il tesoro perduto di amon ra

di KendraVale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il biglietto ***
Capitolo 2: *** La mia vita cambiò ***
Capitolo 3: *** Il Cairo ***
Capitolo 4: *** La festa per Cleopatra ***
Capitolo 5: *** Il talismano dalla pietra blu ***
Capitolo 6: *** Il bacio curativo ***



Capitolo 1
*** il biglietto ***


Il biglietto 
Capitolo 1
Ciao, mi presento sono Koral Nilson, ho ventiquattro anni e sono una studentessa della Facoltà di Beni Culturali nella rinomata città di Laguna Blu: conosciuta per la grande palude caratterizzata dalla presenza di alghe dal pigmento colorato, da cui hanno dato il nome alla città. Ho deciso di raccontarvi una storia che mi è capitata recentemente mentre ero all’università. Di solito sono una ragazza a cui piace leggere, ma non scrivere, però la cosa di cui voglio parlarvi è davvero importante ed è, a parer mio, una storia tremendamente affascinante. Prima di iniziare a raccontarvela, vorrei precisare una cosa, sono una ragazza a cui piace l’avventura, le sfide, la magia e credo di essere ossessionata dall’arte, per la precisione da qualsiasi forma artistica. Facendo questa piccola premessa, spero che vi sia di aiuto per capire quello che sto per raccontarvi…
Era la mattina del 19 settembre, quando mi recai all’università con la mia auto. Nella strada principale che ho percorso per arrivare nella zona connessa al mio ateneo, c’erano poche macchine in circolazione, tutto era semplicemente ordinario come sempre: il posto di blocco della polizia sul lato destro della strada, il giornalaio che stava tirando su la serranda del proprio chioschetto, la comitiva di bambini che attraversava la strada per andare a giocare in un cortile davanti alla scuola e il Signor Botti che portava a spasso il suo cane. Dopo aver passato il centro della città arrivai in una piazza rettangolare al cui centro vi era la statua di una sirena sullo scoglio. Quella mattina parcheggiai proprio davanti alla statua, misi il freno a mano, spensi il motore e scesi dall’auto. Varcai la soglia dell’ingresso della struttura, era molto imponente e suggestiva; la sua maestosità fa si che  quando i turisti vengono a visitare la cittadella rimangono sempre colpiti dalla struttura di questo edificio. 
Comunque, come ogni mattina salutai l’addetto alla manutenzione che era li da diverse settimane in cerca di aggiustare lo scarico dell’acqua del bagno dei professori e inoltre, salutai anche la segretaria Miss. Dolvestein; una signora buona e graziosa, il cui  timbro di voce, sottile e acuto può essere scambiato per quello di una bambina. Entrai nella sala relax per prendermi un buon cappuccino prima di iniziare la lezione e vicino alla macchinetta del caffè c’era un ragazzo dai capelli arruffati che stava leggendo un libro sulla storia contemporanea. Chiesi a lui se poteva gentilmente spostare il braccio che aveva appoggiato sulla macchinetta, perché dovevo inserire le monete nella fessura. Lui mi guardò con aria svampita e un po’ assonnata, ma si spostò senza fare tante storie. Lo ringraziai e poi scelsi la bevanda. Mi ricordo che quella mattina il cappuccino era più delizioso del solito, zuccherato e caldo come non mai. Proseguii lungo il corridoio che portava alla classe del professore di egittologia Alfred Strauss. Egli è un professore simpatico, ma allo stesso tempo severo e pignolo, adora fare domande durante la sua lezione e alle volte si mangia delle barrette di cioccolato al caramello che mi fanno venire l’acquolina ogni volta che ne tira fuori una dalla sua valigetta. Mi sedetti vicino alla mia compagna e nonchè amica del cuore, Sakura Mori, di origine giapponese e parlammo di alcune perplessità della lezione precedente del professor Alfred. Sakura mi disse che alcuni geroglifici potevano avere più significati e che probabilmente avevamo sentito male durante la prima lezione. Confermai la mia poca attenzione a quella spiegazione del professore, perché quel giorno ero particolarmente distratta, almeno così mi ricordavo. Poco dopo arrivò l’insegnate, con il suo cappello di feltro nero, il suo impermeabile grigio tortora, la sua valigetta in pelle nera e la sua pipa di legno. Quel giorno sembrava il famoso detective Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Feci un leggero sorriso per la sua buffa presentazione mattutina all’università, e pensai che fosse un tipo proprio particolare. Dopo aver posato il suo impermeabile al porta-mantelli, prese in mano il libro di egittologia, dicendo di aprirlo anche noi a pagina 38 del capitolo 7. Sulla pagina che aprii con interesse, c’era un articolo su un mito egiziano risalente al periodo dell’Antico Regno. Quello era il tempo in cui gli Egiziani costruirono le prime piramidi e la famosa Sfinge di Giza. Credo di aver adorato quel capitolo in particolare, non solo per le fotografie suggestive, ma soprattutto per il contenuto. Alfred iniziò a spiegare che durante l’Antico Regno passarono ben quattro dinastie di sovrani dalla terza, compresa, alla sesta. Grazie al mio inconfondibile evidenziatore fucsia, sottolineai le parti più importanti, anche il titolo del mito, scritto in un paragrafo circondato da una cornicetta in blu scuro. Il titolo del racconto era: “Il mito di Osiride”. Dopo averlo spiegato ci disse di completare l’esercizio sottostante, ovvero tradurlo dai geroglifici e riscriverlo. Impiegai almeno quindici minuti e poi aspettai che gli altri finissero di completarlo. Dopo due ore intense di egittologia, finalmente terminò la lezione e me ne andai diritta in biblioteca per consultare qualche libro, come ero solita a fare dopo qualsiasi lezione. Entrai a passo felpato, perché alcuni studenti stavano studiando silenziosamente in un angolo della biblioteca e poi c’era la terribile bibliotecaria, la signora Moira Blink. È una donna molto scialba, bianca di viso, introversa e poco paziente. Avevo il terrore di far cadere un libro o semplicemente di tossire per paura che lei mi dicesse qualcosa, per fortuna quel giorno era andato tutto per il meglio e non era successo nulla.  Il mio posto preferito della biblioteca era il tavolo vicino ad una grande vetrata realizzata a mosaico, la luce che penetrava dalla finestra rifletteva i colori del disegno realizzato sul vetro, rosso, verde, giallo e viola. Entrai nel settore dei libri storici, risalenti al periodo storico del Nuovo Regno, presi un libro a caso nella speranza che ci fosse quello che stavo cercando. Mi sedetti e incominciai a leggere…
Vidi che nella piega della pagina, vi era un biglietto dalla carta ingiallita e increspata, “cosa mai potrà essere?”, mi domandai all’istante. Prima di avventare le mie dita lunghe e sottili sul biglietto, diedi un’occhiata in giro, per fortuna non c’era nessuno nei paraggi. Per me era una cosa alquanto strana trovare messaggi nascosti tra le pagine di un vecchio libro, anche perché a giudicare dallo stato attuale della carta non poteva essere sicuramente un biglietto recente, scritto da qualche ragazzo burlone. Lo aprii con decisione e vidi che c’erano raffigurati dei simboli, parevano essere proprio i geroglifici. L’ordine dei simboli era poco chiaro, anche perché sembrava mancare una parte per completare il messaggio. Iniziai subito a decifrarlo.
“Viene la notte nel giorno, tempi bui saranno se l’assassino verrà ricordato…”; ma poi non riuscii a proseguire, i geroglifici posti in quell’ordine erano troppo difficili. Mi domandai cosa volessero significare e perché un foglietto di questo genere fosse all’interno di un vecchio libro. Provai almeno cinque volte a tradurlo modificando le frasi per avere più combinazioni possibili, ma nulla mi soddisfaceva. In quel lasso di tempo mi venne in mente di chiedere un aiuto al professore di egittologia e così feci. Mi alzai dalla sedia scricchiolante per dirigermi nell’ufficio personale di Alfred Strauss. Bussai due volte con decisione alla porta leggermente socchiusa e il signor Alfred rispose. “Avanti!”. Entrai nella stanza e mi avvicinai alla sua scrivania in legno, essa era messa obliquamente rivolta verso la porta, in modo tale da vedere bene chi entri nell’ufficio. Sulla scrivania c’era una fotografia di lui e della sua famiglia, la moglie Astra e i due bambini, Gym e Hantony. Osservai fugacemente l’immagine incorniciata da una piccola cengia color porpora. Il mio sguardo si posò subito dopo sul volto del professore che mi stava fissando con gli occhi spalancati. Alfred mi domandò: “cosa posso fare per lei signorina Nilson?”. Aveva un tono di voce gentile, caldo e piacevolmente intonato che rimasi un attimo spiazzata, ero un po’ imbarazzata per la richiesta che stavo per fargli. Risposi chiaramente che avevo bisogno del suo aiuto per decifrare un messaggio in egiziano antico per un esercizio. Il professore mi guardò un po’ basito, anche perché il corso che frequento è il più avanzato rispetto gli altri e in teoria deve essere scontato che io sappia decifrarlo, cosa che in realtà non lo è. “Mi dia pure l’esercizio signorina”, rispose professionalmente. Allungai il mio braccio esile verso di lui, avevo tra le dita quel biglietto tanto misterioso quanto terribilmente affascinante. Alfred l’afferrò e lo aprì. 
“Signorina a cosa le serve questo esercizio?”, mi domandò nuovamente il professore. Rimasi un po’ imbarazzata, non sapevo bene come giustificare la mia richiesta, ma poi risposi che erano semplicemente degli esercizi per allenarmi quotidianamente, ma in questo caso avevo scaricato da internet un esercizio troppo difficile. Alfred mi guardò con quegli occhi piccoli, ma arguti e poi iniziò a tradurmi il messaggio: “Viene la notte nel giorno. Tempi bui verranno se l’assassino verrà ricordato. Nel Nilo piangerà colui che ama l’amore se il tesoro non verrà trovato”. Mentre il professore mi leggeva il messaggio ero assorta nei miei pensieri nel tentativo di capire il significato di quelle parole. Quando ebbe finito di leggerlo, cercai di ringraziarlo subito, ma lui mi interruppe per dirmi che era una scrittura più complicata del solito e che la forma con cui erano disposti i geroglifici era totalmente diversa da quelle viste prima di allora. In quel preciso momento risposi: “la ringrazio professore, è stato molto gentile per aver speso un po’ del suo tempo per aiutarmi”. Conclusa la frase indietreggiai avvicinandomi piano piano alla porta, pronta per uscire. Alfred mi salutò e poi chiusi lentamente l’adito. Mi allontanai dall’ufficio per ritornare in biblioteca e quando varcai la soglia vidi la bibliotecaria che stava sistemando alcuni libri vecchi e malconci su uno scaffale impolverato. Sempre a passo felpato mi avvicinai e provai a chiederle un informazione. “Buon giorno Miss. Moira Blink sa per caso dirmi se ci sono dei libri che parlano di miti egiziani antichi?”, domandai con voce fioca. “Nel reparto 9, decimo scaffale in alto a sinistra troverai Miti del Mondo, prova a vedere li…”, rispose decisa e con lo sguardo rivolto verso il basso per guardare i libri che stava sistemando. Mi ricordo che quel giorno la ringraziai almeno sei volte, come se volessi prendermela in grazia, poi mi voltai e andai subito dove la Signora Blink mi consigliò. Presi la scaletta di legno alta quattro gradini e ci salii sopra per arrivare allo scaffale, perché purtroppo non godo di un altezza elevata come altri studenti universitari. Finalmente trovai il libro, lo presi e mi misi subito a leggerlo. Pensai che un libro enorme così dovesse avere più di mille racconti o di miti antichi riguardanti le numerose popolazioni storiche, come per esempio i greci, i romani, i maya, gli egiziani e perfino miti sulla cultura giapponese. Il mio interesse si posò sopra una pagina bianca come il latte, dalle scritte standard e dai disegni poco curati, ma decisamente elettrizzanti per via del colore utilizzato per stamparle. C’erano segnati i miti antichi egiziani in ordine alfabetico uno sotto l’altro. In quell’istante pensai che non potevo leggermeli tutti in un solo giorno, anche perché erano molti e poi mi serviva del tempo per leggerli e soprattutto per capirli, così da decifrare il messaggio segreto.  
Iniziai a leggermi il primo: “Il nome sconosciuto di Ra”, poi passai al secondo era il mito di Osiride, chiamato “Seth e Osiride, due fratelli nemici”. Ogni singola parola che leggevo mi catturava e facevo fatica a fermarmi perché la storia era decisamente intrigante. Mi colpì in particolare questo mito, per la sua distinta ed accurata attenzione per i dettagli, per la descrizione dei vari personaggi e nel complesso per la storia vera e propria. Mentre avevo il naso ficcato nel libro, arrivò a disturbarmi la bibliotecaria dicendomi che era l’ora di chiusura e che dovevo assolutamente rimettere il libro al suo posto e dirigermi all’uscita. Ero decisamente scocciata di questa cosa però non obbiettai e le risposi che sarei uscita all’istante. Posai il libro sul decimo scaffale e poi uscii tristemente dalla libreria. La mia giornata si era conclusa così, lasciando in sospeso la lettura di quei miti terribilmente affascinanti e con una sconcertante scoperta, il biglietto in egiziano antico. Era ormai l’una e il mio stomaco incominciava a borbottare implorandomi di dargli del cibo succulento per saziarlo. Mandai un messaggino alla mia compagna e nonché amica del cuore, Sakura Mori, chiedendole di venire a pranzare con me. 
“Saku, hai voglia di pranzare con me? 
Ti aspetto all’entrata dell’università! 
Sbrigati! 
XD tvb”
Dopo cinque minuti la vidi che stava arrivando tutta di corsa, con la sua borsetta che le stava dondolando da una parte all’altra della cintola. Io e Sakura, quel giorno andammo nel nostro solito ristorantino giapponese il “Ichi” della famiglia Kimura. Io ero contentissima di mangiare li perché prediligevo il cibo giapponese di qualsiasi altro cibo di nazionalità diversa.  La signora Ichiro che ormai ci conosceva già, ci portò due bottigliette d’acqua da mezzo litro una frizzante per me e l’altra naturale per Sakura. “Arigatò Ichiro San”, ringraziai dolcemente. Dopo di che ordinai una porzione di ramen, una di gamberetti allo zenzero e infine una porzione di Uramaki Ebiten. Io e Sakura quel giorno mangiammo tantissimo eravamo sazie, ma felici. Dopo il pranzo andai verso la macchina per tornare a casa. La mia autovettura era ordinariamente ferma e immobile davanti alla statua della sirena e vicino alla mia c’era una Volkswagen grigio argentea tutta tamarrata, con il conducente anch’esso tirato a lucido che fumava attaccato al mio sportello. “Potresti spostarti per favore?”, domandai garbatamente al ragazzo. In quel preciso momento quando le mie labbra finirono di pronunciare quelle medesime parole, il ragazzo mi guardò accigliando l’occhio destro, come se volesse fare un’espressione decisamente ammiccante e si scostò dalla porta della mia macchina. Il ragazzo mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “è tua la macchina?”, espirando il fumo dalle narici. “Direi proprio di si…”, risposi seccata. In quel momento ho pensato come mai un ragazzo sbruffone si fosse proprio messo a fumare appoggiato alla mia macchina, la cosa mi dava alquanto sui nervi. Feci un passo avanti verso per aprire la portiera. Quando allungai la mano il ragazzo con rapidità me la prese portandosela verso di lui e in quel momento con un gesto istintivo, allontanai la mia mano dalla sua. “ Si può sapere cosa stai facendo?”, domandai in modo arrogante. Lui mi fissò negli occhi e mi rispose: “sei carina, posso avere il tuo numero?”. Rimasi alquanto scioccata dalla cosa e se devo essere sincera rimasi un po’ imbarazzata, mai nessuno mi aveva detto in faccia di essere carina e questo mi lusingava abbastanza. La cosa che sinceramente non capii era il motivo e il comportamento di quel gesto spudorato senza nemmeno conoscermi. Le mie palpebre si aprirono e si chiusero un paio di volte e poi risposi: “grazie, ma no”. Una risposta fredda che avrebbe fatto anche congelare un morto intrappolato in un ghiacciaio. Cosa dovevo rispondere? Ho semplicemente detto la prima cosa che mi era passata per la mente e liquidai quel ragazzo in quel modo, salendo sulla mia macchina senza guardarlo una seconda volta e me ne andai. So di essere stata antipatica e senza cuore, ma d'altronde io quel ragazzo non lo conoscevo e non mi era affatto piaciuto il suo modo di fare. Finalmente dopo un quarto d’ora di viaggio arrivai a casa, nella mia dolce casa. “Mamma sono tornata!”, urlai con un tono acuto e quasi fastidioso. Mia madre era nella cucina che stava cucinando già per la cena e c’era un profumo davvero delizioso! Dissi a mia madre che se avesse avuto bisogno di me mi avrebbe potuto trovare in camera mia. Aprii la porta della mia stanza e pouf! Mi tuffai sul mio letto. Mia madre di mattina mi aveva fatto il letto cambiando le lenzuola e tutto il resto. Esse avevano un profumo frizzantino che richiamava l’odore di agrumi e legno. In quel momento pensai che era piacevole dormire in lenzuola pulite e candide. Dopo qualche minuto di relax mi alzai e andai vicino al mio puf di pelle bianco vicino alla scrivania. Appoggiai i miei vestiti del giorno e mi misi qualcosa di comodo per stare in casa. Trascorsi quelle ultime ore del pomeriggio che mi rimanevano guardando la mia serie tv preferita. Ero al decimo episodio della sesta stagione di “ The vampire Diaries”. Io adoro quella serie, soprattutto per gli attori in particolare per l’attore che interpreta il personaggio di Damon Salvatore. Ma quanto è bello? Riuscivo perfino a sognarlo di notte, solamente io e lui. Un sogno ricorrente con lui è sicuramente quello in cui io mi trasformo in un vampiro e incontro lui e ci innamoriamo perdutamente e mi bacia sotto la pioggia. Devo dire che è un sogno bellissimo! Tornando a noi e cercando di essere seria, una volta finiti gli episodi della serie era già l’ora di cena e andai in cucina. “Mamma ogni sera ci prepari sempre qualcosa di buono! Sei una mamma super!”, dissi sorridendo e guardandola negli occhi. “Ti ringrazio piccola, lo sapete che a me piace cucinare!”, disse dolcemente mia madre. Mio padre era seduto capotavola e vicino a lui c’era mia sorella Silver, più grande di me di sei anni. Silver ci fa visita ogni settimana venendo a mangiare qui il venerdì, quando suo marito fa il turno di notte in una fabbrica per metalmeccanica. “Cosa ci hai preparato di buono mamma?”, domandò mia sorella. Mia mamma che nel frattempo era rientrata in cucina, se ne ritornò con un recipiente in terracotta al cui interno c’era un polletto speziato con le patate al forno. Le mie narici iniziarono a impazzire dal profumo delizioso che aleggiava in sala da pranzo. Feci i complimenti a mia madre e poi mi presi la mia porzione di cibo. Terminato il pasto passammo al dolce, una torta al limone con una pallina di gelato. Davvero eccezionale! Sembrava di essere al ristorante, con queste sole due differenze: la prima non devo pagare al termine della cena e la seconda è che la cucina casereccia di mia madre è nettamente più buona. 

