il disgelo

di gabry13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un cuore di ghiaccio ***
Capitolo 2: *** chiamalo con il suo nome ***
Capitolo 3: *** portami con te ***
Capitolo 4: *** come comete ***
Capitolo 5: *** il testimone silenzioso ***
Capitolo 6: *** la ballerina e lo schiaccianoci ***
Capitolo 7: *** le insidie della sfera di cristallo ***
Capitolo 8: *** da chi meno te lo aspetti ***
Capitolo 9: *** principessa primavera ***
Capitolo 10: *** incanto patronus ***



Capitolo 1
*** un cuore di ghiaccio ***


Ai tiri vispi Weasley lo scaffale delle merendine marinare era di nuovo vuoto. Era impressionante l’isteria con la quale frotte di ragazzini speranzosi prendevano d’assalto questo angolo di negozio a pochi giorni dall’inizio di un nuovo anno scolastico ad Hogwarts.

La preside McGonagall, a dirla tutta, si era lamentata inizialmente della cosa ma aveva ben presto constatato che la “merce incriminata” veniva acquistata dagli studenti con i pochi spiccioli racimolati grazie alle mance di genitori e parenti. I giovani la utilizzavano con una tale incoscienza che a metà di ottobre non ce n’era già più traccia in tutta la suola. Aveva quindi deciso di chiudere un occhio. – Tutto sommato – si era detta – sono solo ragazzi -.

- L’avevamo capito che era una grande idea ma che avrebbe smosso le folle…beh questo proprio…neppure il nostro grande genio imprenditoriale poteva prevederlo – sussurrò George parlando tra se e se o meglio con quella parte di lui che non esisteva più. Stava sballando l’ennesimo cartone quando un fragoroso boato proveniente dalla parte opposta del locale lo fece sussultare. Odiava i boati o almeno era così da qualche tempo.

Si affrettò alla ricerca dell’origine di tanto fracasso finché non trovò suo fratello Ron steso a terra con una buona manciata di “Fuochi Forsennati” che sfrecciavano come saette intorno a lui. Scosse la testa fingendosi esasperato: - Sei scivolato vero? Sei un disastro!! Mani di burro Weasley – esclamò prendendolo in giro con quel suo strano sorriso che moriva sulle labbra senza raggiungere mai gli occhi. Chi lo conosceva bene ormai si era dolorosamente abituato a quel sorriso senza gioia.

- Sto facendo del mio meglio George! Non è facile, fino a qualche mese fa sapevo poco o niente di tutto questo – si giustificò Ron allargando le braccia con enfasi ad indicare quell’immenso magazzino di stranezze fra le quali si destreggiava a fatica. George gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi: - Tranquillo, vedrai che presto ti sentirai totalmente nel tuo ambiente, hai una certa naturale predisposizione ad essere un buffone! – Poi, come se nulla fosse successo, girò i tacchi e ritornò alle sue merendine marinare. Ron scrollò le spalle frustrato. Era come sbattere continuamente contro ad un muro di gomma ma non poteva andare via, non poteva lasciarlo solo.

Era arrivata l’ora di pranzo ma, come al solito, George la ignorò e proseguì instancabile nella monotona operazione di rifornire scaffali. Totalmente assente non si accorse che la porta d’ingresso si era aperta; si riscosse all’improvviso solo quando udì l’avvicinarsi di passi lenti e delicati. Alzò lo sguardo e si ritrovò di fronte una giovane donna alta e filiforme, pelle ambrata, lunghi capelli bruni e brillanti occhi verdi.

- Angelina Johnson! –

- George Weasley! –

- E’ un secolo che non ci si rivede, che ci fai da queste parti? –

- Beh ora ci rivedremo più spesso. Sono stata assunta come commessa nel nuovo negozio di articoli per il quidditch, sai quello che hanno aperto poche settimane fa in fondo a Diagon Alley. –

- Congratulazioni! Non sapevo del negozio, non mi allontano mai da questo posto se non per andare alla Gringott – si giustificò George.

“Dovresti farlo invece! Il mondo c’è ancora tutto là fuori” pensò la ragazza ma non lo disse e si limitò a rivolgere all’amico un sorriso gentile. George era dimagrito parecchio, il volto appariva sciupato, gli occhi stanchi, vuoti sembrava ormai l’ombra di se stesso. Non lo rivedeva da più di un anno; come tutti si era affannata a ricostruirsi una vita stabile ma in quel momento si pentì di essersi allontanata tanto a lungo da lui.

- Immagino che la tua non sia solo una visita di cortesia Angelina. In cosa posso servirti? -  riprese il giovane in tono più professionale.

- Beh sì a dir la verità la figlia di mia cugina partirà fra pochi giorni per Hogwarts. E’ il primo anno per lei, vorrei regalarle un a Puffola Pigmea. –

- Direi un’ottima scelta. Come la preferisci? – George iniziò a snocciolare informazioni tecniche sulla strana creaturina in questione ma Angelina non riuscì a concentrarsi su ciò che le diceva tanto era ipnotizzata dal suono piatto e cadenzato delle sue parole. George Weasley non era mai stato un tipo apatico e tantomeno regolare. Brillante, irriverente, incosciente, questo era il ragazzo che aveva conosciuto anni prima. Non riuscì più a sopportare il tono della sua voce: - Sai cosa George, sei tu l’esperto, dammi quella più carina e coccolosa che hai! – Il ragazzo scelse per lei una piccola palla pelosa rosa confetto con minuscole macchie a cuore color pervinca; la depose poi con molta cura in una graziosa gabbietta dorata.

- Ecco a te, offre la casa!! –

- Non posso accettare George –

- Beh consideralo un regalo di “in bocca al lupo” per la tua nuova carriera a Diagon Alley –

Per qualche secondo un imbarazzante silenzio riempì la stanza.

- Ok – rispose infine Angelina: - accetto solo se domani pranzi con me, pago io…e non provare ad accampare la scusa che devi restare in negozio, la tua attività non rischierà di fallire se ti fermi una mezz’ora per nutrirti! –

- Se la metti così non posso che accettare – farfugliò imbarazzato il ragazzo.

- Bene, allora ci rivediamo domani all’una, qui fuori – la giovane fissò per un lungo istante il viso scavato dell’amico: - George sul serio come stai? – chiese esitante. Lui abbassò lo sguardo e disse riluttante una cosa che non aveva mai rivelato a nessuno, nemmeno a sua madre: - Una scheggia di ghiaccio mi ha trafitto il cuore e ora sento solo freddo –

La mano delicata di Angelina strinse la sua donandogli per qualche istante un’inaspettata sensazione di sollievo.

- La primavera arriva anche dopo l’inverno più lungo. A domani Weasley. – La fanciulla se ne andò silenziosa proprio come era arrivata.

All’esterno Angelina si soffermò a osservare la figura desolata di George attraverso la vetrina. La luce si era spenta. Erano stati dei fantastici fuochi d’artificio, i migliori…peccato che lo spettacolo era finito.

 

 

 

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Capitolo 2
*** chiamalo con il suo nome ***


Fino a 24 ore prima di martedì 24 agosto 1999 George Weasley non si era aspettato più nulla dalla vita; nessun fastidioso intoppo, nessun inconveniente, nessuna novità, solo il presente certo della sua avviata attività al quale aggrapparsi tenacemente; basta passato, niente futuro.

Tuttavia ora si ritrovava a camminare convulsamente nella penombra del suo retrobottega chiedendosi perché cavolo aveva accettato di pranzare con Angelina Johnson. Due cose erano profondamente spagliate in tutto questo. Innanzitutto erano mesi che non pranzava e andava bene così, la cena ingerita forzatamente per non ferire la madre era già più che sufficiente. Inoltre questa ragazza rappresentava un diversivo, un fuori pista e lui non voleva più saperne di queste cose ma, poiché non aveva perso l’abitudine a mantenere la parola data e il quadrante dell’orologio gli ricordava che mancava una manciata di minuti all’una, decise che la cosa migliore era non pensarci troppo, chiudere la pratica e ritornare alla sua ordinata quotidianità.

