Time After Time.

di dreamlikeview
(/viewuser.php?uid=172703)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I. ***
Capitolo 2: *** Parte II. ***
Capitolo 3: *** Parte III. ***
Capitolo 4: *** Parte IV. ***
Capitolo 5: *** Parte V. ***
Capitolo 6: *** Parte VI. ***



Capitolo 1
*** Parte I. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi, anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!

______________

Anno 2045
La notte era calata da un pezzo, e tutto era immerso nella quiete più totale, la strada era poco illuminata, un lampione all’angolo sfarfallava, e quella zona di periferia era pressoché deserta, a parte per alcuni senza tetto che vagavano da quelle parti; raramente le auto passavano di lì, e anche i passanti evitavano quella zona, era forse una delle più pericolose del quartiere, si diceva fosse infestata, e tutte le persone ne avevano paura, ma non lui, non Nathaniel “Nate” Winchester, cacciatore temerario e intrepido, che non aveva paura di niente, nemmeno di ciò che si nascondeva nell’oscurità. Cresciuto in una famiglia di cacciatori del paranormale, aveva imparato fin da piccolo a combattere demoni, angeli e mostri di ogni specie. Sapeva nascondersi nell’ombra, e non farsi sentire da nessuno, a facilitargli il compito erano anche i suoi poteri da nephilim. Figlio di un angelo del Signore e di un cacciatore del paranormale, Nate era cresciuto combattendo i mostri che avrebbero dovuto tormentare la sua infanzia, a dieci anni sapeva già sparare da due metri a una lattina, centrandola in pieno, e a tredici anni aveva ucciso il suo primo muta-forma; nonostante ciò, suo padre e suo zio, Dean e Sam Winchester, lo avevano fatto crescere nell’amore e nell’affetto, regalandogli, paradossalmente, un’infanzia felice. Nate aveva scoperto i suoi poteri per caso, quando una mattina di metà maggio, quando aveva solo sei anni, mentre giocava con lo zio Sam sul divano del bunker dei letterati, aveva scaraventato l’uomo dall’altra parte della stanza con una facilità disarmante. Quella era stata la sera in cui suo padre, Dean, gli aveva rivelato che in realtà lui era per metà angelo, come Jack, il tanto temuto figlio di Lucifer, il quale era un punto di riferimento per il piccolo Nate, che non aveva mai conosciuto Castiel, suo padre angelico. Jack era per lui come un fratello maggiore, era cresciuto con la sua figura sempre presente, insieme a quella del padre e dello zio. Avevano dato la caccia ai mostri spesso insieme, e con lui a fargli da guida, Nate aveva affinato i suoi sensi, e aveva scoperto come usare i suoi poteri, aveva imparato a combattere come un angelo, e quando Dean, ormai troppo anziano per combattere, gli aveva regalato la spada angelica di suo padre Castiel, si era sentito lusingato e privilegiato, e aveva chiesto al padre di lui, ma l’ex cacciatore aveva taciuto.
Aveva ventisette anni, ma aveva l’aspetto di un ragazzino in età adolescenziale – è un nostro vantaggio come mezzi angeli gli aveva detto Jack, quasi trentenne anche lui, dall’aspetto di un teenager invecchiamo molto lentamente – ed era uno dei cacciatori più temuti dai mostri, d’altra parte, era il figlio di Dean Winchester e Castiel, l’angelo ribelle che aveva più volte sfidato il Paradiso per proteggere l’umanità. 
Quando vide il licantropo a cui dava la caccia – aveva ucciso tre campeggiatori due giorni prima, e quattro ranger del parco quel pomeriggio – si mosse velocemente e silenziosamente estrasse la lama da sotto la giacca di pelle e lo pugnalò alle spalle, trapassandolo da parte a parte all’altezza del cuore, il mostro, pochi istanti dopo, cadde privo di vita ai suoi piedi; il giovane cacciatore sorrise soddisfatto, restando all’erta – come gli aveva insegnato suo padre, non doveva mai abbassare la guardia – e con un fazzoletto, pulì la sua arma; poi diede fuoco al corpo del licantropo e, lasciandosi dietro fuoco e polvere, rientrò nell’amata Impala di suo padre, soddisfatto. Non vedeva l’ora di tornare a casa e raccontare a suo padre di aver risolto un caso tutto da solo – sfortunatamente, Jack, che lo accompagnava sempre, era impegnato in una questione di famiglia spinosa – e di consumare con lui la solita birra. Fin da quando Dean aveva lasciato la caccia, perché troppo vecchio, e gli aveva consegnato, oltre alla spada di Castiel, le chiavi della sua auto, Nate alla fine di ogni missione, quando tornava al bunker, portava due birre e le bevevano, mentre il cacciatore più anziano ricordava i vecchi tempi, quando lui e Sam viaggiavano per l’America a bordo dell’Impala, e combattevano contro ogni essere sovrannaturale esistente, a volte si era sbilanciato – dopo qualche birra di troppo per la sua età – e aveva raccontato qualche aneddoto anche su Castiel, del quale non parlava mai, soprattutto con Nate. Ogni volta che il ragazzo aveva provato a chiedere notizie del padre angelo,  Dean aveva cambiato argomento e aveva parlato di ben altre cose,  e quelle che aveva il giovane sul padre, erano poche, frammentarie notizie e una vecchia foto sgualcita, che aveva trovato in un cassetto, e che lui adesso conservava come una reliquia nella sua sacca, avere quella foto con sé, gli aveva sempre dato la sensazione di sentirlo vicino, di sentire la sua presenza, come se da qualunque posto si trovasse, vegliasse su di lui. Ma Nate lo sapeva, suo padre non parlava mai di cose che lo facevano stare male, così come non parlava di Sam, stroncato da un infarto improvviso qualche anno prima, così come non parlava di tutte le volte che lo aveva perso, e di come si era sacrificato per farlo tornare in vita. Nate sapeva tante cose, perché era stato suo zio a raccontargliele, così come Jack gli aveva raccontato qualcosa su Castiel, ma lui non lo aveva conosciuto così bene. Tutto ciò che sapeva di suo padre era che era un angelo, era uno dei combattenti più coraggiosi del paradiso e che era morto alla sua nascita.
Mise in moto l’Impala e partì alla volta di casa; quando aveva detto a suo padre di voler essere un cacciatore come lui, l’uomo era stato chiaro su una cosa: alla fine di ogni missione, non importava quanto tempo avesse impiegato nel compierla, sarebbe dovuto tornare a casa. La cosa fondamentale per Dean era che il figlio tornasse a casa sano e salvo.
Nate tornò al bunker poche ore dopo, fortunatamente non era andato troppo lontano per trovare il mostro da uccidere, albeggiava ancora, ma sapeva che suo padre lo stava aspettando seduto sul divanetto, con qualche stupida partita di baseball o qualche episodio di una delle squallide sitcom o soap opera che guardava, Dean non dormiva mai quando suo figlio usciva per dar la caccia a qualche mostro, nonostante fosse ormai adulto e avesse i poteri da mezzo angelo ben sviluppati, temeva sempre che qualche mostro più forte, come un demone o un angelo potesse trovare il modo di ucciderlo e portarglielo via. Era tutto ciò che gli era rimasto della sua famiglia.
«Papà!» si annunciò Nate, scendendo le scale d’ingresso «Ehi, non ci crederai, era solo un licantropo idiota, l’ho fatto fuori in un minuto, quel figlio di puttana» raccontò gettando la sua sacca da viaggio per terra, e dirigendosi nella sala centrale, dove non trovò suo padre, ed era molto strano, di solito lo aspettava lì «Ehi, sei in cucina? Stai preparando i tuoi famosi pancake? È da una vita che non li fai» continuò parlando alla stanza, dove solo l’eco della sua voce si sentiva «Ehi? Papà? Ci sei?» lo chiamò ancora. Non udendo alcuna risposta, Nate si diresse verso la camera da letto di suo padre, probabilmente si era appisolato e non era riuscito a restare sveglio; poi un tonfo improvviso lo riscosse. Subito portò la mano verso la fondina della pistola che portava sempre con sé – come un vero Winchester, gli aveva detto suo padre quando gli aveva consigliato di non lasciare mai la pistola, nonostante avesse la spada angelica sempre con sé – un altro tonfo, oggetti di vetro che si rompevano, giunse alle sue orecchie, e corse in direzione di quel rumore. «Papà!» esclamò di nuovo, correndo verso la stanza da cui esso proveniva. Non importava se era qualche agguato, avrebbe ucciso qualsiasi essere avesse minacciato la sua famiglia. I tonfi venivano dalla cucina e il ragazzo si diresse con celerità alla stanza, e trovò suo padre per terra, e delle ciotole di vetro rotte «Che diavolo è successo?» chiese.
«Niente» rispose con la voce strascicata l’anziano Dean «Mi sono sfuggite di mano» spiegò, Nate gli fu accanto in un secondo e lo aiutò a rialzarsi, suo padre aveva una pessima cera, e sembrava davvero non essere molto in forma.
«Papà, che è successo? Non ti senti bene?»
«Nate, sto bene» lo rassicurò «Non sono più giovane come una volta e ho perso la presa su quelle cose» disse mascherando con un ghigno un’evidente espressione di dolore, il figlio lo guardò inclinando la testa con sospetto.
«Papà, non trattarmi da stupido, si vede lontano un miglio che tu non stai bene» disse sorreggendolo e accompagnandolo verso le camere «Che è successo? Un mancamento?»
«Figliolo, rilassati, non mi ha ucciso l’Apocalisse, la vecchiaia non è un problema» scherzò, tossendo. Nate alzò gli occhi al cielo, suo padre non sarebbe cambiato mai, nemmeno alla sua età. Sospirò e lo accompagnò nella sua camera, aiutandolo a mettersi a letto «Volevo farti i pancake e mi è caduto tutto di mano, e poi sono scivolato» spiegò, il tono leggermente più triste, il giovane si rese conto del sottinteso, lo comprese, suo padre avrebbe voluto preparargli la colazione, ma aveva avuto un qualche tipo di malore di cui non voleva parlargli. Era quello il momento in cui doveva iniziare a preoccuparsi? O era stato solo un momento di debolezza dovuto alla vecchiaia e agli acciacchi?
«Senti, che ne dici se vado a preparare io la colazione? Poi ti racconto come è andata con il licantropo» propose il giovane, con mezzo sorriso sulle labbra, vedere suo padre in quelle condizioni, quando lo aveva visto al meglio della forma fisica, come un cacciatore imbattibile, era davvero dura, ma doveva convivere con la verità, nonostante Dean volesse tenergliela lontana il più possibile: prima o poi lo avrebbe lasciato anche lui.
«No» disse trattenendolo «Perché non ti siedi vicino al tuo vecchio e non parliamo un po’?» domandò.
«E di cosa vorresti parlare?» chiese il figlio, facendosi spazio e sedendosi accanto a lui, guardandolo con ammirazione.
«Di tuo padre» disse l’uomo. Il ragazzo ebbe un colpo al cuore, suo padre non aveva mai nemmeno provato ad accennare all’altro padre, cosa stava succedendo ora? Possibile che avesse preso la decisione così all’improvviso?
«Ce l’ho davanti e ha bisogno di dormire» provò a scherzare, per smorzare la tensione.
«Non di me, stupido» rispose scuotendo la testa «Santo cielo, sei identico a me a volte» borbottò contrariato «Ma sei anche identico a lui» sospirò, guardando il figlio, appoggiando una mano sulla sua guancia «Hai gli stessi occhi blu che aveva lui» spiegò «Sai, non ti ho mai parlato di Cas, perché è troppo doloroso parlare di lui».
«Non è necessario che…» cercò di obiettare, ma il padre lo fermò.
«Lascia che ti parli di lui» disse interrompendolo, Nate annuì e tacque, permettendo al padre di continuare a raccontare «Perderlo è stato un po’ come perdere tutto» spiegò «Cas era l’unica persona di cui mi fidassi a parte Sam, era un gran guerriero» spiegò, Nate notò sulle sue labbra un sorriso dolce e orgoglioso «Sai, ha dato la sua vita per te, quando abbiamo scoperto di aspettare un bambino, beh, puoi immaginare la sorpresa, non sapevamo come fosse stato possibile, avevo già visto la nascita di un nephilm, sai, con Jack» raccontò, poteva vedere l’ombra di un sorriso dolce sulle sue labbra «Ma con te è stato diverso, forse perché lui era un angelo nel corpo di un maschio e io un uomo, ma improvvisamente ci siamo trovati con questo piccolo ovetto tra le mani e, beh, abbiamo saputo fin dal primo momento che sarebbe stato difficile, e impegnativo, ma non importava affatto, ti abbiamo amato fin dal primo momento» disse, gli occhi velati di lacrime, afferrandogli la mano «Castiel era impazzito, più o meno, in senso buono però, era felice, mai lo avevo visto così felice, e ogni giorno tornava con un giocattolo diverso, il primo è stato un peluche, era orribile, ma lui era così felice di avertelo preso, che non me la sentii di dirgli quanto fosse brutto» ridacchiò, poi fu interrotto da un colpo di tosse «Cas era un po’ un moccioso, nonostante i suoi millenni di anni, ed era bello vederlo felice per una volta» raccontò, ma la sua voce aveva una nota triste, e gli occhi ancora lucidi, Nate sapeva che suo padre non era uno dalla lacrima facile, soffriva davvero tanto per l’assenza dell’angelo «Avevo intenzione di lasciare la caccia e tutto, se significava tenerti al sicuro, e cercai di comunicarlo a Cas» la sua voce si incrinò e mascherò il singhiozzo che fuoriuscì dalle sue labbra con un colpo di tosse «Ma non era molto d’accordo, sai, era un periodo abbastanza complicato, c’era questo demone che voleva a tutti i costi catturare Jack, avevamo da poco scoperto l’esistenza di un mondo parallelo i cui angeli volevano invadere il nostro, e altre cose complicate, e Cas decise che si sarebbe occupato di tutto da solo» raccontò «Non voleva mettere me e te in pericolo, e io mi arrabbiai, perché dovevamo essere tutti e tre al sicuro, non solo in due… ma lui era un fottutissimo eroe e doveva salvare tutti, e andò via» spiegò e scosse la testa tristemente «Purtroppo noi lontani abbiamo sempre funzionato male, e me ne sono reso conto troppo tardi» disse con i pugni stretti, il labbro tremulo «Stavi per nascere, non dimenticherò mai quel giorno, chiamai Cas emozionato, e lui accorse al bunker con rapidità, anche se avevamo litigato, venne lì, ma poi successe qualcosa, non so cosa ci tradì quella volta. Tu stavi per nascere, e improvvisamente nel bunker scoppiò una battaglia, c’erano angeli e demoni, c’eravamo io, Cas, Sam e perfino Jack, mentre il tuo uovo si schiudeva» raccontò a denti stretti «Ero stato colpito da un demone ad una gamba, quando Cas si accorse che uno di quei figli di puttana aveva iniziato ad avvicinarsi a te. Stava per portarti via, ed io ero ferito ed inerme; Cas si frappose tra te e quel mostro e lo trafisse con la sua lama angelica, ma…» deglutì «Nel farlo non si accorse di un angelo che era dietro di lui. Cercai di avvisarlo di spostarsi, ma fu troppo tardi» una lacrima scivolò sul suo viso, Nate capiva quanto fosse doloroso per lui parlare di quegli avvenimenti, e perché non ne avesse mai parlato «Vidi la sua luce spegnersi davanti ai miei occhi, e il suo corpo cadere accanto alla cesta dov’eri tu, era la seconda volta che lo perdevo in poco tempo, e mi sentii travolto dal vuoto» raccontò «Un istante dopo, una luce celestiale si diffuse nella stanza, i demoni e gli angeli nemici furono spazzati via, il tuo pianto si diffuse nella stanza. E tu eri nella tua cesta, piangevi disperato, e, ricordo che mi avvicinai a te, e ti presi tra le mie braccia, iniziai a cullarti canticchiandoti Nothing else matter dei Metallica, però non ti calmavi. Fu Sammy a prendere la situazione in mano, come al solito, e disse che probabilmente avevi freddo, prese la prima cosa che trovò, il trench di Cas, lo aveva lasciato su una poltrona. Una volta avvolto in quello, ti calmasti immediatamente» tese le labbra in un sorriso triste, si vedeva quanto per lui fosse doloroso quel ricordo «Eri così piccolo, sapevo che saresti cresciuto velocemente, insomma, sei per metà angelo… eppure, eri così piccolo e indifeso. Avevo paura di romperti con un solo respiro, e… eri identico a Cas. Non solo per gli occhi… in te c’era così tanto di lui…» disse la voce che si spezzava in brevi singhiozzi mal trattenuti.

«Sembra una bella persona da come lo descrivi» mormorò il ragazzo «Mi sarebbe piaciuto conoscerlo».
«Lentiggini a parte, sei identico a lui, Nate» disse Dean «Mi ricordi lui ogni giorno, i tuoi atteggiamenti a volte sono identici ai suoi, e hai quel cipiglio caratteristico che lo distingueva sempre ed era l’angelo più umano che avessi mai incontrato» raccontò «Era più umano lui di tutta la popolazione della terra. Voleva rendere il mondo un posto migliore, e cercava sempre di aiutare tutti, Cas era fatto così, altruista fino alla fine, a volte troppo ingenuo, ma a fin di bene» raccontò «E io…» si interruppe, mascherando di nuovo un singhiozzo con un colpo di tosse.
«Lo amavi?» chiese il ragazzo, interrompendo il suo monologo.
«Sì» rispose con sincerità l’uomo «Ma non gliel’ho mai detto, troppo orgoglio, suppongo» sospirò «Me ne pento ogni giorno, avrei dovuto dirgli ciò che provavo per lui, ma quando me ne sono reso conto, era troppo tardi» disse mestamente «Lui mi ha salvato la vita più di una volta, e io non gli sono mai stato riconoscente…»
«Papà, non è colpa tua» mormorò il giovane, sentiva un groppo alla gola, per le parole di suo padre, avrebbe voluto conoscerlo, anche Jack parlava bene di Castiel, l’amico gli aveva anche confessato di aver provato a riportarlo in vita come aveva già fatto, ma con scarsi risultati, ognuno gli aveva detto quanto fosse stato speciale, ma lui non poteva saperlo, non lo aveva mai conosciuto e ogni parola che suo padre pronunciava, aumentava il suo desiderio di conoscerlo.
«Anche lui me lo diceva sempre, mi diceva che non potevo salvare tutti, e che dovevo smetterla di avere il peso del mondo solo sulle mie spalle, che avrebbe potuto condividerlo con me» disse e il figlio sorrise «Ma te l’ho raccontato, sono cresciuto con il peso del mondo sulle spalle, era difficile accettare che qualcuno volesse aiutarmi e… poi l’ho perso e niente è più stato lo stesso» spiegò mestamente «Anche se non volevo, lui era lì a sostenermi e a non farmi cadere» disse «Mi dispiace non averti mai detto nulla, prima d’ora».
Nate si sporse verso di lui e lo abbracciò con forza, sorridendo leggermente commosso, scuotendo la testa, non c’era bisogno di altre parole, di altre dimostrazioni: «Grazie papà» sussurrò. Dean restò un momento perplesso, poi allungò il braccio verso la schiena del figlio e lo strinse con le poche forze che aveva.
«Ti ha amato con ogni fibra della sua grazia, anche se non lo hai mai visto, sono certo che è stato accanto a te, quel figlio di puttana pennuto ha sempre saputo il fatto suo» disse, mascherando la commozione dietro una battuta, come era solito fare «Sarebbe fiero di te e dell’uomo che stai diventando».
«Grazie papà, davvero» disse di nuovo il ragazzo «Non sai cosa voglia dire per me, il fatto che tu mi abbia parlato di Castiel» mormorò, asciugandosi una lacrima «Vado a prendere un caffè, ne vuoi?» chiese.
«Penso che schiaccerò un pisolino, ragazzo» rispose il padre con il sorriso sulle labbra, sapeva che il figlio si stesse allontanando da lui solo per non mostrare le lacrime di commozione che stava versando, del resto, pur essendo figlio di un pennuto, quel giovane era suo figlio, un Winchester, e come tale i momenti sentimentali non erano tra i suoi preferiti.
«Okay» rispose il giovane «Preparo il pranzo» disse alzandosi. Lo vide allontanarsi velocemente e un sorriso inorgoglito nacque sulle sue labbra, in lui rivedeva se stesso da giovane «Ti chiamo dopo?» domandò prima di uscire dalla stanza. Dean annuì, e Nate sparì dietro la porta, chiudendosela alle spalle. L’anziano cacciatore lanciò uno sguardo fugace alla foto che aveva sul comodino, raffigurante lui, Castiel e Sam e sorrise: «Beh, vecchi miei, penso di essere pronto a ricongiungermi con voi» mormorò, prese la sua pistola e la depose sul comodino, si sdraiò nel letto e chiuse gli occhi. Quando quella notte, mentre aspettava il figlio, aveva avuto un malore, aveva capito di essere spacciato, non si sarebbe più ripreso e non voleva finire la sua vita in sofferenza, dando un peso così grande al giovane Nate, un giorno avrebbe sicuramente capito; così aveva fatto un ultimo patto. Non con un demone, non con un angelo o con il diavolo, semplicemente aveva chiesto al buon vecchio Chuck, di dargli la forza di parlare con Nate di tutto ciò che non gli aveva rivelato, dopodiché sarebbe stato pronto a lasciare per sempre quella vita, in pace con se stesso, con la consapevolezza di lasciare il mondo in buone mani, quelle di suo figlio. E il vecchio amico lo aveva accontentato, gli aveva dato la forza necessaria per parlare con lui, e a modo suo, di salutare il suo ragazzo.
Quando qualche ora dopo Nate entrò nella stanza del padre con due bottiglie di birra per potergli finalmente raccontare della sua missione in solitaria, non credette subito a ciò che aveva davanti: «Ehi papà?» lo chiamò, ma Dean non si mosse, il giovane restò di ghiaccio, suo padre giaceva sul letto, in posizione supina, gli occhi chiusi e l’espressione beata sul volto esanime, le bottiglie gli caddero per terra e corse accanto al padre, scioccato. Non poteva essere accaduto, perché suo padre sembrava così freddo? Così privo di vita? No, non poteva essere accaduto, non poteva essere successo, suo padre doveva ancora insegnargli tante cose, doveva ancora aiutarlo con tante situazioni. Gli controllò il polso, ma non c’era battito e non respirava, provò a rianimarlo, ma i suoi tentativi furono vani; perché stava accadendo a lui?
«Papà? Papà, non fare scherzi» lo chiamò scuotendolo «Papà, ti prego, non mi lasciare, papà…» cercò di svegliarlo «No, no, no! No! Papà!» urlò disperato «Papà, ti prego, svegliati, non è divertente… papà…» deglutì e «Jack! Jack, ti prego! Vieni qui!» chiamò ad alta voce, sperava che l’amico, dovunque fosse, potesse sentirlo e accorrere, era l’unico in grado di poter fare qualcosa, l’unico in grado di sistemare le cose. Pochi istanti dopo udì un fruscio d’ali alle sue spalle e si voltò verso l’amico con il volto disperato.
«Ehi Nate, che succ…» non appena Jack vide Dean supino sul letto, privo di vita, restò di sasso anche lui «Oh cielo…»
«Ti prego, riportalo in vita!» lo supplicò.
«Non posso» disse l’amico raggiungendolo «Nate, non posso».
«Ma… ma… mio padre…» mormorò senza fiato «Mio padre…»
«Mi dispiace» gli disse abbracciandolo «Mi dispiace tantissimo».
«Ho ancora bisogno di lui, Jack…» mormorò aggrappandosi alla sua maglietta per non cadere. Sentiva improvvisamente che tutto fosse troppo pesante sulle sue spalle, si sentiva improvvisamente troppo solo al mondo.
«Lo so…» sospirò l’altro nephilim «Ci sono io con te, okay? Andrà tutto bene, Nate».
Nate restò immobile, impassibile, senza versare una lacrima, con il volto premuto contro il petto dell’amico, che non lo lasciò nemmeno un istante da solo, senza sapere cosa pensare o cosa fare. Suo padre era appena morto e lui era appena rimasto totalmente solo. Non si era mai sentito così vuoto e solo come in quel momento, quando lo zio Sam aveva avuto l’infarto, non aveva avuto tempo per soffrire, aveva dovuto sorreggere suo padre, che altrimenti sarebbe caduto a pezzi, e ora… era lui quello che stava cadendo a pezzi.
 
Il funerale di Dean Winchester, sebbene Nate non lo avesse comunicato ad anima viva a parte pochi, radunò molti cacciatori attorno alla sua pira; c’era chi lo odiava, chi lo stimava, e chi era accorso lì semplicemente per vedere il famoso cacciatore. Nate era inerme, anche se al suo fianco c’era stato Jack, come un’ombra costante, che non lo aveva mai lasciato solo, si sentiva solo al mondo, sapeva di dover reagire, che era ciò che suo padre gli aveva insegnato, ma poteva concedersi un paio di giorni di lutto, no? A tutti era concesso di elaborare prima il lutto e poi agire di conseguenza, giusto? Aveva dovuto avvolgere suo padre in un lenzuolo bianco e metterlo su una pira, da lì a pochi minuti avrebbe dovuto dargli fuoco, quindi se si chiudeva in se stesso per un po’, non succedeva nulla, no?
Ora tutto ciò che gli rimaneva dei suoi genitori erano una spada angelica e un’auto, fantastico, no?
«Dovresti dire qualcosa» gli suggerì l’amico. Tutti i cacciatori accorsi per il funerale erano già radunati intorno alla pira, stupiti dal fatto che Dean Winchester, il cacciatore che aveva sconfitto la morte più di una volta, ora non ci fosse più, sembrava surreale, eppure era dannatamente vero.
Nate annuì, e fece un passo avanti: «Salve» disse schiarendosi la voce «Sono Nathaniel Winchester e Dean è mio padre» disse sicuro, guardando i cacciatori «Lui è la mia guida e il mio mentore, lo è sempre stato, e lo sarà sempre» disse mordendosi le labbra «Addio papà» sussurrò.
«Dean è stato come un padre per me» intervenne Jack «Anche se all’inizio mi odiava, alla fine mi ha accolto e mi ha trattato come un suo pari. Mi ha insegnato tanto, e gliene sarò grato in eterno» disse il nephilim «Addio Dean, magari insegnerai a quegli idioti degli angeli ad ascoltare musica decente».
Nate trattenne una risatina, e ringraziò l’amico per aver sdrammatizzato in quel modo ed aver alleggerito l’aria intorno.
«Dean Winchester mi ha salvato la vita» intervenne una cacciatrice «Se non fosse stato per lui, un Rugaru mi avrebbe uccisa» disse «Gli sarò sempre grata di avermi salvato ed avermi permesso di farmi una vita migliore».
«Io lo conoscevo bene» disse un cacciatore anziano «Era un grande, ho sentito che ha fermato l’Oscurità da solo».
Nate si guardò intorno commosso, ogni cacciatore accorso, aveva qualcosa di bello da dire su suo padre, qualcosa di eroico che aveva fatto, qualcuno conosceva anche aneddoti imbarazzanti su di lui – non quanti ne avrebbe potuti raccontare lo zio Sam – e non si sarebbe mai aspettato un risvolto così. Fu grato che con lui ci fosse Jack, senza di lui non sarebbe sopravvissuto a tutti quei cacciatori. Se solo avessero sospettato della sua natura e di quella dell’amico, avrebbero provato ad ucciderli all’istante. Dopo un brindisi in suo onore, sulle note di Eye of the tiger, Nate e Jack diedero fuoco alla pira di Dean, e lì, davanti a cacciatori e mietitori – i cacciatori non potevano vederli, ma i due nephilm sì – il corpo di uno dei cacciatori più famosi dell’America prendeva fuoco.
«Puoi concederti di piangere, lo sai?» sussurrò Jack al suo orecchio «Quando è morto Castiel, e non sono riuscito a riportarlo in vita, io l’ho fatto, poi sono stato meglio» suggerì.
«I Winchester non piangono mai» rispose serio il giovane, abbassando lo sguardo. Il funerale durò qualche ora, poi quando il fuoco iniziò ad abbassarsi e i cacciatori ad andare via, Nate iniziò a sentirsi libero di piangere la morte di suo padre. Quando fu totalmente solo, Jack era tornato nel bunker, si sedette vicino alla pira quasi spenta di suo padre e lasciò via libera alle lacrime.
«Perché mi hai lasciato? Non so cosa fare ora, papà» singhiozzò «Ti prego, non… non...» non riuscì a continuare a parlare, i singhiozzi erano più forti. Nate era distrutto dal dolore, la perdita di suo padre era un colpo troppo grande per lui. Sapeva che sarebbe successo, ma non credeva così presto, non così all’improvviso. Restò seduto lì per ore, a piangere, a sfogare il dolore crescente che sentiva dentro. Improvvisamente, sentì un vento percorrere la sua schiena, e sentì come una presenza, posargli una mano sulla spalla.
«Papà?» domandò voltandosi immediatamente, credendo fosse lo spirito del padre, che si era legato a qualcosa, aveva tenuto la sua pistola, il taccuino di suo nonno e altre cose a cui Dean era stato sicuramente legato.
«No» rispose Jack con tono mesto e triste «Sono solo io, ti ho portato una bottiglia d’acqua e un sandwich, sei qui da ore» disse piano.
«Grazie» mormorò, prendendo ciò che l’amico gli aveva portato. Jack tornò indietro, mentre lui restò ancora lì, a contemplare il vuoto e a cercare di assimilare ciò che era appena accaduto. Aveva celebrato il funerale di suo padre, aveva detto addio all’uomo che lo aveva messo al mondo e lo aveva cresciuto, e tutto era così doloroso e ingiusto da essere quasi irreale. Quando calò la notte, però, poco prima che decidesse di alzarsi dal terriccio, quando ormai il fuoco era spento da ore, sentì una leggera pressione sulla fronte, e quasi gli parve di vedere gli spiriti dei suoi genitori salutarlo e allontanarsi l’uno vicino all’altro. Scosse la testa, e si disse che avesse respirato fin troppo monossido di carbonio. Un sorriso, però, gli tese le labbra, suo padre si era ricongiunto alla persona che aveva sempre amato, ed era in pace. Doveva solo accettarlo e affrontare la cosa da uomo, ma per il momento, preferiva crogiolarsi ancora un po’ nel dolore.
 
