Extraordinary | the londoner keeper

di Soleil Jones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (1) ***
Capitolo 2: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (2) ***
Capitolo 3: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (3) ***
Capitolo 4: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (4) ***
Capitolo 5: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (5) ***
Capitolo 6: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (6) ***
Capitolo 7: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (7) ***
Capitolo 8: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (8) ***
Capitolo 9: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (9) ***
Capitolo 10: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (10) ***
Capitolo 11: *** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (11) ***
Capitolo 12: *** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (12) -SAN VALENTINO SPECIAL- ***
Capitolo 13: *** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (13) ***
Capitolo 14: *** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (14) ***
Capitolo 15: *** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (15) ***
Capitolo 16: *** Closure ***



Capitolo 1
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (1) ***


-Igirisu! ... Ehi, Igirisu!- Una figura giovane e veloce irruppe nella stanza da letto di Arthur come un tornado. Al solito.
L'inglese si alzò stupito: per quanto conoscesse quella ragazza non credeva che si sarebbe mai abituato alle sue entrate improvvise.
-Charlotte, che succede? Hai qualche problema per caso?-
La ragazza lo guardò perplessa, avvicinandoglisi con fare apprensivo.
-Non sono io la reduce da una guerra persa che non esce da giorni, quindi direi piuttosto che sei tu ad avere qualche problema- Ribatté seria e in tono insolitamente dolce.
Era il 7 luglio, e ormai erano tre giorni che Arthur passava rinchiuso nella sua stanza, disteso sul letto con solo un … Momento, momento, momento!
Le guance di entrambi si tinsero di rosso all’accorgersi di quel particolarino sfuggito ad entrambi, ossia il fatto che Inghilterra, oltre ai boxer, non aveva nulla addosso!
Charlotte si voltò di colpo coprendosi il viso, –COPRITI IMMEDIATAMENTE!- mentre la nazione provvedette a recuperarsi dei vestiti in fretta e furia, arrossendo sempre di più.
Erano entrambi molto imbarazzati, specie considerando il loro tipo di rapporto.
-Comunque,- Iniziò Arthur vestendosi –cosa volevi?-
-Volevo solo convincerti ad uscire. Mi preoccupavo per il fatto che… be', si tratta di America e del fatto che abbiate combattuto per la sua indipendenza…-Si azzardò a dire, a voce flebile.
Inghilterra la guardò con un sopracciglio alzato. Davvero si era preoccupata per quello?
Effettivamente combattere contro colui che aveva allevato come un fratello minore e che considerava come tale gli faceva male, ed era per quello che non si era fatto vedere per tre giorni; eppure lei a differenza di molti che si fermavano alla sua apparenza scontrosa e cinica si era preoccupata per lui a tal punto da irrompere senza pensarci due volte in camera sua!
Era di certo una ragazza particolare, la sua capitale. E forse era per quello che gli piaceva tanto.
-Questa è la guerra, Charlotte, e in guerra non si hanno fratelli.- Ribatté, cercando di dissimularsi distaccato e freddo al riguardo.
La ragazza abbozzò un sorriso. –Io non ho mai detto che lui è tuo fratello- Come sempre, aveva colto nel segno. –O meglio, so che per te è come un fratello, ma volevo che fossi tu stesso ad ammetterlo.-
Accertatasi che Inghilterra si fosse vestito, si girò mostrandosi  in tutta la dolcezza in cui sarebbe mai stato possibile vederla.
Arthur abbassò lo sguardo, pur essendo ancora girato dalla parte opposta a quella della giovane.
Che figure stava facendo con lei, accidenti! Lui che era una nazione antica e potente!
Da parte sua, Charlotte si stava alquanto innervosendo. E che cavolo però!, lei si mostrava apertamente con tutta la sua preoccupazione, desiderosa di farlo sfogare in modo tale che poi si tranquillizzasse del tutto, e lui insisteva a ritrarsi in sé stesso?!
No, no, no, no, no. Con Charlotte Doyle, con Londra, non funzionava proprio!
-B-be', andiamo allora; ho voglia di una tazza di té- Annunciò imbarazzato e facendo per uscire con una mano a massaggiargli i capelli: quella benedetta ragazza gli faceva sempre girare la testa.
Prima che potesse uscire dalla stanza, però, una mazza da cricket gli serrò la strada, facendolo balzare all’indietro impaurito.
-MA CHE… Charlotte! Si può sapere che hai oggi?! Ti ho già detto che sto bene!- Urlò a metà tra lo scocciato e lo stupito.
La castana ritirò la mazza, avvicinandoglisi tanto da ritrovarselo a pochi centimetri dal volto, fiera nonostante lo stesse guardando dal basso verso l’alto per via della differenza d'altezza.
-Arthur, davvero speri di riuscire a convincermi? Ti conosco, e se hai qualcosa che non va me ne accorgo dato che …- S’interruppe improvvisamente, arrossendo e accorgendosi della vicinanza formatasi tra di loro in meno di un attimo (e per giunta a causa sua!).
“Accidenti a me, non potevo stare più attenta?!”
Ora era troppo tardi per allontanarsi e basta, dato che quegli occhi smeraldini l’incantavano sempre: erano così dolci e armoniosi che sarebbe stata ore a fissarli senza fiatare. Potevano sembrare dargli un’aria severa, ma in realtà era tutto il contrario!
“Dato che cosa?” Si chiese ansioso e col batticuore alle stelle Inghilterra.
-Cosa… Cosa stavi per dirmi?- Le chiese appena, vedendo poi gli occhi azzurri di lei inumidirsi appena. Evidentemente era imbarazzata, ma perché?
-Io …- Charlie scostò i suoi occhi da quel dolce abisso color speranza, anche se con immane fatica, scuotendo la testa appena. –No, nulla.-
Ma Arthur la conosceva bene: se aveva qualcosa da dire, la diceva; bella o brutta che fosse! Certo, a meno che…
Nella sua mente si accese la cosiddetta e figurata lampadina, che mosse le sue mani a prendere il volto della ragazza tra le mani, forzandolo a rivolgersi verso di lui.
-Ehm, cos’è quell’espressione seria?- chiese nervosamente Charlotte. -Ti giuro che non so niente dell’allagamento che ha rovinato la cena che stavi preparando tre settimane fa, eh? E nemmeno della finestra rotta!-
Okay, non c’entrava un beato accidente con la situazione, ma lei credeva sul serio che Inghilterra avesse scoperto il suo piccolo innocuo e “involontario” sabotaggio alla deliziosa cenetta che si era accinto a preparare, o dell’incidente con la finestra che dava sulla stanza di un membro della famiglia reale.
Inghilterra aggrottò la fronte perplesso. –Eh?-
-Niente!- Si affrettò a replicare Charlotte dopo essersi resa conto di essere fuori pericolo.
Dato che temeva fosse meglio non scoprire a cosa alludesse, Inghilterra preferì chiederle direttamente ciò che voleva davvero sapere.
-Charlotte, ascoltami. Non è che tu sei… Sì, insomma, innamorata di qualcuno?- Chiese titubante e facendo sbiancare la sua interlocutrice, che divenne se possibile più bianca della neve, prima di diventare in grado di sbaragliare il rosso più rosso.
-Io… Ma che cavolo di domande sono?! …-
-No, ecco...! Perché, sai, se è così dovresti… farti avanti. Sono certo che saresti ricambiata.-
Dire quelle cose gli era costato davvero molto, non solo perché non era nel suo essere mettersi a dare consigli in amore, ma anche perché temeva e credeva che si trattasse di chissà chi. In poche parole, non sospettava minimamente che fosse lui l’oggetto dei desideri di Charlotte. Lo sperava, ma non ci credeva.
“Farmi avanti… Non ho niente da perdere in fondo, e potrei non averne mai più l’occasione!”
–Sì hai ragione!-
E così, senza un attimo di esitazione, si sporse tanto quanto bastava a far raggiungere alle sue labbra fini quelle dell’inglese, dando vita a un bacio appena accennato; dato solo da un contatto minimo e timido, ma comunque importante e che fece spalancare gli occhi verdi della nazione per la sorpresa.
Mandando al diavolo complessi mentali impellenti, quei suoi due smeraldi vennero celati dietro le palpebre dando carta bianca alle sue labbra, che fecero pressione su quelle altre, rosee.
Eccolo lì, uno di quei momenti che vorresti non finissero mai e che ti chiudono in un piccolo e personale universo dove il sogno è realtà e la realtà è un sogno fatto su misura per due persone.
Una era un’inglese pessimo in cucina, ma dal cuore in fondo più dolce del cioccolato, che portava il nome di Arthur Kirkland.
Un’altra era una giovane dai modi un po’ infantili, racchiusi e riflessi in due acquamarina che vanta il nome di Charlotte Doyle.
 
ANGOLO DI UN’AUTRICE CHE OGGI NON HA UN EMERITO CAVOLO DA FARE A PARTE DARE SFOGO ALLA SUA FANTASIA (A cui magari dovrebbe mettere freno)
 
Scritta in quanto? Ve lo dico io: nel giro di due orette!
Siccome Arashi Kaze non so cosa stia combinando per me e _SerafinaSon_ e Charlie Aru la vedevo un po’ troppo trascurata, ho usato il suo bel nome per scrivere questo!
Complimenti per chi è arrivato a leggere fin qui (perché vuol dire che potrebbe fare benissimo un safari in Africa disarmato che tanto sopravvivrebbe).
Charlie? Ho tentato di non esagerare col romanticismo, come ho potuto. ^^
In pratica ti ho fatto diventare OC!Londra (Credo, non sono ancora espertissima in questo campo)
Grazie per chi ha letto!
 
SOL

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Capitolo 2
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (2) ***


I suoi occhi smeraldini si socchiusero pigramente incontrando la luce dei raggi filtrati dalle tende dal colore chiaro e delicato, per poi godere di quella che per lui era vera e propria luce: Londra.
Ma non la città, eh? Bensì la sua Charlotte, accoccolata sul suo petto caldo che dormiva ancora con le labbra semi dischiuse e le guance rosee.
Sembrava una bambina. Anzi, meglio: un angelo.
Un angelo dai delicati lineamenti che la notte prima aveva amato, per l'ennesima e senza dubbio una delle tante volte.
Al pensiero suo e di Charlotte, dall'apparenza ingenua e candida d'animo, in così tanta intimità arrossiva tutt'ora. E pensare che erano secoli che andavano avanti così!
Se fosse stato per Arthur sarebbe rimasto lì a coccolare i capelli lunghi della sua capitale mentre codesta mugugnava qualcosa nel sonno per ore e ore, ma il lavoro lo attendeva.
Doveva recarsi in Sud Italia con America, per tentare di liberarla dal fascismo e guadagnare punti in quella tremenda guerra.
Sospirando, si alzò cercando di non svegliare Charlotte, cosa anche molto facile dato che la mattina era dura buttarla giù dal letto.
La coprì con le fini lenzuola e andò a vestirsi indossando la sua tenuta militare.
-Perdonami, my love- Sussurrò uscendo dalla stanza.
Alla moretta non andavano a genio le mattine in cui svegliandosi non lo trovava lì con lei, nel senso che non era proprio in patria.
Molte volte avevano dovuto trattenerla, glielo avevano raccontato, dal partire con la prima nave per dare una sonora lavata di capo all'Asse!
In quei momenti dava un bel da fare a tutti quanti lì a corte ma lo faceva per amore, di questo Inghilterra se ne rendeva conto.
Ecco perché dopo averle posato un leggero bacio sulla guancia le aveva anche lasciato un bigliettino, sperando che bastasse a non farla armare di qualsiasi cosa di potenzialmente pericoloso incontrasse, assieme alla sua mazza secolare ma fedele, con l'intenzione di prendere il largo.
 
A due ore di distanza da quell'evento, Charlotte iniziò ad aprire gli occhi chiari e ad alzarsi, stropicciandoseli come per riuscire a focalizzare meglio le immagini. Con la mano tastò la parte di letto affianco a lei, e notò che Arthur non c'era e che adagiato sul comodino c'era un fogliettino celeste.
-Ma che ...- Prese il biglietto e lo lesse interrogativa.
 

Prima di piombare in una mia base militare per prelevare ogni arma tu possa arraffare, Charlotte, ricorda che tornerò presto, e che in mia assenza c'è bisogno di te.
_I love you_
Arthur

 
Charlotte sbatté le palpebre arrossendo a causa dell'ultima parte del bigliettino ma, dopo pochi secondi ...
-OK ADESSO INGHILTERRA MI SENTE! E NON SOLO LUI!!!-
Vestita con una divisa del compagno, che sebbene le stesse larghina aveva trovato il modo di farsela andare bene, irruppe senza tante cerimonie nelle cucine roteando la sua mazza e afferrando uno scone sotto lo sguardo rassegnato e alquanto perplesso della servitù lì presente.
-Ehm, good morning London ... How are you today?- Chiese incerto e cauto un maggiordomo porgendole una tazzina di the.
-Svegliarmi o tentare di trattenere Arthur no, eh?! E pensare che mi fidavo di teeeee!!!!!!!!!- Rispose iniziando a scuoterlo convulsamente, facendogli cadere la tazzina e quasi svenire, anche se a dirla tutta l'uomo era nuovo lì ...
Una cameriera le si avvicinò cauta e con un'altra tazzina in mano richiamandola il più pazientemente possibile -London, calm down please! Mr. Arthur go to come back and ... And he asked to ...- -Non c'è bisogno di giustificarlo, grazie- La interruppe Charlotte mollando la presa sul maggiordomo e diventando più pacata -Lo so bene che è un dovere a cui una nazione non si può sottrarre aiutare altri popoli e guerreggiare per mantenere alta la propria supremazia, in un certo senso-
-Eh? Yes, that's true but ...-
La capitale bevve tutto d'un sorso una tazza di the e fece per andarsene a passo spedito -Non aspettatemi per pranzo!-
Uscì dal palazzo decisamente calma, come poteva non esserlo quando si ritrovava in quel giardino dove, dopo averla baciata per la prima volta di sua spontanea volontà, Arthur le aveva confessato ciò che provava?
Si accostò con le spalle a un albero, mentre il vento le smuoveva i capelli.
"Non è che io non voglia che lui combatta ma, io ... Ho semplicemente paura per lui ..." Pensò il capoluogo britannico lasciandosi scivolare mettendosi a sedere.
La verità era che non le piacevano le sue uscite alla chetichella perché era come se in un certo senso la abbandonasse.
Dietro a tutte quelle scene la ragazza nascondeva la paura di non riveder tornare quell'inglese apparentemente intrattabile.
La paura che la sua metà avesse dei problemi in battaglia ...
Poi però le si accendeva una lucetta che le riportava alla mente una scena in cui Inghilterra l'aveva rimproverata per come si era comportata in una situazione come quella, in passato.
 
-Charlotte, ricordati che io sono una nazione antica e potente; nessuno mi farà mai del male!- Ribatté stancamente ma con quel suo classico tono orgoglioso e fiero Arthur, mentre Charlie era seduta sulla sedia dello studio della nazione con tanto di broncio.
-Sono la prima a crederlo se è per quello, ma ...- Inghilterra si avvicinò fino ad avvicinarsi al suo volto di molto, chinato e con le mani ai fianchi.
-Niente ma, my dear. Ti giuro sul mio onore da gentleman che ogni volta che m'imbarcherò su una nave sarà solo per poi tornare!- Assicurò apparentemente scocciato, come se stesse parlando con una bambina piccola, ma con quel caratteristico colorito porporeo che si faceva vedere solo quando lui e Londra erano molto vicini.
Oh beh, se giurava sul suo onore da gentleman poteva stare tranquilla ...
 
E così Charlotte sorrise con il naso all'insù guardando le foglie dell'albero, e attese il più pazientemente possibile (Perché non brillava certo per la sua pazienza sia chiaro) il ritorno di Inghilterra, con grande sorpresa di tutta corte.
Ogni mattina si sedeva ai piedi di quella grande quercia per leggere, scrivere, disegnare, o semplicemente ricordare quante volte aveva fatto andare vicino Arthur a un esaurimento nervoso grazie al suo caratterino e tutte quelle in cui, invece, l'inglese si era dimostrato dolce e amorevole con lei.
Con sua grande sorpresa erano a pari merito!
Al che aveva pensato ridacchiando: "Però, se questo non è essere una coppia equilibrata ..."
Finalmente un giorno, una mattina, la luce del sole che le illuminava il viso venne oscurata da qualcuno.
Charlotte aprì lentamente gli occhi ritrovandosi davanti la figura alta e slanciata di un ragazzo con i capelli color grano scompigliati ma perfetti, anche se secondi alla bellezza e dolcezza dei suoi vivi occhi verdi.
Charlotte si alzò all'improvviso stropicciandosi gli occhi, quasi incredula -Arthur ...-
In risposta, l'inglese sorrise accigliato -Ehi ma, quella non è la mia divisa militare?-
Un goccino scese tra i capelli castani di Charlotte, che prese a massaggiarsi i capelli imbarazzata -Ah ... Eheheh, ecco ... Sì lo è, ma ...-
-Ti sta bene- Rispose sereno il biondo provocando l'andare a fuoco delle guance di Londra.
Gli era mancata molto, davvero molto ... In mare poi era stata dura dato che nelle onde, vedeva solo riflessi i suoi occhi, del medesimo e bellissimo colore.
Se per lei era dura stare senza di lui, allora Arthur che avrebbe dovuto dire?
Naturale quindi che accarezzandole una guancia col palmo della mano, si avvicinò a lei per posarle un bacio leggero e privo di malizia sulla fronte.
Non era un bacio sulla bocca, ma il suo significato era se possibile ancora più grande.
Era più innocente e puro, ricolmo d'amore ma privo di desiderio.
Perciò Charlotte arrossì molto più di prima, guardando la sua figura surreale dato che lo vedeva praticamente in controluce, allontanarsi e guardarla assorto.
"Ehi ma, questo è davvero il mio Arthur oppure all'originale gli è successo qualcosa e per evitare che commettessi un omicidio di massa America o l'ha clonato o ha assunto un sosia, e se è così anche senza riuscire nell'intento?" Si chiese perplessa Londra sbattendo le palpebre.
-London, stai bene? No perché non spiccichi parola. Di solito non ti ferma più nessuno non appena apri bocca, per non parlare di quando torno da un combattimento!- Disse ironicamente il biondo con falsa preoccupazione e facendo ricredere la capitale.
"No, a quanto pare è proprio lui ..."
-Ma come vuoi che stia?!- Sbottò ricordandosi del perché giorni e giorni prima era irrotta nelle cucine con una mazza in mano e pronta a rifornirsi di armamenti come meglio poteva per poi prendere il largo.
-Ma sentitelo. Il signorino prima parte via mare la mattina presto senza svegliarmi e lasciandomi solo un bigliettino, e poi tutto tranquillo si presenta da me all'improvviso come se niente fosse!-  Continuò imperterrita mentre la nazione reprimeva le risate al vederla con un'espressione così infantile scuotendo leggermente la testa.
"La mia Charlie non cambia mai, inutile sperarci ..."
-E non è tutto quello che ...- Prima che potesse scoppiare a ridere facendola arrabbiare ancora di più, la nazione britannica avvicinò velocemente le loro bocche, per poterla baciare sul serio dopo tanto.
Inizialmente Londra rimase con gli occhi spalancati dalla sorpresa ma, poi pensò che effettivamente ogni volta che Inghilterra la lasciava sola per andare a combattere, c'era sempre la parte in cui, al ritorno, i due si potevano rivedere.
Chiuse gli occhi. Quella del ricongiungimento era e sarebbe stata sempre la sua parte preferita!
 
ANGOLO DI UN'AUTRICE CHE DOPO QUESTA BRAVATA FORSE SE NE DOVREBBE ANDARE IN PENSIONE (Anche se ha 14 anni XD)
 
Ahahahhhhhh!!! Proprio così gente! Ho deciso di trasformare la one-shot in una raccolta di ArthurxCharlie!!!! :D
*Segno di vittoria*
Ok, sperando che la mia amica non sia svenuta dopo aver letto la parte scritta (Ma ne dubito dato che mi è venuta una schifezza senza eguali) dato che sta lavorando a una long-fic che ci tengo a leggere, vi lascio con l'inaspettata parte graficaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!
(Mi scuso se fa schifo ma è la prima volta che provo a disegnare un personaggio di Hetalia -..-)
 
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Capitolo 3
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (3) ***


7 settembre 1940.
Sia Charlotte, Londra, che Arhur, Inghilterra, ricordano bene quel giorno come l’inizio del periodo forse peggiore per la capitale dell’isola britannica.
Per la Grande Inghilterra l’inizio dei bombardamenti a Londra fu la goccia che fece traboccare il vaso e al contempo che diede una svolta a favore degli Alleati.
Ai bombardamenti, Arthur fece rispondere la RAF con ferocia, senza riserve. Non aveva la benché minima intenzione di continuare a vedere la sua London soffrire solo perché Germania aveva come obiettivo la conquista dell’isola!
Lui era Inghilterra!
Una nazione antica e potente come poche!
Che secoli addietro era stato un grandioso pirata, tanto da aver battuto la Spagna, che in passato era considerata la sovrana dei mari!
Nessuno poteva sperare di mettergli i piedi in testa, e di far del male al suo cuore, senza pagarne le conseguenze!
Il suo cuore … Londra … Charlotte …
 
Arthur stava parlando col suo superiore sul da farsi per quei bombardamenti che Italia e Germania avevano iniziato a sferrare all’Inghilterra meridionale quando, la porta venne spalancata.
Entrambi si aspettavano che fosse Londra, pronta con tanto di arsenale da guerra e divisa militare di Arthur anche se larga indosso che sbraitava di muoversi e aiutarla a far neri quei due ma … Si sbagliavano.
Sì, era lei ma, non era nelle condizioni di chi sembrava voler far sparire qualcuno.
La pelle di solito rosea e candida, era pallida come non era mai stata.
Respirava affannosamente.
Gli occhi azzurri erano spalancati ed esprimevano terrore.
Le gambe la reggevano appena, tremanti.
La mano sinistra stringeva i lembi dell’abito che le rivestiva il petto, sul punto in cui si trovava il cuore.
Dalla sua bocca, l’unica parola che riuscì a spiccicare fu: -A-arthur …-
Preso da un moto di preoccupazione, il biondo le corse incontro sorreggendola, mentre le sue gambe avevano ceduto e ora era inginocchiata a terra sorreggendosi solo con la mano destra mentre la sinistra ancora stringeva tremante il vestito all’altezza del cuore.
-Charlotte, che ti succede?!- Chiese preoccupato Inghilterra mentre il tremare ormai abituale da ore della casa diveniva più forte.
-A quanto pare i tedeschi hanno ben pensato di spostare gli attacchi al cuore dell’Inghilterra- Disse più che altro a se stesso il superiore di Arthur, che al sentirlo aveva stretto ancora più forte le spalle di Charlotte, venne attraversato da un moto d’ira che mai aveva provato secondo lui.
Ira mista a dolore.
Dolore e ira misti a paura.
Paura di perdere chi amava.
Forse era questo che aveva fatto provare a Francis quando aveva permesso che Giovanna d’Arco venisse bruciata viva …
“Eh? Perché diavolo penso a quella situazione?!” Diede ordine, o almeno udì la sua voce dirlo, di prepararsi al contrattacco. E intanto prese in braccio Londra per portarla al sicuro “Charlotte non farà la stessa fine di Giovanna d’Arco, questo è poco ma sicuro!”
O almeno era così che si era impuntato di credere.
Nel profondo della sua anima, si diceva sempre che senza Charlie la vita per lui non avrebbe avuto senso. D’altronde, come Londra era il cuore dell’Inghilterra, Charlotte era il cuore di Arthur.
In lei la nazione traeva l’allegria e la gioia di vivere, benché alle volte quella ragazza fosse molto spesso ingestibile.
Sentirla lì, ansimante dal dolore tra le sue braccia, gli scatenava lastrana forza che alla fine, il 15 settembre, lo portò a distruggere 90 unità nemiche tutte in un giorno.
 
Guardava fuori dalla finestra piovere con una tazza di the per le mani.
Quel ricordo era ancora nitido nella sua mente anche a decenni di distanza.
-Ehi Arthur, a che pensi?- Chiese curiosa Londra smettendo di contare le gocce di pioggia che bagnavano il vetro della finestra, notando che il compagno aveva lo sguardo vacuo come quando ricordava la Guerra d’Indipendenza americana o … O la Battaglia d’Inghilterra.
La bionda nazione si girò a guardarla negli occhi, per poi prenderla per mano, farla alzare, e abbracciarla baciandole i capelli scuri.
-Niente, my heart-
Charlotte aggrottò la fronte un po’ in imbarazzo “Heart?”
Voleva dire cuore quella parola …
 
ANGOLO DELL’AUTRICE PIÙ MATTA E STRANA DELLA STORIA DI EFP

Dios mio, trattare questi temi mica è facile per me … Ecco perché l’ho scelto ^___^ Mi piace mettermi alla prova con ogni genere di sfida! *Mentre gli altri la guardano straniti*
Mi sono basata su Wikipedia per scrivere e … Speriamo di aver letto beneeeeee >_<
OK Charlie, se sei in ascolto … TI PREGO VOGLIO LEGGERE QUELLA LONG-FIC!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 4
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (4) ***


Londra inarcò un sopracciglio perplessa mentre Inghilterra la disponeva ben bene al centro di quello che lei sapeva essere una sorta di cerchio magico. Ma non ne capiva il motivo ... Quella mattina l'aveva presa dopo colazione e portata nella sua sala degli incantesimi.
-Ehm, che dovremmo fare noi due qua?- Chiese curiosa e indossando un mantello nero, giusto per imitare il compagno.
-Niente di che, un giochetto- Si limitò a risponderle ponendosi di fronte a lei.
-Eddai Arthur, sono curiosaaaaaaa!!!- Insistette la capitale mentre l'inglese le prendeva le mani nelle sue.
-Ecco, in pratica oggi creeremo un legame indissolubile tra le nostre anime- Spiegò con nonchalance facendo sbigottire la sua capitale.
-L-legame?!- Chiese rossa in volto e anche alquanto preoccupata -Intendi come il matrimonio?-
-E-eh? Ah, una specie- Rispose sorpreso Arthur -Così ci rafforzeremo a vicenda e ... - -NON CI PENSO PROPRIO A SOTTOPORMI A UN SIMILE INCANTESIMO!- Esclamò convinta Charlotte ritirando le mani.
-Perchè? Non ti fidi di me?-
-Non è questo ...- O sì? -Ma ... Preferirei evitare di ritrovarmi attaccata a vita a te per un fianco o peggio ancora uno scambio di corpi!- Ammise col massimo della naturalezza di cui disponeva.
Gli occhi verde smeraldo di Arthur si ridussero a due fessure un po' per l'offesa, e un po' per lo sbigottimento.
-...- Charlotte tentò di tener testa a un simile sguardo ma alla fine ... -E va bene, e sia!- Concesse pregando nelle capacità alchemiche della nazione (?)
-Ma ... Ehm, prima devo fare una cosetta ... Tu aspetta qui, eh?- Disse correndo a prendere un telefono per poi chiamare ...
-Pronto?-
-CAMPANIA È UN EMERGENZAAAAA!!!!-
La regione italiana allontanò di botto l'apparecchio dai suoi poveri timpani -Che succede?-
-Arthur vuole cimentarsi in una complessa magia!- Disse seria la capitale mentre l'italiana impallidiva.
-Oh mamma ... DOBBIAMO ASSOLUTAMENTE PRENDERE PROVVEDIMENTI! Ci penserò io stessa!-
E come ci pensò? Svegliando Lovino, Feliciano e le sue sorelle col megafono (Oltre alle nazioni confinanti con l'Italia ... Ecco perchè Vash per poco non le aveva sparato appena l'aveva vista) e convocando un G20 urgentissimo, in cui appena si seppe che Inghilterra si preparava a fare un incantesimo ...
 
