My Little Mermaid

di HarleyHearts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di nuovo nel mondo umano. ***
Capitolo 2: *** Un nuovo 'primo' giorno di scuola. ***
Capitolo 3: *** Rondeau fantastique sur un thème espagnol ***
Capitolo 4: *** Cannuccia rossa. ***
Capitolo 5: *** Aria di guerra ***



Capitolo 1
*** Di nuovo nel mondo umano. ***


capitolo 1
My Little Mermaid
Capitolo 1

Di nuovo nel mondo umano.


Ricominciare da zero è sempre una cosa difficile. Cambiare stato, cambiare città non sono cose così semplici, come potrebbe sembrare a semplici parole.
Fortunatamente io e mia sorella maggiore, Koko, eravamo diventate quasi delle esperte in materia.
Inoltre, nel mondo dei mostri esistono numerose agenzie che permettono ed aiutano quelli come noi ad integrarsi perfettamente nella società umana, per la maggior parte ignara della nostra esistenza, senza problemi.
Io e Koko avevamo iniziato a vivere nel mondo umano ben cinquanta anni prima, subito dopo aver finito il liceo a Waterlia; la nostra acqua natale.
Waterlia è il regno dei mostri marini, ed è costituito da buona parte dei più profondi abissi dei sette mari.
Come la maggior parte dei posti abitati unicamente da mostri, è un luogo impossibile da raggiungere se non si conoscono le varie reti autostradali marine o di canali sottomarini.
Si narrava di un tempo molto lontano in cui i Regni non esistevano ancora, così come le vecchie e ormai distrutte mura, dove uomini e mostri di ogni specie vivessero in pace e armonia.
Se queste leggende fossero vere o meno non potevo minimamente saperlo, dopotutto ero una giovane e piccola sirena di appena 1000 anni; una bambina agli occhi di molti marini.
- Sister? Hai per caso visto lo scatolone con le cose della cucina? Non riesco a trovarlo, porca balena -
La voce armoniosa di Koko mi arrivò alle orecchie non appena entrai in casa, con una piccola pila di scatoloni del trasloco tra le mani.
Arrivata nel salone li appoggiai a terra, vicino a numerosi altri simili, e mi diressi nella ampia e luminosa cucina dove trovai Koko, intenta a cercare il famoso scatolone.
- Trovato! - esclamò allegra, appoggiandolo sull'isola della cucina e passandosi una mano tra i lunghi capelli rossi.
- Vuoi una mano qui? - le chiesi cordiale.
Lei annuì con la testa, prima di iniziare a sistemare le stoviglie nella credenza.
- Domani mattina dobbiamo andare ancora a scuola. Mi spieghi perchè dobbiamo ricominciare di nuovo il liceo? -
Ascoltando il lamento di Koko, non riuscì a non trattenere un sorriso.
- Perchè papà vuole così, lo sai - le risposi - Vuole che facciamo più esperienza possibile sulla terra ferma, perchè ci sarà utile quando torneremo a casa. Cerca di guardare il lato positivo, Koko: quest'anno non saremo scortate dalle guardie di nostro padre. Saremo finalmente sole -
Nei cinquant'anni che abbiamo trascorso nel mondo umano, siamo sempre state scortate ventiquattro ore su ventiquattro da un gruppo ristretto di guardie reali, compreso il Generale delle armate marine, nonchè grande amore di mia sorella.
La rossa fece una piccola smorfia - Già - borbottò - Però un po' mi mancherà - aggiunse leggermente sottovoce, convinta di non essere ascoltata.
- Dovresti deciderti a dire quello che provi a Kelpie - le consigliai, tirando fuori dallo scatolone alcune posate - Sono secoli che gli muori dietro. Dovresti parlargli una volta per tutte -
Gli occhi celesti di Koko si sgranarono, e il viso le divenne paonazzo - S-Stai scherzando, spero! Non posso farlo e lo sai, Rosalie! - balbettò imbarazzata.
- Perchè? Si vede lontano un miglio che è innamorato perso di te -
Lei scosse la testa, ancora più in imbarazzo - Non dire cavolate, sis. Figurati se il Grande Generale Kelpie, soprannominato Il Conquistatore, è innamorato di me. Mi vede ancora come una sirenetta! E poi è molto più grande di me -
Udita l'ultima frase, le scoppiai a ridere in faccia - Ma fammi il piacere, Koko. Non tirarmi fuori la questione dell'età, perchè non ci crede nessuno; tanto meno te! -
Certo, Koko e Kelpie avevano una grossa differenza d'età, ma l'alchimia che c'era tra loro era davvero forte. A nessuno importava che lei avesse 1020 anni e lui 1600, tanto meno a loro due.
Mia sorella scosse la testa - Fidati, Rosie: tra me e lui non è storia, e non lo sarà mai -


Per il resto della giornata non toccammo più quell'argomento, e molto probabilmente Koko me ne fu segretamente grata.
Finimmo di sistemare tutti gli scatoloni nella nostra nuova casa; una deliziosa villetta a due piani, che dava direttamente sul mare.
Acton era una cittadina davvero deliziosa. Non era molto grande, ma era ricca di numerosi pregi.
La sua popolazione era abbastanza mista, e c'erano molte famiglie di mostri che vivevano qui nascoste.
A differenza di mia sorella, io ero alquanto elettrizzata all'idea di iniziare un nuovo anno scolastico.
Sono sempre stata un'inguaribile romantica, e sognavo di incontrare l'amore della mia vita proprio sulla terra ferma.
Curioso, non trovate?
Negli anni precedenti al mio arrivo ad Acton non ero stata per niente fortunata da quel punto di vista, e la lunga cicatrice che avevo tra l'incavo del collo e la scapola sinistra ne era una dolorosa prova.
Scossi la testa cercando di pensare ad altro.
Io e Koko avevamo da poco finito di cenare, e ci eravamo rifugiate ognuna nella propria camera da letto.
Erano molto simili: con un grande letto matrimoniale posto al centro della stanza, la porta finestra che dava su un piccolo balconcino e la scrivania in legno chiaro.
Sotto richiesta della rossa, avevamo allestito una terza stanza, al secondo piano della casa, come cabina armadio.
La voleva così tanto che sinceramente mi sarebbe dispiaciuto non accontentarla.
Sdraiata sul letto, sbadigliai stanca portandomi una mano davanti alla bocca, per poi spostarmi una ciocca di capelli biondi dietro all'orecchio.
L'indomani ci saremmo dovute alzare presto per andare alla scuola superiore della città, la Acton High School, per il nostro primo giorno.
Sfortunatamente avevamo avuto alcuni problemi con il camion del trasloco, e ci eravamo viste costrette ad iscriverci ad anno scolastico già iniziato.
Si trattava giusto di una sciocchezza, neanche una settimana persa, e non credevamo che la cosa ci avrebbe dato qualche problema.
Di questo ne eravamo abbastanza certe.




