UniverCity

di Classe Fcrittori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** entrare ***
Capitolo 2: *** al Difuori ***
Capitolo 3: *** Guide litigiose, parte I ***
Capitolo 4: *** Guide litigiose, parte II ***
Capitolo 5: *** fine del prologo ***



Capitolo 1
*** entrare ***


1. entrare

ovvero

Un uomo e un ragazzo in uno spazio ristretto


  L’ufficio era polveroso, come il suo proprietario. Si trattava di un uomo sulla quarantina andante, troppo grosso per la poltroncina, troppo grosso per lo stanzino. Era letteralmente schiacciato tra i braccioli della sedia. Stare in piedi non era certo una soluzione attuabile. Per far entrare una seconda sedia aveva dovuto spostare la scrivania tanto vicino al muro da non riuscire a passarci in mezzo. Finito quell’inutile colloquio, avrebbe dovuto fare un bel casino per uscirne, e ciò lo faceva irritare.
  Sulla poltroncina che aveva fatto entrare con tanto sforzo stava seduto un impacciato ragazzetto. Non stava mai fermo, continuava a torcersi le mani ed era visibilmente agitato. E lui aveva faticato tanto per un simile bamboccio? Era l’ultima volta che seguiva un ordine dei piani alti.
  Non più ammissioni fuori tempo finché ci sarebbe rimasto lui a dirigere la baracca.
  Si schiarì la voce con un colpo di tosse, molto più roco di quanto fosse necessario. Spaventava sempre i nuovi arrivati.

  Emill era percorso da sudori freddi. Sua madre lo aveva convinto a presentarsi al colloquio, ma ora l’unica cosa che voleva fare era fuggire via prima che il gigante barbuto davanti a lui si strappasse il completo scuro e lo divorasse. Ogni movimento che faceva rischiava di farlo svenire. Quando tossicchiò, Emill rischiò di volare giù dalla sedia pieghevole per lo spavento, ma riuscì a mantenere il contegno aggrappandosi saldamente alla sedia.
  -Saltiamo i convenevoli, ragazzino. Sai perché sei qui?- l’uomo parlava con un tono molto alto, e tra quelle piccole pareti il suono rimbalzava facendo sembrare che venisse da tutto attorno a Emill.
  -Certo, signore.- rispose esitante.
  L’uomo indicò con la grossa mano destra una targa identificativa sulla scrivania -Signor Preside Calhoun!- come era riportato.
  -Certo, Signor Preside Calhoun.
  -Tu sei uno di quei bambinetti che hanno ottenuto un “pass dorato”- mimò le virgolette con le dita, dicendo le ultime parole come se fossero sporche -per le loro “grandi doti”.- ripetette il gesto di prima. -Cos’hai di così speciale che io non ho? Cosa ti da il permesso di irrompere così nella nostra Università, la più grande al Mondo? Cosa ti consente di farmi alzare alle sette del mattino per preparare questo incontro?
  Emill era totalmente terrorizzato. Non provava neanche più a nasconderlo. Aveva la gola secca e le parole erano come schegge che risalivano dalle corde vocali, ma non poteva restare muto. -Io, bhe, vado bene a scuola.-
  -Il signorino va bene a scuola! Oh, ma allora è tutto un altro discorso! Vede, deve essersi scordato di segnarlo qui sul modulo, al punto Cose che mi rendono speciale, tra Colore preferito di unicorno e l’Ora in cui prende il tè con le bambole!
  Emill poteva solo subire le frecciate in silenzio. Non riusciva a superare la voce del Signor Preside. Allora raccolse tutto il suo coraggio e si alzò dalla sedia.
  -Seduto!- Emill si risedette -Eri una specie di ragazzo prodigio nella tua vecchia scuola, non è vero? Non dovevi faticare per ottenere i voti più alti, non dovevi fare niente di niente. Be’, qui non è così! In questo istituto sono radunate le maggiori menti in tutti i campi conosciuti e anche in altri appena scoperti, qui ovviamente. Qui un genio è nella media. Tutti sono intelligenti, perciò nessuno è intelligente. Persone che fuori di qui vivrebbero negli agi ricavati dal loro sapere, qui conducono una vita semplice! E sai perché?- Emill scosse la testa in segno negativo. -Leggi!- il Sig. Pr. Calhoun indicò una targa incisa.
  -La conoscenza è tutto.
  -La Conoscenza è Tutto! Esatto! Queste persone preferiscono una vita mortale ad una divina per la Conoscenza! Loro hanno rinunciato a tutto per venire a vivere qui, tra loro pari d’intelletto. Tu sei pronto?
  Emill lanciò uno sguardo al suo modulo. Tra le domande ce n’era una dove veniva dettagliatamente spiegato il fatto e i motivi per cui chi si iscriveva lì non poteva andarsene, ne per feste, ne per malattie, ne per motivi personali. Lui e sua madre avevano acconsentito.
  -Non mi interessa quello che ha deciso tua madre o chiunque altro ti cambia il pannolino! Sei pronto ad iscriverti qui, e a non potertene andare mai più?
  Quell’uomo lo aveva intimorito fin dall’inizio con la sua stazza, per poi offenderlo e insultarlo. Ora Emill non poteva tirarsi indietro. Non si sarebbe mostrato debole ancora una volta. Puntò i polsi sulla scrivania e gridò -Sono pronto!
  -Bene! Ora che sappiamo che sei capace di fare qualcos’altro oltre a tremare, puoi andare. Quest’inutile colloquio è durato anche fin troppo.
  Emill si alzò. Finalmente quella tortura aveva avuto termine, e poteva andare a visitare questo grande tempio della conoscenza che gli era stato descritto. Prima che potesse uscire dalla stanza, il preside gli chiese -Sulla domanda d’ammissione non lo hai messo, perciò a quale facoltà hai intenzione di iscriverti?
  Non parlò, ma la sua espressione lo fece per lui. Il Sig. Pr. Calhoun sbuffò con gli occhi al cielo -Svegliati ragazzetto, non puoi farti fare tutto dagli altri! Ora esci e aspettami fuori, mi ci vorrà un po’.
  Emill uscì dall’ufficietto chiudendosi la porta alle spalle. Seguirono rumori di mobili che strisciavano e cadevano e sbattevano tra loro.

