idea che li muoveva era la supremazia Yahg su ogni altra razza, mentre erano disgustati dalla società egualitaria del Consiglio che consideravano un abominio.
Avrebbero riformato la comunità galattica secondo il loro modo di pensare e gli Yahg ne sarebbero stati al vertice. Vivevano e morivano nella convinzione di essere nel giusto.
Però la loro tecnologia era arretrata rispetto alle altre razze che ormai da decenni o millenni solcavano lo spazio. Nei settori in cui era più avanzata era indietro di almeno un ventennio.
In campo militare, in un confronto con l’armatura NC-13 la differenza era almeno di cinquant’anni.
Sioux, accompagnata da Nianma e un paio di soldati, stava portando avanti la perlustrazione della base nemica. Altre squadre stavano facendo lo stesso.
Avevano avuto la meglio e senza subire perdite. Il nemico aveva combattuto tenacemente, uno Yahg l’aveva anche impegnata al corpo a corpo. Ma godevano di troppi vantaggi, dati dalle NC-13 e dalla tecnologia in generale, perché potessero incontrare difficoltà. Nonostante i significativi sforzi del nemico, penetrarono senza problemi particolari.
Lei gli aveva infilzato la gola con la baionetta del suo fucile T-17, abbastanza potente da ucciderne uno con un colpo solo. Grandi com’erano era difficile mancarli.
Adesso però aveva due quesiti a cui trovare risposta: A cosa serviva quella struttura? Perché gli dava una sensazione strana che non riusciva a focalizzare? Non era stato possibile fare prigionieri, a battaglia persa gli Yahg in vita si erano suicidati tutti. Come avevano fatto a costruire quel posto? Da Parnack, il loro pianeta natale, si stavano diffondendo piuttosto lentamente nella galassia. Incontrarne qualcuno era abbastanza raro.
Ritenuti pericolosi, il loro pianeta era stato messo sotto quarantena ma a un certo punto avevano scoperto da sé come navigare nello spazio.
Al momento, il loro maggior problema al riguardo era l’assenza di giacimento di eezo su Parnack, proprio come la Terra, con la differenza che era soggetto a pesanti sanzioni economiche che ne vietavano la vendita. Per loro, essere giunti su quel pianeta distante doveva essere stato uno sforzo impegnativo. Procurarsi un trasporto, un impegno non da poco.
Una porta si aprì al loro passaggio, la stanza era ben illuminata. Si bloccarono, allibiti da quello che videro.
In una quarantina di metri quadri una trentina di bambini di razze diverse, con un'età non superiore ai dieci anni, sporchi e laceri, li stavano fissando.
Lei fece un passo avanti, loro si ritrassero spaventati. Alzò la visiera dell’armatura, mostrando il volto. « Siamo il I° regg I.D.G., siamo qui per aiutare. » Disse calma e sorridendo, nascondendo quanto quella scoperta agitasse anche lei.
In breve giunsero altre navette e personale medico; non aveva idea da dove venissero quei bambini.
Ma una rapida indagine le diede una risposta: quei bambini erano stati “comprati”. I loro racconti erano simili, nati in povertà e vissuti nella miseria erano stati “venduti” ai loro attuali carcerieri.
« Signore! » La chiamò Nianma dopo aver ricevuto dei rapporti preliminari, il tono in cui lo fece non le piacque per niente.
Un’altra squadra aveva trovato qualcosa.
Cinquanta corpicini giacevano carbonizzati e sparsi in una stanza identica e altre due identiche erano state scoperte.
« Cosa è stato fatto? » Mormorò tra sé, disgustata. Fece un passo indietro.
Gli Yahg avevano cancellato ogni prova dai loro computer, cercando di fare lo stesso con le loro cavie.
 
« Signore, è stato un fallimento. » Disse al suo superiore, il comandante capo Steve Williams Shepard, una volta di ritorno su Bekenstein.
Lui non era molto più vecchio di lei, aveva ascoltato e letto il rapporto senza fare una piega da dietro una scrivania. L’ufficio era quanto mai spoglio, oltre l’essenziale non vi era niente. Aveva capelli al limite del taglio militare e una barbetta leggermente incolta.
Il viso era serio, non sembrava essere allenato ad avere altri tipi di espressione.
« Sioux, il più grande difetto del cervello umano è essere fatto per concentrarsi solo sugli aspetti negativi. Hai salvato trenta bambini da una fine orribile, conquistato la struttura che le era stata indicata portando così a termine la missione. In più ha fornito numerose prove di primaria importanza. Si concentri su questo.»
Lei lo guardò allibita « Quali prove? Non vi erano file superstiti da recuperare. »
Lui sorrise sornione e alzò un sopracciglio « Quella base… Non ha trovato che avesse qualcosa che non andasse? » L’espressione divenne più accogliente, dimostrando come la figura seria e autoritaria fosse un’impressione sbagliata. Gli veniva spontaneo essere serio, ma la verità era che non gli piaceva esserlo.
« Non dico di no, ma non è stato trovato niente di strano. »
Lui sorrideva di gusto, come chi si pregustava a dare la spiegazione « Proprio questo, niente di insolito. È stata costruita con comuni tecniche usate ovunque nella galassia, proprio per questo non possono essere stati gli Yahg a realizzarla. Qualcuno li ha aiutati. »
Derica fu scioccata, non ci aveva pensato ma era proprio l’ordinarietà di quella struttura a essere strana. « Signore, cosa… »
«… Facciamo? Niente. Il I° reggimento ha aperto “le danze”, ora tocca ad altri. Con la sua scoperta ci sono le basi legali per far intervenire il resto dei reggimenti I.D.G. »
Lei sorrise a quella notizie e anche lui che commentò « Mia sorella deve essere una furia, dopo aver letto di quegli esperimenti su dei bambini. Renderà la vita difficile a chiunque ne sia coinvolto. Tu nel frattempo prenditi un po’ di riposo, in base a come le cose si evolvono potremmo essere chiamati a un intervento più deciso. »
« Sissignore! » Disse seria e ancor con più entusiasmo di quanto mostrasse normalmente.
Avvertiva una strana sensazione nel petto, calda e accogliente. Le ci volle un po’ per capire cosa fosse, era soddisfazione di aver forse fatto una piccola differenza perché una simile cosa non capitasse più.
Notò come lui si fosse distratto un attimo a fissare una foto che ritraeva sua figlia Alexandra e la moglie Ilary, sulla scrivania. Era padre da un paio d'anni, quello che era accaduto a quei bambini non poteva non dargli qualche pensiero.
Riportò la sua attenzione su di lei e le sorrise allegro « Che ti dicevo? Sapevo che saresti stata adatta a questo ruolo. Ora vattene a trovare il tuo ragazzo dei cani o altro. Devo sistemare delle scartoffie, odio questo lavoro. » Sbuffò lui poco convinto.
« Il mio che…? » Chiese sorpresa lei.
« Il sergente Ywan Chuli non è…»
« No! » Rispose scandalizzata, era incredibile come i pettegolezzi circolassero veloci tra i militari. Però ripensandoci « Signore, lo sta facendo apposta per tirarmi su il morale? »
« A dopo. » Fu la risposta sintetica con cui la congedò, ma quando lo fece lei stava sorridendo.

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Capitolo 2
*** Piromani ***


L’uomo era tranquillamente seduto, in giardino, su uno sgabello pieghevole sotto l’ombra di un piccolo albero, durante un piacevole pomeriggio sul pianeta Bekenstein.
Era una persona di colore, portava i capelli cortissimi per nascondere i primi cenni di calvizie, in faccia un paio di baffetti accennati. Di aspetto era giovane e aveva un fisico allenato, seppur nella norma. 
Osservava con piacere le tre galline rinchiuse nel piccolo recinto che lui stesso si era fatto. Un pollaio artigianale, con tutto il necessario. Amava perdersi nei lavori di precisione.
Per qualche motivo le galline gli erano sempre piaciute, come animali.
Si chiese se fosse il caso di prendere anche un gallo, ma temeva che avrebbe disturbato il vicino. Considerando che i vicini erano tutti suoi colleghi di lavoro, forse non era la migliore delle idee.
Passò una mano sul mento, continuando a ragionare su quella possibilità.
Al tatto, sentiva con piacere la barba appena accennata e perfettamente tagliata. 
Sia nel resto del in giardino che in casa, tutto era fatto per bene. Aveva sempre creduto che un lavoro andasse fatto bene o che non fosse il caso di farlo.
Non era un maniaco della precisione, sebbene la amasse non ricercava quella assoluta, ma un fanatico dei lavori fatti bene.
Aveva sviluppato questa passione diplomandosi in chimica, quando da li aveva lavorato come pompiere se l’era portata dietro.
Non era stato un pompiere nel termine più classico, sebbene fosse stato addestrato anche in quel ruolo, era un investigatore dei vigili del fuoco. 
Il suo compito era scoprire come un incendio aveva avuto inizio, di trovare i colpevoli se ne sarebbe occupata la polizia vera e propria. 
Il fatto di essere un chimico era stata la sua qualifica più importante per quel ruolo, chimiche erano infatti le sostanze incendiare usate e prima di ogni caso, nelle sue indagini, doveva partire da esse.
Poi un giorno mollò tutto, non aveva una ragione vera da dare. La più valida era che la monotonia della vita lo stava uccidendo. 
Senza altre idee si iscrisse nell’Alleanza dei Sistemi Uniti, entrando nell’esercito, in un reparto guastatori.
A un tratto si trovò a fare un lavoro che era l’opposto di quello precedente, ora doveva trovare un modo per appiccare nel miglior modo un incendio. L’avevano messo a lavorare con un unità di fanteria di lanciafiamme, più precisamente alla manutenzione e miglioramento dell’equipaggiamento.
Scoprì di amare quel ruolo.
Il fuoco era da sempre un elemento naturale dotato di grande attrazione e lui la sentiva tutta su di se, quando in esercitazioni o esperimenti, per migliorare la capacità delle armi, vedeva le fiamme accendersi e distruggere quello che le circondava. 
Riconobbe di riuscire in parte a capire i piromani, quegli individui con disturbi mentali che appiccavano incendi per ricavarne una qualche forma di piacere. 
Lui non avrebbe mai appiccato un incendio per divertimento, ma in quelle stanze, in quegli ambienti studiati per questo e controllati, si stava divertendo a fare proprio questo.
Venne la guerra, quella contro i “grigi” o Xalielt come pareva si chiamassero veramente e che si scoprì solo a guerra vinta dopo il loro sterminio, ma il nomignolo era sempre rimasto. 
Una razza antichissima, vecchia di eoni, sopravissuti ai razziatori erano ritornati, trasformando se stessi in esseri di pura energia biotica, per dominare nuovamente la galassia come ai loro tempi.
Aveva perso, con la distruzione della loro base principale che li manteneva in quella forma energetica questa si era semplicemente dispersa facendoli estinguere.
Lui si arruolò volontario nel I reggimento di Iniziativa di Difesa Galattica, non era un gran segreto che per metterlo assieme si stava cercando tra gli scarti di tutti gli eserciti delle razze che popolavano la galassia. Sarebbe servito come banco di prova per un nuovo tipo di tecnologia che potenziava l’individuo, chiamata biotecnologia che si voleva usare in questa guerra.
Seguirono strani eventi, un qualche tipo di sabotaggio, lui che perdeva conoscenza di se stesso, i suoi commilitoni trasformati in mostri. Lui fu uno dei cento I.D.G. che furono portati in salvo dalla resistenza sulla Cittadella. La sua volontà prigioniera nel suo corpo, da un’altra esterna che la soggiogava.
A un certo punto lui e gli altri novantanove vennero liberati, non sapeva il come ma erano coinvolti nome noti e importanti come quello di Olivia Williams Shepard  e Dasha Weaver. 
Troppo importanti perché lui potesse ottenere delle spiegazioni esaurienti, era nuovamente in se stesso e di questo si sarebbe dovuto accontentare. Anche il suo comandante lo era, Steve Williams Shepard.
Anche se erano in cento combatterono e si distinsero, ma meno di quarto di loro rimase in vita. 
Lui aveva perso una gamba nel combattimenti, ma la biotecnologia lo mantenne in vita e la medicina moderna gli fece ottenere un nuovo arto clonato.
Finita la guerra, venne deciso che gli I.D.G sarebbero diventati una realtà, la base per creare un esercito comunitario. 
Dal suo comandante in persona ricevette la proposta di diventare parte dello stato maggiore del I° reggimento. Avrebbe potuto rifiutare o arruolarsi nei rimanenti sei reggimenti I.D.G che si stavano istituendo.
Ma il I° era legalmente autorizzato a usare armi bandite dai trattati, anche se il loro utilizzo poteva venire solo dietro autorizzazione del Consiglio. Questo gli dava una possibilità insperata, che in altre posizioni non avrebbe mai avuto. Lavorare con il gas vespene.
Come molte altre scoperte, l’esistenza di questo gas fu dovuta a un errore da parte dei salarian nella ricerca di una nuova fonte di energia.
Il gas vespene aveva la proprietà di legare qualsiasi molecola d’idrogeno incendiandosi. Non solo quello presente nell’atmosfera ma di innescare una reazione con qualsiasi molecola d’idrogeno, indipendente dalla sua condizione.
L’entità del disastro che si aveva davanti si poteva facilmente capire col fatto che esso era l'elemento più abbondante dell'universo, formando fino al 75% della materia
Nei test su esseri viventi, in genere dei varren, la cavia non veniva solo bruciata ma incenerita in pochi secondi senza che di essa ne rimanessero ossa o altre tracce. Il vespene aveva reagito con l’idrogeno presente negli organismi viventi incendiandolo, di fatto il varren aveva preso fuoco contemporaneamente internamente ed esternamente a partire da ogni sua singola cellula. 
Ma il suo effetto non si limitava a essere viventi, anche del semplice terriccio bruciava come carta alla sua esposizione. 
Di fatto il vespene pareva in grado di carbonizzare tutto, l’unica cosa richiesta era la presenza d’idrogeno.
La sua vera pericolosità si mostrò quando venne effettuato un esperimento in ambiente acquatico.
Se normalmente irrorato come gas, il vespene incendiava tutto lo spazio che occupava posto in una vasca dalla capienza di cinquanta litri d’acqua.
Le fiamme che si sprigionarono bucarono il materiale della cisterna, l’acqua si riversò all’esterno. Tra lo stupore assoluto, acqua e vespene avevano reagito mutando in qualcosa di assolutamente imprevisto. Simili a lava il prodotto della loro unione si spargeva sul suolo consumando ogni cosa, alimentandosi dell’idrogeno normalmente presente nell’ambiente. Era come se il fuoco avesse preso una massa, si fosse dotato di un corpo fisico e tangibile. 
Fu possibile spegnere l’incendio solo dopo aver limitato lo spazio dell’incidente con una copertura, se infatti veniva spento si riaccendeva subito, e la conseguente irrorazione di gas inerti che prendessero il posto dell’idrogeno. 
Davanti a questi fatti e alla spaventosa possibilità che il vespene potesse raggiungere il mare di qualche mondo abitato la sua produzione e ogni successivo studio venne vietato. 
Divenuto capitano del I° reggimento, si adoperò per lo studio del gas vespene ottenendo quello che desiderava.
Attualmente lui gestiva il laboratorio noto come “La Raffineria”, situato lontano da qualsiasi centro urbano e corso d’acqua, era il laboratorio e sede di stoccaggio di questo gas. 
Al suo interno il vespene era conservato in cilindri di metallo, in stanze prive di idrogeno, congelato a – 270°C.
Esso era alla base della nuova unità da combattimento che aveva ideato: i Piromani, un’unità di fanteria incendiaria pesantemente corazzata.
Non troppo dissimili dai soliti fucilieri, spina dorsale delle forze I.D.G. , la loro armatura era una variante della  NC-13. Decisamente più pesante sfruttava tutta la capacità di carico, 80kg, di cui è capace per portare sulle spalle un bidone altamente corazzato, pieno di gas vespene.
Al posto del fucile a particelle T-17 e del suo sistema di autoricarica, in cui l’energia viene trasmessa dall’armatura all’arma semplicemente tenendola in mano, i piromani hanno sulle mani degli enormi augelli da cui viene spruzzato il gas vespene con una portata di venti metri.
In questo tragitto il gas da fuoco a tutto quello che incontra, privando chi subisce questo attacco di qualsiasi possibilità di riparo.
« Rodi! » Urlò qualcuno.
Lui alzò la testa udendo un asari, aveva pitture facciali argentate, chiamarlo « Nianma, problemi? » Domandò vedendola avvicinarsi.
« Dov’è il tuo omnitool? »
« In casa ovviamente. »
« Già, ovvio. Se ricevi qualche ordine, come pensi di fare? »
Lui assunse per un attimo un'espressione sospettosa e corse via, quando tornò l’aveva ma non per consultarlo e chiese direttamente a chi era meglio informato.
« Che mi sono perso? » Chiese a Nianma.
« Niente, visto che non mandavi una risposta e ti conosciamo, sono stata inviata per far si che tu guardassi i messaggi ricevuti. Non puoi portartelo in giro, come fanno tutti? »
« Odio essere sempre rintracciabile, almeno a casa potrò essere tranquillo. »
« Peccato che tu sia un ufficiale di una forza militare di pronto intervento, DEVI essere raggiungibile. »
Lui alzò le mani « Hai ragione, lo so! Mea Culpa. Adesso che novità ci sono? »
Lei si fece seria « Qualcosa di grosso, credo che qualcuno voglio che il I°  venga mobilitato? »
« Per intero? » Chiese lui scioccato e preoccupato. Per quella misura doveva essere scoppiata come minimo una guerra.
Fu sollevato a vedere l’asari che faceva di no con la testa « Solo i tuoi piromani e qualcuno del genio. È stato chiamato anche il colonnello Lofirn. »
Il quarian non solo era il terzo ufficiale più in alto della base e gestiva il genio militare, ma era il suo diretto superiore essendo i suoi piromani, registrati come reparto guastatori agli ordini del genio. Sotto il suo comando rientravano anche le artiglierie pesanti nella base. 
« Ci sarebbe dell’altro, ma questa è una voce. » Ammise lei.
« Di che si tratta…» 
« Credo che questo sia collegato a quello… trovato su Sarait. »
Rodi rimase a bocca aperta, cogliendo la gravità di quelle parole. Due settimane fa Niam e i fucilieri al suo comando avevano partecipato a una missione. 
Avevano scoperto un laboratorio segreto degli Yahg dove conducevano esperimenti su bambini comprati, insieme a molti corpi bruciati di questi. 
Il loro intervento aveva permesso di salvare una trentina di bambini. 
« Lo pensi veramente? »
Lei annuì vigorosa, lui si fece serio e chiese « Non è che daresti tu da magiare alle galline mentre non ci sono? »
Nianma accettò e rimase li con un sacchetto di mangime in mano mentre lui si allontanava diretto a una riunione per cui forse sarebbe arrivato appena in tempo. 
L’asari, incuriosita, alzò il tetto del pollaio. Aveva letto qualcosa su questo animale che i terrestri usavano soprattutto per la loro cucina. Uno stupido ed innocuo uccello. 
Infilò una mano carica di mangime, entrò appena che le galline saltarono sbattendo le ali per raggiungere le granaglie. Usando becchi e artigli.
Lei ritrasse la mano dolorante, quella reazione energica l’aveva completamente sorpresa. Aveva il segno di tre beccate, una di queste sanguinava, e diversi tagli.
Indirizzò diversi insulti agli animali e al loro padrone.
 
*****
 
Rodi sapeva che per quanto avrebbe provato a scommettere sulla sua destinazione, non ci avrebbe mai azzeccato. Heshtok, forse il più brutto pianeta di tutta la galassia se non si prendevano in considerazione la razza che lo abitava: i vorcha.
Con i Vorcha, diventava semplicemente una discarica grande quanto un pianeta. 
A suo avviso e di molti, la razza più brutta e inutile della galassia. Avevano una pelle giallognola, attraversata da striature rosse, mani a tre dita con artigli, gambe e breccia muscolose non per niente a volte si muovevano a quattro zampe. 
Il volto era brutto da vedersi e oblungo: ampie cavità oculari contenevano grossi e minacciosi occhi rossi; ampia parte del viso pareva essere schiacciata, erano privi di naso e sulla fronte avevano un’ampia cresta.
La bocca era ampia e scura rispetto al resto del corpo, questa era una semplice cavità che mostrava una serie di denti lunghissimi e affilati come lame.
Il pianeta presentava un'elevatissima attività vulcanica, che portava al rilascio periodico di gas tossici nelle riserve d'aria e d'acqua, oltre ad altre situazioni estreme alla base della leggendaria adattabilità dei vorcha, una specie selvaggia e altamente riproduttiva che lo avevano spogliato delle risorse naturali da generazioni. Il sovraffollamento e la distruzione di gran parte dell'ecosistema aveva dato origine a un pianeta ricoperto di piante infestanti e abitato da insetti resistenti. La mancanza di risorse aveva portato a una società basata su clan strettamente legati in cui quelli rivali conducevano una guerra costante contro gli altri per il controllo delle scarse risorse. 
Questa guerra incessante aveva reso ogni generazione di vorcha più forte e aggressiva della precedente, ma la loro continua mancanza di risorse aveva mantenuto la società dei vorcha estremamente primitiva.
I vorcha erano da sempre privi di qualsiasi forma governo. Le alleanze tra le linee dinastiche erano a dir poco fragili, le brevi e violente vite dei vorcha facevano sì che vi fossero poche istituzioni destinate a durare nel tempo. 
Erano conosciuti per una biologia piuttosto singolare che li differenziava dalle altre specie conosciute e che portava con sé una notevole serie di vantaggi e svantaggi. Possedevano ammassi di cellule non differenziate. Queste cellule davano ai vorcha limitate capacità rigenerative, oltre alla capacità di adattarsi rapidamente al loro ambiente, come lo sviluppo di una pelle più dura dopo essere stati scottati o una muscolatura più forte per sopravvivere all'alta gravità. Quando un vorcha era ferito o in pericolo, queste cellule si muovevano verso l'area e maturano rapidamente in forme specializzate che alleviavano il problema.
Un vorcha che subisce un taglio o una bruciatura si adatterà ad avere una pelle più dura. I polmoni di un vorcha situato in un'atmosfera poco respirabile si adatteranno a usare meglio i gas lì presenti. Gli ammassi di cellule non differenziate dei vorcha possono ricostituirsi da sole, ma il processo sarà lento. In generale, i vorcha erano in grado di adattarsi solo ad un singolo ambiente durante le loro brevi vite. Tuttavia, le cellule rimpiazzate permettono loro di guarire rapidamente, e anche di far ricrescere gli arti perduti dopo un periodo di mesi.
Tuttavia, come conseguenza, i vorcha non si evolvono più come fanno le altre specie. L'equivalente vorcha del DNA era rimasto immutato per milioni di anni. Per loro non c'era bisogno di evolvere come specie quando potevano adattarsi individualmente.
 
