Oltre le Sabbie del Tempo

di __aris__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Nebet ***
Capitolo 2: *** La volontà degli dei ***
Capitolo 3: *** Sarò Sempre con Te ***



Capitolo 1
*** Prologo: Nebet ***





 
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Tebe, antico Egitto, anno 1289 a.C circa.
 
 
Si svegliò di colpo spalancando gli occhi.
Doveva avere avuto un incubo. Non ricordava niente, solo una tristezza sconfinata, come non ne aveva mai provata.
I primi raggi dell’alba filtravano attraverso le lunghe tende di lino sottile che si alzavano leggermente da terra spinte dalla brezza proveniente dal Nilo. Gli oggetti e le decorazioni d’oro della stanza luccicavano flebilmente, mentre il resto della grande stanza da letto era avvolta in una chiara luce azzurrina. A piedi nudi per non svegliare l’ancella che il Faraone aveva deputato alla sua cura, la piccola Nebet uscì dalla sua stanza per esplorare il palazzo del padre. Camminò lungo i corridoi dipinti perse ben presto il senso dell’orientamento, e si ritrovò in un piccolo giardino interno alla reggia. Le pareti erano ricoperte da gelsomini in fiore e al centro c’era una grande vasca d’acqua cristallina circondata da alte colonne a stelo di loto.
Appena sentì arrivare qualcuno, la piccola Nebet, si nascose dietro una colonna per osservare: un piccolo gruppo di sacerdoti dipinti d’oro e vestiti con pelli di animale reggevano della fiaccole intonando degli inni sacri mentre il Faraone si immergeva nella vasca d’acqua per colmare un otre d’oro. Nebet pensò che, qualsiasi rito stessero eseguendo, davanti a lei ci fosse pura magia, così decise di seguire il piccolo corteo fino al tempio del palazzo. Faceva qualche passo leggero e poi si fermava qualche istante, sperando che nessuno si accorgesse di lei perché era abbastanza sicura che, dovunque si trovasse, non dovesse essere lì. Quando vide entrare tutti in una grande sala dalle porte dorate si nascose dietro i battenti socchiusi ed osservò il rito. La sala, illuminata da tantissime fiaccole, era completamente spoglia. Solo le grandi statue degli dei si susseguivano sulle pareti. Il corteo raggiunse una statua dipinta di blu e il Faraone versò l’acqua della giara in un catino d’oro prima di iniziare a recitare le sue invocazioni mentre l’odore dell’incenso si diffondeva facendo pizzicare il naso della bambina.
Nebet aspettò che tutto fosse concluso e si nascose nuovamente dietro un angolo, sperando di raggiungere un punto del palazzo che fosse capace di riconoscere ma appena fece i primi passi il Faraone si fermò. “Chi è che mi segue?” la sua voce echeggiò maestosa e Nebet si mostrò con occhi bassi mentre i sacerdoti si inchinarono in silenzio.
La bambina sentì lo sguardo di Seti su di lei per secondi interminabili in cui tutto fu silenzio.
Dovresti dormire, il viaggio da Tebe sarà stato stancante per te.”
Ho avuto un incubo.”
Come sei arrivata qui?
Mi sono persa.” Nebet alzò gli occhi timorosa “Non intendevo mancare di rispetto agli dei, padre.”
Sono certo che Maat vede la sincerità del tuo cuore.” disse Seti avvicinandosi alla figlia. Era un uomo che si avvicinava ai cinquant’anni, ma il suo fisico restava quello di un guerriero. La pelle era ruvida e scurita dal sole, il volto era allungato, l’espressione sempre severa ma i suoi occhi erano quelli di un sovrano giusto. “Per questa volta hai il mio perdono, ma sei in una parte del palazzo riservata solo al Faraone e ai sacerdoti e quello a cui hai assistito è un rito segreto.”
Non verrò più qui, lo prometto.”
Ra-to-ker, riporta mia figlia nelle sue stanze.” Nebet inchinò senza rispondere. “Sono sicuro che gli incubi finiranno appena ti sarai abituata a stare a corte.” Disse prima allontanarsi.
Il primo dei sacerdoti fece un passo in avanti. Era molto giovane rispetto agli altri, ma Nebet vide che indossava il pettorale da gran sacerdote. “Sono Ra-to-ker, principessa Nebet.” Disse inchinandosi. La testa era rasata come quella di tutti i sacerdoti, gli occhi neri erano delineati da una sottile linea di khol, le labbra sembravano quasi sorridere. “Permettetemi di accompagnarvi nella vostra stanza.” La sua voce era calda e gentile.
La principessa gli porse la mano senza esitare ed il sacerdote iniziò immediatamente a camminare. A lei quei corridoi sembravano tutti uguali, con infiniti bassorilievi dipinti e senza nemmeno una finestra, ma Ra-to-ker sceglieva dove e quando girare senza esitazione, ogni tanto Nebetr alzava gli occhi per osservarlo e quando lui se ne accorgeva le rispondeva con un sorriso. Quando raggiunsero la vasca d’acqua circondata da colonne a forma di loto, la luce che arrivava dal soffitto costrinse Nebet a chiudere gli occhi. “Anche questo luogo è proibito?” domandò la principessa sbattendo le palpebre.
No. Basta che non vi immergiate nella vasca sacra. L’acqua è usata per i riti propiziatori e solo al Faraone è consentito immergervisi.”
Quello di prima era un rito propiziatorio?
Prima della piena del Nilo il Faraone deve pregare Hapi perché l’inondazione sia sufficiente ad irrigare i campi.” Spiegò. “Se la piena sarà abbondante per il popolo sarà un segno che ha il favore degli dei.” Ra-to-ker guardò la principessa a lungo: Nemet meno dieci anni ed era stata fatta venire fino a Tebe da Seti in persona dopo aver letto il rapporto che i precettori gli mandavano una volta al mese. A quanto pareva era dotata di una sorprendente intelligenza per la sua età, così il Faraone aveva deciso che, invece di farle sposare un nobile o un principe straniero, un giorno, se ne fosse stata all’altezza, sarebbe diventata la consorte del futuro sovrano dell’Egitto. Lei non lo sapeva ma sarebbe stata sotto esame continuo, ogni cosa in lei sarebbe stata attentamente valutata e soppesata per capire se un giorno sarebbe stata capace di consigliare negli affari di Stato. “Avete avuto paura?
Lei lo guardò perplessa.
L’incubo vi ha spaventata?
“No. Mi sono svegliata ed ero molto triste.”
Avete mai fatto un sogno simile?
No.”
Allora non dovete avere paura, principessa. Spesso i sogni sono solo sogni.”
 
