Bones AU

di francy0796
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


PROLOGO
 

Se avesse dovuto descrivere quel posto a qualcuno, avrebbe potuto dire polvere. Polvere sulle strade, sulle macchine, sui vestiti e sul suo letto. Era ovunque ed era così fastidiosa. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter assaporare l’aria di casa, vestiti profumati e una vasca da bagno. Lo desiderava con tutto se stesso. Come desiderava abbracciare i suoi cari e dire loro di stare bene.

“Svegliati!!” una voce prepotente, con un inglese imperfetto, anticipò l’uomo che lo prese su di forza, puntandogli una pistola alla testa, facendolo alzare dal retro del Pick-up e lo fece cadere a terra con violenza, ridendo divertito.

“Bastardo” borbottò il giovane, sputando la sabbia che aveva ingerito.

“Forza alzati!!” lo tirò su con prepotenza e gli indicò la via dove camminare. In silenzio giunsero davanti ad una botola che dava sotto al terreno, sotto a quelle poche abitazioni presenti e notò il grosso lucchetto posto da fuori.

“Ne hai portato un altro?” queste l’unica cosa che riuscì a comprendere da quello che i suoi rapitori stavano dicendo.

“Ranger” sentì dalla voce di quello, suscitando una risata all’altro e facendogli indicare la botola.

“Muoviti” lo spinse ancora e poi, prima che potesse capire qualcosa, si ritrovò scaraventato in un sotterraneo buio e pieno di polvere. Si voltò di scatto, cercando di risalire, ma la botola era stata già chiusa e il rumore del grosso chiavistello indicò che avevano già sigillato l’entrata.

“DANNAZIONE!” imprecò, guardandosi subito attorno, notando la minuscola fessura che faceva entrare luce in quel buco sotterraneo. Corse da un lato all’altro, studiando ogni angolo di quel posto e pensando al modo migliore per scappare.

“Se non ti fermi immediatamente rischi di farmi venire il mal di testa” si voltò di scatto per guardare nel buio della stanza, aggrottando la fronte per riuscire a vedere meglio “E sprechi solo energie inutilmente” disse ancora, costringendolo ad avvicinarsi, constatando che si trattava di una donna dal suono della voce.

“Sei un soldato?”

“No”

“Che ci fai qui?”

“Potrei farti la stessa domanda”

“Io sono un Ranger, certe cose capitano” spiegò.

“Anche se non dovrebbero succedere? Perché sei stato catturato da solo? Dov’è la tua squadra?”

“Cos’è un interrogatorio?”

“No…”

“Allora non dire niente sulla mia squadra” l’avvertì.

“Quanto siamo suscettibili” quella voce gli stava dando sui nervi, alzò le mani, rimanendo seduta nel suo angolo, senza mostrarsi minimamente a lui.

“Sei americana?”

“Si”

“Che ci fai qui?”

“Tu che dici?”

“Devi fare per forza così?” chiese esasperato “Non puoi semplicemente rispondere?”

“Sono stata rapita, meglio?”

“Si” annuì lui, volendosi sedere vicino a lei, colpendo per sbaglio il suo fianco e facendola sobbalzare e gemere per il dolore “Che hai?” la guardò preoccupato, riuscendo ad intravedere la sua figura nella penombra.

“Non è niente” rispose, raddrizzandosi e controllando il suo fianco destro.

“Non mi sembra niente” si avvicinò con una mano.

“Non toccare se non vuoi diventare impotente!” lo fulminò, facendogli ritrarre la mano intimorito da quella donna.

“Volevo solo aiutare”

“Come? Sei un medico per caso?”

“No…ma…ho delle basi di primo soccorso e…”

“Io sono medico, posso farcela da sola, grazie”

“Che caratterino” commentò con sbuffi di ogni genere.

“Non volevo essere scortese” lo guardò seria e con sguardo penetrante “Solo…mi sono appena disinfettata e ricucita la ferita, vorrei evitare di riaprirla per una stupidaggine”

“Queste sarebbero delle scuse?” ridacchiò lui “Come hai fatto a ricucire la ferita?”

“Ti ho detto che sono un medico”

“Che medico sei esattamente?”

“Antropologa Forense” rispose lei.

“Antropologa?” la guardò male “Quella dei cadaveri?”

“In realtà, io mi occupo di ossa” lo corresse.

“Ossa” scosse la testa “Quindi non sei un vero medico”

“Ne so sicuramente più di te”

“Certo” annuì sconvolto da quella scoperta.

“Le ossa rivelano molto più di quello che la gente crede”

“Sicuramente”

“E’ sarcasmo?” lo guardò male.

“Vuoi mettere? La pelle, il cuore e gli organi? Che ci fai con le ossa?”

“Non puoi capire” rispose, iniziando a scrivere su quello che era un piccolo taccuino in pelle, impolverato, con quella che sembrava una piccolissima matita. Il giovane capì che era il momento di rimanere in silenzio e riorganizzare le idee.

“Lo sai che la tua struttura ossea facciale è molto simile a quella di un noto patriota americano? John Wilkes Booth” quell’affermazione gli fece quasi uscire gli occhi dalle orbite per la sorpresa “Ma…come hai detto, le ossa non possono niente rispetto a carne e organi”

“Wow…Bones!!” i due si guardarono sopresi.


ANGOLO AUTRICE:
​Eccomi qui. Ho deciso di fare questa pazie ed inizare a scrivere questa storia su due personaggi che ho sempre amato, soprattutto quello di Bones. Avevo un po' di nostalgia di questa Serie TV e ho voluto fare un omaggio a tutti coloro che hanno lavorato sul set di Bones. 
​Ringrazio tutti coloro che decideranno di dedicare il loro tempo alla lettura di questa mia ff e se volte, lasciate pure qualche commento, sono ben accetti XD. Comunque, grazie ancora...vi do appuntamento alla pubblicazione del prossimo capitolo.
​Baci.
​Francy. 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

 

Dei movimenti insoliti all’interno di quella buca nel mezzo del deserto, fecero destare Booth dal suo sonno tormentato. I suoi occhi, ormai abituati a quella poca luce, focalizzarono la donna che da giorni gli faceva compagnia in quell’incubo. Provò ad alzarsi, ma un forte dolore dietro la spalla sinistra lo fece grugnire e imprecare.

“Il tuo dio ti ha salvato?” la voce della donna lo fece distrarre dal dolore e la ringraziò mentalmente.

“Anche lui, certo” annuì.

“Visto che avete confidenza, perché non gli chiedi di farci uscire di qui?”

“Non funziona così”

“Come no…e cosa dovresti fare? Non è in caso di bisogno che dovrebbe aiutarti?”

“Aiutarci” la corresse “E no…non sarebbe giusto”

“Allora è inutile” sbuffò, continuando ad avanzare avanti e indietro per la stanza.

“Mi arrendo…perdonala” disse, guardando in altro e concentrandosi sulle sue azioni “Che stai facendo?”

“Non penserai mica che voglio restare qui a morire?” lo guardò con occhi seri e determinati.

