Smash

di hertz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sara ***
Capitolo 3: *** Roberto ***
Capitolo 4: *** Sara e Roberto ***
Capitolo 5: *** Martina ***
Capitolo 6: *** Sara e Martina ***
Capitolo 7: *** Serve & Volley ***
Capitolo 8: *** Matteo ***
Capitolo 9: *** Alice ***
Capitolo 10: *** Ace ***
Capitolo 11: *** Giulia ***
Capitolo 12: *** Bagel ***
Capitolo 13: *** Sara e Giulia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sara fissava il soffitto da quasi due ore. Non riusciva a rilassarsi e a prendere sonno. Le succedeva spesso ultimamente, solo era consapevole che se non avesse dormito l'indomani sarebbe stato difficile scendere in campo. Sospirò e allungò la mano verso il cellulare. Aveva parecchie notifiche, sopratutto messaggi di incoraggiamento da parte di amici e colleghi. Non aveva però voglia di leggerli, l'avrebbero solamente agitata ulteriormente. Non riusciva a svuotare la testa dai mille pensieri che l'attraversavano. La partita era fondamentale per la sua carriera, non ne giocava una ufficiale da quasi nove mesi e quella doveva essere la svolta, la rinascita, non poteva permettersi passi falsi. Si era allenata duramente per quel torneo, uscire al primo turno, contro una ragazzina oltretutto, sarebbe stato devastante dal punto di vista psicologico. Si passò una mano sugli occhi e si diede della stupida. Aveva ventisei anni ormai, era abituata a queste pressioni, calcava i campi importanti da quasi dieci anni ormai. Perché allora non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione fastidiosa di inadeguatezza che provava ormai da tempo? 
Amava il tennis e amava come la faceva sentire, però non riusciva più a viverlo serenamente e, sopratutto, non le regalava più emozioni. Era questo a ferirla maggiormente.
Più di una volta aveva anche pensato al ritiro anticipato e a dedicarsi ad altro, magari avrebbe finalmente ripreso gli studi. Ci aveva pensato seriamente sopratutto dopo l'ultimo infortunio al polso, però avrebbe deluso suo padre, per l'ennesima volta, e non voleva farlo, non ora e non in quel modo. Questo significava star male, ma poteva sopportarlo. Doveva farsi passare quei pensieri, altrimenti non sarebbe riuscita ad andare avanti tranquillamente.

"Cazzo, Sara rilassati!" - disse quasi urlando a se stessa - "Domani fai quello che ti riesce meglio e sconfiggi quella ragazzina russa." 

Poi iniziò a ridere, quasi in maniera isterica. Doveva trovare una soluzione ai suoi problemi. Non solo sportivi, ne era consapevole ma ora voleva solo dormire e smettere di pensare. O almeno provarci. Al domani avrebbe pensato domani. 

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Capitolo 2
*** Sara ***


La partita era durata un'ora e mezza ma Sara aveva dimostrato di aver superato ampiamente l'infortunio. Certo aveva commesso qualche errore di troppo in battuta durante il primo set ma per il resto era stata impeccabile, lasciando poco margine alla sua avversaria. Avversaria che in realtà si era dimostrata più semplice del previsto, la giovane età e l'inesperienza non avevano giocato a suo favore. Inoltre Sara aveva passato l'ultima settimana a studiare il suo gioco e stava riuscendo perfettamente a neutralizzarla.

 

Con l'ultimo punto vincente abbozzò un sorriso, le era mancata quella sensazione paragonabile alla felicità che solo il tennis riusciva a regalarle. Anche i pensieri della sera precedente sembravano solo un lontano ricordo. No, non avrebbe permesso all'ansia e alle pressioni esterne di rovinarle i sogni. Alzò lo sguardo verso la tribuna e scorse il padre, che le sorrise soddisfatto. No, non avrebbe permesso nemmeno a lui di rovinarle il futuro.

 

Quando salutò la sua giovane avversaria, con una semplice stretta di mano, si sorprese di vederla estremamente felice, nonostante la sconfitta. Lei non aveva mai reagito così, nemmeno agli inizi della sua carriera. Quando perdeva si chiudeva nella sua stanza per quasi un giorno intero a piangere, poi insieme al padre analizzavano ogni singolo frammento della partita, per capire dove avesse sbagliato. Aveva passato l'adolescenza cercando di diventare tra le migliori al mondo, suo padre insisteva nel dirle che non le mancasse nulla e per parecchio ci aveva creduto. Ora non era più sicura. Scosse la testa e sorrise debolmente, ora voleva solo godersi la vittoria e il proseguo del cammino in quel torneo.

 

Appena varcò la porta dello spogliatoio gli andò incontro il padre, estremamente euforico.

 

“Sei stata bravissima Sara!” - le disse abbracciandola - “Non hai lasciato scampo a quella ragazzina presuntuosa”

 

“Papà dai” - esordì la ragazza con voce flebile - “ha solo diciassette anni, credo sia uno dei suoi primi tornei importanti. Ha giocato bene”

 

“Smettila di fare la modesta!” - replicò l'uomo staccandosi - “Venivi da un grave infortunio e non calcavi un campo da mesi! Quella è solo una sbruffoncella!”

 

Sara annuì solamente, era consapevole dell'inutilità di controbattere alle parole del padre. Per lui non c'era mai una via di mezzo, sopratutto nessuna avversaria poteva essere alla sua altezza. Ora voleva però solo rilassarsi e staccare la spina senza pensare necessariamente al secondo turno che l'aspettava.

 

“Ok” - disse infine - “Ora torno in albergo, così dormo un po' e domani mattina mi alzo presto per allenarmi. Va bene?”

 

“Certo Sara. Sicura che non vuoi cenare insieme prima?”

 

“Sì, manderò un messaggio a Roberto, mi farò portare qualcosa” - rispose la giovane evitando però lo sguardo del padre.

 

“Non sapevo fosse venuto. Va bene, allora a domani piccola” - disse dandole un bacio sulla guancia prima di allontanarsi.

 

 

Sara lo seguì con lo sguardo poi si lasciò cadere sopra una panca. Il padre detestava Roberto da sempre, però era l'unico argomento dove non gli aveva permesso di avere voce in capitolo. Non avrebbe mai potuto rinunciare al rapporto con lui. Cercò il cellulare nella sacca, aveva ancora tante notifiche, ma non quella che aspettava con più ansia. Sospirò e digitò velocemente un numero.

 

“Ciao Robi, sono io.” - disse appena una voce maschile rispose - “Ti va di cenare insieme? Alloggio al Diamonds. Tra un'ora sono là.”

 

“Me lo domandi?” - disse il ragazzo ridendo - “Mi faccio una doccia e ti avviso come son là. Ah Sara, sei stata bravissima oggi.”

 

“Grazie Robi.” - rispose solamente Sara chiudendo la chiamata, ora voleva solo togliersi il completino sudato e tornare a essere solo Sara Carli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sara era seduta sul letto intenta a rispondere ai vari messaggi, la maggior parte erano del suo staff tecnico e degli amici storici, tutti si complimentavano il suo ritorno e per la buona partita. Aveva però evitato di entrare nei suoi profili social, non era ancora pronta a quello. In passato alcune frasi l'avevano ferita, certo non poteva dare loro la colpa delle sue sconfitte o dei suoi cali vistosi ma sicuramente contribuivano a non farla giocare serenamente. Era stufa di sentirsi dire di essere glaciale, che non sorrideva mai e che doveva cambiare allenatore. E sopratutto era stanca di leggere determinate illazioni sulla sua vita privata, che aveva sempre voluto tenere lontano dalle copertine e dai giornalisti.

 

I giornalisti poi spesso facevano danni peggiori dei semplici appassionati, riuscivano ad esaltare un atleta dal nulla e sempre dal nulla lo facevano ricadere nel baratro. Non sapeva quante volte avesse letto articoli col suo nome seguiti da “Eterna promessa” Ennesimo bluff della Carli?” e addirittura “Sara Carli preferisce il fidanzato alla racchetta”. Nessuno però le aveva mai fatto una vera intervista o si era domandato il perché della sua incostanza.

 

“Cazzo Sara basta. Non ne vale la pena” - disse lanciando il telefono lontano e sentendosi gli occhi lucidi - “Robi muoviti ad arrivare. Ti prego” - sospirò poi scoppiando in un pianto incontrollato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Roberto ***


Roberto aveva fatto tutto di corsa, non vedeva l'ora di incontrare Sara e raccontarle le ultime novità. Aveva evitato di disturbarla nell'ultimo periodo perché voleva fosse concentrata per il torneo, però sapeva che dopo una vittoria necessitava sempre di occupare la mente con altri pensieri diversi dal tennis.
E lui in quei casi era la soluzione adatta. O forse l'unica soluzione per Sara.

Appena arrivò all'albergo, puntualissimo come sempre, si presentò alla reception chiedendo in quale stanza si trovasse Sara Carli e dallo sguardo del ragazzo dietro il bancone comprese che Sara l'aveva avvertito del suo arrivo.

“La signorina Carli è nella stanza 19, al primo piano, credo la stia aspettando. Lei è il signor Fortini, vero?” - disse il giovane osservando intensamente Roberto.

“Sì” - rispose solamente con un sorriso - “La ringrazio”

E appena si voltò per salire le scale continuò a sentire lo sguardo del giovane receptionist addosso, scosse la stessa e un po' gli dispiaceva non essere lì per altro e magari approfondire la conoscenza con quel biondino.

“Sono il tuo angelo custode” - disse bussando alla porta.