-La situazione in cui ci troviamo è quasi peggiore di quella volta che abbiamo sventato per un soffio l'invasione aliena dei Nappera, quindi, dobbiamo cooperare e dire tutti la nostra opinione in merito all'emergenza con cui abbiamo a che fare!- Annunciò serio per poi ribattere subito (E naturalmente): -Ok questo è il piano! Io stesso mi farò aiutare da Tony per prelevare dall'Area 51 ogni aggeggio alieno e non possa servirci per rafforzare la Muraglia Cinese affinchè protegga noi nazioni e anche qualche migliaia di civili da questa catastrofe globale! Dopodichè ci penserà l'Eroe in persona a mettere in testa a Inghilterra un minimo di buon senso!- Esclamò convinto e tutto contento di se stesso America con affianco il suo amico Tony e mentre nel suo continente i marines e le forze armate si stavano preparando a dovere, manco ci fosse un'invasione aliena imminente ...
-Come volevasi dimostrare, America-san parte sempre in quarta ...- Commentò a bassa voce sospirando Kiku, seduto di fianco a Yao.
-PERCHÈ DOBBIAMO PROPRIO USARE LA MURAGLIA CINESE COME SCUDO, ARU?!?!- Ribattè contrariato Cina mentre tentava di staccare Sicilia dal suo panda.
-Effettivamente non è poi chissà che come trovata ...- Disse Germania sottovoce.
-Veh!- Commentò Feliciano, seduto tra Ludwig e suo fratello maggiore Romano.
-Incredibile a dirlo ma sono d'accordo con Amerique! Dobbiamo affrettarci ad andare in Cina! ...- Esclamò convinto e serio Francis, per poi prendere in mano una rosa e cambiare totalmente espressione -Ma in caso la situazione peggiori io proporrei di fare un piano di ripopolamento della Terra. Quindi, in nome dell'amore io propongo a ...- Il tamburello di Calabria gli si ruppe in testa mentre quest'ultima stringeva i pugni dalla rabbia.
-COL CAVOLO CHE IO LASCIO LA MIA REGIONE ASSIEME AI MIEI BENI CULTURALI PER CORRERE A NASCONDERMI DA UN MAGHETTO DA STRAPAZZO RITROVANDOMI IN COMPAGNIA DI PAZZI DA MANICOMIO COME FRANCIA O PEGGIO ANCORA IL CRUCCO BASTARDO, SOLO PER IDEA DI UNA NAZIONE CHE VIVE 24 ORE SU 24 NEL SUO MONDO FATTO DI EROI E ALIENI!-
-Concordo in pieno con mia sorella!- Assentì Lovino alzandosi con la medesima espressione di Francesca e venendo subito imitato da Sicilia -E inoltre, io ho ancora un raccolto di arance da portare a termine ...-
-Querida, capisco che tu abbia a cuore le tue magnifiche opere d'arte ma non ti lascerò correre un rischio così!- Intervenne Spagna prendendole le mani e facendole rizzare il ciuffo -Se sarà necessario ti costringerò a forza a dar retta al piano senza senso di Alfred, mi amor!-
"Il fatto che siano appunto senza senso non sfiora nemmeno quel suo cervello bacato, eh?" Pensò perplesso Lovino, fortemente tentato di imitare la sorella minore prendendo in prestito l'ascia di Danimarca.
Calabria, pericolosamente in silenzio, con le gote rosse e col ciuffo a cuore, si sorbì i discorsi appassionati di Antonio mentre tutti iniziavano a litigare animatamente senza arrivare quindi da nessuna parte.
Come sempre del resto ... E come sempre c'era un individuo evanescente che diceva tra sè e sè: -Nessuno ha considerato l'idea di parlarne con Arthur, vero?-
-Chi sei?- Chiese un orsetto artico
-Sono Canada-
 
Lasciando perdere l'allegro (?) consiglio ...
Charlotte deglutì a vuoto dando la mano sinistra ad Arthur, davanti a lei.
-Allora, in cosa consiste questo famoso legame?- Chiese titubante la capitale.
-È una promessa d'amore eterno- Sbottò in tutta franchezza Arthur rischiando di farla svenire sul colpo.
-COSA?!?-
-Che ti aspettavi scusa?-
-E me lo dici con tutta questa naturalezza? ...- In men che non si dica, Charlie tirò fuori la sua secolare ma ancora molto ben messa mazza, puntandola sospettosa verso Arthur -Chi sei tu e che ne hai fatto del mio Inghilterra?!-
-Charlie sono io!- Ribattè scocciato la nazione -Altrimenti non saprei che hai paura dei temporali e che una volta ti era venuta in testa l'idea malsana di chiamare Francis un cucciolo di cane che avevi trovato per strada!-
-Ok sei tu- Ammise con ovvietà, Insomma, la cosa del cane la sapeva mezza Europa (La faccia che aveva fatto Francia era rimasta indelebile nei suoi ricordi) ma che lei avesse paura dei temporali lo sapeva solo lei.
Come andò a finire?
 
-Charlie, noi siamo tutti dietro alla Muraglia Cinese da giorni e ...- Campania venne interrotta da una London scocciata.
-Potete anche uscire, non c'è pericolo-
Al sentirla (Dato che era in viva voce) Sicilia si aggiustò lo scolapasta che aveva in testa mentre Calabria fingeva di non stare abbracciando il peluche Tomato (E a sua volta era abbracciata da Spagna che naturalmente venne subito allontanato).
-Ah no?- Chiesero in coro tutte le nazioni.
-No- Rispose secca Londra.
-Eppure non sembri stare bene, che è successo?- Intervenne accigliato Giappone.
-Lasciamo perdere che è meglio.- Rispose intanto che lì da lei, Scozia sogghignava mentre insieme a Galles cercava di rompere quelle catene che legavano Inghilterra e Londra per la vita (Nel senso fisico del termine) con l'ausilio di un pò d'acido solforico (Erano giorni che andava avanti così).
-Arthur. La prossima volta che vuoi stringere un legame con me, e si tratta di amore ... LIMITATI A REGALARMI UN ANELLO PER PIACERE!-
Può sembrare nulla di grave essere legati da due specie di cinturoni magneti ritrovandosi vicinissimi ma, non andate a parlarne con Londra o Inghilterra, dato che lui è molto suscettibile sull'argomento Le mie doti magiche (Vedere la Sedia di Busby) e che lei ricorda le battutine che si sono dovuti sorbire da Nathan per una settimana intera.
 
ANGOLO DI UN'AUTRICE CHE NON SI RACCAPEZZA DI QUELLO CHE HA SCRITTO STAVOLTA
 
*Rilegge*
Eh?!
Ma non ha il minimo senso!!! O.o
...
Oh beh, allora l'ho scritto io ù.ù *Mentre Charlie organizza un assalto all'autrice dopo questa cavolata*
Espero que no me mataràs >_<
 
(Non ho capito che ha detto ma ... Non mi importa, può cominciare a correre! NdCalabria ancora arrabbiata con me dopo tutto quello che scrivo su lei e Spagna nella Sicimano e dovunque ne abbia la possibilità)
(WAAAAAAAAAAAAAA!!! QUALCUNO FERMI LA TSUNDERE INCAVOLATAAAAA!!!! NdSol scappando dietro alla Muraglia Cinese)
(EHI MA AVETE PRESO IL VIZIO DI CORRERE QUI DA ME OGNI VOLTA CHE SIETE NEI GUAI O COSA, ARU!!? è_é NdCina irato)
(Eheheheh ... Cosa te lo fa supporre? n_n' NdTodo el mundo)

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Capitolo 5
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (5) ***


Charlotte sobbalzò all'ennesimo rombo di tuono che sentì, fermandosi all'istante in mezzo al lungo corridoio del palazzo.
-Accidenti, odio questi maledettissimi temporali!- Sussurrò tra sé e sé impaurita.

Il mal tempo era abbastanza comune in Inghilterra, verissimo, ma a lei non piaceva ugualmente per niente quando scoppiavano simili temporali.

La notte poi era un vero incubo, lo era sempre stato.

Si stava dirigendo nella stanza di Arthur appunto per quello. Sapeva che era rincasato quell'oggi da un meeting come al solito finito in litigate e battibecchi vari, e che quindi magari era stanco e doveva essere lasciato in pace, ma non ce l'aveva fatta a rimanere nella sua stanza!

Arrivata di fronte alla porta però, la capitale si fermò esitando ad aprirla.

''Quand'è tornato era alquanto alterato e di cattivo umore, quindi magari sarebbe meglio lasciarlo stare poverino'' Pensò.

Charlotte si appoggiò contro il muro prendendosi una ciocca di capelli tra le dita, pensando a tutte le volte in cui Arthur l'aveva dovuta accudire manco fosse una bambina. Erano davvero tante.

In quelle situazioni non sembravano quasi una coppia, lo sapeva bene, ma in fin dei conti c'erano volte in cui i ruoli si invertivano e altre, molte, in cui si comportavano come una coppia normale.

Ora che si soffermava a pensarci, Arthur con il suo caratterino era anche lui complicato, per non dire che sapeva avere un caratteraccio degno del rappresentante di un'isola piovosa come quella.

-Che faccio? Entro o no?- Si chiese guardandosi distrattamente il palmo della mano destra, sorridendo.

Inghilterra l'aveva sempre protetta (Anche durante i temporali), fin da quando poteva ricordarsi ...

 

-Accidentaccio London, che ti prende?!- Domandò imbarazzato un piccolo biondino ad una bambina dai capelli scuri che era irrotta senza pensarci due volte in camera sua, correndo ad accovacciarsi con lui sotto le coperte e abbracciandolo.

-Ho paura Arthur!- Singhiozzò la piccola capitale britannica stringendo ancora più forte il piccolo dalle fattezze di un bambino di dieci anni.

-Eh? E di cosa?- Chiese perplesso la piccola nazione cercando di non soffocare dato l'abbraccio vigoroso della piccola Charlotte, la quale si limitò ad indicare fuori, dove il cielo cupo e ricolmo di nubi dense e piene di pioggia, veniva illuminato da tuoni e fulmini.

-Ah ... Beh, n-non è necessario spaventarsi per così poco- Borbottò rosso in volto il piccolo Inghilterra.

Charlie cominciò a scuoterlo convulsamente causandogli giramenti di testa misti alla cena che cominciava a farsi sentire -E INVECE IO HO PAURAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!-

-E-e-e-hi Charlieeee ... Finiscila adessooooo- Implorò il poveretto, che iniziava a perdere colorito.

La piccola smise di scuotere la propria nazione, chiedendogli speranzosa: -Vuol dire che posso sormire assieme a te per stanotte?-

-C-come?!- Benché gli provocasse un incredibile imbarazzo pensare di dormire con una femmina, non poteva vederla con gli occhi gonfi e che piangeva. Sopirò rispondendo (Sperando di non pentirsene): -E ... E va bene-

 

Charlotte sorrise al ricordarsi quella volta. Per quanto ingenuamente, anche all'epoca tra lei e Inghilterra c'era qualcosa di speciale.

-Charlie, che stai facendo?-

La castana si voltò e notò Arthur in piedi sull'uscio della porta, che la guardava con aria interrogativa.

Che ci faceva alzato?

-Io? Oh, niente niente. Ma tu come mai sei in piedi?-

La nazione distolse lo sguardo arrossendo un pochino -Io ... Volevo solo venire a controllarti ... So che non ti piacciono i temporali, ecco tutto ...- Ammise imbarazzato -Ma solo perché non voglio che tu corra in camera mia urlando come un ossesso e svegliando mezza Inghilterra-

Londra sorrise apertamente correndo ad abbracciare Arthur, quella testa dura di Inghilterra era dolcissimo quando voleva!

-Artie non sai quanto ti amo!- Esclamò tutta sorridente Charlotte, imbarazzando un sacco il compagno, che balbetto un: -I ... I love you too ...-

 

ANGOLO DELL'AUTRICE CHE DA OGGI HA DANIMARCA COME CUGINO!

 

Proprio così ragazzi, non solo mi farò prendere dai Vargas come sorella adottiva (Divenendo così la cognatina di Sery, eheh) ma inoltre ora hoo anche un cugino a cui posso prendere l'ascia quando mi pare e piace!!! *Contenta contentissima*

 

(Ma non ci sperare! O.o NdDan)

(Siamo cugini, ergo condividiamo. Il che significa ... La tua ascia d'ora in avanti è la NOSTRA ascia! ^-^ NdSol)

 

E fu così che facemmo improvvisare Arthur giudice, Norvegia avvocato di Dan, e io avvocatessa di me stessa (Che c'è? Guardate che ho una parlantina mica male) anche se in teoria il mio avvocato era Sary_chan (Che si starà chiedendo cosa c'entra nella faccenda), e organizzammo uno pseudo processo per l'affidamento condiviso dell'ascia al posto del solito G20 XD


A parte le mia cavolate, questa flash l'ho buttata giù adesso adesso quindi ... Spagna? Pomodori per tutti i lettori prego! ù.ù

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Capitolo 6
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (6) ***


Era la sera del 18 maggio 1536, e praticamente tutta corte dormiva. Beh, non tutti …
-LASCIAMI SUBITO ANDARE ARTHUR KIRKLAND MI SONO SPIEGATA!?!?!-
Appunto.
-Vedi di darti una calmata London!- Urlò Arthur, mentre tratteneva a fatica la sua dolce e calma (?) capitale con l’ausilio delle braccia da sotto le ascelle mentre questa si dimenava a più non posso, cercando di liberarsi.
Da quanto andavano avanti così? Da un abbondante quarto d’ora.
-Come diavolo faccio a calmarmi con quello che succede in questa casa di pazzi?!?-
-Casa di pazzi?!?- La nazione mise a sedere Charlotte per poi guardarla ben bene in faccia contrariato da quello che aveva detto –Ti sembra il modo di parlare del tuo stesso popolo?!-
La ragazzina (Perché all’epoca aveva le fattezze di una ragazzina rispetto a quelle odierne, un po’ più mature) si immusonì reggendo perfettamente lo sguardo color smeraldo della nazione –Sì, mi pare il modo. E se vuoi lo ripeto all’infinito my dear!-
Come se negli occhi del corrucciato e indispettito Inghilterra vi avesse letto la sfida, Londra prese fiato e … -Qui sono tutti pazzi pazzi pazzi pazzi pazzi pazzi pazzi- “Eh? Ma fa sul serio …” Pensò Arthur, guardandosi attorno temendo che la potesse sentire il re -pazzi pazzi pazzi pazzi pazziiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!- Continuò convintissima e senza fermarsi finché Arthur, sbigottito e timoroso che la potessero sentire, le mise le mani sulla bocca in modo tale da zittirla.
-Maledizione Charlotte Doyle, si può sapere che diamine hai per comportarti come una bambina piccola?!- La rimproverò irato.
-E me lo chiedi?! Quel mostro del re prima si risposa e poi condanna sua moglie a morte, e io dovrei starmene tranquilla a godermi lo spettacolo di una donna innocente che viene decapitata?!?- Ribatté indignata, i quanto femmina, la capitale.
Arthur abbandonò il suo sguardo dardeggiante, sospirando. Le accuse contro Anna Bolena erano molte: adulterio, incesto, stregoneria, ed alto tradimento. Ma a quanto pareva London era fermamente convinta che tutte quelle accuse fossero infondate e ingiuste. A quanto diceva lei, e Arthur sapeva che era vero, la regina Anna Bolena era una donna devota alla religione oltre che fedele, diversamente da quanto affermavano le dicerie popolari, e oltretutto era anche molto sensibile. Insomma, come avrebbe potuto commettere simili crimini?
-Londra, lo so che questa condanna non ti va a genio, e non piace nemmeno a me- Affermò in tono paziente e pacato l’inglese –Ma è una decisione presa dall’alto, noi non possiamo farci nulla-
-Ma ...- Charlotte rimase un attimo senza parole, prima che gli occhi le si inumidissero –Ma non è giusto! Tu rappresenti questo paese, e io ne rappresento la capitale! Questo non vale niente?! Eh?!-
Arthur normalmente le avrebbe risposto di no. Loro, nazioni, regioni o capoluoghi che fossero, dipendevano in un certo senso dagli uomini. Il re Enrico VIII era colui che dettava le regole, giuste o sbagliate che fossero erano quelle.
Ma non ce la fece a dirglielo, riuscì solo ad abbracciarla in maniera impacciata dato che non era abituato a farlo, chiedendole: -Ascoltami, ce la fai a non cedere ai tuoi istinti omicidi e a non rubarmi pugnali e armi varie?-
-Non prometto niente- Rispose concisa e riluttante Londra.
L’indomani, Arthur e Londra erano lì ad assistere all’esecuzione, ma nessuno dei due fiatava. In quel momento Charlotte non sapeva proprio come fare: era combattuta tra il mantenere la parola data ad Inghilterra, e l’evitare il consumarsi di una simile ingiustizia.
Anna Bolena era strana, sembrava quasi che scherzasse al momento dell’esecuzione –Ho sentito dire che il boia è bravo, e il mio collo è sottile-
L’aveva richiesto lei stessa quello spadaccino francese, e come ultimo dono alla donna che aveva amato, il re aveva acconsentito affinché la sua morte fosse veloce e indolore.
Charlotte la trovava incredibile: sul patibolo, era certa conoscendo la vera natura della regina, Anna aveva perdonato tutti coloro che avevano acclamato la sua morte, e pregato per il marito.
Non era mai stata ben vista dal popolo britannico, la consideravano una strega addirittura.
Sentì Arthur stringerle la mano destra con la sua sinistra, mentre lacrime silenziose e dedicate alla condannata le colavano sul viso.
-Non guardare- Si sentì sussurrare Londra da Inghilterra, e non lo fece.
 
A distanza di secoli, Londra preservava ancora quel nitido ricordo.
Ogni 19 maggio andava nella Chiese di San Pietro ad Vincula e accendeva una candela per Anna Bolena, perché riposasse in pace, conoscendo le molteplici leggende sul conto del suo spirito inquieto.
L’ultima volta però, delle flebili parole le arrivarono all’orecchio, erano più che altro un sussurro appena udibile
-Thanks London, remember that you're lucky my faithful friend. Your love will endure, protect it forever-
La castana si voltò per vedere se oltre a lei ci fosse qualcuno, ma era da sola. E poi, quella voce le era familiare. Era un ricordo vago ma la ricordava.
Sorrise.
-I will do it, Anne-
 
ANGOLO DELL’AUTRICE NON MOLTO SICURA DEL CAPITOLO
 
Informazioni prese da Wikipedia (Naturalmente, viste e considerate le mie conoscenze storiche decisamente scarsine) su Anna Bolena.
Non so ma, a me mi ha sempre rattristata la sua storia e volevo scriverci qual cosina.
Che dirvi? Ah sì! Sery, mi sa che hai ragione. Con questa raccolta sto pian piano riempiendo le mie (Innumerevoli, vaste e profondissime) lacune in inglese XD
A questo punto che ci vado a fare a scuola domani?
 
(Tu ci vai e senza inventare scuse che tra l’altro non stanno né in cielo né in terra. NdLa mia personal stalker alias la mia pseudo e spesso alquanto ignorata coscienza, da tutti conosciuti come Sary_chan)
( Ma … Ma … Ma … NON VOGLIOOOOOOOOOOOOO! Waaaaaaaaaaa … Dan, dove cavolo è l’ascia?!? Domani mi serveeeeeeeee … NdSol correndo in Danimarca da suo cugino)
(*Si chiedono quale sventura e orrenda sorte attenda i miei futuri compagni di classe* O.o NdLettori)
(-.- NdSary_chan)
 
Comunque, questo capitolo è (A parte l’ultimo pezzo) collocato nel 1536, e all’epoca Charlie e Arthur non stavano ancora insieme. Se ricordate, nel primo capitolo si dichiarano, e lì siamo dopo la Guerra d’Indipendenza degli americani (Anno 1783).
Detto questo, alla prossima!

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Capitolo 7
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (7) ***


Era da molto tempo che quella soffitta non veniva messa in ordine (Secoli e secoli per precisare) e dato che quell’oggi fuori c’era un gran tempaccio, Arthur aveva deciso di dedicare un po’ di tempo proprio a quell’attività, facendosi aiutare da Charlie.
-Uff, oggi sì che passeremo una bella giornata …- Disse sarcastica la castana sollevando un vecchio libro polveroso.
-Lo so che non ne hai voglia ma qualcuno deve pur farlo- La riprese Arthur iniziando a rimboccarsi le maniche –Comincia col baule laggiù, mi pare che risalga … Mh, forse al sedicesimo o diciassettesimo secolo, o giù di lì-
Charlotte sospirò rassegnata, e andò ad aprire quel grande baule rosso rimanendone subito alquanto allibita da ciò che vi era all’interno.
“Ehi, ma questa roba risale alla guerra anglo spagnola …”
Per caso, le sue mani andarono a finire su un paio di vecchi pantaloni rotti. Riconoscendoli, Charlie li sollevo in aria alzandosi –Ehi Arthur, te li ricordi questi?-
La nazione si voltò a guardare la compagna incuriosito, e al riconoscere il vecchio capo d’abbigliamento strappato in parte all’altezza del sedere, avvampò di colpo. Al contrario, Charlie se la rideva sotto ai baffi …
 
Era caduta rovinosamente a terra cercando di portare nella stiva una cassa di mele. Le piaceva rendersi utile, e poi non ce la faceva a stare ferma in una cabina, contrariamente a quanto le chiedeva Arthur.
Beh, se glielo chiedeva però un motivo l’aveva, conoscendola probabilmente aveva previsto un incidente simile.
Fortunatamente Londra non si fece nulla ma … I suoi pantaloni preferiti non potevano dire lo stesso.
Al sentire quel tonfo, Inghilterra si precipitò sul ponte e rimase di sasso al vedere Londra, dinnanzi a lui, con i pantaloni strappati all’altezza dei glutei.
Arrossì di botto cercando di non guardare verso la biancheria che per fortuna nascondeva tutto, e mentalmente si chiese come diavolo fosse stato possibile che London finisse così.
Non che fosse per il fatto che si guardavano uno più imbarazzato e balbettante dell’altra ma, ecco … La ciurma della nave era praticamente tutta al maschile.
Secondo voi dove avrebbero dovuto guardare?
 
Charlie ridacchiò con le guance un po’ rosse –Eh sì, quella volta ho fatto una delle mie figure del cavolo ma, la tua faccia era impagabile!-
-F-FINISCILA E BUTTALI VIA!- Rispose più rosso del rosso Inghilterra, tremendamente imbarazzato, voltandosi dal lato opposto e riprendendo a riordinare.
Charlie era solita sdrammatizzare sulle figure che ogni tanto faceva ma, lui mica tanto … Poi secondo la sua mentalità Londra era praticamente di sua proprietà (Per così dire) e ne era geloso … Insomma, gli rodeva il fatto che quella volta molti marinai videro ciò che non dovevano vedere anche se poco e non benissimo, ecco tutto!
Charlie soffocò le risate solo per amore dell’inglese, e per non far andare in frantumi il suo orgoglio assieme alla sua dignità, pescando dal baule una sciabola.
Si illuminò in un gran sorriso riconoscendola.
-ARTHUR!-
Temendo che avesse bisogno di qualcosa, e spaventato dal suo grido improvviso, Inghilterra si alzò di colpo battendo contro il coperchio del baule dove conservava oggetti e vestiti di quando era piccolo.
-Ahia! Dannazione, ma che hai ade …- Appena vide Charlie impugnare la sua vecchia sciabola da pirata, gli venne in mente un altro ricordo di cui avrebbe fatto a meno.
-Ehi, indossa questo!- Trillò Londra lanciandogli il soprabito vistoso e tuttavia in buone condizioni che indossava quando era un corsaro. Arthur lo fissò un attimo, notando che lei si era messo quello che si era fatta fare giusto perché le piaceva il design e perché voleva essere come la nazione. Le era sempre stato grandino sulle maniche ma ci stava molto bene.
Poi con l’abbigliamento di quel giorno, sembravano come tornati sulla nave!
-Ahah, questa sciabola me la ricordo. E tu?-
“Certo che me la ricordo”
 
Il ricordo risaliva a uno dei tanti abbordaggi subiti da parte dei galeoni spagnoli.
Quella volta però, c’era Spagna in persona a capitano della grande nave, e non appena le due imbarcazioni, l’una inglese l’altra spagnola, si incrociarono scoppiò il putiferio.
Gli spagnoli erano bravi, certo, ma gli inglesi sapevano come metterli a posto …
Quella volta però, Inghilterra ebbe l’ (Infelice) idea di domandare ad Antonio con tono beffardo e puntandogli la sciabola alla gola: -Ultimo desiderio bastardo spagnolo?-
L’ispanico sorrise lanciando una fugace occhiata maliziosa e che tutto diceva a Londra e rispondendo subito: -Sì, vorrei portare via con me la tua ragazza-
Al che, al diavolo il suo ghigno vincitore, Arthur arrossì come mai aveva fatto in vita sua (O meglio, fino ad allora) sbraitando irato e con gli occhi spalancati: -LEI NON È LA MIA RAGAZZA E COMUNQUE PUOI SCORDARTELO! NEANCHE NEI MIEI INCUBI PEGGIORI TE LA CEDEREI!-
 
-Ahwwwwwwwwwwwwwwwwwww~ …- Sospirò sognante Londra con le gote deliziosamente arrossate e con un batticuore dovuto solo alle parole pronunciate da Arthur, il quale, si era rintanato in un angolino buio ed emo, maledicendo se stesso nel momento in cui aveva trascinato Charlie via dal divano costringendola a salire in soffitta con lui.
-Oh andiamo England, sei stato dolcissimo quella volta … Devo ammettere che un po mi mancano le traversate in mare aperto, lo sai?- Disse ancora il capoluogo britannico frugando nel baule in cerca di qualcos altro, e trovandovi la sua vecchia bandana, che non esitò a legarsi in testa.
-Ahah, guarda, non sono cambiata di una virgola da quei giorni!- Affermò fiera rimirandosi in un vecchio specchio impolverato.
Arthur la fissò un secondo per poi andare ad aggiustarle la bandana –Non hai mai saputo metterla come si deve, è proprio vero che non sei cambiata-
Si bloccò di colpo ricordandosi di qualcosa …
Charlie non sapeva mai mettersi ben bene la bandana che tanto le piaceva, e lui pazientemente la aiutava …
Stessa cosa valeva per il soprabito: le piaceva indossarlo ma alla fin fine sembrava più una ragazzina allegra e scherzosa che una piratessa che oltretutto rapresentava anche la capitale della gloriosa Inghilterra.
Una volta era addirittura andata a finire in un bacio. Nella cabina del capitano …
 
Verde nell’azzurro.
Mare nel cielo.
Speranza e libertà.
Era bastato un contatto simile a far scoccare la scintilla e ad avvicinarli in pochi e ben scanditi secondi.
Le sue labbra sottili e briganti cercavano quelle morbide e innocenti, trovandole.
Sfioradole.
Amandole.
Scontrandovi come in una lotta. Sì, una dolce lotta in cui nessuno aveva la meglio.
Era confusa Charlotte, lo era davvero molto, ma provava una piacevolmente strana sensazione di completezza al sentire le candide seppur passionali e calde labbra di Arthur baciarla sulla bocca.
Era un pirata lui, altro che gentlemen.
Le provocava un incendio emotivo incredibile, che partiva dalla bocca dello stomaco, arrivando alle guance e così tingendole di rosso.
D’altra parte, lui, non si capacitava del tutto di ciò che stava facendo ma, tanto valeva lasciarsi andare alla volontà del suo cuore.
Lui era deciso nel baciarla, lei invece era abbastanza disorientata ma a parte questo, impazziva di gioia e piacere nel sentire le sue candidi e dolci labbra ricambiare le attenzioni delle sue, seppur con maggiore ingenuità.
Avendola dovuta definire, lui avrebbe detto che era una sirena. Già, la sua sirena.
Era tutto perfetto, ma …
-Ehi Arthur, ti volevo chiedere … Eh, ma che ...-
Proprio così.
Mentalmente si appuntò di chiudere a chiava la prossima volta, sapendo che America, oramai un ragazzino, era nei paraggi e che (Imitando la figura di Londra in un certo senso) non si faceva il minimo problema nell’adoperare le sue lezioni di buone maniere quando doveva entrare in una stanza, tra l’altro rischiando di rompernela porta vista quanta energia possedeva.
Il ragazzino, ancora più ingenuo della stessa autrice (È un dato di fatto) li fissava senza capire minimamente di aver interrotto un momento unico e irripetibile, oserei dire, e …
E fu così che armata di mazza, Londra prese ad inseguire furiosa la nazione per tutta la nave.
 