“Verranno a prenderci…il mio plotone non mi lascerebbe nelle loro mani” le ricordò i discorsi fatti in quei giorni.

“Sono passati tre giorni da quando sei arrivato tu e quattro da quando sono arrivata io, entrambi abbiamo delle ferite che potrebbero essere infette, abbiamo bisogno di medici e medicine…ma soprattutto, dobbiamo tornare a casa vivi”

“Non possiamo aspettare un altro giorno?”

“NO!” rispose secca “Non possiamo!”

“Perché sei tanto convinta che moriremo?” il suo istinto gli disse che la donna stava nascondendo qualcosa “Allora? Siamo una squadra o sbaglio?”

“Gambe storte ha detto che devono spostare il campo e i militari, uccideranno tutti gli ostaggi per non causare rallentamenti o problemi” spiegò.

“Come lo sai?”

“Sai…io parlo diverse lingue, tra queste anche l’Arabo, quindi…”

“Sei sicura di aver sentito questo?”

“No…ho sentito che ci faranno saltare la testa all’alba di domani” gli disse seria, diretta e concisa.

“Ok…ok…ho capito, moriremo se non facciamo qualcosa” alzò le mani e si avvicinò dolorante fino a lei, guardando quello che guardava lei.

“Se dovesse andare male…” la donna si voltò verso di lui con occhi preoccupati “…è stato un piacere conoscerla Sergente Booth” allungò una mano.

“Anche per me…Bones” sorrise a quel nomignolo che le aveva dato e che lei sembrò accettare subito dopo qualche esitazione inutile “Che stai studiando?”

“Questo” gli passò il taccuino sul quale aveva lavorato tutti quei giorni.

“Che cos’è?”

“I tre uomini che si occupano di noi giornalmente” spiegò.

“E che ci importa di loro?”

“Ci importa…ognuno di loro verrà questa sera per l’ora di cena e noi dobbiamo sfruttare questa opportunità e sfruttare ognuno di loro” gli spiegò, prendendo l’oggetto tra le mani ed iniziando a sfogliarlo, spiegandogli a bassa voce ogni cosa.

“Il primo che arriverà è il carceriere” lo definì Booth “E’ lui che ha le chiavi, no?”

“E’ esatto…lui aprirà il lucchetto, entrerà per insultarci e uscirà, chiudendo solo il chiavistello e non il lucchetto” gli fece notare lei, con grande sorpresa da parte sua.

“Come fai a dirlo?”

“Ci sono tre suoni quando si apre la prima volta e si chiude l’ultima…apertura lucchetto, il lucchetto tolto e il chiavistello sfilato” gli fece notare.

“E allora possiamo uscire”

“Non così in fretta” frenò subito il suo entusiasmo “Tre minuti dopo, arriverà il tipo che ci porta il cibo ogni sera e anche lui chiuderà solo il chiavistello” spiegò.

“Deduco che non usciremo neanche adesso”

“No…infatti” annuì lei “Il terzo che entrerà è il tipo che, come sempre controllerà che noi siamo rimasti qui dentro e farà cenno al primo di chiudere il lucchetto”

“E cosa proponi di fare?” lei indicò le travi di legno poste sopra le loro teste.

“A che ci servono? Vuoi far crollare questo posto?”

“Ma no!!” lo guardò male “Osserva meglio…osserva gli spazzi tra le travi, noi possiamo benissimo arrampicarci e nasconderci tra di esse e simulare una fuga, ma nella realtà non siamo scappati” gli fece notare e lui, iniziò a realizzare ogni parte del piano.

“A quel punto quello diramerà uno stato di allerta e chiamerà la cavalleria, prenderanno tutte le vetture e noi avremmo via libera, a parte qualcuno di quei soldati che rimarranno di guardia” annuì lui, complimentandosi “Quanto tempo abbiamo tra quando se ne va l’omino del cibo da quello del controllo?” chiese curioso.

“Otto minuti” rispose, controllando i suoi appunti”

“Dobbiamo solo sperare che rispettino queste tempistiche” annuì Booth.

“Forse hai un piano migliore?” lo guardò contrariata da quella frase.

“No, ma non ho detto che non era una bella idea” le fece notare.

“Quindi?”

“Operazione fuga in atto” rispose, tornando alla sua postazione comoda, pronto ad immagazzinare tutte le energie che, sapeva, sarebbero servite per quella fuga.


ANGOLO AUTRICE:
​Sono tornata con un nuovo capitolo, spero possa piacervi. Grazie per continuare a leggere la mia ff. Il nostro appuntamento è al prossimo capitolo, che pubblicherò al più presto. 
Baci.
​Francy :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


“Via libera” Booth fece cenno alla sua partner dall’uscire da quel posto maledetto ed insieme corsero via nella notte. Non si resero conto di quanto avevano corso e per quanto tempo. Quando si resero conto di essere da soli nel deserto più desolato rallentarono fino a camminare. Avevano il fiatone, ma una risata da parte di entrambi ruppe il silenzio.

“Quanto cavolo abbiamo corso? Non mi sento più le gambe” ansimò Booth.

“Molti chilometri, mi dispiace, non sono stata a contarli” questa risposta lo fece ridere ancora di più.

“Perché, in caso contrario avresti calcolato la distanza percorsa?”

“Si…Beh…in base alla velocità, al percorso e…”

“Ho capito…ho capito” la fermò subito “Saresti capace di calcolarlo” alzò le mani in sua difesa.

“Che facciamo ora?” chiese lei, guardandosi intorno e vedendo solo il cielo buio e il contorno delineato della strada e delle montagne attorno a loro.

“Per dove andiamo?” si guardò l’orologio da polso che aveva in dosso.

“Perché guardi l’ora?”

“L’ora?” ridacchiò lui, facendogli vedere “Bussola…seguiremo la direzione per tornare al campo” rispose.

“Come facciamo a seguire le indicazioni per il campo se non sappiamo neanche dove siamo?”

“Andiamo a sud…per ora…ci stiamo avvicinando troppo alle montagne, la base più vicina è a sud” rispose lui “E poi sono un ranger”

“E questo che c’entra?”

“Non discutere e seguimi” ordinò, avviandosi per la strada battuta.

Camminarono per quelle che sembrarono ore e ore, sentendosi stanchi, assetati, affamati e doloranti.

“Guarda!” Bones indicò un veicolo abbandonato dei militari americani.

“Potrebbe essere una trappola…aspetta” la precedette e controllò lui stesso il veicolo.

“Allora?”

È libero…devono averlo abbandonato perché non funziona più” rispose lui, riuscendo dal veicolo.

“Bene, avremo un posto in cui dormire un po’ e riposarci prima di ripartire” propose lei.

“Non credo sia sicuro restare qui”

“E pensi che lo stare in strada, in campo aperto, disarmati e sfiniti sia sicuro?” annuirono insieme, Booth entrò nel veicolo, fece entrare anche lei e fece scattare tutte le sicure.

“Questo è un veicolo militare, no?” iniziò a cercare qualcosa in diversi scomparti.