E quando Sara aprì la porta gli saltò praticamente addosso, non lo vedeva da quasi un mese e gli era mancato davvero tanto.

“Grazie Robi. Non sai quanto abbia bisogno di te stasera” - gli disse poi trascinandolo all'interno - “Il ragazzetto ti ha fatto qualche domanda? Quando gli ho detto di far salire un certo Roberto Fortini, mi ha fatto un sorriso ambiguo. Sicuramente penserà sia il mio nuovo fidanzato.”

“Nessuna domanda, tranquilla. Qualche sguardo di troppo, però ho fatto da bravo.” - rispose togliendosi la giacca e osservando la stanza.

“Sei il solito cretino” - rise Sara andandogli nuovamente incontro - “Ti prego abbracciami, mi sento...” - non riuscì a terminare la frase e iniziò a piangere incessantemente.

Roberto l'abbracciò forte ma non disse nulla, vederla in quello stato lo logorava, sapere di poter fare nulla per alleviare quelle sensazioni all'amica lo facevano sentire impotente. Dai messaggi che le aveva mandato pensava stesse bene ma sicuramente in quelle poche ore era successo qualcosa per renderla così vulnerabile.

“Piccola ci son io ora.” - disse infine asciugandole le lacrime - “Vieni, sediamoci e raccontami cosa è successo.”

Sara deglutì e si asciugò le lacrime, in realtà non sapeva nemmeno lei a cosa fosse dovuta quella crisi di pianto. La vittoria le aveva fatto bene ma forse si aspettava qualcosa di diverso.

“Aspettavo il suo messaggio come una cretina.” - disse infine guardandolo con mezzo sorriso.

“Merda Sara” - replicò solamente Roberto.

“Lo so, lo so. È una stronzata. Non ci sentiamo da mesi, dal giorno del mio infortunio. E so benissimo che non abbiamo avuto un incontro sereno quella volta. No, direi di no. Ma sapeva che sarei tornata a giocare oggi, lo sapeva perché ci ha fatto un cazzo di articolo per quel giornale di merda dove scrive! Poteva benissimo mandarmi un messaggio di auguri, no? Solo un cazzo di messaggio, non chiedevo molto.” - si ritrovò quasi a urlare quelle parole ma non riuscì a fermarsi - “Perché ci penso ancora Robi? Perché? Ti prego dimmelo”

Roberto le accarezzò la guancia e poi le prese le mani tra le sue. Detestava vederla in quelle condizioni, era consapevole che Sara non avesse superato la rottura con Destefani ma non aveva pensato che il solo pensiero le facesse ancora così male.

“Sai meglio di me che se ti avesse scritto non avresti reagito bene. Quando avete rotto eri uno straccio, eri irriconoscibile. Ma era una storia sana? No, Sara, non lo era. Vivere nascosta perché non puoi dire a nessuno, nemmeno a tuo padre, chi ami, ti stava logorando. Devi accettare che sia finita e sopratutto pensare alla tua carriera e valutare cosa vuoi dal futuro.” - disse il giovane cercando di essere il più delicato possibile.

“Perché l'amo ancora?” - rispose solamente Sara.

“Perché sei una cretina.” - replicò Roberto facendola però sorridere - “Ora comunque son qua e lo superiamo insieme, ok?”

Sara annuì e si allontanò per cercare una bottiglia d'acqua, con quelle semplici parole però Roberto era riuscito a tranquillizzarla, era sorprendente l'effetto sedativo che aveva.

“Raccontami di Cristian, mi hai detto che hai novità” - gli domandò.

“Tantissime novità. Più o meno belle. Ma prima voglio un tuo commento sulla tua sfidante. Ma quanto è bella?” - rispose Roberto sistemandosi meglio sul letto.

“Ha diciassette anni Robi!”

“Non ti sei mai fatta troppi problemi in passato, o sbaglio?” - replicò il ragazzo malizioso.

“Cretino” - sibilò Sara raggiungendolo - “Mi ha fatto i complimenti per il gioco e mi ha detto che è una mia fan. Carina, no? Però nessun secondo fine. Ha diciassette anni!” - continuò scoppiando a ridere.

Roberto scosse la testa e l'abbracciò per l'ennesima volta, vederla ridere era il suo unico scopo e prima o poi sarebbe riuscito a darle quella serenità che Sara meritava.

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Capitolo 4
*** Sara e Roberto ***


Roberto e Sara stavano mangiando una pizza, il ragazzo aveva convinto l'amica a non rispettare la dieta ferrea che seguiva, almeno per quella sera.

"Se tu non fossi così fissata con la disciplina sportiva mi faresti compagnia anche con la birra." - disse Roberto mostrandole un finto broncio.

"Se io non fossi così fissata potrei dire addio al professionismo, lo sai?" - replicò Sara - "Se mio padre mi vedesse ora con la pizza in mano credo potrebbe morire." - aggiunse poi ridendo.

"Allora dovrei farti una foto e postarla su Instagram, sarebbe divertente" - aggiunse Roberto pensieroso.
 
Sara scosse la testa ma non riusciva a smettere di ridere, Roberto con la sua semplicità stava riuscendo a farle godere la serata e a scaricare tutta la tensione accumulata nei giorni precedenti.

Lei e Roberto si conoscevano ormai da dieci anni e non riusciva nemmeno lontanamente a pensare come avrebbe fatto senza sua presenza. Era stato fondamentale sia per la sua vita privata sia per quella professionale. Si erano incontrati quando Sara, da adolescente, si trasferì con tutta la famiglia in una città che potesse fornirle le strutture adatte per allenarsi.
Lei era una giovane promessa del tennis juniores e Roberto, di qualche anno più grande, invece faceva parte della squadra universitaria. Si erano conosciuti durante gli allenamenti e tra i due nacque subito una simpatia reciproca. Lui in realtà fu l'unico a non fermarsi all'apparenza e andare oltre la superficialità, infatti per tutti gli altri ragazzi che frequentavano l'impianto sportivo Sara Carli era solamente una stronza snob.
A Sara non importava però, era cresciuta solo con un obiettivo e creare legami non era importante, almeno sino all'arrivo di Roberto.
Tutti, però, davano per scontato fossero fidanzati e per parecchio tempo entrambi l'avevano lasciato credere, era decisamente più comodo. Anche Giorgio Carli, padre e allenatore di Sara, lo pensava e dava a Roberto la colpa dei cali mentali della figlia durante le partite.
Non accettava il fatto che magari la giovane avesse qualche problema. E arrivò a impedirle di frequentarlo fuori dagli allenamenti.
Inizialmente lei gli diede retta e si staccò dal giovane, ma quando si accorse di star sbagliando tutto affrontò il padre, per la prima e unica volta, dandogli un ultimatum: o Roberto faceva parte della sua vita o avrebbe lasciato il tennis professionistico.

"A che pensi piccola?" - domandò Roberto, distogliendola dai pensieri.

"A quanto son fortunata ad averti" - rispose solamente Sara sorridendo.

"Son lusingato, sono abituato a sentirmelo dire solo dagli uomini"

"A proposito di uomini. Cristian?"- gli chiese alzandosi per prendere un bicchiere d'acqua.

"Ci siamo lasciati" - replicò il ragazzo - "No, non fare quella faccia. Sto bene, molto bene. Lui ha ricevuto un'offerta di lavoro in Germania. Ma io non voglio lasciare le ragazze, sai quanto ami ciò che faccio, amo anche Cristian ovviamente ma perché devo rinunciare io? Potevamo provare una storia a distanza ma lui non l'ha voluta nemmeno prendere in considerazione"

Sara annuì, gli andò vicino e lo abbracciò. Cristian le piaceva ma in due anni di relazione con Roberto aveva più volte mostrato egoismo e, sopratutto, riteneva il proprio lavoro più importante di quello del fidanzato. Roberto da alcuni anni era diventato coach della squadra universitaria femminile di tennis e sembrava aver trovato la propria dimensione.

"Mi dispiace Robi" - gli disse solamente sedendosi sulle sue ginocchia.

"Sai che se posto ora questa foto, la tua popolarità salirebbe alle stelle?" - scherzò Roberto cercando di scacciare le lacrime - "Siamo perfetti insieme: tu bellissima, bionda e occhi azzurri ma non banale, pure simpatica quando ti impegni. Io semplicemente un dio greco".

Sara scoppiò a ridere e si sistemò meglio sulle gambe dell'amico. Aveva ragione, insieme sarebbero stati perfetti, era un peccato avessero gusti incompatibili.

"Ma siamo qua per parlare di te e la giovane moretta. Prima hai deviato il discorso. Cristian è già il passato." - chiese Roberto maliziosamente.

"Ma non c'è nessun me e moretta!" - disse Sara arrossendo - "So solo il suo nome. Ok ho anche il suo numero ma sarei folle Robi! Cioè non so nemmeno se lei sia..."

 Roberto scosse la testa e la strinse, trovava tenero l'imbarazzo di Sara e le sue paure.

"Non metterti mille paranoie piccola, ti farebbe bene un po' di divertimento" - aggiunse.

"Ha diciassette anni Robi" - sibilò la ragazza alzandosi

"Lo scorso anno non ti sei messa tanti problemi con l'ucraina" - replicò Roberto andando a prendere il cellulare di Sara - "Scrivile Ora." - disse infine con tono perentorio.

"Ok capo." - rispose Sara sapendo che Roberto avesse ragione - "Però le chiederò di vederci dopo il torneo. Non posso distrarmi ora!"

Roberto annuì soddisfatto, il primo passo era fatto.