 

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Capitolo 2
*** La mia vita cambiò ***


La mia vita cambiò Capitolo 2 Il giorno dopo mi alzai alle 9.00 circa, mi lavai il viso, mi vestii, mi pettinai e poi feci colazione. Osservai la tavola che mia madre preparò con cura come tutte le mattine e c’erano i pancake con lo sciroppo d’acero, la torta al limone, il mio yogurt ai frutti di bosco e del the caldo alla vaniglia. Questa per me era la colazione regale, la mia preferita! Dopo essermi rifocillata a dovere, mi preparai e poi uscii alle 10.00 per andare a lezione all’università. Quel giorno sarebbe diventato il più bello in assoluto di tutta la mia vita, solo che non lo sapevo ancora. Parcheggiai la mia auto poco più in la della via del mio ateneo e mi fiondai dentro l’edificio. La segretaria Miss Dolvestein appena mi vide mi chiamò all’istante. “Oddio, cosa vuole da me questa ora?”, pensai. “Ho da avvisarti che il direttore Benjamin Whrite vuole parlarti nel suo studio tra un ora”, mi disse con quella voce tenera e acuta. “Va bene, Miss Dolvestein grazie per la comunicazione”, risposi io sbalordita. In quel momento mi prese un malore al cuore, la mia ansia traboccò alle stelle e avevo le mani sudate. Pensai e ripensai su cosa volesse parlarmi, anche perché non avevo fatto nulla di male. Il brutto della mia personalità è sicuramente la sensibilità e l’emotività che mi accompagnano giorno dopo giorno. Spero in un futuro di riuscire a gestire certe emozioni e che esse non prendano mai il sopravvento. Ritornando a noi, mi precipitai nell’aula del professore Patrick Brown, docente di storia dell’arte. Lui era un tipo affascinante, dai capelli spettinati, dallo Sharm di James Bond e dalla bellezza di Richard Gere. Mi sedetti al primo banco in modo tale che appena fosse finita la lezione avrei potuto scappare direttamente fuori dall’aula. Il professore se ne arrivò tutto sorridente e iniziò così il suo discorso. I minuti passavano e io ero letteralmente sulle spine non vedevo l'ora che finisse la lezione. Ecco che arrivò il momento per abbandonare di corsa l’aula e dirigermi nell’ufficio del rettore Benjamin Whrite. Toc toc. “Avanti!”, disse lui con la voce decisa. “Buongiorno signor rettore, Miss Dolvestein ha detto che voleva parlarmi…”, dissi io ansiosamente. “Esattamente signorina, ma prima si accomodi pure”, concluse lui. Mi sedetti su una poltrona in pelle marrone, lucida e comoda. Lo guardai con aria intimorita negli occhi e poi vidi che le sue labbra si mossero come per voler parlare e infatti iniziò il discorso. “Signorina Nilson, vorrei parlare con lei di un progetto che ho realizzato con altri docenti dell’università. Si chiama “Scopri il Passato” ed è un’iniziativa per voi studenti che vi permette di viaggiare in un paese a scelta per partecipare a degli scavi archeologici, in modo tale da fare esperienza sul campo. Siccome il nostro ateneo usufruisce di una notevole sicurezza economica, vorrei proporle di fare un viaggio a sua scelta, in base alla specializzazione che intende prendere, per andare ad aiutare degli esperti nei siti archeologici. L’intero viaggio, vitto e alloggio sarà a nostre spese, lei dovrà solo pagarsi i pasti giornalieri, cosa ne pensa signorina?”; concluse lui. Rimasi basita a quello che mi stava dicendo, le mie orecchie non credevano a quello che stavano ascoltando ed era un vero e proprio shock. Lo guardai attentamente, come per scrutare ogni singolo movimento facciale e poi dopo un bel respiro parlai. “Potrei farle una domanda?”,chiesi. “Certo anche due se servono signorina…”, rispose lui in modo gentile. “Questa è una cosa che avete proposto ad ogni studente o solo ad alcuni?”, chiesi gentilmente. “Abbiamo solo fatto questa richiesta a lei, perché tutti i docenti dell’università hanno confermato che la sua votazione è nettamente superiore agli altri studenti, conferma questo esito?”, rispose lui sfregandosi delicatamente le mani. “Io non vorrei risultare presuntuosa, ma ho avuto tutti 30 nelle interrogazioni e negli esami fatti”, risposi io asciugandomi il sudore delle mani sui pantaloni. “Molto bene, allora veda questa offerta come una sorta di borsa di studio che le servirà professionalmente ed intellettualmente. Se lei risponderà affermativamente a questa proposta, darò il via all’organizzazione che provvederà a gestire con tutta l’efficienza possibile il viaggio”, concluse lui sorridendo. Io ero molto contenta, ma nello stesso tempo agitata anche perché dovevo dare una risposta subito, in quel preciso momento e in base alla decisione che prendevo, poteva incidere sull’umore della mia famiglia. Pensai a tante cose in quel preciso attimo, ma poi risposi: “Accetto, l’offerta Signor. Benjamin Whrite”; una risposta del genere sembrava detta in uno di quei classici Reality Show, in cui il concorrente deve accettare o meno la sfida per vincere qualcosa. Il rettore si avvicinò con il busto verso la scrivania, appoggiò i gomiti su di essa e iniziò a domandarmi in quale luogo sarei voluta andare. In quel lasso di tempo pensai: “Oddio, Egitto? Giappone? Argentina? Ehmm…”, poi feci la mia scelta… …Due giorni dopo mi ritrovai all’aeroporto con il mio biglietto in mano pronta a partire per l’avventura. Sul tabellone degli orari che segnava tutte le partenze c’era segnato anche il mio volo, il Cairo. “Il volo 6265473 è in partenza dal Gate 7, si prega ai gentili viaggiatori di esporre il proprio biglietto al personale autorizzato all’imbarco”. La mia famiglia era venuta ad accompagnarmi, erano tutti emozionati per me; in particolare mia madre che era felice di questa bellissima esperienza, ma dall’altra parte era preoccupata perché dovevo andare in un paese straniero, tutta da sola. Salutai con un abbraccio forte tutti e mi avvicinai all’imbarco, diedi il mio biglietto e la mia carta d’identità e poi salii sull’aereo. L’aereo partì alle 9.00 del mattino e arrivai a destinazione alle 16.00 del pomeriggio.

