Every Breath You Take di _Cthylla_ (/viewuser.php?uid=204454)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Every Breath You Take ***
Capitolo 2: *** Love To Love You Baby ***
Capitolo 1 *** Every Breath You Take ***
Every
Breath You Take
Era la sua sera libera.
La
sua.
Sera.
Libera.
Un
guerriero della giustizia come lui, un eroe conosciuto in
tutto l’Universo Undici per le sue encomiabili azioni, che si
dava da fare
quasi ventiquattro ore su ventiquattro e quasi tutti i giorni
dell’anno, meritava
eccome una sera libera. Giusto?
No,
Sbagliato.
– Hra-tsa-tsa, ia
ripi-dapi dilla barits tad dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii
ba ribi,
ribi, ribiriz den teahlando! –
–
Toppo, sei sul posto, intervieni!
–
Non
sarebbe stato necessario che i suoi colleghi Pride
Troopers lo avvisassero di quel che stava accadendo in
città, l’ “attacco” era
iniziato da circa un minuto e lui sapeva perfettamente sia qual era il
luogo
preciso, sia perché stava avvenendo, sia
l’identità dell’aggressore.
– La barillaz dillan
deiallou ara va reve reve revydyv dyvjavuo/ Bariz dah l'llavz dei lando
dabaoke
dagae gadae due due dei ia do/ Hra-tsa-tsa, ia ripi-dapi dilla barits
tad
dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii ba ribi, ribi, ribiriz den
teahlando!
–
–
TOPPO!
–
«Ricevuto,
ora vado. Vado» ripeté, passandosi una mano sul
volto coperto dai grossi baffoni bianchi.
Pagò
il dovuto al barista, premurandosi di lasciare anche
una cospicua mancia, e si allontanò dal bancone, quanto mai
sconsolato. Non si
premurò nemmeno di togliersi di dosso l’elegante
completo che indossava, perché
tanto sapeva benissimo che questo non avrebbe avuto ragione di
stropicciarsi.
Uscito dal bar si alzò in volo, diretto dov’era
necessaria la sua presenza.
– La barillaz dillan
deiallou ara va reve reve revydyv dyvjavuo/ Bariz dah l'llavz dei lando
dabaoke
dagae gadae due due dei ia do! –
Nella
sua vita da Pride Tropper aveva avuto a che fare più o
meno con… beh, qualunque tipo di disordine e
malvagità potesse venire in mente
a chicchessia. Aveva affrontato e sconfitto cattivi di ogni genere, in
linea
con la totale limpidezza dei suoi ideali, era sempre stato in prima
linea a
combattere il male in tutte le sue forme e aveva sempre avuto successo.
Poi però era arrivata Shokkairai.
– Arattzattza ya
ribiraririn raba rittan rindam denrandu/ Waba rittatta parippari pariri
ribiribi risutan denrandu! –
Quella
Jakalopei non si poteva definire veramente
“cattiva”.
Non le interessava proprio rovesciare governi, conquistare pianeti,
formare
bande di teppisti, ricattare politici, rapinare banche o fomentare
rivolte, e
non agiva mai mossa da intenzioni malvagie… peccato
però che, se non veniva
bloccata in tempo, finisse spesso col fare un casino assurdo.
Sempre
nei pianeti dov’era presente lui, ovviamente.
«Yaba rindan tenran
deiaroo waraba dubudubudubu deiebu/Ra rittan dinran denrandu
tatatataduuduu
deiabuu!»
Un
mecha gigante costituito da veicoli di vario genere stava
ballando la stupidissima canzoncina che ormai, per il guerriero, era
diventata
la colonna sonora di quel genere di guai.
Toppo
era abituato a ben altro, e
un mecha che ballava non sarebbe stato
nulla di male, di per sé… peccato che stesse
terrorizzando mezza città.
«SHOKKAIRAI!» urlò
a pieni polmoni il Pride Trooper, appena fu abbastanza vicino.
Il
ballo forsennato del grosso mecha si fermò
all’istante. «Toppuccio! Finalmente!»
esclamò battendo
le mani, e le onde d’urto provocate da quell’azione
mandarono in frantumi le
vetrate del palazzo dirimpetto.
Il
Pride Trooper si trattenne a stento dal fare un facepalm
colossale. «Primo: non chiamarmi con quel nomignolo! Secondo:
esci subito da
quell’affare e riporta i veicoli al loro stato originario!
Terzo: sei in
arresto!»
«In
arresto? Ah beh! Non c’è due senza tre e il
quattro vien
da sé!» fu la risposta proveniente
dall’interno del mecha, della quale Toppo
capì a stento l’ultima parte
«Toppuc-»
«Non
allargare le braccia o butterai giù i palazzi!» la
fermò lui «Obbedisci ai miei ordini e smetti di
fare danni, o sarò costretto a
usare la forza, e non ti piacerebbe affatto».
