We Start Over

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno - We've got tonight ***
Capitolo 2: *** Due - World of our own ***
Capitolo 3: *** Tre - Larger than life ***
Capitolo 4: *** 4. Take Care ***
Capitolo 5: *** 5. Candle light, a glass of wine ***
Capitolo 6: *** 6. It's a Christmas Time Again - Parte I ***
Capitolo 7: *** Sei. It's Christmas Time Again part II ***
Capitolo 8: *** 7. No One's Gonna Sleep Tonight Parte I ***
Capitolo 9: *** 7. No One's Gonna Sleep Tonight parte II ***
Capitolo 10: *** 8. Don't wanna lose you now Parte I ***
Capitolo 11: *** 8. Don't wanna lose you now Parte II ***
Capitolo 12: *** 9. I I don't have you ***



Capitolo 1
*** Uno - We've got tonight ***


Salve gente! Benritrovati!
Ai nuovi lettori: filate a leggere Straight Trough my heart (scusate sonocon il mio telefono-catorcio e non riesco a fare copiare il link!), altrimenti capirete poco e niente. Lo so che sono tanti capitoli, alcuni dei quali molto lunghi ma dovete farlo, altrimenti non capireste un tubo, visto che molte cose richiamano la storia precedente.
Adesso vi lascio alle nuove avventure di Lindsay, Ryan, Liam, Svetlana e tutti gli altri!

We Start Over

Uno
We've got tonight
*** We are waitin' ***



«Ryan!» strilla Lindsay quando, del tutto casualmente, le tocco il sedere.
«Che c'è?» domando, «Non ho fatto niente.»
Lei mi fissa e sbuffa, «Lo sai cosa hai fatto.» dice, «Mi hai toccato il culo.» sibila.
Le sorrido, «Non l'ho fatto apposta.» dico. Lindsay sbuffa e si volta, dandomi le spalle e fissando la fila di persone davanti a noi. Stiamo andando a New York, ed è inutile dire che Liam è felice di passare del tempo con Svetlana, poi andremo in Europa, per la promozione dell'album. Prima tappa: Dublino. Credo che mi sfonderò di Guinness.
«Non ti credo.» dice Linds, «Lo hai fatto apposta.» esclama girando la testa verso di me.
Miscredente! Giuro che non era mia intenzione farlo! Sospiro mentre avanziamo di qualche passo. Oggi mezza Miami ha deciso di andare a farsi un giro nella Grande Mela.
«Al mio compleanno andiamo al maneggio.» esclama Aaron e Carl gli dice di abbassare la voce, «E cavalcate anche voi.» aggiunge.
«No.» esclamo, «Io su quel coso non ci salgo.» borbotto.
«Invece sì.» replica lui, «Perché è il mio compleanno e fate come dico io.»
Sbuffo e avanziamo ancora, mostriamo i biglietti all'addetta e, finalmente, entriamo nel tunnel che conduce all'aereo.
«Ryan!» sobbalza Lindsay quando le do una pacca sul sedere.
«Questo vuol dire farlo apposta.» le sussurro superandola.
«Tanto il posto vicino al finestrino è mio!» strilla lei.
«Potevi cedermelo.» le dico quando mi raggiunge.
«No.»
«Ma non mi sono distratto per guardare le altre.» borbotto.
«Non importa, il posto vicino al finestrino è sempre mio.»
«E allora non ti tengo la mano durante il decollo.» sussurro mentre entriamo nell'aereo.
Lei mi fissa, arriccia le labbra e sbuffa. «Non importa.» dice, «Io non ho paura.» esclama e avanza alla ricerca dei nostri posti in Business Class.
«Mi dai la mano?» pigola lei mentre l'aereo inizia a rullare.
«No.» esclamo.
«Per favore.» dice.
«No.» ripeto, «Non riuscirai a convincermi, anche se fai quel faccino.» le dico e sorrido.
«Allora non te la do più.» soffia lei e sorride, vittoriosa.
Bhe, questa è un'argomentazione convincente. Sbadiglio e le stringo la mano destra. «Comunque non è valido ricattarmi in questo modo.» borbotto.
«Funziona sempre.» dice lei, «E comunque lo avresti fatto lo stesso.» sorride.
Io sbuffo e guardo Jake che si sta appisolando proprio mentre l'aereo si stacca dalla pista. Non vorrei ammetterlo ma Lindsay ha ragione, lo avrei fatto comunque.

«Dovreste entrare nel Mile High Club.» esclama Chris tornando dai bagni, «È una delle cose che vi manca.»
«Non mi pare il caso.» esclama Carl.
«Mile... cosa?» borbotta Lindsay con uno sbadiglio.
Rido, «Non dirmi che non sai cos'è il Mile High Club.» dico, «Linds... e sì che sei intelligente!»
Lei mi dà un pugno su un braccio, «Idiota.» borbotta, «So cos'è, è solo che ero distratta e non avevo capito.» dice.
«Certo, come no.» rido, «Ahi!» mi lamento quando mi dà un pugno su una coscia, «Linds!»
«Così impari a prendermi in giro.» borbotta lei, poi volta la testa sentendo la hostess che passa con il carrellino. «Due Kit-kat, due Bueno e una Coca Cola, senza ghiaccio, per favore.» ordina, «Mi dia un altro Kit-kat, per favore.» chiede e paga, io e Jake ci limitiamo a un caffè e un muffin a testa.
«Non ti pare di esagerare?» le chiedo.
«Ho fame.» replica lei scartando uno dei Kit-kat.
«Ma se a casa hai mangiato tre fette di pane tostato con burro e marmellata insieme a una tazza di latte!» le ricordo.
«Ho fame.» borbotta lei con la bocca sporca di cioccolato.
«E in aeroporto hai mangiato un cappuccino con due cupcakes!» esclamo.
«Ho fame.» ripete e versa la Coca Cola nel bicchiere.
«Se poi non ti si chiudono i jeans non lamentarti.» dico e la guardo, in attesa di una sua reazione: un insulto, un pugno, uno schiaffo, una doccia di Coca Cola...
«Stupido.» borbotta, «Per colpa di qualcuno,» dice e mi fissa «ho dormito sei ore scarse e lo sai che se non dormo almeno sette ore sono nervosa.»
Io rido, «Bhe, non mi sembra che ti sia dispiaciuto rimanere alzata qualche ora in più...» sussurro e Linds grugnisce un insulto, si ficca in bocca un pezzo di Bueno e guarda fuori dal finestrino.
«È ovvio che non mi sia dispiaciuto.» borbotta fissandomi, le labbra sporche di cioccolato, «Dicevo solo che sono stanca e nervosa, ecco.» aggiunge.
Io prendo il tovagliolino di carta e glielo porgo, «Sei tutta sporca.» le dico, lei lo prende e mi ringrazia, «Se vuoi posso accompagnarti in bagno, così proviamo ad entrare nel club.» le sorrido.
Lindsay mi lancia un'occhiataccia, «Idiota.» dice, «Sei il solito idiota maniaco.» borbotta.
«Lo so che ti piaccio così.» soffio nel suo orecchio. Lei sbuffa, incrocia le braccia, fissando lo sguardo fuori dal finestrino, sospira, prende un pezzo di Kit-kat e lo mangia.
Trattengo una risata, appoggio la testa al poggia testa e mi rilasso.
«Linds, svegliati.» mormoro scuotendola piano, «Stiamo per atterrare.» dico, «Lindsay...» la chiamo, «Lindsay, c'è uno sconto dell'ottanta percento sulle borse di Louis Vuitton.» le sussurro.
Lei apre gli occhi di scatto, sobbalzando sul sedile, «Dove?» borbotta, sbadiglia e si rende conto di dove siamo, «Non si fanno questi scherzi.» dice sistemandosi meglio sul sedile.
«Ma funziona sempre.» dico, «E comunque mi stavi sbavando sulla giacca.»
«Io non sbavo.» replica lei.
«Oh, sì.» dico.
«Idiota.» borbotta.
Io non replico e le stringo la mano mentre l'aereo si abbassa con dolcezza. È quasi un anno che ci conosciamo e sono quattro mesi che stiamo insieme e l'amo ogni giorno di più. Se dovessi incontrare quell'imbecille del suo ex potrei pure ringraziarlo per essere così idiota ed essersi lasciato scappare una persona come Lindsay, che in questo momento mi sta ficcando le unghie nella mano.

«Voglio vedere Svetlana.» piagnucola Liam mentre siamo in attesa dei bagagli. «Mi manca.» sospira.
«La vedrai fra poco.» esclama Lindsay prendendo il suo trolley dal nastro, lo posa sul carrellino e sorride a Liam, «Anche lei è impazientente di vederti.» dice e prende l'altro trolley.
Liam sbuffa, «Lo so, ma mi manca tantissimo.» dice.
«Eddai, la vedrai fra qualche ora.» sbotto.
«Insensibile.» ride Chris, «Ryan, sei insensibile.»
«Oh, taci.» dico prendendo la mia valigia, «Parli proprio tu che hai mollato Clara per un motivo stupido.»
«Mollare una perché ha la stanza tappezzata da quella stupida gatta coreana non è un motivo stupido.» replica Chris sistemando le sue valigie sopra le altre.
«Non credo che sia coreana.» esclama Jake.
«Qualunque cosa sia... è davvero inquietante.» Chris scrolla le spalle, «Troppi gatti dalla faccia enorme e troppo rosa.»
«Finitela.» sbotta Carl, «Andiamo.» dice, «Forza, muovetevi!» ordina e noi obbediamo.
Io spingo il carrello con le mie valigie e quelle di Lindsay. Non posso esserne sicuro al cento per cento, ma credo che qualche suo vestito sia finito in una delle mie valige. Non mi sembravano così pesanti, ieri sera, quando le ho portate nel salotto di Linds.
Scendiamo di un paio di piani, svoltiamo a destra e un urlo mi assorda. Ci saranno almeno una trentina di ragazze che strillano e si sbracciano, gridando i nostri nomi, mostrando pupazzi, cartelloni... e biancheria intima. Guardo Lindsay ma lei indossa gli occhiali da sole e guarda davanti a sé, come se tutto ciò non la sfiorasse. Ma sta ribollendo dalla gelosia, lo so. Oh, se lo so. Lo capisco da come sta stritolando i manici della borsa. La mia gelosona...
Alcune ragazze, sopratutto quelle in prima fila, hanno delle occhiaie da paura. C'è un volo che arriva da Miami all'alba, che siano qui dalle cinque del mattino?
Firmiamo qualche autografo, facciamo qualche foto e poi Lindsay, che sta posando insieme a una ragazza per un selfie, viene agguantata da un sedicenne pieno di brufoli, che urla che vuole fare una foto con lei. Immediatamente, uno dei body-guard afferra Lindsay con una mano mentre con l'altra allontana il ragazzo.
«Tutto bene?» le chiede Aaron.
«Sì.» risponde lei, «Mi ha preso alla sprovvista.» continua sistemandosi la tracolla della borsa.
«Stai bene? Ti ha fatto male?» chiedo, «Io lo ammazzo.» dico.
Linds sorride, «Sto bene.» dice, «E calmati, è solo un ragazzino.» dice.
«Con le mani lunghe.» replico e, finalmente, usciamo dall'aeroporto. Saliamo sulle auto che ci porteranno in albergo e mi rilasso. «Stai bene?» ripeto guardando Lindsay, seduta accanto a me.
«Sì.» risponde lei, «Non mi ha fatto nulla.» dice, «Dai, avrà sedici anni al massimo!»
Sarà pure un sedicenne, ma io un paio di ceffoni glieli darai lo stesso. Come si è permesso?
«E dai, cosa vuoi fare, chiudere Lindsay in una torre e non farla più uscire?» ride Jake.
«No.» sospiro, «Non voglio che gli altri allunghino le mani.» dico.
Linds sospira, «La pianti?» dice, «Non mi ha fatto nulla.» risponde, «E io non dico niente quando delle sedicenni ti palpano il culo come se non ci fosse un domani, eh.»
Jake ride e io rimango in silenzio. «Sei gelosa.» dico.
«Anche tu.»
«Tu di più.»
«Non è vero!»
«Bugiarda.»
«Bugiardo.» dice lei e io la bacio.
«Ehm... fra poco saremo nelle nostre stanze.» esclama Jake, «Fatelo lì, che non ho voglia di un porno in diretta!»
Rido, «Su, rilassati.» gli dico e poso il braccio sulle spalle di Lindsay che si rilassa contro di me, posando la testa contro la mia spalla. Viaggiamo in silenzio per diversi minuti, fino a quando il suo cellulare non squilla.
«Svetlana!» risponde allegramente, «Noi stiamo andando in hotel.» dice, «Uh, per le tre e mezza?» esclama, «Liam impazzirà!» ride e io vorrei sapere cosa le stia dicendo Svetlana. «Sì, tutto okay... e tu? Quella cosa... tutto a posto?» domanda, una leggera preoccupazione nella voce.
«Non l'ho mai detto.» replica e sbuffa, «Lo so che sei brava! Stavo solo chiedendo!» continua, «La lontananza da Liam ti fa male.» ride, «L'hai chiamato? Fallo, prima che faccia impazzire Chris e Aaron!» dice, «A dopo, allora. Ciao, tesoro.» la saluta e rimette il cellulare in borsa.
«Di cosa stavate parlando?» le chiedo, «Cosa state combinando voi due?»
Lei ride, «Niente.» dice.
«Non è vero!» replico, «Dai, dimmelo, giuro che non lo dico a nessuno!» la supplico, tirando fuori il mio miglior sguardo da cucciolo a cui lei non sa resistere, «Per favore.»
Lei sorride, «No.» dice, «Sei un curiosone.»
Jake ride, «Non te lo dirà!» dice, «Curioso!»
Io sbuffo e incrocio le braccia. Io non sono curioso, voglio solo sapere.
No, sono curioso.

✨✨✨

«Linds, tesorino bello... mi dici cosa stai organizzando con Svetlana?»
«No.» rispondo mentre sistemo i miei abiti nell'armadio. «Puoi chiedermelo per tutto il giorno ma non te lo dirò mai.» sorrido.
Dalle mie labbra non uscirà una sola parola su quello che io e Svetlana, con l'approvazione di Carl, abbiamo organizzato per il Primo Maggio, giorno del ventiquattresimo compleanno di Aaron Caine. E non diremo nulla a nessuno, nemmeno a Ryan o Liam. Soprattutto a Liam, che si lascia sfuggire le cose appena ha un po' di alcol in circolo... quindi silenzio stampa da parte nostra.
«Per favore, Lindsay...» mi supplica lui, «Voglio saperlo, puoi dirmelo, lo sai che ti puoi fidare di me.» Ryan sfodera uno dei migliori sguardi da cucciolo.
«No.» ripeto, «Ascolta, è una roba mia e di Svetlana e tu non c'entri.» gli dico, «E non fare quella faccia, tanto non funziona.» sorrido.
Ryan mi blocca contro l'armadio, «Sei cattiva, Linds.» soffia prima di baciarmi, «Non vuoi dirmelo.» dice e fa il broncio.
«È che tu sei curioso.» rido, «E puoi provare qualsiasi cosa, tanto dalle mie labbra non uscirà nulla!»
Lui sbuffa, «Per favore Linds, dai non lo dirò a nessuno!»
«No.» rido e mi scosto.
«Ma... uffa!» brontola lui, «Linds... giuro che non lo dirò a nessuno.»
«Non sono affari tuoi.» rido. «È un segreto fra me e Svetlana.» dico. Ryan sbuffa e si siede sul mio letto.
«Il pranzo è pronto!» grida Chris bussando alla porta, «Venite o siete impegnati a fare sesso?» ride.
«Chris! Smettila!» sbraita Ryan.
«Arriviamo.» dico e prendo la borsa, «Ryan?» chiamo e lui mi guarda sorridendo.
«Hai cambiato idea?» chiede lui, «Vuoi dirmi il tuo segreto?»
«Non è un segreto.» sospiro, «E comunque no, non ti dico nulla.» aggiungo, «Volevo solo sapere se eri pronto, perché ho fame.»
Ryan si stampa un finto broncio in faccia, «Sei cattiva.» borbotta, «E se continui a mangiare così diventerai una balena.»
«Una balena che non te la darà più.» esclamo aprendo la porta, trovandomi davanti Chris, che mi fissa e lancia uno strillo mentre fa un balzo indietro. «Stavi spiando?» gli chiedo.
«Sì!» ride Jake, poco più in là.
«Andiamo.» dice Ryan uscendo dalla mia stanza, «Qualcuna è nervosa perché ha troppa fame.»
«Non sono nervosa!» sbotto chiudendo la porta della mia stanza, «È solo che in questo periodo ho sempre molta fame.» dico.
«Alla fine di Aprile?» chiede Aaron.
«No, quando deve arrivarmi il ciclo.» spiego.
«Il ciclo?» domanda Aaron, «E cosa... oh, ho capito.» dice e le sue guance si fanno pallide, «Non voglio sentire altro!» aggiunge e si avvia agli ascensori.
I miei cinque ragazzi. Sempre i soliti scemi.

✨✨✨

«È tutto pronto?» domando a Svetlana appena scende dal taxi.
«Sì.» sospira lei e mi abbraccia, stringendomi forte. «Tutto bene?» chiede.
«Ryan è il solito imbecille.» rispondo.
«Allora è un “Sì, va tutto bene”.» ride lei.
Alzo gli occhi al cielo, «Sì, va tutto bene.» confermo con un sorriso. Va tutto bene, anche se non possiamo uscire insieme, come una coppia normale, anche se non possiamo fare molte cose... ma starcene chiusi in casa ci piace. Ci piace molto, moltissimo. «Muoviamoci, che Liam starà andando in iperventilazione...» aggiungo ed entriamo nell'hotel.
«Il mio ciccino...» sospira lei, «Mi manca tantissimo!» dice.
«Ma se non lo vedi da una settimana!» ribatto. Svetlana è venuta a Miami settimana scorsa, per il suo compleanno, festeggiato al Soleil tutti insieme, poi lei è andata con Liam nella dependance e hanno festeggiato anche lì.
«Ma mi manca!» piagnucola lei, «Tu Ryan lo vedi tutti i giorni!» dice, «Insensibile.» borbotta.
Pigio il pulsante per chiamare l'ascensore. «Siete uguali, tu e Liam.» rido, «Dite le stesse identiche cose.»
«Perché ci amiamo.» annuisce lei, «Sono così felice!» cinguetta, «Anche perché verrò a Dublino e Londra con voi!»
«Non l'avrai detto a Liam, vero?» chiedo.
«No!» esclama lei, «Il mio ciccino...» sospira, gli occhi rivolti al soffitto dell'ascensore.
Un altro “Il mio ciccino” e giuro che spacco qualcosa. L'ascensore si ferma al piano e così usciamo, camminiamo lungo il corridoio e Svetlana quasi corre, impaziente di vedere Liam.
Anche io mi comporto così? Perché se lo faccio potrei dare una testata al muro!
Quando apro la porta della stanza che Liam divide con Aaron, il ragazzo quasi mi travolge quando corre verso Svetlana, come se non la vedesse da anni e non da dieci giorni scarsi.
«Finalmente.» sospira Jake sedendosi sul letto, «Non ne potevo più!» esclama, «Un altro “Ma quando arriva?” e giuro che l'avrei buttato di sotto!» dice e gli altri annuiscono.
Come lo capisco! Svetlana sa essere terribilmente irritante, alcune volte, sopratutto quando parla di Liam, elencando tutte le sue qualità, i suoi pregi, quello che sa fare... tutte cose che so già, fra l'altro. Diventa noiosa, alcune volte.
Mi siedo vicino a Ryan, che si limita a stringermi la mano. «Tu non mi fai tutte queste feste.» dice.
«Perché non sono un cane.» replico. «Comprati un cucciolo e vedi quante feste ti fa quando torni a casa.»
«Lo so che tu non sei un cane.» borbotta, «Stavo solo dicendo che tu, quando mi vedi, non corri come fa Svetlana.»
«Lei la fa un po' tragica.» ridacchio, «La fanno un po' tragica, tutte e due.» rettifico, «Sembra che non si vedono da anni.» sbuffo.
«I caffè e i cappuccini arrivano subito.» esclama Aaron, «Ehm... Liam?»
«Sì?» risponde l'interpellato, staccandosi dalle labbra di Svetlana quel tanto che basta per parlare.
«Vai sul tuo letto!» esclama Aaron, «Non fatelo sul mio, per piacere.» dice. «Che schifo.»
Liam ride e si alza per poi spostarsi sull'altro letto, accanto a me e Ryan. A questo punto siamo noi due quelli che si alzano e che si siedono sul letto di Aaron.
«Ma a loro due non dici nulla!» sbotta Liam, indicandoci.
«Perché loro hanno la decenza di non scopare davanti agli altri.» ride Jake, «Vedi?» ride ancora, «Si tengono per mano come due ragazzini!»
Che idioti. Tutti quanti.

«Ma guarda te se dobbiamo rimanere in camera perché Svetlana e Liam devono trombare come ricci.» sbuffa Chris, «Io voglio uscire!» si lamenta fissando lo skyline di New York che si può ammirare fuori dalla finestra.
«Quando finiranno andremo a farci un giro.» dico. Oggi è libero, il ventotto, il ventinove e il trenta maggio siamo — o dovrei dire sono? — impegnati con interviste e le riprese del video del nuovo singolo. Saranno a Central Park e Coney Island, una robina semplice semplice. Venerdì primo maggio siamo liberi, così come il due. Il tre partiamo per Dublino, dove avremo un paio di giorni per esplorare la capitale Irlandese e sfondarci di Guinness. Non aveva senso ritornare a casa per poi ripartire e fare comunque uno scalo a New York.
«Sì, ma quando finiranno?» borbotta Chris e la porta che divide le due stanze si apre, rivelando Liam e Svetlana, le guance rosse e un sorriso idiota stampato in viso, «Era ora!» sbotta Chris, «Cosa volevate fare, ripassare l'intero Kamasutra?»
Liam alza gli occhi al cielo e sbuffa, «Che palle che sei.» borbotta, «Dove si va?» domanda, felice come una pasqua.
«Lontani da letti, poltrone, sedie e mobili vari.» risponde Jake.
«E dai cessi.» ride Ryan, ricordando l'episodio di Capodanno.
«Bhe, sto punto eliminiamo qualsiasi superficie.» borbotta Liam.
«Sul pavimento?» strillo, «Lo avete fatto anche sul pavimento?» ripeto, nel chiaro non fosse chiaro il concetto.
Svetlana arrossisce e si mordicchia l'unghia del pollice. Dev'essere veramente in imbarazzo, per farlo. Non rovinerebbe mai una manicure da cinquanta dollari! «Bhe... sì.» mormora.
«Facciamo prima a farci dire dove non l'hanno fatto, allora.» sospira Aaron. «Spero che il mio letto sia ancora intatto.» dice guardando i due.
«Lo è, lo è.» risponde Liam, «Non preoccuparti.»
«Bene.» dice Aaron, «Dove andiamo?»
«Al Botanical Garden?» propongo.
«Un giardino?» sbotta, Chris, «No, grazie.» dice, «Mi basta quello di casa mia.»
«Venire a New York e non vedere il Botanical Garden è un sacrilegio.» esclama Svetlana, le mani sui fianchi.
«Museo di storia naturale?» propongo.
«Quello è già meglio.» borbotta Chris.
Così, visto che siamo tutti d'accordo, andiamo a chiedere il permesso a Carl, che ce lo concede.

«Ommiodio!» strilla Chris, attirando l'attenzione di una quindicina di persone e di un paio di uomini della sicurezza del museo, che lo guardano malissimo. «È un raptor!» esclama, estasiato, di fronte a una riproduzione di un raptor. Chris adora i dinosauri ed è in fibrillazione per l'uscita di Jurassic World.
«Non puoi toccarlo.» esclama Jake, «È vietato.» dice.
«Oh, lo so.» replica l'altra, «Sono in contemplazione.» dice, «Se me ne prendessi uno e lo mettessi in camera mia?» chiede guardandoci.
«Tua madre non sarà d'accordo.» sospira Aaron.
«Dici?» mormora Chris.
«Se entra tua nonna, e lo sai che entra perché lo fa sempre, le verrà un infarto.»
«Allora mamma sarà d'accordo.» ridacchia Chris.
Io sbuffo e mi volto, controllando che nessuna studentessa smetti di ascoltare la propria insegnante e corri verso di noi. Oggi il museo è pieno di scolaresche e sto incominciando a preoccuparmi dopo che un paio di ragazze sono quasi corse addosso a Jake e a Liam, travolgendoli come se fossero due giocatrici di football. Uno dei bodyguard le ha fermate e l'insegnate se le è riprese, sgridandole. Io ho dovuto calmare Svetlana, che era quasi pronta a strappare una clava da un manichino e spaccarla in testa alle due.
«Si possono fare le foto!»
Se prima nessuno ci aveva notato, adesso tutti sapranno che siamo qui. L'urlo di Chris riecheggia contro le pareti.
«Abbassa la voce!» intima Aaron agguantandolo per un braccio, «Ci sbatteranno fuori!»
«Ma posso fare la foto con il raptor!» esclama Chris indicando il cartello, con la mano destra. Ancora un po' e saltella su e giù come fa Cam, solo che mio nipote ha tre anni, Chris ha quasi ventisei anni — li fa settimana prossima — e potrebbe evitare scenette da bambino di tre anni.
Guardo la lunga fila, «Sono bambini.» dico, «Chris, non sei un po' troppo grande per una foto del genere?» chiedo.
«Linds, non sei un po' troppo grande per fare una foto con la statua di Spongebob?» replica lui e incasso il colpo, perché ha ragione, «Ah, ah.» ridacchia, imitando Nelson Muntz. «Io faccio la foto e voi non potete dirmi nulla!» ride e si mette in fila.
Io guardo Carl, dietro di noi, che si limita ad alzare gli occhi al cielo, prima di dire a uno dei gorilloni di rimanere nei paraggi, mentre noi andiamo alla caffetteria.
«Mi lasciate solo?» sbotta Chris.
«Sei grande abbastanza.» replica Carl salendo i gradini per il primo piano.
Quando siamo sul mezzanino mi volto, «Si è già ambientato.» dico fissando Chris che parla con una ragazza di circa vent'anni, con lunghi capelli biondi e lisci, che tiene per mano un bambino di circa otto anni, biondo come lei.
«Speriamo sia il fratello.» commenta Jake.
«Mica può aver partorito a dodici anni!» dico.
«Bhe, non si può mai sapere.» replica Jake.
Rimaniamo in silenzio, prendiamo i nostri caffè, io ci aggiungo un muffin al cioccolato dall'aspetto delizioso, e ci sediamo.
«Che c'è?» sospiro, fissando Ryan che mi guarda mentre mangio il muffin, «Guarda che ce ne erano alti, eh.» borbotto con la bocca piena.
«Mi chiedo dove la metti tutta quella roba.» commenta lui, inarcando il sopracciglio sinistro.
«Dove ti piace.» rispondo.
«Sulle tette?» commenta lui a bassa voce, ma non così bassa: Carl lo sente e sbuffa, commentando con un “Stupido”. «Non mi pare di notare grandi differenze.» aggiunge, fissando la scollatura della mia camicetta.
«Maniaco pervertito.» sibilo, fissandolo. «Sai che se continui così finirai a bocca asciutta per il prossimo mese?» borbotto.
«Non credo.» ridacchia lui.
«La piantate?» sbotta Carl. «Sono stufo di sentire i vostri battibecchi! È da un anno che andate avanti così e se continuate giuro che vi butto nell'Hudson.» dice.
«È colpa sua!» commento indicando Ryan con il pezzo di muffin avanzato. «È lui che fa battute sceme.» dico, «Come sempre.» sospiro. Va bene, amo Ryan e morirei senza di lui, però... però ogni tanto è davvero, ma davvero irritante, così irritante che gli spaccherei la testa contro il tavolo. Anche adesso, che mi tocca il ginocchio... «Piantala.» sibilo e lui ridacchia.
«Non ho fatto niente.» esclama, alzando le mani e mostrandomi i palmi, «Pensi sempre male.» sorride e gli darei una sberla, taccio e continuo a bere il mio cappuccino in silenzio. Quando Ryan fa così, ossia il cretino, è inutile ribattere.
Chris ci raggiunge una mezz'ora dopo, felice. Ha il numero della ragazza, è felice perché il ragazzino è il fratello e non il figlio, e stringe fra le mani una scatola. «Che cos'è?» chiede Jake.
«Il kit per fare l'impronta del raptor!» trilla Chris, allegro.
«Non sei un po' troppo grande per certi giochi?» chiedo.
Lui mi guarda come se fossi scema, «No!» risponde, «Va dai sei anni in su.» dice e mi supera.
«Bambinone!» lo canzona Ryan, perché lui non lo è. No, proprio no. Non ha passato gli ultimi due giorni attaccato alla Wii, proprio no.
Idiota.

✨✨✨

«Siete pronti?» chiedo e Jake schizza in bagno, bianco in volto. Non può continuare così, con lui che vomita prima di ogni esibizione in tv. Ormai dovrebbe essere abituato!
«Noi sì, lui no.» risponde Aaron alzando gli occhi al cielo.
«Svetlana?» chiede Liam.
È il mio turno di alzare gli occhi al cielo, «È fra il pubblico.» gli ricordo per la terza volta in quindici minuti. «Ed è super eccitata.» sospiro. È più che eccitata, è veramente fuori di testa, più del solito.
Jake riemerge dal bagno, «Sto bene.» borbotta.
«Dovresti smetterla.» esclamo, «Ormai sei abituato.»
«È l'ansia da prestazione.» squittisce lui.
«Sì, ansia...» borbotta Chris, «In realtà ti caghi sotto.» ride.
Fortunatamente un assistente di studio ci viene a chiamare, così ci posizioniamo davanti all'entrata da dove i ragazzi faranno i loro ingresso. Ryan mi stringe piano la mano, sfiora con il pollice il dorso e mi sorride, prima di entrare accompagnato da un boato fatto di urla e di mani battute.
Un'altra assistente mi porge un cappuccino e poi io e Carl ci accomodiamo poco lontano, su due poltroncine dall'aspetto comodo, posizionate davanti a un televisore da cui potremmo seguire l'intervista e l'esibizione.
«Tu e Ryan litigate spesso, vero?» domanda l'assistente, di cui ho già scordato il nome, «Vi ho visto anche prima.» sorride.
«Non sempre.» replico, «Sono più che altro scaramucce...» dico.
«Già...» esclama lei e mi guarda, sempre sorridendo, «Non vi sopportate proprio, vero?» chiede e io ho l'istinto di prenderle la testa fra le mani e fracassarla contro il primo spigolo disponibile. Il suo sorriso, così falso, mi fa venire l'orticaria.
«Veramente no.» rispondo e guardo lo schermo, fissando Jake, che ha riacquistato colore. Forse è merito delle ragazze davanti a lui. «Io e Ryan andiamo d'accordo.»
«A me non sembra.» replica quella. «Sai se è impegnato?» domanda dopo qualche secondo di silenzio, durante i quali Ryan risponda a qualche domanda.
«No.» dico, anche se vorrei rispondere che sì, è impegnato, con me. E che se non la smette di guardarlo come se fosse un bignè alla crema la picchio.
«Sicura?»
Dio, quanto mi daranno se le do un paio di ceffoni? Un anno? Due? Bhe, c'è sempre l'infermità mentale. «Sì.» rispondo.
«Dimmi qualcosa su di lui, qualcosa che non dice nelle interviste.» continua a sorridere.
«Perché tutte queste domande?» sbotto, «Taci e fammi sentire.»
«Perché Ryan mi interessa.» risponde lei, con il solito sorriso che le strapperei con i denti.
«Linds?» chiama Carl.
«Sì?»
«Guarda i commenti su Twitter, per favore.»
«Okay.» sospiro e prendo il cellulare. Melanie La Piaga continua a rompere le scatole, anche Jake e Liam l'hanno bloccata, dopo che si sono sentiti dire che sono degli stupidi cretini imbecilli perché non rispondono mai. Due secondi dopo, la Piaga è stata invasa di tweet da parte di altre fans che la insultavano. Lo so perché ho controllato. Ho controllato perché voglio sapere se sparla di me, se dice qualcosa su me e Ryan... invece scrive solo che lo ama tanto, che è triste, che lo vuole... le stesse cose di sempre, insomma.
I tweet sono pieni di entusiasmo, felicità e gioia, anche da parti di chi non è potuta essere qui oggi. Metto fra i preferiti qualche tweet, rispondo ad altri fino a quando un profumo di vaniglia mi stordisce: è l'assistente. Sembra che abbia preso un grosso barattolo di essenza di vaniglia, uno di quelli che si usano per i dolci e che se lo sia versato in testa, per poi spalmarselo addosso. «Bhe?» faccio voltandomi e trovando il suo mento praticamente poggiato sulla mia spalla, «Che vuoi?»
«Niente.» risponde lei e scrolla le spalle, «Stavo solo guardando.»
«Guarda da un'altra parte, grazie.» replico e vorrei ucciderla. Adesso.
Fisso i ragazzi che prendono posto dietro gli strumenti, le dita di Ryan che sfiorano le corde della chitarra, la sua voce che riempe lo studio, che rimbalza sulle pareti, che esplode dagli autoparlanti... è magnifico. Ed è mio. Tutto mio. Per cui, assistente di non so cosa, vedi di tenere le tue zampacce giù da lui oppure sarò costretta a tagliartele. La guardo e lei continua a sorridere fissando lo schermo.
«È sexy, vero?» dice e io rimango in silenzio. «Chissà com'è a letto...»
Io fisso lo schermo dello smartphone, imponendomi di stare calma.
È bravo, bravissimo. Eccezionale. Ma tu non lo saprai mai, oca di merda. Fisso Carl, seduto accanto a me, è piegato in avanti, il gomito destro posato sulla coscia, il mento sopra il palmo della mano. È preoccupato per Annie, lo so. Lei è incinta di quattordici settimane, di due gemelli, e Carl è preoccupato per lei.
Almeno non fa come mio fratello. Quando Brenda è rimasta incinta di Cam, Greg è come impazzito: era servizievole, non le faceva fare nulla in casa, nemmeno mettere il detersivo nella lavatrice o la pasticca nella lavastoviglie o cambiare il sacchetto del bidoncino dell'immondizia. Brenda poteva chiedere qualsiasi cosa e Greg esaudiva qualsiasi richiesta, persino quella di pulire sopra gli armadi o i pensili della cucina. Andiamo, chi è che pulisce sopra gli armadi? Io non l'ho mai fatto, nemmeno quando ero a New York con quel decerebrato del mio ex. Diciamo che un po' Brenda ci marciava, un po' si divertiva e un po' lo faceva perché era stanca sul serio.
Trattengo una risata nel pensare che se Brenda rimanesse incinta di due gemelli come minimo mio fratello darebbe di matto mentre va in iperventilazione! Però mi piacerebbe tanto diventare di nuovo zia, magari di una bambina. Una piccola Mars a cui posso regalare bambole e case di bambole, Barbie con il camper, auto, case e castelli e una montagna di vestiti, una bambina a cui regalare elastici per capelli colorati e pieni di strass, mollettine che luccicano, cerchietti colorati, tricicli e biciclette rosa dalle ruote bianche, come quello che avevo io quando ero piccola. E una montagna di pupazzi. Così tanti orsacchiotti, cagnolini, gattini, ranocchie e coniglietti di pezza che una stanza non basterà a contenerli tutti.
Dio, Greg mi ucciderà se facessi una cosa del genere. Quando lo sento si lamenta che trova pezzi del trenino di legno ovunque... ma se lui non aiuta Cam a mettere a posto non è colpa mia!
Uno squittio mi distoglie dai miei pensieri: i ragazzi hanno finito e tornano da noi. Finisco il cappuccino, getto il bicchiere e mi alzo in piedi, fissando l'assistente che fa la gatta morta con Ryan. Se non la smette, sarà una vera gatta morta, perché le fracasserò il cestino in testa. Infila un biglietto nella tasca posteriore dei jeans di Ryan e lo palpa, senza ritegno.
Jake mi fissa e lo vedo sorridere. «Mantieni una calma zen.» mormora quando lo raggiungo, «Hai iniziato il corso di yoga, kundralini o un'altra roba del genere?» chiede posandomi un braccio sulle spalle.
«Il corso di yoga te lo ficco nel culo, se non la smetti di prendermi in giro.» sibilo.
«Eri così carina!» ride lui, «Poker face, ma dalle orecchie ti usciva il fumo.» ridacchia.
«Oh, ma piantala.» borbotto. «Non sei divertente.» dico e mi volto appena, fissando quella che abbraccia Ryan, stringendogli e palpandogli il sedere come se fossero soli. Lui l'allontana con gentilezza — mentre io la prenderei a sberle fino a domani mattina — Ryan si scusa, le dice che non è interessato. E vorrei vedere se non l'avesse fatto.
«Andiamo?» domanda Jake e io sbuffo, infastidita. Altro che massaggio alle spalle! Ho bisogno che qualcuno mi massaggi dalla testa ai piedi, per almeno due ore buone.
Mi volto, di nuovo, e la vedo. La vedo mentre si butta su Ryan, di nuovo, con le labbra spinte in fuori.
«Chastity Charity!» grida il capo assistente, «Sei licenziata.» sbraita e lei cade, perché Ryan ha fatto un passo indietro.
Chastity Charity!? Ma siamo seri? Chastity Charity? Castità Carità? Ma che nome è?
Trattengo una risata ed entro nel camerino.
«Non ho fatto niente.» esclama Ryan entrando nel camerino e chiudendo la porta dietro di sé, getta un bigliettino nel cestino e mi guarda, «Ha fatto tutto lei.»
«Lo so.» dico, «Ho visto.» gli sorrido e mi avvicino, poso le mani suoi suoi fianchi e lo bacio.
«Ehi!» sbotta Chris, «Avete la vostra stanza.» dice.
«È solo un bacio.» sbuffo e prendo la mia borsa.
«Noi ci dobbiamo cambiare.» esclama Chris e mi fissa a braccia conserte.
«Bhe?» faccio, «E quindi?»
Chris mi fissa e sbuffa, «M'imbarazzo.» borbotta.
«Già.» gli fa eco Aaron.
Scoppio a ridere. «V'imbarazzate?» gracchio, «Non vi ricordate le settimane passate sul tour-bus?» chiedo, «Vi ho visti in mutande, vi ho visti appena svegli, vi ho visti con... con... con... l'alzabandiera.» borbotto.
«Non ricordarmelo.» squittisce Ryan e si posa le mani sulle orecchie, «Io non ricordo niente, non ricordo niente.» cantilena.
«Vi ho visto che controllavate se i gioielli fossero ancora nelle mutande, vi ho visto grattarvi la testa con una mano e il petto con l'altra, sembravate delle scimmie sceme.» continuo, «Vi ho visto ruttare, scorreggiare! E v'imbarazzate?» sbotto. «Idioti.» borbotto ed esco dal camerino, faccio un paio di respiri profondi e vado dentro il bagno, dove trovo l'assistente dal nome idiota che singhiozza come un vitello, appoggiata a uno dei lavabi.
«Dovevi pensarci prima.» sbotto e poso la borsa sulla mensola sopra al lavandino. «Adesso è un po' tardi.» continuo.
«Ma uffa...» squittisce lei e mi ricorda Melanie, «Questa è la quarta, quinta volta che faccio una cosa del genere.» singhiozza, «Poteva darmi un'altra possibilità.» piange.
«Io ti avrei licenziata alla prima.» ribatto e mi lavo le mani.
Lei mi fissa, «Ma non è grave!» squittisce lei. «Ryan mi piace.» dice, «E gli piaccio anche io, lo so.» continua, «Gli ho dato il mio numero, mi chiamerà.» dice, annuendo tutta convinta.
Questo è troppo! Rido e mi avvicino al grosso fono che serve per asciugarsi le mani, «Ehi, Chastity Charity, non è che sei parente di una certa Melanie Green di Miami?» chiedo.
«No.» risponde, «Perché?» squittisce.
«Perché siete uguali.» rido, «Stesse sciocche convinzioni.» aggiungo ed esco dal bagno nello stesso momento in cui suona il mio telefono. È Svetlana. «Sei fuori?» chiedo.
«Non ancora.» sbuffa lei, «Devo recuperare la giacca.» dice, «C'è la fila.»
«Okay.» dico e raggiungo il camerino, la porta è ancora chiusa. Busso e Ryan risponde che servono ancora dieci minuti. «Ce l'hai il pass, vero?» chiedo.
«Sì.» risponde lei, «Quando esco di qui mi fermo allo Starbucks di fronte al parco e poi vado al cesso e me lo metto.» dice. «Oh, sono stati fantastici!» sospira, in piena estasi.
«Mettilo sotto la maglia!»
«Lo so.» sbuffa lei, «Me l'hai già detto tremila volte.» si lamenta.
«Perché ci sono certe fans disposte a tutto, pur di avere uno di quelli.» gli ricordo.
«Sì, lo so.» dice lei, «Sarebbero capaci di tagliarmi la testa, prendere il pass e ricucirmi la testa al collo prima che possa dire bah.» ride. «Uh, la fila si muove!» esclama, allegra, «A dopo, stella.»
«A dopo.» dico e infilo il telefono nella borsa, mi appoggio al muro e attendo. Oh, insomma! Devono solo cambiarsi i vestiti! Altra gente si occupa degli strumenti, che verranno ficcati in un camion diretto a Central Park. «Siamo pronti.» commenta Ryan dopo ben venti minuti.
«Era ora.» dico, «Andiamo, altrimenti arriviamo in ritardo.»
«Okay, boss.» ride lui e mi affianca, sfiorandomi la schiena con la mano. «Tutto bene?» chiede mentre ci avviciniamo all'ascensore.
«Sì.» rispondo, «Non è colpa tua.» dico.
«Pensavo che l'avresti picchiata.» ride e spinge il pulsante di chiamata.
«Chi, io?» faccio, cercando di avere un'aria più innocente possibile, «Ma no!» ridacchio.
«Linds, ti sta crescendo il naso.» ribatte lui, «Si capisce benissimo che vuoi darle anche adesso due ceffoni.» ride mentre le porte si aprono, «Gelosona.» sussurra mentre ci stringiamo nell'ascensore.
«Non qui.» dice Carl, «Non vogliamo assistere.» ride.
Non ribatto, mi limito a sbadigliare e ad appoggiarmi contro Ryan. Sono stanca e la giornata non è ancora finita. Non vedo l'ora di tornare in hotel e ficcarmi nella vasca idromassaggio.
«A cosa pensi?»
Guardo Ryan, «Al bel bagno rilassante che mi farò quando torneremo in albergo.» dico.
«Da sola?» chiede lui.
Sbadiglio, «Certo.» rispondo, «Se ci sei tu non sarà rilassante.» gli faccio notare.
Lui fa una smorfia, «E io?» borbotta.
«Aspetti.» replico.
«Ma io voglio farlo con te.» si lamenta, tirando fuori la usa migliore espressione da cucciolotto abbandonato.
«No.» sospiro.
«E che palle.» sbuffa Aaron, «Tanto lo sappiamo che tu,» indica Ryan «le romperai le palle fino a che Lindsay non cederà.» dice, «E tu,» mi indica «cederai, lo so.»
«Io non rompo le palle!» squittisce Ryan.
«Io non cederò, dovessi buttarlo fuori dal bagno a calci.» sbotto e le porte dell'ascensore si aprono, così usciamo e saliamo sulle auto che ci porteranno al parco.
«Linds.» mi chiama Ryan mentre leggo il messaggio di Svetlana che mi avverte che è riuscita a prendere la sua giacca dal guardaroba e che ci raggiungerà presto, perché vuole vedere il suo “ciccino”.
«Che c'è?» sbotto.
«Non facciamo il bagnetto insieme?» domanda.
Sospiro, «No, rassegnati.» rispondo, «E non fare quel faccino, questa volta non cederò.» dico.
«Uffa.» sbuffa lui, incrociando le braccia al petto.
«Dio, non so se siete peggio voi o Liam e Svetlana.» sbuffa Jake, «Eddai, Lindsay, digli di sì, così poi smette di rompere le palle.»
«No!» esclamo, «E cavolo, non posso neanche farmi un bagno rilassante da sola?» sbuffo, «E che cavolo!»
«No.» ride Ryan, «Dai, ti aiuto a lavarti la schiena...» soffia toccandomi la coscia, «Lo so che ti piace.» sorride, sperando che ceda.
Ma io non cederò. No. «Non questa sera.» ribatto, «Rassegnati, Ryan.» rido, «Guarda che ti do il permesso di fare lo scemo con gli altri.» aggiungo.
Lui spinge in fuori le labbra mentre Jake ride, «Cattiva.» sbuffa incrociando le braccia.
Rido e mi rilasso contro il sedile, nonostante Ryan cerchi di farmi cambiare idea.
Arriviamo a Central Park, proprio al centro del parco, vicino a uno dei vari laghetti. I tecnici sono già all'opera, stanno sistemando gli strumenti da una parte, altri sistemano le luci e altri ancora le telecamere. Un gazebo bianco è sistemato poco più in là, lì sotto i ragazzi verranno truccati e pettinati. Una parte del video è già stata girata in una villa di Miami, quindi non dovremmo restare qui moltissimo, tenendo conto che domani ci sposteremo a Coney Island.
Una ragazza con i capelli neri, lunghi e lisci, con le punte blu ci accoglie e ci chiede se vogliamo da bere, io ordino un cappuccino e un muffin e una ciambella, ignorando lo sguardo di Ryan. Oggi non ho mangiato quasi nulla, ed ora ho una fame da lupi.
Mi accomodo sopra una sedia da registra e fisso i ragazzi che vanno nel gazebo, poso la borsa sul prato e mi rilasso; prendo il cellulare e chiamo Svetlana, «Dove sei?» le chiedo appena risponde.
«Da Starbucks» risponde, «C'è fila anche qui.» sbuffa.
«C'è sempre fila.» replico.
«Lo so.» dice, «È che sono impaziente.» esclama, «Voglio vedere...»
«Il tuo ciccino, lo so.» rido, «Dai, non ci vorrà molto.» dico, «Chiamami quando sei nei pressi.»
«Certo.» dice lei, «A dopo, stella.» mi saluta e riattacca.
Ficco il cellulare in borsa, ringrazio la ragazza che mi porge il cappuccino e un vassoi con i dolcetti, zucchero il cappuccino e lo sorseggio piano, poi mi alzo, la borsa al braccio, il piattino in una mano e il bicchiere del cappuccino nell'altra, mi avvio verso il gazebo. Una ragazza si sta occupando di Ryan e, no, non sono gelosa. Vorrei solo versarle il cappuccino in testa.
Soffio sulla bevanda calda e mi accorgo che Ryan mi fissa attraverso lo specchio, «Bhe?» sbotto.
«Ingrasserai, Linds.» ride lui, «Stai mangiando troppo dolci.»
Mi sa che mi faccio dare un altro cappuccino perché uno lo verso in testa a lui, l'altro sulla testa di quella che sta sistemando i capelli di Ryan.
Sbuffo e ritorno a sedermi, mangio la ciambella in un paio di morsi e prendo una cartellina di cartoncino verde dalla borsa. Su un paio di fogli c'è segnato il programma di queste settimane, con orari dei voli, indirizzi di hotel e i posti dove ci saranno le vari signing session, e tutto ciò che serve. Studio i fogli per qualche istante, mentre finisco il cappuccino e il muffin, in attesa che Svetlana mi chiami, speriamo che faccia presto, ho bisogno di qualcuno a cui raccontare tutto quanto, altrimenti scoppio. Finisco il cappuccino, rimetto la cartellina in borsa e attendo, fissando Carl che parla con il registra, un ragazzo alto alto e magro da far paura. Se viene su un po' di vento potrebbe volare via come se fosse un pezzo di carta.
Mi sto per addormentare, che è meglio dello stare qui e rodermi il fegato nel pensare a quella che tocca i capelli di Ryan.

Dopo una decina di minuti Svetlana mi chiama, «Dove sei?» le chiedo.
«Dietro un gruppo di scimmie urlatrici.» strilla lei. Mi volto, fissando un gruppetto di ragazze — si agitano, strillano, piangono, scattano foto... — tenute a bada dai bodyguard.
«Ce la fai a venire davanti?» le chiedo.
«Ahi!» si lamenta, «Ragazzina, io ti spezzo le ossa!» strilla, «No.» mi risponde, «Ma non demordo.» esclama e insulta qualcuno, probabilmente quella di prima che le avrà schiacciato il piede o dato una gomitata.
Infilo il cellulare in tasca, lascio la borsa sulla sedia e raggiungo il gruppetto, «Svetlana?» chiamo, «Svetlana?»
«Sono qui!» trilla lei, alzando la mano destra e agitandola, «Io ti do un cazzotto.» strilla.
«Puoi farla passare?» chiedo a uno dei gorilloni, un tizio di colore, alto almeno due metri e largo come un armadio a quattro ante. «È la mia migliore amica,» aggiungo «ha il pass della casa discografica.» finisco di dire a bassa voce, ma non così bassa perché un paio di teste si voltano verso noi due.
«Cosa? Ha il pass?» esclama quella più vicina a me, spingendosi gli occhiali sul naso, «Lo voglio anche io!» trilla, «Non è giusto.» piagnucola.
«Stella!» esclama Svetlana sbucando fra due ragazze con in capelli tagliati in modo asimmetrico, «Io ho il pass!» dice e lo mostra, per poi rinfilarlo velocemente sotto al maglioncino celeste, prima che quelle attorno a lei glielo strappino e si azzuffino. È incredibile come un semplice pezzo di carta plastificato possa far uscire di testa le persone.
«Adesso ti tiro fuori.» dico e faccio un cenno al gorilla che la solleva come se pesasse quanto un gattino e la allontana da quelle squinternate, che strillano che vogliono anche loro i pass, che non è giusto e bla bla vari.
Sospiro, prendo sottobraccio Svetlana e mi dirigo verso il gazebo. «Ciccino!» strilla lei, correndo verso Liam, io mi limito a tirare la tenda per chiudere il gazebo. Sono solo loro, quelle che si occupano di trucco e parrucco non ci sono.
«Lo ha visto ieri.» geme Jake, «Lo ha visto anche prima.» sospira.
«Non è la stessa cosa.» sbuffa Liam fra un bacio e l'altro, «Era fra il pubblico, ci siamo visti appena.» brontola.
«Gelosona?» soffia Ryan sul mio collo. È dietro di me e non si muove, non mi tocca, non fa nulla e io lo ignoro. Non sono gelosa. Cioè, lo sono ma non voglio dargli questa soddisfazione.
«Linds?» chiama, «Lo so che mi hai sentit9.» dice.
«Che c'è?» sbotto e vedo che Carl spalanca la tenda.
«Sei gelosa.» ride Ryan.
«Siete pronti?» domanda Carl, «Dovete muovervi.» sbotta, «Liam, tieni giù quelle mani altrimenti giuro che te le taglio.»
Liam si allontana da Svetlana e sbuffa; usciamo dal gazebo e fissiamo i ragazzi che si sistemano dove ordina il registra.
Le scimmie urlatrici iniziano a sbraitare, a urlare e agitarsi, gridano ancora di più quando Ryan e gli altri le salutano.
«Branco di cretine.» sbuffa Svetlana, «Noi non abbiamo mai fatto così.» dice, scordandosi forse che, al ritorno di uno dei concerti dei Backstreet Boys eravamo senza voce. Meglio non dirlo a Ryan, però, altrimenti mi prenderebbe in giro per mesi. Carl cede la sua sedia a Svetlana e noi ci accomodiamo. «Tu non devi fare nulla?» mi domanda.
«No.» rispondo, «Solo rilassarmi, perché ne ho davvero bisogno.» sospiro.
«Che è successo?» domanda.
Faccio un respiro profondo e le racconto di prima, di quella gallina che ci ha provato con Ryan. Lei ride, po si accorge di come la sto guardando e smette, «Okay, scusa, scusa.» dice, fra una risata e l'altra, «Ma... Chastity Charity...» sghignazza, «Ommiodio.» ride ancora.
«Non è divertente.» replico e fisso i cinque che avanzano piano lungo un sentiero del parco, «L'avrei ammazzata, giuro.» sbuffo e Svetlana trattiene una risata. «Pensa se una facesse una cosa del genere a te...»
Lei mi fissa e sbianca, la bocca aperta, «La ucciderei.» dice, «Sì, lo farei.»
«Ecco, quindi smetti subito di ridere.» sbotto.
Lei fa una smorfia e sospira, «Hai ragione.» dice. «Com'è complicato.» mormora, «Come fai?»
«Tanta pazienza.» rispondo, «Ma proprio tanta.» dico, «E una confezione gigante di Malox.»
Svetlana ride e mi stringe la mano. Se non ci fosse lei probabilmente sarei già impazzita.

✨✨✨

Svetlana è con Liam, nella stanza che lui divide con Aaron, che ha preso il posto di Ryan, dividendo la stanza con Jake e Chris.
Ryan, invece, è qui che rompe le palle. «Ho detto no.» dico.
«Ma Linds...» borbotta, «Per favore.» dice, «Ti lavo la schiena.» mi sorride.
Lo fisso mentre mi tolgo i jeans, «Ryan...» sospiro, «Ho bisogno di rilassarmi e di dormire, domani dobbiamo alzarci all'alba.» gli ricordo.
«Ma non ho detto che dobbiamo fare chissà cosa.» replica lui e si toglie la maglietta nera a maniche lunghe.
«Ryan...»
«Mi metto nella vasca con te e faccio il bravo, giuro.» aggiunge slacciandosi i jeans.
«Ryan...»
«Ti massaggio le spalle, Lindsay.» conclude mentre jeans e boxer cadono per terra.
«Imbecille.» sbotto, «Fai il bravo, però.» dico ed entro nella vasca.
«Giuro.» esclama lui e mi raggiunge.
«Saresti entrato anche se avessi detto di no?» domando impostando il programma dell'idromassaggio.
«Certo.» risponde lui con un sorriso.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, «Idiota.» borbotto e lui ride. Mi sistemo contro il bordo della vasca e chiudo gli occhi. «Un massaggino ai piedi?» mormoro spingendo il piede destro contro la sua pancia, lui lo prende fra le mani e inizia a massaggiare piano.
«Vedi che ho fatto bene ad entrare?» dice lui passando all'altro piede.
Socchiudo gli occhi e lo fisso, «Mmh, sì.» mormoro. «Almeno così non ti sento lamentare.» aggiungo e apro un occhio, «Saresti andato avanti tutta sera.» sorrido.
«Volevi fare l'egoista.» replica lui, «Tenere l'idromassaggio tutto per te...»
«Anche tu hai l'idromassaggio, eh.» borbotto.
«Sì, ma Jake e Chris si sarebbero lamentati tutto il tempo.» esclama.
Apro gli occhi e lo fisso, «Per forza, tu rimani in bagno mezzore intere.» replico, «Hanno ragione a lamentarsi!»
Ryan sbuffa, «Anche loro rimangono in bagno tanto.» si lamenta.
«Mai quanto te.» rido. Ryan smette di massaggiarmi e fa la faccia offesa. «Bhe? Smetti?»
«Sei cattiva.» dice, «Mi prendi in giro.»
Mi metto carponi e gattono piano fino a lui, le bolle che sfiorano i nostri corpi. «Non fare quel faccino offeso.» soffio sul suo viso, «Tanto lo sai che ho ragione.» dico sistemandomi fra le sue gambe e sedendomi sui talloni.
Ryan mi sfiora i fianchi, «Come vuoi.» ride, «Ma anche tu rimani in bagno per un'eternità...» soffia contro la mia guancia.
Mi rigiro fra le sue braccia e appoggio la schiena contro il suo torace, decido di stare zitta un po' perché sono davvero stanca, un po' perché Ryan ha, forse, ragione.
Anche se io non ci impiego tutto il tempo che ci impiega lui per sistemarsi i capelli. E comunque i miei sono lunghi, quindi è normale, e anche giusto, che stia in bagno per mezz'ora quando li devo asciugare.
«A che ora ci dobbiamo alzare domani?» sbadiglia Ryan.
«Alle quattro e mezza massimo.» rispondo posando la testa sulla sua spalla, «Alle cinque ci vengono a prendere e per le sei dobbiamo essere a Coney Island.» continuo e mi godo le sue carezze sulle braccia, «Iniziate a girare per le sei e mezza.» dico. «Nel pomeriggio ritorniamo a Central Park.»
«Impegnativo.» mormora lui.
«Già.» mormoro e sbadiglio. Domani sarà una lunga giornata...

✨✨✨

«Linds?» chiamo e la scuoto piano, «Linds, svegliati.» dico. Lei mugugna nel sonno e si gira dall'altra parte. «Lindsay.» esclamo, «Svegliati.»
«Ho sonno.» mugugna. «Fammi dormire.» dice arrotolandosi ancora di più e avvolgendosi nelle coperte.
«Sono le quattro meno venti.» dico.
Lindsay apre un occhio e mi fissa, «Di già?» sbadiglia e annuisco, «Che palle.» biascica. «Mi alzo.» borbotta sbadigliando.
Si alza e va verso il bagno trascinando i piedi. È stanca, siamo tutti stanchi. Lindsay esce dal bagno dieci minuti dopo, si è cambiata e legata i capelli in una coda alta.
«Cappuccino?» chiedo porgendole una tazza.
«E dove l'hai preso?» domanda lei e sbadiglia di nuovo.
«È quello solubile.» rispondo indicando il bollitore elettrico.
«Fa schifo.» borbotta.
«Ma se non l'hai nemmeno assaggiato!» ribatto, Lindsay sbuffa, soffia sulla tazza e beve un sorso, «Com'è?» domando.
«Non è il massimo.» sospira sedendosi sul letto. «Dio, che sonno...» sbadiglia.
Alle cinque siamo in corridoio, insieme agli altri. Jake dorme praticamente in piedi, Aaron indossa gli occhiali da sole e Chris è taciturno. Liam si limita a tenere la mano di Svetlana che ha l'aria stanca.
Saliamo nelle auto — io, Lindsay, Aaron e Jake in una, gli altri nell'altra con Carl — e partiamo. Non facciamo neanche in tempo a fare cento metri scarsi che Linds si è di nuovo riaddormentata, la testa appoggiata alla mia spalla.
«Dorme.» commenta Jake.
«Ha sonno.» replico a bassa voce.
«Anche io.» sbadiglia lui.
«E dormi anche tu, no?» dico e guardo Jake, «Lui si sta addormentando.» esclamo.
Nel giro di cinque minuti sono l'unico sveglio, escludendo l'autista e spero che almeno lui non si addormenti, altrimenti siamo fregati.

Lindsay si trascina verso Svetlana e la prende sottobraccio mentre parlottano fra di loro, si dirigono verso un grosso masso e si siedono. Se potesse ci si sdraierebbe sopra, lo so.
«Lindsay?» la chiama Carl.
«Che c'è?» esclama lei, «Ho sonno.» borbotta.
«C'è la colazione.» replica Carl senza guardarla.
Lindsay si alza in piedi insieme a Svetlana e si avvicinano al gazebo, «Uh, ho proprio bisogno di un buon cappuccino!» esclama.
«Non sarebbe un cappuccino, ma solo caffè e latte.» replico mentre lei versa caffè e latte in un bicchiere alto di carta, «Anzi, latte e caffè.» mi correggo.
«Oh, ma piantala.» borbotta lei e aggiunge anche della panna e lo zucchero, sistema su un piattino alcuni cupcakes e un paio di ciambelle e si allontana insieme a Svetlana.
«Linds...» la chiamo ma lei mi ignora.
Jake ride e sbadiglia, «Dai, lo sai che se non beve caffè appena sveglia è irritabile.» dice.
«Ma le ho preparato quello solubile che c'era nella stanza...» borbotto.
«Ma quello non conta, fa schifo.» esclama Aaron bevendo in un sorso il suo caffè amaro.
Io non replico e sorseggio il mio caffè. Insomma... quel cappuccino solubile non sarà stato il top, ma neppure così schifoso...
Lindsay, intanto, si gode il suo latte macchiato, mangia i dolci e parlotta con Svetlana. Vorrei tanto sapere cosa si stanno dicendo. Dio, sono curioso.
«Di cosa stanno parlando?» borbotto.
«Delle vostre prestazioni.» ride Chris.
«Oh, taci.» sbotto.
«Sei tu che vuoi saperlo.» replica lui, «E quello è uno dei possibili argomenti.» dice.
Una parte di me sa che Lindsay parla di certe cose con Svetlana, ma l'altra spera vivamente che non lo faccia. Sono cose nostre, private, intime! Non può parlarne con nessuno, nemmeno se è la sua migliore amica.
Ma so anche che non posso impedirglielo, altrimenti mi beccherei un calcio nelle palle.
Uffa.
Dopo dieci minuti arrivano le truccatrici e le parrucchiere — le stesse di ieri — così andiamo sotto a un altro gazebo per prepararci.

Stiamo guardando le riprese, dopo aver girato per quasi tre ore — il regista non era mai soddisfatto — quando delle risate ci strappano dalla visione di noi stessi dallo schermo di un notebook.
Dal gazebo delle truccatrici escono Lindsay e Svetlana, i capelli legati in code alte... e indossano dei bikini.
Dei bikini striminziti, a mio parere.
«Lindsay!» la chiamo, ma lei mi ignora. «Linds!» chiamo ancora, ma loro due ridono e superano i bodyguard, strillano quando l'acqua sfiora i loro piedi e avanzano nell'oceano, per poi tuffarsi in acqua. «Ma che... Lindsay!» grido.
«Cosa stanno facendo?» domanda Liam, rivelando tutta la sua tontaggine.
«Il bagno.» risponde il regista, «Mi sembra ovvio.» dice.
«Sì... ma quel bikini è troppo... troppo piccolo!» esclamo mentre Lindsay emerge dall'acqua, schizza Svetlana e ride.
«È un normale bikini, Ryan.» dice Aaron e gli darei un pugno. Darei un pugno a tutti quelli che la stanno fissando in questo momento. Avrebbe potuto dirmelo, almeno, così mi sarei preparato. Invece mi ha sorpreso, facendomi venire un mezzo infarto.
«Voi due,» mi giro verso Carl «smettetela di rodervi il fegato che non ce ne è bisogno.» dice, «Sono solo due stupidi bikini, e voi state facendo la figura degli stupidi.» sbotta.
Lui lo sapeva? Sapeva che si sarebbero cambiate, indossando minuscoli pezzi di stoffa e che si sarebbero tuffate in acqua? Lo sapeva e non mi ha detto nulla?
Fortunatamente il bagno dura poco e Lindsay e Svetlana escono dall'acqua e si avvicinano a una sedia, recuperano un paio di asciugamani e se li avvolgono attorno al corpo.
«Linds.» esclamo avvicinandomi a lei.
«Che c'è?» ride.
Sospiro, «Potevi dirmelo.» sbuffo, «E poi quel bikini è troppo piccolo e troppo trasparente.» dico.
«Ma se è della mia taglia e verde scuro!» replica lei, «Non si vede niente.» sbotta, «Eddai, Ryan... è solo un bagno!»
«Potevi farlo anche a Miami.» dico, «Scommetto che l'acqua lì è più calda di qua.» esclamo, «Anzi, ne sono praticamente certo.»
Lei guarda Svetlana e sospira, mi spinge un po' più in là e sbuffa, «Tu sei solo geloso.» sbotta, «E piantala, era solo un bagno.» dice.
«Sì che sono geloso.» ammetto, «E quel costume è troppo piccolo.» ripeto e incrocio le braccia.
Lei ride, mi bacia la guancia, «Vado a cambiarmi.» dice.
«Rimarrai con il sale sulla pelle per tutto il giorno!» grido ma lei non dice nulla.
«Ti verrà un'ulcera se continui così.» ride Aaron.
«Oh, taci.» borbotto sedendomi. Lindsay mi farà venire un infarto se continua con queste “sorprese”.

✨✨✨

«Ryan... sei arrabbiato?» chiedo mentre ci dirigiamo verso Central Park.
«Non sono arrabbiato.» risponde lui.
«Allora sei solo geloso.» sbuffo e guardo fuori dal finestrino.
«Quel costume è troppo piccolo.» replica lui guardandomi, «Ti copriva a malapena il culo.» borbotta, «Dovevi prendere una taglia più grande.»
«Se prendevo una taglia più grande ci ballavo dentro.»
«Ma almeno copriva tutto.»
«Se prendeva quello più grande rischiava che si spostasse tutto da una parte, mostrando tutto quanto.» s'intromette Jake.
Annuisco, «Giusto.» dico, «Vedi, Ryan, sarebbe stato peggio!»
Lui mi guarda, gli occhi azzurri spalancati, «Bhe, potevi prendere un altro modello di mutanda.» dice, «Uno che copriva un po' di più.» sbuffa.
Sbuffo anche io e lo abbraccio, «Gelosone.» soffio contro il suo viso, «Ti amo.» mormoro e gli bacio la guancia.
Ryan sorride, «Non sono geloso.» ribatte e io rido, «Avrei voluto saperlo ecco.» borbotta.
«Tu sei geloso.» mormoro sfiorandogli la guancia con due dita e premendomi contro di lui.
«Non è vero.» ribatte.
«Sì che è vero, non negarlo.» ride Jake, «C'è mancato poco e ti sarebbe venuto un infarto!»
«Piantala.» borbotta, «Io non sono geloso.» dice, «Non sono... così geloso.» dice e lo bacio.
Lo so che è geloso. E mi piace perché è veramente adorabile. Oltre che idiota, si intende.
Ed è per questo che lo amo.



Salve pasticcini belli che mi leggete/seguite nei miei deliri.
Pensavo che avrei postato prima il capitolo ma sono stata presa da alcune cose... come una vita sociale, per esmpio xD
Passando alle cose serie: il titolo della storia è del mio amatissimo e pucciosissimo Ben Montague, che mi ha fatto anche gli auguri per il mio compleanno (e fra le altre cose è bastato solo UN tweet di richiesta, non ventrodicimila! Ciccino, lui!), ed è anche il suo nuovo singolo. Cercatelo sul tubo e guardatelo/condividetelo/amatelo.
Il titolo del capitolo è una canzone dei Blue.
Capitolo lungo, come capita spesso! Non ho idea da quantio capitoli sarà formata questa storia, visto che le idee ci sono e sono pure tante! Spero di riuscire a condensare il tutto in venti capitoli, ma non ci giurerei.
Ringrazio chi ha letto, leggerà, metterà la storia in una delle liste e commenterà.
A presto!

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Capitolo 2
*** Due - World of our own ***


We Start Over

Due
World Of Our Own
*** Funny how life can be so surprising ***



«Èil mio compleanno!» trilla Aaron quando ci incontriamo in corridoio, «Cosa facciamo? Cosa facciamo?» esclama.
«So io cosa fare se non ti dai una calmata.» borbotta Chris con uno sbadiglio.
«Stupido.» esclama Aaron, «Cosa possiamo fare?» mormora, «Cosa...» dice e si volta verso di me, «Conoscete bene New York,» si rivolge a me e Svetlana «perché non ci pensate voi?» domanda, «Tanto sapete cosa mi piace...» scrolla le spalle e io trattengo un sospiro di sollievo. Per un attimo ho temuto che volesse fare qualcosa di specifico, mandando all'aria tutti i piani che io, Svetlana e Carl abbiamo fatto.
«Certo!» rispondo, «Con piacere.» aggiungo con un sorriso. «Per pranzo... che ne diresti di un bel ristorante di pesce, con vista sull'oceano?» propongo.
«Sarebbe perfetto!» risponde Aaron e mi dà  una pacca sulla spalla che mi fa quasi cadere. «Ne voglio uno che abbia le aragoste.»
«Okay.» annuisce Svetlana, «Non ti preoccupare, sappiamo dove andare.»
E il primo punto della lista è andato. Il ristorante di pesce che serve anche aragoste del Maine — le preferite di Aaron — è già  prenotato per oggi.
Dopo pranzo faremo un giretto in spiaggia, attendendo che arrivi l'orario della vera sorpresa. E spero che piaccia ad Aaron, perché, dopo tutto quello che abbiamo speso, mi girerebbero a mille se non gli piacesse. Ma gli piacerà , lo so.
Spero.

«Che cosa?» sbotta Aaron, «Perché doverei metterla?» dice fissando la benda nera che ho in mano.
«Perché ho voglia di un'orgia.» replico e ignoro Ryan che mi chiama, strillando il mio nome come un cretino, «Perché il luogo dove stiamo andando è una sorpresa.» dico e mi metto dietro di lui.
«Ma...» replica lui mentre gli copro gli occhi.
«Ma un cavolo.» sbotto, «Tu hai chiesto a me e Svetlana di organizzare qualcosa, quindi ora ti adegui.» dico e lego la benda.
«Ma... Lindsay...» mormora Aaron.
«Shh!» faccio, «A cuccia.» dico e lo accompagno verso una delle due auto, lo aiuto a salire e mi accomodo accanto a lui.
«Non preoccuparti, ti dico io dove andiamo.» esclama Ryan salendo.
«Tu sai dove andiamo?» chiede l'altro.
«No, ma posso leggere i cartelli, eh.» risponde Ryan.
«Tu non dirai un bel nulla.» replico io e stringo il polso di Ryan. «Altrimenti...»
«Altrimenti non me la dai più, lo so.» sospira lui e mi guarda sorridendo, «Adesso la smetti di infilzarmi le unghie nel polso? Mi fai male.» chiede e allento la presa, «Grazie.» dice, «Cercherò di farti capire qualcosa, Aaron.» ridacchia.
«Guarda che finisci in bianco.» ride Jake, in macchina con noi.
«Ma tu puoi parlare, dirmi dove stiamo andando.» dice Aaron, «Dimmi dove andiamo, per favore.» implora e cerca di togliersi la benda, ma io gli blocco le mani.
«Non ci penso nemmeno.» replica Jake e sbadiglia.
«E perché?» fa Aaron, «Tanto Lindsay non te la darebbe lo stesso, quindi non rischi niente.»
«Ma mi darebbe un calcio in culo, conoscendola.» replica Jake, «E poi,» sbadiglia ancora, «Ho un po' di sonno e vorrei fare un sonnellino.» dice e si sdraia sul sedile di fronte al nostro. «Buona notte.» mormora chiudendo gli occhi.
«Sei fregato.» dico ad Aaron, «Zitto e goditi la sorpresa.» sibilo.
Lui sbuffa, incrocia le braccia e si rilassa contro lo schienale.

Liam slega la benda e Aaron spalanca gli occhi, la sua bocca forma una piccola "o" e lui rimane là, fermo in mezzo alla stanza senza dire nulla per qualche istante. «Voi...» mormora, fissando le decorazioni, i palloncini colorati e il tavolo pieno di cibarie, compresa una torta a forma di cavallo. Non è una di quelle torte-sculture, che sanno di niente e hanno dentro pi๠sostegni di plastica che pan di Spagna e crema. È una semplice torta a forma di cavallo che impenna, tre strati di pan di Spagna, farcito con crema pasticcera e gocce di cioccolato — al latte, fondente, extra fondente e bianco —  ricoperto di crema al burro al cioccolato, scaglie di cioccolato e crema chantilly. E due piccoli cavalli di zucchero troneggiano accanto alle candeline a forma di numero.
«L'avete organizzato voi?» domanda Aaron fissando me e Svetlana.
«Sà.» rispondo, orgogliosa, «E non è finita qui!» trillo e scosto due tendine. Là  fuori ci sono sette cavalli già  sellati.
«Io non ci salgo.» esclama Ryan incrociando le braccia.
«Grazie!» strilla Aaron e travolge me e Svetlana in un abbraccio che ci fa vacillare e probabilmente ci ha spostato di mezzo metro, «È meraviglioso!» esclama e ci bacia il viso, ripetendo almeno un milione di volte €œgrazie.€ Se lo dice un'altra volta lo strozzo, giuro.
«Okay... ancora tanti auguri, Aaron... ma quand'è che si mangia?» esclama Jake, avvicinandosi ai tavoli sistemati a ferro di cavallo.
«Aspetta!» gli dico, «E che cavolo.» sbuffo. «Non hai mangiato abbastanza, a pranzo?» chiedo.
«Parli proprio tu.» borbotta lui ma io lo ignoro, intanto Aaron continua a guardarsi attorno e si accorge del tavolino su cui abbiamo sistemato i regali.
«Mi avete regalato un portatile?» esclama, «Potevate incartarlo.» dice.
«Non è il tuo, è il mio.» spiega Carl.
«E a cosa serve?» chiede Aaron, le sopracciglie bionde inarcate.
«Vedrai.» dico io e prendo la bottiglia di spumate.
«Io su quel coso non salgo, sappiatelo.» squittisce Chris fissando i cavalli che brucano tranquillamente l'erba. «No.»
«Sà, invece.» ribatte Aaron, «È il mio compleanno e fai, fate, quello che dico.»
«Io non cavalco.» esclama Ryan.
«Oh sà che lo farai.» sbotta Carl, «Lo farete tutti quanti,» continua «perché Lindsay e Svetlana si sono impegnate e mi hanno stressato l'anima e quindi lo farete e non si discute.» dice e prende la bottiglia dalle mie mani e la passa ad Aaron che la prende, eccitato come Cameron la mattina di Natale.
«Ma non ci penso nemmeno!» sbotta Ryan.
«Una volta che cadi da cavallo devi risalire.» ride Chris.
Ryan gli lancia un'occhiataccia, «Neppure tu ci vuoi salire.» dice.
«Tu ci sali.» dico, «Lo devi fare, cosà io stasera ti faccio quella cosina che ti piace tanto...» aggiungo a bassa voce sfiorandogli il torace con la punta delle dita.
Lui mi fissa e sospira. «È un ricatto, sai?» dice.
«Oh, lo so.» rido, «Ma funziona.»
«Che cosa gli fai?» domanda Liam e divento rossa di botto. Mi ha sentito?
Cacchio.
«Quello che piace anche a te.» ride Chris.
«Eh?» esclama Liam fissandolo, mentre io vorrei solo scomparire.
«Un pompino.» esclama Svetlana e io la guardo, lei mi fissa e diventa rossa, si copre la faccia con le mani e mormora qualcosa di incomprensibile.
«Vedi,» dice Jake «lei ha capito!» aggiunge annuendo e scoppia a ridere.
«Oh, la piantate?» sbotta Aaron e stappa la bottiglia, «È il mio compleanno.»
Lo spumante viene versato nei bicchieri, brindiamo, accendiamo le candeline, Aaron le spegne mentre io faccio una foto che mi affretto a postare su ogni social network esistente e spero che Melanie si mangi il fegato. Avrebbe potuto essere qui, forse, se non si fosse comportata da psicopatica e piaga e deficiente. E... oops, mi viene in mente che il suo compleanno è già  passato da un paio di settimane e non le ho fatto gli auguri. Bhe, lei non li ha fatti a me, per cui siamo pari.
Mangiamo la torta, i pasticcini e qualche salatino, mandando tutto gi๠con due b0ttiglie di spumante.

