I racconti perduti di Ascantha

di Emmastory
(/viewuser.php?uid=823162)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo, incubi sogni e animali di pezza ***
Capitolo 2: *** La maga e il cavaliere ***
Capitolo 3: *** Un semplice scherzo ***
Capitolo 4: *** Halloween ad Ascantha ***
Capitolo 5: *** Storia di due giocattoli ***
Capitolo 6: *** Eredi di un amor proibito ***
Capitolo 7: *** Un semplice scherzo: Parte Seconda ***
Capitolo 8: *** Un semplice scherzo: Parte Terza ***
Capitolo 9: *** Una speranza nell'oscurità ***
Capitolo 10: *** Natale secondo la famiglia Gardner ***



Capitolo 1
*** Prologo, incubi sogni e animali di pezza ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
I racconti perduti di Ascantha
 
Prologo
 
La guerra continuava a infuriare appena fuori dalle mura di casa sua, e Rain era sola. Tutto attorno a lei era calmo, e a quanto sembrava, i Ladri avevano concesso a lei e alla sua intera famiglia una tregua. Silenziosa, si aggirava guardinga per le vie della città, stringendosi nella giacca che portava. Faceva freddo, e con l'inverno appena arrivato, la neve spesso minacciava di cadere e congelare con lentezza il sangue che scorrendo nelle vene della gente non fa altro che riscaldare i loro corpi, permettendo loro di sopravvivere nonostante il freddo. Camminava senza fermarsi, e fra un passo e l'altro, abbassava lo sguardo. Il gelo la rallentava nei movimenti, e perfino il suo respiro si condensava in piccole nuvolette. Andando alla ricerca di conforto, si guardò intorno, non vedendo altro che case e vecchie botteghe, tutte distrutte. Era nata nella terra di Aveiron, per poi trasferirsi nella bella e pacifica Ascantha, che i viandanti, in genere stanchi, affamati o alla ricerca di un rifugio dall'insulsa guerra che non risparmiava nessuno, provocando morte, dolore e disperazione, vedevano come un vero paradiso. Ora viveva lì, certo, ma se era tornata ad Aveiron, c'era una ragione. Voleva aiutare. Sì, aiutare. Conosceva lo stato del regno, e sapeva di non poter restare guardare mentre le povere genti morivano come mosche. In silenzio, Rain non riusciva a pensare ad altro. Prima di raggiungere Ascantha, Rain aveva vissuto nel regno per anni, e ricordava benissimo di aver provato quello stesso dolore e quella stessa paura sulla sua stessa pelle. Al fianco del suo Stefan, faceva del suo meglio per combattere, pur sapendo di non poter proteggere il mondo intero nè di poter fermare quella pazzia. Sempre guardinga, osservava il mondo attorno a sè, e improvvisamente, scoprì di trovarsi di fronte a un edificio in particolare. Era quasi distrutto, certo, ma lo ricordava benissimo. La vecchia biblioteca. Era lì che la madre aveva trovato uno dei tanti libri che poi aveva finito per regalarle, e che lei stessa ancora leggeva. Alla vista di tutta quella desolazione, il cuore le si strinse nel petto facendole male e quasi smettendo di battere. Non ci credeva. Non voleva crederci, eppure quella era la realtà. Triste come mai prima, mosse qualche incerto passo in avanti, fino a entrare in quella piccola biblioteca. Completamente vuota, e priva perfino del suo proprietario, che peraltro Rain conosceva. Stando a quanto ricordava, era morto di vecchiaia, e grazie al cielo era benvoluto da tutti, e nessuno aveva mai osato fargli del male. Continuando a camminare, si avventurò fra i vari scaffali, pieni di libri, volumi e tomi interessanti. Anche se lentamente, li esaminò con cura, fino a trovarne uno apparentemente più grosso e polveroso degli altri, come se non fosse stato letto o toccato per anni. Andando a sedersi ad uno dei lignei tavoli presenti, lo aprì con interesse, scoprendone solo allora il titolo, decisivo e rivelatore. "I racconti perduti di Ascantha." Leggendo, non si meravigliò delle pagine rovinate e ingiallite, notando poi un singolo ma strano particolare. Era strano a vedersi, eppure ogni capitolo era preceduto da una pagina completamente bianca, con una sola scritta nel centro. "E se..." Rain era giovane e curiosa, e pur non amando misteri e sotterfugi, non potè evitare di iniziare a leggere, catturata ogni volta da quelle semplici parole.
 
 
 
 
 
Neddy-Teddy-Bear
 
 
Capitolo I
 
Incubi, sogni e animali di pezza
 
Un ennesimo giorno della vita dei Gardner stava per arrivare al suo culmine. La sera si stava avvicinando, e con questa, l'ora di andare a letto per la piccola Terra. Da ormai qualche tempo, faticava a farlo, imputando la colpa di tutto ai suoi incubi. Tentando sempre di rassicurarla, sua madre Rain si era guardata intorno osservando il suo comportamento, scoprendo che Ned, il suo amato orsacchiotto di pezza, l'aiutava a dormire. "è il mio cavaliere." Diceva sempre alla mamma, fidandosi del suo piccolo amico, che lei credeva capace di difenderla dagli incubi che le infestavano la mente e ingrigivano la colorata landa dei suoi sogni. Era solo una bambina, e i suoi genitori la assecondavano, ma non avrebbero mai potuto pensare che la bimba non scherzasse. Ormai sicura di non voler più passare un'intera notte in bianco, Terra era pronta per andare a dormire, e come ogni sera, dopo essersi lasciata avvolgere dalle coperte, strinse a sè il suo Ned e gli diede un bacio sulla fronte. "Buonanotte, mio cavaliere." Disse in un sussurro mentre chiudeva gli occhietti stanchi. Ben presto, la piccola non vide altro che oscurità, e nelle ombre più nere, qualcuno attendeva. Incubo. Uno spirito maligno che viveva nella parte più nascosta degli inferi terreni, e che sopravvivere traendo forza dal terrore che incuteva nei più piccoli. Ora che finalmente la bambina dormiva, Incubo sentì il suo leggero russare, e nascosto nel buio, attese. "Buonanotte principessina." Le rispose poco dopo il pupazzo, sorprendendola. Persa in uno stato di dormiveglia, spalancò gli occhi quando sentì quella voce al suo orecchio. Sorpresa più che mai, Terra continuava a fissare il suo pupazzo. "Non mi hai sentito? Ho detto buonanotte, ma non volevo spaventarti." Continuò il suo amichetto di pezza, sorridendole. Confusa, la bambina ammutolì per un attimo. Non se lo sarebbe mai aspettato, eppure il suo Ned parlava. A quell'ultimo pensiero, lo stupore della bambina svanì per lasciare il posto a qualcos'altro. Meraviglia. Felice, gli sorrise a sua volta. "Ancora buonanotte, cavaliere Ned, rispose la piccola, assonnata. "Aspetta, non sono l'unico a parlare, sai? Guarda!" Disse il suo morbido amico, per poi indicare con il soffice braccino il suo coniglio di pezza. "Bunny? Bunny? Dai, svegliati!" quasi urlò, sperando che il compagno si svegliasse. "Eh? Oh, Ned, cosa vuoi? Stavo facendo un bel sogno e... biascicò lui, ancora assonnato. "Svegliati e vieni qui subito, Terra ci ha scoperto." Gli rispose lui a muso duro, guardandolo fisso negli occhi. Entrambi avevano dei bottoni cuciti in volto, ma non importava. "Cosa? Ma non doveva..." Rispose, quasi scocciato dalla curiosità della piccola. "Oh, d'accordo. Cosa vuoi sapere? Chiese poi, scendendo con un agile balzo dalla mensola dove veniva tenuto. "Maledetti pupazzi... Avevano svegliato la bambina!" Grugnì Incubo, iroso. Bloccato nella sua oscurità, avrebbe dovuto aspettare, ancora. Intanto, Terra era letteralmente pazza di gioia. In tutta fretta, si mise seduta sul letto a guardare i suoi peluche animarsi sotto i suoi occhi. "Ma voi siete vivi!" Esclamò, sorpresa. "Ma certo che lo siamo! Sei stata tu a farlo, non ti ricordi?" le chiese Ned, dubbioso. "Io?" chiese stupita la piccola, indicandosi con il dito indice "Sì, tu. Tu ci hai dato un nome, una vita e una storia, e ti vogliamo bene, Terra. Le rispose il suo Neddy, allargando le braccia per lasciarsi stringere proprio come Bunny, che intanto si era fatto più vicino. "Oh, amici miei!" Disse, accogliendoli in quell'abbraccio. Quasi commossa, Terra strinse le braccia intorno ai suoi amici, affondando il viso nelle loro finte ma morbide pellicce. "Vi voglio tanto bene!" Intanto, Incubo attendeva ancora nell'ombra, e costretto a sorbirsi quella scena tanto melensa, iniziò a fare il verso alla bambina, prendendola in giro e imitandola con una vocetta stridula. "Vi voglio bene, pelosetti miei!" Come ben sapeva, era uno spirito maligno, e in quanto tale, odiava i bambini, e quella scena gli fece schifo. Stringendo i suoi piccoli amici all'altezza del cuore, Terra finì per addormentarsi con il sorriso sulle labbra. Sarebbe presto salita sul treno dei sogni, ma sia Ned che Bunny temevano il peggio. Erano solo insulsi pupazzi, ma volevano bene alla loro amichetta, e sapevano di Incubo e di cosa era capace di fare ai bambini. "Finalmente!" pensò Incubo quando vide la bambina di nuovo addormentata. Ora poteva agire indisturbato, e guastare come più gli piaceva i suoi dolci sogni. Senza provocare neanche un suono, scivolò fuori dalle ombre fino a palesarsi di fronte al letto. In stato di perenne allerta, i due pupazzi lo fissarono con sguardo di sfida. "Spostatevi, sciocchi." Ordinò. Il suono della sua voce poteva essere paragonato al rumore raspante della carta vetrata. "No! Non rovinerai i sogni di un'altra bambina!" Gridò Ned indispettito, mettendosi di fronte a lei e cercando di difenderla. "Già! Hai finito di spargere terrore, Incubo!" Aggiunse Bunny, dando manforte all'amico. Stringendo gli occhietti rossi, il mostro allungò la sua ombra su di loro e notò come iniziarono a brillare di luce bianca, segno che il legame con la mocciosetta era forte. Brontolò, scocciato, mostrando i denti affilati. "Ho detto, fatevi da parte." Ripetè, serio. "Noi. Abbiamo. Detto. Di no!" Rispose l'orsetto a muso duro, scandendo bene ogni parola. A quella risposta, Incubo digrignò i denti. Mai in tutta la sua illustre carriera di spaventatore qualcuno gli aveva parlato con tanta insolenza! Al giorno d'oggi terrorizzare i mocciosi era sempre più difficile, e la colpa era tutta dei loro "cavalieri di pezza, stoffa o in alcuni casi anche porcellana. I vecchi tempi per lui erano ormai lontani, tanto che iniziò a sentirsi troppo vecchio per quel lavoro. "Legati alla vostra padroncina, sì, ma non abbastanza da riuscire a proteggerla. Commentò, quasi soddisfatto della loro debolezza. Con un gesto veloce della mano rachitica, fece volare giù dal letto i due pupazzi. "Questo lo dici tu!" Gridò Ned, rimettendosi subito in piedi e inerpicandosi di nuovo sul letto della bambina. "Bunny! Aiutala!" Disse all'amico, sperando che intanto potesse fare qualcosa. Annuendo, il coniglietto prese a correre contro lo spirito maligno, e anche se solo per un attimo, parve stordirlo con un soffice ma poderoso pugno. Nel mondo reale, Terra si rigirava nel letto, e mugugnando parole senza senso, quasi sudava, agitandosi nel sonno. "Insolenti! State al vostro posto!" Ringhiò, inviperito. Stordito, barcollò leggermente nella propria ombra quando ricevette il pugno del coniglio, ma lo stordimento durò poco, e difatti, riuscì a riprendersi quasi subito. Dal suo corpo fatto d'ombra, Incubo allungò due estremità verso la bambina, cercando di entrare nella sua testa e prendere così possesso dei suoi sogni. Soddisfatto, sentì man mano il potere che fluiva verso di lui, nutrendolo. "MAI!" Urlarono entrambi, scattando ancora in piedi e correndo verso di lui, pronti ad attaccare di nuovo. Costretto ad interrompere il suo "pasto" Incubo mosse le mani verso di loro e li alzò dalla superficie del letto fino a far quasi aderire i loro morbidi corpi al soffitto. "Arrendetevi a me, ora!" Ruggì, mostrando loro tutta la sua potenza. Uniti per il bene della bambina, i due soffici amici lottavano da un tempo indefinibile, e trovandosi letteralmente con le spalle al muro, sentirono le loro energie abbandonarli. A occhi chiusi, entrambi cercarono di non farsi vincere dal terrore, e Ned, aprendo i suoi, notò che l'amico era sul punto di soccombere. "N-No... Bunny..." biascicò, guardandolo per un attimo e allungando verso di lui la zampa, che come entrambi sapevano, Terra amava stringergli quando prendeva finti accordi con lui. Fra questi, ne spiccava uno, che risuonò con forza nella testa di entrambi. "Mi proteggerete, vero?" Interdetto, Incubo non seppe cosa dire nè fare, e rimase spiazzato da ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi. "No! Non può essere!" Gridò, avvertendo improvvisamente un dolore lancinante in tutto il corpo. A quanto sembrava, aveva sottovalutato quel legame, e guardandoli, vide i due pupazzi brillare più intensamente, facendo tremare visibilmente la sua stessa ombra. Cercando di resistere, digrignò i denti, e un ringhio disumano si levò nella stanza. In quel momento, i due pupazzi si strinsero l'uno all'altro, quasi fondendosi insieme, e in un accecante bagliore di luce bianca, notarono che finalmente Incubo era stato sconfitto. Cadendo con un tonfo al suolo, si sentirono svuotati di ogni energia, ma prima di perdere definitivamente i sensi, sorrisero. Ce l'avevano fatta. Fuori dai suoi stessi sogni, Terra riuscì finalmente a svegliarsi, notando, sul viso di entrambi i suoi pupazzetti, quello stesso sorriso.


Di nuovo salve a voi, miei lettori. Come avevo in qualche modo promesso, eccovi quelli che chiamo "Racconti perduti di Ascantha." Questa è solo la prima storia, semplice, corta e tenera, che mostra quanto una bambina possa voler bene a dei giocattoli, e come talvolta il sentimento possa essere ricambiato. Ritroviamo come vi avevo preannunciato i personaggi delle originali "Cronache di Aveiron, e spero davvero che l'idea vi sia piaciuta. Alla prossima, e come sempre grazie del vostro supporto,

Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La maga e il cavaliere ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Karon-XMaddox
 