Angolo della mente malata:
E dopo tanto tempo dalla fine di questa storia, ho finalmente preso la decisione di riscrivere tutti i capitoli di "My little mermaid".
Se state leggendo per la prima volta questa storia vi avviso: i capitoli che presentano nel titolo il simbolo (*) sono i "nuovi" capitoli, migliorati e riscritti, quelli senza i "vecchi".
Le due storie presenteranno alcune differenze, sia dal punto di vista stilistico della narrazione sia dal punto di vista della trama.
Spero che la storia, la nuova storia, vi possa piacere <3
Vi invito a farmi sapere cosa ne pensate attraverso un commentino
io vi mando un bacino zuccheroso
- Harley ;*


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Capitolo 2
*** Un nuovo 'primo' giorno di scuola. ***


capitolo 2

Capitolo 2

Un nuovo "primo" giorno di scuola



Il mattino seguente mi svegliai abbastanza presto.
Dalla porta finestra filtravano alcuni tiepidi raggi di sole, che illuminavano dolcemente la camera.
I miei capelli biondi erano arruffati e pieni di nodi; ci avrei impiegato sicuramente una quindicina di minuti buoni per riuscire a districarli a dovere.
Anche mia sorella era già sveglia, e ciò lo compresi dal delizioso profumino che arrivava dal piano di sotto e dalla dolce melodia di un canto.
Koko, mentre stava preparando alcuni pancake alla banana, si era messa ad intonare la ninnananna che nostra madre Atylia era solita cantarci da piccole.
Amavamo entrambe quella canzone, con tutto il cuore, e molto spesso ci ritrovavamo a canticchiarla senza nemmeno rendercene conto.
- Buon giorno, Koko -
- Buon dì, Rosie - rispose, passandomi un piatto colmo di frittelle.
- Pronta per un nuovo giorno di scuola? - le chiesi.
La rossa scosse la testa - Odio andare a scuola. Le scuole umane dovrebbero venir abolite e vietate in tutti gli Stati; isole comprese - la sentì borbottare, mentre prendeva posto davanti a me.
Ridacchiai appena, prima di addentare un pezzo di pancake - Non esagerare, sorellina. Le scuole umane non sono tanto male -
Mi fulminò con lo sguardo - Ed io sono un pesce palla - commentò, con velato sarcasmo - La scuola a Waterlia non era così. Qui insegnano quelle stupide materie come la storia e la fisica. Sparano così tante stronzate, che fatico a non scoppiare a ridere ogni volta durante le lezioni -
La sirena maggiore non aveva tutti i torti.
Dovendo tenere nascosta l'esistenza del sovrannaturale agli occhi degli esseri umani, molti fatti storici erano stati modificati e censurati, rendendoli così più adatti per loro. Così come anche le scienze. È impossibile spiegare, scientificamente, come funziona la magia nel nostro mondo.
Ci sono innumerevoli cose che non ci è permesso conoscere, o rivelare.




   Finita la colazione, finimmo di prepararci per andare a scuola.
Pur essendo creature millenarie, quasi tutti i marini dimostrano fisicamente un'età compresa tra i quindici e i venti anni. Cresciamo fino ai 50 anni, poi il nostro metabolismo si blocca, rendendoci degli eterni adolescenti.
A Waterlia usavamo celebrare una cerimonia raggiunti i cinquant'anni d'età, essendo considerata da noi come il raggiungimento della maggiore età.
Gli unici marini a fare eccezione sono gli uomini-pesce, ma il loro è tutt'altro caso.





  - Hai preso tutto? Sei sicura di non aver dimenticato niente? -
Alzai gli occhi al cielo, esasperata - Sì, mamma. È la quinta volta che me lo chiedi. Ho preso tutto; tranquillizzati -
Koko mi lanciò una rapida occhiata prima di mettersi a fare manovra con la sua Mini Cooper rossa fiammante, per poter posteggiare nel piccolo parcheggio davanti alla scuola.
- Scusami - disse - È che sono troppo nervosa. Non sappiamo nemmeno se abbiamo lo stesso orario! E se ci hanno messo in corsi differenti? - gemette quasi, uscendo insieme dalla vettura - Non lo sopporterei -





  - Il Karma mi odia. Non trovo altre spiegazioni! - fu questo quello che esclamò, non appena mise a confronto i nostri due orari, completamente diversi.
- Nessuna lezione in comune. Nemmeno una! Per i Sette Mari, come è possibile? - si lamentò sconvolta, riporgendomi il foglio e sistemandosi sulla spalla la borsa in tela verde che conteneva i suoi libri.
- Cerca di guardare il lato positivo - cercai di rassicurarla - Potremmo vederci durante le pause, e a casa dopo la scuola. Non è la fine del mondo -
Koko si lasciò sfuggire un verso stizzito, mentre osservava con mal celato disgusto la tabella tra le proprie mani.
- La fai facile te, sister. Guarda: qui c'è scritto che dovrei avere due ore di Storia in questo momento. Due! Io mi rifiuto - esclamò con indignazione, facendomi scoppiare a ridere di gusto.
Lei mi fulminò con lo sguardo - Non ridere, sciagurata di una sorella -
Risi ancora di più, e in tutta risposta mise su un broncio alquanto infantile e buffo - Lieta di averti rallegrato la giornata - bonfocchiò indispettita.





