A Midsummer Night

di Lisachan93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lost ***
Capitolo 2: *** Friends ***
Capitolo 3: *** Bonfire and Secrets ***
Capitolo 4: *** Disquiet ***
Capitolo 5: *** It was always you ***
Capitolo 6: *** Found (After a Nightmare) ***
Capitolo 7: *** A Midsummer Day ***



Capitolo 1
*** Lost ***


LOST


“Perduti”. Questa fu la prima parola che mi venne in mente quando mi ritrovai nel mezzo del nulla insieme a Peter. Era passata più di un’ora da quando avevamo perso di vista James e gli altri e tutto per colpa della testardaggine di James; e c'era da dire che il Lee State Wood non era esattamente il genere di posto in cui perdersi, specialmente se in compagnia di Mr. Tenebra.
Arrivati a un bivio, James aveva suggerito di dividerci per esplorare entrambe i sentieri e scoprire quale dei due avrebbe condotto al fiume Lynches. Io non ero molto d’accordo. Da lì a poco avrebbe fatto buio e si mormorava che il Lee State Wood di notte fosse alquanto inquietante. Ma come tutti sanno, le cose inquietanti non fanno che attirare l'attenzione della squadra di basket del liceo e delle rispettive fidanzate cheerleaders, entrambi i team alla costante ricerca di fama e gloria. E fu così che al solito James si mostrò irremovibile nelle sue posizioni semisuicide e alla fine avevo dovuto cedere. Samara sarebbe dovuta venire con me e Peter, ma poi aveva piagnucolato che non voleva perdersi in "quel bosco brutto e terribile” lontano dal suo James e, a dimostrazione di quanto aveva appena detto, gli si appiccicò addosso come una piovra. Da un lato le fui grata del fatto che non si fosse unita al nostro gruppo, almeno così non avrei dovuto sorbirmi i suoi continui piagnistei.
D’altro canto, sebbene Peter fosse un tipo molto sulle sue e a tratti persino inquietante, mi fu abbastanza d’aiuto, anche se non emise un fiato per tutto il tragitto. Si limitava ad indicare un punto tra gli alberi in cui poter facilmente passare e io lo seguivo. Allo stesso modo faceva lui con me quando trovavo uno spiraglio accessibile tra i rovi. Era andata così per circa un’ora, dopodiché gli avevo annunciato che l’esplorazione poteva bastare, visto che il sentiero non conduceva chiaramente da nessuna parte, e che potevamo tornare al punto di incontro stabilito con James. Il sole era tramontanto già da un pezzo e la luna aveva appena fatto capolino tra i fitti rami degli alberi. Lui fece spallucce e si limitò a girare i tacchi, prendendo la direzione opposta. Tuttavia, il mio senso dell’orientamento non si dimostrò il massimo e a quanto pare neanche quello di Peter, perché quando gli chiesi se avesse idea di come tornare indietro mi rispose di non ricordarselo; per di più, era da venti minuti buoni che ci sembrava di girare in tondo. Insomma, per farla breve non riuscimmo a ritrovare la strada del ritorno e non avevamo lasciato dietro di noi nessuna traccia tangibile per ritrovare il percorso giusto. A farci da guida c’era solo la luce delle nostre torce, della luna e della tempesta di stelle nel cielo. «Bella merda», pensai ad alta voce, ma Peter sembrò non sentirmi.
Per fortuna avevamo con noi una tenda da campeggio, del cibo e acqua in gran quantità, in caso ci fossimo ritrovati proprio in situazioni simili. Situazioni di cui avrei voluto non si fossero mai creati i presupposti, ma ormai era fatta. “Male, molto male”, fu la seconda cosa che pensai, ma questa volta tenni il pensiero per me.
«Magari non vedendoci arrivare verranno a cercarci», dissi speranzosa a Peter, ma fu più o meno come parlare al muro, perché lui era occupato a guardarsi intorno con aria inquisitoria. Mi chiesi cosa avesse in mente e cosa diavolo stesse osservando. Lo vidi chinarsi e sondare il terreno con il palmo della mano. “Certo che è strano forte!”, pensai e mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Leggendomi nel pensiero, mi rispose: «Scusami Jennifer, ti stavo ascoltando e spero anch’io che capiscano che ci siamo persi. James è in gamba, non vedendoci arrivare all’ora prestabilita si chiederà per certo che fine abbiamo fatto. Ad ogni modo, credo che l’unica soluzione per ora sia accamparci qui ed evitare di proseguire alla cieca, anche perché non è più sicuro. Questo posto sembra adatto a piantarci una tenda, il suolo è abbastanza malleabile da fissarci i chiodi, ma sufficientemente duro da non affossarci. In pratica, è perfetto», concluse con un sorriso, fissandomi diritto negli occhi.
Io restai a bocca aperta. Non sapevo se essere più sconvolta del fatto che ne sapesse così tanto di campeggio, che sapesse sorridere o che avesse appena fatto quello che probabilmente era stato il discorso più lungo della sua vita. Mi limitai ad annuire come un’ebete e rimasi in piedi a fissarlo. Probabilmente questa cosa lo mise a disagio, perché distolse lo sguardo e fece una breve risata grattandosi il capo. «Be’, visto che siamo entrambi d’accordo, passami lo zaino e mettiamoci al lavoro», disse, chiaramente in imbarazzo.
Per un attimo avevo completamente dimenticato di avere zaino con la tenda. Al momento della separazione dal gruppo di James, Peter si era offerto di portare lo zaino con cibo e acqua, che era molto pesante, quindi io avevo preso l’altro. Glielo passai subito e mi accovacciai accanto a lui.

Non fu molto difficile montare la tenda e in poco meno di mezz’ora era già pronta. Peter sembrava sapere bene cosa fare, tanto che mi ero semplicemente limitata ad eseguire i suoi ordini mentre la tiravamo su; poi cercammo dei rametti per accendere un piccolo fuoco. La notte era calda e non avevamo bisogno di metterci a cucinare visto che nello zaino avevamo cibi già pronti, ma pensammo che un fuoco potesse tenere lontani gli animali notturni e che il fumo avrebbe potuto attirare l’attenzione dei nostri compagni. Accendere il fuoco si dimostrò un’impresa un po’ più ardua visto che la notte era umida e afosa e per di più avevamo a disposizione solo un accendino e qualche fazzoletto di carta, ma alla fine riuscimmo ad ottenere un discreto falò. Dopodiché presi una stuoia dallo zaino e la distesi al suolo, non molto distante dal fuoco, poi mi ci sedetti sopra. Non ne avevo un’altra anche per Peter, per cui immaginai dovessi condividerla con lui. Lo cercai con lo sguardo e lo vidi seduto ai piedi di un albero sulla giacca a vento che fino a poco prima teneva stretta in vita.
«Non sporcarti la giacca», gli dissi, «qui sopra c’è abbastanza spazio per entrambi», e gli indicai la mia stuoia.
«Non preoccuparti, domani la metto in lavatrice», replicò Peter e dal suo tono intuii che non avesse altro da aggiungere.

