The Descendants of Thranduil di Scaramouch_e (/viewuser.php?uid=2646)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** prologo ***
TDT prologo
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, sono stati
scritti da J.R.R. Tolkien e messi sul grande schermo da Peter Jackson;
questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona lettura.
Prologo
“Arriviamo fino al lago e torniamo indietro? Vediamo chi arriva primo?”
“Non credere di riuscire a battermi, il maggiore sono io.”
“Solo di poco, Legolas, solo di poco. E poi, chi ha vinto la gara di nuoto, eh? Chi?”
“Io… lo devo ammettere: sei stata tu, ma solo per pochissimi istanti.”
I due elfi furono interrotti dal
lieve scalpiccio di zoccoli in avvicinamento. “Miei principi, vi
ho trovato finalmente...” un elfo dai colori del bosco
s’inchinò davanti ai due principi di Bosco Atro, Legolas e
Indil* figli di Thranduil.
“Che succede, Muriel?”
domandò Legolas Greenleaf, il volto preoccupato e non più
ridente come pochi secondi prima.
“Miei principi, mi scuso per
l’interruzione, ma il vostro Regale Padre desidera
vedervi.” Legolas e Indil si guardarono, tesi, prima di annuire
velocemente. Fu Legolas a rispondere. “Arriviamo subito, Muriel.
Grazie per averci avvertito.”
“Dovere, miei principi.” Muriel fece un piccolo inchino e poi spronò il cavallo, tornando da dove era venuto.
“Beh, penso che ti
dovrò la rivincita, sorellina.” Legolas fece un sorriso
malizioso prima di far partire il suo cavallo, diretto al castello del
padre.
“Legolas
e Indil Greenleaf sono al vostro cospetto, mio signore Thranduil”
annunciò un'elfa, vestita di una semplice uniforme verde.
L’alto elfo che sedeva su un trono ricavato da un tronco d’albero guardò i suoi due figli entrare.
“Figli miei” incominciò, alzandosi dal trono e
andando loro vicino. “Ho da darvi alcune notizie. La creatura che
tenevamo prigioniera è riuscita a scappare…
Gollum… abbiamo avuto troppa pietà per lui… e
quella immonda creatura, infine, è riuscita a fuggire di
notte.” Si fermò per riprendere fiato, poi
continuò: “Inoltre, re Elrond di Gran Burrone vuole indire
un consiglio in cui riunirà la maggior parte delle razze di
questa terra per parlare di argomenti importantissimi. Mi ha pregato di
mandare qualcuno in rappresentanza del nostro regno ed io ho pensato a
voi.”
Quando il loro regale padre parlava
non c’era possibilità alcuna di contraddirlo. Anche se
quello che diceva poteva sembrare un consiglio, in realtà era un
ordine.
“Partiremo immediatamente, padre” disse, infatti, Legolas facendo seguire le parole da un breve inchino rispettoso.
“Posso porgervi una
domanda?” chiese Indil. Solo lei era capace di parlare in
presenza di Thranduil senza essere interpellata.
L’alto elfo annuì e la
fanciulla chiese, con una nota di curiosità nella voce:
“Avete detto che saranno presenti numerose razze al consiglio.
Quali sono esattamente?”
“Elfi, nani, istari, uomini e… hobbit!”
“Hobbit? Ma padre, gli
hobbit non si vedono da centinaia d’anni... Alcuni pensano anche
che siano estinti!” disse impressionata Indil.
“Si vede che, infine,
vogliono uscire dalle loro tane. Fra l’altro, stando a ciò
che dice Sire Elrond, uno di loro porta con sé una cosa molto
preziosa per il destino della Terra di Mezzo” borbottò il
re.
“Vi riferiremo cos’è” disse in modo rispettoso Legolas, e Thranduil fece un accenno di sorriso.
“Era quello che volevo
sentirvi dire. E ora andate” concluse congedando i due principi,
che si inchinarono e uscirono dalla stanza.
“Mio signore, so per certo
che i vostri figli corrono pericoli mortali.” L'elfa che aveva
introdotto i principi nella sala pronunciò queste parole e sul
volto di Thranduil apparve un lampo di preoccupazione.
“L’ho visto
anch’io, ma il destino può essere riscritto. E ora
accompagnami, Tauriel” disse con un sospiro il re degli elfi di
Bosco Atro.
NOTE
Questa storia esistava già nel web, nel lontano 2008
avevo pubblicato in un sito ormai in disuso una versione più
orrida, di questa fanfic. Ora invece l'ho ritrovata nei meandri del mio
pc e mi sono detta "La voglio riscrivere." Così è rinata
Indil e la compagnia dell'anello pronti a farvi rivivere nuove
avventure.
Come vedete la storia si basa sia sul libro che sul film, quindi sarà comprensibile anche a chi a non ha letto il libro.
*INDIL: giglio, è una versione in elfico secondo un dizionario online che ho trovato.
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo I
“Arwen,
che bello vederti!”. Indil sorrise all’alta elfa
dalla chioma scura e adornata con fiori intrecciati.
Arwen,
la Stella del Vespro, brillò più luminosa che mai
e sorrise. “Indil e Legolas. È un piacere anche
per me” disse la figlia di Elrond.
I
due fratelli erano giunti a Gran Burrone, patria dell'elfa, dopo un
lungo viaggio senza pause né soste, ed erano stanchi ma
raggianti di vedere l’alta donna e suo padre, con il quale
avevano avuto già un colloquio di pochi minuti.
“Come
vanno gli interessi amorosi?” domandò Indil, con
un sorriso birichino sul volto.
Arwen
arrossì, ma comunque rispose perché Indil aveva
diritto di sapere. La sorella minore di Legolas si era dimostrata una
buona amica per lei nei momenti più cupi della sua esistenza
e, quindi, meritava una risposta.
“Non
cerco più l’amore mortale. Vedi, Estel
è stato molto buono con me, ma ormai è finita. Io
cerco altro dall’amore. Cerco un uomo paziente e dolce e lui
non potrà mai esserlo… Estel è come il
mare in tempesta. È fatto così. E ne sono
orgogliosa, ma… Siamo come fratelli. È lo stesso
rapporto che lega te e Legolas, e tu non vorresti mai avere una storia
con lui” sospirò l'elfa.
La
più giovane mise la mano su quella
dell’amica e la guardò con occhi tristi.
“Almeno non rinuncerai alla tua immortalità e alla
tua famiglia” pronunciò in tono doloroso.
Arwen
annuì. “Dopo questo consiglio, infatti, pensavo di
partire ed attraversare il mare per raggiungere la mia famiglia.
Perché non venite con noi? Ho visto che ci sarà
ben presto una guerra su queste terre e ho paura per voi.”
“No,
mia signora. Non possiamo.” Legolas parlò per la
prima volta, e lo sguardo che diresse all'elfa fu tagliente e triste al
tempo stesso. “Dobbiamo, o almeno io devo, rimanere qui. Il
mio destino è legato a quello di un'altra
persona…” disse interrompendosi, perché
sapeva che Arwen era a conoscenza di chi stava parlando ed ebbe paura
di ferire l’amica che, invece, sorrise in modo dolce
facendogli capire che, in realtà, sapeva ogni cosa. Legolas
amava Aragorn da molte lune ormai, e non sapeva se era ricambiato o
meno, e questo lo faceva soffrire; Arwen vedeva ciò negli
occhi immortali del suo amico e lo comprendeva, ed era dispiaciuta per
lui. Sperava solamente che prima o poi il suo amico trovasse pace.
“Il
mio destino è stare al tuo fianco per proteggerti, lo sai
bene, Legolas. È così dalla nostra
nascita” disse con decisione Indil e Legolas le sorrise
baciandole la testa bionda.
Arwen
li guardò con un sorriso. “Va da lui, Legolas.
È nelle sue stanze. È stanco ed è
ferito. Ha bisogno di qualcuno che lo sostenga. Io e tua sorella
continueremo a passeggiare. Mi accompagni, Indil?” le
domandò e la più giovane annuì,
prendendo il braccio che Arwen le porgeva.
Legolas
era impallidito nel sentire le parole dell'elfa: Aragorn era stato
ferito e lui non era al fianco dell’amico. Salutò
Indil ed Arwen e si affrettò a raggiungere la stanza dove
riposava il ramingo del nord.
Era
una camera bianca con un grande letto al centro, dove Aragorn dormiva.
L'uomo aveva gli occhi chiusi e una benda, che partiva dalla spalla
destra, gli andava a coprire tutto il petto. Ancora non si era accorto
di lui, pensò l’elfo entrando e sedendosi fra le
lenzuola accanto all’uomo. Legolas fece scorrere gli occhi
sulla figura dormiente del ramingo per poi accarezzarlo con la punta
delle dita. Era stato da sempre affascinato da quell’uomo
bruno, anche se non capiva ancora cos’era quel sentimento che
stava nascendo in lui.
L’uomo
mugolò qualcosa nel sonno e l’elfo biondo sorrise,
intenerito, continuando a fissarlo. Avrebbe voluto che
l’altro riposasse ancora: non l'aveva mai visto
così rilassato. Aveva sempre troppe preoccupazioni che gli
adombravano il volto. Come aveva detto Arwen, il suo spirito era in
tempesta e lui avrebbe tanto voluto alleviare le sofferenze che leggeva
in lui quando era sveglio.
“Ciao,
amico” disse Aragorn in elfico e Legolas sorrise.
“Ben
svegliato Aragorn” gli rispose.
“È
davvero un buon risveglio rivederti” pronunciò il
ramingo, facendo scorrere avidamente gli occhi grigio tempesta sul
volto cesellato dell'elfo.
Legolas
rispose al suo sguardo fissandolo interrogativamente e facendolo
sorridere. “Perdona le condizioni in cui mi trovi, amico
mio” aggiunse Aragorn.
L'elfo
lo fissò preoccupato, per poi appuntare lo sguardo sulla sua
ferita. “Cosa ti è successo?”
domandò.
“Siamo
stati attaccati da un Nazgûl. Gli hobbit e io eravamo appena
usciti dalla contea e se non fosse stato per
Glorfindel…”. Aragorn rabbrividì e non
disse altro: non desiderava rivivere le emozioni della battaglia.
“Gli
hobbit! Li hai portati in salvo?” volle sapere Legolas, il
volto turbato.
“Sì.
Frodo e i suoi amici si sono stabilizzati e stanno piuttosto bene. Ha
tanta forza, quell’hobbit. È già pronto
per il consiglio” rispose Aragorn sorridendo.
“E
tu?” chiese Legolas in lingua elfica.
“Sono
vivo” rispose pragmatico il ramingo. “E tua
sorella? Sta bene? Dov’è la piccola
Indil?” domandò poi, mentre l'ombra di un sorriso
si formava sul suo volto cupo.
“Lei
è qui, Aragorn. Ora è con Arwen e sta
bene”. L’uomo sorrise più
ampiamente e Legolas si trovò ad invidiare sua sorella per
aver fatto sorridere Aragorn.
“Non
vedo l’ora di vederla e di passare un po' di tempo con
lei!” sospirò il ramingo.
“Stasera
si terrà una festa organizzata da Lord Elrond e da Arwen
prima del consiglio. Se non altro la vedrai lì”
tagliò corto Legolas, il viso basso per una sorta di gelosia
che non si sapeva ben spiegare.
***
La
principessa Indil Greenleaf era stupenda nel suo vestito blu dai ricami
dorati, senza maniche e assai leggero. I suoi capelli, dorati come
quelli di Legolas, erano acconciati in trecce elaborate, il suo viso
era un ovale perfetto e i suoi occhi azzurro-violetto erano ridenti
mentre entrava nella sala delle cerimonie, la sera prima del consiglio
indetto da Sire Elrond.
C’erano
molte persone ma Indil non se ne meravigliò. Con lo sguardo
cercò i suoi amici: li trovò un po’ in
disparte, a parlare fra loro. Arwen era bellissima nel suo abito blu
scuro, Elladan e Elrohir – i due gemelli, fratelli di Arwen
– erano stupendi nei loro completi scuri e, infine,
c’era Aragorn in un completo verde con ricami grigi.
La
fanciulla si gettò di peso nelle braccia dell'uomo e
quest’ultimo, un po’ stupito, ricambiò
l’abbraccio. “Indil, come stai?” le
domandò parlando nella lingua elfica.
La
fanciulla si staccò dal giovane uomo che, da tempo, era
diventato il suo amico mortale. “Splendidamente. E tu? Ho
saputo che hai dovuto combattere contro dei Nazgûl”
replicò la giovane, impressionata.
“A
dire il vero se non fosse stato per Glorfindel, che ha salvato me e
soprattutto Frodo, non so dove saremmo in questo momento”.
Aragorn tagliò corto e la fanciulla capì che non
ne voleva parlare. Lo baciò sulla guancia e si
guardò intorno, come cercando qualcuno.
“Dov’è mio fratello?”
domandò infine.
“L’ho
visto uscire dalla stanza di Aragorn, poco fa. Mi è parso un
po’ triste, a dire il vero, quindi non so se
verrà” pronunciò Elladan con
ingenuità, facendo arrossire di imbarazzo Aragorn e irrigidire
Indil; ma sul viso della fanciulla tornò il sereno quando
vide un volto noto entrare nella stanza.
Legolas
era più pensoso che triste, costatò Indil mentre
fissava la figura del fratello venire vicino a loro e salutarli.
“Come
stai?” domandò a bassa voce rivolta a Legolas, ma
il fratello non rispose.
In
quel momento una voce potente di uomo si intromise fra la compagnia
riunita. “La damigella vi ha fatto una domanda, signore.
È meglio che rispondiate”.
Indil
si voltò e vide la figura di un giovane uomo dai capelli
rossi lunghi fino alle spalle e gli occhi grigi, che si trovava dietro
di lei.
L'elfa
arrossì, mentre un’ombra passava sugli occhi di
Legolas che si chiuse ancora più in se stesso.
“Vogliate scusarlo, mio Lord, ma si tratta di mio fratello. E
qualcosa lo turba” spiegò Indil mentre dava di
gomito a Legolas. Si soffermò a guardare Aragorn e
notò che anche l’uomo era assai silenzioso e sulle
sue. Cos’era successo nella sua camera?
“Mi
concedete il primo ballo, mia signora?” chiese
l’uomo, ancora fermo alle spalle di Indil.
“Non
conosco nemmeno il vostro nome” disse l'elfa.
“Avete
ragione, mia signora, lasciate che mi presenti. Mi chiamo Boromir e
sono figlio del sovrintendente Denethor di Gondor” si
presentò l’uomo. La fanciulla rimase impressionata
e stava per dire qualcosa quando le porte si aprirono, facendo entrare
re Erlond.