 
 
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Londra, giorni nostri
 
 
Posò una mano sulla teca di vetro che racchiudeva la mummia della principessa Nemet. Era rimasto con lei da quando erano partiti dal Cairo. C’erano così tante cose che sarebbero potute andare storte che lui non poteva lasciarla sola. Talmente tante variabili che dubitava ancora di aver preso la scelta giusta accettando di esporre la mummia e l’intero corredo funerario al British Museum, ma se questo era l’unico modo di spezzare la maledizione allora ci doveva provare, oppure tutti quei secoli erano passati in vano.
Lentamente si abbassò fino a sfiorare quasi il vetro, solo per vedere meglio il suo viso. Per i suoi occhi non c’erano rinsecchite guance scavate, ma un volto giovane e roseo con gli occhi neri ed i capelli che si illuminavano di risso sotto la luce del sole. “Ci ritroveremo presto, amore mio, te lo prometto.”
 
 
 







NOTE DELL’AUTRICE: per la serie “le storie che ogni tanto mi tornano in mente e si costruiscono da sole”, ecco a voi una piccola (?) storia che ha iniziato a stuzzicarmi da quando ho rivisto il film La Mummia del 1932. Si ho gusti cinematografici bizzarri, lasciate stare.
In realtà sono settimane che provo a scrivere una Reylo ma all’ispirazione non si comanda, per cui eccomi qui.
Come vedrete questa Mummia è diversa dalle varie versioni cinematografiche (quella del 2017 faccio proprio finta che non esista, che è meglio) per cui in questa storia non ci saranno Piaghe d’Egitto o persone che verranno private dei loro organi vitali, solo vagonate di anghst. Per cui, gente, preparate i clinex ed aspettate con pazienza i miei aggiornamenti (che sono lenti ma arrivano sempre). Intanto se vorrete lasciarmi un commento o una recensione ve ne sarei molto grata.

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Capitolo 2
*** La volontà degli dei ***





 
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Ci scusi” una voce di donna interruppe i pensieri del sacerdote. “Stiamo cercando Ardath Bey. Siamo la troupe dell’intervista, avevamo un appuntamento alle diciotto.” La ragazza era accompagnata da due uomini che reggevano pesanti borse nere.
Sono io Ardeth Bey.” Disse avvicinandosi al gruppo di giornalisti. “Ricordo perfettamente il nostro appuntamento, signorina Grosvenor.”
Helen sorrise. “Ci scusi per il ritardo, ma abbiamo trovato traffico. Loro sono Sam Nolbot, il cameramen, e Alec Ross, il tecnico del suono.”
I due uomini lo salutarono quasi all’unisono porgendo la mano e Ra-to-ker fu costretto a fare altrettanto. Non amava essere toccato, tanto da riuscire ad evitare ogni contatto per secoli, ma a Londra era stato costretto ad adeguarsi alle convenzioni moderne. “Lei invece è Helen Grosvenor. È una donna molto determinata, ho saputo che ha perfino cercato di corrompere il personale del mio albergo per avere questa intervista.
Lei non ha un cellulare.” Rispose lei ricambiando la sua stretta di mano con un sorriso.
 “Prego seguitemi, sistemate i vostri strumenti e poi possiamo iniziare.” Ra-to-ker li accompagnò in una stanza con alcune panche ed in cinque minuti erano pronti riprendere le vetrine che esponevano gli oggetti appartenuti alla principessa Nebet.
C’erano mobili d’ebano, cesti di frutta perfettamente conservati, vestiti, parrucche, sandali, gioielli e tutto c’ò che in vita era stato della principessa. I pezzi di maggiore interesse erano sicuramente la mummia, i sarcofagi e i raffinati canopi in alabastro, ma ogni museo del mondo avrebbe fatto carte false per entrare in possesso anche solo del ventaglio in avorio a forma di collo di struzzo. La verità era che quella mostra era un evento unico non solo perché riguardava una principessa sconosciuta ma anche perché l’intero corredo funerario era ancora integro e perfettamente conservato.
Sam si guardò attorno indeciso su cosa riprendere, avrebbe avuto uno spazio di due minuti ma per mostrare tutta quella meraviglia non sarebbe bastato l’intero telegiornale della sera. Alla fine decise di filmare la maschera d’oro ed i gioielli, ma si sentì come il ladro che aveva scelto il bottino più facile invece del vero tesoro.
Mi dica signor Bay … è stato lei a ritrovare la tomba?” Domandò Helen aprendo un block notes.
Fu un mio antenato, all’inizio dell’Ottocento. Non era un archeologo e fu una scoperta puramente casuale. La tomba si trova al limitare della Valle delle Regine ma Nebet morì prima di sposare il Faraone per cui il suo nome non appara su nessun annale. Sappiamo chi era solo attraverso resoconti della vita di Seti I e di Ramses II.”
Dunque la sua famiglia ha mantenuto il segreto sulla scoperta per tutti questi anni?
Esatto.”
E perché lei ha deciso di rivelarla al mondo in modo così plateale?
Devo mostrarle la camera funeraria per farglielo capire, venga.”
La sala che ospitava la mummia era una riproduzione perfetta della camera funeraria. I bassorilievi che ritraevano la principessa nel viaggio nell’oltretomba erano circondati da testi sacri provenienti dal libro dei morti, e tutto era racchiuso da un abbagliante stucco dorato. Il soffitto era a botte riproduceva il cielo stellato. La teca con la mummia era l’unico oggetto esposto nella sala.
È bellissima ...” a Heleonor mancò il fiato. Ogni disegno era curato fino al particolare apparentemente più insignificante. Nebet era snella, con le braccia sottili e le gambe lunghe, in ogni immagine portava degli orecchini diversi, sui capelli c’era sempre una coroncina d’oro con un bocciolo blu appeso sulla fronte. Nebet era bellissima, tanto da rivaleggiare con i ritratti di Nefertari o Nefertiti.
Ha ragione, è bellissima. Tanto bella che il mio antenato si innamorò della sua immagine e decise di tenerla solo per sé. Fece promettere a suo figlio che avrebbe protetto la tomba e che questo sarebbe stato il compito dei suoi discendenti. Così per oltre due secoli la mia famiglia ha tenuto lontano chiunque: archeologi, tombaroli e perfino curiosi.” Spiegò avvicinandosi alla mummia “Ma io so che non posso mantenere il giuramento da solo. Così mi sono rivolto al British Museum perché preservasse tutto questo nel modo migliore.”
Heleonor si avvicinò alla salma. Aveva visto altre mummie, ma questa le mise una strana sensazione addosso, una specie di malinconia che non sapeva spiegare. Forse perché era talmente ben conservata che non era difficile immaginare che aspetto avesse in vita o forse perché sembrava ancora un adolescente.
Forse l’ho tubata signorina Grosvenor?” domandò Bay notando l’espressione della ragazza. Forse era la prima mummia che vedeva? Oppure le donne inglesi erano più fragili di quanto potesse immaginare.
No. Ma questa principessa che aveva tutto e morì per amore …
Come fa a dire che è morta per amore?” Ra-to-ker la interruppe cercando di nascondere il fremito della sua voce.
Non lo so. Ma le principesse delle favole soffrono sempre per amoree.”
Ra-to-ker osservò la donna davanti a lui per la prima volta da quando era arrivata. Adesso che ci prestava attenzione percepiva in lei qualcosa di famigliare. Fece un passo in avanti, concentrandosi più che poté. L’anima di quella ragazza era antica, molto antica, ma per quanto i suoi poteri fossero immensi non riusciva a percepire altro, fu solo quando notò l’immagine riflessa nel vetro antiproiettile che si sentì morire per la seconda volta nella sua lunga vita. Al posto della figura di Helen Grosvenor c’era quella di Nebet, con i suoi lunghi capelli scuri e gli occhi all’insù. Provò il desiderio di allungare una mano per accarezzare di nuovo una sua guancia, ma un’altra domanda della giornalista lo riportò alla realtà.
Com’è morta?
La risonanza magnetica ha mostrato che è stata pugnalata. Forse per amore, forse per gelosia. Non lo sapremo mai.”  Cercò di ritrovare Nebet negli occhi della giornalista ma la visione, per quanto potente, era scomparsa.
Mi parli della sua vita: una bellissima principessa, è morta giovane ma chi era Nebet?” domandò appena smise di riportare la risposta dell’archeologo sul taccuino.
Nebet era la figlia di Seti I e di una delle sue consorti reali, Honep. Era promessa sposa di Ramses ma morì prima di del matrimonio in circostanze misteriose. Purtroppo queste sono le uniche notizie che la tomba e la mummia ci hanno fornito.”
Mi scusi ma questa domanda la devo fare per forza. Sospetti?
Ra-to-ker indugiò un momento prima di rispondere. Osservò ancora la giornalista per capire se, in qualche modo, anche lei avesse percepito qualcosa, ma nulla in lei sembrava cambiato rispetto a quando era arrivata. “L’ipotesi più probabile è una congiura di palazzo ma nel dipinto che raffigura il corteo funebre di Nebet è stato cancellato il volto del gran sacerdote e, la cosa curiosa è che non si sa chi sia. Conosciamo l’identità dell’uomo che Ramses nominò nel suo secondo anno di regno, e che più di dieci anni prima Seti ne aveva nominato un altro ma nel tempio di Karnak il suo nome è stato cancellato. Adesso mi scusi ma ho delle cose da sistemare prima dell’apertura di domani.”
Grazie mille per la sua disponibilità.” Heleonor smise di scrivere sul suo taccuino e lo richiuse infilando la matita al suo interno. “Non voglio rubarle altro tempo. Io e i ragazzi andremo via appena finite le riprese.”
Mi dispiace di non potervi mostrare altro, ma voi potete rimanere quanto desiderate.
Volentieri, ma il servizio deve essere pronto per il telegiornale delle otto e trenta.”
Come preferisce, signorina Grosvenor.” Ardet Bay fece un leggero inchino prima di andarsene, lasciando la giornalista intenta a finire di scrivere sul taccuino.
Che si fosse trattato solo di uno scherzo della sua immaginazione?
No.
Impossibile.
Era sicuro di aver percepito lo spirito di Nebet in Heleonor Grosvenor. Ma era davvero possibile che ritrovarla fosse stato tanto facile? Gli dei erano stati davvero così benevoli con lui?
Ra-to-ker osservò la Heleonr parlare con i suoi colleghi, adesso gli sembrava una donna inglese come tante. Non c’era nulla nel suo aspetto che ricordasse Nebet eppure in Heleonor aveva rivisto la sua anima. Prima di riportarla da lui, però, doveva essere assolutamente sicuro di non aver sbagliato persona. Avrebbe organizzato un secondo incontro, ma questa volta sarebbe stato preparato.

