Sono canini quelli?

di _Phobos_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti nel mondo di Eldacosa?! ***
Capitolo 2: *** Succ'ombe chi scusa? ***
Capitolo 3: *** Primi litigi ***



Capitolo 1
*** Benvenuti nel mondo di Eldacosa?! ***


*Grazie per aver cliccato sul mio piccolo racconto!
Prima di farvi iniziare la lettura ci tengo a precisare che questa FF è dedicata completamente alla route di Nevra e, come già anticipato nell'introduzione, la trama sarà la stessa degli episodi e sarà riportata per ogni capitolo ma in più vedrete con i miei occhi ciò che ho pensato nelle varie vicende.
Inoltre ho intenzione di seguire questa linea di racconto anche per la route di Ezarel e Valkyon.
Vi lascio immergere nel mio mare di parole, buona lettura!*



Ho sempre trovato rilassante passeggiare tra gli antichi tronchi della foresta che, da più di un secolo, è padrona di un ampio territorio che circonda la città nella quale sono nata.
Il chiarore della Luna, interrotto a tratti dalle imponenti chiome degli alberi, mi accarezza il volto ogni volta che mi ritrovo a percorrere lo stesso percorso sovrappensiero. Questa boschiglia mi ha sempre dato conforto, fin dalla mia più rosea età, quando avevo bisogno di restarmene sola a riflette su qualche situazione che mi attanagliava la mente.
Ed ero nuovamente qui, costretta a rimuginare su una situazione che proprio non mi piaceva.
Un capitolo della mia vita si stava finalmente concludendo: mancava molto poco alla fine degli studi e il mondo del lavoro mi aspettava a braccia aperte, ma sarei stata davvero in grado di farmi avvolgere da quelle braccia?
Persa ad ammirare il lugubre paesaggio che i pallidi raggi mi consentivano di ammirare, ma ancora per poco, mi scordai in fretta quei pensieri. Sapevo che a breve il Sole avrebbe iniziato a fare il suo lento capolino illuminando, con delicatezza, ogni centimetro di quel terreno che aveva imparato a conoscere così bene.
 
I primi fasci di luce che accarezzarono la foresta, sorprendentemente, sembravano focalizzarsi su un punto in particolare. Attratta da quello strano fenomeno, mi spostai per capire cosa in quel magico posto si stava beando del primo calore del mattino e rimasi interdetta per qualche istante.
Un insolito cerchio di funghi risvegliò subito la mia curiosità assopita da troppo tempo.
Era davvero strano il modo in cui erano cresciuti quei miceti, possibile che le loro spore si fossero allineate in modo da creare un cerchio perfetto? Probabilmente doveva esserci di base uno zampino umano.
Non riuscivo nemmeno a spiegarmi l’insolita colorazione più verde dell’erba all’interno del cerchio di funghi, come poteva apparire più fresca rispetto a quella stesa sul restante tappeto erboso della foresta?
In preda ad un primitivo desiderio di conoscere, non potei fare a meno di entrare dentro al cerchio scatenando una razione che, per un attimo, mi fece sobbalzare in preda al timore: un numero elevato di lucciole iniziò a danzare intorno a me creando un forte luccichio che cominciò a darmi fastidio alla vista.
-Ma che diavolo sta succedendo?!- mi domandai impaurita.
Cercai di farmi ombra con la mano per capire cosa combinavano gli insetti impazziti e, per fortuna, riuscì velocemente a distinguere il contorno di alcuni oggetti e anche qualche colore delle cose intorno a me. Capii subito che non ero più nella foresta a me famigliare: mi trovavo in un’ampia stanza dipinta con diverse tonalità di colore roseo, non tanto gradite ai miei occhi.
Al centro di essa si erigeva una possente struttura che sosteneva un ceppo di pietre azzurre, il cui luccichio aveva totalmente rapito la mia mente. Ero sempre stata attratta dagli oggetti che sberluccicavano, forse in una vita passata probabilmente ero una gazza ladra, e quel minerale sconosciuto sembrava quasi invitarmi a toccarlo.
Tuttavia non bastò a farmi scordare il posto in cui ero finita, mi ci volle un grande sforzo di determinazione per non lasciarmi prendere immediatamente dal panico e cercare di trovare una spiegazione logica a ciò che mi era capitato.
Ero per caso una Sayan e non lo sapevo?
Distrattamente mi accorsi che l’insieme di pietre iniziò ad emanare una fioca luce sempre azzurrina, forse per richiamare la mia attenzione o forse era stata semplicemente una coincidenza. L’unica cosa di cui ero certa era il voler toccare a tutti i costi il blocco minerale azzurrino e così feci.
 
Timidamente iniziai ad allungare la mano verso una delle luccicanti pietre, desiderosa di venire a contatto con la fredda superficie e bearmi completamente dalla sua magnificenza. Manca davvero così poco! Già stavo pregustando l’atto… quando una voce allarmata mi fece irrigidire immediatamente e desistere dal compiere la mia innocua impresa.


 
-Hey!- urlò furibonda –Tu chi sei e come hai fatto ad entrare qui?- concluse confusa.
Mi voltai lentamente, preoccupata dal fatto di essere finita in un grosso pasticcio e di dovermela vedere con chissà quale guardia o, peggio ancora, membro della Polizia locale tant’è che la mia mente stava partorendo una frase che iniziava con un “Mi scusi agente”.
Appena mi girai completamente rimasi un attimo scioccata dalla figura che mi ritrovai davanti: colei che aveva lanciato l’urlo stridulo era una ragazza dalle fattezze volpine.
Di umano aveva la parte anatomica, ma le pelose orecchie e la folta coda nera con dei riflessi blu non mi aiutarono a definirla completamente “umana”.
Possibile che stiano festeggiando il Carnevale?” mi trovai a pensare.
Leggevo nel suo volto un sentimento di rabbia e timore crescente, il tutto sicuramente fu dovuto al fatto che mi presi qualche manciata di secondi per mettere a fuoco bene al sua immagine, invece che darle una risposta. Infatti poco dopo sbraitò nuovamente.
-Ti ho fatto una domanda, rispondi!- ordinò sua Maestà –Ti hanno mandata i Templari? I massoni forse?- chiese preoccupata.
Templari? Massoni? Soprattutto i primi, non si erano sciolti molto tempo fa?
Cosa caspita stava blaterando? E possibile che nessuno si fosse accorto di come andava in giro vestita questa donna? Non si poteva di certo dire che i suoi fossero dei vestiti sobri…
-Scusi ma di che sta parlando? È per caso uno scherzo?-
Le mie parole la fecero infervorare ancora di più visto il fuoco che i suoi occhi emanavano, quasi per volermi incenerire.
Ebbi appena il tempo di pensare questa osservazione che dalla lanterna, legata ad un bastone tenuto nella sua mano sinistra, fuoriuscì una fiamma dall’insolito colore azzurro ghiaccio. D’istinto mossi qualche passo indietro, terrorizzata al solo pensiero di poter sul serio essere ridotta in cenere nel giro di mezzo secondo.
La vera domanda non era chi ero io, ma chi era quella donna fuori di testa!
-Rispondi!- tuonò.
Deglutii a fatica sperando che nessun mio gesto potesse essere frainteso in qualche modo. Tuttavia mi sarei dovuta concentrare maggiormente su come esporre il motivo per il quale mi ero ritrovata lì, avrebbe creduto alla meravigliosa tecnica del teletrasporto?
-Stavo camminando per il bosco quando ho visto un cerchio di funghi e ci sono entrata dentro- feci una piccola pausa per osservare il suo comportamento immutato –Un fascio di luce mi ha avvolta e quando si è dissolto mi sono ritrovata in questa stanza-
Fortuna vuole che, prima che la ragazza volpe potessi ribattere con un’altra frase urlata, un forte rumore colse entrambe di sorpresa facendoci alzare i sensi di allerta.
-Cos’altro succede adesso?- chiese esasperata.
Colsi la palla al balzo nel vederla più mansueta, forse una risposta ben assestata le avrebbe fatto abbassare un po’ la cresta.
-Non chiedere a me, come potrei saperlo?- cinguettai sfidandola.
Un’occhiata perfida non tardò ad arrivare nella mia direzione, mentre un sorrisetto compiaciuto iniziò a formarsi sornione sulle sue sottili labbra.
-Jamon conosci la procedura, sai quello che devi fare. Vado a vedere da dove proviene il rumore- concluse divertita.
Procedura? Di che parlava e soprattutto chi era questo Jamon? Non mi ero accorta di nessun’altra presenza oltre la sua fino a quel momento.
Ma ben presto vidi una figura enorme venirmi incontro e il sangue nelle vene mi si ghiacciò: aveva tutte le caratteristiche per essere definito un orco con una sorta di ciuffo rosso stile punk sulla testa. Per un attimo volli ancora sperare di essere finita dentro una festa di Carnevale di chissà quale cultura, ma ben presto feci crollare in modo definitivo quella convinzione.
-Di cosa stai parlando?- domandai in preda al panico –Torna indietro, vorrei delle spiegazioni!- supplicai tremante.
Lesta si affrettò ad uscire dalla stanza con una smorfia trionfante, lasciando che quell’essere mostruoso mi si parasse davanti con tutta la sua massa.
Mi ritrovai ad indietreggiare lentamente cercando di capire le intenzioni dell’orco dal colorito marroncino, invano.
L’essere emise un verso grottesco da quello che doveva essere… il suo muso? Il volto non aveva molto di umano e mi ritrovai ad associarlo a Pumba in poco tempo, tuttavia questa associazione non mi fece affatto ridere.
Continuò a non parlare, mi afferrò saldamente il polso ed iniziò a trascinarmi con prepotenza verso l’uscita della stanza e la situazione mi fece indispettire sul serio. Tentai di puntare i piedi per fermarlo e fargli capire che l’avrei seguito lo stesso, senza che mi strattonasse per tutto il tragitto. Inutile dire che ignorò ogni mia buona intenzione.
-Almeno fai piano, mi stai stritolando il polso- sbuffai.
Provai un’ultima volta a ribellarmi dalla sua presa, ma lascia presto stare siccome stavo peggiorando solamente il dolore che provavo al braccio.
 