«È ora, vero?» domanda Aaron, eccitato, indicando i cavalli. E... saltella, come un bambino che ha mangiato troppi zuccheri.
«Se siamo qui fuori, davanti a loro, direi proprio di sà.» sospiro.
«Devo proprio salirci?» pigola Ryan rigirando il caschetto fra le mani, «Non puoi fare un'eccezione?» mi sorride, «Possiamo starcene qui, tranquilli...» soffia sul mio viso.
«No, ho pagato sette cavalli e tu sali, altrimenti ti prendo a schiaffi.» rispondo, prendo il caschetto e glielo metto in testa, poi lo allaccio.
«Mi spettini.» si lamenta Ryan.
«Sei bello lo stesso,» dico «pecorella.» aggiungo a bassa voce e Ryan mi bacia velocemente, probabilmente per zittirmi.
«Andiamo? Andiamo? Andiamo?» esclama Aaron, già  montato in sella.
«Siete sicure che nella torta ci fosse farina e non altro?» domanda Jake, «È un po'... sopraeccitato.» dice.
«È il mio compleanno.» replica l'interessato con uno sbuffo e io aiuto Ryan a salire e mi assicuro che Jake e Chris non scappino, mi accorgo che Carl li sta controllando, per cui montano a cavallo fra uno sbuffo e l'altro.
«Perché lui non sale?» domanda Chris indicando Carl.
«Perché no.» risponde lui, «E devo anche sistemare il macello che voi avete fatto.» aggiunge.
Chris sbuffa e io ridacchio mentre Svetlana si mette in testa, ignorando le proteste di Liam che la vorrebbe vicino a lui e, finalmente, partiamo.
«Ma... dove siamo?» chiede Aaron, «Non è Central Park.» dice. Cavolo, ce ne ha messo di tempo!
«Nel Queens.» risponde Svetlana.
«Nel Queens?» domanda Chris, «Uno pi๠vicino no?»
«No.» rispondo e guardo Ryan che ha la faccia di uno che vorrebbe smontare da cavallo e fuggire. «Non t'azzardare.» gli dico.
«A fare cosa?» domanda lui, un sorriso innocente sul viso.
«A fermarti e scappare.» rispondo. «Lo so che vorresti farlo.»
«Tu mi hai costretto a salire in groppa a questo cavallo, ricattandomi, per giunta!» ribatte, «Io voglio fermarmi e scappare.» dice, «È logico che voglia fermarmi.»
«Non puoi.» replico, «Abbiamo prenotato per due ore, quindi per due ore tieni le tue belle chiappe su Storm.» 
«Due ore?» strilla Chris, «E io devo stare su questo brocco per due ore?» sbotta, «Ma non ci penso nemmeno.»
«Invece ci stai, dovessi costringerti a forza di calci.» esclama Aaron, «È il mio compleanno!» ripete per la millesima volta.
«Sei noioso.» sbuffa Jake, «Stasera devi offrirci almeno tre birre a testa, lo sai?»
Aaron sbuffa, «E che palle.» dice, «Solo per qualche minuto in sella a un cavallo...» replica.
Bhe, qualche minuto un corno! Sono ben centoventi minuti e mi fa già  male tutto anche se cavalchiamo da appena mezz'ora. Ma non lo ammetterò mai, sopratutto con Ryan.
Dopo una decina di minuti, in cui Ryan e Chris non hanno fatto altro che lamentarsi, arriviamo in un piccolo spiazzo, ci sono alcune panchine di legno, una fontanella d'acqua potabile e uno steccato. Smontiamo dai cavalli e guardo Ryan, che è ancora sul suo.
«Non scendi?» ride Aaron.
«Chi, io?» replica quel testone di Ryan, «Nah, resto qui, sto comodo.» dice.
«Hai paura di cadere!» dice Jake e scoppia a ridere mentre Ryan fa una smorfia offesa, «Dai, se cadi Lindsay può darti un bacino sulla bua...»
Ryan mi fissa e io sbuffo, «Scendi da là.» borbotto alzando gli occhi al cielo. «Subito!» sbotto.
Ryan sospira, «Se cado è colpa tua.» dice.
«Non cadi.» gli sorrido, lascio il mio cavallo ad Aaron e vado ad aiutare quel cagasotto del mio ragazzo. Ryan scende e gli do la mano, aiutandolo ad allontanarsi dal cavallo senza finire per terra. «Hai visto?» dico, «È semplice.»
Ryan borbotta qualcosa di incomprensibile e va a sedersi, camminando piano, le gambe leggermente divaricate «Mi fa male il culo.» dice.
«Puoi chiedere a Lindsay di farti un massaggio.» sghignazza Jake e lo prenderei a sberle. Mi siedo anche io e sbuffo.
«Già , Linds, dovresti farmi un massaggio.» sorride Ryan e mi fissa, mi sfiora il braccio con la punta delle dita e mi guarda con la sua miglior espressione da cucciolo.
Sbuffo, «Non è valido.» soffio. «Forse, vedremo.» dico e mi alzo, vado alla fontanella e giro la manopola. «Se fai il bravo.» aggiungo, metto le mani a coppa e bevo un po' d'acqua. Non mi ero accorta di aver così tanta sente. Bevo ancora, mi asciugo le mani sui jeans e torno da Ryan. «Stai occupando anche il mio posto.» gli faccio notare.
«Non è vero.» replica lui.
Alzo un sopracciglio e lo fisso, sbuffo e mi siedo, facendomi spazio con la forza. Ryan ride, mi abbraccia e mi bacia la testa.
Rimaniamo seduti per qualche minuto, giusto per riposarci un po', prima di rimontare a cavallo e tornare al maneggio.
Ritorniamo nella casetta di legno e mi lascio cadere su una sedia con un sospiro. Sono esausta e se penso che dopo domani sbarcheremo in Europa mi sento male. Sono settimane che giriamo come trottole e io inizio ad essere veramente stanca. Dovrò farmi prescrivere qualche integratore, mi sa. Bha, ci penserò quando torneremo a Miami.
Fisso Aaron che afferra una bottiglia mezze vuota di spumante e bere un sorso da quella, prima di iniziare a muoversi per la stanza. «Sembra un pinguino stitico.» sussurro a Svetlana che ridacchia, coprendosi la bocca con la mano.
«Aaron!»
Ci voltiamo tutti verso il portatile acceso.
«Ehi, signora Caine!» esclama Chris, «Salve!» dice e agita la mano.
«Mamma?» esclama Aaron.
«Auguri, tesoro.» dice la signora Caine trattenendo una risatina. Assomiglia tantissimo al figlio: stessi occhi azzurri, stessi capelli biondi, stesse guance che ti fanno venire voglia di pizzicarle.
«Grazie, mamma.» borbotta Aaron, in evidente imbarazzo. Farsi beccare mentre si tracanna dello spumante direttamente dalla bottiglia e si balla come un cretino imbarazzerebbe chiunque.
«Ti stai divertendo, tesoro?»
«Sì, mamma.»
«E hai ringraziato Lindsay e Svetlana?»
«Sì, mamma.»
«Offrirai loro da bere?»
«Sì, mamma.»
«Sei ubriaco, tesoro?»
«Sì, mamma.» borbotta Aaron, «Cioè... no!» si corregge, si accorge di tenere in mano la bottiglia, la passa a Chris — che scrolla le spalle e beve un lungo sorso — «Non sono ubriaco.» dice.
«Lo spero.» ridacchia sua madre. «Tuo padre ti saluta.» aggiunge, «Ah, grazie Lindsay.»
Io la saluto con la mano, «Di niente, Donna.» dico.
«Tu conosci il nome di mia madre?» mi chiede Aaron, scordandosi che lo sanno tutti quanti, visto che lo ha detto lui in un'intervista.
«Certo tesoro.» ride Donna.
«Ah.» commenta Aaron, «Grazie ancora.» si rivolge a me e Svetlana. Mi limito a sorridergli. Aaron saluta sua madre e Carl chiude Skype.

***

Cedo il bagno a Ryan e sistemo meglio l'asciugamani attorno al mio corpo, cerco di reprimere uno sbadiglio e mi sdraio sul letto, la testa che affonda nei morbidi cuscini. Non ricordavo che cavalcare facesse così male. Ho dolore ovunque, ci manca poco e mi fanno male anche le orecchie!
Piego la gamba destra, portando il ginocchio verso la spalla, afferro la caviglia e stendo la gamba.
Io... cavolo, riesco ancora a farlo! Conto fino a dieci e faccio la stessa cosa con l'altra gamba.
Sospiro e chiudo gli occhi, poso le mani vicino alla spalle, i pollici verso le orecchie, piego le ginocchia e spingo in alto il bacino, formando un arco. Okay, in realtà  avrei dovuto alzarmi in piedi e scendere all'indietro con la schiena, ma per ora va bene così.
Il gomito destro scrocchia e ridacchio ma continuo a mantenere la posizione. Solo che... no, no, ancora no. L'asciugamani si apre e scivola via dal mio corpo, lasciandomi nuda.
«Stai sperimentando una nuova posizione? Credevo che non volessi farlo.»
«Ryan!» strillo e ritorno a sdraiarmi. 
Lui ride, «Bhe, era una bella visione.» dice avanzando verso il letto.
Mi copro, anche se l'asciugamani è tutto spiegazzato e arrotolato, «Idiota.» borbotto.
Ryan si siede e ride ancora, «Sei tu che ti metti in posizioni assurde, eh.» dice.
Faccio una smorfia, «Stavo facendo un po' di stretching.» borbotto.
Ryan ride ancora — quello stronzo — e mi accarezza le gambe, partendo dalle caviglie e arrivando al ginocchio. «Un po' di stretching.» dice, «Sei stanca?» domanda accarezzandomi il viso.
«Sì.» pigolo e lo abbraccio, poso il viso sulla sua spalla e inspiro il suo profumo.
«Sei meravigliosa.» dice lui sfiorandomi la schiena nuda, «Ti occupi di noi cinque, sei un'amica stupenda.» soffia, «Ti amo.» dice.
Sorrido e mi stringo a lui, «Ti amo.» mormoro e gli bacio la spalla, continuando a godermi le sue carezze.
«Dovremo vestirci.» mormora lui baciandomi l'orecchio.
«Già .» sbadiglio, «Vestiamoci.»
Mezz'ora dopo siamo di sotto, al ristorante, e Liam si lamenta perché Svetlana non c'è.
«Viene dopo.» sospira Jake e ho l'impressione che abbia ripetuto questa frase almeno una decina di volta.
«Ma mi manca.» borbotta Liam.
«Due ore passano in fretta.» gli dico con un sorriso, «Basta che non ci pensi troppo, okay?»
Liam mi fissa, sbuffa e afferra il menu, «Okay.» borbotta e sorride, così, finalmente, possiamo decidere cosa ordinare.

Siamo dentro un locale, appena ci hanno visto siamo entrati subito. Merito di Ryan e gli altri, ma non diciamoglielo, altrimenti Ryan inizia a rompere le scatole. La cameriera ci fa accomodare in un privè e ci porge le liste, con un grande sorriso luminoso, che sembra rivolto proprio... a me. Ma mi sbaglierò, starà  sorridendo a Ryan, sicuramente.
«Offri tu, vero?» chiede Chris fissando Aaron.
«Sì.» risponde il festeggiato, «La smetti di chiedermelo?»
«Voglio esserne sicuro.» ribatte Chris e annuisce, «Uh, hanno le 0live ascolane e le mozzarelline in carrozza!» strilla, informando tutta la sala sul menu del locale, «Le voglio!»
«Ma non avete mangiato troppo?» domanda Aaron e ci fissa, squadrandoci, poi sospira, «E va bene,» sospira «prendetele, se volete.» dice. «Ma io pago il  bere e voi il mangiare, okay?»
«Ryan?» chiamo e lui mi guarda, «Offri tu, per me, vero?» dico e sbatto le ciglia, «Io e Svetlana abbiamo già  pagato il ristorante e la festa.» sorrido.
«Va bene.» dice lui e io quasi cado dalla sedia.
Va bene?
Va bene?
«Oh.» faccio, «Grazie.» sorrido, allungo una mano sotto al tavolo e stringo la sua, tanto nessuno ci può vedere, visto che diamo le spalle al muro e davanti a noi, dall'altra parte del tavolo, ci sono gli altri.
Per prendere le ordinazioni viene un'altra cameriera, diversa da quella che ci ha portato qui. E fa gli occhi dolci a Ryan. Dio, la picchierei.
E non sono gelosa, mi dà  fastidio che lo guardi come se volesse spogliarlo con gli occhi. 
Tieni gi๠le zampe, oca!
«Gelosa?» soffia Ryan al mio orecchio.
Lo guardo e lo vedo trattenere una risata, «Chi, io?» faccio, «Ma no!»
Ryan sorride, mi tocca la gamba, «Bugiarda.» replica, «Lo so che sei gelosa.» dice.
Io lo ignoro e guardo davanti a me, fissando Svetlana che sussurra qualcosa a Liam per poi ridere.
«Non sono gelosa.» dico, tornando a guardare Ryan.
«Sì che lo sei.» replica lui, «Lo capivo che avresti voluto spaccarle qualcosa in testa.» dice, «O spaccarle la testa contro qualcosa.»
Non dico nulla, anche perché sarebbe inutile: ha ragione.
«Forse.» borbotto sfiorando le foglie di plastica del centro tavola. Siamo al tavolo quattordici.
«Lo so che ho ragione.» mormora lui piegandosi verso di me, «E lo sai anche tu.»
Non dico nulla e alzo gli occhi e fisso le cameriere che tornano con le nostre ordinazioni. Sono le stesse di prima, e c'è quella che mi guarda, mi guarda e mi sorride. «Caipiroska alla mela verde.» sorride mentre posa il mio cocktail davanti a me.
«Grazie.» le dico e lei, che si chiama Angelina, secondo quello che dice la targhetta appuntata al taschino della polo nera, sorride ancora di pi๠e... e... diventa rossa.
«Hai fatto colpo!» ride Jake quando le cameriere si sono allontanate.
«Io faccio sempre colpo.» esclama Ryan, posando il braccio sullo schienale del divanetto.
«Non parlavo di te,» replica Jake «ma di Lindsay.»
Ecco, se lo dice pure Jake vuol dire che ho indovinato.
«Eh? Cosa?» borbotta Ryan e si volta verso di me, «Lindsay!» squittisce, «Adesso devo essere geloso anche delle ragazze?»
«Ah, quindi ammetti di essere geloso?» ribatto e afferro il mio bicchiere, tolgo il pezzetto di mela incastrato nel bordo e lo mangio.
«Sì, cazzo.» risponde lui, «Certo che sono geloso.» dice, «E lo sei anche tu.»
«Forse.» dico e infilo la cannuccia fra le labbra.
«Forse un corno, tu sei gelosa.» ride Svetlana.
«Anche tu.» replico.
«Mai negato.» sorride lei.
«Okay, siamo tutti gelosi.» sbotta Aaron, «Dai, Ryan... quella cameriera le ha fatto gli occhi dolci, non le ha infilato una mano nelle mutande!»
Ryan sbuffa e incrocia le braccia.
«Festeggiamo?» continua Aaron e solleva il bicchiere, «È il mio compleanno!»  strilla alzando il bicchiere. 
Così brindiamo un'altra volta.
Ryan mi sfiora il collo, poi infila il braccio sotto al tavolo, mi tocca la coscia, la stringe piano, «La gonna mi sembra un po' troppo corta.» soffia nel mio orecchio, prima di bere un sorso di birra.
Io sorrido e non rispondo, mi limito a toccargli la mano e lui la stringe.

***

Sbadiglio.
Ricapitoliamo: partiamo JFK alle cinque e mezza del pomeriggio, il volo dura sette ore e ventitré minuti, arriveremo a Dublino a mezzanotte e cinquantatré minuti. Peccato che a New York saranno le otto e mezza di sera. ! Stupido jet-lag!
Avrò delle occhiaie da paura. Le ho anche adesso, eh, ma domani saranno peggio, lo so!
Sbuffo e ficco i vestiti che la lavanderia dell'hotel ha lavato nella valigia, la chiudo spingendola bene e prego di non dover pagare nessun sovrapprezzo. Non potevo non comprare quelle Manolo, proprio no. Mi stavano chiamando, dalla loro postazione, sopra quello scaffale, illuminate ad arte. Mi chiamavano e io le ho dovute comprare. Come anche quella borsa, quel paio di jeans, quel vestito, quel maglioncino color crema così carino... 
Basta, non devo esagerare con gli acquisti, anche perché cinque settimane sono lunghe...
«Hai fatto?» domanda Ryan entrando nella mia camera.
«Sì.» dico, «Quasi.» aggiungo mentre premo la valigia e tiro la cerniera.
«Hai preso troppa roba.» ride lui sedendosi sul letto, «Compresa quella che hai infilato nella mia valigia.»
«Non ho infilato nulla nella tua valigia.» mento e chiudo il lucchetto, poso il trolley sul pavimento e prendo quell'aggeggio che serve per pesare le valige, lo aggancio alla maniglia del trolley e lo sollevo. Ma quanto diavolo pesa?
«Di quanto sei fuori?» ridacchia Ryan.
Fisso il piccolo display, «Di niente.» rispondo, «Pesa ventiquattro chili e cinquanta grammi.» sorrido vittoriosa.
Ryan fa una smorfia, «E l'altra?» chiede e indica l'altro trolley.
Lo peso, «Ventitré chili tondi tondi.» rispondo. «C'è ancora spazio.» esclamo e lo fisso.
«Allora posso spostare qualcosa dalla mia valigia alla tua.»
Fisso Ryan e incrocio le braccia, «Neanche per idea.» esclamo.
Lui sbuffa, «Sei terribile, lo sai?» ride e mi sfiora i capelli, «Fra poco scendiamo per il pranzo.» dice, «Abbiamo quasi venti minuti abbondanti...» soffia nel mio orecchio.
«Ryan.» sospiro, «Non ti pare di esagerare?» dico, «Venti minuti... te ne basterebbero cinque scarsi.» ridacchio.
«Linds!» esclama lui, «Questa me la paghi.» dice e inizia a farmi il solletico mentre io mi dibatto, ma lui è semplicemente pi๠forte, finiamo sul letto, lui sopra di me.
«Ryan.» ansimo e mi tolgo i capelli dal viso.
«Così impari a dire che duro cinque minuti.» borbotta lui, il suo respiro nel mio orecchio.
«Eddai, te la prendi per cosà poco?» ribatto.
Ryan mi bacia sotto l'orecchio, «Sì.» dice, «È della mia virilità  che stai parlando.» soffia e mi sfiora il fianco con la punta delle dita.
«Virilità , uhmf.» borbotto, «No, Ryan!» rido quando riprende a farmi il solletico. 
«Se avete finito e siete venuti, noi stiamo andando al ristorante.»
«Jake!» grida Ryan, «Coglione.» sbotta e si alza, «Dacci due minuti.» dice.
«Cosà poco?» sghignazza Jake da fuori la porta.
«Idiota.» borbotta Ryan e mi aiuta ad alzarmi, «Un attimo.» dice, «E non t'azzardare a fare battute idiote.» aggiunge e sento Jake ridere.
«Andiamo?» esclamo, «Inizio ad avere fame.»
«Tu hai sempre fame.» replica Ryan, mi stringe i fianchi e mi dà  un bacio, «Andiamo.»
Annuisco, prendo la mia borsa e il cellulare e seguo Ryan fuori dalla camera.
«Ryan... due minuti?» ride Jake per poi lamentarsi quando Ryan gli molla uno scappellotto.
Arriviamo al piano terra, nel ristorante e ci accomodiamo al tavolo riservato a noi.
«Non riesco a crederci che non ti vedrò più per due lunghi mesi.» sospira Liam fissando Svetlana.
«Sono due mesi, mica due anni!» sbuffa Jake.
«Insensibile.» sbuffa Liam, «Tu non capisci.» borbotta fissando Svetlana, che gli sorride, gli occhi blu che brillano.
«Non saranno due mesi.» dice la mia migliore amica.
«Cosa?» esclama Liam.
«Sai in tour con noi?» chiede Aaron.
Svetlana sospira, «Purtroppo no.» risponde, «Ma sarò a Dublino e Londra.» sorride.
Liam apre la bocca, la richiude e la apre di nuovo, ricordandomi un pesce rosso nella boccia, «Davvero?» trilla, «Oh, ciccina.» dice e si sporge verso di lei ma, prima che possa anche solo avvicinarsi alle labbra di Svetlana, Jake lo acchiappa per il colletto della polo azzurra. Liam sbuffa, sospira ma si rimette composto sulla sedia.
«Tu lo sapevi?» mi sussurra Ryan.
«Certo.» dico e afferro il menu, cosa posso prendere? Costata di Angus irlandese è escluso, dato che posso benissimo mangiarla in Irlanda. Quindi... petto di pollo alla piastra con patate al forno. Sì, è perfetto.
Alzo gli occhi su Liam e quasi scoppio a ridere nel vedere la sua espressione: sta fissando Svetlana come se fosse un'apparizione celestiale. E solo perché lei ha detto che rimarrà  cinque giorni in più.
«Stai sbavando.» esclama Chris dando una gomitata a Liam, che scuote la testa e fissa l'amico.
«Eh?»
«Stai sbavando.» ridacchia Chris e Liam fa una smorfia offesa.
«La piantate?» sbotta Carl, «Liam, togliti quell'espressione da fesso, per piacere.» dice, «Gli altri penseranno che sei deficiente!»
Liam fa una smorfia, sospira e rilassa le spalle, «Okay.» borbotta e io mi trattengo dal ridere, perché è veramente buffo.
Ordiniamo e, quando il cameriere se ne va, mi viene in mente una cosa. «Svetlana... quattro anni fa siamo andate a Londra, ti ricordi?» chiedo.
Lei mi fissa e sorride, «Oh, è vero.» ridacchia.
«Che avete combinato a Londra?» domanda Aaron, lasciandomi sorpresa. Come diavolo c'è arrivato?
«Oh, niente.» gli rispondo, «Ci siamo divertite e basta, non è vero?» guardo la mia amica, che sta mangiando un grissino.
«Oh, sà.» annuisce lei, «Ci siamo divertite.»
«Linds... cosa avete combinato?»
«Ryan,» lo guardo «non abbiamo fatto nulla!» dico.
«Linds...» sospira Ryan, «Dimmi la verità .»
«Cos'è, sei geloso di quello che Lindsay ha fatto prima di conoscerti?» ride Chris, «Su, cosa potranno aver combinato, secondo te?» chiede, «Si saranno ubriacate e basta!»
Io taccio e ringrazio il cameriere che posa davanti a me la mia Coca Cola. Sì, ci siamo ubriacate... e abbiamo chiesto aiuto per tornare in albergo perché ci eravamo perse, accorgendoci dopo che l'avevamo insultato, perché non ci rispondeva, che era un manichino abbandonato fuori da un negozio, quello a cui avevamo chiesto aiuto.
«Ha ragione Chris.» dico, «Abbiamo bevuto un po' troppo...»
Ryan mi fissa mentre sorseggia la sua birra, posa il bicchiere e socchiude gli occhi, «E poi?» chiede, «Linds, quando esageri inizi a cantare, lo sai?»
Rido, forse un po' troppo istericamente, «Ma niente!» rispondo e guardo Svetlana, che rimane zitta, lo sguardo fisso sulla tovaglia bianca, «Non è successo nulla di che...»
A parte che siamo entrate in un locale e abbiamo capito dopo  mezz'ora perché ci fossero così tanti maschi che ci guardavano appena e così poche donne e il perché quest'ultime ci provassero con noi. Era un locale gay.
«Ciccina?» domanda Liam, «Cos'è successo a Londra?»
«Oh, piantatela.» borbotta Jake, «Quello che succede a Londra rimane a Londra, lo sanno tutti!»
«Non era quello che succede a Tijuana rimane a Tijuana?» domanda Ryan, «E stiamo parlando di Lindsay, comunque.» dice.
«Oh, piantala di fare il geloso.» sbotta Carl, «Avevano vent'anni, si saranno divertite.» dice, «Lo avete fatto anche voi.» continua, «Anzi, forse avete fatto peggio!»
Peggio che cercare di voler andare in balcone arrabbiandosi con la porta finestra perché non si apriva perché non capivamo che il pomello andava girato e non abbassato? Peggio del chiedersi"Ma sono matti? Guidano dalle parte sbagliata"
Non credo.
«Sarà ,» commenta Ryan guardandomi e io gli sorrido innocentemente «ma devi raccontarmi tutto.»
«Certo.» dico, «Forse.» aggiungo a bassa voce. Non posso mica dirgli che ho cercato di usare la fioriera dell'hotel come bagno!
Ryan mi osserva, «Forse un corno.» dice.
Oops, forse mi ha sentito.
«Tu mi dici tutto quanto.»
Ecco.
«Sì, dopo.» replico e sorrido quando il cameriere arriva con quello che abbiamo ordinato.
Non gli dirò un bel nulla, ecco. O meglio: gli dirò qualcosa: che siamo andati al Museo delle cere, a Hyde Park, sul London Eye, che abbiamo camminato lungo il Tamigi — ma che abbiamo cercato di tuffarcisi dentro evitiamo di dirlo, okay? —, che abbiamo girato Londra in lungo e largo... ma nulla sul resto, sia chiaro.
Lui mi fissa, come se non mi credesse, prende in mano le posate e sospira, «Ho l'impressione che non mi dirai nulla.» borbotta.
Io taccio e alzo gli occhi dal mio pollo e fisso Jake, che si sta trattenendo dal ridere. Chissà , magari immagina quello che abbiamo fatto. O forse ha fatto anche lui le stesse cose.
Al pensiero che Jake sia entrato per sbaglio in un locale gay, accorgendosene solo dopo che un bel maschione gli ha palpato il sedere, mi fa venire voglia di sdraiarmi a terra e ridere fino a rimanere senza fiato. Ma mi trattengo, perché non sarebbe carino. E perché poi dovrei spiegare tutto quanto e non voglio.
Poso il coltello sul bordo del piatto, ficco la mano sotto al tavolo e stringo piano la coscia di Ryan, che sobbalza e mi fissa, io gli sorrido e lo fa anche lui.
Gli racconterò tutto, della vacanza a Londra di quattro anni fa. Quando saremo decrepiti e avremo ottanta anni o gi๠di là. O alla prossima sbronza. Che accadrà  presto, suppongo, visto che fra poche ore metteremo piede nell'Isola di Smeraldo.
Quanta Guinness posso ingurgitare prima di ubriacarmi e sparare stronzate?
Linds, ricordati che a Dublino c'è un fiume, il Liffey, e che anche là guidano al contrario che da noi.
E che le porte a vetri esistono ovunque e che andarci addosso fa molto male.

«Era buonissima, quella torta.» borbotto mentre saliamo in ascensore, dopo aver salutato i genitori di Svetlana che sono venuti per portarle i bagagli e salutarci — e Liam è diventato rosso come un pomodoro maturo quando li ha visti!
«Già .» sospira Ryan e sbadiglia.
«Sonno?» chiedo e mi appoggio a lui, gli stringo la mano e inspiro il suo profumo.
«Un po'.» risponde e mi abbraccia, mi bacia i capelli e sbadiglia di nuovo.
«Ma riuscite a stare separati per cinque minuti?» borbotta Chris, «E sà che vi vedete tutti i giorni, tutto il giorno.»
Rido e mi scosto da Ryan, anche perché l'ascensore è arrivato al piano.
Una volta nella mia stanza vado in bagno, controllo di non aver lasciato nulla in giro, nemmeno un piccolo campioncino o i fiammiferi o le ciabattine date dall'hotel. Recupero le mie valige e la borsa e spingo il tutto nel corridoio, dove uno degli addetti sistema le valige su un carrellino, sistemandole ordinatamente. 
Lo ringrazio e aspetto che anche Chris e Jake si degnino di raggiungerci.
Sono quasi le due e fra poco più di tre ore saremo in volo. Sopra l'oceano Atlantico.
Ommio Dio. L'oceano.
Stritolerò la mano di Ryan, mi sa. Volare sopra l'acqua, per un periodo così lungo, per di mette un po' d'ansia.
Finalmente siamo tutti pronti così possiamo partire.

***

«Devi piantarla di voler sempre il posto vicino al finestrino.» dice Ryan mentre mi siedo.
Lo guardo e sorrido, tirando fuori la mia migliore faccia da cucciolotta, «Lo sai che mi piace.» dice e infilo il libro che ho comprato al duity free nella tasca del sedile davanti, «Su,» batto con la mano sul sedile accanto al mio «siediti e smettila di lamentarti.»
Lui sbuffa e si siede, «Tu vuoi solo che ti tenga la mano.» replica e sorride, «Perché hai paura.» soffia, le labbra che quasi toccano il mio orecchio.
«A te piace tenermi per mano.» replico con un sussurro.
Lui alza gli occhi al cielo e sbuffa, mi guarda e sorride prima di prendermi la mano e stringerla.
Dublino, stiamo arrivando! 



Capitolo più corto del precedente e solo con il pov della carissima Lindsay. Mi è uscito così. Non vi preoccupate, il prossimo capitolo inizia con Ryan!
E scusate il ritardo, il capitolo era già  pronto ma mi sono scordata di postarlo... sorry! Anyway... niente, ma ascoltate Linds: andare contro una porta a vetri fa male!
Il prossimo capitolo sarà  sulla mia amata Dublino.
Grazie a chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate, chi commenta e commenterà  e chi mi mette fra gli autori preferiti.
Siete dei pasticcini!

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Capitolo 3
*** Tre - Larger than life ***


We Start Over

Tre
Larger Than Life
*** There are prices to fame, alright ***



È quando arriviamo davanti alle nostre stanze che capisco che qualcosa non va, perché Svetlana entra nella stanza di Lindsay, invece che andare in quella che dovremo dividere io e Liam. «Tesoro?» mormoro, «Linds?» dico e lei si gira, «Cosa... perché?»
«Ho sonno.» borbotta lei, «Buona notte.» sbadiglia.
«Ciccina.» dice Liam, «Non dormi con me?» chiede con la stessa faccia di un cane che non mangia da tre giorni.
«Oh, ma smettetela.» borbotta Lindsay appoggiandosi alla porta, «Sono stanca per fare qualsiasi cosa che non sia schiantarmi nel letto.» dice, «Io e Svetlana andiamo a dormire.» aggiunge con un altro sbadiglio, «Buona notte.» dice e ci chiude la porta in faccia.
«Ma... Ciccina.» soffia Liam e si gira, fissandoci, «Lindsay ci ha chiuso la porta in faccia.» esclama, come se non riuscisse a capacitarsi di una cosa del genere.
«Ragazzi.» sospira Carl, «Andate a dormire e non rompete le palle.» borbotta, «Ora, prima che vi prenda a calci.»
Carl ordina, noi eseguiamo.
Entriamo nelle nostre stanze e poso immediatamente l'orecchio sulla parete che divide la nostra stanza da quella di Linds e Svetlana. Cavolo, non sento nulla, a parte mormorii incomprensibili! Afferro uno dei due bicchieri di vetro e lo appoggio al muro, per poi accostare l'orecchio al fondo del bicchiere. Oh, così va già meglio: sento ancora poco e male, ma qualche parola la capisco; Svetlana chiede in prestito la crema a Lindsay perché la sua non la trova... nel beauty valigia? Ah, forse non trova il beauty nella valigia. Sì, dev'essere così.
«La pianti di fare il maniaco?»
Mi giro verso Liam, «Senti chi parla,» mormoro «taci che io non ho cercato di infilare una mano nelle mutande di Lindsay mentre eravamo sull'aereo.»
Liam avvampa e borbotta che va in bagno, così torno a spiare la mia ragazza. Le due si scambiano la buona notte e poi c'è solo silenzio.
Sistemo il bicchiere al suo posto e mi siedo sul letto, attendendo che Liam si decida a uscire dal cesso.
Ho sonno anche io e sto per farmela addosso.
Venti minuti dopo mi rigiro nel letto per l'ennesima volta. Non riesco ad addormentarmi, anche se ho un sonno pazzesco. Mi manca Lindsay, anche se è a quattro metri da me.
Quand'è stata l'ultima volta che abbiamo dormito separati? Quand'è stata l'ultima volta che mi sono addormentato senza stringere Linds fra le mie braccia?
Non lo ricordo. Ah, sì, quando Svetlana è venuta a Miami per il suo compleanno. Ecco, sì.
Mi giro verso Liam, che dorme, stringendo il cuscino e muovendo piano la bocca. Posso scommettere quello che volete, ma sono sicuro che sta mormorando il nome di Svetlana.
Chissà come dorme la mia Lindsay... di sicuro sarà tutta raggomitolata su se stessa, i capelli sparsi sul cuscino... Dio, come mi manca.
Ryan, rilassati, chiudi gli occhi e dormi! Conta le pecore, quello che vuoi, ma dormi, che ne hai bisogno!

***

Guardo la roba che ho messo sul vassoio, chiedendomi se basterà per Lindsay. Non vuole la tipica colazione irlandese, ma un cappuccino, un succo d'arancia, quattro fette pane tostato, burro, marmellata di frutti di bosco e quella alla pesca e un bicchiere d'acqua frizzante. Ah, vuole anche un cornetto al cioccolato. Per me ho preso un cappuccino, una fetta di pane tostato, burro e marmellata di fragole.
Porto il vassoio al tavolo e mi siedo accanto a Lindsay, che parlotta con Svetlana. «Ce ne hai messo di tempo!» mi dice.
«C'era gente.» sospiro passandole il cappuccino, «Non potevo mica passare davanti solo perché tu hai fame.» esclamo.
Lei sbuffa e afferra la tazza, mangia la schiuma e ci mette lo zucchero, «Cosa facciamo, visto che abbiamo la giornata libera?» chiede prendendo una fetta di pane.
«Guinness Storehouse.» risponde Chris con la bocca piena di salsiccia.
«Non ti pare di esagerare?» chiedo, «Non sono neppure le dieci!» sbotto, «E, considerando il fuso orario, da noi sono circa le sei del mattino.» faccio notare.
Jake apre la bocca, scrolla le spalle e sorride, «Dov'è la Guinness Storehouse?» domanda, ignorando quello che ho appena detto. «È una buona idea!»
«Qui.» risponde Chris, mostrandogli il telefono,«St James Street.» dice, «Eddai, Ryan, possiamo andarci per pranzo.» esclama guardandomi.
Non replico, visto che sono tutti d'accordo con lui, pure Carl. No, diciamo la verità: anche io voglio andarci!

***

Non avrei mai immaginato che Dublino potesse essere così bella e piena di fascino. Le porte sono tutte colorate, la gente è simpatica e non ti guarda come se volessi scipparle le mutande.
«Scattaci una foto.» mi ordina Lindsay porgendomi il suo cellulare.
Siamo sul O'Connel Bridge e le due guardano il Liffey che corre sotto di noi, ridacchiano, si girano verso di me, si abbracciano. «Pronte?» chiedo e Lindsay risponde di sì. Così scatto la foto.
«Grazie.» soffia Lindsay riprendendosi il cellulare. La bacerei qui, adesso... peccato non possa. Stupide regole.
Attraversiamo il ponte, arrivando in Abbey Street e un gruppo di ragazze ci fissa, uno per uno, prima di spalancare la bocca.
«Oh, Dio.» mormora una di loro.
Oh, ci hanno riconosciuto! È una cosa a cui non mi abituerò mai ma che fa sempre piacere.
«Possiamo?» pigola quella di prima, «Siamo vostre fan, per favore!» supplica, gli occhi spalancati.
«Certo.» rispondo lanciò una breve occhiata a Lindsay che, però, non mi guarda, perché è concentrata su... su... sulla borsa di una delle ragazze.
Facciamo le foto con queste quattro ragazze, che avranno al massimo vent'anni e loro sorridono felici.
«Possiamo fare una foto con voi?» chiede la ragazza che ha parlato prima guardando Lindsay e Svetlana.
«Con noi?» squittisce Linds, «Oh, certo.» annuisce. Il cellulare della nostra fan finisce nelle mani di Carl che scatta la foto. Ci salutiamo e ognuno prosegue per la sua strada.
«Stai gongolando.» dico a Lindsay raggiungendola, mentre proseguiamo sulla Abbey, siamo così vicini che le nostra braccia si sfiorano.
«Ma no.» replica lei, lo sguardo che corre sulle vetrine. Merda, non pensavo che ci fossero così tanti negozi! «È una tua impressione.» dice.
«Tu sei felice quando vogliono fare le foto anche con te.» esclamo ma lei mi ignora, dirigendosi verso un negozio di borse. E ti pareva che non lo scegliesse come prima tappa, ovviamente Svetlana la segue.
«Ci hanno lasciato qui!» si lamenta Liam.
«Lo sapevamo che sarebbero entrate nel primo negozio di loro interesse.» dice Carl, «Vado a dire loro che andiamo avanti.» aggiunge, «State qui, buoni e a cuccia.» dice e sparisce nel negozio.
Sbuffo e infilo le mani nelle tasche, Carl appare dopo pochi minuti. «Andiamo.» esclama, così avanziamo, fissando distrattamente le vetrine. Lindsay e Svetlana ci raggiungono dopo ben venti minuti, tre sacchetti per una.
«Linds!» esclamo, «Quanta roba hai preso?» chiedo, «Se continui così ora che torniamo a casa avrai almeno due valigie in più!»
Lei ride, «Eddai,» dice «non è vero. Sono solo due cosine...» scrolla le spalle, ci supera ed entra in un altro negozio.
«Io non l'aiuterò a chiudere la valigia, sia chiaro.» borbotto.
«Sì che lo farai.» ride Aaron, «E l'aiuterai pure a portarla in giro.»
Lo fisso e sospiro. Ha ragione.
«Ho ragione, vero?» ride lui.
Io non rispondo, così vado avanti di qualche passo. Credo che sarà una lunga giornata... di shopping.

«Andiamo alla Guinness Storehouse? Eh, ci andiamo?» trilla Jake, che forse si è scolato un paio di pinte di nascosto.
«Con tutta la loro roba?» dico e indico i sacchetti che Lindsay e Svetlana stringono. Saranno almeno quindici. A testa. «Io non faccio il facchino!» esclamo e incrocio le braccia.
«Torniamo in albergo il tempo per posare i sacchetti, poi filiamo alla Guinness Storehouse.» esclama Carl, «Dio, ogni tanto siete infantili come bambini dell'asilo.» borbotta.
«Portami un paio di sacchetti, per favore.» soffia Lindsay guardandomi.
«Ho già i miei.» le faccio notare sventolando i tre sacchetti.
«Per favore.» continua lei e mi sfiora il braccio mentre andiamo verso l'hotel — per fortuna è a due passi — «Ryan...» dice, «Pecorella.» mormora.
«Non chiamarmi così.» dico, «Per favore.»
Lei mi porge qualche sacchetto e sorride, «Dai, per favore... pecorella.» mormora e vedo Jake girarsi e guardarci. «Guarda che lo dico più forte.» continua Lindsay, così afferro i sacchetti.
«È un ricatto.» borbotto e lei sorride, vittoriosa.
In pochi minuti siamo in hotel, saliamo al nostro piano — il quarto — e seguo Lindsay nella sua — nostra? — camera. Mentre lei posa i sacchetti sul letto, io li lascio sul mobile vicino alla porta chiusa.
«Andiamo?» dice lei, guardandosi allo specchio e sistemandosi il ciuffo che le cade sulla fronte e le copre l'occhio destro.
«Sì.» dico, le afferro un polso e l'abbraccio, «Sei una ricattatrice.» soffio sul suo collo mentre la spingo verso la porta.
Lei ride, «Non è vero.» dice.
«Sì, invece.» la bacio mentre la sua schiena tocca il legno della porta. Da quanto non la baciavo? Da quando siamo usciti dall'hotel di New York. Un giorno fa? Quindici ore fa? Con il fuso orario ho perso il conto. Ma non m'importa di sapere da quanto non la bacio o la stringo a me, so che è passato troppo tempo. Lindsay mi stringe, mi afferra i capelli e si preme contro di me.
«Vi muovete?» esclama Carl da fuori la porta, «Qua c'è un bambino impaziente!»
Mi stacco da Lindsay, «Continuiamo dopo.» mormoro.
Lindsay sorride e mi spinge via, «Sono indisposta, ricordi?»
Sospiro, «Ah, già.» dico, «Che palle.» mormoro.
«Andiamo?» esclama Jake quando siamo in corridoio.
«Sì.» risponde Carl.

***

Il pomeriggio trascorre come la mattinata: passeggiate fra le vie dublinesi, shopping... solo che adesso, ad ogni angolo che svoltiamo, ci sono nostre fans che vogliono abbracci, foto, autografi, numeri di telefono...
«C'è una tizia che mi continua a mandare Tweet.» dice Svetlana mentre ci infiliamo in una caffetteria per uno spuntino, «Vuole che la segua.» aggiunge, «Aspettate... mi ha mandato cento tweets?» squittisce.
«È la fama, tesoro.» ride Lindsay. «Io ne ho una che vuole che gli faccia gli auguri in ritardo, anche se il suo compleanno è stato due settimane fa.» sospira mentre ci sediamo.
«Io non sono famosa!» esclama Svetlana e strappa il menu dalle mani di Aaron, che la fissa, sorpreso. «Dovrebbero mandarli a voi,» ci indica «non a me!»
«Lo fanno anche con mio fratello.» esclama Chris, «Alcune ragazze, appena menzioni un amico o un parente, partono in quarta con il follow e i tweets di richieste di essere seguite.»
Svetlana apre la bocca, «Ah.» dice, «Mi adatterò.» esclama, «Anche perché mi dicono sempre quanto sia carina e gentile.» gongola.
«Quello si chiama fare le leccaculo.» ride Jake, «È perché vogliono che tu le noti, che ti dicono tutte quelle cose carine.»
«Lei è veramente così.» esclama Liam.
«Smettetela.» sibila Carl e basta guardarlo per capire che è un'ordine e che dobbiamo eseguirlo senza se e senza ma.
Guardo Linds, che se ne sta comodamente seduta sulla poltroncina, il menu fra le mani, «Voglio la crema di caffè.» dice, chiude la lista e la posa sul tavolo, gira il viso verso di me e mi sorride. E io voglio baciarla. Adesso, anche se l'ho fatto poche ore fa. Perché l'amo, perché è bellissima.
E perché e mia.

E questo è Croke Park Stadium?
Dio mio, è enorme!
«È grande.» commenta Svetlana.
«È uno degli stadi più grandi d'Europa.» dice Jake, «Ci hanno suonato anche gli U2 e i Westlife.»
«I Westlife?» dico, «E chi sono?»
Jake mi guarda come se fossi un'imbecille, «Una boy band irlandese.» risponde, «Si sono sciolti nel 2012, dopo quattordici anni di attività.» spiega, «Unico gruppo non inglese ad avere avuto sette album e quattordici singoli al numero uno delle classifiche inglesi.» continua.
«Hai mangiato la loro biografia?» ride Lindsay ma lo so che si sta chiedendo chi sono questi tizi. E me lo chiedo anche io, per aver suonato in uno stadio così grande devono essere bravissimi.
«E comunque domani mattina abbiamo l'intervista con uno di loro.» esclama Jake, «Dio, siete proprio ignoranti!» sbotta, «Nicky Byrne, il Nicky Byrne show.»
Ah. Okay. Tutto bene, almeno incontreremo uno che ha cantato in questo stadio.
Riprendiamo i nostri giri e, qualche metro dopo, incontriamo altre fans, che strillano e urlano e quasi ci assordano.
«Facci la foto.» esclama una di loro, porgendo l'Iphone a Lindsay che la guarda, «Adesso.» ordina la tizia.
Lo so che Lindsay vorrebbe spaccarle la testa. Sobbalzo, quando una di loro mi ficca la mano nella tasca posteriore dei jeans per poi stritolarmi una chiappa.
«Possiamo avere i vostri numeri di telefono?» chiede la tizia di prima.
«No.» rispondo, «Mi dispiace.»
Quella fa una smorfia quasi offesa, «Dai, non li diamo a nessuno.»
«No.» dice Carl. «Se lo facciamo con voi lo dovremo fare con tutte.» aggiunge, «No. Mi dispiace ma è così.»
Le ragazze se ne vanno, offese per il rifiuto.
Ad ogni angolo, ad ogni via che percorriamo, qualcuno ci vede, ci riconosce e ci ferma.
È tutto così... strano, così... folle.

✨✨✨

Deglutisco mentre fisso la lunga fila di ragazze che sono in attesa che inizi la signing session. Sono centinaia e si estendono come un lungo serpente gigante, che corre lungo il negozio di cd e dvd.
«Quante sono?» mormoro senza staccare gli occhi dalla finestrella. Per fortuna è una di quelle finestre-specchio: io posso vedere loro, ma loro non possono vedere me: e per fortuna, aggiungerei. Sono matte.
Stamattina, quando siamo usciti dall'albergo, abbiamo trovato almeno una trentina di ragazze, che si sono fiondate su di noi urlando e gridando e agitandosi come se avessero il fuoco sotto i piedi. Alcune di loro piangevano, singhiozzando come neonati.
Anche adesso riesco a vedere un paio di ragazze che piangono, abbracciate alle amiche.
«Quasi quattrocento.» risponde uno dei bodyguard. È alto almeno due metri e largo altrettanto, con muscoli enormi e mani come grosse come pale da neve. «Me lo ha detto una delle guardie del negozio.» aggiunge Junior — così si chiama, grattandosi distrattamente il teschio con le tibie incrociate che spuntano dalle orbite vuote e dalla bocca spalancata —, che ha tatuato sul bicipite destro.
«Ah.» commento. Quattrocento? Dio, non finiremo mai!
«E fuori ce ne saranno un altro centinaio.» continua Junior, anche se noi lo chiamiamo J.
Deglutisco e bevo un sorso di caffè. «Sono tante.» soffio.
J ride, «Già.» concorda, «Vado al mio posto.» dice e se ne va.
Torno dai ragazzi, che sono nella saletta dove firmeranno gli autografi, ignari di quanta gente ci sia là fuori. «Siete pronti?» chiedo e tutti rispondono, in coro, di sì. E sembrano sul serio pronti!
Beati loro, io sono terrorizzata!
Le prime cinquanta ragazze si comportano bene, certo, alcune di loro piangono, tremano e balbettano emozionate. Cose normali, insomma. È il gruppo successivo di dieci ragazze che è fuori di testa: la prima, la numero cinquantuno, entra lanciando un urlo beduino e si butterebbe su Liam se un altro dei gorilloni non la fermasse e la respingesse, facendola tornare al suo posto.
«State calme.» esclamo, stringendo la cartellina al petto. «Calma.»
La scimmia urlatrice mi fissa come se volesse ammazzarmi e guarda di nuovo Liam, che la fissa con gli occhioni sbarrati. Poveretto, si starà cagando sotto, quella sembra davvero pazza, appena scappata da... da... Dio, esisterà anche qui un'ospedale psichiatrico, perché al momento mi viene in mente solo il Bellevue, a New York.
«Calma.» ripeto ma quelle continuano a gridare, ad abbracciarli come se volessero ficcarsi nelle loro mutande e le odio, le odio e le odio ancora di più. E le odia anche Svetlana, che sta stringendo i braccioli di legno della sedia dove è seduta come se volesse strapparli da lì e magari usarli sulle teste di quelle oche starnazzanti.
«E che cazzo, volete stare calme?» sbraito, «Un altro urlo e vi sbatto fuori, interrompo tutto quanto e vado a dire a quelle che sono qui fuori che la colpa è vostra!» dico. «Quindi adesso chiudete quella cazzo bocca!»
Mi fissano tutti quanti, sorpresi dallo sfogo, compresa Svetlana, che si affretta a stringermi la mano.
Fortunatamente le ragazze tacciono, tranne la prima ragazza, la scimmia urlatrice, che mi guarda come se, oltre a volermi fare fuori, volesse ridurmi anche in minuscoli pezzetti.
Dio, sarà una lunga giornata...

***

Usciamo dal negozio dopo tre ore e passa. Sono distrutta, non ho più voce e mi fa male tutto, perché ho tenuto i muscoli costantemente tesi, specialmente dopo che una ragazza si è gettata su Aaron, saltando il tavolo, strillandogli una proposta di matrimonio — “Vuoi sposarmi? Oh, andiamo dal giudice a sposarci!” —, abbracciandolo e baciandolo sulle labbra. Che poi ragazza è un eufemismo: avrà avuto almeno trentacinque anni abbondanti.
«Andiamo in albergo?» sbadiglia Jake, «Dio, sono state matte.» sospira mentre siamo in auto.
Concordo.
Senza contare quando siamo usciti dal retro: altro che cento ragazze, erano almeno il doppio! E ovviamente hanno urlato appena ci hanno visto, alcune di loro hanno cercato di buttarsi sotto le macchine e così ci abbiamo impiegato un'eternità per fare i cinque metri scarsi che servivano per uscire dal parcheggio. Una di loro si è premuta così tanto contro il finestrino dalla mia parte che la sua faccia era tutta distorta. Ovviamente non ha smesso di urlare, neanche quando era spiaccicata contro l'auto.
«Sì.» rispondo, «Poi vediamo cosa fare.» dico, «Più che altro vediamo cosa dice Carl...» sospiro e mi appoggio contro Ryan, che mi bacia la testa e stringe la mano.
«Tutto okay?» chiede Ryan guardando Aaron.
«Certo.» replica l'altro, «Anche se una tizia ha cercato di infilarmi la lingua in bocca e rapirmi per sposarmi.» esclama con sarcasmo. «Ma non si vergogna?» geme.
«È la fama, tesoro.» ridacchia Ryan e lo prenderei a sberle se solo non fossi così esausta.
«È la fama un cazzo.» ribatte Aaron, seduto davanti a noi, che cerca di spingere via Jake che si sta appisolando, «Anche tu ti sei cagato sotto quando quella ti ha detto che si sarebbe fatta tutte le tappe europee e che voleva fare la stessa cosa con il tour.» dice.
«Non è vero.» squittisce Ryan. «E poi non sa mica dove abito!»
«Ha ragione lui.» sbadiglio, «Ti sei spaventato.» dico e lui sbuffa.
«Che palle che siete.» borbotta quell'idiota del mio ragazzo, «Dai, a Chris è andata quasi peggio!» ride, «Quella voleva soffocarlo con le sue tette.»
«Erano rifatte.» faccio notare, «E Chris aveva la faccia di uno che voleva fuggire in Antartide.»
Ryan mi abbraccia e io poso la fronte contro la sua spalla. Ho così tanto sonno...
«Dormi?»
Apro gli occhi e lo fisso, «No.» rispondo e sbadiglio. «Quasi.» ammetto.
Ryan sorride, «Lo sapevo.» dice, gongolando.
Alzo gli occhi al cielo e fisso Jake, seduto davanti a noi, che si sta praticamente sdraiando sul sedile, con la testa posata sulle ginocchia di Aaron, che non fa nulla, troppo stanco o sconvolta dalla proposta di matrimonio.  Chissà cosa avrebbe fatto Melanie se fosse stata lì con noi! Probabilmente avrebbe cercato di affogare la pazza in un bicchiere di plastica... riderei se non fossi così stanca.
Arriviamo in albergo, ci fiondiamo nelle nostre stanza e, mentre Ryan si chiude nel bagno, io mi sdraio sul letto e controllo il cellulare. Dovrei anche caricare le foto sulla pagina Facebook del gruppo ma sono troppo stanca.
«Oh.» faccio, quando vedo che qualcuno a filmato la proposta di matrimonio e l'ha condivisa. Seguo il link che mi porta a una pagina Facebook creata da alcune fans, l'unico commento al video è: “È stato esilarante... ma povero Aaron xD”
Guardo il video, rivedendo la scena di poche ore prima; passo ai commenti e il primo che mi capita sotto gli occhi è quello di Melanie La Piaga Psicopatica. Scrive: “Povero il mio Aaron! Io quella la uccido! L'ammazzo! Come si permette? Lui è mio amico! E poi tutte quelle troie che si sono fatte le foto con Ryan... lui è mio! Ama me! Me e solo me! Non lo devono toccare!”
Niente, Melanie è davvero, ma davvero imbecille.
Leggo le risposte al suo commento: “Sei invidiosa; Non offendere, stupida!; Tu sei di Miami e li puoi vedere quando vuoi, hai venti foto con lui, di cosa ti lamenti?”
«Non starai guardando porno gay, vero?»
«Io non guardo porno gay.» replico senza fissare Ryan, «Imbecille.»
Lui ride e si siede accanto a me, si è fatto anche la doccia, ha i capelli ancora bagnati, «Che guardi?» chiede.
Giro il cellulare verso di lui, che lo prende. «È una scema.» sospira e mi guarda, sorridendo, «Tu li guardi, i porno gay.» dice, «Ammettilo, Linds.»
«Io non li guardo!» esclamo.
«E allora perché sei diventata rossa?» ride lui toccandomi una guancia, «Basta che lo ammetti, è una cosa normale... o guardi solo porno etero?» ride di nuovo e lo prenderei a schiaffi, «Sei stata tu a dirmelo.»
Dio, è vero. Ho ammesso di aver visto dei porno. «Non ho mai visto porno gay.» ripeto. «È vero!» esclamo.
Ryan ride, posa il cellulare sul comodino, «Bugiarda.» dice.
Io alzo gli occhi al cielo, «Il bagno è praticabile o è una camera a gas?»
«Vai pure.» replica lui, «Io mi rilasso un attimo.»
Gli do un bacio veloce, mi alzo e mi ficco in bagno. Quando ne esco, neanche dieci minuti più tardi, dopo essermi fatta una doccia veloce — non ho lavato i capelli — Ryan è ancora sdraiato sul letto, la mano sinistra sulla pancia, la destra sotto la testa. «Ryan?» chiamo ma lui non mi risponde, così mi avvicino al letto, ci salgo e gattono fino a lui. Dorme. Sembra così carino e innocente in questo momento. Gli occhi chiusi, le labbra morbide, il respiro regolare.... bacio la sua fronte e mi trascino giù dal letto, esco dalla stanza e vado in quella di Carl. Busso.
«Non ti azzardare a montare l'armadio!» sbraita lui al telefono mentre apre la porta, «Annie, tesoro mio, capisco che...» sospira.
«La macchina fotografica.» dico e lui annuisce, spalanca la porta e lo vedo andare verso il mobile della tv.
«Annie, sei incinta, per l'amor di Dio! Non fare sforzi!» dice lui prendendo la reflex, «Lo monto io, giuro.» borbotta, mi dà la macchina fotografica, sospira e chiude la porta.
Torno nella mia stanza e passo la seguente mezz'ora a caricare le foto su Facebook, chiamando l'album “Signing session, Dublino, Martedì 5 Maggio 2015”
Aspetto che tutte le foto sia caricate e condivido l'album, aggiungendo un paio di ringraziamenti. Immediatamente, iniziano a fioccare i “mi piace” e commenti.
E adesso? Sono quasi le sei. Inizio ad avere un po' di fame... svogliatamente guardo Facebook, poi passo a Youtube, alla ricerca di qualche video divertente. Ne trovo un paio di gattini: in uno un gatto insegue come un pazzo un topino radiocomando. Il topolino corre sotto al tavolo e alle sedie, gira attorno alle gambe di esse, sfreccia per la cucina e il gatto, un micino tutto rosso, lo insegue senza sosta. Poi il topino gira, passa fra le gambe del gatto che quasi salta in aria dalla spavento.
Poi c'è un video di un cane che vuole assaggiare il cibo del gatto, infila il muso nella ciotola blu e il gattino reagisce: inarca la schiena, soffia e allunga una zampetta bianca, spingendo via il cane che lo guarda quasi deluso, prima di accucciarsi accanto alla ciotola.
Poi qualcuno bussa alla porta. Mi alzo dalla comoda poltroncina e apro. È Carl. «Scendiamo a cena fra mezz'ora.» dice, «Poi fate quel che volete, ma ricordate che partiamo domani pomeriggio per Londra.»
Annuisco, lo ringrazio e mi volto verso Ryan che ancora dorme. Chiudo piano la porta e vado verso il letto. «Ryan.» chiamo, «Ryan, svegliati.» dico e lo scuoto piano. «Ryan.» sbotto, «Svegliati!» dico ma lui non si muove, così gli tocco le gambe, salendo piano dal ginocchio, sfiorando piano la coscia e stringendola ogni tanto, «Ryan...» cantileno, toccando il bottone dei jeans, «Ryan...» poso una mano proprio lì, «Su, ti stai perdendo il divertimento!»
«Piantala.» biascica lui, ancora mezzo addormentato.
«Fra mezz'ora si cena.» dico accoccolandomi su di lui. Ryan mi abbraccia, stringendomi forte.
«Okay.» soffia, gli occhi ancora chiusi, «Adesso mi alzo.» mormora e apre gli occhi. «Quanto ho dormito?» sbadiglia, mettendosi seduto.
«Una mezz'ora.» rispondo scendendo dal letto. 
Lui sorride e mi abbraccia, «Stanca?» chiede e mi bacia la testa, «Linds!» esclama e mi accorgo che fissa il portatile aperto sul tavolino tondo, «Se guardi dei porno sei obbligata a dirmelo così li guardiamo insieme!» dice.
«Non stavo guardando porno!» dico spingendolo via, «Idiota!» sbotto quando lui ride, «Smettila.» squittisco, «Vai a prepararti, o vuoi uscire così, pecorella?» chiedo e gli tocco i capelli, infilando le dita fra di essi.
Lui sbuffa, «Vado, vado.» dice, «E non chiamarmi pecorella.» borbotta e va in bagno.
Sospiro, torno al tavolino e spengo il portatile, infilo le scarpe — delle semplice converse grigio scuro — e vado in bagno.
«Dovresti bussare, sai?» commenta Ryan, le mani sporche di gel fra i capelli.
«Veramente questa stanza è a nome mio.» faccio notare e mi guardo allo specchio. «Guarda che pelle secca...» mormoro. Prendo il tubetto di crema idratante e me ne spalmo un po' sul viso, facendola assorbire completamente mentre Ryan continua con la sua opera, nemmeno fosse un'operazione a cuore aperto! «Hai finito?» commento.
«No.»
«Vanno bene così.»
«No.»
«Ryan...» sospiro, «Vai bene così.» dico, «Sul serio.» gli sorrido prima di lavarmi le mani.
«Non sono ancora perfetto.» dice lui prendendo altro gel.
Sbuffo, alzo gli occhi al cielo e prendo la spazzala. Ho un ragazzo che passa più tempo di me a sistemarsi i capelli.
«Adesso sono perfetto.» dice Ryan. «Pronta?» chiede, «Linds, ci stai mettendo troppo!» ride.
Non rispondo e continuo a pettinarmi, così evito di spaccargli la spazzola in testa. «Sì.» dico posando la spazzola sul ripiano.
«Bene.» dice lui e mi abbraccia, mi solleva e mi posa sul ripiano di marmo che circonda il lavandino.
«Guarda che se si spacca pago io, eh!» dico ma Ryan mi ignora e mi bacia il collo. «Ryan...» soffio mentre mi alza piano la maglia ma lui mi ignora e continua a baciarmi.
«Zitta.» soffia sulle mie labbra, «Abbiamo tempo.» mormora.
«Lindsay!» Carl bussa alla porta, «Pronta?»
«Sì!» rispondo a voce alta, «Un secondo!» dico e guardo Ryan, «Abbiamo tempo, eh?» rido e abbasso la maglia, scendo dal mobile e fisso Ryan, «Andiamo, prima che ci lasci qui.» dico, recupero borsa e cellulare. Ryan mi segue e usciamo in corridoio, dove incontriamo gli altri. Scendiamo di sotto, al piano terra, dove si trova il ristorante.
Ci accomodiamo a un tavolo tondo, mi ritrovo seduta fra Ryan e Svetlana e ordiniamo la cena.
Dio, questa è l'ultima sera in Irlanda, domani pomeriggio saremo a Londra e non ci fermeremo nemmeno per respirare: la sera del nostro arrivo abbiamo un'intervista radiofonica, il giorno dopo un'altra e poi un'intervista per la tv, poi ci sarà la signing session, poi un'altra intervista, il mattino seguente apparizione tv e poi prendiamo l'aereo per... per... per boh, me ne sono scordata. Ah, andiamo a Monaco di Baviera. Almeno credo. O è Copenaghen?
«Tutto bene?» mormora Ryan fissandomi.
Annuisco e sorrido, «Sì.» rispondo e lui mi stringe piano la mano e sorride per poi voltare la testa verso Jake e parlare con lui.
«Dopo dove andiamo?» domanda Aaron.
«Temple Bar, ovviamente.» annuisce Chris. «Venire a Dublino e non andarci è un sacrilegio!» dice.
«Altra birra?» commenta Carl. Chissà se ha convinto Annie a non montare l'armadio... «Domani abbiamo un aereo da prendere.» ci ricorda.
«Ci restiamo un paio d'ore.» replica Chris, «Un paio di pinte al massimo!» dice, «Per favore.» mormora sgranando gli occhi e sbattendo quelle ciglia lunghissime che si ritrova.
Carl sospira, «E va bene.» acconsente, «Ma per mezzanotte dovete ritornare tutti in albergo, possibilmente non ubriachi.» dice.
Noi giuriamo che a mezzanotte saremo nelle nostre stanze e che non berremo molto.

***

«Dobbiamo tornare in albergo.» biascico mentre ci avviamo verso il secondo — o è il terzo? — pub della serata.
«Sono le undici e mezza.» dice Aaron , «Abbiamo tempo.» scrolla le spalle.
«Già.» dice Jake, «Un'altra birra e poi andiamo in albergo.» ride.
Così entriamo in un altro pub, ci accomodiamo a un tavolo e ordiniamo un altro giro di Guinness e delle olive ascolane, e beviamo e ridiamo ancora.

***

Dio, che mal di testa! Ma quanto ho bevuto? Gemo e rotolo su un fianco, fermandomi appena in tempo, giusto a un paio di centimetri dalla fine del materasso. «Ryan?» chiamo a bassa voce, «Ryan?»
«Sono qui.» dice lui spalancando al porta del bagno, «Come stai?» chiede, «Vuoi l'aspirina?» domanda.
«Shh.» faccio chiudendo gli occhi, «Parla piano, ho mal di testa.» pigolo. «Che ore sono?» chiedo e faccio l'enorme sforzo di mettermi seduta.
«Nove meno un quarto.» risponde Ryan porgendomi un bicchiere d'acqua e una pastiglia, «Carl è già sveglio, vuole che scendiamo per le nove e un quarto.»
Inghiotto la pasticca e sospiro, «Ma la colazione in camera no?» biascico.
Ryan mi scosta i capelli dal viso e sorride, «Dillo a lui.» dice e mi bacia la fronte, «Vai a farti una doccia, dopo ti sentirai meglio.» esclama.
Annuisco piano perché mi sembra di avere una mandria di gnu impazziti che gira nel mio cranio, così mi trascino fuori dal letto, vado in bagno e mi ficco sotto alla doccia — che poi è anche una vasca da bagno — e mi siedo sulla ceramica mentre l'acqua calda scivola sul mio corpo.
Altro che un'aspirina, qui ci vuole l'intera confezione!
Esco dal bagno un quarto d'ora dopo, le punte dei capelli bagnati. Ryan è seduto sul letto, l'Iphone in mano. «Come ti senti?» domanda.
«Come Mufasa dopo essere stato travolto dagli gnu.» dico e mi avvicino a lui, «Quanto ho bevuto?» domando stringendomi nell'accappatoio.
Ryan sorride, «Non ricordi nulla?»
Non ricordo... cosa? Cosa ho combinato? «No.» squittisco, «Che ho fatto?» chiedo, «Ryan!» esclamo e me ne pento subito, perché una fitta di dolore mi attanaglia la testa.
Lui ride e mi fa sedere sulle sue gambe, «Niente di che.» dice e mi baia il viso, «A parte che ti sei messa a strillare che siamo degli incoscienti perché era mezzanotte e dieci e noi dovevamo essere già in albergo.»dice.
Oh mio Dio. «L'ho fatto?» pigolo e nascondo il viso contro il suo collo.
«Sì.» ride lui sfiorandomi la schiena, «Non ricordi?»
Scuoto la testa.
«Proprio niente?»
Lo fisso, «Ryan... che ho fatto?» sussurro. Non avrò vomitato nel cestino, vero?
«Nulla di che...» risponde e scuote le spalle e lo prenderei a sberle, perché ride mentre io sono in piena ansia. Cosa cazzo ho combinato? Non mi sarò messa a cantare in ascensore, vero? «Nulla di che, a parte avermi spinto sul letto, dicendo che lo volevi fare tutta la notte per poi addormentarti di botto.»
Cosa? Che cosa ho fatto?
«Mi sono addormenta mentre lo facevamo?» squittisco e odio la mia voce stridula.
Ryan mi fissa per un lungo istante, «Linds...»
«Linds un cavolo, dimmelo!» sbotto e lui ride, «Ryan.»
«Eravamo sdraiati, tu sopra di me, mi stavi baciando il collo e ti sei addormenta.» ride lui.
Ah. Ah, meno male.
«Dai,» Ryan mi bacia la fronte «vai a vestirti, altrimenti Carl si incazza sul serio.»
Annuisco e mi alzo piano, lentamente mi vesto, sentendo che il mal di testa mi sta lentamente abbandonando.

Perché non possiamo stare tranquilli nemmeno mentre aspettiamo di imbarcarci? Perché? Se sento un altro strillo giuro che picchio qualcuno. E in più c'è un'allegra famigliola — madre, padre, figlio e figlia — che fanno un casino infernale, o meglio: i bambini si rincorrono, facendo lo slaom fra le valige e le persone, urlando peggio delle fangirls qui presenti, che sono attaccate ai ragazzi come delle cozze.
«Li ammazzo.» soffia Svetlana al mio orecchio.
«Chi?» sbadiglio.
«Tutti quanti.» risponde lei, «Cominciando dai genitori delle piccole pesti.» sospira, «I miei non mi avrebbero mai permesso di correre per l'aeroporto.» dice a voce alta, «Mi avrebbero preso a schiaffi se avessi osato allontanarmi da loro.» continua, «Idioti!» sbraita quando il bambino le urta il bagaglio a mano.
Fisso l'indemoniato che continua a correre e mi chiedo se ci sia un'esorcista fra i presenti, chissà, magari un po' d'acqua santa può calmare i due ragazzini.
Finalmente chiamano quelli che devono salire in business class, così ci lasciamo dietro le fans che strillano, attirandosi occhiatacce e  ci allontaniamo dai due piccoli diavoli travestiti da bambini dell'asilo.
Prendiamo posto sull'aereo — io accanto al finestrino, ovviamente —, «Prima o poi lo lascerai a me.» dice Ryan sedendosi al mio fianco.
«Solo nei tuoi sogni.» ribatto mettendomi comoda.
«Nei miei sogni tu fai altro...» soffia lui al mio orecchio.
«Ryan.» squittisco, «Ti pare il caso?» mormoro.
Lui ride, «Almeno finire quello che hai iniziato ieri sera.» scrolla le spalle.
«Cosa?» domanda Chris, seduto accanto a Ryan, «Cosa?»
«Niente.» Ringhio allacciando la cintura, «Non sono affari tuoi.» borbotto.
Chris ridacchia, «Tanto Ryan me lo dirà.»
Io li guardo entrambi, «No che non lo farà, altrimenti vi ritroverete fra le voci bianche.» li minaccio. Loro due ridono, 'sti scemi, «E non ridete.»
«Oh, Linds, sai che non lo farò.» dice e mi sorride.
«Lo spero bene.» dico e quasi strillo quando l'aereo inizia a rullare, così mi aggrappo alla mano di Ryan e inspiro profondamente, cercando di calmarmi.
Chiudo gli occhi e mi ripeto che sarà un viaggio brevissimo, che fra poco avrò i piedi di nuovo posati sul terreno e non a chissà quante miglia dal suolo.
L'unico problema, al momento, sono le fan psicopatiche che viaggiano su questo aereo. Nessuno di loro è nella business class ma appena scenderemo ci salteranno addosso. Gli salteranno addosso. Squittendo, urlando, allungando braccia e labbra, alla ricerca di baci e abbracci. E magari altro.
Dio, come farò a mantenere la calma? Fino a quando ci sarà Svetlana avrò qualcuno con cui sfogarmi... ma dopo?
Dopo dovrò fare scorpacciate di Malox.
«Mi stai stritolando la mano.»
Guardo Ryan e poi le nostre mani: effettivamente gli sto ficcando le unghie nel dorso. «Scusa.» dico e allento la presa.
Ryan sorride, «Prima o poi mi spacchi la mano.»
Alzo gli occhi e sbuffo, guardo fuori dal finestrino e mi impongo di rilassarmi.
Come se fosse facile!
Inspiro lentamente, guardo le nuvole e cerco di calmarmi.
«Tutto bene?» soffia Ryan nel mio orecchio, le labbra così vicine che potrebbe baciarmi tranquillamente.
«Sì.» rispondo senza guardarlo.
«Ti amo.» sussurra, così piano che forse me lo sono immaginato.
Giro la testa e lo vedo, fisso i suoi occhi azzurri e sorrido. «Anche io.» soffio e gli tocco la mano, ancora posata sul bracciolo, con due dita. Ryan sorride e mi prende la mano, stringendola appena.
Inspiro, mi sistemo meglio contro il sedile e mi godo il resto del viaggio.



Salve! Scusate il ritardo, ma mi sono dimenticata di postare -.-
Per quanto riguarda il fatto che le fans seguino anche Svetlana su Twitter... è vero, succede, l'ho visto con i miei occhi. Basta che il cantante/attore/quello che è posti una foto menzionando un amico/cugino/fratello/quello con profilo twitter che subito le fans pigiano il bottone "segui" e inizino a menzionaralo per poi esultare quando questi ricambiano il follow o mettono fra i preferiti il tweet o fanno RT. Sì, è da folli.
Anche per quanto riguarda il chiedere "Say me happy bday?" c'è gente che inizia TRE SETTIMANE prime e va avanti anche fino al ese dopo, quando gli auguri non hanno più senso. Sì, c'è gente che lo fa. Sì, c'è gente che invia centinaia di tweet per questo motivo. Gente folle, sul serio.
Bhe, vi saluto e posterò il capitolo 4 entro fine settimana.
Grazie a chi legge e chi mette la storia in una delle liste.
Ricordate che i commenti sono sempre graditi, anche se negativi!

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Capitolo 4
*** 4. Take Care ***


We Start Over

Quattro
Take Care
*** I know that inside you're delicate ***



«Sai che giorno è oggi?» chiedo fissando Lindsay.
Lei mi guarda, sbadiglia e lega i capelli in una coda bassa. Dovrei dirglielo che la preferisco quando lascia i capelli sciolti? «Lunedì.» mi risponde.
«E poi?» chiedo.
«E poi cosa?» chiede lei sistemando l'orlo della maglia che indossa. «È l'undici.»
Incrocio le braccia e sbuffo. «Linds, non dirmi che non sai che giorno è oggi!» mi lamento. «Dai, è facile.» dico. Lei mi fissa, come se non capisse le mie parole. «E poi dite che siamo noi uomini che ci dimentichiamo gli anniversari.» borbotto.
«Guarda che mi ricordo, eh.» squittisce, «Lo so che oggi è un anno che ci siamo conosciuti.» dice, «Non sono idiota.» borbotta.
Sorrido e l'abbraccio, «Lo sapevo che non potevi essertene dimenticata.» esclamo e le bacio la testa.
«Dimenticarmi che mi hai svegliato e preso per il culo ancora prima di dirti il mio nome?» ribatte lei scostandosi da me, mi guarda e sbuffa. «Come avrei potuto?» soffia, «È lì che è iniziato tutto.» mormora e alza il viso, così la bacio, toccandole la schiena e i capelli.
«Ho una cosa per te.» dico e mi stacco da lei, apro il cassetto del comodino e prendo una bustina verde e bianca e gliela porgo.
«Un regalo?» trilla lei prendendola e si siede sul letto. «Di Carrollos?» domanda. «L'hai presa a Dublino?»
Annuisco.
Lindsay sorride ed è bellissima. Scarta il pacchetto, rivelando un sacchetto trasparente. «Oh...» commenta, «È bellissimo.» soffia prendendo il ciondolo con un cuore pieno di brillantini, con sopra un trifoglio — simbolo dell'Irlanda —, «Grazie.» dice e si butta su di me, abbracciandomi e baciandomi le guance. «Grazie.» ripete.
«Prego.» dico e le metto la collana al collo, agganciando il piccolo moschettone al cerchietto. Le bacio il retro del collo e la stringo a me, inspirando il suo profumo.
Le piace. Le piace! E pensare che Jake diceva che era una cosa ridicola, fare un regalo perché è un anno che ci conosciamo...
Idiota.
E poi Carl ci chiama, dobbiamo andare a fare un'intervista non so dove. Ma c'è Lindsay, è un anno che ci conosciamo e non potrei essere più felice di così.

***

Sbadiglio e guardo Lindsay che getta il bicchiere del cappuccino nel cestino. Si muove piano, lentamente, come se fosse stanca. In realtà lo è. Siamo tutti stanchi. In questi venticinque giorni non siamo stati fermi un attimo! Adesso siamo all'aeroporto di Boston, in attesa del volo per Miami: ancora qualche ora e saremo finalmente a casa.
«Tutto bene?» domando.
Lindsay annuisce e sbadiglia, «Sono stanca.» soffia appoggiandosi a me e chiudendo gli occhi.
«Fra poco saremo a casa.» dico.
«E io andrò a farmi una dormita di dodici ore come minimo e chi mi sveglia è morto.» borbotta reprimendo uno sbadiglio. Sorride e le sfioro la gamba, così vicino alla mia.
Due minuti dopo annunciano l'imbarco per il nostro volo, così ci alziamo e qualche minuto dopo siamo in aereo. Lindsay, ovviamente, si piazza vicino al finestrino. Mi sa che dovrò rinunciare all'idea di sedermici io.
«Stai bene?» le domando quando l'aereo è in quota, Lindsay ha la faccia pallida e le guance rosse come pomodori. Le tocco la fronte, sentendola un po' calda.
«Sono stanca.» mormora lei chiudendo gli occhi.
«Sicura?» chiedo a bassa voce, «Sembri un po' calda.»
Lei sorride, «Non ho nulla.» dice, «Voglio dormire.» aggiunge chiudendo piano gli occhi. La guardo per un'istante, chiedendomi se stia bene sul serio, perché, al momento,  non mi sembra stare benissimo. E non è la stanchezza, perché siamo tutti stanchi, è qualcos'altro... inspiro a fondo e le sfioro la mano abbandonata sul braccialo. Non so perché ma ho il sospetto che si stia beccando qualcosa. Questa notte l'ho sentita tossire un paio di volte, anche se potrebbe non voler dire nulla.
Però...
Però è meglio se ti rilassi, Ryan, e non ci pensi. Almeno fino a quando non saremo a Miami.

***

Casa dolce casa!
Entriamo nella casa di Linds e potrei baciare il pavimento da tanto sono felice. Ma non lo faccio perché risulterei ridicolo.
«Lindsay, tesoro, stai bene?» domanda la signora Mars.
«No, mamma.» dice lei, «Sono stanca.» soffia e si trascina al piano di sopra, portando con sé solo il bagaglio a mano.
Saluto e porto le valigie nella stanza di Lindsay, «Tutto bene?» le chiedo.
Lei si siede sul letto, sbadiglia — sbadiglio che si interrompe a metà, perché interrotto da un colpo di tosse —, «No.» dice. Si toglie le scarpe e si sdraia sul letto, «Voglio dormire.» piagnucola.
Mi avvicino a lei, le scosto i capelli dal viso e le bacio la fronte, «Hai la febbre.» dico, «Sei troppo calda.»
Lei geme, «Mi togli le scarpe, per favore?» pigola e io la fisso, «Dai, quella sera te le ho tolte.» borbotta e tossisce.
«Va bene.» sospiro capendo cosa intende: a quel giorno in cui siamo andati in prigione da mio padre e io mi sono ubriacato, le ho chiesto di togliermi le scarpe e poi di restare con me finché non mi sarei addormentato e lei... lei lo ha fatto; mi chino e le tolgo le scarpe e le calze. «Cambiati e riposati.» mormoro e le bacio la fronte.
«Dove vai?» chiede lei, «Ryan.» mi chiama, dicendo il mio nome come se fosse una cantilena. «Ryan...»
«Vado a portare le mia valigie di là.» rispondo.
«Torni?» mormora lei, le guance rosse mentre toglie i jeans e li lascia cadere sul pavimento.
«Sempre.» rispondo e torno al piano di sotto e dico a sua madre che Lindsay ha la febbre.
Torno da lei dopo una mezz'ora, dopo aver buttato le robe sporche in lavatrice ed essermi fatto una doccia. Anche Lindsay si è fatta la doccia ed ora è sotto le coperte, gli occhi socchiusi. Dorme. Potrei farlo anche io... mi avvicino silenziosamente alla porta finestra e la apro piano.
«Ryan?»
Mi blocco e Lindsay mi chiama ancora. «Sì?» faccio.
«Dove vai?» domanda, «Non resti qui con me?» chiede, «Resta qui con me, Ryan.»
Un qualcosa mi dice di chiudere la finestra e sedermi accanto a lei. Subito. Così lo faccio. «Come ti senti?» le chiedo sedendomi accanto a lei.
«Male.» sospira lei e posa la testa sul mio petto e si avvinghia a me. Anche se a separarci c'è il lenzuolo e un piumino leggero, la sento calda, bollente. Un calorifero, in pratica.
«Uh, povera la mia piccola Linds.» dico e le bacio la testa, che profuma di frutta. Le prendo la mano e la stringo, anche se è troppo calda, le sfioro il dorso con il pollice.
«Linds? Tesorino bello?» la chiamo dopo qualche minuto, «Puoi spostarti, per favore? Mi si sta addormentando il braccio.» dico ma lei tace. «Linds? Lindsay?» chiamo ma lei non risponde, visto che dorme. Così la sposto piano, muovo il braccio sinistro e mi metto seduto, accorgendomi di avere fame. Prima la signora Mars — giuro che prima o poi la chiamerò per nome — mi ha detto che ci sono dei tramezzini tonno e salmone. Magari potrei mangiarmene giusto un paio, per riempire lo stomaco in attesa della cena.
Lentamente esco dalla camera, scendo le scale e mi fiondo in cucina.
«Lindsay?» mi chiede la signora Mars.
«Dorme.» rispondo, «I tramezzini?» domando. Lei sorride, apre il frigo e me ne dà due, dopo averli posati su un piattino bianco. Mi domanda cosa voglia da bere e rispondo Coca-Cola, così mi ritrovo il bicchiere pieno davanti.
Torno da Lindsay un quarto d'ora dopo. «Ryan! Ryan!» mi chiama lei quando apro la porta, «Ryan!»
«Sono qui.» dico, «Stai bene?» le chiedo, preoccupato.
«Dov'eri?» chiede lei, «Dov'eri?»
La fisso, sembra sconvolta. «Linds... che hai?» chiedo, «Ero in cucina a far merenda.» rispondo sedendomi accanto a lei.
Lindsay mi stringe e sento la sua fronte calda contro il mio collo. «Mi sono svegliata e non c'eri più.» pigola.
Le accarezzo la schiena, «Ehi, Linds, è tutto okay.» dico, «Sono qui.» le bacio la testa, «Va tutto bene.» soffio, «Dormi.» dico. Lei annuisce e si sdraia, restando sempre vicino a me. Rimaniamo per qualche secondo in silenzio, mentre io le sfioro i capelli, finché il mio cellulare non emette il “bip” che mi avverte che la batteria è arrivata al quindici per cento di carica.
«Dove vai?» chiede Lindsay quando mi alzo in piedi.
«A prendere il cavo.» rispondo.
«Torni?» pigola.
«Sì.» rispondo, «Ovvio.»
Mentre attraverso il terrazzo mi chiedo perché Lindsay faccia così. È solo per la febbre? So che il dottore viene domani mattina. Oppure... Lindsay sembra veramente sconvolta nel svegliarsi e non ritrovarmi lì accanto a lei.
Ritorno da lei dopo mezzo minuto e la ritrovo sdraiata sul letto, gli occhi fissi sulla porta finestra. Quando mi vede sorride. Collego l'Iphone al cavo e lo lascio sulla scrivania, tolgo le ciabatte e mi sdraio accanto a Lindsay, che mi si avvinghia contro.
Prevedo che sarà un lungo pomeriggio, una lunga serata e un'ancora più lunga nottata.

