Nella guerra e nella vittoria. Nella pace e nella vigilanza. Nella morte e nel sacrificio.

di MedusaNoir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In war, victory ***
Capitolo 2: *** In peace, vigilance ***
Capitolo 3: *** In death, sacrifice ***



Capitolo 1
*** In war, victory ***


Nella guerra e nella vittoria. Nella pace e nella vigilanza. Nella morte e nel sacrificio.



In war, victory


 

Quanto avevano viaggiato? Settimane, mesi? Non sapeva quantificarlo. Il Ferelden era grande, reclutare alleati un'impresa ardua e apparentemente interminabile, ma i trattati dei Custodi erano stati onorati. Il traditore Loghain Mac Tir era stato giustiziato, i Cousland avevano avuto vendetta, tutto era andato nel verso giusto – con molte, dolorose perdite lungo la via. Manca solo l'atto finale di quella orrida guerra.

«Sei... Hai fatto in fretta.»

Era uscita per schiarirsi le idee e non si aspettava di trovare Alistair in camera, al suo ritorno. Non così presto. Era difficile perfino guardarlo negli occhi.

«Sarei dovuto fermarmi a fare qualche coccola?» Alistair, re Alistair doveva essersi accorto della punta di fastidio nella sua voce, perché cambiò subito tono. «Sai, l'Arcidemone mi spaventa meno della prospettiva di fare le coccole a Morrigan. Soprattutto di cosa potrebbe succedermi dopo

«Alistair...»

«Lo so.» Si avvicinò a lei, la circondò con le braccia. Era incredibile come un bambinone come lui potesse avere braccia tanto grandi, protettive: Val si sentiva al sicuro nella sua calda stretta. «Le alternative erano poche.»

«Sarei... sarei stata disposta a sacrificarmi!» sbottò Val. Avvertì le guance andare in fiamme per la vergogna, per la pena provata per se stessa.

«Davvero? Io no!» Alistair si costrinse a ridere e Val capì che cercava di farla sentire meno in colpa. Con pessimi risultati. Le mise le mani sul volto, la costrinse a guardarlo negli occhi. «So cosa provi. Non ho paura di morire, ho accettato la mia morte molto tempo fa, quando mi sono unito ai Custodi. La vecchiaia è un traguardo irraggiungibile, e tanto vale morire in battaglia. Ma... ho paura di non avere trascorso abbastanza tempo con te.» Divenne rosso a sua volta, come se udirsi pronunciare quel discorso lo avesse imbarazzato, e distolse lo sguardo. «Val, hai fatto tanto per tutti noi. Ti siamo debitori.»

«Voi?! Non hai idea di che cosa dobbiamo a te, Alistair! Non ti hanno accettato come re solo per il tuo bel faccino!»

«Così mi ferisci, però!»

«Hai salvato il Ferelden!»

«Lo abbiamo fatto insieme.»

«Va bene, insieme, ma ci hanno aiutati anche...»

«Per questo non devi sentirti in colpa se hai cercato una via di uscita.»

Riuscì a lasciarla senza parole. Quella comprensione era esattamente ciò di cui Val aveva bisogno, la consapevolezza di non essere un mostro. Aveva agito una sola volta – una sola – per puro egoismo, per paura di perdere l'amore della sua vita, e ciò la faceva sentire sporca. Però se almeno Alistair, l'unico oltre a Morrigan a conoscere lo scopo di quella notte, riusciva a perdonarla, allora forse anche lei stessa ci sarebbe riuscita, prima o poi. Decidendo di ignorare le conseguenze delle sue azioni per il resto della vita.

Si strinse di nuovo contro il suo petto.

«Nella pace, vigileremo» continuò Alistair, la voce ormai un sussurro. «Nella morte, ci sacrificheremo. Ma domani è tempo di combattere, e noi dobbiamo vincere. Ad ogni costo.»

 

                                                                           ~~~~~

 

Era impossibile calcolare il tempo nelle Vie Profonde, senza alcuna luce da guardare, un'alba da attendere; potevano passare ore, giorni, perfino settimane, con solo la pesantezza degli arti a ricordare il bisogno di una notte di riposo. Capire quanto fosse trascorso dalla loro discesa era impossibile.

Poi, all'improvviso, il tempo aveva cominciato a essere scandito dal battito di Bethany. Il suo cuore rallentava con il passare delle ore, il suono sempre più flebile, mentre la pelle cominciava a mutare colore. Roland se ne rendeva conto solo quando una torcia la illuminava, e allora anche il suo cuore mancava un battito, sapendola preda di un dolore indescrivibile. Il morbo la stava uccidendo.

Non voleva pensarci, non doveva. La mente richiedeva lucidità, i piedi dovevano muoversi uno dopo l'altro, le braccia trasportare la sorella, tutto doveva essere compiuto in maniera meccanica e veloce, perché ora che il tempo poteva essere contato ogni secondo era necessario. E la distanza tra un secondo e l'altro si faceva sempre più lunga.

Anders aveva parlato di un Custode Grigio, lì nelle Vie Profonde. Avrebbe dovuto fuggire da lui, ma aveva scelto di condurre l'intero gruppo alla sua ricerca, perché era il solo modo di salvare Bethany.

"Bethany, oh, Bethany..."