Un mese dopo la morte di suo padre, Nathaniel aveva preso sul serio la missione da lui lasciatagli, doveva continuare gli affari di famiglia e affrontare il dolore da vero uomo, come un vero Winchester avrebbe fatto, come lui aveva fatto in passato, e insieme a Jack aveva iniziato ad occuparsi dei vari mostri che terrorizzavano il territorio americano, era intento a fare delle ricerche su un essere che smembrava le sue vittime e ne prendeva solo la milza, quando la sua attenzione fu catturata da una pagina dedicata alle creature che avevano il dono di poter viaggiare indietro ed avanti nel tempo. Era un’abilità degli angeli e degli arcangeli, una nota della pagina, diceva che, sebbene non vi fossero prove di ciò, anche i figli ibridi degli angeli, i nephilim, potevano avere quest’abilità, ereditata dai loro genitori. Immediatamente, si attivò, ignorò il caso che stava seguendo e iniziò a fare ricerche anche su internet, poi ne avrebbe parlato con Jack, se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo, avrebbe potuto rivedere Dean, Sam, avrebbe potuto incontrare entrambi i suoi genitori, e conoscere finalmente l’angelo che lo aveva generato, ma non solo, avrebbe potuto salvarlo e far in modo che suo padre non vivesse con il senso di colpa, immerso nel dolore e pieno di rimpianti, e forse lui sarebbe cresciuto con entrambi i genitori. Ormai aveva perso ogni cosa, non aveva nient’altro da perdere, cosa poteva andare storto? Fece tutte le ricerche che gli servivano, trovò tutte le informazioni necessarie e si informò su tutte le possibili complicazioni. Quando fu convinto di tutti i risultati delle sue ricerche, compiaciuto di se stesso, raggiunse Jack nella sua stanza.
«Ehi, Jack! Ho delle novità pazzesche!» esclamò.
«Fantastico! Hai capito con cosa abbiamo a che fare?» domandò l’amico «Come si uccide la creatura?» chiese ancora «Quando partiamo per farla fuori?»
«Cosa? No, ascolta, hai mai sentito parlare dei viaggi nel tempo?» chiese a sua volta Nate, cambiando discorso.
«C’è una serie tv su questo, vero?» chiese confuso l’altro guardandolo come se stesse delirando.
«Ho letto in un libro che gli angeli, gli arcangeli e forse anche i nephilim possono viaggiare nel tempo!» esclamò il minore, con un enorme sorriso sulle labbra, sorprendendo l’amico.
«Continuo a non seguirti, Nate».
«Non capisci?» chiese retoricamente, l’altro scosse la testa «Posso tornare indietro nel tempo e rivedere mio padre, o entrambi i miei genitori! Posso fare in modo che siano felici, posso salvare mio padre!»
«Nathaniel, stai delirando, okay? Anche se si potesse viaggiare indietro nel tempo, non puoi, altereresti il corso naturale degli eventi, e tu non esisteresti più!» esclamò.
«Non se arrivo prima della mia nascita e non incontro me stesso» disse il giovane «Ho letto tutto a riguardo! Ci ho lavorato tutto il giorno, sono certo che con il tuo aiuto…»
«Nate, non ti aiuterò in questa follia» disse seriamente Jack, scuotendo la testa «Sei ancora sconvolto per la morte di Dean, e lo capisco, ma devi riuscire a tornare in te, okay?»
«Jack, ti prego… tu hai riportato in vita Castiel, per poterlo conoscere…io non posso riportare in vita nessuno, ma ho bisogno di mio padre» disse supplichevole «Ti prego, aiutami, non ho niente da perdere, e se poi riuscissi a salvare Castiel, sarà un vantaggio anche per te, no?» domandò retoricamente «Pensaci, non saresti costretto a dover accettare Lucifer come tuo padre e recarti da lui ogni volta che ti chiama, potresti continuare ad avere Castiel come punto di riferimento, no?» incalzò, cercando di convincerlo «Pensaci, Jack!»
L’altro restò perplesso ancora qualche istante, poi diede segni di cedimento, la possibilità di salvare Castiel, Dean, Sam e tutti gli altri era allettante, ma come Castiel gli aveva insegnato anni addietro ogni azione aveva una conseguenza, che poteva avere ripercussioni anche a livelli cosmici. Cosa avrebbe fatto Dean? Sicuramente tutto il necessario per salvare la famiglia, e di certo lui non avrebbe rifiutato di aiutare Sam, se gli avesse chiesto aiuto. In fondo, fin da quando Nate era nato, lui lo aveva visto come il suo fratellino minore, colui che lo aveva fatto sentire meno solo, qualcuno con cui condividere la natura di nephilim. Ci pensò davvero bene, e guardò l’amico con un sorriso convinto.
«Va bene» cedette infatti «Facciamo questa pazzia da dove iniziamo?»
Nate sorrise compiaciuto, e mostrò a Jack tutto ciò che aveva trovato sul viaggio nel tempo, e subito iniziarono a lavorare su come poter mettere in pratica il piano del più piccolo. Non era facile, nessuno dei due era realmente consapevole se si potesse fare, non esistevano molti nephilim – e la maggior parte erano stati uccisi da angeli, perché considerati aberrazioni, o dai cacciatori perché considerati una minaccia – e sia lui che Jack non sapevano se avessero o meno la capacità di viaggiare nel tempo.
Le loro ricerche si protrassero per giorni, ma su nessun libro c’era scritto come poter scoprire il potere di viaggiare nel tempo, e dovettero giungere alla conclusione che non avessero mezzi per poterlo fare da soli; fu così che Jack propose di cercare altrove, magari esisteva un qualche incantesimo che potesse aiutarli nel loro intento. Così i due nephilim decisero di contattare Rowena, la strega immortale che in passato aveva aiutato innumerevoli volte i Winchester. Nate non la conosceva, ma Jack aveva già avuto a che fare con lei in passato, soprattutto quando cacciava al fianco di Sam e Dean. Iniziarono quasi subito le ricerche su di lei, per capire dove si trovasse, era quasi impossibile trovarla, lei era brava a nascondere le sue tracce e a sparire nel nulla; tuttavia i due giovani avevano imparato dai migliori sul campo, e in meno di una settimana avevano trovato tracce della strega a Denver, nel Colorado. Così, un paio di giorni dopo si misero in viaggio verso la città in cui la donna risiedeva e seguirono tutte le informazioni che avevano trovato. Trovare la sua abituazione non fu difficile, i due cacciatori iniziarono a pensare che lei stesse facilitando loro le cose, e ne ebbero la conferma quando, dopo aver bussato alla porta della sua dimora, lei aprì loro la porta sfoggiando un enorme sorriso compiaciuto, come se si aspettasse di trovare proprio loro sul suo portico.
«Credevo che con la dipartita dei Winchester anziani, nessun altro Winchester sarebbe venuto a disturbarmi e invece…»
«Ciao Rowena» la salutò Jack cordialmente sorridendo «Abbiamo bisogno del tuo aiuto».
«Lo so, uccellini, vi ho lanciato le briciole per farmi trovare» disse permettendo ai due di entrare, poi lo sguardo della donna si soffermò su Nate «Però, non sapevo che fossi così identico all’angelo, l’ultima volta che ho avuto a che fare con tuo padre eri ancora un marmocchio di pochi mesi» affermò guardandolo «Come posso aiutarti?»
«Già… me lo diceva anche mio padre» disse con aria mesta «Comunque, voglio tornare indietro nel tempo per salvare i miei genitori» spiegò il giovane nephilim «Ci aiuterai?»
«Il viaggio nel tempo è una cosa complicata, sei sicuro di volerlo fare?» chiese.
«Sì» rispose risoluto, prendendo dalla sua sacca tutto il materiale che aveva trovato sui viaggi nel tempo «Se riuscissi a farlo, e arrivassi prima della mia nascita, eviterei possibili paradossi, e potrei salvare Castiel» spiegò alla strega, che ora lo guardava interessata alla cosa; tutti sapevano che alla strega piaceva poter superare i propri limiti e accettava qualunque sfida le venisse proposta.
«Penso di poterti aiutare, giovane Winchester» affermò «Ma devo avvisarti su una cosa» gli disse con serietà «I viaggi nel tempo sono una cosa complicata, se ne compi uno, è inevitabile che la storia come la conosci potrà essere cambiata» continuò «E alcune conseguenze di essi sono inevitabili, sei pronto ad accoglierne i rischi?»
«Sì».
«Allora prendo il libro degli incantesimi» concedette la donna, li fece accomodare su un enorme divano rosso, prima di sparire dietro una porta, lasciandosi dietro un Jack confuso e un Nate perplesso. Non capiva cosa avesse voluto dire la strega, ma capiva che qualcosa al suo ritorno a casa sarebbe cambiato, in meglio; era consapevole che non sarebbe stato facile, ma doveva almeno provare a fare qualcosa, continuare a vivere sapendo di aver potuto fare qualcosa e non averlo fatto, lo avrebbe fatto vivere peggio. Sapeva di dover stare attento a non rivelare troppo di quello che sapeva, ma il desiderio di rivedere suo padre e di conoscere quel padre che non aveva mai conosciuto e di cui aveva tanto sentito parlare, era più forte di qualunque enorme conseguenza cosmica che avesse seguito il suo viaggio nel tempo.
«Ehi Jack» lo chiamò a bassa voce «Se dovessi riuscirci… come credi che dovrei comportarmi con lui? Com’era Castiel? Tu lo hai conosciuto, hai qualche cosa da suggerirmi?»
«Beh, Castiel era fenomenale, ha vegliato su di me prima che nascessi e mi ha accudito come se fossi stato suo figlio, era fantastico, sii solo te stesso, vedrai che andrà tutto bene» sorrise, Nate vedeva dai suoi occhi quando anche a Jack mancasse l’angelo, e quello fu un incentivo a motivarlo a compiere il suo viaggio.
Quando Rowena tornò con il libro degli incantesimi, Nate era più che certo della sua scelta, e senza alcuna esitazione, aiutò la strega a cercare l’incantesimo per viaggiare nel tempo; poi l’aiutò a radunare gli ingredienti per l’incantesimo e la supportò in ogni passaggio, tagliandole le erbe, miscelando polveri e altre cose simili; impiegarono tre giorni per trovare e preparare ogni cosa, ogni giorno che passava, Nate era sempre più convinto di ciò che stava facendo, fu allo scadere del terzo giorno, quando ormai tutto era pronto, che un piccolo dubbio si fece strada nella sua mente, e la sua sicurezza vacillò per un istante, così si avvicinò all’amico.
«Ehi Jack» mormorò, l’altro alzò lo sguardo su di lui perplesso «Mi chiedevo una cosa».
«Dimmi»
«So che questo viaggio cambierà molte cose, e molte cose non saranno più le stesse, ma…» balbettò, timoroso «Ma mi chiedevo, se… c’è qualche eventualità che in un altro futuro, tu possa odiarmi invece di essere mio amico?»
«Ehi, ehi» lo bloccò subito scuotendo la testa «Tu non sei mio amico, tu sei mio fratello, okay? E in nessun modo le cose tra di noi cambieranno» promise «Siamo una famiglia e nessun viaggio nel tempo può sciogliere una famiglia».
«Grazie, Jack» lo ringraziò abbracciandolo, l’altro nephilim fece lo stesso e lo strinse forte, aveva davvero bisogno di sentirsi dire una cosa del genere dal suo migliore amico barra fratello maggiore «Cazzo, sembravi mio padre» rise. Jack lo seguì nella risata e gli diede una pacca sulla spalla.
«Suppongo di aver passato troppo tempo con lui» scherzò «Ti ho mai detto che quando sono nato tendevo ad imitarlo?» raccontò scuotendo la testa «Volevo fare così bella impressione su di lui che sembrava odiarmi che lo presi come modello» spiegò sorridendo. Già, Jack gli aveva raccontato un sacco di volte, che quando era nato, Dean per i primi giorni, fino a che lui non aveva riportato in vita Castiel, lo aveva trattato peggio di un estraneo, lo aveva odiato perché lo vedeva come una minaccia, come un pericolo per l’umanità, solo perché era il figlio di Lucifer.
«Non era meglio lo zio Sam come modello?» chiese divertito Nate.
«Oh certo, lo era eccome. Ma avevo solo pochi giorni, ed ero praticamente nel corpo di un adolescente!»
Stavano ancora parlando tra di loro, quando la voce di Rowena li interruppe.
«Ehi piccioncini, l’incantesimo è pronto» annunciò la strega comparendo sulla soglia della porta «Sei pronto?»
Nathaniel annuì e dopo un altro rapido abbraccio con Jack, raggiunse la strega, la quale gli spiegò che sarebbe tornato indietro a prima della sua nascita, e che avrebbe avuto fino a poco prima di essa per mettere a posto ogni cosa e tornare indietro al suo tempo. Gli diede il sacchetto con il contro incantesimo e poi lo fece mettere al centro di un cerchio disegnato con il carbone e sparse le polveri delle erbe che avevano tritato poco prima, e infine iniziò a recitare l’incantesimo. Nate iniziò a sentire che qualcosa stava cambiando quando intorno a lui iniziò a crearsi un vortice di energia, esso cominciò a ruotare velocemente, avvicinandosi a lui, ad un certo punto lo travolse come un fiume in piena; non ebbe paura, era abbastanza coraggioso da saper affrontare una cosa del genere, ma ciò non gli impedì di stringere la mano attorno all’elsa della spada angelica per farsi coraggio; tutto intorno a lui cominciò a vorticare violentemente, ogni cosa si dissolse nell’aria e lui si sentì letteralmente trascinare via da una forza estranea, ancestrale, che lo sollevò in aria, si sentì sballottolato da un posto all’altro, con forza, furia e quasi sentì l’aria nei polmoni mancare. Non provava dolore fisico, ma si sentiva davvero confuso e travolto, e tutto continuò a girare intorno a lui per minuti interi.
Tutto durò pochi minuti, e così com’era iniziato cessò, il vortice di diradò, ma quello fu talmente intenso da fargli perdere i sensi.

____________

Hola people!
I'm back! Vi sono mancata? Spero di sì, perché come avevo promesso, siamo nel 2018 e sono tornata! Beccatevi questa mini-long, che originariamente doveva essere una one shot, ma è venuta fuori di quasi 20 pagine/ventimila parole, ed era davvero troppo da pubblicare insieme, visto che mancano ancora le battute finali da scrivere, così l'ho trasformata in una mini-long che non dovrebbe essere più di quattro o cinque capitoli. Non so proprio scrivere poco. Anyway, so che mi odiate, ma nessun Dean è stao trattato male, giurin giurello! E comunque, è solo un futuro alternativo, che Nate provvederà a sistemare. E' la prima volta che scrivo usando prima un nuovo personaggio, che ne pensate? Vi piace Nathaniel? Riuscirà a salvare Cas e ad aiutare Dean ad essere felice? Lo scoprirete nelle prossime puntate! 
Adesso vi saluto, e ci becchiamo la settimana prossima, sabato o domenica. 
Grazie in anticipo a chi leggerà! 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte II. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi, anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!

_____________

Anno 2018

Nate si risvegliò all’interno di un capanno abbandonato, si sentiva leggermente stordito e spossato, ma era convinto che l’incantesimo avesse funzionato. Si guardò intorno con aria circospetta, il capanno era mezzo distrutto, c’erano dei simboli di protezione dipinti su tutte le pareti e altri segni, probabilmente qualche cacciatore era stato lì, o esso era stato proprietà di uno di loro, tuttavia sembrava abbandonato da anni, ed era sicuramente vuoto; si alzò in piedi e portò una mano alla tasca posteriore dei pantaloni, accertandosi di avere la sua pistola lì e poi tastò le tasche interne della giacca, dove nascondeva sempre la lama angelica di suo padre, e tirò un sospiro di sollievo, rendendosi conto che le sue armi avessero viaggiato nel tempo con lui; poi sentì il rumore di un pezzo di carta contro le dita. Era nel taschino interno della giacca, ed era certo di non aver avuto alcun pezzo di carta con sé. Lo prese tra le dita e dopo averlo studiato circospetto, si rese conto che era solamente un biglietto, quasi sicuramente era da parte di Jack, era ripiegato con cura, probabilmente lo aveva nascosto nella sua giacca, prima che lui la indossasse, lo aprì e immediatamente lo lesse: “Nate, se arriverai davvero nel 2018, volevo darti alcune dritte su Dean e Castiel, come sai si trovano al bunker, ma attento a non farti ammazzare da Dean, che non è molto avvezzo alle novità, e Castiel… beh, ti sembrerà un po’ impassibile, ma è normale, stai tranquillo e sii te stesso. Buona fortuna, fratello – Jack”. Era tipico di Jack, lasciargli messaggi per indirizzarlo nella direzione giusta, lo faceva spesso, soprattutto quando Nate partiva senza di lui o si gettava alla caccia di qualche mostro in completo stile Winchester; lo ringraziò mentalmente per la dritta e si diresse all’uscita del capanno. Sapeva di dover usare i suoi poteri per spostarsi, altrimenti non sarebbe mai arrivato al bunker dei letterati, non era difficile, con Jack lo aveva fatto infinite volte, ma non era molto abituato a farlo, perché preferiva spostarsi con la vecchia Impala di suo padre – e poi l’uomo si era fatto promettere, quando gli aveva consegnato l’auto, che avrebbe usato i suoi poteri solo nel caso in cui fosse stato strettamente necessario, perché temeva che i cacciatori potessero accorgersi dei suoi poteri e prenderlo di mira – a Nathaniel comunque, come a suo padre, piaceva guidare e lo preferiva al teletrasporto; e poi c’era la storia della sua famiglia impressa in quell’auto, per lui era un onore guidarla e prendersene cura, come suo padre alla sua età aveva fatto. Appena fuori dal capanno, si concentrò sulla città in cui voleva arrivare, e sulle persone che voleva raggiungere, poi semplicemente svanì in un frullio d’ali – doveva riconoscere di essere davvero migliorato con il teletrasporto – atterrando esattamente in mezzo a due uomini con un piccolo sbuffo. Sbatté le palpebre incredulo, prima di rendersi conto di aver fatto un piccolo errore di calcolo, era talmente elevato il desiderio di incontrare i suoi genitori, che si era concentrato troppo su di loro, e meno sul luogo dell’atterraggio, ed era finito direttamente in mezzo a loro durante una discussione all’apparenza importante; se ne rese conto quando si ritrovò davanti a loro due che lo guardavano con gli occhi spalancati.
«Chi diavolo sei tu?» domandò una voce imperiosa e adirata.
«Io… ehm, salve! Io… io sono Nate!» esclamò, deglutendo, riconoscendo la voce di suo padre Dean, quando era all’erta e minacciava di morte qualunque cosa si frapponesse fra lui e la sicurezza della sua famiglia. Restò qualche istante perplesso, voleva avvicinarsi a lui e abbracciarlo di nuovo, ma non poteva perché gli puntava una pistola contro.
«Salve» lo accolse un’altra voce, Nate deglutì non riconoscendo la voce, e si voltò verso l’altra persona in quella stanza, restò ad occhi spalancati davanti a quella figura in trench. Era esattamente come lo aveva descritto suo padre prima di morire, com’era raffigurato nelle foto e… wow, era incredibile trovarsi esattamente di fronte a lui. Sembrava davvero essere l’eroe coraggioso che aveva descritto suo padre, con quell’aria seria e piena di potenza, ma anche carica di gentilezza e buoni sentimenti. Si trovava di fronte al mito della sua infanzia, e probabilmente doveva avere un’espressione stranita davanti a quell’angelo, che lo guardava con le sopracciglia aggrottate e l’espressione confusa.
«Io…io non so… cosa…» balbettò Nate, poi di slancio si protese verso Castiel, lo raggiunge in un paio di falcate e lo abbracciò senza pensarci due volte «Ti ho trovato finalmente…» sussurrò emozionato. Non poteva credere ai suoi occhi, davanti a lui c’era davvero il padre che non aveva mai conosciuto, e non sapeva come sentirsi, provava una serie di emozioni contrastanti, ma tutte positive; era riuscito nel suo intento e non riusciva ad esserne più felice. L’altro restò impassibile, come Jack gli aveva annunciato , e lui, resosi conto della stronzata epocale e della grandissima brutta figura che aveva appena fatto, arretrò come scottato. Che diavolo stava facendo? Come gli era saltato in mente di fare una cosa così sconsiderata?
«Ci conosciamo?» chiese Castiel, studiando il suo volto «Hai un’aria familiare» osservò con serietà.
«Allontanati da lui» sibilò Dean alle sue spalle, sentì chiaramente un click che annunciava il colpo già caricato nella pistola di suo padre, e, conoscendolo, aveva già il dito sul grilletto «Chi sei?» chiese. Nate ebbe il buon senso di scostarsi dal corpo di Castiel e arretrare davvero molto lentamente – era abituato ad essere alleato di suo padre, e mai gli aveva puntato una pistola contro – con le mani alzate, per mostrargli segno di resa. Non aveva alcuna intenzione di combattere contro di loro, era lì solo per poter conoscere Castiel e salvare il futuro della sua famiglia.
«Io… mi chiamo Nate» si presentò, la sua voce tremava, non per paura, ma per l’emozione di essere a pochi metri da entrambi i suoi genitori, anche se uno di loro gli puntava una pistola; era emozionato perché era di fronte all’angelo che lo aveva messo al mondo, e al cacciatore che ammirava più al mondo. Aveva sempre solo immaginato come potesse essere suo padre da giovane, a piene forze, mentre combatteva il male con suo zio. Ora avrebbe potuto scoprirlo e forse aiutarlo in qualche modo.
«Assodato, e che cosa diavolo sei? Un demone?»
«No, Dean, non è un demone» intervenne Castiel, affiancando l’altro e appoggiandogli una mano sulla spalla, per fargli abbassare la pistola. Il cacciatore immediatamente rilassò i muscoli e abbassò l’arma, Nate però restò sull’attenti, non voleva rischiare di essere di nuovo faccia a faccia con quella pistola «È un nephilim» aggiunse poi. Dannazione, aveva dimenticato che gli angeli potevano riconoscere i mezzi angeli anche a distanza di mille miglia.
«Cosa? Credevo non esistessero i nephilim, a parte Jack!» esclamò il cacciatore.
«Esistono Dean, ma non sono molti, inoltre si nascondono, perché gli angeli li considerano abomini e li ucciderebbero immediatamente» spiegò con calma «Dovresti prestare più attenzione alle cose che ti spiego».
Dean roteò gli occhi all’indietro – tipico di quando sentiva cose che non aveva voglia di ascoltare – e a Nate scappò un sorriso dolce, non aveva mai visto i suoi interagire, ma Jack gli aveva detto molte volte che fossero imbarazzanti a livelli astronomici, qualcosa del genere lo aveva sentito dire anche dallo zio Sam, e non vedeva l’ora di assistere anche lui a questi assurdi e imbarazzanti momenti.
«E cosa diavolo vuole un nephilim da te?»
«Lo scopriremo, se non cerchi di ucciderlo, giusto?» chiese retoricamente l’angelo.
«Okay» sbuffò il cacciatore, senza prestare attenzione all’intruso, poi si voltò verso di lui «Cosa diavolo vuoi?»
Nate sussultò, non si era accorto che l’attenzione di suo padre, adesso era rivolta a lui: «Io, ehm… volevo, insomma, conoscere Castiel» disse piano «Mio padre mi ha parlato di lui, e… ho fatto un lungo viaggio per poterlo… incontrare» balbettò in risposta, e non ebbe nemmeno bisogno di mentire, erano vere le sue parole.
«Hai bisogno di aiuto?» chiese immediatamente l’angelo, guardandolo.
«Io… no, davvero, sono qui solo per poterti conoscere» si morse nervosamente le labbra «Se… è un disturbo, andrò via immediatamente» aggiunse, con tono mesto.
«Giuro che se hai cattive intenzioni, ti pianto un proiettile nel cervello, mezzo angelo» sibilò Dean minaccioso.
«Dean, smettila» intervenne Castiel esasperato «Sento il suo potere, se avesse voluto, avrebbe spazzato via te in un attimo, e forse anche me. Sei molto potente, posso sapere chi è l’angelo che ti ha messo al mondo?» chiese.
«Non credo… di potertelo dire» mormorò abbassando il capo «Mi dispiace. Posso dirti solo che mi chiamo Nate, e non ho cattive intenzioni» disse con serietà «Lo giuro, non ho nessuna cattiva intenzione».
«Ma sei armato» osservò l’angelo.
«Mio padre mi ha insegnato che bisogna essere preparati a tutto» disse piano «Ma non userò le mie armi contro di voi» continuò, poi estrasse entrambe le sue armi e le posò per terra, davanti ai suoi piedi «Ho solo un pugnale angelico e una pistola, e non le userò, mi servivano solo per il viaggio fin qui» spiegò.
«Tuo padre sì che è intelligente» commentò sarcasticamente Dean «E dimmi non ti ha avvisato di non materializzarti davanti a degli sconosciuti armati? Potevamo ucciderti immediatamente» commentò ancora. Castiel gli lanciò un’occhiata tagliente, e lui ebbe il buon senso di zittirsi. Wow, era così facile farlo tacere? Nemmeno Sam riusciva a farlo stare zitto in quel modo con una sola occhiata, eppure era suo fratello. Nate avrebbe voluto dirgli che si trovasse proprio di fronte ai suoi genitori, ed era per questo che non aveva avuto troppo controllo sul teletrasporto, ma avrebbe sicuramente incasinato il tempo, se avesse rivelato di essere chi era. Restare in silenzio gli sembrò la scelta più sensata da prendere in quel momento, perché non voleva inimicarsi Dean fin da subito. Le novità per lui erano sempre segno negativo e impiegava davvero molto tempo a capire se si potesse fidare o meno di qualcuno. Doveva andarci piano con lui; doveva ricordarsi che era un cacciatore esperto, il quale non esitava a sparare per proteggere i propri cari.
«Sei molto sincero, eppure noi siamo due sconosciuti» disse l’angelo al nephilim, continuando a studiarlo.
«Non per me» disse con troppa sincerità, santo cielo, era davanti ai suoi genitori, sì, Castiel non lo aveva mai conosciuto, ma accanto a lui c’era Dean, colui che da solo, lo aveva cresciuto in un mondo di mostri, streghe, e demoni. L’angelo aggrottò di nuovo la fronte, senza capire le parole del giovane nephilim «Cioè, mio padre mi ha parlato di voi, e… so che posso fidarmi. Mi sembra di conoscervi, per via dei suoi racconti» si sbrigò ad aggiungere.
Dean assottigliò lo sguardo, ancora sospettoso: «Chi è tuo padre? Un cacciatore?»
«Sì» rispose immediatamente, guardandolo, sei tu mio padre, santo cielo.
«Continui ad avere un’aria familiare» commentò l’angelo, poi il suo sguardo si posò su Dean, e dopo di nuovo su Nate, poi scosse la testa e raggiunse la stanza centrale del bunker «Seguimi, vedrò che posso fare per te» concluse.
Hai già fatto tanto, papà – pensò il giovane con il sorriso commosso sulle labbra, seguendo l’angelo in quella stanza, fu a sua volta seguito da Dean, che non gli staccava gli occhi di dosso e si interrogava sul perché fosse riuscito ad entrare, nonostante il bunker fosse protetto da qualsiasi essere sovrannaturale, a parte quelli di famiglia – la risposta era semplice, ma il cacciatore non poteva conoscerla, non ancora.
«Cas» lo fermò Dean raggiungendolo e appoggiandogli una mano sulla spalla «Non sappiamo chi è» disse abbassando il tono di voce per non farsi sentire da Nate, ignaro che lo sentisse lo stesso «Non sappiamo se possiamo fidarci, non puoi invitarlo a restare e basta, senza almeno farti dire chi è» disse a denti stretti. Solo in quel momento, Nathaniel si accorse che non aveva mai mollato la pistola – era attendibile, conoscendo suo padre, sapeva che non gli avrebbe mai concesso tanta fiducia immediatamente, riconosceva di aver sbagliato anche lui ad atterrare lì, improvvisamente, nel bel mezzo di una discussione, ma si era lasciato travolgere dalla curiosità e dal desiderio di conoscere l’angelo, da non aver dosato bene i poteri e da non aver controllato dove sarebbe atterrato.
«Sento che ci possiamo fidare» obiettò l’angelo, contrariato «Guardalo, è solo un ragazzo, e poi il bunker gli ha permesso di entrare, quindi non è una minaccia» osservò con ovvietà «E poi sento di essere legato a questo giovane».
Non puoi immaginare nemmeno quanto, papà – pensò il giovane con un piccolo e impercettibile sorriso sulle labbra.
«Ne sei sicuro? Mi fido del tuo giudizio, Cas, lo sai, ma… sei sicuro che possiamo fidarci?» domandò ancora «Non puoi fare uno dei tuoi abracadabra angelici e scoprire chi è?»
«Ascolta, se si rivela una minaccia, me ne occuperò io. Ma per il momento voglio capire cosa vuole. Se è arrivato qui, vuol dire che ha bisogno di noi, in qualche modo» spiegò lentamente, guardando l’uomo; wow, era così saggio, avrebbe davvero voluto averlo come guida per imparare ad usare al meglio i suoi poteri, e poi, come diavolo riusciva a rendere suo padre così calmo? Incredibile. Bastava un tocco, una parola di Castiel e suo padre mutava atteggiamento, com’era possibile? «Vuoi accomodarti, Nate?» chiese l’angelo, rivolgendosi al giovane, indicando una sedia vuota.
«Grazie» rispose annuendo e sedendosi sulla sedia indicatagli, si guardò intorno e si rese conto che, nel suo tempo, il bunker non fosse cambiato di una virgola rispetto a com’era nel passato, era sempre la stessa casa polverosa e piena di libri in cui era cresciuto. Non vedeva l’ora di rivedere Sam e anche Jack, quello doveva essere il periodo in cui si era appena unito al team dei Winchester, rinnegando la sua natura di figlio del diavolo.
«Cosa posso fare per te?» chiese l’angelo, guardandolo, continuando a studiare il suo volto. Aveva qualcosa di familiare, ma non riusciva a capire bene cosa, eppure lui avrebbe dovuto capire con un solo sguardo quali fossero le sue origini, angeli, demoni, umani e perfino nephilim non avevano segreti per lui, eppure questo nephilim in particolare rappresentava un mistero. C’era qualcosa di familiare in lui, un’aura positiva, che lo spingeva a fidarsi di lui, nonostante apparentemente fosse uno sconosciuto. Doveva indagare di più.
«Non so nemmeno da dove iniziare» mormorò sinceramente il giovane. Aveva così tante domande da porgli, e voleva disperatamente farlo, ma non sapeva da dove iniziare, aveva fatto così tanta strada per raggiungerlo – viaggiare indietro di almeno 27 anni, non era una cosa davvero semplice da fare – e si ritrovava senza parole?
«Beh, inizia dal principio, parlami di te» suggerì l’angelo.
Nate annuì pensieroso, leggermente teso «Mi chiamo Nathaniel, ma gli amici mi chiamano Nate, ho ventisette anni e sono figlio di un angelo e di un cacciatore» spiegò brevemente, mentre suo padre annuiva convinto.
«E dimmi, cosa ti ha spinto a cercarmi?»
«Io… ecco» si morse le labbra «Mio padre, quello umano, mi ha parlato di te» disse piano «E, beh, mi ha detto che sei un angelo coraggioso e che… se volevo imparare a gestire al meglio i miei poteri, dovevo venire a cercare te» spiegò, cercando di sembrare convincente, non era esattamente la verità, ma non poteva dirgli ehi sono il tuo figlio mezzo angelo, che nascerà tra qualche mese, ma che non hai mai conosciuto perché sei morto prima della sua nascita – sarebbe stato strano, e avrebbe davvero fatto qualche guaio temporale. L’angelo assottigliò lo sguardo, non convinto delle sue parole e della sua storia, e da quello sguardo Nate capì che non gli stesse credendo. Okay, ora capiva perché suo padre si zittisse immediatamente davanti a quello sguardo, Castiel aveva il potere di far capire agli altri di essere in errore da un solo sguardo, terrificante. «Mi dispiace» si scusò immediatamente sospirando «È complicato, e… non so come spiegartelo senza che tu mi prenda per pazzo», l’angelo continuò a guardarlo in quel modo, tacendo, senza dire nulla «Un mese fa ho perso mio padre umano» raccontò il nephilim  «Non mi aveva mai parlato del mio padre angelico, se non per sommi capi, e poco prima di morire, mi ha raccontato tutto» continuò, stavolta l’angelo prestava attenzione, come se gli credesse «Mi sono messo sulle sue tracce, e il mio migliore amico, mi ha suggerito di cercare te. Ha detto che mi avresti potuto aiutare» disse ancora, stavolta aveva detto quasi tutta la verità e non sapeva come poter spiegare ancora il suo essere lì.
«Perché non lo hai detto subito? Dean avrebbe potuto spararti» disse leggermente divertito.
«Già, non credo avrebbe fatto effetto» ridacchiò, scuotendo la testa «I proiettili non possono ferirmi».
«Lo immaginavo, sei molto potente, lo posso sentire» osservò l’angelo con mezzo sorriso sul volto, certo che lo sono, sono tuo figlio! – pensò il mezzo angelo, sconcertato «Quindi vuoi trovare tuo padre? Cosa sai di lui?»
«Che è uno degli angeli più forti e coraggiosi del paradiso» rispose il ragazzo, guardandolo dritto negli occhi, Castiel ebbe un sussulto, come se avesse capito qualcosa, ma poi scosse subito la testa, non era possibile «Quello che so di lui, mi basta per capire che è un eroe, uno di quelli, sì, insomma, veri» disse in conclusione abbozzando un piccolo sorriso.
«Se è così “eroico”» obiettò l’angelo simulando le virgolette con le dita alla parola eroico «Perché ti ha abbandonato?»
«Non mi ha abbandonato» ribatté il giovane nephilim «Se avesse avuto un’altra scelta, sarebbe rimasto» precisò.
«D’accordo» concesse il moro. Nate non riusciva a smettere di guardare Castiel, non era diverso dalla foto che aveva nel portafogli, sembrava davvero un angelo dalla potenza superiore, un angelo che non aveva timore di niente, ma che dietro tutta quella potenza, nascondeva un’umanità che faceva invidia a quella degli umani, come gli aveva detto suo padre prima di morire «Idee su come rintracciarlo?» gli chiese allora «Hai già un piano?»
«Ho… qualche indizio» rispose restando vago «Ma nessuna prova fondata» ce l’ho proprio davanti ai miei occhi
Castiel stava per fargli un’altra domanda, ma il loro dialogo fu interrotto dalla porta principale del bunker che si apriva; Nate immediatamente alzò lo sguardo e un sorriso enorme gli spuntò sulle labbra, santo cielo! – c’erano suo zio e Jack, che erano appena rientrati da chi sapeva quale caso. Wow, lo zio è così giovane e in salute qui! – pensò sorridendo leggermente. Nate non gli diede il tempo di arrivare nella sala principale, si alzò istintivamente e corse verso Sam.
«Sam! Jack!» esclamò abbracciandoli immediatamente, come volevasi dimostrare, i due restarono davvero perplessi, e quando si allontanò da loro, lo guardarono in modo stranito, e il giovane si rese conto che anche loro non erano gli stessi del suo tempo e non potevano riconoscerlo, tuttavia vedere suo zio vivo e vegeto, così giovane, era stato quasi più emozionante di conoscere suo padre. Sam era stato il suo punto di riferimento, dopo Dean, era stato lì quando aveva imparato a camminare e il suo nome – un po’ storpiato – era stata la prima parola che aveva detto – e Jack gli aveva raccontato che Dean aveva dato di matto quando lo aveva detto.
«Ci conosciamo?» chiese Sam, con aria confusa e leggermente spaesata.
«Ehm, no, io…» balbettò il giovane scostandosi da lui «M-Mi dispiace, uhm…»
Jack inclinò la testa guardandolo fisso: «Sai che sembri la copia di Castiel?» chiese confuso, poi scosse la testa «Nah, hai troppe lentiggini» disse sorridendo, poi gli porse la mano «Io sono Jack, tu sei?»
«Nate, sono Nate» rispose afferrandogli la mano «E non ho legami di parentela con nessuno» mentì scuotendo la testa «Sono qui per trovare mio padre e ho chiesto aiuto a Castiel» spiegò rapidamente «Solo… mio padre mi parlava di voi in continuazione, e mi sembra di conoscervi benissimo» disse ancora, mentre Sam lo guardava con circospezione.
«Aspetta, vuoi farmi credere che stai cercando tuo padre, che è sparito?» chiese incredulo. Somigliava tanto ad una storia già sentita, anche se credibile e assolutamente plausibile.
«No, mio padre è morto» disse e si sentì un po’ male per averlo detto «Sto cercando l’altro padre, l’angelo».
«Sei figlio di un umano e di un angelo?» Nate annuì lentamente «Wow, due nephilim insieme, che gioia» commentò inacidito, raggiungendo Dean, lasciando Jack, Nate e Castiel, che si stava avvicinando a loro, da soli. Qualcosa non andava in suo zio, ma qualcosa non andava in generale, quella non era l’aria familiare in cui era cresciuto lui; per lui era tutto normale, essere lì con suo padre, suo zio e Jack, l’unica cosa diversa era Castiel, e proprio per questo doveva rendersi conto di non essere a casa sua, o meglio era a casa sua, ma non era ancora il suo tempo. E poi Jack, davvero, era lì di fronte a lui, ma era come guardare un estraneo, nei suoi occhi c’era ancora così tanta ingenuità, non era ancora il suo migliore amico, quello che gli aveva insegnato tutto sui poteri da metà angeli. E nemmeno suo zio Sam era lo stesso che lo aveva cresciuto, ma sapeva che non potessero essere gli stessi, soprattutto suo zio Sam, era così giovane rispetto a quello che conosceva lui, ma era stato così bello e travolgente rivederlo, che non aveva affatto pensato alle conseguenze, così come non lo aveva fatto con Dean, o con Castiel. Doveva imparare ad essere meno espansivo, come gli era stato insegnato fin dalla sua giovane età.
«Di quale angelo sei figlio?» chiese Jack «Mio padre è Castiel!» esclamò come se fosse una cosa naturale.
«Io non…» Nate lo guardò stranito «Non sei il figlio di Lucifer?» chiese, okay, conosceva Jack come le sue tasche, era il suo migliore amico, e gli aveva sempre detto di aver sempre visto in Castiel una figura paterna, perché il suo vero padre, Lucifer, non era un buon esempio di padre, ma non aveva creduto che si reputasse figlio di Castiel.
«Sì, biologicamente. Ma alla mia nascita ho scelto Castiel come guida e come padre, perché mia madre mi parlava bene di lui prima della mia nascita» spiegò con tranquillità «È stato così anche per te?» chiese. No, in realtà sono davvero suo figlio, ma non posso dirtelo, pensò. Wow, era così strano trovarsi a parlare in quel modo con Jack, mentre davanti a lui c’era proprio Castiel, suo padre e nella stanza accanto c’erano suo zio Sam e suo padre Dean. Era strano, ma in un certo senso bello, il suo viaggio stava iniziando ad acquisire senso.
«In un certo senso…» sorrise appena. Sarebbe stato davvero difficile salvare suo padre, ma non per questo si sarebbe arreso davanti alla prima difficoltà. Del resto, nephilim o meno, lui era il figlio di Dean Winchester, era un Winchester, e un Winchester non era il tipo da tirarsi indietro davanti a un piccolo intoppo. Doveva perseverare nel suo piano e portarlo a termine, prima della sua nascita. Doveva salvare Castiel e il suo futuro.
 