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Capitolo 2
*** Friends ***


FRIENDS


Restammo in silenzio per un bel po’, ognuno assorto nei suoi pensieri. Lo osservai di sottecchi mentre fissava lo sguardo al cielo; la luce della luna gli illuminava il volto ed ebbi così modo di notare le somiglianze con suo fratello maggiore Adam, il ragazzo di cui io ero irrimediabilmente e perdutamente innamorata da ormai un anno.
Adam era all’ultimo anno di liceo, mentre Peter frequentava gran parte delle mie lezioni. Avevano entrambi i capelli biondo cenere perennemente scompigliati, ma mentre Adam aveva gli occhi di un blu intenso che ricordava il colore del lapislazzuli, Peter aveva gli occhi verde smeraldo, più brillanti in confronto a quelli tersi del fratello, e i suoi lineamenti erano più delicati rispetto alla mascella marcata dell’altro. In verità, se non fosse stato per gli occhi e per qualche altro piccolo dettaglio, li si sarebbe potuti scambiare tranquillamente per gemelli.
Il cuore mi balzò in gola quando il giorno prima, nella mensa della scuola, Samara si sedette al nostro tavolo esordendo che alla gita in montagna avrebbe partecipato anche Jones.
«Adam Jones?», chiese Audrey con un cipiglio, dando voce allo stupore generale. Io quasi mi strozzai col mio succo di frutta. “Non può essere”, pensai e trattenni inconsciamente il fiato. Adam che prendeva parte a una gita in montagna non era poi un’idea così strana, dal momento che era forse il ragazzo più in gamba e popolare alla Clayton High School, ma che ci andasse insieme a un gruppo di ragazzi più piccoli, sebbene solo di un anno, sembrava decisamente improbabile.
«Certo che no», rispose infatti Samara, guardando Audrey come se avesse appena detto la cosa più stupida del mondo. «Sto parlando di Peter!».
Ripresi istantaneamente a respirare e fu come se il tempo ritornasse a scorrere di nuovo. “Ma certo”, pensai sarcastica, “Ovvio che sta parlando di Peter!”. Anche se forse così ovvio non era.
Peter era l’esatto contrario di suo fratello maggiore: taciturno, schivo e con un’aria costantemente cupa che delle volte trasudava anche una certa superiorità, e questo suo atteggiamento distaccato gli era costato l’appellativo di Mr. Tenebra alla Clayton. Il fatto che tentasse di socializzare con qualcuno partecipando a una gita era a dir poco assurdo. In ogni caso, la delusione sul mio volto fu abbastanza palese, tanto da attirare l'attenzione di Audrey che sghignazzò:
«Oh-oh. Qualcuno qui sembra triste».
Helena, che era seduto accanto a me, si girò subito dalla mia parte.
«Oh, Jenny! Non fare quella faccia», esclamò la mia migliore amica, tentando di consolarmi. «Forse Peter non è poi così male come dicono, no? Forse è persino più fico del fratello. Vedrai che sarà divertente», aggiunse con un sorriso ammaliante la mia amica dalla pelle del colore dell’ebano. “Già, come no”, pensai io sconfortata, ma tentai comunque di abbozzarle un sorriso. In fondo cercava solo di non farmi pensare a quanto facesse schifo la mia vita da quando mi ero innamorata di un tipo che non mi avrebbe mai e poi mai rivolto la parola. E poi, come se non bastasse, Helena aveva un pranzo dai nonni quel sabato, per cui non avrebbe preso parte alla spedizione e la cosa non fece che peggiore il mio umore. Senza di lei sarebbe stato un disastro, ne ero certa.
«Con Mr. Tenebra alle calcagna ci divertiremo di sicuro un mondo!», esclamò Samara con finto entusiasmo, dando voce ai miei pensieri e scatenando l’ilarità generale. «E ovviamente la brillante idea di invitarlo è venuta al mio splendido ragazzo», disse acida a James non appena anche lui si unì al nostro tavolo.
James era un ragazzo di gran cuore, anche se orgoglioso e cocciuto come non mai, e in molti si chiedevano come facesse a sopportare una come Samara. Lei era una brava ragazza, ma in molte occasioni, tavolta inopportune, aveva sfoggiato la sua peggiore ottusità da gallina svampita, provocando l’imbarazzo o il sorriso generale, a seconda delle situazioni. Non era una cattiva compagnia, ma poteva decisamente applicarsi di più quando doveva relazionarsi ai fatti e alle persone. Avevo il sospetto che James stesse insieme a lei proprio per questo, che intravedesse in lei la speranza di poter essere una persona migliore.
«Non è così male come pensi, sai? Per me dovreste dargli una chance», disse James dapprima rivolto alla sua ragazza e poi al resto del tavolo. Vidi Audrey fare spallucce, come se l’argomento non le interessasse granché. Finché poteva andarci con Samara per lei era tutto okay. Lei e Samara erano come sorelle e si erano conosciute praticamente nella culla, un po’ come me e Helena ma in versione 2.0.
​I
o e Helena ci eravamo incontrate per la prima volta all’età di 9 anni, quando lei e la sua numerosa famiglia si trasferirono nel mio stesso isolato, a poche case di distanza dalla mia. Non appena ci incontrammo diventammo amiche per la pelle. Helena aveva tre fratelli e una sorella e in quanto a età lei era quella nel mezzo. Da figlia unica mi ero sempre chiesta come fosse avere così tanti fratelli. Immaginavo dovesse essere un caos e che i litigi fossero all’ordine del giorno (la stessa Helena me lo aveva confermato), ma quando trascorrevo i pomeriggi a casa sua avevo potuto notare come anche i diverbi unissero la famiglia ancora di più e creassero una complicità che io difficilmente avrei potuto capire.
Ad ogni modo, mi dispiaceva da matti che non sarebbe stata dei nostri all'escursione e l’idea che al suo posto si fosse aggiunto Peter rese la cosa se possibile ancora più sgradevole. Ma non ebbi la forza di controbattere. L'aspettativa disillusa di poter trascorrere del tempo insieme a Adam in un posto che non fosse la Clayton mi aveva buttato giù irrimediabilmente. Questione del Jones sbagliato...

