Room 42

di Dicorno_saddd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Paese che vai usanze che trovi ***
Capitolo 3: *** Perso? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Chi l'ha detto che le superstizioni sono infondate credenze antiche?

Chi ha dimenticato quanto i numeri influiscano costantemente nella vita umana?

Chi ha osato ignorare la perenne presenza dei numeri, non tenendo conto di come persino il tempo sia scandito da essi stessi?

Chi ha deriso la raffinata tela di premonizioni che gli avi hanno così accuratamente tessuto per noi?

Chi ha calpestato il valore di ogni singola cifra che compone lo schema logico dell'esistenza?

I numeri hanno un significato.

Se quella porta era spettata a Park Chanyeol c'era un motivo.

Se la stanza sottostante la sua era quella di Byun Baekhyun era destino.

Se i numeri avevano deciso di unirli e poi perseguitarli, evidentemente, doveva finire così.

{  死  }

Non è raro che in Giappone negli hotel la stanza contrassegnata dal numero 42 non esista, è facile che essa sia sostituita dalla 41bis o che si passi direttamente alla 43. Persino uno dei grattacieli più alti del mondo, a Tokyo, non ha un "piano 42", bensì salendo dal 41esimo ci si ritrova subito al 43. 
Perché? Semplicemente è un numero sfortunato, il più sfortunato secondo la cultura giapponese e non solo. Secondo la pronuncia locale il numero 42, shi-ni, rimanda allo stesso suono fonetico della parola morte, nonché anche ad un'altra dalla pronuncia molto simile, ossia cadavere.

Quale numero più allegro di questo, dunque?
Quale sorte più allegra sarebbe potuta toccare a chi avrebbe sprezzantemente calpestato quel numero?

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Capitolo 2
*** Paese che vai usanze che trovi ***


