IL LETTO

di piccina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UN NUOVO LETTO ***
Capitolo 2: *** BATTESIMI E RICORDI ***
Capitolo 3: *** SCOPAMI ***
Capitolo 4: *** SEPARATI ***
Capitolo 5: *** ITALIA ***
Capitolo 6: *** IL SOLITO LETTO ***



Capitolo 1
*** UN NUOVO LETTO ***


DISCLAIMERS: Jag e tutti i suoi personaggi appartengono a D.P.Bellisario, alla CBS e alla Paramount li ho solo presi in prestito, senza alcun scopo di lucro, per questa fanfic
​La prima FF che ho scritto in assoluto, più di dieci anni fa. E' rispuntata fuori mettendo ordine nel pc e ho pensato di condividerla. Fatemi sapere se è ancora leggibile. Ciao. 
​PS: le canzoni citate nella storia sono tutte di R. Vecchioni


Un letto nuovo 

Svegliarsi ancora nello stesso letto, al fianco dello stesso uomo, guardare indietro e accorgersi che sono passati 30 anni.
Nella stanza a fianco non dormono più i figli, ma saltuariamente 3 piccole pesti che, incredibilmente, ti chiamano nonna!
Nonna. Nonna io che pensavo non sarei mai stata mamma.
Mac si alzò dal letto, facendo piano per non svegliare il marito, che appena un secondo dopo si era girato ad occupare, in diagonale, tutto il grande letto.
Il letto. Il loro grande, smodato, fuori misura, letto matrimoniale … che li aveva seguiti, per le basi di mezzo mondo, unico punto fisso in una vita di spostamenti e avventure … chissà se era stanco di sopportare il peso di due vecchi ufficiali in congedo, che ancora, dopo tanti anni, mettevano alla prova la resistenza delle sue reti, amandosi di un amore ora dolce, ma che in altri tempi era stato focoso, burrascoso e … e più frequente, pensò sorridendo Sarah mentre si infilava la vestaglia e scendeva le scale, diretta in cucina.
Mentre la caffettiera si scaldava, il ricordò andò a un mobilificio di periferia, una domenica pomeriggio di pioggia, era quasi l’orario di chiusura e loro a supplicare di farli  entrare: DOVEVANO COMPRARE UN LETTO.
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Sentì suonare alla porta …
Era sudata, stanca morta e con retrogusto amaro in bocca e nel cuore.
Era appena rientrata a casa dopo il Jagathlon, lo sapeva, lo sentiva, questa volta c’erano andati vicini.
Sì, vicini ad arrendersi al sentimento che provavano l’uno per l’altra, eppure ancora una dannata volta lei era nuovamente a casa sua. Da sola.
Arrendersi al sentimento? Chi doveva arrendersi?
Lei l’aveva già fatto da tempo, forse già da quel lontano incontro in un giardino di rose, ma lui …
 
Lui non si arrendeva. Né oggi, né mai. Che non avesse nulla a cui arrendersi e l’unica capitolazione possibile fosse quella della sua ragione all’evidenza dei fatti?
Il suo era un amore non corrisposto. 
Per lui era l’amica, la confidente, la collega, l’unica, insostituibile Mac, ma non era il suo amore.
 
Nessuna voglia di rispondere al suono del campanello, nessuna voglia di aprire la porta e di sorridere a qualche inopportuno visitatore…
 
Suonarono ancora. Insistenti, inopportuni, invadenti.
“Non ci sono”, urlò. Chiunque voi siate, chiunque tu sia: “Non ci sono, dannazione non ci sono!”
 
“Ma ci sono io Mac, ci sono io. Questa volta ci sono io. Fammi entrare.
Ti prego, Sarah…”
 
Silenzio… e poi piano il suono delle dita sulle corde della chitarra e rauca la sua voce, quasi rotta dalla commozione e dal timore di essere arrivato troppo tardi.
 
“Sai, vorrei tornare indietro
e rivederti lì
mi basterebbe solo stringerti di più,
perché non c'ero,
non ci sono stato mai tutti quei giorni
che mi hai amato solo tu. (..)

 
Sai, vorrei tornare indietro
e non lasciarti mai;
mi basterebbe
solo stringerti di più,
per tutti i giorni
che con te non c'ero mai,
per tutti i giorni
che mi hai amato solo tu.

 
Sarai la sera
quando non mi perderò,
la rabbia vera
di un pensiero che non ho,
l'ombra che scende per dimenticare me,
la ninna nanna
di un dolore che non c'è.
La Storia farà scempio
di uomini e parole,
gli uomini non saranno più
frasi d'amore,
ma nel continuo disperarci
che c'è in noi
io so per sempre che tu ci sei.”
(1)
 
Suono di una musica lenta, malinconica e dolce, eco di parole incomprensibili e struggenti... Silenzio.
Il nodo in gola, la voce che non sa rispondere, la mano che non sa aprire quella porta.
 
E poi di nuovo la sua voce... di nuovo quella musica con parole, adesso conosciute, che lui traduceva per lei.
 
Aprì la porta.
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Era li, ancora con i pantaloncini e la canottiera della gara, gli occhi persi e l’aria stravolta.
La guardava. Come non aveva fatto mai. Come non avrebbe fatto mai più.
Ci sarebbero stati altri sguardi, milioni di altri sguardi.  Di gioia, di rabbia, di tenerezza, di ironia, non quello carico di amore e disperazione.
 
Non disse nulla. Allungò le braccia e si arrampicò fino al collo, allacciò le mani dietro alla sua nuca e lo tirò a sè.
Finalmente alla sua altezza. Non stava volando troppo in alto o troppo distante.
Era li per lei. E lei lo stava baciando.
 
Con un calcio Harm chiuse la porta dietro si sé, sollevò Sarah che allacciò le gambe intorno alla sua vita, le loro lingue si intrecciarono in una danza appena inventata.
I vestiti volarono via e finalmente i loro corpi si conobbero. Si amarono con urgenza, quasi con rabbia, lì distesi sul pavimento dell’entrata.
Il tappeto della sala accolse altro amore, più dolce e delicato. Assaporarono a lungo il sapore della loro pelle e ne respirarono l’odore.
Non si dissero una parola per tutto il pomeriggio.
 
Le ombre della sera iniziavano ad allungarsi sul tappeto sopra il quale risposavano abbracciati, le mani che, incredule, sfioravano ad accarezzare quei corpi così a lungo desiderati e finalmente disponibili.
 
Stupefatti ed esausti finalmente si dissero: grazie.
Grazie di aver resistito, grazie di aver suonato quella canzone, grazie di aver aperto quella porta.
Grazie di aver saputo perdonare le reciproche ignavie, ritrosie, egoismi e paure.
Grazie di amarmi, si dissero in coro.
 
Non misero in dubbio di trascorrere la notte insieme. Non in un letto che avevano condiviso con altri.
 
“Vestiti Mac! Andiamo a comprare il nostro letto. Dormi con me, questa notte e per sempre. Sposami, Sarah.”
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Il fischio del tostapane distolse Mac dai suoi ricordi, mentre nella testa riecheggiava ancora, come fosse ieri, la proposta di matrimonio più stramba, imprevista ed entusiasticamente accettata della storia. 
Versò il caffè nelle tazze, imburrò il pane e stese un filo di marmellata, dispose il tutto su un vassoio e risalì le scale.
Svegliare Harm, questa la missione più difficile, da 30 anni a questa parte.

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Capitolo 2
*** BATTESIMI E RICORDI ***


Appoggiò il vassoio sul comò, si sedette sulla sponda del letto e si fermò a guardarlo.
Le è sempre piaciuto guardarlo dormire e non ha mai avuto problemi a soddisfare questo piacere visto che il dormiglione in famiglia è sempre stato lui.
Lei mattiniera sempre, anche senza motivo. 
Quante volte gli aveva invidiato il sonno profondo, da bambino.
Da bambino. Da cosa sarà nato questo modo di dire?
A casa loro i bambini non dormivano a lungo, neanche il fine settimana. Quanti sabato lei e i cuccioli alle nove erano già ai giardinetti o sulla spiaggia a secondo del tempo e delle loro destinazioni, mentre Harm dormiva alla grande e alla grande russava, o “ussava” come dicevano Cate e Luke, da piccoli. 
Bisognerebbe dire: dormire come un adolescente.
Da adolescenti sembravano diventati la fotocopia del padre... impossibili da svegliare e lentissimi a prepararsi. Crescendo Cate era tornata mattiniera, non così Luke che, ancora adesso, quando non era imbarcato, dava del filo da torcere alla moglie per farsi buttare giù dal letto.
Proprio come suo papà pensò, accarezzando la guancia del marito.
Ora doveva svegliarlo sul serio o avrebbero fatto tardi al battesimo di Alan, l’ultimo arrivato in famiglia. Il terzo figlio di Cate.
Chi l’avrebbe detto che la rampante, strapagata sceneggiatrice, dalla brillante carriera, avrebbe scoperto, insieme all’amore per Tom, di essere assai più felice a fare la mamma a tempo pieno? Scriveva ancora nei ritagli, favole per bambini. Chissà dove trovava il tempo e le energie?
 
La carezza non bastò. Urgevano misure drastiche.
 
Aprì le persiane, spalancò la finestra. Il sole e la fresca brezza marzolina invasero la stanza, si sdraiò accanto ad Harm, si rannicchiò su di lui prendendolo alle spalle, dorme sempre su un fianco, in un gesto così consueto e intimo che bastò a svegliarlo.
Si girò. La vide e sorrise, con gli occhi ancora mezzi chiusi, e la faccia di uno che ha ancora il “cuore che dorme”…
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Ecco com’è.
Più di una volta aveva fantasticato su Harm appena sveglio.
Mai, mai l’aveva immaginato così: un po’ stordito, ubriaco di sonno e decisamente con “il cuore che dorme”, come le disse lui, con una voce che non aveva nulla di umano. Ed era bello.
 
Imparò presto che non doveva parlargli per la prima mezz’ora, se non voleva sentire mugolii infastiditi al posto delle risposte.
Risposte che comunque non avrebbe ricordato, una volta veramente sveglio.
 
Si sciolse dall’abbraccio che l’aveva avvolta tutta la notte, lo baciò dolcemente e si avviò in cucina a preparare la colazione.
Poco dopo sentì due braccia cingerla da dietro e il suo profumo sul collo, mentre piccoli baci la facevano rabbrividire.
“Dormito bene nel nuovo letto?”
“Mhmm, ti sei svegliato?!”

