Stuck in time

di DonutGladiator
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “Super Smash Hero IV” ***
Capitolo 2: *** Routine ***
Capitolo 3: *** Sex on the beach ***
Capitolo 4: *** Dove eravamo rimasti? ***
Capitolo 5: *** Il loro piacevole sbaglio ***
Capitolo 6: *** Regalo ***
Capitolo 7: *** Il desiderio ***
Capitolo 8: *** Famiglia ***
Capitolo 9: *** Alla luce della luna ***
Capitolo 10: *** Riposo ***
Capitolo 11: *** Il cammino dell'eroe ***
Capitolo 12: *** Rinunciare a un sogno ***
Capitolo 13: *** La loro felicità ***
Capitolo 14: *** la dura vita di un prete ***
Capitolo 15: *** Uno stupido testone ***
Capitolo 16: *** Il festival di Fuyuki ***
Capitolo 17: *** La freccia finale ***
Capitolo 18: *** Dolce al cucchiaio ***
Capitolo 19: *** Rivalità ***
Capitolo 20: *** Questione di carattere ***
Capitolo 21: *** Ingenuità ***
Capitolo 22: *** Ipocrisia ***
Capitolo 23: *** Una ragazza cattiva ***
Capitolo 24: *** Detective Taiga in azione! ***
Capitolo 25: *** Rimani ***



Capitolo 1
*** “Super Smash Hero IV” ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Supereroi
 
“Super Smash Hero IV”


-Shirou! Shirou! Guarda cosa mi ha prestato la sorellona!- esclamò la ragazzina trotterellando verso Shirou, mostrando la custodia di un videogame di circa quindici anni più vecchio di loro.
Lanciò uno sguardo incuriosito alla custodia, leggendo il titolo “Super Smash Hero IV”.
-Ilya, non so se…-
-Giochiamo!-
Inutile tentare di distoglierla da suo obiettivo. Se si metteva in testa qualcosa doveva essere accontentata, e Shirou era proprio incapace a dirle di no.
Rin lo guardò con un cipiglio severo, le braccia incrociate e lo sguardo di qualcuno che non approva per niente i comportamenti dell’altro.
Sospirò, passandosi una mano dietro il collo.
-E va bene.-
La ragazzina emise uno squittio eccitato e si catapultò verso il televisore e la console, inserendo il gioco.
La schermata si accese all’improvviso e una serie di personaggi fece la sua comparsa. Ilya fece un fischio sorpreso nel vedere tutti quei personaggi.
-Sono supereroi!- esclamò, come se non avesse mai avuto niente a che fare con un gioco come quello. Shirou non poté fare a meno di sorridere, passandole una mano sulla testa.
-Chi ti va di fare?- domandò il ragazzo, mentre osservava i vari personaggi, optando per quello che gli piaceva di più a livello di grafica, non avendo la minima idea di cosa potessero fare i vari eroi. Il suo era il classico tipo con un braccio meccanico, che probabilmente avrebbe fatto qualche getto strano.
La ragazzina ci pensò un attimo, prima di scegliere il proprio personaggio, ma poi sorridendo lo mostrò a Shirou, che non si sorprese di notare che aveva scelto anche lei in base alla grafica. Era un’eroina con un completo rosa e un mantello svolazzante. Molto carina.
Ready? Fight!
Urlò il gioco, dando via alla battaglia tra i due eroi scelti, che si sfidavano a suon di palle di fuoco e getti di magia violacea.
-Che cos…- Shirou si trovava decisamente in difficoltà.
Ilya riusciva a muovere così bene il suo personaggio, che gli HP del proprio erano calati sin dai primi minuti in maniera drastica.
-Ho vinto!- esclamò la ragazzina, sorridendo e saltando contenta: -Sono il più forte supereroe di sempre! Ho vinto! Ho vinto!-
Shirou borbottò qualcosa di incomprensibile, per poi appuntarsi mentalmente di dire alla sorellona Fuji di non tirare più vecchi giochi dal cilindro.
Giocarono altre cinque, intense e difficili partite.
E furono tutte vinte dall’eroe rosa della piccola Ilya, con sommo disappunto di Shirou.
 

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Capitolo 2
*** Routine ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Crepuscolo

 
Routine


Non capì mai perché si presentò a casa di Shirou, quel giorno di ormai un anno e mezzo prima. Ricordava però le sensazioni che provò nel bussare alla porta, la pioggia gelida che le bagnava le ossa e la faccia tosta dell’imporsi come un aiuto nelle faccende domestiche.
Usando quella stupida scusa a cui credeva non sarebbe mai cascato, ma che invece, il ragazzo aveva dato per buona.
Quando poi Shirou aveva tolto la fasciatura, riuscendo a portare a compimento tutte le faccende come un tempo, Sakura avrebbe dovuto andarsene ma qualcosa l’aveva trattenuta a casa del ragazzo.
Si era abituata alla sua presenza. Ad essere con lui a colazione e a cena.
In compagnia di qualcuno che provava un sincero affetto nei suoi confronti, al contrario dei membri di quella che le avevano detto di chiamare “famiglia”.
Ogni mattina si svegliava quando ancora era buio in cielo e mentre il crepuscolo avvolgeva la città, arrivava alla residenza di Shirou.
Era diventata un’abitudine così radicata in lei, che quando doveva presentarsi agli allenamenti del club e non poteva passare a casa del senpai, soffriva per non essere riuscita a vederlo.
Osservò il riflesso rosato all’orizzonte attendendo che il sole con l’alba facesse capolino nel suo campo visivo.
-Sakura!- una voce familiare le arrivò alle orecchie. Shirou stava correndo verso di lei, urlando il suo nome e agitando una piccola scatolina.
Si fermò davanti a lei e riprese fiato, sorridendole con un'espressione gentile subito dopo.
-Hai dimenticato il pranzo.- disse, passandole la scatola.
-G-grazie, senpai.- rispose con gratitudine, recuperando il pranzo dimenticato: -Potevi darmelo più tardi a scuola.-
-Oh, beh, non verrò quest’oggi a scuola.-
Sakura abbassò lo sguardo. C’era qualcosa che lui continuava a tenerle nascosto.
-Capisco. Beh, grazie per avermi portato il pranzo.-
Shirou sorrise e le fiorò i capelli: -Ci vediamo questa sera a cena, cucinerò il tuo piatto preferito.-
La ragazza ritrovò il sorriso, illuminandosi, come il sole che cominciava ad albeggiare.

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Capitolo 3
*** Sex on the beach ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Sex on the beach
Pairing: Kirei/Gilgamesh

 
"Mi annoio"


 
La vita di un servant che era rimasto nel mondo umano era monotona e ripetitiva.
Con Kirei che non gli permetteva di muoversi liberamente come avrebbe voluto, Gilgamesh passava le sue giornate a dormire e le sue serate fuori, a girare per gli ormai noti bar della città di Fuyuki.
Ormai tutti i passatempi che all’inizio sembravano divertenti, come la scoperta dei passi avanti della tecnologia, erano diventati monotoni e divertirsi per davvero era difficile.
Il fatto poi che non invecchiasse, gli creava non pochi problemi.
Per qualche anno aveva anche provato ad andare in una scuola, ma si era stufato quasi subito di quel ciclo infinito di lezioni e obblighi e aveva lasciato.
La chiesa lo annoiava, e anche se ogni tanto ascoltava i sermoni di Kirei, non era veramente una cosa che gli dava soddisfazioni.
Lavorare era fuori discussione, anche se dopo qualche tempo Kirei gli aveva tagliato i fondi e lo aveva obbligato a trovarsi una fonte di reddito che gli pagasse le cose che voleva.
Inaccettabile.
Fortunatamente aveva i suoi modi per ottenere ciò che voleva, e anche il lavoro era durato per breve tempo.
-Kirei. Mi annoio.-
Il prete lo guardò dubbioso ma ormai abituato alle sue richieste. Sospirò, per poi chiudere il libro che stava leggendo e avvicinarsi a lui, spaparanzato come sempre sul divano, un calice di vino tra le mani e l’espressione malevola solita, che a lui irritava terribilmente.
Quando aveva espresso quel desiderio, non aveva calcolato ai contro della sua presenza perennemente attaccata al fondoschiena e le sue lamentele nel cercare sempre qualcosa che lo stimolasse.
Non gli piaceva nemmeno guardare la televisione, a parte qualche vecchio documentario storico e i giochi a premi, che erano veramente la sua più grande debolezza.
Peccato che la fascia oraria di questi ultimi fosse relativamente breve, e Gilgamesh non amava sforzare troppo gli occhi davanti alla televisione, che lui definiva come “quel demoniaco oggetto”.
-Cosa vuoi che faccia per farti divertire?- chiese, retorico.
-Non quello a cui stai pensando. Non ne ho voglia stasera.- liquidò lui, dandogli il proprio bicchiere per poi alzarsi in piedi per avviarsi alla cucina: -Voglio bere qualcosa di diverso dal vino. Ci sono tutti gli ingredienti, vero?-
Kirei sospirò, annuendo.
C’erano poche cose che rendevano Gilgamesh di buon umore.
La prima era il sesso. Di qualsiasi tipo e con qualsiasi persona che lo interessasse un minimo, compreso lui stesso, almeno la maggior parte delle volte.
La seconda, era l’alcool. Di qualsiasi genere.
Lo aveva portato in molti locali, ma lui aveva sempre preferito il vino a qualsiasi altra cosa alcolica gli avesse fatto provare.
A parte un cocktail.
Non sapeva perché, ma Gilgamesh, il re dei re, era un fan accanito del “Sex on the Beach”.
E la cosa, lo faceva divertire in maniera assurda.
Aprì lo sportellino basso della cucina, tirando fuori la vodka, un liquido ambrato alla pesca e gli altri due ingredienti per preparare il cocktail.
Kirei si avvicinò al frigo, tirando fuori il ghiaccio.
-Non capirò mai questa tua passione per questa roba. È così dolce che somiglia più a uno sciroppo che a un cocktail.-
Gilgamesh rise, tirando fuori la ciotola per shakerare.
-Non hai provato la mia versione alternativa.-
Praticamente più vodka che altro, il che gli faceva quasi più ribrezzo del cocktail originale.
Iniziando a mescolare i vari ingredienti, Gilgamesh diede prova delle mosse che aveva imparato negli anni passati nei bar.
-Potresti farti assumere come bartender. Non è male guardarti mentre mescoli i vari ingredienti. Faresti un notevole successo.-
Gilgamesh rise di nuovo.
-Mi stai adulando perché vuoi qualcosa in cambio, Kirei?- domandò, agitando per l’ultima volta il preparato.
Il prete prese due bicchieri lunghi precedentemente riempiti con dei cubetti di ghiaccio e li tese verso di lui, aspettando che li riempisse del liquido.
-Al contrario.-
Gilgamesh versò il cocktail nei bicchieri e poi allungò la mano, chiedendo tacitamente all’altro di passargli il bicchiere.
Il prete sorrise, abbassando lo sguardo e lasciando nella sua mano quello più capiente, portando alle labbra l’altro, facendo una delle sue espressioni disgustate dalla dolcezza di quella brodaglia che aveva preparato.
-Davvero. Non capisco come tu faccia a bere una cosa così disgustosa.-
 