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Capitolo 5
*** Martina ***


Era passata una settimana dall'inizio del torneo e Sara si era dovuta arrendere in semifinale al cospetto di una giovane tennista russa. Ma, nonostante la sconfitta, Sara si riteneva soddisfatta, aveva capito di aver superato i problemi al polso e, sopratutto, aveva trovato una maggiore concentrazione durante le partite, quella che le era mancata prima dell'infortunio e che spesso aveva contribuito alle sue sconfitte, anche con rivali nettamente alla sua portata.

Anche il padre era felice delle sue prestazioni e per una volta non aveva dato la colpa al clima, all'arbitro o all'antisportività delle avversarie. Aveva accettato la superiorità della russa in questo incontro ma vedeva netti miglioramenti in Sara e nutriva decisamente buone speranze per le qualificazioni degli Open di Francia, che sarebbero iniziate due settimane dopo.

“Bravissima piccola!” - le disse il padre appena la raggiunse negli spogliatoi - “Son davvero contento. Ti meriti almeno due giorni di riposo. Te l'avevo promesso. Dai ora cambiati, partiamo tra un'ora.”

“Grazie papà” - rispose solamente Sara sospirando - “Credo starò ancora qua, volevo salutare Roberto, appena inizierò le qualificazioni non riuscirò a vederlo per diverso tempo. Ti raggiungo giovedì, va bene?”

Il padre annuì, non le piaceva assolutamente l'idea di non poter avere il controllo totale sulla vita della figlia ma era anche consapevole che per non perderla doveva lasciarle determinati spazi. Avevano trovato un punto di incontro durante gli ultimi, lui avrebbe voluto che la figlia si dedicasse esclusivamente al tennis, sperava anche potesse trovare un fidanzato di quel mondo così da non allontanarla dagli impegni.
E avrebbe tanto voluto che si staccasse da quel Roberto, perché anche se faceva l'allenatore aveva una brutta influenza sulla figlia. Almeno lo rincuorava che non stessero insieme, a volte nutriva ancora dei dubbi e pensava che il ragazzo avesse altri interessi oltre l'amicizia, però cercava di non darlo troppo a vedere a Sara.

“Va bene, allora io parto ora, ti chiamo appena arrivo. Va bene?” - disse infine andando ad abbracciare la figlia.

“Sì papà” - rispose Sara con mezzo sorriso - “Tranquillizza la mamma. Ok?”

Appena il padre la lasciò sola, Sara si prese la testa tra le mani e cercò di calmarsi. Sino a cinque minuti prima era serena e felice per il risultato ottenuto e ora bastava quello sguardo del padre, che ormai conosceva bene, per renderla nuovamente fragile e insicura.
Se avesse saputo il vero motivo per cui voleva restare altri due giorni probabilmente sarebbe impazzito del tutto e avrebbe rivalutato la sua amicizia con Roberto. I suoi pensieri vennero interrotti dallo squillo del cellulare, appena lesse il messaggio sorrise e si ritrovò ad arrossire.
Era un messaggio di Martina, la ragazzina che aveva affrontato nel primo turno e con cui da una settimana si scambiava numerosi messaggi. Era stato tutto molto naturale in realtà e le due non sembravano nemmeno essere perfette estranee.
Sara aveva scoperto anche che Martina aveva già compiuto diciotto anni e questo almeno l'aveva leggermente tranquillizzata.
La giovane inoltre aveva subito flirtato con lei o meglio le sembrava stesse flirtando, non era totalmente sicura di questo.
Perché Sara nonostante avesse già ventisei anni non era molto brava a rapportarsi con le persone che le interessavano, la sua apparenza da ragazza snob e viziata nascondeva una forte timidezza e la paura di non piacere.
Certo contava molto anche il fatto che non fosse dichiarata, solo Roberto era al corrente della sua omosessualità, e che non riuscisse pienamente ad accettarsi. Infatti più di una volta si era imposta di uscire con ragazzi, non solo per copertura ma anche perché sperava di potersi davvero innamorare di qualcuno di loro.
Invece non era mai successo.

Mi spiace tu abbia perso ma son felice che finalmente possa offrirmi quel famoso caffè. PS sei stata comunque bravissima. Marti.

Lesse più volte quel semplice messaggio e poi decise di risponderle, cercando di non far trapelare la voglia di vederla.

Grazie, la Kunova però era imbattile oggi. Stasera?

“Ok brava Sara, meno male non dovevi esporti!” - disse a bassa voce appena lo inviò.

Poi sospirò e decise di farsi la doccia direttamente in albergo, così non avrebbe perso troppo tempo e poteva prepararsi con la giusta calma.

“Stasera va benissimo. A che ora?” - disse una voce facendola trasalire.

“Oddio, non pensavo fossi qua.” - rispose quando si voltò e vide Martina davanti a lei.

“Altrimenti come avrei potuto dirti che sei stata brava? Mica era una lusinga senza fondamento.” - replicò la giovane mora andandole incontro.

Sara deglutì e cercò di calmarsi, non la conosceva e non poteva farle quell'effetto. Inoltre era ancora una ragazzina praticamente. Si sforzò di sorridere in maniera naturale ma il tremolio al labbro tradiva l'agitazione.

“Alle 22.00 va bene per te? O è troppo tardi?”

“Non ho il coprifuoco Carli. Son maggiorenne ti ricordo” - disse Martina fermandosi a pochi centimetri da Sara.

“La settimana scorsa non mi sembravi così più alta di me.” - esordì Sara alzando lo sguardo e rendendosi conto che la giovane la superava almeno di dieci centimetri.

Martina scosse la testa e scoppiò a ridere, in una sola settimana aveva inquadrato la Carli, aveva capito quanto fosse timida e impacciata e sarebbe spettato a lei gestire quella particolare situazione.

“Mi scrivi dove alloggi e passo a prenderti, va bene? Ora ti lascio sistemare, a dopo Sara.” - disse infine Martina e senza aspettare la risposta dell'altra si voltò e uscì dagli spogliatoi.

Sara rimase imbambolata sino a quando l'altra non sparì dalla sua vista, non riusciva a capire bene cosa stesse accadendo tra loro, solo era la prima volta dalla fine della sua ultima storia che provava realmente piacere nell'uscire con un'altra persona. E probabilmente ora nessuna meglio di Martina poteva essere perfetta per farle superare il passato.

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Capitolo 6
*** Sara e Martina ***


Sara si era cambiata due volte nel giro di nemmeno un'ora, non riusciva a decidere come vestirsi per l'appuntamento con Martina. Non sapeva se optare per un abbigliamento casual od osare leggermente con un vestito, anche se forse non faceva ancora troppo caldo.
Si guardò per l'ennesima volta allo specchio e sbuffò, si sentiva stupida e infantile, non era certo senza esperienza ma si stava sentendo incapace. Se avesse potuto chiedere a Martina come si sarebbe vestita non avrebbe avuto tutte queste paranoie.
Si morse il labbro e sospirò. Una ragazzina, che praticamente nemmeno conosceva, non poteva farle questo effetto.
Alla fine optò per un paio di jeans neri, una camicia bianca e gli stivali per dare un minimo di eleganza. In realtà non era totalmente soddisfatta ma Martina sarebbe arrivata a breve e non poteva continuare a perdere tempo con inutili paranoie.
Prese una giacca nel caso avesse avuto freddo e scrisse un messaggio a Martina prima di uscire.

Ti aspetto davanti all' albergo.

Sono seduta sulla comoda poltrona della hall


 Il messaggio dell' altra la fece imprecare, non le piaceva arrivare dopo negli appuntamenti, non le davano il tempo di rilassarsi e prepararsi psicologicamente ai convenevoli.
Appena varcò la porta dell' ingresso e la vide iniziò a sentirsi ancora più a disagio: Martina indossava un semplice vestitino azzurro e dei sandali ma risaltavano la sua figura.
Era davvero bella. Sara si diede della stupida, era un'uscita con una giovane, giovanissima si ripeté, tennista e nient'altro.

'Ciao' - esordì Martina andandole incontro e facendo scorrere il suo sguardo su tutto il corpo di Sara - 'Il bianco ti dona, dovresti usarlo anche durante le partite' - aggiunse poi.

'Grazie' - sibilò Sara abbassando lo sguardo - 'Andiamo?' - e senza aspettare la risposta dell' altra si incamminò verso l'uscita, sentendo addosso lo sguardo divertito del receptionist.

'Visto che sono le dieci e io domani ho la sveglia all' alba ti va se evitiamo il caffè?' - domandò Martina facendo sorridere Sara - 'Si sta davvero bene, possiamo fare una passeggiata'

Sara annuì continuando però a stare in silenzio. Si trovava in una situazione paradossale, usciva con le ragazze ma praticamente non aveva mai avuto un vero primo appuntamento con nessuna. Almeno non in pubblico. In realtà non era nemmeno certa che quello con la mora fosse un appuntamento. Si conoscevano solo da una settimana, si erano scritte molto spesso ma nessuna delle due si era esposta. Solo un flirt leggero da parte di entrambe.

'A cosa pensi?' - le chiese Martina facendola sobbalzare.

'A nulla' - rispose Sara poi scosse la testa e sospirò - 'A quanto sia tutto così strano'

'Uscire con me?' - la incalzò la mora rallentando il passo.

'Sì ma non solo. Cioè non ti conosco, non faccio queste cose normalmente' - replicò Sara cercando di nascondere l'imbarazzo.

'Cioè non esci con colleghe? O con ragazze? O meglio ancora con ragazze più piccole di te?' - continuò Martina mostrandosi sempre sicura a dispetto della sua età.

