Run Fight Survive

di lisi_beth99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il viaggio in elicottero durò parecchio. Dopo aver fissato immense dune di sabbia per buona parte del tragitto decisi di concentrarmi su ciò che c’era nell’abitacolo. Thomas si era addormentato, così come Frypan e Winston, Teresa si accarezzava le braccia quasi per farsi conforto, Minho osservava attento il paesaggio sottostante. Newt, invece, dopo aver cercato di convincermi a dormire, si era rassegnato e mi accarezzava distrattamente il palmo della mano. Teneva gli occhi chiusi ma sapevo che non stava riposando. Ogni poco apriva leggermente le palpebre e mi buttava un occhio, quasi temesse che mi potesse succedere qualcosa.
La sera era calata, tutto era diventato buio. L’uomo che ci aveva salvati, ad un certo punto, disse ad alta voce per farsi sentire sopra al rumore delle pale dell’elicottero – Siamo quasi arrivati! State pronti a scendere. –
Dopo poco, infatti, il velivolo toccò terra. Si aprì il portellone laterale e ci scaraventarono giù. Diversi uomini avevano creato una sorta di cordolo di sicurezza e ci urlavano di correre all’interno del grande edificio di fronte a noi. Era imponente, grigio e metteva soggezione.
Altri uomini uscirono dall’immensa porta di metallo. Attorno a noi c’era il caos: spari e urla. Qualcuno disse qualcosa come – Ci sono gli Spaccati! – mi voltai verso delle dune di sabbia poco lontano e vidi delle figure umane, che si muovevano in modo strano, farsi avanti. Gli uomini che ci avevano salvati aprirono il fuoco in quella direzione. Rimasi spiazzata da ciò che vidi, fermandomi impietrita. Subito, però, fui strattonata da Newt – Muoviti Lane! – urlò nel caos generale.
Oltrepassammo le porte in metallo che si richiusero subito dietro di noi e ci ritrovammo in una specie di hangar pieno di persone che andavano da una parte o dall’altra.
Ci guardammo attorno spaesati, dove diamine eravamo finiti?
Un uomo di mezza età, con un fucile legato attorno al collo, venne a prelevarci e ci condusse in una stanza tranquilla dove rimanemmo in attesa di scoprire qualcosa di più su quel posto.
Ci portarono del cibo, ci riposammo un po’, fino a quando la porta da cui eravamo passati si riaprì e un uomo sui quaranta fece il suo ingresso. Indossava un maglione grigio, dei pantaloni scuri e una giacca in pelle. Ci alzammo tutti e ci avvicinammo. Aveva una faccia che non mi convinceva, qualcosa in lui non mi piaceva – Tuto bene ragazzi? – domandò sorridendo, un sorriso quasi falso – Mi dispiace per il trambusto ma c’è stato un piccolo contrattempo… -
Nemmeno Thomas si fidava di quell’uomo, ne ebbi conferma quando fece un passo in avanti e con tono diffidente gli domandò – Chi sei tu? –
L’uomo non diede una vera risposta, puntò i suoi occhi in quelli del Velocista – Il motivo per cui siete ancora vivi! E intendo continuare a proteggervi… Adesso venite con me. Ci prenderemo cura di voi! – detto ciò si allontanò facendoci un cenno di seguirlo. Thomas si voltò per guardarci e incrociammo lo sguardo. Io feci una faccia che probabilmente lasciò trapelare la mia scarsa fiducia in quell’uomo. Newt mi diede una leggera pacca sul braccio – Vediamo come va – mi sussurrò all’orecchio.
Seguimmo l’uomo lungo l’hangar, mentre lui ci spiegava un po’ di cose. Il suo nome era Janson ed era il responsabile di quel luogo. Affermò che per noi era solo una stazione di passaggio, perché ci avrebbero mandati in un luogo sicuro, fuori dalla Zona Bruciata, dove la W.C.K.D. non ci avrebbe trovati… Non avevo idea di cosa fosse la Zona Bruciata ma, dal nome, immaginai potesse essere la zona che avevamo sorvolato arrivando in quel posto.
Raggiungemmo una porta in metallo, molto spessa. Janson l’aprì usando una chiave magnetica e, difronte a noi, ci fu un corridoio lungo, bianco e con luci al neon.
-Ma prima di proseguire, dobbiamo risolvere il problema della puzza! – si girò a guardarci con un ghigno sulle labbra. Poteva anche risultare offensiva quell’affermazione ma non aveva torto. Dopo la corsa nel Labirinto, la lotta contro i Dolenti, la corsa in mezzo alla sabbia e il viaggio in elicottero era normale essere ricoperti di sporco e puzzare di sudore...

 
-*-
 
Ci portarono nella zona delle docce. Ognuno si scelse la doccia che voleva, non che ci fossero delle differenze però… i ragazzi erano tutti gasati, probabilmente non vedevano una doccia con l’acqua calda da molto tempo.
Io mi infilai in quella accanto a Newt… avevo un senso di insicurezza e tristezza che mi pesava sul cuore. Mi spogliai e lanciai i miei vestiti fuori dal box doccia. Aprii il getto d’acqua calda che mi scivolò addosso. Speravo che avrebbe alleviato quel senso di agitazione ma nulla… Ripensai a tutti i ragazzi che avevamo lasciato nella Radura, a quelli che erano morti provando a combattere. Rividi lo sguardo spavaldo di Gally e gli occhi teneri di Chuck. Mi venne un groppo in gola che cercai di mandare giù… Poi pensai al posto in cui eravamo, a Janson, tutto quello non mi convinceva.
Avevo bisogno di conforto… controllai che nessuno fosse fuori dal suo box e superai la parete che mi divideva da Newt. Gli arrivai alle spalle, un po’ incerta se quello che stavo facendo fosse giusto… Avevo un disperato bisogni di essere abbracciata. Il biondo si accorse della mia presenza. Inizialmente mi guardò sorpreso, poi lesse nel mio sguardo lo sconforto e mi attirò a sé. L’acqua ci colpiva la pelle, mentre la mia schiena era appoggiata al suo petto. Mi lasciò una tenera scia di baci lungo il collo, giù fino alla scapola. Scostò i capelli e baciò la spalla. Poi passo alle mie labbra, inclinai la testa e la appoggia sul suo petto per facilitare il gesto. Il tutto era molto romantico e mi stava calmando l’anima. Newt prese la spugna insaponata e cominciò a passarmela sulla schiena. Poi passò al ventre e io mi appoggiai completamente a lui… faceva dei movimenti lenti e circolari. L’acqua calda e la schiuma erano un balsamo per il mio corpo. Il biondo continuò a baciarmi, sciacquandomi via tutto lo sporco. Nulla di ciò che stavamo facendo era erotico… in quel momento nessuno dei due stava pensando a fare l’amore. Semplicemente entrambi avevamo bisogno di stare assieme e darci un po’ di sollievo dopo l’orrore a cui avevamo assistito.
-Hey Newt! – la voce di Minho ci riportò alla realtà, non facemmo in tempo a staccare le nostre labbra che il ragazzo spuntò dal muro che separava i due box doccia. – Caspio! – esclamò trovandoci in quel modo. Fulmineo ritrasse la testa. Io e il biondo diventammo rossi per l’imbarazzo. Per fortuna che ero rivolta verso la parete e non aveva visto nulla…
Chiusi il getto d’acqua, mentre Newt afferrava due asciugamani e me ne porgeva uno. Dopo esserselo legato in vita uscì per parlare con Minho. Io passai il pezzo di stoffa attorno al busto, copriva giusto giusto fin sotto al sedere…
Uscii dal box doccia subito dopo al biondo, ritrovandomi gli occhi di tutti i ragazzi addosso. Minho mi guardava con un mezzo ghigno in faccia, mentre gli altri mi fissavano a metà tra lo spiazzato e l’imbarazzo. – Voi… - Minho fece scorrere il dito indice da me a Newt, cercando le parole… Il mio ragazzo mi guardò soffermandosi un po’ troppo a lungo sulla parte superiore dell’asciugamano – Eravate in doccia assieme! – esclamò Frypan sbarrando gli occhi. Newt si grattò la testa con le guance che si arrossavano, io cercai di nascondermi dai loro sguardi… - Ehm… Già! – sussurrai avvicinandomi al biondino. Improvvisamente mi sentivo nuda… non che fosse molto lontano dalla verità!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Dopo gli attimi di imbarazzo, nessuno aggiunse una parola e tutti ci prendemmo i vestiti che Janson aveva fatto portare.
Io Teresa trovammo degli asciugacapelli in una stanza accanto così ci infilammo lì dentro, lasciando i ragazzi a scherzare e fare strane domande a Newt.
-E così tu e Newt… - mi disse ad un certo punto la mora. Abbassai lo sguardo imbarazzata. Non avrei mai pensato di affrontare quel discorso con qualcuno… - Non saprei come definirci, Tess – non seppi per quale motivo mi venne quel nomignolo… forse il fatto che fossimo le uniche ragazze in quel posto…
Lei mi passò una spazzola – Lo immaginavo che ci fosse qualcosa fra voi. Il modo in cui vi guardate, come state sempre vicini… mi stupisco che nessun’altro se ne fosse accorto! – esclamò spegnendo l’apparecchio. Io risi divertita – Sono maschi! Cosa pretendi?! –
Ridendo di gusto tornammo dal resto del gruppo. Newt mi guardò incuriosito. Minho mi passò n braccio sulle spalle – Che avete da ridere voi due? – domandò mentre gli staccavo il braccio con una sberla leggera e lo guardavo infastidita. Quello che aveva visto poco prima sembrava averlo dimenticato… avrei voluto dargli una di quelle belle risposte che lo avrebbero lasciato interdetto per alcuni minuti però un uomo venne a prelevarci – Dovete fare dei controlli medici – disse con voce piatta.
Ci condusse in un’ampia stanza, ai lati c’erano delle scrivanie. Più avanti erano presenti dei lettini e decine di armadi stracolmi di fialette e boccette di ogni tipo. Per un momento mi ricordarono i laboratori della W.C.K.D. quando mi torturavano. Un brivido mi percorse tutta la schiena. Newt se ne doveva essere accorto perché mi strinse amorevolmente la mano. Una donna con una divisa da infermiera ci fece vedere in quali postazioni dovevamo andare. Io fui affidata ad una dottoressa sui quaranta, capelli castani e occhi gentili. Prima di allontanarmi dal mio ragazzo lui mi sussurrò – Tranquilla, se hai bisogno sono qui – indicando un lettino dove un uomo pelato lo stava aspettando.
Seguii la dottoressa a pochi metri di distanza dagli altri, Teresa era nella postazione di fronte alla mia. Arrivò un’altra dottoressa che tirò una tenda, impedendomi di vedere cosa le facessero.
Mi guardai un po’ attorno: Minho stava correndo su un tapis roulant, mentre veniva monitorato da due uomini. A Thomas stavano prelevando del sangue e a Newt iniettavano una sostanza giallognola. – Ora rilassati – mi disse la dottoressa, riportandomi con l’attenzione su ciò che stava facendo. La vidi che teneva in mano una siringa colma di un liquido azzurrognolo, assomigliava incredibilmente a quello dei miei ricordi. Mi prese il panico. Mi alzai di scatto e mi allontanai dalla donna senza staccarle gli occhi di dosso. Quella cercò di raggiungermi ma alzai le mani sulla difensiva – Stia lontana da me! – dissi quasi urlando. La dottoressa appoggiò la siringa su un tavolino – Non voglio farti del male… - provò ad avvicinarsi nuovamente. Mi guardai attorno ritrovando lo sguardo di Newt a pochi passi. Si era avvicinato non appena avevo dato i numeri. – Hey Lane, calmati… vogliono aiutarci. – si avvicinò e mi strinse in un veloce abbraccio – Non siamo più alla W.C.K.D., siamo al sicuro qui! – mi guardò negli occhi cercando di infondermi coraggio. Ma lui non poteva capire come mi sentivo in quel momento! Lui non si ricordava di quello che ci facevano in quei laboratori… Io sì! Non avevo perso i ricordi, avevo impresso nella mente ogni singolo momento delle torture…
Ma non eravamo più lì. Newt aveva ragione. Ripresi la lucidità, facendo un respiro profondo e allontanandomi dal biondino. Mi rivolsi alla dottoressa – Mi scusi… - mi riavvicinai mentre lei mi sorrideva gentilmente – Nessun problema cara, chissà quali atrocità avrete vissuto… - qualcosa però nel suo tono di voce mi lasciò perplessa.
Lasciai perdere quel pensiero: sicuramente era frutto della mia immaginazione!
Combattendo contro i miei istinti mi lasciai fare ciò che voleva quella donna; analisi del sangue, iniezione di vitamine di qualche tipo, controllo dei miei segni vitali, insomma tutto!
Ad un certo punto Thomas fu portato via da un uomo che teneva una pistola attaccata alla coscia. Tutto in quel luogo mi sembrava strano… Se, come Janson aveva detto, quel posto era sicuro, perché tutti erano armati? Qualcosa ci veniva nascosto… o forse, mi ripetei per la centesima volta, ero solo influenzata da ciò che avevo vissuto.
 
Quando finimmo con i controlli, c vennero a prendere e ci scortarono in un’altra zona della struttura. Lungo il tragitto mi attaccai al braccio di Newt – Grazie per prima – dissi evitando il suo sguardo, lui sorrise dolcemente – Sai che ci sono sempre per te! – mi diede un leggero bacio sulla testa. – Hey voi due! Staccatevi un po’! – la voce di Minho divertito ci fece voltare. Pochi passi dietro di noi, il Velocista stava sghignazzando con Frypan – Sei solo geloso testa di caspio! – gli disse divertito Newt. Io risi di gusto, tornando a guardare dove ci stavano portando.
Arrivammo in una sala piena di tavoli e panche. C’erano un sacco di ragazzi, maschi e femmine, di diverse età. Rimasi a bocca aperta – Non pensavo fosse vero! – dissi più a me stessa che agli altri. – Cosa? – domandò Winson avvicinandosi. Io lo guardai con la sorpresa che trapelava dagli occhi – Che ci fossero altri Labirinti! Credevo fossero solo voci di corridoio… - ci inoltrammo fra i tavoli fino a trovarne uno in cui starci.
Ci sistemammo in uno dove c’erano un paio di ragazzi, della nostra età circa. Ci mettemmo a parlare con loro dopo aver preso qualcosa da mangiare. Non che io avessi fame. La sorpresa mi aveva completamente chiuso lo stomaco ma Newt insisteva perché mangiassi qualcosa quindi…
Di lì a pochi minuti arrivò Thomas, Minho andò a prenderlo mentre i due nuovi conosciuti ci raccontavano di come fossero stati liberati dal loro Labirinto. Le modalità erano le stesse, il che mi lasciava ancora perplessa: Perché tutt’a un tratto erano arrivati a liberarci? Tutti nel giro di pochi giorni… La cosa mi sembrava strana ma decisi di tenermi la storia per me. D'altronde gli altri sembravano finalmente sereni e sollevati, non volevo gettare insicurezza.
Uno dei due indicò con la testa un ragazzo solitario, teneva il cappuccio della felpa calato sulla testa – Quel ragazzo è stato il primo. È qui da quasi una settimana – i miei sospetti continuavano a tarlarmi il cervello. In neanche una settimana avevano liberato decine di ragazzi da altrettanti Labirinti, uccidendo i membri della W.C.K.D. e portando in salvo solo quelli che erano, come noi, riusciti ad uscire dal Labirinto, lasciando gli altri nelle grinfie dell’associazione… Tutto questo non aveva senso.
Janson, assieme a due uomini armati, fece il suo ingresso nella mensa portando una cartelletta sotto al braccio – Buonasera signori, signore… - si guardò attorno mentre il silenzio calava nella sala – Sapete come funziona. Se dico il vostro nome, alzatevi e raggiungete i colleghi dietro di me, che vi scorteranno nell’ala est dove comincerà la vostra nuova vita! – a quelle parole uno scroscio di applausi si levò in tutta la sala. Chiamò una decina di nomi, poi, prima di andarsene aggiunse – Non perdete le speranze, se potessi ne chiamerei altri ma c’è sempre un domani. Il vostro tempo arriverà! – i ragazzi furono scortati fuori dalla mensa, attraverso una porta spessa in metallo.
Minho si mosse accanto a me – Dove li portano? – chiese rivolto ai nostri nuovi conoscenti – Lontano da qui… Beati loro – c’era una vena di malinconia nella sua voce, le speranze di avere una vita migliore muovevano tutti in quel luogo ma alcuni forse le perdevano prima di altri…
-In una fattoria, un posto sicuro – stava dicendo l’altro – ma ne prendono solo pochi per volta… - anche lui aveva il tono malinconico e gli occhi avevano una luce spenta. Mi dispiaceva vederli tutti così sconsolati, sorrisi cercando di infondere coraggio – Vedrete che arriverà anche il vostro turno! Non dovete perdere le speranze. Se siete qui significa che siete forti, non potete lasciarvi abbattere da un tipo con la faccia da topo come Janson! – tutti si misero a ridere. Newt mi passò una mano dietro alla schiena, scendendo fino alla vita. Mi attirò a sé dolcemente – Ti amo – sussurrò al mio orecchio. Mi voltai per guardarlo in faccia – Anch’io – risposi sotto voce tornando a mangiare un pezzo di pane.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Eravamo ancora in mensa, quando sia io che Thomas, vedemmo Teresa passare fuori dalla sala. Era scortata da una dottoressa e con lei c’erano altre due infermiere. Il moro si alzò in piedi per raggiungerla, chiamando il suo nome svariate volte. Si avvicinò alla porta da cui erano spariti i ragazzi chiamati da Janson. Solo allora notai che due guardie erano immobili davanti al passaggio, quasi non volessero che ci si avvicinasse. La cosa era strana. Mi alzai pronta ad aiutare il ragazzo, Newt mi guardò sorpreso – Dove vai? – chiese prendendomi per un braccio. Stavo per rispondergli quando Thomas tornò al tavolo. Aveva lo sguardo poco convinto. – Da nessuna parte – dissi risedendomi accanto al biondo. Poi mi rivolsi al Velocista – Che ti ha detto la guardia? – lui scosse la testa – Non importa, tanto non mi convince! -. Accanto a me Newt irrigidì i nervi, stava per dirgli qualcosa ma una guardi si avvicinò – Ragazzi venite con me. Vi mostro la vostra stanza. –
L’uomo che ci scortò lungo diversi corridoi tutti uguali, tutti con tubi di varie misure che correvano lungo le pareti bianche e tutti illuminati da luci al neon fredde, aveva i tratti asiatici. Il viso impassibile, camminava davanti a noi e, ogni tanto, si voltava per guardare se lo seguivamo. – Siamo arrivati – disse senza emozioni. Aprì una porta in metallo con una piccola apertura rettangolare di vetro e ci fece segno di entrare.
Tre letti a castello riempivano buona parte dello spazio della camera. Sul lato opposto c’erano degli armadietti grigi e un lavandino con uno specchio si trovava sulla parete laterale all’entrata.
Minho corse a prendersi uno dei letti sopra, rubandolo a Frypan – Troppo lento! –disse il Velocista divertito. Winston si stravaccò su un altro materasso, mentre io mi rendevo conto, solo in quel momento, che avrei condiviso la stanza con i ragazzi.
Mi passai una mano sul viso – Caspio – sussurrai. Pensando ad una soluzione per quella situazione a dir poco imbarazzante.
Newt si avvicinò dicendo – Niente male! – proprio in quel momento la guardia che ci aveva portati lì uscì chiudendo la porta a chiave. Ci guardammo tutti un po’ perplessi e, nuovamente, la sensazione che qualcosa non andasse si fece largo nel mio cervello.
Thomas si muoveva agitato, guardò Newt con gli occhi preoccupati – Secondo te cosa vogliono da Teresa? – quella domanda me l’ero posta anch’io. Il biondo gli diede una leggera pacca sulla spalla – Se c’è una cosa che so di quella ragazza è che sa badare a se stessa. Non preoccuparti per lei! –
Misi una mano sulla spalla del moro – Qualcosa di questo posto non mi convince… - confessai guardando poi Newt che si era voltato con una faccia sorpresa. – Lane, forse ciò che hai passato alla W.C.K.D. ti ha scossa più di quanto immaginassi. Potrebbe essere quello che ti fa vedere tutto più brutto di quello che è… Non credi? – mi strofinò le braccia dolcemente, cercando di confortarmi. Scossi leggermente la testa, come per far uscire quei pensieri. Feci un respiro profondo – Forse hai ragione… Però ho questa strana sensazione… come se ci nascondessero qualcosa – con la coda dell’occhio guardai Thomas. Aveva spostato lo sguardo, quasi non volesse farmi capire che aveva dei dubbi anche lui. Però io lo avevo capito, non appena era tornato al tavolo dopo aver visto Teresa. C’era una nuova luce nel suo sguardo: determinazione a capire cosa succedesse in quel posto.
Assunsi un’espressione a metà tra il pensoso e l’imbarazzato. Avevo creato una situazione di preoccupazione tra i miei amici… Ne avevano passate già tante senza che io mi mettessi a vedere problemi dove forse non c’erano. E poi c’era già Thomas pronto ad indagare… era meglio scoprire qualcosa di più prima di allarmare il resto del gruppo.
Minho scese dal suo letto e mi venne in contro – Lane, non preoccuparti. Abbiamo visto tutti quello che ti facevano lì… capiamo che può essere difficile fidarsi. – mi mise una mano sulla spalla sorridendo gentilmente. Avevo visto quel ragazzo così gentile solo quando avevo parlato con lui qualche notte prima nella Radura. Aveva un fare quasi fraterno…
Newt mi riportò alla realtà – Dormiamo che è meglio… Vedrai che domani ti sentirai meglio – aggiunse avvicinandosi al mio orecchio.
Mi sistemai sul letto sopra a quello di Winston, Newt mi osservava dal suo che era esattamente di fronte al mio. In quel momento mi resi conto di aver passato tutte le notti acanto al mio ragazzo, da quando mi ero svegliata nella Radura. Quella lontananza mi lasciò un senso di abbandono nel cuore… avrei voluto stare stretta fra le sue braccia… Ma sapevo fosse meglio così, già Minho si divertiva a prenderci in giro. Era meglio non dargli altro materiale oltre a noi avvinghiati sotto la doccia.
Si spensero le luci e io mi rintanai sotto la coperta di cotone. Il sonno mi raggiunse quasi subito.

