Un giorno in più.

di Camila Serpents
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Il rimorso. ***
Capitolo 2: *** 2. Lontano da là. ***
Capitolo 3: *** 3. Profumi. ***
Capitolo 4: *** 4. Chi è causa del suo mal. ***
Capitolo 5: *** 5. Certe notti. ***
Capitolo 6: *** 6. Scusa. ***



Capitolo 1
*** 1. Il rimorso. ***


“Divina Kagome dovreste ammetterlo a voi stessa, una volta per tutte”.

Miroku fissò maliziosamente gli occhi di lei.

“Miroku mi hai spaventata, da dove spunti?”

Kagome si portò una mano sul petto, aspettando spiegazioni dal monaco.

“Sono solo stanca dall’ennesima battaglia. Tutto qui”.

L’arciera spostò i capelli dalla spalla destra a quella sinistra, si erano notevolmente allungati, erano mesi che non tornava nel suo mondo.

“Aspetto una tua risposta Miroku”.

La luce del fuoco illuminava a stento il posto in cui avevano deciso di accamparsi per la notte.

Shippo e Kirara dormivano appallottolati nelle loro code, Sango accanto a loro, giaceva addormentata.

“Sei tu che devi darti delle risposte, seppure te le fornissi io, tu negheresti, come hai sempre fatto”.

MIroku posò delicatamente il bastone dietro di sé.

“Non sono io quello che ha appena finito di piangere”.

Sul viso di Kagome nacque un’espressione sorpresa. Si interrogò di come avesse fatto a capirlo, infondo aveva cercato di farlo in silenzio, ma evidentemente qualche singhiozzo le era sfuggito.

“Mi sono avvicinata troppo al fuoco e il fumo mi ha fatto lacrimare gli occhi”.

Riuscì solo a produrre un mezzo sorriso che rimase sulle sue labbra per pochi secondi, poi si tramutò in una smorfia indefinita.

“Quindi mi stai dicendo che non ti turba affatto che Inuyasha e Kikyo si siano allontanati da soli, mano nella mano, nella foresta”.

“Piantala Miroku”.

Kagome rimase a fissare le fiamme che facevano capolino nel buio, scaldandole lievemente la pelle.

“Inuyasha può fare quello che meglio crede, Kykyo ugualmente. Se si desiderano ben venga”.

Si strinse le ginocchia al petto, appoggiando la schiena al tronco dell’albero dietro di lei.

Miroku continuava a scrutarla.

“Ti si legge in faccia che stai scoppiando. Sfogati se ne hai bisogno, piangere in silenzio fa solo più male”.

Una lacrima scese sulla guancia candida di Kagome, che la lasciò cadere con non curanza sulla divisa nonostante non fosse sola.

“Sono stata una stupida Miroku, gli ho negato quel bacio che forse avrebbe potuto cambiare le cose. Ero convinta che volesse farlo solo perché in me vedeva Kikyo, gli ho fatto capire che io per lui non provo nulla”.

A quella lacrime se ne aggiunsero altre, che seguirono a ruota libera quelle che le avevano precedute. Miroku abbassò lo sguardo.

Il monaco non si pronunciò subito, aspettò che Kagome buttasse via ogni pensiero, ogni piccola cosa che le passasse per la mente.

“Sapere che lui l’ha trascinata con sé in chissà quale parte della foresta, che la desidera, che la brama più di ogni cosa, forse più di quanto io voglio lui, ecco Miroku, questo mi logora dentro e mi toglie il sonno, mi fa un male atroce”.

Il monaco si sedette vicino a lei coprendole le spalle con una mantella, Kagome lo ringraziò con mesto ma sincero sorriso.

Il sole stava spuntando fra le colline, il cielo si stava colorando lentamente di variopinti colori; rosso, arancio, giallo, rosa porpora, tutti in armonia col cielo che da blu notte diveniva sempre più chiaro.  I due rimasero ad ammirare ciò che la natura stava dipingendo sopra di loro, mentre ognuno dava conto ai propri pensieri.

