Ad astra per aspera

di you are my sunshine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Luci ***
Capitolo 2: *** 2. Livingston ***



Capitolo 1
*** 1. Luci ***


 
Morgan sorseggiava distrattamente una tazza di caffè, guardandosi intorno. Il locale era pieno per metà, la musica dolce del pianoforte accompagnava le chiacchiere dei turisti che si erano rifugiati in quel piccolo bar in centro Londra, cercando di sfuggire alla pioggia incessante che si abbatteva sulla città dalla sera precedente. La cameriera passava tra i tavoli servendo caffè nelle tazze vuote, ricevendo sorrisi di gratitudine da parte dei clienti. Una seconda cameriera, con i capelli completamente scompigliati di un rosso scuro, passava con espressione arrabbiata uno straccio sul pavimento bagnato, guardando malamente chi camminava sopra la parte appena pulita. Non poteva biasimarla, in effetti stava svolgendo quel lavoro da quando era arrivata, un ora prima. Posata sul tavolino la tazza di caffè ormai vuota, Morgan si portò le mani al viso lentigginoso, massaggiandosi le tempie. Non aveva dormito. Il turno in ospedale era durato 24ore in più del previsto, e la stanchezza si stava facendo sentire. Per di più, i suoi capelli erano un disastro, sporchi e arruffati, sistemati in una crocchia fatta di fretta quando era uscita dall'ospedale. Nonostante la stanchezza, però non era subito tornata a casa. Bill era nell'appartamento, a quell'ora, e lei voleva evitare di vederlo almeno fino a quando le acque non si fossero calmate, il che dubitava sarebbe avvenuto presto. Tuttavia, prima o poi sarebbe dovuta tornare. Dopo aver rifiutato gentilmente altro caffè dalla cameriera mora, Morgan si alzò dalla sedia, recuperando la borsa e il borsone, in cui aveva infilato le divise verde acqua ormai sporche. Per fortuna, l'indomani avrebbe avuto il giorno libero. Prescott, il responsabile di pediatria, aveva apprezzato il fatto che lei fosse rimasta così tante ore in più per aiutarlo, così che aveva informato il capo di tale generosità, ed era stata ricompensata. Dopo aver pagato lasciando anche una piccola mancia, Morgan si immerse nel traffico delle strade londinesi, saltando pozzanghere e stringendosi nel suo piumino scuro, cercando di non bagnarsi più di quanto non avesse già fatto. La pioggia non era ancora cessata, e non sembrava neanche voler diminuire. Accellerando il passo salì sul primo autobus diretto ad Hackney Downs, sospirando di sollievo quando senti il calore del mezzo. Le luci dei negozi illuminavano la sera scura, e Morgan si chiese se una qualche luce avrebbe illuminato anche l'oscurità dentro di lei.
 
Bill non era esattamente il genere di uomo che ti prestava molte attenzioni. Sempre scrupoloso e dedito al lavoro, erano rare le volte in cui le proponeva una cena galante, o una semplice uscita durante una sera della settimana. Le uscite, le poche, erano fissate per il sabato, mentre il venerdì -di cui ormai Morgan aveva fatto tesoro come unica sera per il suo svago-, era per gli amici del football dei tempi della scuola. Si riunivano in un qualche bar a parlare- o meglio sparlare- delle rispettive fidanzate, e Morgan lo sapeva bene perchè una sera a Bill era partita una chiamata e aveva ascoltato un bel pezzo di conversazione. Oltre a quello, Morgan poteva sospettare cosa facessero fino alle 3 di notte, ma nonostante tutto, non le importava. Una certa rassegnazione l'aveva invasa, e si chiese come aveva fatto a ridursi in quel modo. Aveva 28 anni, era una bella ragazza-certo si era lasciata un po' andare per colpa del lavoro e del poco tempo a disposizione-, ed era anche molto intelligente e simpatica, eppure, era stata talmente tanto stupida da imbattersi in quella situazione. Bill era....Bill. Non c'erano altre parole per descriverlo. Era un agente immobiliare-che non è che fosse poi questo super lavoro-, ma a Morgan era subito piaciuto, con i suoi vestiti alla moda, il sorriso malizioso e la battuta sempre pronta. Stavano insieme da cinque anni e convivevano da quattro, eppure Morgan giorno dopo giorno, nonostante gli anni, scopriva cose di Bill che la lasciavano esterefatta. Se nel primo periodo ci faceva caso, adesso lo ignorava bellamente. Imboccando la via di casa, Morgan potè vedere la luce della cucina accesa. Accellerò il passo, togliendosi le scarpe prima di fare il suo ingresso in casa. Un leggero tepore la inondò, iniziando a riscaldarle le guance e il naso freddo. 