“ Sveglissimo!”, rispose mentre la faceva voltare dolcemente. La bocca sulla bocca.
All’altezza dell’inguine il pulsare caldo del suo sesso, coperto solo dalla leggera stoffa dei boxer. Le mani sul suo desiderio, poi la bocca.
La fermò, le fece scivolare via la canottiera e i pantaloncini.
Nuda davanti a lui. Bellissima, eccitata e morbida. Affondò in lei.
 
“Meno male che hai il risveglio lento, eh marinaio?”
“In effetti, difficilmente sono così vispo di prima mattina” le disse guardandola di sottecchi, con una luce birichina negli occhi.
“Sarà merito del sonno ristoratore nel nuovo letto?” rispose lei di rimando, ridendo sotto i baffi.
“Di solito non ho un motivo così buono per svegliarmi!” disse, tornando serio.
“Credo che d’ora in poi non avrò più difficoltà a svegliarmi.”
 
Il tempo dimostrò che si sbagliava, ma ci sarebbero stati comunque altri amori mattutini e nuovi ritardi in ufficio. Di coppia, questa volta.
 
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“Dai Harm, alzati o faremo tardi e poi te la vedi tu con tua figlia!”
“Mi alzo, mi alzo” rispose mettendosi seduto sulla sponda del letto e portando alla bocca il caffè. Disgustosamente dolce, come diceva Mac. Unica concessione a “vizio” nella sua dieta da salutista.
“Certo che potevano anche farlo di pomeriggio, sto battesimo. Invece di fare alzare all’alba un povero ammiraglio in pensione”
“Alba alle 10?! Smettila di lamentarti e fila a lavarti” gli disse tirandogli una pacca sul sedere.
“Ai suoi ordini, colonnello, come sempre!” e si diresse in bagno.
 
Arrivarono in chiesa trafelati e all’ultimo momento, quando quasi tutti avevano già preso posto.
Mac strizzò l’occhio alla figlia, ammiccando in direzione di Harm che stava salutando Bad e Harriet, sul sagrato della chiesa. Cate rispose allo sguardo della madre con sorriso complice e le disse: “Tranquilla mamma. Luke e Giorgia non sono ancora arrivati. Buon sangue non mente”
In quel momento si sentì il rumore di una macchina che parcheggiava, quasi sgommando.
 
Gli zii erano arrivati.
 
Per fortuna, visto che Luke era il padrino, mentre Sandy, la figlia più giovane dei Roberts, la madrina.
Adesso c’erano tutti, Cate prese Alan dalle braccia del marito ed entrarono in chiesa, seguiti dai genitori. Mac prese per mano Margie e Harm prese in braccio Andy, i nipotini più grandi.
 
Cate e Tom si sistemarono, insieme a padrino e madrina, vicino alla fonte battesimale.
Lo sguardo di Mac cadde sul figlio che, assunta la posa marziale, cercava di scusarsi con la sorella per il ritardo. Cate si mise a ridere e gli disse: “Non sei in ritardo. Semplicemente a te e a papà ho detto di venire venti minuti prima”. A entrambi scappò da ridere poi Luke, sotto voce: “Dovrei strozzarti! Per causa tua ho rischiato il divorzio con Giorgia. Mamma lo sapeva, vero?”
Lo sguardo divertito della sorella bastò a rispondergli.
 
Mac guardò i suoi figli, ancora complici come quando da bambini ne combinavano di tutti i colori, strinse più forte la manina che teneva nella sua e sentì di essere felice. Non vedeva il volto di Harm, ma sapeva che anche lui stava pensando la stessa cosa. Era una donna fortunata. E amava il suo uomo come se fosse ancora il giovane, impulsivo, generoso Capitano di corvetta di secoli prima, ma il miracolo più grande era che quando lei si specchiava nei suoi occhi, si vedeva riflessa ancora giovane e bella.
L’amore di Harm era la sua fonte di eterna giovinezza.
 
A cerimonia conclusa si incamminarono tutti verso le macchine per andare a raggiungere casa Rabb, dove si sarebbe tenuto un piccolo rinfresco. 
Andy e Margie lasciarono i nonni per correre da mamma e papà che li aiutarono a salire in auto.
Harm e Mac rimasero un momento soli davanti a portone della chiesa, che il sacrestano stava chiudendo. Si presero per mano: “Ti ricordi?”
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“E ora può baciare la sposa”.
 
Il Capitano Rabb non se lo fece dire due volte e per la prima volta baciò sua MOGLIE.
Il bacio, appassionato e forse poco protocollare, fu salutato dal brusio di approvazione dei  partecipanti a quell’improvvisato matrimonio.
C’erano Trish con Frank e tutti i loro amici, che erano poi la loro famiglia del Jag.
Era passata poco più di una settimana dal Jagathlon, il tempo minimo per raccogliere tutte le carte necessarie e per comunicare a un Ammiraglio, visibilmente compiaciuto, che loro si amavano e che si sarebbero sposati, succedesse quel che doveva, alle loro carriere.
 
Come era avvenuto per Bud e Harriet, anche loro restarono in forza al Jag.
 
L’ammiraglio si fece promettere, pena l’assegnazione alla base in Alaska a dare la caccia alle foche, che le scaramucce famigliari, che era certo non sarebbero mancate visti i due caratterini, sarebbero rimaste fuori dall’ufficio.
 
“In definitiva, non voglio vedervi litigare più di prima. Non un decibel di più delle solite sfuriate a cui avete, gioco forza, abituato l’ufficio. Sono stato chiaro?”
“Cristallino, signore!”
“Bene. Congratulazioni, signori!”
Quindi Sarah riprese la parola: “Ammiraglio, permette che mi esprima liberamente?”
“Si Colonnello.”
”Lei sa che mio padre non c’è più e che comunque non avrei voluto che mi accompagnasse verso la mia vita con Harm, volevo dire il Capitano Rabb, Lei invece  è  un punto di riferimento per il Capitano e per me.  Signore, mi farebbe l’onore di condurmi all’altare?“
”Con infinito piacere, Colonnello.” Rispose con la voce rotta dall’emozione. Poi abbracciandola:” Sia felice Sarah, se lo merita. Quanto a lei Capitano, stia attento a quello che farà. Se la dovrà vedere con me se farà soffrire ancora questa donna” quindi strinse la mano ad Harm e in lui abbracciò il figlio che non aveva mai avuto e che vedeva, finalmente, diventare uomo.

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Erano passati quasi 15 anni e ancora, entrando in casa, non potevano non pensare ad AJ. L’unico padre che entrambi avessero mai avuto e nella cui casa, ricevuta in eredità, vivevano e avevano finito di crescere i figli, una volta rientrati definitivamente al Jag, quando Harm ne aveva assunto il comando, dopo la morte dell’Ammiraglio Chegwidden.
 
Aprirono la porta e l’allegria della festa per il battesimo di Alan li distolse dai loro ricordi.

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Capitolo 3
*** SCOPAMI ***


“Finalmente soli” sussurrò Harm, lasciandosi cadere, ancora vestito, sul letto.
“E’ andato tutto bene ed è stata proprio una bella giornata, non trovi?” disse Mac mentre, seduta sulla sponda, si toglieva, con un sospiro di sollievo, le scarpe con i tacchi.
Harm allungò un braccio, la sbilanciò, la fece cadere sul letto e la tirò a sè.
” Vieni un po’qui, Colonnello. Fra figli, nipoti, amici e parentame vario, oggi non sono neanche riuscito ad abbracciarti”.
Sarah si accomodò nell’incavo della spalla del marito, che l’avvolse con il braccio e stettero li, sdraiati a riposarsi.
”Sono stanco morto. Sarà l’età, ma giornate così mi sconvolgono. E’ inutile siamo due vecchietti, non abbiamo più il fisico.”
” Parla per te! Io sto benissimo, a parte il fatto che mi farei amputare i piedi dal male e ho le gambe di pasta frolla, neanche fossi venuta a piedi da NY!” rispose Mac, ridendo.
 
“Hai sentito come parla Andy? Ogni volta che lo vediamo parla sempre meglio, non sembra un bimbo di 2 anni. Sta diventando anche bello prepotentello, se Tom e Cate non staranno attenti finirà per schiavizzare sua sorella, anche se è più grande.”
” Stai tranquilla che Margie sa difendersi bene, più cresce e più mi ricorda un certo marine… Cambiando discorso: senti vecchietta, pensi di reggere a un altro battesimo nel prossimo futuro?”
“Perché? Che c’entra?”
”C’entra, c’entra. Hai notato che, a un certo punto, mi sono appartato con Luke?”
” Nooo, non mi dire che si sono decisi anche loro?” “Ma Giorgia non gli aveva detto che fino a quando avesse continuato a volare sui TomCat, lei col cavolo che avrebbe fatto un figlio?” “Non dirmelo? Luke ha chiesto il trasferimento per un incarico a terra?”
”No Mac, niente trasferimento, ti dovrai rassegnare ad avere un figlio fra le nuvole ancora per qualche anno. Non hanno ancora detto nulla per scaramanzia, ma Giorgia ha ceduto e a settembre diventeremo di nuovo nonni. Ho sentito, per caso, che ne stavano parlando e allora me l’ha confessato. Tu fai finta di non sapere nulla, vogliono darti loro la notizia.”
”Speriamo sia una femmina, di Rabb a spasso per il cielo ce ne sono già troppi, fra te e tuo figlio”
”Mac, non ti conoscevo così maschilista, ormai piloti donna sono all’ordine del giorno” ridacchiò lui.
” Non dirlo neppure. Povera Giorgia e povera nonna Sarah.”
“Bene, a parte gli scherzi, sono proprio contenta e stai tranquillo, quando daranno l’annuncio farò finta di essere stupitissima.” Poi le venne da ridere.
”Che c’è da ridere?”
”Niente, stavo pensando che Luke, fra pochi mesi, conoscerà finalmente qualcuno in grado di tirarlo giù dal letto!”
” Eggià, come ha fatto con me quell’indemoniata di sua sorella. Maronna Sarah, ti ricordi? Mesi e mesi di nottate in bianco, quando Cate aveva deciso di scambiare il giorno con la notte”.
 