“Dove vai Kagome?”

Miroku la guardò spolverarsi la gonna, poi i loro sguardi si incrociarono per qualche istante.

“A sgranchirmi le gambe, non ho voglia di vederli tornare assieme”.

Il monaco la guardò, poi le fece cenno con la testa di aver capito.

“Almeno non allontanatevi troppo, vi chiedo solo questo”.

La vide andar via a grandi falcate verso la foresta, sperando vivamente non che non incontrasse qualche demone, ma che non capitasse sulla stessa strada di chi le aveva fatto tanto male.

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Capitolo 2
*** 2. Lontano da là. ***


Chissà se sentiva anche lui questo vento fresco, che inturgidiva e solleticava la pelle. Avrebbe forse dovuto parlare al plurale, perché lui non era solo, lei invece sì. Aveva una grande voglia di tornare a casa dalla sua famiglia e da sua madre, le mancava molto, soprattutto in momenti difficili come questo. Infondo era solo un’adolescente in un mondo sconosciuto, era abituata a vivere come tutte le ragazze della sua età, un’esistenza che fu stravolta completamente dopo essere caduta in quel pozzo mangia ossa.
Era lì di fronte a lei, aveva camminato tanto per raggiungerlo, desiderava solo andare via da là. Era stanca di pensare ad Inuyasha e a Kikyo.
Si accomodò sul bordo del pozzo, con le gambe a penzoloni, apprezzando ancora una volta quel vento così gradevole, socchiuse gli occhi cercando di scacciar via qualsiasi pensiero, avrebbe voluto avere un’amnesia totale di tutto quello che riguardava i suoi sentimenti.
Scacciò via le lacrime dagli occhi ormai rossi dal pianto, senza decidersi. Non era quello che realmente desiderava, ma doveva essere egoista, almeno per una volta. Da quando Kikyo era tornata Inuyasha sembrava cambiato. Di questo non ne aveva parlato con nessuno, non voleva mettere in mezzo discussioni inutili. Doveva accettare la realtà dei fatti e proprio per questo andava via. Ognuno doveva stare al proprio posto, e di certo quello non era il suo.

“Addio Shippo, Miroku, Sango, Kirara”.
Un singhiozzo la interruppe, deglutì cercando di asciugare le lacrime con la manica della divisa ormai zuppa.

“E addio a te Inuyasha”.

* * *

“Kagome!”
Sota con gli occhi colmi di gioia fissò la sorella che vide spuntare dalla porta.

“Pensavo ti avessero uccisa, non sei mai mancata per così tanto tempo”.
La strinse forte a sé, poi corse a chiamare il nonno e la mamma.

Le era mancato l’odore di casa sua, i rumori e i suoni della città, così frenetici e assillanti, la sua famiglia che la circondava d’amore incondizionato, un amore a doppio senso, non a senso unico, come quello che provava lei verso Inuyasha.
In un modo o in un altro i suoi pensieri andavano a finire sempre verso di lui, ed era stanca di questo.
Il nonno e la mamma dopo averle fatto milioni di domande le prepararono un bagno caldo dove si andò ad immergere fino a che la cena non fosse pronta. La premura con cui erano state fatte le cose era tangibile. Svuotò un po’ di bagnoschiuma nella vasca e aspettò che le bollicine si moltiplicassero a dismisura, fece scivolare i vestiti in terra e si immerse completamente nel calore e nel profumo che l’acqua emanava.

“Finalmente a casa”.
Sospirò così prima di addormentarsi come una sirena sulla riva dell’oceano.

​* * * 

“Dov’è Kagome?”
Shippo  agitava la coda nervosamente, con le lacrime agli occhi, sperando da un momento all’altro di vederla tornare.

“Miroku, tu sai dov’è andata vero?”

I due si guardarono per qualche secondo, poi il monaco con il bastone indicò il punto da dove Kagome si era allontanata.

“Sicuramente sarà tornata nel suo mondo”.
Sango, con tono basso, guardò il piccolo demone volpe.