Rodi avrebbe voluto saperne di più sulla missione, ma tutto pareva sotto massimo riserbo. Si alzò, traballando leggermene a causa di una vibrazione che percorse il mezzo di trasporto su cui stava viaggiando. Erano da poco entrati nell’atmosfera di Heshtok.
Giunti fino li in astronave, stavano scendendo usando un Pellicano. Ideati dalla Noveria Corps nell’ultima guerra contro i grigi, erano pesanti bombardieri che potevano essere riadattati come trasporto truppe.
Uno solo di loro stava trasportando i suoi cento piromani e altrettanti fucilieri, al comando dell’operazione vi era Lofirn. Oltre al loro mezzo ve ne erano altri due, tenuti nella configurazione di bombardieri.
Viaggiavano senza scorta, non avendo i vorcha nessun tipo di aviazione propria. Su tutto il pianeta si poteva reperire al massimo qualche vecchia nave, ottenuta in genere uccidendone i legittimi possessori. 
Vi era anche una terza presenza alquanto insolita, un autentico s.p.e.t.t.r.o turian del Consiglio. Un agente segreto del governo galattico.
Anche il loro comandate aveva quel titolo, ma quello era più che altro per legittimare il fatto che il I° fosse autorizzato a violare qualsiasi legge. 
Lui non sapeva quali ma era sicuro che anche in quell’istante ne stessero violando qualcuno, l’unica nota positiva era che non esisteva un governo vorcha che avrebbe potuto protestare.
« Signore, le posso parlare? » Chiese rivolgendosi a Lofirn. Per qualche motivo gli aveva sempre dato l’impressione di essere un grande intellettuale, più adatto a una biblioteca. 
Lui sorrise tra se, rendendosi conto che l’idea che aveva del suo superiore, poteva essere data a ogni soldato del I°. Tutti loro sembravano essere nati per fare un altro lavoro. 
Non sapeva neanche lui bene il perché, forse per la forma elegante che tutti i quarian sembravano avere, con i loro corpi slanciati e la pelle tendente al viola e gli occhi molto chiari, di colore lilla e senza iridi. Erano più simili agli umani di tante altre razze avendo anche loro dei capelli, in genere scuri. « Capitano Tildon, ha bisogno? »
« Si, avrei un paio di domande se permette. » Al cenno d’assenso lui proseguì « Abbiamo due pellicani che da soli possono spazzare il terreno, duecento uomini del I° e uno s.p.e.t.t.r.o. Serve davvero tutto questo dispiegamento di forze? Quello che avremmo davanti è un clan vorcha, non mi aspetto una resistenza enorme. »
«Ha ragione, l’attacco sono convinto che non presenterà problemi. Il nostro obiettivo è la roccaforte del clan Shaaxyun, trovare quello che cerchiamo se presente e andarsene via prima del ritorno dei vorcha a saccheggiare. Ed è quest’ultimo a darci problemi. Sa capitano che quando un clan vorcha è in difficoltà per un attacco, magari di un altro clan, quelli abbastanza vicini si muovono per attaccarli a fine scontro? Sperando così di impadronirsi sia delle risorse dell’attaccante che del difensore, per questo questi scontri sono sempre brevi, non durano mai più di un paio d’ore. C’è sempre il rischio che altri clan vorcha rubino il bottino altrui. Uno scontro abbastanza celebre ha visto quella che era una lotta tra due clan, concludersi in una battaglia che ne coinvolgeva trentacinque. Inoltre, il clan “vincitore”, o dire sopravvissuto credo più esatto, tornando alla propria base ha scoperto che era stata assalita e saccheggiata. Quello che temo è che il nostro attacco attiri, sono quasi certo che avverrà, tutti i clan nelle vicinanze. Un clan vorcha a una popolazione media di cinquecento individui, supponendo anche solo che dieci clan intervengano dovremmo fronteggiare cinquemila vorcha. Per questo ho richiesto il suo gruppo, contro un muro di fuoco il numero degli aggressori conta poco. »
Rodi sorrise a quella frase, certo il vespene se ne fregava del numero di nemici e la gittata dei lanciafiamme sulle braccia gli permetteva di ridurre in cenere tutto nell’arco di venti metri, ma cinquemila nemici a essere ottimisti? Di sicuro non avevano così tanto vespene.
Tutto dipendeva, da quanto velocemente l’agente segreto avrebbe trovato quello che cercava. 
 
*****
 
La sede del clan bersaglio appariva poco più di una baraccopoli terrestre, l’unica costruzione che spiccava era scavata nella roccia, o per meglio dire inserita, ed era il muso di qualche vecchia astronave su cui era stato costruito tutt’attorno dandole vagamente l’aspetto di un castello. 
L’attacco dal cielo fu preciso e letale, le misere difese esterne furono spazzate, qualunque cosa tra loro e l’ingresso della base nemica fu annientata. 
A passo veloce, con i piromani all’esterno e i fucilieri al centro della formazione, si avvicinarono al bersaglio, mentre attorno a loro i sopravvissuti a quell’attacco scappavano, avrebbero potuto abbatterli senza problemi.
Lofirn però aveva dato l’ordine di non attaccare la popolazione civile, nei limiti del possibile voleva rispettare le regole di guerra. Di questo Rodi fu contento, voleva evitare di avere incubi o rimorsi che l’avrebbero tormentato.
Dalla roccaforte nemica cominciarono a sparare, un inutile dimostrazione di tenacia vorcha. Armi vecchie che nulla potevano contro l’armamento del I°.
I colpi rimbalzavano contro la corazza NC-13, mentre il fucile di T-17 faceva saltare in aria difensori e i loro ripari. 
In un attimo furono davanti all’ingresso, Rodi e due dei suoi uomini usarono i lanciafiamme.
Senza volerlo si mise a pensare alla lega di metallo della porta che li fermava, al suo punto di fusione, al tempo normalmente previsto a raggiungerlo. 
58 secondi dopo la porta era scomparsa, lasciando una grande pozzanghera di metallo fuso e un ingresso bruciato insieme ad alcuni corpi.
Alcuni dei difensori si erano posizionati subito dietro alla porta, ma quando questa aveva ceduto era stato il fuoco a fare irruzione. Ossa carbonizzate e cenere era quello che rimaneva, il vespene aveva bruciato tutto così a fondo da far sparire anche l’odore di carne bruciata.
Metà dei fucilieri con il loro comandate e lo s.p.e.t.t.r.o. entrarono di corsa mentre i piromani si mettevano all’esterno, la paura era che con le loro fiamme distruggessero casualmente quello per cui erano venuti.
Piromani e la restanti i fucilieri si misero di guardia all’esterno, agli ordini del capitano Tildon. Fece appostare un piromane ogni 15 mt, intercalando fra loro i fucilieri.
Nel cielo, i Pellicani volteggiavano come falchi pronti a colpire. Ben visibili.
 
Li vide arrivare ben prima di qualsiasi previsione, comparvero some una lunga ombra nera che si estendeva sul terreno, giù da una collina. Ed erano tanti, dannatamente tanti. Non sapeva chi o come, ma il calcolo sul contrattacco nemico era stato sbagliato e di tanto. 
Non capì come fosse possibile, sembrava quasi che avessero visto un segnale.
L’ombra di un pellicano passò su di lui, maledisse il fatto che nessuno ci avesse pensato. I Pellicani erano stati il miglior segnale possibile.
Non diversamente dagli avvoltoi che girano in tondo, in cielo, facevano scoprire la carcasse anche ai predatori di terra.
Li vide arrivare di corsa, incuranti di qualsiasi tattica, correvano anche a quattro zampe aggrappandosi al terreno con le mani artigliate, saltando energicamente ogni ostacolo che avessero davanti. Attaccandosi anche fra loro, per arrivare primi in quella specie di competizione che vedeva come premio le spoglie dei vinti.
Un gran rumore e numero di esplosioni, la polvere si alzò per un lungo tratto facendo scomparire di i vorcha alla vista. I pellicani avevano aperto il fuoco, il terreno vibrava martoriato dai loro colpì.
I vorcha sbucarono di corsa oltre il muro di polvere, un soldato si sarebbe fermato in cerca di riparo, ma la loro stupidità e aggressività li lanciava invece in quella corsa folle.
Incuranti dei loro simili fatti a pezzi da quell’attacco, che sembrava invece far salire la loro frenesia da battaglia. 
I fucilieri aprirono il fuoco, un solo colpo di T-17 bastava a tagliare in due vorcha o almeno a fargli perdere un arto. Da canto loro la NC-13 li proteggevano dai primi colpi che il nemico scambiava con loro.
Rodi stava a gambe aperte ben piazzato e fermo, respirando in modo controllato per rimanere più calmo possibile. “Venti metri” si ripeteva mentalmente, sul visore dell’armatura vedeva la distanza dai nemici più vicini, cercando di calcolare il momento esatto di quando usare le fiamme. 
Davanti a loro si estendeva terreno aperto ricoperto da erbe infestanti. Sembrava che sul pianeta non fosse rimasta altro tipo di piante, quello stupido pensiero lo tranquillizzò, non avrebbe incenerito qualche pianta di rara bellezza.
Un allarme risuonò nell’armatura, i Vorcha erano avevano superato i venti metri. I fucilieri retrocedettero mentre sparavano, i piromani restavano ben fermi.
« Fate brace! » Ordinò, con tono calmo, il capitano Tildon. 
Alzarono di scatto il braccio destro all’unisono, il vespene venne pompato con forza dal serbatoio fino agli augelli, dove fu liberato.
Una colata, uno spruzzo di fuoco che aggredì prima l’aria incendiandola e incendiandosi. Quando toccò terra questa divenne carbone e con essa ogni creatura che la calpestava. 
Una pozzanghera incandescente che si allargava senza sosta, consumando istantaneamente ogni cosa. I Vorcha vi finirono dentro. Come il resto divennero semplicemente cenere, alimentando  quel muro di fuoco che li aveva uccisi.
I vorcha più avanti si arrestarono, quelli indietro non furono altrettanto rapidi, molti furono spinti in avanti cadendo in quel muro di fuoco, che si estendeva per venti metri davanti a loro e che proteggeva gli I.D.G.
I piromani cambiarono braccio, continuando a incendiare il terreno davanti a loro mentre il destro si raffreddava.
Le due parti si osservarono un istante, separati da quella barriera. Entrambe sembravano sorprese che quell’espediente avesse funzionato. Un vorcha si voltò verso simile e lo pugnalò a morte.
« Che sta succedendo? » Domandò Rodi quando vide l’agitazione salire nuovamente tra i vorcha.
« Stanno combattendo fra loro. » - Asserì un fuciliere che sembrava saperne di più - « Con così tanti vorcha devono esserci molti clan, parecchi rancori, penso li stiano risolvendo adesso che noi siamo fuori dalla loro portata. »
Lui vide che i vorcha più vicini alle fiamme lottavano, per gettarvi dentro i propri simili. Si stavano massacrando in uno spettacolo che gli faceva venire la nausea.
« Riuscite a mantenere quelle fiamme? Vero? » Gli chiese lo stesso fuciliere. Lui rispose di si. Avevano vespene in quantità, la vera domanda era quanto tempo ci avrebbe messo il gruppo di 
Lofirn. 
Un rumore di metallo che si piegava, una figura sfondò una parete di metallo della roccaforte nemica, cadendo a quattro zampe nel centro dello loro formazione.
« Quello che roba è? » Domandò Rodi, non aveva mai visto niente di simile, sembrava un vorcha ma era decisamente più grosso, i tratti più bestiali e ancentuati, venature blu gli percorrevano il corpo.
La creatura guardò davanti a se, attaccò. I fucilieri reagirono, ma prima che i loro colpi raggiungessero il bersaglio, questo era sparito con incredibile velocità.
« Attenzione! È…» Ma il grido del fuciliere si perse quando un artigliò arrivò dal nulla, colpendolo dall’alto dritto in testa. Il casco lo protesse, ma il metallo della NC-13 era stato scalfito a mani nude da quella creatura. 
«…Biotico. » Mormorò fra se Rodi, completando la frase. Con uno spostamento di fase di era teletrasportato, sfuggendo ai colpi sperati e attaccando da un angolo cieco.
I fucilieri erano messi in difficoltà dalla sua agilità, amplificata dai suoi poteri, continuava a teletrasportarsi ma al contempo stava cominciando a far suo di altri poteri biotici come onda d’urto.
Qualcosa non andava e non era dovuto solo a quello strano essere, ma anche ai suoi poteri biotici che sembravano non esaurisci. Di norma, dopo un attacco ogni biotico necessitava di tempo per accumulare nuova energia oscura da usare, si poteva lanciare un attacco biotico ogni due minuti fino a quando lo sforzo fisico non diventava eccessivo. 
Quella creatura, invece, sembrava poter fare un uso infinto dei suoi poteri. 
« Sarà biotico, ma lo sono anch’io! » Dichiarò risoluto un fuciliere, un’asari. Non era l’unico. Di norma un biotico sarebbe stato sprecato con indosso un NC-13, ma nel reggimento si trovavano quelli di livello più basso e non oltre il livello 2. 
Usarono diversi attacchi biotici che però non sortirono nessun tipo di effetto, solo svanirono tutti prima di toccarla. 
Il fuciliere asari, che per primo aveva lanciato l’attacco, fu assalito dalla creatura che gli fu addosso mordendogli l’elmo e gettandolo a terra. 
L’asari lanciò urla di terrore alla vista dei denti che premevano davanti al suo volto, al rumore dell’elmo che scricchiolava  mentre percepiva gli artigli della bestia graffiare sempre più a fondo la corazza.
Il vorcha mutato saltò via, lasciando al presa, avvertendo un altro nemico in avvicinamento. Evito due vampate di fuoco, prima di riuscire a prendere le distanze.
Rodi stava affrontando personalmente la creatura, aveva cambiato le impostazioni degli augelli perché le fiamme non raggiungessero più di mezzo metro. 
In questo modo poteva affrontare il nemico da molto più vicino dei fucilieri, inoltre sarebbe bastata una fiammata di vespene a ridurlo in cenere. Gli altri piromani non si mossero, bloccati dal dovere di mantenere il muro di fiamme.
Prese a boxare come nell’allenamento militare, a ogni pugno seguiva vampata di fuoco che il suo avversario evitava. Era lento, l’armatura sotto quel punto di vista non aiutava. 
Il suo nemico invece era veloce, troppo. A ogni affondo che eseguiva con i suoi artigli li sentiva raschiare contro l’armatura e un paio di volte anche sul casco. Se non fosse stato un modello integrale, adesso si sarebbe ritrovato senza una faccia come lasciavano pensare tre incisioni sul davanti.
A un certo punto gli fu addosso, avvinghiandosi con i piedi all’altezza della vita e facendogli perdere l’equilibrio. Rodi cadde schienato a terra, mentre gli allarmi dell’armatura non smettevano di risuonare. 
Riuscì a parare un morso mettendo in mezzo il braccio sinistro su cui le fauci della bestia si chiusero. Altri allarmi si accesero, segnalando danni e malfunzionamento nel braccio sinistro.
Non gli importava, aveva il destro, a quella distanza non poteva mancarlo.
Con sorpresa scoprì di non poterlo muovere, la bestia aveva spostato un piede poggiandoglielo sopra capendo che doveva bloccargli le braccia per disarmarlo.
Per quanto ci provasse il braccio non si muoveva, normalmente una NC-13 poteva spostare fino a 80kg ma in quella posizione era solo il motore della spalla destra ad essere azionato, mentre la creatura faceva uso dei suoi poteri per aumentare la forza esercitata.
Lui lanciò un’occhiata agli allarmi, una rapida valutazione sul rivestimento esterno dell’armatura gli fece decidere di tentare. Usò i lanciafiamme del braccio sinistro.
Normalmente l’avrebbe mancato, ma i denti della creatura erano penetrati nella corazza. Avevano creato buchi.
La bestia urlò di dolore mentre lo lasciava , agitandosi dal dolore, rotolando a terra e mostrando di aver perso la bocca. I denti erano spariti, come anche la mascella. Diventati cenere da quel poco di gas vespene scappato lungo i tubi.
Rodi da parte sua cercava di togliersi il braccio sinistro dell’armatura, questo aveva preso fuoco sia dentro che fuori. Poteva sentire il calore delle fiamme. Un fuciliere si chinò su di lui, riconobbe l’asari di prima, per aiutarlo.
Davanti a loro, la creatura fu abbattuta da diverse raffiche di T-17. Sofferente per le ferite subite, non fu in grado di evitarle.
Le fiamme sul braccio di Rodi si erano intanto spente, il poco di gas vespene che era fuoriuscito aveva consumato tutto l’idrogeno che poteva prima di esaurisci.  Tuttavia il braccio meccanico sinistro era completamente fuori uso.
In quel momento il colonnello Lofirn riemerse dalla roccaforte nemica, pareva avessero incontrato una dura resistenza. La sua corazza aveva diversi segni « Ottimo! Siete riusciti ad eliminarlo. » Disse avvicinandosi alla cadavere del vorcha mutato, rivolgendosi al capitano Toldin che chiese « Signore, cos’era? »
« Non “era” capitano, ma “ sono” ne abbiamo trovati altri cinque come lui la sotto. Questo ci era scappato. Abbiamo preso tutte le prove e distrutto il resto. »
« È per questo che ci avete messo così tanto. Spero ne sia valsa la pena.»
« Lo spero anch’io. » - Mormorò il quarian - « Io…ho perso due uomini la sotto. »
A quelle parole Rodi rimase senza fiato, con infinite domande riguardo a quei strani vorcha mutanti.
« Andiamo via. » Ordinò Lofnir.
 
I fucilieri si disposero su due file, quella davanti in ginocchio e in piedi quella dietro. Davanti a tutti i piromani con le canne dei T-17 che sbucavano fra si essi. Formarono un quadrato perfetto. 
Quando le ultime fiamme si spensero, i vorcha smisero di combattersi e li assalirono.
I T-17 fecero fuoco senza un attimo di esitazione, nella calca del nemico era impossibile non centrare un vorcha qualsiasi. Il tiro si soppressione eliminò le prima file di nemici. 
I piromani incenerirono tutto quello che i lanciafiamme potevano raggiungere. Nessun nemico riuscì ad avvicinarsi a meno di venti metri. 
Poi a un tratto la pressione calò, i vorcha cominciarono ad ignorarli, correndo invece verso quella che era stata la roccaforte del clan. Nuovamente presero a massacrarsi fra loro.
Gli I.D.G. si erano dimostratati troppo duri da aggredire, questo li fece desistere facendoli preferire per qualcosa di più facile conquista. Avrebbero continuato a uccidersi fino a quando non sarebbe rimasto un solo clan a reclamare le spoglie dei morti.
Accortisi di non essere più l’oggetto del loro attacco gli I.D.G. sempre in formazione serrata si erano allontanati, a distanza opportuna Lofnir fece rompere la formazione e presero a correre, raggiungendo il sito dove delle navette li prelevarono per portarli sui Pellicani e da li al sicuro nello spazio.
 
*****
 
«Signore cosa, vuole fare? » Chiese Derica al suo comandate capo su Bekenstein. Erano nel suo ufficio.
« Domanda sbagliata, Sioux. » Borbottò Steve, chiamandola col soprannome  « Quello che voglio fare è niente, trovare un incarico tranquillo senza problemi. Quello che DEVO fare, è fare un paio di chiamate. Di quelle che mi daranno preoccupazioni che non mi faranno dormire la notte. Ci siamo beccati, davvero un bel problema. »
Lei annuì, dei vorcha modificati con tecnologia dei razziatori e con eezo 19 erano un problema di quelli seri. Avevano ottenuto alcune informazioni importanti, ma ancora non era chiaro chi ci stesse dietro.
Erano arrivati su Heshtok, da alcune informazioni ricavate da un assalto comandato da lei a un laboratorio segreto degli Yahg.
Avevano trovato tracce di qualche collaborazione tra Yahg e quel singolo clan Vorcha. Sembrava che i secondi avessero deciso di fare da corsari per i primi, in cambio ottenevano denaro e altri beni che su Heshtok potevano valere molto.
Tuttavia il laboratorio trovato era troppo moderno, si era escluso che fosse opera degli Yahg e questo lasciava aperta la possibilità a una terza fazione. Quale che fosse il suo ruolo era ancora da stabilire. 
Inoltre era difficile dire se si fosse interrotta la collaborazione tra Yahg e Vorcha, eliminato un clan non restava che trovarne un altro. Fortunatamente la ricerca di informazioni sarebbe toccata ad altri, il I° non era fatto per quel genere di lavori.
Sioux fu lieta di questo, ma aveva la sensazione di aver provato ad afferrare dell’acqua serrando la mano a pugno. Vide la stessa insoddisfazione sul volto del suo comandante.
Era davvero una brutta sensazione, di quelle che facevano pensare al peggio.

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Capitolo 3
*** Isabella: Lavoro, passatempo e amicizie di un phantom. ***


Note dell'autore: Il tempo passa per tutti, questo porta cambiamenti. Tale regola vale anche per Isabella. Questo per spiegare le motivazioni che mi hanno spinto a creare una storia che vede questo personaggio, che molti hanno apprezzato, in situazioni diverse da quelle abituali e con un comportamento sicuramente differente rispetto alle storie iniziali. 
Con questa one shot presento Isabella in questo secondo ciclo narrativo, nella speranza che vi possa piacere come nel primo.
Adesso silenzio, le luci si sono abbassate e lei sta salendo sul palco...
 

