Cheaper by the Dozen

di ManuKaikan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nightmare Before Christmas ***
Capitolo 2: *** Santa Claus is coming to town ***
Capitolo 3: *** Let it snow, let it snow, let it snow! ***
Capitolo 4: *** Last Christmas ***
Capitolo 5: *** This is the new year ***



Capitolo 1
*** Nightmare Before Christmas ***



Shot per il #ChristmasConcept

N.B: Siccome io sono in Australia e sono dieci ora avanti,
da me è già Natale,
 quindi beccatevi sta shot come regalo:
Buon ClexaPresent! 




Cheaper by the Dozen

Capitolo 1
Nightmare Before Christmas



23 dicembre 2017



Clarke Griffin amava il Natale.

Per lei era una festività fatta di luci, cibo e amore. Anche dopo la morte di suo padre, le tradizioni della famiglia Griffin erano rimaste queste finché sua madre non si era risposata, aggiungendone di nuove e arricchendo di più colori la loro grande casa.

Marcus Kane era un uomo meraviglioso e sua madre era davvero innamorata. Nonostante inizialmente Clarke non fosse stata particolarmente felice di quell'unione – soprattutto visto il rapporto meraviglioso che aveva sempre avuto con suo padre – infine si era ritrovata ad apprezzarlo giorno per giorno, così come i suoi figli: Octavia e Bellamy.

I due erano inseparabili e inizialmente Clarke si era sentita fuori posto. Essere cresciuta come figlia unica non le aveva mai dato quel tipo di attaccamento che invece i due fratelli sfoggiavano con orgoglio. Nonostante i due fossero gemelli eterozigoti, si poteva intravedere la somiglianza ma le persone ne avevano la conferma quando li vedeva interagire anche senza bisogno di parole. Erano più grandi di Clarke di un paio d'anni e entrambi alla fine del loro percorso di studi.

Quindi, anche se la perdita di suo padre aveva fatto temere a Clarke di non poter più festeggiare i bellissimi Natali che aveva avuto sin da quando era piccola, si era dovuta ricredere, sopratutto dopo che Octavia aveva incontrato l'anno precedente il suo fidanzato al college: Lincoln Woods. Apparentemente il ragazzo aveva una famiglia numerosa che teneva particolarmente a festeggiare il Natale tutti insieme aprendo la loro casa l'anno precedente e anche quell'anno.

Qualche settimana fa era arrivato l'invito nella cassetta della posta ma Octavia aveva chiamato per assicurarsi che comprasse i biglietti prima che si esaurissero, a quanto sembrava la loro presenza era indispensabile perché lei e Lincoln avevano un grande annuncio da fare. Ecco perché Clarke stava controllando di aver messo tutto il necessario in valigia, non volendo farsi trovare impreparata visto che avrebbero passato almeno una settimana e mezza in compagnia dei Woods.

«Ehi, Griff.» disse Bellamy entrando in camera dopo aver bussato leggermente.

«Oh, ehi Bell!» lo salutò con un cenno del capo.

«Ancora impegnata con le valige?» domandò lasciandosi cadere sul letto con un tonfo.

«Sono una donna, ci metto una settimana per essere sicura di avere tutto.» rispose ridacchiando.

Bellamy sorrise portandosi le braccia dietro la testa e osservando il soffitto, non preoccupandosi di essersi steso su un paio di maglioni che probabilmente sarebbero serviti a Clarke.

«Alza le chiappe, Blake.» esclamò spingendolo. «Come mai sei così scontroso? Non sei eccitato di passare il Natele coi Woods?»

«Lo sai che mi sono divertito l'anno scorso.» rispose. «Ma questa cosa che Octavia ha un grande annuncio da fare mi sta facendo tremare le gambe ad essere sincero, ho un brutto presentimento.»
«Credevo ti piacesse Lincoln.» le fece notare.

«Ed è così ma Octavia è mia sorella e l'idea che possa sposarsi o peggio, non è proprio quello che avevo sognato per lei.»

Clarke infilò gli ultimi vestiti nella valigia, prima di dirigersi alla grande cassettiera per radunare gli altri effetti personali, infilandoli nella borsetta da bagno che aveva comprato quando si era trasferita per il college.

«Non fasciarti la testa prima di essertela rotta, Bell.» lo rassicurò. «Sono sicura che non è quello che pensi.»

Prima che potesse rispondere, il rumore della porta di entrata che si apriva e la voce dei loro genitori al piano di sotto, le ricordò che doveva sbrigarsi perché avevano un aereo da prendere. Infilò la borsetta nella valigia chiudendola e Bellamy l'aiutò a sollevarla dal letto, appoggiandola vicino alla porta.

«Ragazzi siete pronti?» gridò Abby. «Andiamo via in quindici minuti!»

Bellamy si passò una mano fra i capelli e Clarke scrollò le spalle con un sorriso. Lei era eccitata per la loro partenza, i Woods erano persone interessanti ed anche se la casa era spesso ricolma di persone e molto rumorosa, era proprio l'atmosfera natalizia che adorava.

Sarebbe stato un meraviglioso Natale, ne era sicura.

//

Lexa Woods odiava il Natale.

Per lei era una stupida festività che portava gente a comprare stupidi regali. Non sopportava le luci, le tradizioni e come diventava rumorosa la casa ogni volta che si avvicinava il giorno. E quell'anno sarebbe stato anche peggiore. Octavia, la ragazza di suo fratello, aveva invitato tutta la sua famiglia perché apparentemente avevano un annuncio ufficiale da fare e Lexa aveva quasi contemplato l'idea di rimanere in dormitorio ad affogare i dispiaceri in biscotti al cioccolato e serie tv.

Non era stato possibile perché quella pettegola di sua sorella, Anya, aveva rivelato il vero motivo della sua depressione ai suoi genitori: lei e Costia, la ragazza con cui aveva passato gli ultimi 2 anni della sua vita, si erano lasciate dopo mesi di litigate e malintesi. L'anno precedente lei e Costia avevano passato il Natale insieme, sfuggendo così alla casa piena di persone ma la bocca larga di sua sorella aveva distrutto la bugia che aveva escogitato. Aveva ricevuto una chiamata da sua madre che le comandava di tornare a casa per le feste, altrimenti la sua furia sarebbe riversata su di lei in piena forza, facendo tremare tutti i muri della Yale University.

Questo chiaramente non la costringeva a interagire con le persone e appena arrivata si era chiusa in camera ascoltando musica e mangiando biscotti, proprio come aveva deciso di fare sin dall'inizio. La sua famiglia aveva accettato la sua solitudine per tre giorni interi e quando qualcuno bussò alla porta non ne fu sorpresa, anzi, si era aspettata che sua madre la buttasse giù trascinandola in doccia contro la sua volontà.

«Ehi, Mercoledì Addams, la mamma ha detto che è il momento di uscire dalla cripta!» la voce di Anya arrivò ovattata dalla porta chiusa. «Gli ospiti stanno per arrivare e gradirebbe che tu ti facessi una doccia!» continuò. «Non vuole che pensino che ti abbiamo uccisa e che stiamo tenendo il tuo corpo per ricordo.»

Lexa sospirò forte nascondendo la testa nel cuscino, mentre la voce di Ed Sheeran continuava ad accarezzarle le orecchie, cantando di amori bellissimi e storie destinate a durare per sempre.

«Sei un bugiardo, Ed.» sussurrò.

«Ehi!! Mercoledì!» il pugno di Anya che impattava sul legno la fece sobbalzare. «Sei morta davvero? Devo chiamare qualcuno per occuparsi del corpo? Vuoi essere cremata? Hai lasciato il testamento? Stronza, è meglio che tu mi abbia lasciato qualcos-»

La porta si aprì con uno scatto e Lexa incrociò le braccia al petto con espressione contrariata. Anya sollevò un sopracciglio e la fissò attentamente, prima di fare un passo avanti e portarsi una mano al naso, mentre l'altra teneva le lenzuola.

«Sono felice che tu sia viva.» disse. «Per l'amore del cielo, fatti una doccia per favore, puzzi davvero come un cadavere.»

Lexa roteò gli occhi e cercò di chiudere la porta, non riuscendoci per via del piede che Anya prontamente mise per impedirglielo.

«Gli ospiti saranno qui in mezz'ora.» le comunicò. «La mamma ti vuole di sotto in venti.»

«Okay!» ringhiò Lexa. «Se ti togli dai piedi posso andare a fare la doccia.»

Anya le spinse le lenzuola sul petto, prima di fare un passo indietro. «E cambia le lenzuola, stiamo ancora lavorando sull'assegnazione dei posti in camera, quindi sarebbe il caso che fossero pulite.» le disse dirigendosi alle scale.

«Assegnazione della came-» bofonchiò prima di spalancare gli occhi. «Ehi! Non voglio nessuno in camera mia!» gridò.

L'unica risposta che ricevette fu una risatina e i passi di Anya che si allontanavano sulle scale.

//

Clarke aveva quasi dimenticato quanto fosse grande quella casa – il che era sorprendente visto che anche la sua non era da meno – ma se avesse dovuto essere sincera con sé stessa la cosa che la la colpì quell'anno precedente furono le luci. Circondavano tutta la proprietà e si potevano chiaramente vedere dalla strada, cosa che le aveva strappato immediatamente un sorriso di gioia che si era allargato non appena i suoi occhi avevano incrociato quelli di Octavia. La ragazza li stava aspettando sul portico e appena il taxi si fermò, sia lei che Bellamy saltarono fuori dall'auto per stringerla in un abbraccio soffocante.

Da quando Clarke aveva iniziato l'università a New York si erano visti poco, tutti e tre troppo impegnati nei loro studi per tornare spesso a casa. Quando però erano riuniti, era come se il tempo non fosse mai passato e Clarke strinse Octavia con forza, sorridendo quando la sentì sospirare di felicità fra le sue braccia.

«Mi sei mancata da morire, Griffindor.» le sussurrò.

«Mi sei mancata anche tu.»

«Ehi, ehi!» si lamentò Bellamy sentendosi escluso dal quadretto.

Clarke e Octavia aprirono le braccia per farlo sistemare in mezzo, ridendo di gusto quando Bellamy cominciò a baciare la faccia di entrambe. Poco distante Kane e Abby, che avevano finito di scaricare le valige con l'aiuto del taxista, si schiarirono la gola per richiamare la loro attenzione.

«Perché non spostiamo questi bellissimi saluti dentro, dove fa meno freddo?» propose Abby.

«Sì, andiamo vi stanno aspettando tutti.» disse correndo verso suo padre per dargli un dolce bacio sulla guancia.

Bellamy e Clarke presero le proprie valige dirigendosi verso l'entrata seguiti a ruota dai genitori, mentre Octavia apriva la porta per lasciarli entrare. Passare dalla porta fu come attraversare l'albero di Nightmare Before Christimas: fu come venire catapultati nel paese di Natale e Clarke rimase completamente senza fiato.

«Ben arrivati!»

La voce di Gustus arrivò profonda e avvolgente, Clarke si ritrovò stretta fra le sue grandi braccia e rise quando l'uomo la sollevò facendola volteggiare. Gustus Woods le ricordava tremendamente suo padre, soprattutto per il suo modo di fare da papà orso e per il modo in cui si comportava con tutti i suoi figli e anche con quegli degli altri.

«Abby! Marcus! Sono così felice che siate qui.» continuò dopo aver dato una spallata giocosa a Bellamy facendolo quasi andare a sbattere contro il muro. «Lincoln, vieni ad aiutare gli ospiti con le valige!» tuonò.