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Capitolo 3
*** Il Cairo ***


Ed ecco che mi ritrovai nella mia nuova stanza in una bellissima casa egiziana. Alloggiai a venti minuti dal centro, nella periferia della città; per la precisione a Sud dove si trovano le rovine di Menfi, l’antica capitale dell’Egitto fondata nel 3100 a.C. da Menes. Quest’ultimo era un sovrano egizio che apparteneva alla prima dinastia nel periodo arcaico che va dal 3150 a.C. al 2925 a.C., egli unificò l’Alto e il Basso Egitto. Di sicuro non voglio annoiarvi con la storia sulla civiltà egizia, ma mi sembra carino ogni tanto darvi qualche informazione particolare. Una cosa cui tengo particolarmente è quella di spiegarvi del perché ho scelto l’Egitto e non un altro qualsiasi luogo. Fin da piccola ero affascinata dal mondo egiziano, l’arte, gli usi e i costumi; questa passione si è sviluppata in parte a scuola quando facevo storia alle medie e alle superiori che mi ha dato tante informazioni e poi grazie ai numerosi documentari che mi guardavo ogni volta dopo che arrivavo da scuola. Lo so cosa state pensando, che io sia una secchiona, ma vi sbagliate, la mia è soltanto passione. Ritornando a noi, posso dirvi cosa avevo in programma di fare il giorno seguente al mio arrivo; sicuramente dopo una buona colazione sarei andata sul sito dello scavo; fuori città nei pressi della zona meridionale dell’Egitto. Avrei chiesto del docente Thomas Morel, così come mi era stato spiegato dal rettore Benjamin. Tornando al discorso di prima, vi ricorderete sicuramente che nel periodo dinastico ci fu l’unione del Basso e dell’Alto Egitto dal sovrano Menes o Narmer, come vi avevo già detto. Per darvi una informazione in più, gli egiziani per scrivere di queste due terre utilizzavano questo geroglifico: Si può trovare anche in forma semplificata, ovvero senza i puntini e in questo caso bisogna saperlo traslitterare come fanno tutti gli archeologi (T3wy). Ma voi vi starete chiedendo cosa vuol dire traslitterare dei geroglifici. La risposta è molto semplice, è l'operazione che consistente nel trasporre i grafemi di un sistema di scrittura nei grafemi di un altro sistema che generalmente può essere un alfabeto. In modo tale da associare un geroglifico a una lettera che aiuterà a tradurre l’insieme dei geroglifici. Il giorno seguente al mio arrivo sarebbe stato un dì indimenticabile perché avrei avuto l’occasione di lavorare e fare esperienza sul campo con alcuni docenti, nonché amici e colleghi del rettore Benjamin Strauss e io non vedevo l’ora che arrivasse il momento! I raggi del sole arrivarono con dolcezza nella mia camera egiziana quella mattina, caldi e luminosi che mi avevano fatta sentire protetta. Mi alzai convinta e desiderosa di quello che mi poteva capitare da li a poco, infatti mi fiondai a fare colazione nella cucina della signora Amira, proprietaria della casa di cui ero ospite. La donna era vestita con abiti tipici egiziani, di lino e dai colori splendenti. Mi preparò una colazione tipica del luogo, con dolci alle mandorle e miele, del latte e il loro pane azimo accompagnato dall’olio d’oliva con burro fresco. Dopo essermi colazione mi preparai e in meno di dieci minuti fui pronta a partire. Dopo un’ora di viaggio finalmente arrivai a destinazione, ma lasciatevi descrivere cosa i miei occhi videro quel giorno. A metà tra le dune di sabbia dal colore marrone pastello e dalla vegetazione sul lato orientale del Nilo, ergeva imponente e affascinante il grande tempio di Amon, nel villaggio di Karnak; piccolo casale vicino alla capitale Luxor, anticamente conosciuta anche con il nome di Tebe. Rimasi incantata nel vedere il sole caldo e penetrante che illuminava il viale delle offerte del tempio, decorato da una serie di sfingi criocefale dal corpo di leone e dalla testa di ariete; ero completamente ammagliata dalla bellezza del grande cortile dove c’era anche il piccolo tempio di Rameses III con due statue in granito rosa che lo raffiguravano. Scesi dalla jeep per arrivare all’accampamento dove c’erano tutti i funzionari del sito archeologico. I miei scarponi lasciavano il segno su quella sabbia morbida e fine che si sgretolava ad ogni mio passo. Il mio cuore traboccava di felicità e i miei occhi non sapevano più dove guardare. In quell’istante vidi un ragazzo di schiena sotto l’entrata della tenda, retta da bastoni e da tubi metallici. Con me c’era il mio accompagnatore che mi scortava dalla casa egiziana fino a destinazione e una volta arrivati li, mi salutò e disse che mi sarebbe venuto a prendere intorno alle sei del pomeriggio. Avanzai lentamente verso la tenda per chiamare quell’uomo girato di schiena. Volevo avvertire della mia presenza. “Mi scusi è lei Thomas Morel?”, domandai io timidamente. In quel preciso istante ecco che la persona si voltò e vidi un ragazzo, ma non era un tipo qualsiasi, era proprio il ragazzo della sigaretta che fumava appoggiato al mio sportello della macchina. Rimasi scioccata. In quel lasso di tempo non sapevo se ridere o se piangere; che figura di m…. Il ragazzo aveva una camicia bianca latte, quasi trasparente, i pantaloni in lino, leggeri, morbidi e beige. Sulla testa aveva il cappello panama, beige anch’esso. I lineamenti del suo volto erano morbidi e dolci, sembrava scolpito da Michelangelo. Gli occhi erano marroni, dorati ed intensi. Lui dopo essersi girato mi rispose con la faccia da pesce lesso: “No, sono Derek…e tu saresti?”. Rimasi talmente basita che non riuscii a rispondere subito. Dopo un bel respiro profondo dissi: “Sono Koral Nilson dell’università di Beni culturali, mi hanno mandata qui tramite borsa di studio per lavorare sul campo e tu cosa ci fai qui?”. “Io sono uno dei finanziatori, o meglio mio padre lo è, e perciò sono qui per scavare assieme agli archeologi e fare da Tutor a te”, rispose con determinazione. Lui rimase a guardarmi fisso negli occhi in attesa di una mia risposta del tutto soddisfacente, ma io in quel momento non ero molto disposta a pensare a un qualcosa di esaustivo da dirgli, perciò risposi solamente che andava bene e cosa avrei dovuto fare. Il ragazzo mi accompagnò in un'altra tenda, dicendomi che essa sarebbe stata la mia durante il giorno, in caso volessi riposarmi. Dopo di che chiamò tutta la troupe per le presentazioni. In mezzo a quei sei studiosi, c’era il signor Thomas Morel, un uomo dalla pancia pronunciata, dalla barba bianca ma curata, dagli occhi piccoli e azzurri e dall’abbigliamento retrò; caratterizzato dall’orologio da taschino. Questo signore, mi portò in disparte e mi chiese se il viaggio fosse andato bene e se avessi voluto iniziare ad equipaggiarmi per entrare dentro al tempio di Amon. Derek arrivò vicino a me con una camminata precisa e quasi militaresca ed entrammo nel tempio. Osservai la magnificenza della struttura poi mi portò davanti ad una parete ricoperta interamente di geroglifici. “Gli storici sono qui da una settimana, io sono arrivato l'altro giorno, stiamo ricercando degli indizi che portino ad un tesoro perduto, risalente alla XX dinastia”, disse Derek studiandomi in faccia. “E questo sarebbe il tesoro perduto di chi?”, domandai curiosa. “Pensiamo che sia il tesoro perduto di Amon-Ra, ma tu non inizierai subito con gli scavi, dovrai prima esercitarti con la traslitterazione, quindi per oggi dovrai decifrare questi geroglifici!”, concluse lui con leggero ghigno sulla faccia. “Cosa? Tutta la parete?”, domandai sbalordita. “Esatto, poi dovrai dirmi cosa c'è scritto e vedremo se ci saranno dei messaggi in codice da decifrare, ti è tutto chiaro?”, domandò con una certa arroganza. “Limpido e Recoaro”, conclusi schietta. Mi affacciai all’immensa parete di geroglifici e iniziai a leggerli. C’era il seguente geroglifico scritto più volte: questo è sicuramente il nome di Amon-Ra. Per chi non lo sapesse egli è una divinità appartenente alla religione dell’Antico Egitto. Egli nacque dal dio Ra di Eliopoli, città vicino al Cairo, con la divinità tebana, Amon. Il suo nome significa “il misterioso” o “il nascosto”. La serie di geroglifici che mi si presentavano davanti avevano una serie di grafemi posti ordinatamente uno vicino l’altro. Leggendoli mi sembrava di catapultarmi nella loro epoca, come se io stessa fossi uno scriba reale con il compito di dipingerli. Questa a parer mio, è un’emozione bellissima. Dopo una lettura approfondita e un’interpretazione accurata, i geroglifici parlavano di una persona, capo dell’ordine degli scribi, funzionario della corte reale di Ramesse XI e comandante dell’esercito, divenuto il Primo Profeta di Amon, una carica importantissima; egli era Herihor. Quest’ultimo deceduto e successivamente sepolto nella terrazza inferiore del tempio funerario della regina Hatshepsut, che si trova vicino alla Valle dei Re. rimasi dubbiosa sul fatto di trovare delle iscrizioni riguardo a questa persona del tutto importante, ma dalla locazione un po' improbabile. Erano passati venti minuti da quando Derek mi lasciò da sola con la parete di geroglifici ed ero solamente a metà della prima fila di grafemi. Proseguii a passo lento, ma preciso lungo la parete in modo orizzontale fino quando giunsi nel punto più in alto verso l’angolo. Ovviamente per poter leggere quelli nella parte elevata salii sul trabattello. Rimasi incuriosita da una disposizione particolare dei grafemi, mi ricordavano quelli scritti su quel bigliettino trovato in quel libro sui “Miti dal Mondo”. Provai a leggerli accuratamente nel tentativo di capirne il significato e mi armai di sana pazienza. Non riuscii a credere ai miei occhi, quello rappresentato sul muro assomigliava a quello scritto sul biglietto. Grazie all’aiuto del professore della mia università, la prima parte dei geroglifici riuscii a leggerla anche se l’ordine con cui lui aveva tradotto non era lo stesso, ma poi dovetti cercare io la continuazione e c’era scritto: “Se l’assassino sarà ricordato verrà la notte nel giorno e se ciò accadrà allora tempi bui verranno. Nel Nilo piangerà colui che ama l’amore se il suo tesoro non verrà trovato. Colui che ama l’amore è protegge colui che è ricoperto di lapislazzuli”. Rimasi sbalordita, c'era scritto all'incirca la stessa cosa che lessi in quel bigliettino. Cosa mai vorrà dire? Potrebbe essere un indizio che porta a un tesoro? Pensai che non potesse essere una banale coincidenza, perchè questo enigma eraa scritto nel bigliettino trovato in biblioteca. Perchè trovarlo proprio io? Ci potrà mai essere un'analogia?, pensai. A quel punto scesi dal trabatello e andai a cercare Derek. Mi ricordo che quel giorno ero decisamente elettrizzata. Camminai in direzione del muro e questo portava ad una scalinata poco profonda che girava attorno alla parete, proseguii cautamente guardando dove mettevo i piedi. Derek era in una stanza ampia, polverosa e oscura, c'erano solamente alcune fiaccole accese lungo il perimetro per dare un po' di luce all'intero spazio. Derek e altri due storici erano con le torce in mano che puntavano in un buco dal diametro ristretto. Mi avvicinai lentamente e appoggiai la mia mano sulla spalla di Derek e lo chiamai, sperando che si girasse a guardarmi. Rimase un po' spiazzato del fatto che lo toccai fugacemente, ma poi mi ripose: "Cosa vuoi?". Io rimasi a fissarlo come una pesce lesso, perchè era terribilmente affascinante con quel sudore sulla fronte, con quella polvere sul viso e dai suoi pettorali trasparivano dalla camicia bianca, anche se dopo tutta quella polvere non era più splendente come prima. Comunque risposi: "Ho da farti vedere una cosa"; in quel momento lui mi disse che per venire da me doveva essere davvero qualcosa di importante altrimenti sarebbe stato ancora li a fissare quell'orifizio nero ancora per un po'. Lo pregai con garbatezza fino a quando accettò il mio invito. Ritornammo indietro e gli feci vedere la parte della parete che mi interessava e gli tradussi per filo e per segno quello che i grafemi dicevano. Derek mi guardò con uno sguardo ambiguo che non riuscii a capire bene, ma poco importava, gli spiegai che tempo fa trovai un biglietto con all'interno alcuni grafemi sistemati nello stesso ordine della parete. Poteva essere una coincidenza? A questo punto non credo proprio, perchè trovare un biglietto con gli stessi geroglifici in un libro sui miti del mondo, in particolare sui miti egiziani? Derek mi rispose che mi stavo facendo un FILM su questa storia e che è possibile alle volte trovare cose strappate in alcuni libri vecchi, preferii non assillarlo troppo e allora rimasi zitta. Derek mi disse ancora di non incaponirmi su alcune cose, perchè nel corso dei giorni successivi avrei sicuramente visto molte altre cose che mi avrebbero fatto pensare ancora di più. In quel preciso momento, l'archeologo Isaac Tuchler, chiamò con un tono di voce forte e desico Derek, chiedendogli di andare da lui velocemente. Io e lui ci guardammo distrattamente e frettolosamenete e insieme accorremmo nel luogo in cui c'era quello strano buco, il quale Derek prima lo stava guardando attentamente. La fessura nella parete si era allargata di un po' perchè Isaac e Gym avevano trapanato in un punto preciso e grazie a quel foro l'angolo di quella parete si era sgretolato. "Vedo qualcosa, ma non riesco a capire cosa è!!"; disse Isaac con voce secca. "Prova a puntare la torcia magari riusciamo a capire cosa c'è dall'altra parte della parete!", disse Derek porgendogli la torcia. Isaac accese lo strumento e lo puntò in direzzione del buco, c'era qualcosa che luccicava ma la polvere e le ragnatele impedivano una corretta e limpida visuale. "Qualcuno di noi deve entrare li dentro!", disse Derek. All'improvviso mi sentii osservata da tutti e tre e li guardai con aria terrorizzata. - Dovrò mica scendere li dentro?