L’era dei Vongola di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Credi in te ***
Capitolo 2: *** Cap.2 La paura di Tsunayuki ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Nozze di sangue ***
Capitolo 4: *** Cap.4 Brucerò il mondo per te ***
Capitolo 5: *** Cap.5 Doll ***
Capitolo 6: *** Cap.6 Dopo l'allenamento ***
Capitolo 7: *** Cap.7 La fedeltà del fulmine ***
Capitolo 8: *** Cap.8 La tempesta di Tsunayoshi ***
Capitolo 9: *** Cap.9 Dichiarazione ***
Capitolo 10: *** Cap.10 Un nuovo Varia ***
Capitolo 11: *** Cap.11 L’alba di un nuovo giorno ***
Capitolo 12: *** Cap.12 L’amore delle giovani donne ***
Capitolo 13: *** Cap.13 Principessina ***
Capitolo 14: *** Cap.14 Il regno mistico del male ***
Capitolo 15: *** Cap.15 La dama dai capelli color dell'oro ***
Capitolo 16: *** Cap.16 Il re peccatore ***
Capitolo 17: *** Cap.17 Dialogo sotto le stelle ***
Capitolo 18: *** Cap.18 Le punizioni del Nono ***
Capitolo 19: *** Cap.19 Fredda serenità e vuota lietezza ***
Capitolo 20: *** Cap.20 Città dei morti ***
Capitolo 21: *** Cap.21 Un drago su Marte ***
Capitolo 22: *** Cap. 22 Nostalgia ***
Capitolo 23: *** Cap.23 Primo incontro ***
Capitolo 24: *** Cap.24 Ammissione di paternità ***
Capitolo 25: *** Cap.25 18 anni ***
Capitolo 26: *** Cap.26 Il signore dell’insonnia ***
Capitolo 27: *** Cap.27 Don Giovanni ***
Capitolo 28: *** Cap.28 La mia regina ***
Capitolo 29: *** Cap.29 I trust in you ***
Capitolo 30: *** Cap.30 Chiamarsi per nome ***
Capitolo 1 *** Cap.1 Credi in te ***
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Scritta sentendo:
https://www.youtube.com/watch?v=prYqvKXajMc.
Giorno 1: Cose che hai detto all'una
di notte.
Fem!Gokudera/Tsuna.
Cap.1 Credi in te
La giovane era seduta sul letto e
guardava la sveglia sul
comodino, ne sentiva il ticchettio rimbombarle nelle orecchie,
stringeva le
gambe affusolate con entrambe le mani e, tra le labbra rosee, una
sigaretta
accesa. Ispirò, sentendo il sapore del tabacco farle
bruciare la gola e
pizzicare il naso, avvertiva un senso di rilassamento.
Guardò il quadrante e
lesse che era l’una di notte.
Avvertì un mugolio alle
sue spalle e portò una mano al
fianco, notando che indossava il pigiama senza cinturone. Si
rilassò
riconoscendo Tsuna, che si stava svegliando mugolando.
“Dovreste dormire,
Decimo” sussurrò.
Sawada batté le palpebre,
le sue iridi castane erano liquide
e brillavano di riflessi aranciati.
“Tu non lo fai,
Gokudera-kun?” domandò. Si diede la spinta,
facendo cadere a terra la pesante coperta e, ancora avvolto nel
lenzuolo, si
mise seduto.
“Volevo finire la
sigaretta” disse la giovane. Le sue gote
divennero vermiglie e alcune lunghe ciocche argentee le finirono
davanti al
viso.
Tsuna allungò la mano e
prese quella di lei nella propria.
“Quali dubbi ti
confondono?” domandò.
“Sono degna di essere la
vostra fidanzata?” chiese la
giovane con la fiamma della tempesta.
“Iiiiih!
Sono io
che non sono degno di te! Alle volte penso che mi lascerai
e… oh, diamine.
Dovrei consolarti ed invece piagnucolo io. Mi dispiace. Questo
dev’essere l’inferno”
gemette Sawada.
Gokudera la spense nel posacenere sul
comodino, si voltò e
si piegò in avanti, gli posò un bacio sulle
labbra bollenti.
“Non vi lascerei nemmeno ne
dipendesse la mia vita. Avete il
mio amore, insieme alla mia fedeltà. Non ho forse smesso di
farmi esplodere per
poter rimanere al vostro fianco?” domandò.
Tsunayoshi arrossì e si
grattò il collo.
“S-senti… lo so
che è l’una di notte, però, possiamo
parlarne. Sono argomenti difficile, ma io voglio che tu capisca. Io ti
amo e
niente potrà mai farmi cambiare idea. Tu sei stata la prima
a credere in me e
hai cambiato la mia vita.
Però, senti…
I-io non sono quello che tu credi. Sono così
imbranato e…”.
Gokudera posò la sua
fronte pallida su quella abbronzata di
lui.
“Io lo so che voi siete
imbranato. Conosco ogni singolo
vostro difetto, anche se voi pensate di no” disse.
“Lo sai?!” chiese
sorpreso.
“Non sono una sciocca,
amore mio” disse Gokudera.
“S-scusa”
esalò Tsunayoshi, il battito cardiaco gli
accelerò.
“Però vedo i
vostri pregi, che sembrano celati agli occhi di
tutti. Voi siete dolce, coraggioso, avete un’incredibile
forza d’animo. Voi
potete portarci fuori dalle tenebre, siete un cielo luminoso che
c’insegna a
vivere. Non approfittate delle nostre debolezze o della nostra
fedeltà, ci
avete rispettati come pari e non ci avete umiliato.
Volete trovare il meglio dei Vongola
e siete pronto, nel
caso scopriate che non c’è modo di salvare
quell’antica famiglia, siete pronto
a distruggerla. Quando potreste arricchirvi più di un re,
diventare potente e
noto più di ogni altro uomo.
Sono lodi in cui credo e che
ripeterò sempre, che sia l’una
di notte o il cinque di pomeriggio” giurò Gokudera.
Tsuna lo abbracciò e gli
nascose il viso contro il petto.
“Quando parli
così, riesco a crederci anch’io” disse.
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Capitolo 2 *** Cap.2 La paura di Tsunayuki ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Fem!Tsuna/Gokudera.
Giorno
2: Cose che hai detto spudoratamente.
Cap.2
La paura di Tsunayuki
“Mi
sembra sempre che il mondo non si fermi mai ad
aspettarmi. La mia vita è stata programmata e si sono
scordati di farmelo
sapere. Non voglio fare la Boss, non voglio neanche sposare un Boss.
Non voglio
niente di tutto questo” gemette Tsunayuki. Si alzò
dal letto su cui era
accomodata e, a piedi nudi, andò nella stanza accanto.
Gokudera
accomodato al tavolo della cucina, indossava
gli occhiali.
“Iiiih”
gemette la giovane, nascondendosi dietro lo stipite della porta.
Gokudera
avvertì il verso e si guardò intorno,
osservò
il tavolo e le sedie vuote, tornando a leggere.
<
Zeus era solito rapire le sue amanti e giacere
con loro in diverse forme. Una di esse fu da lui catturata in veste di
toro,
per poi giacere con lei in veste di aquila. Giacque con
un’amante sopita in
veste di cigno. Ne fece sua un’altra tramutato in una pioggia
d’oro. Per far
durare più a lungo le sue notti di passioni,
arrivò ad allungarne una di tre
volte il normale > lesse Gokudera. Il suo viso era arrossato e,
messo il
segnalibro, chiuse il libro.
“Decisamente
troppo pesante per me questo argomento”
sussurrò. Appoggiò il libro sul tavolo e si tolse
gli occhiali, chiuse gli occhi
e si massaggiò il viso.
“Gokudera-kun”
si sentì chiamare.
Vide
Tsuna in piedi davanti a lui e gli sorrise.
“Qualcosa
non va?” chiese Sawada.
“Nulla
d’importante, Decimo. Stavo studiando cose un
po’ troppo spudorate per me” ammise Gokudera,
scrollando le spalle.
“Non
hai mai tentato di fare qualcosa di
spu-spudorato? Ci… cioè… Oh, mamma,
che vergogna! Cos’ho detto?! Perdonami. Io
non volevo, scusa. Questo è così imbarazzante,
dev’essere l’inferno”
piagnucolò
Tsunayuki, nascondendosi il viso tra le mani.
<
Ecco. Ora gli sembrerò una di quelle che getta il
sasso e poi nasconde la mano. Io volevo solo consolarlo. Sembrava
scosso. Oh,
non so proprio dire mai le parole giuste > pensò.
Gokudera
fece indietro la sedia.
“Io
ammetto di non aver mai detto niente di spudorato.
Figuriamoci fare qualcosa” disse.
Tsunayuki
si piegò in avanti, facendo ondeggiare i
disordinati, e lunghi capelli castani. Le sue iridi brillavano di
riflessi
aranciati, batté lentamente le palpebre.
“Allora
fallo adesso. Dimmi qualcosa di spudorato” lo
sfidò.
Gokudera
si morse le labbra fino ad arrossarle ed
espirò dalle narici, serrò i pugni e
conficcò le unghie nei palmi, lasciando
delle mezzelune nelle mani.
“Io
vi amerei anche se voi non foste il Decimo, anche
se questo sembra tradimento!” gridò, tenendo gli
occhi chiusi con tutta la sua
forza. Il suo viso si arrossò e il suo battito cardiaco
accelerò.
“Ti
amo anch’io e, ti prego, salvami. Non voglio fare
il Decimo, combatti al mio fianco contro il destino”
implorò la giovane. Chiuse
gli occhi e lo baciò con foga.
Gokudera
la trasse a sé, tenendola tra le braccia e la
baciò a sua volta, intrecciando le loro lingue.
<
Combatterò al vostro fianco contro qualsiasi
minaccia, amore mio, te lo giuro > promise mentalmente.
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Capitolo 3 *** Cap.3 Nozze di sangue ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Tsuna/Kyoko.
Giorno
3: Cose che hai detto troppo silenziosamente.
Cap.3
Nozze di sangue
Tsunayoshi
stava ritto in piedi davanti all’altare,
stretto nei suoi vestiti candidi, la sua espressione e guardava davanti
a sé
con aria concentrata.
Kyoko
lo guardava di sottecchi sotto il velo da sposa,
il salmodiare del prete le risuonava nelle orecchie insieme ai suoi
ovattati
che venivano dagl’invitati.
Kyoko
li osservò di sottecchi, tranne suo fratello che
era intento a sorridere a sua moglie Hana, che teneva stretta a
sé, i visi di
tutti gli altri erano tesi e cupi.
<
Tsuna pensava che sposarci in questo momento di
crisi avrebbe rinfrancato gli animi dei suoi Guardiani, ma
così non è. Sono
così tristi, soprattutto Yamamoto che ha perso da poco suo
padre. La guerra
avanza e ne posso sentire l’odore anche in questa chiesa. Mi
sento così
inquieta.
Vorrei
avere la fermezza del mio fidanzato, sembra un
vero uomo d’azione che niente può tangere. Appare
quasi come un dio superiore,
un cielo misericordioso e intoccabile. Eppure ha scelto me, ha fatto di
me la
sua ‘Madonna’.
Se
solo non avessi sussurrato a bassa voce quello che
provo. Se solo avessi avuto il coraggio di gridare al mondo parole per
confortarlo, ma mi sento così confusa. Ogni volta che apro
bocca riesco a dire
solo parole scontate e le mie labbra sono sempre piegate in un sorriso,
come se
non m’importasse > pensò.
“Lo
voglio” disse Tsunayoshi, il battito cardiaco
accelerato e lo sguardo fisso.
<
Quante cose ho detto sottovoce. A quest’ora non
sarei un mafioso se avessi avuto il coraggio di dire che non volevo
essere
Decimo. I miei amici non starebbero morendo e nemmeno le loro famiglie,
se mi
fossi opposto al volere del Nono. Ho pensato che distruggere gli anelli
sarebbe
bastato, così mi sono reso alleati i Varia. Invece non
è servito.
Ora
Byakuran vuole distruggere tutto il mondo ed io
non so cosa promettere alla mia sposa > pensò.
I
portoni della chiesa si spalancarono di colpo, prima
che gli altri riuscissero ad alzarsi, un uomo in giacca e cravatta con
occhiali
neri era entrato con una risata gelida e, con un fucile,
colpì al cuore Kyoko.
Si
alzarono una serie di urla tutt’intorno, i Guardiani
di Tsuna scattarono mettendosi davanti al loro Boss. Il prete
scappò dietro l’altare
e vi si accucciò, pregando piano.
Tsuna
vide Kyoko cadere a rallentatore, il sangue
aveva macchiato il bianco abito da sposa di lei. Sawada
l’afferrò al volo,
stringendola al proprio petto.
“M-mi
dispiace… tutto questo è successo per colpa
mia”
gemette. La fiamma del cielo gli comparve tra le spesse ciocche castane
e le
sue iridi divennero azzurre. Con una mano continuò a tenere
stretta a sé la
giovane priva di vita, con l’altra mano estrasse la pistola.
Vide
che gli altri avevano iniziato a combattere con
innumerevoli uomini in nero armati che stavano entrando.
Il
Boss dei Vongola puntò la testa di quello che aveva
sparato e lo freddò con un colpo solo.
Gokudera
guardò la scena sconvolto.
Takeshi
approfittò della confusione per trapassare al
cuore un altro nemico.
Sotto
lo sguardo spento di Hayato, gli altri
iniziarono ad eliminare i loro nemici.
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Capitolo 4 *** Cap.4 Brucerò il mondo per te ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Xanxus/Lussuria.
Giorno
4: Cose che hai detto al telefono.
Cap.4
Brucerò il mondo per voi
Xanxus
era accomodato a gambe larghe sulla poltrona con aria seccata, teneva il cellulare vicino al viso e i piedi appoggiati
sul
tavolinetto davanti a lui, così alto che era scivolato
più in basso sulla
poltrona. Stringeva la cornetta del telefono con forza, tenendola
vicino al
viso.
“Boss,
non ti alzare troppo spesso. Se hai fame chiedi
a Gola Mosca e per qualsiasi problema parla con Victoria”
disse Lussuria dall’altra
parte dell’apparecchio. Si udivano dei fruscii e
sbuffò.
“Potevo
venire con voi! Non avremmo speso tutti questi
soldi. Hai idea quanto costa chiamarti in Giappone?”
ringhiò Xanxus.
“Peace and Love,
se usassi il cellulare che ti ho comprato…”.
Iniziò a rispondere.
“Io
voglio sapere cosa diamine state facendo lì!
Squalo è venuto qui con degli anelli del Cielo palesemente
falsi, che non mi ha
detto dove aveva preso, poi siete partiti tutti. Cosa cazzo mi state
nascondendo?!” tuonò Xanxus.
Lussuria
sospirò pesantemente, si udì il rumore di una
sedia che veniva spostata.
“Stiamo
cercando gli anelli” mentì.
<
La loro dannatissima fedeltà ci condannerà tutti.
Lo sanno che non voglio cazzate simili > pensò Xanxus.
“Boss,
piuttosto…” cambiò discorso Lussuria.
Xanxus
schioccò la lingua sul palato.
“Se
dovessero attaccare il rifugio, alzate le
protezioni. Ho aggiunto anche una chicca: il gas, perciò
tenere una maschera
antigas a portata di mano. L’ho fatto di un bel giallo
canarino” canticchiò con
voce stridula Lussuria.
Xanxus
corrugò la fronte. Un pavone paupulava nel
giardino e il suo verso gli risuonò nelle orecchie.
“Lo
sai che i tuoi regali sono sempre graditi, sei il
mio migliore amico Lù… più la mia
migliore amica” disse.
Lussuria
fece una risata cristallina.
“Però
ti preferisco quando fai il medico. Secondo me
soffri a fare del male alle persone.
Piuttosto,
come mai è scomparso il contenitore delle
neurotossine e le ho trovate dentro un contenitore
dell’aranciata con un’etichetta
d’emergenza e il mio blando sonnifero?”
s’informò.
Lussuria
tossì e mugolò un paio di volte.
“Ecco,
io… pensavo… oh, boss. Si è fatto
tardi, non
sarebbe ora di un bel caffè?” domandò.
“Sono
scomparsi anche gli orologi dosatori con cui
iniettare queste cose. Non è che state spacciando un
sonnifero per delle
neurotossine? Nessuno sopra i tredici anni cascherebbe in un trucco
simile”
borbottò Xanxus.
“Boss,
nessuno potrebbe dubitare della mia scena madre
di povera vittima che teme la morte per neurotossine. Lo sapete,
scioglierei il
cuore a una statua di ghiaccio” ribatté Lussuria
con voce trillante.
“Lù,
lo so che le cose dette al telefono hanno meno
impatto che quelle che dico dal vivo. Non voglio darvi un ordine e
mettervi
nella condizione di non poterlo eseguire. Lo sai che ci tengo a voi,
feccia.
Vi
chiedo solo di tornare sani e salvi.
Perché
te lo giuro, verrei a riprendervi anche all’inferno
se finiste nei guai. Che io sia stato appena scongelato, come adesso, o
che io
sia stato lanciato direttamente nella lava di un vulcano. Mi voglio
fidare di
voi, ma se vi fate ammazzare, questo mondo
brucerà” ringhiò Xanxus, giurando
solennemente.
“È
per questo, Boss, che oltre ad esserti fedele, mi
sono anche pazzamente innamorato di te” disse Lussuria e
chiuse la chiamata.
Xanxus
ghignò e scosse il capo, abbassando la
cornetta.
<
Il ‘mio’ pavone della lussuria >
pensò.
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Capitolo 5 *** Cap.5 Doll ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Giorno 5: Cose che non hai detto affatto.
Giotto!centric.
Cap.5 Doll
Una piccola piramide sul tavolo, fatta di cristallo, rifletteva la luce
della lampada ad olio, creando dei piccoli arcobaleni di
tonalità soprattutto tendenti al rosso.
Riluceva riflettendosi in una serie di meccanismi e rotelle d'oro
poggiate in vari punti del tavolo di frassino.
Di ciliegio era un sedile foderato di raso rosso cardinale.
Su di esso era accomodato, con una postura rigida, un giovine dalla
pelle pallida. La sua espressione gentile si rifletteva in quella cupa
e intristita del giovane accomodato davanti a lui.