Le espressioni dei due non avevano proprio prezzo! (Ve le rappresento sotto)
Charlie era terribilmente imbarazzata per la situazione vissuta, e in parte si sentiva un pochino in colpa: America non l’aveva di certo fatto di proposito a rovinare il loro primo bacio.
La sua espressione? >> n///n’
D’altra parte, Inghilterra l’imbarazzo lo provava, ovviamente sì, ma l’assistere alla scena di Londra perdere tutta l’ingenuità e la delicatezza che vantava nel suo viso gli fece un certo effetto >> =///=
-Ehm, d’accordo, ora basta con i ricordi e sotto con le pulizie- Mormorò Inghilterra togliendosi di dosso quel vecchio soprabito e togliendolo anche a Charlie, per poi notare però, uno strano cappello nel baule.
-Oh, ehi Charlie, io non ricordo di avere un cappello così quando facevo il corsaro- Disse mostrando il copricapo alla nazione, dal cui viso il sorriso scomparve.
“Ah, quello …”
 
Il mare blu che prendeva le sfumature del sole al suo incontro con l’orizzonte …
Sulla prua di una nave britannica, una coppia.
Uno biondo.
L’altra mora.
-Sto volando Arthur!- Esclamò estasiata Charlie sul ciglio della prua mentre il corsaro la manteneva per le braccia e perplesso (E rovinando l’atmosfera, accidenti a lui) intervenne.
-Ehm, si può sapere che stiamo facendo?-
Ed ecco il dolce sorriso andare scemando sul dolce viso della dolce Londra.
-L’autrice ha un DVD di un film con questa scena, mi piace, e quindi la facciamo. Punto.- Stabilì concisa e autoritaria –Ora posso riprendere?-
-Oh sì, avevi detto che stavi volando … Beh, in effetti è così: stai volando in mare- Affermò spingendola fuori bordo.
-Eh? Ma perché?!- Chiese disorientata Charlie, ricevendo in risposta un seducente sorriso, seguito da una rivelazione detta in tono ugualmente focoso e sensuale –Io non sono Inghilterra, sono Spagna- Rivelò togliendosi la parrucca color grano e rivelando morbidi capelli mossi e castani.
Ed ecco che qua dovete leggere l’esclamazione di Charlie al rallentatore.
-Nuooooooooo~ …-

Ehm …
Non cadeva più dato il rallenty.
-Ma quanto ci metti?- Domandò confuso e alquanto spazientito l’ispanico.
-A me lo chiedi?! Chiedilo a Sol!- Rispose anzi, gli urlò Charlie.
E Spagna si voltò contro di me.
(A me lo chiedi? Chiedilo alla tizia qua vicino a me! -.- NdSol indicando Sary_chan)
(Ve lo dirò, ma in cambio voglio delle certe cose … NdSary avvolta da aura inquietantemente oscura)
(Ehm … Ok my personal stalker, ora lasciamoli stare -,- NdSol trascinando Sary via per le braccia, o almeno ci prova)
(Non finché non avrò avuto quello che voglio! Sol! lasciami! Lasciami ho detto! Voglio il mio R-18!!!!! … NdSary venendo trascinata via da Sol e lasciando un solco al suo passaggio tanto è ostinata)
 
Arthur guardò disorientato la capitale, la quale non sorrideva. Oh no, stranamente prese in mano la sua amata (Pericolosa per l’incolumità di umani e non) e fedele mazza assieme al misterioso cappello, e se ne andò.
“E-eh? Ma che le è preso?”
 
ANGOLO DI UN’ (Irrecuperabile) AUTRICE E DELLA SUA (Pazza) COMPLICE
 
*Si nasconde dietro suo cugino, che dorme come un ghiro ma poco importa, a pensarci quando dorme è così carino che, chi lo colpirebbe?*
Ok, prima che senza pensarci due volte, arrivi da me da Capri alla velocità della luce, ci tengo a dirti una cosa Charlie.
LA COLPA È TUTTA DI SARY!!!!!!!!!!!!!!!!! >____< *Indica morbosamente e continuamente Sary mentre si abbraccia al cugino, non avendo il panda Cherol (La nostra mascotte) con lei*
Le ho chiesto di aiutarmi a scrivere il capitolo demenziale più demenziale della raccolta (Salvo che in futuro mi venga in mente di chiederle di nuovo aiuto) e guarda che abbiamo combinato?
 
(Un capolavoro? NdSary fiera)
(Uno schifo?! NdCharlie adirata e ancora gocciolante)
 
Lei c’ha messo le idee, io le ho scritte (Dato che per natura lei è più pigra di Veneziano, a scrivere -.-)
 
PS: Sary mi ha chiesto di inserire una sua noticina …
Se non sopportate le suppliche, non leggete. VI PREGO DATEMI QUALCHE SPUNTO PER SCRIVERE QUALCOSA, ANCHE UNA CAVOLATAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!
(By Sary)

PPS: Ho fatto un disegno!

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Capitolo 8
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (8) ***


 Arthur bofonchiò qualcosa tra sé e sé, infilandosi la giacca di malavoglia.
-Charlie non sei ancora pronta?- Chiese ad alta voce alla ragazza, sull’uscio della porta.
Londra lo raggiunse di corsa –Ci sono ci sono, uff potresti evitare di mettermi fretta almeno- Ribattè fermandosi un attimo dopo la corsa giù dalle scale che si era fatta.
-Hai voluto trascinarmi fuori di casa a tutti i costi? Allora vedi di darti una mossa- Rispose severo il biondo e uscendo.
“Eheheh, non mi sa proprio dire di no!” Pensò tra sé e sé la ragazza dai capelli scuri.
Le era saltato in mente, così, durante la cena, di voler uscire per svagarsi un po’ quella sera (Una volta tanto che il tempo era buono e che il cielo era sereno) e come avrebbe fatto senza quel brontolone dal cuore d’oro del suo Inghilterra?
Ovviamente a lui non andava, ma non era riuscito ad opporsi dati gli argomenti messi in campo da Charlie (E qui vi lascio immaginare di tutto, dal genere demenziale, a quello romantico …), ecco cos’era a scocciarlo alle volte.
Non riusciva mai a dirle di no.
Londra fece per richiudere la porta, ma si bloccò dandosi un colpetto in testa.
-Oh già, me ne ero scordata!- E detto ciò, corse in casa chiedendo ad Arthur di aspettarla lì e che sarebbe tornata subito.
L’inglese la seguì con gli occhi fino a che la figura della capitale non fu scomparsa sulle scale, lasciandolo lì da solo.
Sospirando, attese il ritorno di Charlotte … Finchè … Non la sentì ridacchiare e non vedendola, alzò gli occhi.
Era affacciata al balcone del primo piano, e lo fissava con occhi sognanti e inteneriti. Personalmente la trovava molto bella quando lo guardava così ma …
-Cosa fai lì affacciata?- Chiese interrogativo Arthur, ricevendo in risposta un luminoso sorriso.
-Ricordi quel racconto del vecchio Will?- Chiese riferendosi mentalmente e chiaramene al grande William Shakespeare –Quello con i due innamorati-
-Romeo e Giulietta intendi?- Domandò confuso l’inglese, per poi capire il tipo di paragone che stava facendo Londra.
Lei, affacciata sul balcone.
Lui, col naso all’insù a fissarla in viso.
Arrossì di colpo, balbettando qualcosa, e sperando che Charlie non ricordasse nient’altro che la trama di quell’opera tanto cara agli inglesi. Ma, ahimè, non fu così (Non finchè ci sarò io a dettare le regole in questa raccolta)
Improvvisando un tono adorante e innamorato, London disse: -Oh Inghilterra Inghilterra, perché ei tu, Inghilterra?-
E dato che sembrava che aspettasse solo che il suo bell’inglese rispondesse a tono: -Oh Londra Londra, perché cavolo non ti sbrighi così andiamo e torniamo prima che faccia notte?!-
Infatti. Ironico quanto interiormente provato da ciò che gli toccava subire (Per così dire), Arthur le aveva risposto alla sua maniera, e guadagnandosi un tamburello in testa.
-Ahia! Ma dove diamine l’hai preso un tamburello?! Cos’è, te lo sei fatto regalare da Calabria?!- Chiese con un bernoccolo in testa e indispettito (Sembravano proprio una coppia di sposini quei due).
-Prestato, me l’ha solo pretato- Precisò Charlie per poi raggiungerlo con indosso una sciarpa lunga e chiara.
-Fammi indovinare, prestata anche quella?- Chiese alquanto geloso Arthur. Insomma, Calabria e Londra erano entrambe donne, Russia no di certo!
-A che ti riferisci?- Chiese confusa (?) Londra.
-…-
-Andiamo dai!-
 
Finalmente Charlie era riuscita a trascinare Arthur per le strade della grande Londra, resa ancor più bella dalle luci della sera.
Non faceva poi così freddo, ma ai due piaceva camminare vicini solo per sentire il calore l'uno dell'altro.
Arrivarono finalmente in quartiere colorato e caldo, che sapeva sia di oriente che di occidente: ChinaTown.
-Ci andiamo? È un quartiere così pieno di vita!- Chiese allegra Charlie osservando i vari cinesi indaffarati a cucinare ogni tipo di pietanze.
-Se ti fa piacere, certo- Rispose semplicemente Arthur seguendo la sua London che lo guidava verso il centro della via.
-Aaaaaahhh, quanto adoro questo odore!!- Esclamò la ragazza col naso per aria.
Arthur sorrise fra sé e sé finchè non notò tre figure avvicinarsi: una delle quali quasi travolse Londra.
-LONDRAAAAA!!!- Urlò Sicilia facendo quasi cadere la moretta che di certo non si aspettava un saluto del genere da un momento all'altro -Sicilia!?-
-Non ti sembra di aver esagerato?- Sospirò Calabria salutando prima l'inglese e Charlie con un cenno del capo.
-Nihao!- Salutò Cina con un gesto della mano.
-Cina! Come va?- Chiese gentilmente Arthur.
-Ehm, a parte il fatto che il mio panda è sempre in pericolo,- Qui rivolse un'occhiataccia a Sicilia -tutto bene!-
-Ma cosa ci fate qui?- Chiese Londra risistemandosi i capelli castani.
-Questa biondina mi ha trascinata a fare visita a tutte le ChinaTown!- Esclamò Francesca scuotendo la testa.
-Ma ce l'avete tutti con me?- Piagnucolò la siciliana.
-Comunque … Sapete, vero che le ChinaTown sono tantissime?! Volete visitarle tutte?- Domandò sbalordito Arthur ricordando che una volta Cina aveva tentato di costruire una ChinaTown anche nella sala delle riunioni degli alleati solo per cucinare dei gamberetti.
“Fosse per me non ci penserei nemmeno a lasciare la mia regione in gestione a mio fratello Romano solo perchè più che alle ChinaTown Sicilia è interessata al panda di Yao, come invece sono stata costretta a fare.” Commentò mentalmente Calabria, sempre più pentita di aver lasciato l’Italia per star dietro a Sicilia (Su richiesta di Romano).
-No, certo che no, aru! Solo le più importanti come questa, aru!- Chiarì il cinese.
A quest'affermazione Londra si inorgoglì, e chiese a sua volta a Yao se potesse far loro da guida.
-Ma certo, aru! Seguitemi!- Accettò Cina portandoli fra le varie bancarelle.
I quattro lo seguirono, chi prestando attenzione alle descrizioni della cucina cinese, chi invece guardando solo le pietanze esposte finché....
-Un attimo …- Cina si guardò intorno -Dov'è il mio panda?- Chiese.
A quella domanda, Flavia si voltò piano piano allontanandosi a passetti leggeri ma fu trattenuta dalla maglietta da sua sorella Calabria.
-Cal … Lasciami ...- Supplicò sottovoce la regione.
-No, non di nuovo, aru …- Si disse il cinese girandosi alquanto spazientito.
E mentre Arthur e Charlie guardavano sbalorditi i due Cina iniziò ad inveire contro la bionda che si nascose dietro a Calabria.
-NO, ARU! IL PANDA È MIO, E MI PREOCCUPO SE SPARISCE COSÌ DA UN MOMENTO ALL'ALTRO, ARU! TI REGALERÒ UN PANDA SE LA SMETTI DI PRENDERE IL MIO, ARU!- Sbraitò furente alla regione italiana dagli occhi verde mare.
Alla bionda regione le brillarono gli occhi e corse ad abbracciare il cinese felicissima -PANDAAAAAAAAAAA~ Davvero? – Chiese e con gli occhi che poco ci mancava che brillassero di luce propria.
-Davvero, aru- Rispose Yao.
-Davvero, Davvero?-
-Davvero, Davvero-
-Davvero, davvero, davvero?-
-Davvero … Davvero … Davvero …- Rispose il cinese iniziando a spazientirsi.
-Davvero, davvero, davvero, davvero???-
-HA DETTO DAVVERO, ORA CUCITI QUELLA BOCCACCIA!- La fermò Calabria, dandole una botta in testa.
-Ahiii...- Si lamentò la bionda massaggiandosi la testa.
-Eeeh, ha ragione- Sospirò Charlie poggiandole una mano sulla spalla.
-Continuiamo?- Chiesero Arthur e Francesca osservando Charlie che consolava Flavia e Cina che si riprendeva il panda.
-Bene, ora vi farò assaggiare degli zongi vi va?- Chiese Cina avvicinandosi ad un cinese che sembrava conoscere da tempo immemorabile.
-Dei … Cosa?!- Cercò di ripetere Francesca, non approvando affatto.
-Perfetto, aru!-
Sulla testa di tutti i presenti cadde un grosso gocciolone che li accompagnò fino alla 'bancarella'.
-Ehi, amico! Potresti prepararci dei zongi?- Chiese Yao rigorosamente in cinese.
-Ma perchè nessuno dei nostri amici può parlare semplicemente in italiano?- Si chiese sconsolata la calabrese.
-Forse perchè sono Nazioni diverse dalla tua Italia?- Rispose sarcastico Arthur prendendo in mano uno zongi caldo e porgendolo a Charlie.
-Thanks Arthy!- Esclamò la castana cercando di mordere lo zongi e bruciandosi la lingua. Prevedibile.
-È cald … Oh, vabbè, ormai ti sei scottata …- Commentò Arthur sbattendosi una mano in fronte.
-Che cappivo che tei!- Borbottò offesa Charlie.
-Buon appetito!- Augurò Sicilia prima di mangiare e offrendo un involtino anche a Calabria che all'inizio rifiutò.
-Quel coso non lo mangio neanche se mi paghi!- Naturale, se non era italiano (Massimo spagnolo, ma proprio al massimo) sia lei che Romano rifiutavano qualsiasi tipo di pietanza.
-Eddai~, è buono!- Si intromise Charlie spingendo Calabria ad assaggiare almeno.
Francesca si convinse (Già, del discorsetto che avrebbe fatto a Romano una volta tornata a casa …) ed afferrò lo zongi bofonchiando qualcosa sui cinesi.
E mentre Arthur e Yao se la ridevano fra loro, Sicilia e Londra fecero confessare alla regione castana che l'involtino fosse buono alla fin fine.
-La pizza è sempre meglio!- Borbottò convinta Francesca finendo di mangiare.
-Oh, abbiamo anche quella, aru!- Esclamò Cina.
Ed ecco i begli occhi ambrati di Calabria incenerire la nazione asiatica con un solo sguardo, facendosi sottili fino a diventare quasi due fessure.
Brutto segno.
Se c’era una cosa da sapere su lei e il fratello era: mai osar toccare la pizza.
-No, la pizza cinese no! Yaoooo!!!- Tentò di fermarlo Arthur, ma fu tutto inutile.
Cina ritornò poco dopo con un pacco tra le braccia e lo porse a Calabria che lo guardò sdegnata e si vedeva chiaramente che poco ci mancava che perdesse il controllo spaccando quel pacco in testa a Cina e sbraitando insulti in lingua italiana.
-E questo cos'è?- Chiese osservando il cartone mentre Londra e Sicilia si avvicinavano curiose
-Pizza!- Esclamò felice Cina.
-Ehmmmm, lasciamo perdere che è meglio!- Esclamò Arthur portandosi via Yao e la 'pizza'.
-E PERCHÈ!? È BUONA, ARU!- Protestò l’asiatico, che evidentemente non aveva capito.
-Se ci tieni alla tua incolumità e alla vita, è meglio che vai- Aggiunse Charlie grattandosi la nuca.
-Sarebbe ora che noi andassimo, no?- Le chiese Arthur mettendo al sicuro Cina da Francesca.
-Hai ragione! Grazie Cina, noi ci incamminiamo verso London Eye, ci si vede!- Li salutò Charlie prendendo per mano Arthur.
-Ciao ciao! Vi lasciamo alla vostra serata romanticaaa!!!- Li salutò Sicilia allontanandosi con Calabria.
-EH!?- Esclamò Arthur arrossendo di botto.
 
Lei era Londra stessa, la grande capitale britannica, e quindi era già stata su una delle sue più grandi attrazioni uristiche. Ma London Eye era un qualcosa di talmente spettacolare, specie a quell’ora di sera, che non si stancava mai di salirci!
Se voleva starsene tranquilla la si poteva trovare lassù.
Quando scappava dai doveri (In modo letterale o meno del termine) Arthur sapeva dove andare a pescarla.
Sempre e solo a London Eye! Da cui poteva ammirare la sua città in tutto il suo splendore, che, lei la pensava così, al confronto New York non era poi granchè (È l’opinione di Londra su Londra)
Vedeva, anche quella sera stessa, i turisti attaccati ai vetri che ammiravano meravigliati la lucente città. E se ne compiaceva, mentre Arthur, ne era orgoglioso.
Loro non ci andavano spesso da soli, troppi impegni, ma quando capitava non parlavano. Lui la stringeva a sé cingendole le spelle con un braccio mentre lei si poggiava al suo petto. E guardavano persi le luci della città, senza proferire parola.
Il contatto delle loro mani diceva tutto quanto.
Lì dall’alto Londra pareva così piccola, e tutto sembrava così facile … L’atmosfera lassù era surreale con tutte quelle luci, e in quel momenti anche Inghilterra stesso non aveva paura di guardare Charlotte negli occhi, in silenzio, con un sorriso accennato sul volto.
Gli smeraldini occhi chiari che portavano nel suo giovane volto armonia e dolcezza, i capelli color grano scompigliati eppure che donavano al viso della nazione un qualcosa di ribelle, persino le flte sopracciglia facevano la loro bella figura. Si equilibravano con tutto il resto, e a London pareva l’uomo più bello dell’intero universo.
Il suo bel pirata che si atteggiava a gentleman.
Il suo dolcemente orgoglioso e testardo principe.
Mentre lei era la sua dolce sirena, la sua bella principessa dai modi allegri eppure infinitamente dolci.
Gli occhi azurri gli ricordavano tanto il mare che aveva solcato da adolescente, erano gli occhi della sua sirenetta.
I capelli lei li portava lunghi e mossi, che castani le ricadevano lungo le spalle e in una strana frangia al lato del viso. Mentre dal lato opposto portava un fermaglio con una rosa.
Certo, gli ricordava le manie dell’odiato Francis, ma portata da lei era la ciliegina sulla torta.
E come andava a finire ogni volta? Proprio come andò a finire anche quella sera.
Tornando a casa, mano nella mano, Charlotte si fermò un secondo udendo le note, la sinfonia lieve ma udibile di “Here without you”
Lei ascoltava spesso quella canzone, e le riportava alla mente ricordi di lei e Inghilterra, dai più recenti a quelli più lontani, quando erano ancora piccoli.
La nazione la guardò come incuriosito dal suo sguardo perso, ma conoscendola sapeva benissimo quanto le piacesse quella canzone.
Molto galantemente, le si mise di fronte facendole un inchino con tanto di bacia mano. Il tutto mentre lei si chiedeva cosa stesse facendo e arrossiva.
-My lady, mi concede questo ballo?- Chiese con le gote rosse per il tenue imbarazzo e porgendole una mano, che venne prontamente afferrata dalla sua dama.
Prendendola per la vita, vicina al suo volto, e intrecciando la sua mano destra con la destra della ragazza, cominciò a condurla in una danza elegante, magica data la colonna sonora, e che fece perdere l’’uno negli occhi dell’altra e viceversa.
Anche se così era logico che durasse poco.
Charlie sorrise senza pensare nemmeno di allontanarsi da Inghilterra –Lo sai? dovresti esercitarti di più caro il mio pirata!- Scherzò provocandolo.
Cosa che naturalmente funzionò.
-I-io, sei tu che sei goffa mia cara sirenetta- Ribattè con un sogghigno, molto vicino a lei, e con uno sguardo provocatorio.
-Dici? Beh, allora dimostramelo-
E fu così che la sfida venne accettata, e le loro labbra si unirono nel loro ennesimo bacio, provocato da uno scambio di ingenue e innocenti battute.
 
Non appena chiusa la porta, subito Arthur prese Londra in braccio cominciando a baciarla con il suo modo di fare gentile eppure passionale. Nel frattempo, saliva le scalinate per raggiungere la loro stanza, senza nemmeno staccarsi un attimo dalla sua amata.
In quei casi veniva fuori il lato migliore di lui, che Charlotte amava, e che lo portava a fregarsene di tutto e tutti e a lasciare Londra sul letto a due piazze, giusto il tempo di chiudere la porta a chiave, e di riprendere a baciarla dopo averla fatta sdraiare sui cuscini morbidi e grandi del lettone.
E la mattina dopo, se qualcuno avesse potuto entrare nella stanza li avrebbe trovati abbracciati, lei con la testa poggiata sul petto di Arthur, cullata dalla melodia da lei considerata la più bella.
Quella del suo cuore.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE CHE PER SFAMARE LA SUA CURIOSITÀ, SI ALLEA CON UN’ALTRA AUTRICE DANDO VITA A QUESTO!
 
Questa volta mi sono dilungata *Rilegge* e non solo in fatto di lunghezza *Arrossisce*
Beh, che vi posso dire? Non lo so dato che dubito che la nostra London sia ancora in grado di dire qualcosa …
Charlie, se sei svenuta è colpa nostra (Mia e di Sery, ma soprattutto mia per aver messo l’ultimo pezzo … Ma anche di Sery che mi ha roposto il pezzo con la canzone … Vabbè, tu e la tua mazza sapete dove trovarci insomma) altrimenti, beh, complimenti per essere sopravvissuta XD
Come ho già detto, Sery_Vargas mi ha aiutata parecchio stavolta (Giusto per far prndere un mini infarto a Charlie XD per fare una bella sorpresa alla nostra amica ^^)
Lei infatti ha scritto la parte con Cina e le sorelle Vargas, oltre che suggerirmi il pezzo del ballo e seguendo le mie idee e in caso dandomi buoni consigli.
Quindi grazie.
 