Fin dalla comparsa di Nate, Castiel non aveva avuto nessun dubbio, era una persona di cui si potevano fidare, aveva un’aura pura ed era abbastanza sincero, anche se non credeva fino in fondo a quella storia di voler cercare suo padre, non aveva fatto più cenno al desiderio di trovarlo. Aveva capito fin dal primo momento di potersi fidare di lui, perché gli sembrava di conoscerlo, di essere in qualche modo legato a lui, eppure non capiva ancora in che modo fossero legati, aveva intenzione di scoprirlo, perché era importante capire chi fosse questo nephilim e perché desiderasse incontrarlo, e perché fosse così desideroso di conoscerlo. Mentre Dean non capiva come mai Cas si fidasse tanto di quello sconosciuto, che era comparso così dal nulla, e si era messo alle calcagna dell’angelo, chiedendo di tutto riguardo lui, il suo passato, il suo rapporto con i Winchester, e davvero, sembrava nascondere qualcosa, non era lui ad essere paranoico come cacciatore; era un essere ibrido tra un angelo – di cui ancora non conoscevano l’identità – e un umano – del quale non sapevano assolutamente nulla – quindi su quali notizie vere Cas basava la fiducia che stava riponendo in quel giovane? E soprattutto, perché riusciva a coinvolgerlo? Pian piano si stava abituando alla sua presenza, un po’ grazie alle parole dell’angelo, un po’ perché quel ragazzo non sembrava tanto male, anzi sembrava un bravo ragazzo dopotutto e non sembrava essere una minaccia, visto che a quanto pareva voleva solo conoscere Cas.
Nate, fin dal suo arrivo, era stato l’ombra di Castiel. Aveva così tante domande da porgergli e così tante cose da sapere su di lui, che non riusciva a trattenersi; certo, si era mantenuto a distanza, aveva preso una camera di motel non troppo distante dal bunker, e si recava lì ogni giorno. Sembrava che pian piano anche gli altri avessero iniziato a fidarsi di lui, aveva dimostrato di non avere cattive intenzioni, anche se l’osso più duro da spezzare, era proprio suo padre Dean, che nonostante tutto, continuava ad avere reticenze nei suoi confronti. Però, nonostante tutto, ne era valsa la pena, Castiel era un angelo così singolare ed interessante, e lui non poteva credere davvero che quell’angelo fosse suo padre, e forse solo perché lo aveva idealizzato troppo durante la sua crescita, ma gli sembrava addirittura migliore di quello di cui gli avevano parlato sempre tutti. Conosceva così tante cose, ed era così saggio nelle cose che diceva o faceva, era la persona che si era aspettato di incontrare, ma era anche di più, e non poteva credere di aver conquistato la sua fiducia così facilmente; avrebbe potuto salvargli la vita, adesso ne aveva la certezza.
Quella mattina, decise di portare al bunker la colazione, e se c’era una cosa fondamentale che suo padre Dean gli aveva insegnato, era che una buona colazione era alla base di ogni cosa, e ovviamente non poteva mancare la crostata. Si smaterializzò in una pasticceria e scelse due crostate, una di ciliegie e una di mele, le preferite di suo padre, e dopo averle pagate, si smaterializzò in un bar, dove prese il caffè per tutti; poi si spostò al bunker, apparendo, come suo solito, in un momento in cui c’erano delle discussioni in corso. C’erano Dean, Jack, Castiel e Sam intorno al tavolo enorme al centro della sala principale, e sembravano discutere di cose importante.
«Nate! Sei arrivato in tempo!» esclamò Jack, invitandolo a sedersi accanto a lui «Dean e Castiel mi stavano raccontando di quando si sono conosciuti» esclamò il nephilim sorridendo. Wow, allora non era affatto un momento sbagliato, era il miglior momento in cui poter capitare.
«Ho portato la colazione!» annunciò il ragazzo, mostrando i suoi acquisti e appoggiandoli sul tavolo.
«Sbaglio o quella è crostata?» domandò Dean.
Nate annuì sorridendo, in fondo, non era poi tanto diverso dal Dean del suo tempo «Appena sfornata, ne vuoi una fetta?» chiese prendendo posto accanto a Jack, che guardava i due con attesa.
«Ehi, Sammy, hai visto che bravo ragazzo? Ha portato anche la crostata!» esclamò, afferrando i due vassoi con i dolci.
L’altro Winchester scosse la testa ridacchiando: «Meno male che qualche settimana fa volevi piantargli un proiettile in testa»» osservò, scuotendo la testa. Dean lo ignorò e iniziò a tagliare alcune fette di dolce.
«Come ti stavo dicendo» riprese Castiel, mentre i due cacciatori distribuivano le torte portate dal giovane «Io e Dean ci siamo conosciuti quando io l’ho salvato dall’inferno».
«Avevo fatto un patto con un demone degli incroci per salvare la vita di Sam» spiegò Dean, mordendo una fetta di crostata «Wow, è deliziosa!» esclamò poi «Comunque, ero finito all’inferno, e non credevo ne potessi uscire, sapete, non si resuscita tutti i giorni» scherzò, mentre l’angelo alzava gli occhi al cielo «E poi, improvvisamente ero fuori senza nemmeno un graffio, a parte questa cicatrice sulla spalla a forma di mano». Senza rendersene conto, Castiel appoggiò la mano esattamente sul punto in cui c’era quella cicatrice, e Nate li guardò quasi in trance, erano una coppia bellissima, anche se non lo sapevano ancora.
«E poi?» chiese Jack.
«Beh, volevo capire chi mi avesse tirato fuori da quel buco infernale, così facemmo una specie di seduta spiritica» spiegò il cacciatore, continuando a mangiare «Durante quella venne fuori il nome di Castiel, così io e Bobby ci recammo in un vecchio capannone abbandonato, e lì ho conosciuto Cas» raccontò.
«Mi sparasti addosso e provasti a piantarmi un pugnale nel cuore» precisò, leggermente piccato, l’angelo.
«Credevo fossi un demone, amico» ribatté il biondo, scuotendo la testa «E poi hai fatto lo spaccone con la storia dell’angelo del signore e delle ali enormi».
«Non mi credevi, dovevo mostrarti che ti dicevo la verità» disse con ovvietà l’angelo «Sei l’essere umano meno credente e più scettico che abbia mai conosciuto, Dean Winchester» disse guardandolo con intensità. Dean gli restituì uno sguardo simile, e si fissarono per interi secondi, che parvero ere geologiche e Nate restò con la crostata a mezz’aria.
«Ma fanno sempre così?» chiese in un sussurro a Jack, che come lui pendeva dalle loro labbra.
«Continuamente, Sam dice che a volte litigano come una coppia sposata da vent’anni» scherzò il nephilim, ridacchiando sotto voce «Inoltre a volte si fissano per così tanto tempo che sembrano dimenticare il resto del mondo» continuò, mentre l’angelo e il cacciatore, usciti dallo stato di trance in cui erano caduti, fissi l’uno nello sguardo dell’altro, continuavano a battibeccare sul loro primo incontro.
«Io ho rinunciato al paradiso per te» stava dicendo l’angelo «Ho tradito la mia specie per te, Dean, dovresti ricordarlo».
«In che senso?» chiese Nate.
«Beh, credo sia stato dopo esserci conosciuti, Dean doveva essere il tramite di Michael, mentre Sam di Lucifer, e inizialmente ero d’accordo con tutti gli altri angeli» raccontò Cas «Poi Dean mi disse alcune cose, mi fece dubitare delle idee che seguivo e mi aiutò a cambiare idea, perché tutti dovevano decidere cosa fare, e mi convinse con tutta la storia del libero arbitrio» spiegò «Poi ho scoperto che gli angeli volevano l’apocalisse per distruggere l’umanità, così mi sono schierato con Dean e Sam» continuò a spiegare, mentre il cacciatore lo guardava con intensità, quasi gli occhi avevano la forma di un cuore «E non mi sono mai pentito della mia scelta», disse guardando il cacciatore con il sorriso sulle labbra.
«Sì, è così che è nato, quello che noi chiamiamo il team free will, no?» domandò sorridendo il cacciatore, guardandolo; l’angelo annuì rivolgendo anche lui un sorriso al cacciatore «Alla fine, nonostante tutto, ci siamo sempre protetti le spalle a vicenda. Anche nei momenti peggiori».
«Sarò sempre al tuo fianco, Dean» confermò l’angelo, appoggiando di nuovo una mano sulla sua spalla, sembrava un gesto così intimo tra di loro, il solo sfiorarsi era una dichiarazione d’amore agli occhi del giovane nephilim che, per la prima volta in tanti anni, stava scoprendo la relazione tra i suoi genitori.
«E poi cosa è successo?» chiese Nate.
«Oh, un sacco di cose» commentò Dean «Dopo l’apocalisse, Cas ci ha traditi e si è proclamato nuovo dio, ha liberato i leviatani nel mondo, e quando li abbiamo sconfitti, noi due ci siamo trovati in purgatorio» spiegò brevemente Dean, guardando i due giovani «Siamo rimasti lì circa un anno, e quando abbiamo trovato il passaggio per tornare sulla terra, beh, Cas è rimasto lì perché voleva espiare le sue colpe o qualche stronzata hippie del genere».
«Non sono stronzate hippie, avevo fatto davvero cose molto sbagliate» disse l’angelo con il suo tono neutro «Una delle quali è stata tradire te» disse «Cioè, voi» precisò «Dovevo fare ammenda e il purgatorio era il posto giusto dove farlo».
«Non contava se io avevo bisogno di te, e ti imploravo di tornare?»
«Dean…» lo chiamò e il suo tono si spezzò nel pronunciare il suo nome.
«Lo so, lo so…» sospirò il cacciatore, guardandolo «Comunque, Cas era stato tirato fuori da un angelo pazzo e psicopatico, Naomi» raccontò «Gli aveva praticamente fatto il lavaggio del cervello».
«Aveva il completo controllo su di me, sulle mie azioni e mi aveva addestrato ad uccidere Dean» raccontò, Nate notò che la sua voce si fosse affievolita di nuovo «Quando ero sotto il suo controllo, ho ucciso centinaia… forse migliaia di versioni diverse di Dean» raccontò l’angelo, il dolore nel suo sguardo era evidente, soprattutto a Nate.
«Già, poi quando è arrivato il momento di uccidermi, non l’hai fatto» spiegò Dean, guardando in direzione di Cas.
«State ascoltando?» chiese Sam a bassa voce «Preparatevi a sentire una delle cose più assurde mai accadute».
I due nephilim annuirono, portando la loro attenzione sui protagonisti del racconto.
«Dean non lottò contro di me, accusò ogni colpo, beh non che avesse fatto differenza, se avesse lottato, ma sarebbe stato come durante le esercitazioni di Naomi» disse, il suo sguardo era rivolto al cacciatore «Poi mi ha guardato, io stavo per ucciderlo e… ha semplicemente detto che aveva bisogno di me, cioè, che loro avevano bisogno di me».
«Beh, è vero» intervenne Dean.
«In quel momento, si è interrotta la connessione con Naomi, e poi… sono ritornato in me» spiegò l’angelo, senza staccare lo sguardo da quello del cacciatore «Ancora non abbiamo capito cosa abbia effettivamente interrotto la connessione». Non era chiaro cosa avesse interrotto la connessione con il paradiso? Idioti.
«Cosa?» chiese Jack «Non lo sapete?»
«No, nessuna idea» rispose Dean «L’importante è che Cas è tornato in sé, ed è tornato da me, cioè da noi».
«No, scusate, non avete nessuna idea di cosa abbia interrotto la connessione?» chiese Nate «Siete seri? È così palese!»
«Io ve l’avevo detto» intervenne Sam «Sono anni che continuo a dire a questi due che c’è qualcosa di più».
«Ma dai, anche un cieco lo capirebbe!» esclamò Nate, sorpreso. Davvero i suoi genitori cercavano di nascondere così tanto i rispettivi sentimenti l’uno per l’altro, da non accorgersi che essi li avevano sempre guidati nel prendere le giuste decisioni? Wow, il potere dell’amore che li univa era potente a tal punto da interrompere quel terribile gioco mentale a cui l’angelo era stato sottoposto? Ma scherziamo?
«Scusate se lo chiedo» intervenne poi Nate di nuovo «Ma tra di voi le cose come sono andate? Cioè, vi siete subito fidati o…?» chiese, voleva sapere come fossero passati dal ti ho salvato dall’inferno a quello che aveva davanti.
«No! Come potevo fidarmi di un cazzone angelico?» chiese retoricamente Dean, quasi indignato.
«Dean, dovresti davvero imparare a moderare il linguaggio» sospirò l’angelo rassegnato «No, comunque, il nostro legame si è rafforzato con il tempo. All’inizio Dean non si fidava di me, o degli angeli in generale» raccontò «Poi abbiamo lottato fianco a fianco e… siamo diventati amici».
«A parte Sam, non c’è persona di cui mi fidi di più di Cas» disse Dean, stavolta con tono serio «Sul serio, è circa l’unico amico che ho e ormai è di famiglia» gli rivolse un sorriso che tutti i presenti poterono definire tenero «Ma non è stato facile». Nate sorrise, i suoi genitori avevano un rapporto meraviglioso, basato sull’amicizia e sulla reciproca fiducia, si vedeva anche lontano un miglio quanto si amassero, loro forse erano gli unici a non accorgersene.
«Ma non vi hanno raccontato di quando Cas ha rinunciato a un esercito di angeli per salvare la vita di Dean» disse Sam.
«Cosa? Davvero lo hai fatto?» chiese Jack.
«Sì, Dean era sotto l’influenza del marchio di Caino, non avrebbe ucciso nessuno se non fosse stato così» spiegò il moro, senza scostare lo sguardo da lui «Non potevo ucciderlo, sceglierò sempre lui… e Sam, ovviamente». Sia Jack, sia Nate, sia Sam alzarono lo sguardo al cielo, esasperati davanti a tanta negazione. Non era difficile ammettere di provare qualcosa no? Eppure, per quei due sembrava quasi un’impresa titanica «E non è stata l’unica volta in cui il marchio ha influito sulle sue azioni» raccontò l’angelo.
«Ah no?» chiese Jack, addentando un pezzo di crostata «E quando ha influito su di lui?»
«Dean aveva accettato il marchio per eliminare Abaddon, un demone davvero potente, e… era accecato dall’effetto distruttivo che il marchio aveva su di lui» raccontò ancora «Pensate che era così forte, il legame che c’era con quello che quando Metatron ha ucciso Dean-»
«Chi è Metatron?» chiese Nate, interrompendolo «E in che senso ha ucciso Dean?»
«Metatron è lo scriba di Dio» rispose Castiel, guardando il giovane.
«Metatron è uno stronzo, ecco chi è» intervenne Dean «Comunque mi aveva ucciso, ma il marchio mi riportò in vita, come demone» Nate spalancò gli occhi, nei vari racconti di cacce suo padre non aveva mai accennato al fatto che fosse stato un demone «Sam e Cas mi avevano guarito con un rituale a base di sangue umano, e per un po’ sono stato bene, ma poi… l’influenza del marchio iniziò a farsi sentire di nuovo… ed ero fuori controllo, e Cas cercò di fermarmi» spiegò, mentre l’angelo lo guardava dispiaciuto. Non voleva fargli ricordare quel periodo, era stato uno dei più bui della sua vita, e lui lo sapeva, visto che era stato accanto a lui.
«Provai a convincerlo di fermarsi, di accettare l’aiuto che io e Sam volevamo dargli, ma lui era accecato dal male. Non volle ascoltarmi. Sapevo che stavo per perderlo e non volevo che la sua bella anima si macchiasse ancora e iniziammo a lottare tra di noi, tuttavia non riuscii a reagire, nonostante il mio essere un angelo, perché non volevo colpirlo o fargli del male» il cuore gli si stringeva ogni volta che pensava a come era ridotto Dean quel giorno, e a come avesse reagito al suo volergli stare accanto per l’eternità, anche se lui fosse stato un demone.
«Ero così fuori di me, che… non so cosa mi spinse a fermarmi» disse «Cas alzò lo sguardo e appoggiò una mano sulla mia spalla, e mi disse solo per favore, piantai la lama angelica accanto a lui e andai via, senza guardarmi indietro» disse abbassando lo sguardo, colpevole. Nate spalancò gli occhi, stupefatto. Quindi, i suoi genitori erano stati posseduti da forze sovrumane, ed era bastata una parola o un gesto dell’uno o dell’altro per fermare la furia distruttiva? E loro continuavano a dire che tra di loro non ci fosse qualcosa in più? Oh andiamo, è assurdo!
«Avete un rapporto… interessante» commentò Nate, guardandoli ammirato. Sì, sapeva che loro non fossero la classica coppia, eppure era affascinato dal rapporto di totale fiducia che aveva Dean nei confronti di Castiel.
«Io e Dean condividiamo un legame profondo» disse l’angelo con tono quasi solenne «Va al di là di ciò che gli umani riescono a pensare e a concepire, per questo è difficile parlarne».
«Difficile parlarne?» intervenne Sam, spalancando gli occhi «Vogliamo parlare dell’inizio di quest’anno, quando eri peggio di una vedova che aveva appena seppellito il marito?» chiese. Dean arrossì imbarazzato, e scosse la testa borbottando un “Sei un idiota, taci Sam, non sai niente” «Giusto, quando è tornato, lo hai solo definito una grande vittoria» disse ripetendo le parole che lui aveva usato, quando ne avevano parlato. Dean non disse niente, né negò le parole del fratello. Non poteva negare, lo aveva detto davvero.
«Come dicevo» disse di nuovo Castiel «È  un legame che va oltre le semplici convinzioni umane».
«Già…» asserì Nate, pensieroso. Aveva visto suo padre soffrire per quel legame, perché aveva perso l’occasione di dire alla persona che amava i suoi reali sentimenti, non poteva permettere che accadesse di nuovo, non davanti ai suoi occhi, per questo «A me sembra facile invece, per me vi amate» aggiunse, lasciando sbigottiti sia Jack e Sam, sia Dean e Castiel. Lo guardarono tutti come se avesse detto l’eresia del secolo, e lui davvero non capiva cosa avesse detto di male, dopotutto, lui era lì, ed era, come dicevano gli umani, frutto del loro amore. Il silenzio scese in un lampo tra di loro.
«Mangia un po’ di torta, e non dire stronzate, Nate» disse Dean, passandogli una fetta di torta. Il nephilim ebbe il buon senso di tacere e accettare la torta, senza però capire perché per lui fosse così difficile ammettere di provare qualcosa per l’altro. Ma, in fondo, suo padre aveva ammesso di aver amato Castiel solo in punto di morte.

_______________________

Hola people!
Buona domenica! Finalmente sono riuscita ad aggiornare! Yuppi. Spero non ci siano errori, betando le storie da sola, pur rileggendo 5 volte, a volte qualche errore sfugge sempre! 
Nate ha trovato i suoi genitori, e finalmente ha conosciuto Cas. E niente, non so cosa dirvi, ma preparatevi al prossimo capitolo - piccolo spoiler - perché ci sarà una bella scena Destiel, stay tuned!
Vi ringrazio davvero per essere di nuovo qui a supportarmi e a sostenere le mie storie. Sono davvero molto contenta. Ringrazio tutti coloro abbiano speso un click per leggerla, coloro che l'hanno aggiunta tra le preferite e chi, senza stancarsi, recensisce sempre. Siete meravigliosi, sul serio.
Vi saluto, ci si becca sempre su questi canali la prossima settimana! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Parte III. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi (soprattutto da questo capitolo in poi), anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!

_____________


Partecipare alla vita quotidiana dei suoi genitori, era una cosa totalmente nuova per Nate, che cercava in tutti i modi di ritagliarsi un po’ di tempo con loro. Dean appariva così diverso dall’uomo che lo aveva cresciuto, aveva, sì, sempre quell’aria da persona che portava con sé il peso del mondo sulle spalle, colui che aveva perso troppo, ma era completamente diverso, forse perché Castiel era ancora vivo, o forse perché determinate cose del suo futuro non erano ancora accadute, o forse proprio perché non era ancora padre, ma per Nate era stato strano conoscere quella parte di lui. Era difficile però stare a contatto con loro, senza potergli rivelare nulla, avrebbe tanto voluto dire loro di essere loro figlio, che aveva viaggiato nel tempo per poterli salvare, ma sapeva che rivelare la sua vera identità avrebbe significato rischiare che i suoi genitori non lo mettessero al mondo; più di una volta aveva rischiato di rivolgersi a loro, ma soprattutto a Dean con l’appellativo papà, e trattenersi era stato davvero difficile, e forse proprio per questo motivo aveva bisogno di parlarne con qualcuno, aveva bisogno che qualcuno conoscesse la sua identità e credesse alle sue parole, e se non potevano essere le persone che lo avevano messo al mondo, allora si sarebbe rivolto alle uniche altre due persone di cui si fidava ciecamente, suo zio e Jack, di loro poteva fidarsi, e aveva bisogno d’aiuto, perché fin da quando era arrivato, aveva capito che qualcosa nel corso del tempo era cambiato, in quel periodo Dean e Castiel avrebbero dovuto essere più vicini, meno sul piede di guerra l’uno verso l’altro, e sapeva fosse solo colpa sua; l’angelo era protratto a fidarsi di lui senza ulteriori prove, mentre il cacciatore no, non vedeva di buon occhio il fatto che fosse arrivato improvvisamente e che fosse un mezzo angelo, era conscio che, in quanto cacciatore del paranormale, le sue reticenze nei suoi confronti erano giustificate, poiché non era completamente umano, ma aveva sperato dentro di sé che si sentisse legato a lui in qualche modo – come sorprendentemente era successo con l’angelo, con il quale paradossalmente Nate non aveva mai avuto alcun rapporto. E sapeva che se avessero continuato così, il suo viaggio sarebbe stato inutile, perché lui non sarebbe mai nato. Dean e Castiel litigavano di continuo, discutevano su cose stupide e non riuscivano a trovare un punto d’incontro; il nephilim da un lato si sentiva in colpa per aver causato una rottura tra di loro, ma dall’altro continuava a credere che valesse la pena aver fatto un viaggio del genere, perché aveva conosciuto Castiel, aveva scoperto tante cose sulla storia dei suoi genitori – aveva capito che nascondessero da anni i reciproci sentimenti l’uno per l’altro, per esempio – e così tante cose, che da solo non avrebbe mai potuto scoprire, restando nel suo tempo. Tuttavia, il giorno del suo concepimento si avvicinava, e i due non sembravano intenzionati ad avere alcun tipo di rapporto, che andasse fuori dal litigare di continuo; non sapeva come fosse andata la notte in cui era stato concepito, suo padre era stato molto vago su quello, ma sapeva che in qualche modo avrebbero dovuto smettere di litigare, e anche per questo motivo aveva deciso di coinvolgere lo zio e Jack, forse loro avrebbero potuto fare qualcosa a riguardo.
«Okay, so che può sembrarvi strano» aveva detto, quando li aveva visti arrivare, si erano incontrati non molto lontano dal bunker, Sam e Jack erano usciti per fare la spesa, e Nate li aveva raggiunti in volo per poter parlare con loro, senza i suoi genitori come spettatori «Ma vi prego, credetemi».
«Cosa devi dirci di così importante da raggiungerci qui, Nate?» chiese Sam.
«La verità» disse con un sospiro, poi alzò lo sguardo «Sono tuo nipote, zio Sam» disse, il cacciatore spalancò gli occhi «Mi chiamo Nathaniel Winchester, e sono il figlio di Dean e di Castiel» si affrettò ad aggiungere visto lo sbigottimento dello zio, liberandosi la coscienza da un enorme peso «Vengo dal futuro ovviamente, e sono venuto qui per salvare mio padre».
«Santo cielo, mi stai dicendo che Dean morirà?» chiese immediatamente Sam.
«No, non Dean, Castiel» rispose, mentre lo zio spalancava gli occhi «Nel futuro da cui vengo, Castiel è morto alla mia nascita, mio padre non mi aveva mai parlato di lui, se non sommariamente, almeno fino al giorno della sua morte» raccontò il giovane nephilim con il cuore che si stringeva nel petto «Mi ha raccontato che è morto per salvare me, e per questo non l’ho mai conosciuto. Quando, però mio padre Dean è morto per vecchiaia, desideravo solo rivederlo, e poter conoscere Castiel, così… ho fatto delle ricerche, speravo di poter salvare entrambi i miei genitori. E con l’aiuto di Rowena…»
«Rowena? Un momento, nel tuo futuro è ancora viva?» chiese.
«Oh certo, ed è anche in forma per essere una strega ultracentenaria. Lei ha praticato l’incantesimo del viaggio nel tempo» spiegò il giovane, mentre Sam cercava di assimilare le notizie che stava apprendendo in quel momento «Quando sono giunto qui, non credevo davvero di avere avuto questa possibilità. Immagino però di aver fatto un errore di valutazione» sospirò, con l’espressione triste.
«In che senso?»
«Beh, per colpa mia non fanno che litigare, e se continuano così, dubito che nascerò» spiegò con un sospiro.
«Lo sapevo!» esclamò Jack «Sentivo che c’era qualcosa in te di familiare» continuò guardandolo, poi si voltò verso Sam «Non lo noti? È identico a Castiel» disse «Non so come non ce ne siamo accorti prima» affermò scuotendo la testa, con un enorme sorriso sulle labbra «Ovviamente, ti aiuteremo, vero Sam?»
«Non ne sono certo» rispose Sam, guardando il giovane «Come posso sapere che dici la verità?» chiese. Non si era aspettato una domanda del genere, non sapeva come rispondergli, come poteva farsi credere? Perché suo zio non gli credeva? Aveva sperato che, almeno lui gli credesse, che lo supportasse, cosa voleva sapere ora?
«Cosa vuoi sapere?» chiese infatti.
«Dimmi qualcosa che solo uno di famiglia può sapere su di noi». Jack provò ad obiettare, perché ovviamente lui si fidava di quel ragazzo, ma Sam lo interruppe prima che potesse aprir bocca. Nate chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, non sapeva, c’era qualcosa di particolare che poteva far capire all’uomo che aveva di fronte che non fosse un bugiardo? Poi ricordò una cosa importante, e dalla tasca dei suoi pantaloni tirò fuori la pistola di suo padre.
«Ecco, guarda qui» disse, porgendogliela, Sam aggrottò le sopracciglia e prese l’oggetto, e lo studiò, Nate sperava che si accorgesse di quel piccolo particolare, delle iniziali di Dean scalfite sotto l’impugnatura della pistola «Guarda sotto l’impugnatura» suggerì il giovane, e il cacciatore immediatamente controllò, notando le iniziali di suo fratello. Quella era la pistola di Dean, questo voleva dire che Nate veniva davvero dal futuro – altrimenti non avrebbe mai potuto avere quell’arma, visto che suo fratello l’aveva nel suo tempo.
«Adesso lo aiuteremo, vero, Sam?» chiese Jack, il quale era l’unico a non aver avuto nessun dubbio su quel ragazzo.
«Ma certo» rispose il cacciatore, ancora un po’ titubante «Ma prima raccontami per bene ogni cosa». E allora Nate si sedette sul marciapiede, affiancato dallo zio, che per tutta la vita era stato uno dei suoi punti fissi, e gli raccontò ogni cosa, gli raccontò del suo futuro, della sua infanzia con lui, Jack e Dean, del meraviglioso rapporto che avevano avuto, di quando Sam gli aveva insegnato prima a leggere e a scrivere e poi a fare ricerche e ad usare un computer, di come avesse scoperto i suoi poteri, di come avesse ereditato gli affari di famiglia, poi passò a raccontare della morte di Dean, della sua confessione su Castiel, del fatto che non avesse mai conosciuto Castiel, di come suo padre, Dean, avesse ammesso in punto di morte di essersi pentito di non aver mai dichiarato i propri sentimenti all’angelo, gli raccontò della devastazione che aveva provato quando Dean era morto, e più parlava con lui, più sentiva di essere meno solo in quella missione per salvare i suoi genitori. Sam, adesso convinto dalle sue parole e della sua identità, lo rassicurava, gli diceva che lo avrebbe aiutato in ogni sua mossa, perché se aiutarlo, significava vedere suo fratello finalmente felice, ne valeva la pena.
«Significa che mi credi?» chiese, leggermente perplesso, il cacciatore si era dimostrato riluttante all’idea che potesse davvero essere suo nipote venuto dal futuro, aveva davvero cambiato idea? C’era qualcuno che gli credeva, finalmente? Sam gli sorrise con dolcezza, e gli scompigliò i capelli affettuosamente, a Nate ricordò uno dei gesti soliti che suo zio era solito fare con lui, soprattutto quando era piccolo.
«Adesso sì, ti credo» rispose con sicurezza «Sono certo che tu sia un Winchester, che tu sia mio nipote. Sei della famiglia, e nella nostra famiglia, aiutiamo chiunque abbia bisogno d’aiuto». Il giovane nephilim sorrise e, in un gesto del tutto naturale, si sporse verso lo zio e lo abbracciò con forza.
«Grazie, zio Sam» sussurrò. Il cacciatore ricambiò la stretta e lo abbracciò a sua volta. Restarono lì per quelle che parvero ore, ma Nate finalmente, adesso, si sentiva meno solo e meno demoralizzato. Almeno suo zio era dalla sua parte, almeno con lui al suo fianco, aveva qualche speranza di non far andare del tutto a monte la sua missione.
«E che rapporto abbiamo noi, nel tuo futuro?» chiese, dopo un lungo silenzio, Jack, curioso.
«Beh, è come se tu fossi mio fratello maggiore, mi hai insegnato tutto ciò che so suoi miei poteri» raccontò il ragazzo sorridendo e guardando verso l’amico che, adesso lo guardava con un sorriso allegro sul volto.
«Forte! Conta anche su di me per salvare Castiel!» esclamò.
 