«Oh no, non c'è bisog-»

«Non dire sciocchezze, Abby, siete ospiti.» la tranquillizzò. «Indra e Anya sono andate a comprare le ultime cose che servivano. Lincoln!»

«Sono qui, sono qui!» esclamò il ragazzo emergendo dalla cucina. «Ben arrivati.» disse con un sorriso.

Clarke lo strinse forte, sentendosi come accadeva ogni volta protetta nel suo abbraccio. Lincoln era un giovane tremendamente in gamba e anche se la sua stazza– identica a quella di suo padre – spesso intimoriva le persone, in fondo era paragonabile ad un cucciolo di panda. Erano una coppia ben assordita: Lincoln dolce, premuroso e riflessivo, Octavia dominante, testarda e impulsiva. Era proprio per quello che funzionavano alla grande: entrambi compensavano l'altro.

Dopo i vari saluti ed essersi scambiati alcune chiacchiere di cortesia, Lincoln afferrò le valige di Kane ed Abby, facendo segno ai ragazzi di precederlo su per le scale. Clarke si fermò in mezzo al corridoio osservando le moltitudini di foto che tempestavano il muro e sorrise nel vedere i fratelli Woods nei vari stadi della loro vita.

«Okay Clarke, la tua stanza è quella lì.» disse Lincoln.

Clarke che si era persa a guardare le fotografie, non vide esattamente dove il ragazzo le stesse indicando ma considerando che era stata lì anche l'anno precedente, raggiunse la stanza di sua sorella mentre Lincoln accompagnava Bellamy nella sua. Clarke attraversò la porta ridacchiando nel vedere quanto la stanza non forse cambiata di un millimetro e sistemò la valigia sulla sedia che era sistemata vicino alla scrivania.

Nonostante conoscesse quelle mura come il palmo della sua mano, si prese un momento per guardarsi intorno. Osservò i libri nella libreria, le foto appese ai muri e i poster che dipingevano chiaramente un'adolescenza fatta di anarchia. Clarke avrebbe dato qualsiasi cosa per essere testimone di quel periodo della vita di Anya perché era sicura che fosse stato spassoso e si ripromise di chiedere ad Indra qualche dettaglio.

Rise nel vedere la scritta che era stata appiccicata alla porta comunicante: “Devi lavarti se non vuoi puzzare.” e quello le ricordò che aveva davvero bisogno di usare il bagno. Era stato un lungo viaggio, le sarebbe piaciuto darsi una rinfrescata prima di incontrare il resto della famiglia, così si diresse verso la propria valigia per afferrare la borsa.

Quando aprì la porta del bagno non si aspettava di certo di essere accolta con qualcuno che gridava: “Anya chiudi quella diavolo di porta ti ho detto che sarà di sotto in dieci minuti”, come di certo non si era aspettata di trovarsi davanti una delle ragazze più belle che avesse mai visto e sopratutto che questa fosse avvolta solamente in un asciugamano, con lo spazzolino da denti che gli pendeva dalle labbra. Non riuscì a fermare la propria mandibola dall'aprirsi leggermente a quella vista mentre cercava di ritrovare le sue facoltà mentali, non riuscendo a fermare i suoi occhi dallo scorrere sul quel corpo sino a fermarsi sul suo volto.

«Beh, se proprio devi fissarmi così spudoratamente, almeno abbi la decenza di dirmi chi sei e che cosa ci fai nel mio bagno.»

Quella parole fecero cliccare qualcosa nella sua mente e in quel momento la sua mente le ricordò chi aveva davanti: Lexa Woods, la sorella/cugina di Anya e Lincoln. La ragazza che l'anno precedente non aveva avuto il piacere di conoscere perché aveva passato le vacanze Natalizie con i suoi amici.

«Ah devi essere una degli invitati.» disse cercando di mettere insieme i puntini.

«Sono Griffin- cioè Clarke. Mi chiamo Clarke...?»

Lexa aggrottò le sopracciglia spostando lo spazzolino dalle labbra per appoggiarlo sul lavandino. «E lo chiedi a me?»

«No! No, il mio nome è Clarke.» disse schiarendosi la gola e sporgendo la mano attraverso la soglia della porta ma senza entrare completamente nel bagno. «Piacere.»

«Lexa.» rispose l'altra. «Ora se vuoi scusarmi...»

Clarke fece appena in tempo a fare un passo indietro prima che la porta le si chiudesse direttamente sul naso, facendola sobbalzare di spavento. Scosse la testa impressionata e mezza divertita, non potendo credere a quanto diversa da Lincoln potesse essere quella ragazza.

«Sexy.» disse a sé stessa. «Ma scorbutica.» continuò infine scrollando le spalle e andandosi a sedere sul letto.

Era il caso che aspettasse che la principessa finisse di usare il bagno ma la tranquillità durò poco, perché a quanto sembrava la presenza di Lexa aveva cambiato i piani per quanto riguardava l'assegnazione dei letti e Anya che era appena tornata dalle sue commissioni con Indra l'aveva raggiunta, facendola sistemare nella stanza singola senza il bagno comunicante.

Quando finalmente Lexa si diresse al piano di sotto, Clarke riuscì a darsi una rinfrescata prima di cena, decidendo di cambiarsi prima di incontrare il resto degli invitati. Stava scavando nella propria valigia quando la porta si aprì di scatto facendola sobbalzare e istintivamente si portò le mani al petto per coprirsi, roteando gli occhi quando vide Anya sulla soglia con un sorriso malizioso sulle labbra.

«Nessuno ti ha insegnato a bussare?» ringhiò. «Che hai da guardare? Ho sbagliato anche questa stanza? Mi ritroverò a dormire nel seminterrato?»

«No, ero solo venuta a tirarti fuori da questa gabbia di matti per un po'.» le rispose. «Forza vestiti che vieni con me.»

«Dove?» domandò.

«All'aeroporto. Devo andare a prendere l'altra parte dei famigliari e non voglio andare da sola.» le disse semplicemente avanzando nella stanza senza preoccuparsi di chiudere la porta. «Stai andando in palestra, Griffin?» chiese divertita.

«Oh chiudi il becco!» replicò Clarke tirandole in faccia la propria maglietta.

Anya rise facendola girare su un dito mentre fissava i vestiti della ragazza nella valigia. «Però dobbiamo lavorare sulla tua biancheria intima.» disse afferrando un paio di mutandine. «Che cos'è questo? Ti stai trasformando in Nonna papera?»

«Non ti degnerò nemmeno di una risposta.» mormorò strappandole l'indumento dalla mani. «La mia biancheria è perfetta così.»

Con quello pose fine alla discussione, infilandosi velocemente una maglietta e chiudendo la valigia con un tonfo, mentre Anya l'aspettava vicino alla porta con un piccolo sorriso.

«Forse dovremmo passare a comprare un po' di biancheria sexy.» disse Anya pensierosa. «Magari sei fortunata, sai per capodanno: così ti dai da fare tutto l'ann-»

Clarke le diede una spinta fuori dalla porta. «Le mie mutande vanno benissimo!» ribadì.

Fu in quel momento che i suoi occhi incrociarono quelli di Lexa che era appena apparsa dalle scale. Clarke non riuscì a impedirsi di arrossire mentre Anya ridacchiava divertita e le passava un braccio attorno alle spalle.

Avrebbe trovato il modo di soffocarla prima della fine delle vacanze.

//

Dopo essere riuscite ad uscire finalmente di casa ed infilarsi in macchina, Anya e Clarke si godettero la musica nell'abitacolo e il reciproco silenzio. Infine le chiacchiere avevano avuto la meglio, soprattutto visto che era passato un anno da quando si erano viste l'ultima volta e tante cose erano cambiate. L'anno precedente Anya si era portata dietro una bellissima fidanzata ma le cose non avevano funzionato ed ora era single e sembrava essere contenta della cosa. Clarke sfortunatamente non aveva avuto nulla di interessante da raccontargli, le sue giornate passavano sempre fra università, studio e talvolta qualche party.

Non era una santa, aveva avuto molte avventure di una notte e un mezzo flirt con Finn Collins che era durato meno di un mese ma a parte quello, non aveva mai avuto il desiderio di focalizzarsi in una relazione o semplicemente non aveva trovato la persona giusta. Le cose funzionavano per entrambe e Clarke grazie ai suoi migliori amici, Raven e Murphy non era mai davvero da sola.

«Scusa non ho sentito bene, come hai detto che sta Raven?» chiese Anya.

«In realtà non l'ho detto.» ridacchiò Clarke.

Non era un mistero a nessuno la chimica che si era instaurata fra le due non appena si erano viste. Clarke conosceva Raven da tutta la vita, si erano incontrate alla scuola materna e da quel momento la ragazza era diventata una presenza costante in casa Griffin, come se fosse la seconda figlia che non avevano mai avuto. Abby e Jake l'avevano accolta a braccia aperte e Raven aveva quasi ereditato una stanza tutta sua, tanto che quando aveva raggiunto i tredici anni la sua presenza era pressoché d'obbligo durante il Natale e lo era stata anche quando si erano recati dai Woods.

Dal primo momento in cui gli occhi di Anya e Raven si erano incrociati, tutti avevano capito che era scattato qualcosa. Qualcosa che non era stato esplorato proprio per via della ragazza che Anya aveva portato con sé per le feste e Clarke era sicura che la sua amica avesse rifiutato l'invito proprio perché non aveva voglia di vedere le due amoreggiare sul divano senza ritegno.

«Ah beh, visto che ne stiamo parlando, come sta?»

«Sta bene.» rispose. «Molto impegnata con le lezioni, lo studio e il lavoro ma le cose le stanno andando alla grande ad essere sincera.» continuò. «Non mi meraviglio se dovesse diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti.»

Anya ridacchiò a quelle parole focalizzando l'attenzione nel trovare un posto per l'auto nell'aeroporto affollato. «Potrebbe diventarlo, è una ragazza in gamba.»

«Anya so che stai morendo dalla voglia di chiedermi qualcosa.» le fece notare.

«Sei una spina nel fianco te l'ha mai detto qualcuno, Griffin?» disse finendo di parcheggiare prima di tirare il freno a mano. «Sta con qualcuno?»

Clarke ridacchiò divertita scuotendo la testa. «Raven è uno spirito libero e probabilmente passerà un bel po' di tempo prima che qualcuno catturi il suo interesse in quel senso.»

Anya non commentò quella frase ma poté vedere chiaramente un luccichio nei suoi occhi proprio mentre usciva dall'auto. Seguì il suo esempio ed una a fianco all'altra si diressero verso l'entrata dell'aeroporto e Clarke fece quasi fatica a tenere il suo passo, chiedendosi perché andasse così di fretta.

«Devi prendere anche tu l'aereo?» chiese con il fiatone.

«No, ma siamo quasi in ritardo sulla tabella di marcia.» le rispose. «Lascia che ti dia una dritta: Echo e Ontari sono delle vere vipere e come tali se mi presento anche solo con un minuto di ritardo probabilmente mi romperanno le palle da ora sino all'anno nuovo.» le spiegò. «E sinceramente voglio passare un Natale tranquillo.»

«Se sono così insopportabili perché le invitate?» chiese confusa Clarke.

I suoi genitori avevano sempre evitando di estendere gli inviti a quei parenti che non erano mai riusciti a sopportare, consapevoli che il Natale fosse una festività da passare con le persone che si amavano.

«Sono le cugine di Lexa.» sospirò Anya. «Figlie della sorella di Livia, insomma l'unico legame che le è rimasto con sua madre.»