«Sai
ho trovato il video della nostra canzone, c’è
questa
tizia con i codini azzurri che balla e canta dovunque va, è
tutta un
la-la-la-la-la-la-la-là!»
«SHOKKAIRAI!»
«Uuuh,
va bene, va bene».
Vedendo
i veicoli iniziare a staccarsi dalle braccia e dal
corpo del mecha, Toppo fece un lungo sospiro.
Lui
era quello che solitamente schiacciava sotto il ferreo
pugno della giustizia qualunque azione malvagia -grande o piccola che
fosse-
ma, al di là del fatto che la Jakalopei non fosse veramente
cattiva, il Pride
Trooper riconosceva a se stesso una grossa parte di colpa per le azioni
sconsiderate
di quella benedetta figliola.
«Toppuccio!»
Quello
strillo fu il solo segno premonitore che riuscì a
evitare al guerriero di essere assalito dal piccolo esserino che aveva
appena
provato ad appicciarsi a lui. «Hai terrorizzato mezza
città, hai distrutto
tutte le vetrate di quel palazzo, verrai punita per i danni che hai
fatto!»
«Oddio
sì ti prego, sculacciami!» esclamò
entusiasta
Shokkairai con la sua vocina acuta, stringendosi nel suo cappottino
viola pieno
di stelle arancioni «Sculacciami come se fossi uno dei tuoi
supercattivi!
Sculacciami con ardore!»
In
verità, per sculacciare quell’occhialuta
creaturina dai
capelli rossi raccolti in una treccia sarebbero bastate due dita di
Toppo:
Shokkairai, la Jakalopei azzurra con corna ramificate e grosse orecchie
pelose,
era gracile e arrivava a stento al metro e quaranta di altezza.
Difficile
pensare che potesse fare danni in giro… ed era ancor
più difficile credere che
fosse fuggita tre volte da tre diverse prigioni.
Toppo,
che stavolta non trattenne il facepalm, arrossì
leggermente. «Vuoi farla finita o no con certe cose?! Sono
indecenti,
soprattutto in bocca a una ragazzina della tua età, e non
tirare fuori
nuovamente la storia che hai quattromila anni,
perché-»
«Perché
ieri ne ho compiuti quattromilauno!» esclamò lei
«Due ricorrenze belle una di fila all’altra!
Toppuccio, lo sai che giorno è
oggi?» domandò la ragazza, tirando fuori da sotto
il cappotto un quadretto
«L’anniversario della nostra prima ordinanza
restrittiva, non è meraviglioso?
Esatto! E tra esattamente tre mesi e quattro giorni sarà
l’anniversario della
nostra seconda ordinanza
restrittiva,
non è fantastico? Sì! È una cosa
romantica? Certo!»
Toppo
non poteva credere che fosse veramente passato più di
un anno da che lo stalkeraggio nei suoi confronti da parte di
Shokkairai aveva
avuto inizio, eppure le cose stavano proprio così.
La
Jakalopei si era avvicinata a lui la prima volta in un
bar, perché avendolo riconosciuto desiderava tanto avere un
autografo e una
foto insieme a lui, e Toppo l’aveva accontentata,
perché rendere triste una giovanissima
e tenera fanciulla rifiutandole due cose così banali non
sarebbe stato degno di
un eroe della giustizia.
Peccato
che subito dopo quella “ragazzina” gli avesse
sussurrato all’orecchio una proposta sconcia, la
più sconcia tra le proposte
sconce che avesse mai ricevuto; ripensando a quel frangente, si
sconvolgeva
tuttora.
Ovviamente
aveva rifiutato -tra le altre cose perché, con la
differenza di mole che c’era tra loro, l’avrebbe
rotta in due anche se per
accontentarla avesse usato il proprio dito più piccolo- ed
aveva perfino
abbandonato il locale, ma ormai il danno era fatto:
l’ossessione di Shokkairai
nei suoi confronti era iniziata, con relative conseguenze.
Non
era la prima volta in cui Toppo aveva avuto a che fare
con delle fan particolarmente insistenti, ma Shokkairai era a un
livello tutto
suo. Questo soprattutto perché, come aveva avuto modo di
scoprire nel tempo,
era una “cyberpatica” -tradotto: poteva inserirsi
in qualunque rete e qualunque
cosa fosse provvista di un sistema operativo, modificandolo e
“muovendolo” come
le aggradava, incluso quello di ogni telefono.
Ricordava
ancora a memoria le parole della prima chiamata.
– Toppuccio!
«Cos- ma chi è che
parla?!»