<< Sono a casa >>urlò, appendendo il piumino umido all'attaccapanni accanto alla porta, permettendosi finalmente di guardarsi allo specchio: due profonde occhiaie scure le incorniciavano gli occhi nocciola, le labbra secche erano piene di taglietti dovuti al freddo invernale, per non parlare dei capelli. Rassegnata, avanzò verso il corridoio, trovando il suo fidanzato semi sdraiato sul divano, con un bicchiere di vino rosso in mano, intento a guardare un episodio di Breaking Bad, su Netflix. Il salotto era stranamente in ordine, e ringraziò mentalmente la donna delle pulizie per essere passata nonostante il brutto tempo.
<< Ciao >> disse ancora, mettendosi accanto al divano. Bill alzò gli occhi grigi su di lei, alzando poi un sopracciglio biondo. Le ricordava molto Draco Malfoy. Il paragone la fece sorridere leggermente. Da grande fan di Harry Potter qual era, doveva ammettere che il fatto che Bill avesse qualche somiglianza con la sua cotta adolescenziale, l'aveva aiutata ad innamorarsi più in fretta.
<< Hai un aspetto orribile >>
Ovviamente il Draco Malfoy oggetto dei suoi sogni da ragazzina non le avrebbe mai detto una cosa del genere.
 Serrò la mascella, evitando di rispondergli. Scosse la testa nevosa, avanzando verso la camera da letto, togliendosi i jeans bagnati e la camicia bianca, prendendo dall'armadio un comodo pantalone della tuta e un maglioncino multicolor. Bill lo odiava.
Ricordandosi di un particolare che avrebbe potuto rallegrarle la serata, Morgan si sporse sul corridoio, ascoltando il professor Walter White parlare con la sua voce sensuale.
<< E' venerdì sera, non esci con i tuoi amici? >> gli urlò, chiudendosi in bagno.
Lo sentì borbottare qualcosa, ma non capendo, fece finta di nulla. Aprì il getto d'acqua della doccia, togliendosi gli ultimi indumenti rimasti e infilandosi dentro. Si permise di sospirare, sfinita dalle ultime ore.
Oltretutto, l'idea che Bill non uscisse -il che comportava passare la serata insieme e affrontare l'ennesima questione-o meglio discussione- con il suo fidanzato le metteva il nervoso. Tutto era partito con una domanda innocente da parte di Morgan, la settimana prima. In ospedale, durante la pausa pranzo, lei e Katie, un infermiera della terapia intensiva, si erano ritrovate nel bar dell'ospedale, parlando del più e del meno. Erano diventate amiche quando Morgan aveva iniziato a lavorare come specializzanda, e la loro amicizia era cresciuta giorno in giorno. Katie, che era sposata da un paio di anni, le aveva confidato che quell'anno lei e il marito sarebbero andati in crociera, proponendole esaltata di chiedere a Bill di andare con loro,promettendole che si sarebbero divertite un mondo tra le spiagge delle Hawaii. Morgan aveva annuito entusiasta, perchè lei era sicura che si sarebbe divertita insieme all'amica e al buffo marito, sapendo comunque quale sarebbe stata la risposta di Bill. Infatti, non appena aveva aperto la questione, Bill aveva iniziato uno sproloquio su quanto fosse necessario risparmiare e non spendere soldi per quelle cazzate, quando sarebbero potuti andare in vacanza dai genitori di lui, ad Oxford. Morgan, per quando adorasse l'Inghilterra e i suoi suoceri, non ne poteva più di trascorrere le sue uniche settimane di ferie con loro, a giocare a scacchi e andare alle feste di paese. Aveva 28 anni, voleva ancora divertirsi! Alla fine, come si era aspettata, Bill si era arrabbiato, accusandola di essere un ingrata, e che non meritava l'affetto che i suoi genitori provavano per lei. 
