Vivere nel buio

di esme123
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Buio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Incontro ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Occhi ***



Capitolo 1
*** Prologo: Buio ***


Buio

Le piaceva il buio.
Era l’unico momento in cui lei vedeva come tutti gli altri, senza alcuna distinzione. Molte persone aveva paura di esso, lo consideravano pericoloso? Non riusciva a capirlo. Lei aveva vissuto tutta la vita vedendo solo quel colore, tranne in alcuni casi, ma non riusciva a ricordare. Durante la notte, quando sentiva i suoi genitori darle la buonanotte e il suo cane Shine stendersi accanto a lei, non riusciva mai a dormire. Rimaneva sveglia solo per perdersi nelle sue fantasie. Infatti solo di notte riusciva ad avere pace e tranquillità per dedicarsi al suo hobby preferito: leggere. Ogni volta che sentiva la porta chiudersi, allungava il braccio verso il comodino dove sapeva che, ad aspettarla, c’era un libro. Godendosi l’odore delle pagine e toccando ogni singola parola* immaginava tutti gli scenari senza alcuna difficoltà. A volte si addormentava mentre lo faceva e continuava nei suoi sogni, dove apparivano colori e immagini ancora più definite. **
Ma quella notte non lo fece. Accarezzando Shine tentava di prendere sonno per non pensare a quello che sarebbe successo il giorno dopo. Non voleva trasferirsi, non voleva abbandonare quella casa che l’aveva vista crescere. Aveva paura di non riuscire ad abituarsi, di perdersi nella nuova città.
Che poi, che razza di città era “South Park”?
 
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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Incontro ***


Incontro

Certe volte voleva tornare bambina.
Desiderava riavere quella dolce ingenuità che l’aveva accompagnata durante l’infanzia, la sua curiosità verso il mondo esterno e la sua voglia di imparare; voleva riavere quei caldi abbracci di sua madre e le carezze di suo padre, ma ormai erano solo un ricordo.
Da quando aveva compiuto sedici anni tutto era cambiato, a partire dai suoi genitori. Non la pensavano più come prima, erano troppo impegnati per occuparsi di lei. In un certo senso sperava che trasferendosi loro l’avrebbero aiutata un po’ di più, magari accompagnandola a scuola e simili, almeno il primo giorno.
Povera illusa.
<< Da questa parte Violet! >> esclamò una voce allegra. La riconobbe subito, apparteneva al suo vicino di casa, come si chiamava?
Ricordava che aveva un nome strano per i suoi gusti, ma non le veniva in mente.
<< Violet? >> la richiamò la voce. Lei tese una mano davanti a sé, cercando di aggrapparsi al braccio del ragazzo. Certo, teoricamente aveva il bastone, ma non voleva finire chissà dove!
Il ragazzo emise una specie di squittio, afferrandole immediatamente la mano.
<< Oddio, scusa! Mi ero dimenticato che tu sei- >>
<< Non importa >> lo interruppe lei << andiamo? >>
<< Certo! >> sentì la presa sulla sua mano aumentare leggermente, ma senza farle male. Sorrise, cercando di immaginare l’aspetto del ragazzo. Di lui sapeva solo che era molto gentile e disponibile… aveva poche informazioni, forse doveva chiedergli qualcosa?
<< …siamo arrivati! >> esclamò il ragazzo, risvegliandola dai suoi pensieri. Rimase immobile, non sapendo cosa fare. Ok erano arrivati, ma dove? A scuola?
<< Dove? >> domandò infatti, muovendo il bastone verso destra. Udì un leggero rumore metallico, come se avesse colpito un tubo di ferro o qualcosa di simile. Forse un cartello?
<< Alla fermata dell’autobus >> spiegò lui.
<< Ah, ecco… grazie… >>Cavolo, come si chiamava?
Rimase in silenzio, cercando di ricordare il nome del ragazzo, ma non ci riusciva.
Si chiamava… si chiamava…
<< BUTTERS! >> urlò qualcuno.
<< Ciao ragazzi! >> esclamò Butters – ecco come si chiamava! – con una voce leggermente più acuta. Sospirò pesantemente. Non voleva conoscere altre persone, così come non voleva andare a scuola. Non poteva studiare privatamente come faceva prima? Ovvio che no!
<< Chi è quella? >> domandò una voce per niente familiare.
<< Lei è Violet, la mia nuova vicina di casa >> rispose Butters.
<< Mica sei ebrea vero? >>
Questa era una domanda inaspettata.
<< Cartman! >> disse un’altra persona che, dal tono della voce, sembrava che lo rimproverasse solo pronunciando quel nome.
<< Che ho detto! >> esclamò il primo.
<< Non lo pensare >> un’altra voce si unì alla conversazione – ma quanti erano? - << mi chiamo Kyle >> continuò quest’ultima.
Rimase in silenzio per qualche secondo, indecisa se parlare o meno. Alla fine, decise di rispondere dicendo: << Violet >>
<< Piacere di conoscerti Violet! >> dichiarò con entusiasmo la voce. Non poté fare a meno di sorridere davanti quell’affermazione. Se era un piacere, vuol dire che già piaceva a qualcuno? Nonostante lei fosse…?
<< Ehm…Violet? >> la chiamò Butters << Kyle vorrebbe stringerti la mano >> la avvertì. La ragazza sentì le guance scaldarsi.
<< Oh… >>
<< Sta alla tua sinistra >> le sussurrò.
Si girò con il braccio, tremante. Aveva paura che le facessero uno scherzo; in fondo non era nemmeno la prima volta che succedeva. Rimase in quella posizione per un tempo interminabile prima che qualcuno le prese la mano. Kyle aveva una stretta ferma e decisa, scommetteva che stava pure sorridendo. Chissà com’era fatto…
Era magro o grasso? Di che colore aveva i capelli? Com’era la sua faccia?
Tutte domande a cui non ci sarebbe stata nessuna risposta.

