Be my sunshine

di CHAOSevangeline
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Drizzle ***
Capitolo 2: *** Downfall ***
Capitolo 3: *** Tempest ***
Capitolo 4: *** Deluge ***



Capitolo 1
*** Drizzle ***


Be my sunshine

 
 
A Rika, perché ogni Soukoku è per te come la maggior parte delle storie che scrivo e perché se non ci sclerassimo insieme questi due non sarebbero altrettanto speciali.

  

★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 1136
★ Prompt/Traccia: 3. Pozzanghere senza fondo

 
 
1. Drizzle
Una leggera pioggia composta da piccole gocce



Chuuya e Dazai erano coetanei, anche se molto spesso non sembrava.
Chuuya era un bambino irrequieto e impetuoso, quasi lo stesso fuoco dei suoi capelli scorresse nelle sue vene. Dazai invece si mascherava dietro una falsa tranquillità: era quella persona capace di conquistare tutti convincendoli di essere in un modo quando la sua vera forma era l’opposto.
Per questo pur avendo la stessa età, pur essendo nati nello stesso anno, si era creata l’idea, all’interno della Port Mafia, che Chuuya fosse ancora un bambino e che Dazai, invece, fosse quantomeno un ometto.
Questo provocava tutta una serie di implicazioni odiose per Chuuya.
“Dazai, tieni d’occhio Chuuya, intesi? Mi raccomando”, oppure “Attento che non combini guai in giro, d’accordo?”
Come se non fosse in grado di badare a se stesso da solo.
Come se avesse bisogno di Dazai.
A sua discolpa Dazai avrebbe preferito di gran lunga non dover fare la balia, molto semplicemente perché quando arrivava il momento di essere responsabile non lo era affatto perché non gli andava, aveva di meglio da fare e, dopotutto, a Chuuya non serviva.
Era solo stato un po’ rissoso qualche volta, ma non combinava sempre disastri. Non troppo spesso, almeno.
Certo, con la pioggia era diverso: con il maltempo Chuuya era sempre più nervoso ed irrequieto del solito, ma era sicuro che nessuno avesse mai notato la correlazione tra il suo stato d’animo e il clima.
Si sbagliava.
Come Chuuya era l’unico ad aver notato non solo la maschera di Dazai, ma anche le molteplici sfaccettature da essa nascoste, Dazai era il solo ad aver già capito che Chuuya non era un bambinetto da controllare e che spesso c’erano dei fattori capaci di influenzare il suo comportamento.
Che Dazai fosse perspicace era prevedibile, ma anche Chuuya si sarebbe meritato un simile riconoscimento.
« Sembri un attaccapanni. »
Dazai non aveva delicatezza. Nemmeno Chuuya, ma almeno quando parlava lui, il suo tono non sembrava così naturalmente portato ad essere innocente anche nell’avanzare certe affermazioni.
Era irritante. Doppiamente irritante. Triplamente perché era Dazai a parlare.
Fuori aveva piovuto e loro avevano deciso, da pravi temerari, di uscire sotto la superstite pioggerellina di marzo con una giacca in cerata gialla per ciascuno. Sembravano due pulcini bagnati senza alcuna intenzione di tornare a casa.
Chuuya sembrava incarnarne due di pulcini, per il maglione e la giacca spessi che Kouyou gli aveva fatto indossare sotto l’impermeabile di un giallo sgargiante. Aveva anche una sciarpona nera e un cappello che schiacciava e intrappolava la sua indomabile cascata di rame.
Avrebbe riservato lo stesso trattamento a Dazai, ma il ragazzo era scappato subito dopo le sue raccomandazioni ed essendo tanto bravo e responsabile, nell’immaginario di tutti doveva essersi coperto meglio di quanto aveva in realtà fatto.
« Tu sembri un idiota. »
Non c’era un motivo oggettivo per dirglielo e al contempo ce n’era sempre uno: Dazai aveva già fatto o avrebbe fatto presto qualcosa per meritarsi quell’appellativo.
« Lo dici sempre. »
« Sembri anche una mummia. »
« Hai finito la fantasia, Chuuya? »
Chuuya tornò a guardare avanti per non farlo vincere.