“Va
bene, Boromir di Gondor, siete autorizzato a portarmi a
danzare” fu la risposta, sussurrata, di Indil mentre sire
Elrond prendeva la parola.
NOTE
Salve,
ho pubblicato adesso questo capitolo, nonostante volessi farlo
lunedì perchè era pronto e per non tenervi col
fiato in spospeso ho pensato di postarlo adesso. (: Sono piuttosto
soddisfatta di questo capitolo, anche perchè è
bello corposo e avete conosciuto due personaggi importanti per i due
elfi.
Spero
che anche a voi piaccia così come è piaciuto a
me. Fatemi sapere con i commenti.
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Capitolo 3 *** Capitolo II ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo II
Da qualche ora era sorta
l’alba e Bilbo, Gandalf e Aragorn si trovavano a parlare del
consiglio che ben presto sarebbe iniziato.
Aragorn però, se da una parte ascoltava,
dall’altra pensava ad altro. Il suo viso era triste mentre
ragionava sul suo cuore: da quando aveva lasciato Arwen era rimasto
solo. Aveva avuto diversi amori, ma erano stati
tutti fuggevoli e passeggeri e quasi non si ricordava di loro. Il volto
caro di Legolas gli venne alla mente e qualcosa si risvegliò
nel suo cuore: non provava un calore del genere dal tempo di Arwen e
Aragorn si chiese se non provasse per lui la stessa cosa.
“Tutto bene, Aragorn?” domandò
Gandalf fissando gli occhi persi nel
vuoto del ramingo, che subito rispose con un’alzata di spalle.
“Sicuramente starà pensando a Dama
Arwen” sghignazzò Bilbo.
“Fa attenzione, Aragorn: il cuore di un elfo si
può spezzare facilmente… Le pene
d’amore, oltre alle ferite mortali, scalfiscono profondamente
la natura delicata e fine di un elfo” spiegò
Gandalf, ed Aragorn poté giurare che lo Stregone Grigio non
stesse parlando di Arwen, ma bensì di qualcun altro.
Non poteva essere! Legolas non avrebbe mai amato un uomo: per lui erano
solo amici. E poi neppure lui amava Legolas… O sì?
“Ma io scommetto che Aragorn tratta benissimo la nostra
Arwen!” disse Bilbo, parlando a sproposito.
Aragorn strinse le mani osservando la natura rigogliosa di Gran
Burrone, poi sospirò alzandosi d’improvviso
poiché aveva visto due persone passeggiare mano nella mano.
Erano Legolas e Glorfindel - l’elfo a cui doveva la vita -
che scherzavano e ridevano fra loro.
Aragorn assottigliò gli occhi: sembravano più due
amanti che due amici. Subito la gelosia si fece sentire di nuovo,
prepotente nel suo cuore. Legolas era libero di amare chiunque volesse,
ma ciò non toglieva che gli desse fastidio vederlo con
qualcuno che non fosse lui stesso.
Scosse la testa: stava decisamente delirando.
“Io... Scusate, devo andare” borbottò
rivolto a Bilbo e a Gandalf, che non fecero nulla per fermarlo.
L'erede
di Isildur corse via sconvolto, fermandosi soltanto quando
arrivò in una stanza circolare in cui si trovava una statua
femminile. Lì scorse due persone che si guardavano negli
occhi: una era Indil e l’altro lo straniero…
Boromir.
Aragorn
si nascose nell’ombra. Quando l'elfa se ne andò e
l'uomo di Gondor rimase da solo il ramingo decise di farsi vedere.
“Tu?” domandò il Gondoriano, che parve
sconvolto dall’apparizione. “Non sei un
elfo!”
“Gli uomini del Sud sono i benvenuti qui.”
“Chi sei?” chiese
ancora Boromir.
“Sono
amico di Gandalf il Grigio.”
“Siamo qui per uno scopo
comune… amico.”
Aragorn lo ignorò, ma vide che l’altro aveva
avvistato i frammenti di Narsil, la spada di Isildur che si era
spezzata quando tagliò il dito di Sauron, secoli prima.
“Ah. La lama che fu spezzata”. Boromir prese un
frammento e lo sollevò ammirandone la potenza, facendo
scorrere il dito sul filo della lama. Era ancora affilata e
così si tagliò. “È solo un
cimelio in frantumi” borbottò facendolo cadere per
poi andarsene.
Aragorn si avvicinò alla statua e, sospirando, prese il
frammento e lo rimise al suo posto. “Madre, cosa mi sta
succedendo?” domandò al vuoto che lo circondava.
Da lontano, una sconosciuta voce femminile pronunciò queste
parole.
So del tuo fardello,
figlio mio, tu non sei come i tuoi avi.
Tutto ti sarà chiaro una volta trovato pace nel tuo cuore in
tumulto.
E solo allora la spada che fu spezzata verrà a te e tu
potrai impugnarla,
per difendere quello che chiamerete portatore.
Aragorn
si guardò attorno, ma non vide nulla. Rabbrividì,
mentre rimetteva i pezzi della lama nel vassoio posto sotto la statua.
Poi la campana che annunciava il consiglio suonò e lui corse
via.
*
* *
Mentre
cercava suo fratello Legolas, la principessa Indil arrivò
nella sala in cui si trovava la statua della madre di Aragorn, sotto
alla quale riposavano i frammenti di Narsil, la spada che fu spezzata.
Osservò per alcuni minuti, non vista, l’uomo che
si chiamava Boromir mentre pregava i suoi Dei, poi decise di mostrarsi.
Lui si voltò verso il rumore e subito i suoi occhi grigi si
posarono su quelli azzurro-violetti della giovane elfa.
“Perdonatemi, messere, se vi ho spaventato” disse
la fanciulla facendo un inchino. Boromir le si avvicinò
sorridendole, prese le piccole mani tra le sue e le baciò.
“Mia signora, non avete di che scusarvi. Siete bellissima,
stamattina. Bellissima e irraggiungibile”.
L'elfa arrossì. “Smettetela di adularmi.
Raccontatemi piuttosto della vostra gente. Com’è
il popolo di Gondor?” domandò, gli occhi
luccicanti mentre attendeva la risposta del giovane uomo.
“Il mio è un popolo fiero e deciso, ma ha paura,
mia signora. Ha paura dell’ombra oscura che viene da
Mordor.”
“Anche noi, a Bosco Atro, abbiamo paura. Prima
dell’arrivo degli orchetti il bosco era verdeggiante e
solare, e poi… Poi è diventato tutto
spento” ammise Indil.
“Mi dispiace se vi ho dato da pensare, mia signora, non era
mia intenzione”. Boromir guardò l'elfa negli occhi
e fece scorrere una mano sulla sua guancia morbida.
La fanciulla accettò con piacere quelle carezze. Le mani
dell’uomo non erano morbide come quelle degli elfi, ma
callose e dure, e Indil si perse a sentire le differenze.
Poi si scostò e gli sorrise. “Ora devo andare,
perdonatemi mio signore”. Si chinò e
fuggì leggiadra per cercare suo fratello.
Finalmente Indil individuò Legolas quando arrivò
nella sala del Consiglio. Era là, da solo, che guardava un
punto fisso.
“Mia diletta sorella” disse
quando vide arrivare la fanciulla, come riprendendosi da un
sogno a occhi aperti.
“Fratello mio, che
cos'hai?” domandò Indil, sedendosi vicino a lui e
abbracciandolo.
“Pene d’amore” rispose Legolas e lei
sorrise, intenerita dal sentimento
abbastanza nuovo provato dal fratello. Probabilmente Legolas aveva
capito che amava Aragorn e questo lo faceva
soffrire, ma la giovane elfa pensava che tutto si sarebbe risolto per
il meglio.
Lei stessa aveva amato molte elfe in passato, proprio come suo fratello
aveva amato diversi elfi. Il punto non era questo. Legolas doveva
scoprire se Aragorn lo amava a sua volta. “Io so a chi ti
riferisci” sussurrò Indil e Legolas
spalancò gli occhi. “E non ti giudico, fratello
caro, l’importante è che ti ami”
bisbigliò piano accarezzando la guancia del fratello.
In quel momento la campana che dava inizio al consiglio
suonò e il primo ad arrivare fu proprio Aragorn, che sedette
lontano dai due elfi con un’espressione cupa sul volto.
“Non te ne andare” sussurrò Legolas
rivolto a Indil.
“Rimarrò qui con te, fratello mio” fu la
risposta della principessa, che prese la mano del fratello fra le sue e
attese che la sala si riempisse.
NOTE.
Avevo detto che avrei
pubblicato ogni lunedì, ma ieri avevo da fare, comunque
eccoci qui con le avventure di Indil. Ci stiamo avvicando al consiglio;
questo capitolo è stato un capitolo abbastanza di passaggio,
ma parecchio importante perchè ha mostrato una nuova
profezia (in realtà sono le parole di Arwen del film,
modificate per mia esigenza) e ha mostrato i nostri quattro
protagonisti in azione.
Spero che vi sia piaciuto e spero di ricevere commenti che mi spingano
ad andare avanti. (:.
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Capitolo 4 *** Capitolo III ***
Disclaimer: Questi personaggi
non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e messi sul
grande schermo da Peter Jackson; questa storia è stata
scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
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per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona lettura.
Capitolo
III
Quando
Frodo - accompagnato dal suo vecchio zio Bilbo e da Samvise Gamgee, il
suo giardiniere non invitato - arrivò nella sala del
consiglio, vi erano già parecchie persone. Si sedette
accanto a Gandalf e ascoltò in silenzio ciò che
spiegò sire Elrond, poi l’elfo si rivolse proprio
al piccolo hobbit.
“Porta
qui l’anello, Frodo” disse Elrond e lo hobbit
avanzò sotto gli occhi di tutti i partecipanti che lo
guardarono meravigliati. Posò l’anello sul
piedistallo di legno che stava davanti a Elrond e subito si
sentì meglio, più leggero, come se si fosse
levato di dosso il peso oscuro dell’anello, e forse era
proprio così.
Lo hobbit si sedette, dunque, e lanciò un sorriso al
giardiniere: presto sarebbero partiti per la Contea, presto per lui e
Sam l'avventura sarebbe finita e sarebbero tornati a casa.
“Questo è un dono”.
Le parole sussurrate divennero un grido alle orecchie di Frodo che si
voltò verso un uomo dal fisico robusto e dai capelli rossi,
seduto lontano
da lui.
“Questo
è un dono da utilizzare per sconfiggere Sauron.”
Frodo rabbrividì quando
comprese a cosa si riferiva: l’uomo voleva utilizzare
l’unico per sconfiggere l'Oscuro Signore.
“In un sogno ho visto quest’anello”.
L’uomo si alzò dallo scranno sul quale era seduto
e, pronunciando quelle parole, si avvicinò come incantato
all’anello. “E c’era una voce che
diceva… Il Flagello di Isildur si è
svegliato”. La mano dell’uomo era sempre
più vicina all'anello. Gandalf
si alzò infastidito dal suo scranno e, con voce terribile,
disse: “Ash nazg durbatulûk, ahs nazg
gimbatul, ash nazg thrakatulûk agh burzum-ishi krimpatul”.
Un’ombra si manifestò nell’alto cielo
oscurando il sole brillante; tutti tremarono e gli elfi si dovettero
coprire le orecchie. Anche Frodo si sentì male,
forse di più di tutti gli altri, perché aveva
visto da dove arrivava l’ombra: dall’anello. Le
parole oscure di Gandalf ne avevano richiamato la potenza.
“Nessuno
ha mai pronunciato queste parole a Imladris, Gandalf il
Grigio!” disse sire Elrond, e
l’ombra passò.
“E speriamo che nessuno
osi mai più pronunciarle. Tuttavia bisogna chiarire alcune
cose, stamattina: non si può usare l’anello,
Boromir, perché esso distrugge il cuore di ogni creatura che
osi portarlo, a meno che non sia Sauron in persona. Quindi,
l’anello deve essere distrutto alle pendici del monte Fato.
Solo così salveremo la Terra di Mezzo”. Gandalf
tentò di concludere il discorso, ma la volontà di
Boromir era forte e l’uomo si alzò di nuovo.
“E’ un
dono… È un dono da utilizzare contro il nemico.
Noi di Gondor abbiamo sofferto in passato e ora vogliamo una semplice
rivincita. Perché non utilizzare
l’anello?”
“Non si può.”
Aragorn parlò con calma
e Frodo si tranquillizzò, poiché lo hobbit aveva
fiducia del ramingo.
Lo stesso non si poté
dire del gondoriano che, difatti, fulminò Aragorn con lo
sguardo e con le parole.
“Che ne sa un semplice
uomo, un semplice ramingo, dell’unico?”
domandò sprezzante.
“Lui non è un
semplice uomo”. Frodo
si voltò verso un elfo biondo che sedeva accanto ad un'elfa.
Era l’unica donna presente, notò lo hobbit.
“Lui è
Aragorn, figlio di Arathorn, erede al trono di Gondor”.
L'elfo biondo parlò con decisione e fervore, e Frodo
giurò di averlo visto arrossire.
“A Gondor non serve un
re” borbottò il Gondoriano, sedendosi nuovamente e
fulminando con lo sguardo sia l’elfo sia Aragorn.
“Siediti,
Legolas” pronunciò Aragorn in lingua elfica e
l’elfo biondo si sedette, come senza più energie.
“Ho appreso da un essere
senza pace, Gollum, che Sauron sa dove si trova l’anello.
Siamo in svantaggio anche su questo”. La voce stanca e allo
stesso tempo tonante di Gandalf giunse alle orecchie di tutti.
“Dov’è
questo essere? È possibile fargli altre domande?”
domandò Boromir, che teneva la testa bassa.
“Dovrebbe
trovarsi nelle prigioni di Bosco Atro!” fu la riposta di
Aragorn, ma Legolas si
alzò nuovamente dallo
scranno per parlare all’intero consiglio.
“Ahimè, io e
mia sorella Indil siamo qui per rivelarvi che Gollum è
fuggito” disse disperatamente l’elfo.
“Come mai il popolo di
Thranduil ha fallito di fronte alla fiducia di tutti noi?”
chiese acidamente Aragorn.
“Non certo per
scarsa sorveglianza, ma forse per eccesso di bontà” disse
Indil “Abbiamo
custodito la creatura giorno e notte, non in prigioni cupe e umide ma
bensì in tane, e la notte veniva lasciato libero di
passeggiare attraverso i boschi. Gollum amava salire sopra gli alberi,
ma un giorno si rifiutò di scendere e gli orchetti
assalirono le guardie che si erano recate a prenderlo. Bosco Atro
è diventato un posto malvagio per colpa degli orchetti, ma
il nostro reame esiste ancora. Non siamo riusciti,
però, a catturare di nuovo Gollum”. L'elfa
finì il racconto e un silenzio carico di paura si
addensò sul consiglio.
