il disgelo di gabry13 (/viewuser.php?uid=1064237)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un cuore di ghiaccio ***
Capitolo 2: *** chiamalo con il suo nome ***
Capitolo 3: *** portami con te ***
Capitolo 4: *** come comete ***
Capitolo 5: *** il testimone silenzioso ***
Capitolo 6: *** la ballerina e lo schiaccianoci ***
Capitolo 7: *** le insidie della sfera di cristallo ***
Capitolo 8: *** da chi meno te lo aspetti ***
Capitolo 9: *** principessa primavera ***
Capitolo 10: *** incanto patronus ***
Capitolo 1 *** un cuore di ghiaccio ***
Ai
tiri vispi Weasley lo scaffale delle merendine marinare era di nuovo vuoto. Era
impressionante l’isteria con la quale frotte di ragazzini speranzosi prendevano
d’assalto questo angolo di negozio a pochi giorni dall’inizio di un nuovo anno
scolastico ad Hogwarts.
La
preside McGonagall, a dirla tutta, si era lamentata inizialmente della cosa ma
aveva ben presto constatato che la “merce incriminata” veniva acquistata dagli
studenti con i pochi spiccioli racimolati grazie alle mance di genitori e
parenti. I giovani la utilizzavano con una tale incoscienza che a metà di
ottobre non ce n’era già più traccia in tutta la suola. Aveva quindi deciso di
chiudere un occhio. – Tutto sommato – si era detta – sono solo ragazzi -.
-
L’avevamo capito che era una grande idea ma che avrebbe smosso le folle…beh
questo proprio…neppure il nostro grande genio imprenditoriale poteva prevederlo
– sussurrò George parlando tra se e se o meglio con quella parte di lui che non
esisteva più. Stava sballando l’ennesimo cartone quando un fragoroso boato proveniente
dalla parte opposta del locale lo fece sussultare. Odiava i boati o almeno era
così da qualche tempo.
Si
affrettò alla ricerca dell’origine di tanto fracasso finché non trovò suo
fratello Ron steso a terra con una buona manciata di “Fuochi Forsennati” che
sfrecciavano come saette intorno a lui. Scosse la testa fingendosi esasperato:
- Sei scivolato vero? Sei un disastro!! Mani di burro Weasley – esclamò
prendendolo in giro con quel suo strano sorriso che moriva sulle labbra senza
raggiungere mai gli occhi. Chi lo conosceva bene ormai si era dolorosamente
abituato a quel sorriso senza gioia.
-
Sto facendo del mio meglio George! Non è facile, fino a qualche mese fa sapevo
poco o niente di tutto questo – si giustificò Ron allargando le braccia con
enfasi ad indicare quell’immenso magazzino di stranezze fra le quali si
destreggiava a fatica. George gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi: -
Tranquillo, vedrai che presto ti sentirai totalmente nel tuo ambiente, hai una
certa naturale predisposizione ad essere un buffone! – Poi, come se nulla fosse
successo, girò i tacchi e ritornò alle sue merendine marinare. Ron scrollò le
spalle frustrato. Era come sbattere continuamente contro ad un muro di gomma ma
non poteva andare via, non poteva lasciarlo solo.
Era
arrivata l’ora di pranzo ma, come al solito, George la ignorò e proseguì
instancabile nella monotona operazione di rifornire scaffali. Totalmente
assente non si accorse che la porta d’ingresso si era aperta; si riscosse
all’improvviso solo quando udì l’avvicinarsi di passi lenti e delicati. Alzò lo
sguardo e si ritrovò di fronte una giovane donna alta e filiforme, pelle ambrata,
lunghi capelli bruni e brillanti occhi verdi.
-
Angelina Johnson! –
-
George Weasley! –
- E’
un secolo che non ci si rivede, che ci fai da queste parti? –
-
Beh ora ci rivedremo più spesso. Sono stata assunta come commessa nel nuovo
negozio di articoli per il quidditch, sai quello che hanno aperto poche
settimane fa in fondo a Diagon Alley. –
-
Congratulazioni! Non sapevo del negozio, non mi allontano mai da questo posto
se non per andare alla Gringott – si giustificò George.
“Dovresti
farlo invece! Il mondo c’è ancora tutto là fuori” pensò la ragazza ma non lo
disse e si limitò a rivolgere all’amico un sorriso gentile. George era
dimagrito parecchio, il volto appariva sciupato, gli occhi stanchi, vuoti
sembrava ormai l’ombra di se stesso. Non lo rivedeva da più di un anno; come
tutti si era affannata a ricostruirsi una vita stabile ma in quel momento si
pentì di essersi allontanata tanto a lungo da lui.
-
Immagino che la tua non sia solo una visita di cortesia Angelina. In cosa posso
servirti? - riprese il giovane in tono più professionale.
-
Beh sì a dir la verità la figlia di mia cugina partirà fra pochi giorni per
Hogwarts. E’ il primo anno per lei, vorrei regalarle un a Puffola Pigmea. –
-
Direi un’ottima scelta. Come la preferisci? – George iniziò a snocciolare
informazioni tecniche sulla strana creaturina in questione ma Angelina non
riuscì a concentrarsi su ciò che le diceva tanto era ipnotizzata dal suono
piatto e cadenzato delle sue parole. George Weasley non era mai stato un tipo
apatico e tantomeno regolare. Brillante, irriverente, incosciente, questo era
il ragazzo che aveva conosciuto anni prima. Non riuscì più a sopportare il tono
della sua voce: - Sai cosa George, sei tu l’esperto, dammi quella più carina e
coccolosa che hai! – Il ragazzo scelse per lei una piccola palla pelosa rosa
confetto con minuscole macchie a cuore color pervinca; la depose poi con molta
cura in una graziosa gabbietta dorata.
-
Ecco a te, offre la casa!! –
-
Non posso accettare George –
-
Beh consideralo un regalo di “in bocca al lupo” per la tua nuova carriera a
Diagon Alley –
Per
qualche secondo un imbarazzante silenzio riempì la stanza.
- Ok
– rispose infine Angelina: - accetto solo se domani pranzi con me, pago io…e
non provare ad accampare la scusa che devi restare in negozio, la tua attività
non rischierà di fallire se ti fermi una mezz’ora per nutrirti! –
- Se
la metti così non posso che accettare – farfugliò imbarazzato il ragazzo.
- Bene,
allora ci rivediamo domani all’una, qui fuori – la giovane fissò per un lungo
istante il viso scavato dell’amico: - George sul serio come stai? – chiese esitante.
Lui abbassò lo sguardo e disse riluttante una cosa che non aveva mai rivelato a
nessuno, nemmeno a sua madre: - Una scheggia di ghiaccio mi ha trafitto il
cuore e ora sento solo freddo –
La
mano delicata di Angelina strinse la sua donandogli per qualche istante un’inaspettata
sensazione di sollievo.
- La
primavera arriva anche dopo l’inverno più lungo. A domani Weasley. – La fanciulla
se ne andò silenziosa proprio come era arrivata.
All’esterno
Angelina si soffermò a osservare la figura desolata di George attraverso la
vetrina. La luce si era spenta. Erano stati dei fantastici fuochi d’artificio,
i migliori…peccato che lo spettacolo era finito.
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Capitolo 2 *** chiamalo con il suo nome ***
Fino a 24 ore prima di
martedì 24 agosto 1999 George Weasley non si era aspettato più nulla dalla
vita; nessun fastidioso intoppo, nessun inconveniente, nessuna novità, solo il
presente certo della sua avviata attività al quale aggrapparsi tenacemente; basta
passato, niente futuro.
Tuttavia ora si ritrovava a
camminare convulsamente nella penombra del suo retrobottega chiedendosi perché
cavolo aveva accettato di pranzare con Angelina Johnson. Due cose erano
profondamente spagliate in tutto questo. Innanzitutto erano mesi che non
pranzava e andava bene così, la cena ingerita forzatamente per non ferire la
madre era già più che sufficiente. Inoltre questa ragazza rappresentava un
diversivo, un fuori pista e lui non voleva più saperne di queste cose ma, poiché
non aveva perso l’abitudine a mantenere la parola data e il quadrante
dell’orologio gli ricordava che mancava una manciata di minuti all’una, decise
che la cosa migliore era non pensarci troppo, chiudere la pratica e ritornare
alla sua ordinata quotidianità.
