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La
penna ticchettò sul blocco, e gli occhi verdi saettarono dall'orologio a ciò
che non aveva ancora scritto.
Sospirò, annoiato.
Kurama amava la vita umana che aveva scelto, su questo non c'erano dubbi.
Annoiato dallo studio, aveva optato per entrare direttamente nel mondo del
lavoro grazie al nuovo marito della madre, e non era male, la maggior parte del
tempo. Davvero. Ma in quel momento, a poco dallo scoccare dell'orario di
chiusura dell'ufficio, sentiva la noia invaderlo.
Non che rimpiangesse il mondo demoniaco, perché amava troppo sua madre e la sua
nuova famiglia per lasciarla e tornare nel Makai, aveva tutto il tempo davanti
a sé per farlo. Non era il momento.
Decise però che aveva davvero bisogno di qualcosa che gli movimentasse un po'
almeno la serata. Qualsiasi cosa.
Per questo motivo, non appena poté uscire dall'ufficio si avviò verso la
stazione per poter prendere il treno. Ci voleva un po' per arrivare al tempio
di Genkai, ma sapeva che avrebbe trovato lì Kuwabara.
Da quando il kekkai che separava Makai e Ningekai era stato sciolto, infatti, proprio com'era
successo quando ci aveva provato Sensui, erano stati
molti gli umani che si erano ritrovati con capacità...particolari. Alcuni non
erano in grado di controllarsi affatto, altri invece riuscivano solo a
percepire qualcosa, delle presenze, com'era stato per Kuwabara inizialmente,
per quel che gli aveva raccontato. Ad
ogni modo, con la morte di Genkai non c'era stato
nessuno in grado di aiutarli, almeno fin quando Yusuke non se ne era uscito
dicendo che sarebbe stata una buona idea se a farlo fosse stato Kuwabara
stesso. In fin dei conti, aveva detto, adesso che la vecchia era morta lui era
l'umano con più esperienza e più energia astrale probabilmente di tutto il
mondo.
Ed in effetti era così.
Kuwabara, buon samaritano e generoso com'era sempre stato, non aveva aspettato
troppo ad accettare, e adesso faceva delle vere e proprie sedute, dopo le
lezioni universitarie.
Di quando in quando anche Kurama andava a trovarlo, mentre era lì, ma non si
azzardava a fare niente. Non che non potesse, qualche consiglio lo dava, ma non
ci teneva che persone che non conosceva scoprissero che era un demone. Per loro
andava bene essere Shuichi Minamino e basta.
Quando arrivò al tempio, Kuwabara era ancora lì, proprio come si era aspettato,
però era da solo. Sembrava stesse preparandosi ad andarsene, in effetti, ma
quando lo vide mollò il borsone da palestra che aveva dietro e alzò la mano in
segno di saluto nei suoi confronti.
"Yo, Kurama!" esclamò, facendogli cenno di
avvicinarsi.
Erano agli antipodi, oramai, Kurama e Kuwabara. Lì dove il primo era costretto
dal suo lavoro ad un abbigliamento più sofisticato e attento, con camicia
bianca, giacca scura e cravatta, il secondo se ne stava comodamente in tuta, e
Kurama non si sarebbe affatto stupitoche ci andasse anche in università. In fin dei conti, la popolarità di
Kuwabara non era certo data dall'aspetto fisico.
"Ciao, Kuwabara-kun," lo salutò la volpe,
sorridendogli. L'altro non si era alzato da dov'era, ma Kurama lo raggiunse
subito e si sedette accanto a lui sul portico di legno della vecchia residenza
di Genkai.
Appena
si fu accomodato, Kuwabara sparì in cucina e Kurama, momentaneamente solo, alzò
appena gli occhi al cielo stellato. C'erano un'infinità di ricordi, in quel
posto. In quelle colonne, in quelle porte, in tutte quelle stanze. Le volte che
si erano riuniti lì per parlare con la vecchia maestra erano incalcolabili, gli
allenamenti che Kurama aveva fatto fare all'altro in vista del torneo delle
arti marziali nere avevano avuto luogo proprio in quelle colline verdeggianti
su cui si perdeva l'occhio (*). Lì aveva vissuto per due anni e più Yukina, ed
era certo che anche Hiei fosse passato spesso, e lì era anche la tomba di Genkai e persino Pu era rimasto, troppo cresciuto ormai per
recarsi in qualsiasi altro luogo. Senza contare che l'avventura di Kuwabara in
quel mondo, da quello che sapeva, era iniziata proprio lì.
In
quel posto.
Non
esisteva al mondo un luogo più pregno di ricordi di quello, per quanto si
fossero riuniti per parlare anche a casa di Yusuke svariate volte. Lì tutto era
iniziato e lì tutto sembrava essersi concluso, quando la vecchia era morta.
Anche se in realtà Kurama aveva idea che niente sarebbe mai finito davvero.
Anche
se c'era la pace, Yusuke combatteva, e non avrebbe mai smesso. Il nuovo torneo
demoniaco promesso da Enki era alle porte e anche Kurama aveva tutta
l'intenzione di combattere ancora. E non era l'unico.
"Ogni
volta che vengo qui, mi faccio prendere dalla nostalgia," gli disse
Kuwabara, quasi a leggergli nel pensiero, nonostante ormai ci venisse quasi
ogni giorno. "Sai, Kurama, pensavo di...si, insomma, come posso dire...eh,
cavolo! Sì, io, Kazuma Kuwabara, pensavo di chiedere
qui a Yukina-chan di sposarmi!"
Kurama,
che aveva preso la tazza di tè, un po' insapore, che l'altro gli aveva porto,
quasi non si strozzò con il liquido verdino al suo interno, strabuzzando gli
occhi.
"Kurama?
Tutto okay?"
"Oh,
sì, sì, certo, figurati! Mi sembra una bellissima idea!" sdrammatizzò
l'altro, nascondendosi subito dietro quel tè tiepido.
Avrebbe
chiesto a Yukina di sposarlo. Hiei l'avrebbe ammazzato. Come poteva fare a
convincere Hiei a non ammazzarlo? Era impossibile! Anche se non glielo avessero
detto subito, al matrimonio l'avrebbe scoperto. Tanto più che, fratello o meno,
era certo che Yukina si fosse affezionata a Hiei, e l'avrebbe sicuramente
voluto invitare.
Hiei
non sapeva ancora neanche che Yukina viveva a casa di Kuwabara, ormai. Lui e
Yusuke avevano deciso che per il bene dell'amico era meglio tenerglielo
nascosto.
Sapevano
che quel giorno sarebbe arrivato, ma non pensava così presto! Insomma, era a
malapena maggiorenne.
"Certo
che non perdete tempo tu e Yusuke, eh? Nemmeno raggiunta l'età da matrimonio e
passate subito all'azione," scherzò quindi, cercando di non pensare
all'amico.
Avrebbero
trovato un modo. Sì, tutto sommato non credeva che Hiei avrebbe davvero ucciso
Kuwabara. Farlo avrebbe fatto soffrire molto Yukina, e Hiei non voleva.
Forse
sarebbe sparito e basta. Magari l'avrebbe accettato. Chi poteva dirlo? In
fondo, lui si era già accasato con Mukuro, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Nel
Makai non esisteva l'usanza del matrimonio, però una cosa era certa: Hiei e
Mukuro provavano un forte affetto reciproco e non era semplicemente rispetto
fra guerrieri. Non era un legame come quello che lo univa a lui e a Yusuke, e
tutto sommato anche a Kuwabara. Era ben altro.
Forse
nel Makai non vigeva l'usanza dei matrimoni, ma di certo c'era qualcosa fra
quei due.
"Dici
che è presto? Che è passato troppo poco da quello di Urameshi e Yukimura?" rise Kuwabara, per la prima volta un po'
imbarazzato.
"Nah, non c'entra niente Yusuke. Un po' da te me
l'aspettavo, devo dire. Yukina dirà sicuramente di sì e sarà contenta. Quello
che mi ha lasciato davvero stupito è stato Yusuke. So che aveva promesso a
Keiko di sposarla una volta tornato, ma conoscendo Yusuke..."
"Vero?
Pensa che ha dovuto praticamente farle la corte! Keiko l'ha fatto penare
tantissimo!" rise ancora il più alto. Stavolta anche Kurama lo seguì a
ruota.
"Davvero?
Non me l'aveva detto," ammise.
"Si
tiene la parte migliore per sé, il mentecatto!" sbottò Kuwabara, ridendo
di gusto. "Comunque, sai...sì. Voglio chiederlo a Yukina prima possibile
perché...beh, lei è un demone, e io un umano. Invecchierò e morirò che lei sarà
ancora bellissima e florida e allora...vorrei passare più tempo possibile
insieme a lei e...e...e renderla felice, ecco!"
Kurama
addolcì lo sguardo davanti all'imbarazzo di Kuwabara a quella frase. Non c'era
niente di più bello che potesse dire e sperava vivamente che Hiei potesse
accettarlo, quando gliel'avrebbe riferito. Kuwabara era davvero innamorato, e
tutto sommato facevano una bella coppia.
"Sono
sicuro che sarà così," decretò.
"Yukina
cerca ancora suo fratello e io avrei davvero voluto trovarlo, però...spero che
questo un po' la rassereni, ecco..."
Ancora
una volta, Kurama quasi si strozzò con il tè. Aveva quasi scordato che l'altro
non ne sapeva nulla. "Ah, beh, sì, non ti preoccupare di quello! Non sarà
certo una cosa del genere a frenarla!" esclamò, sventolando la mano
davanti al viso.
Kuwabara
lo guardò appena "Tu dici?"
"Ma
sì, ne sono praticamente certo!"
"Ah
beh, speriamo sia così!" rise quindi Kuwabara, studiando ancora l'amico
con la coda dell'occhio. Kurama non parlava mai di sé, o della sua vita
privata. Quando veniva a trovarlo lì da Genkai, si
informava su di lui o gli riferiva qualcosa sul mondo demoniaco, e se gli
chiedeva del lavoro diceva che andava tutto bene e basta. Per il resto, era
davvero trincerato, e non capiva proprio perché.
Lui era una persona curiosa di natura.
"E
tu, invece, amico?"
"Io
cosa?" chiese di rimando il demone volpe, tornando a guardare il vecchio
compagno di squadra.
"Tu,
nuovi incontri, amori, qualcosa? Andiamo, amico, avrai un sacco di ragazze che
ti muoiono dietro!" incitò. Chissà se si sarebbe lasciato scappare
qualcosa? Normalmente avrebbe detto di no con assoluta certezza, ma visto il
discorso appena intrapreso con lui, magari si sarebbe lasciato andare un po',
no? Chi poteva dirlo?
"Anche
se avessi un sacco di ragazze che mi muoiono dietro, come dici tu, non
significa che mi interessi qualcuna. La verità è che le donne umane non mi
attraggono," ammise, fissando l'amico, che da come aveva inarcato il
sopracciglio non aveva compreso quello che stava dicendo. "Sono deboli.
Non le trovo interessanti. Non quelle che ho conosciuto, a parte Keiko e tua
sorella."
"Trovi
interessante mia sorella?!"
Kurama
rise appena "Intendo dire che è una donna forte, con una grande energia
spirituale. Ha accettato pacificamente la questione del Makai e del Reikai, come anche Keiko. Yusuke si è sposato un anno fa,
tu vuoi sposarti con Yukina, ma loro sono due demoni, lo dovreste capire meglio
di altri: come potrei stare con una donna che non è in grado di sopportare il
mio segreto?"
"In
effetti è vero," brontolò Kuwabara "Anche se non lo hai mai detto a
tua madre, non potresti mentire per sempre a tua moglie o ai tuoi eventuali
figli."
"Esatto."
"Eh,
amico, è una brutta bestia da sbrogliare questa!" esclamò quindi,
incrociando le braccia al petto e assumendo un'espressione meticolosa e pensosa.
"Come si risolve?"