-; pensai in quel momento e, poi due minuti dopo mi ritrovai con il caschetto giallo in testa, la bratella intorno al mio corpo, una torcia in mano e una mascerina protettiva che mi copriva il naso e la bocca. "Perchè devo entrare proprio io?", domandai ansiosa. Derek mi guardò e rispose: " perchè tu sei magra, piccola e riesci a passare perfettamente nella fessura senza causare nessun crollo. Non ti preoccupare tanto ci siamo noi che ti diciamo come ti devi muovere ok?". Quando disse le ultime parole, appoggiò la sua mano sulla mia spalla e questo mi rassicurò. Mi sedetti, allungai le gambe prima una e poi l'altra nella fessura, mi spinsi leggermente con le mani, strisciando i glutei sul pavimento roccioso e metà del mio corpo si trovò nella zona d'ombra. Era arrivato il momento di far passare anche la testa, ma prima accesi la torcia e dopo scivolai nella fessura. In quei pochi secondi si alzò la polvere che si andò a conficcare negli occhi rendendoli irritati e rossi; diedi due colpi di tosse e poi aprii gli occhi per vedere cosa ci fosse all'interno di quella stanza millenaria. Cari lettori, ero davvero molto emozionata, non so come descrivervi ciò che provai in quel momento, ma posso dirvi che era speciale, unico e terribilmente intrigante. Davanti a me c'era una parete decorata da geroglifici, davanti ad essa un sarcofago ricoperto d'oro e di lapislazzuli. Accanto alla tomba, vi erano due statue che raffiguravano dei gatti neri con dei collarini d'oro e pietre di smeraldo, che erano poste una di fronte all'altra come si stessero guardando. Perchè mettere quelle due statue in quella posizione? In genere gli Egiziani utilizzavano le statue di gatto per proteggere, come una sorta di "famiglio", la salma del defunto perchè erano considerati i guardiani dell'oltretomba. In un angolo della stanza c'era un vaso in terracotta al cui interno vi erano delle lance. Questo poteva significare un buon auspicio a colui che è defunto, perchè nella vita trascorsa era sicuramente un uomo coraggioso come un combattente. Vicino ad esso c'erano dei canopi, uno con la faccia di gatto, l'altro di gufo, l'altro ancora di leone. Avevo gli occhi lucidi, non per la polvere, ma dall'emozione. Era da una vita intera che desideravo un momento come quello e finalmente il mio sogno si stava avverando. Una cosa a cui tengo sottolineare e che questa oppurtunità era solo stata concessa a me e a nessun altro, perciò ero molto fiera e felice di questa cosa. Ma tornando a noi, proprio mentre stavo osservando con cura la camera sepolcrale, Derek mi domandò cosa vedessi ed era desideroso di una risposta a lui soddisfacente. "Questa è una tomba! Ci sono dei canopi, delle lance e due statue che raffigurano dei gatti. C'è una parete ricoperta di disegni e di geroglifici!", risposi io con un tono di voce adrenalinico. "Prova a leggerli!", urlò Derek. Partii a leggere la parete dalla mia destra per poi proseguire verso sinistra, perchè l'orientamento dei disegni sul muro facevano capire che il verso in cui bisognava leggerli era proprio quello. "Qui dorme colui che non è stato divorato da Am-eh, colui che è glorioso e solare. Il Ka e il Ba sono nel mondo degli spiriti, pronti a risvegliarsi se il tesoro donatogli verrà ritorvato", tradussi filo per segno quello che c'era scritto, almeno in parte. I miei occhi scansionarono tutta la parete, in una frazione di secondo avevo già dedotto qualcosa, ma ero troppo presa dall'agitazione e non stetti a lungo sulla parete, i miei occhi dovevano ancora vedere tutte le meraviglie di quella stanza. Mi avvicinai alla tomba, era bellissima. Avevo le mani che tremavano, ero davvero emozionata e anche un po' intimorita, in realtà non credevo a quello che mi era appena successo e meno male che Derek mi aveva detto che avrei potuto solo tradurre i geroglifici della prima parete del tempio! Invece ora, a distanza di pochi minuti da quel primo compito assegnatomi, eccomi a fare la vera archeologa! Che emozione!. Appoggiai le mie mani sul sarcofago, in alcuni punti era liscio e luccicante, in altri rugoso e opaco. Provai a leggere quello che c'era scritto sulla parte inferiore, alcuni grafemi erano conservati in modo eccellente e quindi era davvero facile leggerli. "Protetto da colui che giace per Amore". Questa frase assomigliava vagamente al modo di scrivere che c'era in quel fogliettino ritrovato in quel libro in biblioteca. E' una coincidenza? In quel preciso momento mentre stavo leggendo, Derek mi chiamò e mi disse di uscire e di spiegargli cosa avevo visto nel dettaglio. Chiesi ancora un paio di minuti, per me era troppo presto uscire, avevo ancora tante cose da vedere. Dopo pochi minuti uscii fuori dal buco, anche perchè mi mancava l'aria e Derek graziosamente mi prese la mano per aiutarmi ad uscire. "Stai bene?", mi domandò lui guardandomi dritto negli occhi e io risposi di si, anche se avevo la bocca impastata e mi serviva dell'acqua fresca. Uscimmo tutti e quattro dal tempio e ci dirigemmo verso la mia tenda. Ci sedemmo al tavolo e per fortuna prima di parlare bevvi un bicchiere di acqua fresca. Dopo essermi dissetata iniziai a raccontare sia quello che avevo visto sia le mie impressioni. "Secondo me quella è la Tomba di un dio", dissi decisa. "Cosa te lo fa pensare?", domandò Derek con tono acuto. "Posso dedurlo dal fatto che i geroglifici dicono che la sua anima non è stata divorata da Am-eh, che era una piccola divinità della Duat, conuscita anche con il nome di divoratore dell'eternità, perciò potrebbe essere la tomba di un dio, l'unico che ha il potere di non essere divorato dalla Divinità infernale. Infatti sia il Ka che il Ba del defunto sono liberi nel mondo spiritico. La cosa che invece non mi è chiara è il fatto che parla di un tesoro sperduto che dovrebbe appartenere al defunto e il dono che gli è stato fatto, potrà riportare l'anima della persona in vita"; risposi io tranquillamente. "Sei molto istruita, Koral! Fa molto piacere sentir parlare così una ragazza della tua età!", mi disse Thomas Morel, mentre si stava lucidando il suo orologio. "Penso che potresti avere ragione, sei molto intuitiva Koral, ma dobbiamo farti rientrare dentro per cercare di trovare più informazioni possibili", disse Isaac grattandosi il mento. "Secondo me abbiamo trovato un indizio sul tesoro che stavamo cercando, quello che risale alla XX dinastia", concluse Derek guardando il resto della squadra. "Quindi potrebbe essere la tomba di Amon-Ra e questo spiegherebbe il fatto che c'è scritto colui che è glorioso e solare. Penso che sia riferito a questa divinità siccome è stato considerato un demiurgo nel secondo periodo intermedio, inoltre spiegherebbe il fatto che è colui che è in grado di trattenere il dio degli inferi Am-eh"; spiegai io agli altri archeologi. Vidi in quel preciso momento un sorriso lieve sulle labbra di Derek, pensai che fosse per la mia esaustiva spiegazione, ma subito dopo mi venne in mente che potesse essere soddisfatto quando sentì la parola Amon-Ra, perchè poteva constatare la sua ipotesi sul fatto che ci fosse o meno un tesoro perduto. "Secondo me ti sbagli Koral!", disse Joan White seduto a capotavola. Lui era un tipo affascinante, dai capelli castani e dagli occhi verdi, era specializzato nei reperti archeologici,come anfore, lance, gioielli ecc. "Perchè dovrei sbagliarmi?", domandai io incuriosita, magari era vero, anche perchè non avevo tanta esperienza e tante informazioni da poter instaurare una mia teoria, però non potevo neanche aver sbagliato siccome ero arrivata alla risposta per via logica. "Non puoi essere sicura che sia la tomba di un dio, anche perchè all'epoca costruivano interi templi o piramidi in onore agli dei e ai faraoni e considera che questa è una minuscola stanza e non avrebbe senso", rispose un pò arrogantemente Joan White. "Per scoprirlo bisogna farla rientrare nella fessura, appena riusciamo ad allargarla, potremmo passare anche noi!"; rispose Derek. "Io non dico che sia giusto quello che penso, ma credo che sia la tomba di Amon-Ra, anche perchè ho ritrovato una frase scritta sul sargofago simile a quella scritta sulla parete d'entrata del Tempio. E poi scusate, siccome questo tempio si chiama così un motivo ci sarà no?", risposi io impostata. Dopo aver detto quello che pensavo ripresi il bicchiere di plastica bianca e lo riempii d'acqua fresca per bere nuovamente. "Gli studosi che sono venuti prima di noi non hanno mai ritrovato nulla del genere qui nel tempio, nessuna tomba riferita al Dio. E' chiamato così perchè era usato come luogo di culto e di preghiera rivolta ad Amon-Ra!", rispose Joan. "Va bene, ma perchè non possiamo prendere in considerazione l'idea che per una volta gli egiziani costruirono una vera e propria tomba per un dio? Magari poteva esistere veramente per loro. E poi come avete fatto a scoprire questo punto di scavo se non è mai stato trovato da nessun archeologo venuto prima di voi? Mica sarete dei Mercenari?", domandai io con un tono di voce arrogante. Mi alzai dalla sedia, appoggiando il bicchiere sul tavolo e guardai tutti i presenti nella mia tenda. "Stai calma Koral, non siamo mercenari ma solo archeologi che hanno investito gran parte dei propri beni per poter finanziare questo scavo. Non sapevamo con precisione dove scavare, ma credo solo che la fortuna sta volta ci abbia dato una mano"; rispose pacamente Derek. "Scusami Koral, ma quale frase hai trovato scritta sia sul sarcofago che sia sul muro?", domandò Thomas Morel, seduto vicino a Gym e a Isaac. C'era scritto "Protetto da colui che giace per Amore", secondo me è riferito proprio a lui", conclusi io abbassando lo sguardo, come se fossi esausta. "Non vuol dire nulla Koral, cosa ti fa credere che ci possano essere delle analogie?", domandò Derek ad inganno. "Questo ancora per certo non lo so, ma potrei scoprirlo, perchè mi sento che sia così..."; risposi io imbarazzata. Dopo questa riunione, decisero di conclure il tutto e di proseguire il giorno seguente. "Penso che per oggi possiamo fermarci qui, continueremo domani"; disse Thomas Morel. Il problema del momento era che il mio accompagnatore mi veniva a prendere solo alle sei del pomeriggio ed erano solo le quattro, come facevo a tornare a casa? Derek in quel momento, vide che ero un pò irrequieta, anche perchè gli altri del gruppo avevano a portata di mano la Jeep che aveva solo 6 posti e io non potevo di certo salire li sopra, perchè ero la numero 7. Si avvicinò a me e mi disse: "guarda se vuoi aspetto con te l'arrivo del tuo accompagnatore, altrimenti potresti telefonargli e dirgli che ritorni con me a casa". "Ma come facciamo? La Jeep ha solo cinque posti e io non posso salirci", dissi gentilmente. Lui mi guardò fissa negli occhi e mi rispose di non preoccuparmi che se non fossimo saliti sulla Jeep saremmo andati a piedi fino a una fattoria nel deserto che lui conosceva, dove avremmo potuto affittare un cammello da poter ritornare così a casa. Lo ringraziai e gli dissi di non preoccuparsi che sarei stata li tranquilla nella tenda ad aspettare l'autista. Allora lui mi salutò e mi disse: "ci vediamo dopo! Stasera sistemati bene perchè andiamo ad Alessandria per una festa, ok?", disse lui frettolosamente. Io rimasi un po' spiazzata, ma risposi affermativamente alla sua domanda, dopo di che lo vidi andare via sulla Jeep. Io chiamai Alex, io mio accompagnatore, incaricato di portarmi e accompagnarmi ovunque voglia andare e per fortuna mi rispose che sarebbe subito venuto a prendermi.

