You're giving love instinctively.

di themermaidwriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Nathan Nichols/Diana Jones. ***
Capitolo 3: *** Stephanie Savage. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo Quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo Sedici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette. ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciotto. ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciannove. ***
Capitolo 20: *** Capitolo Venti. ***
Capitolo 21: *** Capitolo Ventuno. ***
Capitolo 22: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


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Prologo.


Le luci illuminarono il palco; erano innamorate di Diana. 
Si attorcigliavano sulla sua figura senza perderla un attimo di vista e poi sparivano nel buio in attesa di riaccendersi di nuovo sulla diva e le sue compagne. 
Stephanie e Mia presero posto, giocavano in casa. Al ritmo delle corde del basso di quest'ultima, s'accese la scintilla. 
Erano di nuovo insieme.

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"Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree?
I travel the world And the seven seas,
Everybody's looking for something." 
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Era nata così: tra le note di un duetto e l'elettricità del palco. Che sia stata Sweet Dreams o Upside down, chi può dirlo. Non importava più ora che c'erano dentro fino al collo. 
Se erano felici? Oh si che lo erano. Nel turbine della musica esistevano solo loro. L'unico momento in cui si trovavano nel bel mezzo del loro amore segreto, questo era circondato da un'ondata di gente sconosciuta e non importava se veniva ostentato davanti a tutti. Sul palco potevano essere chiunque e avevano scelto di essere se stessi. 
Era quasi esilarante che lo fossero, ma che nessuno li riconoscesse. 
In un involucro di lustrini e stivali col tacco la loro performance voleva essere percepita come semplice intrattenimento e ci riuscivano, eccome se ci riuscivano. 
Forse erano solo occhi non ben allenati. Si sorprendevano anche loro di non essere stati smascherati tra una canzone e l'altra. Oppure, forse lo sapevano, qualcuno aveva fatto dei commenti, chissà, non era così importante. 
Ci stavano mettendo anche troppo tempo a chiarire ad alta voce i loro sentimenti. 
Stupido, stupido tempo. 
Se solo avessero pensato di trascorrerlo diversamente. 
A lei piaceva pensare che neanche tutta la fama del mondo valesse quanto la frustrazione di tenersi dentro quel segreto. 
Non lasciatevi ingannare dalle parole, avreste dovuto vederli: erano davvero bravi nel farlo. 
Stephanie incrociò il suo sguardo dando a Nathan tutto l'amore che con un'occhiata si poteva dare e istintivamente l'uomo lo raccolse seminandone dell'altro. 
In una frazione di secondo in cui Nathan non era il suo alter ego hollywoodiano, si guardarono così com'erano, così come si vedevano loro. 
C'era sempre qualcosa di strano, qualcosa di molto tormentato in quella bislacca e incomprensibile relazione a detta degli stessi. 
Ogni movimento, sillaba e accordo musicale si tramutò poi in qualcosa di diverso e anche se ancora ne erano ignari, la consapevolezza di un addio si fece sempre più pressante. 
Perché non si poteva amare Nathan, se non eri il suo pubblico, quando lui era Diana Jones.


PLAYLIST CHAPTER:
- Sweat Dreams/Eurythmics.

the mermaid's notes: benvenuti nel prologo della prima long che pubblico qui! *applausi*. Sono felice di avervi fatto arrivare fino infondo e spero anche di avervi incuriosito. Mi rendo conto della lunghezza del prologo, alquanto striminsito, il che non è da me, ma dopo averlo riletto una cinquantina di volte alla fine sono giunta all'idea che quando le cose sono brevi ma concise è un bene lasciarle così. Inizio subito dicendo che i personaggi sono completamente inventati da me così come i fatti, onde evitare eventuali fraintendimenti. Ho inserito la storia nella sezione 'Romantico' perché, come avrete ben capito è una storia d'amore, ma al contempo ricopre diversi aspetti della vita, i quali spero di essere riuscita a esprimere al meglio. (Si, ci saranno svariati colpi di scena). La storia, in quasi ogni capitolo, è accompagnata da una 'colonna sonora' fatta di musiche anni '70 e '80, che danno ai fatti la perfetta atmosfera e che io riporterò in una playlist prima delle mie note.
Per quanto riguarda l'aggiornamento avverà ogni Mercoledì (cercherò di essere sempre puntuale, prometto), non mancate!
Che dire, spero non vi fermete qui e proseguirete nella lettura, soprattuto spero di coinvolgervi nella storia e nelle avventure dei miei protagonisti e perche no, anche shippare una delle mie coppie come faccio io in solitaria.
Grazie ancora per aver letto fino qui, aspetto le vostre recensioni e ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che invito a farsi avanti; mi farebbe moltissimo piacere conoscervi tutti.
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 2
*** Nathan Nichols/Diana Jones. ***


Nathan Nichols/Diana Jones.
 

Diana amava il suo pubblico e amava essere al centro dell'attenzione. Quando capitavano quelle serate in cui riusciva a travolgere intere piazze gremite di gente si sentiva vivo e per niente al mondo Nathan avrebbe abbandonato quella sensazione. Per niente al mondo Nathan avrebbe smesso di trasformarsi in Diana Jones. 
Era fatta cosi: di paiette sui vestiti, pantaloni a zampa di elefante, di giacche in pelle con una manciata esagerata di glitter e scarpe eccessivamente alte che mettevano in evidenzia il suo fisico slanciato, senza nascondere però le sue affascinanti forme maschili. 
D'altronde era un uomo con una irresistibile presenza, si faceva notare anche quando non era sul palco, anche quando non usava un altro nome. Ma faceva sempre parte di lui. 
Il suo personaggio era tra le ragioni per cui Stephanie si era innamorata; lo aveva ammesso a se stessa: la sua ambiguità la incuriosiva più che confonderla. 
Infondo Nathan era tutto da scoprire. Era composto da due anime e un solo innato talento, che sfruttava per soddisfare quella parte di lui alla Debbie Harry. 
Aveva debuttato vent'anni prima insieme alla band che aveva fondato e di cui era sempre stato il formidabile frontman: Gli Ages Of Divas. Inizialmente era lui a suonare la chitarra, ma non si addicieva a una diva degli anni settanta, così aveva trovato Victor White che lo aveva sbalordito ed era diventato un membro fisso della band con il nome "Carrie"; non da solo ma affiancato dal bassista Morgan Harris, "Samantha", il tastierista Christopher "Chris" Longo come "Charlotte" e Hector Fillmore, "Miranda", il batterista. Un team affiatato che ha sempre portato onore al Sex and the City della disco music e che con il tempo aveva accolto cinque giovanissime ballerine alle quali, anche a loro, veniva affibbiato un nome d'arte proveniente dai film più famosi della Hollywood degli anni Ottanta. 
Gli Ages Of Divas erano sempre stati un concentrato di glamour, talento e nostalgia e questo spiegava il loro progressivo successivo nella loro città e poi sempre più in là. 
Non si può dire che non puntassero ai piani alti. Diana non si la si trovava mai al di sotto del piedistallo.

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"Bad girls
Talking about the sad girls.
Sad girls
Talking about bad bad girls, yeah." 
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E mentre Diana Jones si godeva gli applausi e le foto con i fans, Nathan Nichols si svegliava ogni mattina alle 7:00, si preparava il caffè e si dirigeva tutti i giorni a lavorare per un UPS per consegne private di cancelleria in questi grandi uffici situati in tutto il paese. 
Aveva aspettato più tempo del dovuto prima di decidersi a trovarsi un lavoro 'serio', così come dicevano i suoi genitori e qualche amico. Il sogno di sfondare come cantante doveva essere accantonato, era ormai tempo di occuparsi della propria vita. Così, nei suoi tardi 27 anni aveva lasciato il comfort della casa dei suoi e si era rassegnato (almeno nella facciata che mostrava) alla routine di comune mortale, lasciando alla stagione estiva la possibilità di dare sfogo alla sua Madonna interiore, tra prove quotidiane, scintillanti outfit e serate in cui Diana Jones era la Regina del palco - con la R maiuscola - e proprietaria della sua vita. 
A differenza di Nathan, Diana si prendeva quello che voleva senza chiedere il permesso. Era sfacciata e non si vergognava di nulla e a suo modo, nonostante sembrasse la classica stronza da evitare, era felice. E Nathan, beh, lui ci provava ad essere felice. Quel vuoto del successo l'aveva compensato con questa contenuta fama. E di niente era più convinto se non di interpretare quella diva per sempre. 
Poi è arrivata Stephanie e il suo mondo ha cominciato a vacillare. 


PLAYLIST CHAPTER:
- Bad Girls/Donna Summer.

the mermaid's notes: bentornati nel seguito della mia storia. Questo è un breve capitolo che funge da presentazione per il personaggio maschile principale e con il quale spero di aver trasmesso al meglio la sua personalità e il rapporto con la sua Diana Jones interiore, la quale abbiamo visto fare la sua prima comparsa nel prologo. Nel capitolo si presentano anche i membri della sua band, i quali verrano approfonditi in seguito.
Come sempre, ringrazio i miei lettori silenziosi e chiunque abbia voglia di recensire per farmi sapere cosa ne pensa, il che mi farebbe tanto piacere.
Alla prossima!

 
 

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Capitolo 3
*** Stephanie Savage. ***


Stephanie Savage.


Stephanie non aveva esattamente idea di che ne avrebbe fatto della sua vita. Se per Nathan e per gli altri era abbastanza chiaro, a Stephanie i programmi si erano scombinati nell'esatto momento in cui aveva firmato le carte per il divorzio.
Adesso che cosa doveva fare? Da sola, con una bambina a carico, i concerti, le prove, il lavoro e la madre che continuava a chiamarla per chiederle se stesse bene e se volesse tornare a vivere con loro. 
Stephanie non aveva la più pallida idea di cosa fare. 
Si sarebbe sposata, avrebbe cresciuto la sua bambina insieme all'uomo che amava e la sera sarebbe andata in qualche paesino di provincia a tenere il suo concerto. Era tutto cosi dannatamente programmato che non si aspettava di divorziare a soli sei anni dal matrimonio e dopo un fidanzamento di due anni, dannazione. 
Non era nei suoi programmi vedere entrambi allontanarsi poco dopo la nascita della loro splendida bambina. In genere i figli uniscono le coppie, ma ahimè la piccola Grace non era riuscita a fare da collante tra Stephanie e Julian. 
Non era colpa di nessuno o forse di tutti e due. 
Avevano scelto pacificamente di separarsi. Una mattina assolata, un giorno così inusuale per divorziare; anche se Stephanie non sapeva esattamente come doveva essere un giorno in cui divorziare, non lo aveva mai fatto, ma sapeva che non era quello un giorno in cui in genere si divorzia. Insomma, quella mattina Julian entrò nell'ufficio di Stephanie, lasciò le carte sulla sua scrivania, già firmate e al ritorno della donna la questione era stata chiusa, dopo un bel pianto, ma era stata chiusa. 
Stephanie era una mamma single, con una casa a cui pagare il mutuo, con l'ansia di cercare al più presto una babysitter e con la lettera che aveva trovato sotto i documenti. 
Il tenero Julian, quello che cordialmente aveva accettato il divorzio di una donna che aveva completamente perso se stessa, si era tramutato in quello che le faceva causa e che insieme al suo avvocato sarebbe entrato in una lunga ed estenuante trattativa per ottenere la custodia esclusiva della piccola Grace. 
"Aveva completamente perso se stessa" erano proprio le parole con cui Julian l'aveva descritta nella lettera. E Stephanie pensò che forse non aveva tutti i torti. Forse si era persa un po', sopratutto da quando aveva iniziato a passare tutto quel tempo con Nathan. 
No, Stephanie non aveva tradito suo marito con un altro uomo, almeno non fisicamente parlando, non ne era capace. E no, non era quello il motivo del suo divorzio. E ancora no, non era un buon motivo per screditarla come una madre amorevole e competente. 
Non aveva mai trascurato sua figlia. Aveva sempre fatto tutto per bene, neppure la sua band le faceva da ostacolo.

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"Dancing with tears in my eyes
Weeping for a memory of a life gone by
Dancing with tears in my eyes
Living out a memory of a love that died." 
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I Destination Moon erano nati qualche tempo prima del suo matrimonio, proprio insieme alla sua migliore amica Mia Bloom e suo fratello Liam. 
Per strada avevano raccolto il batterista Mike Hill. Era davvero per strada, su un marciapiede a fare la sua performance e li aveva stregati. 
Così si erano messi a far prove su prove e una volta pronti diedero il loro primo concerto fino ad entrare nello stesso giro degli Ages of Divas. La loro più grande soddisfazione, nel loro piccolo e la miglior fuga dalla realtà. 
Stephanie era quel tipo da donna che riusciva a conciliare ogni singolo pezzo della sua vita, questo finché non le si era infranta tra le mani.


PLAYLIST CHAPTER:
- Dancing with tears in my eyes/Ultravox

the mermaid's notes: eccoci alle note dell'ultimo capitolo pubblicato per oggi. Ho deciso di pubblicare i primi tre di seguito poiché fungono solamente come presentazione dei personaggi principali e gettano le basi per l'inizio della mia storia. In questo, la protagonista è Stephanie e la vediamo alle prese con una svolta nella sua vita. Insieme a lei ecco la seconda band amica e rivale della precedente con annessi membri e nuovi personaggi, i quali vedremo approfonditi anche loro in seguito.
Spero che anche questo piccolo capitolo vi sia piaciuto, come sempre ringrazio i miei lettori silenziosi ed insieme ad essi chiunque voglia lasciare una recensione.
Al prossimo capitolo che verrà pubblicato mercoledì prossimo!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro. ***


4.

 

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"Cause everything is new 
And everything is you 
And I've learned has overturned 
What can I do." 
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L'odore del fumo che veniva lanciato ad ogni spettacolo aveva un odore diverso per ciascun artista presente su quel palco. 
A Stephanie ricordava quell'odore di fresco, quello di un garage, che si sente nelle giostre al chiuso di un parco divertimenti, uno di quelli in cui aveva portato la figlia qualche mese prima. 
Per Nathan o meglio dire, per Diana, quello era l'odore dell'adrenalina che una folla carica gli procurava. 
Quella sera, il suo pubblico lo acclamava, urlava il suo nome ancor prima che il suo iconico personaggio mettesse piede sul palco e questo lo incoraggiava ancora di più a comportarsi sfacciatamente, solo come una diva sa fare. 
Avvolto nel suo outfit glitterato di colore rosso, si spostò la parrucca blu dalla fronte e scivolando sul lato destro diede il benvenuto a Stephanie che si accingeva a posizionarsi alla destra del cantante facendo una piroetta. Lo superò con tale fermezza da affermare che solo lei poteva sfidare la primadonna della serata. In una gonna di tulle e un bustino luccicante fece la sua figura e quando entrambi notarono il suo eccesso si scambiarono un'occhiata per ridere.


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"I know you got charm and appeal 
You always play the field 
I'm crazy to think you're all mine 
As long as the sun continues to shine 
There's a place in my heart for you 
That's the bottomline." 
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Stephanie e Nathan la facevano sembrare così. E sembrava semplice. 
S'avvicinarono ondeggiando, sfiorandosi il naso. Si guardarono fissi negli occhi tra due versi della canzone che sussurravano a due centimetri di distanza, poi Nathan le prese la mano e la fece voltare in modo che gli desse le spalle che continuavano a muoversi a ritmo. La afferrò dalla vita per inclinare la ragazza verso il basso in un casqué e poi velocemente la riportò diritta davanti a lui. 
Non aveva niente a che vedere con Diana lo sguardo che Nathan le rivolse, nonostante il suo personaggio fosse costruito su quella parte di lui più sfrontata. 
Il pubblicò applaudì alla loro performance e tra le loro urla, lasciarono il palco insieme. 
Nathan si diresse verso il retro del furgoncino che aveva adibito a camerino e si sorprese quando poco prima di chiudere lo sportello si ritrovò Stephanie che con un balzo era apparsa davanti a lui. 
"Diamine, come hai fatto a cambiarti qua dentro?!" disse guardandosi intorno mentre premeva le mani sulla superficie su cui era accovacciata. 
"E' una delle mie doti, tesoro." si rigirò verso di lei togliendosi il boa rosa flamingo per riporlo sulla massa dei suoi infiniti outfit. 
Guardava verso il basso, aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse una volta messo gli occhi su di lei. 
Stephanie fece per rispondere, anche se non sapeva che cosa dire. Si spostò leggermente verso sinistra e lo lasciò balzare giù dal retro del camioncino. 
Lo seguì dopo un attimo di esitazione. 
Nathan si voltò verso di lei, sapendo che lo stesse seguendo. "Non hai divorziato per me, vero?" Con quella parrucca non era neppure se stesso, quindi perché non essere sfacciato e sincero anche fuori dal palco. 
Stephanie non se l'aspettava però. Tutto pensava, credeva che si sarebbe trovata dinanzi al solito 'mi dispiace' che gli era stato detto da chiunque l'avesse incrociata dopo la separazione, invece Nathan sbottò con una frase che aveva tutta l'aria di essere uscita fuori da qualcuno che si stava tirando indietro. 
Lo lasciò un momento con le braccia aperte galleggianti per aria. 
"No. Certo che no, non sei nemmeno mai stato motivo di discussione tra noi." abbassò la testa e fece per sottrarsi da quell'imbarazzante conversazione. 
Stephanie e Nathan non ne facevano mai, non di quel tipo. Non avevano mai parlato apertamente della loro attrazione. Sapevano benissimo che cosa stavano facendo ma non era mai stato così esplicito. E anche solo parlarne la faceva arrossire. 
Non è mai piacevole trovarsi immischiati in una relazione nella quale non sai quali parole usare per definirla. 
Nathan percepì la risposta e ne rimase sinceramente confuso. Non era sicuro se gli facesse piacere o meno o se invece lo deludesse. Però un'idea gli balenò in mente. 
"Quindi adesso sei.. libera?" tentennò un po', ma la fece interessare. 
"Libera?" non era sicura di aver capito. 
"Sabato sera, sei libera?" circoscrisse il suo significato, perché forse non era ancora pronto per discutere di altro. 
Stephanie mise le mani sulla sua vita sottilissima e ci pensò un po' su. 
"Devo trovare una babysitter e poi sarei libera." 
"Okay." fece per andarsene. 
"E' un appuntamento? Un appuntamento ufficiale?" 
Nathan ricambiò con un sorriso che valeva come una risposta. "E' l'unico modo per diventare un argomento da discussione, mi sembra." le diede le spalle. "Chiamami." e se ne andò così, segnando il consueto gesto con la mano destra.


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"Call me, call me and my sleek designs 
Call me, call me for your lover's lover's alibi." 
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PLAYLIST CHAPTER:
- Lay your love on me/ABBA
- Upside Down/Diana Ross
- Call me/Blondie

the mermaid's notes: bentornati e ben ritrovarti cari lettori. Questa settimana ho anticipato l'uscita del quarto capitolo (anziché Mercoledì a Martedì) perché domani ho un esame ad un orario imbarazzante, per cui ho preferito postarlo prima che sforare la giornata. Come potete vedere questo breve capitolo comincia ad addentrarsi nel tipo di relazione che condividono i protagonisti, le loro personalità messe a confronto, l'atsmosfera del palcoscenico e un passo avanti nel loro rapporto di coppia ancora non ben definito. Sono tutte informazioni utili per lo sviluppo della storia. Come potete vedere ho inserito più canzoni in questo capitolo, poiché gioicano una parte importante inserendo anche un tranello (?) in anticipo: una di queste tre canzoni mi ha ispirata a scrivere la storia e per giunta contiene il titlo dell'intera opera. Se vi va potete indovinare! E sappiate che il suo ruolo si svillpperà alla fine di questo racconto.
Come sempre ringrazio i miei lettori silenziosi che mi arricchisono di views, coloro che stanno seguendo pazientemente questa storia, chi sta recensendo (grazie davvero di cuore) e chiunque voglia farlo, perché non vedo l'ora di ascoltare le vostre opinioni e consigli. 
A Mercoledi prossimo!

 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque. ***




5.


Si fece bella quella sera come non lo era mai stata o almeno come credeva di essere. 
Doveva essere brillante e per una donna che non andava a un primo appuntamento da anni, che pensava di aver superato l'età dei primi appuntamenti, era importante mostrarsi al meglio. 
I suoi primi pensieri furono proprio su come l'avrebbe vista una volta scesa dal palco. Non che non lo avesse già fatto si intende. Nathan e Stephanie si erano già frequentati con successo ma non c'era mai stato un appuntamento ufficiale come lo era quella sera. 
Si stirò la canotta nera e sorrise allo specchio non potendo fare a meno di notare il piccolo neo proprio sullo zigomo sinistro. Impossibile da nascondere. Se lo toccò con un dito e avrebbe voluto che almeno per quella sera non fosse esistito. La sua attenzione venne distolta dalla vibrazione del cellulare: il messaggio che aspettava era lì sullo schermo, ben in vista. 
Che liberazione non dover più nascondere i messaggi scambiati giorno e notte con Nathan. 
Parole che non dimostravano esattamente niente, ma che avrebbero alzato molte questioni. 
Scese le scale con un elegante tacco 12, diede un bacio alla sua bambina e le ultime direttive alla babysitter, poi aprì la porta e tirò un lungo respiro. 
Rimase qualche secondo sul portico ad arricciarsi i capelli con un dito mentre guardava Nathan in auto che la aspettava grattandosi nervosamente il braccio sinistro. 
Era sollevata nel sapere che non era l'unica ad essere tremendamente agitata quella sera. 
Si fece coraggio e attraversò il vialetto per dirigersi dalla parte dello sportello per il passeggero, dove si posizionò e in fretta lo aprì per sedersi al suo posto. 
"Andiamo!" indicò con l'indice il parabrezza e accavallò le gambe, fasciate da dei pantaloni di pelle, sul cruscotto. 
Nathan le rivolse uno sguardo e rise scatenando la risata della donna accanto a lui. Ruppero tutte le inibizioni e la timidezza che si riserva al primo appuntamento nel primo momento in cui si rincontrarono. 
Dopo tutto erano sempre gli stessi due che si davano appuntamenti sporadici nel bel mezzo della giornata, anche solo per prendersi un caffè insieme o per fare delle prove inutili sempre dello stesso spettacolo. 
L'uomo scosse la testa, girò la chiave e partì con una meta nella testa. 
Passarono circa dieci minuti, colmati dalla musica proveniente da un cd che era già stato inserito in precedenza, a cui a Stephanie era bastato premere un tasto a caso per farlo partire.

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"Music can be such a revelation 
Dancing around your feel the sweet sensation 
We might be lovers if the rhythm's right 
I hope this feeling never ends tonight." 
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"Dove stiamo andando?" alla fine dell'ultima canzone Stephanie rinvenì come da un altro mondo. 
"A dire il vero siamo arrivati." Nathan entrò da un cancello invisibile nel buio di quella struttura nascosta da pile di alberi e svariata vegetazione. 
Parcheggiò nel verde su una strada fatta di ciottoli, uscì dall'auto e si fece seguire da Stephanie che aveva ormai capito di essere stata portata al classico appuntamento 'cena in in un luogo elegante' e beh, a dire il vero non le dispiaceva affatto. 
Superarono il piazzale in pietra disseminato di candele che ne delineavano il percorso, per ritrovarsi in un giardino separato a metà da una piscina di dimensioni modeste. 
Il cameriere che gli aveva accolti, ben vestito, gli aveva scortati ad un tavolo alla sinistra della siepe più lontana, ma non abbastanza da non essere circondati da gente. 
Stephanie si sistemò la maglietta tossendo e guardandosi in giro; si fece così in avanti con la sedia da coprire le ginocchia. 
"Stai benissimo, non farti paranoie." Nathan le sorrise dall'altro capo del tavolo. 
Nonostante non fosse esattamente l'abbigliamento adatto per un luogo simile e per un primo appuntamento, notò che neppure Nathan era vestito diversamente dal solito e pensò che probabilmente anche lui avesse adottato la stessa strategia del 'meglio sentirsi a proprio agio in una situazione potenzialmente imbarazzante.' 
L'uomo distolse lo sguardo dalla donna solo poco dopo e a Stephanie sembrò alquanto strano. Guardava al di là della piscina proprio sotto un tendone bianco avvolto da veli dello stesso colore che svolazzavano allo stesso tempo del vento e dai quali si intravedevano gli ospiti. 
"Non guardare Steph!" 
"Ma lo stai facendo anche tu!" 
Nathan la riprese appena s'accorse che lo stava imitando e la donna gli rispose sussurrando come se fosse già consapevole di star facendo qualcosa di sbagliato. 
"Non vorrai farti scoprire. Altrimenti ci cacciano." sussurrò anche lui per solidarietà. 
Un altro cameriere arrivò consegnando loro un cestino di pane e due menù rompendo la conversazione. 
"Che cosa stiamo guardando esattamente?" tornarono a sbirciare e poi a guardarsi negli occhi. 
"Il motivo per cui il tuo outfit questa sera è perfetto." 
Stephanie fece segno di non capire, allora Nathan si guardò un attimo intorno e poi si alzò dal tavolino prendendo la mano della donna e muovendosi con passo felpato ma allo stesso tempo cercando di non dare nell'occhio. 
Entrambi si avvicinarono furtivamente all'esclusivo tendone con aria disinteressata. Nathan si protrasse verso uno spiraglio e una volta trovato il suo bersaglio ci posizionò Stephanie davanti prendendola dalle due braccia. 
"E' Madonna!" Stephanie si girò di scatto verso il viso di Nathan, vicino, davvero vicino, con la stessa espressione di un bambino che sta per aprire il suo regalo di Natale. 
"Non urlare." sussurrò lui chiudendole la bocca con una mano. 
La donna ritornò diritta per guardarlo e poi si rigirò per non perdere di vista la cantante. "E' il primo appuntamento e mi porti da Madonna. Solo tu lo potevi fare." sussurrò. 
"Non credo che stalkerare Madonna sia proprio l'appuntamento ideale per chiunque.. ma.." 
"Lo è per me." chiuse gli occhi e scosse la testa. "Dannazione, è geniale." 
Nathan si sentì compiaciuto nel realizzare di averla fatta felice e decise di passare al secondo step del suo piano. Prese la donna per mano e s'avvicinò ancor di più al tendone. 
"Che cosa stai facendo?" continuò a sussurrare. 
"Ti sto portando da Madonna." a questa frase Stephanie rimase muta mostrando la sua espressione inquieta. "E cerca di ricordarti come ti chiami." sorrise a trentadue denti e poi la spinse verso una fessura nel tendone. 
Entrambi superarono l'asse rivestito di bianco posizionato per delimitare il perimetro della struttura e con molta nonchalance si diressero immediatamente verso la loro preda salutando in inglese i suoi ospiti, come se niente fosse. 
Nathan non si vergognò più di tanto, si parò proprio dinanzi alla cantante, allungò la mano e si presentò. "Nice to meet you, Diana Jones.
La donna ricambiò la stretta e sorrise. Stephanie trovò strano che si presentasse con il suo alter ego ma poi pensò che erano proprio gli abiti giusti con cui presentarsi ad una diva. 
Anche la donna decise di farsi avanti, un po' più imbarazzata di quanto non lo fosse Nathan. Accennò immediatamente ai Destination Moon, dato che Diana si era già presentata da sola. 
Fecero quattro chiacchiere in inglese accennando a qualche parola in italiano che a Mrs Ciccone suonava buffa e la conversazione, dopo un paio di fotografie, si concluse con la sorpresa di essere riusciti ad invitare una star del suo calibro al loro prossimo concerto. 
Aspettarono di essere fuori dal tendone per iniziare a saltare e dimenarsi come due fangirl, poi tornarono al loro tavolo e consumarono la cena senza neppure capire esattamente cosa stessero mangiando, più preoccupati nel pianificare in ogni minimo dettaglio quel concerto, ora tanto atteso. 
Tra idee, cambi di scaletta, outfit e coreografie non s'accorsero di aver finito i loro piatti da un pezzo e quando lo fecero, entrambi, decisero di continuare senza dimostrarlo in modo esplicito. Passarono dalla conversazione sul concerto ad argomenti più disparati e quello di cui s'accorsero davvero e non potettero fare a meno di negarlo, era il modo in cui consensualmente lasciavano scorrere via il tempo e lo riempivano di parole. Si resero conto di poter parlare di qualsiasi cosa senza lasciarsi andare al silenzio. 
Dopo un'ora buona si rimisero in macchina e senza neanche chiederglielo e vedendo l'orario, Nathan, da vero gentiluomo, portò direttamente Stephanie a casa, dalla babysitter e sua figlia che la aspettava. 
"Ci vediamo domani alle prove, suppongo." la macchina aveva accostato appena fuori dal suo vialetto. 
"Come potrei mancare? Pretenderai la perfezione ora che aspettiamo Madonna." Stephanie sorrise e fece per uscire dalla macchina. 
"Aspetta, ti accompagno." Nathan fece lo stesso e la superò nel tragitto. 
Rimase fermo in attesa che lo raggiungesse prima di mettersi le mani in tasca e continuare il percorso accanto a lei. 
Si immersero nel silenzio solo in quel momento, nel preciso istante in cui si fermarono davanti al portico, l'uno di fronte all'altro a guardarsi negli occhi. 
E non era uno di quei silenzi imbarazzanti. 
A dir il vero, di imbarazzo non ne avevano trovato alcuno come invece pensavano prima di incontrarsi. E se non ne stavano provando proprio in quella situazione allora, forse, non lo avrebbero provato mai. 
Stephanie fu la prima ad avvicinarsi, senza toccarlo né sfiorarlo, così 
Nathan la colse di sorpresa prendendola dalla vita. E per un momento fu quello il loro unico contatto. 
Esilarante per due persone che erano abituate a strofinarsi su un palco stracolmo di spettatori e ancora di più perché quella non era di certo la prima volta fuori dai riflettori. 
C'era qualcosa di diverso quella sera e sapevano che ogni parola ed ogni azione, quella volta, sarebbe stata percepita con un'importanza diversa. 
La donna ricevette la spinta che era necessaria e non seppe esattamente capire da dove l'avesse presa. Lo fece e basta. 
La sua mano sinistra afferrò la spalla di Nathan, si spinse in avanti arrivando all'altezza delle sue labbra che toccò decisa con le sue. Lui aprì lentamente la sua bocca facendola scivolare sul suo viso e accogliendo il bacio. Nathan posò la mano destra sul suo viso e a Stephanie sembrò tanto di trovarsi in un film hollywoodiano degli anni '30 e per quanto sembrasse banale non le dispiacque nemmeno un po'. 
Quando entrambi si sciolsero dal bacio per riprendere un po' il fiato, lasciarono i loro nasi sfiorarsi mentre si allontanavano e dopo qualche secondo a galleggiare nella loro piccola bolla piena di emozioni, quelle da far venire un gran mal di testa, distolsero lo sguardo chiedendosi: 'come c'erano arrivati a tutto questo?'. Quello che sembrava essere soltanto della grande complicità tra due artisti, elettricità tra due persone, s'era mutato in qualcosa di diverso e più potente della tensione che pian piano avevano notato crescere ogni volta che si spingevano oltre durante un'esibizione. 
Nathan lasciò la presa sistemandosi un ciuffo ribelle sulla fronte mentre la donna davanti a lui si spostava verso la direzione della sua casa. Mise la mano nella tasca del suo giubbotto in pelle prendendo un mazzo di chiavi, incamminandosi. 
Rimasero a guardarsi anche mentre lei se ne andava.