 

Angolo dell’Ideatore/Scrittore:

  Oggi inizia UniverCity, un progetto che ho intenzione di portare avanti per un bel po’, con l’aiuto di vari amici.
  Questo è il primo capitolo introduttivo, primo di cinque che formeranno l’Arco 0, una specie di prologo che introdurrà a questo strano complesso che è l’UniverCittà. Non è una scuola e non è un paese, sa soltanto quello che non è.
  Ogni critica, suggerimento o domanda è bene accetta, ed anzi invoglia alla scrittura. Quindi esprimetevi liberamente, senza remore.
  Questa introduzione inizia appena a scorgere la punta di quell’enormità che è UniverCity. Due soli personaggi di un cast molto più variegato, e un piccolo magazzino convertito in ufficio di molte e molte più ambientazioni che si dipanano in ampiezza e su più livelli. Seguite quindi la storia, segnatevi il nome o ricontrollate il genere Commedia, perché da domani inizieranno a cadenza settimanale le pubblicazioni, ogni domenica.

  Non perdetevi il prossimo capitolo,
~Lo Otta

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Capitolo 2
*** al Difuori ***


2. al Difuori

ovvero

faffo

  Emill uscì attraverso una porticina che dava sul retro dell’edificio. Subito gli occhi furono accecati dalla luce del giorno, ma presto si abituò e poté vedere dove sbucava. L’uscita dava su uno splendido parco, dove ragazzi, bambini e adulti passavano una splendida mattinata. Il tempo era già mite, e i prati erano in fiore. Emill perse la cognizione del tempo attraversando i prati lungo i percorsi: giovani coppiette mostravano a tutti il loro amore sotto alberi ombrosi, e grandi e non si fermavano ai tavolini dove si giocavano partite complesse di giochi che non aveva mai visto. Era tutto oltre ogni sua immaginazione. Ora era veramente certo di aver accettato di stare lì. Era tutto meraviglioso. Continuò a camminare superando ragazzine intente a leggere e docenti che chiacchieravano allegramente con gli studenti. Il percorso continuava dritto, fino a virare bruscamente a sinistra dinanzi un grosso salice, sotto cui c’era una panchina.
  Sulla panchina c’era un ragazzo, ma non era seduto come normalmente ci si siede. Aveva i piedi al posto della testa e la testa al posto dei piedi, come se volesse guardare tutti dal basso all’alto. Era quantomeno originale: non indossava ne scarpe ne calze, vestiva con dei pantalocini corti fino alle ginocchia, che stravaccato com’era salivano anche più su, mentre attorno al busto indossava una felpa con il cappuccio, che da dove era Emill sembrava anche bella spessa. Non si capiva se avesse caldo o freddo, ma per sicurezza Emill decise di evitarlo. Gli passò davanti a passo svelto, cercando di non guardarlo.
  -Ehi, ragazzino.- lo aveva notato. Il tipo sulla panchina lasciò con una mano i fogli che teneva, potendo vedere bene il suo interlocutore, anche se i capelli sfioravano il suolo.
  Emill si fermò. Avrebbe fatto meglio ad andare avanti ed ignorarlo, ma non aveva abbastanza coraggio. Quando ancora andava a scuola e lo fermava qualcuno nel tragitto fermata del pullman-istituto per chiedergli qualcosa, non riusciva mai a dire un netto No. Spesso finiva che i postulanti se ne andavano perché lo vedevano troppo impacciato anche solo per rispondere loro. Ora era davanti a quel tipo a testa in giù, e le gambe gli facevano giacomo-giacomo.
  -Ti viene in mente una parola che voglia dire “roccia”?- il ragazzo al contrario lo guardava, attendendo una sua risposta. Emill era in ansia, pensando a dove volesse andare a parare quel tipo così fuori dal comune.
  -Forse sasso?- provò esitando, sperando di riuscire a liberarsi presto da quella situazione d’imbarazzo.
  -No, aveva più f. Va be’, tanto non avevo più voglia di rimanere qua?- tese la mano libera verso Emill -Allora, mi aiuti o no?- dietro esortazione, gli prese il polso con entrambe le mani -Uno, Due, Tre!- finito il conto il ragazzo si diede la spinta con la mano libera, mentre Emill lo tirò verso di sé.
