Jerome e suo padre

di Spensieratezza
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La confessione di Jerome ***
Capitolo 2: *** Cosa c'è oltre il buio, L'orribile terrore della morte o la terribile speranza della Vita? ***
Capitolo 3: *** Il canto degli uccelli ***
Capitolo 4: *** L'amore di un padre ***



Capitolo 1
*** La confessione di Jerome ***


Come aveva fatto quel detective a capire che era stato lui a uccidere sua madre, era inspiegabile per Jerome, così come aveva dedotto che il signor Cicero lo aveva aiutato e coperto, ma suppose che il detective non era uno che gli importava molto di dare troppe spiegazioni.

Sembrava convintissimo che il signor Cicero era SUO PADRE e intenzionato ad andare fino in fondo.

Risparmiatevi l’ago.” Disse il detective.

“Io detesto gli aghi, scusa, Jerome.”

“DI CHE COSA STAI PARLANDO?”

“Ha ragione, io sono tuo padre.”

“No, non è vero..perchè dici così…”

“Devi aver sospettato la verità…”
 
 

Sì, era vero anche questo. Fin da quando il vecchio lo aveva preso in simpatia, sempre più spesso si era ritrovato di notte fonda a camminare fuori, costeggiando i tendoni dal circo, cercando di sfuggire a quella folla di animali, grida, RISATE, quante RISATE. Risate che gli scoppiavano nella testa e brusii di sconosciuti, centinaia. Scenari di cui era saturo.

Ma più di tutto, sfuggiva dalla madre e dai disgustosi siparietti che intratteneva con uno o più clown.

E finiva sempre per rifugiarsi lì, nella tenda del signor Cicero. Con lui si confidava, a volte si faceva preparare della cioccolata calda con panna o un po’ di pastina, a volte passeggiavano solo fuori, sotto le stelle, mentre chiacchieravano o mentre lui si sfogava.

La pastina con il brodo. All'inizio Jerome lo aveva preso in giro perchè il vecchio insisteva a dargli quella brodaglia come se fosse ancora un infante, ma poi si era lasciato cullare da quelle premure che non aveva ricevuto neanche quando era un fanciullo da sua madre.

Gli piaceva il signor Cicero, era gentile.

Forse TROPPO gentile.



Stabilito che non era uno di quei porci pervertiti che approfittano della debolezza e ingenuità dei ragazzini, pensò potesse esserci qualcos’altro sotto.

Sì, più di una volta, si chiese se potesse essere il suo VERO PADRE.
 
Era diventato quasi confortante, questa sorta di cullarsi nel non sapere. Il vecchio non diceva e Jerome non chiedeva, come una sorta di patto silenzioso tra di loro.
Era bello cullarsi nell’incertezza, a volte la magia sta nel sperare, nel temere, nel chiedersi, ma non chiedere e forse anche nel non sapere mai. Avere una risposta, la maggior parte delle volte, significava perdere la magia.
 
 
“Tu non sei mio padre..mia madre non avrebbe mai..”

“Tua madre era una donna abbietta, era spesso cattiva con me, ma una volta sì, una volta mi ha amato, a modo suo e ha amato te, sopra ogni cosa, inventando la figura di un padre migliore."

Jerome pianse, una lacrima gli cadde lungo la guancia, poi rise e lo guardò come un pazzo.
 
“Mia madre..era una puttana senza cuore, non ha mai amato nessuno e non avrebbe mai toccato un patetico vecchio raccapricciante come te.”
 

Il vecchio non se la prese. Aveva potuto saggiare e toccare con mano l’affetto di Jerome per lui e se c’era una cosa che aveva imparato, era che le persone reagivano spesso con parole crudeli verso quelli che amavano.
 

“Tutti questi anni, credi che fosse gentile con te perché sono un brav’uomo? Se non fossi tuo padre, ti avrei aiutato come ho fatto, dopo quello che hai fatto?”
Jerome continuava a guardarlo con odio, mentre un flashback prepotente, gli si affacciò alla mente.
 
 “Come stai, Jerome?” gli chiese Cicero, facendogli una carezza sulla guancia.

Gesto accompagnato da uno sguardo sorpreso del ragazzo. faceva ancora fatica ad abituarsi ad un gesto d’affetto.
 