– Ma sono io, la tua Shokki!
Allora, adesso hai voglia di fare la cosa che ti ho proposto quella
sera al
bar? Eddai, Toppuccio!
Cambiare
numero o tipo di telefono non era servito a nulla:
finché ne avesse avuto uno, lei avrebbe sempre potuto
rintracciarlo, e infatti
non aveva fatto altro che chiamarlo tutti i giorni per due mesi interi,
per poi
arrivare anche a entrare nel suo appartamento!
Fortunatamente
per lui, l’esistenza del reato di stalking
gli aveva consentito di arrestare e far incarcerare
quell’esserino esasperante…
ma non per molto. La prigione in cui era stata rinchiusa era ad
altissima
tecnologia, e proprio per quel motivo era riuscita a scappare meno di
due
giorni dopo.
Da
quel momento in poi non lo aveva chiamato più, ma aveva
iniziato a creare casini appositamente per spingere la sua squadra a
intervenire e poterlo incontrare ancora, che forse era perfino peggio.
Inizialmente
gli altri Pride Troopers, i quali ormai
sapevano che lei era la “sua” stalker, avevano
preso la questione sul ridere…
ma avevano smesso la volta in cui la Jakalopei aveva “dato
vita propria” a
un’intera città ipertecnologica, e una volta messa
in carcere era riuscita di
nuovo a evadere.
«Non
c’è nulla da festeggiare»
borbottò il Pride Trooper «Ti
ho ripetuto centinaia di volte che lo stalking e le molestie sono dei
reati,
oltre alle evasioni e a tutto il resto dei guai che combini. Non
c’è nulla di
romantico in tutto ciò».
«Ma
io lo so che sotto sotto hai cominciato a volermi un
pochino bene, se no mi avresti già justiceflashiata.
Potresti liberarti di me quando vuoi, hai ucciso malvagi che
erano meno
insistenti di me, dopotutto» disse Shokkairai, col suo
sorriso storto «Chi
altri potrebbe arrivare a evadere ben tre volte solo per te, o potrebbe
amarti
con la stessa intensità nonostante tu sia sempre in giro qui
e là in questa
gabbia di matti? Chi altri potrebbe scegliere una canzone di coppia?
Chi altri
potrebbe darti tante attenzioni e farti trovare la casa piena dei tuoi
cioccolatini preferiti?... sì, te li ho messi in casa prima
di raggiungerti
qui, Toppuccio!»
«Sei
entrata in casa mia un’altra volta?!»
sbottò il Pride
Trooper, afferrando la Jakalope con una sola mano. Piccola
com’era, riusciva a
stringerla tranquillamente nel suo pugno immenso.
«Mmmmh,
adooooro
quando mi stringi così!» esclamò la
ragazza, con un gemito di piacere
«Toppuccio, parliamoci francamente: ti ho già
detto in un’altra occasione che
se tu mi accontentassi anche solo una volta questa ossessione per te
potrebbe
perfino passarmi, e sono sincera, sai? Anche il tuo collega forte e
silenzioso
meriterebbe le mie attenzioni!»
Toppo
alzò gli occhi al cielo, e la lasciò cadere a
terra.
«Chi, Jiren? Lascia perdere, non è proprio il
caso».
«Sei
geloso della tua stalker preferita? Esatto! Non è una
cosa meravigliosamente romantica? Sì!»
squittì Shokkairai, con uno sguardo
sognante negli occhi blu.
«Io
non sono!... ah, lasciamo perdere. Come dicevo, sei in
arresto, e no, non voglio né posso accontentarti.
Shokkairai, ti rendi conto
che le mie…» abbassò la voce
«Le mie “dimensioni” sono eccessive, per
te?!»
Lei
tirò fuori dal cappotto un lungo bastoncino di zucchero.
«Shì, beh,
potresti usare altri
organi! Non avrai quattromilauno anni, ma saprai pure come si
fa» disse, e
iniziò a leccare il dolciume con gran gusto.
«Tendi
le braccia in avanti, così che possa ammanettarti e
portarti in carcere» disse Toppo, scegliendo di ignorare
l’allusione.
Shokkairai
obbedì con entusiasmo. «Sì!
Ammanettami! È così
sexy!»
Toppo
mise una mano in una tasca, e trovò solo delle manette
elettroniche ultimo modello, ma non se ne curò, conscio che
la Jakalopei non si
sarebbe voluta liberare. «Immaginando che un giorno saresti
tornata a farti
viva ho fatto progettare una cella appositamente per te
all’interno di un
carcere di massima sicurezza. Completamente isolata. Non
c’è alcuna connessione
disponibile nel raggio di cento metri, dal tutte le angolazioni. Voglio
vedere
come ne uscirai, stavolta».