“Si…e allora?”

“Ci sarà qualcosa che possa esserci utile” rispose, trovando qualcosa in diversi di quelli.

“Che hai trovato?”

“Carne in scatola” rispose lei, mostrando le quattro scatolette “E due bottiglie d’acqua” passò anche quelle “E delle barrette ai cereali”

“Altro?” ridacchiò lui, poggiando tutto sul sedile.

“No…non ci sono posate” fece spallucce, tornando a sedeere.

“Dico che ho fame, molta…fame e non me ne importa niente” aprì una delle scatolette e si mise a mangiare di gusto, contando che i loro ultimi pasti erano una sbobba di farina e una fetta di pane.

Un quarto d’ora dopo, non c’era più niente da mangiare e sembravano soddisfatti e pronti per chiudere occhio per qualche ora.

“Posso?” Bones indicò la ferita che aveva alla spalla.

“Devi proprio?”

“Vorrei disinfettare la ferita” rispose lei, mostrandogli il kit di primo soccorso trovato, nonostante fosse rimasto solo alcol e garze.

“Devi proprio?”

“Se vuoi puoi morire di qualche infezione e ne girano tante da queste parti”

“Va bene…ma fai in fretta” le chiese, togliendosi la maglietta e girandosi di spalle.

“Non ti farò male” sussurrò.

“E’ Alcol…sicuramente vedrò le stelle”

“E’ antropologicamente impossibile vedere le stelle per il dolore, perché dovresti? Dovresti essere catapultato nello spazio per vederne una da lontano, dico che…”

“Non vedrò le stello, ho capito…ora sbrigati, che devo dormire” ordinò, sentendo subito dopo il dolore pulsare sulla spalla e strinse i denti.

“Vuoi che faccia lo stesso con la tua?” chiese lui, voltandosi e indicando il suo fianco, coperto da una camicia strappata.

“Faccio da sola, non c’è problema” rispose, alzandosi la camicia e mostrando una ferita ricucita alla perfezione, constatando che non c’era luce in quel buco.

“Mi dispiace…ora tocca a me” le prese l’alcol dalle mani e una garza pulita. Lei non controbatté e lo lasciò fare. Controllò ogni suo movimento. Nel momento in cui l’alcol toccò la ferita strinse i denti, ma non uscì alcun verso dalla sua bocca.

“Potevi urlare, non mi sarei scandalizzato” ridacchiò Booth, fissando la garza con del nastro ai lati del bendaggio.

“Non ce n’era bisogno” rispose lei, fissando meglio la benda e i nastri, tenendo con una mano, la mano che aveva scostato. Il suo sguardo corse da quella stretta fino a salire a guardare il suo sguardo penetrante. Lui riuscì a vedere per la prima volta quegli occhi blu acquamarina che gli sembrarono stupendi ed incredibili, due gocce di oceano erano davanti a lui. Poi il fuoco si accese e tutto sembrò passare in secondo piano, la fuga, le ferite, il dolore…tutto.

 ​Eccomo nuovamente, spero vi stia piacendo questa storia. Vi aspetto al prossimo capitolo. XD
​Francy.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


“Questo fa veramente schifo” quattro uomini erano attorno ad una rientranza nel terreno.
“Concordo…e non c’è niente che io possa fare per aiutarti” rispose una donna, riuscendo da essa con una tuta intera.
“Come niente?” quelli la guardarono sbalorditi.
“Niente…”
“Ma tu non sei uno di quei genietti del Jeffersonian?” chiese uno di loro.
“Booth…sono qui da poco e sono un patologo…qui…non c’è abbastanza carne per dirvi qualcosa di certo…posso solo dirvi che si tratta di un uomo” spiegò, tornando dalla sua valigetta.
“E quindi? Lasciamo decidere al caso?” la seguirono tutti fino al suo furgone.
“No…il caso qui non c’entra…c’è una persona nel mio gruppo di genietti” imitò le virgolette “è un po’ particolare, ma sono sicura che vi sorprenderà” rispose, guardandoli tutti.
“Io me ne lavo le mani” due degli agenti se ne andarono insieme.
“Veramente?” l’uomo si voltò verso di loro.
“Anche io Booth…divertiti” il terzo gli lasciò il fascicolo tra le mani e se ne andò a sua volta.
“Alle nove, domani mattina al Jeffersonian” ordinò la donna, lasciandolo solo, accanto ad una fossa.
“Fantastico” a sua volta entrò nel suo SUV e se ne andò, lasciando gli addetti a spostare i resti e raccogliere le prove.
 
Il mattino seguente, puntuale come un orologio svizzero era all’ingresso del Jeffersonian con il fascicolo del caso e un caffè.
“Puntuale come sempre, eh?!” la voce della sua amica lo fece voltare verso le scale.
“Cam…non dovresti essere ad esaminare i resti?” chiese lui.
“Ti ho detto che avrei assegnato qualcuno di più esperto e indicato di me per questo” gli ricordò.
È vero” annuì lui “Quindi?”
“Ci ha lavorato tutta la notte” rispose “Appena hanno portato il corpo ha iniziato a lavorarci e ha scoperto, diverse cose e i suoi assistenti l’hanno aiutata” rispose.
“Quindi?”
“Quindi seguimi e potrai ringraziarli” rispose, andando verso gli ascensori.
Arrivarono ad un piano con macchinari e attrezzature di ultima generazione. Davanti c’era una piattaforma enorme dove erano posizionati dei resti di uno scheletro e tre persone attorno ad essi.
“Ragazzi…lasciate che vi presenti l’agente speciale Booth dell’FBI, è assegnato al caso che state seguendo” li fece voltare tutti. Booth li squadrò subito. Una donna, alta, molto bella…aveva un blocco tra le mani; un uomo, capelli ricci e biondi e lo sguardo curioso. Il terzo di loro era un ragazzino, non più di venticinque anni, i capelli scomposti e lo sguardo spaesato.
“Agente Booth, le presento alcuni dei nostri tecnici e collaboratori” indicò i tre “Angela Montenegro, la nostra artista e addetta alla parte informatica, Jack Hodgins, il nostro entomologo ed esperto di fango e insetti, e per finire Zac Addy assistente di antropologia” li presentò.
“Salve”, lo salutarono insieme.
“Salve…chi di voi è l’esperto che mi aiuterà nel caso?” chiese curioso.
“Nessuno di loro Booth” rispose Cam.
“Scusami?”
“Loro sono parte del gruppo…” rispose, rivolgendosi ad Angela “…dov’è?”
È andata un momento a cambiarsi…l’ho trovata addormentata nel suo ufficio quando sono arrivata” rispose lei.
“Non è andata a casa?”
“No, sai com’è fatta quando il lavoro la prende” le ricordò, facendola annuire con rammarico.
“Si…fatemi sapere se ci sono novità” una voce davanti agli ascensori attirò l’attenzione di tutti e, di conseguenza, quella dell’agente che si trovò a guardare le spalle di una donna dai lunghi e mossi capelli castani.
“E’ lei” indicò Hodgins.
“Finalmente” Booth scese le scale per raggiungerla, gli sembrava brutto chiamarla da li “Mi scusi” attirò l’attenzione della donna che chiuse una telefonata e si voltò verso di lui. I loro sguardi sembrarono far cadere un fulmine tra di loro che li lasciò impietriti e disorientati.
“Booth?!” sussurrò sorpresa.
“Bones” la imitò lui, non sapendo cos’altro dire.

