La Rinascita dei Titani

di Phoenix93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I - Una strana moneta ***
Capitolo 3: *** II - I sigilli degli dei ***
Capitolo 4: *** III - La spiga e il cane ***
Capitolo 5: *** IV - Il gruppo Delta ***
Capitolo 6: *** V - Rivelazioni ***
Capitolo 7: *** VI - Anime Lacerate ***
Capitolo 8: *** VII - L'alba della rovina ***
Capitolo 9: *** VIII - Un patto con le stelle ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo: Una minaccia oscura

All'alba del cosmo, due grandi titani generarono il mondo: si tratta di Gea1 ed Urano2, dai quali nacquero rispettivamente la terra e il cielo. Per governare questo nuovo mondo diedero vita ad una prole di titani, il più importante di essi fu Crono3, che dopo aver ucciso il padre Urano si proclamò re del mondo dando inizio all'età dei titani, nella quale furono creati gli uomini che venivano trattati crudelmente dai loro sovrani divini. Ma le cose erano destinate a cambiare, infatti il figlio di Crono, Zeus4, dopo una lunga lotta riuscì a spodestare il padre e a rivendicare il trono dell'Olimpo. Così sigillò Crono ed i suoi simili nelle profondità infernali, un periodo di pace senza eguali susseguì questa tremenda battaglia.
Strani fenomeni naturali, però, scossero la terra ed una pioggia di meteore infiammò il cielo, inoltre terribili vortici sfregiarono i mari. Gli umani iniziarono a perdere la fede nei propri dei. Le divinità, intanto, si riorganizzarono; era ormai inequivocabile: i titani stavano rinascendo e l'evento era sempre più vicino, le aggressioni da parte dei mostri si facevano sempre più frequenti e la terra era in lotta con sé stessa.
Alla luce degli ultimi fatti, gli dei concessero ad alcuni umani i loro sigilli, magici talismani in grado di incanalare parte dell'energia del dio che lo ha forgiato per essere usato dagli uomini che lo possiedono, tutto per tentare di ripristinare l'equilibrio perduto.
Qui inizia la nostra storia: in una piccola città delle pianure dell'arcadia, con un giovane contadino al lavoro sui campi in una calda giornata estiva.
 
 
 
Glossario:
1Gea: Titanessa della terra. Nata da Caos generò Urano e quindi tutti gli altri titani insieme a lui. Dopo la titanomachia (guerra dei titani) fu imprigionata nel tartaro insieme agli altri titani che avevano assaltato l'olimpo.
2Urano: È la personificazione del cielo notturno (o cielo stellato). Figlio di Gea e suo marito, fu il re dei titani prima che il figlio Crono lo uccidesse facendo a pezzi il suo corpo. Da lui nacquero i titani, i ciclopi maggiori i giganti centimani e dalla sua morte nacquero Afrodite e le erinni.
3Crono: È la personificazione del tempo. Figlio di Gea ed Urano, dopo aver spodestato il padre divenne il re dei titani e divorò i suoi figli nati dall'unione con Rea (gli dei) perché un oracolo avrebbe annunciato la sua morte ad opera di uno dei suoi figli, ma uno di essi riuscì a scappare a questo destino: Zeus, che riuscì a recuperare i suoi fratelli e sorelle e a sconfiggere il padre, facendo a pezzi il suo corpo e gettandolo nel Tartaro.
4Zeus: Il più giovane dei figli di Crono e Rea, signore del cielo e delle tempeste e re degli dei. Forse il più famoso degli dei della mitologia classica, a lui si deve la caduta dei titani e molte altre vicende mitologiche.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** I - Una strana moneta ***


Capitolo I: Una strana moneta
 
Fu una giornata di duro lavoro nei campi, ma ne era valsa la pena!
Ora Damos poteva vedere il grano, frutto di tanto sudore, ondeggiare sospinto dal vento serale. Era giunta finalmente l'ora di posare gli attrezzi e di tornare a casa.
Aveva appena riposto i suoi utensili quando all'orizzonte vide levarsi dalle case lì vicine ampie volte di fumo nero: un incendio probabilmente. Di quei tempi erano molto frequenti, ancora più frequenti da quando aveva sognato quello strano simbolo, una specie di chiave trapuntata di stelle; inoltre gli attacchi dei mostri erano all'ordine del giorno.
- Che le due cose siano collegate? - si domandò il contadino mentre si dirigeva al villaggio per tentare di salvare quel poco che ancora si reggeva in piedi.
Mentre si avvicinava, Damos poté finalmente vedere cosa aveva causato l'incendio: volavano frecce infuocate nella speranza di abbattere quella che sembrava una nuvola temporalesca. Il giovane agricoltore si costrinse a guardare meglio e riuscì a distinguere delle ali metalliche, illuminate dai dardi fiammeggianti, che scintillavano sinistre.  
Erano dei grossi uccelli neri come la pece che volavano compatti, abbattendo innumerevoli vittime con i loro artigli dalla lucentezza metallica e crudele.
Damos, a vedere i terribili volatili, fu preso dallo sconforto.
 - Che cosa diavolo sono? - si domandò, quindi corse a cercare un riparo. Gli uccelli notarono i movimenti bruschi del giovane e, dopo aver consumato fino all'ultima sentinella, si gettarono con una rapidità impareggiabile all'inseguimento del contadino, il quale vedendosi braccato e senza via di fuga corse a più non posso in mezzo ai campi.
 - Siete sempre uccelli, vero? Con ali d'acciaio e artigli affilati quanto una spada ma sempre uccelli! - li schernì ormai euforico per l'adrenalina - o almeno lo spero... –
Condusse poi lo stormo verso i campi fino ad uno spaventapasseri, i rapaci rallentarono per un istante per poi ridurre ad un cumulo di stoffa e paglia il malcapitato.
- Io ci ho provato - Damos si fermò esausto, la corsa lo aveva spossato e da lì a poco i rapaci avrebbero finito di trucidare lo spaventapasseri, quindi sorrise aspettando la fine che sarebbe giunta da lì a qualche istante.
Tuttavia non successe nulla, gli uccelli sembravano bloccati a mezz'aria nell'atto di piombare in picchiata. Non riuscendo a trattenersi liberò un sospiro di sollievo, poi si guardò attorno - Sia benedetto Zeus! – esclamò.
Una voce dietro di lui, però, lo costrinse a voltarsi. - Zeus dici? E perché non io? – Era la voce di una donna con addosso un chitone1 dai colori sgargianti, in prevalenza oro e verde acceso. Aveva una folta chioma ramata, intrecciata con diverse spighe di vari cereali ed un paio di occhi castani che esprimevano una forte autorità ma anche una grande dolcezza.
- La gente si inchina di solito prima di parlarmi - disse in tono freddo la misteriosa signora.
 Il cuore di Damos si fermò -L-Lei è... oh dei del cielo! – furono le uniche parole che riuscì a biascicare, poi si prostrò velocemente scatenando un sorriso sul volto della donna - Molto meglio! Esatto, io sono Demetra, dea dell’agricoltura e delle stagioni. - rispose sorridente
- Non abbiamo molto tempo. Sono qui per donarti la mia forza. Tu sei chiamato a difendere il mondo, Damos! L'Olimpo si sta squarciando, dilaniato da una guerra civile... –
Il giovane contadino rimase sorpreso dalle rivelazioni della dea - Una guerra tra gli dei? Cosa sta succedendo? - chiese stupefatto.
-Non posso ancora dirtelo, ma il tuo destino verrà a cercarti... presto. Per ora sopravvivi. - detto questo, la dea scomparve.
 Il tempo riprese a scorrere alla sua velocità normale e gli uccelli ripresero il loro attacco, ad un tratto Damos si accorse di stringere una moneta d'oro e, senza capire come fosse possibile, dei giganteschi rovi rispedirono indietro lo stormo di uccelli, molti di loro caddero a terra esanimi, mentre i rimanenti optarono per una ritirata strategica.
- Bello! Chissà se si può evocare del pane con questa cos- furono queste le ultime considerazioni del giovane prima di cadere a terra privo di energie.
 
 
 
 
Glossario:
1Chitone: Abito femminile dell'antica Grecia.

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Capitolo 3
*** II - I sigilli degli dei ***