"Non
si risolve," dichiarò Kurama.
"Eh,
sì, anche questo è vero. No, aspetta! Come non si risolve?"
Kurama
sorrise "Non devo sposarmi per forza o roba simile. E l'usanza del
matrimonio che avete voi non mi interessa poi granché. Ho scelto di vivere qui
nel mondo umano per rimanere accanto a mia madre e alla mia famiglia, ma tutto
sommato sono consapevole che mia madre morirà comunque prima di me. A quel
punto potrei anche decidere di tornare nel Makai. Non ci ho ancora pensato. Ad
ogni modo, ho centinaia d'anni per farlo, non è qualcosa che mi preme con
urgenza."
"A
volte dimentico che l'unico ad invecchiare come un cretino sarò io,"
sospirò sconsolato Kuwabara "Non lo trovo giusto!"
"Mi
dispiace," sorrise Kurama, anche se in verità aveva una luce divertita
negli occhi.
Kuwabara
scrollò le spalle "Come spiegherai a tua madre che non invecchi? Se ne
accorgerà quando avrà novant'anni e tu sessanta."
Kurama
si fissò a lungo la mano, affusolata, le dita fini, le unghie curate
diversissime da quelle di un demone. Diceva che aveva secoli davanti a sé, ma
era così? I demoni invecchiano molto più lentamente di un umano, è vero. Ma lui
era ancora nel corpo di un umano, nel corpo di Shuichi Minamino.
"E' facile ingannare per me," disse alla fine,
senza spiegare cosa intendesse anche se era ovvio si riferisse a qualche pianta
del Makai. "Ad ogni modo, in verità non sono certo che questo corpo non
invecchierà come il tuo. L'unica cosa che so è che se riprendo le sembianze
dello Yoko, potrò vivere come qualsiasi demone," spiegò. Non c'era modo di
sapere quelle cose con certezza, dopotutto. E come sarebbe andata, per lui era
indifferente.
Con la morte della madre, sarebbe tornato nel Makai e lì avrebbe deciso come
vivere. In fin dei conti, il Makai che Enki stava tirando su non era un mondo
poi così infausto.
"In effetti hai ragione. Anche io farei così, se fossi in te," ammise
Kuwabara, alzando gli occhi al cielo a sua volta. La luna era alta ormai, segno
che si era fatto tardissimo.
L'ultimo treno doveva essere passato da un pezzo, e Kurama veniva sempre in
treno.
"Visto che vuoi vivere come un umano, quando te la prendi la patente,
eh?" lo prese in giro alla fine, senza nemmeno guardarlo.
Kurama storse appena la bocca. Guidare non era una cosa che gli garbava, aveva
fatto fatica ad approcciarsi alla tecnologia umana. Prendeva il treno solo per
non attirare l'attenzione, ma la verità era che sarebbe potuto arrivare più o
meno ovunque in città, con la sua velocità e agilità, e quindi a che serviva
guidare una macchina?
Proprio non gli piaceva.
"Non è che devo fare tutto quello che fate voi..." provò quindi, ma
Kuwabara stava già ridendo tanto da piegarsi in avanti.
"Non dirmi che hai paura, Kurama!"
"Ma figurati!"
"Oh, sì che hai paura!"
Kurama non rispose, questa volta, e invece si alzò, prese entrambe le tazze e
si avviò verso la cucina per lavarle e riporle. Sentiva che Kuwabara se la
stava ancora ridendo, e aveva tutta l'intenzione di ignorarlo.
"Ti do un passaggio?" gli sentì urlare, ancora fuori dal porticato.
Kurama guardò l'orologio, riposò le tazze ad asciugare e uscì. "Non serve.
Posso correre."
"Dai, non farti pregare! Non ci perdo niente, passo vicino al tuo quartiere
per tornare a casa! Guarda che guido bene, eh!"
"Non è questo..." sospirò Kurama, ma non ebbe modo di dire altro,
perché Kuwabara gli passò un braccio intorno alle spalle e lo trascino
praticamente di peso verso la lunga scalinata. Kurama lo seguì di malavoglia e
salì in macchina, dove Kuwabara non perse tempo ad accendere la radio quasi a
tutto volume.
"Come sta andando con le lezioni?" gli chiese la Volpe dopo un po',
ormai a metà strada. Kuwabara, in effetti, guidava abbastanza bene per essere
uno che aveva preso la patente solo da pochi mesi, ad ogni modo andava un po'
troppo veloce e con un po' troppa sicurezza per i suoi gusti.
"Oh, molto bene. Sai, ci sono soggetti interessanti! I Poteri di Kido, Kaito e Yanagisawa erano molto
più sviluppati quando li abbiamo conosciuto, la maggior parte di quelli che
vengono sanno a malapena percepire qualcosina. Ah!
Però sai, c'è una ragazza davvero particolare, dice di fare dei sogni strani,
tipo premonitori. Ha un potere spirituale incredibile, enorme rispetto agli
altri! Deve avere circa la tua età. Viene tutti i giorni, più degli altri, è
proprio esaltata!" rise Kuwabara.
"Ah, beh, sembra interessante," fece anche Kurama, guardandolo con la
coda dell'occhio "Sembra anche che tu ti diverta, direi."
"Almeno faccio qualcosa che mi tiene in pista! Se aspettassi Urameshi
farei la muffa! Tu ogni tanto vieni, ma non è la stessa cosa. Sai, mi sento un
po' messo da parte..."
Kurama abbozzò un sorriso tirato. "Yusuke ha molto da fare con il prossimo
torneo alle porte, ha tutta l'intenzione di partecipare di nuovo. Perché non
vieni anche tu? Tre anni fa sei rimasto in disparte per lo studio, ma
adesso..."
"Oh, ma verrò! Sta tranquillo che verrò! Solo che questo non mi fa sentire
più tirato in causa!"
"Mi dispiace," mormorò Kurama "Ma sono certo che troverai un
modo per...rimetterti in pista, come hai detto tu."
"Ah, ma puoi star certo che non mi farò più lasciare indietro! Adesso ho
tutta l'intenzione di mettermi in gioco anche io! Appena inizierà questo
secondo torneo, farò vedere a Urameshi chi è davvero migliorato in questi
anni!" rise Kuwabara, mentre accostava e fermava la macchina vicino alla
casa dell'amico, ormai giunti a destinazione. "A questo proposito, perché
non ci alleniamo un po' insieme?! Come ai vecchi tempi, per preparaci al Torneo
Oscuro. Sarà divertente!"
"Perché no," annuì Kurama "Ma questa volta non farò
favoritismi."
"Perché, l'altra volta sì? Dai, mi hai massacrato! Eri un insegnante
inflessibile!"
"Era necessario. Dovevi imparare a controllare la tua spada astrale."
"Lo so e te ne sono infinitamente grato, infatti. Ci vediamo presto,
Kurama!"
Kurama si limitò ad un cenno del capo come saluto, prima di scendere dall'auto.
Combattere contro Kuwabara, anche se solo come allenamento, lo entusiasmava
parecchio.
Così come l'idea di farlo contro Yusuke e sì, doveva ammettere che quell'anno
sperava davvero che l'estrazione degli sfidanti fosse a suo favore.
*Non si
sa dove si sono allenati questi due prima del torneo, e quindi boh. Ho deciso
che se Genkai aveva intere colline, poteva
prestargliene una!
MUGENBANA è il nome della pianta che Kurama usa per
cancellare la memoria a Maya, almeno nella versione italiana del manga.
Angolino
Autrice:
Buonsalve a tutti! Era una vita e mezza che
non tornavo su questo fandom, il secondo su cui ho
scritto mi pare.
L'altro giorno mi è ricapitato sotto mano il manga, dopo aver rivisto tutto
l'anime qualche mese fa, e con esso il bellissimo, unico poi, capitolo extra.
Quello su Kurama e Hiei e il loro primo incontro.
Mi si è accesa la lampadina, mi sono chiesta perché Togashi
avesse praticamente accoppiato tutti i protagonisti tranne il buon Kurama. E
sì, so che questo fandom predilige lo yaoi con la KuramaHiei (o
viceversa) e anche a me piace la coppia, ma, nonostante l'aspetto femminile,
Kurama mi piace anche in termini Het.
E quindi, perché non fare qualcosa io? Nell'anime il personaggio di Maya Kitajima non esiste e sono profondamente convinta che non
se la calcoli quasi nessuno, ma a me piace e sono anche convinta che a Kurama
lei piacesse molto xD
E quindi niente, ecco qui.
Spero di ricevere qualche opinione, da voi!
Quando
arrivò al tempio di Genkai quel giorno Kurama capì
subito che Kuwabara non aveva ancora finito con i suoi -per quanto lo facesse
ridere definirli così- allievi, perché sentì il suo vociare alto e la sua
risata, segno che stava parlando con qualcuno.
Si
avvicinò comunque, palesando la sua presenza. Non aveva mai incontrato nessuno
dei ragazzi e delle ragazze che Kuwabara stava allenando per aiutarli a
controllare meglio la loro energia astrale, che stava nascendo e aumentando a causa
dell'influsso dei demoni; lui stesso era l'esempio vivente che stare accanto ad
una persona che già di per sé presentava una certa energia poteva solo portarla
a diventare inconsciamente più forte.
L'aiuto
di Kuwabara in tutto questo era indispensabile per controllare le loro nuove
percezioni e non creare il caos. In fin dei conti, i demoni stavano rispettando
alla lettera gli ordini e le leggi di Enki, e non c'erano stati casi che giustificassero
panico e paura da parte degli esseri
umani.
"Kuwabara-kun?" chiamò, affacciandosi sul retro. In
effetti, il ragazzo era in compagnia di qualcuno. Gli dava le spalle, ma era
minuta e decisamente più bassa di lui, e si capiva subito che si trattava di
una ragazza.
"Ah,
Kurama! Sei arrivato prima!"
"Sì,
sono riuscito a prendere il primo treno. Ti disturbo?"
"Oh,
no amico, tranquillo. Stavamo solo parlando."
"Esatto,
e io me ne stavo andando," fece gentilmente la voce della ragazza, con
tono allegro, prima di voltarsi verso Kurama per salutarlo con un piccolo
inchino.
Lo
stupore che si disegnò l'attimo successivo sul suo volto, però, lasciò
interdetto anche Kurama. Erano tanti che si fermavano a guardarlo, per strada,
soprattutto quando d'estate si legava i capelli per lasciare scoperto il collo
e darsi un po' di sollievo, ed erano tanti quelli che lo scambiavano,
irritantemente, per una ragazza.
Ma
nessuno l'aveva mai guardato così.
"Non
ci posso credere!"
"Cosa?"
domandò il diretto interessato, avvicinandosi a lei di un passo. "Tutto
okay?"
Kuwabara
rispose al posto di lei con una risata. "Non mi dirai che hai avuto un
colpo di fulmine per il mio amico, Kitajima! Guarda,
è un tipo complicato, te lo dico da subito!"
A
quelle parole, fu Kurama a sgranare gli occhi. "Come...come l'hai
chiamata?"
"Eh?
Perché?"
"Scommetto
che non mi avevi riconosciuta!" squittì la voce di Kitajima,
come se si fosse ripresa all'improvviso, praticamente saltando sul posto.
"Minamino, non sei cambiato per niente...anche se sei più alto. E ti sei
fatto crescere i capelli! Ci stai benissimo! Non avrei mai pensato di rivederti
qui dopo tutti questi anni!"
"Ma
di che parla Kurama? Vi conoscete già, allora?"
"Kurama?
Cos'è Kurama? Perché ti chiama così?"
Il
demone volpe saltò subito su, pestando il piede a Kuwabara che si era
avvicinato di nuovo e stava per parlare. "Ma no, è un soprannome, solo un
soprannome! Non è vero, Kuwabara-kun?!"
"Eh...?"
"Io e Kitajima andavamo alle medie insieme, che
coincidenza, non è vero? Quindi non c'è
bisogno che mi chiami Kurama, lo sai no?"