Il giovane dall'aria triste sospirò, facendo vagare lo
sguardo nella strada. I suoi occhi si persero a osservare i riflessi
degli arcobaleni, guardando quelli tendenti al rosso.
Sospirò ancora, con fare stanco, e tornò a
guardare il ragazzo davanti a lui.
L'altro giovane chinò il capo, osservò
distrattamente il pavimento polveroso ed espirò,
rialzò lo sguardo fino all'anello del Cielo. Una sottile
linea di fiamme arancioni univa la gemma azzurra dell'oggetto fino al
giovane triste.
Il giovane triste aprì il palmo, avvicinandolo alla scia di
fiamme del Cielo.
"Questo è tutto ciò che ci rimane, pare"
sussurrò, mesto.
L'altro giovane alzò lentamente il braccio, piegando il
gomito, aprendo e chiudendo le dita, inclinando lentamente il collo.
"Cosa ci rimane?" chiese. Il suo aspetto era quasi del tutto identico a
quello dell'altro, ma il suo sguardo era vitreo.
Il giovane triste accennò con il mento all'anello.
"L'anello del Cielo. Le fiamme. Il titolo. Non abbiamo che questo".
L'altro giovane tentò di allungare la mano verso di lui, ma
il suo braccio scricchiolò e la posò.
"Tutti ti ricorderanno sempre, Primo" ricordò con voce
stucchevole.
Primo lo guardò, allungò la mano e la
poggiò su quella gelida dell'altro.
"Non me. Né te. Ricorderanno un Principe che non esiste".
< Siamo il corpo e l'anima della medesima ombra. Eppure...
> pensò l'altro giovane.
"Un Principe?" domandò e la sua voce risultò
registrata, meccanica. Le sue iridi color dell'oro erano circondate da
profonde occhiaie.
Primo sospirò, scuotendo il capo, gli occhi oro liquidi.
"Il Principe che non divenne mai Re. Lui era senza dubbio la 'mente'
tra noi".
< ... né corpo, né mente, né
spirito, né potenza hanno mantenuto il cuore. C'è
così tanto che vorrei dire, che c'è rimasto,
ma... alla fine, sono cose che non dirò mai >
pensò l'altro. Vide che la sua mano si era in parte svitata.
"Non ricorderanno né lo spettro dell'anello, né
una semplice Doll" bisbigliò. S'irrigidì, chiuse
gli occhi e il suo viso rimase bloccato in un sorriso.
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Capitolo 6 *** Cap.6 Dopo l'allenamento ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Giorno
6: Cose
che hai detto sdraiato sul prato sotto un cielo stellato.
S80.
Cap.6
Dopo l'allenamento
Takeshi
si lasciò ricadere pesantemente sul prato umido, con braccia
e gambe
aperte, la spada di legno rotolò dalle sue dita arrossate e
sudate,
sospirò sonoramente.
“Sono
esausto, sensei” gemette. Socchiuse gli occhi e
notò il cielo
stellato sopra di lui, lo guardò socchiudendo gli occhi.
“Vooooi!
Se tu non ti distraessi sempre, non prenderesti neanche un colpo. Ti
stanchi perché lo vuoi fare.
VOIH!
Mi fai venire il nervoso” si lamentò Squalo. Si
sedette a gambe
aperte, sfilandosi gli stivaloni sporchi di terra.
“Neh,
sensei...” sussurrò Takeshi.
Squalo
inarcò un sopracciglio argentato e si voltò verso
di lui,
corrugando la fronte.
“Che
c'è?” borbottò.
Si
udiva il gorgogliare del fiumiciattolo che si riversava nel grande
lago accanto a loro.
Takeshi
si mordicchiò un labbro e incrociò le braccia
dietro la testa.
“Durante
il nostro primo scontro ti ho ferito. Non pensi che sarebbe troppo
doloroso per me farti ancora male?” chiese.
Squalo
lo raggiunse e si piegò in avanti, guardandolo in viso.
“Non
mettere in dubbio la mia capacità di rialzarmi, Yamamoto
Takeshi. Io
devo combattere contro il mio cazzo di boss un giorno.
Voooi!
Se non reggo contro un moccioso come te, che speranze avrei contro di
lui?” ringhiò.
“Eheh,
Xanxus è il più forte” disse Takeshi.
<
Non sei tu che sottovaluto, sono io che tengo troppo a te. Qui, su
questo prato, sotto questo cielo stellato, guardandoti non posso fare
a meno di pensare che sei un piccolo miracolo > pensò.
“Vooooooi!
Certo che quel baka di un boss è il più forte di
tutti!” sbraitò
Squalo e la sua voce risuonò tutt'intorno.
“Non
ti capisco. Allora perché lo vuoi sfidare,
senseeeeei” piagnucolò
Takeshi. Sporse il labbro inferiore e le sue iridi castane divennero
liquide, con sfumature blu scuro.
“Perché
quella cazzo di forza la deve dimostrare. Perché voglio fare
vedere
quanto valgo. Perché lui non vuole che io sia solo una merda
di
oggetto e voglio fargli vedere la forza che mi ha dato lui.
Perché
voglio distruggere quella sua maledetta gelidità.
Perché solo
sconfiggendomi avrebbe il posto che si merita e io potrò
finalmente
spuntarmi i capelli.
Sono
tante le dannatissime motivazioni, ma lui non si decide”
ringhiò
Squalo.
“Mi
sembri un po' Kyoya. Anche lui vorrebbe combattere con me per
dimostrarmi quanto vale, ma io non riesco a fare sul serio. Ho... Ho
paura di farlo, perché ho paura di essere un
mostro” ammise
Takeshi.
Squalo
si mise a cavalcioni sopra di lui e lo guardò negli occhi.
“V-O-I...
Tu non sarai MAI un mostro. Mi hai sentito bene? Mettiti alla prova,
scoprirai che saprai controllarti perché tu vuoi proteggere
questo
mondo. Questo maledetto posto ha persone meravigliose come te, ed hai
la mia totale fiducia. Mi hai sentito bene, ragazzino?”
chiese
indurendo il tono.
Takeshi
arrossì e avvertì il battito cardiaco accelerare.
La luce della
luna faceva brillare il lago al loro fianco, facendo splendere tutto
di riflessi blu scuro, illuminando il resto di una soffusa
tonalità
azzurrina.
“Su,
su, non c'è bisogno di essere così seri. Solo non
mi piacciono le
sfide serie. Se sconfiggi qualcuno, lo schiavizzi” disse
Yamamoto,
cercando di sviare il discorso.
“Boss
farà bruciare quella robaccia tra le sue fiamme”
ribatté secco
Squalo. Chiuse gli occhi e baciò appassionatamente Takeshi,
intrecciando la lingua alla sua.
Yamamoto
trattenne il respiro, irrigidendosi, gli occhi sgranati.
Squalo
gli accarezzò il petto, fece per staccarsi, ma Takeshi gli
accarezzò
la testa, passandogli le dita tra i capelli argentei e lo trattenne,
ricambiando delicatamente al bacio.
<
Almeno con me, vorrei che tu ti lasciassi andare >
pensò Squalo.
<
Cosa ho fatto per meritarmi l'affetto di un simile miracolo? Mi fa
quasi credere di non essere davvero un mostro > si disse
Takeshi,
prendendo con l'altra mano quella gelida di Squalo nella propria.
|
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Capitolo 7 *** Cap.7 La fedeltà del fulmine ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Giorno
7: Cose che hai detto
mentre stavi guidando.
Leviathan/Xanxus Brotp.
Cap.7 La fedeltà del
fulmine
Leviathan controllava
accelerò la macchina, controllava lo
specchietto retrovisore con sguardi fugaci, dai suoi otto ombrelli si
alzavano
dei fulmini sfrigolanti.
“Un giorno, Boss,
riuscirò a dimostrarvi di essere un buon
braccio destro” disse secco. La sua espressione era
concentrata e i suoi
baffetti neri fremettero.
“Mnh?”
chiese
Xanxus, inarcando un sopracciglio moro.
“Boss, lo sapete che sono
pronto a morire per difendervi?”
domandò Leviathan.
Xanxus sbadigliò
rumorosamente.
“Ti sembra un discorso da
fare mentre stai guidando, feccia?”
borbottò.
Leviathan annuì
vigorosamente, le ciocche che formavano i
suoi capelli con la forma di una stella marina erano larghe tre dita.
“Finalmente siamo da
soli” ribatté.
“Prova ad approfittare
della cosa per offendere la ‘mia’
Superbia e ti do fuoco” lo minacciò Xanxus. Aveva
il gomito appoggiato alla
portiera, con il mento sulle dita.
“Quello che ho da dire a
Squalo, gliela dico in faccia.
Voglio solo che sappiate che la mia fedeltà va a voi
davvero. Vi voglio sul
serio difendere…” disse Leviathan.
Le iridi color sangue di Xanxus
brillarono.
“Feccia, devo dedurre che
sia successo qualcosa di grave. Lo
so che sei la mia guardia del corpo e non mi dispiace avere una balia,
ma non
dubitare della mia forza. MAI” ordinò secco Xanxus.
Levitathan evitò un camion
che stava puntando verso di loro
e fece lo slalom tra altre macchine, accelerando in autostrada.
“Boss, io vorrei essere il
vostro braccio destro” disse
secco.
< Non conosco altro modo per
farti capire quanto ti voglio
bene. Alla fine sei diventato come un figlio per me, sei la mia gioia.
Mi hai
dato un motivo per vivere e ho scoperto che posso essere felice. Vedere
Belphegor giocare, ascoltare Mammon cantare, notare le effusioni che tu
e
Squalo vi scambiate agli angoli della casa, mi ridà fiducia
in questo mondo di
vipere.
Voglio proteggere la piccola bolla
felice che hai creato per
me > pensò.
“Non ho bisogno di un
braccio destro, faccio prima facendo da
solo. Umphf, ho sbrigato io tutto
per
il Vecchio. La sua tempesta era un vero incapace”
borbottò Xanxus.
“Non voglio che vi
abbassiate a fare cose che…”. Iniziò
Leviathan.
“Lo sai che non me ne frega
niente di queste cazzate” lo
interruppe Xanxus.
< Non posso guardarlo negli
occhi e chiedergli cosa lo ha
turbato tanto. Maledizione, questo discorso doveva farmelo proprio
mentre era
intento a guidare?! Non ho capito, quando ha un volante in mano diventa
quasi
una persona seria?! > si domandò.
“Piuttosto, questa sera tu e Gamma non
andate ad ubriacarmi. Voglio che mi facciate rapporto. E non me ne
frega un
cazzo che Gamma non è un Varia! È
uno dei miei lo stesso” ordinò.
“Sì, Boss.
Però ci permettete almeno di uccidere per voi”
sussurrò Leviathan.
“Perché
altrimenti pensate che non mi servite a niente. Voi
non capite in che cosa mi siete utili! Siete proprio della feccia
stupida,
tutti voi Varia” brontolò Xanxus. Socchiuse il
finestrino, il vento gli fece
ondeggiare gli scompigliati capelli neri e la coda di procione,
ticchettò con
le dita sulla guancia abbronzata, sfiorando la cicatrice.
“Voi ci fate sentire
essenziali, ma siamo noi che abbiamo
imparato da voi a volere di più” rispose Leviathan.
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Capitolo 8 *** Cap.8 La tempesta di Tsunayoshi ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Scritta
sentendo Non è detto di Laura Pausini.
Dedicata
a Arashihayato.
La
prima parte è la mia flashfic Saluto mancato:
https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3686102&i=1.
Tsuna
e i suoi Guardiani BROTP.
Giorno
8: Cose che hai detto mentre stavi piangendo.
Cap.8
La tempesta di Tsunayoshi
Gokudera
avanzò, camminò di fianco a una bambina dalla
maglietta rosa. Quest’ultima si nascose dietro la gamba della
madre, che
osservò le bombe alla cintola del ragazzo con le labbra
rugose strette.
Gokudera
arcuò la schiena e proseguì, un padre prese
in braccio il figlio.
“Papà,
fai la faccia da squalo” trillò. Il genitore
sporte il mento e il bambino scoppiò a ridere.
Le
iridi verde-grigio di Hayato si fecero liquide e
avvertì una fitta al cuore.
Accelerò
il passo e vide un anziano fissarlo con la
fronte aggrottata, il bastone stretto in mano e le nocche pallide.
Gokudera
strinse con i denti la sigaretta che teneva
in bocca e inspirò rumorosamente, sentendo il sapore del
tabacco pungergli le
narici e il palato. Avanzò strisciando i piedi per terra.
Sgranò
gli occhi riconoscendo Tsuna in cima alle
scale, si mise a correre lungo i gradini. Vide Yamamoto al fianco di
Sawada e
si fermò, nascondendo dietro una donna.
“Certo
che quest’anno il festival è fatto veramente
bene” disse quest’ultima.
L’uomo
al suo fianco annuì.
“C’è
parecchia confusione, ma l’hanno gestita bene”
rispose.
Gokudera
arrossì e sporse il capo, avvertiva il
battito cardiaco rimbombargli nelle orecchie.
<
F-forse dovrei… farmi notare dal Decimo… >
pensò.
Guardò
Yamamoto prendere il tanzaku che
Tsuna che gli porgeva, per poi appenderlo a una canna di
bambù.
“Sei
davvero alto…” disse Tsuna con voce tremante.
“He
he” ridacchiò Takeshi, chiudendo gli
occhi.
Appese anche il proprio bigliettino. “Boss, vedrai che per la
prossima notte di
Tanabata, sarai diventato alto anche tu”
lo rincuorò.
Gokudera
riuscì a percepire qualche frammento delle
frasi sul brusio.
Si
udì un fischio ed esplosero i fuochi d’artificio
in
cielo, sia Tsuna che Yamamoto alzarono il capo per guardarli.
Gokudera
si voltò di scatto, scese un paio di gradini,
evitò il gomito di un ragazzo e si mise a correre. La
sigaretta gli cadde dalla
bocca e la calpestò. Fece lo slalom tra le persone.
Si
udirono altri fischi, ovazioni delle persone, risa
e applausi.
Le
lacrime rigarono il viso di Gokudera che singhiozzò
rumorosamente, allontanandosi dalla festa percorrendo la strada
principale.
In
lontananza il templio era illuminato dalla luna e
dai fuochi d’artificio.
Gokudera
continuò a correre fino a non sentire più le
voci di nessuno.
<
Takeshi è sempre l’idolo di tutti. Il Decimo lo
guarda come se fosse un eroe, ma non si rende conto che il maniaco del
baseball
stesso riconosce in lui una purezza che non avrà mai. Ed io
non posso dare
niente di niente, per Decimo sarò sempre e solo qualcuno un
po’ strano, capace solo
di fargli paura o metterlo in imbarazzo > pensò. Le
lacrime gli rigarono il
viso, i suoi occhi si arrossarono. Rischiò di cadere,
scivolando in una
pozzanghera nel prato verde lungo cui stava correndo e premette le mani
sul
tronco di un albero, per rimanere in piedi, la sua schiena ingobbita fu
scossa
da un singhiozzo.
Hayato
era seduto dietro Tsuna, lo guardò appoggiare i piedi sulla
sedia di legno, Gokudera
si sporse in avanti con i gomiti appoggiati sul proprio banco. Tsuna
era in
ombra, notò che stava guardando davanti a sé con
gli occhi liquidi, le iridi
castane avevano dei riflessi arancione cupo. Gokudera seguì
il suo sguardo,
Takeshi era circondato da tutti i compagni di sesso maschile della
classe.
Ridevano, si scambiavano pacche sulla schiena, Yamamoto annuiva alle
loro
parole. Le ragazze della classe fissavano Takeshi a loro volta e
sospiravano.
Tsuna
guardò di sottecchi Kyoko che guardava Takeshi a sua volta
con aria sognante.
“De…”.
Iniziò a dire Hayato con voce bassa, ma Sawada era corso via
dalla stanza, le
lacrime agli occhi.
Hayato
abbassò la mano che aveva teso verso di lui, si
girò a guardare Takeshi e non
riuscì più a vederlo, oltre le teste dei suoi
compagni che si erano accalcati intorno
a lui.
Hayato
gemette, i capelli argentei gli ricaddero
davanti al viso. Scivolò più in basso e cadde in
ginocchio, il legno gli aveva
graffiato le mani pallide.
<
Ryohei riesce a rendere Decimo felice. Lambo lo riesce
ad addolcire o a fargli comprendere i suoi errori. Chrome riesce a
fargli
capire quanto questo mondo sia difficile e gli dà la forza
di combattere contro
le ingiustizie. Con Mukuro sembra avere un legame speciale, lo sente
dovunque
sia. Kyoya, poi, è il più potente, può
davvero difenderlo.
Io
al massimo lo deprimo, non riesco ad essere gentile
con nessuno, non riesco a farmi capire da lui. Se non grido non sembra
vedermi
e riesco solo a farlo litigare con Hibari > pensò.
“Tutti
possono fare qualcosa per lui, tutti i suoi
guardiani sono utili. Come posso essere il suo braccio destro se sono
l’unico
inutile?” chiese, mentre le lacrime gli continuava a rigare
il viso.
“Smettila
di dire sciocchezze!” udì urlare.
Hayato
si voltò e vide Tsuna ritto davanti a lui, con
i pugni chiusi.
“Se
non fosse stato per te starei ancora scappando da
tutto terrorizzato. Tu sei la mia forza, tu mi hai reso un guerriero!
Tutti
voi siete essenziali per me!
Ogni
guardiano, ma tutto è partito da te. Non lo
dimenticare mai!” sbraitò Sawada.
“Ha
ragione Tsuna. Per seguire tu sono riuscito ad
andare oltre la maschera che mi ero costruito e grazie a te sono
riuscito a
dire al Boss che per me è tale” disse Yamamoto.
Hayato
si rizzò con le gambe e li guardò, ancora
intento a piangere, gemette rumorosamente e raggiunse Tsuna,
abbracciandolo, le
gote in fiamme.
Tsuna
lo abbracciò a sua volta e Takeshi li guardò,
sorridendo. Li raggiunse e li avvolse entrambi col suo giacchetto.
<
Siamo tutti legati dal filo del destino, siamo la
famiglia Vongola > pensò Yamamoto.
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Capitolo 9 *** Cap.9 Dichiarazione ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Tsuna/Haru.
Day
9 cose che hai detto mentre stavo
piangendo
Cap.9
Dichiarazione
Tsuna
si sedette accanto ad Haru, stringendosi le
ginocchia con le mani, il capo incassato tra le spalle.