 
 
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Tebe, antico Egitto, anno 1275 a. C. circa
 
Appena il carro di Ramses si fermò due servi corsero a prendere le redini per portarlo nelle scuderie. Dietro di lui altri due carri guidati da arcieri e membri della sua guardia personale. Sul secondo, con le zampe penzoloni, un gigantesco leone si mostrava come trofeo di caccia.
Il giovane principe era un uomo alto e di bell’aspetto: il volto era ovale con gli occhi leggermente a mandorla e il naso aquilino. I lineamenti erano marcati e le labbra carnose ma la sua caratteristica peculiare erano i capelli rossi, che secondo alcuni erano opera del dio della guerra, Seth. La verità era che l’addestramento militare a cui si era sottoposto fin da bambino aveva pervaso così profondamente il suo carattere che per molti bastava vederlo camminare per provare un misto tra timore e rispetto.
Ramses entrò nel palazzo reale con passo deciso. Chiunque lo incontrava, dai servi agli scribi, si fermava per un profondo inchino, ma lui non si curò di nessuno di loro. Da poco aveva fatto ritorno da Menfi e, esauriti gli impegni che la sua posizione di principe ereditario comportava, era partito per una battuta di caccia durata tre giorni. L’unica cosa che gli premeva in quel momento era un bagno rinfrescante, i cortigiani potevano aspettare. Scese una lunga scala che terminava in un ampio giardino interno del palazzo circondato da alte mura dipinte. Alte palme fornivano l’ombra mentre per terra si rincorrevano cespugli di malvarose e narcisi. Una grande piscina bordata di alabastro prendeva l’acqua direttamente dal Nilo. Prima ancora di entrare vide le figure di due ancelle intente ad aspettare che la loro padrona finisse il bagno. Accanto a loro, accuratamente ripiegati su uno sgabello candidi abiti di lino, mentre su un tavolo di cedro erano stati sistemati oli profumati, gioielli ed un cofanetto da trucco. Nella vasca, Nebet galleggiava mollemente osservando le foglie di palma sotto il cielo azzurro.
Sembra che abbiamo avuto la stessa idea.” disse il principe, dopo aver fatto segno alle servitrici di restare in silenzio.
Sentendo la voce di Ramses, Nebet girò la testa qual tanto che le bastava per vederlo. “Potresti unirti ma me.”  Aveva lineamenti molto eleganti: il viso era abbastanza ovale, con zigomi pronunciati e mento leggermente appuntito. I suoi occhi erano neri e attenti, le sopracciglia arcuate sempre ben disegnate, la bocca era carnosa con il labbro inferiore leggermente più pronunciato. Con Ramses condivideva i capelli rossi ma, se quelli del principe erano di un intenso color rame, quelli di Nabet erano un rosso molto più profondo che si mostrava solo alla luce del sole.
Rovinerei il tuo bagno profumato.
Farei aggiungere altre essenze e ti darei una saponetta nuova.”
Senza dire niente Ramses si tolse il copricapo ed i vestiti poi, con un tuffo, fu accanto alla sorella. Una nuvola di sabbia rossa di distese sul pelo dell’acqua facendo nuotare via Nebet prima ancora che si adagiasse sul fondo.
Ramses rise. “Te lo avevo detto.” La sua voce era calda, di solito austera come quella di Seti, ma la sua risata era sempre genuina.
Ahit …” chiamò la principessa e una serva dal volto tondo e la parrucca corta si fece avanti con un inchino “dà a mio fratello del sapone e poi svuota l’essenza di sandalo nell’acqua.”
Ahit prese un blocco si sapone dagli oggetti da toiletta di Nebet, poi si inchinò sul bordo della piscina, con la testa bassa e le braccia in avanti fino a quando Ramses non la prese. Infine prese un’ampolla verde scuro e ne vuotò il contenuto in acqua sprigionando un intenso odore di sandalo.
Portateci della frutta, qualcosa da bere e i miei vestiti.” Comandò il principe iniziando a insaponarsi.
Le due ancelle si inchinarono senza dire niente prima di rientrare nel palazzo a capo chino.
Un giorno gli farai più paura tu di quanto non gliene faccia nostro padre.” Sussurrò la principessa nell’orecchio del fratello.
Un giorno sarò il Faraone.”
Un grande Faraone, ne sono certa.”
Quando tornarono Ahit portava un vassoio con due coppe ed una caraffa d’oro, mentre l’altra ragazza un cesto colmo di fichi, datteri e giuggiole. Dietro di loro un servitore posò un secondo scranno accanto a quello di Nebet, mentre altre due ancelle portavano i vestiti e gli altri effetti personali del principe.
Andate, vi chiameremo.” Disse Ramses appena fu tutto sistemato.
Nebet osservò la processione di servitori risalire le scale e scomparire dietro le mura. Sarebbero rimasti lì, fino a quando non avessero deciso di uscire dall’acqua. “Com’era Menfi?
Non dovresti chiedermi com’è andata la mia caccia?
So che è andata bene, altrimenti saresti ancora nel deserto.” Rispose insaponando la schiena del fratello. “E poi questa è la prima volta che abbiamo tempo di parlare da quado sei tornato a Tebe.”
È successo quasi una settimana fa.”
Una settimana in cui hai scalpitato come un leone in gabbia. Per cui la mia domanda è: lei com’è?
Lei?” Ramses inarcò un sopracciglio ma Nebet ignorò quello sguardo indagatore con estrema non curanza.
Lei.”
Chi ti ha detto che c’è una lei?
 “A dire il vero nessuno mi dice mai niente.” Confessò con una certa rassegnazione avvicinandosi al cesto di frutta. “È per questo che passo il mio tempo a riflettere su quello che vedo.”
Allora dovrò dire a nostro padre di impegnare le tue giornate in qualche modo.” Disse seguendo la sorella.
Ma c’è una lei, vero?” domandò aprendo a metà un fico.
Ramses appoggiò la schiena al bordo della vasca. “Si, ma nostro padre non sa ancora niente.” Disse in un sospiro.