«Tu che stanza hai Channieee?» LuHan si dondolò sui piedi come un bambino, pieno di euforia per il nuovo luogo in cui si trovavano, che lo incuriosiva parecchio sin da quando erano atterrati in quella città. Sembrava essere nel suo mondo a differenza di molti altri che, invece, si guardavano intorno spaesati ogni volta ci fosse qualcosa di nuovo da fare.
«La stanza... uhm...» ChanYeol si rigirò la tessera in mano e controllò il numero indicato su di essa. «La 42» disse sventolando la carta magnetica per mostrarla al maggiore. 
Il ragazzo coi capelli colorati di rosa antico si paralizzò sul posto spalancando gli occhi. «La... 42? Ne sei sicuro...?» Farfugliò incredulo, come se qualcosa gli si fosse incastrato in gola impedendogli di parlare. LuHan era di nazionalità cinese, come anche Zitao, Yxing e Kris, ma lui proveniva da un distretto ancora molto vicino idealisticamente e culturalmente al Giappone. A ciò risaliva il suo saperne di più riguardo qualsiasi cosa.
Il più piccolo, tuttavia, scrollò le spalle incurante: «Così c'è scritto. Perché? C'è qualche problema?» Gli chiese, senza comprendere l'agitazione dell'amico.
«Si!... Cioè no... È solo che...» LuHan si passò nervosamente una mano tra i capelli e fece retro-front dirigendosi alla reception. «Come mai c'è anche la stanza numero 42?» La domanda del rosa fece accigliare per un istante l'addetto, il quale si prese qualche secondo di troppo per studiare l ragazzo con lo sguardo e poi rispose tranquillamente: «È un albergo internazionale questo, non possiamo badare alle superstizioni.» 
Il ragazzo sembrò indignato all'apprendere quelle parole, e tornò presso gli altri con un'espressione quasi afflitta in viso. ChanYeol si sentiva piuttosto chiamato in causa, poiché tutto era partito dal banale numero della sua stanza.
«Che succede Lulu?» Lo richiamò BaekHyun, catturando l'attenzione anche degli altri ancora distratti. 
Il rosa sembrava avesse visto un fantasma, tanto era impallidito. «Non capisco...» Sussurrò avvicinandosi ad un divano della hall, dove erano seduti anche gli altri, vi si lasciò cadere sprofondando nella morbida spugna del sofà e prese a torturarsi il labbro inferiore coi denti. «Non vedevo quel numero da... da... Be'...» deglutì fissando il pavimento e tirò un sospiro prima di decidersi a raccontare ciò a cui stava pensando, più per mettere a tacere la curiosità degli altri che per la voglia di farlo. «Mio nonno era arruolato nell'esercito di Singapore durante la seconda guerra mondiale, perché lui era nativo di Singapore e non di Beijing come mia nonna. Quando ero piccolo era solito raccontarmi le sue esperienze, essendo uno dei pochi soldati supersiti... Diceva sempre che il 42 fu l'anno peggiore del secolo. Fu prigioniero in Giappone per tre anni dopo la disfatta di Singapore, e lì apprese molte cose su questa cultura. Il numero 42, qui, è sin dai tempi antichi un numero davvero sfortunato, come anche il 4 e il 9. Lui mi disse che gli ufficiali giapponesi decisero di attaccare gli Stati Uniti a Oregon proprio il 9 settembre di quell'anno perché il numero 9 è associato al dolore e alla sconfitta. Era con questo presupposto che sono riusciti devastato il nemico in quella battaglia... Il modo in cui mio nonno parlava del rispetto che i giapponesi nutrono verso questi numeri mi ha sempre lasciato interdetto, a volte sembrava parlasse di vere e proprie maledizioni raccontando degli eventi successi in quelle date. Queste superstizioni esistono anche in molte aree della Cina legate politicamente in passato al Giappone. Il kanji del numero 4 si pronuncia allo stesso modo della parola "morte", ugualmente il 42, che inoltre rimanda alla parola "cadavere"... Ecco perché mi ha davvero sorpreso sapere che a ChanYeol fosse stata assegnata la stanza 42; mio nonno diceva che gli hotel neppure l'avevano spesso una stanza contrassegnata con quel numero... Non c-» 