Affrettai il passo per stare al suo ritrovandomi, però, a diminuirlo quando mi condusse verso un’altra stanza molto più buia rispetto alla precedente e la cosa che mi fece stare ancora più in allerta furono le scalinate, sempre avvolte nell’ombra, che sembravano non finire mai. Sicuramente mi avrebbe condotta verso la fine di quegli scalini ed ero certa che non mi aspettava un’ulteriore stanza rosea come la prima.
-Dove vuoi portarmi?­ balbettai.
L’unica risposta che ottenni fu un sonoro sbuffo spazientito e non arrestò affatto la sua camminata verso le scale, poco rassicuranti ai miei occhi.
-Ti costa tanto darmi una risposta?- protestai essendo un fascio di nervi ambulante.
Iniziammo la lunga e rapida discesa, talmente rapida che per una decina di volte temetti di rotolare lungo la scalinata a chiocciola ma fortuna volle che Jamon fu sempre pronto a rimettermi in piedi. Non fu, però, in grado di evitarmi un atroce mal di gambe una volta finita la discesa: non sono mai stata una sportiva e quello sforzo fuori programma venne ben evidenziato dall’acido lattico che, senza troppi complimenti, era venuto a farmi visita.
Ebbi appena il tempo di dare una veloce occhiata al luogo che mi circondava quando l’orco mi spintonò dentro un gabbiotto, che aveva tutta l’aria di essere una cella, e rimase per qualche secondo a fissarmi con un’aria tutt’altro che amichevole.
-Tu no muovere- brontolò grugnendo.
Mi aveva chiusa dentro ad una cella, come avrei fatto a scappare?
Afferrai le sbarre e provai a scuoterle non molto forte, inutile sottolineare il timore che avevo di scatenare anche la rabbia di quell’essere. Bastò un’occhiata più scura di quelle che mi aveva lanciato fino a poco prima per farmi smettere.
-Per favore non lasciarmi qui!­ mugugnai.
Non si scompose di una virgola, impugnò più saldamente l’arma che assomigliava ad una sorta di ascia, lasciandosi andare in un verso gutturale ancora più spazientito.
-Miiko dire “no muovere”- ribadì deciso.
L’unica cosa positiva in tutto questa ridicola situazione era che avevo appreso il nome della donna volpe.
Gli occhi iniziarono a farsi umidi: quel posto non mi piaceva per niente e non avevo alcuna intenzione di rimanerci da sola, soprattutto perché temevo che dalla pozza d’acqua verdognola emergesse qualcosa di terribile.
-Potresti non lasciarmi da sola?- supplicai.
Jamon parve non calcolarmi nemmeno, con tranquillità voltò i tacchi e cominciò a ripercorrere la ripida salita continuando ad ignorare ogni mia protesta e lamentela.
Mi accasciai sul freddo pavimento di quella ingiusta cella, misi le mani sul volto nel vano tentativo di provare ad escogitare un buon piano per uscire da qui lasciandomi, però, prevelare dall’angoscia più totale.
Ero finita in un mondo parallelo al mio? E in che maniera sarebbe potuta accadere una situazione de genere, se non in un sogno?
Al diavolo! È tutto troppo reale per essere uno stupido sogno” sospirai lasciandomi andare.
Non volevo assolutamente morire lì dentro e soprattutto senza aver salutato un’ultima volta i miei genitori e i miei più cari amici.
Per quale ragione il fato aveva deciso di punirmi in questo modo?
Probabilmente lo riteneva il più divertente, non c’era altra spiegazione altrimenti.
D’un tratto accadde ciò che più mi terrorizzava pensare da quando il tetro buio mi aveva abbracciata dentro alle sbarre: dalla pozza d’acqua verdognola si elevò una sagoma scura che rimase a fissarmi per breve tempo con un ghigno malefico.
Subito iniziai a sentirmi mancare pensando che, probabilmente, quella cosa fosse risalita in cerca di un pasto ed io ero stata rinchiusa per uno scopo ben preciso: placare la sua fame.
Non so per quale protezione divina, ma sta il fatto che l’essere preferì tornarsene da dove era venuto piuttosto che avvicinarsi alla mia prigione. Sospirai sollevata e sentì nuovamente il sangue percorrermi le vene: troppe emozioni in poco tempo, stavo iniziando a temere seriamente per la mia salute.
Cosa ne vorranno fare di me?
Mi lasciai andare definitivamente alle sbarre della cella, aspettando pazientemente che qualcuno si palesasse per spiegarmi la mia sorte e continuando a lanciare occhiate esasperate, verso quella sorta di stango, appena l’acqua si muoveva.
Se devo essere mangiata, spero che a farlo sia uno squalo mutante” sorrisi divertita.

 

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Capitolo 2
*** Succ'ombe chi scusa? ***


Chissà come avremo passato questa giornata…
San Valentino è da sempre la festa degli innamorati, ma noi potevamo definirci tali?
Ironia della sorte, anche qui ad Eldarya era un giorno molto sentito e già da qualche tempo molte delle ragazze con le quali avevo stretto un bel legame di amicizia si erano date da fare per preparare dolcetti e lettere d’amore da recapitare al proprio Valentino.
 