Lui sa sempre tutto.”
Anche tu a quanto pare.”
Allora lei chi è?
Lei si chiama Nefertari.”
È bella? Sicuramente lo è. Immagino che sia di alto rango … intelligente … istruita … la sposa perfetta, ma allora qual è il problema?
Ti ho mai detto che pensi troppo?” disse infastidito versandosi da bere.
Ancora una volta Nebet ignorò la protesta del fratello “Io ti conosco, Ramses: avevi bisogno di un trofeo di caccia perché …” di nuovo i suoi pensieri avevano preso il posto delle parole che aveva iniziato a dire. Appena la mente di Nebet ebbe tirato le giuste conclusioni i suoi occhi si illuminarono con la stessa luce di quando risolveva i calcoli di Ramses prima di lui. “Non ricambia i tuo sentimenti!”
Lei vuole diventare sacerdotessa di Hator.” Rivelò avvilito.
Nebet sgranò gli occhi. “Davvero?
In silenzio Ramses annuì.
Ma tu le hai dimostrato il tuo interesse?
In ogni modo che mi sia venuto in mente.” La frustrazione del principe d’Egitto era ben palpabile nella sua voce “Ma la sua decisione sembra irremovibile.”
Stupefacente!” esclamò la principessa incuriosita “Chi è questa donna che rifiuta il prossimo Faraone per rinchiudersi in un tempio?
È questo il punto: lei non ha rifiutato l’erede al trono, ha rifiutato me.”
Sempre più sorprendente ...” Mormorò Nebet. Anche privato della corona Ramses non poteva certo essere paragonato ad un qualsiasi nobile. “Immagino che dovrai farle cambiare idea al più presto.” Ramses si limitò ad una lunga occhiata negli occhi della sorella che scoppiò a ridere. Un giorno Nefertari avrebbe sposato Ramses, solo che ancora non lo sapeva. “Povera Nefertari! Davvero non sa cosa ha scatenato.”
Non sei … gelosa?
Nebet lo guardò perplessa. “Perché dovrei?
Perché voglio sposare un’altra donna?
Ne sei innamorato?
Non c’è nessuna in tutto l’Egitto come lei.”
Seti mi ha spiegato le ragioni del nostro matrimonio molti anni fa.” Disse Nebet con voce neutra. Per ogni altra donna essere la promessa sposa di un faraone sarebbe stato motivo di gioia, ma lei era stata cresciuta per questo scopo fin da quando era giunta a palazzo e cinque anni erano stati più che sufficienti per abituarsi a questo fatto e non pensarci più del necessario. “Sarò tua sposa, ti aiuterò negli affari di Stato quando me lo chiederai e ti darò dei figli, se sarà la volontà degli dei. Ma i miei sentimenti per te saranno sempre quelli di una sorella e tutto quello che chiedo è che per te sia lo stesso. E poi tutti i faraoni hanno sempre avuto più di una consorte.”
Ramses sorrise. “Te lo prometto: qualsiasi cosa accada sarai sempre la mia amata sorella. E che Seth possa guidare la mia mano se qualcuno devesse provare a farti del male.” Disse baciandola sulla guancia.
Nebet ricambiò il sorriso, prima allontanarsi nuotando fino alla scala di alabastro. Si fermò sull’ultimo scalino. “Vorrei incontrare questa Nefertari. Sono curiosa di conoscere l’unica donna che ha rifiutato Ramses.”
Così non avrei proprio speranza. Chissà cosa potresti raccontarle appena mi distraggo.”
Magari che in matematica sei sempre stato un po’ … come dire … lento.” Ipotizzò vaga.
Io non ero lento in matematica, sei tu che sei sempre stata troppo intelligente. Tanto che nemmeno nostro zio ha avuto qualcosa da insegnarti dopo un po’.”
Immagino che sia possibile. Non di meno vorrei incontrare Nefertari … e mia madre … è molto che non la vedo.”
Chiederò a Seti se potrai accompagnarmi a Menfi la prossima volta a patto che tu non parli delle nostre lezioni di matematica.”
D’accordo. Dirò a Nefertari che a dieci anni conoscevo molti più geroglifici di te che ne avevi quindici.
Tu sarai la mia rovina sorella.” Disse il principe ridendo.
Quando Ramses incontrò Nebet non credeva che potesse avere una sorella tanto detestabile. Durante le lezioni con loro zio Nebet perdeva interesse dopo pochi minuti, ma quando Sary le faceva una domanda, la più difficile che gli venisse in mente, lei gli rispondeva sempre correttamente. Allora era Nebet che iniziava a porre delle domande al precettore che ben presto sudava e tremava per cercare risposte che non sapeva. Ad onore di Sary, andava detto che, nei giorni in cui restava senza parole, passava i pomeriggi nel suo studio, tra centinaia di papiri e cercava le risposte alle domande di Nebet fino a quando non le trovava. Il giorno dopo lo vedevano arrivare tutto sicuro di sé, felice di aver ristabilito il suo ruolo di insegnante, fino a quando Nebet, non paga della sua scoperta, non ricominciava a porgli una serie infinita di nuove domante e tutto ricominciava da capo.
Per non parlare delle lezioni di matematica e scrittura!
Sulla conoscenza dei geroglifici Nebet era stata un vero prodigio: le bastava leggere un segno un'unica volta per memorizzarlo, l’unica cosa che le mancava era la precisione di un adulto nel disegnarli ma non durò a lungo.  Tuttavia, i momenti che Ramses odiava di più erano le lezioni di matematica: ogni calcolo che veniva assegnato alla principessa veniva risolto dopo pochi minuti, spesso a mente. Sary ricorse ben presto ai matematici di palazzo, me nemmeno loro furono capaci di elaborare operazioni che occupassero Nebet più di un quarto d’ora. Quando aveva finito si metteva dietro le spalle del fratello, leggeva quello che aveva scritto sulla sua tavoletta e aspettava, come un avvoltoio, che Ramses trovasse la soluzione dicendo che quell’operazione era talmente facile che avrebbe dovuto risolverla ad occhi chiusi. Inutile dire che l’idea di sposare una bambina tanto fastidiosa lo attirava quanto quella di ingoiare un serpente.