Già vedeva il suo sorriso sornione prendere forma di fronte alla sua incapacità di ribattere.
« Quando inizierai ad avere freddo mi invidierai. »
Chuuya aveva bisogno di dirlo per sentirsi meglio, per sfogarsi, perché avvolto in tutti quegli strati di vestiti stava iniziando a sudare.
Continuarono a camminare.
Non sapevano di preciso dove stessero andando, lungo quel sentierino pieno di pozzanghere nel cortile di una delle ville della Port Mafia. Stavano facendo un giro, ecco cosa supponevano entrambi. Avrebbero voluto chiedere all’altro conferma, ma sarebbe stato un appiglio per iniziare a prendersi in giro per la domanda sciocca, sebbene l’avessero pensata entrambi.
Solo il colpevole della derisione l’avrebbe saputo, comunque.
Chuuya saltò in una pozzanghera e gli stivali di gomma non lasciarono che nemmeno una goccia toccasse i suoi pantaloni.
Lo stesso non si poteva dire di Dazai.
« Che stai facendo? » gli chiese.
« Salto nelle pozzanghere. »
« Che senso ha? »
« Mi annoio. »
Chuuya saltò in un’altra pozza, poi un’altra ancora.
Gli schizzi che arrivavano contro Dazai lo stavano irritando.
« La gente si annega nelle pozzanghere. »
Chuuya lo fissò in silenzio. Con un altro bambino quella minaccia avrebbe funzionato, ma con lui no: sapeva che non era vero, che non aveva senso.
Così, mentre fissava Dazai negli occhi per schernirlo, Chuuya saltò nell’ennesima pozzanghera.
Fu buffo, perché mentre atterrava Chuuya iniziò a rendersi conto che i suoi piedi non stavano incontrando alcun fondo. Non prima che fosse immerso fino alla vita, almeno.
Dazai lo vide scomparire per metà dentro la larga pozza d’acqua sul terreno.
Silenzio da ambo le parti.
Chuuya ancora non era paonazzo solo per la sorpresa non ancora scemata.
Dazai si avvicinò e si accovacciò per accertarsi che quella situazione fosse vera, osservando Chuuya quasi fosse un pezzo da esporre in un museo.
Il volto di Dazai era ad un palmo dal suo.
Fu questione di attimi prima che scoppiasse a ridergli in faccia.
« Te l’avevo detto! »
« Stai zitto! »
« Sì, ma l’avevo fatto. »
La giacca gialla galleggiava intorno a Chuuya e i suoi stivali erano pieni d’acqua.
Si sentiva umiliato e ancor di più odiava il tempismo con cui le parole di Dazai si erano avverate.
Era colpa sua.
Non era vero, ma nella mente di Chuuya sembrava logico pensarlo.
Chuuya puntò i palmi sulla fanghiglia intorno alla pozzanghera per issarsi ed uscire.
Non avrebbe mai chiesto aiuto a Dazai. Mai e poi mai, nemmeno se uscire era difficile come si stava in effetti dimostrando.
« Vuoi una mano? »
« Non da te! »
Dazai se ne sarebbe andato lasciandolo lì, ma non poteva: doveva controllare Chuuya. Già farlo tornare del tutto inzaccherato sarebbe stato un problema, figurarsi tornare per chiedere a qualcuno di andare ad aiutare il ragazzo perché lo aveva abbandonato mentre stava facendo le alghe in una pozzanghera.
Gli porse la mano.
« Avanti, non fare l’orgoglioso. »
Chuuya fissò le sue dita.
Voleva un bagno caldo e del tè, non rimanere lì dentro fino a quando non fosse riuscito ad uscire con le proprie forze.
Afferrò la mano di Dazai.
Però l’orgoglio era troppo.
Tirò, trascinando Dazai nella pozzanghera.
Fino ad allora almeno il viso di Chuuya non si era riempito di schizzi di fango, ma ben presto sentì la poltiglia sentì colare lungo le guance.
« Ops, scusa! » lo provocò.
Dazai lo fissò, le mani che prudevano per la voglia di nascondere nell’acqua della pozzanghera il sorriso sornione di Chuuya.
Almeno era riuscito a cadere in piedi.
Sempre per orgoglio entrambi stavano trattenendo le risate, Chuuya di fronte all’espressione sconvolta di Dazai, Dazai di fronte alla naturale maschera di fango di Chuuya.
Potevano anche essere parte della mafia, ma erano pur sempre due bambini.