Sono seduta alla mia postazione nei laboratori della W.C.K.D., sto guardando il video di Newt che si lancia da una delle pareti del Labirinto. Il cuore mi si stringe e le lacrime premono per uscire.
Poi tutto si fa sfuocato e mi ritrovo legata ad un lettino. Il medico mi inietta una dose di siero dei Dolenti. Quando inizio a contorcermi per il dolore la scena cambia nuovamente.
Sono nella mia stanza, c’è mia madre con me. I suoi capelli lunghi e castani, le sue labbra rosee e i suoi occhi belli. La guardo piena di orgoglio. Sono ancora una bambina, credo che quello che fa sia per il bene del mondo. – Helane, W.C.K.D. è buono. Ricordatelo sempre – mi dice prima di uscire dalla stanza.
La scena cambia. Sono un po’ più grande. Mia madre è seduta sul suo letto e piange. Mi avvicino a lei – Perché piangi mammina? – le chiedo con la voce preoccupata. Lei alza lo sguardo su di me, i suoi occhi colmi di lacrime – Mi dispiace tesoro, mi dispiace per tutto quello che sta succedendo. - mi stringe in un abbraccio – Ricordati che la mamma ti vuole bene! -

Mi svegliai con il cuore che martellava nel petto, sudacchiata e con il respiro affannato. Erano mesi che non la sognavo più… Non ricordavo mi avesse detto quelle parole prima di abbandonarmi in quel posto…
Asciugai le lacrime che mi bagnavano le guance, passai lo sguardo sui ragazzi che dormivano beati. Avevo un disperato bisogno di un abbraccio, così, facendo meno rumore possibile, scesi dal mio letto e mi avvicinai a quello di fronte. Nel letto sotto doveva esserci Thomas ma lo trovai vuoto Strano pensai. Senza farci molto caso mi arrampicai sulla scaletta e gattonai a fianco di Newt. Lui mugugnò qualcosa spostandosi su un fianco. Poi aprì un occhio con una faccia spaventata – Scusami – sussurrai; mi avvicinai a lui – Hey tutto bene? – domandò anche lui bisbigliando. Allargò le braccia per farmici sistemare in mezzo. Appoggiai la testa sulla sua spalla e gli circondai il busto con un braccio. Lui mi strinse in un abbraccio caldo. – Solo un brutto sogno – ammisi accoccolandomi meglio. – Ora ci sono io tesoro, riposa – l’ultima parola la sbiascicò, si stava già riaddormentando e io lo seguii a ruota.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Aprii gli occhi lentamente, qualcuno mi stava scuotendo per un braccio insistentemente. Mugugnai stropicciandomi gli occhi. –Sveglia piccioncini! – la voce di Minho raggiunse il mio orecchio facendomi spalancare gli occhi di botto. – Caspio Minho – stava farfugliando Newt accanto a me – Ti sembra questo il modo di svegliare qualcuno? – mi misi a sedere fulminandolo con lo sguardo. Sbadigliai mentre guardavo Fraypan e Winston sorridere divertiti e un po’ imbarazzati per la scena. Newt si passò una mano fra i capelli poi decise di scendere dal letto. Io lo seguii a ruota notando lo sguardo del Velocista che si era posato sul mio sedere. Sfortunatamente per lui anche Newt lo notò, con una faccia di disappunto gli prese il mento con due dita e lo costrinse a guardarlo negli occhi – Guarda qui! – gli disse con tono infastidito. Minho gli rispose con una risata divertita.
Notai che Thomas se ne stava per le sue, lo sguardo era perso nel vuoto e, sicuramente, stava pensando a qualcosa. Mi avvicinai a lui – Thomas che c’è? – lui si passò una mano sul viso. – Secondo me avevi ragione tu… Questa notte ho visto una cosa strana – l’attenzione di tutti i presenti si rivolse a lui. Newt si fece più vicino – Cos’hai fatto? – il tono sembrava quello di una paternale… il moro lo fissò negli occhi – Ho visto una dottoressa portare dei corpi coperti da dei teli in una stanza, forse un laboratorio ma non sono riuscito ad entrarci – Minho si fece avanti – Uoh amico, hai visto dei corpi? – Thomas abbassò lo sguardo – Credo di sì, erano coperti interamente da dei lenzuoli bianchi… -
Lo sguardo di tutti si fece preoccupato, Newt però intervenne cercando di mantenere la calma – Tu credi di aver visto delle persone. Non ne hai la certezza! Thomas non fare casini! Tranne te e Lane, tutti si sentono tranquilli qui! – si voltò a guardarmi – Scusa Lane, però così stanno le cose. – mi avvicinai a Thomas per dargli supporto – Newt, voi non ricordate nulla di come era prima del Labirinto. Io e Thomas sì! Fidati se ti dico che c’è del marcio qui… - lo guardai sostenendo il suo sguardo, ero pronta a lottare per fargli capire le mie motivazioni. Però lui non me ne diede la possibilità – Va bene, non possiamo scartare nessuna possibilità. Per ora però non diamo nell’occhio. –
 
-*-
 
Quella sera ci portarono nella mensa. Dopo aver preso da mangiare ci sedemmo ad un tavolo libero. Non parlammo molto, anzi… Tra me e Newt era calato il silenzio più totale. Mi aveva infastidito il fatto che non mi credesse! Potevo capire che sperasse in un futuro migliore, lontano dalla W.C.K.D., senza più morti e cose del genere però doveva fidarsi di me…
A metà del pasto mi posò una mano sulla mia – Mi dispiace per questa mattina… Io mi fido di te, però spero anche che ti sbagli… L’idea che neanche qui siamo al sicuro mi distrugge. Non voglio ci succeda qualcosa… - si avvicinò la mia mano alle labbra e lasciò un piccolo bacio. – Ti perdono… Capisco le tue motivazioni però se dico una cosa del genere è perché ne sono abbastanza convinta… - gli sorrisi dolcemente e lui ricambiò. Dalla parte opposta del tavolo Minho fece un breve appaluso – Mamma e papà hanno fatto la pace, grazie al cielo! – ci voltammo simultaneamente e gli lanciammo un’occhiataccia.
Janson entrò con la sua lista di nomi e cominciò a chiamare diversi ragazzi. Thomas stava architettando qualcosa, ne ero sicura. Fissava l’uomo con sguardo pensoso – Che c’è oltre quella porta? – domandò quasi a se stesso. Newt gli lanciò una mezza occhiataccia – Ne abbiamo già parlato. Hai detto che erano coperti quindi non sai che cos’hai visto! Potrebbe essere di tutto! – Thomas ribatté a quelle parole – Invece so esattamente cos’ho visto. Erano corpi! Aris dice che continuano ad arrivare ogni sera. – a quelle parole Minho si intromise – Chi cavolo è Aris? –
Thomas indicò un tavolo poco lontano dove c’era il ragazzo che ci avevano già fatto vedere il giorno prima, quello arrivato da quasi una settimana. Stava guardando una fetta di torta con aria persa, sembrava avere problemi mentali. – Ah beh allora… - sussurrò Newt. Minho invece si rigirò per guardare Thomas – Beh se l’ha detto lui! – disse ironico. Effettivamente non lo avrei creduto nemmeno io, sembrava veramente perso in un altro mondo…
Nel frattempo Janson aveva terminato la sua lista. I ragazzi furono scortati fuori dalla mensa. Una guardia aprì la porta con una chiave magnetica. Avevamo visto quella porta solo per far accedere i ragazzi ad un’altra area della struttura. Nessuno era mai tornato per dire cosa ci fosse… La cosa era sospetta. Ancora!
Intanto Newt stava ribadendo a Thomas il concetto di tenere la testa bassa e non attirare l’attenzione. Ma il Velocista sembrava non averlo neanche ascoltato. Si alzò di scatto e provò ad imbucarsi fra i ragazzi chiamati da Janson. Fu immediatamente fermato da una delle due guardie. Provò a dimenarsi dalla presa, senza successo.
Con una finta si allontanò poi tornò alla carica – Adesso basta! – urlò una delle due guardie placcando Thomas. Ci alzammo di scatto e lo raggiungemmo. Quando mi trovai di fronte a quella guardia, qualcosa mi si mosse dentro. Aveva gli occhi piccoli, molto ravvicinati, la fronte ampia e i capelli corti castani. Mi ricordava qualcuno… intanto i ragazzi cercavano di tenere buono il moro. Arrivò anche Janson, trafelato. La calma tornò ma io continuai a fissare quella guardia. Lui spostò lo sguardo su di me e allora ricordai!
Era la guardia che mi aveva presa quando stavo cercando di entrare nel Labirinto. Era stato lui a portarmi nella stanza della gabbia… Mi si mozzò il fiato in gola. Tutto quello che mi circondava era sparito. Lui mi aveva riconosciuta. E dalla mia reazione aveva capito che lo ricordavo.
Si avvicinò all’orecchio del suo capo che stava parlando con Thomas e gli sussurrò qualcosa. Gli occhi di Janson si posarono su di me, era sorpreso e in parte sembrava spaventato. Forse spaventato che avessi detto qualcosa agli altri?!
Un mezzo ghigno gli si dipinse sul volto – Portateli ai dormitori – disse guardando Thomas negli occhi. Poi si rivolse a me – Tu no. Tu vai con lui. Dobbiamo farti degli esami– indicò la guardia che inizialmente sbarrò gli occhi poi sorrise quasi divertito. No! Pensai mentre mi prendeva per un braccio e mi strattonava Non è vero! Newt provò a fermarlo – Dove la portate?! – gli afferrò un braccio, Minho anche provò ad intervenire ma altre guardie arrivarono ad aiutare il collega. La mia mano fu staccata a forza da quella di Newt che mi guardò pieno di preoccupazione. Cosa mi avrebbero fatto?