«Oh,
allora mi hai proprio fregata, Toppuccio. Povera
piccola Shokki» sospirò la Jakalopei.
Toppo
non sapeva se lo stesse prendendo in giro o fosse
seria, esattamente come non sapeva tante altre cose sul conto di quella
creaturina. Da dove veniva? Era una Jakalopei per sua definizione, ma
lui aveva
fatto delle ricerche, e non c’era traccia di quella razza;
neppure l’Hakaishin
Vermoud, dall’alto della sua esperienza, aveva idea di cosa
fosse un
“Jakalopei”.
Non
aveva trovato riscontri neppure cercando informazioni
sulla vita della ragazza prima del loro incontro, come se Shokkairai
avesse
iniziato a esistere solo da quella sera, ma era impossibile,
soprattutto se la
storia dei quattromilauno anni era vera.
Era
un rebus di cui non c’era modo di venire a capo.
Raggiunsero
l’astronave di Toppo, il quale ormai aveva fatto
tanti cari saluti alla sua serata libera, e proprio in quel momento
venne
raggiunto da una comunicazione dell’Hakaishin Vermoud: aveva
l’ordine di
presentarsi da lui il mattino dopo per andare insieme a lui ad
assistere a una
cosa chiamata “Zen Exibition Match”.
«La
preparazione per diventare un Hakaishin continua, eh?»
commentò la Jakalopei «Cos’è
una Z.E.M.?»
«Non
ne ho idea» ammise il Pride Trooper «Immagino che
lo
scoprirò presto».
«Me
lo racconterai quando ci rivedremo, Toppuccio» sorrise
Shokkairai «In carcere, certo, cosa credi?»
Decidendo
di non volerle rispondere, Toppo partì alla volta
del carcere che aveva scelto.
La
convocazione di Vermoud gli dava ben altro a cui pensare,
molto più serio rispetto a quella strana creatura, che
sicuramente sarebbe
rimasta in gabbia per un bel pezzo. Lui e il Generale Khaseral avevano
contribuito all’ideazione di quella cella: non poteva fallire.
***
«Lord
Vermoud, sono pronto a partire» affermò Toppo,
tirando
su il cappuccio scuro del mantello che aveva indossato per
l’occasione. Non era
stata una sua idea, ma venendo dal Kaioshin aveva obbedito senza
esitare.
«Ottimo»
annuì Vermoud «Allora andiam… pare che
gli altri
Pride Troopers ti stiano cercando. Rispondi pure».
«Eppure
avevo detto loro che mi sarei assentato, cosa può
essere successo?!» si stupì Toppo, il quale tra
l’altro ricordava di aver
spento il dispositivo di comunicazione esclusivo per la sua squadra
«Qui Toppo.
Cosa succede?»
– Hra-tsa-tsa, ia
ripi-dapi dilla barits tad dillan deh lando/ Aba rippadta parip parii
ba ribi,
ribi, ribiriz den teahlando! –
Dopo
un attimo di stupore legittimo, il Pride Trooper chiuse
precipitosamente la comunicazione. «Non ci credo. Dopo
nemmeno una notte, la
Jakalopei è evasa…»
«Ancora?
Toppo, se vuoi davvero risolvere la questione
dovresti proprio cercare soluzioni più
“definitive”, al nostro ritorno» disse
Vermoud.
«L’ho
pensato più volte. Il fatto che nonostante tutto non
sia veramente malvagia -o almeno, non secondo la mia opinione-
trattiene un
po’la mia mano» disse il guerriero «Forse
però sarò costretto a seguire il suo
consiglio, Lord Vermoud».
Conclusero
così il discorso, e partirono alla volta del
palazzo di Re Zeno.
Da
quel momento in avanti, la stalker di razza Jakalopei e
la sua canzoncina sarebbero stati tra gli ultimi pensieri del capo dei
Pride
Troopers.
Non so perché ho scritto questa one shot, né
perché l'ho ambientata nell'Universo 11, né da
quale meandro del mio cervello sia sbucata Shokkairai. Sono come Jon
Snow, non so niente, se non che l'ho scritta e basta :'D
La canzoncina e il video cui si riferisce Shokkairai è la versione di Hatsune Miku della "Ievan Polkka"
, e il nome della razza di
Shokkairai derviva dal jackalope, l'animale immaginario cui il suo
aspetto è ispirato. Ah, un'altra cosa: il titolo di una one shot deriva dall'omonima canzone che... niente, considerando quel che dice trovo sia puramente da stalker xD
Ho fatto un disegno veloce, che vi
lascio qui sotto.