«Dean, dovresti davvero calmarti e ragionare» stava dicendo Castiel, quando Nate volò nel bunker dei letterati quel pomeriggio, aveva deciso di comune accordo con Sam e Jack di non andare subito dopo il loro incontro, altrimenti Dean avrebbe avuto qualche sospetto «E dovremmo fare prima delle domande. Non mi sembra il caso di andare così tanto in escandescenza».
«Ah non ti sembra il caso, Cas?!» domandò infuriato, senza accorgersi subito della presenza del nephilim «Beh, a me invece sembra di dover finalmente prendere in mano la situazione, te l’avevo detto che non dovevamo fidarci!» urlò il cacciatore. Nate non capiva perché stessero litigando, quando li aveva salutati il giorno prima, tutto gli era sembrato normale e tranquillo, ora che diavolo stava succedendo? «Questa non ti sembra una prova lampante del fatto che non dobbiamo fidarci di quello lì?» domandò sventolando un foglio di carta, Castiel stava per ribattere, ma «Tu» pronunciò poi adirato il cacciatore, accorgendosi della presenza di Nate, il quale fu colto di sorpresa e Dean approfittò della sua distrazione per dargli un pugno nello stomaco e spingerlo contro il muro, puntandogli un pugnale alla gola «Chi cazzo sei, e cosa vuoi da Cas?» chiese con il tono così serio e arrabbiato da far accapponare la pelle di Nate dalla paura. Santo cielo, non lo aveva mai visto così, nemmeno quando lui era piccolo e un licantropo aveva minacciato di fargli del male; il suo sguardo trasudava delusione e Nate si sentì davvero un verme. Aveva tradito la sua fiducia in qualche modo, anche se non capiva ancora come. Non voleva deludere suo padre. Che Sam gli avesse rivelato del loro incontro?
«I-Io non so di cosa stai parlando» balbettò, sebbene Dean non potesse ucciderlo, gli stava mettendo inquietudine addosso, come quando era bambino e faceva qualche marachella e lo guardava in modo severo, tuttavia adesso era anche peggio. Non aveva paura di lui, ma quello sguardo che aveva negli occhi non glielo aveva mai visto, ed era quasi terribile. Nate deglutì e cercò di spostare Dean da sé, con scarsi risultati, avrebbe potuto spingerlo dall’altro lato della stanza con un solo gesto di una mano, ma era come immobilizzato dal timore. Era pur sempre suo padre quello, e non voleva fargli del male.
«Ah no? Ti rinfresco la memoria» sibilò il cacciatore a denti stretti «Ieri hai lasciato qui la tua sacca da viaggio. E indovina cosa ho trovato dentro» disse sventolando con la mano libera dal coltello la foto di Castiel che lui teneva sempre con sé; Nate spalancò gli occhi, dannazione, come aveva fatto a fare un errore così stupido? Era ovvio che avrebbe controllato ogni cosa, era pur sempre un cacciatore abbastanza paranoico, che non si fidava di nessuno a parte suo fratello, anche se era qualcuno che sosteneva di essere amico. «Già, ora capisci di cosa parlo? Cosa ci fai con questa foto di Castiel?» chiese «Da dove l’hai rubata?» incalzò, stringendo la presa su di lui, avvicinando maggiormente il pugnale alla sua gola.
«N-non l’ho rubata!» esclamò sulla difensiva, dannazione, non poteva dirgli di averla presa da un suo cassetto quando aveva quindici anni, non gli avrebbe mai creduto, e avrebbe dovuto spiegargli di essere venuto dal futuro e di essere suo figlio. Come poteva uscire da quella situazione scomoda?
«Dean, adesso lascialo andare» intervenne Castiel, raggiungendo il cacciatore alle spalle. Nate tirò un sospiro di sollievo, anche se poteva vedere benissimo che anche l’altro fosse parecchio arrabbiato. Non aveva affatto pensato di poter creare qualche sorta di disagio, o di far cadere la fiducia che si stava guadagnando da loro, era semplicemente l’unica immagine che aveva avuto di suo padre fino a quel momento, tuttavia sapeva di non poterlo dire, non poteva rivelare chi era, senza creare ulteriori casini temporali.
«Non difenderlo, Cas, sta tramando alle nostre spalle, e dobbiamo capire cosa diavolo vuole» disse risoluto il cacciatore, senza allentare la presa sul nephilim. Sam e Jack accorsero, per capire cosa succedesse, e anche loro restarono perplessi davanti a quella scena, sembrava che Dean avesse accettato Nate, no?
«Non lo capirai terrorizzandolo. Guardalo, potrebbe farti volare dall’altro lato della stanza con un solo braccio, e invece sta tremando come una foglia» osservò l’angelo. Nate non si era accorto di aver iniziato a tremare dal timore, e non si era nemmeno reso conto di aver avuto paura, era un’emozione quasi nuova per lui, non aveva mai avuto paura di niente, fin da quando era piccolo, suo padre gli aveva insegnato che la paura era per deboli e se voleva sopravvivere in quel mondo, doveva cancellare la paura dalla sua mente. E sapeva che si sarebbe sentito deluso da lui, e dal fatto che in quel momento stesse tremando come una foglia proprio davanti a lui e a Castiel.
«Non mi interessa» sibilò «Lo imprigionerò in un cerchio di olio sacro infuocato se ha intenzione di farti qualcosa». Nate spalancò gli occhi, aveva solo sentito parlare dell’olio sacro, ma non l’aveva mai visto dal vivo e non sapeva se potesse nuocergli o meno, da ciò che gli era stato spiegato, intrappolava gli angeli perché se toccavano le fiamme da esso scaturite, potevano ferirsi o anche morire; non sapeva quale effetto avesse sui nephilim, ma non ci teneva a scoprirlo.
«Dean» lo chiamò piano l’angelo «Dagli la possibilità di spiegarsi» suggerì «Altrimenti me ne occuperò io» spiegò «Ho già ucciso un nephilim in passato» ricordò al cacciatore. Nate non aveva mai sentito parlare di quella storia, quando suo padre aveva ucciso un nephilim? E perché? Allora era come tutti gli altri angeli?
«Hai ucciso un nephilim?» chiese Nate con un filo di voce, il terrore palpabile nello sguardo, se prima aveva solo avuto un leggero timore, adesso sentiva il terrore scorrere rapido nelle sue vene.
«Sì, non ne vado fiero» spiegò l’angelo guardandolo «Ma non esiterò a farlo di nuovo, se la mia famiglia sarà in pericolo» disse con serietà, guardando in modo torvo il mezzo angelo, che era ancora bloccato dal corpo di Dean, il quale non aveva affatto intenzione di lasciarlo andare, doveva spiegarsi in fretta e cercare di essere convincente, altrimenti era certo che i suoi genitori, insieme, avrebbero trovato un modo per ucciderlo.
«Per favore» disse con tono supplichevole «Devi fidarti di me, dovete tutti e due fidarvi di me» continuò cercando lo sguardo di suo padre «Sono qui per aiutarvi, non per danneggiarvi, sono sincero, credimi» disse guardando Dean negli occhi, fu un solo istante, un piccolo frangente di tempo, e lui riconobbe qualcosa di molto familiare in quello sguardo, qualcosa che lo spinse a lasciarlo andare e ad allontanarsi da lui, senza però abbassare il pugnale.
«Allora, spiegati, e dimmi perché hai una foto di Cas nella sua sacca da viaggio».
«Ora non posso» rispose sinceramente il nephilim, conscio di star giocando con il fuoco «Ma quando potrò ti dirò tutto, lo giuro» disse. Dean lo guardò di traverso, come se gli avesse appena detto che cospirava con il diavolo in persona.
«Tutto ciò non ha senso» disse il cacciatore, poi si voltò verso Castiel «Ti basta per capire che non è uno di cui fidarsi, Cas?» chiese con il tono irritato.
«Io penso che dovresti calmarti, ha detto che spiegherà tutto a tempo debito e stai pur certo che lo farà» disse l’angelo con tono fin troppo calmo. Nate ebbe paura dello sguardo omicida che gli lanciò Castiel, forse più della reazione aggressiva di Dean, deglutì e fu certo che ogni membro della stanza lo avesse sentito, ma non se ne vergognò, era di fronte ad un angelo, che era anche suo padre, e lo stava guardando in un modo davvero terrificante.
«Non ci posso credere» esordì il cacciatore, voltandosi verso di lui «Come puoi fidarti ancora di lui?»
«Non mi fido, infatti» replicò con tono ancora inquietantemente calmo, Nate sentì come un pugno colpirgli lo stomaco, ma sapeva di essersi cacciato da solo in quella situazione «Ma non risolverai niente, comportandoti come un troglodita. Dean, non fidarti di lui, fidati di me» disse semplicemente l’angelo, il cacciatore lo guardò, quasi perdendosi in quello sguardo, ma poi scosse la testa con decisione.
«Ti ha raggirato» disse convinto «E se è riuscito a metterti contro di me, riuscirà a farci fuori tutti, uno dopo l’altro!»
«Non lo farà, non glielo permetterò» continuò Castiel, cercando di far ragionare il cacciatore «Dean…»
«Non usare quel tono con me, Castiel» sbottò Dean, scuotendo la testa «Non capisci? Vi sta manipolando, tutti quanti! Vi fidate di quel bel faccino e lui si insinua nelle nostre vite, poi ne approfitta per ucciderci nel sonno» continuò, sempre più arrabbiato con l’angelo e anche con suo fratello, il quale non dava segni di volergli dare ragione.
«Stai esagerando» intervenne, appunto, Sam, Dean lo guardò esasperato alzando le braccia, con fare nervoso «Andiamo, stavolta sei fin troppo paranoico, anche per te!» esclamò il minore.
«Anche tu? Oh andiamo! Sono l’unico che sta ragionando?»
«Devi calmarti, Dean» disse con serietà Sam «Fidati, Nate non ha cattive intenzioni, io mi fido di lui, okay?»
«Siete assurdi!» esclamò, afferrando la sua giacca «Vado a fare due passi».
«Dean» lo chiamò l’angelo, cercando di fermarlo. Il cacciatore si voltò verso di lui, e lo fulminò con lo sguardo «Non puoi scappare ogni volta che non siamo d’accordo su qualcosa» disse ignorando lo sguardo di fuoco che l’altro gli stava lanciando «Cerca di ragionare» insistette.
«Io non sto scappando» ci tenne a precisare «Sto andando a pensare, come dici tu, a ragionare». Castiel ruotò gli occhi al cielo scuotendo la testa, a volte Dean sapeva essere davvero irritante.
«Per una volta, affronta un problema da adulto quale sei, e non come il solito ragazzino complessato che interpreti!»
«Oh certo, ora sono io che faccio il ragazzino» commentò amaramente scuotendo la testa «Sai che ti dico? Vaffanculo, fidati pure di questo tizio, chi se ne frega del resto, no?» Castiel avrebbe davvero voluto ribattere, ma ormai con Dean non c’era nient’altro da dire, qualsiasi cosa avesse detto, avrebbe solo peggiorato la situazione tra di loro.
«Dico solo che non puoi andare via così, senza nemmeno chiarire» insistette.
«Ah no?» domandò retoricamente «Beh, guardami farlo, pennuto!» esclamò arrabbiato; e poi senza aggiungere altro afferrò le chiavi della sua auto, e uscì dal bunker. Nate restò immobile davanti a quella scena, aveva appena fatto un enorme casino e adesso non aveva idea di come rimediare, guardò terrorizzato Sam e Jack, forse per colpa sua i suoi genitori non lo avrebbero mai concepito, e lui non sarebbe mai nato, e tutto il tempo si sarebbe incasinato. Doveva prepararsi a sparire da un momento all’altro? I minuti trascorsero lenti e inesorabili, tutti con il fiato sospeso, sperando che Dean rientrasse, ma sia Sam che Castiel sapevano che non sarebbe tornato presto, a meno che qualcuno non lo avesse riportato, con le buone o con le cattive, a casa.
«Sarà meglio per te che non mi stia sbagliando sul tuo conto» Castiel guardò Nate in modo minaccioso «Perché se mi accorgo che hai cattive intenzioni, rimpiangerai le minacce di Dean» disse, poi uscì anche lui dal bunker, probabilmente per andare alla ricerca del cacciatore e farlo ragionare. Santo cielo, Nate in quale pasticcio si era appena cacciato?
 
Dean era fuori di sé dalla rabbia, come poteva Castiel aver accettato senza alcun dubbio l’identità di quel tizio? Come poteva credergli, dopo che li aveva palesemente ingannati? Come poteva fidarsi dopo aver trovato quella maledetta foto nella sua borsa? Dean non sapeva cosa quel tizio volesse da loro, non sapeva cosa nascondesse, eppure non capiva cosa spingesse il suo amico a fidarsi così tanto di lui; c’era qualcosa nel suo sguardo che anche a lui suggeriva una certa familiarità, ma non per questo gli aveva concesso tanta fiducia come l’angelo. Dannazione, a volte Castiel lo faceva impazzire di rabbia, eppure bastava un suo gesto, una sua parola per fargli tornare la calma. Non capiva quale arcano potere avesse su di lui, e mai lo avrebbe capito; e no, non c’entrava niente la notte che avevano trascorso insieme dopo il suo ritorno dalla morte – santo cielo, quando lo aveva visto vivo e vegeto davanti a lui, dopo quella telefonata improvvisa, aveva creduto davvero di star sognando, invece Cas era vivo, era tornato di nuovo, “sono tornato da te, Dean”, gli aveva confessato l’angelo, e quando si erano ritrovati da soli, nella sua stanza, Dean aveva fatto l’unica cosa che aveva desiderato poter fare fin da quando l’angelo era morto davanti ai suoi occhi; lo aveva baciato e non lo aveva più lasciato andare; anche se la mattina seguente avevano deciso di comune accordo di non parlare mai più di quello che era successo quella notte – il potere che Cas aveva su di lui, andava oltre quella notte, anche se il loro legame sembrava essersi rafforzato dopo quella volta, tuttavia non voleva dar peso a una nottata di sesso – amore – con l’angelo, perché sapeva che per quelli come lui la felicità non esisteva. Quindi, preferiva negare che fosse accaduto, negare di provare qualcosa per lui, negare ogni cosa, fino alla fine dei suoi giorni.
Avevano discusso ancora riguardo quel Nate, Cas continuava a dargli fiducia, ma lui sapeva che nascondesse qualcosa, sapeva che quel tizio avesse qualcosa di sbagliato, e sentiva che fosse legato a loro, in qualche modo, ma non capiva come, e il non sapere lo faceva essere meno razionale del solito, lo faceva essere poco obiettivo; e poi era ossessionato da Castiel, e non sapeva come avrebbe reagito se qualcun altro gli avesse portato via di nuovo il suo angelo; e forse era questa terribile e logorante paura di perderlo a non farlo ragionare razionalmente, era questo a tenerlo sveglio la notte, per assicurarsi che stesse bene – spesso lo trovava a chiacchierare con Jack nella stanza grande, perché entrambi non dormivano molto, e semplicemente pensava che Cas fosse un padre eccezionale, era una figura di riferimento per quel nephilim, e anche lui probabilmente avrebbe sofferto dell’assenza dell’angelo. Quando aveva perso Cas, e aveva creduto di averlo perso per sempre, aveva sentito di aver perso tutto, tanto da desiderare di morire anche lui, e mai prima di quel momento, prima di quella perdita, aveva provato una sensazione così devastante.
Forse avrebbe dovuto fare come suggeriva Sam, parlarne con Cas, ma… andiamo, cosa gli dico? Ehi Cas, se sono odioso con chiunque ti giri intorno, sappi che è perché ho paura di perderti, non poteva, semplicemente non poteva.
Era di nuovo in un bar, come al solito, dopo una discussione con qualche membro della sua famiglia, macinava chilometri su chilometri, e poi si ritrovava in qualche bettola a pensare e a bere, era un modo per riflettere lucidamente su qualcosa, di solito funzionava, ma quella volta, la sua mente era affollata da troppi pensieri, troppe preoccupazioni, troppe sensazioni nuove, che l’alcool stava solo aumentando, infatti più beveva, più quei pensieri terribili si palesavano nella sua mente, più beveva più perdeva lucidità.
«Dean» lo chiamò Castiel, comparendo alle sue spalle «Avanti… vieni con me» disse appoggiandogli una mano sulla spalla, la stessa su cui, ancora dopo anni, si poteva vedere, sebbene molto sbiadita, la cicatrice della mano di Cas di quando lo aveva tirato fuori dall’inferno, e un brivido gli percorse la schiena «Parliamone, okay? Non serve a niente venire qui a bere, il problema è con me» disse.
«Il problema è che tu ti fidi di quel fottuto nephilim» sibilò a denti stretti, senza lasciare la presa sul boccale di birra «Quante volte dovrò ancora perderti, prima che tu impari a fidarti di me?» domandò. Castiel spalancò gli occhi, incredulo, forse Dean aveva bevuto troppo, e per questo stava parlando in quel  modo, da sobrio non avrebbe mai ammesso una cosa del genere «Quante volte dovrò perderti, prima che tu ti fidi prima di me e poi degli altri? C’è sempre un demone, o uno scriba divino o qualsiasi altra stronzata a cui ti rivolgi prima di me» le sue parole venivano fuori troppo facilmente, l’alcool gli aveva sciolto la lingua e ora era senza freni «E mi fa impazzire, mi fa impazzire che tu, dopo tutto quello che abbiamo passato, non ti fidi ancora di me» disse, senza guardarlo in faccia «Non voglio perderti ancora» confessò, il ricordo della devastazione che aveva provato, era ancora troppo vivido in lui, e non riusciva a capire perché Castiel non lo capisse, perché continuasse a mettersi in pericolo per cause impossibili, lo aveva fatto quando si era alleato con Crowley, ed era quasi morto assorbendo le anime del Purgatorio posseduto dai leviatani, lo aveva fatto quando, dopo essere finiti nel Purgatorio, non aveva ascoltato le sue preghiere, le sue suppliche, lo aveva fatto quando si era fidato di Metatron, ed era quasi morto da umano, lo aveva fatto proteggendo la madre del figlio di Lucifer, e ora… si fidava di quel nephilim. In tutte quelle occasioni, lo aveva messo da parte, non aveva pensato a metterlo al corrente delle sue decisioni e quasi sempre era morto o aveva rischiato di farlo. Maledizione, era così difficile fidarsi di lui?
«Non mi perderai» cercò di rassicurarlo l’angelo, avvicinandosi a lui «Dean, te lo giuro, non mi perderai».
«Dici così, ma solo quest’anno ti ho quasi perso due volte, e una è stata quasi definitiva» sbiascicò, guardando l’angelo con gli occhi resi lucidi dall’alcool «Non voglio più provare una cosa del genere» confessò «È stato… devastante».
«Non ti lascerò più solo» promise l’angelo «Guardami, Dean, te lo prometto. Non ti lascerò solo, ma adesso vieni con me e lascia questo squallido bar» disse porgendogli la mano «Torniamo a casa» propose, guardandolo negli occhi. Dean deglutì, non riusciva mai a pensare lucidamente davanti allo sguardo da moccioso di Castiel, non riusciva a pensare a nient’altro che ai suoi occhi, e soprattutto da ubriaco, non riusciva ad impedirsi di pensare a quanto fossero belle e morbide le sue labbra, il solo ricordo di quanto gli fosse piaciuto baciarlo, lo spinse a sporgersi verso l’angelo e a posare le proprie labbra contro le sue, in un gesto quasi disperato. L’angelo fu abbastanza furbo da non obiettare, e lo avvicinò maggiormente a sé, facendo combaciare i loro corpi, stringendo il cacciatore contro il proprio corpo, e approfondendo il contatto tra le loro bocche. Dean sembrava perso in quel bacio, perso in quelle sensazioni, e non si accorse che l’altro lo avesse quasi trascinato fuori da quel sudicio locale e lo avesse portato verso la macchina.
«Cas…» lo chiamò con un fil di voce, quasi sulle sue labbra «Cas…»
«Sono qui, Dean» soffiò il moro sulle sue labbra «Sono qui, non vado da nessuna parte» promise.
«Resta con me» lo pregò «Resta…» Castiel annuì e premette di nuovo le labbra contro quelle del cacciatore, in un tenero bacio a stampo, che fece aumentare il battito del cuore di entrambi.
«Dammi le chiavi dell’auto» sussurrò contro le sue labbra e il biondo annuì, e passò all’altro le chiavi della sua auto. Non appena Cas l’aprì, per farlo entrare, Dean fu più rapido, aprì la portiera posteriore dell’auto e trascinò l’angelo con sé, finendo con la schiena contro i sedili di pelle dell’auto, con il corpo dell’angelo che premeva sul suo e riprese a baciarlo con passione, non voleva più fare a meno di quelle labbra, e maledizione, forse era l’alcool ad eliminare le sue stupide inibizioni, ma voleva solo che ciò che era accaduto tra lui e Cas, accadesse di nuovo.
«Dean» ansimò l’angelo, mordendosi le labbra per darsi un contegno «Dean, fermati».
«Ti voglio, Cas… ti voglio» lo supplicò ancora, cercando di tenerlo contro di sé.
«Anche io, Dean» confessò l’angelo, accarezzandogli una guancia «Ma siamo nella tua auto, riesci a resistere fino a casa?» chiese dolcemente, accarezzandogli la fronte con tenerezza. Era difficile trattenersi, soprattutto se un Dean Winchester ubriaco continuava a strusciarsi contro il suo corpo, e continuava a stringerlo così possessivamente.
«Solo se fai presto».
«Promesso» concesse l’angelo, con un movimento fluido si spostò davanti, nel sedile del guidatore e accese l’auto, santo cielo, se Dean avesse scoperto che aveva guidato la sua auto, lo avrebbe ucciso probabilmente. Stava guidando verso il bunker, quando sentì una leggera pressione sul collo, guardò con la coda dell’occhio dietro di sé e vide Dean, seduto che si sporgeva verso di lui e premeva dei leggeri baci sul suo collo. La sua schiena fu attraversata da un brivido di eccitazione e solo per miracolo riuscì ad arrivare nel garage del bunker e a fermare l’auto, Dean era così su di giri da non rendersi conto delle sue azioni, se fosse stato sobrio non si sarebbe mai comportato così, ma forse dentro di sé, Castiel sperava che potesse farlo anche da sobrio. Fu in quel momento, che effettivamente Castiel ricordò di essere un angelo e con un semplice tocco delicato sulla tempia, guarì il cacciatore dalla sua sbronza. Se dovevano fare l’amore, voleva che fosse sobrio, non che fosse dettato dall’alcool e da rabbia repressa.
«Tutto okay, Dean?» chiese l’angelo, guardandolo.
«Sì, credo… credo di sì» mormorò «Io, santo cielo, scusa» sussurrò uscendo di corsa dall’auto, colmo d’imbarazzo. Dannazione, allora aveva ragione lui? Lo stava facendo solo per l’alcool? Non c’era tempo per le domande, doveva chiarire con Dean, e doveva farlo immediatamente. Uscì anche lui dall’auto e raggiunse il cacciatore, prima che uscisse dal garage; lo afferrò per un braccio e lo avvicinò a sé, c’erano solo loro, non si sentivano rumori intorno a loro, quando si ritrovò nello sguardo carico di imbarazzo del cacciatore, e notò il rossore appena accennato sulle sue gote, sorrise intenerito. Appoggiò la fronte contro la sua e respirò ad occhi chiusi il suo inebriante profumo, misto all’alcool che poco prima aveva ingerito.
«Dean» lo chiamò piano, lo sentì deglutire, ancora lo sguardo basso «Quello che provi adesso, lo provo anche io» disse in un sussurro, senza staccarsi da lui «Lo provo da tanti anni, e se tu vuoi questo» continuò indicando se stesso e l’altro «Lo voglio anche io» continuò parlando con sincerità «Non lasciare che il tuo orgoglio ci privi di qualcosa di bello, come quello che potrebbe esserci tra di noi» disse ancora, mentre il cacciatore vacillava sotto il peso delle sue parole e ancora non lo guardava negli occhi «Quello che ti ho detto prima, vale ancora. Non ti lascerò mai più solo, lo giuro».
Tutti sapevano che Dean non fosse un uomo di tante parole, gli bastò alzare leggermente lo sguardo, guardare l’angelo negli occhi, per fargli capire che avesse capito e che da quel momento in poi, tutto era stato messo in discussione, ma in senso buono, che tutto, ora che lo aveva tra le braccia, aveva senso di nuovo. E bastò un semplice bacio tra di loro, a far esplodere i cuori di entrambi; adesso era vero, adesso era reale, perché non c’era l’alcool a parlare, c’erano solo loro e i loro sentimenti che tra di loro si diffondevano nell’aria. Baciandosi, raggiunsero la camera di Dean, e lì il cacciatore si lasciò andare totalmente nelle mani del suo angelo, dell’unica persona, a parte suo fratello, a cui avrebbe affidato la propria vita, all’unica persona che amava, e quella realizzazione gli fece paura, perché ammetterlo almeno a se stesso era un enorme passo avanti, ma era una realizzazione che faceva paura, sebbene con Cas lì, davanti a lui, pronto a donargli tutto se stesso, era un po’ meno terrificante. Così, dopo un altro bacio dell’angelo, decise che la soluzione migliore era spegnere il cervello, per il momento, e lasciare che gli eventi prendessero il loro corso naturale.
Il trench di Cas cadde ai suoi piedi con un sordo tonfo, mentre Dean trascinava il corpo dell’angelo sul suo, così come aveva fatto in auto, e lo spogliava anche della giacca e della camicia, indumenti fin troppo ingombranti; con i polpastrelli percorse il petto dell’angelo, sentendo sotto le dita ogni cicatrice che quel corpo statuario portava su di sé; percorse i bordi delle cicatrici con le labbra, sentendo l’angelo gemere e ansimare; poi fu il turno di Castiel, con semplici gesti fluidi tolse gli indumenti superiori del cacciatore, e con le labbra partì dal collo, scendendo verso il petto, senza esitazione, baciò con dedizione ogni centimetro della pelle dell’amante e si inebriò del suo profumo; con le labbra percorse anche l’ombra della cicatrice sulla sua spalla, quella che rappresentava in un certo senso il loro rapporto, ciò da cui tutto era iniziato, e sentì il cacciatore tremare d’eccitazione e d’emozione. Il biondo si aggrappò alle spalle muscolose dell’amante con decisione, e cercò la sua bocca quasi con astinenza. Gli mancava già il contatto con quelle labbra, anche se la bocca dell’angelo lo stava facendo impazzire in altri modi; mai avrebbe creduto di provare qualcosa di così trascendente e intenso, e l’angelo si comportava come se lui fosse la cosa più preziosa del mondo, si stava prendendo cura di lui, anche se lui non lo meritava, sapeva di non meritare quelle attenzioni, non meritava quell’amore così puro, ma desiderava esserne degno, per questo si era lasciato andare totalmente nelle mani dell’angelo; Castiel non poteva credere al dono divino che gli era stato fatto, avere Dean tra le sue braccia, in quel modo, era ciò che aveva desiderato fin dal primo momento che aveva messo piede sulla terra, anche se non lo aveva capito subito; avere Dean così tra le sue braccia, era il motivo per cui era caduto così tante volte. Desiderava solo renderlo felice, ed essere degno della fiducia totale che il cacciatore gli stava concedendo, il fatto che si fosse affidato in quel modo, la diceva lunga.
«Cas…» lo chiamò in un sussurro, avvicinando le loro bocche.
«Dean…» sussurrò l’angelo, accarezzandogli le gote con delicatezza; voleva che Dean si rendesse conto che lui meritava qualcuno che si prendesse cura di lui, qualcuno che condividesse con lui il peso che si portava sulle spalle, se Dean avesse voluto, Cas avrebbe fatto suoi tutti i problemi dell’amante, e lo avrebbe scaricato da essi; bastava una sola parola del cacciatore, e l’angelo avrebbe fatto di tutto per renderla reale. Avrebbe fatto tutto per rendere veri e tangibili tutti i suoi desideri più nascosti. Bastava che parlasse, e Castiel gli avrebbe portato il paradiso, se lo avesse desiderato.
«Voglio fare l’amore con te» sussurrò il biondo contro il suo orecchio, senza rendersi conto inizialmente della parola che aveva usato; gli era sembrata la cosa più naturale del mondo da dire, e l’angelo se ne accorse, perché sentì un calore irradiarsi dentro di lui, fin dentro alla sua grazia. Sentire quella parola detta da Dean, era come trovare, a costo di sembrare blasfemo, il paradiso sulla terra. Dean spinse il proprio bacino contro quello dell’angelo, e lui capì che ormai fosse il momento, non potevano più aspettare, la passione tra di loro era scoppiata dirompente, come un fiume in piena, e ormai nessuno dei due poteva più fermarsi; così l’angelo con dedizione terminò di spogliare il cacciatore dagli ultimi indumenti e lo stesso fece Dean con l’amante, quando si ritrovarono pelle contro pelle, entrambi furono colti da un leggero sussulto, e i ricordi della prima volta tornarono rapidi alla loro mente. Con immensa delicatezza, Cas preparò Dean, premurosamente si accertò che fosse sicuro di ciò che stavano facendo e poco prima di spingersi dentro di lui, appoggiò una mano sulla sua guancia, e guardandolo negli occhi, con dolcezza chiese: «Sei sicuro?» l’altro, senza fiato, annuì semplicemente e Castiel aggiunse: «Non temere, mi prenderò cura di te».
«Lo so» rispose Dean, ad occhi chiusi e subito dopo l’angelo gli diede un delicato bacio sulle labbra, totalmente contrario a quelli che si erano scambiati fino a quel momento, opposto completamente alla passione che li stava travolgendo come una valanga; poi pian piano tra di loro iniziò una passionale danza d’amore; i loro respiri si fusero insieme, e i loro cuori sembravano battere all’unisono, ma nessuno dei due volle tornare indietro. Ormai, erano legati da qualcosa di più grande di loro, ormai erano uniti dall’amore.
Dean ansimava sussurrando il nome di Castiel, e lo stesso faceva l’angelo, per attutire i loro gemiti, le loro labbra si incontrarono più volte, in lungi e passionali baci; poi quando furono entrambi all’apice del piacere, ci fu un momento così intenso, e così carico di forti emozioni, che una luce celestiale invase la stanza, la grazia dell’angelo brillò come una stella e, inspiegabilmente, si unì all’anima del cacciatore, che a sua volta irradiò una potente luce. Castiel, non capendo cosa stesse accadendo, si affrettò a coprire gli occhi del suo amante, per evitare che bruciassero; e aumentò l’intensità dei suoi movimenti, guidato da quelle essenze che intorno a loro si univano e si fondevano; era un evento mai accaduto prima, era qualcosa di inspiegabile, era qualcosa di nuovo. Dean venne con un urlo attutito dalla spalla dell’angelo, e l’angelo raggiunse il piacere pochi istanti dopo di lui, accasciandosi stancamente sul corpo del suo amante. Quando quella luce intorno a loro si diradò, Castiel tolse la mano dal volto del cacciatore, e lo guardò negli occhi, sorridendo, lui ansimò, sfinito e passò le dita tra i capelli dell’angelo, con un sorriso idiota sulle labbra e l’espressione stanca, ma beata sul volto; l’angelo, scivolò accanto a lui e si alzò su un gomito per guardarlo, era magnifico, mai in tutta la sua millenaria vita aveva mai visto un essere meraviglioso e perfetto come Dean Winchester.
Inaspettatamente, Dean strisciò fino al petto dell’angelo e appoggiò una guancia su di esso e: «Resti?» chiese con un filo di voce, ancora scosso dal piacere appena provato.
«Non ho intenzione di andare da nessuna parte» rispose l’angelo, stringendo un braccio attorno al corpo del cacciatore, posandogli un tenero bacio su una tempia; Dean chiuse gli occhi felice e, dopo pochi istanti, crollò in un sonno profondo, inspiegabilmente, seguito, poco dopo, da Castiel.