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"Capture effortlessy 
that's the way it was 
happened so naturally 
I did know it was love. 
The next thing I fel was you 
holding me close 
what was I gonna do? 
I let myself go." 
--------

"Grazie per Madonna." fece i primi gradini di casa. 
"Ringraziami quando diventeremo famosi." 


PLAYLIST CHAPTER:
- Into the Groove/Madonna
- Ain't Nobody/Chaka Khan

the mermaid's notes: bentornati nel quinto capitolo di questa long. Sono felice che arrivata a questo punto ci sia ancora gente pronta a leggere e recensire. In questo capitolo (molto più lungo dei precedenti poiché ci stia addentrando nella vera storia) non solo si nota bene come la relazione di Nathan e Stephanie si stia evolvendo in qualcosa di più serio, ma si da il benvenuto ad una star inaspettata, la quale porterà a dei sorprendenti risvolti per entrambi. Come se cambiamenti per entrambi non fossero abbastanza, qualcosa di nuovo travolgerà di nuovo i due protagonisti. 
Come sempre ringrazio ancora tutti i miei lettori silenziosi (dei quali sarei felice di conoscere la loro opinione a riguardo) e non e chi continua a recensire. A Mercoledì prossimo!


 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei. ***


6.
 

I Destination Moon quella sera si sorpresero d'essere arrivati per secondi, in genere, la fama della diva che si faceva attendere era un aspetto dominante nel carattere di Diana Jones. 
Stephanie stava scalciando dietro le quinte, incapace di riuscire a stare ferma. 
"Nervosa?" Mia si avvicinò all'amica notando il suo comportamento. 
"Mai quanto lui." Stephanie indicò Nathan dall'altra parte del sipario che copriva il retro del palco ed entrambe le donne lo videro mentre con le braccia piantate sui fianchi girava su se stesso ripetendo qualcosa che non riuscivano chiaramente a sentire. 
"Che cosa avete voi due stasera?" 
Stephanie fece segno con la testa a Mia di seguirla andando a raggiungere Nathan. 
"Ragazzi, venite tutti qui per favore!" la donna chiamò i compagni che si misero in cerchio. 
"Che cosa stai facendo?" sussurrò Nathan che in quel momento non era totalmente in sé. 
"Un po' di tempo fa abbiamo incontrato Madonna e le abbiamo offerto di venire al nostro prossimo concerto." sbottò Stephanie tutto d'un fiato, gesticolando animatamente, come se fosse la cosa più usuale di questo mondo. 
"Abbiamo?" chiese Mia nonostante avesse già capito di chi stesse parlando. 
Seguirono altre domande e borbottii di diverso genere. Nessuno si stava concentrando su ciò che era chiaramente più importante. 
"Noi." si intromise Nathan. "Sapevamo dov'era e siamo andati a cercarla, una sera." 
I ragazzi mandarono giù la spiegazione, stranamente non fecero altre domande. Forse troppo sbalorditi o già irrequieti mandarono giù l'enormità di quel boccone.
"Per questo dobbiamo dare il massimo questa sera, più del solito. Non sappiamo quando si presenterà e noi probabilmente non ce ne accorgeremo, quindi teniamo alta la guardia." Stephanie congiunse le mani e involontariamente contagiò i presenti con il suo nervoso; ma almeno adesso che lo sapevano tutti potevano affrontarlo insieme. 
Il concerto iniziò poco dopo e seguì la scaletta che avevano programmato. Partirono agitati ma più andarono avanti e più si caricarono dimenticando addirittura l'imminente presenza della cantante. 
Diana Jones si rilassò immediatamente una volta iniziato il concerto, infondo era nel suo DNA comportarsi da impeccabile star e così facendo fece tranquillizzare l'intera compagnia. Specialmente Stephanie che si trovava a condividere con lui il palco per l'ennesima volta. 
Era da un po' di tempo che i duetti che li vedevano protagonisti erano aumentati e tutti l'avevano accettato come esigenza artistica.

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"Let's dance put your red shoes 
and dance the blues." 
--------

Si presentarono sul palco arrivando da due direzioni diverse. Non si incontrarono subito: Nathan fece più di un passo in avanti lasciando la donna indietro, ma questo non gli tolse la possibilità di indicarla durante la sua strofa.

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"Let's dance to the song 
they're playing on the radio." 
--------

Si spinse al lato del palco, per cantare la sua parte e concludendo con una posa teatrale tornò su i suoi passi per incrociarsi con lei che aveva già preso le prime note della canzone. La accompagnò nella sua strofa mentre gli si avvicinava. Si guardarono allo stesso modo stringendo il microfono in mano e scrutandosi come delle pantere.

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"Let's sway 
while color lights up your face. 
Let's sway 
sway throught the crowd to an empty space." 
--------

Nathan fece una giravolta allontanandosi per un secondo prima di voltarsi come di comune accordo: dando le spalle al pubblico e seguendo il tempo della musica. 
Nell'atto si lanciarono un'occhiata di intesa a confermare l'imminente incontro al centro del palcoscenico. Fu dopo essersi trovati che l'uomo azzardò il contatto. 
Non era mai successo dopo che le cose stavano diventando serie. Stephanie rimase immobile, ma continuò a cantare senza togliere mai lo sguardo dall'uomo che la guardava con la stessa intensità. Allungò la mano che era libera dal microfono e con il dito indice percorse tutta la figura della donna, passando dal décolleté e fermandosi sulla pancia. E proprio nell'esatto momento in cui avvicinava il viso al suo in uno spazio tra una strofa e l'altra sembrò che volesse baciarla, così davanti a tutti e invece la colpì sul naso con il suo chiudendo leggermente gli occhi e scatenando la sua stessa e la risata e quella della sua partner musicale. 
Aspettarono che finisse l'intermezzo strumentale per separarsi nuovamente e in quel breve istante Nathan, il più audace dei due, ritrattò tutti i suoi pensieri precedenti. 
Slegandosi dalle inibizioni decise che anche le loro labbra si sarebbero dovute incontrare. 
La mano che teneva il microfono scivolò in basso mentre con quella libera posò il pollice e l'indice sul polso di Stephanie sfiorandolo con i polpastrelli. 
La baciò perché le loro bocche erano troppo vicine per non farlo, la tensione troppo alta e la voglia prepotente. 
Stephanie reagì con molta calma, sorprendendo se stessa. 
Si faceva sempre travolgere da quell'uomo. 
Quel legame si sbriciolò in breve in tempo e venne sovrastato dalle grida e i versi di stupore del pubblico che fortunatamente si risolsero in un grande applauso. 
Nathan continuò la sua recita e come se niente fosse si spostò nuovamente dalla sua parte concludendo la strofa, mentre Stephanie roteava via cantando le rime. 
La canzone si concluse e invece di prendere i complimenti del pubblico, si defilarono dietro le quinte cercando di capire se non stessero camminando su quel filo che divide sogno e realtà. 
I compagni continuarono il concerto alternandosi finché non arrivò di nuovo il loro turno e così via fino alla fine della serata. 
"Avete visto Madonna?" chiese immediatamente Chris, il tastierista, quando ebbero tutti la possibilità di sentire. 
"Non è venuta." Nathan rispose deluso mentre poggiava un braccio sulla ringhiera della scaletta che portava al palco. 
"Madonna? State pensando a Madonna? E' quello allora..?" Una delle ballerine degli Ages Of Divas, che aveva fatto gruppetto con le altre, si intromise con i suoi commenti. 
Le ballerine non facevano parte della band così come gli altri membri. Venivano chiamate quasi sempre per completare le performance e a volte anche dai Destination Moon con i quali una delle cinque faceva coppia con un altro ballerino. Non avevano molta confidenza con tutti i componenti, ma erano lo stesso sporadiche presenze che accettavano volentieri nel loro mondo sfavillante. "Cos'era quel bacio? Wow!" 
La domanda scatenò la curiosità del resto delle band che s'era messa in moto dal momento in cui era accaduto; morivano dalla voglia di ricevere una spiegazione. 
Stephanie rimase a boccheggiare senza una risposta valida. Tutto era accaduto così in fretta e solo Mia, ovviamente, si insospettì al riguardo. Nathan spezzo il silenzio e seppe immediatamente cosa dire nel modo in cui era solito fare. "E' la strategia alla Adam Lambert." lo disse come se fosse scontato. 
I presenti lo guardarono come se non avessero mai sentito quel nome e forse era vero. 
"Durante l'esibizione prendi contatto con un membro della band, è per far interessare il pubblico, emozionarlo. E' quel colpo di scena durante uno spettacolo e funziona." 
Stephanie iniziò ad annuire come se tutto quello che avesse detto fosse già stato discusso mentre la band si beveva l'ennesima scusa e si congratulava per l'idea con cui, secondo gli ideatori, avrebbero avuto più seguito. 
La marmaglia si sciolse e Stephanie, senza farsi notare, seguì la diva Diana che andava a riporre i suoi spumeggianti indumenti. 
"Come ti è venuto in mente?" 
Nathan si voltò a metà strada verso la voce che bisbigliava alle sue spalle e si fermò guardando la donna con il volto preoccupato. "L'ho sentito e basta." disse tra la presunzione e l'ovvietà. 
"Beh, non potevi aspettare? Non potevi pensare?" aprì le braccia incredula. 
"Hey, non mi sembra che tu ti sia ritratta." la indicò sfiorandole la scollatura. 
"Per fortuna! O avrei mandato tutto l'aria e avrebbero capito tutti che non era programmato." 
"Ti spaventa così tanto?" 
Stephanie restò in silenzio preoccupata di non sapersi tenere in equilibrio su quelle parole. "Avrebbero potuto scoprirlo." 
"Ho inventato una scusa plausibile, mi sembra. E poi, sarebbe un problema?" 
"Non l'ho nemmeno detto a Mia. E' stato solo un appuntamento..." balbettò "Ho appena divorziato; che cosa penserebbe la gente? E se lo venisse a sapere Julian?" 
"Non è stato un appuntamento, Steph." divenne serio come non lo aveva mai visto. "Sappiamo quello che succede tra noi, l'abbiamo sempre saputo calcando quel palco. Saranno anni che sappiamo quello che facciamo ma, nonostante questo non sappiamo chi siamo o ci rifiutiamo di accettarlo." l'uomo lanciò la sua frase e si voltò per andarsene via. 
"Chi siamo, Nathan? Che cosa siamo io e te?"

-------- 
"Some foolish thing 
some little simple thing 
I've done. 
'Cause I'am just a soul 
who's intentions are good." 
--------

Nathan si girò nuovamente verso la donna, con le braccia sui fianchi glitterati di quella maglietta blu. "Dopo tutto questo tempo dovremmo saperlo." alzò le spalle. 
"Non dovremmo parlarne qui." Stephanie si guardò attorno nel mondo da cui si erano estraniati e capì che non era quello il luogo adatto. Sembrava una buona scusa per sgattaiolare via da una conversazione che non era pronta a sostenere. 
"Hai ragione. Aspetta qui." Nathan si dileguò dietro al tendone lasciandola lì con la consapevolezza che non avevano finito. 
Nathan diede un ticchettio sulla spalla di Victor, piegato in terra a rimettere la chitarra nella custodia. 
"Devi farmi un favore: casa tua è vuota?" 
"Cosa? Si è vuota finché non ci torno. Sono distrutto." si rimise diritto sgranchendosi la schiena. 
"Hai le chiavi?" lo ignorò completamente. 
"Certo che ho le chiavi. Che cosa sta succedendo?" 
"Devo parlare con una persona e non posso farlo qui." 
Victor rimase stranito da quelle parole ma era sempre pronto ad aiutare un amico che infondo l'aveva cresciuto. Si diresse verso il suo borsone un po' più in là e tirò fuori le chiavi da una tasca. "Con chi devi parlare?" titubò prima di dargliele. 
Nathan sospirò facendo scivolare le mani sulle ginocchia. "Steph, Stephanie. Devo parlare con Stephanie." ammise. 
"Lo sapevo." sorrise malizioso prima di lasciar cadere il mazzo tra le sue mani. 
Nathan fece per allontanarsi. 
"Quanto tempo ti serve? Devo andare in bagno." 
"Falla in un cespuglio. Torno quando ho finito di parlarle." Nathan si mosse ancora più lontano. 
"Dopo voglio sapere tutto." concluse Victor mentre vedeva la sua sagoma scomparire dietro il sipario. 
Nathan, che ancora non si era cambiato, tornò dalla donna che aveva promesso di aspettarlo e accettò di seguirlo ovunque la stesse portando. 
Quando varcarono la soglia della casa vuota e cosparsa dalla penombra sentirono immediatamente l'esigenza di parlare, senza nemmeno allontanarsi dall'entrata. 
"Sai, non so perché continui a negarlo." gesticolò sembrando dispiaciuto. 
Stephanie incrociò le braccia nella sua tuta rosa guardando in basso e non nei suoi occhi. "Non l'ho mai negato, è solo che non l'ho mai ammesso." 
Nathan sospiro senza la certezza di essere soddisfatto di quella risposta. 
"Vivevo in una situazione instabile e nemmeno tu." spinse un dito sul suo petto. "Mi hai mai dato certezze." 
Lui guardò da un'altra parte e poi le prese la mano che s'era sciolta dalla sua precedente posizione. 
A Nathan non piaceva che gli dessero delle colpe. 
"Non ne abbiamo mai parlato perché non ne siamo capaci, ammettiamolo." continuò lei con quel tono stranamente rilassato, mettendosi in cerca del suo sguardo. 
L'uomo non le lasciò andare la mano, anzi, gliela strinse mentre con l'altra le sfiorava la punta del mento. Le diede un bacio sulle labbra e poi un'altro, un'altro e un'altro. 
"Allora non ne parliamo. Facciamo quello che ci riesce meglio: fingi di essere sul palcoscenico." lasciò la mano della donna e la mise su i suoi occhi per chiuderli. 
Stephanie, ancora una volta, si lasciò trasportare dalla sua incontrastabile e ferma personalità. 
Aveva sempre tutto sotto controllo, come ci riusciva?

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"You can kiss me and hear me 
had me and hear me 
deep deep inside but you fall in love in me." 
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Nathan riprese a baciarla e poi si spinse giù fino al collo. La sensazione di essere due note danzanti durante un loro concerto diede a Stephanie la determinazione che sul palco non riusciva ad esternare di fronte all'intrattenitore principale. 
Rubò il suo ruolo da protagonista. 
Oh si, lasciò che la baciasse, ma nel frattempo stava già facendo scivolare le mani sotto la sua maglietta di cui, in un attimo, lo aveva spogliato. 
Era così strano vivere qualcosa che entrambi aveva immaginato per tanto tempo, ma che nessuno aveva avuto il coraggio di compiere. E ancora di più sembrava strano per Stephanie avere il totale controllo nelle sue mani di un indifeso Diana Jones che aveva tolto la sua maschera di indumenti glitterati mostrandole un corpo imperfetto che non s'addiceva alla drama queen, ma che, con piacevole sorpresa di Stephanie, assomigliava più a Nathan. 
L'uomo fece per togliersi anche la sua parrucca verde acido, ma Stephanie lo fermò sul nascere dell'azione. "Tienila, siamo sul palco." sussurrò mentre sfilava le braccia dal suo collo sfiorando la punta dei capelli verdi, senza negare l'ambiguità in lui che la affascinava. 
Si fece indietro, mentre lo baciava, fino a sentire sulle cosce la pressione del bracciolo del divano color panna. La sensazione che diede premere su un oggetto appartenente al mondo reale portò l'atto che stava avvenendo a stazionarsi concretamente nella stanza. E anche se Stephanie si rese conto, in quel momento, di trovarsi in un ambiente inadeguato, strofinò comunque una mano sul petto di Nathan, mentre con l'altra afferrava il braccio sinistro. Così si sbilanciò fino a cadere sulla schiena portandosi con sé l'uomo, di cui viso, stringeva ora tra le mani.

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"Don't go wasting your emotion 
lay all your love on me." 
--------

"Di chi è questa casa?" bisbigliò Stephanie al suo orecchio. 
"Victor." rispose distratto certamente da qualcos'altro. 
Tra baci e respiri di cui non se ne poteva più, giunsero a varcare la porta del parossismo in un'atmosfera che li aveva catapultati nuovamente al di fuori di quello spazio sconosciuto e circoscritto. Le figure stanche di stare troppo strette, si confusero tra le luci di un palco inesistente ma che vagava nella loro mente. 
Presero tutta la chimica che frenavano saggiamente durante il ritmo di quelle canzoni, si slacciarono con grande piacere dalle regole che proibivano loro di varcare i limiti dell'attrazione sul palcoscenico e la trasportarono tutta in quel preciso atto. 
La tensione era ciò che li teneva in vita ed ebbero un certo timore ad assaporare il dolce dopo averlo tanto desiderato, ma furono felici di scoprire che non c'era nulla di male a deliziarsi della portata e di cui, probabilmente presto, avrebbero chiesto il bis.

-------- 
"And I feel like I need some more 
and I feel your body close to mine 
and I move on love, it's about that time." 
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Rinvenuti sani e salvi dopo essersi lanciati da un pericoloso precipizio e al contempo appagante per gli occhi di chi legge, raccolsero le loro anime buttate tra i vestiti scintillanti e si concessero un pausa seduti garbatamente sul luogo del delitto. 
Tirarono un sospiro di pienezza interiore, ignari di aver compiaciuto anche il lettore. Invece, si sorpresero sin da subito della tranquillità con cui misero da parte gli ingarbugliati pensieri precedenti che non aveva ricevuto la giusta soluzione e più concentrati furono nel mettere a fuoco gli annebbiati atti precedenti. 
Tutto così veloce, fuori dagli schemi. Pareva quasi difficoltoso da ricordare e descrivere con precisione ogni movimento. 
Stephanie si sentì sottosopra, mise le mani sulle ginocchia e si alzò per prima dal divano rivolgendosi a Nathan e al posto. "Nemmeno avessimo sedici anni." rise tra sé. 
Quando furono fuori ed ognuno per la sua strada, Nathan riconsegnò le chiavi a Victor che aveva aspettato anche più del dovuto. 
"Allora? Cosa vi siete detti?" chiese curioso mentre riafferrava in mano il mazzo. 
Nathan si allontanò velocemente per non dare spiegazioni, non era il momento adatto e neanche giusto da dire così ad un amico. "Non sederti sul divano." e svanì via ridendo.

PLAYLIST CHAPTER:
- Let's Dance/David Bowie
- Don't let me be misunderstood/Animals
- Up and Down (Don't fall in love with me)/Billy More
- Lay your love on me/ABBA
- You make me feel/Sylvester

the mermaid's notes: bentornati a tutti con il sesto capitolo di questa long; lieta che siate arrivati fino a qui, potete finalmente godere di un capitolo molto più lungo e molto più intenso. Le cose iniziano a farsi interessanti su molti più fronti: l'ambizione che spinge le due band a diventar famosi o almeno a farsi notare e la conseguente delusione. La relazione tra Nathan e Stephanie che in questo capitolo evolve più che mai, tra impulsi e timori. E infine, tutti gli altri personaggi che fanno da contorno alla storia, i quali cominciano a definire i propri ruoli. Riguardo la scena, sicuramente la più importante di questo capitolo, quella tra Nathan e Stephanie, spero di essere riuscita a descriverla al meglio e a trasmettere le stesse emozioni che provano i protagonisti. Non è la mia prima scena di questo genere, ma è la prima volta che provo a descriverla con uno stile diverso, più narrativo e meno dettagliato e accompagnandolo a delle metafore e spunti nuovi. Le precedenti erano molto più spinte o dettagliate, ma sicuramente di un genere diverso e ancora acerbo. (Se volete discuterne, farevi avanti lol). Infine, vorrei far notare solo un'ultima cosa riguardo la citazione su Adam Lambert, per il quale ho una cotta e una stima smisurata e chi più ne ha più ne metta; il quale ho pensato che ci stesse benissimo in questa situazione (E chi è un glambert lo può capire). Da brava fan mi sento in dovere di richiamarvi all'attenzione dopo aver stuzzicato la vostra curiosità, con un consiglio: ascoltate la sua musica, ne vale la pena. Bene, è dopo questo messaggio pubblicitario vi saluto e vi ringrazio (lettori silenzioni e non) per seguirmi sempre; aspetto le vostre recensioni.
A Mercoledì prossimo.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette. ***


7.
 
