Una festa perfetta

di bibliophile310
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note: Ciao a tutti, sono nuova qui :) e questa è la prima volta che pubblico qualcosa. Se ricevo recensioni positive continuerò a pubblicare un capitolo ogni lunedì. Spero vi possa piacere. Fatemi sapere! :)

«Forza, alzati pigrona. È ora di andare a scuola.» mi dice in tono scherzoso mio fratello Colin.
«Arrivo, arrivo.» dico io guardando la radiosveglia sul comodino. Le 7:15, tra quarantacinque minuti inizia un altro giorno di scuola. E con questo sono quarantadue giorni che mancano alle vacanze estive.
Non mi è mai piaciuto andare a scuola, non tanto per lo studio, perché io adoro studiare e imparare cose nuove. È l’ambiente che detesto, mi disgusta. Aule piene di adolescenti che si credono chissà chi, che si danno troppe arie, che fumano, che si permettono di insultare altri studenti, che si sentono fieri per aver saltato la scuola o per aver preso quattro in un compito in classe. Io non voglio far parte di questa generazione, io sono la tipica ragazza studiosa, e sono fiera di esserlo.
Mi alzo dal letto andando verso l’armadio, pensando a cosa indossare oggi. Opto per una gonna color beige che mi arriva appena sopra le ginocchia e una camicetta color panna, che mi è stata regalata dai miei nonni materni il Natale scorso.
Quando esco dalla mia stanza per andare in bagno, sento i miei genitori dalla cucina, al piano di sotto, che ridacchiano e si divertono per una battuta fatta da Colin.
Ho sempre avuto un buon rapporto con loro, li ho sempre ammirati per ciò che sono, per quello che sono diventati. Sono entrambi sulla quarantina, ma il loro rapporto non fa che migliorare ogni giorno, sono molto innamorati l’uno dell’altra. Ascoltando quelle risate, che ormai sono diminuite, mi dirigo in bagno per pettinare i miei lunghi capelli color miele, pensando che forse dovrei accorciarli un po’, almeno fin sotto il petto. Mi metto un po’ di ombretto beige, dello stesso colore della gonna; mi piace abbinare le cose. E finisco con il mascara sulle ciglia. Sono soddisfatta del trucco di questa mattina, mi fa risaltare gli occhi azzurri; una volta mia nonna mi disse che tutte le volte che mi guarda si perde nel mio sguardo, perché i miei occhi sono color del mare.
Dal piano di sotto sento mia madre che mi chiama.
«Alexa, sbrigati prima che tuo fratello finisca tutte le omelette!»
«Arrivo mamma, ho quasi finito. Colin, avanzamene almeno una!»
Mi metto il mio profumo preferito, che sa di rose, e scendo le scale di corsa, prima che mio fratello mi finisca anche l’ultima omelette. Mi siedo a tavola, bevo un sorso di latte e finalmente mangio la mia omelette ancora calda.
«Allora» dice mio padre «volete un passaggio a scuola o andate a piedi anche oggi?»
«Dai papà, lo sai che ci piace fare quattro passi. Non è tanto lontana la scuola. E poi Alexa deve passare a prendere Violet.»
Violet è la mia migliore amica (nonché unica amica) sin dai tempi dell’asilo e vive in una casa poco distante dalla nostra. I suoi genitori sono divorziati, ma hanno comunque un buon rapporto tra di loro e si frequentano ancora.
«Io lo chiedo sempre. Non si sa mai.»
«Quando avremo bisogno di un passaggio te lo chiederemo.» dico io a mio padre sorridendogli e portando la tazza della colazione nel lavandino.
Tutte le mattine, nostro padre, anche se conosce già la risposta, ci fa la stessa domanda. Lavora come bibliotecario nella nostra stessa scuola, alla High School of Texas, per questo ce lo chiede. All’inizio accettavamo sempre i suoi passaggi, e andavamo a prendere anche Violet; mio padre adora quella ragazza, dice che è un misto di euforia e gioia. Ma Colin dopo un po’ mi disse di nascosto che non voleva farsi vedere dai suoi amici, che lo aspettavano sempre all’entrata della scuola, con il padre, lo considerava imbarazzante. Mia madre invece fa la psicologa e riceve i suoi pazienti a casa nostra; per questo se la prende con comodo tutte le mattine, anche se io e papà le abbiamo ripetuto più volte che ha a che fare con persone che non sono tanto “normali di testa”, come le abbiamo definite scherzando una sera, e che non dovrebbe fidarsi a lasciarli entrare in casa.
Salgo al piano di sopra per lavarmi i denti e mettermi il giubbotto; intanto che aspetto Colin, come ogni mattina, do da mangiare al nostro pappagallo e quando mio fratello è pronto mando un bacio ai miei genitori dalla porta e usciamo.
È già giorno, segno che fra poco comincerà l’estate, e non vedo l’ora.
«Forse dovresti dire a papà quello che hai detto a me. Riguardo all’imbarazzo.»
«Cosa? Stai scherzando?»
«No, dico davvero. Altrimenti ogni mattina continuerà a darci il tormento con questi benedetti passaggi.»
«Alexa, non ho la minima intenzione di dirglielo. Lo ferirei troppo!»
«Già, forse hai ragione. Non ci avevo pensato.»
Si limita a fare un cenno con il capo, intanto siamo arrivati alla casa di Violet. Suoniamo il campanello e la mia migliore amica viene giù di corsa e saluta il suo cagnolino Bobby, che è spaparanzato nel giardinetto di Violet. È un Golden Retriever, ha solo pochi mesi, tre o quattro. È un batuffolo tutto marroncino con qualche sfumatura più scura sul ventre e sulle zampette ancora piccole. Mi ricordo che quando mi disse la notizia che avrebbe avuto un cane, si è messa a piangere dall’emozione. Così il giorno dopo andammo a prenderlo insieme e ci giocammo tutto il giorno.
«Ciao ragazzi. Come va?».
«Bene, e tu?» rispondiamo io e Colin all’unisono.
«Bene bene. Anche se stamattina mi sono svegliata con i piedi al posto della testa, per un po’ non sapevo più dove mi trovavo.»
Ridiamo tutti insieme, mentre siamo diretti a scuola. Violet, come la definisce mio padre, è molto euforica, saprebbe tirare su di morale chiunque! Sa quando è il momento di scherzare, e quando è il momento di stare seri. Questa è una delle sue qualità che apprezzo di più.
Giunti a scuola, Colin ci lascia per andare dai suoi amici, mentre noi ci appartiamo in un angolo aspettando il suono della campanella.
«Certo che tuo fratello non può rimpiazzarci così, con quelli là. Questa me la lego di sicuro al dito!»
«Eddai, Violet! Non prendertela. E poi, da quando ti importa così tanto di mio fratello?»
«Eh? Beh, ecco…Beh, è un amico, tutto qui.»
«Sì, un amico eh? E come mai ultimamente gli stai sempre addosso? Come questa mattina per esempio…»
«Ma cosa stai insinuando? E poi non era cotto di quella dell’altra classe? Natalie? O come si chiama…»
«Natasha» la correggo io «E comunque non lo è più. Mi ha confessato che ormai ci ha rinunciato. Ha scoperto che è già impegnata. Povero Colin. Ma è successo ancora un mese fa; non sei aggiornata amica mia.»
«Ah. Allora aggiornami tu d’ora in poi. D’accordo?»
«Come vuoi.» Le rispondo ridendo, mi fa una pernacchia, tipico di lei.
La campanella suona. Io e Violet entriamo in classe, la prima ora abbiamo storia dell’arte. Il professor Monroe sta ritirando le relazioni su David, di Michelangelo. Come al solito, quattro studenti non hanno il compito, quindi il professore assegna loro un quattro provvisorio, a matita, che secondo il mio parere doveva essere a penna; non per essere cattiva, ma è soltanto una questione di giustizia e di rispetto verso gli altri studenti.
La mia classe poteva essere suddivisa in vari gruppi: i nerd secchioni, che stavano sempre appiccicati ai loro aggeggi elettronici, le BBP, acronimo di “Barbie Biondo Platino”, composto da Ashley, Bridget e Cassie, che passavano le ore a rifarsi il trucco davanti a mini specchietti portatili, il gruppetto di mio fratello, che almeno quello consideravo normale, io e Violet, considerate dagli altri due amiche strambe, e vittime di scherzi e insulti da parte dell’ultima categoria, i ragazzi della squadra di rugby, che si davano un sacco di arie e che tenevano sempre a portata di mano una palla da rugby.
In quest’ultima categoria c’era lui. Jarrett Stone. Lui era il capitano della squadra, ma era diverso dagli altri, anche se era il ragazzo più popolare che la High School of Texas avesse mai visto, non si comportava da sfacciato come gli altri ragazzi. Non si vantava di essere il più popolare e il più voluto. E non partecipava mai agli scherzetti che ci facevano sempre gli altri. Capelli neri come la pece, occhi di un misto tra color nocciola e verde in cui potevi perderti dentro per ore e ore, fisico tonico e sexy; insomma, il tipico fidanzato che tutte le ragazze vorrebbero. Tutte tranne me.
Io non ero mai stata innamorata davvero, se non considero quella volta che alle elementari mi presi una gran cotta per Tyler Gates, un ragazzo, anzi, all’epoca un bambino, che restò in Texas solo per pochi anni e poi si trasferì in California. Riuscì a parlargli solo una volta, in mensa, quando per sbaglio mi calpestò un piede e mi chiese scusa, allora io risposi: «Fa niente.» Fine della conversazione. E fine della mia vita amorosa.
Non voglio avere una relazione adesso, non che mi sia mai capitata l’occasione, ma non voglio innamorarmi, sapendo che tra meno di un anno prenderemo tutti strade diverse, per via del college.
Tutte le ragazze cadono ai piedi di Jarrett appena si accorgono che lui fa un cenno nella loro direzione. Peccato che a lui non interessi nessuna di loro; nessuna tranne Isabel, la sua ragazza. Isabel si trasferì in Texas l’anno scorso, e appena i due si videro, scoppiò subito la scintilla. Fatti l’uno per l’altra. Lui sexy e muscoloso, lei Barbie. Infatti Isabel ci mise poco meno di una settimana ad entrare a far parte delle BBP, ma poi le altre erano talmente gelose del fatto che lei fosse riuscita a conquistare il cuore di Jarrett, che dopo un giorno la cacciarono dal gruppo.
All’improvviso il telefono di Violet squilla e tutti si girano nella nostra direzione. Lei sussurra: «Merda.»
«Signorina Scott, sarebbe così gentile da spegnere il suo telefonino?»
«Si professore, scusi l’avevo dimenticato acceso.»
Monroe borbotta qualcosa, e si rimette a fare schemi alla lavagna; intanto da infondo alla classe si sentono commenti stupidi e Violet se ne accorge.
«Lascia perdere. Non ne vale la pena.» le dico io. Ma lei non risponde e inizia a scarabocchiare sul suo block notes. Poi me lo mostra:
 