Angelina lo stava già
aspettando seduta sulla panchina di fronte al negozio ciondolando
distrattamente le gambe avanti e indietro. Quando lo vide gli regalò un sorriso
raggiante e si avvicinò.
- Ciao – disse allegramente.
- Buongiorno – rispose teso il
ragazzo.
- E’ ancora una giornata
piuttosto calda, mi chiedevo se avessi voglia di una coppa di gelato… -
- Certo – rispose George
cercando di sembrare interessato.
Si avviarono l’uno di fianco
all’altra. Lei rilassata e a proprio agio si godeva tranquilla la breve
passeggiata lanciando solo sporadicamente sguardi perplessi al suo
accompagnatore. Lui con i pugni stretti nelle tasche della giacca teneva il
capo chino fissando ostinatamente la strada.
- Non sapevo che gli
ippogrifi potessero volare sopra Diagon Alley – disse la ragazza sorpresa.
George alzò d’istinto gli occhi al cielo; era di un azzurro pallido e sulle
grondaie stavano appollaiati alcuni piccioni ma di ippogrifi neppure l’ombra!
Guardò sbalordito Angelina che in tutta risposta rise di gusto: - Se ti avessi
fatto notare quanto è piacevole questa giornata avresti annuito continuando ad
osservare i lacci delle tue scarpe. Mi serviva un pretesto per attirare la tua
attenzione. – Il giovane era esterrefatto; lei l’aveva fatto apposta come quando,
un tempo, erano soliti scherzare agli allenamenti di Quidditch al campo della
scuola, come se da allora non fosse trascorsa una vita intera. Questa ragazza
lo incuriosiva in un modo del tutto nuovo e stranamente, nonostante la sua
imprevedibilità, non riusciva ad esserne infastidito.
- Chapeau! Suppongo che
passare la pausa pranzo con un muto non sia divertente – ammise sfoderando
prontamente il suo sorriso di circostanza: - ok, vediamo un po’…il cielo,
considerando che siamo a Londra, direi che è piuttosto terso, sì insomma se
ignoriamo quella leggera sfumatura di grigio. Diagon Alley è uno splendore e
brulica di gente in faccende affacendata, che altro dire? E’ tutto delizioso –
Ad Angelina non sfuggì il
tono freddo e distaccato nelle parole di George ma decise di sorvolare
mascherando perfettamente un leggero disappunto. Raggiunsero presto la
gelateria, acquistarono due coppe sormontate da riccioli di panna montata e
presero posto ad un tavolino all’aperto. La ragazza mangiava di gusto il suo
gelato mente l’amico si limitava a martoriare con il cucchiaino la crema mezza
squagliata senza mostrare la minima intenzione di volerla assaggiare. Ancora
una volta era calato un pesante silenzio tra loro. Angelina avvertì crescere in
lei un sentimento a lei del tutto nuovo; suppose fosse quello provato dalle
mamme quando, spazientite, osservavano i loro figli pasticciare con il cibo. Fu
l’istinto di un attimo, raccolse una generosa cucchiaiata di gelato e la ficcò
nella bocca di George. Il giovane ingoiò suo malgrado il boccone strabuzzando
gli occhi completamente scioccato. – Chi sei tu e che ne hai fatto della mite
Angelina Johnson?! –
- Non è che solo perché
abbiamo condiviso alcuni anni di scuola dobbiamo conoscerci a memoria – rispose
secca: - per esempio lo sapevi che adoro la torta al pistacchio, ho il terrore
dei gufi e amo andare e teatro? E a te invece cosa piace? –
George farfugliò confuso: -
Beh a noi piaceva… -
- Non ho chiesto cosa
piaceva fare ai gemelli Weasley – sbottò la ragazza interrompendolo – Ho
chiesto a te. Cosa ami fare? –
George inaspettatamente
scattò in piedi furente: - Ora basta! Non ho capito a che gioco stai giocando
ma io mi fermo qui!! – Le girò quindi le spalle bruscamente e si allontanò con
passo deciso. Lei lo seguì e ignorando la folla che li circondava urlò: - Fred
è morto e tu non sei un pezzo di una macchina rotta sei un individuo, un uomo.
Lascialo in pace, smettila di farlo rivivere in te continuamente! –
George si bloccò di colpo e
ritornò sui suoi passi fino a fermarsi a pochi centimetri dal viso di lei: -
Una cosa te la concedo; sei la prima persona che ha avuto il coraggio di
chiamare la cosa con il suo nome: morto! Fred non se n’è andato, non ci ha
lasciati perché chi se ne va, chi ci lascia può essere che poi ritorni da noi.
Lui è morto non tornerà più. Per il resto io posso solo sopravvivere e chiedere
di essere lasciato in pace e soprattutto non mi serve la pietà di nessuno… -
detto ciò se ne andò.
Angelina restò sola. Tutto
il dolore sputatole addosso da George era stato come un pugno allo stomaco ed
ora era scossa da evidenti brividi. Lacrime amare le pungevano gli occhi. La
sua non era stata pietà…o forse sì.
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Capitolo 3 *** portami con te ***
Lampi di luce verde si
alternarono a sguardi penetranti di occhi altrettanto verdi. Il tremendo
fragore di mura che si sgretolavano, lo strazio di pianti inconsolabili,
l’insostenibile spettacolo di una lunga sfilata di corpi esamini si
intrecciarono a tocchi leggeri di mani calde e rassicuranti, a sorrisi
amichevoli, all’eco di parole sincere.
I sogni di George,
tormentati come da tempo non accadeva, lo svegliarono all’alba frastornato,
sfinito e profondamente turbato. Si sentiva in colpa nei confronti di Angelina.
Aveva riversato su di lei tutta la rabbia inespressa, la bestia nera che giorno
dopo giorno, notte dopo notte aveva soffocato con forza perché suo padre, sua
madre e i suoi fratelli avevano già sofferto troppo e non avrebbero retto a
quell’ennesimo dolore. Doveva rivederla e chiederle scusa; non riusciva a
spiegarsi il motivo ma l’averla ferita lo stava dilaniando.
Si presentò pochi minuti
prima dell’ora di pranzo davanti al negozio dove lei lavorava con due cartocci
di Zuccotti di Zucca e un paio di Burrobirre. Si accomodò su una panchina e
aspettò pazientemente che la ragazza uscisse. Quando Angelina lo vide si blocco
di colpo, lo stupore dipinto in volto. Poi si avvicinò guardinga e prudente
come se stesse per approcciarsi ad una bestia selvatica. Lui le sorrise
timidamente e si giustificò: - Oggi il pranzo l’ho portato io e, se ti va di
sederti con me, prometto che mangerò… -
La ragazza seppur con
esitazione prese posto al suo fianco. Non sapeva cosa fare e soprattutto cosa
dire ma dopo pochi istanti fu George a rompere il silenzio: - C’è una cosa che
faccio spesso da quando Fred è morto. Esco da Diagon Alley e comincio a
camminare senza meta nella Londra dei babbani. – raccontò con la voce ridotta ad
un sussurro: - Amo mischiarmi tra di loro perché nessuno mi conosce, mi
confondo nella folla. Li osservo e sono così diversi da noi; hanno dovuto usare
l’ingegno per risolvere problemi concreti che qui superiamo con un colpo di
bacchetta. Vanno sempre di fretta, rincorrono il tempo illudendosi di poterlo
controllare. Spesso uso la metropolitana. E’ una specie di treno che viaggia in
gallerie sotterranee. Li guardo stipati in quei vagoni ognuno con la propria
personalità, con il proprio stile e qui incrociano le loro vite, si sfiorano,
si guardano e neppure se ne accorgono. E’ come vedere dei pesci attraverso il
vetro di un acquario. Analizzo ciò che intuisco delle loro esistenze nel
tentativo di dimenticare la mia. – Era un fiume di parole di un’autenticità
commovente, un’anima fragile che si spogliava della sua corazza e solo in quel
momento Angelina capì che il suo non era stato compatimento: - affetto –
mormorò: - la mia non è mai stata pietà ma solo l’affetto di un’amica che non
riesce ad accettare di vederti devastato dal dolore. Mi dispiace – proseguì con
rinnovato sentimento: - per come ti ho aggredito. Ti prego porta anche me a
girovagare per Londra, se puoi accettarlo condividi questa cosa con me. –
George la guardò dritta
negli occhi e le tese la mano: - Piacere, George Weasley –
La ragazza sorrise: -
Piacere, Angelina Johnson –
Non era che il tacito
accordo di dimenticare il passato per vivere il presente così come si
presentava, senza troppe paure o eccessive aspettative.