Angolo autrice:
​Grazie a tutti coloro che mi stanno seguendo e che continuano a leggere la mia storia. Appuntamento al prossimo capitolo, vedrò se pubblicarlo domani o comunque a breve.
​Francy.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


I loro occhi non si erano distaccati neanche per un momento da quell’incontro imprevedibile e scioccante.

“E lei sarebbe?” Brennan subito aggrottò la fronte e lo squadrò da capo a piedi.

“Io sono…” si schiarì la voce “…agente speciale Seeley Booth FBI e lei è la Dottoressa Brennan” annuì lui.

“In persona…ha già conosciuto il mio staff?” chiese, iniziando a camminare per raggiungere gli altri senza guardarlo più e lui non poteva dire se era un bene o un male.

“Si…poco fa” annuì lui.

“Ottimo, iniziamo il briefing, così vado a fare colazione” si infilò un paio di guanti e raggiunse la piattaforma “La vittima è un uomo sulla trentina, caucasico…morto per un colpo d’arma da fuoco al torace…notare le lesioni in queste costole” indicò i punti di cui parlava “Prima, però…devono averlo investito con un veicolo…una macchina”

“Come fai a dirlo?”

“Per le lesioni alle rotule e al femore” rispose Zack, facendo annuire la dottoressa.

“Esatto, Dr. Addy…” annuì “Hodgins, ora del decesso?” chiese al collega.

“Analizzando le mosche presenti sul cadavere, dico che è morto cinque giorni fa” rispose.

“Hai trovato qualcosa sui vestiti o sul terreno circostante?”

“Non molto, solo un particolato incastrato tra le trame dei pantaloni, probabilmente uno di quegli adesivi da paraurti, sto ricostruendo il disegno che c’era sopra” rispose.

“Angela?”

“Si…ho fatto una ricostruzione del volto della vittima secondo i parametri che mi hai dato” picchiettò sulla tastiera vicina e aprì diverse schede sul monitor “Ora che ho l’accesso da parte dei Federali al database, posso confrontarlo” rispose, inserendo tutti i dati.

“Quanto ci vorrà?” Booth si era appuntato ogni cosa.

“Un po’…se vuoi posso mandarti tutto sul cellulare”

“Sarebbe fantastico, devo vedere il mio capo tra venti minuti” si guardò l’orologio.

“Allora tranquillo, te li mando appena ho una corrispondenza” garantì la donna.

“Grazie…buon lavoro ragazzi” salutò tutti, fermandosi a guardare un po’ troppo a lungo Brennan e poi se ne andò.

“Credo che tu abbia appena fatto colpo Tempie” ridacchiò Angela, suscitando la medesima reazione anche in Cam. Brennan non rise, invece, e non proferì parola, solo la sua testa sapeva.

 

“Brian Thompson, trentacinque anni, investito e poi ucciso con un colpo d’arma da fuoco”

“Hai già un sospettato?”

“Si, ma non ho le prove per poterlo accusarlo”

“Non hai appena detto di collaborare con il Jeffersonian? Possibile che non ci siano prove?” lo guardò male il suo capo.

“Dovrei portarmi uno di loro con me, ho il tuo consenso?”

“Si…”

“Allora porterò Camille Saroyan” rispose, in procinto di uscire dalla stanza.

“No…porta la dottoressa Brennan” ordinò lui, facendolo morire dentro.

“Perché?”

“L’FBI cerca una sua collaborazione da tempo, se questa cosa va a buon fine potremmo dare una svolta al nostro lavoro Booth” rispose lui.

“Vuole che la faccia partecipare attivamente al caso?”

“Si…e mi raccomando, è sotto la tua responsabilità” lo informò, indicandolo.

“Perfetto” non era sicuro di quello che sarebbe successo.

 

“Non posso venire con te” Brennan continuò a scrivere sul suo computer.

“Sono ordini dai piani alti Bones!! Quante volte devo ripetertelo per farti alzare da li?”

“Primo…non chiamarmi Bones, sono la Dottoressa Brennan, secondo…non si tratta del mio capo…non avete degli scienziati all’FBI?” lo guardò infastidita.

“Ma non hanno richiesto una persona casuale…hanno richiesto te!”

“Chi mi dice che non ci hai messo mano tu in questa decisione?” lo sfidò.

“Io…”
“Booth…come mai ancora qui?” Cam entrò nella stanza, interrompendo quello scambio di battute pungenti.

“Ronalds ha ordinato di portare con me Bo…Brennan per una consulenza” rispose lui.

“E perché siete ancora qui?”

“Lei dice di non volerlo fare” rispose, facendo sorprendere Cam, che guardò la donna.

“Dottoressa Brennan…non può rifiutare un ordine dal capo dell’FBI”

“Non è il mio capo” rispose concisa.

“Io si…e ti ordino di andare con l’agente Booth” ordinò.

“Ho del lavoro da sbrigare e delle ossa da ricostruire”

“Quelle dell’ittita appena rinvenuto in una fossa?” la vide annuire “Potranno aspettare qualche altro giorno per essere esaminate, in più c’è il Dr. Addy che se ne occuperà fino al suo ritorno”

“Ottimo…quindi, posso portarla via?” chiese entusiasta Booth.

“Si…e riportamela intera” lo ammonì.

“Non sono un’oggetto” si alzò arrabbiata “Perché non me ne sono rimasta in Malesia?” uscì dalla stanza con passo veloce.

“Buona fortuna!” sussurrò Cam, salutando l’agente che stava seguendo la dottoressa sconsolato.

 

“Secondo voi si conoscono già?” Zack alzò gli occhi dalle ossa che stava studiando.

“Booth e Brennan?” Hodgins rise divertito “Non credo”

“Però ho notato che lui non riusciva a toglierle gli occhi di dosso” commentò Angela con un sorriso che la diceva lunga “E anche lei sembrava attratta”

“Sono due belle persone…è normale, credo” Zack tornò a studiare le ossa.

“Quanto ci scommettete che finiranno a letto insieme?” propose Hodgins, tirando fuori una banconota.

“Jack?!” lo riprese la sua donna.

“Oh…andiamo tesoro…sarà divertente!” le fece l’occhiolino, facendola ridere.

“Io ci sto” annuì Zack.

 

“Puoi almeno concedermi che esisto?!” Booth ruppe il silenzio imbarazzato che era calato su di loro.

“Cosa vuoi che ti dica?”

“Non so…che bello vederti!” propose lui.

“Sbaglio o avevamo detto di far finta di non conoscerci se ci fossimo rincontrati?” lo guardò sbuffando.