Capitolo II: I sigilli degli dei
 
Damos riaprì gli occhi. La sua vista era ancora sfocata, ma si accorse subito di non essere più in mezzo ai suoi campi.
Era in una costruzione di marmo lucido molto simile ad un tempio, il soffitto era decorato con mosaici ritraenti diverse divinità impegnate in una furiosa lotta con un gigante le cui dita erano serpenti, intorno a lui si ammassavano diverse nubi temporalesche.
Il soffitto era sostenuto da una doppia fila di colonne candide adornate di capitelli che formavano una navata centrale ed altre due piccole navate laterali, diverse statue di dei che non aveva mai visto erano disposte simmetricamente per le due navate minori, mentre su un piano rialzato un altare decorato era eretto vicino a tre statue. Una di Zeus padre, il signore degli dei. Ritratto con una lunga tunica ed i capelli riccioluti mentre stringeva nel pugno un manipolo di fulmini. Quello alla sua destra era un uomo dal fisico scolpito, con una collana e dei bracciali. Incrociate sul petto, le sue mani stringevano un bastone ricurvo ed un flagello, ma la cosa che fece sorridere il contadino fu il suo volto: una testa da falco ornata da un becco affilato e lo sguardo penetrante, cinto da un lungo copricapo che gli ricadeva sulle spalle e che gli copriva la parte alta della schiena, sopra del quale era posto un disco solare.
- Non credo che quello sia il modo esatto di restaurare una statua di un dio- pensò. Damos passò poi a quella a sinistra del signore del cielo. Era un uomo molto avanti con gli anni ed era in sella al cavallo più bizzarro che avesse mai visto, infatti aveva quattro zampe in più, così che avesse quattro zampe anteriori e quattro posteriori. Questo strano equino era intento ad impennarsi mentre il suo anziano cavaliere era armato di una lancia strana, divisa in tre lame: una appuntita al centro e le altre due arrotondate. Aveva una pesante corazza adornata da pelliccia, una benda sull’occhio sinistro ed un corvo su ogni spalla completavano il quadro di quella che era sicuramente la statua, tra le tre, più bizzarra.
- Ma in che razza di posto sono finito? - disse ad alta voce mettendosi a sedere
- Sei nel tempio degli dei - la risposta arrivò da una zona in ombra. La figura fece qualche passo in avanti affinché la luce permettesse a Damos di vederla.
- Ti sei svegliato, eh? - disse sarcastica. Era una vestita di un lungo abito di lino nero dove l'unica parte scoperta del suo corpo erano gli occhi e le mani di un color nocciola. Ol viso era coperto da una bandana mentre in testa portava un turbante di un blu scuro adornato da una pietra rossa nel mezzo.
- Devi stare più attento quando usi i sigilli degli dei- disse la strana figura.
- Ehm... i cosa?! - rispose il giovane senza avere la benché minima idea di chi avesse lì davanti.
- Ma soprattutto, con chi ho il piacere di parlare? - diede adito alle sue perplessità non poco sconcertato.
- Non importa chi io sia, l'importante è che tu sei l'eletto di Demetra! - la persona misteriosa quindi riprese - i sigilli degli dei sono la forma fisica di parte dei poteri dei nostri signori, il possessore di questi sigilli potrà usufruire del potere divino del proprio dio purché ne abbia la forza sufficiente. - fece una pausa per dare il tempo a Damos di assimilare le informazioni.
- Vuoi forse farmi credere che poco fa contro quei piccioni metallici... Ho usato...- tutte quelle informazioni sbigottirono, e non poco, il ragazzo. -Be’, poco fa è relativo. Sono passati tre giorni da quando hai combattuto contro gli uccelli dello stinfalo! Comunque sì, tu hai usato il potere divino di Demetra e ne sei quasi rimasto ucciso. Sei stato tremendamente stupido ad usare tutta quella forza senza un allenamento - rispose in tono piatto la figura di nero vestita.
- Ma sono ancora qui! - rise il contadino non dando troppo peso agli ultimi rimproveri.
- Ehm... sì. Non ho ancora capito se ciò sia un bene o un male, fatto sta che i sigilli degli dei sono armi molto potenti. Ognuno di questi corrisponde ad un dio differente e ci sono dei casi in cui addirittura può esistere un doppio sigillo, tuttavia sono molto rari e riguardano solo divinità che hanno più aree di influenza, come il mio, ad esempio. - riprese - Cosa?! Tu hai un sigillo? - la figura misteriosa mostrò la mano sinistra, dove portava un anello con una leonessa - È il sigillo di Sekhmet1, io possiedo l'area che influenza la medicina. Solitamente gli anelli possiedono il potere dell'evocazione e sono forgiati dagli dei del regno del Nilo, le monete come la tua sono i sigilli delle divinità greche ed hanno il potere di controllare l'area di influenza del dio, nel tuo caso la terra e la vegetazione. Inoltre ci sono amuleti forgiati dalle fredde terre nordiche che hanno il potere di forgiare armi dai poteri divini, ci sono domande? - chiese guardando gelida il suo interlocutore, non aveva tempo da concedere per ulteriori ed inutili ripetizioni.
- Solo una, perché gli dei hanno concesso questo potere a noi? –
- Ehm, ti sei visto attorno ultimamente? Devastazione, distruzione, mostri troppo aggressivi? Pensa un po’, i mostri che hai sconfitto erano molto fuori zona, sai il perché? –
- No, ma scommetto che muori dalla voglia di dirmelo! - rise il giovane
- I titani si stanno risvegliando e questo ha portato ad una guerra interna tra gli dei. Alcuni stanno prendendo posizione con i titani altri hanno deciso di unirsi e contrastarli- finì di spiegare
-Hm… fammi capire. Quindi noi dovremmo decidere se schierarci dalla parte dei titani o servire gli dei? In una sottospecie di battaglia apocalittica? –
-Ehm… togli sottospecie ed hai capito! Ovvio, il nostro compito è tentare di far sì che i titani non si risveglino e proteggere la gente, ma come hai detto tu alcuni hanno pensato che sia carino schierarsi dalla parte dei titani. Ebbene, dovremmo occuparci pure di loro. –
- Capito. E come teniamo a bada i titani? – rispose
- Non ne ho la più pallida idea! - rise la figura enigmatica
- Molto elaborato come piano, mi piace! -
 
Glossario
 
1Sekhmet: Dea egizia dalla testa di leonessa della guerra e della medicina
 

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Capitolo 4
*** III - La spiga e il cane ***


Capitolo III: La spiga e il cane
 
Damos sospirò, dopodiché tornò a concentrarsi sulla figura che sedeva accanto a lui, avvolta nelle sue vesti nere.
- Dunque, tu saresti? - chiese con garbo, ma la figura non rispose e allora Damos provò in un altro modo.
- Andiamo, so che sei una ragazza! Le tue mani sono troppo curate ed il tono di voce è troppo dolce per essere un maschio- la spronò il giovane. A quanto pare la figura doveva essere proprio esasperata, perché guardò Damos con uno sguardo assassino, sbuffò e si decise a parlare.
- Il mio nome è Rashja, faccio parte del Gran Consiglio del tempio degli dei. Soddisfatto ora? - Il suo tono era tagliente come una lama, tant’è che il contadino pensò di aver parlato più del necessario e si decise a stare zitto, limitandosi a studiare la ragazza che gli stava di fronte.
- Cosa può esserle successo da turbarla così per una simile domanda? - Si chiese, quindi pensò di cambiare argomento; prese un profondo respiro e cambiò approccio.
- Tu mi hai parlato del tempio degli dei, ma cos'è? E dove ci troviamo ora? –
Questa domanda sembrò calmare la giovane, che rispose - Il tempio degli dei è una sorta di capitale segreta dei tre regni più floridi della Terra: quello greco, quello egiziano e quello germanico. Qui sono raccolti coloro che possono usare i poteri divini, è qui che si addestrano per il loro destino ed è qui che possono parlare con i loro dei per sapere cosa desiderano da loro. Certo, non sempre il dio risponde, ma quando succede, be’... succedono due cose: o annuncia una grande festa o porta annunci di catastrofi imminenti, inutile dirti quali porta più spesso...- si interruppe dando modo a Damos di metabolizzare l'informazione.
- Beh, spero tanto sia le feste, ma non credo proprio. - Pensò tra sé.
La ragazza riprese. -Per il luogo in cui ci troviamo, be’... non è facile da spiegare: siamo nella Duat, è il regno che esiste sotto il nostro e ne è allo stesso tempo collegato, diciamo che il tempio quindi esiste in tutto il mondo pur non essendo parte di esso. Ma basta parlare! Sei qui per allenarti ed è questo che farai. - Quindi batté le mani e le porte del vestibolo laterale che fino ad allora Damos non aveva nemmeno visto si aprirono. Un ragazzo sui diciassette anni entrò nella stanza. Era avvolto da una tunica di lino bordata di nero, la sua pelle era color caramello ed aveva una folta chioma di capelli neri spettinati, all'indice della mano destra aveva un anello con raffigurato uno sciacallo forgiato con una pietra nera.
Il ragazzo si avvicinò e Rashja fece le dovute presentazioni.
-Damos, lui è Amir, è uno dei nostri adepti più vecchi, è qui da quasi dieci anni. Sarà lui a mostrarti il resto del tempio e a farti da maestro. – Sentenziò per poi dileguarsi lasciando i due soli nel grande tempio.
Amir squadrò quello che era diventato il suo allievo con aria critica, quindi ruppe il silenzio con una domanda.
- Moneta? - disse solamente riferendosi al sigillo, cosa che Damos capì subito.
- Sì. - si limitò a rispondere ed il maestro non sembrò soddisfatto.
– Che dio o dea? - Il giovane rispose con un po' d'imbarazzo a quella domanda, ma alla fine decise di dire che la dea era Demetra.
La risposta provocò grosse risate da parte del maestro.
-Demetra? La divinità dell’agricoltura? Ah be’, vorrà dire che stenderemo i nostri nemici a spigate o con una terribile febbre da fieno. - Riuscì a commentare parecchi minuti dopo, quando riuscì a controllare le risate che lo avevano portato al pianto.
L'agricoltore sbuffò e con aria di sfida ribatté all'insulto.
- E sentiamo, quale sarebbe il tuo sigillo? - Il maestro gonfiò il petto ed espose in bella vista il suo anello.
-È l'anello di Anubi: il dio dei funerali e della morte, dalla testa di sciacallo. –
Damos che non conosceva affatto quel nome rimase interdetto, capendo la situazione il suo mentore lo condusse davanti alla statua del dio, un'imponente statua di pietra nera lucida raffigurante un uomo alto e imponente, dal fisico possente e che stringeva nella mano destra un ankh1, mentre nella mano sinistra stringeva un lungo bastone. Il tutto lo faceva sembrare minaccioso, se non fosse stato per il suo capo che al posto di essere quello umano, canonico, era sostituito con una testa di sciacallo.
- Ehm... lui? Ehi, assomiglia al cane dei miei vicini di casa giù al villaggio, si chiamava Orthos. Beh, lo chiamerò "Orty il famelico cagnolino della morte". - rise mandando su tutte le furie Amir che senza commentare lo condusse verso un'enorme biblioteca sull'ala destra del tempio.
Qui il giovane istruttore impose al suo allievo di leggere numerosi papiri sulle monete e sui sigilli degli dei.
- Non capisco cosa c'entri questo con la vostra confraternita, ma d'accordo. –
Passarono due settimane all’insegna dello studio la mattina e del relax il pomeriggio. Un giorno, però, Amir lo condusse nella parte sinistra del tempio, dove un'ampia arena circolare era adibita per gli esercizi pratici.
Quando lo fece entrare gli altri adepti si fecero da parte
- Ehm, e il mio avversario sarebbe? - Chiese tremante il giovane. Amir prese posizione dall'altra parte dell'arena, quindi sorrise e rispose guardandolo dritto negli occhi.
-Io, naturalmente. - Damos arretrò di qualche passo
-Oh, miei dei! – mormorò, quindi strinse la sua moneta in attesa di lottare mentre il suo avversario mormorava delle frasi in una lingua che decisamente non era greco. Un branco di sciacalli si materializzò dalla polvere ringhiando famelici.
- Affrontami con coraggio. Non pensare, agisci e basta! Lascia libera la mente e riuscirai ad evocare tutta la tua potenza. –
- La fa facile, concentrarsi con dei segugi pronti a massacrarti non è il massimo. Se solo avessi qualcosa con cui difendermi…- pensò, e sul suo braccio sinistro si materializzò uno scudo fatto di terra e diverse spighe.
- Ehi, questa monetina è prodigiosa, andiamo! - era più rinfrancato alla vista dello scudo, mentre il branco nemico balzava su di lui.
Non passò nemmeno un secondo che lo scudo si disintegrò ancora prima di ricevere un attacco. L'unica cosa che riuscì a sentire fu la voce di Amir che gli intimava di concentrarsi e di non provare a usare la moneta come un amuleto, tanto non avrebbe funzionato.
- E lo dici solo ora?! - ribtté stizzito, il maestro sorvolò e provò ad incoraggiarlo, senza però placare i suoi cani.
 -Concentrati, e quando ti ho detto di non pensare be’... pensa solo un pochino, va bene? –
L'unica cosa che in quel momento venne in mente al ragazzo fu la battuta che il suo maestro gli aveva detto settimane addietro.
- Combattere i nemici a colpi di spighe di grano, eh? - si concentrò e subito delle spighe robuste come fil di ferro si materializzarono avvolgendosi attorno agli sciacalli, che vennero immobilizzati.
Il maestro sembrò sorpreso del risultato, ma replicò ugualmente.
- Mi sembrava di averti detto di non replicare il potere degli altri sigilli, sarà facile da spezzare. –
Damos rise, quindi lanciò un pugno di quello che sembrava riso contro il suo avversario che ne raccolse qualche chicco al volo.
- Semi...- constatò sorpreso.
- Esatto. Demetra è la dea dell'agricoltura, mi basta imprimere la mia volontà di rendere il grano duro come il ferro e flessibile come una corda ed il gioco è fatto: grano istantaneo da combattimento! Quindi sì, penso che ucciderò i miei nemici a colpi di spighe. - Rise.
Senza preavviso Amir sì concentrò per una manciata di secondi, rivolse l'anello verso lo stadio e ne uscì subito una sostanza nerastra che si compattò in un altro sciacallo. Il mastino ululò e si gettò all'attacco con miriadi di spighe che cercavano inutilmente di bloccarlo a terra, ma il canide era troppo svelto e senza nemmeno accorgersene Damos era stato placcato a terra da una massa pelosa che gli ringhiava contro. Stava per provare a giocarsi il suo ultimo seme quando Rashja entrò affannata nell'arena e si diresse verso Amir, sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Il giovane egiziano richiamò l'animale che subito scomparve e si rivolse al suo allievo.
- Abbiamo una missione, il nostro gruppo Delta era incaricato di seguire ed uccidere una chimera, ma non è più tornato... morale della storia: non inseguire una chimera. - disse ironicamente.  
La vicenda lasciò turbato il contadino.
- Ehm, una chimera... davvero? Ma sei davvero sicuro che fosse quello il mostro? -  
- Sicuro, sono dei mostri adorabili! Vedrai, sarà uno scherzo.- Rise l'istruttore.
 