Sospirai uscendo dalla camera, ancora indecisa se darmi da fare nel preparare un succulento dolce oppure rassegnarmi e andare a rivendicare le tre porzioni di cibo che avevo saltato negli ultimi giorni. Se volevo preparargli una sorpresa a base di zucchero di certo la solita razione giornaliera non sarebbe mai, e poi mai, bastata.
Fu sufficiente l’impatto con un candido uragano per farmi destare da tutti i dubbi che mi avevano ossessivamente accerchiata.
-Per l’Oracolo! Phobos corri!- ordinò un’Eweleïn preoccupata.
Non mi permise in alcun modo di oppormi: agguantò con fermezza il mio braccio e con grandi falcate mi condusse al centenario Albero di Ciliegio, sempre maestoso con le sue delicate foglie rosate.
Ma qualcosa era diverso, lo si poteva sentire nell’aria.
-Phobos…- iniziò a parlare mentre riprendeva fiato –Non so come sia arrivata qui, ma i ragazzi…- fu interrotta.
Mi voltai di scatto appena vidi Nevra, Ezarel e Valkyon seguire come tre cagnolini un essere femminile, dal corpo davvero provocante, che aveva più l’aria demoniaca che innocua.
Un alone violetto circondava sia la creatura che i tre giovani striscianti, possibile che fosse quella nuvoletta malsana a renderli dei perfetti zombie?
-Seguitemi e non sarete più soli- miagolò con voce sibilante –Vi amerò per sempre, piccoli miei-
Lo sguardo mieloso che lanciò a Nevra mi causò una terribile fitta al costato e non potei trattenermi oltre dal sbottarle in faccia.
D’altronde chi si credeva di essere quella? E doveva proprio arrivare a rompere le scatole al Quartier Generale oggi?
-Hey tu! Chi diavolo sei?- urlai richiamando la sua attenzione.
La donna mi degnò a mala pena di uno sguardo: dal suo atteggiamento era palese che volesse dimostrare di essere ad un livello molto superiore del mio.
Pensare che ero io quella preoccupata di avere un ego smisurato…
-La grande e potente Akire!- marcò soddisfatta.
Alzai un sopracciglio osservandola dalla testa ai piedi, soffermandomi in modo particolare sui capi che indossava.
Erano praticamente inesistenti e sorrisi all’associazione che il mio cervello fece in quel momento. Beh, nel mio mondo coloro che si vestivano e si comportavano come questa Akire avevano un nome, o meglio, una definizione ben precisa.
-Come no! Io sono la Regina di questo posto allora- sbuffai –Che stai facendo ai miei amici? Lasciali in pace!- tentai di farmi valere.
Questa volta toccò a lei prendersi gioco di me.
Scoppiò un’orripilante risata che riecheggiò come un eco nello spazio aperto nel quale ci trovavamo, spaventando anche un piccolo gruppo di Draflayel adulti che si librarono nell’aria fuggendo il più lontano possibile.
Il sorriso mutò velocemente in una terrificante maschera d’ira e, con determinazione, si mosse verso di me per spingermi a terra con prepotenza.
Anche se indignata, mi ritrovai in pochi secondi col sedere per terra. Non tolsi mai il mio sguardo dal suo: la soddisfazione di mostrarmi indignata non gliel’avrei mai lasciata.
Un clima teso si creò tra di noi, soprattutto perché io non ero solita ad arrendermi facilmente e lei perché… accecata dalla superbia forse?
Akire si stancò ben presso di quella situazione alla pari, tant’è che mi diede un ultimo spintone prima di allontanarsi scavalcandomi.



-Non metterti in mezzo!- tuonò gelida.
Con un battito di ali sparì, momentaneamente dalla mia visuale, lasciandomi sollevata moralmente.
Ma quella sensazione non durò a lungo: l’occhiata fredda e minacciosa di Nevra, chiaramente fatta in difesa di Akire, mi ferì più di quanto non avessero già fatto i gesti della maledetta arpia.
 
Una mano si posò dolcemente sulla mia spalla facendomi distrarre dalla brutta sensazione che aveva iniziato a pervadermi il corpo.
-Eweleïn chi è quella? E... i ragazzi…- mi sentivo debole.
Non ce la feci a rimettermi subito in piedi, ero troppo abbattuta.
Che stava succendo?
Il modo in cui il bel vampiro osservava la siluette di quel mostro mi dava alla testa, possibile che si fosse dimenticato all’istante di tutti gli attimi passati insieme?
Era stupido pensarlo, però mi ritrovai a detestare il fatto che ricevesse avances da un’altra donna, ricambiandole in pieno per giunta.
-Non dannarti Phobos, la giovane che hai appena visto è una Succube- fece una piccola pausa per sospirare –In qualche modo deve essere riuscita ad entrare nel Quartier Generale ed Ezarel, Valkyon e Nevra devono essere subito intervenuti per difendere i nostri abitanti- mi guardò in modo serio –Sicuramente sono stati i primi ragazzi che ha adocchiato, ecco perché se l’è presa con loro- terminò la sua teoria.
La fissavo ancora confusa.
Ai miei occhi non aveva alcun senso definire il fatto di mostrarsi interessata a dei ragazzi, flirtare con loro e confessargli ripetutamente il proprio amore, come uno svantaggio per loro. Avrebbe avuto più senso se li stava torturando in qualche modo, non coccolando come dei gattini.
-Presa con loro? Ma se le stanno sbavando dietro, Eweleïn!- le feci notare.
Mi fece segno di stare calma e di non agitarmi, sicuramente non avrebbe giovato alla situazione nella quale ci trovavamo. Si portò l’indice alla bocca per aiutarsi a ricapitolare le informazioni che le frullavano in testa e, quando fu pronta, ricominciò a spiegarmi come stavano le cose.
-Vedi Phobos, queste creature seducono gli uomini e si alimentano delle loro energie nel momento in cui compiono ogni azione richiesta dalla Succube e anche quando, beh ecco… consumano con loro- si sbrigò a terminare la frase –Ho provato a somministrare ai ragazzi diverse pozioni per interrompere l’incantesimo, ma nulla sembra funzionare. Dobbiamo fare qualcosa!- trillò preoccupata.
Questa volta fu il mio turno, le appoggiai una mano sul braccio e provai a farle un bel sorriso. Se ciò che aveva detto era vero, cioè che i sentimenti dei ragazzi nei confronti della Succube erano dettati solo da un incantesimo, le possibilità di farli uscire da quello stato ipnotico erano tante.
-L’hai detto tu che non dobbiamo dannarci, proviamo a parlare con i ragazzi ora che l’arpia non c’è- provai a motivarla.
Mi sorrise appena non tanto convinta dalle mie parole, eppure iniziò ad avanzare verso Valkyon con una strana luce negli occhi.
Sorrisi pensando se, un giorno, avesse mai avuto il coraggio di dichiararsi a lui. Chissà, magari quel giorno era arrivato proprio oggi?
-Ezarel cosa combini!- trillò infervorata una furia arancione.
Ykhar si fece strada in fretta tra la folla di persone che si erano radunate per capire cosa stesse succedendo, non le importò di travolgere alcuni di loro con il suo faccione rosso di collera: doveva arrivare dal suo elfo.
Sorrisi a quella scena, era palese che teneva molto al giovane dalla fluente chioma azzurra e capivo i sentimenti rabbiosi che provava sapendo cosa gli era accaduto. E anche la paura di poterlo perdere se l’effetto dell’incantesimo non si sarebbe potuto spezzare.
 