 
 
 























 Note dell'autrice: 

salve ragazziiiii!!! Faccio anch'io il mio ingresso in Gotham!! Da quando ho visto questa puntata, non sono riuscita più a togliermela dalla testa e ci sono rimasta taaanto male quando ho visto com'è finita con il padre di jerome o.O non lo dico qua per non spoilerare chi non ha ancora visto le puntate, ma dico solo che la mia storiella di quanti capitoli ancora non so, tratterrà quello che mi sarebbe piaciuto vedere invece nel telefilm!! Sono una sentimentale quindi aspettatevi di vedere molto ooc e mlensaggine xd 

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Capitolo 2
*** Cosa c'è oltre il buio, L'orribile terrore della morte o la terribile speranza della Vita? ***


Jerome era quasi mezzo annegato nel fiume, dentro di sé la certezza fulminante che suo padre non avrebbe mantenuto la promessa. Non si sarebbe presentato da lui per venirlo a prendere.

Ma d’altrocanto, questi fantasmi di un desiderio di amore paterno a lungo repressi, resi spettri dall’andare del tempo evolvesi in un cinismo sempre più dllagante, sorpassato forse da un inizio di malvagità sempre più serpeggiante, che avrebbe finito prima o poi per mangiarlo e consumarlo via, non potevano scalfire la certezza che, lui a tutte queste puttanate da cinema e film oscar, in realtà non aveva mai creduto.

E pazienza se, quando stava al circo, si era ritrovato qualche volta di troppo, a rifugiarsi dal vecchio, nella sua tenda, a chiacchierare di cose futili, per avere una scusa per distrarsi. Pazienza le lunghe passeggiate sotto le stelle, gli sfoghi da bamboccio appena uscito dall’adolescenza e quasi la speranza infantile che quel vecchio, suo padre lo fosse davvero. Che poi a ben pensarci, chiamarlo desiderio era troppo, diciamo che era più un’insana attrazione per la curiosità, come tutti i sociopatici.

Jerome Valeska aveva scoperto che quell’uomo da cui cercava sempre rifugio, era davvero SUO PADRE, solo una volta che fu reso noto che lui avesse assassinato sua madre.

Avrebbe potuto ucciderlo, per averglielo tenuto nascosto, aveva DESIDERATO farlo.

Ma d’altronde, il vecchio era stato gentile con lui. L’aveva perfino coperto, aiutandolo a nascondere l’assassinio della madre e non aveva mai approfittato di lui, in nessun senso, cosa che, in questo mondo ricco di perversioni insane, soprattutto per i ragazzini da parte di vecchi pervertiti, non era poi così scontata.
 
Jerome sembrava un pazzo malvagio, ma non era del tutto senza cuore. Lui queste cose le aveva considerate e aveva quindi deciso di perdonare il vecchio, per non avergli mai detto di essere suo padre e aver cercato di strapparlo da quella madre disgraziata che si era ritrovato, dopo la confessione davanti al detective. Il vecchio cercò di farsi perdonare e suonò convincente a dire il vero, voleva ancora averlo con lui.

Jerome non credette molto alle sue parole, ma considerò che fare finta di crederci poteva anche essere divertente, in fondo. Con il passare del tempo, considerò che probabilmente non era vero che l’aveva fatto perché lo credeva divertente. Dalle sensazioni che sentiva dentro, quella specie di calore umano che avvertiva nello stomaco, doveva avere un altro NOME. Con il tempo, Jerome pensò che forse piacevole era l’aggettivo che aveva confuso con divertente.

Era PIACEVOLE credere a quelle parole.

Avrebbe potuto quasi finire per crederci davvero.
 
 




Ma Jerome alle favole non credeva, così come non credeva che qualcuno potesse davvero amarlo, né che fosse degno di amore. Per questo nonostante tutto, quando venne rinchiuso nel manicomio, non si aspettava davvero che suo padre lo liberasse. Non che ci sperava, ma promise a sé stesso che si sarebbe vendicato su di lui, per non averlo fatto. Lo pensò con un sorriso.
 
Se davvero Jerome avrebbe ucciso suo padre o non ne avrebbe tuttavia avuto il coraggio, non si saprà mai, dal momento che invece in realtà, lui DAVVERO lo fece fuggire dal manicomio, con la complicità di terzi.

Un piano ben congegnato, ma Jerome tuttavia, quando il vecchio lo strinse in un abbraccio affettuoso dentro il lurido appartamento, lui sciolse l’abbraccio, guardandolo astioso.