Gandalf parlò
nuovamente, concludendo così il discorso. “Ebbene,
è fuggito… Forse la bontà degli elfi
sarà premiata ed egli avrà un ruolo non previsto
da nessuno.”
Sire Elrond intervenne di nuovo,
parlando con voce seria e stanca. “Abbiamo discusso di molte
cose e appreso che gravi ingiustizie esistono ancora nella nostra
Terra. Solo una cosa è in grado di riuscire a fermarle: la
distruzione dell’unico. Dobbiamo andare a Mordor e gettare
l’anello nel monte Fato.”
“Chi si prenderà la briga di portare a termine
questo compito?” domandò Indil fissando il
consiglio.
“Scommetto che ti
piacerebbe farlo eh, elfo femmina?” si intromise
un nano dalla barba rossa.
“Porta
rispetto a mia sorella!” urlò Legolas. Aragorn tentò di calmarli,
ma venne respinto da Boromir che ancora aveva la sua idea balzana per
la mente. L'elfa si
alzò e mise una mano sulla spalla dell'uomo di Gondor,
cercando di trattenerlo senza troppo successo.
Pure Gandalf intervenne.
Frodo sentì di nuovo il
potere dell’anello farsi strada prepotentemente in lui e
capì. Non sarebbe tornato nella
Contea, non lui almeno. - Scusami Sam, scusami tanto - pensò
guardando il fidato giardiniere e disse, alzandosi
in piedi: “Porterò io l’anello a
Mordor”. Tutti gli occhi furono su di lui e Frodo si
sentì più piccolo di quanto fosse.
“Solo… Non conosco la strada”.
“Ti guiderò
io, Frodo Baggins” disse soavemente Gandalf, mettendosi di
fianco a Frodo e sorridendogli tristemente.
Aragorn si alzò in modo
regale e si inginocchiò davanti all'hobbit. “Hai
la mia spada, Frodo” pronunciò solennemente prima
di mettersi in piedi dall’altra parte. Il mezzuomo si
sentì subito meglio all'idea di avere il ramingo al suo
fianco.
“Bosco Atro deve
estirpare le sue colpe. Ti seguirò, Frodo!”.
Legolas guardò negli occhi grigi di Aragorn e si mise
silenzioso accanto all’uomo.
“Se mio fratello ti
segue, ti seguirò anche io, Frodo Baggins”. L'elfa
sorprese positivamente Frodo, che sentì un fruscio
alla sinistra dell’elfo dalla chioma dorata, segno che anche
lei si era messa vicino a loro.
“Poiché Bilbo
ha aiutato un mio consanguineo a sconfiggere il grande drago, Gimli
figlio di Gloin ti seguirà, Frodo”. Il nano dalla
barba rosso fuoco si mise accanto allo stregone, probabilmente per
stare lontano dai due elfi. Frodo giurò di averlo sentito
borbottare: “Un elfo donna, bah!”.
“Reggi il destino di
tutti noi, piccoletto… Se questo è il volere del
consiglio, Gondor lo seguirà!” furono le semplici
parole del gondoriano che si mise vicino all’elfa.
“Padron Frodo non si
muoverà senza di me!”. Samvise, il suo fidato Sam,
lo sorprese incredibilmente quando si alzò in piedi e si
mise davanti a lui, come a proteggerlo.
Elrond sospirò.
“Certo, se non si riesce a staccarvi nemmeno per una riunione
segreta…”
“Siamo nei pasticci eh, padron Frodo?” domandò
Sam.
“Ehi, ci siamo anche noi, non lasceremo che Frodo se ne vada
via senza terminare la nostra avventura!”. Dai cespugli
emersero anche Merry e
Pipino, i due cugini hobbit che lo avevano accompagnato fino a quel
momento, e Frodo rise per le parole usate da entrambi.
Elrond alzò le braccia e
calmò la compagnia e il resto del consiglio.
“Questa è la compagnia dell’anello.
Combatterete contro il male, ma tuttavia non sarete legati da nessun
vincolo se non quello della fiducia e dell'amicizia che spero si
instaurerà in ognuno di voi. Buona fortuna e che i Valar vi
proteggano”. Detto ciò, Elrond li
guardò con sguardo severo e dolce. “Wow! Quando si
parte per questa… Missone… Cosa?”
domandò Pipino e gli altri si fecero una grossa risata
liberatoria.
NOTE
Ed eccoci con un nuovo capitolo, come vedete è
il Consiglio ed è raccontato tutto dal piccolo Frodo e ci
sono cose prese sia dal libro che dal film.
Scusate il ritardo, ma in questi sono stata parecchio impegnata nei
funerali di mio zio, che è morto a inizio settimana.
Dato che ho capito che non posso aggiornare sempre ogni
lunedì mi terrò abbastanza libera sul piano
dell'aggiornamento.
Spero, inoltre di ricevere commenti. Va bene anche solo la storia fa
schifo, ma per capire se vi piace o meno. (:
Grazie <3
|
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Capitolo 5 *** Capitolo IV ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona lettura.
Capitolo IV
Padre, scrivo
per informarti di quello che è successo durante il consiglio
di Sire Elrond.
Frodo Baggins
ha l’Unico Anello: un oggetto pericoloso che non possiamo
utilizzare.
Si è formata la Compagnia dell’Anello che partirà, per
distruggere l’Unico, da Gran Burrone verso Mordor. Io parto
per seguire Legolas. Padre non me ne volete, sento che è un
viaggio che devo fare anche per me stessa.
Non mi
fermate, Indil.
Indil rilesse
lo scritto, poi emise un lungo fischio che richiamò un grande falco; la ragazza lo
fece accomodare sul braccio.
“Meneldor*,
vola più che veloce che puoi e consegna questo a mio
padre.” Il falco emise un verso gutturale e l’elfa
consegnò il biglietto alla creatura,
che volò via.
Rimase
per un attimo a guardare il cielo dalla voliera, poi notò una
presenza alle sue spalle e
si voltò, vedendo la Dama del Vespro che la fissava con un
mezzo sorriso.
“Arwen. Venite anche
voi qui?”
“Mia giovane amica, vengo qui quando voglio trovare pace e
chiacchierare con gli animali. So che partirete pure voi per
Mordor.” La figlia di Erlond si accomodò sul
tronco di un albero e fissò la più giovane, che
annuì.
“Sì, Arwen, devo seguire mio fratello e
aiutarlo.” Si fermò mordendosi il labbro.
“Venite con me.” La Dama del Vespro prese per mano
Indil e la portò nella propria camera: anch'essa, come
quella del ramingo, era una grande stanza circolare, con un grande letto
a baldacchino posto al centro e un grossoarmadio posto sulla parete di
fronte al letto.
Arwen si avvicinò all’armadio e prese una
boccettina dorata contenente un cordiale rosso fuoco; una cotta di
maglia di mithril bianca, leggera come l’acqua; e una spada
dall'elsa di legno intarsiato con motivi dorati, sulla cui lama erano
incise delle rune.
“La boccettina contiene un cordiale
magico* preparato con i fiori di fuoco, gli unici fiori che crescono
ancora a Mordor: fate bere questo elisir alla persona ferita e
guarirà subito. Attenzione, però…
questa poca quantità è l'unica che esiste, di
questo cordiale”
spiegò, senza giri di parole, la bruna.
“La cotta di mithril fu forgiata da mio padre in persona,
poiché noi elfi possiamo morire per le ferite inferte da una
lama. La spada si chiama Hadhafang, che
vuol dire “fendifolle””
spiegò l'elfa. Indil protestò brevemente ma Arwen
la interruppe. “Sono doni per te, Indil figlia di Thranduil,
da parte mia, poiché nel luogo in cui andrò non
mi serviranno, mentre per te saranno sicuramente di grande
aiuto.”
Allora
la bionda così parlò: “Ti ringrazio
Arwen, Stella del Vespro. Che il tuo cammino verso Valinor sia segnato
sempre da eventi piacevoli.”
Arwen si chinò verso la giovane in segno di rispetto e
l’altra fece altrettanto.
Diversi giorni passarono e i
preparativi per la triste partenza furono ultimati. Aragorn, Boromir, Gandalf e
Legolas avevano a lungo discusso con Elrond delle tappe da
seguire; Indil si
vedeva molto raramente: trascorreva il suo tempo parlando
con Arwen e le altre elfe; gli hobbit, infine, passavano le loro
giornate con Bilbo e con Gimli e, qualche volta, con Aragorn e Boromir.
Infine, arrivò la mattina della partenza: il tempo era mite
e il bel sole riscaldava i membri della compagnia.
In molti li guardarono partire: non vi furono canti di gioia,
schiamazzi o risa… solo il silenzio regnava sovrano.
“Allora
signori, direi che sia ora di partire.” Tutti guardarono
verso sire Elrond che aveva preso la parola. “Addio e che la
benedizione degli elfi, nani, hobbit e uomini ricada su di voi. Ogni
popolo libero pregherà per voi. E ora andate.” Con
quelle parole l’elfo salutò la compagnia
dell’anello per sempre, perché presto avrebbe
lasciato lui stesso quelle terre, come aveva detto ai membri della
compagnia qualche giorno prima.
La bella principessa Arwen si appoggiò al padre, afflitta
nel vedere tre dei suoi più cari amici partire per avventure
che non la riguardavano affatto.
“Padre, che succederà?”
domandò con la voce rotta dal pianto e tutti stettero ad
ascoltare le parole di Elrond.
“Due destini sono in agguato, figliola. Tutto dipende da
ciò che la compagnia deciderà. Adesso tutto
è nelle loro mani” rispose, lo sguardo estraniato
da quello che avveniva intorno a lui. “Adesso
rientriamo.” Tutti rientrarono nella dimora accogliente e
così incominciò l’avventura per i dieci
compagni.
***
“Mia signora, sapete
combattere?” Boromir di Gondor pose questa domanda a Indil, e
la giovane si fermò.
Erano in viaggio da quattordici giorni ed avevano acceso un bel
fuocherello per cenare. Samvise cucinava dei conigli che avevano
catturato Boromir e Aragorn; gli altri hobbit chiacchieravano del
più e del meno seduti a terra mentre Gimli rideva alle loro
battute. Aragorn faceva il primo turno di guardia, Legolas e Gandalf
chiacchieravano e l’uomo di Gondor osservava pensoso
l’elfa che stava scrivendo.
“Messer Boromir, so tirare con l'arco e usare la lancia, ed
ho appreso di recente anche come usare la spada” disse la
giovane figlia di Thraundil con un sorrisetto sul volto.
“È pur vero che la mia specialità
è la medicina e l'uso delle piante officinali, ma so
comunque combattere.”
“Vogliamo provare?” domandò
l’uomo alzandosi e portando la mano alla vita, dove teneva la
lunga spada.
Gli occhi di tutti si puntarono sull’elfa e
sull’uomo.
“Se volete perdere...” disse Indil infine,
alzandosi a sua volta. “Ma direi di provare a combattere con
dei pezzi di legno.”
“Ebbene, mia signora, sarà fatto.”
Boromir si chinò, staccando un ramo da un albero
lì caduto e lo stesso fece Indil. A fare da arbitro fu
scelto Frodo, per l’imparzialità che legava il
piccolo hobbit ai due. “Io dico… Via!”
disse il mezz’uomo dopo che i due contendenti ebbero fatto
l’inchino.
Tesa e all'erta, Indil puntò il bastone verso
l’avversario. Si avvicinò all’addome di
Boromir e con un salto in avanti spinse il pezzo di legno sulla veste
dell’uomo, che emise un basso ringhio. Benché
sbilanciato, Boromir riuscì a calare il proprio bastone e
per poco non colpì i capelli biondi di Indil, che
riuscì a parare la stoccata con il suo ramo.
L'elfa tornò alla carica e colpì la spalla di
Boromir di striscio. L’uomo ricambiò il colpo
assestandogliene uno fra le gambe. Grazie alla sua agilità
l’elfa riuscì a saltare e a non farsi colpire, ma
perse l’equilibro e rotolò a terra, ansimando nel
vedere il bastone di Boromir vicino al suo viso.
“Dovrete allenarvi di più, mia signora.”
L’uomo di Gondor porse la mano a Indil, che la
accettò e si fece sollevare, per ritrovarsi a due centimetri
dalle labbra piene del gondoriano.
In quell’istante Merry, che pure aveva osservato - come tutti
del resto - il
combattimento fra i due, si volse e osservò il cielo.
“Che cosa sono quelle nubi che vagano verso di
noi?” domandò il giovane hobbit.
Anche Gimli guardò verso il cielo. “Sono solo
nuvolette.”
“No! Sono il nemico.” Legolas si
avvicinò a Aragorn parlando in elfico e osservando a sua
volta la nuvola. “Sono stormi di uccelli.
Nascondiamoci!”
Ci fu un parapiglia ma i membri della compagnia riuscirono in qualche
modo a nascondersi e a spegnere il fuoco che prima avevano acceso.
Aragorn si nascose contro una roccia con Legolas accanto a
lui. L'uomo osservò il bel profilo dell’elfo,
desiderando ardentemente che il contatto della mano che Legolas aveva
posato sulla sua spalla non finisse mai.
L’elfo, infine, interruppe il contatto e si alzò
repentinamente per assicurarsi che il nemico se ne fosse andato. Nel
farlo si guardò intorno notando, grazie alla vista da elfo,
che Indil e Boromir erano entrambi nascosti da un tronco
d’albero, gli hobbit e Gimli si erano nascosti dietro un
cespuglio e Gandalf contro una roccia. Sospirò di sollievo
notando anche che gli uccelli se n’erano andati.
“Cos’era, secondo te?” domandò
Aragorn poco dopo, uscendo anche lui dal rifugio e facendo cenno agli
altri membri della compagnia di avvicinarsi.
“Uccelli,
del nemico. Sauron possiede anche loro. Ringraziamo Legolas: se non fosse stato per lui ci
avrebbero scoperto e chiamato gli orchetti.” Gandalf fece un
cenno di ringraziamento verso l’elfo. “Siamo stati
troppo distratti: dobbiamo concentrarci di più sulla
missione; dobbiamo esser più prudenti. E ora andiamo a
riprendere quello che stavamo facendo, ché domani
raggiungeremo il passo di Caradhras” concluse lo stregone.
“Il passo di Caradhras? Sei sicuro, Gandalf? Non vogliamo
andare, piuttosto, nelle miniere di Moria? Ci saranno Balin e gli altri
nani, che ci daranno sicuramente un benvenuto regale” disse
Gimli, gli occhi sognanti all’idea di rivedere i suoi parenti.
Sia
Indil che Legolas storsero il naso: agli elfi le oscurità
non piacevano molto.