Sara la fissò e aprì la bocca per controbattere ma poi si bloccò. Detestava provare quella sensazione di inadeguatezza con le persone, le succedeva spesso anche con chi non le interessava in realtà. Martina si stava dimostrando più matura dei suoi diciotto anni e questo l'attraeva ancora di più.

'Sara non voglio metterti a disagio, solo capire. Tu mi piaci.' - disse Martina dolcemente - 'Vieni. Sediamoci'

La bionda la seguì e si sedettero su una panchina nel parchetto poco distante dall' albergo.

'Come hai capito che sono...' - iniziò Sara appena si sedette - 'Cioè come facevi a essere sicura che...' - nonostante ci provasse si sentiva a disagio anche solo ad ammettere di essere lesbica.

'Non avrei mai pensato che Sara Carli si imbarazzasse così tanto' - la prese in giro Martina - 'Comunque ho notato subito che non apprezzi solo il mio rovescio, ho un buon radar. Tu invece? Come lo hai capito?'

'Ho un amico con un ottimo radar' - replicò seria Sara - 'Lui ha insistito affinché ti scrivessi."

'Devi ringraziarlo da parte mia allora.' - rispose la giovane - 'Ho avuto sempre dei dubbi su di te, cioè da quando ti seguo. Però la settimana scorsa ho avuto la conferma. In fondo ti avevo sempre solo visto da lontano'

'Si vede così tanto?' - le chiese Sara stringendo forte i pugni - 'Io non son dichiarata Martina, non voglio che si sappia nulla della mia vita privata'

Martina sorrise e si voltò in modo tale da guardarla negli occhi.

“Io non voglio sputtanarti o chissà cosa, Sara” - le disse dolcemente - “Ti trovo interessante, ok ti trovo bellissima, non ti conosco ma mi attrai. Non mi interessa dire ai quattro venti che la promessa del tennis italiano preferisce le donne ai tanti uomini che le stanno intorno”

“Promessa del tennis italiano? A quasi ventisette anni suona male, no?” - rise Sara - “Grazie. Io...” - venne bloccata da Martina che improvvisamente la baciò.

“Scusa ma desidero farlo da una settimana” - le disse la mora allontanandosi - “Sei davvero bella Sara”


Sara deglutì, incapace di dire qualunque cosa, si guardò intorno e decise di prendere lei ora in mano la situazione, in fondo Martina era una ragazzina, non poteva esserne totalmente succube.

“Andiamo in albergo. Possiamo approfondire l'argomento.” - disse alzandosi e porgendo la mano alla mora.

Martina sorrise e si alzò. Sarebbe stata finalmente una giornata interessante.

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Capitolo 7
*** Serve & Volley ***


Durante il tragitto per tornare in albergo entrambe stettero in silenzio, Sara pensava se fosse giusto quello che stava facendo, la sua parte razionale le diceva di fermarsi, che quella situazione poteva metterla in una situazione difficile da gestire. Però, allo stesso tempo, voleva ascoltare l'attrazione verso Martina e divertirsi dopo tanto tempo.

 

'Senti Marti, non vorrei tu pensassi che io stia cercando solo di portarti a letto' - disse Sara improvvisamente.

 

'Peccato' - replicò solamente Martina sfiorandole il fianco, cosa che fece rabbrividire l'altra - 'Sara ho diciotto anni ma so bene cosa voglio, soprattutto ora'

 

La bionda si morse il labbro e prese la mano di Martina, non voleva sbagliare e dar retta alla ragione, non questa volta. La giovane era stata chiara ed esplicita, l'attrazione reciproca era palese e ora voleva solo metterla in pratica.

 

Tra le due ragazze scese nuovamente il silenzio e Sara riprese a parlare solo quando varcarono la porta della sua stanza.

 

'Io non faccio queste cose solitamente, cioè non che sia alle prime esperienze ma ecco, vedi...' - iniziò togliendosi la giacca e facendo cenno a Martina di sedersi sul letto - 'Devo essere totalmente impazzita, vorrei però questo restasse tra noi. Ok?'

 

Martina annuì e le sorrise dolcemente, anziché andare a sedersi però restò in piedi e le andò di fronte. Le accarezzò la guancia e quando vide Sara chiudere gli occhi, inspirò profondamente. Aveva avuto poche esperienze con ragazze, ora però voleva solo sentire il corpo di Sara.

 

Si chinò e leggermente iniziò a baciarla, Sara rispose subito al bacio e ci misero poco ad approfondirlo. Quando la mora sentì la lingua di Sara giocare con la sua perse il controllo e la spinse sul letto. Doveva averla e non riusciva più ad aspettare.

 

Sara sorrise per l'irruenza della ragazzina ma allo stesso tempo trovava il tutto estremamente eccitante. Decise di lasciarle in mano il gioco, si stava dimostrando sicura e, soprattutto,  voleva sentire la sua bocca sul corpo.

 

Martina sbottonò la camicia di Sara, lasciandole però il reggiseno, voleva ammirare il corpo dell' altra e non perdersi nemmeno un dettaglio. Poi la fece sdraiare e le sfilò i jeans, avrebbe passato ore in quella posizione. Le accarezzò dolcemente le gambe e la guardò intensamente, leggere negli occhi di Sara il suo stesso desiderio la faceva impazzire.

 

'Sara se ci ripensi bloccami ora, altrimenti sarà troppo tardi' - disse Martina togliendosi il vestito e rimanendo solo in intimo.

 

Sara deglutì e fece scorrere lo sguardo sul corpo della mora. Era incapace di dire qualunque cosa in quel momento, non le importava nulla se si conoscevano appena, se si sarebbe pentita o altro, voleva solo far del sano e piacevole sesso con quella ragazzina.

 

'Da come mi guardi intuisco non voglia fermarmi' - continuò Martina slacciandosi il reggiseno e sedendosi sulle ginocchia di Sara - 'Quello che succederà ora resterà in questa stanza. Te lo prometto' - aggiunse poi prendendo la mano di Sara e portandola sul seno - 'Voglio mi mostri come sai usare le mani.'

 

Sara arrossì, le strinse forte il seno e poi avvicinò la sua bocca a quella di Martina. Iniziò a morderle il labbro inferiore, da troppo tempo non si sentiva attratta in quel modo da qualcuna, non avrebbe permesso alle sue stupide paranoie di rovinare tutto.

 

'Ora devi solo possedermi, ragazzina' - sibilò staccandosi - "Alle mie mani pensiamo dopo" 

 

Martina non se lo fece ripetere due volte, tolse il reggiseno all'altra, avvicinò la bocca al suo orecchio e iniziò a morderle il lobo, ora potevano dedicarsi solo al piacere.

"Voltati" - le sussurrò poi - "Non sai quanto lo desideri" 



 

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Capitolo 8
*** Matteo ***


Sara fissava Martina dormire, avevano fatto l'amore per quasi tre ore, senza praticamente interrompersi, e la mora alla fine era crollata tra le sue braccia. Sara non era abituata a dormire con nessuno, solo con Roberto ogni tanto, la faceva sentire a disagio e non riusciva mai a riposarsi decentemente.
Inoltre il fatto che viaggiasse molto per i tornei non aiutava ad avere una routine, nemmeno con le ragazze con cui aveva avuto un minimo di relazione. Solo con Giulia aveva iniziato una certa quotidianità, o meglio una parvenza di quotidianità, per lei aveva cambiato le proprie abitudini. Ma non era servito a salvare la storia.
Al pensiero della donna sentì una fitta al petto, perché non riusciva ancora a superarlo? Aveva appena fatto del sesso stupendo e appagante con una diciottenne, non poteva desiderare di meglio. Sospirò e guardò il cellulare, erano quasi le tre ma provò ugualmente a scrivere a Roberto.


Sei sveglio?

Cosa succede?


Roberto le rispose subito, quindi decise di provare a chiamarlo. Si alzò lentamente, cercando di non svegliare Martina, si infilò i jeans e una felpa e uscì in corridoio.


'Cosa ci fai sveglio?' - esordì appena sentì la voce dell' amico.

'Potrei chiederti la stessa cosa. Da quando fai le tre? Comunque è appena andato via Vincenzo, mi son messo ora il pigiama' - replicò Roberto sbagliando.

'Chi è Vincenzo?' - chiese Sara.

'Il fratello di una mia allieva. Ma te ne parlo domani con calma. Perché sei sveglia? Che succede?' - domandò Roberto dolcemente - 'Se non stessi male non mi avresti chiamato a quest' ora. Non dovevi vedere la moretta? Le hai dato buca?'

'No, anzi...' - iniziò a spiegare la ragazza - 'Siamo state bene, ok abbiamo parlato poco però...'

'Oddio ci sei andata a letto? Brava piccola! Finalmente!' - la interruppe Roberto euforico.

'Robi fammi finire!' - replicò Sara - 'Sì siamo state insieme. È stato bello. Mi son rilassata e ho...' - si bloccò e si morse il labbro - 'Beh hai capito Robi'

'Certo. Ti ricordo che conosco le tue avventure sessuali meglio delle tue amanti. Ma sei senza alcool e fai la timida' - scherzò il ragazzo - 'Meglio della danese comunque?'

'Sì. E ha solo diciotto anni' - sospirò Sara - 'Comunque sta dormendo...”


Sara smise di parlare, aspettandosi la replica dell'amico, ma lui non rispose. Sospirò e chiuse gli occhi, perché non lo aveva accanto in quei momenti?
 