«Ehiii, LuHan, è solo un numero, non dargli così tanta importanza.» ChanYeol lo fermò ridacchiando prima che potesse andare avanti all'infinito raccontando storie dell'orrore. Poggiò una mano sulla spalla del rosa cercando di calmarlo. Lui non aveva mai creduto a cose simili.
«È vero anche in Cina il numero 4 non è considerato un bel numero» commentò Jongdae serio e LuHan annuì alle sue parole, non sentendosi per niente rassicurato dal tocco freddo del minore sulla sua spalla. 
«Mia nonna... non mi ha mai preparato quattro Hotteok(*) la mattina, ha sempre voluto ne mangiassi o tre o cinque.» XiuMin indugiò leggermente, non sapendo se fosse utile o no ciò che aveva ricordato di quando era ragazzo. Anche lui non aveva mai fatto molto caso alle strane usanze degli anziani, soprattutto perché con le ultime generazioni le credenze si erano molto affievolite, ma la storia di LuHan gli aveva suscitato dentro un moto di ansia fino a quasi incutergli timore. Rivolse uno sguardo a JongDae, seduto accanto a lui, per ricevere il solito conforto che i suoi occhi non gli negavano mai, e subito riuscì a tranquillizzarsi. Il rosa, invece, non sembrava affatto aver intenzione di rilassarsi. 
«Andiamo ragazzi, smettetela, siete inquietanti.» Kyungsoo sbuffò sonoramente e guardò un po' tutti negli occhi, accertandosi di chiudere l'argomento. «Cerchiamo piuttosto di goderci questo periodo di vacanze.» 
Il resto del gruppo annuì alle parole decise e severe del moro, più che altro per il fatto che il suo tono fosse come al solito incontestabile. 
«Han-nii(**), vieni, voglio vedere le stanze.» SeHun scattò dal suo posto rompendo il silenzio è afferrò la mano del rosa trascinandolo via con un sorriso sghembo stampato sul volto. Quella scena strappò un sospiro mozzato a MinSeok, che custodiva da tanto ormai un'invidia, seppure benigna, verso il rapporto che avevano quei due ragazzi, verso il palese affetto che provassero l'uno nei confronti dell'altro, verso la semplicità dei gesti con cui lo dimostravano, verso l'assenza di timore che avevano di mostrarlo agli altri.
In pochi minuti i divanetti si svuotarono del tutto; solo ChanYeol rimase in piedi, appoggiato con una spalla al muro, a fissare il numero sul tesserino che avrebbe dovuto aprire la porta della sua camera. 
Alla fine cosa mai sarebbe potuto succedere? 
Quello era solo uno stupido numero.
Quello era solo uno stupido alloggio.
Quello era solo uno stupido viaggio.
Nulla aveva acquisito un senso in quello che stava accadendo. Neppure la vacanza in Giappone, a Osaka, organizzata improvvisamente dai manager. Perché dovevano star via così tanto? Sei mesi erano anche troppi per dimenticare lo stress del lavoro che li aveva tormentati dopo l'ultimo l'album.
«Ohi, Dumbo, che fai, non vieni?» La voce di BaekHyun alle sue spalle lo fece voltare immediatamente e si costrinse a trattenere un sorriso spontaneo: lo aveva aspettato anche stavolta.
«Scusa tappetto, da quassù non ti sento bene.» Ghignò il minore ricambiando la burla. 
Il biondo si avvicinò scontroso e gli puntò l'indice contro il petto rivolgendogli un'occhiataccia. «Lurido, quando sarai vecchio e la tua colonna vertebrale si accorcerà come gli skinny quando li metti in lavatrice, allora ti pentirai di aver passato la tua gioventù a prendermi in giro.» Disse soddisfatto BaekHyun facendo un mezzo passo indietro soddisfatto e portandosi alla bocca la cannuccia della bibita che aveva nell'altra mano. 
«Quando sarò vecchio non ci sarai più tu accanto a me a ricordarmelo.» Nonostante quello fosse in realtà ciò che più desiderava, il minore scrollò le spalle e si limitò a rubare il bicchiere plastificato al biondo, voltandosi senza aspettare una reazione da parte dell'altro, ma soprattutto senza notare l'inarrestabile tristezza che aveva tracciato l'espressione del maggiore a quell'affermazione. «Andiamo a vedere le stanze su, muovi le tue gambe corte e accellera il passo.»