"Eccoci! Scusa il ritardo." Stephanie attraversò le strisce pedonali correndo, lasciando che un' auto proseguisse la sua corsa dietro di lei. 
Nathan la attendeva con la schiena poggiata al muro che sosteneva l'arcata grigio piccione dinanzi all'edificio. Trovò un po' strano che Stephanie avesse insistito per incontrarsi davanti a una gelateria e per giunta alle 16.30 di pomeriggio. Non è certo un luogo dove due adulti, almeno ai primi passi di una relazione si danno appuntamento. 
'E' tutto un rose e ristoranti eleganti' pensò Nathan che aveva sempre concordato con quella linea generale del corteggiamento tra due quarantenni single, ma dovette ricredersi quando, sulle strisce pedonali, vide Stephanie tenere stretta la mano della sua bambina. La donna che aspettava era diversa dalle altre persone che aveva frequentato: Stephanie era una madre. 
"Ciao." sorrise mascherando la sorpresa. "E ciao anche a te, Grace." 
La bambina si mise un dito in bocca e se tolse annuendo. Forse a lui o forse guardava da un'altra parte. Nathan non li capiva bene i bambini. 
Aveva un nipote, il figlio della sorella che vedeva di rado per via dei loro non così idilliaci rapporti. Era stato sempre bene in sua compagnia, ma era figlio di qualcun altro e appena poteva dava buca alla famiglia sgattaiolando a qualche evento mondano. 
Nathan era fatto così. 
"Tu sei la principessa." esclamò la bambina mentre divorava il cono alla fragola che la mamma, diligentemente, sosteneva cercando di non farle sporcare la salopette di jeans sulla magliettina fucsia. 
Nathan scoppiò a ridere e Stephanie insieme a lui. 
Grace aveva partecipato a più in un concerto del connubio Ages Of Divas e Destination Moon, non era estranea all'alter ego di Nathan con cui sul palco si era trovata molto bene e sicuramente non dimenticava i vestiti scintillanti di Diana Jones che agli occhi della piccola sembravano uscire da un regno fiabesco. 
"A cosa devo il piacere di questo incontro?" Nathan continuò con un tono regale.
"Ho pensato che stasera avessi un concerto e fosse questa l'unica occasione per vederci questa settimana." Stephanie fece una pausa nascondendo palesemente la vera ragione. "E poi volevo farti conoscere Grace." 
"Conoscevo già Grace." 
"E che Grace conoscesse te, Nathan." 
"Posso andare a lì?" La bambina indicò una manciata di giostre all'angolo della gelateria, infischiandosene di tutto e ottenne il consenso della madre che fu costretta a mangiarsi il cono lasciato a metà. 
"Perché non mi hai detto che avresti portato Grace?" 
"Credevo che non ne saresti stato entusiasta." 
"Perché mai?" e forse lo nascose un po'. 
"Non lo so Nathan, probabilmente non ci conosciamo così bene e prima di farlo vorrei che sapessi che Grace è una parte importante della mia vita, la più importante e se decido di farci entrare qualcuno ho bisogno che sappia che mia famiglia sarà sempre la prima scelta, che non la metterò in pericolo e non le spezzerò il cuore." 
L'uomo rimase alquanto sbigottito dal discorso della donna e si diede del tempo per metabolizzare e capire che alla fine fosse giusto mettere le cose in chiaro, nonostante ancora non l'avessero fatto nei riguardi della loro relazione. 
"Steph.. io." balbettò. 
"Voglio solo che tu sappia che scegliendo me, scegli anche lei." 
Ne stavano parlando? Era arrivato il momento di definire la loro relazione? 
Le domande che gli balenarono in testa furono molteplici e per paura di fraintendere l'entrata in un terreno inesplorato si limitò ad assimilare quella frase.
"Non posso fare entrare un uomo nella sua vita e poi lasciare che mi dichiari guerra per portarsela via." 
Nathan si rese conto che non stava più parlando di loro. "C'è qualcosa che non va con Julian?" 
Stephanie si sorprese di sentire uscire tali parole dalla sua bocca. Era la prima volta che parlavano di cose serie e allo stesso tempo si intromettessero nella vita dell'altro. 
"Vuole l'affidamento esclusivo di Grace." 
"Non me l'aspettavo." rimase a bocca aperta. "Julian sembrava..." 
"Si, Julian sembrava un santo prima del divorzio. E' tutta colpa mia." si coprì il volto con le mani ripetendosi di non piangere né davanti a Nathan né davanti alla sua bambina che da un momento all'altro poteva ritornare. 
"Non è tutta colpa tua. L'avete deciso insieme." le mise una mano sulla spalla. 
"Non c'ero più. Quando eravamo insieme, sotto lo stesso tetto, io non ero lì. C'era un'altra persona nel mio corpo che aveva preso il mio posto. Era una vita di cui volevo disperatamente liberarmi." 
Nathan la guardò, per la prima volta, con degli occhi compassionevoli e anche se non ne capiva molto di problemi coniugali e conseguenti cause legali provò a tirarla su di morale. 
Era davvero sollevato di non essere stato il motivo della loro separazione. Un po' per l'egoismo di mantenere la coscienza intatta e un po' perché sapere di essere stato un peso per Stephanie ora che la vedeva così, lo turbava e non poco. 
"Sei una madre fantastica e lo hai appena dimostrato. Sfido chiunque a dire il contrario." 
Stephanie gli regalò un sorriso da un volto che non traspariva esattamente se c'avesse creduto, ma il solo pensiero di averla acquietata fece stare bene anche lui. 
"Non ti ho spaventato, vero?" 
"Con una bambina di sei anni? Puoi fare di meglio." Lanciò un'occhiata alla bambina presa dai suoi giochi. "Bella maglietta!" sbottò ironico bevendo un sorso del succo all'Ace. 
Stephanie rise allungandosela tra le mani e abbassando la testa per guardare la stampa: la figura di Madonna contornata da una striscia di fucsia al neon se ne stava bene in vista rivolta di lato mantenendosi su un cappello e giudicandoli più di quanto non avesse fatto la sera in cui, sottointendendolo, aveva promesso di farlo. "L'hai fatto apposta?" 
"No, lo giuro." rise "Mi chiedo ancora il perché non sia venuta." guardò il fondo del suo bicchiere di carta. 
"Veronica Ciccone non ha tempo per noi." concluse Nathan fino all'ultima goccia di succo. 
"Andiamo a giocare ai pirati!" Senza rendersene conto Grace aveva interrotto uno sguardo di intesa tra i due al tavolino e aveva iniziato a tirare la maglietta di Nathan in modo prepotente. 
"Grace, comportati bene." la sgridò la madre. 
"Andiamo!" Nathan si alzò in piedi prendendo la mano della bambina e allontanandosi prima che Stephanie potesse finire la frase. 
'Com'era strano' pensava mentre si dilettava in quel gioco nuovo. Era davvero inusuale per lui trovarsi improvvisamente catapultato in una potenziale figura paterna. Guardava Grace e Stephanie, che si era appena avvicinata a loro ammirando la scena divertita e non seppe come rispondere a se stesso alla domanda su chi voleva essere per lei. 
Quando credeva di saperlo s'accavallava un altro pensiero e poi tutto quello che aveva per la testa prima di vederla quel pomeriggio, si era ormai ribaltato. 
"Mamma guarda! Sono un pirata!" la piccola Grace richiamò la sua attenzione mentre veniva trasportata sulle spalle da Nathan, di fronte a lei. "Anche lui è un pirata!" esclamò battendo le mani sulla testa. 
Stephanie incrociò le braccia gustandosi la scena e pensò che sarebbe stata felice di vivere così. "Ma tu non eri una principessa?" 

the mermaid's notes: ben ritrovati a tutti lettori silenziosi e non. Sono stata assente per un po' di tempo a causa dell'influenza, che ha colpito anche me e per via di alcuni impegni e abitudini che involontariamente ho cambiato all'inizio di questo nuovo anno. Spero mi stiate seguendo ancora e siate inattesa degli sviluppi di questa storia. Questo capitolo è il primo nel quale non ci sono canzoni, poiché il momento non ne richiedeva ed è un passo avanti nella relazione dei protagonisti con anessi nuovi problemi. 
Spero vi sia piacuto, anche se breve e vi aspetto a Mercoledì prossimo.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto. ***


8.

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"Now don't you ask yourself who they are 
like everybody else, they want to be a star." 
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Il concerto di quella sera si concluse al solito orario, circa l'una di notte. 
Il pubblico applaudiva forte e chiacchierava estasiato. Qualcuno di loro si compiacque anche del fatto che la band principale, quella con in assoluto più seguito, fosse stata affiancata quella sera dalla band dalle leader femminili. 
Sintomo che anche i Destination Moon stavano prendendo piede. 
Erano stati scintillanti, come sempre. La complicità tra i due gruppi, tanto apprezzata dalla folla, non era mancata; nemmeno durante gli intervalli tra una canzone e l'altra. 
Stephanie e Nathan poi, resero le cose più interessanti facendo addirittura anche più di una canzone che improvvisarono al momento; tra queste una delle tante dei Duran Duran
Per fortuna, una volta dietro le quinte, si accorsero da soli di aver fatto scintille e lo dimostrarono apertamente facendosi i complimenti a vicenda e urlando e chiacchierando animatamente più del dovuto. 
'Fortunatamente' perché fu quello il momento in cui videro varcare la soglia del retropalco dalla bionda mille volte più brillante di loro. 
E non si parlava solo di outfit. 
Stephanie non potette far a meno di lanciare un'occhiata di intesa a Nathan che lui ricambiò condividendo la stessa idea. Era ciò che inevitabilmente gli aveva legati, parte di un piccolo segreto estraneo al mondo e noto ai due come qualcosa di speciale. 
Tutti la videro svoltare accompagnata da tre uomini in un camminata all'unisono e circondata da una luce folgorante. Nel momento in cui fece un passo per avvicinarsi a due gruppi distinti formati da un miscuglio delle due band, Nathan e Stephanie smisero di guardarsi. L'epica figura, descritta come la Regina del Pop dal dizionario della musica, era davanti a loro e la sua fama gli accecò come per guardare dentro una galassia. 
Inizialmente non furono capaci spiccicare una parola; non fecero neppure in tempo a chiederle una foto che vennero preceduti dalla donna stessa e sommersi da un'ondata di complimenti con loro grande sorpresa. Infondo cos'erano loro confrontati ad un mito musicale come lei? Madonna, con molta gentilezza e allo stesso tempo entusiasta, mostrò loro i video e le fotografie che aveva fatto quella sera, nemmeno fosse una loro fan sbucata da un paesino di provincia. E giurò che avrebbe fatto vedere le performance per tutta Los Angeles. 
Si trattava di una situazione sicuramente irripetibile. 
Solo quando smisero di farsi i complimenti a vicenda, la loro ospite si avvicinò a Nathan, prendendolo in disparte e accerchiandolo con le tre figure autoritarie e delle parole di apprezzamento. 
Mia, Liam e Stephanie guardavano la conversazione da lontano chiedendosi cosa si stessero dicendo e quest'ultima sperando, che come aveva detto Nathan, sarebbero davvero diventati famosi. 
Non riuscirono a capire esattamente quello che si dissero ma le parole 'gay icon, international star, worldwide tour, billboard charts.' furono le più nitide. 
Probabilmente ne erano volate più del necessario nella foga del momento. 
Nathan ascoltò ogni parola attentamente, poiché nell'inglese ogni tanto si imbrogliava, ma colse decisamente bene l'interesse dei due produttori e del manager di Madonna nei suoi confronti. 
Gli diedero un bigliettino con un numero da chiamare per fissare al più presto un appuntamento e discutere i dettagli di una possibile collaborazione con la loro casa discografica. 
Le cose si stavano facendo interessanti. 
Quando i tre uomini e la star terminarono l'incontro e si spostarono salutando entrambe le band. Nathan non seppe nemmeno da dove cominciare, né che suono emettere per descrivere le sue emozioni. 
Spiegò brevemente, con le poche parole che aveva, la conversazione appena avuta con quegli uomini importanti. Si limitò a farfugliare il loro intento a grandi linee e omettendo quei particolari su cui era lui stesso titubante. I suoi compagni gli si lanciarono addosso felici di avere un tramite in un mondo che prima di quel giorno sembrava irraggiungibile. 
"Diventeremo famosi, ragazzi!" Morgan agitò un braccio in aria ricongiungendosi a quell'abbraccio di gruppo. 
L'adrenalina che Nathan aveva accumulato andò via scemando e in quella stretta saltellante si ritrovò a perdere lo sguardo nel vuoto e poi a riportarlo con tristezza e confusione su Stephanie. 
In che cosa si stava cacciando? 


PLAYLIST CHAPTER
Bad Girls/Donna Summer

the mermaid's notes: sono di nuovo qui con questo nuovo capitolo e sono felice di vedere ancora le tante visualizzazioni per questa storia. Questo è un capitolo che io chiamo 'di passaggio' perché sarà questo il momento che porterà a delle nuove situazioni per i nostri personaggi e che ribalteranno ciò che abbiamo visto fin ora.
Spero vi sia piaciuto e vi invito a lasciare una recensione, come sempre, ringraziandovi per i precedenti commenti (anche su diversi social). Vi lasciò in sospeso fino a Mercoledì a prossimo, bye.

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove. ***


9.
 

-------- 
"Now If you feel that you can't go on 
because all of your hope is gone 
and your life is filled with much confusion 
until happiness is just an illusion." 
--------

"Non lo so, non so che cosa siamo." Stephanie sbatté un pugno sul tavolo nella cucina di casa sua avvolta nella luce sfocata mentre Mia si aggirava per la stanza con una tazza bianca in mano. 
"Dovresti parlare con Nathan, è con lui che hanno parlato. Anzi dovremmo farlo tutti, non possiamo lasciarci scappare quest'occasione." si versò del succo di frutta banana e fragola nella tazza e si sedette davanti a lei. "Andiamo all'appuntamento." bevve un sorso e guardò male il contenuto. "Dovresti lavare dei bicchieri e comprare altro succo." fece una faccia schifata. 
Stephanie rise mettendosi la mano sul volto. "Ho dimenticato di accendere la lavastoviglie... ah e non bere quel succo non piace a nessuno." 
Mia scosse la testa sorridendo. 
"Sono sicura che tutti sappiano che i Destination Moon fossero a quella serata. Non si dimenticheranno di noi." 
"Finché non ci calpesteranno." bevve ancora e si disgustò. Aveva dimenticato per un momento quello che le aveva detto. 
"Parla con Nathan, voglio essere sicura che rientriamo nell'accordo." 
"Se solo ci riuscissi." 
"Di che parli? Praticamente uscite insieme da più di tre mesi." 
"Non usciamo insieme da tre mesi, non uscivamo insieme mentre ero sposata e di certo non usciamo insieme adesso. Cioè usciamo insieme ma non stiamo insieme." Stephanie perse le parole così come perse lo sguardo sulle linee delle mattonelle sul pavimento. "Hai ragione, non so che cosa siamo." si rivolse direttamente a Mia travasando i limiti della conversazione. 
"E che cosa state aspettando per renderlo ufficiale? Perché vuoi che sia ufficiale, vero?" 
"Ufficiale è una parola grossa." si fermò tornando su un tono più serio. 
"E' difficile capire quello che ci sta succedendo." 
"A me sembra di capire benissimo." 
"Ci sono troppe cose in gioco, Mia. C'è Grace, il divorzio. Non siamo mai riusciti a parlare di queste cose, almeno non in modo diretto." 
"Se speri che si accorga da solo di quello pensi, sei fuori strada." 
"Non lo so, non è mai capitata l'occasione." 
"Trovala!" 
Stephanie annuì e nel farlo voltò il capo verso l'orologio sul lato sinistro della porta. "Beh, lui sarà qui tra pochissimo, se vuoi che parliamo te ne devi andare." si alzò in piedi rubandole la tazza. 
"Perché non posso rimanere?" 
"Come te le spiego: forse, non avendo mai parlato di quello sta succedendo, Nathan non sa che tu sai quello che noi non sappiamo e potrebbe essere leggermente imbarazzante." Stephanie le si rivolse in modo ironico e Mia afferrò subito il concetto. 
"Okay, me ne vado!" alzò le mani in segno di resa e iniziò a dirigersi verso la porta in vernice bianca. 
Quando furono lì davanti vennero sorprese dal suono del campanello e a Stephanie tremarono le gambe. Fece per aprire la porta e come temeva si trovò la figura dell'uomo che sottilissimo posava un braccio alla trave della porta. 
"Mia." sussurrò lui confermando l'imbarazzo del momento. 
"Nathan! Parlavamo giusto di te." Mia non si teneva mai niente dentro e continuò parlare ignorando l'espressione sconvolta dell'amica. "Che cosa ti hanno detto gli uomini di Madonna riguardo ai Destination Moon?" 
Nathan fece un passo avanti e si auto invitò a superare l'entrata tenendo involontariamente bene in evidenzia le mani per proteggersi dalla personalità irrompente della donna. "Non hanno menzionato nessuna delle due band, vogliono solo parlarmi. Probabilmente scoprirò tutto all'appuntamento." si seppe destreggiare bene. 
Mia rimase sospettosa ma non fece in tempo a ribattere che la figura di una donna sulla sessantina si palesò sul portico in legno e venne accerchiata da sguardi sorpresi. 
La donna si sistemò gli occhiali dorati. "Stephanie Savage?" Non riusciva a guardare più in là del suo naso. 
Stephanie rispose intimidita alzando un mano come a scuola. 
"Sono Catherine Stagliano." le tese la mano e la stringe con forza. "Il tribunale dei minori mi ha incaricata di supervisionare il suo caso. Pare che suo marito, Julian Walker, abbia presentato delle accuse nei suoi confronti."
"Julian è il mio ex marito." enfatizzò il prefisso. "E di che tipo di accuse stiamo parlando?" 
"Non sono tenuta a discuterne; è un argomento che affronterete all'udienza, immagino. Non si preoccupi." si fece strada dentro casa come se fosse la sua. "E' un controllo di routine. Capitano spesso queste faide tra marito e moglie." si rivolse a Nathan come se facesse parte della questione con un tono da pettegola. 
"Si accomodi, Mrs. Stagliano." Stephanie la invitò con ritardo e mentre la donna parlava a mille all'ora di faccende legali, si sedette sul bracciolo del divano ignorando il mondo intorno a sé, più confusa di quanto non fosse prima. 
Catherine Stagliano accettò volentieri una tazza di the in un bicchiere che probabilmente veniva dai regali nuziali ed insieme ad esso un giro della casa. 
Continuava ad appuntare chissà cosa su un'agenda. Ebbe anche il piacere di conoscere Grace e fare due chiacchiere con lei; del più, del meno e di tutto quello di cui si può discutere con una bambina di cinque anni. 
Fece anche un paio di domande a Nathan e Mia che si erano rintanati in cucina con la paura di essere sgridati, da quella che sembrava una maestra bacchettona, se fossero andati via. 
"Il vostri avvocati riceveranno a breve la data dell'udienza, non appena avrò finito il mio rapporto e lo comunicheranno alle due parti in causa." 
Mrs. Stagliano si diresse verso la porta e salutando educatamente uscì sbattendola un po' troppo. 
Stephanie si precipitò a prendere il cellulare e a comporre il numero di Julian, una, due dieci volte ma nessuno rispose. A quel punto Nathan, che l'aveva vista tremare, si sedette accanto a lei sul divano e la circondò del suo abbraccio. 
"Qualsiasi cosa abbia detto Julian su di te, è una bugia." Mia s'era seduta sul tavolino di fronte a loro più nervosa che triste per la sua amica. 
Nathan restò ad abbracciarla infischiandosene un momento di chi o che cosa fossero. 
"Preparo qualcosa, qualcosa di buono. Grace dovrà pur mangiare ed anche noi." sorrise dirigendosi verso la cucina e deliziando i suoi commensali con un'orchestra di rumori che non lasciava sperare il meglio. 
"Non sei costretto a restare." sussurrò la donna tra le sue braccia. L'uomo la guardò senza dire niente e le diede un bacio sulla fronte. Stephanie scivolò tra le sue braccia per accoccolarsi in posizione fetale. Si sentì protetta e sperò che quella sensazione le rimanesse addosso tutta la notte. Infondo avrebbe potuto, Nathan e Mia avevano già deciso di restare a dormire lì. 
Nathan alzò la testa, riemergendo da quella stretta e la guardò negli occhi. "Certo che resto, non perderei per nulla al mondo una cena di Mia." 
Sentì Stephanie sghignazzare e nella sua risata capì che, non importava cosa fossero l'uno per l'altra, qualsiasi cosa stesse facendo Nathan, la stava facendo sentire bene e per lui, in quel momento, non c'era nulla di più importante. 

PLAYLIST CHAPTER
Reach out, I'll be there/Four Tops

the mermaid's notes: bentornati a tutti! Mi scuso per aver pubblicato con un giorno di ritardo ma la sessione invernale non perdona. Questo capitolo si distacca un po' dalla linearità della storia e aggiunge un nuovo problema e il ritorno di un personaggio citato solo poche volte. Vi spoilero subito che questo darà il via ad un'altra sfida che i nostri personaggi dovranno affrontare, ma la quale si svilupperà in seguito. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare come sempre una recensione. Ringrazio tutti i miei lettori silenziosi e non e vi do appuntamento al prossimo mercoledì!

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci. ***


10. 

-------- 
"If you want my body and you think I'm sexy 
come on, sugar, let me know. 
If you really need me, just reach out and touch me 
come on, honey, tell me so, tell me so, baby." 
--------

La sottile presenza di Diana Jones troneggiava imponente sulla scena rubando anche gli sguardi dei passanti. Chi lo vedeva e l'aveva visto anche più di una decina di volte condivideva la stessa sensazione di disagio che guardarlo procurava. 
Mettere in imbarazzo il suo pubblico era la specialità di Diana Jones, consapevole che nonostante questo nessuno avrebbe smesso di fissarlo. 
Era una tecnica singolare, ma funzionava. Più si addentrava in atteggiamenti scomodi e più diventava irresistibile. 
Con un movimento sensuale scivolò lentamente tra una parola e l'altra mappando lo sterno con una mano e poi giù sino a sfiorare il pavimento con il corpo. Risalì imitando lo stesso movimento dondolante e si rimise in piedi voltandosi di spalle e poi di lato per l'ultima mossa finale in cui intonò la fine della canzone esattamente sul tempo. Si era ripromesso di dare il meglio di sé, ma alla fine gli bastò essere se stesso; 
Gli bastò essere Il favoloso Diana Jones. I due produttori e il manager di Madonna restarono affascinati da quel personaggio androgino rimproverandosi di essere stati così sciocchi da chiedere all'uomo di vederlo un'ultima volta sul palco prima di quel fatidico appuntamento e bacchettandosi tra di loro sul motivo per cui non riuscivano a smettere di guardarlo: nel suo stile, era davvero affascinante. Gli sguardi che riceveva Nathan quella sera se li vide lanciare addosso come confetti. 
Fortunatamente non vedeva il pubblico nel buio e tra le luci, perché quelle occhiate amichevoli dei suoi compagni erano già abbastanza violente da sopportare. 
Sentì il pugnale affondare nelle loro spalle nota dopo nota, per avere omesso che quella sera i pezzi grossi fossero lì per lui e perché ancora non aveva parlato con loro dell'importanza delle due band all'interno di un probabile accordo. 
Schiacciò prepotente quella sua parte di sé con il peso opprimente che la diva aveva su di lui e regalò ai suoi spettatori una performance brillante per cui valse la pena essere egoisti. 
Il suo ego, più che un difetto, sembrava ciò che faceva innamorare di lui; per questo ogni volta che seguendo la coreografia spingeva via una ballerina al lato del palco, veniva acclamato e perdonato. 
Non mancò nemmeno di pensare, in quel momento, che un po' i suoi compagni meritassero il suo comportamento. Alcuni di loro, che non aveva identificato, si stavano divertendo a fare dei versi in sottofondo, anziché adempiere al loro compito delle doppie voci e per Diana Jones anche il minimo errore significava una disfatta, sopratutto se non era lui a sbagliare. 
Non erano tenuti a prendersi certe libertà, mentre lui si: quella sera saltò persino una strofa per rimproverare i tecnici, così davanti a tutti, sull'uso del fumo multicolore che stava provocando disagio. Se ne infischiò senza vergogna, ignorando il fatto che investisse i suoi spettatori. L'importante è che tutto fosse fatto in funzione di mostrarlo come la star più perfetta. 
Era la più stronza, sapeva di esserlo e lo ostentava senza alcun timore. 
Dava al pubblico il privilegio di poterla vedere, adorare e servire, perché tutti lo volevano disperatamente. 
Chi seguiva assiduamente Diana Jones potrebbe benissimo dire che fosse un eroe generoso a permettergli di posizionarsi ai suoi livelli fingendosi leggendari allo suo stesso modo.

-------- 
"And the music's in me 
and I feel real hot 
then you kiss me there 
and it feels real good 
'Cause I know you'll love me like you should 
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Gli occhi con cui lo guardava Stephanie erano diversi dalla marmaglia urlante posizionata ai sui piedi. Se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe affermato con certezza che fu quella la sera in cui si innamorò di lui, lo avrebbe persino giurato. Nathan gli aveva chiesto di esserci, aveva accennato ai pezzi grossi, al fatto che non sapesse bene il perché volessero vedere gli Ages Of Divas un ultima volta e poi non nascose di essere nervoso. Era convinto che la sua presenza l'avrebbe decisamente aiutato. 
Era strano sentirselo uscire dalla bocca, perché Diana Jones non aveva bisogno di nessuno per essere favolosa. 
Invece Nathan l'aveva presa sotto braccio in un delle notti che stavano trascorrendo insieme e attorcigliato a lei, l'aveva invitata a venire al concerto, poi pregata e infine ingannata, sussurrandole che sarebbe stato un bene anche per i Destination Moon avere una rappresentante quella sera. Stephanie tanto, era già stata convinta al primo tentativo. 
Sperava solo che non si notasse quanto piacere le facesse essere la persona che, in un momento così importante, volesse al suo fianco. Si era posizionata al lato del palco da cui scendevano le scale in modo da scambiare quattro chiacchiere quando a Nathan era possibile fermarsi. 
Quei pochi secondi per ricordargli che era lì. L'uomo intonò il 'love me' inconsapevole di cosa stava scatenando dentro Stephanie e quando le passò di nuovo accanto per prendere l'ennesimo costume di scena non si rese conto che le tremavano le gambe e che fosse disorientata a tal punto da non riuscire a ricordare se durante quell'ultima strofa l'avesse guardata. 
E dannazione si, era quello che voleva. 
Si ritrasse persino indietro quando le passò davanti per paura che sfiorandola capisse a cosa stesse pensando, perché magari, come nella canzone, lo sapeva davvero.

-------- 
"It was like shooting a sitting duck 
A little small talk, a smile and, baby, I was stuck 
I still don't know what you've done with me 
A grown-up woman should never fall so easily." 
--------

Scosse il capo per ricordare a se stessa che era tipico di Diana Jones semplicemente lasciarsi seguire da una sfilza di amanti per ogni passo che facesse. 
Tutti coloro che lo guardavano avrebbero dovuto amarlo, nessuno escluso. 
Quindi era tutto nella norma, non c'era ragione per cui il cuore le stesse scoppiando. 
Si allontanò dal palco con un balzo all'indietro e facendosi spazio tra la folla si ritrovò il più velocemente possibile su un marciapiede più lontano con abbastanza spazio per permetterle di respirare. 
Anche se il mondo circostante era pazzo di Diana Jones, a Stephanie Savage l'essere vittima dell'amore platonico per quello straordinario personaggio non era più sufficiente ormai. Isolata, ma allo stesso tempo a pochi passi da lui, si sentì divisa tra più vite differenti, incapace di decidere quale intraprendere e quale lasciarsi alle spalle. 
Perché doveva essere così complicata? Era più facile arrendersi a volerlo interamente. 
Era così liberatorio, semplicemente, innamorarsi di Nathan Nichols. 
Passarono più di dieci minuti, forse trenta. Non importava, tanto Stephanie non lo stava ascoltando più. Era così presa dai suoi pensieri che mentre si trovava sulla strada del ritorno non si rese neppure conto che Nathan era quello che le stava andando incontro. 
"Dove sei stata?" aprì le braccia incuriosito dalla sua fuga. 
"Mia mi ha chiamata, è a casa con Grace." balbettò alzando il cellulare tra le mani in maniera evasiva. 
"Va tutto bene?" 
"A meraviglia." mostrò un flebile sorriso tra il rossetto rosso vermiglio. 
"Diana Jones." una voce dietro le spalle di Nathan scandì il suo nome da palcoscenico e attirò l'attenzione di entrambi notando subito i tre uomini avanzare spavaldi con tutta la loro importanza. "You had been amazing." continuò uno di loro, un tizio basso e pelato con una faccia davvero buffa, quasi ispirava tenerezza. 
Lo sommersero di complimenti e Nathan rispose con delle briciole di umiltà, sorridendo e rivolgendo il capo verso il basso. 
"We absolutely can't wait to work with you." gli strinsero la mano a turno. "You will make our team great.
Poteva sembrare strano che si rivolgessero sempre solo a lui, ma era il leader della band e di certo non passava inosservato. Stephanie non ci fece caso, un po' come loro non fecero caso a lei. Solo una ventina di complimenti dopo si rivolsero alla donna stringendole la mano e presentandosi come se quella fosse la prima volta che la vedevano. 
"Destination Moon, yeah! We would never forget about you." 
Stephanie si sentì sollevata per quelle parole, sopratutto perché poteva dare a Mia la notizia che la loro band non era stata gettata nel dimenticatoio; anche a lei fece un certo piacere a cui prima non aveva pensato. 
Un altro paio di salamelecchi che terminarono confermando nuovamente il famoso appuntamento e la donna era tornata trasparente. 
"We will make you a fabulous star." 
"I already am." 
Nathan e i pezzi grossi si scambiarono uno sguardo d'intesa e poi se ne andarono via con un volto che pareva soddisfatto. 
"A che ora hai l'appuntamento?" Stephanie non gli diede neppure il tempo di tornare con in piedi per terra che si rivolse a lui con un tono intimidatorio. 
"Presto.. di mattina presto, Steph." 
"Se sono interessati anche a noi dovrei venire anche io, non credi?" 
"No, non credo." quasi sembrava che la stesse prendendo in giro. "E poi ci sono io, penserò io a riferirvi tutto." Quella risposta le lasciò un serio ripensamento su ciò che aveva provato prima. "Vorrei essere presente." si impuntò. 
"Mi hanno richiesto loro, probabilmente per rappresentare tutti. Fidati di me." L'uomo la guardò negli occhi come se sapesse e avesse il compito di farla ricredere ancora una volta su quel sentimento giusto. 
Stephanie si immerse in quello sguardo percependo dei brividi familiari, ai quali, questa volta non si abbandonò. "Nathan, perché non vuoi che venga con te?" 