"Ah!
Sì, sì, certo! Pensa un po', andavate alle medie insieme!"
Maya
si portò una mano al mento e inclinò il capo. "Ma perché Kurama? Non hai
mica l'aria di un lottatore..."(*)
"E'
per il monte!" fece subito Kurama, che per fortuna, dopo quello che era
successo anni prima sempre con Kuwabara, aveva la scusa pronta. "Il monte
Kurama. Lo sai, no, mi piacciono molto le piante. E quel monte è così famoso
per la sua foresta, quindi i miei amici mi prendono in giro così. Vero, Kuwabara-kun?" sibilò, causando la risata quasi
isterica dell'atro.
"Sì,
sì, esatto, proprio così!" annuì, asciugandosi il sudore freddo dalla
fronte. "E così quindi tu e Kur-Shuichi andavate
a scuola insieme alle medie? Che scoperta!"
Maya
inarcò un sopracciglio, vedendo quei due un tantino strani, ma alla fine annuì.
Era vero che il monte Kurama era famoso per la sua foresta ed era vero anche
che sapeva che il ragazzo amava molto la natura, o almeno ne aveva un vago
ricordo.
"Eh,
già. Com'è piccolo il mondo, vero? Lo sai, Minamino, a quanto pare ho dei
poteri speciali anche io! L'ho scoperto qualche mese fa, adesso grazie a Kuwabara-kun riesco a fare un sacco di cose! Ho sempre
saputo che oltre al nostro mondo c'era un universo di cose inspiegabili e che
non potevamo vedere! E' un sogno che si avvera!"
Kurama
non riuscì ad impedirsi di addolcire lo sguardo, davanti al suo entusiasmo. La
ricordava bene, alle medie; aveva sempre storie su spiriti e alieni sulla punta
della lingua, pronta a sparare teorie assurde e inimmaginabili. La trovava
divertente, e la prendeva spesso in giro. Ma lei questo non poteva ricordarlo.
L'unica
cosa che ricordava di lui era che frequentavano la stessa scuola.
"Davvero?
Mi fa piacere."
Kuwabara
si ritrovò a fissare l'amico e la sua espressione. Non l'aveva mai visto così
se non quando parlava con sua madre. Il sorriso che gli solcava il volto era di
una dolcezza indescrivibile, rilassava i suoi lineamenti e lo faceva sembrare,
se possibile, ancora più bello.
Quella
tipa era davvero solo una compagna di classe?
"Perché
non prendiamo un tè tutti insieme?" schioccò le dita Kuwabara, guardando
tutti e due "Scommetto che avete un sacco di cose di cui parlare! Vado
subito a prepararlo!" decise. Era convinto che potesse far bene a Kurama,
vedere una vecchia amica e stare con lei. Ripensando al discorso fatto proprio
su quel portico qualche giorno prima con il demone volpe, sul fatto che fosse
così difficile per lui trovare qualcuno di cui fidarsi, fra gli umani, oltre
lui e pochi altri, gli aveva fatto pensare che forse Kitajima
potesse rientrare nella cerchia dei ristretti. In fin dei conti, si conoscevano
già e lei aveva un potere astrale molto forte, seppure ancora difficile da
tenere a bada per bene, e se avesse scoperto che era un demone, era certo che
non sarebbe scappata urlando al mostro.
E poi, era anche una bella ragazza e Kuwabara era certo, quasi al cento per
cento, che all'amico non fosse del tutto indifferente. Era una sensazione, ma
raramente sbagliava su certe cose, e su quelle meno che mai.
Quindi
Kitajima poteva fargli bene. Era assolutamente fiero
di quella trovata.
Geniale.
"Ah
ma..."
"Faccio
in fretta! Falle vedere la casa, Kurama!"
"E'
Shuichi," sospirò ancora Kurama, per poi voltarsi verso Maya, che gli
sorrideva. Non la vedeva da sette anni. Erano tanti.
E
Maya era cambiata, forse anche caratterialmente. Non era molto più alta di come
la ricordava, ma era più formosa, i seni e i fianchi erano quelli di una donna,
adesso, non più di una bambina. Teneva ancora i capelli corti, pettinati
ordinatamente, e anche il sorriso euforico era lo stesso delle medie, eppure
era più bella. Era infinitamente più bella.
Distolse
subito lo sguardo, dandosi mentalmente dello stupido.
Aveva
cancellato quasi tutti i ricordi di sé e Maya insieme e soprattutto aveva
cancellato dalla sua testa i suoi sentimenti per lui, quindi era davvero
inutili farsi simili pensieri.
Lui
per primo aveva smesso di pensare a lei, con gli anni, non vedendola più. Era
sciocco, però, non ammettere almeno a se stesso che sì, alle medie provava
anche lui qualcosa per Maya, la trovava sveglia ed interessante, anche per i
poteri che dimostrava ogni giorno.
Ma
ormai era acqua passata.
"Beh,"
mormorò alla fine con un sorriso "Avevo portato anche dei dolci. Ti
va?"
"Volentieri,
se non disturbo."
"Figurati!"
lasciarono le scarpe sull'ultimo gradino che dava al porticato e poi entrarono
nel tempio. Kurama la portò subito nella sala da pranzo, dov'era il tavolino
basso in cui si erano radunati tante volte. O almeno, di solito c'era un
normale tavolino basso.
Adesso Kuwabara doveva aver tirato fuori il kotatsu,
in attesa dell'inverno che era appena entrato. Non era una cattiva idea, tutto
sommato, visto che iniziava a far freddo.
"Questi
non sono dolci da pasticceria!" notò Maya una volta che Shuichi le ebbe
messo davanti i biscotti. Si capiva perché erano imperfetti, ma avevano un'aria
comunque appetitosa.
"Li
ha fatti mia madre," sorrise Kurama "Serviti pure. E dimmi, come ti
sono andati questi anni?"
"Oh,
alla grande! Entrare alle superiori e dover indossare una divisa tutti i giorni
è stato un po' strano," rise lei "Però sono stata molto fortunata, lo
ammetto. E tu? So che sei andato in una scuola privata e che tua madre è stata
molto male!"
"Adesso
però è completamente guarita e si è risposata."
"Davvero?
Si è allargata la famiglia!"
"Già."
"E'
per questo che avete cambiato città quando siamo andati alle superiori?"
"E'
stato per mia madre. Dovevamo andare spesso in ospedale, così ci siamo
semplicemente trasferiti più vicini," spiegò.
"Deve
essere stata dura...dì un po', come hai conosciuto Kuwabara-kun?
Quando abbiamo finito le superiori lui le aveva appena iniziate, mi pare!"
"Infatti.
Diciamo che abbiamo un amico in comune. Vai all'università?"
"Studio
ancora, sì. Indovina?"
Kurama
sorrise "Scommetto che ha a che fare con ufo, alieni, astrologia e
quant'altro."
"Bravo!
Come hai fatto?"
"Anche
alle medie parlavi sempre di mostri e spiriti. Ammetto di aver pensato che ne
fossi un po' ossessionata, qualche volta."
"Sei
cattivo, Minamino! Non ero ossessionata! E credo di averne anche incontrato uno
una volta!"
"A-ah
sì?"
"Non
ricordo bene, sono ricordi confusi. A volte penso che sia un sogno, ma sono
quasi sicura che non sia così. Negli ultimi tempi, quando il mio potere è
diventato un po' più forte, ho iniziato a fare sogni strani. Sono sbiaditi,
sembrano vecchie foto. Chi lo sa, magari sono sogni premonitori! E' per questo
che sono venuta da Kuwabara-kun.Sono sicura che si tratti di spettri! Non lo
pensi anche tu? Conosci Kuwabara-kun, quindi non sei
oscuro a questo mondo, no?"
Kurama
annuì e sorrise con aria tesa, riempiendosi la bocca con un biscotto per non
essere costretto a rispondere nell'immediato.
Ricordi
sbiaditi, aveva detto. Altro che sogni premonitori, che fossero i ricordi che
lui le aveva cancellato? Possibile che stessero tornando? Certo, erano passato
quasi sette anni e il suo potere stava crescendo, ma il potere di quel fiore
che aveva usato non avrebbe dovuto avere una data di scadenza. Lei non avrebbe
mai più dovuto avere quei ricordi e basta.
"Che
tipo di sogni sono?" le chiese quindi, interessato.
"Oh?
beh, immagini sfocate di due persone che dovrebbero avere più o meno la mia
età. Mi sembra che stiano combattendo. E poi un mostro enorme, con qualcosa
tipo sei braccia. E' un'ombra anche lui, ma sembra spaventoso lo stesso. Sono
sicura che significhi che degli spettri presto ci attaccheranno e dovremmo
combattere per difenderci! Potrebbe essere, non trovi?" esclamò, agitando
le braccia e parlando con enfasi crescente. "Kuwabara-kun
mi ha detto che gli spettri esistono, dice che con i miei poteri non si
stupisce io riesca a vederli! Sono così emozionata!"
"Dai?
Sembra...interessante."
"Solo
interessante? Andiamo, Minamino! Dov'è il tuo entusiasmo? E' una cosa favolosa
invece! Tu non hai poteri astrali? Non vedi niente?"
"No,
niente di strano." disse, forse troppo in fretta. "Comunque mi fa
davvero piacere per te," sorrise poi.
"Grazie!
Kuwabara-kun dice che non devo parlarne a
chicchessia, ma pensavo che tu fossi okay, visto che sei suo amico. Sono
davvero felice che tu mi capisca!"
Kurama
continuò a sorridere, ma non rispose stavolta. Dov'era finito Kuwabara? Non ci
voleva così tanto per fare tre tazze di tè.
Allora
ci aveva visto giusto, quando aveva dedotto che se ne fosse andato apposta in
quel modo per lasciarlo insieme a lei, da solo.
"Kuwabara-kun ci sta mettendo una vita," notò anche
Maya, palesando ad alta voce i pensieri dello stesso Kurama. "Io devo
davvero andare, o perderò l'ultimo treno."
"E'
tardi, in effetti. Sicura di riuscire ad arrivare in stazione in tempo?"
"Dovrei.
Oh, nel caso torno indietro e dormo qui. Mi pare che ci sia un sacco di
spazio," rise.
"C'è
di sicuro posto, questo è ovvio," fece Kurama "Ma è meglio se vai. Lo
dirò io a Kuwabara-kun. Aspetta, ti accompagno."
"Grazie
Minamino, sei gentile!"
"Per
così poco," sorrise lui, prima di alzarsi e seguirla fuori. La accompagnò
per tutta la scalinata, ma non parlò molto, mentre Maya tergiversava
allegramente su tutto quello che le veniva in mente. Erano anni che non si
vedevano, e non pensò neanche per un secondo che all'altro potesse non
interessare.
Anche
perché Shuichi non mostrava affatto un'aria annoiata.
"Allora
vado."
"Sì.
Fa buon viaggio."
"Senti,
Minamino...pensi che capiterà di rivederci?"
"Beh,
non vedo perché no. Vengo qui abbastanza spesso."
"Mi
piace parlare con te," ammise Maya mordendosi lievemente il labbro
inferiore, portandosi quasi a disagio una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
La timidezza non l'aveva sfiorata neanche per un attimo, finché era stata con
lui al tempio, ma adesso sembrava un'altra. "Me ne sono ricordata come per
magia. Non mi pare che alle medie parlassimo molto, ma...mi piace conversare con
te. Quindi vorrei rivederti, sì."
Kurama
sorrise. "Fa piacere anche a me," disse, senza rivelarle che sì, alle
medie invece parlavano molto, o meglio, era lei a parlare molto. Lui sorrideva,
annuiva, a volte la prendeva in giro. Ma lei era sempre a suo agio e parlava,
parlava tanto, lo metteva sempre in mezzo ai loro discorsi, voleva sempre
sapere la sua opinione.