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Capitolo 4
*** Dove eravamo rimasti? ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Frutta e verdura
Pairing: Shirou/Rin
Dove eravamo rimasti?

 
-Emiya, insegnami a cucinare!-
Tohsaka se n’era uscita con questa richiesta improvvisa, parandoglisi davanti a scuola, non lasciandogli alcuno scampo o scelta.
Shirou aveva dovuto accettare, un po’ per via dello sguardo deciso che aveva l’altra ragazza, un po’ perché era contento che Tohsaka lo avesse chiesto proprio a lui.
Le aveva dato appuntamento quella stessa domenica a casa sua e poi si erano separati, la ragazza tutta pimpante e felice di avergli estorto quella promessa.
Quella domenica, di prima mattina, Shirou uscì di casa di buon ora, pronto a fare i suoi giri al mercato, per recuperare tutte le cose che potevano essergli utili.
Passò dal pescivendolo, comprando un bello sgombro pescato poche ore prima e poi dal verduraio, recuperando vari tipi di verdura in gran quantità, sapendo cosa far fare alla ragazza come primo piatto.
Alle 9 di mattina, la giovane maga bussò alla sua porta, Rin indossava un vestito anche troppo sobrio e i capelli legati in una coda alta, tra le mani teneva una busta piena di mele. Shirou arrossì, trovando che quella pettinatura le donasse particolarmente, lasciandole il collo scoperto ma non le disse niente se non le normali frasi di routine di accoglienza.
Saber si stava allenando nel dojo, mentre Ilya stava riposando, dato che la sera precedente avevano giocato fino a tardi ai videogiochi.
-Bene. Sono pronta. Insegnami.-
Shirou le illustrò per bene tutti i vari coltelli, poi, le fece vedere come tagliare cipolle, porri, carote e verza, lasciando che anche la maga provasse a imitare i suoi gesti, che sembravano anche troppo veloci per un normale essere umano.
-È impossibile Shirou! Come hai imparato a tagliare la verdura così?- domandò, all’ennesimo scivolare del coltello sul tagliere.
Shirou rise divertito da quelle parole e l’espressione della ragazza, demoralizzata per non riuscire a seguire il suo ritmo.
-Anni di pratica. Aspetta, guarda, ti faccio vedere io. Con la frutta è più facile.- il ragazzo prese una mela e la posò sul tagliere, dividendola prima in quattro parti. Poi, passò il coltello a Rin, mettendosi dietro di lei, posando la mano su quella della ragazza e avvicinando il volto al suo orecchio, sussurrandole come doveva muovere il coltello.
-Su e giù, in questo modo. Con delicatezza per poi dare un movimento più veloce alla fine.- la sentì sussultare al suono della sua voce e sentì il suo corpo farsi più rigido mentre le guidava la mano, che ormai stava andando per inerzia, dato che Rin sembrava essersi persa in chissà quale mondo tutto suo.
-Cosa state facendo?- esclamò Ilya entrando nella cucina.
-N-niente!- esclamò Shirou staccandosi immediatamente dalla ragazza e solo allora, si accorse delle punte delle orecchie che erano completamente rosse dalla vergogna.
Rin fece un respiro di sollievo e si abbassò in ginocchio, nascondendo il volto tra le mani, mentre afferrava un cavolo posato sul ripiano più in basso del bancone della cucina.
-Emiya mi stava insegnando come tagliare frutta e verdura.- disse, posando il cavolo sul tagliere, iniziando a tagliuzzarlo con lentezza ma con notevole minuzia.
-Che noia!- cinquettò Ilya, voltandosi e scomparendo dalla cucina.
-Allora. Dove eravamo rimasti?-
 

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Capitolo 5
*** Il loro piacevole sbaglio ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: trattenere i gemiti
Pairing: Medea/Soichiro (esplicito)

 
 
Il loro piacevole sbaglio


-Mmmh- una voce femminile si trattenne dal gridare dal piacere.
L’uomo si mosse con più decisione, massaggiando con fermezza e allo stesso tempo dolcezza quel punto delicato, che alla giovane servant sembrava piacere da impazzire.
-Master… sì. Proprio lì…- si lasciò scappare, inclinando appena la testa all’indietro, stringendo il lembo del lenzuolo tra le sue mani.
-Ssh.- mormorò lui, continuando a muovere le mani: -Non urlare troppo forte o ci sentiranno. Non è il caso che mi scoprano a fare questo genere di cose con una donna. Non in un tempio.-
Medea si trattenne dal gemere dal piacere di un tocco più forte dei precedenti.
-Mi dispiace…- sussurrò, in estasi.
Non le era mai capitato che qualcuno le facesse un simile servizio. Aveva incontrato solo brutte persone nella sua vita precedente, e mai nessuno si era preso la briga di chiederle di cosa aveva bisogno.
Avevano tutti preso qualcosa da lei, per poi abbandonarla nella miseria e infelicità.
Ma Soichiro era diverso.
Gli mise una mano sul capo e lo avvicinò a lei. Non le importava di quello che stavano facendo, non le importava della guerra, voleva soddisfare il suo master e prendere il Graal per lui.
-Baciami.- supplicò, volente di desiderio.
-Non possiamo.-
La donna ignorò quelle parole e premette le labbra su quelle dell’assassino. Si staccò poco dopo, respirando pesantemente, ancora scossa dai brividi di piacere.
-Sei contenta adesso?- domandò lui, con l’ombra di un sorriso appena accennato sul volto.
La maga annuì e poi trattenne di nuovo un gemito, quando lui, dopo averla preparata abbastanza, si insinuò dentro di lei permettendole di recuperare il mana di cui aveva disperatamente bisogno.
-Soichiro…- sussurrò, mentre gli metteva le mani dietro al collo, in estasi dal suo possederla completamente: -… di più.-
L’uomo esaudì quella sua richiesta, aumentando il ritmo, per poi abbassarsi verso di lei e chiuderle la bocca con le sue labbra, facendo quello che si era giurato in precedenza di non fare. Iniziava a provare dei sentimenti per quel servant.
E se aveva capito bene come funzionava quella guerra in cui era stato catapultato, questo era quanto più di sbagliato potesse fare.