Aveva già perso Carter. Aveva perso la sua città, la sua casa, il suo passato, ma tutto poteva essere superato. Perfino Carter – ammise con amarezza. Ma Bethany no. Non la dolce, piccola, indifesa Bethany, la sua sola ragione di vita. Poteva uscire da quell'intricato labirinto, affrontare faide e battaglie, lottare di nuovo contro un Ogre e un esercito di Prole Oscura, ma nessuna vittoria sarebbe stata tale senza il battito del cuore di Bethany.

Non poteva fermarsi.

 

~~~~~

 

«MORRIGAN!»

Dopo l'urlo di Eliana nessuno aveva più parlato. C'erano stati gemiti di dolore, urla disperate, monosillabi stretti fra i denti. Nessuno aveva pronunciato una parola. Nessun nome, nessun pensiero, la mente vuota: soltanto schemi su schemi, movimenti, incantesimi, fendenti, deviazioni. Dopo quell'urlo, la battaglia sembrava perduta.

Eliana non sapeva se fosse stata la sola a capire che il maestoso drago che era giunto a salvarli, a combattere contro la bestia di Corypheus, fosse in realtà Morrigan; lei stessa era stata presa alla sprovvista, aveva avvertito un nodo alla gola, ma qualcosa le aveva suggerito la verità. Era stato più facile combattere l'esercito nemico sapendo che il secondo pericolo maggiore era impegnato con un degno avversario.

Fino a quando Morrigan non era caduta nel vuoto.

Non era chiaro quale fosse stata la sua sorte, ma da quel momento l'implicito comando era stato uno solo: continuare a combattere. Era la battaglia decisiva, da lì le sorti della guerra sarebbero state chiare, e mollare era un'alternativa impossibile da tenere in considerazione. Lottavano per il Thedas, lottavano per la salvezza dell'umanità; potevano morire tutti – lo ammise con un vuoto nello stomaco – però non Eliana. Lei aveva l'Ancora.

Comprese quindi, con un cinismo che non era mai stato in suo possesso prima d'ora, che non doveva controllare i caduti. Che Cassandra, Varric e Vivienne potevano essere a terra, coperti di sangue, privi di vita e lei doveva comunque fingere che stessero bene, che fosse lì da sola.

Che Varric non avrebbe più potuto scrivere storie sulla sua Kirkwall, la città tanto amata e tanto odiata, nella spasmodica attesa di rivedere Bianca, un giorno.

Che Vivienne non avrebbe più osservato il cielo dal balcone di Skyhold, con la mente già in fremente attesa di un nuovo piano da attuare.

Che Cassandra non avrebbe più sognato un amore da far tremare le gambe, le mani, la schiena, e i Cercatori della Verità non sarebbero più tornati in vita.

Eliana doveva lottare come se loro non fossero lì, o come se la loro morte non fosse possibile. Perdere la guerra significava la distruzione del mondo: la vittoria era l'unico obiettivo da perseguire.





Buonasera a voi e bentornata a me!
Ormai mancavo da EFP da un pezzo (non ho neanche il coraggio di contare gli anni, dato che le sporadiche apparizioni non contano) e ora sto cercando di tornare a scrivere fanfiction... partendo dal basso. Non "da zero", perché suona male, ma da un livello di scrittura minore rispetto a quello a cui ero abituata anni fa. Il fatto è che, beh, non ho solamente ripreso con le fanfiction... ho proprio ripreso a scrivere. Non ne avevo il tempo, tra lavoro e università, e adesso sento che è opportuno dedicarmi di nuovo alla mia passione, con la consapevolezza però di avere perso qualcosa, di essere "arretrata" nello stile. Troverete (o avrete già trovato) ripetizioni, proposizioni molto semplici, periodi che non funzionano a dovere. Ho deciso, tuttavia, di rileggere un paio di volte e poi pubblicare, perché altrimenti sarebbe finita come con tutte le storie nascoste nel computer: scritte, cancellate, riscritte, lette, rilette, cancellate, piante, scritte ancora. E lì a marcire perché non ne sono soddisfatta. Quindi mi scuso per la qualità della scrittura ("Non è vero, sei stata brava!": sì, beh, ovvio, sono sempre Med, ma ho dato il 65% di ciò che potrei dare) e spero che vogliate seguirmi nella ripresa del mio sogno.
Ma tanto questo è un fandom in cui non ho mai scritto e non mi conosce nessuno, quindi non vi importa niente, è giusto.

Passiamo quindi alle note riguardanti la storia. Prima di tutto, il titolo: mi piacevano entrambe le versioni rintracciabili del motto dei Guardiani della Notte, quindi le ho usate tutte e due. Quella italiana è la traduzione sbagliata e cambia il senso del motto? Sì, ma continua a piacermi.
Il problema vero è da rintracciare nei contenuti, perché sono incerta riguardo la modalità di alcuni avvenimenti nel gioco, ma non sempre sono riuscita a controllare la loro veridicità (faccio un accenno di spoiler del prossimo capitolo: non sono certa se il mio Inquisitore abbia incontrato un certo personaggio prima del finale di Trepasser). Non sono stata granché neanche con la caratterizzazione di Alistair, che è il mio personaggio preferito, e proprio per questo ho riscritto il suo pezzo tre volte... incapace di renderlo totalmente IC. Per questi due fattori mi scuso.

Informazioni sui personaggi: Val Cousland, umana nobile guerriera di allineamento Caotico Buono; Roland Hawke, guerriero con un forte senso dell'onore e il carattere burbero; Eliana Lavellan, elfa maga, dolce e pronta a porsi sempre dalla parte degli innocenti (sì, suona come Leliana, lo so: mi sono fissata con questo nome prima di ricordarmi a cosa fosse ispirato. Sigh).
Ambientazione: prima sequenza, la notte precedente la battaglia contro l'Arcidemone, dopo che la mia Custode ha convinto Alistair a giacere con Morrigan; seconda sequenza, l'escursione nelle Vie Profonde che chiude il primo capitolo; terza sequenza, lo scontro decisivo contro Corypheus.

Vi ringrazio per avere letto questa storia e spero resterete per i prossimi due capitoli!

Custode Medusa

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Capitolo 2
*** In peace, vigilance ***


In peace, vigilance


«Giuro che questa è l'ultima volta che torniamo a Denerim, lo giuro!»

Val sollevò un sopracciglio divertita. «Ti sei dimenticato di abitarci?

«Uff... Devo proprio?» Alistair sbuffò, lasciandosi cadere sul letto perfettamente intatto. Lo osservò per un momento, in colpa, poi ammucchiò le coperte e fece cenno alla moglie di raggiungerlo. «Vorrei viaggiare come te, visitare posti nuovi, città esotiche...»

«La fai sembrare una vacanza, mentre io viaggio alla ricerca di uomini da coscrivere ed eventuali Prole Oscura.»

«Esatto! Come mi manca il Flagello... mi mancano perfino la strega e l'assassino.»

Val si distese sul letto accanto a lui, ammiccando maliziosamente. «E l'Oblio?»

«Non puoi neanche immaginarlo...»

«Le Vie Profonde?»

«Il sogno della mia vita...»

«Gli Ogre?»

«Così mi stuzzichi...»

Val scoppiò in una risata che Alistair fermò presto con un bacio. Rimasero sdraiati vicini, le labbra unite, per molto tempo – mai quanto il tempo che avevano vissuti distanti.

«Non mi piace fare il re» confessò infine il giovane sovrano, sospirando. Val gli accarezzò la chioma bionda. «E non mi piace vederci così raramente. Sei la mia regina, è assurdo vivere costantemente separati.»

«Sono tua moglie, sono la regina e sono anche la comandante dei Custodi Grigi: posso essere tre cose insieme, ma non contemporaneamente. E purtroppo la priorità è la salvezza del tuo regno.»

«Che andrà in rovina quando il sovrano morirà di noia.»

«Oh, non dire sciocchezze: troveranno facilmente qualcuno che ti rimpiazzi!»

«Sei crudele!» piagnucolò Alistair, battendo i pugni sul suo petto. «Vorrei soltanto passare più tempo con mia moglie... vederla più spesso. Partire con lei in una nuova avventura.»

«Ma il tuo posto è qui.» Val si era improvvisamente fatta seria. «C'è una grossa parte di nobiltà che non ti accetta ancora come il re del Ferelden, lasciare Denerim a lungo e per questioni lontane dalla politica indebolirà il tuo trono. E io... io non posso lasciare la Prole Oscura. Anche in tempo di pace, dobbiamo restare vigili, affinché il pericolo non ci colga di nuovo alla sprovvista. Mi dispiace, Alistair.»

«"Nella pace, vigileremo"» recitò suo marito. La guardò negli occhi azzurri. «Era scritto anche sul pugnale di Duncan. I Custodi Grigi rimangono fedeli a vita... ma ricorda che la nostra vita è breve. Non voglio sprecare neanche un istante.»

 