Facendosi più stretta e girandosi su un fianco, per guardarlo in viso, Mac disse: ”Ci sono stati momenti che è stata dura, eh? In cui non avrei scommesso un cent che saremmo arrivati a questo punto, con una bella, grande, rumorosa famiglia e con il nostro amore ancora intatto.
Ti amo Harmon Rabb e sono felice di essere tua moglie, oggi come il giorno in cui ti ho detto si.”
 
Un lampo di tristezza attraversò, fugace, i verdi occhi di Harm, sapeva bene a cosa si stava riferendo sua moglie. Dopo tutti questi anni una parte di lui non riusciva ancora a perdonarsi, come invece aveva fatto lei. La strinse forte.
“Anche io ti amo Sarah, ogni giorno di più.”
Erano stanchi, ma non abbastanza e si amarono lentamente e dolcemente, con la sapienza tranquilla che viene da una vita trascorsa insieme.
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M: “E adesso scopami, Rabb! Hai capito?” urlò: “Scopami” “Non ho diritto al tuo rispetto, alla tua sincerità e al tuo amore, non è vero? Ma almeno il sesso, questo me lo devi. E allora adesso zitto, non voglio sentire una parola, taci e scopami. Non è quello che hai fatto in tutti questi mesi, quando mi venivi a cercare? Sesso, solo sesso! E allora adesso avanti, coraggio, cosa ti trattiene? Non sono ancora da buttare via!”
 
Mentre urlava, gli batteva i pugni sul petto e poi, come trasfigurata e posseduta da una forza terribile e misteriosa iniziò a toccarlo, baciarlo, spogliarlo.
 
Harm era sconvolto, atterrito,cercava di fermarla, di bloccarle le mani, di sfuggire alla sua bocca.
”Mac, ti prego, fermati … Mac, ascoltami… Hai ragione, perdonami, parliamone … ti supplico. Basta, smettila… Cosa stai facendo, Sarah?!...”
 
Lo voleva nel suo letto e lo ebbe.
E fu vertigine, rabbia, dolore, cattiveria e disperazione, ma quella volta non fu amore.
 
” Adesso vestiti Rabb e vattene!” gli disse spostandosi di lato e guardandolo con occhi di ghiaccio.
La voce affilata come la lama di un rasoio, impersonale, dalle pieghe di un dolore insondabile: “Potrai vedere i tuoi figli quando vorrai, ma cercati un avvocato. Organizzati per portare via le tue cose al più presto. Vattene! Esci dalla mia vita.”
Si girò, non lo guardò e non gli disse più una parola.
 
Harm cercò, di parlarle: “Non puoi dire sul serio! Guardami Sarah, perdonami. Sono un imbecille, un marito indegno, un fottuto stronzo, ma ti amo. Ti supplico, perdonami.”
Pianse piano, ma lei non asciugò le sue lacrime. Vinto si rivestì e uscì di casa.
Da casa sua, o meglio, da quella che era stata casa sua.
Ed era solo colpa sua.
 
Quando sentì la porta chiudersi, il cuore di Sarah fu sul punto di spezzarsi.
Rimase immobile, sdraiata sul letto, per ore.
Per fortuna i bambini erano dai nonni per il we.

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Capitolo 4
*** SEPARATI ***


Sturgis aprì la porta. “Harm, cosa succede?”
Il suo amico era sulla soglia, terreo in volto.
“Avanti, entra!”
“E’ finita, Stu. SONO finito.”
”Ma cosa stai dicendo, Harm? Di cosa stai parlando?”
”Mi ha cacciato di casa, Sturgis. Non mi vuole più vedere e ha ragione. Ho distrutto tutto, ho ferito e umiliato mia moglie, farò soffrire i bambini.”
”Harm, calmati, siediti e fammi capire.”
 
Harm abbassò il viso, non riusciva a guardare Sturgis poi confessò e sembrò più che altro una drammatica e tardiva presa di coscienza di quanto aveva fatto.
 
”Ho tradito Sarah… ho, .... avevo una relazione e lei l’ha scoperto.”
”Cos’hai fatto? Ma che diamine hai nella testa? Da quando? Con chi?”
“Con Lauren…”
”Con la Singer? Quella iena arrampicatrice del nuovo tenete?”
”Si. Negli ultimi mesi abbiamo lavorato spesso insieme. Non è la serpe che vuole mostrare di essere.”
”Però non si è fatta scrupoli ad andare con un uomo sposato. Sposato con una collega che frequenta quotidianamente. Anche tu, come hai potuto? Lavoravi con la Singer, ti organizzavi i “diversivi” durante le indagini fuori sede e poi entravi nell’ufficio di Mac a prenderla per tornare a casa o a chiedere cosa comprare al supermercato?! Non ho parole.”
”Non ce ne sono di abbastanza dure per descrivermi, non so come ho potuto. Non lo so, non lo so”  Iniziò a singhiozzare, con le mani a coprirsi il volto.
”I bambini, le notti insonni, Sarah stanca e nervosa, poco tempo per noi, per le mie passioni, negli ultimi 2 anni avrò volato 3 volte e io, stupido, egoista e immaturo non sono riuscito a reggere. Non ho scuse.
Sarah è cambiata, è cresciuta con la nostra famiglia e io ... io ho avuto paura.
Aveva ragione lei, ha sempre avuto ragione lei.
Sono solo uno stupido bambino viziato che vuole qualcosa solo quando non la possiede e poi ottenuta, la lascia, la abbandona, la calpesta.
Credeva che fossi cambiato, anche io mi sono illuso di esserlo. L’ho delusa e questa volta l’ho persa. Per sempre... e i miei bambini, Luke, Cate... i miei bambini...“  i singhiozzi si fecero squassanti e non riuscì più a parlare.
Strugis non sapeva cosa dire nel vedere Harm schiacciato dal senso di colpa e dalla consapevolezza di aver compiuto un errore irreparabile.
Lo lasciò sfogare e poi, quando il pianto si calmò, gli offrì un bicchiere di whisky e poi un altro e un altro ancora. Non aveva bisogno di un censore o di un giudice, era venuto da lui perchè aveva bisogno di un amico. Trovò un amico.
Finirono addormentati, mezzi sbronzi, sul divano di Sturgis, dopo una nottata che nessuno dei due avrebbe dimenticato.
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Dopo ore di immobilità quasi totale trovò la forza di alzarsi, si fece la doccia, cercò di rimettere insieme i cocci e rendersi presentabile per quando i suoceri avrebbero riportato i bambini.
 
Quando arrivarono, chiese a Frank di dare la cena a Cate e Luke e  si ritirò in sala con Trish per   spiegarle la situazione.
Trish rimase impietrita. Le disse che capiva la sua reazione, più che giustifica, ma la pregava di riflettere bene...  veramente voleva distruggere la loro famiglia?
”Non sono io a volerla distruggere, lo ha fatto Harm. Quando mi ha tradito, ha tradito tutti noi, il nostro progetto, la nostra famiglia. Non posso perdonarlo, Trish, non posso, non ci riesco ...”

”Hai ragione Mac. Forse il tempo, Harm è mio figlio e non posso abbandonarlo, però voglio bene anche a te e avrai il mio appoggio, ora e sempre, qualsiasi cosa deciderai di fare. Conta su di me anche per i bambini.”
Mac l’abbracciò forte e si mise a piangere, sommessamente  per non farsi sentire dai figli. Poi andarono in cucina.
“Mamma, dov’è papà?”
“E’ andato a coere al parco?Quando tona?”
”Papà è dovuto partire improvvisamente per lavoro, starà via un po’ di tempo, ma vi chiamerà domani per salutarvi, e adesso a lavarsi i denti e a nanna. Forza, marsh!”
Una volta messi a letto i figli, Mac sentì le forze venirle meno e tutto il peso di quella catastrofica giornata crollarle addosso. Andò a dormire nella camera degli ospiti, nel loro letto no, proprio non poteva; faticò a prendere sonno. L’indomani c’erano molte cose da affrontare con Harm, prima di tutto decidere come spiegare la situazione a Cate e Luke. La scusa che aveva inventato non poteva reggere a lungo e poi doveva cercarsi un avvocato. Dormì un sonno tormentato, senza sogni e si svegliò sentendosi più stanca della sera precedente.
Preparò i bambini e li portò all’asilo, poi si diresse al Jag. Sarebbe stata una giornata lunga e dolorosa.
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Le tempie che pulsavano, fitte alla testa e un sapore in bocca indescrivibile.
Strugis e Harm ebbero forte la tentazione di darsi malati... soprattutto Harm che sembrava non avere neanche la forza di alzarsi.
L’abitudine alla rigida disciplina militare lo aiutò a imporsi di preparasi ... fece colazione, indossò una delle divise di Strugis e si diresse in ufficio.
Mac ci sarebbe stata? Come doveva comportarsi? Come avrebbe reagito vedendolo?
Doveva parlarle, doveva costringerla ad ascoltarlo, doveva farsi perdonare. Non poteva perdere tutta la sua vita così. Per un dannato, terribile errore di egoismo e leggerezza, non era stato altro. Non era stato amore. Mai. Il suo amore era di Mac, da sempre e per sempre... l’aveva solo dimenticato e dato per scontato, come un dannato stupido!
 
Gli continuavano a rimbombare nelle orecchie le parole di Mac:“ Non è quello che hai fatto in tutti questi mesi, quando mi venivi a cercare?Sesso, solo sesso!”
No, non era sesso. Mai. Neanche una volta, neanche ieri pomeriggio, neanche quel tragico amplesso era stato solo sesso per lui.
Con Lauren era fuga, era gioco da adolescente. Si, con Lauren era sesso, solo sesso.  Non con Sarah, con lei poteva essere solo amore. Come poteva credere che la cercasse per sesso? Fino a questo punto era riuscito a ferirla, a ferire l’unica donna che avesse mai veramente amato. Una fitta dolorosa lo colpì allo stomaco, come il colpo sordo di un pugno.
Le porte dell’ascensore si aprirono ed entrò in ufficio.
La cercò con lo sguardo, ma non la vide, anche il suo ufficio era vuoto.
 
“E’ dall’Ammiraglio, Signore” disse Bud interpretando lo sguardo di Harm, mentre la voce lasciava trasparire la domanda che l’etichetta militare non permetteva di formulare: “Cosa diamine succede stamattina, Signore? Il Colonnello è arrivata da sola, con l’aria sconvolta e lei sembra uno spettro ...” 
”Grazie Bud” e andò a rintanarsi nel suo ufficio.