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(*) Gli Hotteok, o anche letteralmente Hoddeok,
sono tipici pancake coreani.

(**) Nii è un suffisso postposto ai nomi propri in Giappone
che si utilizza tra fratelli, o tra amici molto intimi.

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Capitolo 3
*** Perso? ***


Quella mattinata erano usciti a fare un giro in periferia, poiché era stato loro suggerito che ci fossero panorami imperdibili nella zona est di Osaka. Il mare non distava molto da lì, ci si poteva arrivare tranquillamente a piedi, ma intanto i ragazzi si erano fermati a fare qualche foto ricordo tra i prati che li circondavano. BaekHyun pensò che fosse stato gentile da parte della commessa dell'hotel indicargli quel luogo così affascinante, ma non si soffermò troppo a pensare che lo avesse fatto solo per rivolgere la parola ai ragazzi e magari attirare un po' di attenzione. Forse era superfluo dire che qualcuno come BaekHyun avrebbe fatto colpo su chiunque, ma effettivamente il diretto interessato non ci faceva neppure più caso: i suoi occhi erano completamente rivolti ad una sola persona ed era sicuro che neppure la ragazza più bella del mondo avrebbe potuto fargli cambiare idea.

«Baek, stai dormendo?» Il biondo venne bruscamente riportato alla realtà dal lieve tocco della mano di ChanYeol che circondò delicatamente il suo polso. «Non vuoi venire in spiaggia?» Domandò mettendo su un broncio adorabile che strappò un sorriso spontaneo al maggiore. ChanYeol era il solito bambinone capace di divertire e distrarre con battutacce squallide, con sorrisetti storti e parole dolci, ma era ugualmente irritante a volte, questo era innegabile.
«Va bene, andiamo» Annuì ancora parzialmente imbambolato a fissare il più alto che sembrava aver riscoperto del tutto il suo lato infantile quel giorno. Non che di solito si dimostrasse tanto adulto e maturo, ma la felicità che animava il suo viso in quel momento BaekHyun l'aveva vista raramente. Scivolò lentamente dalla presa del minore per far intrecciare le loro dita e insieme, di coda al resto del gruppo, si diressero verso la loro meta.
«Era tanto tempo che non vedevo il mare...» esclamò ChanYeol, mantenendo tuttavia la voce in un sussurro pacato, quasi volesse tenere per sé quel ricordo. Poi di punto in bianco si illuminò e la sua espressione mutò da assente e sognante a risplendente di vitalità. «Ho voglia di fare un bagno.» 
Il maggiore a quelle parole aggrottò le sopracciglia incredulo. «È appena luglio, l'aria è secca, non abbiamo vestiti di ricambio, il sole a breve tramonterà, non vedo cartelli che segnalano la libertà di balneazione.» Elencò contando sulle dita una ad una tutte le negatività che comportava l'improvvisa decisione del corvino e distruggendo - o almeno così lui credeva - i piani del compagno. 
«In realtà hai solo vergogna di spogliarti perché sei ingrassato.» Lo sfidò il minore provocandolo. BaekHyun arricciò le labbra, risentendo particolarmente di quell'offesa - seppur evidentemente fasulla - e storse il naso pronto a controbattere alla battuta di cattivo gusto dell'altro, poiché aveva sempre curato particolarmente il suo aspetto fisico per cui gli era davvero difficile accettare commenti simili. Tuttavia fu subito interrotto dal più alto che lo sollevò di peso e con una breve corsa si ritrovò già l'acqua fino alle anche, prese un piccolo slancio e gettò il biondo in acqua senza il minimo preavviso, tutto tra le urla e proteste del maggiore che aveva vanamente cercato di liberarsi in tutti i modi. ChanYeol non perse tempo a tuffarsi seguendo il maggiore, ma quando riemerse scuotendo la testa per togliersi dalla fronte i capelli ormai fradici, si ritrovò di fronte un BaekHyun infuriato che tentava di strizzare l'orlo inferiore della maglietta per alleggerire il tessuto da tutta l'acqua che aveva assorbito. Il corvino restò a fissarlo come se stesse ammirando una qualche meravigliosa opera d'arte, eppure era solo un ragazzo come un altro... O forse no? In realtà per ChanYeol il biondo non era mai stato "un ragazzo come un altro". Al contrario, lui era unico, una creatura che sfiorava il concetto di perfezione: la sua eleganza non negava mai i suoi atteggiamenti sfrontatamente sexy, la dolcezza infantile di piccoli gesti quotidiani che si ritrovava a compiere contrastava col carattere riservato e spesso permaloso e orgoglioso, la voce bassa e melodiosa risaltava l'armonia del suo aspetto. Non c'era nulla in quel ragazzo che poteva essere confuso con qualcun altro, non sarebbe mai esisto nessuno per ChanYeol capace di comparare la bellezza complessiva del biondo. Il corvino allungò istintivamente una mano sfiorando il braccio destro maggiore, e subito il suo incarnato pallido si rivestì di brividi, nonostante BaekHyun non lo avrebbe sicuramente mai ammesso.
«Non mi toccare.» Gracchiò nervosamente voltando di scatto la testa verso il più alto e rivolgendogli i suoi occhi irati, imprigionati dietro sbarre verticali costituite dalle ciocche di capelli grondanti d'acqua che decoravano la sua fronte fino a coprire parzialmente anche il suo sguardo. 
«Ma dai, non dirmi che te la sei presa...» Lo canzonò il minore, afferrando, stavolta saldamente, l'avambraccio del biondo e finendo involontariamente per strattonarlo e avvicinarlo ancora di più a sé. 
«Ma mollami!» Urlò BaekHyun spingendo via il minore e dimenandosi dalla sua presa, per poi tirar dritto verso la spiaggia ad ampie falcate. Il corvino si guardò intorno incontrando gli sguardi straniti di LuHan, MinSeok, Zitao e JongDae, rivolse loro un'espressione confusa e scrollò le spalle come se fosse ignaro della situazione, declinando quasi nel vittimismo. Tornò poi immediatamente con gli occhi a BaekHyun, seduto sulla spiaggia ciottolosa che caratterizzava tutta la costa, e si sbrigò a raggiungerlo. Si gettò letteralmente accanto a lui, testando presto quanto scomode fossero le pietre, tuttavia si costrinse a tacere le proprie considerazioni e si limitò a fissare il cielo pomeridiano terso, nello stesso punto verso il quale stava guardando il maggiore. Solo dopo infiniti minuti di silenzio passati a pensare a cosa dire, il corvino si rese conto che BaekHyun stava tremando, evidentemente per il freddo, e si sentì in colpa per averlo costretto a bagnarsi a quel modo. Si alzò, attirando per un istante l'attenzione del maggiore, che tuttavia distolse subito lo sguardo per non farglielo notare, raccolse la sua felpa che aveva lasciato per terra e la poggiò sulle spalle del biondo. Il maggiore non oppose resistenza al gesto, anzi, si strinse nel morbido tessuto inspirando il piacevole profumo di ChanYeol che ancora portava impresso.