“Si è addormentata dopo il sesso, non potevo mandarla via” - continuò quasi giustificandosi - “Solo io non riesco a dormire e ho iniziato a pensare. E, uffa Robi, cosa c'è di sbagliato in me? Perché non son etero?”


“Non cambierebbe nulla, combineresti ugualmente casini. Quindi non l'hai mandata via dopo averle fatto provare le gioie saffiche? Stai crescendo, non farti mille seghe mentali ora, vai nel letto, la conosci appena ed è solo una scopata ma il fatto tu non abbia insistito per non dormire insieme significa che Giulia non è così presente, no?” - disse Roberto cercando di far capire all'amica che doveva comunque andare avanti finalmente.
 

“Non la conosco però mi farebbe piacere continuare a frequentarla, anche se ora con le qualificazioni sarà difficile, poi anche lei avrà qualche torneo.”


“Non iniziare di nuovo. Ora vai a dormire e domani mattina le dirai questo che hai detto a me, ok? Riposati e vedrai andrà bene.” - replicò Roberto sospirando - “Ti voglio bene piccolina”


“Idem” - sibilò Sara chiudendo la chiamata.


 

Sapeva che Roberto aveva ragione, con nessuna ragazza, dopo Giulia, era riuscita ad andare oltre il semplice sesso. Erano solo avventure, o meglio erano solo un modo per non pensare al dolore che provava da quando aveva lasciato Giulia. Rientrò in camera, si spogliò e si sdraiò accanto alla mora. Cercò di non svegliarla ma si avvicinò a lei, magari sarebbe riuscita davvero a togliere il muro che aveva costruito nel corso degli anni.


 

 

Sara si svegliò appena sentì una suoneria invadere la camera, le sembrava di aver appena chiuso gli occhi. Si alzò lentamente e vide di essere sola nel letto, Martina era intenta a vestirsi mentre parlava al telefono con qualcuno.
 

“Sì, ero stanca e mi son fermata da un'amica.” - bisbigliò Martina non accorgendosi che Sara si era svegliata - “Arrivo in tempo, tranquillo, mi porta Matteo. Sì tranquillo.”
 

Appena chiuse la chiamata sbuffò e finì di vestirsi, ieri non avrebbe voluto addormentarsi da Sara, detestava arrivare in ritardo agli allenamenti. Quando si voltò e vide l'altra in piedi sobbalzò.

 

“Scusami, non volevo svegliarti. Perché non torni a dormire?” - esordì Martina sorridendole - “Io devo andare in palestra, son in ritardo e il mio allenatore vuole uccidermi.”
 

“No, non ho più sonno” - replicò Sara andandole vicino - “Spero tu sia stata bene” - aggiunse poi abbassando lo sguardo.
 

“Benissimo. Però non fare la timida, sei nuda Sara e parecchio invitante” - la canzonò la mora - “E vado via prima che mi venga nuovamente voglia di far l'amore con te. Matteo sarà qui a momenti"
 

“Matteo è un tuo amico?” - le chiese Sara sfiorandole il fianco.
 

“No.” - rispose l'altra sospirando - “è il mio fidanzato”
 

Sara a quelle parole si bloccò, pensava di aver sentito male. Indietreggiò leggermente e guardò Martina in attesa di qualche spiegazione. Lei non andava con le ragazze fidanzate! Aveva poche regole per le relazioni e questa era fondamentale. Evitava anche le confuse o le curiose, non le importava essere un esperimento, un'avventura sì ma nient'altro.
 

“Perché non me lo hai detto?” - le chiese infine.

“Non me lo hai chiesto.” - rispose semplicemente Martina - “Dai Sara mica avrai pensato che fosse qualcosa di serio tra noi? Nemmeno ci conosciamo.”
 

Quelle parole ferirono Sara, non credeva all'amore a prima vista, e questo non le era successo con Martina, ma pensava davvero avrebbero potuto iniziare a frequentarsi. Era solo una stupida, una stupida sognatrice.
 

“Hai flirtato con me, hai accettato di uscire insieme ben sapendo cosa volessi da te” - le disse Sara - “Non immaginavo stessi con qualcuno. Non sarei mai venuta a letto con te.”
 

“Non pensavo fossi una di quelle.” - replicò Martina ridendo - “Sara abbiamo solo scopato”
 

“Non scopo con le fidanzate di altri.” - rispose glaciale Sara - “Ora vai via per piacere.”
 

Appena disse quelle parole cercò qualcosa per coprirsi, non voleva restare nemmeno un minuto di più nuda davanti a Martina. Detestava essere presa in giro. Vide che la mora continuava a fissarla con mezzo sorriso.
 

“Martina va via. Sono seria. Sei stata solo una notte di sesso, bellissimo sesso per carità ma pur sempre solo sesso. Mi son dimenticata per qualche ora di quello che mi pesa e ti ringrazio. Ma non voglio che una stupida ragazzina confusa o vogliosa di trasgressioni possa intromettersi nella mia vita. Vai via.”- le disse evitando di guardarla negli occhi.
 

Martina annuì silenziosamente, prese la sua roba e uscì dalla stanza lasciando Sara nuovamente sola.


 

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Capitolo 9
*** Alice ***


Sara aveva iniziato da una settimana gli allenamenti per le qualificazioni agli Open di Francia, aveva cercato di dedicarsi esclusivamente al tennis ed evitare di pensare ad altre cose e, sopratutto, a Martina. Dopo che aveva scoperto l'esistenza di un fidanzato non volevo pensare minimamente a lei, in quella settimana si era data più volte della stupida. Si era illusa di poter avere con lei una frequentazione normale, o almeno potersi conoscere senza nessuna forzatura o paranoia. Invece sapere che era stata solo usata l'aveva ferita, l'aveva fatta sentire quasi un oggetto. Aveva anche litigato con Roberto per questo motivo, secondo l'amico stava esagerando, non si conoscevano e avevano semplicemente fatto del sesso, perché Martina avrebbe dovuto informarla di essere fidanzata? In fondo anche lei cercava un'avventura e non capiva perché Sara se la fosse invece presa così tanto. Per la giovane però era una questione di rispetto, si era sentita sporca e usata, non voleva essere un'amante, nemmeno per una sola notte.

 

Sospirò e cercò di non pensarci più, doveva togliersi assolutamente Martina dai pensieri, era riuscita a evitare i suoi messaggi e le sue telefonate, le sarebbe passata molto presto.

 

“Piccola oggi ti ho vista un po' sottotono, tutto bene?” - la voce del padre la ridestò da quei pensieri e questa volta gliene fu grata.

 

“Sì, tranquillo papà, ero solo un po' stanca perché ieri non ho dormito benissimo. Però domani andrà meglio” - rispose sorridendo e andandogli incontro - “Non fallirò, te lo prometto”

 

“Non devi farlo per me Sara, devi farlo per te” - replicò l'uomo abbracciandola forte - “Solo per te.”

 

Sara annuì e chiuse gli occhi, sapeva di avere col padre un rapporto conflittuale ma anche intenso, spesso odiava come la faceva sentire e odiava tutta la pressione, anche se spesso inconsapevole, le metteva addosso. Ora però quell'abbraccio aveva avuto la capacità di rilassarla, di farle dimenticare lo stress che aveva accumulato nei giorni precedenti. Doveva pensare solo al tennis, si ripeté mentalmente.

 

“Ora vado in albergo, faccio una doccia e provo a riposare. Per l'esordio di domani voglio essere in forma”- disse infine Sara staccandosi lentamente.

 

Il padre annuì, le diede un leggero bacio sulla guancia e uscì. Aveva davvero delle sensazioni positive questa volta.

 

 

Sara sapeva di dover cercare di dormire, aveva la sveglia alle sette l'indomani, però si sentiva troppo carica ancora e sapeva che si sarebbe solo innervosita, Aveva giocato un po' col cellulare, postato qualche foto su Instagram e risposto ai messaggi di auguri per il torneo. In quel momento in realtà avrebbe voluto solo sentire Roberto però non voleva parlare di Martina e sapeva che il ragazzo invece avrebbe tirato fuori l'argomento. E lei non voleva discutere.

Sbuffò per l'ennesima volta e decise di chiamare Alice, l'unica persona con cui aveva un rapporto di amicizia oltre Roberto.

 

Ma tu non dovresti pensare alla partita di domani contro quella slovacca?” - disse una voce femminile subito dopo uno squillo.

 

“Non ho voglia di pensarci e mi andava di sentire la mia vecchia amica” - rispose Sara

 

Non ti fai sentire da giorni Carli, dovrei pure essere incazzata. Lo sai?” - replicò l'altra canzonandola.

 

“Ero impegnata, scusa... il ritorno ai tornei, mio padre, le solite cose. Scusami Ali.” - tentò di giustificarsi Sara ma in realtà non le aveva scritto perché temeva il suo giudizio.

 

Sei perdonata. Comunque ti sei ripresa, la settimana scorsa hai giocato bene. Sì ti ho vista, prima che tu me lo chieda.” - continuò Alice - “E sei sempre bellissima”

 

“Grazie...” - bisbigliò Sara - “Mi manchi Ali, perché non riusciamo a vederci spesso?”

 

Hai litigato con Roberto? Cosa è successo?” - le domandò invece Alice

 

No, cioè un po' ma non è proprio un litigio. Però non mi ti ho chiamata per questo.” - disse Sara chiudendo gli occhi e sdraiandosi sul letto - “Volevo solo...”

Sara ti conosco bene, non mentirmi, stai male, lo percepisco dalla voce, e se stessi male normalmente avresti chiamato Roberto non me. Lui riesce a farti tornare il buonumore sempre, io no, purtroppo. Ma non voglio parlare della mia gelosia nei suoi confronti” - la interruppe Alice - “Quindi cosa è successo?”