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Capitolo 6
*** Regalo ***


Questa storia partecipa al XOWT8
Prompt: Fuochi d'artificio
Pairing: Archer/Rin

Regalo
 

La prese sottobraccio e fece un balzo.
-A-archer!- esclamò la giovane maga, mentre, nel buio della notte si faceva portare dal proprio servant in un posto sconosciuto.
-Voglio farmi perdonare.-
La ragazza strinse le labbra, non rispondendo a quelle parole, dubbiosa di quanto Archer le avesse appena detto.
Era vero che il suo servant aveva molte cose per cui farsi perdonare, ma era assurdo quello che stava facendo. Portarla nel bel mezzo della notte in un posto sconosciuto, con ancora nemici che aspettavano nell’ombra l’occasione giusta per coglierli di sorpresa e tendergli un'imboscata…
Non era un comportamento cui avrebbe dovuto dare seguito, ma non era riuscita a rivelare tutte le sue perplessità al suo Archer, e gli aveva permesso di portarla dove desiderava, senza opporsi troppo.
Si fermarono su una collina nella foresta poco fuori la città, le stelle splendevano in un cielo sgombro dalle nubi. Era il punto perfetto per ammirare in tranquillità la volta celeste.
Ma Rin, impaziente, si spazientì dopo qualche istante di silenzio, non capendo perchè fosse stata condotta in quel luogo.
-Beh? Cosa siamo venuti a fare qui?- domandò la ragazza, cercando un cartello con su scritte le scuse del proprio servant, o una cosa che si avvicinasse a quella sua fantasia.
Un fischio si levò nell’aria.
Poi uno scoppio.
-Eccoli.-
Tante piccole luci rosse brillarono nel cielo, mostrando il primo fiore di fuoco. Rin rimase a bocca aperta per lo spettacolo.
Una scarica di fuochi d’artificio continuò a susseguirsi nel cielo notturno, muovendosi nelle più splendide coreografie, facendo risplendere i colori accesi nel buio della notte.
-Buon compleanno, Rin.- sussurrò il servant, prendendo le sembianze di Shirou, avvicinandosi a lei, dandole un tenero bacio sulla guancia: -Questo è il mio regalo per te. Mi dispiace essermi scordato del tuo compleanno.-
La ragazza strabuzzò gli occhi, sorpresa e confusa da quanto appena accaduto.
Poi si svegliò.
Il respiro era affannoso, il pigiama le si era appiccicato addosso a causa del sudore. Provava una sgradevole sensazione, come se avesse curiosato in qualcosa che sarebbe stato meglio non vedere.
Solo dopo pochi giorni sarebbe arrivata alla soluzione di cosa rappresentasse veramente quel sogno.
Quando già la vera identità del suo Archer era stata svelata.
 

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Capitolo 7
*** Il desiderio ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Traguardo
Pairing: Kotomine/Gilgamesh

Il desiderio


Lo guardò come fosse la prima volta che riusciva a vederlo.
Gli occhi sgranati spaziavano per il luogo in fiamme, fermandosi su ogni minimo particolare. Tra il nero cupo dei detriti e il rosso delle fiamme, qualcosa divergeva. Gilgamesh, con i suoi capelli dorati e il corpo nudo, era seduto sopra quella che doveva essere stata un’abitazione e che ora era solo un blocco di cemento senza alcuna funzione.
-Questo è ciò che hai desiderato.- disse il servant con un ghigno.
Kirei recuperò un manto scarlatto e glielo passò, tornando poi a guardare quello che a quanto pareva era il suo desiderio.
Era tutto così…
Perfetto.
Gli sfuggì una risata che aumentò sempre più dalle sue labbra.
Lui che non rideva mai, finalmente, davanti a una simile devastazione, davanti alla realizzazione di quello che celava la propria anima, era scoppiato a ridere.
Gilgamesh lo guardò incuriosito dalla reazione, il sorriso beffardo sempre fisso sul volto.
-Avevi ragione.- sussurrò.
Gilgamesh allungò, se possibile, ancora di più il suo sorriso: -Non dovrebbe essere qualcosa di così sorprendente.-
Il prete si voltò verso di lui, guardandolo nuovamente. Era strano vederlo così nitido, nonostante tutto il fumo e il calore che li circondavano.
-Resta con me.- disse di slancio: -Il mio desiderio è stato appena sfiorato. Dobbiamo aspettare la prossima guerra e ottenere il vero Graal.- indeciso, allungò una mano verso di lui, non sapendo se voler azzardare a toccare una delle leggende viventi dell’umanità.
Prevalse infine l’interesse e le sue dita si infilarono tra i sottili capelli biondi dell’altro che gli sfuggivano tra le dita per quanto lisci e sottili.
Il servant osservò quella mano sfiorargli i capelli e non disse niente, lasciandogli un tacito permesso per quel gesto.
-Vogliamo andare?- domandò, posando una mano su quella dell’altro.
Kirei annuì, continuando a sorridere.

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Capitolo 8
*** Famiglia ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: Pace
Focus on: Fujimura Taiga

Famiglia


La sveglia continuò a trillare, nonostante la donna non l’avesse ancora sentita e fosse ancora immersa nel sonno.
Dopo cinque minuti, iniziò a infastidirsi e con un gesto della mano, cercò la sveglia, per spegnerla. Non trovandola, fu costretta ad aprire gli occhi, per vedere che non era alla sua portata e che avrebbe dovuto alzarsi.
-Maledizione.- biascicò, mentre si alzava dal letto per spegnere l’oggetto.
Con uno sbadiglio si passò una mano tra i capelli corti, e mentre si guardava nello specchio, si fece un sorriso, bagnandosi il viso per svegliarsi.
-Pronta!- esclamò, quando, una volta vestita, si apprestava ad accendere il suo motorino, per raggiungere casa di Shirou.
Canticchiando, inchiodò davanti la casa che un tempo era appartenuta a una delle persone che avevano più significato nella sua vita.
-Shirou, sono arrivata!- cinquettò tutta felice, entrando in cucina e trovando il ragazzo ai fornelli, intento a finire di preparare il pasto.
Saber era seduta al tavolo e sorseggiava il te’ con eleganza, ma quando entrò le sorrise e inclinò il capo in segno di saluto.
Anche Sakura era seduta al tavolo e stava sistemando una grande pentola colma di cibarie.
-Buongiorno.- le disse abbassando anche lei il capo, molto più formale di quanto le avesse detto di essere.
-Fuji-nee, siediti che tra poco è pronto. Tempo che si scaldi la zuppa e arrivo!- esclamò Shirou, alle prese con la grossa pentola.
Taiga guardò i ragazzi e prendendo posto sorrise con Sakura che le riempì subito una tazza di te’ bollente.
Si sentiva in pace quando era al tavolo con Shirou e gli altri.
Quei ragazzi erano diventati la sua famiglia e mangiare in loro compagnia era tutto quello che le serviva per stare bene.
Sorrise quando Shirou si sedette e aprì la pentola che sprigionò un odore delizioso.

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Capitolo 9
*** Alla luce della luna ***


Questa storia partecipa al XOWT8
Prompt: Luna
Pairing: Shirou/Rin
 
Alla luce della luna

 

Le accarezza dolcemente la testa, sfiorandole i capelli che le ricadono in dolci boccoli sulla schiena.
Ha finito per fare qualcosa che non voleva, e trascinato dal momento e dalla situazione, nonché dalle parole di Rin, ha fatto qualcosa di cui si stava già pentendo.
Alla debole luce della luna piena, che filtrava dalla finestra della stanza, Shirou poteva vedere il suo petto muoversi lentamente e i suoi occhi chiusi scintillavano ancora di piccole gocce d’acqua salata. Sa che le aveva fatto male, preso dalla foga del momento.
E non parla solo della loro unione, le aveva soprattutto fatto male con le sue parole.
Aveva esagerato nel dirle quelle cose.
Avrebbe dovuto essere più delicato nel rivolgersi a lei in quel momento.
-Presto tutto questo sarà solo un ricordo-
Non sa perché dice quelle parole. Sente che le battaglie non fanno per lui, sa che uccidere non gli piace, che siano anche solo spiriti eroici invocati dal passato e già deceduti non importa. Non vuole continuare la battaglia.
Vuole che tutto finisca e che si possa tornare alla vita di un tempo, di semplici liceali, alle prese con i primi amori, con i litigi e la scuola.
Non desidera nient’altro.

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Capitolo 10
*** Riposo ***


Questa storia partecipa al COWT8
Prompt: A cursed knight has no rest. Not even in this dreams.
POW: Lancelot

 
Riposo

 
Lo tormentano ogni giorno, e quando chiude gli occhi cercando di riposare, gli incubi di ciò che ha fatto gli compaiono ancora, anche di notte.
Non gli danno un minimo senso di pace.
Lancillotto non può riposare.
Il senso di colpa di aver tradito il suo signore lo ha seguito fino a quella guerra in cui è stato richiamato con forza, da quell’uomo che afferma di essere il suo master e che non può fare a meno di osservare sotto il suo elmo, in attesa di riuscire a divorarlo.
Dentro di lui però, non vuole continuare a combattere, non vuole continuare a ferire.
Ma non può opporsi, la mente infettata dalle tenebre in cui è sprofondato dopo aver deluso la persona a cui teneva di più, rubandogli qualcosa di prezioso, non rimanendo al suo fianco per evitare che la mortale spada di Mordred lo colpisse.
Mentre osserva la figura in blu scatenare il suo terribile attacco, è come se fosse tornato ai tempi della tavola rotonda ma questa volta non può fare altro che inchinarsi a lei.
Non può dirle una parola e solo quell’inchino gli costa terribile fatica.
Resistere all’oscurità non è mai stato facile, ma farlo dopo averla abbracciata lo è ancora di più. Chiude gli occhi lentamente, mentre la sua lama trafigge le sue carni, così come le sue parole trafiggono il suo spirito maledetto.
La ascolta attentamente, mentre si scusa con lui e le è riconoscente per quelle sincere parole.
Poi, Lancillotto, cade.
Mentre si trova tra le braccia del suo re, finalmente può sorriderle, grato per quell’occasione che la guerra di quegli stolti maghi gli ha dato.
-Eri il migliore tra i re… tutti noi lo pensavamo. Lo pensiamo ancora.- dice, per poi svanire in un barlume dorato, sperando che adesso, riesca finalmente a riposare.