Alla prossima,
_Dracarys_
|
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Capitolo 2 *** Love To Love You Baby ***
Stavolta faccio contenta felinala, e metto le note
quassù xD
perché, prima che vi cimentaste nella lettura, volevo
chiarire che questa seconda one shot è ambientata prima
dell'altra, quando Shokkairai era la stalker di Toppo "solo" da diversi
mesi.
Giustamente, le cose mi vengono in mente a caso e io le metto
giù a caso.
Lascio il >>>Link<<<
della
canzone citata nel testo qui sotto.
Buona lettura! :)
Love
to love you baby
Percorrendo
il breve corridoio che conduceva alla porta del
suo loft, posto all’ultimo piano di uno dei palazzi
più grandi e alti della
città, il leader dei Pride Troopers si stiracchiò
pigramente. Erano ormai più di
due settimane che mancava da casa, e sebbene fosse abituato a quella
vita molto
più che attiva, passata a combattere il male in ogni dove,
era sempre piacevole
fare ritorno nel suo “piccolo angolo di paradiso”.
Per Toppo
quel loft era letteralmente un piccolo mondo al
riparo da tutte le brutture dell’Universo, un posto dove
poteva persino
permettersi di togliere la divisa in favore di un enorme pigiama di
pile nero
-con tanto di cappuccio e orecchie da orso- e di leggere un buon libro
con
della musica classica in sottofondo e una bella tazza di cioccolata
calda in
mano.
Le sue ferie
erano quasi “forzate”,
perché in
quanto leader doveva dare il buon esempio a tutti facendosi vedere
sempre
instancabile, e dunque il resto dei membri della squadra doveva fare
sempre
molto per convincerlo… ma la verità era che anche
per lui, come per chiunque
altro, quei preziosi momenti di riposo erano una goduria.
Gettò
un’occhiata fuori dalle ampie vetrate che
rischiaravano
il corridoio. La città era talmente piena di luci, e dunque
di gente, da
sembrare un formicaio luminescente; era colma di vita e di persone per
quanto il suo
loft
invece non lo era.
Aveva scelto
la vita di eroe della giustizia e no, non era
assolutamente pentito di essersi completamente votato alla causa, ma a
volte la
consapevolezza che la sua casa era -e sempre sarebbe stata- vuota
riusciva
addirittura a punzecchiarlo leggermente.
Non avrebbe
mai avuto una famiglia, dei figli, una moglie:
lui aveva coscientemente sposato la Giustizia,
e la giustizia non era un tipo di donna pronta ad accoglierlo tra le
proprie calde
braccia a notte fonda. Non era un pensiero che potesse farlo vacillare,
ma non
era neppure tra i più piacevoli.
Per un
attimo, mentre il sistema di riconoscimento
dell’iride inserito nella porta d’ingresso faceva
il suo dovere, si chiese come
sarebbe stato tornare a casa e trovare una tenera fanciulla ad
accoglierlo con
un sorriso e, magari, una confezione piena dei suoi cioccolatini
preferiti.
La porta si
aprì, scorrendo verso l’alto.
“Ahaaw, I love to love you,
baby
Ahaaw, I love to love you, baby
Ahaaw, I love to love you, baby
Ahaaw, I love to love you, baby
When you're laying so close to me
There's no place I'd rather you be than with me-ee, uh!...”
«Toppuccio!»
Della serie:
“Meglio fare attenzione a quello che si
desidera”.
Anche se di
certo Toppo non aveva desiderato di trovarsi
davanti nientemeno che Shokkairai -la Jakalopei che da diversi mesi era
diventata la sua stalker ufficiale- evasa di prigione circa tredici
giorni
prima.
In quel
lasso di tempo non aveva ricevuto alcun contatto da
lei e, anche se gli era sembrato ben strano visti i precedenti, si era
illuso
che l’ossessione per lui potesse esserle passata.
Peccato che
a giudicare dalla musica, dalle luci soffuse del
loft, dalla quantità di cioccolatini e candele profumate e dal fatto che si
fosse intrufolata in casa sua,
si fosse sbagliato
in pieno.
Ma la musica
e le candele non erano il peggio.
«Voglio
ammanettarti e possederti con forza brutale per
tutta la notte, Toppuccio mio!» squittì
Shokkairai, “vestita” solo di un
completino intimo nero e viola che in teoria sarebbe dovuto essere
sexy,
agitando delle manette ricoperte di pelo viola che messe una
sopra
l’altra
erano quasi più alte di lei.
“Do it to me again and again
You put me in such a awful spin, in a spin, in-uh
Ahaaw, I love to love you, baby
Ahaaw, I love to love you, baby
Ahaaw, I love to love you, baby
Ahaaw, I love to love you, baby!...”