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Capitolo 3
*** Bonfire and Secrets ***


BONFIRE AND SECRETS


«Jennifer, sei ancora sul pianeta Terra?».
Una voce poco familiare cercò di riscuotermi dai pensieri. Mi accorsi che Peter stava agitando le braccia per attirare la mia attenzione mentre, accovacciato accanto al falò, cercava di alimentarlo con i rametti che avevamo raccolto poco prima in un cumulo al lato della tenda. Di James, Samara e Audrey ancora nessuna traccia.

«Oh, perdonami Peter. Quando rifletto mi disconnetto dalla realtà», mi giustificai, quasi dispiaciuta per averlo fatto preoccupare. Perché era preoccupazione quella che intravedevo sul suo volto, o mi sbagliavo?
«Tranquilla, capita spesso anche a me. Ma questo lo avete notato tutti, credo», disse con un sorriso e non potei fare a meno di notare una punta di amarezza nella sua voce mentre prendeva in giro se stesso. Io gli sorrisi di rimando, ma in tutto onestà non seppi cosa rispondere, perché quello che aveva detto era terribilmente vero, anche se nessuno aveva il coraggio di dirglielo a meno che non avesse la precisione intenzione di ferirlo. Ancora una volta quella sera mi lesse nel pensiero e disse:
«Hey, so di non avere una bella reputazione alla Clayton. Com’è che mi chiamate, Mr. Tenebra?», chiese, dopodiché proruppe in una risata fragorosa e genuina. Io non sapevo se essere scioccata per quell’improvvisa e bizzarra reazione o in imbarazzo perché lui era a conoscenza del nomignolo che i suoi compagni di scuola gli avevano affibbiato.