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I
sabella disegnata da Marty Efp

LAVORO
 
Se anche la bellezza non era un concetto assoluto, la donna che stava salendo in passerella si avvicinava molto a quell'idea di perfezione.
Stupido o pazzo, uomo o donna, buono o cattivo, alieno o umano nessuno avrebbe potuto definirla brutta.
Capelli biondi più brillanti dell'oro, accuratamente raccolti.   
Occhi di un azzurro che non aveva eguali, una brillantezza e una profondità in cui sembrava possibile annegare.
Una carnagione chiara, su cui le luci del palco si riflettevano dando alla sua pelle la lucentezza di un diamante.
Il fisico era perfetto, 1,75 di altezza, tonico e allenato, nessun tipo di imperfezione rovinava quella pelle liscia e morbida.
Labbra sottili promettevano un piacere intenso a chi avesse saputo conquistarle.
Tutto questo, senza che nessuno accorgimento fosse stato fatto. 
Lei non ne aveva mai avuto bisogno, qualsiasi aggiunta poteva solo imbruttirla.
Salì sulla passerella, camminava con eleganza felina. Ricordava una tigre nella giungla, conscia di essere lei il predatore più forte.
Indossava un vestito rosso, ma a nessuno importava di quello anche se era una sfilata di moda.
Arrivata alla fine della passerella si voltò, nella sala regnava il silenzio interrotto solo dagli scatti delle foto. Con lo sguardo abbracciò l'intera sala, sembrava una dea davanti ai suoi seguaci. 
Tornò indietro senza degnarli di uno sguardo, non una prova che l'attenzione o i desideri che le rivolgevano l'avessero raggiunta. 
Non era disprezzo o indifferenza quella che lei rivolgeva a al pubblico, mai li aveva considerati abbastanza da far si che meritassero simili attenzioni.
Per lei semplicemente non esistevano, proprio come una tigre non poteva rendersi conto degli insetti che calpestava. Se anche non fosse stato così, al grosso felino cosa mai avrebbe potuto importare di un insetto? 
Tornò indietro, all'inizio della passerella, le tende si chiusero e lei sparì dalla vista. Il vociare delle persone tornò all'improvviso, come se qualcuno avesse rimesse l'audio. 
Molti già immaginavano di avere quella donna nel loro letto, la prossima volta che fossero andati con una prostituta.
Quelli che osavano di più, avrebbero cercato di acquistare degli indumenti che lei aveva indossato o presunti tali con cui soddisfare le proprie manie. Forse avrebbero ottenuto dei suoi capelli, fortunatamente rimasti attaccati a qualche spazzola.
Entrarono altre modelle, ma le guardarono distrattamente. Niente di più di manichini per sfoggiare i nuovi abiti di alta moda.
Non erano alla sua altezza, anche se tutti l'avevano osservata quasi stuprandone l'immagine nessuno avrebbe saputo dire che vestito indossava. Ricordavano vagamente un colore rosso. 
Lei era la loro ossessione, di quelle persone e di altre centinaia sparse nella galassia. Si dichiaravano suoi ammiratori, anche se dalla loro “dea” non ricevevano niente.
Non l'avrebbero mai raggiunta, perché lei era Isabella Noveria. 
Numero due della potente multiplanetaria Noveria Corps, forse la seconda persona più ricca della galassia, superata in questa graduatoria solo da Dasha Weaver.
Quest'ultima era conosciuta come “ La signora di Noveria “, aveva fondato e gestiva la Noveria Corps, ed era ufficialmente sua moglie. 
Se tale notizie non fossero state abbastanza perché l'opinione si interessasse a Isabella, una strana fuga di notizie sul suo passato aveva fornito materiale in abbondanza alla stampa.
Era un nuovo tipo di biotico, con in corpo un raro isotopo 19 del più comune eezo. Era il più potente, il primo catalogato come di sesto livello. 
Inoltre risultava coinvolta in quello che il pubblico conosceva come “Il massacro del casinò Putin”, un centinaio di morti massacrati e litri di sangue avevano imbrattato il locale.
La responsabile era lei, ma se l'era cavata solo perché una persona si era intervenuta a suo favore. Raccontando che quella era un operazione militare uscita male. 
Una bugia che tutti i potenti sapevano essere tale, ma che decisero di servirsi. 
Tra la rabbia dei parenti delle vittime, nessuno venne condannato. 
Giustizia e verità erano state sacrificate in nome della ragion di stato, ma a nessuno importava. 
Confinare Isabella in prigione era praticamente impossibile, non solo per il suo ruolo o i poteri ma perché la sua mente stava a un passo dalla follia. 
Per anni un programma d'indottrinamento phantom le aveva fornito le nozioni basilari di combattimento, punendola ogni volta che provava un emozione o dimostrava un pensiero autonomo. Era stata una cavia di un organizzazione terroristica, oggetto di un esperimento per ottenere un soldato potenziato. All'epoca era solo una ragazza di al massimo dodici anni, la Weaver era a sua volta un'altra cavia della medesima organizzazione. Persero entrambi i loro ricordi originari a causa dell'indottrinamento, quando furono liberate dall'Alleanza scapparono e quella fu l'inizio della loro avventura. 
Dasha Weaver, da subito, fu l'unica ancora che tratteneva Isabella da cadere nella follia e alla falsa notizia della sua morte, lei si era scatenata compiendo l'orrenda carneficina.
Un fatto per cui Isabella non mostrò nessun rimorso o ripensamento. Perché lei si vedeva come il predatore assoluto, uccidere le piaceva, torturare la divertiva, far impazzire la vittima di paura la esaltava. 
Per lei esistevano solo prede e predatori, i deboli morivano per colpa delle loro condizioni. L'omicidio non era motivo di dispiacere, se si moriva la colpa era solo propria. 
Non temeva nessun castigo, legge o punizione. 
Questo rendeva difficile gestirla, solo Dasha Weaver aveva tale influenza su di lei.
Sempre per lei, nella speranza di esserle utile, aveva deciso di cambiare vita. Dasha aveva un esercito di persone pronte a uccidere per interesse verso la Noveria Corps. 
Così Isabella aveva preso una decisione, partecipando al più rinomato torneo di scherma biotica aveva dimostrato a tutti la sua abilità. Lei contro centoquarantanove avversari. 
Terminò l'incontro ricoperta di ferite e lividi, ma aveva vinto. Da allora era diventata il volto pubblicitario della Noveria Corps, la più forte schermitrice biotica e no mai esistita. 
Vincendo in pochi anni tutti i titoli di scherma che fosse possibile ottenere. 
Bella, potente, sicura di se, spietata, irraggiungibile. Sebbene la galassia ne avesse paura, erano molte di più le persone che ne erano attratte, le ragazze che la imitavano non si contavano.
Era un idolo per molte di loro. 
Scortata e isolata dalle fidate guardie di Divisione N, l'esercito privato della compagnia, entrò nel suo camerino. L'ambiente era quanto mai lussuoso, aveva tutto il necessario. 
Tirò un sospiro di sollievo sedendosi, con soddisfazione si sciolse i capelli essendo abituata a una semplice coda di cavallo. Questi caddero liberi in tutta la loro lunghezza, arrivando fino al fondoschiena. Lasciò ondeggiare la testa all'indietro, un velo di tristezza le coprì il volto. “È questa la normalità?” non era la prima volta che si poneva la domanda.
Lavorava, guadagnava, pagava le tasse e quando non doveva sfilare in mondi distanti da Noveria tornava a casa, a volte vi trovava Dasha e altre volte no, anche lei trascinata altrove sempre per lavoro. Quando potevano stavano insieme pochi giorni, per lei un barlume di assoluta felicità, poi nuovamente si separavano. 
“Questa è la vita offerta dalla civiltà? “ domandò a se stessa, con un gesto di fastidio si accarezzò la nuca. Nonostante fossero passati due anni, da quando il suo programma phantom era stato modificato per non infliggerle più dolore, non era ancora abituata a pensare liberamente.
A volte rifletteva che nella sua mente c'era troppo spazio, sempre più spesso si poneva domande su qualche argomento che prima non le era mai interessato. 
Il programma l'aveva abituata a prendere decisioni immediate, nell'arco di un secondo lei decideva ed agiva. Aveva una mente da predatore, un istinto animale che la rendeva letale. 
Ma questi doti in una realtà “civile” non servivano.
Questa civiltà le sembrava solo una grande gabbia che le prede o deboli avevano costruito, imponendola alla galassia grazie al loro numero soverchiante. 
Non era questione di razze perché tutte avevano prede e predatori, ma i primi si erano sempre affermati. A un certo punto della storia, essi si imponevano e fondavano quella che veniva detta una civiltà, dettavano leggi che proteggevano tutti e a quel punto i predatori avevano perso. 
“Quel è il risultato di tutto questo? “ Miliardi di vite senza senso proliferavano in giro per lo spazio, troppo deboli per difendersi da soli, incapaci di affrontare qualsiasi sfida. 
La civiltà aveva soffocato qualsiasi istinto basilare, li aveva sconvolti e presso ogni razza si trovavano individui bulimici, anoressici, obesi o magri, stupratori e assassini o con altre strane devianze.
Come quelle persone che si definivano suoi ammiratori, la scimmiottavano nel vestire o nell'atteggiamento in modo che lei trovava grottesco e nauseante.
Erano così prive di personalità da dover imitare lei? “Disgustoso” pensò.
Imitare un predatore era una delle tante tattiche esistenti in natura che le prede avevano sviluppato. Quello, in fondo, era solo un ulteriore conferma della loro indole. 
Lei non era così, aveva sempre dato ascolto ai suoi istinti. Quando aveva fame cercava cibo, era stanca andava a dormire, faceva l'amore con Dasha quando ne aveva voglia, se voleva uccidere uccideva.
Era semplicemente ben nutrita e appagata, un risultato che sembrava alla portata di pochissimi individui. 
Ammise di dover correggersi su un punto, un tempo avrebbe ucciso quanto voleva. Adesso era troppo famosa, rimanere anonimi era impossibile. 
Anche indossando un'armatura integrale, il suo stile di combattimento sarebbe stato riconosciuto. 
Si chiese se anche lei non fosse caduta nella trappola della civiltà.
Non era pentita della sua scelta, se così facendo era maggiorente d'aiuto a Dasha. 
Indugiò sul ricordo di qualche omicidio che aveva commesso, sorrise quando le tornò in mente l'odore del sangue, l'eccitazione del momento, la sensazione di annusare la paura della sua vittima. 
Ma era un predatore, non poteva cambiare la sua natura. Per questa si era unita al I° reggimento I.D.G., a comandarlo vi era la persona che si era presa la responsabilità di quanto accaduto al casino Putin e una che lei aveva definito suo amico: Steve Williams Shepard. Lui era uno s.p.e.t.t.r.o., un'agente speciale del Consiglio della Cittadella legalmente autorizzato a infrangere qualsiasi legge.
Tale principio permetteva al I° reggimento di usare un armamento altrimenti illegale, questa protezione veniva estesa anche a Isabella e al suo operato se questo era avvenuto sotto suo ordine. Come confessò, pur mentendo, nel caso del casino Putin.
La loro amicizia si basava sul concetto che un giorno, forse, uno dei due avrebbe ricevuto l'ordine di uccidere l'altro ma fino ad allora tanto valeva andare d'accordo. 
Il motivo per cui aveva riconosciuto solo quella persona, come amica era semplice. Lui non aveva timore di lei o per meglio dire non ne era neanche disgustato.
Tranne Dasha, le uniche altre persone che ci riuscivano erano Alexya, Diana e Trish.
Steve nutriva un'onesta indifferenza verso tutto quello che non lo riguardava direttamente, faceva anche pochissimi sforzi per nasconderla.
Questo lei poteva dirlo benissimo, vista la sua abilità di lettura del corpo. Atteggiamenti involontari rilevavano molto di più delle parole, lei sapeva interpretarli quasi alla stregua di un messaggio scritto. Era anche quello che definiva “ uno stupido trucco” quando lo usava per spaventare il nemico. 
Come riceveva segnali che sapeva interpretare, così sapeva inviarli e poco importava che l'avversario sapesse interpretarli o la sua razza.
C'erano ancestrali segnali di pericolo comuni a ogni popolo della galassia, la mente dell'individuo, inconsciamente dal suo volere, non aveva mai perso la capacità di riconoscerli nonostante l'evoluzione. Per un secondo essi rimanevano confusi, mentre antichi meccanismi di autoconservazione entravano in azione, in quel secondo lei uccideva.
Per questo non sopportava gli atteggiamenti esitanti, a suo giudizio il comportamento più distintivo di una preda ma anche perché esitare voleva dire morire. 
Trasformava chiunque da predatore a preda, per questo aveva allenato le ragazze a non avere esitazioni. 
Un giorno l'avrebbero superata, non tanto per questioni di potere e abilità ma perché a quella società civile si erano adattate rimanendo predatori. Per loro era un ambiente naturale, avevano imparato a muoversi in essa senza problemi. 
Lei sapeva benissimo che senza Dasha, avrebbe finito per farsi uccidere molto tempo addietro.
Le zone senza legge, dove viveva la regola della sola sopravvivenza, erano per lei il posto più adatto. 
Troppe cose della società civile non le piacevano o aveva difficoltà a comprendere. 
Non sapendo cosa fare consultò il suo omnitool, tutte le ultime notizie erano sull'invasione del pianeta Erinle, nei Sistemi Termius, da parte del Dominio Yahg. 
Ospitava una colonia Salarian, a difenderlo vi era il IV° reggimento I.D.G. costituito dai krogan. 
Si era creata una strana situazione politica, con le potenze maggiori che non volevano farsi trascinare in guerra, ma quella era pur sempre una colonia salarian anche se indipendente. 
I Salarian erano anche una delle sei potenze maggiori, il loro governo si era trovato in una situazione in bilico tra far scoppiare una guerra o abbandonare dei concittadini. 
In più il IV° reggimento, in seguito a una serie di circostanze, era intervenuto di sua iniziativa quando si trovava in quel sistema per un'altra missione. 
Era impensabile richiamarlo, senza enormi e disastrose conseguenze politiche. 
Consiglio della Cittadella e Dominio Yagh raggiunsero un accordo, tra tredici giorni sarebbe stato firmato un accordo in cui entrambe le parti avrebbero riconosciuto qualsiasi situazione si fosse creata  per quella data sul pianeta.
Nessun'altra forza militare sarebbe stata inviata, per sicurezza il III° reggimento le cui navi avevano trasportato il IV° sul posto, vigilava che gli Yahg rispettassero l'accordo. 
L'opinione pubblica sperava che i krogan sarebbero riusciti a scacciare quest'ultimi arrivati, che spesso si mostravano arroganti, xenofobi e razzisti. 
Isabella pensò che le sarebbe piaciuto andarci, un conflitto era la condizione perfetta per uccidere senza che nessuno si lamentasse. 
Trovava divertente come la tanto preziosa moralità di questa società civile, perdesse tutta la sua importanza appena le condizioni lo permettevano. 
Un segnale di chiamata in arrivo la sorprese, così come il suo chiamante: Steve. 
Un sorriso speranzoso le si dipinse in volto, possibile che il I° reggimento, che lui comandava, fosse stato mobilitato? Lei ne faceva parte, almeno di nome. 
Non le importava la definizione esatta ma solo che questa le dava l'occasione per uccidere. 
 
PASSATEMPO
 
Note musicali, diverse e molteplici che si mescolavano fra loro formando quella che veniva definita musica.
Non vi era però nessun strumento alla sua origine.
Non erano applausi quelli che si udivano.
D'altronde il posto non era un teatro o un altro luogo dove sarebbe stato possibile trovare della buona musica. 
Era un avamposto militare situato sul pianeta Erinle, ed era occupata dai soldati del dominio Yagh e da numerosi mercenari Vorcha. 
Aveva lo scopo di sorvegliare un tratto di confine con la colonia salarian, da li partivano anche attacchi contro di essa. 
Un centinaio di elementi la presidiavano o almeno così era stato.
I difensori stavano combattendo contro qualcuno, non capivano chi o in quanti fossero, ma ogni istante qualcuno di loro cadeva. 
Si udivano quelle note e qualcuno moriva, già una ventina di difensori giacevano senza vita ma non erano semplicemente stati uccisi. 
Venivano trovati corpi maciullati, teste spaccate, mascelle strappate, braccia amputate, tagliati in due in orizzontale o verticale, gole lacerate, occhi cavati dalle orbite e viscere riverse a terra. Le urla non erano mancate.
Venne dato l'allarme, scoprirono di essere isolati, le comunicazioni non funzionavano.
Yagh e Vorcha si mobilitarono, cercando il nemico divisi in pattuglie. 
Caddero una a una, quando una segnalava di essere attaccata i rinforzi giungevano sul posto che era già tutto finito.
I difensori si raccolsero per non fornire più obbiettivi facili. Furono gli Yagh i primi a intravedere il misterioso aggressore, era occultato ma l'estrema sensibilità dei loro occhi faceva intravedere a loro la sua sagoma. 
Vedere non significa colpire, inoltre i Vorcha non possedevano tale abilità.
Vennero presi di sorpresa dall'attacco forsennato di quel singolo e misterioso nemico che si rilevò essere un biotico. Ed era quello che stava accadendo in quel momento, l'origine di quella musica.
Una figura umanoide, utilizzando una combinazione di tecniche biotiche e di scherma, armata con due spade stava facendo a pezzi i difensori anche se era in mezzo a loro. 
Ottanta contro uno.
Appariva, uccideva e spariva, con una sequenza e rapidità incredibili. Movimenti imprevedibili, impossibili da intercettare. 
I difensori si erano già uccisi fra loro, per sbaglio, nel tentativo di colpirla.
Se l'aggressore era un biotico, anche tra i difensori ve ne erano e in gran numero ma i loro poteri sembravano inutili.
Nova, schianto, carica biotica e un'infinita sequenza di attacchi biotici che distruggevano i loro bersagli. In particolari i fendenti biotici erano numerosi, laceravano l'aria tranciando qualunque cosa sul loro cammino. 
Nessuno avrebbe dovuto aver la forza per lanciare attacchi biotici con tale rapidità. 
Dopo un qualsiasi uso di potere biotico, i nuclei di eezo dovevano ricaricarsi.
Non capivano chi fosse quel misterioso aggressore, davanti al quale si sentivano come una preda di fronte al suo predatore. La dolce melodia musicale andò avanti e la sua fonte sembravano proprio quelle lame. 
 
Mezz'ora dopo la musica ebbe fine, con essa il combattimento. Non vi era più nessuno di vivo tra i difensori. Una figura femminile aggraziata sedeva su un gruppo di cadaveri di Yahg. 
Una spada per mano, la punta rivolta al cielo, osservava con attenzione il filo di quelle spade per lei estremamente importanti. La loro manutenzione aveva la precedenza anche sulle sue ferite.
Soddisfatta vide che non avevano subito danni, non che avesse mai pensato che potessero rovinarsi ma presto le avrebbe pulite lo stesso da ogni traccia di sangue, anche microscopica, per pura paranoia. Le spade per un phantom erano tutto, per lei fondamentali. 
Erano tra le poche cose, dopo Dasha, a non farla sprofondare nella follia. Quelle poi erano state un regolo da parte proprio di quella donna da lei tanto amata. 
Non poteva quindi non averne cura. Le aveva donato delle spade che non avevano eguali.
Una spada era curva e a taglio singolo lunga sessanta cm, l'altra uguale ma più corta sui quaranta cm. Sul un lato di ciascuna lama era inciso il loro nome: Misutōbukaosu quella lunga e il cui nome significava Nebbia del Caos; Hakai no hi la corta il cui significato era Fuoco della distruzione.
Delle autentiche katane giapponesi, fatte con la più avanzata lega di metallo esistente, lavorate con riti che pochi uomini in Giappone conoscevano e che erano tramandati in segreto. 
Tecniche antiche che si armonizzavano con quelle moderne, erano alla base della loro realizzazione. In più Dasha aveva chiesto un extra, per Isabella non aveva mai badato a spese, aveva ottenuto che fosse realizzato un rito che prevedeva di legare un demone in ciascuna spada. 
Erano armi maledette che avrebbero finito per uccidere chi non avesse saputo utilizzarle al meglio o  ucciso qualsiasi nemico di un padrone degno. Questa era la maledizione. 
La loro affilatura era tale che solo muovendole emettevano un fischio, dato dal tagliare l'aria. In base all'angolazione e alla velocità con cui la spada si muoveva, variava la nota.
I movimenti di Isabella erano perfetti e rapidi mentre combatteva, esprimevano la più assoluta armonia. Non una mossa più del necessario, nessuna incertezza o interruzione dell'azione.
Tale perfezione di tecnica le spade la esprimevano attraverso quel suono, che la rapida e continua successione di attacchi trasformavano in quella musica bellissima presagio di morte.  
Sempre secondo la leggenda quella musica erano le grida dei due demoni. Nessuno ci credeva.
Tuttavia a qualcuno, tra questi Naomi Takara che in gioventù aveva praticato l'arte della spada, era sembrato di sentire una lieve risata tra le note. Quando, in un occasione, si poteva dire che Isabella le avesse prestato Hakai no hi.
Non un grido, ma una risata di vero piacere. Di chi era contento e soddisfatto. 
 
Isabella guardava a viso scoperto il massacro che aveva perpetrato. Deliziata da quella mattanza si sentiva meglio. La sua espressione divenne corrucciata, si sentiva solo meglio non soddisfatta. 
Se ne chiese il motivo, un tempo era certa che avrebbe saltellato di piacere dopo così tante uccisioni.
Riconobbe che uccidere dei mercenari Vorcha non era questa gran cosa, eliminare gli Yahg era stato più interessante non avendoli mai affrontati prima. 
Aveva scoperto che sotto la pelle corazzata erano morbidi, aveva creduto fossero più simili ai krogan che possedevano strati su strati di spessi muscoli.
In più non reagivano allo “stupido trucco”. I segnali basilari di attacco o fuga che accomunavo tutte le altre razze, con loro non avevano effetto. 
Erano persino riusciti a vederla nonostante fosse occultata, lei immaginò che tutto fosse dovuto alle capacità dei loro occhi. Aveva letto qualcosa al riguardo.
Quel fatto la incuriosì, questo la spinse a tenere alcuni Yagh per ultimi da uccidere.
Prima qualche ferita lieve, poi via un braccio, quindi una gamba, con calma e senza fretta, godendosi il momento. 
Isabella sbuffò. Guardandosi attorno vide che era sola, lo sapeva ma adesso le dava fastidio.
Era stata contenta quando Steve le aveva chiesto se aveva voglia di seminare confusione tra il nemico e spiarlo. Fortunatamente Dasha le aveva dato il permesso di partecipare. 
Aveva prima ucciso delle sentinelle vicine alla colonia, poi l'eezo l'aveva guidata fino a quella base. 
I suoi nucleo di 19 avevano iniziato a vibrare percependo la presenza di biotici. In quella base avevano risieduto davvero tanti biotici Vorcha, per questo i suoi noduli avevano reagito a una distanza ben maggiore di quella solita. 
Anche per quello era stato parecchio divertente, come anche divorare il loro eezo. Aveva spaccato diverse teste Vorcha, per strappare i nuclei attaccati al midollo spinale e ingoiarli.
Non poteva certo assorbire l'eezo, ma era piacevole sentire i suoi nuclei a 19 che reagivano ad esso. Dopo faceva sempre una cacca di colore blu elettrico. 
Questa loro eccitazione provocava in Isabella un rilascio massiccio di quegli ormoni che miglioravano l'umore. 
Con il risultato di farla sentire serena, di buon umore o almeno così avrebbe dovuto essere. 
Decise che sarebbe tornata indietro, ormai aveva fatto quello che doveva. 
Aveva tutti i dati necessari sul nemico, non che lei avesse saputo come fare ma fortunatamente la sua armatura da phantom era un concentrato di tecnologia.
Una persona qualunque non avrebbe mai potuto permettersela, costava quanto un caccia. Ma quando si è il vicepresidente della più grande multiplanetaria di armi della galassia e sposa del relativo presidente...si ha accesso a diversi vantaggi tecnologici.
Non che lei avesse mai chiesto qualcosa, chiedeva solo una buona lama, ma sapeva che Dasha insisteva perché lei avesse sempre il meglio. 
Tecnologie non ancora in commercio, venivano subito installate sulla sua armatura se ritenute utili.
Come nuovi programmi per nascondersi ai sensori nemici, rubare informazioni dai computer e molto altro. Lei dava solo l'ordine, l'armatura faceva il resto. 
Questo le aveva permesso di ottenere senza problemi, quelle informazioni che le erano state dette fondamentali per la difesa della colonia. Non che l'argomento la interessasse. 
Si alzò stiracchiandosi soddisfatta. Sarebbe tornata indietro, non c'era più niente di divertente per lei o per meglio dire non riusciva a divertirsi. 
Le mancava qualcosa ma non capiva cosa. Dasha? Certo, avrebbe sempre voluto averla vicino. 
Qualsiasi cosa stesse facendo o posto si trovasse questo era perfetto se era in sua compagnia.
Però era sicura che non fosse quella la causa.  
Grugni infastidita, una volta non avrebbe fatto simili pensieri. Non capiva come facevano le persone a sopportare quei pensieri senza controllo che la mente sembrava generare a caso, ogni volta che qualcosa come un odore o simile la stimolava. 
« Finirò per civilizzarmi! » borbottò fra se, mentre lasciava la base camminando sui resti mutilati dei nemici uccisi. 
Prima di farlo fu però costretta ad approfittare dei bagni locali scoprendo di non essere capace ad usare uno sciacquone Yahg. Aveva davvero divorato troppo eezo. 
 
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Kelly Chambers sbuffò davanti all'ennesima pratica burocratica da compilare. Ormai era vicina ai sessanta, manteneva lo stesso un fisico asciutto, un espressione giovanile e uno sguardo allegro.
Solo i suoi capelli un tempo rossicci non si erano tenuti altrettanto bene, il bianco stava poco alla volta prendendo il posto del colore originario. 
Era molto contenta di lavorare nella Fondazione Lawson per i bisognosi a Monaco in Germania, fondata dalla sorella di Miranda che era anche la sua compagna. Era stata un'idea di entrambe e la gestivano assieme.
Era stato un buon modo per impiegare l'eredità di quell'uomo folle, che fu il padre delle due sorelle.
Le cose erano poi andate ancora meglio, quando la Weaver aveva fatto una sostanziosa donazione per il grande aiuto che lei aveva dato con le sue figlie e Isabella.
Aveva posto solo una richiesta, qualora ve ne fosse stato bisogno lei avrebbe dovuto fornire aiuto a ciascuno di loro. Lei accettò, specificando che lo avrebbe fatto in qualsiasi caso. 
Non era per denaro che aiutava il prossimo, ma perché le piaceva e credeva in quel compito.
La linea interna dell'edificio squillò, quando rispose la segretaria alle reception le disse che c'era una visita per lei. 
« Non avevo appuntamento con nessun paziente. È già parecchio tardi, se non è... » 
Non finì la frase che Isabella, con tanto di spade al fianco, entrava nel suo studio sedendosi su una poltrona, rannicchiandosi su di essa e fissandola. 
« Ah! » - fu il suo commento della psicologa e rivolta alla segretaria - « Dica a chiunque mi cerchi di non disturbarmi fino a quando non è terminata la seduta. » e chiuse la linea.
« Isabella, ciao, da molto non ci vediamo. Come … »
« Consigli! » dichiarò la bionda. 
Lei rimase veramente stupida, Isabella chiedeva consigli? A qualcuno che non era Dasha?
Si alzò dicendo « Sediamoci più vicine, così potremmo... » 
Quello che parve un ringhiare sommesso giunse alle orecchie di Kelly, si rimise seduta dicendo «... oppure potremo rimare dove siamo. Già, meglio. » 
« Ho ucciso, non mi sento soddisfatta, perché? » domandò Isabella.
La psicologa dovette un attimo riflettere su come iniziare la discussione, avere qualcuno che ammetteva un omicidio non era abituale. 
« Forse non dovrei chiederlo, ma hai ucciso chi? » 
« Tanti Vorcha e Yahg, su Erinle. »
« Ah. » fu il commento di Kelly, ebbe un'intuizione che sperava fosse sbagliata « Eri per caso in missione segreta? »
Isabella annuì. La psicologa non fu mai così contenta di essere vincolata dal segreto professionale. 
« Per conto di Dasha? » sapeva che la domanda era pericolosa.
« Steve! »
Kelly abbassò il viso e si massaggiò le tempie doloranti. Il nome del comandante del I° reggimento, di cui era anche un'amica di famiglia, significava che era una missione segreta voluta dal Consiglio della Cittadella.
Rialzò il viso sorridente, non sapeva se sarebbe servito ma poteva fare solo buon viso a cattivo gioco. 
« Raccontami tutto! » affermò più sicura che poteva. 
 