È ora di agire. Non dobbiamo più farci mettere i piedi in testa da quelli.
 
Rispondo:
 
Qualunque cosa tu abbia in mente, non farlo.
 
E lei:
 
No, questo episodio è solo uno dei tanti. Adesso voglio fargliela pagare una volta per tutte.
 
E poi strappa via la pagina del block notes, segno che non vuole sentire altre obiezioni. Non sapevo bene cosa avesse in mente di fare, ma su una cosa aveva ragione. Queste cose dovevano finire una volta per tutte.
Per tutti gli anni io e Violet siamo state colpite dai loro giochetti e scherzi, ma ora era il momento di fare qualcosa.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Note: Ecco qui il secondo capitolo, è un pò più corto rispetto al primo, quindi pubblicherò subito anche il terzo. Spero vi piaccia. Fatemi sapere! Bacio :)

Dopo la scuola, non sapevo ancora quali fossero i piani di Violet. Così durante il tragitto verso casa glielo chiesi: «Allora Violet, mi vuoi dire cos’hai in mente di fare ai ragazzi della squadra di rugby?».
«Ancora no. Devo perfezionare alcune cosette e poi questa sera ti telefono.»
«Cosa state escogitando voi due?» chiede Colin.
«E a te che importa??» chiede Violet, su di giri.
«Violet!» la rimprovero io. Quando è nervosa, Violet risponde alle persone con un po’ di sfacciataggine, ma in quel momento proprio non capivo il motivo del suo nervosismo; forse era perché mio fratello ci aveva fatto quella domanda, e lei voleva tenere nascosto il suo “piano di vendetta”, oppure mio fratello la innervosiva. Colin era sempre stato bruttino fino ai primi anni del liceo, era piuttosto magrolino, e soffriva di acne. Ma dopo la terza liceo, quando si innamorò di Natasha, decise di andare in palestra per mettere su un po’ di muscoli e di andare da un dermatologo; dopo un mese aveva la pelle perfetta come quella di un bambino. Qualche volta gli rubavo un po’ di quella crema magica, appena mi accorgevo di un brufolo sospetto sulla faccia. Quindi Colin divenne piuttosto carino. Violet nel frattempo, durante la terza liceo, era innamorata di un certo Gabriel, per metà spagnolo e metà americano, lei gli chiese di uscire, ma lui rifiutò. Così da quel giorno in poi, Violet non gli parlò più e tuttora lo considera un deficiente.
Ora che siamo in quarta liceo sto iniziando a notare che quando Colin esprime un’opinione su qualcosa, lei è sempre d’accordo. Quando andiamo a scuola stanno sempre attaccati. Forse anche mio fratello prova qualcosa, lo vedo diverso ultimamente. Sarà meglio che gliene parli.
«Che c’è?» mi chiede Violet.
«Colin ci ha solo fatto una domanda.»
«Sì, ma ecco…tu, vuoi dirglielo?» mi dice trascinandomi qualche metro più in là, in modo che Colin non senta.
«Sì, io penso di sì. Potrebbe aiutarci. Gliene parlerò stasera con calma, dopo che tu mi avrai telefonato.»
«Va bene.» ci saluta, mentre entra nel cancello di casa sua.
«Cos’è? Adesso avete anche i segreti come le bambine delle elementari?» dice Colin scherzando.
«Ma quali segreti?» lo spintono un po’, «te ne parlerò a casa stasera. Non ti preoccupare, sai che ti dico sempre tutto io. Forse sei tu che non mi dici proprio tutto tutto.»
 
Durante il pomeriggio mi concentro su biologia, domani ci sarà il test. Intanto sento un delizioso profumino provenire dal piano di sotto. Mele in camicia, il mio dolce preferito. Mamma adora cucinare dolci, tutto quello che sa sulla cucina, glielo ha insegnato la nonna. Durante l’estate mi piace andare a casa sua a prendere lezioni di cucina. A casa poi mi sbizzarrisco un po’, ma i risultati non sono proprio soddisfacenti. Pazienza, si vede che non sono portata per questo genere di cose.
«Alexa, mi spiegheresti che cos’è un cromosoma?» mi chiede mio fratello. Colin è sempre stato bravo a scuola, ma ci mette un po’ a capire le cose, ha i suoi ritmi.
Vado nella sua stanza e provo a spiegargli che cosa sia un cromosoma.
«Mmh, credo di non aver capito.» Mai una volta che capisca qualcosa al volo. Tento di rispiegarglielo con parole più semplici, e finalmente mi sembra abbia capito.
«Oh, ora ho capito. Grazie sorellina! Era più facile di quanto credessi.»
Gli sorrido, e torno in camera mia a finire di studiare.
 
Come previsto, alla sera ricevo la telefonata di Violet.
«Allora, Alexa. Questo è il piano. Giovedì, il giorno degli allenamenti, entriamo negli spogliatoi maschili e lasciamo negli armadietti dei volantini per una festa.»
«Una festa?» chiedo io perplessa.
«Sì, una finta festa, dove solo loro sono gli invitati. Ci saremo solo noi e loro. Sabato, all’oratorio, per le nove. Loro non rinunceranno mai ad una festa. Quindi noi arriviamo mezz’ora prima. Montiamo delle videocamere, per registrare l’esilarante evento. Ci prepariamo con le luci spente, così quando arrivano, iniziano a chiamare se c’è qualcuno e noi iniziamo a fare le stupide, facendo finta di essere le BBP, dicendo cose del tipo: “Ciao ragazzi. Siamo solo noi, voi e noi Barbie.”, cercando di imitare il più possibile le loro vocine idiote. Così li provochiamo un po’ e diciamo loro che la vera festa è al piano di sopra, dove ci sono dei letti che ci aspettano.»
«Oddio Violet, è disgustoso.»
«Aspetta, fammi finire. Così noi ordiniamo loro di togliersi tutti i vestiti, quindi tuo fratello accende tutte le luci. E sbam, fregati!»
«E pensi che a loro importi se noi vediamo i loro gioiellini? Continueranno a darci fastidio comunque.»
«No, tesoro. Li ricattiamo, diciamo che se non la smettono di darci il tormento quel video verrà trasmesso al ballo scolastico!»
«Ah. Hai pensato proprio a tutto! Ma non so, io non me la sento… E se poi succede qualcosa?»
«Ma che vuoi che succeda? Devi stare tranquilla. Quelli infondo infondo sono soltanto dei cretinetti che quando c’è da essere uomini, spariscono. Lo sappiamo entrambe.»
«Mmh...D’accordo, come vuoi tu. Speriamo che almeno funzioni.»
«Fidati. Funzionerà eccome. Ora devo andare, a domani. Baci baci!»
«A domani.»
 