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Capitolo 11
*** Il cammino dell'eroe ***


Questa storia partecipa al COWT10

M1: “Sometimes good things fall apart so better things can fall together. Every story has an end, but in life every end is just a new beginning.” (Anonimo)


Il cammino dell'eroe

Aveva camminato per quella che gli era sembrata un’eternità.

Dopo essere diventato un mago e aver assunto la decisione di proteggere tutti con la sua magia si era incamminato verso il suo destino.

Lo proteggevano un mantello rosso e i suoi principi saldi e radicati dentro di lui.

Dopo aver vinto la guerra, distrutto il Graal e perso per sempre l’amore della sua vita, Shirou Emiya aveva continuato a camminare verso il suo destino.

Aveva camminato per un tempo infinito, salvando tutte le persone che incontrava per la sua strada, cercando di capire come poter difendere tutto il genere umano senza sacrificare nessuno, capendo però che il suo desiderio era impossibile e che avrebbe dovuto sacrificare per forza qualcuno per proteggerne molti.

Dopo aver combattuto contro i suoi stessi ideali e a cosa l’avrebbe portato questa decisione, aveva continuato il suo percorso.

Aveva camminato e camminato, perdendo e ritrovando amicizie, non legandosi a nessuno ma legandosi allo stesso tempo a tutti coloro che incontrava e salvava sul suo cammino.

Rinunciare alla sua umanità era stato un qualcosa di naturale.

Alla fine di quel tanto camminare si era ritrovato dinnanzi a una scelta: salvare la maggior parte dell’umanità e perdere se stesso oppure non salvare nessuno e perdere comunque la sua umanità a causa di quella decisione.

Aveva alla fine scambiato la sua vita per un riscontro subito visibile, accettato di diventare uno spirito eroico e di avere subito il Graal per utilizzarlo e fermare il massacro.

Ma gli uomini, ingrati di quanto aveva fatto per loro, lo avevano tradito e poi punito con le loro sciocche leggi. Imprigionato ingiustamente e torturato per giorni, alla fine era stata pronunciata la sua condanna a morte.

Camminava verso quella che sarebbe stata per lui la fine della sua vita mortale, ma che già sapeva, sarebbe stato un nuovo inizio nel trono degli spiriti eroici.

Il cappio si strinse intorno al suo collo e i suoi ricordi tornarono alla ragazza dai capelli d’oro e gli occhi tristi.

Presto l’avrebbe rivista, ne era sicuro.

Una scia d’argento scese lungo la sua guancia e un nome risuonò nel silenzio.

Sotto di lui si aprì il vuoto e Shirou Emiya esalò il suo ultimo respiro mortale.

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Capitolo 12
*** Rinunciare a un sogno ***


Questa storia partecipa al COWT10
M2: Giappone


Con una mano appoggiata sulle fredde sbarre della cella in cui era stato confinato, Kariya Matou guardò fuori da una piccola e squadrata finestra che si riversava direttamente verso il giardino della tenuta, mostrandogli un ragazzino intento a calciare un pallone con tutta la propria forza, cercando di colpire una bambina di poco più giovane che se ne stava ferma senza dire una parola.

Gli occhi della giovane erano spenti, vuoti, come se la propria anima fosse stata risucchiata e sigillata all'interno di quegli specchi senza più alcuna emozione.

Nemmeno quando il pallone la raggiunse violentemente, andando a colpire il suo braccio sinistro, cambiò espressione, e il compagno di giochi, infastidito da quel comportamento, incominciò nuovamente a urlarle contro.

Quella stessa mano andò a stringersi a pugno per poi colpire il gelido muro della cella in un gesto che racchiudeva tutte le emozioni che traboccavano dalla sua mente per riversarsi con violenza unicamente verso se stesso.

Non poteva vedere nessuno.

Non poteva parlare con nessuno.

Nel buio, c’erano solo lui e la sua ombra, il suo Servant, che continuava a osservarlo attendendo l'occasione propizia per ribellarsi e divorarlo.

Poteva sentire il suo respiro pesante che non lo lasciava un momento, poteva vedere il fumo che emetteva in un angolo della cella.

Attendeva solamente che fosse troppo debole per contrastarlo.

Nonostante avesse timore nei suoi confronti, Berserker gli faceva ricordare tutto quello che aveva perduto e che aveva tentato di riprendere partecipando ai progetti del proprio padre.
Aveva dato tutto per quella bambina. Per vedere nuovamente su di lei un sorriso invece del volto senza alcuna espressione che ormai era solita mostrare in giro. Per poterle dare nuovamente una famiglia, una vita, la libertà cui aveva diritto.

E lui, per lei aveva dato tutto. La sua famiglia. La sua vita.

La sua libertà.

E alla fine, nonostante tutti i sacrifici, in quel momento sentiva come di aver fallito il suo intento.

No.

Non doveva pensare che avesse fallito. Non poteva permettersi di farlo.

Poteva fare ancora qualcosa.

Poteva ancora salvarla da una vita che mai avrebbe voluto per lei.

Era un uomo in trappola, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere nuovamente un sorriso sul volto di Sakura.

Un sorriso che sarebbe arrivato, fino a far splendere anche quello della propria madre.

Così come aveva visto tante volte in passato, Aoi avrebbe nuovamente sorriso per lui.

Ormai nemmeno le lacrime riuscivano a scendere dai suoi occhi talmente quegli insetti si erano radicati dentro la sua pelle e il suo spirito.

La schiena gli s'incurvò appena e le braccia si piegarono contro il muro, facendolo pian piano scivolare sull’umido pavimento di pietra in un lamento silenzioso che, anche se avesse raggiunto i suoi carcerieri, non avrebbe suscitato in loro la minima reazione.

L’ombra scattò sull’attenti, pronta a intervenire se l’occasione l’avesse richiesto.
-S-sakura...- a quel nome, pronunciato come un'evocazione, s'accompagnò la scia argentea di una lacrima, che scese dall'occhio ormai perduto dell'uomo, per poi staccarsi lungo il suo profilo e cadere a terra silenziosa e invisibile.

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Capitolo 13
*** La loro felicità ***


Questa storia partecipa al COWT10
M2: Giappone



Era la prima volta che Ilya era in Giappone.

Quel paese così strano dal castello in cui era cresciuta, le usanze così diverse, le persone così cortesi e il cibo così gustoso la incuriosiva.

Avrebbe voluto perdere tutto il tempo che possedeva per girare nella città di Fuyuki ma purtroppo il destino aveva ben altri piani per lei. Doveva vincere una guerra che la sua famiglia bramava da generazioni.

E ce l’avrebbe messa tutta per farcela.

-Leysritt, perché non esci anche tu e fai una passeggiata per la città con me?- domandò la giovane alla sua guardiana.

Questa scosse la testa con un sorriso.

-No, ho del lavoro da fare. Non dovrebbe uscire nemmeno lei signorina Ilya.-

-Ohhh~ non ti diverti mai!_ sbuffò Ilya prendendole una mano e facendole fare una giravolta mentre rideva di gusto.

-Mi diverto sempre in sua compagnia signorina.- rispose Leysritt con un sorriso.

-Devi ridere di più!- esclamò la ragazzina mentre continuava il suo balletto entusiasta di aver trascinato anche l’altra.

Un colpo di tosse interruppe il loro divertimento e Sella fece la sua comparsa.

-Cosa state facendo?- domandò la guardiana alle due.

-Niente. – rispose Ilya.

-Balliamo.- disse in contemporanea Leysritt.

Lo sguardo sospettoso di Sella passò su entrambe, poi Ilya scoppiò a ridere, trascinando nella sua risata le due domestiche.
Era contenta di essere lì con loro. Avrebbe vinto anche per far loro felici.

 

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Capitolo 14
*** la dura vita di un prete ***


Kirei non aveva mai creduto nel destino.
Trovarsi quel ragazzino in mezzo alle scatole da un momento all'altro aveva soltanto avvalorato la sua egocentrica mania di riuscire a controllare ancora meglio la scacchiera che la vita gli aveva messo di fronte.
Aveva cercato di manipolarlo per renderlo una pedina, sperando che seguisse il piano che aveva creato per lui e trovasse una rapida morte.
Evidentemente il destino esisteva veramente, perchè Shirou Emiya non era morto come si era aspettato, ma anzi, era spuntato fuori ovunque e nelle situazioni meno opportune.
Aveva ostacolato il suo piano di ottenere il vero Graal per troppe volte, ma quella sarebbe stata l'ultima.
-Morirai qui Shirou Emiya.- disse con un tono di voce più cupo, che l'altro non gli aveva mai sentito e poi scattò verso di lui, le armi strette tra le dita, letali e infide, proprio come lui.
Anche il ragazzo si gettò in avanti e senza che riuscisse a prevedere la sua mossa, il pugnale penetrò nella sua carne.
Si separò da lui indietreggiando, il sangue che sgorgava dalla ferita.
Una parola sola fu pronunciata dal mago, che attivò il sigillo.
Riconosceva quell'arma.
L'aveva consegnata lui stesso dieci anni prima a Rin. Era la stessa arma con cui lui aveva pugnalato il suo maestro, il padre della ragazza, dopo averlo tradito e aver stretto un patto con Gilgamesh.
-Era destino venire sconfitto in questa maniera...- sussurrò, mentre cadeva a terra esanime.