“Dovrei dirti GRAZIE? Hai fatto il tuo dovere, no? di sicuro SAPEVI cosa ti avrei fatto se fossi riuscito a sfuggire da solo, no?”

“Jerome, quello che ho fatto, dimostra quanto ti voglio bene!”

Jerome rise.

“No.” disse Jerome quasi strozzato dalla sua risata famosa. “Dimostra solo quanto tu abbia un grandissimo istinto di sopravvivenza e io ti stimo davvero, per questo, solo non cercare di farmi bere le tue ridicole panzane.”

“Jerome, Santo Dio, perché per te è così difficile credere che io sia sincero e che tenga davvero a te??”
 
Jerome lo guardò ad occhi sgranati, quasi come se fosse stupito lui per primo di tanta sfrontatezza e coraggio. Nessuno aveva mai osato parlargli in questo modo, nemmeno sua madre. E quello che l’aveva fatto, non aveva avuto modo di rifarlo per due volte di fila. Soprattutto nessuno gli aveva mai urlato contro con tanta patetica insistenza di volergli bene.

Jerome rise di nuovo. Una risata più cupa stavolta e più breve.
 
“Perché…mio caro, -chiamarlo papà o paparino, anche con tono di scherno, era troppo per lui – nessuno sano di mente, potrebbe amarmi.”

“Jerome..” disse il signor Cicero, avvicinando le braccia a lui.

“E smettila di cercare di abbracciarmi! Le tue ossa sono talmente fragili, che potrei romperti!”
 
Il vecchio era rimasto zitto, senza più proferire parola e Jerome si era rintanato in una stanza senza voler confessare che, era lui quello che temeva di potersi rompere.
 
 
 



La compagnia un po’ più prolungata con il signor Cicero, era durata un po’, fino a quando Jerome si mise ovviamente ancora nei guai. Braccato dalla polizia, si accordò con Cicero, per trovarsi ad una determinata ora sul ponte.
 
“E così fuggiremo insieme.” Disse Cicero.

Jerome lo guardava con un sorrisino da sfottò.

“Tu non verrai. Tiratene fuori adesso, finchè sei ancora in tempo, vecchio.”

“Ti ho già detto che verrò. Io non ti abbandono!” disse Cicero, facendoglisi sotto con sguardo duro.

Jerome l’aveva guardato malissimo, poi era stato lui ad andargli sotto e a prenderlo per il colletto.
 
Molto bene. “grugnì. “Come vuoi tu, vecchio, vorrà dire che cercherò di fidarmi delle tue parole, ma questo vuol dire anche che, se mai dovessi sopravvivere e tu non ti presenterai, io verrò a cercarti, e ti assicuro che ti farò pentire di avermi mentito, ricordatelo, questo!”
 
Jerome detestò apparire così debole davanti a suo padre. La sua rabbia aveva tradito la sua paura di essere deluso, tradito, abbandonato. Aveva tradito un desiderio di fedeltà e quindi di DEBOLEZZA.

E Jerome più tardi promise a sé stesso che al vecchio avrebbe fatto pagare anche questo. L’umiliazione di far trasparire così i suoi sentimenti come una femminuccia qualunque, non gliel’avrebbe fatta passare liscia, se avesse deciso di tradirlo.
 
 
 
 







*

Più tardi, quando Cicero non si presentò, i suoi propositi di vendetta e di assassinio nei confronti del povero Cicero – del suo povero padre – pensava Jerome, si stavano perdendo assieme alla vita che piano piano stava abbandonando il suo corpo, mentre annegava in un fiume, scampato miracolosamente alle grinfie dei poliziotti, anche se non sarebbe sfuggito alle acque gelide del fiume  e alle ferite riportate.
 
Stava morendo, lo sapeva. E in quei momenti si ritrovò a pensare a Cicero e si lasciò finalmente andare a quello che aveva cercato per tanto tempo di non ammettere a sé stesso.

Lui davvero aveva CREDUTO che Cicero sarebbe venuto lì per lui, peggio, ci aveva sperato, come una ragazzina bisognosa d’amore. Ci aveva sperato perché lui aveva bisogno di Cicero al suo fianco.

Quell’uomo così rude che continuava così insistentemente a cercare di far crollare la sua corazza per costringerlo a credere che lui bene gliene voleva davvero proprio come a un figlio.
 