Un giorno, Nebet aveva dodici anni e lui diciassette, si voltò e le disse che non era lui quello incapace ma lei, che non riusciva mai a tenere la bocca chiusa, che faceva sempre di tutto per mettere in difficoltà gli altri per mostrare la sua intelligenza. Gli occhi di Nebet si riempirono di lacrime e la sua bocca rimase spalancata ma senza una parola, ma lei non pianse e tornò al suo posto in silenzio. Ramses fu così felice in quel momento, e anche nei giorni successivi in cui Nebet non fece e non disse niente, l’unico che sembrava dispiaciuto era Sary, che cercava di stuzzicarla in ogni modo che gli venisse in mente. Ma poi i giorni divennero settimane ed all’euforia si sostituì un fastidioso senso di colpa che Ramses non riusciva a spiegarsi.
Per un po’ provò ad ignorarlo, ripetendosi che Nebet aveva ricevuto la lezione che si meritava, ma alla fine si arrese all’evidenza di aver fatto qualcosa di sbagliato. Allora si rivolse al gran sacerdote Ra-to-ker, un uomo giovane ma abbastanza saggio da essere diventato il consigliere prediletto del Faraone. Gli raccontò tutto, in ogni dettaglio e poi gli chiese perché si sentisse in colpa nonostante fosse certo di aver agito bene. Ra-to-ker gli disse che i doni che Toth aveva elargito a Nebet erano inestimabili. La sua curiosità o la sua memoria sorprendente erano dimostrazioni del favore del dio del sapere e che chiederle di fingere di non averli sarebbe stato un offesa al dio dekka scrittura. Disse che l’intelligenza della sorella, in un certo modo, l’avvicinava agli dei e non la si poteva rimproverare per questo, come non si poteva rimproverare il Faraone per i modi in cui manifesta la sua natura divina. Inoltre era sicuro che la principessa non volesse offendere nessuno, semplicemente lei vedeva il mondo in modo diverso dagli altri ma anche questo faceva parte dei doni che Toth aveva elargito alla famiglia reale. Ramses lo ascoltò in silenzio prima di chiedergli di fare un sacrificio al dio in sua vece per avere il suo perdono, non aveva mai riflettuto su quanto Nebet fosse speciale ed ammise di essere stato egoista nel suo giudizio.
Il giorno dopo andò dalla sorella con un offerta di pace: sapeva che le piacevano molto i fiori di loto e si offrì di portarla sulle rive del Nilo, poco fuori Tebe, in un posto in cui ne crescevano talmente tanti che nemmeno lei sarebbe stata capace di contarli. Nebet lo guardò titubante per un po’ ma poi accettò, ed i due sgattaiolarono fuori dal palazzo. Appena Nebet saltò giù dal carro i suoi occhi si riempirono di meraviglia: c’erano davvero molti più fiori di quanti ne potesse contare, perfino immaginare. Il principe fece in tempo a dirle che avrebbe potuto parlare quanto voleva durante le lezioni dello zio e in segno di pace le infilò un bocciolo di loto blu tra capelli. Un minuto dopo Seti in persona, accompagnato da alcune guardie, arrivò per riaccompagnarli a palazzo e metterli in punizione.
Adesso Nebet non era più una bambina e Ramses si accorgeva, osservando le ancelle che l’aiutavano ad asciugarsi che ben presto sarebbe diventata un’adulta a tutti gli effetti. Il principe si chiese quando fossero arrivati quei piccoli seni che gli ricordavano le mele appena nate dal fiore, il suo occhio scese lungo la vita e i fianchi per scoprire una morbida curva che non ricordava di aver notato. Quando si soffermò sulla sua femminilità non poté non immaginare Nebet sdraiata sul bordo di quella stessa piscina, con le gambe strette attorno ai suoi lombi. Si chiese come sarebbe stato tenerla per i fianchi e spingersi in lei fino a quando il piacere non li avrebbe travolti entrambi. Osservò le ancelle spalmare il corpo di Nebet con olio profumato prima di rivestirla sentendo crescere il desiderio. Se avesse avuto la sua prima inondazione avrebbe mandato via le ancelle a l’avrebbe fatta sua in quel momento, ma Nebet era ancora una bambina per cui il giovane principe si impose di recuperare il controllo sul proprio corpo.
Dopo aver truccato e acconciato i capelli di Nebet, le ancelle presero i gioielli: orecchini d’oro a forma di falce, due bracciali a forma di serpente e una piccola corona d’oro a cui era stato appeso un bocciolo di loto. Nebet la portava da quando Seti li mise in punizione per essere scappati da palazzo: la principessa fu condannata ad un mese di isolamento nella propria camera per aver accettato l’invito del fratello. A Ramses, per essere uscito dal palazzo ed aver messo in pericolo lui e la sorella, toccarono il doppio delle ore di addestramento militare ma tutte le mattine all’alba andava nei giardini per raccogliere un fiore di loro da far arrivare a Nebet. Quando lei poté tornare a fare lezione, sulla sua fronte pendeva un piccolo fiore blu, simile a quello che le aveva messo tra i capelli prima dell’arrivo del padre, così aveva continuate a farle avere ogni giorno almeno un fiore fresco e lei aveva continuato ad indossarli.
Metto io la corona alla principessa.” Disse uscendo dall’acqua.
Continua il tuo bagno, sei stato tre giorni nel deserto. E Ahit sa perfettamente come mettermi la corona.” La principessa provò ad opporsi ma sapeva che era una resistenza vana.
Ormai dovresti sapere che non cambio idea facilmente.” Ramses prendendo la corona ed osservando il bocciolo da vicino. “È bianco.” disse con disappunto sistemando il gioiello sui capelli di Nebet.
Io lo trovo bellissimo.”
I tuoi preferiti sono blu, gli altri possono restare sulle sponde del Nilo. Ne raccoglierò uno più tardi.”
Un giorno smetterai di viziarmi?
Non fino a quando a barca di Ra compirà il suo viaggio ogni giorno.”
 