Il rintocco dell’orologio
ricordò alla giovane che era giunto il momento di ritornare al lavoro. – Mi
dispiace ora devo andare – sbuffò dispiaciuta. Lui sorrise: - Ok, passo a
prenderti domani sera per la tua prima passeggiata tra le vie di Londra. – La
ragazza annuì, si avvicinò lentamente e gli donò un delicato bacio sulla
guancia. Le sue labbra erano calde e morbide, gli occhi color smeraldo
scintillavano di gioia e un lieve profumo di vaniglia lo inebriò.
George avrebbe voluto dirle
che adorava anche i lineamenti dolci del suo viso ma lo tenne per se, per ora
gli sembrava giusto così.
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Capitolo 4 *** come comete ***
Era ormai giunto il
crepuscolo quando finalmente George riuscì ad abbassare la serranda del suo
negozio. Le prime stelle erano già apparse in cielo come piccole lucciole
coperte qua e la da innocue nubi color porpora, l’aria profumava di
tranquillità. Si affretto a raggiungere il Paiolo Magico dove Angelina lo stava
già aspettando. Quando lo vide accennò un timido saluto sventolando la sua
esile mano, il volto illuminato da un sorriso radioso. Indossava un soprabito
rosso stretto in vita dal quale si intravvedeva un grazioso vestitino bianco a
pois azzurri. I folti capelli bruni ondeggiavano lievemente mossi da una
piacevole brezza. George non poté ignorare la sua bellezza. Si avvicinò
lentamente finché il profumo di lei non lo investì. – Allora sei pronta per la
gita? - domandò. – Certo, io sono nata pronta! – rispose allegra la fanciulla:
- Allora dove mi porti? –
- Pensavo ad una passeggiata
lungo le rive del Tamigi –
- Bene, andiamo allora –
asserì la ragazza prendendo la mano di George con estrema delicatezza così da
permettere al giovane di mollare la presa in qualsiasi momento senza troppo
imbarazzo. George non aveva idea di cosa fosse quel che stava accadendo tra lui
ed Angelina ma di qualsiasi faccenda si trattasse era certo che lei stava guidando
le danze e questo gli era di gran sollievo.
Passeggiarono per la Queen’s
walk; l’aria era intrisa dello strano aroma di fish and chips misto a zucchero
filato e l’ampio marciapiede ospitava una lunga sfilata di piccole bancarelle
che esponevano una gran quantità di oggetti diversi. Alla vista dei due maghi
questi apparvero assai bizzarri ma evidentemente molte delle persone che
affollavano la via li trovavano semplicemente interessanti.
- Avevi ragione! Si ha
proprio la sensazione di assistere allo spettacolo di vite che si muovono in un
mondo parallelo – esclamò Angelina totalmente rapita da ciò che la circondava.
- Già – confermò George: – E
ognuno di loro si porta dentro la propria storia. A volte mi chiedo cosa
proverebbero attraversando Diagon Alley –
- Credo che avrebbero la
sensazione di essere impazziti di colpo – ipotizzò lei ridendo.
Avvolti da un’atmosfera
insolitamente rarefatta i due parlarono con distensione di Quidditch, dei nuovi
modelli di scope e degli innovativi prodotti venduti ai Tiri vispi Weasley.
Argomenti forse un po’ banali, certamente frivoli ma in fondo erano poco più
che ventenni ed era di questo che era giusto discutere alla loro età.
Tuttavia, mentre
costeggiavano la sponda del fiume osservando ammirati i meravigliosi palazzi
illuminati che si intravvedevano in lontananza qualcosa nell’aria si mosse. Si
ritrovarono a stringersi le mani con sempre maggiore convinzione raggiungendo
stelle di galassie lontane, sorvolando satelliti di pianeti sconosciuti,
ammirando la straordinaria infinità dell’universo. Camminando tra musicisti
improvvisati ed artisti di strada le loro menti volarono oltre l’effimero
scorrere delle proprie esistente e quando si fermarono ad osservare i riflessi
argentati della luna incresparsi nelle acque plumbee del Tamigi e Angelina poso
il capo sul petto di George tutto sembrò esattamente dove era giusto che fosse.
Avvolti in questo clima
surreale i due si ritrovarono senza neppure rendersene conto di fronte al
Paiolo Magico. George osservò desiderio il volto della ragazza e fece una cosa
che fino a tre giorni prima avrebbe ritenuto folle; la baciò. Un bacio lento,
adorante di una tenerezza commovente. Quando i due si scostarono però gli occhi
di lui si velarono di tristezza e calde lacrime bagnarono le pallide guance.
Per Angelina non fu difficile intuire il motivo di tale reazione. L’incanto si
era spezzato e ora il ragazzo che l’aveva baciata come nessuno fino ad allora
si sentiva in colpa per quell’attimo di idillio perfetto conscio del fatto che
il fratello non l’avrebbe mai provato.
Lei gli prese il viso tra le
mani asciugandogli con il pollice le lacrime amare: - Da questa parte del muro
dimentichiamoci di chi siamo. Parliamo, litighiamo, prendiamoci per mano e
baciamoci se ci fa star bene senza pensare a ciò che è stato, come due comete
che attraversano nuovi cieli. George abbozzo finalmente una risata
accarezzandole distrattamente i capelli. – Ok ci sto – mormorò: - Ma spero che
avremo più voglia di baciarci che di litigare perché litigare con te è una gran
fatica! -
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Capitolo 5 *** il testimone silenzioso ***
I buoni propositi di George
si rivelarono tuttavia ben presto vani. Il suo rapporto con Angelina risultò
più variabile del cielo londinese e gli incontri tra i due, benché sempre più
frequenti, non si potevano definire altrettanto spesso romantici. Passeggiarono
nei giardini ben curati di Notting Hill, attraversarono i vivaci mercatini di
Portobello Road, si inoltrarono nella vita mondana dell’West End vivendo
incantevoli giorni di sole durante i quali chiacchierare di qualsiasi cosa, tenersi
per mano e scambiarsi tenerezze sembrava più facile che respirare. Affrontarono
però anche tremende tempeste quando il ragazzo si chiudeva ostinatamente in se
stesso e Angelina non riusciva ad accettarlo; allora scoppiavano furenti
litigi, lui a sostenere di provare sentimenti incomprensibili al mondo intero e
lei a ricordargli che quello stesso mondo stava comunque girando e non era
giusto da parte sua rimanere fermo a guardare.
Ciò nonostante George non
riusciva a stare lontano da lei, l’unica scintilla della sua esistenza e, per
Angelina, era impossibile abbandonarlo perché quando lui si apriva alla vita la
guardava, la toccava e la baciava come nessuno aveva fatto mai.
Ron era testimone silenzioso
di tutto questo. Ogni mattina aspettava l’arrivo del fratello domandandosi in
cuor suo quale sarebbe stato il suo umore. Meditandoci a lungo giunse alla
conclusione che quei repentini cambi di atteggiamento fossero di gran lunga più
positivi della costante apatia che si era impossessata di George per oltre un
anno. Avrebbe voluto affrontare la situazione ma non sapeva da che parte
iniziare quindi, poiché una delle cose che aveva imparato frequentando
quotidianamente Hermione Granger era “se non sai cosa dire stai zitto”, decise
che era molto meglio far cadere la questione.
