Work Your Magic

di JoiningJoice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Seokjin, Parte I ***
Capitolo 2: *** 2 - Seokjin, Parte II ***
Capitolo 3: *** 3 - Seokjin, Parte III ***
Capitolo 4: *** 4 - Namjoon, Parte I ***
Capitolo 5: *** 5 - Namjoon, Parte II ***
Capitolo 6: *** 6 - Namjoon, Parte III ***



Capitolo 1
*** 1 - Seokjin, Parte I ***



1 – Seokjin, parte I



Seokjin non si è mai sentito sbagliato o fuori luogo. La sensazione di non appartenere ad un luogo gli è solo vagamente familiare – ma la sua capacità di adattamento, unita ad una vita passata senza mai trasgredire le regole imposte dalla sua famiglia o dall'ambiente scolastico, gli ha sempre permesso di vivere senza mai risultare inopportuno.

La prima volta in cui sente di aver commesso un errore è quando compone il numero che un talent scout ha elegantemente scribacchiato sul suo biglietto da visita, prima di ficcarglielo in tasca quasi con forza – per permettergli di “saltare le tediose selezioni” e presentarsi direttamente nei loro uffici. A sentire lui, ha un volto troppo particolare per essere sprecato dietro ad una scrivania, o a corsi di recitazione.

Il provino è un disastro, ma Seokjin ha la sensazione che non sia a causa sua. Forse pretende troppo da un mondo che vuole dargli troppo poco – forse quel sistema lo spaventa, forse non è ciò di cui ha bisogno; in ogni caso, quando si inchina uscendo dall'ufficio, per la prima volta in vita sua sente di aver commesso un errore troppo grande per poter essere sistemato senza rimescolarsi del tutto, senza ricomporre ed analizzare le proprie priorità e i propri obiettivi.

Quel colloquio gli ha mostrato esattamente ciò che sospettava da tempo: c'è di più, oltre i voti e i complimenti dei professori – e qualunque cosa sia, Seokjin non può fare a meno di desiderarla. Non può fare a meno di voler sbagliare, ancora e ancora, fino a trovare la giusta soluzione a quel neonato dubbio.


Tocca l'apice dell'inadeguatezza – più che toccarlo, si lascia schiacciare completamente da esso – il giorno in cui finalmente firma il contratto con la BigHit Entertainement. Suo padre fissa il plico di documenti con lo sguardo severo che gli è tanto familiare, legge ogni clausola – e non commenta, non dice niente, per un tempo che sembra infinito. Seokjin avrebbe preferito vederlo furioso; sarebbe stato più facile affrontarlo.

Alla fine rassetta i fogli dando loro un colpetto secco sulla scrivania e li lascia scivolare di nuovo verso di lui, valutando ciò che ha appena letto. - È una piccola agenzia. -, è la sua battuta d'esordio. Seokjin sa che si sta trattenendo, ha imparato a leggere tra le righe; ciò che suo padre intende dire è: “È un'agenzia sull'orlo della bancarotta, che non ti garantirà mai un futuro solido quanto potrei fare io, quanto potrebbe fare il dedicarti anima e corpo agli studi.”

- Lo so. -, risponde. È sicuro che la voce tradirebbe la paura, se solo pronunciasse una sillaba in più.

Suo padre si gratta il mento, poi incrocia le mani sul petto. - È questo che vuoi, Seokjin? Far parte di un gruppo musicale? -

Ciò che non dice è: “Mi hai deluso. Dammi una ragione per pensare che tu non abbia commesso un grave errore.”

- Sì, papà. -, risponde. È un gioco a cui possono giocare in due, e ciò che Seokjin non dice è: “Non so se sarò in grado di farlo.”.


L'abitazione è al sesto piano di un complesso di appartamenti che sfugge appena alla definizione di casa popolare, ma Seokjin si guarda attorno comunque meravigliato da ogni dettaglio. È piccola, e ogni angolo è un caos di oggetti stipati fino al soffitto – magliette posate su ogni superficie definibile tale, e all'ingresso scaffali su scaffali di scarpe da ginnastica rendono quasi sgradevole l'aria.

La adora già.

- Davvero possiamo vivere qui? -, domanda, e subito si rende conto di quanto suoni stupido. Il manager ride, divertito dal suo stupore.

- È un po' piccolo per sette ragazzi, me ne rendo conto. -, risponde, interpretando male la sua reazione. Bussa di nuovo a quella che Seokjin ha dedotto essere la porta della camera da letto, spazientito. - Ah, gli avevo detto di farsi trovare in piedi per accogliere il nuovo arrivato. Che figura... -

- Non importa. -, si affretta a mormorare – ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e un ragazzo allampanato e alto esce dalla camera con indosso una maglia bianca di almeno tre taglie più grandi e dei pantaloncini che hanno visto giorni migliori. Sta ancora sistemandosi gli occhiali sul volto abbronzato, e Seokjin lo fissa colto alla sprovvista. Lui non si accorge neppure della sua presenza.

- Manager, mi dispiace, la sveglia non ha suonato... -, borbotta il ragazzo. Ha la voce ancora impastata di sonno, roca e bassa e piacevole da ascoltare. È quasi un crimine che il manager lo interrompa, sollevando una mano e indicando successivamente l'orario sul suo orologio da polso.

- Se fosse stata una giornata di prove questa sarebbe stata una nota di demerito, Namjoon. Sei il leader, sai che è la tua responsabilità assicurarti che tutto vada come deciso. -, lo rimprovera; Namjoon rimane ad ascoltare in silenzio, chiaramente dispiaciuto. Le labbra grandi sono strette in un segmento rigido, reprimono il fastidio che gli causa essere rimproverato; solo quando il manager gli da una pacca forte sulla spalla e gli indica Seokjin le sue labbra si dischiudono in un sorriso esitante.

Non c'è che un secondo di dilazione tra il momento in cui si volta a guardarlo e il momento in cui si fa avanti per stringergli la mano, ma Seokjin sente quell'unico momento come fosse un ceffone forte sul volto. Eccoli lì, Kim Namjoon – intelligente, di talento, intento a incanalare i propri ideali chiari e forti in musica, in arte – e Kim Seokjin – fortunato abbastanza da essere reclutato da un'agenzia di modelli durante un saggio di recitazione, sfacciato al punto da decidere di gettare via una vita sicura per puro spirito di ribellione adolescenziale.

Si sente tanto sbagliato da pensare di non meritare neppure di stringere la sua mano – ma quando lo fa trova una stretta calda, decisa e confortevole. Osserva le loro man confuso e poi torna a guardarlo in volto, piacevolmente disorientato.

Quando Namjoon sorride sul suo viso compaiono due fossette profonde.

Le adora già.




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Hello again~

Ho notato chle la yoonseok che analizzava l'inizio del loro rapporto è piaciuta a un po' di persone, quindi ho pensato di scrivere qualcosa di simile per un'altra delle mie OTP, ovvero la NamJin! La storia sarà composta da 6 capitoli molto brevi, i primi 3 dal POV di Jin e gli ultimi 3 scritti dal POV di Namjoonie~

Ci tengo a specificare che niente di quanto scritto qui pretende di rispecchiare la realtà, ma solo una versione fittizia di essa! Non mi permetterei mai di presumere di sapere che carattere abbia il padre di Seokjin, per esempio :')

Spero vorrete seguirla e commentarla, il secondo capitolo arriverà il 26/01~

Alla prossima!