 Alla prima ora avevo una lezione di Musica, e dovetti incamminarmi alla ricerca dell'aula giusta. Trovai senza difficoltà l'aula 420, e senza pensarci due volte mi fiondai dentro.
Era molto ampia e ben illuminata da una lunga fila di finestre scorrevoli, poste davanti a me.
I banchi erano divisi in due file, ed erano da due posti ciascuno. Infondo alla stanza riuscì a scorgere diversi strumenti musicali, tra cui un meraviglioso pianoforte a coda in vernice scura.
A Waterlia non esiste sirena o marino che non ami la musica.
È quasi una parte di noi, e non possiamo vivere senza.
In mille anni di esistenza ho avuto molto tempo per studiare diversi strumenti musicali, umani e non, e potevo vantare di saperli suonare alla perfezione.
Noi sirene non possediamo solo una magnifica voce, capace di incantare chiunque ci ascolti, ma anche un'ottima predisposizione nel poter apprendere ed amare la musica nella sua completezza, qualsiasi sia la sua forma.
Una ragazza mi si avvicinò subito, con un grosso e luminoso sorriso stampato in viso - Ciao! - esclamò raggiante.
- Ciao - ricambiai il saluto, con un lieve sorriso.
- Tu devi essere una delle nuove ragazze, vero? Io sono Sophie. È un piacere fare la tua conoscenza -
Sophie era una ragazza molto piccola ed esile di corporatura, con un simpatico caschetto biondo e dei luminosi occhi azzurri.
A primo impatto, mi sembrò subito una ragazza molto simpatica e allegra.
Mi diede proprio una bella prima impressione.
- Sì, sono io - risposi con un sorriso - Io sono Rosalie, e il piacere è tutto mio -
La piccola bionda mi invitò a sedermi insieme a lei, ad uno dei tavoli infondo alla classe, per parlare e conoscerci meglio; accettai di buon grado, e la cosa rese felicissima Sophie.
Parlammo di parecchie cose, fino a quando non venimmo disturbate dall'eccessivo brusio di un gruppetto di ragazze, prese a parlottare ed urlecchiare tra di loro.
Sembravano eccitate per qualcosa, o forse era solo la mia immaginazione.
- Lasciale perdere - mi consigliò Sophie, lanciando un'occhiata di sbieco al gruppetto urlante.
- Sembrano molto... esaltate - osservai - Come mai? -
L'umana al mio fianco si lasciò sfuggire una piccola smorfia di disappunto - Quello che vedi è una piccola parte del fans-club dei Lightwodd; i ragazzi più popolari e amati dell'istituto. Sfortunatamente ne abbiamo in classe due su tre, e le oche sono così esaltate perchè staranno arrivando - sospirò, appoggiando una guancia contro il palmo di una mano.
Un fans-club? Sul serio?
- Hanno creato davvero un fans-club per tre ragazzi? Non è un pelino una esagerazione? - chiesi confusa.
Gli occhi di Sophie, sentendo le mie parole, si illuminarono ed annuì con decisione - Santo Coniglio, finalmente qualcuno che la pensa come me! - esclamò - Anch'io trovo che sia una bella esagerazione. Oggettivamente tutti e tre sono molto belli, ma un fans-club tutto loro? Per carità - finì alzando le mani al cielo, in una posa molto teatrale che riuscì a strapparmi un sorriso divertito.
- Hanno anche un carattere, passami il termine, davvero di merda. Sono insopportabili -
- Sono tanto pessimi? - mi permisi di chiedere.
Dal tono che aveva utilizzato la bionda, in un primo momento pensai persino che stesse parlando di un gruppo di fratelli malavitosi.
Come potevano tra semplici umani essere tanto tremendi?
- Peggio! - rispose, con enfasi, prima di lanciare una rapida occhiata all'ingresso - Guarda tu stessa -
Seguendo lo sguardo celeste di Sophie, mi ritrovai ad osservare due ragazzi fare il loro ingresso in aula.
Camminavano a testa alta e avevano un portamento quasi regale.
Entrambi pallidi come lenzuoli, ma completamente diversi nel resto dell'aspetto esteriore.
Il primo era incredibilmente basso per lo standard medio di un giovane umano, quasi un metro e sessanta a prima vista.
La prima cosa che saltava all'occhio della sua figura erano senza ombra di dubbio i capelli: corti e di un tintissimo rosso Ferrari.
Gli occhi invece erano di un castano tanto chiaro da sembrare quasi ambra; un colore davvero insolito per un essere umano.
L'altro ragazzo però non sfigurava in bellezza.
Decisamente molto più alto del rosso, i capelli biondo cenere gli ricadevano morbidi sino alle spalle e gli occhi avevano il medesimo colore dell'altro.
- Quando si dice: "Si parla del Diavolo, e spuntano le corna" - mi sussurrò Sophie ad un orecchio mentre, senza dare troppo nell'occhio, indicava i due ragazzi - Il nanetto da giardino è Alec, ed è il fratello Lightwood più piccolo; in tutti i sensi. Ha un ego talmente smisurato da compensare abbondantemente la sua mancanza - spiegò, lanciando un'occhiataccia al diretto interessato che, notata la bionda osservarlo, le rivolse un sorriso seguito da un occhiolino.
Sophie non fece nulla per nascondere l'espressione di puro disgusto, che le sfigurò momentaneamente il volto.
- È un completo idiota - concluse, prima di iniziare a parlare dell'altro ragazzo.
Il biondo era occupato a parlare, o ascoltare con finto interesse, la lunga sfilza di elogi che una ragazza mora gli stava tessendo.
- Lui è Caius, il secondo genito. Ha la stessa identica fama del fratello, nè più nè meno. Forse l'unica differenza è che eccelle in maniera mostruosa in musica. È il cocco di tutti i professori -
Più osservavo quel ragazzo, più sentivo che aveva qualcosa che non andava.
"Forse non è umano" pensai, e molto probabilmente era l'ipotesi più azzeccata.
Sono innumerevoli i mostri che si iscrivono e studiano in scuole umane. Sono sempre stati alquanto comuni e diffusi; ma quei ragazzi... avevano qualcosa che non andava.
Niente di buono, sicuramente.
Sentendo il mio sguardo su di lui, Caius Lightwood si voltò nella mia direzione.
Non seppi dire se quello che ci fu, in quei pochi secondi in cui i nostri sguardi rimasero incatenati fra loro, fosse un colpo di fulmine o qualcosa del genere.
Di una cosa ero certa: non avevo mai visto, in tutta la mia lunga esistenza, occhi più belli ed espressivi di quelli di Caius Lightwood.












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Capitolo 3
*** Rondeau fantastique sur un thème espagnol ***