Finalmente mi decisi a camminare nella direzione di Nevra, ancora perso ad osservare il cielo in attesa della donna che lo aveva indotto ad amarla.
Nonostante il suo fine udito non avvertì in anticipo i miei passi e sobbalzò leggermente quando gli posai delicatamente la mano sulla spalla.
-Come ti sei fatto ridurre?- pensai sconsolata.
Si voltò agilmente con un’espressione rabbiosa sul volto che, per un attimo, mi fece tentennare sul provare a farlo ragionare oppure battere in ritirata e mandarlo a quel paese.
-Povera umana, pensi davvero di poter battere la mia eletta?- sputò amaro.
Mi resi conto dopo un paio di secondi che lo stavo fissando indispettita a causa del tono che aveva usato. Nemmeno Ezarel si era spinto così tanto con le sue solite frecciatine e la voglia di aggredirlo verbalmente si fece facilmente strada nei miei pensieri.
-Sbaglio o c’eri anche tu quando ho scoperto di avere del sangue faery nelle vene?- precisai quasi offesa nel sentirmi dire che ero inferiore a lui -Non so che ti stia succedendo Nevra, ma sta pur certo che ti farò rinsavire!- promisi.
Avrei sicuramente provato ogni cosa per farlo tornare in sé anzi, doveva tornare in sé.
Forse qualche ceffone avrebbe aiutato?
-Da...?-
Si interruppe all’improvviso non finendo la frase e solo in quel preciso momento mi accorsi che i suoi bellissimi occhi cenere era tornati a fissarmi confusi.
Quella scena durò davvero molto poco: nel giro di pochi secondi diventarono ametisti e il giovane tornò ad assumere un atteggiamento sfottente, aspettando con impazienza il ritorno della sua “bella”.
Restai ferma come una stupida a guardarlo allontanarsi sempre più da me, sia fisicamente che inconsciamente.
I miei occhi, forse in cerca di aiuto, si posarono sulle figure delle altre due giovani che non demordevano nel provare a suscitare qualche reazione in Ezarel e Valkyon. Mi resi conto che provavo invidia per il loro buon cuore: mi stavo arrendendo troppo facilmente.
Percorsi la distanza che mi separava dal bel vampiro con poche falcate, gli afferrai con fermezza il polso e lo feci girare verso di me con prepotenza.
Non impiegò molta forza per liberarsi dalla mia presa.
-Lasciami!- ordinò -Akire è la donna della mia vita, non permetterò a nessuno di portarmela via- borbottò.
Non rimasi indifferente a quella frase, eppure il modo con il quale la pronunciò mi fece capire che non era davvero lui a parlare. Sembrava un automa.
-Non dire fesserie, Nevra devi ascoltarmi! Te lo chiedo per favore…-
Il tono supplichevole che adottai per parlargli lo fece smuovere a tal punto da concedermi un’altra risposta tentennate.
-Perché dovrei?-
Avrei voluto sul serio iniziare a parlare a raffica ammonendolo di riprendersi seduta stante e di finirla con quell’atteggiamento che poco mi piaceva, tuttavia sapevo che non avrei risolto nulla.
-Perché voglio salvarti dalla condizione in cui ti ha lasciato quella che definisci la “tua amata”- sospirai.
Balbettò qualcosa sull’essere salvato e, di nuovo, il colore naturale dei suoi occhi tornò a fare brevemente capolino per poi, poco più tardi, soccombere al potere di quel mostro.
 
Non sapevo più che altro inventarmi per combattere l’incantesimo, anche se avevo visto con i miei occhi che il vero Nevra era ancora lì, sotto quell’odioso colore rosa che lo circondava.
Di colpo ebbi un lampo di genio: se Eweleïn sapeva molti dettagli sul comportamento della Succube, molto probabilmente doveva esserci un libro che parlava di queste creature.
Smisi di perdere tempo utile e mi precipitai in Biblioteca nella speranza di trovare il prima possibile ciò che mi interessava.
Ignorai completamente Keroshane pronto a tartassarmi con prediche inutili, quali “Non correre così velocemente, potresti fa cadere qualcosa!” e “Attena a non rovinare i libri!”, nemmeno avessi qualche anno di vita.
Ci siamo!” pensai esultando felice come una Pasqua.
L’antico volume mi sbatté in faccia una triste verità: la Succube avrebbe smesso di esercitare il suo controllo sul soggetto preso di mira nel momento in cui si sarebbe alimentata a sufficienza della sua energia, spesso causando la morte della sua vittima. Era anche evidenziato che, molto spesso, oltre che accontentarsi di ridurre le loro prede degli schiavi pronti ad esaudire ogni proprio desiderio, li costringeva ad unirsi a lei per sottrarre maggiore energia.
Più che Succube la definirei una baldrac-”
Le urla minacciose di Ykhar riecheggiarono fin nella stanza in cui mi trovavo facendomi intuire che la minaccia era nuovamente approdata nei giardini del Quartier Genere e che, sicuramente, stava ammaliando Ezarel.
Corsi verso di loro a perdifiato, contenta di vedere Nevra che osservava imbambolato la donna aspettando di essere chiamato da lei per ricominciare a sbavarle dietro. “Contenta” per il semplice fatto che ancora non le si era avvicinato, ovviamente.
-Nevra!- chiamai a gran voce.
-Phobos…?- bisbigliò.
Si girò verso di me scosso dal tono preoccupato che mi era uscito e per un attimo mi sembrò che il suo sguardo fosse tornato quello premuroso, il solito che mi aveva accolta fin dal nostro primo incontro.
Quel gioioso momento durò davvero poco siccome la lurida ragazza dalle corna caprine decisa, per ripicca, di chiamare i tre ragazzi a raccolta e condurli chissà dove.
Non fui la sola ad imprecare inseguendo il mix di animali mal riuscito, invano.
 