«Allora. Adesso puoi dirmi cosa avete in mente tu e Violet?»
Vedo Colin sulla soglia della mia porta.
«Colin! Hai origliato tutta la telefonata??»
«No, sono appena entrato! Ora parla. Era quello l’accordo.»
«Certo certo. Allora…»
Gli racconto tutto il piano per filo e per segno e lui ascolta entusiasta.
«Allora, ti è tutto chiaro?»
«Sì. Mamma mia, Violet è pazza.» dice sorridendo.
«Già, a proposito di lei…Non è che voi due avete qualcosa da dirmi?»
«Per esempio?»
«Per esempio che ve ne state sempre appiccicati...»
«Non ti scappa nulla è. Va bene. Il fatto è che ho notato che, come dici tu, Violet mi sta sempre intorno. Così sto cercando di capire se prova qualcosa per me. Ma, fidati, io non provo nulla per lei. Almeno finora.»
«Ecco. Avevo ragione.» dico vantandomi un po’. «Comunque i sentimenti cambiano. Le persone cambiano. Penso che Violet sia proprio cotta di te. Non so, provo a parlarle domani.»
«Sì, ma non dirle che noi abbiamo parlato di lei. Vedi, io in tutti questi anni l’ho vista solo come una buona amica. È molto carina, lo ammetto, ma non l’ho mai vista come qualcosa cosa di più. Non so che effetto mi farebbe essere il suo ragazzo. Capisci?»
«Non proprio, io non sono un’esperta in fatto di amore. Ma stai tranquillo, non le dirò che abbiamo parlato di questo.»
«Grazie. Forse riuscirò a capirci un po’ di più.» dice dandomi un bacetto sulla guancia.
Io e Colin siamo sempre stati affettuosi, tant’è che quando usciamo insieme, ci scambiano per una coppietta di fidanzati. Ma il tempo migliore che passiamo insieme è il dopocena, quando stiamo anche ore e ore a parlare e a confidarci in camera mia, o sua.
 
Guardo l’ora dalla mia radiosveglia. Le 21.  Scendo di sotto dai miei genitori, che stanno guardando la TV.
«Io vado a dormire.» dico.
«Di già?» mi chiede papà, guardando l’orologio a pendolo in salotto.
«Sì, sono stanca.»
«Va bene. Notte.»
«Buonanotte tesoro.» aggiunge mia madre.
«Notte. Vi voglio bene.» dico io, salendo in camera mia.
Vado in bagno a lavarmi i denti e a togliermi il trucco di oggi. Mi metto il pigiama e mi infilo sotto le coperte con il mio iPod. Lo accendo e l’ultima canzone riprodotta è una pop-rock. Decisamente no. Quindi metto su una canzone rilassante, una canzone al pianoforte.
Con le mani sopra le coperte cerco di tenere il ritmo della canzone, finché non mi calano le palpebre e mi addormento, mentre fuori, il mondo, è ancora sveglio.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Note: Ecco come promesso anche il terzo capitolo!

Il giorno dopo, a scuola, faccio il compito di biologia. Punto al nove.
Intanto Violet è eccitatissima per quel suo piano, mentre io, al contrario, sono abbastanza in ansia. Se questa cosa non dovesse andare bene, saremmo tutti e tre nei pasticci; non voglio nemmeno pensarci, comunque da una parte sono felice anche io di farla pagare a quei rompiscatole.
Dopo il compito di biologia usciamo dall’aula, per andare in palestra. Ecco, inizia il mio inferno. In tutte le materie me la cavo bene, tranne educazione fisica. Sono letteralmente incapace di prendere una palla, di calciarla, di fare un canestro e molto altro ancora. Proprio la ginnastica non fa per me, fin da piccola sono sempre stata impacciata.
I miei compagni di classe mi conoscono come raccattapalle, perché durante le ore non faccio altro che evitare le palle, cosa facile, visto che nessuno rischia di passarmele, per non far perdere punti alla squadra. E l’altra cosa è che appena una palla esce fuoricampo sono io quella che va a recuperarla. Strano che non sia mai inciampata in quella cosa rotonda che mi fa una gran paura.
Non so spiegarmi la mia incapacità motoria, da piccola ho anche provato a prendere delle lezioni, ma niente da fare.
 
«Ragazze, voi sapete cosa faremo oggi a ginnastica?» chiede Bridget, una delle barbie, al suo gruppetto BBP, mentre entrano negli spogliatoi femminili con cinque minuti di ritardo.
«Non so, spero di non sudare troppo o di non fare basket, ieri sono giusto andata a rifarmi la tinta e la manicure.» dice Ashley con un’aria drammatica.
«Uh. Facci vedere.» ribadisce Cassie «Wow! Questa volta il tuo parrucchiere e la tua estetista hanno fatto un lavoro meraviglioso!»
«Cosa vuoi dire? Che le altre volte non avevano fatto un buon lavoro?»
«Oh no! Dico solo che questa manicure e questa tinta sono i migliori finora.» risponde Cassie.
Ashley fa un risolino orgogliosa e inizia a cambiarsi. Le altre fanno lo stesso.
«Vediamo come si sono vestite oggi. Da semaforo o con mini shorts leopardati? Tu cosa dici?» mi bisbiglia Violet.
Io sghignazzo, e le rispondo: «Ah ah. Non so, secondo me si tolgono solamente i vestiti e vengono giù in mutande e reggiseno!»
Le BBP sono molto note per il loro abbigliamento sportivo, ossia pantaloncini attillati cortissimi giallo fluorescente e top altrettanto color semaforo. Oppure sempre shorts e top leopardati, zebrati, e chi più ne ha, più ne metta. Le tre barbie si vestono sempre in modo uguale a educazione fisica e il giorno prima si mettono sempre d’accordo.
Oggi hanno tutte e tre top rosa e shorts altrettanto rosa, molto appariscenti. Io do una gomitata a Violet e mi metto un dito in bocca, come gesto da vomito; lei si mette a ridere.
Andiamo giù a lezione e la professoressa Roberts ci annuncia che oggi faremo basket, per la gioia di Ashley, infatti si sentono delle lamentele provenire dalla parte delle Barbie. Vengono assegnati i capitani delle tre squadre, Colin, uno dei nerd e uno dei giocatori di rugby. Ovviamente io vengo scelta per ultima, nemmeno Colin è clemente con me, non vuole far perdere la sua squadra a causa mia. Mi fa un segno di scuse e io gli sorrido alzando le spalle, come a dire che ormai ci sono abituata.
Una cosa buona c’è, Violet è in squadra con me. Iniziamo la partita e nessuno osa passarmi la palla, tanto meglio. Non rischio di spaccarmi qualche osso, sarei capace persino di quello. Me ne sto in disparte, in difesa sotto il canestro, a non fare nulla.
«Alexa, dai, fai qualcosa anche tu. Ragazzi, passate la palla anche ad Alexa!» dice Roberts.
Allora, parte della squadra, soprattutto i ragazzi più competitivi, si lamentano e fanno un paio di passaggi, dopodiché uno dei nerd della mia squadra mi passa la palla, che non riesco a prendere, naturalmente.
Anzi, mi finisce dritta sul naso.
 
Mi risveglio in infermeria, dopo un tempo che non so definire. Trovo mia madre al mio fianco, che mi tiene la mano, e Violet seduta su una poltroncina infondo all’unico lettino dell’infermeria scolastica.
«Alexa, tesoro. Come stai?» mi chiede mia madre.
«Alexa. Ti sei svegliata finalmente!» dice Violet alzandosi dalla poltroncina e venendo verso di me.
«C-cosa è successo?» chiedo io confusa.
«Quel nerd di Jerry ti ha tirato una palla da basket sul naso e sei svenuta. Appena lo vedo lo sistemo io!» mi risponde Violet.
All’improvviso ricordo tutto. La professoressa che mi richiama perché non faccio nulla e Jerry che mi tira la palla, ma io non riesco a prenderla. Sento un improvviso prurito al naso e cerco di grattarmi, ma mia madre mi blocca subito.
«Ah ah. No, Alexa, quel ragazzo, purtroppo ti ha rotto il naso.»
Oddio. Non ci credo. Non potrò mai più farmi vedere in giro.
Mia madre mi porge uno specchietto. Non tanto grave come pensavo. Ho solo un cerottone bianco che mi copre buona parte del setto nasale.
«Amore, stai bene? Come ti senti?» mi chiede mia madre.
«Sto bene, tranquilla mamma. Ho solo un forte prurito al naso.»
«Ah, bene. Hai bisogno di qualcosa? Hai fame? Freddo?»
«No, mamma. Sto bene, non ho bisogno di nulla. Stai calma.» dico io sorridendole.
All’improvviso entra l’infermiera della scuola, una donna piccoletta e formosa.
«Ah, ti sei svegliata cara? Hai male da qualche parte?»
«No, ma ho molto prurito al naso.»
«È normale, ce l’hai rotto. Ora ti ho messo quel cerotto provvisorio, non è necessario andare all’ospedale. Il naso si aggiusterà da solo, devi tenere il cerotto per una settimana e cambiarlo ogni mattina. Ve ne lascio un paio.» dice l’infermiera porgendo un po’ di quei cerottoni a mia madre.
«Ma se vedete che si gonfia, o se ti fa molto male, andate all’ospedale. Per il prurito, ti passerà in un paio di ore.» conclude l’infermiera.
«Okay. Possiamo andare a casa?» chiedo io.
«Sì, dovete solo firmare qualche modulo e poi potete andare.»
«Va bene. Grazie di tutto.» dice mia madre.
 