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Per la verità non progettavo di tornare nel fandom con questa raccolta, ma con una one-shot che ancora ho in cantiere e che spero di pubblicare a breve. I prompt dell'iniziativa però mi sono piaciuti e non ho potuto proprio farne a meno ~
Ho già concluso la stesura, si tratta solo di ricontrollare e pubblicare, cosa che accadrà nei prossimi tre giorni.
Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino a qui: spero abbiate apprezzato questo piccolo scorcio di Dazai e Chuuya piccini e che vi vada di lasciarmi un commento.
Al prossimo capitolo ~

 

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Capitolo 2
*** Downfall ***


★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 1232
★ Prompt/Traccia: 10. Quando piove, ad A tornano in mente ricordi spiacevoli.



 
2. Downfall
Una pioggia forte


 
 
Dazai era sempre stato intuitivo: gli era sufficiente uno sguardo per comprendere con facilità le intenzioni delle persone, o per crearsi delle aspettative non troppo lontane dalla realtà su di loro.
Era anche empatico, a voler proseguire con gli elogi, ma se c’era una cosa in cui era carente, quella era di certo la volontà di conoscere gli altri.
Un’occhiata e notava lo sguardo tipico di una persona, ciò che trasmetteva muovendosi e parlando. Gli sarebbe stato infinitamente utile nei rapporti sociali, ma beh, non gli era mai interessato davvero sfruttare la propria acutezza in quel campo.
In questo senso, ecco, Dazai Osamu sembrava del tutto insensibile.
Non lo era davvero però: era solo selettivo.
Se conoscere una persona di cui non gli importava non serviva per lavoro allora che senso aveva sprecare energie?
Chuuya era una persona da conoscere per le proprie mansioni di dirigente alla Port Mafia, dopotutto doveva lavorarci insieme. Ma Dazai non osservava le sue espressioni e i suoi movimenti per questo, non prestava un’infinita attenzione alle sue parole – pur ostentando il contrario – solo perché il Doppio Nero funzionasse al meglio e fosse l’invidia di tutti: Dazai lo faceva perché, e mai lo avrebbe ammesso, teneva a Chuuya.
Non lo diceva, ma glielo dimostrava.
Gli importava di lui.
Era una di quelle persone per cui valeva la pena impegnarsi e che valeva la pena conoscere.
Dazai già era conscio della ragione per cui Chuuya fosse seduto nel suo ufficio da dirigente, quel giorno. Ci andava spesso, quasi quotidianamente, ma c’erano troppi denominatori in quell’occasione: Chuuya era giù di corda e fuori pioveva.
Già solo svegliarsi con la pioggia aveva fatto suonare un campanello d’allarme nella mente di Dazai, che giurava di aver udito anche qualche tuono nel dormiveglia prima di alzarsi, ma non era riuscito a rintracciare Chuuya.
Il rosso era adesso rannicchiato su una delle poltroncine vicino alla scrivania quando normalmente si appropriava del divano nella sua interezza quasi fosse solo suo. Voleva stargli vicino il più possibile, le poltrone per questo erano la scelta migliore, e sembrava volersi fare tanto piccolo da sparire contro il cuscino dello schienale.
Chuuya non aveva parlato, non gli aveva rimproverato il fatto che fosse seduto alla scrivania per “grattarsi” un luogo un po’ volgare del corpo che però a Dazai era mancato sentire quel giorno: erano abitudinari e come due gatti si riconfermavano costantemente la propria routine.
Certo, entrambi apprezzavano una piacevole ventata d’aria fresca, che di solito corrispondeva ad una nuova e fantasiosa volgarità da parte di Chuuya, ma lo stesso rosso giù di corda non era affatto un cambiamento piacevole.
Dazai lo aveva osservato diverse volte.
L’ultima battuta di Chuuya era stato un pigro “posso stare qui?”
L’aveva pronunciata quasi mezz’ora prima. Troppo sottomesso. La situazione era più grave del solito.
Alzò lo sguardo ancora e lo vide con gli occhi azzurri e vacui fissi sulle goccioline che correvano sulla finestra.
Dovevano essere una pugnalata per lui.
Quando pioveva Chuuya era sempre più nervoso ed irrequieto del solito. Con gli anni era divenuto anche pensieroso e triste, ma almeno era stata smentita la sua infondata convinzione che nessuno se ne accorgesse.