Stavolta me ne vengo qua con due immagini! Una è di London Eye (Che miracolosamente lo ricordo nonostante l’abbia visto in terza media e in inglese, quindi … Capitemi)
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L’altra è di Arthur (In diretta dall’anime) e che io immagino che guardi così Londra su London Eye (E non solo lì ù.ù)
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Detto ciò, mi defile per sfuggire all’ira di Charlie

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Capitolo 9
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (9) ***


Felice come un pasqua, Charlotte sistemò ben bene la coperta sul vasto prato, per poi inspirare a pieni polmoni la brezza della sera.
-Questa sì che è vita ragazzi!- Esclamò tutta contenta e sedendosi sul telo. Per una volta, una delle eccezionali occasioni, il cielo dell’Inghilterra era limpidissimo e si godeva di una visuale del firmamento impeccabile ed incantevole.
-Ehi Arthur, non trovi che siano bellissime?-
Ecco, per l’appunto, pur non essendo una romanticona (Ehi, parliamo di una città inglese, nonché capitale), Charlotte non aveva resistito a costringere il ragazzo a venire con lei.
Come al solito aveva fatto un po’ di storie all’inizio, ma non troppo anzi, lei era già pronta a passare a misure estreme (Estremamente coinvolgenti e convincenti). Evidentemente anche lui voleva staccare un po’ la spina e passare del tempo da solo con la sua la persona che amava.
-Uhm, yes it is-
La castana sbuffò appena, per poi dire: -Ehi Arthur! Ricordi il giochino che facevamo da bambini?-
-Eh? Ah, sì … Com’è che si chiamava? A name to every star?- Rispose l’inglese, accarezzandosi la nuca.
 
-E quella?- Il dito di Londra indicò uno dei tanti punti luminosi splendenti in cielo.
-Quale?- Arthur seguì il dito della piccola capitale, osservando l’astro –Mmh … Quella la chiamerei Elisabeth!-
Poi notò una stella luminosa come poche, brillare su in cielo, e la indicò alla bambina –Guarda come brilla! Lei merita un nome speciale, non credi?-
Londra annuì pensandoci un momento, per poi uscirsene con: -Arlie!-
Il bambino dai capelli biondi la guardò confuso –E che nome è?-
-Ma come, non ci arrivi? Arlie, uguale ad Arthur e Charlie messi insieme! In pratica, rappresenta il nostro legame!- Affermò sorridendo e un po’ rossa la piccola capitale, facendo a sua volta andare a fuoco le guance del bambino, che cominciò a balbettare qualcosa.
-Ecco … S-sì, beh … Non è, insomma, non è malaccio come idea …- Borbottò guardando altrove.
 
Di stelle tanto belle e lucenti non ne avevano mai viste, e loro quel gioco lo facevano spesso da bambini.
Quella volta poi, era stata l’inizio di tutto: era stata la prima volta in cui gli occhi color speranza di Arthur cominciarono a essere attratti dalla dolce figura di Londra.
Era cresciuto assieme a uno strano sentimento, che era andato a sfociare in amore. Il suo grande amore.
Magari la trattava spesso come una bambina, sembravano fratello e sorella tanto si punzecchiavano a vicenda, ma dietro c’era un’intesa tutta loro.
Sia che fosse lontano o vicino a Londra, nella sua mente e nel suo cuore lei c’era sempre.
I pensieri di Arthur vennero improvvisamente interrotti dalla voce della stessa persona cui essi erano rivolti.
-Arthur, quella non è …-
Guardando il cielo, con le mani distrattamente giunte una sull’altra e il naso all’insù, dissero: -Arlie …-
Eccolo là, il simbolo del loro legame, ancora lì a vegliarli da secoli e secoli.
-È splendida come la ricordavo …- Commentò perso Inghilterra.
-Sembra ancora più luminosa rispetto all’ultima volta, non credi?- Fu il commento di Charlie.
Beh, rappresentando il loro legame era anche ovvio: quei due si amavano ogni giorno di più! Lo si vedeva fin dai minimi gesti, come occhiate furtive cariche di sentimento e intesa, ai momenti più passionali …
La testa di London andò a poggiarsi sulla spalla di Arthur, provocandogli un sussulto. Benché le stesse vicino da secoli (In ogni senso) ogni volta che i loro corpi venivano in contatto, lui sentiva i brividi pervadergli il corpo e le farfalle allo stomaco, oltre a un a lui noto fuoco interiore che urlava desiderio e amore.
Era questo a sciogliere il rigido Arthur, risvegliando la sua nascosta parte piratesca, brigante e passionale. E che anche quella volta lo fecero ritrovare con Londra sdraiata a fissarlo attonita. Lui con le gambe divaricate e i ginocchi ai rispettivi fianchi della ragazza, sorretto dalle braccia e con lo sguardo fisso su quegli occhi blu.
Lei lo sapeva bene che aspettarsi a quel punto: passion, love, and a gentleman pirate! (Più pirata che gentiluomo, direi)
-Do you want play with me, my pirate?-
Chiese pur già conoscendo la risposta, e con un finto sorriso innocente sul volto.
-Yes I do, my mermaid …-
Fu la sua risposta, mentre sogghignava seducentemente per poi abbassarsi fino al punto d’incontro con le dolci labbra della sua protetta.
Erano fameliche, cariche d’ardore e audacia nell’amarla, eppure delicate nell’approfondire il bacio fino a far incontrare le loro lingue.
Altro che temperature umide quelle inglesi! In quel momento per loro, pareva di essere sotto il Sole cocente del Sahara!
Le agili mani della nazione furono svelte a sfilare i vestiti alla sua capitale, contrariamente alle sue dita e alla sua bocca nel percorrere e sfiorare la pelle nuda di quest’ultima.
Ogni secondo per loro ne valeva dieci, ogni carezza equivaleva al più ricco dei tesori da custodire gelosamente.
Le loro mani si intrecciavano.
I loro respiri si confondevano tra loro, fondendosi.
I loro cuori battevano veloci, insieme, e perfettamente in sincronia tra loro.
E il tenue silenzio notturno sparì, all’unirsi dei loro esseri.
Sparì, nell’attimo in cui le due metà si unirono, in una cosa sola.
 
Ora, lei dormiva profondamente tra le sue braccia, vicina cosicché ne poteva avvertire il calore e il profumo.
La sua pelle emanava il suo stesso odore, e ciò all’inglese piaceva molto.
Lui invece guardava Arlie, la custode del loro amore immortale.
Vegliava sempre su di loro, sicuramente anche prima della loro stessa comparsa. Anche quando il giorno, la luce del Sole occultava gli astri predominando.
Le stelle non le si vede sempre, ma ciò non vuol dire che non ci siano; solo, non si fanno vedere.
Ecco perché, ogni stella è destinata ad un amore …
Chissà, probabilmente loro non sono nemmeno gli unici ad aver fatto quel gico per poi ritrovarsi a guardare il cielo notturno e sconfinato, con la persona amata e sotto la propria stella luminosa …
 
ANGOLO DI SOL, CHE STASERA PORTERÀ AMERICA A GUARDARE LE STELLE
 
Veeeeeeeeeeeeeeeeeh~ *Corre in tondo contenta e con coriandoli tutt’intorno*
Non pensavo proprio di riuscirci! Sì sì sì sìììììììììì!!! *Spicca il volo, andando a sbattere contro il soffitto*
Ahia! Uff, dicevo: non credevo di farcela a scrivere un cosa del genere. Forse è generica, ma il Raiting è Arancione, e io ho quattordici anni, senza esperienza nel campo (E se è per quello, non la richiedo ù.ù), quindi mi sono aggrappata alla mia fantasia …
Spero che a Charlie piaccia (Ma che non sia morta dall’emozione, o incavolatissima e diretta a casa mia con la sua mazza ^^’’)
Il giochino mi è uscito di testa così, all’improvviso XD e sì, loro non sono gli unici a farlo …
 
*In un vasto campo di fiori*
(Ehi Al, guarda! NdSol, seduta in mezzo alle gambe divaricate di America, appoggiata contro il suo petto, e indicando il cielo)
(Mh? Ah, è proprio lei! HI ALFROL!!! NdAmerica a una stella nel cielo)
 
Che nome del cavolo che mi sono inventata sul momento -.- … Ma … Ahhhhhhhhwwwwwwwww~ *-*
__________________________________
 
*Su una spiaggia siciliana, le figure di una bionda e di una certa nazione, si baciano, lei contro uno scoglio, sotto al cielo stellato*
__________________________________
 
Ehm … O//////O … DUNQUE, dicevo che … Ehm, che … Niente niente, che vi saluto, eheh n////n’’
 
SOL F. JONES

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Capitolo 10
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (10) ***


Arthur aveva un modo tutto suo per dimostrarsi innamorato di Charlie, così come lo aveva nello sceglierle un regalo.
Certo, per lei già vederlo rimuginare sulla questione facendo finta di leggere un libro era un regalo grandissimo (Anche perché col broncio Inghilterra era adorabile a detta sua), ma le piacevano le trovate uniche della sua nazione! Quindi faceva finta di non accorgersene (Pessima attrice, ma pazienza).
Girò sorridendo tra sé e sé la pagina di un vecchio libro, per poi alzarsi e rimetterlo a posto.
-Arthie, io vado a farmi un giretto. Vuoi venire?- Chiese infilandosi un cappotto pur già conoscendo la risposta.
-Uhm, no grazie London. Io ho da fare-
Infatti.
Sorridendo come sempre al vederlo con le guance porporee, Charlotte gli chioccò un veloce bacio sulla guancia facendolo quasi andare a fuoco, e correndo fuori.
-Ci vediamo dopo allora, my sweet pirate!-
-P-pirate?! Charlotte!- Troppo tardi per ribattere a modo, lei era già sparita fuori in cerca di un regalo per il suo compagno.
Sospirò per poi andare a prendere un album o qualsiasi altro cimelio che potesse dargli suggerimenti.
 
-Dove saranno finite?- Si chiese Charlotte, cercando con lo sguardo due persone in particolare.
Una era Sicilia, in quanto sapeva che Cina era da quelle parti per controllare la sua China Town. Ed è matematico: Cina è uguale a panda, e panda è uguale a Sicilia (E forse anche Calabria, ma mai sottovalutare i suoi metodi per dire di no o per svignarsela senza essere notata).
L’altra invece era California, a cui aveva chiesto aiuto lei stessa dato che conoscendo bene Alfred conosceva anche Arthur. E poi aveva gusti tutti suoi per i regali, quindi era più che adatta come aiutante.
-Oye Londra!- Accento lievemente spagnolo eppure influenzato da quello inglese, più marcato. Eccola là, California!
-Hi Frances! How are you?-
-I’m fine, thanks! But, have you seen Sicily?- Domandò la ragazza dai capelli scuri.
-No, I haven't seen her. But …- -EHI VOI DUE! ERA ORA DI FARVI TROVARE!-
Le due ragazze notarono la bionda siciliana arrivare con in mano un gelato, sorridente, e con l’immancabile fermaglio a forma di panda a fermarle i capelli.
-Scusatemi tanto, ma senza Cal è dura alzarsi presto e prendere in tempo l’aereo, eheh- Disse imbarazzata la regione italiana, massaggiandosi la testa.
California e Londra si guardarono perplesse, prima che l’americana non scoppiasse a ridere venendo seguita prontamente dall’allegra e dinamica capitale inglese. I metodi della sorella di Sicilia potevano non essere delicati ma, alla faccia se erano efficaci!
-Ahahah, ok- Charlotte si asciugò una lacrimuccia smettendo di ridere –Andiamo adesso? Non posso stare fuori tanto, sennò Arthur si insospettirebbe-
California annuì –Està bién, anche perché io ho l’aereo stasera, per tornare a casa mia-
-Sai Caly? Ora che ci penso, dovrei averlo anche io l’aereo …- Disse pensosa Sicilia (Non ditemi che anche per quello ha bisogno di Lovino o un altro dei suoi fratelli!) per poi esclamare entusiasta e con gli occhi luccicanti: –Io proporrei di iniziare dalla China Town!-
Charlie e California caddero a gambe in aria, mentre il ciuffetto di Sicilia era guizzato al pronunciare la parola “China Town”.
 
“Dunque … Una cena? Nah, non è la tipa romantica e se è per quello non lo sono nemmeno io” Arthur si passò una mano tra i capelli giusto per alleviare il mal di testa che si stava facendo venire a forza di pensare a cosa poteva regalare a Charlie.
Cosa festeggiavano vi chiederete … Ebbene, vi informo che quei due compievano gli anni lo stesso giorno: il 23 aprile per l’esattezza! Magari non lo stesso anno, ma il giorno era quello!
Aveva frugato tra la vecchia roba ma non aveva trovato idee che sembrassero adeguate.
Insomma, lui non le diceva “Ti amo” a parole (Beh, non in pubblico) ma con gesti piccoli ed essenziali, per cui voleva un regalo che simboleggiasse i suoi sentimenti per la londinese.
Mise via anche quella foto, dietro la quale scoprì essercene una risalente al XVI secolo, sua e di uno dei corsari che all’epoca si distinse: Francis Drake.
-Mh? questo paesaggio lo riconosco … Certo, è la California-
Ora che ci pensava, era da molto che non vedeva Frances, e l’ultima volta era stato quando era stato quando era andato a trovare America.
 
-Ehi California, da dove salta fuori quel fiore? Sembri tenerci-
Frances si portò una mano ad accarezzare il fiordaliso che portava infilato tra i capelli, e che dato il suo colore blu acceso/violetto, risaltava in mezzo alla chioma mora.
-Questo? Me l’ha regalato America! So che sembra strano, ma ci tengo! Sai, nel linguaggio dei fiori il fiordaliso significa “Sentimenti puri”, e poi lui sa che adoro il blu!- Disse felice come non l’aveva mai vista.
 
-Mh, ora che ci penso però, anche Charlotte conosce un po’ il linguaggio dei fiori. Le ho fatto venire la voglia di impararlo un po’ quella volta  …- Rifletté ad alta voce, aiutato da un’altra foto sua e di Londra, in Giappone e nel mese di marzo, assieme a Kiku e sotto un pesco.
 
Arthur raccolse quel delicato bocciolo e lo guardò fiero una volta sceso a terra. Per la sua altezza, non era stata una passeggiata raccoglierlo, ma essendo lui una nazione forte, non poteva che farcela!
Cercò con gli occhi la figura di Londra; era più piccola di lui, e sicuramente era anche più scatenata. Non stava ferma un momento, quindi era difficile trovarla.
-Ah eccola- La notò seduta ai piedi di un albero, mentre disegnava qualcosa su un foglio. La raggiunse preparandosi mentalmente un discorso tutto suo, che ovviamente dimenticò al sollevarsi dei vispi occhi blu della capitale.
-Ehm, London … C-che stai facendo?-
-Oh, sto disegnando, o almeno ci provo … Perché me lo domandi?-
-Niente niente- Bofonchiò allungando una mano e prendendole una ciocca di capelli –Sta ferma, ok?-
-Ma che fai?- Chiese perplessa la bambina.
Abbandonando un secondo i mossi capelli castani di Charlotte, Arthur le mostrò il fiore di pesco.
-Voglio solo mettertelo, quindi sta ferma-
Detto ciò, tanto trafficò con le ciocche scure e ricciolute della piccola, finchè non la poté condurre a un ruscello per farla specchiare nell’acqua.
-Wow, che bel fiore- Commentò assorta London, accarezzando i petali chiari e morbidi del bocciolo, mentre Arthur arrossiva e guardava altrove.
-Ehi England, che vuol dire “Fior di pesco” nel linguaggio dei fiori?- Chiese curiosa lei.
-E-eh? E io che ne so!- Sbottò rosso come un pomodoro e lasciandola perplessa.
 
Arthur chiuse e mise via il tutto con cura, correndo di sotto: ora sapeva che regalarle.
 
-Grazie ugualmente dell’aiuto, ragazze!- Disse Charlotte, salutando California e Sicilia, che aveva accompagnato all’aeroporto.
-No fue nada, salutami Arthur!- Rispose Frances, mettendosi in spalla il suo zainetto e in tasca l’I Phone –Mi dispiace solo non esserti stata d’aiuto-
-Già, però mi sono divertita!- Aggiunse Flavia, anche se avrebbe voluto strapazzare un po’ di più il panda di Cina (Ma California non voleva averla sulla coscienza, conoscendo l’impulsività di Cina, e così anche Londra, che inoltre pensava all’urgenza di trovare un regalo ad Arthur).
Salutando le amiche, Sicilia si avviò verso l’uscita …
-Non è quella l’uscita del tuo volo, Flavia!- Le urlarono Londra e California.
Ecco il motivo per cui Charlotte si era premurata di accompagnarle. Non per California, l’inglese lo capiva benissimo quanto lo spagnolo, ma per Sicilia, a cui l’inglese poteva pur piacere ma che essendo italiana poteva capirci non molto.
-Ah, eheh, lo sapevo lo sapevo- Ridacchiò l’altra, prendendo il cellulare dato che le vibrava in tasca.
-Pronto?-
-Fammi indovinare: hai sbagliato volo. Oppure sei andata a finire da Islanda.- Disse dall’altro capo Calabria, a cui si aggiunse subito la voce di Romano.
-Dimmi almeno che non dovrò venirti a riprendere a Crucchi Landia stavolta.-
-Cosa?! Malfidati, non ho sbagliato niente!- Ribatté stizzita e offesa la bionda –Anche se è una fortuna che California non si sia ancora imbarcata e Londra ci abbia accompagnate, eheh- Ammise poi velocemente.
-Come volevasi dimostrare …- Dissero all’unisono i due Vargas.
-Mi fate andare o devo perdere l’aereo?!-
-No, è che …- -Veh~ Ciao sorellina! Com’era Londra? Bella quanto la nostra Charlie?-
-Ciao Feli!-
Romano scansò il fratellino –E finiscila, idiota!-
-Già- Si intromise Campania, prendendo il telefono di mano alla sorella –Voglio prima sapere cos’ha mangiato, se è finita in ospedale, se ha preso dei souvenir, cos’hanno comprato con Caly e Charlie, se ha visto …-
Un tamburello la zittì quasi del tutto, mentre la proprietaria si riprendeva il cellulare (Suo per altro)
–Aspetterai il suo ritorno per farle il quarto grado!-
E da lì partì un’allegra discussione, ordinaria per loro.
Inutile dire che Sicilia si era ammutolita e che la gente la guardava basita dato che pur non essendo in viva voce, le parole dei fratelli italiani arrivavano a farsi sentire tanto parlavano forte.
E non era la prima volta, ovviamente, che si facevano riconoscere, regalando per altro a chi li ascoltava una dimostrazione delle affinatissime conoscenze dialettali dei due mori della famiglia.
-Ho capito, ci vediamo a casa- Disse secca e riagganciando.
-Ahahah! I Vargas mi stanno proprio simpatici! Sono così pieni di vita! Non trovi anche tu, Charlie?- Esclamò sorridendo allegra California, ricordando il breve periodo di colonizzazione spagnola in cui ne conobbe alcuni di loro.
-Eheheh, proprio tanto …- Commentò Charlotte, con un goccino in fronte.
 
Londra chiuse la porta sospirando e togliendosi svogliatamente il cappotto, mormorando un: -Sono tornata-
Non aveva trovato niente in giro che facesse a caso suo. Il che le dispiaceva, perché Arthur erano giorni che si spremeva le meningi per farle un bel regalo, e lei avrebbe voluto dimostrargli il suo amore facendogli un dono unico.
Ma nemmeno la frenesia di Sicilia e l’intraprendenza di California l’avevano aiutata.
Si buttò sul letto a pancia sotto, con la ferma intenzione di non incrociare gli occhi di Inghilterra almeno per quell’oggi.
Però, il fato (Alias me) aveva deciso che la porta doveva aprirsi, rivelandosi essere stata aperta da Arthur Kirkland in persona.
-Ah, eccoti qua- La raggiunse sul letto, notando subito il suo malumore.
-Ehm, hai forse litigato con California e Sicilia, per caso?-
-Uhm- Mugugnò scuotendo la testa in risposta –Arthur? I’m really sorry-
-Eh? E per cosa?- Chiese quest’altro, confuso dall’insolito comportamento della sua capitale, che si alzò a sedere e guardandolo appena.
Mentre pensava a c dirgli, sentì il tocco gentile e un po’ impacciato del rigido inglese sfiorarle le ciocche al lato sinistro della tempia, e vide che nell’altra mano stringeva un fiore di pesco, anche se non era esattamente il loro tempo.
-U-un fiore di pesco? Arthur …-
-Non sapevo che regalarti- Confessò imbarazzato lui, cominciando a intrecciare le ciocche castane allo stelo del fiore.
Charlotte arrossì al vederlo tanto concentrato, e sorrise al vedersi riflessa allo specchio, con quello splendido e semplice fiore a decorarle in maniera discreta la capigliatura.
-E-ehm, ti piace?- Chiese titubante Inghilterra, ricevendo in cambio un sorriso smagliante di una Londra al culmine della gioia.
-I love it!- Esclamò, voltandosi a guardarlo con gli occhi che le brillavano dal gesto romantico che aveva inconsciamente commesso lui.
Se n’era accorto alla fin fine.
Sapeva il motivo per cui Sicilia e California erano venute a Londra (Vabbè, per quanto riguardava Sicilia era anche scontato), e capiva anche perché avesse trovato Charlotte così giù di corda.
Però, a lui non importava niente di ricevere un regalo!
Già il fatto che si fosse data tanta pena solo per quello era la prova del suo affetto, cosa chiederle di più?
E poi, non l’avrebbe mai ammesso, ma vederla sorridere, vedere i suoi occhi brillare alla vista degli scones da lui preparati, notare la curiosità con cui indossava il suo mantello da mago e combinava disastri con la magia, sentirla così vicina a lui ogni notte e ogni giorno … Tutto questo e molto altro ancora, erano per lui un grande regalo.
Inghilterra la raggiunse corrugando la fronte e cingendole la vita –Ah sì?-
-Permaloso!- Aggiunse alzandosi quanto le bastava per poterlo baciare.
-Happy birthday, my sweet pirate!- Gli sussurrò all’orecchio.
-Happy birthday, my lovely little mermaid!- Fu la risposta che precedette l’unione.
 
ANGOLO DELLA STUDENTESSA MODELLO CHE A TUTTO PENSA TRANNE CHE A SCRIVERE INVECE DI FARSI I COMPITI ù.ù’
 
Scusami?! Guarda che oggi sono andata a scuola pur essendo sabato, sai? Uffi, maldita semana corta … I compiti sono in secondo piano rispetto alle mie fic almeno il sabato e la domenica, entonces, іnos vemos para el lunes!
Comunque …
Wow, che cretinata con cui me ne esco stavolta XD
No dai, volevo fare qualcosa di … Non so, qualcosa così. E sul mio diario ho trovato una sorta di elenco/dizionario del linguaggio dei fiori, tra cui ho visto il fiore di pesco, che significa “Amore immortale”
E da lì, ho subito pensato al titolo della fic, e alla coppia UkLodon (O come la volete chiamare)
Spero che Charlie non ne rimanga delusa ^^ e vi lascio con un'immagine del fiore che mi ha
ispirato il capitolo

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Capitolo 11
*** This isn’t an ordinary love, this is true and eternal love! (11) ***


Come si suol dire, l’amore non è bello se non è litigarello. Arthur e Charlotte poi avevano caratteri di per sé abbastanza diversi, anche se uguali sotto certi aspetti: naturale quindi che vi fossero molte questioni sulle quali discutevano.
Tra ii primi posti tra le loro litigate c’era di certo quella in cui Londra era poco convinta dell’entrata in guerra della loro nazione, nella prima metà del ‘900, la Seconda Guerra Mondiale.
A darle ragione quanto torto, quella volta era stata la Battaglia d’Inghilterra.
Ecco, quella volta entrambi avevano capito quanto fossero importanti l’uno per l’altra e viceversa.
Del resto non ci si rende conto di ciò che si ha finché non si rischia di perderlo. E questo due Nazioni, in quanto immortali e che quindi vivendo attraverso i secoli ne vivono di cotte e di crude, l’dovrebbero dovuto sapere bene.
Lo sapevano e lo sanno, certo, ma capita di dimenticarsi di questa consapevolezza.
Quella sera avevano avuto un’altra piccola discussione, abbastanza accesa, e che aveva portato Arthur a dire: -Sai quanta pazienza mi ci vuole per badare a una come te e rimediare ai suoi casini?! Se non ci fossi stata me la sarei cavata più facilmente, in qualsiasi occasione!-
Ora però, se n’era pentito: non lo pensava davvero, tutt’altro, era stata la rabbia del momento a dargli voce. Inoltre, Charlie ne era rimasta ferita a giudicare dal ruolo che una delle opere di Shakespeare, Romeo and Juliet, aveva giocato in quella vicenda.
Ora guardava il soffitto, nella sua vecchia stanza, che occupava quando ancora non si era dichiarato a Londra. Sperò con tutto se stesso che lei capisse che in fondo in fondo nelle sue parole c’era un fondo di verità, e che non era sua intenzione ferirla.
Con questo pensiero, Inghilterra prese sempre più sonno, fino a chiudere gli occhi.
 