Purtroppo però il lento
fluttuare dei primi fiocchi di neve ricordarono al ragazzo che si stava
avvicinando inesorabilmente il Natale. Tutta la sua famiglia si sarebbe riunita
per un’intera giornata intorno alla stessa tavola e il cambiamento di George
seppur lieve non sarebbe passato inosservato e qui sorgeva il problema: a chi
chiedere spiegazioni di tale evento se non al fratello che lo frequentava ogni
giorno, per tutto il giorno?!
I pronostici di Ron non
furono smentiti. George gustò l’abbondante pranzo natalizio preparato dalla
madre con un discreto appetito e riuscì persino ad intrattenere rilassate
seppur brevi conversazioni con i fratelli. La ciliegina sulla torta giunse nel
tardo pomeriggio quando George si assentò qualche minuto per poi uscire dalla
sua camera abbigliato con un elegante abito scuro e scarpe perfettamente
lucidate.
- Dove stai andando caro? –
chiese Molly esitante
- Ad un incontro di lavoro –
rispose vago il ragazzo
- Il giorno di Natale? –
sbottò incredula Ginny
- Gli affari non aspettano
cara sorellina – sentenziò George liquidando il discorso e uscendo di casa
veloce come un razzo.
Ron approfitto del
momentaneo inebetimento della sua famiglia per darsi alla fuga in cucina. Si
stava versando un bicchiere di acqua fresca quando suo padre lo raggiunse
piazzandosi con fermezza di fronte a lui. “Avrei dovuto smaterializzarmi in
Australia” pensò nauseato cercando di racimolare forza e idee per uscire
indenne dal confronto.
- Allora che sta succedendo?
– chiese secco Arthur Weasley
- Avevo sete e sono venuto a
prendermi da bere? – rilanciò candidamente Ron
- Lo sai cosa voglio dire!
Cos’ha tuo fratello? –
- Papà io ne ho quattro di
fratelli, dovresti essere più preciso. –
- Parlo di George, lui
è…diverso, mi vuoi spiegare cortesemente il motivo? –
Il giovane, messo alle corde
sfoderò prontamente il suo ultimo asso nella manica. Assunse un’aria
contrariata e ringhiò: - E io che ne so! Sono suo fratello non la sua baby
sitter! – e con un gesto plateale da attore consumato sorpassò il padre e uscì
in giardino. Si lasciò cadere sui gradini d’ingresso maledicendosi di non
essersi infilato il giubbetto. Avvertì la sua presenza ancor prima di vederla;
Hermione lo avvolse in una morbida sciarpa e si accomodò al suo fianco: - Che
ci fai qui fuori Ronald, vuoi prenderti una bronchite? – Il giovane affondò le
mani nei folti capelli rossi: - no, sto fuggendo da papà… -
Lei appoggiò la testa sulla
sua spalla: - E’ per George vero? –
- Sì vuole sapere il motivo
del suo cambiamento –
- E tu lo sai? –
- No, la vera ragione non la
conosco ma so di certo che Angelina Johnson la conosce meglio di noi! –
- Angelina Johnson il
cacciatore di Grifondoro? – chiese basita Hermione
- Esatto. Si sono incontrati
alla fine dell’estate. Lei è passata in negozio a comprare una Puffola Pigmea,
poi l’ha invitato a pranzo e si sono lasciati litigando come matti in piena
Diagon Alley, ma la cosa deve essere servita perché il giorno seguente lui è
tornato a chiederle scusa con la coda tra le gambe, suppongo. Da allora si
vedono regolarmente; dove vanno e cosa fanno francamente non lo so. – Ron
terminò la breve ma concitata spiegazione con il fiato corto osservando la
fidanzata assorta nelle sue riflessioni.
- Ok – sentenziò infine: - e
questa storia la sai solo tu o l’hai raccontata ad altri? –
- Piccola dovresti saperlo
ormai che le cose più importanti io le confido solo a te. – bisbigliò il
giovane. Hermione visibilmente compiaciuta cercò di riprendere le redini del
discorso: - Ottimo, e per noi dobbiamo tenercela. Non dire nulla ai tuoi
genitori e ai tuoi fratelli e tantomeno a Ginny o ad Harry. George deve vivere
questa cosa da solo, senza inutili assilli, in fondo è la prima volta che
affronta una nuova esperienza senza Fred al suo fianco e, comunque andrà, credo
sarà salutare per lui. –
- Abbiamo vinto una guerra e
perso tante cose in una sola notte ed eravamo solo dei ragazzini cresciuti
troppo in fretta. Credo che ci vorranno anni per rielaborare davvero tutto
questo – meditò tristemente Ron.
- Già – annuì lei – spero
che i nostri figli non dovranno mai affrontare una tale esperienza… - Hermione
si accorse troppo tardi di essersi eccessivamente esposta ed arrossì
violentemente. Lui la guardò divertito e le baciò teneramente le labbra
vellutate: - I nostri figli…la cosa non suona affatto male. Ora però ho
problemi più impellenti: dobbiamo rientrare e tu mi devi aiutare a mimetizzarmi
con la tappezzeria! – Le tese la mano e i due varcarono la soglia della cucina
per raggiungere il resto della famiglia.
Nel cassetto del comodino di
Ron c’era una piccola scatoletta con all’interno una fedina d’argento. Un
giorno l’avrebbe messa al dito di Hermione ma quello non era certo il momento
più adatto per farlo.
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Capitolo 6 *** la ballerina e lo schiaccianoci ***
La sera di Natale il
quartiere di Charing Cross Road era praticamente deserto. Un leggero nevischio,
visibile attraverso la luce intermittente degli sgangherati lampioni, si posava
lento sul marciapiede trasformandosi subito in una fastidiosa e viscida
poltiglia. Una sola figura, appoggiata al muro di mattoni del Paiolo Magico,
sostava in silenziosa attesa; un giovane uomo dai singolari capelli pel di
carota e gli occhi azzurro chiaro con indosso un pesante cappotto scuro che ne
evidenziava l’alta statura e il fisico eccessivamente asciutto.
Improvvisamente dal centro
della strada si udì un tonfo sommesso e per un attimo una luce bluastra
illuminò l’asfalto umido. Una fanciulla dalla pelle olivastra si era
materializzata proprio in quel punto e con estrema naturalezza si affrettò a
raggiungere il ragazzo. Quando i due si trovarono a pochi centimetri di
distanza lei volteggiò leggiadra su se stessa mostrando al compagno il suo
scintillante vestito in seta color champagne sopra il quale indossava una calda
stola bianca.
- Allora George, mi avevi
chiesto un abbigliamento elegante; che dici sono all’altezza? – chiese Angelina
elettrizzata.
- No, sei semplicemente
strepitosa… - George la mangiò con lo sguardo: il volto di lei, lasciato libero
dai capelli raccolti in un ordinato chignon, gli parve più luminoso che mai,
gli occhi due pozze di smeraldo fuso e la voce argentina come il trillare di un
grappolo di campanellini.
- Allora sei pronta? –
chiese poi con un filo si emozione. Quando Angelina annuì lui le porse il
braccio: - Bene allora stasera guido io! – e appena la mano di lei lo sfiorò
entrambi rotearono per una frazione di secondo avvolti dalla luce bluastra e
scomparvero magicamente così come erano arrivati.
Si ritrovarono in una zona
d’ombra di un’ampia strada che costeggiava le mura laterali di un maestoso
edificio. George, mascherando a stento l’eccitazione, trascinò la sua dama fino
a raggiungere la facciata del palazzo davanti alla quale spiccavano imponenti
colonne neoclassiche. Tastò quindi febbrilmente le tasche del suo cappotto e ne
estrasse due piccoli talloncini che pose nelle mani di Angelina; erano due
biglietti per assistere ad un balletto chiamato “Lo Schiaccianoci” che di lì a
poco sarebbe cominciato all’interno del teatro che si parava di fronte a loro.