“Non
volevo farti piangere, mi dispiace” sussurrò.
Haru
si passò la mano sul viso umido di lacrime e negò
con il capo, facendo ondeggiare i capelli corti.
“N-non
è colpa tua… Tsuna-sama”
biascicò.
Tsuna
si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle.
“Non
avrei dovuto gridarti addosso. Da quando sono qui
nel futuro, mi sento sempre sotto pressione”
mormorò.
Haru
si mordicchiò il labbro e appoggiò la testa sulla
spalla di Tsunayoshi.
“I-io
ti capisco… anche io mi sento così confusa.
Vorrei solo poter fare di più per voi e non riesco a capire
quasi niente di
quello che accade. Ho solo sentito che mio padre qui, nel futuro,
è morto”
gemette.
Tsuna,
con la mano tremante, le accarezzò la testa.
<
Ci sono tante cose che non ho mai avuto il
coraggio di dirgli, magari troverò adesso la forza, mentre
sto piangendo. I
miei sentimenti sembra che stiano già prendendo il
sopravvento su di me >
pensò Haru.
“Ammetto
che mi avete fatto paura, non sembravate in
voi. Magari se mi diceste cosa sta succedendo”
mormorò.
“T-tu…
ti fidi di me?” chiese Tsuna.
Haru
annuì.
“Io
no” ammise Tsuna.
Haru
prese la mano di lui e se la portò al petto.
“Voi
dovete credere in voi stesso. Io voglio
continuare a fidarvi di voi e vorrei che voi provaste lo stesso per
me”.
Tsuna
deglutì rumorosamente e arrossì.
<
È così bella e dolce, sta sempre al mio fianco.
Forse è più mascolina di Kyoko e meno dolce,
però è più simile a me. Vorrebbe
combattere,
ma non le riesce nel modo migliore. Tenta di fare tante cose e vuole
aiutare i
bambini, ma spesso ha più paura dei piccoli stessi.
Crede
in me, come fa Hayato > pensò, stringendo a
sua volta la mano di lei.
“Io
non so bene cosa sto succedendo, ma so che ho
bisogno che mi diate coraggio” sussurrò.
“Vi
aiuterò a trovarlo dentro di voi, dove di certo
non manca. Però, io, posso solo pulire e cucinare per
voi” disse Haru.
Tsuna
si alzò in piedi e negò con la testa.
“Cucineremo
e puliremo insieme, non è giusto che tu
faccia tutto da sola! Ed in cambio, magari, puoi aiutarmi mentre mi
alleno. Mi
serve un po’ di tifo” sussurrò.
Haru
sorrise e lo abbracciò.
“Iiiih”
strillò Sawada.
<
Una ragazza così carina mi sta abbracciando!
Dev’essere
l’inferno, sicuramente rovinerò il momento
> pensò.
Haru
sciolse l’abbraccio e abbassò lo sguardo, unendo
le mani dietro la schiena, facendo strofinare la punta della scarpa
destra sul
pavimento.
“Scusa,
mi sono lasciata trasportare” ammise.
Tsuna
serrò un pugno, assunse un’espressione decisa,
con l’altra mano le accarezzò il viso
lì dove c’erano le lacrime e le posò un
bacio sulle labbra.
Haru
sgranò gli occhi e contraccambiò al bacio, Tsuna
l’abbracciò approfondendo il bacio. Haru chiuse
gli occhi e alzò la gamba, il
suo battito cardiaco era accelerato. Le loro lingue
s’intrecciarono.
Lambo,
sorridendo, li guardava nascosto dietro la
porta.
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Capitolo 10 *** Cap.10 Un nuovo Varia ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Day
10 cose che hai detto che mi hanno
fatto sentire una merda.
Angst.
Future!Kikyo; Future!Squalo.
Cap.10
Un nuovo Varia
Kikyo
si sedette davanti allo specchio e giocherellò
con le membrane dorate che aveva davanti alle orecchie, socchiuse gli
occhi
decorati da dei brillanti con i colori dell’arcobaleno.
“Non
m’interessa assolutamente niente di voi. La mia controparte
vi può
tranquillamente inglobare” disse Byakuran, scrollando le
spalle.
“Byakuran-sama,
non potete davvero sacrificare anche Bluebell e Daisy!”
gridò Kykio, sgranando gli occhi.
“Perché
non siete ancora scomparsi? Mi siete venuti a noia” rispose
l’altro.
Una
lacrima rigò la guancia di Kikyo, intento a
pettinarsi i fluenti capelli verde-acqua.
La
porta si aprì e Squalo entrò
all’interno,
appoggiandosi contro lo stipite della porta.
“Voooi.
Ancora a lutto? Guarda che non è tanto male
essere uno di noi Varia. Soprattutto adesso che Boss ha ricominciato a
mangiare
a usare un po’ di Q.I.” disse.
Kikyo
si morse un labbro e negò lentamente con il
capo.
“Eravate
tutti prigionieri prima di essere arruolati?”
domandò, battendo le lunghe ciglia.
Squalo
soffiò, facendo ricadere all’indietro la lunga
ciocca argentea che gli divideva a metà il viso.
“Voooooi!
Certo che no!” gridò. Si morse l’interno
della guancia.
<
Questo ragazzino è abituato solo a prendere ordini
e ad essere maltrattato. Non capisce le sceneggiate di questa casa. Ci
crede!
Insomma,
nemmeno quell’idiota di Levi ci crede. Persino
Belphegor è più grande mentalmente di questo
sbarbatello > pensò.
“Allora
perché avete voluto portarmi con voi?” chiese
atono Kikyo.
“Il
tuo vecchio Boss è resuscitato e la sua controparte
fulminosa dell’altro universo è scomparsa.
Perciò solo noi possiamo farti
recuperare i vostri mocciosi e quell’idiota muscoloso di
Zakuro” rispose
Squalo.
Kikyo
scrollò le spalle e si massaggiò il mento,
appoggiando l’altra mano sul fianco.
“Voi
obbedite al Decimo Boss dei Vongola” sussurrò.
Il
cadavere di Byakuran era ai piedi di Tsunayoshi. I capelli argentei
immersi nella pozza di sangue sotto di lui. Il suo corpo minuto era
abbandonato
in posizione innaturale, la sua pelle era divenuta grigiastra.
“Vooooi!
Non farti ingannare dal nome. Noi non
seguiamo né il Nono, né il Decimo, né
nessun’altra di quelle teste di cazzo!
Noi seguiamo solo il boss dei Varia, colui che dei suoi peccati si fa
vanto e
corona!
Non
siamo i merda di buoni, ma nemmeno quella feccia
dei cattivi!” gridò Squalo. Avanzò con
movimenti sinuosi, abbattendo con forza i
tacchi degli stivali neri sul pavimento.
“Non
attaccherò mai Byakuran-sama” disse Kikyo.
Squalo
lo raggiunse e si piegò in avanti, appoggiandogli
la mano sana sulla spalla.
“E’
la tua cazzo di eccezione, meglio. Ora smettila di
soffrire per quel moccioso di Byakuran!
Nessuno
ha il diritto di dirti parole che ti facciano
sentire una merda, soprattutto non quando si finisce sotto
l’ala protettiva del
più forte dei Vongola” disse.
Le
labbra di Kikyo tremarono.
“Tu
non mi ci farai sentire?” chiese Kikyo.
“MAI!
Passerò
a fil di spada chiunque lo farà.
Voooooih!
Ora tu sei uno dei Varia” sbraitò Squalo.
Le
gote di Kikyo si tinsero di rosa.
Squalo
gli scompigliò i capelli.
“Grazie”
sussurrò Kikyo. Socchiuse gli occhi e sorrise
gentilmente.
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Capitolo 11 *** Cap.11 L’alba di un nuovo giorno ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Day
11 cose che hai detto da ubriaco.
3387.
Cap.11
L’alba
di un nuovo giorno
Ryohei
appoggiò la mano sulla spalla della moglie e la
premette delicatamente contro la parete, aveva il viso arrossato.
“S-sei…
ubriaco?” domandò la donna, il battito
cardiaco accelerato.
Sasagawa
le alzò il mento e le sorrise.
“Forse,
ma sai che ci vuol ben altro per mettermi
k.o.” disse. Alle spalle, sulla parete, c’era il
dipinto che raffigurava Primo
e tutti i suoi guardiani, con il simbolo dei Vongola
nell’angolo in basso a
destra.
Hana
deglutì rumorosamente.
“E
adesso cosa vuoi fare? Baciarmi appassionatamente
come nei film, dimostrandomi che continui a vedere quei film
d’azione da
scimmione?” chiese.
Sasagawa
negò.
“Trovare
il coraggio da ubriaco di dirti tutto quello
che non riesco a dire da sobrio” disse.
<
Capisco che tu non riesca mai a dirmi niente, ci
hanno sempre giudicato tutti > pensò Hana.
Hana
si affacciò dalla finestra della scuola e vide che i suoi
compagni si
erano raggruppati nel cortile sotto di lei.
“Co-cosa
vuol dire che Hana uscirà con
Niichan?” chiese Tsunayoshi con voce
tremante.
“Non
ha senso. Hana è sempre così seria e posata. Come
potrebbe essere
interessata a quel tipo impulsivo, rumoroso, fanatico della box che
è ‘Testa a
prato’?” domandò Gokudera.
“Hehe, già.
Senpai è un tipo troppo
‘estremo’ per
Hana”. Fece eco Takeshi.
“Beh, Ryohei è un
tipo positivo, anche se energico, magari le è piaciuto
questo” disse Haru.
“Iiii, ma un
appuntamento tra quei due è come l’inferno. Inoltre
Niichan in caso di sfida non si tira mai
indietro e
potrebbe prendere a pugni qualcuno” gemette Tsunayoshi.
“I-io
sono… felice per Onii-chan… Hana è la mia migliore
amica” sussurrò Kyoko.
“Neh, vedremo
come andrà a finiiiire”
disse
Takeshi.
Hana
scosse il capo e rientrò con il capo.
<
Sono un
hitman perfettamente controllata e non
uscirei mai con uno che non si fosse
dimostrato molto diverso da mio padre >
pensò.
“Cosa
vorresti dirmi?” chiese Hana, accarezzandogli la
guancia bollente, mentre gli appoggiava l’altra sul petto.
“Che
tu sei la pace della sera, l’ultima cosa che
voglio vedere. Ogni volta che vinco uno scontro sul ring penso solo a
come
vorrei riposarsi tra le tue braccia” sussurrò
Sasagawa.
“Il
meritato riposo del guerriero?” lo interrogò Hana.
“O
il lavoro che la mia sposa, bella all’estremo,
desidera. Tu sei rimasta qui a Namimori ed io sono in America, pur di
starti
accanto sono pronto a lavorare instancabilmente,
all’estremo” le disse Ryohei.
Ingoiò un singhiozzo, le sue iridi erano liquide e le sue
pupille dilatate.
“Eppure
quando torni passi prima di Hibari e poi da
me” lo punzecchiò la moglie.
Ryohei
correva con le braccia alzate, i pugni chiusi e un sorriso ebete sul
viso.
“Sono
felice all’estreeeeemo!
Mi ha detto di sì! Mi vuole
sposare all’estremoooooo!”
sbraitò.
Kyoya
si mise a corrergli dietro.
“Sasagawa
Ryohei, per aver portato disordine a Namimori, ti morderò a
morte” disse gelido, sfoderando entrambi i tonfa.
“Perché
devo fargli rapporto, fa parte del lavoro. Non
è colpa mia se mi fa perdere un sacco di tempo
perché mi ignora” si lamentò
Ryohei. Si sporse verso di lei, i loro respiri si confusero.
“Ho chiesto a te
di sposarmi all’estremo, voglio vedere te”.
Aggiunse.
Le
campane
risuonavano.
Sasagawa
correva avanti e indietro, sentendo la
cravatta premere sul suo collo arrossato e lo smoking nero stringergli
il
corpo.
“Iiiiih… Perché il testimone lo devo
fare proprio
io? Perché devo stare davanti a tutti? Questo
dev’essere l’inferno” gemette
Tsuna.
“Mio
giovane Boss…” disse Ryohei, indicando con
l’indice.
Tsuna
deglutì.
“Siamo
entrambi terrorizzati all’estremo, ma non
possiamo scappare. I veri uomini devono affrontare il loro futuro a
testa alta”
disse secco Ryohei.
“Se
dovessi sbagliare qualcosa, Hana mi ucciderà. Non
vorrà rovinato un giorno così
importante” piagnucolò Tsuna, le iridi castane
erano liquide.
“Tranquillo.
Sarò io l’altro testimone dello sposo”
disse freddo Kyoya, apparendo alle spalle di Sawada.
Tsuna
cadde in ginocchio.
“Perchéééé?” piagnucolò.
La
marcia nuziale iniziò a risuonare.
“Uh,
questa è la campanella del mio ring” disse
Ryohei. Serrò un pugno lo alzò verso il braccio e
si mise a correre verso la
porta della chiesetta di campagna.
Ryohei
avanzò lungo la navata della chiesa, riconobbe:
la madre di Hana, i propri genitori, Iemitsu e Nana, Takeshi, Gokudera
e
Mochida.
<
C’è la Famiglia Vongola al completo, ma i Varia
non sono venuti… neanche sensei > pensò.
Guardò entrare le testimoni della sposa: Haru e sua sorella
Kyoyo.
Davanti
a loro, camminava Lambo, intento a portare il
cuscinetto con le fedi, mentre I-pin al suo fianco, vestita con un
abitino
color pesca, traeva dei petali di rosa da un cestino di vimini,
spargendoli sul
pavimento.
Entrò
anche Bianchi, che insieme alle testimoni,
faceva la damigella.
Ryohei
guardò il sorriso della sorella e cercò di
regolare il proprio respiro.
<
Sono un uomo all’estremo! Posso farcela! Andrà
tutto estremamente bene > pensò. Vide Kurokawa
varcare la porta della
chiesa, il suo cuore iniziò a battere sempre più
rapidamente, le sue gote
divennero vermiglie e bollenti.
<
Bellissima all’estremo > pensò.
Il
viso di Hana era truccato, nascosto dal velo che le
copriva il viso, i suoi capelli neri erano raccolti in uno chignon
decorato da
dei fiori candidi. Il suo vestito bianco era decorato da pagliuzze
d’argento,
la sua gonna era voluminosa, alcuni fiori erano stretti dal fiocco
sulla sua
schiena e il suo strascico era lungo.
Nel
suo bouquet risaltavano delle rose bianche.
Hana
guardò il vestito del marito e ingoiò una
risatina.
<
Si è messo lo stesso completo di quando lavora
come mafioso, ma sembra così serio in questi panni. Ha
proprio messo la testa
sulle spalle > pensò.
Ryohei
la aiutò a sollevare il velo, piegandosi in
avanti, mentre la futura moglie si metteva ritta davanti a lui.
Il
prete si schiarì la voce ed iniziò il suo
salmodiare.
“Ed
io ho detto sì” rispose Hana.
Chiuse gli occhi e lo baciò, Ryohei sollevò una
gamba e ricambiò al bacio,
intrecciando la sua lingua con quella di lei. Le sue labbra sapevano di
gin.
“SONO
FELICE
ALL’ESTREMOOOOO! SAWADA, HIBARI, GRAZIE DI AVER TESTIMONIATO
LA MIA ESTREMA
FELICITÀ!”
ululò Ryohei. Si mise a
correre fuori dalla chiesa, continuando ad urlare.
Kyoya
estrasse i tonfa.
“Sto
per morderti a morte” minacciò.
Gokudera
lo afferrò per un braccio, mentre Yamamoto
metteva l’altra mano sulla sua spalla.
“Neh, non rendere già vedova Hana, Kyòya” disse Takeshi.
Ryohei
si fermò all’improvviso, tornò indietro
e
raggiunse Hana, porgendole il braccio. “Permette, Sasagawa
Hana?” le domandò.
Kurokawa
annuì.
“Mi
raccomando, non fare il bambino. Purtroppo sarai
sempre uno scimmione” disse, le sue guance si erano
imporporate.
“Mi
rendi felice all’estremo e sappi che arrivati a
casa, ti porterò dentro in braccio”
avvisò Ryohei.
Hana
piegò le labbra rosee.
“Andrà
bene per sugellare il nuovo inizio della nostra
vita insieme” sussurrò.
“Potrei
proporti di continuare in
camera da letto, ma oggi sei andato
all’allenamento… Ti sei fatto la
doccia?”
chiese Hana.
“Due
volte” la rassicurò Ryohei. La
issò tra le braccia.
“Dopo
l’allenamento?” chiese Hana,
mettendogli le braccia al collo.
“Una
prima e una dopo” rispose
Sasagawa. Le gambe gli tremavano e riuscì a portarla fino al
divano.
“E
cosa ha detto il tuo amico
omosessuale?” chiese Hana, mentre lui la stendeva.
“Il
mio sensei?”
ribatté Ryohei.
“Lui”
chiese Hana, mentre il marito
si sfilava le scarpe.
“Niente,
perché ho ripetuto doccia
così tante volte, che tra poco mi ci annegava
all’estremo” scherzò.
Hana
ridacchiò.
“Tua
sorella ci ha preparato una
torta buonissima. Sicuro che non vuoi prima mangiare?”
chiese.
Ryohei
si mise sopra di lei.
< Non è più il maldestro fratello
maggiore, fissato con la boxe, della mia
migliore amica > pensò la donna.
“Sicuro,
preferisco ‘mangiare’ te” rispose Ryohei,
baciandola di nuovo.
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Capitolo 12 *** Cap.12 L’amore delle giovani donne ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Scritta
sentendo: https://www.youtube.com/watch?v=LCDgJiPBxfI.
"I Ship It"
— an Icona Pop
parody by Not Literally Productions
Day
12 cose che hai detto
quando credevi stessi dormendo.
Fem!Tsuna/Fem!Hayato.
Cap.12
L’amore delle giovani donne
Un
uccello notturno era intento a pulirsi le ali col lungo
becco, adagiato con entrambe le zampe su un vaso di terracotta, alcune
sue
piume blu-scuro erano cadute sulle mattonelle aranciate del cortiletto.
L’animale, disturbato dall’abbaiare di un cane,
spiccò il volo.
Il
suo verso gutturale destò Tsunami che, assonnata,
ingoiò uno sbadiglio e finse di continuare a dormire. I
lunghi capelli castani
le erano ricaduti davanti al viso.