Strinse le labbra, innervosita dai ricordi di quel litigio. Si insaponò per la quarta volta le braccia, fregando rabbiosamente. Maledetto Bill.
Un leggero bussare alla porta interruppe i suoi pensieri.
<< Morgan c'è tua madre al telefono, è urgente >>
<< Dille che la richiamo tra cinque minuti >> urlò, spegnendo il getto dell'acqua e avvolgendosi nell'accappatoio bambino rosa che aveva comprato il weekend scorso.
Si avvolse i capelli in un asciugamano, asciugandosi lentamente e infilandosi i vestiti caldi.
Quando uscì dal bagno, Morgan trovò Bill seduto al tavolo della cucina, una sigaretta alle labbra e il telefono di casa davanti a se.
<< Bill quante volte ti ho detto che non devi... >>
<< Chiama tua madre >> la interruppe lui, aspirando dalla sigaretta e buttando fuori il fumo. Le si strinse per un attimo il cuore, sentendo il tono che aveva usato. Continuando a guardarlo in cerca di spiegazioni, Morgan afferrò il telefono, sedendosi sulla sedua libera accanto a quella del fidanzato. Rispose dopo pochi squilli, e la prima cosa che Morgan sentì, furono le lacrime di sua madre.

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Capitolo 2
*** 2. Livingston ***


In un primo momento Morgan aveva pensato che fosse morto qualcuno. In particolare suo padre. Aveva spalancato gli occhi, continuando a ripetere ininterrottamente 'mamma', finchè quella non si era calmata abbastanza da spiegarle cosa era successo. Suo padre, che lavorava come costruttore per un cantiere nel Montana, a Livingston, USA, dove Morgan era nata e cresciuta fino a quando si era trasferita a Londra a vent'anni, era caduto da un parapetto mentre lavorava. A quanto pareva dalle prime ricostruzioni degli avvenimenti, il gancio al quale suo padre aveva assicurato la sua tuta, per evitare di cadere nel vuoto, era difettoso. Era caduto dal quarto piano di una palazzina in costruzione e si era rotto entrambe le gambe, slogato un braccio, e aveva subito un trauma cranico. Morgan aveva ascoltato attentamente, annuendo alle spiegazioni mediche della madre, anche se solo Bill poteva vederla. La guardava attentamente, studiandole il viso.
<< Mamma, prendo il primo volo che trovo, va bene? Hai chiamato Ebby? >>.
Morgan cercò di non fare caso alla fronte corrucciata di Bill davanti a quella frase. Si stava forse infastidendo ?
Non appena la chiamata con sua madre terminò, Morgan digitò velocemente il numero di telefono dell'ospedale che aveva recuperato dalla rubrica sopra il comò, ignorando Bill e sperando di trovare ancora il capo a quell'ora.
Spiegò la situazione al suo capo, che per fortuna era un uomo dolce e comprensivo, e riuscì ad avere un mese di permesso per poter raggiungere la famiglia.
<< Pensi davvero di andare laggiù? >> le disse Bill, l'espressione davvero contrariata sul viso pallido. Morgan lo guardò, afferrando la rubrica e lanciandogliela in testa.
<< Aiah,ma sei impazzita? >> le chiese esterefatto, portandosi le mani alla testa cercando di proteggerla dai colpi che la fidanzata continuava ad infierirgli. 
<< Impazzita? impazzita? Mi chiedi se raggiungerò la mia famiglia e quella pazza sarei io? Mio padre sta male, razza di idiota. Non li vedo da due anni, è certo come la morte che andrò da loro, che a te piaccia l'idea o no! >> gli urlò contro, voltandogli le spalle e raggiungendo la camera da letto, non prima di avere afferrato la valigia blu dal soppalco. Aprì l'armadio afferrando i primi vestiti abbastanza pesanti che trovò, qualche pantalone, e qualcosa di comodo e buttandoli senza troppo ordine nella valigia. Non tornava a Livingston da quando aveva vent'anni. Erano sempre andati i suoi genitori a trovarla-ovviamente era lei a pagar loro i biglietti- e forse questo li aveva sempre profondamente rattristati. Con un sospiro, finì di preparare le cose per il viaggio, accendendo il pc e prenotando il primo volo per il Montana disponibile.