AMICIZIE
 
Steve era allo spazio porto militare di Bekenstein, un pianeta dal clima molto piacevole e situato vicino alla Cittadella, indossava una divisa militare grigia senza i gradi. Sembrava un militare qualunque, non il comandate del I° reggimento, ad affiancarla Derica. Aveva 33 anni, occhi e capelli castani, un fisico piuttosto robusto e raggiungeva 1,83 mt di altezza. 
La donna, soprannominata Sioux, era il secondo al comando. Appartenente all'omonima tribù indiana da cui derivava il sopranome, tra i presenti era la più alta raggiungendo 190 cm. 
Lui sospirò, era lì per accogliere Isabella ma a tormentarlo era non sapere perché fosse venuta lì. 
L'aveva contattata e si erano visti per definire i dettagli per il suo invio su Erinle. Pensava sarebbe stata felice di andarci, aveva avuto ragione, per questo non capiva perché fosse ritornata.
La riconobbe appena fu a vista, non che fosse possibile sbagliarsi, era l'unica vestita da civile e i semplici indumenti che indossava la facevano sembrare in tutto e per tutto una turista. 
Maglietta bianca, calzoncini e occhiali da soli; sembrava pronta per andare al mare. 
In più aveva le sue due spade ai fianchi.
Si avviarono verso di lei, quando furono vicini « Ciao. » la salutò Steve non aspettandosi una risposta.
Sioux si limitò a salutare con un gesto del capo. La motivazione che il suo superiore le aveva dato per la sua presenza « Non si sa mai, mi potresti servire. »
Isabella non parve neanche averla notata, tutta concentrata su Steve “Come al solito.” pensò fra se la donna, dando per scontato che sarebbe stata ignorata. Aveva visto quel membro acquisito del I° poche volte e non alla base del reggimento, questa risultava in effetti la sua prima visita ufficiale.
« Che c'è? » domandò invece lui, intuendo quando al phantom frullava un'idea in testa. 
La donna sorrise e incredibilmente parlò « Ciao. Tutto bene in famiglia? »
« E che cazzo! » Esclamò lui stupefatto.
Isabella mise il broncio, arrabbiata, gli passò davanti lasciandoli lì dov'erano.
« Complimenti, signore! » commentò Sioux, vistosamente infastidita dal quel comportamento.
Steve non si era ancora ripreso dallo stupore, corse dietro a Isabella e quando le fu vicino « Mi dispiace, mi hai colto alla sprovvista! » disse rimanendo qualche passo indietro a lei. 
Non ebbe risposta ma il silenzio che la circondava era rabbioso, decise che era l'occasione per dirle una cosa su cui rimuginava da un po'.
« Mi dispiace di averti mandata su Erinle da sola, avrei preferito accompagnarti. »
Isabella si fermò di colpo, lui fece altrettanto  « Perché? »
« Anche se ti sei prestata a unirti al I° reggimento, non vuol dire che ti posso fa correre certi rischi, anche se ero sicuro che saresti tornata. »
« Fa niente, mi sono divertita. » commentò riprendendo a camminare, ma con più tranquillità. Le sue parole erano state sincera e questo a lei aveva fatto piacere. 
Intuendo che non era più arrabbiata lui l'affiancò, sottovoce e chino verso di lei chiese « Ucciso tanto? »
« Si. »
« Bene, nemici in meno per noi. Scommetto che si stanno ancor chiedendo cosa li ha colpiti. » disse, sorridendo divertito.
Anche lei sorrise, Steve era così. Per quello che aveva fatto molti sarebbero stati disgustati, lui invece aveva colto la notizia con genuina soddisfazione. 
Nonostante meglio di altri potesse intuire quale carneficina si celava dietro a tali parole.
« Ti va di andare alla base, partecipare a qualche allenamento? Nonostante sia una notizia pubblica che fai parte di questo reggimento, nessuno ci crede veramente. »
Isabella si voltò verso di lui, a prima vista entusiasta « Mi stai invitando? » chiese con un tono che il suo interlocutore giudicò stranamente felice.
« Possiamo definirlo un invito, tecnicamente. » mormorò in risposta.
« Andiamo! » annunciò allegra.
“Questo entusiasmo del tutto fuori luogo, a che diavolo è dovuto? Sta pure parlando!” pensò lui e rivolgendosi a Sioux che era rimasta volutamente indietro « Fai radunare un po' tutti nella palestra centrale. »  e dato l'ordine si affrettò a raggiungerla 
 
Tre ore dopo la prima, seppur iscritta da un paio d'anni, presentazione di Isabella ai soldati del I° reggimento ebbe termine. L'avevano accolta con allegria e curiosità, fino a quel momento tutti avevano pensato che fosse solo una trovata pubblicitaria.
Steve la presentò « Questa è Isabella Noveria, trattatela come un superiore e non infastiditela se non vi volete ritrovare con la faccia rotta. Potete considerarla l'arma segreta del I° reggimento. »
Rodi, un suo ufficiale dello stato maggiore, ribatté « Non può essere un'arma segreta, lo sanno tutti che fa parte del I° e che è un biotico di livello sei. »
« Non rompere! » fu la sintetica risposta del suo superiore. 
Era seguito un allenamento piuttosto intenso, tutti erano stati coinvolti e Isabella aveva fatto capire che non era la biotica a renderla pericolosa. Lo era di per se, i poteri dell'eezo 19 erano solo il suo strumento più utile, versatile e vistoso. 
Derica aveva chiesto al suo comandante se quell'allenamento serviva davvero a qualcosa
« Mal che vada avremo fatto contento quel phantom psicopatico. »
« Signore! Non può usare il I° per far contenta la sua amica. »
Lei lo vide perplessa « Dici che la sto trattando da amica ? » domandò Steve.
Per tutta risposta la donna alzò gli occhi al cielo.
 
All'esterno della palestra Steve osservò il tramonto, accorgendosi che si era fatto più tardi di quello che credeva. Si voltò sentendo un rumore di passi.
Isabella lo fissava, in viso un'espressione neutra.
« Divertita? » le chiese.
Lei annuì, lui si massaggiò le spalle. Aveva affrontato anche lui Isabella, aveva perso come tutti e i muscoli doloranti ne erano la conseguenza.
« Mi è piaciuto affrontarti. » affermò il phantom. 
Steve non diede peso a quella frase ma aggiunse « Ti ho fatto preparare un alloggio. » spiegandole come raggiungerlo. Lei rimase silenziosa a fissarlo, in quell'atteggiamento tipico a cui lui era abituato. 
Terminata la spiegazione, Steve fece un gesto di saluto e si incamminò verso casa. Dopo aver percorso qualche metro si fermò. Si voltò. Isabella era dietro di lui.
La fissò per un istante, altrettanto silenzioso. Azionò il suo omnitool e chiamò casa « Ciao tesoro, avremo un ospite in questi giorni. »
 
La casa di Steve e Ilary era una moderna villa completamente indipendente, in bella zona panoramica e collinare. Prima della costruzione della base, quella era stata una zona per gente ricca e per buoni motivi.
La casa era disposta su due livelli: al piano superiore si trovavano le camere da letto, in quello inferiore le restanti stanze. Una divisione semplice voluta da entrambi, influenzati dal pratico addestramento dell'esercito. 
Possedeva ampie vetrate con vista sul davanti, una piscina sul retro e un giardino tutt'attorno; i parapetti delle terrazze e delle scale interne erano in vetro, il rivestimento esterno era in pietra.
Ilary non sapeva bene come confrontarsi con quell'arrivo imprevisto. Steve era andato a farsi una doccia, Isabella si era sfilata le spade da addosso e sedeva in salotto. 
Muta e immobile, sembrava quasi in punizione. La padrona di casa, incerta sul da farsi, le portò dell'acqua sedendosi lì vicino. Era alta 175 cm, con bellissimi capelli corvini lunghi e uniti in una fluente treccia che portava in avanti su una spalla, un viso dolce e compassionevole che nascondeva bene un carattere energico, gli occhi erano di un azzurro insolitamente scuro che li faceva sembrare blu, il seno era abbondante e nutriva una vera passione per le navi spaziali essendo un pilota figlia di piloti. Da quando si era sposata aveva abbandonato il posto di pilota della Normandy SR3, per lavorare come istruttore su Bekenstein.
« Mi piace questa casa, è molto ben curata. » dichiarò Isabella.
Ilary la fissò incredula qualche istante « Grazie. » Era in assoluto la prima volta che le rivolgeva la parola, pensò fosse giunta la fine dell'universo ma notò che questo continuava ad esistere. Tuttavia quella frase sembrava fittizia.
« Tutto bene in famiglia? » domandò la sua ospite. Adesso lei era veramente sospettosa, era conscia che Isabella avrebbe intuito il suo atteggiamento ma non sapeva che farci. 
« Si bene, grazie. La piccola Alexandra cresce e adesso è sopra che dorme, Steve ha qualche pensiero per il lavoro. Con questa storia degli Yahg. »
Ilary sentì che non poteva continuare oltre questa sceneggiata, non voleva essere maleducata ma doveva chiedere « Cosa sta succedendo? Si capisce benissimo che chiedi senza interesse. Voglia essere sincera, mentirti da quello che so è inutile, non sono stata felice quando ho saputo che ti avremo ospitato. Che intenzione hai? Non posso dimenticare di aver davanti a me la responsabile del massacro del Casinò Putin. »
Isabella la fissò così intensamente che a lei parve di mettere a nudo l'anima, il phantom sorrise. 
« Non ho intenzione di far male a nessuno. Ho combattuto di recente. »
A quelle parole Ilary si rilasciò « Perché all'improvviso parli? Saranno quasi tre anni da quando so che ti è stato rimosso qualsiasi impedimento legato al tuo programma phantom. »
« Io... volevo fare conversazione. Odio la solitudine, ultimamente, anche se sono in compagnia di Dasha a volte mi sento sola se lei lavora e non mi presta attenzione. Stare nell'ombra comincia a stufarmi, anche combattere da sola non mi da più le stesse sensazioni. Desideravo un po' di compagnia, volevo giocare con qualcuno e per questo sono venuto a trovare Steve. »
Quell'ammissione, anche un po' infantile, aveva spiazzato Ilary che adesso sentiva di avere il ruolo della cattiva. Non le importava « Visto che l'hai menzionato. Cosa provi per mio marito? So cosa è successo al tuo addio al celibato, è stato lui a confessarmelo. Si sentiva in colpa. » marcò bene la parola “marito” sicura che il phantom avrebbe compreso perfettamente, viste le sue abilità.
« Lo considero un amico, non nego che se sentissi il bisogno di soddisfare un desiderio sessuale lo vedrei come un'alternativa a Dasha. Lei è la persona che amo, l'unica che desidero, ma essendo una donna a volte sento il desiderio di un pene. Gli istinti esistono per essere soddisfati, anche se sembra che tutti vivano cercando di sopprimerli. Io non vedo motivo di farlo, anche se si sono fatti meno violenti ultimamente. » Si fece seria, per alcuni secondi parve riflettere su qualcosa « Potrei aver sbagliato a cercare di sfogare i miei impulsi senza chiedere il permesso. In questi casi, bisognerebbe chiedere scusa? »
« Beh...ecco, credo di si. »
« Capisco, non lo sapevo. »
« Come non lo sapevi? Ti pare una cosa normale da fare? »
« Ho un impulso, lo soddisfo. Forse, è considerato sbagliato? »
« Si! » Esclamò Ilary.
« Strano... » fu il solo commento di Isabella, nuovamente pareva riflettere su qualcosa « Non cercherò più di utilizzare il pene di Steve, per soddisfare i miei impulsi sessuali. In ogni caso, durante il mi viaggio di nozze, ho scoperto che esistono dei surrogati artificiali di peni chiamati vibratori. Sono un'idea pratica. »
« Già...sicuro... » fu il commento laconico di Ilary, non aveva idea di come la conversazione fosse arrivata a quel punto. Sapeva che Isabella era priva di pudore, non credeva fino a quel punto. 
Steve arrivò in quel momento, appariva allegro e chiese « State facendo conversazione? » 
Ritenendolo impossibile, credeva di aver detto qualcosa di divertente. Stava cercando di prendere in giro sua moglie, immaginando che la presenza di Isabella l'avesse lasciata leggermente a disagio. 
In maniera secca Ilary gli rispose « Stiamo parlando del tuo pene e di chi ha il diritto di usarlo, di vibratori e del fatto che Isabella ha deciso che sono una valida alternativa al tuo pene. I soliti discorsi tra donne, se vuoi ti puoi unire alla discussione.  »
Lui sembrò pietrificarsi, mentre fissava sua moglie che lo guardava con uno sguardo divertito. Comprese al volo che non stava scherzando, la gola gli sembrò un deserto tanto era arsa, brividi gelidi gli percorsero la schiena. 
« Vado a vedere come sta la bambina! » annunciò a un tratto e corse via, verso un luogo più sicuro per se stesso. 
Nuovamente sole, Ilary aveva ancora qualcosa da chiedere a questa nuova Isabella così ciarliera « Come mai mi stai raccontando tutto questo? Solitamente ti limiti a fissare con sguardo mortale qualsiasi cosa respiri. »
« Kelly Chambers! » lo disse come se quello spiegasse tutto.
« Che c'entra? »
Isabella sbuffò « È normale parlare così tanto? » Stava scoprendo che era un'attività che richiedeva molto più tempo e pazienza di quanto pensasse, ma decise di proseguire « “Le parole sono fatte per confrontarsi, non può esserci amicizia senza un confronto, quindi se vuoi essere amica di Steve devi confrontarti con lui tramite le parole. Non c'è niente come parlarsi per allontanare la solitudine. ” Questo ha detto. »
Ilary stava cominciando a capirci qualcosa, si fermò a riflettere su un dettaglio forse insignificante. A Isabella non piaceva parlare, eppure lo stava facendo con lei. 
Era forse impegno? Ogni sforzo di quella donna era sempre stato unicamente rivolto a compiacere Dasha o a soddisfare i suoi impulsi come le aveva ricordato.
Possibile che Isabella sentisse il bisogno di...socializzare? Quell'idea le parve totalmente assurda visto quello che sapeva di lei. 
« Hai provato a parlare con Steve? » sicuramente suo marito doveva essere rimasto sorpreso da questo cambiamento.
Isabella fece una smorfia. Quello bastò a farle venire un presentimento, di quelli pessimi. « Che ha fatto? »
Una breve spiegazione e tutto fu chiaro « In effetti “ E che cazzo” stroncherebbe qualsiasi conversazione sul nascere, comprendo che tu ti sia innervosita quando ha fatto fallire il tuo piano di iniziare una discussione. Ti lascio un secondo, riporto qui mio marito e gli dico che è un'idiota. » In parte arrabbiata, andò dove sapeva che l'avrebbe trovato. 
Lo vide chino sul lettino, a giocare con la figlia. La bambina aveva due anni, dei begli occhi blu ereditati dalla madre e capelli rosso fuoco, come tutte le donne di casa Shepard. Sentendo la moglie avvicinarsi si mise dritto, era teso. Appena le fu vicino, disse quasi implorante « Non lasciarmi, non voglio divorziare! »
« Non ti lascio, vai tranquillo, non sono più arrabbiata perché una volta le hai toccato il culo. »
Era appunto successo all'addio al celibato di Isabella, quando avevano spiegato alla donna in cosa consisteva non ci aveva capito molto ma voleva provarci. 
Amici o presunti tali da poter invitare: Steve Williams Shepard. 
Il loro matrimonio era ancora fresco, ma Ilary non se l'era sentita di protestare. 
I due erano andati al famoso parcò di divertimenti per soli adulti di Las Vegas, quella che un tempo era una città era diventata un gigantesco parco di divertimenti dove l'ingresso ai minori era vietato. 
Si erano affrontati in un simulatore di combattimenti. La lotta selvaggia che era seguita per un attimo li aveva avvicinati, più del dovuto. 
Poi era successo, spinto dal desiderio Steve allungò le mani dal davanti sul sedere di lei stringendolo con forza. Isabella lo strinse a sua volta a se, mordendolo con forza alla base del collo al punto da farlo sanguinare. Rimasero così pochi istanti, separandosi dubito dopo. 
Un gesto sufficiente perché lui avesse dei sensi di colpa che non riusciva a tenere per se, come ritornò a casa le confesso tutto.  
Mai come allora Ilary provò tante emozioni tute assieme, era arrabbiata ma una parte di lei non riusciva nemmeno a non trovare comica la vicenda. 
In quell'istante di passione, con una donna come Isabella, tutto quello che aveva saputo fare era stato toccarle il culo come un ragazzino idiota. 
In più, nel momento in cui glielo stava confessando, aveva gli occhi lucidi quasi pronti al pianto ed era realmente spaventato. 
Era difficile essere arrabbiati per un gesto tanto stupido, davanti a una persona che poi era anche così onesta da confessarlo subito. Se avesse deciso di tenerglielo nascosto, dubitava che avrebbe mai finito per saperlo. 
Ma anche Ilary, sebbene pilota di astronavi, era molto abile nel corpo a corpo. Fu sesso e lotta allo stesso tempo, quello che fecero nella palestra di casa. 
Lotta per vendicarsi di lui, sesso per il suo orgoglio di moglie e donna. Se suo marito si era eccitato lottando contro un'altra donna, allora anche lei sarebbe riuscita a farlo eccitare nelle medesime condizioni. 
Il giorno dopo c'era anche il matrimonio di Isabella e Dasha, a cui erano invitati, questo fu anche il motivo per cui durante il ricevimento lui non stava bene. Non che potesse confessarlo a qualcuno. 
 
Steve sospirò di sollievo, ma Ilary aggiunse all'istante « Sono arrabbiata per altro! Ti pareva il caso di rispondere “ E che cazzo” a Isabella? »
« Io...ecco...sono stato colto di sorpresa! Mi sono già scusato! » 
« Lo spero bene, adesso vieni di la con noi. Vuole giocare col suo amico. » disse comprensiva.
 Ritornarono in salotto, con lei che teneva in braccio la piccola Alexandra. 
 
Qualsiasi cosa stesse succedendo, Isabella era tutta presa dalla bambina. Questa stava seduta in grembo a Ilary, che si era accomodata su una poltrona. 
Isabella stava li, china sulle ginocchia, a fissare Alexandra come se fosse l'essere più strano che avesse mai visto. Il suo sguardo non avrebbe potuto essere più confuso ed enigmatico.
Ma anche la bambina la fissava, con la stessa espressione concentrata che aveva quando andava di corpo. 
Poi successe, Alexandra all'improvviso rise di gusto al punto che tutto il suo corpicino fu scosso dalle risate. Ilary dovette tenere più stretta la figlia, per evitare che le scivolasse tra le mani. 
Isabella però non era mano sorprendente, stava ridendo anche lei di gusto. I due genitori si guardarono, senza capire cose avesse scatenato tutta quella ilarità.
Steve si alzò avvicinandosi ala sua ospite dicendole « Mi dai una mano con il pesce ? »
Lei annuì decisa, stanca di tutto quel parlare era tornata al solito mutismo. 
Due carpe belle grasse furono tirate fuori del frigo, le aveva pescate lui dato che la pesca era uno sport che amava e anche l'unico che praticava. 
Gliele mise davanti, assieme a un recipiente dove buttare il necessario e un coltello. 
A Ilary però non sembrava giusto che fosse lei a pulire il pesce, quando provò a dirlo al marito la risposta fu « Non ti preoccupare. » 
Stavano entrambi dando le spalle a Isabella quando il“Toc” della lama del coltello risuonò forte e chiaro, poi il silenzio seguì a quel singolo colpo. 
Ilary si voltò e quello che vide la lasciò incredula, Steve aveva un sorrisino divertito sapendo cosa aspettarsi grazie a esperienze passate.
Le due carpe erano perfettamente pulite, dentro e fuori, perfino la pelle era stata rimossa. 
« Come ha fatto? » chiese Ilary al marito, le avevano dato di spalle solo per qualche secondo.
« Come hai fatto? » domandò ad Isabella che si limitò a fissarla un istante per rispondere « Con il coltello! »  
« Steve? » disse rivolgendosi al coniuge per avere una qualsiasi spiegazione. 
« Non chiederlo a me, ho smesso di domandarmi come riesca a fare quello che fa. Mi limito ad accettarlo. » 
La cena che ne seguì fu allegra, soprattutto per merito di Alexandra. La bambina era quanto mai euforica per la presenza di Isabella.
Lei d'altro canto fissava non solo la bambina ma anche Ilary, che negli atteggiamenti tipici di ogni madre, cercava di imboccare la figlia. Era incuriosita.
A un tratto Isabella si sporse sul tavolo, verso Ilary, spalancò la bocca indicando di voler venir imboccata. 
Ilary la guardo incredula, lanciò un'occhiata al marito che fece spallucce. Leggermente esitante la donna, la imboccò. Lei parve contenta e la cena andò avanti. 
Terminato il pasto, Steve tirò fuori un gioco da tavolo. Era un hobby che amava, anche se trovava strano proporlo a Isabella. Sorprendentemente lei accettò annuendo con il capo, dopo aver controllato una sorta di lista sul suo omnitool.
« Che roba è ? » chiese lui e gliela porse.
Il file si chiamava “ Attività con gli amici” , come da nome era una lista di cose che si potevano fare assieme a qualcuno. Alcune voci erano state cancellate da una linea, segno che erano state svolte. Tra queste: cena con un amico, chiacchierare con un amico, non uccidere nessuno dei presenti, guadare un film, fare un gioco, escludere ogni forma di violenza ecc.. 
« Ma dove l'hai presa? » Un paio di quelle indicazioni erano un po' troppo su misura per lei.
« Kelly Chambers. »
« A che ti serve? »
« A cercare di capire cosa fa un'amica » rispose tranquillamente lei.
Lui si sentiva confuso o forse imbarazzato, non avrebbe saputo dirlo, una strana sensazione nell'animo. Si chiese a cosa poteva essere dovuto: perché lei non aveva mai avuto un amico o per il suo sforzo di averne uno? Tentativi che erano diretti verso di lui. 
Scacciò quei pensieri, sedendosi e dicendo « Incominciamo! » non voleva che intuisse cosa aveva pensato, sfruttando la lettura del corpo.
Quello che successe dopo divenne per i conoscenti un fatto epico, un motivo di leggenda.
Ilary quasi non ci credette, quando sentì tale parole dalla bocca del marito « Ho vinto! »
Lui non aveva mai vinto una partita, a nessun gioco, in tanti anni. Era il peggior giocatore possibile.
La notizia era talmente incredibile, che lei mandò un messaggio al riguardo a tutti i loro conoscenti.  
Venne poi il momento di mettere a letto la piccola Alexandra, messa dopo cena nel box a giocare. Ma come da rito, il padre le avrebbe prima letto una favola. 
Ilary trovava sempre carino quel cambiamento in lui, da quando aveva smesso di balbettare non si faceva più problemi a leggere ad alta voce qualsiasi cosa. 
Steve prese la bambina, mettendola seduta davanti a lui sul pavimento. Incuriosita si unì anche Isabella che gattonò fino a loro, sedendosi a sua volta a terra con le gambe incrociate. 
Lui fece finta di niente e incominciò a leggere. 
Però quella sera Alexandra era distratta, all'improvviso si mise in piedi e barcollò fino a Isabella. Arrampicandosi sulle sue gambe 
Per un attimo i genitori trattenerò il fiato preoccupati. La bambina era ruzzolata nell'incavo delle gambe del phantom. 
Isabella la guardò per un istante, un movimento rapido del collo, la lunga coda di cavallo le ricadde davanti. 
Alexandra fu sommersa da una pioggia di capelli biondi più lucenti dell'oro e squittì felice. 
Steve, rassegnato che quella sera leggere una storia non sarebbe servito, stava per chiedere il datapad quando sentì un ringhiare sommesso.
Guardò sospettoso Isabella, fece nuovamente per spegnerlo e la udì ringhiare.
« Non vorrai mica che ti leggo una favola? » domandò stupefatto.
Lei annuì.
« Va beh... » commentò lui. 
Un'ora dopo la fiaba ebbe termine. Alexandra dormiva felice in quello che sembrava un nido d'uccelli. Tra le gambe di Isabella, con i lunghi capelli di lei che le si erano raccolti tutt'attorno  quasi fossero un'imbottitura.
La bambina venne messa a letto, mentre Steve ricordandosi della lista di Isabella le chiese « Ci guardiamo un film noi tre? » 
 