Bud e Harriet si guardarono interrogativi e preoccupati. All’improvviso la voce tonante dell’Ammiraglio: “CAPITANO RABB, SUBITO NEL MIO UFFICIO!”
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M:” Grazie di avermi ricevuta subito...”
Amm:” Cosa succede Colonnello? Sta male?E’ capitato qualcosa ai bambini, al Capitano?”
Lo sguardo preoccupato del suo superiore non sfuggì a Mac, che decise di dirgli la verità, tutta la verità. Oltretutto aveva bisogno del suo aiuto per riuscire a gestire la situazione, senza impazzire....
 
M:”Temo che non potremo prestare fede alla promessa che le facemmo anni fa di non portare i problemi famigliari in ufficio...”
Amm:” Cosa sta dicendo Colonnello?”
M:” Fra il Capitano e me è tutto finito, Signore. Il nostro matrimonio è finito. Ieri ho chiesto al Capitano di andare via di casa... Non mi chieda il perchè. Glielo dirà lui, se vorrà...”
 
Amm:” Sta scherzando? Vi siete lasciati? E i bambini? Ci pensate ai bambini?”
 
M:”I bambini sono l’unica cosa a cui penso, Signore ... Ma non posso farli crescere in una famiglia nella quale la madre disprezza  il padre. E’ doloroso, Signore, ma sono sicura che sia meglio così anche e soprattutto per Cate e Luke. Sarà dura, ma alla lunga sarà meglio che vivere nel rancore e nella finzione. Ho bisogno del suo aiuto, Signore”
Amm:” Spero che le cose si aggiustino ...., immagino che la situazione sia veramente grave per essere arrivata a questa decisione. Di cosa ha bisogno, Colonnello?”
M:” Ho pensato di chiedere il trasferimento, ma non sarebbe giusto per i bambini allontanarli così dal padre. Proverò a rimanere al Jag e le chiedo se, nel limite del possibile, può evitare di farmi lavorare a contatto con il Capitano Rabb.
Saremo costretti a incontrarci, ma vorrei contenere le occasioni al minimo.
Le assicuro che comunque cercherò di non farmi influenzare dalla situazione nello svolgere i miei compiti.”
Amm:” Va bene, Colonnello. Può contare sulla mia collaborazione. Se è tutto, può andare”
M:” Agli ordini, Signore. Grazie, Signore.”
Amm:” Colonnello?
M:”Si?”
Amm:” Buona fortuna...”
 
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H:”Comandante Rabb a rapporto, Signore!”
Amm:”E’ appena uscita sua moglie... Dannazione, mi vuole dire cosa ha combinato questa volta?”
Seguì un silenzio rotto all’improvviso da un singhiozzo malamente soffocato.
“Mi scusi, Signore. Il mio è un comportamento imperdonabile” disse Harm cercando di ricomporsi e di cacciare in dietro le lacrime.
“Si sieda, Capitano e si calmi” rispose l’ammiraglio ad dir poco spiazzato dalla reazione del suo sottoposto. Poi si alzò dalla sedia, si avvicinò al Capitano Rabb, gli mise una mano sulla spalla e con voce paterna gli disse:”Allora mi vuole dire perchè sua moglie non vuole più avere nulla a che fare con  lei e mi  ha chiesto di aiutarla, assegnandole casi che non la riguardino?”
Harm non fece mistero di nulla, omise solo il nome della donna con la quale aveva avuto una relazione. Di vita rovinata bastava la sua, non c’era motivo di compromettere anche la carriera di Lauren, infondo la colpa era sua, lei era libera, era lui quello sposato, era lui quello che aveva degli impegni.
H:”Non è durata molto, mi sono reso conto che stavo solo cercando di fuggire alle responsabilità, ma che amavo mia moglie e non volevo rischiare di perderla. Quando Mac, volevo dire il Colonnello, l’ha scoperto, avevo già chiuso e combattevo con i sensi di colpa, indeciso se confessarle tutto...”
 
Amm:”Bene Capitano, questa volta sembra proprio che abbia combinato un gran bel casino! Spero si renda conto della gravità del suo comportamento e che sia disposto ad assumersene la responsabilità. Mi ha deluso Capitano ...”
H:” Si, Signore ... “
Amm:” Che cosa vuole ora Capitano?”
H:”Rivoglio mia moglie, Ammiraglio. Sono disposto a tutto purché mi perdoni ...”
Amm:” Mi auguro che sia vero.
Il Colonnello ha rinunciato a chiedere il trasferimento ad altra sede per non allontanare i bambini da lei e forse, in fondo al cuore, anche lei non è ancora pronta a un distacco definitivo... Forse ha ancora una chance di riconquistarla. Ci vorrà tempo, pazienza e perseveranza ... e fede! Non ho mai visto il Colonnello ridotto così. Ci voleva lei, Rabb!”
Amm:”Adesso vada. E ... Capitano, non faccia lo stupido!”
H:”Si, Signore. Grazie, Signore” e uscì.
 
Nei giorni che seguirono Harm cercò più volte di parlare con Mac, invano. Riusciva sempre a evitare di trovarsi da sola in una stanza con lui e quando si incrociavano per motivi di lavoro era distaccatissima. In presenza di altri non lo chiamava neanche  più per nome, ma Capitano e gli dava del lei.
 
Dopo due o tre giorni, mentre era chino sulle carte, sentì bussare alla porta.
Alzò gli occhi e la vide.
 
M:”Dobbiamo parlare.”
H:”Lo penso anch’io, sono 3 giorni che cerco di farlo ...” alzatosi le si era avvicinato e stava per appoggiarle una mano sulla spalla. Gliela scostò con rabbia.
M:”Non mi toccare. Non voglio avere niente a che fare con te, ma dobbiamo prendere delle decisioni in merito ai bambini”
Abbassò gli occhi e tornò a sedersi.
H:” Dimmi ...”
 
E così iniziò un nuovo menage ...
Harm si trasferì nel suo appartamento da scapolo, che per fortuna non aveva venduto, una sera alla settimana, un we si e uno no, andava a prendere i bambini e li teneva con sè.
 
In ufficio si vedevano il meno possibile e se costretti, parlavano esclusivamente di lavoro perchè Sarah non permetteva altro.
Due mesi dopo Mac aveva voluto formalizzare la situazione, così avevano firmato le carte ed erano ufficialmente separati. Harm era sicuro che appena trascorsi il termini di legge, negli Stati Uniti assai brevi, gli avrebbe chiesto il divorzio.
 
Aveva sperato che continuando a lavorare entrambi al Jag sarebbe riuscito piano piano a ricominciare a parlarle, ad avvicinarsi di nuovo e invece niente. Passavano i mesi, ormai erano 8 e non cambiava nulla. Rapporti formali e distaccati in ufficio e comunicazioni di servizio riguardo alla gestione di Cate e Luke.
Vista l’acrimonia che nutriva nei suo confronti Harm era strabiliato, anche se non ne aveva mai dubitato, di come Sarah non avesse mai detto una parola di biasimo su di lui ai bambini. Cate e Luke, si stavano piano piano abituando alla nuova situazione, anche se era evidente che ne soffrivano... Lui cercava di essere il più possibile presente e affettuoso, quando non erano con lui li chiamava tutte le sere prima che andassero a letto. Gli mancavano da morire e gli mancava Mac, quasi da togliergli il fiato.
Viveva come un automa, lavoro, casa, bambini e nient’altro ... poiché nulla sembrava più importargli.
Non che Mac stesse meglio, ma le incombenze quotidiane della gestione di due figli piccoli, oltre al lavoro, le lasciavano meno tempo per pensare. In qualche modo, quella grande mole di impegni, la anestetizzava.
 
Bud, Harriet, Jen, Sturgis e tutti i loro amici erano veramente preoccupati, ma non riuscivano a fare nulla per aiutarli. Tutti loro però si erano dimostrati di una delicatezza e sensibilità enormi ed erano riusciti a dividersi fra Harm e Mac, senza giudicarli e senza schierarsi, facendo sentire il loro affetto e offrendo il loro aiuto.
Certo che era strano avere a cena ora l’uno, ora l’altro ... era strano trascorrere la vigilia di Natale con Harm, Cate e Luke e il pranzo del 25 con Mac e i bambini.
Indubbiamente la famiglia Rabb mancava e molto, anche ai loro amici.
 
Ormai era quasi passato un anno da quando Harm era andato via di casa, a settembre Cate avrebbe iniziato la scuola ... Puntuali come gli acquazzoni di fine estate, una mattina Harm trovò sulla scrivania le carte che tanto aveva temuto. Mac chiedeva il divorzio.
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Teneva la busta in mano e non si decideva ad aprirla, in quel mentre Mac si affacciò al suo ufficio.
M:” Bene, vedo che hai trovato i documenti.  Spero non farai difficoltà per firmarli. D’altra parte non si tratta che di certificare l’evidenza dei fatti. Come noterai, vengono solo confermate le condizioni della separazione. Leggi pure con calma e poi lasciameli, firmanti, sulla scrivania.
Ti saluto” e si voltò per uscire dall’ufficio.
 
H:”Sarah, fermati, aspetta un attimo. Io non voglio firmare queste carte, io non lo voglio questo divorzio ... io rivoglio te, la nostra famiglia. Parliamone. Sono stato uno stupido, ho sbagliato, ma sono cambiato ... quest’anno lontano da voi mi ha cambiato. Ti prego, perdonami, dammi un’altra possibilità. Non facciamo un passo così definitivo ...”
 
M:”Harm risparmia il fiato per l’arringa finale del tuo processo. Niente che tu possa dire potrà cambiare le cose. Ho creduto in te più che in me stessa, ti ho amato più di ogni altro, ma ormai ti guardo e non so più chi sei... firma quelle carte Harm e facciamola finita. Forse, prima o poi riusciremo a ricominciare, con qualcun altro” disse Mac con voce stanca.
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No. Non si sarebbe arreso così. Non avrebbe rinunciato senza combattere.
In quell’ultimo anno, schiacciato dal senso di colpa e dal dolore, era stato troppo passivo e remissivo.
Se divorzio dovrà essere, avrò almeno tentato ... pensava fra sè, mentre chiedeva a Tiner di essere annunciato all’Ammiraglio.
 