Poi
aveva smesso. Kurama stesso le aveva cancellato i ricordi e lei aveva iniziato
a comportarsi come se fosse un fantasma.
All'inizio,
i compagni si erano stupiti "Non
chiedi a Minamino?" chiedevano, e Maya alzava le spalle "Perché? Sto parlando con voi," era
la sua risposta.
I
primi tempi, Kurama incassava e usciva dall'aula, perché Maya era la sua unica
amica e senza lei che lo metteva in mezzo a tutte le conversazioni, non aveva
grandi motivi per rimanere a parlare con quelle persone. Poi si era ovviamente
rassegnato. Chi è causa del suo mal
pianga se stesso, si diceva.
La
scelta era stata sua, per proteggerla, quindi era inutile qualsiasi reazione.
La
fissava da lontano, mentre si allontanava sempre di più. Fino a sparire dalla
sua vita.
Non
avrebbe mai pensato che Kuwabara gliela facesse rispuntare davanti in quel
modo. Non sapeva se ringraziarlo, o maledirlo. Ma chissà, forse tutto sommato
era contento anche lui.
"Allora
ci vediamo?" gli disse lei, riportandolo con i piedi a terra.
Kurama
annuì "Se vuoi...posso passare alla stessa ora la prossima
settimana."
"Davvero?
Ne sarei felice!"
"Allora...a
presto."
"A
presto!"
Quando
tornò al tempio, Kuwabara era seduto al kotatsu e
aveva già spazzolato tutti i biscotti che aveva portato.
"Li
ha fatti tua madre questi? Deliziosi!" esclamò appena lo vide.
Kurama
sospirò, sedendosi davanti a lui. Due tazze di tè soltanto. Lo sapeva. Aveva
fatto in modo di lasciarli da soli e se ne era rimasto in disparte finché lei
non era stata costretta ad andarsene.
"Non
dovresti impicciarti della mia vita, Kuwabara-kun."
"Come?"
"Ci
hai lasciati da soli apposta. Lo apprezzo. Ma non farlo più. Maya deve stare
meno tempo possibile da sola con me!"
"E
perché? Scusa...è carina, no? La chiami anche per nome!" sghignazzò
"Andiamo, Kurama, non puoi mica fare vita di clausura!"
Kurama
scosse il capo. "Sette anni fa, un demone ha esteso il suo territorio nel
paesino dove vivevo. Mangiava gli umani, e rapì Kitajima
per via del suo già grande potere spirituale. Ho dovuto cancellarle i ricordi
di quel giorno, e per sicurezza anche quelli che riguardavano me e i suoi
sentimenti," raccontò "Più stava con me e più diventava potente. E
adesso è la stessa cosa. Più starà con me e più i suoi ricordi si faranno
chiari e torneranno. Ti avrà parlato dei suoi sogni, no?"
"Pensavo
fossero...sogni."
"No.
Sono i ricordi di quel giorno."
"E
scusa, che male c'è se ricordasse? Sono sicuro che c'è un motivo se hai
cancellato i suoi ricordi quella volta, ma adesso tu sei fortissimo e anche lei
non è male! Potrebbe persino essere la tipa perfetta per te!"
"Mi
odierà," fu l'unica cosa che disse Kurama, le mani a stringere la tazza
davanti a lui e gli occhi bassi. "Quel giorno avevo le mie ragioni, ma
oggi mi sembrano solo sciocchezze. Ho fatto una cosa terribile, cancellandole i
ricordi in quel modo. Non si può perdonare una cosa simile."
"Kurama..."
La
verità, era che lui non voleva che Maya lo odiasse. Per questo, non voleva
ricordasse.
Ma
davvero poteva impedirle di passare del tempo da sola con lui, se lei lo
desiderava?
Per questo motivo, nonostante quello che aveva detto a Kuwabara, si era
comunque presentato al tempio, la settimana successiva. Aveva promesso a Maya
che potevano vedersi, e adesso se ne pentiva. Poteva dirle che non voleva più
vederla? Ci sarebbe rimasta male, ma con un po' di fortuna sarebbe finito tutto
lì, no?
Per
la prima volta, non sapeva davvero cosa fare.
"Kurama...che
fai qui?" gli chiese Kuwabara quando lo vide arrivare, in jeans e felpa
informale. Non era appena tornato da lavoro, quell'abbigliamento lo
testimoniava. Era venuto lì apposta dopo essersi cambiato.
Kurama
si passò una mano fra i capelli e sorrise sbieco. "Alla fine, avevo detto
a Kitajima che sarei venuto e sono venuto,"
sospirò, come se la cosa gli pesasse.
A
pesargli era solamente la possibile conseguenza delle sue azioni. Che doveva
fare?
"Ah.
Ma avevi detto che..."
"Lo
so," lo interruppe Kurama, guardando tutto tranne che il volto dell'amico.
Non voleva scorgerci un eventuale sogghigno di chi la sapeva lunga. "So
cosa ho detto."
"Pensavo
avessi preso la tua decisione," gli disse Kuwabara, e il suo non era il
tono sardonico e ironico che si aspettava Kurama, così alla fine si decise a
puntare gli occhi verdi in quelli scuri dell'amico. L'altro lo fissava sì
divertito, ma non era lì per prenderlo in giro o rinfacciargli la sua
incoerenza.
Semplicemente, era la prima volta che Kuwabara vedeva Kurama davvero indeciso
per qualcosa. Non l'aveva mai visto affrontare i problemi di tutti i giorni,
l'aveva conosciuto che la malattia di sua madre era già storia vecchia e, anche
con i racconti di Urameshi, era difficile immaginarsi un Kurama diverso da
quello che aveva imparato a conoscere lui; un demone sì gentile, cordiale e
disponibile con chi apprezzava, ma anche freddo, calcolatore, e spietato
all'occorrenza. Era questo Kurama, e lo sarebbe stato sempre. Era la sua natura.
Invece adesso non solo era dispiaciuto, ma era anche teneramente insicuro.
"Lo
pensavo anche io," ammise Kurama, sospirando e tornando a fissare davanti
a sé la distesa collinare oltre il giardino del tempio di Genkai.
"Ma alla fine, che diritto ho di prendere di nuovo una decisione simile
per lei? L'ho già fatto una volta..."
Era
vero che avrebbe voluto che Maya non scoprisse la verità perché non voleva che
lei lo odiasse, e che quindi era meglio che non stesse troppo insieme a lui per
questo. Ma questo non avrebbe giovato a Maya. Che lo odiasse o che si
allontanasse lui, che cosa sarebbe cambiato? Lei sarebbe comunque sparita dalla
sua vita.
Quindi,
questa volta poteva anche fare la scelta più giusta, e lasciar decidere lei.
Forse non l'avrebbe scoperto. Forse sì e si sarebbe allontanata. Forse poteva
riuscire a perdonarlo. Non lo sapeva. Nessuno poteva saperlo.
Era
forte adesso, il suo potere era già grande. Non aveva alcun diritto di
interferire, questa volta.
E
non l'avrebbe fatto.
"Kurama...tu
volevi proteggerla!" provò a consolarlo Kuwabara, mettendogli una mano
sulla spalla, e Kurama gliene fu davvero grado, regalandogli un dolce sorriso.
Non
bastava, però.
Kuwabara
sospirò "Che smacco! Quando ho capito che Maya Kitajima
era una vecchia amica pensavo che ti avrebbe fatto bene rivederla e che potessi
trovare anche tu qualcuno come io ho trovato la mia dolce Yukina, e invece ho
fatto solo un sacco di danni!"
Kurama
inclinò il capo "Non hai fatto nessun danno, Kuwabara-kun.
Apprezzo il pensiero, credimi."
"Davvero?
Perché sei davvero strano, ed è la prima volta che ti vedo così! Sono un po'
preoccupato, lo ammetto."
"Non
ce ne è bisogno, Kuwabara-kun. E' una situazione a
cui non sono abituato e allora sono pensieroso. Ma sto bene, credimi! Non vi
preoccupate, ci vuole ben altro per buttarmi giù!"
"Forse
hai ragione!" esclamò Kazuma, passando il
braccio intorno alle spalle dell'amico e avvicinandolo a sé. "Ma mi
raccomando, Kurama, davvero. Se avessi bisogno di fare due chiacchiere o di
sfogarti, non esitare a chiamarmi. Sono sempre disponibile per gli amici!"
"Grazie,
apprezzo molto," sorrise Kurama, con un cenno riconoscente del capo.
"Anche
se ti servisse solo di menare le mani per sfogarti! Quando vuoi. Eravamo rimasti
che dovevamo allenarci, in fondo, no?"
"Non
l'ho scordato. Magari domani."
Kuwabara
annuì e stava già per ribattere quando sentì la voce cristallina di Maya
chiamare l'amico. Girandosi, la videro entrambi correre verso di loro, con lo
zainetto in spalla. A quel punto si girò verso il compagno di mille avventure e
ammiccò in sua direzione. "Ti lascio con lei allora! Ci vediamo,
Kurama!"
"Buona
serata, Kuwabara-kun," lo salutò anche Kurama,
alzando appena la mano, poi aspettò che Maya gli si facesse vicina prima di
iniziare a scendere le scale.
Sì,
lui aveva sbagliato in passato, ma non aveva alcuna intenzione di ammetterlo e
dirle la verità. Se decideva di volerlo vedere di nuovo, se facendolo fosse
avvenuto l'inevitabile, ne avrebbe accettato le conseguenze.
Ma
non voleva accelerare i tempi. Voleva...sì, voleva passare un po' di tempo con
lei, se poteva. Almeno a sé stesso poteva dirlo. Voleva costruirsi altri
ricordi oltre i pochi, troppo pochi, che aveva dai tempi delle medie.
Perché,
in fondo poteva ammetterlo, a lui Maya Kitajima
piaceva e chissà, forse se quella volta Hiei non li avesse attaccati, forse se
non avesse capito che il potere di Maya cresceva proprio a causa della sua
vicinanza, quel giorno avrebbe accettato i suoi sentimenti.
Le
avrebbe detto "anche tu mi piaci, Maya, mi piaci molto" e lei,
sbarazzina e allegra com'era, forse l'avrebbe abbracciato.
Però,
quel demone era arrivato in città, il potere di Maya cresceva, Hiei l'aveva
attaccato, e alla fine quel "mi dispiace" si era trasformato in un
"dimenticati di me; è solo un sogno".
Al
tempo pensava veramente di non avere scelta. Era debole, persino più debole di
quel demone che, adesso, avrebbe ucciso con la sola emanazione demoniaca.
Nonostante
tutto, Maya Kitajima era stata l'unica ragazza umana
ad interessargli, in tutti quegli anni. Quindi, tanto valeva approfittarne. Per
quel che sarebbe durato.
A
lui bastava, gli era sempre bastato.
"Minamino?
Minamino, sei con me?"
Si
riscosse, al richiamo della ragazza, e si voltò verso di lei. Si era perso nei
suoi pensieri e non se ne era neanche accorto.
"Scusami,
mi sono distratto. Stavi dicendo qualcosa?"
"Me
ne sono accorta!" rise lei, sbarazzina. Kurama ascoltò quella risata e la
trovò incantevole. Sorrise anche lui. "Volevo andare a prendere qualcosa
da bere. Che ne dici? Eh?"
"Sì,
va bene. Offro io," fece lui, indicandole un bar lì vicino. In quel modo,
non sarebbero stati neanche troppo lontani dalla stazione e avrebbero preso
facilmente l'ultimo treno della serata.
Kitajima ordinò una cioccolata calda e Kurama
un tè nero, che la cameriera portò loro in poco meno di dieci minuti; a quanto
pareva non c'era nessuno, quella sera.
"Come
vanno gli allenamenti con Kuwabara-kun?"
s'interessò dopo un po', guardandola fissa in quegli enormi occhi marroni, un
po' sporgenti, e tanto espressivi.