Clarke ricordava vagamente la storia di Lexa. Rammentava che i suoi genitori erano morti in un brutto incidente d'auto quando aveva sette anni e Indra e Gustus – fratello di Daniel Woods – erano diventati i suoi tutori legali. Da quel momento lei, Lincoln e Anya erano cresciuti come come fratelli.

«Oh capisco.» mormorò Clarke. «Spesso si incontrano parenti con cui non andiamo d'accordo.»

«Non sono male, okay? Semplicemente pensano di essere migliori di noi ed è tutta colpa della loro madre.» disse sbuffando. «Lexa apprezza che le invitiamo e se lei è felice, lo siamo anche noi.»

«Mi vuoi forse far credere che hai un lato dolce e amorevole, Anya?» la prese in giro per smorzare il tono della conversazione.

«Non farti troppe illusioni, Griffin, io non ho un cuore.» disse fermandosi davanti alla grandi porte da dove stavano uscendo le persone, controllando il proprio orologio e sorridendo soddisfatta. «Quindi mi hai detto che Raven passa le feste con la sua famiglia?» chiese.

Clarke ridacchiò scuotendo la testa, era completamente senza speranze. «In realtà non credo di averti detto nemmeno questo.»

«Non ti sfugge proprio niente, eh?» mormorò. «Quindi dove le passa?»

«Lei e il nostro amico Murphy hanno prenotato un viaggio in qualche posto esotico.» rispose scrollando le spalle. «Mi hanno chiesto di unirmi a loro ma ho preferito venire a rompere le palle a te.»

Anya fece per rispondere ma le grandi porte scorrevoli si aprirono rivelando un uomo grande quasi quanto Lincoln che la salutò con un cenno della mano e un sorriso, seguito a ruota da due ragazze bellissime. Clarke si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia chiedendosi come era possibile che in quella famiglia girassero tutti quei geni meravigliosi. Poteva chiaramente vedere un po' di Lexa in ognuno di loro e si stampò un sorriso sulle labbra vedendoli avanzare verso di loro.

«Parla poco e vedrai che andrà tutto bene.» le sussurrò Anya.

Clarke si domandò che razza di consiglio fosse, capì a cosa si riferisse non appena misero piede in macchina non meno di dieci minuti dopo.

//

Lexa sorseggiò la propria birra osservando le persone sedute al tavolo con lei, prima di riportare l'attenzione al proprio piatto. Non poteva credere che Indra l'avesse costretta ad uscire nonostante il suo desiderio di isolamento e anche se aveva provato a dibattere sua madre l'aveva praticamente buttata fuori dalla porta. Questo era il prezzo che bisognava pagare per avere un genitore nell'esercito e si ritrovò a sbuffare – come aveva fatto dallo stesso istante in cui era uscita dalla stanza – giocherellando con il proprio bicchiere.

Si sentiva in colpa di non essere riuscita a godersi quella che era stata effettivamente una bella serata, una tradizione che era andata avanti sin da quando erano adolescenti. Ricordava ancora la felicità quando a quattordici anni le era stato dato il permesso ufficiale di unirsi a quelle serate fuori, in quel momento avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì.

Si ritrovò a sbuffare di nuovo, giocherellando con il telefono, lanciando un'occhiata a tutti i presenti e il suo sguardo si posò sulla ragazza bionda che era entrata in bagno senza bussare. Per tutta la sera Clarke aveva cercato di parlarle, non arrendendosi nemmeno quando Lexa le aveva rivolto solo dei monosillabi e qualche cenno del capo e doveva ammettere di aver apprezzato particolarmente la sua intraprendenza. Aggrottò le sopracciglia quando vide lo schermo del suo cellulare illuminarsi e si sporse sentendo il cuore batterle all'impazzata nel vedere la notifica: “Costia Green ha pubblicato qualcosa dopo tanto tempo” e non poté fermare il proprio dito dall'aprirla.

La faccia di Costia le comparve davanti, sorridente e felice, una bellissima spiaggia le faceva da sfondo. Quello che la costrinse a mordersi forte il labbro inferiore, fu il braccio della sua amica di corso, Kelly, appoggiato alle sue spalle con una familiarità che le fece quasi sentire un chiodo rovente in mezzo al petto. Le cose fra di loro non avevano funzionato perché gli impegni di vita le aveva distrutte giorno per giorno, allontanandole sino a portarle a vedersi una volta alla settimana nonostante andassero nella stessa università. Quando Lexa le aveva chiesto di passare le vacanze di Natale con lei e la sua famiglia, proprio per rimediare a quella mancanza, Costia le aveva detto di aver prenotato una vacanza con Kelly e le altre. Quello le aveva fatto chiaramente intuire che era finita. Lexa aveva capito che non era saggio continuare a rincorrere l'ignoto e che le cose fra loro erano probabilmente finite molto tempo prima ma entrambe lo avevano negato a loro stesse.

Sbuffò per l'ennesima volta e con ancora il telefono stretto fra le mani alzò lo sguardo, scontrandosi con gli occhi blu di Clarke. Rimase spiazzata quando la ragazza le sorrise dolcemente, e involontariamente le sue labbra si mossero in quello che all'apparenza poteva sembrare un sorriso, non che Lexa lo facesse spesso in ogni caso.

Clarke dovette trattenere l'esclamazione di gioia nel vedere che, dopo tutta la sera passata a cercare di creare un legame con Lexa, questa le avesse indirizzato un sorriso... mezzo sorriso ma era stata comunque una conquista. Quando la ragazza ritornò a fissare il proprio telefono, Clarke fece lo stesso digitando l'ennesimo messaggio a Raven, aggrottando le sopracciglia preoccupata. Dopo la chiacchierata con Anya si era resa conto di non aver sentito Raven per tutto il giorno, così prima di uscire le aveva scritto non ricevendo però nessuna risposta.

«Okay, basta con questi telefoni!»

Lexa si sentì strappare dalla mani il cellulare e quando fece per protestare, la mano di Echo si alzò per farla tacere. Clarke si voltò a guardare Anya che scrollò le spalle continuando a bere il proprio drink.

«Echo cosa dia-»

«Non ci vediamo da quasi due anni e sei stata tutta la sera in silenzio, quando finalmente mi decido a venire e rivolgerti la parola sei incollata a quel coso, quindi ora taci.» disse infilandolo in uno dei cestini delle patatine che Lincoln aveva appena finito di mangiare per poi alzare la mano per attirare l'attenzione del cameriere. «Una bottiglia di vodka a questo tavolo e nove bicchieri per favore.»

Clarke si voltò a guardare Anya che alzò le mani in segno di resa, mentre Lincoln era troppo impegnato a baciare Octavia per degnare gli altri di attenzione. Il cameriere arrivò qualche minuto dopo appoggiando la bottiglia e i bicchieri sul tavolo, porgendo lo scontrino ad Echo che gli mise una banconota sul vassoio indicandogli di tenere il resto.

«Okay, è il momento di iniziare a conoscerci visto che passeremo le vacanze insieme, la prima regola è mettere i cellulari dentro questo cestino.» lo indicò facendolo poi scivolare lungo il tavolo. «La seconda regola è essere partecipi, sono stata chiara Lexa e Roan?» disse osservando i due che, contemporaneamente, rotearono gli occhi infastiditi.

«Andiamo Echo questo è ridicolo.» provò a protestare Anya ma prima che potesse continuare Ontari le prese il telefono e seguì gli ordini della sorella.

Con un sorriso sulle labbra Echo riempì i nove bicchieri passandoli a rotazione ad ognuno di loro. «La terza regola è la più divertente, qualcosa che farà tornare sicuramente qualcuno a casa ubriaco.» continuò. «Ogni volta che ognuno di noi, senza pensare, fa una cosa che lo caratterizza deve bere.»

«Cosa vorrebbe dire?» chiese Lincoln confuso.

«Per esempio se mio fratello Roan si gratta il retro della testa: beve.» le spiegò. «Se mia sorella Ontari si esamina le unghie: beve.» continuò.

«Oh, mi piace!» esclamò Octavia. «Che ne dite di se Lincoln mi tocca: beve.»

«Questo è scorretto come faccio a tenere le mani per me? Non hai visto quanto sei sexy?»

Il verso di disgusto di Bellamy attirò l'attenzione di tutti e Clarke ridacchiò, mentre il fratellastro si portava il bicchiere di vodka alle labbra e beveva tutto d'un sorso.

«Se belli capelli è disgustato: beve.» propose Echo.

A quel soprannome tutta la tavolata scoppiò a ridere e Clarke fu felice di vedere che anche sulle labbra di Lexa si era dipinto un piccolo sorriso.

«E per quanto riguarda la biondina?» chiese Ontari scrutandola.

«Oh! Se Clarke si tocca le tette: beve.» disse ridendo Octavia.

«Allora sarà ubriaca in cinque minuti.» commentò Bellamy versandosi un altro bicchiere.

«Ehi!» sul volto di Clarke si era dipinta un'espressione a dir poco indignata. «Io non mi tocco!»

Si rese conto in ritardo di che cosa significasse quella frase e le sue guance si colorarono immediatamente di rosso, mentre Anya scoppiava a ridere di gusto e Bellamy scuoteva la testa con disgusto: e bevve di nuovo.

«Non mentire, Clarke.» ridacchiò Octavia. «Passi un sacco di tempo a toccarle, come se avessi paura di non trovarle più.»

«Ma taci!» ringhiò lanciandole uno dei cestini delle patatine, non si sorprese quando questa lo afferrò al volo.

«Beh, non hai nulla di cui vergognarti, Griffin, sono imponenti. Probabilmente lo farei anche io.» rise Anya.

«Si sono d'accordo, sono proprio un bel paio di-» Ontari si interruppe quando vide che tutti gli occhi erano puntati su di lei.

«Possiamo piantarla di parlare delle mie tette?»

«Sarebbe meglio toccarle che parlarne.» disse Anya facendole l'occhiolino.

«Se Anya fa una battuta maliziosa: beve.» sentenziò Echo. «Se quella piaga di mia cugina sbuffa: beve.» e guardò in direzione di Lexa con un sorriso divertito.

«Allora dovremmo prepararci a portare Clarke e Lexa in spalla perché sarà une bella competizione.» disse Lincoln. «Ti voglio bene, Lex.»

Lexa si trattenne a stento dalla sbuffare ma lo fece, soprattutto per non dare soddisfazione a Echo che la stava fissando attentamente proprio per quel motivo.

«Se Echo fa commenti acidi: beve.» propose Lexa con un sopracciglio alzato.

Echo la fissò per un lungo momento alzando il proprio bicchiere verso di lei come a voler sigillare l'accordo e si rivolse a Octavia con un sorriso. «E se la bella Blake -»

Octavia scosse la testa con un piccolo sorriso. «Per stasera passo, qualcuno deve rimanere sobrio per riportarvi a casa.» spiegò.

Ci fu un momento di silenzio ma Echo decise di non approfondire la cosa facendo un cenno del capo e cominciando il gioco. Ci volle meno di mezz'ora perché almeno tre persone si ritrovassero con il volto schiacciato contro il tavolo a ridere senza alcun motivo.

Quando avevano lasciato il locale e Octavia l'aveva aiutata a salire in macchina, Clarke aveva tirato un respiro di sollievo già immaginando di buttarsi a letto e probabilmente svenire sino al giorno seguente. Quando però si erano fermati ed era riuscita a uscire dall'auto senza cadere a faccia per terra, si era resa conto di non essere a casa e quando aveva provato a chiedere spiegazioni era stata semplicemente trascinata vero l'entrata dell'edificio.