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Macerie. Ecco quel che vedeva attorno a sé.
Ad Arthur sembrava di riconoscere quel luogo, ma non ricordava quale fosse.
“Dev’essere molto molto presto, a giudicare dal fatto che il sole stia ancora sorgendo, lentamente.” Pensò, notando che i raggi solari erano pressappoco debolissimi e ancora nascenti.
La gente sembrava disperata, i palazzi erano in buona parte crollati, e … E sembrava che in quegli sguardi ci fosse la speranza di miglioramenti e prosperità che se ne andava, sconfitta.
Aspetta un secondo però! Crepe a terra, profonde e molteplici.
Palazzi crollati.
Speranza che va via.
“Ma … Ma in che anno siamo?”
I suoi pensieri vennero interrotti sul nascere; aveva sentito qualcuno correre…
Si voltò alla sua destra, e vide America. Era lui che correva e … E quella era California!
-A-America …-
Perché era così piena di graffi, sangue e ferite?
Perché nella sua voce non c’era quell’allegria trasmessale da Spagna ed evidente da quando aveva incontrato Alfred?
Perché le gambe avevano ceduto e ora lui la teneva stretta a sé con gli occhi che lacrimano?
“Maledizione, che succede?!” Si chiese confuso quanto esasperato. Insomma, non aveva mai visto America piangere, non così. No di certo.
Non l’aveva mai saputo così disperato a parte quella volta in cui aeva temuto di aver perso Frances, nel 1906 … L’occhio gli cadde su un giornale abbandonato a terra e tutto sporco, su cui distinse l’anno di pubblicazione.
1906 …
“Ma che senso ha?! Per quel che ne so io, non è andata così!”
Esitante e incredulo, Arthur si avvicinò alla figura china della sua ex colonia, allungando una mano a toccargli una spalla ma, lui stranamente non faceva una piega.
-M-ma, Alfred …- Subito pensò che tutta quella devastazione non potesse essere reale: cioè, quella mattina del 1906 lui la sapeva diversa; era stato il giorno in cui America si era dichiarato a California, avendo capito quanto ci tenesse dopo aver temuto d’averla persa per sempre!
“L’ha capito, perché ha rischiato di perderla per sempre …” Quella frase gli suonava famigliare, come se a lui fosse successo lo stesso …
Si mise davanti ad America, tentando di attirare la sua attenzione, ma poi si rese conto che la sua teoria doveva essere sensata, per quanto inverosimile.
-Cali-California …- Con la voce interrotta dai singhiozzi, la stringeva al petto tenendo la sua fronte poggiata su quella del suo “Golden State”, come l’aveva definita lui ore prima … Le sue lacrime andavano a bagnarle il volto, e continuava a chiamarla, ma niente. I suoi occhi erano chiusi, e entrambi temevano che  la luce del Sole californiano non li avrebbe più animati; né loro, né la California stessa.
Però Alfred non era il tipo da arrendersi, ecco perché perseverava nel chiamarla.
-F-Frances … Apri gli occhi … Look at me …- Le sue suppliche e il suo scuoterla delicatamente e speranzoso, sembrarono funzionare. Anche se debolmente, i suoi occhi color dell’oscurità si aprirono un poco.
-A-Al … Estàs aqui …-
-Caly!- Fu l’esclamazione sollevata sia di Inghilterra che di America, nei cui occhi tornò un po’ di luce.
-Già, è il mio nome …- Ribatté debolmente e con un sorrisetto dolce quanto beffardo, il che dava la speranza che se avesse la forza di fare dell’ironia l’avesse anche per superare quella situazione.
-Non ti preoccupare, ti porto a casa mia e …- -A che scopo?-
America assunse un’espressione confusa, mentre Arthur sbarrò gli occhi, e non solo alla vista del fiordaliso che Frances era solita portare tra i capelli perché regalo di America e simbolo della loro relazione macchiato di rosso ...
-I’m sorry but …- Sentiva che il suo respiro: era chiaramente affannato –No puedo màs …-
-C-come sarebbe a dire? Non devi dirlo nemmeno! Io devo ancora dirti tante cose, non puoi lasciarmi così!- Esclamò contrariato il biondo americano, e lì Inghilterra si allontanò scuotendo la testa.
Aveva capito: California sapeva quanto America, che stava scomparendo.
-T-te quiero, America … Per questo non voglio che tu pianga …- Disse asciugandogli le guance col dorso della mano, e con la tristezza e la desolazione che pian piano prendevano il posto della luce e dell’allegria nei suoi occhi.
Le sua mano stava … Stava via via svanendo, lentamente, ma stava scomparendo!
-Non può essere …- Si disse Arthur, alla sola vista della reazione che Alfred ebbe al sentire che la calda mano affusolata del suo trentunesimo stato si faceva sempre più assente sulla sua pelle.
-C-California!- Esclamò più disperato di quanto l’avesse mai visto Inghilterra, Alfred.
Sembrava così reale … Era così reale!
-N-no … Nonononono! Non è giusto!- Si disse contrariato e con gli occhi sbarrati e lucidi dal dolore che gli attanagliava il petto, anche se sicuramente inferiore rispetto a quello che provava la sua ex colonia.
Si chiedeva come mai tutto quello: cosa c’entravano America e California con lui e Charlotte?
 
Si contorse nel letto, strizzando gli occhi.
-F-Frances … Al-Alfred … Aspettate …-
 
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Le loro figure si fecero lontane, e Arthur si ritrovò con la testa che girava e in tutt’altro luogo rispetto a prima.
Un paesaggio come quello per lui era difficile dimenticarselo: era la Sicilia. Me non era in condizioni ottimali,  giudicare dal fatto che fosse poco meglio messa di quando lui e gli Alleati vi sbarcarono, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nell’aria c’era ancora l’odore della Guerra, da poco finita. Se Inghilterra aveva ben capito, doveva essere da poco finita la Seconda Guerra Mondiale, però non capiva: California e America erano un conto, ma l’Italia era molto distante da casa sua.
Il Sole caratteristico del Sud della penisola italiana si faceva sentire, e coprendosi la fronte Arthur ebbe una visuale migliore, e riuscì a distinguere la figura bionda di Flavia Vargas.
-Sicily?- Era piena di graffi, e sembrava essere debole.
Fosse per quella storia di Salvatore Giuliani, dell’EVIS e di tutto ciò che era accaduto nel periodo del dopo guerra?
Al vedere che si era voltata, quasi credette che l’avesse sentito (Magari fosse stato così) ma non era così invece.
-Sicilia!- Accento prettamente italo-meridionale alle sue orecchie riconoscibile tra mille.
-Mh? Soth Italy …- Anche lui non molto ben messo a quanto vedeva però … Perché Sud Italia aveva un tono così allarmato mentre correva verso di loro, o meglio, verso di lei?
-R-Romano … Cosa c’è?- Chiese confusa la bionda regione mediterranea, totalmente ignara del perché il fratello (O forse è meglio fidanzato?) sembrasse tanto spaventato.
-Sicilia, togliti di lì! Ora!-
-Eh?-
Inghilterra fece appena in tempo a voltarsi dalla parte di Flavia, che sbarrò gli occhi dal terrore.
Un colpo.
Uno sparo.
Sangue.
La mafia.
Sicilia si irrigidì e cadde a terra con gli occhi sbarrati e senza vita, in quanto la sua morte era stata istantanea.
-Oh God …- Arthur corse verso il corpo della regione amica della sua Charlie, ma anche se voleva, non poteva sentirla sotto al tatto.
Romano fu veloce ad accorrere e a chinarsi tremante, voltando il corpo di Flavia in  modo tale che non stesse a pancia sotto.
-Nonno Roma, Sicilia! SICILIA, RISPONDIMI!- La scosse violentemente fino a che non poggiò la testa sul suo petto, constatando che il cuore era fermo. Eppure, le Nazioni non morivano così! Nemmeno le regioni o gli stati!
“Probabilmente le sue condizioni erano critiche, sarebbe finita comunque …” Che andava a pensare?! Poco importavano le cause accidenti, le era morta davanti agli occhi!
-Maledetti …- Romano stava chino sul corpo immobile della sorella, a terra, con le mani a sorreggerlo mentre le sue lacrime andavano al terreno. Gli occhi chiusi come se sperasse che al riaprigli si sarebbe ritrovato nel suo letto, e i denti stretti.
Il dolore lo attanagliava stretto in una morsa dacciaio, per aver perso una sorella, per aver perso chi amava più della sua stessa vita.
Tutto quello perché? Per l’agognata Indipendenza della Sicilia?!
-Maledetti bastardi … LA PAGHERETE!-
Personalmente, Inghilterra non l’aveva mai visto piangere seriamente, non per paura o per altro, e questo gli faceva uno strano effetto.
-Flà …- Lasciando perdere la vendetta contro a quegli schifosi mafiosi, Lovino chiuse gli occhi con tocco leggero alla sorella minore, abbassando sempre più il capo fino a che la testa non tornò a poggiarsi sul petto di Sicilia.
A vedere la scena, Arthur si chiedeva innanzitutto che stesse accadendo per fargli avere certe allucinazioni (Perché dovevano essere solo allucinazioni!), e immaginava la sofferenza che Romano poteva provare per non avere nemmeno la forza di urlare, tanto i singhiozzi erano forti e frequenti.
-Io … Mi dispiace tanto …- Disse a testa china.
“Forse è una realtà alternativa, o roba simile. Magari qualcuno dei miei incantesimi ne è la causa …”
Preso per com’era a pensarci, Arthur non si accorse che il vuoto era tornato ad impossessarsi di lui.
 
Cominciava a sudare, e non per il caldo … Mugugnava qualcosa nel sonno, rigirandosi più volte nel letto.
 
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Le immagini sfocate si fecero nitide davanti ai suoi occhi chiari, ma al vedere la scena che gli si presentò davanti, Arthur desiderò quasi che fossero rimaste indistinte e confuse.
La sua capitale …
Le bombe dei tedeschi …
-Oh God, Charlotte!- Qualcosa, nel suo petto, si spezzò. In quel momento Inghilterra si sentì incompleto, e ciò non gli piacque a prescindere.
Corse in mezzo a tutta quella desolazione, tra corpi privi di vita, fumo, pozzanghere e macerie, finché non la trovò.
Si fermò riprendendo fiato per poi raggiungerla, rallentando il passo man mano che le si avvicinava.
-L-Londra … Oh my God …- Si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfitto.
I lunghi capelli zuppi dell’acqua della pioggia non gli permettevano di guardarla in volto, era rannicchiata in posizione fetale, gli abiti erano sporchi di sangue e terra, e il pallore della sua pelle era da far spavento.
Non riusciva a muovere un solo muscolo, si sentiva a pezzi, incompleto e completamente svuotato.
Gli occhi versavano calde e amare lacrime, senza fine e senza meta.
La sua bocca si muoveva, ma non ne usciva niente se non singhiozzi sconnessi e irregolari.
Cosa pensava? Che non poteva essere vero.
Che doveva essere solo un incubo, come ciò che aveva visto precedentemente.
Che poteva anche aver detto cose che non pensava realmente a Charlie, ma che non intendesse dire che non la voleva con sé!
No, questo mai!
 

Sentì Arthur stringerle la mano destra con la sua sinistra,
mentre lacrime silenziose e dedicate alla condannata le colavano sul viso.
-Non guardare- Si sentì sussurrare Londra da Inghilterra, e non lo fece.

 
-C-charlie …- Il suo nome risultava tanto debole in quel momento … Era appena un sussurro, ma non riusciva a dire nient’altro o a concepire qualunque altra azione.
Quella vista, gli faceva credere che d’ora in avanti le stelle non sarebbero più brillate alte in cielo, non la loro stella perlomeno.
 

–Guarda come brilla! Lei merita un nome speciale, non credi?- 
Londra annuì pensandoci un momento, per poi uscirsene con: -Arlie!-
Il bambino dai capelli biondi la guardò confuso –E che nome è?-
-Ma come, non ci arrivi? Arlie, uguale ad Arthur e Charlie messi insieme!

In pratica, rappresenta il nostro legame!-
Affermò sorridendo e un po’ rossa la piccola capitale,
facendo a sua volta andare a fuoco le guance del bambino,
che cominciò a balbettare qualcosa.
-Ecco … S-sì, beh … Non è, insomma,
non è malaccio come idea …-
Borbottò guardando altrove.

 
Assieme alla pioggia, le sue guance furono allagate di lacrime.
Che ne sarebbe stato di lui?!
Che razza di inferno era quello che aveva davanti agli occhi, maledizione?!
In quel momento, dov’erano tutte le loro promesse? Dov’era il loro amore immortale?!
L’ennesima lacrima andò a bagnare stavolta il fiore di pesco spiegazzato e malconcio che Londra teneva tra i capelli, Arthur aveva chinato la testa.

-Wow, che bel fiore- Commentò assorta London,
accarezzando i petali chiari e morbidi del bocciolo,
mentre Arthur arrossiva e guardava altrove.
-Ehi England, che vuol dire
“Fior di pesco” nel linguaggio dei fiori?-
Chiese curiosa lei.
-E-eh? E io che ne so!-
Sbottò rosso come un pomodoro
e lasciandola perplessa.

 
Non poteva non esserci più.
Eppure, quel fiore tanto delicato e bello era ormai appassito, lì in mezzo alla folta chioma castana della sua Londra.
 

-Happy birthday, my sweet pirate!-
Gli sussurrò all’orecchio.
-Happy birthday, my lovely little mermaid!-

Fu la risposta che precedette l’unione.
 

Lo accarezzò delicatamente, sembrava che riuscisse a muoversi ora, benché una forte fitta al petto lo attanagliasse in una morsa. In un dolore che sapeva di fiele.
Ma il colpo più grande fu, quando sotto al suo tocco l’intera figura di Londra scomparve.
Inghilterra sbarrò gli occhi, ritraendo la mano all’istante per portarsela al petto e piegandosi in due dal dolore, fino a ritrovarsi a terra e ansimante.
Il suo cuore, Charlotte, non esisteva più. Come poteva esistere anche lui quindi?
“No, non voglio! Non è vero! È solo un sogno maledizione!” Si disse digrignando i denti dal dolore e vedendo passare davanti a sé qualcosa.
-C-che succede ora?!- Biascicò debolmente e ansimando, concentrandosi sulle immagini.
-A-Ame-America? …-
Già, proprio lui.
 

-C-California!- Esclamò più disperato di quanto l’avesse mai visto Inghilterra, Alfred.
Gli occhi di lei si chiusero sereni –I love you, Al …- e nel momento in cui la sua mano cadde al suolo, lasciando la guancia di America, di lei rimase solo il fiordaliso che era solita portare tra i capelli.
Con gli occhi sbarrati e vuoti di sorpresa e disperazione, America si chinò completamente al suolo, battendo i pugni più volte al terreno inn preda alle lacrime e alla rabbia.
-NON È GIUSTO, MALEDIZIONE! FRANCES!-
Per la prima volta in vita sua  s’era arreso alla realtà dei fatti, non per sua volontà ma perché non avrebbe potuto fare niente comunque.
Con le mani strette a pugno e abbandonate al suolo, che avevano colpito tanto da crearvi delle crepe, America guardò il fiordaliso con immensa tristezza e nostalgia quanto amore.
-Good night, my little angel.-

 
Ancora dolore.
Ancora buio.
E poi, la Sicilia.
 

Un Vargas in quello stato, che schifo!
Romano alzò il capo dal seno di Flavia, guardando come meglio poté il suo volto, per quanto glielo permettessero le lacrime.
A quanto pareva, anche la sua Sicilia avrebbe fatto la fine del loro nonno.
Lovino si sporse in avanti, esitante se farlo o meno, ma alla fine si decise a poggiare la sua bocca sulle fredde ma ancora candide labbra della regione bionda. A riscaldare la sua pelle bianca, ora erano le lacrime del fratello, che andavano a cadervi.
Però, staccandosi lentamente da lei, Lovino dovette sopportare il vederla sparire sotto i suoi occhi, segnando la fine di una parte di sé.

 
Inghilterra si svegliò di colpo, urlando qualcosa e prendendo a respirare affannosamente, sudato.
Guardandosi attorno riconobbe la sua stanza da letto, quella vecchia, e si sentì sollevato dal fatto che quelle orribili sensazioni provate prima fossero solo frutto del suo subconscio.
-Charlie!- Si alzò dal letto correndo fuori, e aprendo la porta si scontrò contro la stessa Londra, che lo guardò a occhi spalancati e sconvolti.
-Arthur, stai bene allora!- Sembrò immensamente sollevata nel constatarlo. Ma come mai?
-C-che significa? Non dovrei?-
“Menomale, era solo un brutto sogno” Pensò sospirando, ancora spaventata
da cos’aveva visto prima.
 
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11 settembre 2001, New York.
Le Twin Towers crollano, e California era lì di fronte, a guardare la scena con occhi increduli e sbarrati.
-A-Alfred … Non può essere …- Si lasciò scivolare al suolo, inginocchiata e dovette sorreggersi per non piegarsi in due dal dolore, mentre con una mano premeva sul seno, lì dove batteva il suo cuore.
In mezzo a macerie e desolazione, era crollato un mito, e si era portato via il suo Alfred.
-No puede ser … No, non ci credo!- Scosse il capo, non voleva crederci.
Una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora.
Non avevano fine, e non ce l’avrebbero mai avuto senza qualcuno che le asciugasse.
Lo cercò tra le vittime del crollo, fregandosene altamente se non poteva girare tra le macerie o se doveva stare attenta a non ferirsi.
Eppure quando lo vide, non fu più sicura della sua decisione, totalmente dettata dal cuore e non dalla testa.
Con le gambe tremanti si inginocchiò al suo fianco, e gli scostò i biondi capelli dal viso, sporco di sangue e polvere.
-America, maldiciòn, apri gli occhi … Lo so che mi senti! Lo so …- La mano sinistra della Nazione venne condotta sul basso ventre dello Stato americano, i cui occhi erano grondanti di lacrime.
-Ehi, lo senti? Non credo, è ancora presto ma, è qui dove batte il suo cuore!- Affermò speranzosa di una qualsiasi reazione a una simile dichiarazione. Doveva dirgli quello, appunto.
Ma l’unico risultato fu un incresparsi appena in un dolce sorriso delle labbra dell’americano.
E il suo disperato urlo di dolore, trattenuto dalle vaghe speranze di vedere quegli occhi color cielo aprirsi, non ricevette risposta dalla voce squillante ed energica che lei conosceva.
-AMERICA!-
Non ce l’avrebbe mai avuta.
 
Scene che avrebbero straziato il cuore e segnato l’anima anche alla più indifferente delle persone.
E non era stata solo quella.
 
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Seconda Guerra Mondiale.
La follia tedesca coinvolse anche l’Italia, sia del Nord che del Sud.
Pur non volendo, anche lui era partito a combattere.
E pensare che l’esercito italiano era debolissimo in confronto ai fronti nemici!
Con quale faccia Ludwig si fece ancora vedere per dare ai Vargas del Sud Italia una simile notizia!?
Con quale coraggio le aveva detto che Romano era … Era …
-Se è uno scherzo è di pessimo gusto, brutto bastardo d’un bifolco!- Disse in tono tagliente e minaccioso Calabria, prendendo Germania per il colletto e tirando fuori da chissà dove un pugnale fine quanto letale nelle sue mani esperte, puntandoglielo alla gola.
Il resto delle regioni meridionali fu subito d’accordo con lei, specie Basilicata, la cui espressione irata quanto disperata era la medesima, identica, che aveva la sorella e che avrebbe avuto Lovino al posto loro.
Sicilia però non ebbe la forza di fare niente, Campania dovette sostenerla perché non svenisse.
 “Fratellone … Amore mio …”
Lì in mezzo era forse l’unica che non si sarebbe mai ripresa da una tale perdita.
-Prima nostro fratello Veneziano, e ora anche Romano … È TUTTA COLPA TUA! QUESTA NON TE LA FACCIO PASSARE LISCIA, GENOCIDA!-
Prima d’ora nessuno avrebbe mai creduto che Francesca fosse davvero in grado di uccidere qualcuno seriamente; ma in quel caso, avrebbe fatto anche di peggio!
-A che scopo? Lui non c’è più.- L’aveva interrotta apatica e con lo sguardo vitreo Flavia, prima che rabbia e dolore muovessero al posto del cervello il braccio armato della regione mora.
Dopo quello, Sicilia non avrebbe avuto un futuro.
Non ci sperava, non ci credeva.
Le lacrime calarono per la prima volta dai suoi occhi, e non le nascose o altro.
-Io mi arrendo. Non voglio più combattere.-
Come se la vita avesse lasciato i solitamente allegri occhi verde menta.
Come se non ci fossero più ragioni per cui continuare quell’esistenza immortale.
Come se il suo punto di riferimento se ne fosse andato, portandosi dietro ogni sua emozione, anche la Sicilia quell’oggi si spense, per sempre.
 
-Ehi Charlotte, ma stai piangendo …-
Sì, stava piangendo; perché quello non era stao nulla in confronto al seguito.
 
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-Che succede? Perché sono tutti così tristi?- Si chiese London, guardando quel luogo triste, che poi era Buckingham Palace.
Cos’altro l’aspettava dopo quello che aveva dovuto subire prima?!
Perché anche Scozia era vestito di nero e non aveva la solita, odiosa, spavalderia e sicurezza negli occhi?!
Anche Galles e Irlanda, che avevano?!
Si voltò e … E il mondo le cascò addosso.
-OH MY GOD! E-E-England …- Per poco non ebbe un mancamento alla sola vista della Grandiosa Inghilterra, morta.
Il volto bianco come un lenzuolo, i capelli sempre spettinati ma dal colorito insolitamente spento, le sue mani … Quella bara …
-Arthur … Arthur, non volevo … È tutta colpa mia, vero?-
Charlotte sapeva di non poter essere vista da nessuno lì in mezzo, si avvicinò con una mano a impedirle di urlare e che ogni tanto andava ad asciugarle gli occhi, e poggiò l’altra mano su quelle fredde di Arthur, giunte.
-Perché?- Si chiese accarezzandogli il viso. Sembrava stesse dormendo.
-Perché?!- Sentiva il cuore accelerare, e poi rallentare.
-PERCHÉ?!?- Si lasciò cadere tremante per quanto singhiozzava, scuotendo la testa e col viso completamente bagnato.
 
-Non volevo litigare con te!- Affermò all’improvviso la londinese, gettando all’improvviso le braccia al collo della Nazione bionda, la quale non fece altro se non assecondare il suo abbraccio –Io non volevo dirti quelle cattiverie invece-
-Promettimi di non lasciarmi, ok?- Gli disse seria in volto e guardandolo ben bene negli occhi. Non voleva mai più pensare a quell’incubo, anzi, sperava ardentemente di dimenticarselo.
Lui la guardò con un sopracciglio alzato, non sapeva che avesse ma condivideva appieno il suo pensiero!
-Mh, solo se tu mi giuri sul tuo nome la stessa cosa!-
Annuirono insieme.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE ,ORESAMA, DI QUESTA MAGNIFICAMENTE MAGNIFICA RACCOLTA
 
Questo è un periodo cupo cupo cuuuuuuuuuuuuuuupo, e con le giuste canzoni (Scelte non a caso) ho scritto este capitulo ^^
Waaaaaaaaaa, com’è triiiiiiiiiiiiiiisteeeeeeeeee! D:
Il prossimo vi(?) farà ridere di più, parola di Sol! U_U
 
SOL F. JONES

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Capitolo 12
*** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (12) -SAN VALENTINO SPECIAL- ***


San Valentino
è la festa di ogni cretino
Che crede di essere amato,
ma che poi rimane fregato
 
Detto comune e, a detta mia, anche azzeccato…
Ma non siamo qui per questo, bensì per l’avventura(?) del nostro quartetto assortito con la loro versione “male”!
Mandando giù un bicchiere di quella sostanza dolciastra e arancione, Charlotte si accasciò sul tavolo in legno, disperata e nervosetta –Che noia accidenti, odio il 14 febbraio!- Prese la caraffa per riempirsi nuovamente il bicchiere –Non sono portata per simili smancerie!-
 
Reggendosi la guancia con una mano, Inghilterra bevve tutto d’un fiato un intero bicchiere di vino, sospirando con aria imbronciata –Maledizione, cosa faccio? Tutte le coppie a farsi regalini, e io e Charlie?! Dico io, sembriamo quel tipo di coppia? No, ovviamente! Però… A lei piacerebbe suppongo-
Effettivamente, non è che gli inglesi in generale fossero così spontanei nelle relazioni con gli altri…
 
Charlotte sbatté più volte il capo contro il tavolo -Mannaggia mannaggia mannaggia!- per poi mandare giù un altro bicchiere, e prendere la caraffa, per riempirselo ancora –Non è un segreto che la mia soglia del romanticismo è sotto terra, nemmeno lui poi è un romanticone… Ma d’altra parte voglio che passi un bel San Valentino!-
 
-Tsk, come si vede che in mezzo c’è quel maledetto vinofilo!- Bofonchiò afferrando l’intera bottiglia, tanto perché non aveva voglia di riempirsi il bicchiere…
-Sempre tra i piedi, non sa fare altro che rompere e complicare l’esistenza agli altri!-
 
-Maledetti francesi!- Esclamò lamentosa e col bicchiere nuovamente vuoto la londinese, lanciando mentalmente maledizioni a non finire contro, in primis, Antoniette (Il nervosismo la faceva agire così...?).
Già se li vedeva, Parigi e Francia, in un angolino (Anzi no, in bella mostra!) a scambiarsi effusioni amorose…
“Bleah! Meglio se non ci penso!” Si disse sentendo lo stomaco contorcerglisi dalla nausea.
 
-Questa però me la paga con tanto di interessi!- Giurò più a se stesso che ad altri, prima di scolarsi mezza bottiglia in un sol colpo!
…Ehi ma, quella era la seconda bottiglia!
 
-Appena vedo Parig…Oh, è vuota- Notò, per poi sorridere –Me ne daresti ancora?- Domandò porgendo la caraffa di vetro a Sicilia, la quale la guardò perplessa come non mai ma mantenendosi cordiale (Per quel che poteva) –Ma lo sai che sei già alla settima caraffa di spremuta d’arancia, vero?-
Tra sé e sé però, si chiedeva: “Ma come mai Londra è qui?”
 
Ancora sobrio per un pelo, Arthur fece per bere ancora un sorsetto, l’ultimo disponibile –Come diavolo faccio?!- ma la bottiglia gli venne brutalmente strappata di mano da… -Comincia con il lasciare in pace la mia scorta di vino d’annata, deficiente sopraccigliuto!- …Romano.
Già, Romano, che fino ad allora se n’era rimasto muto, seduto e con un nervo crescente sulla tempia, cercando di mantenere la calma quanto di capire come si fosse ritrovato in casa quell’inglese.
 