 
Capitolo II
 
La maga e il cavaliere
 
Karon Migarashi attraversò il portale senza alcuna fatica, e lo trovò strano dato che per lei usare la magia equivaleva a un costante affaticamento fisico. Lo richiuse con un gesto della mano destra mentre si guardava attorno, curiosa. Amava viaggiare per i vari mondi paralleli, c'era sempre qualcosa di nuovo da imparare. Quella volta però era solo in fuga. Una fitta al fianco destro la fece piegare in avanti, costringendola ad inginocchiarsi. In preda al dolore, guardò in basso e vide l'impugnatura del coltello fuoriuscire dalla sua carne. Il kimono bianco zuppo di sangue. Pallida e tremante, cadde a terra, con gli occhi viola rivolti verso il cielo azzurro e la leggera brezza che le scuoteva i lunghi capelli corvini. Sarebbe morta lì? "Che tu sia maledetto, fratello. Disse in sussurro, digrignando i denti mentre si sentiva scivolare nel sonno dell'incoscienza. Era una giornata tranquilla, e il giovane Maddox, ex Ladro di professione, camminava come sempre da solo sul selciato. Gli occhi di ghiaccio scrutavano l'orizzonte, e un'espressione accigliata dipinta in volto. D'improvviso, qualcosa, una macchia rossa in lontananza, attirò la sua attenzione. Spinto dalla curiosità, si avvicinò per controllare meglio, e fu allora che vide la ragazza stramazzare al suolo. Inutile dire che i suoi occhi, di un viola brillante e intenso, lo colpirono subito. "Ehi... Ehi, mi senti?" chiese, guardandola e sperando che riuscisse a risvegliarsi. Sorpresa o forse infastidita da quella voce, Karon ebbe soltanto la forza di alzare una mano insanguinata verso l'uomo, misteriosamente apparso davanti a lei. Non voleva morire. Un intero regno dipendeva da lei, e in fondo, sentiva di aver paura. Aveva paura di morire lì, in quel luogo sconosciuto. Gli occhi, sfocati dalle lacrime, non riuscivano a vedere bene chi fosse con lei con lei in quel momento, riuscendo soltanto a scorgere una sagoma oscura. "No, non dirmi che..." Disse lui, parlando con sè stesso. "Va bene, ascoltami. Muovi la mano se puoi sentirmi e sta ferma, capito? Sta ferma. Forse posso aiutarti." Pregò, in attesa di una qualunque risposta. Riuscendo a capire quello che lo sconosciuto le diceva, Karon battè a terra la mano, debolmente. Avrebbe tanto voluto vedere in faccia il suo soccorritore, ma continuava a vederci sfocato, e quando il bruciore al fianco sì intensificò, provo a parlare. "Sbrigati, dannazione..." Riuscì a dire soltanto, strascicando le lettere per la fatica. Sollevato da quella reazione, Maddox si inginocchiò accanto a lei, e afferrando il coltello, lo tenne ben stretto. "Sboccata, eh?" Pensò, sorridendo lievemente. Fu quindi questione di un attimo, e subito dopo, si concentrò di nuovo. "Va bene, al tre.  Uno. Due. Tre!" Disse, tirando con tutte le sue forze quell'arma fino ad estrarla dal corpo della giovane. Sembrava averne passate, tante, era messa male, e le servivano delle bende per fermare il sangue. Subito. Pronto all'azione, strappò parte della stoffa della sua camicia, e usandola come fasciatura, medicò la ferita. "Dì, va meglio ora?" le chiese poi, sinceramente preoccupato. Conoscendosi, sapeva di essere un ragazzo dal carattere freddo e distaccato, ma qualcosa, una sensazione sconosciuta e mai provata prima, l'aveva spinto ad agire per il bene di quella ragazza. Non sapeva perchè, ma era stato così. Ancora a terra, Karon quasi imprecò quando il coltello le venne estratto dal fianco, ma riuscì a trattenere. Dopo la fasciatura, il dolore diminuì a poco a poco, e anche la sua vista ne beneficiò. Due freddi occhi color del ghiaccio la fissavano preoccupati, e lei riuscì soltanto a trattenere il fiato. Sorpresa, sentì uno strano rimescolamento nello stomaco, che non aveva niente a che fare con la ferita. Sulle prime, decise di ignorarlo e non ci badò, alzando al contrario il braccio verso di lui. "Fammi alzare." Due semplici parole, che dalla sua bocca non uscirono come una richiesta, ma come un ordine. Il suo passato e la sua vita come principessa l'avevano addestrata al comando davanti a chiunque. Guardandola, Maddox si limitò ad annuire, e tendendole la mano, aspettò che l'afferrasse. Una volta fatto, la vide di nuovo in piedi, e un mezzo sorriso gli si dipinse in volto. "Maddox." Disse, presentandosi. "Karon." Rispose lei, presentandosi a sua volta con voce flebile ma sicura. "Grazie di avermi soccorsa, ma se stai cercando una ricompensa, mi dispiace per te, non ho nulla." Aggiunse poi, parlando in tono serio. Scivolando poi nel silenzio, lei sperò che il ragazzo riuscisse a credere alle sue parole. In fin dei conti non stava mentendo, ed era tutto vero. Con sè aveva solo sua katana, e pensandoci, sudò freddo, e un brivido le percorse la schiena. Preoccupata, la cercava con gli occhi e con lo sguardo, ma del lucente fodero e della particolare lama trasparente nessuna traccia. Ignorando del tutto Maddox, Karon mosse qualche passo cercando di camminare, ma le vertigini la colsero di sorpresa, facendola barcollare pericolosamente in avanti. Veloce, Maddox agì d'impulso, e in un attimo fu davanti a lei per impedirle di cadere. "Fa piano! La tua spada è qui, vedi?" Le disse, facendole notare che la sua arma giaceva in terra e che il dolore misto al pericolo di svenire le avevano impedito di notare. Rinfrancata da quelle parole, Karon sospirò di sollievo mentre si reggeva all'uomo con entrambe le mani. "Meno male! Per un attimo ho creduto di averla persa qui..." commentò, sollevata. Nel farlo, alzò gli occhi verso di lui e si bloccò all'istante, notando che erano dannatamente vicini. Guardandola, Maddox provò un leggero imbarazzo, e scostandosi, prese a camminarle accanto. "Vieni, ti porto al sicuro." Propose, parlando in tono serio. Incerta, Karon afferrò la sua katana, e chiudendo gli occhi,la fece sparire dentro il palmo della sua mano in uno sbuffo di nube rossastra. Per un attimo si preoccupò, non sapeva se quel mondo fosse avvezzo alla magia, nè ci aveva pensato. Stando a quanto ricordava, l'ultima volta che l'aveva usata in una terra straniera era quasi finita al rogo. "Al sicuro, eh?" Chiese, sospettosa ma troppo stanca per controbattere e trovare un'altra soluzione al suo problema. Sapeva di non poter evocare un portale per almeno qualche giorno, così, con calma, si ritrovò costretta a seguirlo camminandogli accanto. Fra un passo e l'altro, si teneva un fianco, sul viso un'espressione sofferente. "Stupido Koryu..." Borbottò, a denti stretti. "Già." Le rispose lui, rassicurandola. "Però dovrai fare attenzione, la Leader non accetta nuovi membri senza prima lottare." Spiegò poi, rivelandole quella sorta di segreto. "Ma aspetta, chi è Koryu?" non potè evitare di chiedere, incuriosito. "Lottare? Dovrò lottare?" chiese lei, stupita. Dove diavolo era finita? Che mondo bizzarro... Combattere per ottenere qualcosa non era certo un problema, ma non avrebbe potuto farlo in quelle condizioni. Silenziosa, si guardò il palmo della mano con cui teneva il fianco ferito. Sanguinava ancora, ma meno di prima. Odiava le complicazioni. La sua avrebbe dovuto essere una fuga strategica, e invece si era ritrovata nelle mani di uno sconosciuto. Un magnifico sconosciuto, doveva ammetterlo, in chissà quale strana terra con chissà quali strane leggi. "Oh, scusa, ho parlato a voce alta?" Chiese, poi scosse la testa come a volersi schiarire le idee. Poi, con voce glaciale, gli rispose. "Koryu è mio fratello minore. In silenzio, Maddox ascoltò le sue parole, e notando usl suo viso un'espressione confusa, quasi rise. Era arrivata ad Aveiron per caso, e non sapeva nulla di quella terra. Avrebbe imparato, ne era sicuro, ma date le sue condizioni, pareva aver bisogno di riposare. "Fratello minore? Che gran seccatura. Commentò, quasi acido. "Quando ho detto lottare non intendevo in senso letterale, ma ti basti sapere che Lady Fatima è... diciamo così, particolare. In altre parole, sta nascosta, e non ti accadrà niente." Aggiunse poi, illuminando la fanciulla. Per tutta risposta, lei si guardò con tristezza il fianco ferito. "Già, una vera seccatura." Rispose, pensierosa. Poi ascoltò ancora quello che aveva da dirle, scoprendo che non avrebbe dovuto battersi nel vero senso della parola. "Nascondermi, d'accordo." Noncurante, scosse le spalle, e nel parlare, usò un tono di voce piatto e quasi sterile. In altri termini, stare tranquilla per un pò non sarebbe stato un problema. "Bene, allora vieni con me." Le propose Maddox, invitandola di nuovo  a camminare al suo fianco. Per fortuna, il viaggio non sarebbe stato così lungo, ma nonostante questo ogni passo fu scandito da un silenzio imbarazzante. Poco dopo, il fianco iniziò a farle male di nuovo, e ben presto si ritrovò a respirare pesantemente ad ogni passo che facevano. Più di una volta aveva sentito lo sguardo dell'uomo su di sè, quindi penso che conoscerlo un pò non avrebbe fatto altro che giovarle. Se non altro avrebe riempito quel silenzio. "Allora, Maddox, chi sei?" I suoi occhi viola lo fissarono curiosi mentre gli faceva quella domanda. Volendo essere sincero con sè stesso, dovette ammettere di trovare quella ragazza davvero interessante. Prima di lei, nessuno aveva davvero mostrato interesse per la sua identità, così, mostrando un debole sorriso, rispose. "Sono uno dei servi di Lady Fatima, la nostra Leader qui ad Aveiron. Non è potente quanto la regina Katia, ma ci si avvicina, e anche parecchio, direi. Quindi avete una regina e... una specie di gilda?" domandò, inclinando leggermente la testa. Un'espressione perplessa era palese sul suo viso. E che mansioni hai di preciso? Sei un cavaliere? O una guardia?" si informò poi, curiosa. Nell'attesa di una risposta, prese a riflettere. Alla fine Aveiron, il mondo in cui era capitata, non era così diverso dal suo. Difatti, c'era una sola differenza, stando alla quale lei e i suoi sudditi sottostavano al comando di un unico uomo. Suo padre. "Esatto, e ti ripeto, Lady Fatima è una donna, particolare. Io sono un cavaliere, e insieme, combattiamo contro la minaccia più grande in questo regno. I Ladri." Spiegò, serio come mai prima. "I Ladri?" Chiese, sempre perplessa ma comunque interessata. Un mondo in guerra, fazioni in perenne lotta. Era strano, ma le sembrava davvero di non aver mai lasciato casa sua. "Si fanno chiamare Ladri, perchè questo è quello che sono. Rubano qualunque cosa, uccidono per divertimento e mai nessuno oltre a noi prova ad affrontarli." Le disse poi, rivelandole la verità che gravava sul regno da anni, e di cui per un certo tempo, anche lui aveva fatto parte. "Gran bella grana che avete per le mani!" Disse con una punta di sarcasmo. Appena un attimo dopo, si guardò attorno, non potendo che rimanere incantata. Le piaceva quel mondo. Ad una prima occhiata le sembrava calmo, silenzioso e tranquillo. Un'ombra calò nel suo sguardo appena riprese a parlare. "Anche il mio regno è in guerra, quindi posso capire questa situazione." Disse lei, cercando di consolarlo. "Sei forse la prima, sai? Ogni volta che proviamo a parlarne, la gente non fa che morire di paura, e guardarci come se fossimo matti. Sanno che è così, eppure non vogliono crederci. In più, questo grava su di noi, perchè a detta delle genti sprechiamo tempo a parlarne invece che agire." Rispose lui, sempre più sfiduciato.Un verso di stizza le uscì dalle labbra a quelle parole. Lo sguardo si fece più duro. "Allora costringeteli ad imbracciare le armi. Soltanto così riusciranno a rendersene conto." Propose, seria e quasi arrabbiata. Era in quel modo che suo padre faceva aprire gli occhi alla sua gente, il popolino terrorizzato. Chi non riusciva a combattere veniva buttato nella battaglia a calci, e se eri fortunato, riuscivi a sopravvivere alla prima ondata di non morti che Koryu faceva marciare lungo le mura della città. Lei stessa era stata gettata nella mischia dal suo stesso padre. "Fidati, Drake ci ha pensato, e l'ha proposto più volte, ma Lady Fatima non è mai stata d'accordo, e neanche la regina. Sua maestà non vuole mettere in pericolo le genti, la Leader vuole proteggere sè stessa e le sue "ragazze." Rispose, continuando a camminare e  ponendo inaudita enfasi su quella parola, con la stanchezza e la mestizia intente a rimescolarsi nel suo animo. "Allora, mio caro, lascia che te lo dica: siete spacciati. Non vi leverete più di torno questi Ladri, credimi. Se il regno è in pericolo, allora tutti quanti hanno l'obbligo di servirlo e combattere." Intanto, il tempo passava, e fra un passo e l'altro, Karon dovette ammettere una cosa. Quel Maddox iniziava davvero a starle simpatico. Si stava accorgendo che erano molto simili. A furia di parlare, non si era accorta del tempo trascorso, e ben presto si ritrovò ad osservare in lontananza le solide mura di un castello. "Guarda, siamo arrivati." Le fece notare, spostando lo sguardo dal suo viso all'orizzonte. "Stammi vicina." L'ammonì poi, quasi a volerla proteggere. "Più vicina di così dovrei salirti in braccio!" Scherzò lei, ridacchiando divertita e facendogli l'occhiolino. Colpito dal suo essere così divertente e in parte sboccata, Maddox rise a sua volta, e vedendola poi annuire, riprese a camminare mostrandosi disinvolto. Una volta giunto di fronte a una delle guardie, chiese in modo alquanto sgarbato di entrare. "Fatti da parte, Shiro, oggi abbiamo ospiti." Disse infatti, spingendo via l'amico in malo modo. Restando a guardare, Karon non reagì nè si scompose davanti ai modi rudi dell'uomo nei confronti della guardia. In fin dei conti, lei stessa trattava in quel modo i soldati sotto il suo comando. Facendo ciò che le era stato chiesto, gli restò vicina mentre le porte del castello si aprivano cigolando, e nel guardare, rimase stupita dell'enormità di quella struttura. Il castello reale in cui viveva era quasi grande la metà al confronto. Con una sola occhiata, Maddox le ordinò di seguirlo, e dopo un tempo che nessuno dei due riuscì a definire, si trovarono entrambi di fronte alla Leader, seduta nella sala principale e intenta a divorare con gli occhi una delle sue serve, dal corpo esile e gli occhi molto simili a quelli di Karon. "Buongiorno, milady." Disse Maddox, salutando educatamente la Leader, che troppo concentrata sulla sua serva, quasi non lo notò. Osservando tutto quello che le accadeva intorno, Karon sentì che c'era una strana atmosfera nell'aria. Incuriosita, fissò quella che doveva essere la loro Leader. Fatima. Era davvero una donna di una bellezza mozzafiato, Karon era stata paragonata spesso alle splendide divinità giapponesi, ma quella la batteva su tutta la linea. Non c'era paragone. Aveva un portamento regale che a lei mancava del tutto. Scuotendo la testa, la Signora parve riprendersi, e solo allora, si rese conto della sua presenza nella sala. "Oh, Maddox, sei tu! Scusami, ero distratta. E lei chi è? Una tua amica?" chiese, sorridente e curiosa. In quel momento, Karon fece un passo avanti. Era una donna sboccata e menefreghista, certo, ma sapeva bene come comportarsi davanti ad una come lei. Così, decise di prendere lei stessa la parola, presentendosi. "Sono Karon Migarashi, mia signora. Il vostro cavaliere mi ha salvata, soccorrendomi poco lontano da qui. "Oh, ma davvero? Ottimo lavoro!" Commentò la Leader, soddisfatta. Appena un attimo dopo, il suo sguardo si posò di nuovo sulla ragazza. Guardandola, si accorse che somigliava molto alla sua Rachel, ma nel suo cuore c'era posto solo per lei. "Sei la benvenuta qui, giovane Karon." Aggiunse, dandole con quelle parole il permesso di restare. Di norma, non avrebbe accettato nuovi membri così su due piedi, ma quel giorno si sentiva generosa. A quelle parole, Ksron inarcò un sopracciglio, perplessa.Era stato più facile del previsto. Da come ne aveva parlato Maddox si aspettava quasi di dover fronteggiare una specie di mostro o bestia furiosa. Pensandoci, ne rimase quasi delusa.  Nel girarsi verso Maddox, una dolorosa fitta al fianco le tolse il respiro e il mondo intorno a lei divenne doppio. Si tolse la mano dal fianco ferito e notò che grondava sangue di nuovo. La camminata doveva aver aggravato il taglio, probabilmente. Spossata, non riuscì neanche a lamentarsi per il dolore, e crollando a terra, perse definitivamente i sensi, venendo poi accolta dall'oscurità dell'oblio. "Karon!" finì per urlare Maddox, colto alla sprovvista dal suo svenimento. Abbassandosi, le afferrò il polso alla ricerca del battito, scoprendo che c'era. Era debole, ma c'era. Scambiandosi con la Leader una veloce occhiata, decise di agire e aiutarla, sollevandola di peso e portandola in una delle camere vuote. Aveva perso i sensi, certo, ma almeno avrebbe riposato su qualcosa di diverso dal duro e inospitale pavimento. Lentamente, passarono le ore, ma Karon non si svegliava. Maddox era preoccupato, ma consapevole della presenza dei compagni, cercava di non darlo a vedere. Ancora confusa e stordita dal precedente svenimento, Karon si agitava nel letto,  in preda agli incubi. Le coperte aggrovigliate tra le gambe nude. Urlò il nome del fratello, in preda alla furia, mentre si svegliava dall'incubo che rappresentava la sua vita. Tremante e pallida come un cencio, spalancò gli occhi guardandosi freneticamente attorno, cercando di fare mente locale. "Oh, grazie al cielo sei sveglia!" quasì urlò Maddox, felice di rivederla nel mondo dei vivi. "M-Maddox?" Seppur perplessa, riconobbe la voce dell'uomo dagli occhi di ghiaccio e in quel momento si ricordò tutto. Cercò di tirarsi su, voleva sedersi, ma il dolore al fianco non glielo permise, costringendola così a rimanere sdraiata. Incurante delle varie porzioni di pelle nuda che l'uomo poteva vedere tra le coperte, Karon si massaggiò le tempie con entrambe le mani, le sentì pulsare. "Cos'è successo?" chiese, con la testa che ancora le girava. "Sei svenuta dopo le presentazioni a Lady Fatima, e sotto suo ordine, ti ho portata qui. Dì, stai meglio? Ti serve qualcosa?" Le chiese, mentre, preoccupato, le forniva tutte le delucidazioni di cui aveva bisogno. "Sì." Disse, con voce tranquilla. "Aiutami ad alzarmi da qui, voglio controllare la ferita." "Va bene, aspetta un attimo..." Rispose, sfiorandole una mano e sforzandosi di ignorare il fatto che la ragazza fosse praticamente nuda. "Fatto." Commentò poi con sicurezza, vedendola finalmente seduta. Preoccupato, diede uno sguardo alla ferita, scoprendola quasi infetta. "Le bende sono sporche, brucerà parecchio." Osservò, con occhio attento e critico. "Aspetta qui, chiamo il dottor Patrick." Le disse poi, incamminandosi e sparendo dalla stanza. Silenziosa come al solito, Karon annuì con un secco cenno del capo mentre lo guardava allontanarsi. Cercando di staccare le bende dal fianco malandato e ancora sanguinante, poggiava il peso su quello buono, e un rivolo giallognolo le colò fra le dita mentre sollevava un lembo della fasciatura. "Te la farò pagare anche per questo, lurido figlio di..." Quasi imprecò, dovendo fermarsi a metà e sentendo la porta aprirsi. Rimanendo ferma e inerme, non si curò di  nascondere o coprire il corpo nudo. Il tempo le aveva tolto ogni forma d'imbarazzo o pudore, e a lei non importava sapere che qualcuno poteva sentirsi in fastidio per quello. Poco dopo, Maddox tornò indietro seguito dal dottore, preoccupato quanto e forse più di lui. "Questa è la ragazza di cui vi parlavo." Disse lui, guardandola e mostrando tutta la sua preoccupazione. "Per la miseria, è davvero grave!" Commentò il dottore, colpito. Era strano a dirsi, eppure in tutta la sua carriera non aveva mai visto ferite peggiori. Quella al fianco era quasi infetta, ed era vero, ma grazie al cielo, delle bende nuove imbevute d'alcol avrebbero fatto certamente al caso suo. Incerti sul da farsi, i due si guardarono, e afferrando la bottiglia e le bende, Maddox fece un passo in avanti. Osservando la bottiglia che aveva in mano Maddox, Karon fece automaticamente un passo indietro. "Non avrete mica intenzione di versarmi sulla ferita dell'alcol, vero?" chiese, quasi spaventata. Conosceva il bruciore infernale che avrebbe dovuto sopportare se l'avessero fatto. Poche volte era stata costretta a ricorrere a rimedi così estremi, e non aveva certo voglia di rifarlo per l'ennesima volta. "Tranquilla, è denaturato, non brucerà affatto." La rassicurò Maddox, sorridendo debomente. "Adesso sdraiati e lasciami fare." Assumendo un'espressione confusa, la ragazza si chiese come potesse dell'alcol non bruciare. La stava prendendo in giro? Non poteva saperlo, e seppur non del tutto rassicurata, decise comunque di fidarsi, e con un sommesso brontolio, si sdraiò sul fianco buono, scostando la lunga chioma dal corpo per permettergli di medicarla. Agendo lentamente, Maddox imbevve le bende d'alcol, e poi, con cura, le stese sulla ferita. Una volta fatto, si allontanò da lei, e soddisfatto, le sorrise. "Hai visto? Non ha bruciato, vero?" Le chiese, andando alla ricerca di una conferma alle sue precedenti parole. Era vero, non aveva bruciato per nulla. Aveva a malapena sentito la stoffa posarsi sulla sua pelle. "No, devo ammetterlo." Gli disse, guardando la fasciatura. Almeno ora non sanguinava più. "Che ti avevo detto? Ci vorrà un pò prima che l'infezione sparisca, ma per riposa e non pensarci, d'accordo?" Le consigliò, sorridendole di nuovo.Senza pensare a quello che stava facendo, non appena lui finì di parlare, Karon si tese verso di lui senza alzarsi dal letto, e allungando il braccio verso Maddox, gli afferrò la scollatura della maglia, avvicinandolo pericolosamente.Un sorriso divertito le increspò lle labbra mentre gli parlava in un sussurro appena udibile. "Grazie, mio cavaliere." Scivolando di nuovo nel silenzio, alzò leggermente il viso verso di lui, unendolo le loro labbra in un bacio. Sentì le farfalle nello stomaco, ma non tradì una singola espressione quando lo lasciò andare, e come se nulla fosse accaduto, con tutta la tranquillità di cui era capace, si rigirò nel letto e chiuse gli occhi, esausta. Alcuni giorni passarono in fretta, e in quelle notti, Karon si rigirava nel letto, incapace di tenere a freno i pensieri. Per la prima volta aveva dormito bene, senza alcun incubo che riguardasse suo fratello o l'armata dei morti viventi .Si era svegliata da poco, ed era rimasta sotto le coperte a crogiolarsi nel caldo che le trasmettevano. Per pura fortuna, il fianco aveva smesso di pulsare e dolerle già da un pò, il che era un bene, oltre a un segno che la fece ben sperare. Distratta, si portò una mano sulla bocca nel ricordare come aveva ringraziato l'uomo. Un sorriso timido le si dipinnse in viso quando sentì di nuovo quella sensazione alla bocca dello stomaco. Sapeva cos'era, ma non voleva ancora ammetterlo a sè stessa. Nella sua intera vita si era invaghita soltanto due volte, e in entrambe non era mai finita bene. Sempre immensamente preoccupato per lei, Maddox si impegnava in un costante e continuo andirivieni dalla sala principale alla camera che occupava, sperando con tutto il cuore di trovarla sveglia. Sospirando ma con il sorriso sulle labbbra, Karon parlò a voce alta nella stanza.sperando che l'interlocutore dall'altra parte della porta potesse sentirla. "Gurda che non ti mangio mica! Sevuoi entrare, entra!" Gli urlò, quasi divertita dal suo essere così timido e impacciato. Lui non lo sapeva, ma i suoi sensi sviluppati avevano già captato il costante camminare ansioso dell'uomo da un pezzo. "Karon! Sei sveglia! Dimmi, stai meglio?" Le chiese, facendosi coraggio ed entrando finalmente nella stanza. Non proferendo parola, annnuì con un leggero movimento della testa, mentre si metteva seduta a fatica e si copriva il seno con la pelliccia. In quel momento, uno strano pudore la invase e iniziò a sentirsi a disagio. Pechè? Prima non era così... "Va decisamente meglio adesso." Gli rispose, sorridendogli. "E pensare che non volevi neanche essere medicata... strano, vero?" Le disse lui, sfoggiando il solito sorriso e mettendosi a scherzare. "Già!" Rise con lui, contagiata dal suo tono divertito e usndolo poi lei stessa nel parlargli. "Ci sai fare con le mani!" Disse infatti, alludendo al modo in cui le aveva controllato e fasciandolo la ferita, per poi medicarla con cura. "Tu dici?" Continuò lui, prendendola bonariamente in giro. "Dico, dico." Sogghignò divertita, guardandolo negli occhi. "Tu hai un bel carattere." Replicò prontamente lui, fissandola a sua volta, completamente concentrato su quelle iridi viola intenso. "Definisci "bel carattere" cavaliere." Disse lei, mentre si avvicinava lentamente al bordo del letto.  "Un caratterree... che a me piace." Precisò, con la voce bassa e roca. Sussultando, Karon rimase spiazzata da quelle parole, ma come al solito non lo diede a vedere. Pensandoci, realizzò che lui era stata la prima persona a pronunciarle e rivolgerle proprio a lei, meravigliandosene. Di solito, il suo caratteraccio faceva saltare i nervi anche alla donna più santa, ed era abituata ad essere ignorata o guardata con astio dagli altri, e quella era per lei una piacevole novità. Continuando a guardarla, prese coraggio e si fece più vicino, per poi riprendere a parlarle. "E sai cos'altro mi è piaciuto?" Le chiese, con fare misterioso. Colpita da quel comportamento, Karon lasciò che un sorriso impertinente le incurvasse le labbra mentre si faceva più vicina all'uomo. "Non saprei proprio." Azzardò, curiosa di conoscere la sua risposta. La coperta ormai dimenticata e arrotolata sul grembo. "Tu. Mi siete piaciuti tu e il bacio dell'ultima volta." Rispose soltanto, per poi scivolare nel silenzio e non fare altro che guardarla, perdendosi ancora nei suoi occhi. Emozionata come una ragazzina, Karon non disse nulla, e il suo cuore riprese a battere ad un ritmo che le pareva quasi sconosciuto. Totalmente impazzito. Con un sorriso serafico, accavallò le gambe, e questo bastò per finirgli fra le braccia e avvicinare il viso al suo, in un'attesa quasi spasmodica. Colto alla sprovvista, Maddox sentì un tuffo al cuore, e mentre questo batteva alla stessa velocità del suo, i loro sguardi si incrociarono, e chiudendo gli occhi, i due si baciarono, orami sicuri di amarsi reciprocamente. Nel farlo, lui affondò la mano fra i suoi capelli corvini, attorcigliandoseli intorno alle dita. Continuando a baciarlo, Karon intrecciò le dita dietro al collo dell'uomo, e per la prima volta si sentì felice. Mugolò nel bacio, e in quel momento capì di iniziare ad amare quello sconosciuto. Riaprendo lentamente gli occhi, Maddox osservò le reazioni della ragazza e se ne beò. Staccandosi quasi di malavoglia, le sorrise, felice almeno tanto quanto lei. Senza riuscire a farne a meno, Karon scoppiò la bolla incantata in cui era caduta durante quegli attimi meravigliosi. "Devo ammettere che non sei soltanto bravo con le mani, cavaliere." Gli disse, con un mezzo sorriso divertito mentre non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lui. In silenzio, Maddox approfittò dello spettacolo della bellezza di Karon per un'altra manciata di secondi, poi prendendole la mano, avanzò una proposta. "Dì, vuoi scoprire la verità qui ad Aveiron?" Facendosi seria di colpo, Karon annuì con un cenno del capo, e guardandosi attorno, iniziò a cercare il suo kimono. "Non vedo i miei vestiti, però." Disse perplessa, aggrottando le sopracciglia. "Va bene, non ho molta scelta..." biascicò, parlando più con sè stessa che con Maddox, guardandolo poi con una strana espressione. Non riusciva ancora a fidarsi per quanto riguardava l'argomento magia, ma decise di rischiare. Con calma, scese dalle braccia di Maddox e si morse un labbro, incredibilmente in ansia. "Sto per fare una cosa che non è avvezza a questo mondo, tu però non dare di matto!" Lo pregò, quasi tremando. Senza dire altro, alzò le mani verso il cielo mentre una nube rossastra apparve intorno a lei e il corpo veniva rivestito di un nuovo kimono. Fatto ciò, toccava alla parte peggiore. Concentrandosi, si posò una mano al centro del petto, e da lì, con una luce azzurrognola, iniziò ad estrarre la sua spada togliendola dal proprio corpo senza una ferita o un a goccia di sangue versato. "Però! Come hai fatto?" commentò lui, sorpreso. "È lungo da spiegare, e forse non capiresti neanche." Gli disse con dolcezza, mentre si allacciava la sapada dietro la schiena. "Ma in breve, è magia." Gliela buttò lì, una mezza verità. Mezza e incompleta, certo, ma solo perchè non disse che la dentro la sua anima ospitava lo spirito di un animale e che era questo a donarle quei poteri. "Magia, hai detto? Non avevo idea di essere innamorato di una specie di strega." Le rispose lui, avvicinandosi lentamente e stringendola a sè. Stando a quanto aveva visto, Karon non stava mentendo, e volendo essere sincero con sè stesso, Maddox si ritrovò costretto ad ammettere che la sola idea di avere fra le braccia una qualche specie di essere soprannaturale non lo disturbava affatto, anzi, il contrario. Ascoltandolo, Karon sorrise felice quando lo sentì dire che si era innamorato di una strega, lei per l'appunto, ma poi corrugò la fronte, assumendo un'espressione quasi guardinga. "Non hai paura? Non ti metti a urlare come un matto strappandoti i capelli?" "Che umano strano..." Pensò fra sè e sè. Era la prima volta che le capitava una cosa del genere. Sospirò sollevata all'idea di non dover essere costretta a cancellargli la memoria per fargli dimenticare della sua magia. "Cosa? No! Come potrei? Karon, io mi fido di te, davvero." Rispose, sincero e innamorato. A quel punto, lei quasi sorrise, e lo guardò negli occhi piena di sollievo, capendo che con lui sarebbe stata al sicuro da quel punto di vista. "Bene, perché sappi che mi è già capitato in passato. E non è stata una bella scena da vedere!" Disse sogghignando divertita al solo pensiero. In quel caso, a scoprirla era stata una povera vecchietta, che urlando spaventata, arrivò a strapparsi i pochi capelli rimasti. "Davvero?" chiese, ridendo e tentando di immaginare la scena. "Tranquilla, con me se al sicuro." Aggiunse poi, rassicurandola ancora una volta. "Grazie, Maddox." Gli disse in un sussurro mentre lo baciava velocemente a fior di labbra. Poco dopo lo guardò negli occhi, prendendogli la mano nella sua. "Allora... Com'è messo il vostro regno?" azzardò, curiosa. "Male. I Ladri sono sempre in agguato, e da ormai anni non fanno che attaccare senza sosta, e nei rari momenti in cui non ci sono, la gente vive nella paura." Rispose, sforzandosi di apparire serio nonostante il lieve sorriso che gli si dipinse in volto dopo quel bacio. "Molto brutta come situazione." Disse, rimuginandoci sopra e facendosi seria. Poco dopo aprì la porta della stanza e si guardò attorno, scrutando i corridoi bui e deserti. Era strano, ma sembrava che lì dentro non abitasse nessuno. "Andiamo, vvoglio vedere con i miei occhi." Propose, più seria di prima. "Posso?" azzardo lui, offrendole il braccio. Vedendola accettare, Maddox iniziò a camminare con lei, e una volta fuori da quelle mura, la guidò sapientemente per le strade isolate. "Vedi? Niente." Le disse poi guardandola, sicuro di averla convinta. "Per fortuna esiste Ascantha." Finì poi per sussurrare, parlando con sè stesso. Continuando a guardarsi intorno, Karon non disse nulla. Tutta quella desolazione le fece venire una stretta al cuore, le ricordava troppo il suo regno devastato dai cadaveri. In silenzio, passò lo sguardo sulle case silenziose e su alcune botteghe distrutte. Come erano riusciti a far arrivare il nemico a quel punto? Non lo sapeva, e fra un passo e l'altro, non faceva che pensarci, non riuscendo però a trovare una risposta per quella domanda. "Ascantha?" chiese poi, dopo aver sentito quella parole fuggire dalle labbra dell'uomo. "Già, Ascantha. Una città vicina, che i viandanti credono un vero paradiso. Anche se con meno frequenza, i Ladri attaccano anche lì, ma la gente riesce comunque a vivere una vita più regolare, ed è tutto merito di Lady Bianca." Rispose, illuminandola e sorridendo, felice. "Ma allora perchè? Perchè rimanete qui se c'è un posto migliore di questo?" indagò, mentre gli indicava con il braccio la desolazione attorno a loro. "Credimi, lo farei, e lo faremmo tutti, ma significherebbe solo spostare il problema altrove. Coloro che se ne vanno, riescono a stare tranquilli, ma come ti dicevo, è tutta opera di Lady Bianca. è la Leader di quel regno, e ha fatto costruire una scuola." Disse Maddox in tono leggermente mesto, risollevandosi solo nel momento in cui il discorso si spostò sulla generosità e sul buon cuore della donna. "Oh... capisco." Disse Karon, con voce calma. L'idea che qualcuno si stesse realmente rimboccando le maniche per aiutare il proprio regno le risollevava l'animo. Poi però, per deformazione professionale o perché iniziava già ad affezionarsi a quel posto, Karon iniziò a scrutare l'orizzonte , oltre il castello di Fatima e il villaggio deserto. "Conoscete almeno il luogo in cui si rifugiano i Ladri? Potreste attaccarli direttamente a casa loro, cogliendoli di sorpresa... azzardò, fornendogli un utile consiglio che lui e i cittadini avrebbero potuto seguire. "Hanno un rifugio proprio qui ad Aveiron, ma preferiscono aggirarsi guardinghi per le strade, attaccando solo di notte. Ci sono stati casi in cui l'hanno fatto anche di giorno, e ogni volta, sono tornati più forti." Confessò, con lo sguardo basso in segno di vergogna e sconfitta. "Ehi, cavaliere." Lo chiamò lei, in tono più dolce,  prendendogli il viso con entrambe le mani e alzandoglielo fino ad incontrare i suo occhi magnetici. "Non vergognarti. So cosa si prova nell'essere sconfitti, nell'organizzare costanti fughe strategiche per evitare il maggior numero di morti sulla coscienza. Ma prima o poi arriverò il giorno per la vostra vendetta." Lo incoraggiò, rassicurandolo come solo lei sapeva fare. Colpito, alzò subito lo sguardo, incontrando lo sguardo della ragazza che amava e sapeva di amare. "Tu credi?" azzardò, mentre la mestizia continuava a pervaderlo. "Lo credo." Gli rispose sorridendo e tornando poi di nuovo seria. Prima o poi faranno sempre un passo falso, una distrazione, su cui poter avvantaggiarsi. E quando arriverà quel momento, vi troveranno più pronti e agguerriti che mai." Aggiunse poi, continuando a sorridere e tentare di risollevargli l'anima. "Sai una cosa? Io credo a te." Le disse semplicemente, per poi afferrarle il mento con due dita e baciarla con tenerezza. Attorno a loro c'era la più nera desolazione, ma non importava. Si amavano, e uno era capace di dar coraggio all'altra. Lasciandolo fare, Karon ricambiò quel bacio con slancio, sentendosi felice come non lo era mai stata. Ripensò a suo fratello, a quel vuoto che le aveva scavato dentro il cuore, e ad ogni volta che si scontravano sul campo di battaglia. Ora sapeva che una cosa non era riuscita a toglierle, l'amore.  Quasi non volendo staccarsi da lei, Maddox continuò a stringerla forte, a sè, fin quasi a toglierle il respiro. "Ti amo." Le disse, quando finalmente la lasciò andare. Sempre in silenzio, Karon spalancò gli occhi dalla sorpresa nel sentire quella parola. Aprì e chiuse la bocca più volte, cercando di rispondergli, che anche lei aveva iniziato ad amarlo, ma non ne uscì alcun suono. In compenso però, la sua faccia divenne viola dall'emozione. Senza dire nulla, lo abbracciò, buttandogli le braccia intorno al collo, di slancio. Si sarebbe messa a piangere, commossa, ma il suo rigido orgoglio glielo impediva. Gli occhi però iniziarono ad inumidirsi. Cogliendola alla sprovvista, un guizzo di magia sfuggì al suo controllo, colpa della forte emozione provata del momento, e sotto i loro piedi comparve una chiazza di erba fresca. "Oh, no... ho di nuovo perso il controllo dei miei poteri." Si lamentò, provando anche una leggera vergogna. "Karon, no. Va bene così, davvero." La rassicurò lui, stringendole le mani. Per tutta risposta, lei sbuffò, guardando malissimo i ciuffi d'erba verde che si elevavano dal suolo. Era sempre la stessa storia, ogni volta che provava forti emozioni, sia positive che negative, la sua magia andava in tilt, e lei non riusciva più a controllarla. "Non va bene." Disse a denti stretti. "E se qualcuno lo ha visto?" Replicò, improvvisamente irritata.  "Tranquilla, non ci ha visti nessuno, non vedi che siamo soli?" Le rispose, facendole notare che effettivamente erano l'uno in compagnia dell'altra, e che l'unico suono udibile attorno a loro era quello del vento che intanto aveva preso a soffiare. Spostando lo sguardo, Karon si guardò attorno, preoccupata, ma dovette dare ragione a Maddox. In fondo, proprio come le aveva detto, lì non c'era anima viva oltre a loro.  "Ti sembrerò paranoica!" Gli confessò, sorridendo nervosa e divertita per scaricare la tensione accumulata. "No, non dirlo nemmeno. Capita a tutti di aver paura, no?" Rispose lui, continuando a rassicurarla e carezzandole dolcemente il viso. "Non a me." Disse allora lei, corrugando la fronte in un'espressione dura, ma non osando guardare Maddox negli occhi. "Non alla principessa della Prima Terra Celeste. Io non dovrei neanche provare nessuna di tutte le emozioni che sto avendo in questo mondo..." Aggiunse poi, con la tristezza nella voce. Dentro di sè, Karon era felice e sapeva di star bene, ma se suo padre l'avesse saputo l'avrebbe riportata a casa a calci nel sedere. "Cosa? Karon, conoscerai anche la magia, ma in fondo so che sei umana. Perchè farti male in questo modo?" Fu l'ovvia domanda del suo fidanzato, incapace di credere a quanto avesse appena sentito. Seppur ancora sconsolata, finalmente Karon lo guardò negli occhi, sorridendo amaramente. "Mio padre... Dopo quello che è successo a mio fratello, ha iniziato ad addestrarmi come un guerriero senza emozioni, una pedina sacrificale per la guerra. Secondo lui tutti i sentimenti ci rendono deboli e fragili... dalla rabbia all'amore. Nessuno escluso." Spiegò, con la voce rotta dall'emozione e le lacrime agli occhi. Era strano da dire e duro da accettare per chiunque all'infuori di lei, ma fino a quel momento era tutto andato sempre bene. Morire per il suo regno? D'accordo. Non avere una famiglia sua? Perfetto. Per anni aveva sacrificato corpo e anima per la guerra del padre, e solo ora che aveva conosciuto Maddox si stava rendendo conto di quali fossero i valori della vita. Vedendola in quello stato, così triste e scorata, lui stesso non potè che abbracciarla. "Da brava, sfogati." Le sussurrò mentre la stringeva, volendo solo vedere il suo bel sorriso tornare a illuminarle il volto. Pur ascoltandolo, lei decise che non avrebbe pianto. Non serviva a nulla. Nonostante questo, si strinse addosso il suo innamorato, nascondendo la faccia nell'incavo del collo. Nel farlo, ascoltò i battiti del suo cuore che intanto non accennava a calmarsi, e respirò pesantemente, sentendosi esausta. Pensandoci, si ritenne fortunata di avere accanto un uomo, che seppur la conosceva da poco, le era vicina con il cuore. "Ti amo, cavaliere." Gli rivelò in un sussurro innamorato, nascondendo il sorriso di felicità che le spuntava sul viso. In silenzio, Maddox non le disse nulla, e guardandola, si limitò a stringerla ancora. "Ti amo anch'io, piccola strga." Le rispose in un sussurro uguale al suo, per poi baciarla con tenerezza, com'era abituato a fare. Non proferendo parola, Karon accettò quel bacio, e il cuore le batte all'impazzata quando  lo sentì rispondere alla sua dichiarazione. Senza smettere di sorridere provò a concentrarsi sulla sua magia e, chiudendo gli occhi, si staccò dalle braccia di Maddox. Un alone rossastro la invase mentre richiamava a sè i poteri e lentamente faceva sparire da sotto i loro piedi la chiazza d'erba. "Ecco fatto, guaio sistemato." Disse, felice e finalmente calma. Appena un attimo dopo, rise divertita mentre respirava affannosamente. "Stupida magia!" Pensò, lamentandosi internamente per quanto la facesse affaticare. "Allora, cavaliere..." Disse, ghignando divertita mentre gli si avvicinava e gli passava il dito indice lungo la forte linea della mascella. "Hai qualche impegno particolare da svolgere oggi o sei libero?" Chiese, aspettando in silenzio una sua risposta. Quasi fosse anche lui un ragazzino, Maddox rimase di sasso, e mantenendo il silenzio, si limitò a negare con la testa. "N-No, perchè?" azzardò poi, balbettando penosamente. Per tutta risposta, la sua ragazza fece scendere il dito lungo il suo collo, fermandosi solo nel colletto della camicia. "Portami ad Ascantha. Mi piacerebbe vederla." Gli disse, sorridendogli. "Va bene, allora andiamo." Le rispose, riuscendo a ritrovare la calma ormai persa e cingendole un braccio attorno alle spalle. Dì lì a poco, iniziarono il loro cammino l'uno accanto all'altra. "Sei stranamente silenzioso, cavaliere." Osservò in un sussurro mentre gli cingeva la schiena con un braccio e con la mano gliela accarezzava dolcemente. Innamorata, appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre insieme, continuavano a camminare lungo il sentiero isolato. "Non è niente, sta tranquilla." Rispose lui, sorridendole a sua volta e sperando di tranquillizzarla, e sentendo nel contempo che quel dolce peso sulla spalla non lo disturbava affatto. "Sicuro?" chiese comunque lei con voce tranquilla, per poi aggrottare le sopracciglia in un'espressione perplessa. "È da quando ci siamo incamminati che ti sento... teso." Spiegò, incerta e preoccupata. In completa sincerità, Karon non sapeva come definire di preciso lo stato d'animo che avvertiva nell'uomo. Sotto la sua guancia e la sua mano sentiva chiaramente i muscoli tendersi, quasi come se fosse in un perenne stato d'ansia, attesa e allerta. "Alludi a quello? Scusa, ma sai che quei mostri potrebbero essere in agguato." Disse allora lui, tentando di giustificare il suo comportamento con quelle parole. "Hai paura?" Chiese lei, stuzzicandolo un pò mentre gli colpiva leggermente il fianco con il proprio. "Cosa? No!" Rispose lui quasi urlando, mentre il suo orgoglio maschile subiva un serio colpo. "Oh oh, ho colpito un tasto dolente, cavaliere?" Ridacchiò lei, divertita nell'osservare la sua faccia diventare rossa di rabbia. Ad essere sincera, capiva perfettamente il suo stato d'animo, anche lei era orgogliosa. Nonostante questo, non ebbe paura, anzi, si ritrovò eccitata dai quei chiari occhi infuriati. "Esattamente, mia piccola strega. Ma non importa, sai?" Le disse soltanto, sorridendole ancora e assestandole un affatto offensivo pugno sul braccio. "E perchè non importa?" Chiese lei con allegria mentre ricambiava il debole pugno, ma mirando al fianco del suo uomo. In quel momento, Karon si sentiva spensierata, stranamente spensierata. Non era abituata a quello stato emotivo così inusuale, ma le piaceva. "Perchè ti amo. Semplice, no?" Chiarì lui, regalandole l'ennesimo sorriso e posandole un lieve bacio su una guancia. "Ah, adesso si spiega tutto!" Rispose lei, ridendo divertita mentre scherzava con il suo uomo. Ad ogni modo, dopo altro camminare arrivarono a un enorme portone che stando ad un cartello lì vicino, segnava l'inizio di Ascantha. "Siamo arrivati." Dichiarò Maddox, voltandosi verso di lei e stringendole la mano. Muovendo poi un passo in avanti, aspettò il sobrio portone in legno venisse aperto, e poco dopo, entrambi furono accolti da due guardie, probabilmente al servizio dell'ormai famosa Lady Bianca. In silenzio, Karon lo seguì, poi vide due guardie avvicinarsi e studiarla con sospetto. Nel farlo, notarono subito la spada che teneva dietro la schiena, e colti alla sprovvista, si guardarono allarmati. "Chi sei?" Chiese una delle due, seria come mai prima. Perplessa, Karon si scambiò un'occhiata veloce con Maddox, andando alla ricerca d'aiuto. Non sapeva cosa dire nè fare per evitare guai, e inoltre non era di quel mondo, ma nessuno oltre all'uomo che aveva accanto lo sapeva. Come avrebbe potuto giustificare la sua presenza nel regno? Non lo sapeva nè poteva saperlo, e in quel momento, il silenzio era l'unica risposta che potesse dare. "Si chiama Karon, ed è con me." Rispose allora Maddox, frapponendosi fra lei e la guardia nel tentativo di proteggerla. "Karon, eh?" Le due guardie continuavano a osservarla, ma la parola di Maddox bastò a farli entrare. "Non causate problemi." Li ammonirono, facendosi da parte per farli passare. "Sarà fatto." Sibilò lui di rimando mentre con la mano cercava quella della ragazza. Guardandolo per un attimo, Karon rimase lievemente stupita nel sentire la mano dell'uomo afferrare la sua in una stretta quasi rabbiosa. Mentre oltre passavano il portone, lei si guardò intorno, meravigliata. "C'è più verde qui che in tutto il mio regno!" Osservò poi, colpita. Una volta arrivato alla piazza principale, Maddox si fermò, prendendosi del tempo del tempo per respirare. Spostando poi lo sguardo dal terreno all'orizzonte, puntò il dito di fronte a sè, indicando un edificio dalle pareti bianche. "Li c'è la scuola, e più avanti l'ospedale." Spiegò, parlando in tono calmo e facendole da perfetta guida. Fermandosi accanto a lui per riprendere fiato, guardò incuriosita dove Maddox indicava e sorrise. "Wow! Sono strutture notevoli." Confessò, non riuscendo a nascondere la sua meraviglia. Nel dirlo, pensò al suo regno e quanto fosse diverso da quello. Dove loro avevano ospedali, lei aveva templi eretti in onore delle divinità, e dove loro avevano le scuole, lei aveva solo e soltanto basi militari. "Tu credi?" Le chiese lui, curioso. "Assolutamente!" Rispose senza alcun timore, osservando sorpresa tutto ciò che aveva intorno. Non aveva mai visto tanti umani riuniti in una sola città, e la cosa la incuriosiva parecchio. "Cos'altro ha la città?" Gli chiese avvicinandosi, sempre più curiosa di studiarne ogni minimo dettaglio. "Un campo." Continuò lui, orgoglioso. "Ma Lady Bianca lo chiama campo di recupero. "Campo di recupero?" Gli fece eco Karon, aggrottando le sopracciglia. "Sì. Da quando i Ladri hanno cominciato a infestare anche questi luoghi, lei ha deciso di aiutare le persone più bisognose, così che nonostante tutto possano avere una speranza." "È una bella iniziativa questa." Osservò lei, tranquilla. In silenzio, camminò lì vicino, e tenendosi sempre a portata d'occhio di Maddox, memorizzò ogni dettaglio, ogni singola casa e albero su cui riusciva a posare lo sguardo. In pochi minuti riuscì a creare un'intera mappa della città nella sua mente, studiandone ogni accesso o potenziale via di fuga. Quando si accorse di quello che stava facendo, storse la bocca in una smorfia. Deformazione professionale.  "Che fai? Esplori?" Scherzò lui, prendendola bonariamente in giro. "In un certo senso..." Gli rivelò lei sorridendo, mentre completava mentalmente la mappa di Ascantha. "Come mai? Sospettosa?" azzardò poi, continuando a schernirla. "Smettila di prendermi in giro, cavaliere!" Gli disse, ridendo divertita mentre lo spintonava per gioco. "Va bene, va bene, scusa!" Rispose lui, ridendo a sua volta e guardandola negli occhi. A quanto sembrava, la stava irritando, e in cuor suo, non avrebbe mai voluto farlo. "Non fare quella faccia, stavo scherzando." Lo rassicurò continuando a ridere, mentre, afferrandolo per il colletto della camicia lo avvicinò a sè per un bacio mozzafiato. Seppur colto alla sprovvista, Maddox si beò di quel bacio, prendendo il viso della ragazza fra le mani e approfondendolo con passione. Incurante della gente che passava attorno a loro, e incurante degli sguardi curiosi dei marmocchi che correvano in giro, Karon gli intrecciò le mani dietro al collo e si fece più vicina, premendo il proprio corpo sul suo. Lasciandola fare, Maddox ebbe l'ennesimo tuffo al cuore. Succedeva sempre quando erano insieme. "Inizia ad esserci un pò troppa gente in giro, non trovi?" Gli sussurrò tra le labbra con voce maliziosa mentre incatenava il proprio sguardo a quello dell'uomo. "Hai ragione." Le rispose soltanto, parlando a bassa voce al solo scopo di non essere sentito. In quel momento, Karon aprì la bocca per rispondergli a tono, ma qualcosa la distrasse da quel momento. "Ma che cosa..." Biascicò incredula. Subito dopo, si staccò da Maddox, fissando lo sguardo sulla folla di persone che correva e strillava da tutte le parti, perplessa. Pensandoci, capì che quel comportamento poteva avere un'unica ragione. "Maddox! Siamo sotto attacco!" Urlò, voltandosi a guardarlo. Colto alla sprovvista, l'uomo si paralizzò, e e guardando la ragazza, estrasse la sua arma, "Karon! La spada!" Le gridò, invitandola a fare lo stesso. Annuendo, lei non se lo fece ripetere due volte, e con un unico e fluido movimento del braccio, estrasse la katana dal fodero. Settanta centimetri di lama vetrata brillarono sotto il sole, i kanji scolpiti in rune tremarono leggermente, segno che la spada era sveglia e assetata di sangue. Senza dire una parola, si posizionò davanti a una delle vie principali, gli occhi ridotti a due fessure. Doveva stare attenta a non usare la magia in nessun modo possibile.Guardandola, Maddox le fece coraggio con il solo sguardo, e poco dopo, non si sentirono altro che urla. Un coro di voci si levò fino al cielo. Indistinte, certo, ma maschili. Non riuscivano a crederci, eppure era così. Loro. i Ladri, la causa di dolore, miseria e sofferenza in tutta Aveiron. Ancora una volta, avevano attaccato la città di Ascantha, e no, non l'avrebbero passata liscia. Intanto, il tempo passava, e lungo la strada che Karon aveva scelto, iniarono ad arrivare i Ladri, riconoscibili dai pugnali sguainati e dai volti coperti. "Che originalità." Sogghignò Karon a sè stessa, mentre un formicolio al braccio le fece capire che la katana era pronta ad uccidere. Così, dimenticandosi di dove fosse e di Maddox, la donna iniziò a correre andando loro incontro, e con movenze aggraziate, squartò lo stomaco del primo Ladro che si ritrovò davanti. Orgoglioso di lei, Maddox sorrise ancora. C'erano centinaia, forse migliaia di quei mostri attorno a loro, ma almeno uno era andato. Continuando a combattere, lui stesso finì per ferire e ucciderne altri, e la vista del sangue non lo sfiorò affatto. Sapeva di stare facendo la cosa giusta, e con i livelli di adrenalina a mille, non si curò nemmeno di guardarli negli occhi. In fin dei conti, i loro connotati non interessavano, in quanto il contatto visivo doveva avere la stessa durata di un attacco. Sporca di sangue non suo e con la katana che continuava a danzare tra i Ladri in movimento intorno a lei, Karon fece saltare molte teste di quei maledetti mostri. L'agilità con cui si muoveva, grazie in parte allo spirito che ospitava dentro di sè, stava mettendo in serie difficoltà il nemico. Come al solito veniva sottovalutata perché donna, ma non si erano aspettati che fosse tanto pericolosa. I suoi occhi viola brillarono come fiamme dell'inferno all'ennesimo spruzzo di sangue che le macchiava il candido kimono. Insieme, lei e Maddox continuarono a lottare per un tempo indefinibile, e finalmente, al calar della sera, quei vili vermi decisero di ritirarsi. Il buio avvolgeva la piazza, il sangue sporcava le strade, ma finalmente, quella battaglia era finita. Stanco come e più della sua amata, Maddox le si avvicinò, e nel momento esatto in cui provò a parlarle, le forze gli vennero meno. Contrariamente a lui, per nulla affaticata e senza neanche una goccia di sudore sulla pelle, Karon rimase a guardare, quasi con il broncio, la ritirata strategica dei Ladri. Un movimento alla sua sinistra la fece voltare e quando capì che era Maddox gli andò incontro rinfoderando la lama nella sua guaina. "È stato uno scherzo! E non mi sono neanche riscaldata." Commentò Karon, divertita. Ad ogni modo, il suo sorriso si spense non appena vide l'uomo accasciarsi al suolo davanti a lei. "Maddox!" Lo chiamò, preoccupata. Per pura sfortuna, l'uomo non rispose. Era pallido e stremato, completamente privo di forze. "A volte dimentico quanto siete fragili voi umani..." Pensò, parlando con sè stessa. Spossato, Maddox non riusciva quasi a respirare, ma lottava per farlo, spendendo ogni grammo delle sue energie. La presenza della ragazza gli era di conforto, ma dubitava di riuscire a riprendersi senza un attimo di riposo. Durante la lotta, i nemici avevano puntato a sfiancarli entrambi, e a quanto sembrava c'erano riusciti, ma il peggio doveva ancora arrivare. "Maddox, respira." Gli disse semplicemente, credendo fosse solo un affaticamento. Preoccupata, si guardò attorno, le strade si stavano popolando di guardie e gente dagli occhi sperduti. Maledizione, così le era impossibile aiutare l'uomo con la magia! Guardo riprese a guardarlo, sbiancò in volto non appena notò una macchia rossa sulla sua camicia farsi sempre più grossa. "Ma sei ferito!" Finì per urlare, spaventata. In preda al panico, fece saettare lo sguardo in tutte le direzioni, andando alla ricerca di un viso amico e chiedendo aiuto, maledicendosi ancora per non avere modo di aiutarlo da sola. "Karon... amore, io... io starò bene, d'accordo? Tu cerca... cerca di scappare, intesi?" Le rispose lui, balbettando e biascicando le parole a causa del dolore derivante dalla ferita. Era grave, e lo sapeva bene, ma se c'era una cosa che non voleva vedere, era la sua amata soffrire per causa sua. "Non pensarci nemmeno! Io non ti lascio qui!" Disse furente, anche se non sapeva con chi di preciso. velta, si strappò parte della gonna del kimono e la usò per fare una fasciatura di fortuna a Maddox, come lui aveva fatto con lei, fermando momentaneamente l'emorragia. Pensò, velocemente, mentre lo alzava da terra a fatica. "Grazie." Sussurrò lui appena, regalandole un debole sorriso. "Ora aiutami, ti prego. "E me lo chiedi? Ovvio che sì!" Gli rispose lei, con la mente ancora annebbiata da mille pensieri. Confusa, si guardò ancora attorno, frenetica, tenendo il corpo del suo uomo stretto fra le braccia. Nessuno sembrava badare a loro, erano tutti troppo impegnati nelle loro disgrazie. Come biasimarli? In fretta, pensò ad una soluzione, e infine ci arrivò. "L'ospedale! Devo portarti lì in un modo o nell'altro." Dichiarò, decisa. Intanto, il povero Maddox sanguinava parecchio, e non sarebbe certo riuscito a camminare a lungo. In quel momento, Karon chiuse gli occhi. Non le rimaneva che una scelta. Veloce, trascinò l'uomo all'ombra di due case abbandonate e si assicurò che nessuno fosse nei paraggi, poi lo posò delicatamente a terra, e mettendosi a carponi, regolò il respiro, calmando i battiti del cuore. "Ma... ma cosa?" Domandò Maddox, confuso. "Zitto. Risparmia le forze." Riuscì a dire a malapena, con la voce che sembrava un basso ruggito. Come ogni volta che si trasformava, Karon provò un dolore bruciante che partiva dalle viscere e si propagava fino agli arti. I vestiti e la katana caddero a terra, ma non se ne preoccupò. Li avrebbe recuperati in seguito. Maddox aveva la precedenza su tutto. Quando sentì il familiare formicolio alle ossa, capì che la trasformazione era ormai completata e, aprendo gli occhi, ebbe una visuale dell'ambiente intorno totalmente diverso. Svelta, senza neanche dare il tempo all'uomo di abituarsi alla novità, gli puntellò il muso nero contro la spalla cercando di fargli capire che doveva salirle in groppa. Era grossa abbastanza da tenere il suo peso. Obbedendo, Maddox annuì, e issandosi su di lei, si assicurò di non farle male. Aggrappandosi al suo collo forte possente, sperò di non cadere, e ormai sicura, Karon iniziò il viaggio verso l'ospedale. In silenzio, corse a perdifiato lungo il tragitto, la mappa della città ben impressa nella mente l'aiutava nell'impresa. Le enormi zampe la sostennero senza mai cedere, affondando nel terreno fangoso con sicurezza. Non si curò degli sguardi allucinati di chi incontrava, pensava soltanto al suo amato sulla sua schiena e che non doveva morire. Non voleva neanche pensarci. Proprio come si aspettava, il viaggio fu lungo, ma cosa non la sfiorò minimamente, e quando finalmente arrivò, non riprese le sue sembianze umane, entrando in quell'edificio e chiamando a gran voce il nome del dottor Patrick. Le aveva curato l'infezione, e lo ricordava bene, ma nonostante la ferita di Maddox fosse ben più grave, lei aveva fiducia. Agendo in fretta, non si preoccupò neanche di nascondere la sua vera natura, non le importava. Sfrecciò dentro l'ospedale con ancora le sembianze di lupo addosso, alla ricerca del dottore che l'aveva già guarita. La gente si scansava impaurita al proprio passaggio, come biasimarli? Sentì grida isteriche perforarle i timpani sensibili, ma corse, di corridoio in corridoio, affacciandosi di stanza in stanza, finché non lo vide, finalmente. Stava visitando un bambino, e Karon avrebbe tanto voluto parlare, usare la propria voce per spiegargli tutto, ma con le poche forze che le erano rimaste, posò a terra Maddox ferito, e poi il buio la inghiottì. Alla vista di quel povero ragazzo privo di coscienza sul pavimento, il dottor Patrick andò in allarme, e caricandoselo in spalla, lo adagiò sul lettino libero nella stanza adiacente, affidandolo alle cure dell'ex moglie Janet, dottoressa come lui. Guardandola negli occhi, la pregò di fare del suo meglio per salvarlo, e sparendo nella camera in cui lavorava, la dottoressa Janet si mise subito al lavoro. Finita la visita al piccolo paziente, il dottore si sentì chiamare, e voltandosi, si rese conto che la moglie era in difficoltà. A quanto sembrava, i suoi segni vitali erano quasi assenti, e le cose non si mettevano certo bene per lui. In altre parole, era davvero in punto di morte, ma no, non avrebbero mollato, non fino al suo salvataggio. "Lo stiamo perdendo!" finì per urlare la dottoressa, allarmata alla vista del cardiografo, che quasi mostrava una linea piatta. Nascosta nell'ombra, Karon vedeva e sentiva tutto, e date le sue sembianze di lupo, a quelle parole le zampe quasi le cedettero. Il suo Maddox aveva bisogno d'aiuto, e lei non sarebbe certo rimasta a guardare. Doveva fare qualcosa, non poteva starsene lì ferma, e anche se la paura di essere scoperta dagli umani era forte, Karon decise per la prima volta di non pensare soltanto a sè stessa e rischiare. La trasformazione completa avrebbe richiesto troppo tempo, che già non aveva, quindi spuntò dall'ombra con il suo aspetto umano, ma tenendo la coda e le orecchie ancora animali, i vestiti li avrebbe recuperati poi. Con un balzo, atterrò sopra il lettino in cui era stato messo Maddox e, appoggiandogli le mani su entrambi i lati del volto, usò la sua magia curativa per chiudere la ferita e ripristinare i suoi parametri vitali. Del sangue le uscì dal naso mentre procedeva, per colpa del troppo utilizzo incontrollato della magia. "Ciao cavaliere!" Lo chiamò, con il sorriso sulle labbra mentre sentiva il sangue scorrerle dal naso. "Come ti senti?" "Ora che ti vedo, molto meglio. L'unica a sanguinare qui sei tu." Le rispose lui, sorridendo a sua volta e facendole notare la leggera epistassi. "Ah, non ci badare, mi succede spesso." Rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle. La felicità di rivedere il suo uomo vivo si notava anche dalla folta coda nera che prese a muoversi forsennata dietro di lei.  "Che fai, scodinzoli? Sei davvero così felice?" le chiese poi Maddox, prendendola dolcemente in giro. Sbigottita, Karon girò la testa in tempo per vedere la coda muoversi frenetica e se ne vergognò all'istante. Certi istinti rimanevano radicati in lei anche se passava la maggior parte del tempo da umana. "Ops!" Riuscì a dire soltanto, imbarazzata. "Sei dolcissima." Le rispose soltanto, sorridendole ancora. Poco dopo, il dottor Patrick tornò nella stanza, e notando la presenza di Karon nella stanza, non seppe cosa dire nè fare. Appena un attimo prima il povero Maddox sembrava sul punto di morire, e d'improvviso, con la comparsa della ragazza, la situazione sembrava essersi ribaltata. Guardando la giovane coppia innamorata, un mezzo sorriso gli si dipinse in volto. Non sapeva cosa nè come fosse successo, ma non proferendo parola, li lasciò andare, provando orgoglio per entrambi. Senza dire altro, Karon scese dal letto con un balzo felino e, notò solo in quel momento che man mano orecchie e coda da lupo stavano scomparendo. Sospirò, più serena, e pregò che nessuno l'avesse vista. "Allora, cavaliere.... Disse poi, girandosi verso di lui. "....usciamo da qui?" "Come vuoi, mia piccola strega." Rispose Maddox, offrendole il braccio e invitandola a camminare al suo fianco. Come ogni volta, la ragazza fece ricomparire i vestiti da una nuvola rossastra mentre faceva passare la mano intorno al braccio che le offriva il suo amato. Quasi ignorando il modo in cui la sua fidanzata usò la magia, l'accompagnò fuori dall'ospedale come se nulla fosse accaduto. Finalmente, la sua ferita al cuore era guarita. Magicamente, ma era guarita, e Maddox non aveva desiderio dissimile dallo stare con lei. Quando finalmente uscirono, Karon tirò un sospiro di sollievo. Non sapeva perchè, ma quel tipo di luoghi non le piaceva affatto. Girandosi poi verso il suo Madddox, lo costrinse a fermarsi e gli afferrò il bavero della camicia con entrambe le mani, avvicinandolo a sè per un bacio. Colto alla sprovvista, l'uomo perse quasi l'equilibrio, ma per pura fortuna la sua dama era lì, pronta ad aiutarlo e sorreggerlo per tutta la durata del contatto delle loro labbra. Lasciandola fare, le diede modo di condurre quella così lenta e passionale danza, beandosi di ognuno di quei perfetti istanti. Quando mise fine al bacio, i suoi occhi scintillarono d' amore e di lacrime non versate mentre lo guardava. "Per un attimo ho davvero creduto di perderti." Confessò, tristissima. Poi, per nascondergli i suoi sentimenti e quel dolore che aveva provato pochi attimi prima, Karon cambiò espressione, diventando strafottente. "Qui gli umani sono troppo incompententi per questo genere di cose!" Osservò, quasi arrabbiata dopo averli visti arrendersi alle ferite dell'amato. "Ho avuto paura anch'io, sai? E in parte hai ragione. Conosco il dottor Patrick, ed è un medico competente, ma a quanto sembra, la tua magia lo è anche di più." Rispose lui, rassicurandola e regalandole un sorriso. "Già! Hai perfettamente ragione, cavaliere." Disse allora lei, gonfiandosi d'orgoglio nel tentativo di nascondere quanto in realtà si sentisse sollevata nell'essere riuscita a salvargli la vita. "Quindi...." Ricominciò a dire, mentre voltandosi e dandogli le spalle si allontanava da lui, ancheggiando in modo sensuale. "...ora non avrei più nulla che mi tiene legata a questo mondo, o mi sbaglio? Lo chiese scherzando, per prenderlo un pò in giro e stuzzicarlo. "Io credo di sì invece... che mi dici di me, di noi? Replicò Maddox, facendosi improvvisamente serio. In quel momento, Karon capì che il suo gioco le si era ritorto contro. Lei stava solo scherzando, eppure Maddox l'aveva presa sul serio. In fretta, si girò nuovamente verso di lui e sfoggiò un sorriso pieno di soddisfazione. Camminò con calma verso Maddox, puntandogli poi un dito proprio sopra il cuore. "Cosa pensi che ci sia tra noi, cavaliere?" Gli chiese, curiosa di sentire come la pensava in proposito. "Perchè non rispondi tu, damigella?" La incalzò lui, rigirandole la domanda. Sbigottita, non seppe cosa dire, in quanto non aveva previsto quella domanda. "Gran bella strategia! E ora?" Pensò, arrabbiata con sè stessa. Il suo orgoglio smisurato la implorava di dirgli di tutto, tranne la più semplice verità. Ma un'altra parte di lei era in completo disaccordo.  "Io credo che tra noi ci sia qualcosa che forse non doveva nemmeno esserci." Lo guardò seria, come non lo era mai stata con nessuno. "Insomma, guardaci, apparteniamo a due mondi differenti e abbiamo tutte le ragioni del mondo per non... per non amarci." Rispose, con voce tremante. Ascoltando senza interrompere, Maddox la guardò negli occhi. Quelle parole lo colpirono come una palla di neve in una giornata invernale, ferendolo.  La gente del regno lo conosceva bene, e lo definiva freddo come ghiaccio, ma da quando Karon era entrata nella sua vita, tutto era cambiato. Insieme a lei aveva scoperto l'amore, e in cuor suo sapeva che non avrebbe sopportato di perderla. "Non è vero. Insomma, io non ci credo, d'accordo? Certo, tu sarai anche una maga, ed io un semplice umano, ma nonostante tutto ti amo, e questo non cambierà mai." Confessò, apparendo perfino più serio di prima, a tratti arrabbiato con lei per aver detto ciò che aveva detto. Non riusciva a crederci. Perchè doveva comportarsi in quel modo? Trattarlo con dolcezza e baciarlo per poi aprir bocca e ritrattare ogni cosa? Non lo sapeva, e a quanto sembrava, era destinato a rimanere all'oscuro di tutto. Quando lo guardò negli occhi, in quelle iridi viola si poteva leggere la paura. Per tutto. Lei aveva costantemente paura. Quella fu la prima volta che la sua maschera d'indifferenza calava, perché aveva finalmente trovato qualcuno per cui valeva la pena amare. "Maddox...." Sospirò, sentendosi improvvisamente stanca. Inutile, non ci sapeva proprio fare con le parole. "...anch'io ti amo, più di quanto riesca ad ammettere perfino a me stessa. La verità è che ho paura, cavaliere. Ti amo, e non smetterò mai di dirtelo!" Concluse, arrivando a un passo dal mettersi a piangere come una bambina. A sentire quelle parole, Maddox rimase spiazzato. La reazione della ragazza avvalorava appieno la sua tesi, secondo la quale, nonostante la dura, durissima corazza che utilizzava per difendersi, anche lei aveva un'anima e un cuore. Nonostante fosse connessa al mondo della magia, era anche umana, e come tale, era capace di provare emozioni. "Paura? Paura di cosa?" Chiese, preoccupato. "Di tutto." Disse lei, amareggiata. "E se iniziassi a stilare una lista, elencandoti le mie paure una ad una, non finiremmo più. Ma quella che sto provando di più in questo momento è quella di poterti perdere. Capiterà un giorno in cui non sarò vicina a te per aiutarti, o per guarirti, oppure che io venga richiamata ad un ordine di mio padre... ci sono troppe possibilità di perdita per noi ed è questo a farmi più paura, Maddox." Si fermò, riprese fiato, non aveva mai parlato così tanto con qualcuno. "Karon, basta, ora basta. Non dire così. Io sono qui per te, e ci sarò sempre. Non mi perderai, te lo prometto." Le disse, avvicinandosi e cercando in tutti i modi di infonderle il coraggio che le mancava. Come travolta in pieno da una marea, Karon si tenne stretta a Maddox quasi con disperazione, cingendogli le braccia intorno al collo e nascondendo il viso su una sua spalla. "Su, adesso sta calma, andrà tutto bene." Le sussurrò lui, stringendola a sè e rassicurandola. Senza dire una parola, Karon ebbe soltanto la forza di annuire in silenzio mentre si scostava leggermente da lui. Alzando il viso, permise ai loro occhi d'incontrarsi. In quell'esatto momento, l'azzurro dei suoi occhi su fuse con il viola di quelli della ragazza, e volendo solo consolarla ed evitare che iniziasse a piangere perdendo la forza d'animo che tanto lo aveva attratto, Maddox l'attirò a sè e la bacio, avendo il piacere e la fortuna di vederla distesa, calma e felice. Ancora muta come un pesce, lei si crogiolò nel bacio, lasciandosi andare. Si sentiva.... bene. Semplicemente bene. Azzardò a muovere una mano verso di lui, accarezzandogli dolcemente la base del collo e giocando con le punte dei suoi capelli castani. Approfondendo quel bacio con calcolata lentezza, le accarezzò la schiena con fare amorevole, sentendo il battito dei loro rispettivi cuori decelerare gradualmente. Quel semplice bacio pieno d'amore aveva sortito l'effetto sperato su entrambi, e non appena si staccarono, ripresero a camminare, pronti a raggiungere di nuovo la dimora di Lady Fatima, unica donna capace di proteggerli e offrir loro la sicurezza di cui avevano bisogno. Ancora abbracciata a Maddox dopo quella lite che neanche lei riusciva a spiegarsi nè a definire, Karon sentì il cuore più leggero. Aveva avuto altri scontri verbali, certo, ma era la prima volta che le capitava una cosa simile. Prima di allora, non aveva mai dovuto dare una spiegazione per ciò che faceva o diceva, ma come si ripeteva sempre parlando con sè stessa, c'era sempre una prima volta per ogni cosa. Pensandoci, lo trovò strano, ma anche liberatorio. Decisamente liberatorio. In silenzio, seguivano il percorso che presto li avrebbe ricondotti alle porte del castello di Lady Fatima. "Tutto bene, cavaliere?" Chiese lei, riprendendo la parola e non nascondendo il ghigno divertito che aveva sul volto. "Certo, perchè me lo chiedi?" Rispose lui prontamente, sorridendo divertito a sua volta. "Dopo quello che è successo fuori dall'ospedale sei molto più silenzioso." Disse semplicemente la ragazza, con tono leggero. "Scusa, cerco solo di non pensarci." Le rispose lui, quasi irritato da quel pensiero. Stando a quanto ricordava, lei l'aveva salvato, e ora era tutto passato, e dopo il terrore provato alla sola idea di spirare e perderla per sempre, non voleva più tornare sul discorso. "D'accordo." Disse allora lei, avvertendo lo stato d'animo inquieto dell'uomo. "Non è colpa tua, è solo che... anch'io ho avuto paura, va bene?" Aggiunse poi, prendendole la mano e guardandola negli occhi. A quel punto, Karon si fermò e strinse le mani in quelle di Maddox, incontrando i suoi occhi chiari. Poco dopo, ammorbidì lo sguardo. "Lo so, ho rischiato di perderti lì." Gli disse, rivelandogli con quelle parole la sua stessa paura. "Adesso capisci quanto Aveiron può essere pericolosa per colpa dei Ladri?" Le chiese lui, serio e preoccupato al tempo stesso. Ascoltandolo, lei annuì in silenzio con un secco cenno del capo. "Anche dei semplici umani riescono a fare danni ingenti se si muovono in gruppo." Osservò pensierosa mentre rifletteva. Come per magia, la parte militare della sua mente addestrata da una vita era riemersa. "Karon, sul serio, non voglio pensarci. Com'era il tuo mondo prima?" Rispose lui per poi porle quella domanda, curioso. "Prima?" Ripetè lei, facendogli eco. Senza dire altro, ci pensò sopra, alzando gli occhi al cielo, con la testa leggermente inclinata da un lato. "Non ricordo molto... mia madre era ancora viva, il terreno della Prima Terra Celeste non era secco e polveroso come adesso, e c'erano molti più alberi, ma per quanto mi sforzi non lo ricordo chiaramente." Sospirò, amareggiata al pensiero di non poter fornire altri dettagli. Silenzioso, Maddox ascoltò senza interrompere, poi notò l'assenza di luce negli occhi dell'amata. "Karon, tesoro, sicura di star bene?" Non potè fare a meno di chiedere, preoccupato. Come se lo notasse solo in quel momento, lei lo guardò negli occhi, ridestandosi dai suoi cupi pensieri. "Sì... sì, tutto bene." Rispose soltanto, colta alla sprovvista. "Sicura?" Azzardò allora lui, sospettoso. Volendo rassicurarlo, azzardò un sorriso mentre le ultime immagini delle sue terre desolate le sparivano dalla mente, poi si ripetè. "Sì." "Bene." Commentò, felice della sua risposta. In origine, lui era un ragazzo freddo come il ghiaccio dei suoi occhi, ma da quando l'aveva conosciuta, aveva iniziato a cambiare, preoccupandosi di ogni inusuale sfumatura del suo comportamento. Ricordava ancora il modo in cui lei aveva finito per svenirgli davanti, e se mai fosse successo ancora, una cosa era certa. Non se lo sarebbe mai perdonato. Intanto, mentre entrambi continuavano a guardarsi negli occhi, persi nei propri sentimenti, il cielo stava cambiando, e il sole iniziava a tramontare. Il rumore di un tuono improvviso squarciò il cielo, distraendo la ragazza. Non voglio azzardarmi a dirlo, ma forse sta per piovere." Disse con sarcasmo, mentre sollevava la testa e lo sguardo. "Hai ragione, forse è meglio andare." Le rispose lui, prendendole ancora la mano e facendosi più vicino. Non appena lo vide avvicinarsi, Karon si alzò leggermente in punta di piedi per unire le loro labbra in un bacio delicato. Abbracciandola, Maddox si lasciò baciare, e lentamente, alcune gocce di pioggia caddero, bagnando i loro corpi. Disinteresssata dalla pioggia che stava cadendo in quel momento, lei si azzardò ad approfondire quel bacio, cingendogli poi il collo con le braccia. "Siamo arrivati." Osservò poco dopo con un sorriso mentre il tramonto lasciava spazio alla sera. Sorridendo a sua volta, Maddox fece un passo in avanti, e non appena le porte del castello si aprirono cigolando, lui entrò assieme a lei, calmo e tranquillo. "Questo luogo è sempre così desolato?" Chiese allora Karon mentre si guardava intorno non vedendo anima viva. Intanto, i loro passi risuonavano dando vita a un'eco infinita e assordante. "No, hai ragione. In genere non è mai così calmo qui, sai?" Le rispose Maddox, trovandosi completamente d'accordo. Per qualche secondo, il silenzio riempì l'ampio salone, e mentre insieme camminavano l'uno accanto all'altra, Karon notò un leggero movimento alla sua sinistra, e tutta la sua attenzione si riversò su una fanciulla dall'aspetto delicato, con un leggero vestito bianco. Fermandosi a pensare, ricordò di averla già vista da qualche parte, e poi, all'improvviso, un lampo di genio. Era Rachel, l'ancella preferita di Lady Fatima. Non notando che la coppia era rientrata, era persa nei propri pensieri mentre camminava lungo il muro e si avvicinava ad una delle finestre aperte. La pioggia che ancora cadeva faceva da sottofondo musicale alla sua giovane mente. Guardandola, Maddox decise di parlarle. Il castello sembrava deserto, ma per fortuna lei era lì, e sapendo che conosceva  la Leader forse meglio di sè stessa, era sicuro che lei sapesse dove fosse. "Rachel, hai visto Lady Fatima?" Chiese, confuso e stranito dalla sua assenza nella sala principale. Colta alla sprovvista, Rachel saltò sul posto, spaventata. Nel silenzio, non l'aveva sentito arrivare, e voltandosi, si stupì di vederlo insieme alla straniera. "S-Sì, è nella sua camera. Riposa. Perchè la cerchi?" Biascicò, tremando di paura. "Rachel, calmati, era solo una domanda il castello è deserto, tutto qui." Le rispose Maddox, cercando di rassicurarla. Senza proferire parola, Rachel annuì, ancora tremante come un coniglio. Era strano, ma lontano dalla sua Fatima si sentiva sempre ansiosa e troppo esposta a tutto. "Abbiamo saputo dell'attacco ad Ascantha, Lady Fatima era molto preoccupata." Aggiunse poi, in preda al terrore più puro. "Posso capirlo. Adesso sta tranquilla, va bene?" Continuò lui, sempre tentando di riportarla alla calma. "Sì, certo." Rispose lei, cercando di sorriderle nonostante fosse ancora provata. Poco dopo, scivolò nel silenzio, tornando a guardare fuori dalla finestra. In quel momento, una porta alla fine del corridoio si aprì con uno scatto, e la ragazza si voltò, notandola. Lady Fatima. Distrutta dal suo mal di testa, ma pur sempre bellissima. "Rachel, si può sapere che succede?" Chiese, con le tempie che le pulsavano e dolevano come mai prima. "Mia Signora! Maddox e la donna asiatica sono tornati vivi!" Disse, celando il suo entusiasmo, che in buona parte consisteva nel poter vedere la sua donna. "Due dei pochi sopravvissuti, vedo." Osservò, guardandoli per un solo attimo, silenziosa ma comunque felice di rivederli entrambi. "Rachel, tesoro, mi faresti un favore? le chiese poi, facendole segno di avvicinarsi. "Sì, mia Signora?" Rispose lei, felice e stupita di potersi avvicinare così tanto. "Vieni qui." Le sussurrò,  prendendole con dolcezza la mano e dandole il permesso di baciarla di fronte ai due ospiti. Ancora paralizzata dallo stupore, la povera Rachel non riusciva a crederci. Baciarla proprio lì, nonostante non fossero sole. Così, imbarazzata come non mai e con il viso viola per l'emozione, prese il volto dell'amata fra le mani e posò le labbra su quelle di lei per un bacio delicato e impacciato al tempo stesso. Frattanto, Karon aveva accostato la testa a quella di Maddox, avvicinando la bocca all'orecchio per non farsi sentire dalle due donne. "Non era una mia impressione!" Gli bisbigliò con il sorriso, divertita dalla scena. Voltandosi, Lady Fatima guardò di nuovo la ragazza asiatica, che dopo quel commento, era diventata quasi un'intrusa anzichè un'ospite. "Hai qualcosa da dire, Karon?" Chiese, leggermente adirata. In quel momento, un brivido di gelo le percorse la spina dorsale. In tutta onestà, non si aspettò niente di meno da una donna capace di tenere le fila di un intero territorio.  In un gesto automatico, sentendo la velata minaccia nell'aria, Karon spostò la sua mano impercettibilmente dietro la schiena, per nascondere un leggero scoppio di magia che le stava pervadendo il palmo. "Nulla, milady." Rispose soltanto, facendo subito sparire quel sorriso.  "Meglio così, cara." Rispose allora Lady Fatima, affrontandola con sguardo truce. "Rachel, andiamo, la tua Signora ha bisogno di te!" Disse poi alla sua ragazza, schioccando le dita nella sua direzione. Annuendo, Rachel la seguì senza fiatare, e insieme, le due si ritirarono nella loro stanza. Impassibile, Karon era rimasta immobile sul posto, ma senza mai abbassare lo sguardo. Anche lei come Lady Fatima era una Leader, anche se non sembrava affatto dal suo comportamento. Non appena le vide andar via, lasciò libera la mano che aveva nascosto, ma l'alone rossastro non era ancora sparito. "Che c'è? Sei sorpresa?" le chiese Maddox, che in tutto quel tempo aveva fatto del suo meglio per restare calmo. Non sapeva perchè, ma il comportamento della ragazza di fronte alla Leader l'aveva divertito. "Affatto." Disse, compiaciuta, mentre aspettava che quello sfogo di magia incontrollata passasse. "È un'ottima Leader." "Fai bene a dirlo, e sono felice che lo pensi. In fondo, se lei non ci fosse stata, non mi avresti mai incontrato." Rispose lui, sorridendole e guardandola negli occhi. "Vero." Si limitò a dire lei, voltandosi nella sua direzione e fissandolo con malizia, il dito indice che andava a percorrere la linea della mascella e il mento sbarbato. "E io non avrei incontrato te." Aggiunse poi Maddox, sorridendo leggermente mentre le dita della ragazza lo accarezzavano in maniera sensuale. Silenziosa, Karon sarebbe rimasta per ore ad ascoltare il suo ragazzo parlarle con voce innamorata, ma la stanchezza unita all'eccessivo uso della magia per guarirlo stava avendo la meglio su di lei e sulla sua salute di ferro, e come se non bastasse, anche trasformarsi in lupo era stato un grosso azzardo. In quell'istante, uno sbadiglio le scappò dalle labbra, e senza pensarci, posò la fronte sulla spalla di lui, avvicinandosi anche con il corpo. "Sei stanca?" Le chiese allora lo stesso Maddox, lasciandola fare e guardandola con apprensione. Mantenendo il silenzio, Karon ebbe soltanto la forza di annuire con un movimento del capo, e chiudendo gli occhi dopo l'ennesimo sbadiglio, gli circondò il collo con le braccia per appoggiarsi meglio a lui, poi sentì le gambe tremare leggermente. "Avanti, fa uno sforzo e seguimi, va bene? C'è una camera libera se vuoi." La incoraggiò l'uomo, prendendola per mano e sperando di convincerla a camminare al suo fianco. "Va bene." Rispose lei in un sussurro mentre cercava di tenere gli occhi aperti e lo seguiva con passo malfermo verso la stanza. Nel tentativo di aiutarla, lui le offrì il braccio, e insieme, camminarono per i corridoi del castello, fino a raggiungere l'unica stanza libera, pericolosamente vicina a quella divisa da Rachel e dalla Leader. Non appena arrivarono davanti alla porta della camera, sentì sotto le dita il corpo dell'uomo irrigidirsi di colpo, come se all'improvviso si sentisse a disagio o in ansia. "Maddox? Tutto bene?" Riuscì a biascicare nel dormiveglia. "S-sì, sto bene, è solo che... vedi... Lady Fatima è proprio qui accanto, non vorrei adirarla." Spiegò lui, quasi balbettando e biascicando a sua volta le parole. "Davvero?" chiese Karon, ridestandosi da quel torpore e rivolgendo all'uomo un ghigno divertito. "E allora? È forse un problema per te, cavaliere?" Gli chiese, prendendolo bonariamente in giro. "Karon! Abbassa la voce! Ti assicuro che non vuoi vederla arrabbiata." Replicò lui, cambiando repentinamente espressione da tesa a irosa. "Ci vuole ben altro per spaventarmi, credimi." Disse poi, lanciando uno sguardo poco interessato alla porta della stanza di Lady Fatima. La sua rabbia non era un suo problema. A quelle parole, Maddox sospirò, poi, quasi seccato dal suo comportamento, si sedette sul letto. "Dai, sdraiati. Non avevi sonno?" Le chiese, fornendole comunque un utile consiglio. "Assolutamente sì" Disse poi, dando vita ad un ennesimo sbadiglio. Poco dopo, si sdraiò sul soffice e morbido letto, restando a guardare la schiena dell'uomo ancora seduto. "E tu?" non potè evitare di chiedere, mentre con le dita andava a sfiorargli la schiena sentendo le palpebre sempre più pesanti. In silenzio, lui si sdraiò a sua volta, pur senza voltarsi verso di lei nè cedere alle sue dolci carezze. L'amava, era innamorato di lei da tempo, ma era decisamente troppo stanco per fare altro. "Non mi dai neanche un bacio, cavaliere?" Azzardò lei, sempre tennedo gli occhi fissi su quell'ampia schiena e continuando ad accarezzarla con la punta delle dita. "Karon, tesoro, ti prego! Non vedi che non ce la faccio?" Si lamentò lui, sospirando ancora. Alla parola "tesoro" il cuore della donna batté più forte, emozionandola, ma ciò non le impedì di mettergli comunque il broncio. Voleva essere lasciato in pace? D'accordo! Bene! Stizzita, Karon lo lasciò stare e si girò, voltandogli le spalle e serrando gli occhi con rabbia. Voltandosi a sua volta solo in quell'istante, lui la convinse a guardarlo negli occhi, poi le accarezzò il viso. "Ci ha creduto, vero, streghetta?" Le chiese, prendendola in giro con amore e dolcezza. Incredula, aprì e richiuse la bocca senza riuscire a dire una parola. Sì, ci aveva creduto come una sciocca e non riusciva neanche a negarlo. "Tu!" Disse poi cercando di assumere un'espressione arrabbiata anche se senza alcun risultato. Giocando, gli diede una manata sulla spalla. "Giochi sporco, lo sai?" Gli fece notare, ridacchiando. "Lo, so, e so anche che la cosa ci diverte entrambi, o sbaglio?" Continuò, assecondandola e portando avanti il gioco che lei stessa aveva iniziato. "No, cavaliere, non sbagli affatto." Sussurrò lei con voce maliziosa mentre gli si faceva più vicina e lasciava scorrere le dita lungo la linea della mascella dell'uomo, osando raggiungere anche il mento. Innamorato come sempre, decise di coglierla alla sprovvista, e prendendole la mano prima che riuscisse a terminare quella carezza, gliela strinse con forza, facendo poi incontrare le loro labbra in un bacio dolce e passionale. Totalmente disarmata da quel gesto improvviso dell'uomo, Karon spalancò gli occhi dalla sorpresa, ma non appena sentì le labbra di lui sulle proprie riuscì finalmente a lasciarsi andare accoccolandosi contro il suo corpo e ricambiando prontamente quel bacio passionale. Il cuore di lei batteva ormai furioso nel petto, tanto che temette potesse schizzare fuori da un momento all'altro. Staccandosi da lei solo per respirare, la guardò di nuovo negli occhi, perdendosi in quelle iridi splendenti. Nel farlo, le posò una mano sul petto, avvertendo l'aumento del suo battito cardiaco. "Karon, sta calma, siamo soltanto all'inizio." Le sussurrò, per poi avvicinare di nuovo le labbra alle sue e fermarsi, tentandola. "Calma? Fosse così facile!" Pensò, perdendosi nei suoi pensieri e parlando con sè stessa. In cuor suo, avrebbe voluto anche lei avere la sua stessa calma in una situazione come quella. Riusciva a tenere il sangue freddo durante le battaglie, ma quando si trattava di gesti così intimi perdeva letteralmente la bussola. Senza riuscire a impedirlo, lasciò che le guance le diventassero rosse e sentì il viso andarle a fuoco mentre, tremando leggermente per l'emozione, raggiunse quelle labbra tentatrici e tornò a baciarlo. Sorridendo, Maddox osò usare la lingua per approfondirlo, rendendolo con quel semplice gesto il migliore che in tutto quel tempo le avesse mai dato. "Soddisfatta, amore?" Le chiese, continuando a giocare con le parole. "Soddisfatta?" chiese, facendogli eco e riprendendo per un attimo la sua solita espressione sorniona e smaliziata. "Secondo te, mio cavaliere?" Azzardò poi, mentre riduceva la voce a poco più di un sussurro e gli passava la mano fra i capelli, scompigliandoglieli. "Non credo proprio." Le rivelò in un sussurro innamorato, mentre abbassava lo sguardo e iniziava a tempestarle il collo di baci lievi ma bollenti. Un sorriso vittorioso increspò le labbra della giovane mentre si muoveva per agevolare l'uomo nei suoi baci. Come ben sapeva, non si era mai spinta tanto oltre con qualcuno, e prima di incontrare Maddox non aveva mai avuto relazioni serie con altri uomini. Chiudendo gli occhi, cercò di rilassarsi il più possibile, con il cuore che, innamorato, batteva senza sosta mentre continuava a scompigliargli i capelli. Beandosi dello stato in cui la sua ragazza versava, Maddox sorrise, e continuando a baciarla, le accarezzò con leggerezza il viso e le braccia, preparandosi al passo successivo, ovvero quello più importante. Rompendo il silenzio, Karon sospirò il nome dell'amato mentre sentiva le sue mani su di sè e riaprì lentamente gli occhi solo per notare come lo sguardo color ghiaccio dell'uomo riuscisse a farla innamorare sempre di più. "Maddox..." Biascicò, cercando di richiamarlo a sè e volendo fargli capire che non aveva alcuna esperienza in quello che stavano facendo, e a cui, come sapeva, sarebbero arrivati. Troppo concentrato sulla situazione che insieme stavano vivendo, Maddox finì per ignorarla, passandole lievemente le dita sul petto e carezzandole appena i seni. Non voleva assolutamente rovinare quel momento, e sperava che lei riuscisse davvero a dimenticare le sue insicurezze. Non appena sentì le dita del suo uomo toccarla con sicurezza, Karon strinse si morse il labbro inferiore per non gemere. Non aveva dimenticato che comunque erano vicini alla stanza della Lady e, nonostante quello che aveva detto all'inizio la preoccupasse, e voleva evitare in qualunque modo di far irritare il loro capo. Sorridendo di fronte a quella reazione, Maddox la guardò ancora negli occhi, sussurrandole una sola frase all'orecchio. "Ti amo, Karon. E ricordati, io amo soltanto te." A quelle parole, come attraverso l' incantesimo più dolce, tutte i dubbi di Karon svanirono, e in quell'istante, i loro sguardi s'incontrarono di nuovo. Senza più alcuna esitazione, la donna gli prese il viso tra le mani e avvicinò le proprie labbra alle sue per un bacio dolcissimo. Non riusciva a dire nulla, non aveva parole che potevano descrivere quella magnifica sensazione che cresceva nel suo petto ad ogni sguardo dell'uomo. Accettando quel bacio senza proteste, Maddox non osò approfondirlo, in quanto lo trovava assolutamente perfetto, In silenzio, godette di quel contatto e della felicità che scorgeva nel volto della giovane, che finalmente aveva imparato a lasciarsi andare e dare ascolto alle sue emozioni. L'amava, e desiderava andare avanti, ma non avrebbe mosso un muscolo finchè lei non fosse stata pronta. "Maddox..." Sussurrò, chiamandolo ancora per nome quando quel bacio ebbe fine. Nel farlo, fece scivolare le mani lungo le sue braccia, poi gli sorrise dolcemente. "Ti prego, vai avanti." Continuò, con tutta la soavità di cui era capace, facendogli capire che era pronta a concedersi a lui e soltanto a lui. "Come vuoi, amore mio." Le rispose, abbassando lo sguardo e tornando a concentrarsi unicamente su di lei. Lentamente, le sue mani scivolarono su ogni centimetro del corpo della ragazza, e in un attimo, realizzò il suo desiderio, avendo il piacere di vederla rilassata e completamente innamorata di lui. In breve, i gemiti dell'amata riempirono il silenzio, e nel momento in cui lei raggiunse il suo limite, lui si sdraiò al suo fianco, sfinito. Con un piacevole torpore a percorrerle il corpo e il fiato corto, Karon si avvicinò a lui con aria trasognata e gli posò la testa su una spalla. Lasciandola fare, Maddox l'abbracciò stretta, e chiudendo gli occhi, finì per addormentarsi con lei. Non parlava nè tentava di dimostrarlo, ma in cuor suo, non riusciva a crederci. Aveva passato la sua prima notte con la donna che più amava, e per entrambi era stato bellissimo. Così, le ore passarono, e svegliandosi per prima con la luce di una nuova alba ad irritarle il sonno, Karon decise di aprire gli occhi e, nel momento esatto in cui lo fece, capì subito che qualcosa in lei non andava. Un lieve malessere le offuscava la mente, come se fosse stata piena di ovatta, un leggero stordimento che era sicura non provenisse dall'essersi concessa all'uomo che ancora dormiva al suo fianco. Nel tentativo di riordinare le idee, respirò profondamente e, nel cercare di mettersi seduta, sentì qualcosa di liquido gocciolarle lungo il naso e la bocca. Quando andò a indagare e  toccare con le dita scoprì con orrore che era sangue. "Ma che...? Eppure non uso la magia da ore!" Pensò, confusa e stranita. Ancora perso in uno stato di dormiveglia, Maddox si voltò lentamente verso di lei, scoprendola agitata. "Karon, che è successo?" Chiese, stordito ma preoccupato al tempo stesso. "N-Non lo so." Ammise lei con espressione mesta mentre si allungava verso i vestiti rimasti a terra nella notte appena trascorsa. Afferrando parte del suo kimono, si ripulì dal sangue come meglio poteva, poi riprese a parlare. "Ho avuto come uno stordimento e poi questo." Disse lei mentre indicava il naso e gli spiegava come si era sentita. "Adesso è tutto passato." Rivelò poi, più perplessa dell'uomo al suo fianco. In quel momento, un campanello d'allarme risuonò dentro di lei,  facendole capire che mai le era successa una cosa simile, e che in fin dei conti, in quanto a salute era sempre stata una roccia. "Stai sanguinando!" Osservò allora Maddox, sorpreso. "Grazie al cielo è solo un'epistassi. Dì, ne soffri spesso?" Aggiunse poi, sentendosi più sollevato ma non potendo evitare di porle quella domanda. "Raramente in verità. E soltanto quando abuso troppo dei miei poteri." Rispose lei sommessamente, cercando di capire se il sangue avesse smesso di scorrere o meno. "Sta tranquilla, non è niente. Guarirai presto, garantito." La rassicurò lui, sedendosi al suo fianco e stringendola in un delicato abbraccio. Più sicura, Karon si lasciò stringere e tornò a guardare le sue vesti macchiate con un leggero tono di disappunto. "Che noia, ora dovrò trovare altro da mettermi." Si lamentò lei, seccata. "No, non è vero! La macchia si vede appena, e stai bene anche così." Le rispose lui, scherzoso e sorridente. "Così come, Cavaliere?" Chiese ridacchiando divertita mentre gli dava una leggera pacca sulla spalla. "Devi essere più preciso, mio caro." Continuò poi, ridacchiando ancora e dimenticandosi di quel così piccolo e spiacevole episodio. "Karon! Sul serio, nessuno noterà quel sangue, adesso alzati e andiamo." Rispose lui, lasciandosi contagiare e ridendo con lei. Con il sorriso ancora sulle labbra, Karon scese dal letto ed evitando di usare la magia, si rivestì in fretta mettendosi in ordine ogni pezzo del kimono. Mentre compiva quei gesti interminabili, guardò Maddox, perplessa ed incuriosita.  "Dove andiamo?" Chiese, desiderosa di passare una giornata in sua compagnia. "Dove vuoi. Ora che Lady Fatima ti conosce non devi più nasconderti da lei." Le rispose, dandole la possibilità di scegliere cosa fare. "Quindi mi dai carta bianca?" Chiese lei con un sorriso mentre, con mani esperte, si allacciava la fascia rigida che copriva quasi tutto l'addome, fornendole così anche una specie di armatura. Finse di pensarci su, ma sapeva già dove voleva andare, anche solo per prendere una boccata d'aria. Era rimasta incantata da quel villaggio così ricco e pieno di gente sorridente. "Com'è che si chiama...? Ascantha?" Azzardò, contenta. "Sì, Ascantha. Che c'è? Vuoi farti un altro giro? Le chiese, allora Maddox, guardandola negli occhi e sorridendo divertito. "Esatto!" Disse lei in risposta, entusiasta alla sola idea. Nel suo mondo aveva pochissimi momenti liberi per permettersi di rilassarsi come faceva lì e voleva approfittarne il più possibile. "Per me va bene." Dichiarò lui, avvicinandosi e prendendole la mano con fare tranquillo. Felice, Karon si lasciò prendere la mano e, insieme, uscirono dalla stanza per dirigersi verso l'uscita della fortezza. "Non avrei comunque accettato un no come risposta, Cavaliere." Rispose lei con ghigno divertito mentre lo guardava negli occhi. "Non avrei potuto pronunciare quella parola, mia dama." Replicò lui, assecondando il suo gioco e il suo parlare così antico. "E come mai non avresti potuto? Chiese allora Karon con malizia, conoscendo comunque la risposta. "Perchè ti amo, tesoro mio." Rispose infatti Maddox, confermando le sue speranze e sorridendo per l'ennesima volta mentre si  fermava a guardarla, rapito dal suo sguardo e dal colore dei suoi occhi. Camminavano da poco, e non erano neanche usciti dalla fortezza, ma Karon non resistette, e, con il cuore in tumulto per quelle parole pronunciate dal suo uomo, si sporse verso di lui con occhi innamorati, e in una muta richiesta, sperò in un bacio.Silenzioso come al solito, Maddox esaudì quel desiderio, per poi riprendere a camminare e lasciare finalmente il castello di Lady Fatima. Insieme, fecero di nuovo la strada che li avrebbe ricondotti alla fiorente città e, anche se aveva fatto quella strada un paio di volte al massimo, ormai conosceva a memoria l'intero percorso. Ben presto infatti si ritrovarono di nuovo a passare per  l'entrata di Ascantha. Per pura fortuna, nessuna delle guardie battè ciglio alla vista dell'uomo e della sua dama, e mantenendo la calma, i due continuarono a camminare, inspirando e beandosi del dolce profumo dei fiori e della natura attorno a loro. Al contrario della prima volta che erano stati lì, Karon volle prendere le cose con calma, e nel farlo, si guardò attorno cercando di notare qualunque dettaglio le fosse sfuggito alla prima visita. Continuando a camminare senza dire nulla e tenendole la mano, Maddox si guardò intorno a sua volta, e in lontananza, credette di riconoscere un viso amico, o perlomeno conosciuto. Era incredibile, ma si trattava di Stefan. Approfittando della bella giornata proprio come loro, aveva deciso di accompagnare Rain per una semplice camminata fuori casa quando, in un'occhiata veloce, gli sembrò di notare tra la folla quel verme di Maddox. Incerto, dovette controllare una seconda volta, poi capì di aver visto giusto. Infuriato, s'irrigidì, e mille vecchi e spiacevoli ricordi tornarono a galla nella sua mente.Notando il repentino sbalzo d'umore del marito, Rain lo guardò confusa, ma poi, guardando nella sua stessa direzione, fu colta da un'improvvisa sensazione di freddo. "No, non può essere." Sussurrò, parlando con sè stessa e sperando di non essere sentita. "Sta qui." Disse Stefan con voce gelida mentre le lasciava il braccio che aveva tenuto sulle sue esili spalle fino a quel momento. Maddox sapeva di non dover più farsi vedere da quelle parti, sapeva che non lo volevano vedere per il resto dei loro giorni, ma ora per puro caso, le loro strade si erano incrociate. Arrabbiato come non mai, avvertendo anche l'agitazione della moglie, Stefan iniziò a marciare verso di lui, non notando neanche la giovane donna che lo accompagnava. Spaventata, Rain obbedì a quella sorta di ordine, rimanendo in disparte a guardare il marito avvicinarsi all'uomo che lei considerava un mostro. Come paralizzata, non riuscì a muoversi, e incrociando le dita, sperò con tutto il cuore che il suo amato ne uscisse incolume. "E lui chi è?" Chiese Karon sospettosa, fermandosi non appena notò l'uomo camminare verso di loro. "Sembra volerti smembrare a mani nude." Disse poi, più curiosa che preoccupata. "Tu!" Gridò Stefan, avvicinandosi e afferrando quel viscido verme per il bavero della camicia con un veloce movimento del braccio. Fissandolo, lo tirò verso di sè, e imponendosi di star calmo, non fece altro che incatenare i loro sguardi. Reagendo d'istinto al gesto improvviso dell'uomo, Karon si avvicinò ai due e, con discrezione, fece scivolare una mano lungo il petto dello sconosciuto, caricandola di magia rossastra. "Attento a ciò che fai." Disse con voce glaciale mentre lo studiava con l'occhio invelenito. A quanto sembrava, tra i due non scorreva buon sangue, ma nonostante questo, lei non capiva perché il suo uomo non si stava opponendo a quella palese aggressione. Per nulla spaventato, Stefan prese la mano della donna, assicurandosi di rimetterla in riga. "E tu chi saresti? La sua ennesima conquista?" le chiese, mettendo il dito in una piaga che solo lui conosceva. "Avevo già capito che non è un santo d'uomo, ma lasciare che un umano sciocco come te mi offenda non lo permetto." Rispose lei a tono, mentre, per nulla spaventata da lui, strinse la mano su quella dell'uomo e fece passare la sua magia attraverso il contatto, provocando in lui un vago stordimento. Non aveva alcuna intenzione di uccidere alla luce del giorno e sotto gli occhi di molte persone, ma una piccola lezione non gliela toglieva nessuno. Colto alla sprovvista, Stefan perse improvvisamente l'equilibrio, e tentando di voltarsi per tornare da Rain, non fece che barcollare, rischiando di cadere. Nel frattempo, una preoccupatissima Rain correva per raggiungere. "Stefan! Amore mio, che è successo?" chiese, con il cuore in gola e la voce spezzata. Stordito e con la mente innaturalmente annebbiata, Stefan dovette appoggiarsi con una mano al muro di edificio e riprendere fiato. Cosa gli aveva fatto quella donna? Non lo sapeva, e come se non bastasse, il dolore alle tempie gli impediva di ragionare. "La... la donna, non so che cosa sia successo, ma è come se mi avesse dato un colpo in testa...." Biascicò, trovando a malapena modo di parlare. Nel frattempo, Karon si era girata verso Maddox con un sopracciglio inarcato in un'espressione confusa. "Se vuoi palarmi io ti ascolto, ma posso anche fare finta di nulla." Disse semplicemente, capendo al volo che qualcosa non andava nell'uomo e che le stava nascondendo qualcosa. In silenzio, pensò. Chi non aveva dei segreti? Lei stessa aveva taciuto a lui la sua vera natura. Alle parole della ragazza, Maddox si bloccò. Era così buona e dolce, eppure anche stranamente enigmatica, proprio come la Leader. "Va bene, però devi promettermi che non ti arrabbierai, intesi?" Rispose, sperando di riuscire a convincerla a tenere a freno le emozioni. Capendo che qualcosa di grosso stava per uscire fuori dal passato dell'uomo, Karon si guardò attorno, cercando un posto più tranquillo dove parlare. "Vieni. E no, non mi arrabbierò." Lo rassicurò, mentre prendendolo per mano, lo portava verso un vicolo stretto e solitario. "Bene,  Disse poi con tranquillità, pronta ad ascoltare qualsiasi cosa da lui, appoggiandosi con la schiena al muro e le braccia incrociate al petto. "Ti ascolto." Respirando a fondo, Maddox si preparò a dirle la verità, e nel farlo, iniziò inconsapevolmente a tremare. "Ecco, vedi... vedi quella donna?" Iniziò, sporgendosi oltre il vicolo solo per indicare Rain. "Quando ho conosciuto lei, ancora non conoscevo te, e per qualche strana ragione, quando lei arrivò al castello di Lady Fatima, io... io provai una specie di attrazione per lei. Ovviamente non mi corrispondeva, ma io sentivo di volerla, così..." Continuò, lasciando quella frase a metà per il troppo imbarazzo. "Così?" Chiese lei con sguardo serio mentre continuava ad osservare la donna che le aveva indicato, ma rimanendo comunque ad ascoltare la spiegazione dell'uomo. "Così... l'ho quasi violentata, ecco." Confessò, volendo solo scomparire e sprofondare nel terreno per la vergogna. Dal giorno in cui l'aveva fatto erano passati anni, e tutto era cambiato dopo il suo incontro con Karon, ma nonostante tutto, quel crimine restava, tormentandolo continuamente, anche quando cercava di non pensarci. Colta di sorpresa, Karon chiuse gli occhi e respirò a fondo a quella rivelazione. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Come avrebbe dovuto reagire? Conosceva Maddox da troppo poco tempo per poterlo giudicare alla base di quel fatto. Cercando le parole giuste, riaprì gli occhi e si voltò verso di lui, rimanendo immobile sul posto. "Non mi importa." Disse infine con semplicità disarmante. Io conosco il Maddox di adesso e me ne sono innamorata. E so per certo che ora non faresti più una cosa simile o mi sbaglio? Adesso, di ciò che hai fatto in  passato non mi importa nulla." Aggiunse poi, aprendogli di nuovo il suo cuore e facendo sparire ogni sua insicurezza. "No, amore, non lo rifarei mai." Rispose lui, avvicinandosi per abbracciarla e facendolo con una stretta forte, non volendo davvero lasciarla più andare. In silenzio, ma sorridendo innamorata a quell'uomo che stava imparando a conoscere giorno dopo giorno, Karon si lasciò abbracciare e gli circondò il collo con le braccia per tenersi più stretta a lui. Vedendola reagire a quel modo, lui la guardò, e nel farlo, non resistette, arrivando a baciarla. Silenziosa, lei lasciò he l'uomo la baciasse senza alcuna esitazione e, con occhi pieni di passione e malizia, gli passò una mano sui capelli, scompigliandoglieli e tirandoglieli leggermente. Scoprendosi completamente rapito da quello sguardo e da quel comportamento, Maddox approfondì quel bacio come mai aveva fatto, sentendola la sua bella Karon fare fatica a respirare. Si conosceva, e sapeva che avrebbe potuto continuare all'infinito, ma improvvisamente, un urlo  gli bucò i timpani, rovinando quel momento così perfetto. Colta alla sprovvista dal grido pazzesco, Karon si scostò da Maddox quasi come se si fosse scottata, e con sguardo serio, si girò verso l'uscita del vicolo. Ciò che vide fu l'esatta copia di quello che era successo il giorno prima. "Cos'è? Lo fanno per caso apposta? Rovinare per la seconda volta il nostro appuntamento perfetto!" Disse infatti, nervosa e scocciata mentre estraeva la sua spada dal petto. "Karon, preparati." L'avvisò lui, afferrando la sua spada e iniziando a correre in direzione di quell'orribile suono. Senza accorgersene, raggiunse di nuovo il centro della piazza, dove centinaia, forse migliaia di quei mostri non facevano altro che uccidere e terrorizzare civili innocenti. Molti cercavano di scappare, ma cadevano prima di riuscirci, e lo spettacolo più triste era dato da giovani madri che fuggivano cercando di mettere al sicuro i loro figli. Infuriato, Maddox ne uccise e ferì molti, scoprendosi comunque impotente senza l'aiuto della sua Karon. Senza farselo ripetere due volte, lei gli corse dietro a katana spianata, pronta a fare a fette chiunque le sbarrasse la strada. Si ritrovò al centro dell'orda molto presto e riuscì a decapitarne alcuni che correvano proprio nella sua direzione, ignari della fine orribile che la donna aveva in serbo per loro. Con sguardo glaciale e l'adrenalina che pompava incessante nel suo sangue, l'asiatica riuscì a crearsi intorno una scia di cadaveri man mano che cercava di allontanare i Ladri dalle zone più abitate. Orgoglioso di lei, Maddox sorrise dandole coraggio, e continuando a lottare al suo fianco, fece quanto in suo potere per difenderla da quei vermi. Contrariamente a lui, lei non sembrava stanca, e non una singola goccia di sudore le bagnava la fronte, come invece succedeva con lui, che dopo l'ennesimo colpo andato a segno, dovette fermarsi e riprendere fiato. Con il suo sangue misto tra umano e divino, Karon sentì di poter smuovere l'intero mondo e non sentirne affatto il peso. Al contrario di lei però , Maddox non riusciva più a starle dietro e così si costrinse a rallentare e a fermarsi con lui. "Ehi, Cavaliere, tutto bene?" Chiese, preoccupata. "S-Sì, tesoro, sto bene." Rispose lui ansimando e cercando di riprendere il controllo del suo respiro. Fra un tentativo e l'altro, si guardò intorno, e in quel momento, un secondo urlo si levò nell'aria. Incredibilmente, non si trattava di una persona qualunque, ma di uno dei loro compagni di lotta. Rain. A quanto sembrava, aveva finito per inciampare e quasi perdere i sensi, e nonostante gli sforzi di Stefan, uno dei Ladri era vicino a finirla. Notando anche lei la donna in difficoltà, Karon non ebbe alcuna esitazione e, usando i suoi poteri per aumentare la velocità della corsa, arrivò appena in tempo per farle da scudo, mettendosi in mezzo e sopportando la pugnalata ad una spalla. Senza neanche una smorfia di dolore o difficoltà, Karon guardava la donna dall'alto, torreggiando su di lei e osservandola per vendere che non si fosse fatta male. Alle sue spalle nel frattempo il Ladro era rimasto sbalordito dalla mancata reazione della donna al suo colpo. "Stai bene?" Chiese infine Karon alla donna ancora a terra. "Sì, grazie." Rispose Rain, alzandosi a fatica e sentendo alcune piccole lacrime inumidirle gli occhi. Era salva. Non poteva crederci, eppure era salva, e solo grazie a quella sconosciuta. Rilassandosi visibilmente a quella risposta affermativa, Karon voltò il viso di lato e con la coda dell'occhio guardò glaciale il Ladro ancora dietro di lei, troppo incredulo per fare altro. Un ghigno di sadico piacere increspò le labbra di lei mentre si estraeva dalla spalla il pugnale con una facilità disarmante. "Ehi, hai finito di giocare, lurido verme?" Ancora incapace di credere a ciò che stava vedendo, quel mostro non mosse foglia, avendo appena il tempo di respirare prima di essere ucciso da un più che grato Stefan. Senza dire nulla, Karon rimase a guardare l'uomo che tirava su la donna che aveva appena salvato per accertarsi soltanto che entrambi fossero incolumi. "Tranquillo, non c'è bisogno di ringraziarmi." Disse poi in direzione dell'uomo, beffandosi della  mancanza di prontezza che era quasi costata la vita alla sua donna. A sentire quella voce, Stefan si voltò, ringraziando la ragazza con un sorriso. L'aveva appena incontrata, non la conosceva ancora bene, e ai suoi occhi appariva come l'ennesima al fianco di Maddox, ma dopo quello che aveva fatto per salvare la sua Rain, meritava tutt'altro che la sua indifferenza. "Grazie, Karon." Le disse, osando poi posarle una mano sulla spalla. Nel sentire il proprio nome, Karon alzò un sopracciglio in un'espressione perplessa. "E tu che ne sai di come mi chiamo? Oh, beh, non che abbia molta importanza insomma...." Disse con una leggera scrollata di spalle e, togliendosi la mano dell'uomo di dosso, voltò loro le spalle alzò una mano in segno di saluto. "Se siete nei guai sapete a chi fare un fischio." Aggiunse poi, mentre si allontanava. "Non preoccuparti, lo faremo." Rispose Stefan, per poi spostare lo sguardo dal suo viso a quella della moglie, viva per miracolo.  Rivolgendo loro un ghigno divertito, l'asiatica corse infine a cercare Maddox, ricordandosi che il punto in cui l'aveva lasciato non era molto distante dalla coppia. Allontanandosi dai due, Karon andò alla ricerca di Maddox con lo sguardo, e fra un passo e l'altro, si sentì incredibilmente debole. Stringendo i denti, si mostrò stoica, e scostandosi i capelli dal viso, vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere. Sangue. Stando a quanto ricordava, Maddox le aveva assicurato che sarebbe guarita presto, e ora scopriva che non era così. Che le stava succedendo? Perchè il dolore e la debolezza, che prima per lei non erano nulla, stavano avendo un effetto del genere? Non lo sapeva, e per quanto provasse a non farlo, non riusciva a smettere di pensarci. "Accidenti!"  Bofonchiò a denti stretti mentre si toccava la spalla ferita e non faceva altro che controllarla quasi con ossessione. Dalla coltellata erano passati pochi attimi, e data la sua natura, la ferita avrebbe già dovuto essersi rimarginata, ma niente, non accadeva. Iniziò a preoccuparsi non poco, l'unico in grado di ferirla mortalmente era il fratello con la sua spada avvelenata, ma quello era ben diverso ora, molto diverso. Cercò di nascondere il suo disagio e soprattutto la ferita mentre sorrideva vittoriosa a Maddox man mano che lo raggiungeva. Guardandola avvicinarsi, Maddox fu felice di rivederla, ma notando il sangue che sgorgava dalla sua ferita, non potè fare a meno di preoccuparsi. "Karon! No, non di nuovo!" Disse, non riuscendo a capacitarsi della realtà che aveva di fronte. "Come non detto." Pensò sconsolata mentre gli andava incontro. "Sta calmo, passerà subito. Era l'unico modo per salvare quella donna." Rispose lei con un sorriso un po' tirato mentre cercava di rassicurare l'uomo. "Sei sicura? Sembra grave." Le chiese, osservando il sangue dell'amata scorrere senza sosta dalla sua spalla. "No, no, sto..." Cercò di dire, non riuscendo a finire la frase e sentendo una dolorosa fitta alla ferita toglierle il fiato. Non riuscendo a respirare, sentì il cuore battere in modo irregolare, come affaticato da un peso che solo il suo corpo poteva sentire. Avvicinandosi, Maddox l'afferrò per le spalle così da impedirle di cadere, facendo attenzione a non peggiorare la ferita. "Vieni, ti  porto via." Le disse, invitandola a seguirlo e camminando al suo fianco fino a che non furono abbastanza lontani dal campo di battaglia. Camminando, Karon sentì il corpo  peggiorare di minuto in minuto, poi un gran bruciore le percorse tutto il braccio, e lo scorrere caldo del sangue la rese più pallida del normale.  "Non capisco..." Cercò di dire tra un respiro profondo  e l'altro. "Questo non dovrebbe succedermi. "Karon, tesoro, stai troppo male, non ti ho mai vista così. Che hai?" Le chiese lui, facendole appoggiare la schiena contro il vicino muro di un edificio. acendo sempre più fatica a respirare, Karon si lasciò scivolare giù fino a sedersi a terra. "Ne so quanto te, Cavaliere." Rispose, provando a smorzare la preoccupazione con un tono di voce più leggero, ma facendo addirittura fatica a parlare. "Soltanto Koryu riusciva a ridurmi in questo stato. Una lama normale non riuscirebbe neanche ad affaticarmi. Guardandola, Maddox provò una stranissima stretta al cuore. Detestava vederla soffrire. In silenzio, si guardò attorno. La battaglia era finita, e quei vili vermi si erano ritirati, e dopo quell'atto di puro eroismo, Karon non se la passava bene. La sua ferita non era grave, ma ciò non toglieva che avesse bisogno d'aiuto. D'improvviso, un lampo di genio. Il castello! Perchè non ci aveva pensato prima? Notando come il viso dell'uomo si era illuminato in un'idea silenziosa, Karon si alzò da terra restando appoggiata al muro, per poi stringere i denti quando sentì un'altra fitta percuoterle il braccio. "Forse stavolta ho bisogno io di un dottore." Disse, scherzando mentre ripensava a com'era finita la faccenda al primo attacco dei Ladri. Triste come mai prima, Maddox le prese la mano, e camminando, sperò con tutto il cuore di arrivare a destinazione. Il tempo stringeva, e la salute di Karon sembrava peggiorare di minuto in minuto. "Andrà tutto bene, amore. Tutto bene." Le ripeteva, al solo scopo di tenerle alto il morale. Date le sue condizioni, il viaggio per la ragazza fu incredibilmente lungo, ma proprio quando tutto sembrava perduto, all'orizzonte notarono la sontuosa dimora di Lady Fatima, loro unica salvezza. Dalla finestra della sua stanza, Lady Fatima fissava preoccupata la coppia che a fatica raggiungeva il castello.  Riconobbe subito le vesti strane della donna a cui Maddox teneva tanto. Con la fronte corrugata, si girò verso la sua ancella preferita , Rachel. "Qualcosa non va, chiama il dottor Patrick." Ordinò, secca e lapidaria. Annuendo, Rachel sparì subito dalla vista dell'amata, precipitandosi subito nell'ufficio del dottore. Per pura fortuna non aveva da fare, stava solo rileggendo dei vecchi documenti, e guardandolo, lei si preparò a parlargli. "Dottore, la prego, deve aiutarci. Si tratta di Maddox e della donna asiatica, presto!" Disse soltanto, lasciandosi poi cogliere dal panico e guidandolo fino alla sala principale. Lentamente, passarono secondi, poi minuti, e quando Maddox l'aiutò ad entrare nel salone ormai sentiva già i primi sintomi di un infezione alla ferita e le gambe non lo reggevano più.  Barcollò tra le braccia dell'uomo quando la vista iniziò ad offuscarsi. Facendo del suo meglio per sorreggerla, Maddox la strinse a sè attendendo l'arrivo del dottore, e quando finalmente lo vide, il suo sguardo fu più eloquente di mille parole. "Dottor Patrick, per favore, deve aiutarla!" Finì per urlare, disperato all'idea di perderla per sempre. Poco dopo, anche Fatima raggiunse il gruppo nel salone e con occhi di ghiaccio studiava l'aspetto della donna che in quel momento sembrava del tutto privo di colore. In silenzio, li guidò verso l'unica stanza libera e lasciò che i due uomini adagiassero la donna sul letto.  "Maddox." Scandì poi, richiamandolo con severità. "Mi dica, Signora." Rispose lui, voltandosi a guardarla e non riuscendo a dire altro a causa della tensione che lo stava divorando. Indietreggiando di qualche passo per lasciare a Patrick campo libero in cui muoversi, Fatima lo guardò negli occhi e gli parlò. "Dimmi tutto ciò che sai su di lei." Chiese con voce calma mentre indicava la donna ferita. Si era già fatta un'idea di chi avesse potuto essere, ma desiderava comunque una conferma. A quella richiesta, Maddox si scoprì senza parole, ma deglutendo sonoramente, tentò di sciogliere il nodo che le attanagliava la gola. "Non avrei mai pensato di arrivare a dirlo, ma... è una strega, milady." Confessò poi, con il terrore negli occhi e nell'anima. Proprio come sospettava. Assottigliando lo sguardo tornò con gli occhi fissi sulla donna e ripensò a quando l'aveva vista la prima volta al suo cospetto. Non aveva perso tempo ad informarsi su di lei e, con profonda meraviglia, scoprì che il suo popolo e lei stessa erano menzionati in molti libri che teneva nella sua stanza. "Oh, è molto più di questo, credimi." Disse poi con voce quasi profetica. "Cosa? Ma che.. che significa?" Non potè fare a meno di chiedere, incredulo. "È anche una principessa e, a quanto pare, una viaggiatrice di mondi." Rispose lei con calma mentre ripensava a ciò che aveva letto a riguardo.  Sorpreso, Maddox si voltò a guardarla, preoccupato. Stando ai suoi ricordi, quella era la seconda delle infezioni che subiva, e improvvisamente, il peggiore dei pensieri si annidò nella sua mente. Che sarebbe accaduto se non ce l'avesse fatta? Non lo sapeva, e ad essere sincero, non voleva neanche pensarci. "Ditemi, c'è... c'è qualcosa che possiamo fare per aiutarla?" chiese poi, scuotendo la testa al solo scopo di liberarsi da quel pensiero. In silenzio, Lady Fatima si avvicinò alla ragazza che ormai era caduta in uno stato di semicoscienza e studiò la ferita che Patrick cercava di tamponare inutilmente. "Da quanto tempo è qui da noi, Maddox?" chiese poi, attendendo una risposta. "Molto, milady." Rispose soltanto, abbassando lo sguardo in segno di tristezza e vergogna. "Stupida incosciente." Borbottò lei a quella risposta, riferendosi all'asiatica. Con sguardo duro, si voltà verso Maddox e quasi faticò a dargli una risposta. "Viaggiare per i mondi richiede un'abilità senza pari e ha molti inconvenienti. Uno tra questi è che non bisogna mai, per nessuna ragione, soffermarsi troppo dentro uno di questi. Il prezzo è la vita stessa del viaggiatore." Disse, poi, indicando con tono grave la donna. "Ma... ma Signora, questo vuol dire... che Karon morirà!" Biascicò allora lui, incapace di credere a quanto avesse appena sentito. Senza proferire parola, la Leader annuì a quell'evidenza, anche se in fondo una speranza c'era ancora. Una sola, ma sarebbe bastata. "Se tornasse nel luogo a cui appartiene riuscirebbe a salvarsi." Spiegò infatti, seria come mai prima. Sconsolato, l'uomo non seppe più cosa dire nè fare, ma poi, nel silenzio della stanza, qualcosa accadde. "Maddox..." La voce di Karon uscì dalle sue labbra in un sussurro a malapena udibile, ma sperò che l'avesse sentita. Anche in quello stato pietoso, era riuscita ad ascoltare tutto quello che i due si erano detti e si maledì nello scoprire quanto ancora fosse inesperta sui propri poteri e che stava rischiando la propria vita per una mancanza di cui lei stessa era responsabile. "Karon! Amore, sono qui, dimmi. Cosa ti serve?" Le rispose, voltandosi a quel quasi muto richiamo. Nel farlo, le prese delicatamente la mano, nel tentativo di mostrarle che non voleva perderla. Guardandolo negli occhi e stringendo la sua mano salda, Karon sentì nascere dentro il proprio cuore quella sensazione di benessere e tepore che soltanto lui sapeva provocarle. Dentro di sè però, era combattuta. Doveva rimanere viva per poter salvare il suo regno dalla follia del fratello, ma quello equivaleva a dover dire addio all'unico uomo che avesse mai amato veramente. L'unico che era riuscito a scioglierle quella maledetta barriera intorno al cuore. Gli rivolse un sorriso pieno di gratitudine e di un amore sconfinato. Infine, dentro di lei, prevalse il proprio senso del dovere e, in un'espressione di sconforto e sconfitta, alzò il braccio dietro Maddox, aprendo e attivando così un portale magico. Una singola lacrima le rigò una guancia mentre si lasciava andare sul materasso, sfinita più di prima.Affranto, lui alzò lo sguardo soltanto per un attimo, fissandolo sul portale che era apparso davanti ai suoi occhi. Sconfitto, guardò Lady Fatima alla ricerca di conforto, ma nel suo sguardo di pietra sembrava essere racchiusa una sola frase. "È così che deve andare." Senza proferire parola, spostò di nuovo lo sguardo sulla sua Karon, guardandola rialzarsi e raggiungere a fatica il portale. "No, aspetta!" Gridò, afferrandole un polso e costringendola a voltarsi. "Maddox, ma cosa..." Provò a dire lei, sentendo quella frase morirle in gola nel momento in cui lui unì le loro labbra in un bacio pieno di sentimento. Dapprima sbigottita, Karon fissò sconcertata Maddox che la girava verso di sè, ma poi, quando le loro labbra si unirono in quel bacio straziante, lei non resistette oltre e incurante del dolore e delle persone intorno a loro, ricambiò quel bacio con tutto il suo amore, stringendosi a lui più che poteva. Non avendo occhi che per lei, Maddox assaporò le labbra dell'amata godendo di quel contatto, e staccandosi, decise di parlarle. "Io non ti lascerò andare. Ti amo troppo per farlo, capisci?" Confessò sia a sè stesso che a lei, con gli occhi lucidi e dolenti a causa di un pianto che desiderava soltanto liberare. A quelle parole, Karon spalancò gli occhi dallo stupore e altre lacrime si aggiunsero alla prima già versata.  Tutta la sua sicurezza andò a scemare man mano che parlava a singhiozzo. "M-ma tu... tu appartieni a questo posto, io non... oh Maddox!" In un singulto disperato, Karon si buttò fra le braccia dell'uomo che tanto amava. Capiva e condivideva il suo pensiero, neanche lei voleva lasciarlo, ma che alternative avevano? Nessuna, o almeno così pensava. "No, non è vero. Io posso seguirti, e da quel momento in poi, noi due vivremo insieme." Rispose lui, stringendola a sè e rassicurandola. Nel farlo, mosse qualche passo verso il portale, e sempre tenendola per mano, le pose una domanda, critica ma importante. "Sei pronta?" L'aria calda innaturale che il portale alzava nella stanza scompigliò i capelli di entrambi facendo capire loro quanto erano vicini dall'entrarci. Karon si girò verso di lui, ancora con gli occhi appannati di lacrime, e gli sorrise innamorata. Era davvero disposto a seguirla in un posto sconosciuto e con una situazione ancora peggiore. "Sì." Rispose in un bisbiglio a quella semplice domanda. Sorridendo a sua volta, Maddox le strinse la mano con forza ancora maggiore, e poi, con un respiro profondo, attraversò il portale al suo fianco, raggiungendo il suo regno, ovvero la Prima Terra Celeste. Un luogo a lui sconosciuto e mai visto prima, ma comunque perfetto data la presenza della sua tanto amata Karon.
 