Tutto l'alcool che aveva bevuto – che le aveva reso noto che sì, si toccava il seno più di quanto avrebbe voluto ammettere – non le permetteva vi camminare dritta. Octavia le passò una mano attorno la vita e la trascinò verso l'entrata dell'edificio. Quando vide che cosa aveva davanti, Clarke spalancò gli occhi. Nonostante la sua mente fosse un po' offuscata, riuscì comunque a ricordare perfettamente la tradizione di cui Anya le aveva parlato l'anno prima, qualcosa che avevano dovuto rimandare visto l'assenza di Lexa: pattinaggio sul ghiaccio.

«State scherzando.» fu Anya a dare voce ai suoi pensieri.

«Io non so pattinare.» si lamentò Clarke, speranzosa che quello la salvasse dal cadere a testa in giù nel ghiaccio.

«Perché pensi che noi siamo le figlie di Carolina Kostner?» la sbeffeggiò Echo che malgrado tutto quello che aveva bevuto, era in grado di tenersi in piedi molto meglio di lei.

Clarke si voltò a guardare Octavia in cerca di supporto, l'unica cosa che guadagnò fu la bottiglietta d'acqua che la sua amica le sventolò davanti al volto.

«Bevi questa, ti servirà.» disse divertita.

L'unica cosa che Clarke riuscì a fare fu grugnire.


Lexa non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui si era sentita così spensierata, nonostante il mal di testa che stava cominciando ad affliggerla e l'alito che sapeva di vodka poco costosa. Era lieta che nonostante il poco tempo, la distanza e la vita, le tradizioni della famiglia Woods non si erano perse. Mentre i piedi slittavano sul ghiaccio, sentì il proprio cuore pieno di gioia e lasciò vagare gli occhi su tutte le persone presenti.

Era molto tardi quindi in pista c'erano solo loro e Lexa si portò le mani dietro la schiena e chiuse gli occhi, muovendosi lentamente come una foglia spostata dal vento (mamma che poesia!), fu l'imprecazione di qualcuno ad attirare la sua attenzione. Sorrise divertita nel vedere Clarke che borbottando parole per niente femminili, si stava tirando su dopo essere caduta e stranamente Lexa decise di avvicinarsi.

«Non ti ricordi più come si pattina?» le chiese con un sorriso.

Clarke fece dondolare la testa sconfitta. «Teoricamente sì.» borbottò, stringendo la ringhiera. «Ma con tutto l'alcool che ho bevuto...»

Se l'alcool aveva tolto l'equilibrio a Clarke diede a Lexa il coraggio di tendere la mano verso di lei amichevolmente. Non si sorprese di vedere la ragazza aggrottare le sopracciglia confusa e le sorrise leggermente come se quello fosse sufficiente a convincerla.

«Ti faccio io da guida.» le disse.

Vide Clarke fissare la mano incerta prima di mordersi il labbro inferiore facendo scivolare il palmo contro il suo. Lexa le strinse la mano facendole segno di muoversi e sorrise nel vedere Clarke muovere i piedi con attenzione.

«Pattinare è come andare in bicicletta, una volta imparato è difficile dimenticarlo del tutto.» le disse.

Lexa fece un passo indietro, sempre stringendole la mano nella sua accomodante e Clarke spalancò gli occhi quando la vide pattinare all'indietro visto che lei riusciva a malapena a tenersi in piedi.

«Come diavolo fai?»

Lexa rise muovendosi con grazia come se stesse semplicemente camminando. «Venivo spesso quando ero piccola, come ho detto è una cosa che non dimentichi tanto facilmente.»

Continuarono a pattinare in silenzio con Clarke che non staccò gli occhi dai suoi piedi nemmeno per un secondo, cercando di concentrarsi su quello che stava facendo. Così facendo non si rese conto del fatto che Lexa le aveva appena lasciato le mani e l'aveva affiancata, dandole così l'opportunità di continuare da sola. Quando però si scontrò con il dolce sorriso di Lexa al suo fianco, quasi inciampò nei suoi stessi piedi e si aggrappò disperatamente al suo braccio per non cadere.

A nulla valsero i tentativi di Lexa di mantenere l'equilibrio, soprattutto per il fatto che le lame slittavano sul ghiaccio rapidamente.

«Non farmi cadere!» la pregò Clarke.

«Ci sto provando, piantala di agitarti!» gridò Lexa.

«Non mi sto agitando!» strillò istericamente mulinando un braccio.

Lexa schivò all'ultimo momento il pugno che stava puntando dritto verso il suo naso e le afferrò entrambe le braccia per fermarla. Si fissarono per un lungo momento, Clarke sentì il proprio cuore battere all'impazzata nelle orecchie ma fortunatamente il pericolo sembrava scampato e proprio quando Lexa iniziò a dirigersi verso la ringhiera che accadde l'inevitabile.

Anya arrivò sfrecciando ad alta velocità proprio mentre si stavano muovendo e tirò una pacca così forte sul sedere di Clarke che il colpo risuonò in tutta la pista. La ragazza gridò di sorpresa e istintivamente il suo corpo si mosse in avanti.

«Hai poco equilibrio, Griffin?» chiese divertita Anya.

Il successivo rumore fu quello di due corpi che cadevano pesantemente sul ghiaccio ponendo fine così al grido indignato di Lexa. Entrambe rimasero ferme e ansimanti per qualche secondo, cercando di capire se i loro corpi fossero del tutto integri o no.

«Ho perso l'equilibrio.» bofonchiò come a volersi scusare.

«Non mi dire.» rispose ironica Lexa.

Clarke non riuscì a trattenersi. Cominciò a ridere forte, tanto che poté sentire addirittura le lacrime bagnarle gli occhi e istintivamente le sue mani si strinsero al maglione di Lexa per cercare qualcosa a cui tenersi. Non passò molto perché Lexa – probabilmente sempre per colpa dell'alcool che le circolava in corpo – la seguisse, scoppiando a ridere come mai le era successo in vita sua.

«La diagnosi per me è commozione celebrarle.» disse Echo osservandole.

Anya invece si fermò nel mezzo della pista ridacchiando, come se l'ilarità delle due ragazze fosse in qualche modo contagiosa e osservando felice una Lexa spensierata, soprattutto dopo averla vista così depressa e musona in tutti quei giorni.

«Ah!» le gridò Lincoln alle spalle.

Anya sobbalzò di spavento girandosi di scatto per spingerlo via, il fratello l'anticipò facendola finire a gambe all'aria.

«Ti uccido.» ringhiò.

Quello fu sufficiente a scatenare le risate di tutti i presenti mentre Lexa aiutava Clarke a sollevarsi e preparava nella sua mente la perfetta vendetta per sua sorella. Forse tornare a casa per le vacanze natalizie non era stata poi una cattiva idea.




______________________________


NoteAutrice:

Eccomi qui con il contest di Natale!

Queste serie di shot seguiranno il lasso temporale delle feste Natalizie, chiaramente mi sarebbe piaciuto poterle pubblicare ogni giorno per le feste ma non sono stata in grado di scriverle tutte per impegni lavorativi.

Il titolo della fanfiction si riferisce al film: Una scatenata dozzina e dopo aver letto questa shot non avete da chiedervi perché XD

Voglio solo dirvi che questo è un lavoro a due, ovvero io sono le mani ma la mante e mia e di Carma, quindi prendetevela anche con lei!!

Buon Natale da me che lo sto già festeggiando e a voi fra qualche ora.

Un bacione,

ManuKaikan



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Capitolo 2
*** Santa Claus is coming to town ***


Cheaper by the Dozen

Capitolo 2
Santa Claus is coming to town


24 dicembre 2017


Clarke uscì dal bagno con un piccolo grugnito, la testa pesante e la bocca che sapeva di dentifricio. Era ora di colazione, ma non si sentiva al massimo delle forze, quindi scese lentamente le scale e attraversò il salotto, guidata dal salvifico aroma di caffè che si liberava per l’intera la casa. Tutti erano già svegli, alcuni seduti sul divano a chiacchierare, mentre il resto si trovava in cucina a preparare la colazione e se ne rese conto quando la salutarono un po' troppo rumorosamente.

Prese posto su uno degli sgabelli e ringraziò sua madre quando questa le passò una tazza di caffè facendole una piccola carezza sul capo, sicuramente consapevole delle scorribande della notte precedente. Si ritrovò a chiudere gli occhi cercando di isolare il rumore, ma in una casa piena di persone non era per niente semplice. Osservò il proprio caffè come se stesse cercando come se stesse cercando aiuto al suo interno e sobbalzò quando la porta sul retro si aprì di scatto, rivelando Echo ed Anya, che fecero il loro ingresso cariche di buste e le lasciarono cadere senza ritegno su uno dei ripiani.

Non si sorprese di sentire Indra lamentarsi delle loro brutte maniere, prima di scacciarle sgraziatamente dalla cucina, evitando che rovinassero la colazione.

«Oh Griffin sei sveglia!» esclamò Anya sedendosi al suo fianco. «Pensavo avremmo dovuto buttarti giù dal letto con la forza.»

«Sarebbe stato il caso di farlo la notte scorsa.» disse Echo divertita sedendosi di fronte a lei. «Il suo russare ha quasi svegliato tutto il vicinato.»

Clarke spalancò gli occhi, indignata. Tutti attorno a lei ridacchiavano divertiti, ma la cosa che la sconvolse di più fu che, tra tutte quelle persone, vi era anche Lexa, che cercava di nascondere un sorriso dietro la propria tazza.

«Io non russo!» esclamò.

La conversazione si interruppe temporaneamente quando Abby cominciò ad imbandire la tavola, distribuendo i piatti per la colazione e piazzando al centro un enorme vassoio di bacon e una montagna di pancake fumanti. Tutti si presero il loro tempo per riempire i propri piatti, sorseggiando caffè e succo d'arancia in completo silenzio. Quell’idillio non durò a lungo, con grande disappunto da parte di Clarke.

«Mi permetto di dissentire in ogni caso, il tuo russare era piuttosto forte.» ridacchiò Echo, riprendendo la conversazione da dove l'avevano lasciata. «Ti perdono solamente perché sei stata la persona che ha bevuto di più ieri sera.» continuò. «Lasciati dire però che hai un grande problema col tuo seno, se non riesci a smettere di toccarlo. Io mi offro volont-»

Si bloccò a metà frase quando uno strofinaccio la colpì in pieno volto, scatenando la risata di Clarke. La bionda si voltò) verso Anya che aveva appena incrociato le braccia al petto con fare scocciato. Quando il volto di Echo riapparve, le sue sopracciglia erano aggrottate in un modo per niente amichevole.

«Che diavolo di prende?» ringhiò.

«Clarke è un'ospite, vedi di comportarti bene!» l'ammonì Anya. «Solo io sono autorizzata a darle il tormento.»

«Ehi!» esclamò Clarke, dandole una spinta giocosa. «Non sono mica un giocattolo.»

«Io faccio quello che voglio.» disse Echo. «E tu puoi baciarmi il culo!» così dicendo appallottolò lo strofinaccio e glielo lanciò indietro.

Sfortunatamente, la mira non era una delle sue qualità migliori. Anya si chinò velocemente in modo che lo strofinaccio finisse per evitare la sua testa e planasse direttamente sul fornello acceso. Indra fu abbastanza veloce d'afferrarlo e gettarlo nel lavandino prima che questo prendesse fuoco, il rumore della spatola che veniva” lasciata cadere rumorosamente sul ripiano fece capire loro che erano nei guai.