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Fui trascinata a forza lungo svariati corridoi – Sta buona! – urlò un paio di volte quell’uomo strattonandomi il braccio.
Aprì una porta e mi buttò dentro una stanza di piccole dimensioni. Un lettino era posizionato nel centro e un armadio con le ante trasparenti era appoggiato accanto alla porta. – Sdraiati! – ordinò indicando il lettino. Quella scena l’avevo già vista… e non era finita bene.
Mi legò i polsi e le caviglie, poi entrò un uomo in camice. – Ho saputo che la ragazza ricorda… - disse aprendo l’armadio. – Già! Bisogna cancellarle la memoria… Non vogliamo rovini la Fase 2 del programma. – le parole della guardia mi resero chiaro che i miei sospetti fossero reali. Non avevamo mai lasciato W.C.K.D., non eravamo stati salvati… Eravamo ancora delle cavie… solo quello! Provai a strattonare le braccia senza alcun risultato – Oh andiamo… ti farai male! – mi disse quell’uomo con gli occhietti pieni di divertimento. – Stronzo! – gli urlai in faccia mentre il medico infilava un ago nel mio braccio e faceva scorrere il liquido nelle mie vene.
Di lì a pochi istanti cominciai a sentire la testa pesante, vuota… tutto si faceva confuso…
I ricordi si frammentavano… si ricostruivano. – Le ho dato una dose piccola, così che dimentichi solo gli avvenimenti più recenti. – stava comunicando il dottore al mio aguzzino.
Io mi sentivo persa, le luci sfuocate, i suoni ottavati. Un senso di nausea si impossessò del mio stomaco mentre cercavo di tenere stretti i miei ricordi.
Poi ripensai a tutte le volte che mi avevano sottoposta a quella “tortura”. Con tutte le volte che quel siero era stato in circolo dovevo aver sviluppato una sorta di sopportazione. Era per quello che avevo riacquistato velocemente i miei ricordi dopo essere finita nella Radura. Quella consapevolezza mi tranquillizzò abbastanza. Smisi di combattere e lasciai che il liquido facesse il suo corso.
Dopo un tempo imprecisato la guardia mi liberò dalle legature e mi aiutò a scendere dal lettino. Mi trascinai tenendomi attaccata al suo collo lungo i corridoi fino ad arrivare alla mia stanza. Aprì la porta e mi fece entrare in malo modo. Trovai subito lo sguardo agitato di Newt – Cosa le avete fatto? – domandò inquisitore. La guardia mi lasciò andare e, se non ci fosse stato Fraypan a prendermi, sarei caduta al suolo. – Ha avuto una brutta reazione alla vista di una siringa… - disse impassibile. Avrebbe potuto vincere il premio per miglior attore… Si richiuse la porta alle spalle girando la chiave più volte.
Fraypan mi aiutò a sdraiarmi sul letto, Newt mi raggiunse immediatamente prendendomi una mano e cercando di capire cosa fosse successo. – Cosa le hanno fatto? – domandò riferito a nessuno in particolare, mi guardava spaventato, agitato. Io non parlavo… avevo ancora la testa rintontita. Avevo bisogno di alcuni minuti per riprendermi, ma le continue domande del mio ragazzo mi stavano facendo impazzire – Vuoi qualcosa? Cosa posso fare per te? – mi passò una mano sulla fronte, accarezzandomi dolcemente – Non dovevo premettergli di portarti via… - stava sussurrando. Gli misi una mano sul braccio – Potrei avere un bicchiere d’acqua? – chiesi in un sussurro. Non potevo continuare a guardarlo mentre si torturava. Minho si mosse subito e mi porse un bicchiere di plastica pieno d’acqua. Lo presi mettendomi seduta, feci un paio di sorsi. – Ti prego dimmi che ti è successo. Ti hanno fatto del male? Perché non dici nulla? – Newt non la smetteva con le domande. Era diventato più protettivo di quando stavamo nella Radura! Guardai Minho che, per quanto fosse preoccupato, non riusciva a trattenere una risatina per la scena divertente. Tenevo ancora il bicchiere pieno in mano, per fermare il mio ragazzo non trovai altra scelta. Gli lanciai l’acqua in faccia – Ti dai una calmata?! – chiesi trattenendo una risata. Newt rimase immobile per alcuni attimi mentre gli altri scoppiarono a ridere. – Scusa ma non posso dire nulla se tu non me ne dai la possibilità – dissi tornando seria. Nel frattempo il biondino si stava asciugando la faccia con la maglia bianca.
Dovevamo uscire da quel posto, era ancora la W.C.K.D. a tenerci in pugno…
-Dobbiamo assolutamente andarcene da qui! – esclamai provando a mettermi in piedi. Newt mi passò una mano attorno alla vita per sorreggermi – Che stai dicendo? Cosa ti hanno fatto? – chiese preoccupato. Guardai un punto imprecisato – Hanno provato a cancellarmi i ricordi… - ammisi. In quel momento mi accorsi che mancava qualcuno – Dov’è Thomas? Non possiamo restare qui… è… - ma non finii la frase perché apparve Thomas da sotto il suo letto, seguito da Aris. Il moro era agitato e si muoveva in modo frettoloso per tutta la stanza, dicendo frasi senza senso.
– Dobbiamo andare! Presto dobbiamo andare via subito! – afferrò un lenzuolo e cominciò ad attorcigliarlo attorno alla maniglia della porta, poi lo legò saldamente al tubo che le passava accanto. Tutti nella stanza si agitarono – Di che stai parlando? – domandò Minho ma Thomas continuava ad armeggiare con un materasso – Stanno venendo qui! – esclamò mentre posizionava il materasso in modo da coprire il vetro della porta. – Thomas calmati e dicci cos’è successo! – ordinò quasi Newt. Nel frattempo Winston aveva provato a chiedere anche ad Aris ciò che era successo, ma il ragazzo aveva lo sguardo puntato al pavimento e rimaneva immobile. – è ancora viva! – disse ad un certo punto il moro. Io lo guardai e capii. Mi rimisi in piedi mentre Thomas pronunciava quel maledettissimo nome – Ava! – Newt lo ripeté senza capire. A quel punto mi misi al centro della stanza – Siamo ancora in mano alla W.C.K.D. – urlai cercando di riportare il silenzio. Tutti si fermarono e mi fissarono. Newt mi si avvicinò – Che dici?! Abbiamo visto che si sparava… Non può essere… - sussurrò portandosi una mano sulla fronte. Io provai a rassicurarlo, per quanto in quella situazione si potesse fare, - Mi dispiace… Non siamo mai scappati da loro… - poi mi rivolsi a Thomas – Cos’hai visto? – ormai gli effetti del siero che mi avevano iniettato stavano scomparendo quasi completamente.
Thomas disse solo poche parole mentre si avvicinava al condotto dell’aria da cui era apparso con Aris poco prima – Janson sta venendo per prelevarci e usarci come cavie per non so che! Dobbiamo andarcene – esclamò e scomparve nel condotto di areazione sotto al proprio letto, fu seguito da Minho, Frypan e Winston. Newt mi spinse delicatamente da dietro la schiena – Va’ prima tu! – fortunatamente non mi sentivo più frastornata né persa, però avevo ancora i muscoli indolenziti.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Cominciai a gattonare in quel condotto stretto. Mi voltai per assicurarmi che il biondo mi stesse seguendo e controllai in che direzione stavano andando gli altri.
Sbucammo da una griglia in un corridoio come tutti gli altri. Dovevamo trovare Teresa! La ricerca sarebbe stata complicata in quell’immensa struttura…
-Andiamo presto! – ci incitò Thomas ma Aris si fermò appena uscito dal condotto – Andate. Io devo fare una cosa… - tutti lo guardammo perplesso. – Fidatevi è una cosa importante. Volete uscire da qui sì o no? – disse guardandoci ad uno ad uno. Winston si propose di accompagnarlo e così ci dividemmo.
Imboccammo un corridoio secondari e quasi andai a sbattere contro la dottoressa che aveva visitato Teresa. Ci guardò sorpresa – Che ci fate voi qui fuori? – in quell’esatto momento scattò l’allarme di sicurezza, rendendo chiaro il motivo per cui fossimo a zonzo per la struttura.
La donna provò a scappare ma Thomas e Minho la presero e, prendendola come ostaggio, ci facemmo guidare in quella fitta rete di corridoi.
Ad un certo punto fummo individuati da una guardia. Ci intimò di restare fermi, naturalmente non lo ascoltammo. L’uomo cominciò a spararci addosso. Non erano proiettili ma delle specie di cariche che rilasciavano una scarica elettrica: non uccideva ma era molto dolorosa.
Tornammo sui nostri passi, quando eravamo un po’ lontani Minho si bloccò, si guardò alle spalle e prese una rincorsa. Urlammo il suo nome preoccupati. Si scaraventò sulla guardia con una tale forza che lo stese al suolo facendogli perdere i sensi.
Rimasi sorpresa dal gesto, era stato davvero fantastico! Newt gli diede una pacca sulla spalla – Bravo Minho! – esclamò. Thomas prese l’arma della guardia e la rigirò fra le mani. Sembrava aver scordato che ci avevano insegnato ad usarla… - Non ti ricordi come funziona? – gli chiesi avvicinandomi. Lui mi guardò perplesso così gli strappai l’oggetto di mano. Con la mano destra sul grilletto e la sinistra a sorreggere la canna. Non ricordavo fosse così pesante… gli occhi dei presenti erano pieni di sorpresa – Ricordati che il grilletto è sensibile. E non dimenticarti che spara in un raggio non ampissimo quindi non mirare troppo lontano! – tutti mi guardavano perplessi.
Restituii al moro l’arma – Come fai a sapere queste cose? – domandò mentre si incamminava tenendo la dottoressa per un braccio – Ci hanno addestrati, non ricordi? – lui scosse leggermente la testa.
Newt mi si affiancò mentre correvamo per i corridoi – Non pensavo fossi una letale killer! – disse ridendo. Io lo guardai divertita – Ho sempre odiato le armi… però so usarle – gli feci l’occhiolino.
Pochi attimi dopo arrivammo alla stanza in cui avevano rinchiuso Teresa. La dottoressa si fece aprire dai colleghi ed irrompemmo nella camera. Mentre io e Newt legavamo lo staff medico, Thomas trovò Teresa. Era sdraiata in un letto, sembrava svenuta ma fortunatamente, non appena il ragazzo la scosse, lei aprì gli occhi disorientata.
-Ragazzi, stanno arrivando! Che facciamo? – domandò Fraypan mentre guardava dall’oblò nella porta. Newt si guardò attorno pensando a qualcosa. C’era un tavolino di metallo, lo rovesciammo e lo spingemmo verso la porta così da bloccarla. In quel momento le guardie ci raggiunsero e, a suon di spallate, cercavano di buttare giù la porta.
- Che facciamo? – urlò Minho in direzione dell’altro Velocista. Questo notò il vetro in fondo alla stanza. Afferrò uno sgabello e provò a romperlo senza successo – Newt, aiutami! – ordinò al biondo. In due riuscirono a frantumare la superficie dandoci la possibilità di fuggire. Thomas prese la ragazza in braccio, dopo aver superato la parete.
C’erano vetri ovunque… - Sbrigatevi! – urlò Minho mentre uno degli uomini era riuscito a superare la porta. Cazzo! Pensai quando sentii un dolore alla mano. Guardai il palmo e trovai un taglio da cui uscivano alcune gocce di sangue. – Lane! – Newt mi sollevò e mi fece passare nell’altra stanza, poi mi seguì.
Thomas aprì la porta ritrovandosi un tipo armato di fronte. Si guardarono per alcuni secondi – Spara! – gli gridai, temendo che si fosse impietrito.
Partì un colpo che centrò il torace dell’uomo. Si accasciò a terra mentre il suo corpo era percorso da scosse elettriche. Ricordavo perfettamente quanto fossero dolorose…
-Forza venite! – ci incitò il moro proseguendo la sua corsa. Io mi soffermai un secondo sull’uomo che giaceva agonizzante sul pavimento. Mi avvicinai e gli presi la pistola che doveva essergli uscita dalla fondina con la caduta. La nascosi dietro alla mia schiena, infilandola nei pantaloni.
Raggiunsi il resto del gruppo mentre Thomas indicava l’uscita. Provò ad aprire la porta con il cartellino magnetico che aveva rubato ad una guardia ma, probabilmente, non aveva l’accesso a quell’area e il suo tesserino non apriva la porta. – Dannazione! Apriti! – imprecò il moro mentre continuava a tentare invano.
-Thomas! – la voce odiosa di Janson ci raggiunse dal fondo del corridoio. – Apri la porta Janson! – Thomas gli puntava contro l’arma pronto a fare fuoco. – è meglio di no, fidati! Sto cercando di salvarvi la vita. Il Labirinto è un conto ma non durereste un giorno nella Zona Bruciata – continuava a parlare avvicinandosi, dietro di lui diversi uomini con scudi avevano creato una formazione. – Thomas devi credermi. Io desidero solo il vostro bene. – disse infine.
Intanto Minho continuava a provare ad aprire la porta – è inutile – gli sussurrai posandogli una mano sul braccio – tanto non si aprirà… -
Thomas continuava a fronteggiare Janson – Fammi indovinare: W.C.K.D. è buono? – a quelle parole l’uomo fece un mezzo sorrisetto – Non supererai quella porta, Thomas – disse calmo.
In quell’esatto momento la luce del lettore magnetico divenne verde e la porta si aprì. Dall’altro lato c’erano Winston ed Aris sorridenti – Hey ragazzi – disse quest’ultimo con il fiatone. Superammo immediatamente la porta chiamando il moro perché ci raggiungesse.
Questo cominciò a sparare contro le guardie e corse verso di noi. Janson diede l’ordine di richiudere l’accesso e così Thomas dovette accelerare per non rimanere bloccato. Furono secondi, per me, interminabili. L’uomo stava per raggiungere il Velocista, lo avrebbe fermato… Non ci pensai molto, estrassi la pistola e mi buttai a terra per avere una migliore visuale, dato che la porta si stava chiudendo dall’alto. Presi la mira e premetti il grilletto. Il proiettile però colpì l’uomo appena di striscio all’altezza della caviglia, facendolo rallentare per la sorpresa, più che per il dolore. Non avevo mai avuto una grande mira da lontano, avevo sempre odiato le armi però mi avevano imposto di imparare ad usarle…
Thomas scivolò giusto in tempo mentre la barriera si richiudeva – Ma chi sei? – chiese rivolgendosi a me… io lo guardai arrossendo leggermente – Te lo racconto un altro giorno. Ora andiamo! – prima di allontanarci il moro fece il dito medio a Janson che, per risposta, lo guardò pieno d’odio. Poi fissò me, con intensità – Ve la siete cercata! –
Raggiungemmo il portellone che conduceva all’esterno e lo aprimmo. Di fronte a noi c’erano immense dune di sabbia. Cominciammo a correre senza pensare a dove andare…
La sabbia mi faceva un male agli occhi e faticavo a vedere. Dietro di noi stavano arrivando gli uomini di W.C.K.D. quindi non c’era tempo per riprendere fiato.
-Stiamo uniti – urlò Thomas per sovrastare il rumore del vento.
Afferrai la mano di Newt, non volevo rischiare di perdermi in quel deserto… lui la strinse a sua volta guardandomi velocemente mentre ci avvicinavamo a qualcosa che sembrava un edificio distrutto.
Teresa vi ci entrò – Venite! – urlò da dentro. I ragazzi erano poco convinti ma io la seguii immediatamente, lì avremmo trovato riparo dal vento…
Newt mi seguì e così fecero gli altri. Ci ritrovammo in un ampio spazio, sul pavimento c’erano decine di centimetri di sabbia. – Andiamo – disse Thomas dopo essersi guardato attorno.
Teresa però non era dello stesso avviso. Si fece avanti – No! Dimmi cosa sta succedendo! – era preoccupata, potevo capirla. Lei era rimasta in quella stanza senza sapere cosa succedeva realmente in quel posto…
Il moro le si avvicinò – è W.C.K.D., ci hanno mentito. Non siamo mai scappati… Aris ed io abbiamo trovato dei corpi. Neanche si contavano… - tutti rimanemmo allibiti. – Cosa? Dei cadaveri? – chiese Minho. Thomas scosse la testa – Non sembravano neanche vivi però. Erano appesi. Li collegavano a dei tubi… li stavano dissanguando. W.C.K.D. vuole qualcosa che è dentro di noi! – la cosa era assai raccapricciante. Mi feci più vicina al mio amato. Speravo che non ci avrebbero mai trovati. Non volevo tornare ad essere una cavia.
Newt mise le mani sui fianchi – Okay, qual è il piano? – chiese rivolto al moro. Questo non rispose, rimanendo a fissare il pavimento. Il biondo a quel punto si agitò notevolmente – Ce l’hai un piano vero? – chiese ancora. Thomas farfugliò qualcosa – Sì, beh ecco io… -.
Ciò fece saltare i nervi a Newt – Ti abbiamo seguito fin qui e ora ci dici che non sai dove stiamo andando né che cosa stiamo facendo?! – lo afferrai per un braccio cercando di farlo calmare – Newt, se non fosse per lui ora saremmo morti! O peggio… - aggiunsi sussurrando. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, guardandomi preoccupato – Forse hai ragione… ma adesso che facciamo? –
Aris, che fino a quel momento era rimasto zitto, si fece avanti – Janson ha detto qualcosa a riguardo di un popolo delle montagne… una specie di esercito ribelle. – a quelle parole Thomas si illuminò – Il Braccio Destro! Se lottano contro W.C.K.D. forse ci aiuteranno… - Newt continuava ad essere poco convinto e molto incavolato – Un popolo, sulle montagne… dei montanari! È questo il piano? – domandò infine. – è l’unica possibilità che abbiamo – disse l’altro seriamente.
E purtroppo aveva ragione. Non saremmo andati lontani senza aiuto… Janson ci dava la caccia, la Zona Bruciata brulicava di Spaccati, ancora non avevo capito cosa fossero, e non avevamo nulla con cui sfamarci, men che meno avevamo da bere! Non saremmo durati più di pochi giorni…
Winston richiamò la nostra attenzione notando delle orme nella sabbia.
Ci addentrammo in quel posto che, a poco a poco, capii essere un centro commerciale abbandonato. Ne avevo sentito parlare da mia madre, la gente ci andava per fare acquisti perché ci si trovavano vari negozi… io non ne avevo mai visto uno, ero sempre rimasta nei laboratori. Dicevano fosse troppo pericoloso per noi bambini uscire ed ora ne capivo il motivo.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Dopo un po’ che camminavamo in quel posto trovammo uno spazio con diversi oggetti che potevano tornarci utili: vestiti, torce, acqua… - Sembra che ci abbiano vissuto – disse ad un tratto Winston mentre smuoveva delle lenzuola appoggiate su un materasso. Una domanda mi frullava nella testa. – Ed ora dove saranno? – domandò Newt più a se stesso, dando anche voce al mio pensiero.
Forse però era meglio non chiederselo…
-Forza. Prendiamo quello che ci serve. Qualunque cosa vi sembri utile… Dividiamoci così facciamo prima! – Thomas si mise una giacca di un tessuto pesante addosso e si allontanò con Minho.
Io e Teresa cominciammo a rovistare tra i vari oggetti per cercare qualcosa da indossare che ci avrebbe protette dal vento e dal freddo della notte.
Newt, dopo essersi infilato una giacca beige e aver preso un foulard rosso, mi si avvicinò – Posso parlarti un momento? – mi chiese. Aveva una faccia strana… La cosa mi preoccupò abbastanza. Ci allontanammo dal resto del gruppo, rintanandoci in una stanza laterale. – Ascolta Lane, mi dispiace per non averti creduta… - cominciò evitando il mio sguardo. Tutto qui? È così strano solo per questo? Mi chiesi aspettando che continuasse. – Io… io speravo veramente che avessimo trovato un luogo sicuro in cui stare… ma mi sbagliavo! – il tono di voce era mogio e pieno di tristezza. Odiavo vederlo in quel modo. Gli presi il viso fra le mani e lo costrinsi a guardarmi negli occhi – Newt, tesoro, non è successo nulla. Non sono arrabbiata con te. Speravamo tutti di esserci lasciata W.C.K.D. alle spalle… - lui mi interruppe allontanando le mie mani – Sì ma tu e Thomas avevate dei sospetti! Voi due siete diversi! Dannazione, tu sai sparare! Conosci le armi della W.C.K.D.! Com’è possibile? – il suo viso arrabbiato mi spaventò leggermente… Non l’avevo mai visto in quel modo. Che gli avevo fatto?
-Ascoltami! – dissi seria e cercando di non farmi saltare i nervi. Ci manca solo che scoppi e litighi con lui… pensai. – siamo stati tutti, e dico tutti, addestrati ad usare delle armi. Il problema e che voi non ve lo ricordate… - okay, forse non stavo migliorando la situazione…
Lui si agitò ulteriormente, cominciando a camminare su e giù per la stanza – Io odio le armi, Newt…. So che effetti hanno… L’hanno usata su di me! Le scariche elettriche che rilascia ti tolgono il fiato… - lo avevo detto ad alta voce veramente?!
Mi ero ripromessa di non parlarne. Caspio! Imprecai mentalmente.
Il biondo spalancò gli occhi – Cosa? L’hanno usata… - si era completamente calmato, per fortuna. Io lo interruppi prima che continuasse – Sì. Una delle prime volte che avevo provato a scappare… - ammisi abbassando lo sguardo.
In meno di un secondo, Newt mi stringeva in un abbraccio – Mi dispiace… Scusa. Non so cosa mi prenda – sussurrò accarezzandomi la testa con dolcezza.
Mi staccai da lui per guardarlo in faccia – Non preoccuparti… Siamo in una situazione incasinata… Ma io ti amo. E questo non cambierà mai! – gli dissi avvicinando le nostre labbra.
Sembravano secoli che non ci baciavamo… Nel giro di troppo poco tempo era successo di tutto e temevo che quello fosse solo l’inizio…
Tornammo da Frypan e cominciammo a riempire alcune borracce con l’acqua contenuta in alcune taniche.