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Capitolo 15
*** Uno stupido testone ***


Quella del club era una stanza ben illuminata, pulita.
Il club del tè era stata una scelta quasi ovvia quando in prima media le avevano chiesto che cosa le sarebbe piaciuto fare. Si era segnata subito, un po’ perché la situazione a casa non era delle migliori – e lei a casa se avesse avuto possibilità di scelta non avrebbe voluto tornarci mai più – un po’ perché le servivano dei crediti extra e un club del genere le era sembrata la scelta più ovvia.
Anche adesso, al suo secondo anno, era soddisfatta di quella scelta e le piaceva prendersi del tempo, mentre tutti gli altri membri erano usciti, per riordinare i suoi pensieri.
Quanto sarebbe stato bello rimanere ancora di più in quella stanza, senza dover tornare a casa, alla realtà che purtroppo l’attendeva.
Prima di spegnere le luci e uscire, spinta dalla curiosità, si affacciò alla finestra e lo vide di nuovo.
Erano diversi giorni che c'era un ragazzo nel campo di atletica che continuava a saltare nonostante il tramonto fosse passato da un pezzo, come se ne andasse della sua stessa vita.
Sakura rimase incantata nel guardarlo compiere l'ennesimo salto e atterrare sul materassino scuro con il fiatone.
Una parte di lei iniziava ad ammirare la tenacia che dimostrava ogni giorno, cercando di saltare sempre più in alto e fallendo miseramente. Non sapeva perchè stava compiendo tutti quegli esercizi, ma ogni tanto si trovava a fantasticare sul ragazzo dai capelli ramati, cercando di inventare spiegazioni e possibili motivazioni.
-Cosa guardi, Matou? - domandò una delle sue senpai, distogliendola dai suoi pensieri e facendola trasalire, non si era resa conto della sua presenza: -Ah, ti interessa Emiya?- chiese di nuovo la ragazza, sorridendole.
-Eh.. no, che dici senpai. Non conosco quel ragazzo, ho solo notato che ogni giorno continua a saltare, cercando di superare l'asta ogni volta...-
-Uno stupido testone. Emiya è nella mia classe, il club di atletica ha una gara importante e lui vuole essere certo di aiutare tutti al massimo. Strano eh? Chi mai continuerebbe ad allenarsi tutti i giorni dopo il club per una stupida gara?-
La senpai rise, prese un quaderno sul tavolo che probabilmente aveva scordato e fece per uscire: - Vieni?-
Sakura rivolse di nuovo lo sguardo al ragazzo nel campo, si chiamava Emiya quindi.
Non seppe perchè ma il suo cuore a ripetere quel nome si scaldò come non l'aveva mai sentito prima.
Inaspettatamente, sorrise.

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Capitolo 16
*** Il festival di Fuyuki ***


Questa storia partecipa al COWT11
M3: Qualcosa di color pastello


Shirou alla fine aveva ceduto e aveva accompagnato Ilya al festival di Fuyuki quando lei gli aveva messo su una faccina triste dopo il suo primo rifiuto.
A niente era servito illustrarle che poteva essere una pessima idea uscire fuori e andare a divertirsi in una situazione dedicata come quella in cui si trovavano, la ragazzina era ormai determinata dal voler andare al festival e dedicarsi a tutte le bancarelle.
-Shirou, vieni! Andiamo a pescare pesciolini!- aveva detto a un certo punto della serata, prendendolo per un braccio e trascinandolo fino a uno stand in cui vi erano moltissimi bambini intorno che tentavano di catturare un pesciolino da riportare a casa con loro.
Shirou sorrise mentre porgeva a Ilya una bustina trasparente e la retina per prendere l’animaletto e i suoi occhioni scarlatti così entusiasti gli riscaldarono il cuore.
Era bello vedere la ragazzina divertirsi come se fosse una normale bambina, senza guerre a cui pensare o famiglie da soddisfare. C'era solo Ilya in quel momento e si stava divertendo come forse non le era mai accaduto prima.
La ragazzina tentò di impegnarsi con tutta se stessa per la riuscita della missione "pesce rosso", ma purtroppo, la retina le si bucò tra le mani, lasciandola con un nulla di fatto e le lacrime agli occhi. Shiro non era stato di meglio e nemmeno lui, nonostante l'impegno, era riuscito a prendere alcun pesce.
-Mi dispiace Ilya...- sussurrò lui, mentre si allontanavano dallo stand e lei si aggrappava al suo yukata.
-No, non fa niente fratellone. Non era importante.- disse lei ancora intristita, cercando però di sorridere a Shirou e utilizzare un tono rassicurante.
Il ragazzo si guardò intorno cercando qualcosa che potesse tirarla su di morale, il carretto attirò subito la sua attenzione.
-Aspettami un attimo!- disse alla ragazzina separandosi da lei, mentre si avvicinava a un carrettino e pagava.
Ilya lo osservò per tutto il tempo, poi, quando lo vide tornare con due stecchi di qualcosa che non aveva mai visto in vita sua gli occhi le si illuminarono di nuovo.
-Che cos'è?!- esclamò la ragazza mentre prendeva uno dei bastoncini di quella strana ragnatela color rosa pastello.
-Zucchero filato!- disse Shirou con un sorriso: -Vedi? E' zucchero che è stato soffiato da una macchina e poi intorcinato su questo bastoncino per farlo mangiare ai bambini- aggiunse mentre prendeva un pezzo del suo zucchero e lo portava alle labbra.
Ilya non se lo fece ripetere due volte e si gettò sul suo zucchero con tutto il volto, affondando con la boccuccia nella consistenza morbida e leggera dello zucchero, dando un grande morso e assaporandolo con gusto.
-Ma è buonissimo!- esclamò la più piccola, dando un altro morso e poi un altro ancora al cibo appena scoperto.
Shirou rise nel vederla così entusiasta per qualcosa che per lui era la cosa più normale del mondo.
-Sono contento ti piaccia.- le disse mentre le passava un dito sulla guancia, pulendole un pezzo di zucchero che le si era incrostata sul volto e portandolo alle labbra sovrappensiero.
-Moltissimo.- disse lei ricambiando il sorriso: -Grazie fratellone.- cinguettò ricominciando poi a esplorare il festival, fermandosi negli stand che più la attiravano e trascinando Shirou a fare i più svariati giochi fino a quando a un certo punto della serata appoggiandosi per un momento a una delle panchine mentre Shirou recuperava l'ennesimo cibo da farle assaggiare, ritornando verso di lei non la trovò addormentata.
La osservò per un istante prima di sorridere, mangiare in tutta fretta quello che aveva comprato e prenderla poi sulle spalle, riportandola a casa con dolcezza, evitando di farla svegliare.

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Capitolo 17
*** La freccia finale ***


Questa storia partecipa al COWT11
M3: Qualcosa di leggero


All'inizio non ricordava niente.
Crollare dal nulla e sfondare il salotto di quella piccola maghetta era stato un assurdo scherzo del destino. Non ricordava il suo passato, ma sapeva benissimo che avrebbe voluto vincere la guerra e recuperare il Graal. Sapeva di avere un desiderio.
Un desiderio utopico, ma pur sempre un desiderio.
Aveva iniziato a ricordare pian piano i ricordi della sua vita passata, del suo io passato e di come era deragliata la sua vita dopo la prima guerra del Graal a cui aveva partecipato.
Certo, ritrovare il vecchio se stesso di fronte a lui non era una cosa che pensava potesse essere possibile, ma il vecchio Shirou Emiya, quel ragazzino con sogni e ideali impossibili era capitato nuovamente al suo cospetto, come a ricordargli che cosa aveva perso e a fargli rimpiangere il punto in cui era arrivato.
Lo infastidiva vedere il vecchio se stesso che ancora credeva in quello che faceva, sicuro di riuscire a vincere tutte le sfide che il fato gli avrebbe messo davanti, illuso nel poter ancora salvare tutti quanti.
Nella sua storia non era mai arrivato così vicino al Graal, lui aveva visto Archer morire in fretta nel campo di battaglia, invece, quella volta, dopo che Rin e il vecchio se stesso avevano stretto un'alleanza, qualcosa era cambiato nella sua storia.
Li aveva visti avvicinarsi sempre di più e una parte di lui aveva provato fastidio nel vedere quello strano sviluppo dall'esterno, non potendolo vivere lui stesso una storia che stava capitando a qualcun'altro.
Si era sentito forte in varie occasioni, riuscendo a sconfiggere nemici potenti e onorevoli, approfondendo anche lui ancora di più il legame con il mago che l'aveva evocato, fidandosi incondizionatamente di Rin.
Aveva avuto un sogno da chiedere al Graal. Un qualcosa di utopistico e che sapeva non sarebbe mai potuto diventare realtà, ma in cuor suo ci aveva comunque sperato.
In quel momento, mentre combatteva contro Gilgamesh cercando di vincere lo scontro, aiutato dal vecchio se stesso, capì che l'unica cosa da fare era un'altra. Il Graal era il problema della loro società, finché ci sarebbe stato, sarebbero continuate le guerre per impadronirsene.
Pertanto, quale desiderio migliore poteva esserci se non desiderare che scomparisse?
Mentre caricava con tutta la sua potenza magica l'ultima freccia che avrebbe scoccato nella sua vita di Servant, l'illusione lo avvolse completamente, ponendolo di fronte al Graal, che gli sussurrava i più reconditi desideri del suo animo, cercando di corromperlo e salvarsi dalla disfatta.
Archer prese tra le mani la coppa dorata.
Era un oggetto stranamente leggero per il materiale di cui sembrava essere fatto, piccolo, entrava nel palmo della sua mano e freddo, di un gelo che sembrava più essere sovrannaturale che dato dalla condizioni atmosferiche.
Si rigirò il Graal tra le mani, mentre i suoi sussurri gli arrivavano in testa, seducenti più che mai.
Sarebbe bastato solo esprimere il desiderio che il vecchio se stesso avrebbe voluto chiedere in passato. Un corpo per quello che era stato il suo servant e il restare accanto a lei per sempre.
Ma ormai il vecchio se stesso non c'era più.
Quel nuovo Shirou non avrebbe chiesto nulla di simile per quanto tenesse anche lui a Saber.
L'oggetto, ormai diventato tra le sue mani come una piuma, venne abbandonato nuovamente sull'altare, le voci sussurranti smisero di parlare e sbattendo le palpebre, l'illusione venne interrotta.
Si ritrovò con la freccia incoccata, mentre trasferiva i rimasugli della sua forza vitale per un ultimo, micidiale attacco.
Gettò un ultimo sguardo alla sua master, poi scoccò.