Hayasa
la guardava, con un sorriso sulle labbra sottili
e rosee, accarezzandole la punta delle ciocche con l’indice.
“Sai,
non riesco mai a dirvi che vi amo, quando siete
sveglia…” sussurrò.
<
Gokudera-kun è sempre la solita stalker, mi stava
guardando e parlando mentre dormivo > pensò Sawada.
Strinse le labbra piene,
trattenendosi dal sospirare.
“Posso
dirti che ti seguirò, che combatterò per te.
Quando sono al tuo fianco, mi sento come se fossimo due donne sole
contro il
mondo, anche se sa molto di film d’azione di serie B.
In
realtà, possiamo fidarci anche del resto della
famiglia” disse Gokudera. Si mise una lunga ciocca grigia
dietro l’orecchio. “Non
so neanche perché ve lo sto dicendo mentre dormite. Siamo
entrambe due ragazze
e mi sono chiesta se voi non preferireste uscire con quel maniaco del
baseball”
esalò. Si massaggiò il collo sottile, dalla pelle
diafana. “Lo avete ammirato
da lontano per così tanti anni. Ho solo paura di chiudere
gli occhi e perdervi.
Di non poter rivedere i fuochi d’artificio con voi, non solo
per la morte che
può dividerci, ma anche perché voi potreste
preferire vederli con qualcun altro”
sussurrò.
<
Quanto sei sciocca, Gokudera-kun. Non dovresti
dirmi questi tuoi dubbi e queste tue paure mentre pensi che io stia
dormendo.
Così non posso consolarti > pensò Tsunami.
Sbadigliò rumorosamente e finse
di svegliarsi, socchiudendo gli occhi. Le sue iridi castane brillavano
di
riflessi aranciati grazie alla luce della luna che filtrava dalla
finestra.
“Ha-Hayasa-kun…”
sussurrò.
“Vi
siete svegliata, Decimo? Avete avuto un incubo?”
domandò Gokudera.
“L’unico
incubo per me sarebbe perderti. Sei tu che mi
dai coraggio e mi rendi una guerriera. Vorrei poter fare lo stesso per
te”
rispose Sawada. Abbracciò l’altra e se la premette
contro, facendole appoggiare
la testa sui suoi seni sodi.
“Da-davvero?”
domandò Hayasa con voce tremante. Chiuse
gli occhi e inspirò l’odore della sua fidanzata.
“Io
ti amo” mormorò Sawada, posandole un bacio sulla
testa, tra i capelli morbidi.
<
Mi chiederò sempre cos’abbia fatto di
così
stupendo per meritarmi di avere lei al mio fianco >
pensò.
“An-anche
io… Decimo…” biascicò
Gokudera. Il suo
battito cardiaco accelerò, il suo viso era accaldato e le
sue labbra erano
bollenti.
Tsunami
le sorrise, accarezzandole delicatamente la
testa.
“…
però, è tardi, non dovreste dormire?”
domandò
Hayasa.
“Mi
sembra agitata, riposerò solo quando starai dormendo
anche tu” disse Sawada.
Gokudera
l’abbracciò a sua volta.
“Solo
se posso sognarvi” disse, alzando il capo. Le
sue iridi si rifletterono in quelle delle altre, il respiro di entrambe
si fece
più rapido, mentre i loro petti si alzavano.
“Io
preferisco averti accanto a me da sveglia” ribatté
Sawada. Chiuse gli occhi e la baciò.
<
Perché sei il mio sogno anche da sveglia >
pensò.
|
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Capitolo 13 *** Cap.13 Principessina ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Mukuro/Chrome.
Day
13 cose che hai detto a tavola.
Cap.13
Principessina
Un
tavolinetto, riccamente apparecchiato, dalla morbida tovaglia di
pizzo candido ricamata con disegni floreali, si trovava al centro
della serra. Illuminato dalla luce del sole che filtrava dalle grandi
vetrate, posato su un ciottolato colorato, circondato da piante in
fiore. I cucchiaini e le piccole forchette erano d'argento come i
candelabri, c'era un servizio da the su un vassoio di cristallo.
Una
figura femminile si stava avvicinando ad esso con passo incerto. Le
sue ballerine candide rischiavano di farla scivolare ad ogni passo,
scivolando sui sampietrini lisci, dai vari colori dell'arcobaleno.
Chrome
unì le mani al petto, le sue labbra piene tremarono, mentre
le sue
gote rosse divenivano di un colore ancor più acceso. Si
sedette
sulla sedia, facendo ondeggiare la lunga gonna candida del vestito
che indossava.
“Stai
benissimo, Nagi” disse Mukuro, apparendo alle spalle di lei.
Chrome
piegò in avanti il capo, facendo ondeggiare i ciuffetti di
capelli
legati dietro la sua testa. Sulla sua testa svettava una coroncina
dorata, decorata con piccole perline e un rubino a sfera.
Mukuro
indossava un completo bianco e sulla sua spalla era poggiato Mukur
Howl. Le sue piume candide erano gonfie e circondate da delicate
fiamme della nebbia.
“Grazie,
Mukuro-sama” disse con voce bassa e dolce Chrome.
“Hai
fame, piccola mia?” chiese Mukuro. Le accarezzò il
mento.
Chrome
batté la palpebra dell'unico occhio e annuì, con
un basso mugolio.
Mukuro
afferrò una teiera d'argento per l'elaborato manico e
versò il
contenuto in una tazzina di porcellana, sentendo la fragranza
pungergli le narici.
Chrome
posò le mani sulle ginocchia, sentendo la stoffa candida
sotto le
dita.
“Sai,
sembri davvero una piccola principessa, oggi. Però credo che
sia
sconveniente chiederti il motivo di un tale cambio mentre siamo a
tavola” disse Mukuro. Versò del the anche a se
stesso e si
accomodò sulla sedia accanto a lei. Aveva le mani coperte da
dei
guanti candidi.
Da
tutt'intorno proveniva il forte odore dei fiori.
“Affatto,
Mukuro-sama” rispose Chrome con voce attutita.
Mukuro
inarcò un sopracciglio.
“Uh.
Cosa ti ha spinto ad osare tanto, mia adorata? Giacché non
la trovi
una domanda indiscreta” domandò. Le mise una
zolletta di zucchero.
Chrome
si sporse e prese un cucchiaino d'argento, utilizzandolo per
mescolare il té.
<
Oggi la vedo molto più autonoma. Questo mi riempie di
piacere, in
deliziose scariche d'orgoglio > pensò Mukuro.
“Voglio
che siate il mio principe delle illusioni, Mukuro-sama”
confessò
Chrome.
Un
sorriso storto prese metà del viso di Mukuro, il resto era
in ombra,
ma la sua iridi color sangue brillava.
“Sempre
e solo tuo, mia Nagi” promise Rokudo con voce seducente.
Chrome
chiuse l'unico occhio e si piegò in avanti e gli
posò un bacio
sulle labbra, sfiorandole con le proprie.
|
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Capitolo 14 *** Cap.14 Il regno mistico del male ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
Scritta
per ‘Il prompt del lunedì’ di Il
giardino di Efp.
Prompt
di S.S. V. D.: -
The horsemen are drawing nearer/on leather steeds they ride/they've
come to take your life/on through the dead of night/with the four
horsemen ride/or choose your fate and die. (The Four Horsemen -
Metallica) .
Bite:Sono
due piercing affiancati tra di loro, situati sul lato destro del
labbro inferiore.
Nipple: Sono dei piercing ai capezzoli.
Surface:
Sono dei piercing di cui si vede solo l'estremità in
superficie.
Day
14 cose che hai detto dopo avermi baciato.
Giotto/Skull.
Cap.14
Il regno mistico del male
Skull
indietreggiò, mentre Giotto si faceva avanti. Gli
sfilò il casco e
vide che l'altro stava tremando, il viso stravolto
dall'agitazione.
Ridacchiò e giocherellò con la sua
catenina.
Skull mugolò, la sua figura era riflesso dallo
specchio. Giotto guardò il fisico scolpito del
più giovane, stretto
dalla tuta da motociclista.
Gli sfiorò lo spider bite e sorride
nel vedergli sporgere le labbra. Gli sfilò la parte
superiore della
tuta e gli strinse i nipple, rigirandoseli tra le dita.
Skull
avvertì l'eccitazione crescere e mugolò,
avvertendo il bassoventre
eccitarsi.
Giotto gli sfilò anche i pantaloni e passò ad
occuparsi dei due surface posti tra i fianchi e il pube.
Skull
aprì le gambe, il membro completamente eccitato.
<
Lui si mostra come il signore della pace, ma il suo è un
perdono
deviato. Le sue carezze nella mia vita hanno portato solo all'inizio
del 'Regno mistico del male'.
Io,
incapace di oppormi, lo seguo docilmente in questa mascherata, di
danze, sangue e follia > pensò.
“Cosa
vuoi fare, 'sorellina'?” lo derise Giotto.
“Volteggiarvi
intorno in eterno, mio adorato Cielo” rispose Skull.
<
Perfido fratello, sai benissimo cosa voglio. Però mi tenti e
mi
sfuggi > pensò.
Giotto
gli passò la mano tra i capelli, gli sfilò la
parrucca violetta,
lasciandola cadere a terra, sopra il casco che aveva appoggiato sul
pavimento. Aderì al suo corpo col proprio e Skull
boccheggiò, le
sue pupille più grandi del normale.
Giotto
gli afferrò il mento rudemente, fino a fargli dolere la
mascella,
graffiandolo con il tirapugni d'oro.
“Oh,
ma io non voglio liberarti mia nuvola. Preferisco Alaude per quello,
dare la caccia a un poliziotto è molto più
divertente.
Attento
a non tirare troppo la corda. Ti lascio andare in giro a divertirti
perché mi piace sentirti cantare e recitare dietro una
maschera, ma
se penserò che mi stai sfuggendo, ti chiuderò
nuovamente nella
Torre.
Ho
sentito dire che la tua fedeltà sta cercando un altro cielo
che non
sono né io, né la mia 'perla'”
soffiò.
“La
mia fedeltà va alla corona e al mio Boss,
Riccardo” ribatté secco
Skull.
Giotto
lo baciò con foga, gli bloccò la lingua contro il
palato con la
propria e le loro salive si scambiarono.
Si
staccò, lasciandogli riprendere fiato.
“Quello
che si dice dopo un bacio ha più importanza, ripetimi uno
dei tuoi
giuramenti” ordinò Primo Vongola.
“Io
sarò il vostro Assolutore, e il Punitore di Riccardo. Il
cavaliere
che si avvicina incombendo, cavalcando in armatura di cuoio in nome
vostro e d'oro in nome della Perla di sangue dei Vongola.
Andrò a
prendere la vita di chiunque offenderà i Vongola,
rispettando le
vecchie tradizione di morte e simbolismo. Il mio giudizio
viaggerà
attraverso la notte, come i quattro cavalieri dell'Apocalisse.
Sceglieranno il loro destino o moriranno” giurò
Skull.
Giotto
sorrise, piegando le labbra rosee e mostrando i denti candidi.
“Perfetto”
soffiò.
“Ed
i traditori cadranno, sassi nelle tasche mentre annegano, trenta
pezzi negli scivolosi campi dei vasai, le scarpe al collo mentre
cadono. Chiunque offenda i Vongola”. Proseguì
Skull.
Giotto
gli accarezzò il viso.
“Traditori,
spie canterine e fuggiaschi non avranno scampo.
Però
ricorda, Timoteo ha sostituito il Nono. Se ti ho concesso ai
Carcassa, è perché non voglio che in questa
generazione tu protegga
il Decimo. Dobbiamo sostituirlo con Tsuna perché io possa
rinascere”
disse.
<
Una perla ha più potere di un re, fu un vostro ordine mio
signore.
Ed io ho intenzione di proteggere la Perla Nera come desidera il mio
Boss.
Credete
nel futuro che volete, ma nemmeno il mio amore mi permetterà
di non
salvare Xanxus. Lui è la speranza mia e di Secondo >
pensò
Skull, fingendo di annuire.
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Capitolo 15 *** Cap.15 La dama dai capelli color dell'oro ***
Ringrazio anche solo chi
legge.
Reborn/LadySebastiana.
Day
15 cose che hai detto quando troppi chilometri ci dividevano.
Scritta
per ‘Il prompt del lunedì’ di Il
giardino di Efp.
Cap.15 La dama dai capelli
color
dell'oro
Reborn guardò la
pila di libri firmata
'Scoglio Cosimo' ammassati sulla sua scrivania e sospirò,
inumidendosi le labbra con la lingua. Tamburellò con la
penna sulla
sua guancia, guardando il foglio macchiato d'inchiostrò.
Alzò lo sguardo,
notando la macchina
da scrivere ed espirò rumorosamente dalle narici.
“Quel giorno i
baffi di Settimo erano
tagliati così fini da sembrare fatti col righello”
scrisse.
S'interruppe e si grattò il mento, sbarrò con la
penna la scritta e
scosse il capo, facendo ondeggiare i riccioli mori della sua
capigliatura.
“Le urla di
uomini, donne e bambini
si alzarono alte, mentre le fiamme invadevano la cittadina. La
maglietta fresca di stirata di Salvatore faceva contrasto con
quell'inferno”. Reborn scarabocchiò sulla frase
scritta e si calò
il cappello sul viso. Prese il primo dei libri e lo guardò,
si
chiamava: “Il muro della Mafia”. Posò il
testo e accavallò le
gambe.
“Ho parlato
così tanto di Salvatore
Scoglio e del suo boss in questi anni, che sembrerei ripetitivo.
Umh, non ho mai avuto il
coraggio di
scrivere qualcosa di autobiografico per la paura di essere beccato,
però...” borbottò tra sé e
sé.
< Skull è
via da così tanto. I
Carcassa quasi c'impediscono di vederci.
Era una cosa a cui non
facevo più
attenzione, ma da quando il 'Principe' non si vede più in
giro,
sento la sua mancanza. Sono tornato a pensarci.
Mi sono ricordato antichi
sentimenti e
perché il mio pensiero indugia da lui, lontano dei
chilometri.
Chiudendo gli occhi me lo
immagino, ma
non a urlare e piagnucolare come starà sicuramente facendo.
Bensì
seduto in riva a un lago colmo di ninfee, senza casco, con i capelli
viola tenuti da un fermacapelli, circondato da una fitta foresta. Mi
sembra quasi un'isola sperduta e fantastica >
rifletté.
Fece roteare la matita,
Léon dal
davanzale della finestra la fissò con i suoi occhi neri,
facendo
scattare la lunga lingua, che srotolandosi afferrò al volo
una
mosca.
“In quella viuzza
colma di garofani,
che profumava dell'odore di arance appena colte, occhi brulicavano da
ogni parte. Si era fermata una carrozza nel mezzo del paese, non una
delle macchine che iniziavano a girare, neanche uno dei primi autobus
e men che meno un asino. Era una vera e propria carrozza.
All'epoca l'unica che si
poteva
scorgere era quella dei Vongola. Gli ospiti delle altre famiglie
arrivavano semplicemente a cavallo.
Però a fare
scalpore non era quello.
Erano infatti occhi maschili ad accalcarsi.
Attirati da 'lei'. Gli
sguardi curiosi
avevano trafitto il suo intero corpo, poverina, a cominciare dal suo
viso di un pallore invernale, fino alle sue scarpe da nobildonna di
altri tempi.
Sembrava schiacciata dalla
pesante
valigia blu notte che teneva sulle spalle e la ingobbiva. Davvero
insolito che, nonostante i suoi abiti e la carrozza, lei non avesse
servitori.
Era una bella 'stanga',
quella
'femmina'. Una di quelle che nel paese avrebbero definito come 'pelo
di femmina' capace di tirare più di un carro di buoi.
A causa dei suoi capelli
biondi, lunghi
e ondulati, la sua testa sembrava una cascata di miele. Su cui i
raggi del sole si posavano come avide api, insieme ai miei occhi.
Ero attratto da quell'alone
di luce
morbida, feci qualche passo in avanti, desideroso di affondarci le
mie dita.
Invece sono rimasto
pietrificato a
guardarla incantato, insieme a tutti gli altri ragazzi del paese. I
più anziani osservavano da dietro porte e su balconi, gli
uomini
erano celati alle nostre spalle.
Il mio amico Dokuro si era
preso di
coraggio e aveva fatto un paio di passi. A gambe larghe, allora, si
era messo un bambino davanti alla giovane. Aveva i capelli riccioli
rossa, gli occhi che apriva e chiudeva a intermittenza in modo
inquietante e degli immensi occhi castani, grandi come dei piattini,
che si guardavano intorno smarriti. Stava davanti alla ragazza, come
un soldatino intento a proteggerla dagli sconosciuti di cui non si
fidava.
Il viso di lei era un misto
di stupore,
ironia e curiosità. Il suo sguardo ci fece indietreggiare
tutti di
un passo, sembrava una Biancaneve che si fosse appena risvegliata dal
suo magico sonno.
La signora Maria, la allora
nuova
proprietaria del trattoria in fondo alla strada, che era stata di
compare Lina e compare Emanuele, ci si fece prossima. Era venuta a
seguito della morte dei suoi, due anziani simpatici che erano morti
uno 'appresso' all'altro. I funerali si erano svolti mentre ero a
scuola.
In dialetto la signora
Maria ci gridò:
“Non vedete che quella ragazza ha bisogno di aiuto?
Smettetela di
guardarla come dei pesci lessi e andatela ad aiutare”.
Lei ha sorriso, facendoci
comprendere
che nonostante sembrasse straniera, forse era addirittura del paese.
Io, Dokuro e Verde siamo
stati gli
unici ad avvicinarci, seppur adagio, titubanti.
Il bambino ci guardava con
le
sopracciglia aggrottate, serio. Notai che aveva addosso una sostanza
trasparente, bianca, ma non era polvere, sembravano più le
ragnatele
che si trovavano negli angoli della mia casa”.
Reborn si deterse le labbra
e cambiò
foglio, prendendone una piccola risma dal cassetto.
“Lo sguardo di
lei, invece, a vedere
noi bambini, si era fatto più dolce. Inizi a sentir
bisbigliare
molti del suo seno, del suo culo, del suo essere una bellezza da
favola. Sì, lei era diversa, era stupenda come nessun'altra
ed era
in mezzo a noi. Però quei discorsi mi diedero
particolarmente
fastidio”.