Se cercava Dazai era proprio perché sapeva di non dovergli dare spiegazioni ogni volta, che era “così e basta” e che se gli si doveva concedere l’incapacità di reagire, voleva fosse in quelle particolari occasioni.
Dazai era riuscito a farsi spiegare a stralci cos’era accaduto, collezionando frammenti di informazioni quasi fossero un puzzle. Il riassunto ultimo era giunto da un Chuuya ubriaco durante una notte piovosa, che si era messo a raccontargli la storia della propria vita senza che nemmeno Dazai lo avesse chiesto.
Era ciò che voleva però, quindi era stata una fortuna.
Quando Kouyou lo aveva trovato, Chuuya era sotto un acquazzone scrosciante, zuppo e infreddolito. Il solo immaginare quella scena faceva sempre stringere il cuore di Dazai in una morsa di ferro. L’ultimo giorno che Chuuya aveva trascorso solo, pioveva; sarebbe forse dovuta essere la giornata più felice della sua vita essendo stato salvato, ma rimaneva anche il suo picco di tristezza e di solitudine.
Chissà quanti altri giorni così aveva vissuto e chissà quanto si sforzasse di non parlarne pur avendone bisogno.
Ogni volta che pioveva si sentiva ancora così.
Dazai lo vide alzarsi e raggiungere il vetro.
« Chuuya », lo chiamò, la voce ferma.
« Mh? »
« Basta. »
« Non sto facendo nulla », rispose il ragazzo, sorpreso come se non sapesse di cosa Dazai stesse parlando.
« Stai pensando da ore », gli fece notare. « Non sono certo che il tuo cervello possa sostenere tutto questo. »
Fu il primo momento della giornata in cui Chuuya si voltò verso Dazai con gli occhi infiammati di risoluzione.
« Ascoltami…! »
Prima che potesse continuare però si ritrovò Dazai alle spalle, le braccia avvinte intorno ai suoi fianchi e il mento sulla sua spalla.
« Basta… » ripeté Dazai, ondeggiando piano quasi volesse cullarlo come se fosse un bambino.
« Non serve che tu lo ripeta, ho capito… »
« Lo so, ma non mi hai ascoltato. »
« Non è così facile… » brontolò Chuuya, rilassando la schiena contro il petto di Dazai.
« Per questo sei venuto qui. »
Dazai non lo aveva detto per rimarcare la propria importanza, né per sottolineare una qualche propria bravura nel distrarlo: era un dato di fatto.
Chuuya si ritrovò ad annuire sommessamente prima di sospirare. Era davvero lì per questo, perché Dazai provasse a renderglielo facile.
« Ti ricordi quella volta in cui siamo usciti sotto la pioggia e tu sei caduto in una pozzanghera? »
Il rosso non capì subito il nesso con quell’improvviso ricordo. Si voltò appena verso Dazai.
« Anche tu ci sei caduto. »
« Mi ci hai trascinato tu. »
Non era riuscito a raccontarla come voleva, come un vincitore.
Chuuya appoggiò la nuca sulla spalla di Dazai, voltandosi appena.
« Quindi? »
« Eri arrabbiato quel giorno, per questo siamo usciti. Ti ricordi che pioveva? »
Chuuya iniziò ad aver più chiaro dove volesse arrivare Dazai. Puntò gli occhi castani nei suoi.
« Mi ero accorto che qualcosa non andava. Per questo sono uscito. »
Le sue guance si erano imporporate? Chuuya sperava vivamente di no.
Distolse lo sguardo.
« Dazai… » lo chiamò, senza sapere davvero cosa dire. « Io… credo di averlo saputo. »
Lo aveva saputo dopo, gli anni avevano instillato in lui il dubbio e aveva capito, senza mai trovare il coraggio di chiedere.
Dazai sorrise.
« Però siamo cresciuti, non ho intenzione di portarti a saltare nelle pozzanghere anche oggi per distrarti! »
Era bastato quel piccolo cambio di programma che li aveva visti entrambi inzaccherati perché Chuuya si sentisse abbastanza bene da voler ridere.
« Basterebbe del vino rosso », scherzò Chuuya.
« Preferiresti del vino rosso a me? »
Silenzio.
« No », rispose Chuuya scuotendo la testa.
Fu inaspettato per entrambi.
« Chuuya! Hai detto che mi preferisci al vino? »
« Sta zitto, non farmene pentire! »
Chuuya si rivoltò nella sua presa, iniziando a pizzicare qualsiasi lembo di pelle fosse a sua disposizione.
Aveva dato le spalle alla pioggia e si era scordato fosse lì senza nemmeno accorgersene.
Se Dazai poteva risolvere il problema tenendolo stretto a sé allora non si sarebbe tirato indietro.
Quel piovoso pomeriggio estivo non faceva più paura a Chuuya.