***

«Linds, forse è meglio se vado a dormire di là.» dico più tardi, dopo la cena.
«No!» squittisce lei, «Resta qui!» dice, «Ryan...» pigola, fissandomi con gli occhioni sgranati, messi ancora più in risalto dal viso pallido e le guance rosse.
Deglutisco e sospiro, «Va bene.» acconsento, «Vado a prendere un cambio.» dico.
In queste ore Linds è stata particolarmente... appiccicosa, ecco. Non potevo allontanarmi senza dirglielo, altrimenti iniziava a chiamarmi, ripetendo il mio nome finché non ritornavo da lei. Mi chiedo perché faccia così. In un attimo torno da lei, trovandola come l'ho lasciata: seduta sul letto, le coperte buttate sulle gambe, lo sguardo fisso sulla porta finestra.
«Vado in bagno.» le dico e le bacio la fronte.
Quando torno lei si è sdraiata, la testa affondata in un mare di cuscini, il telecomando stretto in mano, «Ryan...» soffia guardandomi, «Mi porti del succo, per favore?» chiede.
«Va bene.» rispondo, «Hai preso la tachipirina?» chiedo. Lei scuote la testa, «Prendila.»
«No.» ribatte Lindsay, «È grossa.»
«È una pastiglia normale.» sospiro, «Linds, devi prenderla.» dico afferrando la scatoletta. Spingo la pastiglia sul mio palmo e gliela porgo.
«È grossa.» dice lei, «È troppo grande.» ripete.
Inspiro, espiro e mi impongo di mantenere la calma. «Lindsay, è una pastiglia normale.» dico, «Non è grande.»
«Lo è.»
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Sono malata.» mormora e mi fissa, le labbra piegate in un broncio.
«Okay,» sospiro «la divido.» dico.
«In bagno c'è un cosino azzurro, è nell'armadietto in basso, dietro a tutto...» dice lei, fra un colpo di tosse e l'altro, «Usalo per dividerla, che è grossa e io sono malata.»
Vado in bagno, trovo quel coso e tolgo il tappo. C'è una “v” rovesciata e, nel coperchio, una piccola lama. Incastro la pillola nella “v” e abbasso il coperchio, controllo che la pillola sia divisa in due e torno da Linds, «Prendi.» dico porgendole mezza pasticca e il bicchiere d'acqua, aspetto che la mandi giù e le porgo l'altra, ma lei rimane lì, ferma, la bocca aperta. «Devo imboccarti?» domando e Linds annuisce. Le infilo la pasticca fra le labbra e aspetto che finisca di bere.
«Il mio succo?» mormora lei passandomi il bicchiere mezzo vuoto.
«Vado subito.» sospiro. Sono appena le nove e sono già stanco. Un po' è per il volo, un po' per Lindsay che continua a chiedere succo, acqua, fazzoletti, e questo e quello.
Quando è malata è davvero insopportabile, ma è meglio non dirglielo, non adesso, almeno. Prima che mi costringa ad imboccarla anche quando mangia.
Prendo un bicchiere e lo riempio di succo ace, una bottiglia di birra per me e un pacco di biscotti al cioccolato, sempre per me, ovviamente.
Quando rientro nella sua stanza Lindsay sta tossendo, «Tutto bene, tesorino?» chiedo.
«Sono malata.» mi risponde. Le passo il succo e la fisso mentre beve, poso il bicchiere sul comodino e faccio un respiro profondo.
«Lo so, amore.» le sorrido mentre lei si affloscia sui cuscini e io mi siedo sulla poltroncina della scrivania.
«Non vieni a dormire?»
La voce di Lindsay è attutita dal bozzolo fatto di lenzuola e coperte, «Un attimo, tesorino.» dico, «Dieci minuti.» aggiungo, «Dormi.» dico e apro la confezione di biscotti e stappo la birra, allungo i piedi sul letto e faccio un po' di zapping, godendomi questi minuti di pausa.

«Ryan?»
«Sono qui.» mormoro scostando le coperte, «Dormi, tesorino.» soffio, le bacio la fronte tiepida e sudata e mi dico che Linds deve proprio essere malata, se non mi insulta perché la chiamo tesorino.
Sono appena le dieci e mezzo ma ho un sonno pauroso. Sbadiglio e mi sdraio, immediatamente Lindsay mi si avvinghia addosso, ficcando i suoi piedi bollenti fra i miei.
«Hai i piedi freddi.» biascica lei.
«Tu sei calda.» mormoro.
«Io sono malata.» borbotta lei, «Molto malata.»
Credo che la stia facendo più tragica di quello che sia in realtà, in fondo è solo un po' di influenza, almeno credo. Spero.
«Lo so, tesorino.» le dico a occhi chiusi, spengo la luce e sospiro, «Buona notte, Lindsay.» soffio. Speriamo di riuscire a dormire.

***

Apro gli occhi e fisso la sveglia, sono le quattro del mattino, i numeri fosforescenti brillano così tanto come se fossero vicinissimi ai miei occhi. In effetti è così: sono su un fianco, praticamente a filo con il materasso. Lindsay è dietro di me e mi abbraccia, i suoi piedi caldi fra i miei. Mi alzo piano e mi metto seduto, sposto un po' in là Lindsay, che continua a dormire.
«Ryan.» chiama Linds, «Ryan.»
«Mi sto lavando le mani.» rispondo dal bagno, «Arrivo subito.» dico, un attimo dopo sono da lei. «Come ti senti?» le chiedo, anche se so già la risposta.
«Sono malata.»
Ecco, come immaginavo. Le tocco la fronte, le misuro la febbre: trentotto e mezzo. «Prendi.» le porgo mezza pastiglia di tachipirina e il bicchiere d'acqua, l'altra mezza pastiglia e aspetto che si sdrai, fortunatamente al centro del letto. Mi sistemo accanto a lei e la copro, «Dormi, piccola.» le dico baciandole la fronte e scostandole i capelli sudati.
Lindsay borbotta qualcosa di incomprensibile, si gira e posa la testa sul mio petto, accoccolandosi accanto a me.
Ho un caldo atroce, forse perché è Giugno, o forse perché Lindsay è una stufetta umana. Dormi Ryan, dormi cazzo. Dormi che sarà una lunga giornata.

***

Quando mi sveglio, alle nove meno dieci, Lindsay non è al mio fianco, sento lo sciacquone del bagno entrare in funzione e capisco che è in bagno. Insomma, lei è “malata, molto malata”, quindi non andrebbe da nessuna parte. Credo.
Stiracchiandomi mi alzo e apro la porta del bagno, «Come va?» chiedo, «E non dirmi che sei malata che lo so.» sorrido avvicinandomi a Linds che si sta lavando le mani, «Ti senti meglio?» chiedo.
«No.» risponde, la voce bassa. «Sono malata.»
«Lo so.» dico e le prendo il viso fra le mani, sentendolo fresco. «Vuoi fare colazione?» chiedo e le bacio la fronte, per poi stringerla forte. Lindsay si aggrappa alla mia maglia, sospira e posa la fronte contro la mia spalla.
«Ho fame.» dice.
Annuisco e le bacio la testa, «Okay.» soffio, «Dammi due minuti poi mangiamo, va bene?»
Lei annuisce, si asciuga le mani ed esce dal bagno.
«Andiamo?» chiedo qualche minuto più tardi. Linds è di nuovo a letto, seduta, con la schiena appoggiata ai cuscini, le gambe piegate e coperte.
«Dove?»
«Giù, a fare colazione.»
«Sono malata, portamela qua.» pigola lei, alzando gli occhi rossi su di me, le labbra screpolate piegate in un broncio...
«Sì, giusto.» sospiro, «Cosa vuoi?» chiedo.
«Latte caldo con miele, un bicchiere di succo e la brioche.» elenca lei, «Comunque c'è mamma, chiedi a lei.»
Annuisco e vado di sotto. È una piccola despota, ecco cos'è. Lindsay è una piccola tiranna, quando è malata.
In cucina c'è la signora Mars, le dico che Linds vuole la colazione e che la vuole — pretende — in camera.
Lei annuisce e ridacchia, la cosa mi fa pensare che faccia sempre così. «La vuoi anche tu?» chiede.
«Sì.» dico, «Ma con il caffè macchiato,» preciso «grazie.» le sorrido, poi scaldo le brioche — quattro, di sfoglia, ripiene di crema alla gianduia — nel microonde, mentre lei scalda il latte, versa il succo in due bicchieri e sistema il tutto su un vassoio. Dio, dovrò portalo su quelle scale? Ma farò cadere tutto quanto!
«Il vassoio lo porto io.» dice la signora Mars, come se mi avesse letto nel pensiero.
«Ah,» commento, «Sei sicura?» chiedo.
Lei annuisce, «Porta il piatto con le brioche e qualche tovagliolo.» dice. Afferro una manciata di tovaglioli, prendo il piatto con le brioche e la seguo, prima fuori dalla cucina, poi nel salotto e infine sulle scale. 
Entriamo nella stanza di Lindsay e sua madre posa il vassoio sulla scrivania. «Il tavolino?» pigola Lindsay  nella versione “Lindsay Ho Bisogno di Tante Coccole Perché Sono Tanto Malata”.
«Adesso.» dice sua madre, esce dalla camera per tornare subito dopo con uno di quei tavolini-vassoi, tipo quelli da ospedale, quelli con cui puoi mangiare anche a letto. Lo apre, si assicura che sia bloccato e lo sistema vicino a Lindsay, poi ci mette sopra la tazza di latte e miele e il bicchiere di succo.
«E la brioche?»
«È qui.» dico, prendo due brioche per me e le sistemo sul vassoio, sopra a un tovagliolo, accanto al mio caffè macchiato e poso il piattino davanti a Linds. «Ecco.»
«Grazie.» pigola lei. Sua madre le bacia la testa e poi esce dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle. «Non vieni qui con me?» mi chiede Lindsay quando mi siedo davanti alla scrivania.
«Quel coso è piccolo.» dico, «Non ci sta su tutto.» le sorrido.
Lei mi fissa, guarda quel tavolino-vassoio, mi guarda di nuovo, sospira. «Hai ragione.» dice.
Mi limito a sorriderle mentre do un morso alla brioche.

«Dove vai?»
«Porto giù la roba.» dico sistemando tutto quanto sul vassoio.
«Torni?» chiede Lindsay e scoppia in un attacco di tosse. Corro da lei, le batto piano la mano sulla schiena — o si fa quando una cosa va di traverso? — e le porgo il bicchiere d'acqua. Lei beve, piano, tenendo il bicchiere con entrambe le mani.
«Tutto bene?» chiedo.
«Sto male.» dice lei.
«Il dottore arriva fra una mezz'ora.» esclamo, «Torno subito.» dico, le do un bacio sulla testa e porto tutto di sotto.

Rimbocco le coperte a Lindsay ed esco silenziosamente dalla camera. Ho bisogno di una pausa.
Scendo in cucina, e la madre di Lindsay è in cucina, che sfoglia un libro di ricette.
«Come sta?» chiede.
«Meglio.» rispondo, «Credo. Adesso dorme.» dico. Ormai sono le tre del pomeriggio. Afferro una pacchetto di barrette al caramello e cioccolato e lo scarto. «Posso chiederti una cosa?» domando.
Ho bisogno di sapere. Ho bisogno di capire perché Lindsay, una persona così indipendente da essere andata a studiare così lontano di casa quando aveva diciotto anni, adesso sia così... bisognosa di cure e attenzioni e mi vuole sempre — sempre! — accanto a lei. Okay che è malata, ma così esagera!
«Certo.»
Prendo un bel respiro e faccio la mia domanda: «Perché Lindsay fa così? Perché se le dico che scendo, che vado in bagno, che esco un attimo in terrazza mi chiede sempre se torno?»
Lei sospira e allontana da sé il libro, aperto sulla pagina della ricetta della trota ripiena. «Vedi, quando Lindsay aveva nove anni è stata male, una semplice influenza intestinale, niente di che.» dice, «Noi eravamo al lavoro e lei era a casa, con la baby sitter. Greg, che aveva quattordici anni, è tornato da scuola e ha sentito Lindsay gridare, così è andato nella sua stanza e l'ha trovata sul letto, in lacrime, sporca di vomito.» 
Oh, mio Dio. È terribile. «E la baby sitter?» chiedo. Dov'era? Come mai non si è accorta di niente?
Lei sospira, «Era in giardino, a prendere il sole.»
«Merda.»
«Già.» commenta la madre di Lindsay, «Greg ha aiutato Lindsay: l'ha cambiata, ha cambiato le lenzuola, l'ha consolata e ci ha chiamato.» dice, «Poi ha rigato l'auto di Jane con un cacciavite.»
Riderei, se la cosa non fosse tragica. Riderei perché anche Lindsay ha rigato l'auto del suo ex con un cacciavite.
«Bhe, Jane ha minacciata di denunciare Greg perché, oltre a rigarle l'auto voleva sbatterla in piscina... ma quando ha sentito “denuncia per abbandono di minore”... bhe, ha cambiato idea e ci ha supplicato di non denunciarla. Ovviamente l'abbiamo fatto. Anche perché c'erano i giardinieri nella casa accanto che hanno detto di averla sempre vista fuori, sdraiata o seduta a fare orribili maglioni ai ferri.»
«Ho capito.» dico e annuisco. Povera Lindsay... povero il mio tesorino bello. «Ma cosa... maglioni ai ferri?» chiedo, «Quanti anni aveva?»
«Cinquanta.»
«Oh.» dico. Mi sarei aspettata un comportamento del genere da una ragazzina, non da una donna. «Torno da Lindsay.» dico, prendo un'altra confezione del dolcetto ed esco dalla cucina.
Adesso capisco perché vuole che rimanga con lei. E lo farò. Rimarrò con lei finché non sarà guarita. Perché non mi costa nulla, restare accanto a lei. Perché l'amo.

***

Vediamo che giochi ha Lindsay sul pc. Magari ha qualcosa di meglio di quelli che ci sono sul portatile. Ignoro i vari “Solitario, Spider, Freecell, Heartes” e cerco altro. Uh, c'è Slenderman. Devo prendere otto fogli prima che Slenderman mi trovi. Pfh, facilissimo! Cosa ci vuole?
Uh, ne ho già preso uno. Dopo pochi secondi ne trovo un altro, attaccato al muro di una costruzione bassa. E sono due. Scommetto che Linds ne ha preso solo uno!
Faccio il giro della casupola e la musica cambia, diventando più... angosciante.
«Ryan?»
Ommiodio. È qui vicino, lo so.
«Ryan?»
Cavolo, cavolo, mi ha trovato.
«Ryan?»
Giro l'angolo e la brutta faccia di quel coso mi si para davanti e qualcuno mi posa la mano sulla spalla. Mi ha trovato.
«Ryan?»
Urlo e mi scosto da pc, saltando in piedi e spingendo via la sedia con le gambe.
«Ryan, stai bene?»
Guardo Lindsay, in ginocchio sul letto. «Cosa?» chiedo ansimando.
«Stai bene?» domanda lei, «Hai urlato.»
«Io... sì.» dico e capisco che è stata lei a toccarmi. «Giocavo a Slenderman.» spiego, «Ho preso due fogli!» gongolo.
«Ah, bravo.» dice e ritorna a sdraiarsi. «Io sono arrivata a sei...»
Ecco come sgonfiare il mio ego in cinque parole.
«Ah.» commento. «Hai bisogno di qualcosa?» chiedo.
«Succo.» risponde lei.
Annuisco, «Vado subito.» dico e mi alzo in piedi.
«Ryan... non dirmi che Slenderman ti ha spaventato?» mi chiede Lindsay quando sono a due passi dalla porta.
«Ma cosa... no.» rispondo. «Assolutamente no.» dico ed esco dalla camera.
No, non è vero: c'è mancato poco e mi sarei cagato sotto. Un po' per la musica, un po' per la brutta faccia di quello, un po' perché Linds mi ha toccato nell'esatto istante in cui è apparso Slenderman... sì, ho avuto paura.
Ma non diciamoglielo, altrimenti lo racconterebbe a tutti e verrei preso n giro da qui all'eternità.
Meglio soprassedere, ecco.
Ma non potevo giocare a... che so, Spider o Freecell? Sono abbastanza bravo, in quelli.
Meglio non pensarci.

***

«Ehi, Ryan, ti va di uscire per una birra?» chiede Aaron, «Oppure ci vediamo da te.»
«Non posso.» dico e, stringendo il cellulare, esco dalla stanza di Lindsay, fermandomi poco dopo la porta finestra, «Linds non sta bene e rimango qui con lei.»
«Ah.» commenta lui, «Cos'ha?» chiede, «Niente di grave, spero.»
«No, solo un po' di influenza.» rispondo.
«A Giugno?»
«Eh, lo ha detto il dottore.» replico, «Dice che potrebbe centrare anche lo stress.»
«Stress? Bhe, può essere.» dice Aaron, «Non ci siamo fermati un attimo.» sospira, «E fra sei settimane....»
«Già,» dico  «si ricomincia.»
Fra sei settimane partiamo con il tour, qui negli Stati Uniti, per un totale di sessanta date. Poi, dopo Natale, incominceremo con il tour europeo.
«Quindi ti sei calato nella parte dell'infermiere.» ride Aaron.
«Bhe... Linds farebbe lo stesso per me.» replico e mi volto, sentendo un rumore.
«Ryan?» mi chiama la piccola malata.
«Sono qui.» le dico, «Sono al telefono con Aaron, arrivo subito.» esclamo. Lei mi fissa, arriccia le labbra e tossisce.
«Uh, Ryan l'infermiere.» sghignazza uno dei miei migliori amici, «Cos'è, hai su una divisa sexy?»
«Oh, piantala, idiota.» sbotto, «Ci sentiamo.» dico, chiudo la comunicazione e rientro in stanza.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiedo chinandomi su Lindsay.
«Volevo sapere dov'eri.» risponde, «Voglio il tè con i biscotti.»
Sorrido e le sfioro il viso, «Te lo porto subito.»
«Metti un cucchiaino di miele nella tazza.» ordina, «E portami anche l'acqua, è quasi finita.» continua indicando la bottiglia di plastica.
«Va bene.» esclamo, «Altro?» chiedo, prima che mi faccia fare le scale una decina di volte.
«Un bacino.» mormora Linds, «Sono malata.»
Trattengo una risata e mi chino su di lei, le bacio velocemente le labbra e poi la fronte, più a lungo.
«Solo questo?» domanda lei.
Rido, «Sì, solo questo.» rispondo, «Sei malata, giusto?» chiedo e le sfioro i capelli, «Vado a prendere il tè.» dico.
Lei abbozza un sorriso, «Okay.» dice, «Torna subito.» soffia. Annuisco e vado in cucina.

***

La notte è stata tranquilla — sempre che si possa definire tranquilla Lindsay che si agita e cerca di spingermi giù dal letto con i suoi piedi bollenti —, abbiamo fatto colazione e ora Linds sonnecchia mentre io guardo trasmissioni fatte di puro trash alla tv.
Il suo cellulare squilla, così lo prendo. È Svetlana. Devo risponde? Ma sì, rispondiamo. «Pronto?»
«Ryan?» fa lei, «Ciao! Mi passi Lindsay, per favore?»
Fisso la figura rannicchiata sul letto, «Dorme.» dico.
«Dorme?» chiede Svetlana, «Ah, chiamerò dopo.»
«Linds ha l'influenza.» la informo, prima che chiami e lei sia ancora addormentata.
«A Giugno?»
«Eh, già.» dico. «Febbre, tosse, tutto quanto.»
Svetlana tace per un'istante. «Capisco.» dice, «E tu... sai, Linds in questi casi non ama stare da sola.»
«Oh, lo so.» la interrompo. «So tutto.» dico. È logico che Svetlana sappia tutto, sono migliori amiche!
«Te lo ha detto?» chiede lei, stupita.
«Non Lindsay, sua madre.» rispondo, «Non ti preoccupare, so cosa fare.» dico.
«Okay.» esclama lei, «Va bene. Bhe, dille che ho chiamato.»
«Certo.»
«Ci sentiamo presto. E avvertimi, va bene?»
«Ovviamente.» assicuro. «Ciao, Svetlana.» dico e riattacco. Poso il cellulare sulla scrivania e sospiro, mi alzo in piedi e mi avvicino a Lindsay, le rimbocco le coperte e mi sdraio accanto a lei, le circondo la vita con un braccio e rimango a osservala,  ad accarezzarle i capelli... è bellissima, anche in momenti come questo.
Lindsay è sempre bella.

***

Lindsay sta meglio: niente più febbre e tosse. Niente più calorifero umano.
«Spero di non averti causato troppi problemi.» sbadiglia Lindsay, «Lo so, quando sono malata sono una rompi palle.» dice.
«Nah, niente di che.» le sorrido, «A parte che avevi i piedi bollenti...»
«Bhe, avevo la febbre.» Lindsay scrolla le spalle, «E poi di solito ti lamenti che li ho freddi.»
«Erano troppo caldi.» replico, «Praticamente eri come una stufetta umana.» rido.
Lindsay incrocia le braccia mentre le labbra si piegano in un broncio. «Idiota.» borbotta. «Io era malata e tu mi prendi in giro?» dice, «Grazie.»
Rido e mi siedo accanto a lei, sul letto. «Dai, tesorino.» esclamo e l'abbraccio, «Lo so che eri tanto malata.» la prendo un po' in giro ma lei sembra non accorgersene. «La mia
piccola Linds.» le bacio la testa.
«Scemo.» replica lei posando la testa sulla mia spalla. «Mi prendi in giro.» dice.
Rimaniamo per un po' così, abbracciati, poi lei alza la testa e mi guarda con quegli occhioni che mi hanno incantato fin dal primo momento. Mi fissa e sorride, prima di baciarmi le labbra. «Grazie, Ryan.» dice, «Grazie per esserti preso cura di me.» aggiunge e posa le mani sulle mie spalle. «Ti amo.»
«Ti amo.» soffio prima di baciarla.

***

Lindsay ha detto sì. Ha detto sì quando le ho chiesto se le andava di uscire, prendere qualcosa al McDrive e andare in uno dei parcheggi lungo la costa per cenare.
Non è un appuntamento vero, non è una cena al ristorante ma mi  — ci — va bene così.
Così, alle sette e mezzo di sera, usciamo da casa e ci dirigiamo verso un McDrive qualsiasi, prendiamo due McBacon menu con due birre e andiamo in un parcheggio deserto, l'auto puntata verso l'oceano poco lontano.
Prendiamo in nostri panini, le patatine, sistemiamo i bicchieri nel porta bicchieri — la parte interna del porta oggetti del cruscotto ne ha due — e iniziamo a mangiare, ridendo, ricordano episodi buffi accaduti durante il tour per la promozione.
C'è un'atmosfera così rilassata e tranquilla, così bella che rimarrei qui per sempre.
Bacio le labbra sporche di salsa di Lindsay, «Sai di sale.» le dico.
Lei ride, «Bhe, stiamo mangiando patatine fritte, mi pare normale.» dice, prende una patatina, intinge la punta nella maionese e la mangia.
«Oh, sì.» dico. Ha ragione, dopotutto. Guardo l'oceano, le luci che si riflettono sulla sua superficie, le onde che lentamente si infrangono sulla sabbia...
«Ryan? Ryan? Oh, ma dormi?»
«Eh, cosa?» faccio e mi giro verso Linds, «Sì?»
«Niente, ti eri incantato.» dice, «Non ti sei accorto che ti ho rubato un paio di patate...» commenta e butta la scatola del panino e quella che conteneva le patatine nel sacchetto di carta.
«Cosa?» gracchio e guardo il cartoccio fra le mie mani, ci sono solo tre patatine, prima ce n'erano almeno sei. «Ladruncola.» borbotto, «E poi ti lamenti quando prendo uno dei tuoi muffin.» dico. Le sorrido, finisco le patatine e getto tutto nel sacchetto. «Cosa facciamo?» chiedo.
«C'è quel fast food che prepara fritto misto.»
«Hai ancora fame?» gracchio, lei annuisce sorridendo. «E va bene,» sospiro «andiamo lì.»
«Grazie.»
Mi sporgo verso di lei, le labbra in fuori, pronto per baciarla, quando un bussare al vetro mi fa quasi urlare.
«Sì?» domando. È un poliziotto che punta la sua torcia verso di me, accecandomi per un istante.
«Documenti, prego.»
Annuisco, recupero i miei documenti e quelli dell'auto e glieli porgo dal finestrino abbassato per metà.
«Anche i suoi, signorina.»
Vedo Lindsay irrigidirsi, poi si china e recupera la sua borsa, prende la patente a me la porge e io la do al poliziotto.
«Scenda, prego.» esclama lui porgendo i documenti a un collega.
«Cosa?» chiedo, «Perché?» domando mentre Lindsay mi stringe la mano.
«Per l'alcol test.» risponde quello come se fosse la cosa più ovvia del mondo — e in effetti lo è.
«Certo.» dico, «Subito.» aggiungo, il poliziotto si sposta da davanti la portiera, scendo e soffio in quell'affare che mi porge. Mentre attendo il risultato — Dio, ho bevuto solo una birra! — mi appoggio all'auto, sentendo gli occhi di Lindsay su di me.
«Tutto a posto.» dice il poliziotto, l'altro mi ridà i documenti. «State attenti, da queste parti ci sono state un paio di aggressioni.» esclama.
Annuisco, «Ah, okay.» dico, «Adesso andiamo. Grazie. Buona serata.» esclamo e salgo in auto, dando tutto quanto a Linds, che mette a posto i vari documenti.
Partiamo, allontanandoci dal parcheggio. «È andato tutto bene.» sospiro.
«Già.» commenta Lindsay, «Ci fermiamo lo stesso, vero?» chiede. «Ho ancora più fame.»
Rido, «Sì.» rispondo, «Ci fermiamo.» confermo, «E comunque... la paura non dovrebbe chiudere lo stomaco?» domando fissando Linds che mette su il broncio. È adorabile.
«Io non avevo paura.» dice. «Solo sorpresa.» aggiunge.
«E va bene.» sospiro e le stringo la mano, sentendo il bracciale che le ho regalato premere contro la mia pelle. «Di qua, giusto?» chiedo, «A sinistra?»
«Sì.» risponde lei e la sento accarezzarmi la coscia. Il mio piccolo pozzo senza fondo.

Amo quando Lindsay sospira e geme e si contorce mentre la bacio e l'accarezzo. Amo sentire il sapore della sua pelle sulle labbra. Adoro sentire sotto le dita la sua pelle liscia, le curve del suo corpo...
Amo fare l'amore con lei, non posso farne a meno. Se per qualsiasi motivo dovessi perderla credo che morirei. Non voglio perdere l'unica persona che abbia mai veramente amato. Non voglio.
Amo Linds e niente e nessuno ci dividerà.



Uh... un capitolo intero con il pov di Ryan Infermiere! E qui si scopre una cosina del passato di Lindsay... l'avevo detto io che questa seconda parte sarebbe stata più "pesante"!
Il titolo è una canzone dei Backstreet Boys.
Grazie a tutti quelli che leggono e mettono la storia in una delle lista. RIngrazio anche chi commenta.
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Capitolo 5
*** 5. Candle light, a glass of wine ***


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Cinque
You and Me
*** Candle light, a glass of wine ***



Spingo il lettino vicino al bordo piscina, deciso a godermi il sole mattutino. Ho appena posato il mio regale sedere sulla plastica bianca quando sento una macchina fermarsi al cancello principale. Sbuffando mi alzo in piedi e rimango fermo, osservando quella cazzo di auto arancione fluo dall'altra parte del cancello.
Che cazzo ci fa qui La Piaga? Sono settimane che non si fa vedere o sentire — cosa difficile, visto che l'ho bloccata sia su twitter che su Facebook. 
«Cosa cazzo vuoi?» le abbaio contro quando la raggiungo. Non ho intenzione di aprire quel cancello manco morto.
«Ryan...» squittisce lei, «Mi fai entrare?»
«No.» rispondo. «Cosa vuoi?» ripeto.
«Parlare.» esclama stringendo le sbarre di ferro del cancello, «Perché non mi parli più? Perché mi hai bloccato?» chiede, la voce che trema.
Non piangerà, vero?
«Te lo ha detto quella troia di Lindsay di bloccarmi, vero?»
«Stupida piaga che non sei altro.» sbotto, «Non offendere Linds, chiaro?» ringhio avvicinandomi al cancello, «Ti ho bloccato perché mi rompevi la minchia.» dico, «Lei non c'entra.» continuo, «E non azzardarti a chiamarla così un'altra volta altrimenti ti taglio le gomme.» sibilo, mentre lei scoppia a piangere, «E adesso smamma, cretina.» dico, «Sciò.»
Lei mi fissa, le lacrime che scorrono sulle guance, tirandosi dietro il mascara, «Ma te ne vai?» sbotto, «Guarda che chiamo la polizia.»
Melanie singhiozza, mi supplica di farla entrare e di parlare ma io prendo il cellulare, «Guarda che chiamo, eh.» dico.
Lei singhiozza più forte e corre verso la sua stupida auto e se ne va, così posso ritornare a fare quello che facevo prima: niente.
Dopo dieci minuti che sono sdraiato, godendomi il sole e la brezza marina, sento un'altra auto avvicinarsi al cancello, questa volta quello sul retro. Non può essere Linds, è uscita da un quarto d'ora scarso, e l'aeroporto è a venti minuti di distanza.
Apro un occhio e sbuffo nel vedere l'Audi di Liam. Dovevo immaginarlo, dopotutto: Svetlana è in arrivo.
Mi alzo e apro il cancello, Liam posteggia l'auto e scende.
«Linds è appena uscita.» dico, «E l'aereo atterra fra» guardo l'Iphone «quindici minuti.»
«Uffa.» sbuffa Liam, andandosi a sedere sul mio lettino, «Io voglio vedere la mia Ciccina.» sospira, «Mi manca.»
Mi siedo accanto a lui, «Saranno qui fra un'oretta.» gli faccio notare, «Pazienta un po'.»
Lui mi guarda come se avessi detto un'eresia, «Mi manca.» ripete.
«Che ne dici di un caffè?» propongo, Liam annuisce piano, lo sguardo fisso sul cancello.
Una volta in casa, il mio tastierista si lascia cadere su una delle sedie della cucina, «Sei insensibile.» dice.
Sbuffo e verso il caffè in due tazze, «Liam, Svetlana sarà qui fra poco.» dico, «E la vedi spesso.» gli ricordo.
«Tu Lindsay la vedi tutti i giorni.» replica lui, «Vivi praticamente con lei.»
Ah, è vero.
«Giusto.» dico, «Dai, prima o poi anche tu vivrai con lei.»
Liam mi fissa, gli occhi spalancati, «Dici?» pigola, «Svetlana mi direbbe di sì?»
Ma è scemo?
«Ma sei scemo?» sbotto, «Certo che dirà di sì!» dico.
Lui sorride come un cretino, perso in chissà quale sogno mentre io sorseggio il mio caffè.
«Almeno stanotte resteremo insieme.»
Poso la tazza sul tavolo, «Liam?» lo chiamo, «Non te ne sei ancora reso conto?» rido mentre lui mi fissa, «Dai, lo sai che Linds e Svetlana dormono insieme, la prima notte.» gli ricordo, «Devono pur spettegolare.»
Il sorriso di Liam si spegne, affonda la testa nelle braccia e si lascia andare a un lungo sospiro.

***

Un'ora e quindici minuti dopo, quando sono ormai sul punto di buttare Liam in piscina o infilargli la testa nel forno perché tutti i suoi “Ma quando arriva? Ma non si saranno fermate? Non le sarà successo qualcosa, vero? Ma arrivano? Ma quanto ci mettono?”, finalmente Linds e Svetlana arrivano. Liam corre incontro alla sua bella, stringendola in un abbraccio che sembra stritolarla.
«Da quanto è qui?» domanda Linds aprendo i bagagliaio.
«Un'ora e mezza, minuto più, minuto meno.» rispondo e le prendo una mano, facendola voltare verso di me, la stringo e l'abbraccio.
Lei ride, «Ti ha fatto ammattire.» dice e io annuisco, prima di baciarla di nuovo. «Liam!» grida, «Puoi portare di sopra una delle valigie?» sbuffa, «Liam!» urla di nuovo, visto che Liam non si è degnato di rispondere o voltarsi.
«Non urlare.» borbotta girandosi, «Che c'è?»
Lindsay incrocia le braccia al petto, «C'è che devi portare le valigie di Svetlana in camera mia.» dice.
Lui fissa le due valigie ancora nel bagagliaio, «Ti aiuto.» esclamo e afferro il trolley più piccolo e mi chiedo perché Svetlana debba portarsi dietro mezzo armadio ogni volta.
«Perché prendi la più piccola?» mugugna Liam afferrando l'enorme trolley rosa.
«Perché Svetlana è la tua ragazza, non la mia.» replico e mi avvio verso le scale esterne, mentre Lindsay e Svetlana entrano in casa dalla porta principale.
«Ha portato troppa roba.» si lamenta mentre saliamo le scale, «Per me lei è sempre bella, anche con un sacco dell'immondizia addosso.» dice.
Io taccio e aspetto che Lindsay apra la porta finestra, prima di entrare e abbandonare il trolley accanto al letto. «Cosa facciamo?» domando, «Ormai è ora di pranzo.» faccio notare.
Linds scrolla le spalle, «Ordiniamo qualcosa.» dice, «Cinese?» propone e, per una volta, siamo tutti d'accordo.


Ovviamente siamo io e Lindsay ad apparecchiare il bancone della sua cucina, perché i due piccioncini sono troppo impegnati a guardarsi negli occhi, a sbaciucchiarsi e a sussurrasi quanto si amino.
«Prima è stata qui Melanie.» esclamo posando i bicchieri sul tavolo.
«Cosa?» chiede Linds, «Perché? Non l'avrai fatta entrare, vero? Perché se lo hai fatto giuro che non te la do più per i prossimi sei mesi.»
«Ma pensi che sia così scemo?» chiedo, «Ovvio che non l'abbia fatta entrare, non ho aperto nemmeno il cancello.» dico posando due bottiglie di birra sul bancone. «Voleva parlare.» aggiungo. Non dirò mai che quella cretina l'ha offesa, perché conosco Lindsay: altro che tagliarle le gomme o rigarle la fiancata, sarebbe capace di prendere il martello e distruggere quella cazzo di auto in meno di dieci minuti.
«Basta che non rompa più le palle.» sbuffa Liam mentre il campanello suona, segno che il ragazzo delle consegne è arrivato.
Finalmente si mangia.

*-*-*

Siamo tutti al Soleil, nella nostra saletta. Sono le dieci e mezzo di sera e ho già bevuto... due birre. No, sono tre.
Tre e mezzo, va. Bevo un altro sorso.
Facciamo quattro.
«Facciamo qualche gioco?» propone Jake.
«Cosa?» chiede Chris, stravaccato su uno dei divani, si passa una mano sui capelli  e beve un sorso di birra.
«A non ho mai.» annuisce Jake.
Ryan, seduto al mio fianco, sbuffa. «È da ragazzini.» dice.
«Ma è divertente!» ribatte Jake, seduto davanti a noi, accanto ad Aaron, «E poi... non vorresti scoprire qualcosa in più su Lindsay?» domanda con una risatina.
«Io so tutto!» esclama Ryan.
E io vorrei una birra.
«No, dai, giochiamo!» squittisce Svetlana, praticamente in braccio a Liam. Così mi alzo e, insieme a lei, andiamo a ordinare altre birre.
Cinque minuti più tardi, siamo pronti per iniziare; il primo è Jake, dice: «Non ho mai... fatto sesso con una persona del mio stesso sesso.»
Nessuno beve.
«Non ho mai fatto sesso mentre altre persone erano nella stessa stanza.» dice Chris. Svetlana e Aaron bevono. Di Svetlana lo sapevo, visto che ero lì, nel letto accanto al suo, al dormitorio della Columbia, ma Aaron...
«Aaron!» strillo, «Tu...» rido.
Lui alza le spalle, «È capitato.» dice.
Il gioco prosegue, con domande più o meno imbarazzanti. Poi Aaron dice quella cosa. Dice: «Non ho mai fatto sesso dentro un edificio pubblico.»  
Prendo il mio bicchiere e bevo. E mi accorgo che sono l'unica a farlo. Merda. E Ryan mi sta fissando, gli occhi azzurri spalancanti. E Svetlana, la mia migliore amica, ride. Ride!
«Linds?» mi chiama.
Io guardo da un'altra parte.
«Linds?» mi chiama ancora.
Io guardo da un'altra parte e vedo Svetlana che continua a ridere.
«Linds, eri all'università, vero?»
Dovrò dirglielo, prima poi. Solo che pensavo che sarebbe stato più poi, che prima. Anzi, diciamo mai. «Liceo.» rispondo e vorrei avere una pala per scavare una buca in cui nascondermi.
«Li-liceo?» balbetta lui, «Lindsay! E con chi?» chiede.
«Sei geloso!» ride Jake.
«Oh, taci.» sbotta Ryan senza guardarlo, «Linds?»
Scrollo le spalle, «Oh, il tipo con cui mi frequentavo.» rispondo, «Marcus Connery.» dico, «Niente di serio.» aggiungo.
«Marcus Connery?» strilla Chris, «Quel Marcus Connery?» domanda, «Il linebreak dei Miami Dolphin? Lo conosci personalmente?» domanda, come se gli avessi detto che conosco Obama e che prendo il caffè con lui una volta la settimana. È solo un giocatore di football!
Bevo ancora, «Sì.» rispondo, «Andavamo nella stessa scuola. Avevamo storia ed economia insieme.» dico, «Perché, lo conosci anche tu?» chiedo.
«No!» strilla il bassista, «È questo il punto, io non lo conosco ma tu si e devi assolutamente presentarmelo e farti dare dei posti per la prossima partita, magari in prima fila.» dice.
«Chris, idiota.» sbotta Ryan, «Ma ti pare il caso?»
«Sì, mi pare.» replica l'altro, mentre io voglio solo strozzare Aaron. «Dai, Lindsay, lo sai che ti voglio bene, vero?» dice sporgendosi verso di me, «Per favore, presentamelo.»
«E come faccio, scusa?» chiedo, «Lo chiamo, gli dico, “Ehi, Marcus, sono Lindsay Mars, andavamo a scuola insieme e abbiamo trombato come ricci negli spogliati e sulle gradinate del campo. Senti, un mio amico ti vuole conoscere, ci sei per una birra?”»
Chris sorride, «Sì!» annuisce, «Fai così.»
Ma è scemo?
«Ma sei cretino?» sbotta Ryan, «Lei non gli dirà quelle cose.» dice, «Hai fatto sesso negli spogliati?» mi chiede.
Io alzo le spalle, «È capitato.» dico. «Dai, non ditemi che non lo avete fatto anche voi perché non ci credo.» aggiungo.
«Veramente no.» borbotta Jake, «Dai Linds, tocca a te.»
Io sbuffo, ma veramente non hanno mai fatto sesso nella scuola? Dio, che vergogna! «Vediamo... non ho mai... visto o sentito i miei genitori fare sesso.»
Aaron e Chris bevono. Io rido, «Li avete visti?» chiedo con una risatina.
«Sentiti.» mugugnano in coro e io rido.
«Non è divertente.» sbotta Aaron, «È stato traumatico!» squittisce. «Tu non li hai mai sentiti?»
«No!» esclamo. «A chi tocca?» chiedo e spero che nessuno faccia una domanda imbarazzante... anche se potrei mentire, ecco. Sì, farò così.
«Tocca a me!» trilla Chris. «Non ho mai... fatto il bagno in una fontana.»
Fisso Svetlana, se lei beve lo faccio anche io, altrimenti passo, così nessuno lo saprà mai.
Svetlana beve. Merda. Bevo anche io.
«Oh, Gesù.» commenta Ryan coprendosi il viso con le mani, «Quando? Perché?» domanda, «Eri con Svetlana?»
«Io dico che erano sbronze.» ride Jake.
«È successo.» dico scrollando le spalle.
«Solo perché Bill e Joe ci avevano sfidato.» annuisce Svetlana.
«Bill e Joe?» squittisce Liam, «Io non voglio sapere chi siano.» dice scuotendo la testa.
«Neppure io voglio saperlo.» esclama Ryan.
Ecco, meglio. Meglio non saperlo. Meglio non sapere di quella scommessa che io e Svetlana abbiamo perso. Meglio di no.
«Io sì, voglio saperlo!» ride Jake e vorrei dargli un cazzotto.
Ryan mi fissa, sento lo suo sguardo su di me. «Eri ubriaca, Linds?» chiede, «Perché sei entrata in una fontana?»
«Magari le hanno pure arrestate!» ride Aaron che si becca un  pugno sulla spalla da Liam.
«Non ci hanno arrestato.» ribatto, «Era notte, non c'era nessuno.» specifico accorgendomi troppo tardi che forse non avrei dovuto specificare nulla.
«Linds, tesoro?»
Guardo Ryan, che mi sorride, «Perché sei entrata in una fontana?» domanda, «Linds...»
Sospiro e guardo Svetlana, che mi fissa con gli occhioni blu spalancati, «Eravamo fuori con alcuni amici, in un bar e avevamo fatto una scommessa: c'era una ragazza che conoscevamo, una che si faceva chiunque, bastava che fosse uomo, maggiorenne e che respirasse.» spiego, «E insomma... loro dicevano che sarebbe uscita da lì con un tizio che avrà avuto circa sessant'anni e io e Svetlana dicevamo che non si sarebbe mai fatta un vecchio.» continuo,  «La posta era che chi perdeva doveva fare il bagno nella fontana vicino al bar.» dico, «Abbiamo perso.»
«Ah, pensavo peggio.» commenta Ryan.
Cosa? Cosa? Cosa?
Oh. 
Meglio così.
Fortunatamente smettiamo questo gioco scemo. Per fortuna, direi. Così riempiamo i bicchieri con altra birra e ci rilassiamo, mentre Ryan racconta agli altri della visita della Piaga.
«Che palle.» commenta Aaron, anche se fissa la parete. Mi sa che è ancora innamorato di lei. 
«Già.» gli fa eco Chris. «Mio fratello l'ha bloccata l'altro giorno.» ride.
«Dobbiamo parlare di lei?» borbotta Svetlana.
«No.» risponde Chris, «Parliamo di come Lindsay mi farà conoscere Marcus.» sospira, quasi estasiato, come se fosse una delle sue fan isteriche.
«Chris...» sospiro e bevo ancora, «Come te lo devo dire che non ho il numero di Marcus, né la sua mail e che, probabilmente, con tutti i milioni che guadagna a stagione, avrà cambiato casa?» sbotto.
«Eddai.» insiste lui, «Ti prego, ti prego...» dice prendendomi una mano, «Dai, alla prossima riunione di classe lo vedrai.»
«Oh, bhe, sì.» annuisco. «Lì lo vedrò di sicuro.» dico.
Chris sorride, «Ecco allora è fatta!» trilla felice.
E adesso chi glielo dice? «Chris.» lo chiamo. «La prossima riunione sarà per i dieci anni del diploma.» dico e il suo sorriso si spegne. «Nel 2019.» specifico.
«Ah.» commenta lui. «Uffa.» sbuffa. Forse si è rassegnato... «Però potresti sempre seguirlo su Twitter e ricordagli i vecchi tempi...» butta lì, piegando la testa di lato, i capelli che scendono sulla fronte.
«Vecchi tempi?» strilla Ryan, «Ma nemmeno per sogno!» esclama, «Chris, se vuoi tanto conoscerlo fai pure, ma lascia stare quello che Linds ha fatto al liceo.»
«Veramente io intendevo ricordargli che andavano a scuola insieme...» dice Chris, «Oh, se poi tu pensi male e sei geloso non è colpa mia.» scrolla le spalle.
«Dio, dammi una vodka.» mormoro.
«Linds, non bere troppo.» mi rimprovera Ryan.
Sbuffo, «Che palle.» dico, «Tanto lo so che mi aiuterai ad arrivare in camera.» soffio sul suoi viso.
Lui sbuffa e incrocia le braccia, «Mi pare logico.» dice.
Il mio Ryan.

*-*-*

Col cavolo che Linds presenterà quel tizio a Chris. Proprio per niente. «Linds, tesoro?» la chiamo mentre arriviamo a casa.
«Sono sveglia.» pigola lei.
«Bene.» dico, «Perché siamo arrivati.» sospiro.
No e ancora no. Io non voglio che glielo presenti.
Dio, ma quanto sono geloso? Dovrei darmi una calmata.
Un'altra volta, forse. Adesso continuo a pensare che Lindsay ha fatto sesso nel suo liceo.
Scuoto la testa, imponendomi di levare quei pensieri. Scendiamo dall'auto. «Buonanotte.» soffio e bacio le labbra di Lindsay.
Lei mi guarda e sorride prima di sbadigliare. «'notte.» biascica. «Svetlana?» chiama, «Andiamo?»
Svetlana annuisce e la segue verso la porta d'ingresso. «Ryan?» mi chiama Linds, si gira e mi fissa. È bellissima.
«Sì?» faccio.
«Se Liam viene prima delle nove e mezzo sei pregato di legarlo da qualche parte.» sbadiglia lei, «Non voglio che faccia come le altre volte.»
«Okay.» dico, le guardo entrare in casa ed entro anche io.
No e ancora no. Chris può conoscerlo da solo, quel tizio. È grande abbastanza.
Ryan, rilassati. Tanto a Linds non interessa quel tizio e lo sai.
Ovvio che lo so.
Però...
Però è meglio se vai a dormire e non pensarci più.

***

Questa è la volta buona che Linds m'ammazza. Sono le nove meno un quarto e Liam è già qui, a rompere le scatole. «No, Liam.» dico, «Non andrai a svegliarle.» ripeto per la quinta volta in dieci minuti.
«Ma perché?» sospira lui, «Io voglio vedere la mia ciccina.» sbuffa.
«Perché Lindsay ci dà un calcio dei coglioni se lo facciamo.» gli ricordo, «Lo sai che odia essere svegliata.»
Lui mi fissa e sbuffa. «Uffa.» borbotta, «Ancora un quarto d'ora, okay?» dice.
«Un'ora.» ribatto.
«Venti minuti.»
«Un'ora.» ripeto.
«Venticinque.»
«Un'ora e un calcio in  culo se non la pianti immediatamente.» dico. «Adesso siediti che ci mangiamo un paio di waffles.»
Lui sbuffa ma si siede, io tiro fuori il necessario per la pastella, accendo le piastre e sbuffo perché mi ha tirato giù dal letto alle otto e mezza. Otto e mezza! Io sono ancora mezzo rincoglionito, mentre lui è bello pimpante, anche se ha una faccia più adatta a un funerale.
«Mi manca.»
Se gli lanciassi il sacchetto della farina e lo centrassi in pieno? Potrebbe essere considerato un incidente. Ma così mi giocherei il mio tastierista... «Liam.» sospiro, «Smettila, fra poco la vedi.» ripeto.
«Ma io voglio vederla adesso!» protesta lui.
«E io volevo dormire fino alle dieci e mezzo.» replico, «Ma un idiota mi ha svegliato.» lo fisso e lui mi guarda ma non replica.
Preparo un po' di pastella in più perché ho come l'impressione che Linds mi chiederà di farle qualche waffles. E avrebbe tutte le ragioni per farlo.


«Ti prego, Liam.» supplico, «Sono appena le nove e dieci!» dico, «Ci ucciderà!» 
«Non me.» sorride lui mentre sale le scale.
Gemo e lo seguo, preparandomi all'ira di Lindsay. Adesso capisco perché le desse così tanto fastidio quando suonavo alle nove del mattino.
Liam bussa alla finestra. 
Si sente un'imprecazione, passi attutiti poi Lindsay scosta la tenda, «Cosa vuoi?» chiede, il viso pieno di sonno e i capelli arruffati.
«Vedere la mia ciccina.» risponde Liam, il sorriso da imbecille stampato in faccia. Lindsay sbuffa e tira la tenda. «Non mi apre!» si lamenta con me.
«È incazzata.» gli faccio notare ma lui bussa ancora. «Smettila.» gli dico, «Andiamo di sotto, per favore.»
«No.» dice lui, «Voglio vedere Svetlana!» esclama e poi succede tutto all'improvviso: la porta finestra si spalanca e una cascata d'acqua investe in pieno Liam. Per fortuna ha lasciato l'Iphone in casa mia.
«Sono le nove, stupido.» dice lei, «Facci dormire.» aggiunge e chiude la finestra.
Liam mi guarda, i capelli appiccicati alla testa, «Ma... ma...» boccheggia.
«Te la sei cercata.» rido, «Andiamo, ti presto qualcosa di asciutto.»
«Mi ha fatto un gavettone!» esclama Liam, «Io volevo solo vedere Svetlana.»
«Anche lei è d'accordo!» esclama Lindsay dalla sua stanza, «Levatevi da lì, altrimenti vi lavo ancora.»
Riesco a trascinare Liam in casa mia e gli do un cambio asciutto e mi trattengo dal buttarlo in piscina perché è veramente insopportabile. Io glielo avevo detto di non farlo, ma lui non mi ascolta.
Diciamocelo, se lo è meritato.
Un'ora scarsa dopo, Linds e Svetlana entrano dalla porta finestra della mia cucina.
«Ciccina!» trilla Liam correndo incontro alla sua amata.
«Ti avevo detto di legarlo!» sbotta Lindsay.
«Non sono riuscito a trattenerlo.» mi scuso, «Mi dispiace.» le sorrido. Lei sbuffa, «Come mai una secchiata d'acqua?» chiedo.
Lei scrolla le spalle, «È così che si cacciano i gatti che ti miagolano sotto la finestra.» risponde, «Uh, waffles!» esclama, «Grazie, tesoro.» mormora, mi bacia la guancia e si siede al tavolo, davanti a Svetlana, mano nella mano con Liam.
«Liam?» lo chiama Linds, «Sai che mi devi un favore?» 
«Che favore mi avresti fatto?» chiede lui mentre io verso la pastella nelle piastre.
«Averti fatto conoscere Svetlana.» risponde Lindsay, si alza e versa del caffè in due tazze, ci aggiunge del latte e lo zucchero.
«Ah, sì.» annuisce Liam. «Grazie.» le sorride, «Che favore devo farti?»
Lindsay posa le tazze sul tavolo, «Oh, nulla di che.» scrolla le spalle e si siede. «Tranne svegliarmi prima delle dieci del mattino!» sbraita.
Liam sobbalza, «Scusa.» dice, «Ma io volevo vedere la mia ciccina.»
«Potevi aspettare.» dico. I waffles sono pronti, così li divido in due piatti e li poso sul tavolo, davanti a Linds e Svetlana.
Liam sbuffa e beve un sorso di succo all'arancia, «Tesoro, però potevi evitare che Lindsay mi bagnasse.» dice.
Svetlana alza le spalle, «Veramente lo abbiamo deciso insieme prima di dormire.» esclama mentre la faccia di Liam è tutta un programma. Evidentemente non gli era passato per la mente che la sua “ciccina” potesse fargli una cosa del genere.
E invece lo ha fatto! Lo ha fatto! È così... così... così...
«Ryan!» squittisce Liam, «Non ridere, non è divertente!» esclama, «Vorrei vedere se fosse successo a te.» replica, incrociando le braccia come un bambino offeso. Un bambino dell'asilo nido.
«A me non succede.» replico, «Perché io non la sveglio se mi ha chiesto di dormire.» annuisco.
«Forse perché la prima volta ho minacciato di ficcarti la chitarra nel culo...» soffia Linds fissandomi con gli occhi socchiusi.
Ah, già. È vero. Meglio non replicare. «Però poi ti ho offerto la colazione.» le ricordo. «E tu mi hai praticamente spennato perché sei un pozzo senza fondo.»
Oops, forse questo non avrei dovuto dirlo.
Linds si ficca in bocca un enorme pezzo di waffle e Nutella, «Tu dici?» borbotta. «Guarda che se continui così...»
«Sì, non me la dai per sei mesi.» sospiro.
Liam, quello stronzo, ride. «Certe volte te le cerchi proprio.» sghignazza.
«Io non mi sono fatto una doccia extra...» butto lì, mentre lui mi fissa, «Ormai dovresti aver imparato che è meglio non far arrabbiare Lindsay.»
Lui sbuffa, «Uffa, ma io volevo vedere la mia ciccina.» esclama.
E io volevo dormire un'altra ora ma quell'imbecille del mio amico me lo ha impedito.
Mi viene voglia di andare a casa sua a dormire e svegliarlo alle sette del mattino, così, solo per rompergli le palle. Peccato che non viva da solo e che sua madre mi stia simpatica. Non posso mica svegliarla solo perché mi devo vendicare di suo figlio?
No, non posso.
Però, la prossima volta che saremo in un hotel, lo sveglierò. Sì. Oppure gli metterò dello zucchero fra le lenzuola.
Oppure potrei mettergli la mano in una bacinella d'acqua mentre dorme...
Troverò il modo di vendicarmi.


Siamo sul bordo piscina, stesi come lucertole al sole. In verità Liam e Svetlana sono in piscina, che giocano con un pallone da spiaggia,. Quelli che prendono il sole siamo io e Linds.
«Linds... gradinate?» chiedo.
Okay, mi ero ripromesso di non parlarne e di non pensarci più, però... «Gradinate? Sono dure, scomode!»
Lei sbuffa e solleva gli occhiali da sole, «È capitato.» dice.
«Ma le gradinate del campo da basket o quelle del campo da football?» chiedo, perché voglio sapere. Perché sono curioso.
Perché sono pirla, ecco.
«Football!» trilla Svetlana in risposta, staccandosi dalle labbra di Liam.
Guardo Linds, lei mi fissa, sorride e alza le spalle, «Sì, erano quelle del campo di football.» conferma, «Dai, non dirmi che non l'hai mai fatto all'aperto!» dice, «Ti ricordi,» si sporge verso di me «lo abbiamo fatto in macchina.» ridacchia. «Luogo pubblico, all'aperto... non dirmi che non l'hai fatto prima di conoscermi?» chiede sollevando appena gli occhiali.
Non rispondo, perché ha ragione. Ho fatto sesso all'aperto, però non era così aperto. Non sono mai stato con il culo all'aria mentre facevo sesso!
Lindsay ridacchia e torna a sdraiarsi, «Lo sapevo di avere ragione, Ryan.»
Io taccio.
Uffa.
«Giochiamo?» chiede Svetlana, la palla in mano, «Io e Linds contro te e Liam.»
Linds è la prima ad alzarsi, lega i capelli in una coda alta e mi accorgo che sono cresciuti. Ti prego, non tagliarli. Non tagliarti i capelli.
Meglio pensare ai suoi capelli che al microscopico bikini che indossa, lo stesso che ha usato a New York, quando si è buttata nell'oceano insieme a quella matta della sua migliore amica. Okay che ora c'è solo Liam e lui a occhi solo per Svetlana — non commenta più le tette di Sasha Grey! — però...
Mi alzo in piedi, stiracchiando le braccia sopra la testa, «Va bene.» dico. «Che gioco?» domando e mi avvicino alla piscina, mi siedo sul bordo e mi godo l'acqua fresca contro le gambe accaldate.
«Tipo palla a mano.» risponde Svetlana. «Quella,» indica il lato più corto della piscina alla sua sinistra «è la porta mia e di Lindsay, l'altro lato è il vostro.»
«Arriviamo a cinque?» propongo mentre Linds scivola in acqua.
«Sì.» risponde la mia ragazza.
«E chi perde?» domanda Liam, «Il pegno... qual è?»
Di sicuro non buttarsi in una fontana pubblica. Proprio no. Sicuramente, certamente e ovviamente no. «Pagare la cena.» rispondo, «Chi arriva a cinque punti per primo vince.» dico e mi butto in acqua, «Iniziamo?»
Tre teste annuiscono.
Sistemiamo la palla al centro della piscina e ci spostiamo, ognuno davanti alla propria porta.
«Pronti?» chiedo, «Via!» esclamo e nuoto — cammino — avvicinandomi alla palla colorata, a spicchi bianchi, azzurri, rosa e gialli. L'afferro e la sollevo in aria, tenendola con la mano destra. «Presa!» dico.
«Lasciala.» esclama Lindsay nuotando verso di me. «Lasciala!» ripete avvicinandosi.
«Oh, no.» rido, «Vai, Liam.» gli dico, indicandogli con l'altra mano il lato delle ragazze.
Linds mi si avvinghia addosso, «Lascia la palla.» dice.
«Questo è fallo.» le faccio notare, fissando Liam che nuota come un cane zoppo. «Liam! Muovi il culo!» grido. «È fallo, Linds.»
«Noi non abbiamo parlato di falli.» dice lei sorridendomi e io fisso i suoi occhi, le ciglia bagnate... «E poi qui c'è un altro fallo...» soffia, stringendo le cosce contro i miei fianchi.
«Eh? Cosa?» faccio.
«Niente.» risponde lei, alza il braccio destro e colpisce la palla, con forza. «Vai!» grida e si stacca da me.
Mi giro e fisso Svetlana che lancia la palla verso il nostro lato, quella fa due rimbalzi e si ferma alla base di cemento dell'ombrellone. «Uno a zero per noi.» trilla recuperando la palla.
«Non è giusto!» dico, «Mi hai distratto.» borbotto. «Con un doppiosenso, tra l'altro.»
Ci sono arrivato adesso, eh, ma ci sono arrivato.
Linds ride, «Non è colpa mia se ti distrai.»
Sbuffo mentre Liam mi dice che sono un idiota. Sistemiamo la palla di nuovo al centro. Do il via e ripartiamo. Liam va verso il lato di Svetlana e Linds. Svetlana avanza piano, mentre Lindsay va verso la palla, solo che la prendo prima io, «Liam!» grido e gliela lancio. Lindsay mi aggira e va dietro Liam.
«Vinciamo noi, bellezze.» ride Liam, porta la palla sopra la testa mentre io nuoto verso Svetlana, a un paio di metri dal suo lato. Voglio essere io a fare punto, questa volta.
«Liam, tesoro.» chiama Svetlana, «Guarda.» dice e alza la parte sopra del bikini e...
E quell'imbecille fa cadere la palla. Svetlana ride, la prende e la lancia a Linds,  che la butta contro il nostro lato prima che possa raggiungerla. «Due a zero per noi!» ride.
«Testa di...» sbotto, «Liam! Ti sei distratto, cazzo.» dico togliendo i capelli dalla fronte, «Le tette di Svetlana le puoi guardare un'altra volta, non adesso.»
Lui mi fissa mentre le altre due ridacchiano scambiandosi un cinque, «Scusa.» dice, «Non si fa!» esclama fissando la sua bella.
Svetlana ride, «Lo sapevo che ti saresti distratto.» dice sistemandosi il costume.
Liam fa una smorfia, «Sei cattiva.»
«Tu ti distrai facilmente.» dico mentre Lindsay recupera la palla.
«Non sono io quello che se lo è quasi fatto venire duro.» replica il mio amico. Uno dei miei migliori amici.
Stringo le labbra e sbuffo. «Non è vero.» replico.
Non del tutto, almeno.
«Io direi che ha ragione lui.» ridacchia Linds.
Cosa? La fisso mentre entra in acqua, «Linds!» squittisco. Dev'essere il cloro. Sicuramente. L'avrà fatta impazzire.
Ritorniamo ai nostri posti, «Pronti?» chiede Linds, «Tre, due, uno... via!»
Nuoto velocemente verso  la palla, l'afferro e torno un attimo indietro, giusto per dare a Liam il tempo di avvicinarsi a Svetlana.
E speriamo che non gli mostri più le tette...
Gli lancio la palla, evitando Linds, Liam la prende e la lancia oltre Svetlana.
«Punto per noi!» esulto. «Ah, vi battiamo.»
«Siamo due a uno.» replica Lindsay, «Non cantare vittoria troppo presto.» dice.
«Vedremo.» replico, «Io sto già scegliendo cosa ordinare.» sorrido, «Vinciamo noi, Linds.» soffio sul suo viso.
«Non è detto.» replica lei mentre Liam rientra in acqua con la palla.
Le sorrido, «Oh, vedremo.» esclamo.

*-*-*

«Questo?» dico, indicando una voce sul menù del ristorante di pesce. Svetlana annuisce e scribacchia qualcosa su un post-it giallo.
Abbiamo vinto noi. Cinque a due.
È stato facile, vincere, con loro che si distraevano... con noi che li facevamo distrarre. È bastato sciogliere un attimo il nodo del reggiseno e Ryan ha cominciato a blaterare che il costume è troppo piccolo, e di qua e di là... non si è nemmeno accorto di aver lasciato perdere la palla fino a quando Liam non gli ha urlato contro e Svetlana non ha lanciato la palla, mandandola contro la loro parte.
È stato facile.
«Questo?» chiede lei, indicando con la gomma della matita il cocktail di gamberetti.
«Sì.»
«Ci state spennando?» chiede Ryan. «Ci state spennando.» afferma, incrociando le braccia.
«Neanche troppo.» dico.
Ryan fa una smorfia offesa e io rido.
«Non prendertela.» dico, «Avete solo perso.»
«Voi avete barato.» ribatte Liam.
«Voi vi siete distratti.» esclamo, indicando il fritto misto e la grigliata di pesce  con gamberoni extra.
«Voi ci avete distratto!» squittisce Liam.
Rido, mentre Svetlana scribacchia i dolci, «Eddai,» sbuffo «solo perché abbiamo fatto un po' di scena...» rido ancora, «Lo diremo agli altri, vero?» guardo Svetlana, che ride e annuisce.
«No!» esclamano i coro i due ragazzi.
«Perché avete perso?» chiedo, «Cinque a due?»
Ryan sbuffa, «Non siete simpatiche.» dice, «Siete tremende.»
Gli passo il post-it, lui lo legge e spalanca gli occhi. «Volete sul serio prendere questa roba?» strilla, «Ma costerà cento dollari solo per voi!» dice.
Veramente sono settantacinque, ma non glielo dico.
«Mi manderai al lastrico.» borbotta, «Due dolci a testa?!» esclama, «Oh, Dio.» geme.
«Prendiamo anche noi le stesse cose?» chiede Liam.
«Sì, ma io prendo solo il profitterol.» risponde Ryan.
Liam annuisce, «Anche io.» dice.
Porgo il cordless e il menu a Ryan, «Chiama e ordina.» gli dico.
Lui prende le cose con uno sbuffo, «Perfida.» sussurra.
Alzo gli occhi al cielo, «Solo perché avete perso.» sbuffo. 
Ryan non replica e compone il numero, ordina e chiede: «Quanto le devo?»
«Centocinquanta...» ansima, «Va bene, a dopo.» saluta e riattacca.
«Andiamo a preparare la tavola?» chiedo. Insomma, saranno qui fra tre quarti d'ora scarsi, è presto, ma possiamo portarci avanti.
Io e Svetlana ci alziamo e andiamo in cucina, mentre i ragazzi borbottano infastiditi.
È solo un gioco e loro se la prendono come se avessero cinque anni.
«Lo raccontiamo agli altri, vero?» ride Svetlana mentre le passo le posate.
«Ovviamente.» rispondo.
«Ovviamente no.» replica Ryan, apparendo in cucina.
Rido e prendo i bicchieri, «Hai paura che rideranno della tua figuraccia?» chiedo.
Lui sbuffa e si appoggia al mobile, «No.» risponde.
«Sì, invece.» rido.
«Non sei simpatica.» borbotta lui e io rido ancora. È così buffo. Sono entrambi così buffi, con quei faccini dal broncio offeso solo perché li abbiamo abbattuti. Apro il frigo cantina, quello dove teniamo i vini e li guardo. Qual è il più adatto? Fisso le bottiglie vetro e le loro etichette.
Quale prendo?
«Ti sei incantata?» domanda Ryan.
Sbuffo, «Non so quale sia il più adatto.» rispondo.
«Lascia, faccio io.» replica lui e io mi sposto. Afferra un paio di bottiglie di vino bianco e le posa sul tavolo.
«Pensavo che bevessimo birra.» dice Liam, la fronte corrugata. Si scosta i capelli da essa e si siede.
«Almeno il vino non dobbiamo pagarlo.» sospira Ryan.
«Già.» borbotta l'altro, il mento posata sul palmo della mano destra.
Io sbuffo e prendo i calici, posandoli accanto agli altri bicchieri, mentre Svetlana posa i piatti. «La birra c'è.» dico. «Basta che chiedi.»
Liam guarda le bottiglie di vino, «No, no.» esclama, «Il vino va bene.» dice.
Bene, perché io lo voglio.
Un'ora dopo stiamo mangiando, dopo che Ryan e Liam hanno pagato, litigando su quanto lasciare la mancia. Liam è tirchio, voleva lasciare solo cinque dollari. In due.
«Sei tirchio.» esclamo prendendo un gamberetto. «Due dollari e cinquanta di mancia in due!» rido, «È da... tirchi.»
L'interessato sbuffa, «Non è vero.» replica.
«Sì che è vero.» esclama Ryan.
«Dovevi pagarla te perché ti sei fatto distrarre da Lindsay!» sbotta Liam, «Due volte.» dice, le labbra sporche di salsa rosa.
«Anche tu.» ride Svetlana. «Sapevo che mostrartele sarebbe servito a qualcosa.» 
Ryan ride e Liam fa una smorfia, «Non sei divertente.» dice quest'ultimo.
«Posso farmi perdonare, se vuoi.» mormora Svetlana.
Credo di essere arrossita. Giusto un po'. 
«Anche tu devi farti perdonare.» soffia Ryan nel mio orecchio, «Per quel fallo.» continua.
Sorrido, «Okay.» sospiro, come se volessi solo farlo contento, in realtà lo voglio anche io, eh!
Lui se ne accorge e sorride, mi ruba un gamberetto e ride.
Stupido.
Uomini.
Stupidi uomini.
Allungo una forchetta e prendo una fetta di salmone affumicato.
«Ehi!» esclama Ryan, «Quella è mia!» borbotta, il faccino offeso.
Lo amo.

***

La risata sguaiata di Chris riempe l'aria mentre lui si tiene la pancia con le mani.
Sì, abbiamo spiattellato della partita. Abbiamo detto che abbiamo vinto cinque a due e il modo in cui abbiamo distratto i ragazzi. Aaron e Jake ridono, ma non come Chris.
Gli arriva un cuscino del divano in faccia, che lo fa smettere di ridere all'istante, «Ma sei scemo?» strilla verso Ryan.
«Non ridere, idiota.» sbotta il mio amore.
Chris, invece, ride. «Avrei voluto vedere.» sghignazza.
«No!» esclama Liam, «Tu le tette di Svetlana non le guardi!» dice.
Bhe, ha ragione.
«Ryan, tu giocavi a football... non potevi lanciare la palla?» chiede Aaron, le labbra piegate in un sorriso.
«Oh.» commenta l'interpellato.
Liam sgrana gli occhi, «Ha ragione, cazzo.» sbotta, «Potevi prendere quella stupida palla e lanciarla dall'altra parte della piscina!» continua, «Così avremmo vinto!» sbotta.
Ryan spalanca la bocca, «Non ci ho pensato.» ammette e scrolla le spalle.
«Imbecille.» mugugna Liam e il cameriere ci porta le birre.
«Dai, brindiamo.» dico, «Fra tre settimane inizia il tour.» ricordo.
Brindiamo, felici.
Fra tre settimane inizierà il tour e io dovrò vedere tutte quelle ragazze avvinghiarsi a Ryan come cozze a uno scoglio.
Dovrò mantenere la calma.
Sì.
Ryan mi stringe la mano e mi dà un bacio veloce sulle labbra e mi sussurra che mi ama.
Posso farcela. Ci riuscirò.

*-*-*

E alla fine ci siamo. Il nostro primo concento.
Il nostro primo, vero, concerto. Non saremo la band di supporter di qualcuno,  lo show è tutto nostro. Nostro.
Forse era meglio essere dei supporter.
Deglutisco e ingoio un po' d'acqua. E di quale gruppo avremmo potuto essere i supporter?
So già cosa direbbe Lindsay: Backstreet Boys. Dio, me la immagino mentre fa la figura da pesce lesso di fronte a Nick Carter, mentre cerca di balbettare il suo nome, la faccia rossa come un pomodoro.
Meglio che non glielo dica, però, altrimenti mi prende a sberle o è la volta buona che mi spacca una chitarra, magari in testa.
E poi cos'ha quello più di me?
Niente.
Devo smetterla di pensare a tutte queste cose assurde. Questa serata è speciale.
Siamo, naturalmente, a Miami, alla American Airlines Arena. Sono le otto di sera e fra mezz'ora saremo in scena. 
Mancano solo... guardo l'orologio appeso alla parete del corridoio. Ventisette minuti.
Oh. Mio. Dio.
Canteremo e suoneremo davanti a... no, Ryan, meglio che non ci pensi. Perché se lo fai rischi una crisi isterica. Basta già Jake che vomita prima di ogni show, intervista o roba simile. Sì, però...
Però nulla. Rilassati.
«Qualcuno vada a vedere Jake!» strilla Lindsay. È nervosa, molto. Come se fosse lei ad andare sul palco e cantare e suonare davanti a duemila e passa persone o chissà quante sono!
Duemila? Adesso sì che mi sento male. Perché ci ho pensato?
«Ryan? Tutto bene?»
Guardo Linds che mi sorride, una cartelletta verde acido stretta al petto. «No.» soffio. «No.» ripeto, «Decisamente no.»
Lei ride. Ed è la mia ragazza, dovrebbe supportarmi, non ridere! «Andrà tutto bene.» dice, «Siete bravissimi.» mi sorride.
Sbuffo e incrocio le braccia al petto. «Non sono pronto.» dico, «Non ho mai cantato davanti a così tante persone!» squittisco.
Lei mi stringe piano il braccio, senza smettere di sorridere, «Sei bravissimo.» soffia, «Sono qui per voi.» dice.
Io sospiro e rilasso le spalle. Canterò e suonerò per i prossimi novanta minuti, devo essere rilassato.
Fosse facile!
«Jake?» domanda Lindsay ad Aaron, appena uscito dal bagno.
«Ha vomitato anche il pranzo dello scorso Natale ma è okay.» risponde lui. «Dovrebbe smetterla.» borbotta. «Non può vomitare sempre.» esclama e beve un po' d'acqua.
Guardo Lindsay, che si aggira fra di noi, dicendo parole di incoraggiamento, come se questa non fosse la serata più importante della nostra vita.
Ma come fa? Come?
Forse perché lei non salirà su un palco imbracciando una chitarra...
«Fra dieci minuti entrate.» esclama Carl.
Dieci minuti? Merda, io non sono pronto. Fisso Jake, bianco come un lenzuolo. Liam si mangia le unghie, Chris respira profondamente e Aaron sembra sul punto di fuggire.
Siamo messi bene, direi.
Merda, merda merda.
«Tocca a voi.» dice Carl e un boato assordante giunge fino a noi. Qualcuno deve aver informato le nostre fan che adesso si comincia...
Vado verso la porta che conduce al palco e Lindsay mi blocca prendendomi per un braccio, mi sorride e mi bacia una guancia, «Ti amo.» soffia sul mio viso e mi dà una pacca sul sedere, «Vai, spacca qualche culo.» dice.
Inspiro a fondo a vado avanti, sul palco buio, dove i nostri strumenti sono già posizionati.
Le macchine del fumo sono già in funzione e le ragazze urlano quando vedono le nostre sagome. Afferro la mia chitarra, quella che mi ha regalato Linds a Natale, infilo la tracolla e inizio a suonare mentre le luci stroboscopiche illuminano a caso il pubblico.
In fondo non è così difficile. Ed è quello che amo fare, dopotutto.
Fisso le persone che, questa sera, sono venute qui a sentire noi. Avranno rinunciato a qualcosa per essere qui. Avranno litigato con mamma e papà, promesso di lavare i piatti e di svuotare la lavatrice da qui all'eternità, avranno litigato con i loro capi al lavoro, avranno studiato giorno e notte per un esame per aver un buon voto per essere qui.
Qui, per noi.
A cantare con noi.
E non c'è cosa più bella.


Non credevo che suonare e cantare per novanta minuti, restando praticamente fermo per il novanta per cento del tempo facesse sudare così tanto. Ho la maglia zuppa di sudore e mi faccio schifo da solo.
Rientro nel backstage per ultimo, afferro l'asciugamani e lo passo dietro il collo, prendo la bottiglia d'acqua, la stappo e ne bevo metà in un sorso solo.
«Linds!» esclamo vedendola venirmi incontro.
«Ryan.» sorride lei e si butta fra le mie braccia, abbracciandomi forte. Sento le sue mani fra i capelli e la stringo, inspirando il suo profumo e rendendomi conto che puzzo davvero tanto. «Sei stato fantastico.» mormora.
«Grazie.» le dico e le bacio la guancia, guardandola in quegli occhioni che mi hanno incantato dal primo istante. «Te ne sei resa conto che sono sudato come un porco?» le chiedo.
«Sì e fai schifo.» mi risponde scostandosi. «Ma te lo meritavi.» sorride.
«E mi merito altro, questa sera?» chiedo.
Lei mi fissa, alza gli occhi al cielo e sbuffa. «Idiota maniaco.» borbotta allontanandosi per andare dagli altri, «Comunque sì.» risponde senza voltarsi.
Sorrido e mi asciugo il viso, per poi bere altra acqua.
«Possiamo farci una birra?» domanda Jake.
«Solo una.» sospira Carl, «E poi subito a letto, perché domani dobbiamo svegliarci presto.» ci ricorda.
Già, domani sera suoneremo a New Orleans.
«Ma prima fatevi una doccia che fate schifo.» esclama Carl.


Sbadiglio e stringo a me Lindsay, che dorme di già. Questa notte dormiamo in albergo e fra sei ore saremo sull'aereo. Dio, non riesco a crederci che il nostro — il nostro! — primo tour sia incominciato.
Ed è stato bellissimo. Ad un certo punto, mentre cantavo a cappella,  le ragazze hanno alzato i loro cellulari, centinai e centinai di lucine accese, come minuscole candele, che hanno creato l'atmosfera giusta e perfetta, mentre cantavo quella canzone, “You and Me”*, quella scritta l'Agosto scorso, quando  credevo che non ci sarebbe mai stato niente fra noi. Invece... a così tante persone!» squittisco.
Lei mi stringe piano il braccio, senza smettere di sorridere, «Sei bravissimo.» soffia, «Sono qui per voi.» dice.
Io sospiro e rilasso le spalle. Canterò e suonerò per i prossimi novanta minuti, devo essere rilassato.
Fosse facile!
«Jake?» domanda Lindsay ad Aaron, appena uscito dal bagno.
«Ha vomitato anche il pranzo dello scorso Natale ma è okay.» risponde lui. «Dovrebbe smetterla.» borbotta. «Non può vomitare sempre.» esclama e beve un po' d'acqua.
Guardo Lindsay, che si aggira fra di noi, dicendo parole di incoraggiamento, come se questa non fosse la serata più importante della nostra vita.
Ma come fa? Come?
Forse perché lei non salirà su un palco imbracciando una chitarra...
«Fra dieci minuti entrate.» esclama Carl.
Dieci minuti? Merda, io non sono pronto. Fisso Jake, bianco come un lenzuolo. Liam si mangia le unghie, Chris respira profondamente e Aaron sembra sul punto di fuggire.
Siamo messi bene, direi.
Merda, merda merda.
«Tocca a voi.» dice Carl e un boato assordante giunge fino a noi. Qualcuno deve aver informato le nostre fan che adesso si comincia...
Vado verso la porta che conduce al palco e Lindsay mi blocca prendendomi per un braccio, mi sorride e mi bacia una guancia, «Ti amo.» soffia sul mio viso e mi dà una pacca sul sedere, «Vai, spacca qualche culo.» dice.
Inspiro a fondo a vado avanti, sul palco buio, dove i nostri strumenti sono già posizionati.
Le macchine del fumo sono già in funzione e le ragazze urlano quando vedono le nostre sagome. Afferro la mia chitarra, quella che mi ha regalato Linds a Natale, infilo la tracolla e inizio a suonare mentre le luci stroboscopiche illuminano a caso il pubblico.
In fondo non è così difficile. Ed è quello che amo fare, dopotutto.
Fisso le persone che, questa sera, sono venute qui a sentire noi. Avranno rinunciato a qualcosa per essere qui. Avranno litigato con mamma e papà, promesso di lavare i piatti e di svuotare la lavatrice da qui all'eternità, avranno litigato con i loro capi al lavoro, avranno studiato giorno e notte per un esame per aver un buon voto per essere qui.
Qui, per noi.
A cantare con noi.
E non c'è cosa più bella.


Non credevo che suonare e cantare per novanta minuti, restando praticamente fermo per il novanta per cento del tempo facesse sudare così tanto. Ho la maglia zuppa di sudore e mi faccio schifo da solo.
Rientro nel backstage per ultimo, afferro l'asciugamani e lo passo dietro il collo, prendo la bottiglia d'acqua, la stappo e ne bevo metà in un sorso solo.
«Linds!» esclamo vedendola venirmi incontro.
«Ryan.» sorride lei e si butta fra le mie braccia, abbracciandomi forte. Sento le sue mani fra i capelli e la stringo, inspirando il suo profumo e rendendomi conto che puzzo davvero tanto. «Sei stato fantastico.» mormora.
«Grazie.» le dico e le bacio la guancia, guardandola in quegli occhioni che mi hanno incantato dal primo istante. «Te ne sei resa conto che sono sudato come un porco?» le chiedo.
«Sì e fai schifo.» mi risponde scostandosi. «Ma te lo meritavi.» sorride.
«E mi merito altro, questa sera?» chiedo.
Lei mi fissa, alza gli occhi al cielo e sbuffa. «Idiota maniaco.» borbotta allontanandosi per andare dagli altri, «Comunque sì.» risponde senza voltarsi.
Sorrido e mi asciugo il viso, per poi bere altra acqua.
«Possiamo farci una birra?» domanda Jake.
«Solo una.» sospira Carl, «E poi subito a letto, perché domani dobbiamo svegliarci presto.» ci ricorda.
Già, domani sera suoneremo a New Orleans.
«Ma prima fatevi una doccia che fate schifo.» esclama Carl.


Sbadiglio e stringo a me Lindsay, che dorme di già. Questa notte dormiamo in albergo e fra sei ore saremo sull'aereo. Dio, non riesco a crederci che il nostro — il nostro! — primo tour sia incominciato.
Ed è stato bellissimo. Ad un certo punto, mentre cantavo a cappella,
Tocco i capelli di Linds, così morbidi e profumati; le bacio la spalla e inspiro il suo profumo. Devo dormire, ora.
Devo assolutamente dormire.
Lindsay si muove nel sonno e si avvicina ancora di più a me, mugugnando qualcosa di incomprensibili. Magari sta sognando. Magari sta sognando me.
O Nick Carter.
«Ti amo.» soffio nel suo orecchio così piano che faccio fatica a sentirmi.
Linds fa un sospiro profondo e sorride. Sta sognando me. Lo so.
Sbadiglio e chiudo gli occhi. 