 
 
In questa seconda storia, la favola d'amore del burbero Maddox e della stramba Karon, ragazza asiatica avvezza alla magia. Come vi è sembrata?
 
Emmastory :) 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Un semplice scherzo ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Mini-Rain-potion
 
 
Capitolo III
 
Un semplice scherzo
 
Karon e Nola si fissarono per un istante, ed entrambe videro la noia riflessa nell'espressione dell'altra. Erano andate a fare una visita a sorpresa a casa della principessa, ma non trovandola, decisero di aspettarla. Non l'avessero mai fatto! Purtroppo per loro, infatti, ad intrattenerle c'era Stefan, che quel giorno era evidentemente in vena di chiacchiere. Era una cosa rara, ma il tutto sarebbe stato più sopportabile se l'uomo avesse deciso di cambiare argomento. Irremovibile, continuava a parlare di una sola persona, osannandola e venerandola. Rain. Alle ragazze non piaceva, ma dalla sua bocca usciva soltanto lei. Dopo un pò, stufa di quel monologo melenso, Karon si alzò dal divano e issò le mani al cielo in una muta preghiera. "Stefan, accidenti, fattelo dire, uomo! Preferirei farmi riempire la testa di rimproveri da Rain piuttosto che stare qui ad ascoltarti ancora!" Gridò, scocciata e arrabbiata. A farle perdere la speranza, un ennesimo sorriso di Stefan. Amava la sua Rain, non poteva farci nulla, e finalmente riusciva a capire come si sentisse quando era lui a non essere in casa, avendo troppo da fare con gli stupidi turni di guardia organizzati da re Ronan. Capendo di essere senza speranza, Karon chiuse gli occhi sbuffando sonoramente, poi si voltò verso Nola, indicando Stefan con entrambe le mani. "Vedi? Vedi perchè non mi innamoro mai?" Le disse, ancora seccata da quel comportamento. "E allora Maddox, streghetta?" Le rispose l'amica, ricordandole del suo ragazzo e del modo in cui la chiamava. A quella verità, Karon chiuse gli occhi, contando fino a quando non si sentì calma. "Vero, ma io e lui non siamo ridotti come questo qui, stracotto." Rispose, indicandolo con il pollice. "Dai, lascialo stare, è solo innamorato!" Disse allora Nola, intervenendo a favore dell'uomo. "Innamorato? Solo innamorato? Hai fatto caso a come, ad ogni singolo discorso, Rain esce sempre fuori dalla sua bocca?" Chiese poi, esterefatta, tornando a guardare prima Nola e poi Stefan. "Sta a vedere!" Aggiunse poco dopo, mentre si rimetteva seduta e si fingeva allegra. "Dicci, Stefan, Terra come sta? È un pò che non vediamo quella piccola e adorabile peste." Provò a dire all'uomo, sperando che si concentrasse sulla bambina dimenticando la moglie. "Terra? Oh, Terra è sempre bellissima, proprio come la sua mamma. La mia bella Rain, la mia bambina...." Rispose lui, per poi sospirare a quel solo pensiero. "La sua bambina..." Ripetè Karon in falsetto, imitandolo per fargli il verso e alzando gli occhi al cielo, sempre più esasperata. "Visto? Ha perso la testa, te lo dico io!" Fece notare all'amica, che intanto aveva ascoltato ogni parola. "Sì, Karon hai sentito bene. Sai, a volte è come avere tre figlie, tutte bellissime. Tu e Nola la conoscete benissimo, ma Rain è davvero fatto così, e io adoro prendermi cura di lei. "Precisò Stefan, innamorato come e più di prima. "Una figlia, eh? Fossi stata in Rain non me lo sarei fatto dire." Disse poi l'asiatica, scoppiando a ridere di gusto per l'immagine che le era apparsa nella mente. "Proprio così! E sai perchè? Lei ha già un padre, e non sono certo io, ma sa che può contare su di me ogni volta che ha un incubo o che sta male, proprio come le nostre piccole, capisci?" Aggiunse, cercando di dare ulteriore valore alla sua tesi. "Ancora..." Si lagnò Karon, sdraiandosi su Nola incurante dell'imbarazzo che le provocava e nascondendo il viso come a voler celare delle finte lacrime. Poco dopo, le venne un'idea. Cattiva, ma pur sempre un'idea, che nella sua mente appariva giusta per quella tortura verbale. "Ehi, Stefan, nei paraggi c'è qualcuno che vende erbe e roba del genere?" Chiese, mentre intanto continuava ad orchestrare quella sorta di vendetta. "Beh, Lady Bianca ha sempre preferito la medicina diversa da quella tradizionale, perciò sì." Rispose lui, rassicurandola e tornando finalmente alla normalità. "Ottimo." Disse lei con soddisfazione  mentre si alzava dal divano, e raggirandolo, posava le mani sulle spalle di Nola, fissandola dall'alto e vantando uno strano luccichio negli occhi. "Nola, mia cara, mi sono appena ricordata di una commissione importantissima al villaggio, perché non rimani a fare compagnia al nostro innamorato, eh?" Le disse semplicemente, sorridendo divertita. Subito dopo, senza darle il tempo di ribattere, Karon uscì di casa, alla ricerca della prima bottega medica a portata di mano. "Ma... ma Karon, io... aspetta!" Biascicò Nola. purtroppo a vuoto. Per l'ennesima volta, l'asiatica non aveva ascoltato, e aveva preferito attuare uno dei suoi stupidi piani alla sua stessa amica. Dal canto suo, Stefan rimase leggermente interdetto quando vide la donna uscire da casa da sola. In fin dei conti, non era mai stata una sua abitudine, non quando andava a stare da loro. Ad ogni modo, poco importava. Sapeva che il suo angelo sarebbe tornato a casa presto, e quando sarebbe stato il momento, l'avrebbe accolta a braccia aperte. "Devi scusarla, Stefan, davvero. Sai, le sarebbe piaciuto restare, ma aveva molto da fare e così... beh, l'hai vista, no?" Gli disse Nola, con una risatina strozzata e  un mezzo sorriso imbarazzato. Era amica di Rain, e anche amica sua, ma odiava essere lasciata da sola in balia di situazioni che a malapena riusciva a controllare. "Cose da fare, eh? Ormai non mi sorprendo più sapendo che si tratta di Karon." Disse lui sbuffando mentre si metteva comodo sulla poltrona del salotto. Di lì a poco, il rumore della porta d'ingresso che si apriva lo fece scattare sull'attenti, e non potendo evitarlo, immaginò che fosse la sua dolcissima metà, finalmente tornata a casa da lui. In un solo attimo, la conferma delle sue speranze. Era Rain. "Stefan! Tesoro! Sono tornata!" Disse, annunciando il suo arrivo e avvicinandosi subito al marito, per poi lasciarsi abbracciare. "Dì, ti sono mancata? Tu da morire, amore mio." Disse poi, sincera, mentre ancora stretta nel suo abbraccio, desiderava solo far unire le loro labbra. In quel momento, Nola inziò a sentirsi di troppo, avrebbe voluto sprofondare nel divano e andare a riempire Karon di pugni in testa, e no, non per forza in quell'ordine. Al contrario di lei, Stefan era in un brodo di giuggiole mentre circondava la vita della moglie con un braccio e univa le loro labbra in un bacio bollente. Se le era mancata? Moltissimo. "Ti amo, lo sai?" Gli sussurrò lei all'orecchio, staccandosi solo per un attimo. In quel momento, Nola divenne rossa in volto, e liberando un piccolo colpo di tosse, sperò di far capire alla coppia che anche lei era presente, nonchè tremendamente a disagio. "Nola! Quando sei arrivata qui? Scusa, ma è difficile fare attenzione quando hai un vero principe su cui concentrarti." Le disse Rain, sperando che riuscisse a perdonarla. Parlando, rivolse quell'ultima frase al marito, poi gli soffiò un bacio. "Sì, immagino." Disse lei mentre si metteva comoda sul divano e si lasciava scappare un sorriso dolce nel vedere la loro complicità. "Io e Karon siamo qui già da un pò." Aggiunse poi, ricordando l'improvvisa uscita dell'amica e ridendo nervosamente solo a pensarci. Ad ogni modo, Nola ebbe appena il tempo di finire quella frase che Karon tornò da lei. "Ehi, principessa!" Chiamò, rivolgendosi a Rain. Sentendosi più sollevata, Nola si voltò verso l'asiatica e la guardò, perplessa nel notare che fra le braccia portava mille pacchetti e incarti. "Karon?" azzardò, confusa. "Sì?" rispose la ragazza, muovendo qualche passo verso il divano così da sedersi e liberarsi di quei pesi. Decisamente troppo vicina a lei, Nola dovette spostarsi per far spazio alla sua "spesa" misteriosa. "Cos'hai preso di così urgente?" Le chiese, curiosa. "Solo alcune erbe, niente di che." Rispose lei, sorridendo divertita. "Alcune erbe, eh?" azzardò a quel punto Stefan con sospetto, mentre stringeva la moglie fra le braccia e in sussurro le ricordava quanto non gli piacesse vedere la sua amica comportarsi in quel modo. Senza lasciare che il suo sorriso si spegnesse, Karon se ne andò in cucina, passando accanto alla coppietta e facendo a Rain un veloce occhiolino. Una volta arrivata, rovesciò il contenuto delle sue buste sul bancone, dandosi poi un gran daffare. "Stefan! Lasciala lavorare! Forse ha un'altra sorpresa per noi." Gli disse la sua Rain, tentando di convincerlo a fidarsi. "Se è uguale alla pozione dell'ultima volta posso anche farne a meno, grazie." Rispose lui sarcastico, storcendo il naso al brutto ricordo del giorno in cui lo aveva fatto trasformare con l'inganno in uno dei grandi felini, e la sua pelle aveva assunto sia il colore che le tipiche macchie. Scuotendo la testa, si liberò in fretta da quel pensiero, e poi, mano nella mano con la moglie, raggiunse Karon in cucina. Non avrebbe potuto fermarla, certo, ma almeno l'avrebbe tenuta d'occhio. Trafficando con pestello e mortaio, Karon lì ignorò entrambi, iniziando a schiacciare vari semi ed erbe uno dopo l'altro, fino a ridurli in polvere. Poco dopo, rivolse un sorriso a Rain. "Sai, principessa, mentre eravamo qui il tuo caro marito non ha fatto altro che parlarci di te in modo squisito." Le disse, fingendosi felice e cercando di mostrarle un sorriso convincente. A sentire quelle parole, Nola nascose il viso con le mani, non sapendo davvero se ridere o piangere. "Davvero? Dici davvero? Il mio dolcissimo principe!" Rispose Rain, sorridendo estasiata e perdendosi per l'ennesima volta negli occhi dell'uomo che amava. Approfittando della distrazione della coppietta e sicura di non poter esser vista, Karon li indicò con fare melodrammatico, sicura che Nola li stesse osservando. Intanto, Stefan sorrise a sua volta, innamorato perso della moglie e accarezzandole la guancia con tenerezza. Lasciandolo fare, Rain sospirò, innamorata almeno tanto quanto lui. "Forse lo sai già. ma mentre ero fuori con Samira non facevo altro che pensare a te." Gli disse poi, picchiettandogli il naso con fare giocoso. "Se solo anche Stefan si fosse limitato a pensare!" Disse Karon parlando a sè stessa. Riflettendo, si guardò bene dal dirlo ad alta voce, limitandosi a mettere le erbe in un pentolino e far bollire l'acqua. Nel farlo, prese anche quattro bicchieri, sapendo che a uno avrebbe apportato una lieve, lievissima modifica. "Davvero, tesoro?" Le chiese allora Stefan, regalandole un largo sorriso mentre sentiva il cuore battere come impazzito per l'emozione. "Davvero. E quasi dimenticavo! Soren era con noi, ed io ero così in pensiero! Non vedevo l'ora di rivederti." Rispose lei, ricambiando quel sorriso mentre gli stringeva la mano, accarezzandola. Nel frattempo, Karon versò il contenuto del pentolino nei bicchieri. Aveva preparato un semplice infuso rilassante, ma a quello di Rain aveva aggiunto un ingrediente che avrebbe reso quella calda bevanda un pò meno innocente. Ben presto, tutti i presenti ne avrebbero visto gli effetti, e a quel punto la sua vendetta verso l'uomo si sarebbe compiuta, donando ad ognuno un motivo più che valido per farsi qualche risata. "Ecco qui, amici miei!" Annunciò poi a gran voce. "Spero che vi piaccia!" "Karon! Che gentile! Che cos'è?" Chiese Rain, curiosa. "Un infuso che rilassa il corpo e la mente. Dalle mie parti si usa darlo ai soldati in infermeria, ma molte volte lo beviamo anche noi civili." Rispose lei, spiegando una mezza verità. "È molto dolce." A quelle parole, Rain sorrise. Stefan era un eroe, e stando alla frequenza con cui veniva chiamato per fare la guardia in città, e la stanchezza che lo pervadeva ogni volta, pensò che quella bevanda avrebbe davvero fatto al caso suo. "Alla tua salute, amore." Disse, passandogli un bicchiere poco prima di bere dal proprio. "Salute, tesoro mio." Rispose l'uomo quasi facendole eco, mentre prendeva il bicchiere e l'annusava, incuriosito. Contrariamente a loro, Nola se ne stava in disparte continuando a fissare Karon, e desiderando solo poterle comunicare con la mente ciò che ne pensava. Sorridendo ancora, Rain bevve senza esitazione, e una volta fatto, cominciò a sentirsi strana. La testa le girava, non riusciva a stare in piedi, e voleva solo riposare. Sicura di quello che sarebbe successo, Karon fu più svelta di Stefan e l'afferrò al volo, poco prima che cadesse. "Principessa! Ti stai rilassando un pò troppo." Scherzò, mentre con passi lenti ma decisi l'accompagnava sul divano e l'aiutava a sdraiarsi. "No, non è questo, la testa mi fa malissimo..." Si lamentò lei, mentre sdraiandosi si massaggiava le tempie dolenti. "Rain, amore! Karon Migarashi! Che cosa le hai fatto?" proruppe Stefan, preoccupato. "Io?" Disse lei con espressione sconvolta, recitando bene la sua parte nonostante la cosa la divertisse non poco. "Assolutamente niente! Forse Rain ha preso troppo sole, non so..." continuò, cercando in tutti i modi di giustificarsi e difendersi da quell'accusa. "Sì, certo, ora dai la colpa al sole, vero? Stava benissimo prima di bere quell'intruglio!" Rispose lui a muso duro, rimanendo concentrato sull'amata moglie. "Ah, assurdo! Semplicemente assurdo!" Gridò poi, portando avanti quella così penosa farsa. Detto questo, per completare la sua recita, Karon schioccò le dita e fece apparire due portali e, poco prima di andarsene, rivolse un largo e maligno sorriso a Stefan. "L'effetto durerà ventiquattr'ore, poi tornerà normale. Divertiti con la tua bambina, mio caro!" Concluse, per poi sparire dalla loro vista consapevole di non aver fatto nulla di male alla sua amica. A quelle parole, Stefan rimase di sasso. Non sapeva cosa pensare, e il suo pensiero continuava ad andare a Rain. Era lì, sdraiata sul divano, e ad occhi chiusi, sembrava non respirare. Avvicinandosi, Stefan si rese conto del contrario, e abbandonandosi ad un sospiro di sollievo, chiuse gli occhi per un attimo. Poi, prendendola in braccio, fece per riportarla nella loro stanza, scoprendola insolitamente leggera. A quel punto, Nola non aveva idea di cos'avesse combinato l'amica, ma nonostante tutto si sentì colpevole. Era riuscita a capire che stava architettando qualcosa perfino prima della coppia, ma non aveva detto niente, e ora se ne vergognava. Con il viso tirato dall'ansia, raggiunse Stefan nella stanza che divideva con Rain, e bussando piano, si annunciò. "Stefan, vuoi che faccia qualcosa? Per... per darti una mano con Rain..." azzardò, tristissima. "Certo, Nola. Se... se non ti secca, è chiaro." Le rispose lui, voltandosi a guardarla. "Tranquillo." Disse lei dolcemente mentre si avvicinava al letto e notava qualcosa di strano. "Ehm... Stefan? Rain è sempre stata così bassa?" Domandò, confusa. "Non per vantarmi, cara, ma io sono sempre stato più alto di lei, e la cosa non l'ha mai... Oh buon Dio!" Rispose, riuscendo a terminare la frase solo con quell'esclamazione. "Si sta rimpicciolendo, vero?" Osservò ancora incredula, guardando la donna che non solo diventava sempre più stretta, ma anche più giovane in viso. "Che diavolo ha combinato quella sciocca?" Chiese poi, parlando più con sè stessa che con l'uomo, non riuscendo a credere a ciò che vedeva. "Non lo so, ma... non è carinissima?" Le rispose Stefan, sorridendo a quella sola vista. "Carina?" Biascicò allora Nola, sbigottita. Fissava entrambi, e guardava solo il lato negativo della situazione, ma poi, ad una seconda occhiata, notò che ormai sul letto giaceva una bambina di neanche cinque anni d'età. In quel momento, una strana stretta al cuore le mozzò il respiro, facendola sentire a disagio. "Una bambina..." Disse soltanto, non riuscendo ad aggiungere altro. "Sì, esatto. La mia bambina." Rispose Stefan, estasiato. Poco dopo, si avvicinò al letto con calcolata lentezza, poi la scosse leggermente.  "Rain, piccola, dai svegliati!" Le disse, sperando di riuscire a ridestarla dall'improvviso torpore in cui era caduta. In silenzio, Nola si avvicinò ai due, sorridendo mesta alla scena. Sapeva che lei e il suo Yuri non avrebbero mai avuto bambini, e il solo pensiero la intristiva parecchio. Non erano tipi da formare e crescere una famiglia, ma ciò non le impediva certo di pensarci. Sospirando sconfitta, Nola accarezzò la piccola Rain sulla testa, scompigliandole i capelli. "Credi che si renda conto della sua situazione?" Chiese a Stefan, preoccupata. "Sinceramente no, Nola, ma... chiediamoglielo!" Azzardò lui, stranamente felice. "Rain, ti ricordi di me?" Provò a chiederle, aspettando in silenzio una risposta. Aprendo i suo dolcissimi occhioni, Rain si guardò attorno, frastornata. Si sentiva la testa pesante, ma un corpo forte la teneva ben stretta, proteggendola. Alzando lo sguardo, lo fissò sull'uomo, che per qualche strana ragione le appariva familiare. "Papà?" Chiamò, incerta e dubbiosa. Sentendola parlare, Stefan trattenne una risata. "No, Rain. Io mi chiamo Stefan, e sono tuo amico, sai? Avanti, ripeti. Stefan." Le disse, divertendosi nell'insegnarle il suo nome. "Stean." Disse allora la bambina, cercando di impararlo al meglio nonostante le risultasse difficile pronunciarne alcune lettere. "Brava, così, adesso provaci di nuovo." La incoraggiò, posandole con delicatezza una mano sulla spalla. "Stefan." Ripetè, riuscendo a dire tutte le lettere in ordine e sorridendo vittoriosa. "Brava, Rain! E lei? Lei invece chi è?" Continuò lui, chiedendole stavolta di Nola. A quel punto, come se la vedesse per la prima volta, Rain la fissò incuriosita, provando la stessa sensazione. Poi, riuscendo incredibilmente a riconoscerla, spalancò gli occhi per la meraviglia e agitò le braccine davanti a lei. "Nola!" Chiamò, dolcissima. "Sì! Disse Stefan, felice. "Sei stata brava, sai?" Aggiunse poi, sorridendole. "Dimmi, piccola, cosa vuoi fare?" le chiese poi Nola, guardandola con fare divertito. A quella domanda, la bambina si rese conto di non poter chiedere di meglio, e tutta entusiasta, rispose con voce squillante, pronunciando una sola parola. "Cavalluccio!" A quella parola, Stefan quasi scoppiò a ridere, poi si strinse nelle spalle, e mettendosi carponi, invitò con lo sguardo l'amica a posarle la piccola sulla schiena. Era strano, forse anche fonte di vergogna, ma almeno Rain si sarebbe divertita. Imbarazzata almeno tanto quanto lui, Nola posò delicatamente la piccola sulla sua schiena, facendole posare le manine sulle spalle dell'uomo. "Ma guarda un pò che situazione." Commentò poi, andando lentamente a sedersi sul letto matrimoniale e li teneva d'occhio, pronta a scattare per qualsiasi problema. "Zitta, per lei è divertente." Le rispose Stefan, leggermente stizzito dal suo comportamento. "Non ne dubito, ma per te?" Chiese poi, visibilmente preoccupata nell'osservare quella scena, che vedeva l'uomo a quattro zampe che camminava per il pavimento e la piccola Rain che gli tirava i capelli, incitandolo ad andare più veloce. "Nessun problema, in fondo durerà solo per un giorno." Rispose lui, sopportando il giocoso modo di fare della bambina, che intanto ridacchiava felice. "Giusto." Replicò Nola, ricordandosi in quel momento delle parole dell'amica. Così, si rilassò visibilmente, e a gambe accavallate, tornò ad osservare i due. Dopo qualche minuto passato a fingere di trottare, Stefan finse di montare su due zampe come un vero cavallo, e con un finto nitrito, si fermò, permettendo alla piccola di scendere dalla sua "groppa." "Va bene, Rain, ora basta. Questo vecchio cavallo deve tornare nella sua stalla." Le disse, scherzando. Eccitata dal gioco, Rain scese dal "cavallo" ancora ridendo, poi lo vide rialzarsi. Cosa avrebbe potuto fare adesso? Si chiese felice mentre si guardava attorno. "Allora, tesoro, hai altre idee?" Le chiese Nola, curiosa di vedere Stefan farle ancora da compagno di giochi. Pensandoci, Rain assunse un'adorabile espressione di disappunto. Ci riflettè a lungo, e proprio quando tutto sembrò perduto e lei fu ad un passo dal gettare la spugna, ecco arrivare l'idea perfetta per trascorrere il tempo con i suoi due amici. "Nascondino!" Disse infatti, felice come mai prima. "Va bene, piccolina. Va a nasconderti, Nola ed io resteremo qui ad aspettare, d'accordo?" Le rispose allora Stefan, assecondandola. Annuendo soddisfatta, Rain corse via dalla stanza e  schizzò come una saetta verso il salotto, cercando frenetica un posto dove potersi nascondere così che non la trovassero. Attendendo per qualche secondo, Stefan aprì lentamente la porta della stanza che Rain aveva chiuso, e camminando, la cercò per tutta la casa. "Vediamo... dove potrebbe essere finita la mia Rain?" Si chiese, pensando ad alta voce e continuando la sua ricerca. In silenzio, Nola lo aiutava, ma nonostante tutto, quella piccola e adorabile peste sembrava davvero sparita. Stavano giocando, e stando alle regole del gioco, chiamarla per nome non avrebbe avuto senso, così i due si impegnarono a fondo, e proprio quando tutto sembrava perduto, eccola. Nascosta dietro la tenda del salotto, e tradita solo dalle sue belle scarpine nere. "Presa!" Gridò Stefan, toccandola e iniziando a farle il solletico. "Non è giusto!" Si lamentò Rain, dispiaciuta di essere stata trovata praticamente subito ma divertita dal gesto dell'uomo. "Come? Ho seguito le regole!"Spiegò lui, continuando a farla ridere e avendo il piacere di vederla così felice. "Sì, ma non è giusto, ecco!" Continuò lei, lamentandosi a gran voce fra mille risate. Voltandosi solo per un attimo, Stefan notò l'orologio appeso al muro. Segnava le cinque del pomeriggio, e tornando a guardare Rain, sentì il brontolio del suo piccolo stomaco. "Abbiamo fame, eh?" Commentò, regalandole un debole sorriso. Silenziosa e imbarazzata, la piccola annuì, sentendo lei stessa il brontolio del suo stomaco. Era strano, ma giocare le faceva sempre venire una gran fame. "Allora? Cosa vuoi per merenda? azzardò Stefan, guardandola e mostrandole un ennesimo sorriso. A quelle parole, la bambina spalancò la bocca in una "o" perfetta, poi entusiasta, gli gridò la sua risposta, incredula ma sicura che lui le avrebbe preparato qualsiasi cosa avesse voluto. "Pancake!" Disse soltanto, cantilenando e ridendo felice. Hai detto pancake? Va bene!" Rispose lui, prendendola per mano e accompagnandola in cucina. Non appena arrivarono, lui guardò l'amica. "Dai, Rain, dì a Nola quello che hai detto a me." La incoraggiò, abbassandosi al suo livello. "Stefan mi fa i pancake!" Disse semplicemente, guardando l'amica con occhi pieni di entusiasmo e camminando per raggiungerla al bancone dov'era seduta. "Hai sentito? Dì, ce la fai a darmi una mano? Questo piccolo tesoro ha fame! Non è vero, Rain?" Continuò l'uomo, chiedendo una conferma alla bambina e l'aiuto di una donna sicuramente più esperta di lui ai fornelli. In quel momento, il silenzio calò impietoso nella stanza, e notando che la ragazza sembrava ignorarlo, Stefan sospirò, seccato. "E va bene! Lo farò da solo!" Sbottò poi, con rabbia. Smettendo finalmente di sognare ad occhi aperti come se fosse distratta da qualcosa, Nola tornò a guardarlo, e a quella richiesta, deglutì sonoramente, divenendo rigida come un'asse di legno. Come avrebbe potuto dirgli che era un'assoluta frana in cucina? Indecisa sul da farsi, guardò prima lui e poi la piccola Rain. Se le avesse detto di no sarebbe passata un'ingrata! In fin dei conti, era stata lei stessa a proporsi di aiutare con la bambina, e tirarsi indietro avrebbe significato solo una cosa. Codardia. Esatto, codardia, che a dirla tutta, il suo essere lottatrice abituata a stendere decine di avversari su un ring nella fredde terre russe non le aveva certo insegnato. "Posso... posso provarci se è la piccola a volerlo, ma... spero che tu abbia un'assicurazione sulla casa, Stefan..." Rivelò, biascicando le parole e balbettando impaurita, provvedendo poi a darsi dell'idiota. In preda al panico, lasciò il suo posto, e camminando nervosa, lo raggiunse. "Aspetta, mi aiuterai? Grazie! Per fortuna ho imparato qualcosa da mia madre..." Rispose allora lui, sentendosi sollevato e  avvicinandosi al piano cottura per afferrare una padella e il preparato per pancake. "Serve il latte, giusto?" Chiese lei con incertezza mentre si muoveva a disagio nella cucina e cercava di ricordare se mai avesse visto Rain farli davanti a lei. "Giusto!" La incoraggiò Stefan, accendendo il fuoco. Rinfrancata da quelle parole, Nola andò dritta nel piccolo frigo lì vicino e, aprendolo, trovò quel che cercava, latte e un paio di uova. "Dunque... se non ricordo male bisogna sbattere tutto insieme, vero?" Azzardò, impacciata, mentre posava il bottino sul ripiano lì accanto. "Esatto! Visto? Non sei così male!" Le disse Stefan, continuando a incoraggiarla. "Aspetta a dirlo, vedrai, prima o poi combinerò qualche guaio e...." Cercò di rispondere, bloccandosi proprio mentre era accucciata su uno dei cassetti bassi per prendere una ciotola. All'improvviso, si sentì strana, avvertendo un dolore alla testa unito ad una sorta di scampanellio. Fu solo questione di un attimo, poi la risata sguaiata di Karon le esplose nella mente facendola spaventare e cogliendola di sorpresa."Ah! Karon! Povera idiota, posso sapere cosa vuoi?" Sbottò, arrabbiata, non accorgendosi di dare l'impressione di parlare da sola. Ignorandola, l'asiatica continuò a ridere, rigirandosi nell'enorme letto matrimonio della sua camera al Tempio Reale. Il cristallo che fluttuava sopra di lei le dava brevi istantanee di ciò che accadeva in casa degli sposini. Dopo qualche tempo passato a ridere, cercò di darsi un contegno, e per farlo, ripristinò il collegamento mentale con Nola. In silenzio, finse di non notare la vena di rabbia nella sua voce, poi riprese a parlarle. "Nola, amica carissima, ascoltami." Disse, iniziando ad allungare le parole e sentendosi leggermente brilla a causa degli alcolici che aveva bevuto.  "Ti ascolto, ma a patto che dopo tu esca dalla mia testa, d'accordo?" Le rispose, con la voce bassa e la rabbia ancora in corpo. In fin dei conti, Stefan era con lei, e farsi scoprire e giudicare pazza era l'ultimo dei suoi pensieri. "Tranquilla!" la rassicurò la donna, nonostante fosse meglio non fidarsi troppo. "Mi sto divertendo a vedere i due piccioncini in quello stato, e a loro pare non dispiacere, così pensavo che... la mia complice, ovvero tu in questo caso, potrebbe aiutarmi ad allungare il processo. Che ne dici?" Popose, seria e incrediblmente divertita. Soddisfatta del suo colpo di genio, e sicura che l'amica avrebbe accettato, non aspettò neanche una risposta, e aprendo un portale grande quanto un pugno d'uomo, vi fece passare un sacchetto di misture mediche. "Aggiungile alla miscela dei pancake, non se ne accorgerà nessuno." Le sussurrò, mettendole i brividi. "Cosa? Ma... non potrei mai! Certo, Stefan adora Rain bambina, ma sarebbe scorretto!" Rispose allora Nola, sconvolta. "Scorretto, ma divertente!" Continuò Karon, mostrandosi sicura della sua idea come se fosse la più normale al mondo. "Se adesso mi arrendo e dico di sì mi lascerai in pace?" Replicò la povera ragazza, stringendo i denti e iniziando davvero a spazientirsi. "Chi lo sa!" Rispose l'asiatica, con voce volutamente misteriosa. Senza smettere di ridere, annullò quel collegamento mentale, tornando subito a sdraiarsi sul letto e riattivando il cristallo. "Ora sì che mi diverto!" Pensò, parlando con sè stessa e allungandosi oltre il bordo del letto per riprendere da terra il suo bicchiere colmo di sake. Durante la sua momentanea assenza, Stefan si era occupato della merenda di Rain, ed era alle prese con la miscela ottenuta. Abbandonandosi ad un cupo sospiro, Nola si avvicinò, e approfittando di una sua piccola distrazione, riversò il contenuto di quel misterioso sacchetto nella ciotola. Si sentì in colpa, ma felice della sparizione di Karon dalla sua mente, e non appena i pancake furono pronti, a lei toccò impiattarli. "Rain! Vieni! La merenda è pronta! Disse alla bambina, per poi prenderla in braccio e aiutarla a sedersi a tavola. Felicissima, Rain si lasciò aiutare e si mise comoda, afferrando la forchetta con fin troppa foga. Una volta fatto, l'affondò in quella dolcissima montagna, pronta a gustarla in quell'esatto momento. Guardandola mangiare con gusto, Stefan sorrise, e non appena ebbe finito, si assicurò di pulirle la bocca con un fazzoletto. "E adesso? Adesso cosa vuoi fare?" Le chiese, posandole una mano sulla spalla e attendendo una risposta. Era strano a dirsi, e sia Karon che Nola lo sapevano, ma se c'era una cosa che a Stefan piaceva, era prendersi cura della sua Rain, adulta o bambina che fosse. Senza dire una parola, la piccola ci pensò sopra, leccandosi le labbra ancora appiccicose e dolci. "Possiamo uscire?" Chiese ai due, pronta a mostrare la sua espressione più addolorata se mai avessero detto di no. A quella richiesta, Nola quasi ebbe un colpo. Uscire? Con i Ladri a piede libero? Era una bambina, ma che le saltava in mente? "Rain, piccola, non credo che sia un bene andare fuori. Guarda, sta per piovere." Le disse infatti, cercando di dissuaderla e indicando un punto lontano nel cielo, che ospitava soltanto nuvole bianche. Ascoltando le parole dell'amica, la bambina ci rimase malissimo, ma prima di metterle il broncio, fissò Stefan con occhi pieni di lacrime. "Ti prego, Stefan!" Piagnucolò, iniziando a lamentarsi. "Tesoro, Nola ha ragione. Fuori sta per piovere, rischi di ammalarti, e in più ci sono degli uomini cattivi in giro, sai?" Le rispose lui, trovandosi d'accordo con l'amica. "Ma voi sarete con me, vero?" Chiese lei, continuando quel discorso assolutamente logico per la sua mente semplice. "Vero." Rispose Stefan, facendole eco e sciogliendosi come neve al sole di fronte alla sua dolcezza. Notando la sua arrendevolezza, Nola lo guardò sbigottita. "Ma... ma Stefan!" Biascicò, incredula. "Nola! Non deluderla così! In fondo ha ragione, e noi staremo con lei!" Le disse lui, prendendo stavolta le difese della sua piccola. "S-Sì, ma... va bene, avete vinto." Rispose lei, sospirando esausta e dandosi per vinta. Sorridendole, Stefan abbassò lo sguardo, e sollevando Rain da terra, se la pose sulle spalle, permettendole di aggrapparsi al suo collo. "Andiamo, sei pronta?" Le chiese, felice. Capendo di aver vinto, Rain rise divertita, e sentendo i suoi piedini lasciare il pavimento, lasciò esplodere la sua gioia, abbandonandosi a una risata dolce, una di quelle che scaldava il cuore. Camminando lentamente, Stefan aprì la porta, e fra un passo e l'altro, inspirò a fondo, calmo e rilassato. Nola lo seguiva, e Rain si guardava intorno, curiosa. Incuriosita da tutto ciò che vedeva,  Rain indicava con il dito qualsiasi cosa attirasse la sua attenzione e faceva una raffica di domande all'uomo. Paziente come sempre, Stefan soddisfaceva ogni volta la curiosità della bambina, spiegandole qualunque cosa volesse e chiarendo tutti i suoi dubbi come un vero padre. Nel frattempo, Nola non riusciva a stare tranquilla, non facendo altro che guardarsi attorno con il sospetto negli occhi e i sensi in allarme. "Su, rilassati, va tutto bene. Qui ci siamo solo noi." La rassicurò Stefan, dandole qualche pacca sulle spalle. "Sì, ma... non sono comunque tranquilla." Rispose lei con ansia mentre camminava al suo fianco. "Non pensare a me, pensa a tua moglie." Gli disse poi, riportandolo alla realtà e sorridendo lievemente. "La mia bambina..." Rispose lui, con voce bassa e occhi sognanti. A quel solo pensiero, Stefan sentì le gambe molli, e una volta arrivato alla piazza principale, decise di lasciarla andare e rimetterla a terra, così che correndo potesse sgranchirsi le gambe. Non appena venne messa a terra, Rain non perse tempo e iniziò a scorrazzare per la piazza, inseguendo farfalle e uccellini e agitando le braccine al vento. Dolcissima e senza pensieri a turbare la sua piccola mente, Rain correva e si divertiva, ma all'improvviso, un suono conosciuto attirò la sua attenzione. Il latrato di un cane, o per meglio dire, del suo cane. "Chance?" Chiamò Nola, divertita e sbalordita al tempo stesso da quella pelosa presenza, che si avvicinava a loro in una corsa forsennata. Per tutta risposta, il cane abbaiò, contento di vedere sia la ragazza che la sua "nuova" piccola padrona. Guardando dritta di fronte a lei, Nola rise alla risposta del cane, poi guardò la piccola Rain. "Hai visto chi è arrivato, piccola?" Le chiese, ponendole una domanda del tutto retorica. "Chance!" Rispose lei, voltandosi e chiamando per nome il suo amico, per poi avvicinarsi e lasciarsi fare le feste. Sentendosi stranamente più tranquilla grazie alla presenza del cane, Nola si sedette su una delle panchine che adornavano la piazza, continuando a guardare la piccola senza toglierle gli occhi di dosso, pronta ad intervenire in qualsiasi momento. "Nola, dico davvero, rilassati. Ora c'è anche Chance, cosa vuoi che accada?" Disse Stefan, andando a sedersi accanto a lei e cercando di rassicurarla. "Non si sa mai, scusami." Rispose lei, cercando di stare più tranquilla. "Stare in carcere mi rende nervosa, e ora ho quasi sempre i nervi a fior di pelle." Aggiunse poi, provando a giustificare il suo comportamento. Sorridendole, Stefan dovette ammettere di riuscire a capirla, poichè gli capitava la stessa cosa con gli incubi della sua Rain. Ora era tornata ad essere una bambina di quattro anni, ed era bello vederla felice, a giocare e divertirsi come prima che i Ladri arrivassero e il sangue sporcasse le strade. "Chance, vieni qui!" Gridò Rain divertita mentre rincorreva il cane di famiglia e rideva a crepapelle, cercando di afferrargli la coda. Voltandosi a guardarla, il cane quasi si beffò di lei, abbaiando e allontanandosi ancora. Un modo di giocare tutto da cani, e stando alle sue regole, Rain avrebbe dovuto continuare ad inseguirlo. Sentendosi improvvisamente stanca, Rain smise di rincorrerlo e, cercando di riprendere fiato, camminò verso Stefan e si posò sulle sue gambe, abbracciandole. "Che c'è? Sei stanca, piccolina?" Le chiese lui, vedendola completamente spompata. "Un pò." Ammise quel piccolo angelo, sbadigliando esausta e alzando le braccine verso la donna per farsi sollevare. Esaudendo il suo desiderio, Nola la strinse a sè, lasciando che si accoccolasse sul suo grembo, scalciando leggermente. Sbadigliando ancora una volta, la piccola chiuse gli occhi, ma dormire le fu impossibile. A quanto sembrava, Nola stringeva troppo, e lei non voleva. "Stefan, posso?" Gli chiese, con voce dolce. Silenzioso, Stefan non fece che annuire, accordando all'amica quel semplice permesso. "Nola... mi stringi troppo." Disse Rain in un sussurro, mentre cercava di sistemare più comodamente la testa sulla sua spalla. "Oh, scusa, piccola." Le disse la ragazza, con fare imbarazzato. "Dì, così va meglio?" Chiese poi, sperando che la risposta fosse positiva. Scuotendo la testa, Rain diede la sua risposta, e lamentandosi ancora, guardò Stefan, sperando che accorresse in suo aiuto. "Su, lascia che la prenda io." Disse allora Stefan, allargando le braccia per accoglierla. Con un sospiro malinconico, Nola dovette arrendersi e passò con delicatezza la bambina a Stefan. Le sorrise mesta mentre abbassava lo sguardo e si mordeva un labbro. Non aveva fatto i conti con la sua forza sgraziata e quello era il risultato.  "Mi dispiace." Disse soltanto, tentando di scusarsi. "No, non dirlo. In fondo era la tua prima volta con una creaturina come lei, vero?" La rassicurò lui, sorridendo debolmente. "Vero." Ammise lei a quelle parole, sospirando nuovamente. "Conviene tornare a casa casa prima che la piccola Rain si addormenti del tutto." Disse poi, ridendo divertita nel vedere quel faccino angelico tirato dal sonno. Rimanendo in silenzio, Stefan si limitò ad annuire, e alzandosi da quella panchina, iniziò il suo percorso a ritroso verso casa. "Chance, vieni!" Chiamò, non dimenticandosi del fedele cane, che come c'era d'aspettarsi, tornò subito indietro.  Una volta tornati a casa, Rain si svegliò in quello stato di leggero dormiveglia non appena sentì la porta chiudersi, e assonnata come non mai, si stropicciò un occhietto con il pugno chiuso. Guardandola, Stefan sorrise per l'ennesima volta, ancora innamorato e orgoglioso di lei. Tenendola ancora in braccio, raggiunse la loro stanza, e posandola con delicatezza sul letto, le chiese di sedersi, così da aiutarla con la sua camicina da notte. "Cosa fai?" Chiese Nola scandalizzata a quella vista non appena entrò nella camera. Ricordati che anche se è tua moglie è comunque una  bambina adesso, mi occupo io di questo!" Aggiunse poi con decisione, per poi posargli entrambe le mani sulle spalle e allontanarlo dal letto fino a trascinarlo fuori dalla stanza. "Ti chiamo quando ho fatto!" Concluse, sbattendogli la porta in faccia senza dargli tempo di ribattere. "Nola! Avanti! Non le avrei certo fatto del male! So che ha soltanto quattro anni!" Protestò lui, ormai fuori dalla stanza. "Non si tratta di male, ma di etica e di buon senso!" Replicò lei, cocciuta quanto le altre donne del gruppo. Avvicinandosi a Rain, le sorrise dolcemente, poi le tolse con gentilezza i vestitini rimpicciolitisi insieme a lei, alzandosi solo per cercare qualcosa che potesse andarle bene. Allontanandosi, la piccola Rain finse di non volersi far toccare, ma solo per raggiungere il suo cuscino e alzarlo, rivelando il nascondiglio della sua candida camicia da notte. "Ah, ecco dove la nascondevi!" Disse Nola scherzando mentre notava che la piccola tirava fuori da sotto il cuscino la veste da notte.  "Dai, adesso mettiamola e andiamo a dormire, eh?" Propose poi, tranquilla. "No!" Rispose la piccola Rain, protestando con rabbia. "Come no?" Chiese allora Nola, facendo finta di scandalizzarsi e ridendo divertita a quel tenero capriccio. "Rivoglio Stefan!" Gridò la bambina, ancor più arrabbiata. "È occupato, ora non può venire." Rispose semplicemente la sua amica, avvicinandosi e cercando di toglierle la camicia di mano e mettergliela, ma senza successo. Energica come mai era stata, la piccola sgusciava da tutte le parti, scivolosa come un'anguilla. "Ma sei tu che l'hai cacciato fuori!" Continuò a protestare, sentendo una giusta rabbia crescerle dentro. Dandosi dell'idiota, Nola iniziò a contare sottovoce per rimanere calma, ben sapendo di non avere pazienza per certe cose. "Ascoltami bene, Rain. Stefan non può aiutarti. Se mi dai cinque minuti ti metto la vestaglietta e lo faccio tornare da te, va bene?" Cercò di spiegarle la ragazza, facendo quanto fosse in suo potere per non perdere le staffe. "Va bene!" Rispose allora la bambina, tornando alla ragione e lasciandosi finalmente aiutare. Per effetto di quella strana pozione, ora aveva soltanto quattro anni, eppure sembrava già che la sua parte più razionale iniziasse ad affiorare di nuovo. In fin dei conti, aveva il corpo di bambina, e la mente era stata intaccata in modo parziale, perciò era più che logico pensare che parte di lei avesse ancora ventisette anni. "Brava! Così si fa!" Commentò Nola con un sorriso, incoraggiandola ad alzare le braccine e potendo così infilarle la camicia. "Però poi deve tornare subito, prometti?" Precisò la piccola, mentre obbediva per lasciarsi vestire dall'amica. "Certo! Ti ho mai mentito?" Le chiese Nola in tono pratico mentre, faticando leggermente, riuscì a metterle la camicia e a sistemargliela per bene lungo il corpo. "No, ma grazie dell'aiuto. Posso avere un abbraccio? Posso?" Rispose lei, azzardando poi quella dolce richiesta. A quelle parole il cuore di Nola si sciolse, e sapendo che non se le sarebbe mai più sentite rivolgere da una bambina così piccola, Nola la strinse a sè senza esitazione, con una voglia enorme di scoppiare a piangere. "Tutti gli abbracci che vuoi, piccola mia." Sussurrò, per poi scivolare nel silenzio e tenerla stretta. "Grazie, Nola." Sussurrò Rain di rimando, lasciandosi accogliere fra le sue braccia e stringendo con tutta la sua forza. Senza farsi notare dalla piccola, Nola si asciugò una lacrima con le dita, e cercando di usare un tono di voce più allegro, le parlò. "Ora faccio rientrare Stefan. Mi raccomando, fai la brava." Le disse, avvisandola e scompigliandole amorevolmente i capelli. "Va bene." Rispose la bambina, lasciandola andare e fissando lo sguardo sulla porta della stanza ora chiusa. Regalandole un ultimo sorriso, Nola scese dal letto e andò ad aprire la porta, ritrovandosi davanti uno Stefan alquanto irritato. "Adesso puoi entrare, se mi cerchi sarò sul divano." Gli disse semplicemente, inducendolo a scostarsi e farle spazio così che potesse raggiungere il salotto."Stefan! Gridò la piccola Rain alla sua vista, felice e gioiosa. "Rain!" La chiamò lui con altrettanto entusiasmo, avvicinandosi al letto a grandi passi, pronto ad abbracciarla. Pronta per quell'abbraccio, lei si avvicinò a sua volta, muovendosi così velocemente da perdere quasi l'equilibrio. Cercando di ritrovarlo, ridacchiò divertita, e appena si strinsero l'uno all'altra, lei sentì il battito del suo stesso cuore. Ora era piccola, chiaro, ma sapeva che Stefan la faceva sentire calma e al sicuro. "Sei stanca?" Le chiese poi con amorevole cura mentre la stringeva a sè. "Sì, però prima di dormire, mi dai un bacino?" Rispose lei, dolce come sempre. "Certo!" Rispose subito l'uomo mentre si metteva più comodo e la baciava teneramente sulla fronte. "Grazie." Soffiò lei, sorridendo debolmente e accoccolandosi di fianco a lui. Sbadigliando, lottò per tenere gli occhi aperti, poi si mise comoda, e quasi senza accorgersene, prese a succhiarsi il pollice. In silenzio, Stefan si godette quella scena, e vedere la sua amata Rain in quello stato gli fece una tale tenerezza che guardandola non potè non stringersela addosso e accarezzarla come se fosse stata una cucciola. "Stefan?" lo chiamò la piccola, svegliandosi solo per un attimo. "Sì, piccola mia?" Chiese lui con dolcezza infinita. "Ti amo." Confessò lei, con il cuore che batteva traboccando d'amore per lui. Colpito, Stefan la guardò sbigottito, incredulo di ciò che aveva sentito uscire da quella piccola bocca. Che forse qualcosa di Rain adulta stesse emergendo? Non poteva saperlo, ma dentro di sè lo sperava moltissimo. "Rain, tesoro, come hai detto?" Le chiese, facendo finta di non averla sentita al solo scopo di capire se era stato soltanto un caso o se davvero aveva capito ciò che aveva detto. "Ti amo." Ripetè lei guardandolo negli occhi, convinta. In quel momento, Stefan comprese di non aver affatto capito male, e con il cuore che batteva furioso in lui, ricambiò quello sguardo diretto, e con molta sincerità, rispose. "Ti amo anch'io, tesoro." Data la pozione, aveva soltanto quattro anni, ma era comunque sua moglie. "Tanto." Aggiunse poi lei, provando di nuovo il desiderio di abbracciarlo e sperando che venisse realizzato. "Anch'io, principessa." Rispose lui in un soffio, innamorato come mai prima mentre la stringeva a sè ancora una volta. "Buonanotte, e a domani." Gli sussurrò lei, ponendo fine a quell'abbraccio. Una volta fatto, si sdraiò di nuovo, finendo per addormentarsi fra le sue braccia. "Buonanotte, amore mio." Disse lui, imitandola e scoprendosi pronto a dormire, sicuro che il giorno dopo avrebbe potuto riabbracciare le vere fattezze della donna che amava. Anche se lentamente, le ore notturne passarono, e prima che Stefan avesse modo di accorgersene, il sole tornò a regnare nel cielo, disturbandogli la vista e costringendolo ad alzarsi, per poi dargli modo di notare che la sua Rain era ancora una bambina. "Buongiorno, Stefan." Lo salutò lei, aprendo lentamente i suoi occhioni scuri e sorridendogli, felice di rivederlo. Nascondendo in parte una piccola delusione nel rivederla in quello stato, Stefan fece comunque un largo sorriso e le accarezzò i capelli. "Buongiorno, principessa." Le rispose, con tutto l'amore che era abituato a mostrarle. Intanto, fuori dalla stanza, qualcosa di strano sembrava accadere. I muri di casa erano spessi, ma nonostante questo, quel gran baccano era perfettamente udibile. Quando il sole aveva ripreso a splendere, inondando di luce tutto il salotto, Nola si svegliò, cercando di ricordarsi del come e del perché era su un divano e non nella sua cella a Chornya Cholmi. Ancora mezza addormentata, si stava scompigliando i capelli con una mano guardandosi attorno e notando che un portale era aperto. Quello voleva dire soltanto una cosa. Karon. A quanto sembrava, aveva fatto ritorno a casa di Stefan e Rain, decisa a vedere cosa stesse succedendo alla sua coppia preferita. "Ho sentito qualcosa in salotto. Andiamo a controllare? Ho paura. Spiegò poi la bambina, guardandosi attorno spaventata. "In salotto?" Azzardò Stefan, incerto e dubbioso. Pensandoci, si ricordò di averci lasciato Nola, e tornando a guardarla, si sbrigò a rassicurare la sua piccola come meglio poteva. "Tranquilla! Sarà sicuramente Nola che si è svegliata, tutto qui." Disse infatti, cercando di farle passare la paura. "Tu dici? Dai, andiamo! Per favore!" Lo pregò lei, convinta ma desiderosa di lasciare quella stanza. Nel frattempo Nola aveva trovato Karon e, insieme, stavano gesticolando e parlando sottovoce tra di loro per non farsi sentire. Ad una certa distanza potevano sembrare due invasate. Distratto da alcuni sospetti riguardo l'asiatica, Stefan perse la concentrazione per un singolo attimo, poi tornò a trovare la sua piccola. "Certo!" Le rispose, prendendola per mano e scostando le coperte, aiutandola a scendere dal letto. Scendendo con calma dal letto, Rain si lasciò stringere la mano, poi camminò con lui fino al salotto, scoprendo la presenza di Karon e Nola. Salutandole con la mano, sorrise, poi andò a sedersi sul divano con loro, convincendo Stefan a imitarla.  Non appena li sentirono arrivare, Nola e Karon smisero di parlottare e, salutando insieme la bambina, le augurarono il buongiorno, facendole spazio sul divano per farla salire. Nonostante fosse contrario, Stefan cercò di accontentare la piccola Rain, e aspettando che le ragazze gli facessero spazio, si sedette anche lui al suo fianco, anche se leggermente in imbarazzo. "Stefan! Caro amico mio!" Gli disse Karon zuccherosa mentre gli lanciava uno sguardo divertito e ilare al tempo stesso. "Come sta andando la tua giornata da baby-sitter?" Gli chiese poi, prendendolo bonariamente in giro. "Fantastica! Ci siamo divertiti, vero piccolina?" Rispose lui chiedendo l'appoggio della bambina così che potesse raccontare la verità. "Sì!" Urlò la piccola, saltellando tutta contenta e raccontando ogni cosa che avevano fatto il giorno prima, contando gli eventi sulla punta delle dita. "Visto? Te l'ha detto anche lei. Adesso ne sei convinta?" Continuò Stefan, parlando alla ragazza in tono serio. "Oh, molto convinta, credimi." Rispose lei, sghignazzando sottto dei baffi immaginari. Poi, volendo stuzzicarlo ancora, o semplicemente per dargli fastidio, indicò la piccola con un veloce gesto della mano. "Le ventiquattr'ore sono passate da un pezzo, sai?" Gli fece notare, ben sapendo d'irritarlo. Infastidita da quelle parole, Rain guardò Stefan, iniziando a fare i capricci. "In braccio! In braccio! Rain vuole venire in braccio!" Protestò, non desiderando altro che le attenzioni dell'uomo. "Sentito, Stefanuccio?" La piccola vuole venire in braccio." Disse poi Karon mentrre vedeva un imbarazzatissimo Stefan sollevare la capricciosa Rain. "Rain, tesoro, come mai sei così affettuosa oggi?" Le chiese lui, tenendola con sè proprio come aveva chiesto. A quella domanda, lei lo guardò seria, e aggrappandosi al suo collo, pronunciò una frase semplice, che arrivava dal cuore e che lei sentiva essere quella giusta nonostante il suo aspetto. "Perchè tu sei mio." Disse soltanto, seria come mai era stata prima. "Com'è che hai detto? Sono tuo? Dai, vieni qui e fatti baciare, forza." Rispose lui, sorridendo di fronte a Karon e abbracciandola stretta, per poi posare le labbra sulla sua guancia. A quelle manifestazioni d'affetto, Karon reagì in un solo modo, il suo. Una bella alzata d'occhi al cielo seguita da un finto conato di vomito. Alzandosi dal divano, andò in cucina a cercare qualcosa da bere, anche sapendo che i due non tenevano alcol. "Ah, quei due sono dolci anche in quello stato." Commentò, parlando con Nola. "Che ti dicevo? È la mia bambina!" Ripetè per l'ennesima volta l'uomo in quei due giorni, provocandole un orribile senso di nausea. "La tua... bambina... ma per favore! È tua moglie, non una bambola. Disse poi la donna mentre tornava in salotto e si parava davanti al resto del gruppo e dava il suo onestissimo parere. "Lo so, ma la amo lo stesso!" Rispose lui, sincero e completamente rapito dalla sua bellezza. Ormai stanca di litigare in quel modo così insulso, Karon si diede per vinta, alzò le mani al cielo, crollando al suo posto senza grazia nè compostezza. In quel momento, una gran voglia di raggiungere Maddox la colse alla sprovvista, e il suo broncio divenne ancora più marcato. Notando lo stato d'animo della ragazza, Stefan decise di ripagarla con la stessa moneta, iniziando a fare il solletico alla piccola e dedicandole altre mille carinerie e soprannomi. "Sei un tesoro, lo sai?" Le disse infatti, sorridendole. "Buon Dio, ma lo senti?" Bisbigliò lei schifata a Nola, dandole anche una gomitata al fianco per attirarne l'attenzione. "Lo senti?" Ripetè, sbalordita. "Davvero?" Chiese poi Rain, beandosi di tutte quelle attenzioni e non smettendo di sorridere felice. "Sì, davvero, e sai una cosa?" Rispose Stefan, sorridendo a sua volta. "Cosa?" Chiese lei, pendendo completamente dalle sue labbra. "Io ti amo, e continuerò ad amarti anche quando crescerai." Confessò lui, più innamorato che mai. "Anch'io Stefan!" Trillò lei entusiasta, provocando un finto conato di vomito da una parte del divano. "Siete una bella coppia, sapete?" Disse allora Nola, ignorando le esagerazioni dell'amica e non facendo altro che pensare al suo Yuri. "Scusate, ma io non ce la faccio, c'è troppo amore sdolcinato nell'aria, devo andarmene da qui!" Sbottò Karon in risposta, frustrata. A passi pesanti, si diresse verso la porta di casa, pronta a raggiungere la dimora di Lady Fatima, certa che qualcuno la stesse aspettando. "Ottima idea, forse finalmente li lascerai stare." Rispose Nola, scoprendosi felice di vederla andar via. Senza di lei non avrebbe potuto tornare nel suo mondo, ma in quel momento, poco importava. Quasi ignorandola, Karon si concentrò sul suo obiettivo, e uscendo di casa, sperò di raggiungere la sua destinazione il più in fretta possibile. Non curandosi della strana amica a sua volta, Rain continuò a guardare Stefan, e improvvisamente, un'espressione di pura tristezza le rovinò il visetto tondo e paffuto. "Stefan? Che significa quello che hai detto? Crescerò e non sarò più la tua bambina?" chiese, parlando in tono mesto. "Oh, no! Affatto!" Rispose svelto l'uomo, continuando a sorriderle per rassicurarla. "Tu sarai sempre la mia bambina, anche da grande!" Precisò poi, abbracciandola e calmando i suoi timori. "Allora sai una cosa? Sono pronta a crescere, anche subito." Rispose lei, tornando ad essere seria e felice. "Davvero?" chiese Stefan, sbalordito da tutta quella tenacia. "Davvero." Gli fece eco lei, avvicinandosi e carezzandogli il viso con delicatezza. Subito dopo, si voltò verso Nola, sperando che sapesse cosa fare per riportarla alla sua età originale. Sentendo un grosso groppo formarsi nella sua gola, Nola non seppe cosa rispondere a Rain e ai suoi occhioni così decisi, scoprendosi solo capace di biascicare. "Io... credo che la vostra unica soluzione sia appena uscita da quella porta." Balbettò infatti, penosa. "Cosa? Ma... ma non è possibile! Proprio ora che..." Rispose Stefan, sbigottito e senza parole. "Proprio ora che Rain stava capendo la situazione." Concluse lei per lui, pensando che più o meno era nella sua stessa situazione dato che per tornare a Chornya le servivano i poteri e le magie dell'asiatica. "Temo che dovremo aspettare il suo ritorno da qualunque luogo stesse cercando di raggiungere. Disse soltanto, triste come e più di loro. Voleva bene a Rain, che fosse un'adulta o una bambina, e ora che se ne stava lì, bloccata nei suoi quattro anni e sul punto di piangere, lei si rese conto di non riuscire a sopportarlo. Abbattuta per la cattiva notizia, cercò di avvicinarsi alla piccola per consolarla al meglio delle sue possibilità, ma non appena si spostò, la sua mano toccò qualcosa di liscio e solido, proprio fra le pieghe dei cuscini. Notandola, Stefan si fermò a guardarla, poi si avvicinò a sua volta, spostando quel cuscino e trovando una strana fiala nascosta nel divano. "Prima non c'era qui questa roba..." Osservò la ragazza mentre prendeva in mano la fiala e la scuoteva leggermente. Reagendo a quel movimento, il liquido oscillò per qualche secondo, brillando intensamente. "Stai a vedere che..." Sussurrò poi, incerta. "Che?" La incalzò Stefan, preoccupato. Conosceva l'asiatica e il suo amore per la magia, e aveva paura che quell'ennesima pozione fosse uno dei suoi stupidi scherzi, volti a peggiorare la situazione. "Ascolta, Karon sarà anche sciocca e menefreghista, ma... non ci avrebbe lasciati senza neanche una soluzione per lei a portata di mano, non trovi?" Chiese speranzosa mentre indicava la piccola Rain con un cenno della testa. "Sì, ma se ci stesse di nuovo prendendo in giro?" Azzardò lui, più teso e nervoso di prima. "Non è da lei tirare così per le lunghe." Lo rassicurò lei, sorridendo. Poi, con un gesto esperto, stappò la fiala e la passò a Rain, regalandole un secondo sorriso. "Bevila tutta, piccola." Le disse, incoraggiandola. "Che cos'è? Una medicina?" Azzardò allora Rain, incerta e dubbiosa. "Non proprio, ma ti farà tornare grande, vedrai! Ti fidi di me?" Le chiese poi la ragazza con voce dolce mentre continuava a porgerle la fiala."Davvero? Ma allora la prendo subito!" Rispose lei, rinfrancata da quelle parole. Subito dopo, prese in mano la fiala, e lentamente, ne bevve il contenuto fino all'ultima goccia. Se davvero fosse andata come aveva detto Nola, gli effetti di quella sorta di antidoto si sarebbero palesati entro poco, e incrociando le dita, Stefan non potè far altro che pregare, facendo scendere Rain dalle sue ginocchia e sperando di poterla rivedere nella sua forma originale. Finendo di bere, Rain posò la fiala vuota sul tavolino del salotto, e da quel momento in poi, Stefan e Nola attesero. Poi, dopo qualche secondo, il momento della verità. Improvvisamente avvolto da una fortissima luce, il corpo di Rain iniziò a cambiare. Divenne più alta, le sue forme tornarono ad essere quelle che erano, e non appena la luce scomparve, lei sorrise, finalmente felice di essere tornata ad essere la donna che era. "Visto? Che ti dicevo, uomo di poca fede?" Gli chiese Nola tutta soddisfatta mentre osservava Rain guardarli sorridente. "Avevi ragione! Grazie al cielo avevi ragione! Bentornata a casa, Rain." Rispose lui, ammettendo il suo errore e andando subito ad abbracciare l'amata moglie. Silenziosa, Nola rimase seduta sul divano, intenta ad osservare i due innamorati scambiarsi quelle effusioni che fino a poco prima avevano dovuto evitare. Con il suo Yuri aveva un rapporto del tutto diverso, chiaro, ma nonostante tutto non potè non sciogliersi di fronte a quelle manifestazioni d'amore. "Sono felice di essere tornata, tesoro mio." Disse Rain al marito, sorridendo e avvicinandosi per baciarlo. Troppo felice per poter dire altro, Stefan abbracciò la moglie con entusiasmo e unì le loro labbra per una bacio che non aveva nulla di tenero e delicato. Lasciandolo fare, Rain si scoprì ancor più felice, godendo silenziosamente del contatto dei loro corpi. Fino a pochi attimi fa era stata una bambina, e l'amore fra loro non era mancato, ma ora che finalmente era tornata normale, tutto era cambiato, tornando perfettamente alla normalità a cui entrambi erano abituati. Non riuscendo a trattenere la propria curiosità, Nola aspettò educatamente che i due finissero di baciarsi per poi fare una domanda che in quel giorno e mezzo aveva affollato la sua mente per buona parte del tempo. "Rain, rispondimi. Quanto di quello che ti accadeva da bambina riuscivi a capire?" Le chiese, attendendo in silenzio una risposta. "Praticamente tutto, Nola. Ero piccola, certo, ma ero comunque me stessa! E pensandoci, mentre Stefan era con me, credo che la mia parte adulta desiderasse soltanto riaffiorare. Sbaglio?" Rispose lei sinceramente, completando il suo discorso con quella domanda. "No, non sbagli, mio tesoro." Rispose Stefan, ripensando con tenerezza al momento in cui lei gli aveva detto "ti amo", e passandole dolcemente una mano sulla schiena in una lenta carezza. Sorridendo per l'ennesima volta, Rain si abbandonò a un sospiro innamorato, e fra una carezza del marito e l'altra, lo strinse a sè con delicatezza, non desiderando compagnia dissimile dalla sua. Proprio in quel momento, uno dei portali di Karon si aprì nel salotto e ne fuoriuscì lei stessa, leggermente scarmigliata e con un sorriso da ebete stampato in faccia. Felice di rivedere l'amica, Rain la salutò con un sorriso e un gesto della mano. "Karon! Dove ti eri cacciata?" Le chiese, fallendo nel tentativo di trattenersi dal ridere. A quella domanda il sorriso dell'asiatica si allargò ancora di più e si buttò di peso sul divano. Le scappò un sospiro innamorato mentre, ripensando a ciò che le era successo in quelle ore, la sua faccia diventava completamente viola. Ridendo di gusto nel vedere la sua espressione, Rain guardò Stefan e Nola per un attimo, coinvolgendoli senza volere nella sua ilarità. "Che c'è?" Disse poi, scattando sul posto come se si fosse risvegliata solo allora da quel dolcissimo torpore. "Perchè ridete?" Non potè fare a meno di chiedere, guardando tutti con sospetto. "Cosa? No, non è niente, tranquilla." Rispose Nola, facendo le veci dei due innamorati. "Le vostre facce ilari non sono "niente", mia cara." Disse poi lei mettendo loro il broncio e incrociando le braccia al petto. Nel farlo, guardò Rain come se la vedesse per la prima volta e un ghigno malefico le increspò le labbra, togliendole del tutto di dosso l'aria innamorata che aveva pochi attimi prima. "Allora, principessa? Ti sei divertita?" Le chiese, scherzosa. "Divertita? Eccome!" Rispose Rain, seria e veloce, non nascondendo un ennesimo sorriso. "Meno male!" Replicò Karon, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. "Per un attimo ho creduto che te la saresti presa." Continuò, scoppiando in una risata divertita. A quelle parole, Rain si fermò a pensare. Solo ora capiva che il suo essere tornata bambina era dovuto a una pozione di quella specie di maga, ma perchè prendersela con una ragazza del calibro di Karon, che considerava lei e Nola quanto di più vicino ad una famiglia? Così, con quel pensiero in testa, la guardò negli occhi e decise di parlarle. "Arrabbiarmi? No! Perchè dovrei, se non hai fatto altro che avvicinarmi ancora di più al mio Stefan?" Le disse, sorridendole e avvicinandosi per ringraziarla con un abbraccio. Decisamente a disagio e sorpresa di non essersi beccata un insulto, Karon ricambiò l'abbraccio come un'automa, totalmente incredula riguardo l'intera situazione. "Ah, beh... per così poco!" Riuscì a dire soltanto, scoprendosi incredibilmente imbarazzata. "Oh, non è poco, vero amore mio?" Rispose lei, sciogliendo quell'abbraccio e rivolgendosi al marito. "Sono d'accordo con te, tesoro." Rispose Stefan, abbracciandola da dietro e rivolgendo un sorriso soddisfatto all'asiatica. Sapeva bene che aveva combinato quello scherzo soltanto per dare fastidio a lui, ma alla fine aveva avuto proprio l'effetto contrario."Ti vogliamo bene, Karon." Concluse Rain, accettando l'abbraccio del marito e sciogliendolo solo per avvicinarsi all'amica e salutarla prima che sparisse dalla loro vista richiudendo quel portale. "Vi voglio bene, ragazzi." Rispose l'asiatica, voltandosi solo per non mostrare una piccola e affatto amara lacrima che le solcava il volto. Nel farlo, ripensò a tutti i momenti passati con la cara amica Rain, che proprio come Nola, le voleva bene nonostante tutto. Erano diverse, ma anche amiche, entrambe parte della sua stessa vita.
 