 
Il volo aveva fatto scalo a Minneaopolis, e stava aspettando il volo successivo, che l'avrebbe portata a Bozeman. Si strinse nella pelliccia nera che aveva indossato per il viaggio, chiudendo gli occhi per riposarli. Era in viaggio da otto ore, e ne avrebbe avuto per altre quattro. Erano le 8 del mattino, e il volo sarebbe partito alle 10. Sbuffò  afferrando il telefono dalla borsa. La foto di lei e Bill che sorridevano all'obiettivo le mise il nervoso. Dopo aver constatato che non c'erano nuovi messaggi da parte della madre o dello stesso Bill, a cui comunque non avrebbe risposto, Morgan prese le cuffie dalla borsa facendo partire una canzone a caso tra quelle che aveva scaricato per il viaggio.
Era nervosa. E non solo perchè suo padre aveva avuto un incidente, ma per il semplice fatto che sarebbe tornata a Livingston. Aveva lasciato quella città perchè, stupidamente, era stata convinta di non poter sopportare la fine della storia con il suo primo amore. Sospirò pensando a come si era sentita parecchi anni prima. Quando lei e Tristan si erano lasciati, Morgan era andata in drepressione. Non nel vero senso della parola, ma come poteva andarci una ragazzina di diciannove anni che era innamorata persa per la prima volta. Aveva passato settimane chiusa nella sua cameretta dalle pareti rosa, che l'avevano fatta sentire ancora più stupida e bambina, a piangere e disperarsi. Aveva bloccato le chiamate in arrivo dal suo ex-ragazzo, e aveva obbligato i suoi genitori a non farlo entrare in casa neanche se fosse stato sul punto di morte. Non ce ne fu mai bisogno. Tristan non si presentò mai sotto casa sua, non provò mai a chiamarla o a chiedere in giro di lei. Come se non valesse niente. In effetti, ripensandoci dopo anni, forse doveva essere stato così. Erano una bella coppia, all'epoca. Lei era più piccola di un anno, con i boccolosi capelli castani che le arrivavano fino al sedere, lucenti e morbidi, le lentiggini in evidenza sul viso sempre abbronzato, e gli occhi nocciola mai contornati da un filo di trucco. Era bella al naturale, le diceva sua madre, e per un po' Morgan le aveva creduto. Con il passare del tempo, quando aveva visto apparire le prime rughe da Bill-stress, Morgan aveva iniziato ad usare fondotinta, correttore, mascara, matita e rossetto rosso fuoco. Tutto per colpa di Tristan Parker e dei complessi di inferiorità che le aveva fatto nascere dopo la loro storia.
Il vibrare del suo telefono la fece sobbalzare, e, sbadigliando, guardò lo schermo.
Aggiornami quando sei arrivata.
Serrò la mascella, osservando le poche parole che aveva davanti.
Non un mi dispiace.
Non un mi mancherai.
Niente di romantico nelle parole di Bill.
Non gli rispose, spegnendo il telefono ancora prima che ce ne fosse bisogno.
Il volo partì con mezz'ora di ritardo, e arrivata a Bozeman, Morgan sentì già l'odore di casa. L'inverno era così diverso da quello di Londra. Il cielo era di un azzurro limpido e un leggero vento le scompigliò i capelli, mentre era in attesa per ritirare la macchina che aveva affittato per l'intero mese. Bill era sbiancato quando aveva visto quando aveva speso in totale per l'intero viaggio. 1600 sterline lui li avrebbe spesi in un anno, e in effetti erano una bella spesa anche per lei, che con il suo lavoro guadagnava comunque abbastanza.
Era stata a Bozeman solo tre volte. La prima volta con i suoi genitori. Erano andati per visitare il 'Museum of the Rockies. All'epoca, ovvero intorno agli 8 anni, Morgan voleva fare l'archeologa e i suoi genitori l'avevano portata li come regalo di compleanno. Poi aveva visitato il planetario, e allora aveva cambiato professione nel giro di dieci minuti.