^^Hetalia~^^

 
Per le vie della bella Parigi, Antoniette passeggiava soddisfatta degli acquisti fatti quell’oggi, che non solo erano stati un gran affarone per lei, ma che oltretutto le avrebbero concesso (In parte) un San Valentino indimenticabile. Insomma, era felice, finché… -ANTOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!- …finché non si ritrovò improvvisamente travolta da Charlotte, la quale la colse di sorpresa e dato lo slancio, entrambe finirono rovinosamente per terra. Fortuna che la bionda fu lesta nel salvare almeno il pacco preso in pasticceria, ecco il motivo del sospiro sollevato…
 
Abbastanza lontano, nello stesso momento, Francis stava uscendo da una prestigiosa gioielleria parigina, dove aveva acquistato qualcosa di speciale per la sua Antoniette.
Anche per lui la giornata si prospettava luminosa, e anche per lui, arrivò l’imprevisto… Solo, in modo meno avventato e incisivo.
Quest’imprevisto, si fece riconoscere già da pochi metri di distanza con facilità, dato l’evidente accento britannico… -FUCKING FRENCH!-
-Uh?- Francia smise di sorridere tra sé e sé, voltandosi per vedere da dove provenisse quel richiamo alle sue orecchie molto familiare, per ritrovarsi Inghilterra a scuoterlo convulsamente per la collottola –Brutto perverso che non sei altro, sei sempre la causa di ogni mio grattacapo!-
-Che cavolo vai dicendo?! E lo sai che puzzi di alcool?!-
 
-E tu hai rischiato di far andare a benedire il mio di San Valentino- E indicò il pacco contenente una deliziosissima torta naturalmente Made in France –solo per questo?! Sacrebleu, ma sei uscita di senno?!- La rimproverò Antoniette, seduta con l’amica/nemica londinese in un caffè. Charlotte soffiò sul suo caffè per poi berne un sorso e guardarla con aria seria –Antoniette, ho bisogno di un consiglio, non di una paternale!-
La bionda capitale sospirò assumendo la sua solita aria maliziosa e saggia, con tanto di rosa in mano (Poi qualcuno mi spiegherà chi ha fatto partire questa strana musica…) –Io ti consiglierei un’ardente nottata d’amour, unita a del cioccolato fatto in casa. Ma, sapendo che erroneamente potresti dar fuoco alle cucine reali, non so quanto sia conveniente, se poi non consideriamo le tue, apparentemente almeno, scarse doti se…-Perché quando le parlava così e in più con quello sguardo (Troppo francese, per un inglese) Charlie aveva la tentazione di versarle addosso del caffè bollente?
Bah, sarà una legge naturale suppongo.
Charlie si strozzò con la bevanda calda, a quelle parole, e indignata la interruppe subito prima che finissero col fare una figuraccia degna delle loro -Finiscila di dire cretinate stupid pervert! Ti farò vedere io cosa sono capace di cucinare!-
-Un uovo sodo? O forse nemmeno quello…-
-ANTONIETTE!-
-C’est vrai… Comunque, se vuoi puoi sempre approfittare di essere in una città tanto raffinata e co…- Prima che la parigina potesse finire, Londra si alzò di scatto –E vada per il dolce! Chiederò aiuto a California, ci si vede!-
Detto ciò, scappò via alla velocità della luce, così come era arrivata, lasciando Antoniette di sasso e col conto da pagare -…comprare una torta…-
“Speriamo perlomeno che la ricetta sia una di quelle appartenenti alla cultura spagnola…”
 
Francia ridacchiò sommessamente, dopo aver esalato un gran sospiro –Allora non sei ubriaco, bensì innamorato! Il che, è anche un bene; secondo me dovresti farle un regalo speciale, mon ami-
Arthur sbuffò evitando di ribattere sulla prima parte dell’affermazione del francese, causa del rossore delle sue guance –Del tipo?-
-Dimenticavo che il tuo buon gusto è alla pari con la tua soglia del romanticismo…-
“Ti serve il suo aiuto, non insultarlo … Ti serve il suo dannato aiuto, non insultarlo … Arthur, ricordati che purtroppo ti serve il suo dannatissimo aiuto …” -Poche ciance e rispondimi!-
Francis gli circondò le spalle con un braccio ammiccando –Che ne dici se invitiamo Amerique e insieme ci facciamo un giro per la splendida Paris, così salvo il San Valentino non solo a Charlotte, ma anche a Californie?- Al che, l’inglese si portò una mano alla tempia -Era meglio chiedere consiglio a Italia Romano!-
-Bien, più siamo e meglio è! E poi Romano è così carino lo hai notato?-
 
-ETCIÙ!- L’italiano si asciugò il naso sbuffando –Quel bastardo francese deve stare per venire a rompere le scatole!-
Beh, così vicino a San Valentino, chi altri poteva essere (Secondo la sua mentalità)?
 

^^Hetalia~^^

 
-Cook number one, are you ready?-
-SISSIGNORA!-
-Cocinera numero dos, ¿estas lista?-
-Yes, I am!-
Seduta a gambe incrociate con due ricettari davanti a lei, Frances si sistemò da un lato l’auricolare con cui comunicava con Londra, e dall’altra prese il cellulare con cui invece era in comunicazione con Sicilia.
Il piano? Semplicemente, doveva guidare le due nel cucinare una (Flavia) il Fudge, un dolce tipico sia degli Stati Uniti che del Regno Unito, e un’altra (Charlie) la Red Velvet, dolce prettamente americano e che la californiana apprezzava particolarmente.
-Bene, innanzitutto Charlie, per prima cosa devi sciogliere la cioccolata e il burro a bagnomaria, fino ad ottenere un composto omogeneo. E intanto preparati una teglia rettangolare ricoperta di pellicola trasparente- Disse a memoria, tant’è che aveva preparato quel dolce parecchie volte.
Londra: -E quanto cioccolato hai detto che ci vuole?-
Intanto, ovviamente, anche Sicilia attendeva istruzioni –Ehi, quanti cucchiai di sale ci vanno, Caly?-
La nostra California, rispose: -450 e mezzo!- Ovvio che avesse risposto in ordine, ma le due capirono ovviamente male.
-Ok- Fece Charlie, mentre per poco all’altra non cadeva il telefono –COSA?!-
-Ehi, è la ricetta! Ah, dopo mi raccomando, aggiungere il latte condensato e l'aroma di vaniglia amalgamando bene-
“Ma ci voleva il latte condensato?!” Sicilia lo prese, anche se non ricordava di averle sentito dire che doveva prenderlo, mentre Charlotte aveva capito che andava messo assieme alla cioccolata, e così fece, mescolando poi tutto quanto.
E da lì, si partì con molti fraintendimenti…
-In un’altra ciotola batti il burro finché non diventa morbido e poi aggiungi lo zucchero e lavora un paio di minuti-
-Burro? Are you…Oh beh, va bene-
-La vaniglia nella teglia andava messa dopo le uova, no?-
E la cosa andò avanti… Oh sì…
-Aspetta, non andava in frigo?!-
-No Sicilia, la mia andava messa in fr…Oppure era da mettere a 175° per una ventina di minuti?-
-Aspetta Charlie, ma l’hai messo si o no in frigo il Fudge?!-
-Eh no che non l’ho messo, andava in for…- -Nono aspetta, allora il mio andava in frigo?!?-
E le cucine dei Charlotte e Flavia fecero “BOOM!”
-CALIFORNIA!-
-Cosa mi urlate a fare?! Ho solo fatto un po’ di confusione, e non solo io! Piuttosto, chi delle due doveva tagliare il dolce in quattro strati?-
Morale: mai fare chiamate a tre per cucinare, o se le fate, assicuratevi che in mezzo non ci sia nessuna delle tre.
 

^^Hetalia~^^

 
I tre malcapitati, fissavano gli articoli in vendita avendo reazioni diverse, a seconda della loro personalità
-Perché gliene dovrei regalare uno così quando ne ha già?- Domandò Alfred, prendendone uno rosso acceso in mano –E poi sembrano scomodi-
-PERVERTITO IO TI AMMAZZO!- Urlò Arthur, rosso per la vergogna (Si, la vergogna per aver avuto la pessima idea di chiedere consiglio a Francis) prendendo ad azzuffarsi con Francis –INGRATO! STO CERCANDO DI AIUTARVI!-
-CERTO, A ROMPERE CON LE NOSTRE FIDANZATE PERÒ!-
Con un tic all’occhio e il ciuffo che faceva le bizze, ma mai quanto il suo colorito, Romano gettò a terra l’articolo, rimboccandosi le amiche e andando in aiuto ad Arthur. O almeno, per quanto la paura che contrastava il suo odio verso il francese glielo permettesse, infatti si mise ad inveire e imprecare contro Francis da dietro America, il quale scrutava basito e senza capire l’utilità del reggiseno di pizzo che Francia gli aveva consigliato di regalare a Frances.
-Date le sue forme e il colorito della sua pelle, credo che col rosso la tua Frances sarà tres séduisante…-
-Francis, non c’ho capito nulla …-
Decisamente, un quartetto ben bilanciato e perfettamente armonioso!
 
-Non ti chiederò mai più aiuto in cucina via telefono!- Borbottò Sicilia, mentre a Londra veniva un lampo di genio, passeggiando con le due amiche per Yosemite Park (Erano scappate dalla furia omicida dei superiori dopo il botto in cucina? Si.)
Per tranquillizzarle un po’, Frances aveva pensato di portarle lì, dato che quella era una delle sue quattro riserve e che con i suoi paesaggi e la flora e la fauna presenti,  avrebbe distolto la mente di chiunque dai cattivi pensieri.
-Io ho colpa quanto te- Sbottò con gli occhi al cielo azzurro California.
-…Sarà anche vero ma mi devi una cucina-
-Gli canterò una canzone sotto la finestra!- Esclamò all’improvviso Londra, al che, le due ragazze si pietrificarono voltandosi lentamente all’unisono verso la loro amica –C -cosa?!-
-Una serenata sotto al balcone di camera nostra! Questa sì che è un’idea geniale!- Spiegò euforica London, ma prima che potesse cominciare a cantare la canzone che aveva intenzione di interpretare, California la fermò infilandole un pomodoro (Non so da dove l’abbia tirato fuori, se era questo che volevate sapere) in bocca –Guarda che siamo in una mia riserva, non voglio certo che gli animali si spaventino o che venga giù qualcosa!-
Flavia sospirò –Ci hai salvate…-
-Por cierto, I’m the her…Ehm, volevo dire: prego!-
E intanto Charlie si chiedeva: “E che c’entro io con la sua riserva?!”
 

^^Hetalia~^^

 
-Cosa ci fate qui?- Domandò Emil, corrucciato e guardando la combriccola scendere dall’elicottero guidato da un infreddolito America.
Arthur starnutì stringendosi nel giaccone che il suo “caro fratellino” gli aveva dato il tempo di portarsi –B-b-ba-baka! Che cavol-cavolo siamo venuti a f-fare qui?!-
L’americano, tremante come una foglia dato il freddo che c’era, trovò comunque la forza di sorridere come suo solito -Nahahah, ho pensato ch-che se la porti qui f-farai colpo- Inutile dire che in quel momento, se solo le braccia gli si fossero addormentate, l’inglese l’avrebbe strozzato volentieri -A Frances p-piace tanto... Le aurore s-sono romantiche, giusto?-
-W-what the fuck?! Idio-idiota, non potevi dirmelo?!-
-Fr-Frances mi ha sempre detto che è me-meglio avvisare prima di piombare in cas-casa d’altri-
Francis starnutì –A-Amerique ha anche ragione, m-ma … Ma cosa c’entravo io?! Ol-oltretutto questo giubbotto è passato di moda!- E non era l’unico che obiettò, il ciuffo di Romano era dritto dal freddo…
-R-ringrazia che le braccia mi servono per riscaldarmi!-
-A me qui piace molto!- Fu l’esclamazione di Parigi, impegnata a guardare i dolci quanto attraenti lineamenti di Islanda; chissà perché poi, era l’unica a non tremare nonostante le temperature di febbraio lì non sfiorassero nemmeno i 10°C…
Islanda continuava a non capire perché erano lì… Va bene che California veniva a trovare lui o i nordici in generale e che le sue erano anche visite gradite… Ma il motivo per cui ora si ritrovava lì anche Inghilterra (Vedere la storia), Francia (Vedere e confrontare i caratteri di Emil e Francis) e Romano (Chi l’aveva mai visto lì?) ancora lo doveva capire
-Cosa fai lì impalato? Non vedi che quel bel pezzo di ragazza ti guarda?! Reagisci sce…- Più veloce che poté, Emil gli tappò il becco arrossendo –Zitto tu! E voi, ne avete ancora per molto?!-
Ehi ma perc…
-Tres fantastique, gli islandesi sono proprio carini…-
-Antoniette, ma chi guardi?-
-Di certo non te, cretino!-
-Che vuoi dire con questo?!-
-Che la tua capitale non ti è fedele-
-NON È VERO! E i cavoli tuoi mai, eh?! FATTI SOTTO!-
-CON MOLTO PIACERE!-
-Nahahahah! Andiamo non litigate così!-
…Ah, ecco perché…
In ogni caso, gira e rigira e indovinate come si ritrovarono…
-ETCIÙ!- Per quanto riguarda Arthur…Febbre, a casa sua e con la febbre, affiancato da, appunto, Alfred, Londra e California -Accidenti a te, America!-
-Dai Arthur così ingoierai il termometro!-
-Sempre meglio di quel che lo aspetta se lo prendo! Poi un giorno spiegami come fai a sopportarlo!-
-Sopportarmi?! Ehi, io cercavo di darti delle idee!- Obiettò America.
-E che cavolo di idea era quella?! Che cretino…-
California inarcò un sopracciglio basita –Ma a me piace la sua idea, l’aurora boreale è romantica-
-Sei tu il cretino questa volta, c’è poco da urlare contro Alfred- Lo riprese Londra, spingendolo a stendere sul letto –Mettere in moto il cervello e piuttosto regalarmi anche solo un mazzo di fiori era troppo, eh? E poi non era un’idea cretina, ma uno dei suoi modi personali di essere romantico con California, l’hai sentita. Almeno lui è originale!-
Invece, Romano…
-Come cavolo hai fatto a farti venire la febbre a 39?- Chiese perplessa Flavia, guardando l’esito del termometro, il quale preferì evitare di dirle che prima era arrivato Arthur a lagnarsi, poi Francis a rompere, e infine Alfred a trascinarli in Islanda –Non lo so-
-Peccato però, proprio oggi che Campania non viene di certo a farmi visita- Sospirò la siciliana, spegnendo il termometro.
 
-Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhwwwwwww!! Ma sono carinissimiiii!!- Urlò estasiata Flora, circondata da una decina minimo di bambini entusiasti e allegri, mentre Calabria la guardava da poco lontano sospirando e facendo una treccia a una bambina –Almeno non darà loro fastidio-
-Francé, me ne voglio adottare una cinquantina!-
La mora si pietrificò sul colpo -COSA?!-
 
-Beh se stai così è meglio che te ne stai al cal…- Prima che potesse alzarsi, perché era seduta di fianco a lui, Romano la strattonò per un polso facendola cadere su di lui (Tanto più che, per lui, quanto poteva mai pesare Flavia) con un sorriso che mostrava solo ed esclusivamente a lei in certi momenti.
-Dove credi di andare? Sento molto freddo, sorellina-
Intanto che arrossiva violentemente, la siciliana rilassò i muscoli, contratti dall’emozione e dalla sorpresa –Hai ragione- Disse avvicinando i loro visi –Hai bisogno di qualcuno che ti tenga al caldo-
 

^^Hetalia~^^

 
Benché avesse la febbre, stranamente i metodi di California avevano funzionato alla grande per fargliela abbassare in pochissimo tempo (Ma non vi è dato saperli, altrimenti poi dovrei u…Ehm, siguo con el cuento, eheh). Il problema era che Charlie se l’era un po’ presa per la faccenda di San Valentino, ecco perché ora si trovava su una spiaggia ben conosciuta a tutto…Ehi aspetta, che cavolo di motivo ha per essere a Los Angeles?!
Sun! Controparte malefica, spiegamelo!
(Sei davvero così lenta? Primo: sei tu che l’hai tirato fuori dalla tua testolina, io cerco solo di non farti scrivere troppe scemenze. Secondo: beh Hollywood ti ricordo che è un distretto di Los Angeles! Magari cercava ispirazione! U_U NdSun: la 2p! dell’autrice)
Primo: non sono scemenze! E parla lei che ha scritto la parte di Romano e Sicilia quando io volevo…
(Non facciamo sapere al mondo le tue idee strambe e esageratamente pudiche e fluff! NdSun)
SHUT UP!
Secondo: So benissimo dove sia Hollywood!
-E ora come diavolo faccio?!- Si chiese sbuffando Arthur, lasciando che le acque del mare gli bagnassero i piedi scalzi (Aveva tolto le scarpe perché l’ultima volta che Angel l’aveva visto sulle sue coste con le scarpe gli aveva fatto una paternale sulla splendida sensazione di sentire la sabbia al contatto con la pelle e del sapersi godere la natura nel vero senso della parola).
-Non lo so ma sta zitto, a tutti è concesso deprimersi in questo Magnifico mondo!- Disse Prussia, seduto pochi metri più in la e che, più che altro, era lì per sfuggire a una certa ungherese armata di padella. Al suo fianco, California guardò prima l’albino e poi l’inglese consolatoria –Andiamo, basta che vi mettiate d’impegno! E poi … Scusatemi, ma, cosa ci fate qui?- Chiese con un goccino tra i capelli.
Di fianco alla nazione, Los Angeles guardò i due arrotolando un copione –Se sperano in una botta d’ispirazione l’avranno!- Detto ciò, sbatté il copione prima in testa a Gilbert e poi in testa ad Arthur.
-AHIA! MA SEI IMPAZZITA?! PERCHÈ HAI COLPITO IL MAGNIFICO ME?!- Le sbraitò contro Prussia, ricevendo in automatico un’altra botta –Per infilare della magnifica intelligenza in quel tuo ben poco magnifico cervello! A che vi serve stare qui?! mettete in moto il cervello e siate voi stessi, questo basta e avanza!-
Arthur, massaggiandosi ancora il capo, la guardò dubbioso per poi riscuotersi –E non potevi dircelo subito invece di colpirci?!-
California scosse il capo in segno di diniego rispondendo all’unisono con Angel –No, por supuesto que no-
 

^^Hetalia~^^
 

Forse se l’era presa un po’ troppo con Arthur, infondo lui si era tanto preoccupato di renderle il San Valentino speciale, e lei poi aveva fatto lo stesso (Per non dire di peggio) quindi era tornata a casa con in mano una barretta di cioccolata (No es chocolate ordinario) ed era corsa a cercarlo.
Dell’America aveva da subito apprezzato proprio il cioccolato e ogni volta che ne comprava una barretta era solita fare a met con Arthur, di solito ne prendevano una da dividersi in occasioni speciali, anche perché andavano fino in Svizzera a prenderla.
-Arthur?- Entrò nella camera da letto ma non lo trovò lì, con la febbre e come si aspettava –Ehi, ma…- Notò che sul letto c’era un foglietto e andando a prenderlo in mano, lo riconobbe all’istante: era uno dei tanti che Inghilterra le lasciava sul letto quando doveva partire la mattina presto, ma si chiedeva come mai si trovasse lì.
Si guardò intorno –England, dove sei finito?-
Uscì in corridoio e andò in salone, dove credeva che l’avrebbe trovato a leggere, ma contrariamente a quanto sperava non c’era. Però, sul tavolo c’era un libro e lui non li lasciava mai fuori posto.
-“La Sirenetta”?- Proprio così, e c’era qualcosa ripiegato in mezzo al volume, ovvero una loro foto di qualche anno prima, sullo sfondo riconosceva il Tamigi. –Che strano, sul retro c’è anche scritto qualcosa-
Infatti, sul retro era segnato il nome del ponte e la data in cui era stata scattata la foto.
Era il 10 giugno 2000, ed erano sul Millennium Bridge.
Qualcosa dentro di lei le diceva che tutto quello non stava accadendo per caso, evidentemente Arthur voleva dirle qualche cosa: e sapeva, forse, cosa. Sorridendo, prese nuovamente la giacca e infilandosela con tanto di barretta di cioccolato e foto in mano, si accorse anche che davanti alla porta giaceva un’altra foto –Ho capito, vado subito al Millennium Bridge!-
E così fece! Dopo poco arrivò, anche se affannata per la corsa, e si guardò intorno alla ricerca di un qualunque indizio ma, non vedeva Arthur in giro. Camminò sul ponte sospeso pedonale e si fermò non appena sentì che aveva urtato qualcosa. Infatti, abbassando gli occhi notò che davanti a lei giaceva un ippopotamo di peluche “Che carino!” Pensò, prendendolo e stringendolo al petto.
D’improvviso, la visuale le venne oscurata da qualcuno, da un paio di mani per la precisione, e una voce a lei familiare le sussurrò in un orecchio: -Happy Valentine Day, little mermaid-
Ogni qual volta in cui la chiamava con quel nomignolo (Ed erano poche) Charlotte sentiva sempre i brividi, quella volta poi sussultò sul posto e voltandosi si ritrovò Arthur a pochi centimetri dal suo viso con un sorriso sornione in volto. Inutile dirlo: arrossì sul colpo –Hai fatto tu tutto questo?-
-Si, ho improvvisato tutto all’ultimo minuto però, dubito ch…- Charlotte lo interruppe con un bacio. Solitamente non lo faceva, ma in quel momento era stato più forte di lei (Diciamo pure che la visione del suo Arthur con le guance più rosee di quanto non lo fossero per propria natura le piaceva troppo)
-Invece è perfetto, anche se…- Tirò fuori dalla tasca la barretta di cioccolato e aprendola, la divise in due -…Anche se avevi scordato la cioccolata! Ma ci ho pensato io!-
 
Da lontano, qualcuno immortalava la scena…
-Ed ecco un’altra bella scena da film! Quei due sono una fonte di ispirazione!- Esclamò la bionda Los Angeles, in spalla a San Francisco, il quale la guardò storto –Impicciona! Hai preso la curiosità di California ma la delicatezza di America!-
-Non farla tanto lunga, lo so che stravedi per Frances ma io non sono lei-
-Ma non è vero che stravedo per lei!!- Disse agitandosi il californiano, finendo quasi con il far cadere la bionda assieme alla modernissima e professionale macchina fotografica.
San Diego sbuffò e spense la video camera (Sempre da cinema) –Abbiamo finito di impicciarci della vita privata altrui per i tuoi film?!-
Angel annuì –E va bene, ora che ci penso vorrei fare un film ambientato in…. In…. Ah certo! Un film ambientato a Parigi!-
San Francisco e San Diego sobbalzarono –COSA?!-
-Forza forza, chi dorme non piglia pesci!- Esclamò la biondina, saltando giù dalle spalle di Francisco –Abbiamo del lavoro da fare, chi di voi due parla francese?-
Forse faceva finta di ignorare il fatto che l’avversione e la predisposizione (inesistente) di California per la lingua di Francis fossero ereditarie, specie per loro che erano sue città.
 


ANGOLO AUTRICE

Veh l'ho scritto giusto per San Valentino ma......Ma........ho dimenticato di postarlo, ammetto le mie colpe *Schiva una mazza*
Aru, vorrei farlo storico il prossimo capitolo, ma purtroppo, non so che evento storico usare -__-'' Se qualcuno ha idee, io sono qui ^^''

PS: Il macello in cucina l'ho creato facendo macello di mio con le ricette XD Lo so, sono awesome

(*Ententa hablar ma l'autrice previene tutto impugnando la padella rubat-Ehm, prestatale da Ungheria* ndPrussia)
Fudge >> http://www.gingerandtomato.com/ricette-dolci/ricette-dolci-americane-fudge/
Red Velvet >> http://www.cookaround.com/yabbse1/showthread.php?t=97407


Sol F. Jones, si issolve 
Hasta luego

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Capitolo 13
*** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (13) ***


Inghilterra, Londra, 1888

 
Era una notte umida, e Londra non si sentiva per nulla tranquilla. Già, ma perché?
Arthur la osservava assorto: erano ore che non parlava, sembrava preoccupata, guardava fuori senza fiatare. Preoccupato, si alzò andò ad inginocchiarsi davanti a lei, prendendole il mento tra l’indice e il pollice –Charlotte- e facendola voltare –Tutto bene?-
La capitale vittoriana, annuì debolmente.
-Non mentire, c’è troppo silenzio. Scommettiamo che tra un po’ arriverà sua maestà la regina tutta allarmata a chiedere il perché di tanto silenzio?- Scherzò ironico, sperando di strapparle un sorriso o quanto meno di ricevere risposta. Al contrario, Charlotte sorrise debolmente e tornò a guardare fuori –Non mi sento tranquilla… Come un presagio, capisci?-
L’inglese la guardò sbattendo le palpebre perplesso, effettivamente anche lui quell’oggi non era il solito Arthur, ma… Magari stava succedendo qualcosa per le vie di Londra, questo avrebbe spiegato il moto d’ansia che avvertivano entrambi, però era anche ovvio che Charlotte fosse più “sensibile” alla cosa rispetto a Inghilterra.
-Don’t worry, ok?- La prese per mano, sforzando un sorriso il più rassicurante possibile –Avrai sonno, è molto tardi-
“Forse ha ragione lui” Pensò la castana, alzandosi “Una dormita può farmi solo bene”
E invece…
 

Fuggiva, fuggiva.
I suoi passi erano tutto ciò che si udiva per Buck’s Row, oltre al battito fin troppo veloce del suo cuore.
Non capiva perché stesse correndo tanto velocemente, le gambe parevano sempre più pesanti, non ce la faceva più. Doveva fermarsi! Si guardò indietro, ma quella figura nera e dal lungo mantello avanzava sempre a passo lento e misurato.
“My God, cosa succede?! P-perché mi insegue?!”
Si fermò a riprendere fiato, aggrappandosi alla parete di un mattatoio, affannata. Una volta ripresasi dall’estenuante corsa, si girò, e vide che l’uomo di prima non c’era più.
Ma… Quando si voltò dall’altra parte, i suoi occhi si spalancarono dal terrore.
-H-help me…- La voce erotta dai singhiozzi, spaventata –Pl-please… Please, I need help!-
Charlotte fece uno o due passi indietro, atterrita. Il capo della donna, probabilmente non più giovanissima, era quasi staccato dal busto. Il suo sangue scorreva a fiumi dal taglio sulla gola, e… E si rifiutò di abbassare gli occhi per soffermarsi a guardare l’intestino fuoriuscire dal ventre della poveretta!
-C-cosa ti è accaduto?-
La sua voce era poco più che un sussurro. Infatti, la donna si lasciò cadere in ginocchio piangendo ancora più forte e dalla voce, Charlotte intuiva chiaramente che tempo poco, e sarebbe morta.
-PLEASE! HELP ME, PLEASE!-
-I… I can’t…- Il cuore martellava nel petto, quasi minacciava di uscire.
Sangue, sangue, sangue.
C’era solo quello per terra, arrivava a bagnarle il vestito lungo, al quale si aggrappò la donna –You are our representative! Why don't you want to help me?!- -Io… Io vorrei, ma…- Le parole le morivano in gola, anzi non uscivano proprio!-
La poverina, esalò il suo ultimo respiro guardandola con occhi imploranti –Why … L-London …-
-Non dipende da m-me…- Non ragionava più; il sangue sembrava incontrare difficoltà a scorrere nelle sue vene, la tempia pulsava, il respiro si faceva sempre più assente ... L’ultima cosa che i suoi occhi distinsero chiaramente, fu l’ombra di prima apparire nel suo campo visivo, da dietro la povera donna.
Avanzava verso di lei.
-You can’t escape… Look to your hands, London- Il tono sommesso, beffardo.
-Chi diavolo sei?! Cos’hai fatto a questa poveretta!- Esclamò con voce tremante lei, ma quello strano individuo, sembro divertito dalla paura che celavano i suoi coraggiosi occhi color mare –Look to your hands-
Lei lo fece, e… -COS…CHE SIGNIFICA?!- era atterrita, guardava le sue stesse mani, tremanti, ricoperte di sangue fresco e caldo.