Lo persi di vista per buona parte della giornata che sprecai continuando a spostarmi da un luogo all’altro nella vana speranza di incrociare la sua siluette perfetta.
I miei sforzi furono finalmente premiati nel tardo pomeriggio quando lo trovai barcollante nei pressi del Parco della Fontana. Sperai di non vederlo finire dentro l’acqua per il semplice fatto che, nello stato nel quale si trovava, probabilmente non sarebbe stato in grado di rimettersi in piedi.
Tra l’altro non era proprio leggero da sollevare.
-Nevra!- chiamai decisa.
Mi ignorò totalmente continuando a barcollare pian piano che si spostava, incerto su dove realmente andare.
Affrettai la mia camminata riuscendo a superarlo ed a mettermi davanti di lui per farlo fermare.
-Phobos che vuoi ancora?- sbuffò stanco di essere rincorso.
Incrociai le braccia portandole al petto, cercando di fargli capire che le sue parole non stavano facendo altro che offendere la mia pazienza.
-Voglio proteggerti da questa Succube, possibile che ancora non l’hai capito?-
Intuii chiaramente che era pronto a ribattere fermamente questa mia frase, eppure qualcosa iniziò ad andare terribilmente storto.
I suoi occhi si alternavano nel mostrare il loro colore naturale e quello imposto dall’incantesimo dell’arpia uscita male. Erano spalancati e terrorizzati da un pericolo che io non riuscivo a percepire, almeno fin a quando non lo vidi accasciarsi al suolo mentre stringeva disperatamente la maglietta nel punto in cui batteva il suo caloroso cuore.
L’istinto mi impose di precipitarmi su di lui afferrandogli la mano con la quale non si stringeva il petto, nel tentativo di fargli capire che non lo avrei lasciato solo per nessuna ragione al mondo da solo.
-Phobos, sto male…- sussurrò dolorante -Aiutami… Il suo potere, mi sta…- non riuscì a finire la frase.
Ero completamente nel panico, che avrei dovuto fare?
Non ricordavo che il libro menzionasse un dolore fisico così straziante tra i vari effetti del potere manipolatorio della Succube, quindi cosa poteva essergli accaduto realmente?
-Tranquillo Nevra, non ti lascio qui da solo- mi lasciai andare accarezzandogli premurosamente la fronte impregnata di sudore –Che ti sta succedendo?- chiesi tra me e me.
Il giovane cercò di trattenersi da emettere un altro urlo di dolore.
Serrò la mascella e, passata la scarica di dolore, provò a mettersi seduto senza ottenere il risultato sperato. Ero confusa nel vedere quell’espressione debole e spaventata sul suo viso: dal nostro primo incontro nel Quartier Generale si era sempre dimostrato un ragazzo spavaldo e privo di timori, mentre adesso era sull’orlo di una crisi di pianto.
-Phobos sto male! Sto malissimo…- ammise non badando alla sua dignità.
Stavo di nuovo per consolarlo nella speranza di utilizzare le parole giuste per risvegliarlo dalla manipolazione della creatura mitologica quando, per un breve istante, mi ricordai che effettivamente il libro parlava di dolore fisico causato dall’essere ma solo in una sola circostanza.
-Nevra- lo chiamai spalancando gli occhi stupita.
Possibile che lei lo abbia costretto a…?
-Non è che tu e Akire, beh… Avete… Consumato insieme?- balbettai imbarazzata.
Come una furia si levò in posizione seduta fissandomi dritta negli occhi e, in quello sguardo indispettito, finalmente ritrovai una volta per tutte il luccicante color cenere che da sempre aveva caratterizzato il suo sguardo.
-Come puoi pensare ad una cosa simile?!- rispose stizzito –Non sono mica un donnaiolo!- ribatté offeso.
Scoppiai a ridere divertita dalla sua ira e lo abbracciai forte.
Probabilmente se si era offeso così tanto diceva la verità e, anche se flirtava con molte guardiane del Rifugio e della sua Guardia, doveva essere un tipo fedele alla sua vera amata.
“Nevra e il suo ego” pensai sorridendo.
-Almeno adesso ho la certezza che non sei più sotto il controllo di quella bal…- venni interrotta.
Fu proprio Akire a lanciare uno squittio indispettito nella nostra direzione: solo ora mi resi conto che anche Ykhar ed Eweleïn erano riuscite a risvegliare Valkyon ed Ezarel che avevano un’espressione intontita sui loro volti, di solito sempre concentrati e pronti ad entrare in azione.
-Non me ne andrò via a mani vuote!- esclamò alterata come non mai.
Rimasi basita nel vedere Ashkore scagliarsi contro l’essere, pronto a combatterlo con la sua lama tagliente, ma proprio a pochi passi dalla Succube ebbe un forte cambiamento nel suo modo di agire. Lasciò cadere al suolo la spada, inginocchiandosi davanti ad Akire che lo fissava con un terrificante sguardo compiaciuto.
-Oh mia dolce Akire, la mia arma è tua! Ti proteggerò a rischio della mia stessa vita!- mugugnò avvolto anche lui da uno strano alone rosa.
La stessa luminosità dal colorito insolito che aveva circondato Nevra fino a poco prima.
Sospirai sconsolata intuendo che avrei dovuto aiutare anche lui a staccarsi dalle grinfie dell’essere poco fatato.
Mi rimboccai le maniche mentalmente, pronta a sfidare nuovamente Akire e la sua sfacciata superbia ma con quali armi questa volta? Con Nevra avevo passato del tempo insieme e qualcosa di lui conoscevo, purtroppo questo non si poteva dire per Ashkore.
Il dialogo avrebbe funzionato anche per lui?
-Phobos!-
Prima che potessi fare anche solo un passo verso quel cavaliere nero, venni trattenuta dal braccio da una presa decisa.
Mi voltai sorpresa di sentire la voce di Nevra tornata completamente alla normalità. Ero convinta che avrebbe dovuto sorbirsi qualche intruglio amaro di Eweleïn per tornare in salute, invece mi aveva di nuovo colto di sprovvista.
-Ti sei battuta per me mettendoti contro una Succube…- osservò compiaciuto.
Aveva un meraviglioso sorriso che gli illuminava il volto, felice di sapere che qualcuno si era preso cura di lui quando aveva più bisogno di aiuto.
-Non devi ringraziarmi, è normale tra ami…- venni bloccata.
Con un sorriso ancora più ampio posizionò l’indice sulle mie labbra interrompendo le mie parole con fare divertito, forse fin troppo divertito.
-Avrei voluto farti una sorpresa questa mattina, ma credo che ora sia il momento giusto- sorrise.
Aveva un’espressione diversa dal solito. Era chiaro che non si stesse burlando di me, era… sincero nel mostrarmi tutta la sua gratitudine.
Senza lasciarmi rispondere, portò in avanti il braccio che nascondeva dietro la schiena rivelando il tanto misterioso e sospirato regalo.
Avevo passato giorni a dannarmi chiedendomi cosa fossi realmente per lui ed ora eccoci qui, faccia a faccia pronti a scambiarci i reciproci doni… se non fosse che alla fine non avevo preparato nemmeno un semplice dolce per lui.
Dalla vaporosa rosa rosso passione, due bellissimi occhioni cremisi e un dolcissimo faccino peloso si pararono davanti al mio scaturendo l’istinto materno, ben accoccolato all’interno del mio Io.



-Mamma mia ma sei bellissimo!- trillai.
Non potei fare a meno che prenderlo tra le braccia e cullarlo mentre il piccolo esserino dimostrava la sua riconoscenza dandomi piccole leccatine sul volto.
Fissai Nevra stupita. Sapevo perfettamente che i Famigli costavano parecchio al mercato o che, comunque, era molto difficile acchiapparli nelle esplorazioni soprattutto se le esche si dovevano acquistare.
-È dolcissimo Nevra, ma non dovevi… Chissà quanto ti sarà costat- venni interrotta nuovamente.
Questa volta non fu per colpa del giovane, ma del piccolo del pelo soffice che continuava a dimenarsi in cerca di una posizione più comoda ma col rischio di scivolarmi dalle braccia, cadendo.
-Il Rowtsya è un famiglio particolare ma sono sicuro che tu riuscirai a domarlo- mi fece l’occhiolino.
Scossi la testa per fargli capire che era irrecuperabile e continuai a coccolare il birbantello che aveva trovato un comodo appoggio sul mio petto.
-Penso di mettergli il tuo nome- lo canzonai.
Come ovvio che sia, Nevra non si lasciò affatto intimidire e senza dire nulla ci avvolse entrambi tra le sue possenti braccia, sospirando stanco.
Non lo si poteva biasimare dopo tutto quello che era successo oggi, eppure vederlo in quello stato, pur sapendo a cosa fosse dovuto, faceva stare male anche me.
Appoggiò le sue carnose labbra sulla mia fronte donandomi un bacio dolce, premuroso e tremendamente bello.
-Buon San Valentino Phobos- sussurrò mieloso.
Mi accoccolai meglio tra le sue braccia sorridendo: quello era senza dubbio il 14 Febbraio più bello di sempre.
-Buon San Valentino Nevra- risposi beandomi dell’atmosfera magica che si era creata tra di noi.
Tutto sommato constatai che l’apparizione di Akire non era stata poi così terribile.