Le tremavano le gambe, se non fosse stato per il bastone sicuramente sarebbe caduta a terra. Prese un gran respiro, tentando di calmarsi.
Appoggiò le mani sulla porta della sua nuova classe, aspettando che venisse pronunciato il suo nome.
Non poteva farcela, aveva la nausea e voleva vomitare. E se andasse in infermeria? Almeno avrebbe avuto una scusa per saltare la lezione.
Ma dov’era l’infermeria?
Neanche il tempo di pensarci che udì il suo nome.
Ok, era il momento.
Ancora tremante aprì la porta e fece un passo in avanti, deglutendo. Una nuova vita stava per incominciare, e lei non poteva farci niente.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Occhi ***


Occhi

Cos’è uno specchio?
Da bambina lo chiese a suo padre, incuriosita da quell’oggetto che nominava sempre quando sua madre era in ritardo. Lui le rispose che era un oggetto su cui una persona poteva vedere la sua immagine.
Era ancora troppo piccola per capire di che cosa stava parlando. Insomma, lei non vedeva niente! Come poteva?
Non che oggi la situazione sia cambiata più di tanto, almeno sotto quel punto di vista.
Da tempo non sentiva la parola “specchio” in casa sua e, al dire il vero, si era quasi dimenticata della sua esistenza. Se non fosse stata per quella lezione di filosofia…
<< “Gli occhi sono lo specchio dell’anima” diceva Platone. >> aveva spiegato il professore, con quella maledetta voce gracchiante che tanto odiava. Da lì non era più riuscita a seguire quello che diceva, ormai immersa nei suoi pensieri.  L’unica cosa che era riuscita a percepire era che doveva studiare la vita di Platone.
Maledetto filosofo! Non poteva farsi gli affari suoi?
Però…
Se quello che diceva era vero allora… com’erano i suoi occhi?
Cosa vedevano le persone quando li guardavano? La sua anima? Aveva una forma, un colore? Oppure era inesistente?
Aveva paura di sapere la risposta.
<< Qualcosa non va? >> le chiese Wendy, sfiorandole una mano.
<< No, va tutto bene >> bugia.
Wendy si fermò costringendola a fare altrettanto.
<< Non credo proprio >> la sua voce tremava leggermente. Sapeva bene cosa significava anche se era la prima volta che lo usava con lei, solitamente lo usava con il suo ragazzo.
Deglutì. Ora c’era solo un modo per scamparsela.
<< Mi chiedevo… >> incominciò, sentendo il suo cuore battere più velocemente. A dir la verità aveva molta paura di dire una cosa del genere, e se poi l’avrebbe presa in giro?
<< Allora? >> Wendy aveva alzato la voce di qualche ottava. Brutto segno.
<< Comesonoimieiocchi? >> disse velocemente.
<< Non ho capito >>
Prese un gran respiro.
<< Come sono i miei occhi? >> ripete lentamente. Sentì la mano di Wendy lasciare la sua, ma non ne capiva il motivo. Cercò di riprenderla, terrorizzata all’idea di rimanere da sola nel corridoio. L’aveva abbandonata? Dov’era?
Sentì un groppo alla gola, voleva piangere. Ma si tranquillizzò quando udì la voce di Wendy.
<< I tuoi genitori non ti hanno mai detto il colore dei tuoi occhi!? Ma-!? >>
<< Non è quello che intendevo >> la calmò Violet << volevo solo… non importa >>
<< Solo cosa!? >>
La ragazza non fece in tempo a rispondere. Qualcuno era corso contro di lei, facendola cadere a terra. Gemette per il dolore, sentendo il peso di un altro corpo sopra il suo.
Panico.
<< O-O-ODDIO MI DISPIACE! >> le disse una voce squillante e nervosa << NON VOLEVO CADERTI ADDOSSO! GAH! M-MICA TI FA MALE DA QUALCHE PARTE VERO!? GAAAAH! SEI FERITA!? TI HO ROTTO QUALCOSA!? >> la voce continuava ad urlarle nell’orecchio, spaventandola più del dovuto. Chi era? E perché le urlava contro? Aveva fatto qualcosa di male? Improvvisamente sentì il peso sparire e qualcuno tirarla su. Si aggrappò alla maglia di quelle persona, mentre quest’ultima le accarezzava la testa per calmarla.
Stava tremando, non riusciva a tenersi in piedi.
<< Violet, calmati >> le sussurrò dolcemente Butters, abbracciandola e continuando ad accarezzarle la testa << non è successo niente, era solo Tweek! >>
<< MI DISPIACE! GAAAH! >> continuava ad urlare l’altro ragazzo. Sentiva Wendy cercare di calmare Tweek – che razza di nome era? -, inutilmente per giunta.
<< Porto Violet a pranzo >> esclamò Butters << tu potresti calmare Tweek? Sembra a dir poco sconvolto! >>
<< Forse ha litigato con Craig… vado a chiamarlo >>
<< NO! GAH! NON CHIAMARE QUELLO STRONZO! >>