Ora non importava più il suo tradimento e neanche la vendetta. Faceva male solo il pensiero che lui non era venuto, non per via del tradimento in sé, ma perché non l’avrebbe più rivisto, non si sarebbe più fatto cullare da quell’ossessivo quanto smielato sentimento protettivo che aveva con lui, che lo aveva tanto infastidito, quanto abituato troppo bene, durante quei bui e freddi periodi. Sì, perché di queste attenzioni che lui aveva sempre giudicato malsane, ne diventavi dipendente, come un tossicodipendente che reclama la sua droga.

Ti prego, un’altra dose..solo un’altra dose e poi basta..
 
Jerome sapeva che non c’erano più dosi che poteva reclamare.

Niente lanci, niente partite, oppure

Stessa merda, altro giorno, ma questa sarà una merda diversa.
 
Citazioni del suo libro preferito, l’acchiappasogni, che lui amava tanto, quando ancora fingeva – o si voleva autoconvincere, ci SPERAVA, . di essere un bambino buono, che leggeva libri e tutto il resto.
 
Sviò la mente anche dal libro, perché voleva che i suoi ultimi ricordi si destinassero altrove.

Al circo per esempio.

Tornò con la mente a ricordare i pomeriggi a giocare a carte con il vecchio, le serate passate a passeggiare sotto le stelle e a farsi pagare i popcorn.
 
Jerome sapeva che il vecchio non poteva pretendere da uno psicopatico come lui, che lo amasse, o peggio, che fosse capace di farsi amare, come faceva un figlio normale con il proprio padre, ma una cosa poteva rimpiangerla invece.

Rimpianse di non averlo chiamato papà almeno solo una volta.
 
Una parola che, a dispetto del sentimentalismo strisciante che comportava in anni di stereotipi stupidi e sentimentalistici, avrebbe tanto avuto curiosità di sentire che suono avrebbe avuto tra le sue labbra e ora era troppo tardi perfino per dirsela solo a sé stesso, solo per sentire quel suono da solo, senza per forza le sue orecchie a sentirle. L’acqua gli stava innondando i polmoni e la bocca, il respiro e anche le orecchie.

Ebbe la forza di formulare quest’ultimo pensiero, mentre le lacrime gli scendevano giù mentre annegava e si mischiavano con l’acqua.
 
 
Poi avvenne qualcosa. O meglio, qualcuno, che lo prese per le braccia, cercando di tirarlo su.
 






















eccomi ragazziiii. Pensavate che non aggiornassi mai più eh???? e invece VE L'HO FATTA!! E non solo aggiorno ma guardate anche con che BOMBA di capitolo che aggiorno ahahh :D :D :D lasciatemi vantarmi un pò, questa storia è partita molto male, non volevo neanche pubblicarla ad un certo punto, poi l'ho fatta e l'ho lasciata in stand by, ero molto rassegnata a non sapere come continuarla e OGGI L'ILLUMINAZUIONE!! Non mi sembra manco vero che l'ho scritto io questo capitolo. C'è da dire anche che, io e i sentimenti di abbandono e rifiuto ecc ecc, insomma, sono temi molto bollenti e anche i miei preferiti e io ci SGUAZZO ALLA GRANDISSIMA. NONOSTANTE CIò è strano anche per me andarci così pesante con l'angst, penso di avervi fatto venire una sincope e anche più di una, perdono xd

Jerome è sopravvissuto, sì o no? E chi sarà ad averlo salvato? il padre o qualcun altro??? ehhhehe !!! Vedrete!

ps in realtà il capitolo non l'ho pensato solo oggi, ce l'avevo pensato da diverse settimane, ma l'avevo immaginato diverso, più che altro tutta questa parte introspettiva e angst non era prevista (ma sono contenta di averla messa ) il capitolo che avevo pensato è quello che verrà dopo! pps lo stile se vi rcorda molto quello di stephen King (a parte le dovute citazioni in corsivo ) è perchè io amo queste elucubrazioni che lui fa fare ai suoi personaggi, e sono diventate anche un pò il mio stile *_*

pps cosa importante! il titolo del capitolo è tratto da una citazione dell'album di dylan dog Il vecchio che legge!" mi sembrava indicatissimo per il capitolo!

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Capitolo 3
*** Il canto degli uccelli ***


Jerome avvertì, a livello quasi incosciente, che qualcuno lo aveva afferrato e lo stava trascinando chissà dove.