“E’ tutta colpa di Inuyasha!”
Strillò il demone con gli occhi languidi.

“Che vuoi piccoletto?”
Inuyasha, spuntò mano nella mano con Kikyo dalla folta vegetazione. Con una sola domanda riuscì a concentrare l’attenzione dei tre su di sé.

“Innanzitutto, buongiorno”.
Disse Miroku infastidito.

"Siete scomparsi senza dire niente, potevate almeno avvertire".
​La cacciatrice di demoni guardò torva prima Inuyasha e poi Kikyo.

“Qual è il problema? Proprio non capisco”.
Esordì con presunzione la sacerdotessa.

“Nessun problema, si evince solo la considerazione che date ai vostri compagni di viaggio”.
Nel tono di voce di Miroku c’era un velo di delusione.

“Dov’è Kagome?”
Inuyasha mosse il naso capendo che ormai del suo odore era rimasto ben poco, e quel poco che era rimasto, lo conduceva lontano da là.
Alla sua domanda, il demone cane non ottenne nessuna risposta.
Sango sistemò le ultime cose in groppa a Kirara, poi dopo esserle salita sulla schiena, venne seguita da Miroku e Shippo.

“Kirara andiamo”.
La ragazza incitò così il suo destriero e senza salutare spiccarono il volo, allontanandosi sempre più fra le nuvole, fino a che, Inuyasha e Kikyo non fossero diventati due puntini indistinti nella foresta.

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Capitolo 3
*** 3. Profumi. ***


Non sarebbe voluta tornare mai più. Aveva meditato questa decisione dentro di sé per all’incirca una settimana da quando era tornata.
Le dispiaceva per gli altri, ma non aveva scelta, tutto in quel mondo le parlava di lui, il suono delle foglie che venivano cullate dal vento, le nuvole in cui spesso si erano addentrati con Kirara, i giri in bicicletta con davanti Inuyasha a guidarla alla ricerca dei frammenti della sfera.
Riguardo a quest’ultimi li aveva lasciati ben nascosti avvolti nell’armatura di Sango. Sapeva che la guerriera avrebbe saputo prendersene cura con saggezza, li aveva nascosti meticolosamente, nella sacca che portava sempre con lei.
La notte precedente aveva fatto una grande fatica a rimanere sveglia, ma c’era riuscita. I suoi compagni di viaggio erano già addormentati da qualche ora quando lei si avventò sugli effetti personali dell’amica.
Senza i cristalli sapeva che non avrebbe più potuto attraversare i due mondi. Fu una decisione che prese dopo qualche mese che Kikyo si era unita al loro gruppo. Aveva fatto di tutto per mandare giù il boccone amaro, ma divenne troppo disgustoso dopo molto poco tempo.
Quello che aveva cercato di fare era di essere superiore agli atteggiamenti dell’altra, ma mentre lei si comportava così, Kikyo era riuscita a scavarsi una scorciatoia per il cuore di Inuyasha, e senza accorgersene, erano diventati due sconosciuti.
Forse aveva sbagliato lei, che per evitare di creare inutili sceneggiate si era allontanata anche da lui e non solo da lei; ma perché Inuyasha non si era fatto avanti e non le aveva mai chiesto nulla? Perché sembrava che la sua indifferenza gli fosse a sua volta indifferente?
Non voleva credere che fosse solo per quel bacio che aveva rifiutato.
Infondo stava per accadere solo pochi giorni dopo dell’arrivo di Kikyo nella loro comitiva, possibile che fosse rimasto così tanto deluso da non volerle concedere una seconda possibilità?
La verità poteva saperla solo lui, lui e nessun altro.

* * *

“Inuyasha..”
Kikyo baciò il collo del demone disteso di fianco a lei.

“Mh..”
Lui mugulò aprendo gli occhi, seccato del sole che gli colpiva le palpebre.