Quando torniamo a casa, ormai è finita la scuola. Colin è già arrivato. Appena mi vede, viene ad abbracciarmi e a chiedermi come sto.
«Sto bene, sto bene. Non stritolarmi così!» gli dico io sorridendogli.
«Dio, la ginnastica non fa proprio per te, eh?»
«Si sapeva!»
Sono un po’ stanca, sarà l’effetto delle medicine, quindi mi metto sul divano a guardare la TV. Stanno trasmettendo Neverland – Un sogno per la vita, in cui recita Johnny Depp. Li guarderei per ore e ore solamente perché c’è lui che recita! È il mio attore preferito! Oh no… Già la pubblicità.
Ripenso alla giornata di oggi, domani sarò di sicuro lo zimbello della scuola. Potrei inventarmi una scusa per non andarci. Di sicuro mia madre mi farà stare a casa.
Mi vibra il telefono. Un messaggio da Violet.
 
Ehi tesoro, come stai?
 
Ciao. Tutto bene. Ho solo questo fastidioso prurito.
 
Immagino. Cosa stai facendo di bello?
 
Guardo un film in cui c’è Johnny Depp. Vuoi venire qui a vederlo con me? :)
Rispondo sorridendo, sapendo che è anche il suo di attore preferito. Non so quante volte abbiamo passato a parlare di lui e a guardare sue foto bellissime.
 
Sono lì tra cinque minuti! :)
 
Mi alzo dal divano per andare in cucina a preparare i pop-corn. È una delle attività che io e Violet preferiamo fare il sabato sera, guardare film di Johnny Depp, mangiando pop-corn. Anche se oggi non è sabato, ma tanto domani non sarà una giornata impegnativa. Almeno per me, visto che sto considerando veramente l’idea di non andare a scuola.
 
«È così commovente!» dice Violet con gli occhi lucidi.
«Sì, l’avrò visto tre volte. Ma ogni volta è sempre un’emozione.» dico io, con le lacrime che ormai mi inzuppano il viso.
«Poi lui rende i film così belli.»
 
Alla fine del film dico a Violet che non ho intenzione di andare a scuola domani, ma lei ribatte: «Dai, ma da quando te ne importa di cosa pensa la gente?»
«Niente. È solo che non so, pensare di andare in giro con questo coso… E’ imbarazzante, non trovi?»
«Mmh…Sì, forse un pochino. Ma di certo non puoi stare chiusa in casa per una settimana. Perderai tutte le lezioni.»
«Sì, hai ragione. Mi hai convinta. Tanto prima o poi devo farmi vedere in giro, no?»
«Infatti» fa lei «Senti, hai più pensato a quel nostro piano?»
«Più tuo che nostro» le faccio notare «Comunque, no. Ma penso che sia ora che io tiri fuori un po’ di coraggio! Quindi, cosa aspettiamo?»
«Davvero?? Wow! Bene, bene, benissimo!» esulta Violet saltellando.
Intanto arriva Colin dal piano di sopra e ci chiede il perché di tanto fracasso.
«Tua sorella ha finalmente tirato fuori un po’ di grinta! Ci aiuterà con il piano!»
«Non ci credo! Dove è finita la vera Alexa?? Alexa, Alexa, vieni fuori!» dice lui fingendo di cercarmi.
«Se non volete che rinunci ad aiutarvi a questo stupido piano, smettetela di prendermi in giro!» dico io a entrambi facendo una smorfia.
«Ehi, io non ho detto niente! Colpa sua» dice Violet indicando Colin «Sì è fatto tardi, muchachos. Devo andare.»
«Da quando in qua sai lo spagnolo?» chiede Colin divertito.
«Da quando ho fatto quel meraviglioso viaggio a Barcellona!»
Violet aveva sempre desiderato imparare lo spagnolo, così l’anno scorso le venne in mente l’idea di andare in Spagna, e andò tutto il mese di luglio a Barcellona con sua madre. Ora sa solamente qualche parola, ma vorrebbe studiarlo meglio.
«Ti accompagno a casa Violet.» dico io.
Ci avviamo alla porta, Violet è già in strada, mentre chiudo la porta, Colin mi raggiunge.
«Hai già parlato a Violet di…di noi due?»
«Di voi due? Uh la cosa si fa seria.» rispondo io, sghignazzando.
«Non fare la stupida. Parlale ora, no?»
«Va bene, va bene.»

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Note: Ciao a tutti :) ecco il quarto capitolo della mia storia. Anche questo capitolo è un pò breve, ma spero vi possa comunque piacere! Abbiate pazienza, che tra un pò succede qualcosa di bello nella storia! Intanto fatemi sapere cosa ne pensate su questo, baci <3

«Violet, volevo parlarti di una cosa.» inizio io.
«Devo preoccuparmi?» chiede alzando un sopracciglio «non dirmi che hai già cambiato idea per il piano??»
«No, no tranquilla. Ormai sono dei vostri.» dico facendole l’occhiolino «quello di cui volevo parlarti riguarda Colin.»
«Co-Colin?» fa lei con le guance leggermente arrosate.
«Sì, proprio lui. Hai presente quel ragazzo che abita con me e che è mio fratello?» le domando io in modo ironico.
«Dai, sputa il rospo!» dice Violet dandomi una pacca sulla spalla.
«Okay, okay. Il fatto è che fin da piccoli, noi tre, siamo sempre stati una grande squadra. Eravamo sempre insieme, sempre inseparabili. Nessuno ci poteva separare. Ma ultimamente mi accorgo che tu e mio fratello state sempre molto vicini, vi abbracciate più spesso. Non avrei mai...»
«Aspetta» mi interrompe lei «non starai mica pensando che io e Colin vogliamo sbarazzarci di te? Perché in quel caso ti sbagli mia cara, questo non succederà mai. Poi lui è tuo fratello, come farebbe a sbarazzarsi di te?»
«No, no, Violet. Non stavo affatto pensando a quello. Stavo dicendo che non avrei mai pensato che tra te e mio fratello, ecco… potesse nascere qualcosa.»
Violet scoppia in una risata sonora, ma mi accorgo che è rossa in faccia.
«Dai, Violet. Dico sul serio, tu provi qualcosa per mio fratello?»
Violet smette all’improvviso di ridere, sorpresa, conoscendola, del fatto che io sia giunta finalmente al succo del discorso.
«Sì» inizia lei, improvvisamente seria «ti ricordi quando l’anno scorso mi chiese di andare al ballo scolastico con lui solo per far ingelosire Natasha? Bè, è stato dopo quella serata lì che mi sono innamorata. Sapevo che quel ballo non contava niente, perché era solo una tattica per far ingelosire Natasha, però fu una serata fantastica. Quando ritornai a casa, avevo le farfalle nello stomaco. Ma sapevo che era sbagliato, perché sapevo che lui non provava niente del genere per me. Anzi, era stracotto di questa diamine di Natasha. All’inizio pensavo sempre che fosse una cosa temporanea, che sarebbe durata solamente un paio di giorni, ma sono passati due anni e sono ancora innamorata di lui.»
«Wow, Violet. Non pensavo che quel ballo ti avesse scombussolata tanto. Ma perché non me l’hai mai detto prima? Perché ho dovuto tirarti fuori la verità io?»
Non capivo perché Violet mi avesse tenuto nascosto questa cosa, forse perché si trattava di mio fratello.
«Perché, ripeto, pensavo fosse una cosa momentanea. Poi, dai, insomma…tuo fratello!»
«Bè, non c’è niente di male. Mio fratello è un tipo okay.»
«Lo so, lo so. Ma non credi che sarebbe un po’ imbarazzante? Insomma, tutti questi anni grandi amici e poi…fidanzati?»
«Ma Violet, io non sto dicendo che voi due dovete mettervi insieme. Dico solo che, se anche Colin prova gli stessi sentimenti per te, allora potreste uscire una sera da soli e vedere come va. Per quanto riguarda l’imbarazzo, è ovvio che all’inizio ce ne sia un po’, ma in ogni coppia, credo.»
«Tu dici? E come faccio a chiedergli di uscire? Non ho mai chiesto a nessuno di uscire. Oddio!» dice lei agitandosi «E se poi non gli piaccio? Oddio Alexa, devi aiutarmi, devi dirmi cosa gli piace e cosa non. Ti prego Alexa, sto impazzendo.»
«Va bene, va bene, ma posso solo dirti i suoi gusti, perché nemmeno io ho mai chiesto a qualcuno di uscire.»
Intanto siamo arrivate a casa di Violet e dobbiamo salutarci.
«Aspetta, ma quando hai intenzione di aiutarmi con l’appuntamento?» mi chiede Violet.
«Quando chiederai a Colin di uscire, così ti preparo per bene sui suoi gusti. Poi andiamo a prendere un bell’abito da Mary’s Clothes e ti faccio il trucco.»
Mary’s Clothes è un negozio adatto a ragazze della nostra età, ha i vestiti più belli del mondo, vestiti per ogni occasione, serate romantiche, serate galà, vestiti per feste in maschera e molti altri.
«Grazie, io ti adoro.» dice Violet gettandomi le braccia al collo «e ti adorerei di più se tu gli chiedessi da parte mia di uscire.» aggiunge.
«Ah no. Questo devi chiederglielo tu.» le dico io in tono di rimprovero.
«Okay» fa lei entrando in casa «a domani. Grazie di tutto.»
«Ciao ciao»
 
Quando entro in casa Colin mi sta già aspettando sul divano.
«Allora, cosa ti ha detto??»
«Ah niente di particolare, è probabile che lei provi qualcosa per te, ma non lo sa nemmeno lei, è un po’ confusa.»
Non posso dire a Colin che Violet è follemente innamorata di lui, deve essere lei a dichiararsi, su questo non c’è dubbio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Note: Ecco qui il quinto capitolo! Può risultare un pò noioso, ma abbiate pazienza, che tra qualche capitolo succederà qualcosa di interessante! Buona lettura <3

L’indomani a scuola cerco il più possibile di coprirmi la faccia con le mani, ma non risolvo molto.
Ovviamente in classe se ne accorgono subito, soprattutto i ragazzi della squadra di rugby, che non fanno altro che prendermi in giro. E Jerry mi chiede scusa in continuazione per avermi spaccato il naso.
«Jerry, sta tranquillo. Non è stata colpa tua, sono stata io che non ho preso la palla.»
 