Angelina lo stava già aspettando seduta sulla panchina di fronte al negozio ciondolando distrattamente le gambe avanti e indietro. Quando lo vide gli regalò un sorriso raggiante e si avvicinò.

- Ciao – disse allegramente.

- Buongiorno – rispose teso il ragazzo.

- E’ ancora una giornata piuttosto calda, mi chiedevo se avessi voglia di una coppa di gelato… -

- Certo – rispose George cercando di sembrare interessato.

Si avviarono l’uno di fianco all’altra. Lei rilassata e a proprio agio si godeva tranquilla la breve passeggiata lanciando solo sporadicamente sguardi perplessi al suo accompagnatore. Lui con i pugni stretti nelle tasche della giacca teneva il capo chino fissando ostinatamente la strada.

- Non sapevo che gli ippogrifi potessero volare sopra Diagon Alley – disse la ragazza sorpresa. George alzò d’istinto gli occhi al cielo; era di un azzurro pallido e sulle grondaie stavano appollaiati alcuni piccioni ma di ippogrifi neppure l’ombra! Guardò sbalordito Angelina che in tutta risposta rise di gusto: - Se ti avessi fatto notare quanto è piacevole questa giornata avresti annuito continuando ad osservare i lacci delle tue scarpe. Mi serviva un pretesto per attirare la tua attenzione. – Il giovane era esterrefatto; lei l’aveva fatto apposta come quando, un tempo, erano soliti scherzare agli allenamenti di Quidditch al campo della scuola, come se da allora non fosse trascorsa una vita intera. Questa ragazza lo incuriosiva in un modo del tutto nuovo e stranamente, nonostante la sua imprevedibilità, non riusciva ad esserne infastidito.

- Chapeau! Suppongo che passare la pausa pranzo con un muto non sia divertente – ammise sfoderando prontamente il suo sorriso di circostanza: - ok, vediamo un po’…il cielo, considerando che siamo a Londra, direi che è piuttosto terso, sì insomma se ignoriamo quella leggera sfumatura di grigio. Diagon Alley è uno splendore e brulica di gente in faccende affacendata, che altro dire? E’ tutto delizioso –

Ad Angelina non sfuggì il tono freddo e distaccato nelle parole di George ma decise di sorvolare mascherando perfettamente un leggero disappunto. Raggiunsero presto la gelateria, acquistarono due coppe sormontate da riccioli di panna montata e presero posto ad un tavolino all’aperto.  La ragazza mangiava di gusto il suo gelato mente l’amico si limitava a martoriare con il cucchiaino la crema mezza squagliata senza mostrare la minima intenzione di volerla assaggiare. Ancora una volta era calato un pesante silenzio tra loro. Angelina avvertì crescere in lei un sentimento a lei del tutto nuovo; suppose fosse quello provato dalle mamme quando, spazientite, osservavano i loro figli pasticciare con il cibo. Fu l’istinto di un attimo, raccolse una generosa cucchiaiata di gelato e la ficcò nella bocca di George. Il giovane ingoiò suo malgrado il boccone strabuzzando gli occhi completamente scioccato. – Chi sei tu e che ne hai fatto della mite Angelina Johnson?! –

- Non è che solo perché abbiamo condiviso alcuni anni di scuola dobbiamo conoscerci a memoria – rispose secca: - per esempio lo sapevi che adoro la torta al pistacchio, ho il terrore dei gufi e amo andare e teatro? E a te invece cosa piace? –

George farfugliò confuso: - Beh a noi piaceva… -

- Non ho chiesto cosa piaceva fare ai gemelli Weasley – sbottò la ragazza interrompendolo – Ho chiesto a te. Cosa ami fare? –

George inaspettatamente scattò in piedi furente: - Ora basta! Non ho capito a che gioco stai giocando ma io mi fermo qui!! – Le girò quindi le spalle bruscamente e si allontanò con passo deciso. Lei lo seguì e ignorando la folla che li circondava urlò: - Fred è morto e tu non sei un pezzo di una macchina rotta sei un individuo, un uomo. Lascialo in pace, smettila di farlo rivivere in te continuamente! –

George si bloccò di colpo e ritornò sui suoi passi fino a fermarsi a pochi centimetri dal viso di lei: - Una cosa te la concedo; sei la prima persona che ha avuto il coraggio di chiamare la cosa con il suo nome: morto! Fred non se n’è andato, non ci ha lasciati perché chi se ne va, chi ci lascia può essere che poi ritorni da noi. Lui è morto non tornerà più. Per il resto io posso solo sopravvivere e chiedere di essere lasciato in pace e soprattutto non mi serve la pietà di nessuno… - detto ciò se ne andò.

Angelina restò sola. Tutto il dolore sputatole addosso da George era stato come un pugno allo stomaco ed ora era scossa da evidenti brividi. Lacrime amare le pungevano gli occhi. La sua non era stata pietà…o forse sì.

 

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Capitolo 3
*** portami con te ***


Lampi di luce verde si alternarono a sguardi penetranti di occhi altrettanto verdi. Il tremendo fragore di mura che si sgretolavano, lo strazio di pianti inconsolabili, l’insostenibile spettacolo di una lunga sfilata di corpi esamini si intrecciarono a tocchi leggeri di mani calde e rassicuranti, a sorrisi amichevoli, all’eco di parole sincere.

I sogni di George, tormentati come da tempo non accadeva, lo svegliarono all’alba frastornato, sfinito e profondamente turbato. Si sentiva in colpa nei confronti di Angelina. Aveva riversato su di lei tutta la rabbia inespressa, la bestia nera che giorno dopo giorno, notte dopo notte aveva soffocato con forza perché suo padre, sua madre e i suoi fratelli avevano già sofferto troppo e non avrebbero retto a quell’ennesimo dolore. Doveva rivederla e chiederle scusa; non riusciva a spiegarsi il motivo ma l’averla ferita lo stava dilaniando.

Si presentò pochi minuti prima dell’ora di pranzo davanti al negozio dove lei lavorava con due cartocci di Zuccotti di Zucca e un paio di Burrobirre. Si accomodò su una panchina e aspettò pazientemente che la ragazza uscisse. Quando Angelina lo vide si blocco di colpo, lo stupore dipinto in volto. Poi si avvicinò guardinga e prudente come se stesse per approcciarsi ad una bestia selvatica. Lui le sorrise timidamente e si giustificò: - Oggi il pranzo l’ho portato io e, se ti va di sederti con me, prometto che mangerò… -

La ragazza seppur con esitazione prese posto al suo fianco. Non sapeva cosa fare e soprattutto cosa dire ma dopo pochi istanti fu George a rompere il silenzio: - C’è una cosa che faccio spesso da quando Fred è morto. Esco da Diagon Alley e comincio a camminare senza meta nella Londra dei babbani. – raccontò con la voce ridotta ad un sussurro: - Amo mischiarmi tra di loro perché nessuno mi conosce, mi confondo nella folla. Li osservo e sono così diversi da noi; hanno dovuto usare l’ingegno per risolvere problemi concreti che qui superiamo con un colpo di bacchetta. Vanno sempre di fretta, rincorrono il tempo illudendosi di poterlo controllare. Spesso uso la metropolitana. E’ una specie di treno che viaggia in gallerie sotterranee. Li guardo stipati in quei vagoni ognuno con la propria personalità, con il proprio stile e qui incrociano le loro vite, si sfiorano, si guardano e neppure se ne accorgono. E’ come vedere dei pesci attraverso il vetro di un acquario. Analizzo ciò che intuisco delle loro esistenze nel tentativo di dimenticare la mia. – Era un fiume di parole di un’autenticità commovente, un’anima fragile che si spogliava della sua corazza e solo in quel momento Angelina capì che il suo non era stato compatimento: - affetto – mormorò: - la mia non è mai stata pietà ma solo l’affetto di un’amica che non riesce ad accettare di vederti devastato dal dolore. Mi dispiace – proseguì con rinnovato sentimento: - per come ti ho aggredito. Ti prego porta anche me a girovagare per Londra, se puoi accettarlo condividi questa cosa con me. –

George la guardò dritta negli occhi e le tese la mano: - Piacere, George Weasley –

La ragazza sorrise: - Piacere, Angelina Johnson –

Non era che il tacito accordo di dimenticare il passato per vivere il presente così come si presentava, senza troppe paure o eccessive aspettative.