“No, Gimli,
troppo a lungo i nani hanno scavato nelle miniere di Moria e non
sappiamo cosa hanno svegliato. Ho deciso: valicheremo il passo di
Caradhras.” Con queste parole lo stregone grigio pose fine
alla conversazione e tutti tornarono a svolgere i loro compiti in
silenzio.
Note
Con l'anno
nuovo aggiorno anche io, sperando che le vostre feste siano state
piacevoli e che l'anno nuovo vi porti tanta fortuna.
Spero che questo capitolo vi piaccia, lettori silenziosi,
così com'è piaciuto a me scriverlo; mi sono
divertita a descrivere del duello di Boromir e Indil, e dei doni da
parte di Arwen per Indil. Anche qui come gli altri capitoli ho preso
parti sia dal libro che dal film e sostituito alcune con altre.
Ci sono un paio di note che è giusto scrivere:
MENELDOR: significa, signore del cielo, ed è un
bel nome secondo me per un uccello, un faloco.
CORDIALE MAGICO: è lo stesso cordiale che
donò Babbo Natale a Lucy Pevensie nelle Cronache di Narnia
dello scrittore Lewis; in realtà citando Wikipedia il
cordiale è fatto di fiori di fuoco che provengono
dalle montagne del sole che si trovano a Narnia. Ovviamente non volendo
affatto stravolgere il Mondo di Tolkien ho scritto che il fiore rosso
è nato sulle pendici del monte fato, perchè mi
sembrava un luogo arido e senza vita, dove poter far crescere un fiore
magico; il fatto che Indil ignori l'esistenza di tal fiore è
perchè esso è molto raro come spiega Arwen che
l'ha avuto da sua madre. Sarà un dono assai utile.
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Capitolo 6 *** Capitolo V ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo V
I giorni
che seguirono furono piuttosto grevi per i
membri della compagnia dell’anello: difatti faceva freddo e
nevicava quando incominciarono l’arrampicata per il Caradhras.
Sentivano a ogni passo il peso oscuro e malvagio dell’anello
e in particolare un membro della compagnia non riusciva a staccare gli
occhi da Frodo: era Boromir,
il cui sguardo venefico era fisso sulla schiena dello hobbit.
Fu
durante una scalata particolarmente difficile che Frodo
ruzzolò sulla neve, e subito Sam gli andò incontro.
Lo hobbit dai capelli neri si toccò il petto, dove portava -
appeso ad una catenina – l’anello, e non lo
trovò. Si voltò verso l'uomo di Gondor che aveva
in mano l’anello e lo stava fissando con sguardo malato,
perso.
“Perché dobbiamo soffrire per questo piccolo
oggettino? Potremmo prenderlo e tenerlo per noi, uccidendo
qualcuno...”
“Boromir. Boromir, da' l’anello a Frodo.”
Aragorn si eresse a difesa del piccolo hobbit, la mano destra che
correva all’impugnatura della spada.
Boromir guardò il suo re, e per un attimo Aragorn ebbe
seriamente paura del figlio di Denethor, ma poi gli occhi del
Gondoriano si posarono su Indil, che
stava ferma ad attendere come il resto della compagnia, e Aragorn
notò un cambiamento repentino.
Il suo sguardo divenne placido e buono come sempre e
consegnò l’anello a Frodo, borbottando:
“Ma a che serve? Avete ragione voi.”
A quel punto Aragorn rimise la mano contro il fianco e si
avvicinò a Indil. “Vorrei chiederti una cosa: puoi
stare vicino a Boromir? Oggi ho notato una luce nel suo sguardo che non
mi piaceva” le bisbigliò.
La giovane annuì: “Gli starò vicina,
non avere pensieri.” Posò la mano su quella ruvida
dell’uomo, che gli fece un cenno di ringraziamento con la
testa e poi si avvicinò a Frodo aiutandolo ad alzarsi:
“Tutto bene giovane hobbit?”
“Grazie Aragorn, va tutto bene” borbottò
Frodo, e la compagnia riprese il cammino con Gandalf in testa.
I giorni passavano
lenti, i minuti sembravano ore e ognuno dei
compagni rimaneva in silenzio,
perso nei propri pensieri. Il freddo si faceva sentire nelle ossa.
“Gandalf.” Indil, infine, prese la parola:
nonostante fosse un elfo, anche lei cominciava a rabbrividire.
“Ascolta Gandalf, non ce la facciamo
più.”
“I
piccoletti non ce la fanno più” intervenne
Boromir, mentre aiutava uno stanco Sam a camminare.
“Non voglio arrendermi!” protestò
Gandalf. “Dobbiamo andare avanti e se riusciamo a raggiungere
l’altra parte saremo più vicini a
Mordor.”
“Allora, prendiamo i mezz’uomini in braccio:
Legolas, Boromir, Gimli forza, datemi una mano.” Aragorn
si avvicinò a Frodo per portarlo in spalla, Legolas a Sam e
rispettivamente Boromir e Gimli a Merry e Pipino. Gli hobbit furono
molto grati: la neve difatti li stava per sommergere.
“Io cerco di andare
avanti, per vedere se riusciamo a passare, Gandalf” disse
Indil e, prima che gli altri membri potessero dire qualcosa,
l’elfa andò avanti tremando per l’aria
fredda.
“Sento una voce nell’aria, Gandalf!”
informò una volta arrivata più in là.
Gli altri membri la raggiunsero e Gandalf si pose in ascolto:
effettivamente vi era un’empia voce che borbottava qualcosa.
Veniva da molto lontano ma lui, Legolas, Indil e pur anche Aragorn
riuscirono a sentirla e inorridirono, poiché capirono che si
trattava di magia.
“È Saruman!” urlò Gandalf
ponendosi in posizione d’attacco. Con il bastone che gli
sventolava nella mano parlò, e la sua voce tonante si
mischiò a quella di Saruman terrorizzando la compagnia.
Poi un fulmine cadde e
si schiantò contro la montagna, facendo precipitare la neve:
la valanga sommerse la compagnia che per fortuna
si trovava vicino a una roccia. Indil, che invece era più
vicina al dirupo per vedere meglio, perse l'equilibrio. Boromir
si sospinse verso
di lei appena in tempo, riuscendo a prenderle le dita sottili e a
trascinarla di nuovo sulla roccia, accanto a lui. “Per
fortuna c’ero io” bisbigliò
l’uomo di Gondor poco prima di venire travolto dalla fredda
coltre.
Sputacchiando
neve Legolas fu il primo a rialzarsi, dissotterrando
Sam che si trovava vicino a lui. “Padron Frodo!”
borbottò il giardiniere correndo verso Aragorn, che era
appena riemerso.
“Tutto
bene?” domandò l’uomo andando vicino a
Legolas e mettendogli una mano sulla spalla; l’elfo si perse
per un attimo negli occhi verdi del ramingo e poi annuì.
“Passiamo sotto
la montagna, visto che il Caradhras ci ha sconfitto!” disse
Gimli emergendo dalla neve.
“Siamo ancora in tempo per andare a Gondor,
Gandalf!” furono le parole accorate di Boromir.
Lo stregone grigio guardò i membri della compagnia, indeciso
sulla decisione da prendere: non voleva scegliere nessuna delle due
opzioni, in realtà, poiché tutte e due gli
facevano paura, ma era pur vero che il Caradhras li aveva sconfitti.
“Deciderà
Frodo”, disse infine, “dato che è lui il
portatore dell’Anello.”
“Moria” decise,
dopo aver pensato ai pro e ai contro, il piccolo portatore.
“E Moria sia” decretò Gandalf, chiudendo
gli occhi con un sospiro. Indil e Legolas si guardarono
e l’elfa strinse la mano del fratello: aveva paura, a lei non
erano mai piaciuti i luoghi bui, così come non piacevano a
Legolas. Ma per lui l’avrebbe fatto, sarebbe andata a Moria.
***
“Le
miniere di Moria. Sarà bellissimo tornarci, non ci vado da
quando ero un minuscolo nanetto.” Gimli si mise a ridere per
la sua stessa battuta. “E Balin sicuramente ci
darà un bellissimo benvenuto, vedrete. Birra di malto, carneben
cotta e per ultimo un comodo letto su cui mettere la nostra povera
schiena.”
Gli
hobbit erano quasi convinti da quello che il nano diceva, e
lo guardavano sempre più entusiasti di tutto quel ben di Dio
che avrebbero trovato una volta nelle caverne. I due elfi al contrario
erano preoccupati e osservavano Gimli con sguardo di rimprovero, ma
il nano non sembrava accorgersene.
“Eccoci qui…
oh-oh amici miei. Ecco l’entrata di Moria” disse
Gimli, fermandosi.
Le porte di Moria erano qualcosa di spettacolare. Forgiate da nani ed
elfi insieme, fu Narvi, forse il più grande artigiano dei
Nani, a progettare e costruire i cancelli; Celebrimbor, Signore
dell'Eregion, li decorò con l'ithildin: vi furono incisi
l'emblema di Durin, un martello e un'incudine coronata con sette
stelle, gli alberi degli Alti Elfi e la stella della Casa di
Fëanor.
Dall’interno i cancelli si potevano aprire con una semplice
spinta; all’esterno c’era bisogno di una parola
magica. Le miniere erano protette anche da un lago in cui si diceva
dimorasse un mostro.
“Dobbiamo
lasciarlo Sam. Non può venire con noi.” Indil guardò negli
occhi lacrimosi dell’hobbit che non si voleva staccare da
Billy, il pony che aveva viaggiato con loro da Gran Burrone.
“Ma
Indil, se poi si perde? Non voglio” protestò il
giovane hobbit.
Indil si avvicinò all’orecchio del pony e
mormorò qualche parola, il cavallo nitrì e l'elfa
e lo hobbit lo guardarono trottare fuori dal perimetro di Moria.
“Cosa gli hai detto? Sembrava più sicuro, se sai
cosa intendo” disse Sam e Indil rise. “È
più tranquillo poiché gli ho dato una
benedizione. Arriverà direttamente a Gran Burrone senza
incontrare pericoli, non temere, Sam.”
“Tutto bene sorellina?” domandò Legolas
venendo vicino a Indil, che annuì.
“Ho dato una benedizione a Billy, così che possa
raggiungere tranquillamente Gran Burrone” disse in tono
accorto la
sorella, per poi guardare circolarmente il resto della compagnia:
Gandalf e Frodo stavano vicino all’entrata e discutevano su come fare ad aprire
il cancello, Boromir e Aragorn parlavano poco più in
là e Merry
e Pipino stavano seduti a lanciare sassi nel lago.
“Sassi nel lago… Legolas, il
lago” bisbigliò Indil indicando i due hobbit al
fratello, che capì e andò da loro mettendogli una
mano sulla spalla per farli smettere.
“Non fate risvegliare
l’acqua” bisbigliò Legolas. “Ci sono
gravi pericoli” completò la frase Aragorn, andando
vicino a Legolas e ai due hobbit.
“Ho capito: la parola è Mellon, che vuol dire
“amico” in elfico.” In quel momento
Gandalf si alzò in piedi e sorrise a Frodo perché
i cancelli di Moria si aprirono alla sua frase.
Un silenzio irreale provenne dal luogo remoto e i membri della compagna
rabbrividirono.
Fu Gimli il primo a mettere piede a Moria.
“Finalmente conoscerete l'ospitalità di Moria! Questa, amici
miei, è la casa di mio cugino Balin. E la chiamano una
miniera... Ah, una miniera!” disse il nano prendendo un forte
respiro e inoltrandosi dentro Moria.
“Aspetta! Gimli, questa non è una
miniera!” disse Boromir, mettendo il piede su un cadavere di
un nano. Allungò un braccio per fermare l'avanzata del suo
compagno di viaggio. “Questa
è una tomba” concluse l’uomo di Gondor.
Gli altri guardarono verso il basso e notarono centinaia di cadaveri
lungo il pavimento.
Il primo a riprendersi fu proprio Boromir. “Dobbiamo
andarcene da qui. Alla breccia di Rohan, presto!”
urlò, facendo per uscire ed assicurandosi che tutti gli
altri compagni lo seguissero fuori. Fu proprio in quell'istante che un
tentacolo uscì dall’acqua e afferrò
Frodo per i piedi, portandolo lontano dalla compagna.
“Aragorn!” gridò il piccolo hobbit e
l’uomo accorse in sua difesa, con la spada sguainata. Lo
stesso fecero Boromir, Legolas e Indil, i due elfi con l’arco
teso in avanti. Le loro frecce colpirono la creatura e bastò
una stoccata di spada da parte di Aragorn al tentacolo che stringeva
Frodo per farlo lasciare dal mostro, che lanciò un urlo
terrificante. I dieci compagni, con Gandalf in testa, entrarono nelle
miniere per esser sicuri di sfuggire alla piovra mentre quest'ultima,
prima di inabissarsi, fece cadere dei massi su di loro, intrappolandoli.
Una volta nelle miniere, i compagni si presero un minuto per riprendere
fiato. Gandalf fece un po’ di luce illuminando il luogo tetro
e si guardò indietro con il cuore disperato,
perché aveva paura. “Proseguiamo” decise
infine lo stregone grigio, e i membri della compagnia
dell’anello ubbidirono.
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Capitolo 7 *** Capitolo VI ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo
VI
Indil e Legolas furono i primi elfi a
mettere piede a Moria dopo tanto tempo e i loro cuori erano in tumulto.
Avevano paura. Gravemente e a lungo i nani avevano scavato nelle miniere
risvegliando esseri che non si vedevano da ere, e questo ai due elfi
non faceva per niente piacere. Si guardarono
dunque prima di addentrarsi nei recessi della terra.
“Tutto bene la spalla, Aragorn?”, domandò
Legolas all’uomo che annuì, toccandosi
la spalla che era stata scalfita dalla lama nera dei Nazgul.
“È
meglio tacere, Legolas. Ci sono molte cose nella caverna e qui non
voglio dire nulla di compromettente”, bisbigliò il
ramingo del Nord fissando le tenebre.
Intanto si avvicinarono ai tre compari Gimli e Boromir. Gimli, il cui
volto era bianco come quello
di un cadavere, disse togliendosi il cappuccio che portava da quando
erano partiti da Gran Burrone: “Mi dispiace amici
miei… Non sapevo delle gravi disavventure della mia
famiglia, e ora ho timore di vedere Balin... Non avrei consigliato a
Gandalf di intraprendere questa via, se avessi saputo”.
Fu Legolas che, sorprendendo tutti e se stesso per primo, si
chinò a livello del nano e mise la mano sulla sua spalla:
“Non ti angustiare mastro nano, non potevi sapere nulla di quello che
è capitato.”
Nel mentre Gandalf, che si era fermato a riflette sulla via da
prendere a un bivio, esclamò alzandosi in piedi:
“Ah! Ho trovato la strada. Seguitemi amici miei.”