La seconda volta era andata con Cloude, Chanel e Emma, a comprare il vestito per il ballo di fine anno, il loro 4 anno, per l'esattezza. Aveva comprato un incantevole vestito color violetto, con un profondo scollo a cuore sul seno e lungo fino ai piedi, in pizzo. 
Le tre ragazze erano state le sue più care amiche da quando era nata. Livingston non era enorme, e alla fine, oltre ai turisti, in quel paese si conoscevano tutti  e i posti da frequentare erano sempre quelli. Passavano i pomeriggi a bere frappè da Bow's, un locale carino con le sedie tutte colorate, che serviva anche degli hamburger e panini -i più buoni che Morgan abbia mai mangiato- e 10 tipologie di cioccolata, tutte con un ingrediente diverso. La sua preferita era quella con la crema di pistacchio.
La terza volta, ci era andata con Tristan, per il loro primo appuntamento. Non era una città enorme, tutt'altro. Aveva un centro non troppo grande, ma era quello che lo circondava che rendeva Bozeman magica. Un lago stupendo le cui sponde  avevano visto il loro primo bacio, una sera al chiaro di luna. Morgan non ebbe mai primo appuntamento così romantico.
Quando fu il suo turno di recuperare la macchina, una Jeep Australia bianca, il ragazzo biondo le sorrise malizioso, accompagnandola personalmente verso la sua vettura e aiutandola con i bagagli.
Lo ringraziò e partì velocemente per casa.
Da Bozeman a Livingston la strada era breve, solo una quarantina di minuti, e Morgan potè finalmente rilassarsi.
Le montagne erano completamente innevate, e per non congelare, dati i -3 gradi di quel giorno - stranamente in quel periodo le temperature raggiungevano anche i -10 gradi-, Morgan accese il riscaldamento beandosi delle strade quasi deserte per godersi il paesaggio.
Quasi le dispiaceva non aver mai portato Bill in quel posto. Forse gli sarebbe piaciuto. Se lo immaginava con una camicia da boscaiolo rossa intento a tagliare la legna per il camino della loro casa.
Poi si ricordò del particolare più ovvio. Bill odiava qualsiasi cosa comprendesse la natura. Sarebbe impazzito nel giro di pochi giorni.
Quando superò il cartello 'Livingston', Morgan iniziò a sentirsi agitata.
Percorse le strade del centro guardandosi intorno incuriosita. Qualche negozio aveva chiuso, ma quello che cercava era ancora li: la biblioteca comunale era stata risistemata, almeno all'esterno, e l'immancabile Bow's era al suo fianco, aperto e completamente pieno. Si promise di andare a mangiarci un panino non appena avrebbe avuto tempo.
Magari avrebbe scritto anche a Chanel ed Emma, per una rimpatriata. Le sentiva raramente, ma erano rimaste comunque amiche, al contrario di lei e Cloude, che avevano perso i rapporti ancor prima che lei partisse per l'Inghilterra.
Superando il centro, Morgan percorse poche vie prima di svoltare a destra e percorrere la salita che l'avrebbe portata a casa. Le strade erano bagnate, segno che doveva aver piovuto da poco. Casa sua eri li, proprio come se la ricordava. Il tetto rosso, le imposte bianche, e il portico marrone.
Parcheggiò davanti al vialetto d'ingresso, aprendo il baule e recuperando le due valige, prima di avanzare verso casa. Le luci erano accese, quindi perforza qualcuno doveva esserci. Non fece in tempo a suonare al campanello che la porta si aprì, e la figura bassa e leggermente in carne di sua madre l'avvolse in un abbraccio stretto. La sent' piangere sul suo petto.
<< Mamma, ei, sono appena arrivata e già piangi? >>. La sentì ridere, e a Morgan si strinse il cuore.
Quando la madre alzò gli occhi su di lei, gli occhietti blu erano rossi, e il labbro aveva un adorabile espressione triste. Non resistendo, Morgan abbandonò le valige a terra, abbracciando stretta la madre. Il profumo di cannella del suo shampoo le inondò le narici.
<< Mi sei mancata tantissimo mamma >> sussurrò, beandosi delle coccole che tanto le erano mancate.