"Oh,
alla grande! Sai? Sono convinta che un giorno riuscirò a vedere finalmente un
demone vero! Anche se Kuwabara-kun dice sempre che
non mi conviene. Io sono convinta che non tutti i demoni siano cattivi, non lo
pensi anche tu? Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, no?"
"E'
vero, però se si chiamano demoni non danno idea di poter essere
amichevoli."
"Ma
che dici! No, no, non sono d'accordo! Io non ne ho mai visti, e se li ho visti
non me ne sono mai accorta, Kuwabara-kun dice che
molti di loro sono così simili agli umani che a volte se non sei bravo a
scorgere l'energia demoniaca, passano completamente inosservati. Divento sempre
più brava in questo, e da qualche giorno ho anche iniziato ad allenarmi per
combattere!"
"Per...combattere?"
"Naturale!
Voglio incontrarli, ma non voglio farmi prendere impreparata se ne incontro uno
aggressivo. Come dice Kuwabara-kun, meglio essere in
grado di colpirlo per distrarlo e poi scappare alla velocità della luce! Devo
dire che ha ragione," rise lei "Non pensi?"
"Sì.
Sono decisamente più tranquillo se penso che potresti essere almeno in grado di
scappare," ammise Kurama con un sorriso.
Maya
arrossì appena a quelle parole, senza sapere bene perché con precisione.
"Devi stare sempre tranquillo io...io non sono così indifesa. No..."
"Mi
fa piacere saperlo," fece lui, intenerito dall'espressione fatta dalla
ragazza. Non gli pareva di aver detto qualcosa di troppo imbarazzante, ma lei
era arrossita e lui non aveva potuto che sorriderne.
Non
aveva incalzato per non metterla oltre in imbarazzo, e una volta che ebbe
finito la cioccolata si alzò per andare a pagare, prima che entrambi si
avviassero di nuovo verso la stazione.
Presero
insieme l'ultimo treno, chiacchierando con normalità. O meglio, Maya parlava
tantissimo, di continuo, non stava zitta quasi mai; parlava di spettri, demoni,
dei suoi sogni, delle lezioni all'università, di quanto fosse contenta di rivederlo,
rivangava vecchi episodi di scuola, quelli che poteva ricordare, facendo
tornare in mente a Kurama mille alte cose.
Lui,
però, alla fine non faceva che limitarsi a rispondere, annuire, sorridere. E
ascoltare.
Gli
piaceva ascoltarla.
Hiei
avrebbe detto che era un pazzo masochista, quella parlava troppo, con troppo
entusiasmo, di troppe cose diverse.
Ma
a Kurama piaceva.
La
fermata di Kitajima era due prima della sua, ma
quando lei si alzò per scendere, lo fece anche lui.
"Allora
io...oh? Che fai?" gli chiese, sorpresa di vederselo in piedi accanto a
lei, davanti alle porte del treno che stavano per aprirsi per permettere la
discesa.
"Ti
accompagno," sorrise semplicemente Kurama, come se fosse la cosa più
normale del mondo.
"Ma
sei matto? E' l'ultimo treno, poi come torni a casa?"
"Prenderò
un taxi. Non è un problema, credimi," assicurò. Avrebbe corso, saltando da
un tetto all'altro, in quel modo avrebbe fatto anche prima. Non era un grosso
problema, per lui.
Dopotutto,
restava un demone.
"Spenderai
un sacco di soldi!"
"Sta
tranquilla e lasciati accompagnare! Sarei davvero un pessimo uomo se ti
lasciassi andare tutta da sola con il buio che è sceso!" scherzò.
"Però..."
Kurama
sorrise e scosse la testa. "Mi va di accompagnarti e stare un altro po' con
te. Posso?"
Maya
arrossì di nuovo, soprattutto in zona orecchie, maledicendosi per non avere i
capelli abbastanza lunghi da nascondere quel dettaglio imbarazzante. Staccò gli
occhi dal profilo elegante e bellissimo di Shuichi e annuì, abbassando appena gli
occhi.
"Se
la metti così..." mormorò.
Maya
sentiva chiaramente il proprio cuore battere furiosamente in petto e per un po'
non riuscì a dire più una parole. Raramente restava a bocca asciutta, ma
Shuichi aveva questo potere.
Le
piaceva stare con lui, era come se fosse abituata a parlarci, a riderci
insieme. Come se non fosse una novità. Lo era, perché alle medie quasi non si
parlavano, ma le dava un dolce senso di nostalgia, e se ne sentiva avvolta, si
sentiva bene. Era strano, se ci pensava. Però era così che si sentiva.
Come
se stare con lui fosse qualcosa di abitudinario, di normale.
E
le piaceva.
Riprese
a parlare a più non posso, mentre camminava al suo fianco, e i sorrisi gentili
di Shuichi la rassicuravano e la facevano sentire bene. Non le piaceva stare in
silenzio, si sentiva subito in imbarazzo. Così per lei era molto meglio e,
tutto sommato, le sembrava che Shuichi ascoltasse con interesse. Non pareva
annoiato, e se lo era lo nascondeva egregiamente.
"Io
sono arrivata," gli sorrise dopo quasi mezz'ora che camminavano insieme,
in quelle stradine buie.
"Vivi
in un quartiere davvero poco illuminato. Quando torni dagli allenamenti lo fai
sempre a quest'ora?" notò Kurama, guardandosi intorno. Non era un buon
posto in cui lasciare sola una ragazza di sera tarda, gli sembrava.
"Vengo
a quest'ora solo il mercoledì perché finisco tardi a lezione," gli spiegò
lei "Sta tranquillo! E' vero che non è illuminato ma ci sono molti meno
delinquenti di quanto possa sembrare!"
"Se
lo dici tu..."
"Fidati!"
rise "Sei sicuro di voler tornare in taxi? Sei stato molto gentile ad
accompagnarmi fino a casa, non so come ringraziarti..."
"Non
è stato un problema, anzi, mi ha fatto molto piacere."
"Sul
serio?"
"Sul
serio," assicurò lui, con fermezza.
Maya
a quel punto sorrise. "Allora ti va di rivederci? Magari più spesso? Non
so bene perché ma mi da una gran sensazione di nostalgia stare con te, è come
se fosse la cosa più vecchia del mondo! Ah...ehm, cioè..." tentennò,
quando si accorse dell'espressione stupefatta di Kurama, senza sapere che non
era per lo stesso significato che intendeva lei che lui era così sorpreso.
Le
dava una sensazione di nostalgia, diceva. Perché era proprio come ai vecchi
tempi, ma lei non poteva saperlo!
Il
suo potere astrale era davvero così grande? Gli ricordava Kuwabara, quando i
primi tempi parlava di continuo di sensazioni e non capiva che tutto quello non
era altro che la manifestazione dei suoi grandi poteri, che si erano sviluppati
per bene solo dopo duri allenamenti. Che anche Maya potesse diventare così
forte, con gli anni e gli allenamenti?
Kuwabara,
adesso che non c'era più Genkai, era l'essere umano
con i poteri astrali più potenti, e lo stava dimostrando. Maya non era al suo
livello iniziale ma aveva un immenso potenziale.
Per
un qualche motivo, se ne sentì orgoglioso e spaventato al tempo stesso.
"La
penso allo stesso modo," le disse quindi, con semplicità, costringendola
ad arrossire nuovamente.
"Davvero?"
"Sì.
E quindi sì, mi piacerebbe rivederci più spesso, se ne hai voglia."
"Ne
ho tantissima voglia!" squittì d'istinto lei, prima di pensare a quanto
potesse suonare imbarazzante quella frase, a orecchie esterne.
Anche
Kurama, infatti, scoppiò a ridere.
"Facciamo
così, ti do il mio numero di telefono, così ci sentiamo. Tu lavori e io studio
quindi bisogna mettersi d'accordo. Ecco, sì. Che...che ne dici?"
"Va
bene. Per me non c'è problema."
Maya
strinse le labbra fra di loro, per evitare che il suo sorriso diventasse
eccessivamente smagliante, euforiche, nonostante lei si sentisse proprio così.
Scrisse velocemente il numero su un pezzo di carta e glielo passò. Kurama fece
lo stesso e le sorrise.
"Buonanotte,
Kitajima."
"Buonanotte a te, Minamino."
* La battuta è del manga. Sinceramente non l'ho
mai capita x°° La spiegazione successiva invece è la
reale motivazione per cui Togashi ha chiamato Kurama
così. E mi pare che anche Hiei sia un monte.
Dopo
quella serata passata insieme, nei mesi successivi Maya e Kurama erano usciti
spesso. A volte solamente per poche ore, altre volte Kurama si limitava a
venirle incontro all'università o al tempio di Genkai
e ad accompagnarla a casa, facendo la strada con lei.
Maya
era davvero felice di aver trovato in Shuichi un amico, e si chiedeva come
avesse fatto a non notarlo prima, già dai tempi delle medie.
Si
stava abituando anche alle occhiate della gente, sempre più simili a quelle che
si lanciano ad una coppia di giovani fidanzati. Maya non credeva che lei e
Kurama fossero fidanzati, no, erano amici, almeno per il momento, ma doveva
ammettere, col tempo che passava, che la cosa non le sarebbe dispiaciuta.
Perché
mentire? Shuichi era un bel ragazzo, era dolce e gentile, era premuroso, sapeva
ascoltare e non la trattava come una pazza. Per lei era un sogno passare del
tempo con lui. Ma quasi si imbarazzava anche solo a pensarlo.
Non
lo diceva quindi, tenendoselo per sé, ma ugualmente ci teneva a godersi ogni
secondo.
Soprattutto perché, adesso che l'aveva rivisto dopo tanti anni, si stava
rendendo conto che più tempo passava con lui, più quei sogni di cui aveva
parlato con Kuwabara diventavano nitidi, chiari. Aveva la sensazione che il
vuoto che per anni si era sentita dentro si stesse a poco a poco riempiendo.
Era
una sensazione bella e strana al contempo, che non sapeva spiegare a parole ma
che sapeva essere merito di Shuichi.
Era lui. Era lui che la stava guarendo, e senza neanche rendersene conto.
Nonostante
all'inizio paresse così titubante, adesso anche lui si era fatto più spontaneo,
come se si fosse rilassato, e questo la stava aiutando ancora di più. Non era
certa che ne fosse consapevole, e Kuwabara non sapeva rispondere alle sue
domande. Ma era così, ed era l'unica cosa che le interessava.
Ad
ogni modo aveva deciso che ne avrebbe parlato ancora anche con Shuichi, anche
se lui fin dalla prima volta era parso turbato sull'argomento. Ma lei aveva
davvero bisogno di risposte. Ne aveva bisogno con tutta se stessa.
Sperava
solo che non si arrabbiasse, tutto lì.
"Minamino,
senti..." iniziò quindi, un po' tentennante. Era difficile trovare il modo
giusto per ingranare. Ti sogno ogni notte,
avrebbe potuto dire, ma che senso aveva? Faceva solo la parte della ragazzina
alla prima cotta. Anche se quelli, più che sogni, sembravano ricordi e lei ne
era sempre più convinta.
"Sì?"
"Ah,
ecco...ecco io dovrei parlarti di una cosa."
Kurama
si voltò appena verso di lei, già teso. C'erano tante cose che poteva dirgli
Maya in quel frangente, ma aveva una così vaga sensazione di deja-vu e non riusciva proprio a mandarla via. I primi
tempi aveva rifiutato l'idea che le sue piante potessero fallire, ma adesso
sapeva che Maya era troppo forte e con lui sempre accanto prima o poi sarebbe
successo. Solo non pensava così presto.
Non era certo di saper affrontare l'argomento e la sua reazione.
"Dimmi
pure," fece quindi, cordiale come sempre. Gentile, sì, ma in un certo
senso distaccato. Erano amici, quello potevano concederglielo. Ma altro, ormai,
era troppo tardi. Le aveva fatto troppo male.