 
 
Terza storia della raccolta, in cui uno Stefan giovane e innamoratissimo della sua Rain si ritrova con l'inganno a farle da baby sitter quando torna bambina. Tutta colpa di un divertente scherzo di Karon.
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Halloween ad Ascantha ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Halloween-in-Ascantha
 
 
Capitolo IV
 
Halloween ad Ascantha
 
31 Ottobre. Halloween. La festa più cupa e spaventosa dell'anno, festeggiata in tutta Ascantha e presa forse troppo seriamente dalla famiglia Gardner. Rain e Stefan la vedevano come un'occasione per far divertire la loro piccola Terra e decorare la casa al meglio, con l'intenta di spaventare a morte eventuali visitatori. "Ecco fatto." Disse Stefan a sè stesso, complimentandosi per l'ottimo lavoro fatto con quelle finte ragnatele che penzolavano da tutte le parti. "Qui ho finito, tesoro." Aggiunse poi, alzando la voce per farsi sentire dalla moglie, che, non presente nel salotto, era rimasta a decorare la cucina assieme alla loro bambina. "Bene!" Rispose lei, ancora intenta a infestare la cucina di piccoli fantasmi che si muovevano nel vento e a prestare attenzione al forno, dove una teglia di biscotti a forma di zucca intagliata cuoceva lentamente. "Hai fame, amore?" Chiese poi alla bambina, abbassandosi lentamente al suo livello e posandole una mano sulla spalla. Con gli occhioni sempre incollati al forno acceso, Terra annuì con vigore, e quella fu la risposta data alla madre. Erano settimane che aspettava con impazienza quell'evento, e aveva letteralmente pregato i genitori perchè organizzassero tutto al meglio. "Tranquilla, sono quasi pronti." Rispose Rain, sorridendole e trovandola adorabile nel suo vestitino da strega nero e viola. Distrattamente, si avvicinò troppo al forno senza usare i guanti, finendo per bruciarsi le dita. Stringendo i denti, cercò di sopportare il dolore, ma solo per evitare di preoccupare la sua piccola. "Mamma? Tutto bene?" Chiese lei, notando quel così improvviso irrigidimento da parte sua. "Sì, tesoro, sto bene. Mi sono solo bruciata." Rispose, allontanandosi dal forno caldo e aprendo subito il rubinetto, sciacquandosi le mani per calmare quel bruciore. "Fa male?" Azzardò poi, sinceramente preoccupata, spostando la sua attenzione dai suoi adorati biscotti al viso della madre e avvicinandosi a lei, abbracciandola dove arrivava. "No, non preoccuparti." Replicò Rain, lasciandosi pazientemente abbracciare. Anche se lentamente, Stefan aveva ormai raggiunto le sue due donne, quando notò ciò che stavano dicendo. Preoccupato, anche lui si avvicinò a Rain, prendendole con dolcezza nella mano le dita bruciate e baciandole ad una ad una. Lasciandolo fare, Rain sorrise, imbarazzata. Non era la prima volta che le succedeva, e non sarebbe stata certo l'ultima. Intanto, Terra era rimasta con loro, a guardarli entrambi con occhi colmi di meraviglia e stupore infantile. Voleva bene ai suoi genitori, e loro lo sapevano, e se c'era una cosa che desiderava, era trovare un uomo simile a suo padre, che adorava la sua sposa trattandola da vera principessa. Seppur ancora intento a baciare la mano ferita della moglie, con quella libera Stefan andò a scompigliare i capelli della figlia con un gesto amorevole, così da farle capire che non si era dimenticato della sua piccola. "Papà?" Lo chiamò lei, dolce e tenera come sempre. "Sì, piccola mia?" Rispose lui prontamente, pur senza smettere di guardare negli occhi la sua splendida moglie. "Perchè hai rubato il costume alla mamma?" Chiese, guardandolo e notando che, travestito da vampiro, le somigliava moltissimo. "Come? Rubato?" Indagò lui, distogliendo per un attimo lo sguardo da Rain e posandolo sugli occhi della dolce figlia. "Oh, no, tesoro, anch'io ho un costume simile a quello della mamma. Ecco, vedi che in alcuni punti è diverso dal suo?" Spiegò poi, indicandole con il dito e lo sguardo alcuni dettagli del suo vestito. "Vero! Lei non ha la camicia! Scusa, papà." Osservò la piccola, sperando che il padre riuscisse a perdonare il suo errore. A quelle parole, Stefan non potè che sorridere, intenerito e divertito al tempo stesso. "Non hai nulla di cui scusarti, piccola. Dai, vieni qui." Le disse infatti, regalandole un largo sorriso e allargando le braccia per accoglierla. In silenzio, Terra si lasciò sollevare, poi si accomodò sulle ginocchia del padre, ridacchiando divertita. Poco dopo, un dubbio iniziò a ronzarle in testa. Sapeva bene cosa fossero le streghe, i fantasmi e i lupi, ma non aveva mai visto un costume come quello. "Io sono una strega, ma voi?" Chiese ad entrambi, confusa. "Vampiri, tesoro." Disse semplicemente il padre, mentre se la sistemava più comodamente sulla spalla e sul braccio. "Non siete cattivi, vero?" Azzardò allora lei, spaventata. "No!" Rispose Stefan, stupito dalla sua improvvisa paura. "E tu... tu non farai male alla mamma, giusto?" Continuò, mentre la sua fantasia galoppava, facendola tremare e temere il peggio. In quel momento, un ghigno soddisfatto increspò le labbra dell'uomo, poi incrociò lo sguardo della moglie. "Tu che ne pensi, amore?" Le chiese, attendendo in perfetto silenzio una risposta. Guardandolo negli occhi, Rain sorrise, poi tornò a guardare la bambina. "Amore, papà non mi farebbe mai del male, lo sai." Le rispose, rassicurandola e accarezzandole il visetto paffuto. Sorridendo a quella scena, Stefan posò la piccola a terra, guardandosi attorno incuriosito e notando solo allora il lavoro della moglie. "Ci siamo dati da fare quest'anno, eh?" Osservò, decisamente compiaciuto. "Come ogni anno, tesoro." Rispose lei, soddisfatta dagli sforzi che sembravano averla ripagata. In principio, una festa pagana come Halloween non era celebrata in nessuno dei due regni, ma poi le strade avevano iniziato a riempirsi di famiglie e bambini, e la decisione era stata presa. Tutti avevano il diritto di divertirsi. "Vedrai, stasera ci divertiamo." Disse poi alla piccola mentre riprendeva ad osservare la sua bella Rain. Regalando un sorriso al padre, Terra si limitò ad annuire, prendendo in mano il cestino per le caramelle lasciato distrattamente sul divano. Golosa com'era, non vedeva l'ora di mangiarne qualcuna, e continuando a guardare alternativamente i genitori e la porta, aspettava con ansia l'arrivo degli ospiti. "Dove sono tutti? È tardi!" Si lamentò, quasi sconsolata al pensiero di rimanere da sola. In silenzio, Stefan si guardò attorno, trovandosi d'accordo con la bambina. Il tempo stava passando, e nessuno degli ospiti si era ancora fatto vivo. "Rain, posso sapere chi hai invitato?" Chiese, incerto e dubbioso. "Solo poche persone." Rispose lei, calma e tranquilla. Visibilmente sollevato dalla rivelazione della sua donna, Stefan annuì lentamente, per poi restare di sasso alla vista dell'amica Nola accompagnata da due persone che non conosceva e che mai aveva visto. "Poche persone, eh?" Commentò, sentendosi leggermente a disagio. "E non solo loro!" Rispose Terra, facendo le veci della madre e avvicinandosi alla porta per salutare l'amica lottatrice. Rimanendo un pò in disparte, Yuri Boyka se ne stava fermo dietro Nola, tenendola una mano dietro la schiena. "Saluta, Millie." Disse poi, con voce calma e baritonale. "Buonasera." Disse semplicemente la piccola,  , salutando con la mano e muovendo un singolo passo verso Rain, pronta e con in mano una ciotola di caramelle. A quel punto Stefan poté soltanto sorridere in modo in amichevole e far entrare il trio, chiedendosi chi fossero l'uomo e la bambina. "Benvenuta, Nola. Chi hai portato con te?" Chiese, incuriosito nonostante tutto. "Oh, lui è Yuri, e questa è Millie." Rispose lei, gentile e sincera, mentre teneva la mano della piccola e sorrideva, felice di essere con i suoi amici. "Bene." Rispose l'uomo sempre più confuso, mentre da bravo padrone di casa li fece entrare e sistemare nel salotto, presentando il nuovo arrivato alla moglie. "Rain Gardner, piacere." Disse Rain, sorridendo e tendendogli la mano perchè gliela stringesse. Senza sorridere, Yuri strinse la mano della donna cercando di non metterci troppa forza, così da non farle male. Più di una volta Nola si era lamentata della sua forza, e ora lui cercava di non toccare le persone anche per quel motivo. "Boyka, sono il... ragazzo di Daniels." Disse, indeciso su come presentarsi agli occhi della sua donna. Quasi divertita da quell'indecisione, Nola trattenne una risata, poi si concentro sulle bambine. "Siete adorabili." Disse soltanto, vedendole ammirare l'una il costume dell'altra. Erano entrambe vestite da streghe, e nessuno poteva negare che fossero carinissime. Hai un pupazzo!" Esclamò Terra, notando il giocattolo che la sua nuova amica Millie aveva con sè. Lei, timida com'era, guardò prima la bambina, poi il suo peluche a forma di orsacchiotto, che Nola le aveva regalato dopo l'adozione, e poco dopo, con un dolce sorriso, lo porse all'amica. "Anch'io ho un orsetto come il tuo, e anche un coniglio, vuoi vederli?" Chiese allora Terra, tenera e divertita, nonchè felice di avere un'amica della sua età. "Sì!" Rispose Millie, entusiasta dell'idea e contenta almeno quanto l'amica. "Va bene! Aspetta, torno subito." Rispose lei, facendole segno con la mano di restare dov'era e sparendo dalla sua vista per alcuni attimi, allo scadere dei quali, tornò con in braccio i suoi due pupazzetti. "Questo è Ned, e lui si chiama Bunny." Disse, presentandoli con orgoglio alla nuova amichetta. Nel sentire che la bambina aveva dato un nome ai suoi giocattoli rimase perplessa. Pensandoci, le venne in mente che invece il suo orsacchiotto non ne aveva e ci rimase quasi male. Come lo avrebbe presentato alla sua amica? Notando l'improvviso malessere della bambina, Terra si avvicinò a lei, posandole una mano sulla spalla. "Non ha importanza che non abbia un nome. Hai tempo per dargliene uno, assieme a una vita e a una storia, come ho fatto io." Le disse, sorridendole e cercando di rassicurarla. Senza dire una parola, Millie la guardò con stupore e incredulità. Non aveva detto nulla, eppure l'amica aveva capito il suo cruccio. "Okay." Disse semplicemente, andando poi a cercare la rassicurazione della madre. Nel farlo, alzò lo sguardo e lo posò su di lei, sentendosi in un solo attimo già più calma. Silenziosa come un topo o un saggio gufo, Nola le sorrise, tentando a sua volta di darle coraggio, per poi tornare a guardare Stefan e Rain ancora seduti sul divano di casa. "Dico davvero, non pensarci. Non te l'ho detto, ma non ci sono solo loro a casa con me, sai?" Disse poi Terra, volendo solo vedere un sorriso spuntare sul volto della piccola Millie. "No?" Chiese lei in risposta, incuriosita nonostante il cruccio evidente. Negando con la testa, Terra sorrise ancora, poi si piegò leggermente, sperando che le ginocchia riuscissero a sostenerla. "Chance! Vieni!" Chiamò, attendendo che il fedele cane facesse la sua comparsa nell'ampio salotto. In trepida attesa, Millie stringeva il suo orsacchiotto chiedendosi chi fosse Chance, e non appena vide un piccolo lenzuolo bianco correrle incontro, non potè che rimanere ferma a fissarlo, perplessa. "Chance?" Azzardò, confusa. "Sì! È il mio cagnolino, vuoi accarezzarlo?" Chiese Terra, guardando l'amica negli occhi e aspettando una sua qualsiasi reazione. "Posso?" Rispose con incertezza, mentre una sua mano già vagava sulla schiena del cucciolo coperto dal pezzo di stoffa. "Perchè è coperto?" Indagò, ingenuamente. "Certo che puoi, tesoro, e tranquilla, non ti farà niente." Rispose Rain, che intanto era rimasta ferma a godersi quella scena così tenera. "È vestito da fantasma." Aggiunse Terra, soddisfacendo la curiosità dell'amica e sorridendo a quella sola vista. Mantenendo il silenzio, Millie la guardò con sincero stupore, e timidamente, gli accarezzò il dorso. Non appena lo sentì abbaiare, fece un salto indietro dallo spavento sbattendo la schiena contro le gambe dell'uomo della mamma che, nel frattempo, era rimasto seduto sul divano insieme a lei. "Chance! Esageri sempre!" Commentò Rain a quella vista, divertita e sorridente. "Scusalo, Millie, a volte è un pò impulsivo." Disse poi, rivolgendosi alla bambina. Stringendosi alle gambe di Yuri, Millie girò lo sguardo pallido sulla donna che aveva parlato, le ricordava molto la mamma, sempre gentile e sorridente. Annuì per rispondere, ma continuò a tenersi stretta ai jeans dell'uomo, lo sguardo fisso su Chance che ora si era rotolato sul pavimento. "Vuole solo le tue coccole, avanti." La incoraggiò Nola, facendo un gesto con la mano e sorridendole. "Va bene." Biascicò lei, indecisa. In quel momento, era ancora poco convinta, così poco che ci volle un incoraggiamento da parte dello stesso Yuri, che staccandola gentilmente dai suoi pantaloni, le posò una mano sulla spalla, guidandola verso il cane. "Tu non abbaiare." Disse poi Millie rivolta al cagnolino, mentre si riavvicinava esitante. Con una smorfia di felicità stampata sul muso, Chance parve capirla, e quasi annuendo, la lasciò avvicinare, agitando la coda. Come ipnotizzata, Millie fissava quell'incessante scodinzolare, trovandolo buffo e per nulla aggressivo. Iniziò a rilassarsi visibilmente. Felice delle carezze della bambina, Chance la guardò con i suoi occhioni scuri, poi le leccò la mano. Fra tanti, quello era uno dei modi che aveva di dire "Ti voglio bene." Dimenticandosi del tutto delle sue paure, Millie si sedette sul pavimento per stare più comoda e, togliendosi l'enorme cappello che la mamma le aveva messo in testa, continuò ad accarezzare quella palla di pelo tra risate e strilletti di gioia. "Visto? È un bravo cucciolo!" Le disse Terra, orgogliosa del suo piccolo amico. Ascoltandola, la piccola Millie annuì contenta, e felice come non mai, guardò la madre, indicandole il cucciolo con gesti frenetici della mani. Sorridendole, Nola si godette quella scena, e poco dopo, qualcosa ruppe il silenzio. Qualcuno stava bussando alla porta, e nonostante fosse chiusa, alcune frasi risultavano udibili, e Rain avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Era Lady Fatima. "Gattina, smettila di stropicciarti il vestito, sei perfetta così." Disse alla sua Rachel, mentre bussava con grazia alla porta della famiglia Gardner. Non avrebbe voluto andare a quella festa, ma la sua ragazza aveva insistito così tanto da arrivare a convincerla, e adesso eccola lì, ad aspettare che la porta venisse aperta. "Ma Fatima..." Biascicò Rachel, cercando di dare un senso al suo continuo toccare quella stoffa. "Niente ma." Rispose lei perentoria, sventolandole il dito indice davanti al viso per sottolineare il suo tono imperioso. "Non capisco il tuo nervosismo, in fondo è solo una festa..." Continuò poi, perplessa dal comportamento della sua gattina. "Va bene, ma ora bussa, avanti." Rispose lei, smettendo finalmente di torturarsi il vestito. Soddisfatta per essere riuscita a fermarle quei gesti nervosi, Fatima bussò una seconda volta e dalla porta si sentivano delle risate di bambine e l'abbaiare di un cane. Ad aprire fu proprio Rain, a cui Fatima rivolse un lieve sorriso, sempre felice di rivederla e notare quanto stesse bene. "Buonasera, milady, e grazie di essere venuta. "Disse Rain, salutandola educatamente e scostandosi così che potesse entrare. "Dovere, mia cara, dovere." Rispose la donna mentre faceva entrare per prima la sua gattina e squadrava da capo a piedi la padrona di casa. "Ti trovo bene, ragazza mia." Commentò, sorridendole ancora. "Mai sentita meglio, Signora." Rispose Rain, sorridendole a sua volta e avvicinandosi a Stefan solo per prendergli la mano. Compiaciuta, Fatima annuì ai due e si avvicinò alla coppia per poi notare che non erano le uniche arrivate. Incuriosita, puntò i suoi occhi verdi sulla giovane coppia che sedeva ancora sul divano, i due componenti parlavano sottovoce  per non disturbare. "Rain, chi sono i tuoi amici?" Chiese Rachel, curiosa. Pronto, Stefan rispose a quella domanda facendo un cenno con la mano alla coppia, così che entrambi potessero raggiungerlo. Annuendo, Nola fu la prima a muoversi, raggiungendo Rachel con passi lenti ma decisi. "Nola Daniels, piacere mio." Disse soltanto, veloce e tranquilla al tempo stesso. "Piacere, Lady Fatima." Rispose la donna con un educato cenno del capo. Al contrario di lei, Yuri non si alzò dal posto, e in silenzio, accennò un gesto della mano nella loro direzione. "Nola, cara, il tuo uomo non parla molto, vedo." Osservò lei, seria e glaciale come sempre. "Parlare non è uno dei suo pregi." Rispose Nola, scherzando e ghignando divertita. "Tranquilla, neanche la mia Rachel parlava molto, all'inizio. Vero, mia gattina?" Rispose Lady Fatima, ignorando la scarsa loquacità dell'uomo e tornando a pensare alla sua fidanzata. "Verissimo, Signora." Rispose la ragazza, sorridendole innamorata. Rimasto in silenzio ad ascoltare il loro battibecco,  Stefan era indietreggiato fino a riuscire ad abbracciare Rain da dietro, dondolandola amorevolmente. Senza proferire parola, Rain lo lasciava fare, assecondandolo e crogiolandosi in quell'abbraccio come aveva sempre fatto. Sentendosi menzionare nel discorso, Yuri ebbe come unica reazione quella di alzare le sopracciglia e tornare a tenere d'occhio la piccola Millie. Felice e rilassata, Millie giocava con Terra e Chance, e improvvisamente, una strana sensazione di freddo colse tutti i presenti di sorpresa. Mantenendo il silenzio, Stefan stava per chiedersi cosa stesse accadendo, ma non fece in tempo a dare voce al suo pensiero che uno dei portali magici di Karon si aprì dal nulla dentro il salotto, portando con sè un leggero vento freddo. "No! Rain ha invitato... anche lei?" Chiese, già esasperato mentre  rimaneva a guardare sconfitto sia Karon che Nora uscire fuori dal quel vortice temporale. "Stefan! Sii gentile! Che festa sarebbe senza Karon?" lo sgridò la moglie, salutando l'amica con un sorriso e un gesto della mano. "Una festa più tranquilla." Rispose lui con il broncio  mentre stringeva di più la moglie nell'abbraccio, come a volerla proteggere da quella nuova presenza decisamente troppo ingombrante per i suoi gusti. "Principessa!" Urlò Karon per la contentezza, mentre, incespicando nel suo costume, leggermente più largo di lei, andò verso Rain a braccia aperte, strappandola da quelle dell'uomo."Karon! Ciao! Vestita da maga, eh?" Le rispose Rain, ignorando completamente il marito e andando ad abbracciarla, realizzando così il suo desiderio. Incredibilmente, anche il piccolo Chance le andò vicino, tentando di farle le feste e rischiando di rovinarle il costume. In risposta, Karon ridacchiò divertita. "Sì, non potevo vestirmi in altro modo." Disse, fra una risata e l'altra. Poco dopo, notò il cucciolo che trotterellava verso di lei, e con grande disappunto, allungò una gambe, cercando di spingerlo lievemente lontano da sè. "No, no, no. Hai capito male, meticcio." Gli disse a quello scopo, ignorandolo con freddezza. Per tutta risposta, il povero Chance prese a ringhiarle contro, poi tornò dalle bambine, afferrando uno dei suoi giocattoli dalla cesta in cui dormiva. Torva, Karon lo seguì con lo sguardo e con stupore notò una bambina bionda che giocava insieme a Terra. "E quella cosina lì?" Chiese, sempre più stupita nel vederla in quel salotto e cercando di capire di chi fosse. "Si chiama Millie, Nola e Yuri l'hanno portata con loro." Rispose Rain, svelta. "Nola e... Yuri? C'è anche quello scorbutico di un lottatore?" Continuò l'asiatica, guardandosi attorno ancora più stupita. Nel farlo, afferrò con scioltezza il braccio di Nola, poi la tirò verso di sè. "Nola, devi dircelo, hai per caso dato una botta al tuo scorbutico per farlo venire qui? E come sarebbe a dire che hai una figlia? Non ne sapevo nulla!" Per la povera Nola, quella fu una vera e propria pioggia di domande, bisbigliate e raffica dalla donna al suo orecchio e derivanti dallo sconcerto della maga nel non avere notizie delle sue amiche e nello scoprire l'eccezionale presenza di Yuri Boyka. "Devo ammettere che convincerlo non è stato facile, e Millie, beh, ci ha seguiti." Rispose Nola, in tutta tranquillità. Con gli occhi fuori dalle orbite, Karon continuò a guardarla, poi fu colta di sorpresa.  "Signora Gardner, Daniels..." Nora apparve all'improvviso in mezzo al trio, con le braccia aperte verso l'esterno e le due bambine appese e intente a giocare con i suoi impianti e l'armatura da robot che indossava. "Nora! Alla fine ce l'hai fatta! Come stai?" Chiese Rain, salutandola forse con troppo calore. Leggermente sbilanciata dalle due bambine, Nora cercò di rimanere in equilibrio mentre rispondeva. "Al solito." Rispose, con la solita voce piatta e quasi innaturale. "Mi fa piacere, sai?" Disse lei, sorridendole ancora. Continuando a guardare le piccole giocare dividendosi fra Chance e l'interessante costume di Nora, Rain si sedette sul divano, mettendosi comoda e non aprendo bocca. Il suo vestito era della stesso colore dei suoi capelli, e quella sera si sentiva bellissima. In silenzio, si scambiò una veloce occhiata d'intesa con Stefan, e lui la raggiunse, attratto come una falena da una forte luce. Senza dire nulla, l'uomo si sedette con lei, e incurante di tutti i presente lì intorno, l'abbracciò per la vita, attirandola a sè, più vicina. "Ciao, principessa vampira." La salutò, divertito. "Salve, principe dei vampiri." Rispose lei, stando al gioco e sorridendo nel vederlo prendere l'iniziativa. Tenendo il sorriso sul volto, Stefan le accarezzò un fianco con una mano, delicatamente. "Potrei abituarmi a questi panni, sai?" Commentò, ghignando e facendo intravedere i lunghi canini finti. "Tu dici? Anch'io. E guarda Rachel, è felicissima." Chiese lei, terminando il suo discorso con quell'acuta osservazione. "E quando non lo è?" Chiese Stefan con calma, sottolineando l'evidente reazione della ragazza, che non staccava gli occhi da Lady Fatima. "Oggi più degli altri giorni, credimi." Rispose Rain, alludendo silenziosamente alla timidezza di Rachel e all'ora scomparsa paura di essere scoperta e giudicata per il suo cuore. "Non è l'unica ad esserlo oggi, sai?" Continuò lui, con voce più bassa e maliziosa mentre faceva scorrere i finti canini sul collo delicato della donna. "No, no di certo." Rispose lei, lasciandolo fare e ignorando gli invitati. Stringendola di più a sè, Stefan fece qualche passo indietro, allontanandosi per un attimo dal marasma che proveniva dal centro del salotto per avere un attimo tutto per loro. "Via dalla festa, eh? Dì, cos'hai in mente?" Gli chiese allora Rain in un sussurro, curiosa. "Nulla di speciale per ora, voglio soltanto averti tutta per me." Disse lui con un ghigno malizioso mentre, con molta discrezione, faceva passare la punta della lingua sulla parte morbida del collo, in un'imitazione di un morso di vampiro. "Per me va bene." Rispose lei soltanto, evitando di sottrarsi al suo affetto e chiudendo gli occhi, estasiata. Notando che alla moglie non dispiacevano le attenzioni nonostante la presenza di ospiti lì vicino, Stefan ne approfittò, afferrandole dolcemente il mento con una mano e voltandole la testa quel poco che bastava per unire le loro labbra in un bacio dolce e passionale al tempo stesso. Godendosi quel bacio, Rain gli strinse le mani, assecondandolo con dolcezza e mordendogli le labbra per gioco. Poco dopo, si staccò da lui, e alzando una mano, gli carezzò il viso, lentamente. Totalmente incantato dalla moglie, l'uomo lasciò che lei lo accarezzasse e si perse in quegli occhi dorati, meravigliosi. Guardandolo in silenzio, Rain non disse nulla, e approfittando della piccola distrazione del marito, lei lo spinse leggermente, fino a farlo trovare con le spalle al muro. Una volta fatto, lo baciò ancora, trovandosi però costretta a fermarsi per evitare di esagerare. "Attenta, tesoro mio, così mi farai venire voglia di mollare qui tutti e portarti via." Disse lui con voce soffusa mentre faceva passare un dito sulle labbra di lei, tumide di baci.  "Scusa, mi sono lasciata trasportare... che ne dici, torniamo dagli altri?" Propose lei, tentando di giustificarsi e riuscendo finalmente a calmarsi. "Meglio." Le rispose Stefan mentre le prendeva la mano e la portava con dolcezza fuori dal corridoio, inoltrandosi così di nuovo tra gli ospiti. Incrociando per caso lo sguardo di Karon, un brivido freddo gli attraverso la schiena, come in premonizione di qualche disastro in arrivo. "Sai, credo proprio che Karon abbia scoperto la nostra piccola fuga." Osservò con serietà, con il largo e malefico ghigno dell'asiatica a confermare i suoi sospetti. "Le voglio bene, ma a me interessi solo tu adesso, mio bel vampiro." Replicò lei seria e innamorata, mentre prendeva di nuovo posto sul divano stringendosi a lui. "Oh, non lo metto in dubbio, mia principessa, e lo stesso vale per me." Rispose lui mentre passava un braccio intorno alle spalle di lei e la stringeva con amore. Contrariamente a loro, Lady Fatima  era rimasta tutto il tempo accanto a Rachel mentre facevano insieme la conoscenza delle amiche di Rain, la colpì molto Nola, la più pacata e tranquilla del gruppo. Nonostante tutto, non si era dimenticata dei padroni di casa che, con suo poco stupore, erano spariti dal salone. Un lieve disappunto le increspò il viso e, non appena li notò tornare, lasciò la sua gattina in balia della donna ferrata, di cui non rimembrava il nome sul momento, ma che aveva occhi di ghiaccio e innaturali, per dirigersi con grazia dietro la coppietta, posando una mano sulla spalla di Rain all'improvviso. "Miei cari, miei cari, serve un pò di ghiaccio da queste parti? Magari per calmare i vostri bollenti spiriti?" Disse, cercando con quelle parole di farli tornare alla ragione. Voltandosi a quel tocco, Rain sussultò per la paura, poi si ritrovò la Leader davanti agli occhi. "M-milady! Ci dispiace!" Disse soltanto,  sprofondando in un mare di vergogna. Per tutta risposta, Fatima alzò un sopracciglio in un'espressione perplessa, e voltandosi verso Stefan, li ammonì, con il garbo e la grazia di cui era capace. "Siete giovani, lo capisco, ma qui ci sono degli ospiti da intrattenere. Perché non vi unite alla nostra piacevole chiacchierata?" Propose, indicando con un lieve cenno della mano il loro gruppetto, che, in piedi, parlava e rideva degli argomenti più futili e semplici."Faremo del nostro meglio, Signora." Rispose Stefan, imbarazzato quanto e forse più della moglie. Nel frattempo, Karon quasi si strozzò da sola, mentre grazie al suo udito sviluppato e fine udito da lupo, aveva sentito la batosta sgridata ricevuta ai piccioncini e stava facendo quanto in suo potere per non scoppiare a ridere davanti a tutti. "Karon, lasciali stare, Lady Fatima ha fatto abbastanza." Proruppe Nola, non mancando di disciplinarla con un colpo dietro alla nuca. "Ma... avanti, li hai visti?" Rispose lei, mentre ancora rideva. "Ha ragione, Migarashi, silenzio." Rispose allora Nora, zittendole entrambe. Non volendo mettere alla prova Nora, che Karon quasi temeva come Fatima, si zittì di colpo, e rivolse invece un largo sorriso di circostanza alla coppietta che li stava raggiungendo, facendo poi l'occhiolino a Rain. Silenziosa, Rain ricambiò quel sorriso, poi si ricompose definitivamente, notando negli occhi dell'asiatica una punta di noia. Non aveva idea del perchè. La festa procedeva bene, eppure lei sembrava non voler essere lì. Improvvisamente, una dolce voce distrasse ognuno dei presenti. Era Terra, tornata nel salotto di casa con il vassoio dei biscotti fatti dalla madre. Non volendo bruciarsi com'era successo a lei, aveva messo i guanti, nonostante, date le sue piccole mani, non fossero della sua misura. "Biscotti?" Chiese, camminando lentamente e offrendoli agli amici. A quella piccola e dolce vista, Stefan non poté che sorridere di tenerezza nel vedere la sua stessa figlia farsi avanti per gli ospiti. "Ehi, piccolina, dove ti eri cacciata?" Chiese allora allegro mentre, con accortezza, afferrò un biscotto e lo morse, trovandolo buonissimo. "Millie ed io stavamo giocando. Chance la fa ridere!" Rispose la piccola, tenera e onesta. Sentendosi nominare, Millie avvampò sulle gote imbarazzata, mentre già mangiucchiava il suo biscotto e si teneva dietro Terra, decisamente più adatta a parlare con gli altri presenti. "Millie, dai, vieni avanti, ti presento gli altri!" La incoraggiò la bambina, sorridendole in amicizia. Impacciata come sempre, Millie si mise di fianco all'amica e, a occhi bassi, salutò tutti con un flebile "ciao." Prendendole la mano, Terra la guidò fino al divano, poi diede inizio alle presentazioni. "Conosci già la mia mamma, ma lui è il mio papà. Iniziò, regalando un veloce sorriso al padre. "Loro invece sono Karon e Nora, due amiche di mia madre, e lì ci sono Rachel e Lady Fatima. Si amano, lo sapevi?" Continuò, completando il discorso con quella nota di romanticismo. Sbalordita da quell'ultima affermazione, Millie si voltò verso le due donne e le guardò con occhi giganteschi e con tutta l'ingenuità di quell'età parlò francamente. "Ma siete due femmine!" Esclamò, incredula. "Non è un problema! Se l'amore esiste, si deve abbracciare e basta." Spiegò Terra, aprendole gli occhi con la dolcezza che la caratterizzava. "Vero, milady?" Chiese poi, andando alla ricerca di una conferma alle sue parole. Silenziosa, ma molto colpita dal discorso della bambina, Lady Fatima annuì con la testa e rivolse un lieve sorriso innamorato a Rachel, facendo intravedere per un attimo a tutti i presenti l'amore che le legava. Come c'era d'aspettarsi, ogni invitato alla festa si sciolse come neve al sole alle parole della piccola, sorridendole con dolcezza. Rain, in qualità di madre orgogliosa, diede inizio ad un piccolo applauso, che riempì, anche se per poco, il silenzio presente nella stanza. Mantenendolo, Karon non diceva nulla, stando seduta sulla poltrona accanto al fuoco acceso. Le gambe accavallate e gli occhi al cielo potevano significare soltanto una cosa. Si stava annoiando a morte. Perdendosi nei suoi pensieri, dovette ammettere che quella festicciola non era nulla in confronto a quelle tenute nel suo regno. In quel momento, le venne un'idea. Se il divertimento non si fosse creato attorno a lei, lei l'avrebbe creato attorno a sè. Notando la troppa tranquillità dell'asiatica in mezzo a tutta quella gente chiassosa, Stefan non poté che dare un colpetto sulla spalla a sua moglie per richiamare la sua attenzione e, con un gesto veloce del capo, le indicò la donna ancora fra i suoi pensieri, innaturalmente calma. "Pensi sia grave?" Chiese, senza sapere se rimanere serio o ridere divertito. "Non lo so, e ad essere sincera non m'importa." Rispose Rain, prendendogli la mano e stringendola con forza, per poi accarezzarla e usare anche le unghie. Stringendo a sua volta la presa sulla mano e godendo di quel lieve solletico che le unghie andavano a creargli lungo il palmo, Stefan portò la mano della moglie alle sue labbra, baciandola con un sorriso sul volto. Diventando subito rossa in volto, Rain accettò quel bacio senza proteste, poi ritirò la mano, ridacchiando divertita. "Allora, come credi che stia andando la festa? Tu ti diverti, mia vampira?" Chiese poi scherzando, mentre, con un braccio intorno alla vita di lei, la stringeva a sè dolcemente. "Va tutto alla perfezione, e mi diverto moltissimo." Rispose Rain, crogiolandosi in quell'abbraccio e facendosi perfino più vicina. "Bene." Rispose semplicemente Stefan, allargando il sorriso mentre passava l'altra mano sulla sua schiena, accarezzandola. Senza proferire parola, lei sorrise, poi gli sfiorò la guancia con le labbra. Con la coda dell'occhio, Karon notò che per l'ennesima volta i due piccioncini si stavano scollegando dal resto del mondo nel loro solito modo di fare appiccicoso e, in quel momento decise di agire. Aveva già una mezza idea su come trasformare quella noia di festa e ora le avevano dato una motivazione in più. "Vediamo se vi sbaciucchierete ancora con dei canini veri e affilati."Sussurrò a se stessa ridendo sotto i baffi mentre, alzandosi le maniche di quel vestito per lei troppo aderente, si preparava a formulare un incantesimo che lei stessa da bambina aveva creato per puro divertimento ma, forse lanciato con troppa foga, ebbe effetto anche su tutti gli altri invitati travestiti. "Oh oh..." Pensò, conscia di aver commesso un errore. In quel momento, una stranissima luce avvolse tutti gli invitati, che per colpa della magia dell'asiatica, presero le sembianze di ciò che fingevano di essere. Così, Rain e Stefan divennero vampiri, le bambine si trasformarono in streghette, Nora in un cyborg, Nola in un'abile ninja, Chance in un vero fantasma e Rachel in una gatta. Anche se con leggero ritardo rispetto agli altri, anche Karon stessa si trasformò a sua volta, assumendo le sembianze di una maga.  Incredula, ma per nulla preoccupata, Karon continuava a fissare il nodoso bastone di legno che le era apparso in mano e il cristallo incastonato in cima, da cui fuoriusciva un alone verdastro che brillava quasi fastidiosamente.  "E questo? Fa parte del mio ruolo?" Chiese, perplessa mentre lo ondeggiava da una parte all'altra, non sapendo cosa farci.  Poco dopo, alzò gli occhi verso la sala e si morse il labbro inferiore. "Questa volta Rain mi ucciderà sul serio.... Ohi ohi." Disse a sè stessa, temendo la reazione dell'amica. Intorno a lei, tutti che si guardavano perplessi, Lady Fatima stava raccogliendo una gatta bianca e piuttosto magrolina dal pavimento mentre un fantasma a forma di cane volteggiava intorno ai presenti. Seppur colta alla sprovvista da quell'improvvisa trasformazione, Rain non mosse foglia, e lo stesso valse per Stefan. "Karon! Bel modo di movimentare la festa!" Le disse infatti lui stesso, alla vista della pelle dell'amata che diventava ancor più chiara del normale, mettendo in risalto i capelli e facendola apparire bellissima sotto i raggi della luna. "Gomen nasai, minna!" Ovvero, scusatemi, ragazzi! Disse in risposta Karon nella sua lingua d'origine mentre alzava una mano in segno di scuse, ma comunque sorrideva divertita a quella scena. "Se ti può far stare meglio, Stefan, io volevo colpire soltanto voi due." Spiegò, cercando ancora di giustificarsi per il gesto compiuto. "Non lo capisci? Non ti sta rimproverando! Anzi, il contrario!" Rispose Rain, chiarendo le intenzioni del marito e tornando a perdersi nei suoi occhi. Intanto, Terra e Millie giocavano a rincorrersi, riempendo il salotto di spruzzi di magia colorata quanto i loro stessi sogni, e la povera Lady Fatima non trovava Rachel da nessuna parte. Inizialmente, "gattina" era soltanto un epiteto, ma ora che era diventata tale, starle dietro sembrava impossibile, specialmente per colpa di Chance, che fluttuando nell'aria, non faceva che inseguirla. "Aspetta, come sarebbe a dire? Non... vi siete arrabbiati?" Chiese Karon ancora più confusa mentre continuava ad agitare quel bastone nell'aria, facendo accidentalmente partire un dardo elettrico e mandandolo sul soffitto. "No! Perchè avremmo dovuto?" La rassicurò Rain, ridendo nel vederla impacciata dai suoi stessi poteri. "Non saprei... perché come al solito combino disastri in casa vostra?" Rispose lei in quel momento, allargando il sorriso che aveva in volto. Poi,  mettendo delicatamente giù il bastone, si avvicinò alla coppietta che, trasformata in quel modo, appariva molto inquietante. "Ehi, bei denti!" Chiamò, non potendo evitare di ridere. "Sì?" Rispose Stefan, intuendo che quel soprannome era chiaramente riferito a lui. "Dovreste proprio vedervi allo specchio!" Disse lei ancora ridendo, anche se aveva qualche dubbio sul loro potersi specchiare in quelle condizioni. "Non serve, cara. La mia Rain è bellissima, e uno specchio non rifletterebbe mai tutta la sua bellezza." Rispose lui, continuando a venerare e osannare la moglie come era solito fare. Smielato anche da vampiro, eh... Beh, buona fortuna con i vostri sbaciucchiamenti, sempre che vi riescano adesso." Osservò lei, seccata dal suo comportamento e congedandosi da loro con quelle parole. Sventolando il bastone come fosse un mattarello, si allontanò da loro con una finta risata minacciosa e cavernosa, andando ad importunare Nola e Yuri. "Perchè non dovrebbero?" Chiese allora Rain, confusa e stranita da quelle parole, mentre continuava a tenere lo sguardo fisso sul suo principe della notte. "Vedrai, vedrai!" Strillò lei da lontano per farsi sentire, mentre un altro dardo elettrico veniva sparato sul soffitto. "A volte non sa proprio cosa dice, vero?" Chiese poi Rain al suo Stefan, regalandogli un dolce sorriso. Lo sa solo quella matta, credo." Rispose lui mentre, incantato, continuava a fissare senza alcun ritegno la splendida bocca di sua moglie, dove facevano capolino due piccoli canini bianchi e lucenti. "Che dici, vogliamo darle una dimostrazione?" Chiese lei, romantica e maliziosa al tempo stesso, mostrando gli aguzzi canini da vampira nell'attesa di una risposta. Completamente frastornato, Stefan non potè che rispondere in una sola maniera. "Sì." "Allora baciami, essere perfetto." Sussurrò lei, avvicinandosi fino a sfiorare le sue stesse labbra. "Mai quanto te, mia dolce e fatale vampira." Rispose lui in un sussurro, mentre, avvicinandola di più al suo corpo,  intrappolò le labbra di lei nelle sue per baciarla senza alcuna timidezza o esitazione. Lasciandolo fare, Rain si godette ogni secondo di quel bacio, assaporandolo finchè non si staccarono l'uno dall'altra per respirare. Una volta fatto, scoprì che Karon si sbagliava. Le sue labbra non sanguinavano, e baciarsi non era certo stato scomodo per nessuno dei due. "A quanto pare non sa proprio quello che dice." Disse poi Stefan per rimarcare il pensiero della moglie, come se le avesse letto nella mente. Poi, con un gesto lento della mano, iniziò ad accarezzarle il collo, accorgendosi di poterne vedere ogni piccola vena azzurrognola pulsare a ritmo del cuore e sentire il sangue scorrervi attraverso. Chiudendo gli occhi, Rain sospirò a quel tocco, non osando interromperlo per nessuna ragione, riuscendo a tornare in sè solo quando il marito smise di toccarla. Amava farsi coccolare, ma ricordando le parole di Lady Fatima, cercava di darsi un contegno. Di lì a poco, qualcos'altro accadde, e nella stanza non si sentirono altro che il lugubre latrato del cucciolo fantasma e il miagolio disperato della povera Rachel, trasformata in gatta. "Tu! Sgorbio peloso, lasciala subito stare!" Urlò Lady Fatima, inviperita. "Qualcuno è nei guai." Disse a quel punto l'uomo con un ghigno divertito mentre guardava quella scena e godeva nel notare quanto Lady Fatima si stesse scomponendo davanti a Chance fantasma. Inaspettatamente, anche Karon era stata attratta da quell'urlo così raro da una donna come lei, e cercò di dare una mano come poteva, agitando le mani in aria per catturare il fantasma. "Sarà di sicuro Rachel, Chance adora dare la caccia ai gatti." Commentò Rain, divertita da quella scena così surreale. "Vogliamo dare una mano?" Chiese poi lui, sempre più divertito dalla scenetta sotto i loro occhi. Decisa a farlo, Rain aprì la bocca per rispondere, ma prima che ci riuscisse, Terra tornò nel salotto di casa, con in mano la sua nuova bacchetta di legno, che agitava spargendo lampi di luce ovunque. "Chance! Fantasmino cattivo! Lascia in pace Rachel!" Gridò, precipitandosi in soccorso dell'amica felina e della povera Lady Fatima. A quel punto, Karon si avvicinò alla fonte del problema, e agitando in  aria quel bastone, lo puntò dritto verso Chance che, come un razzo, volteggiò verso di lei. "Fermo, meticcio!" Gli disse  con tono minaccioso, ma per poi venire bellamente ignorata e anche "trapassata" da quest'ultimo. Notando il fallimento dell'amica asiatica, Terra prese il suo posto, e puntando la sua bacchetta verso Chance, rimase perfettamente immobile. "Chance, fermo!" Ordinò, scioccando la donna con la sua impeccabile obbedienza. Restando sospeso a mezz'aria, il cagnolino smise di tormentare la povera Rachel, che miagolando disperata, tornò subito fra le braccia di Lady Fatima. "Rachel! Tesoro, vieni qui! Il peggio è passato, avanti." La rassicurò lei, mentre la coccolava tenendola fra le braccia. "Qualcun altro in difficoltà?" Chiese poi Karon ad alta voce, guardandosi attorno e grattandosi la testa con espressione perplessa. "Nora, tutto okay?" Azzardò, incerta. Come risposta, ricevette soltanto una serie di rumori metallici assordanti da parte di quello che sembrava un robot più alto di loro, con due ali metalliche attaccate alla schiena. "Sì, cristallino." Rispose a sè stessa, allontanandosi poi lentamente. "Come ti sei permessa! Far scappare così la mia povera gattina!" Proruppe Lady Fatima, ancora scossa da ciò che era successo a Rachel. Spaventata come non mai, aveva ancora gli occhi sgranati, e il suo intero corpo tremava. "Come, scusa?" Chiese Karon girandosi verso la Leader, fronteggiandola a viso scoperto senza alcuna paura. "Non guardarmi in quel modo signorina, sei tu l'incapace che non ha fermato quel botolo!" Rispose lei, ancora in collera. "Perché tu ci sei riuscita, vero, Fatima?" Rispose la ragazza, incollerita quanto la Lady. Esagerando, iniziò ad imitare l'attacco isterico che aveva avuto la donna per la paura della sua Rachel. "Oh, fa silenzio, piccola sciocca, almeno è tornata da me, e poi guardati, superata in arti magiche da una bambina." Replicò la donna, tornando a sedersi sul divano e cercando di recuperare la calma ormai persa. "Superata in.... ehi! Posso ricordarti che questo coso... Replicò sventolandole il bastone davanti ...non fa parte del mio arsenale standard?" Indispettita e sì, anche scottata da quell'accusa, andò a tenere il broncio nel posto davanti al camino acceso, lanciando un'occhiata alla coppietta che si scambiava baci e carezze. "Oh, beh, almeno qualcuno apprezza..." Borbottò, trovandola una seppur magra consolazione. "Ti capisco, e posso assicurarti che anche a Rachel la cosa va piuttosto a genio. Non è vero, gattina mia?" Rispose, ponendo poi quella domanda all'amata, che ancora possedeva sembianze feline. Per tutta risposta, come se capisse ciò che le stava dicendo la Lady adorata, Rachel strusciò piano la testa contro il palmo aperto che l'accarezzava e iniziando a fare le fusa dolcemente, facendo letteralmente vibrare il suo pelo."Hai visto? Che ti dicevo?" Rispose la donna, sorridendo alla vista della sua gattina ancora intenta a fare le fusa, non resistendo alla tentazione di accarezzarla. "Magari è solo una casualità...." Sussurrò allora Karon ancora imbronciata per la lite avuta con la Lady. "Tu credi? Hai provato a chiederglielo?" Azzardò allora la Leader, mettendo da parte la rabbia e tornando a sorridere. "Se vuoi posso trasformarmi e chiederglielo davvero." Rispose lei con calma mentre, reggendosi sul bastone, si alzava dal posto e raggiungeva gatta e padrona. "Perchè mai? Riesce a capirci entrambe!" Replicò la donna, tentando di difenderla. "Sicura?" Chiese l'asiatica, inarcando un sopracciglio perplesso mentre, inginocchiandosi all'altezza della gatta, le puntò un dito davanti al muso peloso a mò di avvertimento. "Non ho mai visto un gatto tanto spelacchiato." Disse poi rivolgendosi a Rachel soltanto per vedere la sua reazione e scoprire così chi delle due aveva ragione. Colpita da quelle parole, Rachel prese a soffiare minacciosa, scoprendo i denti e mostrando gli artigli, arrivando quasi a graffiarla. "Rachel, amore, calmati! Va tutto bene!" Le disse allora Lady Fatima, provando a riportarla alla sua quiete originaria. "Oh, sì, sei il gatto più spelacchiato di tutta Ascantha." Disse ancora, con un ghigno soddisfatto mentre si rialzava e torreggiava sulla palla di pelo. Ormai stanca di sentirla parlare, Rachel scese dal grembo dell'amata, andando ad accomodarsi sul suo. Fingendo affetto realmente non provato per l'asiatica, le piantò con dolcezza le unghie nelle ginocchia, facendolo poi con forza ancora maggiore, e completando il tutto con un graffio sulla mano. Una volta fatto, tornò dalla sua fidanzata, accoccolandosi teneramente fra le sue braccia. "Beh..." Disse con calma Karon mentre osservava con occhi socchiusi dal sospetto la gatta che tornava a fare le fusa alla padrona. "....a questo punto credo tu abbia ragione Fatima." I graffi le bruciavano da matti, ma non una singola smorfia le deturpò il viso mentre questi iniziavano subito a rimarginarsi da soli. "Adesso mi credi, streghetta?" Le chiese la donna, sorridendo debolmente e mostrandosi segretamente orgogliosa della sua gattina. "Sì, adesso sì." Disse lei infine, arrendendosi all'evidenza. "Ma questo non cambia il fatto che sia il gatto peggiore che abbia mai visto." Concluse poi, rivolgendo a Rachel uno sbuffo scocciato. "Piano con le parole, signorina. Alla mia Rachel non piace per niente essere denigrata." L'avvisò Lady Fatima, seria come mai prima. "Ho notato." Disse lei con calma e noncuranza sventolando la mano graffiata. Ignorandola, la Leader continuò ad accarezzare la gatta, attirando quasi senza volere l'attenzione della piccola Terra. "Ma... ma è Rachel? Chiese allora la bambina, entusiasta come non mai e sgranando gli occhi dolci davanti a quella nuvola di pelo. "Proprio lei, piccolina. Ed è tutto merito di Karon. Dì, vuoi toccarla?" Rispose la donna, sorridendole. Senza dire una parola, Terra annuì on gesti forsennati della testa e svelta, affondò le mani nel pelo morbido, coccolandola e accarezzandola come se si fosse trattato di Chance. "Prego, allora, è qui che aspetta." Disse Lady Fatima, lasciando agire la bambina, che mai aveva visto più felice. "Rimarrà per sempre una gattina?" Chiese lei ingenua e anche un po' preoccupata mentre continuava a passare la mano su quel pelo morbido e candido. "Non lo so, tesoro. Dovrai chiederlo a Karon." Rispose la donna, mentre teneva gli occhi fissi su Rachel, sperando che non reagisse in maniera sbagliata di fronte alla piccola. Sentendo il suo nome comparire in quel discorso, Karon ece un sorriso di circostanza e si alzò dal divano. Era davvero un bel problema in effetti. Non aveva proprio idea di quanto durasse l'incantesimo. Non lo aveva mai usato prima d'ora. "Aspetta, se lei non lo sa, questo significa... che non riavrò più la mia vera mamma!" Piagnucolò Terra, triste a quel solo pensiero. "No, no, no, questo non è assolutamente vero!" Disse di getto la donna mentre la guardava in cagnesco, ma solo perché era arrabbiata con se stessa e con quel maledetto incantesimo. Odiava vedere Terra triste per colpa sua e cercò un modo per irmediare al danno. "Posso farla tornare normale, parola mia!" "Faresti meglio a farlo, la mia mamma non è una vampira!" Gridò la bambina ancora piangendo, per niente convinta. "Sì, ma stai calma." La pregò Karon mentre, passandole accanto, andò dritta dalla coppietta. Ancora seduti sul divano, Stefan e Rain stavano vicini, e lui le teneva la mano. "Karon? Cosa ci fai qui?" Chiese lui, confuso. Incrociando le braccia al petto, Karon indicò con un lieve cenno della testa la piccola Terra ancora piangente. "Credo di aver combinato un guaio e ora non so come rimediare." Disse lei arrendendosi a quell'evidenza, sconfitta dalla sua incapacità di fare una semplice consolazione ad una bambina. "Karon... che hai fatto stavolta?" Chiese allora Rain, seccata. "Io... il fatto è che Terra vi rivuole normali, ma io non so come fare." Rispose lei abbattuta mentre sospirava teatralmente. "Tu cosa?" Replicò Stefan, arrabbiatissimo. Non riusciva a crederci. Adorava la sua Rain in quelle vesti, ma detestava vedere la sua piccola piangere, e sapere che la colpa fosse di quella maledetta strega gli faceva ribollire il sangue nelle vene. "Io cosa? Che c'è, sei sordo oltre che inumano adesso?" Rispose Karon piccata da quello sfogo di rabbia, finendo poi per rispondere con arroganza. "Ho sentito, solo... non posso crederci, d'accordo?" Rispose lui, stringendo i pugni nel tentativo di calmarsi. "Stefan, tesoro, lasciala stare. Forse... forse possiamo spiegarlo noi a Terra, che ne pensi?" Propose Rain, nel tentativo di riportarlo alla ragione. "Ecco bravi, andate, io devo pensare ad una soluzione." Disse allora Karon con più serietà, mentre camminava in tondo per il salone alla ricerca di qualche idea su come risolvere il problema, non aiutata affatto la presenza di Chance fantasma che le volteggiava intorno per divertimento. Va via, stupido meticcio volante!" Irritata, Karon iniziò a smuovere le mani contro il cane, ma senza alcun risultato. Alzandosi dal divano, Rain andò alla ricerca di sua figlia, trovandola in compagnia di Lady Fatima, che assieme a lei, accarezzava Rachel. "Mamma!" Urlò la piccola Terra nel vederla, felice. Poi, senza perdere tempo, si buttò fra le sue braccia, rabbrividendo nel sentirla gelida come un cubo di ghiaccio. "Sei fredda!" Si lamentò, ritraendosi lentamente. "Scusa, piccola, ma papà ed io dobbiamo parlarti. Possiamo?" Le disse Rain, abbassandosi al suo livello e facendo attenzione a non toccarla. "Parlarmi? Di cosa?" Chiese lei, sgranando gli occhioni per la paura improvvisa che le attanagliò lo stomaco a quelle parole. "Di noi, principessina." Continuò suo padre, inginocchiandosi di fronte a lei e guardandola negli occhi. "Di voi? Ah, lo sapevo! Rimarrete così per sempre, vero?" Azzardò, iniziando poi a piagnucolare, tremando da capo a piedi. "Terra, no, vieni qui." Rispose Rain, avvicinandosi e cercando di abbracciarla. "Ascolta, la verità è che non lo sappiamo. Non sappiamo se torneremo normali o meno, però puoi stare tranquilla, papà non mi farebbe mai male, davvero."  Le spiegò poi, accarezzandole la schiena e i capelli con dolcezza. "Non ci credo!" Disse lei singhiozzando nello sforzo di non piangere a dirotto sulla madre mentre la stringeva a sè con le manine, più forte che poteva. "Ma come! Non ti stiamo mentendo, tesoro!" Disse allora Stefan, convincendola a voltarsi  e posandole una mano sulla spalla. Fissandolo con occhi spalancati, Terra negò con gesti secchi della testa, testarda quanto la madre. "Provalo allora." Disse, sfidandolo con lo sguardo e la voce. "Che... che cos'hai detto, amore?" Balbettò Rain, confusa. "Prova che non farai del male alla mamma." Ripetè, sicura, mentre ancora si rivolgeva al padre con un ragionamento logico e semplice alle sue stesse orecchie. "Oh! Va... va bene." Rispose allora la stessa madre, facendo qualche passo indietro per concentrarsi sul marito. Prendendogli le mani, le strinse con forza, poi lo baciò con passione, come mai aveva fatto. Chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio, Stefan si lasciò trasportare da quel bacio, ricambiando con slancio, ma senza esagerare. Nel farlo, sentì su di sè lo sguardo della figlia che li studiava entrambi, attenta.In silenzio, Rain ne assaporò ogni istante, e quando arrivò il momento di respirare e staccarsi, entrambi guardarono la bambina. "Hai visto? Che ne pensi adesso?" Le chiese Stefan, in qualità di diretto interessato. Silenziosa,  La bambina ci pensò su un istante, si era vergognata nel vederli in quel modo, ma sentì che era stato necessario per avere una prova dell'incolumità della mamma. Ancora rossa in viso, Terra abbassò lo sguardo e bofonchiò delle parole come "Va bene, sono convinta." O qualcosa di molto simile. In silenzio, entrambi i genitori l'abbracciarono. "Ti vogliamo bene, piccola." Le disse la madre, poco prima di lasciarla di nuovo in compagnia di Rachel e Lady Fatima. Nel frattempo Karon stava quasi consumando il tappeto sotto di se per quanto ci stava camminando sopra con forza e violenza. Pensava e ripensava, ma non trovò altra soluzione che usare un contro incantesimo che avrebbe annullato quello attuale. L'unica cosa che la faceva desistere in parte era il fatto che avrebbe richiesto una gran quantità di energia da parte propria, ma il danno l'aveva causato lei, perciò non c'era davvero altro da fare. "Oh, beh, forza! Tutti qui intorno a me, ragazzi!" Urlò a squarciagola, agitando in aria le braccia come un'animatrice da villaggio turistico. "Mamma! È Karon! Forse tornerai normale!" Gridò Terra, correndo subito nel salotto e raggiungendo la ragazza. Rispondendo a quel richiamo, anche Chance andò da lei, e lo stesso valse per Rachel e Lady Fatima. Senza dire altro, l'asiatica guardò tutti i presenti, uno per uno. "Chi è normale faccia un passo indietro." Avvisò, mentre chiudeva gli occhi e cercava la concentrazione necessaria, con un lieve brillio di magia rossastra ches'irradiò dalle sue mani, andando poi a volteggiare verso quelli colpiti dall'incantesimo precedente. "Ecco qua..." Disse poi a magia ultimata. Aveva il fiatone, come se avesse fatto una gran corsa o un a fatica più grande di lei. "...di nuovo... tutti... normali. Contento, meticcio volante?" Chiese poi a Chance, strafottente, mentre lo guardava di sbieco rotolarsi a terra e uno sbadiglio le uscì dalla bocca. Sentiva il grande bisogno di buttarsi a terra e dormire fino al prossimo secolo. Quasi sorridendole, Chance non cambiò posizione, perdendo metaforicamente la capacità di vedere per colpa di quello stupido lenzuolo. In quel momento, Stefan e Rain si abbracciarono, e Rachel, finalmente umana, tornò tra le braccia della sua amata Fatima. Guardando fuori dalla finestra, Nola si accorse che il sole stava per sorgere, e che quella pazza notte di Halloween era ormai conclusa.
 
 
Rieccomi, velocissima, con la quarta storia di questa raccolta. La festa di Halloween bussa alla porta dei Gardner, e come ogni anno, loro addobbano a modo la casa, non rinunciando a travestirsi e non tenendo d'occhio le strane magie dell'amica strega, che come tale, combina un disastro dietro l'altro.
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Storia di due giocattoli ***


Image and video hosting by TinyPic
 
 
Image and video hosting by TinyPic
 
 
Capitolo V
 
Storia di due giocattoli
 
Come un semplice soffio di vento, ben tre anni erano spariti dalla vita dei Gardner, e ora la piccola Terra aveva compiuto nove anni, rendendo la secondogenita Rose la più piccola della famiglia. A entrambe piacevano ancora i giocattoli, in particolare i morbidi peluche, che Terra non lasciava neanche per un attimo. Stava crescendo, ed era vero, ma nonostante tutto non voleva separarsene. E se anche i suoi morbidi amici avessero qualcosa da dire? Anche Millie era cresciuta e, nonostante avesse un anno in meno della sua amica Terra, anche lei non disdegnava giocare ancora con i pupazzi, specialmente con il suo preferito, a cui doveva ancora dare un nome. Consapevoli dell'età della figlia, Stefan e Rain la lasciavano giocare con quel che la divertiva, ma contrariamente a loro, qualcuno sembrava essere di tutt'altro avviso, ritenendola ormai troppo grande per degli stupidi animali di pezza. "Ma non dite niente, voi due?" Chiese Karon, infastidita più del solito quando le arrivarono risate e urletti divertiti dalle due bambine che giocavano più in là. Sotto l'implorazione di Nola, Karon aveva accompagnato Millie dai piccioncini dato che ormai faceva amicizia fissa con Terra, ma quando le aveva viste giocare con i pupazzi le era sembrato un pò esagerato. "Io alla loro età imbracciavo già le armi." Aggiunse poco dopo l'asiatica, scivolando lentamente nel silenzio. "Karon! Lasciala stare! Ha soltanto nove anni!" Intervenne Rain, difendendo la sua bambina. completamente indifferente all'atteggiamento protettivo dell'amica. "Appunto. Non ti sembra grandicella ormai? Cosa farà ad un attacco dei Ladri, eh? Gli tirerà addosso dei pupazzi?" Continuò lei con la sua convinzione, facendo la voce dura, completamente indifferente all'atteggiamento protettivo dell'amica. "Devo ricordarti che mi ha salvata da morte certa soltanto quattro anni fa? E che era lì con la sorellina che piangeva a dirotto?" Rispose allora la donna, irritata da quelle parole e da quel comportamento così ostile. "Non serve ricordarmelo, ma dovrà pur difendere sè stessa, prima o poi! Le avete almeno insegnato a maneggiare un pugnale o un arco? Qualunque cosa che non siano dei pupazzi?" Chiese la diretta interessata, sempre più scettica. Non lo dava a vedere, e nemmeno ci teneva a farlo, ma era davvero preoccupata per l'incolumità delle bambine. "Sa usare una daga, e anche bene." Disse allora Stefan, orgoglioso di lei. "Non l'ho mai vista allenarsi." Replicò Karon con più convinzione mentre incrociava le braccia al petto in una posa decisa. "Il fatto che tu non l'abbia mai vista non significa che non sia vero." Continuò Rain, seria. "Okay, forse è come dici tu, ma sta di fatto che ormai è grande per questo genere di divertimento infantile. Insistette la donna, sorda alle motivazioni della madre della bambina. "Non è vero!" Gridò allora Terra, stanca del continuo battibeccare dell'amica con la madre. "Dammi allora una valida ragione per non pensarlo, Terra." Rispose lei, rivolgendosi alla bambina e trattandola come un'adulta. "Puoi pensare quello che vuoi, ma Ned e Bunny sono miei, fine della questione." Rispose la bambina, seccata. "Ah, una risposta molto matura da parte tua. Osservò Karon con durezza, prendendosi gioco della bambina che, in quel momento, ai suoi occhi apparve come una bimba viziata. "Adesso basta, Karon. Ti conosciamo, e ti vogliamo bene, ma il tuo essere stata un soldato in tenera età non implica lo stesso per nostra figlia!" Sbottò Stefan, iroso. "Ha nove anni! Nove! E sta solo giocando! Che cosa vuoi da lei?" Aggiunse poi, rincarando la dose. A quelle parole, l'asiatica sospirò, sconfitto. Purtroppo nessuno riusciva a capire il suo punto di vista e, capendo che altre parole sarebbero state solo utili a peggiorare la situazione, evocò in silenzio un portale e, mentre camminava per attraversarlo, ma prima di farlo rivolse un'occhiata addolorata e dura al tempo stesso a Rain. "Personalmente, non trovo nulla di male in quello che fanno, ma siete in guerra, non ve lo dimenticate mai. Se non allenate costantemente le vostre figlie all'arrivo dei Ladri lo rimpiangerete se succederà loro una disgrazia, e spero tanto di no Rain. Davvero. Ti chiedo scusa per ciò che ho detto. Trovo anch'io che le bambine siano adorabili a quest'età e non auguro a nessuna di loro due la vita che ho fatto io, spero solo che voi, che tu Rain, capiate il mio punto di vista." Spiegò, conservando nel cuore la segreta di un perdono da parte degli amici. Anche se silenzioso, Maddox era presente, e aveva assistito a tutta la scena, mentre Rose, la più piccola dei Gardner, giocava tranquilla. Come c'era d'aspettarsi, tutto quel trambusto l'aveva spaventata e portata alle lacrime, tanto che a Rain era toccato prenderla in braccio e cercare di calmarla. Non riuscendo più a tacere, l'uomo decise di parlarle. "Karon, aspetta." La pregò, poco prima che varcasse quel portale e sparisse dalla loro vista. "Forse mi sbaglio, e forse non conosco le loro abitudini bene quanto te, ma sono certo che Stefan e Rain amano le loro bambine, e che ora stiano cercando di proteggerle. Un giorno impareranno a difendersi, certo, ma non oggi. Guardale. Hanno nove e tre anni, credi davvero che siano grandi abbastanza per qualcosa di molto più grande di loro? Sii sincera." Aggiunse poi, completando quel discorso con quelle due parole. Fermata e colpita da quel discorso, Karon passò lo sguardo sulle bambine, tutte e due, e il suo cuore si strinse per alcuni attimi, dolente. "Credi che questo fermerà la lama di quei mostri?" Chiese, ma con voce più bassa e meno dura, stringendo i pugni per la frustrazione. "Beh, no, ma perchè fermare il loro divertimento? Sono ancora piccole, lascia che si godano la loro età." Le rispose lui, prendendole la mano e sorridendole con dolcezza. Combattuta, sospirò di nuovo, arrendendosi. "Se lo dici tu..." Rispose poi mentre tornava a guardare le tre bambine con più dolcezza nello sguardo. Alle parole dell'uomo, Rain si commosse, e lottando per ricacciare indietro una lacrima solitaria, cercò di parlare, sciogliendo il nodo che aveva in gola. "Non... non preoccuparti, Maddox, la perdoniamo." Disse soltanto, per poi asciugarsi gli occhi con un fazzoletto. Pur senza dire nulla, Stefan le si avvicinò, e posandole una mano sulla spalla, cercò di consolarla. Per pura fortuna, ci riuscì, avendo il piacere di vedere un sorriso spuntare come un fiore sul volto dell'amata moglie, ma non accorgendosi della sparizione della loro bambina. In silenzio, Terra guardava il su vecchio e amico compagno di gioco, Ned. Il suo cavaliere che immaginava con indosso una splendida armatura scintillante e uno scudo per proteggerla da ogni male. Aveva ascoltato tutto ciò che si erano detti i genitori e gli amici, doveva ammettere che il discorso di Karon, seppur irritante, aveva senso. Lei doveva proteggere la sua  famiglia, non poteva perdere più tempo con i giocattoli. Ricordava bene il dolore che aveva sofferto quando riuscì a salvare la madre da morte certa. La schiena glielo ricordò come un vero dolore fisico e, stringendo gli occhi, s'incamminò silenziosa nella sua camera, sapendo ormai che poteva fare soltanto una cosa. "Ned... mi dispiace, ma forse lei ha ragione.  Abbiamo i Ladri ormai alle porte ed è tempo di cambiare per me. Mi capisci, vero? Poi, con una singola lacrima di rimpianto a rigarle il viso, baciò il suo cavaliere sulla fronte pelosa e calda e lo ripose nella cesta dei giochi vecchi, chiudendola mentre un singhiozzo le faceva vibrare il petto. Preoccupata, Rain attraversò il salotto di casa, poi il corridoio. Quella sorta di lite avuta con Karon l'aveva davvero intristita, e ora voleva solo riposare e non pensarci. Camminando, sentì i sommessi singhiozzi della figlia chiusa nella sua stanzetta, ma preferì non entrare. Poco prima che potesse raggiungere la sua camera, una voce la distrasse, inducendola a voltarsi. Era Rose. A soli tre anni d'età, aveva ancora qualche problema a camminare, ma non importava. Vederla trotterellare per casa era sempre divertente. "Mamma? Dov'è Terra?" Chiese, triste e confusa dalla sparizione della sorella maggiore. "Sta riposando, Rosie, lasciala dormire." Rispose lei, per poi entrare nella sua stanza e abbandonarsi sul letto con le lacrime agli occhi. Proprio come la madre, alla fine Terra si era lasciata prendere dallo sconforto dell'addio che aveva dato a Ned, e poi accasciata sul letto a piangere tutte le sue lacrime. Era difficile e faceva male, ma sapeva che era la cosa giusta da fare in quel momento. Silenziosa, Rose si erse sulle punte per cercare di aprire la porta della cameretta che divideva con la sorella, e riuscendoci con non poca fatica, entrò, tristissima. "Terra? Come stai? E che fine ha fatto Neddy?" Chiese, avvicinandosi al letto dove la sorella era solita riposare e arrampicandosi fino a sedersi accanto a lei. "Rose?" Chiamò Terra nel buio mentre sentiva la porta aprirsi e la piccola arrampicarsi sul letto. "Nessun problema, ce la faccio." Rispose lei, lottando per mantenere l'equilibrio. "Mi dici dov'è Neddy?" Chiese poi, curiosa. "Ned...? Ned è... dove deve stare. Rispose, mentre altre lacrime raggiungevano le sue guance bollenti e nascondeva la faccia nel cuscino al solo pensiero."E cioè? Non è più sulla tua mensola!" Osservò la bambina, incredula nel non vedere altro che polvere nel posto che l'orsacchiotto occupava. "No, non lì. E' dentro il baule." Disse poi la sorella con voce piatta , scostandosi un poco dal cuscino per vedere il baule ormai chiuso. "Ma... ma non ha senso! Lì ci vanno le cose vecchie! E Ned non è vecchio, è il miglior amico di Bunny!" Commentò allora la piccola Rose, ancora più incredula. "Già.. Bunny... a proposito." Disse poi e, sollevandosi leggermente dal posto, afferrò il pupazzo che aveva tra le mani la sorellina e scese dal letto. "Ormai non ti serve più questo." "Cosa? Terra, no! Lascialo! è mio!" Si lamentò, affrettandosi a scendere dal letto e impedire al suo amato coniglietto di pezza di fare la stessa fine dell'orso. "Non capisci? Non ci serve più questa roba!" Disse poi lei a metà tra un grido e un ordine mentre riapriva il baule, incurante delle lamentele della sorella. "No! Perchè? Loro ci vogliono bene!" Continuò Rose, con le lacrime agli occhi mentre cercava di riprendersi il suo giocattolo. "Si tratta soltanto di un giocattolo. Replicò poi la sorella, mentre con le lacrime agli occhi gettava anche Bunny insieme a Ned e richiudeva il baule con un gesto secco della mano. Sconvolta da quel gesto, Rose prese a piangere e gridare, e inginocchiandosi, provò ad aprire quel maledetto baule. Invano. Era chiuso a chiave, e solo Terra la possedeva. Vieni via da li, Rosie. Le disse poi Terra mentre l'afferrava per le spalle e la trascinava via dal baule."No! Rivoglio Bunny! Il mio Bunny!" Si lamentò la bambina, mentre urlava e scalciava. "Non ti serve più." Continuò la sorella ancora piangendo mentre cercava di calmare Rose, che sembrava inconsolabile. "Non è vero." Rispose la piccola, ancora piangendo proprio come lei e tirando su col naso. In quel momento, quell'ormai famoso baule era chiuso a chiave, e le bambine non potevano sentirlo, ma dall'interno, i due pupazzi non facevano che lamentarsi cercando di uscirne. "Ehi, Bunny! Bunny, sei tutto intero?" iniziò a sussurrare Ned al suo amico sopra di lui, impossibilitato a muoversi a causa del poco spazio a disposizione. "Eh? S-sì, Ned... Accidenti, che male!" Rispose il coniglio, mentre cercando di spostarsi nel piccolo baule, cercava una posizione più comoda. "Male? Dovrei essere io a dirlo, mi stai praticamente addosso!" Si lamentò l'orsacchiotto mentre cercava di scrollarsi l'amico di dosso. "Ehi, non è colpa mia! Ma cos'è preso a quella bambina?" Rispose lui, dubbioso. A quelle parole, Ned sospirò addolorato mentre posava gli occhi di vetro sul coperchio del baule. "Non hai sentito? Non serviamo più ormai..." Disse, parlando in tono mesto. "Cosa? Come non più? Ma è assurdo!" Commentò il povero coniglio, confuso e sbalordito. "A quanto pare le parole di quella donna l'hanno confusa." Disse l'orsetto in tono preoccupato, e se avesse avuto una bocca vera avrebbe anche fatto smorfie. "La mia dolce Terra sta soffrendo e io non posso essere lì con lei a confortarla..." Aggiunse poi, ritrovando a lottare contro un improvviso bisogno di piangere. "Lo stesso vale per la mia Rosie... hai visto come piangeva?" Rispose Bunny, sconsolato tanto quanto l'amico. "Già... dobbiamo fare qualcosa Bun!" Disse poi Ned, risoluto come non mai. Seppur ancora bloccato fra una miriade di vecchi oggetti e la schiena dell'amico, Bunny si sforzò per muoversi e pensare, e quando tutto sembrava perduto, l'idea geniale. "Aspetta, Rose! è più piccola di Terra, ed è l'unica che crede ancora in noi!" Quasi urlò, contento di quel lampo di genio. "Giusto!" Disse allora Ned, esaltandosi quanto l'amico. "C'è solo un problema però..." Non potè che osservare con rammarico, indicando con la zampetta il coperchio del baule. Voltandosi nella direzione indicata dall'amico, Bunny lasciò che il suo sorriso si spegnesse. "Hai ragione, ed è chiuso a chiave, per mille carote." Disse poi, sentendo il morale scendere metri e metri sotto le sue zampe. "Non possiamo davvero fare nulla?" Chiese Ned a sè stesso mentre pensava ad un modo per uscire fuori da lì. Confuso, anche Bunny si guardò intorno, e poco dopo, vide qualcosa oltre il buco di quella maledetta serratura. Le due bambine erano ancora lì, e Terra teneva la chiave sulla mensola che fino a poco tempo prima ospitava i due amici. "Dobbiamo convincerle ad aprire questa vecchia trappola." Sussurrò, serrando il soffice pugno. "E come pensi di riuscirci, coniglio?" Sospirò di nuovo l'amico mentre si faceva spazio a forza per riuscire anche lui a vedere dal buco della serratura. "Ci dev'essere qualcuno oltre a Terra capace di aprire questo coso..." Rispose lui, sempre più frustrato. "E chi?" Chiese l'orsetto mentre, incrociando le zampe paffute davanti al corpo, ci pensava intensamente. Silenzioso, Bunny non seppe cosa dire, poi  ebbe un altro colpo di genio. "La mamma! Pensaci, chiude sempre a chiave la porta di casa prima di uscire, quindi forse ha una copia di quella che ci serve!" Disse, felice di essere forse riuscito a trovare una soluzione. Interdetto, Ned ci pensò, e concluse che il coniglio non aveva tutti i torti. In fin dei conti, ll'unica cosa da fare era sperare che prima o poi la donna aprisse quel baule. "Dubito che da lei riusciremo a farci sentire..." Disse Ned, ripiombando nella tristezza più profonda. "Magari no, ma Rose è ancora lì. Forza! Vuoi uscire o no?" Osservò il soffice amico, cominciando a muoversi come un forsennato e a urlare il nome della bambina nella speranza di essere udito da lei. "Per tutto il miele dell'alveare, certo che sì!" Rispose, seccato dal non riuscire a muoversi. Così, imitando l'amico, iniziò a picchiare le morbide zampe sulla dura superficie del baule per smuoverlo e attirare così l'attenzione della piccola. Insieme, i due non accennarono a smettere, e poco dopo, arrivò il momento della verità. La bambina li aveva sentiti davvero, e con il visetto triste, aveva preso una decisione. "Adesso basta, vado a dirlo alla mamma! Aveva infatti protestato, stanca della prepotenza della sorella. Camminando, l'aveva raggiunta, poi aveva vuotato il sacco. "Mamma, Terra mi ha rubato Bunny!" Sentendo il suo nome venir fuori da quella sorta di lamentela, Terra aveva seguito la sorellina solo per spiegare il suo punto di vista alla madre e, quando le raggiunse rimase quasi pietrificata dalla frase che la piccola Rose aveva detto. "N-non è vero! Non gliel'ho rubato!" Davvero? E allora cosa ci fa nel tuo baule, signorina?" Le rispose la madre, arrabbiata. "L'ho soltanto messo via, è quello il suo posto, madre." Disse lei allora, più sicura di sè. "Non l'ho rubato." "Quello è il suo posto, dici? Terra... perchè ho il sospetto che c'entri Karon?" Rispose lei, per nulla convinta della parole della bambina. Lei c'entra in parte, madre. * Rispose lei evasiva mentre giocherellava con i piedi e abbassava lo sguardo, intimorita da quello della madre. A quelle parole, Rain rimase interdetta. Non riusciva davvero a crederci, eppure le parole di quella strega avevano spinto sua figlia a cambiare idea riguardo al suo migliore amico, che ora, come per magia non le serviva più. "Amore, hai soltanto nove anni, e arriverà un giorno in cui Ned non t'interesserà più, ma sarai tu a deciderlo, non lei, va bene?" Le disse, sorridendole e cercando di convincerla e farla ragionare. "Infatti ho deciso, adesso." Disse lei con sicurezza mentre si avvicinava alla madre per abbracciarla." Io voglio proteggervi. Accettando quell'abbraccio, Rain strinse a sè la sua bambina, poi le parlò ancora. "Tesoro, la cosa ti fa onore, davvero, ma sei troppo piccola! Pensaci, non avrai più l'occasione di divertirti come fai adesso! Dì, non vuoi tornare a giocare con il tuo cavaliere in pelo e ossa?" Sì, mamma tantissimo!" Disse poi lei arrendendosi a quell' evidente verità mentre si stringeva a lei ancora più forte. Sorridendo, Rain si lasciò abbracciare ancora. "Brava, tesoro. Adesso andiamo, così riapro quel baule, d'accordo?" Propose, prendendola per mano. "Sì, per favore, fallo!" Disse poi quasi con disperazione mentre la trascinava letteralmente nella cameretta. "Va bene, passami la chiave." Disse Rain semplicemente, abbassandosi di fronte al baule. Annuendo con vigore, Terra prese la chiave dalla mensola sopra al letto  e la passò velocemente alla madre. Prendendo quella bronzea chiave fra le dita, Rain la girò nella serratura, poi aprì quell'ormai famoso baule. "Ecco fatto, sei contenta?" Disse poi, spostando lo sguardo sulla bambina. "Adesso si, mamma, grazie!" Rispose lei con entusiasmo, abbracciandola ancora una volta. "Di niente, adesso divertiti, mia piccola grande guerriera." Rispose Rain, poco prima di andarsene e lasciarla giocare in compagnia della sorella. Senza più trattenersi, la bambina riprese il suo adorato Ned tra le braccia che, anche solo per pochi minuti, gli era mancato da morire. "Scusa Rose, non avrei dovuto farlo." Disse poi dispiaciuta mentre abbassava lo sguardo verso la piccola che riprendeva il coniglio. "Ti perdono, Terra. Non preoccuparti." Rispose a quel punto Rose, felicissima di riavere con sè il suo Bunny. Felice almeno tanto quanto la sua amichetta, il coniglietto si lasciò abbracciare, poi sciolse quell'abbraccio, ma solo per improvvisare un goffo balletto di fronte a lei.  A quella vista neanche Ned riuscì a trattenersi e si unì al ballo di Bunny, muovendosi talmente goffamente da cadere per terra più volte.Ridendo, Terra aiutò i pupazzetti a rialzarsi, poi prese loro le zampe, così che potessero mantenere l'equilibrio. "Ci siete mancati, piccolini, e  mi dispiace." Disse poi, cercando di giustificare il suo precedente comportamento. "Anche voi, amiche mie!" Rispose subito Ned, esplodendo di gioia nel rivedere la propria amica. E così, con ultimo, dolce e caldo abbraccio di gruppo, le bambine impararono una preziosa lezione, che presto identificarono come verità. Crescere è difficile, ma anche duro, e bruciare le tappe della vita non è mai la cosa migliore.
 