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Capitolo 3
*** Tempest ***


★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 736
★ Prompt/Traccia: 6. Lacrime che si confondono con la pioggia
 

 

3. Tempest
Un violento acquazzone



Chuuya aveva sempre la sensazione, forse infondata, che spesso Dazai fosse triste e non lo dicesse. Quando era ancora alla Port Mafia gli sembrava sempre un po’ troppo tetro, ombroso e serio per la sua età.
Chuuya non sapeva perché ed era certo che avrebbe continuato ad essere così: la condanna di Dazai era essere sempre un passo avanti agli altri, sempre con uno scarto alle spalle che impediva a chiunque di avvicinarlo.
Chiunque, a meno che non fosse un genio come lui.
Chuuya non era un genio, poteva fare giusto quello che riusciva per l’altro, tentare di colmare quell’abisso che li divideva. Ed era un minimo, molto meno di quanto avrebbe voluto.
Ma una simile fossa non si poteva scavalcare: si doveva scendere e infangarsi, rischiare di annegare per guadarla.
A volerla dire tutta, se quel paragone fosse stato concreto, Chuuya avrebbe anche potuto risolvere il problema usando la propria abilità.
Quel giorno infangarsi era inevitabile: una sola pozzanghera fuori dall’auto era bastata a fargli inzaccherare i mocassini neri tirati a lucido.
Pioveva a dirotto, così tanto da aver già inzuppato Dazai.
Aveva iniziato piano, con calma, ma ora quell’acquazzone non dava cenni di volersi calmare.
Chuuya lo vedeva: una figura la cui gradazione era di un nocciola leggermente più scuro del solito a causa dell’acqua e del tempo bigio.
Sospirò.
Quell’idiota avrebbe preso un accidente.
L’antipatica pioggia leggera appiccicò i capelli di Chuuya al suo volto in pochi istanti.
Dazai era uno sciocco: probabilmente ripensare a quel momento gli avrebbe fatto credere di essere un tormentato romantico per non aver usato l’ombrello. Chuuya lo aveva solo scordato nella fretta di raggiungerlo.
Sibilò un’imprecazione.
« Vuoi ammalarti o farti ammazzare? » ruppe il ghiaccio Chuuya.
Non senza difficoltà: interrompere il flusso di pensieri di Dazai era sempre una cosa che Chuuya reputava di dover fare con estrema cautela.
Certo non lo dimostrava.
Il porto era un luogo poco sicuro per Dazai.
Chuuya credeva lo avrebbe trovato con qualcuno, magari Akutagawa. La semplice presenza del collega avrebbe dato a Dazai un motivo plausibile per trovarsi lì e per la verità anche una copertura.
Di sicuro Mori non avrebbe inviato uno squadrone appositamente per liberarsi di Dazai in quelle circostanze del tutto fortuite, ma Chuuya avrebbe voluto che l’ex compagno ragionasse di più e non si mettesse in pericolo.
Frustrazione.
Dazai doveva aver già calcolato tutto, che non avrebbe corso alcun pericolo e che Chuuya avrebbe fatto in tempo a raggiungerlo senza problemi. Era lui quello che non ragionava e non riusciva a mantenere il suo passo.
Dazai fissava il mare, Chuuya al suo fianco.
Lo degnò solo allora di uno sguardo, un sorriso tirato.
« Nessuna delle due », gli rispose. « Tu sei insolitamente pimpante per un giorno piovoso. »
La preoccupazione gli faceva scordare il senso di angoscia che comunque provava.
Come sempre Dazai dirottava il problema, pur avendo chiamato per primo per chiedere aiuto.
Lo punzecchiava per svalutare la situazione e diamine se questo innervosiva Chuuya.
Il volto di Dazai era rigato dalla pioggia. O forse…
Chuuya allungò entrambe le mani verso le sue guance. Aveva tolto i guanti perché come il cappello non si inzuppassero. Tanto valeva che parlassero come se nulla fosse: ormai la pioggia li aveva già infradiciati.
I palmi si poggiarono sul suo viso, le dita lo ispezionarono; i polpastrelli sfiorarono gli angoli degli occhi, i pollici navigarono sul solco delle occhiaie.
Da quanto non dormiva?
« … Mh. »
« Che fai? »
« Niente. »
Dazai chiuse gli occhi e portò una mano su quella di Chuuya.
« Tu invece? Rimpiangevi i vecchi tempi? » incalzò il rosso.
« Volevo vederti. »
Chuuya rimase in silenzio.
Dazai avrebbe potuto ribattere, ma aveva scelto di essere sincero.
Il rosso annuì e si avvicinò al suo fianco, la pioggia scrosciante che cadeva sulle loro dita intrecciate, quasi a volerle far scivolare.
« Al solito posto? »
« Sarebbe fantastico. »
Chuuya gli sorrise.
« Vieni, andiamo a farci un bagno caldo. »
Agli angoli degli occhi di Dazai, Chuuya aveva davvero trovato delle lacrime e le aveva asciugate e questo anche Dazai lo sapeva.
Forse era per il ricordo di qualcuno, forse per qualche evento spiacevole.
Chuuya non ne conosceva la ragione, ma Dazai gliel’avrebbe rivelata prima o poi; chiedendo non avrebbe ottenuto nulla.
Ciò che poteva fare era essere sempre pronto ad asciugare quelle lacrime in qualsiasi momento.