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Capitolo 3
*** Primi litigi ***


Mi svegliai di colpo quando sentii il classico rumore delle chiavi inserite in un serratura. Non avevo idea di quanto tempo avessi sprecato dormendo, tuttavia capii al volo che opportunità mi si stava presentando davanti agli occhi: la rinnovata libertà.
Davanti alla mia fredda cella c’era un uomo completamente mascherato che, dalla siluette, mi risultava irriconoscibile. Non disse assolutamente nulla, si limitò a far scattare la serratura e a mettersi da parte come per invitarmi ad uscire.
Non gli diedi nessuna confidenza. Gli ero grata certo, ma non per questo ero disposta a dargli fiducia.
Sgattaiolai via velocemente, tenendomi sempre a debita distanza, senza voltarmi per vedere se quell’uomo ci fosse ancora: dovevo uscire da lì. Mi diressi immediatamente verso le scale dalle quali mi aveva fatto scendere Jamon siccome, vista la creatura emersa dalle acque putride, scegliere di fuggire a nuoto non mi sembra affatto un’idea valida.

Corsi a perdifiato fin quando non raggiunsi, nuovamente, quello che doveva essere il piano terra di quello strano palazzo e notai che vi erano presenti diverse stanze nelle quali provare a trovare un rifugio momentaneo.
Non potevo concedermi il lusso di farmi vedere e finire nuovamente in quel posto buio.
Tentennai ancora un attimo, poi decisi istintivamente di varcare l’arco che conduceva alla stanza più a sinistra.
Mi mossi velocemente giungendo in una sorta di corridoio molto, forse troppo per i miei gusti, colorato in confronto alla prigione nella quale ero stata confinata fino a quel momento. Restai per qualche secondo imbambolata a fissare gli ornamenti dorati che decoravano le entrate di alcune camere.
Mossi qualche passo continuando a percorrere il breve passaggio quando, sbadatamente, andai a sbattere contro qualcuno finendo col ruzzolare per terra. Corrucciai la fronte mordendomi il labbro, troppo insoddisfatta per essersi fatta scoprire da chissà chi.
Alzai rapidamente lo sguardo pronta a sostenere quello della ragazza-volpe se fosse stato necessario, tuttavia il destino rivelò avere tutto un altro piano per quel momento: davanti a me comparve la figura di un giovane sbalordito tanto quanto me.
Si inchinò elegantemente verso di me porgendomi la sua mano, eppure c’era qualcosa di terrificante nel suo sorriso a trentadue denti.
I suoi canini.
 

 
-Oh, sei un’umana! Senti che profumino, per caso è già ora di cena?- disse prendendosi gioco di me.
Balzai subito in piedi facendo qualche passo indietro, non perdendolo di vista per nessuna ragione al mondo. Mi chiesi in che razza di posto fossi capitata, possibile che fossi l’unica normale lì?
Mi si ghiacciò il sangue pensando, al contrario, che quella fuori posto in realtà fossi proprio io.
-Non provare ad avvicinarti- risposti cercando di assumere un tono minaccioso.
Quasi non ci credetti di aver avuto un incontro ravvicinato con un vampiro… Certo, guardare film e serie tv su queste creature ti invogliava a fantasticare su un possibile incontro con uno di essi.
Ma trovarselo davanti in una situazione, non molto piacevole, come quella poteva scaturire solo un’azione spontanea: scappare.

Corsi via di lì ritrovandomi nell’atrio di quel grosso palazzo.
Una sola parola poteva definire come mi sentivo in quel momento. Spiazzata. Guardai le varie superfici che mi si paravano davanti, trovando rifugio dietro uno dei pilastri.
Ero consapevole che il ragazzo con i canini mi avrebbe seguita e l’unica cosa che non avrei voluto era essere ritrovata nell’immediato.
Con sorpresa i miei occhi si posarono sulla figura possente di un altro giovane, dalla folta chioma bianca. Passò a qualche centimetro dalla mia esile persona, senza però notarmi.
“In che situazione mi sono cacciata” sbuffai un sorriso.
Sgattaiolai via dal pilastro per entrare in un’altra stanza, nella vana speranza di azzeccare l’uscita ma… entrai in una sorta di dispensa.
Era letteralmente sommersa da vagonate di cibo di ogni tipo, per fortuna erano alimenti presenti anche nel mio mondo.
Sorrisi nel vedere una buffa struttura a forma di alveare dove, probabilmente, erano custoditi i cibi ritenuti più prelibati.
“Che razza di idioti, spero solo sia una sorta di frigo” fissai con disappunto.
Inaspettatamente un rumorino in sottofondo fece dipingere le mie gote di rosso: lo stomaco pretendeva il suo bottino. Solo in quel momento mi resi conto di stare davvero crepando di fame, tuttavia feci un enorme sforzo per non toccare nulla di tutto quel ben di Dio.
Non volevo essere colta in flagrante e, tanto meno, ottenere un altro biglietto di sola andata per Muffolandia.
Espirai infastidita da questo mio lato pragmatico. Mi voltai per uscire anche da lì quando per poco non andai a sbattere contro un altro ragazzo.
“Diamine, ci saranno anche delle ragazze oltre la volpe o no?
Le lunghe orecchie a punta non passavano di certo inosservate, stessa cosa per i lunghi e setosi capelli blu cielo e gli occhi smeraldini.
-Ma guarda chi c’è qui…- miagolò sornione.
Avrei voluto divincolarmi da lui, fuggire e riuscire a raggiungere il maledetto esterno di quelle dannate mura. Invece la sorta di folletto mi aveva sbarrato l’unica porta presente in quella stanza.
Non potei non notare il modo attento con il quale mi stava studiando.
-Che cosa ci fai qui?- domandò asciutto.
Gli lanciai un’occhiata torva.
Dovevo fargli capire che non temevo la sua presenza e non mi sarei lasciata sopraffare tanto facilmente.
-È quello che vorrei saper-
Una chioma blu notte comparve all’improvviso nella claustrofobica dispensa. Appena i suoi occhi si posarono su di me, la rabbia si impossessò implacabile del suo corpo.
Mi ritrovai ad indietreggiare leggermente, evitando che quell’odiosa fiamma azzurrina potesse anche solo sfiorarmi.
-Non è possibile, ancora tu!- sbraitò.
Come se non bastasse, a raggiungere il nostro bel teatrino arrivarono anche il ragazzo dai capelli neve e il vampiro con il quale mi ero scontrata poco prima.
Seguiti da una specie di unicorno… miope.
-M-Ma insomma… cosa sta succedendo?- chiese quest’ultimo.
Era il più terrorizzato tra tutti, confuso dalla situazione che si era creata e troppo smidollato per azzardare a fare ipotesi che avrebbero potuto gravare l’umore della ragazza.
-Questa umana si era introdotta nella Sala del Cristallo ed ora eccola qui a sottrarci il cibo!- rispose lei.
Ci scambiammo uno sguardo di antipatia reciproco. Io non andavo a genio a lei tanto quanto lei non andava a genio a me.
Almeno su questo eravamo d’accordo.
-Come puoi accusarmi di aver rubato se nemmeno mi hai vista farlo?-
Mi sentii oltraggiata dal suo modo esprimersi, sempre e solo arrogante.
Fortunatamente il folletto decise di spalleggiarmi affermando che non avevo toccato nulla, non so a quale scopo, ma non potei fare a meno di lanciargli un’occhiata riconoscente per poi tornare a fissare il capo di quella combriccola.
Non contenta, tornò ad accusarmi di sparizioni di cibo a sua detta strane che erano avvenute nelle scorse settimane.
-Non metto in dubbio che sia bello avere un capro espiatorio, ma io sono arrivata qui oggi!- risposti a tono.
Questa volta a darmi man forte fu il bel vampiro, rivelò che il ladro in realtà era un bambino del loro rifugio.
Improvvisamente ritenni di dover appuntare quell’informazione, sarebbe servita ad argomentare il perché non ho mai voluto pesti frignati tra i piedi.
Fu impressionante come la donna non fiatò più dopo l’affermazione del moro.
Come in ogni favola che si rispetti, il lieto fine ce lo si può scordare… Ad interrompere quel clima di stallo fu l’albino dagli occhi ambrati che, come se fosse il momento più opportuno, ricordò il furto di una lacrima di drago.
-Come avrei fatto a rubarla? E perché fare piangere un drago per prendergli le lacrime?- li fissai senza capire.
La ragazza-volpe non perse un secondo di più per ordinare, di nuovo, di rinchiudermi nella cella.
Mi stavo quasi rassegnando all’idea di ritornare nella prigione fredda quando l’unicorno si intromise nella conversazione, proponendo di lasciarmi almeno spiegare la situazione.
Spalancai gli occhi vedendo la giovane donna annuire concedendomi quella opportunità, mi destai dallo stupore velocemente cercando di assumere un tono pacato.
Fissai il pavimento per trovare il coraggio di sputare fuori le parole: non mi è mai piaciuto essere osservata da così tanta gente.
Il mio comportamento scaturii l’impazienza della volpina, me ne infischiai altamente. Quella aggredita senza motivo ero stata io.
-Stavo camminando in un bosco vicino alla mia casa quando, ad un tratto, ho visto un piccolo cerchio di funghi- feci una pausa -Era insolito, non l’avevo mai visto prima e decisi di entrarci per curiosità- tentennai ancora un attimo –Un fascio di luce mi avvolse e mi sono ritrovata in quella che voi chiamate Sala del Cristallo, poi non è successo molto altro- conclusi asciutta.
Non riuscirono a capacitarsi di come io sia potuta finire in quella Sala dato che, a detta loro, era protetta.
Mi spiegarono anche che non era possibile riportarmi indietro, nel mio mondo, siccome quei cerchi funzionavano solo in un senso.
-Che vuol dire questo?- chiesi a fatica.
Nessuno osò guardarmi in faccia, semplicemente ignorarono la mia domanda. Tutti tranne il giovane vampiro… fu l’unico a fissarmi con pietà prima di sprofondare, anche lui, nell’indifferenza.
La fanciulla dai capelli blu tornò ad ordinare di farmi tornare in cella, scarcerandomi solo quando fossero stati in grado di rispedirmi e subito l’orco ,che apparse dalla penombra, mi agguantò con fermezza il braccio.
Lo strattonai fissandolo in modo torvo.
-Lasciami immediatamente- ringhiai a denti stretti.
Fu il ragazzo più muscolo a mettere a tacere quella battagli di sguardi, chiedendomi come fossi riuscita ad evadere da la sotto.
Mentire sarebbe stato da idioti.
-Se fosse dipeso da me sarei ancora la sotto ad aspettare di rivedere lo squalo mutante- ridacchiai -Mi ha aperto qualcuno… aveva una maschera scura in faccia, non ho idea di chi sia- ammisi.
Appena finii di parlare il panico si diffuse tra le loro facce.
La ragazza ordinò la perquisizione immediata della prigione e ribadì che avrebbero dovuto rinchiudere anche me. Sorprendentemente il bestione uscì con lei, senza trascinarmi con lui, seguiti a ruota dal giovane muscoloso.
Anche il moro si diresse verso l’uscita, ma non senza prima girarsi.
Mi fissò per un attimo, prima di rivolgersi al Pegaso uscito male dietro di me.
-Kero, il ragazzino mi ha detto di aver nascosto i viveri da qualche parte ma non ho avuto il tempo di cercarli. Te ne occuperesti tu?- chiese indicandomi con un cenno alla testa.
Rimasi stupida di quel gesto. Stava cercando di far risultare utile, in qualche modo, la mia presenza.
Evidentemente questo Kero non colse del tutto la richiesta del fanciullo, infatti contestò la domanda ritrovandosi perdente.
Il vampiro uscì dalla stanza salterellando, felice soprattutto di essersi liberato di un compito che voleva volentieri evitare.
Anche il folletto trovò il modo di scivolare via con una scusa, lasciandoci da soli.