Il rintocco dell’orologio ricordò alla giovane che era giunto il momento di ritornare al lavoro. – Mi dispiace ora devo andare – sbuffò dispiaciuta. Lui sorrise: - Ok, passo a prenderti domani sera per la tua prima passeggiata tra le vie di Londra. – La ragazza annuì, si avvicinò lentamente e gli donò un delicato bacio sulla guancia. Le sue labbra erano calde e morbide, gli occhi color smeraldo scintillavano di gioia e un lieve profumo di vaniglia lo inebriò.

George avrebbe voluto dirle che adorava anche i lineamenti dolci del suo viso ma lo tenne per se, per ora gli sembrava giusto così.

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Capitolo 4
*** come comete ***


Era ormai giunto il crepuscolo quando finalmente George riuscì ad abbassare la serranda del suo negozio. Le prime stelle erano già apparse in cielo come piccole lucciole coperte qua e la da innocue nubi color porpora, l’aria profumava di tranquillità. Si affretto a raggiungere il Paiolo Magico dove Angelina lo stava già aspettando. Quando lo vide accennò un timido saluto sventolando la sua esile mano, il volto illuminato da un sorriso radioso. Indossava un soprabito rosso stretto in vita dal quale si intravvedeva un grazioso vestitino bianco a pois azzurri. I folti capelli bruni ondeggiavano lievemente mossi da una piacevole brezza. George non poté ignorare la sua bellezza. Si avvicinò lentamente finché il profumo di lei non lo investì. – Allora sei pronta per la gita? -  domandò. – Certo, io sono nata pronta! – rispose allegra la fanciulla: - Allora dove mi porti? –

- Pensavo ad una passeggiata lungo le rive del Tamigi –

- Bene, andiamo allora – asserì la ragazza prendendo la mano di George con estrema delicatezza così da permettere al  giovane di mollare la presa in qualsiasi momento senza troppo imbarazzo. George non aveva idea di cosa fosse quel che stava accadendo tra lui ed Angelina ma di qualsiasi faccenda si trattasse era certo che lei stava guidando le danze e questo gli era di gran sollievo.

Passeggiarono per la Queen’s walk; l’aria era intrisa dello strano aroma di fish and chips misto a zucchero filato e l’ampio marciapiede ospitava una lunga sfilata di piccole bancarelle che esponevano una gran quantità di oggetti diversi. Alla vista dei due maghi questi apparvero assai bizzarri ma evidentemente molte delle persone che affollavano la via li trovavano semplicemente interessanti.

- Avevi ragione! Si ha proprio la sensazione di assistere allo spettacolo di vite che si muovono in un mondo parallelo – esclamò Angelina totalmente rapita da ciò che la circondava.

- Già – confermò George: – E ognuno di loro si porta dentro la propria storia. A volte mi chiedo cosa proverebbero attraversando Diagon Alley –

- Credo che avrebbero la sensazione di essere impazziti di colpo – ipotizzò lei ridendo.

Avvolti da un’atmosfera insolitamente rarefatta i due parlarono con distensione di Quidditch, dei nuovi modelli di scope e degli innovativi prodotti venduti ai Tiri vispi Weasley. Argomenti forse un po’ banali, certamente frivoli ma in fondo erano poco più che ventenni ed era di questo che era giusto discutere alla loro età.

Tuttavia, mentre costeggiavano la sponda del fiume osservando ammirati i meravigliosi palazzi illuminati che si intravvedevano in lontananza qualcosa nell’aria si mosse. Si ritrovarono a stringersi le mani con sempre maggiore convinzione raggiungendo stelle di galassie lontane, sorvolando satelliti di pianeti sconosciuti, ammirando la straordinaria infinità dell’universo. Camminando tra musicisti improvvisati ed artisti di strada le loro menti volarono oltre l’effimero scorrere delle proprie esistente e quando si fermarono ad osservare i riflessi argentati della luna incresparsi nelle acque plumbee del Tamigi e Angelina poso il capo sul petto di George tutto sembrò esattamente dove era giusto che fosse.

Avvolti in questo clima surreale i due si ritrovarono senza neppure rendersene conto di fronte al Paiolo Magico. George osservò desiderio il volto della ragazza e fece una cosa che fino a tre giorni prima avrebbe ritenuto folle; la baciò. Un bacio lento, adorante di una tenerezza commovente. Quando i due si scostarono però gli occhi di lui si velarono di tristezza e calde lacrime bagnarono le pallide guance. Per Angelina non fu difficile intuire il motivo di tale reazione. L’incanto si era spezzato e ora il ragazzo che l’aveva baciata come nessuno fino ad allora si sentiva in colpa per quell’attimo di idillio perfetto conscio del fatto che il fratello non l’avrebbe mai provato.

Lei gli prese il viso tra le mani asciugandogli con il pollice le lacrime amare: - Da questa parte del muro dimentichiamoci di chi siamo. Parliamo, litighiamo, prendiamoci per mano e baciamoci se ci fa star bene senza pensare a ciò che è stato, come due comete che attraversano nuovi cieli. George abbozzo finalmente una risata accarezzandole distrattamente i capelli. – Ok ci sto – mormorò: - Ma spero che avremo più voglia di baciarci che di litigare perché litigare con te è una gran fatica! -

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Capitolo 5
*** il testimone silenzioso ***


I buoni propositi di George si rivelarono tuttavia ben presto vani. Il suo rapporto con Angelina risultò più variabile del cielo londinese e gli incontri tra i due, benché sempre più frequenti, non si potevano definire altrettanto spesso romantici. Passeggiarono nei giardini ben curati di Notting Hill, attraversarono i vivaci mercatini di Portobello Road, si inoltrarono nella vita mondana dell’West End vivendo incantevoli giorni di sole durante i quali chiacchierare di qualsiasi cosa, tenersi per mano e scambiarsi tenerezze sembrava più facile che respirare. Affrontarono però anche tremende tempeste quando il ragazzo si chiudeva ostinatamente in se stesso e Angelina non riusciva ad accettarlo; allora scoppiavano furenti litigi, lui a sostenere di provare sentimenti incomprensibili al mondo intero e lei a ricordargli che quello stesso mondo stava comunque girando e non era giusto da parte sua rimanere fermo a guardare.

Ciò nonostante George non riusciva a stare lontano da lei, l’unica scintilla della sua esistenza e, per Angelina, era impossibile abbandonarlo perché quando lui si apriva alla vita la guardava, la toccava e la baciava come nessuno aveva fatto mai.

Ron era testimone silenzioso di tutto questo. Ogni mattina aspettava l’arrivo del fratello domandandosi in cuor suo quale sarebbe stato il suo umore. Meditandoci a lungo giunse alla conclusione che quei repentini cambi di atteggiamento fossero di gran lunga più positivi della costante apatia che si era impossessata di George per oltre un anno. Avrebbe voluto affrontare la situazione ma non sapeva da che parte iniziare quindi, poiché una delle cose che aveva imparato frequentando quotidianamente Hermione Granger era “se non sai cosa dire stai zitto”, decise che era molto meglio far cadere la questione.