-Joice


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Capitolo 2
*** 2 - Seokjin, Parte II ***



2 – Seokjin, Parte II




Taehyung ha diciassette anni, ed è un tesoro. Quando parla il suo accento rende grezze le frasi gentili e forse esageratamente educate con cui esprime i propri pensieri. Ha un sorriso grande quanto è grande il suo cuore, e l'affetto genuino che sembra provare indiscriminatamente si riflette nei suoi occhi ogni volta che il sorriso fa capolino sul suo viso.

Una mattina, prima di scendere dall'auto con cui Seokjin accompagna lui, Jimin e Jungkook a scuola, si sporge oltre il sedile del passeggero per abbracciarlo. - Hyung, sei proprio forte, lo sai? -, esclama; e poi sparisce, trottando dietro a Jimin com'è sua abitudine fare.

Seokjin passa mezz'ora fermo nel parcheggio della scuola, pensando che non si è mai sentito così tanto a casa in vita sua.


Non è solo Taehyung a farlo sentire a casa – lui è solo quello che esprime il proprio affetto senza mezzi termini, con chiunque se lo meriti; ma anche gli altri hanno l'incredibile capacità di farlo sentire uno di loro, nonostante sia arrivato per ultimo.

Yoongi è il più grande, dopo di lui; ha un carattere abrasivo solo in apparenza, parla modulando costantemente il proprio tono, e la maggior parte del tempo lo passa a scrivere musica. Il più grande dono che gli fa è il silenzio: Seokjin ha l'impressione che non gli piaccia avere persone attorno, ma sopporta e accetta con tranquillità la sua presenza quando Seokjin si siede a guardarlo lavorare, affascinato. Sbuffa e ruota gli occhi al cielo, quando Seokjin pesca una battuta pessima dal proprio repertorio – ma insiste sulla sofferenza che la battuta gli causa solo in presenza di altre persone, più per divertire gli altri che per umiliare Seokjin.

Se Yoongi è un maestro di musica e composizione, i consigli di Hoseok sul ballo sono perle preziose di cui gli fa dono con un sorriso di conforto e una pacca sulla spalla. Seokjin è perfettamente consapevole dei propri limiti – certi giorni odia il suo corpo, lo sente come un involucro stretto che gli impedisce di raggiungere i risultati che vorrebbe ottenere – ma quando Hoseok lo incoraggia, spiegandogli come lenire il dolore o eseguire un passo senza sentire i muscoli del suo corpo spezzarsi in mille frammenti, allora sembra che davvero i suoi sforzi siano ripagati. Smette persino di provare invidia per le capacità di Jimin e Jungkook, entrambi notevolmente più piccoli ed entrambi notevolmente più bravi di lui – nel canto quanto nel ballo. Dovrebbe almeno sentire le fitte di gelosia, assieme a quelle alla schiena e ai polpacci, ma ogni goccia di stizza che ha in corpo si scioglie come neve al sole non appena posa lo sguardo su uno dei due: si impegnano fino a rasentare il confine tra sano e malsano, e sono entrambi ancora dei bambini. No, non può odiarli – non c'è spazio per quel sentimento nel suo cuore, non di fronte ai loro sorrisi ancora non del tutto maturati.

Scopre che il manager aveva ragione: la casa è troppo piccola per sette ragazzi – ma è perfetta per una famiglia di sette persone.


Poi c'è Namjoon. Namjoon, che si volta sempre a controllare che sia al pari con gli altri – e lo attende, se necessario; che salta da uno all'altro come un ape in un campo di fiori, rivolgendo ad ognuno equamente la propria attenzione. Che si sforza di essere un buon leader e una figura di riferimento, e non chiede nulla in cambio.

Che sorride veramente solo alla prospettiva di una buona notizia per quanto concerne il gruppo, o quando qualcuno di loro ne ha assolutamente bisogno – mai per se stesso.

Namjoon lo affascina. Seokjin ha già conosciuto persone considerabili geniali, in passato, ma è la prima volta che ha a che fare con qualcuno la cui umiltà rivaleggia con l'intelligenza. Sa far valere le proprie tesi, ma non vanta le proprie vittorie; quando qualcuno gli chiede spiegazioni le fornisce senza alcun problema, fino a fornire una conoscenza anche solo generale dell'argomento di conversazione. Quando parla di qualcosa che ama i suoi occhi si illuminano e parla finché la voce non gli viene meno, gesticolando per enfatizzare ciò che sta dicendo.

È imbranato al punto in cui Seokjin si trova a rimproverarlo, domandandogli come facessero in cucina e con l'organizzazione dei lavori di casa prima del suo arrivo. Quando lo fa, Namjoon si gratta la testa imbarazzato e non alza lo sguardo finché Seokjin non ha finito di parlare, esattamente come col manager; e quando finalmente risponde tenta inutilmente di mascherare un sorriso nervoso – le fossette che minacciano di comparire ad ogni sillaba, prosciugando via qualunque accenno di rabbia o frustrazione Seokjin provasse fino a un momento prima. Sì, Namjoon lo affascina decisamente: è come una torcia il cui calore e la cui approvazione Seokjin cerca costantemente, pur consapevole dei rischi. Basterebbe un passo sbagliato perché si ustioni in maniera irreparabile.

Il problema sorge quando Seokjin si rende conto che per un briciolo di calore in più sarebbe disposto a gettarsi tra le fiamme. In un certo senso, l'ha già fatto.

Non si sente nervoso in presenza degli altri, ma quando rimane da solo con Namjoon improvvisamente ogni azione ha un peso, una sostanza. Fa quanto può per ignorare quella sensazione, ma è difficile – è come se si muovesse sott'acqua, scoordinato e a rilento. Namjoon entra nella stessa stanza in cui si trova lui, e all'improvviso qualunque cosa stia facendo – dalle prove di canto al semplice mangiare delle patatine sul divano – sembra necessitare di una revisione. Forse sta cantando male, e rischia di deludere le sue aspettative; forse si farà un'opinione tremenda – anche se corretta – di lui, se va avanti a sfondarsi di patatine come un animale.

Dormono tutti nella stessa stanza, stipati in tre letti a castello – ed uno singolo, che Jungkook ha avuto la fortuna di ottenere per sé – con il russare degli altri a fare da colonna sonora alla notte altrimenti silenziosa. La maggior parte delle volte Seokjin è troppo stanco per fermarsi anche solo a pensare, e crolla in un sonno esausto; ma se quel giorno Namjoon ha fatto qualcosa di particolare – termine la cui definizione varia da “Ha scritto una canzone che è stata selezionata per l'album di debutto” a “Ha starnutito in maniera particolarmente carina” – allora si ritrova a rivolgergli un pensiero d'affetto, prima di addormentarsi. Entrambi dormono nella parte superiore di letti adiacenti, ed è una benedizione e una maledizione assieme: può guardarlo mentre scivola nel sonno, abbracciando il cuscino e dando le spalle alla finestra perché non noti che ha gli occhi ancora aperti, ma può anche svegliarsi e trovarlo con la maglia arrotolata fino a scoprire il petto e, occasionalmente, un'evidente erezione mattutina intrappolata nei boxer.

Sono quelle le mattine in cui Seokjin soffoca il volto nel cuscino e sfoga la frustrazione urlandovi contro.