capitolo 3
Capitolo 3
Rondeau fantastique sur un thème espagnol



- Guarda un po'! Abbiamo carne fresca -
Il commento di Alec riuscì a farmi distogliere lo sguardo dal fratello, e riacquistare un minimo di lucidità.
Il rosso si era avvicinato al nostro banco, con un sorriso davvero poco raccomandabile dipinto sul volto, facendo irrigidire di conseguenza la bionda al mio fianco che non sembrava per niente felice di vederlo.
Sembrava esserci qualcos'altro, oltre all'antipatia che la ragazza provava nei suoi confronti; avevo intravisto una strana luce negli occhi chiari di Sophie, che non riuscivo ad interpretare appieno.
Un passato che, al momento, mi era completamente sconosciuto.
- Ciao, coniglietta! -
Lo sguardo della bionda si indurì maggiormente.
Odiava profondamente quel nomignolo, con tutta se stessa.
- Come stai? -
- Stavo decisamente meglio prima - rispose, piccata.
Alec finse un'espressione mortificata - Con tali parole ferisci il mio povero cuore, mia dolce Sophie - affermò, appoggiando il palmo aperto della mano destra sul cuore.
La bionda replicò con un verso stizzito - Come se ce l'avessi un cuore, tu -
Il suo fu appena un sussurro, che grazie al mio ottimo udito riuscì a sentire perfettamente.
Ora ne ero sicura.
C'era stato qualcosa tra quei due, che aveva portato Sophie ad odiare così tanto il ragazzo dai tinti capelli rossi.
- Chi è la tua amica? - chiese una terza voce, sconosciuta.
Alzai appena il viso, ed incontrai nuovamente gli occhi ambrati di Caius Lightwood.
Era stato lui a parlare.
Aveva un bel timbro di voce, pensai. Non era nè troppo bassa e roca, ma nè troppo alta; era una voce... perfetta.
- Sono Rosalie Fay, la nuova alunna - risposi, con semplicità, muovendomi sulla sedia.
A Waterlia sono sempre stata abituata a stare sotto gli sguardi, insistenti o meno, di numerose persone di spicco della società mostruosa; creature peggiori degli squali, pronte ad azzannarti al più piccolo errore.
Nonostante ciò, lo sguardo del biondo davanti a me era qualcosa di ben peggiore; sembrava scavarti dentro e studiarti, nel più piccolo e minuzioso dettaglio.
Nessuno mi aveva mai guardata così, e la cosa mi metteva fortemente a disagio.
- Rosalie? - chiese leggermente stranito, e con l'accenno di una sorriso divertito dipinto sulle labbra carnose - Non è un nome un po'... antico? -
Stava davvero criticando il mio nome? Aveva davvero la faccia tosta di farlo?
Proprio lui?
Dovetti trattenermi dal ridergli, in maniera davvero poco principesca, in faccia.
- Interessante detto da uno che si chiama Caius - commentai, inarcando un sopracciglio.
I suoi lineamenti parvero irrigidirsi per un momento, ma fu solo per pochissimi secondi.
Nessun essere umano se ne sarebbe mai accorto, ma grazie alla mia natura me ne accorsi. Eccome se me ne accorsi.
Quella piccola risposta gli aveva dato fastidio, ed io stavo gioendo dentro.
1-0, per me. Prendi e porta a casa, tesoro.
Il ragazzo sembrava pronto a ribattere, molto probabilmente con qualche battuttina picca, ma venne interrotto dall'ingresso in aula della professoressa che abbaiò un - Ai vostri posti, ragazzi - per poi sedersi dietro alla cattedra in legno chiaro.
Caius ed Alec presero posto esattamente davanti a noi, e la povera bionda gemette per la frustrazione.
Non impiegai molto a comprenderne il motivo.
Alec diede fastidio alla mia compagna di banco per tutto l'arco della lezione, non lasciandole nemmeno un secondo di respiro.
Continuava a lanciare nella sua direzione bigliettini su bigliettini, nonostante la ragazza li stracciasse costantemente senza nemmeno dargli una mezza occhiata.
La professoressa Smith, dopo una rapida e noiosa presentazione, iniziò a far passare lo sguardo sull'elenco degli studenti presenti.
Era una donna sulla cinquantina, con i capelli neri arruffati e gli occhi piccoli e scuri.
La cosa che mi colpì maggiormente nella sua figura furono gli occhiali appoggiati sulla punta del naso; rossi a pois bianchi.
- Noto con piacere che anche quest'anno ho nel mio corso i due fratelli Lightwood - constatò ad alta voce, posando lo sguardo sui diretti interessati.
L'espressione sul volto della docente parve addolcirsi - Come avete passato le vacanze, cari? -
Il tono smielato con cui lo chiese mi fece venire i brividi; e lo stesso valse per Sophie al mio fianco.
- Molto bene, professoressa Smith; la ringraziamo per l'interessamento. Anche se in verità... ci sono mancate terribilmente le sue meravigliose e sublimi lezioni - rispose Caius, con un ampio sorriso dipinto in volto.
Lecchino.
Caius Lightwood era il peggior lecchino che avessi mai conosciuto in tutta la mia vita.
Parola mia.
La donna arrossì imbarazzata - Non dire così, Caius. Mi fate arrossire - cinguettò, allegra.
Sgranai gli occhi sconvolta, non riuscendo a credere a ciò che stavo vedendo e sentendo.
Sembrava palese solo a me e Sophie che quei due la stavano palesemente prendendo in giro? Come faceva a non rendersene conto, Santo Poseidone?
- Che dite, ragazzi? Vi va di inaugurare il nuovo anno scolastico con qualche pezzo, suonato da voi? - domandò smielata la docente, con gli occhi che le luccicavano.
Vi prego passatemi un sacchetto; sto per vomitare.
- Non vorremmo intimorire... i nuovi arrivati -
Mentre pronunciava queste parole, Caius Lightwood si girò palesemente nella mia direzione.
Ammiccò pure, il pallone gonfiato. Come se un paio di brani suonati da due mortali, potessero "intimorire" una sirena millenaria come me.
Le sirene, e tutti i marini nella maggioranza, sono nati per saper suonare idilliacamente.
Riusciamo a percepire anche i più piccoli ultra suoni con il nostro udito, e ci è praticamente impossibile sbagliare anche solo la più lieve delle sfumature.
Siamo le macchine da guerra per la musica.
Quel biondino iniziava a darmi parecchio fastidio, specialmente per i suoi modi di fare.
- Vorrà dire che faremo iniziare qualcun'altro, e il meglio lo lasceremo per ultimo - settenziò Mrs. Smith, sorridendo ai suoi due prediletti.
Ma è legale comportarsi così? Ok avere delle preferenze, ma così mi sembrava esagerato, poco consono e davvero poco professionale da parte di una donna della sua età.
- Rosalie Fay... Sei nuova, giusto? - sentendomi chiamare in causa dalla donna dagli orribili occhiali, mormorai un educato "Sì, professoressa".
Lei mugugnò in risposta, assumendo un'espressione alquanto pensierosa.
- Sai suonare qualche strumento? - domandò annoiata, senza guardarmi e tenendo lo sguardo scuro sul suo registro, mentre picchiettava una biro nera contro la superficie liscia della cattedra.
- Pianoforte, chitarra, violino e violoncello -
Ufficialmente parlando.
Non potevo di certo dirle che sapevo suonare tutti gli strumenti umani e non; non mi avrebbe mai creduto.
La mia risposta non sembrò colpirla più di tanto, anzi; sembrava ancora più annoiata rispetto a prima. Come se non avessi parlato affatto.
- Interessante. Ti va di suonare qualcosa? Gli strumenti sono in fondo all'aula -
Nemmeno questa volta alzò lo sguardo verso di me mentre parlava. La cosa iniziava a darmi davvero fastdio; molto di più rispetto al sorrisino sornione di Caius.
Cosa avesse tanto da sorridere lo sapeva solo lui.
Potevo lanciargli contro un clarinetto, per far sparire quell'odioso sorrisino impudente?
Ero davvero tentata, ma decisi saggiamente di non far niente; non sarebbe stato un comportamento degno di una sirena del mio calibro.
Sotto gli sguardi curiosi ed attenti dei miei compagni, presi posto sullo sgabello davanti al pianoforte dopo aver mormorato un "Va bene", rivolto alla professoressa.
Seppur sentissi tutti quelli sguardi addosso, non ero per niente nervosa o agitata.
Come già detto, ero abituata a sentirmi sotto gli sguardi di numerose persone; quella situazione era una sciocchezzuola per me.
Però, tra tutti quegli sguardi, sentivo perfettamente quello del biondo Lightwood perforarmi il petto.
Il suo sì che mi dava fastidio.
Forse gli avrei dovuto lanciare contro l'intero piano, con tanto di sgabello al seguito; avrebbe fatto molto più male, sicuramente.
Dal nostro posto Sophie mi regalò un dolce sorriso per rassicurarmi, e mimò con le labbra un "In bocca al lupo".
Il suo modo per rassicurarmi mi fece sorridere di rimando.
Quella ragazza era un vero tesoro. Parola di sirena.
Davanti alla bionda, Alec cercava di attirare la sua attenzione in svariati modi senza successo, mentre Caius era ancora lì ad osservarmi.
Il suo era uno sguardo che non riuscivo ad interpretare appieno. C'era divertimento e scherno, questo lo leggevo chiaramente, ma c'era anche altro.
Una luce chiara; quasi impercettibile.
Non riuscivo proprio a comprendere, allora, di cosa si trattasse. O forse ero semplicemente troppo ottusa per capirlo.
Quello sguardo e il sorriso divertito, accesero una miccia dentro di me.
Avrei potuto suonare un brano comune, conosciuto anche dal più ignorante in fatto di musica classica, ma non lo feci.
Quel giorno peccai di grave arroganza e d'egocentrismo, ma se potessi rifarei tutto da capo. Immutato.
Volevo far vedere, in parte, chi ero davvero e mostrare, sempre in parte, le mie capacità.
Le mie dita si mossero da sole, consce di ciò che stavano facendo, rapide e precise.
Per la gioia dell'udito dei presenti stavo suonando "Rondeau fantastique sur un thème espagnol".
Smisi di suonare alla fine del brano, nell'esatto momento in cui sentì la penna della professoressa Smith cadere a terra e sotto gli sguardi increduli dei miei compagni.