 

Sara sospirò, odiava quella sensazione che stava provando, Alice però aveva detto la sacrosanta verità, non si confidava mai con lei, anche se le era stata vicina in momenti molto delicati della sua vita non era mai riuscita a parlare di tutto, nemmeno della sua omosessualità. Temeva, senza nessuna ragione in realtà, di una reazione negativa, però era consapevole che erano solo sue paranoie, Alice sapeva di Roberto e non si. Sospirò ancora e decise di dirle la verità, o meglio la sua verità.

 

“La settimana scorsa ho conosciuto una persona, non so perché ma le ho chiesto di uscire. Roberto ha insistito, per lui devo pensare anche ad altro oltre al tennis. So che lo pensi pure tu. Ma il tennis è la mia vita, non posso distrarmi. Non ora.” - iniziò a spiegarle parlando velocemente - “Ma aveva ragione lui, uscire mi ha fatto bene, mi son divertita. Almeno sino alla mattina successiva, dove ho scoperto che son stata l'avventura di una persona impegnata. E ho reagito male, mi son sentita così stupida. E Roberto doveva appoggiare me! Non dirmi che sto facendo drammi per una scopata!” - disse ritrovandosi sull'orlo del pianto.

 

Alice stette in silenzio. Avrebbe voluto dirle diverse cose ma si rendeva conto che rischiava di farla chiudere e non voleva, non dopo che si era aperta con lei, come non faceva da tanto tempo. Sospirò e sperò che Sara continuasse.

 

“Io non so cosa mi prende Ali, non so nemmeno chi sia, perché allora sto così male e mi sento stupida? Dovrei pensare solo che son stata bene, no? Però perché non dirmi subito della presenza di un'altra persona? Perché?” - continuò Sara ormai in lacrime, sapendo che il pianto non era dovuto solo a Martina.

 

“Sara non dire così, la tua reazione è normale. Ti sei lasciata andare e anche se solo per un'avventura avresti preferito sincerità, è normale. Capisco anche Roberto però probabilmente la tua frustrazione non è dovuta solo a questo. Non ti ho mai chiesto troppo sulle tue storie ma so benissimo che le hai avute, non son stupida. Perché non inizi con l'essere sincera almeno con chi ti vuole bene?” - disse Alice con estrema calma e quando sentì Sara singhiozzare continuò - “Non voglio obbligarti a considerarmi alla stregua di Roberto, so benissimo che non sarò mai ciò che è lui ed è giusto così. Però non voglio nemmeno che tu non mi dica come stanno realmente le cose. Cosa ti fa star male Sara?”

“Non avrei voluto dirti questo senza guardarti in faccia” - iniziò Sara quasi balbettando - “E se non l'ho fatto in tutti questi anni non è perché non ti ritenga importante ma perché faccio fatica anche io...” - si fermò e pensò a come dirglielo, sarebbe stato tutto più facile con una birra in mano - “La persona con cui son uscita la settimana scorsa non è... cioè è... Cazzo non riesco nemmeno a dirlo!” - singhiozzò in preda al panico - “Scusami Ali, è tutto così sbagliato”

 

“È una donna, vero?” - disse semplicemente Alice togliendola dall'imbarazzo - “Credi non me ne fossi già accorta che non ti interessano gli uomini?” - sorrise sperando di averla tranquillizzata - “Aspettavo solamente me lo dicessi tu, per me non fa differenza se nel tuo letto ci va una donna o un uomo. Non ti faccio una colpa per non averlo detto, voglio però estrema sincerità d'ora in poi. Ok?”

 

“Grazie Ali” - disse solamente Sara sentendosi improvvisamente più leggera - “Lei mi piaceva, nonostante non sapessi nulla. Forse mi ha ferito essere presa in giro per l'ennesima volta. Non lo so, davvero, son stata benissimo quella sera, del sesso fantastico, la mente libera, nessuna pressione e nessuna voglia di piacere a ogni costo. Ero solo Sara Carli.”

 

Le hai dette anche a lei queste cose? Ok, ti ha mentito ma magari aveva delle ragioni per farlo, no? Perché non le dici quello che ti passa per la testa?” - le disse semplicemente Alice - “Sara ora devo andare, sta passando Leonardo a prendermi. Però vorrei tornare sull'argomento, magari dopo che finisci il torneo. Ok?

 

“Grazie.” - rispose e poi chiuse la chiamata.

 

Si alzò e si diresse in bagno, si lavò il viso e sospirò. Aver parlato con Alice le aveva fatto bene, si sentiva più leggera e meno oppressa, probabilmente il suo disagio e nervosismo non era solo per Martina. Prese nuovamente il telefono e mandò inizialmente un messaggio a Roberto.

 

Scusami, sono stata stupida. Mi manchi.

 

Si morse il labbro inferiore e decise di smettere di farsi del male e digitò: Ho bisogno di parlarti. Sono a Parigi ora, quando torno possiamo vederci?

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Capitolo 10
*** Ace ***


Sara aveva brillantemente superato le qualificazioni e il primo turno del tabellone principale, battendo Clare Terence, numero 45 del ranking. Era stata felice sopratutto per come era maturata la vittoria, non aveva sofferto il gioco della statunitense ed era riuscita a esprimere il suo gioco senza sbavature e senza sprecare troppe energie. Ora avrebbe dovuto affrontare la Kilinova, numero 32 e in splendida forma, o almeno questo le aveva riferito il padre. 

Era riuscita anche a tenere la mente libera dai pensieri e dubbi che l'avevano attanagliata nelle settimane precedenti, quando giocava c'era solo lei e la sua racchetta. Poi aveva chiarito con Roberto e questo, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, le dava una forza in più. E aveva pure risentito Martina, inizialmente la diciottenne le aveva risposto solo un Ok! che le aveva provocato fastidio, poi senza rendersene conto avevano iniziato a scambiarsi messaggi come vecchie amiche, parlando delle rispettive avversarie e dei tornei che avrebbero affrontato durante la stagione. Sara non aveva mai avuto un'amica nel circuito, per lei il tennis era passione ma anche un lavoro, e le tenniste di certo non erano famose per essere socievoli. 

Aveva scoperto inoltre che le piaceva parlare con Martina, non solo per la loro unica avventura sessuale, e nonostante la differenza di età si trovava a suo agio. Non avevano più parlato di Matteo ma entrambe sapevano che avrebbero dovuto affrontare l'argomento quando si sarebbero viste. Sara aveva deciso di voler frequentare ugualmente la ragazza, non sapeva ancora in che modo, però aveva uno strano potere sul suo umore e non voleva mandare tutto all' aria. Aveva ragione Roberto: lei non voleva una relazione in fondo quindi poteva godersi questa conoscenza senza troppe paranoie.

'Fosse semplice' - sussurrò guardandosi allo specchio e notando le terribili occhiaie - 'Dio Carli hai bisogno di una vacanza, sembri uno zombie' - continuò parlando all' immagine riflessa.

 

Sospirò e si lasciò cadere sul divano, sapeva che per una vera vacanza avrebbe dovuto aspettare ancora diversi mesi. Si massaggiò le tempie e accese il PC, visto che non riusciva a dormire avrebbe studiato la sua prossima avversaria. 

Era davvero una bella ragazza, sua coetanea ed in ascesa, aveva battuto quattro top ten negli ultimi due mesi e aveva una media di ace a partita davvero impressionante.

Veniva definita la sorpresa della stagione. Sara si soffermò sopratutto sul sorriso, possibile che non ci avesse mai fatto caso prima?

 

'Devo decisamente iniziare a seguire il tennis femminile' - disse sorridendo .

 

'Sarebbe ora' - rispose una voce facendola sobbalzare.

 

'Papà mi hai spaventata' - replicò la giovane chiudendo velocemente il notebook - 'Pensavo stessi già dormendo'

 

'Non riesco. Poi volevo dirti una cosa, so che dovrei aspettare la partita di domani ma odio mentirti' - iniziò il padre facendola diventare improvvisamente seria - 'Ehi tranquilla, la mamma e Claudio stanno bene.' 

 

'Ok' - disse con un filo di voce - 'Qualcosa di grave?'

 

'No. Però temo mi detesterai, l'ho fatto solo per il tuo bene. Domani dopo la partita hai un'intervista, so che non ti piacciono ma sei la seconda giocatrice italiana nel ranking e sappiamo bene che in poco tempo supererai anche Arrenghi.' - l'uomo si fermò aspettando una replica della figlia ma vedendola zitta continuò - 'Il direttore mi ha promesso che sarà veloce, tanto avrebbero scritto qualche articolo a prescindere, tanto vale sia tu a dire le cose. No?' 

 

Sara continuò a stare in silenzio, non capiva perché si era permesso di prendere questa decisione, sapeva quanto odiasse le interviste, la rendevano impacciata e timida. E odiava i giornalisti. 

 

'Per quale testata?' - disse infine 

 

'TennisPiù' - replicò subito il padre - 'Son perdonato?'

 

Sara scosse la testa e gli fece mezzo sorriso. L'avrebbe perdonato. Come sempre. 

 

'Ora proverò a dormire' - gli disse abbracciandolo leggermente - 'Domani non sarà semplice'

 

Il padre annuì e lasciò sola, sperava solo che l'intervista non l'avrebbe distratta dalla partita.