Il
guerriero, fissando con gli occhi sbarrati la Jakalopei e
il suo completino, scosse lentamente il capo, indietreggiò
di qualche passo, e infine si catapultò letteralmente fuori
dalla porta, facendo
sì che si chiudesse
alle proprie spalle.
Poggiò
la schiena contro la parete, guardando fisso davanti
a sé.
Era
stata
un’allucinazione, solo e soltanto
un’allucinazione
dovuta alla troppa stanchezza, o allo stress accumulato o… o
vattelapesca. Non
poteva essere vero, Shokkairai non poteva davvero aver profanato in
quel modo
il suo piccolo e solitario angolo di paradiso, non era possibile. Il
suo
sistema di sicurezza non era forse di tecnologia ultimo modello?!
Ah,
già: quella lì era una
“cyberpatica”, dunque un sistema
di sicurezza come il suo, per lei, era più una facilitazione
che un problema.
Però
dai, non poteva veramente essere lì, non
avrebbe avuto
senso evadere e poi presentarsi in casa sua, giusto?
Toppo fece
un respiro profondo, contò fino a dieci, si fece
coraggio, ed entrò di nuovo in casa.
«Hai
avuto quella reazione perché il colore del
pelo non ti
piaceva, vero? Io volevo le manette col pelo rosso, ma così
grosse c’erano
rimaste solo quelle viola» disse Shokkairai, con una
smorfietta di disappunto.
Sì,
purtroppo era davvero lì, per quanto assurdo
e insensato
potesse essere.
Il Pride
Trooper non disse una parola: disolse lo sguardo
dalla piccola stalker, la superò dirigendosi a grandi passi
verso uno dei
divani presenti nel salotto attiguo e agguantò una coperta.
«Toppucc-»
«Copriti!» intimò
con fare severo a
Shokkairai
-che l’aveva seguito- lanciandole la coperta «Hai
commesso una violazione di
domicilio, e a questo si integra anche il reato di molestie! Ma poi,
per l’amor
del cielo, ti sembra un abbigliamento consono a una
ragazzina?!»
«Io
ho quattromila an-»
«Ti
ho già spiegato che non credo a questa storia
dei quattromila
anni, Shokkairai, e te lo ripeto: copriti. Se potessi capire cosa passa
per
quella tua testa da Jakalopei!...» borbottò.
«Al
momento mi sta passando per la testa che forse, oltre a
cercare delle manette rosse, dovevo mettermi il corsetto di pelle con
le
fibbie. Lascia i seni scoperti! Non è una cosa sexy?
Esatto!»
«“Esatto”
un corno! Ora per colpa tua ho
in testa cose che- ti ho detto di
coprirti!»
esclamò,
provvedendo lui stesso ad avvolgere quello scricciolo ninfomane nella
coperta
dopo averle tolto di mano le manette «Hai delle orecchie
belle grandi, quindi
non fare la sorda!»
«Oddio
sì Toppuccio toccami ancora! Ancora!»
disse Shokkairai, con un gridolino estasiato.
«Ah,
ma smettila di-»
«Cos’è
che hai in testa?»
Toppo,
perplesso, la mise a sedere sul divano.
«Prego?»
«Avevi
iniziato a dire che ora per colpa mia avevi in testa
“cose”! Hai in testa me che ti ammanetto, vestita
con quel corsetto e ricoperta
di zucchero a velo da leccare via tutto! Non è
fantastico?»
Ecco, dopo
questo non avrebbe toccato mai più qualunque cosa
avesse avuto sopra anche solo un minimo di zucchero a velo.
«Ascolta, è tempo
di fare un discorso molto serio. Tu non sei una persona cattiva, e
nonostante i
guai che combini resti una fanciulla indifesa rispetto al sottoscritto;
in
virtù di ciò, da eroe della giustizia quale sono
sarebbe disonorevole
maltrattarti… però non puoi andare avanti
così, spero che ti renda conto. Una
signorina perbene non agisce in questo modo!»
dichiarò Toppo, sollevando
l’enorme indice dell’altrettanto enorme mano destra.
«Toppuccio,
ho quattromila anni e
quattrocentoquarantaquattro mariti alle spalle, non sono più
una signorina da
un bel pezzo! Giààà!»
esclamò, con
l’aria di chi aveva avuto un’illuminazione divina
«Potresti fare come hanno
fatto loro, ossia cedere al mio corteggiamento e fare di me la tua
Toppuccia
adorata! Ti legherei al letto e ti ricoprirei di glassa tutte le
sere!»
Se Toppo
avesse avuto i capelli se li sarebbe strappati
tutti a causa dell’esasperazione. Ebbe la tentazione di
ripiegare sui baffi, ma
la consapevolezza che avrebbero rovinato il suo aspetto, che lui
reputava
essere maledettamente sexy, riuscì a evitare il disastro.