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Capitolo 4
*** Cannuccia rossa. ***


capitolo 4
Capitolo 4
Cannuccia rossa.

- Sei stata magnifica! - trillò, allegra e meravigliata, Sophie nel corridoio della scuola, mentre ci stavamo dirigendo verso la mensa per la pausa pranzo.
La piccola bionda era così euforica, dopo la lezione di musica, da aver iniziato a gesticolare con movimenti molto ampi mentre parlava, senza rendersene nemmeno conto.
- Dio santo, la faccia dei Lightwood! Dovevi vederla. Li hai sgonfiati per bene quei palloni gonfiati! - esclamò, dandomi una simpatica pacca sulla spalla, prima di battersi il palmo della mano sulla fronte - Avrei dovuto fare una foto... o un video! Avrei dovuto fare un video, per tutti i cracker al formaggio -
La sua reazione mi fece ridacchiare divertita.
Quella ragazza era davvero una forza della natura, e più passava il tempo più mi stava simpatica.
All'ingresso della mensa ci stava aspettando, appoggiata al muro con le braccia incrociate, un'incazzosa Koko.
Molto probabilmente a lei non era andata bene come a me.
Non appena si accorse della mia presenza, e di quella di Sophie al mio fianco, si tirò su.
- Ho sentito che hai fatto un figurone, sorellina. Siamo solo al primo giorno di scuola, e già hai una discreta fama - mi appoggiò una mano sulla spalla, e con l'altra si asciugò una lacrima invisibile - Sono così fiera di te, Rosie! - esclamò, fintamente commossa, prima di voltarsi verso la mia amica bionda.
La rossa si aprì in un ampio sorriso, e le porse una mano - Ciao! Io sono Koko, la meravigliosa sorella della bionda al tuo fianco -
La modestia è sempre stata una sua grande qualità.
- Io sono Sophie, piacere di conoscerti -
Sophie e Koko fecero amicizia quasi immediatamente.
Quelle due sembravano essere sullo stesso livello d'onda, e non ero sicura se fosse un bene per la sottoscritta.
Sopportare una pazza per volta è una cosa, due insieme tutt'altra.
La mensa era colma di ragazzi di ogni tipo, e faticammo non poco nel riuscire a trovare un posticino dove sederci tutte e tre insieme.
Alla fine riuscimmo a trovare un posto in una tavolata libera, infondo alla sala, non molto lontana da una delle finestre che davano sulle chiome alberate del cortile scolastico.
Mentre camminavamo verso il tavolo, con in mano i nostri vassoi colmi di cibo, io e mia sorella venimmo squadrate dagli occhi curiosi di numerosi nostri compagni d'istituto.
La maggior parte dei ragazzi ci osservava incuriositi, ma alcune ragazze ci squadravano dall'alto al basso con sufficienza.
La cosa mi fece sorridere; se c'era qualcuno che poteva farlo, quelle eravamo io e mia sorella, ma eravamo superiori a certe sciocchezze.
L'invidia femminile era una creatura davvero curiosa.
- Lasciatele perdere - disse Sophie, mentre ci sedevamo al tavolo, indicando con la testa il gruppetto di ragazze che ci stavano uccidendo con lo sguardo - Sono solo un branco di oche starnazzanti. Ignoratele; non meritano alcuna attenzione -
Le sue parole riuscirono ad incuriosirmi ancora di più.
- Chi sono? -
- Il fan-club dei Lightwood - rispose lei, facendo quasi strozzare mia sorella con la bibita che stava bevendo.
- No, aspetta - intervenne Koko, sgranando gli occhi ed appoggiando sul tavolo il bicchierone di carta - Quelli hanno un fan-club? Un vero fan-club? Con tanto di spillette e stronzate varie? -
Sophie annuì con la testa, prima d'iniziare a condire la propria insalatona.
"Sul serio? E chi diavolo sono, Paris Hilton?" mi chiese telepaticamente Koko, facendomi sorridere involontariamente.
È caratteristica dei marini la comunicazione telepatica, ma non funziona con tutti. C'è bisogno che ci sia un forte legame emotivo tra le due creature, per permettere la comunicazione.
Permettere a qualcuno di entrare, momentaneamente, nella propria testa o viceversa è qualcosa di davvero molto delicato; non si può fare con chiunque.
Per farlo utilizziamo delle onde telepatiche, molto simili a quelle che usano gli Atlantidei per comunicare con la fauna marina.
- Non saprei dirvi se sono peggio loro o il loro fan-club - ci confidò - Quelle sono fuori di testa -
- Quanto fuori di testa? - chiesi.
- Tanto da minacciare tutte le ragazze del primo anno, perchè i Lightwood sono "di loro proprietà" - mimò la virgolette, con una smorfia sul volto - Manco fossero degli immobili -
- Quindi tanto pazze da meritarsi un posto d'onore ad Arkham - ridacchiò Koko.
Sia io che Sophie l'osservammo confuse, non capendo la sua battuta.
- Arkham Asylum - aggiunse, aspettandosi una qualche reazione da parte nostra - Ma solo io leggo Batman? -
Al mio fianco sentì Sophie trattenere un gemito, e il motivo era uno solo: i Lightwood stavano venendo verso il nostro tavolo.
Con Alec e Caius c'era anche un terzo ragazzo, che dedussi essere grazie ai racconti di Sophie il terzo Lightwood, Lucius.
Era molto più alto dei suoi fratelli, e spesso il doppio. I capelli erano lunghi come quelli del biondo, ma di un castano molto scuro.
Quando tutti e tre furono molto più vicini, notai che il maggiore indossava una giacca sportiva; doveva essere un giocatore di football, o qualcosa di simile.
- Salve, ragazze - esclamò Alec, con un ampio sorriso, sedendosi vicino ad una indispettita e contrariata Sophie - Possiamo sederci con voi? -
- Lo hai già fatto - gli fece notare piccata la bionda, lanciando un'occhiataccia ed allontanandosi leggermente dal rosso, per avvicinarsi di conseguenza a me.
In questo modo mi trovai bloccata tra lei alla mia sinistra e Caius, che si era appena seduto, alla mia destra.
Quest'ultimo sembrava non voler staccare per un momento i suoi occhi ambrati da me; e la cosa mi fece provare un brivido alla spina dorsale.
- Oggi durante musica sei stata davvero molto brava - si complimentò, avvicinandosi ulteriormente - Sono in pochi a saper suonare quel pezzo, e ancora meno quelli in questa scuola a conoscerlo -
Non lo osservavo nemmeno, troppo presa dal vivisezionare quello che doveva essere polpettone nel mio piatto.
- Davvero? - chiesi, distratta.
Lo sentì avvicinarsi maggiormente, e non potei non notare il freddo che emanava il suo corpo.
- Dove hai imparato a suonare così? - chiese, troppo vicino.
Feci il madornale errore di voltarmi, e guardarlo in viso.
Non potevo negarlo: Caius Lightwood era davvero bellissimo. Di una bellezza particolare, quasi eterea ed unica.
Con la sua vicinanza, riuscì a notare una serie di dettagli che precedentemente non avevo potuto notare e mi erano sfuggiti.
La pelle priva di imperfezioni o segni di altro genere.
Gli zigomi alti e marcati.
I capelli biondi lunghi, con alcune ciocche più scure e più chiare nascoste in mezzo alle altre, e quella lieve sfumatura rossa negli occhi.
- Dono naturale - risposi, prendendo un lungo sorso della mia Diet Coke con la cannuccia colorata.
Mi bloccai un attimo, con ancora la cannuccia rossa tra le labbra.
Cannuccia rossa.
Rossa.
Sfumatura rossa.
Sfumatura rossa, negli occhi.
Occhi rossi.
Porca Baleniera.
Stavo proprio sul culo al karma. Dovevo avergli fatto qualche torto, in una vita precedente.
La bibita mi andò lievemente di traverso, e mi ritrovai a tossire un paio di vote.
Caius al mio fianco fu incredibilmente veloce, e mi battè delicatamente una mano contro la schiena.
- Ehi, stai bene? - chiese, sinceramente preoccupato.
Annuì, ancora rossa in volto.
Mia sorella mi osservò preoccupata, ma la rassicurai con uno sguardo.
Quante potevano essere le possibilità affinchè due sirene, tre vampiri e un'umana si trovassero tutti seduti allo stesso tavolo?
Non nutrivo una forte simpatia per la loro razza; e tutto ciò era legato ad un evento spiacevole avvenuto qualche anno prima.
Come già detto, sono sempre stata un'inguaribile romantica e mi feci incantare dalle belle parole d'amore di un vampiro che frequentai per un periodo qui sulla terra.
Agli inizi non sapevo fosse un mostro, ero convintissima fosse un semplice essere umano.
Si chiamava Marcus e, all'epoca, pensavo che quello che provavamo l'uno per l'altra fosse "amore".
Ero stata incredibilmente sciocca nel pensarlo. Quello che provavo per lui era semplice infatuazione, nulla di più, ma essendo giovane non me ne ero resa minimamente conto.
Il nostro non era stato un rapporto... sano.
Marcus, come molti della sua razza, era inspiegabilmente geloso e possessivo nei miei confronti.
Mi proibiva innumerevoli cose, come vestirmi in un certo modo o anche solo parlare con altri ragazzi, e stupidamente credevo che lo facesse per il mio bene e che fosse giusto così.
Mi sbagliavo incredibilmente, e fu mia sorella a farmi aprire gli occhi facendomi comprendere che quello che c'era tra me e Marcus non era un bel rapporto.
Fu Koko a spingermi a lasciarlo, e a chiudere tutti i ponti con lui; ma Marcus non prese bene la cosa.
Tanto da aggredirmi, rivelando la propria natura, e squarciandomi buona parte del collo con i denti.
I ricordi di quella sera mi fecero venire dei lunghi brividi, che mi colpirono in pieno la spina dorsale.
Cercai consolazione, nuovamente, nella mia bibita zuccherata, tentando di portare la mia concentrazione su altro.
- Domani sera Camille da la sua festa d'inizio anno scolastico. Voi venite? -
Riportai lo sguardo sul vampiro biondo.
Chi era Camille?
Percependo la mia confusione, Sophie si affrettò a spiegarmi.
- È la capo cheer-leader della scuola, e ogni anno organizza una mega festa a cui, stranamente, sono sempre invitati tutti -
Dal tono usato dalla bionda, io e mia sorella capimmo che questa Camille forse non era di certo la bontà fatta a ragazza.
Lanciai una rapida occhiata a Koko, seduta davanti a me, prima di dare una risposta - Non credo sia una buona idea - commentai infine.
- Ma dai! - esclamò, contrariato Alec - Sarà divertente, e vi sarà utile per fare nuove conoscenze visto che siete nuove di qui - tentò di tentarci il rosso, iniziando ad elencare tutte le cose, a suo dire, belle e divertenti che ci sarebbero state la sera successiva.
- Ci penseremo - buttò giù Koko, riuscendo così a zittire il ragazzo dai capelli tinti.
Alzai appena lo sguardo per vedere la sua espressione, e tornai a dedicarmi al cibo che avevo nel vassoio, come gli altri al nostro tavolo.
Di tanto in tanto Alec continuava a punzecchiare una povera ed esasperata Sophie, mentre Caius mi osservava in silenzio.
Non mi piaceva avere dei pregiudizi sulle persone, umani o mostri che fossero, e non mi piaceva provare quella sensazione di disagio per colpa del biondo.
Non potevo sapere a priori se Caius fosse un vampiro cattivo o meno, ma le sue attenzioni nei miei confronti mi spaventavano non poco.
Per assurdo, se Caius fosse stato un semplice essere umano o un mostro di altra natura, non avrei avuto tutto quel timore.
Ne ero più che sicura.
- Non vorrei farti pressioni... - iniziò, con un sussurro, Caius al mio fianco - Ma mi farebbe molto piacere se venissi domani sera -
In quel momento, Caius mi parve una persona diversa.
Una persona molto meno presuntuosa ed arrogante.
Potevano delle parole appena sussurrate sconvolgermi così tanto?
Senza nemmeno rendermene conto, le guance mi si colorarono di un lieve rosa ed abbassai lo sguardo imbarazzata; cosa che non passò inosservata agli occhi attenti del biondo.
Il suono della campanella non mi parve mai così melodioso come quel giorno.