Reborn strinse le labbra e
si accarezzò
il calcio della pistola che aveva alla vita.
< E me lo danno
ancora > pensò.
“'Lei' aveva gli
occhi verde-acqua,
come l'acqua del mare a riva.
“Hai bisogno di
aiuto?” le ho
chiesto in perfetto italiano, facendo finta di lisciare una barba che
non avevo.
“Posso portarle
la borsa, se vuole”
si propose Dokuro.
Anche Verde fece il
ruffiano dicendo:
“Può chiederci quello che vuole, senza
complimenti”.
A mia volta feci un sorriso
così
compiacente da farmi schifo da solo.
Il bambino ci
guardò con le palpebre
socchiuse, io, per addolcirlo, gli feci una carezza e lui mi
guardò
dapprima sorpreso e poi con l'espressione di un gattino.
“Sì,
vi ringrazio molto. Sapreste
indicarmi la strada per il Palazzo?” chiese lei con un forte
accento francese.
Il bambino le è
saltato addosso come
una molla e le si è arrampicato sul maglioncino,
artigliandosi a lei
con gambe e braccia, rimanendo lì immobile col viso
affondato nel
suo petto.
“Deve andare per
la discesa” disse
Verde.
“Alla fine
risalire in quella
direzione dove c'è il giardino”. Aggiunsi.
“Fufufu.
Se vuole,
l'accompagniamo”. Concluse Dokuro.
Lei ci permise di portarla
solo fino
alle grandi porte del palazzo, ma si allontanò portando da
sola
valigia e bambino.
“Grazie
ancora” ci disse, mentre ci
salutava. La vidi allontanarsi tra le bocche di leone del giardino,
la luce del sole faceva risplendere così tanto i capelli da
abbagliarci, proiettando la sua morbida ombra.
La ricordo ancora
così bene tra le
rose, il cielo azzurro pomeridiano solcato dalle nuvoli, l'odore di
basilico delle piante, quello dei garofani e le bocche di leone.
Noi tre ci siamo
allontanati con la
baldanza dei giovani, saltellando l'uno addosso all'altro,
scioccamente convinti di aver fatto colpo su di lei”.
Reborn sorrise mesto e
alzò il capo.
“Però
solo l'Hitman numero 1 al
mondo aveva ragione” si vantò, smettendo di
scrivere.
|
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Capitolo 16 *** Cap.16 Il re peccatore ***
Ringrazio
anche solo chi legge.
SX.
16
cose che hai detto quando non c'era distanza alcuna
tra noi.
Cap.16
Il re peccatore
Xanxus
era coricato su un fianco e accarezzava il
corpo gelido di Squalo, passava lentamente le dita sulla sua pelle
lattea,
guardandolo in viso con sguardo concentrato, le sue iridi rosse
brillavano
nell’oscurità.
Superbi
aveva il battito cardiaco accelerato e le gote
rosee.
<
Non riesco ancora a credere che tra tutti abbia
scelto me. Che in questo momento stia al mio fianco e non con le
promesse e le
amanti che il Nono aveva scelto per lui.
Noi
due soli, insieme > pensò, tenendo gli occhi
chiusi.
Xanxus
indugiò sul moncherino con lo sguardo e corrugò
la fronte.
<
Un giorno pagherà chi ha osato fare questo al
‘mio’ Squalo > pensò.
“Sognavi?”
chiese con voce calda.
Squalo
socchiuse un occhio e lo guardò di sottecchi,
osservando il suo corpo muscoloso e abbronzato, avvertì una
fitta al petto
vedendo le cicatrici.
“Ricordavo una
vecchia leggenda di cui mi avevano parlato”
sussurrò. Le dita di Xanxus erano
bollenti su di lui, aveva sincronizzato il suo respiro su quello
dell’altro,
per regolare il battito cardiaco accelerato.
“Quale?”
chiese Xanxus.
<
Ogni volta che facciamo l’amore, ho paura della
passione che mi travolge, ma tu, invece, ti aggrappi a me. Nemmeno
facendo a
pezzi potrebbero tenermi lontano da te. Sei mio >
pensò.
“A
quella del ‘re dormiente’. Sarai re,
vero?” domandò
Squalo. Gli prese la mano nella propria e se la portò alle
labbra, baciandola
con foga.
“Sarò
il ‘tuo’ re e nessuno potrà
impedirmelo” ribatté
secco Xanxus.
<
Sarò un re peccatore, porterò con me il retaggio
di Boss dei Varia. Perché ho fatto tutti i peccati per te,
mia Superbia.
Ho
peccato d’invidia ogni volta che hai guardato
qualcun altro, ogni volta che ho pensato a chi ti avesse toccato.
Ho
peccato d’ira facendo a pezzi chiunque ti avesse
sfiorato contro la tua volontà.
Pecco
di lussuria ogni volta che ti guardo, ti bramo…
>. Lo baciò con foga, mozzandogli il fiato, Squalo
ricambiò intrecciando le
loro lingue, lasciando che gli rendesse difficoltoso il respiro.
<
Ho peccato di avarizia appropriandomi persino dei
tuoi soldi, sperando che profumassero di te.
Ho
peccato di accidia ogni volta che ho dimenticato
fuori dalla porta tutti i miei doveri, per rimanere a rotolarmi al tuo
fianco,
come un cucciolo assonnato.
Per
non parlare della gola, morirei di fame o mangerei
senz’appetito fino a vomitare, solo per divorare tutto
ciò che cucini. Per non
permettere ad altri di nutrirsi di ciò a cui hai dato vita
con le tue mani.
Ti
ho reso la mia Superbia e mi sono elevato al di
sopra di te come tuo re, mia regina. Credo si possa dire che ho
trasceso
addirittura il peccato di superbia > pensò Xanxus.
Squalo
gli avvolse un braccio intorno alle spalle e lo
trasse a sé, facendoselo stendere sul petto.
“Il
giorno in cui poseranno la corona sul tuo capo,
saprò che tutto quello che ho fatto nella vita è
stato necessario e sarei
pronto a rifarlo mille altre volte” disse.
<
Sono cose che ho il coraggio di dirti solo quando
siamo così vicini, quando non ci sono completamente distanze
a separarci >
pensò.
“Sarà
solo l’inizio della nostra vita insieme.
Liberemo questo mondo” giurò Xanxus.
<
So di essere la ragione di tutti i tuoi peccati,
come tu sei la ragione dei miei. Ognuno di essi ci ha avvicinato.
Sorrido
pensando che ci permettono di stare insieme
> rifletté.
<
Sorriso pensando che posso dormire tra le tue
braccia > pensò Squalo. Le labbra di entrambi erano
piegate in un sorriso
soddisfatto.
|
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Capitolo 17 *** Cap.17 Dialogo sotto le stelle ***
Gamma/Aria.
17.
Cose che hai detto che avrei voluto non dicessi.
Cap.17
Dialogo sotto le stelle
Gamma
chiuse gli occhi, sentendo l’aria fresca della
sera sferzargli il viso, scompigliandogli i capelli biondi. Strinse la
balaustra
di legno con entrambe le mani e si voltò, guardando di
sottecchi Aria.
Notò
che la manica di lei era umida di lacrime.
“Hai
di nuovo pianto di nascosto, vero?” domandò con
voce rauca.
“Questa
è una così splendida serata. In cielo le
stelle brillano così tanto che si possono riconoscere le
costellazioni, non ci
sono neanche le nuvole ad oscurarle.
Perché
rovinarla con discorsi di questo tipo?” chiese Aria.
“Perché
non puoi sempre nasconderti pur di non farci
vedere le tue vere emozioni.
Non
vuoi dire cosa ti turba neanche a me.
Ultimamente
scappi via di nascosto senza nemmeno dirci
dove vai. Io non sono semplicemente il tuo braccio destro o il tuo
autista, io
sono la tua guardia del corpo. Sono un hitman con la fiamma del fulmine
che
vive solo per proteggerti.
Se
vai in giro da sola, non posso tutelarti” disse
Gamma.
“Non
sono una bambina, so quello che faccio. Posso
proteggermi da sola” ribatté secca Aria.
<
Ogni volta che mi rifiuti anche in queste piccole
cose non sai quanto mi fai soffrire > pensò Gamma.
“Gamma…
Non posso farmi vedere triste, un cielo deve sempre
portare la serenità agli altri. Un boss, inoltre, si deve
sempre dimostrare
forte, la famiglia conta su di me.
Ho
imparato a fare i giusti sacrifici” rispose Aria.
Alzò il capo, il vento le faceva ondeggiare i lunghi capelli
intorno al viso.
“Permetti
ai tuoi uomini di poterlo fare per te.
Vederti serena sarebbe tutto ciò che desideriamo”
sussurrò Gamma.
Aria
gli sorrise.
“Dici
così solo perché mi sei fedele”
sussurrò.
Gamma
abbassò il capo e si morse il labbro.
<
Io ti sono più che fedele, io ti amo >
pensò.
Aria
gli accarezzò la mano con la propria e lo vide
rabbrividire.
“Anche
se dovresti smettere d’infiltrarti di notte
nella mia camera da letto, finirò per spararti prima o poi.
Per non parlare di
quello che penserebbero gli altri a vederti venire in boxer”.
Gli fece un
occhiolino. “Non che mi dispiaccia lo spettacolo o quello che
facciamo dopo”.
Scherzò.
<
Un tempo sorrideva veramente, quando da bambina
mangiava chili di cioccolata o quando da ragazza
l’accompagnavo a fare compere.
Da
quanto tempo è che i suoi sorrisi sono diventati di
circostanza perché pensa che è quello di cui
abbiamo bisogno? Noi siamo Giglio
Nero, non siamo solo una famiglia mafiosa, ma siamo proprio come una
vera
famiglia.
Lei
è la regina dei nostri cuori. Quando capirà che
è
più importante di qualche stupida etichetta o dovere
preimpostato? > si
chiese Gamma.
“Per
te vale qualcosa quello che condividiamo?” chiese
a bassa voce.
“Certo,
ma… Io sono promessa, Gamma. Un giorno questi
incontri dovranno finire. Sarò sposata a un altro, devi
cominciare a fartene
una ragione” rispose Aria.
<
Sempre che la mia malattia non mi uccida prima… o
forse sarebbe meglio così. Ti rimarrebbe un bel ricordo di
me > pensò.
<
Ecco, cose così sono quelle che vorrei tu non mi
dicessi mai > rifletté Gamma. Indietreggiò
e alzò il capo, scrutando a sua volta
le stelle.
“Conosco
il mio posto, Boss, non temete” disse con tono
gelido.
|
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Capitolo 18 *** Cap.18 Le punizioni del Nono ***
XS
subtext.
18.
Cose che hai detto quando eri terrorizzato.
Cap.18
Le punizioni del Nono
Gli
occhi di Timoteo brillarono d’arancione, mentre
filamenti di fiamme del cielo iniziavano ad alzarsi dalle sue dita. In
penombra
il suo vestito gessato, a righe bianche e nere, sembrava completamente
nero. La
sua espressione era atona, mentre le rughe sul suo viso sembravano
appianate, i
suoi capelli canuti e i suoi baffi davano vita a ombreggiature sinistre
sul suo
volto.
Squalo
indietreggiò, il battito cardiaco accelerato.
“Devi
imparare che non puoi fare tutto quello che ti
pare. Tu sei il ‘mio’ Capitano dei Varia. La tua
fedeltà non va forse al Nono
boss dei Vongola?” chiese Timoteo con voce cavernosa.
Squalo
si tastò un paio di volte il moncherino e si
voltò, la sua spada era in mano alla tempesta del Nono. Gli
altri guardiani lo
circondavano.
“Sì”
esalò.
<
La mia volontà va a Xanxus, ma sfortunatamente il
Boss ti venera. Se solo ti vedesse per ciò che sei in
realtà e non per il padre
da cui, tanto disperatamente, vuole affetto > pensò.
Il
Nono allungò le mani davanti a sé, il pavimento
intorno a Squalo si pietrificò.
“Giuralo!”
gridò.
Squalo
rischiò di cadere in ginocchio.
“Vooooi!
Sì, lo siete!” gridò. Rivoli di sudore
gelido
gli scendevano lungo la schiena.
“Non
dirmi che la ferocia di mio figlio ti ha
conquistato, peccatore. Non vorrei doverlo punire di nuovo”
disse Timoteo. I
suoi occhi dardeggiavano, le ombre si allungavano sulle pareti intorno
a loro.
Squalo
serrò un pugno.
<
Quello che si dice in preda al terrore non conta,
Superbi. Ci sarà il giorno in cui il Boss
difenderà la sua superbia e si
vendicherà, dovrai solo aspettare.
Per
ora, ingannalo > pensò.
Si
mise in ginocchio e piegò la testa.
“Sono
fedele a Vongola Nono…” sussurrò.
<
Perché amo Xanxus e quando sarà Decimo
spazzerà
via il tuo operato, il tuo nome e il tuo ricordo.
Distruggerà la tua ‘pace’
> giurò mentalmente.
Timoteo
assottigliò gli occhi.
“Bene.
Allora la tua punizione durerà soltanto
un’ora”
soffiò.
Squalo
venne colpito in pieno dalle fiamme del cielo del
Nono, la sua pelle si ricoprì di una leggera brina dai
riflessi dell’arcobaleno.
Le
urla di Squalo risuonarono tutt’intorno.
<
Prega che Boss non lo venga mai a sapere, prega
> pensò Superbi.
Sotto
gli occhi del Nono e dei suoi guardiani, Squalo
si dimenava sofferente sul pavimento.
|
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Capitolo 19 *** Cap.19 Fredda serenità e vuota lietezza ***
G/Asari.
Day 19: Cose che hai detto quando
eravamo felici come mai
prima.
Cap.19 Fredda serenità e
vuota lietezza
Le gocce di pioggia scendevano lungo
le finestre, solcando i
vetri con le loro lunghe scie.
Il gatto, adagiato sul davanzale
della finestra, si leccava
la zampa, passandola sulla peluria morbida. Delle fiamme della tempesta
sprizzavano dalle sue orecchie maculate.
G piegò di lato il capo,
appoggiandolo sulla spalla di
Asari. Il cappello nero di quest’ultimo era adagiato sul
comodino insieme ai
tre flauti.
“La pioggia è
rilassante, sembra lenire le velenose fiamme
che ti corrodono, fino a renderti un essere vuoto, almeno per un
po’” sussurrò
G.
“Le fiamme originarie
vengono lenite solo dal mare.
Eh, eh, non mi ritengo
tale” rispose Asari. Teneva gli occhi
chiusi e le sue labbra erano piegate in un sorriso.
Entrambi erano mollemente abbandonati
sul letto.
“Un’altra massima
del tuo maestro? Come il fatto che la
pioggia spezza il cielo quando perde il senso della misura?
Cosa che non credo possa realmente
capitare, soprattutto non
a un cielo che può contenere i buchi neri senza
problemi” rispose G. Le ciocche
vermiglie gli ricadevano sulle foglie infuocate tatuate sul suo viso.
“Yò! Lui diceva
cose ben più cupe. Non è quello che voglio
dire adesso, che sono felice come mai prima” ammise Asari.
“Se è
così, allora fatti dire che anche io sono più
felice e
sereno del solito.
Vorrei che anche Primo potesse
sentirsi così” disse G.
Allungò una mano, tastò sul proprio comodino e
recuperò una sigaretta, la portò
alle labbra e l’accese con la propria fiamma della tempesta.
< Il mio maestro pensava che
solo la cenere potesse
accompagnare gli esseri vuoti consumati da loro stessi. Le fiamme sono
spesso
figlie delle smanie e quelle lussuriose sono le prime a lasciare solo
Hollow.
Involucri non dissimili dai dannati Yōkai.
Io credo che questo accada quando non
ci si accetta
completamente in tempo > pensò Asari, ispirando
l’odore della sigaretta dell’altro.
“Primo sembra sempre
felice, ma sarà mio compito portargli
anche la serenità della pioggia” disse.
Serrò gli occhi e sentì la guancia
fredda dell’altro strusciargli contro il tessuto morbido
della sua veste
candida. Prese la mano di G nella propria, intrecciando le loro dita.
G assaporava lentamente la propria
sigaretta, espirando anelli
di fumo violetto dalla bocca e leggeri filamenti dalle narici.
< Io non credo che la gioia di
Primo sia reale, come non
credo sia foriera di verità quella che di solito tinge il
tuo viso. Quando sei
realmente sereno, come in questo momento, su di te aleggia
un’ombra cupa.
Io e te non siamo dissimili, alla
fine.
Chissà se porterai mai a
Primo la stessa vera tranquillità che
conduci fino a me > pensò.
Entrambi ascoltavano i loro respiri e
il rumore della
pioggia, in lontananza si udivano dei rombi di tuono. Alcuni fulmini
illuminavano
fuori dalla finestra, a intermittenza, colorando lo scenario di
riflessi
azzurrini.
La sigaretta si consumò,
un po’ di cenere cadde nella mano
di G, che la spense tra le dita, prima di gettarla oltre il bordo del
letto,
sul pavimento-
La pioggia si era fatta via via
più intensa, mentre la
sigaretta si spegneva.
|
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Capitolo 20 *** Cap.20 Città dei morti ***
Prompt
di S.S.D.V.: - Città dei morti.
Scritta
sentendo: https://www.youtube.com/watch?v=5VInr-cSNNU.
Diverse
coppie, het e shonen-ai.
Day 20 cose che hai detto che non avrei dovuto ascoltare.
Cap.20
Città dei morti
Leviathan
allungò la mano verso lo scettro del Nono e
sfiorò la sfera sulla sua sommità. Chiuse gli
occhi avvertendo il calore delle
fiamme del Cielo e una lacrima gli rigò il viso.
“Permettimi
di rivivere i tempi in cui udii ciò che
non avrei mai dovuto sentire e permettimi di ripercorrere i cicli fino
a
consumarmi.
Questo
fulmine deve espiare la colpa verso un Cielo
irraggiungibile” pregò. Iniziò a
ripetere un salmodiare in latino.
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!”
sbraitò Tsuyoshi.
“Non
è come sembra…” gemette Manuel.
Allungò la grande mano verso il fratello che la
allontanò, indietreggiò negando con il capo.
“Ho
visto quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai
potuto?!” lo accusò.
“Sono
un centro. Dovevi aspettarti…” esalò
Manuel.