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Capitolo 4
*** Deluge ***


★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Rainy Time” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 854
★ Prompt/Traccia: 9. A e B si ritrovano con la casa allagata per la troppa pioggia.



 
4. Deluge
Una grande quantità di pioggia che provoca allagamenti


 
« Dazai sei un imbecille! »
Ah, quelle soavi parole.
Dazai aveva perso il conto delle volte in cui, con una sfumatura più o meno rude e cattiva, le aveva sentite pronunciare.
Quella volta Chuuya aveva ragione, anche se Dazai non lo avrebbe mai ammesso.
Dopotutto aveva scordato una finestra spalancata mentre fuori un acquazzone minacciava di imperversare come logico successore di una fitta pioggerellina primaverile.
Lui e Chuuya erano nel loro nido d’amore, cioè nella sciatta camera del solito motel dove, lavoro permettendo, si incontravano.
Chuuya però era stato chiamato per un incarico improvviso e beh, Dazai doveva pur passare la giornata in qualche modo.
La modalità consisteva nell’andare alla ricerca di qualcosa che potesse distrarre Chuuya dal probabile imperversare di una tempesta, che l’avrebbe fatto tornare arrabbiato non solo per averlo infradiciato, ma anche per le ormai note conseguenze che la pioggia aveva su di lui.
« Se stamattina non avessi fumato la finestra sarebbe rimasta chiusa e io non avrei potuto dimenticarmela aperta! »
Quella era la vera ragione per cui Dazai si era fatto più preoccupato: fumo voleva dire che Chuuya era tropo rilassato o troppo nervoso e a giudicare dal modo in cui aveva sentito correre l’intonaco lungo lo stipite della porta quando il rosso l’aveva sbattuta uscendo di casa, immaginava si trattasse della seconda opzione.
« Ma che ragionamento è?! » ringhiò Chuuya.
Ormai Dazai soffriva il maltempo come Chuuya, perché sapeva che il suo ex-partner sarebbe stato di cattivo umore. Vedersi in quelle occasioni era molto più complesso che in passato, con Chuuya fra i dirigenti della mafia e lui all’Agenzia dei detective armati.
Dazai rimediava quando potevano vedersi per tutte le volte in cui poteva tentare di farlo solo per telefono. In quei momenti, Chuuya aveva sempre bisogno di lui anche se lo negava.
Lo stesso Chuuya che continuava a passare lo straccio sul pavimento.
Forse se Dazai lo avesse aiutato non se la sarebbe presa tanto, ma il moro preferiva far ondeggiare le gambe a mezz’aria standosene a pancia in giù sul letto, piuttosto che alzarsi e aiutare.
Rimediava al nervosismo che fattori esterni provocavano a Chuuya, ma non a quello che provocava lui. Era una contraddizione ambulante.
« Almeno vammi a prendere un altro straccio », gli disse.
Dazai non parve troppo propenso a negare anche quell’aiuto. Scese dal letto, ma invece di raggiungere il bagno, andò di fronte al mini frigo.
Aprì la porta – sotto lo sguardo inquisitore di Chuuya, che pareva non aspettare altro che rimarcare quanto non fosse la strada giusta – e ne estrasse una torta.