Non avevo idea di come comportarmi e rapportarmi, preferii rimanere guardinga ed in attesa di osservare la sua prossima mossa.
Mi propose, indugiando, di tornare in prigione.
-Ho già detto che lì non ho intenzione di tornarci- ringhiai ferma.
Deglutì a fatica, non molto contento della mia risposta secca.
-Non posso tornare utile in qualche modo?-
Il suo volto si illuminò e finalmente gli venne in mente la stessa idea venuta all’amico poco prima. Mi propose di aiutarlo nella ricerca dei benedetti viveri, sottratti da un ragazzino annoiato, e non potei fare a meno di accettare.
Uscimmo da quello stanzino mal illuminato ed iniziammo a camminare verso dei grandini che conducevano ad una grossa porta davanti a noi.
Mi chiesi come mai non me ne fossi accorta prima, lasciai perdere e decisi di fare un po’ il terzo grado a quello strano essere.
-Ascolta un po’… Che razza di posto è questo?-
Mi spiegò che quel palazzo era il Quartier Generale di Eldarya.
-Cosa sarebbe Eldarya?- domandai perplessa.
Disse che era il loro mondo, quello abitato dai Faeries, nonché creature fatate.
“Ecco il perché di tutte questi esseri strani…” almeno ora stava iniziando ad avere un senso.
Chiesi come fosse gestito questo bizzarro mondo e mi rispose che c’era una guardia, ovvero la Guardia di Eel, al comando.
Questa si occupava dei vari conflitti e dei problemi che potevano presentarsi, in modo da mantenere un saldo equilibrio in Eldarya.
Precisò che è divisa in quattro parti e rivelò, stupendomi, che i ragazzi con i quali avevo parlato precedentemente erano a capo di queste quattro parti.
Storsi il naso non riuscendo ad immaginare persone così giovani già a capo di un’organizzazione così importante.
-Davvero? Potresti spiegarti meglio?-
Annuì contento, mentre ci spostavamo in diverse zone esterne del QG che mi erano totalmente sconosciute.
Appresi che a capo, nella Guardia Scintillante, c’era la ragazza che voleva segregarmi in prigione e gettare la chiave. Si chiama Miiko. Quella guardia, spiegò, racchiudeva solamente i membri più importi di Eldarya e che, di conseguenza, gestivano i membri delle altre tre guardie.
La testa mi stava esplodendo.
Dopo di che iniziò a parlare delle ultime tre, tutte uguali a parità di importanza.
Iniziò da quella dell’Assenzio, ovvero specializzata in Alchimia e nei preparati di pozioni, dove vi fanno parte le specie di Faeries più raffinate come quella del ragazzo che vi stava a capo.
Era un elfo, non un folletto ma dettagli, di nome Ezarel.
Passò alla Guardia d’Ombra, specializzata nell’esplorazione, spionaggio e raccolta di informazioni. A capo c’era il vampiro al quale ero piombata addosso non molto tempo prima, di nome Nevra.
“Chi se non lui?” mi trovai a pensare un po’ imbarazzata.
Infine, facendomi dimenticare il suo volto, parlò della Guardia d’Ossidiana, specializzata nei combattimenti. Specificò che nessuno poteva battere i loro membri durante gli scontri e a capo c’era il ragazzo muscoloso dai capelli bianchi, chiamato Valkyon.
-Posso sapere Jamon che ruolo ha?- non potei trattenermi ripensando all’orco.
Mi disse che era in tutto e per tutto il braccio destro di Miiko, non a caso eseguiva senza protestare ogni suo ordine.
-Bene… e tu saresti?- lo incalzai.
Non fu molto contento, forse avrei dovuto dirgli che ricordavo il suo nome ma poco importava. Scoprii che “Kero” era solo un diminutivo siccome in realtà si chiama Keroshane, parte anche lui della Guardia Scintillante e custode della biblioteca presente nel Q.G.
A quel punto fu lui a chiedermi il nome… non ero pronta per rivelare la mia identità a tutti. Sorrisi di sbieco, facendogli intendere che non erano affari suoi e lasciò andare il discorso subito.
Camminammo ancora per qualche metro quando mi cadde lo sguardo su un cespuglio: ai piedi di esso c’era un tozzo di pane.
Lo feci subito notare e il liocorno rimase stupito del mio “occhio di lince”. Soddisfatto, annunciò che potevamo tornare nella dispensa in modo da depositare il bottino, ma non potei fare a meno di pensare che chiamare furto la sottrazione di un pezzo di pano era davvero eccessivo.
Evidentemente si accorse della mia occhiata un po’ dubbiosa ed intervenne subito con un nuovo spiegone.
-Vedi… qui da noi è molto difficile trovare del cibo commestibile, per questo motivo lo razioniamo e stiamo molto attenti alle dosi- riassunse la situazione in cui versavano.
Tornammo velocemente nella dispensa, non perse tempo a farmi vedere i diversi luoghi, evidentemente aveva premura di portare a termine quel compito ingrato.