___________________________

Hola people! 
Un'altra settimana è passata, e un nuovo capitolo è arrivato. Come ieri ho detto in alcune recensioni a cui ho risposto, è stata una settimana davvero sfiancante e non credevo di riuscire a pubblicare (infatti volevo farlo ieri sera, ma sono crollata come una pera cotta) ma eccomi qui, come ogni settimana con un nuovo capitolo!
E finalmente Dean e Cas si sono accoppiati! Nella prima parte del capitolo, Nate cerca alleati per salvare i suoi papà, e si rivolge a Sam e Jack, mentre nella seconda parte, dopo che Dean ha quasi ucciso di nuovo Nate (non dategli torto, dopo che gli ha dato fiducia, scopre che gli nasconde qualcosa eh!), perché ha trovato una foto di Cas nella sua sacca, finalmente lui e Cas si avvicinano. Spero che la scena in cui fanno l'amore non sia troppo spinta o volgare... scrivo raramente scene così, proprio perché non sono mai sicura del linguaggio giusto da usare, ops, tuttavia in questa storia era necessario, perché è qui che "concepiscono" Nate.
Nei capitoli precedenti ho dimenticato di dire una cosa, anche se sembra ovvia. La storia è ambientata nella tredicesima stagione, ma non segue il suo corso - ovviamente - sono solo citate alcune cose che accadono, tipo il ritorno di Cas, e altri piccole cose, soprattutto nel prossimo capitolo, ma per esempio, Jack non è intrappolato nel mondo apocalittico, non ci è mai arrivato.
So, io vi lascio qui e spero che anche questo capitoletto vi sia piaciuto! 
Come sempre, vi ringrazio di tutto il supporto, delle recensioni che fanno sempre piacere, e di chi segue la storia anche silenziosamente. 
Vi saluto, alla prossima settimana con il quarto capitolo, sempre su questi canali! (Vedrete un Cas davvero diverso dal solito e anche un Dean diverso, ma in senso positivo.) Stay tuned!
A presto, people! 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Parte IV. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi (soprattutto da questo capitolo in poi), anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!
______________

Subito dopo l’incidente della foto, la sfuriata di Dean e la velata minaccia di Castiel – che lo aveva letteralmente terrorizzato e non lo aveva nemmeno nascosto – Nate aveva raccolto tutte le sue cose, e senza dire nulla né a Sam né a Jack era volato via, rifugiandosi nella sua stanza di motel, quella non molto distante dal bunker. Come aveva fatto a dimenticare la sacca lì al bunker? Non sapeva cosa avesse pensato suo padre, quando aveva trovato la foto di Castiel, ma doveva ammettere che non era stato molto furbo da parte sua continuare a tenerla sempre con sé, sapeva che prima o poi Dean, con i suoi sospetti e la sua scarsa fiducia negli sconosciuti, avrebbe trovato qualcosa di negativo in lui, anche se si trattava di una semplice fotografia e si rammaricava di non avergli parlato prima di quella foto, magari, se gli avesse detto, che gli era stata data da qualcuno, affinché riconoscesse l’angelo, non avrebbe reagito così; ma chi voleva prendere in giro? Nemmeno lui, in puro stile Winchester, avrebbe creduto ad una storia tanto astrusa e campata in aria, d'ora in poi non poteva più arrampicarsi sugli specchi e continuare a raccontare stupide mezze verità, con l’intento di guadagnarsi la loro fiducia, era sbagliato e non pienamente nel suo stile, odiava mentire e le bugie in generale, perché quando era piccolo, suo zio spesso gli raccontava dei litigi che aveva avuto in passato con suo padre, e la maggior parte erano a causa delle menzogne che si raccontavano a vicenda; inoltre, aveva capito che suo padre Dean avesse mentito all’altro padre, negando i profondi sentimenti che provava per lui, era palese ai suoi occhi – forse anche perché era loro figlio – ma qualsiasi velata minaccia all’angelo – anche una singola foto sgualcita – lo metteva in allarme, sicuramente era anche condizionato dall’aver perso Castiel pochi mesi prima, Jack gli aveva raccontato che Lucifer aveva pugnalato Castiel davanti agli occhi di un inerme Dean, e lui l’aveva riportato in vita, perché il cacciatore era troppo triste e senza alcuna speranza senza l’angelo. Ormai gli restavano solo due opzioni: rivelare tutta la verità o arrendersi. E di certo, lui che era il figlio di Dean Winchester, non si sarebbe mai arreso.
Improvvisamente, avvertì una presenza estranea nella sua camera, e si mise sull’attenti, portando la mano alla pistola – anche se aveva dei poteri, sparare era stata una delle prime cose che suo padre gli aveva insegnato – e: «Chi è?» chiese.
Dopo un po’ di fracasso, con grande sorpresa di Nate, dal bagno della camera del motel, uscì Jack, con l’aria imbarazzata e un tenero sorriso sul volto. Non era lo stesso Jack con cui era cresciuto – del resto, se aveva compreso bene la situazione, Jack era poco più che un neonato, anche se aveva l’aspetto di un adolescente – tuttavia era sollevato che fosse andato lì a supportarlo in quel momento, aveva bisogno di qualcuno con cui parlare per non lasciarsi travolgere dal senso di colpa.
«Ehi Nate» lo salutò, alzando la mano in segno di saluto «Scusa se ti ho spaventato, sto ancora imparando a gestire il teletrasporto» disse con tono leggermente imbarazzato «Come stai?»
«Jack» lo accolse sorridendo mestamente, lasciandosi cadere seduto sul letto «Mi sento un idiota, ho fatto degli errori stupidi» si lamentò, credendosi sconfitto.
«Non ti preoccupare» disse il nephilim sedendosi accanto a lui, rivolgendogli un dolce sorriso «Castiel farà ragionare Dean, e vedrai che si risolverà tutto» cercò di tranquillizzarlo.
«Grazie» sospirò guardando quello che un giorno sarebbe diventato suo fratello acquisito «Mi fa piacere che tu sia qui».
«Beh, sei della famiglia, no?» domandò retoricamente, Nate alzò lo sguardo sull’altro, lasciandosi scappare un sorriso «So che sono da poco con Sam, Dean e Castiel, ma sto imparando tanto da loro» spiegò.
«Si vede, parli quasi come mio padre Dean» osservò con sincerità, guardandolo. Jack vedeva davvero suo padre come un punto di riferimento, ed era felice che fosse stato sempre così e non solo nel suo futuro.
«Non so se l’altro me, te l’ha mai detto, ma… fin dalla mia nascita, anche se tuo padre all’inizio mi odiava, l’ho sempre preso come punto di riferimento» spiegò, con lo sguardo carico d’ammirazione «Vedrai che accetterà anche te».
«Lo spero» mormorò «Altrimenti penso che non nascerò mai».
«Nascerai, ho una sensazione positiva su stasera» disse con tranquillità.
«Come fai a saperlo?» chiese, inclinando la testa, nello stesso modo in cui lo faceva Castiel.
«Wow, quanto somigli a Castiel» commentò notando il suo sguardo «Comunque non so, è solo una sensazione».
«Okay» accettò, arrossendo un po’ per il complimento, sapeva di essere molto somigliante a Cas, glielo dicevano tutti, anche se aveva ereditato da suo padre umano le lentiggini che riempivano il suo volto «Ti va di restare e farmi compagnia?» chiese.
«Ma certo! Tu hai fame? Dean mi ha fatto vedere un posto qua vicino dove fanno degli hamburger favolosi!» esclamò sorridendo. Nate si lasciò travolgere dal suo entusiasmo e annuì; insieme i due nephilim si smaterializzarono nel locale di cui aveva parlato Jack e restarono lì per qualche ora, durante le quali a Nate sembrò di dimenticare, almeno per un po’, il casino che aveva combinato. Fu quando Jack gli disse che sarebbe tornato a casa, per controllare la situazione, promettendogli che l’avrebbe tenuto aggiornato, che i dubbi e la preoccupazione tornarono a bussare alla soglia della sua mente. Quando tornò al motel, nonostante le parole confortanti di Jack, sentiva ancora di essere un fallimento; come avrebbe fatto a salvare suo padre, se Dean continuava a considerarlo una minaccia?
E lì, disteso sul letto, contemplando il soffitto della camera, si interrogava su cosa avesse sbagliato; fin da quando era arrivato in quel tempo, aveva cercato solo di sistemare le cose, di cambiare ciò che nel suo futuro non era andato per il verso giusto, ma probabilmente aveva fallito in qualche modo, si sentiva mortalmente in colpa per aver fatto litigare i suoi genitori così tante volte, si sentiva davvero a pezzi all’idea che per colpa sua non avrebbero mai avuto quella bella, ma breve relazione di cui suo padre, prima di morire, gli aveva parlato. Gli mancava suo padre, quello del suo futuro, quello che riusciva a tranquillizzarlo e a farlo ragionare; quello che quando sbagliava riusciva a fargli risolvere il problema, quello che gli aveva insegnato a sparare e ad essere un cacciatore. Dannazione, pensò mentre una lacrima solitaria rigava il suo volto, aveva compiuto quel viaggio per sistemare le cose, e invece… Non sarebbe mai cresciuto con suo padre Dean, non avrebbe imparato niente da lui, non avrebbe potuto imparare a leggere con lo zio Sam, non avrebbe mai salvato Castiel, non lo avrebbe mai visto felice come mai, non avrebbe mai avuto quell’orribile peluche orribile, che lo aveva accompagnato fino all’adolescenza, non avrebbe mai conosciuto davvero Jack, e presto sarebbe svanito. Forse doveva cercare Dean, e dirgli tutto, dirgli di essere suo figlio, di essere lì con l’unica intenzione di salvare Castiel, di essere lì solo per poterlo vedere felice, perché, sebbene fosse stato un padre meraviglioso, che gli aveva voluto bene e non gli aveva mai fatto mancare nulla, lo aveva visto struggersi per un dolore a cui non aveva mai saputo far fronte. Si stava ancora crogiolando nell’autocommiserazione – e qualcosa gli diceva che non fosse una cosa nuova per la sua famiglia – quando fu investito da una forte sensazione, come un’onda violenta, si sentì per un attimo svuotato, senza fiato, e pensò che quello fosse il modo in cui sarebbe svanito, nel dolore e senza che suo padre sapesse cosa aveva rischiato per salvare la sua famiglia. Poi la sensazione svanì, lasciandolo perplesso per degli istanti lunghi. Che diavolo era appena successo? Cos’era quella sensazione? Forse era accaduto qualcosa di terribile ai suoi genitori? Doveva raggiungerli immediatamente, e se, avendo cambiato il tempo, la morte di Castiel fosse giunta prima di quanto raccontato da Dean? Doveva muoversi, immediatamente, e cercare in qualche modo di salvarlo, anche se non sapeva come. Tuttavia, quando cercò di volare dai suoi genitori, restò bloccato sul posto. Che succedeva? Perché non riusciva ad usare i suoi poteri? Maledizione, cosa era successo? Allora era vero, in qualche modo stava iniziando a svanire. Porca puttana non sapranno mai cosa volevo fare per loro, pensò con rammarico, prima di chiudere gli occhi, e lasciarsi andare al sonno, convinto che mai più si sarebbe risvegliato.
 
Quando il mattino seguente Dean si risvegliò, immediatamente capì che qualcosa fosse cambiato tra lui e Castiel, sentiva il petto dell’angelo sotto la guancia che s’alzava e abbassava e sentiva dentro di sé una pace interiore, che non aveva mai provato prima, anche se sapeva che avessero molto da chiarire, che molte cose dovessero essere sistemate tra di loro, in quel momento, voleva solo godere di quel tepore, continuare a sentirsi al sicuro e, sebbene sapesse quanto fosse sbagliato, desiderava unicamente continuare a crogiolarsi in quella sensazione di pace, che provava solo tra le braccia del suo angelo. Era una cosa irrazionale, che non aveva mai provato prima, e lo riempiva dal profondo.
«Posso sentire i tuoi pensieri vorticare come api impazzite, anche senza leggerti la mente, Dean» disse piano Cas, accarezzandogli con tenerezza i capelli. Dean strusciò la guancia contro il petto ancora nudo dell’angelo, abbozzando un piccolo sorriso, continuando a tenere gli occhi chiusi. Aprire gli occhi avrebbe significato tornare alla realtà.
«Cinque minuti» biascicò, Castiel sorrise – poteva sentirlo – e gli diede un tenero bacio tra i capelli.
«Tutto il tempo che vuoi» mormorò con il tono estremamente dolce.
Doveva essere morto o in qualche universo parallelo, in cui lui e Cas erano davvero felici insieme, perché non riusciva a trovare una spiegazione razionale a ciò che stava accadendo e a capire perché fosse successo proprio a lui, ma non voleva affrontare quel tipo di problemi, almeno non in quel momento, non quando tutto sembrava perfetto. Sapeva che le cose belle, a quelli come lui, non accadevano, ma voleva illudersi per un solo, singolo istante, che una cosa bella fosse accaduta proprio a lui; la cosa bella era, appunto, Castiel.
Se non apro gli occhi – si disse – tutto resterà perfetto. Perché dovrei aprire gli occhi?
L’angelo, senza volerlo davvero, lesse il pensiero al cacciatore – la preoccupazione che stesse avendo ripensamenti su ciò che avevano condiviso quella notte era latente in lui – e sorrise dolcemente, come poteva Dean temere che le cose cambiassero, se si fosse svegliato? Tutto sarebbe rimasto uguale, doveva solo crederci, e avere fiducia in loro due.
«Dean» lo chiamò a bassa voce, facendolo rabbrividire, santo cielo, non si sarebbe mai abituato alla voce bassa e roca dell’angelo che pronunciava il suo nome, soprattutto quando era così carica di… felicità?
«Cas» sussurrò in risposta, ancora ad occhi chiusi «Sei davvero qui o sto sognando?»
«Sono davvero qui, Dean» rispose, il tono morbido e dolce «Puoi aprire gli occhi, non svanirò improvvisamente».
Solo dopo aver sentito quelle parole, il cacciatore riuscì ad aprire gli occhi, un sorriso tenero nacque sulle sue labbra, trovandosi davanti la visione del meraviglioso volto rilassato e sereno del suo angelo. Si sentiva stupidamente felice, e anche se sapeva di non doversi sentire così, di non crogiolarsi in quella situazione, poiché presto gli sarebbe stata portata via, com’era sempre stato per lui – mai nella sua vita le cose erano state semplici e serene – non riusciva ad evitarsi di sentirsi felice, sereno, rilassato e – avrebbe azzardato a dire, anche se mai l’avrebbe ammesso ad alta voce – innamorato. Cielo, era un qualcosa di stupendo, ma al contempo terrificante, e Dean non sapeva come rapportarsi.
«Ciao» sussurrò, trovandosi proiettato nello sguardo limpido dell’angelo, che gli sorrideva in modo dolce, mai Castiel era stato un tipo incline al sorriso, e tutto quello che era riuscito a mostrare era un mezzo sorriso, mai di più.
«Ciao a te» lo salutò l’angelo, e senza aggiungere altro, si chinò a baciarlo delicatamente; stavolta, osservò l’angelo, era stato diverso dalla prima volta che si erano uniti, la prima volta che erano stati insieme, al risveglio, Dean non era riuscito a guardare in faccia l’amante, e quasi lo aveva cacciato in malo modo, borbottando cose senza senso sullo spazio personale violato, e altre cose che avevano un po’ ferito Castiel, lo aveva scacciato, respinto, e non era più tornato sull’argomento, ma adesso, qualcosa era cambiato in lui,  perché Dean non voleva più fare gli stessi errori, non voleva più rinnegare ciò che provava, non voleva più cacciare l’angelo dalla sua vita, anche se non avrebbe detto ad alta voce ciò che provava, ormai era palese, no? Non c’era bisogno di troppe parole, tra lui e Cas non c’era mai stato bisogno di usare troppe parole, a loro erano sempre bastati sguardi, leggeri tocchi e piccoli gesti, e si erano sempre intesi alla perfezione. Sentì Castiel sorridere contro le sue labbra, e gli mise una mano dietro alla nuca, infilandogli le dita tra i capelli sentendoli setosi, piumosi, a contatto con la pelle, strinse gli occhi e si lasciò trascinare dall’angelo, che con delicatezza gli accarezzava le gote, mentre lo baciava; poi lo sentì ridacchiare sommessamente nel bacio.
«Che hai da ridere?» chiese Dean, ad occhi ancora chiusi.
«Niente» rispose Castiel, il tono dolce, che il cacciatore non gli aveva mai sentito «È l’effetto che mi fai tu, Dean» disse con naturalezza, facendo arrossire leggermente Dean, che scosse la testa «E mi chiedevo dove fossero le tue stupide regole sullo spazio personale…» disse, con un leggero tono sarcastico.
«Chi ha parlato di spazio personale?» chiese con tono quasi innocente il cacciatore, alzando lo sguardo verso di lui.
«Tu, ogni volta che…» mormorò l’angelo, mettendosi a cavalcioni su di lui, sovrastandolo un po’ e abbassandosi verso di lui «…Mi sono trovato così vicino a te» sussurrò ad un soffio dal suo viso e dalle sue labbra.
«Forse ho sempre usato metafore… per… suggerirti di baciarmi» rispose, affannando, sopraffatto dalle labbra dell’angelo che non la smetteva di tempestare le sue labbra, le sue gote, il suo intero viso di baci, facendolo arrossire come un ragazzino inesperto. La sua mente, però, improvvisamente iniziò a suggerirgli che quella fosse una cosa del tutto sbagliata, ma il suo cuore desiderava esattamente quello; perché era così combattuto? Le cose belle non accadono nella mia vita – si disse in risposta, doveva staccarsi da Castiel e andare più lontano possibile, evitare di macchiare ancor di più lui, evitare che cadesse ancora una volta, l’ennesima, per lui.
«Cas» mormorò staccandosi dalla sua bocca, l’angelo pensò bene di abbassare le labbra contro il suo collo, ma Dean non riusciva ancora a lasciarsi andare totalmente, bloccato, adesso dai suoi pensieri negativi «Non dovrei, io…» disse a bassa voce, la bocca di Cas che percorreva il suo collo e scendeva verso il petto non gli permetteva di dire frasi di senso compiuto «Cas, non possiamo…» tentò ancora.
«Perché?» chiese, alzando lo sguardo su di lui «Te l’ho detto quando ci siamo conosciuti, Dean, le cose belle accadono», disse con serietà rispondendo ai suoi pensieri negativi e ripetendo le stesse parole che gli aveva rivolto la prima volta che si erano incontrati in quel vecchio capanno, subito dopo che aveva salvato Dean dall’inferno. Santo cielo, quanto tempo era passato da quel giorno… eppure l'angelo aveva sentito fin da subito di essere legato al cacciatore in modo irrimediabile, tutto ciò che aveva fatto fino a quel giorno, era stato unicamente per Dean, aveva sbagliato? Forse, ma lo aveva fatto con le giuste motivazioni, a suo parere. E non si pentiva di nulla, non si pentiva di aver rinunciato al paradiso, non si pentiva di aver tradito la sua specie, non si pentiva di aver rinunciato ad un esercito di angeli per salvare Dean, non si pentiva di aver usato tutto ciò che era in suo potere per tenerlo al sicuro.
«Non a me, Cas, lo sai. A me non accadono le cose belle, e anche se accadono, poi mando tutto a puttane».
«Non con me, Dean» sussurrò l’angelo, alzando lo sguardo verso l’amante «Fidati di me, okay?»
«Mi fido di te, Cas» affermò infatti, guardando il moro con lo sguardo leggermente addolcito «Ho solo paura» ammise.
Paura di perderlo, paura di mandare tutto all’aria, paura di rovinare tutto, paura di amare e lasciarsi amare, era questo ciò che lo tormentava più di tutto, ma non riusciva a causa dell’orgoglio a dar voce a tutti quei pensieri, per fortuna Castiel capiva esattamente i suoi tormenti, anche se non vi dava voce; per questo, con dolcezza appoggiò una mano su quella del suo cacciatore e intrecciò le loro dita, dandogli poi un bacio delicato sul dorso della mano e: «Non averne, ti prometto che non succederà nulla di brutto d’ora in poi» sussurrò. Dean sorrise, e reclinò la testa sul cuscino, scuotendo la testa, stranamente stava iniziando a credere alle sue parole, infatti le deboli difese che stava opponendo, cedettero immediatamente, davanti alle sue promesse, era tutto troppo travolgente e bello per far finta che non fosse accaduto; e non appena le sue labbra incontrarono di nuovo quelle dell’angelo, nell’ennesimo bacio infuocato, sentì di nuovo la felicità esplodergli dentro.
«Non dovrei sentirmi così stupidamente felice» confessò, mentre Castiel tornava con le labbra sul suo collo «Ma non riesco a smettere di sentirmi così» ammise, e forse erano le labbra magiche dell’angelo a farlo sentire così vulnerabile, o forse era il suo cuore che batteva in modo quasi impazzito, ma non riusciva ad evitare di sentirsi così stupido.
«Voglio solo che tu sia felice, Dean» confessò l’angelo, prima di appropriarsi di nuovo delle sue labbra, facendogli girare la testa con quel bacio; santo cielo, se Cas avesse continuato così, Dean avrebbe perso la testa in modo permanente. Tutti i problemi, tutte le preoccupazioni, tutte le paranoie su ciò che stava accadendo, su quel nuovo arrivato, improvvisamente erano passate in secondo piano, tutto ciò che gli importava in quel momento, era crogiolarsi in quel momento di pura pace e di puro amore tra lui e l’angelo, senza che fattori esterni condizionassero le sue scelte future.
«Mi dispiace aver dato di matto» disse poi Dean, inaspettatamente, Castiel inclinò la testa in quel suo modo buffo, strappandogli un sorriso «Non guardarmi così, hai capito a cosa mi riferisco. Quel ragazzo, Nate».
«Hai finalmente capito che non è una minaccia?»
«Come fai ad esserne così sicuro?» chiese dubbioso «Lo sai anche tu che nasconde qualcosa».
«Sicuramente» convenne l’angelo «Ma sono certo che non è qualcosa di negativo. Non dico che devi fidarti di lui, okay? Solo non saltargli addosso per ogni minima cosa» disse «Prova a dargli un’occasione» suggerì.
«E se dovesse farti del male?» chiese. Era strano per l'angelo vedere quel cacciatore sempre sicuro di sè, così terribilmente fragile davanti all'idea di poterlo perdere di nuovo. Non riusciva ad immaginare cosa avesse sentito Dean, quando lui era morto, ma doveva essere stato davvero devastante, per renderlo così fragile.
Castiel si abbassò ancora su di lui, le braccia piegate, appoggiate ai lati del suo volto e lo baciò con lentezza «Non me ne farà» promise «E poi ricordati che sono un angelo, non mi lascio uccidere facilmente». Dean avrebbe voluto credergli, davvero, ma lo aveva visto morire proprio davanti ai suoi occhi nemmeno molto tempo prima, e per questo non gli era semplice credere a quelle parole. «Fidati di me, non di lui, okay?» il cacciatore allora annuì e Castiel spazzò via ogni dubbio, eliminando la poca distanza tra di loro, unendo le loro labbra e baciandolo con dolcezza di nuovo, come se fosse nato solo per poter fare quello, lasciandolo totalmente senza fiato. Con Cas tutto era più semplice, tutto era meno complicato, e in quel momento, voleva solo poter vivere di quegli istanti; forse se fossero rimasti in quella stanza, forse tutto il male che c’era nel mondo, e che per tutta la sua vita aveva condizionato la sua esistenza, sarebbe rimasto fuori e lui avrebbe potuto sperare di essere felice, per una volta.
Si stavano ancora baciando, forse come due ragazzini troppo presi dal momento, quando si accorsero che c’era qualcosa di strano tra di loro, inizialmente Castiel percepì un qualcosa di nuovo, una presenza mai sentita prima, e immediatamente sentì l’esigenza di spingere Dean dietro al proprio corpo per proteggerlo. Poi si rese conto che la presenza non era maligna, ma era pura, innocua, era qualcosa di nuovo, di mai percepito prima, e proveniva dal letto.
«Dean, alzati» disse serio, la voce calma. Il cacciatore immediatamente lo ascoltò e si alzò dal letto, guardando l’angelo con il volto interrogativo; l’altro senza dir nulla, alzò tutte le coperte e, lì, tra le lenzuola scure del letto del cacciatore, c’era un piccolo uovo, che emanava una luce brillante e luminosa, che per un attimo invase tutta la stanza.
«Cosa diavolo è quello?» chiese il cacciatore, scioccato, quando quella luce intensa che somigliava molto a quella che si era diffusa nella stanza, quando lui e Castiel si erano uniti, in quel momento particolare tra di loro, si diradò.
«Un uovo» rispose con ovvietà l’angelo.
«Lo vedo da me che è un uovo, Cas, ma cosa ci fa un uovo nel nost- cioè mio letto?» chiese «Sono sicuro che ieri non c’era» osservò, mentre l’angelo con una punta di curiosità si avvicinava al misterioso oggetto – senza riuscire a trattenere un sorriso, al fatto che il cacciatore si stesse riferendo al letto in cui avevano giaciuto insieme con l’aggettivo nostro – prese delicatamente tra le mani il piccolo uovo e lo studiò con attenzione.
«Guarda Dean» disse, avvicinandolo un po’ di più al cacciatore «Sembra quasi immateriale, non ha un vero e proprio guscio» spiegò. Il cacciatore si avvicinò e osservò quel coso tra le mani di Castiel, e pensò per prima cosa che fosse una minaccia. Non aveva mai visto un oggetto simile, da dove era venuto fuori?
«Non capisco» mormorò Dean, scioccato.
«Nemmeno io» ammise Castiel; era qualcosa che nella sua vita millenaria non aveva mai visto, era qualcosa di nuovo, che prima non era esistito, ma poteva percepire da esso un grande potere, una purezza singolare, e qualcos’altro, qualcosa di umano, che non riusciva ancora ad identificare. «Non è un semplice uovo» osservò, e «Credo sia… in qualche modo nostro» azzardò, accarezzandolo piano.
«Nostro? Cas, non siamo galline, non facciamo uova che brillano… e poi siamo due uomini!»
«Io non sono un uomo» obiettò «Sono un angelo, non ho un sesso» Dean avrebbe voluto ribattere in modo sarcastico, ma Cas non gliene diede il tempo «Sono attualmente nel corpo di un uomo, ma questo non significa che io lo sia» continuò «Questo, ovviamente, deve essere frutto di qualche incantesimo, o di qualcosa che non so ancora» disse ancora, Dean voleva ribattere, ma non sapeva come, Castiel era lì di fronte a lui con un dannato uovo, e lui non sapeva da dove fosse spuntato «Farò qualche ricerca» affermò poi, annuendo deciso.
«Le faremo insieme» affermò deciso «Vado a prendere uno dei noiosi libri di Sam» disse velocemente, indossando una t-shirt e dei boxer, e poi dirigendosi alla porta «Aspettami qui». L’angelo annuì e, dopo essersi rivestito anche lui, si sedette sul letto di Dean in attesa del suo ritorno tenendo il piccolo uovo tra le mani. Mezz’ora dopo, il cacciatore tornò con tre libri enormi, Sam, e Jack al seguito; ciò che era successo era ancora strano per lui, e non riusciva a non sentirsi imbarazzato in quel momento. Aveva spiegato a suo fratello sommariamente ciò che era accaduto tra lui e l’angelo, e di ciò che avevano trovato nel letto al loro risveglio. Sam, intuendo l’imbarazzo del maggiore, aveva immediatamente annuito e cercato i volumi che gli aveva chiesto e si era offerto di aiutarlo; e Dean aveva acconsentito solo perché non sapeva cosa fare in quel momento, e aveva bisogno del supporto di suo fratello. Si rese conto in quel momento di non aver interpellato Castiel, e che probabilmente non avrebbe voluto che gli altri già sapessero di entrambi.
Dannazione, sono un idiota.
«Ho pensato che un po’ d’aiuto non avrebbe fatto male» disse a sua discolpa, Castiel lo guardò inclinando la testa, senza dire nulla, ma gli sorrise teneramente e annuì, capendo il suo bisogno d’aiuto. Forse Dean non sapeva che per lui non rappresentava un problema che Sam e Jack sapessero che il loro rapporto, aveva finalmente preso una direzione.
Sam osservò suo fratello prendere posto accanto a Castiel, senza alcuna vergogna nei gesti, e un finalmente sollevato passò nella sua mente; sorrise e prese posto su una sedia della stanza, poi aprì uno dei libri e iniziò a cercare qualche informazione sul quel misterioso uovo appena comparso; anche se sapeva esattamente di cosa si trattasse. Jack si mise al PC a fare ricerche su internet, mentre Dean e Castiel, che tenevano l’ovetto tra di loro, si divisero gli altri due tomi che il cacciatore aveva trovato nella biblioteca; solo diverse ore di ricerca dopo, Sam riuscì a trovare qualcosa di utile.
«Ecco! Ascoltate» esclamò, mentre gli altri aguzzavano le orecchie «Qui dice, che è una cosa che non accade sempre, è un evento più unico che raro. Si tratta del frutto del vero amore» lesse dal libro, con lo sguardo strabuzzato.
«Andiamo, cos’è? Un libro di favole?» chiese sarcasticamente Dean.
«No, è vero. Qui dice che succede solo quando la grazia di un angelo e l’anima di un umano, in un momento preciso del rapporto tra umano e angelo, si fondono. Questa fusione può generare una forma di vita del tutto nuova» spiegò, stentando a credere alle parole che stava leggendo «Questo è pazzesco, sentite, l’uovo crescerà, fino a che non sarà abbastanza sviluppato da permettere alla creatura di nascere» spiegò, incredulo «Non dovrebbe impiegare più di nove mesi a venire al mondo» disse poi, continuando a leggere, era tutto ipotetico, giusto? Non si sapeva se fosse davvero così o fosse altro? E se fosse stato tutto una menzogna? Se quel coso fosse stato un problema da risolvere?
«E cosa dovrebbe essere?» chiese Dean, stranito. Ancora non si era ripreso dal frutto del vero amore, sembrava davvero una stronzata di proporzioni bibliche, come era possibile che accadesse una cosa del genere?