  Il corpo scivolò lungo la panchina, finendo contro Emill e facendo ruzzolare entrambi a terra.
  -Non era un idea molto buona.- constatò il tipo, mentre si rimetteva in piedi. Tutti i fogli che prima teneva nella sinistra ora erano finiti per terra, così iniziò a raccoglierli.
  Emill pensò di approfittarne per squagliarsela, ma prima che potette rimettersi su due gambe quel tipo aveva già ripreso a parlare con lui.
  -Non ti avevo mai incontrato qua, vieni dal Difuori?
  Iniziò a pensare che quel tipo fosse parecchio presuntuoso: prima stava a testa in giù, ignorando del tutto e per tutto il giudizio degli altri, e poi sputando sentenze su chiunque senza conoscerlo. Stanco di quella megalomania, non nascose la sua frustrazione -Pensi che io non sia di qui, non sia abbastanza per questo posto? Pensi di conoscere tutti in quest’UniverCittà per poter dire che io non sono uno di loro?
  Il ragazzo era stranito, come se non si aspettasse una simile reazione collerica. Si rialzò, sistemando i fogli in un unico blocco -No, certo che no. Ne frequento ben pochi dell’UniverCity. Ma credo di poter individuare i bambini che tagliano le lezioni, e tu non me li ricordi. Tutto qui.
  La risposta era stata così calma e pacata che fece capire a Emill che forse la sua reazione era stata un poco esagerata. In fondo lui aveva solo fatto un paragone con le sue conoscenze ed Emill non rientrava nei suoi standard di bimbo disubbidiente. Aspetta, BIMBO? -Cosa intendi con bambino?
  -Quei bimbi che fanno le medie, o forse le hanno appena finite.- in effetti non c’erano ragazzini e ragazzine di quella fascia lì intorno, e neanche prima ne aveva visti. -Credo che a forza di corrergli dietro inizi a capirgli. Benché con i bambini più piccoli ho meno problemi.
  La faccia di Emill mostrava solo disgusto. Disgusto e ribrezzo.
  -Non capire male. Io non faccio nulla di bizzarro con i bambini. Mi piace giocare con loro, in modo normale. Non devo portare una maschera, e quando lo faccio è per divertirli.
  Emill iniziò a capirlo. Anche se all’apparenza sembrava un tipo strano, allampanato com’era, non era affatto dannoso. Aveva solo un suo modo di pensare, che non era in linea con quello di tutti gli altri. Si chinò e raccolse alcuni fogli ancora a terra, finiti sotto la panchina. Glieli porse insieme ad un sorriso di scuse, per tutti i pregiudizi che aveva avuto nei suoi riguardi.
  Il suo volto si illuminò, prese i fogli -Vieni, voglio fartelo vedere.- strinse Emill per un polso e lo fece scendere finché entrambi i loro volti non furono più in basso della panca.
  Emill guardò il fondo, e trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. Invece di gomme premasticate e dichiarazioni eterne incise e infrante, c’era uno splendido paesaggio a pastelli, un mare in tempesta ed una nave ed una sirena ed un faro lontano. -Questo… questo l’hai fatto tu? È stupendo!
  -No. Lo ha fatto un vecchio dormiglione delle panche. Ne ha fatto una per ognuna. Veniva ha raccontare qui di quando andava per mare, delle onde e dei flutti che lo guidavano. Adoravo immaginare ciò che narrava quando ero piccolo.
  Si rialzarono in fretta, prima Emill e poi l’altro. Per quanto fosse bello quel disegno, stare così coricato a terra era strano, e lui non ci teneva a fare una figuraccia con qualcuno il primo giorno. Era una nuova scuola, dove nessuno dei suoi vecchi compagni sarebbe mai arrivato, e non voleva ripetere le stesse esperienze dall’inizio.
  -Quindi non conosci il posto? Vieni, ti faccio fare un giro.- il ragazzo lo prese e iniziò a portarlo di qua e di là.
  -Ehi, fermati. Almeno dimmi il tuo nome. Io mi chiamo Emill Andresson.- Emill dovette urlare mentre veniva sballottato in giro.
  La neo-guida si fermò sul posto -Io fono Giacomo Dalmaffo.- e ripartì.
 