Salve, bella gente.
Allora, il capitolo non doveva andare così, ossia doveva esserci un'altra parte, quella che riguarda la parte tristerrima(?) di questa storia. Arriverà a breve, vi avverto. Già dal prossimo capitolo *fischietta e poi fugge*
In ogni caso è tornata Melanie. Doveva tornare -.-
Vi avverto: Chris incontrerà il suo idolo e si comporterà da fanboy, sto già scrivendo quella scena (che non sarà nel prossimo capitolo ma più avanti) e mi sto divertendo un mondo!
E niente, ringrazio chi legge, chi mette la storia in una delle liste e chi commenta.
Il titolo del capitolo è una delle canzoni di Shane Filan quello stronzo che non viene in Italia nonostante l'abbia promesso tre anni fa.
Se volete essere più o meno aggiornati, guardate il mio profilo Twitter. Potete anche seguirmi, non mordo. Sparo solo minchiate.
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** 6. It's a Christmas Time Again - Parte I ***


We Start Over

Sei
It's A Christmas Time Again - Parte I -
*** You know that Santa's back in town ***



Oggi giriamo una delle due versioni del video del nuovo singolo. Non ho idea di come sarà, il regista ha la bocca cucita, so solo che vuole una roba un po' “sexy”. Speriamo che non sia troppo sexy, altrimenti... altrimenti niente, ecco. Potrei giusto saltare addosso a Ryan...
Esco dal bagno e mi blocco. Non può essere vero! «Ryan!» esclamo, «Cosa diavolo...» lo fisso, «Sei in mutande!» ansimo.
Lui sbuffa e si allaccia l'accappatoio blu scuro, «Lo so.» dice.
«Lo sai?» chiedo, «E vèstiti, no?» dico.
«Sono vestito.» replica lui annodando la cintura.
«Cosa?» chiedo stringendo la cinghia della mia borsa.
Ryan sospira, «È stato il regista a dirmi di vestirmi così.»
Cosa?
Cosa?
Cosa?
«Davvero?» chiedo e lui annuisce. «Oh.» commento e mi gratto il mento: questo non l'avevo previsto. Pensavo a qualcosa di sexy del tipo loro con la camicia aperta, sotto una cascata d'acqua... non loro — Ryan! — in mutande.
Svetlana! Farà una strage quando saprà del video. Quando lo vedrà.
«Siamo pronti.»
Smetto di guardare le piastrelle e alzo il viso, trovandomi davanti Liam. Ecco. Sono tutti in accappatoio. «Siete tutti in mutande?» chiedo.
Aaron annuisce, «Veramente è un costume.» mi corregge, «Però sì, siamo tutti vestiti più o meno così.»
Oh, mio Dio.
Dopo questo video ci saranno orde di fans che impazziranno ancora di più, che urleranno ancora di più, che scriveranno fanfiction sgrammaticate e senza un senso logico ancora di più... io non sono mica pronta!
Fortunatamente — o forse no — un'assistente viene a chiamarci e noi la seguiamo. Ovviamente Chris le guarda il culo, fasciato da una minigonna di jeans così corta che non andrebbe bene neppure come fascia per capelli.
Sembra quasi tutto normale mentre percorriamo i corridoi dello studio. È solo quando svoltiamo a sinistra, arrivando in un enorme spazio, che ricorda un po' un vecchio magazzino abbandonato, che mi accorgo che qualcosa non va. C'è un qualcosa che... che...
Cosa cazzo ci fanno lì cinque vasche idromassaggio?
E poi...
E quelle cinque stangone uscite direttamente da una sfilata di Victoria's Secrets? Cosa devono fare?
Con chi devono farla?
«Gesù.» sospira Chris.
«Svetlana mi ucciderà.» bisbiglia Liam.
Sento Ryan dietro di me, le sue dita che mi sfiorano la schiena. «E tu?» chiede.
«Mi verrà un infarto.» rispondo e lui, lo stronzo, ride.
Il regista appare, con una tazza di caffè in mano e il ciuffo appiccicato alla fronte, come se lo avesse leccato una mucca. «Siete tutti qui.» dice, «Adesso vi spiego cosa dovete fare.» aggiunge.
Mentre parla io vorrei solo gridare. E se corressi contro la parete più vicina e mi lanciassi di testa contro il muro? Non può essere. Non può avere detto una cosa del genere. No.

Questo cappuccino è buonissimo ma non mi aiuterà. No. Proprio no.
Fisso Ryan entrare in una delle vasche, quella tonda, insieme a una stangona bionda dalle tette enormi, coperta da uno striminzito bikini che starebbe stretto anche a un neonato di due giorni. Ryan ha una faccia che è tutto un programma, come se non volesse trovarsi lì con Miss Tette Enormi.
E vorrei vedere.
«Sii più rilassato.» sbraita il regista.
«Sì.» pigola Ryan mentre quella gli si avventa addosso. 
L'omicidio è ancora illegale, vero?
«Tranquilla.» soffia Aaron, «Andrà tutto bene.» dice, «È solo finzione.»
Bevo ancora e spero che il caffè si trasformi in vodka. La bionda si struscia su Ryan, gli bacia il viso, gli tocca i capelli...
Io l'ammazzo.
«Vai a quel paese.» dico e lui ridacchia.
La tipa vuole proprio morire: sta passando le dita fra i capelli di Ryan mentre gli bacia il collo e lui guarda in camera. 
Mi verrà un infarto, lo so.
Finalmente, dopo quasi venticinque minuti di tortura, Ryan esce da quella cazzo di piscina. Ora è il turno di Aaron, che indossa una camicia bianco perla totalmente sbottonata, oltre a un costume nero che mette in risalto tutto quanto... prevedo orde di ragazzine infoiate.
Il regista gli ordina di sedersi sul bordo della vasca quadrata e di “giocare” un po' con Camille, la stangona che gli è stata assegnata.
La ragazza si siede accanto ad Aaron, gli sfiora il torace, infila la mano nell'acqua e lo bagna mentre lui ride.
Melanie riderà un po' meno...
E le sta bene. È solo una scema. Voglio vedere come commenterà quando uscirà il video.

Ryan è seduto, avvolto nel suo accappatoio, nella sedia accanto alla mia, «Linds?» mi chiama, «Sei più rilassata?»
«Certo.» rispondo e fisso Jake entrare nella vasca idromassaggio. È l'ultimo, poi ci fermeremo per la pausa pranzo, poi continueremo nel pomeriggio, con i ragazzi e le ragazze in una piscina...
«E allora perché stai martoriando la tua borsa?»
Guardo Ryan, «Oh, vai al diavolo.» borbotto.
Lui ride e si sporge verso di me, «Gelosona.» soffia.
Sbuffo, «Senti chi parla.» borbotto.
«Non lo dirai a Svetlana, vero?» chiede Liam, seduto al mio fianco, si sporge verso di me e mi fissa, i capelli umidi che gli cadono sulla fronte.
«Liam... è un video, andrà su Youtube, sulle tv... lo vedrà.» gli ricordo.
Lui sbianca, «Merda.» dice e si mordicchia le unghie.
Gli sorrido e torno a guardare Jake, dentro a una vasca a forma esagonale. La modella che è con lui ha i capelli rossi e la faccia di una che tromberebbe con lui immediatamente, fregandosene se c'è altra gente.
Finalmente il regista dà lo stop, un'assistente passa un accappatoio alla ragazza che esce dalla piscina.
«Io rimango qui un minuto.» gracchia Jake.
«Perché?» chiedo, «È ora di pranzo, non vuoi mangiare?»
Jake avvampa e borbotta frasi incomprensibili, «Era lì con una bella ragazza che gli si strusciava contro...» mormora Ryan, «Indovina?»
Oh. Ah, ho capito. «Sì.» dico. Jake si è eccitato, okay. «E tu?» fisso Ryan.
«Io no.» risponde, «Avrei dovuto?»
Gli sorrido, «No.» rido. «Anche perché dopo te lo avrei tagliato...» butto lì fissandomi le mani mentre Ryan ride.
Jake alla fine esce, così si vanno tutti a vestire e possiamo andare a pranzo.
Forse non ucciderò nessuno.
La stangona che era con Ryan e che si è strusciata su di lui gli sfila accanto, gli sorride e gli tocca una spalla.
Forse non ucciderò nessuno, ma nessuno mi impedisce di spaccarle la testa.

***

«Come sta andando?»
Devo mentire alla mia migliore amica?
«Ammazzerò qualcuno.» rispondo.
Svetlana ride, «Oh, dai, non può essere così tragica!»
«Lo è.» replico fissando i ragazzi e le modelle che giocano in piscina. «Lo è.» ripeto.
«Veramente?» dice lei, «Devo prepararmi?» pigola. «Non è che qualcuna abbraccia il mio ciccino?» squittisce.
È peggio. Molto peggio, ma non posso mica dirglielo! Non posso dirle che il suo ragazzo è mollo in acqua con una tipa bellissima, magrissima, altissima, che si siede su di lui e lo sbaciucchia tutto!
Diciamo una mezza verità, va'. «Sì.» rispondo, «Lo abbraccia.»
«Oh.» fa lei, «Io l'ammazzo.» sbotta, «Io tiro i capelli di quella gallina cessa e spelacchiata!» sbraita.
«Su, calma.» le dico. «Dai, pensa che fra un paio di giorni ci rivediamo.» le ricordo.
«Cambiare argomento non mi farà cambiare idea.» ribatte lei, «Ma sì, pensiamo ad altro...» sospira.
E così passiamo a parlare di scarpe e borse, mentre gli altri sguazzano in piscina.

***

Finalmente!
Finalmente per oggi è finita. Domani è il secondo e ultimo giorno di riprese e i ragazzi suoneranno e canteranno e basta! Niente Angeli che si strusciano, niente stangone che sbattono le ciglia, niente omicidi!
Solo loro, i loro strumenti e le loro voci!
Stappiamo dello champagne!
«Cosa facciamo?» chiede Rachel, quella che finirà male se mai dovesse incontrare Svetlana.
«Andiamo a bere una birra!» trilla quella che finirà presto sottoterra se non smette di toccare i capelli di Ryan.
«Oh, sì!» trilla quella che ha girato le scene con Jake.
Io vorrei solo andare in hotel, ficcarmi nella vasca e dimenticare questa giornata mentre Ryan mi massaggia le spalle.
Alla fine decidiamo di andare tutti in un pub. La cosa che mi dà più fastidio è che non potrò urlare a quella di stare lontano da Ryan.

***

Il pub è strapieno ma entriamo subito, non appena il buttafuori riconosce Ryan e gli altri e dopo essersi fatto fare un autografo da tutti loro per sua figlia. Ci danno un privè e ci sediamo, le galline sedute attorno ai ragazzi e, Dio, se avrei voglia di spaccare qualche testa. 
«Whiskey irlandese con ghiaccio.» ordino e Ryan mi fissa, sorpreso dal super alcolico che ho ordinato. E pensare che il whiskey nemmeno mi piace!
Sono seduta fra la tizia che presto si troverà senza capelli se non la smette di provarci con Ryan, e Liam, che mi fissa come se avesse paura che Svetlana appaia all'improvviso, pronta a fare una strage.
«Va tutto bene.» mi dice lui, «Stai tranquilla.»
Lo fisso, «Vuoi botte?» chiedo. Non sono dell'umore giusto.
Liam mi sorride, «Non preoccuparti.» dice e si avvicina ancora di più, per fuggire alla stangona che cerca di circuirlo.
È poco dopo che ci hanno portato da bere che Ryan va in bagno, costringendo quella, me, Liam e l'altra stangona ad alzarci per farlo passare.
Qualche secondo dopo, mentre quella che vuole morire presto blatera su quanto sia figo Ryan, la mia borsa vibra. È un messaggio di Ryan.
Che dolce! C'è scritto: “Ti amo, tesorino bello.”
“Ti amo, pecorella.” rispondo.
«A chi scrivi?» domanda quella che è da questa mattina che ci prova con Ryan. Si chiama Pear Peach. Pera Pesca. Che nome idiota.
«A nessuno che t'interessi.» rispondo.
Pear mi osserva, arriccia le labbra e parla, parla, e parla ancora, principalmente di cose a cui nessuno frega niente.
Ryan ritorna e questa volta si siede fra me e la Macedonia. «Beato fra le donne.» esclama posando le braccia sulla spalliera del divanetto a ferro di cavallo.
Lindsay, calmati e resisti all'impulso di dargli un cazzotto. «Già.» mugugno e sorseggio il whiskey.
Lui mi fissa e mi sorride, «Non prendertela, Linds.» dice. Sbuffo e lo fisso, domandandomi in quanto tempo mi verrà un'ulcera.
Speriamo che questa serata finisca presto, altrimenti qualcuno — qualcuna — finisce male.
La Macedonia si attacca a Ryan come una cozza e ride, ride e ride ancora.
Chissà se lo farà ancora quando si ritroverà senza capelli, senza tette e senza denti.
Trangugio l'ultimo sorso e poso il bicchiere sul tavolo, anche se è ovvio che voglia posarlo da un'altra parte.
Non bastavano le fan che si attaccano ai coglioni, no, ci voleva pure Miss Macedonia a rompermi le palle.
«Tutto bene?»
Guardo Ryan, «Sì.» grugnisco e lui mi sorride.
«Bugiarda.» dice. Io lo ignoro e mi concentro su Liam, che fra un po' mi viene in braccio. «Lindsay, va tutto bene.» soffia nel mio orecchio.
Io lo fisso, «Okay.» dico, anche se è una palla: non può andare tutto bene quando quella gli si è attaccata come una cozza allo scoglio.
Ryan fa un mezzo sorriso e riprende in mano il boccale di birra, «Puoi spostarti?» chiede a Miss Macedonia, «Mi stai troppo addosso.»
La Macedonia fa una smorfia e si allontana di mezzo centimetro.
Sbuffo. Sarà una lunga serata. 

*-*-*

«Linds?» chiamo, «Tesorino bello?»
«Non chiamarmi così.» sbotta lei mentre si spoglia, «Lo sai che non mi piace!»
«Sei arrabbiata?» domando, anche se è ovvio che sia arrabbiata! «Tesorino, non essere gelosa.» l'abbraccio da dietro, stringendola forte. Lei grugnisce un insulto, «Guarda che quella non mi interessa.»
«E vorrei vedere.» dice lei e si allontana, chiudendosi nel bagno della camera dell'hotel dove all'alloggiamo in questi giorni.
Non è colpa mia se quella mi stava attaccata!
«Linds... e dai, lo sai che non è colpa mia.» sospiro quando lei torna nella stanza.
«Potevi evitare che ti stesse incollata addosso.» replica a solleva il lenzuolo. «Ho sonno.» dice.
«E che cosa dovevo fare?» sospiro, «Darle un cazzotto?»
«Sì.»
Inspiro e mi sdraio anche io, solo che Linds mi dà le spalle, «Scusami, tesorino.» soffio toccandole i capelli, «Amo solo te.» mormoro e le tocco le spalle, ma lei s'irrigidisce.
«Ho sonno.» ripete, «Buona notte.»
È arrabbiata e non ho fatto niente.
E forse è questo il punto: non ho fatto niente. «Ti amo.» dico e spengo la luce, «Buona notte.» soffio e le fisso le spalle, anche se è buio e c'è solo una minuscola luce verde sopra la porta.
Inspiro a fondo e chiudo gli occhi. Prima dormo, prima mi sveglio e posso chiederle scusa per non aver fatto un cazzo.

***

Sento un qualcosa premere contro la mia schiena e apro gli occhi. È Linds che mi abbraccia da dietro. Le prendo la mano e la stringo, sentendo i suoi capelli sfiorarmi le spalle. Sento il suo respiro caldo sulla pelle, il suo calore contro il mio corpo.
Controllo l'ora e vedo che sono le sei, fra un quarto d'ora dovremo alzarci. Mi rigiro e abbraccio Lindsay. «Buongiorno.» soffio.
Lei biascica qualcosa che suona come “Buon giorno” ma non ne sono sicuro, potrebbe anche avermi mandato a quel paese.
«Che ore sono?» domanda dopo qualche secondo.
«Le sei.»
Lei geme, «Di già?» dice, «Uffa.»
Le bacio la testa, «Oggi è tranquillo.» dico, «Rilassati.» soffio.
Lindsay sbadiglia e si accoccola contro di me, «Ho sonno.» pigola.
«Sei ancora arrabbiata per ieri?» chiedo toccandole i capelli.
«No.» risponde e io sorrido.
Non è più arrabbiata! «Ti amo.» esclamo e le bacio la testa.
«Anche io.» 
E niente, sono felice. 

*-*-*

Cosa cazzo ci fanno qui le cinque stangone?
Oggi non erano previste!
Dal modo in cui Miss Macedonia si butta su Ryan so che oggi è il giorno in cui la ucciderò.
O le farò lo sgambetto. O sostituirò il suo shampoo con della crema depilatoria.
Inspiro a fondo e mi impongo di calmarmi. Non posso fare una scenata alle otto e venti del mattino?
Quella ride, attaccata al collo di Ryan.
O sì?
«Non pensavo che ci foste anche voi, oggi.» esclamo dopo aver recuperato un cappuccino.
Miss Macedonia ride, «Oh, siamo venute qua solo per passare il tempo con i ragazzi...» risponde, «Vero, Ryan?»
Io la uccido.
Ryan si scosta, «Dobbiamo girare.» dice e fa un paio di passi indietro, mentre Liam mi si avvicina sempre di più.
«Già.» dice il tastierista.
La Macedonia ride, «Oh, ma avete tempo!» ride in modo così sguaiato da farmi quasi rimpiangere gli squit squit di Melanie.
«Devo chiamare mamma.» Liam prende il suo telefono e fugge lontano dalla stangona di cui mi sono già scordata il nome.
Guardo Ryan. «Devo andare a pisciare.» dice e si allontana, lasciandomi con le cinque stangone.
«Gli altri?» domanda Carole o Camille o come diavolo si chiami.
«Non lo so.» rispondo e mi volto, andando alla ricerca di un calmante.
«Come non lo sai?!» sbotta quella, «Io voglio vedere Chris!»
Non replico e mi allontano, sperando che quelle mi lascino in pace e mi facciano gustare il mio cappuccino, altrimenti se lo ritroveranno nelle mutande.
Sempre se le portano.
Mi allontano e arrivo al camerino dei ragazzi, busso. «Sono io.» dico, «Lindsay.» aggiungo, Jake apre la porta ed entro. «Che facce.» commento.
«Quelle sono matte!» squittisce Chris, «Una mi ha infilato la mano nei jeans e mi ha palpato il culo.»
Un uomo che si lamenta di una donna che gli tocca il culo!? «Eh?» commento.
«Mi ha detto di non averlo fatto apposta.» sospira Chris lasciandosi cadere sul divanetto.
«Ti ha infilato la mano nelle mutande e non lo ha fatto apposta?» chiedo sedendomi e Chris annuisce, «Che stronza.»
Ryan esce dal bagno e si siede accanto a me. «Sono matte.» sospira mentre Liam entra di corsa e si chiude la porta alle spalle.
«Sono possedute.» ansima.
E io dovrei stare calma?
Se posso dire a una fan di non attaccarsi come una cozza allo scoglio, posso pure dirlo a Miss Macedonia e le sue amiche.
O minacciarle con un rasoio elettrico.

***

Grazie.
Grazie perché questa tortura è, finalmente, finita.
Hanno finito di registrare!
Possiamo andarcene e non vedere mai più Miss Macedonia e le sue amiche.
«Possiamo andare a cena insieme.» propone quella. «Chissà quando ci rivedremo...» sospira, il faccino triste.
Te lo dico io: mai.
Mai, mai e ancora mai.
E se il concetto non è chiaro: non ci rivedremo mai più!
«No.» dice Carl, distogliendo lo sguardo dalla foto di suo figlio Mike. Ha tre mesi ed è un amore. «Domani dobbiamo partire presto.»
Miss Macedonia fa una smorfia, «Quindi non ci vediamo?» domanda avvicinandosi a Ryan.
Non l'ammazzo solo perché non la vedrò mai più.
«No.» ripete Carl e quella fa una smorfia offesa, come se lui l'avesse apostrofata in malo modo.
«Ma torniamo presto...» dice quella, «Anche se potrei tenerlo sveglio tutta la notte.» aggiunge con una risatina.
Faccio un passo in avanti, pronta per strapparle tutto lo strappabile quando qualcuno mi afferra la mano: è Chris.
«Lasciala perdere, è solo un'oca.» mormora.
Inspiro a fondo. Sì, Miss Macedonia è solo un'oca. Un'oca che presto si ritroverà spennata e con un limone nel culo.
«Ho detto no.» dice Carl. «Andiamo.» si rivolge a noi, «È stato un piacere.» aggiunge.
Appena salgo in auto mi rilasso immediatamente, faccio un sospiro di puro rilassamento, reclino la testa e chiudo gli occhi. Questa sera mi merito un massaggio. Me lo merito di sicuro.
E magari anche un anti acido.
«Stanca?» domanda Ryan sedendosi accanto a me.
«Esausta.» rispondo aprendo un occhio e guardandolo.
Lui ride e mi abbraccia mentre l'auto parte, «È finita.» dice e mi bacia la testa.
«Per fortuna.» sospira Chris, «Quelle sono delle pazze ninfomani.» squittisce.
«Quando Svetlana vedrà il video farà una strage.» commento.
«La ucciderà.» ride Ryan e mi fissa, «Bhe, avresti voluto fare anche tu la stessa cosa.»
«Non è vero.» replico.
Ryan inarca un sopracciglio, «Ah no?» dice, «Non dirmi che non vorresti picchiare Pear?»
«Miss Macedonia?» faccio, «No.» rispondo, «Vorrei solo tagliarla in minuscoli pezzi.»
Ryan e Chris ridono, «Miss Macedonia?» sghignazza il primo, «Bhe, con i nomi assurdi che si ritrova...» scrolla le spalle. 
Io non replico e mi rilasso mentre ci lasciamo alle spalle quelle cinque.

***

Entro nella vasca da bagno subito dopo Ryan e mi siedo fra le sue gambe, «Va meglio?» chiede lui mentre mi appoggio contro il suo petto.
«Sì.» sospiro chiudendo gli occhi. L'acqua quasi bollente mi sta rilassando i muscoli. «Molto meglio.»
Ryan mi abbraccia e mi bacia la testa, «Mi piaci quando sei gelosa e fai finta di non esserlo.» soffia.
«Stupido.» borbotto.
«Sei adorabile quando ti trattieni dal dare un cazzotto.» continua lui sfiorandomi le braccia con la punta delle dita, causandomi brividi di piacere. 
«Se vuoi il cazzotto lo do a te.» mormoro sistemandomi meglio e allungando le gambe.
Ryan ride, «Sei adorabile.» dice e mi bacia il viso.
«Massaggiami le spalle.» esclamo, «Per favore.» pigolo e mi sposto in avanti, abbraccio le ginocchia e mi rilasso ancora di più mentre Ryan mi massaggia le spalle. Dio, che goduria!
«Lo sai che non devi essere gelosa?» domanda Ryan dopo qualche attimo di silenzio.
«Lo so.» rispondo, «Di te mi fido, non mi fido delle altre che allungano troppo le mani.» sospiro.
Ryan ride contro la mia spalla, «Mi adorano.» dice e mi abbraccia di nuovo, sfiorandomi la pancia, salendo piano piano, arrivando fino al seno, «Vuoi rilassarti in un altro modo?» soffia contro la mia guancia.
E me le chiede pure?
«Sì.» rispondo spostandoli le mani dovo voglio che mi tocchi.

***

New York, con le luci natalizie tutte colorate, gli alberelli di natale, i festoni, le ghirlande, le vetrine addobbate... è semplicemente meravigliosa.
Siamo qui per un paio di interviste e un servizio fotografico.
Inutile dire che Liam è al settimo cielo perché passerà un po' di tempo con Svetlana.
E rompe i coglioni come se non ci fosse un domani.
«Oh, non vedo l'ora di rivederla.» sospira Liam per la millesima volta da quando siamo saliti sull'aereo.
«Smettila altrimenti ti butto giù dall'auto.» sibilo.
Lui fa una smorfia, un altro sospiro e mi ignora ma smette di parlare.
«Ci stiamo mettendo troppo.»
No.
«Non arriveremo mai.» Liam continua a lamentarsi.
«Ci sono venti centimetri di neve.» gli ricordo, «È normale che il traffico s'intasi ancora di più.»
Ryan sbadiglia, «Sei capriccioso.» dice e Liam sbuffa. «Tanto la vedi alle tre e mezza e sono appena le...» guarda l'orologio, «Le due.» dice, «Manca poco.»
«Sempre troppo.» grugnisce l'altro e io vorrei solo arrivare in albergo, invece continuo a fissare fuori dal finestrino, guardando la neve che continua a scendere, posandosi sulla strada, sui tetti degli edifici e sulle auto. È quasi fiabesco.
Anche se il nostro aereo doveva partire poco dopo mezzanotte e invece siamo partiti alle due... per poi fare scalo a Richmond. A quest'ora dovevamo essere qui da un pezzo.
Stupida neve.
Però è bellissimo! È tutto così bianco, così bello, così ovattato...
Potremmo andare alla pista di pattinaggio al Rockefeller Center.
«Te lo scordi.»
«Cosa?» faccio guardando Ryan. Cos'è che devo scordarmi?
«Andare a pattinare.» risponde Liam. «Mi hai già incastrato con il cavallo, non lo farai con i pattini.»
Ah. Ho parlato a voce alta? Credevo di averlo solo pensato!
«A Svetlana piace pattinare sul ghiaccio...» butto lì guardandomi le unghie dipinte di un azzurro scuro.
Liam sbuffa e incrocia le braccia, «Se alla mia ciccina piace potrei fare un'eccezione.» dice.
Io sorrido, «E tu?» chiedo a Ryan.
«Vedremo.» sospiro.
È fatta! Andrò a pattinare.
«Dipende cosa dicono gli altri.»
Ah, già. Bisogna sentire cosa dicono Aaron, Jake e Chris.
Aaron direbbe di sì, gli piace provare cose nuove. Jake lo farebbe giusto per dimostrare che non cade anche da fermo e Chris... beh, lui lo farà, punto. 
Voglio filmarli, vederli cadere e postare il video, giusto per farmi due risate.
«Che non ti venga in mente di filmarmi mentre sbatto con il culo per terra!» esclama Ryan.
«Ma no!» dico, «Non lo farei mai.» lo fisso, sbattendo un po' le ciglia, «Non sono così stronza.» soffio.
Ryan mi guarda, «Sì che lo sei.» replica a bassa voce, «Lo so che non aspetti altro che cada per terra solo per ridere un po'.»
«Ma non è vero.» ribatto, «Non lo farei mai, giuro.» gli tocco il viso e lui continua a sorridere, come se non mi credesse... e fa bene.
Ryan ride, «Vedremo.» dice.
Io taccio e mi limito ad appoggiarmi a lui.

Sono le quattro e Svetlana è qui, così Liam smette di blaterare su quanto le sia mancata e su quanto voglia vederla... 
«Andiamo a pattinare?» domando prima che quei due si chiudano in camera.
Gli occhi di Svetlana s'illuminano, «Oh, sì!» esclama, gioiosa, «Andiamo, andiamo!» dice e batte le mani.
Ogni tanto mi spaventa, specialmente quando si comporta come se avesse ingoiato un intero pacchetto di zucchero.
«Pattinare?» squittisce Chris, «Dove?»
«Sul ghiaccio.» risponde Svetlana annuendo, «È bellissimo!»
Chris sbianca, «Cosa?» dice, «No!» esclama, «Io non so pattinare, cadrò, qualcuno mi passerà sulle mani con i pattini e le lame mi tranceranno le dita... come farò a suonare?»
pigola.
«Come sei catastrofico.» sbuffa Aaron, «Per me va bene.» sorride e Chris lo guarda male.
«Io mi attacco alla prima cosa che trovo.» sospira Jake.
«Per me va bene.» dice Liam, «Tutto, per la mia ciccina.» sorride come un idiota.
«Okay.» mormora Ryan.
«È fatta.» dico, «Andiamo?» faccio, «Tanto i pattini li noleggiamo là.»
«Cos'è, decide la maggioranza?» sbuffa Chris.
«Sì.» risponde Carl, «Ma non ci andrete.» dice e Chris esulta, «Perché ci sarà un sacco di gente e non avrete neppure il tempo di mettervi i pattini.»
«Uffa.» mi lamento.
«Però, se ci tenete tanto, potrei vedere se è possibile prenotare una pista tutta per noi per un paio d'ore.» propone Carl e lo bacerei, perché adesso ho davvero voglia di infilarmi i pattini ai piedi.
«Io non ci tengo!» esclama Chris.
«Sì che ci tieni.» dice Svetlana, «Solo che non lo sai.»
Chris incrocia le braccia e fa una smorfia, «Non ci tengo.» borbotta.
«Vedete il lato positivo:» s'intromette Aaron «se cadiamo lo sapremo solo noi.»
«Se qualcuno non ci filma e manda il video su Facebook.» dice Ryan e mi fissa.
«Non lo farò.» replico, «Giuro.» gli sorrido.
«Va bene.» acconsente Jake. «Ma adesso?» domanda, «Adesso cosa facciamo?»
Sorrido e guardo Svetlana. Sorride anche lei.
«Shopping.» diciamo in coro.

E shopping sia!
Giriamo per la città, passando fra i marciapiedi innevati, evitando le altre persone che vanno di fretta e imprecano perché rischiano di scivolare ogni due passi. Entriamo nell'ennesimo negozio, seguiti dalle proteste di Chris che ha freddo, sete e fame.
«Ho i piedi gelati.»
Ecco.
«Anche io.» gli fa eco Jake, «Ci fermiamo?» domanda.
«Okay.» rispondo.
«Perché se lo chiede lui va bene mentre io vengo ignorato?» si lamenta Chris.
«Perché tu fai i capricci.» ride Aaron.
Chris fa una smorfia, incrocia le braccia e sbuffa.
«Appena usciamo da qui giuro che andiamo in un bar, okay?» sospiro guardando i vestiti esposti.
«Ci conto.» grugnisce lui.
Venti minuti dopo entriamo nella prima caffetteria che incontriamo e ci accomodiamo in un tavolino in un angolo nascosto.
Quante cioccolate! Cioccolata al latte, fondente, al peperoncino, al cocco, all'amaretto, alla cannella, alla menta, alla nocciola, alle noci, all'arancia... non so cosa scegliere!
Osservo la lista, saltando da un nome all'altro, indecisa. «Proviamo...» mormoro, «Cioccolata all'amaretto con panna montata.» dico, «Con qualche biscottino.» aggiungo.
«Guarda che ingrassi.» esclama Ryan con la sua solita simpatia. E sì che dovrei esserci abituata.
«Io ingrasserò, ma qualcuno rischia di rimanere a stecchetto...» dico e sistemo il menu in mezzo al tavolo.
Ryan apre la bocca ma la richiude subito. «Linds.» squittisce, «È un ricatto.» sbuffa.
«Non è un ricatto.» ride Chris. «Tu la prendi per il culo e lei si vendica.» continua, «Lasciandoti a bocca asciutta!» ride ancora.
«Chris!» esclamo, «Piantala.» borbotto, «Non sei divertente.»
Lui ride, «Invece sì.»
«Guarda che anche te finisci a bocca asciutta.» dice Aaron posando il suo menu sopra al mio.
Chris apre la bocca, «Aaron!» squittisce.
«È la verità.» replica l'altro e Chris sbuffa.
«Come siete infantili.» sbotta Liam.
«Parla quello che rompe le palle da questa mattina.» mormoro.
Liam fa una smorfia offesa, «Volevo vedere la mia ciccina.» sibila.
«Oh, tesoro.» sospira Svetlana, estasiata.
«Qua con 'sti due ci cariamo tutti i denti.» borbotta Jake, «Ordiniamo?»
Ordiniamo.

***

Siamo in Central Park, che innevato è ancora più bello. È meraviglioso!
«Fa freddo!» si lamenta Chris, «Come hai fatto a resistere così tanto?» mi chiede, «Uffa.»
Alzo le spalle, «Abitudine.» rispondo guardandomi attorno, fissando la neve bianca che ricopre ogni cosa.
«Ma fa freddo.» si lamenta — di nuovo! — Chris.
«Piantala, altrimenti di butto nel primo cumulo di neve abbastanza grande da coprirti.» sibila Jake.
«Non lo faresti mai.» replica Chris.
«Oh, sì che lo farei.» annuisce Jake.
«No.»
«Sì.»
«No.»
«Non sfidarmi.»
«Oh, ma la piantate?» esclamo, «Se non la smettete vi butto nella prima fontana che trovo!» sbotto, «Chris, hai due sciarpe! Due!» dico, «Hai su un piumino adatto al Polo!» continuo, «Cosa vuoi di più, la coperta elettrica?!»
Lui annuisce e io mi trattengo dallo strangolarlo con entrambe le sciarpe. Sbuffo, mi volto e avanzo, ignorando le sue proteste.
È solo un po' di neve!
«Linds...» mi chiama Ryan, «Non potresti portarti le tue borse?» domanda.
«No.» rispondo girandomi e fissandolo, «Fallo tu,» sorrido «per favore.» chiedo e sistemo il cappello di lana sulla testa, «Per favore.» ripeto.
Ryan sospira e annuisce, «Come vuoi.» dice.
Io sorrido e gli passo accanto, gli sfioro la schiena e proseguo, avvicinandomi a Svetlana, «Dove andiamo?» le chiedo.
Lei alza le spalle, «Non so.» risponde.
«Al caldo!» esclama Chris.
«Meglio ascoltarlo, altrimenti continuerà a rompere le palle.» sospira Aaron.
«Sì!» esclama l'interessato. «Ho freddo!» piagnucola.
Decidiamo di dargli retta e ritorniamo verso l'albergo, attraversando il Central Park.
Entriamo in un altro paio di negozi, prendiamo un cappuccino e chiamo per far venire gli autisti, così torniamo in albergo e Chris smetterà di rompere.

La hall dell'hotel è semplicemente meravigliosa: una lunga ghirlanda addobba il bancone della reception, un enorme abete decorato troneggia al centro della stanza, mille lucine colorate che lo illuminano. Qua e là ci sono ghirlande, fiocchi rossi con campanelle dorate, lucine colorate, festoni oro e argento... adoro quest'atmosfera!
Tutto l'albergo è decorato: anche negli ascensori c'è una piccola ghirlanda fatta di rami di abete, pigne, fiocchi rossi e una campanella.
Ci infiliamo in due ascensori e saliamo al quarto piano, dove ci sono le nostre stanze.
Ryan mi passa i miei sacchetti — in totale sei — e va nella stanza che divide con Liam.
«Voglio trasferirmi.» esclama Svetlana mentre sistemo i miei acquisti in una delle due valigie.
Mi blocco, il sacchetto di Gucci in mano, «Cosa?» chiedo. Vuole trasferirsi?
«Sì.» risponde lei sedendosi sul mio letto. «Quando sono lontana da Liam mi manca così tanto...» mormora attorcigliandosi i capelli sulle dita. «Mi manca troppo.»
Lascio perdere i sacchetti e mi siedo accanto a lei, «Sei sicura?» chiedo, «Perché è una cosa... è grossa.»
Lei annuisce e sospira, «Sì.» dice e mi guarda, i grandi occhi blu velati da una tristezza che non posso capire, visto che passo ventitré ore su ventiquattro con Ryan. «Sto impazzendo lontano da lui.» dice, «Piango tutte le sere.» soffia.
«Oh, tesoro.» mormoro e l'abbraccio, «Se stai così male è giusto che ti trasferisca.» le dico accarezzandole la schiena, «Ne hai parlato con i tuoi?» chiedo.
Lei si scosta da me, «No.» pigola, gli occhi leggermente rossi, «Mi devi aiutare!» dice. «Per favore!»
Aiutarla? A dire ai suoi che vuole trasferirsi a Miami? A trovare un appartamento?
«Certo.» rispondo, anche se non so in cosa devo aiutarla, lei mi sorride e la porta si apre, Ryan avanza nella stanza.
«Ti prego, vai da Liam.» dice lui, «Mi sta rompendo i coglioni.» sbuffa.
Svetlana sorride ancora di più, «Il mio ciccino!» squittisce e se ne va, lasciandoci soli.
Ryan sospira e si siede accanto a me, «Non lo sopportavo più.» sbuffa, «Ogni tanto è veramente insopportabile.» borbotta e si sdraia sul letto con un sospiro.
Rido, «Lo conosci.» dico e mi sdraio accanto a lui, «Sai com'è fatto.» 
«Svetlana è qui!» ribatte lui, «Non può piangnucolare solo perché lei è nell'altra stanza.» dice e io gli sfioro la pancia, sollevandogli un lembo della maglia a maniche lunghe.
«Si amano.» replico, «Vogliono stare insieme il più possibile.» soffio toccandogli la pelle scoperta, scivolando con un dito attorno all'ombelico.
«Lo so.» replica lui toccandomi i capelli, «Ma rompe, lo hai visto prima!» sbotta, «E Svetlana quando arriva, cosa devono dirsi, e voglio stare con lei, e mi manca e se non taci ti do un cazzotto.»
Rido e mi stringo a lui, gli bacio il viso, sulla linea della mascella, «Dovresti esserti abituato.» soffio contro il suo collo.
Ryan mi stringe e mi ritrovo sopra di lui, «È una palla.» sbuffa e mi bacia, «Passiamo ad altro, okay?» mi bacia di nuovo, «Abbiamo un po' di tempo.» soffia sulle mie labbra.
Rido, «Tu dici?» chiedo.
«Oh, sì.» mi bacia il collo e infila le mani sotto al mio maglioncino. «Così ci scaldiamo un po'...»
Rido.
Fa davvero freddo. Meglio scaldarsi un po'...

***

«Non posso parlarci io!» esclamo, «Non posso dire io ai tuoi genitori che vuoi trasferirti!»
Svetlana si guarda le unghie, «Per favore.» pigola.
Sospiro, «Devi dirglielo tu.» le dico e le stringo le mani, «Io posso aiutarti a trovare casa, un lavoro... ma quello, quello devi farlo tu.»
Lei mi fissa, «Lo so.» dice, «Ma ho paura.» pigola, «E se si arrabbiassero?»
«Loro vogliono solo che tu sia felice.» sorrido, «Saranno solo un po' tristi perché sarai lontana.» dico e l'abbraccio.
«Sì, giusto.» sospira lei. «Allora aiutami a trovare lavoro!» dice.
«Certo.»
«Parlerai con quelli della casa discografica?»
«Ovvio.»
«Così mi assumeranno!»
«Certamente.»
«Così potrò passare più tempo con il mio ciccino!»
«Mi sembra giusto.»
«Sono così felice!»
Sorrido e mi accorgo che c'è qualcosa che non va, in tutto questo... «Casa discografica? Lavoro?» chiedo, «Che cosa?» sbotto
Svetlana mi fissa come se fossi pirla. E forse ha ragione. «Ti prego.» dice, «Posso farti da assistente, se vuoi!» esclama, «Posso portarti il caffè anche cinquanta volte al giorno!» dice, «Posso fare qualsiasi cosa!» continua, «Per favore!» mi supplica.
Inspiro, «Okay.» dico, «Vedo cosa posso fare.» le prometto, «Adesso vuoi stirarmi i capelli?» chiedo, «Altrimenti il tuo uomo impazzirà e farà impazzire anche il mio.»
Lei ride, «Okay.» trilla felice e afferra la piastra.

«Per fortuna avete finito.» sbuffa Jake quando li raggiungiamo per la cena, «Perché Liam ha rischiato di testare la resistenza delle finestre.»
«Siamo al quarto piano.» faccio notare.
«Appunto.» ride Jake.
Liam sbuffa e incrocia le braccia, «Non prendermi in giro.» squittisce indispettito.
«Linds... che hai fatto?» ansima Ryan.
«Ho solo lisciato i capelli.» rispondo, «Perché, sto male?» chiedo.
Lui mi fissa, «No.» risponde ma non mi convince del tutto, «È che...» scrolla le spalle, «Stai bene.» dice.
«Grazie.» rispondo, «Non ne sei convinto.» sbotto e incrocio le braccia al petto.
Lui arriccia le labbra e sospira, «Ti preferisco quando li lasci al naturale.» risponde e mi tocca la testa, passando le dita fra i capelli, «Ma stai bene, sul serio.» mi sorride.
Entriamo negli ascensori e andiamo al piano terra, nel ristorante, dove risuonano canzoni natalizie e tutti sono più tranquilli e rilassati perché è quasi Natale e sono tutti più buoni. O cercano di esserlo.
Ci sediamo e ordiniamo la cena. Domani abbiamo un paio di interviste e un set fotografico, dopo domani altre interviste, il pomeriggio libero e partiamo il giorno successivo per... per... bho, non lo ricordo.
«Non riesco a crederci che poi non ti vedrò più.» pigola Liam fissando Svetlana con occhi da cucciolo abbandonato sul ciglio di un'autostrada.
«La vedrai fra due settimane.» sbuffa Chris, «Manco partissi per la guerra!»
Liam gli lancia un'occhiataccia ma, per fortuna, non ribatte.
«Idiota.»
Come non detto.
«Cozza.» replica Chris.
«Scemo.»
«Appiccicoso.»
«Cretino.»
«Noioso.»
«Deficiente.»
«Finitela!» sbotto. «Adesso.» continuo, «Altrimenti giuro che vi prendo a calci.» dico, «Da qui a Miami.»
«Ha iniziato lui!» si giustifica Chris.
«E tu hai continuato!» replica Liam, «Sei insensibile!»
«E tu sei una cozza appiccicosa.»
«Smettetela.» sbotta Ryan, «Siete due dementi.» dice.
Gli altri lo guardano offesi ma non osano ribattere, così ordiniamo la nostra cena. Meno male, sto morendo di fame!

***

«Stanca?»
Guardo Ryan e sbadiglio, «Sì.» rispondo, sollevo le coperte e mi siedo sul letto, «Tanto.» mormoro sbattendo le ciglia. Il letto è ghiacciato e i miei piedi sono freddi, «Vieni qui.» batto la mano sul letto, in attesa di Ryan.
Ryan ride, «Hai bisogno di qualcuno che ti scaldi i piedi?» domanda.
«Non è vero!» ribatto e mi sdraio, pentendomi subito di aver tolto le calze. Potevo tenerle su un altro po' ed evitare di raffreddarmi i piedi ancora di più.
Stupida.
«Le lenzuola sono gelate.» dice Ryan sedendosi, «Sicura di non volere che ti scaldi i piedi?» domanda.
Lo fa apposta, lo so.
Si sdraia, lasciandosi andare a un sospiro di rilassamento, «Sicura?» chiede.
Lo fisso, indecisa se mentire o essere sincera. «Stronzo.» sbotto e lui ride.
«Vieni qui.» dice e mi abbraccia. Ci sdraiamo e io ne approfitto per mettere i miei piedi fra i suoi. «Sono ghiacciati.» ansima.
«Non è vero.» ribatto sistemandomi meglio contro di lui.
Ryan mi fissa, «Sì che è vero.» dice, «Hai i piedi freddi.»
Sbuffo, «Non è vero.» ripeto e gli sfioro le caviglie con i piedi, sollevando le gambe dei pantaloni.
Ryan ride, «Allora perché i tuoi piedi sono fra i miei?» chiede, «Se non fossero freddi potresti pure spostarli...»
Inspiro, «Idiota.» dico e lo bacio, mentre lui ride e mi stringe forte.
«Vieni qui, freddolosa.» soffia nel mio orecchio, mi attira su di lui e mi bacia il collo, «Basta che tieni quei blocchi di ghiaccio lontano da parti vitali...» mormora baciandomi l'orecchio.
«Ovvio.» dico.
«Bene.» soffia lui e mi accarezza la schiena.
Altro che bene. È perfetto.

***

Continua a nevicare e se continua così mi sa che domani il nostro aereo partirà in ritardo.
Liam sarà contento.
Sospiro e mi stringo la cintura alla vita.
«Cosa guardi?»
«La neve.» rispondo e Ryan mi abbraccia da dietro, mi bacia i capelli e mi stringe di più.
«Hai freddo?» chiede.
«Un pochino.» rispondo sfiorandogli le mani.
«Potremo infilarci sotto le coperte e scaldarci un po'...» soffia lui nel mio orecchio e mi tocca i fianchi.
«Tu dici?» mormoro mentre chiudo gli occhi e piego la testa di lato, per permettergli di baciami meglio il collo.
«Oh, sì.» risponde, mi fa girare e mi bacia, ci trasciniamo sul letto e il mio cardigan finisce a terra.

***

«Che ha Svetlana?» domanda Ryan mentre ci prepariamo per la cena.
«Niente di che.» rispondo, «È solo triste perché lei e Liam vivono lontani.» spiego, evitando di dirgli quello che mi ha confessato Svetlana, visto che nulla è ancora certo.
Ryan non dice niente e mi bacia la fronte, mi stringe a sé e inspira profondamente. «Liam dice che siamo fortunati perché stiamo sempre insieme.» mormora, «E ha ragione.»
Non dico nulla e gli sfioro il maglione bianco, «Lo so.» dico. «Siamo fortunati.» aggiungo dopo un attimo di silenzio.
Ryan mi stringe ancora di più, «Lo so.» dice e inspira a fondo, mentre io sbadiglio contro la sua spalla, «Sonno?»
Annuisco, «Tanto.» rispondo e lui sistema meglio le coperte sulle mie spalle.
«Buona notte.» soffia Ryan.
«Buona notte.» mormoro chiudendo gli occhi.

***

Siamo all'Ice Skating Palace. Ha quattro piste, due delle quali sono affittabili. E Carl ne ha prenotata una! Okay, sono solo due ore ma è meglio di niente.
Fisso i pattini bianchi e viola e mi tolgo gli stivaletti.
«Io non li metto.» sbraita Chris, «Lo so già, cadrò, voi mi finirete addosso, le lame dei vostri pattini mi tranceranno le dita...» mormora, «No, no, no.» scuote la testa, «No.»
«Nessuno ti taglierà le dita!» sbotta Carl, «Ma se non ti metti quei cazzo di pattini entro trenta secondi, sarò io quello che ti taglierà le palle.» sbraita, si volta verso Annie e il piccolo Mike e prende in braccio il bambino, «Oh, piccolo, adesso ci mettiamo comodi e li guardiamo cadere.»
Come passare da Dr. Jekyll e Mr. Hyde in cinque secondi.
Rido e finisco di allacciarmi i pattini mentre Jake si lamenta che verrà preso in giro da un bambino di cinque mesi scarsi.
«Pronta.» esclamo e guardo Ryan, «Andiamo?»
«Se devo.» sbuffa lui.
«Ti aiuterò.» dico e gli prendo la mano, «Non è difficile.» sorrido mentre lui mi fissa con aria dubbiosa.
«Sì, se cadrai ti bacerà la bua.» sghignazza Aaron alzandosi in piedi e aggrappandosi al corrimano.
«Smettila.» sbotto e avanzo verso la pista. Ecco, è giunto il momento. Poso il piede destro sulla lastra di ghiaccio, poi il sinistro e mi do una piccola spinta, avanzando di mezzo metro, avanzo ancora e faccio mezzo giro, fissando Ryan.
«Aspettami!» dice e allunga una man verso di me, mentre l'altra è saldamente aggrappata al corrimano.
«Vieni.» gli sorrido.
«Non mi aiuti?» sbotta, «Linds...»
Sospiro e mi avvicino, gli prendo la mano e guardo Svetlana che accompagna Liam, che se ne sta attaccato al corrimano che circonda la pista. Jake è in attesa dietro a Ryan, insieme ad Aaron. Chris è l'unico con il culo ancora posato sulla panchina, i pattini ai piedi e l'espressione di chi sta per attraversare un fiume di lava.
«Su, muovi il culo!» gli dico.
«Alza le chiappe, prima che ti prenda a calci!» sbotta Carl e Chris si alza con uno sbuffo.
«Se mi faccio male è colpa vostra.» borbotta Chris ma si muove, arrivando al bordo della pista. Certo, cammina come se dovesse cadere da un momento all'altro o come se avesse qualcosa in quel posto, però è già tanto, lo so.
Guardo Ryan, «Puoi evitare di stritolarmi la mano?»
Lui mi fissa, «Cosa?» mormora, abbassa lo sguardo, lo rialza e mi fissa, «E se cado?»
«E se ti facessi lo sgambetto?» replico, «Mi stai stritolando la mano.» faccio notare.
Ryan allenta la presa, «Scusa.» dice.
«Muovi quei piedi.» esclamo, «Devi muoverli per avanzare.»
«E se cado?»
«Pazienza.»
«Come pazienza?» sbotta Ryan, «Linds!»
Rido, «Eddai, rilassati!»
Lui spalanca gli occhi, «No.» borbotta.
Mi stacco da lui, faccio mezzo giro e cammino all'indietro, fissando Aaron che avanza piano piano, Jake che si aggrappa alla corrimano e Chris che fa passi così piccoli che per fare un metro ci impiegherà un'ora.
«Linds, vieni qui.» pigola Ryan.
«No.» scuoto la testa, «Vieni tu.»
Lui fa una smorfia, «Non voglio cadere.»
Rido ancora, «Non cadi.» assicuro, «Pe...»
«Linds.»
«Peco...»
«Linds!» squittisce lui, «Per favore.»
«...re...» 
«Lindsay!»
«Peco...»
Dio, come mi diverto!
«Pecore...»
Ryan mi finisce addosso, mandandomi contro il corrimano, «Smettila.» borbotta con lo stesso tono che userebbe un bambino offeso.
Poso le mani sulle sue spalle, «Ti sei mosso.» esclamo.
«Cosa?» esclama lui, stupito.
Rido, «Hai pattinato, da solo.» 
Ryan spalanca gli occhi, volta la testa e fissa quei due metri che ha fatto, «Oh.» commenta, mi fissa e deglutisce.
Rido di nuovo, «Che faccia.» esclamo, «Hai visto? Non è stato difficile.»
Lui fa una smorfia, «Seh.» commenta, «Solo perché tu stavi per dire quella cosa.»
«Quale cosa?» chiede Jake, continuando a camminare.
«Niente che t'interessi!» risponde Ryan.
«Eddai!» replica Jake, «Siamo curiosi!»
«Tenetevi la curiosità.» ringhia Ryan e io mi divincolo, lo supero e mi dirigo verso Chris, che sembra stia camminando su una lastra di vetro sottilissima. «Linds!» esclama Ryan, «Dove vai? Mi lasci qui?»
Non rispondo e mi fermo davanti a Chris, «Vuoi muoverti?» sbotto, «Sembri un cretino.»
Lui sbuffa, «Non voglio cadere.» dice.
«Ma non cadi!» protesto e gli prendo la mano, «Fidati.»
«Non sei mica un'insegnante di pattinaggio, eh.» protesta.
Stacco l'altra mano dal corrimano e faccio un passo indietro, mentre il viso di Chris diventa più bianco del ghiaccio che ricopre la pista, «Oh, taci.» sbotto.
«Lindsay, cadrò e mi farò male.» piagnucola lui.
«Se non taci ti faccio cadere io.» sbotta Aaron che va da una parte all'altra della pista.
Chris si volta verso Jake che però lo ignora, come Ryan. Liam, invece, è troppo impegnato a sbaciucchiarsi con Svetlana per accorgersi di lui — o di tutti noi.
«Stai andando all'indietro!» squittisce Chris.
«Vuoi andarci tu?» ribatto.
Chris sospira, «No.» mormora.
«Hai visto?» domando, «Non è stato difficile.» gli dico e sorrido, gli lascio andare prima una mano e poi l'altra e faccio un passo indietro.
«Sono al centro!» sbotta lui, «Linds!» esclama, «Aiutami.» dice immobilizzandosi.
«Non è difficile.» ripeto, «Basta che metti un piede davanti all'altro.
«Ryan, posso mandare Lindsay a quel paese?» sbotta lui.
«Fai pure.» esclama il mio ragazzo.
«Idiota.» dico.
«Vai a quel paese.» esclama Chris fissandomi.
Io mi limito a ridere, mi volto e lo guardo, senza replicare.
«E mi lasci qui?» sbotta Chris.
«Ovvio.» annuisco.
Lui sgrana gli occhi, «Cosa?» squittisce e si volta verso Jake, «Aiutami!»
«Non ci penso nemmeno.» replica l'altro, «Rischiamo di cadere tutti e due.» dice, «Vuoi rischiare che qualcuno tranci le tue belle mani?»
Chris sbianca ancora di più, «E allora cosa dovrei fare, starmene qui?»
«Qua è peggio dell'asilo.» commenta Carl mentre lo raggiungo. Annie si limita a sorridere mentre sistema il cappellino in testa al piccolo Mike, «Sentite, se fate i bravi vado a prendervi la cioccolata calda.» aggiunge.
«Ma noi siamo bravi.» commenta Svetlana avvicinandosi mano nella mano con Liam.
Carl alza gli occhi al cielo, «Sì, vabbè.» borbotta.
Ryan mi raggiunge, «Linds.» soffia nel mio orecchio mentre posa la mano sul centro della mia schiena, «Stasera me la paghi.» mormora mentre la mano scende, «Niente massaggio.» soffia.
Lo guardo, «Potrei dirti la stessa cosa.» ribatto e sorrido nel vederlo spalancare la bocca.
Ryan fa una smorfia mentre Aaron e Jake ci raggiungono. Ci siamo tutti! Posso avere la mia cioccolata?«Qualcuno vada a recuperarlo!» sbotta Carl indicando Chris, «Dai, sembra un imbecille!»
«Ehi!» protesta Chris, «Non sono imbecille!
«E allora muovi il culo.» sospira Carl, «Cioccolata per tutti?» chiede e si leva un coro di “sì”.
«Io con la panna.» esclama Annie.
Se lo chiede lei... «Anche per me, grazie.» dico
«Oh, anche io.» esclama Svetlana.
«Okay.» sospira Carl e se ne va.
«E io?» squittisce Chris, «Mi lasciate qui?»
Sospiro, «E piantala.» sbotto, lo raggiungo e gli prendo le mani, «Oh, sono tre metri scarsi, mica novanta!»
Chris mi stringe forte, «Ho paura...»
«Sì, sì, hai paura di cadere e che qualcuno ti tranci le dita.» finisco per lui, «Lo sappiamo.» sbotto e vado all'indietro, portandolo in salvo. «Contento?» gli chiedo mentre lui si siede sulla panchina con un sospiro di sollievo.
Lui annuisce e sorride, «Molto, grazie.» risponde.
Non replico e mi siedo.
«Sei terribile, lo sai?» mormora Ryan togliendosi i guanti.
«Non è vero!» replico.
Lui sorride, «Oh, sì.» dice, «Lo sei.» annuisce, «Hai lasciato il povero Chris in mezzo alla pista...»
«Sì, sei terribile.» esclama Chris.
Alzo gli occhi al cielo e non replico, perché non è vero, non sono così cattiva.
Finalmente Carl ritorna e consegna i bicchieri di carta pieni di cioccolata calda.
Mi tolgo i guanti e lo stringo fra le mani, godendomi il tepore sulla pelle. 
«Comunque un po' terribile lo sei.» soffia Ryan al mio orecchio.
Lo ignoro, concentrandomi sulla panna montata.
«Linds...»
Continuo a mangiare la panna.
«Eddai.»
Infilo in bocca il cucchiaio di plastica bianca.
«Non te la prenderai, vero?»
Lo guardo e alzo il cucchiaio, «Se dici un'altra parola finisci come questo.» dico e sventolo il cucchiaio davanti a lui.
Lui rimane a bocca aperta, fa una smorfia e sorride, «E va bene.» dice, «Scusa.»

Jake ha acquistato un po' di sicurezza e si è staccato dal corrimano, «Ehi Chris, vieni!» dice, «È divertente!»
«Col cazzo.» replica l'altro, che è sulla pista, ma artiglia così forte il corrimano che fra un po' lo romperà. «Io resto qui.» borbotta, «Al diavolo che la prossima volta decide la maggioranza, la prossima volta decido io.» continua a borbottare.
Se continua così giuro che gli do uno spintone.
«E piantala.» esclama Liam, «Dai, è divertente!»
Chris lo ignora e si sposta un pochino, quel tanto che basta per avanzare di dieci centimetri.
E che palle.
Mi allontano da Ryan e mi avvicino a Svetlana, che mi sorride.
«Ciccino, puoi lasciarci sole?» domanda, Liam annuisce e si allontana, raggiungendo Ryan e Aaron.
Svetlana continua a guardarmi, sposta brevemente lo sguardo su Chris, mi fissa e sorride, piegando la testa di lato.
«Oh.» commento, «Sicura?» chiedo.
Lei annuisce, «Oh, sì.» dice mentre sorride ancora di più. «Sarà divertente.» annuisce.
Lancio una breve occhiata a Chris e torno a fissare la mia migliore amica, «Facciamolo.» dico.
Insieme ci avviciniamo a Chris, una per parte.
«Che intenzioni avete?» gracchia lui.
«Oh, niente.» risponde Svetlana.
«I vostri niente non mi convincono.» dice e si volta lentamente, lo sguardo rivolto alla pista, «Siete perfide.» fa una smorfia.
Non replico e fisso Svetlana, che annuisce lentamente. «Non è vero.» dico e afferro il braccio destro di Chris, mentre Svetlana si avventa sul sinistro.
«Che... aiuto!» strilla Chris mentre avanziamo, «Mi stanno rapinando!» esclama.
«Al limite sequestrando.» esclama Aaron, «E piantala di strillare come una femminuccia.» lo prende in giro.
«Lasciatemi.» sbotta Chris, «Subito!»
«Guarda che cadi.» gli faccio notare, «Muovi i piedi!» sbotto, «Ti stai agitando come un'anguilla.»
«È colpa vostra.» strilla lui, «Aiutatemi.» pigola guardando Ryan, Liam, Jake e Aaron che lo osservano ridendo, «E non ridete, razza d'idioti!» sbraita.
«Fa' meno casino.» sbotta Carl, «Sembri un bambino dell'asilo.»
Chris grugnisce un insulto, «Voi mi volete morto.» 
«Nessuno ti vuole morto.» dico, «E muovi quei piedi, cazzo!» sbotto, «Su, destro-sinistro, destro-sinistro.» esclamo, «Cazzo, Chris, ti muovi peggio di un bambino che fa i primi passi!»
Lui mi lancia un'occhiataccia che potrebbe incenerirmi, «Fermatevi! Subito!» sbraita e noi ci fermiamo di colpo e per poco Chris non rischia di cadere a terra. «Ma siete pazze?» ansima, «Rischiavo di cadere!»
«Tu hai detto di fermarsi.» replica Svetlana.
«Ma non così!» dice Chris e drizza la schiena, «Cado.» piagnucola.
«No che non cadi.» sospiro mentre lui si rimette in piedi.
«Lasciatemi.»
Guardo Svetlana e lascio il braccio di Chris, anche lei fa lo stesso.
«Che fate?» sbotta Chris, «Ma mi lasciate qui?» squittisce.
«Lo hai chiesto te.» dico, allontanandomi e mi giro e lo guardo, trattenendo una risata alla vista del viso bianco cadaverico del bassista.
«Non lasciatemi qui.» piagnucola, «Per favore.» dice, «Ho paura.»
Sorrido e mi appoggio al corrimano, «Dai, è facile.» esclamo.
Chris fissa gli altri, supplicandoli di aiutarlo ma viene ignorato.
«Chris, muoviti.» sospiro, «Non è difficile.»
«Chris, lo sai che a certe ragazze i ragazzi che sanno pattinare piacciono?» esclama Svetlana, «Li trovano sexy.» continua, «Pensa ai pattinatori, a quante fan hanno...» scrolla le spalle e ottiene l'effetto desiderato: Chris inizia a muoversi.
Sono solo quattro metri ma se Chris va così piano ci impiegherà un'eternità!
«Muovi il culo!» esclama Ryan.
Chris allunga il passo, borbottando insulti sotto voce. È quasi arrivato quando il piede destro scivola e lui cade a terra, sbattendo il culo sul ghiaccio. Ci fissa, la faccia bianca, «State fermi!» strilla, si mette a quattro zampe e inspira a fondo.
«Vuoi una mano?» domando e lui mi ignora, arriva a bordo pista e si rimette in piedi, ci fissa e sbuffa.
«Idioti.» sbotta, «Siete degli idioti, tutti quanti.»
«Inviato.» esclama Carl.
«Inviato cosa?» domanda Jake.
«Chris che sbatte le chiappe per terra.» risponde Carl.
Chris sbianca ancora di più, «Che cosa?» squittisce, «Perché?» domanda, «E comunque anche Jake è caduto!» sbotta, «Potevi filmare anche lui!»
«Io sono caduto mentre andavo, tu eri praticamente fermo.» replica l'altro.
«Mi prenderanno in giro.» piagnucola Chris.
«Veramente ci saranno un sacco di ragazze che vorrebbero darti il bacino sulla bua.» esclama Aaron andando a sedersi.
Purtroppo le due ore sono finite, così ci sediamo tutti, mentre Chris continua a borbottare che siamo matte, ignorando quello che ha detto Aaron.
Idiota.

***

È così bello infilarsi in una vasca piena di acqua pratica mentente bollente dopo essere stati fuori in mezzo alla neve.
«Stai godendo?»
«Taci.» biascico chiudendo gli occhi e Ryan ride e mi abbraccia da dietro.
«È che hai fatto uno di quei sospiri di puro godimento.» dice lui.
«Oh, smettila.» sospiro e socchiudo gli occhi, fissandolo, «Rasati.»
Mi bacia il collo, «No.» risponde, le labbra contro la mia pelle, «Non hai risposto.» soffia mentre mi tocca il ventre con la punta della dita.
«È piacevole, tutto qui.» rispondo e chiudo gli occhi, posando la testa sulla sua spalla.
Ryan ride, «Piacevole, certo.» mormora e mi bacia ancora, mentre le sue mani scendono lungo i fianchi. «Questo è piacevole.» continua senza smettere di toccarmi.
Effettivamente ha ragione...
«Sei silenziosa.» dice lui.
Apro gli occhi e lo guardo, «Mi godo il momento.» soffio sulla sua guancia.
Ryan sorride e mi bacia il viso, «Solo il momento?» bisbiglia e mi mordicchia l'orecchio.
Lo ignoro e chiudo gli occhi. Non devo dargli soddisfazione, anche perché non ha ragione.
Lui continua a sfiorarmi la pancia, e scende e sale, e scende di nuovo, sempre più giù...
Al diavolo, lui ha ragione!
Volto la testa e lo bacio, con prepotenza, mentre lui trattiene una risata.



Salve, bella gente.
Ed ecco qui il sesto capitolo, tutto a tema natalizio. Il titolo è una delle canzoni dei miei amati Backstreet Boys <3
Capitolo diviso in due, perchè stava diventando troppo lungo! Grazie a chi legge/mette la storia in una delle liste/commenta.

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Capitolo 7
*** Sei. It's Christmas Time Again part II ***


We Start Over

Sei
It's A Christmas Time Again - Parte II -
*** You know that Santa's back in town ***



Casa dolce casa.
Il furgone oltrepassa il cancello in retromarcia e si ferma, metà dentro e metà fuori.
Salutiamo gli altri e scendiamo, recuperiamo i bagagli, saluto i genitori di Linds. La casa è addobbata a festa, dopotutto mancano sei giorni a Natale!
L'altro giorno abbiamo fatto l'ultimo concerto della tournée, a Los Angeles. A metà febbraio riprenderemo con quella Europea.
Entriamo in casa e ci sediamo in salotto, il grande albero è decorato e illuminato. Prima che possiamo fare qualsiasi cosa, tipo portare i bagagli nelle nostre camere, la signora Mars ci ordina di sederci sul divano e ci dà due tazze di cioccolata calda.
È quasi Natale e mi viene in mente quanto fossi stato coglione lo scorso anno. Per fortuna sono rinsavito in tempo. 
«Il ventitré arrivano Greg, Brenda e Cam.» dice la signora Mars.
«Dio, non ho ancora comprato i regali!» squittisce Lindsay, «Non ho avuto tempo.» borbotta, prende un biscotto e lo intinge nella cioccolata.
«Nemmeno io.» sospiro. E chi ci stava pensando?
Ommiodio. È un anno che io e lei siamo una coppia e non le ho comprato un regalo! Poi c'è quello di Natale e poi per il suo compleanno... sono tre regali e io non so cosa fare!
Come faccio?
Cosa faccio?
Ho bisogno di una mano! Ho assolutamente bisogno di un consiglio. Cosa le regalo?
Agli altri so già cosa fare, più o meno, eh. Ma Linds... no.
Perché è così complicato?
Devo chiamare qualcuno e farmi consigliare.

«Domani sei libero?» chiedo appena Aaron risponde.
«Perché?» chiede lui, «Comunque ciao.» ride.
«Per Linds.» rispondo, «Devo trovare un regalo per lei.» dico, «Anzi, tre regali» aggiungo, «Per l'anniversario, Natale e il suo compleanno.»
«E io a che ti servo?» ribatte lui.
«Non so cosa fare!» mi lamento.
«È la tua ragazza, non la mia.» dice lui, «Puoi farcela da solo.»
«Dai, Aaron.» lo supplico, «Devi aiutarmi.» dico, «Sono in alto mare.» piagnucolo.
Lui ride, «Ryan, è la tua ragazza!» esclama, «Trovalo.»
«Stronzo.» borbotto.
«Ti do un indizio:» ribatte lui «è tondo, in oro, con una pietruzza sopra.»
«Che diavolo dici?» sbotto, «Non ho voglia di indovinelli!» dico.
Aaron ride ancora, «Pensaci.» esclama.
Okay: è tondo, in oro, con una pietruzza... «Un anello?» abbaio, «Ma sei scemo? È presto!»
«Ormai è un anno.» sbuffa Aaron, «Vivete praticamente insieme...»
«E non lo sa nessuno.» sbuffo. «È presto.» dico e mi siedo sul letto, «Idiota.» sbotto sentendolo ridere, «Fa la persona seria!»
«Che regali le hai fatto?» chiede Aaron.
Inspiro e poso i piedi sul tavolino, «Una borsa, un bracciale, due collane.» dico.
«Mancherebbero degli orecchini.» dice lui.
«Oh, sì!» esclamo, sollevato. «Gli orecchini vanno benissimo.» sospiro, «Adesso mancano solo due regali.»
«Ti manca anche un anello!» sghignazza quello, uno dei miei migliori amici, «Poi un altro e basta.»
«Idiota.» dico.
Aaron ride, «E va bene.» acconsente, «Domani andiamo al centro.» dice, «Però mi offri il pranzo.»
«Perfetto!» esclamo, «Grazie e ciao!» dico e riattacco.
Bene. Un regalo è deciso, anche se... insomma ci sono così tanti tipi e modelli di orecchini che non sarà semplice decidere.
Potrei andare sul sicuro e regalarle un'altra borsa... ma anche così mi mancherebbe un regalo.
Uffa.
Cosa le faccio?
Deve essere qualcosa di bellissimo, qualcosa che le piaccia veramente...
Com'è complicato!
Guardo la rastrelliera con le otto chitarre. Forse non avrei dovuto comprarne altre tre...
Ne prendo una, la seconda che ho comprato, — che in realtà sarebbe la mia terza chitarra, la prima me l'aveva regalata la nonna — mi siedo sul letto e strimpello qualche accordo. Suoniamo, va', magari mi viene qualche idea.
«Ehi.»
Lindsay si affaccia alla porta finestra e le sorrido, «Ciao.» dico. Lei si siede accanto a me.
«Non sei stanco di suonare?» domanda.
Sorrido, «No.» rispondo e poso la chitarra accanto a me, allargo le gambe, «Vieni.» dico e lei si siede fra le mie gambe, le metto in mano il plettro e recupero la chitarra.
«Che fai?» chiede lei.
«Ti insegno a suonare la chitarra.» rispondo.
«Perché?»
«Perché sì.» rido, «Ecco, questo è il mi.» dico piegandole le dita della mano sinistra, «Premi un po' più forte.»
«Ma se lo faccio mi spacco i polpastrelli.» borbotta, «Mi verranno i calli.»
«I miei calli ti piacciono.» dico, «Sopratutto in certi momenti...» soffio nel suo orecchio.
«Maniaco.» ribatte lei e inizia a suonare.
Rido, «Lo so che ti piace.» le bacio la pelle sotto l'orecchio. «Vai più veloce.» dico e lei lo fa. «Bene.» mormoro e le mostro un altro accordo, «Adesso suona alternandoli.»
«Non sono capace.» borbotta lei.
«Sì che ne sei capace.» ribatto, «Prova.» esclamo. «Ehm... muovi un po' più velocemente le dita.» suggerisco.
«Non sono capace.» ripete lei.
È vero.
«Riprova.» dico e Linds sbuffa ma lo fa, «Devi muovere quelle dita.» esclamo.
«Lo sto facendo!» ribatte lei, «Uffa, non sono capace.» dice e scosta la chitarra.
«Sei solo lenta.» rido.
«Stupido.» borbotta lei sistemando la chitarra al suo posto, lascia il plettro sulla scrivania e io mi sdraio, appoggiando la schiena sul copriletto blu scuro.  Linds sale sul letto con le ginocchia e si sdraia su di me.
«Comoda?» chiedo e le tocco i capelli.
«Sono stanca.» sbadiglia lei.
«E non puoi sdraiarti accanto a me?»
«No.» cantilena, «Qui sto comoda.»
Le sfioro la schiena e rimango in silenzio, sentendo il suo respiro, il suo profumo; le tocco i capelli, attorcigliandoli alle dita, rilassandomi completamente.
Potrei rilassarmi così tanto da addormentarmi.

Mi risveglio dopo un paio d'ore, con Linds ancora sopra di me, il suo viso appoggiato alla mia spalla, le sue mani che mi toccano i fianchi, i capelli che mi sfiorano il viso. Li scosto e sbadiglio. «Linds?» la chiamo piano, «Tesoro?»
«Mmh... che vuoi?» borbotta lei.
«Sono quasi le sei.» rispondo, «Ti sposti, per favore?» chiedo e lei annuisce, sbadiglia e si sposta quel tanto che le basta per sdraiarsi al mio fianco.
«Ho sonno.» pigola appallottolandosi.
«Ceniamo e andiamo a dormire.» le dico e mi metto seduto, sbadiglio e alzo le braccia mezze addormentate sopra la testa. «Linds?» chiamo ancora e le sfioro la fronte, per accertarmi che non abbia di nuovo la febbre. Sarebbe tragico, visto che è quasi Natale!
«Non ho la febbre.» borbotta lei, «Ho solo sonno.» biascica.
Le bacio la fronte, «Lo so, tesorino bello.» dico e le sfioro il braccio, «Ma fra un po' sarà pronta la cena.» mormoro.
Lei apre un occhio, «Uffa.» sbadiglia nascondendo il viso con le mani, «Adesso mi sveglio.» dice.
Dieci minuti dopo siamo nel suo salotto, ancora più stanchi di prima.
Queste venti settimane sono state folli: per un mese abbiamo girato gli USA, poi ci sono state due settimane di pausa, poi altre cinque settimane di concerti, interviste, set fotografici, poi altre due settimane di pausa, poi altri concerti, anteprime di film, e girare ben due versioni del nuovo singolo — ed è meglio non pensarci — e così arrivano al Ringraziamento, dove abbiamo avuto dieci giorni di stop, prima di volare in Canada per dieci concerti, per poi spostarci a New York È stato... massacrante.
Questa sera andremo a letto presto, lo so. E dormiremo dodici ore filate, se non quindici.

***

«Guarda quanti bei cerchietti...»
Giuro che prima o poi strozzo Aaron. «La pianti?» sbotto, «Non glielo regalo.» dico, «Non ora, almeno.» sospiro.
Lui ride, «Dai, sarebbe l'ideale.» dice, «Le piacerà.»
«Se non la pianti giuro che ti abbasso i pantaloni.» sbuffo, «Qui, davanti a tutti.»
Aaron ride, «Non lo faresti mai.» dice.
«Forse no, ma posso sempre chiamare Melanie e dirle che tu la vuoi vedere ma sei troppo timido per dirglielo...»
Aaron si blocca. «Non farlo.» squittisce, «Per favore!»
«E tu non dire che devo comprare... quella cosa.» sbotto.
«Sarebbe anche l'ora.»
«Aaron...» ringhio, «Piantala, non sei divertente!»
«Rilassati!» ride lui e io vorrei buttarlo nella fontana, «Okay, la smetto.» dice, «Entriamo lì?» indica una gioielleria.
«Va bene.» rispondo.
«Che tipo di orecchini vuoi regalarle?»
«Eh?»
Aaron mi guarda come se fossi pirla, «Piccoli, grandi, con pendenti, a cerchio, con pietre preziose, swaroski, classici, con forme strane...»
Potrei svenire da un momento all'altro. «Non lo so.» pigolo, «A lei non piacciono quelli troppo grandi, che fanno l'effetto da albero di Natale.» dico, «Anche quelli a cerchio enormi.» dico.
Aaron annuisce, «Bene, qualche opzione l'abbiamo tolta.» esclama.
Ne rimangono comunque tantissime.
Quanti orecchini!
Sono tanti, troppi. Troppi modelli, troppe opzioni... «A lei piace l'oro bianco.» dico, «E l'argento.»
Aaron annuisce, «Okay, le possibilità si restringono sempre di più.»
«Sì.» sospiro, «E non prendermi per il culo.»
Lui ride, «È divertente.»
Lo ignoro e continuo a fissare gli orecchini esposti, fino a quando non ne vedo un paio che credo possano piacere a Linds. Sono in oro bianco, a forma di piccoli cerchi, con dei minuscoli cuori verdi come pendenti.
«Oro e smeraldi...» commenta Aaron, «Sono belli.»
Dico al proprietario che voglio quegli orecchini e aggiungo un semplice bracciale rigido in argento.
«E poi?» domanda Aaron mentre pago.
«E poi cosa?» chiedo.
«Ne manca uno.» risponde lui scrollando le spalle.
Ah, già. «Prenderò una borsa.»
Aaron fa un mezzo sorriso, «Una borsa...»
«Non parlare mai più di quella cosa.» lo minaccio sottovoce mentre usciamo.
Aaron ride, «Io non ho detto nulla...» dice, «A Lindsay le borse piacciono, quindi va bene.»
Lo fisso, non troppo convinto, «Okay.» sospiro, «Mangiamo?» chiedo e lui annuisce.
Se parla ancora di anelli giuro che lo strozzo.
«Allora,» esordisce Aaron dopo che abbiamo ordinato due costate di manzo «cosa pensi di fare per quel giorno?»
Lo guardo, confuso. «Eh?»
Lui ride, «Dai, intendo quel giorno.» dice, calcando bene la parola “quel”.
Ah! Quel giorno, il nostro anniversario. «Non lo so.» sospiro, «Bho, credo che andremo a fare un giro in spiaggia, di sera, quando non c'è più nessuno.» rispondo, «È un po' complicato...» sospiro.
Aaron annuisce, «Sarà perfetto lo stesso.» mi consola.
Lo spero, perché amo Lindsay da morire e non voglio che il nostro primo anniversario sia un giorno come un altro.
«Potresti sempre fare un altro pic-nic...» dice Aaron e sorseggia la birra.
Annuisco e fisso il mio bicchiere. Sì, potrei farlo. «Sì, giusto.» dico.
Lui sorride, «Adesso ti manca solo una cosa.» esclama.
«Aaron.» soffio, «Piantala con quella storia.» sbotto.
Lui ride, «La borsa!» esclama, «Ryan, io intendevo la borsa.» ride ancora. «Forse.» mormora e beve un sorso di birra.
Alzo gli occhi al cielo, sbuffo, bevo anche io. «Idiota.» borbotto.
Non le regalerò un anello. Non ora, almeno.
È troppo presto.
Forse per i due anni.
Sì, mi sembra giusto.
Intendo l'anniversario dei due anni dal giorno in cui ci siamo conosciuti.