Purtroppo però il lento fluttuare dei primi fiocchi di neve ricordarono al ragazzo che si stava avvicinando inesorabilmente il Natale. Tutta la sua famiglia si sarebbe riunita per un’intera giornata intorno alla stessa tavola e il cambiamento di George seppur lieve non sarebbe passato inosservato e qui sorgeva il problema: a chi chiedere spiegazioni di tale evento se non al fratello che lo frequentava ogni giorno, per tutto il giorno?!

I pronostici di Ron non furono smentiti. George gustò l’abbondante pranzo natalizio preparato dalla madre con un discreto appetito e riuscì persino ad intrattenere rilassate seppur brevi conversazioni con i fratelli. La ciliegina sulla torta giunse nel tardo pomeriggio quando George si assentò qualche minuto per poi uscire dalla sua camera abbigliato con un elegante abito scuro e scarpe perfettamente lucidate.

- Dove stai andando caro? – chiese Molly esitante

- Ad un incontro di lavoro – rispose vago il ragazzo

- Il giorno di Natale? – sbottò incredula Ginny

- Gli affari non aspettano cara sorellina – sentenziò George liquidando il discorso e uscendo di casa veloce come un razzo.

Ron approfitto del momentaneo inebetimento della sua famiglia per darsi alla fuga in cucina. Si stava versando un bicchiere di acqua fresca quando suo padre lo raggiunse piazzandosi con fermezza di fronte a lui. “Avrei dovuto smaterializzarmi in Australia” pensò nauseato cercando di racimolare forza e idee per uscire indenne dal confronto.

- Allora che sta succedendo? – chiese secco Arthur Weasley

- Avevo sete e sono venuto a prendermi da bere? – rilanciò candidamente Ron

- Lo sai cosa voglio dire! Cos’ha tuo fratello? –

- Papà io ne ho quattro di fratelli, dovresti essere più preciso. –

- Parlo di George, lui è…diverso, mi vuoi spiegare cortesemente il motivo? –

Il giovane, messo alle corde sfoderò prontamente il suo ultimo asso nella manica. Assunse un’aria contrariata e ringhiò: - E io che ne so! Sono suo fratello non la sua baby sitter! – e con un gesto plateale da attore consumato sorpassò il padre e uscì in giardino. Si lasciò cadere sui gradini d’ingresso maledicendosi di non essersi infilato il giubbetto. Avvertì la sua presenza ancor prima di vederla; Hermione lo avvolse in una morbida sciarpa e si accomodò al suo fianco: - Che ci fai qui fuori Ronald, vuoi prenderti una bronchite? – Il giovane affondò le mani nei folti capelli rossi: - no, sto fuggendo da papà… -

Lei appoggiò la testa sulla sua spalla: - E’ per George vero? –

- Sì vuole sapere il motivo del suo cambiamento –

- E tu lo sai? –

- No, la vera ragione non la conosco ma so di certo che Angelina Johnson la conosce meglio di noi! –

- Angelina Johnson il cacciatore di Grifondoro? – chiese basita Hermione

- Esatto. Si sono incontrati alla fine dell’estate. Lei è passata in negozio a comprare una Puffola Pigmea, poi l’ha invitato a pranzo e si sono lasciati litigando come matti in piena Diagon Alley, ma la cosa deve essere servita perché il giorno seguente lui è tornato a chiederle scusa con la coda tra le gambe, suppongo. Da allora si vedono regolarmente; dove vanno e cosa fanno francamente non lo so. – Ron terminò la breve ma concitata spiegazione con il fiato corto osservando la fidanzata assorta nelle sue riflessioni.

- Ok – sentenziò infine: - e questa storia la sai solo tu o l’hai raccontata ad altri? –

- Piccola dovresti saperlo ormai che le cose più importanti io le confido solo a te. – bisbigliò il giovane. Hermione visibilmente compiaciuta cercò di riprendere le redini del discorso: - Ottimo, e per noi dobbiamo tenercela. Non dire nulla ai tuoi genitori e ai tuoi fratelli e tantomeno a Ginny o ad Harry. George deve vivere questa cosa da solo, senza inutili assilli, in fondo è la prima volta che affronta una nuova esperienza senza Fred al suo fianco e, comunque andrà, credo sarà salutare per lui. –

- Abbiamo vinto una guerra e perso tante cose in una sola notte ed eravamo solo dei ragazzini cresciuti troppo in fretta. Credo che ci vorranno anni per rielaborare davvero tutto questo – meditò tristemente Ron.

- Già – annuì lei – spero che i nostri figli non dovranno mai affrontare una tale esperienza… - Hermione si accorse troppo tardi di essersi eccessivamente esposta ed arrossì violentemente. Lui la guardò divertito e le baciò teneramente le labbra vellutate: - I nostri figli…la cosa non suona affatto male. Ora però ho problemi più impellenti: dobbiamo rientrare e tu mi devi aiutare a mimetizzarmi con la tappezzeria! – Le tese la mano e i due varcarono la soglia della cucina per raggiungere il resto della famiglia.

Nel cassetto del comodino di Ron c’era una piccola scatoletta con all’interno una fedina d’argento. Un giorno l’avrebbe messa al dito di Hermione ma quello non era certo il momento più adatto per farlo.

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Capitolo 6
*** la ballerina e lo schiaccianoci ***


La sera di Natale il quartiere di Charing Cross Road era praticamente deserto. Un leggero nevischio, visibile attraverso la luce intermittente degli sgangherati lampioni, si posava lento sul marciapiede trasformandosi subito in una fastidiosa e viscida poltiglia. Una sola figura, appoggiata al muro di mattoni del Paiolo Magico, sostava in silenziosa attesa; un giovane uomo dai singolari capelli pel di carota e gli occhi azzurro chiaro con indosso un pesante cappotto scuro che ne evidenziava l’alta statura e il fisico eccessivamente asciutto.

Improvvisamente dal centro della strada si udì un tonfo sommesso e per un attimo una luce bluastra illuminò l’asfalto umido. Una fanciulla dalla pelle olivastra si era materializzata proprio in quel punto e con estrema naturalezza si affrettò a raggiungere il ragazzo. Quando i due si trovarono a pochi centimetri di distanza lei volteggiò leggiadra su se stessa mostrando al compagno il suo scintillante vestito in seta color champagne sopra il quale indossava una calda stola bianca.

- Allora George, mi avevi chiesto un abbigliamento elegante; che dici sono all’altezza? – chiese Angelina elettrizzata.

- No, sei semplicemente strepitosa… - George la mangiò con lo sguardo: il volto di lei, lasciato libero dai capelli raccolti in un ordinato chignon, gli parve più luminoso che mai, gli occhi due pozze di smeraldo fuso e la voce argentina come il trillare di un grappolo di campanellini.

- Allora sei pronta? – chiese poi con un filo si emozione. Quando Angelina annuì lui le porse il braccio: - Bene allora stasera guido io! – e appena la mano di lei lo sfiorò entrambi rotearono per una frazione di secondo avvolti dalla luce bluastra e scomparvero magicamente così come erano arrivati.