“Io
ho dedicato la mia intera vita a servirti. Come hai potuto ricambiarmi
così?
Come hai potuto… con ‘lei’ poi! Non
dovevi neanche sognarti di toccarla” sibilò
Tsuyoshi. I suoi occhi rossi saettarono, mentre gli arcobaleni che
illuminava
la casa s’illuminavano di color sangue.
“Parliamoci
chiaro. Pensavi davvero che sarei potuto stare con te?”
chiese il Nono,
rendendo gelido il tono.
Leviathan
guardava il tutto nascosto sotto il tavolo, raggomitolato su se stesso.
“Perché
sono un uomo? A questo possiamo ovviare” chiese Tsuyoshi.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza”
ribatté il Nono, dandogli la schiena.
***
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!” gemette Ottava.
“Non
c’è bisogno di fare tutte queste storie. Lo sapevi
che ero sposato…” ringhiò
l’ottavo
boss dei Simon.
“Avevi
promesso che l’avresti lasciata per me! Come hai potuto?! Abbiamo due
figli”. La voce di Ottava era
spezzata.
Il
gigante scrollò le spalle e rispose: “Dovevi
aspettarti che non lo avrei davvero
fatto…”.
“Io… ho
fatto tutto ciò che volevi. Ti ho
permesso di indebolire i Vongola… Come hai potuto
ricambiarmi così? Come hai
potuto… Avevi detto di odiare tua moglie e preferisci
‘lei’, perfino?” lo
accusò Ottava. La voce arrocchita dal dolore.
“Parliamoci
chiaro. Pensavi davvero che sarei potuto stare con te per
sempre?” la derise
lui.
“Perché
sono una Vongola?” esalò Ottava.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza”
ribatté il Simon. Scoppiò a
riderle in faccia.
***
Fabio
allungò una mano, ma Salvatore si scostò,
chinando il capo.
“Sono
giorni che non ti fai toccare. Dovrei essere io quello offeso, visto
che ti sei
sposato” disse Settimo.
“Non
apprezzo il contatto fisico, Boss. Sono lieto di potervi informare che
‘mia
moglie’ non dirà che il figlio è
vostro” disse Salvatore con tono gelido.
“Non
è come sembra, non pensavo che sarebbe rimasta
incinta…” si scusò Fabio.
“Non
dovete scusarvi. So benissimo le vostre usanze con le donne. Vi ricordo
che,
però, ho soltanto un'altra possibilità di
sposarmi. Con le prossime non potrò
aiutarvi”. Salvatore distolse lo sguardo, calando il cappello
sul proprio capo.
“Sono
un centro. Dovevi aspettarti…”. Cercò
di scusarsi Fabio.
Roberto
era accucciato sotto il tavolinetto degli scacchi e li fissava con
sguardo
confuso, gli occhi liquidi.
“Che
per voi non sono dissimile da una delle vostre
‘donne’? Non sposerete me come
non sposerete mai nessuna di loro” disse Salvatore, con un
leggero tono
rancoroso.
“Salvatore,
sai meglio di me che non posso seguire il mio cuore. Non posso sposare
te e non
posso sposare la mia adorata geisha” gemette Fabio,
giocherellando con un
baffo.
“Questo
mi fa comprendere che non mi preferiate nemmeno a lei”
sussurrò Salvatore.
“Lo
sai anche tu, se voglio essere un boss all’altezza, non posso
certo seguire il
cuore. Ho già rinunciato a fin troppo, rischiamo di far
decadere l’intera
dinastia” lo richiamò Fabio con tono altero.
***
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi! Estremo!”
gridò il Sole a piena
voce.
“Non
è come sembra…” disse Sesto.
“Ho
visto quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai
potuto?!” urlò il suo
Capitano dei Varia, scuotendo il capo.
“Sono
un centro. Dovevi aspettarti…” gemette il suo Boss.
“Cosa
dovevo aspettarmi?! Vostra moglie vi ama! Non avreste dovuta tradirla,
per una
demone, poi! Se lei lo sapesse le si spezzerebbe il cuore?! Come potete
ricambiare così l’intera vita di
fedeltà della vostra povera sposa?”
gridò a
piena voce.
“Parliamoci
chiaro. Ad essere geloso sei tu! Ho atteso tanto il momento di dirtelo,
ma temo
sia arrivato. Pensavi davvero che saremmo potuto stare
insieme?” chiese gelido
Simora.
“Lo
so di essere un uomo…”. Il tono di voce
dell’interlocutore si fece basso.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza. Io non sono
come mio padre, io
sono un vero boss” disse lapidario Sesto.
***
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi! Con quelle maledette pustole
che ti ritrovi
addosso!” gridò il panettiere.
“Marito
mio, siete ubriaco…” disse Angelica e le voce le
tremò.
“Persino
le puttane con cui mi diverto puzzano meno di te”
ringhiò lui.
Angelica
si portò una mano alla bocca, sentendo salire un conato di
vomito.
“Pensavi
di essere l’unica a poterti divertire,
‘strega’? Lo so che te la fai con i
demoni. Lo sa tutto il paese, anche tuo fratello. Ecco
perché sei marcia” gridò
il marito.
Angelica
trattenne le lacrime e sussurrò: “Se in qualche
modo vi ho offesa, vi chiedo di
perdonarmi. Però vi posso assicurare che nessun
‘demonio’ dorme nel mio letto”
esalò.
“Non
avrei mai dovuto sposare una sciocca gallina come te”
ringhiò lui.
“Per-perché
dite così?” domandò Angelica.
“Perché
non sei e mai sarai alla mia altezza!” gridò lui,
l’alito gli puzzava di
alcool.
***
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!” gridò
Elisabetta.
Quarto
teneva in mano una candela, fuori dalla finestra infuriava la finestra.
“A-aspetta…
Cosa ti succede, mia sposa?” chiese con voce tremante.
“Ho
visto quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai
potuto?!” urlò la
moglie. Aveva gli occhi sgranati e muoveva istericamente le labbra.
“Visto
cosa? Ero fuori a recuperare i cavalli. Non ho fatto niente”
gemette Quarto.
“Ho
visto come guardi la tua guardiana. Come il suo corpo procace ti tenta.
Ho
sentito le voci dei tuoi tradimenti.
Come
hai potuto comportarti così con la madre di tua figlia. Io
che sono la regina d’Inghilterra!”
gridò la moglie.
“Betta…
Non ti tradirei mai. Qualsiasi cosa possa volere il mio corpo, i miei
istinti
non valgono un momento con te…” si
giustificò Quarto.
“Dimmi
che mi preferisci a tuo fratello Domenico” ordinò
lei.
Quarto
impallidì.
“Io…”
esalò.
“Tu
non mi ami” rispose Elisabetta. Si voltò e si
lanciò dalla finestra.
L’urlo
di dolore di Quarto squarciò la notte, insieme a un fulmine.
***
“Voooi…
Mi avete fatto sposare quella donna perché la desideravate
voi?” esalò il
capitano dei Varia di Terzo.
“Così
da allontanare da me pensieri peccaminosi… Siete due minacce
alla mia
integrità, starete bene tra voi” rispose Terzo.
“Potevate
lasciarla sposare al suo altro pretendente… Così
sembra che voi ne vogliate
approfittare col tempo” esalò il Capitano.
“Sei
tu un santo per potermi giudicare? So io cosa è bene per la
mia anima” ribatté
Terzo.
“Ho
dedicato la mia intera vita a servirvi. So che i miei gusti ai vostri
occhi
sono peccaminosi, ma… perché proprio
‘lei’? Vi posso assicurare che è una
donna
integra…” esalò
l’interlocutore.
“Parliamoci
chiaro. Vedi di averci dei figli alla svelta, perché
è l’unica con cui potrai
godere i piaceri della carne. Di sicuro non giacerai mai con
me” ringhiò Terzo.
“Perché
sono un uomo?” chiese titubante il Varia.
“No,
perché tu, peccatore, non sei e mai sarai alla mia altezza.
Sei destinato a
bruciare nelle fiamme dell’inferno” lo
ragguardì Terzo.
***
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!” gridò
Riccardo.
“Non
è come sembra… Non volevo sposarla”
gemette lo Yamamoto. “Tu, invece… Ho visto
quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai potuto?!”
gridò.
“Dopo
aver sposato ‘quella’ dovevi aspettarti che anche
io…”. Iniziò Secondo.
“Io
ho dedicato la mia intera vita a servirti. Come hai potuto ricambiarmi
così?
Come hai potuto… con ‘lei’ poi! Non
dovevi neanche sognarti di toccarla, è una
Estraneo, una nemica.
Mi
sono sposato per non scatenare una guerra che ci avrebbe distrutto, per
allontanare quella folle da te!” gridò il fratello.
“Parliamoci
chiaro. Pensavi davvero che sarei potuto stare con te? ‘Nessa
è tutto quello
che tu non sei, vale cento volte te” ringhiò
Secondo.
“Perché
sono un uomo?” gemette il Capitano dei Varia.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza” lo
derise Secondo. Un ghigno
crudele piegò le sue labbra, il suo viso era in ombra.
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!” gridò
Sebastiano. Si premette le
mani sul capo e cadde in ginocchio, ondeggiando sul posto.
“Non
è come sembra…” si lamentò
Giotto. Si massaggiò il collo e distolse gli occhi.
“Ho
visto quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai
potuto?!” piagnucolò
Sebastiano.
“Sono
un centro. Dovevi aspettarti che avrei trovato delle
mogli…”. Sbuffò Giotto.
“Io
ho dedicato la mia intera vita a servirti. Come hai potuto ricambiarmi
così?
Come hai potuto… con ‘lei’ poi! Hai
sposato nostra madre quando mi avevi…
Ricardo è mio figlio!” gridò
Sebastiano, fino a graffiarsi la gola.
“Parliamoci
chiaro. Pensavi davvero che sarei potuto stare con te?”
borbottò Giotto.
“Perché
sono un uomo?” esalò Sebastiano.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza. Io ti
odio” rispose secco Primo.
******
“Non
toccarmi! Non tentare neanche di toccarmi!” gridò
Deamon, indietreggiando. Il
suo corpo era scosso da tremiti e respirava a fatica.
“Non
è come sembra…” esalò
Giotto. Dimenava le immense code da volpe.
“Ho
visto quello che dovevo vedere con questi occhi! Come hai
potuto?!” sbraitò
Deamon.
“Sono
un centro. Dovevi aspettarti…” mormorò
Giotto.
Deamon
guardò il corpo profondamente addormentato della giovane,
abbandonata nel
letto. I lunghi capelli biondi color oro le incorniciavano il viso con
dei
delicati boccoli.
“Io
ho dedicato la mia intera vita a servirti. Come hai potuto ricambiarmi
così?
Come hai potuto… con ‘lei’ poi! Non
dovevi neanche sognarti di toccarla, la
‘principessa’”
gemette Deamon. I suoi occhi si tinsero di rosso, mentre le sue fiamme
s’indebolivano.
“Parliamoci
chiaro. Pensavi davvero che sarei potuto stare con te,
cugino?” chiese gelido
Giotto. I suoi artigli erano sfoderati e si mise davanti alla donna.
“Perché
sono un uomo? Perché non ho anche io un anello che mi
permette di cambiare
sesso?” ringhiò Deamon, facendo apparire la sua
falce.
“No,
perché non sei e mai sarai alla mia altezza”
rispose Giotto, mostrando la
chiostra di denti.
“Alla
fine quello che siamo noi Vongola, quello che ci
resta, è una citta di morti. Infinitamente commettiamo le
stesse colpe”
sussurrò Levi, cadendo in ginocchio.
<
A costo di dannare la mia anima, non permetterò a
Luigi di compiere gli stessi errori. Salverò mio fratello a
qualsiasi costo
> pensò, mentre le lacrime rigavano il suo viso.
|
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Capitolo 21 *** Cap.21 Un drago su Marte ***
Spanner/Irie.
AU.
Day 21 cose che hai detto quando eravamo in cima al mondo.
★ Iniziativa:
Questa
storia partecipa al “Living Mars” a cura di
Fanwriter.it!
★ Numero
Parole: 607.
★ Prompt/Traccia: 6.
A è un esploratore
della superficie di Marte. L’ultima cosa che immagina
è trovarsi di fronte a un
drago.
Cap.21
Un drago su Marte
La
sabbia giallo-arancione si posava dando vita ad
alti polveroni, che si andavano a scontrare contro le pareti
rosso-arancio
scuro dei canyon.
Irie
socchiuse gli occhi, vedeva sfocato e gli
bruciavano gli occhi.
<
Cosa darei per non dover utilizzare le lenti a
contatto, ma le eccessive ricerche sul campo mi stanno facendo perdere
dei
decimi > pensò. Avanzava lentamente, sotto il casco
il suo viso era sudato e
gli stivali della sua tuta affondavano nel terreno pesantemente.
“Mi
hai fatto venire per cos…”. Iniziò a
dire,
entrando all’interno della caverna. Lanciò un
grido e cadde all’indietro.
Spanner
era inginocchiato davanti a lui.
“Ho
trovato un essere vivente! O meglio, era vivente
fino a qualche ora fa sicuramente!” gridò.
Allungò il braccio e indicò con la
mano la gigantesca creatura priva di vita. Le sue scaglie spesse tre
mani erano
color rubino, il suo muso allungato lasciava intravedere la chiostra di
denti.
Sulle pareti della caverna c’erano dei segni nerastri che
facevano contrasto
con i colori sgargianti della creatura riversa.
“Vi
rendete conto? Abbiamo fatto la scoperta di una
vita!” urlò Spanner.
<
Cosa darei per potermi mangiare un bel
lecca-lecca della vittoria. Me lo merito proprio > disse. Dietro
il vetro
del suo casco si intravedevano i suoi occhi verdi brillare eccitati.
Irie
si rialzò a fatica, con le gambe tremanti.
Controllò il livello di ossigeno, girò intorno a
una zampa della creatura con
la tachicardia.
“Sono
contento tu abbia risposto subito alla
comunicazione. Non potevo raccontartelo, dovevi venire a vederlo con i
tuoi occhi.
Una scoperta così è unica!”
sbraitò Spanner. Dimenò le mani.
“Dovremmo
recuperare assolutamente l’attrezzatura per portarlo alla
base. Non possiamo
permetterci che si danneggi”.
“Chi
ci crederà mai? Un drago su Marte?”. La voce di
Irie uscì roca e deformata, la gola gli doleva.
“Una
nuova specie animale aliena! Il fatto che per noi
terrestri sia identico a un drago…”.
Iniziò a ribattere Spanner.
“Guardalo!
Un grosso lucertolone con le ali cosa vuoi
che sia?!” lo interruppe Irie, iniziando a urlare.
<
Mi sta venendo un mal di pancia nervoso
terribile. Questa gastrite diventerà un’ulcera, lo
so già > pensò.
Spanner
strofinò le mani coperte dai guanti tra loro.
“Una
versione marziana dei dinosauri. Poco importa
anche se fosse un drago. L’importante è che siamo
i primi ad averlo trovato”
ribatté.
Irie
deglutì rumorosamente e si guardò intorno.
<
Si trovava all’inizio della caverna. Sopravviveva
senza bisogno di ossigeno e con le temperature assurde di questo
pianeta. Che
si sappia non c’è acqua che non sia salata e solo
nelle profondità.
Probabilmente
vive lì, ma è in grado di andarsene in
giro sulla superficie. Probabilmente questa caverna ha dei dedali che
arrivano
a diramarsi immensamente sottoterra. Potrebbe essere una titanica
tana… >
rifletté.
“Ci
sono tracce di antichi incendi. Suppongo siano
venuti da lui. Il suo corpo è ancora integro, ergo viveva
qui. Ce ne potrebbero
essere…”. Tentò di spiegare.
“Di
ancora vivi! Siamo proprio in cima al mondo! Non
potrebbe andare meglio di così” gridò
Spanner, parlandogli di sopra.
Irie
sospirò rumorosamente.
“Finché
un drago non ci trova e non ci mangia”
gemette.
“Facciamo
così. Torniamo alla base, prendiamo quello
che serve per spostarlo e se sentiamo ruggiti, o altri rumori, che non
ci
convincono, scappiamo”. Propose Spanner.
<
Non capisco perché non capisce che siamo in capo
al mondo. Non potrebbe andare meglio! > pensò.
“V-va
bene…”. Capitolò Irie, tremante.
<
Alla fine faccio sempre tutto quello che vuole
lui. In fondo è per lui che ora mi trovo qui su Marte
> rifletté. “Solo con
te succede l’impossibile, come ritrovare un drago su
Marte” esalò.
Spanner
gli sorrise.
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Capitolo 22 *** Cap. 22 Nostalgia ***
Scritta
sentendo:
https://www.youtube.com/watch?v=jD7zpsnYBYM.
Prompt
di S.S.D.V.: - - Ora della devastazione.
Lal/Colonnello;
Gamma/Aria; Lal/Gamma.
Day
22 cose che hai detto quando è finita.
Cap.
22
Nostalgia
“I-Io…
Io
credevo che tu fossi morto…” disse Lal. La voce le
tremava, mentre
indietreggiava.
Gamma
scrollò le spalle.
“Io
sono
morto e sono rinato come qualcun altro” rispose.
Lal
si morse
un labbro fino a sentire il sapore del sangue e lo raggiunse al viso
con uno
schiaffo, arrossandogli la pelle.
“Ho
deciso
di diventare Arcobaleno proprio per…”.
Iniziò a dire.
“Per
dannare
mio fratello minore? Non venirmi a dire che non volevi vivere a causa
mia, non
ci crederei. So benissimo che non avevi capito il valore della tua vita
da
prima” disse Gamma.
Lal
impallidì.
“Tuo
fratello minore?” esalò.
“Steven
è
mio fratello. Mi ha superato, è diventato Colonnello. Io mi
ero fermato a
Capitano” le rispose Gabriel.
“Non
ho
detto io a Steven di prendersi in pieno la maledizione. Lui mi ha
insegnato il
valore della vita. Quello che TU non hai mai fatto!”
sbraitò lei. Indietreggiò,
le labbra sporche di sangue le tremavano e il suo battito cardiaco era
accelerato.
“State
insieme, vero?” domandò Gamma.
<
Tranquillo ‘fratellino’, non le dirò che
le hai mentito sull’età. Siete proprio
una bella coppia > pensò.