Glossario:
1Ankh: Simbolo (o chiave) della vita

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Capitolo 5
*** IV - Il gruppo Delta ***


Capitolo IV: Il gruppo Delta
 
Maestro e allievo si concessero un'ora di riposo per ritemprarsi dallo scontro appena concluso, poi si diressero verso le porte del tempio.
- Ma come faremo a uscire dalla Duat? - chiese lungo il tragitto il giovane agricoltore. Amir non rispose fino a quando non furono arrivati davanti alle immense porte del tempio, ci posò la mano sopra e pronunciò chiaramente la sua destinazione.
- Peloponneso. –
Amir scomparve lentamente in una luce biancastra fino a quando Damos non si ritrovò solo.
- Bene, grazie per l'aiuto. - esclamò a vuoto il giovane, quindi si decise ad avvicinarsi al mastodontico portale; titubante, ci appoggiò sopra la mano e fu pervaso subito da un senso gelido straordinario e pronunciò la parola con tutta la calma che riuscì ad infonderci.
- Peloponneso. – giusto per sicurezza un attimo dopo aggiunse - ehm… dove hai portato Amir, per intenderci. –
Non accadde nulla. Nessuna luce, niente di niente. Era ancora lì, solo e di fronte all'immenso portale.
- Ehm... signora luce biancastra? Avrei una certa fretta, per cui se non ti dispiace potresti... velocizzare il tutto? - disse in tono spazientito. Cinque minuti dopo era ancora lì, con la mano appoggiata al portale. Stava per tornarsene indietro, quando un'idea gli balenò per la mente.
Prese la sua moneta e la appoggiò sulla porta, quindi riprovò a pronunciare la destinazione.
- Più veloce che puoi, per favore. -
La luce bianca lo investì. Damos sentì il suo corpo come attraversato da milioni di scintille che danzavano allegramente sulla sua pelle. La luce si fece più intensa e dovette chiudere gli occhi.
Quando li riaprì, un attimo dopo, era in una valle disseminata di colline e accanto a lui c'era Amir.
- Ce l'hai fatta finalmente! Uff, pensavo di morire di vecchiaia prima del tuo arrivo. – commentò divertito.
- Be’, se qualcuno mi avesse detto come si faceva non ci avrei messo tutto questo tempo, giusto? – replicò l'agricoltore in tono seccato.
- Quindi, ora che siamo qui cosa facciamo? - domandò guardandosi attorno in cerca dei segni del passaggio della chimera, ma ovunque volgesse lo sguardo, Damos poteva vedere solo una prateria sconfinata.
- Ci dirigiamo a Tirinto1, lì troveremo la nostra piccola amica. –
Il giovane fece emergere un piccolissimo ed inutile dettaglio: Tirinto era lontanissima dalla loro posizione che era pressappoco persa nel nulla più assoluto.
-Volere è potere. E si dà il caso che noi abbiamo potere, o perlomeno io. – sghignazzò, mentre dal terreno spuntò uno sciacallo grande quanto un cavallo.
- Tutti in groppa! - esclamò l'egiziano issandosi sulla groppa del canide. L'allievo lo imitò prendendo posto dietro al suo mentore.
-Vai a Tirinto, bello. - Senza esitare lo sciacallo prese a correre con velocità irreale verso est.
- Ci vorranno due ore. - annunciò quindi Amir.
- Due ore?! La chimera2 avrà tutto il tempo di mangiarseli e poi schiacciare un pisolino. - obiettò Damos.
- Sì, è vero. Potrebbe. Ma non conosce Alex e Lilyth. - rispose ridendo Amir.
- E chi sarebbero? - domandò giustamente l’allievo, stava cominciando a preoccuparsi per la noncuranza del suo maestro.
- Oh, nessuno! Solo i due migliori cacciatori di mostri esistenti nel tempio. Credimi, se non hanno fatto ritorno da tre giorni ci dev'essere una motivazione assai più grave, ma adesso goditi il viaggio. -
 
Tre giorni prima.
 
Una notte stellata, ma priva di luna. Due sagome si muovevano rapidamente lungo una grande prateria.
- Dev'essere qui da qualche parte…- disse una delle due ombre poco prima di giungere nei pressi di una città fortificata.
- Tirinto... non sembra se la passino bene ultimamente. - disse l'altra giusto qualche istante prima che una gigantesca vampata incendiasse buona parte delle case all'esterno della fortificazione. Le fiamme illuminarono la notte quasi come se fosse giorno. Alla luce delle vampe le due figure si rivelarono essere un ragazzo e una ragazza.
La gente cominciò a uscire dalle case urlando. Alcuni di loro erano avvolti nelle fiamme e fuggivano senza logica braccati da una presenza famelica alle loro spalle.
- È uno scherzo? - chiese la ragazza ironicamente vedendo la creatura che emergeva dalla penombra: un gigantesco leone dalla criniera dorata e dalle fauci spalancate ancora fumanti per la fiammata di una bellezza letale. Sulla schiena cresceva un busto caprino velloso dal manto candido come la neve: se una pecora può sembrare minacciosa quella era terrificante. La coda della ibrida creatura, invece, era un serpente vivo che si contorceva spruzzando acido sui malcapitati che passavano alla sua portata.
- È una chimera, Lily. È solo l'ennesimo mostro che ammazzeremo. – osservò noncurante il ragazzo, studiando il mostro che lo fronteggiava.
- Lo so che è una chimera, ma è un mosaico vivente! Tutto qui Alexander. –
Rispose la ragazza infilandosi un guanto di pelle.
- Ti ho già detto mille volte di chiamarmi Alex. - brontolò sguainando una spada di bronzo.
- Andiamo! - dissero all'unisono i due cacciatori nello stesso istante in cui la chimera balzò ruggendo, belando e sibilando su di loro.
In quell'attimo successero parecchie cose. Anzitutto un tuono squarciò il cielo notturno forgiando un martello da guerra. Alex si concentrò e dopo pochi istanti la massa muscolare del braccio che stringeva la lama si sviluppò conferendo al suo fendente una forza prodigiosa, tuttavia non sembrò sortire alcun effetto sulle zampe leonine del mostro, se non farlo infuriare di più.
Alex dovette scansarsi per evitare le possenti fauci del leone spostandosi di lato, non riuscendo però ad evitare una testata dalla parte caprina che lo gettò a terra.
Subito la coda saettò verso di lui e morse il giovane cacciatore sul braccio; un'intensa fitta di dolore lo travolse, mentre il veleno del mostro gli entrava in circolo.
- Bel tentativo, Al. Dico davvero. Dai, ora ti faccio vedere come si fa! - rise la ragazza facendo roteare il martello per poi abbatterlo con forza nel fianco scoperto del mostro. Il martello al momento dell'impatto liberò una saetta che bruciacchiò il vello della chimera che, come pronta risposta, usò la coda serpentina per un attacco repentino. La giovane cacciatrice riuscì a deviare l'attacco del serpente con il piatto del martello che lo ustionò con l'elettricità latente del suo maglio.
La chimera ruggì e la coda sembrò afflosciarsi, poi fu facile per Alex mozzarla di netto con un fendente. L’estremità cadde a terra in preda agli spasmi in una pozza di sangue nero.
Il mostro ruggì d'ira per la perdita dell'arto, mentre i due giovani ripresero un po' di fiato. -Lily, hai notato anche tu? - chiese Alexander alla compagna.
- Ti riferisci al fatto che la chimera sembrava ci stesse aspettando come se sapesse del nostro arrivo? - chiese esponendo ciò che entrambi stavano pensando da un pezzo.
–Sì, ci dev'essere una spia giù al tempio. Ma adesso abbiamo da fare, ce ne occuperemo dopo. - rispose in tono seccato.
- Attenta! - esclamò Alex spingendo di lato la ragazza, infatti il mostro aveva vomitato una nuova ondata di fiamme dalla bocca leonina; i riflessi del ragazzo, rallentati dal veleno, non riuscirono ad evitare che Lily venisse ustionata al viso. Ora la chimera aveva un'ottima possibilità di aggiudicarsi la vittoria, ma si fermò.
L'aria cominciò a turbinare ed una ventina di sagome incappucciate circondarono i due cacciatori.
- Tutto qui quello che riesce a fare il tempio degli dei? - Ghignò una sagoma facendosi avanti.
 
Glossario:
1Tirinto: Città fortificata dell'antica Grecia situata nel Peloponneso sud-orientale.
2Chimera: Mostro mitologico dal corpo di leone, sulla cui schiena cresce una testa di capra e per coda ha un serpente; le zampe anteriori sono quelle del felino, mentre quelle posteriori sono dell'ovino. Figlia di Echidna e Tifone, nella mitologia classica fu sconfitta da Bellerofonte e Pegaso.
 