<< Oh, non farmi piangere ancora di più. Entra, e chiudi la porta, si gela. Lascia pure le valige qui, le farò portare nella tua camera da Mattwe >>
La seguì con lo sguardo mentre entrava in casa, scomparendo dietro la porta della cucina.
Facendo come le era stato detto, Morgan entrò in casa togliendosi la pelliccia nera e le scarpe, rimanendo con un paio di calzini di lana rossi.
<< Ma chi è Mattwe? >> urlò poi, non ricordandosi di nessuno della sua famiglia che avesse quel nome.
La voce di sua madre le rispose dalla cucina << Il ragazzo di tua sorella. Sono andati a trovare tuo padre. A proposito sta bene, si è svegliato. Dice di avere solo mal di testa. Quell'idiota, poteva ammazzarsi e ha solo mal di testa. Ha chiesto di te, gli ho detto che saresti arrivata oggi ed era così contento...  >>.
La casa era già addobbata per le festività natalizie. L'enorme albero dalle palline bianche e rosse erano appese strategicamente, e le luci gialle erano accese.
Avvicinandosi, Morgan quasi si strozzò con la saliva.
<< Mamma! Quando hai fatto queste palline? La mia è orribile! >> urlò, togliendo la pallina trasparente con la sua foto. Studiandola, Morgan si ricordò quando era stata scattata la foto. Aveva tredici anni, aveva un  apparecchio orribile e i capelli ancor peggio, con una pettinatura anni 60 che neanche all'epoca andava tanto di moda << potevi scegliere una foto più bella >> borbottò sentendola entrare nella stanza.
<< Ma se eri così bella tesoro >>
Si, certo.
Alzando le sopracciglia, dubbiosa, Morgan nascose la pallina dietro la schiena. L'avrebbe buttata alla prima occasione.
<< Non sapevo che Ebby avesse un ragazzo >>. Sedendosi sulla poltrona, Morgan accettò la tazza fumante di tè che la madre le stava porgendo. Il salotto di casa Brown era proprio come Morgan lo ricordava. Il caminetto era acceso, e lo scoppiettare del fuoco accompagnava la voce calma di sua madre.
<< E' un tipo di New York, lavora in borsa... un caro ragazzo. A proposito, come sta Bill? >>. Osservò sua madre stringere le labbra mentre glielo chiedeva. Non amava particolarmente il suo fidanzato, e non lo aveva mai nascosto. Non lo aveva mai trattato male, comunque.
Morgan alzò le spalle, bevendo un sorso del suo tè. Arricciò il naso. C'era troppo zucchero e poco limone.
<< Sta bene, sta lavorando molto, sai...nonostante la crisi >> rispose soltanto, sentendosi addosso gli occhi indagatori della madre.
<< Poteva prendersi una vacanza... a proposito, perchè questa estate tu e Bill non venite qui? Verranno anche Ebby e Mattwe. Quel ragazzo si è innamorato di questo posto in soli due giorni, e vuole visitare tutto il Montana! E' da tanto tempo che non passiamo delle vacanze insieme... >>. 
A Morgan si strinse il cuore. Aveva deluso i suoi genitori, in qualche modo, trasferendosi così lontano da casa, e vederla così raramente doveva essere una sofferenza.
<< Ci proverò, ma sai che Bill vuole sempre andare dai genitori.. >> <<Si ma esistiamo anche noi eh! >> borbottò lei, con la faccia un po' più rossa. Aveva perfettamente ragione.
<< Vado di sopra a darmi una sistemata e poi andiamo in ospedale, che dici? >>. Judith la guardò per un po', annuendo poi sorridente. 
Scomparendo al piano di sopra, Morgan entrò dopo secoli nella sua stanza. Sorrise alle pareti rosa, ai poster degli U2 e di Harry Potter appesi alle pareti. Il letto era stato usato come rifugio per un numero spopositato di peluche. Trascinandosi dietro una delle valige, la meno pesante, Morgan si concedette finalmente una doccia veloce.
 
Usciro di casa verso le cinque, percorrendo lentamente le vie del paese. Sua madre le indicava un posto e poi un altro, raccontandole gli scoop degli ultimi anni. Non che a Morgan interessassero più di tanto, ma era bello avere quei momenti tra madre e figlia.