~~~~~

 

Come ogni sera, Roland varcò la soglia di casa con un sospiro di sollievo: un altro giorno era passato e finora niente di terribile era accaduto. Chiudersi la porta alle spalle era come tracciare un confine netto tra il suo senso del dovere e la sua vita privata, ogni giorno più breve; ovunque si voltasse appariva una nuova richiesta d'aiuto, una caverna da esplorare, un conto da saldare, e per questo doveva ringraziare la fama conquistata durante la spedizione nelle Vie Profonde. Varric, ovviamente, aveva raccontato le loro avventure all'intera Kirkwall, romanzando buona parte della storia, e ora chiunque voleva avvalersi del talento e della spada di Roland Hawke. Il quale, al contrario, desiderava solo una lunga dormita.

Quando rientrò nella villa degli Amell, quindi, respirò come ogni sera il sapore della libertà, la prospettiva di rispondere ad alcune lettere, la speranza di terminare il libro sul comodino. Però qualcosa lo fece immediatamente mettere in guardia, un particolare a cui non era abituato.

La casa era vuota.

Capitava che i servitori uscissero a fine giornata, qualora non desiderassero passare la notte nella tenuta degli Amell, era una scelta concordata e condivisa fin dall'inizio del loro lavoro; al contrario, Leandra non lasciava mai l'abitazione dopo il tramonto, nemmeno se ne fosse andata della vita del fratello – soprattutto se ci fosse stato di mezzo lui. Il silenzio e il buio oppressero Roland, che istintivamente portò la mano alla spada, procedendo con cautela verso l'unica stanza in cui si intravedeva la fioca luce di una candela: la sua camera da letto.

Mosse un passo dietro l'altro cercando di non fare rumore, nonostante la pesante armatura con cui era vestito, e non appena raggiunse la soglia spiò oltre la porta socchiusa. Ma non vide nessuno.

«Dobbiamo allenare la tua furtività.»

Prima di avere il tempo di riconoscere quella voce, Roland si era voltato sguainando la spada, pronto a colpire l'intruso; per sua fortuna, Isabela fu più veloce di lui.