«Okay, basta così.» ringhiò Indra. «Prendete i vostri piatti e uscite di qui! Siete bandite dalla cucina sino a nuovo ordine.»

«Ma mamma-»

«Adesso.» disse indicando la porta con un gesto secco.

Clarke le seguì con lo sguardo e non poté evitare di sorridere, prima di tornare alla propria colazione. Aveva bisogno di mangiare qualcosa se voleva prendere qualche pillola per il mal di testa, altrimenti non sarebbe riuscita a sopravvivere a quella giornata, ne era sicura.

«Indra, ho notato che non c'è ancora l'albero di Natale.» disse Abby passando un paio di pillole alla figlia e facendole un occhiolino.

«Non ho avuto un attimo di tempo.» rispose la donna spegnendo il fuoco. «I miei figli non sono stati molto collaborativi, non è così, Lexa?» disse con un sopracciglio alzato.

«Non so di cosa stai parlando.» rispose la ragazza con un piccolo sorriso mentre finiva di mangiare la propria colazione.

«Visto che vorrei evitare di avere un incendio in cucina, penso che mentre noi ci prepariamo per la cena, gli adolescenti possano occuparsi dell'albero e della legna.»

«Legna?» chiese Clarke confusa.

«Per il camino.» rispose Indra. «Fa abbastanza freddo in questa casa la sera.»

«Non è più facile comprarla?» domandò Abby.

«Perché spendere soldi per comprare la legna quando ho queste grandi braccia per lavorare?» esclamò Gustus, rientrando in cucina e dando una pacca sulla spalla di Lexa, che si ritrovò a gemere di dolore.

La ragazza finì di bere il proprio succo d'arancia, spingendo il piatto lontano da lei e alzandosi per dare un bacio sulla guancia di suo zio. «Infatti penso proprio che mi occuperò della legna.» disse con un sorriso.

«Grazie tesoro.» rispose l'uomo. «Mi aiuteresti molto, io e Marcus dobbiamo fare delle commissioni.» continuò baciandole la fronte.

«Non è un problema, papino.» lo prese in giro.

«So che non ami fare l'albero in ogni caso.»

«Non ti piace far l'albero?» esclamò Clarke interrompendo nel loro momento. «Cosa sei senza cuore?» disse con fare divertito.

Quando la mascella di Lexa si tese impercettibilmente e il suo sguardo si indurì, Clarke si ritrovò a muoversi a disagio sullo sgabello chiedendosi che cosa avesse detto di sbagliato. Era chiaro che il suo tono fosse scherzoso e visto il modo in cui si erano comportate la sera prima aveva pensato che fra loro si fosse creato un ponte, evidentemente si stava sbagliando. Fece per parlare, volendo scusarsi se le sue parole l'avevano in qualche modo offesa, ma Lexa si diresse verso il retro chiudendo la porta con un tonfo.

Clarke chiuse gli occhi e si diede della stupida: era chiaro che due ore sul ghiaccio e un po’ di alcool non le avevano dato abbastanza familiarità da permetterle tali battute. Ingerì le pillole che sua madre le aveva gentilmente dato e allontanò il piatto con il resto della colazione, avendo completamente perso l'appetito.

«Credo che andrò ad aiutare con l'albero.» disse infine alzandosi in piedi. «Grazie della colazione, Indra.» continuò con un piccolo sorriso.

«Clarke.» la fermò proprio mentre stava attraversando la porta che portava verso il salotto. «Non prenderla sul personale, Lexa è...» si fermò un momento. «Semplicemente non prenderla sul personale, okay?»

«Va tutto bene.» sorrise Clarke leggermente prima di lasciare la stanza.


Mezz'ora dopo, con gli addobbi natalizi fra le mani e le chiacchiere degli altri di sottofondo, Clarke capì che non andava tutto bene: poteva vedere Lexa fuori nel giardino spaccare legna con tale forza che quasi riusciva a sentire il rumore dell'ascia anche attraverso la finestra. Si morse il labbro inferiore appendendo una delle palline, non prestando attenzione alle risate attorno a lei e non riuscendo a capire perché sentisse il bisogno di scusarsi con la ragazza. In fondo non si conoscevano poi così bene.

Lo sguardo che le avev indirizzato però le aveva smosso qualcosa dentro, facendola sentire in colpa come non si era mai sentita prima e se doveva essere sincera, quella era una sensazione che non le piaceva per niente. Sbuffò sonoramente lasciandosi cadere sulla poltrona e sibilando di dolore quando una fitta le si propagò dal fianco, ricordandole il livido che le era comparso sulla natica destra per colpa della caduta del giorno precedente sul ghiaccio. Nonostante quello, i suoi occhi rimasero comunque su Lexa ad osservare i muscoli delle sue braccia che si muovevano attraverso la camicia di flanella che indossava e per un momento si domandò come potessero apparire senza.

«È così che dai il tuo contributo, Griffin?» chiese Anya strappandola dai suoi pensieri.

«Sono stanca.» fu l'unico commentò che le diede scrollando le spalle.

Anya sbuffò rumorosamente seguendo il suo sguardo mentre un sorriso divertito le si dipingeva sulle labbra. «Beh, sono sicura che continuare a guardare Lexa con gli occhi a cuoricino sia piuttosto stancante.»

«Non chiudi mai la bocca?» ribatté Clarke con voce un po' troppo calma.

A quel punto Anya aggrottò le sopracciglia quando si rese conto che lo sguardo di Clarke non aveva niente a che fare con interesse. «Lexa è stata scortese?» le domandò.

«No...» rispose. «Credo di essere stata io quella scortese, ho detto una cosa che l'ha infastidita e non era mia intenzione.»

«Non pensarci troppo, d'accordo? Lexa non è molto in sé in questo momento, qualsiasi cosa la infastidisce.» disse accarezzandole la coscia. «Forza, mentre noi finiamo l'albero, perché non vai a controllare se mia madre ha finito di preparare lo zabaione? È una tradizione di famiglia.»

Clarke annuì piano mordendosi il labbro inferiore e domandandosi se Anya avesse davvero ragione. Certo, Lexa non era stata particolarmente calorosa con lei, ma si era resa conto che non lo era stata con nessuno sin dal momento in cui l'aveva vista. Lanciò un'ultima occhiata alla ragazza fuori dalla finestra, vedendola appoggiare l'ascia sul terreno e asciugarsi la fronte con la mano e prese una decisione. Non era una persona che si arrendeva: per qualche strana ragione si sentiva tirare verso Lexa e sentiva il bisogno di scusarsi con lei in qualsiasi maniera.


Uscì in giardino con passo lento e misurato, un po' intimorita della reazione che avrebbe potuto avere Lexa nel vederla raggiungerla con una tazza di zabaione e un contenitore con i biscotti che Indra aveva sfornato da poco. Rimase in disparte mentre Lexa spaccava un altro ciocco in due e poi si schiarì la voce per attirare la sua attenzione, sorridendo leggermente quando la ragazza incrociò i suoi occhi.

Ci fu un lungo momento di silenzio e Clarke si sentì scrutare nel profondo da qui due diamanti verdi, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco quando Lexa alzò un sopracciglio con fare interrogativo. L'unica cosa che riuscì a fare fu alzare la tazza e il contenitore, sperando che quello fosse sufficiente a giustificare la sua presenza.

«È un modo per colmare il vuoto che ho al posto del cuore?» chiese Lexa con fare un po' indispettito.

«No, sono delle scuse per essere stata inappropriata.» rispose Clarke con un filo di voce. «Non era mia intenzione offendere, stavo solo cercando di scherzare.» continuò porgendole la tazza.

Lexa rimase immobile per un secondo poi appoggiò l'ascia, sporgendosi per prendere la tazza. «No, sei tu che devi scusarmi, era chiaro che stessi scherzando.» prese un sorso di zabaione e sospirò piano lasciandosi cadere sulla panca. «Grazie.»

«Non c'è di che.» mormorò Clarke appoggiando il contenitore dei biscotti vicino a lei pronta a lasciarla da sola.

Lexa prese il contenitore e le fece segno di sedersi al suo fianco. Clarke si morse il labbro inferiore, sentendosi più sicura quando la ragazza le sorrise leggermente, togliendole qualsiasi dubbio. Il silenzio le avvolse ed entrambe continuarono a bere dalla propria tazza, mangiando lentamente i biscotti e osservando le luci che circondavano la casa. Quella tranquillità però le stava mettendo apprensione e Clarke si guardò intorno in cerca di qualcosa col quale iniziale la conversazione.

«È difficile tagliare la legna?» chiese improvvisamente.

Inaspettatamente Lexa rise e Clarke non riuscì a controllare il rossore che le colorò le guance alla stupida domanda che aveva appena fatto. Vide la ragazza finire il proprio biscotto e lo zabaglione, prima di alzarsi in piedi tenendole la mano, che lei afferrò un po' sconcertata.

«Non è difficile.» le disse conducendola verso il grande ceppo. «Devi solo avere il giusto equilibrio ed usare la giusta forza.» le spiegò piegandosi per appoggiare un pezzo di legno in verticale.

Clarke la seguì con lo sguardo mentre afferrava l'ascia con presa sicura e dopo essersi sistemata nella giusta posizione la guardò muoverla con forza, spezzando il legno in due pezzi perfettamente simmetrici. Spalancò gli occhi quando la vide porgerle l'ascia e scosse la testa freneticamente, strappandole un'altra risata.

«Andiamo non morde!» la prese in giro.

«E se mi sfugge di mano? E se mi taglio? Non sono sicura che sia il caso di passare le feste di Natale in ospedale.»

«Non essere drammatica.» disse Lexa ridendo.

Le si avvicinò costringendola a stringere le mani sull'impugnatura, l'aiutò a sistemarsi nel modo giusto. Quando Clarke sentì il suo petto schiacciarsi contro la sua schiena si ritrovò a mordersi il labbro inferiore, così come sentì le braccia perdere forza quando il profumo di Lexa l'avvolse, ma nonostante quello si concentrò sull'oggetto che aveva fra le mani.

«Stringila forte.» le disse. «E mettici tutta la forza che hai.»

Clarke la guardò fare un passo indietro e dopo aver preso un profondo respiro, sferrò il colpo ma invece di tagliare il coccio in due, la lama rimase incastrata nel legno, scatenando la risata divertita di Lexa dietro di lei. Infuriata, Clarke, sbatté un piede sul terriccio e mormorò qualcosa fra i denti, sobbalzando quando Lexa si sporse per afferrare l'ascia scuotendo la testa.

«Forse sei più portata per fare gli omini di marzapane.» la prese in giro.

«Dammi di nuovo quell'affare.» disse strappandoglielo di mano, pronta ad accettare la sfida.

Questa volta il colpo andò a buon fine, spezzando il legno in due pezzi perfettamente simmetrici e Lexa si ritrovò a fischiare con apprezzamento.

«Okay, ora vacci piano però tigre.» rise sfilandole l'ascia dalle mani. «Ho capito che è meglio non sfidarti quanto impugni una di queste.»

A quel punto Clarke non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere, felice di vedere la ragazza di fronte a lei un po' più rilassata di quando era uscita. Poteva dire con certezza che Lexa era una ragazza strana, ma per qualche strana ragione c'era qualcosa in lei che l'attirava come una falena attratta dalla luce e voleva conoscerla.

«Quando avete finito di amoreggiare, sareste così cortesi da venire ad aiutarci a pulire la cucina?» disse la voce di Anya dal portico.