La ragazza era esterrefatta così George, per stemperare l’imbarazzo, si
giustificò: - Non sapevo cosa regalarti… inizialmente avevo pensato ad una
visita in una guferia per farti affrontare la paura degli adorabili rapaci ma,
credo non avresti gradito. Una degustazione di torte al pistacchio sarebbe
risultata un filo pesantina dopo il pranzo di Natale ed allora mi sono detto:
perché non portarti a teatro? – La fanciulla aveva le lacrime agli occhi: - Ti
sei ricordato cosa ti avevo raccontato la prima volta che siamo usciti insieme…
- Lui sorrise: - Angelina io ricordo ogni singola parola uscita dalla tua
bocca, anche quelle più scomode! – Un pregio nuovo e del tutto inaspettato che
George aveva dimostrato di possedere, durante le settimane trascorse insieme ad
Angelina, era la disarmante capacità di stupire non più con atteggiamenti
esagerati e goliardici bensì con gesti dolci e teneramente innocenti.
Poco più tardi e due vennero
fatti accomodare in un balconcino laterale della sala teatrale e, spente le
luci in platea, lo spettacolo poté iniziare. La ragazza, con le mani strette
all’elaborato parapetto e il collo teso verso il palco catturò ogni movenza
degli eleganti ballerini e ne rimase estasiata. Il suo accompagnatore,
inizialmente incapace di staccare gli occhi da lei, si fece poi coinvolgere
dall’entusiasmante esibizione: le luci che cambiavano colore ed intensità
ricreando atmosfere oniriche, gli elaborati abiti di scena, i volteggi leggeri
degli artisti e la sinfonia perfetta di archi e flauti parevano frutto di un
incantesimo non prodotto da alcuna bacchetta. George, totalmente rapito da
quella straordinaria favola, si chiese se lui ed Angelina non fossero in verità
come Clara e lo Schiaccianoci che danzavano un infinito valzer nel regno della
Fata Confetto. Allontanando con forza il pensiero che, alla fine, Clara dal
soave sogno si era svegliata, il ragazzo si ritrovò a desiderare ardentemente
che, nel mezzo di quella folle storia che ormai li legava, ci fosse quel
distillato di felicità in grado di guarire le sue ferite.
Mosso da questi sentimenti
di ineluttabile speranza condusse Angelina nel retrobottega del suo negozio.
Con estrema cautela la spogliò dell’adorabile abito di seta e quando lei
ricambiò il suo desiderio, affondando le calde mani nei folti capelli di lui, i
due si unirono in una sola anima. I respiri sincronizzati in un dolce ansimare
e i corpi incatenati da un’attrazione straripante, furono trascinati da un
motto di incontrollata lussuria e fecero l’amore con passione, trasporto e
perfetta complicità. Tenendo tra le mani i loro cuori colmi di mille emozioni
continuarono a danzare nel loro piccolo mondo come se nulla al di fuori fosse
realmente importante.
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Capitolo 7 *** le insidie della sfera di cristallo ***
La perfetta sfera di
cristallo nella quale George e Angelina si rifugiarono per assaporare in
solitaria l’altrui compagnia aveva in verità un clamoroso difetto: non
prevedeva interferenze dal mondo esterno e contatti diretti con la realtà che quotidianamente
li circondava. Mentre girovagavano per Londra come foglie trasportate dal vento
si beavano del piacere di stare insieme ed assaporavano il benessere che da
esso ne scaturiva ma, quando si incrociavano nell’ambiente al quale
appartenevano, si scambiavano a malapena un saluto imbarazzato timorosi di far
trapelare ciò che, soprattutto per volere di George, doveva rimanere celato.
Angelina, in un primo
momento, non ci badò granché convinta che la cosa più importante fosse che il
giovane si stesse aprendo a lei con sempre maggiore convinzione. Ciò
nonostante, con il passare delle settimane, tutta questa segretezza cominciò a
metterla un po’ a disagio e si trovò molto spesso a domandarsi se George non si
stesse illudendo di stare meglio senza esserne però veramente convinto. Questo
tarlo inaspettato la tenne sveglia per notti intere ed accrebbe in lei la paura
di essersi innamorata, investendo tempo ed energie emotive, per poi ritrovarsi
con un pugno di mosche in mano.
George, troppo pessimista da
credere che il suo cuore devastato riuscisse ancora a provare amore, non voleva
mischiare Angelina con il resto del suo mondo perché lei era luce in un mare di
tenebre e non riusciva a tollerare l’idea che questo buio potesse inghiottirla
spegnendo l’unica cosa bella che gli era capitata nella vita dopo Fred.
A peggiorare la già delicata
situazione ci si mise pure Molly Weasley che, dopo aver messo sotto torchio il
povero Ron senza cavarci un ragno dal buco, decise che era molto più pratico
far da se. Si fece vedere con sempre maggiore frequenza a Diagon Alley e ai
Tiri Vispi Weasley come se i ciottoli della strada e la merce stipata negli
scaffali fossero in grado di illuminarla sulla vita di George il quale, dal
canto suo, si mostrò più sfuggevole di un’anguilla. A nulla valsero i calorosi
inviti dei figli e persino di Harry ed Hermione a lasciare perdere la cosa;
abbandonare la sua famiglia alla casualità del destino le era già costato un
figlio e questo francamente le era bastato. A volte, durante le sue frequenti e
lunghe passeggiate, le era capitato di incrociare Angelina senza neppure
riconoscerla, ignara che l’oggetto delle sue accanite ricerche stesse sfilando
silenziosa davanti ai suoi occhi. Tutto questo sarebbe risultato quasi comico
se non fosse che la ragazza sentiva accrescersi in lei la spiacevole sensazione
di essere un fantasma.
Come spesso accade però, a
far cedere definitivamente le numerose crepe infrangendo dolorosamente la già
fragile sfera fu una sciocchezza e nella fattispecie la data posta sulla
pergamena di un ordine per dei “Cappelli Scudo” ovvero: 24 aprile dell’anno
2000. In un tiepido pomeriggio primaverile, mentre George esaminava
distrattamente l’ordinazione tale particolare lo colpì come un pugno in pieno
volto; tra poco più di una settimana sarebbe stato il 2 maggio, l’anniversario
della Battaglia di Hogwarts, il giorno in cui aveva perso per sempre il suo
gemello e lui neanche se n’era accorto. Possibile che pochi mesi con Angelina
gli avessero fatto perdere la cognizione del tempo a tal punto? E cosa ancor
più grave, la presenza di Angelina stava offuscando in lui il ricordo di Fred?!
Questo pensiero, lo scosse, lo spaventò e lo fece sentire smarrito in pochi
istanti. Per quanto intollerabile, gli era sempre apparso vitale il dover
provare dolore per la di lui prematura scomparsa come se il silenzioso
straziarsi per tale perdita fosse un pegno da pagare per essergli
sopravvissuto. Poi però quella ragazza dai profondi occhi verdi era entrata
come un ciclone nella sua esistenza e, almeno per come la stava vivendo in quei
confusi minuti, aveva “preteso” di ottenere un posto che non le spettava di
diritto e lui glielo aveva lasciato fare per giunta. Provò un moto di pura
rabbia verso se stesso ma soprattutto verso Angelina e decise in pochi istanti
che quella follia dovesse essere al più presto troncata. Pensò bene che il modo
più sbrigativo per farlo era il non presentarsi all’appuntamento che si erano
dati per la sera stessa.
Angelina lo attese a lungo e
con pazienza. Dopo più di mezz’ora però, stanca di aspettare e vagamente in
ansia decise di materializzarsi ai Tiri Vispi. Il ragazzo, dietro al bancone a
controllare documenti che in verità neppure vedeva, non la degnò di uno
sguardo. Si prospettava guerra all’orizzonte.
- George, ti stavo
aspettando da parecchio e sinceramente ero un po’ preoccupata – esordì la
ragazza cercando di nascondere la stizza.
- Avevo del lavoro da finire,
ho molto da fare e da pensare, non posso certo passare il mio tempo ad
occuparmi di te – sbottò lui burbero.