“Lasciami riposare ancora un po’”.
Non finì neanche la frase che voltò le spalle alla sacerdotessa e chiuse gli occhi cercando di sfuggire alla realtà in cui si era cacciato. Tuttavia, non ottenne alcun risultato, perché il sonno non tornò e i pensieri continuarono a rimanere dove erano.
Sentì Kikyo alzarsi e allontanarsi, ma non la fermò. Non gli interessava avere la sua compagnia in quel preciso momento.
Era tremendamente seducente, magnetica, affascinante. Sapeva evocare la parte più istintiva e passionale di lui. Era consapevole del fatto che lei ci teneva al loro rapporto, e aveva sviluppato una gelosia nei confronti di Kagome.
Quando Kikyo intravide anche una più piccola attenzione rivolta ad Inuyasha incominciò a cercare di proteggere quello che lei reputava suo, lei c’era per prima e sapeva che un pezzo del cuore del demone era suo. Non voleva in alcun modo che qualcun altro si appropriasse dell’altra metà.
Qualcosa gli mancava, eppure era appagato. Kikyo lo faceva sentire forte, ma questo lui già lo sapeva. Era conscio di essere uno dei mezzi demoni più potenti che si conoscevano.
Non sapeva però, di essere sensibile, comprensivo e gentile. Non sapeva che poteva piangere senza essere giudicato, come non sapeva che una carezza e un abbraccio alle volte, potevano essere più appaganti di qualsiasi altra cosa.
“E’ nella sensibilità che nasce la forza, ricordatelo Inuyasha”.
Scrollò la testa digrignando i denti.
Decise di alzarsi e fare una camminata liberatoria, anche se sapeva già dove i suoi piedi lo stavano portando.
L’odore dell’estate impregnava l’aria, il sole batteva forte, e riscaldava la pelle del demone che aveva lasciato cadere il suo vestito lungo i fianchi, lasciando il petto scoperto.
Dopo quasi diverse centinaia di alberi vide spuntare all’orizzonte, in uno spazio privo di flora, il pozzo mangia ossa. Salì sul bordo di legno che ne circondava l’entrata, si accovacciò, con il viso volto verso il basso, fissando il vuoto nero ed impenetrabile come gli occhi di Kagome. Ne riuscì a rivedere quasi il contorno, poi le ciglia, le gote, il naso, le labbra e la fronte. Il tutto contornato dai suoi folti capelli, lunghi e profumati di quell’odore che solo lei aveva addosso, e gli sovvenne, all’improvviso, quando scoprì che cos’era.
Una sera mentre se ne stavano abbracciati lungo un torrente lui affondò il naso nei suoi capelli neri, percependone un odore nuovo che non aveva mai sentito su nessun’altra persona le chiese che cosa fosse.
Era zucchero a velo.

* * *

Sbuffò chiudendo il libro di storia.
Il suo sguardo si posò su una bottiglietta cilindrica rosa chiaro posata sul mobiletto accanto alla scrivania.
L’etichetta citava la profumazione: zucchero a velo.
Si alzò quasi infastidita, strusciando rumorosamente la sedia sul pavimento. Una volta davanti allo scaffale girò il profumo con la scritta verso il muro.
Ancora lui, un’altra volta.
Inuyasha.

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Capitolo 4
*** 4. Chi è causa del suo mal. ***


“Miroku, Shippo..”

La voce di Sango, flebile e scossa, chiamò i suoi compagni di viaggio.
I due si voltarono verso la guerriera con sguardo interrogativo.
Aveva le mani intrecciate l’una a l’altra, come se stesse custodendo qualcosa di prezioso, tremante. Immediatamente i suoi amici capirono che c’era qualcosa di strano e le si accostarono, curiosi e preoccupati.

“Che succede Sango?”
Miroku poggiò le sue mani su quelle della donna, come se volesse infonderle calore.

“Sommo Miroku ma quelli sono i frammenti della sfera”.
Shippo riuscì a proferire solo quelle parole, poi scoppiò a piangere. Sapeva che non avrebbe più rivisto Kagome.

“Non ci credo...”
Il monaco rimase impietrito a fissare quei cristalli rosati che gli erano stati lasciati come un testamento, in segno d’addio.