Erano le due di notte, questa era l'ora segnata dalla sveglia, quando Ilary si svegliò. Tutto era andato bene, nonostante la presenza di Isabella le desse un minimo di preoccupazione. 
Aveva visto un lato di lei totalmente nuovo, in certi momenti infantile. Però non poteva dimenticare che quella persona era responsabile del massacro del casinò Putin. La notizia era rimbalzata per mesi su tutti i telegiornali dello spazio umano.
Suo marito si era preso parte della responsabilità, dando la falsa notizia che si era trattata di un'operazione militare finita male. 
Per questo delle persone lo odiavano, erano i parenti delle vittime. Ogni tanto protestavano al di fuori della base del I° reggimenti, altre volte vicino a luoghi dove Isabella sarebbe stata presente. 
Li capiva, erano stati privati della possibilità di avere giustizia.
« Steve, sei sveglio? » domandò nel buio della camera.
« Se mi parli...per forza. » borbottò con voce impastata, chiaramente seccato di essere stato svegliato. « Alexandra, piange? »
« No. » dal tono usato lui capì che vi erano problemi. 
« Quindi? » 
« Perché hai preso le parti di Isabella, riguardo al casinò Putin? »
« Cosa cavolo centra...a quest'ora. Non ha importanza. » rispose seccato. 
« Per me ne ha. » dichiarò pacata lei. Lui tirò anche un calcio alle coperte.
« Le conosci! » sbottò, veramente infastidito.
« Quelle ufficiali, ma quelle personali? » Seguirono alcuni lunghi istanti di silenzio, lei temeva di averlo fatto arrabbiare. Si sentì chiedere « Cosa sai di come funzionava originariamente il programma phantom di Isabella? »
« So che influenzava la sua possibilità di decidere o per meglio dire glielo impediva. »
« Faceva molto di più, per ogni sentimento che provava o pensiero autonomo le infliggeva dolore. Con sentimento intendo qualsiasi. Quando Isabella si è ripresa dal coma, scoprendo che Dasha era morta o almeno così credevano tutti, quanto dolore deve aver provato e quanto deve averle inflitto il suo programma phantom? Come punizione per provare un sentimento. Nel caso che tu non lo sappia, l'intensità del dolore inflitto aumentava con la forza del sentimento provato e con la sua durata. Non mi stupisco che a un certo punto, sia “scoppiata”. Non riesco a vederla solo come il carnefice, anche lei è stata una vittima di quella spia che si era infiltrata nella Noveria Corps. In più, si definisce mia amica. »
« Lo è veramente per te, un'amica? »
« Probabilmente si...non so, non riesco a darti una risposta sicura. »
« Quindi l'hai protetta per amicizia? »
« Sicuramente per egoismo personale, credo... questa base, la vita che facciamo qui, è il mio piccolo angolo di paradiso. Ogni giorno la solita routine, mi piace e non voglio che niente la minacci. Però per tutto questo servivano i miliardi di Dasha, se si toccava Isabella tutto questo era a rischio. Non rischio il mio pezzo di felicità per soddisfare la giustizia altrui. »
Seguì un lungo istante di silenzio, Ilary non osava parlare perché le sembrava che lui avesse ancora un'ultima cosa da dire.
« Sono un mostro? » domandò a un tratto stupendola.
« No, sei solo un uomo che vuole difendere la propria felicità. » dichiarò stringendosi vicina a lui, anche se al buio capiva lo stato d'animo in cui quel discorso l'aveva lasciato. 
Era turbato. La sicurezza in se stesso non era una sua dote. 
Ilary lo strinse a se, massaggiandogli dolcemente la nuca. Presto lo sentì dormire tranquillo nel suo abbraccio.
Abituata dall'addestramento militare lei si svegliò alle sei del mattino, subito si accorse di essere sola nel letto. Immaginava dove poteva essere, ogni tanto vi si recava quando aveva dei dubbi. Sarebbe rientrato tra beve, come sempre l'avrebbe accolto con una colazione pronta e il suo miglior sorriso.
Ebbe una sorpresa alzandosi. Isabella era in piedi davanti a una porta finestra, fissava pensierosa qualcosa fuori dalla finestra. Per un attimo fu contenta che Steve non fosse lì, la bionda era in canottiera e mutandine. 
Doveva sicuramente averla notata, ma non disse lo stesso niente continuando a guardare fuori. 
Ilary ebbe un'idea che le fece provare un istante di gelosia, si mosse a disagio.
Avvicinandosi a Isabella le disse « Credo che Steve abbia bisogno di parlare con un amico. »
In risposta l'altra donna inclinò di lato la testa, assumendo un'aria interrogativa. « Ha sempre paura di farmi preoccupare, per questo non mi dice tutto. » rispose a quella muta domanda e aggiunse « Forse con te parlerebbe. Vorrei che lo raggiungessi. » 
Isabella aprì la finestra, ma Ilary aggiunse seccata « Che ne dici di mettere dei pantaloni? » 
 
Steve stava fissando due tombe fresche di sepoltura. Ebbe quasi un infarto, quando con la coda dell'occhio intuì una figura dietro di se. 
« Cazzo! Fai un po' di rumore ogni tanto! » disse aspramente a Isabella.
« Phantom! » affermò lei indicandosi, come se quello spiegasse tutto.
Sentendosi fissato, lui avvertì il bisogno di parlare.
« Sai, questi sono i primi caduti del I° reggimento. » - spiegò alzando un braccio a indicare le tombe - « Sono morti in una missione che ho ordinato, avevano tutto il necessario per tornare vivi. Ho scritto lettere ai parenti, presenziato al funerale e sono rimasto in silenzio mentre venivo accusato. In tutto questo ho provato solo noia e fastidio. Davanti a quel dolore sono rimasto indifferente, non ci riesco davvero a provare qualcosa per gente che posso aver conosciuto solo di vista. » sospirò pesantemente rimanendo in silenzio.
C'era dell'altro, Isabella lo capiva dal suo atteggiamento.
Riprese a parlare « Ilary mi ha chiesto perché ti ho difeso riguardo al casinò Putin. Odio dirlo, ma ho provato gli stessi sentimenti riguardo a queste tombe. Sono rimasto colpito dal numero delle vittime, ma non ho provato la minima empatia per esse. Ero più che altro sollevato nel sapere che stavi bene, questo solo per il fatto che ti conosco. Adesso per la stampa sono il “comandante massacro”, l'opinione pubblica mi odia e non me ne importa, ma la cosa peggiore sono i parenti delle vittime quando si ritrovano a protestare davanti alla base. Fastidiosi. Fortuna che la zona militare comprende anche la zona residenziale per i militari, altrimenti mi si piazzerebbero davanti casa. »
Isabella provò una strana sensazione a quella spiegazione, tanto da doverla esprimere a parole « Mi dispiace. »
Steve aggrottò la fronte per la sorpresa « Per il massacro? »
Lei fece segno di no con la testa e disse « Mi dispiace di averti dato problemi. »
« Io … » lui si ammutolì, gli ci volle un attimo per trovare una risposta « Fa niente. » 
Fissandolo negli occhi, senza la minima vergogna lei chiese « Tutto questo parlare, è amicizia? »
« Credo di si. » rispose lui un po' imbarazzato.
Preferì cambiare argomento « Grazie dell'aiuto che ci hai dato su Erinle, mi è dispiaciuto mandarti da sola. Ho sempre odiato queste cazzate da agente segreto. Tutti sono preoccupati per questa storia degli Yagh. Fosse per me, avrei già messo fine al problema invadendo Parnack. »
Lei gli rivolse uno sguardo incuriosito « Come farei? Semplice, nella società Yagh non esiste la famiglia. I loro figli sono presi e educati dallo stato, le loro femmine vivono in una specie di harem pubblici solo per partorire altri Yahg. Questi harem sono facilmente riconoscibili, essendo strutture piuttosto vaste. Li colpirei, con ordigni nucleari da un megatone. In caso di successo potremmo uccidere tutte le femmine della loro razza in un'unica azione. Fatto questo userei il vespene, è un potente gas incendiario, liberando sopra alle città principali. Presumendo che fino a questo punto tutto fosse andato bene sbarcherei con il I° reggimento, lo scopo sarebbe quello di impossessarci dell'armamento nucleare del nemico. Non è un segreto che gli Yahg ne possiedono uno. Penso che la nostra tecnologia ci permetterebbe di superare facilmente qualsiasi ostacolo informatico al riguardo. Una volta in nostro possesso, farei detonare tutte le loro testate nucleari in contemporanea...inverno nucleare su Parnack e fine degli Yahg. Noi ovviamente saremo al sicuro, l'armatura NC-13 ci proteggerebbe dalle radiazioni fino all'arrivo dei trasporti, poi tutta a casa contenti di aver reso la galassia più sicura per i nostri cari. Di sicuro sarebbe più facile bombardare il pianeta dalla spazio ma il Consiglio non darebbe mai un simile ordine, così ho riflettuto su come recuperare la potenza di fuoco necessaria e mi son detto... perché non usare quella del nemico? »
« Io ci sono in questo piano? » domandò Isabella
« In prima linea ad ammazzare Yahg. » - e aggiunse - « Mostruoso vero? Ho ideato un piano, che potrebbe benissimo funzionare, per sterminare una razza senziente senza il minimo rimorso. Forse me le merito veramente tutte le critiche di questa società. In ogni caso non importa, Olivia ha già ideato un buon piano, davvero ottimo. Dovremmo mettere fine alle ambizioni del Dominio Yahg con perdite minime per ambo le parti.»
Lei gli mise una mano sulla spalla « Sono opinioni inutili, vite inutili, sono prede che criticano predatori. Lamentarsi è tutto quello che sanno fare e che faranno sempre. »
« È un tentativo di consolarmi? » 
Lei annuì « Grazie. » rispose sincero lui. 
Isabella gli sorrise, contenta di essere stata inclusa in quel piano immaginario, sentiva il bisogno di dirgli qualcosa « Ho avuto modo di uccidere degli Yagh, sono una razza interessante perché lo “stupido trucco” non ha funzionato. Rispondono a dei segnali basilari di pericolo e paura diversi. Mi piacerebbe affrontarne altri. »
« Ho bisogno di chiedertelo, per la mia pace mentale: non ti sei lasciata dietro qualche traccia? » 
Isabella mise il broncio a quel dubbio sulla sua bravura, ma si ricordò di qualcosa « Ho fatto la cacca, nella base nemica. »
Steve rise di gusto per alcuni istanti « L'universo non andrà a puttane per una cacca. » dichiarò e aggiunse « Torniamo indietro, Ilary comincerà a preoccuparsi. È stata lei a mandarti, immagino. » al segno affermativo di lei « Meglio sbrigarsi o potrebbe diventare gelosa. »
« Credo abbia capito che non sono interessata al tuo pene. »
« Ok, ma sul serio...evita questo genere di frasi. »
Isabella sbuffò, trovava ridicole le restrizioni che esistevano per qualcosa di naturale e spontaneo come il sesso. 
 
« Tutto bene? » si sentì domandare Steve appena fu a casa, Ilary l'attendeva sorridente. Lui avrebbe voluto dire diverse cose, non sapendo da dove iniziare si chinò e la baciò in bocca.
« Mi piace, ma lo devo a qualcosa? » commentò lei.
« Volevo dirti che mi dispiace averti fatto preoccupare, quello e altre cose ma non sapevo da dove iniziare...così... » la baciò nuovamente e con più intensità.
« E questo ? »
« Questo era solo per passione. »
« Ancora meglio. » rispose sorridente lei, per baciarlo a sua volta. 
« Coito mattutino? » la domanda di Isabella risuonò forte e chiara. Lui rise e Ilary divenne rossa  in viso. 
« Vieni, ti voglio mostrare una cosa. » dichiarò Steve facendole cenno di seguirlo. Si unì anche la moglie per curiosità, sapendo di cosa il marito parlasse. 
 
La “cosa”  era una gigantesca stanza blindata situata nel sottosuolo della villa. Ma la sorpresa era che all'interno era allestita come un locale, dentro vi si trovava di tutto. Una griglia gigantesca su cui sembrava ci sarebbe stata una mucca intera, un bancone in legno da bar, tavoli per mangiare, da biliardo e di altri giochi tipici delle sale gioco, un gigantesco schermo televisivo di ultima generazione, postazioni da videogiochi da sale gioco, ridicoli gadget di tutti i tipi e misure alle pareti, un poligono da tiro con tanto di armi e un impianto stereo all'avanguardia. Inoltre si notava un certo grado di disordine, l'ambiente non era ben pulito come il resto della casa. 
Ma la cosa più strana era una statua dorata raffigurante lo s.p.e.t.t.r.o. traditore Saren Arterius.
Trovava quell'ambiente curioso, ma non capiva perché gliela stava mostrando. 
Intuendo la sua perplessità Steve disse « Qui è dove si è svolta una delle tante avventure di mio padre, noi le conosciamo tutte a memoria e se ti interessa poi te la racconto, per questo quando ho visto che questa villa era nella zona espropriata a uso militare ho fatto carte false per avere questo terreno. La parte superiore, a causa della guerra, era in macerie ma sapevo cosa c'era sotto. Con un piccolo aiuto di voi della Noveria Corps, ho fatto presente a Dasha che qualche favore me lo doveva, abbiamo collegato la nuova casa a quello che rimaneva delle vecchie fondamenta e aperto il collegamento per “questo.” » e entusiasta indicò tutto il locale. 
Lei però non capiva perché le sarebbe dovuto interessare,
« Un locale dove io e i ragazzi ci troviamo per fare grigliate e cose varie ma sempre stupide e ignoranti, quando non dobbiamo preoccuparci del lavoro. Non che la stiamo usando con la frequenza che vorrei, siamo tutti sommersi da impegni. In questi due anni non una volta siamo riusciti a trovarci tutti, qualcuno mancava sempre. Quando ti sei data allo sport, alla scherma, dal primo incontro abbiamo sempre scommesso su di te. Gli altri non ti conoscevano, ma noi andavamo sul sicuro. Con i soldi vinti abbiamo allestito questo posto. Adesso che sei famosa, la campionessa indiscussa della scherma galattica, le vincite si sono molto abbassate ma puntiamo ancora. »
« Quindi? » lei si stava stufando.
« Non ho mai dimenticato che non abbiamo mai fatto quella famosa grigliata a fine guerra, che ti avevo promesso. » - Isabella fu sorpresa che lui se ne ricordasse, troppi impegni per entrambi in quel periodo - « Così, se ti va, la prossima volta ti invito. Insomma, se ti vuoi unire al nostro gruppo. » detto questo, azionò il suo omnitool e la figura olografica gli comparve sul braccio. Digitò alcuni comandi.
Il braccio di Isabella si illuminò, il suo omonittol si attivò segnalando la richiesta di unirsi a un gruppo extranet chiamato “ Cazzate e grigliate. “
 
Isabella si sentì persa, non capiva cose le succedesse, avvertiva una strana emozione montarle da dentro. Distrattamente alzò una mano per asciugarsi un occhio, non capiva, poi dovette fare lo stesso anche con l'altro, ma non fece in tempo che quello di prima era nuovamente umido. 
Uso entrambe le mani, non capiva, perché all'improvviso lacrimava, fino a pochi momenti prima i suoi occhi non erano irritati. Il fenomeno sembrava in aumento, non capiva, pensò di essersi presa una strana malattia gli occhi. Poi notò che aveva anche una lieve difficoltà a respirare, non capiva, ogni tanto il fiato le usciva a singhiozzo. Cosa le stava succedendo? Non capiva.
Non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco, non capisco...
« Non dirmi che ti sei commossa? » disse Steve stupefatto.
“Commossa!” lei non sapeva come, ma qualcosa nella sua mente le stava urlando che era esattamente così. Ma di chi era quella voce? Sembrava la sua ma nel contempo era diversa. 
Una mano sul braccio sinistro la fece voltare, era Ilary « Vieni, qui c'è anche un bagno. Hai bisogno di darti una rinfrescata. » e l'accompagnò.
 
Isabella guardava la propria immagine riflessa nello specchio del bagno, questa le sembrava strana. 
Non aveva mai fatto caso al suo di linguaggio del corpo, quindi non poteva esserne sicura, ma sembrava diverso. Scosse la testa, era impossibile. 
Ringhiò alla sua stessa immagine nello specchio, la fissò intimidatoria quasi fosse un nemico.
« Chi sei ? » mormorò al riflesso prima di uscire. 
 
« Tutto bene? » le domandò Ilary.
Lei a capo chino mormorò « Voglio Dasha. » in quel momento sentiva davvero la necessità dell'altra donna. Della stabilità che la sua presenza le dava.
A Ilary ricordò una bambina triste, a dispetto di cosa potesse pensare di lei, non riusciva davvero a vederla in quelle condizioni.
« Sentì, non sono Dasha ma conosco un trucco che ti può far sentire meglio...se mi dai il permesso. »
Il phantom annuì, Ilary si fece avanti e sorprendendola l'abbracciò dolcemente.
« Dicono che se abbracci qualcuno per trenta secondi, poi si sentirà meglio. »  spiegò la donna a Isabella. « Come ti senti adesso? » chiese mentre la lasciava. 
Si sentì trattenere e rimase sbigottita quando le sussurrò « Altri trenta secondi. » 
Ilary annuì, sorridendo in maniera dolce a quella richiesta. 
Steve, leggermente in disparte, osservava pensando “ Sembra l'inizio di un film lesbo.”
Il resto della giornata passò tranquillamente: Steve andò al lavoro seguito da Isabella che sarebbe stata al centro di un intenso allenamento per tutto il I° reggimento, mentre Ilary lasciava Alexandra all'asilo per andare al centro addestramento piloti.
La serata terminò come quella precedente: Alexandra che giocava con i lunghi capelli di Isabella, mentre ascoltava Steve leggere una fiaba.
 
« Perché voi due non provate a fare amicizia? » l'idea, detta ad alta voce da Steve mentre facevano la colazione e lui cercava di far mangiare la bambina. 
Isabella inclinò la testa nel suo solito modo, quando non capiva qualcosa.
Ilary sgrano gli occhi incredula. « Questa idea da dove ti è saltata fuori? »
« Ieri, quando l'hai abbracciata per tranquillizzarla, normalmente decapiterebbe chiunque cercasse di avere un contatto così stretto con lei e non intendo in senso figurativo. »
« Non credo di starle simpatica dopo quello che le ho detto appena è arrivata. » 
Steve stava per chiederle cosa potesse averle detto quando « Ok. » pronunciato da Isabella risuonò forte è chiaro. 
« Sul serio? » mormorò allibita Ilary « Anche dopo quello che ti ho detto. »
« Difendevi la tua prole, il tuo ruolo e territorio. Sono istinti normali. » fu la risposta di Isabella che spiazzò entrambi. Era sorprendentemente ragionevole come argomento.
« Magnifico! » - esordì Steve - « Visto che oggi Ilary ha pure la giornata di riposo, potete fare qualcosa assieme. »
« Tipo? » chiese la moglie, non sapendo cosa potesse avere in comune con Isabella.
« Oggi saresti comunque andata al centro commerciale, portala con te. »
Ilary lo fissò dubbioso, mentre Isabella si era messa a cercare qualcosa sulla sua lista di cose da fare. 
« Fare compere? » domandò all'altra che annuì. Il phantom cancellò un'altra voce, sembrava aver accettato l'idea.
« Va bene.» mormorò Ilary, dubbiosa di come sarebbe potuta andare.  
 
