La danza delle ore

di _Akimi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aurora ***
Capitolo 2: *** Giorno ***
Capitolo 3: *** Notte ***
Capitolo 4: *** Mattina ***



Capitolo 1
*** Aurora ***


I.
Aurora


Sfilacciate nuvole solcano il cielo romano, nubi dalle svariate e bizzarre forme, ora insignificanti linee ora fantastiche creature.
Napoleon rimane a fissarle per minuti che paiono ore, un'espressione bambinesca dipinta sul volto e stretto nella mano – come solito – un bicchiere con tre dita di whiskey.
Non è il momento adatto per darsi all'alcool, una persona di buon senso preferirebbe un ottimo cornetto italiano per cominciare la giornata, ma Napoleon Solo non si definisce esattamente un uomo comune - per tanti motivi diversi - e il liquore che sorseggia con innata eleganza lo risveglia dal torpore mattutino.

L'aurora della città eterna si riflette nelle sue iridi, il celeste incontra le più delicate sfumature di lilla e nell'inusuale quiete che avvolge gli antichi edifici, Napoleon si ferma realmente per la prima volta, non pensa a nulla – né al suo lavoro e al motivo per cui si trova in una delle capitali più belle al mondo -, ma si lascia trasportare dall'effimera bellezza che lo circonda.

In un'altra vita avrebbe potuto essere un uomo più onesto, trascorrere una pacifica esistenza, ma conosce se stesso sin troppo bene e sa che anela da sempre a qualcosa di più alto, al Sublime – come lo chiamerebbero persone più dotte di lui.
Terribile ed eccitante – sono le due parole con cui descriverebbe la sua professione, il che non lo rattrista, ma non può ancora definirsi completamente soddisfatto.
Ha ancora tanto da vivere e da conoscere, prove lo attendono in posti che non ha mai visitato, così come nuovi incontri che cambieranno la sua visione del mondo.

Ma per ora accetta la piccola lezione del giorno e decide di abbandonare questo suo filosofeggiare mattutino che proprio non gli s'addice.
Meglio evitare il whiskey appena svegli.




 
Angolo dell'Autrice:
Praticamente questa cosa è uscita fuori per il semplice fatto che dopo aver finito Operation U.N.C.L.E. dovevo per forza scrivere qualcosa sulla magnificenza di questa pellicola.
MA, siccome sono una persona lurida, dovevo anche liberarmi di un obbligo dell'autrice Francine - che mi ha gentilmente taggato su un video preso dal film Fantasia con le note de "La danza delle ore" di Ponchielli.
Di fatto l'unica cosa che mi è venuta in mente è di scrivere una raccolta misera di flashfic ambientate nei diversi momenti della giornata che nell'opera sono descritte in un determinato ordine e ritmo.
Sarebbero: aurora, giorno, notte e mattina.
Ciao.
 

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Capitolo 2
*** Giorno ***


II.
Giorno


 
Un paio di bambini corrono sui sampietrini; riecheggiano nella via le risate spensierate e scambi di battute tra i passanti distratti che, attraversando la strada, si dirigono al bar-gelateria di una certa signora Marisa - un nome che pare dire molto agli abitanti del quartiere.
Illya osserva la scena silenzioso, rimane seduto su una delle tante panchine del piccolo parco e non si muove, quasi trattiene il respiro, mentre assiste a quel semplice momento di vita quotidiana.

Il sole di mezzogiorno riscalda il suo viso, la coppola che è solito indossare è lì, dimenticata al suo fianco, come a voler scacciare qualsiasi potenziale compagno di conversazione.
Si considera più un invisibile osservatore; ha imparato a non lasciarsi sfuggire nessun dettaglio, abilità perfezionata per lavoro, ed è così che apprezza con consapevolezza anche la più rara perla dell'incantevole Roma.
I profumi, i suoni, i volti degli sconosciuti sostituiscono, anche se solo per pochi attimi, i ricordi della sua Madre Russia, i dolorosi frammenti di memoria di suo padre, ma anche le gioie – seppur lontane – che lo hanno reso come uno di quei giovani davanti a sé.

«Vuoi anche tu un gelato, sor...?»
Uno squittìo timido attira l'attenzione del sovietico, è un mormorio quasi impercettibile, un suono che riesce però a riportarlo alla realtà.
Abbassa lo sguardo sul viso paffutello che lo accoglie con un sorriso, le labbra sporche di quello che dovrebbe essere cioccolato e due occhi del medesimo colore ad osservarlo curiosi.
«Non è troppo presto per gelato?»
La risposta dell'uomo irrigidisce il piccolo, una smorfia ingenua occupa ora il suo volto e il modo in cui corruccia la fronte diverte Illya, anche se rimane impassibile come suo solito.
«E che te frega, il gelato è sempre buono da mangiare.»
Il cucchiaio affonda nella coppa per poi scomparire nella bocca del ragazzino che, nel gustarsi il suo dolce, non si allontana fino a quanto non riceve un qualsiasi segno di conferma.
«Va bene, prendi un plombir
Quando gli porge un paio di lire la nota subito, l'espressione confusa alle sue parole, ed è solo in quel momento che Illya si rende conto di ciò che ha appena detto.
«Ah, intendevo crema, gelato alla crema.»

E il bambino scompare, ritornando solo pochi minuti più tardi con una coppetta.
Quello russo è più buono, però.