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Capitolo 4
*** La festa per Cleopatra ***


La festa per Cleopatra Capitolo 4 Dopo essere ritornata a casa, mi ritirai in camera per togliermi i vestiti sporchi e sudati di dosso. Avevo molta sete e dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua e mangiato due datteri che la signora Amira mi aveva lasciato in camera per il mio ritorno, andai a fare il bagno. Il bagno di quella casa era davvero bello: le pareti erano di un marrone tenue che richiamava il colore della sabbia nel deserto, una parete era invece decorata da tasselli color oro e arancio a modi mosaico che caratterizzavano l'angolo in cui c'era la vasca. Aprii l'acqua e mi lavai con dei prodotti naturali che la signora Amira mi aveva comprato da un bazar al Cairo. La mia pelle non era mai stata così morbida e profumata come quella sera, la crema e gli oli profumati all'ibisco, all'ambra, al miele, all'olio d'oliva e oll'olio di argan, avevano reso il mio corpo un vero e proprio profumatore domestico. Secondo me avete sorriso dopo questo paragone, ma dovete crederci se vi dico che quella sera ero davvero profumata dalla testa ai piedi. All'ora stabilita mi arrivò un messaggio da parte di Derek dicendomi di uscire di casa che lui era già li fuori pronto ad aspettarmi. Pochi minuti dopo ero in viaggio per Alessandria d'Egitto. Derek era molto bello, tirato a lucido come si suol dire, aveva dei pantaloni in lino bianchi che gli scendevano a pennello fin dalla caviglia, che con estrema eleganza erano risvoltati. La camicia era beige con dei ricami in azzurro sulle maniche. Mi ricordo che quella sera ero parecchio agitata, o meglio emozionata. Arrivammo con estrema puntualità alla festa, che si teneva in museo dall'aspetto meraviglioso. Salimmo la gradinata d'entrata e poi passammo sotto il metal detector per accedere nella sala del ricevimento. Derek diede il biglietto di invito al Bodygards che c'era sotto il portico dell'arcata, il masteodontico buttafuori ci fece passare. La festa era meravigliosa, c'erano persone vestite in maschera chi da Cleopatra e chi da Faraoni, altri invece da dei o da Ancelle. Il salone era ornato da tende di seta bianche, candele bianche, luci soffuse e dall'arredamento egiziano antico dovuto dal museo. A destra dell'entrata c'erano due camerieri con dei vassoi molto eleganti, contenenti in uno degli stuzzichini e nell'altro calici di champagne. Non ero mai andata a una festa lussuosa come quella, tanto meno accompagnata da un ragazzo altrettanto bello. Tutti in quella sala avevano tempo di darmi un'occhiata ammiccante, ma io non ero del tutto certa del perchè lo facessero, mi sentivo un pò in imbarazzo, ma poi capì che il motivo per cui mi guardavano era proprio quello che avevo pensato. A confermarlo fu proprio Derek che in quel preciso momento mi disse: "Tutti ti guardano, non sono abituati a vedere tanta bellezza in una sola serata". Il mio cuore in quel momento palpitò di gioia e di imbarazzo, era la prima cosa carina che mi avesse detto da quando ero arrivata al Cairo. Lo ringraziai con un semplice e timido grazie, ma questo bastò, tanto lui aveva percepito un leggero e dolce imbarazzo da parte mia. In quel preciso momento arrivarono due ragazze egiziane, molto belle e giovani. Queste due ragazze erano entrate nella stanza a ritmo di musica araba, ballando la danza del ventre. I loro abiti succinti erano sensuali e provocatori e tutti compreso Derek erano affascinati da quella bellezza araba. Una di quelle ragazze, di cui scoprii dopo il suo nome, perchè un ragazzo americano vicino a me continuava a dire "lei è Johara" al suo amico, prese la mano di Derek e se lo portò in centro della sala a ballare con lui, preciso "per lui". A quel punto rimasi da sola e non sapevo bene cosa fare o dove andare. Di li a poco vidi un quadro bellissimo su una parete anonima e isolata, mi avvicinai timidamente e rimasi incantata da tanta bellezza. Il quadro raffigurava una donna formosa, egiziana, ricca e bella. Al di sotto dei suoi piedi c'erano delle monete d'oro e accanto a lei dei frutti come uva, melograno, fichi e arance. Pensai che fosse un dipinto bellissimo, ma che le cose raffigurate in esso non avessero molto senso, anche perchè all'epoca non conoscevano ancora le arance. Dedussi che poteva essere un dipinto fatto negli anni del Risorgimento, sia per il tipo di stesura del colore che per lo stile. Proprio in quel momento quando stavo analizzando il quandro, un odore misterioso e particolare stuzzicò il mio olfatto. Provai a seguirlo, sembravo un cane da tartufo in un bosco, per come seguivo prepotentemente quel profumo delizioso e avvolgente e senza accorgemene arrivai in una piccola stanza lontana dalla festa. L'unica luce che c'era era quella delle fiaccole e delle candele accese a terra, un'atmosfera da brividi. Una cosa che constatai all'istante è che era impossibile che quell'odore che profumava di ambra e mirra, si potesse originare da quel vano visto l'assenza di cibo e di profumi, anche perchè l'intera sala era decorata e arricchita da dei reperti archeologici. Ma qualcosa cambiò all'istante. Sentii una musica in lontananza, melodiosa e misteriosa che mi incantava e poi come se fosse una sorta di divinazione nel passato, vidi me stessa riflessa nel vetro della bacheca, ero agghindata da principessa dell'epoca egiziana, con collane d'oro e pietre preziose, indossavo una tunica leggera e bianca di lino, con un fermacapelli a forma di aquila che mi teneva la chioma sul capo. Poi ad accompagnare il tutto c'era quel profumo dolce, buono e fresco, sembrava provenire da una boccetta messa nella bacheca insieme agli altri reperti archologici, ma era impossibile sentire l'odore se rinchiusa all'interno di una scatola di vetro, eppure io lo sentivo. I miei occhi erano incantate sulla mia immagine riflessa e poi sentii una voce di un uomo: "Koral, tovami". La cosa buffa era che quell'uomo mi parlò in egiziano antico e io lo capii. Ma com'era possibile? D'allora a oggi sono passati un migliaio di anni e quella lingua è cambiata nel tempo, non potevo conoscerla e tanto meno capirla. In quel momento pensai di aver avuto una sorta di visione del passato, solo che era tutto tremendamente strano. MI fece strano vedermi riflessa come una principessa. Cosa mai vorrà dire?, pensai. Proprio mentre mi stavo interrogando su questo fatto che mi aveva lasciata a bocca aperta, un ragazzo mi chiamò: "Signorina!". Io nell'agitazione e presa alla sprovvista mi girai frettolosamente e dissi: "mi avete spaventata, chi siete? Sono in un posto in cui non è permesso starci? Se è così domando scusa...". Il ragazzo era egiziano, aveva gli occhi di un verde oliva intenso, con un accenno di giallo nella corolla dell'occhio. Aveva i capelli castani scuri e ingellati tirati indietro come una pettinatura del novecento, aveva una piccola cicatrice sul sopracciglio destro. Rimasi incantata nel vederlo, perchè era molto, ma molto bello. Il giovane mi guardò attentamente e sorrise, poi mi rispose: " No stia tranquilla non sono venuto di certo a sgridarla o cose simili, ma lo vista allontanarsi dalla festa con un aria strana e ho pensato che stesse male. Vogliate perdonarmi non volevo essere invadente...". Mentre parlava mi sembrava di guardare una telenovela, in cui il protagonista, un gran pezzo di ragazzo parla con un lessico di altri tempi e la sua eleganza e dolcezza cattura la classica fanciulla per bene e benestante. Non potevo fare a meno di pensare a questo anche perchè oltre al fatto di come mi avesse parlato, la sua voce era entusiasmante, calda e seducente. "Non vi preoccupate, mi sono allontanata dalla festa perchè mi sono fatta trasportare dalla bellezza del posto", risposi io guardandolo con occhi a calamita. "Se mi permettete dissentisco solo per questa sera della bellezza di questo posto, almeno finchè ci sarete voi alla festa...", rispose il ragazzo. Rimasi entusiasta della risposta e arrosii. Poi dopo averlo guardato attentamente negli occhi dissi: "siete gentile, ma posso sapere come vi chiamate?". "Certo, mi chiamo Tamir James Ayed". "Avete un bel nome, ma come mai avete un secondo nome inglese se posso chiederlo?". "Mia madre è egiziana, mio padre invece è inglese e hanno voluto mettermi un secondo nome che ricordasse la mia famiglia inglese". "Avete un bel nome, piacere di avervi conosciuto!", conclusi io timidamente. "Se non sono troppo scortese, potrei chiedervi di darci del Tu? sempre se per voi va bene...", mi chiese gentilmente Tamir. "Certo per me non è un problema, Tamir", risposi io con un dolce sorriso. "Allora, potrei chiederti di venire con me alla festa per offrirti da bere?", domandò Tamir. Il ragazzo egiziano da perfetto cavaliere mi accompagnò nella sala in cui si stava svolgendo la festa e quando arrivammo le persone erano attente a guardare un documentario sulla regina Cleopatra, siccome l'evento era stato organizzato per ricordarla. Alcune persone però non erano sedute a guardare il filmato, erano al buffet o in pista a ballare sotto le note di Bob Sinclar. La cosa era abbastanza buffa visto che c'era una festa in un museo di storia antica con l'accompagnamento musicale di uno dei più famosi Dj al mondo. Il bello di questo evento è che c'erano persone di diversa età. quando entrammo nel salone Tamir mi accompagnò vicino al tavolo del buffet e ordinò due champagne. ero emozionata, un ragazzo carino mi stava offrendo da bere, non ero di certa pronta a tutta questa serie di attenzioni da parte di un ragazzo, ma se devo essere sincera erano gradite e stimolanti. "Se posso chiedertelo, come mai sei qui ad Alessandria?", mi domandò mentre mi sporse il bicchiere di champagne. "Sono una studentessa dell'ultimo anno di Beni Culturali e partecipo a uno scavo nei pressi di Karnak insieme ad altri storici", risposi io in modo professionale. "Molto affascinante! Questa deve essere un'esperienza molto bella ed entusiasmante per te!", rispose Tamir guardandomi dritta negli occhi. "Si sono molto contenta e non vedo l'ora di andare domani sul sito dello scavo per continuare a cercare. questo per me è come un sogno che si avvera, invece tu di cosa ti occupi?", domandai io son un sorriso splendente sulle mie labbra. "Io lavoro nella Biblioteca di Alessandria, come restauratore di manufatti antichi", rispose Tamir. "Wow, davvero? Che bello! io adoro i libri per giunta se sono antichi...fai un lavoro bellissimo!!", risposi io come se fossi entusiasta e incantata da quello che mi diceva. Mentre Tamir mi stava per dare una risposta, arrivò Derek con quel suo atteggiamento da sbruffone, interrompendoci la conversazione. "Dove eri finita? ti stavo cercando...", rispose Derek guardando con uno sguardo furtivo. "Io sono andata a farmi un giro visto che tu eri impegnato con Johara", risposi io scocciata. "Con chi? va beh non importa, è il momento di parlare con la direttrice del museo per ringraziarla di questa festa", disse Derek volgendo uno sguardo minatorio a Tamir. "Perchè dovremmo ringraziarla? La festa è mica per noi, ma per Cleopatra e comunque visto che sei qui ti presento Tamir", riposi guardandolo attentamente e volgendo un sorriso al ragazzo egiziano. "Piacere di conoscerti, io sono Tamir e tu chi saresti?", domandò Tamir a Derek. "Sono Derek, piacere. Come fate a conoscervi?", domandò lui facendomi un sorriso malizioso e di sottofondo ironico. "Ci siamo conosciuti adesso a dire la verità. Ci siamo scambiati due parole prima nella -Stanza del silenzio-, ed è stata una conversazione davvero piacevole, vero Koral?", mi domandò Tamir con una certa confidenza. "Ahahah, si hai ragione, Tamir mi stava raccontando che lui lavora nella Biblioteca di Alessandria come custode dei manufatti antichi!", esclamai io entusiasta come prima. "Interessante! Ma credo che sia molto più stimolante fare il lavoro che faccio io che non il tuo! devo dire che vi siete detti un sacco di cose mentre ti stavo cercando!", disse alterato Derek. "Scusa se mi intrometto amico, ma tu chi saresti per lei scusa? Il suo cane da guardia?", controbattè Tamir mettendosi sull'attenti. La conversazione stava degenerando e non sapevo bene il motivo per cui Derek fosse nervoso e accigliato così nei miei confronti. Provai a calmare un po' le acque, dicendo: " E' il momento di andare vero Derek? Altrimenti domani allo scavo al posto di lavorare dormiamo! ahahahah...bene dai piacere di averti conosciuto Tamir!". "Il piacere è tutto mio cara, ti lascio il mio numero di telefono nel caso ti serva quelcosa o se ti fa piacere venrmi a trovare in Biblioteca durante la tua permanenza qui in Egitto!", rispose dandomi un bacio sulla mano e mentre alzò lo sguardo lo posò con aria di sfida su Derek. Io e Derek salimmo sulla sua autovettura e dopo esseremi messa la cintura domandai con fastidio a Derek perchè si fosse comportato così con Tamir alla festa. "Di cosa stai parlando?", rispose anche lui con una domanda e questo mi diede parecchio sui nervi, anche perchè sapeva alla perfezione a cosa mi stavo riferendo. "Lo sai benissimo, hai risposto male prima a me e poi a quel ragazzo", conclusi io abbassando lo sguardo. Intanto lui stava cambiando marcia e si stava guardando attorno come un cretino che non sa rispondere. "Non mi è preso nulla, mi ha dato fastisio solo come mi ha risposto lui...ora finiscila di farmi domande, che sono stanco", rispose Derek. "Non dirmi cosa devo fare, mi chiedo per quale singolare motivo stiamo battibeccando! Non devo neanche prendermela! Comunque la serata è stata particolarmente piacevole, quel ragazzo Tamir è davvero un Cavaliere!", "Non lo metto in dubbio...", sentenziò Derek. "Ecco siamo arrivati, ci vediamo domani buona notte!", rispose lui furtivamente e poi se ne andò via. Io rientrai in casa e me ne andai a dormire.