«Tu sei pazzo», fu la cosa più spontanea che mi sentii di dire, ma me ne pentii quasi all’istante, portandomi istintivamente le mani alla bocca. “Quanto sei deficiente, Jenny. Gran bella mossa davvero…”, mi rimproverai. Lui però rise ancora di più, mostrando di non essere per niente offeso, e poi venne a sedersi accanto a me.
«Sì, be’… diciamo che di tanto in tanto è quello che penso anch’io», mi disse strizzando un occhio. “Oh, confortante!”, pensai, ma non potei fare a meno di rilassarmi un poco e sorridere di nuovo di fronte alla sua spontaneità. Chi avrebbe mai detto che un giorno io e Peter Jones ci saremmo ritrovati nel Lee State Wood a ridere e scherzare come buoni amici? Sarebbe stato più probabile se mi avessero presa come protagonista femminile nel prossimo film di Star Wars - e dire che sono una pessima attrice è un eufemismo -, eppure due amici spensierati era esattamente quello che qualcuno avrebbe visto se ci avessero ritrovati in quell'istante.
«Dimmi, Smith. Hai ancora una cotta per mio fratello?», mi chiese con un sorrisetto malizioso. Io lo fissai, sgranando gli occhi. Come diavolo faceva a saperlo?
«Dai, tutta la scuola sa che muori per lui. Dovresti vedere come lo guardi nei corridoi», rincarò la dose sogghignando, ma non c’era malizia nel suo tono. Mi stava prendendo in giro, ma in un modo quasi affettuoso che trasudava una certa complicità, come se capisse esattamente quello che provavo per suo fratello. Del resto non ero molto sorpresa del fatto che potessi essere un libro aperto anche per uno come Mr. Tenebra e immaginavo che prima o poi qualcuno lo avrebbe notato. Forse non tutta la scuola, ma a quanto pare la mia condizione era più grave di quanto pensassi.
«Ma sei fortunata», aggiunse Peter, «perché mio fratello sembra l’unico a non essersene accorto, quindi a meno che qualcuno della sua combriccola non gliel’abbia detto tu sei salva. Sai, non si direbbe, ma lui è un po’ lento negli affari di cuore», concluse a rassicurarmi e mi strizzò l’occhio ancora una volta.
«Non ho una cotta per lui», dissi io sulla difensiva. «È che lo trovo gentile e... carino, tutto qui», e mi sentii le guance in fiamme mentre confessavo quelle cose a Peter.
«Solo questo, Smith?», fece lui con una risatina. «Però hai ragione, mio fratello è una leggenda. Davvero non capisco perché non abbia ancora una ragazza».
Mi accorsi che gli luccicavano gli occhi quando parlava di Adam.
«Devi avere un gran stima di lui, per come ne parli», gli dissi.
«Oh, sì. Da quando nostra madre è scomparsa, lui e nonna May sono di quanto più caro ho al mondo, molto più di nostro padre».
La signora Jones passò a miglior vita quando Adam aveva solo 9 anni e Peter 7 e mezzo. I fratelli erano rimasti sotto la tutela del signor Jones, ma siccome questi era spesso fuori per motivi di lavoro, talvolta anche per giorni interi, in tribunale fu stabilito che parte dell’affidamento sarebbe spettato anche alla madre della signora Jones, ovvero “nonna May”, vedova del marito ormai da molti anni. Nonna May non poté esserne più felice: stravedeva in modo quasi ossessivo per i suoi due nipoti.
«Io non sono come lui», aggiunse poco dopo Peter. «Io preferisco evitare i miei problemi anziché affrontarli. Ecco perché a scuola è Adam quello ad essere popolare tra noi due. Io sarò sempre e solo Mr. Tenebra», concluse con un sorriso acerbo.
Mi sentii parecchio in colpa sentendolo parlare così. Perdere una madre non doveva essere stato semplice, eppure non tutti pensavano a come i due fratelli potessero sentirsi al riguardo. Il fatto è che Adam e Peter avevano semplicemente affrontato la situazione in maniera differente, ecco perché erano venuti su con caratteri opposti.
«Ascolta, Peter», dissi io, «non tenterò di giustificare i ragazzi della scuola, ma per quello che vale, sappi che mi dispiace sul serio per il soprannome. Lo trovo davvero poco carino».
«Oh, andiamo! Non è quello che ferisce, ma l’emarginazione che ne consegue. Ammetto di non essere brillante quanto Adam, ma i ragazzi della scuola neanche immaginano come sono veramente. Il “diverso” molto spesso spaventa e si preferisce evitarlo piuttosto che affrontarlo. Un po’ come me che evito i problemi della vita. Forse alla fine è solo il karma che fa il suo corso».
Fissava il fuoco con tristezza mentre mi confessava quelle cose. Le sue parole erano dure, ma suonavano incredibilmente vere. Non potevo capire come si sentiva, questo no. Ma potevo provare a immaginarlo e intuii che non cercava compassione, ma solo una persona con cui potersi aprirsi e condividere il fardello che portava dentro.
«Scusami, comunque», aggiunse subito dopo con un’espressione mortificata. «Non so neanche perché ti stia dicendo queste cose. Perdonami se ti ho angosciata, non era mia intenzione».
Scossi la testa.
«Ma figurati», gli risposi io. «È sempre un bene parlare con qualcuno dei propri demoni. Non sentirti dispiaciuto». E gli feci un ampio sorriso a dimostrazione. «Anzi, se ti va puoi parlarmene anche a scuola. Siediti al nostro tavolo in mensa qualche volta. Del resto pare che tu e James andiate abbastanza d’accordo ultimamente».
«Uhm». Peter sembrò rifletterci bene prima di darmi una risposta. «Sì, James è un ragazzo in gamba. Mi piace. Ma non so se mi unirò a voi in mensa, grazie comunque dell’offerta», concluse, mettendo fine alla questione con un gesto della mano. Non provai ad insistere.
Ad un certo punto sentii il mio stomaco brontolare ferocemente e alla mezza risatina di Peter abbassai lo sguardo a terra e sussurrai delle scuse. Decisi che era ora di mettere qualcosa sotto i denti, poi sarei filata diritta in tenda perché ero decisamente stanca. La perlustrazione mi aveva a dir poco sfinita e oltre alla fame mi sentivo anche mezza addormentata. Era da mezzogiorno che tentavamo di raggiungere il fiume senza successo. Presi le piadine nella borsa e ne offrii una a Peter. Poi presi la mia, la scartai e l'addentai con voracità.
«Uhm, prosciutto e formaggio», asserii mentre la gustavo.
«Bacon e lattuga», fece Peter di rimando, mostrandomi la sua.
Mentre continuavo a mangiare, presi dallo zaino una limonata per me e una Dr. Pepper per Peter. Lui mi osservò stupito.
«Oh, wow! Io adoro la Dr. Pepper», esclamò mentre la stappava.
«Oh, lo so», feci io ridacchiando.
«Lo sai?», chiese lui con un sopracciglio inarcato. «Come fai a saperlo?».
«In realtà sono una stalker sociopatica e ho analizzato ogni tuo singolo movimento da quando hai messo piede alla Clayton», gli risposi serissima, per poi scoppiare a ridere dinanzi alla sua faccia confusa. Poi gli raccontai com’era andata veramente.
Un giorno ero in fila alla mensa e avevo voglia di Dr. Pepper e ciliegie. Peter era davanti a me e prese dal frigo l’ultima lattina rimasta. Ci rimasi malissimo e cominciai a maledirlo sottovoce. «Poi mi sei capitato davanti anche altre volte e ho notato che bevi quasi sempre e solo Dr. Pepper e, se non c’è, prendi il succo d'arancia», conclusi con una strizzatina d’occhio.
«Cavolo, Smith, sei un’ottima osservatrice. Se non fosse che sei innamorata di mio fratello, potrei quasi dire che sia io l’oggetto dei tuoi desideri», disse con una risatina beffarda e al contempo maliziosa.
«Oh, Jones. E lo scopri solo adesso?», gli risposi di rimando con finto tono esasperato ed entrambi scoppiammo a ridere. Poi lui mi chiese cosa avessi preso alla fine al posto della Dr. Pepper ed io gli indicai la limonata che stavo bevendo. «È la mia preferita, quel giorno la Dr. Pepper fu solo un capriccio».
Mi affrettai a concludere la piadina, scolai il resto della lattina e infine annunciai a Peter che sarei andata a dormire.
«Vengo anch’io», rispose lui. «Giuro che potrei addormentarmi anche adesso per quanto sono distrutto».
D
etto questo aggiungemmo altri rametti al fuoco e lo lasciammo a consumarsi da solo. Poi ci dirigemmo verso la tenda.