 
 
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Londra, giorni nostri  

Helen sentì qualcosa scivolare via dalle dita.
Le doveva essere caduto il tablet mentre dormiva.
Appena aprì gli occhi per raccogliere l’oggetto sentì una carezza gentile sulla guancia “Ti sei di nuovo addormentata leggendo.”
William…” borbottò assonnata.
Buon giorno.”  Disse lui dandole un veloce bacio sulle labbra. Fuori era ancora notte e l’unica luce accesa era quella sul comodino di Helen.
Che ci fai qui?
Sai che è più di una settimana che non riesco a vedere mia fidanzata? Se non fosse una giornalista di Channel 4 potrei quasi dimenticare com’è fatta.” Rispose William iniziando a baciarla sul viso, sul colle o sulle labbra. Baci delicati e casuali, ma che lasciavano intendere perfettamente le sue intenzioni.
Helen accavallò i polsi oltre le spalle dell’uomo. “Davvero? Sembra terribile.”
Non sai quanto.” Senza sciogliere l’abbraccio, scostò il piumone e poi ricominciò a bacare il collo di Helen in modo sempre più lascivo.
C’erano molte cose che Helen avrebbe voluto chiedere a William. Com’era andato l’intervento alla spina dorsale che lo aveva impegnato dalla mattina precedente o quando sarebbe dovuto tornare in ospedale, ma era troppo impegnata a sbottonargli la camicia, a baciarlo e a sentire le sue mani che tra una carezza e l’altra alzavano lentamente la camicia da notte. Le domande le avrebbe rimandate a dopo, per adesso si accontentava che non suonasse il cercapersone.
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE: credo che una breve spiegazione su questo capitolo si d’obbligo.
Per gli antichi egizi molti dei nostri taboo sulla sessualità non esistevano. Per loro la nudità, ed il sesso, erano cose estremamente naturali, come dimostrato dai numerosi reperti storici: non solo in molte raffigurazioni danzatrici e suonatici sono svestite, ma anche la nella moda l’effetto vedo non vedo era molto ricercato: le donne indossavano sottili vesti di lino e cospargevano il corpo di sostanze grasse per ottenere un effetto maglietta bagnata. Inoltre nella società egizia non c’era il divieto dell’incesto, anzi i matrimoni tra consanguinei diretti erano pratica molto diffusa (e anche limitata) nella famiglia reale. Per tutte queste ragioni la scena ambientata alla corte di Seti è perfettamente plausibile in quel contesto sociale.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate un commento.
A presto,
Aris

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Capitolo 3
*** Sarò Sempre con Te ***





 
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Londra, giorni nostri
 
 
Bzzzzzzzzzzzzz
Bzzzzzzzzzzzzz
Bzzzzzzzzzzzzz
“È il tuo telefono” William la scosse per svegliarla, la sua voce assonnata e ovattata dal cuscino.
La ragazza mugolò cercando il cellulare sul comodino con la mano. “Helen Grosvenor” disse senza controllare chi la stesse cercando.
“Buon giorno signorina Grosvenor, sono Alexa Hall la chiamo dal British Musium.”
Improvvisamente tutte le sinapsi di Helen si riattivarono. “C’è stato qualche problema con il servizio di ieri sera?”
“No, no. Ma il signor Bey vorrebbe invitarla al party d’apertura della mostra sulla principessa Nebet di stasera.”
“Oh …”
“Se ha impegni precedenti …”
“Oh no, sono solo sorpresa. Ci saranno altri giornalisti?”
“No.”
“Capisco.” In realtà non capiva proprio nulla. Lei era stata l’unica giornalista a cui era stata concessa un’intervista da Ardeth Bey, tutti gli altri avevano avuto il permesso di filmare i reperti e un dettagliato comunicato stampa.
“Posso inserirla nell’elenco degli invitati?”
“Certamente.”
“Da sola o accompagnata?”
“Con un più uno.”
“Perfetto. Le comunico che è richiesto lo smoking per gli uomini e l’abito da sera per le donne. Grazie mille signorina Grosvenor. Le auguro una buona giornata.”
“Buon giorno a lei.”
William si mise a sedere mentre Helen guardava il telefono con aria perplessa. “Che succede?”
“Siamo stati invitati al party per l’apertura della mostra al British Musium. Smoking per te e abito da sera per me.”
“Vuoi che passi la mia sera di riposo in smoking?”
Helen si accoccolò tra le braccia di William “Mi sentirei più tranquilla se venissi anche tu. Sono l’unica giornalista a cui è stata concessa un intervista di persona e l’unica che è stata invitata al gala.”
Le dita di William iniziarono a creare piccoli cerchi sulla spalla nuda di Helen “Magari il signor ...”
“Ardeth Bey.”
“Ardeth Bey è rimasto folgorato dalla tua strabiliante bellezza.”
Helen scoppiò a ridere. La prima volta che si erano incontrati fu quando lei si ruppe un polso cadendo da cavallo. Qualcuno urlò chiedendo se c’era un medico e William apparve pochi istanti dopo sul dorso di uno shire. Helen non aveva mai creduto ai colpi di fulmine ma appena i loro occhi si incontrarono per la prima volta qualcosa scattò in entrambi. “In cinque minuti di intervista non credo proprio.”
“A me sono bastati pochi secondi.”
La ragazza alzò gli occhi per incontrare quelli azzurri del suo fidanzato. “Verrai?”
William le prese una mano e ne baciò il palmo, e come ogni volta che ripeteva quel gesto a Helen mancò il fiato “Sarò con te.”
 