“Ti sei ricordato?” chiese curioso Merry.
“No, ho semplicemente seguito il mio naso. Quando non sai che
strada prendere, mastro Merry, è il caso di seguire gli
odori”. Gandalf fece l’occhiolino e si
toccò il grande naso sotto gli sguardi sorridenti della
compagnia.
Proseguirono il loro cammino con animo più leggero anche se
Legolas, che chiudeva la fila dei dieci compagni assieme a Aragorn,
guardava continuamente a destra, a manca, sotto e sopra per vedere se
c’erano pericoli.
Dopo molto cammino,
una grande sala circolare fu offerta alla vista dei compagni e Gandalf
notò una tomba al centro della stanza.
Si chinò a leggere e
il cuore dello stregone tremò. “Qui giace
Balin, figlio di Fundin, signore di Moria. È morto
dunque” bisbigliò, e Gimli si piegò
sulle ginocchia urlando di disperazione.
Indil si avvicinò al nano e gli mise una mano sulla spalla. Rimasero
così, Gimli in singhiozzi ormai silenziosi e
l’elfa in silenzio a confortare il compagno di viaggio.
Gandalf, che stava esplorando la caverna, trovò un libro
posto vicino a un cadavere di un nano che si trovava seduto accanto alla tomba, lo prese e lo adagiò
vicino a un pozzo dove si trovavano Merry e Pipino.
Cominciò
a leggere la scrittura stretta dei nani: “Hanno preso il
ponte, e il secondo salone… Abbiamo sbarrato i cancelli, ma
non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli
abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si muove nel buio.
Non possiamo più uscire. Arrivano.”
Senza volere, Pipino fece cadere un cadavere nel pozzo, sbattendoci
contro con la schiena.
Dum, dum, dum.
Rumori di
tamburi si fecero sentire facendo rabbrividire la compagnia
dell’anello, e Gandalf si gettò sull'hobbit, che
era rimasto immobile pieno di paura e vergogna . “Idiota di
un Tuc! Gettati tu la prossima volta!”
All'improvviso Frodo lanciò un urlo di terrore: Pungolo, la
spada che gli aveva regalato Bilbo, baluginava nel buio della stanza.
Voleva dire solo una cosa, orchi.
Legolas, con l’aiuto di Boromir, riuscì a chiudere
il cancello. Il legno però sotto il peso degli orchetti
vacillò e infine si spezzò, facendo entrare la
mandria di orchi e un troll enorme che subito si gettò sui
compagni.
Gimli, la faccia bianca ma decisa con l’ascia in pugno uccise un
orchetto.
“Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria
c’è ancora un nano che respira” disse, e
si inserì nella mischia. Aragorn
e Boromir combatterono gli orchetti uccidendone a frotte con le spade,
e persino Sam usò i pugnali per abbattere quanti
più nemici poteva. Gandalf, leggiadro, uccideva i nemici con
il suo bastone e Legolas aiutava con le sue frecce.
Ben presto gli orchetti si rintanarono da
dov’erano venuti, lasciando solo il troll.
Il troll colpiva duro e ci vollero i
fendenti di Merry e Pipino, e le frecce di Indil per
abbatterlo; ma la creatura, prima di morire colpito da una freccia di
Legolas, individuò Frodo e lo fece andare a sbattere contro
la parete.
Fu Sam il primo ad avvicinarsi
a Frodo.
“Dovrebbe essere morto” bisbigliò
Boromir sul corpo riverso dello hobbit.
Indil armeggiava per togliere il tappo di sughero che ricopriva il
cordiale che le aveva dato Arwen, quando lo hobbit tossì e
si svegliò, mettendosi seduto.
Indil respirò di sollievo, mettendo la boccettina di nuovo
alla vita. Si chinò per vedere se la bianca pelle di Frodo
avesse subito danni, ma trovò che a proteggerla
c’era una cotta di maglia di Mithril molto simile a quella
che anche lei portava e subito sorrise.
“Bene, sono contento che
Bilbo ti abbia fatto un dono tanto utile” disse Gandalf
sorridendo e Merry urlò: “Evviva Bilbo!”.
“Ora però
proseguiamo per l’ultima parte: il ponte di
Khazad-dûm”.
Gandalf si alzò e andò verso la porta con i
membri della compagnia dell’anello che lo seguivano.
Dum, dum, dum.
Altri colpi
di tamburi fecero fermare la compagnia, e Gandalf si voltò:
dietro di lui un mostro enorme, con lunghe corna aguzze e circondato di
fuoco stava per raggiungerli.
Persino gli orchetti avevano
paura di lui: se ne tenevano a distanza, difatti, suonando i loro maledetti tamburi.
“Cos’è
questa nuova diavoleria?” domandò Boromir, gli
occhi sgranati.
“È un Balrog. Un demone del mondo antico.
È al di là delle nostre forze, dobbiamo
fuggire!”. Le parole accorate di Gandalf gettarono sconforto
alle orecchie di Aragorn. “Gandalf!”
esclamò.
“Andiamo Aragorn!” urlò lo stregone,
dirigendosi verso il ponte seguito dal resto dei compagni e dalla
creatura di fuoco.
Il ponte era mezzo crollato ma videro, con un certo sollievo, la luce
al di là di una stretta apertura. Legolas saltò
per primo e atterrò con grazia dall’altra parte,
subito seguito da Indil. I due elfi si fissarono e poi guardarono gli
altri membri della compagnia: Aragorn era assai in bilico e faceva
fatica a reggere tutti, Gandalf invece era rimasto indietro lanciando
incantesimi a bassa voce verso il Balrog.
Senza esitazione a Legolas venne un’idea. “Aragorn,
lanciaci Merry, Pipino e Sam” pronunciò
l’elfo e Aragorn ubbidì, lanciando i tre hobbit
che atterrarono fra le braccia di Legolas e Indil.
“Io vado fuori, a controllare che non ci siano pericoli
dall’altra parte. Seguitemi, giovani hobbit” furono
le parole di Indil che uscì fuori dal buco chinandosi appena
per non urtare la testa, seguita prontamente da Merry, Pipino e Sam.
Gimli fu il secondo a lanciarsi, ma senza bisogno d’aiuto, e
atterrò pesantemente vicino a Legolas uscendo
all’aria aperta. Boromir lo seguì atterando vicino
all'elfo e rimase in attesa di Frodo e Aragorn, fissando attentamente i
movimenti del ponte che stava per crollare sempre di più.
“Aspetta, Frodo” bisbigliò Aragorn e, in
quel momento, il ponte dove stavano lo hobbit e l’uomo
crollò, rovinando sull’altra metà.
Aragorn fu accolto dalle braccia dell’elfo, che
arrossì quando si rese conto di stare abbracciando l'uomo e lo lasciò andare. Anche Frodo
riuscì a passare indenne dall’altra parte. Solo
Gandalf rimase e, agitando il bastone e la spada, lo stregone grigio
urlò: “Sono un servitore del Fuoco Segreto, e
reggo la fiamma di Anor! Il fuoco oscuro non ti servirà a
nulla, fiamma di Udun! Ritorna nell'ombra! Tu non puoi
passare!”
La forza dell'incantesimo fece inabissare il mostro e Gandalf
sospirò di sollievo tentando di raggiungere il resto della
compagnia, ma una stoccata della frusta che il Balrog aveva in mano
trasportò Gandalf nell’ombra. Prima di
inabissarsi, lo stregone tentò di aggrapparsi alla roccia,
ma era debole - troppo debole - e fu trascinato nelle tenebre della
miniera.
Poco prima di cadere riuscì a sollevare il viso e a guardare
Aragorn, Legolas, Boromir e Frodo che lo fissavano sconvolti a loro
volta.
“Fuggite, sciocchi!” furono le ultime parole che
rivolse loro.
Frodo urlò sconvolto e tentò di divincolarsi
dalle braccia di Boromir che lo tenevano ancorato al suo petto. Il
Gondoriano non mollò la presa e uscì dalla
caverna con l'hobbit piangente.
“Andiamo, Aragorn!”. Legolas chiamò
l’amico che era rimasto interdetto a fissare il vuoto.
L’uomo si riscosse seguendo l’elfo fuori.
La bella giornata
colpì forse più di tutto il resto i nove membri
della compagnia dell’anello.
Frodo e pure gli altri hobbit piansero per parecchio tempo, Legolas e
Indil rimasero silenziosi ma pure sconvolti e sembravano due statue di
marmo mentre si abbracciavano, calde lacrime che scivolavano dai loro
occhi. Boromir e Gimli piangevano anche loro, il nano seduto a terra
ormai troppo sconvolto e l’uomo di Gondor chinato vicino a
lui, come spezzato. L’unico che sembrava esser fermo e
impassibile era Aragorn che con un sospiro, dopo un poco che erano
usciti, disse senza mezza termini: “Legolas, falli
alzare.”
L’elfo fissò l’uomo sconvolto ma non
disse niente. Al suo posto parlò Boromir: “Concedi
loro un momento, per favore. Sono sconvolti.”
Ma Aragorn non si fece intimidire: aveva ricevuto lui
l’incarico di guidare la compagnia verso la salvezza e
così avrebbe fatto, così disse sbottando:
“Queste colline brulicheranno di orchi da qui a qualche ora.
Dobbiamo arrivare ai boschi di Lothlorien. Su, dobbiamo andare,
Boromir. Legolas.”
Si avvicinò ai compagni facendoli alzare con uno scossone, e
loro borbottando obbedirono. Andarono via da Moria lasciando dietro di
loro solo lacrime, mentre davanti avevano speranza, perché i
boschi di Lorien erano assai protetti dagli elfi silvani guidati da
dama Galadriel e lord Celeborn.
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Capitolo 8 *** Capitolo VII ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
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capitolo...
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lettura.
Capitolo VII
I nove
compagni camminarono per un lungo tratto immersi nel silenzio della
perdita di Gandalf, finché non giunsero alle sponde di un
fiume.
“L’Argentaroggia: siamo vicini a Lothlorien. Mi
voglio bagnare i piedi: si dice che questo fiume abbia
proprietà curative” spiegò
Legolas, e assieme a Indil si avvicinò all’acqua
immergendo i piedi e guardando con
ammirazione i boschi attorno a sé.
Era contento di essere tornato finalmente all'aria aperta, tutto il buio di Moria gli
aveva fatto perdere energie; si voltò verso
Aragorn e il resto della compagna che li guardavano a bocca aperta.
“Potete
farlo anche voi” spiegò con un sorriso.
“Le acque non vi mangiano mica.”
“Le acque no. Ma chi dimora fra queste fronde sicuramente
è pericoloso. C’è una strega, potente e
tremenda. Dicono quelli della mia specie che potrebbe essere una strega
assai malvagia, magari un’alleata di Saruman.”
Prima che Legolas e Indil potessero
protestare contro le
parole di Gimli, comparvero degli elfi con gli archi tesi contro la
compagnia.
Aragorn
portò la mano alla spada e lo stesso fece Boromir, ma non
Indil e Legolas che ben conoscevano
gli elfi apparentemente ostili.
“Tutti voi respirate così forte che abbiamo potuto udirvi da molto
lontano” fece un elfo che non
aveva armi con sé, “in particolar modo il
nano” aggiunse guardando male Gimli che ebbe la buona grazia
di arrossire.
Poi il suo sguardo si posò su Legolas e Indil e sorrise
loro. “Legolas e Indil figli di Thranduil, cosa vi porta da
codeste parti in così cattiva compagnia?”
domandò.
“Haldir di Lorien, è un vero piacere per noi
incontrarti.” Legolas tolse i piedi dal fiume e
andò ad abbracciare e baciare il suo vecchio amico.
“Sfortunatamente non possiamo raccontarti tutto.” A
parlare in elfico era stato Aragorn e l’elfo lo
guardò sorpreso.
“Aragorn dei Dunedain, che onore per noi averti
qui” disse l’elfo facendo un piccolo cenno con la
testa, che Aragorn ricambiò.
“Abbiamo viaggiato tanto, Haldir, e siamo stanchi e affamati.
Ci puoi aiutare?” domandò l’uomo
parlando accoratamente.
Haldir annuì. “Certo, siete vicino a Lorien, e se
le vostre intenzioni sono buone potrete entrare.” Il suo
sguardo si posò per un attimo su Boromir, prima di
continuare spiegando loro in idioma corrente: “A una
condizione però: che il nano prosegua con gli occhi
coperti.”
Gimli sbottò, arrabbiato: “Non mi farò
bendare di certo da un orecchie a punta. Non sono un nemico. Posso
almeno chiedere che anche a Legolas e a Indil vengano riservate le
stesse premure?”
Legolas rispose risentito: “Non voglio fare il prigioniero
nella mia terra, Gimli. Non voglio esser bendato. Dannata
caparbietà dei nani.”
Gimli serrò le braccia e batté i piedi,
protestando che lui non si sarebbe mosso da lì se non
fossero stati bendati anche i due elfi.
Aragorn intervenne: “E se vi proponessi di bendare tutti noi?
Ci guiderete piano e senza farci cadere.”
“No, Aragorn non l’accetto” disse Legolas
sbuffando, “voi dovete vedere la beltà e
l’armonia di Lothlorien” spiegò,
trattenendosi dal dire ‘tu’. Sapeva che Aragorn
aveva già visitato quei posti, ma erano sempre piacevoli da
vedere e l’idea di non poterlo fare lo faceva impazzire.
“Va bene Gimli” concesse infine l'elfo,
accomodante. “Sei d'accordo se mi bendo solo io? Mia sorella
merita di vedere l’arrivo a Lothlorien, ché non vi
è mai stata” spiegò Legolas e Gimli,
benché ancora offeso, annuì.
Legolas sospirò, prese la pezza dalle mani di Haldir - che
si scusò per un attimo con lo sguardo - e si
bendò sotto gli occhi di tutta la compagnia; invece a Gimli
pensò Haldir stesso.
Quando fu sicuro che non poteva vedere niente fu lo stesso elfo di
Lorien a mettersi alle spalle di Gimli e a guidarlo cercando di non
farlo ruzzolare.
Aragorn si occupò di Legolas. Mantenne la voce tranquilla
per tutto il percorso, ma in realtà dentro di sé
tremava in quanto la vita di quello splendido elfo era nelle sue mani.
Mentre gli hobbit commentavano l’accaduto fra di loro,
Boromir si sporse verso Indil a chiederle in un sussurro: “Da
dove proviene l’inimicizia fra Nani ed Elfi?”.
“Si dice che quando l’alto elfo Thingol si
impossessò di uno dei Silmaril volle farne una collana,
allora chiamò dei nani affinché lo
incastonassero” iniziò a raccontare l'elfa.