Adesso
era sicuramente abbastanza forte da proteggerla, ma come poteva dimenticare
quello che le aveva fatto? E se l'avesse ricordato, sarebbe stata lei la prima
ad odiarlo. Era giusto così. Era stato lui, in fondo, a decidere di mettere
fine a tutto prima ancora che iniziasse.
"Non
è una cosa facile da dire! In verità, avevo già provato ad accennarti
l'argomento, ma, beh, è che non è semplice!"
Kurama
rabbrividì. "Davvero? Di che si tratta?"
"Sì,
dunque..." sospirò Maya, quasi fosse in conflitto con se stessa. In
verità, si sentiva solamente...strana. Ma in fondo, lui era sempre così cortese.
"Non ne ho più parlato perché non ne sentivo la necessità, sì...però,
ecco, ultimamente è successa una cosa. Cioè, non è proprio una cosa in particolare,
diciamo una sensazione, sì. E allora...Minamino, mi stai ascoltando?"
"Ma
certo!" si affrettò ad affermare lui, passandosi una mano fra i capelli.
Glielo stava davvero lasciando dire? Se l'avesse fatto, poi lui che si poteva
inventare? Che era un sogno come gli altri? Il suo potere spirituale era così
forte, in quel momento, non ci avrebbe mai creduto.
Altro,
altro. Doveva trovare altro.
Ma cosa?
"Okay,
sì. E quindi ti stavo dicendo che...io ho come la sensazione che stando insieme
a te mi stia ricordando di qualcosa che avevo dimenticato! E' così, sì. Vedi,
ho sempre avuto un peso opprimente, qui sul cuore, come un vuoto incolmabile,
come se mi mancasse qualcosa. Qualcosa che era stato importante, e che anche se
non mi serviva avrei dovuto ricordare. Mi sentivo così," sussurrò Maya, trafelata,
come se dovesse assolutamente dire tutto e subito o non ci sarebbe più
riuscita. Si era chiesta tante volte in che modo avrebbe potuto portare avanti
l'argomento e adesso che era lì, le era venuto naturale. Doveva approfittarne.
"E
invece adesso, da quando ci vediamo così regolarmente, ho l'impressione che
tutto stia venendo alla luce e che pian piano potrei riuscire a trovare delle
risposte. So che sembra strano, Minamino, credimi, però io...io..."
Kurama
fece per allungare una mano verso di lei, ma la bloccò a mezz'aria. Che doveva
dirle? Che doveva fare?
Di
solito era un tipo pragmatico, trovava una soluzione a tutto più o meno
velocemente, ma adesso non c'era una soluzione. Una bugia colossale o una
verità sofferta. Solo questo.
Che
scelta fare?
"Kitajima, io...ti credo," si ritrovò a dire, prima che
potesse mordersi la lingua. "Non è assurdo o strano. Queste sensazioni che
hai, io- mh?" fu costretto ad interrompersi
prima di poter finire la frase.
Sembrava
che fosse il loro destino, finire fra le grinfie di un demone subito prima o
subito dopo che uno dei due scaricasse l'altro. Che ironia.
Se
quel giorno Hiei non li avesse attaccati, Maya avrebbe dimenticato l'amore per
lui accantonandolo come una normale delusione. Invece le cose erano andate
diversamente. Lei non ricordava neanche di essersi innamorata, figurarsi di
essersi dichiarata.
"Minamino?
Tu?"
"Cambiamo
strada, Kitajima, vuoi?"
"Eh?
Ma...okay," mormorò alla fine, amareggiata. Era quello il modo in cui
voleva cambiare argomento? Maldestro e insensibile, due aggettivi che non
avrebbe mai affibbiato a Minamino. "Comunque puoi anche chiamarmi per
nome, sai? Voglio dire, ci conosciamo dalle medie, anche se non ci siamo visti
per anni...posso farlo anche io? O ti da fastidio?"
"No,
non mi da fastidio, Maya, però penso veramente che dovremmo accelerare il
passo!" berciò a quel punto Kurama, così sbrigativo da sembrare quasi
aggressivo.
Maya,
indispettita, invece di fare come le diceva lui si impuntò. "Che razza di
comportamento è, scusami? Se non vuoi parlare di qualcosa, basta dirlo. Siamo
fra persone adulte e civili, Shuichi, e io credevo che tu-"
A quel punto, Kurama si vide costretto ad intervenire. Se Maya avesse corso,
forse sarebbe riuscita a portarla in un posto più sicuro. Ma adesso, quei demoni
di cui aveva percepito l'energia puntavano proprio a lei. Come aveva temuto,
c'erano demoni a cui le leggi di Enki non interessavano granché. Cibarsi di
Maya, o uccidere lui, avrebbe accresciuto la loro forza e la loro fama, e in
vista del nuovo torneo demoniaco evidentemente non volevano altro.
Afferrò
Maya di peso e iniziò a correre nella direzione opposta a loro, sapendo di
averceli alle calcagna. Per di più Maya non era molto d'accordo con la sua
mossa.
"Che
cosa stai facendo? Mettimi giù subito!"
"Maya,
per favore! Sta ferma!"
"Ferma?
Ma che cosa diavolo ti salta in testa, Shuichi!"
"Ci
stanno seguendo, non lo vedi?"
"Eh?
Ma io, veramente..."
"Lo
so," sospirò a quel punto Kurama. "Perdonami, Maya."
"Come?
Hai detto qualcosa? Che strano, d'improvviso ho così sonno..."
Quando
la vide chiudere gli occhi e accasciarsi, finalmente immobile, fra le sue
braccia, Kurama tirò un sospiro di sollievo. Grazie ai pollini di quel fiore,
avrebbe dormito diverse ore e avrebbe potuto combattere liberamente.
Non
appena raggiunse un posto isolato anche dal resto della cittadina, si fermò di
scatto. Adagiò Maya a terra, ben nascosta e al sicuro, coprendola fino alle
spalle con la sua giacca marrone così che non prendesse troppo freddo, a
dormire in quel modo all'aperto.
Poi
raggiunse i suoi inseguitori prima che loro trovassero lei.
Nonostante
il sonno indotto, però, Maya non rimase immune ai sogni.
Sentiva, in lontananza, così distanti da sembrare quasi in un altro mondo, i
rumori della battaglia. Le urla dei nemici, la voce di Kurama appena soffusa,
quando richiamò la Rose Whip. Erano lì, eppure era
come se non ci fossero; le lame che cozzavano, i lamenti.
Tutto
quello lei l'aveva già vissuto. L'aveva già sentito.
In
un'altra vita, forse. O forse no.
Continuava
a riversarsi nella sua testa l'immagine sfocata di un ragazzo della sua età,
dai corti capelli rossi, che aveva trasformato un filo d'erba in una spada per
affrontare qualcuno di cui non vedeva che il contorno nero.
"Rimani vicino a me, Kitajima!"
diceva la figura del suo sogno. Aveva un tono di voce caldo ed avvolgente.
Preoccupato e allo stesso tempo sicuro.
Un
tono che le ricordò subito qualcuno che conosceva. Qualcuno che aveva rivisto
di recente. Era lì, era sempre stato davanti a lei.
Alle medie, c'erano state svariate sparizioni di ragazzi nel loro quartiere, e
lei aveva subito pensato ad alieni, spiriti. Shuichi l'aveva sempre presa in
giro, ma con tenerezza, dicendole che non poteva essere vero. Ma Maya aveva
sempre pensato che ci fosse una luce, in fondo a quelle pozze verdi, qualcosa
che le diceva che sì, si stava avvicinando, aveva quasi indovinato. Che lui lo
sapeva, ma non poteva dirglielo.
Ma lei non si era mai arresa, mai, perché voleva davvero scoprire cosa ci fosse
dietro, cosa nascondesse Shuichi. Cosa fosse quell'alone di mistero che lo
avvolgeva. Solo che poi tutto era sparito. Come per incanto. Nel nulla.
Come
il vuoto più assoluto che l'avvolgeva in quel momento, come se non fosse mai
esistito.
Ma
qualcosa c'era. C'era sempre stato.
Lì.
Inafferrabile.
"Lo sapevo che eri speciale! Ho sempre voluto
incontrare qualcuno come te. E' così romantico che il ragazzo perfetto sia
anche il mio primo amore!"
La
sua stessa voce le rimbombava nella testa e all'improvviso non capiva più
niente. Quando aveva detto quelle parole? A chi?
I
sogni si erano sempre ripetuti uguali, ogni notti, con un dettaglio in più, ma
mai abbastanza da darle qualcosa di concreto. Eppure questa volta l'aveva
sentito chiaramente. Quella era la sua voce. Proprio la sua.
"Era uno spirito
quello? Ci stavi parlando?!"
"No, devi aver
visto male."
"Non prendermi in giro! Sospettavo che avessi dei poteri!"
Quei
dialoghi sembravano sempre più delle memorie. Erano fissi nella sua testa,
ridondanti. Martellavano, come quando cerchi invano di ricordare qualcosa, ma i
pensieri si perdono fra una miriade di altri.
Le
scoppiava la testa.
"Ti sei fatta male?"
"No! Tu,
piuttosto? Sono pesante..."
"Non è quello il
problema."
Gli
occhi verdi, così strani per un giapponese, l'avevano guardata. E lei vi si era
persa irreparabilmente. Come succedeva ogni giorno, da qualche mese a quella
parte.
Ed
ebbe l'assoluta certezza che non erano sogni. Non erano il futuro, come aveva
detto a Kuwabara.
Erano
realtà. Erano il passato.
"Scappa
via!"
Era
lui. Era la sua voce. Nella sua testa, era la sua voce. C'erano i suoi occhi
infinitamente verdi a guardarla. I capelli rossi stranamente corti. Le labbra
crucciate, ma gentili.
C'era
Shuichi. Sempre lui.
Perché
l'aveva scordato? Di Shuichi non aveva ricordi, a parte il fatto che sedesse
sempre al primo banco, che fosse il primo della classe, che indossasse la
divisa anche se non serviva. Era un compagno di classe e basta.
Questo
pensava, quando Kuwabara glielo aveva fatto ricomparire davanti.
E'
bello rivedere un vecchio compagno.
Ma
aveva avuto ragione il suo inconscio. Stando con lui, il vuoto si stava
riempiendo.
Non
era solo un semplice compagno di classe.
Non aveva solo quei ricordi.
Qualcosa era bloccato, ma c'era. Era lì, nella sua testa.
"Sto sognando?"
"Sì. E' solo un
sogno."
Ma
non era un sogno. L'aveva ingannata.
Si
svegliò di soprassalto, incontrando un soffitto familiare. Al sicuro nella sua
camera, si chiese come ci fosse giunta. L'ultima cosa che ricordava, era di
star camminando con Shuichi. No, anzi. Shuichi l'aveva presa fra le braccia, e
correva.
Poi
il nulla, a parte quei sogni. No. Quei ricordi.
E
se fosse stato come nel suo sogno? Per proteggerla, l'aveva lasciata sola e si
era allontanato. Solo che questa volta, era tornato a prenderla. E forse
l'aveva anche riaccompagnata a casa?
Si
era allontanato per allontanare il pericolo da lei.
Maya
sorrise, portandosi una mano al petto, all'altezza del cuore. In fondo, quello
non era un comportamento così strano. Avrebbe detto che faceva davvero parte
dell'essenza di Shuichi, anche se non sapeva perché. Non avrebbe dovuto
conoscerlo così bene.
Non
avrebbe dovuto sapere tante cose.
"Ah,
ti sei svegliata!"
Sobbalzò,
alla voce alterata della madre, ferma sulla soglia della sua porta. La guardò a
lungo come si guarda un fantasma, poi sbatté le palpebre più volte.
"Mamma? Come...sono tornata a casa?"
"Ti
ci ha riportato il tuo amico, caro ragazzo. Tu invece sei una svergognata! Bere
fino a svenire di prima sera, non farlo mai più!"
"Eh?
Ho bevuto?"