Si ritrovarono in una zona d’ombra di un’ampia strada che costeggiava le mura laterali di un maestoso edificio. George, mascherando a stento l’eccitazione, trascinò la sua dama fino a raggiungere la facciata del palazzo davanti alla quale spiccavano imponenti colonne neoclassiche. Tastò quindi febbrilmente le tasche del suo cappotto e ne estrasse due piccoli talloncini che pose nelle mani di Angelina; erano due biglietti per assistere ad un balletto chiamato “Lo Schiaccianoci” che di lì a poco sarebbe cominciato all’interno del teatro che si parava di fronte a loro. La ragazza era esterrefatta così George, per stemperare l’imbarazzo, si giustificò: - Non sapevo cosa regalarti… inizialmente avevo pensato ad una visita in una guferia per farti affrontare la paura degli adorabili rapaci ma, credo non avresti gradito. Una degustazione di torte al pistacchio sarebbe risultata un filo pesantina dopo il pranzo di Natale ed allora mi sono detto: perché non portarti a teatro? – La fanciulla aveva le lacrime agli occhi: - Ti sei ricordato cosa ti avevo raccontato la prima volta che siamo usciti insieme… - Lui sorrise: - Angelina io ricordo ogni singola parola uscita dalla tua bocca, anche quelle più scomode! – Un pregio nuovo e del tutto inaspettato che George aveva dimostrato di possedere, durante le settimane trascorse insieme ad Angelina, era la disarmante capacità di stupire non più con atteggiamenti esagerati e goliardici bensì con gesti dolci e teneramente innocenti.

Poco più tardi e due vennero fatti accomodare in un balconcino laterale della sala teatrale e, spente le luci in platea, lo spettacolo poté iniziare. La ragazza, con le mani strette all’elaborato parapetto e il collo teso verso il palco catturò ogni movenza degli eleganti ballerini e ne rimase estasiata. Il suo accompagnatore, inizialmente incapace di staccare gli occhi da lei, si fece poi coinvolgere dall’entusiasmante esibizione: le luci che cambiavano colore ed intensità ricreando atmosfere oniriche, gli elaborati abiti di scena, i volteggi leggeri degli artisti e la sinfonia perfetta di archi e flauti parevano frutto di un incantesimo non prodotto da alcuna bacchetta. George, totalmente rapito da quella straordinaria favola, si chiese se lui ed Angelina non fossero in verità come Clara e lo Schiaccianoci che danzavano un infinito valzer nel regno della Fata Confetto. Allontanando con forza il pensiero che, alla fine, Clara dal soave sogno si era svegliata, il ragazzo si ritrovò a desiderare ardentemente che, nel mezzo di quella folle storia che ormai li legava, ci fosse quel distillato di felicità in grado di guarire le sue ferite.

Mosso da questi sentimenti di ineluttabile speranza condusse Angelina nel retrobottega del suo negozio. Con estrema cautela la spogliò dell’adorabile abito di seta e quando lei ricambiò il suo desiderio, affondando le calde mani nei folti capelli di lui, i due si unirono in una sola anima. I respiri sincronizzati in un dolce ansimare e i corpi incatenati da un’attrazione straripante, furono trascinati da un motto di incontrollata lussuria e fecero l’amore con passione, trasporto e perfetta complicità. Tenendo tra le mani i loro cuori colmi di mille emozioni continuarono a danzare nel loro piccolo mondo come se nulla al di fuori fosse realmente importante.

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Capitolo 7
*** le insidie della sfera di cristallo ***


La perfetta sfera di cristallo nella quale George e Angelina si rifugiarono per assaporare in solitaria l’altrui compagnia aveva in verità un clamoroso difetto: non prevedeva interferenze dal mondo esterno e contatti diretti con la realtà che quotidianamente li circondava. Mentre girovagavano per Londra come foglie trasportate dal vento si beavano del piacere di stare insieme ed assaporavano il benessere che da esso ne scaturiva ma, quando si incrociavano nell’ambiente al quale appartenevano, si scambiavano a malapena un saluto imbarazzato timorosi di far trapelare ciò che, soprattutto per volere di George, doveva rimanere celato.

Angelina, in un primo momento, non ci badò granché convinta che la cosa più importante fosse che il giovane si stesse aprendo a lei con sempre maggiore convinzione. Ciò nonostante, con il passare delle settimane, tutta questa segretezza cominciò a metterla un po’ a disagio e si trovò molto spesso a domandarsi se George non si stesse illudendo di stare meglio senza esserne però veramente convinto. Questo tarlo inaspettato la tenne sveglia per notti intere ed accrebbe in lei la paura di essersi innamorata, investendo tempo ed energie emotive, per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.

George, troppo pessimista da credere che il suo cuore devastato riuscisse ancora a provare amore, non voleva mischiare Angelina con il resto del suo mondo perché lei era luce in un mare di tenebre e non riusciva a tollerare l’idea che questo buio potesse inghiottirla spegnendo l’unica cosa bella che gli era capitata nella vita dopo Fred.

A peggiorare la già delicata situazione ci si mise pure Molly Weasley che, dopo aver messo sotto torchio il povero Ron senza cavarci un ragno dal buco, decise che era molto più pratico far da se. Si fece vedere con sempre maggiore frequenza a Diagon Alley e ai Tiri Vispi Weasley come se i ciottoli della strada e la merce stipata negli scaffali fossero in grado di illuminarla sulla vita di George il quale, dal canto suo, si mostrò più sfuggevole di un’anguilla. A nulla valsero i calorosi inviti dei figli e persino di Harry ed Hermione a lasciare perdere la cosa; abbandonare la sua famiglia alla casualità del destino le era già costato un figlio e questo francamente le era bastato. A volte, durante le sue frequenti e lunghe passeggiate, le era capitato di incrociare Angelina senza neppure riconoscerla, ignara che l’oggetto delle sue accanite ricerche stesse sfilando silenziosa davanti ai suoi occhi. Tutto questo sarebbe risultato quasi comico se non fosse che la ragazza sentiva accrescersi in lei la spiacevole sensazione di essere un fantasma.

Come spesso accade però, a far cedere definitivamente le numerose crepe infrangendo dolorosamente la già fragile sfera fu una sciocchezza e nella fattispecie la data posta sulla pergamena di un ordine per dei “Cappelli Scudo” ovvero: 24 aprile dell’anno 2000. In un tiepido pomeriggio primaverile, mentre George esaminava distrattamente l’ordinazione tale particolare lo colpì come un pugno in pieno volto; tra poco più di una settimana sarebbe stato il 2 maggio, l’anniversario della Battaglia di Hogwarts, il giorno in cui aveva perso per sempre il suo gemello e lui neanche se n’era accorto. Possibile che pochi mesi con Angelina gli avessero fatto perdere la cognizione del tempo a tal punto? E cosa ancor più grave, la presenza di Angelina stava offuscando in lui il ricordo di Fred?! Questo pensiero, lo scosse, lo spaventò e lo fece sentire smarrito in pochi istanti. Per quanto intollerabile, gli era sempre apparso vitale il dover provare dolore per la di lui prematura scomparsa come se il silenzioso straziarsi per tale perdita fosse un pegno da pagare per essergli sopravvissuto. Poi però quella ragazza dai profondi occhi verdi era entrata come un ciclone nella sua esistenza e, almeno per come la stava vivendo in quei confusi minuti, aveva “preteso” di ottenere un posto che non le spettava di diritto e lui glielo aveva lasciato fare per giunta. Provò un moto di pura rabbia verso se stesso ma soprattutto verso Angelina e decise in pochi istanti che quella follia dovesse essere al più presto troncata. Pensò bene che il modo più sbrigativo per farlo era il non presentarsi all’appuntamento che si erano dati per la sera stessa.

Angelina lo attese a lungo e con pazienza. Dopo più di mezz’ora però, stanca di aspettare e vagamente in ansia decise di materializzarsi ai Tiri Vispi. Il ragazzo, dietro al bancone a controllare documenti che in verità neppure vedeva, non la degnò di uno sguardo. Si prospettava guerra all’orizzonte.

- George, ti stavo aspettando da parecchio e sinceramente ero un po’ preoccupata – esordì la ragazza cercando di nascondere la stizza.

- Avevo del lavoro da finire, ho molto da fare e da pensare, non posso certo passare il mio tempo ad occuparmi di te – sbottò lui burbero.