 
Storia numero cinque, o meglio, come dice il titolo, storia di due giocattoli, nello specifico gli storici pupazzetti Ned e Bunny, appartenuti alla piccola Terra. Ecco come si sono sentite nell'essere stati quasi abbandonati da lei e Rose.
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Eredi di un amor proibito ***


Image and video hosting by TinyPic
 
 
Image and video hosting by TinyPic
 
 
Capitolo VI
 
Eredi di un amor proibito
 
La primavera aveva sostituito l'inverno, e anche se era passato moltissimo tempo, Maddox ricordava ancora la visita fatta ai coniugi Gardner. Sì, i Gardner, ovvero Stefan e Rain. Come sapeva, amavano moltissime le loro piccole Rose e Terra, e non vedendo altro che il loro bellissimo rapporto con le figlie, era felice per loro, ma in fondo sapeva di esserne anche geloso. Lui e Karon stavano insieme da tanto, e non aveva idea di come lei avrebbe reagito a una proposta di quel genere, ma pensandoci, concluse che valeva la pena provare. Karon era nella stanza di Maddox, al castello della loro Lady Fatima, e togliendo lo sguardo per un momento dal suo libro di incantesimi e rituali, preso in prestito alla biblioteca del proprio castello, Karon osservò l'uomo. Le dava le spalle, fissava da minuti interminabili il paesaggio fuori dalla piccola finestra. Da giorni ormai lo vedeva con quell'espressione distante, come se rimuginasse su qualche pensiero che non smetteva di tormentarlo. "Se continuerai ad avere quel volto corrucciato, ti verranno le rughe ancor prima di invecchiare." Provò a scherzarci sopra mentre richiudeva il libro e lo gettava sopra il letto con noncuranza e gli si avvicinava. "Che... che cosa?" Rispose lui distrattamente, voltandosi a guardarla nonostante fosse ancora sovrappensiero. Perplessa da quella sua strana distrazione, la ragazza sventolò una mano davanti a sè, come a scacciare un pensiero molesto. "Lascia stare, ti stavo solo prendendo in giro, Mad." Rispose poi con un ghigno divertito mentre si metteva al suo fianco e guardava fuori dalla finestra. "Allora, devo andare a ficcanasare nella tua mente o mi dici tu che cos'hai?" Chiese, leggermente irritata dal suo essere così evasivo. A quelle parole, l'uomo scosse la testa, cercando di tornare alla normalità. "Karon, ti ricordi... il giorno in cui siamo andati da Rain?" Chiese, iniziando quel discorso e cercando di non esagerare sondando il terreno. ncrociando le braccia al petto e voltandosi verso di lui, Karon lo fissò sempre più stranita, per poi cercare di ricordare il momento che aveva nominato. Se non ricordava male fu quando aveva sgridato le bambine per la troppa infantilità. "Sì..." Rispose lentamente, cercando di capire dove volesse andare a parare l'uomo con quella domanda. "Vedi, se posso chiederlo, tu vuoi bene a lei, vero?" Continuò, completamente cosciente di star girando metaforicamente intorno a quel discorso. Si conosceva, e sapeva che alle volte esprimersi gli veniva difficile, specialmente di fronte alla ragazza che amava. "Certo che sì!" Disse lei di botto e con espressione sempre più confusa, ma comunque dicendo la verità. "E' mia amica, no? ... Mad... Cosa c'è veramente? Azzardò in quel momento, guardandolo negli occhi e leggendoci dentro l'insicurezza, che non era quella la vera domanda. "Maddox, se continui a farmi domande inutili ti trasformo in un rospo. Disse poi addolcendo la voce, ma comunque puntandogli al petto il dito indice, in ammonimento. "Va bene, ma per favore ascoltami, è importante." Rispose lui, arrendendosi e volendo a tutti i costi evitare la sua ira. Capendo che non era più il momento di scherzare, Karon tornò seria e andò a sedersi sul bordo del letto, fissandolo dritto negli occhi. "Ti ascolto." Disse soltanto, calma e tranquilla. "Sai, da quando siamo andati da loro, e ho visto quanto bene vogliono alle loro bambine... ho iniziato a pensarci, e ho capito che avere un figlio da te mi renderebbe l'uomo più felice al mondo." Disse allora lui, con lo sguardo perso nei suoi bellissimi occhi viola e le mani strette nelle sue mentre le parlava. "Un figlio?" Quasi sobbalzò a quella rivelazione, e diventando rossa come un pomodoro, lo guardò con occhi spalancati, incredula. Mai, mai nella sua vita aveva pensato che ci fosse posto per una propria prole, in parte dovuto al fatto che aveva sempre pensato di non essere adatta al ruolo di madre, ma il suo cuore a quanto pareva non era d'accordo con i suoi pensieri e in quel momento iniziò a battere come un tamburo. "Sì, un figlio. Ci pensi, tesoro mio? Una piccola versione di me e te che gironzola per il castello, non ti piace come idea?" Chiese, dopo aver ripetuto quelle parole e chiarito le idee della donna. "Se nascesse un'altra me, qui dentro scapperebbero tutti a gambe levate!" Disse poi lei scherzando sopra a quel pensiero mentre iniziava a rilassarsi di nuovo e sorridendo poi all'uomo, stranamente sentendosi timida e imbarazzata. Figli... era un'idea che suonava strana nella sua mente, ma buona infondo. "E che ne diresti invece di un altro piccolo me? Un altro cavaliere, ma con un nome diverso dal mio? Ti piacerebbe, streghetta?" Azzardò, sorridendo a sua volta e stringendole ancora le mani. Non dovette pensarci molto per poterlo immaginare. Una versione più giovane del suo cavaliere che correva felice da una parte all'altra del castello. Uno dei suoi rari sorrisi dolci le illuminò lo sguardo, lasciando per un attimo galoppare quel piccolo pensiero in lei. Quella dolcezza durò solo un attimo, mascherata poi com'era sua abitudine da un ghigno divertito e le labbra truccate di rosso si arricciarono verso l'alto, maliziose. "Mad, spero che tu sia abbastanza in forze da passare questo pomeriggio insonne..."Disse sempre con quel ghigno mentre si girava verso di lui e, sensualmente, passava una mano sul suo braccio, carezzandolo. "Non hai alcun bisogno di sperare, lo sono e basta." Rispose lui, lasciandosi accarezzare e avvicinando le labbra a quelle delle ragazza senza toccarle. Un fremito d'emozione la scosse da capo a piedi mentre incontrava quelle iridi di ghiaccio e, senza più trattenersi, annullò quella futile distanza tra loro baciandolo con foga e, giocando, mordendogli il labbro inferiore con i canini. Completamente innamorato di lei, Maddox accettò quel bacio senza dire nulla, poi ne prese il controllo, e quando arrivò il momento di respirare, si allontanò staccandosi di malavoglia. Karon sussurrò il nome dell'amato mentre si sdraiava completamente sul letto e lo invitava a raggiungerla. Accontentandola, Maddox fu con lei in un attimo, e carezzandole il viso, la chiamò per nome. "Karon, tesoro mio..." Nel sentirlo parlare, la donna sorrise, poi gli scompigliò amorevolmente i capelli con entrambe le mani. "Ti amo." Le disse lui, facendosi ancora più vicino e regalandole un sorriso prima di un nuovo bacio. Silenziosa, la ragazza ricambiò quel bacio con slancio e gli circondò le spalle con entrambe le braccia. "Ti amo anch'io." Rispose poi con naturalezza, stupendosi per l'ennesima volta di quanto fosse vero quel sentimento che provava per lui. "Tantissimo." Precisò allora Maddox, dopo averla lasciata fare e  sentito il dolcissimo sapore delle sue labbra. Quel bacio non durò molto, ma la cosa non parve importargli. Erano insieme, e in quel momento, quella era l'unica cosa a contare. "Nessun ripensamento, Cavaliere?" Chiese lei con voce divertita mentre gli sorrideva e gli passava il dito indice su una guancia e ripercorrendo poi il contorno delle labbra tumide. "No, e tu, streghetta?" Rispose lui con sicurezza, guardandola negli occhi e rigirandole la domanda. "Nessuno." Rispose lei con sicurezza e addolcendo lo sguardo. Non lo avrebbe detto, ma sentiva una strana impazienza dentro di se', come se avesse atteso quel momento da sempre. "Proprio quello che volevo sentire." Sussurrò lui, prendendole con delicatezza entrambi i polsi e sorridendole, malizioso. Quella che avevano appena preso poteva sembrare una decisione affrettata, ma amandosi, si fidavano l'uno dell'altra, e restando in silenzio, Maddox non attese, iniziando subito a posare una scia di dolci ma roventi baci sul collo della sua ragazza. Impossibilitata a muoversi per via della ferrea stretta sui suoi polsi, Karon non poté far altro che tremare d'emozione sotto i baci di Maddox e, chiudendo gli occhi, sospirò di piacere. Sorridendo, Maddox non smise di baciarla, e nel farlo, si concentrò anche sulle sue spalle, carezzandole con dolcezza. "Maddox, ti prego..." Impaziente, Karon arrivò a supplicare l'uomo che amava per mettere fine a quella dolce tortura. Sentiva l'intero corpo tremare impercettibilmente dalla frenesia che in quei momenti lui le accendeva dentro come un incendio. Colto alla sprovvista da quella supplica, Maddox capì di stare esagerando, e guardando la donna negli occhi, si fermò. L'amava, ed era certo che lei ricambiasse, ma non avrebbe mosso un muscolo a meno che lei non l'avesse voluto. Provocandolo, Karon fece scivolare una gamba lungo un fianco di lui e avvicinò le labbra alle sue, mordendogliele lievemente. "Cavaliere, quanto ancora mi farai aspettare?" Chiese poi con una risata divertita, sorridendo e fissandolo negli occhi. "Credo che tu abbia aspettato abbastanza, amore mio." Rispose lui, accettando quel veloce bacio e quei piccoli morsi senza proteste. "Lo credo anch'io." Rispose  lei con divertimento mentre iniziava a strusciarsi su di lui in modo sensuale. "Su, adesso rilassati, sono qui." Disse allora lui, tornando a concentrarsi sul suo corpo e indugiando sul viso, carezzandolo lievemente. Poco dopo, abbassò lo sguardo e inspirò a fondo, preparandosi a realizzare il desiderio che lei nascondeva. Innamorato, agì lentamente, non facendo che guardarla e sentirla dar voce al suo piacere. Con il viso in una maschera di pura estasi,Karon si adattò presto a lui, prendendo a baciarlo e accarezzarlo sul viso e le spalle. Aveva desiderato a lungo quel momento e ora si teneva stretta a lui, coinvolta nel fisico e nel cuore. Accettando quei baci, Maddox sorrise, poi le morse le labbra, imitando quello che lei aveva fatto poco prima. Sentendo il suo corpo fremere per l'ennesima volta, capì che ormai era vicina al suo limite e si strinse all'uomo più di prima affondando il viso nell'incavo del collo forte di lui, trattenendo a stento gemiti e sospiri. ilenzioso, Maddox continuò ad assecondarla, felice. Stavano insieme da quasi un intero anno, e malgrado forse la loro relazione sarebbe sicuramente stata malvista dalla gente a causa del suo essere un umano, a lui non importava. Il loro amore era vero, e puro come quello di chiunque altro. Se un anno prima le avessero detto che si sarebbe innamorata di un umano, lei ci avrebbe riso sopra. Ed ora il suo cuore apparteneva irrimediabilmente a quell'uomo dagli occhi di ghiaccio. "Ti amo." Disse fra un sospiro e l'altro mentre si lasciava andare completamente al controllo di lui, incantata e innamorata. Anch'io, tesoro, con tutto me stesso. Rispose lui, appagato ma sfinito da quel rapporto. Con un sorriso felice sul volto, Karon si raggomitolò su di lui come un gatto, aspettando che il suo corpo si calmasse e chiuse gli occhi, ascoltando il cuore che continuava a battere veloce. Regalandole l'ennesimo sorriso, Maddox guardò la sua bella Karon negli occhi, poi prese a carezzarle la schiena e i capelli, sperando che questo l'aiutasse a dormire.Tra uno sbadiglio e l'altro, esausta, un piccolo pensiero le si affacciò nella mente e con la voce impastata di sonno non perse tempo a chiedere all'uomo un parere al riguardo. "L'avresti mai detto, Mad? Che un giorno ci saremmo innamorati l'uno dell'altra?" "No, ma sono felice che sia accaduto, streghetta mia." Rispose, continuando a stringerla e coccolarla mentre la teneva fra le braccia. "Ora riposa, ci rivediamo domani." Le consigliò, per poi darle le spalle e sbadigliare poco prima di chiudere gli occhi. Annuendo in silenzio, Karon si sistemò più comodamente sul suo posto e, non appena si rilassò, un sonno profondo la pervase, facendola finalmente riposare. Lentamente, la luce del giorno soppiantò le tenebre notturne, e con l'arrivo del sole nel cielo, Maddox si svegliò prima di lei. "Karon, amore, svegliati." La pregò, scuotendola leggermente. Sentendosi scuotere e disturbare, Karon si lamentò con alcuni borbottii mentre si tirava fin sopra la testa le coperte per nascondersi. "Non ancora." Riuscì a dire, fra uno sbadiglio e l'altro. "Va bene, dormigliona. Posso fare qualcosa?" Rispose, ridendo della sua pigrizia e lasciandola dormire. "Esiste il caffè nel tuo mondo?" Chiese lei da sotto il mucchio di coperte mentre cercava di aprire gli occhi, ma non avendo comunque alcuna intenzione di scendere dal letto caldo. "Certo! Dammi un attimo, te lo porto subito." Rispose lui, sorridendole e alzandosi dal letto, deciso a raggiungere la cucina e portarle il suo tanto amato caffè. Uscendo dalla stanza, raggiunse la sua destinazione, scoprendo la presenza di Rachel e Lady Fatima, entrambe sveglie come lui e intente a sorseggiare quella scura bevanda. Avvicinandosi alla caffettiera, sperò che ne fosse rimasto abbastanza, e per pura fortuna, riuscire a riempire una tazza intera. Una volta fatto, tornò dalla sua ragazza, facendo attenzione a non rovesciarlo mentre camminava. Sentendo odore di caffè, Karon uscì fuori dalla sua morbida tana con rinnovato vigore e , ringraziando il suo uomo con un veloce bacio sulla guancia, afferrò la tazza per poterne bere il contenuto. Non proferendo parola, Maddox si beò della sua felicità, e non appena finì di bere, posò la tazza sul comodino lì accanto, sorridendole ancora. "Allora? Come ti senti?" Le chiese, curioso. Stiracchiandosi come una gatta, Karon rispose alla sua domanda con voce divertita. "Come se mi fossi reincarnata una seconda volta." Adorava il caffè, peccato che nel suo mondo non esisteva affatto. Balzando da un portale all'altro lo aveva scoperto quasi per caso qualche anno prima ed era stato subito amore. "Ne sono felice, sai?" Rispose lui, avvicinandosi e baciandola teneramente su una guancia. In risposta, lei sorrise divertita, poi lo guardò con curiosità. "Se non mi avessi svegliato tu credo proprio che avrei tirato dritta fino al tramonto! A proposito... come mai mi hai svegliata?" Osservò, completando quel discorso con quella domanda, cercando di ricordare se avessero qualche cosa in particolare da fare quel giorno. "Nessuna ragione, amore, volevo soltanto stare con te." Disse, rimanendo calmo e tranquillo ma stringendole la mano con delicatezza. "Allora hai fatto bene, mio cavaliere." Rispose lei mentre usciva fuori dalle coperte, e con ancora il corpo del tutto spoglio da qualsiasi indumento, si avvicinò per poterlo abbracciare.Lasciandola fare, lui la strinse a sè, poi la vide cambiare espressione, quasi come se si fosse appena fatta male. costandosi in fretta da Maddox, Karon represse a fatica un'improvvisa ondata di nausea. Confusa, non capiva perché si stava sentendo male in quel momento così calmo. "Karon, tesoro, va tutto bene?" Chiese allora lui, improvvisamente preoccupato. "Non lo so." Rispose lui titubante mentre cercava di alzarsi dal letto e respirare più lentamente. "Mi sento strana." "Karon... mi dispiace!" Disse allora Maddox, provando istintivamente pena per lei. "Non sai quanto dispiaccia a me!" Rispose lei, cercando di scherzare mentre parlava, con una seconda ondata di nausea che le faceva storcere la bocca in una smorfia. A quelle parole, Maddox non seppe come rispondere, ma poi, ecco che gli venne un'idea. Pensandoci, ricordò che non visitavano la loro coppia preferita da mesi, così, sorridendo, avanzò quella proposta. "Va bene, ascolta. E se andassimo a trovare Rain? Così non penserai a tutto questo, che ne dici?" "Andare a rompere le scatole alla principessina? Non me lo faccio ripetere due volte!" Rispose lei con entusiasmo, dimenticando anche se per poco la nausea che le attanagliava lo stomaco. Poco dopo, fece un passo verso di lui, e una nube rossastra ossastra le ricoprì il corpo rivestendolo del suo kimono bianco e rosso. "Perfetto, allora andiamo, ma niente portali, signorina." Dichiarò lui, felice ed entusiasta mentre le prendeva di nuovo la mano. "Come sarebbe a dire niente portali?" Chiese lei con accentuato disappunto. Adorava saltare da un portale all'altro e li usava ogni volta che ne aveva l'occasione. "Mi hai sentito bene, non stavolta. Puoi stare tranquilla, mi occuperò io di tutto," Spiegò lui, sorridendole con amore. "L'ultima volta che qualcuno mi ha detto di stare tranquilla è scoppiata una rivolta di non morti." Disse lei con sospetto mentre o guardava divertita e si avvicinava a lui, pronta per uscire dalla stanza. "Karon, dico sul serio. Cos'è? Non ti fidi?" Rispose lui, cercando di convincerla. "Certo che mi fido di te, Maddox." Disse lei con voce sicura mentre gli afferrava la mano e la stringeva lievemente. "Prima stavo solo scherzando." Aggiunse, con un ghigno divertito che le increspava le labbra. "Non dovresti farlo su certe cose, streghetta." Rispose lui, andando a picchiettarle un dito sul naso per gioco. "Sai che non lo farei mai." Disse lei in risposta, scherzosamente. "Dai, usciamo da qui, ho proprio voglia di prendere una boccata d'aria." Aggiunse poi, ansiosa di raggiungere l'aria aperta. "Anche subito, mia bella dama." Rispose lui, continuando a scherzare e offrendole il braccio mentre lasciavano la stanza. Il primo passo era fatto, ora toccava al colloquio con Lady Fatima. Forse era un'esagerazione, ma in genere nessuno poteva prendere la sua carrozza e il suo cavallo senza prima chiedere. Fidandosi del suo uomo, Karon lo seguì senza alcun timore, ma rimase comunque perplessa nel vedere che invece di recarsi al portone principale, stavano andando verso la sala del trono. Lentamente, Maddox raggiunse Lady Fatima, trovandola come sempre in compagnia di Rachel. Era seduta sul suo trono, e sul viso aveva dipinta un'espressione di pura noia. La giornata per Fatima si stava rivelando di una noia mortale e per fortuna che aveva al suo fianco la sua Rachel o sarebbe davvero morta di noia. Tutto era in assoluto ordine al castello e non un fiato usciva da quelle mura di pietra. Quando però vide Maddox e Karon entrare nella sala insieme, si sistemò sullo scranno e li guardò con volto imperscrutabile, chiedendosi del motivo della loro presenza lì. Milady Fatima, siamo qui per chiederle un favore." Iniziò Maddox, sperando che desse loro udienza. "Un favore?" Ripetè lei con curiosità mentre alzava una mano per indicare all'uomo di avvicinarsi. "Parla pure." Lo esortò, rimanendo tranquilla. "Sì, esatto. Vede, Karon ed io vorremmo far visita ai Gardner, ma lei non sta bene, così pensavamo di andarci a cavallo, in modo che lei riesca a riposare." Disse semplicemente, ancora preoccupato per la sua donna. "Karon, questa è una novità." Osservò allora Fatima mentre studiava la donna, trovando assai strano che una come lei di salute robusta stesse male, anche se in realtà sembrava più pallida del solito. "Immagino tu voglia la mia carrozza." Azzardò poi, con una vena di riluttanza. "S-sempre che sia possibile, Signora." Rispose allora Maddox, facendo le sue veci e attendendo in silenzio una risposta. Silenziosa, la Leader ci pensò un attimo. In fin dei conti, a lei non serviva, e quella carretta stava a prendere povere da  una parte delle stalle del castello inutilmente. "E sia. Puoi averla." Decise, fidandosi di entrambi. "Grazie, milady, grazie. Torneremo presto, promesso." Rispose Maddox, sorridente e felice mentre si voltava a guardare la sua Karon. "Andate, dunque." Rispose lei con noncuranza mentre ventolava una mano verso la coppietta per indicare loro l'uscita del castello. "E porgete i miei omaggi ai Gardner." Aggiunse poi, ricordando con affetto la coppia di amici. "Sarà fatto, milady." Disse a quel punto l'uomo, per poi voltarsi e ringraziarla ancora. Di lì a poco, lui e Karon furono nelle stalle del castello, e nonostante il viaggio fu lungo, la cosa non parve toccare nessuno dei due. Il fido stallone nero della donna galoppava veloce, e non appena raggiunsero la destinazione, lui smontò da cavallo, aiutando subito la sua ragazza a scendere dalla carrozza. Siamo arrivati, mia piccola strega." Le disse, sapendo di divertirla con quel parlare così antico. Stringendosi al suo uomo mentre scendeva, Karon non riuscì a reprimere un sorriso nel sentirlo parlare in quel modo e ricambiò con le stesse parole. "Mio prode cavaliere! Finalmente!" Disse infatti, per poi scoppiare in una risata divertita. "Vero?" Questo viaggio sembrava non voler finire, eppure eccoci." Rispose allora lui sorridendole mentre si avvicinava alla porta per bussare. "Perchè bussì?" Chiese lei con un ghigno malefico mentre aspettava che qualcuno aprisse loro la porta. "Io non lo faccio mai quando vado a trovarli." Confessò, scherzosa. "Tu no, ma io sì, signorina." Disse semplicemente Maddox, aspettando che la porta venisse aperta. "Sbaglio o ci stanno mettendo troppo?" Indagò poi Karon, incrociando le braccia al petto e iniziando a battere un piede sul terreno, impaziente. "In effetti hai ragione." Osservò allora Maddox, incerto e dubbioso. Scivolando nel silenzio, attese, poi bussò di nuovo. Fu quindi questione di un attimo, e ad aprire la porta fu Terra, che a soli sei anni, era assieme alla sorellina Rosie la piccola di casa. "Ehi, piccola!" Rispose Karon con entusiasmo mentre scompigliava i capelli a Terra e poi a Rose, parlando però con la più grande delle due sorelle. "Dov'è nascosta la principessa?" Chiese, curiosa. "Scusa, Karon, mamma sta preparando la colazione. Rispose allora la bambina, per poi scostarsi dall'uscio e lasciarla entrare. Silenziosa, Karon non capì il perchè, ma non appena entrò nella casa e il forte odore della colazione le arrivò al naso, una nuova ondata di nausea le sconvolse lo stomaco. Cercando di far finta di nulla, afferrò la mano di Maddox mestamente. "Cosa diavolo sta preparando? Pesce marcio? Rain! Non vorrai avvelenare la tua giovane prole, spero!" Disse poi a gran voce mentre si dirigeva in cucina. "Karon! Sta zitta! Possibile che detesti così tanto l'odore dei miei pancake?" Rispose lei, irritata dal suo ormai conosciuto modo di fare. "Pancake?" Chiese l'asiatica sbigottita, non riuscendo a capire il perchè di quella puzza e non collegandolo certo ai dolcissimi pancake di Rain, che anche lei adorava. "Allora è il mio naso che ha qualche problema." Disse soltanto, mentre parlava con sè stessa e sbirciava nei piatti e si appoggiava al bancone della cucina. "Ne vuoi un morso?" Disse poi Terra, offrendo il dolce all'amica. Non riuscendo a dire di no alla bambina, Karon l'afferrò e ne morse metà. "Buonissimi!" Commentò, parlando con la bocca ancora piena mentre masticava. "Oggi ho davvero un problema dietro l'altro..." Si lamentò, sentendo ancora quel forte odore provenire dai dolci di Rain. "In... In che senso? Non stai mai così male!" Azzardò allora la piccola, improvvisamente preoccupata. "Non chiederlo a me, anch'io sono confusa da questa cosa..." Ammise la donna con il cruccio sul volto. "Prima la nausea, ora l'olfatto. Bah!" "Maddox, tu la ami, sai che cos'ha?" Continuò Terra, rivolgendosi stavolta all'uomo e sperando che avesse una risposta. Divertita dalla curiosità della bimba, Karon la prese in braccio e, insieme a lei, iniziò a fissare Maddox. "Allora? è da maleducati tenere dei segreti!" Protestò, indignata dal loro silenzio. "Ha ragione, Maddox, già!" Le fece eco la donna, mentre continuava a fissare il suo uomo con insistenza. "Va bene. Terra, tesoro, vedi... Non sappiamo quando, ma un giorno tu avrai un amico con cui giocare." Confessò l'uomo, per poi scivolare nel silenzio e guardare la sua donna con un sorriso sul volto. Imbarazzata ed emozionata da quel discorso, Karon avvampò come una torcia e rimase in silenzio, aspettando una qualsiasi reazione da parte dei presenti. "Karon! Ma... ma dice sul serio?" Chiese a quel punto Rain, incredula ma felice per lei. Non sapendo come comportarsi in una situazione mai affrontata prima, impacciata come non lo era mai stata, Karon nascose il viso dietro la testa della bambina, stringendosela al petto con amore. "Se tutto va bene, credo di sì." Disse poi, con il volto ancora rosso come fuoco vivo. "Buon Dio, congratulazioni!" Le rispose l'amica, alzandosi in piedi per avvicinarsi e abbracciarla, facendo attenzione a non farle male. "G-Grazie." Biascicò lei, del tutto impreparata dallo scoppio di felicità dell'amica e accettando per questo l'abbraccio della donna con poca sicurezza. "Puoi contare su di noi, per qualsiasi cosa." Aggiunse Stefan, dimenticando per un attimo tutti i loro precedenti dissapori. Grata, Karon annuì con la testa mentre pensava al fatto che, in effetti, nè lei nè Maddox sapevano nel dettaglio a cosa sarebbero andati incontro con il tempo. Da quel momento in poi, il mattino a casa Gardner divenne pomeriggio, poi sera, e poi notte. Inutile dire che per Karon e Maddox arrivò il momento di tornare al castello di Lady Fatima, e lentamente, la sua condizione non fece che progredire. Di giorno in giorno, il ventre della donna diventava sempre più pronunciato, e Maddox, sempre attento, si adoperava sempre per renderla felice. Si assicurava che mangiasse e dormisse abbastanza, le teneva compagnia ogni volta che voleva, e si occupava perfino di tenere a bada la sua ansia, derivante, come c'era d'aspettarsi, da tutti i cambiamenti del suo corpo. Ben nove mesi dopo, il vero miracolo. Durante la notte, Karon fu svegliata da un fortissimo dolore all'addome, e il viaggio in ospedale fu imminente. Le ci vollero ore di sofferenza, e il suo fu un parto travagliato, ma non importava, poichè l'unica cosa a renderla felice in quel momento era la presenza nella sua vita di due neonati, un energico maschietto e un'adorabile femminuccia, entrambi ritratto della salute più perfetta. Qualche giorno dopo, ancora in ospedale per controlli d'aggiornamento, Karon non riusciva a togliere gli occhi di dosso ai due piccini che, come piccoli felini, dormivano rannicchiati dentro delle piccole culle poste vicino al suo letto.  Non riusciva a credere che una donna come lei fosse riuscita a dare alla luce qualcosa di così puro e meraviglioso. Mentre passava un dito sulla guancia paffuta della femminuccia si chiese se avrebbero ereditato i suoi poteri o le sue vere sembianze di lupo. Felice almeno tanto quanto lei, Maddox guardava i bambini senza dire una parola, e quando una solitaria lacrima gli solcò il volto, Karon fu lì per asciugargliela. "Sono bellissimi, tesoro." Commentò lui, mentre sorridendo, le stringeva la mano. Ricambiando la stretta e lo stesso identico sorriso felice, Karon gli diede un bacio sulla guancia e tornò ad osservare i piccoli. "Davvero." Rispose poi, incantata dai due. "I nostri figli." Non dimenticò di aggiungere, orgogliosa. "Che noi due ameremo per sempre." Disse a quel punto l'uomo, voltandosi verso di lei per baciarla. "Sempre." Rispose lei di rimando mentre posava le labbra su quelle dell'amato per un bacio delicato e lento. Lasciandola fare, Maddox godette di quel contatto, e non appena si staccarono, il dottor Patrick fece il suo ingresso nella stanza d'ospedale che occupavano. Sembrava incredibile, ma per Karon era arrivato il momento delle dimissioni, e in altre parole, lei e il suo cavaliere avrebbero finalmente potuto portare a casa i loro piccoli. Mentre ascoltava il dottore snocciolare una lista di cose da fare e non fare durante un tempo limitato dopo il parto, Karon aveva in testa una sola domanda che l'assillava dal momento in cui erano nati i piccoli. Quando si mise assieme a Maddox, Karon aveva sempre fatto la spola tra Ascantha e le Terre Celesti pur di poterlo vedere ogni giorno, ma adesso avevano bisogno di un posto stabile. "Karon, tutto bene? Sembri... pensosa." Azzardò lui, guardandola mentre si spremeva le meningi. "In effetti sì, lo sono." Rispose lei con serietà mentre tornava a posare lo sguardo sui gemelli. Pensando a come spiegare il suo cruccio, si morse il labbro inferiore. "Su, parla. Sai che puoi dirmi tutto." La incoraggiò lui, posandole una mano sulla spalla. "Non posso stare a lungo fuori dalla mia terra, ma loro sono nati qui." Trovò il coraggio di dire, sospirando e sorridendo mesta nell'accarezzare uno dei piccini. "Cosa facciamo, Mad?" Chiese poi, andando alla disperata ricerca di un consiglio. "Tesoro, il fatto che siano nati qui non conta, siamo i loro genitori, tocca a noi decidere cos'è meglio per loro." Rispose lui, continuando a tentare di rassicurarla. Sentendosi rassicurata da quelle parole, Karon lo abbracciò con slancio, tenendolo stretto a sè con forza. "E tu? Non ti mancherà Ascantha?" Azzardò, preoccupata. "Sì, mi mancherà, ed è vero, ma potremo tornare tutte le volte che vorrai." Rispose lui, tenendole la mano e sorridendo mentre le parlava al solo scopo di darle coraggio. Togliendosi quel grosso peso dal cuore, Karon sorrise dolcemente al suo amato, stringendosi di più a lui. "Allora dovrò iniziare a pensare ad un posto sicuro per noi laggiù, evitare la guerra almeno per un pò..." Biascicò, torturandosi le membra nel farlo. Hai ragione, ma per adesso... ti va di andare a casa?" Chiese lui subito dopo, spronandola a lasciare quel così clinico e arido posto. "Sì!" Rispose lei con entusiasmo, sollevata almeno tanto quanto lui all'idea di poter uscire da lì. "Allora andiamo, forza." Disse l'uomo, varcando la porta di quella stanza e uscendo finalmente dall'ospedale. Seguendo l'amato con i piccoli tra le braccia fuori da quel luogo che puzzava di medicine e sangue, Karon tornò al castello di Lady Fatima, stanca ma comunque desiderosa di godersi appieno i primi giorni di nascita dei suoi piccini. Appena arrivata, Karon fu accolta da Rachel e dalla Leader in persona, che facendole la stessa promessa di Stefan e Rain, si assicurarono che i nuovi piccoli arrivati ricevessero le cure migliori. Una volta raggiunta la sua stanza, si richiuse la porta alle spalle con un sospiro di sollievo. "Finalmente. Credevo che non saremmo mai più arrivati. "Devo darti ragione, sai? I viaggi a piedi sono lunghissimi." Le rispose Maddox, andando a sedersi sul letto cercando di riposare le gambe stanche. "Avrei usato il portale, ma..." Iniziò a dire, mentre si sedeva accanto a lui. stringendosi al suo braccio e lasciandosi andare in uno dei rari momenti di tenerezza che aveva solo con Maddox. "...non mi sono fidata con i piccoli." Concluse poi, sinceramente preoccupata. "No, non dirlo nemmeno. Siamo i loro genitori, e siamo qui apposta per proteggerli." Rispose lui, quasi arrabbiandosi con lei per quel che aveva appena detto. "Vero, immagino che d'ora in poi dovremo stare molto attenti per loro." Disse in un bisbiglio, guardandosi le mani e pensando che forse limitare la sua magia per qualche tempo sarebbe stata la scelta migliore. Voleva crescere i figli nel modo più normale e umano possibile, finché non sarebbero stati abbastanza grandi da poter decidere da soli al riguardo. Poco dopo, tornò a guardare Maddox negli occhi, ed ebbe un brivido nel vedere la sua espressione. Non glielo diceva mai, ma lo amava anche quando si arrabbiava. "Se continui a guardarmi così non ti resisterò, mio cavaliere." Disse con una punta di malizia nella voce, mentre gli passava un dito sulla fronte per stendere quelle piccole rughe che gli si erano formate nel rabbuiarsi. "Karon! Amore! Non davanti ai piccoli." Rispose lui, cambiando espressione e scoppiando a ridere proprio di fronte a lei. Nel farlo, si sdraiò sul letto e posò la testa sul cuscino, per poi invitarla a fare lo stesso. Di lì a poco, lei lo seguì, e sdraiati sul comodo letto che condividevano, non poterono evitare di guardare i loro bambini, che dormivano beati nonostante la guerra che infuriava nel loro regno d'origine e nei cuori di entrambi i genitori.  
 
 
Ed eccoci arrivati alla sesta storia, una sorta di sequel de "La maga e il cavaliere", con Karon e Maddox come protagonisti sempre innamorati, che qui diventano genitori di due bambini, eredi di un amore proibito.
 
Emmastory :)   

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un semplice scherzo: Parte Seconda ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Mini-Stefan-potion
 
 
Capitolo VII
 
Un semplice scherzo: Parte Seconda
 
Era pomeriggio inoltrato quando Karon decise, senza alcun preavviso, di andare a vedere cosa stava facendo la principessina. Un pò per noia, un pò perché finalmente il padre le aveva dato un congedo temporaneo da passare fuori dai ranghi militari, l'asiatica approfittò di quel momento per aprire un portale magico nella sua stanza da letto privata a quella del salotto di Rain. Non appena lo varcò, si meravigliò del totale silenzio che aleggiava nell'abitazione e si guardò attorno, grattandosi perplessa la nuca. "Forse avrei prima dovuto controllare se qualcuno era in casa." Disse a sè stessa mentre camminava per il salotto da sola. "Karon? Sei tu? Scusami, arrivo subito!" Disse Rain in quel momento, attraversando velocemente il corridoio e raggiungendo il salotto dove l'amica l'aspettava. "Ehilà!" Salutò l'asiatica con il suo solito entusiasmo, sventolando in aria una mano nonostante la donna fosse a pochi centimetri da lei. "Che stavi facendo?" Chiese poi, incuriosita mentre le si avvicinava. "Finivo le solite pulizie, niente di che. Non lo sai, ma prima che arrivassi ho avuto ospiti." Rispose Rain, sorridendo a quel solo pensiero. "Ospiti? Questa è una novità, principessa." Osservò Karon con curiosità ancora maggiore mentre si lasciava sprofondare sul divano e la incitava a raccontarle ogni dettaglio. "Esatto, ospiti. Vedi, Janet sapeva che ero da sola, così è venuta a trovarmi, e abbiamo passato una mattinata davvero piacevole." Spiegò la donna, non riuscendo a smettere di sorridere e ricordare quei momenti. "Davvero piacevole, eh? E cosa avete fatto di così bello?" Chiese Karon, facendole eco con interesse mentre la fissava e si chiedeva chi fosse Janet. "Già, non abbiamo fatto altro che parlare e ricordare i vecchi tempi, incluso il modo e il giorno in cui ci siamo conosciute. All'inizio non volevo neanche crederci, ma poi ho scoperto che avrebbe continuato a far parte della mia vita, e poi..." Iniziò a raccontare, trovandosi costretta a fermarsi perchè interrotta da una domanda dell'amica, che, confusa, non riusciva più a seguire il suo discorso. "Rain, Rain, frena." Disse infatti l'asiatica, non riuscendo ancora a capire chi fosse quella Janet. "Stai dando per scontato che conosca questa donna, principessa." Le fece notare, non sapendo come convincerla a spiegarsi. "Santo cielo, scusa! Credevo di avertene già parlato! "È la madre del mio Stefan! Come ho fatto a dimenticarlo?" Rispose allora Rain, capendo solo allora la gravità del suo errore. "La madre del piccioncino?" Ripetè Karon con divertimento, ridacchiando sotto i baffi per la gaffe della sua amica. "Sì, la sua adorata mamma. A prima vista ero certa che sarei stata gelosa, ma Stefan ha promesso di tenere i suoi sentimenti per lei separati da quelli per me, e fino ad oggi non è cambiato nulla. È proprio per questo che lo amo." Disse la donna, felice come mai prima. "Ah, principessa, ti prego, no." Iniziò a lamentarsi la strega, lasciandosi sfuggire un lamento e sentendo arrivare un principio di mal di testa.  Aveva capito che aria tirava dalle parti della testa di Rain e sapeva già quali sarebbero state le prossime frasi che le avrebbe rivolto. E tutte avrebbero riguardato Stefan. "Oh, tu non hai idea, ma non abbiamo fatto altro che parlare di lui. Mi ha raccontato moltissime cose, ricordando perfino il giorno della sua nascita. Avresti dovuto vederlo... era il bambino più bello che avessi mai visto, Karon, davvero." Continuò, infrangendo come vetro le speranze della povera asiatica. "Oh, per tutta Ookami..." Si lamentò ancora lei, arrendendosi alla volontà di Rain che, sorda alle sue suppliche, continuava a parlare di Stefan, Stefan e ancora Stefan. Seccata, Karon gettò la testa all'indietro sul divano, spalancando i grandi occhi viola e rivolgendoli al soffitto, trovandolo molto più interessante dei discorsi smielati dell'amica. "C'è qualcosa che non sai su tuo marito?" Chiese poi con voce disperata mentre cercava di interrompere quella raffica di parole. "Cosa? Ma certo che no! Sono sua moglie, è logico che sappia tutto di lui!" Rispose lei, quasi ridendo di fronte a quella domanda tanto sciocca. "Davvero? Proprio tutto?" Continuò a chiederle la donna, giocando su quella domanda così sciocca soltanto per poterla interrompere anche solo per cinque minuti. "Hai sentito bene, tutto. Lui adora vedermi contenta, detesta vedermi triste o arrabbiata, e quando stiamo insieme, si preoccupa sempre di come mi sento. Il mio Stefan..." Replicò Rain, innamorata e sicura di sè stessa.  Sconsolata, Karon non potè far altro che pensare e parlare con sè stessa. Era tutto inutile. Aveva ripreso a sparare cuori e fiori dalla bocca e niente e nessuno l'avrebbe fermata. "Rain..." Chiamò, cercando di ottenere la sua attenzione ma fallendo in quel misero tentativo. "Karon, tu hai Maddox al tuo fianco, e mi capisci benissimo, ma a volte mi fermo a pensare, e immagino come avrebbe potuto essere la nostra vita prima di quest'insulsa guerra. Quando ci siamo conosciuti avevo poco più di vent'anni, e guardaci ora. Sposati da sette, una casa accogliente due belle bambine... questa sì che è vita, amica mia." Disse poi, continuando a parlare e perdendosi nei suoi pensieri, arrivando a ignorare la donna che sembrava sempre più vicina all'orlo di un esaurimento nervoso. "Sì, sì, sì, guarda, vi manca solo un figlioletto maschio per far felice Stefan e sarete a posto!" Sbottò lei mentre si posava le mani sulla faccia e si massaggiava la radice del naso con le dita per alleviare il mal di testa incessante. Poi, l'idea! Una proposta che la principessa innamorata non avrebbe potuto rifiutare, ma alla quale doveva fare molta attenzione. Un solo errore nell'azzardarla avrebbe potuto rovinare ogni cosa. "Rain, ascolta un pò..." Iniziò, sperando di riuscire nel suo intento. "Sì? Dimmi, ti ascolto." Rispose lei, scuotendo la testa per liberarsi da quei pensieri e tornare alla normalità. "Finalmente! Senti... ti ricordi di quando ti feci diventare piccola con l'inganno?" Le chiese l'amica,  ben consapevole di prendere il discorso molto alla larga, dato che voleva evitare a tutti i costi eventuali irritazioni da parte della principessina. "Certamente, ma perchè me lo chiedi? Azzardò Rain nel rispondere, confusa. "Pensavo che magari ti sarebbe piaciuto avere un piccolo Stefan tutto per te, per un pò di ore." Propose l'asiatica con finta noncuranza mentre in realtà osservava qualunque reazione da parte della donna. "Aspetta, cosa?" Chiese poi Rain, non riuscendo a credere a quanto avesse appena sentito. "Ripeto, vuoi un piccolo Stefan tutto per te? Chiese di nuovo l'amica con un ghigno soddisfatto sulle labbra sapendo che ben presto avrebbe ricevuto la risposta che voleva. "Oh, ma Karon, certo che lo voglio! Sarebbe così bello avere il mio dolce maritino fra le mie braccia, vedendolo proprio come l'ha descritto la sua mamma... Un vero sogno, credimi." Rispose infatti la donna, dando conferma alle speranze della sua ospite e  perdendo per l'ennesima volta la bussola. Proprio come aveva predetto, e forse con un pizzico di fortuna, avrebbe presto visto Rain in difficoltà con una peste di bambino di cui prendersi cura. Forse in quel modo avrebbe attutito la frenesia amorosa dell'amica per il marito, ma non essendone sicura, poteva solo sperare di riuscirci. "Non te ne pentirai, vedrai!" Disse lei sorridendo e battendo le mani soddisfatta. Poco dopo, estrasse una fialetta dalla grande manica del kimono, porgendola a Rain stessa. È la stessa preparazione che diedi a te." Spiegò, rassicurandola circa il contenuto di quella boccetta. "Davvero? Ma è fantastico! Il problema ora sarà dargliela, sai che detesta i tuoi intrugli." Rispose la donna, improvvisamente sconsolata. "Lo so bene." Rispose lei con più soddisfazione del previsto a quell'ennesima verità. "Basta mischiarla a qualcosa di liquido e non si accorgerà neanche di berla, garantito." Aggiunse poi, sincera. "Scusa, hai detto liquido?" Chiese allora Rain, impegnata a cercare una soluzione al problema. "Sì, ma che non sia acqua. Il colore blu della pozione potrebbe innervosirlo." Si assicurò di specificare la donna, seria. Conoscendo Stefan, sapeva che avrebbe potuto dire di no a prescindere da cosa avesse contenuto la fiala. "Perché non la mischi a.... non so... una zuppa? Immagino che avrà fame quando torna dal lavoro!" Propose poi, colta da un vero e proprio lampo di genio. "La zuppa! Karon, sei un genio!" Disse allora Rain, tornando a esplodere di gioia. Felicissima, spostò lo sguardo dal viso dell'amica alla porta, sentendo qualcuno bussare. "Modestamente." Disse lei mentre si pavoneggiava, tutta contenta e soddisfatta, pregustando il momento. "Posso assistere, vero? Non mi perderei la sua faccia stupita per niente al mondo, Rain!" Pregò, curiosa di scoprire cosa sarebbe successo di lì a poco. "Non lo so, Karon. Se puoi, cerca di non darlo troppo a vedere, d'accordo?" Le rispose Rain, leggermente preoccupata dalla reazione che il marito avrebbe potuto avere. Pensandoci, la donna concluse che l'amica non aveva tutti i torti, e con uno schiocco di dita, scomparve di botto dalla sua vista, diventando completamente invisibile. "Ora non mi vedrà neanche! Dai, corri ad aprire." La incoraggiò, per poi scivolare nel silenzio. "Perfetto." Commentò semplicemente, alzandosi dal divano e andando subito ad aprire la porta, scoprendo il ritorno del suo Stefan. "Amore mio! Finalmente!" Lo salutò, buttandogli le braccia al collo e avvicinandosi per un bacio. "Però! Quanto entusiasmo!" Rispose Stefan, che, neanche varcata la soglia di casa si era  ritrovato la moglie avvinghiata addosso. L'abbracciò con altrettanto slancio, per nulla infastidito, ma si sentiva stanco, e lo stomaco parlò per lui mentre baciava la moglie con passione. "Scusa, tesoro, ma mi sei mancato tantissimo, e oggi tua madre non ha fatto altro che parlarmi di te, così non ho mai smesso di pensarti. Dì, hai fame?" Rispose lei, sperando che perdonasse il suo essere così impulsiva. "Da lupi, amore mio." Rispose lui con un sospiro mentre entrava in casa con la sua Rain. "Sei fortunato, stavo cucinando, dammi solo il tempo di scaldarti la zuppa." Disse mentre lo accompagnava a tavola e lo invitava a sedersi. Subito dopo, sparì dalla sua vista raggiungendo la cucina, e a lavoro compiuto, gliene portò subito un piatto colmo, senza dimenticare il piano messo a punto con l'ora invisibile amica. "Buon appetito, mio eroe." Disse poi, regalandogli un dolce sorriso. Il profumo delizioso che usciva dalla zuppa non lo fece pregare e, afferrando il cucchiaio, iniziò a mangiarne a gran quantità, affamato davvero. "Tu non mangi nulla, principessa?" Chiese poi, notando che era rimasta seduta a fissarlo. "No, amor mio, sto bene così." Rispose lei, continuando a guardarlo e aspettando con impazienza il momento in cui la pozione avrebbe iniziato a fare effetto. "Sicura?" Azzardò per l'ultima volta, mentre finiva la zuppa e si puliva la bocca. "Amore, era buonissima." Si congratulò, alzandosi dalla sedia e veniva colto da un improvviso capogiro. "Sicurissima, adesso vieni, sarai stanchissimo dopo il lavoro." Lo rassicurò, avvicinandosi e cingendogli un braccio attorno alle spalle, così da accompagnarlo nella loro camera da letto. "In effetti mi sento parecchio stanco... e strano." Disse lui tra uno sbadiglio e l'altro, pensando che prima però non aveva così tanto sonno. "Su, lasciati aiutare, è tutta colpa di mio padre, questi turni ti stanno massacrando!" Rispose lei fra un passo e l'altro, mentre, raggiungendo finalmente la stanza, apriva la porta e lo lasciava entrare, preparando per lui il letto caldo e coprendolo con la coperta, così che fosse il più comodo possibile. "Buonanotte, tesoro mio, dormi bene." Gli sussurrò all'orecchio, poco prima di lasciarlo riposare. Approfittando del fatto che Rain fosse di nuovo sola, Karon mise fine all'incantesimo e tornò reale. "L'ha mangiata tutta." Disse, mostrando un gran sorriso. "Funzionerà, non è vero?" Chiese Rain, sorridendo a sua volta. "Oh, sì. Puoi scommetterci, principessa." Rispose Karon, sfregandosi le mani con somma soddisfazione. "Fra circa cinque minuti avrai un piccolo Stefan da coccolare e sbaciucchiare a tuo piacimento e diletto. "Davvero? Non vedo l'ora!" Commentò Rain, estasiata alla sola idea. Chiuso nella stanza che divideva con la moglie, Stefan era stanco, ma non si spiegò il motivo per cui, anche chiudendo gli occhi, non riusciva a riposare a dovere. Pensando, diede la colpa di tutto alla stanchezza e al freddo di quella giornata, che gli aveva procurato uno strano tremore alle gambe accompagnato da un incredibile dolore alle ossa. Inspiegabilmente ansiosa, Rain continuava a fissare l'orologio appeso al muro, ma quei cinque maledetti minuti sembravano non passare mai. Guardava le lancette muoversi con lentezza esasperante, e quando finalmente accadde, tornò nella sua stanza, bussando con delicatezza. "Stefan? Tesoro, sei sveglio?" Chiese a voce bassa, attendendo una risposta. Quando riaprì gli occhi, i dolori erano cessati da pochi secondi, e la stanza gli appariva più grande che mai. Confuso, sapendo con certezza soltanto di essere in una casa che conosceva, il piccolo Stefan diede il permesso di entrare a chiunque avesse parlato oltre la porta. "Oh, ben svegliato, amore mio!" Commentò Rain nel vederlo, bellissimo sin da bambino, proprio come ricordava. In silenzio, lui rimase letteralmente senza parole nel vedere farsi avanti quella bellissima ragazza. "Sei... sei un angelo?" Chiese, stupito e con la bocca spalancata. "No, piccolo. Sono soltanto Rain, e se vuoi, posso essere tua amica." Rispose lei, sorridendo di fronte alla sua dolcissima innocenza. Stranamente desideroso di fare la sua conoscenza, Stefan saltò in piedi sul letto e la guardò come fosse stata una divinità. "Davvero?" Indagò, curioso. "Sì, davvero. Piacere mio, Stefan." Disse semplicemente, tendendogli la mano perchè provasse a stringergliela. In quel momento, diversi pensieri si fecero spazio nella mente del bambino, e la sensazione di conoscere quella donna da sempre glì scaldò il cuore. Così, non più indeciso, il piccolo Stefan afferrò delicatamente la grande mano della donna, e seppur con goffaggine, la portò alla sua piccola bocca, baciandone il dorso. "Stefan, ma che gentile! È dolce da parte tua, sai?" Commentò Rain, felice di ritrovarsi davanti un perfetto damerino di soli cinque anni. "Lei lo è molto di più, signorina Rain." Rispose lui con educazione e con il sorriso sul volto, trovando la donna davvero bellissima. "Oh, smettila! Chiamami soltanto Rain, va bene? Noi due siamo amici." Rispose lei, ancora ridendo divertita. "Rain. È un nome bellissimo." Disse lui ancora, quasi venerandola. Forse esagerava, ma per lui era davvero l'essere più bello e perfetto che ricordasse di aver visto in vita sua. "Grazie, Stefan. Anche il tuo mi piace." Rispose lei, sorridendo e guardandolo negli occhi. "Adesso dimmi, vuoi conoscere un segreto?" Chiese poi, sapendo di incuriosirlo. Timido e silenzioso, il piccolo non poté far altro che annuire con vari cenni della testa, attendendo con ansia. "In questa casa, al piano di sopra, c'è un vecchio baule, ed è pieno di giocattoli. Vuoi vederli, piccolino?" Disse allora, seria e sempre divertita. Alla parola giocattoli, il suo viso si illuminò tutto e, entusiasta come non mai, avanzò verso di lei con le braccine distese, pronto a essere preso in braccio. "Va bene, allora andiamo subito." Rispose Rain, prendendolo in braccio e portandolo fuori dalla stanza, fino al salotto. Una volta arrivata, lo lasciò sul tappeto in compagnia di Karon, poi raggiunse la soffitta, e portò al bambino i giocattoli promessi. Soltanto dei cubi colorati e un dinosauro di plastica, ma pur sempre giocattoli. Vedendo la bella Rain tornare con i giocattoli tra le braccia, Stefan credette di vivere un sogno. Balocchi ovunque! Trepidante, aspettò comunque con pazienza che la donna li posasse per terra così da poterci passare tutto il tempo che voleva. "Hai visto? Che ti avevo detto? Scegli quello che vuoi." Disse quello che per lui era un vero angelo, lasciandoli sul tappeto del salotto in modo che il piccolo potesse divertirsi. Ad essere sincero, mai  aveva pensato che gli avrebbe mentito e, pieno di fiducia, alla fine era stato ricompensato. Camminando a piccoli passi, Stefan si avvicinò ai cubi colorati dove riusciva a distinguere ogni singola lettera incisa sopra. In silenzio, Rain non fece che guardarlo stando seduta sul divano di casa, stranamente incuriosita dal modo di giocare del bambino. Volendo fare qualcosa di carino per la donna, Stefan prese alcuni cubi e iniziò a girarli cercando le lettere che gli servivano. Poi, soddisfatto, guardò Rain e sorrise allegro. "Guarda!" La pregò, orgoglioso di sè stesso e del risultato ottenuto. "Cosa? Che c'è, Stefan, che hai fatto? Chiese lei, alzandosi in piedi soltanto per guardare nella direzione che gli indicava. Con entrambe le manine, Stefan le fece notare che con i cubi era riuscito a scrivere "ti amo." In totale onestà, quello era stato il suo primo pensiero di quando aveva visto per la prima volta quella ragazza. Anche sforzandosi, ne comprendeva il significato a metà. Ci pensava, ma gli importava solo che fosse una cosa bella da dire per quell'angelo che lo trattava con gentilezza. In quel momento, Rain si rese conto della realtà, e restando letteralmente a bocca aperta, si voltò subito verso l'amica. "Santo cielo, Karon! Hai visto?" Esclamò, incredula ma felice. Senza dire nulla, e con gli occhi socchiusi dal sospetto, Karon si fece più avanti dal suo posto sul divano e fissò le costruzioni. "A quanto pare ha ancora della coscienza da adulto dentro di sè. Anche tu hai avuto quelle stesse "inclinazioni" quella volta." Spiegò, per nulla impressionata. A quelle parole, Rain fu colta dai ricordi, e solo allora, sorrise. In fin dei conti, Karon aveva ragione. Pensarci la divertiva, ma era vero. Anche lei, trasformata in bambina, aveva confessato di amare Stefan con voce dolce, e come nel caso a cui ora assisteva, nemmeno la sua parte adulta era stata intaccata. "Beh?" Chiese poi l'amica con stupore. "Lo farai giocare da solo finchè non crolla? "Perché? Cosa dovrei fare?" Replicò Rain, confusa. In quel momento, il suo amato principe era un bambino, e lei un'adulta, ragion per cui unirsi al gioco le sembrava inappropriato. Stranamente, e dando ragione all'asiatica, Stefan diede una delle costruzioni a Rain, posandogliela in grembo e sorridendole. "Tesoro! Vuoi che giochi con te? Vuoi una mano a fare il costruttore? Va bene, aspetta." Disse lei a quel punto, realizzando il desiderio del piccolo e accovacciandosi sul tappeto con lui. "Ovvio, se lo propongo io è no. Se lui appena sbatte le ciglia è sì. Bah!" Commentò allora Karon, iniziando a dialogare da sola, scoprendosi del tutto dimenticata dai due mentre li guardava giocare insieme sul pavimento. Seccata dal dialogo immaginario dell'amica, Rain si voltò ancora verso di lei, quasi redarguendola. "Karon! Vuoi smettere di lamentarti? Me l'ha chiesto con gentilezza!" Disse, volendo soltanto difendere il suo bel bambino. "Ad essere precisi, non te lo ha neanche chiesto!" Si lamentò ancora, mentre accompagnava le parole a gesti con cui indicava il bambino. Quest'ultimo invece, trovando quell'altra ragazza stranamente fastidiosa, si alzò in piedi, e con il broncio le puntò un dito contro. "Tu sei maleducata! Come osi rivolgerti a lei con quel tono?" Gridò, difendendo la donna che tanto amava. "Già! Come osi, streghetta? Stefan ha ragione!" Rispose Rain, dando manforte al piccolo e sentendosi incredibilmente orgogliosa di lui. "Non dargli corda!" Disse lei nel vederla schierarsi in favore di quella piccola peste.  "E tu faresti meglio a non puntarmi contro quel dito se non vuoi vedere quel coso animarsi." Aggiunse poi mentre indicava il dinosauro lì accanto. "Perchè non dovrei? È il mio bambino!" Rispose allora Rain, più irritata di prima. Senza più dire nulla, Stefan si ridusse al silenzio, poi guardò Rain, e avvicinandosi, cercò conforto fra le sue braccia. "Rain!" La chiamò, mentre facendosi largo fra le costruzioni si avvicinava alla donna, volendo soltanto affondare il viso in un caldo abbraccio. "Stefan! Dimmi! Cosa c'è? La strega cattiva ti ha spaventato? Tranquillo, sono qui!" Rispose lei, tenendolo fra le braccia e cercando di rassicurarlo. "Sì! Ti prego, dille qualcosa!" Si lamentò lui, quasi piagnucolando e affondando la testa sul petto di lei e abbracciandola come poteva. "Su, su, ora non piangere, le parlo io, intanto va a sederti, forza." Lo rassicurò lei, sorridendo e accarezzandogli i capelli. Nel farlo, gli porse un fazzoletto, aiutandolo anche a soffiarsi il naso. "Si può sapere perchè l'hai fatto? Sai che ha soltanto cinque anni!" Disse poi alla sconsiderata amica, causa del pianto del suo piccolo principe. Fuggendo da tutte quelle urla e da quel litigio, il piccolo Stefan se ne andò in cucina, strofinandosi gli occhietti con il fazzoletto e aspettando che la donna tornasse da lui. "Io? Cosa di preciso? Gli ho solo fatto capire come deve comportarsi di fronte ad un adulto." Cercò Karon di difendersi mentre ripensava al modo fastidioso in cui il moccioso le aveva puntato il dito contro. "Oh, avanti! è soltanto un bambino, non c'era bisogno di reagire così!" Rispose allora Rain, prendendo di nuovo le difese del povero e dolce Stefan, di cui peraltro lei era ancora innamorata. "Ma dai, tra qualche ora non ricorderà nulla di tutto questo, che he importanza ha se sono severa?" Chiese allora Karon, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio all'amica. "Ce l'ha eccome, io ricordavo tutto!" Rispose prontamente Rain, mentre, scocciata, si allontanava per andare alla ricerca di Stefan. "Rain, sei tu?" Chiese titubante il piccolo quando sentì dei passi provenire dal salotto e mentalmente iniziò a pregare che non fosse invece l'altra donna spaventosa. "Sì, amore, sono io. Va tutto bene?" Rispose lei, entrando in cucina e avvicinandosi a lui, preoccupata. "Adesso che sei qui con me sì, principessa." Rispose lui di getto e in modo naturale, non domandandosi  neppure per un secondo come gli era uscita quell'ultima parola e perché. Sollevata, Rain sospirò, poi la verità la colpì come una palla di neve in una giornata invernale. "Come... come mi hai chiamata, Stefan?" Chiese, con l'intero mondo che intanto aveva preso a girarle attorno. "Ehm... principessa. Non avrei dovuto dirlo?" Azzardò lui, con il cuore in tumulto per l'apprensione. "No, tesoro, non... non è quello, è solo che..." Rispose lei, balbettando e non riuscendo ad esprimersi correttamente per la troppa felicità provata in quel momento. "Solo cosa?" Chiese poi con più curiosità mentre si avvicinava a lei non appena capì di non aver detto nulla di male. "Solo che... anch'io ti amo, lo sai, mio piccolo principe?" Rispose Rain, felice come non mai mentre lo prendeva in braccio e lo baciava teneramente sulla guancia. "Davvero? E quanto?" Chiese lui scherzando e divertendosi mentre diventava tutto rosso per via del bacio di quell'angelo di donna. "Tanto, tesoro mio. Davvero tanto. E sai cosa facciamo adesso?" Rispose semplicemente Rain, per poi porgli quella domanda. "Cosa?" Indagò mentre la guardava con gli occhi spalancati per lo stupore. "Se ti va, torniamo subito in salotto, e facciamo un bello scherzo alla strega Karon. È gelosa di noi." Rivelò mentre rideva, sussurrandogli all'orecchio quelle ultime quattro parole, come se fossero state il più grande dei segreti. "Sì!" Disse poi con entusiasmo mentre ghignava divertito e si stringeva forse al collo della donna. "D'accordo, allora. Sei pronto?" Chiese lei, divertita dall'idea almeno tanto quanto lui. "Certo." Rispose lui con sicurezza mentre attendeva il piano della donna. Annuendo lentamente, Rain uscì subito dalla cucina, e tornando assieme a Stefan nel salotto di casa, trovò Karon stravaccata sul divano come al solito. Ignorandola, si sedette tenendo in braccio il bambino, poi lo guardò negli occhi e lo baciò ancora. Guardandoli appena con la coda dell'occhio, Karon li controllava entrambi, e quasi si strozzò con la stessa saliva quando vide che il ragazzino si lasciava sbaciucchiare senza lagne da Rain. Lentamente, vide il suo piano andare in fumo, e quella che avrebbe dovuto essere una giornata stressante per la principessina si stava rivelando ancora più smielata del solito. "Stefan, mi faresti un favore? Di a Karon quello che hai detto a me, avanti." Lo pregò Rain fingendo interesse per le reazioni della donna, che intanto sembrava essere sul punto di rimettere anche l'anima. "Che?" Chiese Karon con sospetto mentre vedeva il piccolo Stefan gattonare verso di lei. No, non voglio ascoltarti, sciò, sciò." Gli disse, facendo un gesto con la mano come a volerlo mandare via. Lo stesso che faceva quando incontrava Chance, ma che non fermò il bambino che intanto, imperterrito, si aggrappava alla donna per salirle in braccio con un ghigno divertito. "Hai visto? Ti avevo detto che era gelosa!" Disse Rain a quella scena, che ad ammetterlo la divertiva come poche cose al mondo. "Gelosa? Io?" Rispose l'asiatica mentre cercava di allontanare con entrambe le mani la faccia di Stefan che aveva preso a bisbigliarle cose senza senso all'orecchio. "Come vuoi, Karon. Che tu l'ascolti o no, quella sarà sempre la verità. Sbaglio, Stefan?" Replicò Rain, ignorandola pesantemente. "Non sbagli, principessa!" Rispose Stefan prontamente, lasciandosi cacciare da Karon solo per tornare alla svelta dalla sua Rain.Arrossendo in viso senza accorgersene, Rain sentì il cuore sciogliersi nel suo petto, e non resistendo alla tentazione, riprese a coccolarlo, facendogli il solletico sul pancino solo per avere la gioia di vederlo ridere. Divertita, Rain continuò a stringere, baciare e coccolare il suo piccolo eroe, ma poco dopo lo rimise a terra, facendolo scendere dal divano e indicando i giocattoli lasciati sul pavimento. "Va bene, Stefan, va a giocare per ora." Propose, felice di essere per lui come una mamma. "Ma... ma..." Biascicò lui, visibilmente deluso. Senza poi dire nulla, fissò la donna con occhi e labbra tremuli di pianto. Lui non voleva giocare. Lui voleva Rain. "Ma?" Lo incalzò lei, stranita da quella reazione. "Ma io voglio te!" Sbottò lui mentre cercava di tornare fra le sue braccia, testardo. Sapendo che l'aria stava girando finalmente dalla sua parte, Karon non poté evitare di gustarsi l'intera scena e, alla vista dell'amica in difficoltà con i capricci del bambino, si fece una gran bella risata. "Chi ha ragione ora?" Chiese, fra mille lacrime di gioia e divertimento, mentre si sporgeva  verso il pavimento per afferrare il pupazzo di plastica. In quel momento, le venne in mente un'idea, e lei la lasciò uscire. "Ehi, Stefan! Guarda qui che cos'ho!" Disse infatti, sventolando in aria il dinosauro. "Strega! Quello è mio! Ridammelo!" Protestò il piccolo, voltandosi e cercando di riprenderselo. "Guardalo, non è cento volte meglio di Rain?" Chiese poi, sorda ai capricci del bambino mentre ancora sventolava il pupazzo. "Cosa? No! Lei è la mia principessa, e nessun giocattolo la sostituirà, mai!" Rispose lui, testardo come e più di prima. "Ne sei proprio sicuro?" Continuò allora lei a punzecchiarlo, muovendo il giocattolo a destra e a sinistra solo per tenere l'attenzione del piccolo su di sè. "Io non ne sarei così sicura." Disse poi, con un ghigno sulle labbra mentre faceva spuntare dalla mano che teneva il pupazzo uno sbuffo di fumo rosso che andò a coprire il dinosauro. Teatralmente, la donna porse il giocattolo a Stefan ed esso, magicamente, prese vita! Stupito, Stefan si voltò fino a dare le spalle a quella specie di strega, poi guardò la sua principessa. "Rain! Rain! Aveva ragione! Guarda, è vivo!" Disse, felice e incredulo al tempo stesso. "E tu che non ci volevi credere!" Rispose Karon tutta soddisfatta mentre, con un leggero muover di dita, controllava il pupazzo. Aveva anche pensato di fargli sputare fuoco, ma poi capì che forse la principessina non avrebbe gradito alcuni mobili bruciacchiati. "Già, ma questo non cambia la mia decisione. Rain!" Rispose il bambino, per poi chiamare la donna per nome e pregare che lo riprendesse in braccio. Sbuffando scocciata, Karon guardò l'amica. "Dai, dammi una mano!" Disse poi indicandole freneticamente il pupazzo che camminava a destra e a sinistra come un robot. Alzandosi in piedi, Rain realizzò il desiderio del suo piccolo, e riprendendolo in braccio, lo convinse a ignorare quello stupido giocattolo, preparandolo infatti per un'altra sessione di coccole. "Mi dispiace, Karon, hai fallito." Disse poi all'asiatica, sicura di aver vinto quella sorta di sfida. "Oh, questo è ancora tutto da vedere." Disse lei in un sussurro, prendendo le parole dell'amica come una sfida quasi personale. Nel frattempo Stefan si stava godendo le coccole della sua amata Rain e quasi fece le fusa come i gatti fra le sue braccia. "Dici? Perchè? Che altro avresti in mente? Chiese allora Rain stessa, quasi sfidandola con la voce mentre teneva fra le braccia il suo dolce bambino, ormai vicino ad addormentarsi grazie ai suoi baci e alle sue carezze. Dalla mia bocca non uscirà altro, principessa. Disse allora Karon mentre, approfittando del fatto di avere il divano tutto per sè, si sdraiava e allungava le gambe, incrociando le braccia dietro la testa a mò di cuscino. "Perfetto. Adesso, se non ti dispiace, si è fatto tardi, e questo piccolino ha bisogno di dormire. Vero, amore mio?" Rispose Rain, ignorandola e dirigendosi verso il corridoio che portava alla sua stanza. Quasi disgustata, Karon non tentò  di nascondere i versi di nausea che fece sentendo tutte quelle parole sdolcinate mentre li guardava andare via. In risposta, Stefan non fece che sbadigliare, e lasciandolo fare, Rain lo portò subito a letto, per poi indossare la sua camicia da notte e sedersi sul letto. Stanca e sfinita da quella lunga giornata al fianco del suo piccolo, Rain finì per sbadigliare, poi si voltò verso di lui. "Sei stanco, tesoro?" Gli chiese, materna. Sbadigliando ulteriormente, Stefan dovette poi coprirsi gli occhietti con le manine quando la vide cambiarsi d'abito e sedersi accanto a lui nel letto. Ad un tratto ebbe tanta timidezza da non riuscire quasi a parlare. "Un pochino." Rispose infine il bambino, mentre, con le guance ancora rosse, le si avvicinava. "Beh, per te è arrivata l'ora di dormire, campione." Commentò lei, decisamente esausta. "Dove tieni il pigiama?" Chiese poi, troppo stanca per cercarlo da sola. Come se l'avesse sempre saputo, Stefan andò a cercarlo sotto il cuscino e infatti lo trovò lì, perfettamente piegato. "Eccolo!" Disse infatti, vittorioso."Bene! Su, ora lascia che ti aiuti." Rispose lei, chiedendogli di alzare le braccia così da togliergli la maglietta e dargli una mano a indossarlo. "Cosa? No, no! faccio da solo, io sono grande!" Rispose il piccolo più imbarazzato di prima, cercando di sottrarsi alle mani della donna. Oh, Stefan! Hai soltanto cinque anni! E così prenderai freddo!" Rispose lei, ridendo di fronte al suo imbarazzo e cercando di convincerlo a cambiare idea. "Guarda come ci riesco, eh!" Continuò lui, sicuro e convinto mentre con le manine cercava invano il verso giusto in cui mettere la parte sopra del pigiama, senza neanche togliere i vestiti che aveva già addosso prima. "Dai, basta! Ti aiuto io, caso chiuso." Concluse lei, trattenendo una seconda risata. Capendo che la sua sconfitta era stata schiacciante, Stefan porse a testa bassa il pigiama a Rain e serrò gli occhi provando uno strano senso di pudore. Calma e tranquilla, Rain gli tolse la maglietta che indossava per sostituirla con quella del pigiama, facendo poi la stessa cosa con i pantaloni, sorridendo nel vederlo coperto di stelline. "Ecco fatto, ora sei pronto." Commentò poi, soddisfatta. A quelle parole, Stefan azzardò ad aprire un occhio, e quando notò che era già tutto vestito tirò un sospiro di sollievo. Sdraiandosi sul letto, Rain si lasciò abbracciare dalle coperte, poi si assicurò che Stefan non prendesse freddo. "Sei caldo e comodo?" Chiese, volendo solo esserne completamente sicura. In risposta, Stefan si accoccolò contro di lei, stringendosi il più possibile e sospirando felice. "Adesso sì." Disse soltanto, non riuscendo a stare sveglio e tenere gli occhi aperti. "Allora buonanotte, mio piccolo e dolce eroe." Rispose lei, augurandosi che dormisse bene e posando un bacio sulla sua fronte prima di voltarsi. "Buonanotte principessa." Rispose lui con slancio mentre sbadigliava per l'ennesima volta e si preparava a chiudere gli occhietti stanchi. Avendoli osservati con la magia anche da quella distanza, Karon aveva aspettato il momento più propizio per fare uno scherzetto al piccolo Stefan e proprio sotto al naso di Rain! Con un comando mentale, rimanendo comodamente sdraiata sul divano, fece muovere il pupazzo verso la camera dove dormivano i due, pronta. Stanchissima, Rain aveva finito per addormentarsi quasi subito, ma lo stesso non era valso per Stefan, che ancora spaventato e arrabbiato per il modo in cui Karon si era comportata sia con lui che con la stessa Rain, non riusciva a dormire. Riaprendo gli occhi, si sedette sul letto, poi vide ciò che mai avrebbe voluto vedere. Il dinosauro. Quello stesso e orribile dinosauro che gli aveva quasi fatto dimenticare l'angelo che aveva accanto. "Rain! Rain, svegliati! Ho paura!" Quasi urlò, scuotendola per cercare aiuto. "Stefan... ma cosa... che c'è?" Chiese lei, aprendo gli occhi a fatica e sbadigliando per il gran sonno. Spaventato come non mai, Stefan non ebbe tempo di rispondere, non facendo altro che fissarla e tremare da sotto le coperte. "Furbo il picoletto." Borbottò Karon mentre faceva nascondere in tutta fretta il dinosauro sotto il letto, sperando che Rain non lo avesse ancora notato. "C'era... c'era il dinosauro. Era davvero qui, l'ho visto!" Si lamentò il bambino, spaventato e tremante come un coniglio. Divertendosi come una matta dalla confusione del bambino, Karon fece comparire brevemente il dinosauro dall'altra parte del letto, proprio fuori dalla visuale di Rain e gli fece fare dei gestacci rivolti al bambino, come digrignare i denti aguzzi, schioccare la mascella, muovere la coda e via dicendo. "Vedi? Vedi? è proprio lì, voltati!" La pregò il bimbo, sperando che gli desse retta. "Stefan, no. Non può essere vero, sei solo stanco." Rispose lei, non volendo essere cattiva ma desiderando solo dormire. Non appena il piccolo aveva chiamato Rain, il dinosauro si era subito rintanato sotto il letto, in attesa. Ma... Rain, io... io dico sul serio!" Insistette lui, deluso nel vederla ignorare le sue parole. Quasi seccata da tutta quell'insistenza. Rain si svegliò completamente, e scendendo dal letto, accese la luce, illuminando la stanza. "Va bene! Dov'è questo spaventoso dinosauro?" Chiese, arrabbiata. Capendo subito che se Rain l'avesse scoperta sarebbero stati guai, Karon fece cambiare posto al dinosauro, spostandolo silenziosamente verso il dietro di un grosso cassettone e sperare che nessuno lo avesse notato. Ormai in piedi, Rain fece il giro della stanza, notando la cassettiera fuori posto. "Eccolo! Scusa, tesoro, avevi ragione. Perdoni la tua bella Rain?" Disse, pregando che il piccolo riuscisse a dimenticare il suo errore, per poi prendere quel maledetto giocattolo in mano e buttarlo fuori dalla porta. "Accidenti!" Borbottò Karon mentre vedeva il proprio piccolo alleato venire scaraventato fuori dalla stanza. "E adesso?" "Te l'avevo detto che c'era!" Disse Stefan con il broncio mentre si rimetteva dentro le coperte. "E avevi ragione. Adesso mi perdoni?" Rispose lei, finendo per ripetersi e pregare che la risposta non fosse negativa. "Sempre, mia principessa." Rispose lui seriamente, anche se coperto fino al naso dalla trapunta, risultò più goffo che determinato. "Grazie, mio cavaliere." Rispose lei, ridendo della sua goffaggine e del suo fare da gentiluomo nonostante la tenera età. "Adesso possiamo dormire tranquilli." Disse lui mentre osservava per un attimo la porta chiusa, sapendo con soddisfazione che il dinosauro spaventoso era lontano da loro. "Per tutto il tempo che vuoi." Aggiunse lei, finalmente sicura di poter passare una buona notte e dormire in pace e serenità. "Allora buonanotte, Rain!" Rispose poi lui più tranquillo e con il sorriso sulle labbra mentre si girava nelle coperte per stare più comodo. "Buonanotte, piccolino." Rispose soltanto, per poi riuscire finalmente ad addormentarsi e scivolare nell'incoscienza. Da allora in poi, le ore passarono veloci, e il mattino arrivò senza farsi attendere, facendola svegliare di buon'ora e trovare uno Stefan ancora piccolo ma pieno di energie. Era strano, e anche buffo a dirsi, ma il bambino sentiva davvero di poter fare qualunque cosa. Aprendo gli occhi, Stefan si ritrovò davanti l'angelo che tanto gli piaceva e sorrise felice. "Ciao!" Salutò con ancora la voce impastata dal sonno. "Oh, ciao! Svegli presto, stamattina, vero campione?" Rispose Rain, felice di rivederlo. "Allora? Sai già cosa fare oggi? Cosa vuoi per colazione?" Chiese poi, condividendo l'entusiasmo che aveva nel cominciare la giornata. Pieno di entusiasmo, Stefan balzò giù dal letto ad indicare che ormai era stufo di stare lì e che non vedeva l'ora di uscire "Mi sono sempre piaciuti i tuoi pancake!" Disse, serio ma anche affamato. "Davvero? Ma li mangiamo sempre! Che ne pensi invece di un pò di cioccolata? Anche quella è buona!" Propose, ringraziandolo comunque per i complimenti rivolti alla sua cucina. Pensando alle parole della donna, Stefan cambiò idea e annuì entusiasta alla proposta della cioccolata. "Va bene!" Disse infatti, dandole ragione. "Sapevo che avresti accettato. Su, vieni." Rispose lei, alzandosi dal letto e prendendolo per mano mentre lo accompagnava in cucina. Mentre si lasciava guidare volentieri, storse il naso nel sentire un rumore fastidioso provenire dal salotto, era la donna che, addormentata, russava sul divano. Accorgendosene quasi subito, Rain incoraggiò il piccolo Stefan a guardare altrove. "Lasciala stare, amore. Sta solo dormendo." Disse infatti, per poi prenderlo in braccio e aiutarlo a mettersi a tavola. Conoscendo i suoi gusti, aveva già preparato una tazza di cioccolata calda, così gliela porse, optando per il suo solito caffè e guardandolo mentre se la gustava. È buonissima, principessa! Grazie!" Disse lui sempre cavalleresco nei suo riguardi e regalandole un sorriso adorabilmente sporco di cioccolata. "Felice che lo sia, principino." Rispose lei, assecondandolo in quel suo modo di giocare con le parole per farla sorridere. Poco dopo, il piccolo Stefan decise di pulirsi la  bocca sporca con la manica del pigiama, e nel farlo, ripensò al dinosauro animato della sera prima, tremando lievemente di paura. "Non lo farà di nuovo, vero, Rain?" Chiese, quasi piagnucolando. "Non lo so, tesoro." Rispose lei, sincera e improvvisamente in pena per il suo piccolino. Tenendo costantemente d'occhio l'entrata della cucina, come se si aspettasse da un momento all'altro il ritorno del dinosauro e della strega cattiva, Stefan finì di bere la sua cioccolata, non riuscendo comunque a stare tranquillo. Silenziosa, Rain si concentrò sul suo caffè, e poco dopo, un suono la distrasse. Qualcuno stava bussando alla porta, e a quanto sembrava, doveva essere importante, in quanto non ricevevano mai visite a quell'ora del mattino. Lasciando per un attimo Stefan da solo, andò ad aprire, scoprendo il ritorno della suocera in casa sua. "Janet! Ma che sorpresa!" La salutò Rain, guardandola con stupore. Svegliata all'improvviso da un chiacchiericcio fastidioso, Karon si rigirò nel divano, stropicciandosi gli occhi con le mani come una bambina. "Rain! Ma chi è che rompe a quest'ora?" Si lamentò a gran voce per farsi sentire dall'amica mentre osservava la finestra del salotto, da cui i pallidi raggi solari facevano fastidiosamente capolino. Karon!" La rimproverò lei, improvvisamente a disagio di fronte alla sua ospite. "Questa è la donna di cui ti parlavo, mia suocera Janet." Disse poi, facendo le dovute presentazioni. Scompigliandosi i capelli con una mano e sbadigliando sonoramente, Karon si alzò dal divano per salutare la signora. "Giorno, suocera Janet." Disse soltanto, sentendo di avere la lingua impastata. Senza neanche aspettare che la vecchia ricambiasse il saluto, Karon filò direttamente in cucina, pronta a trafugare il piccolo frigo dei piccioncini alla ricerca di qualunque cosa fosse commestibile. Alzando gli occhi al cielo, Rain la ignorò, tornando a concentrarsi sulla suocera. "Allora? Qual buon vento ti porta qui?" Le chiese, sorridendole e sperando che la presenza di Karon non le avesse causato fastidi. Colpita, Janet rimase un attimo in silenzio, osservando la schiena della strana ragazza che spariva dentro la cucina, per poi tornare a guardare Rain come se non fosse successo nulla. "Rain, tesoro! Avevo un pò di tempo libero e mi sono detta "Andiamo a trovare quella cara ragazza! Non ti ho disturbata, vero?" "No, no, per niente! Anzi, il contrario! Dì, va tutto bene?" Rispose lei, sorridendole e voltandosi verso Karon per un solo attimo. "Certamente. E tu? Ho notato che la tua " ospite " è... come dire... piuttosto pittoresca? Non ti sta dando problemi, vero, mia cara?" Chiese la donna in tono premuroso mentre le posava una mano sul braccio in un gesto complice.  Nel frattempo, la stessa Karon stava riesumando dal pentolino della cioccolata avanzata dai due e origliando i discorsi delle due donne, lanciò un'occhiata divertita al piccolo Stefan, che non smetteva di fissarla con odio e spavento insieme. "Ehi, marmocchio, hai visto chi c'è la fuori?" "Chi? Karon? No, assolutamente no!" Rispose Rain, difendendo la stramba amica e mostrando stavolta un sorriso di circostanza. Intanto, il piccolo Stefan era rimasto nelle grinfie di Karon, ma alle sue parole, spalancò gli occhi con meraviglia. Incuriosito, si alzò dalla sedia, e lentamente, raggiunse di nuovo il salotto. "Oh cielo!" Esclamò la donna anziana, quasi saltando sul posto nel arrivare da loro il suo Stefan rimpicciolito nell'età. Anche se per un secondo, pensò di averlo immaginato. "Stefan?" Biascicò, incredula. "Mamma?" La chiamò lui, incerto e dubbioso su come reagire nel vederla. Incredula e stupita, la donna s'inginocchiò e spalancò le braccia, pronta ad accogliere il piccolo Stefan. "Rain, ma cos'è successo?" Chiese poi, alzando gli occhi e voltandosi verso di lei. Devi scusarmi, Janet, ma è colpa di Karon, e in parte anche mia. Vedi, dopo averti parlato l'altro giorno non ho fatto altro che pensare, poi ho chiesto un favore a lei, ed eccoci qui." Spiegò Rain, sincera e dispiaciuta al tempo stesso. Ma... ma... ritornerà come prima, vero? Cioè, non che mi dispiaccia in questo stato. Stefan è sempre adorabile, ma per te così non va bene!" Disse la donna in risposta con voce determinata e ritrovando la sua solita tranquillità. "La gente parlerebbe, e poi..." Osservò, non avendo tempo nè modo di finire la frase. "Sì, non devi preoccuparti. Tornerà normale nel giro di qualche ora, e ad essere sincera, non m'importa. Io lo amo, e lui ama me." Rispose a quel punto Rain, rassicurando la donna con quelle parole. "Stefan, vieni dalla mamma, avanti!" Lo chiamò allora Janet, non desiderando altro che tenerlo fra le braccia. "No!" Rispose lui di getto mentre si precipitava dalla sua amata, abbracciandole le gambe. "Rain!" Gridò poi, desideroso di essere di nuovo coccolato. Sapeva bene che Janet era sua madre, ma lui voleva soltanto il suo angelo. A quella scena, Rain stessa scoppiò a ridere, poi lo prese in braccio. "Perdonalo, mi vuole così bene! Vero, mio bel principe?" Pregò, mentre ancora ridacchiava sull'accaduto. "No, io amo la mia principessa." Rispose lui calcando la voce su quel verbo e dandole un bacio bagnaticcio sulla guancia. Ormai in un brodo di giuggiole, Rain lo lasciò fare, ricambiando quel bacio senza dire una parola. "Ti amo anch'io, tesoro." Disse soltanto, stringendolo e tenendolo fra le braccia. Leggermente gelosa nel vedere quella scena, Janet spalancò di nuovo le braccia davanti al piccolo Stefan e ci riprovò. "Dai, fatti abbracciare, solo un momento!" Finì per pregare, entusiasta nel riavere con sè il suo bel bambino, il figlio che lei stessa aveva partorito. Negando di nuovo alla madre quella possibilità, il bambino si lamentò sommessamente, poi nascose il viso nell'incavo del collo dell'amata. "Ma insomma!" Sbottò allora la donna, indignata. "Non ricordavo che fossi così capriccioso prima." Aggiunse poi, sospirando amareggiata e spostando la mano sulla spalla di Rain. "Ovviamente non incolpo te, mia cara." Specificò, sperando che la ragazza non se la fosse presa. "Janet, mi dispiace, davvero..." Cercò di dire la povera Rain, provando a giustificarsi. "Oh, non ti preoccupare!" Rispose la suocera con un sorriso mentre si avviava alla porta di casa. "Avvisami quando tornerà normale, così gli darò una bella lezione. Aggiunse poi, ridacchiando divertita mentre le faceva l'occhiolino. "Lo farò." Disse a quel punto Rain, per poi salutarla e guardarla andar via prima di tornare a concentrarsi sul suo bel bambino. "Io voglio stare solo con te. "Si giustificò il piccolo Stefan ancora con il viso premuto sul collo di lei e annusando beato il suo buon profumo. "Lo stesso vale per me." Gli rispose lei, lasciandolo agire senza proteste. "Oh, ma per favore, quante smancerie!" Si lagnò Karon dalla cucina. "E pensare che ti avevo proposto questa idea solo per mettervi in difficoltà una volta tanto. Bah!" Disse poi, disgustata dai loro modi di fare da coppietta innamorata.  "Non ci riuscirai mai!" Rispose Rain di rimando, mentre si accomodava di nuovo sul divano e indicava un posto a Stefan. "L'ho notato, l'ho notato." Rispose Karon a sua volta, mentre nel silenzio fissava i due con sguardo annoiato. Ignorandola, Rain guardò ancora il bambino, poi i suoi giocattoli. "Beh? Cosa ti va di fare?" Gli chiese, cercando di trovargli una distrazione. Non proferendo parola, il piccolo ci pensò un attimo, poi rispose con voce allegra. "Usciamo!" A sentirlo pronunciare quella parola, Rain sobbalzò. Che aveva nella testa quel bambino? Era piccolo e ingenuo, e data la sua età non era ancora al corrente della minaccia dei Ladri. Spiegargli la verità avrebbe richiesto tempo, così decise di mentire. "Stefan, amore... non possiamo. Fa troppo freddo, e ti ammaleresti." Disse infatti, sperando che le credesse. "Mi coprirò bene, allora!" Rispose lui senza sminuire il suo entusiasmo all'idea di un pò d'aria fresca. Non lo diceva apertamente, ma era stufo di stare in casa. Spiazzata da quel semplice ragionamento privo di grinze, Rain rimase senza parole, poi sorrise. "Va bene, preparati." Disse, alzandosi in piedi e prendendo il bimbo per mano. "Bravi, ecco andate via!" Disse poi Karon mentre spariva di nuovo in cucina. "Io vi aspetterò qui." Stefan nel frattempo iniziò a trascinare Rain in camera per farsi aiutare nel vestire.  All'idea di uscire anche la timidezza era svanita, e quella volta non si sarebbe certo fatto problemi se il suo angelo l'avesse vestito. Seguendolo senza parlare, Rain non fece che sorridere, e afferrando il cappotto, si vestì in fretta, facendo lo stesso con il piccolo Stefan. "Dove vuoi andare?" Chiese poi, non appena furono fuori di casa. Indeciso al riguardo, Stefan rimase un attimo in silenzio, guardandosi attorno con occhi frenetico. "Non lo so... decidi tu!" Rispose, fidandosi di lei. "Anche subito, piccolo mio. Dai, vieni, devi vedere una cosa." Rispose lei fra un passo e l'altro, sicura di dove stesse andando. Per pura fortuna, il viaggio non fu lungo, e il laghetto nel bosco di Ascantha, calmo come sempre, pareva splendere grazie alla luce del sole. Una volta arrivati, Stefan si guardò ancora attorno, e nonostante sapesse di essere stato lì più volte in passato, non riuscì a trattenersi dall'esclamare tutta la sua meraviglia per quel posto incantevole. "Rain, è bellissimo." Commentò infatti, estasiato. "Non quanto te, amor mio." Gli rispose lei, abbassandosi al suo livello e carezzandogli la guancia con dolcezza. "Tu sei più bella!" Replicò lui con più entusiasmo, dimenticandosi per un attimo lo splendido panorama. "Ma quanti complimenti! È tutto il giorno che me ne fai, amore!" Osservò Rain, ridacchiando divertita. "E perché non dovrei? Mi piace farteli!" Rispose allora Stefan con il sorriso larghissimo e, tutto soddisfatto, prese dalla tasca del giubbotto una piccola barchetta di carta che aveva precedentemente preso dalla camera. "Oh, Stefan!" Lo chiamò lei, divenendo rossa in viso. "Quella cos'è?" Azzardò poi, incuriosita. "Una barca!" Disse lui con sicurezza mentre gliela metteva in mano e le indicava il lago davanti a loro. "Dai, facciamola galleggiare!" Propose, felicissimo alla sola idea. "Certo!" Disse lei prontamente, affidando la barchetta all'acqua del lago e accontentandolo subito. In silenzio, ma ancora sorridente, Stefan si sedette sulla riva, picchiettando il posto vicino a sè con la mano per indicare alla donna di sedersi. Sorridendo a sua volta e stringendosi nelle spalle, Rain si sedette, e senza dire nulla, gli prese la mano, accarezzandola. In quel momento, Stefan stava bene. si sentiva benissimo con lei e ben presto aveva dimenticato ogni paura della notte prima. Strinse lievemente la mano di Rain e tornò a sorriderle. La barchetta avanzava lenta nella superficie piatta e calma del laghetto. "Rain..." Chiamò, serio e innamorato. "Dimmi, Stefan." Sussurrò lei voltandosi a guardarlo, innamorata come mai prima. "Ti amo." Disse, più serio e deciso che mai. Non sapeva spiegarsi il perché, ma dentro di sè avvertiva profondi sentimenti che desideravano soltanto uscire fuori e per un attimo si sentì diverso. Più adulto. "E io amo te." Rispose lei con la sua stessa serietà, provando in quel momento desideri contrastanti. In cuor suo avrebbe davvero voluto baciarlo com'era abituata a fare, ma era soltanto un bambino, e a malincuore, dovette stringere i pugni e trattenersi. Anche se solo per un istante, le sembrò di vedere il viso del suo amato cambiare e tornare normale, ma no, non poteva essere vero. Tornando a guardare la barchetta, Stefan appoggiò la testa sul braccio di lei, chiudendo gli occhi per un solo istante, e lentamente, il tempo passava. Paralizzata dall'emozione, Rain non seppe cosa fare, e tremando, sentì il cuore battere forte, tanto da minacciare di esploderle nel petto. Mentre continuava a passare lo sguardo dalla barchetta a Rain, Stefan si sentiva sempre più strano, come se percepisse in lui un gran cambiamento, ma preferì non farne parola con la donna per non preoccuparla. Con il cuore che ancora batteva forte, Rain non sapeva cosa fare, ma stringendo la mano di Stefan, lo guardò negli occhi. "Tesoro..." Lo chiamò, non avendo in mente altro che il suo viso e la sua personalità adulta. Sentendosi chiamare, Stefan non si fece attendere e girò il viso verso di lei, splendida nel tramonto che le incorniciava il corpo come un'aura. "Sì, Rain?" Azzardò, completamente rapito da lei. "Baciami." Fini per pregare, con le mani che le tremavano così come le corde vocali. A quel dolcissimo comando, Stefan non seppe dire di no, ma un velo di vergogna gli fece imporporare le guanciotte. "S-sei sicura?" Chiese, pieno d'imbarazzo e con voce balbettante. Nonostante fosse una richiesta quasi innocente, il bambino si ritrovò comunque emozionato. "Sicurissima, amore mio." Rispose, faticando a respirare e ancora tremando per l'emozione. "A-allora... chiudi gli occhi." Disse lui solo per prendere tempo e trovare dentro di sè il coraggio per farlo. Deglutì rumorosamente ma la colpa fu tutta del suo nervosismo. Obbedendo, Rain fece ciò che le era stato chiesto, poi respirò a fondo, e facendosi vicina, attese. Sentendo quasi un vero e proprio malessere fisico, Stefan chiuse gli occhi e attese che l'ondata di nausea passasse. Pregò mentalmente che Rain rimanesse ferma e immobile com'era, ad occhi chiusi. Poco dopo, quando riaprì i suoi, quasi sospirò di sollievo nel vedere che era tornato adulto. I ricordi in perfetto ordine e, senza più alcuna esitazione, dopo essersi appuntato in un piccolo angolo della testa di farla pagare a Karon,  circondò la vita della moglie con un braccio, avvicinandola sempre di più. Poi, con dolcezza, posò le sue labbra su quelle dolci di lei, regalandole un bacio mozzafiato. La mano libera andò ad accarezzarle i capelli come faceva ogni singola volta che erano soli e sospirò, in estasi. Seppur sorpresa, Rain lo lasciò fare, godendosi quel bacio e trovandolo perfino migliore di tutti gli altri. Dolce, tenero e caldo, proprio come lui sapeva essere con lei. Quando questo ebbe fine, lei riaprì gli occhi, credendo di essere letteralmente arrivata alla pazzia. "Ciao, principessa." La salutò con un radioso sorriso, come se la vedesse davvero per la prima volta. "Mi sei mancata." Le disse poi, accarezzandole una guancia e sistemandole con cura una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "S- Stefan? Sei... sei davvero tu?" Non potè fare a meno di chiedere, incredibilmente confusa dalla sua vista. "Sì, per fortuna!" Rispose lui con entusiasmo, per poi punzecchiare la fronte della moglie con il dito indice con fare giocoso e di rimprovero al tempo stesso.  "Bello scherzetto che mi avete combinato voi due, eh?" Osservò, divertendosi a prenderla bonariamente in giro. "Scusami, ma Karon ha trovato il modo di convincermi, e io ti amo, perciò l'ho lasciata fare. Non sei arrabbiato, vero?" Rispose allora Rain, piena d'imbarazzo e vergogna insieme. "Non con te, mia dama." Replicò l'uomo con più dolcezza mentre le prendeva entrambe le mani nelle proprie in una carezza rassicurante. "Ma lei la pagherà per quel maledetto giocattolo!" "Oh, ma allora lo ricordi! Tranquillo, quello schifoso dinosauro non ti disturberà più." Lo rassicurò lei, sorridendo al ricordo di tutto quel che era successo per colpa dell'amica. "Sì, sto ricordando tutto attimo dopo attimo." Rispose lui sicuro mentre tornava a baciare la moglie sulla fronte. "Vuoi tornare a casa, tesoro?" Chiese con fare premuroso mentre sentiva che l'aria fresca della notte calava sulla città e non esitava a copriree la donna con le sue braccia per tenerla al caldo. Certamente, mio cavaliere." Rispose lei, avvicinandosi per chiedere un abbraccio mentre camminavano. Andiamo, dunque." Disse poi con dolcezza mentre circondava le spalle di lei con il suo braccio, stringendola a sè. Annuendo lentamente, Rain prese a camminare al suo fianco. Il viaggio di ritorno a casa fu lungo, ma stoici, i due camminarono senza posa fino alla loro meta, e una volta arrivati, si addormentarono sul divano di casa, pacificamente abbracciati davanti al caminetto acceso. Quei due giorni erano stati bellissimi per entrambi, e lo scherzo dell'amica aveva ormai perso d'importanza.
 