"Non
te lo ricordi neanche! La prossima volta non mi importa se adesso sei
maggiorenne, avrai una punizione esemplare, capito?!"
"Certo,
mamma..." bofonchiò, gonfiando le guance.
Che
scusa pessima che si era inventato Shuichi, non poteva dire che si era sentita
male? Ma forse, in quel caso sua madre l'avrebbe spedita di filato al pronto
soccorso.
Sospirò,
scoraggiata e decisamente confusa.
Come
aveva pensato, Shuichi l'aveva riportata a casa di peso.
Ma
non si sarebbe fermata lì. Aveva bisogno di parlargli, faccia a faccia. E il
prima possibile.
--
Kurama
non aveva dovuto allontanarsi eccessivamente dal luogo in cui aveva lasciato
Maya, per riuscire a combattere contro quei quattro demoni senza che nessuno li
vedesse. Aveva già scelto un posto abbastanza appartato, e la sua mente aveva
architettato un piano rapido e pulito prima ancora che Maya si addormentasse
completamente.
Tolse
la giacca del completo nero che indossava e si arrotolò le maniche della
camicia, mentre li attendeva, e non appena li vide arrivare sfilò la rosa rossa
dai capelli, imprimendo la giusta quantità di energia per trasformarla.
La
frusta cozzò contro la lama di uno dei quattro demoni e la avvolse,
permettendogli di sfilargliela dalle mani senza problemi. Schivò il fendente di
un secondo con un elegante balzo all'indietro e atterrò di nuovo dietro al
primo, la cui testa volò via prima ancora che potesse rendersene conto. Si
chiese vagamente se avessero idea di chi stavano affrontando, o se l'avessero
attaccato senza sapere neanche chi lui fosse. In quel caso, sarebbe stato
davvero sciocco, da parte loro. Kurama non era certo tipo da farsi scrupoli
nell'uccidere.
Non
se non lo riteneva in qualche modo interessante, almeno.
E
quei tipi non lo erano affatto.
Saltò
di nuovo, atterrando sulle mani ancor prima che sui piedi, ma quando si diede
la spinta le scomodissime scarpe di vernice che indossava scivolarono,
facendogli perdere per un istante l'equilibrio. Fu un secondo, ma bastò perché
gli artigli del secondo demone lo colpissero di striscio al braccio. La macchia
di sangue si allargò nell'immediato sulla manica della camicia bianchissima, e
nuova, che stava indossando, e Kurama non perse un attimo di tempo a vendicare
l'affronto, staccando la testa anche a lui.
I
due rimasti si misero sulla difensiva, due passi dietro rispetto a prima. La
volpe alzò gli occhi al cielo, ma quando li riabbassò c'erano due fessure
dorate a fissarli.
O
almeno, è l'impressione che ebbero.
Eppure,
quegli occhi erano ancora verdi, erano ancora gli stessi di prima.
Ma
spaventosi, freddi. Spietati.
"Cosa
ci fate qui, nel mondo umano?" chiese a quel punto Kurama, facendo un
passo avanti.
Loro
indietreggiarono, ma il demone volpe non gliene diede più modo. La pianta
crebbe dietro di loro ad una velocità innaturale, imprigionandoli.
"Cosa...?"
"L'avevo piantata da subito, naturalmente, proprio per quest'eventualità.
La legge di Enki è chiara, mi pare. E' vietato giungere qui nel mondo umano con
intenti omicidi e ancor di più tentare di uccidere un umano."
"Ma
tu non sei un umano!" sbottò quello che non l'aveva ancora mai affrontato.
Kurama storse la bocca, poi scrollò le spalle.
"Sì,
io no. Ma la ragazza che era con me, invece, lo è. Qual era il vostro
intento?"
"Se
anche te lo dicessimo, non ci risparmieresti!"
"Certo
che no. E se non vi uccidessi io ora, lo farebbe chi di dovere una volta nel
Makai. E se anche non aveste intenzione di tornarci, Enki sa che siete qui e
che siete sovversivi. In ogni caso, non sopravvivreste."
Si
rigirò la rosa rossa fra le mani, prima di lanciarla ai loro piedi e piegarsi a
riprendere la giacca scura del completo, ben attento che non si macchiasse
anche quella. Il sangue era tropo difficile da mandar via da quegli abiti, e
poi come lo spiegava a sua madre? Doveva già nascondere la chiazza che andava
allargandosi sulla manica della camicia.
"Volevate
avere una qualche possibilità di vincere il torneo?"
"Il
Makai non dovrebbe stare in mano a tipi come voi! Mangiare umani è normale per
un demone, è nella nostra natura!"
"Naturalmente,"
sospirò Kurama, senza neanche guardarli. "Morite, per favore," soffiò
appena, ignorando i lamenti di entrambi mentre tornava nel luogo in cui aveva
lasciato Maya.
La ragazza dormiva ancora, ma non era un sonno tranquillo. Si chiese come fosse
possibile, una cosa simile. La sua pianta, in teoria, avrebbe dovuto farla
cadere in un sonno privo di sogni per qualche ora, e regalarle delle memorie
sbiadite dei minuti precedenti all'inalazione.
Ma
Maya pareva sognasse, e stava avendo una reazione totalmente inaspettata.
Inarcò
le sopracciglia, perplesso e sempre più ammaliato e stupito dai poteri che
mostrava quella ragazza. Erano persino maggiori di quelli che aveva intuito
avesse quando erano ragazzini.
Non
stare accanto a lui non l'aveva indebolita, come aveva sperato. L'aveva anzi
resa più forte, ma impreparata.
Era
stato davvero uno sciocco a credere che potesse bastare allontanarsi
definitivamente da lei per assopire il suo potere astrale. Ma a quel tempo, ne
era fermamente convinto.
Dal
giorno in cui l'aveva riportata a casa, Maya non aveva smesso di cercarlo. Gli
mandava messaggi, lo chiamava. Voleva incontrarlo, e dopo quello che era
successo Kurama sapeva anche che cosa effettivamente volesse da lui.
Per questo, nonostante le buone intenzioni, aveva rimandato. Un giorno, due,
una settimana. Si sentiva come se stesse scappando, e lui non era mai fuggito
di fronte a nulla, se non quel cacciatore che poi, effettivamente, l'aveva
preso e costretto a fuggire nel corpo di Shuichi Minamino. Quindi non gli era
andata un granché bene, in definitiva.
E se scappare avesse portato a conseguenze tragiche anche quella volta? Più di
quelle che sarebbero avvenute normalmente, almeno. Sarebbe stato quantomeno
sciocco, da parte sua.
E
lui non si reputava uno sciocco.
Per
questo motivo quel giorno si presentò all'università di prima mattina,
aspettando che Maya gli comparisse davanti.
Quando
vide arrivare Keiko, la salutò con un cenno del capo, e lei gli rivolse un gran
sorriso, ma non gli chiese niente. Sembrava di fretta, e Kurama decise che
doveva essere in ritardo per le lezioni, visto che erano le nove meno dieci.
Maya
arrivò una ventina di minuti dopo, e quando lo vide lì, fermo al muro accanto
al cancello d'ingresso della struttura universitaria, le braccia incrociate e
le gambe accavallate, si bloccò.
Kurama
la individuò quasi subito, ma si staccò dal muro appena in tempo prima che lei
gli corresse incontro e lo stringesse a sé in un abbraccio. Rimase parecchio
sorpreso, specie dopo il modo in cui si erano lasciati -l'aveva
lasciata- l'ultima volta, quando poi lei si staccò di colpi e lo colpì dritto
in faccia. La cinquina era ben visibile sulla guancia pallida, e Maya aveva
ancora la mano aperta. La volpe sbatté le palpebre un paio di volte, colto in
contropiede. Normalmente, non l'avrebbe mai colpito, ma davvero non si
aspettava una reazione così. Non dopo che l'aveva abbracciato, per di più.
Sapeva
tante cose, era anche abbastanza bravo con le ragazze, tutto sommato, almeno ai
tempi delle superiori, trovava che le donne umane fosse facili da interpretare.
Ma Maya non era affatto come le altre ragazze umane.
Maya
era diversa.
E
lo aveva appena dimostrato.
"Posso
sapere perché mi hai colpito?" mormorò, più sorpreso che astioso. In
verità, non aveva motivo di avercela per quello schiaffo. Avrebbe detto che se
l'era anche meritato.
"E
mi chiedi perché?! Sei un bastardo! Per prima cosa come ti è venuto in mente di
dire a mia madre che mi ero ubriacata!"
"Ah, quello, non mi era venuta...-"
"E
poi, mi stai evitando? Cos'è successo la settimana scorsa? Perché sei sparito?
Io non capisco, non..." si asciugò in fretta e furia gli occhi perché no,
di piangere non era più il caso. Voleva capire.
Doveva
capire.
"Io
e te dobbiamo parlare!"
"Lo
so," sospirò Kurama, rammaricato nel vedere gli occhi di Maya adesso farsi
lucidi. "Sono qui per questo. In un altro posto?"
"D'accordo,"
sospirò lei, prima di decidersi a seguirlo. Si allontanarono parecchio
dall'università, si fermarono in un bar e presero entrambi qualcosa da bere a
portar via, poi entrarono nel parco. A quell'ora della mattina c'era poca
gente, e a quanto pareva Kuramavoleva
proprio questo; un po' di quiete.
"Shuichi..."
"Aspetta!"
la fermò subito lui, un sospiro lungo e tremolante gli sfuggì dalle labbra.
"Ricordi qual è stato il nostro ultimo discorso?"
Maya
lo fissò a lungo, con la coda dell'occhio, vedendolo per la prima volta teso.
Si rigirava il bicchiere di carta fra le mani, sorseggiava appena, guardava
davanti a sé.
Non
credeva che le sarebbe mai capitato di vedere uno come Shuichi in quello stato.
"Ricordo
tutto. Ricordo quel giorno. Ricordo che ti dissi che mi piacevi, ricordo che mi
hai chiesto scusa e mi hai detto di andarmene. Ma non mi hai lasciato andare.
Siamo stati attaccati, e tu mi hai salvato. E ti sei allontanato. Con quel
tipo. Poi mi hai detto che era tutto un sogno e io...tu sei tornato, quella
volta, vero? Per salvarmi..."
"Non
ti dissi di andartene. In verità, non volevo tu te ne andassi," sorrise
mesto Kurama, guardando ancora davanti a sé. "Tu avevi un'energia
spirituale notevole, e più stavi con me più diventavi forte. Sempre di più. Ora
sai difenderti, sai riconoscere un demone, ma prima...e loro mi cercavano. Di
continuo. Io ero debole, a quel tempo, e non potevo proteggerti. Quando quel
demone ti ha rapito, ho pensato che dovevo fare qualcosa. Che dovevo
allontanarti da me."
"Ora
sei abbastanza forte da proteggermi...?"
"Sì,"
soffiò Kurama, spostando finalmente lo sguardo per fissarlo in quello di lei,
che ricambiò con decisione. "E sai farlo anche da sola, devo dire,"
abbozzò, indicandosi la guancia ancora rossa. E con Kuwabara, sarebbe diventata
sempre più forte.
"Ma
mi hai allontanata di nuovo."
"Non
sapevo cosa fare. Per la prima volta...tu stavi ricordando, e non doveva
succedere. Pensavo che le mie piante fossero infallibili, ma mi hai
screditato," un lieve ghigno gli solcò appena il volto. "E quando ho
capito che stavi ricordando tutto, ogni cosa, io...mi hai spiazzato. Beh, come
oggi."
"Wow,"
rise lei, ma era una risata tirata, nervosa. "Sono riuscita a spiazzare il
grande Shuichi Minamino!"
"Già..."
Per
un lungo attimo, il silenzio cadde fra di loro. Nessuno dei due disse niente,
uno non aveva altro da dire, l'altra non sapeva come domandarlo.
Poi,
alla fine, decise che semplicemente doveva chiederlo. Su due piedi, smettendo
di pensarci. Altrimenti non l'avrebbe mai fatto.