Nostro figlio pensò Castiel, sorridendo spontaneamente, era la notizia più bella che riceveva in tutta la sua vita.
«Io credo che sarà metà angelo e metà umano» intervenne, invece, Jack, il quale sapeva chi sarebbe nato da quell’uovo.
«Ha senso» rispose Sam «Se è frutto dell’unione tra una grazia e un’anima, credo che possa avere parte di entrambe».
«Ma è fantastico!» esclamò Jack «Congratulazioni! Sarete genitori!» esclamò di nuovo, avvicinandosi a loro e abbracciando prima Castiel e poi Dean «Questo vuol dire che non sarò più l’unico nephilim sulla faccia della terra».
«Jack, tu non sei l’unico nephilim, sei l’unico a non aver paura degli angeli» disse Castiel, con il tono leggermente divertito; il ragazzo fece un sorriso leggermente imbarazzato, e annuì deciso, dando ragione all’angelo.
«Congratulazioni» disse Sam, avvicinandosi al fratello e abbracciandolo «Sarò zio!»
«Non esagerare, Samantha, non sappiamo ancora cosa ne faremo» disse, ma non credeva nemmeno lui alle sue parole, per tutta la vita aveva creduto che non sarebbe mai diventato genitore, a causa della sua vita, e improvvisamente, aveva un figlio con un angelo? Cosa diavolo stava succedendo alla sua vita già abbastanza complicata?
«Cosa ne faremo?» domandò retoricamente l’angelo «Lo accudiremo e lo faremo nascere, poi, come fate voi umani, gli daremo un nome e un’educazione adeguata, lo cresceremo insieme» disse con serietà l’angelo «Ecco ciò che faremo».
«Oh… d’accordo» rispose, senza nient’altro da aggiungere «Quindi… oh, saremo, tipo, genitori?» chiese con un’espressione a metà tra lo sconvolto e il sorriso, e a quelle parole, lo sguardo dell’angelo si addolcì, e lo rivolse al cacciatore, abbozzando un leggero sorriso, quel solito sorriso che era solito fare, che a Dean piaceva da impazzire. Sarebbero diventati genitori, avrebbe significato prendersi un sacco di responsabilità, avere un bambino pestifero che avrebbe sicuramente incasinato tutto, avrebbe significato avere la responsabilità di una vita, lasciare quindi la caccia, mettere in sicurezza il bunker – o avrebbero dovuto cercarsi una casa vera? – e assumersi il compito di guidare questo nascituro – probabilmente un nephilim – sulla strada giusta.
«Sì, saremo genitori» rispose l’angelo, fuorviando ogni suo altro dubbio «Io sarò con te» promise a bassa voce, per non farsi sentire dagli altri presenti, e solo dopo quelle parole, anche Dean si distese in un sorriso rilassato, felice.
«Mi sembra un buon piano» mormorò, e senza rendersene conto, avvicinò Castiel a sé per il colletto della maglietta, e lo baciò sorridendo contro le sue labbra, sotto gli sguardi allibiti e felici di Sam e Jack. Sì, una vita con Castiel e un loro figlio sembrava davvero un piano sensato.
 
Nei giorni che seguirono, Dean vide un repentino cambio d’umore nel suo angelo, era felice come mai lo aveva visto in quegli anni, e davvero, se significava vederlo così, avrebbe messo un frutto del vero amore al mondo più spesso. Cas usciva dal bunker, magari per risolvere qualche problema sovrannaturale, e rientrava sempre con dei giocattoli nuovi; il primo era stato un peluche davvero orribile, ma Dean non aveva avuto il coraggio di farglielo notare, perché Castiel lo aveva appoggiato vicino alla cesta dove avevano deposto l’uovo per non danneggiarlo; inoltre tornava spesso con tutto il necessario per prendersi cura di lui («Dean, mi hanno detto che questa crema è ottima per il bambino e questi pannolini sono i migliori in commercio
», oppure «Dean, ho preso il biberon e il latte in polvere, ma non ho idea di come si prepari» e ancora «Ho pensato che potesse servirgli un carillon, ho letto su internet che concilia il sonno dei bambini!»); si era messo di mezzo anche Sam, che diceva che dovessero rendere il bunker a prova di bambino, inoltre dovevano organizzare una sorta di nursery, e Dean non aveva idea di come farlo; ma poco importava. Spesso aveva visto il suo partner – santo cielo, era ancora difficile definirlo così – parlare con il piccolo, dirgli che sarebbe stato felice, che avrebbe fatto di tutto per tenerlo al sicuro, e che non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male; la felicità dell’angelo era qualcosa che aveva sorpreso piacevolmente Dean, e non sentiva in cuor suo di andare contro il suo volere; Castiel era un angelo fuori dal comune, e forse era stata proprio questa sua caratteristica ad averli avvicinati maggiormente, anche se lo metteva in forte imbarazzo, quando piombava all’improvviso alle sue spalle, e gli lasciava baci sulla guancia, o sul collo, o sulle labbra davanti a tutti. Era semplicemente Cas, e andava bene così, era adorabile.
Per le prime settimane, Dean aveva tenuto Nate sotto controllo, prima di rivelargli di suo figlio, ma alla fine, quel ragazzo non si era rivelato una minaccia, anzi, forse dopo quello che c’era stato tra lui e Cas, e le promesse che l’angelo gli aveva fatto, si era un po’ ammorbidito. Nathaniel, in fondo, era un valido aiuto, soprattutto adesso che lui era fermo per il benessere del piccolo; spesso il nephilim era uscito con Sam e Jack per far fuori qualche mostro, mentre lui era rimasto al bunker per prendersi cura del pulcino («Pulcino? Dean, è un bambino», «Un bambino in un uovo, Cas, andiamo è divertente!» «Non è divertente. È biologicamente sbagliato» «Tu sei un pennuto, quindi non è sbagliato»), e suo fratello gli aveva rivelato che fosse davvero un abile combattente, non solo grazie ai suoi poteri – mi sembra di vedere te da giovane, Dean, aveva detto il minore, scatenando una risata divertita nel fratello – ma anche perché, come avrebbe detto lui, spaccava i culi. Beh, Dean alla fine si era convinto, soprattutto in quel momento: era meglio avere un alleato e un aiuto, piuttosto che non averlo affatto; e poi nei confronti di Castiel, Nate aveva sempre dimostrato una grande ammirazione, e mai aveva dato l'impressione di voler nuocere a lui o a tutti gli altri. Forse, poteva iniziare a fidarsi anche lui, e inconsciamente lo aveva già fatto, visto che gli aveva rivelato dell’esistenza del suo pulcino senza sapere che lui lo sapesse già, del resto era proprio colui che sarebbe nato da quell'ovetto.
Nate, dal suo punto di vista, si era sentito sollevato, quando si era risvegliato il giorno dopo quella sorta di mancamento che aveva avuto, e con un messaggio di Jack, aveva anche scoperto il malore di esso: era stato concepito e il tempo sembrava essersi ribellato, in quel momento, alla presenza di due Nathaniel Winchester nello stesso tempo; l’unica cosa certa che sapeva era quella di non dover mai venire in contatto diretto con l’uovo, poiché non ne conosceva le conseguenze; ma ora osservava i suoi genitori e non credeva fosse vero che finalmente si fossero uniti e si comportassero come una coppia – era davvero imbarazzante per lui vederli scambiarsi baci e effusioni varie, ma non poteva che esserne felice – era davvero strano a volte come il tempo avesse il suo modo di concretizzarsi, lui credeva che mai lo avrebbero concepito, e invece… era accaduto, e tutto sembrava procedere nel verso giusto finalmente; tuttavia adesso doveva stare davvero attento, doveva essere cauto, stavolta non poteva rischiare di incasinare le cose, non poteva mandare tutto all’aria. Doveva stare attento alle sue azioni da quel momento in poi, o avrebbe rischiato di creare paradossi temporali, era spaventato all’idea che potesse accadere, e questo lo aveva trattenuto dal rivelare tutto ai suoi genitori, anche sotto suggerimento di suo zio Sam. Sapeva che sarebbe stato tutto più semplice se avesse detto a Castiel: ehi, stai per morire, ma io sono qui per salvarti, non temere, ma non poteva.
«Ciao Dean» Nate salutò Dean, quando giunse al bunker, il cacciatore sobbalzò, colto alla sprovvista, era solo, Jack e Sam erano fuori per risolvere un caso in Minnesota, e Castiel era da qualche parte a risolvere qualche problema angelico; mentre lui era rimasto solo con l’ovetto e un po’ aveva parlato con lui, e sebbene fosse una persona sempre all’allerta, non si sarebbe mai abituato alle entrate delle persone con il potere di teletrasportarsi, eppure dopo tanti anni con Cas e adesso con Jack, e anche Nate, avrebbe dovuto essere abituato a coloro che si spostavano in quel modo.
«Maledizione, Nate» imprecò a denti stretti, portandosi una mano all’altezza del cuore «Non puoi apparire così all’improvviso, perché non hai avvisato?» chiese. Nate gli sorrise,  e scosse la testa leggermente divertito.
«Scusa Dean» si scusò, guardando l’uomo davanti a sé «Ho incontrato Cas e mi ha chiesto di portarti questo» disse porgendogli una busta di carta all’apparenza piena «E ha detto che tornerà presto».
«Già, mi auguro che lo faccia» borbottò prendendo la busta, e controllandone il contenuto «Non ci credo! Un altro peluche? Ma ha svaligiato una fabbrica e ora me li manda uno alla volta?» sbottò facendo ridere il ragazzo che lo guardava con aria confusa, e allo stesso tempo divertita; poi scosse la testa e appoggiò la busta su una sedia «Impazzirò prima o poi» sospirò, fingendosi affranto, nascondendo un enorme sorriso «Ho bisogno di una birra, ne vuoi una?»
«Mi piacerebbe» rispose il ragazzo, sorridendo. Wow, era la prima volta che Dean lo invitava a bere una birra, quello sembrava decisamente un enorme passo avanti nella loro amicizia.
«Okay, vado a prenderle» gli disse il cacciatore «Accomodati pure». Nate lo guardò felice, dopo diversi mesi che era entrato nella loro vita, finalmente suo padre mostrava un po’ di fiducia, un po’ di solidarietà con lui, e non lo trattava come se volesse ucciderlo da un momento all’altro, era una cosa positiva, no? Aveva finalmente la sua famiglia al completo, e tutto tra di loro sembrava perfetto. Come suo padre gli aveva insegnato, non doveva crogiolarsi troppo nella felicità, ma… stava per bere una birra proprio con suo padre – come avrebbe voluto fare il giorno che era morto – il quale, pur essendo di un altro tempo, lo aveva riconosciuto come alleato, e finalmente gli aveva concesso un minimo di fiducia, inoltre aveva conosciuto Castiel, ed era quasi meglio di come lo avevano descritto tutti, e infine c’erano suo zio Sam e Jack, gli unici due a conoscere tutta la verità su di lui, i quali avevano promesso di aiutarlo in qualunque situazione. Non poteva che sentirsi più fiero e soddisfatto di sé, lo sarebbe stato solo quando avrebbe salvato Castiel.
Dean arrivò con due birre e si sedette di fronte a lui, sorridendo; era davvero strano vederlo sorridere in quel modo, nel suo tempo, suo padre era un uomo serio, distrutto dal dolore, che aveva cercato di fare di tutto per non farlo pesare al figlio, era un uomo che aveva perso ogni cosa, e viveva di rimpianti e nonostante ciò, era riuscito a crescere Nate nella più completa serenità. Era un uomo da ammirare, un modello da seguire, ma doveva ammettere che anche quella versione serena, felice e perennemente allegra di suo padre, non gli dispiaceva. In fondo, era quello lo scopo della sua missione, far essere felice suo padre, e per far ciò, aveva bisogno di salvare Castiel.
«Eccoci qua» disse porgendogli la sua birra «Ti devo delle scuse, Nate» esordì il cacciatore, dopo un lungo momento di silenzio. Nate lo guardò stranito, inclinando la testa con l’espressione confusa, era così simile a quella di Cas…
«In che senso?» il nephilm era scioccato non tanto per le sue parole, ma per il fatto che suo padre, colui che non ammetteva mai un errore, si stava scusando con lui, e stava ammettendo di aver commesso un errore. Wow.
«Ti ho giudicato male, sei un valido aiuto per tutti noi» disse con sincerità, scuotendo la testa «Mi dispiace».
«Grazie» sorrise Nate, accettando finalmente la birra – e le sue scuse – e stappandola, poi fecero scontrare le bottiglie e poi ne bevvero un sorso «Ti posso raccontare una cosa?» gli chiese Nate, lo sguardo carico d’aspettativa. Moriva dalla voglia di parlare con Dean, com’era solito fare con lui nel suo tempo; loro, una birra a testa e dei racconti sulla caccia.
«Spara».
«Una volta ho seguito un caso da solo, andando contro il parere di mio padre» raccontò, sorridendo «Ma gli ho spaccato il culo lo stesso», Dean inclinò la testa leggermente, sorridendo e lo incitò a continuare, così Nate gli raccontò di come avesse scoperto il caso, di come si fosse recato da solo sul posto, contrario al parere del padre, di come avesse rintracciato il mostro, e di come lo avesse colto di sorpresa e infine lo avesse fatto fuori.
«Se fossi tuo padre, sarei fiero di te» disse Dean, abbozzando un sorriso, e bevendo la sua birra. E Nate sorrise felice, bevendo anche lui, valeva decisamente la pena essere lì. Ed esattamente come succedeva spesso, le birre divennero due, e poi tre e anche Dean iniziò a raccontargli alcuni aneddoti delle cacce che seguiva con suo fratello, di alcuni casi assurdi che avevano risolto, e solo un paio di volte accennò a qualcosa riguardante Cas e ciò che avevano vissuto insieme; e non sapeva da cosa dipendesse questa improvvisa fiducia di Dean nei suoi confronti, ma forse poteva ringraziare lo zio Sam per aver parlato positivamente con Dean di lui, e di averlo convinto in qualche modo a dargli una possibilità. Sperava solo che continuasse ad avere questa fiducia in lui, quando le cose si sarebbero complicate, e sapeva benissimo che l’avrebbero fatto, soprattutto con l’avvicinarsi della sua nascita. Sapeva che prima o poi, non sapeva esattamente quando, i suoi genitori avrebbero litigato, e si sarebbero allontanati per un periodo di tempo, e da quel momento in poi, avrebbe dovuto fare ogni cosa in suo potere per salvarli dal loro destino. E non sarebbe stato facile.
 
___________

Hola people!
Buon sabato a tutti!
Eccoci di nuovo qui con un capitolo nuovo nuovo! Ho lavorato su questo capitolo tutto il giorno, tra accorgimenti, aggiunte e correzioni, spero di non aver tralasciato nulla! Vi confesso una cosa, questa storia doveva essere inizialmente una One Shot, ma come al solito le cose mi sono sfuggite di mano, e l'avevo divisa in 4 parti; tuttavia nella stesura e correzione di tutto ciò, l'ho dovuta dividere in 6. Se continuo di questo passo da one-shot che diventa mini-long, arrivo a una mini-long che arriva ad essere una long LOL. Anyway, devo scappare a scrivere un testo per il corso d'inglese, che durante la settimana non ho mai tempo a causa del lavoro çç la triste vita di una scrittrice amatoriale, che lavora e studia.
Anyway, che accade qui? Come molti avevano sospettato, baby Nate è stato concepito! E ovviamente il nostro TFW si ingegna per capire cos'è. 
E finalmente, Dean accetta finalmente Nate nel team. 
Cos'altro dire? Spero che vi sia piaciuto e non vi siano errori! 
Io vi ringrazio con tutto il cuore per il supporto, per le recensioni che fanno sempre piacere e per chi segue la storia, anche solo spendendo un click per leggerla. Grazie davvero! 
Ci si becca la prossima settimana, sempre su questi canali! Stay tuned! 
Bye, people! 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Parte V. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi, anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!

________________________


«Che cazzo è successo?» domandò allarmato Dean quando vide tornare nel bunker Jack e Nate che reggevano un Castiel leggermente ferito, immediatamente il cacciatore fu vicino all’angelo e lo sorresse «Cas? Stai bene?»
«Guarirò, Dean, sono solo ferite superficiali» rispose con tono calmo l’angelo, mentre Dean lo guidava verso il divano. Gli tolse prima il trench e poi la giacca, rendendosi conto che sì, quelle erano solo delle ferite superficiali, ma non riuscì a tirare un sospiro di sollievo. Era successo, di sicuro, qualcosa di negativo.
«Che cosa è successo?» chiese, guardando la spalla ferita di Castiel, quella era l’unica ferita più profonda che aveva.
«Mi hanno preso alla sprovvista, ma non è successo niente» spiegò cercando di rassicurarlo, da quando, qualche mese prima avevano scoperto di essere in attesa di un bambino, Dean era diventato inspiegabilmente protettivo e ansioso nei confronti dell’angelo. Tutti sapevano fosse un atteggiamento totalmente contrario al suo, nemmeno lui riusciva a spiegarsi questo suo cambiamento, Sam scherzando aveva detto che il suo atteggiamento ricordava proprio quello di una donna incinta, preda degli ormoni e Dean lo aveva mandato a quel paese senza troppi complimenti.
«Non è successo niente?» domandò retoricamente, il moro scosse la testa «Non è successo niente, dice lui! Niente! Potevano ucciderti, Cas!» esclamò arrabbiato «Potevano…»
«Non lo hanno fatto, Dean, non lo faranno» lo interruppe l’altro prendendogli il viso tra le mani e guardandolo negli occhi «Te lo prometto».
I problemi che avevano preoccupato Nate fin dall’inizio non tardarono ad arrivare; iniziarono con quella semplice discussione dopo una missione, dopo la quale Castiel era tornato leggermente ferito poiché un angelo l’aveva preso alla sprovvista e lo aveva ferito ad una spalla, ma lui aveva avuto i riflessi abbastanza pronti e lo aveva ucciso; tuttavia quando era tornato al bunker e Dean si era accorto di quella ferita, e delle altre superficiali, subite durante la colluttazione, aveva iniziato a preoccuparsi eccessivamente. Ed era da una settimana che lui e Castiel litigavano senza sosta, avevano opinioni diverse su tutto, e anche se Sam, Jack e anche Nate cercavano di mediare, loro non smettevano di discutere. Dean voleva che tutti loro si ritirassero dalla caccia, si sistemassero in una bella casa, magari in Texas, e crescessero il bambino in un ambiente sano, e non combattendo contro il mondo intero. Non voleva fare gli stessi errori di suo padre, crescendo un bambino in una vita che non poteva renderlo felice, una vita che non poteva farlo realizzare come persona, mentre Castiel era contrario, c’erano troppi problemi, in quel momento per ritirarsi a una vita normale. Però, aveva cercato di andare incontro all’amante, dicendogli che avrebbero potuto dividersi: il cacciatore avrebbe provveduto a mettere lui e il pulcino al sicuro, mentre l’angelo si sarebbe occupato di tutto il resto, senza metterli in pericolo. Solo a sentire quelle parole, Dean era andato in escandescenza. Vane erano state le parole di Castiel e quelle di Sam, non era una soluzione contemplabile per lui, non poteva salvarsi solo lui. Nate, davanti a quei litigi, era inerme, perché sapeva a cosa avrebbero portato, e non era un qualcosa di positivo. Era quello il momento giusto in cui intervenire? Purtroppo noi lontani abbiamo sempre funzionato male, e me ne sono reso conto troppo tardi, le parole di suo padre gli tornarono in mente come un flash, e li guardò continuare a discutere sul dividersi e sull’operare separatamente. Doveva dire la sua, doveva convincerli a non dividersi, ma come poteva, senza che scoprissero che lui conosceva a cosa andassero incontro? Ogni giorno che passava, che li avvicinava al giorno della sua nascita, era un giorno verso il compimento della missione di Nate, cercare di salvare suo padre dalla morte, ma più si avvicinava quel giorno, più aveva l’impulso di dire loro tutto in modo da renderli pronti all’inevitabile. Tuttavia, non poteva, non sapeva quando e come gli angeli avrebbero attaccato, non sapeva le motivazioni, e se così facendo avesse rivelato troppo, cambiando così il corso degli eventi? Doveva tacere, doveva mordersi la lingua ogni volta che li sentiva litigare, ad ogni Vaffanculo tu e il tuo stupido eroismo e Non voglio fare l’eroe, voglio tenere la mia famiglia al sicuro o Senti da che pulpito viene la predica, dal re del suicidio eroico! – doveva trattenere la voglia di dire loro che non avevano così tanto tempo per continuare a litigare, che dovevano parlarsi dei rispettivi sentimenti l’uno per l’altro, per non avere rimpianti di alcun tipo. Era particolarmente preoccupato quella mattina, secondo i suoi calcoli, quelli erano proprio i giorni in cui si sarebbero divisi per interi mesi, dopo un litigio particolarmente furioso, e da lì in poi le sorti della sua famiglia, sarebbero state sul filo del rasoio fino alla sua nascita. Lui poteva solo assistere, per il momento, al corso degli eventi. Quando arrivò al bunker, la situazione era tragica, i suoi genitori stavano litigando di nuovo, e forse quella sarebbe stata la decisiva. Aveva chiesto a Sam qual era stata la motivazione scatenante quella volta, e suo zio gli aveva spiegato che Castiel aveva incontrato Lucifer, il quale gli aveva rivelato un piano per distruggere l’imminente minaccia degli angeli del mondo apocalittico, che volevano invadere il loro mondo e che Castiel avesse accettato di aiutare l’arcangelo in quella missione apparentemente suicida. Quando l’angelo era rientrato e aveva spiegato com’era andato l’incontro, Dean lo aveva aggredito, sostenendo che fosse solo un folle a fidarsi di Lucifer e dei suoi assurdi piani, accettando addirittura di aiutarlo, e che avrebbe dovuto smetterla di comportarsi come un figlio di puttana e restare a casa, con la sua famiglia e l’angelo aveva ribattuto, sostenendo di non poter lasciare la situazione così disperata, quando aveva un figlio che avrebbe dovuto vivere in quel mondo. Dean non lo aveva ascoltato per niente, e aveva continuato ad inveire in modo fastidioso, così tanto da far innervosire anche l’angelo. La discussione era degenerata in un Forse è meglio che ci separiamo per un po’ detto dall’angelo e Vaffanculo, se esci da quella porta non tornare mai più, stronzo! – e altre parole dure e altri insulti tra di loro, che avevano terrorizzato Nate, fin dal primo momento in cui era arrivato nel passato. Poi Castiel aveva tirato un profondo sospiro, conscio che così non avrebbero potuto andare avanti e aveva guardato il cacciatore negli occhi, paralizzandolo.
«Dean, calmati! Non mi succederà nulla, Lucifer ha un buon piano, risolveremo le cose e poi faremo a modo tuo, ce ne andremo dovunque tu voglia, ma adesso, adesso è importante sistemare le cose, proteggere Jack da Asmodeus e evitare che Michael invada il nostro mondo» tentò di spiegare l’angelo, ma il cacciatore era sordo alle sue parole, non voleva rischiare ancora «Anche per nostro figlio» disse infine.
«Ci sono altri angeli, altri cacciatori, lasciamolo fare a loro! Jack con noi sarà al sicuro, andiamo dove non possono trovarci» obiettò il cacciatore, guardando il suo angelo dritto negli occhi, abbassando le difese e la voce man mano che parlava «Per favore, Cas, non posso… non voglio perderti» disse, e gli costò tanto dirlo davanti a tutti, ma non voleva che l’angelo rischiasse grosso, non in quel momento. non quando avevano troppo da perdere entrambi.
«Non mi perderai. Te lo prometto, ma non posso lasciare le cose così come stanno. Ti prometto che andrà tutto bene, ti prometto che tornerò da te» disse Castiel, avvicinandosi a lui e prendendogli il volto tra le mani «Te lo giuro, Dean, risolverò la situazione, e tornerò dritto da te. Poi vivremo nel modo che tu preferisci».
Dean scosse la testa, guardandolo in modo disperato: «Non posso lasciarti andare, non posso… ti prego, Cas», Dean Winchester che si abbassava a pregare qualcuno, voleva dire solo che era davvero disperato «Ho bisogno di te, nostro figlio ha bisogno di te» lo supplicò, lo sguardo dritto nel suo. L’angelo chiuse gli occhi per un attimo e appoggiò la fronte contro la sua, tenendogli le mani sui fianchi, stringendolo contro il proprio corpo.
«E io ho bisogno di voi» disse a bassa voce, accarezzandogli i fianchi «Ma per sapervi al sicuro, devo essere certo che tutti questi problemi, tutte queste minacce verso di noi, siano debellate» spiegò, il cacciatore contrasse la mascella, sapeva che Castiel avesse ragione, ma dannazione, non poteva lasciare che se ne occupasse qualcun altro? Lucifer, ad esempio? Non poteva per una volta farsi gli affari propri, essere un po’ egoista e salvarsi la vita? Beh, se non ci fosse stata di mezzo la sicurezza del loro pulcino, anche lui avrebbe fatto di tutto per risolvere quella situazione, ma adesso non poteva più farlo, doveva pensare alla sicurezza di quella piccola creatura, doveva tenerlo al sicuro dai mostri e da chiunque volesse fargli del male, ma voleva che a farlo fosse anche Castiel, voleva che condividessero ogni cosa di quel bambino.
«Promettimi che tornerai» mormorò, alzando lo sguardo su di lui.
«Tornerò sempre da te» promise l’angelo «Anzi, da voi».
«Non farti ammazzare, Cas, altrimenti, giuro su tuo padre che verrò a cercarti dovunque tu sia, e ti ucciderò io».
La bocca di Cas si tese in un tenero sorriso e diede un bacio a stampo al suo cacciatore, scuotendo leggermente la testa.
«Dean, non credo che…» iniziò ad obiettare, ma Dean fu più rapido ad interromperlo.
«Era una metafora, Cas» disse guardandolo, poi scosse la testa «Cerca solo di portare il tuo culo qua e basta».
«Grazie, Dean, è conformante che tu voglia solo il mio culo».
Il cacciatore lo spintonò, trattenendo una mezza risata, quel maledetto angelo l’avrebbe fatto impazzire prima o poi, con quel suo atteggiamento da stupido moccioso, ma sapeva anche che in quel momento stesse solo sdrammatizzando il momento, per alleggerire la tensione che si era formata tra di loro. Odiava litigare con lui, e davvero non avrebbe mai voluto comportarsi in modo così irrazionale, ma il solo pensiero di poterlo perdere di nuovo, gli faceva mancare il fiato.
«Idiota» imprecò, scuotendo la testa; poi Castiel salutò lui e tutti gli altri presenti nel bunker, e si diresse all’uscita del bunker, lasciandosi indietro Dean e il pulcino.
Nate restò perplesso davanti a quella scena, l’angelo non era andato via dopo un furioso litigio, cioè il furioso litigio c’era stato, ma poi si erano riappacificati, avevano fatto quelle loro smancerie imbarazzanti – davvero, non si sarebbe mai ripreso da quelle scenette tra i suoi genitori – e in qualche modo, avevano chiarito la situazione. Qualcosa era cambiato dai racconti di suo padre, qualcosa era avvenuto in modo diverso – santo cielo, stava davvero cambiando il tempo allora, quindi la possibilità di salvare Castiel, era quasi più reale di prima. Qualcosa aveva spinto i suoi genitori a non allontanarsi violentemente l’uno dall’altro, non sapeva cosa potesse significare questo, ma per lui era solo un punto positivo, un vantaggio. Se non litigavano, erano uniti, e nel momento della sua nascita, sarebbero stati insieme, nessuna battaglia sarebbe scoppiata e le cose sarebbero andate tutte per il verso giusto.
 