 
 
E nella settima storia della raccolta, Rain sembra diventare di nuovo mamma, per qualche tempo, del suo stesso marito, convinta dalla pazza amica Karon a trasformarlo in bambino, proprio come era successo a lei.
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un semplice scherzo: Parte Terza ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Mini-characters-potion
 
 
Capitolo VIII
 
Un semplice scherzo: Parte Terza
 
Autunno. La stagione dei mille colori aveva raggiunto anche Ascantha. Molti la conoscevano come stagione della morte, ma agli abitanti non importava. Tante erano le persone che solevano guardare fuori dalle loro finestre per ammirare i vasti tappeti di foglie che cadendo finivano per ricoprire il selciato e le strade cittadine. Rain e Stefan erano esattamente quel tipo di persone, ma nonostante tutto, non sembravano davvero essere in vena di farlo. Difatti, erano entrambi troppo stanchi, una per le notti passate a scrivere e lottare contro gli incubi, l'altro perchè impegnato con dei massacranti turni di guardia in città. Incredibilmente, lo stesso discorso era applicabile a Rachel e a Lady Fatima, ancora debilitate dalla disavventura avuta a cavallo. Così, Rain aveva deciso di invitarle a pranzo, in modo che le due potessero rilassarsi. Per pura sfortuna, non se la sentiva di mettersi ai fornelli, così, suo malgrado, si trovò costretta a chiedere aiuto alla sua amica Karon, che peraltro lei aveva già invitato. Dal suo canto, la ragazza non riusciva ancora a crederci, aveva accettato un noiosissimo invito ad un noiosissimo pranzo in compagnia. Stava appena aprendo un portale quando ci ripensò sopra. Perché aveva accettato? Ah, sì, Rain. Se non  fosse stata lei avrebbe rifiutato in tronco, ma si parlava della sua amica e non se l'era sentita di rifiutare. "Avanti, Karon, passerà in fretta, no?" Pensò, parlando unicamente con sè stessa e trovando con quelle parole l'incoraggiamento necessario ad agire. Così, senza neanche pensarci, l'asiatica varcò il portale, ritrovandosi catapultata nel salotto dei Gardner. "Ehilà gente!" Salutò. La sua voce squillante si riversò per tutta la stanza circolare, trovando solo uno Stefan scocciato e una Rain stanchissima. "Ehm... ho sbagliato giorno?" Azzardò poi, cercando di scherzare sopra quel mortorio. "Oh, no, Karon, per niente... siamo solo un pò a terra, tranquilla." Rispose Rain, notandola ma non avendo neanche la forza di guardarla. "Ma tanto a terra!" Replicò lei con un ghigno divertito sulla faccia. Vedere l'amica in quello stato era per lei più che divertente, ma poi, avvicinandosi a Rain, divenne più seria. "Ehi, principessa, vuoi una mano?" Propose, sorridente ma stanca di vederla in quello stato. "Sarebbe fantastico, grazie." Rispose lei, sorridendo dolcemente. "Bene!" Osservò Karon, anche se colta alla sprovvista. Nel farlo, si sfregò le mani entusiasta, pensando che almeno in quel modo non si sarebbe annoiata. "Cosa vuoi che faccia di preciso?" Chiese poi mentre si arrotolava le lunghe maniche della maglietta che indossava. Da qualche tempo aveva iniziato ad indossare gli abiti di quel mondo, trovandosi stranamente a proprio agio. "Quello che vuoi, sei libera di improvvisare." Disse Stefan, facendo le veci della moglie e dando campo libero alla donna. "Non vi preoccupate, voi state tranquilli e riposate! Ah, Rain, quanti saremo a pranzo?" Li rassicurò, per poi azzardare quella domanda in modo da pensare a cosa preparare mentre raggiungeva la cucina, destreggiandosi alla grande dato che ormai conosceva quella casa letteralmente a memoria. "Cinque." Rispose soltanto Rain, per poi abbandonarsi a uno sbadiglio e cingendo un braccio attorno alle spalle del suo uomo. "Cinque? E chi sono gli altri due?" Replicò, sempre più curiosa mentre iniziava a cucinare. Sembrava incredibile, eppure grazie ai suoi poteri alcune patate e un coltello volteggiavano a mezz'aria e si sbucciavano da sole. "Rachel e Lady Fatima, chiaro! Le serve hanno fatto ammutinamento, e lei non mette mai piede nelle cucina del castello, perciò..." Spiegò l'amica, senza sciogliere quell'abbraccio. "Perciò eccomi qui!" Rispose Karon di rimando, storcendo la bocca in una smorfia quando scoprì l'identità delle altre due invitate. "Karon, non ci provare! Ti vedo, sai?" L'avvisò la donna, seccata. Non credendo alle sue parole, l'asiatica scoppiò a ridere divertita. "A giudicare dai tuoi sbadigli, scommetto che non ti reggi in piedi!" Aggiunse poi, evitando di distrarsi e continuando a preparare le uniche cose che sapeva fare, tutta roba bollita o cotta a vapore. Sbuffando scocciata, Rain non disse nulla, e restando seduta sul divano, sbadigliò per l'ennesima volta. Poco dopo, qualcuno bussò alla porta, e con uno sforzo, si rimise in piedi, andando subito ad aprire. Nel frattempo, Karon stava per finire, grazie alla magia aveva impiegato un tempo record nel preparare il pranzo, e proprio quando stava mettendo nei bicchieri dei ricostituenti alla frutta per tutti, le venne un senso di deja vu e non riuscì a non trattenersi dall'organizzare lo stesso scherzo un'altra volta. "Almeno animerò la giornata." Pensò, pregustando il divertimento che quell'idea le avrebbe procurato. Così, con quella scusa, Karon aggiunse alle bibite alcune erbe non incluse nella ricetta, ma che Rain e Stefan avevano già provato in precedenza. Non toccò il bicchiere proprio e quello di  Lady Fatima, poichè conoscendola, non si sarebbe mai azzardata a farle nulla. Facendo il suo ingresso in casa di Rain, Lady Fatima la salutò come sempre, con compostezza e calore insieme. Rachel la seguì in silenzio,e  stringendo l'amica in un delicato abbraccio, l'accompagnò di nuovo sul divano di casa, accomodandosi proprio accanto all'amata. Sempre con l'aiuto della magia, Karon apparecchiò la tavola e portò il cibo, posando invece i bicchieri colmi davanti ad ogni presente, entrando nel salotto con il suo già in mano. "Ehilà." Salutò, mostrando poco entusiasmo alla vista delle ultime arrivate. "Karon! Salve! Rachel ed io siamo felici di vederti, vero, gattina mia?" Disse Lady Fatima, rassicurandola e salutando con la mano. Arrossendo, Rachel si limitò ad annuire, poi si avvicinò alla donna, dolcissima. "Sì, eh?" Rispose lei sorridendo e annuendo, facendo poi spalline e indicando a Rain i bicchieri. "Bevi, principessa, ti aiuterà a passare meglio la giornata." Le consigliò, facendole poi l'occhiolino e bevendo un sorso dal proprio bicchiere, in modo da far vedere che non li aveva toccati, o almeno non tutti. "No, grazie, Karon, magari non ora." Rispose Rain, declinando quell'offerta con gentilezza. Quasi ignorandola, l'asiatica fece di nuovo spallucce, poi si diresse in cucina. Quando la tavola fu imbandita, la ragazza si guardò intorno, e nel farlo rimase soddisfatta del proprio risultato, anche se quello che ai suoi occhi sembrava un capolavoro, ad un completo estraneo appariva soltanto un accozzaglia di verdure e carni bollite poste in ciotole separate da cui ogni invitato si sarebbe presto serito. "Il pranzo è servito, vedo." Commentò la Leader, mentre, con calma e compostezza si sedeva a tavola, proprio accanto a Rachel. Seppur incredibilmente stanchi, Stefan e Rain la imitarono subito dopo, e una volta seduti, iniziarono a mangiare. A tavola si discusse del più e del meno. Argomenti futili, certo, ma ottimi per passare il tempo. "Ragazzi, senza offesa, ma i morti sarebbero più vivi di voi in questo momento." Scherzò Karon mentre riavvicinava con la magia i bicchieri sotto i nasi dei suoi amici. "Karon, te l'ho detto, non ci provare." Disse Rain di rimando, non contenta di essere disturbata a quel modo mentre mangiava. "Provare cosa?" Chiese lei con tono fintamente scandalizzato. "Sto soltanto aiutando la vostra vitalità sotto zero!" Aggiunse poi, cercando di giustificarsi. "Ti ringrazio, ma adesso lasciami stare, d'accordo?" Rispose Rain, alzando lo sguardo, non più stanco ma di fuoco. Per nulla intimorita dalla sua amica, Karon le sorrise come se le avesse detto qualcosa di incredibilmente gentile. "Okay, principessa." Rispose soltanto, per poi scivolare nel silenzio. "Bene." Disse soltanto la donna, innervosita dalla mancanza di sonno. Non appena il pranzo ebbe fine, Stefan si avvicinò all'amata, e circondandole le spalle con un braccio, le sussurrò una frase all'orecchio. "Come ti senti, tesoro?" Chiese, guardandola con fare preoccupato. "Stanca, amore, e tu?" Rispose lei, rigirandogli la domanda. "Altrettanto." Disse lui con un sospiro mentre le accarezzava le spalle in un massaggio leggero. "Vieni, mettiamoci sul divano, sarai sicuramente più comoda." Le propose poi, fornendole un utile consiglio che sicuramente lei avrebbe seguito. Annuendo con convinzione, Rain sorrise debolmente, poi seguì il marito fino al salotto, tornando a sedersi sul divano e abbracciandolo delicatamente, innamorata come sempre. Silenzioso, Stefan le accarezzò delicatamente le spalle con la mano, passandola sulla schiena in una morbida carezza, e senza smettere, le diede un bacio sulla fronte fresca. Decisamente troppo stanca per parlare, Rain non disse una parola, accettando la carezza e il bacio del marito con calma e amore. Poco dopo, però, sentì di avere la gola secca, e voltandosi verso il tavolo ancora apparecchiato, indicò i bicchieri. "Tesoro, me ne passeresti uno?" Pregò, sperando che la sua richiesta non venisse ignorata. Captando quella domanda di Rain, Karon vide con ansia Stefan che si alzava dal divano, pronto ad esaudire la richiesta della moglie, ma si lasciò scappare un sospiro di sollievo appena accennato nel notare che aveva preso uno dei bicchieri contaminati dalla pozione. "Ecco qua, tesoro." Rispose l'uomo, che, galante, aveva portato il bicchiere fino a lei. "Grazie." Rispose lei semplicemente, sorridendo poco prima di iniziare a bere. "Ma... non ne prendi uno anche tu?" Azzardò poi, invitando il marito ad imitarla e a dissetarsi insieme. Stefan non aveva molta sete in verità, ma volendo fare compagnia alla moglie si sforzò di sorriderle accondiscendente e, riavvicinandosi al tavolo ne prese uno a caso. Non capì in quel momento il perché sentiva gli occhi di Karon addosso come un falco. Gli vennero i brividi lungo la schiena, come un avvertimento, ma non gli diede troppo peso e raggiunse di nuovo la moglie, accomodandosi al suo fianco con il bicchiere ben saldo nella mano. A quella vista, Rain sorrise di nuovo, poi notò l'amica, che con compostezza e grazia incalcolabili, andava a sedersi sulla poltrona accanto al divano. "Ragazzi, posso unirmi a voi?" Chiese educatamente, per poi tacere nell'attesa di una risposta. A prima vista, nessuno tranne Lady Fatima se ne accorse, ma sorridendo debolmente all'indirizzo della ragazza, decise di non badare al fatto che anche lei avesse un bicchiere in mano. A quel punto gli occhi di Karon brillarono, ma stette ben attenta a non farlo notare, il suo bicchiere era già vuoto per metà, dato che ne aveva mandato giù buona parte in un unico sorso. Con il sorriso ancora sulle labbra, Stefan annuì alla richiesta di Rachel, e nel farlo, lasciò tintinnare il proprio bicchiere contro quello di Rain, facendole poi l'occhiolino."Alla nostra, amor mio." Rispose lei prendendo parte a quel brindisi e appoggiando il bicchiere alle labbra, ormai decise a bere e togliersi la sete. Una volta fatto, iniziò a sentirsi diversa. Un mal di testa orribile la sconvolse, e un capogiro la costrinse a sdraiarsi. Non stava bene, e benchè sapesse che la colpa non poteva essere solo della stanchezza, crollò quasi subito, non avendo neanche il tempo di ragionare. Colpito, Stefan tentò di andare in soccorso della moglie, ma stupito dall'accaduto, non ne ebbe il tempo, e ben presto, anche lui fu scosso da un profondo brivido, lasciando cadere a terra il bicchiere ormai vuoto. In un attimo riconobbe quel retrogusto così particolare e già sentito in precedenza, e fu allora che capì. "Tu..." Come un ubriaco, Stefan cercò di puntare il dito indice contro Karon, in accusa, ma non fece altro che cadere dal divano, crollando sul duro tappeto del pavimento. Stordita, anche Rachel cercò di reagire, ma per pura sfortuna si ritrovò nelle stesse condizioni di Rain, addormentata come un sasso. Per nulla sorpresa da quella scena, Karon continuò a bere tranquillamente, poi si voltò verso Lady Fatima. "Hai mai avuto a che fare con dei bambini?" Le chiese, curiosa. "Cara, sono madre, e ho le mie esperienze, perciò sì, ma tu?" Rispose la donna, rimanendo calma mentre guardava i due amici e la sua stessa ragazza dormire profondamente. "Io? A volte." Rispose lei con un ghigno divertito sulla faccia e si strofinava le mani con soddisfazione. Adesso vedrai cosa intendo!" Rivelò poi mentre indicava i tre addormentati. Confusa, la Leader guardò nella stessa direzione dell'asiatica, scoprendo con sorpresa e meraviglia che i due coniugi si erano rimpiccioliti, ringiovanendo anche nel fisico e arrivando ad assomigliare a dei veri bambini. In cuor suo, la donna sapeva che la colpa di tutto fosse da imputarsi alla strega, ma mordendosi la lingua, decise di stare zitta. "Non lasciarti ingannare, quei due sono veramente due pesti da bambini! Ma sono curiosa di scoprire come sarà Rachel. Disse poco dopo la strega in tono allegro mentre raggiungeva la coppietta facendo i soliti controlli di salute. Quella era una pozione innocua, ma con la magia nulla andava dato per scontato. "Rachel?" Rispose Lady Fatima, più incerta di prima. Quasi rispondendo a quel richiamo, la bambina aprì gli occhi voltandosi verso di lei, poi scese dalla poltrona,  e camminando, le si avvicinò. "Mamma!" Non potè fare a meno di esclamare, felice. "Come "mamma?" Chiese Lady Fatima, sbigottita come mai prima nel vedere una piccola Rachel camminare verso di lei e sorriderle innocentemente. "Ma... ma cos'è successo?" Si chiese, con lo sguardo che andava ai due innamorati, ancora sul divano e intenti a svegliarsi e stropicciarsi gli occhi. "Hai visto? Era questo quello che intendevo!" Rispose Karon, per poi guardarla e scoppiare a ridere divertita. "Lo vedo, ma..." Balbettò la donna, penosa. Non sapendo bene cosa fare, continuava a fissare con curiosità la bambina davanti a lei, passandole una mano sopra la testa in un'innocente carezza. Ridacchiando, la piccola Rachel la lasciò fare, poi alzò le braccine per farsi sollevare e vedere il mondo da un'altra prospettiva. "Beh, non sembra diversa." Commentò la donna con dolcezza, afferrandola da sotto le braccia e tenendola ferma solo per farla sedere sulle sue ginocchia piegate. "Dici? Provamelo, allora!" Replicò Karon, sfidandola scherzosamente. Senza alcuna esitazione, Lady Fatima continuò ad accarezzare i capelli della bimba, poi pronunciò una singola parola, che per loro aveva un gran significato. "Gattina?" Chiamò, sicura di sè stessa e quasi grata di aver raccolto quella sfida. "Sì, mamma?" Rispose la piccola, voltandosi ancora verso di lei e sorridendo apertamente. "No, non sono tua madre, micina." Rispose la donna con calma e pazienza, iniziando a maledire mentalmente la strega asiatica, che nel frattempo si stava trattenendo dal riderle in faccia. "Come? E... e allora chi sei?" Chiese la bambina, grattandosi la testolina castana. "Io sono..." Esordì, scoprendosi senza parole adatte a continuare quella frase. Non sapendo come dirlo in modo delicato per una bambina così piccola, Fatima fu costretta a usare altre parole, sperando che la piccola Rachel capisse subito. "La persona che ti ama più di tutte." Disse infatti, sorridendole con amore. "Tu... tu mi ami? Dici davvero?" Azzardò la piccola Rachel, colta alla sprovvista da quelle parole. "Gattina, sai che non dico mai le bugie." Rispose la donna con un dolce sorriso mentre le colpiva giocosamente la punta del nasino con un dito. Ascoltandola, Rachel non disse nulla, e poco dopo, quella parola sembrò risvegliare in lei mille ricordi. Non sapeva perchè, ma quella donna aveva qualcosa di stranamente familiare. Incerta sul da farsi, ci penso su, poi decise di parlare. "Aspetta, se non sei la mia mamma, posso... posso sapere il tuo nome?" Indagò, con voce dolce e quasi angelica. "Fatima. Mi chiamo Fatima." Rispose la cara Leader con sicurezza, sistemandosi più comodamente la bimba fra le braccia. "Che bel nome! Mi piace!" Commentò la piccola, estasiata. "Davvero? Sono contenta che ti piaccia." Rispose la donna con gioia e felicità mentre un ennesimo e dolce sorriso le ingentiliva lo sguardo. Sorridendo per l'ennesima volta, la bambina scivolò nel silenzio, e facendosi più vicina, non resistette alla tentazione di abbracciarla. Per nulla stupita da quel gesto, Fatima si lasciò abbracciare da quelle manine piccole e calde, amava Rachel da adulta, ma quella versione piccola era adorabile. A occhi chiusi, la piccola mantenne il silenzio, concentrandosi solo sul battito del cuore della donna che l'amava. "Fatima..." Sussurrò, dolcissima. "Sì, gattina?" Chiese lei rompendo quel silenzio per niente fastidioso. "Starai sempre con me, vero?" Rispose, azzardando nel porle una domanda tanto innocente quanto retorica. "Certo, piccolina! Non devi neanche chiederlo!" Rispose lei con stupore a quella domanda, ma tenendola più stretta fra le braccia. Felice, Rachel si abbandonò in quell'abbraccio, e stringendo a sua volta la donna con tutta la forza che aveva nel piccolo corpo, si sentì incredibilmente amata e speciale. Non sopportando oltre tutte quelle smancerie, Karon guardò altrove, ma disgraziatamente, i suoi occhi finirono per posarsi sui coniugi innamorati, bambini anche loro a causa della sua pozione. Stiracchiandosi pigramente, la piccola Rain si stava svegliando, e guardandosi intorno, non riuscì a capire dove fosse. Improvvisamente spaesata, non seppe cosa dire, e guardandosi attorno, riconobbe il volto della strega orientale. "Karon! Ciao!" Disse, apparendo adorabile e ingenua come ogni bimba della sua età. "Ciao, mocciosetta." Rispose l'asiatica con finta allegria mentre faceva un passo avanti verso di lei e si inginocchiava alla sua stessa altezza. "Dormito bene?" Chiese poi, accennando un sorriso. "Benissimo, ma tu cosa fai qui?" Rispose Rain, ponendole poi quella semplice domanda. "Sono venuta a giocare con voi." Rispose la donna, sfoggiando sempre quel sorriso simulato. Poi, guardando la bambina negli occhi, le si avvicinò come se avesse dovuto sussurrarle un gran segreto. "Io non mi volterei se fossi in te, ma c'è un bambino moccioloso che ti sta fissando, proprio dietro di te." Le disse soltanto, sperando in quel modo di far scoppiare quella coppia destinata a nascere di lì a poco. "Che cosa? E chi è?" Rispose la bambina, confusa dalle parole dell'amica. "Perchè non glielo chiedi tu stessa?" Replicò Karon con un tono di voce complice. Seppur confusa, la piccola si voltò, e lentamente, mosse qualche passo verso il bambino seduto sul grande divano. " Ciao, io sono Rain, tu come ti chiami?" Chiese, presentandosi e aspettando che lui facesse lo stesso. Stropicciandosi gli occhi ancora assonnati, il piccolo Stefan rimase letteralmente incantato di fronte alla bambina dagli occhi dorati. "Io... Stefan." Riuscì a dire, quasi senza balbettare. Felice di fare la sua conoscenza, la bimba sorrise. "Sei carino, sai?" Gli disse poi, complimentandosi con lui. "Anche tu lo sei." Rispose il bambino con più sicurezza mentre diventava rosso fino alla punta dei capelli. "Grazie!" Rispose la piccola Rain, con un nuovo sorriso sulle labbra e l'autostima alle stelle. "Prego, è la verità." Rispose Stefan abbassando lo sguardo, ormai tutto rosso di vergogna e timidezza. In quel momento, un verso di schifo si levò nel salotto. "Dimenticavo che loro due da bambini sono più smielati del solito." Disse Karon, allontanandosi con un gesto di stizza della mano. Poco dopo, raggiunse Lady Fatima, ancora impegnata con la piccola Rachel. "Tutto bene qui?" Chiese, guardandole entrambe negli occhi. "Sì, cara, tutto bene. Rachel è un tesoro. Guarda, non vuole staccarsi." Rispose Lady Fatima, per poi abbassare lo sguardo e sorridere guardando la bambina. "Lo vedo, lo vedo." Continuò la strega con un sorriso sforzato, notando che anche loro non erano da meno in fatto di sdolcinatezze. "Fatima, è la prima volta che vedi gli effetti di questa pozione,  quindi ti avviso. Non durano mai molto, al massimo ventiquattro o ventisette ore." Disse poi, in tono professionale. "Cosa? Immaginavo che non fosse permanente, ma l'adoro in queste vesti!" Si lamentò la Leader, stranamente preoccupata per la bimba, che sarebbe comunque tornata ad essere adulta. "Allora cerca di goderti queste ore quanto più possibile, io credo che dovrò tenere d'occhio le due pesti mielose laggiù." Aggiunse poco dopo, facendo una smorfia nell'indicare la coppietta che si conosceva sul divano. In silenzio, la donna annuì, poi guardò ancora Rachel. "Hai sentito, piccola? Karon dice che possiamo divertirci!" Disse, sempre sfoggiando un luminoso sorriso e iniziando a farle il solletico. Alzando gli occhi al cielo, Karon tornò dai due piccioncini, chiedendo loro cosa volessero fare nella giornata. A quella domanda, Rain balzò in piedi come una molla. "C'è il sole! Usciamo a giocare!" Propose, guardando alternativamente l'amica e la porta di casa ora chiusa. "Immagino che nessun altro voglia restare qui dentro." Disse Karon in risposta, guardando Stefan che annuiva come un forsennato e  lanciando una veloce occhiata a Lady Fatima. "Tu che ne pensi?" Le chiese, desiderosa di sentire la sua opinione a riguardo. "Beh, una parte di me vorrebbe dissentire, ma la mia Rachel sarà così piccola solo per poco, per cui.. sì, bella idea." Rispose la donna, alzandosi in piedi e prendendo per mano la sua piccola. "Ottimo." Disse allora Karon, fregandosi le mani e girandosi verso i piccoli sposini solo per indicarli con il dito indice in ammonimento. "Voi due, tenetevi per mano e non allontanatevi da me, altrimenti vi perderete. D'accordo?" Disse ad entrambi, sperando comunque di non essere troppo dura. "Va bene, Karon." Risposero i due bambini, parlando all'unisono come gemelli. "Grazie." Continuò lei in un sospiro, già stanca ancora prima di uscire, ma poi varcò la soglia, pronti, e si immerse nel pomeriggio autunnale che quel giorno splendeva nonostante il freddo. "Allora, dove vi portiamo?" Chiese poi, guardandosi intorno e guardandosi intorno e vedendo che in giro c'era già parecchia gente. "Alla piazza, per favore!" Pregò la dolce Rain, desiderosa di uscire di casa ed esplorare il mondo attorno a lei. "Va bene." Concesse Karon, guidandoli verso la loro destinazione e proteggendoli dalla calca di persone che affollavano le strade cittadine. Aveva dato e ricevuto più di uno spintone, ma solo per condurli incolumi nel loro luogo preferito. Una volta arrivati, i due piccoli  innamorati presero a rincorrersi per giocare insieme, ma stranamente, Rachel decise di restare dov'era. Era una bimba timida, a lei non piaceva giocare, e preferiva infatti passeggiare tenendo stretta la mano di Lady Fatima. "Cosa c'è, piccola?" Chiese allora la donna, notando la sua inquietudine. "Non vuoi giocare anche tu con loro?" Propose, indicando i suoi due amichetti intenti a divertirsi. "No, ma... possiamo parlare?" Rispose lei, fermandosi e continuando a tenerle la mano. "Certo!" Replicò la Leader con sicurezza, regalandole un sorriso mentre la conduceva su una panchina. Seguendola, la bambina non disse nulla, e arrivando alla panchina, si scoprì troppo piccola per sedersi da sola, dovendo letteralmente arrampicarsi per riuscire a farlo. "Vuoi una mano?" Azzardò la donna, premurosa e divertita. "No, no, grazie. Ce la faccio." Rispose la piccola, mettendosi finalmente seduta e avvicinandosi a lei. "Allora." Esordì quest'ultima mentre guardava altre persone passare davanti a loro una dopo l'altra. "Cosa volevi chiedermi?" Chiese poi, curiosa riguardo agli eventuali dubbi della sua piccola. "Tu hai detto di non essere la mia mamma, e hai detto che mi ami, ma questo alla gente non piace!" Rispose Rachel, piagnucolando e spaventandosi alla sola vista di tutte quelle persone attorno a loro. In quel momento, aveva l'aspetto di una bimba di quattro anni, ma date le sue parole, era logico pensare che la parte adulta di lei stesse riaffiorando. A quelle parole, Lady Fatima rimase sbalordita. Erano vere, e sembravano essere state riprese direttamente dalla memoria di una Rachel più adulta. "Vedi, piccola, le persone non accettano sempre le differenze, a prescindere dalla forma in cui si presentino. Amore, corpo o carattere. Il diverso a qualcuno fa paura, ma a noi no, ed è questo ciò che conta, non credi anche tu?" Le spiegò, restando calma ma sentendo di rivivere per la seconda volta una situazione più che familiare. "Sì, ma cosa significa questo? Che staremo insieme nonostante quello che dice la gente?" Chiese a quel punto la bambina, confusa ma d'accordo con lei. "Esatto, Rachel." Rispose a quel punto la donna, ancora più sicura di prima nel guardarsi attorno, non dando un briciolo di importanza alle strane occhiate che entrambe ricevevano dai passanti. "Oh, Fatima!" La chiamò la piccola Rachel, abbracciandola e stringendola forte, per poi tentare di darle un bacio sulla guancia nonostante la sua ridotta statura. Ridendo divertita, Lady Fatima si inclinò verso di lei per farsi dare quel bacio, poi le arruffò amorevolmente la chioma castana. "Sai una cosa? Non mi va di andare, voglio restare qui, con te." Disse poi la bambina, mettendosi più comoda e chiedendo mutamente di poter stare sulle sue ginocchia. "E allora restiamo." Rispose la Leader mentre se la posava in grembo e la teneva stretta. In quel momento, nonostante fosse occupata con gli altri due bambini, Karon si avvicinò sedendosi con loro. "Allora? Siete proprio incollate!" Osservò, prendendole entrambe in giro. "Totalmente inseparabili." Le rispose Lady Fatima, non badando alla presa in giro e mostrandosi incurante della sua presenza. "Beh, almeno voi siete qui, Stefan e Rain non fanno che correre. Razza di piccole pesti..." Continuò Karon, seccata dall'energia e dalla vitalità dei piccoli. "Non lamentarti, sei tu che li hai trasformati." Replicò con calma la donna, senza neanche guardarla e dando per gioco teneri buffetti sulle guance della piccola Rachel. Colpita da quella risposta, Karon aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. "Touchè." Si limitò a dire, capendo di essere stata sconfitta a parole. Mantenendo il silenzio, la donna la ignorò, e lanciando poi un'occhiata dietro l'asiatica, vide i due bambini allontanarsi, e pur senza scomporsi, li indicò con una mano. "Ti conviene andare a riprenderli se non vuoi che scappino." Disse, fornendo alla strega un utile consiglio. "Tu credi? Aspetta, arrivo subito." Rispose, più annoiata di prima. "Rain! Stefan! Tornate qui!" Gridò, sperando che entrambi le dessero ascolto. Alzando gli occhi al cielo e sbuffando, Stefan si voltò verso Karon e sentì la sua voce. "Credo che si sia arrabbiata. Dai, vieni." Disse con un sorriso alla sua piccola amica, mentre riprendeva a correre verso le due adulte. "Arrivo, ma fa male!" Si lamentò lei, facendo uno sforzo per stargli dietro e pregando di farcela. Era caduta mentre giocava, e non era nulla di grave, ma faticava a camminare e a muoversi correttamente. Notando che quasi zoppicava, Stefan non perse tempo e fece dietro front, porgendole la mano per aiutarla. "Tieniti a me!" Disse soltanto, sperando che tutto andasse per il meglio. "Grazie." Rispose Rain, appoggiandosi all'amichetto e raggiungendo con lentezza la panchina dove Rachel e Lady Fatima erano sedute. "Ce la fai a sederti, vero?" Chiese poi Stefan, preoccupatissimo per l'amica, aiutandola a salire sulla panca senza mai lasciarle la mano. "Sì, sì, non preoccuparti." Disse lei in risposta, prendendo posto accanto all'amica e rimanendo quasi immobile. "Non è colpa tua." Disse poi, rivolgendosi al suo piccolo eroe. "Invece sì. Avrei dovuto aspettarti." Rispose lui con la colpa negli occhi e lo sguardo basso. Era triste, non avrebbe mai voluto veder soffrire la bella e dolce Rain, ma in quel momento, vide qualcosa. Proprio dietro la panca c'erano vari ciuffetti d'erba alta, e tra questi vi era un bellissimo fiorellino giallo, sembrava un sole. Senza pensarci due volte, lo colse e, raddrizzandosi , lo porse alla sua compagna di giochi. "Stefan, ma... è per me?" Chiese la bambina, sorridendo alla sola vista di quel regalo così inaspettato. "Sì." Rispose lui timidissimo mentre continuava a porgerglielo, pensando a quanto gli ricordasse lei, che quando sorrideva era bella come il sole splendente. "Oh, grazie! Sei così gentile con me! Perchè?" Replicò lei, sorpresa e stranamente colpita dalla sua galanteria. "Perché sei bella come questo fiore." Rispose lui, rosso in viso ma sincero in quelle parole. "Davvero? Dici davvero?" Replicò lei, incapace di credere a quanto avesse appena sentito. "Certo! Anche di più!" Rispose lui, totalmente rapito da quella piccola bellezza. "Dai, smettila, così arrossisco!" Lo pregò lei, sentendo le guance bruciare come fuoco vivo. "Ma è la verità." Replicò il bimbo con calore mentre si metteva seduto al suo fianco e le sorrideva.Ricambiando quel dolce sorriso, la piccola Rain si voltò verso l'amico, e chiudendo gli occhi, posò con delicatezza le labbra sulla sua guancia. "Ti amo tanto, mio cavaliere." Disse poi, più felice che mai. Sorpreso, Stefan non riuscì a parlare, ma sentì il viso andare a fuoco, e pieno di vergogna, non fece che abbassare gli occhi e balbettare. "Perchè quella faccia? Anche questa è una verità." Gli rispose lei, guardandolo negli occhi e apparendo seria come mai prima. "Non me lo aspettavo." Rispose lui tornando a guardarla e perdendosi in quegli occhi dorati. "Anch'io però provo lo stesso per te, mia principessa." A quella semplice parola, Rain arrossì davvero, e avvicinandosi, lo strinse in un abbraccio dolce e delicato, quasi non volendo più lasciarlo andare. In quel preciso istante, Karon tornò da loro, annunciandosi con un severo battito di mani. "Okay, ragazzi, basta smancerie per oggi!" Disse, sicura che in quel modo avrebbe richiamato l'attenzione di tutti i presenti. "Forza, è è ora di rincasare." Aggiunse poi, più seria di prima. "Ma Karon, noi vogliamo giocare!" Si lamentò la povera Rain, non ancora stanca e pronta a tornare a divertirsi nonostante il piccolo infortunio. "Oh, non lo metto in dubbio, ma lo farete a casa." Disse lei perentoria e fissando Lady Fatima con una silenziosa supplica ad appoggiarla. "Rain, tesoro, la streghetta ha ragione. Ora è tardi, e dobbiamo rientrare. Le spiegò la Leader, dando manforte a Karon e comportandosi da perfetta madre anche con lei. "D'accordo, milady." Rispose poco dopo la bimba, arrendendosi a quella seppur fastidiosa evidenza. "Grazie." Rispose semplicemente Karon, sinceramente grata di quell'intervento. Subito dopo, fece un gesto con la mano in direzione degli sposini, invitandoli a seguirla e incamminarsi verso casa. "Non ringraziarmi, l'ho fatto per Rachel." Rispose lei, ignorandola ma vedendo che la sua piccola iniziava a sbadigliare. "Come ti pare." Replicò Karon evasiva mentre guidava i piccoli Gardner a casa. Non degnandola neanche di una risposta, Lady Fatima prese Rachel in braccio, e tornando a casa, entrò subito dopo l'amica, e una volta fatto, si sedette di nuovo sul divano, mantenendo nel farlo un silenzio religioso e perfetto. Guardando divertita quelle facce assonnate, Karon aprì le porte delle varie camere da letto, vuote, e indicò ad ognuno di entrare. "Dai, che è tardi. È ora della nanna." Disse poi, invitandoli ad andare a letto con amore e delicatezza. Annuendo lentamente, i tre si strofinarono gli occhietti stanchi, poi si infilarono a letto ancora vestiti. Prima di dormire, Rain strinse a sè il suo orsacchiotto, mentre Stefan la copriva con amore e attenzione prima di addormentarsi a sua volta. Karon, esattamente come i due piccioncini, era troppo esausta per cambiarsi d'abito e si addormentò fuori dalle coperte con ciò che aveva addosso. Dormì come un sasso e per l'ennesima volta si chiese cosa le fosse venuto in mente nel trasformare tutti e tre in bambini. Per Rain naturalmente, quella mattina l'aveva vista così giù che oltre a rimediare alla propria noia voleva fare qualcosa per farla divertire. Ed eccola là, a rimpiangere subito quell'idea. Al mattino si alzò dal letto con uno scatto felino. Il sole era già alto nel cielo, e rimettendosi in piedi, pensò a cosa dovesse fare. Indecisa, si chiese dove andassero a scuola i bambini di quell'età, e pensandoci, capì che l'asilo era il posto più adatto. Così, seppur ancora assonnata, entrò nella stanza dei due piccioncini. "Avanti, sveglia." Disse, sbadigliando e faticando a tenere gli occhi aperti. Aprendo i bellissimi occhi color ambra, Rain rispose subito a quella sorta di richiamo, e sedendosi sul letto, augurò il buongiorno all'amica. "Dormito bene?" Chiese, sorridendo. "Come un sasso, amica mia, e tu?" Rispose lei con spento entusiasmo, mentre, ancora sbadigliando, scosse Stefan per una spalla nell'accorgersi che stava ancora ronfando. "Non lo toccare! Sta cercando di dormire!" Sbottò Rain, volendo solo proteggere il suo cavaliere. Per nulla stupita da quello scoppio di rabbia, Karon continuò a scuotere il bello addormentato finché non lo vide aprire gli occhi. "Non oggi, principessina. Si va a scuola e temo che siamo già tutti in ritardo." Le disse poi, ignorando le sue lamentele. "Non è vero!" Replicò lei, fuori di sè dalla rabbia mentre si alzava dal letto. "Andiamo, ti mostrerò che ti sbagli." Aggiunse poi, con la voce fredda e l'occhio invelenito. "Rain, c'è dello zucchero in cucina, nel caso tu ne voglia un pò." Rispose Karon con stizza mentre afferrava un ancora assonnato Stefan per le ascelle e lo posava delicatamente a terra, tenendolo  in piedi. Ignorandola, Rain si avvicinò alla porta di casa, poi l'aprì, aspettando l'arrivo di Stefan e dell'unica adulta capace di accompagnarla. Alzando gli occhi al cielo, Karon uscì fuori dalla stanza cercando di dare una raddrizzata ai suoi capelli scompigliati, seguita da Stefan che subito andò a prendere per mano la propria amichetta. "Allora, come ieri, per mano e vicini a me. Intesi?" Chiese poco prima di farli uscire e chiudere la porta alle loro spalle. Rachel e Fatima non erano in salotto, e pensandoci per un attimo, Karon concluse che entrambe dovevano essere tornate al castello. "Sta tranquilla, Karon. Alla mia principessa non succederà nulla." Rispose Stefan, vestendo di nuovo i panni dell'eroe. "Perfetto, ora in marcia!" Disse semplicemente la cara strega, camminando e cercando di ricordare la strada per la scuola. Obbedendo, i due piccoli innamorati iniziarono a camminare vicini come soldati, seguendo l'amica strega senza dire una parola. Il viaggio fu lungo, ma una volta arrivati a destinazione, i bambini furono felici di imparare e fare amicizia. Dimenticandosi del tutto di Karon, Stefan tirò lievemente per la mano la sua Rain, invitandola ad entrare nella scuola in una piccola corsa improvvisata. Sorridendo e ridacchiando divertita, Rain seguì Stefan correndo con lui, nonostante accusasse ancora il dolore derivante dalla caduta del giorno prima. "Tutto bene, Rain? Ti fa tanto male?" Chiese poi lui mentre rallentava l'andatura, preoccupato per lei. "Solo un pò." Ammise lei, fermandosi e provando un leggero dolore. "Tieniti a me allora, la classe è qui vicina. Replicò a quel punto lui, cavaliere come sempre, fermandosi vicino alla sua bella per aiutarla. "Allora andiamo, e grazie ancora." Rispose lei, prendendogli la mano e camminando lentamente fino all'aula che avrebbe dovuto ospitarli entrambi. Sempre tenendole la mano, Stefan la portò ad un paio di banchi vicini e la fece sedere per prima. Mettendosi comoda, Rain gli regalò un sorriso, poi indicò il posto accanto a lei. "Stammi vicino, dai." Chiese con gentilezza, non volendo perderlo di vista.  Felice, Stefan annuì in silenzio, ma sempre con il sorriso allegro per lei e, sedendosi lì accanto, le riprese la manina. "Stefan, ora no!" Disse lei a bassa voce, provando uno strano senso di vergogna. La classe era grande, non erano soli, e gli altri bambini non facevano che guardarli, incuriositi dal loro affiatamento. "O-okay." Rispose allora il bimbo, spiazzato da quel rifiuto inatteso, ma comunque lasciandole andare la mano. "Scusa." Sussurrò lei, triste al solo pensiero di averlo appena deluso. "Non ti preoccupare." Biascicò lui di rimando, mostrando un sorriso mesto e cercando di confortarla. Regalandogli un leggero e debole sorriso, Rain sperò che Stefan la perdonasse, poi passò il suo tempo a disegnare e scrivere semplici frasi colme di dolcezza, tutte rivolte all'unico bimbo di cui fosse amica in quell'aula. Nel farlo, però, sentì i bisbigli e le risatine di alcuni compagni, accorgendosi poi di avere alcuni pezzettini di carta fra i lunghi capelli. "Aspetta, faccio io." Disse Stefan proponendosi di toglierle la carta dai capelli. Nel farlo, fulminò con gli occhi alcuni bambini dallo sguardo ostile che li fissavano con cattiveria, guadagnandosi un sorriso di approvazione proprio dalla bimba. "Grazie." Biascicò lei mestamente. "Sono appena arrivata, non so perchè facciano così." Si lamentò poi, sentendosi triste ed esclusa da ognuno dei piccoli gruppi che esistevano nella classe. "Ignorali." Rispose lui, arrabbiato con quei bambini cattivi. Annuendo, Rain si voltò verso di lui, e con un nuovo sorriso a illuminarle il volto, gli mostrò il foglio su cui stava lavorando. Aveva fatto un disegno. C'erano tutti e due, e mentre lui le teneva la mano, un grandissimo cuore colorato di rosso sembrava prendere il posto del sole nel cielo. Meravigliato e anche felice, Stefan prese delicatamente il disegno dalle mani della bambina e lo ammirò con soddisfazione. "Sei bravissima, Rain!" Disse poi con sincerità e calore. "Ti piace? L'ho fatto per te, e puoi tenerlo, se vuoi." Rispose lei, quasi arrossendo di nuovo. "È bellissimo." Rispose lui annuendo con la testa. "E lo porterò sempre con me." Aggiunse, mentre lo piegava in più parti e lo metteva al sicuro nella tasca dei pantaloni. "L'ho fatto perchè sei importante, e sai una cosa?" Disse lei, ponendogli poi quella semplice domanda. "Cosa?" Chiese a quel punto lui, incuriosito da quelle parole. "Ora sì." Rispose soltanto, offrendogli la mano così che gliela stringesse come voleva. "Oh, Rain! Sei sicura?" Azzardò lui con una certa timidezza, ma comunque prendendole la mano con calma e stringendogliela lievemente. "Sì, Stefan. Tu mi piaci, mi piaci davvero." Replicò lei, sincera e innamorata, mentre stringendo la sua mano con forza ancora maggiore, si avvicinava per un veloce bacio sulla guancia, ignorando tutti gli altri bambini. Perso e innamorato della sua piccola Rain, Stefan non si accorse che un piccolo trio di bambini camminava verso di loro, spavaldi e sbeffeggianti, indicandoli con smorfie disgustate ed esageratamente smielate. "Che c'è? Noi ci amiamo!" Gridò Rain nel vederli, arrabbiatissima. Capendo al volo l'aria che tirava tra loro, Stefan le mise un braccio intorno alle spalle per proteggerla da eventuali attacchi fisici, ma aveva paura che le parole avrebbero fatto pù male alla sua piccola e dolce metà. "Come? Vi amate? Come fate ad amarvi? Stefan, sapevi che Rain è figlia del re ma non della vera regina?" Disse uno di quei piccoli mostri, cercando di convincere il bambino ad abbandonarla. "E allora?" Rispose Stefan con strafottenza all'indirizzo di quelle vipere, mentre si alzava dalla sedia e teneva il braccio teso davanti alla sua Rain per proteggerla. "I miei sentimenti non cambiano." Dichiarò, spavaldo e coraggioso. "Cosa? Ma è impossibile! Scommetto che è anche una bimba cattiva!" Rispose un altro, che a gran sorpresa di tutti, era una bambina. "L'unica bambina cattiva qui sei tu!" Rispose a tono Stefan indicandola con il dito indice e lo sguardo soddisfatto di chi aveva rimesso al suo posto una vipera. "Ah sì? Bene! Credi a quello che vuoi, ma una come lei non potrà mai giocare con nessuno di noi, hai sentito?" Rispose quella piccola sciocca, godendo nel vedere gli occhi di Rain riempirsi di lacrime. "Non credo che sarà poi una grande perdita per la mia Rain non avere intorno mostri come voi!" Rispose lui, sicuro e deciso come non mai mentre si chinava verso di lei e le asciugava le lacrime con piccoli baci. Sentendosi immediatamente sollevata, Rain sorrise e diede le spalle ai suoi nemici, andando poi a sedersi con Stefan in fondo all'aula solo per non essere vista, e sperando che al suo ritorno, l'insegnante avesse potuto fare qualcosa. "Non ascoltarli, Rain, sotto tutte mele marce."Disse Stefan mentre le accarezzava la mano e l'abbracciava stretta per confortarla. "Hai ragione, mele marce e cattive." Rispose lei, singhiozzando e tirando su col naso. "Esatto, non starli a sentire." Continuò Stefan per consolarla come poteva. "Io non ti abbandonerò mai." Concluse, parlando con fierezza e coraggio. "Proprio mai?" Chiese lei, ancora triste ed insicura. "Starò per sempre al tuo fianco, mia principessa." Rispose lui con ancor più sicurezza di prima, regalandole un magnifico sorriso. "Ti amo, mio bel principe." Rispose lei, accettando quel sorriso e avvicinandosi per l'ennesimo bacio della giornata. "Ti amo anch'io, Rain." Replicò lui, porgendo la guancia verso le labbra umide e calde di lei, felice come non mai in quell'intero giorno. Baciandolo con dolcezza, Rain continuò ad ignorare quegli sporchi bulli, poi sentì il suono di una campanella. La giornata aveva appena avuto fine, ed era ora di tornare a casa. Alla fine della lezione, Stefan prese di nuovo per mano Rain e la condusse fuori dall'aula, diretto al cancello della scuola e allo spiazzo in cui la calca di genitori cercava i figli appena usciti dalla scuola. "Guarda, Rain!" Disse lui ad un tratto, riconoscendo una delle signore lì in mezzo. "C'è tua mamma!" "È vero! E guarda, lì c'è la tua!" Rispose lei, sorridendo e indicando con il dito quella del suo amichetto tanto speciale. Lasciandogli la mano, lei si raggiunse la propria, poi salutò Stefan con un sorriso. Silenzioso, Stefan fece lo stesso, ma salutò l'amichetta con un forsennato movimento del braccio, poi si buttò fra le morbide braccia della mamma che gli era corsa incontro.  Da lontano, la regina Katia notò il bambino, e curiosa, si rivolse a sua figlia. "Rain, amore, lui chi è? Un tuo amico?" Chiese, abbassandosi al suo livello e attendendo una risposta. "No, mamma, è il mio fidanzato." Rispose la piccola Rain, parlando in tono serio. La madre rimase stupita dalla risposta, ma decise di stare al gioco della bambina, evidentemente era un bambino speciale per lei, e ad essere sinceri lo aveva già notato da come si erano salutati. "Oh, capisco. E così la mia piccolina ha  fidanzato. E dimmi, com'è? Gentile? Le chiese in tono premuroso mentre, mano nella mano, camminavano per la strada cittadina. "Mamma, è il bimbo più bello che abbia mai visto. Sai, è un vero eroe. Oggi in classe mi ha anche difesa!" Raccontò la bambina, sorridendo felice a quel solo ricordo. "Difesa? E da cosa? Non ti sarai fatta male, spero!" Disse allora la madre, preoccupata per la sua bambina. "Dei bambini cattivi mi avevano presa di mira, non gli va a genio che ci amiamo." Rispose lei, abbassando lo sguardo in segno di vergogna. Avrebbe voluto dirle come avevano coinvolto anche le sue origini e del modo in cui si era fatta male giocando, ma ripensandoci, decise di non dire nulla al riguardo. Beh, allora è stato un vero cavaliere a difenderti. "Mi raccomando tesoro, non farti mai mettere i piedi in testa da nessuno, qualunque sia la critica che riceverai." Disse la regina, materna ma decisa come sempre, sicura delle sue parole e di poter dare alla figlia buoni consigli. "Lo farò, mamma, però puoi stare tranquilla. Stefan non lascerebbe mai che mi accadesse qualcosa, ed io lo amo per questo." Rispose la piccola, fidandosi ciecamente di quello che identificava come suo piccolo eroe. Bene!" Rispose la donna con il sorriso, felice che la sua piccola bambina era contenta e di buon umore. Camminando accanto alla madre, Rain non le lasciò la mano, facendolo solo quando si ritrovò nel giardino di casa. "Ciao Chance!" Disse, salutando il cagnolino che aveva adottato tempo prima.Sorridendo divertita dalla bambina e il cucciolo, la madre entrò in casa lasciando aperto per la figlia "Rain, non stare troppo all'aperto o ti ammali." La pregò, fornendole comunque un utile consiglio. "Arrivo, mamma." Rispose lei, lasciando da solo il cagnetto adorato e tornando in casa per raggiungere la sua stanza e distrarsi con i suoi giochi. Anche la madre si rilassò per passare la giornata in totale relax e così se ne andò in camera dopo aver raccomandato a Rain di fare la brava e averle scompigliato amorevolmente i capelli. Ridacchiando, la bambina la lasciò fare, poi andò davvero nella sua cameretta, finendo per parlare con il suo orsetto di come aveva incontrato Stefan. "Secondo te gli piaccio?" Gli chiese, tenera e ingenua come sempre. Ascoltando le parole a raffica della sua amichetta di giochi, l'orsacchiotto annuì convinto e le parlò. "Certo! Ne dubiti? Le chiese poi, sorridendole nonostante la piccola bocca cucita. "No, ma... non lo so. Quei bulletti hanno detto delle cose orribili!" Rispose lei, con il viso contratto in una smorfia di tristezza. "Erano solo gelosi di te e del tuo fidanzatino, Rain!" Rispose con sicurezza l'orsetto mentre le passava una zampa sulla guancia a mò di carezza. "Ti credo, Neddy." Disse a quel punto la piccola, sorridendo di nuovo. Felice, si guardò allo specchio, e appena un attimo dopo, le venne un'idea. "Aspetta, e se fossi più carina?" Azzardò, tenendo ancora l'amichetto di pezza fra le braccia. "Più carina di così? Non ne hai bisogno!" Rispose Ned, facendole l'occhiolino con espressione complice. "Sei tanto dolce, Ned, però... forse posso chiedere un favore alla mamma." Rispose lei, abbracciandolo delicatamente e appoggiandolo sul letto. "Aspettami, torno subito." Disse poi, poco prima di sparire dalla sua vista e andare alla ricerca della madre. Un delicato bussare alla porta destò la madre dalla sua lettura, e leisi alzò dal letto. "Vieni pure, Rain. Chiamò, capendo capendo che poteva essere solo la figlia adorata. Entrando nella stanza, la bambina si avvicinò a lei, esitando. "Mamma, posso chiederti una cosa?" Esordì, avendo quasi paura della sua reazione. "Certo, piccola mia. Rispose la donna con dolcezza mentre la invitava a sedersi accanto a lei con un piccolo gesto della mano sul bordo del letto. "A papà piace quando metti il rossetto e ti trucchi. Posso farlo anch'io? Per Stefan?" Chiese lei, facendo quel che le era stato chiesto e sperando che la risposta fosse positiva. Confusa da quella strana richiesta, la regina ci pensò sopra, e poco dopo decise che non c'era nulla di male nel truccare un pò la bambina come se fosse un gioco. "Dai, vieni qui." Disse con voce materna mentre si avvicinava al suo angolo di stanza dove c'era un mobile apposta per truccarsi e pettinarsi. Annuendo, la piccola seguì la madre, e mettendosi seduta, chiuse gli occhi per lasciarla lavorare. Seppur curiosa, non mosse un muscolo, ma rimase meravigliata dal risultato ottenuto. "Okay, ora, chiudi le labbra ma non stringerle." Disse la madre mentre apriva alcuni astucci sopra il mobiletto di legno e tirava fuori un rossetto molto chiaro, che avrebbe soltanto ingentilito l'aspetto della bambina. Silenziosa, Rain obbedì alla madre lasciandola fare, e poco dopo, si guardò allo specchio, sorridendo vanitosa. "Ecco qua, sei perfetta tesoro mio." Disse lei mentre le sistemava i capelli con una spazzola. "Grazie, mamma." Rispose la bambina, sorridendo di fronte allo specchio e andando subito ad abbracciarla. "Prego, piccolina." Le disse lei dandole un veloce bacio sulla testa e ricambiando l'abbraccio. "Adesso puoi accompagnarmi da lui? È troppo lontano, non posso andarci da sola!" Pregò, sforzandosi di non piagnucolare per non rovinare il trucco appena messo. "Certo!" Disse lei mentre si alzava per portare fuori la figlia. "Sei pronta?" Chiese poi, sorridendo. "Pronta." Rispose la bambina, scattando sull'attenti come una soldatessa. Sorridendole, la madre le prese la manina e uscirono di casa, dirette a quella del nuovo amico della figlia. Camminando, Rain si guardò intorno, incuriosita dai fiori e dalla natura che la circondava. Abbassando lo sguardo, notò un fiorellino giallo e solitario, che le ricordava moltissimo quello che aveva ricevuto, e che aveva trovato il suo posto in un vaso pieno d'acqua fresca. "Tutto bene, piccola mia?" "Chiese la madre, incuriosita da tanta allegria. "Certo, nessun problema." Rispose lei, sorridendo e alzando lo sguardo per incontrare quello della donna che le aveva donato la vita. "Eccoci, siamo arrivati, tesoro."Disse poi, contagiata dall'allegria della figlia e indicandole la casa davanti a cui si era appena fermata. "Finalmente!" Esclamò la piccola, felicissima all'idea di rivedere il suo amico. Senza dire altro, la madre si avvicinò alla porta e bussò con grazia e decisione, facendo un cenno positivo alla figlia accanto a lei. Fu quindi questione di qualche attimo, e Janet, la madre di Stefan, aprì la porta. "Katia! Ciao! Hai portato la piccola Rain, vedo. Tranquilla, piccolina, il tuo amichetto sta arrivando." Disse, salutando prima l'amica e poi la bambina. "Non è il mio amichetto! È il mio fidanzato, ed io lo amo!" Rispose la minuscola interessata, assicurandosi di dire la verità riguardo al suo legame con Stefan. Sentendo la vocina di Rain farsi spazio all'ingresso con la sua solita smielata determinazione, Karon si alzò dal divano su cui si era sistemata per tenere sotto controllo la peste Stefan, nonostante le iniziali lamentele della madre di lui. Ma se era sorda a quelle del proprio padre allora che differenza faceva se non ascoltava quelle degli altri? "Ed ecco la principessina." Disse lei a sè stessa con un ghigno divertito mentre andava a chiamare il piccolo Stefan. "Ehi, principino! Sei richiesto all'ingresso!" Aggiunse poi, prendendo in giro quello che lei considerava un piccolo seccatore. "Sul serio? E chi c'è?" Chiese lui, curioso ma confuso da quella visita inaspettata. "Secondo te?" Azzardò lei, appoggiandosi allo stipite della porta della cameretta e incrociando le braccia al petto. "Vediamo, ti do un suggerimento: è piccola e con gli occhi enormi, ah, ed è una principessa. Concluse infine, parlando quasi senza guardare il povero piccolo. "Principessa? Oh, santo cielo! Rain! Arrivo subito!" Rispose a quel punto il bambino, emozionato come mai prima da quella semplice notizia. Alzandosi in piedi, lasciò andare i suoi soldatini, poi corse in salotto, pronto a rincontrare l'amore della sua vita. "Oh, eccolo che arriva tesoro." Disse la madre di Rain mentre entravano, dandole un buffetto d'incoraggiamento sulla guancia. "Stefan! Mi sei mancato!" Disse la bambina, mentre, felice come una Pasqua, gli correva incontro per abbracciarlo. "Anche tu, principessa!" Rispose lui con la stessa felicità. abbracciandola e tenendola stretta a sè.  "Tu di più!" Rispose lei, dando inizio ad una piccola e tenera competizione. Ora erano bambini, ma c'era da dire che anche da adulti non litigavano mai, tranne che per stabilire chi dei due amasse di più l'altro. "No, tu molto di più!" Replicò lui, completamente  ammaliato dalla piccola principessa. "Ah, dai, smettila! Non noti niente?" Rispose la bambina, sciogliendo quell'abbraccio e facendo qualche passo indietro. A quella frase, Stefan guardò meglio e rimase di stucco nel vedere la bocca dell'adorata ancora più rosa di prima. "Ti sei messa qualcosa sulle labbra?" Azzardò poi, incerto e dubbioso. "È  rossetto, ti piace?" Rispose Rain, azzardando poi quella domanda. "Sì!" Disse lui toccandolo appena con il dito , incuriosito come non mai. "Ma non hai paura di mangiarlo?" Chiese, improvvisamente preoccupato per la salute dell'amata. "Cosa? No, non si mangia!" Rispose lei, ridendo divertita a quella strana domanda. "Poi? Non vedi nient'altro?" Continuò, iniziando a sbattere le ciglia. "Ehm..." Fece lui con difficoltà mentre fissava il visino dell'amata e cercava di capire cos'altro avesse di nuovo. "Ho il trucco anche sugli occhi!" Replicò lei per lui, ridendo ancora più forte. "Sì, ora lo vedo." Rispose lui di rimando, meravigliato. "Dimmi, ti piaccio?" Chiese a quel punto lei, avvicinandosi lentamente e accarezzandogli la guancia. "Moltissimo, Rain!" Rispose lui con entusiasmo mentre diventava rosso in viso per l'imbarazzo e l'emozione di quella carezza. "Tu invece no, sai?" Rispose la piccola, sorridendo lievemente e guardandolo negli occhi. Scioccato da quel no, il bambino sgranò gli occhioni e fece un passo indietro. "Non fare quella faccia, ti amo!" Disse allora la dolce Rain, cogliendolo di sorpresa e stringendolo di nuovo a sè, preparandosi a regalargli un bacio. "Oh, Rain!" Esclamò Stefan con entusiasmo e felicità, spazzando via del tutto la tristezza di quel no improvviso e, abbracciandola stretta, girò una guancia verso di lei così che potesse baciarlo. Esaudendo il desiderio del fidanzatino, Rain posò le piccole labbra sulla sua guancia, poi gli parlò nell'orecchio. "Che dici, andiamo a giocare?" Propose, volendo soltanto uscire di casa. "Certo!" Replicò il bimbo con entusiasmo, prendendola poi per mano e portandola fuori dalla stanza. "Karon! Ci accompagni?" Pregò la piccola, in tono quasi supplichevole, sapendo che l'amica strega era una persona di cui potersi fidare. Abbassando il libro che aveva sulla faccia, troppo annoiata anche per leggere, Karon alzò le sopracciglia in un espressione stupita quando si ritrovò davanti i piccoli sposini imploranti. Le ricordarono per un attimo gli abitanti delle Terre Celesti che si mettevano a pregare sui suoi altari tutte le notti. "E dove?" Chiese, svogliata e senza lena, facendo finta di tornare a leggere il libro. "A casa! Dai, per favore, così giochiamo!" Rispose Rain, continuando a pregare la donna e arrivando quasi a piangere. Seccata, Karon provò ad ignorare quei piagnistei, ma poi capì che non avrebbe potuto farlo a lungo, e sbuffando in modo plateale, posò il libro e si alzò dal divano. "D'accordo, ragazzini, andiamo." Concesse, facendo un ennesimo sacrificio. Finalmente felici, i piccoli la seguirono, e tenendosi per mano, cercarono di non perderla mai di vista, nemmeno quando per strada incontrarono di nuovo Lady Fatima e la piccola Rachel. Karon si fermò soltanto perché anche Stefan lo fece, per salutare le due conoscenze, ma decise di rimanere in disparte ad aspettare che le due pesti la raggiungessero per tornare a casa. Fermandosi a sua volta, Rain guardò Rachel, poi le si avvicinò, preoccupata. "Sembri triste, che ti succede?" Chiese, scivolando nel silenzio in attesa di una risposta. Poco dopo, anche Stefan si avvicinò alla bambina, imitando Rain e preoccupandosi per quell'espressione triste. "A noi puoi dirlo." La rassicurò, sperando di riuscire ad aiutarla ad aprirsi. "Beh..." Balbettò la piccola, insicura e tremante sia nel corpo che nella voce. "Le amiche di Fatima ci hanno viste insieme, e adesso sono tutte gelose. Io ho paura di loro!" Disse poi, con mille lacrime che le rigavano il volto e la voce spezzata come l'ala di un uccellino ferito. "La stessa cosa che è successa a Rain!" Disse Stefan, indignato e arrabbiato da quel comportamento meschino. "No, è ancora peggio! Una di loro ha detto che mi odia!" Replicò la poverina, ancora tremante mentre cercava l'aiuto della donna che amava. Notandola, Lady Fatima le andò subito vicino e la strinse a sè prendendola fra le braccia e premendosela forte al seno. "Non permetterò che ti sfiorino anche solo con un dito, piccola mia." Le sussurrò all'orecchio, cercando di confortarla come poté. Lasciandosi abbracciare, la bimba si sentì al sicuro, e alzando lo sguardo, scelse di baciarla su una guancia con tenerezza. "Dovrebbero imparare a darti ascolto." Si lamentò poi, triste e scocciata. "Oh, lo faranno sicuramente se mi faranno arrabbiare, vedrai. Disse la donna con sguardo complice mentre le accarezzava la testa amorevolmente. "Non voglio parlarne. Torniamo a casa con loro, ti va?" Propose la piccola Rachel, avendo come unico desiderio quello di divertirsi e pensare ad altro. Desiderando soltanto assecondare la piccola, Lady Fatima annuì e camminò con il resto del gruppo, in silenzio. Sollevata dalla fine di quei discorsi inutili, Karon sospirò, poi condusse le tre pesti a casa. Una volta arrivata, sprofondò nel divano senza grazia alcuna, fingendo di distrarsi con un libro trovato nello scaffale del salotto di casa Gardner. Sempre tenendo per mano Rain, Stefan la condusse nel salotto quasi correndo e ridendo. "Cosa vuoi fare, principessa?" Chiese, dandole la libertà di scegliere come divertirsi. "Quello che vuoi, ma... ora che ci penso, perchè Rachel non era a scuola?" Rispose lei, confusa a quel solo pensiero. Ascoltando la loro conversazione, la Leader si sporse verso di loro e sorrise amabilmente. spiegando così l'arcano dubbio della bambina. "Rachel non ne ha bisogno, le insegno io al castello." Disse infatti, voltandosi poi verso la sua piccola. "Finchè quelle smorfiose non si sono messe in mezzo!" Replicò la diretta interessata, ancora scocciata dal loro comportamento. "Suvvia Rachel, non arrabbiarti così." La pregò la donna con un lieve tono di rimprovero, seppur comprendendola appieno. "Non ne vale la pena." Aggiunse poi, seria. "Va bene, hai ragione." Rispose lei, tornando alla calma e avvicinandosi per farsi accogliere fra le sue braccia. "Ecco, brava la mia gattina. Rispose a quel punto Lady Fatima con soddisfazione mentre la prendeva in braccio l'ennesima volta. Sorridendo a quel dolce soprannome, Rachel si fece ancora più vicina, e stringendola lievemente, iniziò a fingere di fare le fusa, come una vera gattina. Rise divertita a quella scena troppo tenera, ricordando di aver già avuto a che fare con una Rachel gattina nel vero senso della parola. Non contenta, Rachel prolungò quell'abbraccio, e guardandola negli occhi, provò  a posare le piccole labbra sulla guancia della donna. Fatima si lasciò baciare sulla guancia senza alcuna esitazione, sorridendole con amore. "Ci amiamo, Fatima, e sarà sempre così." Disse la bimba, sempre più innamorata della donna, sentendosi più adulta per un solo attimo. "Sempre, Rachel." Rispose lei con la stessa serietà che animava lo sguardo della piccola. "Sempre." Ripetè, non potendo evitare di porre enfasi su quella parla. "Me lo dai un bacio?" Chiese poi Rachel, parlando con dolcezza. "Certo." Rispose la cara Leader con un sorriso mentre le baciava dolcemente una guancia calda e paffuta. Per nulla sorpresa, Rachel la lasciò fare, godendosene ogni secondo ad occhi chiusi. "Grazie, mia Fatima." Sussurrò poi, sperando che gli amichetti non la sentissero. sorridendole, Fatima stava per rispondere a quella gratitudine ma poi venne interrotte da una sensazione alquanto strana. "Rachel, sei più pesante..." Osservò, confusa. A quell'affermazione, Karon si drizzò a sedere sul divano in un attimo e capì. "Mettila giù." Disse soltanto mentre cercava con lo sguardo le altre due pesti della casa. "Si stanno ritrasformando." Aggiunse poi, secca e lapidaria. "Cosa? Ma questo significa che... che Stefan ed io..." Balbettò Rain, sconvolta. "Non farne una tragedia! Tanto non siete diversi da adulti." Sbuffò lei scocciata mentre rimaneva sul divano senza neanche degnarla di uno sguardo. "Come fai a saperlo?" Chiese a quel punto Stefan, avvertendo il principio di un orribile mal di testa. "Perchè sono anni che sopporto le vostre smancerie amorose." Borbottò lei con un gran malumore causato da quelle domande tanto inutili. "Beh, Karon... dovrai sopportarci ancora a lungo sai?" Le fece notare Rain, che intanto stava diventando progressivamente più alta. "Allora dovrò fare una scorta enorme di pazienza, principessa." Rispose lei con divertimento mentre seguiva con gli occhi la sua altezza che aumentava, ricordandole vagamente Alice Liddell. "Perchè io adoro il mio Stefan." Continuò lei, finendo la frase e ponendo inaudita enfasi su quel verbo. Riducendosi poi al silenzio, si avvicinò all'amato, e abbracciandolo con amore, posò le labbra sulle sue, innamorata come mai prima. "Ecco, come non detto. * Rispose Karon davanti alle smielate concessioni dei due, alzandosi dal divano solo per aprire un portale magico. Scusate, ma tutto questo glucosio è troppo per me, quindi eclisso!" Disse, dando inizio a una plateale scneneggiata. Facendo poi un passo indietro, entrò  nel portale, facendo l'occhiolino ai due sposini per salutarli. "Oh, va pure, tanto è finita!" Rispose Lady Fatima, che intanto aveva ripreso in braccio Rachel come era abituata a fare. Per tutta risposta, la ragazza la baciò ancora, stavolta sulle labbra. Subito dopo, guardò fuori dalla finestra, e scorgendo il tramonto, capì che per lei e per la sua ragazza era ora di andare. A quello scopo, salutò sia Stefan che Rain, e quest'ultima sorrise, rimanendo comunque calma e tranquilla. Era già successo una volta, ma pensandoci, dovette ammettere a sè stessa che tornare bambina per una seconda era stato davvero divertente, o in altre parole, un'esperienza che ogni adulto vorrebbe ripetere.
 