“Io…non è colpa mia”

“Sbrighiamoci a chiudere questo caso, così ognuno tornerà al proprio lavoro senza incontrarci” propose lei.

“Non penso sarà così facile”

“Che intendi?”

“Il mio capo mi ha detto di portarti con me per inaugurare una nuova collaborazione, con te come mia partner in casi complicati e che necessitano delle tue competenze” la informò, facendola voltare incredula.

“Che cosa?!”

“E’ così” annuì Booth, sapendo che sarebbe caduto un fulmine per ucciderlo.

“Sarei dovuta restare veramente in Malesia” borbottò, tornando tra i suoi pensieri e guardare fuori dal finestrino.

“Ci vorranno ora prima dei risultati” Hodgins alzò gli occhi dal telescopio.

“Entro domattina?” Booth lo guardò speranzoso.

“Si…possibile” annuì l’entomologo.

“Io torno a casa, allora” propose Brennan, uscendo dal laboratorio e raggiungendo l’ufficio per prendere le sue cose.

“Vuoi che ti accompagni?” Angela l’aveva seguita apprensiva.

“No…figurati, chiamerò un taxi” rispose lei, mettendosi il cappotto e prendendo la borsa.

“Sei sicura?”

“Sicura…so che devi uscire con Hodgins, questa sera” le ricordò, facendola arrossire.

“Non hai la macchina?” Booth la guardò sorpreso.

“Quando mi hanno chiamato per quelle ossa che avete portato ieri sera, ero appena rientrata da un viaggio di lavoro in Malesia, mi è venuta a prendere Angela per fare prima, tanto era stata chiamata anche lei per il caso” spiegò, uscendo e avviandosi verso l’ascensore.

“Perché non la accompagna lei agente Booth?” propose Angela “Sa…mi sentieri più sicura”

“Per me non ci sono problemi”

“Non ce n’è bisogno, veramente” Brennan entrò in ascensore.

“Agente Booth, la prego la accompagni…è testarda, ma vedrà che le sarà grata”

“Va bene Angie…mi farò accompagnare, buonanotte” la salutò Brennan.

“Ciao tesoro! Divertiti!” la salutò l’amica, mentre le porte si chiudevano, portandosi via i due.

Al piano terra, Booth prese la strada per il parcheggio, mentre lei prese una strada completamente diversa.

“Dove vai? La macchina è di la” la guardò divertito.

“Lo so…ma vado a piedi, grazie” rispose, continuando a camminare.

“Cosa? Hai appena detto alla tua amica che…”

“Era per farla smettere, sono adulta…so badare a me stessa” lo anticipò, lasciandolo solo.


​Eccomi nuovamente. Grazie per aver letto anche questo capitolo della mia storia, spero di sentire qualche commento a rigurardo, e vi do appuntamento alla prossima pubblicazione. Un abbraccio. 
​Francy

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Mi scusi…dovrei passare”
“Non può…signora, ha un permesso?”
“Sono la dottoressa Brennan del Jeffersonian, pensavo che il tuo capo cercasse una collaborazione con me, ma vedo che non è stato informato”
“Signora…mi dispiace, ma…”
“Ho dei documenti da consegnare all’agente Booth” indicò il fascicolo tra le mani “Altrimenti lo fa lei e mi libera da una grossa seccatura”
“Agente…la dottoressa sta con me” una donna si intromise in quel battibecco.
“Procuratore…sicura?”
“Si…ora lasciaci passare” ordinò, facendo segno alla donna di precederla.
“La ringrazio” annuì, guardando male quel ragazzino “Perché l’ha fatto?””
“Hai nominato l’agente Booth e se qui documenti sono del caso che sta seguendo gli saranno utili, deduco”
“Non credo…lo abbiamo informato questa mattina quando è passato da noi, queste sono solo le scartoffie che ci hanno richiesto” rispose lei.
“Accidenti, non c’è niente di nuovo?”
“No”
“Booth…da quando è tornato questa mattina alle nove e mezza, è ancora alle prese con un interrogatorio infinito e pieno di ostacoli” spiegò.
“Come mai? Le prove non bastano?”
“A quanto pare…no” rispose la donna “Io sono Caroline Julian, procuratore federale”
“Dottoressa Temperance Brennan, antropologa del Jeffersonian” si presentarono le due.
Insieme raggiunsero una stanza che Temperance identificò come stanza di osservazione, visto il vetro spesso che mostrava l’altra stanza ed immaginava che dall’altra parte non potevano vedere loro.
“Dr. Sweets…che ci fa qui?” Caroline si sorprese nel vedere il giovane li.
“L’agente Booth mi ha incuriosito e ho pensato di passare per aiutarlo ad interrogare quella donna” rispose, indicando l’indiziata.
“Dottore?” Brennan lo guardò curiosa, non era la prima volta che si imbatteva in dottori giovani, lei stessa aveva preso un dottorato a diciannove anni.
“Si…il Dr. Sweets è uno psicologo” la informò la donna.
“Oh…”
“Lance Sweets, molto lieto…” allungò una mano.
“Dottoressa Tempeance Brennan…”
“Cosa pensa della psicologia dottoressa Brennan?”
“Non mi interessa molto…non la considero una scienza e non la prendo mai in considerazione, sono solo constatazioni fatte senza prove scientifiche” rispose lei, distruggendo il sorriso che si era creato sul suo volto.
“Fantastico” sussurrò deluso quello, facendo ridere Caroline.
“Quella è la testimone?” cambiò argomento.
“Si”
“E quello?” indicò l’uomo vicino a lei.
“Il suo capo” rispose Sweets.
“C’è un modo per comunicare con Booth?” chiese, guardando le apparecchiature presenti.
“Si…ma ci sto parlando io” le mostrò il microfono.
“Faccio subito, tranquillo, poi potrai tornare a raccontargli le favole da psicologo” glielo prese dalle mani e pigiò il pulsante per attivare il microfono che era collegato all’auricolare di Booth.
“Puoi farti mostrare le mani di tutti e due?” la sua voce fece sussultare Booth che si irrigidì un momento e poi riferì la domanda ai sospettati.
“Cosa vuole dimostrare agente?” chiese l’avvocato dei due.
“Voglio dimostrare che…” attese un momento “…che è stato ritrovato del sangue sulla chiusura del portabagagli della signora Vivian e non corrisponde al sangue della vittima, quindi…è di chi lo ha ucciso” rispose, ripetendo le parole dei Brennan “Lei per esempio signor Maloni” si voltò verso il secondo indiziato.
Mi sono ferito scaricando alcuni scatoloni dalla macchina, capita, ma quella sera non ero in ufficio” si giustificò quello.
Booth raggiunse i colleghi esasperato e stanco di quell’interrogatorio infinito.
“Ditemi che avete un modo per incastrare quei due, perché io non riesco proprio”
“Mi spiace” rispose Sweets.
“Ah…non guardare me” alzò le mani Caroline.
Booth si soffermò a guardare Brennan che analizzava le persone dall’altro lato del vetro.
“Avrei bisogno di un test per il guanto di paraffina” ordinò alla fine.
“Per quale motivo? Sono passati sei giorni, si sarà lavato” Sweets la guardò storto.
“Visto che la mia è una scienza esatta…Dottore…” sottolineò questa parola “…dico che quando uno si lava non si tiene l’orologio al polso e, poiché, lo tiene dal lato della mano dominante, sono più che sicura che sopra ci troveremo tracce di polvere da sparo…è una prova importate immagino” guardò gli altri due.
“Altro che…quella mi basterebbe per spedire i due in prigione” annuì Caroline.
“Bene…e…una domanda, perché sono entrambi nella medesima stanza?” chiese curiosa.
“Speravamo che in questo modo avrebbero fatto almeno un passo falso” rispose Booth.
“E come?” li guardò tutti e tre.
È vero…” Sweets sbatté una mano sulla fronte.
“Cosa è vero?”
“Interrogandoli insieme abbiamo rafforzato la sicurezza di chi ha premuto il grilletto, sappiamo per certo che l’investimento del signor Thompson è stato un incidente, chi ha premuto il grilletto lo ha fatto per uccidere” rispose “Il signor Maloni sta mettendo in soggezione la collega…mettendoli in stanze diverse…”
“Possiamo instaurare in lui un dubbio e con il test per la polvere da sparo avremmo la prova effettiva…ho capito, non potevi pensarci prima Sweets…sono ore che sono li dentro!”
“Io…”
“Gli servivano solo le prove per arrivarci” rispose Temperance, sorprendendoli tutti e tre.
“Visto che sei stato così bravo…perché non vai a procurarti un test per la dottoressa Brennan?” Caroline inviò in missione il povero psicologo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