Angolo dell’Ideatore/Scrittore:
  Faffo. Secondo me la parola che Giacomo cercava era faffo. Non troppo ricercata ne troppo semplice, evoca tutta la grezza natura del masso ma senza togliere nulla alla precisa ricchezza di una gemma.
  In questo secondo capitolo viene aggiunto il secondo di un quintetto da cui si dirameranno le principali linee narrative. Vi piace, non vi piace, è abbastanza particolare o non lo è abbastanza?
  Giacomo non è un alternativo, o almeno non lo fa volontariamente. Non cerca di unirsi a qualche gruppo di controtendenza, o che non segue le regole. È solo un ragazzone troppo grande che dentro è ancora un ragazzino troppo piccolo. Magari cercherà di farsi notare facendo lo sciocco, ma non lo fa perché egocentrico, ma perché teme di venire dimenticato. Ma forse questa disamina è un po’ troppo approfondita per questa pagina e mezza di presenza. Ne riparliamo tra una trentina di capitoli, va bene?
  Se vi è piaciuto, lasciate un commento e aggiungete la storia ai preferiti o piaciuti o ricordati. Il terzo capitolo di questo arriverà domenica prossima, con una strana coppia che ci prenderà almeno due settimane.
~Lo Otta

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Capitolo 3
*** Guide litigiose, parte I ***