Lal
incassò
il capo tra le spalle.
Gabriel
le
afferrò il braccio e glielo piegò dietro le
spalle, immobilizzandola. Ridacchiò
sentendola gemere e si passò la mano tra i capelli biondi,
tra le dita gli
comparvero dei fulminelli.
“Ancora
troppo lenta, ‘novellina’. Dovresti metterci
più cervello e meno emozioni”
disse. La spinse la guardò cadere in ginocchio.
Lal
raggiunse il terreno con un pugno.
“Smettetela
di deridermi, Capitano”. Si voltò di scatto.
“Prima o poi vi sconfiggerò!”
gridò.
Gamma
scrollò le spalle.
“Quel
giorno
ti affiderò i miei uomini, ragazzina. E mi
ritirerò in qualche isola del sud”
scherzò.
******
“Smettila
di
distrarti, recluta!” gridò Lal. Evitò
un calcio in volo di Colonnello, gli
apparve alle spalle e gli bloccò un braccio dietro la
schiena.
“Ho
perso di
nuovo, Kora!” sbraitò Colonnello.
Lal
gli
diede un calcio e lo guardò arrivare al suolo con un
polverone.
“Devi
cercare di battermi!” gridò.
“Generale
Mirch, lei è un ‘vero uomo’! KORA!
Voglio diventare come lei!” gridò
Colonnello.
Lal
lo
raggiunse e lo colpì delicatamente alla testa con una
bottiglietta d’acqua.
“In
piedi”
lo richiamò.
“Non
devi
sentirti in obbligo nei miei confronti. Tra noi è finita, ho
un’altra” la
rassicurò Gamma.
“Per
me
potevi anche rimanere morto!” gridò Lal. Gli diede
le spalle, nascose i tremiti
stringendo le braccia intorno al proprio corpo, sotto il seno.
“Te
l’ho
detto. Fa conto che io lo sia” rispose Gamma.
Lal
si calò
gli occhiali da aviatore sul viso, digrignando i denti.
“Sei
un
maledetto codardo. Bisogna avere il coraggio di vivere”
ringhiò.
Gabriel
ghignò.
<
Inizia
persino a parlare come Colonnello. Un bel ‘kora’
come lui o un grido di
‘estremo’ come faceva mio padre ci sarebbe stato
perfetto dopo una frase del
genere…
Aria
ha la
mia fedeltà, la mia anima, la mia ossessione.
Però non posso dirti che tu avevi
il mio cuore, non posso mettermi in mezzo alla felicità di
mio fratello.
In
fondo ho
preferito la schiavitù alla libertà, posso
preferirla anche all’amore >
pensò.
“Dimostrami
di essere coraggiosa, allora” disse.
<
Anche
da parte mia, affronta per entrambi questo momento: l’ora
della devastazione
>.
Lal
si voltò
e lo vide correre via, una lacrima le rigò il viso.
“Sei
un
maledetto!” gridò, fino a sentire la gola iniziare
a farle male. Le fiamme
nelle sue mani si attivarono ed iniziò a piovere sopra
entrambi.
|
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Capitolo 23 *** Cap.23 Primo incontro ***
Scritta
sentendo: https://www.youtube.com/watch?v=jCRYXdMEczU.
「Nightcore」→
Sleepless Night - (Lyrics).
Takeshi/Mochida
Brot.
Day
23 cose che hai detto quando eravamo piccoli.
Cap.23
Primo incontro
Un
bambino si avvicinò
al tavolinetto del Mc Donald dove era accomodato il bambino di un anno
più
piccolo di lui.
Takeshi
era intento a
mangiare una patatina e parlava con una mazza da baseball appoggiata al
suo
fianco.
“Che
fai?” chiese.
Guardò l’altro bambino sorridergli.
“Yo!
Parlo con la mia migliore
amica” rispose Takeshi.
“La
tua migliore amica?”
domandò. Kensuke
Questa
è la mia
migliore amica. Ha battuto sodo oggi, si è comportata bene e
si merita una
ricompensa” spiegò Yamamoto.
Mochida
batté un paio
di volte le palpebre e si ticchettò l’indice sulle
labbra, piegando di lato il
capo.
“Una
ricompensa?”
domandò confuso.
Takeshi
annuì vigorosamente,
alcune ciocche more gli si sollevarono sulla testa.
“Le
faccio vedere il
mondo. Conoscere le cose è una cosa meravigliosa!
Non
trovi?” chiese.
Mochida
mise le mani
dietro la schiena.
<
Il mondo non mi
piace > pensò.
“Anche
io sono
meraviglioso” ribatté, ondeggiando sul posto.
“Eh
eh. Ci credo! Io
sono Yamamoto Takeshi. Tu?” domandò
l’interlocutore.
“Mochida
Kensuke…”
rispose Mochida, arrossendo.
“Taki,
sto arrivando!
Sono riuscito a prendere pure i cetrioli al posto della
mela!”. In lontananza
arrivò la voce di Tsuyoshi e parecchi commensali nel locale
si voltarono nella
sua direzione, alcuni strinsero le labbra con espressioni seccate,
parecchi
occhi lo guardavano infastiditi.
“Yay!
Vai papà!” gridò
Takeshi. I suoi occhi brillarono.
Mochida
indietreggiò,
incassando il capo tra le spalle.
<
Lui non è da solo,
come me… Ha un papà > pensò,
mentre le sue orecchie diventavano bollenti. Il
suo battito cardiaco era irregolare e avvertiva il proprio viso
bollente.
“Neh,
Mochida… Vuoi
essere il mio migliore amico anche tu?” chiese Takeshi. Gli
allungò la mano,
fissandolo intensamente.
Mochida
si morse l’interno
della guancia e fece batti cinque con la mano dell’altro
bambino.
Takeshi
rise.
“Io
intendevo più un
patto, ma figo lo stesso. Ora siamo migliori amici, io, te e la
mazza”.
Mochida
scappò via,
vedendo che Tsuyoshi si avvicinava al tavolo. Rischiò di
investire un uomo che
teneva un altro vassoio e si fece largo spintonando nella folla di
gambe.
Tsuyoshi
raggiunse il
tavolo dove stava il figlio.
“Con
chi parlavi?”
domandò.
“Mochida
senpai. Il mio
migliore amico. Mio e di mazza!” gridò Takeshi.
Tsuyoshi
gli scompigliò
i capelli mori e chiuse gli occhi, ridendo.
“Era
l’ora che ti facessi
un migliore amico, piccolo mio. Andate insieme
all’asilo?” lo interrogò.
“Scopriamo
insieme il
mondo e i suoi miracoli” rispose Takeshi. Dimenò i
piedi sotto il tavolino.
Tsuyoshi
fece un’espressione
pensosa e si grattò il mento.
“Niente
rende una giornata
più solare che scoprire nuovi mondi insieme a un buon
amico…” rifletté.
<
… e a una
bottiglia di buon vino rosso > pensò.
“Mi
piace figliolo!
Ogni tanto portalo pure a casa nostra. Mi è sembrato un
po’ emaciato, del buon
sushi gli farebbe bene” disse.
Takeshi
prese un
cetriolo e se lo portò alla bocca, iniziandolo a
sgranocchiare.
“Ferto…” disse,
sputacchiando resti tutt’intorno.
Tsuyoshi
prese un
fazzolettino e lo utilizzò per pulire la bocca del figlio.
Takeshi
ridacchiò.
|
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Capitolo 24 *** Cap.24 Ammissione di paternità ***
Scritta
sentendo:
https://www.youtube.com/watch?v=9VbF2GLUYUY&index=17&list=RDymPpKFv4W_c.
Night of the Werewolves.
Day
24 cose che hai dopo che ho raccontato una storia.
Cap.24
Ammissione di paternità
“Forgiato
dal ferro e dal fuoco il combattente non si
arrendeva davanti a niente per salvare la sua principessa. Armato della
spada
del fulmine si faceva largo nell’immenso campo di battaglia,
il suo scudo lo
proteggeva da una continua pioggia di frecce nere.
Voleva
assolutamente proteggere la principessina. L’avrebbe
salvata dalla torre in cui era rinchiusa…”. La
voce calda di Gamma risuonava
nella cameretta, illuminata dalla luce di una lampada rosa con dipinte
stelline
e bambine intente a saltellare.
Gamma
si accorse che il respiro della piccola Yuni si
era fatto regolare. La bambina stava dormendo su un fianco, la bocca
piegata in
un sorriso, le labbra socchiuse e la manina sotto la guancia.
Gamma
le rimboccò le coperte.
“Buonanotte”
sussurrò.
Si
voltò udendo dei passi.
“Stavi
raccontando una storia?” si sentì domandare
dalla boss dei giglio nero che stava entrando dalla porta.
Gamma
annuì e rispose: “Sì, tua figlia le
apprezza
molto. Sembra capirle perfettamente, è matura come una
piccola Hitman”.
“Si
è addormentata?” domandò Aria.
Gamma
annuì e si passò la mano tra i capelli biondi.
“La
principessina Yuni è davvero adorabile. Chiunque
sia il padre dev’essere orgoglioso di lei”
sussurrò.
<
Ancora mi sorprende che Aria sia arrivata un
giorno con questa bambina di un anno in braccio dicendo che era sua
figlia.
Quel viaggio in Europa mi chiedo se fosse solo per partorire o se il
padre
della bambina si trova lì > rifletté.
“Gamma,
senti, ti devo parlare…” disse Aria.
“Non
dovete darmi giustificazioni. Voi siete la boss…”
sussurrò con voce rauca Gamma.
Chiuse
la luce sul comodino della piccola,
osservandola dormire profondamente.
“No,
è importante”. Insistette Aria, guardandolo
alzarsi dalla sedia su cui era accomodato.
Gabriel
batté un paio di volte le palpebre si grattò
un sopracciglio dorato.
“D’accordo”
disse.
Aria
gli prese la mano nella propria e arrossì,
seguendola nel corridoio. Si chiusero la porta alle spalle e si
allontanarono,
fino a raggiungere la camera da letto.
Gamma
le lasciò andare la mano, Aria gli chiuse la
porta alle spalle e gli si avvicinò, Gabriel
arrossì e indietreggiò fino ad
andare a sbattere.
<
Si è arrabbiata perché oggi sono andata a
prenderla con la limousine, sicuro. Forse vuole cacciarmi, non lo
sopporterei.
Non
riesco più a obbedire e basta, qualcosa è
cambiato
da quando ho avuto i ricordi di quel futuro che non voglio che accada.
Erano confusi,
ma mi hanno fatto comprendere che lei è molto più
importante di quanto credessi
per me > pensò.
“Non
c’è nessun padre” esalò Aria.
“Vuoi
dirmi che è nata dai midichlorian di Star Wars?”
scherzò Gamma.
“No,
idiota, è tua figlia” gemette Aria. Gli occhi le
divennero liquidi, avvertì una fitta al petto.
“M-mia
figlia?” chiese Gamma e la voce gli tremò.
Aria
abbassò il capo e annuì, tenendo lo sguardo
basso. Trattenne le lacrime, la sfuggì un tremito.
“Lo
so che avrei dovuto dirtelo, ma…”
sussurrò.
Gamma
la prese per i fianchi e la issò, Aria sgranò
gli occhi, ingoiò un gemito e gli serrò le spalle
con la mano.
“Mia
figlia?! Abbiamo una bambina! Sono un papà!”
gridò.
Aria
gli avvolse le braccia intorno al collo.
“Stavo
raccontando le favole alla mia bambina!” urlò
Gamma, facendo volteggiare l’altra.
“Credevo
saresti stato arrabbiato” esalò Aria.
Gamma
la baciò con passione.
“Boss,
io credevo di non essere alla vostra altezza. Io
vi amo, la mia fedeltà si è trasformata anche in
questo…”. Arrossì. “Amo le
nostre notti di passioni e sono diventato così geloso. Per
questo ho preso l’abitudine
di voler sapere dove sei. Non sopporto tu possa appartenere a qualcun
altro…”.
Si scurò.
“Oh,
ti amo, idiota” sussurrò Aria. Gli prese il viso
tra le mani e lo baciò con passione.
|
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Capitolo 25 *** Cap.25 18 anni ***
Tsuna/Gokudera.
Day
25 cose che hai
detto al mio diciottesimo compleanno.
Cap.25
18 anni
Gokudera
giocherellò con una ciocca di capelli di
Tsuna, steso al suo fianco e sorrise. Gli accarezzò la
guancia e lo sentì mugolare
nel sonno, Sawada fece uno sbadiglio simile a un miagolio.
Hayato
si alzò a sedere sul letto, facendolo cigolare.
Tsuna
socchiuse un occhio, si mise su un fianco e
allungò le mani, riconobbe il corpo massiccio di Gokudera e
piegò le labbra in
un sorriso. Finì di svegliarsi e alzò lo sguardo,
aveva i grandi occhi dalle
iridi color nocciola in parte coperte da dei ciuffi di capelli larghi
tre dita.
Gokudera
gli accarezzò la testa sentendo il fidanzato
fare dei bassi versi.
“Oggi
diventate maggiorenne, Decimo” disse dolcemente.
<
Sì, ma io non voglio ancora fare il Vongola! >
pensò Tsuna, gonfiando le guance.
“Come
volete festeggiare? Oggi ogni vostro desiderio è
un ordine” disse Gokudera.
Tsuna
scostò il lenzuolo e si sedette sulle gambe del
fidanzato.
“Non
lo sono sempre per te?” chiese.
Gokudera
gli posò un bacio sulla spalla, lasciata in
parte scoperta dalla spallina del pigiama e disse: “Oggi non
vi farò neanche andare
a studiare. E poi vi terrò tutto per me, lontano anche dal
maniaco del baseball”.
Tsuna
gli avvolse il braccio intorno al collo.
“Già
così è abbastanza interessante, ma… mi
piacerebbe
anche sperimentare qualcosina” disse.
Fece
l’occhiolino, mentre Gokudera inarcava un
sopracciglio con aria dubbiosa.
Tsuna
si affacciò e aprì il cassetto.
“Sapevo
che mi avresti proposto qualcosa per oggi,
quindi mi sono mosso in anticipo. Mi sono fatto consigliare da
‘mamma Lu’”
spiegò.
Gokudera
sentì un brivido scendergli lungo la schiena
e deglutì rumorosamente.
Tsuna
tirò fuori un paio di manette dal comodino,
insieme a una piccola chiave dorata, facendo una risata cristallina.
Mise la
chiave in mano ad Hayato e gli posò un bacio a stampo sulle
labbra.
“Decimo…”
sussurrò Gokudera, aveva le orecchie arrossate
e il viso accaldato.
“Solo
per divertirci un po’, Gokudera-kun. Se ti
vergogni fa niente, ma pensavo potesse rientrare nei tuoi
gusti” spiegò Sawada.
Gokudera
lo aiutò a infilarsi le manette.
Tsunayoshi
si mordicchiò le catenelle, le prese in
bocca e le succhiò rumorosamente.
Hayato
avvertì il battito cardiaco accelerare e
rimbombargli nelle orecchie, si stese e si mise Tsuna a cavalcioni
sopra di sé.
Sawada
alzò le braccia, tenendo uniti i polsi stretti
dalle manette ed iniziò a baciare il fidanzato.
Quest’ultimo gli sfilò il pezzo
di sopra del pigiama, accarezzandogli il corpo minuto, la pelle
abbronzata del
più giovane era bollente e faceva risaltare le dita
affusolate del pianista.
“Sei
la creatura più bella e pericolosa del pianeta,
mio Decimo. Non potrei amarti di più” disse Hayato.
Tsuna
si piegò in avanti e gli posò una serie di baci
sul collo, facendo strusciare la catena delle manette contro il
cuscino,
sfiorando alcune ciocche argentee di Hayato.
<
Non avrei mai pensato che mi avresti rivolto
queste parole al mio diciottesimo compleanno.
So
che mi ami ed è per questo che ho voluto osare, ma
non avrei mai pensato che un giorno saremmo stati insieme. Come ha
fatto un
angelo caduto come te a innamorarsi di uno come me?
Fai
sembrare importanti persino i miei capricci >
pensò.
|
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Capitolo 26 *** Cap.26 Il signore dell’insonnia ***
Kyoya/Mukuro.
Day
26 cose che hai detto che significavano "ti
amo", ma io non l'ho capito.
Cap.26
Il signore dell’insonnia
Kyoya
era seduto sul suo futon, teneva i tonfa
appoggiati sulle gambe e le braccia incrociate. La luce di una candela,
che si
era tinta di viola, illuminava la stanza da letto del tempio.
“Kufufufu”.
La risata di Mukuro risuonava nella camera.
“Smettila
di disturbare il mio riposo o ti morderò a
morte, dannato Rokudo Mukuro” ringhiò Kyoya.
“Oh,
ma io ti stavo solo dicendo che, mentre riposi,
assomigli moltissimo a un petalo di ciliegio. Ti metto in guardia,
perché voglio
renderti più forte. La gente vuole renderti un giocattolo,
una bambola, devi
imparare a difenderti” disse Mukuro, apparendo sulla porta.
“Tu
devi imparare che il riposo è sacro, dannato” lo
riprese Kyoya. Le sue iridi color ametista brillarono.
<
Tu che ti senti il salvatore che libererà il
mondo dalla Mafia, non ti rendi conto che hai timore della tua
debolezza. Hai
paura che esseri come Vindice o come la tua corrotta famiglia estraneo
mi distruggano.
Mi
credi davvero così incapace? Io non sono un bambino
nascosto nelle nebbie come te > pensò.
“Oh,
tu vivi di giorno, tra le regole, ma io mi desto
di notte. Come si confà al più grande degli
illusionisti, Hibari Kyoya” rispose
Mukuro, accentuando l’ultima parte del nome
dell’altro.
Fece
apparire la sua arma e parò uno dei tonfa
dell’altro,
dando vita a un clangore metallico.
“Dacci
un taglio, erbivoro. Domani devo lavorare e
voglio dormire” ruggì Hibari.
Mukuro
gli apparve vicino all’orecchio.
“Lo
sai che in uno scontro vincerei io?” gli chiese.
Hibari
assottigliò gli occhi.
“Solo
perché bareresti, maledetto”.
Rokudo
chiuse gli occhi e lo baciò, Kyoya ricambiò con
foga e gli morse a sangue un labbro.
“In
amore e in guerra tutto è le-ci-to”
cantilenò Mukuro.