“Allora Booth? Solito Pub?” Sweets si avvicinò al suo amico.
“Niente Pub questa sera pulcino, sono stato invitato a cena fuori, se vuoi unirti, non penso ci siano problemi…festeggiamo la nuova collaborazione” spiegò, finendo di firmare scartoffie sul caso che erano riusciti a chiudere.
“Pensi che la dottoressa Brennan possa accettarmi mai per il mio lavoro?”
“E lo chiedi a me?”
“Tu mi chiami pulcino” gli ricordò.
“Solo perché sei un ragazzino, hai vent’anni, no?!”
“Ventuno” precisò, suscitando una risatina divertita in Booth.
“Ecco…appunto, ma non penso che la dottoressa Brennan ti critichi per la tua età…il suo assistente sembra un’adolescente ancora”
“Quindi devo farle capire che il mio lavoro è importante tanto quanto il suo” annuì lui.
“L’hai detto tu, no?” tornò alle sue scartoffie “Alle otto e mezza ci vediamo al Founding Fathers, sai dov’è? Vero?”
“Si…tranquillo” annuì, lasciandolo al suo lavoro e uscendo dall’ufficio.
 
“Allora…tesoro…questo o questo?!” Angela entrò nell’ufficio della sua amica con due stampelle tra le mani. Uno presentava un bel vestito nero, con spalline, avrebbe mostrato una bella scollatura e arrivava sopra al ginocchio. Il secondo era un vestito bordeaux che arrivava morbido sopra al ginocchio, una scollatura a V e un gioco di volant sulla gonna.
“Quello rosso” rispose Brennan, alzando gli occhi dal suo lavoro “Vai a cena fuori anche questa sera?” si incuriosì.
“Come, Cam non te lo ha chiesto?!” la guardò allibita “Questa sera ci vediamo tutti al Founing Fathers per festeggiare”
“Festeggiare?!” aggrotto la fronte confusa.
“La nuova partnership tra te e il focoso agente speciale dell’FBI Seeley Booth” disse con un pizzico di malizia.
“Giusto…quello, io non penso di venire”
“Come, scusa?!” la guardò male “L’ospite d’onore non può mancare”
“Io non volevo questa collaborazione, perché dovrei festeggiare?”
“Oh…andiamo Bren…hai sempre desiderato partecipare ad indagini per essere utile ad una causa moderna, oltre che a vittime di mille anni fa”
“Ho cambiato idea” rispose con semplicità, leggendo la pagina sul suo computer.
“Non mentirmi…” le puntò un dito contro “…è successo qualcosa di cui non mi hai parlato? Magari…tu e l’agente Booth…”
“Non abbiamo fatto niente di quello che stai pensando” la fermò prima di farle dire qualcosa di inappropriato, sapeva com’era.
“Allora? Cosa?”
“Non mi va e basta…che dovrei dirti?”
“Tu questa sera verrai a questa cena…lo farai per me, in modo che se mi vedi saltare o sbavare attorno all’affascinante agente Booth mi darai una gomitata, sai…Hodgins potrebbe uscire fuori di se dalla gelosia”
“Sono stanca…”
“Ieri non eri così stanca, quando studiavi quelle ossa”
“Non accetterai un no come risposta, vero?!” la vide scuotere la testa fermamente e con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
“Però non mi cambio”
“Uffi…”
 