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Capitolo 5
*** Il talismano dalla pietra blu ***


Il Talismano dalla pietra blu Capitolo 5 Erano le 7.00 del mattino e io ero attiva e pronta per andare sul sito dello scavo. Alex arrivò a prendermi e dopo essermi presa tutta la mia roba la caricai sulla Jeep e ci avviammo a Karkak. Il resto della trouppe era arrivato poco prima di me ed erano tutti indaffarati a sistemare le proprie cose nelle specifiche tende. Entrai nella mia tenda e posai il mio zaino poi mi avviai all'interno del tempio. Andai nella stanza dove il giorno prima Derek, Gym e Isaac stavano cercando di entrare in quella fessura dal diametro ristretto. "Buongiorno a tutti!", dissi con un tono di voce entusiasmante. "Buongiorno Koral!", rispose con un sorriso Isaac, mentre Gym, gentile come sempre, mi rispose: "sei particolarmente luminosa questa mattina!". Io feci un sorriso smagliante e poi guardai Derek aspettando una sua risposta, ma era particolarmente sulle sue! L'unica cosa che riuscì a dirmi era: "Sei pronta per rientrare dentro la tomba?". Risposi molto professionalmente, senza far trapelare le mie vere emozioni e poco dopo essermi preparata entrai nel buco, l'unico accesso alla camera sepolcrale. Montai quattro lampade a luce potente, dal colore chiaro, ai lati della stanza in modo tale da vedere bene quello che c'era all'interno. Magicamente la luce artificiale permetteva di vedere bene anche in una camera sepolcrale di migliaia di anni fa. Con la macchina fotografica feci un milione di foto a tutto ciò che c'era. Presi dalla mia valigetta il pennello e i guanti e iniziai a pulire il sarcofago cercando di metterlo a lucido per leggere cosa vi fosse scritto. Nella parte anteriore, quella che conteneva la salma, c'erano dei grafemi scolpiti in piccolo, circondati da una linea d'oro a forma di quadrato, come se fosse un'eticchetta di un prodotto del supermercato. Puntai la torcia per far luce in quel punto e cercai di leggere i geroglifici: "Mut, Khonsu lo amarono" "Ho trovato qualcosa!", urlai io scoppiettando di gioia. "Dimmi cosa hai trovato!", urlò a tono Derek, morendo dalla curiosità. "E' possibile che abbiamo trovato la tomba di Amon-Ra, perchè sul sarcofago c'è scritto Mut, Khonsu lo amarono!", dissi io elettrizzata. "Voglio entrare anche io là dentro, aiutami a passare nel buco!", disse Derek elettrizzato. "Ma è troppo pericoloso!", risposi io insicura. "Non ti preoccupare cercherò di fare attenzione!", concluse lui. Aspettai due minuti e Derek si era già preparato per scendere nella camera sepolcrare, desideroso ed elettrizzato. Vidi sporgere le gambe di lui dal buco e gliele afferrai delicatamente aiutandolo a sciovolare. La terra del suolo si sgretolava ad ogni centimetro che si spostava, la polvere si alzava andandosi a conficcare nei miei occhi che imploravano pietà. Finalmente con assoluta attenzione Derek appoggiò i piedi sul pavimento millenario realizzato in pietra. Io appoggiai le mie mani sulle sue braccia, lo aiutai ad alzarsi, ma eravamo troppo stretti e troppo instabili e io scivolai all'indietro. Mentre cadevo Derek mi afferrò per il braccio e cadde anche lui, ma sopra di me. Ci ritrovammo tutti e due, sul pavimento polveroso di una camera sepolcrale di migliaia di anni, a guardarci dritti negli occhi. Diventai tutta rossa, non solo per il fatto che mi mancasse l'aria, ma perchè avevo Derek sopra di me che mi fissava con occhi attenti. "Stai bene?", mi chiese lui dolcemente. "Sì, sto bene, mi manca solo il respiro...", dissi io con voce fioca. "Scusami, ti sto bloccando il respiro, vieni ti aiuto ad alzarti", concluse lui. Derek con garbo mi porse la sua mano e mi aiutò ad alzarmi poi andammo sul lato del sargofago ove c'era quella scritta. Derek era emozionato aveva gli occhi lucidi. Mentre lui era rimasto incantato sul sargofago, la mia attenzione si spostò sul vaso di terracotta contenente delle lance da guerra. C'era qualcosa in quell'angolo della camera che luccicava e sembrava che mi stesse chiamando. Voltai il viso in quella direzione e posai il mio sguardo accanto al vaso, dietro di esso si scorgeva un cofanetto tutto in oro. Rimasi folgorata dalla bellezza di quell'oggetto, raffinato, elegante ma semplice. Al centro di questo c'era una placca sottile d'oro rialzata a forma di luna crescente; che abbracciava una pietra preziosa, probabilmente la Corniola di forma rotonda. Lo presi tra le mani, era leggermente pesante, con il pennello tolsi tutta la polvere e le ragnatele che lo coprivano, era meraviglioso. Per me era stata la mia scoperta, ero molto emozionata. Ero particolarmente curiosa di sapere cosa ci fosse all'interno, poteva contenere qualcsiasi cosa, da un medaglione a un diadema a perfino una pergamena. Questo cofanetto mi ricordava quello ritrovato dai due protagonisti del film "La Mummia 2- Il ritorno". Proprio per questo motivo ero ancora più emozionata del solito perchè mi stavo immaginando una serie di cose meravigliose e una domanda costante che mi passò nella mente fu: "Se l'oggetto contenente all'interno di questo cofanetto mi portasse alla scoperta di un tesoro?". Poteva, ne ero sicura o forse mi ero solo fatta fomentare da quel momento. Mi voltai verso Derek e gli dissi emozianata: "Derek, guarda cosa ho trovato. "Che cosa è?", domandò lui. "E' un cofanetto in oro, guarda quanto è bello!", risposi io con un sorriso a trentadue denti. "Chissà cosa contiene...", rispose dubbioso e incuriosito. "Proviamo ad aprirlo?", domandai io. "Va bene, facciamolo!", esclamò Derek. Provai ad aprirlo, facendo forza da ambo i lati del cofanetto, ma non riuscivo. Feci provare anche Derek, ma anche lui dopo vari minuti che provava, non ci riuscì. "Forse ci serve una chiave!", provai io ad ipotizzare qualcosa. "E' come cercare un ago in un pagliaio, la chiave può essere ovunque, non è detto che sia qui...e se non servisse la chiave?", domandò lui. "Allora come facciamo ad aprirlo?", domandaì io demoralizzata. "Non lo so, ma portiamolo fuori, nel frattempo mentre analizziamo la stanza, potremmo trovare una chiave o un qualcosa per aprirlo", concluse Derek. "D'accordo...", risposi. Appoggiai il cofanetto per terra e poi mi direzionai verso una parete per leggere i geroglifici. Iniziai da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. C'erano disegni di aquile, papiri, vasi ecc, decorati e realizzati con una perfezione che poteva fare invidia perfino ad una stampante. C'era scritto: "Nessuno dovrà leggere il nome dell'assassino sulla pagina del Libro dei Morti, se ciò si compirà l'assassino verrà ricordato. La notte oscurerà il giorno e colui che giace per Amore non troverà pace. Colui che giace nel Nilo, è protetto da colui che è ricoperto di lapislazzuli. A colui che è ricoperto di lapislazzuli, gli fu affidato dal dio che giace per Amore, l'Occhio di Thot, dal potere inesauribile. L'assassino scoperto il dono, lo rubò e lo nascose per impedire che egli usasse l'Occhio di Thot per aiutare colui che piange nel Nilo. L'anima del protettore aleggia nell'oltretomba in attesa che il tesoro donatogli faccia ritorno ai cancelli del mondo spiritico. Egli non teme, non ha paura, perchè colui che ama l'Amore gli è fedele". Mentre leggevo quei meravigliosi geroglifici, il mio cuore impazziva di felicità. Ero tanto emozionata, avrei voluto vivere nella loro epoca, per assaporare ogni meraviglia di quel tempo. I pensieri nella mia testa erano impetuosi, frizzantini e irrequieti. "Questa è senz'altro una scoperta unica!", pensai. Analizzai attentamente cosa vi fosse scritto e c'erano molte domande che in quel momento mi assillavano, anche perchè era davvero molto complicato decifrare quelle frasi; erano dei veri e propri enigmi. Allora presi la macchina fotografica e scattai tre foto a visuale ampia, in modo tale da avere una foto che rapresentasse tutta la parete contenente quel messaggio. Secondo me non erano affatto coincidenze, trovare prima il biglietto in biblioteca con gli stessi geroglifici riportati dulla parete iniziale del Tempio di Amon, poi ritrovarli nuovamente dentro una camera sepolcrale, stesse parole riportate, ma più dettagliate. Quel giorno mi ero fatta un'idea di cosa volessero dire, dopo aver riflettuto arrivai ad una conclusione. Ero certa che la tomba fosse di Amon-Ra perchè nelle ultime iscrizioni che trovai, ripetevano nuovamente che colui che è protetto da colui che ama è ricoperto di lapislazzuli. Dovete sapere che nell'antichità gli Egiziani raffiguravano Amon-Ra con i capelli realizzati in lapislazzuli, con gli occhi rossi e una corona a forma di sole. Un'altra cosa di cui ero certa è che l'Occhio di Thot potesse essere un amuleto o un diadema magico nascosto in un cofanetto come quello che trovai poco prima. La mia conclusione arrivò dopo aver letto quegli ultimi geroglifici a cui si riferivano a un tesoro donato da colui che giace per Amore a colui che è ricoperto di lapislazzuli. Se quella era la vera tomba di Amon-Ra, allora l'oggetto donatogli doveva per forza essere nella sua tomba, come buon auspicio nella terra dei morti. Nella medesima parete, però vi era un altro gruppo di geroglifici posti sotto un disegno che raffigurava Osiride accanto al dio Anubi con la bilancia che usavano per vedere se il cuore, che rappresentava l'anima, fosse più leggero di una piuma. I grafemi tradotti dicevano: "Un'offerta che il faraone Ramses fa al dio Osiride, signore di Djedu, signore di Abido, il dio grande, affinchè egli aiuti il Ka del defunto a passare nel mondo spiritico. Mille pani e birre, buoi e uccelli, alabastri e vestiti donati per il Ka del venerato dio del sole". Il mio cuore impazzì dalla gioia, questo voleva significare che avevamo trovato la vera tomba di un dio, per l'esattezza del capo di tutti gli dei del phanteon egizio. Mentre ero incantata su quella parete, chinai il volto verso terra, i miei occhi erano lucidi, mi veniva da piangere dalla troppa e forte emozione che mi avvolgeva. Ero felice, quello era il sogno di