Il centro commerciale in questione era situato al di fuori della zona militare, nella cittadina che sorgeva a ridosso di essa. Il viaggiò fu breve e senza problemi, portarono con loro anche Alexandra.
Uscendo dalla base in auto, un gruppo di una quarantina persone sostava davanti all'ingresso con un grosso striscione con la scritta: “ Steve Williams Shepard, sei solo un criminale”. 
Ve ne erano altri meno appariscenti con scritte “Giustizia per le vittime” “ Ricordiamo il casinò Putin.”
Ilary fece una smorfia e passò oltre, contenta che non la riconoscessero. Lanciò una rapida occhiata a Isabella, chiedendosi che cosa ne pensasse e contenta che non sapessero della sua presenza. 
Il phantom non fece niente, limitandosi a fissarli.
Adesso erano lì, in una delle gallerie del centro commerciale, con Isabella che portava Alexandra in spalle. Sembrava davvero felice, aveva anche accettato di lasciare le spade a casa. Sempre più spesso le capitavano situazioni in cui non poteva portarle, sembrava ci stesse facendo l'abitudine. 
« Ti piacciono i bambini? » chiese Ilary.
Lei si voltò « Non lo so, mi piace Alexandra, ha un fantastico linguaggio del corpo. Quello mi piace. »
Incuriosita dalla risposta che riguardava la figlia « Cosa intendi? »
« Non so rispondere, non conosco termini adatti. Si potrebbe dire che avrà un bel carattere. »
La bambina era sempre stata brava, faceva anche poche bizze, però dopo quella sorte di premonizione sul futuro carattere della figlia la madre le dedicò un'occhiata sospettosa.
Sembrava dire “Tesoro, non farmi scherzi. “
« A parole tue, come la definiresti? »
« Un predatore! »
Quella definizione le piacque ancora meno.
Gli acquisti andarono bene, Ilary scoprì che Isabella aveva uno scarso senso del valore del denaro. Non riusciva a capire quando un oggetto era troppo costoso o invece sarebbe stato bene dubitare della sua qualità visto il basso prezzo.
Alla fine le chiese « Tu come fai quando vuoi comprarti qualcosa? »
Lei mostrò una scheda identificativa ID « Consegno questa e posso prendere quello che voglio dai negozi della Noveria Corps. »
« Ok, ma se non sei in un negozio della tua compagnia? »
Lei fece spallucce « Consegno sempre questo ID e fanno. »
« Si, ma fanno caso? Hai mai controllato che prendano il giusto? »
Isabella inclinò la testa, Ilary ormai aveva imparato a riconoscere quel gesto. Significava che lei non capiva, si stava accorgendo che questa donna di cui conosceva le pericolosità era anche molto ingenua e spontanea su ciò che non riguardava il mero combattimento. 
Improvvisamente notò che la gente sembrava fissarle, le ci volle poco per accorgersi che non era solo una sensazione. Fissò Isabella, dovevano averla riconosciuta.
Si diede della stupida per non averlo vista prima, si trattava un cartellone pubblicitario di notevole dimensioni. Questo promuoveva una nuova linea di abbigliamento intimo della Noveria Corps.
A invogliare all'acquisto del prodotto, una gigantografia proprio di Isabella con solo reggiseno e mutandine indosso. Per prudenza decise che era meglio andar via.  
Erano quasi arrivate a destinazione, l'ingresso della zona militare era a qualche decina di metri, quando Ilary si accorse di una cosa allarmante.
I parenti delle vittime del Casinò Putin guardavano dentro a ogni auto in entrata e uscita dalla base, dovevano aver saputo che l'assassina diretta dei loro cari era lì. 
Non era neanche difficile immaginare il “come”, era sufficiente che qualcuno al centro commerciale avesse inviato su extranet la notizia di averla avvistata. 
Le stava per dire di tenere giù la testa, ma si accorse che era già troppo tardi. Una donna stava urlando e nel farlo indicava la loro auto. La sagoma di Isabella era inconfondibile. 
In un attimo la loro auto fu circondata, una ventina di persone furiose urlavano “Assassina “ e insulti picchiando violentemente le mani contro l'auto facendola traballare. 
La piccola Alexandra, sul sedile dietro, prese ad agitarsi nel suo passeggino emettendo vagiti di paura. Isabella non si capiva cosa stesse facendo, teneva le mani vicino al viso.
Ilary suonò il clanson dell'auto, più e più volte, richiamando i militari al cancello che intervennero insieme a dei rinforzi. 
Scortata e protetta la vettura poté finalmente entrare nella zona militare. Finalmente al sicuro Ilary si voltò verso Isabella, era china in avanti con le mani alla bocca.
« Tutto bene? » non capendo cosa stesse facendo e mettendole una mano per farla voltare verso di lei. Quello che vide la scioccò: aveva uno sguardo vitreo e fisso in avanti, ma la cosa traumatizzante fu scoprire che Isabella non si stava coprendo la bocca.  Si stava mordendo le dita di ambo le ambi al punto di farle sanguinare. 
« Cosa stai facendo ? » 
« Mi dispiace. » fu l'unica risposta, mormorata con difficoltà avendo la bocca impegnata a mordere. Sembrava incapace di molare la presa. Ilary non osava intervenire e dopo qualche secondo di apparente fatica, Isabella riuscì ad aprire la bocca sfilandovi le dita. 
A casa, dover aver messo Alexandra in camera sua la medicò.
 « Perché l'hai fatto? » domandò Ilary.
« Il mio istinto...ero pronta, ho preferito trattenermi. Il dolore era il metodo migliore... Ho creato problemi a Steve? A voi? » 
« Io... » - Ilary si fermò incerta su cosa dire, veramente stupita da quella domanda, forse sarebbe stato un bene mentire ma ricordò chi aveva davanti « Si, non pochi. »
« Mi dispiace. » Quell'affermazione lascio Ilary allibita, totalmente senza parole. Isabella che si scusava, l'universo stava forse per implodere?
Invece la vide alzarsi, recuperare di gran corsa le sue spade e dirigersi verso la porta.
« Aspetta...cosa pensi...che intenzioni hai? » domandò preoccupata. 
« Meglio che vada, lascerò il pianeta. Di a Steve che aspetterò l'invito. Sono stati due giorni divertenti, hai un bellissimo linguaggio del corpo che si combina bene con quello di lui. » detto questo uscì. 
Ilary le corse dietro, ma come aprì la porta di Isabella non c'era traccia. « E adesso... »
 
Quello sera Steve era già informato di tutto, non aveva visto Isabella ma sapeva che l'Atlantic Codex era venuta prenderla. Il phantom non era più sul pianeta, di questo Ilary poteva essere sicura.
La donna tirò un sospiro di sollievo, aveva temuto il peggio ma fortunatamente non era successo niente.
« Allora, quando pensi di farla questa benedetta grigliata? Questa volta la tua amica si offenderà veramente se non la inviti. »
« Non dirlo a me, hai idea di quanto sia difficile trovare una data che vada bene per una trentina di persone? Ma questa volta ci riuscirò! » e si mise a postare sul gruppo extranet. 
 
******
 
Isabella guardava con piacere il bus caduto nel precipizio bruciare, con tutti i suoi occupanti all'interno. Con i sistemi di occultamento di cui era provvista l'Atlantic Codex, non era stato un problema tornare sul pianeta non vista. 
Aveva atteso per un giorno intero, occultata, spiando quelle persone che l'avevano infastidita.
Quelle “prede” che osavano lamentarsi. 
Quando, giunta la sera, erano tutte salite su un bus che avrebbe dovuto portarle da qualche parte le aveva seguite, al momento opportuno aveva causato un incidente. 
Un biotico di livello cinque poteva bloccare un'auto, per lei che era un sesto grado agire su un bus era stato facile. 
Con la soddisfazione di un lavoro ben fatto aveva controllato che fossero tutti morti.
Stranamente notò che si sentiva particolarmente compiaciuta, di quel semplice operato che non l'aveva per niente impegnata. 
Sorrise all'idea che le si stava formando in testa, quella di essere stata d'aiuto alla famiglia del suo amico e a lui.
Felice si allontanò, certa che lui avrebbe apprezzato quel gesto anche se sapeva che non poteva raccontarglielo.
Adesso però doveva muoversi, aveva una sfilata tra due ore e con l'Atlantic codex sarebbe arrivata giusto in tempo.
« Rischio proprio di civilizzarmi. » borbottò fra se. 
 
******
 
“Che incredibile botta di culo.“ fu il pensiero di Steve quando seppe dell'incidente, non lo avrebbe detto a nessuno ma si sentiva sollevato da un peso adesso che quelle persone erano morte. Ringraziò la sua fortuna, poteva considerare tutta la faccenda dal casinò Putin chiusa.  
 
***** 
 
Su Erinle una donna di colore passava in rassegna, aiutata da una squadra scientifica formata da diverse razze, tutti i cadaveri dei difensori. Le truppe del Dominio Yagh assieme a mercenari Vorcha avevano ripreso possesso della base. 
Era tesa, perché adesso era tutta questione di fortuna. 
Aveva previsto che per raccogliere informazione sugli Yahg, la “cara” Olivia avrebbe inviato Isabella.
Conosceva la natura del phantom, davanti a un nutrito gruppo di biotici non avrebbe resistito alla tentazione di attaccarli. Per questo ne avevano raccolti così tanti. Di fatto tutta l'invasione del pianeta serviva solo ad attirare a Isabella.
Questo per recuperare da lei un elemento fondamentale: una traccia della lunghezza d'onda posseduta dal suo eezo. Essa era unica per ogni biotico. 
Quella del 19 poteva stimolare la trasformazione dell'eezo in questo isotopo. Per questo era fondamentale recuperarla. 
Su base matematica c'era una buona percentuale di successo di recuperare almeno un nodulo di eezo dai cadaveri difensori, dato il loro numero, in cui fosse rimasta tale traccia energetica.
Sospirò stanca, non avevano trovato niente. Non capiva, non era stato trovato nessun nodulo di eezo. Che fine avevano fatto? Cosa diavolo aveva mai fatto Isabella per far fallire il suo piano?
Guardò lo strumento che teneva in mano, nessuna segnalazione. 
Si alzò per andare in bagno, passando davanti a una porta lo strumento emise un segnale. Vi entrò incredula. Dopo una breve ricerca la vide.
Sul fondo di un cesso, una merda di colore blu elettrico. Immerse le mani, prendendola delicatamente e tirandola fuori dall'acqua. 
Lo strumento emetteva un allegro ticchettio molto più forte.
La donna sorrise « Una merda, lo strumento perfetto per far sprofondare la galassia nella merda! » e rise di gusto. 

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Capitolo 4
*** Niente panico, c'è Ignazio ***


Ignazio Gorse era un uomo con folti capelli e baffi neri, dalla carnagione scura era uno degli ufficiali dello stato maggiore del I reggimento. Era un esperto di crisi, la sua sarebbe potuta essere una presenza preziosa in questo corpo militare destinato alle zone di guerra più pericolose. 
Normalmente la sola funzione del I era distruggere il nemico, ma potevano capitare situazioni impreviste a cui dare una risposta immediata. 
Lui era a persona a cui rivolgersi in quei casi. 
Il fatto che si chiamasse Ignazio sembrava uno scherzo di cattivo di gusto. Significava figlio, ma chi fossero i suoi genitori non lo sapeva. 
Il nome dovrebbe indicare una persone sempre sorridente, dalla battuta pronta e simpatica a tutti. Le voci su di lui dicevano che non aveva mai sorriso da quando era nato, sentirlo parlare era una rarità, vederlo in compagnia qualcosa d'impensabile. 
L'idea che potesse fare una battuta, era una possibilità che nessuno poteva prendere in considerazione. 
Era originario dell'India, uno degli infiniti orfani dell'enorme disastro ambientale dello stato di Assam una dozzina di anni prima. Era stato il più grande disastro ambientale ad opera dell'uomo, in tutta la sua storia. Undici milioni di morti in tre giorni, l'intera nazione evacuata. 
Se il problema degli stati poveri, il “Terzo mondo”, sembrava essere stata risolto su tutto il pianeta era come se questo si fosse spostato in quest'unica zona. 
Quasi a ricordare che gli essere umani non si sarebbero mai sbarazzati di cose come povertà, odio, fame, fanatismo religioso e di qualsiasi altro problema. 
Quello che fu lo stato di Assam era diventato l'unica zona senza legge dell'intero pianeta. Investire nella sua ricostruzione era una spesa assurdamente folle, inoltre nessuno credeva fosse possibile. 
Il livello del danno subito dal pianeta era tale da lasciare un senso d'impotenza.
Ignazio era allora solo un ragazzo, trovato e salvato da alcuni missionari gesuiti che gli diedero quel nome. Non voleva parlare con nessuno, ma in qualche modo bisognava chiamarlo. 
Prese quel nome nella più completa indifferenza, era nato Ignazio Gorse e chiunque fosse stato prima era morto il giorno del disastro. 
Rimase a lungo con i volontari gesuiti, anche se lui era chiaramente indiano come indicavano i suoi lineamenti la differenza di cultura e religione non parve un problema. Era disinteressato a tutto. 
All'età minima entrò nell'Alleanza dei Sistemi, sapeva che avrebbe dovuto trovarsi un lavoro un giorno. Nessun entusiasmo, era un impiego come un altro. 
I soldi erano sempre tali, qualunque fosse la loro provenienza. 
Dimostro da subito una notevole abilità nella gestione delle crisi che coinvolgevano la popolazione, 
era vissuta per anni in una di esse. 
Aveva imparato molto sul panico e la paura, in quei casi la cosa più importante era l'ordine anche a costo di causare dei morti. Le sue decisioni erano logiche, necessarie, giuste ma assolutamente carenti di umanità. Diversi psicologi militari avevano rilevato una sorta d'incapacità a sviluppare ansia o qualsiasi sentimento di confusione. Era privo di qualunque vero interesse per qualcosa. 
Questo faceva sì che non piacesse a nessuno, ovunque fosse stato mandato era stato trasferito nel giro di qualche mese, unica soluzione non potendo congedarlo. 
Il suo ultimo trasferimento e attuale impiego era al I reggimento I.D.G. 
Gli venne affidato il comando del reparto medico, sebbene lui non lo fosse. Dopotutto i reparti sanitari entravano all'opera in quasi ogni crisi, il suo compito sarebbe stato garantirne l'operatività e la protezione.

« Mi rifiuto. » dichiarò seccato Ignazio al suo comandate, erano nel suo ufficio. 
Lui lo guardò seccato « Guarda che non puoi scegliere, la missione è da svolgere. » obiettò Steve.
« Pretendo di poterlo fare. Mi sto ammutinando mi faccia arrestare. » 
« Non ti metto agli arresti, non ti darò una scusa per evitarla. » 
« Dannazione. » 
« La questione è semplice, ci sono delle navi piene di profughi che sono salpate da Erinle. Hanno bisogno di assistenza medica, tu sarai tra quelli che la fornirà. » 
« Un attimo, quel posto è al centro di tutto il casino che sta succedendo tra Dominio Yahg e il Consiglio della Cittadella. Entrambe la parti hanno deciso che nessuna nave sarebbe entrata o uscita  dall'orbita del pianeta, accettando qualsiasi situazione che si fosse venuta a creare sul pianeta al termine di un periodo di quindici giorni. Dopodiché pace e il pianeta sarebbe stato suddiviso in base alla posizioni di ciascuno. Queste navi come hanno fatto a lasciare il pianeta? » 
« I civili sul posto hanno deciso per conto loro, fregandosene di militari e politici. Gli yahg non hanno avuto nulla da ridire, più gente scappa e prima il pianeta sarà loro. » 
« Questo ha senso, però non capisco perché deve essere l'unità sanitaria del I ad occuparsene. Ci sarà un esercito di quelle patetiche associazioni di volontari pronti ad aiutare dei profughi, lasciamo tutto a loro. Amano credere di servire a qualcosa, quegli idioti stravedono per il sorriso di un poveraccio contento di avere un pasto caldo. » 
« Sono d'accordo con te, ma … » 
« Ecco la fregatura! » 
« Il Consiglio pensa che sarebbe un ottima pubblicità, se ci fossero anche i suoi soldati. » 
« Dannazione. » ripeté Ignazio sapendo di non aver scelta, odiava l'idea muoversi per la “politica”. 

Le astronavi in fuga erano atterrate su un vicino pianeta abitabile in attesa di avere una destinazione definitiva. La maggior parte dei profughi erano salarian, normale visto che fuggivano da una loro colonia. 
Le previsioni iniziali di Ignazio di rilevarono giuste, c'erano tanti volontari di almeno una quindicina di gruppi diversi a prestare soccorso agli sventurati.  
Il tutto senza la minima coordinazione, tempo e risorse erano sprecate. 
La scusa della sua presenza era che i soldati ai suoi ordini avrebbero dovuto portare ordine e gestire quella che sulla carte sarebbe stata una breve emergenza. 
Lui si presentò senza un accenno di sorriso in viso, dentro a una massiccia armatura NC-13 quel volto impressionò non poco. I suoi baffi gli davano un aspetto ancora più austero, imbracciare il fucile T-17 non lo aiutava a rendersi simpatico.  
« Adesso comando io, voi ubbidite. Non perdete tempo a protestare, perché a priori ho ragione io su qualsiasi cosa. » 
Questo frase fu il discorso con cui si presentò. Non chiese quale fosse la situazione, ne aveva viste parecchie e alla fine erano sempre tutte uguali fra loro almeno all'inizio. 
Anche le decisioni da prendere per risolverle. 
Niente di particolare, solo buon senso. Ma tutte le sue esperienze dimostravano che le famose associazioni di volontari erano troppo impegnati nelle rivalità fra loro per curarsene.
Da sempre i poveri, disgraziati e reietti potevano essere un buon affare.
Era passata un'ora dal suo arrivo a quando aveva finito di dare le sue istruzioni, aveva un'aria di chi aveva visto troppe volte quello scenario. 
Quando udì l'urlo si drizzò in piedi, il coro di urla lo fece correre all'esterno. Quelle non facevano parte della “routine”, almeno non fino a quando l'accampamento improvvisato non cadeva vittima dell'anarchia o di qualche farabutto. 
Normalmente capitava dopo una ventina di giorni di cattiva gestione, non dopo un solo giorno. 
Aprì la porta, quello che vide lo lasciò confuso. 
Davanti a lui una sorta di cavità oscura all'apparenza umida. Prima che la sua mente realizzasse cosa vedesse, questa si chiuse su di lui. 
Un essere grottesco, tondeggiante, senza braccia e gambe fluttuava in aria. Aveva un solo grande occhio verde che oltre all'enorme bocca, segnata da denti grande quanto la mano di un uomo, era la sola cosa che definiva quello che si poteva definire un volto. 
Un'aurea blu elettrico avvolgeva la creatura, segno che riusciva a fluttuare in aria usando poteri biotici. La pelle era ruvida, spessa e rossastra. 
Il T-17 nella mano destra di Ignazio fece fuoco, un singolo colpo che sventro l'essere lungo tutto il lato destro. Cadde al suolo trascinando con se il soldato. 
Lui si rialzò confuso ma sano, la corazza dell'armatura l'aveva protetto dal morso. Non era però priva di danni, ben visibili erano numerose ammaccature provocate dai denti.  
Aveva un'infinità di domande, ma le priorità erano altre.
L'allarme si era ormai diffuso, i suoi soldati stavano combattendo e li sentiva sul canale militare.  
Facevano quello per cui erano addestrati, contrastavano il nemico. 
« Tutto sbagliato. » mormorò fra se.
« A tutti i soldati, evitate lo scontro col nemico, concentratevi sull'evacuazione. Combattete solo per difendere la vostra e la loro vita. In ogni altro caso scappate. » ordinò perentorio. 
Non avevano informazioni, il campo non aveva nessun valore. 
La sua intenzione era semplice, ritirarsi riducendo al minimo i combattimenti e i pericoli. 
Le prime istruzioni date quando era arrivato furono basilari, piazzare olo-cartelli vicino agli edifici più importanti e indicare quattro uscite in direzione dei fondamentali punti cardinali. 
La gente aveva bisogno di punti di riferimento, molti non se ne rendevano conto ma era un'esigenza fondamentale come cibo e acqua. 
In questo caso potevano fare la differenza tra la vita e morte. « Evacuare verso l'uscita sud! » 
Nessuno perse tempo a discutere quell'ordine, ma corsero verso quella scritta olografica sospesa in aria: USCITA SUD. 
Sarebbero stati al sicuro? Ignazio non ne aveva la minima idea, quegli esseri arrivavano da nord e il modo più semplice per allontanarsi da essi era andare in quella direzione. 
I suoi soldati adesso sapevano in che direzione combattere, retrocedere verso sud combattendo il nemico in arrivo da nord. 
Si formò un perimetro, un fronte. I T-17 sputavano i loro colpi ad energia. 
Ma le bestie avanzavano, a gruppi di due o tre. In totale poteva contarne una quarantina, lui però aveva solo una quindicina di soldati. In maniera simile agli animali sembravano essere capaci di operare in branco usando tecniche di caccia. 
Il branco di quelle strane bestie si fermò a non più di una decina di metri dal perimetro improvvisato dei soldati, riparati dietro a nascondigli improvvisati. 
Ignazio si chiese cosa stessero facendo, ma non aveva tempo da perdere « Si sono fermati. Metà di noi arretrino, poi gli altri e così via. Cerchiamo di distanziali. » 
Palle di acido caddero su di loro, corrodendo i deboli ripari e danneggiando il duro metallo delle armature. 
Le bestie attaccarono sfondando ogni difesa con un salto biotico, furono addosso ai soldati e le loro fauci si chiusero su di loro. Il metallo cominciò a piegarsi. 
Ignazio si diede dell'idiota a non averci pensato, se quei mostri potevano usare l'energia biotica per fluttuare perché non avrebbero potuta usarla per attaccare? 
Era esattamente quello che stavano facendo, potenziando la forza del loro morso. 
« Figli di puttana! » gridò furioso Ignazio, scacciato a terra da due di quelle bestie. Una gli bloccava il braccio destro, tenendolo ben stretto nella sua morsa. Lo stesso faceva l'altra bestia alla sua gamba sinistra. La massa di quegli esseri gli bloccava la vista, non aveva idea di cosa stesse accadendo attorno a lui  e aveva perso la sua arma.
Sentiva solo i suoi uomini urlare per la paura e lo sforzo di difendersi. 
Ignazio era sicuro di non aver ancora riportato delle ferite, ma era altrettanto certo che non avrebbe potuto far affidamento sulla sua corazza ancora per molto. 
Seguendo la sua rabbia, sfruttando la forza meccanica che la corazza gli concedeva, colpì con il braccio libero l'occhio della bestia che gli bloccava l'altro. 
Affondò con le dita nelle grande pupilla, sentì la creatura ringhiare di dolore mentre non lasciava la presa. Strattonò con forza, strappandogli il grande occhio mentre si accasciava morente al suolo. 
La presa all'altro braccio venne subito meno, stava per alzarsi per affrontare quella che gli bloccava la gamba ma venne preceduto. 
Notando che la sua preda era libera, lasciò l'arto e gli saltò addosso.
Ignazio sapeva solo che stava imprecando, ma non avrebbe mai saputo dire quali fossero le parole pronunciate. Le fauci della bestia erano spalancate contro di lui, bloccate e trattenute solo dalla presa delle sue mani.
La creatura spingeva, dimostrando una notevole forza fisica. Venne sospinto lungo il terreno, lasciando un leggero solco. 
Il problema era però la saliva: acido puro. Poteva sentire i guanti di metallo sfrigolare, mentre stringevano le labbra di quella bocca simile a quella di un serpente. 
La corsa terminò contro la parete di metallo di una delle navi atterrate, un impatto che sorprese sia uomo che bestia. 
Un secondo di distrazione di cui Ignazio approfittò. Sfondando l'occhio della bestia da cui uscì un fiotto di sangue. Il cadavere gli cadde addosso, facendogli sputare tutto l'aria che aveva nei polmoni. Era pesante, molto più di quello che credeva. 
Non perse tempo in quegli inutili pensieri, poteva sentire i suoi uomini gridare. 
Buttò il cadavere di lato e corse prendere il fucile, l'unico pensiero che si concesse fu “Buon segno, i cadaveri non urlano.” 
Fece fuoco, distratte dalle rispettive prede le bestie non riuscirono a reagire prontamente. 
Muscoli e pelle non erano una difesa sufficiente dal T-17, ne uccise diverse liberando i commilitoni che tornarono a combattere facendo lo stesso. 
Le bestie li avevano colti di sorpresa con la loro apparizione, l'uso di poteri biotici, le bombe d'acido e un corpo quanto mai robusto. Adesso, però, avevano finito i trucchi a loro disposizione. 
In venti minuti le massacrarono tutte, Ignazio trovò strano che non tentassero la minima fuga. Ma quegli animali o qualsiasi cosa fossero erano strani in tutto e per tutto. 
Quando l'ultimo morì « Rapporto sulla situazione! Conteggio dei morti tra soldati e civili! Qualcuno mi dica cosa diavolo erano! » 
In tre minuti ebbe un quadro preciso della situazione, un suo sottoposto salarian gli fece rapporto « Situazione calma, nessun morto tra i civili o i soldati, quelle bestie sembravano arrivare nella direzione in cui è atterrata una nave attualmente non identificata. Stando ai rapporti degli altri capitani civili, era un cargo commerciale ma non sanno altro. Non hanno idea di chi lo pilotasse o perché si sia distanziato dagli altri. »
L'ufficiale però era interessato a un dato in particolare « Nessun morto tra i civili? Come diavolo sarebbe possibile, quelle bestie erano fin troppo aggressive, per noi difendere tutti era impossibile. Devono esserci stati dei morti, è puro buon senso. » 
Il salarian parve un attimo incerto « Ecco, stando ai vari racconti dei civili, sembra che quelle creature siano passate in mezzo a loro ignorandoli. » 
« Allora perché avrebbero dovuto attaccare noi? »
« La sensazione è che puntassero a noi. » 
« Questo è.... lasciamo perdere. Cinque soldati rimarranno qui, i restanti con me a ispezionare il misterioso cargo. » 
Trovare la nave misteriosa fu molto facile, quello a lasciarlo stupito fu vedere a chi apparteneva.
Il logo non lasciava dubbi: Noveria Corps. 
Nel giro di due giorni il campo improvvisato venne smontato, i civili destinati su pianeti dove sarebbero stati accolti senza problemi. 
Ignazio e i suoi soldati tornarono su Bekenstein. 
Il rapporto che aveva ricevuto su quelle creature lo lasciava interdetto. Erano dotate dell'apparato sensoriale di Jasava, tipico della fauna biotiche di Thessia, questo permetteva di percepire il campo biotico di altri animali. 
In pratica avevano davvero dato la caccia a lui e ai suoi soldati per via del nucleo a eezo nelle loro corazze. 
In più rimaneva il mistero della loro origine, il coinvolgimento della Noveria Corps. Sapeva solo che il suo comandante se ne stava occupando. 