3. Guide litigiose, parte I

ovvero

tra moglie e marito non mettere il dito


  -Ed in questo modo fi può determinare quante figli fi avranno, folo guardando il nome. Prendiamo tua madre, come fi chiama?
  -Mia mamma si chiama Julie. Ma davvero funziona?
  -Certo. Julie è una donna, quindi bifogna leggere il nome in minuscolo. La “e” ha una cavità, ed anche il puntino fulla “i” va contato. Tu fei figlio unico, giufto? Allora afpettati una forprefina dalla tua mammina.
  -Uao, è fantastico! E tutte queste cose le hai scoperte qui? È sensazionale!
  Emill e Giacomo stavano passeggiando per il grande parco dell’UniverCity, chiacchierando come due buoni amici. Nonostante si fossero incontrati da poco, avevano iniziato a conoscersi e da lì in poi avevano scherzato sempre più.
  -Fermo!- il preside Calhoun venne incontro ai due, camminando a passo svelto. L’abito elegante che indossava era certamente formale, ma non molto adatto a fare attività fisica all’esterno, non in una bella giornata come quella. Il volto infatti era imperlato di sudore, e alternava ad ogni passo un lungo respiro.
  -Signor Preside, questo posto è incredibile. Sono qui da appena mezz’ora ed ho imparato più cose che negli ultimi sette anni di scuola.
  -Zitto, bamboccio! Avevo detto di aspettarmi fuori!
  Emill era meno entusiasta, l’ira che mostrava il preside lo spaventava alquanto. -Io, ho fatto un giro per vedere il posto…
  -Credi che mi interessi? Ora sono pure in ritardo per la mia lezione. Tu e tu- il preside chiamò a gran voce due ragazzi, di due gruppi diversi -Voi due, fate fare il giro a questo ragazzetto!
  I due si avvicinarono. Uno era un ragazzo robusto e non molto alto, con dei capelli scuri e molto corti. Vestiva una camicia con sopra un leggero gilet. L’altra era una ragazza, più alta del primo, con una treccia che legava i capelli. Non sembravano affatto contenti di essere stati chiamati, forse perché conoscevano il caratteraccio del preside, o forse perché si conoscevano tra loro.
  -Signor Preside, veramente devo lavorare con questa qua? Non sa fare altro che lamentarsi.- il ragazzo arrivò per primo, nonostante le gambe più corte.
  -Come se fossi io quella che inizia le diatribe. Devo forse ricordarti la questione della bandiera?
  -Avevamo ragione noi. Una penna e un calamaio, cosa siamo, una sorta di gruppo di scribacchini?
  -Meglio quello che una brutta pianta tutta squadrata.
  -Era una radice quadrata, per tua informazione, e comunque…
  -Basta!- l’urlo del preside fermo l’ennesimo, da quello che dicevano, battibecco tra il tipo e la tipa. -Se volete urlarvi contro fatelo quando io non ci sono. Ora sono stanco e me ne vado, ma voi due vedete di fare quello che vi ho detto.
  -Ma- dissero i due in contemporanea.
  -Niente ma. Ora vado che inizia la nuova puntata della mia sit-com preferita, cioè volevo dire ho molte cose noiose e burocratiche da fare.- il preside si allontanò con il petto in fuori, cercando di ridarsi un contegno dopo il lapsus.
  Erano rimasti solo più Emill, Giacomo e i due litigiosi. I primi due erano fermi, mentre gli altri due continuavano a fare scaricabarile, dandosi l’un l’altro la colpa per il lavoro che avevano ricevuto.
  -Dovresti smetterla di fermare ogni singola riunione con le tue inutili idee.
  -Le mie? Udite il signorino, colui che rende ogni discussione sterile ed ogni sua proposta è scarna di contenuti esplicativi.
  Giacomo si abbassò a sussurrare nell’orecchio di Emill -Quefti due tempo fei mefi e ftanno infieme.
  Emill iniziò a ridere, e la sua risata ricordò ai due litiganti di avere degli spettatori, così si fermarono e cercarono di darsi un tono. La ragazza si fece avanti per prima -Piacere, io sono Francesca. Spero ti troverai bene qui all’UniverCity.
  -Soprattutto se non frequenterai gente come la signorina qui.- il commentò del ragazzo venne liquidato con uno sguardo stizzito.
  -Zitto Karl. Facciamo il nostro dovere come rappresentanti eletti e poi ognuno per la propria strada.
  -Idea fantastica.
  -Bene.
  -Bene.
  -Forfe ne baftano cinque.

 

Angolo dell’Ideatore/Scrittore:

  Stiamo iniziando ad addentrarci dentro a quella che è veramente UniverCity, una struttura terrificante, dove i sogni dei singoli vengono sacrificati in nome di una uniformità superiore. Una normale scuola, insomma.
  Nonostante sia leggermente in ritardo (dannata procrastinazione, tu sia maledetta!) la serie continua e l’arco introduttivo sta per giungere alla fine, con soli altri due capitoli.
  Non ho molto altro da aggiungere, sono già in ritardo, quindi ricordo solo a chi volesse di commentare per domande, critiche o recensioni, e segnarvi l’indirizzo della storia su un post-it, che poi attaccherete su un’ape, che chiuderete dentro un vasetto, che lascerete sulla vostra scrivania dietro ad una pila di libri. Così se vorrete leggere un altro capitolo saprete dove andarlo a cercare. Basterà scrivere l’indirizzo che è sul post-it che è sull’ape che è nel vasetto che è dietro ai libri che sono sulla scrivania. Semplice.
~Lo Otta

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Capitolo 4
*** Guide litigiose, parte II ***


4. Guide litigiose, parte II

ovvero

viaggio sul treno

  -Bene ragazzo, ora seguimi.- Francesca prese il polso di Emill ed iniziò a trascinarlo attraverso il parco, stizzita. Karl e Giacomo li seguivano da dietro, formando tutti e quattro una strana processione.
  -Ahi, ahi, ahi. Puoi lasciarmi il braccio, per favore?- Emill cercò di scivolare fuori dalla presa, ma Francesca serrava la mano con più forza di quella che sembrasse avere, ed il fatto che continuava a trascinarlo non aiutava. -Lascia la mia mano, ti seguo, ti seguo. Non correre.
  Francesca si arrestò di colpo, voltandosi. Frenando così improvvisamente, Emill, Giacomo e Karl finirono uno sull’altro, impilati come libri. -Dobbiamo sbrigarci, comprendi nuovo arrivato? Il treno raggiungerà la nostra fermata tra non molto, e se non lo raggiungiamo in tempo dovremo attendere il suo ritorno, per molto, molto tempo. Capisci?
  -Aspetta, avete un solo treno per tutta UniverCity?
  Iniziò ad arrossire, lasciando il polso di Emill. Si prese una ciocca di capelli ed li girò nervosamente -Una volta erano presenti più locomotori.
  Karl rise sotto i baffi -Chissà cosa è successo a quei treni, eh eh.
  -Lo fappiamo bene cofa è fucceffo a quei treni. Ehe eh.
  -Mutatevi!- oramai un pomodoro bello maturo, Francesca riprese il polso e si rimise a marciare a passo spedito.
  -Un momento, cosa è successo ai treni?- Emill cercò di fare la domanda ai due ragazzi che lo seguivano, ma Francesca affrettò il passo distanziandoli.