 

La partita contro la numero trentadue durava ormai da più di due ore, le giovani erano un set pari e sul 6-5 per Sara in quello decisivo. Sara stava sbagliando davvero poco, solo qualche doppio fallo di troppo nel primo set, e la Kilinova stava dimostrando di non essere un fuoco di paglia. Però non poteva buttare alle ortiche un'occasione simile, arrivare al terzo turno in uno Slam significava recuperare tante posizioni nel ranking e rientrare finalmente nella Top 100 e cercare di raggiungere nuovamente il suo miglior ranking. Sentiva la stanchezza ma cercò di rimanere concentrata, non poteva permettersi di perdere a questo punto. 

Inoltre con una vittoria sarebbe riuscita ad affrontare meglio l'intervista. Inspirò profondamente e si concentrò solo sulla pallina, aveva a disposizione il match point. Il servizio non era la sua arma migliore ma in quel momento voleva solo chiudere la partita nel migliore dei modi. Non pensò tanto e riuscì a piazzare un ace perfetto. Strinse il pugno estremamente soddisfatta, in quel frangente si ricordò perché amasse tanto il tennis: la faceva sentire viva.

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Capitolo 11
*** Giulia ***


Dopo la vittoria Sara si precipitò negli spogliatoi, voleva avvertire subito Martina, anche se con molta probabilità aveva visto la partita e sorrise al pensiero della giovane a fare il tifo per lei.
Si sentiva euforica e piena di entusiasmo, avrebbe affrontato l'intervista nei migliori dei modi, detestava il modo in cui i giornalisti la descrivevano e aver avuto una storia con una di loro non aiutava a cambiare opinione.

Anticipiamo quel caffè?

Senza pensare troppo aveva deciso di esporsi con Martina, alla fine desiderava davvero rivederla, sapeva fosse a Parigi e perché non approfittarne? Voleva anche capire se potesse avere un'amicizia nell'ambiente, magari avrebbe smussato il suo carattere taciturno. 

Speravo me lo chiedessi... tra due ore? O devi riprenderti dalla straripante vittoria?

Appena lesse la risposta scoppiò a ridere, la spontaneità dell'altra le piaceva davvero tanto, era anche un po' invidiosa perché lei non sarebbe mai riuscita ad averla, nemmeno se ci avesse lavorato per anni. 

Va bene, tra poco ho un'intervista ma per le 18.00 sono libera. Mandami la posizione e passo a prenderti.

Non aspettò ulteriori repliche, corse in albergo per farsi una doccia calda e prepararsi. Mentalmente aveva anche già predisposto le risposte da dare per l'intervista, tanto erano sempre le stesse: infortuni, aspirazioni per la stagione in corso, rapporto col padre e con i fan. Il vero problema è che nessuno voleva davvero ascoltare ciò che lei aveva da dire, era solo un giocattolino interessante, quando ci sarebbe stata un'altra promessa avrebbero smesso di starle addosso.

***

Sara aveva deciso di mettersi un vestitino, in modo di essere già pronta anche per il caffè con Martina, non voleva perdere tempo col cambio d'abito. Aveva ignorato anche le chiamate del padre, gli avrebbe scritto a intervista finita per tranquillizzarlo e fargli sapere che non aveva compromesso la sua immagine. L'appuntamento con il giornalista era nella hall dell'albergo, non il massimo della location ma quasi sicuramente avrebbero usato foto di repertorio, sperava solo avrebbero usato qualcuna recente.

Scese dalla camera e quando la receptionist le disse che la stavano attendendo in sala si diede della stupida, aveva perso tempo davanti allo specchio quando poteva già iniziare la tortura. 

"Scusi il ritardo." - esordì appena varcò la porta e si portò sulla poltroncina libera ma appena la persona seduta si alzò si sentì mancare - "Cosa ci fai qua?" 

"Ciao Sara, non credo debba mostrarti il mio tesserino da giornalista." - scherzò la donna di fronte - "Sono contenta abbia accettato di farti intervistare, finalmente hai smesso di pensare alla stampa come al nemico?"

"Mio padre mi aveva detto che l'intervista era per TennisPiù, non avrei mai accettato se avessi saputo che fosse per il tuo giornale!" - replicò Sara stringendo la mascella.

"Sono diventata freelancer, quindi non lavoro più per una sola testata. Vuoi andare via e farmi scrivere un articolo su quanto sia diventata arrogante e poco incline la stelletta del tennis italiano o ti siedi e mi concedi una vera intervista come a qualunque altro collega?" 

Sara si morse il labbro, una parte di lei voleva insultarla e fuggire lontano da lì, non vedeva Giulia da mesi, anche se spesso aveva avuto la tentazione di scriverle e parlarle ora non sapeva cosa dire e fingere che tra loro non ci fosse un passato le sembrava inutile.

"La stelletta del tennis italiano è pronta per l'intervista, però posso concederti solo un'ora. Ho un appuntamento." - disse infine Sara  sedendosi di fronte a Giulia ma evitando il suo sguardo.

"Sarò velocissima, ho già preparato alcune domande. Mi sei mancata." - rispose l'altra con mezzo sorriso - "Sono contenta di vederti così in forma. Oggi credo sia stata una delle tue migliori partite."

Giulia vedendo il silenzio di Sara sospirò e iniziò con le domande di rito, era sincera sul fatto che avesse sentito la sua mancanza ma non poteva sperare che la tennista passasse sopra il suo comportamento egoista.

***

L'ora era volata e a Sara non erano pesate le varie domande, anche perché Giulia non le aveva chiesto nulla di indiscreto e si era tenuta sul vago. Non aveva nemmeno una volta avuto la sensazione volesse metterla in difficoltà o descriverla come snob, non l'avrebbe mai ammesso ma le era grata.

"Bene, puoi andare Carli, ti ringrazio per la pazienza." - sorrise Giulia chiudendo il taccuino - "In bocca al lupo per la sfida di dopodomani. Quindi non fare tardi."

"Grazie a te Giulia" - sibilò Sara - "Ogni tanto mi manchi anche tu."

Non diede modo all'altra di replicare perché si alzò e uscì immediatamente dall'albergo, non voleva rischiare che le leggesse lo sguardo e capire che era ancora innamorata di lei e che in realtà non l'aveva mai dimenticata.

***

Sara aveva guidato sino all'albergo di Martina come un automa, non voleva pensare a Giulia e all'effetto che le aveva provocato rivederla. Sperava di riuscire a distrarsi e non fare trapelare all'altra il suo nervosismo.

Quando vide Martina venirle incontro sorrise debolmente, era ancora più bella di come si ricordasse.

"Ciao" - la salutò con un cenno della mano appena le fu davanti - "Come stai?"

"Ora bene. Sei bellissima Sara." - disse Martina dandole un leggero bacio sulla guancia - "Vorrei parlare un po' in tranquillità, sali? Non ti salto addosso."

Sara annuì, nemmeno lei aveva voglia di girare a vuoto, pensando soprattutto che l'indomani sarebbe dovuta scendere in campo. La seguì in silenzio e appena varcò la porta della stanza si sentì pervadere da un senso di serenità che non provava spesso, guardò Martina e decise di buttare alle ortiche tutto ciò che si era prefissata, si avvicinò alla giovane e le toccò le spalle.

"Ho voglia di baciarti Martina." - sibilò Sara.

"Matteo c'è ancora." - replicò l'altra cingendole la vita - "Non è più un problema?"

"Per me no. Non sono io che sto tradendo qualcuno." - disse Sara iniziando a spogliare Martina - "Ho voglia di perdermi in te e di farti stare bene, che tu poi abbia un altro a casa non è un mio problema."

Martina rise e finì di levarsi i vestiti, lei non provava nessun senso di colpa nei confronti del fidanzato, Sara le piaceva davvero e anche se non vedeva un futuro con lei voleva divertirsi e provare piacere.

"Non ho fatto altro che pensare alle tue mani, sai?" - biascicò Sara facendo aderire i loro corpi - "L'altra volta non ti ho spiegato del tutto come so usare le mie."

Martina inspirò profondamente e iniziò a baciarla con trasporto, ora desiderava sentire Sara ovunque e impazzire a ogni suo tocco.
 

 

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Capitolo 12
*** Bagel ***


Quindi avete fatto sesso di nuovo? Come vi definite ora? Amiche con benefici o cosa?

Sara rise alle parole di Roberto ma in effetti quella era la giusta definizione, lei e Martina avevano deciso di frequentarsi perché si trovavano bene insieme e di appagare la loro attrazione quando ne sentissero bisogno.

La sua avventura a Parigi si era fermata al terzo turno contro la numero 18 del ranking e ora era tornata a casa per un po' di riposo prima di riprendere gli allenamenti a tempo pieno. Non aveva giocato benissimo perché la stanchezza si era fatta sentire ma era molto soddisfatta dell'esperienza, aveva guadagnato posizioni e fiducia.

Sì, diciamo di sì. Riusciamo a vederci nei prossimi giorni? Sono tornata a casa e prima del prossimo torneo vorrei riposare un po'.

Aveva voglia di vedere l'amico e rilassarsi, anche perché poi sarebbe iniziata la stagione su erba e il tempo a disposizione sarebbe stato davvero limitato.

"Sara, hai una visita, vieni?" - la voce della madre che proveniva dal piano inferiore la destò dai propri pensieri, si chiese chi potesse essere, in città non era rimasta in rapporti con nessuno.

"Eccomi, mamma chi è?" - disse scendendo le scale ma appena vide una figura femminile di spalle si bloccò - "Cosa ci fai qui?"