«Ehi, sono affezionata a questo taglio di capelli!»

«Isabela!» Roland sussultò per la sorpresa, maledicendo la pirata per la sua stupidità. «Come ti è saltato in mente di apparirmi alle spalle?! Avrei potuto farti del male!»

«Avrebbe dato un po' di pepe alla nostra relazione, dolcezza.»

Non demorse. «Come sei entrata? Dove sono tutti? Dov'è mia madre?»

«Una cosa alla volta, per favore. Anche se la risposta è una sola: ho chiesto un favore a Leandra. Avevo bisogno di avere la casa... tutta per noi.»

«Cos'avevi intenzione di fare?»

Isabella rise. «Rilassa quelle spalle, Hawke, non ho un gruppo di eretici nascosti dietro la schiena!»

Roland cominciò a sentirsi parecchio sciocco. Ripose la spada e iniziò a togliersi l'armatura, cercando di dimostrare a Isabela di non sentirsi più in pericolo.

«Volevo farti una sorpresa» continuò la donna, avvinghiando la sua schiena. Le lunga dita affusolate percorsero l'addome di Roland, aiutandolo a svestirsi. «Non passiamo molto tempo soli, quindi ho ideato un piano per la serata...»

«Un piano che ha a che vedere con quel problema di cui non mi vuoi parlare?»

«Non fare il guastafeste, Hawke. Rimandiamolo a domani. Stasera ti voglio tutto per me... in vista di uno scopo puramente materiale.»

«Giusto: l'affascinante Isabela non si lascia mai trasportare dai sentimenti.»

«Non deridermi. Converrai anche tu che questo tipo di relazione si addice a entrambi.»

Roland sospirò: avrebbe voluto continuare a discutere, ma le dita di Isabela stavano raggiungendo dei punti che gli impedivano di ragionare lucidamente.

«Domani ci occuperemo di tutte le questioni che vorrai» continuò la pirata, baciandogli il lobo dell'orecchio destro. «Stanotte godiamoci la pace...»