- Io non sono una bambina,
non devi “occuparti di me”, solo che avevamo un appuntamento e tu mi hai dato
buca –
- Beh allora forse in nostri
incontri non sono poi così importanti se stasera me ne sono scordato… - così
dicendo sperò disperatamente che ferendola l’avrebbe allontanata.
- Io non so cos’hai oggi
George ma forse ne dovremmo parlare – ribatté Angelina sgomenta.
- O forse abbiamo già
parlato abbastanza, e abbiamo camminato per chilometri e per mesi abbiamo finto
di essere felici – rilanciò lui prontamente.
- Io non ho mai finto! –
ormai la ragazza era in preda al panico; qualcosa nella voce di George le fece
intuire che non si trattava di una delle loro solite discussioni, era qualcosa
di definitivo e, nell’arco di pochi minuti, tutte le sue paure si
concretizzarono.
- Hai cercato di separarmi
da mio fratello –
- Per l’ennesima volta: tuo
fratello è morto! Io ci ho messo anima e corpo per darti una seconda strada da
percorrere prima che ti distruggessi nella tua autocommiserazione –
- Io non voglio
distruggermi! Voglio solo onorare la sua memoria –
- E io sono pronta a farlo
con te, non ti ho mai chiesto di dimenticarlo… -
- Ma ci hai provato! E io
scemo che quasi ti davo retta! Sai cosa? Penso che staremo meglio da soli, la
tua presenza non è più gradita – le parole bruciavano nella gola di George;
pronunciarle era più penoso di quanto si aspettasse.
Angelina ormai versava senza
ritegno amare lacrime di rabbia e dolore: - E’ questo dunque che sono stata:
una semplice presenza? Adesso mi butti e tante grazie! Se nel frattempo io mi
sono innamorata di te suppongo siano affari miei a questo punto! –
George non riusciva a
sopportare di averle inflitto tanto dispiacere ma non poteva cedere, lo doveva
a Fred. Tenne quindi gli occhi bassi, le mascelle serrate e i pugni chiusi
mentre inespressivo ascoltava le ultime strozzate parole della sua piccola luce
che si stava spegnendo: - Sei un maledetto egoista! – Detto ciò Angelina
scomparì nel nulla. La notte era tornata prepotente e più buia di prima ma non
poteva essere altrimenti.
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Capitolo 8 *** da chi meno te lo aspetti ***
Il giorno in cui Angelina
decise di tendere una mano a George, con la speranza di poterlo aiutare a
salvarsi dall’oblio, mai avrebbe immaginato che solo otto mesi più tardi si
sarebbe suo malgrado ritrovata con le ossa rotte. Certo, nel suo caso, non si trattava
di riprendersi da un atroce lutto ma, in fondo, dove sta scritto che una pena
d’amore inferta con tanta freddezza non possa essere avvertita come altrettanto
atroce? Inoltre, il fatto che Fred fosse uno dei martiri della recente guerra
era di dominio pubblico e, di conseguenza, era comprensibile ai più che tale
perdita avesse aperto una voragine nel cuore del suo gemello anche se, molto
probabilmente, Angelina era stata la sola ad averla esplorata fino nei suoi più
bui meandri. La sofferenza della giovane invece era sconosciuta al mondo intero
proprio perché ignota ne era la causa. Si ritrovò quindi, giorno dopo giorno,
ad annegare tutta sola in un mare di segreti, il più grande dei quali era
sbocciato da tempo dentro di lei, consapevole che per riemergere poteva contare
solo sulle proprie forze. Ciò nonostante le era impossibile provare astio nei
confronti di George perché sapeva bene che il suo vile comportamento era figlio
di traumi mai superati; oltretutto non poteva negare di aver sempre saputo che
approfondire la loro relazione era stato per lei come giocare con il fuoco e,
alla fine, ne era rimasta scottata. Cosa più importante poi: lei lo amava e
questo sentimento era così vivo che le sembrò fin da subito molto stupido
soffocarlo con dell’inutile odio. Non sapeva se un giorno si sarebbero rivisti
e soprattutto se presto o tardi si sarebbero riparlati e, certamente, non
poteva immaginare che, proprio in quei giorni per lei tanto travagliati,
nell’animo di George si stava scatenando la rivoluzione.
All’alba del giorno seguente
il loro ultimo incontro il ragazzo si trovava ancora in negozio; non aveva
dormito e non si era mai fermato lavorando senza sosta per non pensare ed
evitare così di rimuginare su ciò che era accaduto poche ora prima. A scuoterlo
da questo malsano torpore fu la persona dalla quale mai se lo sarebbe
aspettato: suo fratello Percy. Piombo di fronte ai suo occhi all’improvviso
come un fantasma.
- Eccoti qui, finalmente ti
ho trovato – esordì Percy.
- E dove sarei dovuto
essere? – rispose acido George colto di sorpresa.
- Non lo so, forse con
Angelina Johnson… -
- E tu che ne sai di
Angelina? Ah certo…suppongo che Ron abbia vuotato il sacco! Comunque a te che
t’importa di dov’ero? –
- A me non molto. Mamma però
è preoccupata, tutti siamo sempre preoccupati per te, a dire la verità, così mi
sono offerto di venirti a cercare – ribatté secco Percy: - E, per essere
chiari, Ron non ha mai detto niente ad anima viva. Una sera, uscendo dal
ministero, ti ho visto in lontananza mentre passeggiavi con una ragazza. Vi ho
seguiti per un breve tratto ed ho riconosciuto Angelina. Una volta appurato che
stavi bene me ne sono tornato a casa tenendo la cosa per me. – Percy scorse
nello sguardo del fratello la tempesta che infuriava dentro di lui; allora si
decise a fare una cosa che era veramente contro la sua natura, provò a parlagli
apertamente rompendo, solo per lui, gli argini che spesso si costruiva quando
doveva confrontarsi con le persone.
- Suppongo però, guardando
il tuo aspetto, che di recente tu l’abbia allontanata – esordì prendendo un
lungo respiro: - Sai George, io credo che nulla poteva prepararci a ciò che è
successo due anni fa se non la consapevolezza che prima o poi sarebbe potuto
accadere. Io stavo combattendo al vostro fianco, quella notte, quando Fred è
stato colpito; non sai quante volte mi sono chiesto perché non è successo a me?
In fondo, per molto tempo, ho rinnegato la mia famiglia e forse sarebbe stato
più giusto se ad andarmene fossi stato proprio io. Non ti ha mai sfiorato l’idea
che mamma e papà si sarebbero sacrificati volentieri per salvarci tutti o che
Ron ed Hermione si sentano in qualche modo responsabili per non aver potuto
fare di più? Non hai mai pensato a cosa può provare Harry visto che non è
riuscito a fermare Voldemort prima che lui arrivasse ad uccidere moltissime
persone a lui care? Se si possiede un minimo di coscienza, la guerra non è mai
veramente vinta se alla fine bisogna raccogliere i cocci di vite spezzate ma,
ciò non significa che dobbiamo infrangere anche le nostre di esistenze,
altrimenti il loro sacrificio non è servito proprio a nulla. –
Fu allora che George capì,
proprio grazie al fratello che non aveva mai compreso, che non doveva a Fred la
sua disperazione bensì il coraggio di guardare avanti. Aveva vissuto mesi
brancolando nel buio, poi era arrivata Angelina e lui si era illuso, per
qualche tempo, di aver trovato la luce ma quella non era altro che luce
riflessa; era in lui e per lui che doveva accendere la scintilla. Si ricordò di
una frase che aveva sentito dire a Silente quando era ancora un ragazzino: “La
felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi se solo uno si ricorda
di accendere la luce” e solo in quel momento sentì di averla veramente compresa.
Mosso da un impeto di gratitudine abbracciò commosso il fratello che ricambiò
con un certo imbarazzo.
- Percy per favore puoi dire
alla mamma che sto bene e a Ron che ha una settimana di ferie, ho molte cose da
sistemare – sussurrò infine.
- Puoi contarci! – rispose
felice il fratello riconoscendo sul viso di George una luce nuova, una serenità
che nessuno aveva più avuto modo di scorgere da molto tempo. Con questa gioia
nel cuore si congedò da lui e spari.