« … E quella? »
« È una torta. »
Chuuya fu sul punto di lanciargli una scarpa. Se si fermò fu solo perché avrebbe rovinato il dolce che voleva assolutamente mangiare.
Panna e fragole. La sua preferita.
« Se metti giù quel mocio possiamo andare a mangiarla subito. »
Chuuya fissò il manico di plastica che reggeva fra le dita, poi guardò Dazai e lo raggiunse alla scrivania.
Dazai aveva già preparato l’occorrente tra piattini, posate e un coltello. Porse a Chuuya la sua fetta.
Il rosso lo scrutava, attento e silenzioso, mentre mangiava la propria torta in silenzio.
Prima i riccioli di panna, poi la fragola.
Era arrabbiato con Dazai, quindi un grazie sarebbe stato uno strappo alla regola troppo grande.
« Per questo sei uscito? »
Dazai alzò le spalle.
« Mi andava di fare un giro e la pasticceria era lungo la strada. »
Chuuya aveva lavorato per anni con Dazai; conosceva i percorsi delle sue passeggiate ed era certo che se avesse scelto un itinerario particolare lì intorno, nessuna pasticceria sarebbe stata di strada. La più vicina era lontana chilometri, questo spiegava perché quando era tornato si stesse lamentando tanto dell’umidità.
A meno che non avesse preso un taxi, Dazai non guidava.
Aveva fatto tutta quella strada a piedi soltanto per lui.
Il rosso non parlò più, continuando a mangiare con un piccolo sorriso sulle labbra. La torta ne era la causa in minima parte.
« Allora ha funzionato », disse Dazai, la propria fetta ancora a metà.
Aveva osservato Chuuya per tutto il tempo.
« Che cosa? » chiese confuso il rosso.
« La torta. Per tirarti su di morale. »
« Allora era per quello. »
Dazai lo fissò, nessun imbarazzo nello sguardo.
« Quando sei giù di corda è inevitabile lo sia anche io », confessò tutto d’un fiato. « Sei talmente nervoso che… »
Chuuya si sporse e lo baciò. Lentamente, con gli occhi chiusi e le labbra ancora sorridenti sotto quelle di Dazai.
Se ne accorse.
Ad un soffio dal suo viso, quando si allontanò, Chuuya sussurrò.
« Eri sporco. »
Sapevano entrambi di non aver detto tutta la verità nel modo migliore e più palese, ma avevano capito questo e anche quanto avrebbero voluto dire.
Erano così, Chuuya e Dazai: vedevano oltre le proprie stesse apparenze senza difficoltà.
« Grazie. »
Le forchette tornarono a tintinnare sul fondo dei piatti, Dazai finalmente sereno e Chuuya svuotato di ogni sensazione negativa.
Fuori aveva smesso di piovere, ma se stava bene era solo merito di Dazai.



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È stata un po' una corsa, ma sono riuscita a concludere anche questa raccolta seppur non rispettando i ritmi serrati che mi ero data.
Così eccoli qui, tutti e quattro i capitoli pubblicati.
Che dire? Spero che pur non trattandosi di un racconto pretenzioso, ma solo di qualche stralcio della vita di questi due nel corso del tempo vi sia piaciuto e che vi vada di farmi sapere che cosa ne pensate <3
Grazie a chiunque abbia letto fino a qui e alla prossima!

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