 

~~~~~

 

«Hai visto mio fratello?»

Eliana sollevò lo sguardo dal libro che stava leggendo, l'ennesimo emozionante capitolo di Duri nella Città Superiore, e tornando alla realtà incontrò l'espressione furente di Mia Rutherford. Il suo volto angelico, pallido e incorniciato da una massa di riccioli biondi non era fatto per la rabbia o per l'odio, ma i comportamenti del fratello maggiore di Mia erano in grado di disturbare la donna al punto da oscurare l'apparente aura di santità che la circondava. A Eliana non piaceva essere nei paraggi quando Mia era indignata. Ancora meno se Cullen non era nelle strette vicinanze, pronto a prendersi tutta la responsabilità delle sue colpe.

«Io... ehm... credo stesse pescando con Ethan...»

«Ethan è a casa. Seduto a tavola. Esattamente dove dovrebbe essere anche Cullen!»

Con uno scatto Eliana fu in piedi, il libro chiuso tra le mani. «Corro a cercarlo. Scusaci, Mia, non ti faremo aspettare ancora.»

«Lo spero. Perché oggi è il mio compleanno, e se Cullen non si decide io...»

Scappò prima che Mia potesse ultimare la frase. Seguendo un'improvvisa intuizione, corse nella direzione delle stalle. Non dovette cercare a lungo: Cullen aveva appoggiato la schiena su un covone di fieno, poco interessato al vento che gli scompigliava i capelli, e teneva tesa tra le mani una lettera; la sua espressione era cupa.

«Va tutto bene?»

Anche lui si riscosse dalla lettura come se fosse entrato in un mondo tutto suo. Annuì brevemente e nascose la pergamena. «Josephine» si limitò a dire.

«È successo qualcosa di grave?»

«No... non proprio. È il Ferelden. Pare che alcuni nobili non siano proprio contenti di avere le truppe dell'Inquisizione nelle loro terre... come se si fossero dimenticati in fretta il motivo per cui sono lì!»

Era facile fare infervorare Cullen: bastava prendere di mira l'Inquisizione, in particolare modo gli uomini sotto il suo comando, e l'ex templare dimenticava in un lampo il luogo e il tempo in cui si trovava e fremeva dal desiderio di correre sul campo a combattere qualche nemico. Il problema, dopo la disfatta di Corypheus, era che "il nemico" ora era rappresentato da un gruppo di nobili orlesiani o fereldiani che non approvavano le azioni dell'Inquisizione. Affrontarli con la spada in mano era sconsigliabile.

«È il compleanno di Mia» tagliò corto Eliana, sapendo che continuare a parlare delle informazioni di Josephine avrebbe potuto portare a una discussione lunga e faticosa – perché fare desistere Cullen dall'armare i suoi uomini era difficile e solo una via d'uscita diplomatica avrebbe avuto successo. Una via che, senza Josie e Leliana, era difficile da ideare in poco tempo.

Come previsto, Cullen rimase a bocca aperta. «Mia... l'avevo dimenticato» realizzò mestamente. «Mi ucciderà.»

«Non se corriamo subito in casa e ci lasciamo l'Inquisizione alle spalle per un paio d'ore.»

«Sei l'Inquisitore, non dovresti parlare così.»

«Ma siamo venuti qua per passare un po' di tempo con la tua famiglia, e ora non possiamo pensare al Ferelden. Non oggi.» Eliana afferrò le mani dell'uomo, godendo del calore che le trasmisero.

«Lo so, ma... non dovremmo mai smettere di vigilare. Nemmeno nei giorni di pace. Il pericolo potrebbe essere nascosto ovunque, e con le pressioni della corte orlesiana e del Ferelden...»

«Non è concessa anche a noi un po' di pace?»

Cullen sospirò e rimase in silenzio, ma alla fine strinse più forte le mani di Eliana. «Suppongo che un paio d'ore non possano fare male» ammise infine, baciandole teneramente la fronte.



Buonasera, cari lettori, sono lieta di avervi presentato il secondo capitolo - un po' più sbarazzino e rilassante del precedente... e del successivo. Perché il titolo dell'ultimo capitolo si può facilmente intuire.
Prima di tutto ringrazio chi ha aperto questa storia, perché significa che almeno per un secondo ha nutrito interesse; ringrazio chi ha messo un "mi piace", chi ha letto per intero il primo capitolo, chi ha deciso di seguirla; ringrazio ancor di più coloro che hanno lasciato una recensione, perché con quel gesto mi hanno fatto capire che non è stato un così grosso azzardo ritornare su EFP con un nuovo fandom.

Per quanto riguarda le note vere e proprie, passiamo ai singoli episodi.
Prima scena: ambientata dopo DAO: Awakening, una piccola flash fluff tra il Re del Ferelden e la Comandante dei Custodi - nonché regina del Ferelden.
Seconda scena: ambientata tra il primo e il secondo capitolo di DA2, preludio a una nottata piccante tra Roland Hawke e la seducente e imprevedibile Isabela. Ho usato il termine "la pirata", lo so; mi dispiace, non riesco a digerire "la piratessa" o "la donna pirata": voglio dire, quel "donna" sembra aggiungere che si tratti di un mestiere per soli uomini, e Isabela ne vale decine, di uomini pirata.
Terza scena: ambientata tra il finale di DAI e DAI: Trepasser, narra della prima vacanza di Cullen dopo la sconfitta di Corypheus. L'uomo si reca con l'Inquisitore, sua compagna, dalla sorella Mia per qualche giorno, ma non riesce proprio a rilassarsi. Come accennavo nel primo capitolo, non ricordo se l'Inquisitore (in caso di romance con Cullen) incontri Mia prima dei fatti di Trepasser o dopo, così ho scelto la via più facile (per me).

Grazie mille della lettura e dell'attenzione, e se conoscete altre mie storie state tranquilli: non ho perso il mio toco angst. Non è al massimo, ma con Dragon Age non si sbaglia mai. Attenti al prossimo capitolo.

Custode Medusa

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Capitolo 3
*** In death, sacrifice ***


In death, sacrifice


 

Era essenziale che lei facesse meno rumore possibile; doveva misurare ogni passo, ogni respiro, ogni eventuale colpo di tosse, affinché il suo movimento non fosse notato. Imprecò, ricordandosi che doveva fare attenzione anche agli improvvisi scricchiolii del corpo, soprattutto dovendo passare dalla posizione orizzontale a quella verticale. Per fortuna Alistair russava sonoramente, impedendo a se stesso di notare che sua moglie si stava alzando dal letto.

Per non tornarvi probabilmente mai più.

Forse anche le fitte al cuore potevano fare rumore. Di certo erano dolorose.

Ringraziò la Val della sera prima per avere organizzato con cura la fuga, preoccupandosi di lasciare l'armatura leggera nelle stalle con il suo sauro e portandosi dietro soltanto gli abiti da viaggio; Alistair non ci aveva neanche fatto caso, credendo forse che la moglie avesse in programma una cavalcata per la mattina seguente, o una gita con lui fuori Denerim. Gli era interessato soltanto toglierle gli abiti, lanciarli alla rinfusa per la stanza, libero finalmente di accarezzare quei seni che, a giudicare dalla foga, aveva bramato per una vita intera.

Nonostante le due settimane passate insieme, infatti, Alistair si comportava come se ogni risveglio fosse il primo accanto a Val, compensando con quell'entusiasmo l'interminabile periodo di lontananza. E ora quel periodo sarebbe divenuto più lungo e fastidioso del solito, tutto per evitare che arrivasse a essere realmente interminabile.

Val si piegò alla ricerca degli stivali e la sua schiena scrocchiò, ancora una volta senza essere udita da Alistair, che si era appena girato nel letto. Vederlo dormire così tranquillo le provocò un'ulteriore fitta al cuore, ma ormai la decisione era stata presa: non aveva passato mesi sulle tracce di introvabili informazioni per demordere dopo solo due settimane.

Si diceva che un comandante dei Custodi Grigi di Montsimmard, tanti decenni prima, avesse scopeto una cura per la corruzione; perché l'avesse tenuta per sé e soprattutto non ne avesse fatto uso era un'altra storia, che fino a quel momento lei non era riuscita a trovare in alcun libro o diario, però ciò che le interessava era capire dove si fossero spinti gli studi di quel comandante. All'inizio aveva creduto si trattasse di una leggenda, quindi aveva dovuto appurare la reale esistenza dell'uomo e la fortezza presso cui aveva servito; in seguito si era informata sui suoi compagni e sulla zona in cui abitava, scoprendo così la sua vicinanza ad alcuni maghi del circolo di Montsimmard, e infine era andata in una missione segreta e rischiosa – di cui Alistair non sapeva niente – per recuperare gli strumenti necessari a decifrare il diario del Custode Grigio. Da quel momento in poi l'attendeva un nuovo viaggio, nel quale avrebbe dovuto affrontare l'avversario più temibile di tutti: la speranza.

Esisteva davvero una cura? Lei e Alistair avrebbero potuto condurre una vita normale, avere dei figli, morire di vecchiaia? Pensarci le faceva male, perché le dava una speranza che difficilmente avrebbe accettato una risposta negativa, ma al contempo le forniva la forza necessaria a intraprendere quell'avventura. E a dire addio all'amore della sua vita.

Alistair l'avrebbe ostacolata. Avrebbe preteso di seguirla, di portare con loro una scorta; anche viaggiare da soli sarebbe andato bene per lui, come l'idea di tornare ai vecchi tempi del Flagello. Però non poteva, perché era il re e doveva vegliare sul Ferelden... e perché la cura era sperimentabile solo sui Custodi che avevano già cominciato a sentire la chiamata. Sui Custodi come Val.

Era successo solo due volte, due notti che ricordava con orrore, poi più niente. Ma due notti erano bastate per farle capire che la fine sarebbe giunta in tempi brevi – troppo brevi per una donna giovane come lei, che era diventata un Custode Grigio da meno di dieci anni. Allora aveva deciso di superare quella soglia che temeva: trovare gli strumenti del vecchio comandante... e fare da cavia. Quello era l'argomento che non intendeva raggiungere in un'eventuale discussione con Alistair, e il motivo per cui se ne stava andando in segreto, nel cuore della notte. Tutto per permettere a suo marito di sopravvivere alla corruzione.

"Diranno che l'ho fatto per la linea di sangue di Calenhad, perché essa non si estinguesse. Diranno che sono morta per permettere al re di sposare una donna non corrotta e fargli generare un erede. Trasformeranno tutto in una questione politica."

Poco le interessava: Alistair avrebbe intuito la verità. E – si permise di pensarlo una volta, una soltanto – forse sarebbero stati salvi entrambi, avrebbero avuto un figlio, sarebbero invecchiati insieme.

«Mh... dove vai?»

Il mugolio di Alistair la riscosse: soltanto allora avvertì le lacrime calde che scorrevano sulle proprie guance. Represse un singhiozzo.

«A... a cercare dell'acqua. L'abbiamo finita.»

«Mh... va bene... Però torna presto...»

Si chinò verso di lui, gli spostò i capelli biondi dalla fronte. Impresse il suo volto nella memoria.

«Lo farò, te lo prometto.»

Con una tenerezza che aveva scordato di avere nei tanti anni da comandante, si avvicinò alle labbra di suo marito e le baciò, pregando di non inumidirle con le lacrime.

«Ti amo, Alistair...» mormorò infine.

«E io amo te, mia regina» lo udì rispondere con un sussurro prima di tornare nel mondo dei sogni.

Si alzò e gli diede le spalle, allontanandosi nel buio.

"Non diranno che l'ho fatto per noi."

 