 
******

Trish chinò il capo in avanti, facendo ondeggiare i suoi biondi capelli. « Mi dispiace per tutto, ma ti assicuro che mamma non centra, quella non è davvero una delle nostre navi. Il logo è stato pitturato dopo...io...ho questo registro, se vedi... »
« Calma. » fece Steve che non si era aspettato prima di tutto di veder entrare la diciassettenne nel suo ufficio, tanto meno per quel motivo. 
Prima che potesse dire qualcosa, lei aveva cominciato a parlare. 
« Lascia perdere i registri o cose simili. Mi stai dicendo che la Noveria Coprs è estranea ai fatti? »
« Si! »
« Ok. »
« Ok? »
« A posto, va bene. »
Trish lo guardò incredula, non credeva sarebbe stato così semplice convincerlo di quella verità. 
Fu lui a farle una domanda « Perché Dasha ha mandato te? »
« Si è scelto di tenere quanto accaduto il più segreto possibile, la mia visita può essere spiegata come una di cortesia. Mandare qualche funzionario da te, avrebbe potuto attirare l'attenzione. » 
« Capisco. »
« Ma... »
« Che c'è? »
« Adesso cosa farai? »
« Niente »
« Come? »
« Se cerchi furbizia o gente che ama indagare questo è il posto sbagliato, lascerò che siano altri ben più capaci di me a investigare. Sicuramente anche tua madre starà cercando il responsabile di questo scherzo ai suoi danni. Quando mi diranno chi è e avrò gli ordini necessari, farò in modo di far saltare in aria lui e tutto il fottuto pianeta su cui si trova. » 
Trish tirò un sospiro di sollievo, era la prima volta che sua madre le chiedeva di svolgere un incarico per la compagnia. Si era sentita veramente nervosa, era felice fosse andata bene. 
« Andiamo, ti porto da me, ancora grazie per la terapia genetica di mia figlia. » 
« Non ti preoccupare, sono contenta di aiutarti. Lo dico anche a nome delle mie sorelle. »

***** 
 
La donna di colore leggeva il rapporto, facendo ruotare leggermente la sedia su cui si trovava. 
« È stata una faticaccia guidare quella nave. » commento una donna asiatica, il braccio sinistro era una protesi in metallo. 
« Non ne dubito, ma serviva qualcuno che non fosse biotico, non destasse sospetti e fosse capace. Tu avevi ogni requisito. »
Accettò quei complimenti con un sbuffo « Quindi? A cosa è servito tutto questo? »
« Prima di tutto a liberarci di qualche esperimento fallito in modo che ci fosse utile. Adesso sappiamo che possono realmente percepire l'energia biotica e cacciare chi la possiede. Questo è un dato molto importante per i nostri fini. Per essere dei prodotti di laboratorio falliti, hanno fornito dei buoni risultati. » 
« A me non sembravano tanto male, se numerosi metterebbero paura a chiunque. » 
L'asiatica ricevette una lunga occhiata indagatrice « Purtroppo non stiamo cercando di uccidere “chiunque”, per eliminare un predatore è necessario che chi lo sostituisca sia ancora più forte. Serviranno ancora diversi anni per creare qualcosa di accettabile, con una minima speranza di vittoria. » e venne congedata con un gesto della mano. 
La donna di colore tornò ai suoi studi, sicura che alla fine avrebbe creato qualcosa di superiore.

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Capitolo 5
*** Sipaf Pinok ***


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Foto generica di un salarian presa da internet e che compare nel gioco. 

Il cane abbaiò felice, sedendosi come ordinato dall'istruttore. 
Aveva completato il percorso con successo, trovando la finta bomba. 
« Bravo Dragon. » disse il sergente Ywan Chuli, la sua unità cinofila potenziata aggregata al I reggimento I.D.G. era ancora in fase sperimentale. Con i suoi 160 cm era il soldato più basso della base. 
« Trovo sempre interessante il modo di esprimersi e comunicare degli essere viventi che chi gli è intellettualmente superiore. » affermò Sipaf Pinok, un salarian dall'epidermide rossastra. 
« Cosa? » disse Ywan voltandosi verso di lui. 
« Quel muovere la coda e il resto, un comportamento interessante. » 
« Ah, ecco, per i cani è una cosa normale. Le interessa come gli animali fanno conoscere i loro sentimenti. » 
« Il mio hobby è la conoscenza, credo che il termine che usate voi umani sia... tuttologo. »
« Tuttologo? » 
« Esatto, pero ho notato che spesso ho difficoltà a interpretare le situazione. Ho pensato che studiare gli animali mi sarebbe stato utile per capire gli altri. »
« Come? Non ci vedo niente in comune? » 
« Beh...in entrambi i casi ci sono delle mente inferiori che cercano di farsi capire da una superiore. »  
« Dice sul serio? » 
« Sono sempre serio sullo studio. »
« No, non intendevo questo. »
« Vede un altro fraintendimento, come quello capitato con la moglie del comandante capo. » 
« No, aspetti, cos'è successo con la moglie del comandante? » 
« Come lei sa insegna da istruttore di volo qui alla base, essendo anch'io un ufficiale di volo ci incontriamo spesso. Due giorni fa, decidendo che la situazione fosse adatta per qualche aneddoto comico ho deciso di raccontarne uno. »
« Cosa le ha detto? »
« Le ho fatto notare come tutti gli umani a cui insegnava portassero i capelli cortissimi per sentire meglio il suo seno sulla nuca. » 
« Sulla nuca? Che? » 
« Vede, i piloti per allenarsi stanno in genere seduti in postazioni d'allenamento. Quando l'istruttore Monreau, generalmente si mette alle loro spalle, si china in avanti per indicare un  errore finiva per far sfregare appena il suo seno contro la nuca del pilota. »
« Le ha detto questo? » 
« Certo, mi sembrava una cosa simpatica di cui ridere. »
« Lei come ha reagito? »
« Stranamente è diventata rossa in viso, correndo vi subito dopo. Oh, altra cosa strana, ho l'impressione che adesso i piloti umani mi fissino ma non capisco la ragione. »
Lui sorrise « Già, strano, chissà il perché? » cercando di non dire niente, quel salarian era un suo superiore. Un ufficiale del I reggimento. 
« Ora mi scusi, ho un appuntamento con il comandante capo . Tornerò con piacere a studiare i suoi animali. » 
« Quando vuole. » rispose e quando fu sicuro che si fosse allontanato abbastanza si voltò verso il cane dicendogli « Dragon, c'è gente davvero strana in questo I reggimento. Tra cui la donna che mi piace. »

« Sipaf, ha le informazioni che mi servono? » chiese Steve.
« Si riferisce sull'eventuale utilizzo dei nostri bombardieri pesanti contro gli Yagh? »
« No...per sapere chi ha le tette più grandi. »
« Sul pianeta direi sua moglie o l'umano che lavora vicino alla biblioteca. Però non so se per gli essere umani il grasso accumulato nel petto maschile si possa definire seno. » 
Al termine della spiegazione vide il suo superiore fissarlo con sguardo interdetto. 
« Era una situazione comica, dannazione, voi umani siete troppo...sottili. » rispose sincero.
Steve si massaggiò le tempie, gli capitava spesso quando parlava con Sipaf. 
Il I reggimento era stato messo assieme con quei soldati che avevano un qualche problema con gli altri, niente di serio o criminale ma solo “non adattati” sebbene non al punto di congedarli. 
Sipaf era un esempio perfetto: intelligente, attento ai dettagli, esperto pilota e capace di gestire la formazione di dodici bombardieri pesanti del I reggimento. 
Per contro non riusciva mai a capire gli altri, spesso risultava irritante ai più, parlava troppo e ogni discorso sarebbe finito con qualche auto elogio. 
Il precedente ufficiale del salarian era stato contento di poterlo mandare altrove. 
« Se dovessimo essere dispiegati su Erinle voglio sapere se potrò far affidamento sui miei bombardieri.  Posso contare solo su due supporti dall'alto, uno siete voi e voglio sapere se rischio di rimanere scoperto. » 
Il salarian sorrise « Posso assicurarle di aver messo insieme una strategia più che eccellente. » 
« Bene. » detto questo premette un comando sulla scrivania, facendo apparire un oloschermo. 
« Queste sono le informazioni più aggiornate in nostro possesso, ci sono state fornite dal comandate Peggi e Falso sul posto, su quello che gli Yagh stanno facendo su Erinle. Le studi, se mai ci venisse dato l'ordine voglio che i miei bombardieri siano in grado di dare il massimo danno al nemico. » 
« Eccellente, se mi darà due ore sarò lieto di spiegarle...» nuovamente fu interrotto. 
« Sarà più comodo per entrambi se mette tutto per iscritto. » obiettò Steve, mentre pensava fra se “Col cavolo che sto a sentirti per due ore!”

Era notte su Bekenstein e Sipaf, preso dall'entusiasmo dello studio delle informazioni ricevute si era chiuso in ufficio, era immerso nella ricerca della strategia più valida al punto da ignorare il trascorrere del tempo.
Favorito in questo dalla propria fisiologia che faceva si che ai salarian bastassero solo poche ore sonno. 
Per molti pilotare un bombardiere era facile: quando sei sopra al bersaglio sganci le bombe. Qualcosa di semplice come tirare un sasso in un lago. 
Ma la realtà era un tantino più complicata. Stare in un bombardiere voleva dire trovarsi in qualcosa di lento, grosso e che tutti volevano colpire. 
I pellicani erano i più grossi bombardieri mai costruiti, dei colossi di metallo con la più grande potenza di fuoco mai vista in mezzi di quel genere. 
La loro mole in cielo sembrava quasi una sfida all'antiaerea e ai caccia nemici a buttarli giù. 
Almeno la logistica non era un grosso problema, i nuclei a eezo erano fatti per operare molto a lungo e il carburante non sarebbe stato un problema. 
L'unica cosa che non riusciva a risolvere era dove mettere a terra i suoi dodici bombardieri, se fossero dovuti andare su Erinle. 
Potevano rimanere nello spazio, decollare da una nave in orbita ma questo avrebbe richiesto tempi d'intervento maggiore. 
Il comandante capo, in una riunione, aveva suggerito una strategia estremamente offensiva ma era suo dovere non basarsi solo su quella. 
In questa guerra lampo che lui proponeva, i suoi bombardieri semplicemente non avrebbero avuto il tempo o bisogno di atterrare da qualsiasi parte. 
Una comodità su cui non faceva affidamento. 
Un rumore che avrebbe potuto essere qualsiasi cosa attirò la sua attenzione. Si alzò, sicuro di non sbagliarsi. Troppe volte l'aveva sentito. 
I nuclei a eezo di un pellicano generavano molto energia statica, questa poteva risultare pericolosa e veniva scaricata a terra tramite apposite prese ogni volta che erano al suolo. 
I picchi maggiori si avvevano all'avvio, dove per via del basso consumo raggiungeva presto valori elevati. Una volta in volo il problema si risolveva da solo. 
Scaricare l'energia statica generava un flebile ma costante ronzio come quello che udiva in quel momento. Se non fosse stato per il silenzio della notte, non l'avrebbe nemmeno sentito.
Il vero problema era che nessuno avrebbe dovuto trovarsi in quella parte della base a quell'ora.
Uscì dal suo ufficio percorse diversi metri fino ad arrivare all'origine di quel suono.
Il pellicano era davanti a lui, le luci nella cabina di volo accese ma non vide nessuno. 
« Ehi! » urlò, domandosi se qualche tecnico o pilota non avesse dimenticato il mezzo acceso al termine di qualche manutenzione. 
« Neanche fosse un astroauto! » disse seccato. 
Una figura scura si formò alle sue spalle, alzando un braccio che impugnava un corpo metallico che rifletteva la poca luce proveniente dalla cabina. 
Sipaf si abbassò di scatto, rotolando in avanti e mettendosi subito in piedi scrutando il suo misterioso aggressore. Giusto in tempo aveva udito un rumore alle sue spalle. 
Una forma umanoide, un'armatura nera e senza segni.
Il salarian non perse tempo a cercare altri dettagli, si voltò e scappò. Non aveva nessuna intenzione di farsi coinvolgere in un corpo a corpo, disarmato tra l'altro. 
Lui era un ufficiale pilota, combatteva stando seduto in una cabina. Era fedele al motto “A ognuno il suo.” 
Avrebbe dato l'allarme ma che poi ci pensassero gli altri. 
Il suo aggressore non gli facilitò il compito, costringendolo a fermarsi e a voltarsi per evitare di essere colpito alle spalle. 
Indietreggiò cautamente, andando a sbattere contro qualcosa all'altezza del bacino. 
Si distrasse un secondo, cosa di cui approfittò il suo avversario. 
Solo per istinto riuscì ad evitare ancora di essere colpito, il suo corpo reagì e come prima si tuffò a terra mentre il suo aggressore, adesso urlante, veniva illuminato a giorno da una serie di scariche elettriche.
Sipaf era andato a sbattere contro il cavo che scaricava l'energia statica, lo stesso in cui si era conficcato il coltello della misteriosa figura. 

« Abbiamo subito danni? » chiese Steve il mattino dopo al salarian, il suo pessimo umore era evidente. Dall'allarme non aveva più chiuso occhio. 
L'indagine era in corso, per adesso si sapeva solo che l'intruso era un batarian. Non si riuscivano però a reperire altre informazioni sulla sua misteriosa persona. 
Da quello che era stato rinvenuto pareva interessato a dati sensibili sui bombardieri. 
« Il sistema dei pellicani non pare essere stato compromesso, stiamo comunque aspettando l'arrivo dei tecnici della Noveria Corps per un esame più approfondito. »
« Bene. » mormorò lui. « Immagino che per un pilota sia stata un'esperienza nuova trovarsi il nemico davanti? Contento che lei ne sia uscito vivo. » 
Il salarian annuì « Vero, la definirei un'esperienza elettrizzante. » 
Steve ridacchiò, lasciando il suo interlocutore interdetto « Senza dubbio. »
« Ma io … »
« Adesso mi lasci, questa storia mi costerà parecchie telefonate. Dannazione. » 
Prima che potesse aggiungere altro Sipaf si trovò in corridoio « La mia non era una battuta, queste meccaniche umoristiche sociali non riesco a comprenderle. Ha riso per “elettrizzante” ma non ha fatto una piega quella volta che ho raccontato una barzelletta sugli atomi. Forse non saprà cos'è un atomo? » e andò via, verso i propri uffici.

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Capitolo 6
*** Gatius Bellinus ***


Gatius Bellinus uscì ritrovandosi su uno dei tanti e anonimi corridoi laterali che percorrevano le principali vie pubbliche della Cittadella. In mano un datapad. 
A qualche decina di metri sotto di lui individui di ogni razza sciamavano in qualsiasi direzione. 
La porta metallica alle sue spalle si rinchiuse silenziosamente, senza nemmeno il classico sibilo che contraddistingueva quel movimento. 
Quasi a non voler far sapere che fosse mai stata aperta. 
Nessuna insegna o indicazione di cosa ci fosse oltre. Dopotutto solo personale autorizzato poteva varcarla, chi lo era sapeva perfettamente che strada fare. 
Dare indicazioni pubbliche per quello che era l'ufficio s.p.e.t.t.r.i. del Consiglio della Cittadella, gli agenti segreti d'élite della galassia, era superfluo. 
Molti turian, da giovani, fantasticavano all'idea di entrarne a farne parte. Lui non era stato differente dagli altri. Forse un pochino più fortunato della media, almeno aveva potuto vedere i locali oltre quella porta anche se non avevano niente di straordinario. 
S'incamminò annoiato, con tutta l'intenzione di prendersela comoda. Tirando fuori da una tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette umane. 
Tabacco, non esisteva nessuna pianta simile su Palaven o altri mondi turian. Il vantaggio di una comunità galattica era di aver accesso a prodotti più o meno esotici. 
Sapeva che presso gli umani i suo uso era considerato un vizio, ma gli piaceva l'aroma che gli lasciava in bocca. La nicotina non faceva presa sul suo organismo. 
Turian e umani non potevano consumare gli stessi cibi, cosa che rendeva il tabacco una delle rare merci che le due razze potevano consumare in comune. 
Trovò divertente come in genere fossero questo genere di sostanze ad abbattere le distanze tra razze differenti. C'erano molto più droghe che cibi che potevano essere consumati da diverse razze. 
Si fermò a un angolo di strada per accedersela. Gli accendini, ecco qualcosa su cui gli umani avrebbero dovuto lavorare per migliorarli. 
Con solo tre dita per mano, per i turian erano tutto tranne che maneggevoli. Nonostante questo aveva cominciato a farne raccolta, ne possedeva trecento e un paio erano veri esemplari da collezione. 
Si sentì urtare da dietro, girò appena la testa all'indietro. 
La figura era imponente, anche per lui che apparteneva a una razza di natura più alta delle altre.
Uno Yagh o per meglio dire l'unico Yagh di tutta la stazione: era l'ambasciatore del Dominio Yagh Okex. 
L'unico contatto ufficiale che avevano con il Consiglio della Cittadella. Tranne quello che era un scontro molto modesto sul piano militare, una schermaglia a suo avviso, su Eranle non vi erano stati altri grandi contatti. 
La verità era che gli Yagh sembravano disgustati da tutto ciò che era esterno al loro modo. 
Vivevano convinti della superiorità della propria dottrina. Lui non aveva ben capito cosa fosse, da quello che sapeva era un insieme di leggi e comportamenti alla base della loro società. 
Uno yagh doveva seguirla alla lettera e senza interpretazioni. 
« Chiedo scusa. » disse allontanandosi senza aver acceso la sigaretta. Decisamente quello era un incontro che voleva evitare, poco importava che non fosse lui quello in torto. 
« Non-yagh Bellinus, perché è venuto sulla Cittadella? » 
Altra loro simpatica caratteristica era apostrofare chiunque con quel “non-yagh”, da come lo pronunciavano sembrava stessero evidenziando una qualche malformazione del loro interlocutore. 
« Commissioni. » rispose dandogli le spalle. 
« Un ufficiale dello stato maggiore del I reggimento non esce dall'ufficio s.p.e.t.t.r.i. per delle commissioni. Lei è considerata la mente strategica di questo pittoresco corpo militare. Ha ricavato informazioni per elaborare un piano contro la mia gente? »
A quel punto si girò verso di lui, sentiva il peso di quegli otto occhi puntati addosso e di quella strana bocca triangolare. Gli yagh capivano al volo se si mentiva o meno, con loro era sempre bene misurare le parole. 
« Un po' troppo diretta come domanda, non penserà che le risponda. In più siamo sulla Cittadella, c'è sicuramente qualche telecamera che ci inquadra. Lo dico per lei. Arrivederci. » disse allontanandosi. Una yagh arrabbiato era sicuramente in grado di ucciderlo a mani nude, valeva la pena ricordargli che la Cittadella aveva una sicurezza. 
Però gli sarebbe piaciuto sapere come l'ambasciatore aveva saputo della sua visita agli s.p.e.t.t.r.i. 
Avesse dovuto cercare l'avrebbe fatto presso le asari, strane voci e coincidenze facevano pensare che un influente e ricca famiglia asari facesse affari con loro. La stessa che adesso correva per le elezioni politiche. 
Gli yagh erano una potenziale fonte di disturbo per gli attuali equilibri di potere, nulla di strano che qualcuno cercasse di usarli. Non sarebbe stata la prima porcata di quel genere e nemmeno la peggiore. La storia era pieno di eventi simili. 
Salì su un turbo ascensore, abbandonò il distretto amministrativo per raggiungere la ben più vivace via commerciale. Si fermò davanti a un negozio di generi alimentari. 
« Dunque...che mi serve per...» 
Il colpo alla nuca lo buttò dolorante al suolo, solo confusamente avvertì quello che gli capitava attorno. Si sentì strattonare. Fu solo qualche secondo, ma quando si riprese tra i soliti sguardi degli altri passanti stupiti scoprì di aver perso datapad e il bracciale dell'omnitool.
Questo voleva dire non poter richiamare la tastiera olografica e quindi nessun documento. 
Qualcuno però aveva dato l'allarme, sentiva diversi fischi e figure in divisa correvano tra la folla. 
Il C-sec pattugliava con attenzione quella zona, i borseggi erano all'ordine del giorno. 
« Tutto bene? » si sentì chiedere da un altro turian, la cui divisa non lasciava dubbi. 
« Si, beh...più o meno. »
« Le hanno rubato cose importanti? »
« Fortunatamente no, l'omnitool e un datapad con una ricetta di cucina che mi ha dato un mio conoscente dell'ufficio s.p.e.t.t.r.i. » si accorse della strana occhiata dell'agente « Non sto scherzando e non uso nomi in codice, si tratta davvero di una ricetta di cucina. Nessuno è così idiota da andare in giro per la stazione con informazioni importanti addosso. »
I file, quelli importanti, li aveva spediti attraverso i canali militari. Anche se non era distante, non tutti i giorni capitava di andare sulla Cittadella. Così si era dato da fare per ottenere mezza giornata libera e fare il turista appena terminato il suo lavoro. 
Questo era stato anche abbastanza veloce, aiutato da una sua conoscenza tra gli s.p.e.t.t.r.i. aveva ottenuto quello che cercava senza tanti problemi o di attese che arrivasse una qualche autorizzazione. Già che c'era si erano messi a chiacchierare e lui aveva ottenuto una ricetta che era curioso di provare. Una giornata più che piacevole adesso rovinata. 
« Dovrà venire con me per la denuncia. » gli disse l'agente turian.
Sospirò rabbioso, la sua breve vacanza era rovinata. 