George nei giorni che lo
separarono dall’anniversario della morte del suo gemello fece molte cose che
non aveva mai più avuto il coraggio di affrontare; riaprì un baule dei ricordi
rimasto sotto chiave per due anni esatti ed estrasse oggetti che non era più
necessario conservare. Ne comprò di nuovi che in quel momento erano invece
molto importanti. Si ripromise di andare da Angelina perché era con lei che
adesso voleva veramente stare ma solo dopo aver spiegato a Fred che era giunto
il momento per lui di lasciarlo andare.
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Capitolo 9 *** principessa primavera ***
Non
sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione
di anime fedeli; Amore non è Amore
se
muta quando scopre un mutamento
o
tende a svanire quando l’altro si allontana.
Oh
no! Amore è un faro sempre fisso
che
sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la
stella-guida di ogni sperduta barca,
il
cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore
non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran
cadere sotto la sua curva lama;
Amore
non muta in poche ore o settimane,
ma
impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se
questo è errore e mi sarà provato,
io
non ho mai scritto e nessuno ha mai amato.
William
Shakespeare – Sonetto 116
***
Angelina,
immobile di fronte ai cancelli del piccolo cimitero, inspirò avidamente l’aria
intrisa del profumo di fiori freschi per poi liberare i polmoni in un lento e
profondo sospiro nel vano tentativo di placare, almeno un po’, la tremenda
ansia che le stava facendo pulsare forte le tempie e tremare visibilmente le
gambe. Osservando il tappeto erboso perfettamente curato, i cespugli di rose e
gli alti cipressi che gettavano lunghe ombre sulle candide lapidi si chiese,
per la centesima volta, se fosse giusto essere lì quel giorno e, ancora una
volta, non riuscì a darsi una risposta.
Di
razionale, in quel gesto, non c’era proprio nulla ma, a dirla tutta, la ragione
l’aveva ispirata ben poco negli ultimi mesi così, dato che al momento le era
impossibile soffocare il suo amore per George, tanto valeva percorrere i pochi
metri che la separavano dalla tomba di Fred per far sapere all’uomo a cui
voleva un mondo di bene la semplice verità: anche da lontano lei ci sarebbe
sempre stata.
George,
seduto sulla fredda lastra di marmo, sotto la quale riposava in pace il suo
gemello, accennò un sorriso nell’udire i passi delicati che si stavano
avvicinando.
-
Ciao Angelina – salutò con voce chiara.
-
Ciao – rispose esitante la ragazza: - come hai fatto a capire che ero io? –
Lui
si voltò a guardarla, gli occhi limpidi e l’espressione rilassata di chi sembra
aver fatto pace con il mondo intero: - Dunque; innanzitutto abbiamo passeggiato
l’uno di fianco all’altra per così tanto tempo che ormai saprei riconoscere il ritmo
della tua camminata tra mille. Secondo punto; anche se sono un odioso imbecille
tu trovi sempre la forza per starmi accanto e questa, tra parentesi, è una
delle molte cose che amo di te. Ultima cosa, ma non meno importante; speravo
veramente che mi raggiungessi e, se non lo avessi fatto, sarei venuto io da te
più tardi. –
Angelina,
totalmente spiazzata, si ritrovò a corto di parole e si limitò quindi ad
accomodarsi sulla nuda pietra accanto a lui. Osservò rapita il profumato
tappeto floreale che copriva la lapide, segno che in molti erano passati di lì
quel giorno.
-
Quello l’hanno lasciato mamma e papà – spiegò George indicando un mazzo di rose
bianche posto accanto alla foto del fratello: - loro lasciano sempre delle rose
per lui. Quel bouquet invece deve essere da parte di Ron e Hermione, l’altro
vicino, suppongo l’abbiano portato Ginny e Harry. – il ragazzo proseguì la
mesta carrellata con un lieve sorriso ad increspagli le labbra: - il vaso di
orchidee, così raffinato, è senza dubbio opera di Fleur mentre questo tristissimo
mazzo di crisantemi è sicuramente di Percy; quel ragazzo è prevedibile come un
sasso, quasi sempre, però ha un gran cuore… -
Angelina
lo osservò tutto il tempo con molta attenzione, soppesando con cura ogni sua
espressione e tutte le inflessioni della sua voce. Ovviamente vi permeava una grande
malinconia ma non c’era più traccia di disperazione, come se il giovane si
fosse scrollato dalle spalle un peso enorme.
-
E tu cosa hai portato? – chiese infine timidamente.
-
Io non ho portato fiori ma un piccolo regalo – e così dicendo mostrò un cartoccio
grosso quanto un pugno, ricoperto da una carta regalo di un giallo cangiante,
che poggiò proprio sopra l’incisione recante il nome del gemello.
Angelina
aveva la sensazione di camminare sulle uova, timorosa di rovinare quella
ritrovata sintonia con delle domande troppo sfacciate: - Se ti va di dirmelo,
posso sapere che cos’è? – trovò infine il coraggio di chiedere.
-
E’ uno scherzo – rispose lui con naturalezza: - O meglio è il premio per una
scommessa che avevamo fatto tempo fa. Ovviamente ho vinto io ma ho deciso che,
tutto sommato, non ha più molto senso tenerlo per me, anche perché ne ho
comprato uno tutto mio. Così, glielo lascio volentieri… - Detto ciò accarezzò
con affetto il marmo bianco rivolgendo a Fred un saluto silenzioso. Poi
indirizzò ad Angelina uno sguardo pieno di aspettative e la invitò ad alzarsi.
Afferrò la mano di lei con presa decisa e la trattenne, per pochi istanti, in
un tenero abbraccio sussurrandole all’orecchio: - Fred sarà per sempre la mia
Estate; le mie risate più spensierate, gli scherzi meglio riusciti, le corse
sulla scopa più rocambolesche, le mie battute migliori saranno
indissolubilmente legate a lui. Ma credo, anzi ne sono certo, che anche se lui
ci fosse ancora, io avrei avuto voglia di un po’ di Primavera, presto o tardi,
tranquilla, limpida e mite come sei tu. –
Gli
occhi di Angelina si accesero di felicità e commozione, accarezzò le sue ispide
guance e promise sincera: - Rispetterò sempre la tua Estate ma cercherò anche
di donarti la serenità che ti meriti e della quale anche io sento il bisogno. –
George
le sorrise con un’inedita emozione dipinta in volto: - Ho un regalo per te –
disse infine: - ma te lo darò fuori da qui perché è qualcosa che riguarda solo
noi due. –
Poco
più tardi si lasciarono cadere su una stradina di campagna ai margini di un
campo di papaveri. Era quasi il tramonto; ormai evidenti pennellate rosa
striavano il cielo limpido; la luce ambrata del sole calante si rifletteva
sulla distesa di fiori che si estendeva infinita davanti a loro rendendo il
loro colore ancora più intenso. George capì che era il momento giusto per
girare pagina alla sua vita. Estrasse dalla tasca una piccola scatoletta e
aprendola la mostrò ad Angelina. – Sposami – pronunciò con voce decisa: - E non
perché ho bisogno di una seconda possibilità o perché non so a che altro
aggrapparmi. Sposami perché ti amo in modo specifico, consapevole e maturo. E’
tutto chiaro in me ormai e non ho più bisogno di autocommiserarmi, solo che non
riesco a fare a meno di te. Mi hai donato una vita nuova adesso per favore
vivila con me. –
Angelina
punto i verdi occhi nei suoi e innamorata, determinata e totalmente certa di
fare la scelta giusta rispose con una delle sue dolci risate: - Mi avevi già
convinta con “sposami”! Ti sposerò; non per pietà ma per convinzione, perché
sono certa che renderai la mia vita meravigliosa. –
Pochi
istanti dopo una piccolo brillante rifletteva le ultime luci del giorno
sull’anulare della ragazza.
-
Ok, ora ti aspetta la prova del fuoco – riprese incoraggiante George.