Lexa non si preoccupò nemmeno di risponderle a parole, le fece semplicemente un gestaccio mentre cominciava a raggruppare la legna in uno dei grandi cesti. Quando Clarke si apprestò ad aiutarla, vide Anya sul portico con un piccolo ghigno mentre con le mani creava quello che all'apparenza doveva essere un cuore, facendole roteare gli occhi, infastidita. Non c'era nulla di romantico fra loro, Clarke si era sentita in colpa e per evitare di rendere il Natale scomodo per tutti aveva deciso che era il caso di scusarsi.

Quando ebbero raccolto tutta la legna in due grandi cesti, Clarke ne prese uno e Lexa un altro avvicinandosi verso la porta in silenzio. Quando raggiunsero la porta, Lexa appoggiò quello che aveva fra le mani sul portico e la tenne aperta per farla entrare, cosa che strappò un piccolo sorriso a Clarke.

«Clarke?» disse piano Lexa attirando la sua attenzione.

«Mmh?»

«Non hai detto nulla di male prima.» mormorò. «Quindi non pensarlo, okay?»

Clarke si ritrovò ad annuire piano e decise di non dire nulla, quelle parole era molto più di quanto si fosse aspettata da Lexa. Le sorrise con felicità e attraversò la soglia, sentendo i passi della ragazza seguirla poco distante.

Forse non era tutto perduto.

//

Dopo aver pulito la cucina, le ore erano passate abbastanza velocemente fra i preparativi per la serata: gli adulti si erano occupati del cibo mentre i ragazzi avevano finito di allestire l'albero e imbandire la tavola per la cena, battibeccando qua e là, chiacchierando e ridendo. Clarke si era sentita a casa nonostante l'assenza di suo padre, addirittura Lexa le aveva sorriso ogni tanto, facendole capire che le cose si erano sistemate fra loro.

C'era stato un po' di dramma quando Gustus e Marcus erano tornati a casa con la spesa e Octavia aveva appreso che suo padre si era dimenticato di comprare lo shampoo , velocemente finito visto le innumerevoli persone che vi erano in casa. Infine Indra, infastidita e volenterosa di prevenire qualche incendio doloso, li aveva banditi tutti dalla cucina spedendoli in salotto a guardare un film. Dopo aver litigato su quale scegliere, si erano accordati – o meglio Anya e Echo avevano avuto una sorta di incontro di lotta sul tappeto del salotto che era stato risolto con un grido di Indra – per vedere il Grinch. Tutti non avevano fatto altro che prendere in giro Lexa dicendole quando assomigliasse al personaggio, l'unica differenza era che la sua pelle non era verde, guadagnandosi sbuffi e brutte parole.

Fu quando le pietanze avevano cominciato ad essere appoggiate sul tavolo e i ragazzi avevano preso posto a tavolo, che si sentì bussare alla porta d'entrata attirando l'attenzione di tutti i presenti. Abby, che era la più vicina, si fermò con la mano sul pomello, aggrottando le sopracciglia quando vide una figura familiare dall'altro lato.

«Anche quest'anno?» si lamentò rumorosamente Anya. «Non vogliamo i fottuti canti di Natal-»

Lo scappellotto che le diede suo padre la fece zittire all'instante, strappandole un'esclamazione di disperazione al dolore che poté avvertire sul retro della testa.

«Aggiungete un posto a tavola!» gridò una voce dal corridoio.

Anya si voltò a quel suono,non potendo credere a quello che avevano appena sentito le sue orecchie, e si voltò verso Clarke che si era alzata per raggiungere sua madre.

«Raven?» disse Abby sorpresa.

«Mamma G! Ti sono mancata?» chiese la ragazza aprendo le braccia con un sorriso sulle labbra.

«Che cosa ci fai qui?» domandò la donna. «Ero convinta che tu e John sareste andati in vacanza da un'altra parte.»

«Non sarebbe stato lo stesso Natale senza di me, Abby.» commentò con un piccolo ghigno.

La donna annuì con un sorriso divertito e si sporse in avanti per stringerla in un dolce abbraccio, facendo lo stesso anche con il ragazzo che era stato in silenzio sino a quel momento.

«È un piacere averti qui, John.» disse facendosi da parte per farlo passare.

«Se c'è del cibo gratis sono sempre in prima fila.» rispose lui con una scrollata di spalle.

Abby si fece da parte e li lasciò passare, ma non fece in tempo a chiudere la porta che Raven si ritrovò fra le braccia della sua migliore amica. Clarke la strinse forte strappandole una risata, mentre John si toglieva la giacca e l'appendeva, salutandola con un cenno del capo.

«Lo sapevo che non saresti riuscita a rimanere lontana a lungo, Reyes!» la prese in giro stampandole una risata. «E tu!» disse rivolta al ragazzo. «Sei sicuro di voler rimanere qui? C'è troppa gente per uno come te, Murphy.»

«Come ho detto a tua madre, se c'è del cibo gratis io sono sempre pronto, Griffin.» le rispose divertito.

Clarke ridacchiò prendendo Raven sottobraccio e guidandola verso la sala da pranzo. Quando attraversarono la porta tutti gli occhi erano puntati su di loro con curiosità, così tanta curiosità che Anya si era praticamente stesa su Ontari per non cadere, ma essere comunque in grado di rubare uno sguardo alla nuova arrivata.

«Chi è quella bellezza spaziale?» mormorò Echo osservando la ragazza con particolare interesse.

Prima che Anya potesse ammonirla di tenersi lontano da lei, Abby e Murphy fecero il loro ingresso, attirando nuovamente l'attenzione sulla porta. I saluti furono veloci e Raven si ritrovò a sedersi in mezzo a Clarke e Ontari proprio di fronte ad Anya, e un piccolo sorriso le si dipinse sulle labbra. Avrebbe mentito nel dire di non essere felice di vederla, soprattutto visto il modo spudorato in cui avevano flirtato l'anno prima nonostante la presenza della ragazza di Anya.

«Non avrei mai pensato di rivederti così presto.» cominciò Anya con un sorriso. «Ti sono mancata?»

«Non montarti troppo la testa, Woods.» l'ammonì prendendo la propria forchetta. «Tu sei solo d'arredamento, sono qui per la cucina di tua madre e per mamma G.»

Anya sorrise, divertita, prese il proprio bicchiere di vino alzandolo verso di lei e la invitò a fare lo stesso. «Qualsisia sia la ragione per cui sei qui, Reyes, è un piacere vederti.»

«Ci scommetto.» rispose Raven con voce roca, guardandola da sotto le ciglia.

Presero entrambe un sorso osservandosi con occhi pieni di un sentimento che nessuna delle due riuscì a identificare, ma che aveva un nonché di lussuria. Prima che potessero continuare quel quadretto, Octavia attirò l'attenzione di Raven con lo schioccare delle sue dita.

«Quando hai finito di mangiare con gli occhi Anya.» disse strappando una risatina a Clarke. «Dimmi un po': hai portato lo shampoo?»

Con quella frase tutta la tavolata scoppiò a ridere dando inizio finalmente alla cena.

//

Quando anche l'ultimo dei piatti puliti fu sistemato nella credenza, Indra portò il vassoio di biscotti e zabaione in salotto. I ragazzi si erano sistemati sul tappetto a giocare a cluedo lasciando le poltrone e i divani agli adulti, mentre cercavano di indovinare chi fra loro avesse l'assassino. Erano rimasti solo quattro giocatori attorno al tavolino da caffè: Bellamy, Anya, Ontari, Murphy.

«Secondo me è stata la sig.ra Peacock, nella cucina, con il coltello.» esclamò Bellamy con convinzione.

Ontari al suo fianco gli mostrò una delle sue carte e il ragazzo scrisse qualcosa sul suo foglio, un piccolo sorriso sulle labbra. Anya, che era il giocatore successivo, con fare pensieroso osservò il tabellone, prima di sorridere con fare vittorioso.

«È stato il Colonnello Mustard con il tubo di piombo nello studio.» disse, sporgendosi verso il centro del tabellone per afferrare la busta chiusa e controllare se le sue supposizioni fossero esatte. «Ah! Avete perso, sfigati!» esclamò, gettando le carte sul tavolo.

«Dio, che sfiga!» esclamò Murphy sbuffando.

«Non è sfiga, è bravura.» si pavoneggiò Anya. «Non ho studiato legge solo per far spendere soldi ai miei genitori, giusto papà?» chiese, divertita.

Gustus ridacchiò sollevando il bicchiere di whisky nella sua direzione. «Sto ancora aspettando di vedere quale grande studio ti prenderà a lavorare.» le disse con un sorriso.

Anya roteò gli occhi, non volendo ricominciare il discorso con suo padre proprio la sera della vigilia di Natale. Gustus era sempre stato orgoglioso di ognuno di loro e li aveva sempre supportati nelle loro decisioni, anche se il fatto che Anya volesse lavorare con i bambini piuttosto che in uno studio importante, gli aveva sempre fatto storcere un po’ il naso.

«Quindi mi stai dicendo che stiamo provando a giocare ad un gioco del genere con un avvocato?» disse Murphy, aggrottando le sopracciglia quando la ragazza annuì. «Dimmi che mi stai prendendo in giro.»

«Mangia un biscotto Murphy così ti passa tutto.» gli propose Clarke infilandogliene uno in bocca quasi con prepotenza.

Questo scatenò la risata di Bellamy che si apprestò a nasconderla prontamente con la propria tazza quando Murphy si voltò a guardarlo contrariato, anche se sulle sue labbra vi era un piccolo sorriso.

«Quindi se Anya ha scelto legge e Lincoln è un pompiere.» iniziò Abby, seduta sul divano di fianco a Marcus e avvolta in una coperta per riscaldarsi nonostante il camino fosse stato acceso ore prima. «Cosa ha scelto la terza Woods?» disse rivolta alla ragazza.

«Studio ingegneria aerospaziale.» rispose. «Il mio sogno è lavorare alla Nasa.» continuò un po' imbarazzata.

Ricordava ancora come i suoi coetanei l'avevano sempre presa in giro per quel sogno così assurdo, ma sin da quando era bambina aveva sempre avuto una predilezioni per lo spazio, infatti ricordava ancora con felicità il telescopio che suo padre, Daniel Woods, le aveva regalato poco prima di morire. Lo aveva portato con sé a Yale, così nelle serate primaverili saliva sul tetto e ammirava le stelle, parlando coi suoi genitori e raccontando loro tutte le cose che stavano accedendo nella sua vita.

«Oh wow.» commentò Clarke, ammirata. «È meraviglioso Lexa! E dove studi?»

«Yale.» rispose con un sorriso: era così orgogliosa di essere riuscita a farsi accettare in una delle scuole più prestigiose del paese e di poter studiare quello che la rendeva felice.

«Ma stai scherzando?» esclamò la ragazza bionda. «Io vado alla Columbia!»

«Davvero?» chiese Lexa sorpresa. «Sto cercando di entrare in uno dei pochissimi stage che la Nasa mette a disposizione.» le disse. «Sto anche scrivendo un saggio con il mio professore e-»

«Bla bla bla.» commentò Echo acidamente. «Non vorrete parlare davvero di questa roba noiosa per tutta la sera, vero?»

«Chiudi la bocca.» l'ammonì Anya.

Era da un po' che Lexa non si gettava in una conversazione in quella maniera o non vedeva i suoi occhi accendersi di quella luce che aveva ogni volta che parlava di un argomento che le stava a cuore. Sembrava che Clarke avesse trovato una via d'entrata nella corazza di sua cugina e non aveva intenzione di fermare quel momento per colpa della boccaccia di Echo.

«Tu chiudi la bocca.» replicò la ragazza.