tutta una vita, finalmente ero riuscita ad avverarlo. Intanto che piangevo, vidi una cosa particolare sul pavimento, nascosta dalla sabbia. Mi asciugai le lacrime con le mani e poi con il pennello che tenevo nella tasca sulla cintola, scostai la sabbia che copriva un disegno. Esso raffigurava due occhi, simili a quelli di Horus, ma erano disegnati su due mattonelle in granito, poste in rilievo. Quel geroglifico, se composto come quello che trovai io, voleva signiface "splendore", in genere veniva letto come "vedere lo splendore di...", magari di un dio o di un faraone, quest'ultimi considerati anch'essi degli dei. Rimasi sbalordita, la mia curiosità era impetuosa e ghiotta e non resistessi ad appoggiare le mie mani su quei due tasselli in granito. Schiacciai con forza e all'improvviso la parete posta davanti a me fece uno scatto indietro per poi scorrere verso destra. Era un porta nascosta e, dietro ad essa vi era un tunnel lungo, dalla profondità sconosciuta. Rimasi eccitata e meravigliata, anche perchè avevo fatto una scoperta davvero importante. Derek si avvicinò a me con gli occhi spalancati dallo stupore. "Co...cosa è?", domandò singhiozzando. "Io..Io non lo so...", ero sconvolta, ero talmente emozionata che non sapevo neanche più parlare. Mi alzai da terra e provai ad entrare per prima, ero emozionata e quindi avanzai velocemente, dietro di me c'era Derek. Quello era un tunnel creato per collegare sicuramente un'altra stanza nascosta, che poteva servire come magazzino di scorte per l'aldilà, oppure un'altra camera sepolcrale. Ma la cosa che più mi emozionò e mi rese innoqua davanti a quella meraviglia, era sicuramente le pareti del tunnel, realizzate in blocchi di pietra, caratterizzate da mensoline poco profonde, le quali contenevano migliaia di statuette. Esse erano chiamate Ushabti, che in egiziano antico significa "quelli che rispondono", ed erano delle statue piccole che costituivano un elemento importante per il corredo funebre del defunto. Potevano essere realizzate, in legno, in granito o quelle più pregiate erano quelle realizzate con i lapislazzuli. Esse servivano al dio o al faraone nell'aldilà, quando egli poteva avere bisogno per qualche sfida. C'erano numerose Ushabti, il che voleva dire che una statuetta doveva servire il dio per un giorno intero, e così via, ovvero una stua al giorno, per ben 365 giorni all'anno, ma moltiplicate per ben 5 volte. Questo significava una sola cosa, che il dio in questo caso Amon-Ra, era davvero speciale e prezioso per avere tutti questi Ushabti, che dovevano servirlo ogni giorno per almeno cinque anni, apprositivamente, il che significa che potrebbero essercene 1825. Questa è stata una mia deduzione a prima vista, ma sicuramente c'erano molte, ma molte di più. Avanzai a passo felpato e lento, dovevo essere attenta perchè gli egiziani erano soliti a nascondere delle trappole pericolose, per coloro che volevano rubare le tombe. Derek era incredulo, ma eccitato prese nelle sue mani uno Ushabti esso era fatto di lapislazzuli. Era davvero molto bello e decise di metterselo nella sua borsa a tracolla per farlo vedere agli altri colleghi dello scavo. In quel momento sentimmo Isaac e Gym chiamarci per chiederci come stavamo e se avessimo scoperto qualcosa di nuovo. Derek rispose che io avevo trovato un tunnel nascosto dietro una parete. Proseguimmo, ma il corridoio era lungo e scendeva sempre di più in profondità Mi mancava l'aria ed era molto pericoloso procedere senza le giuste precauzioni. Allora decidemmo di tornare nella camera sepolcrale. Una volta rientrati, iniziai a parlare a Derek, dicendo che questa cosa era davvero incredibile. Consigliai a Derek di guardarsi attorno, in modo tale da poter scoprire nuove cose, magari simile a quello che avevo scoperto, perchè ero certa che ci fossero ancora tante cose da scoprire. Mi voltai di nuovo sulla parete che aveva aperto un'accesso al tunnel e scattai una foto. Poi andai verso il sarcofago e mi misi a leggere quello che c'era scritto su di esso. Dopo qualche minuto, mi girai verso Derek e gli dissi che avevo finito di decifrare il sarcofago e gli spiegai le mie impressioni e soprattutto le mie ipotesi. "Derek, abbiamo trovato la tomba di Amon-Ra", dissi convinta. "Potresti avere ragione, anzi avevi ragione fin da subito...questa è la tomba di Amon-Ra", mi disse lui guardandomi negli occhi. Il suo sguardo era come se mi volesse chiedere scusa per non aver creduto in me quando dissi la prima volta che quella poteva essere la Tomba di Amon-Ra. "Grazie", conclusi io serena. "Dimmi cosa hai trovato...", chiese lui dolcemente. "Sul sargofago c'è scritto Mut e Khonsu lo amarono; sappiamo tutti e due che Mut era la sposa di Amon-ra e Khonsu era il figlio. Poi sulla parete da questa parte c'è un intero messaggio che potrebbe essere un vero e proprio enigma, da decifrare con attenzione e pazienza, ma potrei dirti già due cose che mi sembra di aver capito. Sono certa che sia la tomba di Amon-Ra perchè nelle iscrizioni di questa parete dicono che la sua anima aleggia nel mondo spiritico, identiche parole trovate sulla parete dietro di te che dicono che il Ba e il Ka non sono stati divorati dalla divinità infernale Am-eh. Deduco che l'unico che può salvarsi da Am-eh sia proprio Amon-Ra. Lui era il dio del sole e di tutti gli dei, quindi aveva un potere inesauribile. L'ultima certezza che ho e che conferma che qui nel sarcofago c'è il dio Amon è che spesso gli egiziani raffiguravano lui ricoperto di lapislazzuli, dal colore blu intenso. Questo spiegherebbe il fatto che in questo messaggio ci sia scritto "Colui che è ricoperto di lapislazzuli"; spiegai avvicinandomi a Derek. Lui rimase in silenzio ad ascoltare quello che gli stavo spiegando, era incuriosito e attento. I suoi occhi erano incollati sul mio volto e percepivo dell'emozione dentro di lui. "Io..io non posso crederci abbiamo scoperto la tomba di Amon-Ra! Non avrei mai pensato che fosse piccola e del tutto anonima, anche perchè stiamo parlando di un dio! Ma la cosa che mi chiedo è se gli dei venivano raffigurati mezzi uomini e mezzi animali, cosa potremmo trovare qui dentro nel sarcofago? Non dobbiamo neanche escludere il fatto che abbiano preso un uomo qualsiasi, all'epoca stimato dalla società e considerato come un dio, oppure potrebbero aver architettato tutto, sapendo loro che gli dei non esistevano fisicamente, potrebbero aver fatto credere alle persone che qui dentro ci fosse la salma di una divinità vera e propria...", dedusse Derek. "Trovo impossibile che un dio sia fisicamente vero, anche perchè non hanno mai costruito tombe rivolte alle divinità, ma solo per i faraoni. Agli dei costruivano i Templi, per onorarli o i santuari, ma ora che abbiamo scoperto anche gli Ushabti, mette tutto in chiaro, sicuramente qui c'è Amon-Ra..e poi chissà dove può portare il tunnel..", dissi io pensierosa. "Appunto, questo non riesco a comprenderlo neanche io, proviamo a vedere chi c'è dentro il sargofago? Così ci togliamo ogni dubbio", domandò Derek. "Non dovremmo prima finire di decifrare le pareti per evitare brutte sorprese?" risposi dubbiosa. "Hai percaso paura?", domandò Derek. "Assolutamente no! Ma volevo capire meglio a cosa il messaggio si riferisce...e poi abbiamo trovato anche il cofanetto, sarebbe bello tovare prima una chiave e poi pensare al sarcofago...", consigliai. "Va bene prima apriamo il cofanetto, ma dopo il sarcofago..anche se non capisco cosa cambia..", concluse lui. "Non cambia nulla, solo il fatto che mi sento superstiziosa....! dai vediamo di aprirlo...", risposi io. Presi il cofanetto da terra e lo appogiai sul sarcofago, provai ad individuare una fessura che potesse essere aperta da una chiave, ma non vi era nulla di tutto ciò. Presi il pennello e pulii con accuratezza, vidi che al di sopra della luna c'era una parola. Quando lo vidi per la prima volta, non ci avevo fatto caso, anche perchè avevo dato solamente una spolverata al cofanetto e non mi ero messa con precisione a scansionarlo. Quella scrittura incisa sull'oro era molto particolare e strana. Simile alla scrittura Araba attuale. Capii che era la scrittura egiziana antica, riservata solo a pochi membri della corte reale, quindi poteva essere uno scriba, un faraone, una principessa o un sacerdote. Chiesi a Derek se conoscesse la scrittura, per avere conferma della mia ipotesi. Derek rispose di si, entrambi avevamo ragione, avevo una certa dimestichezza nella lingue e mi ricordavo come leggere questo tipo di scrittura. Provai a leggere... "Hadiat almasir", pronunciai. Guardai dritto negli occhi Derek, ero contenta e molto emozionata. In quel preciso momento quando le mie labbra finirono di dire la parola scritta sul cofanetto, esso si aprì. La polvere incastonata per migliaia di anni nelle fessure dell'oggetto sfiatò. Il coperchio rimase leggermente sollevato. Il battito del mio cuore poteva essere sentito anche in tutto il tempio di Amon, insieme a quello di Derek. "O mio Dio..l'hai aperto! Non serviva una chiave!", disse Derek entusiasmato. Poi aggiunse: "Era una parola magica, ti rendi conto di cosa abbiamo scoperto?". "La prola chiave per aprire il cofanetto è - Il dono del Destino-", spiegai a Derek. Ero emozionata e un po' stordita, poi aggiunsi: "Wow non riesco a crederci! Ora vediamo cosa contiene!", consigliai. Diedi l'onore a Derek di aprirlo per primo e con mani tremolanti, afferrò la parte superiore del cofanetto e lo aprì. Io mi avvicinai a lui, mettendo quasi il mio naso sul suo braccio. I nostri occhi erano meravigliati da quello che trovammo quel giorno. Ancora oggi penso che sia uno dei reperti più belli che trovammo nella nostrea lunga avventura al tempio di Amon. Tornando a noi, all'interno del cofanetto antico c'era un Talismano. Esso era in oro, rappresentava due mezze lune poste una sopral'altra e al centro una pietra preziosa, dal colore blu come l'oceano. Il cordino era fatto in oro lungo e sottile, era particolarmente delicato. Poteva essere il famoso Occhio di Thot?