  Alla fine del parco il terreno saliva per una riva, sulla cui cima c’era un piccolo casolare con un orologio a muro ed un cartello che diceva “Fermata Parco Nuovo”. Dietro all’edificio si intravedeva la lunga sagoma di una fila di vagoni. Francesca affrettò il passo, risalendo il pendio facendo i gradini due a due. Giunti in cima, Francesca urlò all’uomo nella locomotiva di attenderli, ed insieme a Emill saltò nel primo vagone.
  -Può partire, macchinista.- Francesca era senza fiato per aver trasportato attraversò mezzo parco un ragazzo. L’uomo nella cabina di guida era stempiato e con due grossi baffi lanosi sotto il naso. In risposta la guardò male, coprendo con le braccia la pulsantiera di controllo. Emill e Francesca si sedettero su due sedili, e iniziarono ad aspettare la partenza.
  Francesca borbottava riguardo i ritardi dei trasporti, ma dopo lo sguardo che aveva ricevuto non andò più a lamentarsi. Dopo tempo dalle scale arrivarono Karl e Giacomo, camminando tranquillamente. Salirono sul primo vagone anche loro, e si sedettero nei sedili di fronte ai due già presenti. Quando furono a posto, Giacomo lanciò un fischio, ed il treno cominciò a muoversi.
  -Grazie Franko di averci afpettato. Come va con la tua ragazza?- Giacomo era girato verso il macchinista, che dopo aver attivato qualche pulsante aveva lasciato la cabina di guida.
  -Ma è sicuro?
  -Tranquillo, Emill. È tutto completamente automatizzato. Neffun pericolo.- Giacomo rassicurò l’amico, per tornare a parlare con Franko. Lui iniziò ad emettere uno ronzio continuo, che cambiava solo per frequenza e brevi periodi di vuoto. Per quanto incomprensibile, Giacomo annuiva di tanto in tanto, come se fosse in grado di comprenderlo.
  -Bene Franko, che ne dici fe ti diamo una controllatina?- Giacomo si alzò dal suo posto, tirò fuori dal taschino un piccolo cacciavite e iniziò a svitare i baffi di Franko.
  Emill si alzò di scatto -Cosa fai, non fargli del male!
  -È tutto ok, tranquillo. Vedi?- finì di svitare i grossi baffi, mostrando sotto di essi una scheda madre ed un’interfaccia operativa -Te l’ho detto, è tutto completamente automatizzato. Anche i lavoratori. Ora vediamo fe c’è qualcofa da fiftemare.- Connettendosi all’interfaccia, iniziò a scorrere i vari files.
  -Credevo che studiassi Letteratura, o Scrittura Creativa. Con il fatto che stavi scrivendo una storia pensava fosse legato ai tuoi studi.
  -O no, no no. Le materie umanistiche fono per me quello che realmente fono, un’attività al livello di un hobby. Niente più.
  -Ehi!
  -Mi fcufi fignorina, ma fe voi “linguisti” non fapete fare niente a parte scrivere del nulla fupponendo di fapere tutto, non fignifica che anche tutti gli altri debbano confiderarvi un vero campo di studi. Ma vi accettiamo lo steffo, piccoli fiocchi di neve.- Giacomo smise di rimaneggiare tra i circuiti stampati del robot macchinista -Fei pulito ora, vai pure.- Franko ronzò qualcosa e tornò nella cabina di guida felice.
  -Incantevole storia, caro signor non invitato, ma io starei svolgendo la mia mansione di mostrare al qui presente Emill le varie facoltà che UniverCity può offrire, affinché comprenda che la facoltà di Grammatica è la migliore e si iscriva ad essa.
  -Aspetta cosa, Franceschina? Questo ragazzo non si iscriverà mai alla tua stupida facoltà, Capit’? Lui si unirà a noi di Mate, così raggiungere i 10000 e la strada sarà nostra.
  -Oho, la tua immaginazione è veramente fervida, Karli Karl. Dovresti sentire le tue parole, sono così esilaranti, e così irrealizzabili. Saremo noi a raggiungere la cifra tonda, e la strada principale verrà nomata in nostro onore.
  -Mate.
  -Lingua.
  -Mate.
  -Lingua.
  -In realtà, io non saprei ancora a quale facoltà unirmi. Visto che avevo un po’ di tempo, pensavo di vedere le varie offerte di studio, e poi decidere.
  -Ma non serve aspettare, puoi scegliere già ora.- Francesca e Karl parlarono in contemporanea, avvicinandosi a Emill guardandolo come un gustoso cosciotto di tacchino.
  -Ok, basta basta. Voi due, penfate a come vi fiete comportati con lui. E tu- Giacomo prese Emill per il braccio -Alzati, perché fiamo arrivati alla prima fermata, la zona delle Scienze.- I due superarono le porte scorrevoli per scendere alla fermata, seguiti da due rappresentanti di facoltà appena appena strigliati dalla più bizzarra mamma di sempre, un ragazzo molto alto con una con scarse capacità ad abbinare i vestiti.