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Capitolo 4
*** Disquiet ***


DISQUIET


Nello zaino, insieme alla tenda, avevamo anche un sacco a pelo e una grande coperta in pile e, anche se Peter mi aveva gentilmente offerto il sacco a pelo, decisi per correttezza di condividere la coperta. La notte si era fatta un pochino più fresca, ma comunque a nessuno dei due sembrava il caso di soffocare in un sacco a pelo.
Mi distesi sotto la coperta con Peter e solo allora realizzai la portata della situazione. Ero “a letto” con un ragazzo, in una tenda neanche tanto grande, persa nel Lee State Wood e con i miei amici chissà dove. Sprofondai d’un tratto in un imbarazzo terribile e lui dovette essere dello stesso avviso perché lo sentii tossire, impacciato come mai.
«Be’, allora buonanotte Jennifer», disse e potei avvertire il disagio nella sua voce.
«Buonanotte, Peter», risposi in tono sommesso e ringraziai mentalmente il buio della tenda che mi nascondeva le guance in fiamme. Dopodiché mi sistemai su un fianco e tentai di rilassarmi. Peter affianco a me non muoveva un muscolo. Tutto intorno a noi era immobile e silenzioso. Pensai che non sarei mai riuscita a rilassarmi abbastanza con la presenza al mio fianco del mio inaspettato compagno, ma la stanchezza prevalse su ogni cosa.
Ero sul punto di sprofondare in un sonno beato quando un fruscio di foglie mi ridestò completamente dal torpore. Mi alzai di scatto. Peter restò immobile, ma potei scorgere i suoi occhi verde smeraldo brillare al buio della tenda, d’un tratto svegli e vigili. Poi udimmo un secondo fruscio di foglie, questa volta più deciso. Anche Peter si alzò e io mi aggrappai involontariamente al suo braccio, presa dal panico e dal terrore. Peter sembrò non farci caso, i sensi all’erta e il corpo teso pronto ad attaccare. I muscoli del suo braccio erano incredibilmente rigidi. “E definiti”, mi ritrovai stupidamente a pensare. La paura mi annebbiava la mente, decisamente. Del fuoco là fuori erano rimaste solo le ceneri. Ma quanto tempo era passato? Un terzo suono, questa volta un battito d’ali, ci fece di colpo abbassare la guardia e tirare un immenso respiro di sollievo. Era solo un maledettissimo uccello, con molte probabilità un gufo.
Vidi Peter asciugarsi la fronte col dorso della mano che non ero occupata a stringergli. “Gli sto stringendo la mano? COSA?!”. Mi ritrassi all'istante e mi allontanai un po’, toccandomi la mano come se bruciasse. Gli avevo afferrato la sua senza neanche realizzarlo. “Ma cosa diavolo ti prende, Jenny!”, esclamai a me stessa con un forte senso di rimprovero.
«Hey, guarda che non sono io quello che morde», disse divertito, con chiaro riferimento al pericolo scampato. Chissà quanti lupi avrebbero potuto aggirarsi di fuori al posto del maledetto gufo. Eppure potei avvertire dell’imbarazzo nella sua voce.
«No, ehm…», balbettai. Non sapevo davvero cosa replicare. Mi ero comportata da vera e propria codarda. «Adesso penserai che sono una fifona».
Abbassai la testa, rammaricata. Lui non rispose subito, come se fosse alla ricerca delle parole giuste. Ma alla fine quello che fece mi scioccò molto di più: mi si avvicinò e mi passò un braccio intorno alla vita, invitandomi in silenzio a distendermi accanto a lui. Io rimasi letteralmente di stucco e mi lasciai guidare senza muovere un muscolo.
«Chiunque diventa un fifone davanti a un animale selvatico, Jenny», mi sussurrò.
“Mi ha chiamata Jenny”, pensai scioccamente. Avevo la testa completamente annebbiata. Finora aveva usato il mio cognome o il mio nome per intero e sentirmi chiamare Jenny come facevano i miei amici e la mia famiglia mi fece sentire improvvisamente e stranamente meglio.
Poggiai piano la testa sul suo petto, quasi avessi timore di scottarmi, ancora troppo stordita da realizzare del tutto cosa stesse accadendo in quel momento. Mi sentivo strana, ma stranamente non a disagio. Il mio corpo percepì immediatamente il calore del suo; era come se avessi saputo da sempre cosa significasse stare accoccolata tra le sue braccia, anche se non seppi minimamente spiegarmi il perché. In un attimo dimenticai completamente la storia del gufo e pensai a godermi quel calore così familiare.
Peter ruppe il silenzio.
«Quando ero piccolo, credevo che una specie di cane-demone a due teste dormisse nell’armadio di fronte al mio letto. Tutte le notti chiedevo a mia madre di lasciare accesa la luce della lampada. Lei naturalmente mi chiese il perché ed io le mentii. Non volevo fare la figura del codardo, quindi le risposi che magari avrei potuto avere bisogno di fare pipì durante la notte. Lei mi rivolse un sorriso divertito e mi accontentò. Non sono sicuro di averla mai convinta con quella storia».
Jenny rise e così anche Peter. La nostalgia nella sua voce era palese, ma era sicura che il ragazzo conservasse dei ricordi davvero speciali e profondi di sua madre.
«Com’era fatta lei?», gli chiesi.
Peter sembrò rifletterci un attimo prima di rispondere, come a voler ricordare i tratti una persona di cui ormai gli sfuggivano i dettagli.
«Aveva dei lunghissimi capelli biondi, che spesso legava in una treccia. I suoi occhi erano di un blu come quello del lapislazzuli e brillavano intensamente alla luce del sole. Occhi così sono difficili da dimenticare, anche se sei solo un bambino e passano molti anni dall’ultima volta che li vedi. Aveva un corpo esile, ma perfettamente in salute. Quando indossava il suo vestito bianco preferito, la osservavo estasiato e in momenti come quelli credevo che fosse l’essere più vicino ad un angelo che avessi mai visto».
Concluse tirando un respiro profondo. Parlare di sua madre lo turbava ed era stata tutta colpa mia.

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Capitolo 5
*** It was always you ***