«Entrambe chiudete la bocca.» si mise in mezzo Indra tagliando quella discussione sul nascere. «Non ho intenzione di sentirvi ricominciare a litigare.» commentò. «Anzi, è il caso che andiate a dormire bambini, Babbo Natale sarà qui a breve.» continuò con un sorriso divertito.

Non finì di pronunciare quelle parole che iniziarono ad alzarsi una serie di polemiche che Indra fece terminare con un solo sguardo, inducendoli a finire le proprie tazze e dirigersi al piano di sopra per la notte. Si mossero tutti velocemente e quasi in perfetto sincrono, salendo le scale e dividendosi nel corridoio e fu in quel momento che Clarke si bloccò davanti alla sua porta pensierosa.

«Ora che Murphy e Raven sono qui dobbiamo organizzare di nuovo le stanze?» chiese con curiosità.

«Mio padre ha portato di sopra una brandina per Murphy.» rispose Anya. «Lui, Roan e Bellamy divideranno la stanza.» spiegò. «Per quanto riguarda te e Raven, ho deciso di cedervi la mia stanza.»

«Davvero?» esclamò sorpresa.

«Siete in due e non avrebbe senso far dormire Raven su una brandina quando c'è un letto più che comodo nella mia stanza.»

«Come sei magnanima, Anya.» la prese in giro Clarke, consapevole che quella gentilezza fosse in realtà riservata solamente a Raven.

Anya le rivolse semplicemente il dito medio prima di entrare in camera per prendere il proprio pigiama, mentre Clarke faceva la stessa cosa nella stanza singola che le era stata assegnata il giorno prima.

«Grazie Anya.» disse infine Clarke con un sorriso di gratitudine.

«Diamo la colpa allo spirito del Natale.» tagliò corto.

«Diciamo invece che hai un cuore, anche se non lo vuoi ammettere.» la prese in giro dandole un bacio sulla guancia. «Buonanotte e grazie ancora.»

«Buonanotte, Clarke.» ridacchiò Anya. «Buonanotte, Raven.»

«Buonanotte a te, Anya.»

Si fissarono per un lungo momento e infine Anya si chiuse in bagno lasciandole da sole nel corridoio. Mentre un'idea si faceva strada nella mente di Raven, ma non fece in tempo a pensarci ulteriormente perché Clarke la spinse dentro la stanza chiudendo la porta con un tonfo.

Era ora di andare a letto altrimenti Babbo Natale non si sarebbe presentato.

//

Raven si fermò con la mano sul pomello della porta indecisa se fosse una buona idea quella di entrare in camera di Anya senza essere stata invitata. Dal momento in cui Clarke si era addormentata, non era riuscita a chiudere occhio al pensiero che la ragazza che aveva popolato i suoi sogni per tutto l'anno stesse dormendo a pochi passi da lei. Non sapeva se fosse una scelta saggia quella di infilarsi nella sua stanza, ma Raven Reyes non era conosciuta per la sua pazienza, quindi spinse la porta leggermente, cercando di pensare alla possibile spiegazione da dare ad Anya.

Contrariamente a quello che si era aspettata, Anya era sveglia tanto che si sedette sul letto colta di sorpresa. Quando i loro occhi si incrociarono, Raven si morse il labbro inferiore attendendo una mossa dall'altra ragazza e il suo cuore cominciò a battere all'impazzata quando questa scostò le coperte di lato in un silenzioso invito. Attraversò lentamente la stanza e si sedette sul bordo del letto ancora indecisa su cosa fare, finché Anya non allungò una mano per prendere la sua, intrecciandone le dita e Raven non riuscì a trattenere un piccolo sorriso. Rimasero così per un tempo che parve interminabile prima che dei rumori provenienti dal corridoio non le costringessero a focalizzare l'attenzione sulla porta chiusa.

Anya le fece segno di fare silenzio mentre si alzava e la tirava in piedi con lei. Si diressero verso la porta e aprendola leggermente e osservarono delle ombre che si dirigevano verso le scale cercando di essere silenziose, senza evidente successo. Anya sorrise divertita, ricordando la tradizione che si era susseguita negli anni e, sempre stringendo la mano di Raven, decise di seguire suo fratello nel salotto, che come ogni anno stava provando a scartare almeno uno dei suo regali.


Quando Clarke si era rigirata nel letto e la sua mano aveva toccato il posto vuoto di fianco al suo, si era ritrovata ad aggrottare le sopracciglia ed ad aprire gli occhi. Il fatto che avesse avvertito le lenzuola fredde al tatto le aveva fatto presumere che Raven se ne fosse andata via da tempo. Clarke si era chiesta dove visto che era nel bel mezzo della notte, ma non se ne era preoccupata poi troppo e si era diretta in bagno. Quando era uscita e aveva cominciato a sentire degli strani rumori, si era ritrovata spaventata e per un secondo aveva pensato al peggio: ladri.

Il suo cuore aveva cominciato a battere all'impazzata quando i suoni erano diventati sempre più forti e, proprio quando si era diretta verso la stanza di sua madre in cerca di aiuto, un'ombra era apparsa nel corridoio e Clarke non aveva potuto trattenere un piccolo grido di spavento, per poi rendersi conto che si trattava solo di Lexa.

«M-mi hai spaventata a morte!» esclamò portandosi una mano al petto.

«Che cosa ci fai in piedi a quest'ora?» le chiese invece Lexa stringendo la mazza da baseball che aveva fra le mani.

«Sono andata al bagno e ho sentito dei rumori così stavo andando a chiamare Marcus.» le spiegò. «Piuttosto tu che ci fai nascosta nell'ombra?»

«Anch'io ho sentito dei rumori e stavo andando a controllare.»

«Con quella?» chiese un po' divertita Clarke.

Lexa si portò una mano dietro la testa un po' imbarazzata rendendosi conto di quanto l'idea di battersi con dei ladri da sola fosse effettivamente stupida.

«Anya shhh!»

La voce di Lincoln attirò l'attenzione di entrambe e Lexa si ritrovò a roteare gli occhi, rendendosi conto di cosa stesse effettivamente accadendo al piano di sotto e dandosi della stupida per non averci pensato prima. Ogni anno, sin da quando erano bambini, Anya e Lincoln sgattaiolavano al piano di sotto per cercare di scartare almeno uno dei regali prima che Indra se ne rendesse conto e li rispedisse nella loro stanza. Andando avanti col tempo la tradizione si era ampliata sino a coinvolgere anche le sue cugine e da quello che poteva sentire, Raven, Bellamy e Murphy si erano uniti alla festa.

«Non c'è nessun ladro.» disse infine, appoggiando la mazza da baseball contro il muro. «È una tradizione che hanno Lincoln e Anya: vedere se riescono a scartare qualche regalo prima che Indra si svegli.» le spiegò.

«Ci sono mai riusciti?» chiese curiosa.

«Sarà l'età che avanza, ma Indra inizia ad avere il sonno pesante.» ridacchiò Lexa. «Ogni anno ci arrivano sempre più vicini.»

Clarke sorrise non stentando a crederci: la donna era chiaramente molto scaltra e aveva un buon udito, ma era sicura che durante la notte il sonno la cogliesse profondamente, soprattutto visto le innumerevoli cose che faceva durante il giorno.

«Vuoi provarci anche tu?» chiese infine.

Lexa le sorrise, divertita, ma prima che potesse rispondere, la porta d'entrata della stanza dei suoi genitori si aprì con uno scatto e Indra fece la sua apparizione sulla soglia, facendole quasi ghiacciare sul posto.

«Sarà il caso che andiate a dormire.» disse la donna.

«Mamma...» provò a dire Lexa.

«A letto Lexa.» le disse con un sorriso. «Non sembrerà vero ma questo momento è il migliore di tutto il Natale.» continuò divertita.

«Possiamo assistere?» chiese Clarke con gli occhi luccicanti.

Indra sorrise, facendole segno verso le scale, e Lexa non poté evitare di ridacchiare nel vedere la bionda precederla il più silenziosamente possibile. Quando raggiungerò il salotto, Lincoln e Anya erano riusciti ad aprire uno dei regali – il primo in quasi dieci anni – ma il ruggito che Indra rivolse ad entrambi quando fece il suo ingresso nella stanza, li fece pentire di essere arrivati a tanto.

Clarke osservò la scena con divertimento, ascoltando Echo e Ontari dare la colpa di quello che era accaduto ai fratelli Woods, mentre Bellamy, Roan e Murphy correvano al piano di sopra cercando di sfuggire alla furia della donna. Quando vennero spediti di nuovo nelle loro stanze, Indra rivolse a Clarke un piccolo occhiolino e un sorriso, riempiendole il cuore di felicità all'idea che la donna la reputasse un membro effettivo della famiglia.

Quel Natale si stava rivelando una sorpresa continua e pensare che era solo l'inizio.



_________________

NoteAutrice:

Eccomi con il secondo capitolo.

Scusate il ritardo ma le vacanze ci hanno impegnate tutte, quindi ho fatto il prima possibile.
Ci saranno altri due capitolo per questa storia, quindi per ora godetevi questo!

Enjoy and see you soon!

ManuKaikan



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Capitolo 3
*** Let it snow, let it snow, let it snow! ***


Cheaper by the Dozen

Capitolo 3
Let it snow, let it snow, let it snow!

25 dicembre 2017


Il profumo di caffè le penetrò le narici e Clarke chiuse gli occhi, mentre le persone chiacchieravano e si muovevano per la cucina cercando di preparare la colazione. Quella mattina non aveva ricevuto uno dei migliori risvegli, specialmente quando Raven aveva cominciato a saltare sul suo letto gridando di muovere il culo e scendere di sotto che c'era una sorpresa ad aspettarla.

Così era scesa, riluttante, domandandosi cosa potesse aver scatenato quell’eccitazione in Raven e la vide, la sorpresa: la neve che cadeva lenta e silenziosa, avvolgendo il mondo come una coperta di freddo e ghiaccio. L'aveva sempre trovato rilassante guardare la neve cadere, perché le ricordava con felicità tutte le mattine di Natale quando sua madre riposava dopo un lungo turno notturno e suo padre, felice e spensierato, la trascinava fuori per costruire un bel pupazzo di neve.

«Che ne pensi, Clarke?» disse Raven dandole una spallata giocosa e stappandola dai suoi pensieri. «Un enorme pupazzo di neve o una battaglia di neve?»

«Avete uno slittino?» si intromise Bellamy, sporgendosi sul bancone e guardando fuori dalla finestra. «Sarebbe bellissimo lanciarsi da quella collinetta.»

«Oggi è il mio giorno libero, Bell.» gli fece notare Abby divertita. «Preferirei non correre all'ospedale perché ti sei aperto la testa in due.»

«Allora sarà il caso di tirare fuori lo slittino.» commentò Raven ridacchiando.

Clarke fece la spettatrice passiva di quello scambio di battute, continuando a sorseggiare il proprio caffè in silenzio ed ad osservare fuori dalla finestra. Le chiacchiere ricominciarono rumorose, così come il trambusto delle posate nei piatti e Clarke sorrise leggermente nel vedere i bambini giocare con la neve. Dopo aver mangiato un po' della propria colazione, si alzò in piedi pronta ad iniziare la giornata.

«Quindi quando si aprono i regali?» chiese.

«Sono d'accordo, quando si aprono i regali, mamma?» domandò Anya, ancora chiaramente risentita dal modo in cui Indra le aveva impedito di scartarne un paio la notte prima.

«Appena finite tutti la colazione.» le disse. «Anzi, credo sia il caso che tu vada a svegliare Lexa.»