In mensa Violet tira fuori il discorso del piano contro i giocatori di rugby.
«Allora, sabato si avvicina. Pronta?»
«Sono nata pronta, tesoro.» le faccio io con un sorrisetto furbo, anche se in realtà continuo a pensare che non sia una buona idea, ma nella vita bisogna anche rischiare, no?
«Evvai, così ti voglio!» esulta Violet «quindi, oggi è giovedì, il giorno degli allenamenti. Ieri ho preparato questi volantini, guarda.»
Mi porge dei foglietti, dove ci sono tutti i dettagli per la finta festa all’oratorio.
«Dopo le ultime due lezioni, ci intrufoliamo nei loro spogliatoi e tappezziamo i muri di questi volantini.»
«Ma gli allenamenti sono subito dopo le lezioni, e se ci beccano?»
«Tranquilla, sono un quarto d’ora dopo, e loro si fermano sempre al bar. Non sono mai in anticipo.»
«Okay, mi fido di te.»
«Fai bene baby.» dice lei facendomi l’occhiolino.
Suona il campanello, così io e Violet andiamo alla prossima lezione, matematica.
«Guardali come ridono e scherzano, ma dopo sabato non avranno più quel ghigno sulla faccia!»
«Stai tranquilla, Violet. Dobbiamo comportarci come se niente fosse.»
«Giusto, hai ragione. Oddio ma che cavolo è quella cosa che scrive alla lavagna il prof? Non ci capisco niente.»
Violet ha sempre odiato la matematica, fin da piccola. Nelle altre materie è molto brava se si impegna, ma la matematica proprio non fa per lei. Come me con la ginnastica.
«È un’equazione.» le dico io.
«Ah un’equazione, quello che pensavo anche io.» mi dice lei.
«Sì, certo.» le faccio io sghignazzando.
«Sì, sì, prendi in giro. Poi ti prendo in giro io a ginnastica.» mi dice facendomi la linguaccia.
«Dai, concentrati per altri 30 minuti, che poi c’è chimica, la tua materia preferita.»
«Ah, l’unica cosa che mi dà gioia in questa scuola.»
 
Dopo matematica e chimica io Violet andiamo subito negli spogliatoi maschili e iniziamo a tappezzare gli armadietti con i volantini.
«Oddio, che puzza di sudore!» esclama Violet.
 «Ah ah. Io non sento niente, avere il naso rotto ha i suoi vantaggi!».
Finiamo di attaccare gli inviti della festa, o per meglio dire, della finta festa, e usciamo fuori per andare a casa.
Nel corridoio incrociamo Jarrett, che non fa caso a noi. Per fortuna. Lui è un bravo ragazzo, a differenza dei suoi compagni di squadra, non voglio che venga a quella “festa”, lui non ha fatto nulla di male.
«Violet, non dirmi che abbiamo messo i volantini anche sull’armadietto di Jarrett??»
«Sì. Abbiamo tappezzato tutto. Il nostro piano andrà a meraviglia!» risponde lei con un sorriso che le arriva fino agli occhi.
«Ma lui non se lo merita, lo sai che è diverso dagli altri. Non avremmo dovuto mettere l’invito anche sul suo armadietto!»
«Dai Alexa, ma che ti importa?? Tanto io penso che in fondo anche lui sia uguale a tutti gli altri.»
«Come fai a dirlo? Senti, noi vogliamo vendicarci di quelli che ci prendono in giro, e Jarrett non ci ha mai deriso.»
«È vero, su questo hai ragione. Però ormai non possiamo più farci niente. Dobbiamo solo sperare che lui non venga. In fondo non è sempre presente a tutte le feste, no?»
«Sì, speriamo.»
Intanto siamo arrivati a casa di Violet, e c’è Bobby tutto euforico che la sta aspettando.
 
Quando arrivo a casa, Colin è in cucina che mangia un muffin.
«Uh, muffin al cioccolato! Ne è rimasto uno anche per me??»
«Appena sfornati.» dice mia madre porgendomene uno.
Poi spegne il forno e va sul divano a leggere un libro, io ne approfitto per aggiornare Colin sulla festa.
«Prima abbiamo messo gli inviti per la “festa” negli spogliatoi.»
«Ce ne avete messo del tempo. Mamma mi ha chiesto perché non sei rientrata con me. Le ho detto che ti sei fermata a parlare con un professore.»
«Bravo!» faccio io alzando il pollice.
Una volta finito il muffin, vado in camera mia a fare inglese, devo scrivere un testo di trecento parole. Mi viene facile, perché mi è sempre piaciuto scrivere, sin da piccola. Questa mia passione iniziò quando, in terza elementare, la maestra ci assegnò il compito di tenere un diario settimanale, ogni settimana dovevamo scrivere una pagina di diario. Io superavo sempre la pagina, e la maestra era sempre contenta. Da lì in poi non smisi più di scrivere. Ora sto completando il mio quinto diario.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Note: Ciao a tutti, ecco a voi il sesto episodio della mia storia. Ecco che qui, alla fine del capitolo trovate qualcosa di interessante. Portate pazienza ahahah. Baci ciao <3

«Guarda come sono su di giri per sabato!» mi fa notare Violet in classe.
Io mi giro verso i ragazzi e per un secondo incrocio gli occhi di Jarrett, che…mi stanno fissando! Sento il rossore salirmi sulle guance e mi volto subito. Perché mi stava fissando? Oddio, ho qualcosa tra i capelli? Ho dello sporco in faccia? Ah ora capisco, per il naso probabilmente. Cerco di coprirmi il più possibile con le mani. Ma soprattutto la domanda è, perché me ne importa così tanto?
«Buongiorno ragazzi» ci saluta il professor Meyer «oggi guarderemo un documentario sulla storia inglese agli inizi dell’800.»
Un boato si solleva dalla classe, sono tutti contenti di perdere due ore di lezione del professore più noioso dell’istituto. Meyer è ben noto a tutti per le sue lezioni, diciamo non molto attive. Ha sempre l’abitudine di venire in classe, aprire il libro, e starsene perfino due ore intere incollato alla sedia a “spiegare”, nonché leggere le sue sottolineature dal libro.
Che sollievo, penso. Almeno con le luci spente non devo nascondere il mio naso.
Con estrema calma Meyer fa partire il documentario, dopo aver capito come inserire il DVD nel lettore. Si spengono le luci e finalmente posso togliermi le mani dalla faccia.
Violet mi scuote un po’ e io mi giro dalla sua parte.
«Ho come l’impressione che Jarrett ti stia fissando dall’inizio della lezione.» bisbiglia.
«Probabilmente ti stai sbagliando.» le rispondo piano, ma con la coda dell’occhio vedo che mi sta guardando anche in questo preciso istante.
«Ah sì? E perché ti sta fissando anche adesso?» dice lei un po’ troppo forte.
«Signorine, c’è qualche problema?» ci riprende Meyer, mettendo in pausa il DVD. Che imbarazzo!
«No, no. Tutto a posto!» dico io dando una gomitata a Violet.
Il professore sbuffa e fa ripartire il suo noiosissimo documentario.
 