Ha passato gli anni delle superiori in un istituto completamente maschile; è dolorosamente consapevole di quanto la visione di corpi maschili non gli sia affatto indifferente, come è anche consapevole di quanto questo sia un problema, per la società in cui vive. È proprio a causa della sua immagine di studente e figlio perfetto che non ha mai neppure osato pensare a questa attrazione, osservando altri più coraggiosi di lui godere del vantaggio della gioventù per sperimentare e sfogarsi prima di passare una vita intera indossando maschere – ma ora che il ricordo del controllo paterno inizia a sfumare Seokjin non ha motivo di fingere, almeno con se stesso. La visione di Namjoon seminudo ed eccitato ha un certo effetto sul suo corpo, uno che ignora solo chiamando a sé tutta la forza di volontà e pazienza che possiede; non è poca, fortunatamente, e dopo ha persino la faccia tosta di guardare Namjoon in volto come non fosse successo nulla e chiedergli cosa voglia per colazione. Quella situazione lo erode dentro, lentamente e dolorosamente, ma non esistono alternative al fingere che sia tutto a posto, tutto nella norma.

Niente di sbagliato nel fissare intensamente le labbra di Namjoon quando registra. Niente di strano nella necessità maniacale di averlo attorno, di essere la causa del suo sorriso.

Non aveva idea che la visione di fossette su un volto dolce potesse causare dipendenza.



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Update il 29/01~

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Capitolo 3
*** 3 - Seokjin, Parte III ***




3 – Seokjin, Parte III




- Finiscila, Jungkook. Non farne una tragedia. -

Per la terza volta nel giro di cinque minuti Seokjin colpisce senza troppa violenza la testa di Jungkook con il giornale arrotolato, tentando – inutilmente – di tirarlo fuori dalla momentanea trance in cui è rimasto bloccato, seduto al tavolo della sala, lo sguardo perso nel vuoto. Posa la tazza di té caldo che ha preparato davanti a lui e torna al suo posto accanto a Taehyung, che intanto ha riaperto la busta causa di tutti i problemi e sta rileggendo il contenuto della lettera, mentre dall'altra parte del tavolo Jimin sbuffa spazientito.

- Taehyung, mettila via. Mettila via, ti ho detto...! JUNGKOOK. -, esclama, e per la prima volta Jungkook trasalisce visibilmente; sbatte le palpebre e si volta a guardare Jimin.

- Hyung...? -

Jimin solleva la lettera, strappandola con violenza dalle dita di Taehyung. - È solo una confessione, va bene? Non sei tenuto a rispondere. -, spiega, sorridendo; Seokjin trova ci sia qualcosa di predatorio, nel suo sorriso. Si volta a guardare Hoseok e Yoongi, comodamente stravaccati sul divano e del tutto estranei al dramma in atto: Yoongi sta dormendo, ma Hoseok si gode la scena e ride, borbottando “Il nostro Gukkie che cresce” di tanto in tanto. Dei più grandi, solo Seokjin e Namjoon sono seduti a tavola per “risolvere la questione” – Namjoon per obbligo morale, Seokjin per pura empatia.

- Tanto credo se ne sia già pentita. -, mormora Jungkook, lo sguardo di nuovo intento a bruciare un punto impreciso del tavolo. - Quando mi ha dato la lettera le ho risposto con...con una voce strana e acuta. Molto acuta. -

Taehyung sghignazza, calmandosi solo quando Seokjin gli tira una gomitata nel fianco.

- Andrà a raccontarlo a tutta la scuola. Mi rideranno dietro nei corridoi. -, prosegue Jungkook. All'improvviso sgrana gli occhi più di quanto abbia fatto fino a quel momento. - Le ragazze sono esseri terrificanti... -

- Jungkook, se ne sarà già dimenticata domani mattina. Una volta, alle medie, ho vomitato davanti alla ragazza che mi piaceva. Ci siamo comunque messi assieme appena quella storia è passata di moda. -, sospira Seokjin, incrociando le braccia sul petto. È una bugia bella e buona, ma se serve a calmare il suo piccolo attacco di panico è pronto a fornirgli l'intero inesistente retroscena. Attira sicuramente la sua attenzione, ma in maniera imprevista.

- Hyung, tu hai avuto una ragazza? -, domanda Jungkook. Il tono è incredulo, e Seokjin batte d'istinto i palmi delle mani sul tavolo in protesta.

- Stai insinuando che non ne avrei mai avuta una?! -, rimprovera; Jungkook si scava la fossa da solo, sollevando le spalle. - Guarda che non siamo mica dei ragazzini! Qua dentro tutti hanno avuto esperienze, no? Yoongi? -

In tutta risposta Yoongi russa più sonoramente di prima – Seokjin è abbastanza certo che stia fingendo. Il suo sguardo si sposta su Hoseok, che fa una smorfia.

- Non credo neanche conti, come esperienza, ma una volta sono stato rifiutato per un altro ragazzo. -, risponde; ride, sospirando. L'autocommiserazione è palpabile. Seokjin si volta verso Namjoon, un po' più teso del normale.

- Anche Joonie avrà sicuramente qualcosa da dirti. Puoi chiedere a lui, se non ti fidi di me. -, mormora. Come si fosse reso conto solo in quel momento della situazione, Namjoon alza lo sguardo sorpreso verso di lui e poi inclina il capo di lato.

- Sì, sono stato con una persona. -, ammette; è più di quanto abbiano detto Hoseok e Yoongi, e tutti gli occupanti del tavolo rivolgono le proprie attenzioni su di lui – che però non aggiunge altro, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo perso in un punto imprecisato oltre le spalle di Seokjin. È proprio lui a scuoterlo nuovamente fuori dalla sua personale riflessione, tossendo nel pugno chiuso.

- Com'è andata a finire, hyung? Hai vomitato davanti a lei come Seokjin-hyung? -, domanda Taehyung; evita con la maestria sviluppata in un anno di convivenza il colpo di giornale di Seokjin, senza neppure distogliere lo sguardo dal leader; Namjoon solleva le sopracciglia, sorridendo con amarezza.

- L'ho lasciata. -, ammette; Seokjin non può fare a meno di guardarlo. Non vuole saperne di più, eppure desidera ardentemente che parli e racconti cos'è accaduto: deve sapere qual è la causa dietro alla cupidigia sul suo viso, cosa impedisce al suo sorriso di manifestarsi realmente. È una curiosità morbosa che lo spinge a rimanere in silenzio, in attesa quanto tutti gli altri. Namjoon sospira, premendo la schiena contro la sedia e dondolandosi piano.

- Siamo stati assieme per qualche mese prima che entrassi nell'agenzia. Poi vederci è diventato più difficile, immagino... forse sono stato egoista, ma ho pensato che gestire un rapporto e un training da idol sarebbe stato complicato, e le ho chiesto di lasciarci. -, si ferma e scoppia a ridere, afflitto dal ricordo. È sbagliato che rida così, e Seokjin sente un sentimento indecifrabile turbarlo profondamente. Namjoon indica Jungkook. - Gukkie ha ragione, le ragazze sono terrificanti. Non l'ha presa molto bene... ha detto delle cattiverie, mi ha urlato contro per un po' di tempo, e poi è scomparsa. -

Seokjin sa che qualcuno lo domanderà, ma non vuole sentire; pensa ad un motivo per alzarsi, ma non gli viene in mente nulla. Non può impedire a Jimin di chiedere: - Che genere di cattiverie? -, e non può tapparsi le orecchie per non ascoltare.