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Capitolo 18
*** Dolce al cucchiaio ***


Questa storia partecipa al COWT
M3: Qualcosa di dolce


Da quando era uscita dall'oblio del Graal ed era divenuta un Servant non aveva mai avuto la necessità di nutrirsi.
Aveva visto più volte la sua master mangiare e godersi un pasto in compagnia, ma non aveva mai effettivamente sentito la necessita di provare del cibo, nonostante potesse essere utile per ricaricare la sua energia magica.
Quand'era un essere umano sapeva di aver assaporato diversi cibi, almeno fino a quando non era stata colpita dalla maledizione di Atena che l'aveva trasformata nel mostro che era diventata, però non ricordava più i sapori delle cose che aveva mangiato.
-Rider...- la voce dolce e leggera di Sakura le arrivò alle orecchie e in un istante si rese visibile per la sua master, sorridendole. Raramente le chiedeva di materializzarsi, però ultimamente, da quando aveva deciso di rimanere a casa di Shirou e proteggerlo, la stava evocando più spesso e in alcune occasioni si era anche sistemata con loro in sala, osservandoli silenziosa mentre mangiavano.
Quella sera aveva fatto la stessa cosa, osservandoli in silenzio consumare la loro cena, poi Shirou aveva sparecchiato e aveva lasciato Sakura da sola a lavare i piatti, lasciandola nella stanza sola con la sua servant invisibile che osservava i suoi movimenti aggraziati spostarsi da un lato all'altro del lavello per sistemare i piatti.
-So che non hai bisogno di mangiare, ma volevo farti provare una cosa che ho fatto questo pomeriggio con Shirou per te.-
-Vuoi farmi assaggiare cibo?- domandò il servant incredulo.
Sebbene Sakura fosse stata sempre gentile con lei, era la prima volta che le chiedeva di assaggiare qualcosa che aveva preparato con le sue mani.
La ragazza annuì sorridente.
Osservandola sorridere Rider si sentì grata di aver incontrato proprio quella ragazza come suo master. Avrebbe fatto di tutto per proteggerla e mantenere il sorriso sul suo volto, qualsiasi cosa.
-D'accordo.- disse, attendendo che la giovane le mostrasse che cosa aveva preparato.
Sakura si avvicinò al frigorifero e con una spinta lo aprì, prese un piccolo contenitore di vetro e poi lo mostrò verso Rider, che osservò il contenuto con curiosità.
-Che cos'è?- chiese alla ragazza, non riuscendo a identificare quello strano ammasso budinoso di colore beige che sembrava ondeggiare al minimo movimento.
-Creme caramel- rispose sorridendole di nuovo: -E' una ricetta europea, pensavo avrebbe potuto farti piacere assaggiare qualcosa che veniva dalle tue parti.-
Rider sorrise, era più che sicura di non aver mai visto niente di simile quand'era umana e viveva nell'antica Grecia, ma apprezzò comunque il pensiero che la sua master aveva avuto per lei.
Prese la ciotola trasparente tra le mani e poi attese che l'altra le desse un cucchiaino.
Alzò un lembo della benda sugli occhi per osservare meglio il dessert, poi picchiettò leggermente la superficie con la sua arma improvvisata. Era una consistenza strana e ondeggiante, ma non sembrava spiacevole. Affondò il cucchiaino all'interno del corpo del dolce e lo sentì morbido.
Ne prese una parte e poi lo alzò verso di sé, gli occhi della sua master puntati addosso.
-Allora assaggio- disse, come aveva sentito più volte dire dagli altri esseri umani prima di mettere qualcosa sotto i denti.
Dischiuse le labbra e assaggiò l'ammasso molliccio.
Una dolce sensazione le arrivò al palato. Sapeva che non poteva tratte beneficio dal cibo, però non immagina che sarebbe riuscita a sentirne il sapore. Il dolce del caramello e della bacca di vaniglia erano la nota più evidente in ciò che stava mangiando, ma una piccola parte del dessert sembrava leggermente bruciato, sentiva chiaramente il retrogusto del fuoco utilizzato per caramellarne la superficie.
Le piaceva da impazzire.
-E' veramente molto buono...- disse dopo averne mandati giù un paio di cucchiai, voltandosi verso la ragazza con sul volto un sorriso soddisfatto.
-Sono contenta che ti piaccia, Rider!-  esclamò la giovane, veramente contenta che l'altra avesse apprezzato il suo dolce.
Il servant riprese a mangiare il creme caramel con gusto, assaporando in piccoli bocconi il dolce che era stato preparato appositamente per lei.
-Grazie...- disse quando ebbe finito, appoggiando la coppetta di vetro sul tavolo, guardando con gratitudine la sua master.
-L'ho fatto con piacere, mi hai aiutato tanto ultimamente, volevo fare qualcosa che potesse piacerti e Shirou mi ha detto che Saber amava mangiare, così, ho pensato che avrei potuto farti un dolce.-
Rider sorrise nel sentire quelle parole.
-Il tuo dolce mi è piaciuto moltissimo, grazie master.-
Sakura si illuminò in uno dei suoi radiosi sorrisi.
-Prego, Rider!- esclamò, allungando una mano a stringere quella del proprio servant, conscia di averfatto un altro step nella sua crescita personale di persona e di maga.
Dal canto suo Rider non poté che assecondare quel sorriso e quella stretta, ancora più determinata a proteggere colei che era il suo master in quella guerra per la conquista del santo Graal.

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Capitolo 19
*** Rivalità ***


Questa storia partecipa al COWT11
M3: My first friend, my enemy, maybe the last face I ever see.

Con il fiato corto e il respiro affannato, continuava a correre per i vicoli della città di Fuyuki, ormai perduto nell'oblio in cui la sconfitta l'aveva fatto scivolare.
Gli tornò alla mente il fascio di luce e il suo servant investito al suo interno.
In pochi istanti Shiro Emiya aveva fatto in piccoli pezzi le sue convinzioni e le sue aspirazioni.
Altro che rendere fiero suo nonno e guadagnarsi il posto di capofamiglia che gli spettava di diritto, aveva rovinato tutto.
Ma non era colpa sua.
No, non era colpa sua.
Era tutta colpa di quel servant, debole come la sorella che l'aveva evocato. Debole come l'orecchino che gli aveva permesso di controllarlo senza rischiare di essere ucciso dal suo stesso servitore. Debole come...
Scosse la testa e continuò a correre nell'oscurità, fino a quando non inciampò cadendo rovinosamente al suolo, strisciando fino dietro una macchina, recuperando per qualche istante il fiato.
Sapeva che quel servant in blu stava ancora seguendolo per dargli il colpo di grazia, ma non gliela avrebbe data vinta.
Il giovane prese un altro respiro e poi si rialzò di nuovo in piedi, continuando la sua corsa.
Sapeva benissimo di chi era la colpa di quella situazione. Se Emiya lo avesse assecondato e avesse scelto di allearsi con lui invece di combatterlo niente di tutto ciò sarebbe mai successo.
Lo odiava con tutto se stesso.
Era stato il suo primo amico, ma al tempo stesso il suo nemico più grande.
Probabilmente sarebbe stata la sua l'ultima faccia che avrebbe visto prima di morire.
Si fermò improvvisamente e chiuse gli occhi, tornando indietro nel tempo con i pensieri, a quanto tutto era più facile e lui non doveva scappare per salvarsi la vita.
Gli tornò alla memoria il volto di Emiya che sorridendo lo chiamava per nome durante una gara di tiro con l'arco di circa due anni prima.
-Shinji, ho preparato il pranzo, vuoi mangiare insieme?-
Quel giorno avrebbe dovuto ricambiare il sorriso e accettare, invece, risentito per essere arrivato al secondo posto alla gara, battuto proprio da Emiya, gli aveva risposto male e se n'era andato.
-Hai deciso di smettere di scappare e affrontare il tuo destino come un vero uomo?- aveva chiesto il lanciere, mentre spuntava da dietro di lui.
-Scappare è inutile. Perchè non mi hai ucciso subito? Sarò debole, ma riesco a capire quando qualcuno cela la sua presenza.-
-Volevo vedere quanto velocemente avresti rinunciato ai tuoi propositi di fuggire.-
-Non c'è voluto molto.-
Il lanciere sussurrò una parola che non comprese, poi, la sua arma lo trapassò da parte a parte. Cadde in ginocchio e lo vide sparire, un sorriso sul volto. Non gli aveva inferto un colpo mortale, ma quanto bastava per farlo soffrire per qualche altro minuto e poi morire.
Shinji scivolò a terra.
Rumore di passi, delle voci attorno a lui e poi... la faccia di Emiya.
Sorrise.
Alla fine eccolo lì, il volto del suo rivale ad accompagnarlo anche nella morte. Chiuse gli occhi pensando solamente che in quel momento detestava a morte Shirou Emiya.
Si era svegliato a guerra già conclusa, salvo per pura fortuna, solo grazie ad Emiya che l'aveva soccorso e poi portato in ospedale. Mentre mangiava uno spicchio di mela, seduto sul letto d'ospedale, il volto di Emiya riapparve nel suo campo visivo, sorridendogli.
-Ehi, ho pensato che fossi stanco delle solite mele e ti ho portato qualcosa di più sostanzioso.-
Quella volta, Shinji gli sorrise.