Giunti nella stanza lasciai che fosse lui a sistemare il cibo nel posto giusto, non ritenni opportuno assillarlo con ulteriori domande.
Aveva già risposto a tutto ciò che in quel momento mi frullava in mente e mi avevano già fatto chiaramente capire che, almeno per il momento, non avevano i mezzi per rimandarmi a casa.
Ancora assorta dai pensieri, una siluette bianca apparve varcando la soglia in modo molto deciso.
Troppo sicuro per i miei gusti che mi ritrovai fare un passo indietro.
-Ah Kero, sei riuscito a trovare i…- si interruppe bruscamente.
Un enorme e falso sorriso apparve sul suo volto.
-Tu… cerchi guai- mormorò compiaciuto.
Fu Keroshane che spiegò la mia utilità nel ritrovare il cibo apparentemente smarrito.
Dopo un “davvero?” poco convinto dell’elfo, il ragazzo con gli occhiali fece la fatidica domanda: aveva intenzione di convincere Miiko a non sbattermi in cella fino a quando fossero stati in grado di rimandarmi a casa?
Un divertito “che ci guadagno?” fuoriuscì dalla bocca dell’azzurro e non potei fare a meno di sorridere.
“Forse non è poi così malvagio” pensai tra me e me.
Barattarono qualche porzione di miele e dei biscotti: Ezarel era entrato ufficialmente nel team NonMandiamoInPrigionePhobos.
-Siete abbastanza buffi per i miei gusti, ma vi ringrazio di cuore- ammisi a fatica.
Un altro sorriso malvagio spuntò sul volto angelico dell’elfo.
-Ci ringrazierai quando avremo convinto Miiko. Non è ancora detto che eviterai la prigione- annunciò.
Evitai di sbuffare davanti a loro, eppure quella situazione mi stava causando molto più stress del previsto.
Ci buttò letteralmente fuori dalla dispensa, spingendoci verso la Sala del Cristallo continuando a ripetere che non vedeva l’ora di sapere il verdetto finale.
Dire che ero un bagno di sudore freddo era poca cosa.
Esitai un solo secondo, presi un bel boccone d’aria e mi decisi ad entrare nella scintillante stanza.
Sobbalzai quando incrociai ancora gli occhi argentati del vampiro che mi fissavano incuriositi, poco dopo notai anche l’imponente figura di Valkyon e quella snella di Miiko.
Girai di poco lo sguardo per rendermi conto che un nuovo ragazzo aveva appena affiancato la Kitsune.
Era senza dubbio un bel ragazzo dal fisico invidiabile, biondo e anche lui con occhi verde smeraldo.
Per quanto potessi trovarlo affascinante restava pur sempre uno sconosciuto, preferii stare leggermente dietro ad Ezarel piuttosto che espormi spavaldamente.
La fanciulla sbraitò nuovamente riguardo ad un episodio avvenuto recentemente, si poteva notare il grado elevato di preoccupazione che aveva dentro di sé in quanto non badò affatto a me.
-Leiftan stai bene? Spero tu non abbia nulla di rotto!- sperò adirata.
Memorizzai anche il nome di quel giovane, troppo premuroso per ammettere di avere qualche acciacco qua e la.
-Non so chi sia, ma non si rende conto che ciò che fa è pura follia? Sta mettendo tutti noi in pericolo!- sfuriò Nevra.
Aveva un’aria più stanca rispetto al carattere vivace che aveva dimostrato sia in dispensa che nel corridoio, quando ci scontrammo.
Discussero ancora un po’ sull’avvenimento, infine Miiko ordinò al biondo di andare in infermeria in modo che eventuali ferite potessero essere curate. A quelle parole il giovane acconsentì con un sorriso, raccolse il suo mantello da terra portandoselo sulle spalle, si voltò nella mia direzione rimanendo stupito, aspettando che qualcuno mi presentasse. Solo in quel momento la ragazza ci degnò della sua attenzione e anche Nevra lo trovai un po’ più risalassato, tant’è che esibì un insolito sorriso da seduttore.
“Un vampiro maniaco, fantastico” brontolai.
-Kero!- trillò inferocita –Per quale motivo non è ancora in prigione?-
Il povero liocorno provò a spiegare che l’avevo aiutato nel ritrovare il cibo, eppure lei non la prese affatto bene… la fiamma azzurra divampò ancora per la stanza, mentre l’unicorno si faceva man mano da parte ammutolendosi.
Fu in quel momento che lanciò uno sguardo di supplica ad Ezarel che, codardamente, non fece assolutamente nulla.
Al contrario, fu Leiftan che propose di darmi una chance, appoggiato molto volentieri dal moro che non perse tempo per fare un apprezzamento sul mio aspetto.
Mi ritrovai a guardare in basso per l’imbarazzo: non ero mai stata abituata alle smancerie, di conseguenza non sapevo nemmeno bene come rapportami.
A smontare tutto questo fu l’albino che, amorevolmente, propose di utilizzarmi come esca nelle missioni.
“Davvero crede che me ne starò buona ad attirare per loro chissà cosa?” pensai sconvolta dal poco tatto da lui utilizzato.
Per non so quale botta di fortuna, Miiko si arrese a farmi restare con loro come una normale abitante a patto che sarebbero stati i ragazzi a prendersi cura di me. Dopo questa decisione, prese e girò i tacchi.
“Adorabile…” sghignazzai vittoriosa.
-Dovremo addestrarla noi?- ripeté frastornato l’elfo.
-Se ha le caratteristiche necessarie, non vedo perché no- rispose Valkyon.
Anche Nevra si buttò nella conversazione dedicandomi un occhiolino.
-Perché no? Se mi porta la colazione e si occupa di me…- propose malizioso.
Alzai gli occhi al cielo, sperando che quel discorso fosse montato a tavolino al solo scopo di prendersi gioco di me.
Ora come ora era difficile credere ed essere sicuri di qualcosa.
-Che state blaterando? Sono qui, vi sento!- provai a farmi valere.
Ezarel colse la palla al balzo per scaricarmi di nuovo a qualcun altro, in pratica mi disse che affinché uno di loro tre si potesse occupare di me, era necessario farmi entrare in una delle tre guardie.
Quel qualcuno al quale ero stata appioppata fu, di nuovo, Kero.
“Bene, per lo meno non me ne starò con le mani in mano aspettando che qualcuno decida il mio destino” sorrisi a mia volta.
Un altro rumore molesto si palesò dal mio ventre: avevo ancora dannatamente fame.

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