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Capitolo 6
*** V - Rivelazioni ***


Capitolo V: Rivelazioni
 
La figura si fermò ad un passo dai due giovani cacciatori di mostri mentre ombre sinistre danzavano sul suo scuro mantello provocate dagli incendi che ormai divampavano alti contro il cielo notturno.
- Dovreste essere i due più grandi cacciatori di mostri del tempio, ma guardatevi...- disse in tono piatto guardando i due giovani coperti di polvere e sangue. Alex provò a scattare verso l'uomo misterioso, ma il suo corpo si rifiutava di muoversi intrappolato come in una ragnatela e la sua vista si offuscava sempre di più; le figure incappucciate risero nel vedere il guerriero piegato in due dal veleno, ma quello che sembrava il capo alzò una mano, e tacquero.
- Basta così. - disse pacatamente riportando il silenzio nelle rovine di Tirinto.
- Parliamo un po', vi va? - disse gentilmente.
Lily non si scompose minimamente dall'offerta del misterioso individuo.
- Parlare?! Come davvero non sapessimo che ci volete uccidere! Per cui, perché aspettare? Fatelo ora che siete in superiorità numerica. - Rispose gelidamente alzando il martello e preparandosi alla lotta, ma Alex le fermò debolmente il braccio.
- Questa è una battaglia persa, siamo in inferiorità numerica e per di più affaticati dallo scontro con la chimera. - Fece notare Alex afferrando la sua moneta, era di un rosso sangue con coniato su entrambi i lati un cinghiale affiancato ad una lancia. Il giovane la rigirò un paio di volte, quindi prese faticosamente la sua lama.
-Adoro questa moneta. -il giovane chiuse gli occhi e rallentò il respiro. Una sottile foschia rossastra si disperse dalla moneta, coprendo i misteriosi assalitori.
- Questo sarà un ottimo diversivo - disse debolmente mentre perdeva conoscenza. Intanto l'uomo che sembrava essere il capo intimò ai suoi ragazzi di non respirare, ma l'ordine giunse troppo tardi: i suoi sottoposti si erano gettati in duelli all'ultimo sangue insultandosi ferocemente gli uni contro gli altri creando un gigantesco campo di battaglia.
Lilyth approfittò della situazione ed abbatté con forza il martello, che ancora stringeva in mano, al suolo e in quell’istante un fulmine si schiantò al suolo, trasportando nella sua luce accecante i due lontano da Tirinto.
- Forse avrei dovuto pensare anche ad una meta prima di usare il movimento tonante. - pensò tra sé e sé mentre il tuono lasciava cadere la ragazza e il suo compagno di squadra nel mezzo del nulla.
Nel frattempo il gruppo di uomini incappucciati aveva recuperato il senno visto che la volontà di Alex era venuta meno. Il capo, vedendo che i suoi ostaggi erano scappati lanciò un lungo grido di frustrazione per poi chiamare un suo sottoposto.
-TU, torna alla tua posizione e avvertimi se hai novità, e questa volta non voglio fallimenti. - ordinò iracondo. L'alta figura si inchinò e scomparve mentre pian piano anche gli altri facevano altrettanto, dopodiché stese il braccio e la chimera tornò a muoversi come se il tempo avesse ricominciato a scorrere in quel preciso frangente, successivamente anche lui lasciò la scena.
 
***************************************************
-Ecco qui la beee...! - esclamò Amir guardando quella che una volta era Tirinto, - ehm... diciamo che una volta era la bella Tirinto. - si corresse sorridendo.
Damos allungò lo sguardo, ma ovunque si voltasse vedeva solo pire e distruzione.
- Proseguiamo a piedi, ho una brutta sensazione. - il giovane scese dal segugio ed Amir lo imitò.
Entrambi si avviarono lungo l'agorà che era ridotta ad un cumulo di macerie, invasa dai morti e dai corvi; senza curarsene i due proseguirono verso la periferia del paese fino a fuori le porte, dove tre giorni prima i due cacciatori avevano fronteggiato la chimera. Qui le cicatrici erano ancora più evidenti.
- Fermo- Intimò Amir, che era chino sui resti di un serpente ormai quasi ridotto a uno scheletro dai rapaci che volteggiavano sulla città. Il ragazzo si fermò come gli era stato ordinato, infatti il giovane stava per finire in una pozza di veleno, forse i rimasugli del serpente.
-Via di lì! - urlò ad Amir che, ancora intento ad esaminare il serpente, non si era accorto della chimera che gli era balzata alle spalle. Damos convogliò le sue energie nella moneta e radunò tutti i rovi che riuscì a percepire nella zona creando una gabbia attorno alla chimera.
- Ti faccio vedere come si mette a nanna il micione. - sorrise Amir che si chinò e posò il palmo della mano a terra.
Si stava concentrando al massimo ed il suo anello sprigionò lampi di un'intensa luce nera e la terra prese a ribollire, una decina di braccia scheletriche armate di vecchie spade fuoriuscirono dalla terra, mentre la chimera vomitava vampe ardenti contro la gabbia di rovi che resisteva ancora per puro miracolo.
- Ehm... Amir, un aiutino? Non so per quanto potrò mantenere quella gabbia! – Amir tuttavia era talmente concentrato da non rispondere al suo adepto; si limitò solo ad ordinare ai suoi soldati non-morti di attaccare il mostro e questi, passivamente, obbedirono entrando nella gabbia incuranti delle spine quanto una lancia e degli attacchi del mostro imprigionato che, in un paio di minuti, fu sopraffatto dall'esercito di scheletri sciogliendosi in una pozza scura e tumultuosa.
Amir riaprì di nuovo gli occhi e disse allegramente -Fatto, il micio dorme, ma non c'è traccia di Al e di Lily, né qui, né lì. - aggiunse.
-Quando dici lì, intendi lì Ade? - chiese leggermente intimorito dal potere del maestro, ma questi non rispose e si limitò ad andarsene invitando l'amico a fare altrettanto. Insieme tornarono nella Duat.
Al loro ritorno al tempio furono accolti da Rashja ed altri due ragazzi che Damos non aveva mai visto.
- Notizie di loro? - chiese Rashja appena li vide tornare.
- No, la chimera è sconfitta, ma di loro nessuna traccia. - Rispose Amir sconfortato.
- Beh, possiamo stare tranquilli, loro non s... - tentò di aggiungere Damos, ma Amir lo fulminò con lo sguardo ed il giovane contadino capì che era meglio tacere o mentire, quindi continuò. -…sono morti contro la chimera. In tal caso avremmo trovato il cadavere, per cui stiamo tranquilli. Prima o poi avremo notizie. - cercò di infondere un po' di buon umore in quelle parole, ma nemmeno lui ne era più molto sicuro.
Dopo aver detto qualche parola di conforto ad Amir, Rashja se ne andò lasciando soli Amir e Damos con i due ragazzi davanti.
- Be’, se non altro non sono morti. Tu lo sapresti, giusto? - ruppe il ghiaccio il ragazzo più giovane, ma Amir lo zittì con lo sguardo.
- E andiamo! I più forti cacciatori del tempio uccisi da un micetto? O mi stai nascondendo qualcosa? - riprese con il suo fare sarcastico.
- Senti Nathan, qui non si tratta della chimera. Sta succedendo qualcosa di molto peggio di semplici attacchi di mostri. - Lo rimproverò. Nathan lo fissò per un momento, quindi cambiò espressione.
- Certo, se nascondi delle informazioni fondamentali ai tuoi alleati come possiamo fidarci di te... sai una cosa? Per me loro sono vivi, ma non vuoi che si sappia in giro. - Rispose sorridente.
Il giovane rimase spiazzato, ma non ebbe il tempo di controbattere perché Nathan aveva già cominciato un nuovo discorso.
- Ma piuttosto, cos'è questa storia che sei diventato un maestro? Non si parla d'altro! - Rise Nathan. Al che Amir, rassegnato, presentò il suo allievo.
- Damos, ultimo acquisto del tempio. - disse con scarso entusiasmo.
Nathan scoppiò in una risata allegra. - Ultimo acquisto? Lui è Raul, il vero ultimo acquisto del tempio! - esclamò mettendosi da parte per far sì che il suo allievo fosse in primo piano.
Amir soppesò con lo sguardo il nuovo arrivato.
- Molto interessante, ma scusa se non faccio i salti di gioia. - disse rivolto a Nathan, il quale continuava a sorridere fiero del suo allievo.
- Andiamo vecchio mio! E fallo un sorriso...- Replicò sorridente Nathan, che fu subito frenato da uno sguardo gelido dell'amico.
- E va bene. Facciamo così: tu accetti il mio piccolo gioco ed io ti darò questa.- propose tirando fuori dalle pieghe della tunica un rotolo di pergamena con un sigillo.
- Ma quello è il sigillo di...- riuscì a dire a malapena, esitante e senza parole.
- Dove l'hai presa?! - sbottò, e il suo anello cominciò a dare lievi, ma costanti, bagliori violetti.
- Su quella pergamena c'è il sigillo di Lily, come mai ce l'hai tu?! - continuò sempre più in preda all'ira, tanto che Nathan assunse una posizione difensiva, mentre il suo gioiello irradiava una calda luce dorata.
- Perché ce l'ho io? Be’, scegli. O la prendevo io o la prendeva Rashja. - rispose il ragazzo che aveva perso ogni traccia del sorriso che lo contraddistingueva, poi abbandonò la sua posizione.
- Andiamo Amir! Pensi di essere l'unico ad aver visto qualcosa di strano in Rashja? - disse più serio che mai, quindi abbandonò in un istante quella serietà per tornare al suo temperamento normale.
-Allora, accetti la mia offerta? Faremo combattere i nostri allievi e quello che vince prende tutto! - propose sorridendo. Amir sospirò e ad annuì mestamente.
- D'altro canto, quante possibilità ho di farti stare a cuccia? - aggiunse.
- Nessuna, forse di farti dare la zamp... ehi, io non sono uno dei tuoi cagnolini che puoi comandare a bacchetta! - Rise Nathan.
- Già, purtroppo. - aggiunse sotto voce il maestro di Damos.
- Cosa? – chiese subito l'altro.
- Niente. –
Si diressero insieme all'arena del tempio. Durante il tragitto Damos provò a fare conoscenza col suo avversario.
- Ehi, io sono Damos! Sono capitato qui per pura… ehm... sfortuna? - disse al ragazzo che camminava accanto a lui.
- Io sono Raul. Io sono stato fortunato, hai presente il leone Nemeo? - Chiese, Damos annuì.
-Sì, be’, ha attaccato il mio villaggio e ha ottenuto il mio sigillo, poi Nathan mi ha salvato. - Al che Nathan si voltò e aggiunse - Della serie, "Quanto sono potente". -, cosa che provocò una risata dal gruppetto.
- Comunque sia, tu sei qui da più tempo di me. Com'è questo posto? - Chiese Raul un po' a disagio.
- Be’, è un posto fantastico! Fino a quando le chimere non cercano di farti a brandelli…-
Quando arrivarono all'arena la trovarono completamente spoglia, tranne che per una ragazza che si stava divertendo a sminuzzare diversi manichini di legno con un khopesh1.
Quando la compagnia entrò, la ragazza non fece neanche caso ai quattro e continuò tranquillamente il suo allenamento, fino a quando Nathan non le chiese di liberare l'arena per lo scontro.
- Ma come?! Quel manichino ha ancora un braccio! - si lamentò.
- Mi auguro almeno che sia uno scontro avvincente. - la sua spada scomparve in una cascata di sabbia d'oro e seguì i due maestri sugli spalti dell'arena.
I due allievi, invece, prendevano posizione uno di fronte all'altro. Damos pensò a come l'ultima volta che era stato su quell'arena avesse rischiato la vita contro Amir ed ora doveva affrontare un nuovo arrivato.
- Beh, se non altro ho un po' più di esperienza di lui. - pensò tra sé.
Dopo qualche istante speso dai due a studiarsi, passarono all'azione. Raul si concentrò per pochi secondi ed una sottile colonna d'acqua si compattò in un tridente azzurro marino, mentre Damos senza perdere tempo si circondò da viticci di edera che gli vorticavano attorno; Raul poi partì all'assalto con un normale colpo di forca cercando di conficcare i denti del tridente nel fianco dell'avversario, ma fu facilmente deviata da uno dei tralci di Damos che colpì l'avversario con due rami della pianta, facendo indietreggiare il suo nemico che sorrise soddisfatto, quindi puntò il tridente contro Damos e subito dal terreno un'onda prese forma e volume; questa si spostò rapida contro il ragazzo che, concentrandosi ulteriormente, aumentò il numero di viticci e si avvolse in essi come un riccio per proteggersi dall'onda che ora aveva le dimensioni di una piccola casa. Quando l'onda fu passata il giovane contadino riaprì la sua protezione. Era bagnato fradicio, certo, ma almeno non era stato travolto.
- Fammi indovinare, hai l'amuleto di Poseidone2? - urlò al ragazzo.
- Esatto! Su, che ti prende? Non dirmi che hai già usato tutti i tuoi assi nella manica! – esclamò sogghignando Raul.
- I miei assi nella manica, ma per favore - pensò Damos che sotterrò due rami del suo esercito arboreo e attaccò simultaneamente da entrambi i lati con gli altri. Il suo tentativo, però, fu vano. Infatti l'altro riuscì a deviare l'attacco da destra con il tridente e quello di sinistra lo scansò, creando una piccola corrente marina che deviò il colpo. Raul sorrise appoggiando il tridente a terra.
- È ora di finire questa sfida, non sei d'accordo? - disse sicuro di sé al suo avversario.
- Mai parole furono più sagge! - rispose un po' affaticato il suo rivale che non era riuscito ancora a riprendere l'attacco quando si ritrovò inghiottito in un globo d'acqua che rimaneva collegato al tridente di Raul grazie a un sottilissimo filo azzurro; il liquido lo investì senza preavviso e il giovane dovette fare del suo meglio per trattenere il fiato, ma immerso completamente nella sua prigione i suoi polmoni si riempirono ben presto d'acqua, la sua vista si annebbiava ogni secondo di più mentre la sensazione di soffocamento aumentava.
- Ehi, questa mossa non può essere valida! - urlò sdegnato Amir dagli spalti.
-Ehi amico, tutto è lecito in guerra e in amore! - si limitò a rispondere Nathan con una scrollata di spalle.
- Andiamo, siediti! Tutto andrà a finire per il meglio e poi le cose sembrano farsi interessanti. - aggiunse emozionata la ragazza.
- Elly, così non mi aiuti. - si lamentò Amir.
- Non ti serve aiuto. E poi il tuo allievo sembra avere ancora qualcosa da dire. - disse piattamente, mentre il ragazzo dell’Arcadia si concentrò al massimo facendo appello alla sua forza di volontà.
- Forza Damos, non vorrai far compagnia ai pesci, vero? - si disse, poi riprese il controllo dei due tentacoli di edera che aveva nascosto sotto terra; i due rami sbucarono all’improvviso e si avvilupparono attorno al tridente, strappandolo dalla presa del ragazzo ed interrompendo il suo legame con la gabbia. Damos crollò a terra in ginocchio e affamato d'aria; i due rampicanti conficcarono l'arma di Raul a un paio di passi dietro la schiena del suo rivale.
- Arrenditi, ti prego. Non costringermi a farti male, anche se ne avrei una gran voglia. - disse ansimante il ragazzo. Raul rise e stese la mano verso il tridente.
- Ma allora sai combattere seriamente! - lo schernì. Mentre parlava il tridente si mosse nella direzione del suo padrone.
-Eh no, tu rimani fermo qui. - Damos schioccò le dita ed il tridente mise radici ricoprendosi di tenera corteccia che andava a inspessirsi sempre più mentre dalle punte del forcone crescevano timidi rami con qualche piccola fogliolina.
- Non te lo ripeterò, arrenditi o farai la stessa fine di una ninfa di mia conoscenza3. – il suo sguardo non trasudava nessuna emozione, cosa che lasciò allibiti Raul e Amir, il quale non aveva mai visto il suo allievo in quello stato.
- A quanto pare il tuo ragazzo è un vero guerriero e la paura di morire lo ha risvegliato, finalmente qualcosa di interessante. - disse deliziata Elly:
Raul si arrese, quindi dall'interno del nuovo alberello uscì una leggera spuma di mare ed il suo amuleto smise di brillare. Nathan consegnò senza dire nulla il rotolo all'amico che si precipitò a sostenere il suo allievo, svenuto subito dopo la resa del suo avversario.
-Devi andarci più piano, ne va della tua vita se esageri! - lo rimproverò dolcemente, poi aprì il papiro, era un messaggio molto corto, diceva solo:
Ti spiegherò tutto dopo, vediamoci a Menfi e porta un antidoto al veleno della chimera. Al ti ringrazierebbe".
 