IT WAS ALWAYS YOU


«Ascolta, Peter…», cominciai, ma non mi concesse di finire.
«Non ti scusare», replicò, sapendo già dove volessi andare a parare. «È bello ricordarsi di lei e parlarne con te mi fa stare… ecco, meglio».
Alzai la testa in cerca dei suoi occhi, colpita dalle sue parole. Mi stava fissando e incatenò il suo sguardo al mio. Il colore non era lo stesso della signora Jones; intravedevo nel buio il luccichio dello smeraldo, invece che del lapislazzuli. I nostri volti erano così vicini che potevo sentire il suo respiro sulla fronte. Il cuore mi prese a battere all’impazzata.
“Cosa mi sta succedendo?”, mi ritrovai a pensare, completamente a caso. La mia testa verteva in un totale stato confusionale e mi ritrovai a pensare ad Adam. Lui non mi aveva mai fatto quell'effetto. Quando lo incrociavo per i corridoi, mi si attorcigliava lo stomaco e le guance mi andavano a fuoco. Più di una volta avevo provato a dirgli ciao, ma tutto quello che ero riuscita a formulare era un balbettio indistinto. Lui neanche mi sentiva o, semplicemente, preferiva ignorarmi – cosa decisamente più plausibile. Dopodiché mi maledicevo sottovoce, ripetendomi quanto fossi stupida per almeno dieci minuti.
Quello che provavo in quel momento con Peter era totalmente diverso. Sentivo dentro di me un calore strano, quasi familiare, come se stare tra le sue braccia fosse la cosa più logica e naturale del mondo e dovetti ammettere a me stessa che con Adam non mi era mai successo lo stesso. “Tra te e Adam non c'è mai stato niente e basta”, pensai tra me e me, quasi stizzita.
Realizzare quella cosa così all’improvviso mi fece restare di sasso. Un campanellino d’allarme mi risuonò nella testa; qualcosa mi diceva che avrei dovuto allontanarmi da Peter e mettere in chiaro un paio di cose - del tipo che non si erano mai parlati a scuola e che tutto quello che stava accadendo era surreale. Tuttavia il suo sguardo penetrante e quella persistente sensazione di calore mi fece desistere e dimenticai dell’esistenza di qualsiasi cosa a parte me e lui in una tenda da campeggio.
Non seppi dire per quanto tempo restammo a fissarci, se secondi o ore. Volevo dire qualcosa, ma Peter mi precedette ancora una volta.
«Jenny», mi chiamò.
«Sì?», risposi io in stato di trans.
«Posso baciarti?»
Tacqui. Il suo sussurro era stato talmente lieve che quasi dubitai me l’avesse chiesto per davvero. Il flusso di emozioni che mi invase fu troppo forte e caotico per poter essere descritto a parole. La verità, in fondo al mio cuore, era che proprio non aspettavo altro. Desideravo essere baciata da lui, per quanto questo potesse avere anche solo un minimo di senso. E volevo che lo facesse subito.
Lui comunque non attese la mia risposta. Dopo qualche istante chinò il capo e raggiunse le mie labbra, depositandovi un bacio leggero. Chiusi gli occhi di istinto e mi lasciai travolgere da quel flusso. Premette un po’ di più, ma sempre con estrema delicatezza e, prendendomi il volto tra le mani, schiuse la bocca e cominciò a muoverla lentamente contro la mia. La sua dolcezza era disarmante e il profumo della sua pelle inebriante. Cercò la mia lingua ed io accontentai ogni sua singola e muta richiesta. Mi fece scivolare un braccio lungo la schiena e mi strinse forte a sé; io gli intrecciai le braccia intorno al collo. La vicinanza al suo corpo mi fece sentire stranamente protetta.
Bizzarro e paradossale che eravamo perfetti sconosciuti fino a ieri…
Ci baciammo, stretti in quella posizione, per un tempo che non saprei definire. Quando ci staccammo, nessuno dei due aveva più fiato e ci venne da ridere.
«E dire che fino a ieri non mi rivolgevi neanche la parola», gli dissi con un mezzo sorriso provocatorio.
«E dire che fino a ieri non rivolgevo la parola a nessuno eccetto Adam e il mio cane», rispose lui ed io scoppiai a ridere.
«Sei meravigliosa, Smith», mi disse, guardandomi negli occhi e sorridendomi.
«Raccontalo agli altri domani», risposi io, ridendo ancora.
«Non crederebbero a una singola parola, puoi giurarci», fece lui ed io annuii.
Ci fissammo negli occhi con complicità e scoppiammo a ridere di nuovo, senza apparente motivo.
«Ti va di andare da George’s sabato sera?», mi chiese all’improvviso, tenendomi ancora stretta in vita.
«È un appuntamento, Jones?», chiesi io con finto fare inquisitorio.
«Potrebbe essere, Smith», fece lui, fingendosi pensieroso a sua volta.
«Ad una condizione», dissi io.
«Sentiamo»
«Che mi baci di nuovo», dissi, fissandolo negli occhi.
Lui rimase perplesso per un attimo, come se non potesse credere alle sue orecchie. Poi un sorrisetto divertito gli spuntò sulle labbra e con un’espressione dolce rispose: «E credi ci sia bisogno di chiedere, Smith? Anche altre mille volte se necessario».
Ed io risi e mi catapultai su di lui.

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Capitolo 6
*** Found (After a Nightmare) ***


FOUND (AFTER A NIGHTMARE)