Poi trovai una giacca pesante di colore bluastro e la infilai per vedere se ci stavo. Era bella calda e mi avrebbe protetta anche dal vento. In quel momento le luci di tutto l’edificio si accesero. Probabilmente Thomas e Minho avevano trovato il generatore…
Ci ritrovammo nel corridoio. – Che succede? – chiese Winston mentre puntava la torcia ovunque cercando qualcosa. – Non lo so… - bisbigliò Frypan.
In lontananza sentii dei rumori. Qualcosa non andava… DI lì a pochi secondi vidi due sagome correrci in contro –Hey! – urlò quello che riconobbi essere Thomas – Scappate! Correte! – continuava ad urlare. Dietro di loro comparvero delle figure umane, si muovevano in modo strano e producevano dei suoni raccapriccianti… Gli Spaccati pensai mentre mi mettevo sulle spalle uno degli zaini che avevamo preparato. – Oh cazzo! – esclamò Newt accanto a me. Mi diede una leggera spinta – Vai Lane! –
Cominciammo a correre per l’edificio. Inseguiti da quei cosi… Il cuore mi batteva all’impazzata. Un po’ per la fatica che facevo a correre e molto di più per la paura che avevo.
Le luci erano soffuse, impedendo una buona visuale. Forse era anche meglio perché quegli esseri erano orribili…
Newt era sempre accanto a me. Correva a fatica, a causa della gamba, ma sembrava meno stremato di me.
Raggiungemmo un spiazzo più ampio ma fummo bloccati da uno di quelle specie di zombie. Aris afferrò un’asse di legno e lo colpì violentemente alle gambe. Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lui… mi sembrava così calmo e spaurito…
-E bravo Aris! – gli urlai facendogli l’occhiolino mentre continuavamo a correre. Mi accorsi dopo che Thomas e Teresa avevano dovuto cambiare strada. Erano stati bloccati da quel tipo… così avevano corso lungo una scala.
Per essere mezzi morti, correvano molto veloci…
Avevo il fiatone. Facevo una fatica ad andare avanti… non volevo farmi prendere però cominciavo a rallentare. Newt mi diede una leggera spinta – Non mollare! – mi urlò continuando a guardare avanti.
Eravamo gli ultimi della fila…
Ad un tratto fui spinta da dietro e lanciata in avanti. Caddi malamente vedendo Newt atterrato da uno Spaccato. Lo stava tenendo inchiodato al suolo e cercava di graffiargli la faccia – Newt! – urlai disperata cercando qualcosa con cui colpire l’aggressore. Thomas arrivò prima che io avessi mosso un passo e, con un calcio, fece volare lo Spaccato giù nel vuoto. Poi aiutò il biondo a rimettersi in piedi – Grazie Tommy – disse col fiatone. Ricominciarono a correre e Newt mi afferrò per un braccio – Andiamo! –
Entrammo in un corridoio molto più stretto. Ma tutte le porte erano bloccate. – Portaci fuori da qui Thomas! – urlò Teresa pochi passi davanti a me.
Trovammo una porta traballante e Frypan cominciò a prenderla a spallate. Quegli esseri però erano sempre più vicini – Li tengo impegnati! – urlò Winston estraendo una pistola. Che scema! Perché non ci avevo pensato prima? Pensai prendendo la mia. Mi affiancai al ragazzo e cominciai a sparare colpi cercando di mirare alle gambe. Avrei dovuto allenarmi meglio quando ne avevo avuto l’occasione, facevo abbastanza schifo con la mira...
Delle braccia mi afferrarono e mi spinsero oltre la porta che Frypan era riuscito ad aprire. – Lane continua a correre! – era Newt. Come al solito voleva proteggermi! Sorrisi mentre continuavo la corsa. Dietro di me però sentii delle urla, mi voltai e vidi Winston per metà oltre la porta, con gli Spaccati che lo tiravano verso di loro e i miei compagni che cercavano di salvarlo. – Lasciatemi qui! – implorò il giovane.
Mi affrettai per raggiungerli, presi al volo una specie di mazza in metallo. Mi avvicinai alla porta – No Lane, non avvicinarti! – Newt provò ad allontanarmi senza successo. Cominciai a dare mazzate alle braccia che stavano bucando la pelle di Winston. Erano tenaci, ma io di più! Con una violenza che non credevo di possedere continuai a dare colpi. Un paio di mani cercarono di afferrarmi – Non ci pensare nemmeno! – ringhiai colpendole fino a staccarle.
Riuscimmo a portare il ragazzo in salvo, Fraypan e Newt si fecero passare un braccio dietro la nuca e lo trascinarono fuori da quel posto. Io li seguii continuando a tenere stretta la mazza fra le mani.
Ci rintanammo fra delle macerie pregando che non ci trovassero. I versi che producevano mi facevano venire la pelle d’oca. – State zitti! – sussurrò Teresa che era acanto a me.
Ero sconvolta… avevo preso a mazzate delle persone… Cercavano di ucciderci, okay, però erano delle persone. Dove avevo trovato tutta quella violenza?
Cominciai a tremare, rendendomi conto che la presa sulla mazza era ancora salda. – Lane – sussurrò Newt al mio fianco. Prese delicatamente l’oggetto dalle mie mani e mi fece mollare la presa – Questo non ti serve più… stai tranquilla – lo guardai negli occhi; nonostante la penombra riuscii a scorgere il suo sguardo gentile. Mi attirò a sé e cominciò ad accarezzarmi i capelli. – Rilassati, ci sono qui io. – continuò a sussurrarmi parole che, poco dopo, divennero incomprensibili. Il sonno mi stava portando in un altro mondo… tutto si fece ovattato e mi addormentai cullata dalle parole del mio amato.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Mi svegliai con le grida di Thomas per far scappare un corvo. Mi mossi leggermente fra le braccia di Newt, avevo dormito appoggiata sul suo petto per tutta la notte.
-Se ne sono andati? – chiese il biondo guardandosi attorno ancora un po’ assonnato.
- Sì, possiamo stare tranquilli. Mettiamoci in marcia – certe volte il moro aveva un fare da capo che non amavo molto. Dava ordini come se fosse una cosa naturale e nessuno gli diceva mai nulla… - Forza andiamo! – finì di dire.
Winston provò ad alzarsi ma si ributtò atterra con un verso di puro dolore.
-Thomas – richiamai la sua attenzione – Non puoi pretendere che tutti abbiano il tuo passo… - ero stufa di dover andare dietro a lui… Forse quel posto ci stava mettendo alla prova.
Si fermarono tutti a guardarmi – Lane che dici? – chiese sbalordito Newt. Scossi leggermente la testa – Nulla. Scusate… Questo posto… - dissi indicando un punto non definito delle macerie – Fa uno strano effetto. Tutto qui… Scusate – riabbassai il capo e misi lo zaino in spalla.
Cominciai a camminare dietro a Thomas che mi aveva rivolto un sorriso sincero. Non sapevo cosa mi fosse preso… Avevo dubitato di lui! Sono stanca, ecco qual è il problema! Pensai mentre mi passavo una mano sulla faccia. Per quanto dormissi, ero sempre e comunque sfinita. Forse erano i sogni, o probabilmente era la situazione stressante…
Raggiungemmo una piazzola sopra alle macerie da cui potemmo vedere il luogo in cui ci trovavamo. Alti scheletri di edifici abbandonati, macerie ovunque e la sabbia che invadeva ogni più piccola superficie.
Ci addentrammo fra le strade, senza sapere bene dove stessimo andando.
Mi avvicinai a Teresa – Come stai? – le chiesi mentre lei si sistemava i capelli da un lato – Non capisco ancora bene cosa sia successo… Non riesco a credere che volessero farci del male… - a quelle parole mi bloccai a fissarla – Tess, scherzi vero?! W.C.K.D. non vuole altro da noi se non usarci come cavie da laboratorio. Cosa credevi che ci avrebbero offerto tè e biscotti? – lei mi guardò perplessa – Perché tu non capisci che stanno cercando una cura? Quello che fanno lo fanno per uno scopo. Mica uccidono per sport! –
Io aumentai il passo – Ne sei sicura? – le domandai avvicinandomi a Newt.
-Cosa credete sia successo? – Frypan si guardava attorno incuriosito. – Non lo so – gli rispose il biondo – Sembra che sia disabitato da tanto tempo… - passammo accanto ad un cumulo di detriti con delle specie di graffiti sopra – Forse da quando si è diffusa l’Eruzione – continuai io.
Thomas si bloccò pochi passi dietro di noi – Silenzio, aspettate. Fermi… - tutti lo guardammo non capendo – Lo sentite? – provai ad ascoltare il vento fino a che non percepii il ronzare di un motore o qualcosa di simile avvicinarsi. – Nascondetevi! – urlò Thomas cercando un riparo fra le macerie.
Il rumore si fece sempre più vicino e, dal nascondiglio che trovammo, vidi un aereo di W.C.K.D. affiancato da due elicotteri sorvolare la zona.
-Sono qui per noi… - dissi a bassa voce. – Continueranno a cercarci vero? – chiese Minho – Temo che siamo troppo importanti per loro… non smetteranno tanto facilmente – gli risposi con lo sguardo puntato sui velivoli.
Quando se ne furono andati continuammo la nostra fuga. Ci ritrovammo davanti ad una montagna di detriti, così la scalammo.
Dietro di me c’era Winston, eravamo gli ultimi della fila. Aveva il viso pallido e sembrava stremato. Mi avvicinai a lui per vedere come aiutarlo – Hey Winston… Come stai? – lui alzò leggermente la testa per guardarmi – Non mi sentò un gran che… mi fa male – ammise portandosi una mano sulla pancia, dove gli Spaccati lo avevano ferito. Avevamo bendato la zona con delle garze ma notavo le macchie di sangue sul tessuto bianco. – Vuoi che ti dia un’occhiata? – il giovane stava per dire qualcosa quando la voce di Thomas ci raggiunse – Tutto bene? – mi voltai per vederlo, era quasi in cima alla montagna – Andiamo… - sussurrò Winston riprendendo la scalata.
Mi dispiaceva per lui. Avrei voluto fare di più, magari potevo trovare un modo per aiutarlo…
Lo seguii stando attenta a non ferirmi, il taglio che mi ero fatta il giorno prima al palmo della mano si era richiuso abbastanza, non volevo rischiare di farmi cose peggiori in mezzo a quei detriti…
Continuammo la camminata lungo una duna di sabbia. Il sole scottava e facevo una fatica immensa a tenere il passo. Non ero mai stata un’amante delle scampagnate, per non parlare del fatto che come capogruppo c’era uno dei Velocisti più veloci…
-Ce l’abbiamo quasi fatta! – esclamò il moro quando eravamo quasi in cima alla duna.
Dopo altri minuti interminabili di scarpinata raggiunsi la vetta. Feci un respiro profondo cercando di riportare il mio battito cardiaco a livelli normali. – Tutto bene? – mi chiese Newt leggermente affannato. Gli lanciai una mezza occhiataccia come risposta. Lui sorrise e mi strinse in un veloce abbraccio.
-Ecco le montagne – Thomas stava indicando una catena montuosa molto, molto distante da dove eravamo noi. Ci sarebbero voluti giorni per raggiungerle…
-Sono molto lontane – disse il biondo. A volte mi preoccupava il fatto che esprimesse i miei pensieri… come se fossimo collegati telepaticamente!
-è vero… Allora mettiamoci in marcia! – concluse il moro.
Con lo sguardo passai verso Winston, era rimasto zitto per tutto il tempo e volevo vedere come stesse. Proprio in quel momento crollò al suolo. Urlai il suo nome affrettandomi a raggiungerlo. Anche gli altri si avvicinarono. Respirava a fatica e si contorceva leggermente. – La ferita è grave – sussurrò Minho, quasi avesse paura di dirlo. – Cosa facciamo? – domandò Teresa tenendogli il viso coperto dal sole.
-Possiamo provare a costruire una barella. La possiamo trascinare sulla sabbia… - proposi alzandomi per cercare qualcosa con cui realizzare il mio piano. – Bell’idea! – esclamò l’ex cuoco. Aiutandomi a cercare.
Trovammo dei tubi e dei rami grossi, li unimmo formando un rettangolo e, con un telo che fissammo agli angoli, creammo la superficie su cui poteva sdraiarsi Winston.
Minho e Frypan afferrarono le estremità e trascinarono il ragazzo sulla sabbia. – Funziona! – esclamò sorpreso il Velocista. – Cosa credi? Era mia l’idea – scherzai cercando di rendere meno tesa l’aria nel gruppo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Il tempo passava. Noi continuavamo a camminare sempre dritti. Il panorama era sempre quello: sabbia, sabbia e ancora sabbia. A volte c’era qualche edificio distrutto ma nulla di più.
Dopo ore, fummo raggiunti da un vento fastidiosissimo: dovetti coprirmi il naso e la bocca con un foulard che avevo trovato nel centro commerciale. Gli occhi lacrimavano. Mi avvicinai a Winston per cercare di proteggerlo almeno un po’. – Dobbiamo trovare riparo! – gridò Thomas per farsi sentire.
A pochi passi da noi c’era un ammasso di detriti che erano perfetti. Ci riparammo là sotto sperando che la bufera passasse in fretta.
Winston stava sempre peggio. Mi avvicinai per dargli un po’ di conforto – Hey – gli sorrisi – Vedrai che riusciremo a raggiungere le montagne. Lì troveremo il modo di curarti… - la sua faccia però lasciava pensare tutto il contrario…
Thomas e Teresa si erano allontanati non appena la bufera era scemata. Newt si alzò per vedere cosa stavano facendo – Quanta strada manca? – urlò ai due
-Ci siamo quasi… - rispose il moro. Non lo vidi in faccia ma dal tono non sembrava la verità… sembrava più un tentativo fallito di non farci perdere le speranze…
-Non è molto convincente… - disse Newt avvicinandosi a me. – Vuoi bere? – mi chiese porgendomi una borraccia. Avevo la gola secca a causa di tutta quella sabbia, così la presi mandandogli un bacetto di ringraziamento.
A quel gesto Minho sghignazzò – Lo sapete? Me lo aspettavo che vi sareste messi insieme. Solo… speravo di non beccarvi in doccia assieme – ironizzò. Io diventai rossa per l’imbarazzo. Ancora non riuscivo a pensare a quel fatto senza sentire la voglia di ucciderlo. – Potevi restartene nella tua doccia! – esclamò Newt lanciandogli un pezzettino di calcinaccio addosso – Non te lo abbiamo chiesto noi! –
Smisi di guardare quei due che si punzecchiavano come bambini e tornai a concentrarmi su Winston. Le labbra avevano assunto una colorazione violacea, gli occhi gonfi erano semichiusi e il respiro era sempre più affannato e difficile…
Gli passai una mano sulla fronte per sentire se scottava. Il gesto lo spaventò facendolo sobbalzare – Scusa – sussurrai- lui però aveva lo sguardo perso.
Mi voltai un solo dannato secondo, per guardare Newt, e Winston mi afferrò la pistola che ancora tenevo dietro alla schiena. Lo percepii subito, mi rigirai per fermarlo – Che fai? – quasi urlai gettandomi sull’arma. Partì un colpo che, fortunatamente mi mancò.
-Winston! – Newt corse per cercare di fermarlo. Io buttai via la pistola atterrandolo con tutte le mie forze – Lasciami! – urlò sul mio viso il ragazzo. Mi strinse le mani sulle spalle cercando di allontanarmi. Era talmente forte che mi bucò la pelle poco sopra la clavicola, provocandomi un dolore immenso.
Newt mi afferrò e mi tirò via dall’altro. Nel frattempo erano arrivati anche Teresa e Thomas – Che è successo? – chiese quest’ultimo trafelato. Non badai a quello che si stavano dicendo loro, ma mi concentrai su Winston. Si era messo a carponi supplicando di ridargli la pistola. – Per favore… - continuava a ripetere.
-Winston che cos’hai? – Thomas gli andò accanto ma questo vomitò sangue facendo indietreggiare tutti. Io fui l’unica ad andargli vicino – Hey – sussurrai accarezzandogli la schiena con movimenti circolari. Newt provò a fermarmi ma non lo ascoltai. Non mi avrebbe fatto del male. Era solo disperato… - Lane sta lontano – disse il ferito. Si sdraiò di schiena ed alzò la maglietta – Sta crescendo dentro di me… - disse singhiozzando.
La sua pancia era per metà mangiata, tutto il tessuto era rosso e bluastro. All’altezza delle costole si vedeva la carne viva muoversi. Era una cosa disgustosa… Poi mi portai una mano là dove le sue unghie avevano inciso la mia carne e un brivido mi percorse tutta la schiena. Sarebbe successa la stessa cosa a me! Era così che si trasmetteva quel virus… Winston era stato ferito dagli Spaccati ed ora ero io quella ferita.
-Mi dispiace… - sussurrò guardandomi negli occhi. Io gli risposi con un sorriso – Non fa niente, non mi hai ferita – mentii. Preferivo non dirlo per il momento a nessuno. Avrei pensato dopo a cosa fare…
-Non ce la farò mai… - continuò il ferito – Vi prego, non voglio diventare uno di quei mostri… - allungò una mano verso Frypan che teneva la pistola in mano. – Per favore – supplicò ancora.
Rimanemmo immobili. Se fosse stato per me la pistola sarebbe già stata fra le sue mani, ma non spettava a me quella scelta, non lo conoscevo come gli altri. Newt aveva vissuto con lui per anni, così come Minho e Frypan. Loro avevano il diritto di fare come credevano fosse meglio per il loro amico.
Newt prese la pistola dalle mani di Frypan e si avvicinò a Winston. – Aspetta Newt – lo fermò Thomas, ma lui continuò come se non lo avesse sentito. Rimase a guardare l’amico morente, per un attimo temetti che volesse sparargli lui… Poi si inginocchiò e gli appoggiò l’arma sul petto – Grazie… Ora andate via – ordinò debolmente il giovane.
Prima di allontanarsi, Newt gli sussurrò – Addio amico mio -, poi si avvicinò a me con gli occhi lucidi e la tristezza che traspariva. Prese il suo zaino e si allontanò di qualche passo.
Stavo per seguirlo, quando decisi di dire addio anch’io a Winston, non ci conoscevamo molto ma era sempre stato gentile con me e meritava un saluto. Mi inginocchiai e lo abbracciai stando attenta a non fargli del male. Prima che potessi allontanarmi mi bloccò in quella posizione – Lo so che ti ho ferita… mi dispiace infinitamente Lane… - mi appoggiò una mano proprio nel punto in cui c’erano le sue unghiate. Io lo guardai negli occhi – Ti ripeto: non è nulla. A me dispiace per te… - non gli permisi di aggiungere altro, perché mi alzai e raggiunsi Newt che, con la testa bassa, stava camminando a passo lento lungo la duna di sabbia su cui eravamo.
Gli presi la mano e la strinsi, non parlammo. Non c’erano parole giuste per quel destino crudele.
Dopo una ventina di passi, quando tutti ci eravamo allontanati uno sparo riecheggiò nel vento. Ci fermammo per un secondo compiangendo l’ennesimo compagno che non ce l’aveva fatta.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Camminammo per altre ore, fino a quando il sole non stava per tramontare.
Trovammo riparo in un ammasso di lamiere, un tempo una nave, che era per metà insabbiato.
Le montagne sembravano sempre più lontane, nonostante tutti i chilometri che avevamo percorso in pochi giorni.
Accendemmo un falò con i pezzi di legno che riuscimmo a trovare e ci accampammo per la notte.
I piedi mi facevano un male incredibile e ancora permaneva nella mia mente l’ultimo dialogo che avevo scambiato con Winston. Mi massaggiai la parte attorno alla clavicola, distrattamente.
Quel pomeriggio, quando ero riuscita a staccarmi dal resto del gruppo, avevo esaminato la ferita che mi avevano fatto le unghie di Winston. I segni erano molto arrossati e le vene tutt’intorno si stavano ingrossando, rendendo la zona blu violacea. Il ragazzo era peggiorano in nemmeno 24 ore. Non ci sarebbe voluto molto perché anch’io mostrassi segni più evidenti. A quel punto lo avrebbero saputo tutti… La cosa mi inquietava parecchio. Cosa avrebbe fatto Newt? Non volevo pensare al suo sguardo sconfitto e pieno di tristezza che avrebbe avuto.
No! Era meglio tenere la cosa nascosta il più possibile. Ai primi segni di squilibrio mi sarei allontanata, avrei chiesto scusa a tutti e mi sarei lasciata morire. Non potevo permettermi che gli altri si fermassero o rallentassero per colpa mia, ancora meno avrei voluto vedere i loro volti mentre decidevo di farla finita.
-Lane, cos’hai? Mi sembri distratta… - la voce di Frypan mi riportò a quel momento. La mano continuava a massaggiare le ferite, sperando di alleviare il costante dolore, come se ci fosse qualcuno che mordeva…
-Nulla… sono solo esausta… - mentii guardando Newt che, semisdraiato sul suo zaino, mi faceva segno di andare a stendermi accanto a lui.
Mi accoccolai fra le sue braccia, grata di quel contatto di cui avevo un disperato bisogno.
L’atmosfera era carica di tristezza, tutti pensavano ai loro amici, a quelli che non ce l’avevano fatta…
Io continuavo a riflettere sul mio futuro. Quanto ancora sarei rimasta con loro? Quando avrei cominciato a dare segni di follia? Se era vero che l’Eruzione attaccava il cervello, per quanto tempo ancora sarei stata in grado di intendere e volere?
Tremai lievemente per quei pensieri…
- Tesoro… - Newt aveva lo sguardo preoccupato – Qualcosa non va? – mi attirò maggiormente al suo petto. Io rimasi immobile. Odiavo sapere che quelli, potevano essere i nostri ultimi momenti assieme…
Quando provò a baciarmi mi scostai. Temevo che, dal modo in cui lo avrei baciato, avrebbe capito che me ne sarei andata.
Lui rimase male per il mio gesto, così mi girai di fianco dandogli le spalle – Scusa, sono stanca… -
Non vidi la sua reazione ma, con la coda dell’occhio vidi Minho lanciargli una serie di sguardi. Decisi di non badarci e crollai nel mondo dei sogni.
 