PLAYLIST CHAPTER:
Do ya think I am sexy?/Rob Stewart
You make me feel/Jimmy Somerville
Lay all your love on me/ABBA


the mermaid's notes: e abbiamo raggiunto il decimo capitolo, finally! Spero che fino adesso la storia vi sia piaciuta, as always e spero che i nuovi ostacoli vi stiano incuriosendo. Le cose si stanno facendo complicate per i nostri protagonisti e anche se sembrano arrivare buone notizie, il mondo intorno a loro sta cambiando e lascio decidere a voi se in meglio o in peggio. Vi posso solo assicurare che ne vedremo delle belle. Come al solito ringrazio tutti i lettori sileziosi e non e vi invito come sempre a lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate. Vi saluto e a mercoledì prossimo.
 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici. ***


11.

Stephanie quella sera era più carica del solito. In realtà non se l'aspettava, non dopo tutto quel trambusto. 
Ne aveva parlato con Mia e alla fine tutte le sue preoccupazioni erano venute a galla. 
"Non posso, è troppo presto" aveva detto. 
"E' troppo presto? Questa cosa con Nathan è cominciata prima del divorzio. Non mentire." l'amica le aveva puntato un dito minaccioso. 
"Non è mai stata una cosa seria." 
"Tu non vuoi ammettere a te stessa che invece lo è sempre stata." accavallò le gambe portando la schiena all'indietro. "Anche quando c'era Julian." 
"Non è così." insistette. 
"Avete divorziato, adesso puoi dirlo." si sciolse da quella posizione e si sporse in avanti per aver di fronte il volto della donna. "Io vi ho visti. C'è sempre stato qualcosa che con gli altri non c'era." 
"Te lo stai inventando." 
"Va bene, anche se fosse così: che cosa c'è di sbagliato?" 
Stephanie spostò la testa di lato, evitando lo sguardo dell'amica e cominciando a torturarsi l'unghia del pollice. "Tutto. Tutto!" si alzò di scatto sbattendo le mani sulle ginocchia e cominciando a roteare ossessivamente per tutta la stanza. "Nessuno di noi è pronto per una relazione seria. Grace, le nostre band. Che cosa direbbe Julian? 
Abbiamo divorziato da pochissimo." parlava a mille all'ora senza pause tra una preoccupazione e l'altra, preoccupazioni di cui la sua confidente non ne poteva più. 
Mia si era alzata e aveva messo una mano su quella dell'amica che stava continuando ad elencare i suoi problemi sulla punta delle dita. 
Fermò il suo incessante groviglio di pensieri. "Che t'importa degli altri? 
Specialmente di Julian. In questa relazione..." 
Stephanie spostò lo sguardo per imbarazzo o perché non voleva che avesse ragione. 
"... o come vuoi chiamarla, ci siete solo voi due." si lasciò andare a un mugolio. "E poi Grace è già pazza di lui." 
Dopo una notte insonne, Stephanie, s'era decisa a confessare a se stessa che quello che Mia stava tentando di dirle non era completamente sbagliato: tutto quello che provava per Nathan era un viaggio di sola andata. Ora non le bastava che parlarne con lui, chiedere che cosa fossero l'uno per l'altra. Tornare su quell'argomento che aveva per tanto tempo evitato e darne finalmente la giusta conclusione; questo era un passo che solo con altre cinque o sei chiacchierate con Mia sarebbe riuscita a compiere. 
Quando lo vide da lontano, dietro le quinte, che si sistemava i capelli cobalto, i lunghi e meticolosi progetti che s'era fatta svanirono in un battito di cuore, lasciando posto al pensiero che se le fosse scappato lì, su quel palco, quella sera stessa, non le sarebbe dispiaciuto. 
Decisero di entrare in scena dalle due parti opposte e si fecero un segno con il capo per confermare che fossero pronti. 
Non se ne voleva liberare, voleva che le uscisse perché straripava di sentimenti.

-------- 
"You know, I was 
I was wondering, you know 
If you could keep on 
because the force 
it's got a lot of power 
and it make me feel like ah 
it make me feel like... ooh!" 
--------

Diana Jones le diede il benvenuto sul palco bloccandola con la sua presenza al centro di esso. Si avvicinò al suo viso sussurrandole le parole della canzone mentre si muoveva ancheggiando e sfiorandole il corpo. Riconobbe nell'ultima frase un gemito familiare. 
Ad ogni nota la faceva letteralmente crollare ai suoi piedi. Allo stesso modo lo faceva il suo pubblico che desiderava esser toccato come lui le stava stringendo la mano. 
La donna si tirò indietro facendo precipitare a poco a poco la sua mano, sino a toccargli solo le dita. Al momento della sua strofa cominciò a cantare tendendo lungo il braccio senza mollare la presa. 
Occhi negli occhi, quando lui tentò di riavvicinarsi, lei lo respinse sorridendo e prese posto con sfida sulla punta del palco. Non s'era mai visto qualcuno che osasse mettersi in competizione con Diana Jones, non nel suo territorio. Lo faceva sempre e solo lei e quella sera, dopo la nuova scoperta del suo stato d'animo, lo faceva con ancor più sicurezza. Perché era lei e solo lei poteva farlo; e sapeva che anche lui la pensava allo stesso modo. 
Le corde della chitarra di Liam vibrarono nel finale con un assolo interessante ma non all'altezza delle capacità di Victor. Aveva fatto tardi al concerto e s'era rifiutato di suonare tutte le canzoni, perlopiù aveva barbottato in un angolo e le volte che era salito sul palco le aveva divise tra l'estraniarsi completamente dall'evento oppure guardare Roxanne, la ballerina più giovane, in cagnesco. 
Dalle voci di corridoio, quelle che furono più chiare solo dopo la fine del concerto, Victor e Roxanne avevano litigato proprio la mattina stessa e si erano lasciati dopo tre anni insieme. 
Non era passato neppure un giorno ed erano già stati costretti a sopportarsi sullo stesso luogo. Avevano tenuto duro, ma la tranquillità non era durata molto. 
Stephanie restò in disparte e per la sorpresa - non quella di trovarsi i due giovani a litigare, ma quella di tornare a confrontarsi con le sue paure - non ebbe neppure il pensiero di non farsi notare mentre li fissava. 
Le sue preoccupazioni stavano prendendo forma davanti a lei mentre impotente le guardava con la consapevolezza di non poter controllare il suo inevitabile destino. 
Sentì il calore di un'altra persona arrivarle affianco e non proferire una parola. 
Nathan guardò per un minuto la scena con lei. 
Il loro inevitabile destino. 
Le punte dei capelli sintetici di Nathan le sfiorarono la spalla sinistra; capì che s'era avvicinato. "A che cosa stai pensando?" 
"A niente." Neanche lo guardò e continuò tener le mani giunte mentre assorbiva i colpi della lite dei due ex. 
Le schioccò un bacio sulla testa e poi se ne andò via lasciandole capire che sapeva, sapeva benissimo. "Non farlo." 
Aveva detto tutto. 

CHAPTER PLAYLIST:
- Don't stop 'till you get enough/Michael Jackson

the mermaid's notesbuon mercoledì cari lettori e bentornati nella mia long con l'undicesimo capitolo: le cose si fanno sempre più intense, più serie e più complicate per i nostri protagonisti e i loro amici. Tanti cambiamenti stanno accadendo nella loro vita e spero siate curiosi di scoprire dove li porteranno. 
Come sempre ringrazio i miei lettori silenziosi e non, in particolare Phoenix_Robbins che 'perde tempo' per recensire questa storia e con questo mi rende davvero felice e riconoscente. Mi fermo qui per oggi, a mercoledì prossimo. 
P.S. A breve posterò nuove storie/fan fiction, tenetevi aggiornati e come sempre fatemi sapere che cosa ne pensate. A presto!


 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici. ***


12.

"We are interested just in you, Nathan."

-------- 
Words like violence 
break the silence 
come crashing in 
into my little world." 
--------

Se ne erano dette tante di parole ma nella testa di Nathan, una volta uscito da quella lussuosa villa sul mare, erano poche quelle che facevano eco nella sua testa. 
"You will be the new gay icon of the century." avevano ripetuto. 
Il manager di Madonna, un certo Guy Oseary, aveva cambiato tono di voce nel rimarcare il soggetto della frase guardandolo da sotto i suoi occhiali da sole in maniera persuasiva. 
Più lo guardavano come avvoltoi sulla preda e più si chiedeva se ne sarebbe stato capace. 
Erano state gettate diverse idee e un paio di progetti imminenti. S'era parlato di partire e s'era parlato di chi restava. 
Era solo tutto così confuso. 
Non si poteva dire che Nathan non lo avesse sospettato sin da subito, ma nemmeno dire che non fosse stato colto da una miriade di sorprese. 
Parlarono velocemente alternando le caratteristiche della nuova Diana a delle battute su alcuni artisti parte di un etichetta avversaria e altre persone che Nathan non aveva mai sentito nominare. 
Gli altri due uomini, Freddie Watters e Ben Mayer, erano produttori discografici ed avevano già le idee molto chiare sul genere di personaggio che Nathan sarebbe dovuto essere. 
Una volta constatato che i Destination Moon erano fuori, cercò di concentrarsi su quello che era più importante: Che cosa ne avrebbero fatto di lui, delle loro idee e della sua band? 
Nathan dovette fermarsi un momento accanto al muretto in pietrisco per elaborare ciò che gli era appena stato comunicato. Alla fine le cose erano diventate più chiare e per certi versi l'avevano anche sbalordito. 
Oseary fu esplicito nel proporre Nathan come suo nuovo cliente e in men che non si dica si ritrovò al tavolino di un bar, a pochi passi da lì, bevendo un caffè amaro e fissando un libro di fogli bianchi in una cartellina color cachi che loro avevano chiamato 'contratto'. Beh, non era proprio un vero contratto ma più che altro un fac-simile sul quale erano spiegati tutti i termini che Nathan avrebbe dovuto accettare per diventare una star. 
Solo alcune linee lo separavano dal suo grande sogno. 
Prese il cellulare tra le mani e poi rise. Che cosa le avrebbe detto esattamente? Era più sconcertato che divertito; lo lasciò sul tavolino in legno. 
Non nascose a se stesso che tra tutti pensò per primo a lei. 
Era ridicolo. Poco tempo fa non avrebbe esitato un solo istante davanti alla sua grande occasione. 
Glissò per un momento su un argomento su cui sarebbe tornato in seguito. Si fece coraggio e mandò un breve messaggio senza spiegazioni a tutta la band e non ci volle molto per ritrovarsi tutti nella loro sala prove al grido di 'è importante.' 
"Perché hai quella faccia?" 
I suoi compagni non l'avevano mai sentito balbettare in più di vent'anni di amicizia. 
Tirò un breve sospiro. "Ho parlato con gli uomini di Madonna oggi e.." titubò "vogliono solo me." sganciò la bomba ma lo fece deciso, come per tirare un pizzicotto. 
Le espressioni dei presenti furono esattamente quelle che aveva immaginato e più si domandavano increduli tra loro che cosa stesse succedendo e più Nathan sentiva di averli delusi. "Non c'hai neanche provato." quando calò il silenzio il ghigno sotto i baffi di Hector si sentì distintamente. 
"Chi te l'ha detto?" Tutto il dispiacere che aveva in corpo crollò nell'istante in cui venne attaccato. Non era il tipo che si lasciava scrollare le provocazioni dalle spalle. 
"Ti conosco da vent'anni, Nathan." gli si avvicinò con il voltò corrucciato. 
"E' sempre stato questo il tuo desiderio. Che t'importa se noi non ci siamo?" 
"Mi importa, certo che mi importa! Non ne ho avuto il tempo e l'occasione. Andavano troppo veloci e hanno buttato giù almeno una quindicina di idee diverse." 
"Allora è vero: non ti sei opposto!" E' tipico di te." rise ancora più irritato. "Sei.." 
"Okay, basta Hector. Non dire qualcosa di cui potresti pentirti." Chris si intromise tra i due improvvisandosi mediatore. 
Con un gesto della mano lo scacciò. "Ma hai sentito quello che ha detto? Avete sentito? Siamo fuori." 
"Nathan, non hai detto di si, vero?" disse Chris, il buonista. 
"No, non ancora. C'è il contratto da leggere, ci sono i termini. Dovrei farlo vedere da un avvocato o qualcuno che ci capisce qualcosa, credo." 
"Quindi non è finita." si rivolse a Hector. "Si può ancora provare a rimediare, li convinceremo." lanciò un'occhiata agli altri due membri. "Vero, ragazzi?" 
Le risposte dei presenti non auspicavano niente di buono. 
"Cosa ti hanno detto esattamente?" Morgan era più sospettoso che curioso. 
"Mi hanno promesso album da solista, tour mondiali, show importanti... Devo solo firmare il contratto. Mi stanno già creando un personaggio su misura." 
"Perché? Cosa c'è che non va in Diana Jones?" Victor sbeffeggiò la diva. 
"Assolutamente niente. Sarà la personalità di Diana Jones moltiplicata per quattro. Più lustrini, più sfacciata. E' solo un'idea." 
"Sarà insopportabile." rise Victor anche se quello era un momento di tensione. 
"Ogni cantante solista ha bisogno di una band alle spalle." Chris era sempre più convinto di poterci riuscire, di poter entrare in quel mondo fatato. 
"Hanno già un biglietto pronto per Los Angeles, solo per me." sentenziò la fine della loro era. 
Victor e Chris si resero subito conto d'esser stati delusi, ma evitarono - almeno esplicitamente - di dare la colpa a Nathan. Rassegnati gli si avvicinarono dandogli una pacca sulle spalle ciascuno e poi un abbraccio a cui Victor non seppe resistere, il tutto sotto lo sguardo incredulo di Morgan. 
"Vorresti dirmi che Gli Ages Of Divas si sciolgono? E' finita?" 
"Mi dispiace ragazzi, mi dispiace Morgan." unì le mani contrito. 
"Non è con lei tue scuse che pagherò il necessario per crescere mio figlio." Il primo pensiero del bassista fu ovviamente il bambino che era nato da poco. "Quei soldi mi facevano comodo." si riferiva ai compensi che riceveva la band quando veniva chiamata ad esibirsi in qualche piccola cittadina. 
"Morgan.. Non è colpa di Nathan." Victor mise una mano sulla spalla dell'uomo che si teneva la testa per non piangere. "Ma ha rovinato tutto comunque. Hector ha ragione a prendersela con lui. Hai sempre solo ed esclusivamente pensato a te stesso, Nathan." gli puntò un dito intimidatorio. 
"Fantastico.." alzò gli occhi al cielo per la disperazione.
"Neppure lei riuscirà a cambiarti." bisbigliò senza il coraggio di guardarlo negli occhi. 
Nathan non capì bene e subito quello che disse e per un attimo si concesse di crollare nel dubbio che si stesse riferendo a Stephanie e non alla fama. 
Sarebbe stato strano sentir spiattellare quella la storia che - lui e Stephanie - non avevano raccontato, proprio da un suo caro amico e poi con una tale intonazione da poterla identificare come minaccia. 
"Io me ne vado." Non fu Hector a rompere il silenzio ma il suo eco, mentre lanciava un saluto alle sue spalle e usciva dall'imponente portone del container. "E non voglio mai più sentire parlare di Diana Jones." 


PLAYLIST CHAPTER:
- Enjoy the silence/Depeche Mode.


the mermaid's notes: bentornati lettori in questo nuovo capitolo della mia long. Abbiamo raggiunto un punto critico nella nostra storia e diverse decisioni difficili verrano prese nel corso dei prossimi capitoli. Staremo a vedere cosa accadrà di nuovo! Intanto spero vi sia piaciuto il fatto che abbia dato più spazio anche agli altri personaggi e membri della band, facendo emergere la loro diversa personalità.
Bene, come sempre ringrazio i miei lettori silenziosi e coloro che gentilmente lasciano le loro recensioni e opinioni e vi do apputamento a mercoledì prossimo.

P.S. | ANGOLO PUBBLICITA' | da qualche tempo mi sto dedicando alla scrittura di alcuni articoli leggeri che trattano diversi argomenti, se siete interessati a dare un'occhiata potete trovarli su we heart it, mi trovate con il nick themermaidwriter. Fatemi sapere cosa ne pensate!

See ya mercoledì.




 

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici. ***


13.


Era lì già da un po' di tempo e mangiava silenzioso. Stephanie faceva avanti e indietro dal suo ufficio mentre Nathan si limitava a mescolare l'insalata con una forchettina di plastica. Neache lei potrà cambiarti, diceva. Eppure si sentiva diverso. Eppure stava cambiando per entrambe. 
S'erano dati un appuntamento fugace come non facevano da tempo, come non facevano da prima che Stephanie divorziasse. 
Nathan aveva insistito tanto per vederla, ma non ci parlava affatto. 
"Scusami! Oggi è una giornata frenetica." finalmente degnò la stanza della sua luminosa presenza e si diresse subito dall'altra parte della scrivania per scartare il suo pranzo. "C'è questo pezzo grosso, viene dall'America, che ha comprato un intero hotel. Oggi è il giorno dell'Inaugurazione." 
Stephanie lavorava in uno studio di design e si vedeva che ne era entusiasta a giudicare dall'enormità di bozze, disegni e tessuti colorati che ricoprivano la sua stanza. E non mancavano certo i disegni della figlia dare ancora più colore a quel grazioso studio. 
A proposito di pezzi grossi. "Com'è andato l'appuntamento? Non mi hai più detto niente." fece scivolare il cucchiaio fuori dalla bocca per rimetterlo nello yogurt alla fragola. 
Se non l'aveva chiamata prima probabilmente non era successo nulla di speciale. 
Nathan si schiarì la voce. "Non sono interessati ai Destination Moon.
"Lo immaginavo." si lasciò andare sulla grande poltrona nera imbottita. 
"Mia sarà su tutte le furie." sbuffò. 
"So che ci tenevi anche tu, mi dispiace." disse sincero guardandola negli occhi con estrema intensità. "Ultimamente non faccio che dire mi dispiace." 
"Non hai preso tu la decisione." 
Non ancora. 
"E di te? Che cosa ne pensano?" 
"Steph.." lasciò il contenitore dell'insalata sulla scrivania e si morse la lingua perché voleva dire qualcosa. "credo che dovrebbe finire qui." 
"Il pranzo?" vide Nathan alzarsi e dirigersi verso la porta vetrata. Lei lo seguì. 
Lo vide titubante mentre giocherellava con le dita. 
"Nathan, che cosa c'è?" gli prese un braccio per farlo voltare verso di lei, che non la stava guardando. "Cosa non mi stai dicendo?" 
Tentennò a lungo su quale delle due vie - a cui aveva pensato - intraprendere. "Non stiamo più bene insieme, Steph. E' inutile continuare." strinse i pugni. 
"Che cosa stai dicendo? Sei impazzito?" sgranava gli occhi mentre si chiedeva perché tutte le cose brutte le accadessero in quell'ufficio. 
"Insomma, guardaci: non riusciamo nemmeno a parlare di quello che proviamo l'uno per l'altra." 
Stephanie aprì la bocca per rispondere e lo avrebbe fatto, lo avrebbe fatto bene dicendogli di amarlo, ma stette zitta perché le sue sembravano tutte assurde giustificazioni. 
"Prima mi dici che la mia band non avrà un contratto discografico e pochi minuti dopo decidi di lasciarmi. " Alzò le spalle con le mani conserte 
"Sempre che questo si possa considerare lasciarsi." Piegò le dita per imitare delle virgolette e poi si allontanò per tornare a sedersi mentre si passava una mano sotto l'occhio destro credendo di aver già cominciato a piangere. "E sempre con il tatto che ti contraddistingue, Nathan." 
"Pensi che sia facile per me?" alzò il tono di voce posando entrambe le mani sulla scrivania mentre la guardava dall'altra parte, dietro una luce che dalle vetrate la mostrava ai suoi occhi come una figura eterea. "Gli Ages Of Divas si sono sciolti e hanno dato tutti la colpa a me." 
"Forse perché non ti farebbe male, ogni tanto, pensare un po' a come si sentono gli altri invece che a te stesso." 
Cadde del silenzio come neve e appiattì la loro foga. 
"Parto per Los Angeles." disse con tranquillità. 
"Hai già detto si." 
"No, non ho ancora detto di si." 
"E' per questo che stai facendo questa sceneggiata? Pensi che facendomi arrabbiare con te sentirei meno la tua mancanza?" 
"Se fossi in me lo capiresti." borbottò senza volere che lo sentisse. 
"Se fossi in te me ne sarei andato e basta. Infondo, non stiamo insieme. Noi non parliamo di queste cose, l'hai detto tu." le si annebbiarono gli occhi. 
"Non potevo andarmene e semplicemente non dirti niente. Cavolo Steph, stai straparlando." si battè le mani sulle cosce. 
Si resero conto di non aver mai litigato fino a quel momento e parve loro un segno; non sembrava che si stessero allontanando, tutt'altro, si sentirono così vicini e così legati da riuscire ad intraprendere una conversazione in cui finalmente si stavano dicendo tutto ciò che pensavano dell'altro. 
"Infondo c'è sempre qualcosa tra di noi." 
Stephanie si dovette mordere la lingua un'altra volta. Capì dal suo sguardo che non era più il caso di continuare, per non farsi del male. 
C'era di positivo che avevano capito entrambi quanto quella conversazione fosse stata importante al fine di realizzare che stavano amando anche i loro i difetti. Positivo si, se solo l'avessero capito un momento prima della catastrofe. Innamorarsi di lei, farlo adesso era proprio quello che Nathan temeva di più. 
Si voltò per andare verso la porta, non c'era altro da dire. La tenne con una mano mezza aperta guardandola seduta mentre era in attesa che lui se ne andasse, per avere un po' di pace. 
Non era stato capace di rispettare i desideri di qualcun'altro nemmeno questa volta. 
E proprio perché non era rimasto nulla dire le sue ultime parole suonarono tanto amare.

-------- 
"So long ago my heart without demanding 
informed me that no other love could do 
but listen did I not though understanding 
feel in love with one 
who would break my heart in two." 
--------

"Non innamorarti me, Steph." e sparì dietro un cascata di vetro deformante. 



PLAYLIST CHAPTER:
- Another Star/Stevie Wonder.

the mermaid's notesbentornati lettori. Questo breve capitolo descrive esattamente la tensione della nuova sfida che i nostri personaggi stanno affrontando e sopratutto il cambiamento così repentino del pensiero di Nathan sulla loro 'relazione'. Inoltre spero vi siano piaciuti i nuovi piccoli dettagli sulla loro vita e personalità. C'è ancora qualcosa sotto, qualcosa di non detto e penso ci voglia ancora un po' per scoprirlo. 
Come al solito ringrazio tutti i miei lettori silenziosi e non per i commenti, per le recensioni e anche solo per continuare a seguire questa storia.

P. S. |
ANGOLO PUBBLICITA' | come avevo annunciato anche nel precedente capitolo, ho iniziato a pubblicare diversi articoli su we heart it e come ho già detto: vi invito ad andarli a leggere (mi trovate come themermaidwriter) e farmi sapere cosa ne pensate; ma non volendomi ripetere, questa pubblicità riguarda una collezione che ho iniziato sullo stesso sito e che raccoglie alcune edits con delle mie frasi e poems (alcune di esse utlizzate anche in alcune mie storie). In conclusione se vi va di passare, leggerle e condividerle ne sarei più che felice.

See ya mercoledì!

 

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici. ***


14.


Non si erano né visti né parlati per settimane. Stephanie aveva anche accennato alla band che sarebbe potuta non venire; si inventò una balla su un impegno che aveva con le madri dell'asilo di Grace e a Mia disse la verità tra un fazzoletto e l'altro mentre era crollata una volta in sala prove. 
Era molto emotiva, non poteva farci niente. Per non parlare del fatto che non avesse idea se quello che avevano esisteva ancora e la prospettiva di scoprirlo quella sera lo sapeva benissimo: l'avrebbe avvelenata. 
Dopo le parole con cui l'aveva salutata non era neppure tanto difficile da intuire. Più le pensava e più ci stava male. 
Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi sulla soglia dei quaranta con un dolore da adolescente e per giunta riguardante un uomo che non era Julian. 
Rimase su quel gradino, da sola per un bel po' di tempo, almeno finché Mike non le disse che stavano per cenare ad un bar proprio di fronte al palcoscenico. 
Avrebbe potuto dire di no, ma non era dell'umore per altre domande. 
Era abbastanza convinta di trovare Nathan seduto accanto ai componenti della sua band e si meravigliò - e restò delusa - quando non lo vide divorare un panino come tutti gli altri. Solo dopo un attimo si rese conto che la disposizione dei componenti degli Ages Of Divas, o di quello che ne rimaneva, era sparpagliata tra i tavolini e si ricordò della lite a cui aveva accennato l'uomo. A quanto pare era una cosa seria. 
Sorvolando su quel pensiero di compassione riguardo al povero Nathan e a come si poteva sentire, prese posto accanto alla sua band, che era l'unica ad essere seduta in cerchio e mangiò metà del panino in silenzio. 
Ammise di aver guardato più volte verso il tendone bianco dietro al palco, che a malapena si intravedeva, ma non l'aveva visto. 
Nathan stava gironzolando là dentro da un'ora buona cercando di capire come avrebbe gestito la pressione una volta uscito e salito sul palco. 
Non aveva idea di che tipo di spettacolo avrebbe offerto alla gente un band che nemmeno riusciva a stare nello stesso perimetro. Per non parlare del fatto che avrebbe dovuto duettare con Stephanie. 
Quando fu orario si riconciliò con la band. 
Aver ricevuto il lascia passare dalla Entertainment - la sua futura casa discografica - per finire il loro tour locale, non significava necessariamente tornare ad essere amici come se niente fosse accaduto. Erano lì solo per i soldi e perché ci stavano mettendo la faccia. Tanto, la fine degli Ages Of Divas era già stata scoccata da tempo per poterla fermare. 
Si mosse in punta di piedi, tanto era inevitabile vederlo. Insomma a breve si sarebbero donati anima e corpo sul palco; un bel modo di rivedersi. 
Stephanie si rese conto di esser piombata nella situazione in cui per tutto il tempo aveva avuto paura di affondare solo mentre, camminando velocemente da un lato del palco, voltò lo sguardo verso sinistra e rallentò tempestivamente il passo, così da potersi godere tutta la scena in cui Nathan stava facendo allo stesso modo. Non distolse lo sguardo, che l'aveva catturata, finché l'impalcatura non ne ricoprì l'intera figura.

-------- 
Pardon the way that I stare 
there's nothing else to compare 
the sight of you leaves me weak 
there are no words letft to speak 
but if you feel like I feel 
please let me know that is real 
you're just to good to be true 
I can't take my eyes off you 
----------

Lo ritrovò di nuovo in cima alle scale impegnato a parlare con uno dei tecnici del suono e si bloccò sul terzo gradino. Lui o l'aveva ignorata o non si era accorto di lei; sta di fatto che si mise l'auricolare in un orecchio andandosene via e basta. 
Diana Jones concluse tutta la prima parte del concerto da solo, egregiamente. Solo l'ultima canzone che cantò prima di dare il benvenuto sul palco ai Destination Moon, fu un duetto con Mia durante il quale si mostrò assente. 
Non era da Diana Jones. 
Stephanie si schiarì la voce nel suo vestito con una gonna a ruota tra il rosa e l'arancio; Nathan la stava aspettando sul palco. La accolse inchinandosi, come se niente fosse. Lei ricambiò un po' stordita ma immersa nella parte. 
Intonarono le stesse parole e sin da subito non sembrarono state messe a caso. E' probabile che non resistettero affatto nel voltarsi l'uno di fronte all'altra proprio mentre si lanciavano espressioni di disperazione.