Arrivati all'ospedale, nella periferia della città, Morgan fece scendere la madre, cercando parcheggio.
La vide incamminarsi all'interno della struttura, e solo poco dopo trovò un posto libero a una decina di metri. 
Solo dopo essere entrata dalle porte scorrevoli, si diede della stupida. Non aveva chiesto a sua madre in che stanza era suo padre o, comunque, come raggiungerla. Iniziò a guardarsi intorno nella speranza di vederla, e fu così che la scovò tra la folla accalcata davanti alle ascensori, in compagnia di un dottore in camice. Si avvicinò lentamente. Osservò il medico che di schiena era piegato verso la figura minuta della madre, mentre agitava le mani lentamente. Sua madre annuiva sorridente, lisciandosi i capelli corti. Alzò un sopracciglio, interdetta. Sua madre stava civettando con quell'uomo?
Si avvicinò a loro, sorridendo sarcasticamente << Mamma non ti posso lasciare sola due minuti che... >>
Non.era.possibile.
Piantò i piedi a terra, sentendo il cuore scoppiarle nel petto. Doveva essere diventata color peperone, perchè si sentiva improvvisamente accaldata e sudata.
Non poteva essere davvero così sfigata.
Tristan era davanti a lei, più bello di come se lo ricordava 
 I capelli biondo scuro erano più lunghi di come li teneva a diciotto anni, era più alto, almeno 20cm in più di lei, e una barba di un castano scuro gli contornava la mascella pronunciata e le labbra sottili. Gli occhi erano sempre gli stessi, però. Un verde acqua magnifico.
Gli stessi occhi che la stavano scrutando inespressivi, sorpresi forse quanto lei di trovarsela davanti.
<< Morgan >>. La ragazza si sentì tremare, e un leggero senso di nausea la inondò. Guardò la madre, sperando che si stesse solo sognando la persona che aveva davanti.
Quella le restituì lo sguardo, alzando le sopracciglia in un tacito invito a ricambiare il saluto.
<< Ciao, io ... sei un medico >>.
Ma davvero?
Un leggero sorriso spuntò dalle labbra di Tristan, che la stava guardando incuriosito
<< Ciao >>. Si era completamente rincretinita nel giro di cinque minuti.
<< Lo hai già detto tesoro >> guardò malamente sua madre, sentendosi a disagio.
Si sentiva gli occhi di Tristan addosso, a percorrrerle tutto il corpo e si rimproverò di non essersi almeno truccata un po'. Doveva essere orribile. Si slacciò il giaccone, cercando di prendere aria.
<< Beh, io raggiungo tuo padre, potresti farti accompagnare da Tristan, no? a dopo >>
E prima ancora che potesse aprire bocca, sua madre era già scompara nell'ascensore.
Maledetta.
Tristan la stava ancora fissando, un leggero sorriso sulle labbra, la divisa ben stirata e una cartella clinica in mano.
<< Ti trovo bene... non ci vediamo da anni >>
<< Si io... mi sono trasferita a Londra il secondo anno di collage. Sei un chirurgo..? >> spiegò, grattandosi la testa, imbarazzata.
Lo osservò annuire << Neurochirurgia. Si ho saputo, me lo ha detto Cloude >>.
Serrò le labbra sentendo quel nome. Cloude. Il motivo per il quale la loro relazione era finita.
<< E sta bene? >> chiese, giusto per sembrare cortese.
Tristan corrugò la fronte, osservandola dall'alto. Era abbronzato, magari erano stati in vacanza alle Hawaii o in qualche posto del genere...  
<< Chi sta bene? >> chiese lui, sorridendo ad un uomo passato loro accanto, salutandolo cordialmente.
<< Cloude.Vi siete sposati alla fine? >>. Senza rendersene conto aveva usato un tono acido. Non le era proprio passato l'odio per la sua ex-migliore amica.
L'astio fece spazio alla confusione quando Tristan le scoppiò a ridere davanti, mostrando una fila di denti bianchi perfetti. Ma perchè ride?