Dopo la pausa pranzo sia io, Sophie che i due fratelli Lightwood ci spostammo nell'aula di matematica, per passarvi le seguenti due ore.
Mi sarei preferibilmente voluta sedere vicina alla ragazza bionda, ma Alec fu molto più rapido di me e si sedette lui per primo vicino a lei, facendomi così ritrovare costretta a sedermi nel banco davanti, insieme a Caius, e sotto gli sguardi furiosi di un paio di ragazze della classe.
Iniziavo a trovarla davvero ridicole; mi ero solo seduta vicino a lui.
Manco gli avessi chiesto di sposarmi o cose del genere.
Se ci tenevano tanto al posto di fianco al vampiro che si alzassero, muovessero le loro umane chiappe e venissero a reclamarlo.
Io glielo avrei ceduto più che volentieri.
- Lo so che forse è un po' presto per chiedertelo, ma cosa  ne pensi di Acton? Come ti stai trovando? - mi chiese Caius, iniziando a tirar fuori dallo zaino il libro di matematica.
La sua domanda mi colse leggermente impreparata.
- In effetti è un po' prestino per poter dare una vera e propria risposta. È solo il primo giorno, dopotutto - risposi, lievemente a disagio a causa della sua vicinanza.
Era una mia impressione, o si era proteso con il corpo verso di me?
Non me lo ero immaginata, vero?
- Hai ragione. È effettivamente un po' presto per chiederti una cosa del genere - lo sentì ridacchiare.
Anche lui sembrava stranamente imbarazzato, e la cosa mi stupì non poco.
Poche ore prima era stato a dir poco odioso nei miei confronti, mentre ora era tutto... gentile?
C'era qualcosa che non andava affatto.
Forse soffriva di un disturbo di personalità multipla.
Spostai lo sguardo un paio di volte verso la cattedra e l'ingresso dell'aula, ma del docente non sembrava esserci traccia alcuna.
- Stai tranquilla. Il prof Jeckins arriva sempre in ritardo - cercò di rassicurarmi lui - A proposito: a che punto sei con i programmi? -
Mi strinsi nelle spalle, recuperando il quaderno per gli appunti.
- Sono giusto indietro in poche materie - mentì.
Avevo ripetuto così tante volte gli anni scolastici umani, da saperli veramente a memoria.
Anche se effettivamente rispetto al programma della vecchia scuola, e a causa delle assenze forzate, fossi indietro in alcune materie la cosa non avrebbe dato alcun problema.
- Se hai bisogno, posso darti una mano per recuperare - si offrì lui - Non per vantarmi, ma eccello in tutte le discipline scolastiche, e non ci sarebbe candidato migliore di me per darti una mano a recuperare gli argomenti persi - raccontò, con malcelata modestia, insospettendomi al medesimo tempo.
E tutto questo interessamento nasceva dal nulla, ed era privo di secondi fini?
Non credevo proprio.
Non ero una sciocca; sapevo che al vampiro interessava tutt'altro che il mio programma scolastico.
Che fosse attratto dal mio sangue, e cercasse assurde scusanti per indurmi ad andare nella tana del vampiro?
Mi risultava parecchio strano.
Da quanto avevo capito, e visto, era un ragazzo popolare e, per dirla molto schiettamente e senza giri di parole, il sangue fresco non gli mancava affatto.
- Non ti devi disturbare - risposi - Penso che me la caverò da sola. Come ho già detto, non ho molta roba da recuperare -
L'espressione contrariata che gli si dipinse in volto era alquanto eloquente.
Sembrava quasi infastidito dalla mia risposta, e molto probabilmente lo era davvero.
- Dì la verità... - se ne uscì, poco dopo, con un tono di voce completamente diverso - Ti sto proprio sul culo? - chiese, serio in volto.
- Cosa? No! - squittì - Non mi stai sul culo -
Solo a me quella risposta risultava un'enorme palla?
- Ne sei sicura? A me sembra proprio il contrario - mi fece notare, con un sorriso tirato.
- Non mi stai sul culo - ripetei - Non ti conosco nemmeno -
In fondo era vero. Non lo conoscevo affatto Caius, e non potevo già affermare se mi stesse sul culo o meno con sicurezza.
Il biondo non parve affatto convinto dalle mie parole, e la cosa mi fece... sentire strana.
Non era una bella sensazione, proprio per niente.
- Ok. Senti... - lo chiamai, mossa dai forti sensi di colpa - Verrò alla festa di domani -
Fu quando vidi l'ampio e luminoso sorriso sul viso del vampiro, che capì che mi ero scavata la fossa con le mie stesse pinne.


ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
E dopo secoli e secoli, e secoli... ecco un aggiornamento di MLM ;-;
Alec si è offeso parecchio. Dice che sono una creatrice orribile (e forse ha ragione).
Che dire?
Mi trovo in difficoltà.
La storia da questo punto in poi sta prendendo una piega diversa, rispetto a quella della vecchia storia.
Per questo, oggi 9 luglio 2017, pubblicherò prima questo ( ed i prossimi) capitolo su Watty e poi aggiornerò in blocco su EFP.
Come già sapete, su Watty non ho cancellato i vecchi cap ma ho semplicemente annullato la pubblicazione, mentre su EFP ci sono ancora pubblici quelli vecchi e non posso fare molto se non voglio perdere i commenti ecc ;-;
Ahimè!
Un'altra cosina: visto che c'è gente che aspetta da tanto (tanto tanto tanto) inizierò a pubblicare anche MLCB.
Ho finito il primo capitolo e devo iniziare a trascriverlo.
Spero di riuscire a finirlo il prima possibile >.<
- Harl

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Capitolo 5
*** Aria di guerra ***


capitolo 5
Capitolo 5
Aria di guerra


- Tu hai fatto cosa? - domandò sconvolta Koko, lasciando la padella sul fornello, e voltandosi completamente verso di me, seduta al tavolo della cucina.
Alzai le spalle, con espressione colpevole - Ho accettato la proposta di quel vampiro. Dopotutto è solo una festa... che sarà mai? -
Incurante del filetto di pesce che cucinava nella padella, mia sorella mi si avvicinò sempre più preoccupata.
- Strano. Non hai la febbre - constatò, dopo aver appoggiato una mano sulla mia fronte.
La cacciai via, un poco infastidita ed esasperata.
- Sei sicura di stare bene? - continuò, imperterrita.
- Certo che sto bene, scema - sbuffai, agitandomi sullo sgabello.
Ero io ad essere agitata, o era diventato improvvisamente scomodo quell’aggeggio? 
Mi portai una mano alla testa ed iniziai a giocherellare con una ciocca bionda, con aria distratta.
- Ho solo pensato che fosse una buona idea andarci. Sai, per conoscere gente nuova e cose del genere -
Koko mi osservò in silenzio. Si voltò di tre-quarti, spense il fornello e tornò a guardarmi.
Questa volta, nel suo sguardo lessi una punta di malizia.
- Il biondino ti piace -
- Cosa? - squittì - Non è vero! -
Misi troppa enfasi nella risposta, e se ne accorse anche lei.
Inarcò un sopracciglio rosso, e non nascose l’ampio sorriso che le comparì in volto.
- Ti piace - cantilenò, convinta.
Le lanciai un’occhiataccia - Non essere ridicola, Koko. Non lo conosco nemmeno -
- Ma lo vuoi conoscere, perché ti piace - fischiettò allegra, mentre spostava i filetti su due piatti di ceramica.
Rimasi in silenzio.
- Sei tremenda - bofonchiai, prendendo il mio piatto.
- Lo so -