Faceva molto caldo quel giorno, così decisi di darmi una rinfrescata nel Lynches. Mi tolsi i pantaloncini e restai in canotta e slip. Mi arrampicai su uno scoglio in cima alla breve cascata e con una rincorsa mi tuffai nella piccola conca del fiume. L’acqua gelida mi avvolse all’istante e mi sentii subito meglio. Risalii a galla e alzai la testa in direzione di Adam.
«Hey, ti tuffi o no? L’acqua è splendida», urlai, agitando un braccio.
«Arrivo, milady», disse lui con un sorriso e si tuffò. Poi risalì a galla qualche secondo dopo e con poche bracciate mi raggiunse. Mi strinse a sé e io d’istinto gli intrecciai le gambe intorno alla vita. Lo baciai e la sua bocca sapeva di ciliegie, come sempre del resto.
«Ce ne hai messo di tempo», gli dissi a fior di labbra, con finto tono di rimprovero.
«La verità è che non riesci a stare più di un minuto senza di me, Smith», mi rispose lui, provocatorio.
«Oh mio Dio, temo di essere stata appena scoperta! E adesso come farò?», esclamai, fingendo di svenire in acqua, e lui scoppiò a ridere. Mi strinsi più forte.
«Jenny», mi chiamò.
Lo fissai diritto negli occhi, in attesa che continuasse. Era ritornato serio.
«Io… credo di amarti», disse.
«Anche io ti amo, Peter», risposi io, specchiandomi nel verde smeraldo dei suoi occhi.
“Occhi verdi?”, pensai. C’era decisamente qualcosa che non andava, perché Adam non aveva gli occhi verdi. Avrei saputo riconoscere il suo intenso blu lapislazzuli ovunque. Poi realizzai d’un tratto di averlo chiamato Peter. Avevo appena chiamato il ragazzo dei miei sogni col nome di suo fratello?
“Ma cosa mi salta in mente?”, mi rimproverai, scuotendo la testa, eppure il ragazzo che avevo di fronte non accennò a correggermi e, anzi, mi sorrise raggiante e mi baciò con dolcezza. Io risposi al suo bacio e ci lasciammo trasportare dal leggero incedere del fiume.
«Jenny», mi chiamò di nuovo, dopo essersi staccato da me. Il ragazzo mi tese una mano, mentre la corrente del fiume lo allontanava a poco a poco. Cercai di raggiungerlo, ma non riuscivo a muovermi. Ero come paralizzata.
«Jenny!», esclamò con insistenza. La voce si era fatta più allarmata. Io cercai di rispondergli, ma le mie labbra non riuscivano ad articolare alcun suono. Mi entrò dell’acqua in bocca e mi sentii strozzare.
«Jenny, ti decidi a svegliarti una buona volta?!».
Una voce femminile mi ridestò dall’incubo. Aprii gli occhi di scatto e rimasi abbagliata dalla luce del sole che filtrava attraverso la tenda da campeggio. Avevo il fiato corto e realizzai lentamente dove fossi e perché. "Era solo un incubo…", fu la prima cosa che pensai quando tornai a ragionare lucidamente.
Accanto a me, inginocchiata, c’era Samara che mi fissava con aria preoccupata.
«Samara!», esclamai e l’abbracciai d’impulso.
«Hey, va tutto bene piccola», mi rassicurò stringendomi forte e carezzandomi i capelli.
«S… scusa, io…», dissi, sciogliendomi lentamente dall’abbraccio. «Sono così felice di vederti! Ieri non sapevamo come tornare indietro e…», la voce mi morì in gola. Ero sul punto di mettermi a piangere.
«Ora siamo qui, piccola. È tutto okay», mi rassicurò, sorridendomi e continuando a carezzandomi affettuosamente la testa. Non era mai stato tanto premurosa con me prima d’ora e fu in quel momento che capii perfettamente perché James e Audrey le volessero così bene. Sapeva essere dolce e comprensiva quando voleva e chissà quante altri doti teneva nascoste. Probabilmente le riservava solo a chi credeva che meritasse davvero la sua amicizia.
«Come avete fatto a trovarci?», le chiesi mentre mi stropicciavo gli occhi.
«Andiamo fuori, ci sono gli altri», mi disse, e porgendomi la mano mi aiutò ad alzarmi. Uscimmo dalla tenda e io corsi ad abbracciare James e Audrey.
«Woah, cos’è tutto questo affetto?», chiese James mentre li travolgevo.
Io non risposi; ero troppo felice di averli lì con me di nuovo. Amavo i miei amici, erano come una sorta di seconda famiglia per me.
Tuttavia, mancava ancora qualcosa. O meglio, qualcuno…
«Dov’è Peter?», chiesi, cercandolo intorno allarmata.
«Sono qui», disse lui, sbucando da dietro la tenda. «Cercavo di sfilare i paletti per poter chiudere quest’affa…».
Non gli diedi il tempo di aggiungere altro. Corsi verso di lui e l’abbracciai davanti a tutti. Lui restò inerte per una manciata di secondi, palesemente preso alla sprovvista dalla mia reazione. Alla fine lo sentii sorridere e mi strinse forte a sé, affondando la testa tra i miei capelli.
Giurai di sentire gli sguardi di tutti i presenti fissi su di noi.
«Cosa diavolo sta succedendo qui?», chiese Audrey in stato di shock.
Mi staccai da Peter, rivolgendogli un mezzo sorriso di scuse. Poi mi voltai verso il resto del gruppo, senza tuttavia rispondere alla domanda di Audrey. Erano sconvolti e mi trattenni a fatica dal ridere. "Sono proprio curiosa di vedere le loro facce quando racconterò loro tutta la storia", pensai tra me e me.
«Allora, si può sapere come avete fatto a trovarci?», mi limitai a chiedere ancora una volta, sforzandomi di restare seria.
Fu James a rispondere, deciso almeno per il momento a mettere da parte la questione Jenny-Peter.
«Abbiamo trovato il fiume in meno di mezz’ora e siamo ritornati alla biforcazione. Vi abbiamo aspettato per almeno un’ora, ma non vedendovi arrivare abbiamo pensato che vi foste persi e abbiamo deciso di venire a cercarvi. Abbiamo seguito le orme degli scarponi di Peter e vicino a un ramo spinato abbiamo trovato questo». Cacciò dalla tasca dei jeans un piccolo pezzo di stoffa sfilacciato.
«È della mia t-shirt!», esclamai. Il sentiero era pieno di sterpaglie e mi ci ero impigliata un sacco di volte durante l’esplorazione, per cui non avevo badato agli eventuali danni ai miei vestiti. Ruotai il busto e cercai il lembo strappato della t-shirt. Non fu difficile scovarlo, era uno squarcio abbastanza vistoso.
«Esatto», confermò James. «Ma nel frattempo si era fatto molto buio. La mia torca e quella di Audrey erano scariche, quella di Samara funzionava a malapena, per cui abbiamo deciso di interrompere le ricerche e di montare il nostro accampamento prima che anche l’altra torcia ci abbandonasse. Abbiamo fatto la ronda a turno, visto che la tenda era per due. Ci siamo svegliati alle prime di luci dell’alba e abbiamo ripreso le ricerche. Ho notato un filo di fumo diramarsi verso il cielo, non molto distante dalla nostra posizione, e ho capito subito che si trattava di voi. Ingegnosa l’idea del falò. Ed eccoci qua», concluse con un ampio sorriso e aprendo le braccia in un gesto teatrale.
«E direi pure che fa un caldo pazzesco, signori. Propongo di darci una mossa e avviarci al fiume, se abbiamo finito di chiacchierare, così possiamo darci una rinfrescata e tornare a casa felici. Questa gita doveva essere un momento di svago e relax, non una caccia ai perduti», disse Samara, incrociando le braccia e sbuffando.
Ridemmo tutti, Peter compreso. Era tornata la solita Samara di sempre. James la afferrò e la baciò.
«Oh, cielo! Trovatevi una stanza», esclamò esasperata Audrey. «Non credete che stanotte mi abbiate fatta sentire già abbastanza di troppo?»
Ridemmo di nuovo. L’angoscia causata dall’incubo era completamente sparita. I miei amici ci avevano finalmente trovati. Peter non era annegato nel Lynches, ma era lì con me vivo e vegeto. Mi voltai verso di lui e lo sorpresi a fissarmi. Gli feci una linguaccia e lui si trattenne dal ridere. Venne verso di me, ma si premurò di tenersi a distanza di sicurezza. Era meglio per il momento se nessuno avesse fatto domande.