~~~~~

 

«ANDATE!»

L'Inquisitore aveva serrato la mascella, ingoiando palesemente l'amarezza di quella scelta, ma quale altra avrebbe potuto compiere? Una vita doveva essere sacrificata, per il bene del Thedas, e l'elfa sapeva che non avrebbe potuto essere la propria. Roland non la invidiava; in fondo, lui non aveva mai dovuto scegliere quale compagno lasciare indietro a morire. Scegliere di guardare le spalle a un altro uomo, permettergli di scappare, arrendersi alla possibilità di dover dare la vita per la sopravvivenza di un altro era il punto cardine del suo codice morale e mai, mai Roland si era trovato a confrontarsi con il senso di colpa di avere strappato una persona alla propria vita per permettere a se stesso di sopravvivere.

L'elfa aveva dovuto farlo. Tra Roland Hawke e il comandante Stroud, il primo era il meno utile alla sua causa: non aveva un ordine da ripristinare, conoscenze tra i Custodi Grigi ancora fedeli. Era soltanto un uomo, l'ombra dell'eroe di Kirkwall. Tuttavia, se anche l'Inquisitore avesse optato per Stroud, Roland si sarebbe opposto ferocemente, perché a Stroud doveva la vita di sua sorella.

Strano come tutti quei pensieri riuscissero a fluttuargli nella testa in pochi secondi, mentre le gambe lo portavano sotto lo stomaco di quella creatura dell'Oblio, il punto più delicato di una preda monumentale. Era incredibile riuscire a pensare tanto lucidamente con l'alito della morte sul volto, ma non poteva smettere di farlo. Di pensare a Bethany, al sicuro tra Custodi Grigi che non erano stati compromessi da Corypheus, o a Isabela, in una qualche avventura su una qualche nave di qualche mare lontano. Nelle visioni nella sua testa, erano giovani come a Kirkwall, senza tracce bianche nei capelli – Isabela lo avrebbe negato fino allo sfinimento. Indossavano i loro consueti abiti da battaglia e gli sorridevano, felici o irriverenti. Se avessero potuto passare più tempo insieme, sarebbero diventate ottime cognate.

Isabela non aveva mai voluto parlare di matrimonio. Ogni volta che Roland le faceva notare che il loro rapporto stava diventando più significativo di uno scambio di piaceri sotto le coperte, la pirata cambiava argomento e si inventava un assassino sulle sue tracce, un tesoro da trovare. Ora che era così vicino alla morte, Roland avrebbe voluto sapere se in fondo sognasse anche lei di mettere radici.