Calma, respira ed espira.
Bevve un po’ d’acqua, riuscendo finalmente a pensare lucidamente.
Cavolo! Era successo di nuovo!
Sospirò. Aveva davvero esagerato questa volta, addirittura quel ragazzo – Tweek, giusto? – si era spaventato!
Un secondo… dov’era Butters?
<< Violet ciao! >>
<< AH! >>
<< Tutto bene? >> la voce di Kyle la fece sorridere. Con quel ragazzo aveva un ottimo rapporto, però non sapeva se considerarlo suo amico o meno. Era difficile decidere, soprattutto perché lo sentiva poche volte vicino, visto che stava sempre con i suoi amici d’infanzia, sembravano attaccati con la colla. Aveva sentito un pettegolezzo che diceva che era innamorato del ragazzo di Wendy, ma dubitava fosse vero.
<< Sì, credo… >> sospirò << sai dov’è Butters? >>
<< L’ho visto in fila alla mensa >> le mise una mano sulla spalla << sei sicura che vada tutto bene? >>
Doveva dirgli tutti i suoi dubbi? Oppure doveva rimanere in silenzio?
Con Wendy aveva provato a parlarci, ma non c’era riuscita a farlo per bene. Butters? Era una possibilità, ma aveva paura che avesse la stessa reazione della ragazza. Quindi… perché lui no? Insomma, lo conosceva poco, ma sembrava essere molto affidabile.
O la va o la spacca.
<< Come sono i miei occhi? >> sussurrò.
<< Sono verdi >> rispose subito il ragazzo.
<< Non è quello che intendevo… >>
<< Uh? >>
<< “Gli occhi sono lo specchio dell’anima” >> citò, vergognandosi ogni secondo che passava.
Kyle non rispondeva. Ecco, aveva esagerato! Ora non le avrebbe più parlato. Aprì la bocca, pronta a ritirare tutto, magari con una scusa, ma lui la interruppe.
<< Si dice così perché gli occhi riflettono le nostre emozioni, le nostre paure, le nostre sfumature emotive in pochi secondi, se non meno. I tuoi sono… >> lo sentì deglutire << …particolari. Guardano sempre un punto indefinito, come se vedessero qualcosa che nessuno di noi può vedere, e a volte è un po’ inquietante… >> ecco, lo sapeva! La trovava strana…
<< Ma… >> continuò il ragazzo << riescono ad esprimere più di ogni altro ciò che provi. Nel senso che guardandoli puoi capire immediatamente se sei felice, o triste come in questo momento >> sussultò << sono espressivi, ecco. >> concluse.
<< Quindi sono normali? >> domandò.
Kyle rise, spostando la mano sulla sua testa e scompigliandole i capelli, facendola sbuffare.
Non le rispose, almeno per il momento. Chissà se lo farà, un giorno.

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