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Capitolo 20
*** Questione di carattere ***


Questa storia partecipa al COWT11
M1: Litigio - “I have a right to be angry.”


-Ho il dirtto di essere arrabbiata!- la ragazza gli urlò praticamente addosso, insistendo nel suo discorso. Strinse più forte la fasciatura che gli stava praticando all'addome, dove era stato colpito dal servant e il ragazzo trattenne un gemito di dolore. Stranamente, la ferita stava già rimarginandosi e, nonostante all'inizio le fosse sembrata quasi mortale, stranamente Shirou sembra già essersi ripreso. Concluse la fasciatura e poi lo guardò, sul volto un cipiglio severo che non ammetteva scuse per il suo comportamento.
Quel ragazzo aveva la pelle dura, ma c'era qualcosa che non quadrava e se da come gli aveva detto non sapeva utilizzare la magia, beh, c'era qualcos'altro in atto nel suo organismo.
Shirou sospirò, mentre sul suo volto appariva un sorriso di circostanza verso la compagna di scuola.
-Tohsaka, ti ho già detto che non è niente. Sto bene.-
-Starei calma se ti comportassi come una persona normale ed evitassi di farti uccidere per cose così futili!- la ragazza, sebbene non volesse, si ritrovò a urlare di nuovo. Probabilmente l'arrabbiatura nei suoi confronti non sarebbe passata tanto facilmente, anche se era un pochino scemata a causa della preoccupazione che ancora sentiva di provare per lui.
-Per me non era una cosa futile, Saber stava rischiando di venire tagliata a metà...- anche Shirou si trovò a urlare, per poi fermarsi all'improvviso per una fitta all'addome.
-Non alzare la voce e non ti muovere troppo, o renderai il mio lavoro completamente inutile.- Tohsaka quasi ringhiò mentre metteva via il kit di primo soccorso e si rialzava in piedi, sistemandosi la gonna.
-Scusami Tohsaka, non volevo ricominciare a discutere... apprezzo molto ciò che hai fatto per me.- sussurrò Shirou, vedendo che la ragazza si avvia verso la porta.
L'altra sorrise: -In fondo siamo alleati, no? Tra alleati si deve collaborare, anche quando uno dei due fa delle cose totalmente prive di ragione e rischia la vita inutilmente.-
Shirou si risentì di nuovo a quelle parole, ma questa volta decise di non ribattere, il carattere della ragazza lo conosceva anche troppo bene e, dentro di lui, sapeva che aveva ragione a sgridarlo. Saber era un servant, il suo compito era difenderlo, non il contrario.
E se nel farlo fosse morta, beh, lui non avrebbe dotuto farci niente. Ma Shirou conosceva anche il proprio di carattere e sapeva che una cosa del genere non avrebbe mai e poi mai potuta accettarla e avrebbe combattutto con tutta la grinta che aveva in corpo per far sì che Saber rimanesse al sicuro.
Questo però non lo disse a Tohsaka.
-Grazie.- le sussurrò, sorridendole sincero.
La giovane uscì dalla porta e prima di chiuderla lo guardò, ricambiando il suo sorriso.

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Capitolo 21
*** Ingenuità ***


Questa storia partecipa al COWT11
M3: Luoghi - parcheggio deserto


Cadde a terra con un lamento strozzato, gli occhi sgranati dalla sorpresa, un rivolo di sangue che le usciva dalle labbra e incontrava la camicia bianca; mentre toccava il freddo asfalto, altro sangue si spargeva a terra, sotto di lei, scorrendo dalla ferita mortale che le aveva inferto.
Il suo sguardo lentamente si offuscava, mentre, nel parcheggio deserto in cui Kotmine Kirei l'aveva attirata con la falsa promessa di un'alleanza la sua vita lentamente si spegneva.
Ripensò a come era stata ingannata dal prete, una persona che in cuor suo stimava e credeva veramente sarebbe potuto diventare per lei un forte alleato durante la quinta guerra per ottenere il Graal.
Come si era sbagliata sul suo conto.
Si era affidata alla persona sbagliata, aveva deciso di fidarsi di lui, che le sembrava da sempre così nobile nelle sue scelte e aveva fatto il più grande errore della sua vita, non credendo alle sue possibilità e decidendo di fidarsi di un'altra persona.
Un'ingenua, era stata una maledetta ingenua.
-Ora sono io il tuo master- lo sentì pronunciare, mentre legava a lui la vita del servant che lei aveva così faticosamente evocato, togliendole ogni possibilità di partecipare alla guerra. Togliendole la sua rivalsa sui maghi che l'avevano da sempre sottovalutata, a questo punto, pensava, con reali motivazioni. Non era stata nemmeno capace di resistere un giorno alla quinta guerra.
Anzi... non era riuscita nemmeno a vedere il suo inizio.
Pochi istanti dopo non sentì più niente attorno a lei, rimanendo immersa nel silenzio del parcheggio, sola, abbandonata in una pozza di sangue e senza possibilità di salvezza.
Non c'era niente che avrebbe potuto fare, non riusciva ad alzarsi, non poteva chiamare aiuto, non riusciva ad utilizzare i suoi incantesimi.
Quello che le restava ora, era solo la morte, che a breve sarebbe scesa con le sue ali scure su di lei, reclamandola nel suo regno.
Una lacrima le scese su una guancia, incontrando poi il freddo cemento della strada.
Le erano rimasti solo rimpianti.
Non avrebbe potuto dimostrare il suo valore nella quinta guerra.
Non avrebbe potuto far vedere a tutti i maghi dell'Associazione che l'avevano criticata che non era debole come le avevano più volte ripetuto e che anche lei poteva essere temibile come i suoi antenati.
Non avrebbe potuto esprimere il desiderio che voleva chiedere al Graal...
Mentre pensava a tutte le cose che non avrebbe potuto fare, nel silenzio del parcheggio, sentì dei passi leggeri avvicinarsi a lei.
Cercò di alzare lo sguardo per vedere chi fosse, ma si sentiva così debole che non riuscì a fare altro che aprire gli occhi e mettere a fuoco due piedi nudi che le si fermarono davanti.
-A... aiutami.- sussurrò, sperando che quella persona potesse prestarle soccorso.
Lo sentì abbassarsi verso di lei e sentì che le poggiava una mano sulla ferita che ancora sgorgava di sangue scarlatto.
-Che spreco.- questa fu l'ultima cosa che udì prima di perdere i sensi e poi incominciare il loop infinito in cui l'altro l'aveva intrappolata.

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Capitolo 22
*** Ipocrisia ***