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-Uff, che caldo! - si lamentò Damos.
- Continua a camminare e vedrai che ti passa! - esclamò Nathan mentre avanzavano nel deserto; anche Raul sembrava avere qualche problema con il caldo torrido del luogo.
- Coraggio sfaticati, ancora qualche chilometro e ci siamo! - disse entusiasta Elly.
- Mi spiegate dove stiamo andando e perché Elly viene con noi? - domandò Damos sempre più soffocato dal caldo.
- Beh, tu eri svenuto, ma Lilyth ci ha detto via lettera di trovarsi a Menfi, e così eccoci qui. - spiegò Amir.
-E noi due siamo venuti perché siamo stati bravi a non dire nulla a nessuno. - si intromise Nathan
- Ed Elly è con noi per...- il ragazzo fu interrotto, -... per fare una passeggiata nel deserto e perché vi avrei ammazzato se non mi aveste portato con voi! – rispose la ragazza sorridendo come se avesse detto una cosa da nulla.
- Ecco, ora sai tutto. –
Mentre parlavano, il profilo della città cominciò a delinearsi all'orizzonte.  Quando riuscirono ad arrivare alle porte della città era già sorta la luna. Entrando nella piazza del bazar trovarono solo poche guardie di ronda.
- Hm, strano. Lily dovrebbe essere da queste parti in teoria...- disse attento Amir.
- Ho sete e ho pure freddo adesso! - si lamentò Damos. Elly, che camminava davanti a lui, rise.
- Questa è la vita qui in Egitto! Di giorno un caldo torrido e di notte freddo lacerante. Questo sì che tempra il carattere ed il fisico, ragazzo! - rise Elly, ma smise subito e materializzò la sua arma con uno sfavillare di luce dorata.
- Abbiamo compagnia. - bisbigliò ai compagni.
- Certo che avete compagnia, e ora abbassate le armi o vi farò male. Molto male. - rispose la voce di Lily dall'ombra.
-Mio Dio, che ti è successo alla faccia? - esclamò seriamente preoccupato Amir vedendo il volto dell'amica devastato dalle ustioni.
-Be’, non ho fatto niente io. La chimera invece...- sorrise rassicurante.
- Tu piuttosto, hai portato l'antidoto? Alex è… be’ non ha una bella cera, ecco tutto. - chiese.
- Speriamo che il mio piano funzioni. - rispose mesto Amir.
- Speriamo?! Alexander sta morendo e tu te ne esci con uno "Speriamo"?! - Bofonchiò Lily guardandosi intorno dopo aver perso per qualche attimo la calma.
- Be’ sì, ecco il mio piano. Damos ha il sigillo di Demetra, quindi potremmo riuscire a ricreare delle mele e degli esperidi che, sai, curano ogni veleno o così si dice... non ne ho mai mangiata una. - spiegò.
- Senza offesa, quando avrò bisogno di qualche misura di grano senza lavorare ti chiamerò! - esplose d'ira la ragazza, infischiandosene di controllare il tono di voce.
- Lascia almeno che provi a farlo, no? - replicò duro Nathan. La ragazza sbuffò e quindi stette a guardare il ragazzo che aveva scavato una piccola buca al centro della piazza, quindi ci fece scivolare dentro una mela e la moneta di Demetra.
- Ora attento, usare i poteri senza sigillo è possibile, ma dovrai ricorrere a tutta la tua forza di volontà! Fermati prima che il potere consumi la tua forza vitale. - lo istruì Amir da bravo mentore; il ragazzo fece qualche respiro profondo, quindi chiuse gli occhi e stese la mano sulla buca. All'inizio non accadde assolutamente nulla, ma dopo qualche minuto una tenera pianticella cominciò a crescere e a prendere forza fino a diventare un albero maestoso ornato di preziose mele d'oro.
L'albero continuava a crescere, mentre Damos cominciava a sudare sangue che colava dalla sua fronte tracciando scie scarlatte sulla sua pelle.
- Fermo- urlò Amir; l'urlo riuscì a riscuotere il ragazzo che si ritrovò ansante a terra.
- Ma che bell'alberello, luccica. - rise Elly
- Già, ora facciamo qualcosa per il tuo faccino. Raul, ho bisogno del tuo potere, hai presente Hvergelmir4? - disse serio.
- Ne ho sentito parlare. – rispose l’allievo.
- Ecco, riusciresti a portarci un po' delle sue acque? - il giovane sbuffò, quindi evocò il suo tridente e sforzandosi il più possibile creò una bolla d'acqua cristallina perfettamente limpida tanto che si poteva vederci attraverso pur essendo notte.
- Tutta tua, Lily! - rise Nathan, la quale prese l'acqua tra le mani e si sciacquò il volto. La carne bruciata fu riassorbita e cicatrizzata, la pelle morta lasciò spazio ad una nuovamente liscia fino a che l'orribile ustione non fu altro che un ricordo.
- Perfetto, ora qualcuno prenda una mela e la dia ad Alex. - disse freddamente. Così, dopo aver colto alcuni frutti seguirono Lily fino ad una piccola casupola, dove trovarono Alex steso ed avvolto in diverse coperte. Lì era colto da brividi di freddo, circondato da diverse persone avvolte in mantelli neri.
- Ancora voi! - esclamò Lilyth vedendo quelle figure.
- Chi siete e che cosa volete da me e da Al?! - urlò richiamando il suo martello; una di quelle figure si fece avanti, lasciò calare il suo cappuccio sulle spalle così da rivelare il suo volto.
- Noi siamo l'esercito della morte, la forza dei titani e del caos. - sorrise il ragazzo di circa vent'anni; l'aspetto ricordava molto quello di Amir, stessa carnagione abbronzata e gli occhi a nocciola, anche se l'occhio sinistro del tizio era completamente bianco con uno strano segno di un colore scarlatto.
-T-tu…- riuscì a dire a stento Amir vedendo il volto del giovane, il quale sorrise malignamente.
-Ah, allora ti ricordi di me. -
 
Glossario:
1Khopesh: spada tradizionale egizia, nata dalla necessità di unire la forza di un'ascia da guerra con la manovrabilità di un pugnale, dalla tradizionale forma storta, è spesso associata al dio Horus (immagine).
2Poseidone: figlio di Crono e fratello di Zeus ed Ade, nonché di Era e Demetra. È il dio del mare diventato famoso per la sua arma: un tridente. È inoltre collegato ai cavalli. Infatti, secondo il mito, furono creati da Poseidone dalla spuma delle onde del mare.
3[...]ninfa di mia conoscenza: Damos si riferisce al più celebre episodio di umano trasformato in pianta: quello di Apollo e Dafne. Infatti la ninfa, infastidita dalle incessanti attenzioni del dio del sole, chiese a Zeus di essere trasformata in un albero d'alloro. La sua preghiera fu accolta e da quel giorno l'alloro fu sacro al dio Apollo e divenne il massimo riconoscimento per i poeti.
4Hvergelmir: secondo la mitologia norrena è la sorgente di tutti i fiumi del mondo su cui è posata una delle tre radici di Yggdrasil, l'albero del mondo.
 