E Bethany come stava? Non la vedeva da diverso tempo... settimane, mesi? Forse un anno. Gli mancavano i suoi occhi dolci, la voce calda, le risate da bambina; gli mancava vedere sua sorella giocare con Carver, entrambi troppo piccoli per reggersi sui propri piedi, ma abbastanza da farsi dispetti a vicenda. E Roland a vegliare su di loro.

I passi dell'Inquisitore e di Stroud erano finiti, dovevano essere abbastanza lontani da permettere anche a lui di cercare una via d'uscita. Non ce l'avrebbe fatta, l'aveva capito fin dall'inizio, tuttavia provarci non costava niente. Anche solo per rivedere gli occhi di Bethany, per avvertire il respiro di Isabela. Oh, per loro avrebbe dato più della vita.

La bestia non gli diede il tempo di fuggire: lo colpì alla spalla con un urto violento, che lo fece crollare a terra con un grido.

"No, non ora... Non adesso..."

Poteva ancora farcela, lo sentiva: era una consapevolezza improvvisa, ben più forte di quella che aveva nutrito minuti prima, una consapevolezza accompagnata dalla speranza. Se fosse tornato nel Thedas, sarebbe partito alla ricerca di Isabela, le avrebbe strappato una promessa di matrimonio – tra le sue urla e la sua indignazione e le sue risate innamorate – e si sarebbero ricongiunti a Bethany; avrebbero passato gli ultimi anni insieme, stuzzicandosi a vicenda e raccontandosi le rispettive avventure, e arrabbiandosi quando qualcuno rimaneva lontano senza avvertire troppo a lungo. Ne avrebbero sorriso poi, rendendosi conto di essere invecchiati e di essere diventati ancora più cocciuti e protettivi. Avevano ancora molto tempo da vivere.

Si fece forza, tirandosi in piedi a fatica e aggrappandosi a una sporgenza per mettere più distanza tra sé e il nemico. Cominciò a sollevarsi, ignorando deliberatamente il dolore alla spalla, e il piede toccò il primo masso libero. Poi il secondo. Poi...

«Roland... Sei qui.»

Quella voce.

Con infinita lentezza i suoi occhi trovarono la fonte della voce e, in pochi attimi, si riempirono di lacrime. Una donna anziana, dai capelli grigi raccolti e lo sguardo fiero, lo osservava dal basso. Le sue labbra tremanti tradivano la sua emozione.

«Mamma...»

Leandra era identica a quando si era mossa per l'ultima volta tra le mura di villa Amell; i contorni del suo profilo erano sbavati, come un'ombra o un'apparizione, ma Roland non ci fece caso. Ne sapeva benissimo il motivo. Sua madre continuò ad avvicinarsi, ora anche i suoi occhi traboccanti di lacrime.

«Non abbandonarmi, ti scongiuro. Resta con me, figlio mio...»

Non l'aveva salvata: ecco la consapevolezza. Roland non era stato in grado di trovare l'assassino di sua madre prima che potesse portare a compimento il suo terribile piano. E ora... ora Leandra era lì.

Si lasciò cadere.

 

                                                                           ~~~~~

 

«L'ha lasciata lì a morire!»

«Non c'era nessuno con lei, Cullen.»

«Cassandra e gli altri erano impegnati nella battaglia...»

«Parlo di Solas! Parlo di... di... Ha tradito l'Inquisizione. Ha tradito lei

«Abbiamo solo la parola della Viddasala, come possiamo dare per scontato che abbia detto la verità?»

Le voci giungevano lontane, come da un altro tempo. Un tempo antico, in cui Thedas e Oblio erano una cosa sola, non c'era alcun Velo a separarli e gli elfi erano una razza gloriosa e fiera. Cercò di concentrarsi su alcune di quelle voci, simili a sussurri, che pian piano diventano più forti.

«L'avete uccisa!»

«Era l'unica scelta possibile, Fen'harel. Ci avrebbe distrutti.»

«Di tutte... di tutte le soluzioni... L'avete tradita. Avete tradito lei!»

«Sappiamo dell'affetto che nutrivi per Mythal, ma non dovresti compiere azioni avventate...»

«La pagherete cara. Tutto ciò per cui avete compiuto questo abominio... Perderete tutto. Ogni cosa.»

Si svegliò di soprassalto. Le voci nelle mente si erano spente, i soli rumori rimasti provenivano dalla stanza in cui si trovava in quel momento. Una stanza, realizzò. Non il Crocevia. Alcune persone erano in piedi e le davano le spalle, immerse in una rabbiosa discussione; lei non cercò nemmeno di cogliere le loro parole.

Il solo pensiero di Eliana era rivolto al passato, a ciò che aveva vissuto non sapeva quanto tempo prima. Ore? Un giorno intero? La testa le scoppiava e il braccio destro doleva, come se si fosse addormentata sopra l'arto. Cercò di muovere la mano sinistra e di portarla alla fronte, per sentire se scottasse, ma l'improvviso vuoto al termine del suo gomito la sorprese. Le ci volle qualche secondo per comprendere la situazione.

«No...»

I presenti si erano accorti di lei. Riconobbe il profumo della pelle di Cullen, il suo fiato sul volto, la mano che le accarezzava i capelli biondi e sporchi.

«Come ti senti?»

Non riusciva a respirare. Cercò di sollevare il busto, avvertendo un macigno sul petto che le impediva di aprire i polmoni; tentò di parlare, ma il panico aveva ormai preso il sopravvento e le oscurava la mente e la vista.