- Insulti, perlopiù. Ah, e mi disse che... oh, questa è veramente cattiva... disse che mi stavo allenando per niente perché, con la faccia che mi ritrovo, nessuno mi avrebbe mai preso in considerazione come idol... -

- CHE RAZZA DI... -

Seokjin si tappa la bocca, ma è troppo tardi: ha urlato prima ancora di poter mettere in ordine le parole nei suoi pensieri. Si voltano tutti a guardarlo, sorpresi dalla sua reazione violenta – persino Yoongi ha smesso di fingere di star dormendo, e lo guarda con un occhio aperto ed uno chiuso, quasi con sospetto. Ma non è il suo apparente sospetto che preoccupa Seokjin: è lo sguardo di Namjoon, sconvolto e sorpreso – ma non dispiaciuto. Lo fissa intensamente, mettendolo a nudo. Per un momento Seokjin pensa che non solo non sarà in grado di terminare l'insulto, ma non riuscirà nemmeno a fornire una giustificazione per la propria reazione; deglutisce piano, chiamando a sé tutta la forza che possiede.

- ...che razza di mostro. -, finisce. Non ha occhi che per Namjoon, che restituisce il gesto. Seokjin ha compreso la natura del turbamento di poco prima: è rabbia, pura e semplice – e lo soffoca, lo fa tremare. - Come può dirti una cosa del genere dopo essere stata con te? -

La buona, vecchia abitudine di omettere la verità ed ammetterla solo nei propri pensieri ha il sopravvento. Ciò che Seokjin non dice è: “Come può pensare che tu sia brutto?”

Namjoon sorride, di nuovo quel sorriso debole e accondiscendente. - Hyung, non c'è bisogno di scaldarsi. Le persone diventano cattive, quando vengono deluse... -

- Non c'era bisogno che dicesse una cattiveria simile. Tu hai tutti i requisiti per...no, non hai affatto i requisiti: tu superi le aspettative di chiunque lavori con te, Joonie! Ha ragione, nessuno ti prenderà mai in considerazione come un idol, perché sei molto di più. Sei...sei un artista, ok? E mi dispiace che questa persona non sia stata in grado di riconoscerlo, perché è un fatto obiettivo, non centra nulla la rabbia... -

Sta parlando a vanvera. Sta parlando a vanvera, e tra un po' gli verrà meno l'aria, e dovrà prendere fiato a bocca aperta e sembrerà un perfetto cretino – ma non è in grado di fermarsi: le parole cadono fuori dalle sue labbra, una cascata di patetica emotività repressa. È quello che Namjoon ha bisogno di sentirsi dire, ma soprattutto è quello che Seokjin ha bisogno di dirgli; gli altri membri non esistono più, e si è completamente dimenticato che sono lì per consolare Jungkook e la sua fobia del sesso opposto.

Namjoon lo sta ancora fissando, ma le sue guance sono tinte di un rosso così intenso che sembra quasi gli sia salita la febbre all'improvviso; non dice niente, gli occhi sgranati in un'espressione molto più sconvolta di quanto mostrato in precedenza. - Hyung... -, mormora, quando l'unico suono nella stanza è l'ansimare pesante di Seokjin. - Io...ti ringrazio. Veramente... -

Abbassa la testa e fissa il tavolo, borbottando qualcosa che Seokjin non riesce a cogliere; alla fine anche lui abbassa lo sguardo, perché le occhiate degli altri stanno davvero iniziando a bruciare, e non sa come dovrebbe chiudere la porta che ha sfondato con pochissima delicatezza. Fortunatamente per lui, Taehyung spacca il ghiaccio tornando a prendere in giro Jungkook, che Jimin difende a spada tratta; vanno avanti per un po', interrotti dal finto russare insistente di Yoongi e dalle risate di Hoseok. Nessuno chiede loro di intervenire nuovamente, e nessuno pretende discutano di quanto accaduto.

Sembra siano passate ore quando Seokjin trova finalmente il coraggio di alzare lo sguardo su Namjoon – e subito se ne pente, il cuore che batte come impazzito nel petto. Namjoon lo sta guardando, i lineamenti del volto resi soffici da pensieri la cui natura non gli è dato conoscere; c'è della gratitudine, forse, ma anche qualcosa di diverso e sconosciuto. Gli sorride, e questa volta non c'è alcun ricordo triste ad impedirgli di sorridere veramente.

- Grazie, hyung. -, sussurra, così piano che sembra stia semplicemente sillabando ciò che dice. Seokjin annuisce piano, per fargli capire che ha compreso.

Ciò che non dice è: “No, grazie a te.”

Ciò che non si permette neppure di pensare è: “Joonie, credo di essermi innamorato di te.”




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Incredibile, siamo già a metà TvT il quarto capitolo, il primo dal POV di Namjoon, arriva tra il 1 e il 2 Febbraio (a seconda di quando riesco a finire di tradurlo in inglese :'D)




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Capitolo 4
*** 4 - Namjoon, Parte I ***




4



Che Kim Seokjin sia bello è un dato di fatto, Namjoon non è stupido al punto da negarlo: per notarlo bastano un paio di occhi e una mente sana. Ha pensato fosse il ragazzo più bello che avesse mai visto nell'istante in cui ha posato lo sguardo su di lui per la prima volta e lo ha trovato spaesato e rigido nel bel mezzo del caos della sala dell'appartamento. Non ha mai percepito i propri pensieri come strani, o fuori luogo, perché è in pace con le proprie scelte di vita e sa che la bellezza oggettiva può essere apprezzata indipendentemente dalle proprie decisioni e preferenze.

Il problema è che da allora quel pensiero è diventato un chiodo fisso – una bomba a orologeria che esplode una volta per tutte il giorno in cui Seokjin lascia che la rabbia prende il sopravvento e insulta la sua ex ragazza con il fervore di un amante che difende il proprio fidanzato, il cui onore è stato macchiato; il problema è che, da allora, Namjoon non può fare a meno di guardare Seokjin con occhi diversi – sovrapponendo all'immagine che ha di lui il ricordo del rossore violento sulle sue guance, delle labbra che tremano e del petto che si alza e abbassa alla velocità dei suoi respiri rapidi e furiosi. Ed è un caso, che abbia reagito così: non può essere altrimenti. Forse ha vissuto una situazione analoga, anche se Namjoon fatica ad immaginare che qualcuno possa anche solo aver pensato di scoraggiare Seokjin dal diventare un idol definendolo brutto, o forse si è trattatato di un semplice atto di gentilezza, ma le spiegazioni che riesce a fornirsi terminano lì. Le fantasie proseguono oltre quell'autoimposto limite, però: prendono il sopravvento, di tanto in tanto, e Namjoon si ritrova a pensare a come sarebbe posare la fronte contro quella di Seokjin e calmarlo con baci lenti una volta di troppo per riuscire a negare a se stesso che l'attrazione che prova nei suoi confronti non è più limitata a una semplice osservazione oggettiva.

Non si è mai davvero interrogato su cosa lo attragga. L'unica relazione che ha avuto è stata un disastro su ogni fronte, e l'ha lasciato scottato – ma prima di Hyunmi ha sempre pensato che, se l'occasione si fosse presentata, avrebbe potuto effettivamente sentirsi attratto da un ragazzo. Non ha mai cercato attivamente di confermare quell'ipotesi e non ha mai sentito la necessità di farlo, finché non è arrivato Seokjin a ribaltare completamente le sue certezze.