 
Angolo dell’Ideatore/Scrittore:
  Anche questo quarto capitolo è finito, e l’introduzione a UniverCity sta per concludersi per lasciare spazio alle avventure vere e proprie. Manca solo più un membro a questo gruppo che dire male assortito è dire poco, ma lo vedremo nel prossimo capitolo.
  Come sempre, vi esorto a lasciare un commento per dire qualsiasi cosa vogliate dirmi, oppure aggiungere questa storia alle seguite. A vostra discrezione.
~Lo Otta

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Capitolo 5
*** fine del prologo ***


5. fine del prologo

ovvero

5 pinte di rum, eio eio

  -E con l’istituto di ricerca acquatica di creature di fuoco abbiamo finito.- Francesca si sedette per riposarsi -Abbiamo visitato tutte le facoltà, possibile che non ce ne sia una che ti vada bene?
  Si stava rivolgendo a Emill, a cui lei e Karl avevano dovuto fare da guida tutto il pomeriggio attraverso le varie scuole. Ma nonostante il tour completo, continuava a non prendere nessuna decisione, e questo alterava abbastanza Francesca.
  -Senti, per l’ultima volta, perché non ti unisci ad una delle nostre facoltà? Non lo sai, le materie umanistiche sono piene di ragazze affascinanti.
  -Belle ragazze e maschi invertiti, ci vanno solo a quei corsi. Vieni da noi, ragazzo, ti divertirai un sacco. Noi non sprechiamo mica tempo a leggere e rileggere libri che sono già stati letti da altri.
  -Karl, non intrometterti. Le tue futili motivazioni non lo convinceranno certo a seguirvi. E non minimizzare la questione delle giovini. Non mi risulta che tra gli ingegneri ci sia grande presenza di concubine.
  -È un colpo basso. Se la metti così, quanti ragazzoni fighi hai trovato tra le tue “materie umanistiche”, miss frigida rappresentante?
  -Vuoi portare la questione su di un piano personale? Io non ho remore a farlo. Da quanto il tuo ruscello non raggiunge un vero lago?
  -Scufate,- Giacomo si intromise tra i due, che avevano abbandonato lo scontro verbale per passare a mani in faccia. -non vorrei intromettermi tra la giovane coppia, ma credo che l’oggetto della contefa non fia più in grado di capirvi.
  Emill era infatti per terra, con le ginocchia al petto e le mani sulle orecchie, rotolandosi su un lato e sull’altro.
  Francesca si rialzo pulendosi i vestiti -Credo che sia il caso di rimandare la discussione a posteriori, non sia che venga frainteso l’intento di tal tenzone.
  -Si, quello che ha detto la ragazza con la scopa infilata dentro.- Karl si ricevette un’occhiataccia per il commento, ma oltre a ciò lasciò correre.
  Emill era tornato in piedi e sembrava di nuovo normale. Karl colse l’occasione per ottenere punti nel confronti del nuovo arrivato -Ehi, per festeggiare il tuo primo giorno qui, che ne dici se ti porto in un bel bar a bere qualcosa? Vieni, andiamo al pub UniverCittadino.
  -Se intendi arruffianarti il giovane con qualche fermentato di uva e luppolo, non credere di essere l’unico a poterlo fare. Vengo anch’io.- Francesca prese il braccio di Emill, stringendolo con tutte e due le braccia.
  -Non vorrete mica portarlo in un luogo fquallido come quel baruccio della direzione? Fo io un pub veramente tosto.