*-*-*

Credo di aver fatto un guaio.
Me ne rendo conto mentre sto per aprire il bagaglio. Cosa ho fatto?
«Ehi, Linds.»
Ryan esce dalla dependance e si avvicina. «Ho fatto un guaio.» mormoro mordicchiandomi le unghie.
«Che...» dice lui, «Linds!» esclama, «Che hai fatto?» chiede.
Apro il bagagliaio, rivelando la risposta.
«Lindsay.» ansima Ryan, «Ma è un...»
«Un fuoristrada a batteria per bambini.» confermo fissando l'enorme scatola che troneggia nella mia auto.
«Greg ti ucciderà, lo sai?» commenta lui con una risata.
«Ryan!» squittisco, «Non prendermi in giro.» pigolo.
«Perché l'hai presa?»
«Perché mi piace.» dico, «Perché a Cam piacerà tantissimo, lo so.» aggiungo.
«Questo è fuori discussione.» conferma Ryan, «Ma come se lo portano a casa?» chiede, «Altro che sovrapprezzo.» ride e io lo colpisco sul braccio.
«Smettila.» dico, «Pagherò il corriere.» sospiro. «Devi aiutarmi.»
«A fare cosa?»
«A portarla su.» indico la scatola.
«Ma pesa!»
«Chiama Liam o Aaron.» dico, «Non posso lasciarla qua,» sospiro «e non posso portarla di sopra da sola.»
«E dove pensi di metterla?»
Ah.
Già. Dove la metto? Perché se la porto su poi devo portarla giù la sera della Vigilia...
Inspiro a fondo, «Non lo so.» borbotto, «Nell'armadio?»
Ryan tocca la scatola, «E poi ti devo aiutarla a portarla giù, vero?» domanda con un sorriso, «Sai che dovrai massaggiarmi, dopo?» soffia, «Sarò tutto dolorante...»
«Lindsay. Ryan.»
«Papà!» squittisco e faccio un passo indietro mentre lui si avvicina a noi. Da quanto è qui?
Cosa ha sentito?
Cavolo.
«Greg si arrabbierà.» commenta lui con una risatina guardando la scatola.
«Ma a Cam piacerà.» dico. «Tanto.» aggiungo, «Sarà felice di scorrazzare in giro con un fuoristrada tutto per sé.»
Mio padre non dice nulla, fa un gesto a Ryan e, insieme, prendono la scatola, mentre io corro in casa e spalanco la porta finestra del soggiorno. Lasciano la scatola accanto al pianoforte.
Glielo chiedo io e si lamenta, mio padre fa un gesto e Ryan accorre.
Idiota.
«La sistemiamo nel ripostiglio.» dice papà, «Sai se funziona?»
Scuoto la testa, «Non ho provato.» rispondo, «Bisogna caricare la batteria per otto ore la prima volta.»
«Tiriamolo fuori e mettiamolo sotto carica.» dice papà guardando l'orologio, «Stasera lo proviamo, se va sistemiamo tutto e poi incarti la scatola.»
Annuisco, anche se non mi ero posta il problema dell'incartamento... come farò? La scatola sarà almeno un metro e trenta di lunghezza! Dove la trovo una carta abbastanza grande? Dovrò usarne due.
«Non so se esiste un foglio abbastanza grande.» sospiro mentre papà apre la scatola, «Dovrò usarne due.»
Papà e Ryan tirano fuori la piccola auto, sistemano la batteria e papà collega il carica batterie al fuori strada e alla presa di corrente.
«Usa due fogli.» dice papà.
Già, farò così.
Ma prima devo portare di sopra tutti gli altri regali.
Dio, Greg mi ucciderà sul serio.

***

È l'ora di provare la piccola jeep. La portiamo di fuori, infilo la chiave nella serratura e giro.
Le lucine si accendono! Funziona!
«Va.» dico.
«Dovresti provarla.» dice Ryan.
«Eh?» faccio. «Va.» dico.
«Ma accelera? Frena? Il volante gira? La retro?» chiede lui.
Lo fisso, «Come dovrei fare?» domando, «Non ci sto!» esclamo, «Il seggiolino è piccolo!»
Ryan sorride, «Forse hai il culo troppo grosso.» butta lì, ottenendo l'effetto sperato: mi alzo il piedi e mi siedo su questo sedile troppo piccolo. Rinuncio subito ad allacciarmi la cintura, semplicemente perché è pensata per dei bambini, non per adulti. E non perché io abbia il culo grosso! È piccolo e sodo, non grosso!
Ingrano la marcia, schiaccio il pedale e la jeep avanza.
«Dovresti tenere tutte e due le gambe dentro, lo sai?» chiede Ryan mentre gli passo davanti.
Non ribatto e giro il volante a sinistra, curvando. Evito per un pelo un vaso di fiori e vado avanti, cambio marcia, giro ancora e ritorno da Ryan.
«Funziona.» dico, metto la retro e percorro un paio di metri. «Hai visto?» gongolo e infilo la chiavetta usb, perché questo modello ha anche l'ingresso usb per il lettore mp3 e le casse per poter sentire la musica.
«Backstreet Boys?» Ryan fa una smorfia, «Linds, Cam ha tre anni e mezzo! Non li ascolta!»
«Imparerà.» replico, «E comunque era solo una prova.» dico, spengo il lettore mp3 e... e merda, sono incastrata.
La gamba sinistra è fuori dall'auto, il piede posato sul parafango sopra la ruota, la destra... bhe, è lei a essere incastrata! Per poter premere il pedale senza toccare il volante con la gamba ho dovuto piegare il ginocchio verso l'esterno e adesso si è incastrato sotto il cruscotto.
Merda.
«Non vieni?» chiede lui e spero che non si sia accorto di nulla!
«Nah. Rimango qui.» dico e faccio un altro giro, «Mi sto divertendo.» aggiungo passandogli davanti.
«Sicura?»
«Sì.»
Merda, come esco da qua?
«Peccato.» Ryan scrolla le spalle, «E io che volevo preparare i waffles con la Nutella.» dice. «Ho anche la panna montata...» avanza verso casa sua.
Stronzo.
«Linds... sicura di non volerne neanche uno?» chiede, fermo a due passi dal muro, «Sicura sicura?»
Deglutisco, «Sì.» mento.
«Non è che ti sei incastrata?» ride lui.
«Vai a quel paese.» sbotto e mi fermo.
«Ti sei incastrata.» Ryan continua a ridere e si avvicina a me, «Dai, ti aiuto.» dice.
«Grazie.» dico.
«Solo se lo ammetti.» ride.
Sbuffo. Spengo l'auto, «Sì, sono incastrata.» ammetto, «Aiutami.» lo imploro.
Ryan ride — di nuovo! — e allunga le mani verso di me, «Dai, vieni qui.» dice e mi aiuta, mi solleva e mi fa uscire da quella scatoletta.
«Grazie.» dico e gli sorrido, sorriso che si spegne quando sento una risata.
«Pa-papà?!» starnazzo, fissando mio padre con in mano... il cellulare, «Mi hai filmato?» squittisco.
«Oh, sì.» risponde lui, «Sarà divertente farlo vedere a Greg, Ranocchietta.» ride.
«Ranocchietta?» soffia Ryan nel mio orecchio, mentre io cerco di metabolizzare tutto quanto. Papà non può mostrare questo filmato a Greg! Mi prenderà in giro a vita!
E in più... anche Ryan ride, come se trovasse divertentissimo il vedermi incastrata.
«Non volevi farmi i waffles?» sbotto, «Sistemiamola,» indico la macchina «e mangiamo.»
«Sei adorabile quando t'incazzi.»
Socchiudo gli occhi e lo fisso, «Stupido.» dico e lui ride di più.
'Sto stronzo.
«Guarda che se continui a ridere questa notte ti prendo a calci.» esclamo quando andiamo da lui, dopo aver riposto la macchina nella sua scatola.
«Eddai, Linds.» dice Ryan, «Eri buffa.» sghignazza, «Cam si divertirà di più nel vedere il filmato che nell'usare la macchinina.»
Faccio una smorfia, «Guarda che se continui così stasera dormi da solo.» sbotto sedendomi sul mobile della cucina.
Ryan mi fissa e sbianca, «Tesorino bello...» soffia.
«Tesorino bello un corno.» ribatto incrociando le braccia, «Mi hai preso in giro.» mormoro.
«Scusami.» dice lui e si avvicina, posa le mani sui miei fianchi e mi sorride, «Scusami.»
E chi resiste a questi occhioni azzurri?
Io no.
«E va bene.» dico e lo bacio velocemente sulle labbra, «Basta che adesso mi prepari un paio di waffles.» 
Lui ride, «Ti adoro, lo sai?»
«Oh, certo che lo so.» dico mentre lui inizia a preparare la pastella.
«Prendi la Nutella, per favore.» dice e accende la macchina con le piastre.
Annuisco, scendo dal mobile, apro un'anta e prendo il baratto, afferro anche un cucchiaio e torno a sedermi dove ero prima, apro il barattolo e affondo la posata nella morbida crema.
«Non mangiarla tutta.» esclama Ryan mentre mescola gli ingredienti.
«Hai un altro barattolo.» ribatto.
«Ma non vuol dire che puoi mangiarla tutta.» replica lui.
«Guastafeste.» mormoro e infilo il cucchiaio pieno di crema in bocca e osservo Ryan.
«Ti ho sentito.» dice lui girando il cucchiaio nell'impasto, «Guarda che te ne do solo uno.» esclama.
«Non è vero.» ridacchio e lecco il cucchiaio.
Lui mi fissa e sbuffa, «Vedremo.» mormora.
Poso il cucchiaio accanto al lavandino e afferro il polso di Ryan, «Vieni qui.» soffio tirandolo verso di me, gli circondo il collo con le braccia e sorrido.
«Non mi farai cambiare idea.» borbotta lui.
Non replico e lo bacio e lui si rilassa, mi afferra i fianchi e si avvicina ancora di più.
«Sai di cioccolato.» soffia Ryan a occhi chiusi, prima di baciarmi di nuovo.
«Lo so.» mormoro e lo guardo, piegando la testa di lato. «I miei waffles?» domando.
Ryan alza gli occhi al cielo, «Ingorda.» dice, si sposta e versa la pastella nelle piastre ormai calde, «Prendi i piatti, per favore.»
Scendo dal mobile e prendo due piatti, rimanendo in attesa dei miei waffles.
«Ranocchietta?»
Fisso Ryan mentre posa due waffles sul piatto e li ricopre di Nutella «È papà che mi chiama così, da sempre.» spiego. «E solo lui può farlo.» aggiungo.
Ryan sorride e inizia a riempire l'altro piatto, «Io preferisco chiamarti tesorino.» dice.
Alzo gli occhi al cielo e porto i piatti sul tavolo. «Stupido.» borbotto. «Io voglio il latte.» esclamo e prendo la bottiglia da frigo e il bicchiere dal ripiano. «Se non ci fosse mamma avresti il frigo vuoto.» dico.
Ryan scrolla le spalle, «Non è colpa mia se siamo sempre in giro.» dice, «Non posso prendere troppa roba fresca se stiamo per partire, altrimenti va a male.» continua, «Dovresti saperlo, tesorino.»
Odio quando usa questo tono petulante! Sembra che abbia passato delle ore con mio fratello. «Senti, ma hai parlato con Greg?» sbotto sedendomi.
Lui ride, «Non lo sento da una settimana.» risponde, «Tranquilla, non gli dirò nulla della macchinina.» sorride e mi riempe il bicchiere di latte, «Sarà meraviglioso ed epico vederlo incazzarsi con te perché hai comprato troppi regali.»
Ma che stronzo!
«Stronzo.» borbotto. «Non ridere.» squittisco mentre affondo la forchetta nella Nutella che si sta sciogliendo.
«Eddai, l'anno scorso gli è venuto quasi un colpo quando ha visto il trenino.» mi ricorda. «Hai preso il regalo per me?» domanda.
Mangio un pezzo di waffle, «Ovvio.» dico, «Tu me l'hai preso?»
Ryan sorride, «Ovvio, tesorino.»
Alzo gli occhi al cielo, «Idiota.» borbotto. Sorrido, «Ti amo, pecorella.»

***

«Mi dici che cosa hai preso?» chiede Ryan mentre si sdraia sul mio letto.
«No.» rispondo per l'ennesima volta. «È un regalo, una sorpresa.»
Lui sorride e io vorrei baciarlo, quindi lo faccio, sdraiandomi sopra di lui. «Puoi dirmi cos'hai preso agli altri.» dice e mi tocca i capelli, «Quanti regali hai preso per Cam?»
Troppi! «Mah, qualcuno.» rispondo sfiorandogli il viso.
«Qualcuno?» replica lui. Scommetto che si sta divertendo un mondo! «Più di cinque? Dieci? Cinquanta?»
«Esagerato!» esclamo e mi sposto, sdraiandomi accanto a lui, sul fianco sinistro. «Qualcuno.»
Lui ride e si gira sul fianco destro, una mano sotto la testa, l'altra mi scosta i capelli dal viso, «Qualcuno è generico.» dice, «Con te ancora di più.»
Sbuffo, «Sono sette.» dico, «Esclusa la jeep.» mormoro.
Ryan ride, «Oh, voglio proprio vedere la faccia di Greg.» esclama.
Faccio una smorfia, «Stupido.» borbotto e mi volto sull'altro lato, «Sei cattivo.» mormoro.
Ryan mi abbraccia, «E tu vuoi bene a Cam.» soffia nel mio orecchio e io sorrido mentre mi bacia il collo, scostandomi i capelli. Poi fa quella domanda che mi getta nel panico più assoluto. Chiede: «E Jake? Cosa gli regaliamo?»
Mi rigiro fra le sue braccia, «Non lo so.» dico. «Hai qualche idea?» chiedo.
«No.»
«Dobbiamo pensarci proprio adesso?»
Ryan sorride e mi bacia. «No.» 

***

Oggi è il giorno.
Oggi è un anno che io e Ryan stiamo insieme.
Ricordo ancora quel giorno: io che ero incazzata nera e che strillavo, la pioggia, Ryan con la maglietta bianca bagnata, lui che parlava e io che urlavo... e lui che mi bacia.
È già un anno. Sembra passato così in fretta...
Il regalo per Ryan è già incartato, devo solo aspettare il momento giusto per darglielo. Cioè stasera.
Che è perfetto.
Anche quello che verrà dopo...
Spero solo che gli piaccia.

«Cosa avete in mente?» domanda Svetlana.
Mi siedo sul letto, «Ryan ha detto che si occuperà della cena.» rispondo e passo il telefono da una mano all'altra.
«E tu del dopo cena.» ridacchia lei.
«Mi sembra ovvio.» esclamo.
«Che hai in mente? Completino sexy?»
«Ovvio.»
«Magari puoi anche evitare di metterti le mutande, faticate a stare lontani!»
Senti chi parla!
«Senti chi parla!» esclamo, «Sbaglio o stavi per farlo con Liam sul divanetto del Soleil?» le ricordo.
«Bhe, sì... però...»
«E che l'avete fatto nei bagni del personale a Capodanno?» continuo.
«Sì, bhe, però.» balbetta lei ed è così adorabile.
«Però nulla.» dico, «Io e Ryan abbiamo un contegno, eh.»
«Certo, come no.» replica lei.
Meglio non insistere. «Preso il regalo per Jake?» chiedo, cambiando argomento.
«Sì.» risponde, «Voi?» domanda.
«Ovvio.» rispondo. Preso oggi pomeriggio. «Ah, Jake ha deciso che vuole la pizza.» esclamo, «Anche se immagino che Liam ti abbia già informato.» sospiro.
«Oh, sì.» squittisce lei, «Il mio ciccino... mi manca tanto.» sospira. «Ancora centoventicinque ore e lo vedrò!»
Centoven-cosa? «Conti le ore?» gracchio, «Svetlana!»
Lei ride, «Oh, sì che le conto.» dice, «Ho anche il conto alla rovescia sul telefono, se vuoi ti mando uno screen.»
«No, no, ti credo.» sospiro, «Adesso ti saluto che vado a prepararmi.» esclamo.
«Okay.» dice lei, «A domani, stella.» cinguetta e riattacca.
Non faccio in tempo ad alzarmi che mi arriva un messaggio su Watsapp. È di Svetlana ed è lo screenshot dell'app per il conto alla rovescia.
“Io & Liam ♥♥♥” 
È da diabete.
Forse dovrei tacere, visto che farei lo stesso. Meglio non pensarci e cominciare a prepararsi per questa sera.

***

Alle sette e mezza esco dal bagno, preparata di tutto punto, compresi i tacchi, visto che Ryan ha insistito così tanto... se mi fa incazzare glieli lancio addosso.
«Sei bellissima.»
Ryan è entrato nella mia stanza ed è seduto sul mio letto, indossa dei jeans, una maglia e sopra una giacca nera. «Anche tu.» rispondo. «Comunque l'abitudine di entrare nella mia stanza senza farti sentire non la perderai mai.» esclamo.
Lui ride.
«Idiota.» sbotto.
«Mi ami anche per questo.» replica.
Non rispondo, «Allora? Si mangia?» chiedo, «Perché ho fame.»
«Tu hai sempre fame, Linds.» replica Ryan alzandosi, «Metti questa.» dice porgendomi una mascherina nera.
«Ho fame.» ripeto, «Non è il momento per fare sesso bendati.»
«Vuoi fare sesso bendata?» squittisce lui, «Lindsay!» ride.
«Idiota.» borbotto.
Lui mi sorride e mi tocca i capelli, «Non è per il sesso.» esclama, «Non ora, comunque.» scrolla le spalle, «È una sorpresa.»
«Va bene.» acconsento e lui mi mette la benda, assicurandosi che non veda niente. «Ehm... Ryan?» esclamo, «La porta è di là.» dico mentre lui mi spinge piano dalla parta opposta.
«Lo so.» risponde, «Ma andiamo di qua.»
Di qua dove? «Non mi farai scendere le scale mentre sono bendata!?» sbotto, «Ryan, se cado e mi spacco qualcosa la rompo anche a te.» dico mentre attraversiamo la porta finestra.
«Non cadi.» dice lui, «Ecco.» esclama, mi prende la mano e la posa sul corrimano, «La scala inizia qui.»
Sbuffo e scendo piano, una mano aggrappata a Ryan e l'altra stretta al corrimano. Se cado giuro che lo picchio.
«Siamo quasi arrivati.» esclama Ryan, strappandomi dai miei pensieri.
«Bene.» sospiro accorgendomi di aver appena sceso l'ultimo scalino.
Sento l'acqua della piscina che si muove piano, le piccole onde create dalla brezza che sbattono contro i bordi della piscina, l'oceano in lontananza, le fronde degli alberi che si muovono...
«Ecco, ferma qui.» esclama e mi lascia la mano, sento un rumore, come del legno che striscia contro del ferro, poi Ryan torna da me e facciamo altri due passi. «Siediti.» dice e sento contro il retro delle gambe una sedia, cosi mi abbasso e mi siedo. Lui mi spinge in avanti.
«Posso togliermi la benda?» chiedo. «E questo... è pesce?» domando. «È pesce.» confermo. «Ho fame.»
Ryan ride e posa le mani sulle mie spalle, «Sì, è pesce.» dice e mi bacia la tempia. «Ti amo.» soffia e mi toglie la mascherina.
Rimango senza parole.
Siamo di sotto — ovviamente, visto che abbiamo sceso le scale — vicino alla porta finestra della sua cucina. Le tende da sole sono tirate. Ryan ne ha aggiunta un'altra, creando così un angolino appartato. Candele profumate sono sparse qua è là; il tavolino di ferro battuto è ricoperto da una tovaglia bianca. Bicchieri di cristallo — li deve aver chiesti a mamma, probabilmente sono rimasugli dei regali di nozze! — una bottiglia di champagne a mollo nel suo cestello, la radio in sottofondo...
«È bellissimo.» sospiro. «Ti amo.» dico e lo abbraccio, schioccandogli un bacio sulla guancia, sentendo la barba appena accennata sotto le labbra.
Ryan si siede di fronte a me e stappa la bottiglia, riempie i bicchieri. «Buon anniversario, tesorino.» dice.
«Buon anniversario, pecorella.» soffio.

Abbiamo cenato — gamberi alla griglia, insalata di mare, gamberetti, fritto misto — e adesso siamo sul divano a mangiare una torta alla panna, lamponi e cioccolato bianco.
«Uh, questo pezzo è davvero grosso.» commento sollevando con la forchettina un ricciolo di cioccolato bianco.
«Non è giusto.» borbotta Ryan, «Io ne ho di così grossi.»
Lo fisso, la forchettina vicino alle labbra, «Sì che ce li hai.» dico sbirciando nel suo piatto.
«Non è vero.» brontola lui e fa il broncio a cui, ovviamente, non resisto. Avvicino la forchetta alla sua bocca e lui la spalanca.
«Grazie.» soffia.
«Poi basta.» dico. Lui ride. «Guarda che sono seria.» replico.
«Oh, no.» Ryan continua a ridere.
Faccio una smorfia, «Io la smetterei, se fossi in te.» esclamo e continua mangiare fissando il bicchiere pieno di Dom Pérignon.
«Perché?» chiede lui.
Adesso rido io. È adorabile quando è così... scemo. «Indovina?» soffio e lecco la panna dalla forchettina.
Ryan deglutisce, «Oh. Ah. Okay.» commenta, «Uffa.» borbotta. «Se fai così vinci tu.»
Gli scompiglio i capelli. «Sei adorabile.» dico e gli bacio la guancia, lui gira il viso e mi bacia sulle labbra.
«Lo so.» mormora con gli occhi socchiusi, «Ti amo.»
Sorrido. «Ti amo.» soffio.

Ryan mi posa in grembo un sacchetto blu, di carta lucida:il regalo per me.
«Il mio è rimasto in camera.» dico sfiorando la coccardina argento.
«Bhe, dopo andiamo a prenderlo.» replica Ryan sedendosi al mio fianco.
Annuisco e apro piano il sacchetto, sollevando delicatamente l'adesivo con il logo e l'indirizzo della gioielleria. Tiro fuori la scatoletta blu e l'apro, alzando piano il coperchio.
Sono...
«Oh, sono meravigliosi!» squittisco fissando gli orecchini a cerchio, con due piccoli cuori verdi come pendenti. Sono bellissimi. Li sfioro con l'indice, toccando anche il morbido tessuto che li circonda. «Grazie!» esclamo e abbraccio Ryan, per poi baciargli le guance, sentendo la barba appena accennata sotto le labbra.
«Sono contento che ti piaccia.» soffia.
Mi accoccolo contro di lui, posando la testa sulla sua spalla, la fronte che tocca il suo collo.
Rimaniamo così per qualche minuto, senza dire una parola, fino a quando non mi sposto per prendere il bicchiere e finire lo champagne.
Poi, con il mio regalo stretto al petto, io e Ryan torniamo in camera mia. Lui si siede sul letto mentre chiudo la porta.
Apro un cassetto del comò e tiro fuori il suo regalo, glielo do e mi siedo accanto a lui.
«Un gioiello, eh?» commenta scartandolo e rivelando la scatoletta blu; mi guarda e sorride, poi solleva il coperchio. Afferra il bracciale e lo alza, toccando il laccio di cuoio, sfiorando la piastrina e la chiusura — il classico moschettone — d'argento.
Lo rigira fra le mani e si blocca, si volta e mi guarda, le labbra socchiuse. «Linds...» mormora e torna a guardare il gioiello, fissando il suo nome inciso sulla piastrina rettangolare d'argento. «Grazie.» dice e mi abbraccia.
«Sono contenta che ti piaccia.» dico e glielo allaccio al polso sinistro.
«È bellissimo.» soffia lui prima di baciarmi velocemente sulla fronte.
«E non è finito.» ridacchio alzandomi in piedi.
«In che senso?»
«Oh, vedrai.» dico e mi allontano di un passo.
«È qualcosa che posso vedere solo io?»
«In un certo senso...» scrollo le spalle.
«In un certo sen- Linds!» esclama lui, «Che cosa?»
Rido ancora, «È una cosa che puoi vedere solo tu, okay?» sbuffo.
«Che cos'è? Linds? Rispondimi?»
Torno da lui con una pashmina lilla in mano. «Su, zitto.» dico.
«Che fai?»
Salgo su di lui, «Ti bendo.» ribatto.
«Perché?»
«Perché sì.»
«Ma perché?»
«Oh, tu puoi farlo e io no?» borbotto bendandolo. «Così non rovini la sorpresa.»
Ryan sospira, «Okay.» dice, «Mi piacerà?»
«Spero di sì.» rispondo e mi rimetto in piedi.
«È una roba intima? Un baby-doll? Una roba del genere?»
«Una roba del genere.» rispondo, «Torno subito.» dico. «Resta qui, fai il bravo e non scoprirti gli occhi.» aggiungo e mi allontano, recupero il pacco dalla cabina armadio e mi chiudo in bagno.
Poso il pacchetto — in realtà è un sacchetto di carta — sul ripiano del lavandino e faccio un respiro fondo.
Vai, Lindsay, non è nulla di che. È una cosa semplicissima.
Mi spoglio.
Cinque minuti dopo mi infilo una vestaglia verdina e apro piano la porta. Ryan si è sdraiato sul letto, le mani dietro la testa, i piedi posati sul pavimento.
Inspiro ed esco dal bagno, Ryan se ne accorge e si mette seduto. «Linds?» chiama.
«Sì.» dico, «Ho fatto.» esclamo. Mi metto davanti a lui e alzo le braccia lentamente.
«Cos'è 'sto fruscio?» chiede lui.
«Ma niente.» rispondo.
«Linds...»
Alzo la mano destra e gli sfrego il pon-pon in faccia. «Linds!» squittisce lui, «Ma che diavolo?» dice agitando le mani, «Che roba è?»
«Aspetta.» sbuffo, «Fai il bravo.» dico, poso i pon-pon sulla sedia dietro di me, tolgo la vestaglia e li riprendo in mano.
«Linds...» borbotta Ryan, impaziente. Lo capisco da come muove le gambe.
«Togliti la benda.» dico.
Lui lo fa, la lascia cadere a terra e mi fissa. Spalanca la bocca, «Linds...» soffia, «È la... la divisa...»
«La divisa da cheerleader, esatto.» annuisco e gli sventolo uno dei pon-pon in faccia e lui chiude gli occhi e ride. «Allora... ti piaccio?» chiedo.
Lui annuisce e mi prende per i fianchi e mi metto in ginocchio, le gambe accanto alle sue. «Direi che è meglio di qualsiasi baby-doll.» soffia e mi bacia il collo, facendo scorrere le mani sui fianchi, verso l'alto. «Ma...» smette di baciarmi per un momento, «Sei senza reggiseno.»
«Ah, sì.» soffio.
E non solo...
«Bene.» mormora lui continuando a baciarmi il collo e senza smettere di toccarmi, mi mordicchia l'orecchio e va indietro con la schiena. Così mi sdraio su di lui, sistemandomi meglio, mentre le mani di Ryan scendo sulla mia schiena, arrivano ai fianchi e vanno oltre, infilandosi sotto la gonnellina.
Sfiora il bordo delle mutandine del body della divisa e mi bacia sulla labbra.
Gemo e gli stringo i capelli, Ryan infila le dita sotto il bordo del body.
«Ma... Linds!» gracchia, «Sei senza mutandine!» dice.
«Esatto.» rispondo e lo bacio sulla bocca.
«Mi sorprendi sempre.» soffia lui.
Non replico per qualche istante. «Perché non me lo togli?» esclamo dopo l'ennesimo bacio e sollevandomi sulle mani.
Lui sorride, «Subito.» risponde.
Meno male, la divisa incomincia a darmi fastidio. Forse perché devo aver messo su un paio di chili da quando ho finito il liceo...
«Ti amo.» soffia Ryan mentre abbassa la zip della divisa.
«Ti amo.» mormoro e lo bacio.

***

Afferro il telefono e apro un occhio. Bhe, quasi. Diciamo che lo socchiudo. Sbadiglio e fisso l'ora, sono le dieci meno un quarto del mattino.
Posso dormire ancora un po'. Mi raggomitolo contro Ryan e sbadiglio ancora. Sì, un altro po' non farà male a nessuno, in fondo non sono neanche le dieci del mattino del ventitré Dicembre e io sono in ferie.
Esatto.
È il ventitré, dopo domani è Natale io posso dormire quanto voglio.
Giusto.
...no, cazzo!
«Ryan, svegliati.» dico, «Oggi arrivano Greg, Brenda e Cam!» squittisco saltando giù dal letto, «Ryan! Atterreranno fra un'ora!»
«Linds, taci.» borbotta lui infilando la testa sotto al cuscino.
«Vuoi rischiare che succeda come l'anno scorso?» domando, «Che Greg e Cam entrino qua dentro e ci becchino?» strillo, «Ryan!»
Lui geme e si rigira nel letto, sdraiandosi sulla schiena. «Eddai, non dirà niente.» borbotta.
Sbuffo, «Io non ne sarei così sicuro.»
Lui sbuffa e si mette seduto, «E va bene.» sbadiglia. «Doccia insieme?» domanda piegando la testa di lato.
«Basta che fai in fretta.» acconsento.
Lui scrolla le spalle e si alza in piedi, «Di solito non sono così veloce, vedrò di sbrigarmi.» mormora e mi bacia la fronte
Alzo gli occhi al cielo, «La pianti con 'sti doppi sensi?» borbotto.
«Non era un doppio senso!» si giustifica lui, «Lo dici sempre che sono lento nel farmi la doccia!» esclama seguendomi in bagno, «Per una volta che mi muovo...» sbuffa.
Non replico e chiudo la porta.

Mezz'ora più tardi, dopo una doccia veramente, ma veramente bollente, Ryan è nella sua stanza a vestirsi.
“È solo un massaggio, Linds, una roba innocente!”
E certo, come no. Innocente. Con Ryan una doccia non è mai, ma proprio mai, innocente.
Infilo il maglioncino grigio perla con i bordi bianchi e mi siedo sul letto per mettere gli stivali al ginocchio neri senza tacco. Papà è già uscito per andare all'aeroporto a prendere mio fratello e la sua famiglia.
Sono felicissima di vederli!
Ritorno in bagno, getto l'asciugamani nel cesto della biancheria da lavare e prendo il phon, devo finire di asciugarmi i capelli.
Passano una manciata di minuti quando sento Ryan che mi chiama. «Sono in bagno!» esclamo alzando la voce, per sovrastare il rumore del phon.
«Bel culo.»
«Maniaco!» sbotto e mi alzo, mi volto verso Ryan e lo guardo. «Stupido.»
Lui ride, «Tu sei piegata, con il culo all'aria e sarei io il maniaco?» dice.
Sbuffo e lo ignoro, continuando a pettinarmi e asciugarmi i capelli. Lui prende phon e spazzola e continua lui e io glielo lascio fare, perché è rilassante, perché mi piace.
«Ti stai addormentando?» domanda dopo un po', mentre passa la mano fra i miei capelli.
«No.» rispondo, «Mi stavo rilassando.»
Lui sorride e lo faccio anche io notando il bracciale che gli ho regalato allacciato al polso.
«Che ore sono?» domando.
Lui getta una breve occhiata all'orologio, «Dieci e mezza.» risponde, «Dovrebbero atterrare fra poco.» aggiunge e arrotola il cavo sul phon.
«Già.» commento, mi do un'ultima spazzolata. «E non ridere, stupido!»
«Stavo solo pensando a quando Greg vedrà l'auto.» sghignazza lui.
Sbuffo, gli strappo il phon dalle mani e lo sistemo nel cassetto. «Idiota.» borbotto.
Ryan mi abbraccia, «Non prendertela.» dice e mi bacia la testa, «Andiamo a fare colazione?» domanda.
Dio, un caffè è quello di cui ho bisogno!
«Sì.» rispondo.

***

La porta si spalanca e un bambino entra, le guance rosse e i capelli che cadono sugli occhi castani. «Zia! Zia!» trilla allegro e mi corre incontro ridendo, lo prendo in braccio e gli bacio le guance paffute.
«Ehi, Cam.» sorrido, «Come stai?»
«Bene, zia.» risponde e mi accorgo che gli angoli della bocca sono sporchi di cioccolato.
«Hai mangiato il cioccolato?» chiedo.
Lui mi fissa, scuote la testa, «No, zia.» dice. 
«Ehi, campione.» esclama Ryan raggiungendoci.
«Ciao, Ryan.» trilla Cam, «Giù, zia.» aggiunge divincolandosi. Mi chino e lo lascio andare e lui corre da mia mamma, gridando “Nonna”.
Qualche vetro avrà tremato di sicuro.
Mi avvicino a mio fratello e lo abbraccio, «Spero per te che tu non abbia fatto troppi regali a Cam.» sussurra lui nel mio orecchio.
«No.» rispondo.
Otto non sono tanti, sono giusti!
Guardo Ryan, ma lui sta salutando Brenda, quindi non ha sentito.
Al momento la Jeep è nello studio di papà, ben incartata nella carta da pacco, con tante coccardine colorate attaccate sopra. La mattina di Natale, prima che Cam si svegli, verrà portata di fuori.
Oh, sarà così felice, lo so! Tutti i bambini vogliono una macchinina a batteria!
Andiamo in cucina perché Cam ha sete.
«Dobbiamo dirvi una cosa.» annuncia Brenda.
«Cosa?» chiede mamma.
Brenda allunga una grossa busta di cartone giallino verso mamma e papà, così mi sposto per guardare meglio. Mamma la apre ed estrae un cartoncino rosa piegato in due, dove c'è scritto il nome di una clinica privata di Houston.
Non sarà...
Mamma apre il cartoncino, rivelando un'ecografia. «Sei incinta?!» esclamo. «Ma è meraviglioso!» cinguetto e leggo il foglio allegato. Brenda è di quattordici settimane. La data presunta del parto è il ventun Agosto.
«Femmina?» esclama mamma.
Cosa? Una piccola Mars? È meraviglioso!
«Il medico dice che al novanta percento è femminuccia, ma non ne è sicuro del tutto.» esclama Greg, che potrei definire guastafeste. Se il dottore è sicuro al novanta percento vuol dire che al novanta percento è femmina. E poi io non ho visto piselli nell'ecografia, si dovrebbero vedere, giusto?
Mi sposto e corro ad abbracciare Brenda, «Oh, sono così felice.» trillo, poi vado da Greg e abbraccio anche lui.
«Fermati.»
«Eh?» faccio guardando mio fratello, dopo essermi allontanata di un passo da lui.
«Lindsay, guarda che lo vedo.» risponde lui agitando l'indice davanti a me, «Lo vedo che stai pensando a quali vestititi, giocattolini e pupazzi comprare.» continua, «Esageri sempre.»
«Ma non è vero!» replico incrociando le braccia al petto, «Non sto pensando a cosa comprare, giuro!»
Sento Ryan ridere e lo guardo, lui mi sorride, «Ha ragione.» mormora.
Sbuffo, prendo per mano Cam e torno in salotto.
Io non sto pensando a cosa comprare per la mia futura nipotina, anche se quel giocattolino che suona e s'illumina sul sito dove ho guardato i regali per Cam è molto carino, così come le calzine che ho visto sul sito d'abbigliamento...
«Non prendertela.» dice Ryan raggiungendomi, «È solo che ogni tanto esageri.» sorride.
«Non è vero.» replico.
Lui sorride di nuovo mentre Cam fissa l'albero di natale. «E la jeep nello studio?» soffia nel mio orecchio, «E il trenino dell'anno scorso?» continua.
Lo fisso, «Ma non sono niente.» replico e lui ride.
«Vedremo.» dice e mi dà un bacio veloce sulle labbra.
«Non è vero.» grugnisco mentre mamma dice che è pronto il pranzo, così prendo Cameron per mano e vado verso la sala da pranzo, mentre Ryan ridacchia.
Idiota.
Ci sediamo a tavola — oggi il pranzo è semplice: lasagna, petto di pollo e insalata — e mamma inizia a blaterare sul fatto che bisogna trovare una soluzione perché la stanza dove Greg, Brenda e Cam dormono è troppo piccola per quattro persone, che non ci starà anche la culla, che bisogna mettere un fasciatoio anche nel bagno, che bisogna modificare qualcosa... è andata. È completamente partita, come quando Brenda è rimasta incinta di Cameron. Quella volta ha iniziato a dire che bisognava mettere i copri presa, i copri angoli, le chiusure a sportelli e cassetti... e dopo non riuscivamo noi ad aprirli!
Cosa posso regalare alla nascita? A Cam avevo preso una tutina in un negozio a New York. Bhe, posso fare una tutina alla bimba ugualmente. Sono cose che fanno tutti, dopotutto.
O è meglio un pupazzo?
E se poi Cam s'ingelosisce perché nessuno gli regala qualcosa? Dovrò prendere un regalino anche a lui.
Com'è complicato...

«Linds!» strilla Greg mentre sistema il bambino sul rialzino posto sulla sedia.
«Sì?» chiedo.
«Non comprare nulla.» sbotta lui, «Togliti dalla faccia quell'espressione da» si ferma e traccia con le dita delle virgolette «adesso svaligio mezzo negozio.»
«Ma non è vero.» replico e mi siedo.
«Oh, Greg, taci.» sbotta Brenda, «Tu hai comprato quatto paia di scarpine appena siamo usciti dallo studio del ginecologo.» dice, «Tutte rosa.» continua, «Quattro paia di scarpine, tutte rosa, con decorazioni rosa! Sono identiche!» esclama, «Quindi smettila di fare la morale, che ho visto la wish list di Amazon!»
Greg rimane zitto e si siede, slaccia i bottoni del colletto della polo e manda giù un bicchiere d'acqua.
«Greg...» squittisco, «Sei diventato rosso?»
Lui mi fissa appena, giusto due secondi, poi si concentra su Cam.
«Giochi vari, vestitini, tappeti morbidi, costruzioni di gomma da ciucciare...» elenca Brenda, «Passeggino, lettino e vestitini per le bambole, bambola...» continua.
«Oh.» commento, «Quanto sei carino quando diventi rosso.» dico e gli altri ridono.
«Smettetela.» borbotta lui, «Mangiamo?» chiede. «Buon appetito.» dice.
Smettiamo di prenderlo in giro e mangiamo.

 ***

Cam è in piedi, al centro del salotto. «Resto qui.» annuncia prima di sedersi per terra, «Voglio vedere Babbo Natale.» dice e incrocia le braccia, mentre le labbra si piegano in un broncio.
«Se lo vedi poi lui scappa e non ti lascia i regali.» dice papà.
«Ma io sono stato bravo!» ribatte il mio nipotino. «Voglio vederlo!» protesta.
«Sono le nove e mezza, tesoro.» dice Brenda accucciandosi accanto al bambino, «Andiamo a letto, così dormi e domani mattina troverai i regali.»
«No!» strilla Cam, si alza in piedi e corre via.
Tutto ciò mi ricorda l'anno scorso...
«Dai, Cam, vai a dormire.» dico. «Fai il bravo.»
«No!»
E Cam corre via, verso la cucina ma papà lo blocca, lo prende in braccio e torna verso il divano.
«Voglio vedere Babbo Natale!» strilla Cam prima di scoppiare a piangere.
«Ha sonno.» mormora Brenda e lo prende in braccio, «Su, giovanotto, andiamo a dormire che sei stanco.» soffia massaggiandogli la schiena. Cam piagnucola, dice che non ha sonno, sbadiglia, piange, dice che vuole vedere Babbo Natale mentre Brenda sale le scale.
«Fa sempre così.» geme Greg.
«E l'anno prossimo saranno due.» rido.
Lui fa una smorfia e mamma si alza e va in cucina, per tornare dopo qualche minuto con cinque tazze piene di zabaione e un piattino con dei biscotti allo zenzero. Non mi piacciono molto, però ne prendo un paio lo stesso.
Adoro quest'atmosfera così magica. L'albero illuminato, le luci soffuse, le montagne di regali nascosti nel mio armadio...
Brenda torna giù dopo una decina di minuti. «Si è addormentato appena ha posato la testa sul cuscino.» dice e mamma corre in cucina per prendere una tazza di zabaione anche per lei.

Alle undici, dopo un'altra tazza di zabaione, vado in camera mia per prendere i regali.
«Mi dici cos'hai preso?» domanda Ryan mentre spalanco la porta della mia stanza.
«No.» rispondo, «Aspetti domani.» dico.
«Ma io non voglio aspettare!» replica lui. «Me l'hai preso, vero?» chiede.
Sbuffo. «Sì.» dico ed entro nella cabina armadio. «Ryan!» esclamo quando mi accorgo che è dietro di me, «Che fai?»
«Spio.» ride lui.
«Idiota.» sbotto. «Tanto non te lo dico.» esclamo, apro l'anta dell'armadio in basso e afferro le due borse in cui ho stipato i regali per tutti: una cover per l'Iphone di Greg, insieme a una cintura di vera pelle, proveniente direttamente dall'Italia, da un piccolo artigiano che le fa su misura, un porta gioie con un bracciale e un buono Amazon da duecento dollari per Brenda, un gift box con un settimana in centro termale per mamma e papà. Ovviamente c'è anche il regalo per Ryan.
«Ryan, se ti sposti esco da qui.» sbuffo.
Lui si scansa così posso uscire dall'armadio, «Preso tutto?» chiede.
«Ah-ah.» annuisco, «Tocca a te, ora.» dico. «Vai, ti aspetto.»
Lui annuisce, mi dà un bacio veloce ed esce dalla porta finestra. Io mi siedo sul letto e sbircio nella seconda borsa, dove ci sono i regali per Cam: una tuta molto carina, azzurra, con strisce blu scuro, la felpa con la zip e il cappuccio; un cagnolino-robot, uno di quelli che cammina, si sdraia, si siede, abbaia e mangia e beve — per finta, ovviamente — dalle ciotole,una scatola di costruzioni, una di quelle valigette piene di pennarelli, gessetti colorati e un paio di album da disegno, uno di quei computer per bambini, una confezione di automobiline e un paio di pacchi con gli animali selvatici e da fattoria in plastica.
Okay, sono dieci. Però gli album sono due ma sono confezionati con la valigetta, e gli animali sono dentro un grosso sacco colorato, quindi è un solo regalo, non due.
«Andiamo?»
Mi volto verso Ryan e annuisco, mi alzo e lo seguo.
«Linds, quanta roba hai preso?» sbotta Greg, «Lo stai viziando!» esclama.
«Lo fai anche tu.» rispondo e sistemo i regali sotto l'albero, insieme a tutti gli altri. Anche Ryan si inginocchia accanto a me, e io sbircio, alla ricerca del mio regalo.
Voglio solo capire quale possa essere!
«Sei curiosa?»
Fisso Ryan, che mi guarda sorridendo, una lucina rossa che gli illumina i capelli, «No.» rispondo.
«Bugiarda.» replica lui.
Sistemo l'ultima scatola e non dico niente, ripiego le borse e ne infilo una dentro l'altra. Mi alzo in piedi, sentendo lo sguardo di Ryan su di me.
Io non sono curiosa!
Mentre mi siedo sul divano mamma porta altre tazze di zabaione. Ne prendo una, stringendola con entrambe le mani e fisso l'albero e la montagna di regali che lo ricopre.
Quale sarà il mio?
Dio, sono curiosa.
Sì, lo sono. Sono terribilmente curiosa. 

*-*-*

Apro gli occhi e mi rigiro, alla ricerca della sveglia. Sono le sette e un quarto. Sbadiglio e mi siedo sul letto. Infilo le ciabatte e mi alzo in piedi, fisso Lindsay che dorme, sdraiata sul fianco destro, rannicchiata come al solito.
La copro e vado in bagno, chiudendomi la porta dietro di me.
È tutto così silenzioso e tranquillo...
Mentre mi lavo le mani sento un rumore, come se qualcuno aprisse la porta e poi una vocetta sottile: «Zia, svegliati! Ci sono i regali! Zia!»
Esco di corsa dal bagno senza asciugarmi le mani e vedo Cameron che si arrampica sul letto, «Zia!» dice e scrolla Lindsay.
«Cam...» mormora lei, «Dai, dormi, è presto.» borbotta.
«Ma ci sono i regali!» replica Cam e continua a scrollare le spalle di Lindsay, «Zia!» esclama.
«Cam, fai il bravo.» dico e mi avvicino, «Su, torna a dormire.»
«No!»
E ti pareva.
Lindsay si mette seduta, abbraccia il bambino e torna a sdraiarsi. Cam, ovviamente, scalcia, si libera dall'abbraccio e sbuffa mentre si alza in piedi sul letto.
«I regali!» trilla, «Voglio i regali! Miei!»
«Cam, siediti.» dico, «Non saltare che se cadi ti fai male.»
Lui mi ignora e continua a saltare sul letto, ripetendo che vuole i regali e che sono tutti suoi.
«Basta.» esclama Linds, si mette seduta, infila le pantofole e si alza in piedi. «Finiscila, Cam.» sbotta, le mani sui fianchi. Cam ignora anche lei, così Linds passa alle maniere forti: lo prende in braccio.
«Andiamo giù?» domanda il bambino mentre Linds esce dalla stanza.
«No.» risponde lei e io li seguo, «Ti riporto da mamma e papà.»
«Ma io voglio i regali!»
«Dopo.»
«Adesso.»
«Dopo.»
«Adesso!» strilla il bambino.
Lindsay non replica e si ferma davanti alla porta della camera di Greg e Brenda. «Che fai?» chiedo mentre posa la mano sulla maniglia.
«Secondo te?» replica, «Lo porto dentro.»
Ah.
La porta si apre e Linds avanza, posa il bambino sul letto e si volta.
«Che succede?» borbotta Greg mettendosi seduto.
«C'è che tuo figlio mi ha svegliato.» replica Linds. «E sono solo le sette.» sbadiglia e si allontana.
«Ma... Cam.» mormora Greg, mentre Brenda continua a dormire — o fa finta.
«Voglio i regali! Adesso! Li voglio!» strilla Cameron. «Adesso!»
«Ciao, Greg.» esclama Linds, agita la mano destra in segno di saluto e chiuede la porta.
«Cameron!» grida Greg, urla così forte che lo sento con la porta chiusa. «Smettila immediatamente!»
«No!»
Anche Cam urla.
Linds cammina lungo il corridoio, svolta e ritorna nella sua stanza, si sdraia sul letto e si raggomitola, «Buona notte.» borbotta.
Scosto i capelli dal viso e la raggiungo, l'abbraccio da dietro e le bacio una spalla.
«Tranquilla.» soffio.
«Mi ha svegliato.» mormora.
«Lo so, ma vuole i regali.» soffio, «Tu no eri così quando avevi la sua età?» chiedo.
Lei tace qualche secondo, respira profondamente e risponde: «No.»
«Okay.» mormoro.
Chiudo gli occhi, dormire un altro po' non è po così male.
Sono passati solo una decina di minuti da quando ho riportato Cam nell'altra stanza, quando sento mio fratello urlare il nome del mio nipotino.
«I regali!» grida il bambino, poi un'altra porta si apre e sento la voce della signora Mars, anche se non capisco cosa dica.
Così mi alzo e socchiudo piano la porta, fisso la mamma di Linds aprire il cancelletto delle scale e scenderle, mentre Greg cerca di convincer Cam a vestirsi perché è ancora in pigiama.
Rientro in camera accompagnato dagli strilli di Cam, che non vuole cambiarsi ma vuole i regali, e li vuole subito.
«Che c'è?» borbotta Linds spostando il mio cuscino sopra la testa.
«Tua madre è andata giù.» le dico sedendomi sul letto, «Cam non vuole vestirsi.»
Lei scosta il cuscino e mi fissa, gli occhi socchiusi. «Sai che novità.» borbotta. Fa un profondo sospiro e sposta del tutto il cuscino, per poi sdraiarsi sulla schiena. Sbuffa e si mette seduta, sostenendosi sulle mani, i capelli spettinatti che le incorniciano il viso. È adorabile e bellissima. Muove le gambe sotto al lenzuolo e le incrocia e mi fissa con il broncio.
Le scosto i capelli dal viso e le bacio piano le labbra.
Lo farei sempre.
Per sempre.
«Forse è il caso che ci vestiamo.» soffia guardandomi con i suoi occhioni castani.
«Sì.» dico e la bacio di nuovo.
«Bene.» soffia lei, gli occhi chiusi.
«Okay.» mormoro.
Un altro bacio.
«Più tardi.» sussurro.
«Più tardi.» mormora lei.
Un altro bacio. 

*-*-*

Quel “più tardi” non è mai arrivato. Al suo posto, invece, nella mia stanza è entrato un piccolo uragano in biancheria intima, che strillava: “Voglio i regali! Sono i miei! Li voglio, adesso!”. Fortunatamente Brenda lo ha acciuffato prima che si nascondesse sotto il mio letto.
Adesso siamo in sala da pranzo, a fare colazione. Ovviamente Cam non collabora: lui vuole i suoi giochi!
«Stai buono.» dice Greg.
«Ma io voglio i regali!» protesta Cam, «Li ho visti.» dice.
«Mangia e stai zitto.» sbotta Greg.
Cam sbuffa ma mangia il tramezzino al tonno che ha davanti, anche se vorrebbe scendere dalla sedia e correre di là, da quella montagna di regali.
Io non mi comportavo così. Io facevo colazione tranquilla, senza rompere le palle, non mi svegliavo all'alba, non andavo in giro per casa a svegliare la gente!
Mando giù un po' di succo d'arancia e fisso Cam che mangia velocemente.Io non facevo così.
...ma chi voglio prendere in giro? Io ero così, una piccola rompipalle che voleva solo scartare i regali.
Finalmente, dopo un'abbondante mezz'ora, ci spostiamo in salotto e Cam si fionda sui regali, ne acchiappa una e lo guarda. «Cosa c'è scritto?» chiede, «Zia? È mio?» chiede, «Sì, è mio.» si risponde da solo, senza darmi il tempo di aprire bocca.
«È tuo.» dico, visto che è uno dei miei regali per lui.
Lui ride e lo scarta, strappando la carta colorata e gettandola via. Quando vede la scatola strilla così forte che mi devo spostare o rischio la sordità.
«Lindsay?» mi chiama mio fratello, «Che cosa ca-»
«Cane! Mio!» trilla Cam, interrompendo Greg.
«Tu non vuoi prendere un cucciolo vero...» scrollo le spalle e mi sistemo meglio sul pavimento, incrociando le gambe, «Non mangia, non sporca, non devi portarlo fuori...» sorrido a Greg.
Lui si passa una mano sul volto, e mormora qualcosa che suona come “mia sorella mi farà impazzire”. Bhe, mi conosce, non dovrebbe stupirsi.
«Apri.» ordina Cam porgendomi la scatola con il piccolo husky robot.
«Non vuoi guardare anche gli altri regali?» chiedo.
Cam fissa la scatola, che sembra enorme nelle sue mani, annuisce, la posa accanto a me e va a prendere un altro regalo, per mamma e papà da parte di Brenda e Greg.
Un'ora più tardi, dopo carte fatte a pezzi e strilli da trapassarti il cervello, tutti i regali sono stati scartati.
Ryan mi ha regalato una bellissima borsa bianca in pelle, con portafogli coordinato, che mi affretto a rimettere nel sacchetto blu di stoffa, prima che Cam testi uno dei pennarelli nuovi su di essa.
Porto i regali in camera mia, mentre Ryan va nella dependance stringendo a sé la scatola con la nuova Xbox — regalo da parte mia.
Neanche cinque minuti dopo io e Ryan siamo di nuovo nel mio salotto, gli prendo la mano e lo trascino nello studio di papà, dopo aver chiuso le tende che danno sul portico.
Greg e Brenda sono di sopra, a sistemare i regali ricevuti, mentre Cam gioca con gli animali di plastica, seduto in mezzo al salotto.
«Riesci a sollevarla?» domanda Ryan indicando l'enorme scatola con la jeep.
«Ci provo.» rispondo e, in quel momento, entra papà. Portano fuori la scatola, sistemandola proprio davanti alla porta finestra. 
Ci sediamo sul divano un attimo prima che Greg e Brenda inizino a scendere le scale.
«Perché avete tirato le tende?» si lamenta Greg, «È buio!» dice e si avvicina alla porta finestra, seguito da Cam che adesso porta a spasso il cagnolino-robot .
«Che caz-»
Greg si blocca alla vista dell'enorme scatola, così come Cam.
«Cos'è?» chiede il bambino, «Un regalo? È mio!» strilla, aggiungendo un sacco di “o” a “mio”. «Apri, papà, apri!» ordina.
Mio fratello è leggermente sotto shock e mi guarda, mentre Cam strilla che dobbiamo aprirgli.
«Linds...» mi chiama il mio adorato fratellone.
Io non replico e mi alzo, mi avvicino a Cam e apro la porta finestra. «È mio, zia?» domanda lui.
«Non lo so.» rispondo, «Guarda il biglietto.»
Lui corre verso il pacco, afferra il foglio appeso e me lo porge. «È tuo.» dico, anche se lo sapevo già, ovviamente. E comunque il biglietto l'ho scritto io. «Babbo Natale dice che lo ha lasciato qui perché sotto l'albero non ci stava.» aggiungo.
Gli occhi di Cam si spalancano, emette una seri di “iiihhh” che mi trapanano il cervello e strappa la carta da pacco con tutta la foga che può avere un bambino di tre anni e dieci mesi.
«Lindsay!» strilla mio fratello, «Ma sei matta?!» sbraita, «È ovvio che sei matta.» dice, «Una jeep?!» sbotta mentre Cam strappa un grosso pezzo di carta, «E con cosa la porto a casa? Lo sai che dovrò pagare un supplemento? Anzi, non so neppure se me la faranno portare!»
«Anche io ti voglio bene.» gli dico fissandolo, poi mi giro per fissare Cam che corre attorno alla scatola per finire di spacchettarla. «Ho chiamato il corriere, non preoccuparti.» dico, «Il giorno dopo che sarete tornati a Houston la jeep sarà lì.»
«Una macchina! Mia!» grida Cam. «Apri! Apri!» strilla, senza rivolgersi a nessuno in particolare, così mi avvicino e apro uno dei lati, facendo strillare ancora Cam.
Se urla ancora un po' ora di sera sarà senza voce.
Io e Ryan — perché Greg è lì impalato, con una faccia da pesce lesso — tiriamo fuori la jeep.
«È mia! È mia!» strilla Cam saltellando attorno alla macchinina, «Mia!» urla.
Fisso gli altri: Ryan si sta sforzando di non ridere — con pessimi risultati, direi —, Brenda fissa Cam con un sorriso, mamma ha la bocca aperta dalla sorpresa e papà... bhe, papà sta riprendendo il tutto.
Cam si siede nell'auto, «Come funziona?» chiede, «Come funziona?» ripete, «Zia?»
Mi accuccio accanto a lui, apro il piccolo portaoggetti, rivelando la chiave. «Ecco, così.» dico e gliela porgo, «Infilala lì.» indico la serratura e lui lo fa, «Allora, il pedale verde serve per accelerare, mentre quello rosso frena.» dico mentre Cam mi fissa, «Hai capito?»
Lui annuisce.
«Questa è la leva del cambio,» continuo, se la mandi avanti l'auto va in avanti, se la mandi tutta indietro la jeep va indietro, okay?»
Cam sorride, un sorriso grande, che gli illumina il volto. «Ho capito dice.» e gira la chiave, la jeep si avvia e lui ride. È così bello quando ride e non fa l'indemoniato!
Mi alzo in piedi e faccio un passo indietro, per evitare che mi passi su un piede.
«Allacciati la cintura, tesoro.» esclama Brenda.
«Sì, mamma.» cinguetta Cam e obbedisce, poi batte la mano sul sedile accanto a sé, «Siediti, zia.»
Cosa?
«Eh?» faccio, «Perché?» domando.
«Siediti!» esclama lui, il visetto che si trasforma, «Zia!»
«Siedi, sorellina.» esclama Greg posandomi una mano sulla spalla, «Fai felice il tuo nipotino.» aggiunge.
Lo sta facendo apposta, lo so. «Non ci sto, Cameron.» dico al bambino. L'ultima cosa che voglio è incastrarmi davanti a tutta la famiglia in quella scatoletta blu scuro.
«Sali, zia.» dice lui, «Per favore.» supplica spingendo in fuori le labbra.
E va bene!
Mi siedo, le ginocchia piegate e prego di non incastrarmi.
«La cintura!» esclama Cam.
Non mi si allaccia, perciò tengo il gancio stretto nella mano sinistra. «Vai, Cam.»
Lui ride, sposta la leva del cambio e parte, ride ancora.
«Gira, Cam, gira il volante a sinistra.» esclamo, «Non di lì, dall'altra parte! Lì c'è la piscina!» strillo e Cam gira il volante nella direzione giusta.
«Cam, stai attento!» esclama Brenda, «Ascolta zia Lindsay.»
«Sì mamma.» dice il bambino mentre passiamo davanti agli altri.
«Non ridere, Ryan.» sbotto.
Quell'idiota del mio ragazzo sta ridendo come se non ci fosse un domani.
Cam curva e riandiamo verso la piscina, gira a destra, andando verso il giardino davanti, «Rallenta, Cam.»
«Ma io mi diverto!» ride lui, mentre va a zig zag.
Okay, Linds, tieniti pronta a girare il volante.
«Cam, vai piano.» ripeto, «Frena un pochino, fallo per la zia.» aggiungo.
«No.»
Cosa? No? Come no?!
«Cam!» esclamo, «Rallenta.» dico. L'ultima cosa che voglio è schiantarmi contro il cancello. «Cam!» strillo quando lui prende dentro un vaso e lo fa cadere. Per fortuna è vuoto.
Cam, la piccola peste indemoniata, ride ma poi frena, giusto a mezzo metro dal cancello.
«Torna indietro.» gli dico, «Fai il bravo, su.» sorrido e gli scompiglio i capelli.
«Sì, zia.» dice e cerca di inserire la retro, «Mi aiuti?» chiede.
Annuisco e sposto la leva, «Ecco, adesso schiaccia il pedale e guarda dietro, così vedi dove vai.»
Lui gira la testa due secondi, ma va indietro. «Adesso?» chiede mentre vedo Greg che ci fissa.
«Gira il volante che torniamo da dove siamo partiti.» dico.
«Cam, non devi andare così veloce.» esclama Greg, «E guarda dove vai!» strilla, «Linds, me la pagherai!» aggiunge ma io lo ignoro. Oh, andiamo, Cam è così felice!
Torniamo nel portico sul retro senza incidenti. «Ancora! Ancora! Ancora!» grida Cam mentre io cerco di disincastrarmi. Per fortuna ci riesco senza problemi, così evito figure di
merda.
«Ancora, zia! Un altro giro!» esclama Cam.
«Dopo, tesoro.» rispondo. 
«Adesso.» replica lui.
«Dopo, Cam.» ripeto. «Facciamo un disegno?» gli chiedo, giusto per distrarlo. Se mi siedo un'altra volta lì dentro poi non riuscirò più a stendere le gambe. Fortunatamente Cam si convince, così slaccia la cintura, scende dalla jeep, lasciandola lì, ferma di traverso nel portico e corre in casa.
«Come ti è saltato in mente di regalargli una cosa del genere?» sbotta Greg, «Dovrò sempre controllarlo prima che investa il gatto della vicina!»
«Bhe, il gatto può pure spostarsi.» replico, «E comunque Cam è piccolo, devi controllarlo lo stesso.» dico ed entro in casa.
«E piantala.» borbotta Brenda, «Lascia che si diverta.» commenta osservando Cam sedersi al tavolino del salotto e aprire la valigetta con i pennarelli.
Disegniamo per un po', anche se quelli di Cam sono più che altro scarabocchio. Io, invece, sto disegnando una renna perché me lo ha chiesto lui.
«Che è?» domanda Ryan.
«Una renna, non lo vedi?» borbotto afferrando un pastello marrone scuro.
«A me sembra un cane deforme e obeso.» replica Ryan sedendosi accanto a me.
«Ma se ha le corna!» sbotto indicando il disegno.
«Sì, ma sembra un cane.»
«Ma se hai detto che è deforme!» replico.
«Di certo non sembra una renna.» ride lui.
Sto per replicare quando Cam ci interrompe con uno strillo: «Zia! Disegna!»
Inspiro a fondo, lascio perdere Ryan che non riconosce una renna da un cane deforme e riprendo a disegnare il pelo.
«Ryan!» trilla Cam, «Disegna una renna!» ordina spingendo un foglio bianco verso Ryan.
«Chi, io?» chiede lui e deglutisce, «Non sono capace.» dice.
«Disegna!» Cam sbatte la mano sul foglio, trasformandosi nel figlio del demonio in meno di due secondi.
Ryan deglutisce ancora, prende il foglio, un pastello marrone e inizia a disegnare.

***

«E io sono quella che disegna un cane deforme al posto della renna.» esclamo mentre andiamo verso la sala da pranzo. «Tu hai disegnato una renna che assomiglia a tutto tranne che a una renna.»
Ryan fa una smorfia offesa, «Non so disegnare.» dice, «L'ho detto.»
«Potevi impegnarti un po' di più.» esclamo sedendomi al mio posto, «Perché disegnare gli animali con delle linee lo fanno i bambini.» lo prendo in giro.
Lui sbuffa e si siede. «Dopo l'ho ingrassata.» si giustifica.
«E sembrava una lattina di birra con le gambe.» rido.
«Io scrivo canzoni, non disegno renne.» squittisce lui.
«Ma se anche Cam ti ha preso in giro.» gli ricordo.
Ryan mi fissa, «Finiscila.» soffia, «Altrimenti...»
«Altrimenti cosa?» chiedo.
«Non te lo do più.» sussurra nel mio orecchio.
Ah. Direi che come motivazione basta. «Scusa.» dico e lui sorride e mi stringe la mano sotto al tavolo.

***

Mi lascio cadere sul letto con un sospiro. È stata una lunga giornata, più che altro perché Cam prima voleva giocare con il cane, poi disegnare, poi usare il computer, poi usare la jeep, poi gli animali di plastica, poi disegnare, e la jeep,  e il cane, e le macchinine e la macchina telecomandata che gli hanno regalato i miei, e il garage per le macchinine da parte di Ryan... ogni dieci minuti acambiava idea.
Come fanno Greg e Brenda?
È stancante stargli dietro.
Si è calmato poco dopo cena, quando si è addormentato sul divano mentre guardavamo un dvd di Peppa Pig.
«Stanca?» chiede Ryan.
«Sì.» rispondo e allungo le braccia verso di lui, che si siede sul letto e mi stringe, «Tanto.» aggiungo e poso la testa sulla sua spalla.
Rimaniamo per qualche minuto in silenzio, poi si allontana da me, «Andiamo a dormire.» dice.
Annuisco, aspetto che si alzi e lo faccio anche io.
Dieci minuti dopo siamo di nuovo a letto, sotto le coperte. Ryan mi abbraccia da dietro, scosta i capelli dal mio collo e lo bacia. «Buona notte.» soffia.
«Buona notte.» mormoro prima di sbadigliare e chiudere gli occhi. 



Per prima cosa: scusate il ritardo, ma ho avuto un piccolo blocco.
In ogni caso sono riuscita a finire questo capitolo!
Grazie a chi legge. mette la storia in una delle liste!

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Capitolo 8
*** 7. No One's Gonna Sleep Tonight Parte I ***


We Start Over

Sette
No One's Gonna Sleep Tonight - Parte I -
*** From the start I knew that we'd be here dancing in the dark ***



«Vai?» domando e do un altro bacio a Lindsay, sfiorandole le guance con la punta delle dita.
«Sì.» risponde lei. «Ma ho tempo per un altro bacetto.» aggiunge sbattendo le ciglia. Adoro quando fa la civetta. Mi chino su di lei e la bacio di nuovo.
«È il campanello?» chiede lei, staccandosi da me e girando il viso verso la porta della sua stanza.
«Sembra di sì.» rispondo. «Chissà chi è.» mormoro, pronto a baciarla di nuovo.
«Il corriere?»
«Di domenica?» esclamo.
«Consegna urgente.» dice lei.
«Hai ordinato qualcosa?» domando, lei scuote la testa, i capelli che ondeggiano da un parte all'altra.
«Sarà stata mamma.» dice.
«Linds!» esclama sua madre, «Scendi, per favore.»
«Chissà chi è.» sospiro mentre la seguo. «Non sarà La Piaga?» squittisco. Non può essere lei! Cioè... no! Non è lei, la signora Mars non la farebbe mai entrare, visto che non la sopporta neppure lei. Usciamo dalla sua stanza e scendiamo le scale. Non è La Piaga. È molto, ma molto, peggio!
«Liam!» esclamo, «Che caz- cioè, che ci fai qui?» domando.
Lui sorride — come un idiota, devo dire —, «Aspetto che arrivi la mia Svetlana.»
Io lo ammazzo. No, poi andrei in galera. Un po' di Gutalax nel caffè. Sì, questo potrei farlo, così impara.
«Uhm, okay.» sospiro. «Ciao.» dico.
Lindsay lo fissa, gli occhi socchiusi, probabilmente sta decidendo se ha abbastanza tempo per picchiarlo. «Bene.» dice, «Io vado.» aggiunge. «A dopo.» esclama, mi da un bacio veloce ed esce di casa, la camminata decisa, le braccia rigide... ecco, Liam l'ha già fatta incazzare senza neppure buttarla giù dal letto alle otto del mattino.
«Perché sei qui?» esclamo, «Liam, lo sai che non arriveranno prima di un'ora, un'ora e mezza.» gli ricordo.
Lui scrolla le spalle e si guarda attorno, «Mi annoiavo.»
E deve venire a rompermi le palle?
Uffa.
«E devi venire a rompermi le palle?» sbotto.
«Volete un tramezzino?» domanda la signora Mars con un grosso sorriso. Forse penserà che siamo due idioti.
«Oh, sì grazie.» risponde Liam, il solito sorriso stampato in faccia.
«Sì.» dico io. Così andiamo in cucina, dove ci attendono un paio di tramezzini al tonno e del succo di frutta.
«Sono buonissimi, signora Mars.» sorride Liam Il Leccaculo.
«Oh, grazie.» dice lei per poi accendere il forno. «Liam, vuoi rimanere a pranzo?»
«Non vuole disturbare.» rispondo. Se rimanesse qui Lindsay me la farebbe pagare, lo so. Povero me!
«Non vorrei disturbare, signora Mars. È molto gentile.» dice Liam sorridendo. Io lo prenderei a schiaffi.
«Ma non è un disturbo.» replica lei.
«Allora accetto volentieri.» Liam continua a sorridere, «È molto gentile.»
Dio, Linds mi ucciderà.
La mamma di Linds ci sorride e torna a tagliare le patate.
«Sei un leccaculo.» sibilo al mio amico.
Lui mi fissa, le labbra sporche di maionese, «Non è vero.» replica, «Sono educato e gentile, io.» dice.
Sbuffo. Sarà una lunga giornata...

Fortunatamente riesco a convincerlo a farci una partitella con la Wii nell'attesa, chissà, magari si dà una calmata.
Ovviamente non lo fa.
Ovviamente ogni cinque minuti continua a ripetere: “Ma dove sono? Perché non arrivano? Chiama Linds e chiedile dove sono!”
Se non lo picchio oggi non lo picchierò mai più.
«Smettila.» sbuffo. «Sei noioso.»
Lui fa una smorfia mentre si prepara a lanciare la pallina in buca. Sì, stiamo giocando a Wii Sport, a golf, per la precisione. «Mi manca.» dice.
«Lo so.» sospiro, «Ma stai diventando noioso.» dico, «E la buca è dall'altra parte, non vicino al laghetto.»
Liam mi guarda e sbuffa, «Svetlana mi manca tanto.» pigola, «Adesso chiamo Linds e chiedo a lei.»
Gli blocco il polso, «Se lo fai ti prende a sberle.» dico, «E lo sai che ne sarebbe capace.» sospiro, «Per cui adesso te ne stai calmo e cerchi di mandare quella cazzo di pallina in buca.»
Liam assottiglia gli occhi e mi fissa, «Insensibile.» soffia.
Perché? Perché proprio a me?
Dio, sarà una lunga giornata!

***

Finalmente sono arrivate!
Grazie!
Esco da casa sulla scia di Liam, che corre verso Svetlana, l'abbraccia e la bacia, mentre io aiuto Lindsay a togliere le valigie dal bagagliaio. «Liam!» sbotto, «Datti una mossa.» ordino indicando la valigia più grande.
«Ti ha rotto le palle?» domanda Linds.
Inspiro, «Non troppo.» dico e lei ride. Se sapesse...
Portiamo le valigie nella stanza di Lindsay e torniamo di sotto. La signora Mars saluta Svetlana e poi dice che è quasi pronto e che bisogna apparecchiare. Cameron Mars esce dal suo studio — ma quando è ritornato? — e ci saluta, arrivano anche Greg, Brenda e Cam, che erano andati a fare un giro in spiaggia.
Entriamo in cucina e Linds sgrana gli occhi, «Mamma, hai sbagliato.» dice, «Ci sono delle posate in più.» dice.
Ecco il momento della verità.
«Liam rimane a pranzo da noi.» risponde sua madre.
«Oh, davvero?» squittisce Svetlana, «Grazie!» cinguetta e l'abbraccia per poi stamparle un bacio — con tanto di schiocco! — sulla guancia destra.
«Ah.» commenta Lindsay, afferra coltelli e forchette e si volta verso di me. «Me la paghi.» soffia fissandomi.
Io prendo i tovaglioli e la seguo nella sala da pranzo, passando per il disimpiego usato come dispensa, «Non è stata una mia idea.» dico, «È stata tua madre a invitarlo, tesorino.»
Linds sbuffa e inizia a sistemare le posate, «Perché l'hai lasciata fare?» sbotta, «Adesso romperà le palle tutto il pomeriggio.» si lamenta.
«Eh, mica potevo dire a tua madre di rimangiarsi l'invito.» le faccio notare.
«Potevi dire a Liam di non accettare.» dice.
«Ci ho provato... ma mica mi ha ascoltato.» esclamo sistemando i tovaglioli.
Linds si ferma e mi fissa, «Va bene.» dice, «Se fa lo stupido lo butto in piscina, okay?» esclama.
Annuisco, «Ti do una mano.» le sorrido.
«A fare cosa?» domanda Liam entrando con in mano tre bicchieri.
«A buttarti in piscina se fai lo stronzo.» replica Linds.
«Ma lui non è stronzo.» lo difende Svetlana.
Linds sbuffa, «Okay.» dice, «Fa' una mossa falsa e ti ritrovi in piscina.»
Liam sorride, «Non la farò.» dice annuendo.
Speriamo.

***

«E se domani mattina arrivi prima delle dieci,» esclama Linds «giuro che ti do un calcio e ti faccio volare in piscina. Dalla terrazza.» dice e incrocia le braccia.
Liam le sorride, «Non dici sul serio.» esclama.
«L'ultima volta di ho lanciato un secchio pieno d'acqua.» ricorda lei e Liam sbianca un po'. «Tu domani entri dal cancello alle dieci.» dice, «Non un minuto prima, capito?»
Liam mi guarda ma io mi limito a sorridere, «E va bene.» sospira. «Ci vediamo dopo.» esclama, dà un bacio a Svetlana, sale in auto e si allontana.
Sospiro, «Bene.» dico, «Io vado a rilassarmi un attimo prima di prepararmi.» continuo, «Siate puntuali.» aggiungo ed entro in casa.
Ormai sono quasi le cinque e mezzo. Liam è rimasto qui quasi sette fottute ore. Gli voglio bene, è uno dei miei migliori amici però... però l'amore l'ha reso un tantino scemo e insopportabile.
Mi stendo sul divano e chiudo gli occhi. Dio, se domani arrivasse alle dieci sarebbe un miracolo e nevicherebbe così tanto da congelare l'oceano. Non credo che lo farà, non lo fa mai, mai!
Al limite lo chiudo in casa. E poi lui uscirebbe dalla finestra.
No, devo trovare un'altra soluzione. Magari una sensata.
L'armadio? Posso bloccare la maniglia incastrandoci sotto una sedia.
Vedremo.

*-*-*

«Noi andiamo!» esclamo, «Ci vediamo.» dico, io e Svetlana salutiamo tutti e Cam mi abbraccia prima di correre a giocare con il cane-robot. Adesso si chiama “Cocco”; ogni giorno cambia idea.Mamma e papà e gli altri ricambiano i saluti, così io e Svetlana usciamo. Ryan è accanto alla macchina, appoggiato con il sedere alla portiera, lo sguardo fisso sull'iPhone.
È bellissimo.
Ed è mio.
Mio.
Saliamo in auto e partiamo, finalmente.
«Ricorda a Liam che domani deve venire alle dieci.» esclamo voltandomi verso la mia migliore amica.
Lei mi sorride e annuisce, «Lo farò.» dice.
Speriamo. «Preso il regalo per Jake?» domando a Ryan.
«Sì.» risponde lui, «È nel bagagliaio.» dice.
«Bene.» sospiro e mi rilasso. Sarà una serata bellissima: è il compleanno di Jake, si mangia la pizza e Svetlana è qui.

«Pizza!» esclama Chris quando le sette fumanti scatole di cartone vengono posate sul tavolo, «Si mangia!»
«Quanto hai bevuto prima di venire qui?» domanda Aaron.
L'altro scrolla le spalle e io ribalto il coperchio della scatola della mia pizza al salmone, «Un paio di tazze di eggnog.» risponde, «Niente di che.»
«Ehm... Chris, tua madre mette una bottiglia intera di Brandy, anche se la ricetta dice di mettercene di meno.» esclama Aaron, «Praticamente ti sei scolato due bicchieri di Brandy come aperitivo.»
Chris ribatte con una linguaccia.
Okay, è andato.
Prendiamo i nostri boccali di birra e brindiamo a Jake e a noi. La pizza è buonissima e il salmone si scioglie in bocca: una vera goduria.
«Allora, Svetlana, come va nella Grande Mela?» domanda Aaron.
«Bene, grazie.» risponde l'interessata.
Io e lei dobbiamo ancora parlare per bene del fatto che voglia venire a vivere qui. Al momento è troppo impegnata con il lavoro e non può mollare i progetti di punto in bianco. E dovrebbe parlarne con i suoi genitori, sempre se trova il coraggio di farlo...
Ma non è questa l'occasione giusta per parlarne, non durante la festa di Jake, almeno. Di certo lo faremo quando Liam e Ryan non saranno nei paraggi. Con il secondo non ci sono problemi, visto che se gli si dice che è una cosa privata lui se ne va, è con Liam che le cosa si fanno complicate, visto che si lamenta.
Non pensiamoci.
Pensiamo alla pizza, che è buonissima.

La torta è qui!
Tre strati di pan di Spagna farciti di crema diplomatica, coperti di panna montata, la parte superiore della torta è piena di piccoli bignè ripieni di crema al cioccolato, alternati a decorazioni di panna e crema pasticcera.
Naturalmente c'è anche lo spumante. Deve esserci. I bicchieri vengono riempiti e le candeline — una a forma di “2” e l'altra di “7”, bianche con i bordi azzurri — vengono accese.
«Dai, muoviti.» sbotta Chris, «Voglio la torta.» dice.
«La prima fetta va al festeggiato.» ricorda Jake.
Che bambini!
«Allora ti prendi il pezzo con la cera.» borbotta Chris e incrocia le braccia al petto.
«Su, bambini, finitela di fare i capricci.» ride Aaron.
«Pronto?» domando, il cellulare in mano, pronta a scattare una foto da postare sul web. Jake annuisce, così Aaron accende le candeline e va a sistemarsi alle spalle del festeggiato, accanto a Ryan e gli altri. «Un bel sorriso, esprimi un desiderio e soffia!» cinguetto.
Jake mi mostra la lingua, prende un bel respiro facendo gonfiare le guance e soffia, spegnendo le candeline in un colpo solo, mentre io scatto la foto. «È venuta bene.» esclamo e la invio. Fra trenta secondi sarò — saremo — sommersi dalle notifiche. Ma non pensiamoci adesso.
Adesso c'è la torta!

Jake sembra un po' Cam quando scarta i regali: lo fa con foga, strappando la carta e lasciandola cadere per terra, fissa la scatola e ride.
Ogni singola volta.
Fissa ogni regalo, gira la scatola e sospira estasiato, poi ringrazia almeno quattro volte. Ci impiega una mezz'ora per aprire cinque regali.
«Stiamo invecchiando.» borbotta Liam.
«Oh, smettila.» sbotta Jake mentre apre l'ultimo regalo, quello di Svetlana. «Dieci corse sul go-kart?» squittisce, «Oh, grazie! Grazie!» esclama e la travolge in un abbraccio, «Tu si che mi capisci.» dice.
«Oh, di niente.» commenta Svetlana e dà qualche pacca sulla schiena del batterista mentre mi fissa perplessa. Io mi limito a scrollare le spalle.
È andato.
«L'abbiamo perso.» ride Chris.
«Oh, smettetela!» sbotta Jake e si concede un lungo sorso di spumante, «Non siete simpatici.» dice guardandoci, «Il go-kart mi piace.»
«Da quando?» chiede Ryan, «Perché non ci hai mai detto nulla.»
Jake sbuffa, «Io l'ho detto, siete voi che non ascoltate.» si lamenta incrociando le braccia al petto.
«Dici tante cose.» scrollo le spalle, «Non possiamo ricordarci tutto!» borbotto e bevo un sorso di spumante, mentre mi appoggio allo schienale del divano.
Non siamo al Soleil ma nella taverna di Aaron, anche perché il Soleil è chiuso per la ristrutturazione e riaprirà fra qualche giorno.
Jake sospira e fissa il suo bicchiere, «Okay.» borbotta, «Che si fa?» domanda.
C'è un coro di “Bho”, “Non saprei”, “Non lo so”, interrotto solo dalla suoneria del mio cellulare, il theme song della serie tv “Rizzoli & Isle”. È un numero anonimo.
«Pronto?» domando, «Chi è?»
«Perché non mi avete invitato?»
Chi cazzo è che piange?
«Chi cazzo sei?» sbotto, «Perché mi chiami?»
«Sono io.» singhiozza quella, «Melanie!»
Che cosa?
«Melanie?!» strillo, «Che diavolo vuoi?» dico, «Perché mi chiami con l'anonimo?»
«Perché altrimenti non mi rispondi.» squittisce la Piaga.
Ha ragione.
«Hai ragione.» sbotto, «Che cazzo vuoi?» chiedo e guardo gli altri: Jake mi fissa a bocca aperta, Chris sta bevendo e Aaron non mi guarda. Non sarà ancora innamorato di quella cosa, vero?
«Non mi avete invitato al compleanno di Jake.» piagnucola Melanie, «E non posso entrare al Soleil!»
Oh Cielo. Ma è cretina?
«Ma sei cretina?» sbotto, «Lo sai che non ti invitiamo mai ai compleanni, quindi non capisco perché ti aspetti una cosa del genere.» dico, «E poi... e poi il Solei è chiuso per
ristrutturazione, idiota.» sbotto, «Non te ne sei accorta?» dico, «E sì che il cartello è bello grande.» dico, «Ciao.» e riattacco.
«Che voleva?» chiede Jake, «Non verrà qui, vero?» ansima.
Finisco lo spumante, «Ma no, scemo.» rispondo, «Manco si è accorta che il locale è chiuso.» sospiro.
«Che idiota.» sospira Svetlana, «Facciamo qualche gioco?» domanda.
«Niente “Hai mai”.» esclama Ryan, «Non voglio sapere altre cose.» dice.
«Non c'è niente da sapere.» esclamo.
Ryan mi fissa, gli occhi azzurri socchiusi, «Davvero?» soffia, «Sei sicura, Linds?»
Lo fisso, «Certo.» rispondo.
Lui scrolla le spalle, «Non ti credo.» ridacchia.
Idiota.
«Idiota.» borbotto.
Ryan ride e mi dà un bacio veloce. «Ti amo.» mormora a voce così bassa che l'ho sentito appena.