 
***** 

« Davvero una brutta avventura. » commentò Steve due giorni dopo, era il comandate del I reggimento e quindi il suo. Un umano di trentatré anni, occhi e capelli castani e con una leggera barba. Quest'ultima era qualcosa che Gatius non capiva, perché lasciarsi crescere i peli della faccia?
Erano nel suo ufficio, un ambiente piuttosto spoglio. « Dover rifare tutti i documenti, che seccatura. Dannata burocrazia. »
Nonostante lo occupasse da anni, non lo aveva mai personalizzato. L'unica di suo lì dentro era la poltrona su cui sedeva in quel momento. 
L'aveva comprata con i suoi soldi ed era dotata di diversi comfort, più di mille crediti gli era costata. « Se devo stare seduto ore sui documenti, almeno voglio star comodo. Stare seduti è comunque una fatica. Poi essere il “capo” mi darà pur dei vantaggi.» 
Questa era stata la sua risposta quando il suo vice, Sioux, gli aveva chiesto perché non poteva usare le normali sedie come tutti. 
« Non me ne parli signore, spero che il C-sec ritrovi il mio omnitool ma non ci conto. I ladri sono stati abili... sa, si trattava di due asari. L'ho saputo soltanto dopo, mentre stavo facendo la denuncia. »
Si zittì guardando il suo comandante « A questo punto lei dovrebbe aggiungere qualcosa, fare un certo collegamento? »
Lui lo guardò stupito « A cosa? »
Il turian lo guardò con disappunto, decisamente l'intuizione e furbizia non erano tra le doti del suo comandante. Però, ed era questo che gli piaceva di lui, lo ammetteva senza problemi. 
Aveva lavorato con troppi ufficiali che si credevano furbi, questi accantonavano o ancor peggio modificavano i suoi piani perché troppo rischiosi. 
Erano soldati, il rischio faceva parte del lavoro. 
Steve li accettava senza problemi, in caso di interventi futuri il I si sarebbe mosso con lo scopo della sola distruzione secondo i suoi piani. 
Il primo impiego del I ricostruito subito dopo la guerra contro i grigi fu fermare la pirateria. In un'occasione, per snidare dei pirati, bisognava prima occupare una collina e poi puntare al rifugio.  
« Ok, facciamolo. » esordì Steve.
« Così? Non vuole nessuna spiegazione. » 
« Fanculo le spiegazioni, se sai come ottenere risultati dimmi che ti serve e al resto ci penso io. » 
I risultati erano venuti subito. Forse il comandante capo non era un genio sulle strategie ampie, ma sapeva comandare un attacco e muoversi sul campo di battaglia. 
Anche con gli altri ufficiali andava d'accordo, una bella differenza a quando militava nella gerarchia turian. Al punto che una volta aveva risposto in malo modo a un suo superiore, dopo quello si era trovato a compiere una scelta. L'aveva fatta arruolandosi nel I. 
A suo modo di vedere quel reggimento aveva uno scopo preciso: ottenere risultati nel modo più immediato possibile. Questo gli piaceva. 
« Aver incontrato Okex, la posizione ambigua delle asari, il furto compiuto sempre da dalle asari... »
« In effetti. »
Il turian sorrise all'idea che ci fosse arrivato. 
« In ogni caso non possiamo farci praticamente niente. Riguardo a quello che ho chiesto? » domandò Steve. 
« Nel suo computer troverà due file. Dai nomi potrà capire che uno è chiaramente il piano per attaccare gli Yagh su Erinle e liberare il pianeta da loro. » 
« Ottimo, fammelo solo leggere un attimo. »
Lui annuì in risposta, zittendosi mentre vedeva il comandate leggere velocemente il documento mormorando qualche parola ogni tanto.  
« Vedo che hai pensato a come usare tutto: dall'artiglieria titano, al vespene, i pellicani...Isabella? »
« Non dovevo considerarla? » 
Non ricevette risposta, lui era concentrato nella lettura e solo alla fine disse « Dovrebbe andare, si...credo che le piacerà il ruolo che le hai dato. »
« Visto che non possiamo darle ordini, ho pensato che tanto valeva assecondarla. »
« Saggia decisione. Se gli yagh proveranno a fregarci all'ultimo sapremo cosa fare. Ci penserò io a far avere il documento agli altri ufficiali. » 
« La ringrazio. Riguardo all'altro? »
Il file seguente erano denominato Parnack. Come prima Steve aprì il file e cominciò la lettura. 
Gatius però aveva bisogno di chiedere « Ritiene una simile possibilità concreta? » 
« Francamente? Non lo so. »
« Il piano di sua sorella, dell'ammiraglio Olivia, è ottimo. Minaccia le fondamenta stessa della società yagh, davanti a un simile pericolo il Dominio sarà costretto a posizioni meno radicali. La sua attuazione non è nemmeno troppo difficile, le difese spaziali yagh non sono in grado di impedirci di arrivare nell'orbita del pianeta. Davvero un piano a zero morti, una soluzione originale quella di usare une delle più terribili armi biologiche per questo risultato. »
« Sono d'accordo. Diciamo che le ho chiesto di stilare questo piano come soluzione alternativa. » 
« Un modo per uccidere gli otto miliardi di Yagh che vivono su Parnack nel modo più pratico possibile con solo quello che abbiamo. » 
« Già. » fu il solo commento. 
« Preciso che quanto scritto è solo un ipotesi formulata dai dati dei satelliti spia. »
« Tuttavia la teoria mi sembra valida, in fondo ogni piano è un ipotesi fino a quando non viene attuato. » 
« Mi perdoni signore, ma queste definizioni eleganti non sono quello di cui abbiamo bisogno. »
Lui sembrò non aver sentito e riferendosi a quanto aveva letto « Rubare l'armamento nucleare del Dominio e usarlo contro di loro. Le radiazioni colpiranno anche noi. » 
L'idea era quanto mai estrema e si era aspettato una qualche reazione di sorpresa, ma Steve non ne ebbe. 
« Le nostre armature NC-13 possono sopportare ben altro. » 
« Vero. Siamo sicuri che abbiamo un armamento nucleare? »
« Di questo può stare certo, i droni spia hanno contato centinaia di silos nucleari. » per quella informazione si era recato sulla Cittadella, sapere se gli Yagh avevano armi nucleari e ottenere informazioni su di esse. 
La richiesta del suo comandate era stata « Trovami un modo per sterminare gli yagh, se fosse necessario, con solo quello che abbiamo. Nessun aiuto esterno. » 
Per un simile scopo le armi nucleari erano la sola soluzione, il I non ne possedeva quindi il solo altro modo che aveva pensato era rubarle al nemico. 
A questo punto si entrava nel campo delle ipotesi. Aveva fatto ricerche su come le altre razze avevano gestito il proprio arsenale nucleare. 
Nel corso della storia tutte avevano adottato la stessa soluzione, almeno fino a quando erano limitate a un solo pianeta, creando un comando centrale da dove poterle usare. 
Il piano consisteva nel far si che il I conquistasse il suddetto comando. Altra ipotesi era stabilire dove si trovasse. Il punto preciso era impossibile da ricavare, ma dai dati in suo possesso era probabile che si trovasse sotto la capitale stessa. Una probabilità del solo trenta per cento, ma lo stesso la più alta rispetto ad altre.  
Però una capitale con un milione di yagh era un problema non da poco, occorreva rimuoverla. 
Parnack era un pianeta con una umidità alta, un clima tropicale, senza grandi oceani ma con enormi fiumi su tutta la sua superficie. Perfetto per l'impiego del vespene, il gas incendiario che si innescava a contatto con l'idrogeno. 
Aveva parlato con il solo e unico specialista di questo gas: Rodi. Suo commilitone nel I, l'unico corpo militare autorizzato ad usare un'arma illegale. 
Si poteva ritardare di venti secondi l'innesco del vespene. Sganciato da una bomba che sarebbe esplosa a mezz'aria il gas si sarebbe sparso su tutta la città. 
Venti secondi erano più che sufficienti perché la nebbiolina verdina si giungesse ovunque, dopo sarebbe stato un inferno di fuoco. 
Carne, metallo, pietra e ogni altra cosa avrebbe preso fuoco istantaneamente.
Per circa un minuto e quindici secondi ogni cosa sarebbe bruciata, per spegnersi istantaneamente all'esaurirsi del vespene. 
Non sarebbe che rimasto penetrare nel centro di comando e azionare le atomiche. Qui veniva l'incognita più grande: penetrare da dove?   
« Cosa ne pensa signore? »
Lui si lasciò andare all'indietro, quasi gettandosi sullo schienale. 
« Si può fare, al massimo facciamo una toccata e fuga distruggendo nel mentre la capitale nemica. Non mi dispiace. Rischioso ma fattibile.» 
« Anche non trovassimo il modo per usare le atomiche nemiche? » 
« Nella vita ho imparato ad accontentarmi. Poi magari va come speriamo.  » 
« Io spero nel successo del piano di sua sorella. » 
« Pure io, fosse solo per tutto il lavoro in meno che dovrei o dovremmo fare. » disse sorridente. 
« Ben detto. » sorrise a sua volta, ma non sentiva sereno e aggiunse « Signore, anche fosse un gesto necessario, l'attuazione di un simile piano mi toglierebbe il sonno. » 
« Posso capirlo, speriamo di non doverlo mai attuare. » 
Con quello la conversazione giunse al termine, Gatius uscì. Soddisfatto si accese un'altra sigaretta. 
« Tempo scaduto. » mormorò appena, era il motto del reggimento. Significava che il tempo a propria disposizione si era esaurito, si era giunti alla fine. 
In quel momento gli sembrava quanto mai appropriato, se niente avesse convinto gli Yagh a essere più pacifici il I avrebbe cercato di porre un termine alla loro storia. 
« Quanto mai appropriato. » disse allontanandosi. 

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Capitolo 7
*** Linora Sera ***


Linora Sera era un'asari dalla tipica pelle blu, la sua più grande passione era la musica. Girava sempre con delle cuffie attorno al collo o in testa. 
Non era una musicista, in tal senso non era dotata ma sapeva tutto quello che c'era da conoscere sul modo migliore di ascoltare una canzone. 
Si può dire che fu la musica a spingerla a diventare un'esperta di sistemi di comunicazione. 
Non poteva far musica decente ma sapeva come diffonderla, far si che tutti l'ascoltassero al meglio.
Ma il destino decise che così la sua vita sarebbe stata troppo monotona, per questo una brutta situazione economica familiare la costrinse ad entrare nell'esercito delle repubbliche asari.
Nel mentre avrebbe avuto i soldi per frequentare una scuola adatta a lei, sfruttando i permessi di studio garantiti ai militari. 
Le comunicazioni erano un fattore fondamentale in ambito militare, il suo talento venne ben presto notato come anche un comportamento spesso superficiale. 
Cosa si poteva farne di un simile elemento? La risposta era semplice, trasferirla nell'appena costituito I reggimento I.D.G. 
Un corpo sperimentale multirazziale la cui creazione era stata resa necessaria per contrastare l'invasione dei grigi o Xalielt come si scopri che si autodefinivano al termine della guerra, studiando le poche informazioni su di loro. 
Non ricordava molto di quel breve periodo dei suoi duecento anni, tranne che potendo scegliere avrebbe preferito scordarlo del tutto. Di nitido ricordava solo la fine della guerra: lei sulla Cittadella in mezzo a troppi cadaveri che si sedeva su un pezzo di metallo deformato, si metteva le cuffie nelle orecchie con la musica al massimo chiudendo gli occhi. 
Attorno a lei tutti festeggiavano la vittoria, mentre Linora rimaneva quasi religiosamente in silenzio a immergersi nella musica. 
Da quell'istante essa perse il suo significato originale, era sempre un motivo di pace interiore per lei ma più come un appiglio contro gli orrori visti che per se stessa. 
Accettò il ruolo di ufficiale nel I reggimento dopo che venne ricostituito al termine della guerra, il suo sogno non l'attirava più e non sapeva che fare. 
Più di una volta aveva pensato di essere troppo sensibile per quel ruolo, tutti gli altri ufficiali avevano passato le medesime difficoltà ma sembravano esserne usciti. 
In particolare le sembrava di avere un rapporto difficoltoso con il suo comandante capo: Steve W. Shepard. 
Pareva che gli eventi della guerra gli fossero scivolati addosso senza lasciar segno. Una volta gli chiese che canzoni amasse ascoltare, le rispose che non ascoltava musica perché lo lasciava indifferente. 
A lei sembrò una cosa tremendamente triste inizialmente, ma poi si convinse che non era poi così strano. Un animo così durò da essere insensibile alla musica, forse sarebbe stato quello più adatto per passare attraverso ogni guerra. In un certo senso lo invidiò. 


***** 
 
Rannoch, patria dei quarian e coabitato dai geth. I secondi erano le intelligenze artificiali create dai primi, dopo secoli di guerra, la minaccia dei razziatori e l'intervento del comandante Shepard vi era finalmente stata pace. I creati e i creatori vivevano in armonia. A ogni quarian veniva affidato un geht alla sua nascita, crescendo e sviluppandosi assieme. 
Erano una delle sei potenze che sedeva nel Consiglio, ma anche la più isolata dalle altre. 
Il pianeta era situato sul bordo della galassia, procedendo oltre il sistema che l'ospitava vi era solo lo spazio oscuro che si trovava tra le galassie. 
Era situato nella zona di spazio conosciuta come Sistemi Terminus, un'area che corrispondeva a metà galassia e caratterizzata da enorme instabilità politica e minima sicurezza. 
Lo spazio quarian era una delle poche zone veramente sicure da quelle parti. 
A complicare le cose negli ultimi tempi erano intervenuti gli Yagh, ultimi arrivati nello spazio, anche loro situati nei Sistemi Terminus che vedevano come un territorio in cui espandersi. 
Anche se nuovi erano molto determinati e organizzati, due colonie fondate in un decennio non erano una cosa da poco. 
In più erano razzisti verso ogni altra razza, ritenuta a priori inferiore da loro.
Non era quindi strano che i quarian li spiassero con attenzione. 
Allo stato attuale gli Yagh avrebbero perso contro una qualsiasi delle sei potenze maggiori, ma crescevano.

« Jaana'Ten nar Hewib adesso spiegami perché mi hai costretta a raggiungerti ai limiti della galassia. » borbottò Linora sedendosi al tavolo dell'amica quarian, come altre della sua razza aveva un corpo slanciato, la pelle tendente al viola, occhi molto chiari di colore lilla e senza iridi e insieme agli umani erano i soli ad avere i capelli che nei quarian erano sempre molto scuri.   
Si trovavano in un comunissimo bar, dalle cui finestre si aveva una visione poetica del sole bianco che tramontava tra i palazzi della capitale Nofa. 
« Ho scoperto qualcosa controllando i dati raccolti dai geth, nell'amministrazione del Consiglio. »
Terminata la guerra contro i Razziatori, fatta la pace con i quarian e ricostruito Rannoch i geth avevano bisogno di trovare un loro inserimento nello società galattica. 
Un problema a questo fu che non comprendevano il meccanismo del denaro, considerandolo antiquato. La loro opinione al riguardo era “insoddisfacente”, le specie organiche avrebbero raggiunto una maggior organizzazione costruendo una società civile dove il denaro non esisteva. 
Avevano offerto il loro aiuto, ma avere delle intelligenze artificiali pronte a lavorare a gratis avrebbe distrutto il mercato. 
Lo soluzione trovata fu semplice e perfetta, sarebbero stati impiegati nell'amministrazione pubblica del Consiglio della Cittadella. 
I costi per mantenerla vennero abbattuti, la carenza di personale risolta, gli sportelli adesso erano aperti costantemente, i lavori svolti in tempi celeri e la corruzione in essa scesa ai minimi storici o scomparsa. Gli organici erano ancora presenti in ruoli chiave, a volte i geth si imbattevano in situazione amministrative che non sapevano risolvere. 
Le cosiddette “zone grigie”, quelle parti delle leggi poche chiare e soggette a interpretazioni li lasciavano in confusione. 
« Qualcosa...senti, non farmi indovinare. Ti prego. Ho fatto dodici ore di viaggio per incontrarti, dato che mi sembrava urgente.  » si lamentò Linora.
« Ieri ho fatto la segnalazione, ma nessuno mi ha presa sul serio. »
« Segnalazione di cosa? Me ne vado se continui ad essere vaga. »
« Era una semplice analisi a campione di alcuni dati economici, le facciamo perché i geth non sempre capiscono l'astuzia e i trucchi di noi organici. »
« Si possono imbrogliare? » chiese stupita.
« Certo, quello che ho trovato era una serie di movimenti di denaro senza senso, nessuno illegale, ma la stessa somma veniva spostata di continuo. È questo che i geth non riescono a cogliere, siccome niente di quello era illegale non vi hanno prestato attenzione. » 
« Le cose strane ma non vietate non gli allarmano. » 
« Esatto, è questo il loro limite. » 
« Ok, ma perché mi hai chiamata? Odio fare di conto, avevo l'insufficienza in matematica »
« Queste somme di denaro spariscono quando vengono trasferite nei Sistemi Terminus. Seguirle a quel punto è impossibile. »
« Mi stai dando una brutta sensazione, del tipo: “Ecco la fregatura!” » 
« Ignoro dove il denaro sia finito ma so da dove è partito, sono nomi di grosso peso dell'economia galattica. Ho indagato più a fondo. Tutte queste persone si sono incontrate assieme per tre volte con l'ambasciatore yagh sulla Cittadella, sempre in modo molto discreto e informale. »
« Stai per dirmi che fanno affari con il Dominio Yagh? » domandò sorpresa.
« Non saprei, ma anche fosse non sarebbe illegale. Nonostante quello che sta succedendo su Erinle, nessun embargo economico è stato posto a Parnack. È vero che l'ordine del Consiglio era di lasciare il pianeta isolato, ma in questo caso sono gli yagh ad essere venuti da noi entrando nell'economia galattica. Non sono stati questi signori ad andare su Parnack a vendere, ma si sono trovati questi nuovi clienti dentro al negozio. »
Lei ebbe un intuizione che la preoccupò non poco « Non dirmi Weaver, ti prego.  »
« Il suo nome non compare » ammise la quarian tranquillizzandola.
L'asari trasse un sospiro di sollievo, solo allora notò un particolare « Dov'è Gu? » chiese riferendosi al geth della quarian il cui nome completo era GU-22x.
« L'ho mandato nel Concilio Geth...con le mie informazioni, nel caso mi succedesse qualcosa. »
Solo allora Linora notò quanto l'amica fosse spaventata. 
« Suvvia, non siamo mica in un film di spionaggio. Chiama qualche ufficiale del Consiglio e denuncia la cosa. »
« L'ho fatto, per questo ti ho chiamato. Volevo avvisare qualcuno senza farmi notare. »
L'asari cercò di non ridere, l'amica aveva una visione un po' troppo da copione da film della realtà. Ripensò alla situazione attuale: un bar, due persone che si conoscono di cui una con un segreto, una possibile cospirazione.
Si sforzò di rimanere seria, mancava solo l'entrata in scena di una coppia di assassini e sarebbe potuto essere l'inizio di un olofilm thriller di serie B, tanto era banale come inizio. 
« Ascolta... » disse decisa a rassicurarla e farle capire che doveva solo fare una regolare denuncia. 
La porta del locale si aprì. 
Clip-clop Rumore di suole corazzate sul pavimento, quello di scarponi militari. 
Linora si paralizzò.
Clink  il suono di metallo che scorre sul metallo proveniva da sotto gli ambi soprabiti dei due batarian appena entrati. 
Si appoggiarono al bancone del bar, proprio davanti al loro tavolo. 
Linora si voltò verso il muro, un martelletto era situato nella teca di vetro dell'allarme antincendio.
Fosse stato necessario sarebbe servito a rompere il vetro della finestra, facendo scattare al contempo   le sirene.  
Fruush il fruscio delle vesti che velocemente si allargavano, svelando la pistola che ognuno dei due portava. 
Il suono dell'allarme antincendio coprì ogni altro, anche quello del martello sfondava i crani dei due batarian.  Avevano sparato ma Linora  aveva fatto deviare i colpi ergendo una barriera, sorprendendoli e colpendoli prima che potessero reagire. 
Cadde in ginocchio sul pavimento, lasciando l'arma improvvisata, indifferente a ogni altro suono che la circondava. Quasi fosse in trance. Si detestava per quello che aveva fatto. 
Odiava quello che aveva appreso dalla guerra: avere imparato a sopravvivere. 
Molte volte le avevano detto che aveva un udito fino, per rimanere in vita aveva trasformato questo dono in un'arma. 
Quell'abilità l'aveva spinta ad amare la musica, quest'ultima le aveva fornito la motivazione per divenire un'esperta di sistemi comunicazioni.
Ma venne la guerra ed imparò suoni che mai aveva sentito: il sangue che gocciola, il rumore delle armi che si caricano, le urla, le esplosioni e tanti altri.  
Quel suo udito fino li memorizzò e riuscì a sopravvivere sentendo i nemici ancora prima di vederli.
Tornata alla vita civile, qualcosa scattava in lei nell'udire suoni che richiamavano quelli del conflitto. 
I medici avevano parlato di stress post conflitto e cose simili, ma qualunque fosse la verità chi avrebbe mai osato darle un lavoro se bastava una nota a trasformarla? Per lavorare doveva fornire i dati medici, leggendo la sua cartella clinica qualunque datore di lavoro avrebbe saputo dei suoi problemi. 
L'unico che sembrò ricordarsi di lei fu il suo ufficiale comandante, venuto a cercarla in quel reparto psichiatrico dove vegetava da mesi. 
Sarebbe tornata nel I come ufficiale, non era contenta ma forse avrebbe avuto un posto autentico dove stare. Ripetendosi che se anche quella modella pazza assassina di Isabella poteva farne parte, forse ci sarebbe riuscita anche lei. 
Prese le cuffie e se le mise, lasciando che la musica la isolasse da tutto il resto. Cercando in quel isolamento la pace per quello che aveva appena fatto.  

Due giorni dopo...

« Sei libera. » annunciò una voce maschile che lei conosceva bene. Alzando lo sguardo vide il suo comandante oltre la barriera della cella. Gli sorrideva cordialmente, come si fossero incontrati per caso nel mezzo della base. 
« Signore... io, credo di essere pazza. »
« Ovvio. »
« Pregò? » disse confusa, stupita e lievemente offesa da tanta sincerità.
« Sei nel I reggimento, per esserci devi essere: pazza, idiota, fannullone, peso morto o avere problemi esistenziali. Scegli tu la tua categoria. »
« Io... ci saranno conseguenze? » 
« Nessuna, tutto sistemato dai poteri forti...ovvero me. Se qualcuno te lo chiede eri in missione sotto copertura. » 
« Signore, ha mentito? »
« Odio la burocrazia, ho scelto la strada più rapida. Adesso prendi queste, so che ci tieni? »
Lo vide porgerle le sue cuffie, erano tra gli oggetti che la sicurezza le aveva preso dopo il suo arresto. 
« La mia amica? Come sta? »
« Bene, ha fornito subito tutte le informazioni in suo possesso e adesso qualcuno del reparto frodi bancarie sta indagando. Se vuoi saperlo la tua amica è un'idiota, avesse passato subito quello che aveva scoperto non sarebbe successo niente. Quei due assassini cercavano proprio lei. » sospirò pesantemente « Perché la gente pensa sempre a soluzioni idiote da film, invece di denunciare e basta. »
« Contenta che stia bene. Signore, se non le dispiace...potrei... »
« Mettiti pure le cuffie se ti fanno sentir meglio, basta che mi segui fino al nostro trasporto. »
Lei annuì ringraziandolo con un cenno della testa, sentì però l'urgenza di fargli una domanda anche se nemmeno lei sapeva bene il perché. Forse aveva solo bisogno di qualche contatto, di parlare con qualcuno. 
« Signore, davvero la musica non la smuove? Non voglio essere invadente, ma è veramente triste. »
Lo vide esitante, grattarsi a disagio la nuca della testa.
« Non è che non ascolto proprio niente e che... » ma non fini la frase, invece azionò il proprio omnittol per inviare un file musicale a Linora.
Incuriosita si mise le cuffie e avviò la riproduzione. 
Mazinga!
Mazinga! 
Mazinga!

Lei lo guardò esterrefatta, non conosceva l'opera ma sapeva riconoscere una sigla musicale quando ne sentiva una.
« Capisci, sono un adulto non posso dire che mi piacciono le sigle dei cartoni animati. » spiegò leggermente imbarazzato.
« Allora non è un duro come vuol far credere? » disse lei cantilendando la canzone. 
« Come ti pare, se però lo dici a qualcuno ti faccio staccare la testa da Isabella. »
« Il suo segreto è al sicuro con me, signore. Grazie, di averlo condiviso. » 
« Quello che vuoi, ho pensato che ti saresti fatta una risata visto quanto apparivi abbattuta.  Adesso muoviamoci. » ordinò assumendo la solita espressione scontrosa, anche se adesso non le sembrava più così scostante.  
Linora lo seguì allegra come non si sentiva da tempo, da molto una canzone non le dava una tale soddisfazione sentendola. Era infantile, superficiale e definirla canzone era forse eccessivo ma la faceva sentir bene. 
Decise che una volta tornata a casa ne avrebbe cercate altre, dopotutto sulla musica si diceva che non fosse mai questione d'età. 

FINE
Note autore: con quest'ultimo capitolo ho presentato tutti gli ufficiali dello stato maggiore del I reggimento e gli elementi più in vista. Spero che le loro storie vi siano piaciute e abbiate amato questi soldati così poco marziali. Quando finirò le altre due raccolte dopoguerra inizierò con la prima long di questa secondo ciclo narrativo, con piacere vi mostrerò il I in azione. Grazie della lettura e di essere giunti finoa qui. 

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