 

Angolo dell'autrice:
Sor dovrebbe essere signore in romano, presumo? Ho lasciato i punti di sospensione perché il bimbo non conosce il nome dell'uomo con cui parla.
Il Plombir è un gelato russo che nell'URSS andava parecchio (e a quanto pare costava pure), ispirato dal francese plombière che risale all'epoca di Napoleone III.
Lo dico perché non so se il plombir sia diventato famoso in URSS negli anni '70-'80 o già prima, quindi potrebbe essere del tutto sbagliato.
Ho fatto questo calcolo: il padre di Illya è stato vittima delle purghe staliniane e lui aveva 8 anni, significa che la sua data di nascita è 1930/1931, nell'URSS i gelati sono della metà del '40, ma non se il plombir è tra questi.
Il senso è che Illya potrebbe aver provato il suo primo gelato a 13-15 anni? Boh.
Prendetela così com'è.

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Capitolo 3
*** Notte ***


III.
Notte
 
Gaby ha occhio per tante cose, il buio non la spaventa e ritrova le sagome degli eleganti mobili istantaneamente, anche se ha passato non più di due notti in albergo.
Quando lascia il bagno riesce a raggiungere il suo letto senza fatica, inciampa solo in uno dei suoi vestiti abbandonato a terra, ma non perde l'equibrio – o almeno, non in modo goffo – ritrovandosi sdraiata contro il materasso morbido.
Gaby ha orecchio per tante cose, lavorare nel mondo della meccanica l'ha aiutata; riconosce il rombo del motore di una Aston Martin o di una più classica Corvette; riesce a seguire il ritmo di qualsiasi canzone quando balla, così come percepisce le lievi sbavature della voce di uno straniero che parla tedesco.

Eppure, ci sono dei suoni che riescono ancora a stupirla, per quanto umani e istintivi; forse è la naturale espressione che sprigionano che la destabilizza perché – dopo una vita così tanto complicata – soffermarsi su un dettaglio così sciocco la illude di essere una persona come tutte le altre.
E nella stanza buia sente solo il respiro di Illya; sono lontani, troppo per essere dei falsi fidanzati, ma anche da quella posizione riesce a capire che non si è ancora addormento.
È un sospiro quasi impercettibile, un lieve sbuffo d'aria che Gaby immagina contro la propria pelle ed è così che il suo viso comincia ad avvampare.
Non è più una ragazzina, non ha neanche mai creduto nel principe azzurro, ma non riesce a scacciare dalla mente una frase che Illya ha pronunciato giorni prima, ignorando completamente la sua bellezza – a differenza di tutti gli altri uomini.
Perché Gaby sa di essere bella, nota gli sguardi che le dedicano, ma Illya è andato oltre alle apparenze e – ne è certa – si stupirà anche della sua abilità nel mentire, molto presto.

 
«Buonanotte, caro il mio architetto.»
Una donna forte con un uomo altrettanto forte, può funzionare, giusto?


 

Angolo dell'autrice:
Io ricordo che avevano letti separati nella camera d'albergo, ma potrebbe anche non essere vero; ho una pessima memoria.
Di solito negli spy movie le donne sono belle quanto letali; credo che la Vikander abbia interpretato una Gaby "genuina", anche perché per buona parte del film sembra che lei sia effettivamente una donna normale, poi dopo accade il misfatto haha; però mi è piaciuta perché non è stata la donna tra due personaggi maschili, valevano tutti e tre allo stesso modo, a prescindere dal loro genere.
Illya ha detto: " Mi piacciono [le] donne forti" e personalmente credo che a tutti dovrebbero piacere donne così, anche se di questi tempi sembra che per certi piccoli uomini le donne cazzute siano più un ostacolo che una sfida, peccato.

 

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Capitolo 4
*** Mattina ***


IV.
Mattina

Roma è particolarmente trafficata a quest'ora del mattino; i turisti in partenza trascinano le valigie verso le auto che li attendono vicino all'entrata, ma trovano fiato per sbraitare contro i poveri facchini che, non sapendo più dove mettere mano, si scambiano sguardi brevi e disperati.
Una fila di spazientiti lavoratori occupa la strada, pugni che sbattono contro i clacson e finestrini che si abbassano per donare un po' di aria fresca agli stanchi passeggeri.
Vivace, ma sfiancante – è anche questa, la mattina a Roma; un lieve senso di dispiacere rimane, pensando di doverla abbandonare, ma non mancherà a nessuno il caotico via vai delle graziose Seicento e il colorito parlare degli autisti.

«Peccato non avere alberghi come questi in America.»
Napoleon scende i gradini che lo dividono dal marciapiede e si piega per un attimo, raccogliendo uno stravagante cappello che una giovane donna ha perso durante la sua fuga.
Basta un sorriso per vederla arrossire, bisbiglia un timido buongiorno e Napoleon ricambia, sistemandosi la giacca di quel bel completo italiano che fascia il suo corpo perfettamente.
«Tutti posti da capitalisti.»
Illya è poco dietro di lui; tiepidi raggi di sole gli sfiorano il volto e d'istinto si copre, nascondendo una smorfia infastidita nel vedere quanto viscido il cowboy riesca ad essere con qualsiasi donna che incontra per strada.
«A me mancherà, ma dicono che Istanbul sia stupenda durante questo periodo dell'anno e credo che cambiare aria mi farà bene.»
L'ultima ad uscire è Gaby, non indossa più uno dei suoi colorati vestiti, ma un paio di pantaloni scuri – ritornando ad essere la donna un poco più scontrosa che Napoleon ha incontrato settimane prima, nell'officina in Germania.
«E farà bene anche a voi due.»
Napoleon e Illya si scambiano una breve occhiata, entrambi poco convinti, ma l'idea di lavorare insieme inizia ad essere più piacevole di quanto potessero pensare, anche se non riusciranno mai ad ammetterlo con sincerità.

«Ah, la vecchia Costantinopoli; ci sarà da divertirsi, vero?»
Uno statunitense, una tedesca e un russo prendono di nuovo un aereo assieme, non è la prima volta e non sarà l'ultima.
Un inizio niente male per una barzelletta.

 

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