-------- 
If I say run, I'll run with you 
if you say hide, we hide 
because my love for you 
would break my heart in two 
If you should fall 
into my arms 
and tremble like a flower. 
--------

Mai altre parole furono così appropriate e trovarsele lì, raccoglierle e doversele cantare li fece scivolare lungo una cascata di pensieri instabili. Oh si, Stephanie avrebbe voluto concedersi volentieri al rassicurante abbraccio di Nathan, proprio in quell'istante, e lui l'avrebbe accolta senza fiatare pur di fermare quel fiore tremante. 
Ciò che cantava era tutto vero. Si è un po' impigliata in quell'amore che non si erano confessati, ma non erano menzogne: doveva solo dirlo e in un'altra vita sarebbe scappata con lui. 
Quando distolse lo sguardo dalla visione rasserenante di una vita insieme affondò nuovamente nella sua realtà: Perché? Perché? L'aveva promesso. Non l'aveva detto esplicitamente, ma era come se l'avesse promesso. Non si sarebbero lasciati, a loro non sarebbe successo e lei non avrebbe dovuto nemmeno pensare alla possibilità che succedesse. 
Allora perché le aveva detto quelle cose? 
Perché aveva sancito la regola per cui Stephanie Savage non doveva innamorarsi di Nathan Nichols? 
Lasciò il palco senza permettergli di trattenerla lì, che era poi quello che Diana Jones aveva intenzione di fare. 
Non faccio il tuo gioco, non stasera. Pensò. 
L'uomo non fece in tempo a voltarsi che Stephanie era già scesa dietro le quinte. Avrebbe solo voluto dedicare due parole ai Destination Moon, con lei presente, ma decise di rimandare e alla fine non lo fece più. Non seguirono più duetti tra i due amanti, cantarono tutti insieme solo alla fine del concerto. 
Nathan pensò che non le importasse o che forse ignorasse che quella fosse l'ultima volta che avrebbero cantato insieme. L'ultimo duetto, l'ultima volta che quelle due voci si sarebbero incastrate e compensate a vicenda.
Niente più magia, niente più visibile attrazione. 
Molte cose stavano finendo quando l'ultima nota decretò anche l'ultimo concerto degli Ages Of Divas e i Destination Moon. 


PLAYLIST CHAPTER
- I Love You Baby/Gloria Gaynor.
- Let's Dance/David Bowie.

the mermaid's notesbuon mercoledì lettori! Com'è andato l'inizio della vostra settimana? Spero bene perché di certo con questo capitolo non solevvato gli animi di nessuno. Credtemi non mi diverte sfasciare la vita dei miei personaggi, se può sembrare così mentre pubblico questo storie e leggo le reazioni con uno dei miei gatti appollaiti su di me stile villain nei cartoni animati. Lo so, siamo giusti a un punto veramente triste per i nostri protagonisti: tutto sta cambiando. Le realzioni si sciolgono così come le band. Se vedreanno nuova luce lo scoprirete solo nei prossimi capitoli. Spero che questo vi sia piacuto e come sempre vi invito a lasciarmi una recensione bella o brutta che sia e ringrazio sempre di tutto cuore tutte quelle persone che seguono questa storia o ne seguono altre e spendono un po' del loro tempo per recensirle. 
Vi saluto e vi do appuntamento a mercoledì prossimo.
P.S. senza farmi esplicitamente pubblicità, vi ricordo che potete trovare i miei articoli su we heart it con lo stesso nick. Passate!



 

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Capitolo 15
*** Capitolo Quindici. ***


15.


"Dobbiamo chiudere prima di mezzogiorno." 
"Faremo in tempo." salì le scale affannato mentre cercava di star dietro a Nathan che correva a mille all'ora tra un piano e l'altro di quell'edificio vetrato, in perfetta forma a quanto pare. 
Non si può batter la fiacca se vuoi essere un mostro da palcoscenico; avrebbe detto Diana Jones. 
"Perché siamo venuti direttamente in ufficio?" 
"Perché è da quando mi hai dato il suo nuovo numero la settimana scorsa che non risponde. E' impossibile da trovare in giro." 
Entrambi saltarono sul pianerottolo dell'arrivo. 
Victor si dette un attimo per riprendere fiato e sistemarsi un ciuffo ribelle per poi farsi coraggio e camminare lungo un grigio corridoio ornato di porte altrettanto tetre. 
"Perché ti odia, Nathan." 
"Buono a sapersi." 
Tagliarono la metà del corridoio senza soffermarsi sulle prime stanze ma dirigendosi subito alla penultima a destra. 
"Non ci lavorerei mai qui." sussurrò il chitarrista. 
"Angelica!" Nathan spalancò la porta del suo ufficio alzando le braccia in aria e togliendosi gli occhiali da sole appena scorta la presenza della donna che si stava avvicinando. 
In un abito nero intonato alla sua posizione, Angelica era una delle più ambiziose e potenti organizzatrici di eventi privati e provinciali; nonché affascinante. Magari era proprio con il suo charme che adesso teneva in pugno l'intera provincia, progettando e dirigendo ogni tipo di manifestazione a cui nessuno poteva dire di no, nemmeno ad una richiesta di finanziamento. Era così che si faceva strada e chissà quali metodi utilizzava per percorrerla. 
"Ti ho chiamata una ventina di volte." 
Scivolò via dalla spalla di Nathan con il suo caschetto corvino mentre gli schioccava un bacio sulla guancia. "Non ti hanno insegnato che se una donna non risponde alle tue chiamate allora non ha voglia di sentirti?" sorrise come se gli avesse fatto un complimento. 
"E' per questo che sono venuto di persona. Magari avevi voglia di vedermi." 
"Che cosa posso fare per te?" si mise comodamente dall'altra parte della scrivania giocherellando con una matita. 
"Destination Moon tour." Victor spalancò gli occhi perché non aveva idea, fino a quel momento, del perché fossero lì. 
"E' solo un'idea, il nome potete sceglierlo insieme alla band." gesticolò animatamente indicandole con la mano che era il momento per rispondergli. 
"Non sono sicura di sapere di cosa tua stia parlando." 
Nathan tirò fuori il cellulare selezionando un video già pronto sullo schermo. Si diresse senza invito verso la sua poltrona imbottita così che potesse circondarla e incastrarla nel suo intento. 
"L'anno scorso ci hai offerto un gran bel tour e scommetto che quest'anno avrai uno spazio vuoto da colmare. Io ti offro: i Destination Moon." fermò il video e si ritrovò di nuovo dall'altra parte. 
"Che fine ha fatto la tua band?" 
"Gli Ages Of Divas non esistono più." balbettò Victor che si teneva in disparte. 
Angelica si leccò le labbra e spostandosi la frangetta dalla fronte fece roteare la sedia posizionandola in diagonale verso Nathan. "Non ho più spazio, Nathan mi dispiace." 
"Oh, andiamo lo stai dicendo solo perché non mi sopporti." 
"Tralasciando la nostra idilliaca relazione, posso dirti con certezza che non ho spazio. Da quando l'Orchestra Regionale ha riaperto i battenti non abbiamo più tempo, né denaro per finanziare un altro tour. Non ci serve questa musica volgare." 
"Ma se ci morivi dietro una volta!" rise voltandosi di lato. 
"Non credo che le interessasse la musica." ridacchiò Victor dal suo angolo. 
Angelica gli regalò uno sguardo avvelenato. "Come sta Morgan?" si rivolse all'uomo che le stava davanti. 
"E' sposato adesso. Ha anche una bambina." 
"Tutto quel trambusto per niente." scivolò un momento in una rete aggrovigliata di pensieri e poi rinsavì più acida di prima. "Non ho nient'altro da dirti. E cerca di non disturbarmi più mentre sto lavorando, Nathan." 
La donna congedò i due uomini nonostante l'insistenza di Nathan. Fu proprio lui che lasciando l'edificio si trascinò dietro un velo di amarezza. 
Se la tenne stretta fino al portone della loro sala prove, nel quale dopo aver sistemato e recuperato i loro attrezzi si concessero una pausa. 
"Non dirmi che mi odi anche tu." 
"Smettila di fare la vittima, Nathan. Non ti si addice." rimise la sigaretta in bocca mentre Nathan sussultava risedendosi sul quel morbido cubo viola posizionato al centro dello stanzone, proprio davanti al puff di un neutro sbiadito su cui Victor si stava crogiolando. 
"Che cosa credi intendesse Morgan l'altro giorno?" gli balenò in testa un pensiero a caso. 
"Parlava di te e Stephanie ovviamente." 
Victor gli passò la stessa sigaretta per i suoi pensieri e Nathan si concesse un tiro come se lo facesse abitualmente ma in realtà non lo faceva mai. 
"Pensi che Angelica l'abbia capito?" 
"Che cosa?" 
"Di Stephanie.. E' per questo che ha detto di no, vero? Vuole farmela pagare per quello che le ho fatto." si incupì addentrandosi nella mente di un piano malefico. 
"A proposito, da dove viene tutta questa dedizione nel procurare ai Destination un tour'?" cambiò repentinamente discorso. 
"Le ho detto che andrò a Los Angeles." gliela ripose nuovamente tra due dita. 
"Oh. Come l'ha presa? Non bene se le stai regalando un tour." 
"Non bene ma meglio di Hector. Anche perché l'ho distratta rompendo con lei." fece segno con la mano per riavere la sigaretta. Era una distrazione piacevole. 
"Wow! Non me l'aspettavo." sorrise con due occhi grandi così e un po' di sarcasmo. 
"Che cosa?" 
"Hai lasciato quella povera donna nello stesso momento in cui le hai detto che andrai a Los Angeles e per giunta a farti una carriera per cui lei è stata rifiutata. Forse Hector non aveva tutti torti." 
"Non sapevo come comportami!" ammise a mani vuote. 
Lasciò cadere della cenere per terra. "Pensavo volessi una relazione seria." 
"Nessuno ha mai parlato di qualcosa del genere." si tirò subito indietro. 
"Mi sono sbagliato." alzò le mani. "E' stata sposata, ha una figlia e vi conoscete da anni. Scusa se ho frainteso." non perdeva quella nota di ironia mentre contava sulle dita. 
"Pensi che non dovrei andarci?" 
"Nathan? Mi prendi in giro?" si spostò con la testa in avanti guardandolo basito. "Ci stai davvero pensando! Non ti riconosco più." 
"La stronza è Diana Jones, non io." 
"Tu sei Diana Jones fino alle punte dei capelli, cazzo." 
"E' quello che voglio, è quello che voglio da tutta la vita." 
"Allora vattene da questa stupida città. Non hai niente che ti trattiene." 
Si lasciò andare ad una smorfia contrariata. "Non sarà facile." 
"Si, è quello che si dice in giro di Hollywood, amico." scosse la testa prendendolo un po' in giro. 
Nathan si alzò dal cubo viola senza guardarlo negli occhi, si diresse verso una sedia accanto alla porta più piccola e recuperò il contratto da una borsa di cuoio che portava con sé. 
"Che cos'è?" Victor lo guardava stranito mentre lo guardava porgergli quella pila di fogli bianchi. 
"E' una copia di quello che potrebbe essere il mio contratto." incrociò le braccia risedendosi. 
Victor strinse la sigaretta tra le labbra, corrucciandole e iniziò a sfogliare il Principe di tutti i libri. Lo scrutò attentamente sorvolando solo su qualche termine incomprensibile, ma è dalla sua espressione sorpresa che Nathan si rese conto che aveva capito benissimo. 
Richiuse i fogli e li rimise nelle mani del proprietario così da togliersi la sigaretta dalla bocca per parlare. "E' negoziabile?" Non ne fece parola, né sussultò in malo modo come s'aspettava. Parecchio di classe per essere una reazione di Victor. 
"Non lo so, avrei qualche idea.." tentennò. "Forse dovrei parlarne con loro." si grattò il braccio nervosamente come era solito fare. "Certo che dovresti.." si fermò improvvisamente. Mise le mani tra i capelli e pareva più sconvolto per quello che aveva realizzato che per quello che aveva letto prima. "E' per questo che l'hai lasciata, non è vero?" 
"Non avevo altra scelta, andiamo." voltò lo sguardo per la vergogna. 
"Parlarle? E' una cosa che non fai mai, Nathan." 
"Lo farò, lo farò presto." 
"Prima di partire." sentenziò l'amico. "Perché hai deciso di partire, vero?" 
"Non posso lasciarmelo scappare." 
Victor lo capì nel suo sguardo che si sarebbe fatto scivolare una vita intera se non avesse accettato. E poi, sapeva benissimo che l'alternativa non era nelle sue corde. 
Non era da Nathan e Diana Jones non ne sarebbe mai stato soddisfatto. 
"Certo, certo.." schiacciò la sigaretta sul pavimento. 
Tanto erano lì per salutare un posto che non avrebbero usato più. Lo chiusero con dentro tutti i suoi ricordi e all'apparenza pareva fosse felice. Erano già fuori, isolati dal verde e Victor non se lo fece scappare il suo commento più efficace "E' una follia." Proprio lì, perché inconsciamente non se la sentiva di farsi lanciare addosso l'eco di quella frase. 
Anche l'ultima serranda gialla si chiuse; stridette da perfetta colonna sonora per i pensieri d'entrambi. Batté di nuovo nella mente di Nathan: "E' una follia." e lo era. 


the mermaid's notesbentornati lettori, siamo finalmente arrivati al quindicesimo capitolo (quasi alla metà della storia) e come avrete notato lo sfondo su cui i nostri personaggi si muovono è cambiato. insieme alle loro relazioni e all'introduzione di un nuovo personaggio (non sottovalutatelo!) e che riporta indietro tutti ad un implicito passato. La storia volge nella stessa direzione in cui l'avevamo lasciata ed insieme ad essa un tassello che non è stato ancora aggiunto all'intera faccenda (più di uno!). Se vorrete scoprire il resto, vi basterà continuare a seguirmi. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio coloro che mi hanno precedentemente lasciato delle recensionie e che lo faranno in futuro (che vi piaccia o meno, fatemelo sapere). 
Vi saluto e a mercoledì prossimo.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo Sedici. ***


16.


Stephanie non seppe esattamente come reagì il cuore. 
Alla vista di quel messaggio - anche troppo impersonale - non potette fare a meno di pensare se quelle poche righe le avesse aspettate con ansia o se invece se lo stesse inventando per nascondere di aver perso la speranza. 
Non ne era sicura. 
Era certa però che Nathan fosse un gran codardo: non l'aveva neppure chiamata. 
Che lo volesse o meno, ormai il messaggio era lì che la guardava prepotente e attendeva una risposta dalla sua faccia sorpresa. L'aveva invitata a casa sua, a cena. Dentro mura sconosciute, in cui c'aveva passato così poco tempo e la maggior parte di esso in camera da letto. 
Non le aveva mai dato la possibilità di sbirciare tra i suoi segreti o semplicemente sgranocchiare qualcosa presa dal frigo. 
Sfiorò lo schermo con i polpastrelli per scrivere e cancellare, scrivere e cancellare. Lo fece almeno cinque volte prima di rendersi conto di aver accettato e di averlo fatto senza una motivazione convincente. Infondo non le serviva: voleva vederlo più di ogni altra cosa. 
Si presentò in Via Dell'Angelo puntualissima, alle 21:30 di una domenica sera. Pioveva forte mentre si stringeva la giacca verniciata di bianco e correva per rifugiarsi nell'antro del vecchio portone di quella casa antica in centro. 
Guardò le gocce cadere giù dalla base dell'arco in pietra. Non s'aspettava la pioggia in quel periodo dell'anno, ma trovò fosse tremendamente appropriata. 
Alzò la testa per scorgere la cornice bianca della finestra dell'appartamento di Nathan; si trovava proprio davanti a lei ed era illuminato. 
Cominciava a sentire freddo. 
Superata l'edera cadente che faceva da contorno all'edificio e dalle quali cascavano più insistenti gocce, si fermò sotto la pensilina verde muschio e premette il campanello sentendolo fare eco nel corridoio dalla parte opposta. 
Aspettò più del previsto ma ne valse la pena; quando se lo ritrovò davanti era da perdere il fiato.

-------- 
Let's sway you could look into my eyes 
let's sway under the moonlight, 
this serious moonlight." 
--------

Più bello di quanto se lo ricordasse, la accolse in casa con un sorriso e un comportamento da far vergognare il caro 'come se niente fosse.' 
"Ciao Steph." 
La donna lo salutò sussurrando e si accodò a lui mentre le faceva strada lungo il corridoio per portala nel suo salone elegantemente arredato. 
Aveva un gusto singolare. Pensò Stephanie mentre s'accomodava sul lungo divano bianco e ne accarezzava con una mano il tessuto. 
C'aveva messo tutto quello che era più di suo gusto e sembrava essere uscito da una rivista di case favolose in Costa Azzurra; era stata una fortuna lasciare la casa dei suoi. 
Nathan le si sedette accanto, provenendo dalla sua sinistra con due bicchieri di vino bianco in mano la fece voltare verso di lui. "Hai fame?" le porse il bicchiere. "Non posso dire di essere uno chef, ma quel risotto non ha un aspetto disgustoso, ecco.." 
"Hai cucinato per me?" Era proprio lo stesso tono di voce di chi era sbalordito dal fatto che il suo ex-qualcosa stesse facendo una cosa bella lei. 
"C'ho provato." strinse le spalle posando il bicchiere sul tavolino dietro di lui. 
"Tanto quando sarai a Los Angeles cucineranno gli altri per te." e bevve un sorso senza lasciarselo scappare quel commento così appropriato. 
"A proposito.." distolse lo sguardo dalla sua bellissima ospite. "Mi dispiace di averti coinvolta in questa cosa, non avrei dovuto." 
Stephanie non seppe che cosa pensare. Ancora una volta Nathan, involontariamente stava giocando con lei. Di cosa era dispiaciuto esattamente? Di averle fatto conoscere Madonna? Di essere uscito con lei? Pensò che se non avesse fatto quest'ultima cosa allora anche la prima non sarebbe mai accaduta. Una teoria niente male e forse anche veritiera. 
"Mi dispiace di avertelo lasciato fare." si riferì al suo giocare con i suoi sentimenti con una voce tremante che tamponò con un altro sorso di vino. 
Posò un dito sulla traccia di rossetto che aveva lasciato sull'orlo del bicchiere guardando il contenuto per un po'. "Non saremmo mai dovuti uscire insieme, è chiaro a questo punto." 
"Stephanie, io.." 
"Mi hai invitata qui per torturarmi ancora?" riportò su di lui uno sguardo feroce. 
"Io non mi riferivo a quello." rispose tranquillo e anche un po' deluso che lo avesse pensato. "Ti ho fatto sperare che fossero interessati anche a te, ai Destination, alla mia band... avrei dovuto dirtelo prima." 
"Perché? Lo sapevi?" 
"Lo sospettavo." fu davvero sincero e glielo si leggeva negli occhi. "Ma non volevo farvi allarmare, né convincermi che fosse così prima dell'appuntamento." fece una breve pausa dal riempire il vuoto col suo sguardo. "Pensate tutti che tenga solo a me stesso, ma quella era la mia band da vent'anni, la volevo con me.. e avrei voluto che ne facessi parte anche tu." Nathan azzardò il gesto di toglierle il bicchiere dalla mani e posarlo sul tavolino basso davanti a loro, così da poterle stingere le mani. Sperava non sarebbe stata troppo severa con lui, né sarebbe crollata. 
"Il problema, Nathan, è aver deciso tutto da solo, senza pensare a cosa avevi qui." Sembrò che gli occhi le stessero per esplodere. "Avresti potuto rendermi partecipe almeno della tua decisione." sollevò le spalle lasciandosi scappare un flebile sorriso che aveva tutta l'aria di aver un sentore di perdono. 
"Devo farti vedere una cosa." Nathan si alzò dal divano sparendo nel buio delle sue stanze e poi palesandosi con in mano il fatidico contratto. 
Ancora lui. 
Lo porse a Stephanie indicandole le pagine che avrebbe dovuto visionare con più attenzione e si sedette al suo fianco in attesa di una reazione. 
La donna sfogliò la pila di capitoli, sezioni e sottosezioni. Cascate di parole perfettamente incastrate per poter inchiodare ogni tentativo di fuga. 
Parole, parole e parole finché quelle più importanti catturarono la sua attenzione. "Il cliente è tenuto a non rivelare e omettere in qualunque tipo di conversazione pubblica e privata la sua reale preferenza sessuale. Facendosi accompagnare possibilmente in apparizioni pubbliche da un numero diverso di celebrità o non, prettamente maschili e confermando, quando si riterrà necessario, la sua omosessualità." 
Stephanie quella volta la spalancò davvero la bocca senza riuscire a smettere di leggere e rileggere quel passaggio che non lasciava intravedere via d'uscita. 
"E' per questo che mi hai lasciata." sussurrò senza ancora guardarlo. 
"Avrei dovuto dirtelo, ma non volevo farti soffrire.." ammise. 
"Pensi che non l'avrei scoperto comunque?" si alzò in piedi lanciando il contratto sul divano bianco. "Da quando vendi tutto te stesso pur di diventare famoso?" 
"Si tratta solo di omettere un dettaglio.." gesticolò alzandosi in piedi. 
"Avrei dovuto dire di no? Rinunciare alla celebrità?" 
"Si tratta di omettere me dalla tua vita." si colpì in petto con una mano tremante. "E tu non me ne hai parlato, come al solito. Noi non parliamo mai." fece un giro su se stessa distendendo le braccia. "E non posso neanche dirti che ti.." si fermò improvvisamente. 
"Che cosa?" aveva voglia di sentirlo. 
"Non ha più importanza." decise di prendere la via per la porta che dava sul corridoio per l'uscita e ovviamente lui riuscì a raggiungerla prima che uscisse sul bagnato. 
"Stephanie, vieni con me." 
E per un attimo spero che si riferisse a Los Angeles. 
"Vieni con me a firmare il contratto, senti che hanno da dire e poi dimmi se ho fatto male a dire di si." le stringeva la manica per non lasciarla andare via così. 
"Avresti fatto male a dire no. E' il tuo futuro, è sempre stato quello il tuo futuro." Sospirò perché sapeva che non c'aveva neppure pensato alla chance di poter essere lei il suo futuro. 
"Verrai?" 
"Non ne se ne parla. Non voglio rivederti mai più." 
Se lo firma quel contratto te lo ritroverai ovunque. 
Quelle parole colpirono Nathan più forti di un pugno nello stomaco e quando Stephanie se ne accorse sentì il dispiacere sovrastare la rabbia. 
"Mi dispiace, è colpa mia." Mise le mani sulle sue spalle e poi le tolse pensando che non fosse il caso azzardare con del contatto fisico. Aprì la porta approfittando del fatto che l'avesse messo KO e non badò nemmeno alla pioggia che la accolse acida e fredda sulle tempie. Si sentì scoppiare. 
Guardò l'edera zuppa di pioggia in alto davanti e lei e poi si rivolse ancora una volta verso quella pensilina. 
Nathan la guardava assente e all'asciutto. 
"Sapevo di non poter avere te senza tener conto che sei sempre stato di Diana Jones." e sparì nel verde smerlando di una giornata uggiosa.

PLAYLIST CHAPTER:
- Let's Dance/David Bowie

the mermaid's notesI am back! Nuovo capitolo e nuove rivelazioni. Finalmente il grande segreto è venuto a galla, ma attenzione non è tutto qui. So, che l'idea sembra azzardata e confusa al momento, ma nel prossimo capito svariati dettagli approfondiranno meglio l'intera vicenda e ne capitere un po' di più. Ultimamente sto pubblicando capitoli sempre più malinconici, ma non disperate: qualche buona notizia salterà fuori. Spero questo capitolo vi sia piaciuto e come sempre ringrazio per chi continua a seguimi e chi continua a recensire. 
A mercoledì prossimo.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette. ***


17.