 
 
 
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Tebe, 1275 a. C. circa
 

 
Ra-to-ker si inchinò appena fu al cospetto di Seti.                                     
Il Faraone era seduto su una sedia di ebano dallo schienale basso ed indossava una semplice tunica di sottile lino plissettato, la corona azzurra e gli altri paramenti regali erano adagiati su un tavolino poco distante. Ai suoi piedi un cesto di vimini che Seti continuava a osservare pensieroso. Gli occhi neri del sovrano incontrarono quelli di Ra-to-ker ed il sacerdote comprese subito che si trattava di qualcosa di molto importante. “Le ancelle di Nebet me l’hanno portata poco fa.”
Ra-to-ker si avvicinò alla cesta, al suo interno c’era solo un telo di liscio lino ben piagato. Ne prese un lembo tra due dita e lo sollevò leggermente per scoprire una macchia di sangue: Nebet era diventata una donna.
Oppure era stato Ramses?
No. Se il Principe l’avesse toccata l’intero palazzo non avrebbe parlato d’altro.
Il cuore del sacerdote si sentì immediatamente più leggero a quel pensiero. “Devo cercare una data propizia per le nozze?” domandò rimettendo a posto il lembo di stoffa.
“Non ancora.” Disse Seti alzandosi ed iniziando a camminare per la terrazza. “Ramses mi ha chiesto di poter scegliere la sua prima moglie fin tanto che sono ancora in vita ed io ho acconsentito.” La sua voce era pensierosa e lo sguardo lontano. “Dopo tutto anche io ho scelto la mia prima moglie.”
“Con il dovuto rispetto, Maestà, ma vostro padre non era ancora Faraone all’epoca.”
“È vero, le circostanze erano molto diverse, ma ringrazio di aver avuto qualche anno con Tuia prima di diventare Faraone. Quando Ramses reggerà le due corone nulla sarà come prima: il bene dell’Egitto sarà il suo unico pensiero; non sarà più un semplice uomo e nemmeno la sua vita gli apparterrà più.”
Ra-to-ker avrebbe voluto domandare se davvero si fidava così tanto del Principe, ma in realtà anche lui era certo che un giorno avrebbe sposato Nebet: l’affetto e la complicità che li legavano erano troppo evidenti per far dubitare che, prima o poi, Ramses proclamasse Nebet sua sposa. “Allora, perdonatemi Maestà, ma non capisco per quale motivo mi avete convocato.”
Seti si girò verso il sommo sacerdote, lasciando i ricordo di giovinezza alle spalle. Adesso il suo sguardo era vigile e volitivo, la voce con cui parlò regale e autoritaria. “Voglio che Nebet inizi ad assistere alle riunioni con i dignitari di palazzo e quando gli ambasciatori ittiti verranno per continuare i negoziati voglio che sieda al tuo fianco, per ascoltare e osservare ogni cosa.”
“Le porterò i documenti sulla trattativa oggi stesso.”
“Tu sei un abile politico ed un uomo leale, qualità che difficilmente si trovano in una persona sola. Insegna a mia figlia ciò che sai, ogni cosa.”
Il sacerdote azzardò una battuta. “Temo che non durerei molto come precettore della Principessa.”
Seti si concesse un leggero sorriso ma non rispose. Ricordava ancora il giorno in cui Sary gli aveva detto che non aveva più nulla da insegnare a Nebet, o la volta in cui i medici del palazzo si erano stupiti quando la principessa aveva letto, ed imparato, tutti i loro papiri in meno di un mese e continuava a porre domande a cui nessuno sapeva rispondere. “Tu sei l’unico di cui mi fidi per questo compito.”
“Vi ringrazio, Maestà.” Disse l’uomo con un profondo inchino “C’è altro?”
“No, puoi andare.”
Ra-to-ker si inchinò profondamente e poi rientrò nei corridoi del palazzo senza dare le spalle al Sovrano. Senza indugio si diresse verso le stanze degli scribi per prendere i rotoli da portare a Nebet. Dal giorno in cui la Principessa era arrivata da Menfi si era chiesto come Seti l’avrebbe impiegata quando sarebbe giunto il momento. Da anni Ramses si occupava di un numero crescete di questioni di Stato, sostituendo il padre perfino in alcuni riti propiziatori se lo circostanze lo chiedevano, mentre Nebet era stata lasciata libera di leggere tutti i papiri su cui metteva le mani, qualunque fosse il loro contenuto. D’altronde, fino a poche ore prima, la Principessa era ancora una bambina per cui in molti avrebbero storto il naso vedendola dietro al seggio del padre in una riunione di governo, solo per questo Seti aveva aspettato. 
 






Le stanze della principessa erano tra le più belle del palazzo; era stato Ramses a ordinarle per il quattordicesimo compleanno della sorella. Le pareti raffiguravano a colori vivaci animali ed uccelli sulle rive del Nilo, eleganti colonne lotiformi introducevano su un’ampia terrazza che permetteva alla brezza del fiume di rinfrescare la stanza anche nella stagione calda, mentre tende sottili riparavano dal sole. I mobili erano d’ebano rivestiti d’oro, gli scrigni sul tavolo da toiletta erano tutti finemente cesellati e smaltati. Un piccolo tavolino posto tra due sedie era realtà una scacchiera con le pedine già posizionate giocare a senet, il passatempo preferito della principessa. Su un tavolo, messi in un piccolo piatto d’oro pieno d’acqua erano adagiati i boccioli di loto blu che Ramses le mandava ogni giorno.
Nebet sospirò annoiata. I medici di palazzo le avevano imposto riposo assoluto e isolamento, dato che per la durata del suo flusso sarebbe stata considerata impura. Così non poteva uscire dalle sue stanze, nelle quali erano ammesse solo le sue ancelle.
Il dolore lo poteva sopportare, restare chiusa nelle sue camere in balia dei suoi pensieri, anche solo per pochi giorni, era la vera tortura.
L’unica volta in cui si era ritrovata nella stessa situazione fu dopo la piccola fuga con Ramses sulle rive del Nilo quando suo padre le impose un mese nelle sue camere senza papiri, inchiostro o ancelle che le parlassero. Le uniche distrazioni che le erano concesse furono il telaio e il flauto, di tanto in tanto poteva affacciarsi sulla terrazza ma solo per pochi minuti. Forse in pochi lo avrebbero capito, ma per lei era stato come impazzire lentamente, quando poté tornare a fare lezione con Ramses e suo zio le sembrò di tornare a respirare. Se non fosse stato per i fiori di loro che Ramses le faceva arrivare ogni mattina, probabilmente sarebbe impazzita davvero, per la noia e la solitudine.
Adesso era diverso, non era in punizione e c’era sempre un’ancella con lei, le sacerdotesse di Iside avevano fatto dei riti per assicurarsi che il suo flusso non diventasse troppo doloroso e qualsiasi cosa avesse chiesto le sarebbe stata consegnata su un piatto d’oro. Ma quei papiri appoggiati su uno dei tavolini d’ebano le mettevano una paura che fino a quel momento si era rifiutata di affrontare.
Quando era giunta al palazzo di suo padre era stata felice perché non sarebbe stata una delle tante figlie condannate alla vita dell’harem e poi a un matrimonio politico con uno sconosciuto. Ma presto aveva capito perché Seti avesse scelto lei e, osservando come stava preparando Ramses al momento in cui sarebbe stato Faraone capì che solo la perfezione era accettabile per suo padre e piano, piano la paura di non essere giudicata adatta si era fatta strada nella sua mente.
Era stata abilissima nell’ignorarla fin tanto che le sue uniche occupazioni erano giocare a senet, leggere tutti i papiri che arrivavano a palazzo e costringersi a dedicare due ore al giorno al telaio. Ma adesso Seti voleva che assistesse agli incontri con la delegazione ittita e Nebet voleva solo sprofondare.
Il biglietto che accompagnava i papiri era stato scritto da Ra-to-ker diceva che il Faraone voleva che lui le facesse da mentore e che per ora doveva solo assistere alle riunioni di gabinetto, oltre che a quei maledetti incontri con la delegazione ittita. Solo osservare. Ma un giorno suo padre le avrebbe chiesto ben altro, avrebbe voluto la sua opinione sulle faccende più disparate e il solo pensiero le faceva sudare le mani.
Aveva avuto anni per leggere papiri sull’agricoltura, la medicina, la matematica, l’architettura, l’astronomia e ogni altra materia che stuzzicasse il suo interesse. Ogni papiro era conservato nella sua mente, anche dopo essere stato letto una volta sola. Ma un conto era leggere migliaia di informazioni e un altro era saperle usare nel modo giusto, ed era abbastanza sicura che le questioni di stato fossero più complicate dei calcoli che Sari le affidava da bambina.
Svogliatamente si alzò da letto e si affacciò alla terrazza. Nel giardino Ramses si allenava con la spada assieme alle sue guardie personali. Seti lo aveva addestrato alla guerra appena era stato abbastanza grande da poter tendere un arco. Nebet aveva sempre preferito i suoi papiri, perfino il telaio, alle infinità di ore che suo fratello aveva dedicato all’arco, alla spada e alla guida del carro da guerra. Con un sorriso malinconico ricordò che dopo la loro piccola fuga sulle sponde del Nilo Ramses era stato punito con il raddoppio delle ore di esercizio militare, in caserma dove lei non lo poteva vedere o sentire, ma in qualche modo riusciva a farle avere un bocciolo di loto ogni mattina. Poi, appena Seti lo aveva giudicato abbastanza maturo, Ramses aveva iniziato ad assistere alle riunioni di governo e lentamente le sue responsabilità politiche erano aumentate.
Ramses era stato scelto dagli dei per essere Faraone. Era diventato un abile spadaccino e non lo aveva mai visto mancare un bersaglio con l’arco e portava a termine tutti gli incarichi che Seti gli affidava con la massima diligenza, pretendendo la stessa perfezione che il padre gli chiedeva.
Ma se lei non ne fosse stata capace? Se il suo unico dono fosse la memoria e non la perspicacia che il consigliere di un Faraone doveva avere? Cosa sarebbe stato di lei? Sarebbe tornata nell’harem, e nemmeno Ramses l’avrebbe potuta salvare dal diventare una pedina senza nome.
 