Saranno le braccia del diavolo per portarmi all’Inferno…
 
Tutto quello che avvenne dopo, fu come un Sogno per Jerome. Avvertì la risalita, l’aria fredda quando uscì dall’acqua, assieme ai polmoni che bruciavano per essere stati così a lungo sott’acqua e privi dell’ossigeno.

La vita. La vita che viene a reclamarti di nuovo e che brucia così dannatamente le tue viscere.

Tornare a vivere era come bruciare, per Jerome.

E il vento, oh, quel vento gelido che sembrava volesse toglierti la pelle a furia di schiaffi, faceva davvero un male cane.

Qualcuno dovrebbe fare qualcosa per tutti quei cani e mici randagi costretti a vivere anche di notte al gelido freddo delle braccia della morte, che li culla come una madre con il suo cucciolo.

Dovrebbero ucciderla, come io ho fatto con la mia.
 



“Jerome, figliolo, stai bene?”

Jerome non si era accorto di aver borbottato frasi sconnesse ad alta voce.

Tentò di parlare, ma ne uscì solo un verso acquoso sputacchiato.

Si trovava tra le braccia di una voce famigliare.

“L’inferno..è una voce che ti perseguiterà per sempre nel luogo dove tu espierai i tuoi peccati..” disse con voce triste e disagiata, reclinando il capo a occhi chiusi, pensando sicuramente di essere all’inferno e che quella voce fosse la sua punizione per l’eternità.
 
Quelle braccia si strinsero attorno a lui di più, cullandolo come se fosse un bambino e Jerome si ritrovò a pensare che, se quello fosse l’inferno, non era poi tanto male, non era quello il calore che si aspettava di trovare all’inferno e se lo avesse saputo prima, forse si sarebbe fatto sparare prima, senza opporre tutta quella resistenza.
 
Le braccia che lo avevano sollevato, non lo lasciarono andare. Qualunque cosa fosse che lo stava trasportando, continuò ad arrancare, in quella sorta di sciabordio acquoso che faceva un suono che alle sue orecchie sembrò quasi adorabile.



“Ah…la natura, Jerome! Non trovi che abbia un suono adorabile?” aveva detto Cicero una volta, indicandogli il canto degli uccellini. Jerome gli aveva rifilato una smorfia disgustata e aveva riso con quella sua risata tetra.

Ora invece piangeva, risentendo nelle sue orecchie lo stesso suono, nei suoi ricordi e anche adesso, da qualche parte, tra gli alberi.
 
Osò aprire gli occhi, più per curiosità che per altro e vide che Era Cicero la figura che lo stava trasportando.

Era tutto bagnato da capo a piedi e lo portava in braccio con una forza sovrumana che non trovava sbocchi nel vecchio fragile e debole che aveva sempre preso in giro, con una maestosità forse pari solo a un Mosè adulto e non più bambino, che veniva fuori dalle acque, come risorto.

Guardò meglio Cicero, la luce che aveva negli occhi e capì che non era Cicero ad essere Mosè, era lui Mosè.
 
Cicero ricambiò lo sguardo, guardandolo con solennità e poi con un debole sorriso. Jerome continuò a guardarlo pietrificato, senza tuttavia riuscire a cambiare la sua espressione da bambino smarrito e indifeso che guardava un miracolo appoggiato sui gradini di casa sua.
 
“Ce…ce ne hai messo di tempo..” riuscì solo a dire Jerome, prima di tossire.

E furono le ultime parole che disse prima di svenire, appoggiando la testa al petto di suo padre.






















Note dell'autrice: 

voglio precisare che non intendo in nessun modo giustificare quello che ha fatto Jerome alla madre, nè farlo passare come un eroe, ma mi ispira tenerezza , non ci posso far niente xd non so quanto andrà avanti questa storia ancora, di certo ci sarà ancora un altro capitolo! eh si alla fine il padre non lo ha tradito <3 riguardo al fatto che il padre di jerome sia cieco, è una cosa di cui di sicuro parlerò!