Il Comandante Rabb era tornato in campo.
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H:”Mac, stai dormendo?”
M:” No, perché? Mi stavo godendo il momento. Mi è sempre piaciuto fare l’amore con te ... e poi ti dirò, con il tempo, siamo diventati proprio bravi.” Si girò a baciarlo dolcemente, mentre Harm le accarezzava le spalle.
H:” Stavo pensando che mi è venuta fame ...”
M:” Ah, io ti dico le romanticherie e tu pensi al cibo?” gli tirò un buffetto ridendo. “E poi non sono sempre stata io la famelica di casa?”
H:” Si sa che invecchiando si tende ad assomigliarsi, no?” ridacchiò lui.
M:”Veramente hai fame? Con tutte le “schifezze” che abbiamo mangiato al rinfresco per Alan riesci ad avere fame?”
H:” Non è proprio che ho fame ... Ma se scendessi in cucina, stappassi una buona bottiglia, tagliassi un po’ di prosciutto e prendessi  un po’di grana che ci manda Francesca dall’Italia, portassi tutto su e ce ne stessimo qui a letto a bere, mangiucchiare e a farci le coccole? E’ tanto che non lo facciamo ... Che ne dici? Ti tornerebbe un po’ di appetito?”
M:”Harmon Rabb, come potrei dirti di no?”
H:”Lo sapevo! Ti amo anche per questo. Vado e torno!”
Mentre stava varcando la soglia, sentì gli occhi di Mac addosso e si girò a guardarla.
M:”Lo sa che ha sempre un bel sedere, Ammiraglio?”
Sorrise e scese in cucina.
A volte è proprio bello essere ormai soli, in questa grande casa, poter girare nudi, con tua moglie che ti guarda, e preparare uno spuntino di mezza sera. Pensò Harm, stappando una bottiglia di Morellino.

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Capitolo 5
*** ITALIA ***


H:” So che abbiamo un problema con la base NATO, in Italia. Deve mandarci me, Signore ... insieme al Colonnello MacKenzie”
Amm:” Cosa diavolo dice, Rabb, è impazzito? Ma se vi parlate a malapena!”
H:” Ho bisogno del suo aiuto, Signore. Mi ha portato le carte per il divorzio, da firmare... Non posso arrendermi così. Non posso cancellare l’unica cosa buona che ho fatto nella vita, con una dannata firma.
Non prima di aver tentato il tutto e per tutto.
Solo che il Colonnello non mi vuole neanche vedere, solo lei può obbligarla ... solo lei può ordinarle di passare del tempo con me.
Solo lei mi può dare il tempo e la possibilità di farmi perdonare e di riconquistare mia moglie.
La supplico, Signore...”
 
Amm:”Si rende conto di quello che mi sta chiedendo, Capitano?”
 
La luce che vide negli occhi di Harm  lo convinse che meritava ancora un’opportunità ... che anche Sarah la meritava ... quella famiglia meritava una chance di tornare insieme.
 
Amm:“Tiner?”
Tiner (T): “Si, Ammiraglio?”
Amm:”Mi chiami il Colonnello MacKenzie, per favore...”
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Il sole faceva capolino dalle persiane ... Mac aprì gli occhi, si stiracchiò e infilò i piedi fra le gambe del marito. Harm, non si svegliò, ma con un riflesso condizionato, spostò le ginocchia e fece posto ai piedi della moglie, che come al solito erano da scaldare!
A Mac sfuggì un sorriso di tenerezza... e si mise comoda a pigrare ancora un po’.
I vantaggi della pensione!
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 Amm:” Entri pure Colonnello, si accomodi”
M:”Ammiraglio, Capitano...”
Amm:”Colonnello, come saprà, abbiamo un problema diplomatico con il governo italiano riguardo l’ampliamento della base NATO. L’accordo, stretto con il  precedente esecutivo, sta creando difficoltà all’interno dell’attuale maggioranza di governo e alcuni problemi di ordine pubblico. Il ministro degli esteri ha chiesto il nostro aiuto, in maniera informale.
Si tratta di un impegno delicato, l’Italia è un nostro alleato e il progetto di ampliamento riveste un importanza chiave per la nostra politica in Europa. Il SecNav ha deciso di mandare due consiglieri e visto che lei ha già svolto, con successo, compiti di questo tipo partirà domani, insieme al Capitano Rabb”
 
Ecco fatto, aveva sganciato la bomba!
 
La reazione non tardò e non fu molto militaresca...
 
M:”Sta scherzando, Signore? In missione con il Capitano?Non può farmi questo!”
Amm:”Colonnello, sta discutendo un ordine?”
M:”Si, Signore, cioè ... No, signore, ma Ammiraglio....”
Amm:” L’aereo che porterà lei e suo marito a Roma parte domani alle 18.00, potete andare”
M:”Non è più mio marito, Signore ... o almeno ancora per poco, ormai!”
Amm:”Sta bene. L’aereo che porterà lei e il Capitano a Roma parte comunque domani alle 18.00. POTETE ANDARE!”
H&M:” Agli ordini, Signore”
Amm:”Colonnello, farò finta di non aver sentito il tono che ha usato negli  ultimi cinque minuti... Ma che sia l’ultima volta. Buon lavoro.”
M:”Si, Signore. Mi scusi”
 
M:“Sei stato tu! Questa è opera tua” gli sibilò furiosa, uscendo dall’ufficio dell’Ammiraglio.
 
H:” Ci vediamo all’aeroporto o ti passo a prendere a casa, domani mattina?” ribatté serafico lui.
 
M:”Vai al diavolo, Rabb” e se ne andò.
 
L’impresa più ardua della sua vita aveva avuto inizio... e non poteva fallire.
Sarebbe stata dura, ma ce l’avrebbe fatta. Per la prima volta, dopo tanto tempo, tornò a casa con una speranza in cuore.
 
Aveva un piano.
 
Doveva stare calmo, molto calmo. L’impresa “normalizzazione” era cominciata.
Voleva far riprovare a Mac le sensazioni conosciute della loro vita insieme... lei  poteva negarlo anche a se stessa, ma lui ne era certo ... gli anni passati  assieme, le abitudini, i piccoli gesti quotidiani della loro vita le erano rimasti dentro, come era successo a lui.
Da quello doveva partire. Doveva risvegliare i suoi ricordi, le sensazioni istintive, doveva “parlare” alla sua parte irrazionale.
 
Poi forse, avrebbe avuto una chance.
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Non poteva crederci. Come aveva fatto a convincere l’Ammiraglio?... perchè ne era certa, dietro quest’incarico c’era lo zampino di Harm. Lui e la  sua faccia da schiaffi mentre  la guardava quando, poco prima, rischiava di essere accusata di insubordinazione nell’ufficio dell’Ammiraglio.
 
Il solito Harm ...
 
Coraggio marine, pensò. Si tratta di lavoro, solo lavoro.
L’Ammiraglio mi ha ordinato di lavorare con lui, ma non può costringermi a passare un minuto di più del necessario in sua compagnia.
Si tratta di qualche settimana al massimo... Posso farcela. Se è questo il contentino di cui ha bisogno, se è questo il prezzo da pagare perchè si decida a firmare il divorzio... ebbene lo pagherò e poi sarà veramente finita.
Adesso devo pensare come sistemare i bambini mentre saremo via...
 
Riordinò la scrivania, chiuse gli incartamenti, spense la luce e si diresse verso l’uscita.
Mentre aspettava l’ascensore non si poté impedire di pensare alle numerose vigilie di altre missioni.
Adesso pareva impossibile, ma c’era stato un tempo nel quale aspettava con ansia che le assegnassero missioni lontane con Harm... e altri tempi nei quali, benché si trattasse di lavoro, erano felici di partire. Era quasi una mezza vacanza dal tritacarne della routine  quotidiana, lavoro, asilo, figli, spesa, orari, traffico, ritardi ... Lavoro si, ma sere e nottate tutte per loro.
E non era passato un secolo.
 
“Smettila Sarah, cosa vai a pensare” si disse, mentre le porte dell’ascensore si aprivano davanti a lei.
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M:”Che dici Harm, ci alziamo? E’ una bella giornata, potremmo approfittarne, per andare a prendere i bambini, così Cate si riposa un po’.  Li portiamo al parco e poi andiamo a comprare le biciclette ... gliel’abbiamo promesso.”
H:”Già è vero, Andy dice che vuole una bicicletta tutta gialla come l’aereo del nonno!”
M:” Allora chiamo i ragazzi, per capire se si può fare o se hanno altri impegni.”
M:”Harm, Cate dice che i bambini sono fuori con Tom e lei è a casa con Alan, che però se nel pomeriggio passiamo a prendere Margie ed Andy, le facciamo un favore. Stanotte hanno “ballato” parecchio ...”
H:”Benissimo Colonnello, allora si vesta che la porto a pranzo fuori, così poi andiamo direttamente a prendere i bambini.”
Si prepararono e uscirono. Una volta in macchina Harm prese la direzione del lago, diretto verso un ristorantino italiano, gestito da una coppia romana che, con un atto di fantasia strepitosa, avevano chiamato il locale:”ROMA”.
Si mangiava bene, posto tranquillo e bel panorama ... e poi per loro Roma aveva un significato particolare. Ogni volta che andavano a mangiarsi un piatto di “bucatini come si deve”, non potevano non pensare a una trasferta italiana di molti anni prima.
Una missione diplomatica che avrebbe segnato le loro vite.
Per fortuna si dicevano, stringendosi forte la mano. La mano. Si perchè, ancora adesso, adoravano camminare mano nella mano.
I figli li prendevano in giro, perchè negli anni, tale era l’abitudine, si erano sincronizzati anche i passi ... visti di profilo si muovevano all’unisono, si vedevano solo un paio di gambe.
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Amm:” Tiner, ha già provveduto alle sistemazioni del Capitano e del Colonnello?”
T:” No, signore. Stavo per farlo”
Amm:” Lasci perdere, ci penso io.”
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Stava arrivando. In ritardo, come al solito. Bello come sempre.
Dannazione, detestava quell’uomo, ma non poteva evitare di pensare che fosse bellissimo e che un tempo era stato suo... Non lo dava a vedere, ma in ufficio non le sfuggivano le occhiate interessate di cui era oggetto.
Le dava fastidio. Eppure non ne aveva più diritto, per sua scelta.
 