- Toglilo. Sacrifica troppo le tue tette -
Pigolai, disperata - Ma è già il quarto che mi fai provare! Non posso mettere il tubino nero? - 
Una domanda che sapeva tanto di preghiera.
Koko scosse la testa decisa, seduta a gambe incrociate sulla sedia di camera mia.
- Non se ne parla proprio! - sentenziò, con uno sguardo di fuoco - Devi farlo morire di crepacuore, quel vampirucolo. Il tuo tubino nero non è abbastanza. Meglio puntare su qualcosa di molto più... Ho trovato! - balzò in piedi, fulminea.
La vidi correre fuori dalla stanza, per tornare poco dopo con tra le mani tre grucce. Aveva avuto un’illuminazione.
- Con questi - ed alzò appena le braccia - Non solo farai morire quel biondino, ma darai anche una bella lezione di moda ed eleganza a tutti quanti - continuò, con aria quasi orgogliosa.
Appoggiò i tre indumenti sul letto ed io li osservai confusa, mentre iniziavo a sfilarmi il vestito che mi aveva fatto provare in precedenza.
- E sarebbe? -
Il sorriso diabolico che le si aprì in volto non preannunciava nulla di buono.
Nella maniera più assoluta.
- Che si può essere una bomba anche senza un vestito -
Mia sorella sapeva essere sconsiderata e parecchio impulsiva alle volte, ma quando si parlava di vestiti... era straordinaria.
Aveva un tocco innato, che aveva preso senza ombra di dubbio da nostra madre Atylia, nota stilista a Waterlia e nel mondo dei mostri.
Non ero mai stata brava quanto lei; mi limitavo a fare i classici abbinamenti basici, come un po’ tutti.
- Dai su, provali! Voglio vedere come ti stanno! - saltellò allegra Koko come una ragazzina, porgendoti i vestiti da indossare.
Erano tre pezzi: un pantalone liscio nero, una giacca elegante del medesimo colore ed una camicetta smanicata bianca con uno scolo leggermente basso. Semplice, non appariscente ed elegante.
Lo adoravo.
- Wow... Sembro un mostro in carriera - ridacchiai, osservando con interesse il mio riflesso allo specchio, e facendo qualche posa buffa allo stesso tempo.
Anche Koko ridacchiò lieve davanti alla mia serie di pose goffe.
- Tu sei un mostro in carriera, sorellina -
Alzai lo sguardo verso di lei, confusa.
Io? Un mostro in carriera? Ma da quando?
- Non è vero, Ko’! Non lo sono mai stata -
Lei scosse la testa, avvicinandosi ed appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle.
- Non voglio uscirmene con frasi filosofiche o d’effetto; non sono il tipo, lo sai. Ti chiedo solo di fidarti di me, quando dico qualcosa è perché è vero - mi diede una pacca leggera.
Non riuscivo a comprendere le sue parole. Io... non ero così.
Mi faceva male ammetterlo, ma era la verità.  Ero un’eterna studentessa, che nonostante l’età avanzata non aveva ancora la più che pallida idea di che fare della propria eternità.
Arrivare a mille anni così era alquanto triste.
- Domani farai un figurone -
- Ma... non sarò troppo formale? - domandai, incerta.
D’altronde era una semplice festa. Non un meeting di lavoro.
- Sarai perfetta, sorellina - sorrise Koko.
Fece per andarsene, ma prima di lasciare la stanza, si fermò sulla porta.
- Per cena ti va qualcosa di particolare? - si voltò.
Scossi la testa.
- Mi va bene tutto -
Koko fece solo un piccolo cenno con la testa, e se ne andò.
Rimasta sola, ritornai ad osservare lo specchio. Continuavo ad avere paura che quell’abbigliamento fosse... troppo, per la serata. O inadeguato.
Aggrottai le sopracciglia chiare.
Per quale assurdo motivo mi preoccupavo così tanto?
Era una semplice festa da adolescenti. Quasi per certo ci sarebbe stato qualcuno di più inadeguato di me, a livello d’abbigliamento.
Anche se mi fossi presentata un jeans e maglioncino non ci sarebbero stati problemi.
Certo, Koko avrebbe dato di matto se lo avessi fatto, ma niente di più.
Mi stavo facendo davvero troppi problemi, e non ne comprendevo le ragioni. Forse per il semplice fatto che non volevo essere non adeguata alla situazione.
O forse... c’era qualcosa di più.
Qualcosa che non mi era ancora completamente chiaro.


Tolti i vestiti e riposti con cura su una gruccia, optai per un abbigliamento più comodo e da casa. Un caldo ed incredibilmente confortevole pigiamone.
Non c’era niente di meglio di un pigiama, una volta tornati a casa dopo una lunga giornata.
Trovai mia sorella in cucina, intenta a lavare alcune verdure. Il rumore dell’acqua che scrosciava era coperto leggermente dal suono della TV, sintonizzata su un telegiornale.
“... Un altro caso simile si è verificato nella cittadina di Acton, in California. Un ragazzo, di appena quattordici anni, è stato brutalmente aggredito di sera, di ritorno da una festa di amici. Ora il giovane si trova in prognosi riservata, e fortunatamente non sembrerebbe più in pericolo di vita. Le forze dell’ordine escludono la possibilità che si tratti di un attacco da parte di un animale selvatico, e continuano le ricerche...”
- Santo Pacifico - esclamò Koko, sconvolta.
Chiuse il getto dell’acqua, e si voltò verso la televisione.
Era già il terzo caso simile che veniva annunciato in meno di un mese; e non solo nel paese.
- Pensi che sia stato un mostro? - le domandai, non distogliendo gli occhi dallo schermo.
- Non lo penso - sospirò - Lo so -
Rare volte avevo sentito mia sorella usare un tono tanto lapidario, e questo fece spostare la mia attenzione tutta su di lei.
Koko andò verso il tavolo in salone, e prese qualcosa che non avevo notato prima: una lettera aperta.
- È di Kelpie. L’ha spedita questa stessa mattina - iniziò a spiegare, rigirandosi il foglio piegato tra le mani.
- Lui e nostro padre sono stati convocati con urgenza a Monscity... e non solo loro - 
Le lanciai uno sguardo silenzioso.
Un silenzioso invito a continuare.
- Hanno chiamato alla capitale tutti i maggiori esponenti della società mostruosa, per discutere della dichiarazione di guerra che hanno ricevuto da parte dei lycan. -
- Cosa?! - scattai - ma sono impazziti? Ma... Perché? - balbettai, confusa.
Una dichiarazione di guerra da parte dei licantropi? Ma per quale assurdo motivo?
Cosa poteva averli spinti ad una follia simile?
I licantropi erano noti nella nostra società per essere tra i mostri più instabili e pericolosi, a differenza di tutti gli altri tipi di mostro-lupo(1). Buona parte di loro viveva nel regno di Wolmon, la terra dei lupi, ma che io sapessi non aveva dato grandi problemi... di recente.
Mi rimproverai mentalmente. Non mi ero mai interessata alla politica mostruosa estera, a differenza di mia sorella e dei miei genitori.
Forse mi sarei dovuta interessare molto di più. Decisamente.
- La situazione è molto complicata a Wolmon, da tempo ormai, ma da quando ha preso il titolo di Alpha il figlio di Pelo Rosso tutto è peggiorato - iniziò a spiegarmi - Per quanto possa sembrare assurdo, il figlio è più squilibrato del padre ed è determinato a farla pagare ai traditori della sua terra; così li ha definiti lui -
Rimasi ancora più confusa dalle sue ultime parole.
- I traditori della sua terra? - domandai, cauta - Non sto capendo, sorella mia. Di chi sta parlando? E... cosa c’entrano Monscity e noi tutti? -
Koko sospirò pesantemente, passandosi una mano dalla manicure ben curata in viso. Prima di riprendere a parlare, mi lanciò un’occhiataccia.
- Mi dimentico sempre che durante le ore di “Storia dei mostri terreni”, te passavi il tempo a dormire e non studiavi mai -
Incassai la testa tra le spalle. Purtroppo era vero.
Quando andavamo a scuola a Waterlia, non ero una studentessa... eccellente, ecco. Ogni volta che ritornavo a casa con un brutto voto, Koko era la prima a farmi una strigliata con i contro fiocchi.
Non pretendeva che eccellessi in tutto, ma che avessi almeno una base dignitosa in ogni campo. In particolar modo in Storia mostruosa e umana. 
- Aspettami qui un attimo. Vado a prendere una cosa in camera, e ti spiegherò tutto con calma -










NOTE:
(1): Per chi segue anche la mia storia “Diversi”, questa sarà una cosa che molto probabilmente avranno già sentito.



ANGOLO DELLA MENTE MALATA:
E da questo capitolo in poi, MLM prenderà una piega completamente diversa dalla sua vecchia versione. Ci tengo a precisare che la guerra con i licantropi (MESSAGGIO SUBLIMINALE ANDATE A LEGGERE DIVERSI LEGGETE) sarà un tema presente, ma solo in sottofondo. In queste storia l’attenzione sarà quasi unicamente per Koko e Rosalie, il resto sarà solo contorno (un contorno importante, ovviamente).
Che posso dire ancora? Spero che il capitolino vi sia piaciuto, e vi invito a farmelo sapere con un commentino se vi va :3
Vi porgo i miei omaggi
-Harley






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