Le ultime ad arrivare furono Angela e Temperance, la prima vestita con l’abito rosso che aveva deciso, l’altra con jeans e camicia blu scuro.
“Pensavo non saresti venuta Brennan” commentò Cam, vedendola.
“Se vuoi vado via, tanto non avevo voglia” rispose, facendo incenerire la donna con lo sguardo da Angela che aveva smosso mari e monti per convincerla.
“Perché non voleva venire dottoressa Brennan?!” Sweets fece notare la sua presenza.
“Perché…sono stanca, le capita mai Sweets?!” lo guardò sorpresa di vederlo li.
“Quando l’abbiamo chiamata per analizzare le ossa era appena rientrata da un viaggio di lavoro in Malesia” Cam spiegò meglio al povero psicologo.
“Vogliamo sederci?” Hodgins fece cadere la conversazione con un ringraziamento silenzioso da parte di Angela “Visto che siamo tutti possiamo anche ordinare”
“Concordo” annuì Angela, sedendosi accanto a lui.
Temperance scostò la sedia e si accorse solo dopo di essere capitata davanti a Booth che l’aveva guardata in silenzio per tutto il tempo.
“Mi dispiace che ti costringano a collaborare con me”
“E’ solo lavoro…non è un problema” rispose, rimanendo distaccata.
“Giusto” annuì lui, iniziando a guardare il menù.
“Fammi capire Booth…da oggi in poi, quando avrai un caso ti rivolgerai a Brennan?” chiese Hodgins.
“Secondo il contratto e gli accordi presi con il mio capo, direi di si” annuì lui.
“Forte” sorrise contento.
“Se vuoi ti lascio il posto”
“Figurati…a me basta analizzare insetti e composti” sorrise alla sua collega.
“Dottoressa Brennan, volevo informarla che dalla settimana prossima lei e l’agente Booth verrete da me per una seduta alla settimana, in modo da poter valutare se siete veramente idonei ad un lavoro di squadra” la informò Sweets.
“È necessario?” la donna guardò Booth.
“Di questo non sapevo niente, quindi…chi ti ha detto questa cosa pulcino?!” entrambi spostarono lo sguardo su Sweets che si sentì rimpicciolire.
“In…in realtà l’ho richiesto io e il capo ha detto che sarebbe stata un’ottima idea” confessò.
“Che cosa?!” gli chiesero entrambi, facendo ridere tutti.
“Hai chiesto tu di fare questa cosa inutile?!” Brennan era irritata.
“Si…io…volevo solo vedere come si sarebbe trovato l’agente Booth a lavorare con una persona al di fuori dell’FBI” fece spallucce.
“Ringrazia che non abbia portato con me la pistola pulcino”
“Perché fate tutti questi problemi? Si tratta di un’ora alla settimana!” si difese.
“Un’ora che potremmo impiegare in altro modo” gli fece notare Brennan.
“Ormai è così, fatevene una ragione” i due si scambiarono un’occhiata d’intesa.
“Cosa volete ordinare signori?!” il cameriere fu una manna dal cielo per Sweets, che fece spostare attenzione su altro. La cena proseguì tranquilla, si parlò di cose irrilevanti, del lavoro, di come Angela era finita al Jeffersonian e così via.
“Secondo voi che cosa dovremmo prendere?” chiese Booth, guardando la carta dei dolci.
“La panna cotta è molto buona” propose Cam.
“Io la prendo” annuì Sweets, seguendo il consiglio.
“Se vuoi…fuori carta c’è una torta di albicocche” gli disse Brennan, sorprendendo tutti e facendo alzare lo sguardo al diretto interessato.
“Veramente?” i suoi occhi già si immaginavano la torta.
“Come sapevi che gli sarebbe piaciuta?” Sweets non si voleva far sfuggire niente.
“Era per dire…visto che i dolci in carta non lo ispiravano” fece spallucce, salvandosi.
“Tu che prendi Bren? Anche tu panna cotta?”
“No…io prendo la bavarese ai frutti di bosco” indicò il dolce sul menù.
“Mmm…perché devi sempre tentarmi?” la guardò indecisa tra le due scelte.
“Hai fatto tu la domanda” le ricordò.
“Devo imparare a starmene zitta” alzò le mani lei, facendo ridere Hodgins.
 
“Buonanotte ragazzi!!” li salutò Booth, incamminandosi per la strada.
“Buonanotte Booth!” Angela ricambiò con un bel sorriso, prima che si incamminasse per il marciapiede, aveva lasciato la macchina poco lontano da li.
Camminando, notò la bella antropologa entrare in un pub poco lontano da li e decise di seguirla per…non lo sapeva neanche lui il perché. Entrando sentì subito l’odore della birra entrare nelle narici. La vide seduta ad un tavolo appartato, mentre parlava con quello che era un cameriere.
Le si avvicinò intimorito e si fermò davanti a lei.
“Che fai…mi segui?” lo guardò sorpresa.
“Ero solo curioso”
“Quindi mi seguivi” annuì lei, vedendolo sedersi davanti a lei.
“Che cosa bevi?”
“Scotch” rispose, facendo segno al barista di portarne due.
“Ti sei ricordata che mi piacciono le torte alla frutta” le fece notare.
“Ho una buona memoria, non ci sono dubbi” annuì lei.
“Questa era una stupidaggine, però te ne sei ricordata”
“Ricordo molte cose di allora” quelle parole fecero rabbuiare entrambi.
“Dobbiamo andare avanti…se dobbiamo collaborare, dobbiamo…”
“Far finta di niente” annuì lei, bevendo il suo drink e guardandolo negli occhi.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Camminare nel buio non era affatto facile, ma i sensi erano sviluppati anche per quello. Se uno veniva a mancare, gli altri si acuivano…era matematico. Nel camminare sentiva la sabbia sotto i piedi, il rumore di macchine che passavano, ma non riusciva ad intravedere una strada. La sensazione di polvere sui suoi vestiti e su tutto il suo corpo. Si voltò di scatto verso un punto indefinito e si fermò nel vedere una persona ferma davanti a se.

“Hey!” urlò, ma non ricevette risposta e quello neanche si mosse. Decise di raggiungerlo, anche se qualcosa le diceva di non andare, di prendere la direzione opposta. Si avvicinò sempre di più, la luce più forte, la persona sempre più definita man mano che si avvicinava.

“Booth” sussurrò, trovandosi difronte due occhi marroni penetranti.

“Bones”

“Non dovresti essere qui”

“Perché no? Non avere paura” le tese la mano.

“Tutto questo è sbagliato, noi non possiamo collaborare!” si allontanò di qualche passo.

“Non avere paura, ti prego…vieni da me” ripeté.

“E se…”

“Ti prego…non aver paura…sono qui, ti proteggo io” a quelle parole e alla mano tesa verso di lei, Temperance decise di fidarsi. Allungo anche lei una mano e si avvicinò di qualche passo, fino a sfiorare le sue dita e sorridere quando si strinsero in una stretta calorosa “Visto? Non è successo niente” le sorrise con il suo sorriso caldo e accogliente.

“Io…”

“Scappate!! Andate via!!” le urla indefinite di persone che non c’erano li distolse da quel momento solo loro.

“Che succede?” insieme si voltarono per capire cosa stesse succedendo, ma non c’era niente o nessuno, a parte il buio. I loro sguardi preoccupati si incontrarono, le loro mani si staccarono d’improvviso. Uno strappo doloroso. Un’esplosione potente li sbalzò entrambi lontani e tutto sembrò girare e venire inghiottito da un vortice nel vuoto. L’ultima cosa che vide fu lo sguardo di lui perdersi nel dolore e lei lo stesso, poi un’altra esplosione e…

 

Rientrò in casa dopo la sua dose di corsa mattutina, adorava iniziare la giornata in quel modo. Una potente scarica di adrenalina era quello di cui aveva bisogno per iniziare bene la mattina. Insieme al caffè che preparò nella sua macchina che impostò in modo da accendersi dopo aver fatto la doccia. In accappatoio consumò la colazione, che consisteva in un semplicissimo toast e un potente caffè. Poi andò in camera a vestirsi. Era una cosa che non faceva più da tempo, ma prima di infilarsi la camicia pulita si passò una mano lungo la cicatrice che percorreva il lato destro dell’addome e una fitta di dolore la pervase.

“E’ solo la mia mente…è rimarginata da anni, non può provocare più dolore” si disse, coprendola con il tessuto della camicia. Infilò il cappotto, chiuse le finestre ed uscì di casa per andare al lavoro.

Come ogni mattina trovava il suo giovane assistente che l’attendeva all’entrata ansioso di spiegarle le sue scoperte o avere la sua approvazione, dopo avergli dato risposte ed incarichi da seguire, si rifugiò tranquilla nel suo ufficio. Riordinò le poche scartoffie che le venivano lasciate giornalmente e si mise a fissare il vuoto, sembrava incapace di pensare a qualcosa che non fosse il passato e la collaborazione, ormai di un paio di mesi, con l’agente Booth non aiutava a placare quelle sensazioni che erano riaffiorate.