Questa storia partecipa al COWT11
M5: Hipocrisy


La guardò giacere nel letto di quell'ospedale per qualche giorno.
Il marito fedele, rimasto accanto alla propria moglie fino alla fine, voleva recitare la sua parte nella propria interezza, senza perdersi nulla, senza far pensare che alla fine l'aveva abbandonata per la sua malattia.
In quei giorni e quelle notti che l'aveva vegliata le era sembrato soffrisse e in un certo senso, aveva deciso che forse, avrebbe mostrato clemenza nei suoi confronti.
Nessuno avrebbe capito che era stato lui.
Aveva passato due anni in sua compagnia, cercando di recitare la parte del marito perfetto, almeno agli occhi altrui, sperando che quel teatrino sarebbe in qualche modo diventato reale con il tempo o che la donna fosse morta il più velocemente possibile.
La prima speranza non si era verificata. Nemmeno avere con lei una figlia era riuscito a renderlo la persona migliore che avrebbe dovuto essere.
Ipocrita fino in fondo, Kirei aveva finto, fino a quel momento, di essere il marito perfetto, preoccupato per le sorti della moglie, che sarebbe rimasto al suo fianco fino all'ultimo istante.
Ma avrebbe finalmente alleviato le sue sofferenze.
Credeva di doverle qualcosa dopo averla usata nel suo esperimento di provare a vivere una vita normale.
SI avvicinò a lei e la guardò per l'ultima volta, tirando fuori un lungo coltello che gli avrebbe permesso di darle un colpo rapido e una morte dignitosa.
In quelle condizioni non sembrava nemmeno più un essere umano.
C'era qualcosa in lei che gli provocava disgusto e c'era qualcosa in lui che avrebbe voluto vederla scomparire in quel preciso istante.
-Non ho potuto amarti...- sussurrò, mentre si preparava a darle il colpo mortale.
La donna aprì l'unico occhio sano e lo guardò con il solito sguardo gentile, mentre con una rapidità che non credeva possedesse in simili condizioni si spingeva verso di lui e prendeva il coltello dalle sue mani, che la assecondarono.
-No, invece mi hai amato.- sussurrò con fatica, mentre con un colpo preciso, si toglieva volontariamente la vita.
Mentre lentamente il soffio vitale abbandonava il suo corpo, continuava a mantenere lo sguardo in quello dell'altro, notando che una lacrima era scesa sul suo viso.
Sul suo volto si aprì un sorriso nel realizzare che quelle lacrime erano per lei.
Pochi istanti dopo spirò, lasciandolo con le sue lacrime, mentre nella stanza entravano infermieri e dottori, dopo aver appurato che per la donna non c'era nulla da fare, si voltarono verso di lui, uno sguardo mesto sul volto.
-Ci dispiace per la sua perdita signor Kotomine...- dissero, mentre le parole si facevano sempre più ovattate.
L'uomo si toccò la guancia umida, guardò il corpo di quella che era stata sua moglie, poi si girò dall'altra parte e uscì dalla stanza, senza rispondere a nessuno.
Ipocrita fino alla fine li lasciò credere che stesse piangendo per lei.
Ammetteva però che si sentiva triste.
Avrebbe voluto essere lui a mettere la parola fine alla vita di sua moglie.

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Capitolo 23
*** Una ragazza cattiva ***


Questa storia partecipa al COWT11
M4: Inferno e paradiso



Sin da che potesse ricordare l'avevano sempre definita come una ragazza cattiva.
Quando da piccola, al minimo errore che faceva sua madre le diceva che non sarebbe andata lontano, che era una cattiva bambina a perseverare nei suoi sbagli e che nessun uomo l'avrebbe mai voluta sposare se avesse continuato con un simile comportamento.
Quando era cresciuta, tutte le altre ragazze, invidiose per la sua bellezza, le parlavano dietro, dicendole che il suo aspetto esteriore doveva compensare una bruttezza d'animo e che non avrebbe mai potuto andare troppo lontano.
Quando, prima di potersi congiungere in matrimonio, era stata violata da un dio nel tempio di Atena e punita per qualcosa che non avrebbe mai voluto che accadesse, tutti al suo villaggio le avevano urlato di quanto maligna e sacrilega fosse stata e di come meritasse quella punizione.
Era una cattiva ragazza.
Quando era uscita fuori dal tempio, ancora ignara del destino maligno che gli dei le avevano inferto, gli occhi pieni di lacrime e i capelli di serpenti che spiravano con violenza, li aveva guardati uno a uno e solo in quel momento aveva capito di essere veramente la cattiva ragazza che tutti dicevano.
No, non era una ragazza cattiva... era un mostro.
Senza che potesse impedirlo, aveva trasformato tutte quelle persone in fredda pietra, semplicemente con un'occhiata.
Disperata, si era quindi rintanata in una grotta, fuggendo dal male che avrebbe potuto compiere e aveva atteso che un eroe la venisse a salvare da quel terribile maleficio.
Sperava che qualcuno potesse liberarla da quella sofferenza e farla tornare di nuovo una ragazza normale.
Ma non arrivò nessuno a salvarla.
Altri vennero per lei, per ucciderla, ma sebbene tentasse di spiegare la situazione, alla fine si trovava sempre costretta nel lanciare uno sguardo assassino e distruggere le possibilità che le venisse tolta la vita.
Attese per molti anni che qualcuno di quei suddetti eroi fosse diverso dai precedenti.
Ma nessuno la salvò dal suo destino.
Al contrario, mentre aspettava solo di essere liberata dal suo fato, qualcuno venne, ma invece di liberarla, la assalì nel sonno, privandola dell'unica cosa che le era rimasta, la sua stessa vita.
Che destino triste il suo, uccisa per il capriccio di una dea, per un crimine che qualcun altro aveva commesso nei suoi confronti e per il dispetto di un re verso un altro.
Quando le era stata offerta la possibilità di poter avere un'altra occasione, di esprimere un desiderio per se stessa, aveva accettato, sperando di poter cambiare il suo infelice destino.
Capì che era passata alla storia come un antieroe, qualcuno che, in fin dei conti, non era altro che una persona cattiva.
Aveva odiato Perseo con tutta se stessa, nel buio dell'attesa che l'avrebbe infine fatta partecipare alla guerra per il Graal.
E alla fine aveva risposto alla sua chiamata.
Una ragazza poco più giovane di lei l'aveva evocata ed era diventata la sua master, legandola a sé con le magie di comando.
-Servant Rider, per servirti master.-
-Benvenuta, Rider.-
Le avevano tolto il suo controllo per capriccio ma era rimasta legata a lei ugualmente.
La sentiva uno spirito affine. Credeva che in qualche modo dovesse salvarla da quella situazione in cui si trovava in quella famiglia, che chiaramente non la meritava.
Aveva capito in breve tempo che Sakura credesse di essere cattiva, forse a causa di come veniva trattata dalla sua famiglia, o semplicemente una percezione sbagliata delle sue potenzialità.
Medusa non credeva che lo fosse, anzi. Sakura era la ragazza più buona e gentile che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.
Sarebbe sicuramente finita all'inferno per ciò che aveva fatto, ma avrebbe fatto di tutto per salvare l'anima di quella ragazza, non avrebbe fatto la sua stessa fine.

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Capitolo 24
*** Detective Taiga in azione! ***


Questa storia partecipa al COWT12
M3 Prompt: Riunione


Era necessario convocare una riunione di emergenza.
Quello che era accaduto non poteva passare inosservato, giustizia andava ristabilita e qualcuno andava punito per aver osato tanto.
Convocò tutti in sala, davanti al futon.
Taiga uscì allo scoperto quando tutti avevano già preso posto e li squadrò uno per uno.
Chi poteva essere stato?
 “Qual è il problema Taiga?” domandò Shirou, sottovalutando come sempre il problema.
“Qualcuno tra di noi ha commesso un’azione riprovevole.” Shirou si guardò intorno, cercando notizie dalle altre ragazze, Rin alzò le spalle, Sakura scosse la testa e Saber nemmeno lo degnò di uno sguardo, sorseggiando il suo tè, ignorandolo.
“Ehm… ok?”
“Decisamente sospetto…” sussurrò lei, mentre si avvicinava osservandolo più da vicino, come a cercare le prove per qualcosa che solo lei sapeva: “Confessa e la tua punizione sarà leggera.”
“Non ho la minima idea di quello cui ti stai riferendo, quale sarebbe questo terribile crimine di cui mi sarei macchiato?”
Taiga allungò una mano dietro la schiena e poi tirò fuori quella che Shirou mise un po’ a identificare come una vaschetta di budino completamente vuota.
“Qualcuno ha barbaramente rubato e mangiato il mio budino, rimettendolo poi vuoto, senza alcun pudore, dentro il frigorifero.”
“Seriamente?” chiese Shirou, mentre si alzava per tornare a preparare la cena dalla quale era stato interrotto.
“Ah, no, Shirou, fermo! Non andare! Dammi il mio budinoooooooo” piagnucolò Taiga mentre gli si aggrappava per impedirgli di andarsene.
Sakura sorrise appena, proponendosi di andare a comprare una nuova confezione.
Ci volle veramente poco per risolvere il terribile caso del budino -senza veramente risolverlo- e accontentare la voracità di Taiga promettendole altro cibo.
Solo Rin, mentre lei e Saber si rialzavano per tornare alle loro mansioni, si accorse che sulla camicia candida della ragazza c’era una macchia di vaniglia non ben pulita.

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Capitolo 25
*** Rimani ***


COWT13
M6: 200 parole

La luce della Luna entrava dalla finestra socchiusa, illuminando la bianca pelle della giovane sdraiata al suo fianco.
Se gli avessero chiesto pochi giorni prima se pensasse che una cosa del genere potesse accadere a un tipo ordinario come lui, avrebbe risposto che no, non lo credeva nemmeno lontanamente possibile.
Sfiorò la schiena della ragazza che mugugnò, increspando appena le labbra rosate, senza dar segno di essere stata disturbata da quel tocco non richiesto.
Le spostò dolcemente una ciocca di capelli dal viso, sorridendo e pensando che fosse veramente bella.
Così bella da togliergli il fiato.
Se c'era una cosa per cui doveva essere grato alla Guerra per il Graal, era le persone che gli aveva permesso di conoscere e di avvicinare meglio.
Lei era una di quelle.
Se anche il giorno dopo il suo corpo sarebbe stato straziato da una lama, avrebbe ringraziato di essere vissuto fino a quel momento, grato di aver trascorso la più bella notte della sua esistenza e di averlo fatto proprio con lei.
-...- sussurrò il suo nome e sorrise di nuovo.
La giovane increspò di nuovo le labbra, poi aprì gli occhi e, puntandosi con i gomiti, arrivò alle sue labbra, banciandole.
-Rimani.-

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