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Capitolo 6
*** Il bacio curativo ***


Il bacio curativo Capitolo 6 Pochi secondi dopo che osservammo il talismano, la terra iniziò a tremare. La scossa era molto forte e io mi spaventai parecchio, tanto chè mi attaccai al braccio di Derek impietrita. Derek era spaventato, ma riuscì a dirmi di uscire dalla camera sepolcrale e ci avviammo di corsa verso la fessura. In quel preciso momento mentre stavo mettendo la testa dentro il buco e, mentre Gym e Isaac ci stavano chiamando, urlandoci di uscire al più presto, la parete contenente l'unica via di uscita crollò. Io e Derek cademmo a terra, sommersi di polvere e terra, tossimmo forte e ci dimenammo per scansare i massi che cadevano. Dopo pochi minuti tutto tornò calmo e silenzioso. Io mi ritrovai per terra, con la testa rivolta il sarcogago, Derek invece era coricato sopra di me che mi copriva il volto con le sue forti e grandi braccia. Quando tutto tornò alla normalità aprimmo gli occhi, eravamo di nuovo uno sopra l'altra a guardarci negli occhi, ma sta volta terrorizzati. Ci alzammo per guardarci intorno. L'intera parete da cui potevamo uscire era bloccata dai massi, il resto come per miracolo era rimasto intatto. Provai a urlare dieci o undici volte con la speranza che Isaac e Gym ci sentissero, ma purtroppo la parete era molto spessa e il suono non riusciva a passare oltre. Derek si avvicinò a me, mi chiese se stessi bene, ma io iniziai ad agitarmi. Il respiro si fece più incalzante, la mani iniziarono a sudare e piano piano l'ansia mi sovrastò. Le mie gambe tremavano, e iniziai a piangere. Derek cercò di tranquillizzarmi dicendomi che ci avrebbero salvato. Ma la mia testa ormai aveva staccato la spina, qualsiasi cosa dicesse, per me non aveva alcuna importanza. "Non voglio morire qui dentro, vi prego tirateci fuori!", urlaì angosciata. Mi sentii svenire, mi mancava l'aria era una delle mie più grandi paure rimanere intrappolata e nella peggior dei casi schiacciata. "Koral, ti prego sta calma, ci tireranno fuori di qui vedrai...ora siediti, prendi un po' d'acqua...", mi rassicurò. Dopo aver bevuto dell'acqua dalla sua boccetta, ci fu un attimo di silenzio. Ma poi L'ansia tornò a divorarmi. Derek era traumatizzato, era preoccupato come me di rimanere rinchiusi per chissà quanto tempo li dentro e poi era dispiaciuto nel vedermi in quello stato. Singhiozzai. Deglutii a fatica. Sighiozzai. Poi lui mi baciò. In quel lasso di tempo, quando le sue labbra umide e carnose toccarono le mie, non capii più nulla. "Che diavolo sta facendo?", pensai, ma poi mentre mi baciava con più ardore, sentii la mia ansia svanire nel Nulla. Il mio attacco di panico si placò lasciando una sensazione vivida dentro me stessa. Le sue mani toccavano il mio viso, tenedolo attaccato al suo, per paura che mi staccassi. Io mi sciolsi, lo baciai profondamente, abbracciandolo e toccandolo. Finalmente potevo toccare senza timore le sue braccia muscolose e calde. La mia mente riprese conoscenza e pensai a quanto fossi stata maligna quel primo giorno quando lo incontrai. "L'apparenza inganna", mi ripetei constantemente. Un'altro pensiero che mi affiorò, ma del tutto personale, intimo e fragile fu: "E' dolce, non l'avrei mai detto...". La mia mente era rapita dalle sue labbra, che con dolcezza toccavano le mie. Era dolce, delicato, ma avvolgente, mi aveva catturato completamente. Il bacio era dato al momento giusto, per me era l'unica certezza da farmi sentire viva. Sapevo che quel bacio sarebbe stato solo un pretesto per calmarmi. Non avrei mai pensato di andare in Egitto per trovarmi un fidanzato, volevo solo fare l'archeologa. Ma il destino quel giorno aveva in serbo per me anche l'amore, chissà. In quel preciso momento, qualcosa cambiò l'atmosfera romantica sull'orlo della catastrofe. Isaac e Gym, avevano scavato per tiraci fuori e si era aperto uno spiraglio di luce da cui potevamo sentire la loro voce che ci diceva di non preoccuparci che ci avrebbero salvati. Ero un po' frastornata sia dal bacio che dall'intera situazione, le nostre labbra si staccarono e Derek si avvicinò al buco per dire che stavamo bene. "Che cosa'era quello?", chiesi timidamente. "Quello cosa?", rispose con una domanda Derek. "Il bacio...", conclusi. "Beh..eri nel panico più totale, non sapevo cosa fare e mi sono sentito di baciarti...", spiegò con un velo di imbarazzo. "Per te è stato solo quello?", domandai. "Certo che no...voglio dire si..volevo aiutarti...", rispose confuso. "...Beh ci sei riuscito, ora come puoi vedere sono calma...", conclusi il discorso. Terminato quella conversazione del tutto imbarazzante, aspettammo con pazienza il soccorso dei nostri colleghi e ci sedemmo uno di fronte all'altra. Visto che di tempo ne avevamo a disposizione e visto che si era creato un silenzio che mi faceva venire un nodo nello stomaco, provai a conoscerlo meglio. Domandai a Derek cosa stesse facendo quel giorno quando lo incontrai per la prima volta a Laguna Blu, davanti alla mia università e inoltre quale fosse il motivo per cui era venuto qui in Egitto a fare l'archeologo. Lui mi guardò con quello sguardo un po' misterioso e poi mi rispose che aveva frequento l'università dei Beni Culturali e dopo la sua laurea in acheologia, propose a suo padre l'iniziativa di fare una spedizione in Egitto alla ricerca del tesoro perduto di Amon-Ra. Io rimasi affascinata da come mi spiegava le cose, era particolarmente loquace ed emanava una certa passione. Risposi che non avrei mai pensato che lui potesse aver fatto la mia stesa università e che quel giorno mi ero fatta sicuramente un'idea sbagliata siu di lui. Derek apprezzò la mia onestà nel dirgli quello che realmente pensavo e che mi fossi resa conto di aver sbagliato e successivamente ricreduta su di lui. Derek per sdramattizzare un po' la situazione mi disse: "non si giudica mai un libro dalla copertina". Sorrisi. Aveva ragione, ma chissà per quale motivo quel giorno lui si era comportato così da farmi pensare che fosse realmente un Tale arrogante e sfrontato. Dopo qualche secondo di silenzio, chiesi curiosa: "Non ti ho mai visto all'università...in tutti questi anni. Sei più grande di me di un anno vero?". "Si ho 25 anni...beh non so come mai non ci siamo mai visti...", rispose. "Destino della vita....suppongo...", conclusi. "Già, e tu perchè hai scelto di venire qui?", domandò con interesse. "Beh io amo la civiltà egiziana, e il Direttore del mio ateneo è stato gentile nel propormi questa iniziativa e ho deciso di accettarla al volo...", spiegai con pacatezza. "Anche io sono amante di questa civiltà, è sempre stato un mio sogno, devo tutto questo anche grazie a mio padre che ha contribuito al finanziamento...", spiegò Derek. "Posso chiederti chi è tuo padre?", domandai con attesa. "Ehm...mio padre è il Direttore Benjamin Whrite!", rispose schiettamente. "Cosa?? Tuo padre è il Direttore dell'università?", ero sbalordita. "Sì...senti Koral ho da confessarti una cosa...", disse con un tono di voce basso. "Dimmi...", risposi. "Vedi non sono stato del tutto sincero con te! Io ti conoscevo già, da quasi due anni. Ti vidi per la prima volta in Biblioteca, accanto alla finestra colorata a mosaico, quella dove ti siedi spesso. Mi sono sempre chiesto cosa leggessi sempre, eri talmente attenta e catturata da quei libri, che avrei voluto essere uno di loro per essere guardato come tu guardavi loro; con interesse. Tu non mi hai mai visto, ma io dopo quel giorno ti vidi spesso e, dopo la mia laurea chiesi a mio padre di organizzare un progetto per gli studenti nella speranza che scegliesse te come studente. Poi dopo vari mesi senza entrare all'università, ti rividi quel giorno accanto alla tua macchina e così chiesi a mio padre se poteva scegliere te per questo progetto. La cosa fu semplice perchè in ogni caso mio padre avrebbe scelto te, visto i tuoi risultati ottenuti negli esami...", spiegò sinceramente quello che voleva dirmi. "Tu cosa?? Io non capisco, come hai potuto nascondermi una cosa del genere? Perchè non me l'hai detto quando mi hai vista arrivare?", domandai esterrefatta. "Ma come potevo? Mi hai persino fatto capire che pensavi che io fossi uno sbruffone arrogante e dopo questo come avrei potuto dirtelo? Comunque non farla tanta grossa, te lo sto dicendo ora...non è la fine del mondo...", concluse Derek. All'improvviso ecco che dalla parete franata, i massi si spostarono in fretta, lasciando un passaggio. Isaac e Gym avevano lavorato sodo per liberare il muro dalle macerie. Sobbalzai dallo spavento, mi rialzai con velocità per avvicinarmi alla via d'uscita. Guardai Derek e gli dissi che avremmo continuato il discorso da soli in un altro momento. Derek mi afferrò il braccio e mi disse: "tieni, prendilo tu il cofanetto", come se volesse chiedermi scusa per avermi nascosto quella cosa. "Grazie, sta sera gli darò un'occhiata", risposi contenta.

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