-
E sarebbe? –
-
Una cena a casa Weasley… -
-
Per Merlino George, forse non è la serata giusta. Penso che i tuoi genitori
oggi… -
-
Saranno felici di sapere che sto bene. – E detto ciò, la condusse orgoglioso
verso la Tana.
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Capitolo 10 *** incanto patronus ***
Quando
giunsero nei pressi della Tana Angelina si concesse qualche minuto per
osservarne l’aspetto. Era chiaro che si trattava di un edificio molto umile ma
nel contempo alquanto bizzarro; si ergeva un po’ sbilenco su diversi piani, le
pareti in pietra grezza e il tetto spiovente che sembrava stare al suo posto
per puro miracolo. Era circondato da un giardino lasciato piuttosto incolto che
però contribuiva a conferire all’insieme un’atmosfera quasi bucolica. Tutto ciò
donava calore alla grande casa facendo trapelare quel senso di immediata
accoglienza che l’aveva resa famosa. Capì perfettamente perché in molti
l’avevano considerata un porto sicuro dove rifugiarsi e si augurò con tutto il
cuore che potesse essere così anche per lei; aveva desiderato a lungo di uscire
dall’ombra, adesso che si accingeva a incontrare il numeroso “clan Weasley”
però le mancò un po’ il respiro.
-
Coraggio, andrà bene – la spronò George, cercando di infonderle fiducia: - la
mia gente ha visto cose molto più sconvolgenti di questa, credimi – e così
dicendo la trascinò letteralmente fino all’ingresso.
Entrarono
nel modesto salotto dove era riunita l’intera famiglia e, come previsto, ne
provocarono un immediato e sconcertante silenzio; tutti li guardarono con tanto
d’occhi come se, a varcare la soglia di casa, fossero stati due evanescenti
unicorni.
George,
con quanta più naturalezza possibile, alzò la mano di Angelina mostrando lo
scintillante gioiello al suo dito: - ciao a tutti, ho portato un ospite per
cena…Angelina…la mia fidanzata. –
Altro
che sorpresa: fu una vera e propria bomba! Dopo qualche istante di shock allo
stato puro, ci pensò Ron a rompere l’imbarazzo lasciandosi sprofondare su una
poltrona visibilmente sollevato: - Sia ringraziato Silente, finalmente ce
l’avete fatta! Cominciavo a disperare… -
Percy
si strofinò quindi le mani soddisfatto: - Molto bene fratello, era ora che
cominciassi ad usare il cervello! –
Ginny
si alzò d’istinto, scacciò in un lampo l’espressione sorpresa dipinta sul suo
viso e corse ad abbracciare Angelina; poco le importò di quanto la situazione
apparisse surreale, George sembrava felice e questo le bastò per esserlo a sua
volta: - Che bella sorpresa! Sono contenta di rivederti! – esclamò con calore.
Subito dopo tutti gli ex compagni di scuola la raggiunsero salutandola con
affetto; alla ragazza sembrò di essere ritornata nella sala comune di
Grifondoro e respirò sollevata la piacevole e famigliare atmosfera che tale
ricordo le regalava.
George,
dal canto suo, si beccò parecchi spintoni di approvazione e i calorosi abbracci
di Ginny ed Hermione.
Solo
due persone erano rimaste in disparte ad osservare basite l’intera scena; Molly
ed Arthur Weasley ci misero un po’ per mettere a fuoco la situazione. Qualche
minuto più tardi però alla donna apparve vivido il ricordo di quando Fred e
George le mettevano sottosopra la casa, facendola andare su tutte le furie; fu
trapassata poi dal dolore acuto provato alla vista del corpo devastato di suo
figlio steso sul freddo pavimento di Hogwarts; rammentò con angoscia il vuoto
negli occhi di George che per lunghi mesi l’aveva tormentata. Comprese così
che, infondo, poco importava se quella ragazza era apparsa come un fulmine a
ciel sereno: suo figlio aveva ritrovato la pace e questa era la cosa veramente
importante. Si avvicinò quindi con cautela alla giovane e, con estrema
dolcezza, le accarezzò la guancia: - Sono molto contenta di conoscerti cara,
benvenuta nella nostra casa! – Poi rivolse a George uno sguardo colmo di amore
e, ritrovata compostezza e grinta si rivolse al marito: - Allora Arthur che
stiamo aspettando? Dobbiamo fare spazio a tavola per Angelina! –
Fu
così che la Tana ritornò ad essere, con gran sollievo dei due fidanzati, ciò
che era sempre stata: un luogo accogliente dove chiunque si era sentito a casa.
Cenarono allegramente come se avere Angelina con loro fosse del tutto normale.
Solo dopo il dolce la curiosità delle ragazze prevalse sulla discrezione;
circondarono la nuova arrivata per ammirarne l’anello di fidanzamento; Fleur lo
giudicò “semplice ma di gran classe” con buona pace di tutti, concentrandosi poi
sulla ricerca di dettagli riguardanti la proposta di matrimonio.
George
approfittò della momentanea distrazione della sua famiglia per allontanarsi e
trovare un po’ di quiete in giardino; erano successe molte cose in un solo
giorno e sentiva la necessità di ritagliarsi del tempo per poterle assaporare
in solitudine.
Era
una bellissima serata, l’aria s’era fatta piacevolmente frizzante e si udiva
distintamente l’allegro frinire dei grilli provenire dall’erba alta mentre
sciami di lucciole danzavano come piccole lanterne sopra i profumati fiori di
campo. Alzò gli occhi per ammirare l’immensità del cielo, una perfetta tela di
un blu profondo sulla quale sembravano disegnate ad arte brillanti stelle a
formare costellazioni lontane. Avvolto da questa inebriante atmosfera estrasse
la bacchetta e la osservò per qualche secondo poi, sferzando l’aria con
decisione, pronunciò un incantesimo che mai avrebbe pensato di avere ancora il
coraggio di evocare. – Expecto Patronum! – urlò alla notte e dalla punta del
magico bastoncino scaturì un pallido bagliore argentato che si espanse
velocemente fino a creare delicate onde di luce di svariati colori; sembrava la
perfetta riproduzione di una piccola aurora boreale. Certo non si trattò del
vivace e intenso coyote, che era stato in grado di riprodurre svariate volte in
passato, ma era comunque della prova tangibile che dentro di lui qualcosa era
rinato.
Estasiato
dall’immagine prodotta dalla sua magia, George non si accorse che i suoi
genitori dalla finestra stavano osservando commossi lo straordinario
spettacolo.
-
E’ ritornato da noi – sussurrò Molly Weasley: - pensavo di averli persi
entrambi ma Angelina, che Merlino la benedica, ce l’ha restituito colmo di
serenità che poi altro non è che l’essenza stessa di un’esistenza degna di
essere pienamente vissuta. –
***
Qui finisce la mia storia,
proprio dove ne potrebbe iniziare un’altra ma questa la lascio immaginare a chi
avrà voglia di farlo.
A mio parere in una canzone
ben composta, in una poesia e soprattutto in un buon libro si nascondono verità
e riflessioni che spesso la vita frenetica che ci circonda non ci permette di
cogliere o di apprezzare appieno. Il capolavoro della Rowling credo ne sia una
chiara testimonianza. Per questo motivo voglio dedicare questo mio breve
racconto ai personaggi che me lo hanno ispirato:
- a Fred Weasley, morto
nella consapevolezza che sarebbe potuto accadere;
- a George Weasley che ne è
sopravvissuto;
- ad Angelina Johnson la
quale, almeno nella mia versione dei fatti, ha saputo vedere oltre le
apparenze;
- a Hermione Granger che ci
ha mostrato come da un brutto anatroccolo possa nascere uno splendido cigno;
- a Ron Weasley: non serve
necessariamente essere super per diventare eroi, a volte basta solo dissipare
un po’ di nebbia;
- a Severus Piton maestro di
lealtà;
- ad Albus Silente esempio
di lungimiranza;
- a Harry Potter che ci ha
insegnato che non è mai finita finché non è veramente finita.
Grazie e a presto.
Sara
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