 
 
Ottava storia, in tutto simile alla precedente, ma con l'aggiunta di un altro mini personaggio. Rachel. La fidanzata di Lady Fatima, tenera e dolce tanto da piccola quanto da adulta, unitasi senza saperlo agli amici in un'esperienza divertente e quasi comica.
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Una speranza nell'oscurità ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Black-shield
nearest comerica bank
 
 
 
Capitolo IX
 
Una speranza nell'oscurità
 
Notte fonda. Stefan era nella propria camera da letto, in silenzio, davanti alla finestra spalancata. La calura estiva non lo faceva dormire e dopo tanto rigirarsi tra le lenzuola alla fine aveva deciso di scendere dal letto. Se ne stava appoggiato con la schiena sul piccolo davanzale, guardando la moglie dormire in un sonno agitato. Tentennava, indeciso se svegliarla oppure no, ultimamente erano poche le sere in cui riusciva a farsi una bella e riposante dormita fino al mattino... Quando poi la vide sussultare l'ennesima volta capì che non poteva più lasciarla in balia dei suoi incubi e avvicinandosi, si sedette sul bordo del letto e le accarezzò la fronte con dolcezza, chiamandola in un sussurro preoccupato. "Tesoro..." Persa nell'esatto contrario di un sogno, Rain si svegliò di soprassalto, e portando una mano all'altezza del cuore, realizzò la velocità con cui stesse battendo. "Stefan! Oh, amore, grazie al cielo sei tu." Biascicò, scoprendosi preda dell'ansia che negli anni non era mai riuscita a superare. Sorridendole dolcemente, Stefan l'avvolse in un caldo abbraccio, stringendola forte contro il proprio corpo e ascoltando il battito del cuore di lei che ancora batteva impazzito. "Sono qui, amore mio, sono qui." Le disse come in una cantilena, quasi dondolandola con amore e accarezzandole dolcemente i capelli con una mano. "Grazie, davvero, grazie. Vedi, ho avuto l'ennesimo incubo, non ho visto altro che quei mostri, e..." Rispose lei, lasciandolo fare ma sentendo quella frase morirle in gola come mille altre. "Non ci pensare, tesoro." Disse lui con un filo di voce, mentre continuava a tenerla stretta a sè. "Adesso sei sveglia." Aggiunse poi, come se quell'evidenza avesse potuto rassicurarla meglio. "Ho paura, Stefan, molta paura." Confessò lei, guardandolo negli occhi senza smettere di tremare come un povero coniglio spaventato. "Non devi averne, io sarò sempre al tuo fianco, a proteggerti." Disse a quel punto Stefan con voce sicura e innamorata, sistemandosi fra le coperte e stringendo la moglie per calmare i tremiti del suo spavento. "Nessuno toccherà nè te nè le bambine con un solo dito finchè avrò vita." Dichiarò, serio. Lasciandosi abbracciare, Rain non disse nulla, limitandosi solo a ricambiare la stretta e rintanarsi fra le coperte, mentre il suo corpo ed il suo cuore non volevano saperne di tornare alla calma. "Adesso chiudi gli occhi e rilassati, principessa." Sussurrò l'uomo al suo orecchio, volendo solo il bene dell'amata e cercando di rassicurarla come poteva. Nel farlo, lanciò uno sguardo a quel piccolo spicchio di cielo nero che si intravedeva dalla finestra e capì che la notte era ancora lunga. Obbedendo, Rain chiuse gli occhi, e rilassando ogni muscolo del corpo, inspirò a fondo, poi lasciò uscire l'aria attraverso la bocca. Subito dopo, abbracciò di nuovo suo marito, deponendo un singolo bacio sulla sua guancia. "Va meglio? Chiese poi Stefan con dolce premura, passandole la mano dal collo alla spalla, come a voler proteggerla da un freddo che in realtà sentivano solo internamente. "Decisamente." Rispose Rain, accennando un debole sorriso. "Vuoi provare a dormire ancora un pò?" Azzardò a quel punto lui a bassa voce, sistemandole meglio il lenzuolo attorno al corpo. "Sì, ma... posso starti più vicina?" Biascicò lei, con la voce che tremava e pareva sul punto di spezzarsi. "Ovvio che sì, amore mio!" Rispose Stefan, quasi stupito da quella domanda, pensando che non ci fosse davvero il bisogno di porla. In silenzio, si sdraiò completamente al suo posto, e allargando le braccia verso Rain, la invitò a buttarcisi in mezzo. Sorridendo ancora a quella piccola concessione, Rain si accettò quell'invito, poi sentì il cuore battere più velocemente. Avrebbe voluto dormire, ma ora le era impossibile. Le carezze dell'uomo l'avevano calmata da quell'incubo, e ora lei non riusciva a smettere di guardarlo. "Cosa c'è?" Chiese lui con il sorriso mentre la vedeva fissarlo con insistenza. "Non riesci più a dormire?" Azzardò poi, accarezzandole lentamente la schiena con entrambe le mani. "No, e tu?" Rispose lei, sincera e completamente innamorata. "Neanch'io, piccola." Ammise lui con leggera malizia nella voce mentre intensificava le carezze facendole diventare più sensuali, arrivando a stringerle i fianchi con possesso. Scivolando nel silenzio, lei lo lasciò fare, e finalmente più tranquilla, lo baciò ancora, stavolta sulle labbra, ma sempre con dolcezza. Rispondendo a quel bacio, Stefan non chiese altro, e stringendola più forte a sè, approfondì il contatto delle loro labbra, prendendone velocemente il controllo. Rapita da quello sguardo così magnetico e perfetto, Rain sorrise nel bacio, poi, seppur controvoglia, si staccò da lui. "Stefan..." Lo chiamò, quasi senza fiato. "Sì?" Rispose l'uomo in un sussurro innamorato, per poi iniziare a baciarle il collo con calcolata lentezza. "Non farti pregare... continua." Replicò lei, trattenendo a stento un primo gemito d'amore. Non osando fermarsi per nulla al mondo, Stefan continuò a baciarle il collo, scendendo lentamente fino al petto di  lei, caldo e morbido. Le mani le sfioravano i fianchi in una languida carezza.Calma e felice, Rain godette di quelle dolci carezze, e ad occhi chiusi, lo baciò per l'ennesima volta, non resistendo davvero alla tentazione di farlo. Intanto, una sensazione di appagante calore iniziò a invaderle il corpo, e sentendosi sempre più rilassata, dimenticò per un attimo le paure di quella notte. Sentendola finalmente tranquilla, sotto il suo tocco audace, Stefan ricambiò i suoi baci. Con un facile movimento, l'uomo fece cambiare posizione ad entrambi ritrovandosi a sovrastare la moglie dall'alto, beandosi di quella visione angelica che lei era, bella e seducente come sempre. Estasiata dalla vista dell'amato appena sopra di lei, Rain sorrise, e annuendo con un leggero movimento del capo, non si oppose minimamente al suo volere, condividendo con lui un desiderio che entrambi speravano di tramutare in realtà.Sussurrando il nome di lei, innamorato come mai della donna che aveva al suo fianco da anni, Stefan la fece sua con tenerezza e pazienza, amandola con ardore. Quasi colta alla sprovvista da quel gesto, Rain finì per sussultare, poi, completamente soddisfatta, crollò sul letto, sfinita da quella notte di passione. Respirando a fatica, Stefan la strinse a sè, staccandole dalla fronte alcune ciocche di capelli sudati. Prima di chiudere gli occhi, le baciò una tempia, restando poi ad ascoltare i loro cuori battere all'unisono. Ancora in balia dei suoi sentimenti e non più degli incubi, Rain ricambiò quel veloce bacio, per poi voltarsi e dargli le spalle, pur senza dimenticare di stargli vicina. Poco dopo, non resistendo agli allettanti richiami del sonno, si addormentò come una bambina, riuscendo a fare sogni luminosi e non più oscuri. Sveglio soltanto per proteggere il sonno dell'amata, Stefan l'abbracciò piano per non svegliarla, e quando si accorse che dormiva tranquilla e beata, anche lui finalmente crollò con la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare ad un sonno ristoratore.Il mattino arrivò quindi puntuale come sempre, e il sole faticò a splendere, solo perchè nascosto da alcune grigie e pesanti nuvole. A quanto sembrava, stava per piovere, e appena sveglia, la povera Rain non si dava pace. "Sono qui, tesoro. Loro sono qui." Ripeteva, lasciandosi prendere dal panico e non avendo modo di contrastare il terrore che provava. Preoccupato come non mai, Stefan dovette abbracciarla forte per non farla tremare e vederla in preda al panico, e nel farlo, lanciò un'occhiata arrabbiata fuori dalla finestra della loro camera. Una densa nuvola di polvere si poteva osservare all'orizzonte, segno che una gran massa di persone si muoveva rapida, ma purtroppo non erano comuni cittadini. "Rain, calma, tesoro." Disse mentre le posava le mani sulle spalle e la guardava negli occhi, deciso. "Non dobbiamo perdere la calma." "Lo so, ma non è facile. Non possiamo affrontarli da soli! Ci serve tutto l'aiuto possibile." Rispose lei, inquieta ma razionale. "Esattamente." Osservò lui mentre iniziava a preparare le proprie armi. "Chiama Karon, almeno si renderà utile in qualche modo." Le consigliò in tono serio afferrando lo scudo che teneva sempre dietro al letto. Quasi imitando il marito nel prepararsi per quello scontro così imminente, Rain sollevò il proprio cuscino, realizzando solo in quel momento quanto dormire con un'arma accanto potesse essere. Afferrando la sua daga, si avvicinò alla finestra, e guardando fuori, giunse le mani, pensando intensamente all'amica asiatica. La conosceva da tempo, e sapeva della sua capacità di comunicare attraverso collegamenti mentali, così, a mani giunte come un fedele davanti al proprio Dio, attese. Nel frattempo, nelle Terre Celesti, Karon dormiva alla grossa nel suo letto, stremata dalla recente battaglia contro i non morti del fratello, ormai corrotto dal male fino al midollo, quando però qualcosa disturbò il suo sonno. Una specie di scampanellio le risuonò nella mente, mettendola in uno stato di dormiveglia. "Chi è che rompe?" Chiese durante quel collegamento mentale, troppo stanca anche solo per aprire un occhio. "Karon, sono io, Rain. Quei mostri sono di nuovo qui, e abbiamo bisogno di te!" Rispose Rain, quasi pregandola di prestarle soccorso. Allarmata più al tono supplichevole e spaventato dell'amica che dal contesto stesso della richiesta, Karon spalancò gli occhi di botto e scese dal letto, evocando gli abiti con la magia e placando così del tutto il sonno. Le ferite però non riuscivano a rimarginarsi come dovevano, e di fronte a quell'evidenza, capì di aver bisogno di una mano a sua volta. "Okay principessina, posso mettere su una squadra che ci possa aiutare contro quei vermi. Ho un pò di gente che mi deve dei favori." Disse, ridacchiando divertita e maligna nel ragionare sulle persone da interpellare. "Ci vediamo nel tuo salotto fra dieci minuti." Aggiunse poi, annullando il collegamento mentale dopo quella sola frase. "Grazie, ma per favore, fai presto!" Disse a quel punto Rain, sentendo una giusta ansia crescere in lei come una robusta quercia. "Ehi, ti ho mai deluso, donna?" Chiese Karon con voce sicura e divertita mentre scollegava le loro menti e si preparava ad un viaggio alla velocità della luce. La fretta di Rain l'aveva contagiata, e ci mise molto meno di quanto le aveva detto per ripescare da due mondi paralleli i suoi contatti. Tre li conosceva anche Rain, di cui una era pure amica, l'ultimo membro invece era una novità perfino per lei stessa, ma un soldato in più faceva sempre comodo in quei casi. Pronti a prendere a calci quei maledetti, Karon e la squadra si materializzarono nel salotto dei Gardener attraverso uno dei suoi soliti portali magici. Distratta da quel rumore così improvviso nel salotto di casa sua, Rain corse a controllare cosa succedeva, scoprendo solo allora che l'amica aveva mantenuto la promessa, e a quanto sembrava, non era venuta da sola. Vantando un sorriso smagliante, Karon indicò i compagni con una plateale alzata di braccia. "Visto? C'è anche Nola!" Disse poi facendo piombare una pacca sonora sulla schiena della loro amica comune, per poi indicare il nuovo arrivo: un Turian. Un essere alieno che ricordava un rettile o omunque una linea genetica con un dinosauro,  rivestito da placche metalliche marroni e con due brillanti occhi verde veleno. Sul viso piatto e allungato c'erano disegnati i colori della sua flotta. "Lui è Nihlus! Un soldato d'elite della Cittadella, roba spaziale Rain! Da un altro pianeta!" Lo presentò, entusiasta, mentre il turian alzava gli occhi al cielo con poco entusiasmo, esasperato da tutta quell'attenzione "È il compagno di Elenor." Spiegò, erudendo l'amica. "Di Elenor, eh? Beh, piacere." Rispose Rain, avvicinandosi quasi con timore e tendendo la mano perchè quell'essere si presentasse. Con voce metallica, Nihlus si presentò, chiudendo i tre artigli sulla mano della donna, delicantamente in modo da non farle male. "Piacere mio, signora.  Nihlus, per servirvi." Rispose poi con efficienza, senza dilungarsi troppo in parole inutili. Sfoggiando un piccolo sorriso di circostanza, Rain non seppe cosa dire, e nervosa, guardò Stefan, anche lui intimorito dallo strano invitato. Capendo il disagio provato dai due, Elenor decise di intervenire, ben sapendo che il suo compagno alieno non avrebbe certo fatto in modo di mettere a proprio agio i suoi amici. "Rain, posso assicurarti che è un ottimo alleato." Iniziò, tranquilla. Poco dopo, con la mano guantata dall'armatura, la donna cercò quella di lui trovandola all'istante e rimanendo confortata dalla loro differenza fisica. "Non è umano, ma in fondo neanch'io per metà, o Karon..." Continuò poi con un fio di voce, cercando di giustificare l'inquietante aspetto di Nihlus. "Ti... ti credo, Elenor, è solo che... non me l'aspettavo, ecco." Rispose semplicemente Rain, ancora sconvolta ma comunque sincera. "Neanche noi in effetti, ma Karon ha insistito tanto... Replicò lei, con un raro mezzo sorriso divertito. Appena un attimo dopo tornò seria, sistemandosi il casco olografico che aveva come protezione sul viso. "Allora, siamo tutti?" Chiese, incerta e dubbiosa. In silenzio, Rain si limitò ad annuire, poi mostrò la sua daga, indicandole che era pronta all'azione. Senza perdere altro tempo, Karon evocò dal petto la propria katana e ognuno estrasse le proprie armi, pronti a dare il proprio contributo nel vincere quell'ennesimo scontro. "Al tuo via, Stef." Disse Karon più seria che mai, seguita dal resto della squadra. "Andremo adesso, ma non chiamarmi..." Rispose lui, serio come mai prima e stizzito da quel diminutivo senza senso. Conosceva Karon, e nonostante fossero in continuo conflitto, le voleva bene, non potendo però evitare di pensare che la sua Rain fosse l'unica donna autorizzata a dargli soprannomi. Perfino sua madre non lo faceva più. "In quel modo." finì la strega per l'uomo, senza però dargli troppo peso. "Sì, sì, lo so bene, ora vogliamo andare?" Concluse, per poi fiondarsi verso la porta principale e spalancarla di botto, rimanendo per un attimo costernata da ciò che vide. Le strade brulicavano di Ladri, che come topi, sembravano entrare in città da ogni anfratto impossibile. La gente correva in preda al panico, il pianto dei bambini era ben udibile. "Accidenti, è il caos lì fuori! Rain, le tue bambine sono al sicuro, vero?" Non potè fare a meno di chiederle, con un una vena di preoccupazione nella voce mentre faceva un passo avanti e sistemava la katana all'altezza degli occhi, pronta a colpire chiunque avesse osato avvicinarsi troppo. "Per fortuna sì, ma che ti aspettavi?" Rispose lei, con il sangue che intanto aveva preso a ribollirle nelle vene. Senza dire altro, prese per mano il marito e uscì di casa, pronta ad affrontare quei mostri a daga sguainata e viso scoperto. "Niente di diverso." Rispose Karon con un ghigno divertito sul volto e un barlume di follia omicida negli occhi violacei mentre, senza aspettare ancora, prendeva a rincorrere uno dei Ladri, facendo brillare la lama della katana sotto il sole cocente. I canini appuntiti uscivano dalle labbra, minacciosi. Imitando l'amica, Rain preparò la sua arma e si guardò attorno, notando nella mischia la cara Samira e il suo amato Soren. Volendo solo dar coraggio alla coppia, sorrise, poi piantò la daga nel petto del primo verme che si ritrovò davanti. Sorridendo con orgoglio aquella scena, Stefan si avvicinò alla moglie, proteggendo entrambi sotto l'ampio scudo triangolare da un attacco di pugnale di un Ladro e, mentre schiantava su quest'ultimo chili di metallo, stordendolo, sussurrò alla moglie il proprio apprezzamento. "Bell'affondo, amore mio." "Grazie, tesoro, anche tu non te la cavi male." Sussurrò lei di rimando, avvicinandosi all'amato marito per un veloce bacio. Approfittando del fatto che il Ladro che aveva atterrato era ancora privo di sensi, Stefan diede quel bacio alla moglie, veloce ma intenso e, non appena sentì dei lievi mugolii da parte del nemico ai loro piedi, senza battere ciglio Stefan affondò la spada proprio al centro del suo petto.In quel momento, il cuore di Rain perse un battito, ma non si scompose, voltandosi subito verso i visi nemici, pronta a colpire di nuovo. Continuando a proteggere la moglie con lo scudo ben alto sulle loro teste, Stefan si destreggiava tra un nemico e l'altro egregiamente a spada sguainata. Con la coda dell'occhio vide Yuri e Nola che si separavano, entrambi puntando nemici differenti con i pugni pronti a colpire. "Restami vicina, Rain!" Quasi urlò, al solo scopo di farsi sentire nonostante il fragore della battaglia, desiderando solo non perderla di vista. Alle orecchie di uno sconosciuto, quella avrebbe potuto suonare come un'esagerazione, ma non avrebbe sopportato altrimenti. Lo scontro era iniziato da poco, e Rain non era stanca, ma il doversi muovere così velocemente, unito al freddo che sentiva, non era certo d'aiuto. Mettendo un piede in fallo, rischiò di cadere,e pur restando in piedi, sentì un muscolo strapparsi dolorosamente. "Rain!" Urlò Stefan preoccupato, vedendola quasi cadere e contrarre il viso in una smorfia di dolore. Avrebbe voluto tenerla stretta a sè, ma con le mani occupate dallo scudo e dalla spada gli sarebbe risultato impossibile. "Ci penso io!" Gridò una voce alle loro spalle, sorprendendoli entrambi. Colpiti, gli innamorati si voltarono, e fu allora che la videro. Elenor. Arrivò in loro soccorso sbucando letteralmente dal nulla, e posando una mano sulla gamba di Rain, si inginocchiò sul terreno scivoloso, e cercando di curare con la propria tecnologia lo strappo della principessa. "Sto bene!" Gridò lei all'indirizzo del marito, sentendo l'intervento di Elenor fare subito effetto. In quell'esatto momento, Karon stava combattendo contro una miriade di quegli orrendi individui, e per la sua gioia, Maddox era con lei, sorridendo soddisfatto dopo ogni vittima che riusciva a mietere. "Mi stavo chiedendo quando ti avrei rivisto, caro cavaliere." Disse lei al suo uomo, piena di malizia, mentre estraeva la katana dallo stomaco squarciato di un Ladro. "Ora sono qui, streghetta. E tranquilla, penserò solo a proteggerti." Rispose lui, ricambiando quello sguardo di brace mentre si liberava dell'ennesimo intruso del regno. "Così mi fai arrossire." Replicò la donna con il sorriso sulle labbra mentre, senza neanche girarsi e interrompere così il contatto visivo che aveva con Maddox, il suo Maddox, piegò il braccio all'indietro e sentì sulla sua spada il sangue fresco di uno dei Ladri che aveva avuto la pessima idea di coglierla alle spalle. "Troppo lento ragazzaccio." Lo ammonì, deridendolo. "Felice di farlo, tesoro, felice di farlo." Rispose lo stesso Maddox, sorridendole e spostandole una ciocca ribelle dietro l'orecchio. La sua voleva essere una battuta semplice e ilare, ma a quel tocco così intimo, la ragazza arrossì davvero. Ridendo del suo essere così infantile, Maddox non perse la calma, e voltandosi, notò che anche gli amici si stavano dando da fare per cancellare quella minaccia, nonostante lo spirito fosse forte e la carne debole. "Andiamo a dar loro una mano?" Chiese infine la giovane strega, riprendendo il controllo delle proprie emozioni impazzite, indicando il gruppo di amici lontano da loro. "Certo, come vuoi." Rispose il suo uomo, sorridendole ancora e prendendole la mano con delicatezza.Stringendo la mano di lui, Karon si accorse di non volerla lasciare andare. Ogni volta che si separavano, nonostante lei assumesse un'espressione incurante, stargli lontano era sempre dura. Quella volta in particolare gli era mancato moltissimo e in fondo, molto in fondo, era contenta di quell'attacco in città, che le aveva fornito la perfetta scusa per rivederlo. Correndo a perdifiato, l'uomo raggiunse la coppia amica, notando che la povera Rain faticava a muoversi e respirare correttamente. Avrebbe voluto aiutarla, ma non ne aveva i mezzi, e Nora era troppo lontana per curarla di nuovo. Preoccupata, Karon si mise subito al fianco dell'amica e capì la situazione. "Aggrappati a me, andiamo a cercare Nora!" Le disse, cercando di incoraggiarla. Normalmente avrebbe avuto anche lei poteri curativi, ma il precedente scontro con il fratello l'aveva indebolita non poco. Annuendo, Rain obbedì e seguì l'amica, ma ogni sforzo fu inutile. Nora non si trovava, e inciampando in un sasso, lei cadde a terra. Lamentandosi per il dolore, si guardò per un attimo le mani, scoprendone la pelle rovinata e sanguinante. "Accidenti! Commentò Karon, prestando subito soccorso all'amica e piegandosi in avanti così da afferarla per le braccia ed evitare di toccarle le mani escoriate. Poco dopo, provò a farla alzare, ma anche lei era stanca, e non ci riuscì. "Avanti principessa, un piccolo sforzo." Disse a denti stretti mentre lottava contro il peso della donna per poterla aiutare. Stava per aggiungere altro, ma due enormi mani furono su di lei, tappandole bocca e stringendola alla vita per tenerla ferma. Con orrore notò che un altro Ladro aveva fatto la stessa cosa a Rain, proprio sotto i propri occhi e, arrabbiata, tentò di richiamare a se' quel poco di magia che le restava, ma senza alcun risultato. Colta alla sprovvista, Rain cercò di gridare per farsi sentire, e ci riuscì a malapena, nonostante il suo aguzzino stesse cercando di soffocarla, stringendo sempre di più la presa sulla sua gola. "Stefan! Aiuto!" Gridò, non appena fu libera da quella stretta. Lontano, Stefan stava estraendo la spada dall'ennesimo cadavere di Ladro quando sentì con orrore la voce della sua amata che gridava e, voltandosi verso di lei, la vide in pericolo. Senza aspettare, iniziò a correre verso di lei come un forsennato, pregando di riuscire a fare in tempo e liberarla da quella stretta mortale. Decisa a restare ancorata alla vita, Rain continuò a lottare per fuggire, ma con il passare dei minuti, la situazione peggiorava. Si sentiva stanca, ogni voce le giungeva ovattata, e ogni energia sembrava abbandonarla. Ben presto, svenne sul selciato, cadendo in terra con un tonfo. Da vero eroe, Stefan continuava a correre verso di lei, nonostante la stanchezza e le fitte al fianco, ma non riuscì ad arrivare in tempo. Un gruppetto di Ladri la sbattè a terra e la issò su un cavallo, già al galoppo verso le strade principali fuori città. "Rain!" "Urlò disperato mentre inciampava su uno dei cadaveri e fu costretto a vedere la moglie sparire davanti ai propri occhi. "Rain!" Quasi piangeva, ma gridare gli era inutile, e tutte le volte, il nome dell'amata andava perso nel vento. Nel frattempo, Karon continuava a scuotere le sbarre di quella specie di enorme gabbia per orsi trainata da un carro robusto. Un manipolo di Ladri guidava i cavalli mentre si beffava di lei e dei suoi vani tentativi di uscire da lì. Rain giaceva accanto a lei priva di conoscenza, Nora era in difficoltà con dei circuiti fuori controllo e Nola era ridotta così male da non avere neanche la forza di parlare, nonostante fosse sveglia. "Che cosa volete da noi, eh? Venderci?" Chiese, sputando veleno contro di loro e non potendo far altro che quello, parlare a vanvera mentre la magia era fuoriuso e la sua preziosa katana stava in bella vista nelle mani di uno di quegli schifosi. "Vendervi?" Rispose uno di quegli energumeni, tenendo in mano la katana della donna. "Ma per favore! Non ricaveremmo un soldo da donnine come voi! Deboli, patetiche e senza forze, non riuscite neanche a difendervi." Aggiunse poi, concludendo quella frase con una risata tanto acida quanto fragorosa. "Volete tenerci vive per il vostro sollazzo." Rispose lei con voce baritonale, capendo al volo le loro intenzioni. Era sempre così. Schiave, serve, o la morte. E loro non erano ancora state uccise. Troppo stanca per rimanere in piedi, Karon abbandonò ogni forma di astio e si lasciò cadere accanto a Nola posando la spalla contro la sua, per poi tornare a fissare l'uomo che aveva la sua spada. Un ghigno malefico le si dipinse in viso mentre pensava a qualsiasi morte avrebbe potuto dargli. "Però! Astuta!" Commentò quel mostro, appoggiandosi all'elsa della katana e tenendola ferma, ben piantata nel duro legno del carro, che per le ragazze faceva da pavimento. In quel momento, Karon era calma, ma il suo ghigno si allargò notevolmente mentre gli rispondeva. "Ho già ucciso vermi come voi, proprio con quella spada. Trattala bene, per favore, vorrei riaverla ancora affilata quando ti ci taglierò la testa." Rispose infatti, con la sua solita straffottenza e abitudine a sprezzare il pericolo. Poco dopo, con un movimento leggero della testa indicò la propria katana, soffrendo interiormente nel vederla rovinare in quel modo. Seccato dal modo di fare della giovane, l'uomo le diede le spalle, poi si allontanò, "Eccotela, so già che mi servirà a poco." Replicò, borbottando parole che Karon non colse. Cercando di non farsi notare dall'uomo perso in un momento di distrazione, la strega asiatica si avvicinò a Rain, dandole lievi colpetti sulle guance per farla rinsavire. "Rain, Rain." Sussurrò, chiamando il nome di lei con la folle paura che fosse morta. Subito dopo, Alzò lo sguardo verso Elenor e la vide rannicchiarsi in posizione fetale, il corpo scosso dalle scariche elettriche che uno degli impianti fuori uso le stava causando. "K-Karon? Dove siamo?" Balbettò la donna in risposta, insicura e spaventata a morte da quello stranissimo viaggio. Non sapeva cosa fosse successo, l'ultima cosa che ricordava era di aver ricevuto un colpo alla schiena, dopodichè solo il buio. "Nei guai, principessa." Rispose lei con voce atona, mentre tornava a respirare di sollievo nel vederla viva. Incapace di capire dove si trovassero, si guardò attorno non vedendo che ampia vegetazione, ma non un singolo centro abitato, poi parlò. "Dobbiamo... dobbiamo trovare un modo per uscire da qui, ma Nora e Nola stanno peggio di noi." Disse, tornando per un attimo ad osservare le amiche malandate. "Hai ragione, dobbiamo fuggire, ma come? Come?" Replicò Rain, tremando di paura come al solito. Per la prima volta Karon non seppe come rispondere, rimase in silenzio con aria corrucciata, senza una soluzione. Spaventata, Rain si guardò attorno a sua volta, non vedendo altro che erba, alberi e acqua. Chiudendo gli occhi, cercò di concentrarsi, e fu allora che capì. Erano ancora ad Ascantha. Nel bosco di Ascantha. Saperlo era un bene, ma comunque una magra consolazione, poichè chiedere aiuto non sarebbe servito a nulla. Nel frattempo, i compagni delle donne stavano setacciando il campo di battaglia alla loro ricerca. Stefan guidava il gruppo attraverso la fitta boscaglia partendo dal punto in cui aveva visto i cavalli dei Ladri sparire con sua moglie. "Rain..." Sussurrò il nome dell'amata, preoccupato a morte per la sua sorte, ma anche determinato a ribaltare l'intera Ascantha pur di ritrovarla. Lontana miglia e miglia da lui, Rain stava seduta in quello schifoso carro a pensare. Era grande quanto una gabbia per orsi,e  le dava modo di muoversi, ma ciò non l'aiutava. Si conosceva, e sapeva bene di avere un solo desiderio. Tornare da Stefan. Sconsolata, afferrò una delle sbarre di ferro alle sue spalle, e scuotendola senza successo, sospirò. "In che guaio mi sono cacciata? Sono troppo forti per noi." Pensò, mentre di minuto in minuto, la sua sanità mentale sembrava vacillare. "Trovato niente?" Chiese Stefan a gran voce, parlando con Maddox e con i compagni sparpagliati. Silenziosi, cercavano altre tracce appartenute ai cavalli, ma l'unica cosa che parvero trovare fu una serie di impronte, appartenute però a un carro, a un grosso carro. "Giuro che li farò a pezzi, personalmente." Biascicò l'uomo, con gli occhi che brillavano di minaccia. "Ehi, principino, sta calmo. Arrabbiarti così non serve a nulla." Replicò Maddox alle sue parole, sboccato e in questo simile alla sua compagna. A quella risposta, Stefan si trattenne a stento dall'aggredirlo in quell'istante. Nervoso, strinse i pugni dalla rabbia. Lui non poteva capire! Che ne sapeva uno come Maddox di ciò che provava Stefan per Rain?" Digrignando i denti per la rabbia e la preoccupazione che saliva man mano che il tempo passava, fu fermato da Yuri, che, capendolo, lo aveva trattenuto con una mano sulla spalla, stringendo la presa. "Sta calmo." Gli disse il lottatore con voce pacata, pur avendo la sua stessa preoccupazione riflessa nello sguardo. "Yuri, ti capisco, e ci provo, ma non è facile. Io adoro la mia Rain, e per quello che ne so... beh, la tua ragazza non soffre d'ansia, nè di cuore, come la povera Samira!" Sbottò a quel punto Stefan, sfogando l'astio che in quel momento provava per Maddox. Prendendo da chissà dove una pazienza che stentava ad avere, Yuri tolse con calma la mano dalla spalla dell'uomo e lo guardò dritto negli occhi. "No, è vero, ma anch'io voglio riaverla indietro. Noi tutti rivogliamo le nostre compagne lontane da quei maledetti." Disse poi, indicando con il pollice gli altri uomini che, con i volti tesi, continuavano a darsi comunque da fare senza esplodere nella rabbia. "Non dar peso alle sue parole e cerca di rimanere lucido, non possiamo permetterci di litigare tra di noi, no?" "Hai ragione." Rispose Stefan con un sospiro, riprendendo a camminare con passi lenti ma decisi. Intanto, il tempo scorreva, e non pensare alla sua dolce sposa e a quello che quei mostri avrebbero potuto farle gli era pressochè impossibile. Intanto, ancora bloccata in quell'orribile situazione, Karon aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte, non si era neanche accorta di essersi addormentata, esausta. Si guardò attorno e capì di essere in una specie di abitazione, legata mani e piedi così che non scappasse. Era stata gettata in un angolo senza tante cerimonie e, sbattendo la schiena sul pavimento lurido, poté finalmente vedere ciò che accadeva intorno a sè. Tutte le altre erano riunite accanto, stesse condizioni. Vedeva la testa corvina di Rain fare capolino nella sua visuale. "Principessa?" La chiamò, preoccupata. "Karon?" Rispose lei, confusa e stordita da quel secondo colpo, ricevuto dritto su una tempia da uno di quei vermi, abbastanza forte da metterla di nuovo fuori combattimento e alla loro completa mercé. "Niente di rotto spero." Disse Karon in un sussulto mentre il dolore alla schiena diventava fastidiosamente più acuto.  "Siamo sole? Non vedo niente con questo buio." Aggiunse infine, sconfitta. "No, o almeno lo spero... Neanch'io vedo nulla, e non riesco a muovermi!" Piagnucolò Rain in risposta, mentre, cercando di sollevare una mano, sentì un dolore acuto e improvviso. Ci volle tempo prima che i suoi occhi si abituassero all'oscurità, ma quando accadde, le vide. Catene. Era stata incatenata al muro, ma perché? Non lo sapeva, e con la mente annebbiata da mille pensieri, non volle neanche immaginarlo. A mano a mano, Karon iniziò ad abituarsi al buio, notando che erano tutte quante stipate lì, incatenate come Rain o soltanto gettate a terra senza alcuna corda a legarle. Desiderando liberarsi, la strega cercò di allentare il nodo della sua, che le teneva strettamente i polsi insieme, ma sussultò dal dolore. Però, dei loro carnefici nessuna traccia. "Ragazze?" Sussurrò, chiamando le amiche all'appello per controllare che fossero tutte coscienti. "Sì?" Risposero in coro Nora e Nola, ancora stordite dal dolore della caduta su quel pavimento così duro e freddo. "Tutte intere anche voi?" Chiese, per poi capire di non aver sentito un'altra voce e sbiancare diventando pallida come una morta. Si trattava di Samira. Era più debole di loro per più di un motivo, e fino a quel momento avevano sempre cercato di proteggerla al meglio. "Samira?" Azzardò, con voce spezzata. "S-Sì?" Rispose lei, faticando a mettersi seduta e calmare i violenti tremori che le scuotevano il corpo. In quel momento, nella testa di Karon passavano mille pensieri, e lei cercava un modo per far scappare le altre. A quello scopo, si guardò attorno, ma notò solo i contorni di due finestre sbarrate. Se solo avesse potuto aprirne una... Pensa in fretta, ti prego..." Biascicò Samira al suo indirizzo, diventando con lo scorrere dei minuti sempre più debole. "Ci sto provando, ragazza mia." Rispose lei, tentando di strattonare di nuovo le corde, ma queste segarono ancora di più la pelle delicata e sentì uscire il sangue, macchiandola, ma facendola anche infuriare. Spesso quelli della sua specie si autoinfliggevano dolore al solo scopo di far esplodere la bestia che covavano e in quel momento ci provò anche lei. Un ringhio animalesco le uscì dalla gola quando si costrinse ad accentuare il dolore."Stai... stai bene, vero?" Azzardò la donna malata, preoccupata sia per sè stessa che per Rain, persa in uno stato di semicoscienza. "Mai stata meglio." Mentì per non farla preoccupare ulteriormente mentre sentiva i brividi iniziali della mutazione in atto. Arrabbiata, affondò con forza le unghie dentro i palmi e, con un ringhio bestiale, le braccia divennero zampe e gli occhi affilati come quelli di un gatto. Ansimando e sbavando, il lupo aveva preso il posto della donna. Barcollava dalla stanchezza, ma andò ad appiattirsi nell'angolo più buio della stanza, pronta a saltare alla gola del primo Ladro che avesse avuto la spiacevole idea di avvicinarsi a loro.Disturbato da tutta quella confusione, uno degli uomini entrò nella stanza dove le prigioniere erano segregate, e vedendo quel grosso animale sbavare e ringhiare minaccioso, quasi sbiancò. "Com'è entrato un lupo qui?" Chiese ad alta voce, sorpreso e intimorito. Sentendolo, alcuni compagni si unirono a lui, e insieme, estrassero le spade, pronti ad affrontare o quantomeno accerchiare quella bestia. Minaccioso, il lupo iniziò a camminare verso di loro, girando in tondo e muovendo la folta coda come una frusta. La bava colava dalle labbra nere mentre ringhiava e abbassava le orecchie, segno che stava per scattare verso il più vicino per morderlo e dilaniarlo a morte.Seppur spaventato, uno degli energumeni si avvicinò alla lupa, brandendo minaccioso la spada e menando fendenti alla cieca per riuscire a farla indietreggiare. Karon era furiosa, ma in quel momento, l'istinto animale prese il sopravvento, e guaendo, fece qualche passo indietro, sentendo poi il dolore di una piccola ferita al fianco. Cercando di respirare normalmente, Karon buttò fuori il fiato dal naso e, digrignando i denti un'altra volta, provò l'ennesimo attacco in corsa verso un altro dei Ladri, accecata dalla rabbia e dal dolore, desiderava soltanto affondare le sue zanne nella loro morbida carne umana. Colto alla sprovvista, uno dei nemici si ritrovò i denti della lupa conficcati nel braccio. Muovendolo, tentava in tutti i modi di liberarsi, ma era tutto inutile. Ogni mossa peggiorava quella ferita, che ora, grondante di sangue, simboleggiava per Karon una vera vittoria. Purtroppo per loro, un altro nemico andò in soccorso del primo, che, cogliendo la lupa del tutto alla sprovvista, fece schiantare l'elsa della spada sulla schiena dell'animale, facendolo rimanere senza più fiato e, con un calcio ben assestato sul fianco, la fece rotolare sul pavimento. Tremante di dolore, Karon non si arrese e si sforzò di reggersi sulle zampe deboli. I suoi occhi viola cercarono quelli di Rain per farle capire che mai si sarebbe arresa. Per il bene di tutte. Con il cuore pieno di speranza, Rain guardò l'amica, e con un movimento del polso spezzò una delle catene che la costringevano al muro. Aveva paura, era libera, ma non poteva intervenire. Che cosa avrebbero pensato quei bruti se l'avessero vista difendere una bestia selvaggia? Così, incerta sul da farsi e di nuovo in preda all'ansia, si appoggiò con la schiena al muro, scivolando fino a sedersi per terra. Poi, con le ginocchia vicine al petto, iniziò a piangere, soffrendo in silenzio. "Basta... Basta... Lasciateci andare." Ripeteva, non riuscendo a dire altro nè a smettere di tremare. Proprio quando erano riusciti a mettere all'angolo l'animale furioso, gli uomini iniziarono a torturarlo procurandogli nuove ferite e strappi al pelo. Uno dei Ladri, proprio quello che aveva ancora la katana di lei in pugno, notò del movimento alle sue spalle, e  voltandosi, rimase a torreggiare su una piccola donna rannicchiata a terra. "Hai paura, bambolina?" Le chiese, provando per lei solo finta compassione. Non sapendo cosa rispondere, Rain rimase in silenzio, ma non ebbe timore di mostrare le sue lacrime. Erano persone orribili, e la sua ormai conosciuta ansia non deponeva certo a suo favore, ma spostando lo sguardo, lo fissò su una porta chiusa, sperando che il suo Stefan arrivasse in tempo per salvarla. "Io lo sarei se fossi in voi." Continuò lui, spietato, mentre faceva passare delicatamente la lama su una spalla tremante della donna, ma senza ferirla. Provò il malsano impulso di vederla piegata, la mente traviata dalla paura che lui poteva infonderle solo con uno sguardo. Paralizzata, Rain non riusciva a muoversi, non aveva neanche la forza di guardare quel mostro negli occhi. Odiandosi per la sua debolezza, fece uno sforzo, e alzando lo sguardo, provò ad affrontarlo. "Noi... noi non siamo da sole. Siete solo dei vigliacchi, e non ci fate paura!" Dichiarò, con la voce spezzata dal dolore e da un pianto che tentava in tutti i modi di trattenere. Abbattendo la porta con una sonora spallata in quell'esatto momento, Stefan e Maddox entrarono per primi  in quella che appariva come  una casa fatiscente e abbandonata, ma le tracce del carro erano inequivocabili e quando sentirono rumori dall'interno, non pensarono neanche per un secondo di tentennare, e ora, a spade sguainate, puntarono contro i loro nemici, seguiti dal resto della squadra. "Stefan! Grazie al cielo sei qui! Aiutami! Gridò Rain, allietata e ammaliata come sempre dalla sua stessa vista. "Rain! Stai bene? Chiese lui con un enorme sollievo a farsi spazio nel suo cuore, ma sostituito subito dalla rabbia. Puntando gli occhi infuocati sul Ladro che torreggiava sulla moglie, Stefan gli puntò contro la spada, posizionando proprio la punta sotto il mento di quel verme. "Lasciala andare." Sibilò a denti stretti, infuriato. Per nulla sorpreso dalla galanteria dell'uomo, il Ladro lo costrinse a mettere giù l'arma, ignorando la ferita alla mano che ne conseguì. "Lasciarla? Perchè dovrei? È appena arrivata!" Disse poi, cercando di difendere la sua prigioniera. Strabiliato dalla forza che l'uomo riuscì a usare con una mano sola contro di lui, Stefan rimase un attimo spiazzato, ma cercò di lottare contro quella mano che a poco a poco abbassava l'arma senza alcuna difficoltà. "Lei è mia moglie. E io proteggerò sempre la donna che amo da sporchi assassini briganti come voi!" Replicò con calore mentre strattonò via la spada, liberandola così dalla presa dell'uomo. "Moglie? Hai per caso detto moglie? Non ti credo. Se lo fosse, credi che farebbe questo?" Rispose quel lurido verme a muso duro, voltandosi verso Rain e prendendole con forza il viso fra le mani, intrappolando le sue labbra in un bacio aggressivo, che, inutile dirlo, le fece schifo. Sentendo la sua dolce amata, Stefan si fermò all'istante, lasciando a terra l'uomo con la faccia imbrattata di sangue e, senza neanche darle il tempo di respirare, l'abbracciò di slanciò, tenendola stretta a sè e e nascondendo lacrime silenziose fra i suoi capelli. "Tesoro, grazie al cielo... aiutaci ad uscire da qui, per favore." Rispose lei, lasciandolo fare e ricambiando quell'abbraccio con calore e trasporto insieme. Tenendola stretta a sè, Stefan si guardò attorno, anche gli altri Ladri erano stati uccisi dai suoi compagni. Vide Nihlus riparare velocemente gli impianti di Nora con una specie di ologramma arancione che gli fuoriusciva dal braccio, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Yuri aveva già tra le braccia Nola e aspettava solo un suo comando per trascinarla fuori da quell'incubo. Soren cercava di svegliare la moglie, svenuta nel momento della battaglia e Maddox rimaneva chino sul lupo che non riusciva più ad alzarsi. "Sì, andiamo via. Non voglio rischiare di trovare altri mostri nelle vicinanze." Sorridendo, Rain fu finalmente felice, e liberandosi anche dell'altra catena che le teneva fermo il polso, seguì il marito camminando al suo fianco, abbracciata a lui solo per essere protetta. "Dici che è finita?" Chiese a bassa voce, non volendo farsi sentire che da lui. "Lo spero." Rispose lui con lo stesso tono. "Non credo che riusciremmo ad affrontarne altri in queste condizioni." Aggiunse poi lanciando una breve occhiata a tutti gli altri accanto a loro. Preoccupata, Rain si guardò intorno, e pensandoci, dovette dare ragione al marito. Karon era tornata umana ma camminava appena, e Nola aveva rimediato numerose escoriazioni e tagli sul corpo, senza escludere una vistosa coltellata alla mano. Chiudendo il pugno aveva cercato di difendersi, ma senza successo. Capendo di essere ben lontani da quella maledetta casa e che la battaglia era finalmente finita, Karon si fermò per riprendere fiato e, con uno sguardo d'intesa con Nola, capì che ognuno di loro desiderava soltanto starsene per conto proprio a leccarsi le ferite a casa propria. Così, con uno sforzo enorme, aprì alcuni portali per i suoi amici e ne indicò uno a Maddox, che lo avrebbe riportato al castello di Fatima in un attimo. "Non so cosa ne pensi, ma io non ho alcuna voglia di tornare indietro a piedi." Disse a malapena, con un filo di voce. "Allora seguimi e andiamo, streghetta." Rispose Maddox, prendendole la mano e sorridendo con dolcezza. "Ecco un ordine che eseguo volentieri." Provò a dire la donna, cercando di ritrovare la sua solita leggerezza e ironia mentre posava la guancia sulla spalla dell'uomo e, poco prima di attraversare il portale, salutò tutti gli altri con un pigro gesto della mano. Intanto, Stefan era rimasto insieme alla moglie a vedere la partenza di ogni loro compagno e, sentendo anche lui il bisogno di tornare a casa il prima possibile, sussurrò qualcosa a Rain. "Tesoro, andiamo." Le consigliò, offrendole romanticamente la mano. "Certo, amore. Subito." Rispose lei prendendolo per mano e iniziando a camminare verso il secondo portale, aperto da Karon appositamente per loro. Con un braccio a circondare le spalle della moglie, Stefan la condusse a passo sicuro al di là del portale e, in un battito di ciglia, erano di nuovo nel loro salone. Nel buio e nel silenzio, Stefan lasciò cadere a terra spada e scudo e abbracciò di slancio la moglie, stringendola a se' e affondando il viso nell'incavo caldo del collo. Tremava impercettibilmente. Silenziosa, Rain accettò quell'abbraccio, poi scoppiò a piangere. Era finita, e si erano salvati entrambi, ma il pensiero, il ricordo di quello che quei mostri avevano fatto a lei e alle sue amiche era rimasto. Impresso a fuoco come il marchio di una bestia da macello nella sua mente e nel suo cuore. Travolto emotivamente dall'angoscia della moglie, anche Stefan lasciò sfogare le proprie paure e il sollievo, enorme, di riaverla viva. Le sussurrò parole d'amore per calmarla, l'accarezzò tra i capelli e la schiena, cercando di mettere un freno a quel tremore. Le diceva di amarla e che l'importante era che fosse viva, con lui. Non riuscendo davvero a parlare, lei si crogiolò in quell'abbraccio, e accompagnandolo sul divano, si sedette, finalmente tranquilla. Posando per un attimo la testa contro lo schienale, alzò gli occhi al cielo, pensierosa. Per fortuna le bambine dormivano al sicuro della loro cameretta, e non avevano visto nè sentito nulla che potesse turbarle. "Vuoi andare in camera?" Le chiese il marito,preoccupato sia per il suo aspetto fisico, che riportava ferite e lividi, sia per il suo essere così fragile che emanava la donna in quel momento. "Sì, se a te non dispiace." Rispose lei con voce flebile quanto la luce di una candela, rifiutando però di alzarsi da sola dal divano in quanto troppo stanca per farlo. "Vieni tesoro, così ti curo anche quelle ferite." Rispose a quel punto Stefan con tono gentile mentre la prendeva fra le braccia e la portava senza alcuno sforzo nella loro camera, posandola poi con dolcezza sul letto. Senza neanche rispondere, Rain annuì e lo lasciò fare, riuscendo finalmente a calmarsi e far cessare quei tremori. "Stefan... grazie." Sussurrò poi, immensamente felice di essergli di nuovo accanto.  Sorridendole con amore mentre si sedeva al suo fianco, Stefan le accarezzò una guancia con tenerezza. "Non avrei dovuto farti catturare da quei vermi..." Disse poi, pieno di vergogna e sensi di colpa." "E io avrei dovuto sapermi difendere." Rispose lei, giocando a quello che definiva gioco delle colpe e addossandosene una parte a sua volta. "E come avresti potuto? Eravate circondate!" Replicò lui con rabbia al solo ricordo. Perfino Karon trasmutata era stata messa fuori gioco. Ho giurato di proteggere la donna che amo da qualsiasi male del mondo, ma questa volta ho fallito. Perdonami Rain." Continuò poi, abbandonandosi a un sospiro rassegnato e gli occhi bassi, sempre pieni di vergogna. "Ti perdono, Stefan. Una principessa perdona sempre il suo cavaliere." Sussurrò lei, avvicinandosi al solo scopo di posare le labbra sulla sua guancia. Abbozzando un sorriso di gratitudine, Stefan si lasciò baciare e, dopo un momento d'incertezza, decise di sdraiarsi sul letto, troppo stanco per fare altro. In quel momento, chiamò a se la donna, desiderando soltanto sentire il suo calore sulla pelle. Facendosi più vicina, Rain si accoccolò al suo fianco come una gatta, e posando la testa sul suo petto, ascoltò il battito del cuore dell'uomo, addormentandosi poco tempo. Lo amava, lo rispettava e lo capiva, e ora non desiderava che dormire e tenere viva la speranza di vedere il sole spuntare ancora, squarciando definitivamente l'oscurità di quest'assurda guerra.