Ed è un problema; un enorme, mastodontico, terribile problema. Perché Seokjin non è un suo compagno di classe, non è un amico, non è uno sconosciuto particolarmente attraente incontrato per strada: Seokjin è un membro dei BTS. Anche solo pensare a lui in quel senso non fa altro che rovinare la perfetta, miracolosa armonia che c'è tra loro sette – sbilancerebbe il tutto posando un problema su quei piatti tanto faticosamente resi pari, facendoli affondare nel caos. E se le sue flebili speranze dovessero rivelarsi erronee – e Namjoon è certo che sarebbe quello il caso – allora sarebbe come tagliare a suon di idiozie la catenina che tiene su quel piatto per lasciarlo precipitare nell'abisso. Sarebbe un errore madornale e imperdonabile.

I BTS hanno bisogno di Seokjin. Lui ha bisogno di Seokjin.

(e, forse, Seokjin ha bisogno di loro)

Così si accontenta di osservarlo da dietro, in silenzio, a distanza di sicurezza; eppure finisce sempre col compiere errori – si avvicina un po' troppo, lo guarda un po' insistentemente, cerca e fa tesoro di ogni occasione che ha per poter stare con lui. A volte si domanda se la sua cotta non sia ovvia o palese – se Seokjin non sia troppo educato per parlarne, o troppo ingenuo per accorgersene. È grato in ogni caso, però, perché rinunciare a Seokjin significherebbe rinunciare ad un amico prezioso e ad un prezioso confidente: significherebbe rinunciare alla prima spalla a cui Namjoon si appoggia nei momenti di difficoltà, a battute che non meritano una risata in risposta ma a cui non può fare assolutamente a meno di ridere comunque – e non l'ha mai detto a nessuno, ma la causa spesso è da cercare nella risata di Seokjin, che ride svergognatamente delle proprie freddure, più che nella freddura stessa. Dovrebbe dire addio alla figura che gli impone di uscire dalla cucina, pena la morte, ma poi sbuffa e rimane in silenzio ad affettare, tritare e rosolare chiedendogli con tono apparentemente seccato che gli venga passata una spezia che Namjoon distingue a fatica da mille altre distinte solo dal nome sull'etichetta – e che sorride, quando Namjoon finalmente lo accontenta, abbassando lo sguardo in fretta e ringraziandolo. Ammonendolo di stare lontano dai fornelli, per il bene suo e della casa intera.

Seokjin è bello; è bello osservarlo, ascoltarlo, immaginarlo. Ha fatto passi da gigante, nell'anno passato assieme – ma si tratta poco di talento innato e molto di impegno folle, e per ciò Namjoon non può che rispettarlo ed essere grato. Anche quando l'idea che ha di lui prende ad inclinare verso il lato romantico che Namjoon preferirebbe non esistesse affatto, pensa che senza la sua voce dolce, i suoi acuti ed il titolo che condivide con lui di peggior ballerino del gruppo i BTS non potrebbero esistere – e questo è molto, molto più importante di qualunque sentimento Namjoon possa provare. Lo sarà sempre.

Ma se Namjoon può vantare un estremo controllo sulla propria emotività, un contatto solido con il raziocinio e il proprio senso del dovere, non può dire altrettanto del suo maledetto corpo – su quello, Seokjin ha un ascendente per cui Namjoon si maledice un giorno sì e l'altro pure. È così semplice perdersi nell'osservare la curva morbida della sua bocca piccola, smarrirsi nell'immaginare quanto soffici ed umide ed invitanti possano essere le sue labbra. È grato che la sua fama di svampito lo preceda, e che Seokjin lo ritenga tale – anche se con affetto – perché giustifica più di una volta la stupidità con cui si ferma a fissare le sue labbra mentre parla, Namjoon non ha idea di cosa.

È una maledizione e una benedizione assieme, e Namjoon si trova tra paradiso ed inferno – due poli uguali tra loro che lo catapultano e lo ribaltano continuamente nel loro campo magnetico, senza mai dargli la possibilità di finire da una parte o dall'altra. Ogni pensiero puro viene bruciato senza pietà dalla visione fugace e rubata ad un risveglio del fondoschiena di Seokjin che torna nei pantaloni della tuta scivolati in basso durante la notte, e ogni pensiero impuro trova la redenzione nella sua risata buffa e fresca, che Namjoon si ferma ad ascoltare come fosse una fonte d'acqua fresca – e lui un idiota assetato.

Il mondo sembra prendere finalmente una decisione la mattina in cui lo trova nudo in cucina. Non è un nudo integrale, ovviamente – si è solamente tolto la maglietta a causa del caldo afoso e insopportabile che avvolge Seoul in agosto – ma ciò non impedisce a Namjoon di bloccarsi all'ingresso della cucina, congelarsi completamente di fronte alla visione delle sue spalle larghe e mascoline e della pelle perfettamente liscia e abbronzata. Tutt'a un tratto l'idea che Seokjin sia reale non gli sembra solo poco plausibile, ma direttamente assurda – come può tanta bellezza esistere in un corpo umano e, se esiste veramente, come può esistere senza bruciare ed accecare ogni uomo che commetta il terribile sbaglio di rivolgere lo sguardo nella sua direzione?

Può quasi leggere i titoli dei giornali: uomo convive col sole per un anno e mezzo, realizza il proprio errore, muore per autocombustione.

Come se non bastasse, Seokjin sceglie proprio quel momento per voltarsi – senza neppure dargli il tempo di prepararsi, accettare l'idea che quella schiena sia davanti a lui in quel momento e proseguire per la propria strada. Namjoon scopre così che i muscoli di Seokjin sono più che timidamente definiti, che le sue clavicole sporgono quanto basta perché sia naturale pensare di volervi affondare le labbra contro, che i suoi pettorali sono graziati da due capezzoli piccoli e scuri, fatti apposta per essere toccati, succhiati, morsi. Solo in un secondo momento alza lo sguardo e nota che Seokjin sta praticamente sbrodolando kimchi, le guance piene e perfettamente tonde.

- Joonie. -, esordisce. - 'i p'ego, no' dillo a neffuno. A'e'o fame, ok? Poffiamo fa'e a metà. -

Namjoon sente che potrebbe esplodere a piangere, lì, in quel preciso istante, e non smettere fino al giorno dopo.

Non gli risponde nemmeno; si volta e scappa verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle con tanta violenza da rischiare di far svegliare di soprassalto uno dei suoi compagni; ma non ha tempo di preoccuparsene – non con il sangue completamente defluito dal cervello per andare ad alimentare quella stupida, colpevole erezione che gli pulsa nei pantaloni, né con l'immagine adorabile di Seokjin con le guance piene che continua a tornargli in mente alternandosi alla visione del suo corpo statuario e perfetto.