 
-Charlotte! Ehi! Charlie, svegliati!- La capitale inglese si alzò di soprassanto, mettendosi a sedere e quasi andando a sbattere contro Arthur, il quale cominciava seriamente a preoccuparsi. La londinese, spaventata, iniziò a singhiozzare tenendosi il volto tra le mani, allontanandole subito dopo però.
-Ma cosa ti succede?- Mormorò preoccupato Arthur, lasciando che lo abbracciasse. Era tutta sudata, e non la smetteva di tremare.
D’improvviso, qualcuno bussò.
-England, London! Presto, uscite!- Quella voce era conosciuta alle loro orecchie: era quella di George Lusk, allora capo della Commissione di Vigilanza di Whitechapel. Chiedendosi cosa fosse accaduto e con la testa sempre più piena di pensieri, Arthur aprì la porta, mentre Charlie si asciugava il viso e si metteva qualcosa di pesante addosso.
-Che cos’è successo?-
-Non verrei a disturbarvi a quest’ora, ma… Dovete venire subito!- Il tono sembrava gravoso, preoccupato. Arthur rivolse un’occhiata a Charlotte, per poi tornare a guardare George –Dobbiamo esserci entrambi?-
Sperò che capisse che non voleva portare Londra con sé, era già abbastanza agitata; non avrebbe sopportato vederla in condizioni ancor peggiori.
-Mi dispiace, ma è un fatto grave, altrimenti no vi chiamerei-
 
Poco dopo, si ritrovavano a Buck’s Row; subito Charlotte si strinse maggiormente ad Arthur, ancora scossa dall’incubo, e questi cominciò a pensare a cosa stesse accadendo per le vie della sua capitale.
O meglio, cosa cominciava ad accadere.
Camminavano silenziosi dietro l’investigatore, ne approfittò per voltarsi a guardare Londra, la quale si guardava intorno allarmata.
-Non è la prima volta che vedi questo quartiere, Charlotte. C’è qualche problema, vero?- Le chiese a voce bassa, un sussurro che solo lei essendo vicinissima poteva udire. Si voltò a guardarlo, e il suo silenzio non fu ciò che lo spaventò.
No, ciò di cui ebbe paura furono i suoi occhi vacui.
Le ombre non erano mai state parte di quelle iridi blu mare, eppure eccole lì che minacciose si prendevano la luce.
La paura, l’ansia, prendevano il posto della serenità come se la luna stessa prendesse il posto del Sole! Sgranò gli occhi verdi, e per poco non andò a sbattere contro l’investigatore.
Erano arrivati.
Vide una folla intorno a loro, molti erano componenti della polizia; si fece avanti, prendendo Londra per una mano ma andando prima lui.
-Allora, cos…- Il tono calmo si incrinò di non poco, gli occhi strabuzzarono dall’orrore per ciò che aveva davanti. Quasi non riusciva a guardare.
Ok, non era la prima volta che assisteva a un simile spettacolo, figuriamoci, ma…  non aveva certamente mai visto nessun essere umano ucciso e mutilato in quelle condizioni!
-Per Dio… Povera donna…- Mormorò a voce mozzata e con gli occhi lucidi. Il sangue, non ancora del tutto secco, attorniava il cadavere di una donna sulla quarantina, e sgorgava principalmente dalla gola, tagliata quasi fino alla decapitazione, dal ventre che era stato aperto e il cui intestino fuoriusciva, e dagli organi genitali.
Presentavano gravissime ferite da taglio, era decisamente uno spettacolo desolante come pochi.
Lui che aveva visto e combattuto guerre, non riusciva a vedere una donna, per giunta della sua terra, ridotta così.
“Chi è il verme che può aver avuto il coraggio di fare una cosa simile?” Si chiese stringendo la mano di Charlotte inconsciamente, sempre più forte, fino a farle male.
-Arthur!- La sua voce appunto, lo destò dai suoi pensieri, e allentò la presa sulla mano della sua capitale –Cosa diavolo suc…- -Sta indietro, Londra!- Riuscì ad ordinargli, voltandosi e prendendola tra le braccia. La strinse il più possibile, chinandosi col viso affondato nei suoi capelli; non le avrebbe assolutamente permesso di guardare. Non sapeva perché, sarà stato spirito protettivo.
Guardò i presenti, gli investigatori per l’esattezza –Portatela via, fate ciò che ritenete opportuno ma portatela via per favore!-
-No aspetta, cosa c’è?!- Domandò facendo leva sulle mani, appoggiate sul petto del britannico, per liberarsi dal suo abbraccio –Insomma Arthur, scansati- Così dicendo, lo sorpassò e i sintomi della tachicardia cominciarono a farsi sentire, insieme a un coniato di vomito dovuto a quello scempio che aveva davanti agli occhi –N-no…Nononoo- Scuoteva la testa, e se la prese tra le mani.
La donna del suo sogno.
 
Inutile dire che dopo un primo momento di terrore e tutto, Charlotte pretese che si scoprisse chi osava andare in giro a squartare delle donne innocenti. Certo, era spaventata, ma nessuno poteva permettersi di toccare il popolo inglese. No!
Il 28 settembre, giorni dopo il ritrovamento della prostituta uccisa, il cui nome era Mary Ann Nichols, Charlie venne contattata da Lusk (Aveva deciso di prendere parte attivamente alle indagini).
 
-Voglio solo scoprire l’identità di quel bastardo- Minimizzò lei, portandosi indietro i capelli.
Arthur sospirò guardandola paziente e perplesso –E allora perché il completo da investigatrice e, soprattutto, la pipa?-
-Beh perché fa più scena, inoltre devono prendermi sul serio- Disse facendo spallucce lei, per poi fare un tiro dalla pipa, strabuzzando subito gli occhi e mettendosi a tossire.
-Ma come cavolo fa Scozia a fumare questa roba?!- Esclamò tossicchiando, mentre l’interessato prendeva la pipa prendendo a fumare tranquillo –Abitudine, Washington-
-W-Washington?- Stava seriamente considerando l’idea di regalarle una vacanza. Magari in Francia (Quando si dice “A mali estremi, estremi rimedi”).
Nel mentre, passava di lì un uomo (Quasi) comune, che aveva assistito perplesso e rapito alla scena. Tra sé e sé, era rimasto particolarmente stupito dal comportamento e temperamento di Charlotte, che gli ricordava vagamente qualcosa.
“Washington … Watson?” Pensava tra sé e sé “E se… e se lei fosse un uomo?”
Così, tirò fuori carta e penna, iniziando a scarabocchiare chissà cosa.
-Ehi ma, che ci fa quel tizio seduto lì per terra?- Chiese Arthur, guardando perplesso l’uomo; Londra tirò una larga boccata dalla pipa, con aria vissuta-Elementare Wa…- Non finì nemmeno che cominciò a tossire, prima di vedersi la pipa tolta malamente dalle mani da Nathan –Londra finiscila di “taroccare” il grande personaggio di Sherlock Holmes! E inoltre, non avete mai sentito parlare di Sir Arthur Conan Doyle?-
Beh, ovvio che lui conoscesse bene il capostipite del giallo deduttivo, essendo lui nato in Scozia…
-Sir Nathan! Sir Nathan!- Conan si alzò in piedi al notarlo –Ho l’ispirazione! Questa volta me ne esco con “The Sign of the Four”!-
-Very good, Sir Conan!-
“M-mi ricorda vagamente qualcuno…” Boccheggiò perplesso Arthur, rivolgendo un’occhiata di sottecchi a Londra.
 
-Allora, cos…- Prima ancora che potesse chiederlo, Lusk le dette un foglio di carta macchiato di (All’apparenza) inchiostro rosso, dicendo semplicemente –È arrivata oggi alla Central News Agency-
Charlotte, fece scorrere rapidamente gli occhi tra quelle righe, piene di errori ortografici, rimanendo atterrita.
-D-Dio mio…-
 

I am down on whores and I shant quit ripping them till I do get buckled.

 
-Come…Come può un essere umano concepire una cosa simile?- Non riusciva a non tremare, ed era appena all’inizio. Arthur le si affiancò leggendo con lei la lettera, a mezza voce. E rimanendo altrettanto impietrito.
 

Grand work the last job was. I gave the lady no time to squeal.

 
-B-bastardo- Arthur digrignò I denti rabbioso, non osando nemmeno immaginarsi la scena, se c’era una cosa certa, era che per lui la donna non doveva essere sfiorata nemmeno con un fiore. Come si potea anche solo pensare di commettere una simile atrocità?!
 

You will soon hear of me with my funny little games.

 
Le gambe stavano per cederle, davvero. Già una volta per lei era stata anche troppo, in quanto donna era spaventata quanto indignata da quelli che quel tale chiamava “divertenti giochetti”!
“Se me lo ritrovo tra le mani, io…io…” Arthur le cinse la vita, continuando a perdersi tra le lettere rosse, per poi leggere ad alta voce…
 

The next job I do I shall clip the ladys ears off and send to the police officers just for jolly wouldn't you.

 
-“Al prossimo lavoro strapperò le orecchie della signora e le manderò alla polizia, giusto per scherzo, già.”- Ebbe l’impulso di strappare quella lettera –No non ci credo, è un falso! Nessuno può davvero fare una cosa del genere- Più che per lui, lo diceva per Charlotte, per tranquillizzarla. La prese per le spalle –Charlotte, hai capito? Non è vero niente, non succederà nulla di simile!-
E invece…
 

Tomorrow double event

 
-Due! DUE DONNE IN UNA NOTTE!- Arthur sembrava fuori di sé dalla rabbia, erano la terza e quarta vittima quelle poverette –Quel maledetto ha mantenuto la promessa…- Al cadavere di una delle due vittime, Catherine Eddowes, mancava un orecchio, segno che la lettera non era un falso come aveva sostenuto. Inutile dire che Charlotte non aveva retto a quella vista, le piaceva il genere horror ma una cosa è la teoria, un’altra è la pratica. Non appena gli occhi avevano focalizzato la scena, subito si era voltata dall’orrore. Due giorni prima della notte del doppio evento, ecco arrivare un’altra lettera.
-Damnit, che… Che vile! E come se non bastasse, gioca con noi, ci gode a farci fare la figura degli stupidi!- Inveì l’inglese, facendo avanti e indietro per il salone, mentre Londra teneva lo sguardo fisso su quella “cartolina”.
 

This time number one squealed a bit couldn't finish straight off.

 

Numero 29 di Hanbury Street
La figura oscura misteriosa e la cui unica luce era lo scintillio di una lama letale e veloce, sembrava divertita dalla sua paura. Dalle lacrime che avresti versato volentieri, se non fosse stato che non aveva la forza di muovere un muscolo.
Quando, l’attimo giunse, Annie Chapman riuscì solo a gridare.
 
Had not got time to get ears off for police
 

Scosse la testa per cacciare certe scene e certi pensieri dalla sua mente, non capiva perché accadesse. Anzi, forse un motivo c’era: le povere anime di quelle prostitute, volevano avere giustizia, che il loro omicida fosse preso e punito.
Per tutto.  
Per ogni vita spezzata, per ogni millilitro di sangue versato.

-Cosa? D-due monete?- Ebbene sì, alla seconda vittima aveva anche lasciato un ricordino, diciamo. Londra guardò perplessa Lusk, per poi osservare attonita le due monete abbandonate vicino al corpo di Annie.
-Due monete per il traghettatore- Sospirò Arthur tra sé e sé, cupo in volto.

E sia lei che Arthur avevano intenzione di accontentarle. Alzò gli occhi su Inghilterra –Arthur, ho un’idea
L’inglese si fermò e la guardò curioso –Sarebbe?-
-A questo punto, direi di provare a contare su… Beh, sulla popolazione, distribuendo fac-simile della scrittura delle due lettere. Magari qualcuno  riconoscerà la calligrafia- Beh la sua non era una cattiva idea infondo, quindi, la Metropolitan Police Service lo fece. E intanto, i giornali pubblicarono i due testi, o anche solo una parte.
Il risultato? Niente. Niente, se non un sacco di lettere false, risultato della notorietà che l’ormai famoso Jack lo squartatore e le sue lettere avevano!
Oltretutto c’era chi sosteneva che fossero dei falsi, dato che il timbro postale risaliva a ventiquattr’ore dopo che i due omicidi venissero resi pubblici, molti quindi erano a conoscenza dei fatti e non ci voleva nientee a scrivere una cosa simile, anche se era impossibile che un falsificatore avesse una conoscenza tanto precisa delle modalità degli omicidi.

 

~ HETALIA ~

 
-O-ok non voglio vederlo!- Esclamò Sicilia, col volto fin troppo bianco per essere una regione sud italiana. Dal canto suo, sebbene fosse spaventata, Frances era troppo presa dall’entusiasmo e dalla curiosità per rifiutare –Io sì!-
Londra sghignazzò tra sé e sé “E non ho raccontato loro di Mary Jane Kelly…” La storia di Jack lo squartatore, era spaventosa, vivere quei mesi per lei era stato quasi insostenibile, e non l’avrebbe augurato a nessuno, nemmeno al suo peggior nemico. Però, farci un film non le era dispiaciuto, anche perché Frances poteva anche essere la “Fabrica dei Sogni” ma… Eheh, a Londra non la supera nessuno in fatto di horror!
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
On soir aru, alloraaaa……Uno dei capitoli storici che avevo in mente è finito ^^ e devo dirvelo: me la stavo facendo sotto a cercare le informazioni O_O Seriamente, Wikipedia, mi hai atterrita ^^’’
Ma pazienza aru, spero vi piaccia…Le parti in rosso, sono pezzi presi da due delle tre lettere di Jack The Ripper, e.....tutto non è messo a casaccio, spero di aver ben compreso Wikipedia
 
Hasta Luego
 
Sol F. Jones

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Capitolo 14
*** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (14) ***


Gocce di memoria
- Caren. La possibilità di vivere attraverso occhi diversi -
 
 
La guardava da lontano, non osava neanche avvicinarsi. Perché sapeva che si sarebbe sentito morire se avesse incrociato gli occhi di quella bambina.
Caren, era questo il nome che aveva adesso, era ora seduta a terra a giocare da sola; negli occhi grandi e ingenui, vi era solitudine.
“Evidentemente,” Si disse Arthur “lo sente di avere qualcosa di diverso dagli altri, e anche le persone sentono questa differenza, per questo la allontanano”
Che amara sensazione sapere che era colpa sua…
 
-Dobbiamo andarcene prima di venire contagiati, England. Forza, prepara le tue cose-
-M-ma… Maestà, e la mia capitale? Che ne sarà di Charlotte?-
Il sovrano, guardò Charlotte, la quale già cominciava a mostrare i sintomi che erano la conferma dei suoi timori: anche Charlotte aveva contratto la peste.
Se lei, che era la capitale, stava male, era solo questione di tempo che la malattia si espandesse per tutta l’isola, fermandosi non solo all’Inghilterra, e purtroppo: a mali estremi, estremi rimedi.
-La lasceremo qui, e daremo fuoco alla città per evitare che l’epidemia si diffonda-
Al che, gli occhi color smeraldo di Arthur si spalancarono –Darle fuoco…?-
-Arthur, va bene- Disse in tono incolore Londra, voltatasi dal lato opposto per non far vedere le lacrime che le sgorgavano dagli occhi.
Doveva sparire per il bene di tutti, era chiaro, ma avrebbe tanto voluto che alla fine Arthur non fosse andato via con la famiglia reale, senza voltarsi a guardarla. 
Forse non lo sapeva, che se Inghilterra si fosse voltato, per la prima volta l’avrebbe visto piangere.
 
Non avrebbe mai voluto farlo, ma non c’era stata altra scelta.
Si accorse che una bambina dagli spettinati capelli scuri e gli occhi verdi, fissava colei che era la sua capitale ridotta a un essere umano.
-E-ehi, piccola-
-Uh? Cosa c’è, signore?-
Inghilterra si inginocchiò per arrivare alla sua altezza –Come ti chiami?-
-Cherol- Rispose la bambina francese.
Eh sì, Charlotte dopo essere perita in seguito all’incendio, era rinata sotto forma umana, in Francia.
Era stato Francis ad avvisarlo, una mattina, dicendogli che per le vie di Parigi aveva rivisto la piccola Londra. Ma aveva dovuto vederlo per crederci, quella di Charlotte sarebbe stata una sorta di assenza temporanea, diciamo. Lei era a casa, adagiata sul suo letto e con gli occhi chiusi.
Dormiva.
-Cherol, perché non vai a giocare con quella bambina? Ho notato che la guardi da un po’- Le disse l’inglese in tono dolce, che usava sempre quando si rivolgeva ai bambini. La moretta, sembrava insicura –La guardavo perché mi sembra tanto sola…-
-Sono certo che se vai da lei, non si sentirà più sola- Le assicurò sorridendo. Allora, la piccola corse verso Caren.
Arthur si rimise in piedi guardando la scena.
-Ciao bambina!-
Quella voce squillante, distrasse Caren dall’operazione che stava compiendo, ovvero intrecciare una ghirlanda di fiori. Sollevò il viso incontrando gli occhi verdi e intensi di Cherol, la quale si sedette di fronte a lei sorridendo –Come ti chiami?-
-Caren- Rispose insicura la castana.
-Cosa fai con quei fiori, Caren?-
-Oh, questi? Una ghirlanda per il mio fratellone!- Rispose illuminandosi la bambina. Allora Cherol si fece curiosa, lo si capiva dallo scintillio dei suoi occhi verdi –Hai un fratellone?-
- Non è davvero mio fratello, ma mi ha detto che lui è il Fratellone, quindi…- Alzando le spalle, Caren tornò a guardare attentamente ciò che stava facendo, con estrema e incredibile concentrazione.
Era così semplice per lei, fare quell’operazione… Quasi l’avesse fatta per anni e anni.
Cherol, pensò subito a quel ragazzo di prima, tanto simile a un angelo, dato il suo sorriso e i suoi occhi, e pensò che anche Caren aveva dei tratti quasi surreali, era sicuramente una bambina molto, molto bella.
-È quello laggiù?- Caren alzò lo sguardo e, seguendo la direzione in cui guardava la sua nuova amica, incrociò le iridi verdi di Arthur, il quale sgranò gli occhi: era molto, troppo tempo, che non incrociava quegli occhi blu.
Dal canto suo, la piccola, in quel momento avvertì un tonfo nel petto, e nella sua mente e nel suo cuore scattò qualcosa di non ben definito, accompagnato da delle voci.
 
-Molla quell’arco, Charlotte!-
-Sta tranquillo Arthur, colpirò la mela, non te!-
-C-Charlie…! No! T-ti prego, mollalo!-
-E fermo! Se tremi come faccio a prendere la mira, fessacchiotto?-
-Fessacchiotto?! Ok, comincia a correre.-
-E va bene! PRENDIMI!-
 
-Caren? Ehi!- Lo schiocco delle dita di Cherol davanti al suo viso, fecero rinsavire la bambina castana da quella specie di trance, e notò che quel biondino dalle strane sopracciglia non c’era più.
-Scusami… Comunque, no, non è lui…-
-Uhm. Senti, che ne dici se ti aiuto a finire la ghirlanda?-
-Davvero ti va?- 
Era alquanto sorpresa, si aspettava che, come gli altri, Cherol sarebbe stata più interessata a Janette, sua sorella più piccola, anche per via del suo strano modo di comportarsi. E invece no!
-Certement!- Annuì convinta e con un grande sorriso la moretta, gli occhi verdi animati da un’immensa allegria-Da oggi siamo amiche! Ok?-
Era una parola strana, quella… Sicuramente di uso comune, ma era facile dirla, un po’ meno dimostrarne il valore. Però, forse quegli occhi verdi e quel sorriso convinsero Caren che potevano essere amiche. 
-Ok!-

 

 
-Fratellone? Ehi, fratellone!- Correndo a perdifiato, Caren arrivò nel viale alberato, dove spesso vedeva passeggiare “il suo fratellone” e cominciò a guardarsi attorno, cercando la perfetta chioma bionda in mezzo a quella folla di persone.
 
-So che vorresti riaverla, ma ormai è troppo tardi, non credi?- Poche erano le volte in cui i due avevano una discussione minimamente civile, in cui Francis si calava sul serio nel ruolo di fratellone, venendo ascoltato da Arthur. Quella, era una di quelle volte.
-Lei deve vivere questa vita, alla morte si risveglierà come Londra… P-però non riesco ad aspettare, sono già cinque anni che non sento la sua voce rivolgermi anche solo un insulto. È fastidiosa la sua assenza, e-ecco tutto- Mormorò, in risposta Francis gli dette una pacca su una spalla –Più che fastidiosa, direi che per te è una sofferenza, specie se pensi che non hai fatto niente di che per impedire che tutto ciò accadesse-
Arthur sussultò, colpito nel vivo. 
Quello era ciò che succedeva e che lui non ammetteva.
-Sta zitta rana! N-non è come dici tu!-
-Ah no?- Domandò ridacchiando –A me pare di sì-
-Ti sbagli come sempre allo…- Si interruppe non appena la voce di Caren, o Charlotte, li raggiunse. -Fratellone, dove sei?-
Sussultando, l’inglese si nascose dietro l’angolo che lui e Francia avevano appena svoltato, durante quella “passeggiata”, di modo da non farsi accorgere e contemporaneamente di poter vedere e sentire ogni cosa.
-Oh, petite- Un grande sorriso illuminò il viso di Francis, che si abbassò per arrivare all’altezza di Caren, la quale gli era corsa incontro –Ça va bien? Ti vedo contenta-
-Lo sono! Ora ho un’amica, lo sai?-
-Davvero? Ne sono felice- Disse accarezzandole il capo infondo poter comportarsi così con lei, come quando era una piccola capitale, non gli dispiaceva. Anche se era abituato a ricevere qualche insulto in più.
Beh, alla sua scomparsa, l’apparenza di Londra era quella di una ragazzina di tredici anni, come Arthur del resto, però faceva effetto ritrovarsela di nuovo in formato ridotto.
Per lui era importante averla ritrovata,  sapere se stava bene e, in caso, poterla aiutare e proteggere; ciò che non aveva mai realmente dovuto fare, insomma.
D’altra parte, però, gli dispiaceva che Arthur la osservasse da lontano soffrendo in silenzio per la lontananza con la sua capitale.
Il tutto segretamente, secondo Inghilterra; ma purtroppo per lui Francis lo conosceva troppo bene, nonostante le apparenze –E come si chiama?-
-Si chiama Cherol- Rispose –e mi ha aiutata a finire questa- Finì in tono meno allegro e più imbarazzato, mettendo la ghirlanda in testa alla Nazione, dato che non aveva considerato che lui era adulto.
Più che una ghirlanda, quindi, era una corona di fiori.
Francis sussultò appena, piacevolmente colpito da quel regalo –È stupenda, mon amour- Disse con un sorriso soave quanto il suo tono di voce ovattato, prendendole il viso tra le mani di modo da poterle posare un delicato e innocente bacio sulla fronte –Merci bocoup-
Le guance di Caren si colorarono pesantemente di rosso, e bofonchiò un “De rien” imbarazzato.
-Ora vai a casa però, tra poco sarà buio, e non voglio che tu vada in giro da sola la sera-
La bambina annuì –Allora ci vediamo, fratellone!- e se ne andò.
-Angleterre…- Si alzò, e voltandosi, come si aspettava, trovò Inghilterra in piedi, la testa poggiata sul muro, lo sguardo basso e perso chissà dove.
Si avvicinò e fece per accarezzargli la nuca, gesto che usava rivolgergli da piccolo, quando lo vedeva un po’ giù e che ultimamente aveva riesumato. Ma l’inglese, si ritrasse.
-Non sarà per sempre-
-Lo so.-
Perché non ammetti che ci sei rimasto male? Per te sarebbe meglio non vederla piuttosto che vegliare su di lei senza riuscire a rivolgerle la parola, il tutto per via dei sensi di colpa, non negarlo!-
-SHUT UP!- Urlò voltandogli le spalle –Non devo rendere conto a te di come mi sento! Cosa ti importa?! Ora… ora vado a casa, see you soon e…- Si voltò appena -…spero che non avrai vorrai andare in giro con quella corona di fiori in testa-
-Perché no? Mi dona- Rispose il francese con un sorriso sghembo, annuendo convinto –Ci vediamo Angleterre- e andandosene per davvero con quella corona di fiori ad adornargli la chioma bionda.
Sul capo di Inghilterra, scese un enorme gocciolone, e poi si voltò di scatto andando nella direzione opposta al francese, a passo spedito –Che idiota! Ma perché perdo ancora tempo con lui?!-
Dopo qualche metro, rallentò il passo è si fermò sospirando pesantemente e passandosi una mano tra i capelli spettinati.
“Yes… I need her…”

 

 
 
Gli anni per una nazione erano così fugaci… Eppure, adesso per Arthur erano davvero troppo lenti. Gli parse un miracolo quando arrivò il quindicesimo compleanno di “Caren”. La castana, era nata in condizioni buone tutto sommato, considerando l’epoca difficile in cui si trovavano. Certo, l’epidemia si era affievolita un po’, ma ancora ve ne erano le tracce. La Francia poi era uno dei paesi ad essere stati colpiti ben bene: quattro quinti della popolazione erano morti a causa della peste, per non parlare della Scandinavia (Norvegia. Lì rimasero senza sovrani e i tre regni nordici di Danimarca, Norvegia e Svezia, si unirono NdSol) e dei suoi fratelli: Irlanda e Scozia. 
Già anche loro… Però, ehi, ora erano lì a bisticciare fraternamente, diciamo, tra loro!
Ora, calciando imbronciato un sassolino, Arthur si rigirava tra le mani un ciondolo appartenente alla sua capitale, che le era stato regalato da lui: quando era piccolo, Erin gli aveva insegnato a farle apposta. 
Non era venuta benissimo, vero, ma a Londra era piaciuta molto, diceva sempre che quel ciondolo sembrava Mint Light Bunny. Ora, non sapeva se donarglielo o meno, le apparteneva, sì, però… Però non era la stessa cosa!
-Hai bisogno di qualcosa?- 

 

 
 
Con la visuale oscurata dalla mano della madre, Caren si lasciò guidare in cucina: sapeva benissimo che avevano organizzato qualcosa nonostante tutto, così come sapeva che non sarebbe servito a nulla lamentarsi. Non che le dispiacesse, però non voleva che i genitori si dessero tanta pena per lei, e poi… Quel profumo era inconfondibile –Oh Cherol… Anche tu?!-
La moretta sorrise tra sé e sé, e non appena le mani di Madeleine si tolsero da davanti gli occhi blu della francese, questa si ritrovo un ciondolo penzoloni a un palmo dal suo naso, proprio davanti ai suoi occhi.
Era fatto a mano, si vedeva, e aveva una forma che ricordava un coniglio forse e… ed era verde, di smeraldo!
Il suo cuore accelerò, e il tempo sembrò fermarsi…
 
-Questo…è per te!-
-Eh? Davvero? Wow, Arthur…-
-N-non dire niente e prendilo!-
-Ahah, sei arrossito! Comunque, è davvero bello. SOMIGLIA AL TUO AMICO-
-Quale amico?-
-Il coniglietto dai! pensi che non lo veda?-
 
Perché di nuovo quelle voci?
Perché quella vocina femminile era uguale alla sua?
Perché….”Perché c’è qualcosa che manca? Perché questo colore mi ricorda qualcosa?...PERCHÈ?”
-Ti… Ti senti bene cherie?- Non era la prima volta che Caren faceva così: aveva gli occhi spalancati e vacui, persi chissà dove, in quel momento riflettevano il verde di quella pietra meravigliosa.
La castana scosse il capo, prendendo il ciondolo tra le mani, accarezzandolo come se fosse un oggetto che si sarebbe potuto rompere da un momento all’altro. non capì il motivo, ma era davvero molto importante per lei, così per quella volta, abbracciò l’amica di sua spontanea volontà, ringraziandola.
-De rien- Disse lei, decisa a non rivelarle un segreto che avrebbe dovuto celare per sempre.
“Tu hai qualcosa di speciale, l’ho notato”
E, diamine, l’avrebbe aiutata a capire che cosa!
Quella stessa sera, si fermò a dormire a casa di Caren, e approfittò del fatto che erano sole per parlarle –Ehi Caren? Dimmi una cosa… Tu credi che…-
-Cosa?-
-Tu credi alla possibilità di reincarnarsi? O di avere un qualche collegamento speciale ad un’altra persona?- Domandò, non capendo nemmeno lei da dove uscissero quelle parole, ricevendo in risposta un’occhiata perplessa da parte di Caren, la quale però era rimasta sorpresa da un simile argomento. Toccò istintivamente il ciondolo che portava al collo e fece un mezzo sorriso –Ci credo!- Disse, guardando fuori dalla finestra. E in quel momento, una lacrima sfuggì, rigandole la guancia destra; l’asciugò velocemente, ma si rese conto che dentro di lei albergava una malinconia strana, come se mancasse una parte di lei, che era scomparsa ma che c’era ancora. Era una flebile presenza, che sembrava mozzarle il respiro e attanagliarle la gola, però al contempo le dava la consapevolezza che… che era viva. Che c’era un perché a quell’esistenza.
 