Quando finisce la lezione, esco di fretta dall’aula, per evitare di essere oggetto di occhiatacce e prese in giro.
«Alexa!» mi chiama Violet «dove stai correndo??»
«Cerco di nascondermi.» dico io continuando a camminare velocemente.
«Da chi? Da Jarrett??» mi chiede lei facendomi l’occhiolino.
«No, ma che dici?! È per…per...» non so che cosa dire. Lo ammetto, stavo scappando fuori dall’aula per evitare che Jarrett mi guardasse ancora. Non mi piace che la gente mi fissi, è imbarazzante. Probabilmente è solo una mia paranoia, mi avrà fissata tutta l’ora solo per questo cerottone ingombrante.
«È per il naso, capisci?» le dico io, sperando che non si accorga che sto mentendo.
«Già, il naso.» fa lei poco convinta.
«Comunque oggi è venerdì, sabato si avvicina in fretta! È tutto a posto per la “festa”?» faccio io mimando le virgolette con le dita.
«Sì, non vedo l’ora!» esclama Violet sorridendo.
Bene, si è già dimenticata della mia “corsetta”.
La prossima lezione è recitazione, così ci avviamo per andare nel teatro della scuola.
Quando apriamo la porta del teatro, siamo le prime ad arrivare, così prendiamo posto nella prima fila di sedie. Non eravamo quelle tipiche ragazze che volevano cercare sempre posti in fondo, tanto se volevamo, potevamo chiacchierare anche nelle prime file e nessuno si accorgeva, perché gli insegnanti erano troppo occupati a riprendere quelli delle ultime file.
Dopo un paio di minuti arrivano le BBP, che si mettono solamente dietro di noi e non infondo. Accadeva in rare occasioni che le Barbie si mettessero nelle prime file, e di solito questo succedeva se a) dovevano spettegolare di alcuni compagni di classe, o b) dovevano confidarsi segreti imbarazzanti.
«Ragazze, avete sentito anche voi che Jarrett ha lasciato Isabel??» squittisce Cassie.
Opzione a.
Io scocco un’occhiata a Violet e lei annuisce, come per dire “come non detto”.
«No, ma dai? Sul serio?!» ribadisce Ashley.
Strano che non lo sapesse.
«Sì, lo sanno tutti amore! Come fai a non essere aggiornata sulle ultime novità?!» dice Bridget scandalizzata.
«Comunque, mi hanno detto che lui le ha fatto una scenata, perché Isabel è andata a letto con un altro!» dice Cassie tutta su di giri.
«No cara, penso che tu ti stia sbagliando» dice Bridget arrotolandosi una ciocca di capelli biondo platino nelle dita «a me hanno riferito che lui non la ama più.»
«Cosa? Impossibile!» risponde Cassie.
«Ragazze, vi fate troppi problemi! L’importante è che adesso Jarrett è libero.» salta su Ashley facendo un risolino.
Gli altri entrano a teatro e la professoressa Ryan inizia a parlare, una volta che tutti hanno preso posto.
«Buongiorno, ragazzi. Come ben saprete, ogni anno le classi quarte organizzano una recita per fine anno. Quindi quest’anno tocca a voi.»
Leggeri lamenti si alzano dalle ultime file.
«Per voi» dice scoccando un’occhiata furiosa ai ragazzi dell’ultima fila «ho deciso di mandare in scena Romeo e Giulietta, ma non sarà la solita recita, ma un musical! Sarà difficile, ma ce la possiamo fare, se collaborerete tutti quanti.»
«Quindi dovremo cantare e ballare?» chiede Bridget con una faccia schifata.
«Solamente ballare, mia cara. La musica ve la metto sotto, come base.» risponde la Ryan.
Io sono negata nel ballare, penso. Violet mi lancia un’occhiata preoccupata, evidentemente pensa la stessa cosa. Da piccole ci piaceva mettere su canzoni nel mio salotto, o nel suo, e ballare, cioè inventarci passi a caso. Però ci divertivamo come matte. Ora non so come ne usciremo da questa cosa.
«Per adesso vi do le parti principali, cioè Romeo e Giulietta. Poi deciderò il resto.»
Esisterà una parte in cui si può fare da muro della casa? O il classico albero per chi non sa fare nulla?
«Giulietta sarà interpretata da…Alexa!»
Merda. Fischi di disapprovazione provengono da dietro. Ovviamente.
«E Romeo sarà interpretato da…»
Fa che non sia Jarrett, fa che non sia Jarrett, fa che non sia Jarrett.
«Jarrett!»
Cazzo.
«Io non vorrei dirtelo, ma» inizia Violet, ma io la interrompo.
«Non. Parlare.»
Mi giro a cercare Jarrett con lo sguardo, e lui è lì, che mi sorride, con la sua dentatura perfetta. Aspetta, che? Mi sorride?! Mi sta sorridendo?! Probabilmente sto diventando pazza, è l’unica scusa plausibile che riesco a trovare nella mia mente.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Note: Ciao a tutti :) ecco il settimo capitolo, purtroppo neanche qua non succede nulla di chè ed è molto corto, ma non vedo l'ora di farvi leggere il prossimo capitolo!

Capitolo 7
 
 
Quando torno a casa, vado direttamente in camera mia e mi butto sul letto. Non so per quanto tempo resto lì, ma a un certo punto mio fratello mi chiama che è pronta la cena. Sono rimasta qui per tutto questo tempo? Non me ne ero accorta.
 
Dopo cena, vado in bagno a lavarmi i denti e poi di nuovo in camera mia.
«Okay, Alexa. Che cosa diamine hai oggi?» è Colin, che è venuto nella mia stanza per la nostra solita chiacchierata, ma penso che oggi passerò.
«No, Colin. Oggi non è giornata, vai via.»
«Vai via a me? Ma come ti permetti?» mi dice in tono scherzoso, buttandosi sul letto e iniziando a farmi il solletico.
Io mi lascio andare un po’, ma poi lo spintono via.
«Senti, veramente, vai nella tua stanza. Stasera non mi va di parlare.» gli dico con il tono più severo possibile.
«È perché la Ryan ti ha dato la parte di Giulietta, vero?» ci è arrivato.
«Uh, come sei perspicace.» rispondo io sbuffando.
«E quale sarebbe il problema? Non capisco. Dovresti esserne onorata!»
«Il problema è Romeo, è il fatto che non so ballare ed è il fatto che non riesco a parlare in pubblico senza che la mia faccia diventi del colore di una prugna!»
Lui trattiene a stento le risate. Che cavolo c’è da ridere?
«Scusa, veramente. È che la cosa della prugna è…è fantastica! Ah ah!»
Io gli tiro addosso un cuscino, così impara a prendere in giro.
«Dai, secondo me per il fatto della timidezza non ci si può fare niente. Ma con il ballo si può rimediare. E per il tuo Romeo, pure.»
«Non è il mio Romeo!» dico tirandogli un altro cuscino.
Così anche lui inizia a tirarmi cuscini, e scateniamo una battaglia.
«Basta, basta» dice Colin dopo un po’, alzando le mani «mi arrendo!»
«Seriamente, io sono nella merda.» dico.
«Nah, la fai troppo tragica.»
«Invece è una cosa seria.»
«Ascolta, ci penserai quando sarà il momento. Adesso dobbiamo preoccuparci della festa di domani.»
«Oddio hai ragione! Le telecamere sono cariche?» domando io allarmata. Non ci avevo pensato!
«Sì, sì. Le ho caricate prima. Ah, se non ci fossi io.»
«Bene.»
Colin si alza e si dirige verso la porta.
«Allora buonanotte sorellina. Non rimuginare troppo sulla recita.»
«Ecco. Ora me l’hai fatta tornare in mente!» dico io scherzando.
«Ooops. Vabbè, buonanotte!» dice Colin.
«Buonanotte rompiscatole.»
Ha ragione Colin. Ora devo solo dimenticare la recita e concentrarmi su domani. Sperando che Jarrett non venga a quella cavolo di “festa”! Perché lui non se lo merita. Lui è buono. Almeno credo. È quello che tutti credono. Ma se in realtà lui fingesse e fosse uguale a tutti gli altri?

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Note: Ecco a voi l'ottavo capitolo, finalmente la storia inizia a farsi interessante. Scusate per il ritardo, di solito pubblico al pomeriggio, ma oggi non ho avuto tempo. Spero vi piaccia questo capitolo. Ciao, alla prossima :)


Oggi è sabato. Niente scuola. Violet sarà tutta su di giri per stasera. Controllo il cellulare quando scendo a fare colazione e trovo un suo messaggio.
 
Buongiorno! Sai che giorno è oggi?? :) :)
 
Rido. Rispondo mentre mi verso i cereali nella tazza.
 
Certo che so che giorno è oggi! A che ora passiamo a casa tua io e Colin? :)
 
La grande festa inizia alle 21, quindi potete passare per le 20.15.
 
Perfetto, a stasera allora!
 
«Buongiorno a tutti!» dice Colin sedendosi a tavola.
«Stasera dobbiamo essere da Violet alle 20.15» riferisco a Colin.
«Dove dovete andare di bello?» chiede mio padre. Io scocco un’occhiata nervosa a mio fratello. E adesso? Ci siamo completamente dimenticati di inventarci una scusa plausibile per la nostra missione suicida.
«Andiamo al cinema, papà.» risponde Colin. Per un pelo.
«D’accordo. Divertitevi allora!»
«Grazie.» dico io sorridendogli.
 