Dopo i primi giorni di ansia e preoccupazione, dopo la prima telefonata di Castiel, Dean decise che non sarebbe stato con le mani in mano, e avrebbe fatto di tutto, dalla sua postazione, per aiutarlo. Così con l’aiuto di Sam, Jack e Nate, aveva iniziato a fare altre ricerche per cercare di mandare all’angelo tutto l’aiuto di cui necessitava, in modo che pur essendo lontani, non fossero stati divisi nel lavoro. Nel frattempo, tra una ricerca e l’altra, Dean, per non stare con le mani in mano, aveva iniziato ad organizzare in una stanza del bunker una sorta di nursery per il pulcino. Aveva così comprato una culla – che aveva trasportato nella stanza grazie ai poteri di Jack e Nate – aveva iniziato a dipingere le pareti della stanza con colori chiari e neutri – non poteva sapere se fosse stato un maschio o una femmina – aveva sistemato i peluche che Castiel gli aveva preso e ogni giorno che passava, sperava che l’angelo decidesse di tornare a casa. Era preoccupato per lui, perché si stava occupando di tutto da solo, ed era combattuto, perché si sentiva anche in colpa. Avrebbe dovuto essere al suo fianco a lottare con lui, a combattere con lui per la sua famiglia, e invece come un vigliacco se ne stava rinchiuso al sicuro nel bunker, da dove non avrebbe mai potuto fare qualcosa di concreto per lui. Pensava ogni giorno di mettersi in viaggio e raggiungerlo ovunque fosse, perché era con Lucifer, e pericolo superiore o meno, era colui che lo aveva ucciso, mesi prima e di lui non poteva fidarsi completamente, e se Lucifer avesse avuto intenzione di tradirlo? Se lo avesse ingannato fin dall’inizio? Se solo ripensava a quando aveva dovuto dar fuoco al corpo di Cas, sentiva ancora il vuoto e il dolore che aveva avuto dentro, la devastazione che lo aveva accompagnato per quei giorni, fino al suo ritorno, era qualcosa di cui ancora non riusciva a parlare, di cui non riusciva a liberarsi; ma non poteva perché aveva il bambino di cui occuparsi, da proteggere. E sì, forse il mondo sarebbe stato invaso da angeli stronzi, ma a lui non importava, voleva solo che Castiel tornasse a casa ed evitasse di farsi ammazzare. Ogni volta che lo sentiva, era davvero vicino a trovare una soluzione, ma sembravano solo scuse campate in aria, e più passava il tempo, più lui era preoccupato, più era preoccupato e più impazziva e dava di matto – aveva sentito Sam più di una volta paragonarlo ad una donna incinta, e sebbene lui si arrabbiasse con il fratello, un po’ si sentiva così – così per non pensare a tutto ciò che lo preoccupava, e per tenersi occupato, Dean tinteggiava la stanza, costruiva mobili e organizzava la nascita del pulcino, mentre il suo compagno era solo dio sapeva dove a fare l’eroe. Sapeva di dover esser orgoglioso di lui, del suo operato, e forse in fondo lo era, ma era anche maledettamente preoccupato per lui. Nate si rendeva utile come poteva, aiutava Dean con le faccende della cameretta, aiutava Jack e Sam con le ricerche e cercava di mettersi in contatto con Castiel per poterlo aiutare in qualche modo. Tuttavia, le settimane passavano, il momento della nascita del pulcino si avvicinava, e Castiel non tornava a casa. Aveva chiamato un paio di volte quella settimana, spiegando a tutti di aver avuto degli imprevisti con alcuni angeli, di aver dovuto scegliere di stare lontano per proteggere il loro pulcino, perché qualcuno aveva sentito parlare del piccolo uovo che Dean custodiva, e aveva voluto proteggerli, non rivelando la loro posizione. Il cacciatore era sempre più intrattabile, era sempre più convinto di mollare ogni cosa e andare a cercare Castiel per riportare la sua brutta faccia a casa, come diceva ogni volta, ma non si muoveva perché aveva capito che il loro bambino fosse in pericolo. Nate però era preoccupato, perché il giorno del suo compleanno era vicino e sapeva che il momento tragico sarebbe giunto presto, anche suo zio e Jack lo sapevano, e avevano promesso di aiutarlo, ma ciò non serviva a farlo stare meglio. Avrebbe dovuto evitare, in qualche modo, che i suoi si separassero, che si allontanassero, e invece lì aveva fallito, loro si erano allontanati lo stesso, e lui sarebbe nato presto, e niente era cambiato dal futuro che gli aveva descritto suo padre prima di morire. Dannazione, sono un idiota.
«Nate, che hai?» gli chiese Sam, comparendo alle sue spalle, sedendosi accanto a lui.
«Io… tra due giorni è il mio compleanno» confessò «E so cosa accadrà. Ma non so come evitarlo».
«Perché?»
«Perché sta accadendo tutto nello stesso modo e… non so come salvare mio padre» disse a bassa voce, per evitare che Dean, dalla sua stanza, ascoltasse la loro conversazione «So che mio padre morirà il giorno della mia nascita, perché verrete attaccati da alcuni angeli e demoni, che vogliono portarmi via» spiegò «Ed è tutta colpa mia, non sono riuscito ad evitare che si separassero, che trascorressero gli ultimi mesi lontani e… santo cielo, sono un idiota…»
«Nate, Nate» lo fermò Sam «Non farti prendere dall’ansia, okay?» continuò con la voce calma per trasmettergli un po’ di tranquillità «Prendi un respiro profondo e ascoltami» Nate annuì e fece come lo zio gli aveva suggerito «Tu sai cosa accadrà il giorno del tuo compleanno, okay? Allora anticipa gli eventi. Cosa succederà?»
«Da quello che mi ha detto mio padre, nel momento in cui si accorgerà che sto per nascere, chiamerà Castiel, lui si precipiterà qui, e verranno attaccati da angeli e demoni».
«Tra due giorni?» Nate annuì cupo «Allora dobbiamo riportare tuo padre qui, prima della tua nascita» suggerì.
Nate, dopo quelle parole, capì cosa intendesse lo zio e decise di prendere in mano la situazione, e quella sera uscì dal bunker con una sola missione: riportare a casa suo padre. Così dopo aver localizzato il cellulare di Cas, con un’applicazione del suo telefono del futuro, lo trovò e lo raggiunse immediatamente, quando arrivò, si disse che suo padre era stato fortunato che avesse deciso di agire proprio in quel momento, infatti al suo arrivo Castiel era circondato da tre angeli, i quali sicuramente non avevano buone intenzioni nei suoi confronti. Nate sfilò da sotto alla giacca di pelle la lama angelica e si avvicinò di soppiatto ai quattro angeli, afferrò uno di quelli ostili da dietro, puntandogli la lama alla gola e: «Lasciate andare immediatamente Castiel» disse a denti stretti. Suo padre lo guardò scioccato, e prima che potesse fare altro, Nate colpì a morte l’angelo che aveva bloccato, poi, prima che un altro angelo attaccasse Castiel, lanciò la lama contro il suo petto e lo uccise all’istante, mentre Castiel pugnalò l’ultimo rimasto, l’angelo si guardò intorno stupefatto, non avrebbe mai creduto di potersi salvare da quell’agguato, aveva incontrato di nuovo Lucifer, il quale gli aveva rivelato un piano per salvare il mondo e riscattarsi davanti a Dio e agli altri angeli, per dimostrare a suo figlio di non essere poi così cattivo – forse non lo era davvero – e lui, avendo ormai capito che il suo aiuto fosse quasi del tutto inutile, visto che Lucifer era un arcangelo e aveva tutta la situazione sotto controllo, aveva preso la saggia decisione di tornare a casa, tuttavia mentre si stava per rimettere in viaggio per ritornare, era stato attaccato da quei tre angeli, che lo avevano colto di sorpresa, domandando del mezzosangue che a breve sarebbe nato. Castiel ovviamente era rimasto in silenzio e essi lo avevano accerchiato, se non fosse stato per l’arrivo tempestivo di Nate, sarebbe morto lì, e Dean non lo avrebbe mai perdonato per non aver mantenuto la promessa di tornare.
«Mi hai salvato» disse l’angelo, guardando il ragazzo.
«Beh, l’ho detto fin dall’inizio, voglio solo aiutare» disse, portandosi una mano dietro la testa, grattandosi la nuca in modo imbarazzato, un modo che all’angelo ricordò incredibilmente il suo cacciatore quando sminuiva le sue abilità e doti migliori «Dean sta impazzendo, quindi… perché non torni a casa?» domandò.
«Mi sembra giusto» convenne l’angelo, sorridendo appena «Mi dai un passaggio tu?»
«Certo» rispose e sorrise, poi appoggiò una mano sulla spalla di suo padre – non credeva ancora di essere riuscito a salvare la sua vita – e si concentrò sul bunker. Atterrarono lì in pochi istanti, e Castiel fu subito investito da qualcuno.
«Maledizione, mi hai fatto preoccupare a morte» disse Dean, baciandolo con tutta la passione di cui era capace «Non andartene mai più da me, mai più, nemmeno per salvare il mondo, vaffanculo il mondo e il paradiso».
Castiel sorrise contro la sua bocca e lo strinse forte a sé: «Penso che lascerò la situazione in mano a Lucifer, non vede l’ora di dimostrare a nostro padre che è cambiato» ridacchiò, stringendo il cacciatore contro di sé «Non andrò più via».
«Bene» mormorò il cacciatore.
«La paternità ti ha fatto diventare tenero, Dean?» chiese sarcasticamente l’angelo, divertito.
«Cos-? Ti spiumo, Castiel, ti tiro ogni piuma rimanente delle tue ali e poi le faccio alla brace!» esclamò irritato il cacciatore, poi, resosi conto del suo tono, lo guardò scioccato «Hai appena… usato del sarcasmo con me?»
«Ho imparato dal migliore» rispose ammiccando e dandogli un leggero bacio a stampo «Dov’è il piccolo?»
«Nella nursery» rispose, Castiel lo guardò inclinando la testa, confuso, assottigliando gli occhi, come quando non capiva alcune cose «L’ho organizzata mentre eri via, credevi che restassi con le mani in mano, mentre tu spaccavi i culi agli angeli?» chiese, l’altro scosse la testa «Dovevo distrarmi e non pensare a dove fossi ogni istante, così mi sono tenuto impegnato» spiegò «Ti va di vederla?»
«Certo, fammi strada» inaspettatamente, Dean prese la mano di Castiel e lo guidò verso la nursery che aveva organizzato, nella stanza esattamente accanto alla sua, l’angelo non appena vide la camera, distese le labbra in un tenero sorriso, essa era davvero carina, Dean aveva fatto un lavoro eccellente, le pareti erano tinte di un tenue beige, il loro pulcino era appoggiato in una seggiolina a dondolo di legno, al centro della stanza c’era una bella culla bianca, dentro la quale c’erano i vari peluche che lui aveva comprato al bambino e sopra di essa c’era una giostrina con le apine; nell’angolo destro c’era un fasciatoio di legno chiaro, sotto al quale Dean aveva sistemato i pacchi enormi di pannolini acquistati sempre dall’angelo e poi c’erano giocattoli e altre cose utili per il bambino, persino uno stereo un po’ vintage, per insegnargli già la buona musica. Era tutto pronto per il suo arrivo, ormai. Non c’era più niente che potesse impedire a loro di essere due bravi genitori e di crescere quel bambino nella serenità più totale.
«Wow, Dean, è fantastica questa camera» disse stringendogli la mano con tenerezza «Sei stato davvero incredibile».
«Ti piace davvero? O lo dici solo per compiacermi?»
«Mi piace davvero» sorrise, ammirando l'incredibile lavoro che l'uomo aveva fatto durante la sua assenza «Nostro figlio sarà felice e al sicuro qua» disse.
«Mi sei mancato» sussurrò Dean, a bassa voce, sperando che l’altro non lo sentisse, dimenticando per un attimo che fosse un angelo «Ed ero maledettamente preoccupato per te» confessò, con un sospiro.
«Sono qui ora» lo rassicurò l’angelo, accarezzandogli una gota. Dean sorrise, e avvicinò il volto al suo per baciarlo, e Cas gli andò incontro, facendo scontrare le loro labbra in un delicato bacio a stampo «Mi sei mancato anche tu» sussurrò, prima di stringerlo con forza contro il suo corpo e baciandolo per bene. Poi Dean lo trascinò nella sua camera, e dopo avergli tolto il trench e la giacca, ed essersi disteso sul letto con lui, volle sapere ogni cosa di quei mesi che Cas non gli aveva detto. E finalmente dopo tanti mesi di preoccupazioni, notti insonni e piene di ansie sull’angelo, Dean riuscì a dormire  tranquillo, solo perché Cas era ritornato a casa, probabilmente giusto in tempo per la nascita del bambino.
 
Due giorni dopo, tutto il team era rilassato e tranquillo, festeggiavano il compleanno di Nate, il quale, dopo diverse domande sul perché fosse così cupo quel giorno, aveva confessato che fosse il primo compleanno che trascorreva senza suo padre, e tutto il team si era impegnato per rendergli quella giornata abbastanza tranquilla, anche solo per ringraziarlo di tutto il supporto che aveva dato loro fin da quando era arrivato nelle loro vite, tuttavia solo lui e Sam sapevano il reale motivo del suo malumore, quello era il giorno in cui avrebbe perso davvero suo padre.
«Devo dire una cosa» disse Dean ad un certo punto, tutti lo guardarono straniti «So che tra noi le cose non sono andate subito bene, ma ormai mi conosci, sai che non do mai subito troppa fiducia» disse, rivolto a Nate, che lo guardava con quello sguardo sempre carico di ammirazione «Ti sei fiondato nella caccia con noi, hai subito dimostrato di essere uno spacca-culi come noi, sei ufficialmente parte del team da un po’» disse, Nate aveva quasi gli occhi lucidi dall’emozione, ci erano voluti quasi dieci mesi affinché suo padre, Dean, lo accettasse, ma ne era valsa la pena «Prima di ritirarci dalla caccia, abbiamo una promessa da mantenere» disse poi «Non ti abbiamo ancora aiutato a trovare tuo padre».
Il nephilim spalancò gli occhi, giusto, aveva completamente dimenticato di aver detto di star cercando suo padre.
«Grazie Dean» disse sorridendo, quasi commosso «Sono felice che tu, cioè voi, mi abbiate accettato nel vostro team».
«Più che team, noi ci consideriamo una famiglia» intervenne Castiel «Fai parte della famiglia, ora». Nate non riuscì a trattenersi e raggiunse in fretta l’angelo e il cacciatore, abbracciando entrambi, mentre una piccola lacrima di commozione e gioia scivolava lungo la sua guancia. Stava letteralmente esplodendo di gioia in quel momento.
«Vi ringrazio» mormorò contro la spalla di Castiel «Questo è il più bel regalo di compleanno che potessi ricevere…» mormorò. Poi improvvisamente, dalla cesta dov’era deposto il pulcino, esplose una luce intesa.
«Che cazzo…?» domandò Dean.
«Penso sia il pulcino» rispose Cas «Sta per nascere».
Nate fu immediatamente sull’attenti, era arrivato il momento che temeva, aveva letto che quando un nephilim veniva al mondo, sprigionava un’energia così potente e travolgente da catalizzare su di sé le attenzioni di tutte le creature sovrannaturali – Jack quando era nato, aveva addirittura aperto un varco per un altro mondo, ad esempio.
Erano tutti in contemplazione dell’uovo, quando un rumore inquietante e spaventoso, proveniente dalle scale, giunse alle loro orecchie. Castiel guardò Dean, e: «Porta il pulcino al sicuro, ci penso io» disse con un tono che non ammetteva repliche; ma l’altro appoggiò una mano sulla spalla dell’angelo e cercò di trattenerlo, afferrandogli con la mano libera l’altra mano.
«Cas… potrebbe essere pericoloso».
«Devo tenervi al sicuro» disse, lasciò la mano del cacciatore ed andò verso la zona del bunker da cui provenivano i rumori, seguito da Jack, Nate e Sam, lasciandosi dietro Dean, che immediatamente afferrò la cesta con il quasi nascituro, che brillava in un modo esagerato, ma senza fargli del male, e subito lo portò nella nursery; si chiuse la porta alle spalle, sistemò il piccolo in un angolo della stanza e fissò la porta, non poteva permettere che Castiel e il resto della sua famiglia rischiassero la vita, e lui fosse chiuso in una stanza al sicuro. Fanculo Castiel, pensò e uscì dalla stanza come una furia, afferrando la sua pistola, e raggiunse la stanza centrale del bunker. Da dove fossero arrivati, non si sapeva, ma c’erano alcuni angeli e alcuni demoni che avevano fatto irruzione, aggirando le protezioni del bunker. Non era più un luogo sicuro, non era più un posto dove potersi sentire a casa, e adesso ne aveva la certezza. Se volevano cambiare vita, dovevano andare via dal bunker e dal Kansas. E ne avrebbe parlato con Cas, appena ne avesse avuto l’occasione, adesso doveva solo proteggere la sua famiglia. Due nephilim, due cacciatori e un angelo potevano facilmente sconfiggere quei figli di puttana invasori. E la furiosa battaglia che aveva preoccupato Nate scoppiò.
La confusione era tanta, improvvisamente uno dei demoni svanì, probabilmente aveva raggiunto la nursery, e Dean non poteva permettere che accadesse qualcosa a suo figlio, così in pochi secondi lo raggiunse e: «Stai lontano da lui, figlio di puttana» imprecò, lanciandosi contro il demone, per combatterlo; Castiel, notato il movimento, lo raggiunse immediatamente. Sam aveva appena pugnalato un demone, e Jack aveva scaraventato con i suoi poteri due angeli fuori dalla stanza; e Nathaniel si ritrovò nella situazione che aveva cercato di evitare fin dal primo momento che era arrivato lì quando si rese conto che non c’erano più i suoi genitori e uno dei demoni.
«Vai a salvare tuo padre, Nate» gli urlò Sam «Qui ci pensiamo io e Jack!» esclamò, mentre Jack scaraventava un demone dall’altra parte della stanza e gli urlava la stessa cosa. Nate annuì e capì cosa dovesse fare in quel momento. Il racconto di suo padre tornò nella sua mente – lui stava per nascere, un demone avrebbe ferito Dean a una gamba, nell’uccidere quello, Castiel non si sarebbe accorto di un angelo alle sue spalle, che lo avrebbe ucciso – e immediatamente si smaterializzò nella nursery. E tutto accadde troppo in fretta davanti ai suoi occhi. Improvvisamente, l’uovo risplendé di nuovo della grazia divina dell’angelo, Nate capì subito che quello fosse il momento in cui stava per nascere, poteva percepirlo, poteva sentire le sue stesse forze canalizzarsi verso quell’uovo – forse, le conseguenze con cui avrebbe dovuto rapportarsi, a cui aveva accennato Rowena erano proprio quelle – e, mentre la battaglia imperversava davanti ai suoi occhi, e l’uovo stava per schiudersi, si rese conto che, quell’evento, nell’esatto modo in cui era accaduto, stava per consolidarsi di nuovo.
Dean era appena stato ferito da un demone, il quale poi aveva iniziato ad avvicinarsi al nascituro con aria minacciosa, il cacciatore, impossibilitato dalla ferita, era impotente davanti a ciò che sarebbe accaduto di lì a pochi minuti; Nate si ritrovava davanti alla scena raccontatagli da suo padre, non come osservatore esterno o come ascoltatore, ma la stava vivendo in prima persona, e per quanto poteva sembrare paradossale, stava assistendo alla sua nascita, mentre uccideva un angelo e un paio di demoni che volevano irrompere nella nursery. Una consapevolezza si fece strada dentro di lui, forse non poteva evitare la morte di suo padre, non poteva evitare che quell’angelo lo pugnalasse, a meno che…
Il demone stava per mettere le mani sull’uovo in procinto di schiudersi, Dean urlò disperato e Castiel distrusse il demone con i suoi poteri, appoggiandogli il palmo della mano sulla testa, distruggendo la sua entità; poi preoccupato si voltò verso il cacciatore, e fece per avvicinarsi a lui, per curare la sua ferita; ed eccolo l’angelo colpevole della morte di suo padre, era arrivato di soppiatto, senza farsi sentire; Nate non sapeva cosa fare, stava per accadere tutto ciò che aveva temuto, e cercato di evitare, tuttavia ora aveva la certezza che alcune cose nel tempo erano fisse, scritte, e non potevano essere cambiate. Non poteva lasciare nulla di intentato, doveva fare di tutto per salvare suo padre, e non far vivere l’altro padre nel dolore.
L’angelo stava per pugnalare Castiel, Dean aveva alzato la mano per avvisarlo e: «No! Papà!» urlò Nate, e in un lampo spinse via suo padre, e prima che potesse spostarsi anche lui, la pugnalata destinata all’angelo lo trafisse in pieno stomaco, e un piccolo fiotto di sangue ne uscì – era strano, non gli era mai successo prima di quel momento – tuttavia non lo uccise. Nate si accasciò per terra, e Cas ebbe la prontezza di riflessi di pugnalare a morte l’angelo.
«No, Nate…» sussurrò l’angelo, abbassandosi per terra verso di lui. Dean con fatica li aveva raggiunti trascinandosi la gamba ferita sul pavimento «Mi hai salvato la vita di nuovo» affermò ancora sorpreso da ciò che era appena accaduto.
«E-Era il mio scopo fin dall’inizio, papà» disse, era davvero un sollievo poterlo dire finalmente. Nel momento in cui l’uovo diede segni di cedimento, Nate capì che quello era stato il suo destino fin dall’inizio. Era stato ferito, perché stava perdendo i suoi poteri. Perché stava svanendo, aveva cambiato il corso degli eventi salvando suo padre.
«Ti guarirò» promise l’angelo «E poi mi spiegherai perché mi hai chiamato papà».
Il nephilim scosse la testa sorridendo: «Va tutto bene, papà» disse tranquillo, anche se il dolore allo stomaco era atroce.
«Papà?» domandò Dean, raggiungendo l’angelo e guardando il ragazzo tra le sue braccia «Dovrai spiegare molte cose».
Nate annuì di nuovo, e rivolse lo sguardo anche verso di lui: «Sempre così sospettoso…» mormorò «Mi chiamo Nathaniel Winchester» si presentò, guardando entrambi «E-e sono vostro figlio» confessò leggermente affaticato, ma sorridente. Le espressioni dei suoi genitori erano impagabili, avrebbe voluto lo scoprissero prima.
«Ma cosa…? Come è possibile?» chiese Dean, quasi scioccato dalla notizia.
«Penso sia piuttosto ovvio, adesso» mormorò indicando l’uovo che si stava schiudendo.
Castiel inclinò la testa, sorpreso e al contempo consapevole «Ho sempre saputo che fossimo legati a te da qualcosa, non credevo il nostro legame fosse così profondo» disse accarezzandogli la fronte. Nate sorrise, provava dolore all’addome, ma era consapevole che non stesse morendo per quello, ma perché stava per nascere in quel tempo 
«Quindi, sono io il padre che stavi cercando?»
Nate annuì e: «Vengo dal futuro» disse, ancora affaticato «Sono venuto per salvarti» continuò, rivolto a Castiel «Nel futuro da cui vengo, sei morto in questo momento, alla mia nascita» spiegò «Non ti avevo mai conosciuto, ma sono felice di averlo fatto» disse ancora a lui, poi si voltò verso Dean e: «Papà, faresti una cosa per me?» chiese.
«Dimmi pure, ragazzo».
«Parla a Castiel dei tuoi sentimenti, prima che sia tardi» disse con il fiatone «Non pentirti di non averlo fatto prima».
«Te lo prometto, non aspetterò» disse guardando Castiel, con mezzo sorriso sul volto.
«Grazie» mormorò «Appena nascerò svanirò, la storia è cambiata nel momento in cui ho salvato te, papà».
«Sono fiero di te, figliolo» disse Castiel, accarezzandogli ancora i capelli. Nate sorrise guardandolo, era tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento «E ti prometto che farò in modo che il tuo sacrificio non sia vano».
«Lo siamo entrambi, Nate» gli disse Dean, sorridendo a sua volta «Tu sì che sei un vero Winchester, buon sangue non mente» affermò con un sorriso triste, non voleva darlo a vedere, ma stava soffrendo per lui e ciò che gli stava accadendo «Ti prometto che avrai una vita felice, e sarai amato» promise, Nate gli sorrise in risposta, senza aggiungere altro, dopo le loro parole, le loro promesse, riuscì a lasciarsi andare. Capì che il suo momento fosse giunto, quando una luce celestiale immensa invase la stanza, e l’intero bunker, abbagliando tutti i presenti. Castiel coprì gli occhi di Dean per proteggerlo da quella luce così intensa, ma non nociva, era pura, delicata, calda.
Tutto durò pochi istanti, quando la luce si diradò, Dean si guardò intorno, degli angeli e demoni che erano lì per terra, non c’era più traccia, e nemmeno del corpo di Nate. Un pianto disperato si levò nella stanza, e Dean si rese conto che al posto del ragazzo, adesso c’era una piccola creatura in miniatura, che frignava.
«Ehi, ehi» mormorò, prendendolo tra le sue braccia «Va tutto bene, piccolo, sei al sicuro, shhh» sussurrò cullandolo dolcemente «Cas, passami qualcosa per tenerlo al caldo, penso abbia freddo!» esclamò. Immediatamente l’angelo prese la prima cosa che trovò – il suo trench abbandonato sul pavimento chi sapeva quando – e lo passò al cacciatore, il quale avvolse quel piccoletto in esso, e lo strinse forte. L’angelo portò il suo sguardo sul neonato e un sorriso commosso gli tese le labbra.
«Benvenuto al mondo, piccolo Nathaniel» disse guardando il figlio con sommo amore «Dean, è bellissimo» mormorò rivolto all’amante, senza riuscire a staccare lo sguardo da quella piccola creatura «È così piccolo, e fragile…»
«Lo so, è identico a te» disse alzando lo sguardo verso l’angelo, incrociando il suo «Ascolta, Cas, io…»
Castiel scosse la testa sorridendo: «Lo so, Dean, l’ho sempre saputo, non hai bisogno di dire nulla, se non te la senti» lo anticipò. Il cacciatore, stringendo il bambino contro il proprio petto con un solo braccio, afferrò l’angelo per il colletto della camicia e appoggiò le proprie labbra contro quelle dell’altro, baciandolo con trasporto; lui rispose al bacio nello stesso modo, stringendo tra le sue braccia, contro il suo corpo Dean e il piccolo Nate.
«La mia famiglia» sussurrò contro la sua bocca, sorridendo, sentendosi felice; era strano per un angelo provare dei sentimenti così forti, ma lui non era mai stato un angelo comune dopotutto. Dean sorrise e ringraziò Nate per il miracolo che aveva fatto, non avrebbe mai potuto immaginare una vita senza Cas.
Castiel si alzò da terra, prendendo il bambino tra le braccia, e Dean fece per alzarsi dal pavimento per raggiungere il fratello nell’altra stanza, per capire se fosse tutto okay, ma una fitta tremenda alla gamba, lo fece ricadere al suolo.
«Sei ferito» osservò l’angelo con preoccupazione, come aveva fatto a dimenticare che Dean fosse ferito? «Lascia che io…» iniziò e senza finire la frase, con una gentilezza e una delicatezza disarmanti, appoggiò due dita sulla sua fronte, e con i suoi poteri guarì la ferita di Dean «Ecco fatto».
«Grazie, Cas» disse alzandosi. Era assurdo ciò che era appena successo; quel nephilim a cui non aveva dato fiducia fin da subito, del quale aveva pensato di tutto – tra cui che potesse portargli via Cas – aveva appena salvato la vita a Cas, rivelandosi come loro figlio venuto dal futuro. Non gli sarebbe mai stato abbastanza riconoscente.
«Tu lo avevi capito?» chiese a Cas.
«Che fosse nostro figlio?» Dean annuì «No, cioè, sentivo di essere legato a lui in qualche modo, ma non credevo questo» spiegò l’angelo.
«Avremmo dovuto proteggerlo» disse Dean rammaricato «E invece io a stento mi fidavo di lui» continuò arrabbiato con nessun altro che se stesso, avrebbe dovuto capire che si trattasse di suo figlio, non doveva trattarlo come una minaccia.
«Non è colpa tua, Dean» cercò di consolarlo l’altro «Sarebbe successo comunque, due Nathaniel Winchester nella stessa epoca non potevano esistere, si sarebbe creato un paradosso» spiegò.
«Tu e queste tue assurde teorie» borbottò.
«E poi lo proteggeremo» promise Castiel, guardando il bambino tra le sue braccia, avvolto nel suo trench «E grazie a Nate lo faremo insieme». Il cacciatore chiuse per un secondo gli occhi, assimilando ogni cosa appena accaduta – compresa la presa di coscienza dei suoi sentimenti per l’angelo, e che secondo il ragazzo si sarebbe pentito di non averglielo mai detto – poi li riaprì e si ritrovò catapultato negli occhi azzurri dell’angelo.
«Tu sei qui» disse quasi con ovvietà, guardandolo con lo sguardo carico d’amore mai rivelato, abbozzando un sorriso.
«Sono qui, Dean» disse l’angelo, appoggiandogli con delicatezza la mano libera sulla guancia «E resterò qui con te» promise «Anzi, con voi» aggiunse «Ti amo, Dean» confessò poi dopo un lungo momento di silenzio.
«Peggio per te» mormorò il biondo, abbassando lo sguardo imbarazzato, Castiel trattenne una risata divertita «Ti amo anch’io» aggiunse poi in un sussurro appena percettibile, ma che l’angelo capì perfettamente.
Castiel appoggiò la fronte contro quella di Dean, che si sporse verso la sua bocca e lo baciò, mentre tra di loro, il bambino scoppiava in lacrime, probabilmente affamato, facendoli separare immediatamente.
Appena giunti nella stanza, dopo aver assistito in silenzio alla confessione d’amore tra i due, Sam e Jack sorrisero davanti a quella scena, felici che finalmente quei due avessero finalmente ciò che desideravano, la felicità.
Poi Dean si rese conto che suo fratello fosse lì, ma non riuscì a staccarsi da Castiel e dal bambino, ma con uno sguardo, Sam gli fece capire che, se lui era felice, poteva fare tutte le smancerie che voleva – del resto era sopravvissuto a quasi dieci anni di sguardi carichi di tensione sessuale, qualche bacio non era poi la fine del mondo – si congratulò con loro, e poi chiese che fine avesse fatto Nate. La spiegazione non fu facile, neanche loro avevano ben capito cosa fosse accaduto, e tutto ciò che riuscì a dire Sam, in commento fu Buon sangue non mente. Ed era vero, il suo sacrificio non sarebbe stato vano, Castiel aveva ancora una promessa da mantenere, e adesso che il bambino era nato, ed era possibile bersaglio di demoni, angeli e altri mostri che avevano eluso le difese del bunker, non avevano altra scelta, dovevano cambiare vita, il più presto possibile, e Dean aveva già un paio di idee. Nel futuro di Nate non ci sarebbe stata violenza – com’era stato con l’assenza di Castiel – non ci sarebbero stati mostri, avrebbe conosciuto tutta la verità, ma avrebbe fatto in modo di non fargli mai intraprendere la strada che avevano intrapreso lui e Sam; non avrebbe fatto gli stessi errori di suo padre – e i suoi di un ipotetico futuro, che fortunatamente era stato allontanato da loro – avrebbe reso suo figlio consapevole di essere in un mondo popolato da creature sovrannaturali – anche lui, del resto, ne faceva parte – ma non lo avrebbe mai forzato alla caccia o a simili. Gli avrebbe permesso di fare qualunque cosa fosse stata suo desiderio, gli avrebbe dato tutto l’amore di cui sarebbe stato capace, ed ora era certo che anche Castiel avrebbe fatto la sua parte.

______________________________________________

Hola people!
Buon sabato sera, e bentornati con il nuovo capitolo! 
Come avevate sospettato, le cose si erano complicate per il nostro TFW, e Cas stava per morire ben due volte - non avrei mai avuto il coraggio di fargli del male comunque - ma Nate è riuscito a salvare la situazione, come aveva giurato di fare. Eeh, ma il tempo è davvero cattivo, e visto che io sono cattiva quanto il tempo, due Nate Winchester non potevano esistere nello stesso tempo, e uno dei due doveva crepare (prendetevela con il Dottore o con le Leggende per queste informazioni sui viaggi nel tempo LOL) anyway, Nate non è morto morto, perché c'è il piccino che crescerà felice in una famiglia felice, con tutti e due i suoi papà, non sono stata poi molto cattiva! Anyway, questo è l'ultimo capitolo prima dell'epilogo della storia, e io sono molto triste come tutte le volte che devo salutare una storia. Purtroppo, però, avevo fatto male i conti - visto che doveva essere di soli 4 capitoli e invece è diventata di 6 - sabato prossimo è sabato di Pasqua e non sarò a casa, e non avrò un PC, quindi eccezionalmente l'aggiornamento arriverà la settimana dopo. Non necessariamente sabato, ma dopo Pasquetta, se riesco a correggerlo, arriverà sicuramente! I'm so sorry. (Come le serie tv americane, che prendono le lunghe pause). 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che non ci siano stati troppi errori.
Ringrazio con tutto il cuore le persone che instancabilmente sono sempre qui a recensire e sostenermi, i vostri commenti mi riempiono sempre di gioia. Grazie infinite.
Io vi saluto e vi auguro una buona domenica (visto che è passata la mezzanotte LOL)
Ci si becca con il prossimo aggiornamento!
A presto, people! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Parte VI. ***


Desclaimer: Nessuno dei personaggi mi appartiene (a parte Nate, lui è il mio bambino), tutto ciò che è qui scritto è scritto senza alcun fine di lucro (tradotto, non ci guadagno niente, ci perdo solo la faccia), e non ho intenzione di offendere nessuno con questo scritto (solo di accoppiare due che dovrebbero essere già accoppiati dalla quinta stagione, pft).

Avviso: Come è già anticipato nelle note della storia, i personaggi tendono ad essere un po' fuori dai personaggi televisivi, anche se ho cercato di mantenermi negli schemi. Spero di non aver fatto troppi strafalcioni. Enjoy!
_____________

 Anno 2045
La Family Business Farm sorgeva nella periferia della minuscola cittadina di Redford, un piccolo paesino situato nella contea di Presidio, in Texas, dove, subito dopo la nascita di Nathaniel, Dean, Castiel, Sam e Jack avevano deciso di trasferirsi e così lasciare il bunker dei letterati, chiuderlo per sempre e ritirarsi ad una vita tranquilla e campagnola; avevano scelto il Texas perché Dean amava quella nazione e aveva espresso il desiderio di andare lì soprattutto a causa della sua sfrenata ossessione per i cowboys. Nessuno aveva potuto obiettare, poiché Dean non aveva dato l’opportunità a nessuno di farlo; si erano messi subito alla ricerca del luogo perfetto per loro, e dopo alcuni mesi di ricerche al PC, diverse città e luoghi scartati perché apparentemente avrebbero dato troppo nell’occhio, lo avevano trovato.
Redford era un luogo quasi del tutto inabitato, fatta eccezione per le poche persone che ci risiedevano, la maggior parte erano mandriani o contadini che vivevano in piccole o grandi fattorie, tutte persone riservate, che non s’impicciavano dei fatti altrui, era il posto perfetto per loro che volevano passare inosservati. Ed era quel posto che tutti i Winchester chiamavano casa, lì dove nessuna creatura sovrannaturale andava a dar loro fastidio, lì dove vivevano nella pace e nell’armonia, vivendo finalmente una vita che, almeno Sam e Dean, avevano desiderato fin da bambini; avevano bisogno di cambiare vita, di dare una svolta a tutto ciò che avevano vissuto e perso fino a quel momento. Tutti loro si erano rimboccati le maniche fin da subito e avevano dato avvio ai nuovi affari di famiglia, avevano, cioè, messo su una, inizialmente piccola, fattoria che era diventata la loro fortuna, essa infatti adesso godeva della fama di essere tra le fattorie più famose del territorio, soprattutto per i prodotti di produzione propria che offriva al pubblico. Non era stato facile, inizialmente, c’era un bambino piccolo di cui prendersi cura, a cui badare; c’era un nephilim cresciuto troppo in fretta, che doveva ancora imparare a vivere senza violenza, e poi c’erano loro, che dovevano abituarsi a restare in un unico posto, e a convivere per davvero; inoltre c’era quell’attività che avevano deciso di mettere su per farsi una nuova vita, che fosse onesta e tranquilla. Alla fine, dopo tanto lavoro e tanta dedizione, tanti lavori e gli ultimi soldi delle carte false, ormai prosciugate, i due fratelli Winchester, l’angelo e i due nephilim avevano trovato il luogo che chiamavano casa. Dopo i primi mesi difficili – Nate che piangeva di continuo, Jack alle prese con alcuni problemi dovuti alla sua giovane età e immaturità – quando ormai si erano stabilizzati per bene, Castiel aveva confessato a Dean di avere un solo desiderio: non doverlo vedere invecchiare e non poterlo fare insieme a lui, sarebbe stato troppo doloroso vederlo invecchiare e poi morire – una vita senza Dean sarebbe stata triste e vuota. La prima idea dell’angelo era stata quella di privarsi di nuovo della grazia e diventare nuovamente umano, per poter invecchiare con la sua famiglia e vivere con loro il resto della sua vita. Ma poi Dean ci aveva pensato su, e aveva trovato una soluzione migliore, non voleva che Cas rinunciasse ai suoi poteri, e poi un giorno avrebbe potuto pentirsene – del resto erano appena all’inizio della convivenza e della loro relazione. Così si era rimesso in contatto con Rowena, e le aveva chiesto se conoscesse un incantesimo per rallentare l’avanzare dell’età, ma quando loro si presentarono da lei – invitarla nella loro fattoria ancora in costruzione era troppo rischioso – la strega sorprese tutti i presenti, spiegando l’esistenza di un complesso rituale, che prevedeva come ingrediente base la grazia di un angelo, che avrebbe permesso di rallentare il processo di invecchiamento dell’umano e, quindi, di renderlo quasi immortale – quasi immortale perché non sarebbe stato immune dai malesseri e dalle ferite – ma non era stato facile prendere quella decisione, avevano discusso, litigato, perché inizialmente Castiel aveva proposto di usare la sua grazia, anche se Dean non era d’accordo, così avevano deciso di trovare una soluzione alternativa, e non mettere in pratica alcun rituale fino a che non avessero trovato una soluzione che mettesse d’accordo entrambi (“Non sarebbe stato un problema per me, Dean, condividerei tutto con te, la mia grazia fa parte del tutto” “Non ti permetterò di rinunciare al tuo essere angelo per me, Cas, hai già perso tutto” “Ma ho te” – la conversazione era finita con uno “Sta’ zitto idiota” di Dean e un lungo bacio da parte di Castiel) tuttavia c’era ancora un altro problema da mettere in conto, Dean non voleva essere quasi immortale e non invecchiare senza suo fratello, non voleva vedere suo fratello minore invecchiare prima di lui e poi morire, sarebbe stato assurdo dopo tutte le volte che aveva sacrificato la sua vita per salvare quella del più piccolo, così avevano dovuto trovare un compromesso, avrebbero rintracciato e trovato due angeli, li avrebbero uccisi e avrebbero rubato le loro grazie per poter procedere al rituale – dopotutto, Rowena non aveva detto che dovesse essere vivo l’angelo affinché l’incantesimo riuscisse – e solo in quel modo, sia Dean che Castiel si convinsero. Quella era stata la loro ultima caccia, Sam aveva localizzato gli angeli, Jack aveva teletrasportato lì tutti loro e Castiel aveva estratto prima ad uno e poi all’altro la grazia, lasciandoli in vita perché ora erano dei semplici umani; mentre Dean aveva tenuto Nate, che aveva ancora pochi mesi, lontano da quella battaglia. Quando erano tornati dalla strega, dopo aver preparato tutto, ogni simbolo e ogni singola cosa, avevano eseguito il rituale prima su Dean – “Non ti lascerò fare lo stupido Sam, se uno di noi deve morire per questo rituale, non sarai tu” – e poi su Sam. Lasciarono la caccia definitivamente dopo quel rituale, e non si sentirono affatto in colpa a lasciare nelle mani di Rowena il Grimorio Oscuro – se avesse fatto qualche danno, probabilmente qualche altro cacciatore se ne sarebbe occupato – e nel giro di pochi mesi riuscirono a mettere su la loro piccola fortuna, appunto la Family business Farm – il cui motto era diventato: Feeding people, baking things, the family business. E lì, in quella casa, adeguatamente protetta dai vari simboli e protezioni, avevano visto crescere il piccolo Nate, e avevano aiutato Jack a diventare una persona quasi adulta, quella casa aveva visto il decisivo cambiamento dei Winchester, della loro vita, che finalmente, dopo tanta sofferenza, dopo tanto peregrinare, finalmente trovava l’armonia e la serenità. Era stato difficile abituarsi a quello stile di vita, quello sedentario, quello alle prese solo con i problemi quotidiani come “Le galline hanno mangiato?” “Oggi abbiamo portato le mucche al pascolo? Che mi dite delle pecore? Ehi, attenti con il formaggio. Le crostate dove sono?” piuttosto che “Quale mostro dobbiamo uccidere oggi? Quale Apocalisse dobbiamo fermare? Riusciremo a fermare il male?” adesso la loro unica missione era crescere un bambino nella serenità.
Lì erano totalmente lontani da quel genere di problemi, anche se restavano sempre aggiornati tramite la Radio Angelica di Cas e di Jack, ed erano davvero felici.
 