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Capitolo 4
*** L'amore di un padre ***


Jerome non era abituato a quella sorta di fragilità estenuante, assieme a quella fiducia cieca nel prossimo, che ti spingeva a lasciarti andare e poi a dipendere, dalle cure di qualcun altro. Oltre all’umiliazione di mostrarsi non indipendente e quindi fragile, vulnerabile, ad un occhio esterno, c’era anche l’incoscienza nel prestare il fianco scoperto a qualcuno che, approfittando della tua debolezza, avrebbe potuto ucciderti con un colpo di mannaia, a tradimento.

Era per questo che Jerome preferiva non fidarsi e non affezionarsi a nessuno. Se non ti affezioni a nessuno, non permetti a nessuno , di poterti tradire.

Purtroppo, questa sorta di piano ingegnoso, aveva riservato molte falle, per quanto riguardava il suo caro padre. Lui si era insinuato nella sua vita, pretendendo il suo spazio come figura genitoriale, in maniera così insistente e appiccicosa e sorprendente, che Jerome non era stato capace di respingerlo. Non con le offese, o con le risa denigratorie, né con il disprezzo con cui trattava più o meno tutti.

E Jerome alla fine, lo aveva lasciato fare, e peggio, sentiva che non gli dispiacevano più di tanto, quelle attenzioni.
 
“Come hai fatto..a tirarmi fuori dall’acqua..dovresti essere cieco..” mugolò Jerome, rendendosi conto a malapena, che suo padre lo aveva adagiato in un letto morbido.

“Non dobbiamo più preoccuparci della mia vista. Acqua passata. Ops. Forse non dovrei usare certi termini.” Disse lui, con uno sguardo a mò di scuse.

Jerome strizzò gli occhi per guardarlo. Una strana luce azzurrina brillante, arrivava dai suoi occhi, che erano azzurri, molto più limpidi di quel fiume infernale.

“Ora sappiamo che non potresti mai fare il clown in un circo.” Disse e tentò di ridere, ma era ancora debole e quasi si strozzò.
 
“Ecco cosa succede a fare troppo gli spiritosi. Cerca di non sforzarti troppo. Io intanto ti preparo qualcosa di caldo.” Gli disse, coprendolo meglio.

“Non ti ho dato il permesso di andartene. È maleducato da parte tua!” le ultime parole gliele gridò dietro, rimanendo però a guardare il punto in cui era sparito, con un’espressione triste e preoccupata.

Cicero non si offese, trovò una cosa positiva il fatto che suo figlio lo volesse accanto a lui.
 
 
 
Quando Cicero tornò con della pasta con brodino, Jerome lo guardò male.

“Mangia tu quella poltiglia.” Gli disse, ma non fece obiezioni, quando Cicero prese il cucchiaio e lo imboccò.

“Approfittarsi così che non posso muovermi. Almeno la malvagità so di averla presa da te.” Bofonchiò Jerome, ma sembrava compiaciuto e quando il calore del brodo gli arrivò fin in fondo allo stomaco, non potè impedire al suo viso di trasfigurarsi in un’espressione più rilassata.

Cicero si sentì sempre più felice.
 
 
Quando Jerome finì tutta la pastina, un piacevole tepore rilassante, si impadronì di lui.

“Ho sonno..”
“Ti lascio riposare..”

Jerome però, lo fermò, tenendolo con un braccio.

“Non puoi decidere sempre tu quando andartene e quando no.”

Cicero lo guardò sbalordito. Suo figlio voleva che restasse al suo fianco.

Jerome si addormentò, tenendogli ancora fermo il braccio.

Cicero lo guardò così per alcuni minuti, poi, cercando di non svegliarlo, si stese accanto a lui, guardando suo figlio dormire.
 
Era così contento che alla fine l’aveva accettato come padre.

L’indomani sarebbero partiti per l’estero. Avrebbe fatto di tutto per ridare una nuova vita a suo figlio, ripartire insieme, ricominciare da capo e allontanarlo dall’immagine di pazzo psicopatico e sociopatico, che il mondo ormai aveva di lui.

Aveva solo bisogno di riabituarsi all’amore.






















Note dell'autrice: 

finalmente sono riuscita a finire la storia <3 mi rendo conto che è una storia un pò utopistica, ma ho preferito così.. ^^ mi piacerebbe anche scrivere di jerome che lo chiama papà, dopo un pò, ma non so..ci devo pensare.. spero vi sia piaciuta ^^ ps in questa storia Cicero riacquista la vista tramite qualche esperimento strano, altrimenti non avrebbe mai potuto salvare Jerome dalle acque del fiume xd

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