«Dove vai?» Domandò, senza mostrare alcuna enfasi nella voce, BaekHyun notando che il corvino si stava allontanando, quela frase non sembrava neppure richiedere una risposta per l'intonazione piatta con la quale era stata proferita.
«A fare un giro.» Si mise le mani in tasca e proseguì verso l'entroterra, sotto lo sguardo abbattuto del maggiore, che lo fissò mentre andava via da sé.
ChanYeol non aveva una meta precisa, neppure conosceva il posto, ma non ce la faceva più a respirare l'atmosfera pesante che si era creata lì, anche perché il resto del gruppo li aveva lasciati completamente soli, pensando di fare qualcosa di positivo. Gli altri ragazzi sapevano già del particolare rapporto che c'era tra loro, e avevano sempre tentato di lasciargli spazi appartati e un po' di tempo da soli quando ce n'era la possibilità, ma certo non potevano sapere che i due passassero più tempo a litigare che ad andare d'accordo. Tuttavia il corvino non aveva nulla di cui lamentarsi, già il semplice fatto che gli altri approvassero la loro strana e indefinita relazione affettiva e che facessero di tutto pur di aiutarli era una fortuna e ChanYeol poteva solo ringraziare i suoi amici dal profondo del cuore, poiché erano persone fantastiche che desideravano sempre il meglio l'uno per l'altro.