E allora Namjoon prende una decisione. Tappa completamente la ragione, getta via il senso di colpa – o meglio, lo rinchiude momentaneamente: sa che tornerà a farsi sentire non appena l'intensità dell'orgasmo sarà scivolata via dai suoi sensi, ma per il momento può solo darsi piacere cercando di non pensare a niente; o a niente che non sia il corpo di Seokjin, le sue labbra piene e la sua schiena grande e le sue gambe lunghissime e tutto lui che lo avvolge, lo stringe, lo tocca e guarda con sguardo adorante. Non ti considera brutto, sussurra una voce dentro di lui, un po' più forte di quella di Seokjin nella sua fantasia – non ti considera brutto e anzi, si arrabbia se qualcuno ti definisce tale. È abbastanza per immaginare che potrebbe ricambiarti, no? Abbastanza per immaginarlo che ti bacia, che sussurra il tuo nome e sorride a causa della voce rasposa con cui lo pronuncia, che si solleva e il lenzuolo che lo copriva scivola in basso e ci sono segni violacei attorno ai suoi capezzoli e ti vuole, ti vuole di nuovo, ti chiede di prenderlo baciandoti il collo e ti promette, giura di esser tuo. Tuo e di nessun altro.

C'è del karma nel fatto che il primo che vede non appena esce dal bagno sia proprio Seokjin, seduto a tavola e intento a sfamare Jungkook come una madre amorevole. - Joonie, -, lo chiama, le sopracciglia inarcate in un'espressione preoccupata. - Stai bene? Sei scappato via... -

Namjoon non sa che razza di sfacciataggine gli dia la forza necessaria a guardarlo in volto, ma quando risponde il sorriso che gli rivolge è quasi delirante. - Sto da cani. -, ammette. E poi crolla sul divano, perché Seokjin non si è neppure rivestito.





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Direi che fa caldino qui ma sono abituata a temperature assai più alte, so...

Scusate il ritardINO, dovevo finire di tradurre! E infatti il capitolo 5 arriva il 6, così posso tradurre in pace e magari portarmi avanti il lavoro per il sesto e ultimo capitolo.

Alla prossima!

-Joice

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Capitolo 5
*** 5 - Namjoon, Parte II ***




5



C'è una congiura in atto. Una qualche divinità deve essersela presa particolarmente per qualcosa che ha fatto in una vita passata, perché di tutte le maledette coincidenze quella che capita a lui è proprio la più maledetta – non riesce quasi a crederci, quando apre la porta di casa e trova solo Seokjin, seduto sul divano. Non riesce neppure a credere che sia reale lo sguardo che gli rivolge, casto e innocente quant'è.

- Dove sono gli altri? -, domanda. Seokjin mette in muto il televisore.

- Jungkookie, Taehyungie e Jiminie sono andati a vedere un film assieme. Hoseok e Yoongi erano ancora in studio quando sono venuto via, e credo di averli sentiti dire che rimarranno lì fino a domattina. -, spiega. Gli rivolge un sorriso, ma è timido, il fantasma di se stesso. - Siamo soli in casa, Joonie. -

Pronuncia l'ultima parte con uno strano tono d'aspettativa, come desiderasse che Namjoon risponda in qualche modo; ma Namjoon ha dimenticato come si parla. Riesce solo a fissarlo in silenzio, ascoltando il suono ipnotico delle gocce di pioggia che battono sulle finestre e dei tuoni lontani, il tossire rauco del cielo che segna lo scorrere di quel momento di pace e quiete. È sempre Seokjin che trova la forza di alzarsi e andargli incontro.

- Sei fradicio. -, borbotta, prendendo lo zaino dalle sue spalle e sfilandolo per posarlo a terra. Namjoon lascia che lo manovri, lo sguardo basso. - Dov'è l'ombrello? -

- Non pioveva quando sono uscito. -, risponde. Seokjin sospira, alle sue spalle.

- Questa è una bugia. Pioveva già quando sono tornato io. -, un altro sospiro, e Namjoon non ha la forza di guardare la delusione nei suoi occhi, quindi continua a fissare il pavimento. - So che l'hai rotto. Namjoon, perché mi menti? -

Non lo chiama mai Namjoon. Per Seokjin è Joonie, un soprannome che prima del suo arrivo Yoongi e Hoseok non avevano neppure mai pensato di affibbiargli, ma che hanno adottato come l'avesse tatuato in fronte. Anche i maknae lo chiamano a quel modo – Joonie-hyung, solamente Joonie se sono in vena di prendere botte. Il fatto che stia usando il suo nome per qualche ragione gli fa venire voglia di piangere: è come se stesse mettendo distanza tra loro.

Ma poi Seokjin afferra la sua mano, e prima che Namjoon possa capire cosa sta accadendo lo trascina con sé verso il bagno; non chiude la porta, perché non ce n'è alcun bisogno di farlo, e gli sfila il cappotto dalle spalle come lo ha sollevato dal peso dello zaino. - Hyung, che stai facendo...? -, mormora, ma Seokjin non si ferma neppure. C'è determinazione nel suo sguardo, la stessa che Namjoon vede in sala prove ogni volta che cantano, la stessa che maschera dietro un'espressione esasperata ogni volta che l'insegnante di ballo lo rimprovera. Seokjin è sempre il primo a rialzarsi in piedi, dopo quelle lavate di capo; spesso è lui a porgergli la mano e ad aiutarlo a rialzarsi, offrendogli un sorriso comprensivo assieme al proprio sostegno.

Con quelle stesse mani ora lo spoglia, afferra un panno dal portasciugamani alla parete e lo passa tra i suoi capelli, carezzando il capo con un po' troppa violenza. Namjoon non ha mai desiderato di essere protetto e coccolato in quel modo, ma non riesce a non fare tesoro di ogni gesto, della delicatezza con cui Seokjin gli rivolge le proprie cure. È un sollievo non dover fare nulla, per una volta.

- Stammi a sentire, Joonie. -, mormora, lasciando scivolare l'asciugamani sul suo collo; solo allora Namjoon nota due dettagli che la vicinanza gli consente di notare: anzitutto i capelli di Seokjin; sono disfati quanto i suoi, come fosse rimasto sotto la pioggia – ma Seokjin non è stupido quanto lui, non è il tipo di persona che dimentica il proprio ombrello o lo rompe o lo lascia cadere sulle rotaie e lo guarda venire sgretolato in mille pezzi da un treno ad alta velocità.

In un secondo momento Namjoon nota il suo volto. È arrossato, e un po' più gonfio del normale; Seokjin ha l'aspetto di qualcuno che ha pianto – no, nota con orrore: minaccia di esplodere a piangere in quello stesso momento, gli occhi enormi già lucidi per ragioni a lui ignote. È quasi tentato di intervenire, di chiedergli cosa sia accaduto, ma Seokjin alza un dito tra loro e Namjoon tace, immediatamente indebolito.

- No, Joonie, stammi a sentire. Sono serio. -, ripete, e questa volta prosegue: - Non so cosa sia successo, o perché ultimamente sia diventato così difficile parlarti, ma non...non voglio che sia così, tra noi. Tu mi piaci, Joonie: sei la persona più dolce e intelligente che conosca e io non voglio rinunciare alle nostre conversazioni per nessun motivo al mondo. Quindi ora ci sediamo e guardiamo un film, mangiamo, facciamo tutto quello che vuoi, e quando sei disposto a parlarmi di cosa ti sia successo me ne parli, va bene? -

Ha represso le lacrime, ma non il magone: parla concitatamente, prolungando le vocali, e da ogni sillaba Namjoon ha l'impressione che sia arrabbiato più con se stesso che con lui. I suoi sospetti vengono confermati nel momento in cui Jin crolla, abbassando le proprie spalle e stringendo le sue con le dita che vi ha posato sopra e non ha più rimosso.