“Li ho trovati nella mia sacca dove tengo l’armatura, dopo l’ultima volta che abbiamo combattuto non l’ho più aperta, il giorno dopo Kagome è andata via”.
I tre si guardarono a lungo, poi continuarono il loro cammino in silenzio, non avevano voglia di parlare. Erano stanchi di dirsi che se n’era andata, ma soprattutto, che non sarebbe più tornata.

* * *

“Danno una festa in centro, ti andrebbe di venire?”
Yuki guardò l’amica, in attesa di una risposta.

“Mi piacerebbe, ma chi l’ha organizzata? Non è carino imbucarsi alle feste”.
Kagome scostò i capelli da una spalla all’altra.

“Ti pare che ci imbuchiamo ad una festa? È stata organizzata dai rappresentanti della scuola molti mesi fa! La attendono tutti e finalmente questo sabato è il grande giorno!”
Gli occhi di Yuki brillavano di gioia, si vedeva che fremeva dall’attesa.
Kagome ragionò sul fatto che non ne sapeva niente in quanto era nell’altro mondo a caccia di demoni e frammenti della sfera. Quel tempo era finito, quelle giornate erano passate e doveva dimenticarle. Decise di vivere la sua epoca, con le persone che la circondavano e che nonostante le sue continue assenze e scuse erano comunque lì per lei. Decise di andare, di divertirsi e di non pensare a nulla almeno per una notte.

“Mancano solo due giorni alla festa, e non hai nulla di bello da metterti Kagome!”
Yuki era con le mani rivolte nel suo armadio a frugare fra i suoi vestiti.

“Mi hai avvertita ora!”
Rise lei cercando di giustificarsi.

“Andiamo a metterci le scarpe che usciamo a comprare qualcosa, sei sempre stata un disastro nel vestirti Kagome, non dare colpa alla festa”.
Yuki la precedette e si fiondarono davanti alla porta di casa, ridendo come due bambine.
Era la prima volta che partecipava ad un evento simile, era sempre stata una ragazza che non amava stare al centro dell’attenzione, non amava quindi esporsi e farsi notare. Stavolta però si sentiva diversa, voleva cambiare, dare una svolta significativa alla sua vita, viverla come tutte le ragazze adolescenti della sua età, aveva fatto da aiutante e da spettatrice, ora voleva finalmente essere protagonista della sua esistenza.

* * *

“Sapevo che eri qui”.
Kikyo rimase a fissare il demone che guardava nel pozzo, con lo sguardo verso nel vuoto e nel buio. Se ne stava lì appollaiato come un uccellino che aspetta la mamma al nido, che non fa null’altro che attendere e sperare che torni, che nessuno le faccia del male.
Inuyasha non si voltò. L’aveva sentita arrivare, l’aveva sentita parlare, ma non si mosse.

“So che ti manca, ma vorrei ricordarti che ha deciso di andarsene di sua spontanea volontà. Nessuno l’ha cacciata, e per giunta, non ha neanche salutato chi le voleva bene. Un atteggiamento infantile, e non poco”.
La donna rimase al termine della boscaglia, cercando di non farsi prevaricare dalle sue emozioni, ma era ferita nell’orgoglio e nei sentimenti.

“Tu non sai niente di lei, non sai nulla di quello che ero io quando c’era lei a starmi accanto”.
Il tono di Inuyasha, mesto e flebile, arrivò alle orecchie della sacerdotessa come una leggera soffiata di brezza estiva.

“Io non saprò nulla, è vero, ma la colpa non è di Kagome che è andata via e neanche mia che provo un vero sentimento per te. La colpa è unicamente tua, che non hai saputo prendere una decisione coerente con quello che provi.”

La sentì allontanarsi dopo che aveva aspettato una sua risposta, evidentemente aveva capito che non sarebbe mai arrivata.
Lui rimase ancora lì, aspettando che due mani candide e curate si arrampicassero su quelle assi di legno, aspettando ancora di rivedere quel sorriso e sentire ancora quella voce, la voce di Kagome.