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Capitolo 7
*** A Midsummer Day ***


A MIDSUMMER DAY


Spiegai il telo di Audrey a terra e mi ci distesi sopra. La luce del sole cocente di quel giorno di mezza estate filtrava tra gli alberi e scaldava la mia pelle e il mio cuore.
«Come si fa a preferire il mare alla montagna?», chiesi a nessuno in particolare. Era più un pensiero espresso ad alta voce che una domanda vera e propria. A quell’ora sarei stata bell’e abbrustolita se avessi deciso di prendermi la tintarella al mare e invece in quel momento, tra l’acqua del fiume che mi scorreva addosso e ancora mi ghiacciava ogni singolo centimetro di pelle e i raggi del sole che cercavano di farsi spazio tra gli alberi del Lee State Wood, nulla poteva sembrarmi più perfetto.
«Hey». Un lieve sussurro mi riscosse dal tepore e lentamente riaprii gli occhi. Peter si era seduto accanto a me e si teneva le ginocchia tra le braccia.
Mi alzai e mi appoggiai a lui. Un leggero sorriso increspò le sue labbra. Girò la testa verso di me e puntò i suoi occhi nei miei. Mi chiesi se sarei mai riuscita ad abituarmi a tutto quel verde scintillante. Sbattei le palpebre più volte, perché mi resi conto di essere rimasta a fissarlo imbambolata per un minuto intero. Mi guardai intorno e le facce perplesse dei miei amici lasciarono intendere che probabilmente era arrivato il momento di dare qualche spiegazione.
«Okay, sputate il rospo. Cosa sta succedendo tra voi due?», esordì Samara puntuale come un orologio svizzero, dando voce ai pensieri di tutti i presenti.
Cercai le parole più adatte per farla semplice a tutti senza mettere in imbarazzo Peter, ma la risposta arrivò inaspettata prima che potessi formulare qualsiasi frase di senso compiuto.
«Io e Jenny stiamo uscendo», esclamò con convinzione, ma qualche istante dopo si corresse: «Cioè, voglio dire… vorrei uscire con Jenny, se lei è d’accordo», disse e si voltò verso di me. Suonava più come una richiesta di soccorso che un invito a un appuntamento, per cui scoppiai a ridere contro lo mia volontà. Cominciavo ad adorare la sua goffaggine e il suo continuo incespicarsi con le parole.
«Certo che lo voglio», gli dissi sorridendo e fissandolo intensamente negli occhi. Avrei tanto voluto baciarlo, ma ancora non mi sembrava il caso di scombussolare i miei amici più del necessario, quel giorno.
«Quindi da un sabato a una domenica, nel bel mezzo del Lee State Wood, Jennifer Anne Smith e Peter “Qualunque-Sia-Il-Tuo-Secondo-Nome” Jones hanno deciso di uscire insieme e vissero tutti felici e contenti?», chiese Audrey come se non potesse credere alle proprie orecchie. Come se Obama avesse appena dichiarato di essere sempre stato innamorato di Putin o qualcosa del genere.
«Proprio così, Audrey», risposi io, ridacchiando.
«E Adam?», chiese James, per poi battersi il palmo con un pugno e maledirsi ad alta voce per non aver tenuto chiusa la boccaccia. Peter s’irrigidì. Io articolai in silenzio con la bocca un “Fottiti, James” in direzione del mio amico. La sua empatia avrebbe quasi potuto essere proverbiale, sarcasticamente parlando.
«Sono affari miei, James», risposi acida e cercai di chiudere lì la faccenda, almeno per il momento. Sapevo che prima o poi avrei dovuto discuterne con Peter, ma sarebbe stato meglio fare le cose con la dovuta calma. Peter si rilassò un pochino, ma non potei fare a meno di notare che c’era qualcosa di diverso nella sua espressione. 'Dannato James', pensai.
I miei amici capirono che forse sarebbe stato meglio tornare a discutere di rugby e io approfittai di quella loro momentanea – e pianificata – distrazione per parlare con Peter. O, perlomeno, per iniziare ad accennargli qualcosa riguardo la situazione spinosa che James aveva fatto uscire allo scoperto con così poco riguardo verso i nostri sentimenti.
«Senti, Peter, per la questione di Adam… ne riparleremo, okay?», iniziai. Volevo che quella gita finisse nel migliore dei modi, vista la brutta piega del giorno precedente, e quindi in quel momento rimandare il discorso sembrava la cosa più logica.
«Certo, Jenny, quando ti sentirai pronta. In fondo James ha ragione, non è facile dimenticarsi di una cotta da un giorno all’altro, e il fatto che io e te cominceremo a vederci e che io sia il fratello della tua cotta… insomma, sembra l’inizio di una gag di pessimo gusto».
Come al solito la sua schiettezza mi spiazzò. Il suo modo di mettere se stesso e gli altri di fronte alla realtà era così vero, così sincero.
«Peter, io non voglio dimenticare. Adam è stata una bella parentesi nella mia vita, ma appunto… solo una parentesi. A quanto pare il destino mi ha riservato di meglio».
L’ombra di un sorriso gli spuntò all’angolo della bocca.
«Adesso parli male di mio fratello, Smith?», mi prese in giro lui con un mezzo sorriso.
«Adesso voglio solo te, Jones», risposi io.
E senza curarmi di chi potesse vederci, mi lasciai andare tra le sue braccia e lo baciai.


Spazio dell'autrice
Salve a tutti coloro che si sono imbattuti in questa storia e che hanno deciso di seguirla. Vi ringrazio per la pazienza (so di averci messo una vita a concluderla, ma tra lavoro e studio non è facile gestire tante passioni insieme) e per essere giunti fino alla fine di questo cammino insieme a me. Spero che la storia, per quanto banale, vi sia piaciuta. È stata soltanto un altro dei miei innumerevoli esercizi di scrittura. Per chi non lo sapesse, studio Traduzione Letteraria e aspiro a diventare traduttrice di romanzi, oltre che docente universitaria di lingue straniere, per cui credo che esercitarmi nella buona scrittura (anche se questo comporta sviluppare temi banali) sia un ottimo incentivo a migliorarmi come futura traduttrice. Ho in serbo un'altra long story da pubblicare qui su EFP, ma fintanto non sarà pienamente sviluppata e non raggiungerò un numero accettabile di capitoli non la pubblicherò. Francamente vorrei evitare di annoiarvi con attese lunghissime e non gradite, visto che io per prima le ho sperimentate sulla mia pelle seguendo alcune aspiranti scrittrici su questo sito e devo ammettere che non è stato bello. La trama della long story che sto sviluppando si incentra su delle ragazze universitarie americane che fanno la conoscenza di un gruppo di studenti "posh" di Oxford impegnati in alcuni ricerche scientifiche a Boston e che entrano in un giro di hot party in villoni aristocratici, lusso sfrenato e auto costose. Che ne dite, vi piace l'idea? Ancora una volta voglio ringraziare non solo chi mi ha seguita, ma anche chi si è limitato semplicemente a leggere qualche capitolo e mi auguro di rivedervi presto in un'altra delle mie long story. Baci a tutti. :*

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