M:”Sei in ritardo”
H:”Si, ma di poco” rispose sfoderando uno dei suoi sorrisi e facendo finta di non cogliere la sfumatura acida nella voce di Mac.
 
Il solito Harm...
 
M:”Muoviamoci o perderemo l’aereo”
 
Con grande disappunto di Mac, la signorina dell’imbarco le comunicò che non era possibile cambiare l’assegnazione dei  posti. L’aereo era al completo.
 
 
 
H:” Ti toccherà sederti vicino a me. Su, coraggio, l’hai già fatto altre volte. Puoi sopravivere”
 
Non gli rispose e lo fulminò con lo sguardo, mentre si incamminava verso la navetta che li avrebbe portati all’aereo.
 
Presero posto uno di fianco all’altro e a Mac non sfuggì che Harm le cedette il posto vicino al finestrino. Lei odia il posto sul corridoio. Lui lo sapeva.
 
Nel bene e nel male.
Il solito Harm... 
 
Mac si tuffò nella lettura di un libro, con una foga e un interesse che non potevano che sembrare sospetti. Era evidente che voleva sfuggire qualsiasi tipo di conversazione.
 
Harm fece finta di nulla, quella che intendeva correre era una maratona.
Il viaggio era lungo e l’Ammiraglio con quella assegnazione gli aveva regalato tempo ...
 
Stai calmo Rabb e gioca bene le tue carte. Si mise a leggere anche lui.
 
Ogni tanto, pensando che l’altro non se ne accorgesse, si guardavano di sottecchi.
 
Servirono il pranzo e Harm, pur limitando al massimo la conversazione per non innervosirla, fu molto gentile. Le versò l’acqua quando il suo bicchiere era vuoto, le diede la sua seconda bustina di zucchero per dolcificare il caffè... a lei una non era mai bastata. Neanche a lui.
Sarah doveva ammetterlo, in queste cose era sempre stato gentile e galante. Sempre in tutti quegli anni ...
 
Non poté evitare di pensare:
il solito Harm.
 
Stavano sorvolando l’oceano, quando il sonno prese il sopravvento ...
 
Harm, una volta tanto, fu il primo a svegliarsi. Forse fu la sensazione di un peso conosciuto, ma che mancava da troppo tempo. Mac era scivolata e la sua testa era andata ad appoggiarsi nell’incavo della spalla di Harm. Praticamente la posizione  che assumeva, per addormentarsi, fin dalla prima notte che avevano passato insieme. Lei lo chiamava:” il mio posticino”...
 
La guardò e gli venne quasi da piangere. Fu però abbastanza lucido, per decidere di far finta di dormire ancora...
Da li a poco si svegliò anche Mac e quasi trasalì quando si accorse dov’era ... la sensazione di tepore e di casa che le rimase addosso, fu però difficile da negare e mandar via...
Meno male che Harm sta ancora dormendo, pensò mentre si rialzava di scatto.
 
L’aereo intanto stava scendendo si iniziava a intravedere Fiumicino e Harm non si “svegliava”.
 
M:”Harm? Harm, svegliati...”
Niente da fare ....
 
Il solito Harm.
 
 
Cedette. Lo toccò per scuoterlo e destarlo.
Voleva essere brusca e non ci riuscì, dopo un anno lo stava svegliando di nuovo... lo aveva toccato di nuovo.
Magone. Lacrime ricacciate in fretta in gola...
Si ricompose a fatica, ma in fretta:”Svegliati! Stiamo atterrando.., datti una mossa.”
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Ospiti all’Ambasciata.
Strana sistemazione pensò, mentre l’incaricato faceva strada.
 
Inserviente(Ins):”Ecco signori, potete accomodarvi. L’ambasciatore vi aspetta alle 20.00 per la cena. Avete tutto il tempo di rinfrescarvi e riposarvi. Sono a vostra disposizione, per qualsiasi necessità”
 
M:”Un appartamento? Con una sola camera da letto? Dev’esserci un errore!”
 
Ins:”Nessun errore signora, la scheda proveniente dal Jag indica espressamente che lei e il Capitano siete sposati. L’ambasciatore in persona si è premurato che la suite rimanesse libera, a vostra disposizione. Vi è andata bene, non si trova una sola stanza in tutta Roma e dintorni a causa della concomitanza degli Internazionali di tennis e del Festival del cinema”
 
Ecco come li aveva sistemati l’Ammiraglio!
 
H:”Bhe Mac, poteva andare peggio. Vieni a vedere che vista spettacolare” disse Harm aprendo la porta finestra che si affacciava su un terrazzo con vista mozzafiato sulla capitale.
 
M:”Ma come fai a essere sempre così?” ribatté lei, più stupita che arrabbiata.
 
Già un cambiamento.
 
H:”Così come?”
 
M:”Così tranquillo, per esempio?”
 
H:” Ah, ma io sono contento di essere qui con te.”
Si girò, le sorrise e si diresse in bagno.
 
Mossa bieca, Capitano. Mossa da Harm.
Il solito Harm.
 
Mac, sospirò e si mise a disfare i bagagli. Rassegnata.
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Dopo la cena con l’Ambasciatore, che si era rivelata più piacevole e informale del previsto, rientrarono in camera e Mac si appartò sulla terrazza per chiamare i bambini.
H:”Che fai, ti nascondi per chiamarli? Quando hai finito me li passi che li saluto anch’io?”
Alzando gli occhi al cielo gli passò il telefono e rientrò.
 
C:”Ciao papà! Ma allora sei con la mamma?”
H:”Si tesoro, per lavoro. Per favore Cate, quando senti la mamma non enfatizzare questo fatto, ok? Cosa combinate? Vi divertite alla Jolla? Fate i bravi con i nonni? Un bacio piccolina. Adesso mi passi Luke, così saluto anche lui?”
L:”Ciao papà... quando veni?”
H:”Presto amore, vengo presto .... ti diverti con i nonni?”
L:”Si, ma volo tonare all’asilo ... qui ho pochi giochi!”
H:”Adesso mamma ed io siamo lontani per lavoro, ma torniamo presto a prendervi, ok? Tu fai il bravo bambino, mi raccomando.”
L:”Si, papà... sei lontano? Hai peso l’autostada?”
H:”Si amore, ho preso l’autostrada e pensa un po’... anche un aereo, adesso passami la nonna” disse Harm sorridendo...
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H:”Coraggio, salite in macchina, che andiamo a prenderci un gelato e poi ... e poi, dove andiamo poi?”
Me&A:” Poi andiamo a comprare la bici, vero nonno?”
H:”Che dici nonna, la andiamo a comprare ‘sta bici?”
Me&A:”Siiiiiiiiiiiiiiii!!”
M:”Avanti, voi 3. Muovetevi!”
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Finita la telefonata anche Harm rientrò.
Mac stava uscendo dal bagno proprio mentre lui stava tirando fuori la camicia dai pantaloni e slacciava i bottoni, per mettersi comodo.
 
M:”Non abbiamo ancora pensato a come fare, stanotte, per il letto” disse fredda. Quasi a lottare con l’ondata di tenerezza che l’aveva colta nel vedere quel gesto così familiare e così suo.
H:”Io pensavo che potremmo evitare di fare i ridicoli” le disse, dolcemente.
M:”Eh,?”
H:”Abbiamo dormito nello stesso letto per 8 anni… Non pensi che sia un po’ ridicolo che uno dei due debba rompersi la schiena dormendo sul divano?”
 
Non faceva una grinza.
 
Mac lo guardò sospettosa.
 
H:”Dai Mac, il letto è enorme, non ti accorgerai neppure di avermi affianco…”
M:”E va bene …”
 
Harm andò in bagno a prepararsi e ne uscì con la sua solita tenuta da notte: i boxer!
 
La divisa perfettamente piegata e riposta sulla sedia, la camicia sulla spalliera.
Ordinato come sempre, ordinato come Harm.
Il solito Harm.
 
H:”Perché  mi guardi così? E’ vero, ho preso qualche Kg, ma niente che giustifichi la tua faccia” scherzò lui.
 
M:”Buonanotte” tagliò corto Mac girandosi su un fianco, mentre anche Harm si infilava nel letto.
 
Non doversi chiedere da che parte preferisci dormire …
 
Buio, sonno e uno strano miscuglio e di confidenza e imbarazzo…di nuovo il suo respiro a cullarle la notte.
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I giorni che seguirono furono un incalzare di riunioni, meeting, pranzi e cene di lavoro con Ministri, sottosegretari … generali e affini.
Non ebbero molto tempo da passare da soli e questo, paradossalmente, fu un bene.
Si trovavano soli solo quando si ritiravano in camera.
 
Di solito poche parole e poi a dormire … via via che passavano i giorni, la tensione andava però lentamente, molto lentamente, allentandosi.
Mac era un po’ meno rigida e formale. Pur se obbligata dagli eventi e non per scelta, stava riabituandosi ad averlo fra i piedi.
 
H:”Maac? Maac?” si sentì chiamare insistentemente dal bagno.
M:”Che vuoi?”
H:” Ehmmmm, mi sono scordato l’accappatoio e non vorrei uscire dalla doccia allagando il bagno. Poi mi fai il cazziatone”, la voce era un pochino intimidita.
Questa non l’aveva studiata, si era proprio dimenticato.
Temeva una reazione scorbutica di Mac. Invece…
 
M:”Sei sempre il solito” gli disse entrando in bagno e tirandogli bonariamente l’accappatoio.
M:” .. non sei poi così ingrassato”, si girò e richiuse la porta alle sue spalle, lasciando a asciugarsi un Harm basito e stupefatto.
 
“Che diamine fai, Sarah?” Pensò subito dopo. “Ti starai mica ammorbidendo? Tu detesti quest’uomo! Sia come sia, non posso permettergli di rientrare nella mia vita, non posso rischiare che mi faccia ancora del male”.
Per scacciare i pensieri si mise a leggere.
 
Harm uscì dal bagno, mezzo nudo e con i capelli ancora umidi.
Le era sempre piaciuto da pazzi appena uscito dalla doccia … ancora con le goccioline a imperlargli il petto. Fece fatica a non dare a vedere il suo turbamento, che infatti non sfuggì ad Harm.
 