<< Io e Cloude? No, perchè mai avremmo dovuto sposarci. Non siamo neanche mai stati amici, a dirla tutta, la frequentavo solo perchè era tua amica... >> le spiegò, guardandola divertito, la testa abbassata per poterla guardare. Il metro e sessanta scarso che aveva non l'aiutava di certo.
<< Beh, eravate abbastanza amici da andare a letto insieme e avere un bambino, quindi... >> sputò rabbiosa, pentendosi subito dopo di quella stupida scenata. Dopo 8 anni era forse tardi per fargliela.
<< Ma di che stai parlando? >> aveva la bocca a formare una 'o' perfetta, e gli occhi verdi spalancati a fissarla inorriditi << io non sono mai andato a letto con Cloude >> e alla fine aggiunse anche un espressione disgustata << mi è sempre stata antipatica, se vogliamo essere sinceri. Mi costringevi tu ad uscire con lei e Paul Stender >>
Bugiardo infido! 
Morgan rise sarcasticamente, incrociando le braccia al petto. Il giubbino era aperto, così che, con quella nuova posizione, mise in bella mostra il seno lasciato scoperto da una maglia dallo scollo a V.
Tristan seguì quel movimento, rimanendo un minuto di troppo su quel punto.
<< Ei, la mia faccia è qui razza di pervertito traditore >> alzò la voce, schioccandogli le dita davanti alla faccia.
<< Io non sono né un pervertito né un traditore Morgan. Non so di cosa diavolo stai parlando, ma io, non ti ho mai tradito >> 
<< Andiamo Tristan, l'ho saputo ok? Smettila di fare il finto tonto. Cloude è venuta a dirmelo il giorno stesso in cui ha fatto il test di gravidanza. Mi ha detto della vostra...avventura. Io non ci volevo credere in un primo momento, ma quando non ho avuto tue notizie dopo quel giorno io...ho capito che era vero, che mi avevi davvero tradito con la mia migliore amica, e che era addirittura incinta! >> rise tristemente, scuotendo la testa e guardando a terra << perchè pensi mi sia trasferita dall'altra parte del mondo? Avevamo fatto l'amore neanche due settimane prima e poi vengo a sapere che il ragazzo che amavo mi aveva tradito con la persona che invidiavo così tanto che... senti sai una cosa? sono passati anni, ormai non mi importa più >> specificò, sotto lo sguardo confuso e inorridito di Tristan. Doveva essere risultata una stupida, e anche una bugiarda, a dirla tutta. Le importava eccome. Ci aveva messo anni a dimenticarsi di Tristan ed erano bastati cinque minuti per mandarla nel pallone come quando aveva diciannove anni.
Lo vide fare un passo indietro, tremando leggermente << Morgan io.. >>
<< Morgan! >> .
Un urlo li fece sobbalzare entrambi, e la ragazza si guardò intorno alla ricerca dell'urlatrice.
Sua sorella, la chioma rossa sparpagliata sulle spalle, le stava correndo incontro, trascinandosi dietro un ragazzo al quanto scocciato.
Aprì le braccia , accogliendo la sorella minore che ci si stava immergendo dentro.
<< Oh sorellona mi sei così mancata. Sei arrivata ora? la mamma ha detto che stavi arrivando. Non sai quante cose ho da raccontarti. Oh, questo è Mattwe, Matt, questa è mia sorella Morgan >> Afferrò la mano che il ragazzo statuario di sua sorella le stava porgendo, sorridendogli leggermente. Tristan osservava in disparte la scena, con la faccia corrucciata e piegata ad osservare una crepa nel pavimento.
<< Andiamo da papà? E' così ansioso di vederti >>.
Morgan annuì, guardando un ultima volta Tristan e seguendo la sorella e il fidanzato lungo il corridoio, con il cuore più pesante di prima.



Ciao a tutti! Spero che il secondo capitolo via sia piaciuto! Mi farebbe piacere sapere le vostre impressioni!
Come avete letto, è entrato in scena Tristan, e aleggia un po' di confusione nell'aria... comunque sia, volevo darvi le miei idee su come mi immagino io i personaggi! Per Morgan mi viene in mente la bellissima Daisy Ridley, mentre per Tristan l'uomo per cui io impazzisco da una vita, Matthias Schoenaerts!

 

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