La notte era scesa da un pezzo, le strade di Redford erano scarsamente illuminate, fatta eccezione per i fari di un’Impala del ‘67 nera, che passava di lì periodicamente, guidata da un giovane studente di medicina. Nathaniel “Nate” Winchester stava ritornando a casa dall’University of Texas Health Science Center a San Antonio, dove studiava per diventare medico. Fin da quando, a sei anni, per puro caso, mentre giocava con suo zio, aveva scoperto di essere per metà angelo, e di avere dei poteri – tra cui, quello di guarire le persone da ferite o da malattie – aveva desiderato poterli mettere al servizio delle persone. Aveva iniziato a studiare per diventare medico subito dopo l’High School, e non si pentiva della sua scelta, sebbene studiare medicina fosse davvero lungo e faticoso e lui avrebbe potuto semplicemente guarire le persone con il tocco di una mano; tuttavia suo padre gli aveva insegnato che le vie brevi non erano le migliori, e che bisognava lavorare sodo per ottenere dei risultati, e adesso, era particolarmente soddisfatto dei risultati che stava ottenendo. Non vedeva l’ora di finire i suoi studi – ed aveva quasi raggiunto l’obiettivo, visto che ormai gli mancava solo la tesi – e prendere la tanto agognata laurea in medicina. Mentre guidava, il suo telefono si illuminò, gli era appena arrivato un messaggio, probabilmente era suo padre che gli ricordava di portare il suo culo per metà piumato a casa e alzò gli occhi al cielo, al solo pensiero. Solo perché era un nephilim non significava che avesse la “super pazienza” di suo padre angelico. Nate era cresciuto lì, in quel paesino sperduto, in una landa sconosciuta, in una famiglia davvero bizzarra, ma che non avrebbe cambiato con nessun’altra. Lui era un nephilim, i suoi genitori erano un angelo del Signore caduto e un ex cacciatore del paranormale e vivevano tutti insieme, compreso lo zio Sam, ex cacciatore anche lui, e Jack, il nephilim, figlio di Lucifer, adottato dai suoi genitori; vivevano nella fattoria di famiglia, che fin dalla sua nascita era appartenuta alla sua famiglia. Quando era stato abbastanza grande, gli avevano raccontato una storia avvincente e piena di colpi di scena, se fosse stato uno scrittore, probabilmente ne avrebbe fatto un libro, perché era inverosimile ciò che successo. Avevano iniziato dal principio, fin da quando suo padre Dean era piccolo, e aveva visto la propria casa andare a fuoco, a causa di un demone, che aveva ucciso sua madre ed era stato cresciuto come un soldato, aveva ascoltato di suo padre e di suo zio che andavano in giro per l’America ad uccidere mostri, che suo padre Castiel aveva salvato Dean dall’inferno, che loro avessero fermato l’Apocalisse e salvato il mondo più di una volta, aveva sentito storie fantastiche, ma anche davvero tristi. E infine, aveva ascoltato un’altra storia inverosimile, avvenuta alla sua nascita. A quanto pareva c’era stato un giovane se stesso di un ipotetico futuro che era tornato indietro nel tempo per salvare suo padre Castiel. Inverosimile, ma a giudicare da ciò che aveva sentito e anche visto – non avrebbe mai dimenticato il fantasma che aveva infestato i bagni della sua scuola media – era una cosa possibile. I suoi genitori e suo zio erano dei veri eroi, ed era una fortuna averli come modelli e mentori, e quando aveva espresso il desiderio di diventare medico per provare a salvare anche lui delle vite – ma senza combattere, perché dentro di sé sentiva di essere un pacifista e non avrebbe mai usato la violenza, se non quando strettamente necessario – aveva temuto che potessero essere delusi dal fatto che non avesse voluto seguire le loro orme e dare la caccia ai mostri, invece entrambi lo avevano abbracciato e gli avevano detto di essere fieri di lui, non importava quale scelta di vita prendeva. Solo quando aveva deciso di trasferirsi a San Antonio per studiare, suo padre Dean aveva avuto da ridire, ma non perché voleva studiare, ma perché stava andando troppo lontano (“Non capisco, perché non puoi rimanere nelle vicinanze?” “Papà, sono per metà angelo, posso volare qui ogni volta che vuoi” “Ma non ha senso tutto ciò!” e la conversazione era andata avanti fino a che Dean non aveva accettato di lasciar andare il suo piccolo pulcino), ma poi, anche con l’aiuto di Castiel che lo aveva fatto ragionare, si era convinto, tutti lo avevano capito quando Dean aveva consegnato a Nate le chiavi della sua auto e semplicemente gli aveva detto “Torna a casa, ogni volta che vuoi”, e il giovane lo aveva preso in parola, tornava a casa ogni volta che poteva, soprattutto alla fine di ogni semestre, tornava dalla sua famiglia, in quella casa dov’era cresciuto felice e sereno, grazie ai suoi genitori, suo zio e suo fratello adottivo, e a quanto pareva, grazie a un se stesso del passato.
Dopo molte ore di auto, Nate finalmente giunse davanti alla fattoria di famiglia, uscì dall’auto e aprì il cancelletto un po’ cigolante all’ingresso della fattoria, aspettò che il suo cane, Barry, gli corresse incontro accogliendolo come ogni volta che tornava a casa, ma restò di sasso quando non lo vide arrivare; perché non arrivava? Era successo qualcosa a Barry e nessuno gliel’aveva detto? Qualcosa non andava, ne era certo e non aveva bisogno dei suoi poteri da mezzo angelo per capirlo. Avanzò cauto nel cortile, la quiete regnava sovrana, gli unici rumori che si sentivano erano gli sbuffi dei cavalli che dormivano e alcune mucche che muggivano ancora. Dov’erano finiti tutti? Sembrava l’inizio di una delle storie dei suoi genitori, quelle in cui niente finiva bene e tutto andava a rotoli; si guardò intorno con circospezione, mentre una pessima sensazione si faceva largo in lui, poi ricordò di non aver letto il messaggio di suo padre, probabilmente erano usciti e lo aveva avvisato? O c’era stato qualche problema, lo aveva avvisato e lui non aveva letto il messaggio? Okay, okay Nate, respira. Calmati, niente ansia, hai i tuoi poteri. Si avvicinò alla porta in silenzio, e la trovò stranamente aperta, okay, qualcosa decisamente non andava, poche cose erano certe al mondo, e una di queste era che suo padre Dean era fin troppo paranoico per lasciare la porta aperta. Cosa doveva fare? Forse doveva comportarsi come i suoi e andare dritto in cucina, prendere un coltello e uccidere chiunque o qualsiasi cosa minacciasse la sua famiglia?
Accese la luce solo per rendersi conto della situazione – temeva di trovare qualcuno di loro riverso per terra in una pozza di sangue – e fu in quel momento che maledisse i suoi genitori. Non appena accese la luce, fu travolto da coriandoli e altre diavolerie, tutti i presenti gridarono SORPRESA e di fronte alla porta c’era uno striscione enorme fatto a mano con su scritto “Auguri quasi dottore!” Maledizione a lui e a quando aveva comunicato prima di partire che avesse finito tutti gli esami, e gli mancasse solo la tesi. I suoi genitori avevano quest’assurda idea di festeggiare qualunque cosa riguardasse lui e la sua dannatissima vita, fin da quando piccolo, e aveva imparato a camminare – e ne aveva le prove filmate – i suoi genitori avevano festeggiato ogni suo successo, ad esempio quando aveva imparato ad andare in bici, o quando aveva detto per la prima volta papà, o zio Sam. Ma, in fondo, sapeva perché si comportassero così, dai loro racconti, suo nonno, John Winchester, non aveva mai dato alcuna soddisfazione ai suoi figli, li aveva sempre denigrati, e l’unica cosa che aveva insegnato loro era come combattere come soldati, difendersi dai mostri e come ucciderli.
«Papà! Santo cielo, mi stava venendo un colpo! Credevo fosse successo qualcosa!» esclamò, il suo tono ricordò a tutti i presenti quello di Dean, quando iniziava a sbraitare a causa della preoccupazione «Credevo fosse entrato qualcuno!» disse ancora, mentre Barry, il suo pastore tedesco, gli correva incontro e gli saltava addosso, leccandogli il viso, scodinzolando, aspettando le sue coccole.
«Oh andiamo!» esclamò Dean leggermente divertito e inorgoglito del fatto che suo figlio fosse sempre più simile a lui «Non possiamo fare una sorpresa al nostro ragazzo?» chiese retoricamente «Dobbiamo dimostrarti che siamo fieri di te» aggiunse «E poi ti avevo scritto un messaggio, in cui ti avvisavo che avresti trovato tutto spento» puntualizzò il genitore umano, avvicinandosi a lui, per abbracciarlo con forza.
«Non l’ho letto, stavo guidando la tua auto, se mi distraggo, e cito testualmente, mi spiumi e poi friggi le mie ali nell’olio sacro e poi le vendi ai clienti» rispose il ragazzo, facendo scoppiare a ridere lo zio, che dal fondo della stanza, guardava la scena divertito.
«Cielo, sei uguale a me quando fai così, non è un amore, Cas?» chiese all’angelo, che guardava il figlio e il compagno con un adorabile sorriso compiaciuto, senza parlare, semplicemente si avvicinò al giovane e lo abbracciò calorosamente, sorridendo.
«Sì, sono sempre stato felice di avere un altro Dean Winchester che gironzola per la casa» commentò con tono fintamente affranto l’angelo, scuotendo la testa, con l’ombra di un sorriso a tendergli le labbra «Sono davvero fiero di te, Nathaniel» gli disse con orgoglio, lasciandolo andare.
Sam ridacchiò ancora, poi si avvicinò al nipote e lo abbracciò con forza, avvolgendolo completamente – sebbene Nate avesse quasi ventisette anni, e non fosse proprio basso, suo zio lo sovrastava di almeno quindici centimetri e ogni volta che lo abbracciava, lo faceva sentire un bambino di dieci anni – congratulandosi con lui per i suoi traguardi quasi raggiunti. Nate ricambiò la stretta, ringraziando lo zio; sapeva che lui avesse sempre desiderato laurearsi, e poter fare la sua parte per salvare il mondo portandovi un po’ di giustizia, ma che non aveva mai potuto, a causa della caccia e di suo padre; poi dedicò tutte le attenzioni all'enorme cane che ancora attendeva le sue coccole. Nate si riteneva fortunato, i suoi genitori non lo avevano mai forzato a prendere una decisione che non fosse unicamente sua.
«E comunque, non prendertela con me per questa cosa, è stata un’idea di tuo zio» intervenne di nuovo Dean.
«Dean, anche tu volevi festeggiare» osservò Castiel con ovvietà, scuotendo la testa «E penso che l’idea di Sam, di organizzargli una piccola sorpresa, sia meglio di portarlo in un night club come avevi proposto tu».
«Sei sempre noioso, Cas» borbottò Dean, alzando gli occhi al cielo «La nostra vita quasi immortale insieme sarà una vera noia, hai ancora paura di entrare lì, vero?» chiese poi.
Oh no, eccoli che ricominciano a battibeccare… - pensò Nate, scuotendo la testa, mentre, seduto per terra, accarezzava il folto pelo di Barry.
«Sono luoghi di perdizione. E poi tu sei troppo vecchio per quei posti, lo sai, vero?»
«Ma se sembro giovanissimo, pft» ribatté guardandolo «E sono sempre affascinante, no?»
«Molto affascinante. E per questo non voglio condividerti con delle signorine dai facili costumi».
«Qualcuno qui è geloso?»
«Oh santo cielo, la finite? Non torno dal college per vedervi flirtare come dodicenni!» esclamò annoiato «Zio Sam, mi offri una birra? Mentre loro risolvono i loro problemi di coppia, io ti racconto qualcosa su queste ultime settimane» disse «Ah, scusate, angelo e umano, quando avete finito il vostro battibecco, devo parlarvi di una cosa».
«Non hai messo incinta qualcuna, vero? No perché sarebbe un problema per la discendenza familiare» rispose Dean, sarcasticamente «Cosa potrebbe essere un essere per un quarto angelo?» Nate alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, ignorando le frasi di suo padre e pregando suo zio di portarlo lontano da quei due esseri imbarazzanti che erano i suoi genitori. Sam rise e lo condusse nella cucina, dove prese dal frigo delle birre e gliene passò una. Era sempre scombussolante tornare a casa, ma anche incredibilmente tonificante. Spesso, quando era fuori, gli mancavano i battibecchi dei suoi genitori, le sue lunghe chiacchierate con suo zio, e tutto il resto.
«Grazie, zio» disse il ragazzo stappando la propria «Non so come fai a sopportarli».
«Convivo con loro fin da quando si sono conosciuti, non è stato facile abituarmi al loro continuo flirtare» scherzò scuotendo la testa «Sono davvero fiero di te» affermò cambiando argomento.
Nate si lasciò scappare un sorriso, ma prima che potesse ringraziarlo, fu investito da un abbraccio in stile koala alle spalle: «Jack! Ehi, mi chiedevo dove fossi!» esclamò riconoscendo il fratello. Jack era la cosa più vicina ad un fratello che avesse, era con lui che aveva mosso i primi passi, era con lui che aveva passato la maggior parte del tempo, quando era piccolo, perché i suoi erano impegnati a portare avanti quell’immensa attività che avevano messo su, ed era con lui che aveva parlato di cose, che persino i suoi genitori ancora ignoravano.
«Mi sono perso il tuo arrivo, vero?» sbuffò scuotendo la testa «Lo avevo detto a Dean che avrei controllato le cose fuori dopo il tuo arrivo. Ma lui è fissato con gli orari e tutto» si lamentò scuotendo la testa «Ma ehi! Ho saputo che hai finito gli esami! È fantastico, Nate! Stai per diventare un medico vero!»
«Già! Non credevo arrivasse questo giorno» disse in tono scherzoso «Non vedo l’ora di iniziare a lavorare sul serio e non solo come tirocinante. Anche se ho ancora tanta strada da fare».
«Sei sempre così umile. Tu sei un genio, oltre ad essere davvero potente come mezzo angelo».
«Lo so, ma preferisco essere così, piuttosto che avere problemi sovrannaturali» spiegò il ragazzo «Sai, come è successo qualche anno fa, quando ho guarito lo zio Sam da quell’attacco di cuore» disse, Jack annuì ricordando gli avvenimenti, Sam si era sentito male, e nessuno aveva capito cosa stesse accadendo, fino a che Nate, giunto lì da pochi giorni per festeggiare il Natale tutti insieme, si era accorto che si trattasse di un attacco cardiaco; non avevano avuto il tempo di correre in ospedale, quello più vicino distava almeno venti miglia, Nate senza interpellare Castiel su cosa fare, appoggiò il palmo aperto sul torace dello zio e concentrò la sua energia per guarirlo. Sam si riprese in pochi minuti, ma quell’improvviso picco di energia aveva catalizzato l’attenzione di alcuni angeli. Solo grazie ai sigilli enochiani di protezione tutt’intorno alla proprietà, non li avevano rintracciati; Nate quella sera si era guadagnato un’occhiataccia ammonitoria di Castiel, ma Dean gli aveva dato una pacca sulla spalla e lo aveva ringraziato, perché altrimenti avrebbe perso suo fratello. Non voleva mettere in pericolo la sua famiglia, per questo usava i suoi poteri solo quando strettamente necessario, solo quando non poteva farne a meno. Restò lì a chiacchierare con Sam e Jack, con il cagnolone steso sui suoi piedi, fino a che i suoi genitori non si degnarono di farsi vedere, avevano finito il loro battibecco a quanto pareva e preferiva non sapere come.
«Allora, di cosa volevi parlarci, Nate?» chiese Castiel, prendendo posto accanto a lui.
«Beh, vi dispiacerebbe se restassi qui per un periodo?» chiese, Dean spalancò gli occhi, incredulo, fin da quando aveva iniziato il college Nate aveva voluto essere indipendente «Devo scrivere la tesi. E non è facile con il mio coinquilino che fa sesso tutte le notti e le sue amanti che vanno e vengono, la biblioteca è troppo frequentata e non riesco a concentrarmi da nessuna parte» spiegò ai genitori guardando prima l’uno e poi l’altro «Magari resto qui, dove ci sono pace e tranquillità e riesco a portare a termine il tutto in tempi brevi» continuò «Andrei al college solo per vedere il docente che mi segue e prendere alcuni libri che potrebbero servirmi».
«Sarebbe meraviglioso averti di nuovo qui, ragazzo» gli disse Dean, sorridendo «Puoi restare qui tutto il tempo che ti occorre. Ma il viaggio non è troppo lungo?»
«Beh, solo in quel caso potrei usare i miei poteri» disse, guardando Castiel, che annuiva in modo serio «Sono migliorato con il teletrasporto, e non è rintracciabile da nessuno, lo sai, papà!»
«Lo so» confermò l’angelo sorridendo «Per me va bene, ci manchi molto e averti qui sarebbe una gioia, vero Dean?»
«Lo sarebbe davvero» affermò sorridendo «Bentornato allora».
 
Sei mesi dopo.
Nei mesi in cui Nate era stato a casa, Dean aveva visto suo figlio ammazzarsi di lavoro per scrivere quella tesi, il docente gliel’aveva fatta riscrivere infinite volte, e lui era quasi impazzito su quel progetto, l’ex cacciatore aveva quasi desiderato impugnare di nuovo una pistola e far capire a quell’uomo che con i Winchester non si scherzava, tuttavia suo figlio non aveva mai mollato; ed era riuscito a portare a termine quel progetto, e adesso, Dean, Castiel, Sam e Jack, si trovavano lì, tra il pubblico ad assistere alla laurea di Nate. Era un’emozione fortissima, che non aveva mai provato in vita sua, ed era una delle cose più belle che stesse vivendo, fortunatamente a fargli da sostegno in quel momento, c’era Castiel, che lo teneva saldamente stretto a sé. Se solo pensava che era esistito un futuro in cui Nate invece di laurearsi, diveniva un cacciatore e intraprendeva la stessa vita senza gioia, senza aspettative come l’aveva avuta lui alla sua età, fino a che non si era ritirato da essa, quasi odiava se stesso per averlo permesso, il se stesso del futuro, ovviamente. Erano passati ventisette anni, da quando la sua vita aveva preso una piega totalmente diversa, erano passati ventisette anni da quando suo figlio del futuro aveva viaggiato nel tempo per salvare Cas – che sembrava davvero il sostegno della sua felicità – e aveva cambiato il corso della storia della famiglia e della propria. Se ora si ritrovava lì, con Cas, ad assistere alla cerimonia di laurea di suo figlio, lo doveva solo a Nate, a quel ragazzo che nonostante lui non gli avesse dato fiducia, non si era mai arreso – sia quello futuristico che quello presente assomigliavano a lui più di quanto potesse immaginare, quel giovane, ventisette anni prima aveva dato la propria vita per cambiare il corso degli eventi e non gli sarebbe mai stato abbastanza grato per aver salvato la vita di Cas e di tutti loro.
Quando annunciarono il nome di Nate, Dean afferrò la mano di Castiel, ansioso. L’angelo ricambiò la stretta con gentilezza, e con il pollice accarezzò il dorso della mano del compagno, infondendogli tranquillità, come al solito.
«Posso dire due parole?» chiese il ragazzo, il docente gli concesse il permesso, e lui si avvicinò al microfono per parlare «Vorrei dire solo una cosa veloce. Voglio dedicare questa laurea ai miei genitori» Dean spalancò gli occhi, sorridendo commosso, forse era l’età, ma sentiva di essere vicino alle lacrime «Sono fortunato ad essere loro figlio, a modo loro si amano e spero un giorno di trovare qualcuno con cui avere un rapporto così; siete la mia più grande ispirazione, e il mio modello da seguire, so che in passato nessuno ve l’ha mai detto, ma voi siete degli eroi, dei veri eroi, e come voi, anche se in modo diverso, salverò delle vite anche io» disse sorridendo, e una lacrima sfuggì al controllo di Dean. «E poi voglio solo ringraziare loro, mio fratello e mio zio per essere qui a sostenermi in questo momento. Non sarei qui se non fosse stato per voi, vi ringrazio di tutto, se sono arrivato qui, lo devo solo al vostro affetto. Ho ancora tanto da imparare, ma sento che con voi, non devo temere il futuro; grazie».
Dalla sua postazione, Dean sorrise al figlio incredulo, era fiero di lui e appena lo avrebbe riabbracciato, glielo avrebbe detto; come aveva promesso ventisette anni prima, suo figlio non aveva dovuto avere a che fare con la vita da cacciatore, sì, sia lui che Castiel erano stati molti sinceri con lui, quando Nate aveva avuto l’età giusta per capire e prendere delle decisioni da solo, entrambi gli avevano raccontato della vita che avevano abbandonato, di ciò che avevano vissuto, di come si erano incontrati, delle varie volte che si erano persi a vicenda, dei tradimenti che li avevano allontanati e di tutto ciò che, nonostante tutto, li aveva uniti. Dean aveva insegnato al figlio come sparare, perché devi sapere come difenderti, ragazzo, anche se sei una specie di Superman – anche se quel ragazzino era sempre stato un pacifista – e gli aveva detto che avrebbe appoggiato ogni sua scelta. E non poteva essere più fiero di lui, in quel momento, aveva realizzato i suoi progetti, e ora ne stava raccogliendo i frutti, Nate continuò a pronunciare quel discorso con cui ringraziava la sua famiglia per il supporto e per aver sempre creduto in lui, e Dean semplicemente, dopo un po’, non riuscì a trattenersi, e qualche lacrima scappò al suo controllo – era l’età ad averlo fatto diventare così sentimentale, ne era certo, non c’erano altre spiegazioni; sebbene avesse l’aspetto di un quarantenne, non lo era affatto; ma a nessuno doveva interessare in fondo, no?
«Sei diventato un tenerone, vero, Dean?» gli sussurrò Castiel, passandogli un fazzoletto. Il biondo sussultò leggermente, perché non si aspettava che l’altro si accorgesse della sua commozione, tuttavia dopo così tanti anni di relazione e di conoscenza tra di loro e la sua natura di angelo, avrebbe dovuto aspettarselo. Castiel riconosceva le sue emozioni anche ad occhi chiusi.
«Ehi, è quel ragazzo che è troppo sentimentale» replicò fintamente contrariato «Deve aver passato troppo tempo con Sam» spiegò, facendo ridacchiare l’angelo, che con delicatezza gli passò un braccio attorno ai fianchi, stringendo l’uomo contro di sé, annuendo poco convinto, conosceva il suo compagno, e sebbene fosse un tipo dall’apparenza duro e senza sentimenti, sotto quella scorza dura, si celava l’uomo più dolce, amorevole e sensibile dell’intero creato.
«Guarda che sono accanto a te» intervenne il Winchester minore con tono lamentoso «Ti sento».
Dean lo ignorò e quando Nate prese il suo attestato di laurea, e sorrise nella loro direzione, mentre scendeva dal palco, il padre non riuscì a trattenersi dall’alzare il pollice verso il figlio, che se ne accorse e arrossì leggermente, in imbarazzo.
«Cas» lo chiamò a bassa voce «Pare che abbiamo fatto proprio un bel lavoro con quel ragazzo».
«Sì, sono così orgoglioso di lui, guarda dove è arrivato» rispose l’angelo sorridendo «E senza ricorrere ai suoi poteri, è incredibile» commentò con una punta d’orgoglio nella voce «Dean, ti rendi conto?»
«Beh, ha preso da suo padre» affermò, senza riuscire a mascherare un profondo orgoglio e una radicata fierezza.
«Sei sempre così modesto» ribatté alzando gli occhi al cielo.
«Idiota, mi riferivo a te. Tu sei l’essere con il cuore più puro e coraggioso che abbia mai incontrato».
«Ora ti metti a fare il romantico?» domandò sarcasticamente, sentendosi comunque lusingato, Dean non era molto avvezzo ai complimenti, e quando li faceva, lasciava l’angelo piacevolmente sorpreso ogni volta.
«Ehi, io sono romantico!» esclamò l’ex cacciatore «Devo ricordarti la sorpresa che ti ho organizzato per il nostro decimo anniversario?»
Castiel stava per rispondere, ovviamente, ma «Ehi fate silenzio» li interruppe Sam, dando una gomitata al fratello «Sono stanco dei vostri continui battibecchi» mormorò esasperato, sperando di essere inghiottito dal terreno sottostante.
«Ehi, vecchietti!» esclamò Nate, raggiungendoli «Venite con me per la foto con la famiglia?» chiese.
«Arriviamo, ragazzo» rispose Dean. Tutti e quattro seguirono il giovane, che li condusse da un fotografo, che li invitò a prendere posizione per la foto; Nate al centro tra i suoi genitori e dietro di loro Sam e Jack, entrambi con la mano appoggiata sulla spalla del più piccolo della famiglia. Il fotografo scattò la fotografia e si congedò da loro per andare da altri studenti. Castiel fu il primo ad abbracciarlo con una forza quasi soffocante, poi fu la volta di Sam e Jack, che si congratularono con lui per il traguardo raggiunto, mentre Dean restò qualche istante a fissare il figlio, rimuginando. Quando il giovane gli rivolse uno sguardo eloquente, l’uomo si rese conto di essere rimasto immobile davanti alla scena, come avrebbe fatto John, e prima che il giovane si dileguasse deluso, Dean fece l’unica cosa che aveva voluto fare fin da quando era arrivato lì, ma che non aveva fatto perché, nonostante tutto, era ancora lo stesso idiota di sempre; così si avvicinò a suo figlio e lo abbracciò con forza e: «Sono incredibilmente fiero di te, Nathaniel» gli disse in un sussurro. Nate ricambiò la stretta del padre, e appoggiò la testa sulla sua spalla, leggermente commosso. Sapeva cosa significasse per lui, quel gesto. Suo padre gli aveva raccontato più volte del suo rapporto terribilmente conflittuale con il proprio genitore, il quale, accecato da un odio più grande di lui, aveva sempre dato per scontato i sentimenti dei figli.
«Grazie papà» rispose sorridendo «Ora mi lasci andare? Ci stanno guardando tutti» affermò con finto tono contrariato.
«Lascia che guardino allora, non ti lascerò andare per ora».
«Papà, mi aiuti?» chiese il giovane rivolgendosi all’angelo, che rise davanti alla scena.
«Mi dispiace, Nate, l’età ha fatto diventare tuo padre un uomo estremamente sensibile e dolce, dovrai sopportarlo». Dean si pentì di aver insegnato a Cas l’uso del sarcasmo, ma lo ignorò e strinse suo figlio ancora per qualche istante, poi lo lasciò andare dandogli una pacca sulla spalla; il giovane, prima di raggiungere gli amici, gli sorrise riconoscente. Non poteva desiderare niente di meglio, suo figlio che realizzava i suoi sogni, e si realizzava come persona. Se pensava al suo passato, alla vita che aveva vissuto fino a quel momento, era davvero difficile immaginare di essere arrivato a quel punto, e invece… voltò lo sguardo verso Castiel, poi guardò Sam, e infine Jack, doveva solamente ringraziare quel giovane coraggioso che aveva viaggiato nel tempo e aveva salvato Cas, se adesso poteva dire di essere felice.
Grazie Nate.

_____________

Hola people! 
Buona Pasqua (passata) e buona Pasquetta.
Siccome sono una brava persona, non volevo farvi aspettare fino a sabato per l'ultimo attesissimo capitolo di questa storia, quindi eccomi qua, ieri e sabato non mi è stato possibile, come avevo anticipato la settimana scorsa, ma oggi sono qui per voi. Sì, purtroppo siamo arrivati alla fine di un'altra mirabolante avventura e io sono distrutta. Questa storia l'ho scritta davvero di getto, rispetto alle altre l'avrò scritta in una settimana tutta completa - poi il lavoro di correzione e aggiunta dei singoli capitoli è un'altra storia - e aver scritto la parola fine per questa, mi ha letteralmente svuotata. Come tutti i miei personaggi, anche loro mi mancheranno tantissimo, soprattutto il mio piccolo Nate, che è diventato grande ed è felice *lacrimuccia* (dovremmo proporre questa cosa alla CW per la 14esima stagione. LOL)
Come vi dico sempre, scrivere mi aiuta ad affrontare meglio le giornate, e per questo nei prossimi mesi tornerò, ovviamente. E so che vi state chiedendo "dov'è la long che avevi promesso?" purtroppo la lavorazione della long è un po' lenta, però ci sono altre mini-long in lavorazione che vedranno la luce. Portate pazienza, e sui vostri schermi arriverà tutto. Per il momento, godetevi questa... e stay tuned, che tornerò nei prossimi mesi. Come ha detto anche mia madre, adesso che sono tornata attiva, difficilmente mi disattiverò ancora - salvo esaurimento di idee. (ma con i Destiel c'è sempre materiale, ci sono ancora tanti orizzonti non ancora esplorati nel fandom. E io li esplorerò con il vostro supporto!)
Ci tenevo a ringraziare, in queste ultime note d'autore di questa storia, le persone che instancabilmente sono state qui, presenti e mi hanno sostenuto, mi hanno detto continuamente cosa pensavano della storia e non hanno mollato la storia. Grazie, grazie davvero. E grazie anche a tutti coloro che hanno speso un click per leggerla e che l'hanno aggiunta nelle varie categorie. 
Thank you. Mi mancherete tanto, e spero che vi mancherò un po' anche io (ma tanto torno sempre).
See you soon, people!
Alla prossima, con affetto.
Dalla vostra autrice sentimentale che vi vuole bene virtualmente! 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3747970