***

Stiamo tornando a casa e sono quasi le tre del mattino. Diciamo che sono le tre e mezza.
«Perché non posso dormire da te?!» piagnucola Liam, «Eddai, farò il bravo.» biascica.
«Perché altrimenti ti sveglieresti alle otto e mezzo e pretenderesti di svegliare Linds alle nove.» ripete Ryan, «Quindi no, dormi a casa tua.»
«Non è giusto.» pigola Liam e mi giro a guardarlo, ma è troppo impegnato a ficcare la lingua in gola a Svetlana per accorgersi di qualcosa.
«Ho sonno.» borbotto.
«Siamo quasi arrivati a casa.» esclama Ryan e mi stringe la mano. Gli sorrido e poso la testa contro il finestrino. Anche se è tardi — o presto, dipende dai punti di vista — la città non per niente silenziosa e deserta: le auto sfrecciano accanto a noi, dirette chissà dove.
Poco dopo Ryan si ferma accanto al cancello della villa dei genitori di Liam. «Saluta e scendi.» sbadiglia.
«Che bell'amico che sei.» borbotta l'altro, «Ci vediamo presto.» cinguetta a Svetlana mentre la bacia.
«Dopo le dieci.» gli ricordo, «Altrimenti mettiti il costume e portati un cambio perché ti sbatto in piscina.» dico e lo guardo.
«Sì, sì, okay.» borbotta lui, «A più tardi.» dice, dà un altro bacio a Svetlana e si allontana dall'auto. Ryan aspetta che abbia varcato il cancello e sia entrato in casa prima di proseguire.
Che gentile.
Un quarto d'ora dopo sbadiglio e prendo il telecomando del cancello, schiaccio il pulsante e stringo la mia borsetta. Sono stanchissima, voglio dormire.
«Stanca?» domanda Ryan mentre posteggia davanti al garage.
Annuisco e sbadiglio, «Sì.» dico e scendo dall'auto. Lo saluto stringendomi a lui e baciandolo, poi entro in casa con Svetlana.
«Ho sonno.» pigola la mia migliore amica.
«Siamo arrivate.» mormoro cercando di reprimere uno sbadiglio.
In pochi minuti siamo pronte per andare a letto.
Il primo che mi sveglia prima delle dieci è un uomo morto.

***

Qualcuno bussa alla porta finestra.
«Pianta, Liam.» sento dire. È Ryan.
«Oh, smettila.» replica Liam, «Sono le dieci meno venti.» dice e continua a bussare.
Io gli spezzo le gambe.
«Appunto!» sbotta Ryan, «Mancano venti minuti alle dieci e Linds ti darà un calcio per ogni minuti di anticipo.» gli fa notare, «Anzi, ti darà un calcio per ogni secondo.»
Ha ragione.
Mi alzo dal letto e invidio Svetlana che non si sveglia neppure con le cannonate. Beata lei.
Mi avvicino alla porta finestra e la apro piano mentre quei due discutono se e quanti calci darò a Liam. E dove li darò.
Ah, un paio di idee le avrei. E non sono piacevoli, almeno per lui.
«La finite?» sbadiglio quando si degnano di tacere per un secondo.
Liam, colto alla sprovvista, caccia un urlo e fa un passo indietro mentre Ryan ride. «Sei uno scemo.» dico, «Mancano venti minuti alle dieci.» sbadiglio di nuovo, «Avevo detto alle dieci.» fisso Liam che mi guarda.
«Ma manca poco.» si giustifica lui e fa una faccia da cucciolotto abbandonato.
Ah-ah, ciccino bello, sbagli di grosso: solo le faccine da cucciolotto di Ryan hanno presa su di me.
«Ciao.» dico, «Ripassate fra venti minuti, okay?» sbotto e per chiarire il concetto di “non disturbatemi” chiudo le persiane, la porta finestra e tiro anche la tenda, poi me ne torno a letto.
«Ma... ma...» sento biascicare da Liam.
«Andiamo.» sospira Ryan, «E muoviti prima che cambi idea e ti prenda a calci.»
Finalmente c'è silenzio.
Posso dormire ancora!

Sarebbe bello, ovviamente. Ma non è così. Dopo neanche cinque minuti la porta della mia camera si apre e Cam entra, «Zia, la colazione!» trilla, «È pronta!» dice, «Zia!» sia arrampica sul letto e si siede in mezzo a me e Svetlana, «La colazione è pronta.» ripete. «È pronta.» dice, «È pronta.» ripeta, «Pronta, pronta, pronta.» cantilena.
«Ho capito.» sbadiglia Svetlana, «La colazione è pronta.»
Cam ride, «Andiamo!» trilla, «Andiamo, andiamo.» ripete.
«Subito.» sbadiglio.
Cinque minuti dopo siamo di sotto ed entriamo in sala da pranzo e mi blocco. Non. È. Possibile.
Liam è seduto fra mio fratello e mio padre.
«Tu.» sibilo.
«Tua madre è così gentile da invitarmi.» dice lui, un sorriso idiota stampato in faccia.
Posso rovinarlo piazzandogli una bella sberla?
Sì che posso. Ma non lo faccio, ho fame.
Così mi siedo al mio solito posto accanto a Ryan e inizio a mangiare, lanciato di tanto in tanto qualche occhiata assassina a Liam, che però è troppo impegnato a mangiare e a sorridere a Svetlana per accorgersi di me.
Mamma continua a parlare dei cambiamenti da fare, di cosa modificare, di buttare giù la parete che divide la stanza che usano Greg e Brenda da quella che usiamo per tenere coperte e cuscini in più.
«Bhe, ci sarebbe la stanza di Lindsay che è bella grande.» esclama Liam, «Così non dovreste fa-ahi!» squittisce, «Mi hai dato un calcio!» si lamenta.
«Scusa.» dico tagliando un pezzetto di bacon, «Non ho fatto apposta.» gli sorrido.
E invece l'ho fatto apposta.
Lui mi fissa, «Sarà.» borbotta.
«Oh, così potrei riavere la mia stanza.» esclama Greg.
«Linds!» sbotta Liam, «Mi hai dato un altro calcio.» dice, «Hai sbagliato mira.» esclama.
«Scusa.» sospiro e do un calcio sullo stinco giusto, Greg mi fissa ma non replica. Io non cederò la mia stanza, anche se prima era la sua. Me l'ha lasciata quando è andato al college.
In realtà, quando è partito, gli ho semplicemente detto “Greg, mi prendo la tua stanza.” e poi l'ho fatto sul serio. Non ha detto niente allora e quindi adesso è mia.
E che nessuno me la porti via.

Se speravo in un po' di tranquillità, in un momento in cui ritornare a letto e dormire un altro po', mi sbagliavo di grosso: Cam pretende che salga sulla jeep, anzi, vuole che ci salga anche Svetlana.
«Dai, zia!» trilla il piccolo, «Siediti.» dice e batte la mano sul sedile accanto al suo.
Sospiro, «Arrivo.» dico.
«Attenta a non incastrarti.» soffia Ryan al mio orecchio.
Lo fisso, «Attento a non finire in bianco.» sibilo, mi volto e salgo su quella scatoletta.
Devo tenere i talloni sollevati se voglio che entrambe le gambe stiano dentro — è Cam che lo vuole! — ma anche così sto scomoda, il bordo del sedile preme contro i polpacci.
«La cintura, zia.» esclama Cam mentre tutti ci osservano — anche Liam, che è ancora qui.
«Non riesco ad allacciarla.» dico.
«La cintura.» ripete Cam, passando dalla modalità “Cam l'Angioletto” a “Cam Il Figlio di Satana” in due secondi: socchiude gli occhi, le sopracciglia chiare aggrottate, le labbra così tirate da scomparire... fa paura. Così prendo la cintura e tengo il gancio con la mano sinistra.
Cam ride e parte, prima piano, poi accelera.
«Tesoro, 'sta attento!» strilla Greg, «Stai lontano dalla piscina!» esclama.
Fiato sprecato: Cam si avvicina pericolosamente alla piscina e curva a destra un attimo prima di finirci dentro.
Non avrà mai la patente. Nessuno gliela darà se guiderà così anche da adolescente. Siamo matti?!
«Cam, vai piano.» dico.
«No!» ride lui.
Perfetto.
Ma anche no, grazie.
«Rallenta!»
Volto appena la testa, mi abbasso per evitare di prendere in pieno un cespuglio e vedo Greg che corre dietro di noi, agitando le braccia e ripetendo “Rallenta!” come un mantra o una cantilena, come se Cam lo ascoltasse, poi.
«Cam, ti do un biscotto se la smetti subito.» ansima Greg, le mani sulle ginocchia e la fronte piena di sudore.
«Ti manca il fiato.» rido mentre gli passiamo davanti.
«Mi farà venire i capelli bianchi prima del tempo.» sospira lui, «Oh, tesoro, bravo.» si complimenta, «Piano così va benissimo.»
Cam ride e accelera, mio fratello riprende a sgolarsi, anche se dovrebbe aver capito che è del tutto inutile: Cam non ha la minima intenzione di ascoltarlo.
Fortunatamente Cam si ferma, «Giù.» dice, «Tata, sali.» dice indicando Svetlana.
Mi disincastro dalla scatoletta e scendo, lasciando spazio a Svetlana, «Non ci sto.» dice lei.
«Sali.» Cam Il Figlio Di Satana è tornato e Svetlana si affretta a salire, rannicchiando le gambe il più possibile. È più alta di me, quindi le sue gambe sono più lunghe. Si abbraccia le ginocchia e anche lei tiene il gancio della cintura con la mano sinistra.
«Vai piano, Cameron.» ripete Greg, ma Cam ride, gli fa una pernacchia e parte, seguito da mio fratello.
«In bianco, eh.» sussurra Ryan, dietro di me. Mi tocca piano i fianchi, «Guarda che sei la prima che cambierà idea.» soffia e mi scosta i capelli, mi tocca il retro del collo.
«Non credo.» borbotto. Non posso dirgli che ha ragione! Non posso.
Lui ride, «Dici sempre così.» mormora.
Inspiro a fondo, incrocio le braccia e mi giro, «Lo credi tu.» dico, «Vado a prendere un bicchiere d'acqua.» aggiungo e vado in cucina, sentendo ancora le urla di Greg.
«Eddai, Linds.» borbotta Ryan, «Lo so che non mi resisti.» dice.
«Sei egocentrico, lo sai?» ribatto versando dell'acqua in un bicchiere.
«Sono affascinate e figo.» ride lui, «È diverso.» scrolla le spalle.
«Imbecille.» sbotto.
«Ti amo anche quando sei scontrosa.»
Sbuffo, «E io ti amo quando sei scemo.»
E con questo, oltre a un bacio, si conclude questo “litigio”.

***

«È stato un piacere, Liam.» dico e lo spingo con poca grazia verso la sua auto, «Ci vediamo dopo.» esclamo e mi fermo. Svetlana lo agguanta e gli si stringe addosso e lo bacia.
Ormai è quasi ora di cena e non ne posso più di averlo fra i piedi: prima la colazione, poi il pranzo, poi la merenda... se rimanesse qui per cena probabilmente lo picchierei.
«A dopo, ciccina.» mormora lui, un sorrise da scemo sulle labbra.
«A dopo, ciccino.» sospira Svetlana e, finalmente, Liam sale sulla sua BMW e parte.
Sospiro e fisso il cancello che si chiude.
«Ancora cinque minuti e lo avrei preso a sberle.» esclama Ryan, «A dopo.» dice e va nella dependance.
Inspiro a fondo ed entro in casa, anche stasera andremo da Aaron.
Meglio andare a decidere cosa indossare, prima che Cam smetta di giocare con il cane-robot, che adesso si chiama Fuffy, e pretenda che salga di nuovo sulla jeep.

***

Varchiamo la soglia del Soleil — sempre dall'ingresso posteriore — e saliamo nella nuova ed esclusiva saletta superiore. Quest'anno niente concerti, niente foto con le fan. Quest'anno Ryan è mio, nessuna gallina starnazzante lo palperà o gli infilerà bigliettini nelle tasche dei jeans o gli struscerà le tette sul braccio.
E lo bacerò allo scoccare della mezzanotte.
Sarà perfetto.
Cena a base di pesce, fiumi di alcol, musica, nessuno che può salire tranne il personale... sarà fantastico.
Da qui vediamo la sala sottostante, le persone che bevono e mangiano e parlano.
«Ehi, guarda quella.» Chris, appoggiato alla ringhiera bianca, indica una ragazza bionda con un culo così tondo e sodo da sembrare finto. La tizia se ne sta di sotto, accanto a una colonna, e parla con una sua amica.
«Figa.» commenta Jake.
«Fate i bravi.» ricordo loro e mi siedo fra Aaron e Ryan. Possono scendere se vogliono, basta che avvertano uno della security del locale: se gli succedesse qualcosa poi sarebbe
colpa mia.
Però oggi non lavoro, quindi non sarebbe colpa mia, ma è meglio non rischiare.
E comunque Ryan non scende, dovessi legarlo alla sedia.
Dio, sto parlando come una gelosa isterica.
Ma non scenderà lo stesso.
E neppure Liam scenderà, lo so. Svetlana lo impedirebbe. O abbasserebbe il top senza spalline, distraendolo da qualunque cosa voglia fare.
«Quante belle ragazze...» sospira Chris, «Non so neppure dove guardare.» dice sedendosi.
«Già.» conferma Jake, «Ce ne sono tante...» dice e guarda il culo di Camille, una delle cameriere che ci porta l'aperitivo.
Nelle ultime tre settimane i miei genitori hanno apportato un po' di modifiche al locale: oltre alla salette privè soppalcata — che c'era già prima ed è solo stata sistemata — hanno sistemato l'altro pezzo di locale, trasformandolo in un ristorante da ottanta coperti. Era una cosa che volevano fare da un po'; chi sta nel ristorante — Soleil Restaurant — se vuole, dopo, può passare nel locale — Soleil Club — altrimenti va dove vuole.
Afferro la fetta di pane tostato cosparsa di salsa rosa e gamberetti e l'addento. La serata può cominciare!

***

Ormai sono le undici e mezza, il 2015 è quasi finito e il 2016 è dietro l'angolo. Insieme a Svetlana scendo le scale, dirette al bar.
Ryan e Liam si sono lamentati e lo so, oh se lo so, che adesso ci staranno spiando. Saranno appoggiati alla ringhiera e ci staranno fissando, preoccupandosi se qualcuno ci si avvicina troppo.
Gelosi.
«Lindsay!»
Mi sento chiamare e mi volto, trovandomi di fronte Yelina, una mia ex compagna del liceo. «Ehi, ciao.» le dico. Non eravamo amiche, avevamo giusto un paio di lezioni in comune. Eravamo più delle conoscenti, ecco.
«È bellissimo.» dice, la ringrazio e le presento Svetlana.
«Che hai fatto in tutto questo tempo?» le chiedo.
Lei scrolla le spalle, i capelli ricci che ondeggiano da una parte all'altra, «Ho studiato per un anno alla Miami University, poi sono andata a Dublino, al Trinity College.» risponde mentre ci allontaniamo un po' e continuiamo a chiacchierare, raccontandoci in breve quello che è successo in questi anni.
«Sono tornata giusto un paio di mesi fa.» ci racconta, «Anche se penso di andare a Los Angels a Febbraio.» dice.
«Signorina Mars.» ci interrompe uno della sicurezza del locale, «Fuori c'è una ragazza che dice di conoscerla e che è in lista ma il suo nominativo non c'è.»
No. Non può essere.
Perché? Perché?
«Per caso è Melanie Green?» domando e lui annuisce. «Vado a parlarci.» dico, «Tu non devi farla entrare, okay?» sbotto e avanzo verso la porta, seguita da Svetlana e Yelina. Quella stronza dovrà passare sul mio cadavere prima di entrare di straforo qui dentro.
«Ma è quella Melanie?» domanda la mia ex compagna.
«Purtroppo sì.» sospiro ed esco all'aperto. Melanie è lì, poco lontana dalla porta, che mi fissa.
«Devi sempre rompere le palle, eh?» commento fissandola. Per fortuna non piange.
«Oh, ciao Melanie.» dice Yelina.
«Cosa?» sbotta la Piaga, «Anche lei!?» esclama, «Fai entrare tutti tranne me.» piagnucola.
Come non detto. Piange.
«Ma che succede?» domanda Yelina e Svetlana le risponde che è una lunga storia e che glielo spiegheremo.
«Yelina l'ho appena incontrata, e comunque lei ha prenotato, quindi ha tutto il diritto di entrare.» sbotto, «Tu non sei in lista, Melanie.» le ricordo. «Lo sai che per entrare qui devi prenotare.» sospiro.
Rovinami questa serata e ti do un cazzotto.
«Ma prima mi facevi entrare.» singhiozza quella.
Lindsay stai calma e non darle una sberla.
«Esatto, prima.» replico cercando di essere il più acida possibile e mi avvicino di un passo, giusto per metterle addosso un po' di paura, «Prima che cercassi di affogarmi in piscina.»
«Ma io ti ho chiesto scusa.» piange lei.
«Sei una piaga.» sbuffo, «Vattene.» sibilo e mi volto e, insieme alle altre, rientro nel locale.
«Ma è ancora così imbecille?» domanda Yelina.
«Ancora di più.» rispondo e andiamo al bar, dove ordino a Jose tre Long Island, «Era convinta che Ryan l'amasse, era ed è gelosa di me, ha tentato di affogarmi nella mia piscina e fa la piaga che si attacca ai coglioni.» semplifico.
«Ah.» commenta lei e io la invito a salire con noi, visto che ci ha detto di essere venuta qui da sola. E poi lei non ha fatto cenno al mio lavoro, al gruppo, forse anche perché lei è un po' più da musica metal. E in ogni caso è sempre meglio di Melanie.
Saliamo le scale, sparlando di quello che faceva Melanie al liceo — non è che sia cambiata poi molto — e arriviamo al soppalco, «Lei è Yelina.» la presento, «Una mia ex compagna di classe.» sorrido, felice.
Ryan è così bello...
Sono già sbronza, ecco.
I ragazzi si presentano a loro volta. Chris la fissa in uno strano modo: occhi sgranati, labbra socchiuse e guance leggermente rosse... non l'ho mai visto così.
La sua voce trema giusto un po' mentre parla con lei.
«Dio, no.» dice Jake. «È finita.»
«Cosa?» chiedo sorseggiando il mio cocktail.
Lui mi fissa, «Si è innamorato.» risponde.
«Ma chi?» chiedo.
«Chris.» risponde Jake.
Lo fisso, «Ed è un problema?» domando e sorseggio il mio cocktail mentre mi siedo sul divanetto accanto a Ryan.
Jake sgrana gli occhi, «Certo che è un problema!» sbotta, «Hai presente Liam?» chiede e annuisco, «Bhe, Chris innamorato è cento volte peggio.» dice.
«Oh, sì.» conferma Ryan, «Mille volte peggio.» dice, «Fa' il grande uomo che non deve chiedere mai, ma se si innamora è una mammoletta.» ridacchia.
Oh, bene. Un altro Liam era quello che desideravo.
Bhe, vediamo il lato positivo: se la storia dovesse andare in porto, Chris non mi butterà giù dal letto alle nove di mattina dopo quattro ore scarse di sonno.
Li fisso: Chris è proteso verso Yelina e la osserva con uno sguardo che ricorda una triglia lessa. Ma a lei sembra non importare, visto che ride alle sue battute sceme. Bhe, se le piacciono è anche giusto.
«Aaron, che ne dici di andare giù a fare un giretto?» domanda Jake, «Magari saremo fortunati anche noi.» ride.
«Fate i bravi.» mi raccomando.
«Sì, mammina.» ride Jake, mi dà una pacca sulla spalla e se ne va insieme ad Aaron.
«Oh, sono così carini!» cinguetta Svetlana, «Non trovi?» chiede.
«Sì.» dico, «Anche se Chris ha la faccia da pesce lesso.» rido.
«Già.» commenta Ryan e prende la bottiglia di birra, «Sembra uno scemo.» ride, «Bhe almeno lei è di Miami, nessuno mi butterà giù dal letto alle nove del mattino.»
Abbiamo pensato la stessa cosa!
«Già.» confermo, «Potremmo dormire.» sospiro appoggiandomi allo schienale del divano.
Ryan mi guarda e mi sorride. «Io però questa notte non voglio dormire.» soffia.
«Nemmeno io.» replico.

A mezzanotte meno un quarto, Jake e Aaron tornano da noi. «Com'è andata?» domanda Ryan.
«Bene.» commenta Aaron, «Abbiamo più numeri noi che l'elenco telefonico.» dice, infila una mano in tasca, per poi tirare fuori una decina — o forse una ventina — di bigliettini su cui sono scribacchiati numeri di telefono.
«Perfetto, così vi trovate la donna anche voi.» continua Ryan.
Aaron si siede accanto a me e sospira, «Il punto è ricordarsi che faccia ha ogni ragazza.» dice.
«Puoi sempre metterle un sacchetto di carta in testa.» commenta Ryan.
«Idiota.» sbotta Aaron e beve un sorso di vino, «Cazzo, la faccia da imbecille di Chris aumenta sempre di più.» ride.
Già, ha ragione: se Chris sorride ancora un po' gli si spaccherà la faccia. O cadrà per terra se si sporge ancora un po'. Però a Yelina sembra non importare, visto che è ancora lì seduta e non sembra in procinto di fuggire a gambe levate.
Bhe, se funziona bene, altrimenti... altrimenti pace, Chris ne troverà un'altra. In fondo è un bel ragazzo, è famoso... gli basta schioccare le dita per ritrovarsi con centinaia di ragazze prostate ai suoi piedi. O Aaron e Jake possono passargli qualche bigliettino.

A mezzanotte meno cinque i camerieri portano bicchieri e due bottiglie di spumante mentre il DJ blatera di quanto manchi allo scoccare dell'anno nuovo.
Aaron prende in mano una bottiglia, Ryan l'altra, «Se mi bagni ti picchio.» gli dico agitando il flûte vuoto.
Lui ride, «Non lo farei mai, lo sai.» dice e mi bacia una guancia.
«Hai la stessa faccia di Cam quando nega di aver combinato un disastro.» faccio notare e lui ride di nuovo.
«Non lo farò, giuro.» dice.
Inspiro a fondo e mi alzo in piedi.
«Dieci... nove...» la voce del DJ copre il resto, sembra che urli con un megafono davanti al microfono.
«Cinque, quattro, tre, due, uno! Auguri!» strilla quello, mentre Ryan e Aaron stappano le bottiglie e riempiono i bicchieri.
Afferro Ryan per una mano e mi avvento su di lui, baciandolo a mezzanotte e qualche secondo. «Auguri, idiota.» soffio.
«Auguri, isterica.»
Gli attimi seguenti sono fatti di baci e abbracci, di strilli, di urla, di foto postate sui social network.
E io sono così felice che potrei scoppiare da un momento all'altro: Ryan è accanto a me e non su un palco, l'ho baciato a pochi secondi dallo scoccare della mezzanotte e non dopo un'ora ed è ancora qui, accanto a me; anche se fa lo scemo con Jake, tirandosi addosso i tappi e le patatine.
Ma è tutto perfetto.

Appena esco dal bagno a disposizione di chi usa la sala sul soppalco, vengo agguantata da Ryan proprio nell'antibagno, mentre la luce automatica si spegne.
Al piano di sotto il DJ sta mandando “I don't want miss a thing. Mi domando se piace al DJ — che è lo stesso di sempre, che viene qui una volta la settimana — o se è stato Ryan a chiedergli di mandarla. Ma non importa, siamo io e lui abbracciati nella semi oscurità, le sue labbra che mi sfiorano l'orecchio, la sua voce che mi culla: «I could stay awake just to hear you breathing, watch you smile while you are sleeping, while you're far away dreaming, I could spend my life in this sweet surrender, I could stay lost in this moment forever, every moment spent whit you is a moment I treasure...»
È bello, così bello che potrei morire qui, adesso, in questo preciso istante e non avere nessun rimpianto.
«Don't want to close my eyes, I don't want to fall asleep, 'cause i'd miss you baby, and I don't want to miss a thing, 'cause even when I dream of you, the sweetest dream will never do, I'd still miss you baby, and I don't want to miss a thing.»
È così bello, così perfetto che non mi stancherei mai, mai, ma proprio mai di sentirlo cantare, di sentire le sue braccia che mi stringono, la sua voce nell'orecchio, il suo fiato sulla pelle.
«Lying close to you feeling your heart beating, and I'm wondering what you're dreaming, wondering if it's me you're seeing, then I kiss your eyes, and thank God we're together, I just want to stay whit you in this moment forever, forever and ever...»
Lo amo, lo amo, lo amo.
E non smetterò mai di farlo, dovessi morire in questo preciso momento.

***

Grazie al cielo questa volta Svetlana e Liam non si sono dati alla pazza gioia nel cesso. Meno male!
Ormai sono quasi le tre del mattino, siamo tutti stanchi e sbronzi, Chris ha l'aria ancora più scema mentre parla con Yelina, che è ancora più simpatica di quanto ricordassi.
Sono contenta di averla rivista. Per fortuna ci siamo scambiati i numeri prima che fossi troppo sbronza pure per prendere il cellulare dalla borsetta.
Al momento stiamo aspettando che arrivi i nostri taxi. Aaron dormirà da Jake, mentre Chris dormirà da solo, visto che Yelina non mi pare la tipa che va a letto con uno un paio d'ore dopo averlo conosciuto. Ma magari mi sbaglio.
Invece no, ho ragione: alle tre e venti del mattino i nostri taxi sono arrivati e Yelina va a casa da sola, lasciando Chris in un leggero stato di delusione.
«La vedrai presto.» esclama Aaron mentre sali sul taxi, «Te lo ha detto lei, lo ha promesso.» lo consola.
«È bellissima.» sospira Chris, la faccia sempre più idiota — ma forse è colpa dell'alcol — e sale anche lui sul taxi, insieme a Jake. Prendono lo stesso perché tanto Chris è di strada. Invece noi quattro faremo come l'anno scorso: Svetlana e Liam da Ryan, io e lui nella mia stanza. E spero che Cam non mi svegli all'alba.
Anche io, Ryan, Svetlana e Liam saliamo sul nostro taxi e andiamo a casa.
Penso che sia stata una serata bellissima, stringo la mano di Ryan e poso la testa sulla sua spalla, nascondendo uno sbadiglio contro il suo corpo.
Inspiro il suo profumo e mi rilasso.



Salve salvino!
Ecco qui la prima parte del settimo capitolo. Prima parte perché bhe... sono logorroica e perché così non vi faccio aspettare un secolo.
Il titolo è una canzone dei Westlife, mentre quella citata alla fine è degli Aerosmith.
Grazie a tutti.

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Capitolo 9
*** 7. No One's Gonna Sleep Tonight parte II ***


We Start Over

Sette
No One's Gonna Sleep Tonight - Parte I -
*** From the start I knew that we'd be here dancing in the dark ***



Quello che sta accadendo ora, in questo preciso istante, nella mia cucina, è la cosa più... imbarazzante e rivoltante che abbia mai visto. «Smettila.»
La testa riccia si alza dal mio tavolo, gli occhi blu pieni di lacrime, «Insensibile.» singhiozza, «Sei uno stronzo insensibile.»
Sbuffo.
«Chris...» sospiro, «Non è una tragedia.» ripeto. Ecco, sul mio tavolo c'è Chris Stabler, quasi ventisette anni, che piange e si dispera.
«Sì che lo è.» dice e china di nuovo la testa sulle braccia. «Yelina se ne va.» piagnucola.
«A Los Angels, non in guerra.»
«Ma io la amo!» alza di scatto la testa e mi fissa.
«Ma se non ci stai neppure insieme.» gli faccio notare.
«Ma io sono innamorato.»
«Ma se non vi siete neppure baciati.» puntualizzo.
«Ma lei mi piace tanto.» singhiozza Chris.
«Ma se non siete neppure usciti insieme!» sbotto. «Chris, va via per sei mesi.» gli ricordo, «E noi ne passeremo tre in giro per mezzo modo.» esclamo, «Quindi non l'avresti vista ugualmente!»
«Sei insensibile.» ripete lui, ignorando i miei ragionamenti.
Alzo gli occhi al cielo e prendo una birra dal frigo. «Se sono insensibile perché sei venuto da me?» domando e apro la bottiglia. Se gli tirassi l'apribottiglie in testa? Ma poi mi giocherei lui e la bravura con la chitarra elettrica.
«Perché Aaron non c'è.» risponde, «Neppure Jake.» continua, «E Liam...» scrolla le spalle e posa la testa sulle braccia, il faccino da cane bastonato. «Liam mi ha detto che è il karma per quando lo prendevo in giro.»
Bevo un sorso e trattengo una risata. Liam ha ragione, ma non posso dirglielo. Ho paura di scatenare un'altra crisi di pianto.
«Ha ragione.»
Boccaccia mia. Quando imparerò a stare zitto?
Lui mi fissa, «Insensibile.» ripete.
«Che c'è da urlare?» domanda Lindsay entrando dalla porta finestra. «Ma... piangi?» chiede fissando Chris.
«Sì.» singhiozza lui.
Lindsay rimane in silenzio e prende una birra anche lei, «Perché Yelina parte fra una settimana?»
«Lo sai?!» sbotta Chris alzandosi di botto.
«Da un paio di giorni.» dice Lindsay.
«E non me l'hai detto!» esclama Chris.
«Mica è compito mio.» replica lei e si siede davanti a lui.
«Come no?» sbotta lui, «Io sto soffrendo.» si batte le mani sul petto.
È patetico.
«Ma noi staremo via praticamente per tre mesi, lei ha un contratto di sei...» dice Lindsay mentre prendo una birra per lui, «E poi neanche siete una coppia.»
Chris riprende a piangere e Linds mi osserva. Scrollo le spalle. «Siamo insensibili.» dico.
«Certo che lo siete.» esclama offeso, «Non mi capite.» piagnucola.
Lindsay sbuffa rumorosamente, «E che palle.» borbotta e solo adesso mi accorgo che ha posato il suo notebook sul tavolo.
«Cosa stavi facendo?» le domando.
«Uh, ci sono le locandine dei concerti in Europa.» risponde lei allegra, mentre Chris blatera su quanto siamo stronzi perché pensiamo al lavoro e non a lui, che soffre tanto. Linds lo ignora, solleva lo schermo, sfiora il touchpad e ci mostra le locandine — sono tutte uguali, ma si differenziano per luogo, data e ora, ovviamente.
C'è una nostra foto, e sotto la scritta Jclar — abbiamo cambiato nome quando abbiamo firmato il contratto, non vuol dire nulla, ma va bene così —, «Uh, sono proprio figo.» commento.
«Tu pensi a te stesso mentre io soffro?!» sbotta Chris.
Sospiro, «E piantala.» dico, «Se ti deprimi il tempo passerà più lentamente.» esclamo, «Su con la vita.»
Lui mi lancia un'occhiata assassina, mentre Linds ridacchia, «Lindsay, non puoi invitarla al Soleil prima che parta?» chiede.
Lei scrolla le spalle, «Posso farlo.» dice, «Basta che la smetti di piagnucolare perché mi ricordi Melanie.»
Chris sorride, «Oh, grazie!» trilla, «Grazie!» abbraccia Linds, «Riesci per domani? Eh? Per favore?» le bacia le guance.
«Scansati.» sibilo all'ennesimo bacio.
«Domani?» squittisce Linds, gli occhi sbarrati, «Magari è impegnata...» dice.
Il sorriso se ne va dal viso di Chris.
«Oh.» commenta mentre mi chiedo perché devo avere degli amici così... scemi. «Ma se glielo chiedi te non ti dirà di no.»
Linds mi fissa e io alzo le spalle, «Ci provo.» dice, «Basta che la smetti di fare il derelitto, perché ti fa sembrare scemo.»
Lui annuisce e beve un po' di birra, «Sì, giusto.» annuisce ancora, «Grazie» abbraccia Lindsay, «Lo sai che ti adoro?»
«Lo so.» risponde lei dandogli qualche pacca affettuosa sulla schiena, «Ma mi stai stritolando.» aggiunge.
Chris si scosta e torna a sedersi, «Mi mancherà tanto.» sospira stringendo la bottiglia di birra, «Tantissimo.»
Non ricomincerà a piangere, vero?
«Non piangerai di nuovo, vero?»
Io e la mia boccaccia.
«Perché sei imbarazzante.»
Lui mi fissa, offeso. «Insensibile.» borbotta.
Linds sospira, «Finitela, tutti e due.» dice, «Altrimenti non la chiamerò,» fissa Chris «e bhe... te lo sai già.» mi sorride.
«Ricattatrice.» borbotto e lei ridacchia, mentre Chris si lascia andare a un lungo sospiro.
«Ah, comunque volevo ricordarvi della riunione di Mercoledì.» dice, «Alle tre, siate puntuali.»
«Io sono puntuale.» borbotta Chris.
«Bene.» sorride Linds, «Facciamo qualcosa?» domanda, «Mi annoio.» dice.
«Devi chiamare Yelina!» esclama Chris.
«Lo faccio.» replica lei, mi dà un bacio su una guancia, «Vado a farlo, altrimenti mi farà impazzire.» sussurra, prende il portatile e se ne va.
«Devi dirle che l'ho sentita.» esclama Chris.
«Sì, okay.» rispondo, «Xbox?» propongo e lui annuisce, così non sarò costretto a sentirlo piagnucolare!

*-*-*

Yelina ha detto di sì quando le ho chiesto se le andava di venire al Soleil. Ed è bastato accennarlo a Svetlana ieri sera per dovermi svegliare alle cinque per andarla a recuperare all'aeroporto. Ripartirà domani sera. Ovviamente Liam è felicissimo di averla qui, anche se per due giorni.
Adesso sono le sette e mezzo e siamo tutti nella nostra vecchia saletta, perché il soppalco è prenotato.
Pazienza, non è che cambi molto. E comunque la saletta è “nostra”, ci abbiamo passato tanto di quel tempo che ormai è così.
Stasera mangiamo pizze e una crostata alla Nutella. Roba leggera, insomma. Io, Svetlana e Yelina entriamo nella saletta con quattro cartoni di pizze giganti e birre per tutti.
«Che faccia da pesce lesso.» ridacchia Aaron quando mi siedo fra lui e Ryan.
«Sì.» mormoro guardando Chris, che se ne sta seduto accanto alla mia ex compagna del liceo, la labbra socchiuse e l'aria di un fesso.
Ho capito una cosa da quando gli ho presentato Yelina: se Chris ci prova con una che trova solo bella e interessante non si fa tutte queste paranoie, ma se si prende una vera cotta... bhe, allora diventa così, un esserino che risponde a monosillabi, che piagnucola e che ci accusa tutti di essere insensibili. È ancora arrabbiato perché Liam lo ha preso in giro.
Ryan stappa la mia bottiglia di birra e poi brindiamo, per poi mangiare, stretti attorno al tavolo.
«Pronti per l'Europa?» domanda Yelina prendendo una grossa fetta di pizza.
«Sono terrorizzato.» squittisce Jake.
«Vomita sempre.» esclama Ryan.
Jake lo fissa e sbuffa, «Non vomito sempre.» replica, piccato. «È solo la tensione.» si giustifica.
«Tensione un corno.» sbotta Aaron, «Tu te la fai sotto.» ride.
«Anche tu.» replica Jake.
«Io non sbocco nel cestino dei rifiuti.»
«Stiamo mangiando.» faccio notare, «Parlate di altro, grazie.» dico.
«Già.» conferma Liam, «Parliamo di altro.»
«Fra ventidue giorni vi rivedremo.» sospira Svetlana. Verrà anche lei a Londra e Glasgow.
Ma non ha ancora parlato con i suoi della decisione di mollare il suo lavoro e trasferirsi a Miami. Dice che lo farà quando sarà finito il tour, a fine Maggio.
Quindi per metà Giugno potrebbe essere già qui. Anche se poi abbiamo dieci date nel Sud-est asiatico, Australia e Nuova Zelanda. Vabbè, staremo via venti giorni.
Forse verrà con noi. Non credo che si perda la possibilità di comprare scarpe dall'altra parte del mondo!
Anche se non avremo molto tempo per andare a farci un giro. Oh, uno degli hotel avrà accanto qualche negozio. Magari lunedì controllo.

Se Chris non la smette giuro che scoppio. Continua a fissare Yelina come se fosse una visione. Ci credo che non siano mai usciti insieme, se lui si limita a osservarla invece di darsi da fare.
Idiota.
«Un bambino di tre anni sarebbe più intraprendente.» esclamo.
«È scemo.» ride Aaron.
Senti chi parla! Quello che è rimasto in silenzio per mesi e non ci ha detto un parola sulla sua cotta per Melanie.
«Parli proprio te?» ride Jake, «Quello che non ha detto niente per mesi riguardo a Melanie?»
Ma mi legge nel pensiero?
Aaron sbuffa e incrocia le braccia. «È diverso.» dice, «Io non la guardavo come se fosse un'apparizione.» esclama.
«Però glielo hai detto solo perché non lo aveva capito.» replica Jake, «E non è servito a nulla.» dice.
«Esatto.» annuisco.
«Oh, ma la piantate?» sbotta Aaron, «Sono seduto accanto a voi!»
«Guarda che lo so.» replico e bevo un sorso di birra. «Su, è ora di cambiare obbiettivo!» trilla, allegro.
«Non mi pare il caso, con iole tour alle porte.» sbuffa Aaron guardando Jake con gli occhi socchiusi.
«Ah.» soffia Jake e deglutisce, «Sì, il tour.» borbotta.
«Dovresti smettere di farti venire l'ansia.» replica Aaron e io ridacchio.
«Siete voi che mi fare venire l'ansia!» squittisce Jake ed è carino vederlo così imbarazzato.
« allora trovati una donna anche te e non rompermi le palle.» sbuffa Aaron, «Ma la torta?» mi chiede.
«La faccio portare subito!» esclamo e mi alzo in piedi. Cinque minuti dopo stiamo mangiando la crosta e ridiamo e scherziamo tutti quanti. Sono felice che Svetlana sia qui, anche se mi sono dovuta alzare all'alba per andarla a prendere, anche se domani se ne va. Ma la rivedrò fra pochi giorni, quindi non importa.

Sono quasi le due del mattino quando esco dal bagno. Ci sono Chris e Yelina appartati in un angolo. Hallelujah, si sta dando da fare invece di fissarla con la faccia da pesce lesso!
Resto ferma e li guardo; Chris tira fuori una scatolina dalla tasca della felpa e gliela porge. La scatolina è di una gioielleria.
Cosa? Non stanno neppure insieme e le regala un gioiello? Ma è scemo?«Oh, Chris.» esclama Yelina, «È bellissima ma non dovevi.» dice.
Cosa le ha regalo? Sono curiosa! Mi sporgo un po' oltre l'angolo e fisso la collana con il ciondolo a forma di “Y” in argento. Almeno non è un anello...
«Sono contento che ti piaccia.» mormora Chris imbarazzato. «Tu parti, io starò via...» scrolla le spalle, «Mi mancherai.» soffia, le guance che si arrossano. È così carino! Ha le guanciotte tutte da pizzicare.
Yelina gli sorride e lo abbraccia, gli sussurra qualcosa che suona come “Mi mancherai anche tu.”
Questa sì che è una notizia!
Torno dagli altri e spiattello ogni cosa.
«Ha fatto in fretta.» esclama Liam, «Non come qualcun altro...»
«Ehi! Sono qui!» ribatte Aaron.
«Io parlavo di Ryan.» sospira Liam guardando il piattino di plastica, assicurandosi che non sia rimasta nemmeno una briciola di crostata, «Lui è stato lentissimo.» dice, aggiungendo una sfilza di “s”.
«Ma piantala.» borbotta l'interessato.
«Oh, è vero.» ride Aaron. «Era tutto un Lindsay di qui, Lindsay di là, e di su e di giù... una rottura.»
«Smettetela.» ringhia l'interessato.
«Anche lei era così!»
Non posso uccidere la mia migliore amica!
«Svetlana.» soffio.
«La prima volta che mi ha parlato di lui lo ha insultato fra un complimento e l'altro.» ride. «E i muscoli di qui ma è stronzo, ha un bel sorriso che vorrei prendere a schiaffi, ha il culo so-»
Si blocca perché le ho lanciato un cuscino.
«Sodo e io lo odio.» finisce lo stesso, stringendo il cuscino con entrambe le mani, mentre ride senza ritegno.
«Svetlana!» squittisco e sento la faccia andare a fuoco.
«Ah, è così?» domanda Ryan.
«Bhe, ecco, è che... sì insomma...» balbetto tormentandomi le mani. «E non ridere!» sbotto guardando la mia amica. La mia migliore amica. «Era un segreto!»
«Quindi mi odiavi ma mi trovavi figo?» continua Ryan.
«Ma piantala.» dico, «Eri insopportabile.» esclamo.
«Ma mi trovavi figo.» sorride lui.
«Sì.» mugugno.
«Non ci voleva tanto.» replica lui.
«Ti darei una sberla.» sbuffo e lui ride. La porta si apre e ritornano Chris e Yelina. Chissà se sono una coppia...
«Allora, Christopher, tutto bene?» domanda Liam, un braccio che stringe Svetlana e l'altra mano stretta attorno alla bottiglietta d'acqua.
Chris ci fissa, «Sì.» esclama sedendosi, «Va tutto bene.» sorride appena.
Che lei gli abbia detto di no? Ma Chris è così carino! E non è del tutto imbecille come sembra!
«Bisogna risolvere tutto prima di partire.» continua Liam, «Lo hai fatto?» domanda.
«Taci.» sbuffa Chris.
«Mi sa che Yelina gli ha detto di no.» mormora Ryan nel mio orecchio.
Annuisco piano. Oppure è solo depresso perché non la rivedrà per almeno sei mesi?
Povero Chris.

***

Il bing della chat di Facebook mi distrae, così riporto la scheda del browser in primo piano, è Svetlana: “Vai a questo sito e leggi!" mi ha scritto, aggiungendo una decina di emoticon che ridono.
Clicco senza nemmeno leggere il link, la pagina che si apre ha uno sfondo colore nocciola chiaro, con una foto del gruppo — presa dall'ultimo photoshoot — in alto, sotto di essa, con un carattere di un un corsivo elegante, c'è scritto: Jclar Slash Fanfiction World.
È un sito di fanfiction! Di fanfiction slash. Non ne ho mai lette.
Continuo la lettura, cercando quella cosa che ha fatto ridere così tanto Svetlana.
You&I: Love forever
Chris e Jake si amano tanto, ma devono tenere il loro amore nascosto a tutti quanti... Riusciranno i nostri Jaris a coronare il loro sogno?


Autore: JaRisIsTrueLove | Data di pubblicazione: 3 Gennaio 2016| Rating: Pg14 | Capitoli: 1 | Completa: Sì| Personaggi: Chris, Jake, Un po' tutti |Coppia: Chris/Jake | Generi: Romantico, Drammatico, Introspettivo, Angst, Lime |Parole: 3458 | Recensioni: 45 | Kudos: 353
No, aspettate. Cosa? Cosa? Jaris? Hanno inventato uno ship name per Jake e Chris?
Ma... ma... io non so se voglio leggere. Però il mio dito si muove sulla rotella del mouse e la pagina scorre.
"Chris spinse Jake contro il divanetto di pelle nera, «Adesso ti dimostrerò quanto ti amo.» disse e afferrò il membro, grosso e duro come l'acciaio dell'altro, che lo fissava con occhi imploranti pieni d'amore. Chris prese in bocca Jake, che cominciò a miagolare come un gatto innamorato in calore. «Ti succhierò l'anima, amore mio.» soffiò.
Chris usò la lingua sul membro grosso e duro come l'acciaio di Jake, gli toccò le palle gonfie e infilò un dito nel suo stretto e caldo pertugio d'amore.
Jake sparò il suo seme in bocca a Chris, che ingoiò tutto quanto, come un bravo bambino.
«Hai visto quanto ti amo?» domandò Chris."

Ma... ma... ma...
Scoppio a ridere, rido così tanto che mi ritrovo piegata in due sulla scrivania. Non può aver scritto una cosa del genere... ma come si fa?
«Cosa c'è di così divertente?»
Fra le lacrime delle risate vedo Carl, così gli indico lo schermo.
«Che oscenità mostruosa.» commenta, «Se non sai scrivere porno evita di farlo.» dice e ride anche lui, piegandosi in avanti con il busto e sbattendo la mano sulla scrivania.
«Cosa c'è di divertente?» domanda Ryan entrando nel mio ufficio, seguito da Liam e Aaron. «Ma che cazzo?!» sbotta e lo vedo leggere, «Linds, ma cosa leggi, porno gay?» ride.
«Porno gay su di voi!» dice Carl fra le risa.
«Oddio.» geme Liam, « Non scriveranno cose del genere anche su di me, vero?»
«Non lo so.» ansimo.
«Avrà un futuro nella letteratura erotica.» ride Aaron.
Non ci credo. Non riesco a credere che qualcuno pensi che Jake e Chris siano una coppia.
«Lo sapete che se trovate il video di qualcuno che cade dovete mostrarmelo!» sbotta Chris entrando. Dietro di lui c'è Jake. Rido ancora. Gli altri si spostano, lasciandogli spazio davanti allo schermo. «Ma che... porca puttana! Io non sono così!» strilla, «Non sono gay!» tuona, «E non parlo in quel modo osceno!» sbraita, «Cancellale! Cancellale!» esclama verso di me agitando le braccia. «Sembro un maniaco di un porno di bassa lega!»
«E io che c'entro?» domando cercando di non ridere, «Il sito non è mio, Chris.»
Lui sbianca e indietreggia piano, finendo contro Aaron che ride ancora, «Io non sono così, giuro.» pigola.
«Lo spero.» ride Ryan, «Ti succhierò l'anima?» ride ancora, «È troppo!»
Chris avvampa, «Io non ho detto quelle cose!» sbraita, «Sono quelle pervertite!» dice e se ne va dal mio ufficio, seguito da Liam e Aaron che lo prendono in giro.
«Tu non dici nulla?» chiedo a Jake, «In fondo sei l'altra metà della coppia.» rido.
«È finzione.» replica lui, anche se ha le guance rosse, «E poi, se una persona mi dicesse quelle cose mentre mi fa un pompino, come minimo lo prenderei a sberle.» aggiunge e se ne va anche lui, seguito da Carl e Ryan.
Sospiro e torno a fare quello che facevo prima di essere interrotta: far finta di lavorare.
Quindi guardo qualche mail, rispondo a un paio, ne archivio altre, cancello lo spam... nulla di troppo impegnativo. Ho ancora in mente quella sottospecie di fanfiction porno. Andiamo a farci quattro ghignate, va'.
Vado nella home del sito, scoprendo che ci sono 13643 storie, e 3001 sono solo sulla coppia Jaris. Rido ancora. È troppo, troppo divertente. Oh, ha un affiliato, Jclar Fanfiction World. Clicco il collegamento e si apre un sito con lo stesso template dell'altro, solo che qui non ci sono storie slash, a quanto dice il disclaimer, ma solo storie etero.
Guardiamo se qui c'è lo stesso disagio che avevo trovato su quell'altro sito.
Ultime storie:
Time To Save True Love
Candice conosce Ryan per caso, mentre fanno benzina. Ryan rimane folgorato dalla gentilezza di lei e se ne invaghisce. Aaron inizia a frequentare Danielle, una delle loro nuove coriste, che è una vecchia amica di Candice.
Sembra tutto perfetto, ma Lindsay è gelosa e farà di tutto per impedire che Aaron frequenti Dana, mentre Svetlana tratta male Candice, perché è innamorata di Ryan...
L'amore vincerà?


Autore: CadyMesser | Data di pubblicazione: 4 Settembre 2015 | Data di aggiornamento: 10 Febbraio 2016 | Rating: Pg14 | Capitoli: 18 | Completa: No| Personaggi: Ryan, Aaron, Lindsay Mars, Svetlana, Un po' tutti, Nuovo personaggio|Coppia: Ryan/OC, Aaron/OC | Generi: Romantico, Drammatico, Introspettivo, Angst, Lime |Parole: 148428| Recensioni: 1445 | Kudos: 2578
No, aspettate.
Cosa cazzo ho appena letto? Svetlana che è innamorata di Ryan? Ma dove l'hanno visto? Okay, ognuno shippa ciò che vuole, ma santo cielo, quei due sono sì amici, ma niente dimostra una “probabile cotta”! A questo punto hanno più senso i Jaris!
E poi... io e Aaron? Perché, poi? Per quella volta che ci siamo incontrati al maneggio? Per anni siamo andati nello stesso posto senza mai incontrarci, per una volta che succede si fanno i film in testa?
No,un momento. C'è il mio nome fra i personaggi. E anche quello di Svetlana. Ma che cazzo? Perché?
No, io devo dirlo a qualcuno o esplodo.
Torno alla scheda di Facebook, Svetlana è di nuovo collegata. “Ma dove l'hai trovata?” scrivo.
“Hai letto? Ahahahahah. Trovata su Twitter. Ti è piaciuta?”
“È divertente.”
rispondo, “l'hanno vista anche gli altri.”, aggiungo.
“Ahahahahahahahah e come l'hanno presa?”
“Carl, Ryan, Liam e Aaron stanno ancora ridendo.”
rispondo, “Jake l'ha presa con filosofia, anche se è arrossito come un pomodoro.”
“Ahahahahahah! E Chris?”
“Chris sbraita che lui non è così.”
digito, “Gli passerà.” scrivo. “Ma... guarda qui.” digito ancora e faccio copia e incolla del link. “Divertiti!”
E adesso vediamo chi ride. Torno alla storia, clicco sul titolo e inizio a leggere. È scritta bene: grammatica, ortografia e sintassi sono perfette, lo stile non è né troppo semplice né troppo pomposo.
Alt. Ho bisogno di un cappuccino prima di continuare a leggere.
Torno dopo neanche tre minuti, con in mano un cappuccino al caramello e una mini ciambellina al cioccolato. Fisso la pagina di Facebook, la finestrella della chat che lampeggia.
“Ma che cazzo?”
“IO E RYAN!? SI SONO BEVUTE IL CERVELLO?”
“I NOSTRI NOMI! CI SONO I NOSTRI NOMI NELLA LISTA DEI PERSONAGGI!!!!!!!!!!!!”
“Ma cosa le è saltato in mente? Ci ha dipinto come stronzette!”
“Lindsay? Dove sei finita?”

Rido e mi siedo, “Sono qui.” digito, “Ero andata a prendere un cappuccino.”
“L'hai letta?”
scrive lei.
“Non ancora.” rispondo. “Adesso lo faccio, sempre se nessuno mi rompe le palle.”
“Bene.”
scrive lei. “Io la odio, mi ha descritto come una stronza insensibile che vuole solo scopare e comprare scarpe :(”
“Non sono così! :((((((”

Dio, quanto la fa tragica. “Lo so, stella. Ma quella non ti conosce.”
Okay, forse posso darmi alla lettura.
Sono a metà del primo capitolo quando mi accorgo che questa ragazza scrive tantissimo. Non riuscirò a finirlo entro stasera. Pazienza, posso sempre recuperare il link dai messaggi scambiati con Svetlana.
Ma poi... Download ebook.
Clicco e si apre una pagina di login. Merda, non ho voglia di iscrivermi, e poi dovrei recuperare la password della mail che uso per questo genere di cose. Ci penserò a casa, anche perché mancano solo dieci minuti alla fine del turno.
Finisco cappuccino e ciambellina, butto il bicchiere di carta e vado a lavarmi le mani.
«Linds... che diavolo di robe leggi?»
Merda, cosa diavolo ci fa qui Ryan? «Io... io...» balbetto, «Che diavolo ci fai qui?» sbotto?
Lui fa girare la sedia e mi fissa, «Non si risponde a una domanda con un'altra domanda.» dice e ride, «Volevo solo dirti che dopo andiamo da Chris a fare una partitella a biliardo.» spiega.
«Uhm, bene.» dico, «Non dovresti curiosare fra le mie robe.» replico.
Lui sorride, «Linds, stai leggendo fanfiction su di me.» dice, «Non lo trovi imbarazzate?»
Sbuffo e mi avvicino, chiudo tutte le finestre del browser, i programmi aperti e spengo il pc, «Stavo curiosando.» borbotto. «Chris si è calmato o fa ancora la prima donna isterica?» chiedo.
Ryan scrolla le spalle, «Si sta calmando.» dice, «Sembra un bambino che non distingue la realtà dalla finzione.» aggiunge e si alza in piedi mentre io recupero la mia borsetta e la giacca. «Non mi diventerai isterica pure tu, vero? Ti ritroverò calma?»
Idiota.
«Sei scemo.» sbotto e andiamo agli ascensori. «Questa la consideriamo come una notte da passare separati?» domando. Abbiamo deciso di dormire separati per tre notti la settimana. Troppo alcol fa male, ci fa venire idee cretine.
Ryan preme il pulsante di chiamata, «Ah, sì.» risponde, «Anche perché è probabile che dorma là.» dice, «Tu che farai?» domanda e le porte si aprono.
«Mah, cena, bagno rilassante e poi vado dritta a letto.» rispondo.
Ryan mi fissa con un sorrisetto, «Ah, e non leggerai nulla?» domanda.
Non gli darò soddisfazione. «Non credo.» rispondo.
«Bugiarda.» replica lui e ride.
«Sono stanca, voglio solo mangiare, lavarmi e dormire.» dico e incrocio le braccia.
«Sarà, ma non ti credo.» ridacchia.
Non replico, non lo faccio perché sarebbe come dargli ragione. Anche se ha ragione. Non vedo l'ira di tornare a casa e leggere quella roba.«Eh, Linds?» mi chiama, «Lo so che leggerai quelle cose.»
«Ho troppo sonno.» dico, «Mi addormenterei con la testa sulla tastiera.» continuo, «E comunque non mi interessa.» esclamo mentre l'ascensore si ferma nel parcheggio sotteraneo, «Ho te, perché dovrei leggere quelle cose?» gli prendo la giacca e lo fisso sbattendo le ciglia. Il faccino da cucciolotto funziona sempre.
«Giusto, hai me.» soffia lui sulle mie labbra, «Ma nulla ti impedisce di farlo ugualmente.»
Che stronzo.
«Oh, smettila.» borbotto salendo in auto. Ryan, tanto per cambiare, ride.
Idiota.

«Vai?» domando quando Ryan entra nella mia cucina. Si è fatto la doccia e profuma di buono.
«Sì.» risponde baciandomi la testa, «Che cosa mangi?» chiede.
«Vitello tonnato e insalata.» rispondo gettando nell'insalatiera una mozzarella tagliata a quadretti.
«Buono.» dice lui e prende un'oliva nera. «A domani.» aggiunge baciandomi velocemente sulle labbra.
«Fai il bravo, mi raccomando.» esclamo seguendolo in giardino, «E se Chris fa' l'isterico dagli una sberla.» ridacchio, «Non troppo forte, altrimenti resterà il segno!»
Ryan ride, «Lo farò.» dice aprendo la portiera, «E poi dirò che me l'hai detto te.»
Gli soffio un bacio e lo guardo uscire dal giardino.
E ora a noi.
Dieci minuti dopo, seduta al bancone della cucina, sto esplorando il mondo delle fanfiction a cui avevo dato poco peso. Se mi dovessero dipingere come una stronza giuro che mi incazzo.
La maggior parte sono di ragazzine che descrivono il loro incontri con Ryan, Liam, Jake, Aaron e Chris, amore folle, qualche cattivone che si mette in mezzo e il fiale alla “vissero per sempre felici e contenti”. Il Download dell'ebook è finito, me ne sono accorta adesso.
Mi sono iscritta con un nome falso, ovviamente. Mica potevo scriverci Lindsay!
Torno alla home e fisso la colonna di destra:
Una storia a caso:
True Love is beautiful

Ryan ama Melanie, una ragazza che incontra fuori da un locale agli inizi della carriera, ma Lindsay è cattiva e li vuole dividere. Ma Melanie non si arrende e riuscirà a stare con l'amore della sua vita!


Autore: MrsMelanieGreen-Messer91 | Data di pubblicazione: 8 Dicembre 2015 | Data di aggiornamento: 23 Gennaio 2016 | Rating: Pg14 | Capitoli: 4 | Completa: No| Personaggi: Ryan, Lindsay Mars, Svetlana, Un po' tutti, Nuovo personaggio|Coppia: Ryan/OC | Generi: Romantico, Drammatico, Sentimentale, Angst, Lime, Violenza |Parole: 8553| Recensioni: 14 | Kudos: 4
Melanie Green-Messer?
Melanie Green Messer?
Se quel novantuno è l'anno di nascita... No, non può essere lei.
Clicco sul suo nome e mi ritrovo nel suo profilo: “Sono nata il 30 Dicembre del 1991, vivo a Miami e amo alla follia Ryan!!!!!!!!!!!”
No, cazzo, è proprio la Piaga. Leggiamo sta minchi... storia, volevo dire.
“Lindsay fermò in un angolo del bagno Melanie, mentre Svetlana chiudeva la porta a chiave. «Devi stare lontana da Ryan!» gridò Lindsay afferrando Melanie per le spalle.
«Io lo amo.» pigolò la ragazza.
«Lui non ti ama, cretina.» sputò Svetlana.
«Mi ha dato questo.» disse Melanie e alzò la mano sinistra, mostrando il solitario che brillava all'anulare sinistro.
«Dammelo, idiota.» sbraitò Lindsay e mentre Svetlana teneva ferma Melanie le strappò l'anello dal dito, graffiandole la mano fino a farla sanguinare. Infilò l'anello in tasca e iniziò a colpire la povera Melanie, che aveva solo la colpa di amare ed essere ricambiata da Ryan. Anche Svetlana si unì al pestaggio. Poi le due uscirono, lasciando la poverina sanguinante sul pavimento del bagno dei disabili.”
Ma che cazzo?!
No, io la uccido. Sul serio. Io non sono violenta, proprio no. È lei quella cha ha cercato di affogarmi!
“«Hai picchiato Mel!» gridò Ryan guardando Lindsay.
«Non è vero.» disse lei. «Io non picchio la gente.» disse.
«Io l'amo, cerca di capirlo.» esclamò Ryan.
«Tu ami il mio corpo.» disse Lindsay e si sbottonò la camicetta, mostrando a Ryan che non portava il reggiseno.
I due si baciarono e si avvinghiarono sul divano della casa di Ryan, lei su di lui. Nessuno dei due sentì la porta aprirsi, Melanie entrare e fermarsi a due passi da loro. Mentre usciva pensò a n modo per fargliela pagare.”
Oh. Mio. Dio.
Apro Facebook in un'altra scheda e Svetlana è online. “Guarda qui e incazzati!” digito, sbattendo furiosamente le dita sulla tastiera. “A metà del secondo capitolo!” scrivo e faccio copia e incolla del link, poi mi alzo, apro il freezer e tiro fuori una vaschetta di gelato.
Ho bisogno di tanti cibi grassi, così tanti grassi che il mio sangue sarà pieno di colesterolo.
In frigo, dentro una caraffa in pirex trovo della panna montata, così mi riempio una grossa tazza di cioccolato variegato alla Nutella, panna cotta, cioccolato, annaffio il tutto con un po' di vodka — chissà, magari un po' d'alcol mi aiuterà a dimenticare — aggiungo la panna montata che ricopro con topping al cioccolato.
Intanto il bing della chat continua a strillare.
“Ma che cazzo?!”
“Io l'ammazzo, giuro!”
“Ma è cretina?!”
“Se ce l'avessi davanti le sputerei negli occhi!!”
“BRUTTA STREGA DI MELANIE!!!!”
“Hai visto?”
le scrivo.
“Ho visto.” digita lei, “Cazzo, Melanie è proprio una piaga psicopatica.” scrive, “Oh, guarda le recensioni!”
Cosa? Quelle non le ho viste. Rimedio subito. Affondo il cucchiaio nella ciotola e vado a curiosare le recensioni. Oh, circa la metà sono negative.
“Il tuo nick è Melanie, nella bio hai scritto di chiamarti Melanie... un po' di self insertion?
Non credo che Lindsay e la sua amica siano veramente così. Penso che si arrabbierebbero molto se scoprissero che scrivi tanto male di loro.”

Oh, brava ragazza. Anche se arrabbierebbero molto è un eufemismo!
Oh, c'è una nuova recensione, di una certa “IrinaK91”, dice: “Ma ti leggi? Ma come puoi scrivere certe stronzate? Ma non ti vergogni? TU sei veramente convinta che Linds e Svetlana potrebbero fare questo! Ma curati e non scassare il cazzo, razza d'idiota! E ricorda che Ryan non ti ama e non ti amerà mai, visto che ti ha bloccato su ogni social esistente! Capra, capra, capra!”
Oh.
Quell'Irina mi ricorda qualcosa.
Torno a Facebook, “Tu ne sai qualcosa della recensione di due secondi fa?” scrivo a Svetlana.
“No.”

Risposta secca, ma non mi frega! “Al diavolo, cocca. Irina è il nome falso che usavi prima di compiere ventun'anni!”
“Eh...”
“Eh cosa?”
scrivo. “Ti sei incazzata per benino!"
“Se fossi lì la strozzerei, guarda. Ma sono qui e spero che capisca.”
“È Melanie La Piaga, cazzo vuoi che capisca?”
scrivo.
“Attiva skipe, stella.” scrive lei, così lo faccio.
«Oh, ma hai letto la dichiarazione?» sbotta non appena siamo collegate.
«Sì.» biascico.
«Ryan la fissò, “Io credo di essermi innamorato di te, Mel.” disse Ryan prendendole le mani.
“Oh.” commentò lei. “Ti amo anche io!” disse felice. Poi Ryan si chinò e la baciò, rendendola ancora più felice.» legge Svetlana. «Proprio una bella dichiarazione.» commenta.
«Già.» mugugno a bocca piena.
«Niente a che vedere con una litigata sotto la pioggia, a un “ti amo” urlato.» sospira lei. «O con un ti amo detto dentro la vasca idromassaggio.» continua.
«Bhe, ma anche se Melanie avrà avuto a stento un ragazzo, può sforzarsi un po' di più.» dico.
«È idiota.» esclama lei. «Dai, lasciagli anche tu una recensione!» trilla.
Mi fermo, il cucchiaio a metà strada fra le mie labbra e la tazza. «Cosa?» faccio guardando la faccia della mia amica.
Lei annuisce, «Sì, sì.» dice, «Una bella recensione al vetriolo.»
Puoi farlo, Linds, mi dico mentre mangio un po' di gelato. «Sì.» esclamo. «Lo faccio adesso.» annuisco.
«Brava ragazza.» dice Svetlana, «Avvertimi subito quando lo fai, qui la cena è pronta.» esclama, «A dopo!» mi saluta e un secondo dopo la chiamata finisce.
Cosa potrei scriverle? “Razza di idiota, che cazzo scrivi?” No, troppo diretto. “Ma ti droghi?” troppo breve. Oppure potrei farle notare tutti gli errori di grammatica, ortografia e sintassi, oltre ai buchi di trama.
Ma sì, facciamolo.

“Questa storia fa acqua da tutte le parti.”
Diretta e concisa.
“Ci sono un sacco di errori sparsi per tutti i capitoli.”
E glieli elenco tutti.
“Hai trattato Jake, Liam, Aaron e Chris come esserini stupidi che credono alla prima stordita che passa e non alla loro manager.”
Se lo facessero li evirerei.
“E poi Ryan... nelle note dici di conoscerlo bene ma non mi sembra vero: altrimenti non lo descriveresti come uno senza palle, che prima giura di amare la protagonista (che ha il tuo stesso nome, guarda caso!) e poi va a letto con Linds.”
Se Ryan mi tradisse lo impiccherei al primo lampadario disponibile.
“E veniamo a Lindsay: dici di conoscerla, di essere andata al suo stesso liceo e poi la dipingi come una bulletta uscita da una gang di disadattati proveniente dai bassi fondi, così come Svetlana. Non ti vergogni di averle dipinte in modo così orribile, meschino, e da demente?”
E vai, Linds, instillale il dubbio. È lei o non è lei?
“Per ora è tutto. Questa storia fa schifo ma voglio vedere fin dove scenderai, perché ormai sei sul fondo del barile.”
Perfetto! Adesso la rileggo e poi invio. Intanto mangio ancora un po' di gelato.

«Ci sei andata giù pesante!» esclama Svetlana una mezz'ora dopo.
«Oh, sì.» dico. «Se lo merita, quella Piaga psicopatica.» esclamo. Adesso sono nella mia stanza, seduta sul letto a gambe incrociate, il portatile davanti a me.
«Già.» annuisce lei, «Chissà se capirà che sei stata te a scriverle, Miss Veronica.» ridacchia. Veronica era il nome falso che avevo fatto scrivere sui documenti falsi che usavo prima di compiere ventun'anni.
«È idiota.» replico. «Oh, è arrivata una mail.» dico e prendo il cellulare. «Ha risposto!» squittisco e vado ha controllare il sito. «Tu non sai niente!» leggo, «Ha aggiunto una mare di punti esclamativi.» noto, «Io li conosco e Lindsay è una vera arpia stronza, è stata lei ad allontanarmi dai ragazzi!» continuo a leggere.
«È pazza.» commenta Svetlana.
«Avrei potuto esserci io al suo posto!» continuo a leggere. Ovviamente usa almeno cinque punti esclamativi alla volta, «Quella è una stronza che mi odia!» dico.
«Che cretina.» sospira Svetlana.
«Io so com'è fatta! Anche la sua amica Svetlana è una stronza!»
«Io la uccido.»
«Dopo di me, cocca.» sorrido alla mia amica. «Se non ci fosse stata lei io e Ryan avremo potuto stare insieme! È lei che lo ha allontanato da me!» continuo a leggere. «Io la odio e non capisci un cazzo, stronza!»
«Che piaga.» sospira Svetlana, «È ancora convinta che Ryan la ami, stupida idiota.»
«Le rispondo.» dico, «Grazie per gli insulti.» dico mentre digito, «Queste cose Lindsay le verrà a sapere, perché io la conosco.» continuo, «Non ne sarà contenta.» mi fermo per bere un sorso di birra, «Stai attenta, ho già fatto uno screenshot della storia e uno di questo messaggio e glieli manderò stasera stessa.»
«Uh, va benissimo!» cinguetta lei. «Ha risposto anche a me.» dice, «Mi ha scritto che non capisco un cazzo e che lei sa come sono veramente.» sbotta. «Cretina.» esclama, «Dovrebbe farsi curare.» sospira, «Lo dirai a Ryan?»
Dirlo a Ryan? Non ci avevo pensato. «Tu lo dirai a Liam?» chiedo di rimando.
Svetlana scrolla le spalle, «Non penso.»
«Ecco, non lo dirò anche io.» sospiro. «Già è stressato per il tour, poi se gli dico questa è la volta buona che le dà due schiaffi.» dico, «E poi nei guai ci va lui, mica quella rintronata.»
Svetlana rimane qualche secondo in silenzio, «Sì, giusto.» dice, «Anche il mio ciccino è tanto stressato, povero.» sospira, «Mi manca così tanto.» mormora, il faccino triste.
«Ma se lo hai visto cinque giorni fa!» le ricordo, «E lo rivedrai fra quattro giorni!» sbotto.
«Mi manca.»
«Non ne hai ancora parlato con i tuoi?» domando.
Lei scuote la testa, arrotola una ciocca di capelli attorni all'indice e sospira, «No.» risponde dopo un'istante, «È complicato.» sospira, «E in più mi continuano a riempire di progetti... devo trovare il momento giusto.» dice, «Spero che arrivi presto.»
«Anche io.» le sorrido. Averla qui sarebbe bellissimo. Così Liam non mi sveglierebbe più all'alba!

***

Quando rientro nella mia stanza trovo Ryan seduto alla scrivania, il mio portatile aperto. «Che fai?» domando.
«Curioso.» risponde lui, poi mi guarda, «È veramente la Piaga?» domanda.
Oops, ha scoperto tutto. «Ehm... sì.» rispondo.
«Ti ha descritto come una violenta.»
«Lo so.»
«E psicopatica.»
«L'ho letta.» dico.
«Non mi hai detto niente.» replica lui fissandomi, le mani posate sui braccioli.
Scrollo le spalle, «Non è niente.» dico e mi avvicino, «Niente che non possa risolvere.»
Lui mi bacia la fronte, «Svetlana lo sa.»
Non è una domanda. «Sì.» ammetto.
«Neppure lei è ritratta come un'agnellina.» dice.
«E non era un'agnellina neppure quando lo ha scoperto.» sospiro sedendomi in braccio a lui.
Ryan ride e mi abbraccia, «Immagino.» esclama. «Cosa farai?» chiede.
«Niente.» rispondo e guardo lo schermo. «C'è un nuovo messaggio.» dico, mi sistemo meglio e lo leggo: «Puoi anche dirglielo, tanto non credo che la conosci veramente.»
«Minchia se è imbecille.» sospiro.
«Si sapeva.» dice Ryan mentre mi tocca i capelli, facendomi rilassare.
Apro Facebook, sblocco Melanie e inizio a scriverle un messaggio: “Mi è giunta voce che scrivi fanfiction su Ryan e gli altri. Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che hai descritto me e Svetlana come due psicopatiche che picchiano le persone perché non hanno di meglio da fare.
Tu sei idiota, lo sai? Sei tu che hai cercato di affogarmi, brutta imbecille.
O aggiusti il tiro o ti denuncio e lo faccio sul serio. Ryan lo sa ed è molto deluso e incazzato anche lui. Lui vorrebbe denunciarti e chiedere una diffida nei tuoi confronti per non farti più avvicinare a noi due e agli altri del gruppo oggi stesso ed è un miracolo se sono riuscita a trattenerlo. Quindi vedi di cambiare le cose, Piaga Psicopatica che non sei altro.”

Clicco invio e mi sento meglio.
«Capirà?» domanda Ryan.
«Spero di sì.» rispondo e chiudo gli occhi godendomi le sue carezze sulle braccia.
Rimaniamo così, la mia schiena appoggiata al suo torace, la testa contro la sua spalla, le sue braccia attorno a me, per un po',fino a quando non arriva una notifica di un nuovo messaggio. Afferro lo smartphone, «È La Piaga.» dico. «No, ti prego non dirlo a Ryan!» leggo, «Ma le si è incastrato il tasto con il punto di domanda?» sbotto, «Non voglio una diffida! Ti prego non dirglielo!»
«Ma non ha capito che lo so già?»
«È scema.» sospiro. «Guarda che lo sa.» dico mentre digito la risposta, «Ryan ha letto la tua stupida storia offensiva.» continuo, «Quindi evita di scrivermi di non dirglielo perché lo sa già!» dico e invio il messaggio.
«Se non capisce è proprio deficiente.» sospira Ryan e mi bacia sotto l'orecchio, «Siamo soli, giusto?» domanda e annuisco. «Che ne dici di usare l'idromassaggio?» soffia nel mio orecchio.
Sorrido. «Direi che si può fare.»

***

Comunque Melanie è imbecille: prima mi insulta, poi mi dice di non dirlo a Ryan, le rispondo che lui lo sa già, mi riscrive di non dirglielo, le ripeto che lui o sa... e lei che cosa fa? Aggiorna la storia, con un capitolo delirante in cui accusa me e Svetlana di essere delle stronze che vogliono tenerla lontana da Ryan.
Imbecille. Per fortuna che qualche ragazza le scrive che sbaglia a descriverci in questo modo orribile...
Mi piacerebbe davvero, ma davvero mandarle una bella denuncia! Così magari capisce che è una cretina.
Ma credo che l'unica soluzione decente sia ignorarla, così smetterà con i suoi deliri da Piaga Psicopatica.
Forse.

*-*-*

Londra, The 02 Arena. Eccoci qui. La prima tappa europea sta per iniziare.
Il sound check è stato fatto, così come le foto per i pacchetti Vip. E Lindsay ovviamente era gelosa, anche se non lo ammetterà mai! È così adorabile quando fa l'indifferente.
«Pronti?» domanda lei.
«Sì.» rispondo, e così fanno Aaron, Liam e Jake, anche se è un po' pallido. Fortunatamente non ha vomitato. Chris, invece, ha il faccino triste: Yelina gli manca tantissimo, come ci ha ripetuto per tutto il viaggio, mentre andavamo in albergo, quando stavamo venendo qui, durante le prove... ogni momento è buono per ricordarci che gli manca tantissimo. È peggio di Liam! Almeno Liam ha ragione a lamentarsi, Chris no: lui e Yelina non stanno inseme! Però noi siamo stronzi insensibili se glielo facciamo notare...
I nostri strumenti sono già sul palco, manchiamo solo noi. Mi sta venendo un po' di tremarella.
«Stai bene?» mi chiede Linds.
«Sì.» soffio in risposta, «Tutto bene.»
«Tremi.» sorride lei.
«Non è vero.» replico.
Lei sorride, «Distendi le braccia, palmi verso il basso.»
«Sto bene.» dico.
«Ryan...»
Lo faccio, altrimenti me lo ripeterà all'infinito.
«Tremi.» dice.
È vero, merda.
«Smetterò.» sospiro e l'abbraccio.
«Lo spero.» soffia lei sul mio collo e io chiudo gli occhi e la stringo un po' di più.
«Grazie, eh.» mormoro e le bacio il collo.
«Prego.» dice Linds e si allontana di un passo da me, stringendomi comunque i fianchi.
Le sfioro il naso e lei ride.
«Preparatevi.» esclama Carl, «Siete in scena fra cinque minuti.»
Di già?!
«Okay.» sospiro.
Linds mi bacia la guancia, «Sei il migliore.» soffia, «Siete i migliori.» aggiunge e va ad abbracciare anche gli altri.
Le luci si spengono, il pubblico urla. Afferrò il plettro dalla tasca e mi avvio verso il palco, Lindsay dietro di noi. Prima di entrare l'afferro per un polso, sotto le dita il bracciale che le regalai a Natale, e la bacio velocemente sulle labbra.
È il mio portafortuna.

*-*-*

Siamo in Italia, per la prima tappa di questo stato, poi andremo a Roma. I biglietti sono sold-out e c'è un casino di gente.
E sono pazzi. Completamente fuori di testa!
Mentre qualche ora fa guardavo le centinaia e centinaia — ma saranno almeno diecimila persone! — ho visto scene impressionabili: ad un certo punto hanno iniziato a cantare tutte quante Best Of You, Inside Me e altre canzoni, sventolando cartelloni e striscioni. E tutto questo nello spiazzo fuori dai cancelli del Mediolanum di Assago.
I ragazzi hanno anche un supporter, un ragazzino italiano, uscito da un reality. Se ne va in giro e si comporta come se fosse il più bravo e il più bello.
Beata gioventù.
Oddio, parlo come mia madre!
Ho bisogno di un caffè.
Subito.
«Linds? È ora del sound-check.»
Sospiro e annuisco a Carl, «Arrivo.» dico. Speriamo che siano calme, le italiane. E che non allunghino troppo le mani. Entreranno duecento persone: cinquanta faranno le foto singolarmente con il gruppo, le altre verranno divise in gruppetti da cinque.
Carl le fa entrare e le saluta, ricordando loro di mantenere la calma.
«Ci-ciao.» balbetta Ryan in italiano da sopra il palco mentre quelle si sistemano ordinatamente in file più po meno ordinate.
E che il sound-check abbia inizio!

Se quello non la smette di andare in giro come se ce l'avesse d'oro giuro che lo strangolo con quella stupida pashmina rosa a fiori blu che porta al collo, “Per proteggere la gola” ci ha detto in un inglese stentato. Non siamo stati noi a volerlo, è stata la casa discografica italiana che ce lo ha appioppato. Non c'era qualcuno che se la tirasse meno? Adesso è sul palco che canta. Non ha una brutta voce, ma è insopportabile!
«Tutto bene?» mi chiede Ryan mentre mi massaggia piano le spalle.
«Quello mi fa venire i nervi.» dico e lui ride.
«È un ragazzino.» dice.
«Ha appena diciotto anni, si sente il re del mondo.» replico. «È insopportabile.» sbuffo.
Ryan mi bacia la fronte e mi stringe, «Non farci caso.» soffia, «Pensa ad altro.» mormora, «A me, per esempio.»
«Egocentrico.» mormoro stringendomi a lui.
Ryan ride. «Ma io sono molto molto meglio.» dice, «E poi sono geloso se pensi agli altri!» ridacchia.
«Siete pronti?» esclama Carl, «Fra mezz'ora tocca a voi!» dice.
Un coro di sì si leva dai ragazzi, e Chris è felicissimo perché Yelina gli ha augurato buona fortuna per questa sera.
Se quando torniamo a casa non la invita fuori anche per un caffè giuro che l'appuntamento lo organizzo io!
I minuti passano veloci e in un baleno è l'ora che i ragazzi salgano sul palco.
Le luci sono abbassate, il palco è avvolto da fumo finto e fasci di una debole luce bluastra.
Appena i primi accordi partono parte un urlo da assordare i timpani: credo che i vetri del circondariato si siano rotti in mille pezzi.
E poi Ryan inizia a cantare.
E non c'è cosa più bella.



Buongiorno! Ecco qui la seconda parte di questo settimo capitolo... ad un certo punto sono partita per la tangente...
E sì, mi riferisco al pezzo sulle fanfics, xD
Grazie a tutti.