Crack. 
Nathan scartò la caramella alla menta e se la mise in bocca ignorando totalmente quel rumore crepitante che si espandeva nella lunga e silenziosa galleria dell'hotel. 
Divenne ancora più fastidioso quando distolse l'uomo dai pensieri della sua testa. Si era dimenticato che scartare una caramella producesse tutto quel rumore tanto era occupato a crogiolarsi sull'orlo di un inevitabile destino. 
Quanto l'aveva atteso. 
Fece qualche giro su se stesso, senza voglia di attendere seduto. 
Guardò il soffitto rosa pallido primeggiare su di lui con immagini eroiche di condottieri, personaggi epici e divinità greche chiedendosi se anche lui sarebbe stato all'altezza della sua missione. Si immerse nella realtà delle storie che i suoi protagonisti raccontavano e ancora una volta dimenticò il mondo circostante ammaliato dalla bellezza dei lampadari scintillanti che scivolavano giù solo per essere ammirati. 
Facevano quasi invidia a una Reggia Francese. 
Fu per l'avarizia di prendersi tutto il bello di quella stanza che non s'accorse della presuntuosa figura che con la sua presenza sfidava la bellezza delle dee raffigurate. 
Eppure ticchettava come le lancette di un orologio con i sottili tacchi rossi sul pavimento di marmo levigato. 
Si schiarì la voce bussando sulla sua spalla mentre con l'altra si teneva stretta la borsa. "Nathan?" 
Si voltò perché l'aveva preso di sorpresa. 
"Sei nervoso?" 
"Stephanie.." 
"La tua vita sta per cambiare, certo che sei nervoso." alzò lo sguardo verso gli affreschi per paura di perdersi qualcosa di bello. 
"Sei venuta. Avevi detto..." 
"Ogni tanto dovresti prestare attenzione a quello che non dico." sussurrò godendosi anche lei il panorama pittoresco per paura di starsi perdendo qualcosa. 
Negativa o positiva che fosse la frase appena pronunciata, aveva ben altro a cui pensare, forse proprio in nome dell'amore che non aveva osato nominare. "E' rischioso, è impulsivo è completamente da pazzi se ci pensi, ma credo anche io che avresti dovuto accettare." si mise le mani suoi fianchi facendo ciondolare la borsa. "E' la decisone più importante di tutte.." 
"Per questo avrei dovuto parlartene." la fermò. 
"Avesti dovuto." annuì guardando in basso. "Sarebbe stato carino da parte tua dato quello che avevamo." 
E quello che avevamo non era chiaro. 
"Ho fatto qualcosa per te." sbottò. "Beh, non solo per te anche per la tua band. Sono riuscito a convincerla, mi ha dato la notizia proprio ieri. Ha detto che sono saltati alcuni eventi ma non le credo." 
"Di chi stai parlando?" 
"Angelica." 
"Angelica? Chi è Angelica? Ti prego non dirmi che tu e lei.." 
"Angelica è mia sorella." 
Stephanie sorrise. "Non sapevo avessi una sorella.." 
"Beh, si.. non che mi parli molto. Ma non è questa la cosa importante." 
Aprì le braccia solo come un presentatore tv sa fare. "I Destination Moon faranno un tour per tutto il paese." esultò dandole con soddisfazione la notizia. 
"Stai scherzando?" 
"Ci penserà Angelica a finanziare tutto, sa come fare. Dovete solo discutere i dettagli. Vi chiamerà lei, suppongo." 
Nessuno dei due s'accorse di quanto lui si fosse avvicinato e quando le prese entrambe le mani scomponendosi dalla posizione precedente non fu di grande importanza. Nemmeno quando quell'effimero contatto si trasformò in un abbraccio senza tempo. 
"Volevo ricomporre almeno una cosa della mia vita prima di andarmene." le sussurrò all'orecchio quando l'abbraccio assunse un significato diverso. 
Stephanie non resistette all'idea di saltellare nonostante si trovassero in quel posto elegante e non le importò di impersonare l'inadeguato rumore della carta di caramella. 
"Good morning, Diana." i passi del suo manager si fermarono proprio di fronte a quell'immagine intrepida di annunciare che qualunque conversazione stessero facendo avrebbe dovuto aspettare perché il momento era arrivato. "Destination.. Destination.." pronunciò un paio di volte balbettando e indicando Stephanie. 
"Destination Moon." lo corresse alquanto scocciata. 
"Sure! Destination Moon.. I am so sorry about you. I know you undestand.." 
"Of course!" rispose convinta e sorridente per frenare quell'inutile tentativo di mettere in fila quattro parole di circostanza "I am not here because my band, I am here just to support Nathan." 
Guy fece loro segno di seguirlo mentre alzava i tacchi e si dirigeva lungo la via da cui era venuto, sempre con quel suo sorrisetto paffuto in faccia che si nascondeva nella barba. 
"Sei pronto?" le sussurrò tra un passo e l'altro. 
"Sono nervoso. Si vede da un miglio." 
"Sto parlando di quello che dirai. Questa gente è famosa per plasmare le persone a loro piacimento per raggiungere modelli di perfezione impossibile. E' tutto marketing." si fermò lasciando andare il manager avanti senza che se ne accorgesse. "E dopo che avrai detto di si a tutte quelle assurde idee nel contratto penseranno di poter giocar con te come se fossi di loro proprietà." 
"Stephanie, li stai descrivendo come se fossero dei mostri." 
"Non lasciare che cambino Diana Jones, nessuno la conosce come la conosci tu." 
Nathan deglutì impallidendo davanti al consiglio della donna, il quale gli era giunto più come una minaccia dato il dito con cui puntava la sua camicia blu. 
Si resero conto di essere rimasti dietro, ma non così tanto da non poter raggiungere l'uomo ancor prima di trovarsi davanti alla porta in legno d'acero di uno studio intonato. 
Guy l'aprì con una mano sola, semplicemente accompagnando la porta. Nemmeno fosse il facchino di un hotel che apre le porte sulla vista del parco disneyiano in un documentario del 1992. Un po' l'effetto che fece a Nathan. 
Li fece accomodare sulle poltroncine color cipria mostrandolo loro la presenza degli altri due uomini di vecchia conoscenza e un altro che è era stato presentato come un avvocato. Nella stanza introdussero anche una ragazza, una translater simultanea, gli spiegarono. Nonostante le sue abili capacità non volevano che sorgessero fraintendimenti. Fu lei a parlare per quasi tutto il tempo. 
Uno dei pezzi grossi si sedette di fronte a loro facendo scivolare davanti a Nathan una penna accanto al contratto, Regina di quella scrivania.
Intorno ad esso galleggiava un'aurea non indifferente. 
"Siamo pronti?" spiegò la translater. 
Minuziosamente presentò a Nathan una completa e dettagliatissima analisi di ogni frase con l'aiuto dell'avvocato. Era pressoché simile al fac simile che aveva studiato attentamente tutte le sere, tranne per alcuni periodi che erano stati resi ancora più formali e qualche scadenza che era rotolata più in là, il tutto seguito da una seconda copia tradotta. 
"Siete sicuri di questo?" Nathan segnò con la punta della penna la clausola più scottante. 
Guy fece segno di si con la testa e uno dei produttori confermò. 
"Che bisogno c'è?" Stephanie non necessitava esser interpellata per intromettersi in affari in cui non avrebbe dovuto avere voce in capitolo. "Non può essere semplicemente se stesso?" 
"Nessuno è se stesso nel mondo dello spettacolo." tradusse così velocemente che sembrarono arrivare prima le sue parole che quelle di Freddie Watters. "Per quanto la sessualità del nostro cliente sia libera e anticonvenzionale.." fece una pausa. "Non va di moda. Vede Mrs Savage, questo è quello che ci interessa di più. Abbiamo notato negli ultimi anni una crescita esagerata di fans, in una fascia d'età dai 13 ai 24 anni. Li abbiamo visti appassionarsi ad artisti, band, boyband, in cui la presenza di un personaggio apertamente gay o non, permettesse loro di andare fuori da quella che è la sfera musicale o narrativa, se si tratta di una programma televisivo. Per non parlare della quantità di persone e di eventi all'interno della comunità LGBT ai quali si può attingere." 
"E' il pubblicò su cui dobbiamo puntare." continuò Ben Mayer. 
"Ovviamente non dobbiamo dire tutto e subito. Sta tutto nel creare un alone di mistero e far si che siano loro a classificarlo. Più diamo loro da immaginare e più ci faranno fare soldi. Si tratta solo di omettere alcuni dettagli." Rise mettendosi in bocca un sigaro alla faccia dello stereotipo del viscido uomo d'affari. 
"E' mentire." Nathan guardò fisso l'uomo davanti a lui. "Ancora non capisco perché non potrei essere lo stesso un icona o un sostenitore di diritti che mi appartengono..." 
"Questo è il marketing." Stephanie alzò le spalle. 
"Questo è il mondo di oggi. Prendere o lasciare." rispose Ben. 
Quando la donna tentò di ribattere venne sovrastata da una miriade di chiacchiere, statistiche e aneddoti provenienti dalle tre bocche dei pezzi grossi. 
Non aveva mai sentito nominare tanti social network in una frase intera e poi sigle, acronimi senza spazio per respirare. 
"Infondo non è un grosso cambiamento. Diana Jones è un personaggio ambiguo da sé, ha già tutto quello che deve raccontare." concluse il manager. 
"Voglio il totale controllo sull'immagine di Diana. Sono stato io a crearla e solo io posso modellarla." finalmente la voce di Nathan si faceva sentire più pungente. 
"Certo, certo.." tossì Watters. 
"Voglio che sia messo per iscritto." 
I tre uomini si rivolsero all'avvocato il quale presenziò il cambiamento del contratto di cui la nuova copia stava ora andando in stampa. 
Stephanie guardò Nathan orgogliosa mentre da sotto la scrivania gli stringeva una mano. 
Freddie ebbe l'onore di portare davanti a loro il contratto corretto al quale non mancava più niente. 
"Firmiamo?" lo incitò Oseary. 
Nathan guardò un'altra volta verso la donna e quando nel suo sguardo scorse approvazione prese finalmente la penna in mano, diede un'altra occhiata veloce e su ogni pagina appose la sua firma. Dalla prima fino all'ultima, quella che sentenziò la svolta della sua vita. 
Restarono a chiacchierare ancora un po'; si scambiano idee scintillanti sulla loro Diana. 
"Festeggiamo! Ci vuole un drink." Oseary si spostò verso un carrello tra quali vi erano mischiate bottiglie di liquore, succhi di frutta, energy drink e beveroni di ogni tipo e con grande facilità preparò qualcosa di diverso a ciascuno dei presenti che avevano ormai lasciato le loro iniziali posizioni e con molta più scioltezza si erano sparsi nella stanza. 
"Great artists only drink tea." Il manager si allontanò dal carrello e tenendolo con entrambi le mani porse il lungo bicchiere tra le mani Nathan che sorrise a concordare. 
Tornò poi alla sua posizione continuando a trafficare. "I am really sorry, Stephanie." Guy si prese la libertà di posare con gentilezza una mano sulla spalla della donna mentre le consegnava un bicchiere dalla testa mozzata, quasi mezzo vuoto. 
"You said it yet. It's everything okay." prese il liquido altezzoso con naturalezza strizzando gli occhi una volta notato che il contenuto aveva una nota di tequila. 
"I am not talking about your band.." alzò la testa dal suo armeggiare con il carrello indicando con la testa il bicchiere e alzando le sopracciglia come spiegazione al perché le avesse versato dell'alcool "I am talking about you and Nathan." e poi capì quell'assurda decisione che doveva farle da conforto. Crack, faceva la carta di caramella.

-------- 
"Why can't you see what I am? 
sharpen your senses and turn the knife 
hurt me and you'll understand." 
--------

Stephanie, raccolto il bicchiere con la mano sinistra, si voltò alla sua destra scrutando con quanta naturalezza Nathan si fosse integrato tra persone di un altro mondo. 
Sorrise mascherando un sottile velo di tristezza; di tutti i luoghi in cui poteva essere, di tutte le cose che poteva fare niente gli aderiva addosso così bene come la vita mondana che stava aprendo lui le sue porte. 
"He doesn't need me." bevve l'ultimo goccio e lasciò il bicchiere sul carrello per poi allontanarsi con delle parole prive di malinconia ma intrise di verità. 
D'altra parte per Nathan era semplice adattarsi a quattro chiacchiere incentrate sull'idolatrare la diva che interpretava. Era stato sempre questo il suo compito: aprire la ruota di Diana Jones e farla pavoneggiare senza ritegno. Non ci pensava molto al prezzo da pagare se l'avesse delusa. Lì in quella stanza circondato da persone che stavano scommettendo su lui, la pressione si fece viva e non smetteva di schiacciare. 
Le bocche si muovevano ma del suono nemmeno l'ombra. 
Oh si, se la stava facendo sotto. Quella era tutta realtà. 
Nathan pensò a tutto ciò che lo stava aspettando, alle persone che avrebbe incontrato, alle responsabilità che lo attendevano. E per quanto tutto questo fosse all'apparenza affascinante e luccicante non potette far a meno di ignorare, che se avesse sbagliato qualcosa si sarebbe ritrovato ad essere l'unica nota stonata dell'intero pentagramma. 
Se non fosse stato il perfetto Diana Jones si sarebbe ritrovato fuori posto come non lo era mai stato e Crack, avrebbe solo ricordato il tipico rumore della carta di caramella. 


PLAYLIST CHAPTER:
- Maria Magdalena/Sandra


the mermaid's notesbentornati lettori, siamo arrivati ad un nuovo capitolo e siamo sempre di più verso la fine di questo viaggio. Il che è un bene, perché - come già sto facendo da tempo - mi sto dedicando altre storie e non vedo l'ora di poterle pubblicare e conoscere la vostra opinione a riguardo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e spero continuerete a seguirmi, leggere e lasciare recensioni. Vi saluto e vi do appuntamento a mercoledì prossimo.
 

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciotto. ***


18.


Nathan arrivò sul luogo del concerto - una piazza incavata tra le mura di un palazzo d'epoca - tenendo la borsa di cuoio con la mano destra sulla spalla corrispondente facendo in modo che gli scivolasse lungo la schiena. Sobbalzava ad ogni suo passo. 
Quanto era strano. Da quel momento in poi ogni mossa, ogni parola, ogni scenario sarebbe stato l'ultimo. 
Si fermò sul bordo della piazza guardandosi attorno con un sorrisetto che anticipava già nostalgia e per un attimo pensò che mai si sarebbe aspettato che tutto quel panorama di provincia fatto di piccoli paesi, tradizioni bicentenarie e termini dialettali gli sarebbe mancato così tanto. 
Non era ancora andato via e già pensava di aver perso un pezzo di se stesso. 
Per Nathan non era mai stato facile separarsi dalle sue abitudini; questo spiegava il perché fosse andato a vivere da solo così tardi. Il focolare di casa gli era sempre stato di conforto. 
Il luogo in cui era nato, le persone che aveva incontrato - estranee per certi versi ma con cui avrebbe sempre trovato un punto in comune con un aneddoto sulla popolazione nostrana - lo faceva sentire al sicuro. 
Non avrebbe trovato tutto questo a Los Angeles. 
Il solo fatto di poter condividere una battuta nella sua lingua popolare o fermarsi ad un ristorante e trovare sempre comunque un piatto tipico della sua terra era qualcosa che gli sarebbe maledettamente mancato e senza il quale molto probabilmente si sarebbe sentito perso dandogli così una motivazione in più per mollare. 
Oh no, non avrebbe pianto come una ragazzina nel suo nuovo letto; no, anche se la tentazione era tutt'altro che debole. 
Per tutta la vita l'aveva desiderato e guardandosi attorno, scorgendo i luoghi a lui cari, sapeva che era a questo quello a cui si doveva aggrappare. 
Le motivazioni della sua partenza erano più forti e anche molto promettenti. Più di quello che lo avrebbe atteso se avesse continuato a fare la vita che faceva lì. 
Almeno musicalmente parlando. 
Questo era quello che gli avrebbe fatto superare anche l'ultimo concerto degli Ages Of Divas. 
Uno degli organizzatori si intromise nel suo introspettivo saluto alla sua terra indicandogli il luogo in cui avrebbe potuto cambiarsi e nel quale lo aspettavano tutti gli altri. 
Lo accompagnò verso la porta e lo lasciò lì dandogli un colpetto sulla spalla e ridacchiando assottigliando gli occhi. 
Era un simpatico vecchietto, ma forse con una mentalità troppo ristretta. 
Ci volle poco per far ricordare a Nathan che se voleva essere se stesso, partire era la decisione giusta. Ci voleva proprio. 
Scosse la testa aprendo una porta all'interno dell'atrio del palazzo in cui ritrovò i suoi compagni mentre si sistemavano in vista del concerto; Il Concerto. 
Nathan alzò la mano per salutare mentre si muoveva all'interno per andare a posare la borsa. 
"E così i tuoi guardiani ti hanno lasciato finire il tour.." Morgan nemmeno lo guardava mentre piegava un paio di jeans dai quali si era disfatto per poter indossare il costume di scena. 
Victor lo guardò alzando gli occhi al cielo; non avevano bisogno di nuove provocazioni. 
"Non sono di loro proprietà." balbettò mentre si stava già rivestendo. 
"Eppure abbiamo saputo che hai firmato il contratto." Hector si fece avanti con la sua presenza e allungò una mano verso il compagno più giovane. "Congratulazioni." con un sincero tono di voce si lasciò scappare anche un sorriso e Nathan non seppe resistere nel coglierla per poi venire sopraffatto da un abbraccio dell'amico. 
Le espressioni dei presenti si tramutarono in risate e pacche sulle spalle in netto contrasto con la situazione che Nathan si sarebbe aspettato di trovare. 
"Siamo contenti per te, Nathan. Nonostante tutto." annunciò il batterista dalla grande imponenza. 
"Oh è questo è per te." rise Morgan rientrando nel cerchio con il mano un pacco grande quanto una scatola di scarpe e porgendolo a Nathan. 
L'uomo rise ancor prima di tirar fuori il regalo dal pacco. Quando la prese se la mise in testa per scherzo. Era arancione come la panatura di un bastoncino di merluzzo, una bella parrucca arancione. 
"Adesso sei pronto per l'America." rise Victor in un angolo mentre sgranocchiava qualcosa. 
Anche le sue patatine avevano lo stesso colore dei capelli dell'attuale presidente americano. 
Lo sbeffeggiarono un po' e tutto sembrò tornare ad una utopica normalità. 
"E' l'ultimo concerto degli Ages Of Divas, cerchiamo di godercelo." quasi scese una lacrima a Chris mentre pronunciava la frase. 
Si strinsero in un abbraccio circolare. 
Lo schermo con il loro logo s'accese sul palco. 
Luci, costumi, strumenti e un pubblico palpitante. 
Anche l'ultimo concerto rivolse lo sguardo verso l'inizio.

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"I can dim the lights and sing 
you song full of sad things 
we can do the tango just for you 
I can serenade and gently play 
on your heart strings 
be your valentino just for you." 
--------

Le ore scivolarono via come se niente fosse. Più veloci di un loro comune concerto. Avevano concordato una nuova scaletta piena di brani nuovi che avrebbero sempre voluto fare, assoli dei musicisti e vecchie glorie dei loro tempi passati. 
Un concentrato di vent' anni di Ages Of Divas racchiuso in poche ore. 
Il concerto giungeva al termine e ancora non avevano fatto una pausa. 
Così Nathan, prima delle ultime canzoni in programma pensò fosse il momento giusto per cambiare le carte in gioco. 
"Vorrei invitare sul palco dei nostri compagni di avventura..." respirò affannato "... che oggi sono qui per darci il loro supporto e salutarci nel nostro ultimo concerto: I Destination Moon!" sollevò teatralmente un braccio indicando il gruppo che si trovava tra le prime file. 
Fecero velocemente il giro del palco, salutando il pubblico sventolando le braccia. 
Nathan si avvicinò al gruppo sussurrando qualcosa di incomprensibile e solo dopo presero i propri posti per improvvisare una performance. 
Hector lasciò il posto a Mike e Mia rubò il basso di Morgan posizionandosi dalla parte opposta a quella di Liam che si accingeva a prendere la chitarra di Victor. 
I Destination Moon si ricomposero sul palco e mai come in quel momento sottolinearono il passaggio del testimone dalla band veterana del posto alla loro nuova sostituta. 
Infondo era vero: erano loro quelli che avrebbero dominato i loro palchi, mentre gli Ages Of Divas si sarebbe fatti da parte proprio come avevano fatto in quel momento; lasciando il loro leader, come sempre, sotto i riflettori. 
Era questo che i suoi compagni trovavano egoista. 
In modo o nell'altro il frontman rimaneva sempre al centro dell'attenzione e non era sempre facile restare nell'ombra senza fiatare. 
Diana Jones afferrò la mano di Stephanie e si diresse verso la struttura che sorreggeva la batteria; ad ogni passo la diva si dissolveva. Nathan prese posto sotto lo strumento lasciando che la donna rimanesse in piedi davanti a lui - già munita di microfono - allentando la stretta ma senza smettere di tenerla per mano.

-------- 
"I said upside down 
you're turning me 
you're giving love instinctively 
around and round you're turning me." 
--------

Batterono le mani durante l'entrata musicale stringendo i rispettivi microfoni. 
Con un movimento sincronizzato della testa a tempo con la musica, cantarono la strofa nello stesso momento. Guardandosi tra loro e non verso il pubblico. 
Nathan batteva il tempo con il tacco dello stivale argentato destro, mentre Stephanie muoveva i fianchi e si dimenava sorridendo.

-------- 
"Upside down 
boy, you turn me 
Inside out 
and round and round." 
--------

La donna prese le redini del gioco e anche se non in abiti eccentrici da esibizione, seppe dominare il palco con grazia e professionalità. 
Si ritrovò a comunicare con il suo pubblico: durante il secondo verso enfatizzò il suo significato facendo intendere fosse riferito al suo partner musicale. E fino alla fine della sua sua strofa, con un'irriverente mano sul fianco, continuò questa esilarante conversazione fuoriuscita da uno spettacolo di cabaret. 
Gli lasciò andare la mano e si incoronò sovrana del palco. 
La staffetta era completa. Non c'era più competizione. 
La guardò abbandonarlo come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. Nel suo sguardo era chiaro che la gara a chi dovesse primeggiare non era più necessaria. 
In ogni suo passo non c'era esitazione, non indugiò neppure nel lasciar che la folla cantasse per lei. La stava lasciando andare nel modo giusto; ed era quello per cui non avrebbe più avuto bisogno del suo altro se stesso. Magari, non ne avrebbe nemmeno sentito la mancanza, ora che dominava lei. 
Per quanto riguardava l'uomo che aveva frequentato fino adesso invece, beh quello non poteva garantirlo. 
Ora c'era la quiete e in cuor suo un po' di tristezza.

-------- 
"Instinctively you give to me 
the love that I need 
I cherish the moment with you 
Respetfully I see to thee 
I'm aware that you're cheatin' 
but no one makes me feel like you do." 
--------

Diana Jones s'era spaccata a metà. Se da dove il pubblico la guardava stava offrendo loro il classico spettacolo in cui ne era protagonista, dall'altra parte della luna ogni singola parola, ora che era in piedi di fronte a lei, la stava rivolgendo a Stephanie. 
Si prese la libertà di cantare parole che non aveva mai detto e ora come ora non avrebbe pronunciato mai più. Stava gettando su Diana il suo Nathan interiore e mai come quel momento era il meno adatto per essere quel qualcuno che cercava di reprimere. 
Essere Diana Jones era sempre stato più facile, Nathan, beh era lui la sua unica debolezza. 
Si sentiva sempre un po' come in quell'anime giapponese di quando era adolescente; un tuffo nell'acqua e la sua persona mutava, senza dare a sapere per quale delle sue due personalità fosse stato maledetto.

-------- 
"I said upside down you're turning me 
you're giving love instinctively 
around and round you're turning me 
I said to thee respectfully 
upside down you're turning me." 
--------

Si intrufolò tra le sue gambe con quei lunghi e stivali spaziali - palesemente più alti delle scarpe nere di lei con il rialzo in gomma bianca - lanciandole le parole, alle quali lei seguì, in un angolo tutto loro. 
La prese dalla vita senza chiedere e Stephanie glielo concesse, ora non poteva più pretendere. 
Ultima parola, ultima nota, ultimo duetto. 
La magia del duo scenico si diradò con quel teatrale casqué sincronizzato e non rimasero che due respiri affannati che poggiavano la testa l'una contro l'altra in un sorriso condiviso. 
Insieme diedero al pubblico un plateale inchino prendendosi gli applausi e condividendoli con il resto della band e invitando gli Ages Of Divas messi da parte, a partecipare alla notorietà che si erano meritati. 
Il pubblico regalò loro la più lunga e rumorosa acclamazione che avessero mai ricevuto e videro un oceano di gente, il doppio, triplo o forse il quadruplo dei loro precedenti concerti, persino commuoversi e passare dal classico baccano a un religioso silenzio nel quale ammirazione e dei contenuti applausi si diramavano in tutta la piazza. 
Mai come quella volta, gli Ages Of Divas si sentirono amati percependo quella devozione tutta per loro. 
"Grazie.." pronunciò il leader con un filo di voce. 
Stephanie sentì che era il momento di lasciare il palco alla band principale, ma Nathan la bloccò prontamente sussurrandole un 'aspetta' che la fece ricredere. 
"Questo applauso lo dividiamo a metà. Come abbiamo sempre fatto in tutti questi anni, parte del nostro successo è merito dei Destination Moon." forse parole così generose non le avevano mai sentite uscire dalla sua bocca. "Che continueranno senza di noi la loro brillante carriera con un tour nazionale." 
Gli elogi sbocciarono come fiori e la band fu colma di ammirazione mentre anche Nathan batteva per loro le mani. 
"In vent' anni di carriera insieme ai miei compagni, non ho mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato. Ho sempre pensato - credo di parlare per tutti - che avremmo continuato così per sempre." sorrise mentre anche la sua band si era ricomposta in una fila ordinata intorno a lui seguita dalle ballerine. "Ci siamo cresciuti a vicenda e separarsi sarà dura." si guardarono a vicenda giurando che da lì a poco avrebbero piagnucolato come bambine. Trasmisero la loro emozione anche i loro fans, i cui volti erano in preda alla commozione. 
Hector rubò gentilmente il microfono a Nathan per cercare di abbassare la tensione. "Ma siamo felici che una delle nostre più promettenti stelle andrà a rompere i coglioni dall'altra parte del mondo." rise guardandolo. "L'abbiamo mandato a pascolare tra i suoi simili." Prese un braccio di Nathan e lo allungò verso l'altro acclamandolo come il vincitore di una gara. "Finalmente ce ne libereremo." urlò "Diana Jones è pronta per conquistare Hollywood." 
A quella frase una cascata di lustrini, quelli chiamati confetti, vennero lateralmente sparati su tutto il palco silenziando come la neve il gruppo di emozionati. Nathan congiunse le mani inchinandosi in un saluto orientale. 
Guardarono al cielo e poi verso la gente urlante investita dai confetti. 
Quando lasciarono il palco l'incantesimo si spezzò e gli Ages Of Divas si eclissarono sotto la luna piena di una fresca nottata di settembre. 


PLAYLIST CHAPTER:
- Good Old Fashioned Loved Boy/Queen
- Upside Down/Diana Ross


the mermaid's notesbentornati lettori con il diciosettimo capitolo di questa storia. Più rileggo questi capitoli, a distanza di tempo da quando sono stati scritti, mi rendo conto di tutti i difetti che la caratterizzano e questo mi aiuta a prenderne atto per migliorarmi nelle mie prossime opere. Nonostante questo, spero vi stia ancora piacendo e siate intrepidi quanto me di arrivare alla fine di questa avventura. Come sempre vi invito a lasciarmi delle recensioni (positive e critiche). 
A Mercoledì.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciannove. ***


19.
 