"Chi
sei davvero, Shuichi?"
Kurama
non ebbe reazioni, a quella domanda, perché sapeva che sarebbe arrivata. Era
ovvio, dopotutto. Visto quello che aveva ricordato, visto cosa era successo.
Sospirò,
finì di bere e accartocciò il bicchiere. "Il mio vero nome è Kurama. Sono
un demone. Ventitre anni fa, ero un demone, un assassino e un ladro, nel Makai.
Poi, un cacciatore riuscì a ferirmi abbastanza gravemente da costringermi alla
fuga. Mi rifugiai qui, in questo corpo. L'idea era di andarmene non appena
avessi riacquistato tutti i miei poteri, ma poi le cose sono cambiate. Mi sono
affezionato a mia madre, e ho deciso di restare con lei. Sono cresciuto come un
essere umano e...ho trovato sorprendentemente questa vita interessante. Mi
piaceva. A volte era noioso, per me, ma anche bello. Ho scoperto sentimenti che
non avevo mai conosciuto. L'amore, l'affetto. Volevo vivere come un essere
umano, come Shuichi Minamino. Voglio farlo ancora, in verità. Ma a volte non è
possibile. A volte, come succedeva in passato, com'è successo in quel tuo
ricordo, com'è accaduto l'altra sera, qualche demone si fa rivedere. Ho il
dominio su questo quartiere, è il mio territorio. L'ho fatto per proteggerlo.
In pochi hanno il coraggio di affrontarmi. A volte capita. Mi tengono in
allenamento, devo dire."
"Un
demone. Un demone...vero. Cazzo, sei un demone vero!"
"Sì..."
Maya
sospirò, le labbra che le tremavano nel tentativo di reprimere quel sorriso
entusiasta che voleva nascere. Ma non c'era da essere entusiasti, in quel
momento. Sentiva una certa confusione in testa, e davvero non sapeva come
scacciarla.
Era
tutto così dannatamente difficile!
Era
una storia assurda, eppure...sì, eppure il fatto che Shuichi fosse un demone la
rendeva anche felice, perché lei lo sapeva, l'aveva sempre saputo, quanto fosse
speciale e diverso quel ragazzo. Non era come gli altri!
Era
per questo che si era innamorata.
"Lo
sapevo. Lo sapevo che avevi qualcosa di soprannaturale, di...lo sapevo!"
"Lo
sapevi perché il tuo potere era già grande."
"Un
demone...wow. Ho sempre sognato queste cose! Alieni, spiriti, io lo sapevo che
qualcosa esisteva, e proprio tu! Proprio tu...il mio primo amore..."
strinse più forte il bicchiere che aveva ancora in mano e abbassò lo sguardo.
"Immagino che ad un demone uno sciocco umano come me non potrà mai
interessare, in quel senso."
Kurama
stirò le labbra, a quella frase. Adesso arrivava la parte complicata.
"Maya..."
"Voglio
farti comunque questa domanda, okay? Quindi ti prego di non
interrompermi!" esclamò alla fine lei, prendendo un lungo respiro. Doveva
dirlo tutto insieme, altrimenti non l'avrebbe più fatto. Era troppo difficile.
"Quando
quel giorno mi sono dichiarata a te tu mi hai respinto perché non ti interesso?
E non ti piaccio perché sono una sciocca umana o...o..."
"Per
proteggerti," si ritrovò a dire Kurama, prima ancora di rendersi conto che
le parole gli fossero davvero uscite di bocca. Quando capì che a parlare era
stato lui, il danno era fatto.
Proprio
lui, si ritrovava ad agire così d'istinto. Quasi non si riconosceva. Ed era la
seconda volta in pochi giorni, per di più.
Alzò
gli occhi su Maya, che aveva spalancato i suoi scuri e lo fissava con stupore.
Aveva
gli occhi lucidi, Maya, le guance arrossate, e Kurama la trovò bellissima. Sì,
era bellissima.
"Per
proteggermi...?"
Kurama
annuì, cercando le parole giuste. "Non volevo ti succedesse nulla, e a
quel tempo non ero abbastanza forte. Mi dispiace. Avrei voluto...andasse
diversamente."
"Sul
serio?"
"Sì."
"Che
cosa...che cosa provi per me?"
Kurama
chiuse gli occhi, respirando profondamente. Il discorso si stava inoltrando in
meandri sempre più duri, per lui.
"Sei
l'unica ragazza umana che abbia attirato davvero la mia attenzione. Mai
nessuno, né prima né dopo, mi è apparsa così."
"L'unica."
"Sì,"
confermò. Aprì di nuovo gli occhi e la guardò. Ma non seppe decifrare quello
che vedeva, questa volta. Forse perché anche lui era confuso, stordito.
Si
trovava davanti ad una situazione totalmente nuova, e non la comprendeva.
"Ma
hai cancellato i miei ricordi. Hai giocato con la mia mente. Non volevi che
ricordassi, quando ci siamo incontrati. Eppure non me l'hai impedito, ci siamo
comunque visti. Sapevi che l'imput era la tua sola
presenza. Perché?"
"Non
lo so. Ero confuso anche io. Volevo e allo stesso tempo...non volevo."
"Perché?"
"Perché...ho
giocato con la tua mente, coi tuoi ricordi," sospirò "L'ho fatto
perché non avevo altro modo per allontanarti, eravamo troppo legati. Nonostante
questo è stato...meschino, da parte mia. Imperdonabile."
"Ah,
lo sai allora che sei stato uno stronzo infame!"
Kurama
si morse il labbro, perché per quanto Maya avesse parlato in maniera
tranquilla, erano cose vere, e dure da mandar giù. "Lo so, sì."
Maya
sospirò, ed ebbe di nuovo la tentazione di schiaffeggiarlo. E ci andò davvero
vicina, tanto. Ma alla fine non lo fece. Fermò la mano a mezz'aria e la riportò
in tasca.
"Dovresti
farlo," le disse lui, senza neanche guardarla, sorprendendola.
"Cosa?"
"Colpirmi."
"Non
c'è gusto se sai che lo sto per fare. Te ne ho già dato uno, non penso che sia
possibile, per me, coglierti di nuovo di sorpresa," lo guardò con la coda
dell'occhio e accavallò le gambe, appoggiando la schiena alla panchina e
inclinando il capo all'indietro. "E poi era per proteggermi, no?"
"Non
è una giustificazione, Maya."
Maya
annuì, e sospirò. Non lo era, già. Ed era una cosa terribile, dimenticarsi
interi attimi della propria infanzia, della propria vita. Lei non se ne era mai
resa conto, non finché non aveva ricordato di nuovo tutto, ma era così. Kurama
gli aveva strappato ore, giorni.
Eppure
non era arrabbiata. Non quanto avrebbe voluto, almeno.
Forse
perché lui era completamente arreso a lei. Forse perché si sarebbe fatto
colpire senza emettere un suono. Forse perché le aveva detto che gli piaceva. E
anche lui piaceva ancora a lei. Decisamente.
Scosse
la testa e si alzò.
Kurama
non la fermò, certo che se ne sarebbe andata, e stavolta per non tornare più. E
come biasimarla? Aveva fatto una cosa terribile.
Non
aveva solo cancellato quella notte di paura, ma ogni singolo attimo che avevano
passato insieme, lei non ricordava neanche che fossero stati amici. Che si era
innamorata.
Era
qualcosa di grande. Di troppo grande.
"Per
anni ho avuto un vuoto proprio qui," iniziò all'improvviso lei, e Kurama
alzò gli occhi, guadandola mentre si indicava il petto. I capelli corti mossi
dal vento, l'espressione più dolce che le avesse mai visto in volto.
"Era
come se mi mancasse qualcosa, qualcosa di grande. Non riuscivo a capire perché
con i ragazzi con cui stavo non andava mai bene, mi mancava sempre qualcosa. Li
paragonavo a qualcuno, ma non sapevo a chi. Cercavo qualcosa di specifico, ma
non capivo cosa. Adesso lo so. Li paragonavo a te, perché nessuno era come te.
Loro mi giudicavano, per le mie passioni, mi reputavano strana. Tu no, perché
eri strano anche tu, ora lo so. Non eri umano, eri diverso. Ti divertivi, ma
non mi schernivi mai. E mi credevi. Dentro di te mi credevi sempre, perché sapevi
che dicevo la verità, la mia verità, per quel che ne capivo al tempo. E' per
questo che mi sono innamorata di te. Gli altri non ci riuscivano. E io lo
sapevo. Non sono come lui, mi dicevo. Ma lui chi? Chi è lui?" si fermò per
riprendere fiato, prendendogli le mani, piegata in avanti per guardarlo in
volto, per poter puntare gli occhi in quelli dell'altro e non lasciarlo più
andare. "Mi hai tolto i ricordi legati a te, ma non i sentimenti. Quelli
c'erano, sempre, e mi confondevano."
Kurama
le strinse le mani, senza capire dove volesse arrivare davvero, ma non riuscì a
sciogliere l'intreccio di sguardi che si era creato. "Mi dispiace,"
sussurrò solamente.
Maya
sorrise "Lo so. Dispiace anche a me. Perché in questi anni avrei potuto
farti vedere che ne valeva la pena, che potevo diventare forte. Potevamo
diventare forti insieme. Vorrei odiarti. Vorrei essere arrabbiata con te.
Davvero, perché hai fatto una cosa terribile," sentì le mani di Kurama
tremare nella sua stretta, gli occhi farsi stranamente lucidi, e sorrise.
"Ma non ci riesco," fece quindi "Non riesco ad odiarti. O ad
avercela con te. Perché lo hai fatto per proteggermi, e quel giorno sei tornato
a salvarmi, anche se sapevi che quel demone era più forte di te. Ma sei tornato."
Non
attese di dire altro, paurosa che lui potesse tirarsi indietro all'ultimo. Un
demone andava colto di sorpresa, lo aveva capito questo.
Così,
lesta, abbassò il volto e poggiò le labbra su quelle fini di Kurama.
Erano
morbide, e Kurama profumava di rose. Se ne sentì inebriata un istante dopo, e
lo sentì anche irrigidirsi, cosa che la fece sorridere.
Chissà
se era il suo primo bacio, almeno da Shuichi Minamino?
Credeva
di sì, però.
Lo
approfondì senza aspettare consensi, gli prese il volto fra le mani e gli fece
schiudere le labbra, torturandole coi denti, poi giocò con la sua lingua.
Quando
si staccò, avevano le guance arrossate entrambi.
E
quei meravigliosi smeraldi erano spalancati e la fissavano.
"Sei
abbastanza forte da proteggermi, adesso?" gli chiese di nuovo, senza un
nesso apparente.
Kurama
pareva ancora imbambolato, ma annuì. "Sì," sussurrò, in automatico.
Maya
sorrise. "E' una fortuna che il mio primo amore sia anche il ragazzo
giusto per me, non trovi? Tu...cosa ne pensi, Kurama?"
Se
possibile, gli occhi del demone volpe si spalancarono ancora di più, sentendosi
chiamare in quel modo.
Poi,
all'improvviso, Kurama li chiuse, di scatto, come ad impedirle di vedere
qualcosa. Lacrime, forse? Non lo sapeva. E non le importava. Un istante dopo,
era fra le braccia di Kurama ed era lì che voleva rimanere, proprio lì.
Senza muoversi più. Era quello il suo posto.
Finalmente,
aveva riempito il vuoto. Finalmente, aveva trovato risposte.
"Penso
che sia una fortuna che l'unica ragazza che mi sia mai interessata sia anche
una donna meravigliosa."
"Da
adesso in poi, pensi di poter promettere che non ci saranno più segreti, fra
noi?"
"Ne
sono sicuro."
"Davvero?"
"Te
lo prometto."
Maya
rilassò le spalle e chiuse gli occhi, beandosi ancora un po' di quelle braccia
forti che la stringevano a sé.