“Essi esaudirono il volere dell'elfo e ne fecero un magnifico
gioiello. Quando Thingol tornò per riscuoterlo i nani
però non glielo permisero e, con una scusa, tentarono di
impadronirsene” continuò Indil. “-Per
quale diritto il Re degli Elfi reclama la Nauglamìr, la
quale è stata costruita dai nostri padri per Finrod Felagund
che è morto? Se è giunta fino a lui, è
soltanto per mano di Húrin, l'Uomo del Dor-lómin
che l'ha cavata ladrescamente dalle tenebre di Nargothrond- dissero
aspri i nani, e allora Thingol rispose loro:-Come osate voi,
membri di una razza deforme, esigere qualcosa da me, Elu Thingol,
Signore del Beleriand, la cui vita si è iniziata presso le
acque di Cuiviénen innumerevoli anni prima che i padri del
popolo rachitico si destassero?-. Udite
quelle parole, i nani lo attaccarono e lo uccisero. La notizia della
morte di Thingol si sparse in giro per la Terra di Mezzo e vi furono
diversi altri episodi di battaglia. Solo due dei nani uccisori di
Thingol sopravvissero e si rifugiarono tra i Monti Azzurri:
riferirono in parte l'accaduto, soggiungendo che i nani erano stati
uccisi per ordine del Re degli Elfi, che così intendeva
sottrarsi al pagamento del compenso loro dovuto. Questo fatto
segnò l'inizio del tanto famoso odio tra Elfi e
Nani*” concluse il racconto Indil con un sorriso di tristezza.
“Purtroppo possiamo ritenere colpevoli entrambe le razze: i
nani per aver ceduto all’avarizia, e gli elfi per aver
attaccato senza un apparente motivo.” L'elfa
sospirò e Boromir si trovò d’accordo
con la principessa.
“Però noto che siete in pochi ad affermare
ciò” ragionò l’uomo di Gondor.
“Così il male si diffonde, messer
Boromir” fu la risposta accorta di Indil.
“Guardate, siamo arrivati” aggiunse subito dopo
fermandosi ad ammirare il paesaggio, l’uomo accanto a lei che
fissava incantato tutto quello che c’era da vedere.
Era qualcosa di unico:
ampi flet, costruzioni molto grandi ma leggere come foglie, dimoravano
sulle alte sequoie e la luce della luna rendeva il tutto più
magico alla vista, facendoli brillare come gemme.
“Posso togliere la benda a Legolas adesso, Haldir?”
domandò Aragorn e l’elfo annuì
apprestandosi a fare lo stesso con il nano, che rimase incantato
davanti alla meraviglia delle splendide costruzioni elfiche.
“Presto. La dama e il sire vi vogliono incontrare”
aggiunse Haldir e Aragorn annuì. In silenzio si apprestarono
ad andare incontro alla dama e al signore di quelle terre.
La
radura nella quale si radunarono i nove membri della compagnia
dell’anello era splendida alla vista: si affacciava su un
tratto del fiume Anduin che calmo scendeva verso le lontane cascate di
Rauros, e tutto era perfetto.
Il sire e la dama, poi, erano bellissimi, leggiadri e splendenti come
non mai. Erano tanto giovani quanto vecchi e la loro unione era
visibile nelle mani intrecciate con affetto.
Parlò sire Celeborn: “Nove sono giunti qui, eppure
in dieci sono partiti, dov’è Gandalf il
Grigio?” domandò, mentre la moglie sondava le
menti della compagnia.
Guardò con i suoi occhi grandi e blu come il mare
l’uomo di Gondor e così parlò nella sua
mente: “Non temere
Boromir di Gondor, presto arriverà il tuo momento e il
destino si compirà. Minas Tirith non cadrà, e in
molti saranno a gioire nel vederti tornare.” Con
queste parole fece piangere il buon guerriero che era più
debole di quanto pensasse.
Lo sguardo di Galadriel si posò sul nano e, all'improvviso,
comprese. “Gandalf il Grigio è morto. È
caduto nell’ombra. È perito
nell’incontro con un Balrog a Moria” disse la dama
e il sire emise un gemito.
“Perché mai è andato a Moria sapendo
che c’era un Balrog ad attenderlo?”
domandò l’elfo.
“Mai sono stati vani i passi di Gandalf” fu la
risposta di Galadriel che mise a tacere il marito. “Non
temere mastro nano, troverai la tua pace” aggiunse parlando
nella mente di Gimli.
Poi il suo sguardo intercettò quello di Aragorn e
così gli disse: “Lei
ti ha lasciato, Aragorn figlio di Arathorn, e so cosa dimora nel tuo
cuore: presto troverai qualcuno che ti ama e impugnerai
la spada che fu spezzata verso la vittoria.”L’uomo
chiuse gli occhi per un istante ricordandosi delle parole della
profezia e si chiese se dovesse donare il suo cuore a Legolas.
Gli occhi dell’elfa si posarono su Legolas e Indil e li
salutò come se fossero stati suoi parenti. Poi il suo
sguardo, azzurro e dolce, indugiò su Indil. “E
tu bambina mia, salverai qualcuno molto importante per te.”
Subito lo sguardo della principessa corse al fratello e la dama rise, sapendo ma
non rivelando i segreti che custodiva.
Poi
guardò Sam, Merry e Pipino e a loro parlò della
Contea, della loro bella terra e del fatto che c’era ancora
speranza.
Infine, i suoi occhi azzurri
cercarono quelli del portatore e, quando li trovò,
parlò in modo criptico nella mente dello hobbit: “Frodo,
desidero parlarti. Presto, molto presto. Desideri vedere nello
specchio?”.
Il mezz’uomo non capì quello che l’alta
elfa gli stava sussurrando, ma ormai era incuriosito.
L’avrebbe seguita, anche quella sera stessa se glielo avesse
chiesto.
“Potete rimanere, non vi saranno pericoli, questa
è una terra magnifica e ben protetta.”
Così parlò dama Galadriel, e tutti furono
immediatamente più sollevati.
NOTE
Come potete vedere mi sono divertita a scrivere di Lorien (e di dama
Galadriel in particolare, con il suo potere di leggere la mente), spero
a questo proposito di non aver scritto fesserie, e se
così fosse perdonatemi, ma questa storia è pur
sempre una mia creatura. Spero di ricevere recensioni: vi posso
assicurare che con il prossimo capitolo entreremmo nel vivo della
vicenda.
*Per
quanto riguarda la storia che racconta Indil a Bormir, l'ho presa dalle
appendici del signore degli anelli. (;
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Capitolo 9 *** Capitolo VIII ***
Disclaimer: Questi
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capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo VIII
“Legolas,
cos’è questo canto?” domandò
Samvise Gamgee quella sera mentre era disteso a terra accanto a un
albero.
Gli hobbit non se l'erano sentita di salire sugli alberi: per quanto
fossero buoni scalatori odiavano stare in alto e quindi avevano
preferito rimanere sulla morbida e sicura terra. I
compagni avevano acconsentito a tale richiesta, preferendo stare tutti
insieme piuttosto che dividersi, compresi Indil e Legolas che avrebbero
benissimo potuto salire con gli altri elfi sui flet.
Legolas guardò lo hobbit e sospirò.
“È un canto d’addio a Gandalf, ma non me
la sento di tradurlo. Troppo è il mio dolore”
disse e Sam si trovò ad annuire.
“Non vi saranno sicuramente versi sui suoi fuochi
artificiali.” Il figlio del Gaffiere si alzò in
piedi cominciando a declamare una poesia ma poi, rendendosi conto che
non era come se l’era immaginata, sbuffò
arrendendosi e tornò a sedersi vicino a Frodo.
Aragorn,
che stava vicino a Boromir, si alzò per accostarsi a Legolas.
“Ti posso parlare un istante?” domandò
all’elfo che annuì, incamminandosi con
l’amico a fianco.
Aragorn osservò il profilo di Legolas mentre si fermavano in
uno spazio poco distante dagli altri compagni.
“Ti vedo turbato, amico mio” pronunciò
l’uomo in elfico, e Legolas piano annuì.
“Vedo che anche tu provi pena, Aragorn. Non nascondermi i
tuoi pensieri, non a me.”
Aragorn lo fissò, fissò lo sguardo serio di
Legolas, il suo corpo e i suoi vestiti: l’elfo si era
cambiato preferendo abiti appropriati alla bellezza di Lorien, e quindi
indossava una tunica argentata che lo faceva risplendere come una
stella.
Preferì dirgli la verità piuttosto che ricorrere
al mutismo che aleggiava fra di loro ultimamente, così
l’uomo parlò: “Vi è un peso
nel mio cuore da quando siamo partiti da Gran Burrone, dove sentii una
profezia che mi riguardava. -
Trova l’amore e la spada che fu spezzata arriverà
a te -. Ma in questi tempi, amico mio, dove
troverò l’amore?”. Si interruppe come a
cercare le parole e il cuore di Legolas si spezzò. Amore? Il
suo amico voleva trovare l’amore?
“Ho perduto Arwen, lei non ce l’ha fatta a stare al
mio fianco, e io ho paura di non riuscire a trovare la forza
per… prendere la spada” continuò il
ramingo interrompendosi, il fiato spezzato e il volto fiero e stanco.
Legolas si avvicinò all’amico e gli prese le mani
fissandolo negli occhi. “C’è
già chi ti ama, Aragorn, chi ti ama di un sentimento
più forte dell'amicizia.” Deglutì e
posò la sua bocca su quella dell’amico.
Fu solo uno sfiorarsi di labbra, ma che bastò ad Aragorn.
Capì che l’Elfo l’amava.
Quando Legolas si staccò dall’uomo, lo
fissò. Non sembrava disgustato, ma solo sorpreso da tal
gesto.
Anche Legolas era meravigliato di se stesso: il tutto era avvenuto
senza pensieri, non era da lui fare una cosa così
irriflessiva.
Il successivo passo di Aragorn, però, lo lasciò
senza parole. L’uomo lo prese per la nuca e lo sospinse
contro un albero, dove ricambiò con passione il bacio che
gli aveva dato. Legolas aveva avuto diversi amanti, ma quel bacio fu di
gran lunga diverso da ogni altro che avesse mai
ricevuto, e per lui significò tutto.
Aragorn si staccò e lo fissò negli occhi, gli
accarezzò la pelle candida del volto. “Non vorrei
mai farti del male, Legolas” pronunciò con voce
tetra.
“Aragorn, sono stato io ad agire impulsivamente, non posso
negarlo. Pensaci, non voglio costringerti.” Scappò
via lontano da Aragorn, lasciandolo senza che potesse dargli una
risposta, senza che riuscisse a recriminare.
I piedi di
Legolas corsero veloci, e fu quando si rese conto di trovarsi davanti
all’Argentaroggia che il giovane principe si
spogliò: si tolse la casacca argentata e i pantaloni
rivelando un fisico asciutto e scattante, si
sciolse le trecce permettendo ai capelli di correre liberamente sulla
schiena e sul viso, quindi si immerse piano piano nel fiume,
maledicendosi per la troppa impulsività che aveva avuto con
Aragorn.
Sicuramente l’aveva spaventato e magari l'aveva anche
disgustato. Un conto era il rapporto tra due elfi maschi, un altro
quello tra due uomini; l’elfo sapeva ciò che il
popolo di Aragorn pensava riguardo a due uomini che si baciavano, e non
erano affatto bei pensieri.
Era da un po’ che si stava lasciando andare nell'acqua quando
notò due occhi vitrei fissarlo da dietro delle fronde.
Legolas sussultò e rimase acquattato nell’acqua
perché aveva riconosciuto la creatura cui appartenevano:
Gollum. Non appena l’altro se ne fu andato, l’elfo
uscì dall’acqua pensieroso.
Avrebbe dovuto ucciderlo, sì, lo sapeva bene, ma le parole
di Gandalf al consiglio l’avevano fermato dal prendere i
coltelli posati sopra ai suoi vestiti. ‘Egli potrà
avere un compito.’ Così aveva detto lo Stregone
Grigio al consiglio.
“Ah, Mithrandir, se tu fossi qui”
bisbigliò il principe mentre si rivestiva. Tornò
indietro camminando piano. Appena fu dal resto della compagnia vide
Aragorn che stava riposando e ne studiò dolcemente il bel
profilo.
Si
sedette accanto a Gimli.
“Tutto bene?” domandò il nano fissando
l’elfo sorpreso: non avevano mai scambiato tante parole,
eppure il principino gli era stato vicino a Moria, quando aveva
scoperto cos’era successo alla sua famiglia. “Non
ho voglia di parlare, Gimli” fu la risposta di Legolas e il
nano annuì, prendendo una boccata di fumo dalla pipa.
“Devo ammettere che avevi ragione, Legolas: qui si sta molto
bene. E per di più la regina è una donna
bellissima” annunciò il nano stiracchiandosi e
facendo ridere l'elfo.
“Credo che tu sia il primo nano che lo
ammetta, Gimli figlio di Gloin, ma purtroppo non è tutto
perfetto: ho visto degli occhi fissarmi mentre ero vicino ai confini.
Occhi appartenenti a una creatura oscura.”
“Perché lo vieni a dire a me, e non ad Aragorn che
potrebbe fare qualcosa?” domandò Gimli.
“Perché so che se lo dicessi a
Aragorn lo ucciderebbe. E Gandalf non vorrebbe” rispose senza
esitazione l’elfo.
Il nano annuì. “Capisco. Se è
così, manterrò il tuo segreto.” Legolas
fece un cenno affermativo con il capo, cercando al contempo sua sorella
con lo sguardo. La vide che parlottava con Boromir poco più
in là e il suo cuore si fece cupo: anche sua sorella si
stava avvicinando a un uomo, e lui ne era spaventato.
***
“Ti
vedo turbato, amico mio. Dimmi: a cosa pensi?” chiese Indil a
Boromir, sedendosi dove poco prima stava Aragorn.
Aveva notato che suo fratello e l’uomo erano andati via
insieme e non sapeva se esserne turbata oppure felice.
Era da tanto tempo che Legolas non si confidava con Aragorn, ed aveva
paura che il confronto potesse in qualche modo ferirlo.
“Sono turbato per il mio popolo, Indil, come sempre. Sono un
capitano e non sto facendo nulla per impedire la guerra.”
Indil riportò lo sguardo sull’uomo e
provò grande pena per lui. “La dama mi ha
sussurrato nella mente che cose straordinarie, per il bene, dovranno
accadere. Ma fra quanto? Gandalf, la nostra speranza, è
morto e io sono qui a portare un essere debole come il
mezz’uomo verso la rovina. Dovrei strappargli
l’anello e portarlo a mio padre” si
sfogò amaramente l’uomo. A quel punto, Indil
appoggiò la mano sul braccio di Boromir, facendolo calmare.