- Joonie, -, dice, la voce ancora tremula. - Non lasciarmi da solo. Mi sento a casa solo quando sei con me. -

L'istante successivo scopre che nessuna delle sue fantasie regge il confronto con la realtà, e che le labbra di Seokjin sono morbide quanto zucchero filato, umide quanto la pioggia che ancora gli bagna la pelle e i vestiti, calde quanto può esser caldo solo tornare a casa dopo una giornata lunga e faticosa. Scopre che basta un bacio perché la presa di Seokjin diventi improvvisamente più debole, che basta un bacio per rubare alla sua gola un verso rauco e sorpreso, che basta un bacio a far chiudere i suoi occhi. L'istante dopo ancora, però, scopre le mani di Seokjin sulla sua nuca mentre lo preme contro di sé; scopre che il verso di Seokjin non era affatto di sorpresa, ma di compiacimento. Scopre che le sue palpebre tremano, quando bacia, e che inclina il capo e apre le labbra timidamente, un po' alla volta, timoroso forse di rendersi troppo disponibile; e che il sapore della sua bocca non gli basta mai, non gli basterebbe in mille anni di baci. Quando riemerge da quel mare di sensazioni – da quella tempesta – scopre anche di desiderare di poter annegare assieme a lui, fermi come sono in quell'istante, aggrovigliati l'uno nelle braccia dell'altro e senza fiato.

Ma poi la visione della realtà torna, strappandoli a quell'oasi. La parete dietro la schiena di Seokjin è fredda, i suoi occhi sono ancora pieni di lacrime; quando solleva lo sguardo e lo guarda nei suoi occhi c'è l'unica emozione al mondo di cui Namjoon non avrebbe mai voluto essere la causa, ed è con la stessa paura che mormora il suo nome.

Vorrebbe baciarlo di nuovo, fino a strappare dal suo cuore il terrore e ogni altra sensazione negativa – ma è molto più facile che sia Seokjin a contagiarlo, permettendo ai suoi dubbi di prendere il sopravvento. Cosa diavolo ha fatto? Mesi e mesi passati promettendo a se stesso di non commettere quell'errore, di non creare un divario nella pace che ha tanto delicatamente creato, gettati al vento nell'errore di un momento – è così tipico di lui che quasi gli viene dal ridere.

- Mi dispiace. -, sussurra. Si allontana, si allontana piano, timoroso di vederlo crollare e svanire davanti ai suoi occhi. Seokjin rimane con la schiena premuta contro la parete, una mano protesa verso di lui. Namjoon scuote piano la testa. - Hyung, mi dispiace, mi... -

Le parole gli vengono meno, la mente si spegne. È quasi in stato di trance che fa dietrofront, che scappa dal bagno e afferra il cappotto rimasto a terra e apre la porta e fugge, scendendo le scale del condominio rapidamente per provare la familiare sensazione di vertigine, sperando quasi di cadere e rotolare giù e sentire dolore fisico – qualsiasi cosa possa soffocare il dolore che sente nel petto.

Non ha ancora smesso di piovere, e lui non ha neppure pensato di afferrare un ombrello dal portaombrelli all'ingresso dell'appartamento, ma solo quando il cielo si fa scuro e le luci dei negozi si accendono e lo circondano Namjoon si rende conto che quelle che bagnano il suo viso non sono solo gocce di pioggia.









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Scusate il ritardo! Siamo quasi al finale ❤

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Capitolo 6
*** 6 - Namjoon, Parte III ***




6



Per quanto tremendi, violenti o soffocanti, gli incubi lasciano a chi li sogna almeno la possibilità di svegliarsi. Un incubo ad occhi aperti, tuttavia, non da a chi lo vive questa possibilità – ed è esattamente questo che Namjoon vive sulla sua pelle nei giorni successivi all'incidente: un incubo di cui solo lui e Seokjin sono prigionieri, unici abitanti di una dimensione fatta di silenzi, di distanze, di mormorii educati e nient'altro. Nessuno è consapevole di ciò che sta accadendo tra loro, ma Namjoon è certo che, chi più e chi meno, possano tutti percepirlo in qualche modo. È disperatamente evidente che qualcosa non vada, e il pensiero che uno dei membri che lo conoscono da più tempo possano capire cosa sia accaduto non fa che contribuire al panico soffocante.

Ma essere messi alla gogna per ciò che ha fatto da chi non è coinvolto è comunque una soluzione preferibile all'essere ignorati da Seokjin, i cui occhi non scivolano su di lui nemmeno per sbaglio. Diventa irritabile, molto più di lui, e Namjoon scopre come Seokjin affronta i propri problemi: rispondendo a monosillabi, accumulando nervoso ogni volta che sbaglia a fare qualcosa per poi sbagliare di nuovo, irrimediabilmente. A volte le mani gli tremano, e quando è certo che nessuno possa vederlo si appoggia alla superficie più vicina per scaricare la tensione, per evitare che la rabbia abbia il sopravvento.

Vorrebbe avvicinarlo e chiarire, ma dopotutto cosa c'è da chiarire? Le parole che ha balbettato dopo il bacio lasciano poco spazio ad interpretazione – è un peccato che Namjoon le abbia pronunciate senza riflettere o pensarle veramente, la mente annebbiata dall'accaduto, e non conosca quelle necessarie a domandargli scusa. Arriva a pensare che forse è stata la scelta migliore: se tornasse sui propri passi e spiegasse a Seokjin che non gli dispiace affatto, che lo bacerebbe ancora, e ancora, allora condannerebbe entrambi ad un mondo di incertezze e dubbi. Sarebbero soli, costretti l'uno all'altro per evitare che una rottura possa compromettere ulteriormente l'integrità e l'unione del gruppo. Camminerebbero in territori inesplorati, mettendo a rischio gli altri quanto loro stessi.

Eppure, per una volta, vorrebbe poter essere egoista.


La fine è un piatto che si rompe a terra, e il silenzio che segue quel macabro suono di ceramica infranta. La fine è Seokjin fermo nel bel mezzo della sala, di fronte a Jimin – che lo fissa con le mani strette a pugno vicine al petto, tremando.

Nessuno dice o fa niente per una manciata di secondi; l'unico suono udibile, là dove tutti trattengono il respiro, è il fiato pesante di Seokjin. Sta riprendendosi dall'urlo che ha ingiustamente rivolto a Jimin, esasperato da uno scherzo innocente organizzato assieme a Taehyung mentre apparecchiavano la tavola; le conseguenze di quell'urlo sono davanti agli occhi di tutti, a terra in frantumi o sul volto terrorizzato di Jimin. È sempre lui ad infrangere il silenzio, allungando una mano verso il più piccolo per posarla sul suo braccio.

- Minie. -, mormora. - Minie, scusami. Non volevo alzare la voce... -

Tira Jimin verso di sé e lo abbraccia, ben attento a far sì che non calpesti i cocci di ceramica; Jimin impiega qualche istante a sciogliersi. Carezza la schiena di Seokjin e Namjoon lo sente sussurrare: - È tutto a posto, hyung. -, ma la paura non ha ancora abbandonato il suo sguardo. Seokjin lo lascia andare e tira su col naso; tiene il volto basso, per un momento di perfetta stasi.

Poi si volta verso di lui.