“Se
continui così ti spezzerò le ossa”
ringhiò Kyoya.
Piegò il capo e morse il collo pallido dell’altro,
fino a lasciargli un
succhiotto vermiglio.
“Non
vedi l’ora di assaggiare il mio gustoso sangue?”
chiese Mukuro.
“Esibizionista”
sibilò Kyoya.
Mukuro
scomparve e risuonò la sua risata.
“Cerco
di essere bello come il mio bellissimo ciliegio
in fiore” sussurrò. L’intera stanza si
tinse di rosa, il colore era formato da
infiniti disegni di petali di ciliegio.
Kyoya
si stese e chiuse gli occhi, posandosi un
braccio sul viso.
“Lasciami
dormire, idiota. Sarai anche il signore degl’incubi,
ma con me diventi quello dell’insonnia”
sibilò.
Mukuro
fece sparire le illusioni e comparve un se
stesso ignudo steso nel futon accanto a Hibari.
Mukuro
si abbracciò all’altro e gli posò la
testa
sulla spalla, i capelli blu notte gli ricadevano scompigliati intorno
al viso.
“Perché
desto te dagl’incubi. Per non parlare di
quanto sei carino quanto ti arrabbi” soffiò.
<
Quando capirai che tutto quello che ti dico
significa solo ti amo? > pensò Mukuro.
“Preparati
a morire, Rokudo Mukuro” lo minacciò Kyoya.
I tonfa erano rotolati di fianco al letto.
<
Non riuscirò mai a dirti che ti amo e mi farò
sempre
fraintendere. Rendi tumultuosi i miei sentimenti altrimenti
addormentati in una
stasi peggiore degl’incubi > rifletté.
“Kufufu.
Me lo dici ogni notte” disse Mukuro.
Kyoya
lo strinse a sua volta.
“Dannato,
riesci a parlare pure mentre dormi”
brontolò.
Rokudo
rise ancora, guardandolo addormentarsi, chiuse
gli occhi e si appisolò a sua volta.
|
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Capitolo 27 *** Cap.27 Don Giovanni ***
Day
27 cose che hai
detto quando mi sono dichiarato.
XS.
Scritta
su Là ci darem la mano di Mozart.
★
Iniziativa: Questa storia partecipa al contest
“In Vino Veritas” a cura di Fanwriter.it!
★
Numero Parole: 510.
★
Prompt/Traccia: 10. Da ubriaco, A tira fuori
doti canore inaspettate.
Cap.27
Don Giovanni
La
luce aranciata delle fiamme del camino dava
riflessi bronzei alle statue in marmo dei mezzibusti dei vecchi boss
mafiosi.
“Non
dirmi che il figlio del Nono è capace di
ubriacarsi” disse Squalo con tono pungente.
Xanxus
alzò lo sguardo dalle iridi color rubino.
“Anche
se fosse, feccia?” domandò con voce roca. I suoi
occhi erano febbricitanti, aveva le gote accaldate e teneva un
bicchiere colmo
di liquore in mano.
Squalo
ghignò, mostrando i lattei denti aguzzi.
“Neh,
Levi non lo sa che questa volta non è aranciata?”
domandò. “Eh eh” ridacchiò,
chiudendo gli occhi.
Fa
raggiunto in testa dal bicchiere, ciò che rimaneva
del liquore gl’inumidì i capelli, gocciolando.
“VOOOOIH!”
ululò Superbi.
Xanxus
gettò indietro la testa e scoppiò
selvaggiamente a ridere, i suoi capelli neri ondeggiarono e
frusciarono,
sfiorando la stoffa rossa del divanetto.
Sopra
la sua testa, sulla parete immacolata, era
appeso un quadro dalla pesante cornice d’oro; il dipinto
rappresentava un
puledro nero intento a correre in un deserto dalla finissima sabbia
color ocra,
illuminata dalla luce lunare.
Squalo
dimenò la testa, facendo ondeggiare i capelli
argentei.
<
Non posso davvero arrabbiarmi. Sono così rare le
volte in cui è sinceramente divertito >
pensò.
“Là
ci daremo la mano. Là mi dirai di sì. Vide, non
è
lontano, partiam, ben mio, da qui” intonò Xanxus
con voce possente.
Squalo
si allontanò le ciocche umide dal viso.
“Voi.
Non dirmi che quando sei ubriaco intoni l’opera
lirica” sussurrò.
<
Con inaspettate doti canore. Sei semplicemente
sublime, boss > pensò.
“Vieni,
mio bel diletto!”. Proseguì Xanxus, ravvivando
il fuoco del camino con le sue fiamme dell’ira.
“Sì,
questa è proprio una parte del Don Giovanni del
teatro” borbottò Squalo.
<
Anche se sembra si stia rivolgendo a me > rifletté
e le sue gote pallide si tinsero di rosa.
“Vieni,
vieni!” lo incalzò Xanxus.
Squalo
raggiunse la poltrona e si sedette sul bracciolo,
accavallando le gambe affusolate, facendo ondeggiare un piede, stretto
da uno
stivale nero di pelle.
“Cosa
stai cercando di dirmi?” chiese.
“Sei
proprio tardo, spazzatura. Mi sto dichiarando”
soffiò Xanxus con voce seducente.
Squalo
rabbrividì di piacere.
“Ed
hai bisogno di essere ubriaco per farlo?” domandò.
Xanxus
gli avvolse il fianco sottile con il braccio.
“Ho
bisogno del giusto calore per sciogliermi”.
Socchiuse gli occhi. “Cangerò la tua
sorte” cantò ancora. Vedeva leggermente
sfocato per l’alcool ingerito e le sue pupille erano dilatate.
“Andiam,
andiam, mio bene, a ristorare le pene d’un
innocente amore” gorgheggiò Superbi in duetto.
<
Allora, permetti alla mia passione di scioglierti
> pensò Squalo. Giocherellò con le piume
di pappagallo che decoravano l’eccentrica
capigliatura di Xanxus e lo baciò.
Xanxus
ricambiò con foga.
Le
finestre tremavano, bersagliate dai candidi fiocchi
di neve della tempesta che imperversava al di fuori di villa Vongola.
Il rumore
a cui davano vita era in gran parte coperto dai crepitii delle fiamme,
a cui si
unirono i mugolii di piacere dei due amanti.
<
Umphf.
Dovrei convincermi ad alzare il gomito più spesso, non
è niente male quello che
ne ricavo > si disse Xanxus.
|
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Capitolo 28 *** Cap.28 La mia regina ***
Day 28 cose che hai detto quando ti
ho chiesto di sposarmi.
Xanxus/Fem!Squalo.
Scritta per Il giardino di Efp per I
prompt del lunedì.
Prompt
di
SSDV: - Burn honey, burn/let the fire eat away/I never liked the look
of this
town/burn it down now (Wildfire - Sonata Arctica).
Cap.28 La mia regina
“Cosa diamine vuol dire che
sposerai Dino, feccia?” ringhiò
Xanxus, alzandosi dal letto. Gli scompigliati capelli mori ondeggiarono
e una
ciocca gli finì davanti a uno degli occhi rossi.
La giovane scrollò le
spalle, facendo ondeggiare i lunghi
capelli argentei.
“Voooi! Cosa ti aspettavi?
Sapevi che mi avrebbero promessa
a qualcuno prima o poi” borbottò.
Xanxus tirò un pugno a una
delle colonne di legno del
baldacchino del letto.
“Hai intenzione di obbedire
a quell’idiota del mio ‘vecchio’?
Hai dimenticato che sei ‘mia’?”
ringhiò.
Squalo si allontanò una
ciocca dal viso, le divideva a metà
il viso.
“Avrete sempre la mia
fedeltà, Boss. Però credevo che la
vostra fedeltà andasse al Nono e alla sua pace”
disse gelida.
Xanxus la raggiunse e le
sollevò il mento con la mano, baciandola
con foga, intrecciando le loro lingue.
“Honey, ho intenzione di
mandare a fuoco questa città se è
per averti per me” disse secco.
“Allora bruciala, non mi
è piaciuto l’aspetto di questo
posto” ribatté la giovane donna.
Xanxus alzò la mano e
accese la fiamma dell’ira, che si
rifletté nei suoi occhi.
“Però a una
condizione”. Aggiunse Superbi. La sua pelle
pallida era rischiarata dalla fiamma rossastra, che faceva brillare di
riflessi
color rubino le sue iridi color perla.
Xanxus corrugò la fronte e
aggrottò le sopracciglia doppie e
sottili, assottigliò gli occhi.
“Quale,
spazzatura?” domandò.
Squalo gli passò la
protesi che aveva al posto del braccio
sul petto sottile.
“So che un Capitano dei
Varia non dovrebbe chiedere niente
al suo boss e che una donna dovrebbe…”.
Iniziò a dire.
Xanxus digrignò i denti.
“Smettila di sparare
cazzate e dimmi a che condizione”
ordinò.
Squalo volse lo sguardo e si deterse
le labbra sottili, il
suo petto si alzava e abbassava rapidamente, facendo ondeggiare i suoi
seni
pallidi e prosperosi.
“Non farti
ammazzare” ordinò.
Xanxus le avvolse i fianchi con un
braccio e la strinse a
sé, facendola aderire al suo corpo. Il suo petto muscoloso
tremava sotto la
camicia candida e la sua cravatta solleticò la pelle del
collo di Superbi.
“Anche io ho una
condizione, allora” disse.
Le gote pallide di Squalo si tinsero
di rosa.
“Dimmi”
sussurrò.
“Mentre questa
città andrà a fuoco per mano mia, tu mi
sposerai” ordinò Xanxus.
Squalo ridacchiò.
“Oh, lo voglio”
soffiò.
“Perché
l’hai presa per una domanda di matrimonio? Era un
ordine…” borbottò Xanxus.
“Davvero?” chiese
Squalo, baciandogli il naso.
Xanxus sporse il labbro inferiore e
sbuffò.
“Sì.
Perché tu sei la ‘mia’ regina, non di
Dino. È
tempo capiscano che io sono il tuo re” disse secco.
“L’unico e
solo” rispose la giovane donna. Appoggiò la
guancia sulla spalla di lui, facendo ricadere i lunghi capelli argentei
sulla
casacca scura di lui.
Xanxus la strinse ancor
più forte a sé.
“Allora andiamo a
dimostrargli che è il sovrano di ogni
peccato, boss dei Varia e tuo futuro sposo” disse. La prese
in braccio, mentre
lei faceva scattare la lama celata nella sua protesi nera.
“Sì, mio
re” sussurrò Squalo.
|
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Capitolo 29 *** Cap.29 I trust in you ***
Xanxus/Lussuria.
Day 29 cose che hai detto quando ti
ho chiesto di diventare
genitori.
Cap.29
I
trust in you
La porta sbatté, aprendosi
all’improvviso, Xanxus abbassò la
gamba tesa ed entrò con passo marziale. La sua cravatta nera
svettava sulla sua
camicia immacolata e i suoi pantaloni, perfettamente stirati,
brillavano
illuminati dalla fiamma dell’ira tra le sue dita.
“Erik…”
disse secco.
Lo scienziato si premette gli
occhiali contro il viso, le
lenti brillarono nell’oscurità, e alzò
il capo. La stanza in penombra era
rischiata dalla luce azzurrina degli schermi del computer.
“Sì,
Boss?” domandò.
Xanxus assottigliò gli
occhi, le iridi vermiglie gli
brillarono di riflessi color rubino, e aggrottò le doppie
sopracciglia.
“Io e te cresceremo quei
marmocchi che ti hanno portato.
Nessun esperimento, saranno come
figli nostri” ordinò.
Lussuria piegò le labbra
in un sorriso sardonico.
“Mi stai chiedendo di avere
dei figli con te?” chiese.
“Non è una
richiesta. Sono nostri e basta” disse Xanxus.
Incrociò le braccia al petto e schioccò la lingua
sentendo Lussuria fare dei
gridolini, roteò gli occhi.
Lussuria lo raggiunse, lo
abbracciò e gli posò un bacio
sulla guancia.
“Così non
va” borbottò Xanxus.
Lussuria inarcò un
sopracciglio, mentre gli occhiali gli
scendevano sul naso.
Xanxus estrasse un rossetto dalla
tasca e glielo porse.
Lussuria ridacchiò, se lo mise e scoccò un bacio
sulla fronte di Xanxus,
lasciandogli il segno delle sue labbra.
“Ora va meglio.
Sbrigati, usciamo a comprare le cose
che servono ai bambini.
Biberon, ciucci, pannolini e tutto il ciarpame.
In fretta, non voglio che il Nono se
ne accorga. E togliti
il camice, già che ci siamo ti compro qualcosa da metterti.
I bambini si spaventerebbero a vedere
loro ‘madre’ vestita
da scienziato pazzo” ordinò Xanxus.
Erik ridacchiò e si
passò la mano tra i capelli verdi,
raggiunse i computer e diede l’ordine di mettersi in stand-by.
“Oh, boss, non so cosa
farei senza di te” disse. Si sfilò il
camice e lo lanciò, quest’ultimo cadde sullo
schienale di una delle sedie.
“Verde, lo so che sei
lì sotto terra. Esci” ordinò Xanxus.
Si aprì una botola di
metallo e Verde fece scivolare fuori
la testa.
< Non si può negare
sia proprio un vero Vongola volitivo.
Quanto bisogna essere sciocchi per pensare che è un
trovatello? > pensò lo
scienziato.
“Tu occupati del
laboratorio mentre non ci siamo. I bambini
saranno qui al più presto. Se dovessero arrivare prima del
nostro ritorno
avverti immediatamente Lù.
Tutto chiaro?” chiese
Xanxus, fissandolo nelle lenti degli
occhiali.
“Non potevate essere
più chiaro di così” rispose Verde. La
sua risata si fece via via più attutita mentre ritornava
sottoterra e si spense
mentre richiudeva la botola.
Xanxus raggiunse un armadietto e lo
aprì, recuperò dei
tacchi a spillo rosso fiammante, porgendoli a Lussuria.
“Cambiati anche le scarpe.
Non posso vederti conciato a quel
modo, Feccia” brontolò.
Lussuria allargò le
braccia e girò sue stesso, le sue iridi
grigie si fecero più scure.
“Oh, Boss, tu mi rendi il
peccato più felice di questo
pianeta” disse. Prese le scarpe a spillo e se le strinse al
petto muscoloso.
“DATTI UNA MOSSA”
intimò Xanxus.
< Certo. Tu sei il MIO peccato
> pensò.
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Capitolo 30 *** Cap.30 Chiamarsi per nome ***
Tsuna/Hayato.
Day 30 cose che hai detto la nostra
prima volta
Cap.30 Chiamarsi per nome
Il rumore dell’ultima
esplosione si stava chetando e le
scintille delle luci in cielo si stavano spegnendo.
Hayato incrociò le gambe,
guardando Tsuna chiudere la
finestra e strinse la cintura del kimono che stava indossando.
< Ho tentato di mettermi
qualcosa di più tipico per
fargli buona impressione e lui si è vestito come un
occidentale per farla con
me. Alla fine ci siamo scambiati e ho gli abiti tipici di questa
occasione.
Siamo voluti rimanere a casa, invece
di andare alla festa
> pensò.
Sawada si sedette di fronte a lui e
gli sorrise.
“Ti sei
divertito?” chiese.
< Sono le uniche esplosioni
che possiamo amare entrambi e
in cui lui non rischia la vita > pensò.
Gokudera annuì.
“Sono felice di aver
rivisto i fuochi d’artificio con voi.
Sono stati uno dei motivi che mi hanno fatto comprendere quanto sia
importante
la vita” ammise.
“Uno?” chiese
Tsuna e si piegò in avanti, mettendosi a
gattoni.
“Ogni giorno, da quando
sono fidanzato con voi, ne scopro
uno nuovo” rispose Hayato, gli accarezzò la mano
con la propria.
Tsunayoshi intrecciò le
sue dita abbronzate con quelle
pallide di Hayato.
“Io ne avrei un altro di
motivo. Una cosa che volevo
chiederti da tanto tempo” sussurrò.
Arrossì e deglutì.
< Iiiih.
Questo
dev’essere l’inferno! Non riesco a credere che sto
riuscendo finalmente a
chiederglielo.
“Quale?”
domandò Gokudera, sentendo la gola secca. Si deterse
le labbra con la lingua e avvertì un fremito
all’altezza dello stomaco, il suo battito
cardiaco accelerò.
Tsuna si slacciò la
camicia grigia, aveva i capezzoli
turgidi. La lasciò ricadere aperta sulle sue spalle sottili,
le sue braccia
erano muscolose rispetto al corpo.
Fece stendere Gokudera sul pavimento
gelido, aprendogli la
giacca del kimono di tela nera.
“De-Decimo…”
esalò Gokudera, le sue gote pallide si tinsero
di rosa.
Tsuna gli appoggiò la mano
sulla testa, bloccandogliela sul
pavimento di legno, infilandogli le dita minute tra i morbidi capelli
argentei.
Lo baciò, intrecciando le loro lingue, premendo con forza le
sue labbra contro
quelle di Hayato.
Gokudera si lasciò
sfuggire dei gorgoglii di piacere.
“Ti va… di avere
la prima volta con me?” chiese Tsuna.
“N-non la vorrei con nessun
altro…” esalò Gokudera.
“Però…”
disse Tsuna. Gli posò un altro bacio rapido sulle
labbra e Hayato socchiuse gli occhi, le sue iridi erano liquide dietro
le lenti
a contatto e le sue pupille dilatate.
“Però?”
chiese con un filo di voce.
“Per questa volta, solo per
questa volta, Gokudera-kun… Hayato…”.
Tsuna si mordicchiò il labbro. “Ti prego,
chiamiamoci per nome” implorò.
< Non voglio scopra il mio
difetto di pronuncia, ma non
posso rovinare il momento più bello della mia vita. Non
posso ferirlo… >
pensò Hayato.
Giocherellò con la propria
cintura e la slacciò lentamente,
passando gl’indici sulla superficie, dicendo:
“Sì, Tssssunayòssshi”.
Tsuna sorrise, socchiudendo gli occhi.
“Lo sapevo che eri un
adorabile angelo caduto. Il ‘mio’
angelo caduto” sussurrò.
Chiuse gli occhi e lo
baciò con rinnovata passione, Gokudera
ricambiò con slancio.
< Non gli è
dispiaciuto! Anche se sibilo! > pensò.
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