“Frodo riuscirà nella sua impresa, Boromir, e tu
tornerai a casa. Le guardie della bianca torre ruggiranno: -
è tornato Boromir, il nostro capitano-”. Si
fermò sorridendo: Boromir le aveva parlato, a Gran Burrone,
della Bianca Torre di Ecthelion che brillava come una lancia di perle e
d’argento. “Anzi, vi torneremo insieme. Te lo
prometto” aggiunse fiduciosa.
Gli occhi di Boromir si fecero meno scuri e sorrise, mentre notava
Aragorn che tornava dalla passeggiata con Legolas. Scambiò
uno sguardo con Indil e la vide inquieta, ma l’elfa rimase al
suo fianco, mentre Aragorn si andava a sedere vicino a lui
“Ho sentito che stavate
parlando della tua città. Ho visto Minas Tirith, tempo
fa” pronunciò l’uomo e Boromir sorrise.
“Un
giorno, le nostre vie ci condurranno lì. E la guardia della
torre leverà il grido: -I signori di Gondor sono tornati!-”
pronunciò il capitano di Gondor guardando con orgoglio verso
Aragorn, e Indil
fece un sorrisetto beandosi dell’unione ritrovata fra i due
uomini.
Aragorn fece un sorriso e annuì, sperando che potesse essere come diceva Boromir.
“Mi andrò a distendere. Un po’ di riposo
non può che farmi bene” annunciò il
ramingo allontanandosi da loro. Poco dopo si addormentò
accanto a un albero lasciando che Indil e Boromir continuassero a
discutere di vittorie e di battaglie.
***
Il
sonno di Frodo era inquieto. Incubi dimoravano nella mente dello
hobbit: c’era un oscuro signore sul trono del mondo e la
Contea era distrutta; casa Baggins era crollata e dentro vi erano i
cadaveri delle persone a lui care.
“Frodo, Frodo, desidero
parlarti.” Frodo
si svegliò di soprassalto e si voltò verso la
voce che aveva parlato: alle sue spalle la Dama Bianca si stagliava
alta e bella e sorrideva, un sorriso dolce.
“Vieni con me, Frodo Baggins” furono le
parole dell’elfa e Frodo seguì Dama Galadriel.
L’avrebbe seguita ovunque.
Non vi staremo a raccontare ciò che Frodo vide nello
specchio, né le parole usate da Dama Galadriel, in quanto
molti altri hanno già raccontato al meglio
quest’avventura.
Vi basti sapere che il mezz’uomo tornò molto
cambiato da ciò che vide e con speranza in più di
riuscire a fare qualcosa, e che la bianca Dama sarebbe presto partita
per Valinor lasciando quelle terre nelle mani degli uomini.
NOTE
E finalmente ci siamo: i due bietoloni, ehm Aragorn
e Legolas, si sono baciati *accendere fuochi artificiali qui*
purtroppo il nostro ramingo rifiuta, almeno per il momento il
sentimento per l'elfo. A parte ciò cresce anche il
sentimento fra Indil e Boromiri, anche se temo che ci vorrà
un po' di più perchè la principessa si accorga di
provare qualcosa per l'uomo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Come al solito, vorrei ricevere vostri pareri.
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Capitolo 10 *** Capitolo IX ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo
IX
La compagnia rimase per un mese e
più nella terra libera di Dama Galadriel
e di Sire Celeborn.
Gli hobbit, inutile dirlo, si fecero più cicciottelli
mangiando alla tavola
degli elfi; l’amicizia fra Legolas e Gimli si
rafforzò e alle loro passeggiate
si unirono spesso e volentieri anche Haldir e Indil.
Ogni tanto, Boromir allenava Indil, Merry e Pipino all’uso
della spada,
scoprendo così che i due hobbit erano forti
nell’uso dei coltelli e che anche
le donne sapevano combattere.
Aragorn passava parecchio tempo da solo o, a volte, con Boromir, a
guardare
gli allenamenti fra l’uomo di Gondor, gli hobbit e
l’elfa. Ogni tanto il suo
sguardo si posava su Legolas e Haldir e allora la gelosia prendeva il
sopravvento, ma si obbligava a riflettere prima di dire cosa provasse
nel suo
cuore.
Venne il giorno in cui la compagnia dovette lasciare le terre di
Lothlórien. Era una bella giornata e i membri della
compagnia porsero i saluti
alla Dama e al Sire sulle sponde del fiume Anduin.
I due elfi erano splendidi come la prima volta in cui la compagnia li
aveva
incontrati, e Dama Galadriel dette a ognuno di loro un dono prezioso: a
Sam
donò una corda elfica e una scatoletta contenente i semi di
quelle terre che
gli sarebbero serviti una volta tornato a casa; agli hobbit e a Boromir
regalò
delle custodie preziose per le loro lame; a Frodo la luce della stella
di
Earendil che sarebbe servita al portatore dell'anello per le ore
più buie del
suo viaggio; a Legolas e a Indil degli archi lavorati finemente dagli
elfi di
Lorien; a Gimli due ciocche della sua lunga chioma dorata e, infine,
ad Aragorn l’elfa donò una spilla
d'argento a forma di aquila che recava
incastonata una grande pietra verde, dono da dare a chiunque avesse
occupato il
suo cuore. A tutti inoltre ella diede dei mantelli lavorati dagli elfi
che
avrebbero nascosto i membri della compagnia quando ne avessero avuto
bisogno.
Oltre ai doni, gli elfi avevano anche offerto il cibo: bisacce di pane
lembas per tutto il viaggio furono poste nelle due imbarcazioni e
Legolas e
Indil furono felicissimi di ciò, in quanto una fetta di pane
lembas nutriva il
corpo per più giorni.
“Questo non
sarà un addio, amici, ma un arrivederci” disse la
dama con un
sorriso e fu allora che Gimli figlio di Gloin parlò,
fissando la compagnia.
“Compagni miei, devo separarmi da voi, anche se con tanto
dolore: parto per
raggiungere mio Padre alla volta della Montagna Solitaria. Non posso
non dirgli
della sventura capitata a Moria, né nascondergli la bellezza
e la gentilezza di
Dama Galadriel.”
Si sentì una risata argentina e il nano arrossì e
si inchinò davanti alla
Dama, poi rialzò il viso e vedendo che tutti erano
dispiaciuti disse con
orgoglio: “Non vi preoccupate: torneremo a intrecciare le
lame, prima della
fine.”
Poi salutò ognuno di loro e quando fu davanti a Legolas e a
Indil pronunciò
le seguenti parole: “Non posso non dire di essere sorpreso
dall’aver trovato
amici negli elfi, in due figli di Thranduil per di più, ma
il destino riserva
molti eventi imprevedibili.”
Indil si chinò fino a baciare il testone del nano che
arrossì nuovamente.
“Ti scriverò, Gimli. Meneldor è un
ottimo falco e ti troverà ovunque.”
Gimli annuì. “Grazie della premura, giovane
elfa” disse il nano e poi se ne
partì gambe in spalla, rifiutando il cavallo che pure il re
gli aveva riservato.
“Addio, Gimli figlio di Gloin, che i Valar ti proteggano e ti
facciano
incontrare i tuoi parenti.” La Dama salutò in
questi termini il nano che non si
voltò ma sorrise interiormente.
“Ebbene, un componente
della compagna ci ha lasciato, ma noi abbiamo una
missione da compiere. Andiamo amici!”. Aragorn
parlò così e fu il primo a
sedersi nella barca che avrebbe facilitato loro il passaggio
sul fiume:
gli otto compagni
non sapevano bene che
via percorrere, ma avrebbero preso le barche, navigato il fiume e una
volta
arrivati ad Amon Hen, una zona erbosa lungo le rive del lago Nen
Hithoel dove
si trovava un antico trono che si diceva avesse un potere
straordinario, si
sarebbero consultati e avrebbero deciso quale strada prendere. Boromir
aveva inutilmente protestato contro questo piano, in quanto voleva
recarsi subito alla sua città, ma rimase comunque presso di
loro, sia per
l’anello che per Indil.
***
Indil, Legolas, Boromir e Merry
salirono tutti sulla stessa barca, mentre
nell’altra presero posto Aragorn, Pipino, Sam e Frodo. Fu un
viaggio difficile e pieno di insidie e di pericoli, ma rallegrato
dalla vista degli Argonath, due enormi statue scolpite nella roccia dai
Númenóreani che rappresentavano i due grandi re
del passato, Isildur e Anárion.
“Guardate la potenza del nostro popolo” disse
orgoglioso Aragorn mentre
passavano vicino alle statue imponenti.
Tutti loro si commossero, e Boromir girò il collo quando si
allontanarono
per continuare a osservare le statue ormai lontane.
Quella visione riportò negli animi della compagna un senso
di beltà e di
purezza e in Boromir l’orgoglio di essere uno dei loro
discendenti.
Aragorn li condusse lungo il ramo
destro del lago. Sulla riva occidentale
un verde prato si stendeva dai piedi di Amon Hen sin al bordo
dell’acqua. Al di
là, il dolce colle era coperto di alberi verdi. Una piccola
fonte zampillava e
nutriva l’erba.
“Riposeremo
qui stanotte” decise il ramingo del Nord.
Tirarono in secca le
barche, che si dimostrarono esser leggere e facilmente
trasportabili, e le nascosero fra le fronde degli alberi per poi
accamparsi
nelle vicinanze della sponda del lago.
Avevano deciso di montare di guardia anche se non si vedevano nemici.
Aragorn era agitato quella notte:
si girava e rigirava nel sonno mentre
pensieri cupi gli invadevano la mente. Si svegliò infine e si
andò a sedere vicino a Frodo, che era di
guardia. “Perché sei
sveglio?” domandò il mezz’uomo.
“Un’ombra minacciosa volava nei miei sogni.
È bene
sfoderare la spada” fu la risposta di Aragorn. “Perché? Vi
sono forse dei nemici nelle vicinanze?” domandò
allarmato
Frodo.
“Vediamo cosa dice Pungolo” propose Aragorn e Frodo
sguainò la lama elfica:
tutt’intorno ai bordi si vedeva un lieve bagliore
azzurrognolo.
“Orchetti” bisbigliò lo hobbit.
“Non troppo vicini, ma nemmeno lontani.”
“Lo temevo. Domani dobbiamo esser cauti nel nostro
avanzare” bisbigliò
Aragorn e per il resto della notte rimase inquieto.
Il giorno finalmente giunse,
rischiarando le colline intorno alla compagnia
con tiepidi raggi di sole, e tutti si svegliarono.
Dopo colazione, Aragorn
convocò la compagnia.
“È giunto il momento. Dobbiamo decidere cosa fare.
La compagnia si
scioglierà? Oppure seguirà unita Frodo fino a
Mordor?”. Si fermò fissando il
piccolo e coraggioso hobbit. “E tu, Frodo, cosa deciderai?
Che strada
prenderai? Proseguiamo a piedi? Raggiungiamo Mordor da Nord? Oppure da
Minas
Thirth?” domandò, fissando il portatore
dell’anello.
“Io… non lo so” disse Frodo dopo averci
pensato su. “Andrò a riflettere,
per conto mio” borbottò alzandosi e incamminandosi
solo.
Aragorn annuì e guardò il resto della compagnia.
“E voi? Cosa pensate di fare?” domandò
ai compagni.
“Io, Merry e Pipino seguiremo il padron Frodo ovunque voglia
andare” disse
Sam con la sua piccola voce.
“Io e Indil seguiremo te, ovunque ci porterai”
aggiunse Legolas dopo aver
scambiato uno sguardo con la sorella, e Aragorn annuì.
“Qualunque decisione verrà presa da Frodo, io la
seguirò. Quindi è deciso:
la compagnia dell’anello non si scioglierà e
proseguiremo uniti verso la
vittoria” sancì Aragorn. Il suo sguardo
indugiò poi sul posto occupato da
Boromir, trovandolo però vuoto.
Nei suoi occhi subito si insinuò la paura. Dov’era
finito l’uomo di Gondor?
“Indil.”
Chiamò a sé l’elfa.
NOTE
Sono successe un sacco di cose in questo capitolo, non
è vero? Mi è piaciuto assai scriverlo, ma penso
che sia giusto darvi delle spiegazioni... l'allontanamento di Gimil: ho
fatto allontanare il nano perchè non me la sento di muovere
un pg così importante per Tolkien, vi spiego: o lo sminuerei
troppo come pure ha fatto il buon Peter Jackson, che secondo me l'ha
reso troppo "ridicolo", oppure non lo calcolerei proprio. Quindi
sì, ho deciso di eliminarlo, intanto l'amicizia fra Legolas
e Indil l'ho accennata quindi mi è sembrato un momento
addatto e poi, chi lo sa, se non si incontrerà nuovamente,
magari alla volta di una battaglia, ma ho già detto troppo.
La descrizione del viaggio l'ho presa dal libro, così come
il dialogo fra Frodo e Aragorn.
Bene, spero che vi sia piaciuto.
Come al solito vorrei ricevere vostri pareri.
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Capitolo 11 *** Capitolo X ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo
X
“Nessuno dovrebbe
rimanere da solo, tu più di tutti, Frodo.” Boromir
si
chinò a prendere della legna osservandolo malignamente. Lo
hobbit si voltò
impallidendo verso quello che un tempo chiamava amico.
“Cerchi la solitudine e
soffri, Frodo, ed io lo so, lo sento. Ma sei sicuro di non
soffrire
invano? Ci sono altre vie, altre strade da prendere” aggiunse
l’uomo di Gondor
con il viso sofferente.
“Sembrerebbe un buon consiglio il tuo, Boromir. Ma il mio
cuore mi mette in
guardia” pronunciò cauto lo hobbit allontanandosi
un po’ di più dall'uomo.
“In guardia? In guardia da cosa?” urlò
Boromir gettando la legna a terra.
“Abbiamo tutti paura, Frodo, ma lasciare che la paura ci
faccia distruggere
qualunque speranza abbiamo, non capisci, questa è
pazzia!”
“Dobbiamo distruggerlo, Boromir. Non esiste altro
modo.”
“Chiedo solo di proteggere il mio popolo!”
gridò ancora l'uomo. “Se
solamente mi prestassi l’anello… potrei
riuscirci.” Boromir si avvicinò al
piccolo hobbit che continuò a indietreggiare.
“Perché indietreggi? Non sono un
ladro.”
“Non sei te stesso” pronunciò Frodo,
come sconfitto.
“Loro prenderanno l’anello, Frodo, e tu invocherai
la morte prima della
fine! Poteva essere mio. Doveva essere mio!” urlò
Boromir avvicinandosi a Frodo
come un ubriaco, richiamato dalla potenza dell’anello.
Tentò di ghermire lo hobbit, di prendersi l'anello con la
forza, ma Frodo
riuscì a fare un altro salto indietro e a far cadere
l’uomo di Gondor per
terra; quindi il mezz’uomo prese una decisione e si mise
l’anello al dito,
scomparendo nel nulla.