- Io non sono una bambina, non devi “occuparti di me”, solo che avevamo un appuntamento e tu mi hai dato buca –

- Beh allora forse in nostri incontri non sono poi così importanti se stasera me ne sono scordato… - così dicendo sperò disperatamente che ferendola l’avrebbe allontanata.

- Io non so cos’hai oggi George ma forse ne dovremmo parlare – ribatté Angelina sgomenta.

- O forse abbiamo già parlato abbastanza, e abbiamo camminato per chilometri e per mesi abbiamo finto di essere felici – rilanciò lui prontamente.

- Io non ho mai finto! – ormai la ragazza era in preda al panico; qualcosa nella voce di George le fece intuire che non si trattava di una delle loro solite discussioni, era qualcosa di definitivo e, nell’arco di pochi minuti, tutte le sue paure si concretizzarono.

- Hai cercato di separarmi da mio fratello –

- Per l’ennesima volta: tuo fratello è morto! Io ci ho messo anima e corpo per darti una seconda strada da percorrere prima che ti distruggessi nella tua autocommiserazione –

- Io non voglio distruggermi! Voglio solo onorare la sua memoria –

- E io sono pronta a farlo con te, non ti ho mai chiesto di dimenticarlo… -

- Ma ci hai provato! E io scemo che quasi ti davo retta! Sai cosa? Penso che staremo meglio da soli, la tua presenza non è più gradita – le parole bruciavano nella gola di George; pronunciarle era più penoso di quanto si aspettasse.

Angelina ormai versava senza ritegno amare lacrime di rabbia e dolore: - E’ questo dunque che sono stata: una semplice presenza? Adesso mi butti e tante grazie! Se nel frattempo io mi sono innamorata di te suppongo siano affari miei a questo punto! –

George non riusciva a sopportare di averle inflitto tanto dispiacere ma non poteva cedere, lo doveva a Fred. Tenne quindi gli occhi bassi, le mascelle serrate e i pugni chiusi mentre inespressivo ascoltava le ultime strozzate parole della sua piccola luce che si stava spegnendo: - Sei un maledetto egoista! – Detto ciò Angelina scomparì nel nulla. La notte era tornata prepotente e più buia di prima ma non poteva essere altrimenti.

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Capitolo 8
*** da chi meno te lo aspetti ***


Il giorno in cui Angelina decise di tendere una mano a George, con la speranza di poterlo aiutare a salvarsi dall’oblio, mai avrebbe immaginato che solo otto mesi più tardi si sarebbe suo malgrado ritrovata con le ossa rotte. Certo, nel suo caso, non si trattava di riprendersi da un atroce lutto ma, in fondo, dove sta scritto che una pena d’amore inferta con tanta freddezza non possa essere avvertita come altrettanto atroce? Inoltre, il fatto che Fred fosse uno dei martiri della recente guerra era di dominio pubblico e, di conseguenza, era comprensibile ai più che tale perdita avesse aperto una voragine nel cuore del suo gemello anche se, molto probabilmente, Angelina era stata la sola ad averla esplorata fino nei suoi più bui meandri. La sofferenza della giovane invece era sconosciuta al mondo intero proprio perché ignota ne era la causa. Si ritrovò quindi, giorno dopo giorno, ad annegare tutta sola in un mare di segreti, il più grande dei quali era sbocciato da tempo dentro di lei, consapevole che per riemergere poteva contare solo sulle proprie forze. Ciò nonostante le era impossibile provare astio nei confronti di George perché sapeva bene che il suo vile comportamento era figlio di traumi mai superati; oltretutto non poteva negare di aver sempre saputo che approfondire la loro relazione era stato per lei come giocare con il fuoco e, alla fine, ne era rimasta scottata. Cosa più importante poi: lei lo amava e questo sentimento era così vivo che le sembrò fin da subito molto stupido soffocarlo con dell’inutile odio. Non sapeva se un giorno si sarebbero rivisti e soprattutto se presto o tardi si sarebbero riparlati e, certamente, non poteva immaginare che, proprio in quei giorni per lei tanto travagliati, nell’animo di George si stava scatenando la rivoluzione.

All’alba del giorno seguente il loro ultimo incontro il ragazzo si trovava ancora in negozio; non aveva dormito e non si era mai fermato lavorando senza sosta per non pensare ed evitare così di rimuginare su ciò che era accaduto poche ora prima. A scuoterlo da questo malsano torpore fu la persona dalla quale mai se lo sarebbe aspettato: suo fratello Percy. Piombo di fronte ai suo occhi all’improvviso come un fantasma.

- Eccoti qui, finalmente ti ho trovato – esordì Percy.

- E dove sarei dovuto essere? – rispose acido George colto di sorpresa.

- Non lo so, forse con Angelina Johnson… -

- E tu che ne sai di Angelina? Ah certo…suppongo che Ron abbia vuotato il sacco! Comunque a te che t’importa di dov’ero? –

- A me non molto. Mamma però è preoccupata, tutti siamo sempre preoccupati per te, a dire la verità, così mi sono offerto di venirti a cercare – ribatté secco Percy: - E, per essere chiari, Ron non ha mai detto niente ad anima viva. Una sera, uscendo dal ministero, ti ho visto in lontananza mentre passeggiavi con una ragazza. Vi ho seguiti per un breve tratto ed ho riconosciuto Angelina. Una volta appurato che stavi bene me ne sono tornato a casa tenendo la cosa per me. – Percy scorse nello sguardo del fratello la tempesta che infuriava dentro di lui; allora si decise a fare una cosa che era veramente contro la sua natura, provò a parlagli apertamente rompendo, solo per lui, gli argini che spesso si costruiva quando doveva confrontarsi con le persone.

- Suppongo però, guardando il tuo aspetto, che di recente tu l’abbia allontanata – esordì prendendo un lungo respiro: - Sai George, io credo che nulla poteva prepararci a ciò che è successo due anni fa se non la consapevolezza che prima o poi sarebbe potuto accadere. Io stavo combattendo al vostro fianco, quella notte, quando Fred è stato colpito; non sai quante volte mi sono chiesto perché non è successo a me? In fondo, per molto tempo, ho rinnegato la mia famiglia e forse sarebbe stato più giusto se ad andarmene fossi stato proprio io. Non ti ha mai sfiorato l’idea che mamma e papà si sarebbero sacrificati volentieri per salvarci tutti o che Ron ed Hermione si sentano in qualche modo responsabili per non aver potuto fare di più? Non hai mai pensato a cosa può provare Harry visto che non è riuscito a fermare Voldemort prima che lui arrivasse ad uccidere moltissime persone a lui care? Se si possiede un minimo di coscienza, la guerra non è mai veramente vinta se alla fine bisogna raccogliere i cocci di vite spezzate ma, ciò non significa che dobbiamo infrangere anche le nostre di esistenze, altrimenti il loro sacrificio non è servito proprio a nulla. –

Fu allora che George capì, proprio grazie al fratello che non aveva mai compreso, che non doveva a Fred la sua disperazione bensì il coraggio di guardare avanti. Aveva vissuto mesi brancolando nel buio, poi era arrivata Angelina e lui si era illuso, per qualche tempo,  di aver trovato la luce ma quella non era altro che luce riflessa; era in lui e per lui che doveva accendere la scintilla. Si ricordò di una frase che aveva sentito dire a Silente quando era ancora un ragazzino: “La felicità si può trovare anche negli attimi più tenebrosi se solo uno si ricorda di accendere la luce” e solo in quel momento sentì di averla veramente compresa. Mosso da un impeto di gratitudine abbracciò commosso il fratello che ricambiò con un certo imbarazzo.

- Percy per favore puoi dire alla mamma che sto bene e a Ron che ha una settimana di ferie, ho molte cose da sistemare – sussurrò infine.