Sono in una stanza nel Laboratorio di W.C.K.D. Accanto a me c’è la dottoressa Ava Page, mi sta parlando di quanto il loro lavoro sia importante per l’umanità e di come io possa fare parte di quel mondo.
Per la verità non sono molto attenta alle sue parole. Sono più incuriosita da cosa si nasconda dietro un vetro oscurato davanti al quale mi ha portata la donna.
-Vedi, Lane… L’Eruzione ha effetti devastanti sul corpo umano e sulla mente… Noi vogliamo combattere questo! – e con quelle parole il vetro si schiarisce rivelando uno Spaccato dall’altra parte.
Il corpo è tumefatto, le vene ingrossate e blu ricoprono la maggior parte della superficie. Parte del naso non esiste più e al posto degli occhi ci sono dei buchi con del sangue ancora fresco che cola.
-Cosa gli è successo? – domando spaventata. La voce di una ragazzina… Sono passati pochi anni da quando mia madre mi ha abbandonata. Ormai hanno deciso di usarmi come risorsa, non più come cavia…
-Si è cavato gli occhi – dice impassibile la donna.
Rimango inorridita. L’uomo si gira verso il vetro e ci si scaraventa contro urlando in un modo disumano. Per lo spavento urlo anch’io.
 
Mi svegliai tutta sudata e con il fiatone. – Lane – sobbalzai non riconoscendo immediatamente la voce di Newt accanto a me. Mi guardai attorno spaesata, ritrovando tutti i miei compagni di viaggio a fissarmi preoccupati.
Mi alzai di scatto – Scusate… Era solo un brutto sogno – farfugliai allontanandomi dal resto del gruppo.
Mi nascosi dietro ad un cumulo di lamiere cercando di riprendere un po’ di controllo.
Quel sogno… Sarei diventata così anch’io.
-Tesoro – la voce del biondo mi arrivò dalle spalle. Non volevo mi vedesse piangere, non volevo capisse quello che mi passava per la mente…
Velocemente mi asciugai le lacrime che bagnavano le mie guance. Lo sentii appoggiarmi la sua giacca sulle spalle – Hey – mi girò dolcemente così da costringermi a guardarlo negli occhi – Guarda che l’ho capito che mi stai nascondendo qualcosa… - continuò sorridendomi per infondermi coraggio – Vuoi parlarne? –
Io scossi la testa leggermente. Volevo veramente dirgli che ero destinata ad impazzire fino alla morte?!
Mi scappò un singhiozzo. Newt mi circondò le spalle – Amore, qualunque cosa sia, puoi parlarmene… Troveremo una soluzione assieme. –
Io mi scansai per guardarlo negli occhi – Trovare una soluzione?! – sbottai – Winston è morto! Chuck è morto! Gally è morto! Jeff è morto! E cosa credi che sia toccato a tutti quei ragazzi che abbiamo lasciato laggiù? – chiesi infuriata, con le lacrime che ricominciavano a scendere.
Improvvisamente vidi tutto quanto girare vorticosamente e dovetti aggrapparmi alla prima cosa che trovai.
Newt se ne accorse immediatamente e mi sorresse cercando di consolarmi allo stesso tempo. – Lane lo so… Vorrei che tutto questo non fosse successo… Però ora siamo qui e dobbiamo vivere anche per chi non ce l’ha fatta. – nella sua voce c’era determinazione. Una determinazione che mi fece, se possibile, ancora più male.
Lottai con tutte le mie forze per non dirgli ciò che mi era successo. Non potevo buttargli addosso anche quel peso…
-Adesso noi due torniamo a dormire… Tesoro hai bisogno di riposarti. –
Non opposi resistenza e lo seguii, riaddormentandomi poco dopo con la testa appoggiata sul suo petto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Mi ricollegai col mondo circostante percependo delle voci ovattate – Newt, cos’ha? – era la voce di Minho. Sentii una mano fresca appoggiarsi sulla mia fronte – Scotta… - fu la risposta sussurrata del biondo.
Aprii a fatica gli occhi, rendendomi conto che il sole era già sorto. Gli occhi mi bruciavano e, quando provai a mettermi seduta, mi venne un capogiro.
Newt mi stava tenendo fra le braccia mentre attorno a noi c’erano Minho e Thomas che mi fissavano. – Lane, cosa ti succede? – chiese il moro avvicinandosi un po’.
Per nessuna ragione al mondo avrei detto la verità!
Raccogliendo tutte le forze e fingendo di non avere male ad ogni singola parte del mio corpo, mi misi in piedi. Trovai la stabilità nonostante il mondo girasse e con voce ferma affermai – Nulla. Saranno la fatica e la stanchezza – mentii guardando negli occhi il moro.
-Sicura? – Newt mi strofinò le braccia da dietro. Io gli sorrisi per rassicurarlo – Sicurissima. Ora, andiamo? – chiesi prendendo il mio zaino e incamminandomi verso Teresa che stava osservando l’orizzonte.

-*-

Camminammo per tutto il giorno, senza quasi mai fermarci. Provarono a convincermi che avevo bisogno di una pausa ma non gliela diedi vinta e continuammo la marcia.
Qualcosa nella mia condizione stava cambiando. Sentivo il corpo bollire per la febbre che stava aumentando sempre di più, la vista era diventata appannata e sentivo le voci ovattate ma, verso pomeriggio avevo notato che era cambiato qualcosa.
Le vene che avrebbero dovuto ormai raggiungere il collo, non solo non si erano espanse ma addirittura erano retrocesse. Ciò forse significava che il mio corpo stava combattendo contro l’Eruzione.
Ciò significava che sarei guarita…
Ma non volevo cantar vittoria in anticipo.
Newt, per tutta la giornata, mi tenne d’occhio. Controllava la mia temperatura, mi obbligava a bere anche più del necessario, cercava di farmi ombra quando ci fermavamo…
Anche gli altri non erano da meno. Il problema arrivò quando ci ritrovammo su una distesa sconfinata di terra bruciata.
Senza ripari.
Senza posti in ombra.
E, dopo alcune ore, senza acqua.
Ormai camminavamo con gli occhi fissi sull’orizzonte, dove c’erano le montagne: unico motivo che ci spingesse a continuare.
Quando calò la notte, buttammo gli zaini per terra e vi ci appoggiammo la testa. Il terreno era duro e polveroso… non doveva piovere da anni in quel posto.
Con le dita tastai la zona ferita e scoprii che l’infezione si era ristretta ulteriormente.
Feci un lungo sospiro di sollievo. Forse non sarei ancora morta…
-Come stai? – Teresa si sedette accanto a me. – Meglio. Ve l’avevo detto che non era nulla di che… - sorrisi guardando verso Newt che si era sdraiato, esausto, sul terreno.
-Tu come stai, Tess? – lei continuò a guardare le montagne – Non lo so… Continuo a pensare che forse non avremmo dovuto scappare – disse sottovoce.
Se avessi avuto un briciolo di energie, mi sarei girata e le avrei dato un pugno per farla rinsavire ma, a dispetto di come mi facevo vedere dagli altri, non riuscivo più nemmeno a stare in piedi…
Lasciai cadere la conversazione e arrancai verso il mio biondo che si era addormentato.
Mi accoccolai accanto a lui e, subito, le sue braccia mi circondavano la vita.
Caddi in un sonno profondo, senza sogni né ricordi.

-*-
 
Fui svegliata dalle voci concitate attorno a me. – Ragazzi svegliatevi! Vedo qualcosa! – Thomas era riuscito a farmi riacquistare la lucidità in meno di un secondo.
Mi alzai di scatto guardando la zona che il moro indicava.
-Sono delle luci… - dissi sorpresa
Newt accanto a me sorrise, contento di avere una buona notizia.
-Ce l’abbiamo fatta! – esclamò Minho
Proprio in quel momento un tuono alle nostre spalle ci fece voltare.
Dietro di noi, nuvoloni neri, promettevano un temporale coi fiocchi. Il peggio arrivò quando il primo fulmine colpì il suolo.
Non essendoci nulla, i fulmini cadevano sparsi, avvicinandosi pericolosamente a noi.
-Dobbiamo andare! – urlò Thomas afferrano lo zaino. Lo imitammo tutti e cominciammo a correre verso le luci ai piedi delle montagne.
Fortunatamente il sonno mi aveva aiutata con la febbre e stavo un po’ meglio, almeno da riuscire a stare al passo con gli altri.
Le luci si facevano sempre più vicine, ancora pochi sforzi e saremmo stati al riparo.
Il problema era la tempesta di fulmini che, ormai, era sopra di noi. I fulmini cadevano a pochi metri da noi, cercavamo di correre a zig-zag sperando di non essere colpiti…
Superammo una zona piena di carcasse di auto, tutte bruciate e abbandonate al loro destino.
Eravamo quasi arrivati, quando alzai la testa verso il cielo e vidi che, sopra di noi, si stava formando un ammasso di luce. Caspio! Pensai mentre mi guardavo attorno.
Ad una decina di metri accanto a me c’era Minho e, subito davanti, avevo Thomas.
-Thomas! – urlai il suo nome mentre, con tutte le mie forze, lo spingevo il più lontano possibile.
Fu questione di un istante.
Mi ritrovai atterra, spaesata, con le orecchie che fischiavano e lo sguardo sfuocato.
Fortunatamente il fulmine era solo caduto vicino…
-Lane! – la voce ovattata di Newt mi fece riprendere dallo smarrimento. Le sue braccia mi afferrarono e mi sentii sollevare in aria.
E, senza capire come, stavamo correndo verso una porta aperta dell’edificio di fronte a noi.
Newt mi appoggiò per terra e mi costrinse a fissarlo dritto negli occhi – Parlami! Come stai? –
Chiusi gli occhi per alcuni secondi. Il male alla testa che mi aveva fatto compagnia il giorno precedente, era tornato a trovarmi…
-Sono viva – sbiascicai mentre mi rimettevo in piedi.
Subito dietro a noi erano entrati Thomas e Aris, portando Minho sottobraccio.
Era svenuto. Il fulmine doveva essergli caduto proprio accanto…
-Dai Minho… - supplicai guardando Thomas provare a svegliarlo.
Dopo attimi di terrore, il Velocista aprì gli occhi tossicchiando – Che mi è successo? – chiese ancora rintontito.
Sospirai grata di non aver perso un altro amico e mi spostai leggermente dal gruppo.
Con la schiena urtai qualcosa di una strana consistenza. Era duro ma anche molliccio…
In quel momento una mano afferrò il mio braccio facendomi urlare dallo spavento.
Con un balzo mi allontanai da quella cosa. Gli altri si misero in allerta e Aris puntò una torcia nella direzione da cui era provenuto il verso.
Mi ritrovai a pochi passi da uno spaccato… Un braccio era martoriato e mezzo staccato, l’altro, ancora intero, aveva del sangue che gli colava.
Newt mi prese velocemente e mi fece allontanare da quel coso.
-Tutto okay? – chiese accarezzandomi la schiena. Adoravo quando lo faceva, mi rendeva calma. E in quel momento sembrava aiutare anche il mio dolore ad ogni parte del corpo.
La febbre si stava rialzando… ciò significava che l’Eruzione non era ancora stata sconfitta e io ero ancora infetta.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Attorno a noi, come risvegliati dalla nostra presenza, decine di Spaccati cominciarono ad agitarsi e cercare di aggredirci.
La cosa strana era che fossero incatenati con grosse catene. Alcuni avevano delle specie di collari attorno al collo, altri erano legati ad una mano o ad una caviglia.
La scena era abbastanza inquietante senza doverci aggiungere la puzza di carne in putrefazione che c’era in quel capannone.
-Avete conosciuto i nostri cani da guardia! – la voce di una ragazza ci fece voltare, ritrovando una figura gracilina avvicinarsi e passare, come se nulla fosse, accanto agli Spaccati.
Era una ragazza dai capelli cortissimi, gli occhi segnati da profonde occhiaie e di statura non tanto alta.
-Non ti avvicinare! – minacciò Minho a pochi passi da lei.
Lei ci sorrise divertita – Avete un aspetto da schifo! Venite, seguitemi! – fece alcuni passi verso la porta da cui era arrivata poi, notando che non ci muovevamo, si girò a guardarci nuovamente – Volete stare qui con gli Spaccati?! –
Ci bastò uno sguardo per decidere di fare ciò che diceva.
Fummo condotti in un capannone più grande, dove diversi uomini si fermarono a fissarci come se fossimo delle bestie rare.
-Jorge non vede l’ora di conoscervi! – esclamò la ragazza facendoci segno di salire una scala in metallo.
-Chi è Jorge? – domandò Thomas, dando vita ai miei pensieri.
La giovane però non diede una vera risposta – Lo vedrete. Nessuno superava la Zona Bruciata da tanto. Lo avete incuriosito… -
Con la luce avevo avuto modo di guardarla meglio. Sembrava avere più o meno la nostra età. I vestiti erano logori e la sua faccia era sporca di terriccio, non che noi fossimo messi meglio…
Attorno a noi si radunarono diversi uomini che si misero a seguirci.
Proprio dietro a me e Newt si mise un tipo tarchiato, con una barba a punta, pelato e con una fessura fra gli incisivi superiori.
Quando mi vide mi fece un sorriso poco innocente, la cosa mi fece rabbrividire…
Anche Newt lo notò, mi attirò maggiormente a sé – Nessun’altro ha uno strano presentimento su questo posto? – chiese continuando a guardarsi attorno.
-Sentiamo che cosa vuole – gli rispose Thomas.
In quel momento sentii una mano toccarmi il sedere. Mi voltai di scatto fulminando con lo sguardo il tipo con la fessura tra i denti – Non azzardarti a rifarlo! – esclamai infuriata.
Il biondo capì immediatamente e, oltre a lanciargli un’occhiataccia, mi fece andare davanti a lui e chiese a Frypan di strami attaccato.
Raggiungemmo una stanza situata in cima a due rampe di scale.
Feci non poca fatica per il fatto che la fronte scottasse, di nuovo, e mi sentivo stanchissima. In quel momento avrei voluto sdraiarmi anche per terra e dormire… Mi facevano male tutti i muscoli e gli occhi bruciavano… Quando mi ero svegliata, mi ero convinta che il peggio fosse passato. E invece…
Davanti a noi si presentò un uomo di mezza età, carnagione scura, capelli riccioluti e barba brizzolata.
Si voltò dopo aver armeggiato con una radio – Pensate mai di avere il modo contro di voi? – ci domandò fissandoci ad uno ad uno.
-Tre domande: da dove siete arrivati, dove state andando e qual è il mio guadagno. – disse serio, avvicinandosi.
Nessuno di noi ebbe il coraggio di parlare così, mentre l’uomo si versava un bicchiere di qualcosa ci guardò scocciato – Non rispondete tutti assieme. –
A quelle parole Thomas decise di prendere la parola – Andiamo verso le montagne… cerchiamo il Braccio Destro – tutti i presenti si misero a ridere di gusto.
-Quindi cercate dei fantasmi – disse l’uomo con un ghigno divertito.
-Domanda numero due: da dove siete arrivati – continuò
Minho scambiò un’occhiata con Thomas – Sono fatti nostri – disse spavaldo.
Quella risposta non piacque molto…
Gli uomini che ci circondavano si fiondarono su di noi e, in due secondi, ci ritrovammo in ginocchio, trattenuti per le braccia.
Il tipo con la fessura ci aveva goduto a potermi sbattere atterra, mi guardava con un sorriso tronfio. Quella faccia mi fece venire un conato di vomito. La cosa non giovò per nulla alla mia condizione di salute…
-Non la toccare! – urlò minaccioso il mio ragazzo. In quel momento però non mi importava più nulla perché la stanza aveva preso a vorticare e tutto si era distorto.
Feci dei respiri profondi, allontanandomi dal modo che mi circondava, per cercare di ritrovare un po’ di lucidità.
Mi ricollegai con il mondo che mi circondava quando sentii Jorge affermare che venivamo da W.C.K.D.
-Significa che siete di grande valore – concluse prima di fare cenno ai suoi uomini di portarci via.
Ci ritrovammo, nell’arco di pochi attimi, penzolanti in un buco enorme attaccati per i piedi ad una corda che non mi ispirava fiducia…
-Ottima idea Thomas! Sentire cosa aveva da dirci quell’uomo è stato davvero utile… - stava dicendo Minho.
Provarono a raggiungere la corda, ma fu inutile.
Dal canto mio, stavo lottando per non svenire. Il sangue mi andava alla testa e continuavo ad oscillare. La cosa non aiutava i miei giramenti di testa.
-Lane mi hai sentito? – Newt mi stava parlando ma io non avevo sentito nulla di quello che mi aveva detto prima. Provai a girarmi per guardarlo – Hey cos’hai? Sei bianca… - la sua faccia mi fece capire che non avevo un bell’aspetto.
- Nulla, tranquillo. Pensate a trovare un modo per andarcene – sussurrai senza forze.
In quel momento apparve Jorge – Vi piace il panorama? – disse divertito. Avrei tanto voluto prenderlo a pugni, se solo avessi avuto le forze…
-Che cosa vuoi? – chiese Thomas dalla parte opposta rispetto a dov’ero io.
L’uomo ghignò per alcuni secondi – è questa la domanda. I miei uomini vogliono rivendervi a W.C.K.D… La vita li ha portati a pensare in piccolo… Io non sono come loro e credo che neanche voi lo siate. – a quel punto tutto si fece nero e persi i sensi.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mi sentii precipitare nel vuoto e spalancai gli occhi terrorizzata.
Mi accorsi di essere ancora appesa in quel buco, accanto a me c’era ancora Newt.
-Si nascondono tra le montagne! – esclamò Thomas
Jorge era ancora lì, ciò significava che non ero rimasta svenuta per molto.
Se fossi rimasta ancora appesa, non sapevo cosa sarebbe potuto succedere… La testa pulsava ancora, ero scossa da brividi e la febbre era ancora alta. Sembrava che l’Eruzione fosse ancora presente nel mio organismo, ma non riuscivo a capire se mi fossi solo illusa che stesse migliorando o che fosse un processo molto lento… Speravo fosse la seconda opzione.
Nel frattempo Thomas rivelava ad Jorge tutto quello che sapevamo sul Braccio Destro.
Tenevo gli occhi chiusi, quindi non vidi quale fosse la reazione dell’uomo però, proprio in quel momento, apparve l’uomo con la fessura tra i denti.
-Hey Jorge! Che stai facendo? – mi lanciò un’occhiata che mi fece rabbrividire.
C’era qualcosa in quel tipo che non mi piaceva proprio. E non solo per il fatto che mi avesse toccato il sedere… C’era qualcosa nel suo sguardo, come se sapesse più dello stesso Jorge…
-Vi riporteremo dove dovete stare! – affermò il capo allontanandosi – Non c’è fretta! -
Il suo sottoposto però fece una strana faccia, non era d’accordo con ciò che aveva detto Jorge…
Poco dopo se ne andò anche lui, lasciandoci soli.
-Lane! – la voce di Newt mi impedì di perdere il contatto con quello che mi circondava.
Mugugnai per rispondergli, tenendo gli occhi chiusi. – Lane, come stai? – mugugnai nuovamente. Non avevo le forze! Era già tanto se rimanevo cosciente…
-Non ha una bella cera – disse Aris. A quelle parole mi costrinsi ad aprire gli occhi, ritrovandomi faccia a faccia con il ragazzo. – Già che c’eri, potevi dirgli che sto morendo! – riuscii a dire cercando di avere un tono fermo e deciso.
-Smettila Lane. Sono giorni che stai male… E non hai intenzione di dormi che ti succede! –
Perché, tutto d’un tratto, Newt si era scaldato? Aveva usato un tono così infastidito…
-Ho le mie buone ragioni! – per qualche oscuro motivo, avevo trovato le forze per rispondergli a tono. Sembrava quasi che, pur di non dovergli dire la verità, il mio corpo si fosse riattivato. – E comunque non devo darti nessuna spiegazione! – mi stavo arrabbiando così tanto… e per una cosa così stupida!
Era già da un po’ che avvertivo una strana tensione… Sapevo di sbagliare mantenendo il segreto, ma già quando eravamo alla W.C.K.D. avevamo avuto da bisticciare per delle cavolate. Forse…
No! Decisi di accantonare qualunque pensiero. Era solo un momento. Se fossi guarita gli avrei detto la verità e tutto si sarebbe risolto. O almeno lo speravo…
Nel frattempo Minho era riuscito a spingere Tess verso una leva a cui erano collegate le corde.
Mi sentii nuovamente cadere nel vuoto quando la mora tirò la leva per potersi liberare.
Quel “volo” mi creò una sorta di scompenso che mi fece girare la testa ancora di più. Imprecai mentalmente, lottando per stare sveglia.
Qualcosa nella mia corda non andava… Il rumore di uno dei fili che si spezzava mi fece raggelare il sangue. Guardai negli occhi Aris che, dopo aver osservato la corda, mi fissò preoccupato – Non reggerà ancora molto –
Sentii dietro di me Newt esclamare un – Caspio – fra i denti – Teresa va’ da Lane! – urlò poi alla mora.
Teresa si stava occupando di Thomas quando anche il secondo filo si spezzò. – Tess! – urlai tra il disperato e il terrorizzato. Non potevo più aspettare. Con il terzo che saltava, sarei volata nel vuoto.
La ragazza corse verso di me tenendo un bastone in mano. Lo portò nella mia direzione, io mi allungai per prenderlo e la corda si spezzò.
Cercai di contenere un urlo mentre afferravo l’estremità del bastone.
Tess fu colta impreparata, così si ritrovò sbilanciata verso il vuoto.
-Non lasciare la presa! – urlò il biondo che fissava la scena impotente.
Io mi ritrovai a penzolare nel vuoto, con l’unico grande problema che le mie braccia non reggevano la presa, erano troppo deboli.
Thomas, che era riuscito a liberarsi, corse ad aiutarci. Afferrò il bastone e mi tirò verso il bordo del buco. Assieme a Teresa, mi issarono sul pavimento e mi accasciai esausta.
-Stai bene? – mi chiese il moro. Annuii lievemente – Aiutate gli altri, io sto bene. –
Ormai mentire era diventata un’abitudine…
Cercando di riportare il respiro ad una velocità normale, osservai i ragazzi liberarsi delle corde. Appena Newt fu a terra, mi corse accanto cercando di capire come stessi veramente.
Mi baciò la fronte – Scusa, è che non so cosa mi sia preso… Mi fa impazzire non sapere cos’hai. Magari potrei aiutarti… - io gli sorrisi grata per il pensiero ma scossi la testa – Non puoi fare nulla… Ma non devi preoccuparti. Sai che me la cavo sempre. – ampliai il sorriso per essere più convincente.
-Ragazzi dobbiamo andare! – la voce di Minho mi salvò da quel momento. Quante volte ancora avremmo litigato io e Newt per questa questione?
In quel momento il rumore di un elicottero ci fece voltare verso l’immensa finestra presente nella stanza.
-Buonasera! Questo è il World Catastrophe Killzone Department. Abbiamo circondato completamente il vostro edificio! – la voce di Janson ci raggiunse amplificata da un megafono. Una luce proveniente dall’elicottero illuminò la stanza in cui ci trovavamo. – Probabilmente, senza volerlo, siete in possesso di qualcosa che appartiene a W.C.K.D. – ci guardammo sbarrando gli occhi.
Ci avevano trovati!
-Consegnateceli disarmati! Considereremo l’evento solo un equivoco. Se opporrete resistenza dovremo uccidervi tutti! – terminò Janson. In diplomazia, quell’uomo faceva schifo!
Teresa aiutò Frypan a liberarsi delle corde prima di scappare da quel posto.
Stavamo per lasciare la stanza, quando l’uomo con la fessura tra i denti ci puntò un fucile contro.
Ci bloccammo sul posto. Newt mi spinse un po’ dietro di sé per proteggermi. Nonostante tutti i problemi, i segreti e le difficoltà, lui mi proteggeva… Mi amava… E se avessi sbagliato a tenergli nascosto il mio problema?
Non era quello il momento per pensarci!
L’uomo si avvicinò una radiolina alla bocca – Janson li ho trovati. Te li porto giù. Non spararci! – sapevo che c’era qualcosa di strano in lui!
Con l’arma ci incitò a muoverci ma Thomas afferrò la canna del fucile e lottò con lui per prendergli l’arma.
L’uomo però riuscì a liberarsi e ci ritrovammo nella stessa posizione di pochi secondi prima. Il fucile puntava dritto al petto del moro. – Piccolo bastardo! – esclamò caricando il colpo.
Ci fu uno sparo. Tutti si toccarono il petto, come a controllare che non fossero stati colpiti. Ma il colpo non era partito dall’uomo. Questo infatti si accasciò ferita alle spalle.
Dalla porta fece la sua comparsa Brenda, mentre teneva in mano la pisola fumante.
-Okay, andiamo! – disse cominciando a correre. La seguimmo senza esitare.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Seguimmo Brenda per tutto l’edificio. Ad un certo punto partì una canzone in stile hawaiano.
Mi bloccai per un secondo, cercando di riprendere fiato. Tra lo spavento di poco prima, la febbre, la stanchezza e la consapevolezza che se fossimo stati catturati nuovamente sarebbe stata la mia fine, stavo facendo una fatica enorme a stare al passo con gli altri.
-Tesoro vieni! – Newt mi prese per mano e mi costrinse a seguirlo nella corsa.
Ci riunimmo con Jorge che ci spronò a seguirlo.
Spalancò una finestra rivelando la presenza di una fune che portava all’edificio di fronte. Lo spazio era di diversi metri e la corda si trovava ad un’altezza vertiginosa.
-Stai scherzando vero? – esclamò Fraypan osservando l’altro edificio.
-Piano B hermano! Volete arrivare al Braccio Destro? – chiese Jorge strattonando dei pezzi di stoffa da usare per percorrere la fune – Vi porterò da loro. Mi dovete un favore! –
Afferrò uno di quei pezzi di stoffa e si lanciò nel vuoto – Seguitemi! – urlò sparendo nel buoi della notte.
Brenda ci porse altri stracci, o quello che erano, - Tocca a voi! Coraggio! –
Minho prese il primo e si lanciò.
Quando la ragazza mi mise in mano uno di quei cosi, l’istinto mi portò a scappare dalla parte opposta. Dopo quello che avevo passato con quella corda non mi fidavo a lanciarmi nel vuoto… - Lane fidati! – disse Newt spingendomi verso la finestra – Io sono subito dietro di te! –
Probabilmente sarei morta comunque quindi cosa avevo da perdere?
Presi una rincorsa e mi lanciai nel vuoto trattenendo il fiato. La stoffa era ben legata attorno al polso così da non perdere la presa.
Quando raggiunsi l’altro edificio, Minho mi afferrò, impedendomi di schiantarmi contro un muro. – Grazie – sussurrai riprendendo fiato.
Pochi attimi dopo, arrivò Newt. Quando mi vide fece una faccia ancora più preoccupata – Perdi sangue dal naso… - si avvicinò e con un pezzo di stoffa che aveva in tasca mi pulì sangue che non mi ero neanche accorta di perdere.
Guardai Newt negli occhi ma la sua immagine si fece sfocata. Sbattei gli occhi più volte, focalizzando meglio la sua figura. – Lane… - non lo lasciai finire – Non è nulla – dissi passandomi il dorso della mano sotto al naso.
Mi voltai per non permettergli di guardarmi. Toccai la ferita sotto alla clavicola. Le vene erano ancora ingrossate e la zona scottava, ma non sembrava essersi espansa…
In quel momento un’esplosione mi fece dimenticare qualunque altro problema.
Mi guardai attorno: mancavano Thomas e Brenda all’appello!
Teresa era stata l’ultima ad arrivare. Ma dietro di lei non c’era nessun altro…
-No! – esclamò la mora guardando l’edificio crollare. Tutti rimanemmo in silenzio per attimi infiniti.
-Dobbiamo andare – la voce di Jorge aveva perso il pepe che avevo percepito la prima volta che lo avevamo incontrato.
-Dove? – domando Minho continuando a fissare l’edificio.
L’uomo indicò un punto indistinto – Conosco un uomo, Markus. Forse ci aiuterà. Se Brenda è viva, è lì che andrà. – cominciò a scendere una scala. Notando che nessuno si muoveva si girò a fissarci – Non vorrete aspettare che la W.C.K.D. venga a prendervi, vero? –
Mossi un passo nella sua direzione, dovendomi però fermare per l’ennesimo capogiro.
Anche gli altri si mossero e seguirono Jorge giù per le scale. Tranne Newt, che mi prese per mano – Non ti chiederò più niente! Sarai tu a dirmi ciò che ti succede quando vorrai -
A quelle parole mi si strinse il cuore. Aveva capito che non avrei parlato… Si era arreso… Per lo meno non avrei più dovuto mentirgli.
 