Bussò tre volte cercando di sovrastare il baccano dall'altra parte della porta. 
Nessuno rispose. 
Tre minuti buoni passarono prima di vedersi aprire la porta da quell'incantevole visione: se ne stava in piedi con i capelli spettinati raccolti in una treccia laterale.
"Sei in anticipo." le sussurrò quella bellezza che trovava disarmante. 
"In realtà sono in ritardo." guardò l'orologio al polso per essere sicuro di non sbagliare. 
"Hai ragione, non c'avevo fatto caso." si inclinò verso la sua destra per scorgere l'orologio viola appeso in soggiorno. "Grace abbassa la tv per favore." 
E con il sottofondo di canzoncine infantili seguite da immagini eccessivamente colorate, Stephanie diede il benvenuto al suo ospite all'interno della casa e solo così fece distogliere l'attenzione della bambina da quella scatola rumorosa. 
"Diana!" esultò Grace riconoscendo in lui il personaggio e fiondandosi tra le sue braccia mentre Stephanie approfittava della sua distrazione per poter spegnere quel susseguirsi di assordanti suoni ripetitivi. 
"Ti ho portato qualcosa." Nathan si inginocchiò per poter raggiungere l'altezza della bambina e tirò fuori dalla tasca un oggetto minuscolo ma esageratamente fluorescente. "Così quando lo indosserai, penserai a me." Quando lo portò davanti al suo viso incuriosito e ne accese un piccolo interruttore la vide cambiare immediatamente espressione. 
"Wow" con bocca larga, più stupita che mai, rubò velocemente l'anello dalle sue mani e se lo mise dal dito ammirandolo con lo stesso sguardo di chi aveva appena ricevuto un solenne dono prezioso. 
Nathan sorrise davanti a quella scena e dopo essersi sciolto da un abbraccio inaspettato, la guardò correre via per tutta casa con il suo anello scintillante, appagato dal fatto che l'avesse resa felice. 
"Signorina, vai a lavarti le mani: è pronto." Stephanie catturò la sua attenzione e la vide correre verso il bagno senza alcun freno. "Togliti l'anello prima." aggiunse. 
Quando voltò il capo verso il suo invitato aveva ancora l'espressione che guardava la figlia felice, per questo dovette metterci un po' per accorgersi che le labbra di Nathan s'erano posate sulle sue, così per salutarla. Non ci pensò subito, ma l'ultimo bacio che si erano scambiati era sempre stato dietro l'angolo ad attenderla intrepido e in quel momento si palesò semplicemente nella sua testa elaborando la conseguente reazione estranea alla possibilità che stesse succedendo davvero, di nuovo e in maniera così fugace. 
Non sembrava neppure che ci fosse stata la tempesta in tutta quella quiete. 
Subito dopo, senza aggiungere altro, fece accomodare Nathan e qualche minuto dopo si trovarono tutti e tre al tavolo della cucina, illuminati da una luce fioca, intenti a trangugiare due piatti di paella spagnola e uno di semplice pasta al pomodoro. 
"Ho una novità." sbottò Stephanie tra un boccone e l'altro. "Ho deciso che di iscrivermi all'università." 
"La mamma va a scuola.." cantilenò Grace impugnando la forchetta con entrambe le mani e pugnalando le penne nel piatto. 
Stephanie sorrise all'affermazione della figlia mentre aspettava la reazione dell'uomo seduto alla sua sinistra. 
Lasciò la forchetta al lato del piatto. 
"Lingue." rispondendo ad una domanda fantasma che sapeva le sarebbe stata posta. "Penso sia importante imparare nuove lingue per comunicare con tutti i clienti che abbiamo. E poi è una nuova esperienza." prese il bicchiere per bere un sorso di vino rosato. 
"E' fantastico." alzò le mani e poi si ripulì la bocca con il tovagliolo color panna prima di assumere una posizione perplessa "E il tour?" 
"Ho già parlato con Angelica, è tutto apposto. Abbiamo diviso il tour e stiamo organizzando tutto. Andrà alla grande." 
"Hai parlato con Angelica?" 
"Si, parliamo spesso. E' piacevole." 
Nathan assunse un'espressione ben poco convinta. "Come una seduta dal dentista." sussurrò mettendosi in bocca un'altra manciata di riso. 
"Mi ha raccontato un po' di cose di te." gettò l'informazione poi distolse lo sguardo tornando a concentrarsi sul piatto. 
"Cosa ti ha raccontato?" sgranò gli occhi. 
"TI ha preso in giro più che altro." lo rassicurò senza sapere di doverlo fare. 
Risero entrambi e Nathan colse la palla al balzo per cambiare argomento. 
Non era sempre felice, no; non era mai felice di parlare di sua sorella. 
"L'università è un gran casino, è come salire sulle montagne russe: all'inizio sei su di giri e poi inizi a chiederti quando scenderai e te ne tornerai a casa. Sei sicura?" 
"Non farlà così tragica. Sono sicura." annuì. 
"Anche io." fece una breve pausa senza smettere di guardarla; ma non la stava guardando, stava pensando. "A proposito." si sollevò leggermente dalla sedia tirando fuori dalla tasca posteriore dei jeans petrolio un mazzo di chiavi. "A casa mia ci sono tutti i miei libri di quando frequentavo anche io, serviti pure." le fece dondolare le chiavi davanti alla faccia. 
"Davvero?" 
"E annaffiami le piante." sdrammatizzò. 
Stephanie raccolse le chiavi sorpresa. "Le stai dando a me." 
"Se sarò a milioni di chilomentri di distanza qualcuno dovrà pur tenerla d'occhio e usarla.. se ti va." 
Magari non ci portare qualcun altro che non sono io; venne spontaneo pensarci. 
"Non l'hai venduta o affittata?" Nella sua voce c'era quella speranza che l'avesse fatto per tornare. 
"Non ne ho avuto il tempo e poi ho tante cose che non voglio portare a LA." 
A Stephanie venne subito in mente che fosse scontato lasciar indietro i bagagli di troppo nel momento in cui si inizia una nuova vita. 
"Tornerò. Tornerò ogni tanto e avrò bisogno di un posto dove stare." la rassicurò e questa volta era lui a non sapere di doverlo fare. "E potrò aiutarti con qualche esame, ovviamente." sorrise fissandola intensamente mentre pensava a qualcos'altro. "Spero non ci sia ancora lo stesso professore di Linguistica, era terribile." borbottò tra sé riprendendo a mischiare il contenuto del piatto. 
"Grazie." sussurrò semplicemente e lo sguardo che le diede valse il mondo intero. 
Al termine della cena - e dopo aver divorato un intera ciotola di dessert al cioccolato - Grace non aveva ancora spento il suo anello luccicante quando, con la testa posata sul tavolo, si stava già addormentando alla porte della tarda sera.
"Andiamo a letto, Grace." la madre si alzò in piedi e si diresse verso la bambina per poterla prendere in braccio. 
"Non tu! Nathan." si dimenò senza ancora essere stata sollevata e senza spostare la testa dal tavolo. Il fatto che l'avesse chiamato con il suo vero nome non passò inosservato. 
L'uomo si alzò in piedi istintivamente; provare amore per quella creatura gli veniva naturale. Un'altra volta l'emozione che non poteva controllare ebbe la meglio su di lui. 
"Ci penso io, Steph." sussurrò a Stephanie lasciando volentieri che fosse l'uomo a prendere in braccio la bambina e portarla con delicatezza verso il suo lettino. 
La donna li seguì guardando da una debita distanza emozionale quell'immagine rassicurante. Non poteva cadere nell'imbroglio che sarebbero rimasti così per sempre. 
Una volta nella sua cameretta dovette sovrastare una trincea di giocattoli spigolosi e pupazzi dalle molteplici forme e consistenze prima di far si che la mamma le sistemasse il pigiama giallo con annesse paperelle e facesse in modo che Nathan le desse il bacio della buonanotte. 
Dannazione, gli sarebbe davvero mancata quella bambina. 
C'aveva fatto l'abitudine - un po' - nel trovarsi lì, in quel focolare famigliare dal quale ora sentiva quanto il distacco sarebbe stato difficile. 
Oh si, si sarebbe abituato prima o poi a quella vita e non gli sarebbe dispiaciuto affatto viverla con loro. 
"Lo devo ammettere: mi mancherà." sussurrò guardando verso il basso da dietro la porta che avevano socchiuso. 
"Mancherai anche tu a lei." Stephanie fu felice, in un certo senso, per quel sentimento. 
Non era nei suoi piani far si che la bambina ne risentisse di quella pseudo relazione, ma ahimé, aveva imparato che non poteva controllare i suoi sentimenti e quanto meno quelli di sua figlia. 'Felice' perché sapere del loro legame le dava, da una parte, una felicità illusoria alla quale ancora non era pronta a rinunciare. 
Incorniciati nel contorno della sporgenza al di sopra e ai lati dell'accesso alla stanzetta, si trovavano l'uno di fronte all'altra, con Nathan che posava il braccio teso dall'altra parte della struttura e Stephanie che ne rimaneva piacevolmente imprigionata con le mani dietro alla schiena la quale premeva su di loro contro lo stipite dietro di essa. 
Un quadro che difficilmente aveva intenzione di imbrattarsi e dal quale spiccavano prevalenti pennellate di sentimenti violacei e rosso imbarazzo. 
"E anche a me." aggiunse senza volerlo. 
Niente di tutto quello che da questo momento in poi seguì fu programmato. I pensieri si trasformarono in parole, nulla più. 
Stephanie se lo sarebbe potuto rimangiare, avrebbe potuto inventare una stupida scusa riguardo al fatto che non avrebbero più cantato insieme, che la sua presenza sarebbe mancata sul palco e al suo pubblico, invece che gettare così palesemente il cuore tra le sue mani in attesa che lo colpisse. Qualsiasi scusa stupida che sapeva di bugia pur di non rivelarsi così vulnerabile. 
Non si doveva innamorare; sapeva che non gli sarebbe piaciuto. Si giustificò ricordando a se stessa che l'aveva fatto ancor prima che lui glielo negasse e l'idea che forse era successo già anni fa, quando ancora era sposata, la terrorizzava più che mai, ma non era del tutto sbagliata. 
Quel che era fatto non si poteva più cancellare; ma almeno quella sera avrebbe potuto tenerselo per sé. 
"Se devo essere sincera non so quale parte di te mi attragga di più. Se la diva altezzosa o l'uomo che c'è dietro. Delle volte credo di odiare il tuo comportamento e poi mi rendo conto che nonostante quello, la sera torno a casa e quando mi metto a letto sono ancora convinta di amarti. Mi dico 'se lo fai anche quando vorresti urlargli contro, sarà vero.' Prima di incontrarti ero felicemente sposata e l'amore era una cosa semplice. Non ho idea di cosa tua abbia fatto per sconvolgermi così tanto, Nathan Nichols." 
Rimase in piedi di fronte a lui, sincera come non lo era mai stata, senza aspettarsi una risposta di getto. Sapeva che qualcosa di quel tipo, anche se non detta in maniera così impulsiva, avrebbe scatenato in chiunque un comprensibile shock dal quale era necessario riprendersi. Soprattutto se era finalmente arrivato il momento di intraprendere la conversazione che per tanto avevano rimandato. 
La voglia di sentirsi dire che in lui vigeva lo stesso sentimento non la abbandonò per un secondo e non gliene fregava nulla, ad essere sincera, se il tempismo non era dei migliori. 
Non erano mai stati bravi con questo genere di cose; di tempo ne avevano sprecato tanto. 
Allora perché continuare a farlo se di amore ne aveva anche lui da dare? Stephanie moriva dalla voglia di saperlo anche in quelle condizioni. Aveva il diritto di provarlo prima di perderlo. 
Aspettò cautamente che Nathan alzasse la testa per rivolgerle lo sguardo e quando lo fece boccheggiando senza parole sincere né storie da raccontare, si voltò decisa e con la delusione negli occhi si diresse in cucina dove poteva raccogliere i cocci di se stessa. 
Sentì che l'aveva seguita. Anche dandogli le spalle poteva percepire la sensazione della sua muta presenza. Turbata com'era si mise davanti al lavello e con una velocità sorprendente iniziò a sfregare uno dei piatti con una spugna gialla umidiccia e con tutta la forza che aveva. 
"Posso aiutarti." si offrì titubante. 
"Faccio da sola." gli rispose duramente strofinando ancora più forte. 
Lo sentì sospirare senza collegarlo al suo perché. Era davvero tentato di chiederle se fosse arrabbiata, come se non fosse già abbastanza evidente. 
Ci ripensò e la conversazione prese una rotta differente. 
"Non dovremmo farlo da soli." sussurrò stringendo i pugni con la testa verso il basso. "Potranno anche separarci, Steph e forse è tutta colpa mia se sta succedendo. Per questo vorrei provare a rimediare per quanto posso. Perché forse c'è un modo per farlo e per continuare a stare insieme." 
Stephanie lasciò cadere il piatto nel lavandino per poi ritrarsi afferrando i lati di quest'ultimo con le mani impregnate di schiuma. Di che cosa stava parlando? Non esistevano vie di fuga. 
Nathan sobbalzò per il rumore insieme ai suoi pensieri, ma non aveva intenzione di tornare indietro e rimangiarsi ciò che stava per dire: 
"Dovremmo sposarci, Steph." 

 
the mermaid's notesbentornati lettori! Quest'oggi vi lascio con un colpo di scena inaspettato (anche per me; mentre lo scrivevo mi è balzata in mente questa idea e l'ho scritta di getto). E adesso dovreste, per così dire, "soffrire" nell'attesa del seguito nel prossimo capitolo. Siamo decisamente agli sgoccioli di questa storia e spero vivamente che vi stia ancora piacendo. Come sempre ringrazio per le letture che stanno arrivare a più di 7000 e le vostre recensioni. 
Vi aspetto mercoledì prossimo, bye.

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Capitolo 20
*** Capitolo Venti. ***


20.


"Allora? Che cosa hai risposto?" 
Stephanie era rimasta in silenzio anche troppo tempo dopo aver gettato quella notizia bomba sull'amica. Si era presentata di mattina presto in casa sua e lei non si era neppure svegliata ancora. Era visibilmente agitata e non aveva nemmeno voluto accomodarsi sulle sue modernissime poltrone nere sulle quali, invece, Mia aveva preso posto guardandola dal basso. "Ma ti vuoi calmare?" 
"Non posso.. non posso! Non so che cosa fare." continuava a muoversi alterata agitando le mani. 
"Non gli hai risposto?" 
"No, no ho risposto." ingoiò. 
Mia a quel punto si alzò per prenderla dai polsi e lentamente, senza che l'amica se ne accorgesse, l'aveva fatta sedere sulla poltrona di fronte alla sua per cercare di farla rilassare. "Dove hai lasciato Grace?" 
"E' con la mia vicina, le ho detto che sarei tornata presto. Stava ancora dormendo quando sono uscita." Stephanie si asciugò il naso con il dorso della mano mentre si tranquillizzava grazie alla strategia di Mia di farle pensare ad altro prima di riprendere. 
"Steph, cos'è successo? Guarda che è una cosa bella. Dovresti essere felice." era rimasta accovacciata in terra davanti alla sua poltrona e guardava Stephanie con della serenità fuori luogo. 
"Non c'è niente per cui essere felice. Ho rifiutato." disse imbronciata sull'orlo del pianto, come sua figlia quando faceva qualcosa di sbagliato. 
"Cosa? Hai rifiutato? Stephanie, stava abbandonando tutto per te. Insomma avrebbe rinunciato alla sua carriera, ad una grande occasione e solo per te." Da inguaribile romantica quale era, Mia reagì come da copione. Solo dopo si rese conto che forse non era quella la felicità che Stephanie ricercava. "Okay, forse hai ragione. E' troppo presto e magari risposarti non è neppure quello che vuoi. C'è Grace poi.. non ci stavo pensando." riprese a guardarla negli occhi dopo aver distolto lo sguardo colpevole. "Ma so anche che lo ami, Stephanie. Ti prego, fammi capire cos'è successo.." 
L'amica era già palesemente più rilassata, aveva anche accettato un bicchiere d'acqua che aveva mandato giù con solo sorso. 
Abbassò la testa con ancora il bicchiere tra le mani. "Abbandonare tutto.. " sussurrò "Non era proprio quello che intendeva, Mia."

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"Came in from the city 
walked into the door 
I turned around when I heard 
the sound of footsteps on the floor 
Love just like addiction 
now I'm hooked on you 
I need some time to get it right 
Your love's gonna see me through." 
--------

"Sposarci?" le labbra di Stephanie tremavano, ebbe anche qualche difficoltà a dare le spalle al lavello per voltarsi verso di lui e guardarlo immobile convinto delle sue parole. 
Nathan passò da questa fermezza ad un concentrato di pensieri sovrapposti. Sembrò fosse agitato almeno quanto lei, ma ancora non si voleva tirare indietro. 
"Mi mancherai anche tu, Steph. Io.. non posso perderti così." tremò. 
Sincero come non lo aveva mai visto, era arrivato anche per lui il momento di sfruttare la notte in cui avrebbero messo a nudo i loro sentimenti. 
"Se pensi sia programmato, beh non è così, lo giuro." rise. "Non era mia intenzione venire qui con l'idea di chiederti di sposarmi la notte prima di partire." si scusò quasi per questa sua proposta avventata. "Sarebbe folle. Non credi anche tu?" 
Stephanie rimase in silenzio cercando di elaborare. Non era sicura che la verità le sarebbe uscita come voleva. 
Con quella domanda ancora a galleggiare senza risposta cercò di avvalorare le sue intenzioni. "Saremo lontani, ma qualcosa ci legherà sempre dopo tutto. Sarà il nostro segreto, Steph." iniziò a gesticolare sempre più nervoso. "Non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo lasciarci, nemmeno su quel maledetto contratto." 
La donna recepì la parola 'lasciarsi' con dello sgomento nei suoi occhi, cosa che Nathan percepì con facilità. 
"Siamo stati qualcosa tutto questo tempo, siamo stati qualcosa di importante." 
Un forza di incerta provenienza la frenò in terra sotterrando la voglia di abbracciarlo. 
Dopo quelle parole era necessario cercare di sovrastare i gesti avventati. Era un momento troppo importante e per questo, da quel punto in poi qualunque cosa avrebbe detto, avrebbe dovuto dirla con cautela. 
"Perché non possiamo continuare ad esserlo? Solo per noi." Fece un passo in avanti per afferrare le sue mani schiumose. 
Seguì del silenzio, ma non era imbarazzate. Non era mai imbarazzate. 
Poi, finalmente Stephanie si decise a dire la sua. 
"Questo non è amore, Nathan, è disperazione." 
"Lo sarebbe se non fossi anche io convinto di amarti." glielo disse senza esitazione nel suo tono di voce, convinto, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso. 
Ancora nulla di imbarazzante. 
Il cuore le sprofondò in petto. Era dalla sera in cui si era finalmente accorta di amarlo che voleva sentirsi dire quelle parole. Voleva che le sue attenzioni non fossero più per la marmaglia, ma riservate solo a lei; e Nathan, a modo suo, glielo stava offrendo su un piatto d'argento. 
Almeno, credeva di farlo. 
Accettare la sua proposta non voleva dire portare Nathan nella sua vita e viceversa, ma condividerlo ancora con il resto del mondo senza la certezza di riaverlo con sé. 
"Se non stessi partendo non me l'avresti chiesto. E' la verità." 
Vide Nathan crollare davanti ai suoi occhi e la sincerità si presentò evidente. 
"No, va bene. So che sei spaventato. Lo so che fa paura lasciare la tua vita qui e iniziarne una totalmente nuova in luogo nel quale non hai nessuno al tuo fianco."
Nathan fece per intervenire ma non ci riuscì. 
"Lo capisco, davvero. Stavi cercando qualcosa che ti tenesse ancorato a questo posto, a questa vita..." sospirò rumorosamente. "Ma non è questo il modo." 
"Non è solo questo il motivo, non è come pensi." si lagnò. 
"Okay, va bene: ti sto scappando dalle mani!" si alterò. "Ma hai fatto una scelta, l'hai fatta tu e l'hai fatta da solo. Devi rispettarlo." 
"Non parliamone ancora, non stasera." 
"Va bene, non ne parleremo." abbassò le braccia sconfitta. 
Rimase ancora un po' di fronte a lei, appeso a quelle sue ultime parole prima di fare un passo indietro. "Forse dovrei andare." scappò in salotto per riprendere la sua giacca e poi eclissarsi, forse per sempre. 
"Resta, ti prego." Lo fermò con la voce, ma non accennò a voltarsi. "E' troppo presto." aggiunse riferendosi all'idea di perderlo che ancora non mandava giù. 
Si avvicinò con passo deciso per prenderlo dalla vita e farlo girare. 
Oh no, non sarebbe stato un egoista anche in questo; privarla della sua presenza quella notte e andar via così... tipico della primadonna che era sempre stato. 
Stephanie non se lo meritava. 
Il suo gesto sembrò avventato ma ottenne il successo sperato: lo accolse nella sua stretta con un bacio a cui Nathan non potette resistere, incurante della schiuma, che se pur minima, si sparse su i suoi fianchi. 
La rabbia di Stephanie si sgretolò nell'istante in cui le labbra si incontrarono; l'avrebbe utilizzata in altro modo. Aveva già fatto due chiacchiere con se stessa per convincersi del fatto che quella decisione fosse tutto tranne che errata e che l'avrebbe sostenuto, in ogni caso. 
In ogni caso, ma quella sera no. 
Quella sera se lo sarebbe preso il suo Nathan, senza chiedere alla diva. 
Avrebbe fatto scivolare le mani su entrambi i lembi della camicia grigiastra, posata sulla t-shirt e lo avrebbe spogliato da tutti i timori e le preoccupazioni. 
Lo stupore di Nathan, d'altra parte, sembrò perdere la sua individualità in quella serie di baci tremanti e senza fiato. Trovò una pausa solo quando si rese conto che da lì a poco gli sarebbe girata la testa mentre afferrava lo sguardo di lei da sotto un ciuffo di capelli scompigliati. 
Come poteva ancora godere del privilegio di stringerla tra le braccia dopo averle messo a soqquadro il cuore senza alcuno ritegno? 
Dedusse, che quella che aveva tra le mani, fosse una donna a cui avrebbe dedicato ogni singola rima delle sue canzoni, splendida più di quanto immaginasse e della quale si sarebbe presto pentito del modo in cui l'aveva messa da parte. 
Attese ancora un momento e poi quando certo di aver immagazzinato i lineamenti di Stephanie nella sua memoria, si prese la libertà di riprendere a baciarla - anche se non aveva ancora ripreso del tutto il fiato - mentre con la mano sinistra le passava una carezza dall'attaccatura della treccia sino ad arrivare sulla sua spalla, priva di ostacoli ora che con le dita aveva inavvertitamente srotolato la bretella della sottile canottiera e della quale l'aveva privata senza pensarci. 
Stephanie gli lasciò disfare la sua l'acconciatura poco curata così come aveva fatto con sua intera persona. Era lei a decidere di farsi investire da quell'onda. Cosi, allo stesso modo decise di spostarsi lentamente all'indietro accompagnando i movimenti dell'uomo, per raggiungere la porta della sua camera sulla quale si sentì spingere contro. 
La stanza accolse la coppia incandescente tra le sue confortevoli mura e lenzuola bianco nuvola. Li vide intricarsi per l'ultima volta avvolti dal tempo; con adagio rallentava il suo corso per cristallizzare ogni precisa azione utilizzando cura e gentilezza. Sembrava si stesse dipingendo al momento l'immagine di loro sussultare tra le ombre, si potevano vedere con estrema chiarezza le particelle espandersi e ricongiungersi, anche solo quando la loro pelle si sfiorava. 
Nathan alzò la testa dal suo collo roseo con occhi chiusi e la bocca mezza aperta che lasciava intravedere della saliva sulla labbra. Strinse il volto della donna con entrambe le mani lasciandole addosso della malinconia; perfino l'amore sussurrato si intrise della stessa. La passione di ogni gesto non riuscì a sovrastarla, l'accettò semplicemente come sostanza alla quale mescolarsi anche nell'ultimo contatto prima che lui la accogliesse a peso morto in un abbraccio interminabile. 
Un'espressione che ironica, li accompagnò per tutto il resto della nottata. 
Chiusero occhio per due ore, forse tre. Quando l'alba s'affacciò dalla finestra si concessero un sonnellino privo di tensione. Non aveva più senso rincorrere le luci del giorno, le stesse alle quali poi si arresero inermi l'uno nelle braccia dell'altra. 
Non passò molto prima che Nathan potesse scivolare fuori dal suo abbraccio con estrema cautela, fermandosi a guardarla ai piedi del letto addormentata e ignara del momento. Era pronto per sgattaiolare silenzioso come un gatto senonché il suo corpo non obbedì più di una volta al comando dettato dalla mente. 
Il cuore, beh non ne parliamo. Solo dopo aver chiuso la porta ed essersi lasciato alle spalle una vita intera, si rese conto di averlo lasciato lì. 
Stephanie aprì gli occhi senza capire quanto tempo fosse passato dal momento in cui si erano addormentati. Il rumore del mattino era così fastidoso e la consapevolezza che stesse iniziando l'ennesimo Lunedì lo rese ancora più difficile da ingurgitare. Allungò una mano mentre si trovava a pancia in giù con la vista e la mente annebbiata. Ci volle un po' affinché notasse la sua assenza; non era troppo lucida, non a quell'ora e non quando non voleva. 
Sbatté le ciglia ripetitivamente scoraggiandosi a prima vista del mondo che stava guardando. Il malvagio capo della settimana, portatore di cattive notizie, le diede uno spiacevole buongiorno. Almeno ebbe la forza di sussurrare quello che si meritava prima di crollare nuovamente. "Maledetto Lunedì."

-------- 
"Oh no, not I, I will survive 
oh, as long as I know how to love 
I know I'll stay alive. 
I've got all my life to live 
I've got all my love to give 
and I'll will survive." 
--------

"Sono convinta che dopo ieri notte non lo rivedrò mai più." sogghignò prendendosi gioco di se stessa. "Potrei anche ufficialmente targarla con 'l'ultima volta che l'ho visto', me lo sento." continuò a farfugliare. 
"Non è vero, Steph." l'amica cercò di rincuorala ma non sapeva quanta verità ci fosse nelle sue parole. "Lo sai benissimo che tornerà." 
"Tornerà e non sarà più lui." 
"Forse sarà più stronzo di prima, ma tornerà." sorrise senza lasciarsi scappare il riferimento a Diana Jones. 
"Sai, ho questa immagine. Non riesco a togliermela dalla testa: sono al supermercato e lo incontro per caso in questo lungo corridoio, al banco frigo e lui si ferma, mi guarda. Io non riesco a raggiungerlo, ma non ha importanza perché tanto non mi riconosce più." Stephanie guardò assente l'amica da un ciuffo che sfuggiva dalla coda. "Sarà come imbattermi in un'altra persona, me lo sento." fece una pausa. "Le luci di Hollywood cambiano tutti." 
"Okay, ma non così tanto stronzo." 
"Stamattina è andato via senza salutarmi." sbottò nervosa. 
La pausa di Stephanie colmò uno spazio di parole non dette. Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca di pelle e Mia capì che stava controllando l'orario sbirciando dallo stesso. 
La guardò per dirle di si ad una domanda non posta. 
Stephanie si alzò in piedi stringendo i pugni con un piede già fuori dalla porta. Guardava Mia che l'aveva seguita in posizione eretta con un'espressione che da convinta passò ben presto al totale smarrimento. 
Mia glielo lesse negli occhi. 
"Non posso." annunciò. "Non posso. No, non se ne parla." la sua bocca era larga e scioccata in risposta alla decisione silenziosa. "Che cosa penserebbe? Che ho cambiato idea? Che ho accettato? Che dovrebbe mollare la sua carriera per me? E' lo follia, lo sai anche tu." iniziò a farneticare. "Non è quello che voglio e non è quello che vuole lui." 
"Il fatto che stamattina non ti abbia svegliata dice tanto su quello che vuole." 
"Che cosa vuole?" sussurrò quasi assente, incredula che non potesse capirlo. 
"Non ce l'ha fatta." sorrise pensando di tranquillizzarla con quella mano che le accarezzava il braccio sinistro. "Se ti avesse svegliata non sarebbe riuscito a partire, è evidente. E se ti presentassi di corsa e senza fiato penso che cambierebbe idea immediatamente." Il sorriso di Mia si fece più largo lasciando trasparire un'inquietante opinione dell'amore da commedia romantica e la sua specializzazione in psicologia che Stephanie non aveva esattamente richiesto. Non erano le parole si sarebbe aspettata di sentire. 
Sospirò abbondantemente. "Non sarò la sua Meredith Grey." Mandare a rotoli la sua vita con la possibilità che potesse rinfacciarglielo non era nei suoi piani, neanche in quelli più remoti. Questa non era Stephanie. 
"Basta che tu ammetta che saresti felice se lo facesse, anche una minuscola parte di te." 
Beh, in questo si, che c'era un po' di Stephanie. 
"Non sarò io a scegliere per lui." 
"Allora và e fa sì che, solo guardandoti, lo faccia per se stesso." 
Stephanie si teletrasportò dal pianerottolo della sua amica, dove un momento prima stava per dare matto sino a metà strada per quello stupido aeroporto. 
'Questa non è una commedia romantica da quattro soldi e nemmeno Grey's Anatomy.' pensava passando dalla convinzione alla totale confusione. 'E non c'è nessuna scelta da fare, è stata già presa.' si ripeteva mentre parcheggiava senza neanche preoccuparsi che fosse uno spazio riservato ai dipendenti. 
Allora perché era lì? Perché si stava facendo questo? 
Affannata si fermò tra la folla che rapida la scavalcava, con due mani sui fianchi respirando rumorosamente. Non sapeva neppure dove fosse. 
Voleva solo rivederlo ancora un ultima volta, voleva che rimasse senza fiato anche lui desiderando di non perderla. Voleva che si ricordasse della donna che era corsa per lui in aereporto cosìcché non la ignorasse, non come nella sua testa, non come il giorno in cui si sarebbero incontrati al banco frigo di un anonimo supermercato. 


PLAYLIST CHAPTER:
- Don't Go/Yazoo
- I Will Survive/Gloria Gaynor


the mermaid's notes: bentornati lettrici e lettori e grazie ancora per essere qui. Più andiamo avanti e più mi rendo conto che arrivare alla fine di questo progetto è decisamente una necessità. Spesso mi guardo indietro indagando sulla validità dei miei prodotti e questo non è da meno. Fortunamente manca davvero poco. Sono pronta a sopporvi nuove storie di tutt'altro genere e non vedo l'ora di chiudere con questo per poterlo farlo (oltre al fatto di dover ancora revisionare gli stessi lol). Per quanto riguarda la storia in questione: si trascina verso il finale e spero risulterà interessante. 
Come sempre vi ringrazio per le letture (solo il prologo ne ha 1000+) e vi do appuntamento a Mercoledì prossimo.