Che la Rocca di Gibilterra stesse veramente cedendo?
Non voleva e non doveva  illudersi …  si infilò a letto.
Si mise a guardarla. Non potè resistere.
 
M:”Che c’è? Perché mi guardi?”
H:”Sei bellissima, Sarah. Quasi non ricordavo più quanto” le disse con una voce profonda di amori lontani… Poi con gli occhi indicò la sua spalla:“Se vuoi il “posticino” è sempre libero. Per te”
 
Sarah.
 
In quelle due settimane non l’aveva mai chiamata per nome. Mac, solo Mac…
Il suono della voce di Harm che pronuncia il suo nome. Pelle d’oca … soffio, carezza e carta a vetro…
 
M:”Perché fai così? Perché mi fai questo, Harm?”
 
Sgomento.
 
H:” Perché ti amo Sarah. Non ho mai smesso di amarti, tesoro mio. Spero solo che un giorno tu possa perdonarmi.”
 
Vide che gli occhi di Mac stavano riempiendosi di lacrime.
 
H:”Non voglio farti stare male. Non voglio farti male mai più. Non fare così. Scusami Sarah, non avrei dovuto dire nulla”
 
M:”Shhh, Harm. Stai zitto”  lui le asciugò le lacrime con il pollice, come mille altre volte.
 
Silenzio.
 
Lei gli prese la mano e la tenne nella sua.
 
Dormirono così.
 
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Fu Mac la prima a svegliarsi,  piano sciolse la sua mano da quella diHarm, si baciò la punta di due dita e gliele passò lievi sulla guancia, sussurrando:” Buongiorno Harm” e si diresse in bagno.
 
Quando Harm si svegliò, era già pronta.
 
M:”Scendo a fare colazione, sono già in ritardo per l’appuntamento con il sottosegretario. Fai buon viaggio e ci vediamo domani sera.”
 
Harm ancora un pochino frastornato, le disse solo:”OK”.
Si era immaginato un altro risveglio. Quello che era successo pensava meritasse almeno due parole... e invece nulla. Lei, pronta ed efficiente come sempre, parlava di lavoro.
 
Era deluso.
 
Quando Mac, quasi sulla soglia, si voltò:”... ho dormito bene questa stanotte...” e chiuse la porta andandosene.
 
Forse non si era sbagliato, forse il ghiaccio che li imprigionava si stava sciogliendo. Doveva stare attento.
Si preparò e partì alla volta della base NATO. Lo aspettavano due giorni di fuoco, fra amministrazione comunale, comitati dei cittadini e riunioni di stato maggiore.
 
Soprattutto lo aspettavano due giorni senza Mac.
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Era rientrato da poco.
Per il viaggio si era messo in borghese ed ora si stava affannando a cercare una divisa pulita da indossare per la cena al Quirinale.
Nell’armadio nulla, nella valigia niente. In camera non ce ne era traccia.
H:“Dove sarà finita?” si chiese fra sè e sè.
 
In quel mentre entrò Mac:”Ciao. Pensavo arrivassi più tardi. Com’è andata a Vicenza?”
 
H:”Tutto bene, la situazione sembra rientrare… forse fra poco potremo tornare a casa. …ma non so se mi fa piacere …” aggiunse sottovoce.
 
Mac fece finta di non aver sentito.
 
H:”Mac, hai mica visto la divisa che avevo lasciato qui? Non la trovo da nessuna parte” mentre diceva questo si accorse dell’involucro in mano a Mac.
 
M:”ehmmm, ce l’ho io … quando ho portato la mia in lavanderia mi sono accorta che anche la tua aveva bisogno di una rinfrescata così… Sto rientrando adesso con le divise pulite. Spero non ti dia fastidio?”

Spero non ti dia fatidio?"n lavanderia mi sono accorta che anche la tua aveva bisogno di una rinfrescata cos'
H:”Ma figurati, anzi! Grazie Mac, grazie tante”
 
Da quando avevano iniziato a vivere insieme, come in un tacito accordo, si erano divisi i compiti e lei si era sempre occupata delle divise e della lavanderia.
 
Aveva portato ANCHE la sua divisa a lavare.
Si era di nuovo presa cura di lui… e gli chiedeva se gli dava fastidio??!!
Gli scappava quasi da piangere dalla gioia, ma si limitò a darle un lieve bacio sulla guancia.
 
Negli ultimi giorni Mac agiva come una chiocciola, usciva dal guscio, ma appena le antennine avvertivano troppa familiarità si rintanava spaventata.
 
Questa volta non scappò.
 
Anche se castamente, di nuovo le sue labbra sulla pelle.
 
I giorni che seguirono registrarono piccoli passi avanti nella ricostruzione, se non dell’amore, almeno di un rapporto fra Harm e Mac.
Alla sera, rientrando in camera avevano preso l’abitudine di sedersi sulla magnifica terrazza e chiamare i bambini. Lo facevano insieme, ormai.
Si fermavano  a chiacchierare di tutto e di niente accarezzati dal tiepido soffio del Ponentino…
L’anno trascorso li aveva cambiati entrambi.
Due esseri umani feriti che si stavano conoscendo, nuovamente. Anzi, riconoscendo, con pudore e timore…
 
Una volta a letto, appena spenta la luce, Mac prendeva la mano di Harm e dormivano così.
Il giorno dopo però, nessuno dei due ne faceva parola …
 
Mancavano due giorni al rientro in patria … erano a letto, seduti a leggere…
 
M:”Harm?”
 
Lui appoggiò il libro e lei lo guardò a lungo.
Uno sguardo che gli scavò l’anima.
In silenzio si fece vicina e si accomodò nell’incavo della spalla di Harm.
In un gesto ripetuto milioni di volte, il braccio del marito la avvolse.
 
Con la mano libera, Harm spense la luce. Rimasero fermi, al buio, per un tempo infinito.
 
Paura e speranza.
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La mattina successiva Mac non fece parola di quanto successo.
 
Questa volta Harm non si stupì.
 
Il gesto di Mac gli aveva dato comunque coraggio e osò :”Stasera non abbiamo impegni ufficiali di alcun tipo … Ti va di passare la serata con me?” tutto d’un fiato … Timore della risposta.
 
Era l’ultima serata che avrebbero trascorso a Roma.
 
M:”Mi stai invitando a cena, marinaio?”
 
Bene. Questa era una battuta da “vecchia Mac”. 
 
H:”Non ti ho invitata a cena, ti ho chiesto se ti va di passare la serata con me…”
M:”Va bene, mi fiderò…”
 
La giornata trascorse veloce e si ritrovarono alla sera agitati come due adolescenti al primo appuntamento.
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M:”Converrà toglierle dagli imballi, o tutte e due le biciclette non ci staranno mai in macchina…”
H:”Ma si Mac, non lo hai ancora imparato che sono il mago degli stipatori di bagagliaio? Come avrei fatto se no, in tutti questi anni, con te e i ragazzi? Traslochi mi avete fatto fare. Traslochi!!”
M:”Ok, ok sto zitta, ma secondo me così non ci stanno…”
Harm rise e poi fece stare entrambi gli scatoloni in macchina. Non infierì neppure dicendo:”Hai visto?” come invece avrebbe fatto lei… Partirono per riportare i bambini a casa.
 
C:” Papà, mamma vi fermate a cena da noi? Dai, così poi facciamo provare le bici ai bambini in giardino”
A:”Si, dai nonno!!”
 
H:”No, grazie .. stasera proprio non possiamo. Stasera io e la mamma abbiamo un impegno”
 
Mac, lo guardò con aria interrogativa, ma non lo contraddisse. Pensò che fosse stanco e preferisse
tornare a casa. Una volta in macchina gli chiese: “Perché hai detto a Cate che siamo impegnati?”
 
H:”Perché SIAMO impegnati, signora Rabb!”
M:”Ma quale impegno? Non mi sembra… ”
 
Harm le allungò due biglietti: “Roberto Vecchioni in concerto. Unica tappa negli USA: Washington”
 
M:”oohh Harm” e lo baciò al semaforo. Come quando erano giovani.
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Quei 2 biglietti gli erano costati una fortuna, era dovuto ricorrere ai bagarini. In tutta Roma non se ne trovava più uno. Adesso però erano li, al sicuro nella sua tasca.
Si era cambiato. Jeans, camicia, giacca di velluto a coste larghe e scarpe scamosciate. Gli aveva sempre detto che le piaceva un sacco vestito così.
Niente lasciato al caso.
Sbarbato e profumato la stava aspettando...
 
Mac non si vedeva.
Inziava a preoccuparsi, che avesse cambiato idea... No, avrebbe almeno avvertito.
Mentre questi pensieri, non troppo allegri, si affollavano nella sua mente, Mac entrò trafela.
 
M:”Sono in ritardissimo” disse mezza sconvolta. L’agitazione le aveva mandato in tilt l’orologio interno e lei non era abituata a guardare l’ora, non era mai in ritardo.
 
Harm non potè evitare di sorridere vedendola così stupefatta e agitata.
 
H:”Tranquilla, siamo ancora in tempo”
 
M:”In tempo per cosa? Mi vuoi dire dove andiamo?”
 
H:”Vuoi perdere dell’altro tempo a fare domande e vieni in divisa, oppure ti cambi?”
 
Dialoghi d’ altri tempi ...
 
Si preparò in fretta e uscirono. Il taxi li condusse ai fori imperiali, le luci soffuse a illuminare i ruderi di antichi splendori. Spettacolo da togliere il fiato.
Scesero dall’auto, Harm le prese la mano. Lei non la ritrasse.
Piano piano una certa folla si stava addensando, tutti nella loro stessa direzione ... cartelli, servizio d’ordine...
M:”Ma stiamo andando a un concerto!?”
Harm la guardò sorridendo e annuì con la testa: “Vecchioni, Mac. Ti ricordi?...”
Come avrebbe potuto scordare, pensò lei.
 
Pubblico eterogeneo, famiglie, ragazzi, persone di una certa età e loro due, mano nella mano,  fra la folla composta ... la musica ebbe inzio e li rapì.
Ognuno perso nei suoi pensieri. O erano gli stessi?
 
A metà concerto il cantate presentò una canzone:”Questa mi è stata espressamente chiesta da un ufficiale di marina degli Stati Uniti. Non avete idea dell’eloquenza messa in campo per convincermi a inserirla in scaletta. Credo si tratti di un avvocato. Dev’essere bravo! Capitano Rabb, questa è per lei!”
 