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Capitolo 7
*** VI - Anime Lacerate ***


Capitolo VI: Anime lacerate
 
Il giovane stava immobile sorridendo malignamente ad Amir che non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, quasi come se avesse visto un fantasma
- Che ti succede, Amir? Sembra che tu abbia visto uno spettro! – ridacchiò l’uomo, quindi camminò lentamente verso il suo interlocutore.
- Andiamo fratellino, che succede? Non mi saluti?! - la sua voce era fredda, ma allo stesso tempo sembrava divertita, come accesa da un calore folle.
Finalmente Amir si riscosse -Ahmed... tu dovresti essere morto. non ho più avuto tue notizie! –
Tutti i presenti, all’udire quelle parole, rimasero sbigottiti
-Fratello?! Amir, cosa diavolo sta succedendo?!- replicarono in coro, cosa che divertì molto il membro dell’esercito della morte
- NON hai avuto più mie notizie?! Non ti sei mai premurato di cercarne!
Ammettilo, se solo avessi voluto avresti potuto sentire che non ero morto! Non solo, ma mi hai pure dimenticato. - riprese Ahmed in preda alla follia
- Ascolta, io non...- provò a replicare l’altro fratello con tono tremante
- Sappi una cosa, sono stanco di parlare. Per questo tu morirai qui, ora! - intorno a lui raggelò tutto e la sua mano fece per impugnare l'aria che subito si solidificò formando una lunga asta nera ornata d'argento, essa era sottile e terminava alle due estremità con una lama dalla forma di un ventaglio, mentre al collo gli brillava l'amuleto di Anubi, irradiando una sinistra luce bluastra sul suo viso ciò gli donava un'espressione, se possibile, ancora più crudele
- Quello è... l'amuleto di Anubi?!- Si intromise Nathan - Pensavo che un solo dio avesse un solo sigillo! –
Ahmed rise amaramente, una risata fredda e senza gioia
- I sigilli rispecchiano gli aspetti di un dio. Lily tu hai il sigillo di Thor, ma in esso è racchiusa la capacità distruttiva del dio. Thor, o meglio il Mjolnir, aveva due aspetti: l'eccellente arma di distruzione e l'infallibile martello per edificare. Quindi, cosa c'è di più ambivalente della morte? –
L’uomo fece una pausa per dare tempo ai presenti di metabolizzare l'informazione
- Sai cosa mi importa se questo martello è buono o cattivo? L'unica cosa che conta è che posso usarlo per ammazzarti. - replicò freddamente la ragazza che, facendo roteare il martello, balzò per attaccare il nemico, ma fu intercettata da una coppia di leonesse apparse in un istante che le balzarono contro.
- Resta al tuo posto, non è la tua battaglia! - rise la figura incappucciata alla destra di Ahmed mentre i due felini si preparano ad attaccare la guerriera quando, da dietro di lei, un gigantesco cobra alato si avvinghiò su di una delle leonesse, prima che questa riuscisse ad attaccare, mentre l'altra fu subito incenerita da una fiammata proveniente dal kopesh di Elly, che ora era pervaso dalle fiamme.
- E tu non toccarla Rashja, credimi non scherziamo questa volta. - la ragazza incappucciata decise quindi di svelare la sua identità.
- Ma bene! Da quanto lo sapete che vi stavo tradendo? -, domandò anche un po’ divertita.
Fu Nathan il primo a soddisfare la sua curiosità
- Circa un mese, da poco prima che iniziassero a intensificarsi gli attacchi dei mostri- spiegò fingendo un tono non curante, mentre i suoi serpenti si avvinghiavano attorno alla donna pronti per un attacco, i due rettili erano già sul punto di sputare il loro veleno corrosivo sul bersaglio quando una forte folata di vento li travolse gettandoli contro una delle colonne portanti della casa, piegandola paurosamente.
- Vi avevo detto di non intralciarmi - si limitò a commentare Ahmed rivolto ai suoi uomini
- Ma...- provò a commentare Rashja, l'altro le lanciò subito un'occhiata gelida che faceva intendere che non voleva sentire scuse
-E sia! Se volete combattere contro queste seccanti creature fatelo fuori dove non potete disturbare la mia vendetta -, gli uomini col mantello si diressero fuori -ci pensiamo noi a loro-, rassicurarono Amir seguiti dai loro avversari. Approfittando della situazione un grosso sciacallo, nero come la notte, balzò contro il comandante che, con un rapido gesto della mano si limitò a graffiare appena i due grossi canidi che subito ricaddero a terra privi di vita.
- Andiamo fratellino! Puoi fare di meglio! O è tutto qui? - la sua voce sembrava quasi delusa, quindi fece roteare la sua arma e si preparò ad attaccare il familiare.
Il colpo era quasi giunto a destinazione quando fu deviato da una lama
- Chi osa mettersi tra me e la mia vendetta?!- ruggì l'uomo mentre il suo occhio studiava la stanza alla ricerca di un responsabile, bastò abbassare lo sguardò e trovò il colpevole: il ragazzo steso a terra e privo di sensi che dal primo istante aveva sottovalutato ora impugnava la sua spada, mentre con la mano destra deviava con il piatto della lama la traiettoria del fendente nemico, nella mano sinistra gli brillava un acceso bagliore da un lucente colore vermiglio, che man mano brillava con sempre più intensità
- Che dormita ragazzi! Ora non ti ho mai visto amico, ma non mi hai fatto una gran bella prima impressione...- schernì il suo rivale
-Hm... pensavo fossi a terra morto ormai. Comunque, chi sei? Un altro sciocco in cerca della morte? - rispose in tono neutro
– Alex. E credimi, non arrovellarti il cervello. Tanto tra un po’ sarai morto amico! - detto ciò il ragazzo puntò la sua spada verso il soffitto della casa ed un impetuoso vento rosso attraverso in lungo tutta l’arma, plasmando un unico braccio taurino armato di scudo.
- Prima di morire, spiegami come ti sei salvato. - commentò Amir.
- Con chi stai parlando dei due? -, chiese Alex sorridente, - Con entrambi -, rise non sapendo nemmeno lui il motivo di quella risata grossolana. Ormai ogni cosa sembrava buffa dopo essere stato così vicino alla morte. Per alcuni istanti calò un gelido silenzio tombale tra i presenti fino a quando Alex non decise di parlare per primo
- Beh, è semplice - cominciò in tono divertito calamitando l'attenzione su di lui
- Vedi, tu hai prestato troppa attenzione ad Amir, senza badare al più misero dei presenti che ha potuto darmi tranquillamente la mela delle esperidi! –
Gli occhi di Ahmed si restrinsero in due fessure iniettate di sangue, la rabbia del ragazzo era palpabile.
- TU! -, urlò posseduto ormai dall’ira e lanciandosi ferocemente su di Damos che, ancora disarmato e stremato per l'enorme sforzo di prima, non riuscì a schivare l'assalto trovandosi con la gola serrata nella stretta del nemico.
- Ti avevo detto di uscire da questa casa... perché sei rimasto? Ora morirai per mano mia! - il tono del capitano era duro ed inflessibile.
"È la seconda volta nel giro di poche settimane che rischio di morire soffocato… cos'ha la gente contro i miei polmoni?!" pensò tra sé Damos mentre le forze cominciavano a venirgli meno. Fu richiamato alla realtà dall'urlo di dolore del suo aguzzino che ora aveva lasciato la presa e stava lottando contro un enorme mastino avvolto da logore bende di lino.
 Amir ora era in piedi e sembrava che stesse concentrando nell'anello una grande quantità di energia vitale
 - Fratello, non so cosa sia successo ma l'Ahmed che conoscevo non si sarebbe mai scagliato contro un nemico disarmato. - urlò fuori di sé dalla rabbia e dalla disperazione
- Era molto tempo fa, fratello. Prima che tu ci abbandonassi contro quella manticora. Quello che mi ha tenuto in vita fu il risentimento verso di te. Grazie a ciò ottenni poteri che non puoi nemmeno capire. - rise mentre il segugio mummificato balzava su di lui che, ancora a mezz'aria venne immobilizzato con un semplice schiocco di dita da parte di Ahmed.
- Cos'hai... Anubi ti ha dato questo potere? - riuscì à dire Alex incredulo, la cosa provocò una risata senza gioia al nemico.
-Anubi non c'entra! Lui ha scelto Amir per provare a convincermi a tornare dalla parte degli dei, ma dov'erano gli dei quando la manticora uccise la mia famiglia? No, fu Crono a donarmi questo tatuaggio. - disse indicando l'occhio sinistro completamente bianco su cui campeggiava solo il simbolo rosso sangue.
Senza indugiare oltre si lanciò sul fratello mirando al petto, la lama si abbatté sulla carne, facendo sgorgare una piccola fontana di sangue.
Tuttavia il malcapitato non fu Amir, ma Damos che all'ultimo secondo si era lanciato in difesa del suo maestro e la lama aveva squarciato il braccio destro del ragazzo, che si sentiva andare a fuoco.
Benché la ferita non fosse molto grave, scoprì subito che il suo braccio si rifiutava di muoversi, eppure non era stato reciso ma non ne avvertiva più la presenza.
- Che Zeus ti maledica, ero destrorso ma che mi hai fatto?! - urlò con quanto più fiato avesse in corpo per cercare di trattenere le lacrime e sfogare in qualche modo il dolore.
 -Semplice, ti ho reciso l'anima del tuo braccio destro. Ritieniti fortunato ragazzo, se ti avessi colpito il petto saresti morto. Anzi peggio, saresti cenere! -rise gelidamente il mietitore di anime.
 