Di colpo però fu distratto da qualcosa - o meglio qualcuno - spuntato dal nulla.
«Hei piccoletta, che ci fai qui?» Il moro rivolse la sua attenzione all'esile figura che si avvicinava mestamente trascinando dietro di sé un aquilone colorato, forse rotto. Ringraziò mentalmente qualche corso di giapponese precedente perché altrimenti non sarebbe riuscito a spiccicare neppure una parola. 
«Cerchi qualcuno?»
«Non so come tornare dalla mamma...» Mormorò la bambina palesemente sul punto di piangere, era così tenera che il ragazzo non riuscì a restarle indifferente. Quel posto non sembrava per niente adatto a una creaturina indifesa e d'altronde ChanYeol non aveva nulla di meglio da fare, quindi... perché no?
«Sai l'indirizzo di casa tua? Ti riaccompagno io, mh?» Le sorrise dolcemente porgendole la mano, che lei accettò titubante, dando il proprio indirizzo al corvino, il quale lo inserì nel navigatore satellitare del cellulare. Si rese conto che il posto non fosse molto distante - circa un quarto d'ora a piedi - e sorrise alla bimba rassicurandola che presto sarebbero arrivati a destinazione. A ChanYeol erano sempre piaciuti i bambini, si sentiva a suo agio con loro, amava giocarci, ascoltare i loro racconti, sentirli ridere, vedere la gioia nei loro occhi. E il tempo volava sempre in loro compagnia, sembrava anch'esso perdere la sua accezione negativa, diventando un dolce e tranquillo moto costante, lo scorrere placido e limpido dei secondi che scandivano ognuno un sorriso.
«Uh ecco! Siamo arrivati! Che peccato zio Chan, mi dispiace lasciarti già...» Esclamò la piccola imbronciandosi sul finire della frase. Il ragazzo sorridendo le accarezzò la testa scompigliandole i lunghi capelli neri.
«La mamma ti aspetta, devi andare da lei, sarà in pensiero.» Le suggerì il moro incoraggiandola. Dispiaceva anche a lui dover lasciare una così buona compagnia, perché, diciamocelo, niente è più confortevole dei bambini che con la loro innata curiosità iniziano a scoprire ingenuamente il mondo nelle sue mille sfaccettature. Sentirsi grandi dinanzi a loro e poterli indirizzare su una strada corretta era un compito molto più che soddisfacente secondo ChanYeol.
La bimba annuì energicamente e lo salutò sorridendogli dopo averlo ringraziato un numero incalcolabile di volte, e il ragazzo restò lì un paio di secondi a pensare in larga scala, al futuro, a se avesse mai avuto un figlio a cui badare lui, a cui tenere la mano, con cui ridere e scherzare, magari una femminuccia, per poterla proteggere dai ragazzi troppo invadenti. Sospirò pesantemente e smise di sognare ad occhi aperti, tornando alla realtà e rendendosi conto che il sole stava già tramontando e lui non aveva la benché minima idea di dove fosse. Tornò sui suoi passi, fin dove ricordava la strada percorsa, poi sperò di procedere utilizzando il GPS, ma trovò il cellulare spento per via della batteria scarica. Sbuffò spazientito dalla cattiva sorte e si fermò a guardare le insegne stradali. 
"Osaka centro 42km" recitava un cartello con la punta rivolta verso ovest, a indicare il percorso da percorrere. 
Ciò che istantaneamente colpì il corvino fu il numero segnalato sul cartello.
Se ci fosse stato LuHan avrebbe dato di matto, pensò ironicamente e proseguì per un altro centinaio di metri a piedi inoltrandosi tra i prati. Il problema era che quelle enormi distese steppate sembravano tutte uguali e giudicare dove si trovasse rispetto al luogo in cui aveva lasciato i suoi amici risultava un'ardua impresa.
Solo dopo una decina di minuti si costrinse a fermarsi, quando la paura di essersi perso davvero cominciò a farsi strada nella sua mente. Si accovacciò sul terreno sconnesso e appoggiò i gomiti sulle ginocchia sollevate, reggendosi la testa con una mano. Non aveva nessuna buona idea che gli consentisse di ricongiungersi al gruppo, in più, la notte stava incombendo col suo cielo stellato, divorando minuto dopo minuto i colori caldi del tramonto. ChanYeol raccolse un filo d'erba secca giocandoci con le dita per scaricare il nervosismo che aveva cominciato ad attanagliarlo. Una strana convinzione si stava insinuando tra i suoi pensieri, cominciando ad acquistare quasi un senso: e se quel numero portasse davvero sfortuna?
Il ragazzo gettò via il suo antistress improvvisato e si passò una mano tra i capelli mordendosi il labbro e sorprendendo se stesso per aver pensato una cosa simile.
Non sarebbe cascato in uno scherzo simile, era impossibile.

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