«Eliana, respira! Sei al sicuro, sei al sicuro...»

Cullen la stava stringendo tra le braccia. Lei non poteva, lei non avrebbe più potuto ricambiare il suo abbraccio. Per quanto si sforzasse, nemmeno le lacrime riuscivano a lasciare i suoi occhi.

Ricordò: aveva attraversato l'Eluvian per ritrovare Solas, e il mago era apparso davanti a lei. Avevano discusso, Solas aveva spiegato le sue folli ragioni, Eliana aveva cercato di convincerlo a ripensarci, a tornare indietro. Le aveva promesso che l'avrebbe aiutata, permettendole di ritardare il giorno della sua morte, sebbene questo sarebbe arrivato a breve... E cosa aveva fatto? Per gli dei, che cosa le aveva fatto?

«L'Ancora...» riuscì finalmente a dire, dopo avere inspirato profondamente. Il suo corpo tremava.

«L'ha rimossa» spiegò dolcemente la Divina Victoria, sedendosi ai piedi del suo letto. «Se l'abbia fatto per se stesso o per aiutarti non lo sappiamo...»

«Non ora, Leliana» la interruppe Josephine alle spalle dell'Inquisitore.

«Josie, non possiamo rimandare. Dobbiamo saperlo adesso, è di vitale importanza. Mi dispiace, Eliana, ma dobbiamo conoscere la verità: è stato Solas? Ci ha traditi?»

Eliana ripensò alle parole del mago. All'aiuto che i suoi seguaci intendevano ottenere da Corypheus, al progetto di ostacolarlo e riottenere l'Ancora, alla missione che intendeva compiere a ogni costo...

«Inquisitore» la spronò con dolcezza Josephine «Solas è nostro nemico?»

Ripensò al sacrificio del Thedas.

Eliana riacquistò la lucidità. I suoi occhi si puntarono sulla Divina, poi su Cullen.

«Sì.»

 

                                                                           ~~~~~

 

Nella guerra, vittoria. Nella pace, vigilanza. Nella morte, sacrificio.

Le coraggiose parole dei Custodi Grigi riecheggiano nelle nostre menti, guidano il nostro cammino, accompagnano la nostra caduta. Ma un altro verrà, e l’Era dei Draghi giungerà prematuramente al termine, e il giuramento fatto dal nostro cuore in rovina non sarà dimenticato.

È giunta l'Era dell’Eroe.





Buonasera, ragazzuoli!
Giungo in ritardo causa problemi al computer e non solo, ma con un bel capitolo angosciante. Spero. C'è stato abbastanza angst, secondo voi? Mi piace sperarlo.

Prima di tutto, le ambientazioni:
1) Prima scena: indicativamente circa un anno prima dell'inizio di DAI. Grazie alle missioni sul tavolo da guerra, Leliana riesce a scoprire che il Custode è in cerca di una cura... quale motivo per non sfruttare tale occasione? Val è buona, testarda, e soprattutto è incredibilmente innamorata di quello scemo del re del Ferelden. E non vuole perdere la persona che ama, non vuole neanche rinunciare a lui: per Alistair ha compiuto un gesto che ritiene ancora deplorevole, convincerlo a giacere con Morrigan, e ora deve dargli a sua volta prova del suo amore - e della sua determinazione. Rimane però l'Eroe del Ferelden, e molti considereranno il suo gesto come un atto di eroismo e bontà... mentre invece è di puro, sano egoismo, quell'egoismo che non nuoce a nessuno, ma che mette - per una seconda volta - la propria felicità davanti a tutto.
2) Seconda scena: DAI, quest "Qui giace l'abisso". È una scelta dura... qualora si abbia Alistair al posto di Stroud. Ma per chi è affezionato al proprio Eroe di Kirkwall salvare lui al posto del Custode è un atto quasi obbligato. Resta il fatto che l'Eroe è ormai privo di conoscenze, mentre Stroud potrebbe rimettere in piedi l'onore dei Custodi (o almeno è ciò che verrebbe da pensare l'Inquisitore). Sarò sincera: la prima volta ho ucciso l'Eroe per questo motivo (ma giocavo senza avere sincronizzato i salvataggi do DAII), mentre Roland è rimasto in vita; tuttavia, per questo capitolo ho preferito immaginare la sua morte, una scelta differente, e in qualche modo redimerlo dai sensi di colpa provati per l'omicidio della madre.
3) Terza scena: DAI: Trespasser, prima che l'Inquisitore annunci la sua volontà di... mantenere attiva l'Inquisizione (piccolo OT: sono felice di questa scelta, perché Eliana credeva di doverla sciogliere, essendo ormai inutile, ma quando Solas ha minacciato il Thedas lei ha dovuto cambiare idea - un'idea che mi piace di più). Il flashback di Eliana, le voci che le sembra di sentire appartengono agli assassini di Mithal, agli "dei" elfici, e se Solas è determinato a vendicare l'amata... Cullen lo è quanto lui. Un po' mi spiace non avere mai giocato la romance con Solas, però è un personaggio che non riesco a sopportare (neanche l'adorabile e buona Eliana c'è riuscita).
4) Quarta scena: beh... il prossimo capitolo della saga arriverà prima o poi, no?

Detto ciò, spero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia un po' fatto male al cuore, proprio come piace a me.
A presto!

Custode Medusa

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