Angolo dell'autrice.
Approfitto di questo spazio per ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito la mia storia. Ne approfitto anche per scusarmi se non pubblico giornalmente ma mi districo fra esami universitari, scuola guida e vita sociale. Ringrazio inoltre, per la pazienza e per la dolcezza che mi dimostrate, cercherò di essere il più puntale possibile nei prossimi capitoli. Augurandomi che questo nuovo capitolo vi piaccia, vi mando un grande bacio.
- Sirio


 

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Capitolo 5
*** 5. Certe notti. ***


Il riflesso che vedeva nello specchio la fece sorridere. Per essere la sua prima festa si sentiva a suo agio in quegli abiti così poco ordinari.
Un vestito rosa cipria le avvolgeva il corpo, le spalle erano coperte da una giacchetta bianca di un tessuto morbido e scintillante. Ai piedi, delle scarpe in tinta col vestito, non molto alte, anche se per i suoi standard quel tacco al di sotto dei dodici centimetri le risultava come se fosse un metro e mezzo.
Aveva raccolto i capelli in una treccia morbida che accuratamente aveva fatto scendere da un lato, per non averli in disordine. Il trucco era semplice ma curato, e per essere la prima volta a contatto con ombretti, ciprie, mascara e pennelli era fiera del risultato ottenuto.
Yuki sarebbe stata da lei fra meno di dieci minuti, prese la borsetta bianca, un paio di orecchini a lobo con dei brillantini che mise mentre camminava per il corridoio e fu pronta. Sentiva nel cuore una sorta di ansia da prestazione mista a curiosità che le impediva di restare ferma sul posto, girovagava per casa affacciandosi ogni tanto alla finestra per vedere se Yuki fosse arrivata.
Ad un tratto, mentre era in bagno a specchiarsi, il campanello suonò e sentì la madre aprire alla porta.

“Kagome è arrivata Yuki!”
Disse la donna mentre faceva accomodare l’amica della figlia nella stanza accanto.
Spense la luce e si fiondò nel salone, pronta e carica per uscire.

“Ma guarda quanto siete belle, devo farvi assolutamente una foto!”
La madre di Kagome prese in un cassetto una macchina fotografica istantanea e scattò; pochi secondi dopo la foto uscì dalla Polaroid.

“È venuta benissimo signora Higurashi!”
Yuki era entusiasta.

“Mamma puoi metterla nella mia stanza?”
Kagome sorrise alla mamma che contraccambiò il dolce gesto della figlia, facendole un cenno d’assenso.
Le due ragazze salutarono e si fiondarono fuori dalla porta incamminandosi verso la scuola dove sarebbero poi state portate al centro per la festa.
Mancava all’incirca un’ora al tramonto, l’aria estiva si era fatta più persistente e stuzzicava loro la pelle, sovvenne nella mente di Kagome quando quell’aria investiva il corpo suo e di Inuyasha, nell’atto di concedersi delle timide carezze.

“A che pensi?”
La voce di Yuki la destò da quella vagonata di pensieri.

“A nulla, ero solo incantata ad osservare il cielo”.
Cercò di essere il più credibile possibile, sperando di non aver creato troppa curiosità nell’amica.

“Allora credo tu debba guardare in alto e non in basso Kagome”.
Disse schiettamente.

Kagome la guardò ridendo, sapeva che Yuki non avrebbe potuto capire il motivo del suo gesto, eppure c’era una spiegazione; dopo essere scesa nel pozzo mangia ossa per essere catapultata nell’epoca Sengoku, il cielo combacia con la terra. In linea di massima si guarda il cielo, ma non si fa altro che avere gli occhi puntati verso la parte in cui gli uomini del suo mondo camminano.
Era assurdo come ragionamento, eppure le piaceva pensare che forse Inuyasha stesse guardando in alto, che i loro sguardi si incontrassero, superando il cielo, le nuvole, l’atmosfera e tutti gli strati della terra per poi ricongiungersi l’uno negli occhi dell’altro.