- Puoi contarci! – rispose felice il fratello riconoscendo sul viso di George una luce nuova, una serenità che nessuno aveva più avuto modo di scorgere da molto tempo. Con questa gioia nel cuore si congedò da lui e spari.

George nei giorni che lo separarono dall’anniversario della morte del suo gemello fece molte cose che non aveva mai più avuto il coraggio di affrontare; riaprì un baule dei ricordi rimasto sotto chiave per due anni esatti ed estrasse oggetti che non era più necessario conservare. Ne comprò di nuovi che in quel momento erano invece molto importanti. Si ripromise di andare da Angelina perché era con lei che adesso voleva veramente stare ma solo dopo aver spiegato a Fred che era giunto il momento per lui di lasciarlo andare.

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Capitolo 9
*** principessa primavera ***


Non sia mai ch’io ponga impedimenti

all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore

se muta quando scopre un mutamento

o tende a svanire quando l’altro si allontana.

Oh no! Amore è un faro sempre fisso

che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;

è la stella-guida di ogni sperduta barca,

il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.

Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote

dovran cadere sotto la sua curva lama;

Amore non muta in poche ore o settimane,

ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:

se questo è errore e mi sarà provato,

io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato.

 

William Shakespeare – Sonetto 116

 

 

***

 

Angelina, immobile di fronte ai cancelli del piccolo cimitero, inspirò avidamente l’aria intrisa del profumo di fiori freschi per poi liberare i polmoni in un lento e profondo sospiro nel vano tentativo di placare, almeno un po’, la tremenda ansia che le stava facendo pulsare forte le tempie e tremare visibilmente le gambe. Osservando il tappeto erboso perfettamente curato, i cespugli di rose e gli alti cipressi che gettavano lunghe ombre sulle candide lapidi si chiese, per la centesima volta, se fosse giusto essere lì quel giorno e, ancora una volta, non riuscì a darsi una risposta.

Di razionale, in quel gesto, non c’era proprio nulla ma, a dirla tutta, la ragione l’aveva ispirata ben poco negli ultimi mesi così, dato che al momento le era impossibile soffocare il suo amore per George, tanto valeva percorrere i pochi metri che la separavano dalla tomba di Fred per far sapere all’uomo a cui voleva un mondo di bene la semplice verità: anche da lontano lei ci sarebbe sempre stata.

George, seduto sulla fredda lastra di marmo, sotto la quale riposava in pace il suo gemello, accennò un sorriso nell’udire i passi delicati che si stavano avvicinando.

- Ciao Angelina – salutò con voce chiara.

- Ciao – rispose esitante la ragazza: - come hai fatto a capire che ero io? –

Lui si voltò a guardarla, gli occhi limpidi e l’espressione rilassata di chi sembra aver fatto pace con il mondo intero: - Dunque; innanzitutto abbiamo passeggiato l’uno di fianco all’altra per così tanto tempo che ormai saprei riconoscere il ritmo della tua camminata tra mille. Secondo punto; anche se sono un odioso imbecille tu trovi sempre la forza per starmi accanto e questa, tra parentesi, è una delle molte cose che amo di te. Ultima cosa, ma non meno importante; speravo veramente che mi raggiungessi e, se non lo avessi fatto, sarei venuto io da te più tardi. –

Angelina, totalmente spiazzata, si ritrovò a corto di parole e si limitò quindi ad accomodarsi sulla nuda pietra accanto a lui. Osservò rapita il profumato tappeto floreale che copriva la lapide, segno che in molti erano passati di lì quel giorno.

- Quello l’hanno lasciato mamma e papà – spiegò George indicando un mazzo di rose bianche posto accanto alla foto del fratello: - loro lasciano sempre delle rose per lui. Quel bouquet invece deve essere da parte di Ron e Hermione, l’altro vicino, suppongo l’abbiano portato Ginny e Harry. – il ragazzo proseguì la mesta carrellata con un lieve sorriso ad increspagli le labbra: - il vaso di orchidee, così raffinato, è senza dubbio opera di Fleur mentre questo tristissimo mazzo di crisantemi è sicuramente di Percy; quel ragazzo è prevedibile come un sasso, quasi sempre, però ha un gran cuore… -

Angelina lo osservò tutto il tempo con molta attenzione, soppesando con cura ogni sua espressione e tutte le inflessioni della sua voce. Ovviamente vi permeava una grande malinconia ma non c’era più traccia di disperazione, come se il giovane si fosse scrollato dalle spalle un peso enorme.

- E tu cosa hai portato? – chiese infine timidamente.

- Io non ho portato fiori ma un piccolo regalo – e così dicendo mostrò un cartoccio grosso quanto un pugno, ricoperto da una carta regalo di un giallo cangiante, che poggiò proprio sopra l’incisione recante il nome del gemello.  

Angelina aveva la sensazione di camminare sulle uova, timorosa di rovinare quella ritrovata sintonia con delle domande troppo sfacciate: - Se ti va di dirmelo, posso sapere che cos’è? – trovò infine il coraggio di chiedere.

- E’ uno scherzo – rispose lui con naturalezza: - O meglio è il premio per una scommessa che avevamo fatto tempo fa. Ovviamente ho vinto io ma ho deciso che, tutto sommato, non ha più molto senso tenerlo per me, anche perché ne ho comprato uno tutto mio. Così, glielo lascio volentieri… - Detto ciò accarezzò con affetto il marmo bianco rivolgendo a Fred un saluto silenzioso. Poi indirizzò ad Angelina uno sguardo pieno di aspettative e la invitò ad alzarsi. Afferrò la mano di lei con presa decisa e la trattenne, per pochi istanti, in un tenero abbraccio sussurrandole all’orecchio: - Fred sarà per sempre la mia Estate; le mie risate più spensierate, gli scherzi meglio riusciti, le corse sulla scopa più rocambolesche, le mie battute migliori saranno indissolubilmente legate a lui. Ma credo, anzi ne sono certo, che anche se lui ci fosse ancora, io avrei avuto voglia di un po’ di Primavera, presto o tardi, tranquilla, limpida e mite come sei tu. –

Gli occhi di Angelina si accesero di felicità e commozione, accarezzò le sue ispide guance e promise sincera: - Rispetterò sempre la tua Estate ma cercherò anche di donarti la serenità che ti meriti e della quale anche io sento il bisogno. –

George le sorrise con un’inedita emozione dipinta in volto: - Ho un regalo per te – disse infine: - ma te lo darò fuori da qui perché è qualcosa che riguarda solo noi due. –

Poco più tardi si lasciarono cadere su una stradina di campagna ai margini di un campo di papaveri. Era quasi il tramonto; ormai evidenti pennellate rosa striavano il cielo limpido; la luce ambrata del sole calante si rifletteva sulla distesa di fiori che si estendeva infinita davanti a loro rendendo il loro colore ancora più intenso. George capì che era il momento giusto per girare pagina alla sua vita. Estrasse dalla tasca una piccola scatoletta e aprendola la mostrò ad Angelina. – Sposami – pronunciò con voce decisa: - E non perché ho bisogno di una seconda possibilità o perché non so a che altro aggrapparmi. Sposami perché ti amo in modo specifico, consapevole e maturo. E’ tutto chiaro in me ormai e non ho più bisogno di autocommiserarmi, solo che non riesco a fare a meno di te. Mi hai donato una vita nuova adesso per favore vivila con me. –

Angelina punto i verdi occhi nei suoi e innamorata, determinata e totalmente certa di fare la scelta giusta rispose con una delle sue dolci risate: - Mi avevi già convinta con “sposami”! Ti sposerò; non per pietà ma per convinzione, perché sono certa che renderai la mia vita meravigliosa. –

Pochi istanti dopo una piccolo brillante rifletteva le ultime luci del giorno sull’anulare della ragazza.

- Ok, ora ti aspetta la prova del fuoco – riprese incoraggiante George.