Dopo colazione vado in camera a studiare, ma la mia mente è continuamente pervasa dalla festa di stasera e dalla speranza che Jarrett non venga. Sarebbe davvero brutto vedere la sua faccia nel momento in cui scopre tutta la farsa, anche se non penso che se venga sia in grado di svestirsi, come i suoi compagni di squadra. Lui è diverso, sono convinta di questo.
Rinuncio a studiare, visto che tanto perdo la concentrazione ogni due minuti, così decido di vestirmi e andare dalla nonna, che abita proprio in fondo alla via. Sono praticamente cresciuta con lei e le voglio un bene infinito. È da sola, quindi vado a trovarla spesso. Mio nonno morì prima che io e Colin potessimo conoscerlo.
Quando viene ad aprirmi alla porta la trovo già con il suo solito grembiule ricamato intenta a preparare da mangiare.
«Alexa cara, ciao! Come stai? Ma che cosa hai fatto al naso?»
«Ciao nonna» dico abbracciandola «Oh niente di cui preoccuparsi. A scuola mi è arrivata una palla in faccia, ma è tutto apposto. In una settimana dovrebbe risolversi tutto.» la tranquillizzo sorridendole.
«Piccina di nonna.» adoro i suoi nomignoli, anche se ne fa un uso spropositato.
«Mmh. Che profumino. Cosa stai cucinando di buono oggi?» le chiedo.
«Lasagne. E ho appena finito di sfornare adesso questi biscotti alla cannella. Ne vuoi uno, tesoro?»
«Uh si grazie» dico addentandone uno, ovviamente buonissimo. «Complimenti nonna, sono deliziosi!»
«Grazie cara. Allora, come va a scuola? Raccontami un po’.»
«Bene, ieri ho preso un nove in letteratura.»
«Brava, ma in fondo lo sei sempre stata. Hai preso tutto da tua madre, anche lei era molto studiosa ai tempi del liceo.» me lo ripete sempre. 
«Lo so. È anche per questo che studio tanto. Non voglio deluderla.»
«Oh, tesoro della nonna. Sarà sicuramente fiera di te. Io lo sono. Di te e di Colin. A proposito, come sta lui?»
«Bene anche lui.»
«E dimmi un po’, hai ricevuto qualche invito per il ballo?»
«Nonna, manca ancora un sacco di tempo! E comunque no, ma tanto ormai non ci spero più.»
«Oh, non abbatterti così, bella della nonna. Vedrai che qualcuno ti inviterà e capirà come sei speciale.»
«Lo spero.»
L’anno scorso siamo andate io e Violet insieme, non avevamo accompagnatori. E l’anno prima uguale. E quello prima anche.
«Resti per il pranzo vero? Chiama anche Colin e la mamma e il papà.»
«Volentieri, grazie nonna!»
 
Dopo l’abbondante pranzo di mia nonna, torniamo a casa e stavolta mi metto d’impegno e studio un po’.
Sto ripassando biologia, quando mi salta all’occhio Romeo e Giulietta sulla libreria. Lo conosco praticamente a memoria, ma adesso non sono più convinta che sia così bello. Adesso che sono costretta a recitare e ballare con Jarrett Stone. Perché proprio lui? Perché proprio io? E perché vado così nel panico quando penso a Jarrett? Che mi sta succedendo? È la botta, penso. Sì, deve essere per forza la botta.
O devi essere per forza tu, aggiunge il mio subconscio. Perfetto, ho di nuovo perso la concentrazione.
Rinuncio per la seconda volta di studiare e vado in salotto a guardare un po’ di televisione, o meglio, a fare zapping.
«Ehi Alexa, che fai? Non studi?» mi dice mio fratello raggiungendomi sul divano.
«Ci ho provato, ma a quanto pare, oggi non riesco a non distrarmi.»
«Cosa ti turba? La festa di stasera?»
«La festa, la recita, il ballo. Tutto quanto.»
«Il ballo? Ma se manca ancora tanto!»
«Lo so, ma grazie alla nonna che stamattina mi ha chiesto se ho un accompagnatore, ora mi ritrovo a rimuginare anche sopra al ballo!»
«Capisco» dice Colin appoggiandomi una mano sulla spalla.
 
Alla sera, dopo cena, io e Colin ci avviamo verso casa di Violet.
«Ciao ragazzi! Ah, sono super eccitata per questa cosa! Non vedo l’ora di vedere le loro facce.» esulta Violet su di giri.
Arriviamo all’oratorio alle otto e mezza e Colin inizia a montare le telecamere.
«Dai Colin, muoviti prima che arrivino.» dico io guardando l’orologio ogni secondo. Le 20.49.
«Calma calma. Ho quasi finito» risponde lui «ecco fatto!»
«Perfetto» salta su Violet «ora andiamo a nasconderci di sopra e spegniamo le luci.»
Saliamo le scale per andare al piano di sopra e alle nove in punto sentiamo le porte dell’oratorio aprirsi.
«Ehi, c’è qualcuno? È qui la festa?»
«Ma perché è tutto buio?» chiede una voce familiare. Poi capisco. Jarrett. Cazzo. No, no, no, no.
«Merda, c’è anche Jarrett.» bisbiglio a Violet.
«Ma che ti importa?» mi dice lei. Io non so come rispondere, quindi sto zitta.
«Ehi, c’è qualcuno a questa cazzo di festa??» ripete uno dei giocatori della squadra di rugby.
«Ragazzi, siamo di sopra» imita alla perfezione Violet «la festa è qui, ma prima dovete togliervi tutti i vestiti. Sapete, ci sono dei letti comodi comodi quassù.»
Colin per poco non piange per le risate, e così anch’io.
«Oh, veniamo subito!» fa qualcuno.
«Ragazzi, ma che cavolo è questo? Uno scherzo?» dice Jarrett «No, io non ci sto. Me ne vado.»
«Eh dai, divertiti un po’. Non ti sei lasciato con Isabel?» gli dice uno.
«Sì, e allora? Io non ci sto comunque. Quelle tre galline non fanno di sicuro per me.»
Sento una porta aprirsi e poi chiudersi. Jarrett se n’è andato. Meno male.
«Arriviamo ragazze. Preparatevi!» tutti quanti ridono e sghignazzano. Poveri stupidi.
«Siete tutti completamente nudi vero?» fa Violet imitando la vocina stridula di Cassie.
«Certo, abbiamo fatto come avete chiesto, bambole.»
«Allora venite, forza!»
È il momento, penso.
«Okay, al mio tre accendete tutte le luci» sussurra Violet a me e a Colin «uno…due…tre!»
Accendiamo le luci e ci troviamo davanti tutti i giocatori di rugby, nessuno escluso, completamente nudi. Distolgo lo sguardo imbarazzata.
«Ehi, ma che cazzo?» inizia uno, cercando di coprirsi con le mani.
«Brutti bastardi!» fa un altro.
Corrono tutti giù a vestirsi e poi tornano al piano di sopra e iniziano a sbraitarci addosso.
«Allora» comincia Violet «vi è piaciuto il nostro scherzetto??»
«Giuro che vi farò rimpiangere il giorno in cui siete nati!»
«Se pensate che gli scherzi che vi facciamo adesso siano crudeli, bè, vedrete i prossimi! Aspettatevi il peggio!» ci minaccia uno.
«Sì, già. Peccato che noi ci siamo attrezzati per bene. Le vedete quelle telecamere lassù?» fa Violet indicandole.
Tutti alzano lo sguardo verso le telecamere e restano ammutoliti. Bene.
«Già» continua Violet «e se non volete che tutta la scuola vi veda nudi, vi conviene smettere di torturarci e iniziare a lasciarci in pace!»
Rimangono tutti allibiti e si infuriano come non mai.
«Oh al diavolo! E va bene, vi lasceremo in pace, ma voi dovrete eliminare quel video!» dice il co-capitano.
Violet scoppia in una risata esilarante. «Pensate sul serio che saremo così stupidi da cancellare questo prezioso materiale? Certo che no. Voi ci lascerete in pace, fine della discussione.»
«E va bene! Ma se per caso mandate in giro quel video, giuro che»
«Sì, sì. Ci farai rimpiangere il giorno in cui siamo nati» lo interrompe Colin «se voi la smettete di prendervi gioco di mia sorella e di Violet, non ci sarà motivo di mostrare a tutti quel video»
«Allora, sigilliamo l’accordo con una stretta di mano?» li prende in giro Violet.
Loro bofonchiano qualcosa e se ne vanno via. Io mi ritrovo a ridere come non mai. Ce l’abbiamo fatta? Ce l’abbiamo sul serio fatta? Li abbiamo sconfitti?
«Evvai! Alexa, ce l’abbiamo fatta!» esulta Violet.
«Sì! Siamo stati grandi, tu soprattutto!» dico io.
«Ma avete visto le loro facce quando abbiamo acceso le luci? Da morire dal ridere! Ah ah.» fa Colin.
«Sì!» fa Violet gettando le braccia al collo di Colin.
All’improvviso si accorge della sua mossa azzardata e si ritrae immediatamente. Colin la fissa, così io decido di lasciarli un po’ da soli.
«Ehm, io vado un attimo fuori.» dico.
Violet mi lancia uno sguardo fulmineo, ma io le faccio un sorriso a trentadue denti, come a dire “mi ringrazierai dopo”.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Note: Scusate se pubblico con un giorno di ritardo, ma ieri non ero a casa e non sono riuscita a pubblicare. Comunque ecco a voi il capitolo 9, che spero vi piaccia un sacco, perchè io l'ho scritto con piacere e mi sembra bello, anche se un po' cortino; è il capitolo in cui inizia a succedere qualcosina. Fatemi sapere, bye bye <3