* * *

“Ragazzi c’è qualcuno vicino al pozzo…”
Il tono di voce di Sango si abbassò mentre con lo sguardo esaminava ogni angolo del bosco.
I tre si avvicinarono, Shippo era in groppa a Kirara, Miroku andò spedito verso quell’ombra indistinta nel buio della notte.

“Lo sapevo…”
Il monaco, dopo essersi lievemente chinato, raggiunse gli altri componenti del gruppo.

“Non ci credereste mai”.
Sussurrò piano.

“Cos’è un demone leggendario?”
Disse Shippo spaventato, con la coda fra le zampe.

“Nessun demone leggendario, è solo un mezzo demone”.
Miroku aveva un tono tranquillo, accompagnato da un mezzo sorriso.

“E’ solo Inuyasha”.
Continuò, rassicurando gli amici.

“Che ci fate voi qui?”
Il tono assonnato di Inuyasha interruppe la conversazione.
I quattro si guardarono fra di loro, poi Sango prese la parola.

“Siamo venuti qui per andare da Kagome, rispettiamo la sua decisione, ma vogliamo almeno salutarla e sapere come sta”.
Disse la guerriera con tono serio e distaccato.

"Senza almeno un frammento della sfera non potete farlo”.
Inuyasha li guardò curioso, in attesa di una risposta.

Sango tirò fuori dalla sua sacca la boccetta contenente tutti i cristalli che avevano trovato fino a quel momento, e stringendola fra due dita, la mostrò al demone cane.
Lo sguardo di quest’ultimo si rabbuiò. Capì che Kagome aveva fatto un gesto estremo, aveva rinunciato a quella che era la loro lotta, aveva rinunciato ai suoi amici, aveva rinunciato a lui.
Con uno scatto felino rubò la bottiglietta dalla mano di Sango che lo guardò incredula.

“Sei un violento egoista Inuyasha!”
Urlò con veemenza la giovane cacciatrice di demoni.

“E’ per questo che sto andando a riprendere Kagome”.
Salì sul bordo di legno del pozzo, guardò i suoi amici per qualche secondo e poi precipitò in quel tunnel fra i due mondi.

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Capitolo 6
*** 6. Scusa. ***


Tokyo era attraversata da una brezza estiva che accarezzava la pelle e arrivava fin dentro le ossa. La notte era ormai inoltrata, il cielo illuminato da mille scintillanti stelle. Inuyasha sentiva sotto i piedi i sassolini dell’asfalto conficcarsi nella pelle, saltò da una parte all’altra del viale, osservando che tutte le luci della casa erano spente. Con uno slancio, arrivò fin sotto la finestra della camera di Kagome, che riuscì a varcare in quanto lasciata sbadatamente socchiusa.
In alcuni casi essere un demone cane aveva i suoi vantaggi, come per esempio, non aver bisogno di accendere luci per vedere nel buio.
Non seppe definire precisamente se fu più spaventato o sconfortato di non trovarla nel suo letto.
All’inizio, ipotizzò che si potesse essere addormentata sul divano o che fosse rimasta a dormire a casa di un’amica, poi rifletté su quanto fosse sfortunato.
In casa regnava il silenzio, e in quelle quattro mura c’era quel dannato profumo, così intenso e dolce, a ricordargli che anche se lei non era lì fisicamente, quel posto le apparteneva, ogni cosa su cui andava a posare lo sguardo entrava a contatto con lei e la sua vita.
L’armadio era stato lasciato con un’anta aperta, sulla scrivania c’erano dei libri con qualche penna lasciata senza tappo e poi un qualcosa che non aveva mai visto: un pezzo di carta quadrata che non sapeva cosa fosse, si avvicinò e notò che c’erano raffigurate due ragazze; la prima non la conosceva, la seconda era Kagome.
Quello di cui si accorse subito erano i vestiti che indossava, erano diversi da quelli con cui l’aveva vista fino a quel momento, indossava un abito corto e grazioso, le stava bene davvero.
Un tuono illuminò il cielo per qualche secondo, poi scomparve, lasciando solo una pioggia fitta e fine scendere sulla città.
Non stava più nella pelle, era agitato, ansioso, voleva sapere dov’era. Forse si sarebbe dovuto rassegnare all’idea che forse in casa non sarebbe tornata fino al mattino dopo e che era inutile aspettarla lì. Decise di andare via, nonostante la delusione di non averla trovata.
Con i piedi ben saldi sul davanzale della finestra lasciò tutto come l’aveva trovato, fece per gettarsi nel giardino con un salto, ma un rumore mai sentito lo incuriosì.
Vide una macchina fermarsi davanti la casa, sentì una voce familiare salutare e ringraziare, poco dopo l’auto scomparve.
 