- E sarebbe? –

- Una cena a casa Weasley… -

- Per Merlino George, forse non è la serata giusta. Penso che i tuoi genitori oggi… -

- Saranno felici di sapere che sto bene. – E detto ciò, la condusse orgoglioso verso la Tana.

 

 

 

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Capitolo 10
*** incanto patronus ***


Quando giunsero nei pressi della Tana Angelina si concesse qualche minuto per osservarne l’aspetto. Era chiaro che si trattava di un edificio molto umile ma nel contempo alquanto bizzarro; si ergeva un po’ sbilenco su diversi piani, le pareti in pietra grezza e il tetto spiovente che sembrava stare al suo posto per puro miracolo. Era circondato da un giardino lasciato piuttosto incolto che però contribuiva a conferire all’insieme un’atmosfera quasi bucolica. Tutto ciò donava calore alla grande casa facendo trapelare quel senso di immediata accoglienza che l’aveva resa famosa. Capì perfettamente perché in molti l’avevano considerata un porto sicuro dove rifugiarsi e si augurò con tutto il cuore che potesse essere così anche per lei; aveva desiderato a lungo di uscire dall’ombra, adesso che si accingeva a incontrare il numeroso “clan Weasley” però le mancò un po’ il respiro.

- Coraggio, andrà bene – la spronò George, cercando di infonderle fiducia: - la mia gente ha visto cose molto più sconvolgenti di questa, credimi – e così dicendo la trascinò letteralmente fino all’ingresso.   

Entrarono nel modesto salotto dove era riunita l’intera famiglia e, come previsto, ne provocarono un immediato e sconcertante silenzio; tutti li guardarono con tanto d’occhi come se, a varcare la soglia di casa, fossero stati due evanescenti unicorni.

George, con quanta più naturalezza possibile, alzò la mano di Angelina mostrando lo scintillante gioiello al suo dito: - ciao a tutti, ho portato un ospite per cena…Angelina…la mia fidanzata. –

Altro che sorpresa: fu una vera e propria bomba! Dopo qualche istante di shock allo stato puro, ci pensò Ron a rompere l’imbarazzo lasciandosi sprofondare su una poltrona visibilmente sollevato: - Sia ringraziato Silente, finalmente ce l’avete fatta! Cominciavo a disperare… -

Percy si strofinò quindi le mani soddisfatto: - Molto bene fratello, era ora che cominciassi ad usare il cervello! –

Ginny si alzò d’istinto, scacciò in un lampo l’espressione sorpresa dipinta sul suo viso e corse ad abbracciare Angelina; poco le importò di quanto la situazione apparisse surreale, George sembrava felice e questo le bastò per esserlo a sua volta: - Che bella sorpresa! Sono contenta di rivederti! – esclamò con calore. Subito dopo tutti gli ex compagni di scuola la raggiunsero salutandola con affetto; alla ragazza sembrò di essere ritornata nella sala comune di Grifondoro e respirò sollevata la piacevole e famigliare atmosfera che tale ricordo le regalava.

George, dal canto suo, si beccò parecchi spintoni di approvazione e i calorosi abbracci di Ginny ed Hermione. 

Solo due persone erano rimaste in disparte ad osservare basite l’intera scena; Molly ed Arthur Weasley ci misero un po’ per mettere a fuoco la situazione. Qualche minuto più tardi però alla donna apparve vivido il ricordo di quando Fred e George le mettevano sottosopra la casa, facendola andare su tutte le furie; fu trapassata poi dal dolore acuto provato alla vista del corpo devastato di suo figlio steso sul freddo pavimento di Hogwarts; rammentò con angoscia il vuoto negli occhi di George che per lunghi mesi l’aveva tormentata. Comprese così che, infondo, poco importava se quella ragazza era apparsa come un fulmine a ciel sereno: suo figlio aveva ritrovato la pace e questa era la cosa veramente importante. Si avvicinò quindi con cautela alla giovane e, con estrema dolcezza, le accarezzò la guancia: - Sono molto contenta di conoscerti cara, benvenuta nella nostra casa! – Poi rivolse a George uno sguardo colmo di amore e, ritrovata compostezza e grinta si rivolse al marito: - Allora Arthur che stiamo aspettando? Dobbiamo fare spazio a tavola per Angelina! –

Fu così che la Tana ritornò ad essere, con gran sollievo dei due fidanzati, ciò che era sempre stata: un luogo accogliente dove chiunque si era sentito a casa. Cenarono allegramente come se avere Angelina con loro fosse del tutto normale. Solo dopo il dolce la curiosità delle ragazze prevalse sulla discrezione; circondarono la nuova arrivata per ammirarne l’anello di fidanzamento; Fleur lo giudicò “semplice ma di gran classe” con buona pace di tutti, concentrandosi poi sulla ricerca di dettagli riguardanti la proposta di matrimonio.

George approfittò della momentanea distrazione della sua famiglia per allontanarsi e trovare un po’ di quiete in giardino; erano successe molte cose in un solo giorno e sentiva la necessità di ritagliarsi del tempo per poterle assaporare in solitudine.

Era una bellissima serata, l’aria s’era fatta piacevolmente frizzante e si udiva distintamente l’allegro frinire dei grilli provenire dall’erba alta mentre sciami di lucciole danzavano come piccole lanterne sopra i profumati fiori di campo. Alzò gli occhi per ammirare l’immensità del cielo, una perfetta tela di un blu profondo sulla quale sembravano disegnate ad arte brillanti stelle a formare costellazioni lontane. Avvolto da questa inebriante atmosfera estrasse la bacchetta e la osservò per qualche secondo poi, sferzando l’aria con decisione, pronunciò un incantesimo che mai avrebbe pensato di avere ancora il coraggio di evocare. – Expecto Patronum! – urlò alla notte e dalla punta del magico bastoncino scaturì un pallido bagliore argentato che si espanse velocemente fino a creare delicate onde di luce di svariati colori; sembrava la perfetta riproduzione di una piccola aurora boreale. Certo non si trattò del vivace e intenso coyote, che era stato in grado di riprodurre svariate volte in passato, ma era comunque della prova tangibile che dentro di lui qualcosa era rinato.

Estasiato dall’immagine prodotta dalla sua magia, George non si accorse che i suoi genitori dalla finestra stavano osservando commossi lo straordinario spettacolo.

- E’ ritornato da noi – sussurrò Molly Weasley: - pensavo di averli persi entrambi ma Angelina, che Merlino la benedica, ce l’ha restituito colmo di serenità che poi altro non è che l’essenza stessa di un’esistenza degna di essere pienamente vissuta. –

 

***

 

Qui finisce la mia storia, proprio dove ne potrebbe iniziare un’altra ma questa la lascio immaginare a chi avrà voglia di farlo.

A mio parere in una canzone ben composta, in una poesia e soprattutto in un buon libro si nascondono verità e riflessioni che spesso la vita frenetica che ci circonda non ci permette di cogliere o di apprezzare appieno. Il capolavoro della Rowling credo  ne sia una chiara testimonianza. Per questo motivo voglio dedicare questo mio breve racconto ai personaggi che me lo hanno ispirato:

- a Fred Weasley, morto nella consapevolezza che sarebbe potuto accadere;

- a George Weasley che ne è sopravvissuto;

- ad Angelina Johnson la quale, almeno nella mia versione dei fatti, ha saputo vedere oltre le apparenze;

- a Hermione Granger che ci ha mostrato come da un brutto anatroccolo possa nascere uno splendido cigno;

- a Ron Weasley: non serve necessariamente essere super per diventare eroi, a volte basta solo dissipare un po’ di nebbia;

- a Severus Piton maestro di lealtà;

- ad Albus Silente esempio di lungimiranza;

- a Harry Potter che ci ha insegnato che non è mai finita finché non è veramente finita.

Grazie e a presto.

Sara

 

 

 

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