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Capitolo 10
*** 8. Don't wanna lose you now Parte I ***


We Start Over

Otto
Don't Wanna Lose You Now - Parte I -
*** Baby I know we can win this ***



Brenda non ne può più: le fa male la schiena, ha le caviglie gonfie — quando se le vede, perché si lamenta di non riuscire a vedersi i piedi tanto è grossa la pancia.
L'altro giorno è entrata nella trentasettesima settimana, ormai ne mancano solo tre, e la bimba potrebbe nascere anche prima!
Sì è lamentata anche del fatto che non può uscire a festeggiare il suo trentesimo compleanno — che è stato ieri — come si deve perché è grassa, ha le gambe gonfie, non si vede i piedi, deve andare in bagno ogni quarto d'ora, soffre di flatulenza, ha le emorroidi... secondo me la sta facendo tragica!
«Tutto bene?» mi chiede Ryan.
«Sì.» rispondo e chiudo gli occhi quando mi bacia la fronte, «Brenda è un pelo isterica.»
Lui ride e mi abbraccia, «Saranno gli ormoni.» dice.
«Già.» sospiro e lascio che mi faccia qualche coccola.
«Quanta roba hai preso?» chiede lui massaggiandomi le spalle.
Apro un occhio, «Per chi?» chiedo.
Ryan ride, «Per la piccola.» risponde.
«Mah, niente di che.» rispondo, «Giusto un paio di cosine...»
Un paio di cosine per tipo, specifichiamo. Ma è meglio non dirglielo. E non dirlo a Greg.
«Un paio di cosine.» soffia Ryan nel mio orecchio, le sue mani che si muovono sulle mie braccia, «Io cinque sacchetti pieni di roba non li chiamo un paio di cosine.» ride.
Faccio una smorfia offesa, «È la mia seconda nipote, la prima femmina.» replico, «È giusto che abbia tanti regali.» annuisco mentre lui mi bacia il collo.
«A Greg verrà un infarto quando vedrà tutta quella roba.» dice Ryan.
«Nah,» replico a occhi chiusi «sarà così preso dalla bimba che non ci baderà.» sospiro. 
Lui ride ancora, «Speriamo.» dice.
Ho già detto che è imbecille?

***

Chris è insopportabile, davvero. Capisco che gli manchi Yelina, ma cavolo, non può fare il depresso: quei due non sono una coppia!
Ma lui piange e si dispera, è quasi peggio della Piaga.
«Chris,» lo chiamo dolcemente «guardami.» dico, «Ormai mancano sei settimane al suo ritorno.» sospiro.
«È troppo.» pigola lui, «Mi manca.» singhiozza.
Evito di alzare gli occhi al cielo e dargli due sberle, «Quando tornerà le chiederai di uscire, okay?» sbotto, «Perché sono stufa di ascoltare i tuoi piagnistei.» borbotto.
«Sei insensibile.» replica lui.
«Sei insensibile, Linds.» gli fa il verso Ryan.
Chris lo guarda male, «E se mi dicesse di no?» mormora fissandomi, gli occhioni blu pieni di lacrime.
«Non ti dirà di no.» rispondo, anche a costo di supplicare Yelina di dirgli di sì.
Lui si lascia sfuggire un singhiozzo, «Lo spero.» soffia, «Perché io l'amo.»
Alzo gli occhi al cielo e guardo Ryan, che sta preparando i waffles; lui ricambia e sorride.
Incomincio ad avere mal di testa.
Intanto Chris guarda fuori dalla finestra, il faccino triste. Fa un sospiro profondo che sembra quasi un singhiozzo. «Mi manca.» mormora.
«Non piangerai di nuovo, vero?» sbotta Ryan mettendogli davanti un piatto con un paio di waffles ricoperti con marmellata di fragole. I nostri, invece, hanno la Nutella.
Chris fissa Ryan e sospira di nuovo, «Insensibile.» dice sottovoce. «Stavo pensando di farmi un tatuaggio.» annuncia dopo aver mangiato un pezzo dl dolce. «Un cuore alato con dentro il nome di Yelina.»
Ma è scemo!?
«Ma sei scemo?» sbotto, «Un tatuaggio con il suo nome?» esclamo, «Ma neanche Liam è arrivato a tanto, è lui è un vero rompi quando è lontano da Svetlana!»
Chris mi fissa e Ryan cerca di non ridere, «Le dimostro il mio amore.» replica, le labbra sporche di marmellata.
«Dimostri solo che sei coglione.» ride Ryan.
«Siete insensibili.» sbotta Chris, «È un tatuaggio!» dice agitando le mani.
«Vuoi tatuarti il nome di lei, Chris.» sospiro e bevo un sorso di latte, «Dentro un cuore alato! Che cosa trash.» sospiro.
Lui sbuffa. «Insensibili.» ripete, «Non mi volete capire.» soffia.
«Vuoi farti un tatuaggio osceno con il nome di lei tatuato.» esclamo, «E se la storia finisse?» domando. Potrebbe anche non iniziare se Chris non la smette di fare il pirla.
Chris mi guarda e si morde le labbra, «Non finirà, lo so.» pigola, «Io l'amerò per sempre.» annuncia.
Oh. Mio. Dio.
È completamente andato.

***

«Tu sei pazzo.»
«Idiota.»
Jake e Liam.
Chris li fissa incrociando le braccia, l'aria offesa. «È un tatuaggio.» ripete.
«È una roba pacchiana e trash.» esclama Aaron.
Siamo riuniti da Ryan, per la riunione d'emergenza “impediamo a Chris di fare una stronzata di cui poi si pentirà amaramente”. Per ora funziona poco.
«Voi non capite.» sospira Chris, «Insensibili.» dice e beve un sorso di birra. «Yelina mi manca così tan-» si blocca quando Jake gli tira uno schiaffo sulla nuca, «Ahi!» si lamenta, «Perché? Mi hai fatto male.» sbotta.
«Perché sei scemo.» replica Jake, «Come puoi pensare che sia una cosa carina? È da scemi! E se poi ti molla? E se poi la molli? E se non diventerete mai una coppia?» esclama mentre Chris diventa sempre più pallido, «Stupido.» sbuffa.
Chris arriccia le labbra, «Idioti.» sibila e trangugia un paio di sorsi di birra.   «Siete così... insensibili e con poco tatto.» dice. «Oh, non facevate così con Liam!» sbotta.
«Io con Svetlana ho una storia, tu no.» replica l'interessato. «E non volevo e non voglio tatuarmi il suo nome.» aggiunge.
«Non vuoi tatuarti il suo nome?» esclama Chris, «Perché?»
«Perché non mi piacciono i tatuaggi con i nomi.»
«Non sei romantico.» sospira Chris.
«È il Karma, Christopher.» ride Jake.
«Idiota.» replica Chris.
Che mal di testa. 

***


Siamo alla casa discografica, intenti a pianificare quello che succederà fra due giorni durante una trasmissione televisiva, sono piccole cose, tipo orari, cosa dovranno fare o dire.
«Chris, ti è morto il gatto?» sbotta Carl.
«No.» risponde lui.
«Allora levati quella faccia da depresso.» continua spostando una foglio da una mano all'altra.
«Mi manca.» sospira Chris.
«A me manca dormire otto ore, ma non faccio una tragedia.» replica Carl senza alzare lo sguardo dal foglio che ha in mano.
Il mio telefono, che ho lasciato sulla scrivania inizia a vibrare, così lo prendo, giusto per controllare la notifica. “Brenda è in travaglio!”
«Sto per ridiventare di nuovo zia!» esclamo alzandomi in piedi, «Brenda è in travaglio!» annuncio. Ancora poche ore e potrò vedere la mia nipotina. «Non ti servo, vero?» domando a Carl, «Allora vado via per qualche giorno! Ciao!» esclamo e afferro la mia borsa.
«Dove stai andando?» esclama Ryan alzandosi in piedi.
«A fare la valigia, mi sembra ovvio.» rispondo.
«La valigia?» domanda Ryan, «Perché?»
«Sei stupido?» sbotto, «Perché voglio andare a Houston.» spiego, «Voglio vedere la mia nipotina!» trillo.
Ryan mi fissa, gli occhi azzurri spalancati, «Cosa?» esclama, «Ma Linds!» protesta.
«Puoi andare.» esclama Carl trattenendo una risatina.
Sorrido, mi avvicino a Ryan e gli do un bacio sulla fronte. «Ci vediamo dopo.» esclamo ed esco dall'ufficio.
«Per quanto starai via?»
Mi volto verso Ryan e lo fisso, guardando il faccino triste. «Quattro giorni al massimo.» rispondo.
«Quattro?» ripete lui, «Ma è tantissimo!» esclama, «Come farò?» mormora, «Non siamo stati mai lontani così a lungo.» protesta.
Sospiro. «Lo so.» esclamo, «Partirò stasera.» gli sorrido, «Così staremo insieme un po'.»
Lui mi tocca i capelli. «Va bene.» sospira, «Mi manchi già.» mormora. «Dio, sto diventando come Liam.» commenta e ride, poi mi abbraccia, «A dopo.» soffia baciandomi il viso. «Mi mancherai.» mormora e le porte dell'ascensore si aprono, escono un paio di uomini che non so chi siano, li osservo allontanarsi.
«Ci vediamo dopo.» saluto Ryan, entro nell'ascensore, spingo il pulsante del piano terra e aspetto che le porte si chiudano.
La mia nipotina sta per nascere!

***

«Sicura di non aver esagerato?»
Fisso Ryan e mi mordicchio l'unghia del pollice per smettere praticamente subito.
«Sì.» rispondo.
Lui mi fissa e incrocia le braccia al petto, «Linds?» mi chiama e io distolgo lo sguardo dalla mia mano e lo fisso, «Non mentire.» esclama trattenendo una risata.
Okay, forse ho esagerato un pochino.
«Linds, e i tuoi vestiti dove li metti?»
Fisso Ryan e sospiro, «Io...» mormoro e guardo la valigia, piena di vestitini e giochini per la bimba. C'è anche un giochino per Cam, oltre che qualcosa per Greg e Brenda. E non c'è spazio per i miei vestiti. «Io...» ripeto.
«Togli qualcosa.» esclama Ryan sollevando un sacchetto. «Questo è adatto ai bambini di sei mesi!» nota.
«Ehm... sì.» confermo.
«Lascialo a casa.» dice lui, «Glielo dai la prossima volta.» suggerisce.
Inspiro a fondo. Forse ha ragione. «Va bene.» acconsento, «Alcune cose gliele darò quando verranno qui.» dico, anche perché se mi presento con un bagaglio da dieci chili pieno di vestiti e giochini poi Greg mi sgrida. Meglio evitare.
Tolgo alcune cose e le ripongo nell'armadio.
«Adatto a bambini dai dodici mesi...»
Mi volto e vedo Ryan con in mano la scatola di un gioco.
«Linds, la bambina non potrà giocare con questo per almeno un anno.» mi fa notare indicando l'età scritta in rosso sulla scatola bianca.
«Lo so.» rispondo.
«E perché l'hai preso?» domanda posando la scatola sul letto.
«Perché è carino?» propongo.
«Lindsay, non ti pare di esagerare?» domanda indicando le cose sparse sul letto.
«Non credo.» mormoro. Forse ho esagerato, ma non lo ammetterò mai. 
«E sono cose per tua nipote, se fosse tua figlia che faresti?»
Mia figlia? Sono troppo giovane per avere un bambino! «Io...» mi mordo le pellicine attorno all'unghia del pollice.
«Tu svaligeresti l'intero negozio.» ride lui.
Deglutisco e sospiro, «Probabilmente sì.» ammetto in un sussurro.
Lui afferra un'altra scatola, «Qui cosa c'è?» domanda.
«Una macchinina radiocomandata.» rispondo.
«Per la bimba?»
«No, è per Cam.» rispondo sistemando alcuni vestiti nella valigia.
«Un regalo per lui? Perché?» Ryan si siede sul letto, la scatola fra le sue mani.
«Perché diventa un fratello maggiore.» rispondo. «E perché adesso si concentreranno tutti sulla bambina, è giusto che qualcuno pensi anche a lui.»
Ryan scuote la testa, le labbra piegate in un sorriso. «Va bene.» sospira e mi fissa mentre, finalmente, riempio la valigia di vestiti, lasciando qualche tutina e vestitino per la bambina, qualche sonaglino da appendere alla culla o alla carrozzina, e il giochino per Cam. La chiudo nell'esatto momento in cui il campanello suona: deve essere il fattorino con le pizze.
«Vado io.» esclama Ryan ed esce dalla mia stanza.
Sistemo la valigia accanto alla porta e vado di sotto. Il mio aereo parte alle 21:35 dal Miami International Airport e arriverà allo Houston George Bush Intercontinetal Airport alle 23:46, da lì prenderò un taxi e andrò a casa di Greg, anche se probabilmente troverò solo mamma e papà — loro sono partiti verso le tre — e ovviamente Cam. Greg sarà di sicuro in clinica con Brenda.
In cucina osservo Ryan aprire i cartoni delle pizze e sistemarli sul bancone, afferro due bottiglie di birra e mi siedo di fronte a lui. Abbiamo ancora un'ora e mezza prima che arrivi il taxi che ho prenotato.
«Cosa farai mentre sono via?» domando sollevando una fetta di pizza al salmone e gamberetti. Il pizzaiolo ci è andato pesante con i condimenti e un paio di gamberetti cadono nella scatola.
Ryan sospira, «Non lo so.» risponde e beve un sorso di birra, «Mi deprimerò.»
Rido, «Davanti agli altri?» domando. 
Lui si blocca e mi guarda, «Ehm... non credo.» risponde, «Liam e Chris tirerebbero fuori la storia del Karma, Jake e Aaron mi prenderebbero in giro.» mugugna.
Rido ancora, «Povero ciccino.» esclamo e gli tocco una mano.
«Non prendermi in giro!» squittisce lui. «Non è carino.» dice.
«Lo so.» ribatto, «Ma tu avevi una faccia così buffa!»
Ryan mi fissa, la bocca aperta, «Linds!» esclama, «Io mi deprimo e tu mi prendi in giro.» mormora, «Non sei simpatica.»
Mi sporgo sul bancone, stando attenta a non rovesciare nulla e lo bacio, cogliendolo di sorpresa. Lui mi stringe il viso fra le mani e ricambia il bacio, stringendomi il viso fra le mani.
«Lo sai che se ci sbrighiamo a finire la pizza, poi ci rimane un po' di tempo...» lascio cadere la frase mentre torno a sedermi composta.
Le labbra di Ryan si piegano in un sorriso, «Uhm, giusto.» dice e infila in bocca un grosso pezzo di pizza.
«Non strozzarti.» esclamo mentre lui manda giù qualche sorso di birra.
«Non mi strozzo.» mormora lui, «Lo giuro.»
Sorrido e mangio un altro pezzo di pizza.

Ormai sono quasi le otto, il taxi dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Io e Ryan siamo in giardino, a pochi passi dal cancello di casa. Passo la borsa che userò come bagaglio a mano da una mano all'altra e sospiro mentre Ryan muove i piedi sulla ghiaia, spostando sassolini da una parte all'altra.
«Marisol arriva domani alle nove.» gli ricordo, «Chiedi a lei se dovessi aver bisogno di qualcosa.»
Lui annuisce e si volta verso di me. «Mi manchi di già.» mormora, le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Sorrido, «Anche tu.» soffio e mi avvicino e lo abbraccio, inspirando il suo profumo, la sua guancia contro la mia.
«Tieni.» mormora Ryan staccandosi da me, infila una mano in tasca e tira fuori un piccolo orsetto di peluche con una maglietta rossa, una R bianca stampata sul davanti di essa, e un anellino portachiavi attaccato al berretto, rosso anche quello.
«Perché?» domando prendendo il piccolo pupazzo.
«Perché si.» risponde lui, «È il mio vecchio portachiavi.» dice. «Tienilo.»
Sorrido e lo abbraccio di nuovo, stampandogli un grosso bacio sulla guancia. «Grazie.» mormoro.
Rimaniamo così fino a quando un auto non si ferma davanti al cancello. «Andiamo.» dice lui afferrando il mio trolley, «Anche se non vorrei.» sospira aprendo il cancello.
Il tassista infila il trolley nel bagagliaio e ne approfitto per stringermi a Ryan e baciargli le labbra. «Chiamami quando arrivi.» soffia sulla mia guancia.
«Ovvio.» sussurro e mi stacco da lui, che apre la portiera. «Ciao.» lo saluto.
Lui si limita ad agitare la mano e a rimanere fuori dal cancello fino a quando il taxi non riparte.

Sono sull'aereo dell'American Airlines. A questo non ho pensato quando ho prenotato il volo. Al decollo e all'atterraggio. Magari mi alzo e mi avvicino a quel tizio dall'altra parte del corridoio e lo imploro di stringermi la mano. Lo chiederei al mio vicino, ma l'aereo è mezzo vuoto e accanto a me non c'è nessuno.
«Vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza.»
Troppo tardi, la voce metallica ha appena decretato la mia condanna. Inspiro a fondo e allaccio la cintura con le mani che tremano. E pensare che ormai dovrei essere abituata a volare. Deglutisco e artiglio i braccioli, poi mi ricordo del portachiavi di Ryan, ancora nella tasca della mia felpa; lo prendo e lo stringo nella mano sinistra, infilando l'indice nell'anello. Lentamente l'aereo inizia a rullare e a muoversi, un attimo dopo si stacca dal suolo. Posso farcela, posso riuscirci. Espiro lentamente e fisso il sedile davanti a me.
Dopo quella che mi pare un'eternità la lucetta verde che indica che si possono slacciare le cinture di sicurezza si illumina: siamo in quota! 
Slaccio la cintura e mi rilasso, rimetto il pupazzetto in tasca e prendo la rivista che avevo infilato nella tasca del sedile. Inizio a sfogliarla, saltando da una pagina all'altra senza soffermarmi troppo su nessuna di essa, tranne quando arrivo alla pagina “Stili da copiare”: ci sono attrici, una Kardashian, cantanti, un'altra Kardashian, modelle, ancora Kardashian, prezzemoline, una certa Lindsay Mars...
No, aspetta. Cosa? Ma quella sono io!
Fisso la foto che mi ritrae davanti alla casa discografica, un caffè in una mano e lo smartphone nell'altra, la borsa appesa al braccio sinistro. Quando è stata scattata? Non riesco a capirlo.
Leggo la didascalia, “Stile semplice ma azzeccato, con i jeans skinny che mettono in risalto le gambe e la maglia che...”*
Oh, i miei vestiti piacciono!
Adesso capisco il perché di tutti quei tweet che stamattina mi taggavano insieme al profilo della rivista!
Sono finita su un mensile e non perché fotografata insieme a Ryan e agli altri, ma per come vesto! È meraviglioso! Chissà se Svetlana lo sa. Appena atterro le mando subito un messaggio!
Continuo a sfogliare la rivista, ma continuo a tornare sulla pagina con la mia foto, vorrei alzarmi in piedi e urlare “Io sono su una rivista e voi no!” ma poi verrei presa per matta, quindi taccio.
Sono così felice!
Ma mi manca Ryan.

L'aereo è atterrato puntuale, sono andata in bagno, ho ritirato il mio bagaglio e adesso sto cercando l'uscita. Spero di non perdermi, l'ultima volta che sono stata a Houston è stata l'otto febbraio del 2012, quando è nato Cameron, quindi più di quattro anni fa.
Seguo i cartelli e arrivo in un grande atrio, dove mi sento chiamare. Spero che non sia una qualche fan di Ryan, sono troppo stanca per poter rispondere senza insultare. Oh, e se fosse qualcuno che ha letto la rivista e mi ha riconosciuto? Sarebbe bellissimo.
«Lindsay!»
È papa, che è ancora meglio, così non sarò costretta a prendere un taxi da sola. Lo raggiungo sorridendo e gli bacio le guance. «Credevo di dover tornare da sola.» esclamo.
Lui sorride, «Sorpresa.» esclama e prende il trolley, «Andiamo.» dice e lo seguo fuori dall'edificio, fino al parcheggio.
«Non prendiamo un taxi?» chiedo.
«Sono qui con la macchina di Brenda.» spiega.
Giusto, perché pagare un taxi quando c'è un auto a disposizione?
Il suv non è lontano e lo raggiungiamo in meno di un minuto, sistemo la valigia sul sedile posteriore e mi siedo.
Dopo una mezz'ora arriviamo a casa di Brenda e Greg. 
«Dormirai con Cam, lo sai?»
Guardo papà mentre posteggia davanti al garage, «Cosa?» domando.
«Bhe, nella stanza degli ospiti ci siamo io e mamma, l'altra camera degli ospiti è diventata nursery...» spiega lui, «Puoi dormire sul divano, se vuoi.»
«No, il letto nella cameretta di Cam va bene.» sospiro e sbadiglio.
Scendiamo dall'auto ed entriamo in casa, saluto mamma e poi salgo al piano di sopra, per prepararmi ad andare a dormire.
Ormai è quasi l'una, per me, perché Houston è indietro un'ora rispetto a Miami, quindi qui è appena mezzanotte,  quando apro piano la porta della stanza di Cam, usando la torcia del cellulare per illuminare, non voglio accendere il lampadario perché ho paura che Cam si svegli e poi mi tocchi farlo addormentare.
Osservo il bambino, è incredibile che abbia già quattro anni, mi sembra ieri la prima volta che l'ho preso in braccio, un esserino piccolo e indifeso, che mi fissava con gli occhi spalancati e la bava che gli sporcava le piccole labbra.
Gli rimbocco le coperte, collego il cellulare al caricabatterie e, finalmente, posso dormire.

***

Sento una vocina e qualcuno che mi tocca. Apro gli occhi per richiuderli subito.
«Zia.»
«Cam?» domando, confusa. Mi volto piano e apro gli occhi, mio nipote è accanto al mio letto e mi fissa.
«Zia.» ripete.
«Mmh... che c'è?» domando.
«Devo fare pipì.» risponde lui.
«Vai.» sbadiglio.
Le labbra del bambino si piegano in un broncio, «Aiutami, zia.» esclama. «Zia!» dice e mi tocca la faccia, «Aiutami.» ripete e saltella sul posto.
Mi sa che la cosa è urgente. «Arrivo.» sbadiglio ancora e mi alzo, infilo le ciabatte e seguo mio nipote in bagno.
Non capisco quand'è che dovrei aiutarlo, visto che usa la tazza da solo.
«Il sapone.» esclama il bambino dopo aver tirato l'acqua, si avvicina a me con le mani protese.
«Uhm, sì.» dico, ancora mezza stordita. Apro l'acqua mentre lui avvicina la piccola pedana blu scuro al lavandino, ci sale sopra e infila le mani sotto al getto d'acqua, per poi lavarsele da solo. Gli serviva il mio aiuto solo per il sapone? Deve solo spingere il dosatore!
Sbadiglio ancora, «Vai in camera, arrivo subito.» gli dico.
«Perché?» domanda lui asciugandosi le mani.
«Devo usare il bagno.» rispondo ma Cam rimane fermo, «Non puoi restare qui.» gli dico, ma lui si limita a fissarmi senza muoversi.
Io non faccio pipì davanti a lui!
«Cam... ieri sera ho messo delle mollette sul comodino, me le vai a prendere, per favore?» domando con un sorriso.
Lui annuisce felice ed esce dal bagno, lasciandomi un po' di privacy. Torna mentre mi lavo le mani, il faccino triste, «Non ci sono, zia.» dice.
«Oh, non importa.» dico e mi asciugo le mani, «Le cercherò dopo.» gli bacio una guancia e lo prendo in braccio, «Facciamo colazione?»
«Sì.» risponde lui battendo le mani.
Scendiamo le scale mentre il cellulare di papà trilla, lui lo prende e credo che legga un messaggio, un attimo dopo sorride, «Amanda è nata dieci minuti fa!» esclama.
Amanda? L'hanno chiamata Amanda? Ma è un nome bellissimo!
«È nata la tua sorellina!» mi rivolgo a Cam, «Sei felice?» gli domando entrando in cucina.
«No.»
Cosa? «Come no?» domando, «È una cosa bellissima.» esclamo posandolo sulla sua sedia. «Sei diventato un fratello maggiore.» gli sorrido, ma lui piega le labbra in un broncio e mi fissa, il labbro inferiore che trema leggermente.
«No.» mormora, «Voglio la mamma.» piagnucola.
«Che succede?» domanda mamma entrando in cucina.
«Vuole la mamma.» rispondo osservando le lacrime che scivolano sulle guance paffute del bambino. «E non è contento della sorellina.»
Mamma sorride, «Cam, tesoro, lo vuoi un po' di latte?» domanda raggiungendomi per poi piegarsi per guardare il bambino negli occhi.
Lui annuisce, «Con la crostatina al cioccolato.» mormora.
Mamma drizza la schiena, «Dovresti mangiare i cereali.» dice e Cam inizia a piagnucolare di nuovo, «Va bene, e crostatina sia.» sospira e si dirige ai fornelli.
Afferro un tovagliolo di carta e pulisco il visetto di Cam, «Voglio la mamma.» mormora.
«Fra poco la vedrai.» esclamo e gli scosto i capelli castani dalla fronte. «Facciamo colazione, ci vestiamo e andiamo da lei.»
Lui annuisce e fissa mamma che posa davanti a lui una tazza di latte caldo, con dentro due cucchiaini di cacao, poco dopo arriva anche la crostatina, ancora confezionata, al cacao. Cam la prende e inizia spezzettarla.
«Non si fa così.» gli dico e ringrazio mamma per la tazza di caffè e latte.
«Sì.» replica il bambino.
«Ma no...» mormoro, lui mi passa il dolcetto e mi chiede di aprirlo, così lo faccio, prestando attenzione a non far cadere nemmeno la briciola più piccola: o il sospetto che Cam si arrabbierebbe molto se ciò succedesse.
Quando gli porgo la confezione aperta lui sorride e ne versa il contenuto nella tazza, per poi mescolare tutto con il cucchiaio dal manico blu. Credo sia inutile dirgli che non si fa così. 
Il mio telefono suona: è Ryan. Con il telefono in una mano e la tazza nell'altra mi allontano dalla cucina. «Ehi.» esclamo rispandendo alla chiamata.
«Linds.» dice lui, «Come va?»
«È nata!» trillo dopo aver bevuto un sorso di caffè «Si chiama Amanda.»
«È un bel nome.» esclama Ryan, «L'hai già vista?»
«Siamo ancora a casa.» rispondo, «Stiamo facendo colazione.» aggiungo.
«Come hai dormito?» domanda.
Sospiro e bevo altro caffè, «Bene.» rispondo e mi siedo sul divano, «Anche se Cam mi ha svegliato perché doveva andare in bagno.»
Ryan ride, «Ti ha cercato per tutta casa?» 
Sbuffo, «Ho dormito nella sua stanza.» replico, «L'altra stanza degli ospiti è stata trasformata in una nursery, e l'alternativa era dormire sul divano.»
Lui ride ancora, «Almeno il letto era comodo?»
«Idiota.» borbotto, «Sì, il letto era comodo.» dico, «In ogni caso... l'ho accompagnato in bagno, l'ho aiutato a lavarsi le mani, solo che poi scappava a me, ma lui non se ne voleva andare.» mi fermo e bevo un po' di caffè, sento Ryan ridere.
«Cosa hai fatto?»
«L'ho mandato a cercare le mollette che avevo lascito sul comodino.» rispondo.
«Mollette?» domanda lui, «Ma ieri non le avevi, le hai prese in aeroporto?» chiede.
«No.»
«E allora...» borbotta lui, «Come?»
Sorrido, «Indovina?»
Lui rimane in silenzio per qualche secondo, poi ride ancora, «Non c'erano!» ride, «Diabolica.»
«Dovevo pur inventarmi qualcosa.» mi giustifico e vedo Cam entrare in salotto.
«Zia, zia, devo vestirmi.» esclama il bambino.
Sospiro, «Devo andare.» dico, «A dopo.» saluto Ryan, «Ti manderò qualche foto.»
«A dopo, salutami tutti.» esclama mentre io mi alzo e finisco il caffè, «Ti amo.»
«Anche io.» mormoro. «Mi manchi.» dico entrando in cucina, Cam che mi segue e continua a chiamarmi, «Sarà meglio che vada.» sospiro posando la tazza nel lavello.
Ryan ride ancora, «Va bene, ci sentiamo dopo.» esclama. Lo saluto e chiudo la comunicazione, anche perché Cam mi sta chiamando a gran voce.
Pochi minuti dopo siamo in camera. Lui vuole indossare la maglia nera con il logo di Batman e i pantaloni della tuta rossi.
«Tesoro, perché non metti i jeans e la camicia?» propongo piegandomi sulle ginocchia per poterlo fissare negli occhi, «Non vuoi essere carino per la tua sorellina?»
Lui mi fissa, le labbra piegate in un broncio, «No.» esclama, «Batman!»
Sospiro. È un vero testone! Chissà da chi ha preso...
«La maglia di Batman e i jeans.» propongo, «Va bene?»
Lui mi fissa per qualche secondo, «Va bene, zia.» acconsente.
Meno male, ho risolto la cosa in pochi minuti.

Una ventina di minuti dopo siamo tutti in auto, posteggiati davanti al fiorista. Papà è dentro per comprare un vaso di gardenie per Brenda, io sono seduta dietro, accanto a Cam che ogni tanto piagnucola che vuole la mamma. Speriamo che non si metta a piangere.
Papà esce dal negozio, un grosso vaso azzurro di gardenie bianche, e lo infila nel bagagliaio, accanto alla loro borsa con il regalo per Brenda e il mio.
«Voglio la mamma.» piagnucola Cam quando il navigatore segnala che mancano solo quattro miglia alla clinica privata.
«Ancora cinque minuti e la vedi.» gli dico e gli tocco i capelli.
«Adesso.» mormora il piccolo, il labbro superiore che trema, gli occhi che diventano lucidi.
Non piangerà, vero?
«Mamma!» singhiozza lui, «Mamma!» ripete e singhiozza sempre più forte.
E adesso cosa faccio?
«Adesso la vedi.» dico e gli accarezzo la testa, scostando i capelli castani dalla fronte, «Pochi minuti e siamo da lei.» dico ma lui continua a piangere, «Mamma.» mormoro e lei si volta verso di me, «Cosa facciamo?» chiedo. Mi spezza il cuore vedere il mio nipotino piangere. Sicuramente mamma saprà cosa fare.
«Lascialo piangere.» risponde lei, «Ormai siamo arrivati.» dice e indica la struttura della clinica poco lontano da noi.
Ah. Dobbiamo lasciarlo così? Ma povero Cam.
Gli pulisco il visetto con un fazzoletto di carta, «Non piangere.» sussurro, «Siamo arrivati.» aggiungo. Cam smette lentamente di piangere, ma non di piagnucolare.
Papà posteggia non molto lontano dall'ingresso, così libero Cam dal seggiolino, e lui si stringe a me, afferrando i miei capelli. Prendo la borsa e scendo. Papà prende la pianta dal bagagliaio mentre mamma le due borse.
Entriamo nel grande atrio bianco, con cicogne che volano appese qua e là, il pavimento di marmo bianco e un enorme bancone sormontato da un top di legno chiaro.
«Dov'è la stanza di Brenda?» chiedo.
«Al terzo piano.» risponde papà.
Mentre andiamo verso gli ascensori noto il bar in fondo al corridoio. «Cam,» sussurro «se fai il bravo e smetti di piangere dopo ti compro un muffin al cioccolato.»
Lui alza la testa dalla mia spalla e mi fissa, «Davvero?» mormora mentre mamma schiaccia il pulsante di chiamata dell'ascensore.
«Davvero.» sorrido al mio nipotino. Anche lui sorride.
In breve arriviamo al terzo piano, che brulica di infermiere, ostetriche, dottori e gente venuta a trovare i nuovi arrivati. Entriamo nella stanza trecentotré e il visetto di Cam si illumina quando vede Brenda.
«Mamma!» trilla e si dimena, così lo poso a terra e lo osservo mentre corre verso il letto e ci si arrampica sopra, per poi farsi stringere da sua madre.
«Ehi, congratulazioni!» abbraccio Greg, che ha l'aria a metà strada fra l'essere stanco e l'euforico.
«Grazie.» dice lui trattenendo uno sbadiglio.
Mi avvicino alla culla accanto al letto di Brenda e fisso la bambina che dorme, il ciuccio fra le labbra. È così piccola! Indossa una tutina rosa chiaro, ha le guance paffute e manine minuscole. È un vero amore! Tutta da sbaciucchiare! Chi resiste a quelle guanciotte?
Greg la solleva e me la posa fra le braccia, un piccolo fagottino rosa con una sottile peluria castana in testa. 
«Ciao, tesoro.» soffio e la piccola Amanda apre gli occhi e mi fissa per qualche istante prima di chiuderli. Ha gli occhi di un blu scuro, che diventerà castano quando crescerà. Oh, questo lo so, giusto perché l'ho letto.
Cullo per qualche istante la bambina, poi mamma la prende dalla mie braccia e io vado a salutare Brenda, che abbraccia ancora Cam.
Mamma tira fuori il regalo che hanno fatto lei e papà: un buono Amazon, una maglietta dei Miami Heat con relativo cappello e una tutina gialla.
Adesso tocca a me. Ho solo una cosa per la bambina. Bhe, qui, perché a casa... meglio non pensarci, ecco.
Afferro il pacchetto e lo passo a Brenda, che si fa aiutare da Cam per scartarlo, anche perché ho la sensazione che Cam non voglia spostarsi da lì.
«È bellissima, grazie.» esclama Brenda sollevando la tutina lilla con un grosso unicorno stampato sul davanti e una gonnellina, C'è anche il berretto coordinato, con un fiore applicato proprio in cima.
Poi è il turno del regalo solo per Brenda: un pacchetto completo fatto di massaggi, manicure, pedicure e parrucchiere, dieci sedute ciascuno, nel centro estetico che frequenta qui a Houston.
«E quando ci andrai?» domanda Greg.
«Quando tu starai a casa un pomeriggi con i bambini.» replica Brenda. Sbaglio o Greg è sbiancato?
Ridacchio e gli allungo il regalo per lui. Lui osserva la scatola ricoperta da una carta lucida blu, «Ah.» commenta.
«E poi non dire che penso solo a Cam.» esclamo e fisso papà che culla Amanda. Sono così carini! 
Greg non replica e scarta il regalo, «Oh, grazie.» dice fissando la cintura di pelle e un portafoto d'argento da tenere in ufficio. Io l'ho preso perché lo tenga in ufficio, poi può metterlo dove vuole.
«Vuoi vedere la sorellina?» domanda Brenda a Cam.
«No.» risponde i bambino, «Lasciala qui.» mormora stringendosi a lei.
«Cameron!» esclama Greg, «Non dire così!» lo rimprovera.
«Da qualcuno ha preso.» commenta mamma.
«Non da me.» replica mio fratello.
«La sera in cui siamo tornati a casa dall'ospedale con Lindsay, abbiamo ordinato la pizza.» dice papà, «E tu hai chiesto al fattorino “Vuoi mia sorella? È appena nata, te la regalo.”» continua papà in falsetto.
Cosa?
«Hai cercato di regalarmi al fattorino della pizza?» sbotto, «Greg!»
«Io... ehm...» lui si fa aria con la mano, «Ero piccolo!» dice.
«Avevi un anno abbondante più di Cameron.» ride papà. «E hai cercato di regalare tua sorella anche al fattorino del fiorista, al corriere, alla vicina di casa, a Julian, quello che curava la pubblicità del nostro locale dell'epoca...» continua, «Avrò sicuramente dimenticato qualcuno.»
«Ma Greg.» sospiro, «Sei stato cattivo.» dico.
Lui mi abbraccia, «Ero piccolo.» si giustifica.
«Anche Cam è piccolo.» gli faccio notare.
«Ehm... sì.» mormora lui e si allontana.
«Cam, se guardi Amanda poi ti do una cosa.» esclamo.
«Linds!» sbotta Greg e io gli sorrido. Oh, lui ha cercato di regalarmi quando ero neonata e io non posso fare un piccolo ricatto?
Cam si siede sul letto, «Cosa?» mi chiede.
«Prima saluta la sorellina, poi te lo do.» rispondo.
Il piccolo è riluttante, ma alla fine guarda Amanda che è fra le braccia di Greg e le tocca piano una guancia. Oh, ma sono così carini! Recupero il cellulare e scatto un paio di foto, prima che Cam scosti la piccola Amanda e scenda dal letto.
«Il mio regalo, zia.» dice fissandomi.
«Regalo?!» esclama Greg, «Lindsay!»
Lo ignoro, «Cam, vai a sederti lì.» mi rivolgo a mio nipote e gli indico la sedia. Lui obbedisce e si siede composto, così prendo l'ultimo pacchetto e glielo porgo.
Lui strappa la carta con foga, lanciandola  terra, «Oh, macchinine!» dice. Non è una macchina radiocomandata, sono due.
Ma sono nella stessa scatola, quindi è un regalo solo.
«Giochiamo, zia!»
«Dopo, tesoro.» esclamo, «Qui non si può.» spiego. Lui fa il broncio, ma non piange.
Restiamo ancora un po' con loro, scatto alcune foto ad Amanda da mandare a Ryan e Svetlana, poi io, mamma, papà e Cam torniamo a casa per pranzo.
E cam si è dimenticato del muffin.
Mentre siamo in auto apro la galleria delle foto del cellulare, ne selezione uno, la ritaglio, lasciando solo il mio indice sinistro stretto nella manina di Amanda e la condivido su Instagram.
“Sono di nuovo zia! Benvenuta piccola Amanda ♥" scrivo.
Oh, devo dire a Svetlana della mia foto sulla rivista! Ieri non l'ho fatto, ero troppo stanca.

***

«Che pagina è?» domanda.
«Non ricordo.» rispondo, «Più o meno a metà.» butto lì.
«Uhm, okay.» dice lei e sento il rumore delle pagine che vengono sfogliate velocemente. «Trovata!» esulta.
«Hai letto?» gongolo.
«Sì.» sospira lei, «Oh, sei su una rivista.» dice, «Accanto alle Kardashian !» squittisce, «Voglio esserci anche io!»
«Magari un giorno ci finirai.» le dico, «Con Liam.»
«Oh, sarebbe fantastico!» sospira. «Non vedo l'ora che sia il ventinove.» esclama. «Rivedrò il mio ciccino!»
«Lo so.» dico e osservo Cam che si avvicina al divano sul quale sono seduta.
«Giochiamo?» esclama il bambino, «Zia, lo hai promesso!» cantilena.
«Subito, tesoro.» gli dico, «Devo andare, stella.» mi rivolgo a Svetlana, «Ci sentiamo domani.»
«Okay.» fa lei, «A domani, e salutami tutti!» trilla.
Mi assicuro che la chiamata sia terminata e poso il cellulare sul divano e vado a prendere le macchinine radiocomandata.
Spiego a Cam come funziona il telecomando. «E non andare a sbattere contro gli oggetti, va bene?»
Lui stringe il telecomando e annuisce, «Sì, zia.» risponde.
Giochiamo per un po' e Cam è veramente bravo, non va a sbattere contro nessun mobile o parete.
Smettiamo quando è l'ora della merenda. Poi andremo di nuovo da Brenda e Greg tornerà a casa con noi. Lei uscirà dalla clinica dopo domani, e noi ripartiremo quel pomeriggio.
«Zia, il muffin.»
Guardo Cam mentre sistemo le macchine nella scatola. «Ehm... non c'è.» dico.
«Ma me l'avevi promesso.» mormora lui, il labbro inferiore che trema.
«Io... io...» deglutisco, «Mi sono dimenticata.» esclamo.
«Ma io lo voglio!» Cam sbatte i piedi per terra, «Lo voglio.»
«Non piangere, Cam.» pigolo e mi inginocchio davanti a lui, «Lo prendiamo, giuro.» dico e gli accarezzo i capelli.
Lui mi fissa, «Zia...» inizia a piagnucolare.
Non piangere, per favore!
«Che succede?» chiede mamma.
«Quando eravamo alla clinica gli ho promesso che se avesse fatto il bravo gli avrei preso un muffin.» spiego.
«Al cioccolato.» specifica Cam.
«Solo che ce ne siamo dimenticati.» continuo.
Mamma mi fissa come se fossi stupida, «Possiamo andare là un po' prima.» dice, «Così Cam avrà il suo muffin al cioccolato.» aggiunge prendendo in braccio il bambino.
Cam sorride e batte le mani, «Sì!» esclama, allegro. Ma non stava per piangere? 
I bambini non li capisco!
«Vai a cambiarti.» mamma posa a terra Cam, «Vado a dire al nonno di prepararsi.» aggiunge.
«Sì, nonna.» esclama Cam, poi si avvicina a me, «Andiamo!» ordina prendendomi la mano.
Piccolo despota!
Prima è a un passo dallo scoppiare a piangere, adesso mi dà ordini. Saliamo al piano di sopra ed entriamo nella sua cameretta, lo aiuto a cambiarsi, anche se ci riesce da solo, lo so.
Riesco giusto a lavargli velocemente le mani prima che corra di sotto, tutto eccitato. Non so se è il caso di dargli altri zuccheri.
«Andiamo? Andiamo? Andiamo?» ripete Cam saltellando da una parte all'altra.
«Un momento.» esclama papà.
«Andiamo?» ripete Cam, «Voglio il muffin!» strilla a pieni polmoni.
Inspiro a fondo e mi avvicino, «Adesso andiamo.» gli dico, «Devi metterti le scarpe.» indico i suoi piedi avvolti dalle calze azzurre. Lui se li fissa, poi corre alla porta di ingresso, si siede sulla panca e infila le scarpe, poi mi chiama per aiutarlo a stringere i lacci di velcro.

Quando siamo in auto il mio telefono squilla.
È Ryan! «Ehi, ciao.» esclamo rispondendo alla chiamata.
«Trentacinque foto?» ride lui, «Ciao, Linds.»
«Scusa.» ridacchio, «Mi sono lasciata prendere la mano.» ammetto. 
«Un po' troppo.» commenta, «Come va? Cam fa il bravo?»
«Tutto bene.» rispondo, «Cam è... Cam.» dico.
«Con chi parli?» domanda il mio nipotino.
«Con Ryan.» rispondo, «Vuoi salutarlo?» domando e lui annuisce, così allungo il braccio verso di lui, vicino al suo orecchio sinistro.
«Ciao Ryan.» trilla Cam, «No, è brutta.»
Chi è brutta? Non io, spero!
«La zia mi ha regalato le macchinine.» continua lui, e io mi chino per cercare di sentire cosa dice Ryan. «La zia non sa giocare.»
Io non so fare cosa?
«Adesso mangio il muffin al cioccolato.» esclama Cam, «Poi vado dalla mamma.» aggiunge. «Ciao.» esclama e mi scosta il braccio.
«Chi è brutta?» domando riportando il cellulare all'orecchio.
«Amanda.» ride Ryan.
«È geloso.» esclamo mentre papà si ferma a un semaforo. «Credo sia normale.» aggiungo.
Ryan ride, «Lo è.» dice. «E ha detto che non sai giocare.» ride ancora.
Sbuffo, «Solo perché non volevo che andasse a sbattere contro i mobili.» borbotto ignorando le sue risate, «Uh, sai che sono finita su Fashion Magazine?» gongolo, «Dicono che ho un bellissimo stile nel vestirmi.»
«Tu cosa?» gracchia lui, «Sei finita su una rivista? Da sola?»
«Sì.» rispondo, orgogliosa. «E i miei vestiti piacciono.» gongolo.
«Sono orgoglioso di te.» mormora lui, la voce dolce.
«Ah, davvero?» pigolo. Mi manca tanto, la mi bella pecorella.
«Sì, tesorino.» dice. «È arrivato Liam.» esclama.
«Vi deprimerete insieme?» ridacchio.
«No.» risponde, «Io non mi deprimo.» dice, «Basta lui per entrambi.»
«Uhm, giusto.» esclamo. «Quindi non ti manco?» domando a bassa voce, mentre Cam canta una canzoncina che deve aver imparato a scuola.
«No, no, mi manchi.» risponde lui, «E anche tanto.» dice.
«Anche tu.» soffio.
«Ci sentiamo dopo.» esclama.
«A dopo.» dico. 
Mi manca tantissimo e non sono neppure ventiquattr'ore che siamo lontani!



Per prima cosa mi scuso per l'enorme ritardo ma ho avuto un blocco. Adesso dovrei essermi sbloccata.
Vi ricordo che nella mia bio potete trovare il link al mio profilo wattpad. Seguitemi anche lì!
Grazie!

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Capitolo 11
*** 8. Don't wanna lose you now Parte II ***


We Start Over

Otto
Don't Wanna Lose You Now - Parte II -
*** Baby I know we can win this ***



«Tesoro, lo sai che l'aereo atterra anche se non mi stritoli le dita?»
Guardo papà, poi la mia mano che stringe le sue dita. «Ehm... sì.» mormoro e allento la presa.
Stiamo tornando a casa. Ieri Brenda è uscita dalla clinica con la piccola Amanda e Cam è stato nervoso tutto il giorno e anche stamattina. L'altra notte si è svegliato piangendo e chiamando la mamma; ho provato a calmarlo, l'ho cullato, gli ho massaggiato la schiena, cantato una ninna nanna... ma niente, non smetteva. Così ho fatto l'unica cosa che mi è venuta in mente: l'ho portato da Greg. Sono entrata nella sua stanza con il bambino piagnucolante in braccio, mio fratello si è svegliato, mi ha fissato con un occhio chiuso e uno aperto, gli ho detto che non riuscivo a calmare Cam e ho lasciato il mio nipotino sul letto, per poi fuggire da quella stanza prima che Greg capisse cosa fosse successo.
Poi il piccolo è stato nervoso tutto il giorno, voleva Brenda, voleva stare in braccio, in clinica non voleva vedere la sorellina. Quando Brenda è tornata a casa non si è staccato da lei per un attimo, e quando mia cognata doveva allattare Mandy, Cam iniziava a piangere, singhiozzando rumorosamente.
Spero si sia calmato.
E che non cerchi di picchiare la piccola, visto che ci ha già tentato più volte.
L'aereo finalmente si ferma, respiro profondamente e lascio la mano di papà.
Miami.
Casa dolce casa.
Ryan.

Arriviamo a casa che sono ormai le undici di sera. Appena il taxi si ferma davanti a casa Ryan arriva di corsa. Mi è mancato così tanto!
Prende le valige mentre papà paga, «La tua è più leggera.» commenta prima di baciarmi velocemente sulle labbra.
«Com'è andata?» aggiunge mentre entriamo in casa, ignoro il suo commento, anche se è vero: la mia valigia è più leggere di quando sono partita.
«Bene.» rispondo, «A parte la gelosia di Cam.» sospiro.
Ryan ride, «È normale.» dice, «Marisol ha preparato il polpettone per domani.» dice e mamma annuisce.
Saliamo nella mia camera e mi sdraio sul letto con uno sbadiglio. 
«Stanca?» Ryan si siede accanto a me e mi stringe la mano.
«Tanto.» mormoro chiudendo gli occhi. «Mi sei mancato.» soffio mettendomi seduta e lo abbraccio, posando la testa sulla sua spalla.
«Anche tu.» mormora lui e mi bacia la testa.
«Venerdì prossimo arriva Svetlana.» esclamo, «Ripartirà martedì mattina.» aggiungo e mi alzo.
«Liam lo sa?» domanda lui mentre afferro un pigiama dal mobile. 
«Credo di sì.» rispondo. «Spero non rompi le palle come al solito.» sospiro e mi chiudo in bagno.
Quando torno in camera trovo Ryan già a letto, che mio fissa. «Dormiamo?» chiede.
«Ovvio.» rispondo raggiungendolo. Lo abbraccio, inspirando il suo profumo e godendomi il calore della sua pelle.
Sono stati solo pochi giorni ma mi è mancato tantissimo.

***

A fatica apro gli occhi, cerco a testoni il cellulare e mi domando perché non lo spenga. Ah, già. Lavoro.
Con un occhio chiuso e uno aperto, fisso la faccia di Carl  che appare sfuocata sullo schermo. «Che c'è.» biascico. Avrò schiacciato la cornetta verde? Bhe, credo di sì, visto che non suona più, «Sono le otto, è presto.»
«Chris è in prigione.»
«Salutamelo.» sbadiglio, capendo appena cosa dice. Ho sonno!
«Linds...» sospira Carl, «Chris è in prigione.» ripete, scandendo bene le parole.
No, cosa?
Mi siedo sul letto, «Chris è in prigione?» esclamo e vedo Ryan aprire gli occhi. 
«Già.» conferma Carl, «Per ubriachezza molesta e perché ha dato un cazzotto a un paparazzo.»
Oh. Cazzo.
«Cazzo.» sbotto, «Ma è scemo?» esclamo.
«Che succede?» biascica Ryan.
«Chris ha fatto il coglione e ora è in galera.» spiego. Lui alza gli occhi al cielo e si gira dall'altra parte.
«Imbecille.» borbotta.
«Devo fare qualcosa?» chiedo a Carl.
«Al momento niente, ho già scritto io un messaggio sui profili del gruppo.» risponde, «Ma oggi pomeriggio ci vogliono tutti qui.»
Sbadiglio, «Uhm, okay.» mormoro, «A che ora?»
«Le tre e mezzo.»
«Okay.» sbadiglio, «Gli altri li chiami tu?»
«Fallo te, per piacere.» risponde Carl e in sottofondo sento Annie che parla con i gemelli, «Potrei essere molto volgare.»
«Va bene, tanto Liam è con Svetlana nella stanza di Ryan.» dico, «A dopo.» chiudo la chiamata, poso il cellulare al suo posto e torno a sdraiarmi. Ryan posa la testa sulla mia spalla.
«Cosa ha fatto di preciso?»
Sbadiglio e gli tocco i capelli, «Ubriachezza molesta, qualunque cosa voglia dire.» spiego, «E ha dato un pugno a un paparazzo.»
«Idiota.» sospira lui.
«Alle tre e mezza dobbiamo essere in ufficio.» aggiungo.
«Perché?» domanda lui sollevando la testa.
«Boh, credo per farci la ramanzina.» rispondo.
«Stupido idiota.» mormora.

***

Alle tre e mezza in punto entriamo nella grande sala riunioni. C'è Carl, Joshua, Rachel e un tipo che non conosco.
«Sedetevi.» ordina il tipo sconosciuto, un cinquantenne con una pancia enorme, la faccia chiazzata di rosso e un riporto fatto male che gli copre la fronte, «Io sono Raymond Pratt.» esclama mentre ci sediamo, io fra Ryan e Svetlana.
Questo tizio non mi piace, ha l'aria da stronzo viscido.
«Queste cose non mi piacciono.» esclama sventolando uno dei quotidiani che riporta in prima pagina quello che ha combinato Chris.
«Mi dispiace.» pigola Chris, «Non volevo.» dice, la testa bassa e la voce che è poco più di un sussurro. «Mi dispiace.»
Raymond ci fissa, tutti quanti. Ha lo sguardo cattivo, stringo un po' di più la mano di Ryan.
Ho il terrore che le cose possano andare male con questo qui.
«Signorina Mars.»
Cosa ho fatto? Io non posso stare attaccata al loro culo ventiquattr'ore su ventiquattro!
«Sì?» esclamo, l'ansia che si fa strada in me.
«È licenziata.»
No.
«Da questo momento.»
No.
«Lei non c'entra!» esclama Chris alzandosi  in piedi. «È solo colpa mia! Non la licenzi, la prego!» continua.
Non voglio essere licenziata.
«Stai zitto, nessuno ti ha interpellato.» ribatte Raymond e Chris torna a sedersi, la sorpresa dipinta sul viso.
«Anche Carl è licenziato.»
«Perché?» domanda Aaron, «Non può farlo!» esclama mentre Carl fissa il vuoto.
Raymond lo ignora e si volta verso Rachel. «Anche tu sei licenziata.»
«Io... no. Mi serve l'assicurazione sanitaria per mio fratello.» mormora Rachel.
Ci ha licenziato.
«Perché?» pigolo stringendo con forza la mano di Ryan. Se non fossi seduta sarei già crollata a terra.
«Perché lo decido io.» replica quello, «State facendo le cose sbagliate.» aggiunge, «Siete troppo gentili con le fan, fate foto con loro anche se le incontrate per strada, così non comprano i pacchetti vip ai concerti.»
«Non è vero.» dico, «Li comprano ugualmente, finiscono in un paio d'ore.»
Lui mi fissa come se fossi un insetto schifoso e mi rannicchio sulla sedia, spaventata. Perché? Perché ci sta facendo tutto questo?
«E loro due...» indica me e Svetlana, «Andiamo, dei cantanti non possono stare con due cose inutili e scialbe come voi.»
Io lo ammazzo. Lo uccido.
Se solo non fossi così spaventata da essere inchiodata alla sedia.
«Lei non può offenderle.» esclama Carl rivolgendosi a Joshua.
«Può farlo.» risponde l'altro e sospira, come se conosca Raymond e sappia cosa ha in mente.
«Rachel, vai a chiamare le due ragazze che sono nell'atrio.» ordina Raymond. Ma se è appena stata licenziata?!
E poi... le due ragazze? Quelle vestite come Fran Fine, con vestiti pacchiani dai colori accostati in modo osceno? Quelle?
Rachel annuisce e se ne va asciugandosi le lacrime.
«Perché?» chiedo di nuovo.
«Perché sono io che decido.» risponde lui, fissandomi con quegli occhi piccoli, infossati dal grasso presente sulla faccia. «Fra le altre cose... Non dovete più frequentarvi.» aggiunge fissandoci.
«Chi?» pigola Liam.
«Tu e lei,» indica Svetlana «e loro due.»
Io e Ryan.
No.
Non può essere vero. Non è possibile.
Fisso Ryan, che mi guarda, gli occhi spalancati. «No.» soffia.
La porta si apre e Rachel e le due tipe entrano.
«Loro sono Charlotte e Susan.» le presenta Raymond, fissandole orgoglioso. Vorrei fare una battuta su come queste due sono vestite ma non ci riesco.
“Non potete più frequentarvi. Non potete più frequentarvi. Non potete più frequentarvi. Non potete più frequentarvi.”
«Saranno le vostre ragazze.» continua Raymond «Charlotte per Ryan e Susan per Liam.»
È uno scherzo, vero? Un bruttissimo scherzo? Mi sveglierò e scoprirò che non è vero nulla, che questi tre sono solo incubi, che io ho ancora un lavoro?
Vero?
Vero...
Fisso Ryan e deglutisco il groppo che ho in gola che sembra volermi soffocare. 
«Lei non può obbligarci.» esclama Ryan, la sua mano che stringe forte la mia.
«Sì che posso.» replica l'altro mentre le due tizie ci fissano. «Avete firmato un contratto.»
«Nel contratto non c'era nulla di tutto ciò.» dico.
Raymond sorride e ci porge un foglio, «Oh, si che lo avete fatto.»
Prendo il foglio e lo leggo, cercando di ricordare quelle poche cose che ho studiato nel corso di Diritto. Perché l'ho frequentato per un solo semestre? Alla fine, in fondo, c'è la firma di Ryan. «Questa parte non c'era nel contratto che abbiamo firmato.» esclamo. «È una truffa.» dico. Questo foglio non c'era nel malloppo che abbiamo guardato, letto e firmato quasi due anni fa. Quel foglio che dice che Raymond Pratt può decidere chi i ragazzi debbano frequentare e che può decidere della loro vita.
«Le firme sono false.» esclama Aaron e lo sento dietro di me, la mano posata sullo schienale della sedia.
«Sono vere.» ribatte l'altro, mentre la vista inizia ad annebbiarsi. Non piangerò, non gli darò questa soddisfazione.
«È la mia parola contro la vostra.» continua quello. «Ho il coltello dalla parte del manico.»
«È un reato.» esclama Jake. «Non può obbligarci a frequentare chi vuole lei.»
E mentre loro parlano io penso che questo tizio non possa obbligare Ryan a lasciarmi. Non può. Guardo Carl, che se ne sta in piedi, il viso distorto in una smorfia di dolore, Rachel, invece, ha le mani premute sulla bocca, le lacrime che le bagnano le guance. Senza lavoro non potrà pagare l'assicurazione sanitaria e di conseguenza la fisioterapia per il suo fratellino.
«Devi andare via da quella casa.»
«Da casa mia?» esclama Ryan.
Cosa?
«No!» esclamo. 
«Devi farlo.»
«Ho un contratto di quattro anni.» replica Ryan, che non ha smesso di stringermi la mano. «Ne mancano ancora due.» dice, «Paga lei la penale?»
Raymond lo fissa e deglutisce. «Ascoltatemi.» dice, escludendo la domanda di Ryan.
E mentre quello parla, ordina, e le due tipe sorridono come se avessero vinto la lotteria, il mio cuore si spezza sempre di più.

***

Siamo a casa di Aaron.
Io non... non capisco. Non voglio pensare che tutto ciò sia reale ma lo è.
Sono raggomitolata sulle gambe di Ryan, incapace di fare qualsiasi cosa che non sia starmene qui, con Ryan che mi tocca i capelli e mi accarezza la schiena.
«È colpa mia.» mormora Chris.
«No.» dice Carl, «Quello voleva il mio posto.» sospira, «Ha parlato solo della vostra immagine, di come vi comportate, di cosa fate...» dice, «Quello che hai fatto non gli interessa.»
«Cosa possiamo fare?» domanda Aaron.
Carl beve un sorso di birra, «Niente.» dice. «Non possiamo fare niente.»
Niente. 
Abbiamo dei fogli di carta intestata, con una serie di regole, le firme dei ragazzi sotto di esse. Un foglio che nessuno di noi ricorda di aver firmato.
E la cosa più atroce è che Ryan e Liam dovranno uscire con quelle due cretine, farsi vedere con loro, dire che sono le loro ragazze.
Mi sento male.
«Ma c'è pur qualcosa...» Jake smette di parlare. Non possiamo fare nulla. Nulla.
Mi alzo e afferro la bottiglia di birra e ne bevo un lungo sorso. Voglio dimenticare, voglio una macchina del tempo e tornare indietro.
Invece non è possibile.
Guardo Svetlana, che se ne sta rannicchiata fra le braccia di Liam. E pensare che era venuta qua per annunciare che si era licenziata e che avrebbe potuto trasferirsi qui fra un mese, alla fine di Agosto. Invece nulla.
Come faremo?
Come farò?
Io non se se esco sana da questa cosa.
Bevo ancora e poso la bottiglia sul tavolino e torno a rannicchiarmi sulle cosce di Ryan.

***

«Chiamo Sanders.» esordisce papà quando gli raccontiamo ogni cosa. «Lo chiamo subito.» aggiunge e se ne va verso il suo studio, per chiamare il suo amico avvocato.
Mamma ci fissa e sospira, poi va in cucina, per tornare dopo qualche minuto con un dei bicchieri pieni di acqua.
Ne bevo un po', anche se vorrei che fosse vodka, così magari mi sbronzo e dimentico ogni cosa. Ma lo so che l'alcol non è la soluzione giusta, anche se al momento mi sembra la più ovvia.
Liam si alza dal divano, «Grazie.» dice, «Devo...» si passa le mani sul viso, un gesto che tradisce tutta l'ansia e la stanchezza. «Devo dirlo ai miei.» sospira.
«Torna quando vuoi.» mi sento dire mentre lo accompagno all'ingresso.
Lui mi fissa e annuisce, mi abbraccia prima di uscire.
«Andiamo di sopra?» mormoro e Svetlana annuisce.
Ryan ci segue in camera, «Vado un attimo di là.»
«Cosa facciamo?» soffia Svetlana sedendosi sul mio letto.
Raccogliamo i pezzi?
Andiamo avanti?
Ci lasciamo perdere dallo sconforto?
Rubiamo le ruote della Porsche Boxster Spyder 981 di Raymond?
Lasciamo che il nostro cuore si spezzi per sempre?
«Non lo so.» mormoro mentre l'abbraccio, ci stendiamo sul letto, ancora strette l'una all'altra.
Rimaniamo così per un po', nella mia camera semi buia. Ad un certo punto sento la porta finestra aprirsi e Ryan entrare, riconoscerei il suo profumo ovunque. Il materasso si piega sotto il suo peso, poi mi abbraccia da dietro, mi bacia la testa.
Sfioro il braccio di Svetlana e mi chiedo se supereremo tutto questo, se ce la faremo.
Al momento vedo tutto nero, senza  una via d'uscita.
Riusciremo a vincere questa battaglia?

***

Di solito quando Svetlana viene qua il tempo vola via in fretta, lo passiamo a ridere, fare shopping, a chiacchierare... 
Invece questi giorni sono stati diversi, come avvolti da un pesante telo nero, che ci soffocava lentamente, impedendoci di divertirci. Il mio umore era più adatto a un funerale che a una serata con amici.
Sono sempre triste quando Svetlana torna a casa, ma oggi è diverso, lo so. Oggi non sono solo triste per questo. È che da domani Ryan e Liam inizieranno a uscire con quelle due stupide.
Il contratto non è impugnabile, e nessuno di noi ha abbastanza soldi per rescinderlo; senza contare che i ragazzi dovrebbero trovare un'altra casa discografica.
«Dobbiamo andare.» esclamo.
Svetlana annuisce, «Sì.» mormora, il faccino triste. Scendiamo al piano di sotto, dove ci aspettano Ryan e Liam.
«Veniamo anche noi.» esclama Ryan.
«Cosa?» domando, «Non...» lascio cadere la frase.
«Rimaniamo in macchina.» sospira Liam.
Ah. «Va bene.» dico. Usciamo di casa ed entriamo nella mia auto, Ryan al posto di guida, io al suo fianco, Svetlana e Liam seduti dietro. 
Il viaggio trascorre in silenzio, nessuno parla. Io non voglio parlare.
Arriviamo all'aeroporto in orario. «Vi lascio all'ingresso, poi vado a cercare un parcheggio e ti aspetto.» mi dice Ryan.
Annuisco, «Va bene.» dico e prendo la borsa mentre Ryan accosta davanti l'ingresso.
Io e Svetlana scendiamo dopo che lei a salutato Liam e Ryan, prendiamo i suoi bagagli, poi entriamo nell'enorme edificio, la mia mano che stringe quella di lei.
Ci avviciniamo al banco del check-in evitando le orde dei turisti che tornano a casa. Il turno di Svetlana arriva e la sua valigia viene inghiottita dal nastro trasportatore. 
«Cosa faremo?» domanda lei mentre ci mettiamo in coda per i controlli.
«Non lo so.» sospiro. «Supereremo tutto, vedrai.» le sorrido, mentre lei mi fissa dubbiosa.
Lo sono anche io, ma non posso crollare, non posso. Voglio sperare che vada tutto bene, che tutta questa storia si concluda per il meglio. Devo farlo.
«Dici?» mormora lei, «Non so.» aggiunge scuotendo piano la testa.
«Diciamo che lo spero.» ammetto mentre avanziamo con lentezza. «Andrà tutto bene.»
Lei annuisce e sospira prima di scostarsi una ciocca di capelli dal viso. 
Rimaniamo in silenzio, circondate dal vociare dei presenti e dagli annunci degli autoparlanti, fino a quando non arriva il turno di Svetlana. La stringo forte, trattenendo le lacrime. «Chiamami.» le dico e le bacio una guancia.
Lei annuisce, «Sì.» dice, «Mi mancherai.»
«Anche tu.» soffio.
«Ce la faremo.»
La sua sembra più una domanda che un'affermazione. «Sì.» dico. 
Svetlana mi sfiora la guancia destra con due dita e sorride. «Sì.» esclama e mi abbraccia di nuovo.
Mi sposto, mi chino sotto al nastro e lo oltrepasso, rimanendo lì ad osservarla, finché non scompare.
Ce la faremo sul serio?
All'improvviso la nausea e le lacrime trattenute fino ad ora mi travolgono, così corro nei bagni, mi chiudo nel primo cubicolo libero e faccio alcuni respiri profondi. 
Non ce la faccio. Non ci riesco. 
Mi piego sulla tazza e l'unica cosa che esce dalla mia bocca è bile, mentre le lacrime rigano le mie guance.Inspiro a fondo e strappo un po' di carta igienica con cui pulirmi le labbra. Io non so se ci riesco, se posso farcela. Mi appoggio alla parete, il mento verso l'alto e respiro profondamente. Devo calmarmi, non posso andare da Ryan e farmi trovare sconvolta. Getto la carta igienica appallottolata nella tazza e ne prendo altra con cui soffiarmi il naso.
Adesso mi calmo.
Il mio cellulare squilla e sobbalzo dallo spavento, lo prendo. È Ryan. «Ehi.» dico.
«Linds, stai bene?» domanda.
«Io... sì.» rispondo, anche se è ovvio che non sto bene. «Sono in bagno.» aggiungo, getto l'altro pezzo di carta nella tazza e spingo il pulsante dello sciacquone. «Arrivo subito.»
«Va bene.» dice lui e mi dice in quale settore del parcheggio sia.
«Mi fermo prima a prendere del caffè.» esclamo. Un caffè è quello che ci vuole. No, meglio un cappuccino. «Lo volete anche voi?»
Sento Ryan domandarlo a Liam, «Sì, anche per noi.» dice. «Linds...» aggiunge.
«Sì?»
«Stai tranquilla.»
Sorrido, «Arrivo subito.» esclamo, sentendomi un pochino meglio. Metto via il cellulare, afferro la cipria e mi ritocco un po' il trucco, giusto per nascondere il rossore sulle guance.
Una decina di minuti più tardi sono nel parcheggio, alla ricerca della mia auto. La trovo quasi subito. Busso al finestrino e Ryan mi apre la portiera, poi mi prende il sacchetto dalle mani.
«In quello ci sono dei muffin, vero?» mi domanda.
Fisso l'altro sacchetto poi Ryan, «Ehm... sì.» dico. «Ci sono anche per voi.» mi siedo e chiudo la portiera mentre Ryan dà il caffè a Liam, poi mi passa il mio cappuccino. Lo sorseggio lentamente, mentre sbocconcello il muffin, non ho molta fame.
Ryan parte, lasciando il posto a un grosso SUV grigio metallizzato. Fisso fuori dal finestrino mentre il dj di una radio locale parla di quanto oggi sia una bella giornata.
Per gli altri, forse. Per me no.
E domani sarà peggio perché domani Ryan e Liam usciranno con quelle due. Deglutisco un sorso di cappuccino e trattengo un singhiozzo: avrò tempo per piangere. Mi volto verso Liam e lo vedo con lo sguardo fisso fuori dal finestrino, le labbra socchiuse e gli occhi tristi. Mi sposto su Ryan, trovandolo concentrato sulla guida.
Che schifo. Odio questo momento, queste settimane, questa vita.
Odio tutti.
Tutti quanti.

Io e Ryan ci sdraiamo sul mio letto, Liam è appena andato via. Espiro piano mentre mi accoccolo contro di lui, inspirando il suo profumo. Non potremmo rimanere qui per sempre? Qui, sul mio letto, abbracciati, senza pensare a nulla che non sia noi stessi e questo istante?
«A cosa pensi?»
Guardo Ryan e accenno un sorriso, «A te.» rispondo e lo bacio piano, poi mi stringo di più a lui.
Ryan mi bacia la testa, «Vinciamo noi, Grace.» soffia dopo qualche secondo di silenzio.
Sorrido alla citazione di uno dei miei film preferiti. «Lui si è fatto esplodere con l'asteroide.» gli ricordo.
Ryan ride, «Lo so.» dice, «Ma vinceremo noi, lo so.»
Vorrei chiedergli “Quando?” ma taccio, limitandomi a baciargli la guancia. La mia mente è proiettata a domani, a quando lui uscirà con quella gallina che si fa vestire da una scimmia cieca al buio.
Non devo pensarci. Non devo farlo. 
Devo godermi questo momento: io, lui, abbracciati sul mio letto. Il resto non esiste. 

***

Facciamo un po' di pulizia.
Entro nella cabina armadio, afferro qualche vestito e li poso sul letto e ne aggiungo degli altri, creando una montagnola che minaccia di franare da un momento all'altro.
Prendo la prima custodia e abbasso la zip. No, questo lo tengo, è il vestito che ho usato al diploma. È verde acqua, arriva poco sopra il ginocchio e ha le spalline grosse.
Prendo la prossima custodia. Anche questo lo tengo, l'ho usato alla mia laurea. Verde scuro, di raso, maniche corte, scollatura quadrata, lungo fino a metà polpaccio, con una striscia di un tono più chiaro sotto al seno, decorata da brillantini bianchi.
Tengo anche il prossimo abito, l'ho usato al matrimonio di Brenda e Greg.
Anche questo non lo butto via, e anche questo, e questo... questo, invece lo butto: è uno straccio per la polvere.
Lo getto sulla poltroncina della scrivania e continuo a selezionare gli abiti, dividendoli in pile più o meno ordinate, mentre la radio passa una canzone di Taylor Swift.
«Che fai?»
Sollevo gli occhi dalla pila di magliette e fisso Ryan, fermo sulla soglia della porta finestra, i capelli umidi appiccicati alla testa, goccioline d'acqua che scendono lungo il viso e il collo.
È tornato!
«Sei tornato!» esclamo, «Sto scegliendo quali abiti tenere e quali buttare.» rispondo alla sua domanda.
«Ah.» commenta lui, «Quali butti?» chiede avvicinandosi.
«Quelli sulla sedia della scrivania.» rispondo mentre osservo una maglia bianca con un grosso smile che fa la linguaccia stampato sopra.
«Uhm..» fa lui, «Linds, qui c'è solo uno straccio.»
Cosa? No, io ho selezionato più roba, ne sono sicura! Guardo la sedia e fisso lo strofinaccio bianco e arancione, «Io...» mormoro, «Io... ecco io...»
Lui ride e si siede sul letto, «Tu non sai scegliere.» esclama.
Sbuffo e ripiego la maglia con lo smile. «Non è vero.» replico, «È che ho vestiti bellissimi che uso ancora.» dico.
Insomma, più o meno.
Ryan ride ancora e si sporge verso di me. «Certo, è ovvio.» mormora e mi chino per baciarlo.
«Mi prendi per il culo.» mugugno. «E mi stai bagnando tutto quanto.» mi lamento.
Lui si mette composto, «Oh, lo sai che è una cosa che mi piace fare.»
Porco.
Rimaniamo in silenzio per un po'. «Com'è andata?» domando.
«Una noia mortale.» risponde e sbuffa, «Continuava a parlare di cose stupide .» dice, «Cose che da un orecchio entravano e dall'altro uscivano.»
Bene. 
«E cosa avete fatto?» domando.
Ryan mi guarda, gli occhi azzurri che mi fissano, «Abbiamo camminato, lei ha parlato, ci siamo fermati in una caffetteria... ha preso un decaffeinato con latte di mandorla senza zucchero.» 
Un decaffeinato? Questa è una bestemmia per le mie povere orecchie.
Ryan mi stringe la mano, «Linds, non ho intenzione di portarla da nessuna parte dove siamo stati io e te.» dice e mi sfiora il polso con il pollice.
«Grazie.» mormoro. «Mi aiuti?» domando afferrando una pila di magliette.
«Hai già finito?» domanda lui.
«Sì.» rispondo.
«Non butti via nulla.» nota lui, «Tranne lo straccio.»
«Non ho niente da buttare.» rispondo mentre sistemo i vestiti.
«Certo, ne sono sicuro.»
Guardo Ryan mentre lui mi sorride, una pila di maglie in mano. «Grazie.» dico e l'afferro, per poi sistemarla accanto all'altra. «Perché hai fatto la doccia?» domando.
«Perché quella si è fatta il bagno in un profumo troppo dolce e nauseabondo.» risponde Ryan, «Avevo la nausea.»
Annuisco, «Okay.» esclamo, «E Liam?» chiedo.
«Siamo andati via insieme.» dice lui mentre appendo le custodie degli abiti. «Anche quella si è fatta il bagno nel profumo e beve caffè decaffeinato.»
Due idiote.
«Bene.» commento, «Più tardi chiamo Svetlana.» aggiungo. Ryan mi abbraccia da dietro e mi spinge contro la parete, poi mi bacia il collo.
«Mi sei mancata.» soffia, «Tantissimo.» aggiunge, «Quella è un'oca stupida, non sa parlare di altro oltre se stessa.»
Lo abbraccio, felice che non si sia trovato bene con quella lì.
Finisco di sistemare l'armadio, «Le borse non le controlli?» domanda Ryan.
«Le uso tutte.» replico, «Non ho intenzione di buttarle.»
Lui ride, «Lo immaginavo.» commenta.
«Stupido.» borbotto.
Ryan ride ancora, «Sei adorabile, lo sai?» mormora.
Sorrido, «Oh, lo so.» dico. 
Andrà tutto bene, ne sono sicura.

***

Ormai tutti lo sanno.
Scorro i messaggi — possono anche aver cambiato le varie credenziali di accesso dei vari social ma ho ancora i miei profili personali — e continuo a leggere commenti di persone sconvolte da questo improvviso cambiamento.
“Ma perché? Linds è brava e simpatica!”
“Perché questa cosa?”
“Non ci credo. Perché l'avete deciso? È una vera stronzata, Linds e Carl sono bravissimi!”
“No! Riprendete Lindsay e Carl!”

E tanti altri di questo genere. Non credevo che fossi così simpatica e benvoluta!
Ovviamene le riviste di gossip si sono buttate a pesce sulle “nuove fiamme” dei ragazzi.
E anche le fan.
“Chi cazzo sono quelle due galline? Non riesco a credere che Liam sia così cieco da uscire con una con un guardaroba uscito direttamente dagli anni '80!”
Uh, c'è un commento di Melanie La Piaga! “Non posso crederci! Di sicuro è colpa di Lindsay! Il mio Ryan non può uscire con quella, lui ama me!”
La solita imbecille. 
Guardo ogni foto, facendo lo zoom su tutte quante, alla ricerca di...
Già, cosa sto cercando?
Ryan cammina lontano da quella, fra loro due ci starebbe tranquillamente un'altra persona. L'unica foto in cui sono vicini è quella dove sono fermi al semaforo pedonale. Ma Ryan mi ha raccontato che quella stava parlando e non si era accorata del semaforo rossa, così lui l'ha fermata afferrandole il gomito. Tutto lì.
Ci sono anche le foto mentre sono seduti ai tavolini esterni della caffetteria. In una Liam ha la faccia di chi si farebbe estrarre un dente senza anestesia pur di non stare lì.
Povero ciccino.
Svetlana è fuori di sé, prima mi ha chiamato e per un paio di minuti ha sbraitato tante di quelle cose che se i nostri telefoni fossero sotto controllo, a quest'ora lei sarebbe rinchiusa a Rikers.
Non l'ha presa bene. Nessuno di noi l'ha presa bene.
Io mi sto trattenendo dallo spaccare qualcosa, tipo la testa di quella.
Prima o poi mi deciderò a usare il suo nome, ma per adesso è quella. Guardo ancora le foto, fissando Ryan con la maglietta grigia che mette in risalto i muscoli, gli occhiali da sole che nascondono gli occhi e la barba appena accennata che gli dà quell'aria così sexy.
Comunque lui è mio, non di quella gallina che si veste al buio.
«Cosa guardi?» 
Fisso Ryan, «Le vostre foto.» rispondo.
Lui si avvicina e posa le mani sulle spalle, le massaggia piano, «Perché?» domanda.
«Così.» dico, «Sono curiosa, lo sai.»
Lui mi bacia la testa, «Non guardarle.» dice, «Altrimenti è peggio.»
Chiudo gli occhi e mi godo il massaggio. Peggio di così? Non credo. «Io guardavo solo te.» mormoro, sentendo i muscoli rilassarsi sempre di più.
«Che ne dici di un bel bagno in piscina, poi ordiniamo la pizza, ci ficchiamo nell'idromassaggio e ci facciamo qualche coccola?»
La proposta di Ryan mi piace. «Va bene.» dico, «È perfetto.» esclamo e lui smette di massaggiarmi, «Vado a mettere il costume.» esclamo.
Andrà tutto bene, lo so. Io e Ryan stiamo ancora insieme. Se per un anno e mezzo siamo andati avanti e nessuno a mi sospettato nulla possiamo farlo ancora, almeno finché non risolveremo tutto ciò.
Vinceremo noi, lo so.



Ed eccoci qui. E siamo più o meno a metà storia, adesso si va nella parte "brutta".
Non uccidetemi, please, altrimenti non saprete mai come andrà a finire xD

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Capitolo 12
*** 9. I I don't have you ***


We Start Over

Nove
If I don't have you -
*** I'm a star with no light ***



Cose positive del mio lavoro:
Sto sempre insieme a Ryan.
Viaggio molto.
Shopping nelle città più belle del pianeta.
Mangio cose mai provate prima.
Mi pagano per fare tutto ciò.
Posso controllare che nessuna cerchi di infilarsi nelle mutande di Ryan.
Cose negative del mio lavoro:
Troppi decolli e troppi atterraggi.
Tempi spesso serrati fra un appuntamento e l'altro.
Sveglie prima dell'alba.
Gallinelle che cercando di infilarsi nelle mutande di Ryan.
Stress.
Fans che ti seguono veramente ovunque.
Ma adesso... adesso niente. Adesso non ho un lavoro. E in più Ryan deve uscire per forza con quella stronza.
Per fortuna viviamo insieme e possiamo passare insieme tutto il suo tempo libero. Almeno questo.
Sospiro e guardo le foto della mia nipotina, ha nove settimane, o sessantatré giorni, come ha specificato Brenda nel messaggio. È cresciuta tanto, la mia bella nipotina. Sorride, fa tanti versetti... è meravigliosa.
Mi mancano tanto i miei nipoti. Quasi quasi potrei andare a trovarli. Magari in treno, ecco. Sono troppo nervosa per poter pensare di affrontare da sola due decolli e due atterraggi.
No, in treno sono troppe ore. Anche in auto ci impiegherei un giorno intero.
Mi sa che mi tocca l'aereo.
Uffa.
Mi alzo di scatto dal letto quando sento la macchina di Ryan fermarsi, così corro da lui e lo abbraccio appena apre la portiera, non dandogli neppure il tempo di slacciarsi la cintura.
«Che irruenza.» scherza mentre mi aggrappo a lui.
«Mi sei mancato.» dico baciandogli il viso. 
«Anche tu.» soffia lui, «Mi fai scendere?» domanda.
Giusto. Annuisco e mi sposto, lasciandogli spazio. Lui afferra un sacchetto e una scatola dal sedile del passeggero.
«Lì cosa c'è?» chiedo mentre chiudo la portiera.
«Muffin, ciambelle e cappuccino.» risponde Ryan.
Lo amo anche per questo, perché mi porta dolcetti e cappuccino.
«Cosa avete fatto?» domando poco dopo, quando siamo sul suo divano a fare merenda. 
«Le solite cose.» risponde lui, «Abbiamo pranzato, lei parlava troppo, io ascoltavo una parola sì e venti no, ha cercato di prendermi per mano...» dice spezzando a metà un muffin, e io mi blocco, domandandomi se ho delle tenaglie abbastanza grosse per tranciare il polso di quella gallina spennacchiata, «Ma gli ho detto che sono germofobico e che non mi deve toccare.»
Mettiamo via gli istinti mutilatori e rilassiamoci. «Mhm... germofobico?» faccio e bevo un sorso di cappuccino, «E non si domanda il perché tu lo sia solo con lei e non con tutte le altre superfici?»
Lui ride, «Credo che quando le hanno fatto la liposuzione le abbiano tolto un po' di materia grigia.»
Rido e mi appoggio a lui, felice che quella non gli interessi minimamente. Certo, se non dovesse uscirci sarebbe meglio.
Stupido Raymond. Potrei diventare Lindsay La Delinquente e disfargli l'auto, così impara ad avere delle idee da coglione.
«Hai sentito Svetlana?» 
Sospiro e guardo Ryan. «Sì.» rispondo, «Lei è...» inspiro, «È sconvolta.» dico. 
«Posso immaginarlo.» soffia Ryan toccandomi i capelli. Svetlana è isterica, ecco. Non solo sconvolta, ma proprio isterica. La mia Svetlana. Mi manca.
Ryan mi bacia la fronte, «Si sistemerà tutto, vedrai.» mormora abbracciandomi.
Lo spero. Lo spero su serio.