Nono racconto, che mostra cosa può succedere se non si esce vincitori da un attacco dei famigerati Ladri, schifosi vermi unicamente assetati di ricchezza e potere.

Emmastory :)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Natale secondo la famiglia Gardner ***


I-racconti-perduti-di-Ascantha-mod
 
 
Christmas-according-to-the-Gardner-Family Capitolo X
 
Natale secondo la famiglia Gardner
 
Era la mattina di Natale e casa Gardner era nel più completo caos pre festa. Da quando si era alzato, Stefan vedeva Rain e le bambine in continuo movimento dalla cucina al salotto, facendo sempre qualcosa di diverso. L'aver organizzato da loro la festa natalizia più importante aveva reso la bella moglie affaccendata già dalle prime luci dell'alba. A svegliarlo era andata Terra, che, a forza di tirargli la manica del pigiama, l'aveva fatto scendere dal letto già sbuffando. Ora invece se ne stava seduto sul divano, ad aiutare le piccole con alcune decorazioni di carta bianca da appendere all'enorme albero decorato che occupava tutto un angolo del salone. "Va bene così, Terra?" Chiese il padre alla figlia più grande mentre faceva vedere con orgoglio il suo fiocco di neve gigante, felice di poter passare un pò di tempo con le sue bambine e dar loro anche una mano. È perfetto! Grazie papà!" Rispose la bambina, sorridendogli e raggiungendo subito la madre, ancora intenta a decorare l'enorme abete comprato e portato a casa solo poche ore prima. Aveva iniziato da poco, ma sembrava già colmo di luci e palline, e guardandolo, Terra si chiese se ci fosse abbastanza spazio per il suo fiocco di neve. "Mamma?" Chiamò la piccola  avvicinandosi all'albero, che le parve gigante dal suo punto di vista. Nel farlo, le tese speranzosa il fiocco e i suoi occhioni brillarono di meraviglia davanti a tutti quei colori. "Possiamo mettere anche questo?" Chiese poi, incerta e dubbiosa. "Certo!" Rispose Rain, voltandosi verso la figlia e prendendo il piccolo ornamento di carta dalle sue mani. Una volta fatto, afferrò un gancetto di ferro, poi lo appese, sorridendo soddisfatta. "Grazie, mamma!" Trillò lei tutta contenta mentre rimaneva lì ad ammirare il lavoro. "Manca quello di Rosie, ora!" Aggiunse poi, sempre felicissima. "Già! Su, passamelo avanti." Rispose Rain, protendendo la mano verso di lei così da ricevere quel secondo fiocchetto di neve con sopra il nome della sua bambina. Con il sorriso sulle labbra, Terra ricevette il fiocco di Rosie, che era rimasta seduta sul divano tra colori e fogli di carta, e lo passò svelta alla madre, non vedendo l'ora di vederlo appeso insieme al proprio. Tranquilla come mai prima, Rain appese quel piccolo fiocco di neve a uno dei rami dell'albero, poi sentì un rumore alla porta. Incuriosita, andò ad aprire, scoprendo il ritorno a casa di un membro della famiglia a dir poco speciale. "Chance! Prego, entra!" Gli disse, felice di rivederlo. Poco dopo, lasciò che il cane le facesse le feste, poi gli spazzolò alla meglio il pelo con una mano, pulendolo dalla neve che fuori ancora cadeva. Felice come non mai, Terra, seguita a ruota da Rose, si precipitò dal suo vecchio amico di pelo e, proprio mentre lo abbracciava, notò altre due figure dietro di lui. "Mamma, guarda! Ci sono anche Myra e Max!" Urlò, con tutto il suo entusiasmo di bambina. "Oh, davvero? Beh sono i benvenuti anche loro!" Rispose Rain, felice nel vedere la "fidanzata" del cane di famiglia assieme al suo cucciolo. Chance non era il padre, ma poco importava. L'unica cosa certa era che insieme, i tre fossero una famiglia. Camminando verso il trio peloso, Stefan andò da Chance a fargli qualche carezza sulla testa, sorridendo felice. "Bentornato a casa." Gli disse, prendendo per un attimo in mano la sua medaglietta. Per tutta risposta, il cane abbaiò accettando quelle carezze, poi si sedette sulle zampe posteriori, mendicando. Il profumo dei biscotti al pan di zenzero di Rain era inconfondibile, e ormai era entrato nelle sue narici. Imitando il cane tanto amato, anche Terra annusò l'aria e capì cosa aveva fatto agitare il cane. "Mamma, i biscotti sono pronti, vero?" Chiese poi, con vocina supplicante, pregustando già quelle piccole meraviglie. "Non ancora, amore." Rispose Rain, sincera ma seria, non volendo che la bimba si rovinasse l'appetito. A quelle parole, anche il piccolo Max rispose uggiolando triste e scontento, imitando quello che considerava padre nel mendicare stando su due zampe. "Oh." Rispose soltanto la piccola, delusa da quella risposta, ma capendo di dover aspettare ancora un pò prima di poterne addentare uno. Intanto, seppur mossa a compassione dalla reazione del cucciolo, Rain non si scompose, e poco dopo guardò la porta. Si stava facendo tardi, e degli ospiti attesi ancora nessuna traccia. A quel punto, Stefan le arrivò da dietro, abbracciandola con dolcezza e ponendole un lieve bacio sulla tempia. "Stai tranquilla tesoro, arriveranno vedrai." La rassicurò, sorridendole. Colta alla sprovvista, Rain si voltò di scatto, poi sorrise nel vedere il suo uomo. "Stefan! Mi hai spaventata!" Disse, scherzando dolcemente. Dal suo canto, Stefan rise divertito da quella reazione e la baciò una seconda volta, trovandola adorabile. La strinse a se' e le tolse con due dita uno sbuffo di farina dal viso, evidente residuo dei biscotti. "Scusami, tesoro." Pregò, sperando nel suo perdono. "Non fa niente. Dai, siediti." Rispose lei, prendendo posto sul divano e invitandolo a fare lo stesso. Senza esitare un attimo, Stefan raggiunse la moglie, sedendosi proprio al suo fianco e passandole un braccio intorno alle spalle per abbracciarla. Sedute sul pavimento, c'erano le loro bambine che giocavano insieme con i loro preziosi pupazzi. Calma e felice, Rain lo lasciò fare, poi lo guardò negli occhi. "Baciami." Sussurrò, sicura di non essere sentita da nessuno. Innamorato, Stefan stava per accontentare la moglie, felice quanto lei di poterla baciare, ma venne interrotto da una voce purtroppo familiare. "Argh, siete così zuccherosi già di mattina..." Coperta da capo a piedi di neve fresca, Karon era apparsa nel salotto dei piccioncini senza neanche farsi scoprire, usando i suoi portali magici. "Non vi siete neanche accorti che io ero..." stava come al suo solito sparlando a vanvera, quando le strane decorazioni del salotto attirarono la sua attenzione rendendo la sua voce flebile fino a zittirla. Perplessa guardò un albero che non doveva esserci e i vari festoni dorati e lucette ovunque. "Perchè avete un albero piantato in casa?" Chiese, confusa. "Perchè è Natale!" Spiegò Terra, entusiasta all'idea di festeggiare. "Natale?" Ripetè, Karon, ancora più perplessa mentre non riusciva a togliere gli occhi di dosso a quell'albero. Incredula, si grattò la nuca, e nel mentre, cercò di capire cosa si fosse persa. "È una festa bellissima, e c'è ogni anno. Le persone si incontrano, si scambiano regali, e..." continuò la bambina, sempre più felice ma interrotta dalla voce della madre. "E passano il tempo insieme." Disse infatti Rain, completando quella frase per la figlia. "Ah, da me non c'è questa usanza." Rispose a quel punto Karon con una punta di rimpianto nella voce, pensando che doveva essere davvero una bella festività."Succede ogni anno. Ogni famiglia ne sceglie uno, poi lo addobba con gli ornamenti e le luci che vedi. Dì, ti piace?" Rispose Rain, azzardando poi quella domanda. "È..." iniziò a dire, cercando il termine adatto mentre i suoi occhi guizzavano da un'addobbo all'altro, fissandosi sui due fiocchi di neve di carta, enormi. "...molto appariscente." Finì di dire, meravigliata. "Beh, grazie! Stefan ed io ci impegnamo fino allo spasimo ogni anno perchè riesca al meglio. Vero, tesoro?" Rispose a quel punto Rain, imbarazzata dallo strano complimento appena ricevuto. In risposta, Stefan annuì subito con vigore, e nel farlo, si sporse dal divano per prendere in braccio la piccola Rosie e toglierla dal pavimento freddo. "Certo!" Disse poi, dando ragione all'amata moglie. "E pensa, stavamo per iniziare a passare qualche attimo insieme dopo tutto questo lavoro. Un marito come lui se lo merita, non credi?" Aggiunse poi la donna, mostrando, con quelle ultime parole, di aver definitivamente perso la testa per l'uomo che amava. "È un modo non troppo velato per dirmi che sono di troppo, principessa?" Chiese Karon a quelle parole con un ghigno malefico sul viso. "Oh, no! Anzi, sei fra gli invitati! Non hai visto nessun altro fra la neve mentre venivi qui?" Replicò Rain, spiazzata da quel fraintendimento e preoccupata per il resto degli ospiti. In quel momento, Karon sbattè le ciglia, stupita da quelle parole. "In verità, io sono arrivata con il portale, non... non sapevo neanche di essere invitata." Disse poco dopo, scoppiando a ridere divertita dalla quella coincidenza. "Adesso lo sai, streghetta." Rispose Stefan, prendendola bonariamente in giro mentre teneva gli occhi fissi su quel maestoso albero. "Adesso lo so." Ripetè lei con il sorriso sulle labbra mentre si rivolgeva con curiosità a Rain. "Dimmi chi hai invitato quest'oggi?" Chiese, scivolando nel silenzio in attesa di una risposta. "Nessuno, solo Rachel, la cara Leader, i nostri parenti, mia sorella e i suoi tre figli, e... il tuo ragazzo." Rispose Rain, sincera e sorridente nello stilare quella lista. "Anche Maddox?" Indagò, colpita. A quella notizia, la ragazza divenne rossa come un pomodoro, emozionata come un'adolescente. Per nascondere i propri sentimenti, cercò di togliersi dalla visuale di chiunque potessa vederla in  faccia e finse di dedicare particolare attenzione per alcuni addobbi alla finestra. "Anche Maddox." Le fece eco Rain, giocando sulla sua debolezza in campo sentimentale. Con tristezza, Karon guardò gli abiti che aveva addosso e sbiancò di colpo. Era con un vecchio kimono marrone che usava per gli allenamenti con la katana e non era certo nuovo di zecca. "Sapendolo mi sarei preparata meglio." Borbottò fra sè e sè. "Su, non fare quella faccia! Puoi sempre usare la magia per cambiarti, no?" Rispose Rain, cercando di risollevarla. "Giusto!" Replicò la ragazza, ritrovando subito l'energia necessaria. Quando c'era di mezzo il suo innamoramento per Maddox non capiva più nulla, era come perdere la bussola! Ringraziando al volo la principessa per l'idea, corse in bagno a  cambiarsi e in uno sbuffo di fumo rosso, il suo straccio si trasformò in comodi abiti di Ascantha. "È davvero innamorata." Commentò Rain, posando di nuovo lo sguardo sul marito e sorridendo mentre tornava a sedersi accanto a lui. "Vedremo quanto durerà." Rispose Stefan a quel commento con cinismo mentre la stringeva a sè con una mano sulla vita. "Vedremo." Gli fece eco lei, strizzando l'occhio nella sua direzione e alzando per un attimo lo sguardo, notando un particolare che lui pareva aver dimenticato. "Stefan, siamo sotto al vischio." Sussurrò, ancor più presa dall'intimità del momento. A quelle parole, anche lui alzò lo sguardo, ritrovandosi ad osservare quella manciata di vischio che la moglie aveva sparso per tutto il salotto, e sogghignando malizioso, avvicinò ancora di più la moglie. "Vieni qui, principessa." La chiamò, tentandola con la voce. "Come vuoi, mio principe." Rispose lei, obbedendo a quella sorta di ordine e lasciandosi abbracciare prima di concedergli un bacio lungo, dolce e pieno di passione. Completamente rapito, Stefan le strinse una ciocca di capelli, avvolgendola tra le dita, e le fece inclinare leggermente la testa di lato per approfondire quel bacio e prenderne il controllo. Il tepore delle labbra di lei lo inebriò all'istante. Lasciandolo fare, Rain quasi gemette, poi costretta a fermarsi. Un suono familiare la distrasse, e staccandosi dall'amato, si accorse che qualcuno stava bussando. Alzandosi dal divano, andò ad aprire, scoprendo che finalmente Rachel e Lady Fatima si erano unite a loro nel festeggiare il Natale. Sorprendentemente, anche Karon sentì quel bussare, e incuriosita, raggiunse la porta di casa con il fiatone, rimanendoci malissimo nel vedere che non si trattava del suo uomo. Con crescente malumore, andò a sedersi su una poltrona libera, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio, intenzionata a non alzarsi fino all'arrivo di Maddox. Nel frattempo, Lady Fatima aveva salutato Rain con un lieve sorriso, scostandosi e facendo entrare la sua Rachel per prima. "Rain, tesoro, sei splendida quest'oggi." Disse poi alla padrona di casa, facendole i complimenti per il suo aspetto in un giorno così importante. "Non più di voi, milady." Rispose Rain a quel complimento, mostrando rispetto per la donna ed esibendosi in un piccolo inchino. Alla sua vista, i cani di famiglia fecero lo stesso, ed essendo il più piccolo dei tre, Max risultò tanto goffo quanto adorabile. Compiaciuta da quella dovuta riverenza, Lady Fatima sorrise lieve e ammirò le numerose decorazioni della casa.  "Un lavoro adorabile, cara. Permettimi di dirlo, in confronto il castello sembra spoglio!" Aggiunse poco dopo, esprimendo il suo onesto parere. "Signora! La smetta, la prego!" Replicò a quel punto Rain, quasi imbarazzata. "Fatima, ha ragione. Così sverrà!" Osservò Rachel, invitandola a desistere dal fare complimenti. Scivolando nel silenzio, la donna sorrise divertita, trovando per sè stessa e per la sua ragazza un posto sul divano. Mettendosi comoda sul divano di casa Gardner, Rachel fu felice di avere la sua donna accanto, e si sentì bellissima nel suo vestitino da elfa, verde come l'erba in primavera. "Il vestito fa parte dell'usanza?" Chiese Karon in quel momento, decisamente attratta da tutte quelle stranezze mai viste prima. No, ma ad alcuni piace travestirsi. Guarda Chance!" Rispose Lady Fatima, indicando il cane dal pelo biondo, che oltre ad un maglione natalizio indossava anche delle finte corna da renna. Con una perplessa alzata di sopracciglia, la strega fissò Chance come se lo vedesse per la prima volta. "Ah, meticcio, ci sei anche tu." Osservò, quasi seccata dalla sua vista. Per tutta risposta a quell'insulto, il cane ringhiò ritraendo le labbra e scoprendo i denti, per nulla contento di essere considerato tale.Non badando alla risposta di Chance, Karon alzò gli occhi al cielo, ridacchiando divertita, e poi, annusando l'aria come un cane, un nuovo profumo le arrivò sotto al naso. "Rain cos'è quest'odore?" Chiese incuriosita, capendo che arrivava dalla cucina. "Sono biscotti, Karon. Terra ha insistito perchè li preparassi, e a quanto pare, sono pronti." Rispose la donna, mantenendo la calma e voltandosi, per poi sparire per un attimo dalla sua vista e raggiungere la cucina. Come un segugio, Karon la seguì a ruota e, avvicinandosi, la vide estrarre dal forno la teglia colma di biscotti scuri. "Hai aggiunto qualche spezia particolare?" Chiese, sempre più incuriosita da quel dolce aroma che non riusciva ad individuare nella sua memoria. "Sembrano diversi da quelli che prepari di solito." Osservò poi, ricordandosi quelli di Halloween e non potendo evitare di sentire l'acquolina in bocca. "Pan di zenzero, nient'altro." Rispose Rain, sorridendo mentre tornava nel salotto e posava la teglia sul tavolino lì accanto. "Ecco cos'era quell'odore!" Esclamò a quel punto la strega, colta alla sprovvista da quella novità. Senza alcuna esitazione, ne prese uno dalla teglia, raffreddandolo con un pò di magia che le scaturì dalle punte delle dita in microscopici cristalli di ghiaccio, e lo morse. "Principessa ti ho mai detto che amo la tua cucina?" Azzardò con entusiasmo mentre, sedendosi, gustava il suo biscotto. "No, ma ti ringrazio." Replicò Rain, grata e orgogliosa di sè stessa mentre guardava con orgoglio le sue creazioni. Sorridendo debolmente, si voltò verso il camino, poi indicò uno dei ciocchi di legna e schioccò le dita. "Chance, per favore." Pregò, sperando che il cane riuscisse a darle una zampa con le faccende domestiche. "Non penserai mica che abbia capito un comando del genere il meticcio?" Commentò Karon, prendendo in giro il cane e la sua intelligenza. Quest'ultimo, capendo perfettamente, sfilò davanti alla donna con tutto l'orgoglio di cui era capace, e prendendo un ciocco di legno dalla cesta accanto al camino con la bocca, lo sputò poi con soddisfazione dentro il camino già acceso, facendo attenzione al proprio pelo così da non bruciarsi. "Dicevi, streghetta?" Rispose a quel punto Stefan, orgoglioso del cane di famiglia. Non sapendo cosa dire, Karon borbottò sotto voce, incrociando le braccia al petto e rimettendo il broncio. Chance, tutto fiero, trotterellò dal suo padrone per una carezza o anche due. Sorridendo all'amato cane, Stefan si abbassò fin quasi a inginocchiarsi, poi gli accarezzò la testa. "Sei un bravo cane, Chance." Disse poi, facendogli i complimenti. Come a dar ragione al padrone, Chance abbaiò una volta, zampettando felice sul pavimento e girando su se stesso. A quella vista, la piccola Terra rise divertita, e afferrando un omino di pan di zenzero dalla teglia, lo mostrò all'amico peloso. "Al volo, bello!" Quasi urlò, lanciandolo nella sua direzione. Abbaiando entusiasta, con gli occhioni che brillavano, Chance saltò per afferrare il biscotto che la piccola padroncina adorata gli lanciava. In un attimo si ritrovò a sbriciolarlo tra i denti e a condividere i pezzi più grossi con il piccolo Max. Abbaiando felice a sua volta, Max rosicchiò quel biscotto con gusto, finendo anche per leccare il tappeto alla ricerca di briciole appartenenti a quella delizia. Una volta fatto, si avvicinò alla catasta di legna accanto al camino, e tirandone fuori un semplice rametto, si accucciò, giocandoci e tenendolo fermo fra le zampe. Vedendo che il cucciolo si era sistemato tranquillo per conto suo, Chance andò dalla sua bella Myra e le diede una lieve smusata sul collo, come in una coccola.Per nulla sorpresa da quel gesto, Myra rispose per le rime, leccando il muso del cane dongiovanni e guardandolo fisso negli occhi per un attimo. Era strano a dirsi in quanto non fosse umana, ma in quel momento, anche lei sembrava essere diventata rossa come il fuoco che intanto scoppiettava rompendo saltuariamente il silenzio. Leccandole a sua volta il muso, Chance si sdraiò poi sul pavimento, fissando la propria amata con occhi innamorati e invitandola a rilassarsi accanto a lui con un lieve movimento di coda. Silenziosa, Myra accettò quell'invito, e sdraiandosi al suo fianco, cercò la sua zampa, imitando la padrona e suo marito. Felice, Chance accettò la zampa di lei sulla propria e, respirando veloce, tornò a guardarla negli occhi per poi portarli di nuovo a controllare Max. Calmo e tranquillo, Max continuava a giocare mordicchiando quel legnetto, ringhiando divertito nel vedere che continuava a sfuggirgli. "Fatima, tesoro, ho freddo." Disse Rachel, non potendo evitare di lamentarsi per l'aria che spirava nell'intero salotto nonostante in realtà detestasse farlo. "Vieni qui." Replicò la Leader in risposta, mentre osservava i suoi abiti leggeri e la invitava ad abbracciarla per tenerla al caldo. "Ti sei vestita troppo leggera, gattina." Aggiunse, preoccupata per lei. Annuendo lentamente, Rachel si avvicinò all'amata, trovando il suo abbraccio caldo e rassicurante. "Perchè non ti scaldi? Il caminetto è accesso." Rispose Karon, intervenendo a sproposito come al solito. A quell'intervento non gradito,  Lady Fatima lanciò un'occhiataccia fulminante, senza tuttavia dire nulla. Risparmiando il fiato, si limitò a  stringere a sè la propria donna, scaldandole le braccia con le mani. "Va meglio, Rachel?" Chiese con dolcezza. "Molto meglio, amore mio." Rispose la ragazza, sorridendo e avvicinandosi a lei per un bacio. Con un sorriso soddisfatto dipinto in volto, la bella Leader posò la mano dietro la nuca di lei e l'avvicinò ancora, fino a che le loro bocche non si incontrarono per un bacio dolcissimo. Felice, Rachel accettò quel bacio, poi affondò la mano nei capelli corvini della sua lei, facendo scivolare le dita con lentezza ed evitando di farle male nonostante le unghie lunghe e laccate di un pallido rosa. Godendo appieno di quel bacio, la donna si beò nel sentire il suo tocco su di sè e, mettendo fine a quell'intima unione, le carezzò le guance pallide con entrambe le mani tiepide. Lasciandola fare, Rachel non si scompose, e respirando a fondo, decise di parlarle. "Ti amo." Confessò semplicemente, sincera come non mai. "Ti amo anch'io, Gattina." Rispose Lady Fatima con dolcezza rara per lei, ma che sentiva sincera e appartenente al proprio cuore. In silenzio, accarezzò di nuovo le guance della sua Rachel lentamente, baciandola ancora una volta. Senza dire altro, Rachel finì per arrossire, poi sorrise, sollevando una mano solo per chiederle mutamente di smetterla. Obbedendo a quella richiesta, Fatima continuò a stringerla comunque fra le sue braccia, rimanendo in silenzio. "Un giorno dovrai dirmi perchè continui a chiamarla in quel modo ridicolo." Proruppe allora Karon, stanca, stufa marcia di vedere effusioni ovunque e sentire quel soprannome, "gattina" che ormai le rimbombava nella mente come un'eco infinita. "Posso dirtelo anche adesso, cara. L'hai vista? È così dolce e adorabile, quale altra parola suonerebbe meglio?" Rispose Lady Fatima, orgogliosa dell'amore che provava per la ragazza. "I gatti non sono dolci e adorabili." Replicò la strega con espressione neutra, pensando che forse però lei detestava i gatti soltanto perché la sua natura animale la influenzava fin troppo. "Oh, lei sì, Karon. Lei sì." Ribattè la donna, sorda alle sue becere idee. "E io che pensavo la chiamassi così perché ti fa le fusa a letto." Disse a quel punto Karon con un ghigno malizioso sul volto mentre già provava disinteresse per le due donne e per quel discorso. "Beh, sbagliavi, ma puoi comunque pensare quello che vuoi, signorina. A noi due non importa." Replicò la donna, ignorando pesantemente quella povera strega e tornando a tenere strette le mani della sua Rachel. "Figuriamoci se mi importi qualcosa di voi due." Disse poi Karon, mettendo fine al discorso e sentendo una voglia enorme di allontanarsi da quelle due il più in fretta possibile. In silenzio, si alzò dalla poltrona, poi raggiunse la porta di casa.  "Principessa qui c'è fin troppo miele per i miei gusti, esco un pò per non beccarmi il virus. L'avvisò, afferrando la maniglia della porta e mostrandosi pronta ad uscire. "C-Certo, va... va pure." Biascicò Rain a quelle parole, preoccupata per la neve che continuava a cadere e che avrebbe potuto degenerare in una tormenta. "Tranquilla principessa." Le disse lei in tono rassicurante capendo la preoccupazione della donna. * "Io non posso ammalarmi." Aggiunse, facendole l'occhiolino e uscendo di casa con un sospiro stanco. Utilizzando la magia su sè stessa, non sentì il freddo e la neve che colpivano il maglione pesante e i pantaloni aderenti, e si chiese quanto ancora avrebbe dovuto aspettare l'arrivo del suo amato. I piccoli le mancavano così tanto! Solo e pensoso, Maddox non faceva altro che camminare nella neve che aveva ricoperto i tetti delle case di Ascantha, tenendo la piccola Seira fra le braccia e il tenero Jared nel suo passeggino, che spingeva senza alcuna vergogna. Era stanco, e aveva il fiato di chi corre da tutta una vita, ma non importava. Voleva solo rivedere la sua Karon e mostrarle i progressi e i traguardi che i bimbi avevano raggiunto, oltre a una sorta di piccola sorpresa. Camminando su e giù davanti alla porta di casa Gardner con un senso di impazienza che non riusciva a togliersi di dosso, Karon non si accorse lì per lì di qualcuno che la osservava da lontano. Con la coda dell'occhio, intravide un uomo che portava due piccini. I suoi piccini! Quando capì chi era gli occhi le si colmarono di lacrime d'emozione e gli corse incontro. "Maddox!" Esclamò, colta di sorpresa. "Karon!" La chiamò lui in risposta, sbracciandosi per salutarla mentre teneva in braccio la loro figlioletta. Trattenendo a stento la gioia di rivedere la sua piccola famiglia, Karon si buttò fra le braccia del proprio amato, stringendo lui e la piccolina che aveva tra le mani l'uomo e, senza aspettare oltre, gli catturò le labbra in un bacio disperato. Gli era mancato da morire! "Tesoro! Vedo che sei felice, ma che ci fai qui?" Disse lui non appena quel bacio mozzafiato ebbe fine, felice quanto o forse perfino più di lei. "Oh, è stata tutta una coincidenza! Non sapevo neanche di essere stata invitata da Rain oggi! Avevo solo del tempo libero dopo gli allenamenti con mio padre e sono venuta a trovare tutti." Rispose lei facendosi d'un tratto timida mentre, arrossendo, gli prese dalle mani Seira e, mentre si accucciava per ammirare il suo piccolo maschietto dentro il passeggino gli disse quello che davvero l'aveva smossa lontano dalle sue Terre. "Mi mancavi troppo, non ce l'ho fatta a stare un altro giorno senza di te. Di voi." Aggiunse poi con voce flebile mentre stringeva a sè la piccola. Tu piuttosto, cosa ci fai qui fuori al freddo! Non dirmi che hai fatto a piedi tutta la strada dal castello! Non potè evitare di chiedere,  preoccupata per la salute di tutti e tre, e senza aspettare oltre, passò la propria magia su di loro, scaldandoli come un fuoco tiepido. "Beh, Rain ha invitato anche me, e mi mancavi tanto anche tu, streghetta mia." Rispose Maddox, sincero e innamorato perso della sua donna. Tenendo ben alta su di loro la fiammella che le usciva dal palmo, Karon arrossì peggio di prima a quelle parole e si sciolse come neve al sole. "Dai, entriamo, non voglio che vi ammaliate." Disse con dolcezza mentre posava dolcemente la guancia sulla spalla dell'uomo. "Hai ragione, andiamo." Replicò lui, annuendo e trovandosi costretto a darle ragione. Così, a passi lenti, arrivò a casa di Rain con Karon e i bambini, salutando anche gli altri presenti. Sorridendo felice a Rain, Karon le si avvicinò con la piccola ancora tra le braccia e, impacciata, la ringraziò per aver invitato anche Maddox e  i suoi figli. Senza di lei non sarebbe riuscita a vederli quel giorno. Guardando l'amica negli occhi, Rain non disse nulla, ma sorridendo, sentì di aver estinto una sorta di debito con lei. Tornando da Maddox, la strega continuava a fissare la piccola meraviglia che teneva tra le braccia. Non lo diceva mai, ma andava fiera dei suoi bambini, il solo fatto che fossero suoi la riempiva di orgoglio. Prima di finire ad Ascantha era convinta di non riuscire a fare nulla di buono nella sua vita, ed ora eccola lì a benedire quella pugnalata del fratello minore che l'aveva costretta a rifugiarsi in quel regno remoto. Voltando inaspettatamente lo sguardo verso la madre, la piccola Seira le sorrise, poi lasciò uscire dalle piccole labbra un versetto a dir poco adorabile. Affondando completamente in un brodo di giuggiole, Karon la trovò semplicemente dolcissima. Esattamente come il gemello, vantava un occhio viola e uno color ghiaccio, e i capelli erano una zazzera nera. In altre parole, li trovava entrambi adorabili e perfetti. Prendendo lo sguardo della madre come una specie di complimento, la piccola sorrise ancora, e quando questa prese posto sul divano, iniziò subito a fare i capricci. A quanto sembrava, Rachel le faceva paura, o semplicemente non le piaceva. "Karon! Tu... tu hai una figlia? Non lo sapevo, è così carina!" Commentò Rachel alla vista di quel piccolo angelo, avvicinandosi e cercando di accarezzarle una delle guanciotte paffute. Sobbalzando spaventata da quello scoppio di lacrime e pianto, Karon cercò in tutti i modi di calmarla, cullarla e dirle dolci parole non servirono a granché e quando Rachel si avvicinò per toccarla, la piccola Seira esplose ancora più fragorosamente. "Non capisco, è come se avesse paura di te!" Disse a quel punto Karon mentre tentava in tutti i modi di calmarla. "Cosa? E che avrebbe tua figlia contro la mia gattina?" Replicò Lady Fatima, colpita e confusa allo stesso tempo. "Se lo sapessi risolverei il problema, non credi?" Rispose lei a tono mentre pensava alla natura del problema e asciugava le lacrime della piccola con le proprie dita. "Non ha alcun senso! Rachel non farebbe del male a una mosca!" Si lamentò la donna, non riuscendo a credere ai suoi occhi. "Lo so!" Disse Karon in risposta, iniziando ad esasperarsi. Poi, un'idea le balenò nella mente. Come un cane, la strega avvicinò il naso sensibile a Rachel, scoprendo lo stomachevole odore dolce mischiato a quello di un gatto bagnato, che sentiva perché aveva lo spirito del lupo dentro di lei. "Possibile che anche Seira...?" Si chiese, incerta e dubbiosa. "Maddox!" Chiamò all'istante, decisa a fargli una domanda che forse avrebbe chiarito tutto. "Sì, tesoro mio?" Rispose lui, voltandosi subito verso la bimba e la donna che amava. "Una domanda, per caso in mia assenza i piccoli hanno dato sintomi di magia o trasformazioni? * Chiese la donna con più sicurezza mentre lo guardava negli occhi con un ghigno divertito sulle labbra. Non sapendo cosa rispondere, l'uomo la guardò, poi mostrò un sorriso colmo d'incertezza. "Sorpresa." Biascicò soltanto, a voce bassa e quasi inudibile. "Ah. Tutti e due?" Azzardò, sapendo che esisteva la forte possibilità che i piccoli avrebbero potuto ereditare i suoi poteri, anche se non così presto. "Sorpresa?" Ripetè l'uomo, sentendosi quasi in colpa per non aver detto subito la verità. Non riusciva a crederci, tutti e due! Per nulla preoccupata a quella notizia, anzi molto divertita, scoppiò in una fragorosa risata di tutto cuore e, stringendo la piccola a se' si alzò dal divano, intenta ad aumentare la distanza fra Rachel e Seira. "Non prenderla sul personale, Rachel, Seira non riesce ancora a controllare i suoi istinti." Rispose. tra mille lacrime di riso."Vedi? Vedi perchè preferisco stare con la mia Fatima?" Rispose la ragazza, indignata da tutti i comportamenti sbagliati che Karon aveva avuto con lei, ma tenendo comunque la bambina fuori dalla questione. "Non lo vedo e neanche mi interessa, cara mia. E ora scusami, ma dei figli a cui badare." Disse a quel punto lei con un ghigno mentre ancora ridacchiava divertita per poi darle finalmente le spalle e, sedendosi vicino all'albero addobbato, cercare Jared con lo sguardo. Ancora vicino al padre, il piccolo stava in piedi, e guardandosi intorno, cercava di camminare tenendogli le mani. Data la sua statura, qualunque cosa gli appariva enorme, e alla sua vista, Karon sospirò di sollievo, ma prima di andare ad abbracciarlo, decise di farla pagare alla bella gattina, architettando per lei uno scherzo premeditato. Soltanto guardandola, si concentrò a fondo, poi sorrise malignamente. Nel farlo, sentì subito il solletico fastidioso della magia memtre scorreva, e facendo in modo di incontrare gli occhi di Rachel, instaurò una specie di legame magico, passando attraverso mente e occhi un innocuo incantesimo. Confusa, la ragazza scosse più volte la testa, poi si accorse di alcuni strani cambiamenti. Improvvisamente, la presenza di Lady Fatima le fu ancora più di conforto, e le luci che splendevano sull'albero di Natale parvero ipnotizzarla. Alzandosi dal divano, si avvicinò al grosso abete, e con la mano, fece dondolare con insistenza qualche pallina. Alla sua vista, Rain rise di gusto, poi iniziò a preoccuparsi. Dov'erano sua sorella e i suoi genitori? Non lo sapeva, ma più ci pensava, più andava in ansia. "Rachel?" La chiamò la Leader, preoccupata e divertita al tempo stesso dallo strano comportamento che aveva avuto la ragazza tutto ad un tratto. "S-Sì?" Rispose la ragazza, voltandosi di scatto verso la donna e ritirando velocemente la mano, come una bambina colta a combinare una marachella. "Ti piace così tanto l'albero?" Chiese poi con dolcezza, ammorbidendo i tratti del volto. "Eh? Oh, sì! Vedi, io... io adoro questi colori." Balbettò, senza sapere come giustificare quell'improvvisa ma divertente follia. "Mi fa piacere, ma fai attenzione a non rompere nulla, gattina." Rispose la donna con divertimento. "Certo! Guarda, non... non lo tocco più." Rispose a quel punto la ragazza, indietreggiando solo per tornare sul divano e sedersi con lei. Poi, forse ancora sotto l'effetto di quella stranissima sensazione, si fece più vicina, e passandole la mano sul braccio, finì per usare le unghie e rischiare di ferirla. "Rachel, stai buona." Sussurrò Lady Fatima quando sentì le unghie della ragazza sulla pelle, minimizzando l'accaduto pensando che non fosse nulla di grave. "Scusa, amore." Rispose lei, abbassando lo sguardo in segno di vergogna, per poi rialzarlo e rubarle un bacio tanto dolce quanto profondo. Silenziosa, la Leader accettò quel bacio con altrettanta dolcezza e passione, passandole una mano sul collo pallido in una carezza lieve, godendo di quel piccolo piacere. Per niente tranquilla, Rachel rinunciò ad approfondire quel bacio, e sentendo di stare davvero per perdere il controllo, divenne rigida come un'asse di legno. "Rain, potrei... potrei avere del latte?" Chiese, sperando che bere qualche sorso di quell'immacolata bevanda l'aiutasse a distendere i nervi. Annuendo, Rain raggiunse subito la cucina, poi le portò un bicchiere colmo. "Rachel, ti senti bene?" Chiese a quel punto Lady Fatima, mentre la vedeva bere avidamente il bicchiere di latte fresco, iniziando a preoccuparsi da quell'insolito comportamento. "Sì, non preoccuparti, avevo solo sete, tranquilla." Rispose la ragazza, finalmente calma. "Va bene." Rispose infine la donna, tenendola d'occhio e concedendole il beneficio del dubbio. Poco dopo, Chance e Myra tornarono sulla scena, occupati a controllare il loro cucciolo e quelli di Karon, che sempre insieme al papà, camminavano per il salotto fino a raggiungersi e sfiorarsi le manine, facendo morire di preoccupazione la povera madre, spaventata a morte alla sola idea di vederli farsi male cadendo o inciampando nell'antico tappeto steso sul pavimento. Capendo di non poterli più vedere camminare e ondeggiare in quel modo preoccupante, Karon dovette fare ricorso a Rain, chiedendole aiuto al riguardo. "Principessa." La chiamò mentre le si avvicinava. "Odio chiedere favori ma... non hai per caso qualche gioco per i piccoli in modo che si tengano impegnati? Muoio nel vederli in piedi in quel modo." Disse semplicemente, con la voce tremante e spezzata dall'emozione. Colta alla sprovvista da quella richiesta, Rain si fermò a pensarci, poi ebbe un'idea. Anche lei aveva dei figli, e nonostante ora fossero grandi per quel tipo di giocattoli, ciò non significava che non li avesse conservati. "Sì, dovrei avere qualche vecchio sonaglio di Terra, e se vuoi, anche un cubo di spugna." Rispose poi, sorridendo felice. "Grazie, principessa!" Rispose la strega con enorme sollievo mentre continuava a tenere d'occhio i propri cuccioli."Di niente, Karon, figurati." Replicò Rain, spostando lo sguardo sui bambini per un attimo e trovandoli adorabili. "Ehi, Stefan?" Chiamò poi, sperando che l'uomo riuscisse a sentirla nonostante fosse indaffarato in cucina. "Sì, tesoro?" Chiese l'uomo mentre usciva dalla cucina sentendosi chiamare dalla moglie e raggiungendola immediatamente. "Potresti andare su in soffitta a prendere qualche vecchio giocattolo delle bambine? Per favore!" Lo pregò Rain, avvicinandosi e stringendolo delicatamente fra le braccia. "A cosa ti servono?" Chiese Stefan, decisamente incuriosito da quella richiesta inaspettata. "Sono per Karon. I piccoli la stanno facendo impazzire." Ammise Rain, sorridendo con dolcezza nel guardare quei dolcissimi bimbi. Era strano, ma farlo le ricordava qualcosa che ancora non aveva detto, e che aspettava di rivelare nel momento più opportuno. "Impegnativi eh?" Chiese lui a Karon con uno sguardo d'intesa mentre ripensava ai primi tempi in cui avevano avuto Terra, e capendo al volo la situazione, accettò di portare i giocattoli. "Torno subito, tesoro." Disse poi alla moglie, salendo nella soffita polverosa solo dopo averle dato un lieve bacio sulla fronte. "Ti aspetto, mio eroe." Rispose lei nel vederlo andar via, per poi toccarsi il ventre piatto non appena il marito sparì dalla sua vista. Se Stefan non aveva visto quel gesto, a Karon non era di certo sfuggito e, con noncuranza, glielo chiese. "Hai mal di stomaco, principessa?" Colta in flagrante, Rain non se la sentì di mentire, e guardando l'amica strega negli occhi, prese un respiro profondo. "Te lo dirò, ma non devi farne parola con nessuno." Esordì, prendendosi il tempo necessario a pensare alle parole giuste da usare per raccontarle la verità. "Oh." Iniziò col dire Karon mentre si sfregava le mani e un sorriso divertito le si dipingeva in volto.  "È un segreto?" Azzardò, curiosa. "No, ma nessuno ne sa ancora niente, va bene?" Replicò la donna, improvvisamente irritata. "Okay." Disse Karon mentre sbatteva le palpebre perplessa, non capendo proprio cosa voleva dirle di così importante e inconfessabile. "Non so come dirlo, quindi lo dirò e basta. Sono... sono incinta." Confessò Rain, sentendosi immediatamente più leggera. Di nuovo? * Chiese l'amica in un sussurro sbalordito e felice per lei mentre si guardava attorno, cercando di non attirare l'attenzione di tutti. "E il campione ancora non lo sa?" Aggiunse poi, confusa. "No, e non so quando parlargliene. Insomma, questo bambino... è il suo bambino!" Ammise la donna, piena di dolore e vergogna. "Sta ferma." L'ammonì la strega con più serietà mentre le posava una mano aperta sul ventre. Tramite la magia riuscì a vederlo chiaramente nella sua mente e intravedere degli scorci di futuro. È un maschio.... e sano come un pesce, ragazza." Rivelò poi lei mentre toglieva la mano e le sorrideva con più gentilezza. "Glielo dirai oggi?" Non potè evitare di chiedere, morendo dalla curiosità. "Te l'ho detto! Non lo so!" Ripetè Rain, con mille pensieri in testa e un'incredibile confusione nell'anima. Quella dolce creatura apparteneva ad entrambi, e Stefan doveva saperlo, ma no, non aveva il coraggio di dirlo. "Scusa, come hai fatto con Terra e Rose?" Chiese allora Karon cercando di riportare l'amica alla calma. "Beh, ricordo che l'ho detto e basta, ma sai com'è mio padre... e se rovinassi l'intera cena?" Rispose lei, seria ma titubante. "Allora diglielo in privato. Senza far sapere niente a nessun altro." Propose la strega  mentre i suoi occhi tornavano a controllare i due bambini. "Come? In privato? Oh, Karon, sei grande!" Disse a quel punto Rain, accettando quella proposta e stringendo l'amica in un abbraccio che quasi le tolse il respiro. "Beh, figurati. Per così poco!" Disse l'asiatica ridendo divertita, ma felice di essere riuscita a togliere da Rain quella nube di preoccupazione. Felice come mai prima, Rain sciolse quell'abbraccio, poi, appena fuori casa non sentì altro che il rumore degli zoccoli di un cavallo, e poteva significare soltanto una cosa. I suoi genitori. Finalmente erano arrivati, e lei non vedeva l'ora di aprire la porta. Detestava farli aspettare, ma prima voleva riavere accanto il suo Stefan.  Poco dopo, coperto di ragnatele e polvere, l'uomo tornò finalmente dalla sua importantissima missione, imbracciando giocattolini morbidi di tutti i tipi. Silenzioso, li porse a Karon, non vedendo l'ora di tornare accanto alla propria amata. "Spero vadano bene questi." Disse semplicemente, andando ad abbracciarla. "Grazie, vanno benissimo." Rispose Karon, tornando dai suoi adorati cuccioli e mostrando loro i nuovi giochi che aveva portato. In quel momento, Rain notò Stefan, e avvicinandosi, lo abbracciò ancora. "Bentornato, amore mio." Lo salutò, sorridendo teneramente. "Grazie, tesoro." Disse lui, innamorato, mentre le avvolgeva la vita con un braccio e la stringeva a sè. "Dai, vieni, ci sono i miei genitori." Aggiunse poco dopo Rain, camminando verso la porta. "Bene." Rispose lui soltanto, mentre la seguiva e apriva la porta lui stesso, ritrovandosi davanti l'intera famiglia della sua donna. Uno dopo l'altro, i familiari di Rain invasero letteralmente la casa, a iniziare da sua madre Katia e suo padre Ronan, seguiti poi da Janet e dal dottor Patrick. Perfettamente calmo di fronte agli ospiti, Stefan si comportò da ottimo padrone di casa andando a salutare tutti con calore, senza mai lasciare la mano di Rain. Allietata da quel tocco così leggero, Rain sorrise, e quasi non badando a tutta quella calca di persone, baciò il marito con slanciò, proprio davanti a tutti. Sorridendo nel bacio, Stefan le tenne alzato il mento con due dita con un tocco delicato, felice di quell'allegria che sembrava pervadere la moglie ogni giorno della sua vita. Per tutta risposta, Janet, la madre di Stefan, sbiancò diventando pallida come una morta. "Ragazzi! Suvvia, calmatevi!" Li pregò, provando vergogna per entrambi. "Scusami, Janet, ma non hai idea di quanto avere il mio principe qui in casa mi renda felice." Rispose Rain in quel momento, tentando di giustificarsi. "Madre, qual'è il problema?" Chiese allora Stefan tenendo stretta la moglie, posandole infine un lieve bacio sulla fronte. "Nessuno, ma potreste evitare di esagerare tanto? è una cena importante, questa!" Protestò la donna, volendo solo far valere le sue idee. Niente è più importante della donna che amo, madre." Rispose Stefan pronto e sincero verso i sentimenti che provava per quella donna straordinaria. "Oh, d'accordo! è casa vostra!" Sbottò infine, sconfitta. "Grazie per la comprensione, madre mia." Disse lui per tutta risposta e, sorridendo a Rain, condusse gli ospiti nel salone già stipato. *Prima che lei potesse muoversi, qualcun altro bussò alla porta, e andando ad aprirla, Rain si ritrovò davanti la sorella e i tre nipotini adorati. "Zia Rain!" Gridarono in coro i piccoli, felici di vederla. "Lienard! Erin! Cecilia! Tesori, fatevi abbracciare!" Rispose lei, scoppiando di felicità e accogliendoli in casa con calore. Sentendo delle voci nuove provenire dall'ingresso Stefan raggiunse nuovamente la moglie, scoprendo che era arrivata Alisia con i suoi tre figli "Ciao, Alisia, come stai?" Chiese poi con gentilezza mentre faceva entrare tutte quattro in casa. "Sto bene, Stefan, grazie. Ilmion sta arrivando, è fuori a prendere la mia pelliccia. Non volevo neanche metterla, ma sai, con questo freddo..." Rispose la donna, sorridendo e andando a sedersi comodamente in poltrona mentre guardava i figli divertirsi dividendosi fra i cani di casa e la zia. Pienamente d'accordo con te, questo freddo rischia di far ammalare tutti. Disse lui tanto per conversare mentre si mescolava al resto degli invitati. Poco dopo, anche il marito di Alisia comparve sulla scena, e salutando la moglie con un velocissimo abbraccio, l'aiuto a indossare l'amata pelliccia bianca, che a detto dello stesso Ilmion, la faceva sembrare una vera volpe delle nevi. Vedendo tutti lì, insieme per quel giorno speciale, Stefan non chiedeva altro, e camminando con cautela tra cani, bimbi e giocattoli, si fece strada fino a Rain, abbracciandola con amore. "Siamo tutti?" Chiese, sorridendo debolmente. "Dovremmo, sì, ma dov'è sparita Rachel?" Rispose Rain, andando subito in allarme nel non vedere più la ragazza. "Meglio cercarla." Rispose Stefan con altrettanta preoccupazione e girò il viso da una parte all'altra della stanza, alla ricerca della ragazza della Leader. Annuendo, Rain partì in quarta, e per poco non si scontrò con la Leader stessa. "Lady Fatima, avete visto Rachel?" Chiese, sperando così di velocizzare le ricerche. "Stavo per chiedertelo io, Rain." Disse la cara Leader, preoccupatissima mentre cercava di trovare la sua gattina in mezzo a tutta quella calca. "Mi sono solo girata un attimo ed è scomparsa." Raccontò, con il cuore a mille. "Quindi nessuna idea? La porta è chiusa, non può essere andata lontano." Rispose la padrona di casa, facendo saettare ovunque lo sguardo con immensa preoccupazione. "Sarà sicuramente qui attorno, ma... non riesco a vederla." Continuò, sempre più preoccupata. Poi, incredibilmente, qualcosa catturò la sua attenzione, e le sembrò che l'albero muovesse lievemente, ondeggiando. Aguzzando la vista, Rain si accorse della verità, poi portò le mani ai fianchi. "Rachel! Vieni fuori da quell'albero, avanti!" Disse, quasi sgridandola ma tenendo neutro il tono della voce.Vedendo che Rachel non obbediva a Rain, Lady Fatima intervenne di persona, avvicinandosi e rimanendo quasi sbalordita da come trovò la gattina che continuava a giocare con insistenza con le sfere e i festoni dell'albero. "Rachel." Chiamò, arrabbiata. Voltandosi senza parlare, la ragazza guardò l'amata negli occhi, poi riprese a giocherellare con l'albero di Natale addobbato. "Rachel!" Continuò a chiamarla la donna, più severa di prima. "Insomma, si può sapere cos'hai oggi?" Chiese, confusa. Silenziosa, lei non rispose, e continuando a guardarla, preferì un miagolio alle parole. In quel momento, rimase senza parole, completamente spiazzata. Non capiva se lo stesse facendo apposta oppure no... ma come poteva essere altrimenti?" "Come sarebbe a dire "miao?" Sbottò, seccata. "È colpa mia, milady." Rispose Karon, ammettendo il suo coinvolgimento nell'intera faccenda. "Tu." Disse allora Lady Fatima puntandole al petto il dito indice con forza e socchiudendo gli occhi dalla rabbia. "Avrei dovuto pensarlo che era opera tua." Sibilò, maligna. "Ti ho sempre detto che quel nomignolo mi da fastidio." Rispose la strega, per nulla intimorita da quella reazione. "E hai pensato bene di rovinarle la giornata, vero? Con che coraggio ora ammetti la tua malefatta?" Replicò la donna, sempre più arrabbiata ma nascondendo bene l'emozione agli occhi degli altri ospiti. "Falla tornare come prima. Ora." Ordinò poi secca e lapidaria. A quelle parole, Karon cambiò subito espressione, poi mostrò un sorriso di circostanza. "Lady Fatima, io..." Biascicò, penosa. "No, aspetta, fammi indovinare: tu non sai come farlo." Rispose per lei la Leader mentre le teneva una mano davanti al viso per bloccare quell'inutile ciarlare. "Esattamente." Confessò la donna, non sapendo cos'altro dire. A quell'ennesima conferma, Lady Fatima sospirò, sentendosi stanca. "Mi dispiace, Rain, spero solo che Rachel non combini troppo guai..." Disse soltanto, mortificata. "Tranquilla, Signora." Rispose lei, continuando a guardare la ragazza gatto in questione. "Rachel, avanti! Vuoi un pò di latte? Che ne dci?" Propose poi, cercando di farla scendere. Fatima fece una negazione con la testa, esasperata dal comportamento testardo della ragazza mentre la vedeva ignorare bellamente la proposta di Rain. "Magari provare con uno dei tuoi biscotti?"  "Giusto!" Dai, prendine uno." Rispose lei, ormai stanca di quel comportamento innaturale. In fretta, Lady Fatima prese un biscotto dalla teglia e lo sventolò davanti agli occhi di Rachel cercando in tutti i modi di attirare la sua attenzione. Affamata, Rachel saltò finalmente giù da quell'ormai famoso albero, restando poi in piedi davanti all'amata e guardandola fissamente. Voleva quel biscotto, e l'avrebbe fissata anche per ore pur di averlo. Notando la sua immobilità in attesa di un suo ordine, Lady Fatima glielo porse all'istante. "Ecco qui, gattina. Solo però se ti comporterai bene da adesso in poi. Intesi?" Per tutta risposta, Rachel ignorò per un attimo il biscotto, ma solo per baciarla e far scorrere gli artigli smaltati sul suo viso. "Ti basta come risposta?" Sembrò dirle, incrociando il suo sguardo a effusioni concluse. Doveva ammettere che in fondo quella trasformazione psicologica non era male, e ricambiando quelle effusioni bollenti, le porse infine il biscotto, tornando a sedere sul divano e invitando la sua gattina a fare altrettanto. Obbedendo a quella sorta di ordine, Rachel andò a sedersi, poi morse quel biscotto, e dopo averlo mangiato, si sentì diversa. Le luci del salotto non erano più così belle, le palline dell'albero non le sembravano più giocattoli, e il latte non aveva più quel sapore irresistibile. Con dolcezza, la sua donna le accarezzò i capelli passandole ritmicamente una mano su quelle ciocche setose, aspettando che finisse di mangiare e magari, si calmasse anche. Silenziosa come era solita essere, Rachel masticò con gusto, e una volta finito, si pulì la bocca con un fazzoletto. La cena vera e propria ebbe inizio poco dopo, e sedendosi accanto alla sua amata, si sentì osservata e fuori posto. "Zia, Rachel è divertente!" Disse infatti la piccola Erin, che giocando sul tappeto aveva assistito a tutte le sue prodezze sull'abete natalizio. "Molto divertente." Rispose allora Lady Fatima, ascoltando le parole della piccolina e non potendo che concordare con lei, sorridendo dolcemente alla ragazza. Sorridendo a sua volta, Rain dovette dare ragione alla nipotina, e mangiando lentamente, non disse una parola. Seduto proprio accanto alla moglie, Stefan mangiava con piacere tutto ciò che Rain aveva preparato quella mattina dandosi un gran daffare. Piano, le si avvicinò all'orecchio, e le sussurrò brevi ma veritiere parole. "È tutto buonissimo, tesoro." Inorgoglita da quei complimenti, la donna strinse la mano del marito, poi rispose. "Felice che lo sia, amor mio." Disse soltanto, tenendo bassa la voce. Silenzioso, Stefan strinse lievemente quella presa e le sorrise amorevole, poi si guardò attorno. Tutti erano tranquilli,e nell'aria si sentivano stralci di più conversazioni diverse. Fra un boccone e l'altro, Rain si guardava intorno, incrociando gli sguardi di tutti gli invitati, inclusi i più piccoli, notando che Seira, la figlia di Karon, riusciva a mangiare qualunque cosa la madre le imboccasse, nonostante non si trattasse di pappa per neonati. Sentendosi osservata, Karon alzò lo sguardo e incontrò quello a dir poco sbalordito di Rain e, con un largo sorriso, le fece notare i piccoli canini affilati che la sua bambina già aveva. "Ha preso tutto dalla mamma." Disse con orgoglio, riferendosi alla propria natura animale. Scuotendo la testa, Rain cercò di restare calma, poi guardò il resto degli invitati, ignari della vera natura di madre e figlia. "Crescono così in fretta." Commentò, sperando di riuscire a strappare qualche sorriso. "Anche troppo in fretta." Rispose allora Lady Fatima, onoscendo anche lei quella streghetta e non avendo cun dubbio sull'eredità magica dei due bambini. Improvvisamente senza parole, Maddox bevve dell'acqua dal suo bicchiere, e posandolo, vide che gli ospiti più giovani avevano ormai finito di mangiare. "Mamma, quando apriamo i regali?" Chiese Terra, tanto curiosa quanto impaziente. A quella frase Stefan sorrise divertito, poi si pulì la bocca con il tovagliolo. "Un pò di pazienza, piccola." La rimproverò con aria bonaria, ricordandosi quanto potevano essere impazienti i bambini. "Ma Rosie ed io abbiamo finito! E anche gli altri!" Replicò la bambina, determinata ad avere quello che voleva. Sconfitto, l'uomo sospiro e alzò gli occhi al cielo, poi, poi con il sorriso sulle labbra, si rivolse direttamente a Rain. "Tu che ne pensi, tesoro? Glieli diamo ora?" Chiese, cercando il suo parere. "Beh, la cena è finita, e ha mangiato tutto, perciò sì." Rispose lei, prendendo in braccio la sua piccola e accompagnandola sul tappeto. Annuendo, Stefan ece altrettanto con Rosie che, impaziente quanto la sorella, scuoteva le braccine verso la madre. In silenzio, Rain lasciò andare la bambina, poi le mostrò un pacco. La carta era rossa e brillante, e scuotendolo con impazienza, Terra iniziò a fantasticare sul suo regalo. Dandosi da fare, lo aprì, trovandovi dentro dei fogli di carta e delle matite colorate, ma anche dei pennarelli. Conoscendola, la madre sapeva del suo amore per il disegno, perciò quello era il regalo perfetto per una bambina come lei. Poco dopo venne il turno di Rose, che sollevando il coperchio di una scatola finemente decorata, trovò una bambola, ma non una qualunque, acquistabile in qualunque negozio, bensì una di morbida pezza, cucita dalla stessa Rain. A quel punto Stefan s'inginocchiò in mezzo alle due bambine, ancora intente ad ammirare i propri doni, e scompigliò loro i capelli con amore. "Vi piacciono?" Chiese, orgoglioso della loro gioia infantile."Sì! Grazie mamma, grazie papà!" Rispose Terra, felicissima. "Grazie!" Ripetè Rose, trascinandosi sul tappeto per andare ad abbracciarlo. "Prego, tesoro." Rispose il padre mentre si lasciava abbracciare e la stringeva lievemente mentre con gli occhi cercava quelli di Rain. "Anche il papà ha un regalo da dare, sapete? Alla vostra mamma." Ammise, innamorato come sempre dell'unica donna capace di fargli battere il cuore. "Davvero? E che cos'è?" Chiesero entrambe, parlando all'unisono come gemelle. "Ora vedrete." Rispose lui con tono misterioso mentre si alzava e, avvicinandosi alla sua amata donna, le porse un piccolo pacchetto di velluto. Rimanendo calma, Rain aprì quel pacchetto con curiosità, e in quel momento, gli occhi le brillarono di felicità. Suo marito le aveva regalato una collana, e la pietra che pendeva dalla catenina era azzurra, il suo colore preferito. "Ti piace?" Chiese Stefan con curiosità, approfittando di quella sua piccola distrazione per circondarle la vita con entrambe le braccia e stringerla a sè il più possibile."L'adoro." Rispose Rain, accettando quell'abbraccio senza proteste e crogiolandosi nel suo calore. Sorridendole felice a quelle parole, Stefan le prese la collana dalle mani e le indicò di voltarsi. "Fammi vedere come ti sta." Pregò, vedendola voltarsi lentamente. Annuendo, Rain gli diede le spalle, e lasciandolo fare, tornò a guardarlo a lavoro finito. "Allora che ne pensi?" Chiese, curiosa. "Ti sta d'incanto, amore mio." Disse lui senza fiato per quanto fosse bella. Aveva impiegato un sacco di tempo per cercare qualcosa che le illuminasse il viso splendido e quando si era ritrovato davanti quella pietra azzurrina non aveva avuto alcun dubbio. "Grazie." Sussurrò lei in risposta, stringendolo ancora di più e tenendogli saldamente la mano, innamorata. Tirandola verso di sè con entrambe le mani, e baciandone poi i dorsi, Stefan le indicò con lo sguardo qualcosa sopra di loro. Un rametto di vischio. Stando alle tradizioni natalizie, una coppia avrebbe dovuto baciarsi per augurio di pace e prosperità proprio sotto le sue foglie, e alzando lo sguardo  per un solo attimo, anche lei notò quel particolare, e tornando a perdersi negli occhi dell'amato, diede inizio ad un bacio che mozzò il fiato ad entrambi. Completamente perso e innamorato, Stefan lasciò che la moglie conducesse quel bacio, e stringendola a sè, si sentì l'uomo più fortunato del mondo. "Buon Natale, Stefan." Disse poi lei, non appena quel meraviglioso bacio ebbe fine, avendo cura di posare la mano sul ventre ancora piatto, accarezzandolo con delicatezza. "Buon Natale, Rain." Rispose lui, non notando affatto il piccolo gesto della moglie poichè del tutto perso nei suoi occhi dorati. Intanto, da tutt'altra parte del salotto, Rachel e Lady Fatima continuavano a scambiarsi tenerezze, e improvvisamente una si ricordò del regalo fatto all'altra. Scostandosi dalla sua lei, la Leader si frugò per un attimo nella tasca del vestito per poi estrarne una piccola scatola foderata internamente di velluto rosso. "Questo è per te, e buon Natale, Rachel." Disse poi, guardandola con occhi colmi d'amore. Colta alla sprovvista, Rachel guardò la donna negli occhi, poi, con mani tremanti, afferrò quel piccolo regalo, scartandolo e aprendolo senza la sicurezza che la caratterizzava in sua presenza. Sbalordita, sussultò, non potendo evitare di abbracciarla. Aveva ricevuto un regalo semplice, solo un ciondolo a forma di gatto, che ai suoi occhi, appariva comunque bellissimo. "Tesoro, è fantastico!" Commentò, estasiata. "Sono contenta che ti piaccia." Rispose Lady Fatima, lasciandosi stringere  e passandole una mano sulla schiena in un'intima carezza. "Così tutti sapranno che sei la mia gattina." Disse poi, con malizia. In quel momento, il cuore di Rachel si sciolse, e prendendo la mano della donna che amava, la strinse con dolcezza. "Anch'io ho qualcosa per te, sai?" Le disse, regalandole un sorriso. "Non vedo l'ora di scoprire cosa." Rispose la donna, continuando a guardarla con occhi ardenti. "Calma, è solo un regalo!" Replicò la ragazza, ridendo della sua impazienza. Sorridendo insieme a lei, la Leader attese con pazienza, senza  mai toglierle gli occhi di dosso. Decisa a mostrarle quel che le aveva preso, Rachel si allontanò di poco. "Chiudi gli occhi." La pregò, poco prima di far scivolare la mano nella tasca della veste che portava ed estrarne una scatola molto simile a quella appena ricevuta. "Va bene." Disse lei con divertimento mentre chiudeva gli occhi come promesso e protendeva in avanti la mano e il palmo aperto. Soddisfatta, Rachel aprì quella famosa scatolina, e prendendo per un attimo l'anello che conteneva, glielo porse con misurata compostezza. "Puoi riaprirli." Sussurrò, per poi scivolare nel silenzio in attesa di una sua reazione. In quel preciso istante, la donna riaprì gli occhie osservò il regalo della sua gattina. Sorrise nel vedere che era un anello, praticamente il gemello opposto dell'altro che aveva ormai da tempo. Una F era incisa sopra, brillante e in puro argento. "È perfetto, tesoro." Commentò, felicissima. "Non più di te, amore." Rispose Rachel, aiutandola a infilarlo. "Almeno ora tutti sapranno chi sei." Aggiunse poco dopo, sempre orgogliosa di lei e del loro amore. "E di chi." Finì lei con altrettanta emozione nella voce mentre catturava le sue labbra con le proprie per un bacio passionale. Accettando quel bacio senza sottrarsi minimamente, Rachel cercò di prenderne il controllo, ma fallendo, si arrese. Quel momento era tutto loro e loro soltanto, e nessuno oltre alla sua bella Fatima poteva renderlo perfetto. "Ti amo, gattina." Disse a quel punto la donna, mettendo fine a quel bacio vertiginoso e stringendo a sè la ragazza. "Ti amo anch'io, tesoro." Rispose Rachel, completamente rapita dallo sguardo della donna, persa nei suoi occhi ametista. Innamorata, la Leader le passò una mano sulla guancia, lentamente e con delicatezza, ma per non rovinare il momento, non disse una parola. Lasciandola fare, Rachel accettò quella carezza, poi le diede le spalle per voltarsi verso l'albero addobbato. Le luci erano ancora accese, e tre bambini che non conosceva stavano seduti sul pavimento a giocare e divertirsi. "Adorabili, non trovi?" Chiese, guardandola negli occhi e attendendo una risposta. "Vero." Rispose lei di rimando, avvolgendole la vita con un braccio e osservando quei piccoli bambini giocare con dei peluche  appena scartati dai pacchetti. Sul pavimento si poteva ancora notare la carta colorata, appallottolata e di mille colori diversi. "Sai, un giorno anche Gabriel sarà come loro." Osservò la ragazza tenendo alto lo sguardo, pensierosa. Vedendo quelle creature innocenti giocare spensieratamente, Lady Fatima non potè che annuire, convinta di quelle parole. Poi, notando altri  bambini che giocavano sul pavimento, Karon pensò bene di far divertire i suoi cuccioli con loro, nuove conoscenze non facevano mai male. E così, tenendoli per mano, li condusse fino al tappeto dove, con i giochini che Rain le aveva dato prima, si misero seduti e in silenzio. "Ma che bei pupazzi vi hanno regalato!" Esclamò, notando il cerbiatto e l'unicorno fra le mani delle bimbe. "Grazie! Tutto merito di mamma e papà!" Rispose la dolce Cecilia, stringendo il suo nuovo e morbido unicorno giocattolo e fingendo di farlo galoppare. Erin, la gemella, faceva lo stesso con il suo cerbiatto, mentre Lienard, il fratellino, si divertiva con un trenino colorato. "Grazie! Tutto merito di mamma e papà!" Rispose la dolce Cecilia, stringendo il suo nuovo e morbido unicorno giocattolo e fingendo di farlo galoppare. Erin, la gemella, faceva lo stesso con il suo cerbiatto, mentre Lienard, il fratellino, si divertiva con un trenino colorato. Proprio a quelle parole, Karon ebbe un'idea che avrebbe fatto divertire i bambini almeno per un pò. "Ehi, e se diventassero vivi?" Propose, indicando con aria complice i pupazzi nuovi. "Vivi? Significa che galopperanno davvero? E che potremo accarezzargli le criniere?" Azzardò Cecilia, entusiasta alla sola idea. "Sì, e succederà anche a Ned e Bunny." Rispose Terra, erudendo l'ingenua cuginetta. "Certamente!" Non dico mai bugie." La rassicurò la strega, strizzando l'occhio e facendo apparire nuvolette di fumo rosso sui giocattoli, così da applicare loro quell'incanto innocente.Spaventate, le piccole si ritrassero, e guardando meglio, la piccola Cecilia vide il suo unicorno iniziare a muoversi e passeggiare per il salotto, arrivando quasi a brucare il tappeto credendolo fatto d'erba. "Adesso potrete davvero giocare con loro." Disse a quel punto Karon, come sempre soddisfatta del proprio lavoro. Divertita, seguì con gli occhi il cerbiatto che salttellava tra gli ospiti con grazia. Sorprendentemente, anche il trenino di Lienard era stato colpito dalla magia, e ora si muoveva da solo, fischiando e liberando nell'aria nuvole di fumo grigio. Non volendo perdersi il divertimento, Jared e Seira si trasformarono in lupi, e saltando prima sul divano e poi sul davanzale della finestra lì vicino, il bambino prese ad ululare alla luna, mentre la sorella, avendo puntato il trenino come preda, correva inciampando e rotolandosi sul tappeto. Felici, i piccoli continuarono a giocare, e Stefan e Rain, sempre innamorati, si godettero la scena senza una parola. Poco dopo, i loro sguardi si incrociarono, e con due semplici parole, lei rivelò a Stefan una verità che dato il giorno di festa, poteva essere considerato il regalo migliore di sempre. Prima di dormire, Rain si sdraiò sul letto a pensare a tutto quello che era accaduto in quella giornata di festa. C'era stato amore, c'era stata gioia, c'erano stati regali, e anche rabbia, ma poco importava. Per pura sfortuna, la sua grande amica Samira e il suo amato Soren non avevano potuto unirsi ai festeggiamenti per problemi indipendenti dalla loro volontà e probabilmente legati alla lontanaza dal regno dei genitori di lei, che per questo potevano vedere solo durante feste importanti come questa, ma neppure questo la toccava minimamente. Tutti nella sua grande e allargata famiglia si volevano bene, e quello era il Natale secondo la famiglia Gardner.
 
 
 
Ed eccoci finalmente arrivati al decimo racconto, molto più leggero del precedente, che racconta della festa più gioiosa, attesa e bella di tutte. Natale. Come avete visto, inizialmente tutto pare andar bene, almeno fino all'arrivo in casa della stramba ospite orientale di nome Karon. Vi ringrazio di aver letto anche questo mio lavoro, e prima di andare, spendo due ultime parole per ringraziare la mia amica, che ormai conoscerete e sarete stanchi di sentir nominare, KaronMigarashi. Senza il suo aiuto, la raccolta non sarebbe mai esistita, quindi credo che gran parte del merito sia suo. Grazie ancora, e alla prossima,
 
Emmastory :)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3743861