Quando esco, vedo una sagoma seduta sui gradini dell’oratorio e tossisco un po’ per attirare la sua attenzione e vedere chi è. Quando si volta, per poco non rischio di inciampare sui gradini. Jarrett. Che cosa ci fa qui?
«Ciao.» mi saluta. Mi ha appena salutato?
«Ehm, ciao.» faccio io imbarazzata. Per fortuna è buio, non può accorgersi delle mie guance arrossate.
«Complimenti, siete stati grandi. Era ora che qualcuno desse una lezione a quegli strafottenti.»
Come? Non riesco a capire.
«Ma come? Tu non sei il capitano della squadra? Non stai dalla loro parte?» gli chiedo.
«Sì, sono il capitano, ma tutto qua. Non li ho mai sopportati, di certo non si possono definire miei amici.»
Cosa? Allora avevo ragione. Lui è veramente diverso da loro. Mi sorprendo a sorridere, così torno subito seria.
«Sì, beh, è stato tutto merito di Violet.» dico io impacciata.
«Comunque un bel piano.»
Non so cosa dire, così gli sorrido. E lui fa lo stesso. Dopo un po’ ricomincia a parlare.
«La vuoi sapere la verità? Vi ho sentite parlare di questo piano, e quando ho visto i volantini sugli armadietti ho subito capito che si trattava di voi. Quindi sono venuto qui per godermi l’esilarante scena, che è stata davvero divertente.» dice e si mette a ridere. Una risata sincera e profonda. Scoppio a ridere anch’io, fino a che non mi vengono le lacrime agli occhi.
«Beh, è stato un piacere parlare con te, ma ora devo proprio andare.» dico io.
«Anche per me è stato un piacere. E complimenti ancora.»
Ci alziamo nello stesso momento, e restiamo un po’ così, a fissarci a vicenda. Quando mi giro per ritornare dentro mi chiama.
«Alexa?» il mio nome pronunciato sulle sue labbra mi fa correre un fremito giù per la schiena.
«Sì?» dico io.
«Buonanotte.» fa lui.
«B-buonanotte.» dico io imbarazzata.
Mi volto e torno dentro, prima di svenire sui gradini di marmo.  Appena dentro, mi appoggio allo stipite della porta e sbircio fuori. Se ne sta andando.
Resto in questa posizione per non so quanto tempo, quando sento Violet e Colin scendere le scale. Così mi riprendo. Vedo qualcosa di diverso nei loro volti. Gioia. Gioia allo stato puro. Dovrei essere così anch’io, visto che abbiamo sconfitto i nostri nemici, ma sono ancora troppo scossa da quello che è appena successo, dalla sensazione che ho provato nel sentire il mio nome uscire dalla bocca di Jarrett. Provo stupore più che gioia.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Note: Scusate se anche questa settimana pubblico con un giorno di ritardo, ma dovevo finire questo capitolo. Gli altri li avevo già pronti, ma gli altri devo ancora scriverli, quindi spero di riuscire a fare in tempo per il lunedì. In caso contrario perdonatemi :P è che non ho molto tempo a disposizione. Comunque spero che vi piaccia questo capitolo, finalmente si vede qualcosa di interessante. Fatemi sapere, ciao alla prossima!!

Lunedì, a scuola, non appena Colin va dai suoi amici, Violet mi racconta subito cosa è successo sabato all’oratorio, anche se in realtà Colin mi ha già detto tutto.
«Tu sei l’amica più fantastica, più speciale che ci sia. Quando ci hai lasciati soli abbiamo chiacchierato un po’ del più e del meno, del nostro meraviglioso piano, che ha funzionato, e poi…sono riuscita finalmente a chiedergli di uscire, e lui ha detto sì!»
«Wow, è fantastico! Sono contenta, davvero!»
«Allora sabato passiamo da Mary’s Clothes??»
«Certamente.» le dico io facendole l’occhiolino.
Sentiamo suonare la campanella, così ci prepariamo ad entrare, quando sento qualcuno che mi chiama, e percepisco di nuovo quel brivido sulla schiena. Jarrett.
«Ciao Jarrett.» faccio io, stupita. Ancora una volta.
Ci supera ed entra in aula prima di noi. Violet si ferma, così lo faccio anch’io.
«Oh. Mio. Dio.» inizia subito Violet «Cos’era quello?»
Io arrossisco in fretta e lei se ne accorge. «Signorina, c’è qualcosa che devi dirmi?» mi chiede mettendo le mani sui fianchi.
«Sì, ma non qui.» le dico.
«Bagno. Adesso!»
Non appena apriamo la porta del bagno, Violet si accerta che non ci sia nessuno, così io inizio a raccontarle di sabato, della chiacchierata con Jarrett, e lei sorride ed esulta sempre di più.
«Non ci posso credere. Ti rendi conto? Ti rendi conto, Alexa? Jarrett Stone. J-A-R-R-E-T  S-T-O-N-E.»
«Già, non ci credo neanche io. Non capisco perché tutti questi anni sono stata invisibile ai suoi occhi, anzi, agli occhi di tutti, e ora mi parla. È rimasto lì perché voleva farci i complimenti. Non capisco.»
«Oh mio Dio, prevedo già un’uscita a quattro. Io e Colin e tu e Jarrett. Te lo immagini?» Ecco, è partita per il mondo delle favole.
«No Violet. Dobbiamo stare con i piedi per terra. In fondo era solo una semplice chiacchierata no?»
«Sì, ma intanto è già qualcosa!» detto questo, esce dal bagno sorridendo.
 
La mattinata trascorre in fretta tra una lezione e l’altra. Guardo l’orologio e mi accorgo che è ora di pranzo, così io e Violet, come al solito, ci dirigiamo in mensa e aspettiamo in fila. Improvvisamente mi accorgo di aver dimenticato di mettere il coltello nel vassoio, così mi giro verso le posate e sto per prenderlo quando le mie mani incontrano quelle di un altro studente. Alzo lo sguardo e vedo Jarrett. Distolgo subito le mani dalle posate.
«Oh ciao, Alexa.» mi dice sorridendo. Quel magnifico sorriso.
«C-ciao.» faccio io con le guance in fiamme.
«Molto interessante la lezione di oggi di letteratura, non trovi?» mi chiede. Gli piace anche studiare?
«Sì, io l’ho adorata.» dico io, marcando un po’ troppo quel “adorata”. Così mi giro imbarazzata e sento il suo sguardo su di me.
«Oh e Violet» fa rivolto verso di lei, che si gira «complimenti per sabato sera! È stato fantastico.»
«Grazie. Lo ammetto, siamo stati bravi.» risponde lei, sorridendo.
«Oggi Colin ci tiene un posto al suo tavolo?» chiedo io a Violet per deviare il discorso.
«Sì, com’è gentile.» dice lei con aria sognante. Mondo delle favole, ci risiamo.
«Ehi, ragazze, ehm…vi dispiace se mi unisco a voi?» ci chiede Jarrett.
Io rimango esterrefatta. E Violet pure. Ma è la prima a riprendersi da quello shock, così gli risponde di sì, balbettando.
«Grazie, non ho voglia di stare con quel branco di capre.» dice indicando il tavolo dei giocatori di rugby.
Arriva finalmente il nostro turno, così prendiamo da mangiare e andiamo a sederci al tavolo di Colin. Resta scioccato anche lui nel vedere che Jarrett si unisce a noi, e mi guarda, così faccio spallucce, per dire che non ho la più pallida idea del perché Jarrett si sia unito a noi.
Restiamo tutti quanti un po’ in silenzio, fino a che uno degli amici di Colin fa una domanda sugli allenamenti di rugby a Jarrett. Grazie al cielo. Evitiamo così il silenzio imbarazzante fino alla fine del pranzo.
 
Sta quasi per terminare l’ultima lezione pomeridiana, così ci prepariamo per uscire dall’aula. Violet non ha parlato molto dopo il pranzo, segno che ha un uragano dentro, che prima o poi scoppierà. Fa sempre così, quando succede qualcosa di sconvolgente, ma davvero tanto sconvolgente, sta in silenzio tutto il tempo, per poi sparare a raffica tutto quanto in un solo momento.
Usciamo dall’aula e improvvisamente sento una mano sulla spalla.
«Alexa, volevo dirti che sono molto contento per la recita di fine anno. Penso che saremo una bella coppia insieme…come Romeo e Giulietta, ovvio!»
«S-sì, anche io» dico a Jarrett.
 
Durante il tragitto verso casa, come previsto, l’uragano Violet scoppia.
«Dio, Alexa. Sono sconvolta. Sconvolta. Ma ti rendi conto di quello che è successo negli ultimi tre giorni? Abbiamo sconfitto quei deficienti, o meglio, quel “branco di capre”» dice sghignazzando. «Ho chiesto a Colin di uscire. Di uscire. Un appuntamento, capisci? Per non parlare di quello che è successo oggi in mensa! Jarrett si è seduto al nostro tavolo. Ha parlato normalmente con gli amici di tuo fratello, come se nulla fosse. E…ciliegina sulla torta, ti ha detto che è contento di recitare con te, che formate una bella coppia! Wow! Non ci posso veramente credere. Forse sto sognando, sì, sto sognando.»
Io cerco di trattenere a stento le risate.
«Ti sembra questo il momento di scherzare??»
«No, hai ragione, scusa. Comunque, non so che dire. Il comportamento di Jarrett mi ha completamente spiazzata. Ma in fondo non è successo nulla di che. Dobbiamo solo restare a vedere cos’altro succederà.»
«Già, hai ragione.»

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