«Shokkairai! Ti ho appena
detto che devi farla finita con certe cose,
e ti ho spiegato più volte che non crederò mai,
MAI, che tu possa avere
quattromila anni, e tantomeno che tu possa aver avuto
quattrocentoquarantaquattro
mariti. Non so se tu mi sia prendendo in giro…»
«Non
mi permetterei mai».
«…
o piuttosto se tu sia veramente convinta di
quello che
dici. Se così fosse devi aver avuto un’infanzia
alquanto sventurata, o non
saresti arrivata a inventarti questa specie di realtà
alternativa in cui vivi,
ma non puoi continuare così» proseguì
lui, imperterrito «Lo stalking è un
reato, la violazione di domicilio è un reato, le molestie
sono un reato, e sei
fortunata che l’oggetto della tua ossessione sia io,
perché se fosse stato
chiunque altro a quest’ora le tue piccole corna da Jakalopei
sarebbero il suo
trofeo! Saresti potuta finire in guai ben peggiori di una prigione!
Già, a
proposito: non-
si- evade- dalla-
prigione!
È anch’esso un
reato!»
«Mi
hai costretta tu a evadere: in prigione non ci fanno
vedere i notiziari, in una settimana non sei venuto a trovarmi neppure
una
volta, di conseguenza io non sono “venuta” in alcun
senso, e ti assicuro che ci
ho provato! Tante volte! Ho tanta fantasia ma dovrò pur
alimentarla in qualche
modo, Toppuccio».
“Perché
a me? Perché a me?!”
pensò Toppo, sempre più vicino
a strapparsi i baffi. «Stammi a sentire, adesso ti
spiegherò precisamente quel
è il modo giusto di comportarsi, tu mi ascolterai in
silenzio, capirai quel che
ti dirò, uscirai da quella porta e non entrerai mai
più! Anticipazione: parlare
delle “cose” che fai con, ehm, te
stessa…»
«Si
dice mast-»
«NON DIRE QUELLA
PAROLA!
Non devi parlarne! Non con me! Ora taci e
ascolta».
In quel
frangente, Toppo fece il discorso più lungo e
ispirato di tutta la sua vita: in quarantasei minuti di monologo
andò a toccare
argomenti quali la giustizia, reati di vario genere, la giustizia, la
dignità
della donna, la giustizia, il comune senso del pudore, la giustizia,
gli
interessi più o meno consoni a una ragazzina, la giustizia,
i rischi di
possibili accoppiamenti interspecie, la giustizia,
l’eccessiva quantità di
calorie contenuta nella glassa e nello zucchero a velo, la giustizia,
e… la
giustizia.
Si dice
che, dopo quel discorso, suddetta Giustizia sia
andata anch’essa in ferie per la fatica dovuta
all’essere stata tirata in ballo
così tante volte.
«…
per la giustizia! Ecco!» concluse
Toppo, sentendo la gola
vagamente secca «Spero di essermi spiegato e che almeno una
parola del mio
discorso sia entrato in quella tua strana testolin-»
Clak.
Le manette
di pelo viola si erano appena chiuse una attorno
al suo posto, l’altra a una gamba del divano.
«No»
disse Toppo, dopo qualche attimo di silenzio,
mentre
guardava Shokkairai e il suo sorriso storto «Direi di
no».
Lei
continuò a sorridere.
«Ti
rendi conto che questo sfocia nel reato di sequestro di
persona, Shokkairai?»
«Me
ne rendo conto? Certo! Me ne frego altamente?
Sì!»
rispose lei, battendo a terra un minuscolo piede nudo proprio come
avrebbe
potuto fare un coniglietto entusiasta.
Il Pride
Trooper, con un sospiro che faceva ben intuire
quanto fosse sconsolato, diede un leggerissimo strattone alla catena
delle
manette, rompendola senza alcuna fatica. «Ma io allora per
chi ho parlato?!»
«C’ero
solo io qui, dunque presumo che tu abbia
parlato per
me! È stata una cosa tanto dolc-»
«Peccato
che tu non abbia recepito nulla! Cosa devo fare con
te? Cosa?! Dimmelo tu, perché io a questo punto non lo
so!» esclamò Toppo,
esasperato «O meglio, so che la cosa giusta sarebbe metterti
di nuovo in
prigione, ma tu sei cyberpatica, e probabilmente saresti di nuovo fuori
dopo
una settimana!»
«Meno».
«Mh?»