 




Ranses aveva saputo del flusso di Nebet da Seti in persona. Era stata una conversazione di poche parole, solo per informarlo che appena possibile le responsabilità di Nebet a corte sarebbero aumentate e che Ra-to-ker era stato incaricato di istruire sua sorella sugli affari di stato. Nessun accenno al loro futuro matrimonio.
Se Ramses fosse stato più giovane sarebbe morto dalla voglia di chiedere a suo padre se era soddisfatto di Nebet, ma aveva imparato che Seti dimostrava la propria fiducia preparando i figli a ciò che sarebbero dovuti diventare. Stava a loro percorrere il cammino che lui aveva predisposto nel modo meno accidentato possibile.
La libertà di cui Nebet aveva goduto fino a quella mattina era stata solo apparente: Seti aveva voluto che allenasse la mente con la stessa intensità con cui aveva voluto che Ramses addestrasse il corpo. Per fortuna di sua sorella, la sua naturale curiosità faceva sì che spesso perdesse la cognizione del tempo all’interno delle biblioteche reali e la memoria che Tot le aveva donato l’aveva resa erudita quanto lo erano gli scribi o i medici. Ra-to-ker doveva solo insegnarle a sfruttare i suoi doni per il bene dell’Egitto e Nebet era sempre stata molto veloce nell’apprendimento.
Ma il flusso di Nebet voleva dire che era una donna e quindi poteva farla sua.
Ramses avrebbe mentito se avesse negato di averla immaginata più e più volte travolta dal piacere, con le testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi intenta a mormorare il suo nome mentre era sotto di lui. Voleva che gli si concedesse, che sentisse di essere sua, che loro erano una cosa sola. E quando l’aveva vista sulla balconata delle sue stanze aveva faticato a rimanere concentrato sui suoi avversari. Finito l’allenamento si diresse verso le sue stanze. Ahit gli aprì la porta ma rimase immobile con la bocca aperta, qualcosa come “non potete entrare” era sulla punta della sua lingua ma non aveva il coraggio di uscire.
“Principessa, il Principe Ramsess…”
“Fallo entrare.”
“Ma il rituale di purificazione…”
Un rantolo disperato uscì dalle labbra di Nebet. “Non è impura per me.” Disse Ramses “E parlerò personalmente con le sacerdotesse di Iside.” Aggiunse per convincere l’ancella a lasciarlo entrare.
“Lasciaci” comandò Nebet appena Ramses le fu accanto e l’ancella uscì dopo un profondo inchino.
“Come stai?”
“Bene.”
“E quell’espressione preoccupata di prima?”
Nebet abbassò gli occhi, anche se lo sguardo del fratello era colmo d’affetto. “Cosa mi succederebbe se lo deludessi?”
Ramses l’abbracciò stretto immergendo il naso tra i capelli profumati di henné. “Non succederà.”
Lentamente le braccia di Nebet strinsero il torace del fratello “Vorrei un po’ della tua sicurezza.”
Ramses sollevò il mento di Nebet con la nocca dell’indice fino a quando i loro occhi non si incontrarono “Non ti chiederà mai nulla per cui non sei pronta.” Se c’era qualcuno che poteva capire la paura di Nebet era lui. Quando aveva compiuto quindici anni il Faraone aveva voluto che iniziasse ad assistere alle riunioni con i ministri, a diciassette che iniziasse a partecipare ad alcuni riti minori perché capisse la natura divina del Faraone, a diciotto aveva iniziato a delegargli responsabilità governative sempre maggiori e tutto senza che potesse mai saltare le sessioni di addestramento con l’arco, la spada o il carro da guerra. Non c’era mai stato un confronto, nessun elogio paterno, Seti non gli aveva mai spiegato niente in modo diretto ma aveva lasciato che Ramses riflettesse e capisse da solo, e per molti anni anche lui aveva avuto la stessa paura che divorava il cuore di Nebet in quel momento. Il Faraone si era limitato a indicargli la via, come un nocchiero esperto, ma era Ramses che l’aveva dovuta seguire con le sue sole forze. Lentamente aveva capito che quella maschera di impassibile severità che aveva sempre visto sul volto del padre gli era imposta dal suo ruolo, perché lui aveva smesso di essere un uomo il giorno in cui le due corone erano state posate sulla sua testa. “E se dovessi avere qualche dubbio vieni da me.”
“Grazie.”
Ramses sorrise dolcemente, poi prese la mano di Nebet e ne baciò il palmo. Un gesto così intimo che alla ragazza mancò il fiato. “Sarò sempre con te.”
 

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