  La cantina era bassa e non molto larga. Oltre ad alcune panche messe attorno a dei tavoli c’era solo un bancone sul lato opposto all’entrata. La stanza era illuminata artificialmente perché la poca luce naturale che c’era ancora all’esterno non passava attraverso le finestrelle in alto. Queste riuscivano però a far circolare l’aria, evitando che i vapori dell’alcool si depositassero. Ai tavoli c’erano un gruppetto di consumatori e qualche singolo sparso in piedi o seduto. Al bancone c’erano quelli messi peggio, e dietro il piano di legno c’era un uomo stempiato, con delle rimanenze di capelli ricci ai bordi, vestito con un abito e intento a pulire i bicchieri.
  -Ci hai portati in uno scantinato? Come potrebbe questo posto essere meglio del mega-pub dell’UniverCity? Qua ci staranno massimo trenta persone tutte in piedi come sardine. Il loro atrio è più grande di questo posto.
  Giacomo ignorò le lamentele di Karl ed andò a sedersi ad uno degli sgabelli del bancone, seguito dagli altri tre. -Ehi Poldo, vanno bene gli affari stafera?
  L’uomo col bicchiere fece un movimento impercettibile, che ad occhi comuni poteva dire tutto e niente.
  -Bene, bene, vecchio mio. Allora, prendiamo…- Giacomo si rivolse ai tre seguaci -Cofa volete voi?
  -Un martini secco, per me.
  -Qualcosa di bello forte. Voglio dimenticarmi di essere stato in questa topaia.
  -Non so, scegli tu.
  -Va bene. Per la ragazza un Iceberg Notturno, per il piccoletto una Forprefa falata, per lo scorbuticone un Bombaccio. Per me il folito.- Poldo si girò a lavorare con il grande assortimento di liquori e alcolici esposti dietro al banco, per tornare dai quattro con altrettanti bicchieri di forma e contenuto differenti.
  Karl buttò giù un sorso del suo -È questo dovrebbe essere forte? Ho veramente sprecato il mio tempo a venire qua. Non sanno neanche fare uno Spezzacolli o qualcosa del genere!
  -Tu hai sprecato tempo? Io shono shei anni che studio lingue morte. E con chi dovrei parlarle, con i morti!?- la donna che sembrava stesa priva di sensi sul bancone si era messa a biascicare.
  -Scufi, lei farebbe?
  -La beata tre volte! Me lo diceva shempre mio nonno, vai a fare il soldato che farai carriera. Povero nonnino.
  Giacomo si avvicinò a Francesca, sedutagli vicina -Fai chi è questa?
  -Dovrebbe chiamarsi Beatrice, frequenta anche lei le materie umanistiche. Ma è di un’altra facoltà.
  Karl si intromise a gran voce nella discussione -Non mi importa cosa studi, se si lamenta degli umanisti a capito tutto.- Prese di peso Giacomo e lo tolse dallo sgabello -Ehi tu, detesti anche tu i corsi di Lingue?
  La bionda, muovendosi incerta per i fumi dell’alcool che aveva in corpo, prese con tutte e due le mani la faccia di Karl, scrutandola attentamente. -Tu non shei il mio orsacchiottone. Hai visto il mio orsacchiottone?
  Francesca ridette di gusto a quella beffa ai danni del suo rivale, e anche gli altri si fecero contagiare dall’allegria. Pure il timido Emill si lasciò a qualche sfuggente sorriso, poi diventati scoppi di ilarità di tutti, fatti crescere da una buona innaffiata di alcolici.
 
Angolo dell’Ideatore/Scrittore:
  Finalmente anche Emill è entrato a far parte di quella grande famiglia è l’UniverCity, spinto dal più grande collante che esista: lo spirito. Inteso come le bevande, non l’anima. A quelle sciocchezze spiritiche ci credono solo gli sciocchi dell’Umanistico.
  Allora, vi è piaciuta questa introduzione durata quattro settimane? Ora che conoscete i personaggi, inizieranno le vere vicende. Quindi ricordatevi di ricordarvi di controllare se i controllori hanno controllato il controllo dell’aggiunta (opzione che è stata appena aggiunta). È non dimenticate di lasciare un commento, dicendo quello che ne pensate, se è tutto da buttare oppure no.
~Lo Otta

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