«Sapendo
che non verresti a trovarmi non rimarrei
lì dentro
per un’intera settimana, Toppuccio» disse lei,
facendo spallucce «Ma poi senti,
io ho per davvero quattromila anni, cerca
di
metterti nei miei panni! Sai com’è essere
così vecchi e avere un corpo quasi da
bambina? Te lo dico io: una seccatura. Quattrocentoquarantaquattro
mariti in quattromila anni sono poca cosa, e ho dovuto corteggiarli
tutti come faccio con te prima di riuscire a sposarli, mai nessuno che
fosse disposto a cose da una notte e via! Neppure mentire ai pedofili
dicendo di
avere undici anni funziona, non si interessano più a me
quando tiro fuori code
e ball gag!»
«…
hai i nomi completi di questi
pedofili?»
«Dossier
completi di prove, foto e indirizzi sono arrivati
nel tuo computer dieci secondi fa, e il tuo computer li ha appena
spediti alla
sede centrale dei Pride Troopers, i quali si stanno preparando alla
partenza. Mi
merito una zuccheratina sì o no? Toppuccio!»
strillò, saltandogli addosso «Una zuccheratina!
Una sola!»
Il guerriero
se la staccò di dosso e la posò a
terra. «No,
né una zuccheratina né mezza, e a causa tua
dovrò sbarazzarmi di tutti i pacchi
di zucchero a velo che possiedo! A tutto il resto dei reati che hai
commesso si
è aggiunto anche l’hacking di dispositivi
appartenenti a privati, un
altro buon motivo per spedirti in prigione… se per stavolta
non lo farò è
soltanto perché ci hai dato modo di catturare gente molto
peggiore di te».
«E
perché sotto sotto la mia compagnia non ti
dispiace. Se
io ora fossi stata in prigione, come sarebbe stato il tuo ritorno a
casa?»
«Normale
e pacifico come chiunque lo vorrebbe!»
«Io
avrei detto “triste e solitario”. Non
c’è nessuno qui
con te: niente Toppuccia, niente Toppuccini e Toppuccine, nemmeno una
Mamma
Toppa. La giustizia non ti abbraccia nel letto quando è
notte, non cucina il
tuo piatto preferito per farti felice, non ti bacia sulla guancia
chiamandoti “papà”.
È una donna che chiede tutto e non dà
altrettanto… io invece»
tirò
fuori da non
si da dove un pacchetto di zucchero a velo «Mi accontento di
questo!»
Il Pride
Trooper, colto alla sprovvista da quel breve
discorso che aveva dato voce ai vaghi pensieri avuti appena prima di
rientrare,
non riuscì a reagire immediatamente come faceva di solito, e
rimase fermo e
zitto qualche momento più del dovuto.
Shokkairai
lasciò cadere a terra il pacchetto di zucchero.
«Non
è proprio serata, eh? Va beeene. Ci vediamo moltomoltomolto
presto, mio Toppuccio
adorato».
Le luci si
spensero all’improvviso, il loft -o almeno quella
stanza- entrò nella modalità
“blindata” che ricopriva le finestre panoramiche
con una lastra di spesso metallo, e Toppo non fu più in
grado di vedere nulla.
«Che
stai combinando?! SHOKKAIRAI!»
urlò, alzandosi in piedi di scatto.
Quando le
luci si riaccesero, e la lastra di metallo scorse
verso l’altro scoprendo di nuovo le finestre, della Jakalopei
non c’era più
traccia: in teoria non doveva essere troppo lontana, ma in pratica
invece Toppo
non riusciva neppure ad avvertirne l’aura.
L’appartamento
era tornato tranquillo e silenzioso come
doveva essere, e Toppo avrebbe quasi potuto pensare di aver sognato
tutto se
non fosse stato per le manette -una delle quali era ancora al suo
polso- e…
«Sempre
peggio!» sbottò, vedendo il
completino intimo di
Shokkairai abbandonato sul pavimento «Non ha il minimo senso
del pudore, spero
per lei che avesse nascosto il suo cappotto da qualche parte,
perché non può
andarsene in giro nuda!»
Non poteva
dar fuoco a lei, ma alla sua biancheria intima
abbandonata sì, dunque la carbonizzò con un
raggio energetico. Trovò quasi
liberatorio quel gesto.
“Bip!
Bip!
Rilevato fumo!
Rilevato fumo!
Attivazione impianto
antincedio in corso!”
Si narra che
Toppo, nel corso della doccia imprevista da
parte dell’impianto antincedio, utilizzò termini e
imprecazioni per le quali in
seguito si auto rimproverò.
Credevate
davvero che non avrei scritto qualcosa anche in fondo? :'D
Niente di
che, stavolta è soltanto per darvi il link
a un
disegno di Shokkairai che ho pubblicato sulla mia pgina
Facebook e non
qui.
Alla
prossima,
_Dracarys_
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