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Capitolo 21
*** Capitolo Ventuno. ***


21.

Lo stanzone che si presentò davanti ai suoi occhi era immenso come il suo futuro. 
Camminarono insieme fino al cordone blu che disegnava il percorso verso i controlli di sicurezza, lo stesso che divideva la sala in due parti la cui una accessibile esclusivamente ai passeggeri in partenza. 
Era lì che si dovevano salutare. 
Nathan passò a rassegna i suoi quattro amici salutandoli con abbracci e pacche sulle spalle che ricevette come sostegno. Pensarono tutti quanti che se si fosse trattenuto un secondo di più sarebbero sgorgate fuori copiose lacrime da tutti i presenti. 
"Non vedo l'ora di venirti a trovare." bisbigliò Victor al suo orecchio nell'abbraccio più lungo di tutti. I chilometri che lo avrebbero separato dal suo migliore amico erano pronti a rimarcare la sua assenza in ogni momento divertente che avrebbe voluto condividere con lui e in tante altre cose che erano ormai divenute routine nella loro, più duratura, amicizia. L'amico ricambiò l'affermazione con una risata e ribadì ancora una volta - come se non l'avesse già ripetuto per tutto il percorso fino a lì - che erano i benvenuti tutti quanti e in qualsiasi momento. 
"E' già ora?" lo interruppe Chris che cercava il suo volo per Detroit sul monitor a sfondo nero segnato da qualche parte tra file e file di destinazioni in giallo che cambiavano così velocemente da far girare la testa. 
"Si, dovrebbe.." rispose voltandosi verso lo stesso. 
"Perché proprio Detroit?" chiese Hector con le braccia sui fianchi che guardava con un solo occhio mezzo aperto quell'infernale vortice di lettere cangianti. 
"E' lì che si tiene il festival." spiegò nuovamente agli affamati ascoltatori il perché della sua destinazione aggiungendo il fatto che avessero scelto proprio Detroit per il suo debutto in terra straniera, perchè anche luogo di nascita e formazione della omonima diva Diana Ross a cui il festival della disco music era dedicato. 
E si sa che è dove nasce una star che si trova concime per crescerne una nuova, sopratutto se questa è una Diana, sopratutto se questa è una Diana Jones. 
Beh, parlare di debutto forse era troppo avventato. Guy, il suo nuovo manager - il quale aveva sottolineato la parola 'ufficiale' più volte - aveva deciso di far partire la meravigliosa avventura del suo cliente facendo si che si confondesse tra le celebrità di un luogo in cui si sarebbe destreggiato al meglio. 
Era solo il primo passo per Diana Jones, prima di uscire allo scoperto con la sua nuova immagine. Per il momento, come aveva detto Guy, di lui bisognava solo far parlare. 
Un'entrata silenziosa in un mondo in cui si sarebbe trovato più a suo agio nello sbalordire sin da subito un pubblico nuovo e dal quale sarebbe uscito ritraendosi dalle scene lasciandoli tutti a bocca aperta. Questo ovviamente come assaggio di una più formale esibizione. Inoltre la sua presenza a Detroit coincideva con i piani di Guy, il quale aveva orchestrato delle iscrizioni a più di una masterclass con importanti geni del settore, che avrebbero preparato e spronato Nathan a diventare la diva che ci si aspettava diventasse. 
C'era molta strada da fare prima che il suo nome passasse sulla bocca di tutti e a detta delle persone che lo conoscevano non ci sarebbe voluto molto. 
Bastava soffermarsi sulla naturalezza con cui aveva spiegato uno per uno i suoi step per raggiungere la fama, per notarlo. Partì dal festival, nominò un paio di collaborazioni promesse e atterrò su quel tour mondiale come se fosse cosa già fatta; invece che sogni irrealizzabili sembrava descrivesse il programma di un'allegra scampagnata. 
Eh si, non c'era nulla come indossare i panni della diva famosa che gli calzasse meglio. 
Finitò il suo monologo degno di qualche Grammy, Nathan regalò ancora un giro di abbracci fortemente richiesto, coronato da incoraggiamenti scontati ma al momento inevitabili. Salutò Morgan con un leggero bacio a stampo sulle labbra dopo il quale entrambi si misero a sorridere. Fu proprio dopo essersi ritratto dal viso dell'uomo che scorse alle sue spalle una figura familiare. Quei capelli lunghi raccolti in una coda e il suo immancabile giubbotto di pelle volevano dire una cosa sola: doveva essere lei. 
Gli amici notarono benissimo la sua curiosità, gliela si leggeva negli occhi. Ma a parte Morgan, che era il più vicino, non era ben chiaro se anche gli altri lo avessero sentito sussurrare il nome della donna di cui Nathan voleva fortemente la presenza. 
In un attimo la sua mente venne pervasa da domande che non aveva potuto fare a meno di porsi per tutto il tragitto verso l'aeroporto e sulle quali era consapevole di trovarsi comunque impreparato. Attese che la figura intenta a controllare il tabbellone si voltasse verso di lui e lo guardasse senza dire niente, parlando solamente con gli occhi. Nella sua testa quell'incontro l'aveva programmato così. 
Immaginate la delusione nello scoprire che quella donna non era la sua Stephanie. 
Tornò alla realtà sotto lo sguardo indecifrabile dei presenti, scuotendo la testa risvegliandosi da un'allucinazione. 
Nathan varcò poco dopo il nastro blu con le sue due valige al seguito. Si era ripromesso di non guardarsi indietro, non perchè pensasse di cambiare idea, no, ma sarebbe stato più efficace cancellare via dalla testa l'immagine di Stephanie che lo veniva a cercare. Tanto quella vita non esisteva più. C'erano solo Nathan e Diana a passare i controlli e metter piede oltre al gate, così come sarebbe stato una volta arrivato negli Stati Uniti. 
"E' troppo tardi?" Victor sentì una pressione sul braccio che lo fece immediatamente voltare. Scrutò con sorpresa la figura ansimante di Stephanie, la quale posò le braccia su entrambe le ginocchia con l'intento di riprendersi. Uno sguardo a quel pannello vetrato dietro al quale vide Nathan scomparire e capì di essersi risposta da sola. 
La corsa che aveva fatto, le persone tra cui si era districata e le cinque entrate verso la sicurezza che aveva incontrato sperando di trovarlo, si erano rivelate solo tempo sprecato. Con lentezza, ma stava iniziando a realizzarlo. 
"Stephanie?" sussurrò il ragazzo più vicino a lei. La sua espressione perplessa si trasformò presto in delusione per averlo mancato per un pelo, ma la risposta della donna fu abbastanza pacata e rilassata. Involontariamente decise di non destare altri sospetti, nonostante non fosse sicura che quel segreto valesse ancora. "Meglio così." e ci aggiunse un sorriso malinconico. 
"Che cosa ci fai qui?" La pulce nell'orecchio di Morgan si palesò evidente con tono inquisitore. Non avrebbe dimenticato facilmente quello che aveva sentito dire da Nathan e la strana coincidenza di trovarla poco dopo lì non aiutò affatto a far tacere le sue ingarbugliate teorie a riguardo che da tempo avevano messo piede dentro di lui. Ci pensò ancora un attimo e quando la donna non sembrò dargli corda, preferendo bisbigliare qualcosa di incomprensibile con Victor, decise di astenersi dal fare una scenata fuori luogo. 
Non restò che notare che tutti stavano seguendo con lo sguardo uno dei nastri trasportatori che si intravedevano infondo alla loro destra. 
Spiccava alla fine di esso la figura di Nathan che s'allontanava con i suoi bagagli rimettendosi gli occhiali da soli sul naso. 
I suoi amici non potettero fare a meno di pensare quanto fosse dannatamente egoista portarsi dietro solo la sua star lasciando indietro i presenti che a poco a poco l'avevano costruita e lanciata allo sbaraglio. 
Non ci sarebbe stato nessun contratto se non fosse stato per gli Ages Of Divas, la band sapeva di essere stata importante, mentre per Nathan non sembrava così scontato guardandolo dirigersi verso una nuova vita. 
D'altra parte lo sapevano benissimo che fosse sempre stato la colonna portante del loro successo circoscritto. Qualcosa glielo diceva, qualcosa come I fan che gli facevano i complimenti, che si mettevano in fila per fare una foto, alcuni di loro nemmeno conoscevano il nome della band e venivano identificati semplicemente Diana Jones. 
Non c'era storia, egoista che fosse, il successo attendeva solo lui. 
Stephanie a quel punto pregò che non notasse la sua presenza. Quel che fatto era fatto: il destino aveva deciso al posto loro e uno sguardo scambiato all'ultimo secondo avrebbe solo rimarcato l'imbarazzo e la malinconia del risaputo momento. 
Nathan sparì completamente lasciando a Stephanie la possibilità di tirare un sospiro che sotto sotto sapeva di sollievo. Amareggiata ma allo stesso tempo rassegnata, quello che aveva sperato combatteva contro la risaputa nomea della diva che non si sarebbe mai separata dal successo, tutto questo mentre mandava in frantumi, senza ritegno, il suo scenario immaginario; anch'esso aveva predetto qualcosa di diverso che non aveva avuto modo di avverarsi. 
Tenne lo sguardo fisso sul corridoio intriso di gente nel quale l'aveva visto scomparire, poi, senza dar conto al gruppo intorno a lei, girò i tacchi e con lo sguardo verso il basso si diresse lentamente verso l'uscita senza preoccuparsi di quanto tempo c'avrebbe messo per trovarla in quel labirinto. 
Perdersi non era una sensazione estranea. 
Aprì la bocca cercando di catturare il respiro che aveva perso, sperando che non si incastrasse per via di quel macigno che aveva nella gola. Portandosi una mano sotto l'umido occhio sinistro, ancora una volta nella sua testa risuonarono le stesse parole che l'avevano avvertita il giorno in cui scoprì che il suo inspiegabile interesse verso di lui era ricambiato. Si incolpò per non essere stata più furba di quell'Alice tormentata dalla folle ricerca del bianconiglio. Che stupida che era stata, lo sapeva, lo sapeva benissimo: non si poteva amare Nathan, se non eri il suo pubblico, quando lui era Diana Jones. 

the mermaid's notesbentrovati lettori e lettrici. Mi scuso per aver tardato ad aggiornare ma un po' è colpa degli impegni e un po' e colpa dei feels per le nuove serie tv che escono tutte senza sosta e a me, da buona fangirl, fanno perdere la testa. Ci siamo! Siamo arrivati *rullo di tamburi* questo è ufficialmente l'ultimo capitolo di questa storia (verrà seguito solamente dall'epilogo la settimana prossima), ma per quanto riguarda questa avventura chiude i battenti almeno per il momento. Vi ringrazio brevemente adesso e come sempre per letture e le recensioni.
Vi do l'ultimo appuntamento a mercoledì prossimo. Non mancate.

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Capitolo 22
*** Epilogo. ***


Epilogo.


Nathan Nichols/Diana Jones.

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"Welcome to your life 
there's no turning back. 
It's my own design 
It's my own remorse 
Help me to decide 
Help me make the most 
of freedom and of pleasure 
Nothing ever lasts forever 
Everybody wants to rule the world." 
--------

zzz. 
Quel rumore andava a veniva. Proveniva da un cartellone pubblicitario di una sala giochi. 
A giudicare dalla grandezza doveva essere anche ben conosciuta o altrettanto disperata. Una slot di grandi dimensioni si ergeva in tutta la sua imponenza sul cartellone dallo sfondo viola dal quale spiccavano i margini fucsia fluorescenti che a loro volta contornavano la figura della sfera gialla più famosa negli anni '80. 
Un pac-man che fece tornare Nathan indietro nel tempo e che con la luce delle grandi lettere che scriveva 'Cherry Games' lo ipnotizzò per più di un quarto d'ora. 
Era tutta così. Los Angeles era tutta cosi: Abbagliante. 
Lo scorcio che offriva il panorama circondato dalla tettoia del parcheggio, proprio fuori l'aeroporto, lasciava parecchio spazio all'immaginazione. Si intravedevano solo lunghi e grigi palazzi affiancati da rigogliose palme verdi, illuminate da queste luci multicolore assordanti. Ora anche più evidenti con il grande sole arancione che calava dietro di essi e che portava via con sé anche quella inconfondibile cappa di umidità. 
Lo incantarono a tal punto da non riuscire a realizzare di essere atterrato proprio all'imbocco dell'agognato sentiero per Hollywood che lui stesso stava per percorrere. 
Un ragazzo molto giovane, poi, lo distolse dai suoi pensieri, ma solo dopo aver finito di caricare i suoi bagagli nella macchina parcheggiata sul ciglio della strada, nera come un'oliva. Nathan ci si fiondò dentro senza ricordarsi il nome del'hotel che la sua nuova casa discografica pagava per lui. Tanto il suo autista sapeva tutto. Che strana sensazione. 
Un panorama del genere l'aveva visto solo nella trasportazione grafica di GTA. Fu quella la prima cosa che gli venne in mente mentre guardandolo si sentiva viaggiare indietro con gli anni in un luogo che sapeva di futuro. 
Era ridicolo quasi come il vintage di quella città fosse più innovativo che mai. 
Scosse la testa sorridendo senza smettere di guardare fuori dal finestrino. Lasciò che le luci dei lampioni, dei negozi, delle insegne e perfino delle gonne fluorescenti delle ragazze ai bordi dei marciapiedi, lo segnassero velocemente in volto. L'idea di togliersi quel vizio di fermarsi e chiedere indicazioni ad una di esse - magari una di quelle con la chewgum in bocca - cavalcò per il suo immaginario diverse volte lungo la via. Poi gettò al largo quello che nell'uso comune era il pensiero di trovarsi in uno di quei film, uno come Pretty Woman e si concentrò invece nello scorgere un solo angolo oscuro per le gigantesche strade di una città in cui era tutto uno stratosferico abbaglio. 
Sperò almeno che quello splendore non fosse uno strano scherzo della sua testa e che il cesto di vimini che ora stava tenendo in mano, non fosse frutto della sua immaginazione. 
Come quello, altri sette, otto - non aveva contato - cestini erano sparsi nella sua stanza d'hotel di un candido azzurro. Arredamento che si accompagnava perfettamente alla magnifica vista sulla spiaggia che offriva la balconata di una delle più lussuose torri dello stabilimento. 
Sgranocchiò uno dei biscotti che aveva trovato dentro a un cestino pieno di cibo dalle marche più costose e guardando ancora quelle ipnotiche luce dal sedicesimo piano accettò di un buon grado il brivido che gli attraversò la schiena. 
In quello spazio silenzioso di un attimo il terrore di stare intraprendendo, non la via sbagliata, ma una nuova e complessa in totale solitudine prese il sopravvento almeno fino al rumore di un clacson lungo la strada che lo riportò alla decisione di godersi tutta l'adrenalina che aveva addosso dalle passate settimane a Detroit. 
"Diana?" 
L'uomo si voltò alla pronuncia del nome con cui era solito sentirsi chiamare. Non trovava più strano che per abituarsi c'aveva messo meno del previsto; non si sorprese neppure della facilità con cui pian piano si stava sostituendo ad una miserabile e acerba versione di se stesso. 
Ormai Nathan viveva nell'ombra di Diana Jones in America e non ci trovava più dispiacere in esso. 
"I am coming." strillò dalla parte della porta che non aveva aperto. 
Aveva riconosciuto nella voce femminile di uno dei membri del suo staff con cui aveva già fatto amicizia da un po' ed era pronto a conoscerne di nuovi quella sera ad una riunione - o come aveva detto il suo manager - ad un cena che puzzava di riunione. 
E mentre Nathan Nichols spariva nelle tenebre del suo passato, Diana Jones ingurgitò il biscotto senza che ne rimanessero briciole sui vestiti. 
Con eleganza si avvolse nella sua giacca color panna come in un danza, coprendo i segni di una muta incompleta e tra un passo e l'altro si scrollò via dalle spalle l'odore stantio del passato a cui si era concesso il privilegio di pensare. 
C'era posto solo per la diva che era destinato a diventare così com'era sempre stato. 
Mise gli occhiali da sole con entrambe le mani, anche se era sera, in una lenta sflilata fino alla porta. "I am coming." sussurrò stavolta sotto un sorriso accattivante. "Diana is coming."



Stephanie Savage.

-------- 
"Feeling unknown 
and you're all alone 
flesh and bone 
by the telephone 
lift up and receiver 
I'll make you a believer." 
--------

"Stephanie!" Quando la donna s'era svegliata quella mattina non aveva pensato di trovare una faccia conosciuta a farle da tutor. 
Era arrivata quindici minuti prima dell'appuntamento: 11 e 20. Ed era rimasta ad aspettare sotto il sole di una bella giornata sui frenetici scalini color pesca della zona popolata dagli edifici, anch'essi in tinta, nei quali si tenevano esami e lezioni della sua nuova facoltà. 
Stephanie, dal giorno in cui aveva deciso di ricostruire la sua vita si era ripromessa di portare le vesti della protagonista; sarebbe stata lei stessa il sole delle sue giornate. 
Proprio come quello lì. 
Le tornò in mente uno stupido pensiero riferito a l'unica persona che avesse conosciuto, fino a quel momento, capace di abbagliare allo stesso modo. 
Scosse la testa facendo balzare sul naso gli occhiali da sole Versace dai ricami di rose rosse sulla montatura, premendo forte con il dito medio per non farli cadere sul gradino. 
Non c'era più spazio per altri nella sua recita. 
"Quanto tempo!" sussultò sorpresa non più del normale. 
Morgan le si avvicinò accarezzando la sua guancia con la barba ispida, la quale Stephanie non notò, concentrandosi di più su i suoi morbidi e lunghi capelli neri che scivolavano sulle sue spalle. Facevano un bel contorno a quei suoi occhi neri e intensi. 
"Come stai?" Le propinò una domanda che si sentiva rivolgere ormai troppo spesso. 
"Bene." sorrise e non era finzione. "Tu? Cosa ci fai qui? Fai da tutor?" 
"Si.." sciolse dei libri dalla sua presa ordinata posandoli su quel gradino. "Da quando gli Ages Of Divas si sono sciolti ho trovato un altro modo per far quadrare le spese." 
"Non hai trovato nessun ingaggio come musicista?" 
"Ogni tanto, ma molto instabile. Vengono quando vengono, sai.. e la mia Harriet deve pur mangiare." 
L'immagine di lui come padre premuroso fu la prima che accolse dalle sue parole; un po' le ricordò Julian, ma vagamente. Julian non sapeva più chi fosse. 
Sospirò lasciando Morgan parlare ancora di qualcosa che non stava ascoltando.
Almeno lui era ancora sposato. 
"Ti va di cominciare?" 
"Certo." rise "è per questo che sono qui." 
Stephanie tirò fuori un'agenda e Morgan diversi libri e schede fotocopiate. Chiacchierarono una buona mezz'ora trovando svariati punti in comune e lei stessa potette assorbire con chiarezza tutti i suoi consigli che trovava preziosi. 
Si dedicarono anche ad un tabella degli orari ben evidenziata da mille colori e quando passarono ai libri, a Morgan cadde l'occhio su uno di quelli che aveva portato lei. 
"Wow, questo lo usavo anche io ai miei tempi." rise prendendolo in mano e lisciando la copertina malmessa. Aprì la prima pagina sotto il timore di Stephanie di atterrare su quell'argomento. "E' di Nathan!" esclamò con la voce di chi non avrebbe dovuto urlarlo. 
"Si, me l'ha prestato." abbassò lo sguardo su qualcosa che la distrasse. 
"Prima di partire?" 
"Si.. mi ha lasciato le chiavi di casa sua. Ha detto che potevo prendere i suoi libri." 
Morgan restò a guardarla per un po' in silenzio e con un'espressione incantata aspettando qualche secondo prima di spostarsi di nuovo verso il libro borbottando qualcosa di indecifrabile. 
"Sai, non avrei mai detto che sei il suo tipo." 
No, Stephanie non se l'aspettava tutta quella sincerità. 
"Forse non lo conosci così bene." sembrò anche un po' irritata. 
"Lo conosco meglio di chiunque altro." sorrise rimembrando qualcosa a lei oscuro. 
Tornarono su faccende riguardanti un certo esame di lingua spagnola e Stephanie decise di non indagare oltre. Quando smise di parlare notò dalle sue labbra tremanti che Morgan stava trattenendo in sé qualcosa che implorava con le unghie e con di denti di venir fuori. Stephanie si chiese quale terremoto fosse, di sicuro doveva essere importante per Morgan. La donna si improvvisò sua amica posando una mano sulla sua con la speranza che si facesse coraggio o che semplicemente decidesse di tranquillizzarsi. Fu così brava che le parole non uscirono neppure con un briciolo di imbarazzo, anzi parevano la perfetta definizione dell'avversione verso di lei che aveva da poco scoperto in Morgan. 
"Sai.." chiuse l'agenda che aveva in mano. "Tra me e Nathan c'è sempre stato un rapporto speciale. Siamo sempre stati noi due e il mondo fuori." Fece una pausa in cui Stephanie si morse il labbro per aver inconsapevolmente aiutato l'uomo a tornare sull'argomento Nathan. 
"Probabilmente non te l'ha mai detto." si fermò per guardare la sua espressione. "No, non te l'ha detto. E' successo tanto tempo fa e lo ricordo come ieri." la sua testa si lasciò andare a ricordi che non voleva scappassero via. Con l'espressione sognante che aveva sembrò che gli stesse catturando per racchiuderli in uno scrigno segreto. 
No, Stephanie non se lo aspettava. Più che la notizia, fu il modo con cui le parole si palesarono taglienti a turbarla. Il principio di una minaccia. 
Morgan se ne infischiò di ciò che poteva procurarle. Era da tempo che aspettava di metter in chiaro le cose e niente contava più del loro passato, nemmeno gli Stephanie e Nathan, che a detta di Victor - da cui prese informazioni in modo molto vago - potevano benissimo personificare la leggenda di una storia presa da un romanzo inglese. No, si sbagliava, non erano loro. E nemmeno voleva sentirli nominare insieme. Tutto ciò che contava era la sua verità. "Io e Nathan abbiamo vissuto una storia, una storia da film. C'era tutto, c'era amore e dubito che se la sia dimenticata."



Julian Walker.
 

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"It can cut you like a knife
If the gift becomes the fire
On the wire between will and what will be."
--------

Quella sera non si tolse nemmeno la cravatta. Faceva caldo nella stanza dalle ombre rosse. 
Figuriamoci se Julian ci stava badando; era sicuramente più impegnato a finire il suo lavoro. 
Si allentò il colletto della camicia bianca e con delicatezza estrasse anche le ultime due foto - le più fresche di stampa - per appenderle al filo di nylon che dondolava sulla sua testa. 
La stanza era diventata la sede perfetta per la tela di una vedova nera. 
Ingarbugliata, ma efficace. 
Ci lavorava già da un po' di tempo e sembrava essere passata una vita ormai. 
Aveva cominciato quando, durante quella memorabile mattina soleggiata, aveva deciso di portare a Stephanie le carte per il divorzio. Si intrufolò sperando di evitarla, perché il coraggio di guardarla in faccia dopo quello che era diventato non ce l'aveva più. 
E poi faceva troppo male. Gli formicolavano le dita delle mani e continuarono a farlo per tutta la giornata. Non smetteva di pensare che ciò che immaginava fosse reale e più si auto convinceva che stesse farneticando e più falliva nell'impresa. Per questo si portò quel nervosismo insopportabile per tutto quel tempo, suggerendogli di non incontrarla. 
Si era insospettito sin dall'inizio, ma il vecchio Julian, quello buono che tutti vedevano, non aveva avuto il coraggio di rompere la quiete familiare per un sospetto, magari del tutto infondato e così, prima di separarsi, fece quattro chiacchiere con se stesso per scoprire in sé un nuovo Julian a coprirgli le spalle nel momento del bisogno. 
Rise guardando la sua opera con le mani ai fianchi e i denti stretti. 
Diede un'occhiata alla vecchia collezione scivolando verso il basso, senza mai distogliere lo sguardo dal filo che seguiva come un percorso sicuro. 
Prima di prenderle e riporle con cura, si lasciò anche andare a una lenta osservazione del suo operato: le immagini erano nitide, persino dalle ombre erano riconoscibili. 
Non poteva di certo portarle da un fotografo, sarebbe stato strano. 
Si grattò il mento e immaginò le domande che gli sarebbero state poste; si strano, molto strano. Ma loro non sapevano quanto alla fine ne sarebbe valsa pena. E' questo che lo rincuorava nelle notte insonni in bilico tra ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. 
Il vecchio Julian tornava a fargli visita spesso. 
Sospirò rumorosamente, facendo un verso strano con la bocca e schioccando la schiena. Arrivati a quel punto, non c'era modo di tornare indietro. 
Riseguì nuovamente la corrente del fiume di immagini che aveva preziosamente ordinato in ordine cronologico. Tirò fuori la valigetta che s'era portato e meticolosamente le staccò una per una ponendole nelle apposite cartellette trasparenti. 
Julian era un uomo d'affari, sapeva come si facevano certe cose. 
Quando richiuse la valigetta si diresse verso la porta stringendola tra le mani. Davanti ad essa quella vecchia versione di se stesso guidò la sua mano per lasciargliela posare sul bancone alla sua sinistra. 
Solo un altro momento di esitazione, ma sarebbe durato poco. Riprese la valigetta con le mani tremanti, riportandosela al petto così velocemente, come se ci fosse qualcuno che potesse vederlo. 
Sudava freddo. 
La decisione era da prendere adesso: i tentennamenti andavano lasciati indietro e il coraggio doveva averne la meglio. 
Una, due, tre, quattro cambi di idea in brevissimo tempo. 
Se avesse mancato anche solo una step della sua fitta lista verso l'obbiettivo, non sarebbe riuscito a raggiungerlo e non con la stessa soddisfazione. 
Decisioni, decisioni repentine. Oh andiamo, Julian le prendeva da tutta vita, perché sarebbe dovuto essere diverso allora? Il suo spietato se stesso gli diede uno schiaffo immaginario e una spinta che gli fece varcare la porta senza più pensare. 
E va bene, non era ancora convinto del tutto di poter far male a chi aveva amato. 
Di certo, una cosa era sicura: avrebbe fatto di tutto per sua figlia.


PLAYLIST CHAPTER:
- Everybody Wants To Rule The World/Tears For Fears
- Personal Jesus/Depeche Mode
- She's A Maniac/Hall & Hotes


the mermaid's notesbenvenuti lettori e lettrici nell'ultima nota di questa lunga storia. Siamo giunti all'epilogo e come avrete già letto nuovi segreti sono stati svelati e nuove avventure sono state intraprese per i nostri personaggi e per uno nuovo (!) che minaccia di portare scompiglio. Originariamente è stato previsto un seguito per "You're giving love instinctively", ma non è ancora in produzione (probabilmente potrei dedicarmici questa estate). Nel frattempo godiamoci il finale di un inteso lavoro che spero sia piaciuto a chi ha letto. Come sempre - e questa volta per l'ultima volta - ringrazio i miei lettori: coloro che hanno recensito sia su efp che wattpad e coloro che semplicemente lo hanno letto (le letture sono tantissime! Grazie infinite). Vi lascio e vi annunciò che presto pubblicherò più di una storia nuova di diverso genere e spero che anche in questa avventura mi seguirete in tanti. Alla prossima.
La Sirena.

 

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