Seguimmo Jorge per tutta la notte. Non badavo a dove stessimo andando. Lottavo per non svenire in quel posto, così esposta.
Dopo un po’ dovetti aggrapparmi al braccio del mio ragazzo. Le gambe erano diventate pesanti e stanche, le strascicavo lungo la strada bruciata. – Vuoi che ci fermiamo? – mi chiese il biondo. Io scossi la testa – No, dobbiamo trovare Thomas. E dobbiamo trovare il braccio destro… - appoggiai la testa sulla sua spalla, respirai a pieno il suo profumo. Anche se erano giorni che camminavamo nello schifo e nella polvere, lui aveva comunque un buon profumo di muschio…
Mi lasciai cullare da quell’aroma riuscendo, miracolosamente, a mantenere una certa lucidità.
Quando giunse la mattina stavamo camminando tra degli edifici mezzi distrutti, per la strada c’era gente. Sembravano vivere in tranquillità…
Raggiungemmo un edificio quasi interamente rimasto in piedi. C’era della musica che proveniva da dentro.
Ero allo stremo… Il mondo continuava a girare, aumentando il senso di nausea e la fronte ormai bolliva. L’unica cosa positiva era che il naso avesse smesso di sanguinare…
-Ecco. Questa è la casa di Markus. Un tempo portava i ragazzi immuni al Braccio Destro… - Jorge continuò a parlare ma, le prime parole mi avevano dato il permesso di cedere. Avevamo trovato il posto, non c’era più bisogno che io fossi cosciente per camminare…
-Newt – sussurrai prima che il mondo diventasse sfuocato e, successivamente, nero. Mi aggrappai debolmente al braccio del mio ragazzo mentre le gambe cedevano e, finalmente, potevo riposarmi.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