“Frodo? Frodo? Che cosa ho fatto? Ti prego, Frodo... Frodo,
perdonami!
Frodo!” pianse e urlò queste parole Boromir mentre
tentava di mettersi in
piedi, ormai ritornato se stesso. Ma era troppo tardi.
Frodo era già avanti e non sentì gli urli
disperati dell’uomo.
Il piccolo hobbit corse a
perdifiato e così facendo arrivò all'antico
trono. Era chiamato il seggio della vista perché si riusciva
a vedere tutto, da
lì. Si fermò, togliendosi a fatica
l’anello dal dito e, seduto sullo scranno di
pietra, vide tutta la Terra di Mezzo, arrivando perfino a vedere
l’occhio.
Urlò e cadde dal trono. Ansimò un altro
po’ tentando di riprendersi. Poco
dopo venne raggiunto da Aragorn.
“Si… si è impossessato di
Boromir” balbettò impaurito il
mezz’uomo, e
Aragorn capì cosa intendeva. Chiuse gli occhi, poi li
riaprì e fissò Frodo.
“Dov’è l’anello?”
domandò.
“Non te lo dico” ansimò il piccolo
hobbit.
“Frodo, per favore. Sono io, Aragorn. Ho giurato di
proteggerti.”
In quel momento Aragorn sentì una voce venefica
chiamarlo. Rabbrividì, capendo che proveniva
dall'anello e chiuse la
mano dello hobbit che lo tendeva verso di lui. Non voleva
l’anello. Lui,
Aragorn, desiderava un regno di pace.
“Riusciresti a proteggermi anche da te stesso?”
domandò Frodo.
“Sarei venuto con te fino alla fine. Fra le fiamme di
Mordor” ammise l'uomo
senza esitazione, e Frodo annuì.
Poi sentirono il suono di un corno di guerra, un corno degli orchetti,
e
Frodo rabbrividì prendendo Pungolo.
La lama era diventata tutta azzurra.
Aragorn prese la sua spada e guardando lo hobbit negli occhi
mormorò: “Va,
Frodo. Scappa.”
Lo hobbit annuì e corse via, sapendo che quella era
l’ultima volta che
avrebbe visto l’uomo, almeno per molto tempo a venire.
Gli Uruk-hai arrivarono a frotte e Aragorn si gettò nella
mischia. Fu in
quel momento che venne raggiunto da Legolas, arco e pugnali in mano.
L’elfo gettò uno sguardo all’uomo che
annuì e insieme cominciarono a
duellare, fianco a fianco.
Indil aveva raggiunto Boromir nel
momento in cui l’uomo disperato si
riprendeva dall'incontro con lo hobbit.
“Cos’è successo?”
domandò l’elfa.
“Ho… ho tentato di prendere l’anello a
Frodo. Sono stato debole, ho ceduto
al male.”
“Non hai capitolato. Sei ancora qui. Possiamo
rimediare.” Indil lo fissò
cercando di farsi guardare, dato che l’uomo guardava ovunque
tranne che lei.
Fu in quel momento che Boromir capì: per estirpare il male
ci voleva un
atto grande.
“Ce la faremo, Indil. Ce la faremo”
mormorò guardando l’elfa, che annuì. In
quel momento videro una marea di Uruk-hai dirigersi verso un punto
preciso
della foresta.
L’uomo prese la mano dell’elfa e insieme andarono
in quella
direzione, le lame in pugno.
Frodo corse via dalla battaglia e
incrociò Merry e Pipino, celati fra le
fronde di un albero. I due giovane hobbit gli fecero segno di andare a
nascondersi con loro, ma quando capirono che Frodo non li avrebbe
ascoltati si
immobilizzarono. Poi videro un manipolo di Uruk giungere in quella
direzione
così, per dare modo al loro amico di scappare, si alzarono
urlando parole
sconnesse per farsi notare e attirare l'attenzione dei nemici.
Gli
Uruk li videro e andarono loro incontro. I due hobbit
fuggirono via e si incrociarono con Boromir e Indil.
I due combatterono fianco a
fianco uccidendo più Uruk possibili, aiutati
dai due giovani hobbit che, con pietre e sassi, riuscirono a mettere
fuori
gioco anche loro degli inseguitori. Un grosso e orribile Uruk-hai venne
loro
incontro, avvicinandosi letale. Dette una sberla all’elfa e
lei crollò a terra
come un giglio strappato dal terreno. Altri Uruk-hai presero
gli hobbit,
portandoli via.
Boromir urlò gettandosi sull’enorme Uruk, ma il
nemico prese la mira e gli
scagliò una freccia nel cuore.
Boromir urlò, prese il corno di Gondor che portava sempre
con sé e ci
soffiò dentro. L’Uruk ruggì e si
avvicinò ancor di più all’uomo.
Boromir
ferì l’Uruk-hai al braccio, ma
quest’ultimo
non indietreggiò e probabilmente avrebbe scagliato
un’altra freccia nel petto dell’uomo, uccidendolo
definitivamente, se una
saetta lanciata dall’alto non l’avesse distratto.
Legolas era letale e mortale mentre lanciava frecce che si abbattevano
sul
Uruk. Il nemico lasciò perdere Boromir per dirigersi a passo
pesante verso
l’elfo.
Proprio quando il mostro stava per raggiungere Legolas
arrivò Aragorn, che
mozzò la brutta testa ponendo così fine alla vita
dell’immonda creatura.
In quel momento Indil riprese i
sensi e Legolas corse
verso di lei per accertarsi delle sue condizioni.
“Ho
solo un
tremendo mal di testa, Legolas. Sto bene!” disse Indil, per
poi voltarsi verso
Boromir.
L’uomo era
riverso a terra: vicino a lui c’era Aragorn che aveva
estratto la freccia dal
suo petto; un fiume rosso sgorgava dalla ferita. Ma
era ancora vivo e ansimava a occhi semi aperti.
Indil
prese la boccetta che le aveva donato Arwen e corse verso i due uomini.
Legolas
la seguì incuriosito “Dove l’hai
presa…? Quello è un cordiale tratto da un
fiore magico, che sorge solo a Morodr.” disse
l’elfo sorpreso quando arrivarono
vicino agli altri due uomini indicando con un cenno del capo la
boccetta.
“Me
l’ha data Arwen, ho letto nei libri di Gran Burrone che
questa pozione guarisce
immediatamente ogni ferita se lo si beve nei tempi
prescritti.” rispose in
fretta Indil. Boromir, intanto disteso a terra tentava di parlare, ma
senza
successo. “Shhh”
bisbigliò l’elfa, chinandosi in
modo tale da arrivare all'altezza del viso dell’uomo.
Con forza
stappò il tappo della boccetta e versò il
cordiale nella bocca di Boromir:
l’uomo singhiozzò e chiuse gli occhi.
Per parecchio
tempo i tre compagni stettero a osservare il bel volto di Boromir
disteso, come
morto.
Poi, però l’uomo
di Gondor tossì e aprì gli occhi e si mise a
sedere.
“Non ci posso
credere… è guarito.” Aragorn era
impressionato, e Boromir si toccò il petto,
aprì la casacca e tutti notarono che le ferite erano
rimarginate. “Ha
funzionato.” Bisbigliò piano Indil toccando il
petto dell’uomo, muscoloso e
soprattutto sano. “Grazie.” Disse
solamente Boromir lo sguardo finalmente in pace e intenso rivolto verso
la
giovane elfa.
Come un
fulmine
gli passò davanti agli occhi il ricordo di quello che aveva
fatto: i due
hobbit, della lotta contro gli Uruk-hai e della fuga, spaventosa di
Frodo da
lui e guardò Aragorn con sguardo ferito e un po’
impaurito.
“Hanno… preso i
piccoletti… Gli Uruk… hanno preso Merry e Pipino.
E io… ho tentato di prendere
l’anello a Frodo. Dov’è
Frodo?” domandò.
“L’ho lasciato
andare” ammise Aragorn e Boromir guardò i tre
compagni in faccia, sconvolto.
“Potete
perdonarmi?” domandò. I tre compagni
lessero nel suo sguardo vero
pentimento e Aragorn
gli si avvicinò abbracciandolo.
Bastò questo gesto, e sul volto del
capitano di Gondor sgorgarono delle calde lacrime.
“Dov’è Sam?”
domandò Indil ricordandosi del piccolo hobbit.
Aragorn
posò lo sguardo sull’elfa. “Deve aver
seguito Frodo. Verso Mordor.”
La principessa chiuse gli occhi, capendo il pericolo che correvano i
due
hobbit e che, allo stesso tempo, loro non potevano fare più
nulla per i due
coraggiosi mezz’uomini.
“Che ne sarà di noi?” chiese Legolas
fissando Aragorn negli occhi.
L’uomo si avvicinò ai due elfi e posò
le mani sulle spalle di entrambi.
“Non lasceremo che Merry e Pipino siano prigionieri a lungo.
Inseguiremo gli
orchetti fino a quando le forze ce lo permetteranno e anche
oltre!” pronunciò
l’uomo con gli occhi fiammeggianti di furore
combattivo.
Poi si rivolse a
Boromir. “Verrai con noi? Ci serve anche la tua
forza.”
“Ti seguirò ovunque tu vada, mio capitano. Mio
re” pronunciò Boromir.
Aragorn abbassò il capo, sinceramente commosso.
“Bene, allora
andiamo. Saremo i quattro cacciatori. Viaggeremo leggeri, a
piedi” disse e con
passo sbrigativo fu il primo a liberarsi dei bagagli che riteneva
superflui.
NOTE
Buonsalve. si stanno per
concludere quasta prima parte di avventure di Indil e company. Boromir
è salvo #yeah! e tutto il resto è andato come
doveva andare: Merry e Pipino sono stati catturati dagli Uruk, Frodo e
Sam sono partiti per conto loro (ma con sorpresa), e Indil,
Boromir, Aragorn e Legolas diventeranno la compagnia dei quattro
cacciatori. Spero che il capitolo, quasi conclusivo vi
piaccia.
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Capitolo 12 *** Epilogo ***
Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Epilogo
Frodo riuscì a fuggire
da Boromir e dagli Uruk-hai,
divenuto invisibile grazie alla potenza dell’unico anello.
Corse, il piccolo
hobbit, con le lacrime agli occhi; due volte inciampò e due
volte si rialzò.
Arrivò finalmente alla riva del lago, dove avevano lasciato
le barche.
Si tolse l’anello e, con mano tremante, rimosse le
fronde che avevano coperto le imbarcazioni per quella notte.
Sarebbe partito, solo, e sarebbe giunto a Mordor, dove
avrebbe gettato l’anello nel monte Fato e si sarebbe liberato
di quella
sofferenza che aveva fatto impazzire Boromir.
Pregò che il Gondoriano
si salvasse, dopotutto era un brav’uomo.
Mise la barca nel lago sentendo freddo quando il piede
peloso entrò in contatto con l'acqua, si issò a
fatica al suo interno e
incominciò a remare, guardando indietro. Sentì
una voce disperata chiamarlo dal fondo della
boscaglia, lungo la stessa strada che aveva percorso lui poco prima.
Si voltò verso la direzione della voce per vedere il
suo fidato giardiniere venirgli incontro. “Sam!”
urlò a sua volta Frodo,
spingendo il remo nella sabbia per tenere ferma
l’imbarcazione. Sam corse verso
di lui, fino a che non entrò in acqua.
Lo hobbit non sapeva nuotare e difatti lentamente
affondò mentre raggiungeva il suo padrone.
Frodo dette una spinta alla barca nella direzione di
Sam, e prese il giovane giardiniere per la mano facendolo sistemare
sull’imbarcazione.
Sam sorrise e arrossì per l’imbarazzo.
“Non devi perderlo, Samvise Gamgee”
balbettò il
giardiniere ripetendo le parole di Gandalf. “E non intendo
farlo” completò la
frase Sam guardando negli occhi stanchi del suo padrone.
Quest’ultimo rise e lo abbracciò.
“Benvenuto a bordo,
Sam. Non sarà una traversata facile, abbiamo poco cibo
e…”
Sam zittì il suo padrone per la prima volta. “Non
c’è
problema, padron Frodo. Sento che è un viaggio che devo
intraprendere” disse
coraggiosamente e Frodo non poté che sorridere,
incominciando a remare.
***
Le paludi fetide
erano una terra spoglia e grigia
quando gli hobbit ci misero piede dopo giorni di viaggio lungo il fiume.
“Dunque, è là che
finirà” mormorò Sam guardando, dalla
cima di un’altura, il luogo inesplorato oltre una catena di
monti in lontananza
e rabbrividendo.
“Sì. È esattamente
così” disse Frodo guardando
malinconicamente Mordor, che era dominata dal Monte Fato, un vulcano in
eruzione perenne dove avrebbe dovuto gettare l’anello
facendolo scomparire per
sempre dalla faccia della Terra.
Si toccò la catena dov’era agganciato
l’unico e
ragionò che forse non doveva farlo, che sarebbe stato meglio
per tutti se lo
avesse tenuto con sé; un’ombra cupa apparve sul
suo viso e Sam rabbrividì.
“Padron Frodo?”
“Speriamo che gli altri ci arrivino più
facilmente”
bisbigliò lo hobbit dagli occhi azzurri.
“Ci penserà Granpasso a loro” disse Sam
convinto.
Frodo gli sorrise e fu come se l’ombra scomparisse dai
suoi occhi. “Sai Sam? Mi fa piacere che tu sia venuto con
me” disse poggiando
la mano sulla spalla del giardiniere, che rispose al suo sorriso.
Fra le fronde
alte di una pianta avvizzita, una donna
fissava la coppia di giovani hobbit che scendevano dal pendio verso le
paludi
fetide, in direzione di Mordor: aveva capelli castano-rossicci
lunghissimi, che
arrivavo fino al sedere, e un volto affilato e allungato
com’è tipico degli
elfi; ella stringeva una lama come fosse stata la sua vita.
Sorrise fissando le spalle dei giovani hobbit. Non
sarebbero stati soli in quel viaggio impervio, non più.
Scese dall’altura anche lei per seguire come
un’ombra
Sam e Frodo.
In lontananza, un volto grigiastro e brutto come la
morte fissava avidamente il Portatore dell’Anello.
THE END.
NOTE.
Salve a
tutti, finalmente ce l'abbiamo fatta! Questa fanfic
è finita!!! La prima fanfic che concludo dopo parecchio
tempo in cui scrivo un solo capitolo, magari XD! Comunque per
precisare: ci sarà una seconda parte! Ci sto lavorando.
Mi raccomando: fatevi sentire con i commenti. <3 Devo anzi
ringraziare Eveliny e Jarmione, per i commenti. <3
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