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Capitolo 8
*** VII - L'alba della rovina ***


Capitolo VII: L’alba della rovina
 
Nubi oscure si accalcavano nella piazza del bazar nonostante la notte si andava via via diradando, mentre la battaglia seminava distruzione per tutta la città.
I due schieramenti ora si erano divisi e dispersi per le vie della cittadella, dove gli elementi sembravano scatenarsi senza riserve. Folgori scoppiarono nelle vicinanze del tempio, Lily aveva ingaggiato un furioso scontro con un soldato di Ahmed. Quest'ultimo era un uomo ben piazzato e dall'aspetto taurino e la maschera, caduta durante la fuga, rivelò un uomo dai freddi occhi grigi che, ad occhio e croce doveva essere sulla trentina.
- Finalmente ti sei stancato di scappare. - Ansimò la ragazza esausta per la lunga corsa, l'uomo ghignò ed alzò al cielo l'amuleto che teneva al collo: una pietra rossa con una venatura nera al centro. Lily ci mise un po' a capire che l'amuleto in realtà era un occhio che presto cominciò a brillare, fino a quando un piccolo fiume di magma si formò ai piedi del soldato che cominciò a ridere sguaiatamente.
- Va bene, mi hai stancata. –
Il martello che stringeva sprigionò un enorme fascio di fulmini che avrebbe sicuramente carbonizzato il nemico se non fosse stato intercettato da una gigantesca mano plasmata nel magma incandescente.
- Non stavo scappando, mi serviva solo più spazio per evocare Surt1! Questa sarà la tua tomba, ragazzina. - Singhiozzò l'uomo malevolmente divertito.
Lily fissò l'enorme colosso di fuoco e magma che si era appena materializzato.
- Ma guarda, me ne è toccato uno grosso, che fortuna! - Rise la ragazza, sfidando la sfrontatezza dell’uomo, mentre studiava il suo avversario in cerca di un punto debole da sfruttare. In ogni angolo del gigantesco mostro in cui posava lo sguardo, però, vedeva solo guizzi di fiamme, provocando un’ilare risata all’uomo.
- Ti vedo a corto di idee o sbaglio? - La canzonò.
-Al hell2 non importa, lo si butta giù con le buone maniere questo. -, subito la ragazza si arrotolò le maniche della veste rivelando un bracciale di bronzo.
"Xavier, se questo aggeggio non funziona e muoio per colpa tua ti ammazzo", pensò la ragazza mentre attivava il meccanismo del bracciale ed un'innumerevole quantità di cavi metallici si avvinghiarono saldamente al gigante ignorando il calore delle fiamme che avrebbe dovuto sciogliere qualsiasi lega.
"Bene, e per ora Xavier si salva."- si complimentò virtualmente.
- Sai, un amico mi ha detto che il metallo e l'elettricità vanno "piacevolmente d'accordo". - disse trionfante.
-Be’, buon per te! - rise l'uomo tranquillo.
Lily non se ne curò più di tanto e, sicura che si trattasse di un bluff, alzò il martello al cielo evocando quanti più fulmini riuscì per poi abbatterlo violentemente al suolo. Le folgori che vorticavano sul maglio si raggrupparono sui cavi trasformando Surt in un simulacro fulminante, mentre scintille si disperdevano vagando a caso nell’aere e bruciacchiando le statue del tempio lì vicino, mentre ampie volute di fumo si levarono.
- Visto, più grandi sono più rumore fanno quando cadono! - rise Lily divertita.
L'uomo applaudì gelidamente, quindi sorrise.
- Esatto, quando cadono. Ma ciò implica che deve cadere... ammira! -, da una pozza di magma ribollente stava già riprendendo forma il mostro sotto lo sguardo incredulo della ragazza.
- Il mio non è un misero anello, ma una reliquia mostruosa. E be’, le cose sono leggermente differenti! - spiegò divertito.
- Reliquia mostruosa? Ma di che parli, non esistono sigilli simili! - rispose la ragazza al culmine della rabbia stringendo la sua arma fino a sbiancarsi le nocche per la frustrazione.
 
Nel frattempo…
 
Dall'altra parte della città Nathan ed Elly erano già impegnati in una battaglia contro Rashja.
La ragazza si stava occupando delle leonesse nemiche che ora camminavano irrequiete al centro di un anello di fuoco, bramose di trovare una via d'uscita.
Uno stormo di giganteschi falchi solcava intanto il cielo alla ricerca di un modo per irrompere le difese della traditrice, la quale inspiegabilmente riusciva con un semplice tocco a farli crollare a terra agonizzanti.
- Andiamo, in due non sapete fare di meglio?! - Li schernì Rashja gongolante, mentre i due ragazzi si scambiarono uno sguardo allarmato che non sfuggì al loro avversario.
- Il potere di Asclepio è troppo per voi? - rise, un pensiero balenò nella mente di Elly.
- Asclepio è il dio della medicina, com'è possibile?! -, Elly era rimasta sconcertata da quella nuova rivelazione, Rashja rise trionfante.
- Per curare le malattie bisogna anche conoscerle. -, spiegò malevola, - Tu usi le fiamme della vendetta, credo siano immuni alle malattie. Facciamo a cambio. - suggerì quindi il ragazzo, i due erano già pronti per il nuovo assalto quando Raul irruppe nella piazza con il fiato corto, guardandosi nervosamente alle spalle.
- Oh Raul! Qual buon vento? -, lo salutò Nathan sorridente, sorriso che scomparve completamente quando vide l'enorme creatura che lo inseguiva: era un enorme groviglio di serpi di varie specie, sormontata da un enorme testa di cobra sulla quale brillavano due occhi gialli freddi e crudeli.
- Oh miei dei, che cos'è quella cosa?! - urlò Elly più per sovrastare il sibilo di quel nugolo di serpenti che per la paura, quindi lasciò perdere le leonesse per concentrarsi sul nuovo nemico. Le bastò qualche secondo per recuperare la concentrazione e plasmare il suo kopesh in una frusta fiammeggiante che crepitava allegramente, rischiarando la penombra che precede l'alba.
La ragazza fece scoccare la frusta a terra e subito una fiamma germogliò nel punto toccato dall'arma. Elly fece per stritolare l'enorme mostro tra le spire della frusta, ma questo si scompose sibilando, così che il colpo stritolò l'aria, per ricomporsi incolume poco distante sibilando e sputando veleno.
- Ehi, di solito i serpenti hanno paura del fuoco! - reclamò stizzita.
-Be’ Elly, forse i serpenti alti tre metri e infuriati no. - cercò di calmarla Nathan.
- O magari gli aspetti3 di Uaget4 non si curano di cose simili? - rise un uomo emergendo dall'ombra di un vicolo. Aveva i capelli castani ondulati e degli occhi neri, il viso sarebbe potuto essere stato bello se non fosse stato sfregiato da una vistosa cicatrice che lo percorreva diagonalmente.
 
Glossario:
 
1Surt: È il re degli Múspellsmegir, la razza dei giganti del fuoco che abitano uno dei nove mondi di Yggdrasil, nel Ragnarok è destinato a incendiare la terra con le sue fiamme.
2Hell: Mondo dei morti nella mitologia nordica.
3Aspetto: Manifestazione corporea di una divinità che spesso, ma non sempre, ha le sembianze del dio/dea a cui appartiene
4Uaget: Dea cobra della regalità, era associata al faraone.
 

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Capitolo 9
*** VIII - Un patto con le stelle ***