***

Le cose brutte succedono sempre quando non te l'aspetti, quando sei tranquilla, magari mentre cammini per strada. Come adesso, mentre passo davanti a questa edicola e vedo la foto di me e Ryan abbracciati sulla terrazza di casa mia.
“Ryan tradisce Susan con Lindsay?” c'è scritto in maiuscolo, grossi caratteri rossi bordati di bianco.
“Speciale all'interno su Ryan.”
Cosa?
Cosa?
E non è la sola rivista che parla di questo! Io ammazzo qualcuno.
Calco bene il cappello da baseball in testa, afferro le riviste e pago, per poi allontanarmi velocemente. Una volta in auto getto le riviste sul sedile del passeggero a faccia in giù e parto, diretta a casa. Ma prima mi fermerò in un drive di un qualsiasi fast food: ho bisogno di ingurgitare schifezze, voglio che le mie vene esplodano per il colesterolo prima che le faccia esplodere dalla rabbia.
Come si sono permessi di fotografare la mia abitazione? È vietato! Non possono farlo! Papà questa volta chiamerà sul serio l'avvocato e se non dovesse farlo lo farò io. E farò togliere persino i peli del culo al fotografo, giornalista e chiunque c'entri con tutto questo.


Sto ignorando il mio cellulare che continua a vibrare da ore, non ho voglia di leggere insulti rivolti alla mia persona. 
«Linds!» esclama Ryan entrando nella mia camera, «Che cazzo succede?»
Lo guardo e sbuffo. «Nulla.» ringhio, «A parte che mi dipingono come una puttana rovina famiglie, ecco.»
Lui mi fissa, gli occhi azzurri sgranati, «Come diavolo hanno fatto a fare quelle foto?» domanda, «È illegale.»
«Lo so.» sospiro guardandomi le mani, «Non so cosa fare...» mormoro. Cosa faccio? Cosa facciamo?
Ryan mi abbraccia e mi bacia la testa, «Andrò tutto bene.» sussurra mentre mi accoccolo contro di lui, la testa posata sulla sua spalla, la fronte contro il suo collo dalla pelle calda, la mia mano che stringe la sua maglia.
Mi limito ad annuire, anche se un qualcosa mi dice che a questo punto le cose potranno solo peggiorare, perché lo sanno tutti: al peggio non c'è mai fine.


Papà ha sbraitato a lungo e contro chiunque: i giornalisti, i fotografi, quelli che lavorano nelle stamperie delle riviste, contro il nuovo capo di Ryan, contro il governo... si è calmato solo perché mamma gli ha tirato un cuscino in faccia. Alla fine se ne è andato nel suo studio per chiamare l'avvocato.
«Andrò tutto bene.» dice mamma, anche se sembra poco convinta.
«Sì, certo.» sbuffo e fisso il cellulare. Sono ore che scambio messaggi su Telegram con Svetlana, che è incazzata nera. Suo padre ha detto che se vogliamo può chiamare un suo amico avvocato, che chiamano “Lo squalo”: a quanto pare, in vent'anni di carriera, ha perso solo un paio di cause.
Io voglio solo che questa brutta storia finisca e che torni tutto come prima. Non voglio stare male ogni volta che Ryan è obbligato a uscire con quella, altrimenti mi verrà un esaurimento nervoso, un'ulcera o entrambe le cose.
«Possiamo fare qualcosa.» dice papà uscendo dal suo studio, «Io li riduco in mutande.» aggiunge mentre ci raggiunge a grandi passi, «Anzi, gli levo pure quelle.»
Papà è una belva, quando ci si mette, chissà, magari se anche lui fosse diventato avvocato sarebbe stato uno squalo anche lui.
«Bene.» esclamo, «Torno di sopra.» aggiungo e vado nella mia stanza, dove mi lascio cadere sul letto con un sospiro.
Speriamo che finisca in fretta 'sta storia, non ne posso più. Ryan mi raggiunge poco dopo, i capelli ancora umidi dopo la doccia.
«Novità?» domanda.
«Si può fare qualcosa.» rispondo mentre lui si siede accanto a me, «Dovresti parlare con papà, io di queste cose non capisco nulla.»
«Lo farò, anche se non so quanto riuscirò a capire.» esclama abbracciandomi.
Non replico e mi stringo di più a lui, posando la testa sulla sua spalla, il suo profumo che mi entra nel naso... è meraviglioso. Resterei qui per sempre, io e lui, stretti in un abbraccio e nient'altro.
Lindsay, goditi questo momento e non pensare ad altro. Non farlo. Va bene così, per ora.

***

Prigioniera in casa mia, ecco quello che sono. Papà ha attaccato dei teli ai cancelli, in modo che nessuno possa spiarci, e in più ha fatto appendere delle tende da sole lungo il lato libero della terrazza. Le foto sono state scattate da una villa vicina, dove una vecchia rintronata ha fatto entrare i due fotografi. Loro le avevano detto che erano per National Geographic e quella ci ha creduto, e li ha fatti entrare senza nemmeno chiedere un documento, così loro sono saliti sul terrazzo di quella scema e ci hanno scattato le foto.
E, nonostante le querele per invasione della privacy, lo hanno rifatto. L'idiota della casa accanto si è giustificata dicendo che l'avevano pagata e che non ci vede nulla di male. Spero che la prossima volta che fa entrare qualche sconosciuto si ritrovi con la casa vuota, le devono portare via tutto, ma proprio tutto, pure il cesso e le sbarre porta asciugamani appese al muro.
E io sono qui con queste tende che mi ingabbiano.
Non posso farcela.
È tutto così complicato, difficile, estenuante. Ogni volta che Ryan esce con quella mi tormento, continuo a pensare a cosa potrebbe fare quella, cosa potrebbero fare, cosa potrebbero dirsi... io non reggo più.
Diventa più complicato ogni giorno che passa, ogni singolo momento. Non posso continuare così, altrimenti mi verrà sul serio una bella ulcera perforante.
Ho bisogno di rilassarmi. Potrei andare al maneggio, magari una bella cavalcata mi rilasserà.
Scendo in cucina e trovo Marisol, «Stai preparando la zuppa inglese?» domando.
Lei annuisce, «Sì.» risponde, «Sarà pronta fra un paio d'ore.» aggiunge guardandomi con quello sguardo da “se osi infilare un dito nella crema te lo taglio”.
«Perfetto!» esclamo, «Allora io vado al maneggio.» dico, «Ci vediamo dopo!» aggiungo ed esco da casa.


Sì, cavalcare mi sta rilassando. Ci siamo solo io, Bobby e la natura. Solo pace e tranquillità, che però non mi evita di pensare a Ryan fuori con quella. Dio, quanto la odio. La prenderei a sberle finché non mi cadono le mani.
Basta, non ci devo più pensare. Qui è tutto così tranquillo, non facciamo brutti pensieri.
Chissà cosa staranno facendo?
Se lo tocca le taglierò le mani, giuro.
No! Non ci devo pensare. Lindsay, rilassati, altrimenti ti verrà un ulcera, Bobby si innervosirà e ti disarcionerà e tu non vuoi finire in ospedale con la testa rotta. Tu in ospedale vuoi mandarci quella se si azzarda a toccare Ryan.
Faccio un respiro profondo mentre il sentiero si allarga sempre di più. Poco più avanti ci sono tre panchine di legno disposte a ferro di cavallo, un paio di fontanelle e cestini per l'immondizia, oltre a qualche staccionata a cui legare i cavalli se uno dovesse prendersi una pausa. Cosa che farò anche io.
Smonto da cavallo, lego le briglie alla staccionata e mi tolgo il caschetto. Poi bevo dalla fontanella, per poi asciugarmi le labbra con il dorso della mano. Mi siedo su una delle panchine, gli occhi chiusi, il sole che mi scalda il viso. Qui si che è tranquillo, potrei pure cancellare gli istinti omicidi dalla mia mente.
«Ehi.»
Apro l'occhio destro e alzo la mano per ripararmi dal sole. «Aaron!» esclamo, felice. «Che ci fai qui?» chiedo.
«Quello che fai tu, suppongo.» risponde scendendo dal cavallo. «Un giro.»
Rido e aspetto che si sieda vicino a me. «Come va?» chiedo.
Lui scrolla le spalle e mi guarda, si passa una mano fra i capelli biondi, «Va.» risponde, «Potrebbe andare decisamente meglio.» sospira e guarda lontano. «Tu come stai?»
Alzo le spalle, «Bene, diciamo.» rispondo, «Anche se mi passano per la mente mille modi per far fuori quella gallina.»
Aaron ride, «Meglio che non ti capiti fra le mani, allora.» 
Annuisco, «Già.» commento. «Lei o la gallina che sta attaccata al culo di Liam.» ringhio. Svetlana sta sempre peggio. E io odio Raymond e quella gallina infame che merita di essere investita da uno schiacciasassi che stende delle merda in un campo pieno di chiodi appuntiti.
«Come sta Svetlana?»
Sospiro ancora e guardo Aaron, «Potrebbe stare meglio.» rispondo. «Magari potrei andarla a trovare qualche giorno.» mormoro, «Visto che ci sono dei deficienti che andrebbero presi a randellate sulle gengive che si divertono a fotografare casa mia.»
Lui annuisce, «Mi sembra una bella idea.» commenta e io annuisco.
Rimaniamo in silenzio per un po', poi decidiamo di tornare al maneggio, prima che il tempo finisca e ci tocchi pagare un extra.
Dopo aver riconsegnato i cavalli e i caschetti, ce ne andiamo al bar, sedendoci in angolo, coperti da un separé. Ordiniamo due bibite e un paio di tramezzini a testa, restiamo in silenzio per un po', come se fossimo imbarazzati dalla nostra presenza. 
O avessimo paura che qualcuno ci fotografi e inventi una qualche stronzata per mettermi in cattiva luce.
«Ho sentito Melanie.»
Fisso Aaron, «Sul serio?» domando. Credevo che fosse acqua passata.
Lui annuisce, «Sì.» dice, «È convinta che sia colpa tua.» sospira e alza gli occhi al cielo. 
«Sai che novità.» ribatto e la cameriera torna con le nostre ordinazioni. «Per lei è sempre colpa mia.» esclamo dividendo uno dei tramezzini a metà. «Perché non l'hai ancora mandata a fanculo?» domando. Io l'avrei fatto già da tempo, dal primo anno di liceo, diciamo.
Lui alza le spalle, «L'ho fatto.» risponde e quasi mi strozzo con l'aranciata.
«Tu tu co-cosa?» balbetto.
«Mi chiamava continuamente e non voleva capire che mi stava disturbando.» risponde Aaron, «Così l'ho mandata a quel paese.» scrolla le spalle, «E adesso mi chiama una volta al giorno.»
Annuisco e basta, anche perché ho la bocca piena di cibo. Parliamo ancora un po', cambiando argomento, parlando delle nostre famiglie, del maneggio e di cose stupide. Ed è meglio così. Molto meglio, almeno mi rilasso un po'.

***

Quando torno a casa Ryan è già arrivato, è nella sua stanza, seduto sul letto, circondato da fogli, la chitarra in mano. Ed è bellissimo. 
«Ehi.» esclamo entrando, «Che fai?» domando.
Lui sorride e mi fissa mentre raccoglie i fogli che poi sistema sul letto a faccia in giù, «Niente di importate.» risponde.
«Sono andata al maneggio.» dico mentre mi stringe le mani.
Lui annuisce, «Lo so, me lo ha detto Marisol.»
«Non avrai mangiato la zuppa inglese senza di me, vero?» domando assottigliando gli occhi. Se lo ha fatto gli do un pizzicotto!
Ryan ride, «No.» risponde, «Puzzi di cavallo.»
«Grazie, eh.» borbotto. «Sono stata a cavallo, mi pare logico che puzzi.» dico e guardo la pila di fogli sul letto, «Non mi fai leggere qualcosina?» chiedo piegandomi in avanti, il mio viso vicino al suo, i suoi occhi azzurri che mi fissano...
«No.»
E mi sgonfio come un palloncino a cui non è stato fatto il nodo. Uffa. «E dai, per favore.» lo bacio.
Lui ride ancora, «No.» ripete, «Sono solo frasi e accordi buttati lì.»
Faccio una smorfia e sospiro, «Okay.» borbotto, «Vado a farmi una doccia.» esclamo e drizzo la schiena, poi mi allontano.
«E mi lasci così?»
Mi giro e vedo Ryan, il broncio sul viso, «Uh?» faccio, «Così come?»
«Senza un bacetto.» risponde.
Rido e mi butto fra le sue braccia e lo bacio sulle labbra. «Meglio?» chiedo.
Lui annuisce, «Sì.» risponde e mi sorride e io sono felice.
«Vado a farmi la doccia.» soffio, lo bacio di nuovo e vado a lavarmi. Non voglio sapere nulla, non voglio chiedere, voglio rimanere all'oscuro di tutto. Forse è meglio così, è meglio non sapere cosa hanno fatto.


Io e Ryan siamo in salotto, le coppe con la zuppa inglese in mano, è davvero buona, come sempre del resto. «Ho incontrato Aaron.» esclamo.
«Dove?» domanda Ryan. Devo dirglielo che ha la faccia sporca di cacao? Naa, lasciamo stare. Lo scoprirà da solo.
«Al maneggio, ovviamente.» rispondo. «Abbiamo cavalcato un po' e poi abbiamo mangiato un paio di tramezzini.» continuo, «Niente di che.» scrollo le spalle.
Ryan annuisce e si lecca le labbra, «Oh.» commenta, «Mi fa piacere.» dice e sorride. «Almeno ti sei distratta un po'.»
Annuisco, il cucchiaino in bocca, «Già.» sospiro. Insomma... mi sono distratta un pochino dal pensare a quella gallina starnazzante, ma il pensiero c'è sempre, è lì, nel mio cervello, aspetta solo di uscire fuori e farmi fare pensieri che mi spedirebbero in galera senza un processo. O in manicomio. O in un manicomio criminale. In ogni casa la situazione fa schifo.
Sospiro ancora e sento lo sguardo di Ryan su di me, mi volto e trovo il suo viso a pochi centimetri dal mio, gli occhi azzurri che mi fissano, preoccupati. «Linds?» soffia.
«Va tutto bene.» rispondo e sorrido, lo fa anche lui.
«Bene.» dice e raschia via l'ultimo pezzetto di crema dalle pareti della ciotola di vetro blu, poi quasi ci infila la faccia dentro per poter pulire tutto.
E poi sono io quella che si ingozza!
Ryan si alza in piedi, «Cosa facciamo?» domanda.
«Non lo so.» rispondo e gli passo la ciotola e il cucchiaino, «Intanto porta questi in cucina.» sorrido. In realtà vorrei ridere, perché lui ha il naso sporco di cacao.
Ryan annuisce e va in cucina, per tornare praticamente subito. Intanto io stringo il cellulare fra le mani, pronta a immortalare Ryan con la faccia sporca di cacao.
«Ryan?» lo chiamo.
«Uh?»
Foto.
«Mi hai fatto una foto?» domanda lui, la faccia perplessa, «Perché?» domanda e io ridacchio, «Linds?»
«Niente.»
«No, Linds, i tuoi niente non sono mai niente.» sbotta e incrocia le braccia al petto.
Sorrido ancora e spero di avere l'aria non colpevole. 
«Linds?» sospira lui.
«Ma niente.» ridacchio e addio all'avere un'aria non colpevole.
Ryan si volta verso il camino, sulla cui mensola è posto un vassoio d'argento bello lucido, tenuto in piedi da un sostegno di plastica trasparente. Non ho ancora capito il senso di averlo lì..
«Lindsay!» strilla Ryan quando si vede riflesso. «Mi lasci andare in giro così?» sbotta e io rido, «Non ridere!» squittisce.
«Ma sei in casa.» ribatto, «E sei tanto carino.» aggiungo infilando il cellulare fra i cuscini del divano, prima che Ryan riesca a prenderlo a cancellare la foto.
Lui sbuffa e si avvicina a me, «Me la paghi.» soffia, gli occhi socchiusi, il sorriso sulle labbra, si sdraia su di me, sfregando il suo viso contro il mio.
«Se sporchi il divano mamma ti uccide.» gli ricordo.
Ryan ride e mi fissa, «Nah, tua madre mi adora.» ribatte.
Cavolo, ha ragione. Mamma lo adora.
«Non sporcare il divano.» esclamo mentre mi bacia il collo, «Poi mamma si arrabbia con me...» meglio cambiare strategia. 
Ryan si solleva e mi fissa, «Vuoi che mamma mi sgridi...» lo fisso, tirando fuori la mia miglior aria da cucciolotta indifesa.
Lui sospira e si alza, «No.» dice, «Hai ragione.»
Vittoria!
Quasi urlo quando mi afferra e mi butta sulle sue spalle. «Ryan!» strillo, «Lasciami!»
Lui non risponde. «Ryan, sono a testa in giù.» continuo.
«Lo so.» replica lui.
Grazie, eh. «Ryan...» mormoro e mi aggrappo ai suoi fianchi e cerco di sollevarmi.
«Non tirarmi giù i pantaloni.» ribatte lui.
Uffa. Stiamo salendo le scale e io ho una bella panoramica sulle chiappe perfette del mio ragazzo. «Cosa vuoi fare?» domando.
«Lo vedrai.»
Uhm... non mi butterà mica nella doccia con lui, vero? Ho indosso una maglia tanto carina, con una gattina stampata sopra, con un bel fiocco rosso fatto di paillette. Poi entriamo in camera mia, e mi ritrovo sul mio letto, i capelli sparsi sulla faccia.
«Ryan?»
Lui mi scosta i capelli dal viso. «Qua nessuno ti sgrida.» esclama con quel sorriso che vorrei levare a furia di sberle.
«Uhm.» sbuffo, «Se lo dici tu.» esclamo e lascio che mi baci. Infila le mani sotto la maglietta. 
Chi se ne importa delle lenzuola? Tanto c'è la lavatrice che le lava!

***

Altro giorno, altra ulcera. Perché lo so, mi verranno decine di ulcere se continua così. Odio tutti in questo momento, tutti allo stesso identico modo.
Ryan è uscito ancora con quella gallina spelacchiata per pranzo. Dovrei mangiare anche io, ma non ho fame, così mando giù un caffè dietro l'altro.
Ecco, se non morirò a causa di decine di ulcere sanguinanti, creperò perché mi sarà scoppiato il cuore per i battiti troppo accelerati.
Ho voglia di spaccare qualcosa, che possibilmente assomigli alla testa di Raymond. O alla sua auto. Ne ho già disfatta una, potrei farlo un'altra volta.
Una riga su una fiancata, una ruota squarciata, uno specchietto rotto. Quel cazzo di stemmino divelto. Potrei fare tante cose.
Se non muoio finirò in prigione, mi sa. Che brutta cosa.
E stra parlo pure.
Altro caffè, poi mi metto a guardare qualche video di gatti scemi. Sì, farò così. I video di gatti scemi mi fanno sempre ridere.


Ryan ritorna, in perfetto orario.
«Com'è andata?» domando.
Lui mi stringe, «Al solito.» risponde ed entriamo in casa. «Una noia mortale, averei preferito farmi strappare le palle e ingoiarle.»
«Quelle mi servono!» rido.
«Subito?» mormora lui baciandomi il naso.
«Eh, magari...» socchiudo gli occhi mentre mi bacia il collo.
Lui ride contro la mia pelle, «Che ne dici dell'idromassaggio?» soffia nel mio orecchio.
Annuisco. «Sarebbe perfetto.» mormoro.
Lui sorride, si alza in piedi, mi prende in braccio ed entriamo nel bagno.
Dopo qualche minuto la vasca è piena di acqua con tante bolle, entriamo e mi lascio coccolare dall'acqua calda, delle labbra di Ryan sul mio collo e dalle sue mani sulla mia pelle.

***

Sto per scoppiare. Non posso farcela. Non ci riesco.
È troppo complicato. Troppo difficile. Troppo tutto.
Mi manca l'aria, mi manca la mia vita, quella di prima. Quella dove io e Ryan vivevamo nella nostra bolla di felicità, dove l'unica nostra preoccupazione era quella Piaga di Melanie.
Non posso farcela, sul serio.
Se restassi qui esploderei, farei qualche stronzata mega galattica come spaccare la testa a quella gallina, lo farei sul serio, lo so. Ma non posso. Non voglio andare in prigione. 
Oppure mi lascerei andare in balìa degli eventi, e chissà cosa potrebbe succedere. Devo cambiare aria. Devo cambiare, per un po' di tempo. Devo farlo.

*_*_*



Entro nella camera di Lindsay e, appena aperta la porta finestra, capisco che qualcosa non va.
Che c'è qualcosa di sbagliato.
Ci sono due valige aperte sul letto con dei vestiti dentro. Un'altra pila di vestiti è sopra la poltroncina della scrivania. «Linds?» chiamo, «Lindsay?»
Lei esce dalla cabina armadio, dei vestiti in mano. 
«Che succede?» domando. «Linds?»
Lei sospira e posa i vestiti sul letto, «Vado a New York, da Svetlana.» risponde.
«Perché?» domando. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Oppure non ho fatto qualcosa?
Lei sospira di nuovo. «Perché sto impazzendo, Ryan» dice, «Non ce la faccio più.»
Mi appoggio alla sedia, «Co-cosa?» balbetto, «È colpa mia?»
«No!» esclama lei, «Non è colpa tua, assolutamente!» esclama. Mi prende le mani e mi fissa, «È questa situazione che mi fa impazzire.» dice, «Se me ne vado via per qualche giorno poi starò meglio.» mi sorride e mi abbraccia.
L'abbraccio, stringendola forte e inspiro il profumo dei suoi capelli. Le sfioro i fianchi e li sento magri sotto le mie dita. "Ho trovato Lindsay dimagrita, mi sembra più magra del solito, te ne sei accorto?" le parole di Aaron mi tornano in mente. Aveva ragione, la mia Linds è dimagrita tanto.
«Quando parti?» le chiedo dopo averle baciato la fronte.
«Domani.»
Domani. Domani. Domani «Okay.» esclamo. «Avresti potuto parlarmene.» esclamo, cercando di tenere a freno la rabbia e la delusione.
«L'ho deciso ieri.» risponde lei.
Annuisco. Ieri, lo ha deciso ieri. Quando ero fuori con quella stupida che ha il vuoto pneumatico nel cervello. «Va bene.» esclamo e l'abbraccio, nuovo. «Quanto starai via?» chiedo.
Lei mi fissa, «Un paio di settimane.» risponde. «Ho bisogno di staccare, lo capisci?» domanda.
Annuisco e sospiro, «Sì.» le bacio di nuovo la fronte.


Abbiamo cenato con un paio di pizze giganti, io, lei e i suoi genitori. Ora siamo in bagno, pronti per la vasca, che si sta riempiendo di acqua e schiuma bianca. Lindsay è seduta sul bordo della vasca, avvolta nell'accappatoio, i capelli legati in alto e fissa la schiuma. Io sono già nudo.
«Linds?» la chiamo e lei mi fissa, sorridendo. «Niente.» rispondo e le do un bacio sulla fronte.
Lei si alza, «È pronta.» dice e mi passa l'accappatoio, che appendo. Poi entriamo nella vasca e lei si appoggia a me. Mentre le sfioro i fianchi, salendo in alto, verso il seno, mi rendo conto di sentire sotto le dita le costole. Anche prima le sentivo, ma ora è diverso, le sento di più. La stringo di più a me e lei posa la nuca sulla mia spalla e chiude gli occhi. 
«Mi mancherai.» soffio nel suo orecchio.
«Anche tu.» mormora lei.
«Ti amo, Linds.» dico e le bacio una guancia.
«Anche io.» dice e gira il viso verso di me, le tocco la guancia, lasciando schiuma su di essa e la bacio sulle labbra. mi mancherà tanto, lo so. Non posso stare senza di lei. Linds è tutto per me, potrei morire se la perdessi. Mi consumerei fino a scomparire.
La stringo a me e chiudo gli occhi. Vorrei che tutta questa storia fosse solo un brutto incubo.
Vorrei svegliarmi e scoprire che Carl è ancora il nostro manager. Che Linds lavori ancora per noi. Rivoglio la mia vita. Perché questa non lo è.
Senza di lei sarò spento, inutile. Una luce che non brilla più.
Okay, sto scivolando nel patetico, meglio darsi una calmata. Andrà a New York, e lo fa per il suo bene. 


Siamo seduti sul letto, Lindsay davanti a me e le sto pettinando i capelli. Lei  muove la testa da un parte all'altra, emettendo di tanto in tanto qualche sospiro soddisfatto.
«Sembri un gatto.» le dico.
Lei ridacchia, «È piacevole.» risponde e si appoggia contro di me.
Poso la spazzola sul letto e la stringo, inspirando il suo profumo. Non voglio dimenticarlo. Posso sempre rubare un cuscino domani mattina, quando se ne andrà.
Se ci penso mi sento male.
Meglio non pensarci, anche se è complicato.
Lei si lega i capelli in due code basse e morbide e io riporto la spazzola in bagno. quando la raggiungo è già sotto le coperte. Vado da lei e l'abbraccio, la sua testa posata sul mio torace, le sue mani su di me. «Mi mancherai.» soffio baciandole la testa.
«Anche tu.» mormora lei.

***

Lindsay è partita un'ora e mezza fa per l'aeroporto con i suoi genitori. E io ho preso il suo cuscino, sostituendolo con uno di quelli presenti nell'armadio. Ho cambiato anche la federa. Adesso sono solo, nel mio salotto e non so cosa fare, a parte disperarmi. E potrei riuscirci anche bene.
Ormai l'aereo starà decollando. Il mio tesorino bello avrà paura. 
Ecco, posso anche deprimermi, oltre che disperarmi. Sono bravo in questo.
Chiamo Aaron, ho bisogno di una voce amica. «Ehi.» sospiro quando mi risponde.
«Come va?» chiede lui, «Non mi chiami mai a quest'ora.»
«Linds è partita.»
«Partita?! E per dove?»
«New York.» rispondo «Va da Svetlana.» sospiro e bevo.
«Oh.» commenta lui.
«Dice che è stanca e ha bisogno di staccare un po'.»
«Te l'avevo detto che era sciupata.»
Odio quando ha questo tono petulante. «Eh.» sospiro, «Lo so.» bevo ancora.
«Stai bevendo?» domanda lui, «Comunque le farà bene allontanarsi un po'.» dice.
«Birra.» rispondo. «E no, non rompere le scatole.» esclamo prima che possa dire qualcosa.
«Non stavo dicendo nulla.» dice lui. «E se venissi lì?» domanda.
Annuisco e mi ricordo che siamo al telefono, non può vedermi. «Sì.» rispondo, «Andrebbe benissimo.»



*_*_*

Finalmente, dopo tre chiamate a vuoto, Ryan mi risponde. «Ehi, Ryan.»
«Lindsay.» dice lui e mi sembra strano.
«Che hai?» domando, «Dormivi? Ti ho svegliato?»
«Uhm... Sì.» biascica lui in risposta. «Sono venuti gli altri.» aggiunge. «Abbiamo bevuto un po'.»
Ah. «A parte alzare il gomito cosa avete fatto?» chiedo e lo sento aprire qualcosa.
«Giocato con la Wii.» risponde lui e mi pare sentire dell'acqua versata in un bicchiere, «Chris non sa perdere.»
Rido e sento in sottofondo la voce di Chris che dice qualcosa tipo "Guarda che ti ho sentito!", «Bene.» dico, «Il viaggio è andato bene.» aggiungo, «Domani andiamo in giro per musei.»
«Che noia.» borbotta lui e lo sento bere.
«L'alternativa era lo shopping.» replico. 
«Meglio la noia, allora.» dice lui, «Hai troppi vestiti. Svetlana?» 
«Sta bene.» rispondo e sento gridare Liam. 
«Lei è lì?» domanda Ryan, «Liam russava fino a due secondi fa, ma ora è bello pimpante...» sospira. 
«Sì.» rispondo fissando la mia migliore amica uscire dal bagno, «C'è Liam da Ryan.» le dico passandole il cellulare e lei inizia subito con i suoi "Ciccino".
Dopo qualche minuto Svetlana mi ridà il cellulare. «Gesù, stavano per fare sesso telefonico?» sbotta Ryan.
«Già.» commento. È per questo che mi sono ripresa il cellulare: può fare sesso telefonico con il suo, se ci tiene tanto. «Dove sei? Ho sentito una porta.»
«Nel cesso.» replica lui e sospira.
«Ryan!» strillo e fisso Svetlana che sospira, prima di sgattaiolare fuori dalla stanza. Chissà, magari va nell'altra stanza a parlare con Liam...
«Non devo fare nulla.» dice lui, «Solo tenere il mio telefono lontano dalle mani di Liam.» ride. «No, sono fuori, in giardino.» 
«Mi manchi.» soffio e sento che sto per piangere. Non ora, grazie.
«Anche tu.» mormora lui, «Mi dispiace non aver risposto alle altre chiamate e di aver mandato un monosillabo al tuo messaggio di prima.» dice, «Ero un po'...» sospira.
«Sbronzo?» lo aiuto, «Ryan, tranquillo.» dico.
«Mi sento in colpa.» mormora.
«Non è colpa tua.» replico, «Insomma, magari evitare di sbronzarsi a pranzo...» faccio, «Ho bevuto un Martini dry sull'aereo.» ammetto. 
«Ah.» fa lui, «Linds!» squittisce.
«In realtà ne ho presi due.» diciamo tutta la verità, ecco.
«Linds!» esclama. «Due Martini dry?!? Ma neppure ti piace!»
«Eh.» dico. «C'è stata una perturbazione!» squittisco in mia difesa, «O l'alcol o strillavo come un'aquila!»
Lui ride.
«Non ridere!»
«Non rido di te, tesorino bello, ma di Jake!» ride ancora. «È caduto come una pera cotta!»
«Ma povero.» esclamo, «Si è fatto male?»
«No, al momento sta imprecando come uno scaricatore di porto.» risponde, poi sospira, anche se mi sembra più un gemito di sofferenza che un normale sospiro.
«Tutto bene?» chiedo.
«Mi fa male la testa.» risponde.
«Caccia via gli altri, mangia qualcosa, prendi un antidolorifico e vai a dormire.» 
«Sembri mia nonna.»
Sbuffo. «Ryan, mi preoccupo.»
«Lo so.» soffia lui. «Adesso li mando via.» dice.
«Bene.» esclamo. «Mi manchi.» dico e mi accorgo che Svetlana mi sta chiamando, «Che c'è?» le chiedo e lei risponde che è pronta la cena. «Ce l'avevo con Svetlana.» dico a Ryan.
«L'avevo capito.» ride, «Ci sentiamo domani?»
«Non mi mandi la buona notte?» pigolo.
«Ovvio.» risponde lui. «Ti amo, tesorino bello.»
«Ti amo anche io, pecorella.»
«Pecorella?»
Poso il cellulare sul comodino e fisso Svetlana, che mi guarda, le mani sui fianchi e l'aria di chi è curiosa come una scimmia.
«Niente.» dico e mi alzo, «Una cosa fra me e Ryan.» continuo. Non posso dirle perché lo chiamo così!
«Ah.» fa lei. «Non me lo dirai, vero?» domanda mentre scendiamo al piano di sotto. Svetlana vive in un appartamento a due piani, con una meravigliosa vista su Central Park.
«È una stupidata.» rispondo scuotendo la testa. «Nulla di che.»
Lei mi fissa, «Sarà.» dice, «Ma credo che sia qualcosa di buffo. Imbarazzante. Altamente imbarazzante. Decisamente imbarazzante.»
Alzo gli occhi al cielo. «Hai finito?» chiedo, «Ho fame.»
Lei incrocia le braccia e annuisce. «Va bene.» acconsente. «Ma tanto prima o poi me lo dirai.» cinguetta andando a sedersi.
«Uhm, certo.» esclamo e mi siedo accanto a lei, «Contaci.»
Lei mi guarda, gli occhioni blu che mi fissano. «Me lo dirai, lo so.»
Neppure morta glielo dirò.

***

In questi giorni abbiamo visto: il museo Americano di storia naturale, il MoMa, il Metropolitan Museum of Arts e il Met Breuer. E ce ne sono ancora svariati da guardare. Però per oggi basta, ho il cervello pieno di informazioni. «Shopping?»
Svetlana mi fissa e sorride, «Ovvio.» risponde.
Ovviamente siamo d'accordo — come sempre, del resto — su quali negozi visitare, ma non da dove cominciare. Ed è per questo che passiamo la mezz'ora seguente a decidere quale negozio visitare per primo. 
«È ora di pranzo.» le faccio notare a un certo punto.
«Andiamo a mangiare.» esclama lei, «Così possiamo decidere meglio.»
Almeno siamo d'accordo sul ristorante.

***

Ryan mi manca. Mi manca così tanto che mi manca il respiro e sento lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa che mi piega in due. Ogni tanto temo che possa venirmi un attacco di panico o un infarto. Mi sento così ogni volta che parliamo al telefono. 
«Liam mi ha detto perché lo chiami pecorella.»
Fisso Svetlana, «Ah, sì?» chiedo e lei annuisce, «Liam non sa perché chimo Ryan in questo modo.» le sorrido. Pensava di fregarmi e invece... ahahah. «Non te lo dico.»
Lei sbuffa in una maniera davvero adorabile. «Uffa.» borbotta incrociando le braccia.
Rido. «Sei troppo curiosa.» esclamo sdraiandomi sul letto. Ormai sono tre settimane che sono qui, ventidue giorni. E Ryan mi manca sempre di più.
Svetlana si sdraia accanto a me, i suoi capelli mi finiscono sul viso, li scosto. «Cosa facciamo?» domando. 
Lei sospira, «Prendere a calci quei tre deficienti?» propone.
«Buona idea» rispondo e poso le mani sulla pancia, le dita incrociate. «Ma poi finiremo davanti a un giudice per lesioni.»
«Che palle.» borbotta lei. «E se ci facessimo un viaggetto?» domanda fissandomi.
Annuisco, «Buona idea.» dico, «Dove?»
«Ah, non ne ho idea.»
Le lancio un cuscino addosso. «Grande.» esclamo. 
Svetlana ride, «Abbiamo tempo per decidere.» dice. «Basta scegliere un posto bello.»
«Ce ne sono tanti.»
«Con tanti bei negozi.»
«Ce ne sono tanti di posti così.»
«Dove farsi un po' di cultura.»
«Devo ripetermi?»
Svetlana ride. «Già.» sospira. «Facciamo decidere a papà?» domanda.
Fisso il soffitto, dipinto di un delicato color crema. «Uhm, sì.» rispondo, «Sarebbe perfetto.» dico.



*_*_*

«Boston?!» esclamo e fisso il viso di Lindsay. Quanto mi manca...
Lei annuisce e io vorrei sfiorare lo schermo, vorrei toccarla, baciarla, stringerla... ma non posso. Posso solo toccare lo schermo ma non sarebbe la stessa cosa.
«Lo ha proposto Leonard perché io e Svetlana non riuscivamo a deciderci.» spiega, «E così  abbiamo fatto scegliere a lui.» scrolla le spalle.
Annuisco anche io, «Sì, tu e Svetlana sareste andati avanti all'infinito prima di scegliere qualcosa.»
Lei incrocia le braccia e piega le labbra in un broncio adorabile. «Non sei simpatico, lo sai?» borbotta. «È che ci sono tante cose da vedere.» dice.
Bhe, ha ragione. «Giusto.» dico, «Da qualche parte bisogna pur incominciare, no?» esclamo. Almeno è ancora qui nel Paese, solo un po' più a nord. Sarebbe peggio se fosse andata a Londra, Parigi o in Italia o in Grecia o chissà dove, ancora più lontana da me. Ma questo mica posso dirglielo!
Lei sorride, «Esatto.» dice e poi sospira. «Cosa fai?» domanda.
Scrollo le spalle, «Niente di che.» rispondo. «Mi annoio.»
Lei piega di la testa di lato. «Povera la mia pecorella.» mormora. «Chiama gli altri.»
Annuisco, «Sì.» dico, anche se in realtà non ho voglia di vedere nessuno se non lei. Adesso che Lindsay, il mio tesorino bello è lontano, non ho voglia di far nulla, tranne starmene sdraiato sul letto, ad ascoltare le canzoni che le piacciono, anche se a me non piacciono, solo per sentirla più vicina.
Che schifo.
Saluto Linds che deve cenare con un macigno sulle spalle, che non mi fa respirare, che non mi fa vivere.
Mi manca.

We Start Over

Nove
If I don't have you -
*** I'm a star with no light ***



Cose positive del mio lavoro:
Sto sempre insieme a Ryan.
Viaggio molto.
Shopping nelle città più belle del pianeta.
Mangio cose mai provate prima.
Mi pagano per fare tutto ciò.
Posso controllare che nessuna cerchi di infilarsi nelle mutande di Ryan.
Cose negative del mio lavoro:
Troppi decolli e troppi atterraggi.
Tempi spesso serrati fra un appuntamento e l'altro.
Sveglie prima dell'alba.
Gallinelle che cercando di infilarsi nelle mutande di Ryan.
Stress.
Fans che ti seguono veramente ovunque.
Ma adesso... adesso niente. Adesso non ho un lavoro. E in più Ryan deve uscire per forza con quella stronza.
Per fortuna viviamo insieme e possiamo passare insieme tutto il suo tempo libero. Almeno questo.
Sospiro e guardo le foto della mia nipotina, ha nove settimane, o sessantatré giorni, come ha specificato Brenda nel messaggio. È cresciuta tanto, la mia bella nipotina. Sorride, fa tanti versetti... è meravigliosa.
Mi mancano tanto i miei nipoti. Quasi quasi potrei andare a trovarli. Magari in treno, ecco. Sono troppo nervosa per poter pensare di affrontare da sola due decolli e due atterraggi.
No, in treno sono troppe ore. Anche in auto ci impiegherei un giorno intero.
Mi sa che mi tocca l'aereo.
Uffa.
Mi alzo di scatto dal letto quando sento la macchina di Ryan fermarsi, così corro da lui e lo abbraccio appena apre la portiera, non dandogli neppure il tempo di slacciarsi la cintura.
«Che irruenza.» scherza mentre mi aggrappo a lui.
«Mi sei mancato.» dico baciandogli il viso. 
«Anche tu.» soffia lui, «Mi fai scendere?» domanda.
Giusto. Annuisco e mi sposto, lasciandogli spazio. Lui afferra un sacchetto e una scatola dal sedile del passeggero.
«Lì cosa c'è?» chiedo mentre chiudo la portiera.
«Muffin, ciambelle e cappuccino.» risponde Ryan.
Lo amo anche per questo, perché mi porta dolcetti e cappuccino.
«Cosa avete fatto?» domando poco dopo, quando siamo sul suo divano a fare merenda. 
«Le solite cose.» risponde lui, «Abbiamo pranzato, lei parlava troppo, io ascoltavo una parola sì e venti no, ha cercato di prendermi per mano...» dice spezzando a metà un muffin, e io mi blocco, domandandomi se ho delle tenaglie abbastanza grosse per tranciare il polso di quella gallina spennacchiata, «Ma gli ho detto che sono germofobico e che non mi deve toccare.»
Mettiamo via gli istinti mutilatori e rilassiamoci. «Mhm... germofobico?» faccio e bevo un sorso di cappuccino, «E non si domanda il perché tu lo sia solo con lei e non con tutte le altre superfici?»
Lui ride, «Credo che quando le hanno fatto la liposuzione le abbiano tolto un po' di materia grigia.»
Rido e mi appoggio a lui, felice che quella non gli interessi minimamente. Certo, se non dovesse uscirci sarebbe meglio.
Stupido Raymond. Potrei diventare Lindsay La Delinquente e disfargli l'auto, così impara ad avere delle idee da coglione.
«Hai sentito Svetlana?» 
Sospiro e guardo Ryan. «Sì.» rispondo, «Lei è...» inspiro, «È sconvolta.» dico. 
«Posso immaginarlo.» soffia Ryan toccandomi i capelli. Svetlana è isterica, ecco. Non solo sconvolta, ma proprio isterica. La mia Svetlana. Mi manca.
Ryan mi bacia la fronte, «Si sistemerà tutto, vedrai.» mormora abbracciandomi.
Lo spero. Lo spero su serio.

***

Le cose brutte succedono sempre quando non te l'aspetti, quando sei tranquilla, magari mentre cammini per strada. Come adesso, mentre passo davanti a questa edicola e vedo la foto di me e Ryan abbracciati sulla terrazza di casa mia.
“Ryan tradisce Susan con Lindsay?” c'è scritto in maiuscolo, grossi caratteri rossi bordati di bianco.
“Speciale all'interno su Ryan.”
Cosa?
Cosa?
E non è la sola rivista che parla di questo! Io ammazzo qualcuno.
Calco bene il cappello da baseball in testa, afferro le riviste e pago, per poi allontanarmi velocemente. Una volta in auto getto le riviste sul sedile del passeggero a faccia in giù e parto, diretta a casa. Ma prima mi fermerò in un drive di un qualsiasi fast food: ho bisogno di ingurgitare schifezze, voglio che le mie vene esplodano per il colesterolo prima che le faccia esplodere dalla rabbia.
Come si sono permessi di fotografare la mia abitazione? È vietato! Non possono farlo! Papà questa volta chiamerà sul serio l'avvocato e se non dovesse farlo lo farò io. E farò togliere persino i peli del culo al fotografo, giornalista e chiunque c'entri con tutto questo.


Sto ignorando il mio cellulare che continua a vibrare da ore, non ho voglia di leggere insulti rivolti alla mia persona. 
«Linds!» esclama Ryan entrando nella mia camera, «Che cazzo succede?»
Lo guardo e sbuffo. «Nulla.» ringhio, «A parte che mi dipingono come una puttana rovina famiglie, ecco.»
Lui mi fissa, gli occhi azzurri sgranati, «Come diavolo hanno fatto a fare quelle foto?» domanda, «È illegale.»
«Lo so.» sospiro guardandomi le mani, «Non so cosa fare...» mormoro. Cosa faccio? Cosa facciamo?
Ryan mi abbraccia e mi bacia la testa, «Andrò tutto bene.» sussurra mentre mi accoccolo contro di lui, la testa posata sulla sua spalla, la fronte contro il suo collo dalla pelle calda, la mia mano che stringe la sua maglia.
Mi limito ad annuire, anche se un qualcosa mi dice che a questo punto le cose potranno solo peggiorare, perché lo sanno tutti: al peggio non c'è mai fine.


Papà ha sbraitato a lungo e contro chiunque: i giornalisti, i fotografi, quelli che lavorano nelle stamperie delle riviste, contro il nuovo capo di Ryan, contro il governo... si è calmato solo perché mamma gli ha tirato un cuscino in faccia. Alla fine se ne è andato nel suo studio per chiamare l'avvocato.
«Andrò tutto bene.» dice mamma, anche se sembra poco convinta.
«Sì, certo.» sbuffo e fisso il cellulare. Sono ore che scambio messaggi su Telegram con Svetlana, che è incazzata nera. Suo padre ha detto che se vogliamo può chiamare un suo amico avvocato, che chiamano “Lo squalo”: a quanto pare, in vent'anni di carriera, ha perso solo un paio di cause.
Io voglio solo che questa brutta storia finisca e che torni tutto come prima. Non voglio stare male ogni volta che Ryan è obbligato a uscire con quella, altrimenti mi verrà un esaurimento nervoso, un'ulcera o entrambe le cose.
«Possiamo fare qualcosa.» dice papà uscendo dal suo studio, «Io li riduco in mutande.» aggiunge mentre ci raggiunge a grandi passi, «Anzi, gli levo pure quelle.»
Papà è una belva, quando ci si mette, chissà, magari se anche lui fosse diventato avvocato sarebbe stato uno squalo anche lui.
«Bene.» esclamo, «Torno di sopra.» aggiungo e vado nella mia stanza, dove mi lascio cadere sul letto con un sospiro.
Speriamo che finisca in fretta 'sta storia, non ne posso più. Ryan mi raggiunge poco dopo, i capelli ancora umidi dopo la doccia.
«Novità?» domanda.
«Si può fare qualcosa.» rispondo mentre lui si siede accanto a me, «Dovresti parlare con papà, io di queste cose non capisco nulla.»
«Lo farò, anche se non so quanto riuscirò a capire.» esclama abbracciandomi.
Non replico e mi stringo di più a lui, posando la testa sulla sua spalla, il suo profumo che mi entra nel naso... è meraviglioso. Resterei qui per sempre, io e lui, stretti in un abbraccio e nient'altro.
Lindsay, goditi questo momento e non pensare ad altro. Non farlo. Va bene così, per ora.

***

Prigioniera in casa mia, ecco quello che sono. Papà ha attaccato dei teli ai cancelli, in modo che nessuno possa spiarci, e in più ha fatto appendere delle tende da sole lungo il lato libero della terrazza. Le foto sono state scattate da una villa vicina, dove una vecchia rintronata ha fatto entrare i due fotografi. Loro le avevano detto che erano per National Geographic e quella ci ha creduto, e li ha fatti entrare senza nemmeno chiedere un documento, così loro sono saliti sul terrazzo di quella scema e ci hanno scattato le foto.
E, nonostante le querele per invasione della privacy, lo hanno rifatto. L'idiota della casa accanto si è giustificata dicendo che l'avevano pagata e che non ci vede nulla di male. Spero che la prossima volta che fa entrare qualche sconosciuto si ritrovi con la casa vuota, le devono portare via tutto, ma proprio tutto, pure il cesso e le sbarre porta asciugamani appese al muro.
E io sono qui con queste tende che mi ingabbiano.
Non posso farcela.
È tutto così complicato, difficile, estenuante. Ogni volta che Ryan esce con quella mi tormento, continuo a pensare a cosa potrebbe fare quella, cosa potrebbero fare, cosa potrebbero dirsi... io non reggo più.
Diventa più complicato ogni giorno che passa, ogni singolo momento. Non posso continuare così, altrimenti mi verrà sul serio una bella ulcera perforante.
Ho bisogno di rilassarmi. Potrei andare al maneggio, magari una bella cavalcata mi rilasserà.
Scendo in cucina e trovo Marisol, «Stai preparando la zuppa inglese?» domando.
Lei annuisce, «Sì.» risponde, «Sarà pronta fra un paio d'ore.» aggiunge guardandomi con quello sguardo da “se osi infilare un dito nella crema te lo taglio”.
«Perfetto!» esclamo, «Allora io vado al maneggio.» dico, «Ci vediamo dopo!» aggiungo ed esco da casa.


Sì, cavalcare mi sta rilassando. Ci siamo solo io, Bobby e la natura. Solo pace e tranquillità, che però non mi evita di pensare a Ryan fuori con quella. Dio, quanto la odio. La prenderei a sberle finché non mi cadono le mani.
Basta, non ci devo più pensare. Qui è tutto così tranquillo, non facciamo brutti pensieri.
Chissà cosa staranno facendo?
Se lo tocca le taglierò le mani, giuro.
No! Non ci devo pensare. Lindsay, rilassati, altrimenti ti verrà un ulcera, Bobby si innervosirà e ti disarcionerà e tu non vuoi finire in ospedale con la testa rotta. Tu in ospedale vuoi mandarci quella se si azzarda a toccare Ryan.
Faccio un respiro profondo mentre il sentiero si allarga sempre di più. Poco più avanti ci sono tre panchine di legno disposte a ferro di cavallo, un paio di fontanelle e cestini per l'immondizia, oltre a qualche staccionata a cui legare i cavalli se uno dovesse prendersi una pausa. Cosa che farò anche io.
Smonto da cavallo, lego le briglie alla staccionata e mi tolgo il caschetto. Poi bevo dalla fontanella, per poi asciugarmi le labbra con il dorso della mano. Mi siedo su una delle panchine, gli occhi chiusi, il sole che mi scalda il viso. Qui si che è tranquillo, potrei pure cancellare gli istinti omicidi dalla mia mente.
«Ehi.»
Apro l'occhio destro e alzo la mano per ripararmi dal sole. «Aaron!» esclamo, felice. «Che ci fai qui?» chiedo.
«Quello che fai tu, suppongo.» risponde scendendo dal cavallo. «Un giro.»
Rido e aspetto che si sieda vicino a me. «Come va?» chiedo.
Lui scrolla le spalle e mi guarda, si passa una mano fra i capelli biondi, «Va.» risponde, «Potrebbe andare decisamente meglio.» sospira e guarda lontano. «Tu come stai?»
Alzo le spalle, «Bene, diciamo.» rispondo, «Anche se mi passano per la mente mille modi per far fuori quella gallina.»
Aaron ride, «Meglio che non ti capiti fra le mani, allora.» 
Annuisco, «Già.» commento. «Lei o la gallina che sta attaccata al culo di Liam.» ringhio. Svetlana sta sempre peggio. E io odio Raymond e quella gallina infame che merita di essere investita da uno schiacciasassi che stende delle merda in un campo pieno di chiodi appuntiti.
«Come sta Svetlana?»
Sospiro ancora e guardo Aaron, «Potrebbe stare meglio.» rispondo. «Magari potrei andarla a trovare qualche giorno.» mormoro, «Visto che ci sono dei deficienti che andrebbero presi a randellate sulle gengive che si divertono a fotografare casa mia.»
Lui annuisce, «Mi sembra una bella idea.» commenta e io annuisco.
Rimaniamo in silenzio per un po', poi decidiamo di tornare al maneggio, prima che il tempo finisca e ci tocchi pagare un extra.
Dopo aver riconsegnato i cavalli e i caschetti, ce ne andiamo al bar, sedendoci in angolo, coperti da un separé. Ordiniamo due bibite e un paio di tramezzini a testa, restiamo in silenzio per un po', come se fossimo imbarazzati dalla nostra presenza. 
O avessimo paura che qualcuno ci fotografi e inventi una qualche stronzata per mettermi in cattiva luce.
«Ho sentito Melanie.»
Fisso Aaron, «Sul serio?» domando. Credevo che fosse acqua passata.
Lui annuisce, «Sì.» dice, «È convinta che sia colpa tua.» sospira e alza gli occhi al cielo. 
«Sai che novità.» ribatto e la cameriera torna con le nostre ordinazioni. «Per lei è sempre colpa mia.» esclamo dividendo uno dei tramezzini a metà. «Perché non l'hai ancora mandata a fanculo?» domando. Io l'avrei fatto già da tempo, dal primo anno di liceo, diciamo.
Lui alza le spalle, «L'ho fatto.» risponde e quasi mi strozzo con l'aranciata.
«Tu tu co-cosa?» balbetto.
«Mi chiamava continuamente e non voleva capire che mi stava disturbando.» risponde Aaron, «Così l'ho mandata a quel paese.» scrolla le spalle, «E adesso mi chiama una volta al giorno.»
Annuisco e basta, anche perché ho la bocca piena di cibo. Parliamo ancora un po', cambiando argomento, parlando delle nostre famiglie, del maneggio e di cose stupide. Ed è meglio così. Molto meglio, almeno mi rilasso un po'.

***

Quando torno a casa Ryan è già arrivato, è nella sua stanza, seduto sul letto, circondato da fogli, la chitarra in mano. Ed è bellissimo. 
«Ehi.» esclamo entrando, «Che fai?» domando.
Lui sorride e mi fissa mentre raccoglie i fogli che poi sistema sul letto a faccia in giù, «Niente di importate.» risponde.
«Sono andata al maneggio.» dico mentre mi stringe le mani.
Lui annuisce, «Lo so, me lo ha detto Marisol.»
«Non avrai mangiato la zuppa inglese senza di me, vero?» domando assottigliando gli occhi. Se lo ha fatto gli do un pizzicotto!
Ryan ride, «No.» risponde, «Puzzi di cavallo.»
«Grazie, eh.» borbotto. «Sono stata a cavallo, mi pare logico che puzzi.» dico e guardo la pila di fogli sul letto, «Non mi fai leggere qualcosina?» chiedo piegandomi in avanti, il mio viso vicino al suo, i suoi occhi azzurri che mi fissano...
«No.»
E mi sgonfio come un palloncino a cui non è stato fatto il nodo. Uffa. «E dai, per favore.» lo bacio.
Lui ride ancora, «No.» ripete, «Sono solo frasi e accordi buttati lì.»
Faccio una smorfia e sospiro, «Okay.» borbotto, «Vado a farmi una doccia.» esclamo e drizzo la schiena, poi mi allontano.
«E mi lasci così?»
Mi giro e vedo Ryan, il broncio sul viso, «Uh?» faccio, «Così come?»
«Senza un bacetto.» risponde.
Rido e mi butto fra le sue braccia e lo bacio sulle labbra. «Meglio?» chiedo.
Lui annuisce, «Sì.» risponde e mi sorride e io sono felice.
«Vado a farmi la doccia.» soffio, lo bacio di nuovo e vado a lavarmi. Non voglio sapere nulla, non voglio chiedere, voglio rimanere all'oscuro di tutto. Forse è meglio così, è meglio non sapere cosa hanno fatto.


Io e Ryan siamo in salotto, le coppe con la zuppa inglese in mano, è davvero buona, come sempre del resto. «Ho incontrato Aaron.» esclamo.
«Dove?» domanda Ryan. Devo dirglielo che ha la faccia sporca di cacao? Naa, lasciamo stare. Lo scoprirà da solo.
«Al maneggio, ovviamente.» rispondo. «Abbiamo cavalcato un po' e poi abbiamo mangiato un paio di tramezzini.» continuo, «Niente di che.» scrollo le spalle.
Ryan annuisce e si lecca le labbra, «Oh.» commenta, «Mi fa piacere.» dice e sorride. «Almeno ti sei distratta un po'.»
Annuisco, il cucchiaino in bocca, «Già.» sospiro. Insomma... mi sono distratta un pochino dal pensare a quella gallina starnazzante, ma il pensiero c'è sempre, è lì, nel mio cervello, aspetta solo di uscire fuori e farmi fare pensieri che mi spedirebbero in galera senza un processo. O in manicomio. O in un manicomio criminale. In ogni casa la situazione fa schifo.
Sospiro ancora e sento lo sguardo di Ryan su di me, mi volto e trovo il suo viso a pochi centimetri dal mio, gli occhi azzurri che mi fissano, preoccupati. «Linds?» soffia.
«Va tutto bene.» rispondo e sorrido, lo fa anche lui.
«Bene.» dice e raschia via l'ultimo pezzetto di crema dalle pareti della ciotola di vetro blu, poi quasi ci infila la faccia dentro per poter pulire tutto.
E poi sono io quella che si ingozza!
Ryan si alza in piedi, «Cosa facciamo?» domanda.
«Non lo so.» rispondo e gli passo la ciotola e il cucchiaino, «Intanto porta questi in cucina.» sorrido. In realtà vorrei ridere, perché lui ha il naso sporco di cacao.
Ryan annuisce e va in cucina, per tornare praticamente subito. Intanto io stringo il cellulare fra le mani, pronta a immortalare Ryan con la faccia sporca di cacao.
«Ryan?» lo chiamo.
«Uh?»
Foto.
«Mi hai fatto una foto?» domanda lui, la faccia perplessa, «Perché?» domanda e io ridacchio, «Linds?»
«Niente.»
«No, Linds, i tuoi niente non sono mai niente.» sbotta e incrocia le braccia al petto.
Sorrido ancora e spero di avere l'aria non colpevole. 
«Linds?» sospira lui.
«Ma niente.» ridacchio e addio all'avere un'aria non colpevole.
Ryan si volta verso il camino, sulla cui mensola è posto un vassoio d'argento bello lucido, tenuto in piedi da un sostegno di plastica trasparente. Non ho ancora capito il senso di averlo lì..
«Lindsay!» strilla Ryan quando si vede riflesso. «Mi lasci andare in giro così?» sbotta e io rido, «Non ridere!» squittisce.
«Ma sei in casa.» ribatto, «E sei tanto carino.» aggiungo infilando il cellulare fra i cuscini del divano, prima che Ryan riesca a prenderlo a cancellare la foto.
Lui sbuffa e si avvicina a me, «Me la paghi.» soffia, gli occhi socchiusi, il sorriso sulle labbra, si sdraia su di me, sfregando il suo viso contro il mio.
«Se sporchi il divano mamma ti uccide.» gli ricordo.
Ryan ride e mi fissa, «Nah, tua madre mi adora.» ribatte.
Cavolo, ha ragione. Mamma lo adora.
«Non sporcare il divano.» esclamo mentre mi bacia il collo, «Poi mamma si arrabbia con me...» meglio cambiare strategia. 
Ryan si solleva e mi fissa, «Vuoi che mamma mi sgridi...» lo fisso, tirando fuori la mia miglior aria da cucciolotta indifesa.
Lui sospira e si alza, «No.» dice, «Hai ragione.»
Vittoria!
Quasi urlo quando mi afferra e mi butta sulle sue spalle. «Ryan!» strillo, «Lasciami!»
Lui non risponde. «Ryan, sono a testa in giù.» continuo.
«Lo so.» replica lui.
Grazie, eh. «Ryan...» mormoro e mi aggrappo ai suoi fianchi e cerco di sollevarmi.
«Non tirarmi giù i pantaloni.» ribatte lui.
Uffa. Stiamo salendo le scale e io ho una bella panoramica sulle chiappe perfette del mio ragazzo. «Cosa vuoi fare?» domando.
«Lo vedrai.»
Uhm... non mi butterà mica nella doccia con lui, vero? Ho indosso una maglia tanto carina, con una gattina stampata sopra, con un bel fiocco rosso fatto di paillette. Poi entriamo in camera mia, e mi ritrovo sul mio letto, i capelli sparsi sulla faccia.
«Ryan?»
Lui mi scosta i capelli dal viso. «Qua nessuno ti sgrida.» esclama con quel sorriso che vorrei levare a furia di sberle.
«Uhm.» sbuffo, «Se lo dici tu.» esclamo e lascio che mi baci. Infila le mani sotto la maglietta. 
Chi se ne importa delle lenzuola? Tanto c'è la lavatrice che le lava!

***

Altro giorno, altra ulcera. Perché lo so, mi verranno decine di ulcere se continua così. Odio tutti in questo momento, tutti allo stesso identico modo.
Ryan è uscito ancora con quella gallina spelacchiata per pranzo. Dovrei mangiare anche io, ma non ho fame, così mando giù un caffè dietro l'altro.
Ecco, se non morirò a causa di decine di ulcere sanguinanti, creperò perché mi sarà scoppiato il cuore per i battiti troppo accelerati.
Ho voglia di spaccare qualcosa, che possibilmente assomigli alla testa di Raymond. O alla sua auto. Ne ho già disfatta una, potrei farlo un'altra volta.
Una riga su una fiancata, una ruota squarciata, uno specchietto rotto. Quel cazzo di stemmino divelto. Potrei fare tante cose.
Se non muoio finirò in prigione, mi sa. Che brutta cosa.
E stra parlo pure.
Altro caffè, poi mi metto a guardare qualche video di gatti scemi. Sì, farò così. I video di gatti scemi mi fanno sempre ridere.


Ryan ritorna, in perfetto orario.
«Com'è andata?» domando.
Lui mi stringe, «Al solito.» risponde ed entriamo in casa. «Una noia mortale, averei preferito farmi strappare le palle e ingoiarle.»
«Quelle mi servono!» rido.
«Subito?» mormora lui baciandomi il naso.
«Eh, magari...» socchiudo gli occhi mentre mi bacia il collo.
Lui ride contro la mia pelle, «Che ne dici dell'idromassaggio?» soffia nel mio orecchio.
Annuisco. «Sarebbe perfetto.» mormoro.
Lui sorride, si alza in piedi, mi prende in braccio ed entriamo nel bagno.
Dopo qualche minuto la vasca è piena di acqua con tante bolle, entriamo e mi lascio coccolare dall'acqua calda, delle labbra di Ryan sul mio collo e dalle sue mani sulla mia pelle.

***

Sto per scoppiare. Non posso farcela. Non ci riesco.
È troppo complicato. Troppo difficile. Troppo tutto.
Mi manca l'aria, mi manca la mia vita, quella di prima. Quella dove io e Ryan vivevamo nella nostra bolla di felicità, dove l'unica nostra preoccupazione era quella Piaga di Melanie.
Non posso farcela, sul serio.
Se restassi qui esploderei, farei qualche stronzata mega galattica come spaccare la testa a quella gallina, lo farei sul serio, lo so. Ma non posso. Non voglio andare in prigione. 
Oppure mi lascerei andare in balìa degli eventi, e chissà cosa potrebbe succedere. Devo cambiare aria. Devo cambiare, per un po' di tempo. Devo farlo.

*_*_*



Entro nella camera di Lindsay e, appena aperta la porta finestra, capisco che qualcosa non va.
Che c'è qualcosa di sbagliato.
Ci sono due valige aperte sul letto con dei vestiti dentro. Un'altra pila di vestiti è sopra la poltroncina della scrivania. «Linds?» chiamo, «Lindsay?»
Lei esce dalla cabina armadio, dei vestiti in mano. 
«Che succede?» domando. «Linds?»
Lei sospira e posa i vestiti sul letto, «Vado a New York, da Svetlana.» risponde.
«Perché?» domando. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Oppure non ho fatto qualcosa?
Lei sospira di nuovo. «Perché sto impazzendo, Ryan» dice, «Non ce la faccio più.»
Mi appoggio alla sedia, «Co-cosa?» balbetto, «È colpa mia?»
«No!» esclama lei, «Non è colpa tua, assolutamente!» esclama. Mi prende le mani e mi fissa, «È questa situazione che mi fa impazzire.» dice, «Se me ne vado via per qualche giorno poi starò meglio.» mi sorride e mi abbraccia.
L'abbraccio, stringendola forte e inspiro il profumo dei suoi capelli. Le sfioro i fianchi e li sento magri sotto le mie dita. "Ho trovato Lindsay dimagrita, mi sembra più magra del solito, te ne sei accorto?" le parole di Aaron mi tornano in mente. Aveva ragione, la mia Linds è dimagrita tanto.
«Quando parti?» le chiedo dopo averle baciato la fronte.
«Domani.»
Domani. Domani. Domani «Okay.» esclamo. «Avresti potuto parlarmene.» esclamo, cercando di tenere a freno la rabbia e la delusione.
«L'ho deciso ieri.» risponde lei.
Annuisco. Ieri, lo ha deciso ieri. Quando ero fuori con quella stupida che ha il vuoto pneumatico nel cervello. «Va bene.» esclamo e l'abbraccio, nuovo. «Quanto starai via?» chiedo.
Lei mi fissa, «Un paio di settimane.» risponde. «Ho bisogno di staccare, lo capisci?» domanda.
Annuisco e sospiro, «Sì.» le bacio di nuovo la fronte.


Abbiamo cenato con un paio di pizze giganti, io, lei e i suoi genitori. Ora siamo in bagno, pronti per la vasca, che si sta riempiendo di acqua e schiuma bianca. Lindsay è seduta sul bordo della vasca, avvolta nell'accappatoio, i capelli legati in alto e fissa la schiuma. Io sono già nudo.
«Linds?» la chiamo e lei mi fissa, sorridendo. «Niente.» rispondo e le do un bacio sulla fronte.
Lei si alza, «È pronta.» dice e mi passa l'accappatoio, che appendo. Poi entriamo nella vasca e lei si appoggia a me. Mentre le sfioro i fianchi, salendo in alto, verso il seno, mi rendo conto di sentire sotto le dita le costole. Anche prima le sentivo, ma ora è diverso, le sento di più. La stringo di più a me e lei posa la nuca sulla mia spalla e chiude gli occhi. 
«Mi mancherai.» soffio nel suo orecchio.
«Anche tu.» mormora lei.
«Ti amo, Linds.» dico e le bacio una guancia.
«Anche io.» dice e gira il viso verso di me, le tocco la guancia, lasciando schiuma su di essa e la bacio sulle labbra. mi mancherà tanto, lo so. Non posso stare senza di lei. Linds è tutto per me, potrei morire se la perdessi. Mi consumerei fino a scomparire.
La stringo a me e chiudo gli occhi. Vorrei che tutta questa storia fosse solo un brutto incubo.
Vorrei svegliarmi e scoprire che Carl è ancora il nostro manager. Che Linds lavori ancora per noi. Rivoglio la mia vita. Perché questa non lo è.
Senza di lei sarò spento, inutile. Una luce che non brilla più.
Okay, sto scivolando nel patetico, meglio darsi una calmata. Andrà a New York, e lo fa per il suo bene. 


Siamo seduti sul letto, Lindsay davanti a me e le sto pettinando i capelli. Lei  muove la testa da un parte all'altra, emettendo di tanto in tanto qualche sospiro soddisfatto.
«Sembri un gatto.» le dico.
Lei ridacchia, «È piacevole.» risponde e si appoggia contro di me.
Poso la spazzola sul letto e la stringo, inspirando il suo profumo. Non voglio dimenticarlo. Posso sempre rubare un cuscino domani mattina, quando se ne andrà.
Se ci penso mi sento male.
Meglio non pensarci, anche se è complicato.
Lei si lega i capelli in due code basse e morbide e io riporto la spazzola in bagno. quando la raggiungo è già sotto le coperte. Vado da lei e l'abbraccio, la sua testa posata sul mio torace, le sue mani su di me. «Mi mancherai.» soffio baciandole la testa.
«Anche tu.» mormora lei.

***

Lindsay è partita un'ora e mezza fa per l'aeroporto con i suoi genitori. E io ho preso il suo cuscino, sostituendolo con uno di quelli presenti nell'armadio. Ho cambiato anche la federa. Adesso sono solo, nel mio salotto e non so cosa fare, a parte disperarmi. E potrei riuscirci anche bene.
Ormai l'aereo starà decollando. Il mio tesorino bello avrà paura. 
Ecco, posso anche deprimermi, oltre che disperarmi. Sono bravo in questo.
Chiamo Aaron, ho bisogno di una voce amica. «Ehi.» sospiro quando mi risponde.
«Come va?» chiede lui, «Non mi chiami mai a quest'ora.»
«Linds è partita.»
«Partita?! E per dove?»
«New York.» rispondo «Va da Svetlana.» sospiro e bevo.
«Oh.» commenta lui.
«Dice che è stanca e ha bisogno di staccare un po'.»
«Te l'avevo detto che era sciupata.»
Odio quando ha questo tono petulante. «Eh.» sospiro, «Lo so.» bevo ancora.
«Stai bevendo?» domanda lui, «Comunque le farà bene allontanarsi un po'.» dice.
«Birra.» rispondo. «E no, non rompere le scatole.» esclamo prima che possa dire qualcosa.
«Non stavo dicendo nulla.» dice lui. «E se venissi lì?» domanda.
Annuisco e mi ricordo che siamo al telefono, non può vedermi. «Sì.» rispondo, «Andrebbe benissimo.»



*_*_*

Finalmente, dopo tre chiamate a vuoto, Ryan mi risponde. «Ehi, Ryan.»
«Lindsay.» dice lui e mi sembra strano.
«Che hai?» domando, «Dormivi? Ti ho svegliato?»
«Uhm... Sì.» biascica lui in risposta. «Sono venuti gli altri.» aggiunge. «Abbiamo bevuto un po'.»
Ah. «A parte alzare il gomito cosa avete fatto?» chiedo e lo sento aprire qualcosa.
«Giocato con la Wii.» risponde lui e mi pare sentire dell'acqua versata in un bicchiere, «Chris non sa perdere.»
Rido e sento in sottofondo la voce di Chris che dice qualcosa tipo "Guarda che ti ho sentito!", «Bene.» dico, «Il viaggio è andato bene.» aggiungo, «Domani andiamo in giro per musei.»
«Che noia.» borbotta lui e lo sento bere.
«L'alternativa era lo shopping.» replico. 
«Meglio la noia, allora.» dice lui, «Hai troppi vestiti. Svetlana?» 
«Sta bene.» rispondo e sento gridare Liam. 
«Lei è lì?» domanda Ryan, «Liam russava fino a due secondi fa, ma ora è bello pimpante...» sospira. 
«Sì.» rispondo fissando la mia migliore amica uscire dal bagno, «C'è Liam da Ryan.» le dico passandole il cellulare e lei inizia subito con i suoi "Ciccino".
Dopo qualche minuto Svetlana mi ridà il cellulare. «Gesù, stavano per fare sesso telefonico?» sbotta Ryan.
«Già.» commento. È per questo che mi sono ripresa il cellulare: può fare sesso telefonico con il suo, se ci tiene tanto. «Dove sei? Ho sentito una porta.»
«Nel cesso.» replica lui e sospira.
«Ryan!» strillo e fisso Svetlana che sospira, prima di sgattaiolare fuori dalla stanza. Chissà, magari va nell'altra stanza a parlare con Liam...
«Non devo fare nulla.» dice lui, «Solo tenere il mio telefono lontano dalle mani di Liam.» ride. «No, sono fuori, in giardino.» 
«Mi manchi.» soffio e sento che sto per piangere. Non ora, grazie.
«Anche tu.» mormora lui, «Mi dispiace non aver risposto alle altre chiamate e di aver mandato un monosillabo al tuo messaggio di prima.» dice, «Ero un po'...» sospira.
«Sbronzo?» lo aiuto, «Ryan, tranquillo.» dico.
«Mi sento in colpa.» mormora.
«Non è colpa tua.» replico, «Insomma, magari evitare di sbronzarsi a pranzo...» faccio, «Ho bevuto un Martini dry sull'aereo.» ammetto. 
«Ah.» fa lui, «Linds!» squittisce.
«In realtà ne ho presi due.» diciamo tutta la verità, ecco.
«Linds!» esclama. «Due Martini dry?!? Ma neppure ti piace!»
«Eh.» dico. «C'è stata una perturbazione!» squittisco in mia difesa, «O l'alcol o strillavo come un'aquila!»
Lui ride.
«Non ridere!»
«Non rido di te, tesorino bello, ma di Jake!» ride ancora. «È caduto come una pera cotta!»
«Ma povero.» esclamo, «Si è fatto male?»
«No, al momento sta imprecando come uno scaricatore di porto.» risponde, poi sospira, anche se mi sembra più un gemito di sofferenza che un normale sospiro.
«Tutto bene?» chiedo.
«Mi fa male la testa.» risponde.
«Caccia via gli altri, mangia qualcosa, prendi un antidolorifico e vai a dormire.» 
«Sembri mia nonna.»
Sbuffo. «Ryan, mi preoccupo.»
«Lo so.» soffia lui. «Adesso li mando via.» dice.
«Bene.» esclamo. «Mi manchi.» dico e mi accorgo che Svetlana mi sta chiamando, «Che c'è?» le chiedo e lei risponde che è pronta la cena. «Ce l'avevo con Svetlana.» dico a Ryan.
«L'avevo capito.» ride, «Ci sentiamo domani?»
«Non mi mandi la buona notte?» pigolo.
«Ovvio.» risponde lui. «Ti amo, tesorino bello.»
«Ti amo anche io, pecorella.»
«Pecorella?»
Poso il cellulare sul comodino e fisso Svetlana, che mi guarda, le mani sui fianchi e l'aria di chi è curiosa come una scimmia.
«Niente.» dico e mi alzo, «Una cosa fra me e Ryan.» continuo. Non posso dirle perché lo chiamo così!
«Ah.» fa lei. «Non me lo dirai, vero?» domanda mentre scendiamo al piano di sotto. Svetlana vive in un appartamento a due piani, con una meravigliosa vista su Central Park.
«È una stupidata.» rispondo scuotendo la testa. «Nulla di che.»
Lei mi fissa, «Sarà.» dice, «Ma credo che sia qualcosa di buffo. Imbarazzante. Altamente imbarazzante. Decisamente imbarazzante.»
Alzo gli occhi al cielo. «Hai finito?» chiedo, «Ho fame.»
Lei incrocia le braccia e annuisce. «Va bene.» acconsente. «Ma tanto prima o poi me lo dirai.» cinguetta andando a sedersi.
«Uhm, certo.» esclamo e mi siedo accanto a lei, «Contaci.»
Lei mi guarda, gli occhioni blu che mi fissano. «Me lo dirai, lo so.»
Neppure morta glielo dirò.

***

In questi giorni abbiamo visto: il museo Americano di storia naturale, il MoMa, il Metropolitan Museum of Arts e il Met Breuer. E ce ne sono ancora svariati da guardare. Però per oggi basta, ho il cervello pieno di informazioni. «Shopping?»
Svetlana mi fissa e sorride, «Ovvio.» risponde.
Ovviamente siamo d'accordo — come sempre, del resto — su quali negozi visitare, ma non da dove cominciare. Ed è per questo che passiamo la mezz'ora seguente a decidere quale negozio visitare per primo. 
«È ora di pranzo.» le faccio notare a un certo punto.
«Andiamo a mangiare.» esclama lei, «Così possiamo decidere meglio.»
Almeno siamo d'accordo sul ristorante.

***

Ryan mi manca. Mi manca così tanto che mi manca il respiro e sento lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa che mi piega in due. Ogni tanto temo che possa venirmi un attacco di panico o un infarto. Mi sento così ogni volta che parliamo al telefono. 
«Liam mi ha detto perché lo chiami pecorella.»
Fisso Svetlana, «Ah, sì?» chiedo e lei annuisce, «Liam non sa perché chimo Ryan in questo modo.» le sorrido. Pensava di fregarmi e invece... ahahah. «Non te lo dico.»
Lei sbuffa in una maniera davvero adorabile. «Uffa.» borbotta incrociando le braccia.
Rido. «Sei troppo curiosa.» esclamo sdraiandomi sul letto. Ormai sono tre settimane che sono qui, ventidue giorni. E Ryan mi manca sempre di più.
Svetlana si sdraia accanto a me, i suoi capelli mi finiscono sul viso, li scosto. «Cosa facciamo?» domando. 
Lei sospira, «Prendere a calci quei tre deficienti?» propone.
«Buona idea» rispondo e poso le mani sulla pancia, le dita incrociate. «Ma poi finiremo davanti a un giudice per lesioni.»
«Che palle.» borbotta lei. «E se ci facessimo un viaggetto?» domanda fissandomi.
Annuisco, «Buona idea.» dico, «Dove?»
«Ah, non ne ho idea.»
Le lancio un cuscino addosso. «Grande.» esclamo. 
Svetlana ride, «Abbiamo tempo per decidere.» dice. «Basta scegliere un posto bello.»
«Ce ne sono tanti.»
«Con tanti bei negozi.»
«Ce ne sono tanti di posti così.»
«Dove farsi un po' di cultura.»
«Devo ripetermi?»
Svetlana ride. «Già.» sospira. «Facciamo decidere a papà?» domanda.
Fisso il soffitto, dipinto di un delicato color crema. «Uhm, sì.» rispondo, «Sarebbe perfetto.» dico.



*_*_*

«Boston?!» esclamo e fisso il viso di Lindsay. Quanto mi manca...
Lei annuisce e io vorrei sfiorare lo schermo, vorrei toccarla, baciarla, stringerla... ma non posso. Posso solo toccare lo schermo ma non sarebbe la stessa cosa.
«Lo ha proposto Leonard perché io e Svetlana non riuscivamo a deciderci.» spiega, «E così  abbiamo fatto scegliere a lui.» scrolla le spalle.
Annuisco anche io, «Sì, tu e Svetlana sareste andati avanti all'infinito prima di scegliere qualcosa.»
Lei incrocia le braccia e piega le labbra in un broncio adorabile. «Non sei simpatico, lo sai?» borbotta. «È che ci sono tante cose da vedere.» dice.
Bhe, ha ragione. «Giusto.» dico, «Da qualche parte bisogna pur incominciare, no?» esclamo. Almeno è ancora qui nel Paese, solo un po' più a nord. Sarebbe peggio se fosse andata a Londra, Parigi o in Italia o in Grecia o chissà dove, ancora più lontana da me. Ma questo mica posso dirglielo!
Lei sorride, «Esatto.» dice e poi sospira. «Cosa fai?» domanda.
Scrollo le spalle, «Niente di che.» rispondo. «Mi annoio.»
Lei piega di la testa di lato. «Povera la mia pecorella.» mormora. «Chiama gli altri.»
Annuisco, «Sì.» dico, anche se in realtà non ho voglia di vedere nessuno se non lei. Adesso che Lindsay, il mio tesorino bello è lontano, non ho voglia di far nulla, tranne starmene sdraiato sul letto, ad ascoltare le canzoni che le piacciono, anche se a me non piacciono, solo per sentirla più vicina.
Che schifo.
Saluto Linds che deve cenare con un macigno sulle spalle, che non mi fa respirare, che non mi fa vivere.
Mi manca.

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