Namjoon sente di aver vissuto le ultime due settimane solo in vista di quel momento. Si alza prima che Seokjin possa avvicinarsi, prima che possa dire “Namjoon, dobbiamo parlare” – ma lui lo dice comunque – e prima che possa afferrargli il polso e trascinarlo fuori, avvisando gli altri di lasciare il piatto infranto a terra, e che ci penserà non appena saranno tornati. Namjoon riesce a voltarsi in tempo per rubare l'immagine dei suoi amici e compagni intenti a fissarli chi con curiosità, chi con sospetto, prima che la porta si chiuda alle loro spalle. Non sembra Seokjin abbia intenzione di discutere sul pianerottolo, però: senza lasciar andare il suo polso, la presa salda e irremovibile, cammina a grandi falcate giù per le scale del palazzo e verso il cortile interno, fermandosi solo una volta all'aria aperta. Ha scelto un punto cieco per chiunque – non possono essere visti da chi entra nel condominio, e nemmeno da chi si affaccia al balcone dell'abitazione di fronte. Namjoon non è sicuro di cosa questo comporti: se Seokjin gli tirasse un cazzotto in pieno viso non riuscirebbe a biasimarlo, o a rispondere. Sfortunatamente per lui non è con scatti d'ira e di frustrazione che gli rivolge la sua furia, ma col silenzio: incrocia le braccia al petto e lo guarda fisso, senza proferire parola. Namjoon sfrega le ciabatte l'una contro l'altra, il corpo raggelato dal freddo autunnale.

- Hyung... -, comincia, ma proprio quando sembra aver trovato la forza di parlare Seokjin lo interrompe.

- No, ti prego, Joonie. Lascia parlare me. -, ribatte. Parla rapidamente, senza darsi un attimo di respiro; il volto rigido in una maschera di rabbia repressa che finalmente può essere espressa ad alta voce. Indica sopra di loro, verso casa. - Lo vedi cosa sta succedendo? Io non ce la faccio più. -, sospira. - Questa cosa non sta distruggendo noi, sta distruggendo loro. E sarà solo peggio, se non chiariamo. -

Fa una pausa, per permettere a Namjoon di metabolizzare il tutto; lui china lo sguardo, intimorito. Non merita neppure di guardarlo in volto, non importa quanto desideri farlo. Quando Seokjin riprende a parlare il suo tono è quello di una persona che ha terminato la pazienza, la volontà necessaria a portare avanti un conflitto.

- Perché non mi hai lasciato il tempo di spiegare, Joonie? -

Namjoon può quasi sentirlo, il suono del suo cuore che va in frantumi: è estremamente simile al suono del piatto che crolla in pezzi a terra, udito pochi minuti prima. Guarda con timidezza in direzione di Seokjin e lo trova intento a sorridere amaramente.

- Pensi...pensi di essere così intelligente, vero? Pensi di sapere sempre come funzionano le teste degli altri. È quello che ti sforzi di fare, come leader. Beh, lascia che ti dica una cosa. -, borbotta, stringendo i denti sull'ultima frase; all'improvviso le braccia che teneva inermi lungo i fianchi si sollevano e si allungano perché possa afferrare la sua maglia, tirarlo a sé. Namjoon è costretto a guardarlo, ora – ad osservare da vicino ogni tremolio altrimenti impercettibile delle sue ciglia, delle sue iridi scure. Seokjin digrigna i denti, irritato. - Avresti dovuto chiedermi cosa volevo fare invece che decidere anche per me. Ho aspettato ogni giorno che tu lo facessi, ogni giorno per due settimane, ma tu...tu... -

La presa si fa più stretta. Seokjin chiude gli occhi, la furia che minaccia di esplodere in pianto frustrato da un momento all'altro.

- ...tu sei proprio un idiota presuntuoso, Joonie! -, sbotta, infine. Riapre gli occhi umidi, strattonandolo; la sua voce è un lamento rabbioso. - Non voglio che anche tu pensi di poter prendere decisioni al posto mio! So quello che voglio, va bene? E voglio...voglio... -

La voce gli viene meno, ma non ha bisogno di dire altro; Namjoon lo guarda con occhi sgranati. Per la prima volta in vita sua sente davvero di essere un idiota – non per ragioni accademiche, non per un fallimento personale, ma per aver avuto la presunzione di decidere quale fosse il male minore senza neppure notare quanto dolore stava provocando a Seokjin, la persona che ha posto al centro del proprio universo. È con timore che solleva le mani e le posa sui polsi di Seokjin, abbassandoli piano – ed è con timore che accetta che Seokjin si lasci cadere contro di lui, premendo il capo chinato contro il suo petto.

- Davvero ti è dispiaciuto baciarmi? -, domanda, la voce piccola piccola – troppo piccola per quel corpo così ampio e caldo. Namjoon sente il cuore affondargli un po' di più – è colpa sua, è stato lui a ridurlo a qualcosa di piccolo e fragile. Avrebbe voluto essere la causa del suo sorriso, mai del suo dispiacere.

Solleva un braccio attorno al suo costato e poi l'altro, stringendolo; inclina il capo contro il suo e chiude gli occhi, percepisce Seokjin rilassarsi nel suo abbraccio. Vuole stringerlo più forte, fino a ricostruire ogni frammento della sicurezza che ha contribuito a distruggere. - No... non mi è dispiaciuto baciarti. Ovviamente. -, sussurra. Si volta senza scostarsi da lui, sentendo contro la pelle del viso quella soffice della guancia di Seokjin finché contro di essa non ci sono le sue labbra, intente a baciarla piano.

- Io ti piaccio, Joonie? -, domanda lui; e poi scoppia a ridere, sopraffatto dall'assurdità della situazione. - Perché tu mi piaci veramente tanto, maledizione. Sei il ragazzo più bello che abbia mai visto, ma sei anche un grosso scemo. -

Ed è a quel punto che Namjoon si ferma, e si allontana piano – quanto basta per guardarlo in volto. Seokjin sta sorridendo davvero, questa volta – le gote arrossate a causa della timidezza e dei suoi baci. È abbastanza certo che anche le sue guance siano altrettanto paonazze, ed è altrettanto certo di non avere quell'aria graziosa.

- Davvero pensi che io sia bello? -, domanda; Seokjin scoppia a ridere. Sfugge alla sua presa per pizzicargli le guance, sorridendo quando Namjoon protesta.

- Sei bello. -, ripete. Lo guarda intenerito, puntellando gli indici nelle sue guance. - Quando sorridi ti spuntano delle fossette, qui e qui. Ho voluto baciarle dalla prima volta che le ho viste. Sei bello, Joonie. Posso ripetertelo fino a stancarmi? -

Namjoon cerca un motivo per dirgli di no. Lo cerca, e lo cerca, fino ad esaurire lo spazio in cui cercare. Forse rifiuta di guardare dove sa che lo troverebbe per un personale capriccio – ma è la seconda volta che fa una scelta egoistica in tutta la sua vita per essere felice. La prima è stata abbandonare gli studi e le aspettative dei suoi genitori per dedicarsi alla musica a tempo pieno.

La seconda è baciare di nuovo Seokjin, sorridendo come un bimbo sperduto che ha finalmente trovato la strada per tornare a casa.




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Mi scuso per l'enorme ritardo ma la tendinite E l'inizio della stesura della mia nuova fic (che sarà una urban fantasy!AU coi vkookmin come trio principale) mi hanno portato via tempo prezioso T___T

Spero sia stato comunque abbastanza soddisfacente! Ci vediamo alla prossima fan fiction o su twitter se volete seguirmi!

Alla prossima,

- JoiningJoice

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