Capitolo VIII: Un patto con le stelle
 
Damos si studiò nuovamente il braccio che, dopo qualche minuto di apparente normalità, ora era completamente nero e raggrinzito.
- Andiamo è solo un incubo, un incubo incredibilmente reale ma è un sogno! - cercò di rassicurarsi il ragazzo che ormai aveva il volto sfigurato dal terrore e dalle lacrime che scendevano copiose.
Ahmed si limitava a ridere e ad armeggiare con la lancia.
- Tranquillo, troveremo una soluzione per il tuo... problema! - tentò di rasserenarlo Alex.
- Già, un braccio senz'anima non è poi così grave! - gli fece eco Amir, Damos scelse di ignorarli. Non comprendevano il valore della sua perdita, nessuno lo capiva.
Lui, che non aveva mai avuto alcuna grandissima pretesa, si era ritrovato ad essere il prescelto di Demetra e questo era anche riuscito a digerirlo, ora però si trovava costretto a rinunciare al suo passato. Non avrebbe mai più lavorato i campi, tutto per colpa di quel ragazzo che ora rideva placido come un bambino dopo uno scherzo ben architettato.
Lo odiava. Odiava quella lama che aveva reciso non soltanto la sua anima, ma anche il suo passato. Era fremente di rabbia, voleva ucciderlo, ma tutto d'un tratto il suo corpo si rifiutava di muoversi.
- Lo giuro sull'Olimpo: ti spedirò nel Tartaro! - ringhiò il ragazzo al culmine dell'ira. Ahmed sorrise, quindi rispose pacatamente.
- Il Tartaro dici? Ho già solcato quelle vie! Non mi spaventi, sei solo un cucciolo ferito che abbaia e ringhia ma che in realtà trema di paura. -  
A queste parole Alex preparò la spada. Un’enorme lama rosso cremisi di energia che sormontava il giovane comparve in pugno al braccio destro, con uno scatto poderoso si gettò sul nemico.
- Vediamo chi è il cucciolo impaurito ora! - urlò mentre la lama si abbassava e si incrociò con la lancia doppia di Ahmed sprizzando una pioggia di scintille; in quello stesso istante uno sciacallo avvolto in bende di lino e riccamente adornato si materializzò dall'ombra e si avventò sul ragazzo che, concentrato sul duello con Alex non poté fare nulla per impedire all'animale di squarciargli la veste e aprirgli un orrendo taglio sul torace.
Per un attimo il nemico sembrò prostrarsi a terra dolorante.
- Fratello e quel maledetto cagnaccio di Anubi, vi odio entrambi! E sia, basta con i giochetti: vi mostrerò il VERO potere di un tatuaggio titanico! - urlò dolorante e fuori di sé, come pervaso da una follia che non gli si addiceva.
- Un... tatuaggio titanico?! Non avrai...? - Amir era sconvolto, non sapendo se provare rabbia verso il fratello maggiore o compassione.
- Sarebbe carino se spiegassi queste cose anche ad un umile contadino. - era la prima volta che Damos si rivolgeva al suo maestro con quel tono, ma era convinto che se stava per morire la cosa non avrebbe avuto molta importanza.
Amir non si curò del tono del suo allievo e rispose con tono forzatamente calmo, - I tatuaggi dei titani sono i sigilli più antichi, il loro potere deriva dai titani ed è... -Amir si bloccò prima di finire il discorso come bloccato nel tempo, così come ogni altra cosa nella stanza, perfino le fiamme del camino che illuminavano la stanza erano immobili, perfettamente ferme, mentre guizzavano avvolgendo i ceppi di legno che ardevano. L'unico in grado di muoversi era Ahmed, il cui occhio sinistro brillava come un rubino.
Da lui si estendeva una cupola d'oro che aveva avvolto l'intera stanza, - Allora, cosa ne pensate del mio potere? - il ragazzo ridacchiò ricordandosi che i presenti non potevano rispondere.
Prese quindi a misurare la stanza a passi leggeri, quasi insicuro sul da farsi. Fu in quella situazione che Damos, ancora bloccato nel tempo come se fosse trattenuto da enormi catene, avvertì un'eco nella sua mente: era un flebile sussurro, una voce antica che aveva già sentito tempo addietro: il giorno in cui gli uccelli dello Stinfalo1 attaccarono il villaggio, anche se allora era stato solamente un sogno con uno strano simbolo, invece ora era la prima volta che la udiva da sveglio e Damos non era intenzionato a lasciarsi sfuggire l'occasione di capire chi, o che cosa, lo aveva messo in guardia salvandogli la vita. L'unico problema stava nel fatto che era bloccato nel tempo e che nel giro di qualche secondo sarebbe morto. "Che altre opzioni ho? mal che mi vada morirò ", cercò di isolare la sua mente da tutto il resto concentrandosi solo sulla voce che continuava a chiamarlo; più si isolava dalla realtà, più il mondo intorno a lui si faceva buio e confuso. In un primo momento il ragazzo riuscì ancora a scorgere le ombre di ciò che accadeva dentro quella misera casa: i suoi amici alla mercé di Ahmed che si aggirava inquieto per la stanza erano ombre sfumate e tremolanti come se fossero le fiammelle di una candela, poi tutto divenne buio e la voce che lo chiamava quasi assordante.
- Fantastico, tanta concentrazione per nulla! - era indignato, si era perso nella propria mente o c'era qualcosa di più? Quel viaggio gli sembrava così reale: avvertiva il freddo pungente sul suo viso e la solitudine di quel luogo.
Incapace di tornare indietro, Damos si accorse che il suo corpo non era più sotto il potere del tatuaggio titanico, quindi si incamminò verso quello che credeva essere l'occidente. "Se non posso tornare in Egitto proverò a tornare in Grecia" si disse, camminò per delle ore o almeno a lui sembrarono tali, fino a quando non si ritrovò dinanzi ad un magnifico palazzo di marmo bianco ed argento.
Il ragazzo si avvicinò con circospezione alle porte finemente lavorate che ritraevano scene di placide notti, pastori che pascevano le greggi al chiaro delle stelle, una nave greca che solcava le acque guidata dalla stella polare e l'immagine più bizzarra che Damos avesse mai visto, era come se l'immagine incisa sull'argento si muovesse: una grande sfera era fissa mentre altre nove più piccole le gravitavano intorno.
Il ragazzo stava ancora ammirando quello spettacolo quando un vecchio dalla lunga barba bianca curata e i capelli ancora folti e del medesimo colore, vestito di una semplice toga bianca, aprì le porte.
-Oh Damos sei qui finalmente- disse in tono gentile mentre i suoi occhi di un blu così intenso da poter essere scambiati per zaffiri cercavano cosa incuriosisse il giovane ed esclamò divertito
- Eh sì, il sole. La mia creazione più bella: lui fermo e gli altri pianeti vi girano intorno come in una perfetta danza per omaggiare il loro signore. –
- Il sole?! Si sbaglia signore! È la terra ferma e gli altri pianeti, compreso il sole, vi girano attorno! - rispose incredulo.
Il vecchio rise, fu come se la fresca brezza notturna lo avvolgesse ritemprandolo.
- Bah! Quello stolto di Tolomeo si sbaglia ragazzo! Credimi l'ho creato io l'universo e ne capirò più di un mortale, non credi? –
Damos rimase interdetto da quella rivelazione. “L'ho creato io l'universo", non poteva essere possibile! Secondo quello che aveva letto al tempio fu Urano a creare l'universo ma era morto, ne era certo.
- Cosa ti succede ragazzo? Sembra che tu abbia visto un’ombra2! - sorrise il vecchio.
- Beh... sì ehm... no volevo dire: ma se lei è Urano dovrebbe essere morto...- fu solo questo ciò che riuscì a farfugliare. Il vecchio lo studiò con occhi giocosi, quindi rise a crepapelle.
- Bene, ti do un più per l'intuito ma ti do uno zero spaccato per la stupidità! Andiamo ragazzo, come si può uccidere il cielo? Sì, devo dire che quel bastardo di mio figlio mi ha fatto male sminuzzando il mio corpo fisico ma come vedi sono qui! –
Damos era disorientato, quello che stava succedendo era reale o stava solo sognando a occhi aperti? Ma soprattutto, un dio gli aveva dato uno zero?! Ma i suoi pensieri furono frenati dal titano che lo invitò ad entrare.
- Abbiamo perso fin troppo tempo, è giusto che ti spieghi il perché di questa convocazione. - gli disse conducendolo per i corridoi fino ad un immenso salone tappezzato con un tappeto blu scuro, ma avvicinandosi il ragazzo capì di cosa si trattava: era l'intera volta celeste, con tanto di costellazioni ed astri. Era uno spettacolo mozzafiato. Al centro di quel salone maestoso, che era riscaldato da diversi bracieri nei quali sfarfallavano fiamme azzurre, vi era un elegante tavolo candido. Urano gli fece segno di accomodarsi su un guanciale già preparato per loro, uno di fronte all'altro.
- Gradisci qualcosa? - Damos non ci aveva fatto molto caso ma era da quasi un giorno che non mangiava
- Volentieri, grazie! - il titano chiamò qualcuno, – Kathlina, servi il nostro ospite se non ti spiace! - il tono gentile fece sentire il giovane a casa. Avvertì un calore che non provava da mesi, dal giorno in cui il suo villaggio venne raso al suolo. Una ragazza dalla pelle candida, forse un po’ troppo: la ragazza era pallida quanto la luna e i suoi capelli biondo platino lo erano quasi di più, portava con sé un vassoio d'argento con sopra un piatto ed una brocca. Kathlina servì al ragazzo una coppa di vino e uno strano piatto: una schiacciata di pane di farro lievitato cotta su delle braci e quindi condita con formaggio di capra, erba cipollina ed olio; il ragazzo assaggiò quel nuovo piatto con titubanza ma non appena ne ebbe assaggiato un pezzo si rese conto che era la cosa più buona che avesse mai assaggiato.
- Per gli astri! L'appetito non ti manca di certo! - il vecchio titano rise di cuore.
- Non certo con cibo così buono! - rise il contadino.
-è un piatto inventato in Egitto ma perfezionato dai discendenti di Enea3, la chiamano Pitta e significa schiacciata. – Spiegò la ninfa celeste4
- Torniamo a noi: ovviamente sai che i titani si stanno risvegliando ma ti avverto, forze ben più antiche di noi titani stanno tornando! - annunciò con sorprendente serietà, tanto che Damos dubitò che quello fosse lo stesso Urano di pochi istanti prima.
- Forze più antiche? Quali? Di cosa sta parlando? - gli chiese il ragazzo, ma il titano si lasciò sfuggire un sospiro sconfortato
- Ci sono cose che né io né le Moire5 possono rivelare. - Damos era confuso e disorientato, aveva sempre pensato ai titani come ad una forza insormontabile, - quindi ogni speranza è persa? –
Urano scosse la testa, -il futuro è insondabile ma oggi voglio darti una nuova speranza: hai sentito Ahmed parlare di tatuaggi titanici ma sai che cosa sono? -
Damos non rispose, non ne aveva bisogno. Urano sorrise cortesemente. - Lo immaginavo, devi sapere che è il sigillo divino più potente, ma anche più pericoloso, esistente. Il titano e il suo protetto stringono un patto e se una delle due parti trasgredisce la morte sarà ben misera cosa in confronto a ciò che lo aspetta. Se il tatuaggio viene distrutto il protetto muore ed il suo ricordo verrà cancellato dalla storia. –
Damos cominciava a capire dove voleva andare a parare, voleva stringere un patto.
- ...ma per far ciò bisogna che il protetto abbia subito una perdita permanente. Cosa ne pensi, Damos? Vuoi fare un patto con le stelle? –
- Non lo so, perché proprio io? Sembra che nessuno lo voglia capire ma sono solamente un contadino, non ho mai chiesto tutto ciò! –
Urano annuì comprensivo. - Lo so umano, tu volevi solo la tua vita ma sei tu la chiave per vincere la guerra che avrà luogo. In te si cela l'armonia! La terra e il cielo di nuovo uniti dopo che Gea ordinò la mia morte.
La mia non è una proposta, è la tua unica via di scampo da Ahmed. Ragazzo, se tu fai sì che questa crisi passi io ti ridarò più o meno la tua vita passata, che ne pensi? –
Il giovane rifletté a lungo sulla proposta, quindi rispose. -E sia. Ma come mai più o meno? Sei un titano i tuoi poteri sono illimitati. - Rispose scosso.
- Te ne renderai presto conto del perché. - la sua voce tremava e Damos giurò di aver visto lacrime solcare il suo viso.
- Molto bene! Il nostro commiato è agli sgoccioli! – il titano prese il braccio privo di anima del giovane e pronunciò qualche parola, infine disse: - per te il cielo sarà una dimora sicura. Sacro a Demetra in te ripongo la mia fiducia. Ricorda: il tatuaggio si nutrirà sempre della tua concentrazione, non solo quando lo userai. -  gli diede una forte pacca sulle spalle.
- Avresti dovuto dirmelo prima, non credi vecchio?! -urlò il contadino ma il mondo intorno a lui sbiadì sostituita dalla consueta casetta egiziana con Ahmed chino su di lui che lo studiava con rinnovato interesse, i suoi amici ancora paralizzati nella stasi temporale e la sua mano destra sembravano andate a fuoco come pure la sua anima sembrava venisse legata da una possente catena. Sul dorso della sua mano scintillava l’emblema di Urano.
 
Glossario:
1Uccelli dello Stinfalo: Mostruosi uccelli dalle piume di bronzo e artigli in acciaio che abitavano la regione paludosa dello Stinfalo, la loro uccisione era una delle dodici fatiche di Eracle.
2Ombra: Secondo la credenza classica le anime dei morti nell'Ade diventavano ombre: esseri incorporei e quindi condannati per i loro crimini, sono il corrispondente dei nostri fantasmi.
3Enea: Figlio di Afrodite e di Anchise, fu uno dei troiani che sopravvisse alla guerra di Troia, dopo una serie di avventure raccontate ne "L'Eneide" giunse in Lazio e qui fondò Roma, quindi Kathlina si riferisce ai latini.
4Ninfa Celeste: Le ninfe erano dee minori della natura, avevano l'aspetto di ragazze sempre giovani, le ninfe celesti è la famiglia delle ninfe del cielo.
5Moire: Le moire sono le tre dee del destino, si occupavano di creare misurare e tagliare il filo della vita di ogni mortale.
 

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