“Kagome…”
 
“Inuyasha…”

 
Gli occhi dei due si incrociarono per qualche secondo, lei sorpresa dall’averlo lì e lui quasi intimidito dalla bellezza che sprigionava.
Sentiva l’orgoglio bussare alla porta del suo cuore, decise però di non aprire, doveva parlare, ora o mai più.
Lei aveva alzato lo sguardo nell’esatto momento in cui lui con un salto era atterrato sulla strada, per ritrovarselo poi, poco distante da dove era.
 
“Sono stato uno stupido a trattarti in quel modo”.
Esordì il demone con tono fermo.
 
“Non sono più disposta a farmi trattare come una pezza da piedi ogni volta che hai delle indecisioni Inuyasha”.
Negli occhi di lei leggeva un rancore nato della delusione che le aveva provocato la sua scelta.

Non riuscì a dire niente, se non prenderla per i fianchi e stringerla forte, come se volesse diventare tutt’uno con la sua pelle e le sue ossa.
All’inizio lei cercò di rimanere il più rigida possibile, senza lasciarsi intenerire, ma non riuscì a non ricambiare l’abbraccio, non riuscì a non sciogliersi sotto quei baci umidi sulla fronte, non riuscì a non sentirsi così dannatamente al sicuro in quelle braccia calde e forti.
 
“Sai, credo di non volerti solo un gran bene Kagome”.

Inspirò il profumo dai suoi capelli soffici e setosi.
 
“Allora mi devo preoccupare, significa che mi odi in parte”.

Un piccolo sorriso spuntò sornione sulle sue labbra.

Si guardarono intensamente, stretti ancora in quell’abbraccio interminabile, nessuno dei due aveva voglia di lasciare l’altro, e a quanto sembrava, andava bene così.
Il silenzio li avvolse, mentre la pioggia continuava a scendere fitta e fine su di loro, ma non se ne curarono. Erano soli, insieme.
 
* * *
Rabbia, dolore, perdita.
Kikyo si era rifugiata lontano da qualsiasi fonte di vita umana, addolorata dall’azione che Inuyasha aveva mosso nei suoi confronti.
L’aveva chiaramente preferita a Kagome, poi, dopo qualche tempo, l’aveva scaricata in malo modo per tornare dalla stessa.
Tutto ciò era inaccettabile, le aveva fatto male, fin troppo. Avrebbe avuto la sua vendetta, agendo con astuzia, perizia e circospezione.
Kagome Higurashi l’avrebbe pagata cara, solo così poteva punire quel dannato demone che le aveva strappato il cuore e poi buttato via come una scarpa vecchia.
Con i polpastrelli cercò di asciugare le lacrime che le colavano dalle guance, mentre metteva appunto il suo piano. Non si sarebbe lasciata intenerire, aveva intenzione di organizzare tutto perfettamente, non avrebbe lasciato scampo a nessuno dei due.

Angolo dell'autrice.
Ciao a tutti, mi scuso se non ho pubblicato per un po' di tempo, ma sono stata presa da diecimila cose e ho perso di vista questa mia piccola invenzione letteraria. Probabilmente non sarà il massimo, ma spero ugualmente che possa piacere e appassionare come fino ad ora ho percepito dalle vostre affettuose recensioni. 
A breve spero di pubblicare altre mie operette sul profilo, quindi stay tuned!
Vi bacio, Sirio.

 

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