Harm si era spostato dietro a Mac. L’avvolse in un abbraccio e le sussurò in un orecchio:
”No, questa è per te Sarah” e per la seconda volta nella loro vita le tradusse una canzone.
 
Mi senti?
Io non credevo di sentirti mai dire:
"come siamo distanti";
questo è l'amore che avevamo difeso
con le unghie e coi denti;
questo è l'amore che sfidava
un esercito di giganti;
non è possibile che debba finire
come uno dei tanti.
Ascolta:
dammi la mano per passare la notte
almeno questa volta;
ti lascio tutte le ragioni del mondo,
cosa me ne importa;
vedrai, domani rideremo di nuovo
come fosse niente;
vedrai ritorneremo quelli di prima,
come quelli di sempre,
di sempre, di sempre, di sempre

Vedrai
tutto l'amore che io non so spiegarti mai
tutto l'orgoglio che ho di vivere con te
tutti i ricordi delle cose uguali a noi
tutta la storia dei sorrisi tuoi per me.

Mi senti?
Ci sono giorni che mi sembra impossibile
andare avanti;
ci sono giorni che continuano ad uscire
numeri perdenti,
giorni di rabbia infinita, impotente,
giorni di dolore,
ma il solo giorno che mi segna la vita
è quando dici amore,
amore.

Vedrai
ti porterò per sempre dove tu non sai,
ti farò entrare dove non sei stata mai;
c'è un gran silenzio di parole dentro me:
ti prego, aiutami a capire che cos'è
Vedrai
ti porterò per sempre dove tu non sai,
ti farò entrare dove non sei stata mai;
c'è un gran silenzio di parole dentro me;
ti prego, aiutami a capire che cos'è.
Vedrai
tutto l'amore che non ti ho spiegato mai,
tutto l'orgoglio che ho di vivere con te;
il primo bacio uguale all'ultimo vedrai
in questo giorno interminabile tra noi.
(2)
 
Mentre la voce calda di Vecchioni riempiva il cielo di Roma, Mac sentiva solo il fiato di Harm sul collo e il pulsare impazzito del suo cuore.
 
Un lampo accecante nella testa e nel cuore.
Forse era arrivato il momento di perdonare, forse questa volta toccava a lei difendere quest’amore che Harm stava cercando disperatamente di salvare, dopo averlo sciaguratamente calpestato.
 
L’abbraccio si fece più stretto.
 
H:” Mi dispiace Sarah, mi dispiace, non so cosa darei per poter tornare indietro... 
Ti amo. Dovevo dirtelo, ancora una volta almeno”
 
Si girò e quello che vide nei suoi occhi le piacque. Nei verdi occhi di Harm riconobbe l’uomo di cui si era innamorata molti, molti anni prima ... l’uomo che si era perso e che si era ritrovato.
Ed era li. Di nuovo. Per lei.
 
Chissà da dove, da quale lontano recesso della mente, le venne alla memoria un verso imparato chissà  quando: “Fermo ho nel cor d’odiarti e s’io nol possa t’amerò, ma per forza”
 
M:”Cosa devo fare io con te Harm?” gli disse mettendogli le braccia intorno al collo.
 
Lo baciò.
 
Il sapore delle labbra si confuse con il sale delle lacrime che scesero incerte dagli occhi di entrambi.
Finirono di ascoltare il concerto abbracciati, poi passeggiarono tutta la notte, mano nella mano, per il centro di Roma.
Rientrarono all’Ambasciata giusto in tempo per preparare i bagagli e andare all’aeroporto.
 
Il viaggio trascorse sereno.
 
Sbarcati a Washington presero lo stesso taxi.
 
Era combattuta fra il desiderio di invitarlo ad entrare e il timore di correre troppo.  Mentre il taxi stava frenando davanti al vialetto, lo guardava e non sapeva decidersi.
 
Harm capì la sua difficoltà e le venne incontro:” Siamo stanchi dal viaggio e il jetlag si fa sentire…Passa una buona notte, Sarah. Ci vediamo domani in ufficio” e le posò un delicato bacio sulle labbra.

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Capitolo 6
*** IL SOLITO LETTO ***


Tutti in ufficio notarono che qualcosa era cambiato, fra i due.
 
Non c’erano più frasi velenose di Mac e occhi bassi da parte del Capitano.
Anzi, i due sembravano tornati amici, come prima di sposarsi.
Ricominciarono a seguire qualche caso assieme e non era raro che si aspettassero per andare a pranzo.
 
Non si sentì più parlare di divorzio.
 
A Roma doveva essere successo qualcosa.
 
Tiner sentì sospirare:”Speriamo” all’Ammiraglio, che li guardava parlare vicino alla fotocopiatrice.
 
M:”Harm, ho la macchina dal meccanico, non è che mi daresti un passaggio a casa? Spero che me la consegni in tempo per andare a recuperare Cate e Luke, domani. Sono a giocare con AJ e Sandy  e stasera si fermano a dormire li, da Bud e Harriet.”
 
H:”Ok, non ci sono problemi. Visto che i bambini non ci sono, mangiamo un boccone insieme?”
 
M:”Buona idea. A casa dovrebbe esserci ancora qualcosa di adatto a un vegetariano!” sorrise.
 
H:”Io pensavo di invitarti a cena fuori ma, se preferisci così, ancora meglio”
 
Dopo Roma, ogni tanto uscivano per cena o per un cinema. Qualche volta  erano anche andati a fare un giro insieme con i bambini.
Quella era però la prima volta, che lo invitava a casa, da quando se n’era andato.
 
Per Harm fu una strana sensazione entrare nuovamente in casa.
Da più di un anno, non vi metteva piede, anche quando andava a prendere i figli li aspettava in veranda.
 
I giochi dei bambini sparpagliati in sala, le foto sue e di Mac qua e là sulle mensole e la libreria. Non le aveva tolte.
Un’ondata di emozioni lo travolse, mentre appendeva il cappotto al pomo in entrata. Il suo pomo.

 
Si voltò e vide che anche gli occhi di Mac erano lucidi, le guance arrossate tradivano un turbamento profondo.
 
Si avvicinò a Mac, l’abbracciò forte e la baciò.
Questa volta fu un bacio vero, un bacio profondo, d’amore.
 
Un bacio da marito.
 
Le labbra di Mac si aprirono per lui poi lo prese per mano e in silenzio lo condusse al piano di sopra, in quella che era stata la loro camera matrimoniale e che lei non aveva più abitato da quando lo aveva mandato via di casa.
 
Si amarono furiosamente, mai sazi l’uno dell’altro.
 
Quando, dopo ore di amore e di tenerezza, Harm si rivestì per tornare a casa sua lei non lo fermò e lui non si aspettava che lo facesse.
………………………………………………………………………………………………………....
 
La mattina dopo, fra le email che trovò sul pc spiccava una di Mac.
La aprì. Nessun testo, solo un allegato, un Mp3. Lo fece partire:
 
E si svegliò
di un soffio impercettibile
che appena appena
se ne accorse il cuore;
e vide il mondo,
fino allora incomprensibile,
avere finalmente un senso
nelle tue parole...
e s'inventò la forza
di venirti a prendere
e reggerti ubriaco
sulle scale:
la tenerezza
di vederti piangere,
stringendoti
per farti addormentare:
che pensarlo al di fuori di noi
non è possibile:
per come l'hai voluto tu
e lo difendo io
l'amore mio.

Sono stata in ansia
per i tuoi ritorni,
viva nell'illuminarsi
dei tuoi giorni,
mi ha colpita la felicità
come un addio;
amore mio,
io dormivo sotto la tua mano
e il tempo
mi ha portato via qualcosa
qui da dentro,
come un piccolo ricordo
di quand'era mio
l'amore mio...

Sei così sempre tu
da togliermi il respiro,
e solo i sogni tuoi
son quelli buoni:
gli altri, i piccoli, i miei,
quelli che vivo,
sono biglietti persi
nei tuoi pantaloni:
chiudo gli occhi al riparo da te,
rincorro il tempo e scrivo;
e nonostante te
lo sento vivo
l'amore mio.

Ma non posso naufragare
nelle tue maree,
come una parola
dentro le tue idee,
questa notte è lunga, aiutami,
ci sono anch'io...
amore mio,
non so vivere, non voglio,
senza ricordare;
non so correre e nemmeno
forse camminare,
ma ho bisogno di trovarlo adesso
un posto mio,
il posto mio...

farà male, dovrai scegliere,
dovrai sparire,
insultarmi o consolarmi
prima di capire
che non sei soltanto tu,
ma sono anch'io
l'amore mio...

amore mio.
(2)
 
Ho capito Mac, pensò Harm fra sé, ci andremo con i piedi di piombo. Non ti metterò fretta.
 
Ricominciò a corteggiare sua moglie.
 
Gentilezze, galanterie, fiori, complimenti e strane telefonate, dal contenuto segreto, che però facevano arrossire le guance del Colonnello. Anche in ufficio.
………………………………………………………………………………………………………………………
 
Nei mesi che seguirono i rapporti si fecero più stretti e iniziarono a coinvolgere maggiormente i bambini.
Spesso era Harm ad andare a prendere Luke e Cate a scuola e all’asilo per portarli a casa e poi si fermava a cena. I bambini erano felici quando si ritrovavano tutti insieme. E anche loro.
 
Una volta messi a letto i figli, Harm si tratteneva quasi sempre, ma alla mattina sgattaiolava via prima che si svegliassero e tornava a casa sua per cambiarsi, credendo di non essere visto.
 
Fino a quando non avessero preso una decisione definitiva sul loro rapporto non volevano confonderli.
 
I bambini però avevano notato che certe volte la mamma alla mattina si svegliava nuovamente nella vecchia camera da letto e altre, sempre più raramente, nella camera degli ospiti.
 
Non le riusciva proprio di dormire nel loro letto senza Harm.
 
Poi una bella mattina papà non andò più via all’alba, come Cate fece notare a suo fratello.
 
Quel giorno, dalla camera, sentirono papà sospirare:
 
”Di nuovo nel mio letto!”
 
“Nel nostro letto, amore mio” lo corresse la mamma.
 
La mamma non dormì mai più nella camera degli ospiti.

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