-Ascolta! Non mi piace farti male… - la voce di Jorge mi fece uscire dal bozzo accogliente del mondo dei sogni. Aprii lentamente gli occhi rimanendo accecata per qualche secondo dalla luce che filtrava da finestroni immensi. Mi stiracchiai, scoprendo di essere adagiata su un divano di tessuto, morbido ma un po’ polveroso e coperta da un pezzo di stoffa rosso scuro.
-Ciao – sbiascicai vedendo il viso di Newt che si mordicchiava l’interno della guancia mentre fissava qualcosa di fronte a sé. Appena sentì la mia voce si volò illuminandosi. – Tesoro – disse accarezzandomi la guancia. Mi misi seduta scoprendo di essere in un’ampia stanza piena di mobili impolverati e mezzi rotti. Al centro, legato ad una sedia, c’era un uomo con un rivolo di sangue che colava lungo il lato destro della faccia. Jorge lo fissava con cattiveria tenendogli un braccio appoggiato sulla spalla.
-Come stai? – mi domandò il biondo, sempre apprensivo e preoccupato. Solo allora mi resi conto che non avevo più nemmeno un sintomo del contagio. Schizzai in piedi piena di speranze. – Benissimo grazie! Scusami un momento… - dissi mentre mi dirigevo verso la stanza adiacente che avevo notato durante la rapida perlustrazione.
Mi nascosi in un angolo e abbassai il colletto della maglia per permettermi di vedere i segni delle unghie di Winston. Al posto di quei brutti graffi rossi da cui si diramavano vene ingrossate, trovai la pelle che cominciava a cicatrizzare e ogni segno dell’Eruzione era svanito. Potevo tirare un sospiro di sollievo perché ero riuscita a combattere quel virus!
-Sei stata infettata anche tu vero? – una voce ancora poco nota mi fece sobbalzare. Mi voltai trovando Brenda in piedi che mi fissava. Se lei era lì, questo significava che anche Thomas era nella stanza, vivo… Un peso mi si sollevò dal petto. Brenda si avvicinò per non farsi sentire dagli altri – Mi hanno presa ad una caviglia… - disse amaramente, alzando il pantalone quel tanto per rendermi visibile la ferita. Aveva le stesse caratteristiche di quella che avevo io.
Scossi mestamente la testa – Io sono guarita. Non so come, né perché ma non ho più nulla. – per quanto cercai di nascondere la mia gioia per quella notizia, lasciai comunque trapelare l’emozione.
Il viso della ragazza si abbassò sconsolato – Non avrò tutta questa fortuna io… - una stretta al cuore mi intenerì più di quanto mi fosse mai successo. Le misi una mano sulla spalla per rincuorarla – Vedrai che dal Braccio Destro ci sarà qualcuno che può aiutarti. Ci sarò io se ne avrai bisogno. Non ti abbandono… E troverò il modo di aiutarti Brenda – essere stata in quella situazione solo poche ore prima mi aveva dato la possibilità di capire come stesse veramente. Lei mi ricambiò un sorriso mesto e, insieme, tornammo nella sala accanto.
Lì trovammo i nostri amici ad aspettarci. – Si parte! – disse entusiasta Jorge mentre io mi rifugiavo fra le braccia di Newt. – Tutto bene? – mi domandò lasciandomi un bacetto sulla testa – Sì. Tutto apposto. Andiamo a trovare il Braccio Destro! – finalmente avevo riacquistato la mia energia. In tutti quei giorni, oltre a sentirmi un peso per tutti, mi ero sentita uno schifo per non avere le forze per fare qualunque cosa.
Mentre scendevamo in strada fui affiancata da Minho che mi strinse amichevolmente una spalla e Frypan che mi serrò in un mezzo abbraccio. Thomas, per quanto avesse altri pensieri, fu sollevato nel vedermi camminare sulle mie gambe.
Quei ragazzi erano la mia famiglia! Nulla mi avrebbe convinta a preoccuparli con quel problema ed ero ancora convinta di aver fatto la cosa giusta non dicendogli nulla.
In quel momento mi venne un brivido lungo la schiena: se Brenda avesse detto qualcosa convinta che gli altri lo sapessero?
Cercando di non destare sospetti, mi avvicinai alla brunetta – Brenda, quello che ti ho detto prima… Nessuno lo deve sapere. Chiaro? – sussurrai con voce ferma. Questa annuì mestamente, facendomi capire che lo steso valeva per me. Ci scambiammo uno sguardo d’intesa prima di salire su una vecchia auto giallognola.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Viaggiammo per un po’ raggiungendo le agogniate montagne in un tempo nettamente inferiore a ciò che mi ero aspettata. Insieme a Teresa e Brenda, ero stata caricata nel retro del furgone. Tutte eravamo prese dal fissare la strada e ciò che ci circondava, così non parlammo quasi. Teresa mi domandò come mi sentissi e, finalmente, non dovetti mentire.
Imboccata una strada di montagna, ci fermammo a causa di diverse auto buttate in mezzo a sbarrare il passaggio. Smontammo con l’aiuto di Minho e mi affrettai ad avvicinarmi a Newt.
-Bene – cominciò Jorge – Da qui si prosegue a piedi. – lanciai una rapida occhiata a Brenda. La ferita che mi aveva mostrato sembrava già abbastanza brutta, sarebbe riuscita a procedere? Chissà quanta strada ci mancava ancora…
Mi avvicinai e le appoggiai la mano sul braccio – Vedrai che ce la faremo. – le sussurrai sorridendole e sperando di infonderle un po’ di speranza. La bruna però mi guardò con occhi stanchi, cerchiati da occhiaie che poco prima non c’erano – Tu dici? – chiese guardando verso la lunga strada che si parava davanti a noi.
Ci mettemmo a camminare passando accanto ai vari catorci e rottami. Se trovavamo un bagagliaio aperto, guardavamo dentro per vedere se trovavamo qualcosa di utile. Il silenzio regnava sovrano, si sentiva solo il rumore dei nostri passi mentre alzavano una leggera nuvoletta di polvere.
Ad un tratto si sentì un colpo, un proiettile aveva colpito l’auto che stava controllando Thomas. –Atterra! – urlò Jorge correndo a ripararsi dietro ad un veicolo blu.
-Riparatevi! – Newt mi afferrò per un gomito e mi spinse dietro al bagagliaio di un catorcio color fango. Con noi c’era anche Minho. Ci guardammo cercando di capire cosa fosse appena successo.
-State tutti bene? – chiese Thomas e Teresa gli rispose immediatamente – Tutto okay! -. Acanto a me Newt sbucò leggermente dal fanale posteriore per vedere tra le rocce difronte a noi – Qualcuno ha capito da dove provenivano gli spari? – gridò rimettendosi seduto. Nessuno rispose.
Dopo alcuni secondi si sentirono altri spari. Il biondo teneva il suo braccio destro attorno alla mia vita, come per assicurarsi che non facessi cavolate. Cosa che era comprensibile viste tutte le volte che avevo fatto cose sconsiderate, a partire dal correre nel Labirinto mentre le porte si stavano chiudendo.
A quel ricordo, quasi rimpiansi quei giorni… Essere chiusi in un luogo, in quel momento era parso terribile, ma ora… Ora eravamo in uno spazio che più aperto di così si moriva. Mi mancavano le mura a limitare la Radura. Mi mancava quasi tutto in quel momento. Ma poi mi resi conto del mio egoismo: io ero rimasta lì per pochi giorni, però gli altri avevano vissuto per anni rinchiusi fra quelle quattro mura. Come potevo permettermi di rimpiangere un luogo del genere?
-Ragazzi – la voce di Jorge mi permise di abbandonare quei pensieri – pronti a tornare alla macchina. E tappatevi le orecchie! – seguirono alcuni attimi di silenzio. Tutti attendevamo l’ordine di correre, ma non arrivò mai.
-Mettila a terra. Adesso! – una voce femminile ci raggiunse da dietro l’auto dove Thomas e l’uomo ispanico si erano nascosti. Erano in due: i volti coperti da bandane e i fucili impugnati con sicurezza. Dalla voce non potevano essere più grandi di noi, almeno non di molto.
-Alzatevi! Andiamo. – quella con i capelli castani continuava ad impartire ordini ai nostri due amici. – Niente scherzi! Camminate! Muovetevi! – e con il fucile gli fece segno di avvicinarsi a noi.
Ci fecero alzare tutti, continuando a tenerci sotto tiro. L’altra ragazza, con i capelli biondi, rimase quasi muta, seguendo i gesti della compagna. Newt mi tenne un passo dietro di lui. Sempre per proteggermi.
-Aris…- la voce della castana si era nettamente addolcita. Il ragazzo rimase immobile, non sapendo cosa fare. L’altra si abbassò la bandana rivelando il viso giovane di una ragazza dalla carnagione un po’ scura, con un naso a punta. – Non ci credo. Harriet! – esclamò Aris mentre le si avvicinava. – Oddio che cosa ci fai tu qui? – gli chiese l’altra mentre lo abbracciava. Anche la bionda si avvicinò – Sonya! – disse il ragazzo mentre abbracciava anche lei – Aris, sei fortunato che non ti abbiamo sparato! – disse lei quasi ridendo.
E mentre quei tre sembravano essere capitati in una rimpatriata, noi li guardavamo senza capire. – Ehm, che cosa significa? – chiese dopo qualche secondo Minho. A quella domanda Aris rispose sorridendo – Eravamo nel labirinto assieme. –
Io e Newt ci scambiammo uno sguardo, entrambi con la stessa idea.
Harriet fischiò. Comunicando ai suoi compagni che non eravamo un pericolo. Dalle cime delle montagne sbucarono una decina di uomini, tutti armati.
Le due ragazze ci condussero attraverso una galleria, poi ci fecero montare su un fuoristrada per portarci alla loro base. Raccontarono che erano state liberate dal braccio Destro, suscitando l’interesse di tutti quanti.
Attraversammo una zona sterrata, con piccoli arbusti mezzi secchi e l’erba ingiallita dalla siccità finché, finalmente, raggiungemmo un accampamento. C’erano tende di ogni dimensione, gente che vagava all’interno di questa piccola pianura riparata dalle rocce.
-L’hanno costruito oltre un anno fa – stava dicendo Harriet – è tutto quello che abbiamo. -. Sonya si girò a guardarci – Siete stati fortunati a trovarci. Domani ci muoviamo. – poi rivolgendosi ad un tipo che passava poco più in là chiese – Dov’è Vince? – quello le indicò un punto a caso dalla parte opposta dell’accampamento.
-Chi è Vince? – chiese Thomas con la sua solita sete di informazioni. – Quello che decide se potete restare! – rispose divertita Harriet.
Mentre ci spostavamo Minho si avvicinò alle due giovani – Ma non era un esercito il Braccio Destro? – chiese un po’ preoccupato. A quella domanda rispose un uomo dai capelli biondo scuro e con il pizzetto dello stesso colore. – Lo era. – disse amaramente – Questo è tutto quello che resta. Abbiamo perso tanti amici per arrivare qui. – poi ci guardò rapidamente ad uno ad uno – Chi sono? – Harriet rispose – Sono immuni, li abbiamo trovati in mezzo alle montagne. – quella frase mi fece venire in mente Brenda. Mi voltai per guardarla: le labbra erano diventate cianotiche, gli occhi spenti e il respiro si era fatto affannoso. – Controllateli! – stava ordinando Vince. Uno dei suoi sottoposti notò immediatamente la brunetta. E, in quell’esatto istante, le sue gambe cedettero. Si accasciò atterra con un rantolo. Jorge le fu subito accanto ma io dovetti liberarmi dalla presa di Newt che si era fatta ferrea attorno al mio braccio. Con uno strattone riuscii a raggiungere la ragazza cercando di farla girare. Jorge la prese fra le braccia continuando a ripetere il suo nome – Brenda parlami! – esclamò preoccupato l’uomo. – Mi dispiace… - sussurrò la ragazza.
Io le misi una mano sulla fronte: scottava. Nel mentre Vince si era avvicinando per capire cosa stesse succedendo. Vidi troppo tardi che aveva adocchiato la caviglia di Brenda… Tirò su leggermente il pantalone e vide il morso dello Spaccato. – Oh merda! È infetta, state attenti! – scattò in piedi, allontanandosi da tutti ed estraendo la pistola.
-No! – Thomas, io ed Jorge urlammo all’unisono, parandoci tra Brenda e Vince. – è appena successo… - stava dicendo Thomas ma io smisi di ascoltare il baccano attorno a noi e cercai di concentrarmi su Brenda. Newt tentò di portarmi via da lei – Lane, è pericolosa! – disse quasi infuriato ma io non lo ascoltai, anzi, lo insultai – Se sei un codardo non è un problema mio! - soffiai. In quel momento era Brenda l’unica di cui mi importasse. Le avevo promesso di aiutarla…
Combattei e spintonai uno degli uomini di Vince – Brenda – dissi piano mentre Thomas stava riportando la calma – Sta’ tranquilla. Respira con calma, vedrai che starai meglio. – le presi le spalle e la sollevai di poco, cercando di renderle più facile il respiro. – Grazie – gracchiò lei senza quasi più forze. – E di cosa? So solo come ci si sente… Poi andrà meglio. Te lo prometto. – dissi piano, lei appoggiò la testa sulle mie gambe e si rilassò un po’. Il respiro era sempre più affannoso…
-Dev’esserci qualcosa che puoi fare… - terminò Thomas guardando speranzoso Vince. Questo continuava a puntare al pistola contro Brenda – Sì, certo… Liberarla dalla sua miseria. – disse caricando un colpo in canna. Jorge urlò ed io mi chiusi a riccio sopra alla giovane. Se avesse sparato avrebbe colpito anche me.
-Vince fermati! – la voce di una donna a me vagamente familiare fece fermare tutti. – Lasciatelo andare. – intimò agli uomini che tenevano Jorge. Questo si avvicinò a Brenda. In quel momento capii che era come un padre per lei…
-è infetta dottoressa, non c’è niente che possiamo fare. – disse Vince come giustificazione per le sue azioni. La donna si fece più vicina. I capelli mossi e scuri… sapevo esattamente chi era. Per una frazione di secondo sperai mi vedesse, ma stava fissando Thomas – Noi no, ma lui sì! – disse orgogliosa. – Ciao Thomas – e gli sorrise. Per un attimo mi sentii ferita… ma d'altronde era stata lei ad abbandonarmi… come potevo pensare che si sarebbe ricordata di me?
-Lei mi conosce… - disse Thomas non capendo. – Interessante – rispose lei – Capisco perché ti hanno mandato nel labirinto. Anche se temevo che ti uccidessero dopo quello che hai fatto. – in quel momento si avvicinò a me. Ma si concentrò su Brenda, controllandole i battiti e continuando a fissare Thomas. – Perché, cosa ho fatto? – domandò il moro senza capire. Lei era lì, a pochi centimetri da me e continuava ad interessarsi solo per lui… ma, in fin dei conti, lei mi credeva un capitolo chiuso.
-La prima volta che mi hai parlato, hai detto che non ce la facevi più a vedere i tuoi amici morire uno dopo l’altro. L’ultima volta che ti ho parlato mi hai dato tutte le coordinate delle basi e dei laboratori W.C.K.D. – e così Thomas aveva rivelato proprio a lei quelle informazioni. Sapevo del suo piano, sapevo tutto. Ci avevamo pensato per un bel po’. Ma non credevo fosse proprio lei il suo interlocutore…
Vince era stupefatto – è la nostra fonte. – anche gli altri lo fissavano sorpresi. – Non saremmo arrivati fin qui senza di lui… - continuò la dottoressa – portatela nella tenda. – disse agli uomini dietro di lei.
Io mi alzai e mi allontanai da lei di qualche passo mentre prendevano Brenda e la portavano via.
-E così – cominciai a voce alta – hai lasciato Thomas al suo destino. Non ti ricorda niente? – domandai alla donna che si stava avviando verso la tenda in cui avevano portato Brenda. Questa si gelò sul posto. – Lane ma che fai? – sussurrò Minho alle mie spalle. Non lo considerai. La dottoressa si voltò lentamente e mi guardò per attimi interminabili – Non è possibile… - sussurrò portandosi una mano al petto. Sorrisi amaramente – Ciao mamma – dissi senza enfasi – Madeleine… come… - ma non la lasciai finire – Non mi chiamano Madeleine da molto tempo. Ma come potresti saperlo tu? Mi hai abbandonata. –
Lei fece un passo verso di me ed io ne feci uno in dietro, per allontanarmi. – Credevo fossi morta. Credevo che Ava ti avesse fatta uccidere… - mi si gelò il sangue nelle vene – E nonostante tu sapessi quello che mi aspettava, te ne sei andata? – lei rimase lì a fissarmi. – Va’ da Brenda. Ha bisogno di cure. – dissi dopo qualche secondo. Non aveva senso iniziare una faida in quel momento. C’era qualcuno che aveva più bisogno. Ci vollero alcuni secondi perché mia madre, la dottoressa Mary Cooper, si riprendesse. Di certo non le avevo dato un sollievo, ma lei mi aveva lasciata in mano a quei mostri… non provavo pena per lei. – Vieni Thomas, mi servirà un po’ del tuo sangue. – disse ritornando nel ruolo della dottoressa. Mi lanciò un’ultima occhiata e se ne andò.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Rimasti soli, non avevo né il coraggio né la voglia di guardare in faccia i miei compagni. Temevo che Newt fosse rimasto risentito da ciò che gli avevo detto poco prima e sapevo che tutti erano ansiosi di sapere di mia madre.
-Lane? – domandò delicatamente il mio ragazzo. – Scusa per prima. – sussurrai continuando a fissare un punto sulle montagne. – Vuoi parlarmene? – continuò il biondo senza avvicinarsi. Io scossi la testa – Devo delle spiegazioni – mi voltai a guardare Newt, Minho e Frypan negli occhi – A tutti, devo delle spiegazioni… - abbassai lo sguardo. Sarebbe stata dura… e me ne avrebbero dette di tutti i colori per la storia del mio contagio. In quel momento però mi sembrava giusto che sapessero.
-Bene, Madeleine, raccontaci tutto! – il solito tono scherzoso di Minho mi fece alleggerire il macigno che si era depositato sul mio cuore.
Ci allontanammo dal fulcro dell’accampamento, andandoci a sistemare su delle rocce un po’ più in alto del resto. I ragazzi si sedettero, anche se Newt mostrava segni di agitazione non poco evidenti.
-Allora… - cercai di tergiversare per trovare il modo di cominciare quel discorso. – Iniziamo dal principio. La dottoressa Mary Cooper, mia madre, lavorava per la W.C.K.D. ed era convinta di ciò che facevano. Era stata assegnata ai laboratori presenti attorno al Labirinto in cui siete stati mandati voi. Si è occupata lei della maggior parte delle vostre analisi e dei vostri controlli. Io vivevo con lei negli alloggi del personale, sono cresciuta lì e non ho mai messo piede fuori dal perimetro sicuro… - mi schiarii la voce cercando il modo di continuare. I ragazzi mi fissavano senza parlare, come ipnotizzati. – Poi un giorno tutto cambiò. Mia madre arrivò, dicendo che era tutto sbagliato. Si era resa conto che W.C.K.D. non stava facendo le cose in modo giusto… Il giorno seguente svanì nel nulla, portandosi con sé delle attrezzature rubate dai loro laboratori e lasciando me nelle grinfie della Page. – a quel punto le facce di Minho e Frypan lasciarono trapelare la sorpresa per quell’affermazione ed un guizzo di comprensione attraversò i loro occhi. Newt, dal canto suo, sapeva già e non poté fare a meno di trasmettermi il suo amore con un semplice sguardo.
-La Page decise di usarmi come cavia da laboratorio facendomi iniettare sostanze di diverso tipo. È così che ho sviluppato una certa resistenza al veleno dei Dolenti e al liquido per cancellare la memoria… Però – e lì mi concentrai sul volto di Newt – la prima volta che volevano portarmi a fare esperimenti, diciamo così, un ragazzo mi salvò e mi aiutò a scappare. E quel ragazzo lo fece molte altre volte; in realtà continua a farlo anche oggi. – un sorriso mi si dipinse sul viso e gli altri due ex Radurai si voltarono a guardare il biondo che stava arrossendo leggermente. – Amico! – esclamò Minho dandogli una manata sulla spalla destra – Non sapevo vi conosceste già. – disse Frypan restando più calmo.
-In realtà ci conosciamo tutti da prima della Radura. Voi non ve lo ricordate ma W.C.K.D. vi addestrò prima di mandarvi nel Labirinto. Vi insegnarono ad usare le armi, a combattere e a usare la strategia. Volevano vedere se alcune cose di quello che apprendevate vi sarebbe rimasto anche dopo la cancellazione della memoria o se avreste scordato tutto. –
Minho a quel punto mi interruppe – Ma anche tu sai usare le armi. Ce l’hai dimostrato con Janson… Anche tu dovevi essere mandata nel Labirinto? – io scossi la testa – Ho imparato guardando i vostri addestramenti. Ero troppo pericolosa per la W.C.K.D. da permettermi di imparare come tutti voi. Dopo un po’ di tempo iniziarono a mandare i primi ragazzi nel Labirinto. Io fui spostata nella centrale di controllo. Il mio compito era di sorvegliare i ragazzi ma, quando Alby si trovò difronte a un Dolente che avevano fatto uscire apposta, lo manomisi portandolo a schiantarsi contro una parete e distruggersi. Alla Page non piacque molto e, visto che non era la prima volta che cercavo di sabotare i loro piani, aveva deciso di spedirmi in un altro Labirinto. Qualcuno – e mi voltai per fissare nuovamente il mio ragazzo – li convinse che ero più controllabile se rimanevo nei laboratori e si offrì, in cambio, di essere mandato nel Labirinto. Perché tu l’abbia fatto ancora non mi è chiaro… - Newt mi guardò come se fossimo da soli in un luogo sicuro, lontani dal pericolo e dalla W.C.K.D. – Perché ti amavo già allora. – disse senza esitazione. Il respiro mi si mozzò in gola e temetti di non essere in grado di continuare il mio discorso. – Anch’io. – dissi solo. Poi mi voltai verso gli altri due che passavano lo sguardo da me a Newt e sorridevano divertiti dalla scena.
-Andiamo avanti con la storia? – chiese Minho soffocando una risata.
-I ragazzi continuavano ad essere spediti nel Labirinto, uno ad uno. Io e Thomas cominciammo a pensare ad un piano perché sapevamo benissimo che non era quello il modo di trovare una cura all’Eruzione. Dopo un po’ si unì a noi anche Teresa. Lei era ancora convinta che W.C.K.D. fosse buono e avesse buone intenzioni… poi riuscimmo a convincerla e iniziò ad architettare un piano con noi. A quanto pare però, Thomas aveva già iniziato a metterne in pratica uno tutto suo con mia madre… E dopo poco, fu spedito assieme a voi nella Radura. Sentii qualcuno dire che la Fase 1 sarebbe finita a breve e capii di dover agire ma Teresa non volle ascoltarmi e fu mandata anche lei da voi. Quello stesso giorno tentai di introdurmi all’interno del Labirinto passando dalla porta da cui siamo usciti poi. Ovviamente mi fermarono prima che ci riuscissi e mi mandarono nella Gabbia. La mia memoria è riaffiorata in fretta per via di tutte le volte che avevo avuto quel liquido in circolo. È per questo motivo che svenivo così spesso… - Newt allora fece per alzarsi – Direi che il resto lo conosciamo tutti. – ma io lo fermai – C’è ancora una cosa che dovete sapere… - mi schiarii la voce mentre il mio ragazzo mi lanciava uno sguardo preoccupato e si risedeva. – Quando Winston ha tentato di spararsi e io l’ho fermato… Lui mi ha ferita. – a quel punto abbassai quel tanto il collo della maglietta per permettere la visuale sull’ormai cicatrice delle unghie di Winston. – Dannazione Lane! – esclamò il biondo alzandosi di scatto e venendo a controllare la ferita – Tranquillo, sono guarita. È per questo che stavo male i giorni scorsi… Io sono stata infettata e sono guarita. Ciò significa che sono immune, circa… Prima non volevo offenderti, ma avevo promesso a Brenda di aiutarla. Lei sapeva ciò che mi è successo… Scusami Newt. – lui rimase immobile a fissarmi negli occhi – Tu non mi hai detto di esser stata infettata. – disse solo, voltandomi poi le spalle.
-Se lo avessi fatto? Cosa avrei ottenuto? Ti saresti preoccupato, ci saremmo rallentati e tutti avrebbero temuto il peggio, intaccando la nostra missione di trovare il Braccio Destro! –
-E cosa avresti fatto se fossi peggiorata? – quasi urlò il biondo. Frypan si alzò per farlo ragionare –Andiamo amico. Lo sai che sei iperprotettivo se si tratta di Lane. Prova a capirla… - io mi avvicinai maggiormente – Avevo già messo in conto di non sopravvivere. Appena avessi dato cenno di peggiorare vi avrei detto la verità e mi sarei allontanata dal gruppo. Ho cercato di essere di peso il meno possibile per tutti voi… Ho sbagliato, lo so. Ma lo rifarei se fossi certa di fare il bene di tutti voi. Specialmente il tuo, Newt. – mi voltai e decisi di lasciarlo da solo a pensare ma non feci molti passi che la sua voce mi raggiunse – Cerchi sempre di aiutare tutti tu. Provi a fare in modo che le persone stiano bene con loro stesse anche se hanno fatto cose orribili… Ma a te quando pensi? Hai appena ritrovato tua madre e non hai la minima intenzione di rivolgerle la parola se non per farle pesare ciò che ha fatto. Non ti sentiresti meglio a perdonarla? Tu hai un’opportunità che tutti noi non abbiamo. Perché non sfruttarla? – mi guardò rimanendo molto serio, non mi sarei mai aspettata che da quella discussione uscisse mia madre…
-La mia situazione non è come le vostre. Voi siete stati strappati alle vostre famiglie, io sono stata abbandonata da mia madre. E questo non posso perdonaglielo proprio… Ora scusatemi, ho voglia di restare un po’ sola. -.
Nessuno mi fermò, il che fu un bene perché davvero avevo bisogno di alcuni attimi per pensare. Quello che aveva detto Newt era vero: io avevo ancora mia madre, magari avrei potuto provare a riallacciare un rapporto…
Arrivai in cima ad una piccola vetta e vi trovai Teresa intenta a guardare l’orizzonte.
-Ciao. Anche tu hai bisogno di schiarirti le idee? – domandai andandomi a sedere accanto alla mora. Lei non spostò lo sguardo – Sì, sai… Guardo questo accampamento e non vedo altro che gente sola che cerca di fare gruppo anche se ha poco in comune… Stanno tutti scappando da una piaga che si potrebbe curare se solo tutti capissero gli sforzi e i sacrifici che ci sono da fare… - fu allora che capii che stava ancora parlando della W.C.K.D.
-Ancora con questa storia? Ti ricordo che hanno cercato di ucciderci e che tuttora ci danno la caccia! – esclamai alzandomi. – Tu non capisci Lane! Loro stanno cercando una cura per un virus che sta uccidendo chiunque! Ti tortura e ti lascia agonizzante… Tu lo sai quello che è successo a mia madre. Perché non capisci che Loro stanno tentando di porvi fine? – aveva una lacrima che premeva per uscire. – Hai ragione Teresa. Io non capisco. Non capisco perché tu ti stia ostinando così tanto… - mi allontanai lasciandola lì. Non avevo più voglia di discutere con lei… Capivo che ciò che aveva visto da bambina l’aveva traumatizzata: vedere la propria madre cavarsi gli occhi non è un bello spettacolo. Ma anche lei aveva vissuto le mie stesse esperienze e aveva visto le stesse cose che mi avevano portata a capire che W.C.K.D. non è buono. Perché lei non lo capiva?