Sono gocce di memoria, queste lacrime nuove
Siamo anime in una storia incancellabile
 
Quella notte, Caren sognò. 
 
La giovane nazione bionda, si portò una mano al petto, che cominciò ad ansarsi sempre più furiosamente, quasi fosse la prima volta che il suo cuore iniziava a battere. I battiti aumentavano, il respiro era mozzato, non capiva perché succedesse ma riusciva solo a tenere gli occhi spalancati e fissi a riflettere la luce di quello che lui e Nathan credevano essere il Sole e… E a sentire il pianto di un neonato, la cui figura apparì a mezz’aria, illuminata dalla luce color oro, la quale l’avvolse completamente.
-A-Arthur vieni via di lì!- Gli ordinò Scozia, riprendendosi dallo stupore, andando a scansare il fratellino. Nello stesso momento, tutto l’incanto si dissolse e la luce sparì, lasciando a mezz’aria una bambina coperta di soltanto un candido vestito color oro, e che cadde rovinosamente addosso a Nathan, tra le sue braccia.
E lì, calò il silenzio: la piccola, castana e dagli occhi blu, fissò Nathan negli occhi, il quale la guardava attonito, prima di iniziare a dimenarsi e a scalciare –MOLLAMI SUBITO, IDIOTA!-
Sbuffando, lo scozzese la lasciò cadere a terra, semplicemente allargando le braccia.
-Idiota, non devi trattarla così!- Gli urlò contro Arthur, da sotto la bambina, che gli era caduta addosso. Lei lo guardò rialzandosi e sorrise non appena incrociò il suo sguardo –ARTHUR!-
-M-mi conosci?-
-Certo! Non so come, ma ti conosco- Affermò tutta felice la piccola, per poi rivolgere un’occhiataccia a Nathan –E conosco anche lui, mio malgrado…-
Il rosso fece finta di non sentire e si chinò all’altezza dei due bambini più piccoli –E tu chi saresti?-
-A dire il vero, non lo so… Tutto quello che so è che devo stare con Arthur-
-Magari è una tua futura città o regione- Ipotizzò Nathan. Il biondo scosse il capo, toccandosi il petto “No… Lei è il mio cuore…”
 
Siamo indivisibili, siamo uguali e fragili
Siamo già così lontani
 
-Oh, e questa sarebbe Londra? Mais elle est tres belle! Come ti chiami, cherie?- Chiese con gli occhi luccicanti il francese, mettendola a terra, sotto gli sguardi a dir poco omicidi dell’inglese, che come sempre ignorava bellamente. –Non lo so, non ho ancora un nome umano- Affermò a cuor leggero Londra: per lei non era così importante al momento, non ci aveva mai dato particolarmente peso alla cosa –Piuttosto…mi piace come parli, sai?-
-Oui? Ah bien!- Tenendola in braccio, si scostò di lato per vedere Arthur e sorridergli amabilmente –Oh ma sai che non ti somiglia per niente?-
-STA ZITTO E METTILA GIÙ!- Prima che partisse all’attacco, intervenne Londra –Mi piace quella parola……Ehmmm…Cherie, giusto?- Incredibile ma vero, quella parola l’aveva pronunciata proprio un’inglese e con perfetta pronuncia francese! Francis la mise giù, ammirato, mentre Arthur la raggiunse squadrandola da capo a piedi attentamente dicendo tra sé e sé –L’HA FRANCESIZZATA! E ora chi lo sente quel Baka di Nathan! Maledetto Francia, lascia in pace la mia capitale!-
-Sai, ho un nome per te, petite… Mi ispiri molto……CHARLOTTE!- Esclamò, probabilmente ispirato dai suoi dolci occhi color mare e dalla sua espressione innocente, almeno in apparenza. La castana annuì freneticamente, voltandosi verso Arthur –ARTHIE ARTHIE~ I’M CHARLOTTE! Suona bene, no?-
Il bambino, completamente pietrificato se possibile, non annuì né negò, ma come si dice: chi tace acconsente.
 
Siamo gocce di un passato che non può più tornare
Questo tempo ci ha tradito, è inafferrabile
 
Lei non parlava. Erano tre anni che era con lui, Erin e Nathan, eppure “Londinium” non parlava, rideva e piangeva, ma non spiccicava parola. furono i suoi singhiozzi e vegliare la piccola Nazione, che si mise a sedere strofinandosi gli occhi –Cosa c’è?-
La piccola, tirò su col naso abbracciandolo, il che voleva dire che aveva fatto un brutto sogno… Almeno, era ciò che dedusse Inghilterra, il quale sospirò cercando di calmare la sua capitale. Però sembrava volergli dire qualcosa… Ma cosa?
La verità era che aveva fatto un incubo a dir poco tremendo (Per lei, vedere morire lui, Nathan ed Erin, era terribile, dato che erano le persone che conosceva fin da quando poteva ricordarsi) e ora aveva timore di addormentarsi e rifarlo.
Deciso a farla tornare a letto, si alzò e la prese per mano, guidandola verso un vasto prato; forse, una passeggiata le avrebbe fatto bene. Ma ad attenderli, c’era un altro spettacolo. Non appena i due bambini arrivarono, subito notarono dei luccichii strani librarsi nell’aria con leggiadria. 
-Guarda- Indicò i bagliori con il dito, e uno di loro volò vicino al viso di Arthur, che indietreggiò di scatto e poi sbuffò indispettito. Sentì Charlie ridere, e in effetti, lo ammetteva, quegli esserini erano bellissimi! Sembravano fate, creature magiche e che solo le persone speciali e con un qualcosa di magico nel cuore possono vedere. 
-Sono belle, eh?- Strinse la manina della sua capitale, la quale aprì la bocca e… -LUCCIOLE!- …e parlò.
 
Le promesse sono infrante, come pioggia su di noi
Le parole sono stanche, so che tu le ascolterai
 
E poi, si svegliò. Come sempre.
E si ricordò di non vivere in quei “sogni”, e che, in quel momento, qualcosa di terribile stava succedendo.
 
Aspettiamo un altro viaggio
Un destino, una verità
 
-Devi resistere, capito? Tu puoi farlo!- Disse piangendo a dirotto una voce, tanto lontana eppure tanto vicina.
“Di chi è questa voce?” Pian piano, tornò alla realtà, la dura e fredda realtà “Oh, è la voce di Cherol…” –E-ehi, non devi piangere, capito?- Mormorò a mezza voce, respirando affannosamente, sudata.
Cosa accadeva? Semplice, aveva preso la peste. Ancora non era finita, la grande epidemia che aveva messo in ginocchio l’Europa, non era ancora svanita.
Perché quel momento non le faceva paura?
Perché il suo cuore, così le sembrava, batteva forte anche se a breve si sarebbe fermato?
-Caren, non andare… Non devi, non puoi!- Erano parole insensate, questo lo sapeva bene, però non poteva accettare quella situazione, non poteva accettare quel futuro.
Futuro che, Caren invece aveva già accettato.
Francis poggiò le mani sulle spalle tremanti della mora, abbracciandola e cercando di non permetterle di guardare la sua migliore amica morire.
Avrebbe potuto sorridere: infondo Caren non stava morendo, stava solo per tornare ad essere Charlotte. Però era la seconda volta in sedici anni che la vedeva chiudere gli occhi.
-C-Caren… De-devo dirti una cosa importante- Disse tra i singhiozzi Cherol, guardandola con la coda dell’occhio, per quanto l’abbraccio protettivo di quello strano uomo che aveva fatto da fratellone a entrambe glielo permettesse –Il ciondolo…- La castana puntò gli occhi sulla collanina ricevuta un anno prima, per il suo quindicesimo compleanno -…non te l’ho regalato io…-
-C-come?-
-È opera del ragazzo dagli occhi verdi- Mormorò, ben sapendo che Caren non aveva dimenticato quegli occhi smeraldini nonostante li avesse visti solo una volta, da bambina.
 
-Hai bisogno di qualcosa?-
Sussultò, alzando lo sguardo sulla figura di una ragazzina dai capelli marroni e gli occhi verdi: era Cherol! –Ma io ti conosco!- Esclamò correndogli incontro –Ma mi… Tu… Non dovresti essere un po’…Sì beh, più vecchio?-
L’inglese boccheggiò e poi si limitò a metterle in mano il ciondolo –Donalo a Caren, ma non dirle che gliel’ho donato io! Intesi?-
La mora guardò stranita il dono –Bien, va… va bene-
 
Caren sorrise –Lo immaginavo, sai? G-grazie…- Le labbra di Francis mimarono “Bonne nuit” e quelle di lei fecero “See you soon”
 

-Arthur? Ehi! Ho fatto un sogno stranissimo, vuoi che te lo racconti?-
-E-eh? Ma dov-C-Charlotte…-
-Sì, è il mio nome… Stai bene?-
-Charlotte!-
-Ehi m-ma che ti prende? non stringere così! Mi strozzi, Baka!-
-WELCOME BACK!-
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
 
Non sono morta, o meglio, QUESTA FICTION non è morta XD E MAI MORIRA’ U_U Perché London non lo merita, lei DEVE continuare a intasare la mia testa *__*
Credo che questa raccolta la farò durare come minimo finché non raggiungerò…Uhhmmm, il letto di morte? *sclera*
OK U_U Ora la smetto.
Bonsoir a tout le mo-Non so come si scriva “mondo” in francese XD
Anyway! Questo capitolo è… è particolare:, una mattina mentre ascoltavo Kokoro dei gemelli Kagamine, mi sono venuti dei flash strani in mente, e ho iniziato a scrivere subito!
Do solo un paio di spiegazioni, right?
Right!
Prima di tutto, si parla della Peste Nera, di cui sicuramente avrete sentito parlare tutti, non ho fatto riferimento alla Peste di Londra (Che avvenne nel XVII secolo mi pare, ma non sono sicura) 
Londra venne bruciata per evitare che la malattia si propagasse per tutto il Regno Unito, e da lì la mia teoria (Ok, di _Charlie Aru, io l’ho approfondita): a ogni Nazione/Stato/Regione/Capitale può accadere di addormentarsi, ovvero di morire temporaneamente, per un certo periodo. Così com’è successo a Londra,, sarà successo a Polonia (So che scomparve per un certo periodo *paura di sbagliare*) di vivere una vita umana per poi morire e risvegliarsi.
Poi, c’è un pezzo dove praticamente si narra la nascita di Charlotte, ma non è completo come pezzo, ho il documento World salvato, sarà il prossimo che posterò (Non appena vedrò se non ho sbagliato qualcosa) e… Oh sì! lì si spiega anche perché la capitale inglese abbia un nome francese (O francese/inglese XD d’altronde lo si può pronunciare in entrambi i modi) and… Beh, nella parte con le lucciole, credo di aver immaginato(??) il momento in cui Arthur si appassionò alla magia e la prima parola di Londra (Charlotte, i primi tre anni di vita non parlò – A parte i primi cinque minuti XD credo)
E infine, Erin e Nathan: non sono altri che Irlanda del Nord e Scozia. Tanto per precisare U_U
Beh, grazie ancora ^^ a chi ha letto e a chi recensirà (Fanno sempre piacere eh? ewe)
A PRESTO
 
Sol Soniador F. Jones

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Capitolo 15
*** This isn't an ordinary love, this is true and eternal love! (15) ***


La trepidazione di Londra era a dir poco evidente, la capitale britannica non la smetteva di fremere gironzolando attorno all’ingegnere, fermandosi ogni due secondi a controllare cosa stesse facendo, curiosa.
-Allora? Quando procediamo?-
L’uomo, il cui nome era Neil Papworth, alzò gli occhi al cielo sospirando per poi guardare divertito Charlotte: altro che infantile, in quel momento pareva ancora peggio di una bambina curiosa che non vede l’ora di scoprire cosa contenga il regalo posto sotto l’albero di Natale.
-Ho finito, tranquilla! Ora, mi sei testimone…- Insieme alle macchine fotografiche puntate su di lui -…Invierò un SMS al mio capo. Il primo SMS della storia!- Esclamò fiero di sé stesso, per poi prendere a scrivere il testo del messaggio.
-Cosa scrivi?-
-Questo è un segreto, lo scoprirai a tempo debito- Le rispose l’uomo, sudando freddo quando, senza esitazione, premette il tasto “Invio” sulla tastiera del suo computer.
 
Faceva avanti e indietro per lo studio del presidente di quell’azienda, non si sarebbe mai trovato lì se non fosse stato che a breve avrebbe assistito alla ricezione di un messaggio.
E non un messaggio qualsiasi, diamine!
Nessuno sapeva cosa ci sarebbe stato scritto in quel messaggio, forse un qualcosa di importante dato che Neil non aveva detto né a lui e né a Charlotte cosa avrebbe mandato al suo capo.
-Arthur se continui così finirai col consumare il pavimen…- Il castano s’interruppe quando il cellulare, posto sulla scrivania davanti a lui, emise quel suono caratteristico.
Short Message Service, in codice morse.
Arthur si fermò di colpo per poi affiancarsi al destinatario dell’SMS, gli occhi fissi sul piccolo display.
-Si sbrighi, cosa dice il messaggio?- Domandò curioso, gli occhi color smeraldo brillavano pper la curiosità e l’orgoglio che sentiva.
Il tutto però mutò in un’espressione perplessa, accompagnata dalla risata gioviale del direttore della Vodafone.
-M-Ma…-
-Che pensiero gentile- Commentò l’altro.

 
Era il 3 dicembre 1992.
E veniva inviato il primo SMS della storia, con su scritto: “MERRY CHRISTMAS”.


 
 
-Arthur…-
-Non dirmelo, lo so. Anche io mi aspettavo qualcos’altro.-
-Già.-
-Comunque…-
-Mh?-
Il biondo scosse il capo arrossendo lievemente –No, niente, niente.- e fece per andarsene, lo sguardo chino sul telefono e il pollice che dava l’invio.
 
S . . . M - - S . . .

 
Charlotte tirò fuori dalla borsa il piccolo telefonino, visualizzando l’SMS; strano, non si aspettava di riceverne, né tantomeno da…
-Arthur!-
L’inglese fece finta di niente e chiuse la porta alle sue spalle, un lievissimo sorriso ad increspargli le labbra al leggere in risposta un “Anche io ti amo, ma che ne dici di rientrare e dirmelo di persona, fessacchiotto?”
 
* * *
 
-Diceva… “Merry Christmas?”- Mormorò perplesso quanto divertito Alfred, allontanando per un momento la cannuccia dalle sue labbra e soffocando una risata.
-AH! Non c’è storia!- Ribadì ridendo orgoglioso, battendo le mani sul tavolo -Noi inglesi siamo i migliori! Lo sai quanti ragazzini hanno un cellulare e “messaggiano” 24 ore su 24 oggigiorno?-
Il biondo fece finta di pensarci, anche male, avrebbero detto i due americani -Uhhhm... Ah si! MILIONI!-
Esclamò per poi ridere, era particolarmente fiero di se stesso, così come Londra che rideva, sì, ma non per fierezza ma al pensiero del fatto che il primo SMS mai inviato aveva avuto lo scopo di dare gli auguri di Natale a qualcuno!
-Inghilterra, tu e Charlotte ce l’avete ancora con me per la storia della televisione?-
E come California aprì bocca, calò il silenzio.
 


 
  
ANGOLO AUTRICE
Beh, salve gente, come va? Spero vi piaccia questo capitolo, stamane facendo informatica e dovendo fare una piccola presentazione sugli SMS ho scoperto ciò che ritrovate nel capitolo e… Boh, anche se non mi pare un granché, ecco nascere il capitolo.
Ecco, una spiegazione all’ultima parte.

 
" L'inizio della storia della televisione può essere fatto risalire al 25 marzo 1925, quando l'ingegnere scozzese John Logie Baird ne diede dimostrazione nel centro commerciale Selfridges di Londra.
Nella dimostrazione di Baird, le immagini in movimento rappresentavano delle silhouette, cioè avevano solo la doppia tonalità di grigio. La trasmissione a distanza di immagini in movimento con una vasta gamma di grigi, quelle che comunemente chiamiamo in bianco e nero, riuscì a realizzarla il 2 ottobre 1925.
Il 26 gennaio 1926 Baird diede una nuova dimostrazione pubblica di televisione nel suo laboratorio di Londra ai membri del Royal Institution e alla stampa, appositamente convenuti.
Nel 1927 trasmise la televisione da Londra a Glasgow (700 km di distanza) attraverso una normale linea telefonica in cavo. Nel 1928 realizzò la prima trasmissione televisiva transoceanica, da Londra a New York. Sempre nel 1928 riuscì a trasmettere le prime immagini a colori.
La televisione di Baird fu in seguito definita televisione elettromeccanica perché l'apparecchio di ripresa delle immagini e quello di visione si basavano su un dispositivo elettromeccanico inventato il 24 dicembre 1883 da Paul Gottlieb Nipkow, il disco di Nipkow. Fu definita elettromeccanica per differenziarla dalla televisione elettronica inventata negli anni seguenti e tuttora utilizzata.
La televisione elettromeccanica era una televisione ancora ad uno stadio embrionale che si diffuse solo in alcuni Stati del mondo e in aree geografiche molto limitate.
Già nel 1939 fu completamente dismessa sostituita dalla televisione elettronica.
La televisione elettronica fu realizzata per la prima volta il 7 settembre 1927 dall'inventore americano Philo Farnsworth nel proprio laboratorio di San Francisco.
"


 
Opinione di Londra in merito:
- Ti odio, California. –
- Oh, my dear, anche io sai? –
- No ma sul serio, eh? –
- …È per la storia della televisione? –
- GYAAAHHHH!! - 

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Capitolo 16
*** Closure ***


Questo è l'ultimo pezzo di un grande puzzle, la mia closure.
Sono passati sei anni dalla prima volta in cui ho scritto di Arthur e Charlotte,
e a ognuno di essi ho dedicato cento parole.
Vi invito a leggerle con tutto il cuore.
Soleil

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1) ACCEPTANCE

In qualsiasi relazione che si rispetti è importante accettarsi l'un l'altro. Questo include anche le più piccole stranezze e abitudini e, davvero, Charlotte non ha mai avuto il minimo problema; in fondo sono letteralmente secoli che conosce Arthur, ma questa stupida vendetta a base alchemica ha fatto piovere merluzzi su Edimburgo, per Dio!
«Ho già detto a Scozia di prendersela col figlio dei fiordi, che altro dovrei fare?»
Charlotte alza il cappuccio del mantello e si volta. Dopo pochi istanti ecco uno SCHIAFF! seguito da un:
«Fuck!».
«Potresti iniziare bollendo le uova senza magia, Potter!» esclama Londra, scoppiando a ridere. 


 

2) FAREWELL

«Dove pensi che vadano, dopo essere morti?» chiese sottovoce Londra il giorno in cui Giovanna d'Arco era stata arsa viva. Aveva un'espressione neutra che faceva calare sui suoi occhi un'ombra grigia degna dei cieli autunnali e dimostrava quanti secoli avesse già visto trascorrere.
Inghilterra fu tentato di prenderla per mano, ma non lo fece.

«Con un po' di fortuna non lo scopriremo mai.» rispose, voltando il capo di modo da non incontrare lo sguardo della sua capitale.
Nonostante tutto, Londra pensò di non aver mai sentito la voce di Arthur così vicina alla fragile natura umana come in quel momento.

 

 

3) APPEAL

Charlotte è una che si perde facilmente a fissare la gente.
«Charlie, sveglia!» Ma basta uno schiocco di dita per riaverla nel mondo reale. «Perché mi guardi a quel modo?»
«I tuoi occhiali...»
«Scusa?»
«Perché diavolo ti stai scusando? Sei così carino! Creerò una petizione per farteli indossare tutti i giorni!»
«Oh, Dio.»
«E poi ce ne sarà una per un audiolibro di te che leggi Shakespeare. Perché non ti dai a queste cose? Hai una voce da orgasm»
«Potresti smetterla?»
«Ci sto provando!»
Arthur trova Charlotte adorabile, ma a volte la si dovrebbe lasciare vagare nel suo mondo.
 
 

4) COMPANIONSHIP

Inghilterra era una persona così difficile da avvicinare ¬ e dunque amare ¬ per svariate ragioni; il suo caratteraccio in primis.
Insomma, c'era indubbiamente del buono in lui, aldilà delle apparenze, ma si doveva essere disposti a scavare per trovarlo, perché Arthur era strano e complicato.
Charlotte era perfetta per lui: la gente pensava che avesse una linea metropolitana anche per andare al bagno, si scusava e lamentava nel giro di una sola frase. . . Però era il suo centro, no?
Amandola Arthur amava un pezzo importante di sé stesso, e secondo Francia era un bene, perché tutti meritano quel tipo di sentimento.

 
 

5) HUNGOVER

Non solo le risate sguaiate di Scozia non accennano a voler smettere di tartassarle i timpani, persino Irlanda del Nord sembra divertirsi un mondo!
«Oh, andiamo, non ho bevuto così tanto ieri sera!» borbotta Londra, il naso nascosto dalla sua enorme tazza di té.
«Hai flirtato con Inghilterra.» le spiega Irlanda del Nord, e che la colpisca un fulmine: dov'è la novità?
«È il mio ragazzo!»
«Gli hai chiesto se fosse single e hai pianto quando ti ha detto no.»
Al che persino Galles ride, mentre da sotto un'enorme coperta ¬ dall'altro lato del tavolo ¬ giunge un borbottio di pura stizza.

 
 

6) LULLABY

Londra era sempre stata una città viva e piena di storie.
Non solo storia, no, bensì storie ¬ alcune delle quali tenevano Charlotte sveglia la notte, spesso e volentieri.
Giaceva senza far rumore, chiusa nella sua testa. E l'abat-jour posta dalla parte di Arthur era ancora accesa quando lui, seduto con un libro davanti agli occhi, allungava una mano ad accarezzarle i capelli.
«Like a river flows, surely to the sea... Darling, so it goes... Some things are meant to be.»
E cantava.
«Take my hand... Take my whole life, too. For I can't help, falling in love with you.»

 
 
 



 

Note dell'autrice

Angolo delle precisazioni da persone pignole:

  • La pioggia di merluzzi a Edimburgo è un riferimento al piccolo conflitto ventennale instaurato tra Inghilterra e Islanda. Di conseguenza, con "figlio dei fiordi" Arthur si riferisce al caro Norvegia, che ovviamente non è assolutamente responsabile per il pescizzone (che qualcuno lo dica all'Accademia della Crusca);
  • Inghilterra occhialuto era un must, e fatemi il piacere di verificarlo con una rapida ricerca su Google Immagini perché a dover scegliere una sola immagine da linkarvi potrei invecchiare prematuramente. Se dopo averlo fatto sarete interessati alla petizione di Charlotte, fatevi avanti;
  • Sì, gente, c'è un riferimento a Elvis Presley e no, gente, non me ne pento perché sappiamo tutti che voce abbia Noriaki Sugiyama. C'MON, abbiamo una petizione anche per questo!

( fine dell'angolo delle precisazioni pignole )

Se sei arrivato fin qui, caro lettore, allora dovevi annoiarti proprio tanto!
Scherzi a parte, vorrei cogliere l'occasione per lasciarmi andare ai sentimentalismi e ringraziare ogni singola anima che è stata presente durante questa sorta di viaggio; sul piano delle recensioni così come nel privato della stesura dei vari capitoli e così via.
Sei anni sono un bel po', direi, e a rileggere le boiate che scrivevo all'epoca mi si drizzano i capelli in testa (per questo ho deciso di mettermi a correggere ogni capitolo, in modo da renderlo perlomeno presentabile; il titolo stesso della cambierà, probabilmente).
Come ho già anticipato prima, questa è la mia closure.
Al di fuori di EFP sono successe cose di una certa gravità negli ultimi sei mesi, e da un paio di giorni a questa parte ho pensato a questa raccolta. Ho sentito prudermi le mani perché, per motivi a me sconosciuti, ho perso i contatti con la persona a cui questi sedici capitoli e il personaggio di Londra sono stati dedicati fin dall'inizio. Capita.
Ho pensato: "La storia deve continuare, e se devo chiuderla qui lo farò a modo mio", ed eccomi qui.
Questi sei pezzi di UkLondon stanno a dimostrare che selezionare l'opzione "Completa" nello stato della storia (anche per pignoleria, lo ammetto) non significa porvi fine, perché ci sono un sacco di altre vicende che avevo inizialmente pianificato di scrivere e pubblicare.
Ovviamente io non smetterò di scrivere, questo mai! Potrei ricomparire molto presto nel fandom di Hetalia alle prese con il personaggio di Inghilterra, ma avevo bisogno di rituffarmi per pochi attimi indietro nel tempo, di modo da poter guardare in faccia il passato senza sentire dolore.
Come si dice: don't cry because it's over, smile because it happened.
 
Con affetto,
SOLEIL

 

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