"Ciao Sara, il direttore del giornale ha apprezzato molto l'intervista e mi ha chiesto se potessi farne un'altra visto l'ottimo torneo. Non sapevo come contattarti ma immaginavo di trovarti a casa prima dell'erba." - disse Giulia con mezzo sorriso.

"Mi dispiace ma penso una basti, se avessi chiamato mio padre ti saresti risparmiata il viaggio sino a qua." - replicò Sara tesa.

"Sara non essere scortese." - la riprese la madre - "La signora Biasi è stata molto carina a venire sino a qua, ho letto la prima intervista, è brillante. Perché non gliela concedi un'altra? Gradisce qualcosa da bere?" - chiese poi rivolgendosi a Giulia.

"No, la ringrazio signora Carli, è gentilissima. Sara ti rubo solo mezz'ora di tempo, promesso." - insistette la giornalista.

Sara annuì e le fece cenno di seguirla, non poteva dire davanti alla madre il vero motivo per cui non desiderasse farsi intervistare.

"Andiamo in giardino."

Giulia sorrise e la seguì senza dire nulla, sapeva che con Sara doveva dosare ogni parola e stare ben attenta.

"Grazie, non sai quanto sia importante per me." - le disse appena si sedettero su delle sedie di legno - "Hai cambiato numero."

"Sì, l'ho fatto quando sono tornata dall'infortunio e non mi hai scritto. " - replicò Sara continuando a evitare lo sguardo dell'altra - "Cosa vuoi chiedermi?"

Giulia si guardò intorno e inspirò profondamente, sapeva di meritarsi il rancore da parte dell'altra ma ora cercava di rimediare ai propri errori.

"Vorrei sapere che sensazioni hai provato nel calcare di nuovo un palcoscenico importante, giocando un buon tennis e con ampio margine di crescita." - le chiese Giulia prendendo un block notes dalla borsa - "Poi volevo chiederti se stasera accetti un invito a cena."

Sara deglutì, cercando di nascondere l'agitazione che le aveva fatto provare quella semplice richiesta.

"È stato intenso, mi sono sentita viva e felice come non lo ero da tempo. Dopo l'infortunio temevo di non riuscire a tornare a buoni livelli, invece il mio corpo ha risposto bene e mi sento bene." - rispose Sara guardandola - "Ho buone sensazioni per i prossimi tornei, sto cercando di migliorare il servizio."

Giulia annuì mentre scriveva velocemente sul taccuino.

"Ottimo, quanti tornei hai in programma prima di Wimbledon?" - le chiese - "Cena informale nel mio albergo, quindi non saresti oggetto di possibili gossip."

"Eastbourne e Birmingham, mi sarebbe piaciuto anche fare Berlino ma almeno così sono già in Gran Bretagna." - disse Sara accavallando le gambe - "Dammi solo un motivo per dirti di sì."

"Perché voglio dimostrarti che anche un bagel, quando ci siamo lasciate hai definito così la nostra storia, può insegnare qualcosa." - replicò Giulia non staccando gli occhi dal foglio e continuando a scrivere.

Sara a quelle parole non riuscì a trattenere un sorriso, sapeva che andare a quella cena poteva essere devastante per la sua psiche ma alla fine non aveva nemmeno niente da perdere e Giulia le era mancata davvero tanto, al massimo avrebbe messo per sempre una pietra sopra.

"A che ora? Scrivimi l'indirizzo."

"Pensavo potessi venire con me direttamente. Così continuiamo anche l'intervista."

Sara si morse il labbro ma annuì, forse era sbagliato ma in fondo non aveva desiderato altro che parlare con Giulia e cercare di capire perché l'avesse lasciata. Magari sarebbe stato liberatorio e avrebbe messo il punto definitivo a quello che c'era stato tra loro.

 

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Capitolo 13
*** Sara e Giulia ***


Appena Sara varcò la porta della camera dell'albergo dove alloggiava Giulia un senso di nausea la percorse, l'ultima volta che si erano trovate in una situazione simile si erano insultate a vicenda e Sara aveva anche rotto due bicchieri.

"Starai qua per molto?" - le chiese cercando di dissimulare il proprio nervosismo.

"Altri due giorni, poi vado un po' dalla mia famiglia prima che inizi Wimbledon. Vuoi qualcosa da bere?" - le chiese togliendosi la giacca e aprendo il frigobar - "Ho un bianco fermo, ricordo ti piaceva."

"Sì..." - disse con un filo di voce non riuscendo a staccare gli occhi dal corpo della giornalista.

"Frequenti qualcuna?" - le chiese Giulia mentre prendeva un bicchiere - "Nell'ambiente si vocifera di una simpatia tra te e Sandro Drani." - aggiunse sorridendo - "Almeno è simpatico."

"Davvero?" - rispose Sara sorpresa - "Credo di averci parlato solo due volte, il suo allenatore è un ex compagno di scuola di mio padre."

Giulia le passò il bicchiere senza smettere di sorridere e quando le loro mani si sfiorarono provò un leggero brivido lungo la schiena.

"C'è una ragazza comunque, anche se non ci stiamo frequentando in quel senso." - ammise Sara sedendosi su una poltroncina - "È qualcosa che non definisco, non credo di volere relazioni ora."

"Devi dedicarti solo al tennis?" - le chiese andandole vicino - "Mi dispiace per come è finita tra noi. Sono stata una stronza."

Sarà scosse la testa ma non riuscì a dire nulla, la vicinanza di Giulia la stava confondendo, l'attrazione che provava era ancora molto forte ma soprattutto si stava rendendo conto di quanto le fosse mancata la sua presenza.

"Non ho mai finto, quello che ti ho detto quando stavamo insieme era tutto vero. Solo la mia priorità era il lavoro, forse lo sarà sempre." - ammise Giulia sedendosi sopra il bracciolo della poltrona e fissando l'altra - "Ma in certi momenti mi chiedo se non stia sbagliando tutto e non debba fare qualcosa per riconquistarti."

"Quindi tu e Agata vi siete lasciate?" - chiese Sara evitando di guardarla negli occhi.

"Non siamo mai state insieme, te l'ho fatto credere perché volevo che mi odiassi, non mi avresti mai lasciato andare senza una buona ragione." - disse Giulia togliendo il calice dalla mano dell'altra - "Meglio evitare faccia la stessa fine di quello dell'altra volta. Non ne vado fiera Sara, solo stava diventando qualcosa di ingestibile, tu non ti saresti mai dichiarata e i tuoi risultati ne stavano risentendo, non volevo essere io la causa."

"Quindi è stato meglio farmi credere che mi tradivi con la tua collega? Farmi stare di merda per mesi perché non capivo come comportarmi?" - disse Sara con gli occhi lucidi - "Non mi hai scritto quando sono tornata dall'infortunio, sapevi quanto avessi sofferto."

"Sarei stata egoista, come sempre." - riconobbe Giulia - "Rivederti a Parigi però mi ha risvegliato e avevo bisogno di parlarti."

Sara si sentiva strana, avrebbe voluto fuggire e mettere una pietra sopra definitivamente ma allo stesso tempo qualcosa la teneva ancorata a quella donna.

"Ho passato mesi di inferno, mi chiedevo se fosse colpa mia perché non avevo coraggio di vivere la mia vita." - disse con un filo di voce - "Credo di averti davvero odiata per certi versi."

Giulia annuì e le passò la mano tra i capelli, dopo averla intervistata non aveva fatto altro che pensare a quanto ancora l'amasse, a quanto volesse costruire qualcosa insieme.

"Me lo sono sicuramente meritato, non so nemmeno cosa voglio ora. Una parte di me vorrebbe quasi richiederti di ricominciare ma l'altra sa che i problemi ci sono ancora. Ma ti amo, quello non si cancella con una gomma." - disse non smettendo di accarezzarla e facendo scendere poi la mano nell'incavo del seno.

"Perché Giulia? Non puoi fare così e pretendere che poi io esca da questa porta come se niente fosse." - sospirò Sara.

"Lei ti piace?" - le domandò non smettendo di toccarla e quando si accorse di un leggero gemito che uscì dalle labbra dell'altra scivolò sulle sue gambe.

"Giulia..." - mormorò Sara sentendo il battito che accellerava - "Dobbiamo proprio parlare di quello?"

"Voglio sapere se ti piace più di quanto ti piacessi io." - continuò dandole dei baci sul collo.

Sara chiuse gli occhi, quello che stavano facendo era tutto sbagliato, se si fosse lasciata andare poi rischiava di passare giorni a piangere e a raccogliere di nuovo i cocci del suo cuore spezzato. Ma il suo corpo si rifiutava di obbedire a ciò che la sua testa le stava dicendo.

"No..." - disse tenendo Giulia per i fianchi - "Sto bene ma non è la stessa cosa." - ammise poi.

Giulia sorrise, poi spostò le labbra su quelle dell'altra, la loro morbidezza le era mancata tanto. Sentiva stesse perdendo il controllo e non voleva rinunciare a far l'amore con la donna che non aveva mai smesso di occupare i suoi pensieri.

"Se vuoi fermarti fallo ora, perché tra qualche minuto sarà già troppo tardi." - ansimò Giulia facendo aderire perfettamente i loro corpi e sentendo che Sara era eccitata quanto lei.

"Non posso fermarmi... Non ora." - replicò Sara succube delle attenzioni dell'altra - "Non resisto più, ti prego Giulia."

La giornalista sorrise maliziosa, mise la mano tra le gambe di Sara e quando la sentì tremare iniziò a muoverla lentamente. Quanto le era mancato tutto quello.

"Ti amo..." - sospirò poi tra le labbra di Sara - "Ti ho sempre amata."

 

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