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Dal luogo in cui ero andata a “nascondermi” potei vedere mia madre uscire dalla tenda dove avevano portato Brenda. Decisi di non fare nulla. Forse, alla fine, non avevo tutto questo coraggio… Ma ancora non riuscivo a perdonarla. Per colpa sua mi avevano torturata, usata come cavia e spedita in una sorta di incubo.
La W.C.K.D. era solo stata causa di innumerevoli morti e distruzione. Era nata con buoni propositi ma ora… Come si poteva ancora ritenerla buona? Teresa non sembrava aver cambiato idea nemmeno di una virgola, ancora li difendeva.
-Aspetta! – dissi ad alta voce alzandomi dalla roccia su cui mi ero sistemata. Stava fissando l’orizzonte… e se aspettasse qualcuno? Mi chiesi mentre cominciavo a correre verso i ragazzi che non si erano spostati da dove li avevo lasciati. La mora stava tramando qualcosa, me lo sentivo.
La sera stava calando portandosi dietro quel leggero tepore dei raggi del sole e lasciando un freddo umido e pungente.
-Dov’è Thomas? – domandai arrivando in cima alle rocce, la voce lasciava trapelare la mia preoccupazione. – Lì – rispose Minho indicando un punto poco distante dove sapevo esserci Teresa – è andato da Teresa. Perché? –
Come immaginavo… - Non c’è tempo per le spiegazioni. Ora noi – ma non finii la frase perché il rumore di un elicottero ci fece alzare lo sguardo al cielo.
Pochi istanti dopo apparve il velivolo che sganciò un razzo esplosivo sull’accampamento, illuminandolo a giorno.
-Che caspio? – Newt, come se avesse dimenticato tutto quello che era successo poco prima, si fiondò al mio fianco.
Più in basso la gente urlava e correva da ogni parte. Molti presero fucili e armi di ogni tipo, preparandosi all’imminente scontro. In pochi secondi eravamo nella mischia anche noi. Vince ci fece segno di armarci e corse in direzione di alcuni suoi sottoposti. – Chi sono? – chiese un ragazzo sui quindici anni. – W.C.K.D. – risposi senza enfasi mentre seguivo i miei amici.
Diversi elicotteri si posizionarono sopra all’accampamento e i soldati di W.C.K.D. si calarono fra i ribelli. Iniziarono a sparare ai ragazzi che fuggivano quelle loro cariche elettriche, rendendoli inermi.
C’era il caos più totale. Io mi guardavo attorno cercando di individuare Thomas o chiunque fosse di mia conoscenza. Proprio allora notai mia madre spingere alcuni ragazzi per portarli in salvo. Un uomo dietro di lei fu colpito e Mary si fermò per aiutarlo. No! Pensai mentre un soldato le si avvicinava minacciandola con la sua arma. Non ci pensai nemmeno. Scattai nella loro direzione impugnai bene la pistola che tenevo in mano e la puntai contro il soldato. Presi la mira. – Madeleine no! – urlò mia madre stesa ancora a terra, ma io non la ascoltai e premetti il grilletto. La pallottola si andò a schiantare contro il giubbotto antiproiettile dell’uomo, facendolo cadere al suolo. – Tesoro… - sussurrò lei rimettendosi in piedi e abbracciandomi. – Stai bene? – chiese allontanandomi quel tanto da guardarmi in viso – Certo. Tu? – risposi cominciando a correre verso Newt che mi guardava preoccupato mentre stava in piedi accanto ad un fuoristrada del Braccio Destro. Impugnava un fucile e, assieme a Frypan, Minho e Vicne, cercava di tenere a bada gli uomini di W.C.K.D.
Non arrivai mai a quella vettura. Un altro soldato sbarrò la strada a me e mia madre costringendoci a fermare. In quello stesso istante una carica elettrificata fu lanciata nel fuoristrada e tutti furono percorsi da scariche elettriche. – No! – urlai cercando di raggiungerli, ma l’uomo di fronte a me mi colpì con il calcio della sua arma in testa e crollai al suolo.
Quando rinvenni, la prima cosa che mi raggiunse fu la voce di Janson che chiedeva dove fosse Thomas. Ciò significava che era riuscito a scappare. Avrebbe potuto venire a salvarci…
Provai a muovere le braccia, scoprendo di avere le mani legate dietro alla schiena. – Lane! – sussurrò Minho, mi accorsi solo allora che ero su un fianco, sdraiata tra lui e Newt. Uscendo dallo stato di torpore riuscii a mettermi in ginocchi come tutti gli altri. Con lo sguardo cercai mia madre. Era poco lontana da me, accanto a Vince e mi guardava con un briciolo di sollievo negli occhi.
-Stai ben? – mi chiese il biondo guardandomi la fronte che sentivo pulsare. – Sì dai, anche se vorrei picchiare quella stronza! – sibilai riferendomi a Teresa.
-Sono qui! – la voce di Thomas fece girare tutti i presenti. – Non ti muovere. – gli intimarono due soldati mentre si avvicinavano.
Lo portarono da Janson che lo guardò soddisfatto – Thomas! – disse mentre gli dava un pungo in pieno stomaco. Lo fece mettere in fila accanto a noi. Perché si era fatto prendere per me era un mistero, ma speravo avesse qualche piano dei suoi per farci scappare tutti.
-Perché non sei scappato? – domandò Minho che era il più vicino al moro. – Sono stanco di scappare – rispose serio l’altro.
-Siamo spacciati… - sussurrò Newt accanto a me. – Hey – lo guardai sorridendo in modo da infondergli un po’ di speranza – Siamo già stati in situazioni da cui non credevamo di uscire… ma siamo arrivati fin qui. Ce la caveremo anche questa volta. –
In quell’istante apparve una Berga, una sorta di aeroplano con due eliche potenti che riuscivano a sollevare tutto il peso del velivolo. Atterrò di fronte a noi e vi uscì la dottoressa Ava Page, in un suo classico abito completamente bianco, preceduta da varie guardie.
-Sono tutti? – domandò la donna a Janson che si affrettò a rispondere –La maggior parte, ma saranno abbastanza. –. La dottoressa diede una rapida occhiata ai giovani inginocchiati – Iniziate a caricarli. – ordinò cominciando ad avanzare verso di noi.
I suoi soldati si affrettarono ad eseguire gli ordini, iniziando a portare i giovani nei vari velivoli. La Page fece cenno di far avvicinare Thomas – Ciao Thomas. – disse solo continuando ad osservarlo.
Teresa fece la sua comparsa scortata da un paio di uomini della W.C.K.D. – Sono felice che stai bene. – la Page si rivolse alla mora con una voce più dolce del solito.
-Che cosa? – domandò stupito Frypan. – Puttana! – sibilai io disprezzante.
-Ma che significa? – Newt la fissava disgustato. Ciò significava che aveva già capito tutto. – Lei sta con loro. – rispose Thomas e io mi permisi di aggiungere – Li ha chiamati lei. Non è vero Teresa? – il suo nome mi creò un conato in fondo allo stomaco. Tutti si erano fidati di lei, Thomas in primis. Ed ora era stata proprio lei a tradirci.
-Oh, Teresa ha un’alta considerazione del bene più importante. Una volta recuperata la memoria, era solo questione di tempo… -
-Mi dispiace… - disse la mora in sua difesa – non avevo altra scelta. Questa è l’unica strada. –
Avrei voluto saltarle addosso. – Smettila con queste idiozie. Trovare una cura torturando e sfruttando dei ragazzi non è il modo corretto! – gridai e un soldato mi afferrò per un braccio per impedirmi di muovermi.
-questo è solo un mezzo per arrivare a un fine. Non mi importa di cosa pensiate di me. Io non sono un mostro, sono un dottore. Ho giurato di trovare una maledetta cura. Ad ogni costo! Ho solo bisogno di un po’ più di tempo. – disse la Page, guardandoci ad uno ad uno, come per cercare di convincerci.
-E più sangue. – mia madre si fece avanti dal resto del gruppo. L’altra la guardò quasi con compassione – Ciao Mary. Speravo tanto di rivederti. Ma mi dispiace che sia in queste circostanze. – ma mia madre non si fece intimorire dal modo in cui parlava la Page – Anche a me dispiace di molte cose. Ma non questa! Almeno ho la coscienza pulita. – mi lanciò uno sguardo di scuse. Io le risposi con un sorriso. In fondo l’avevo perdonata appena l’avevo vista aiutare Brenda. Era cambiata, o forse era scappata perché era già cambiata…
-Anch’io Mary. – disse solo Ava. Uno sparo riempì l’aria.
Una chiazza di sangue imbrattò la camicia a scacchi di mia madre in pieno torace. Janson le aveva sparato. – Mamma… - sussurrai senza poterci credere. Vidi il corpo di mia madre accasciarsi al suolo con Vince che la teneva fra le braccia.
Non riuscii a muovermi, mi cedettero solo le gambe e Newt fece appena in tempo a prendermi. – No – singhiozzai nascondendomi nell’incavo del suo collo.
-Scusa Lane. Ma andava fatto. – disse senza emozioni la donna – Forza Janson, carica i ragazzi e sbarazzati degli altri. – non la vidi ma sentii che si stava allontanando.
Poi temetti che fosse giunta la fine.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Cominciarono a caricare i ragazzi sulla Berga, mi tenni stretta a Newt sapendo che da lì a poco saremmo stati separati, forse per sempre.
Ma Thomas, che era qualche passo più in là, giocò il suo ultimo asso.
Estrasse una carica esplosiva da sotto la giacca e l’armò. – State indietro! Lontani da me! – urlò mostrando a tutti la bomba che teneva in mano. Janson corse subito a fermare i suoi uomini prima che decidessero di fare fuoco.
In quel momento dimenticai tutto: dimenticai mia madre, dimenticai che fosse appena stata uccisa e dimenticai che potesse esistere un posto sicuro per noi.
-Lasciateli andare! – stava intanto urlando il moro. Tutti erano immobili, con la paura di ciò che avrebbe potuto fare. Io sapevo perfettamente cosa avrebbe fatto perché, se fossi stata al suo posto, avrei fatto lo stesso.
Teresa cercò di dissuaderlo, affermando che la Page aveva promesso di non farci nulla. Entrambi sapevamo che così non sarebbe stato. Mai, e dico mai, la W.C.K.D. aveva rispettato una promessa, dalla cosa più futile a quella più importante… appena fossimo stati nei loro laboratori ci avrebbero usati fino ad ucciderci.
-Thomas, preferisci che i tuoi amici muoiano? – domandò la Page mentre Janson si faceva un velo più vicino al moro – Dalle retta Thomas. Pensa a quello che fai. – disse l’uomo.
Lasciai la mano di Newt e mi avvicinai al giovane, mi accorsi subito di essere seguita dagli altri tre. Ci posizionammo ai lati di Thomas, infondendogli coraggio. – Siamo con te, Thomas. – Newt diede voce al pensiero che aleggiava in tutti noi. Saremmo morti, è vero. Ma saremmo morti assieme, per non dover tornare in quel posto, per non dare una soddisfazione a W.C.K.D.
-Fallo Thomas. – disse Minho, - Siamo pronti. – aggiunse Frypan con un leggero tremore nella voce, - è stato bello conoscervi ragazzi. – dissi stringendo forte la mano del mio amato e chiudendo gli occhi. Ero pronta. Non mi importava più di nulla.
-Noi non torniamo lì. Non ho altra scelta. – finì il moro mentre posizionava il pollice sul pulsante per far attivare l’ordigno.
E quando ormai, avevamo deciso quale sarebbe stata la nostra fine, il rumore di un clacson ci fece distogliere l’attenzione. A poca distanza, una camionetta andò a schiantarsi contro uno degli elicotteri della W.C.K.D., mandandolo a fuoco e facendo schizzare rottami in tutte le direzioni. Il gruppo di soldati si sparpagliò, permettendoci di scappare.
Il caos riprese immediatamente in tutto il campo distrutto. Quei ragazzi che ancora non erano stati caricati sulla Berga, correvano da tutte le parti cercando di raggiungere una qualche arma e difendersi.
Thomas lanciò la bomba fra alcuni soldati che ci avevano puntato le armi contro. L’esplosione mandò in giro altri detriti e dovetti coprirmi la testa per evitare che mi ferissero.
Newt mi aiutò ad alzarmi e, insieme agli altri tre, ci mettemmo a correre, cercando di trovare un riparo.
Il moro però fu bloccato quasi subito da Janson che lo atterrò e si preparò a ficcargli un proiettile secco in mezzo alla fronte. Uno sparo partì, ma non dalla pistola dell’uomo. Fu lui ad essere ferito ad una spalla. Cercai di individuare da dove fosse arrivato il colpo e notai Brenda con un fucile appostata su una roccia più in alto.
Raggiunsi per prima una cassa di munizioni dietro la quale mi nascosi. Minho si fermò poco prima e, con un fucile, atterrò un paio di uomini dando così la possibilità agli altri di mettersi a riparo.
L’arma però gli si inceppò e fu colpito da una di quelle cariche elettrificate. Cadde al suolo inerme. Thomas tentò di raggiungerlo ma i vari proiettili vaganti e Jorge riuscirono a impedirgli di finire nelle grinfie della W.C.K.D.
L’ex Velocisto fu trascinato sulla Berga assieme a Teresa, Janson, la dottoressa Page e diversi altri ragazzi che non erano riusciti a scappare.
Il portellone si richiuse e il velivolo si librò in aria. Rimanemmo lì, su quell’altura su cui ci eravamo messi in salvo, a fissare la Berga che stava portando via il nostro amico.
Passammo il resto della notte a tentare di sistemare ciò che ne rimaneva dell’accampamento. Recuperammo le armi e riordinammo le poche cose che non erano state distrutte dalla W.C.K.D., fatte saltare in aria o bruciate nelle varie esplosioni.
Quando giunse il mattino, eravamo tutti sfiniti. Thomas non si era dato pace e si incolpava per ciò che era accaduto a Minho. Provammo tutti a fargli capire che non c’era nulla da fare, ma lui non ci volle ascoltare.
Brenda sembrava praticamente guarita e la cosa mi faceva molto piacere. Mia madre le aveva fatto una trasfusione col sangue di Thomas che era immune come me. Se le condizioni della giovane non fossero più peggiorate, potevamo sperare di avere una cura…
Ripensare a mia madre mi faceva venire da piangere e, quando Vince la avvolsero in un telo e le diede l’ultimo saluto, io mi tenni molto alla larga. Da come la guardava sembrava che si amassero…
Io, in fin dei conti, la credevo morta già da anni. L’avevo già pianta abbastanza. Non sarebbe cambiato nulla se le avessi dato un ultimo saluto o meno; lei sapeva perfettamente che l’avevo perdonata e che le volevo ancora bene. Ciò bastava.
Newt capì il mio ragionamento e ciò mi bastava. Ora dovevamo concentrarci su Minho e andare a riprenderlo!
-E adesso che facciamo? – domandò Frypan rompendo il silenzio che si era creato attorno a noi. – Raggruppiamo chi resta di noi. – gli rispose Vince – Come stabilito, portiamo i ragazzi al sicuro. E poi ricominciamo daccapo. –
Thomas si mise un borsone, che aveva riempito con varie cose utili, in spalla – Io non vengo con voi. – disse serio – Ho promesso a Minho che non l’avrei lasciato solo. Vado a prenderlo. – era sicuro di sé, non c’era un’ombra di dubbio nella sua voce.
Vince non la prese bene – Hey ragazzino. Guardati attorno! W.C.K.D. ci ha massacrati. Pensa bene a quello che fai! – gli intimò.
Ma, come constatai dall’espressione sul volto del moro, Thomas aveva già iniziato ad elaborare il suo piano. – Non vi ho chiesto di venire con me. – disse rimanendo calmo.
Newt fece un passo in sua direzione – Thomas ascoltami. Io conosco Minho da quando ho memoria. Se ci fosse un modo per aiutarlo allora credimi, sarei già pronto a partire con te. Ma quello che vuoi fare tu… è impossibile. – ed in un istante il vicecapo dei Radurai era riapparso; con il suo spirito di riflessione e di comprensione.
Jorge si avvicinò al gruppo – Più un suicidio, direi – fece eco a Newt.
-Può darsi. – rispose il moro – ma adesso so cosa fare. Non centra solo Minho; centriamo anche noi e tutti quelli che W.C.K.D. ha preso ho che prenderà in futuro. Non la smetteranno mai. Non si fermeranno, quindi li fermerò io. Io ucciderò Ava Page. – tutti lo stavamo fissando colpiti dalle sue parole.
-Devo ammettere – intervenne Harriet, l’amica di Aris, - Che vorrei la rivincita. – e un sorrisetto le si dipinse sulle labbra. Vince si convinse – Gran bel discorso ragazzino. E qual è il tuo piano? – chiese guardando Thomas in attesa.
-Ci devo lavorare ancora un po’ – disse l’ex Velocista perdendo di punto in bianco il brio che aveva fino a pochi attimi prima.
Io non riuscii a trattenere una risata – Come al solito hai tante idee e scarsa abilità di metterle insieme! -. Tutti si girarono a guardarmi e Thomas smontò dalla roccia su cui stava in piedi. – Sentiamo! Tu che idea avresti? – domandò dandomi una leggera spintarella. – So che la Page farà di tutto per tenere al sicuro le sue cavie. Le avrà portate nell’unico posto più sicuro che esista: il quartier generale della W.C.K.D. Non so dove sia, ma ho sentito dire che è inespugnabile. Se lo era allora? Adesso che sono in massima allerta sarà impossibile. – conclusi sospirando. – Direi più un suicidio. – disse Frypan citando le parole di Jorge di poco prima. L’uomo lo guardò con un ghigno infastidito.
-Troveremo un piano. Un ottimo piano. La Page non l’avrà vinta a lungo. – esclamò Newt mentre mi stringeva una mano.
Saremmo usciti anche da quella situazione. Eravamo insieme, pronti a distruggere W.C.K.D. pur di riprenderci il nostro amico. Sarebbe stata dura, lo sapevamo tutti. Ma con impegno, una buona strategia e tantissima fortuna, ce l’avremmo fatta.

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