Camminando per i corridoi insieme ad Angela, parlando di cose superflue, nonostante fossero divertenti. Si stavano svagando, sfruttavano proprio questi momenti per svagarsi un po’ anche se lei stessa era la prima a non conoscere il significato di questa parola.

Un’esplosione all’interno del laboratorio di Hodgins fece tremare le pareti e il pavimento vicino, nonostante i danni minimi. Quell’esplosione, però, bastò a far scattare Brennan che si voltò con gli occhi serrati e spaventati nel sentire quel rumore. Subito si precipitò nell’ufficio e vide che sia Jack, che Zack erano sani e salvi, nonostante risate e tosse.

“Che diavolo è successo?” chiese senza parole.

“Esperimento troppo avventato…gli avevo detto che non andava bene quella dose” rispose Zack.

“Potevate morire o far saltare in aria il Jeffersonian, ma insomma!! Non siamo più all’asilo…non si può sempre giocare!!” li rimproverò, stranamente, per poi andare via e lasciarli li increduli.

“Che è successo?” chiese Cam, raggiungendoli.

“E’ esplosa una bomba…ma era preoccupata per noi?!” Hodgins guardò Angela.

“Chi?” Cam non capiva.

“Brennan ha fatto una ramanzina sull’esperimento fallito” rispose Angela.

“Veramente?” la donna lasciò cadere quello che aveva in mente di dire, per dar spazio allo stupore “Ma se lei è sempre stata la prima ad appoggiare questi esperimenti da giocoliere!”

“Appunto” annuì Hodgins “E’ scoppiata una bomba!!” annuì lui.

 

“Ottimo lavoro Booth…devi lavorare con quei cervelloni più spesso” Caroline, prese tutti i fascicoli inerenti all’ultimo caso seguito.

“Più di così?” ridacchiò lui, divertito.

“Avete chiuso cinque casi egregiamente, nessun ragionevole dubbio…farai i record con la bella antropologa al tuo fianco” disse, sistemando le cose nella sua borsa.

“Siamo un’ottima squadra” annuì soddisfatto, anche se non del tutto.

“Hey…Booth!!” Sweets li raggiunse nel suo ufficio, sembrava avesse corso.

“Che succede Sweets? Ti ha rincorso il gatto?” gli chiese Caroline, facendo ridere Booth e offendere il ragazzo.

“No…sono venuto per ricordare all’agente Booth il suo appuntamento con me tra mezz’ora, la dottoressa Brennan sta per arrivare, l’ho chiamata due minuti fa”

“Si…pulcino, vengo subito a fare la merenda da te” annuì l’agente seccato da quella costrizione.

“Come stanno andando le sedute?”

“L’agente Booth e la Dottoressa Brennan sono dei meravigliosi soggetti da analizzare” sorrise Sweets, contento di condividere con qualcuno.

“Che siamo? Cavie da laboratorio?” lo guardò male Booth.

“No…però è vero…avete un’ottima compatibilità come squadra, ma non riesco ancora a capire il motivo per il quale state tenendo le distanze, sembra quasi che abbiate paura di qualcosa…ma vorrei scoprirlo” fece spallucce.

“Non c’è niente da sapere in più…siamo colleghi, lavoriamo bene insieme ed ogni tanto andiamo a berci una birra da qualche parte, come fanno gli amici” gli fece notare Booth.

“Io dico di no, quindi…ci vediamo nel mio ufficio…puntuale, mi raccomando!”

“Si…pulcino!”

“E smettila di chiamarmi pulcino”

“A dopo…pulcino”

 

Il silenzio regnava nella stanza. Due occhi curiosi e in attesa di qualsiasi segnale, scrutavano i due volti davanti a se.

“Dite qualcosa accidenti” si lamentò Sweets.

“Cosa dovremmo dirti, scusa?” lo guardò divertito Booth.

“Non so…come vi trovate a lavorare insieme?” chiese, per rompere il ghiaccio.

“Bene…siamo un’ottima squadra” rispose Brennan.

“Infatti”

“E che mi dite delle resistenze iniziali? Soprattutto da parte sua dottoressa Brennan” ringraziò che avessero iniziato a parlare per poter fare delle analisi più accurate.

“Le mie resistenze non riguardavano affatto lavorare con l’agente Booth…erano per sottolineare che non sono un oggetto che si può prestare” rispose.

“Interessante…e perché pensa di essere trattata come un’oggetto?”

“Non saprei” ci pensò un momento “Forse perché è stato firmato un contratto di collaborazione senza il mio consenso?!” alzò un sopracciglio infastidita.

“Angela dice che era da molto che volevi collaborare con l’FBI, perché ci sono questi problemi?”

“Sono una scienziata Dottor Sweets, anzi…solo Sweets…” si corresse, facendo ridere Booth “Il mio lavoro prende molto del mio tempo e…il più delle volte, vado in viaggio per mesi, addirittura anni…quindi…non volevo altri impegni al momento” rispose con semplicità.

“Il suo lavoro è così richiesto?” chiese sorpreso Sweets, facendo irritare un po’ la donna.

“Io sono un’antropologa forenze…Sweets, la migliore negli Stati Uniti e una delle migliori al mondo…il mio lavoro è prezioso…come può constatare l’FBI ed è fondamentale per studiare reperti che risalgono al periodo della pietra in avanti” rispose “Io non dispenso teorie al primo che capita per dirgli che è depresso…di Psicologi ce ne sono miliardi” lo fece sentire piccolo e intimorito da quel carattere forte.

“Ti ha zittito pulcino?!” ridacchiò Booth.

“No…stavo solo cercando di capire il motivo di tanto accanimento nei confronti del mio lavoro” rispose, guardando la dottoressa.

“Il suo lavoro non si basa su prove scientifiche o fisiche…ma si chiama dottore, cosa cura?” lo sfidò lei.

“Io curo l’anima”

“L’anima non esiste…”

“Si…che esiste” questa volta fu Booth ad intervenire.

“Certo…tu credi anche al destino e a Babbo Natale e…”

“Ti fermo prima di dire qualcosa di inappropriato” la guardò male.

“Ho studiato i vostri fascicoli e…dottoressa Brennan, posso capire il motivo per il quale sia così rigida e chiusa, ha eretto una corazza…è normale”

“Lei non sa assolutamente niente di me” lo guardò con occhi infuocati, facendolo tacere “Leggere un fascicolo non ti dice niente di una persona! Quindi rimanga al suo posto e non faccia finta di capire le persone solo perché ha letto delle stupide carte!”

Il cellulare di Booth squillò, salvando Sweets da ulteriori critiche, subito dopo suonò anche quello della Brennan.

“Abbiamo un cadavere in una discarica” disse Booth, alzandosi insieme alla sua partner.

“Ci vediamo la prossima volta”

“Si” annuì Booth, uscendo con la sua partner, che lo aveva salutato con semplice cenno del capo.

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