«Ma sto mangiando.» si lamentò Anya, quando la madre alzò un sopracciglio e si ritrovò a roteare gli occhi, infastidita.

«Vado io.» disse immediatamente Clarke e quando la ragazza la fissò con un sorriso divertito, sbuffò sonoramente. «Non ti sei appena lamentata che stai facendo colazione?» ringhiò. «Mangia e stai zitta.»

Indra ridacchiò a quelle parole e le fece l'occhiolino, proprio mentre Clarke afferrava la sua tazza di caffè e si dirigeva verso le scale. Le salì velocemente e proprio mentre girava l'angolo, si ritrovò a sobbalzare quando si scontrò con la persona che si stava dirigendo verso il bagno. Clarke spalancò gli occhi nel vedere il maglione di Lexa completamente impregnata di caffè.

«Dannazione!» imprecò Lexa istintivamente.

Clarke, nonostante il leggero senso di colpa, non riuscì a trattenere una piccola risata. «Mi dispiace!» esclamò. «Mi hanno mandata a svegliarti ed ero sicura che fossi ancora a letto.» continuò, il sorriso ancora stampato sulle labbra.

Lexa scosse la testa ridacchiando. «Va tutto bene.» la rassicurò.

«Stiamo aspettando tutti te per aprire i regali.» le fece notare.

«Allora sarà il caso che vada a cambiarmi.» mormorò, indicando il maglione, quando vide però che la ragazza non sembrava intenzionata a lasciarla passare, un sorriso divertito le spuntò sulle labbra. «A meno che tu non voglia rimanere e... guardare?»

Ci fu un momento di silenzio e Clarke si morse il labbro inferiore, gli occhi che vagavano sul petto della ragazza, senza riuscire a fermarli.

«Stai sul serio valutando la cosa?» rise Lexa, strappandola così dalla sua contemplazione.

«Cos-no!» si difese immediatamente Clarke, le guance in fiamme al pensiero che sì, effettivamente aveva preso in considerazione quell'eventualità. «Oh zitta!» continuò, quando la ragazza cominciò a ridere. «Vai a cambiarti, altrimenti apriremo i regali senza di te.»

Lexa fece qualche passo verso di lei. «Beh, ma se rimani, tu avresti sicuramente un bel regalo.» sussurrò divertita.

Prima che la ragazza potesse rispondere, Lexa si voltò chiudendosi nella propria stanza. Clarke osservò la porta un po' stranita, le guance in fiamme e il cuore che le batteva all'impazzata: che diavolo era appena successo?

//

«Credo che sia arrivato il momento di cominciare a preparare il pranzo e ringraziare tutti.» disse Gustus attirando l'attenzione di tutti i presenti.

Il salotto era diventato un mare di carta per regali e scatole vuote, tutti i regali erano ammucchiati in un angolo e il tappetto era un miscuglio di corpi. Abby scattò un'altra foto e sorrise nel vedere Clarke, Bellamy, Octavia e Raven ridere felici in compagnia dei Woods, e ricordò ancora una volta perché amasse quella festività.

«Grazie, Rav.» esclamò Clarke, stringendo l'amica in un grande abbraccio.

«Buon Natale, Griffindor.» le sussurrò.

«Buon Natale, Reyes.» le rispose.

Mentre Raven le dava un bacio sulla guancia e la stringeva forte, Clarke si ritrovò ad incrociare gli occhi di Lexa che, dall'altra parte del salotto, stava chiacchierando con sua sorella. Clarke le rivolse un piccolo sorriso che la ragazza ricambiò di buon grado, sollevando la propria tazza e mimandole un dolce: “Buon Natale” che lei restituì con un occhiolino. Doveva ammettere di sentirsi un po' in colpa a non averle comprato nulla, anche se sapeva quanto fosse stupido quel pensiero, del resto lei e Lexa non si conoscevano nemmeno e visto i precedenti, non era stata nemmeno sicura che avrebbe presenziato alle festività.

«Smettila di pensare così tanto o ti esploderà il cervello.» la prese in giro Raven, seguendo lo sguardo dell'amica e ridacchiando. «Quindi non sono l'unica ad avere un debole per una Woods, mmh?»

«Non so di cosa tu stia parlando.» rispose velocemente Clarke. «Stavo solo pensando al fatto che non le ho fatto nessun regalo, il che è piuttosto rude visto che c'è il suo cognome sul campanello.»

«Sono sicura che se ti impegni, troverai sicuramente qualcosa da regalarle.» la prese in giro Raven con fare malizioso.

«Oh santo cielo, nemmeno a Natale posso avere un po' di tregua con questa battute orribili?»

«I grandi non riposano, Griffin.» le disse. «E sono sicura che Lexa sotto quella maglia ha della gran-»

La frase venne bloccata a metà dal biscotto che Clarke le infilò in bocca quasi con prepotenza, facendole spalancare gli occhi e ruzzolare all'indietro sul tappeto, scatenando le risate di tutte le persone presenti nella stanza.

//

«Non sono sicura che sia una buona idea.» argomentò Clarke, mentre con le sopracciglia aggrottate seguiva Raven su per la collina.

«Non fare la guastafeste.» l'ammonì l'amica.

Quando raggiunsero la cima della collina, gli altri erano già radunati di fronte ai tre slittini che Gustus era riuscito a trovare nel polveroso e disordinato garage. Bellamy e Murphy erano seduti su uno, mentre Echo e Lexa stavano bisticciando su chi delle due dovesse scendere in solitaria. Fu Raven a porre fine a quel dibattito.

«Io andrò con Echo.» disse con un sorriso. «Clarke può andare con Lexa.»

«In realtà...» disse Clarke, schiarendosi la gola. «Io farei volentieri a meno, penso che scenderò a piedi-»

Raven la spinse senza alcun riguardo sullo slittino e se non fosse stato per Lexa che puntò il piede sul legno, probabilmente Clarke sarebbe rotolata giù. Senza dove aggiungere altro, Echo prese posto e Raven seguì il suo esempio, contarono fino a tre ad altra voce e Clarke le osservò rotolare, in un misto di urla e risate, dalla collina. Qualche secondo dopo Bellamy e Murphy le imitarono, andando a finire direttamente in quello che all'apparenza sembrava un cumulo di neve.

«Questa non è per niente una buona idea.» sussurrò piano.

Clarke sobbalzò quando Lexa, eccitata, si sedette di fronte a lei. Poteva vedere da quell'altezza tutto il vicinato e stava iniziando a rimpiangere di aver seguito Raven in quella folle avventura.

«È meglio se ti tieni a me.» le disse Lexa, prendendo le redini della slitta.

«Ho il sentore che ci ammazzeremo.» disse con preoccupazione.

In quel momento un paio di bambini li superarono, una ragazzina aveva una slitta di plastica e l’altro … era forse il coperchio di un bidone quello? Clarke aggrottò le sopracciglia, mentre altri bambini e ragazzi le superavano, urlando e ridendo.

«Tieniti.» ripeté Lexa.

«Non ci penso neanche!» esclamò.

«Clarke a te la scelta.» disse. «Che tu ti tenga o no, io parto.»

Clarke spalancò gli occhi. «Cos- NO

Era troppo tardi, Lexa puntò i piedi sulla neve e spinse verso il basso. Clarke le afferrò la vita con forza, chiuse gli occhi e urlò a pieni polmoni, il vento freddo che le tagliava le guance e le orecchie come la risata cristallina di Lexa.

«Stringiti forte!» le ordinò Lexa.

Clarke fece come le aveva detto, mentre il profumo della ragazza l'avvolgeva come una coperta e si ritrovò a gridare quando lo slittino impattò contro qualcosa.

«Io vi distruggo!» tuonò Anya.

Quando Clarke aprì gli occhi, capì il motivo per il quale Anya aveva lanciato quel tipo di minaccia. Nella folle corsa giù dalla collina, Lexa doveva aver evidentemente perso il controllo dello slittino, andando a finire contro il bellissimo pupazzo di neve che sua sorella aveva iniziato a costruire non appena erano uscite di casa.

«Anya stavo rischiando di andare a sbattere contro la macchina di papà.» si giustificò Lexa, alzandosi in piedi e togliendosi la neve dalle mani, prima di porgere la mano a Clarke per aiutarla ad alzarsi.

«Non è un problema mio!» ringhiò la sorella. «La mia vendetta sarà-»

Non riuscì a terminare la frase che una palla di neve la colpì proprio nel bel mezzo della faccia. Lexa non riuscì a trattenere una risata nel vedere Raven che, in tutta fretta, stava provando ad appallottolandone un'altra, prima che Anya si riprendesse dalla sgomento e contrattaccasse.

«Battaglia di neve!» gridò Lincoln, tirando una palla in direzione di Lexa.

Grazie alla sua agilità dovuta alle ore di allenamento che aveva passato sul campo da calcio, Lexa riuscì a schivarla in tempo e questa andò a spiaccicarsi sul volto di Anya che gridò di frustrazione.

«Clarke vuoi un consiglio?» disse Lexa divertita. «Scappa!»

A quel punto il vialetto si trasformò in un vero campo di battaglia. Le palle di neve presero a saettare da una parte all'altra nella totale anarchia. Clarke rise ormai senza fiato, divertendosi a rotolare nella neve e a nascondersi dietro le auto, mentre i fratelli Woods non facevano altro che colpirsi senza riuscire a smettere.

Clarke vide Anya rincorrere Raven, urlandole che non appena l'avrebbe presa le avrebbe mostrato cosa voleva dire che la vendetta era un piatto da essere servito freddo. I suoi occhi si posarono su Lincoln che era stato messo al tappeto da Ontari ed Echo, che seduta sul suo grembo, gli stava infilando la neve nella maglietta. Poco lontano Bellamy e Murphy, esausti e con le guance completamente rosse, si erano seduti sul porticato a chiacchierare, questo finché Roan non era apparso da dietro una delle auto e li aveva bombardati di palle.

A quel punto adocchiò Lexa che si era piegata ad allacciarsi una delle scarpe e con un sorriso divertito sulle labbra, Clarke prese un po' di neve fra mani, appallottolandola in una munizione. Si avvicinò di soppiatto, in ginocchio e quando fu abbastanza vicina gliela lanciò con tutta la potenza di cui era capace, colpendola dritta dietro al collo.

Lexa sobbalzò di sorpresa e si voltò. «Ehi!» disse indignata, scontrandosi con la risata della bionda. «Fa malissimo!» esclamò, creando a sua volta una palla.

«Scusa!» disse, ma era chiaro dal suo sorriso che non lo intendeva veramente.

Lexa le lanciò la palla e Clarke si ritrovò a scappare, non nascondendo a se stessa che fu assolutamente fantastico e divertente. Non riuscì a smettere di ridere per tutto il tempo mentre Lexa la inseguiva per la strada e fra le auto, minacciandola che se l'avesse presa si sarebbe trovata con la neve in posti dove di solito non era il caso averla. Tutte le volte in cui Clarke aveva rallentato per riprendere fiato, Lexa avrebbe potuto facilmente prenderla, ma non l'aveva fatto, probabilmente godendosi quel gioco quasi quanto lei.

Così continuarono a ricorrersi, con Clarke che le lanciava altre palle -alcune riuscirono anche a colpire l'avversaria – facendo infuriare Lexa che aumentò la corsa. Quando si sporse per afferrarla, Clarke urlò di sorpresa ed inciampò, finendo con la ritrovandosi stesa nella neve, con Lexa che gridava vittoriosa e le si gettava addosso. Clarke non si arrese senza combattere e le ricoprì il volto di neve, facendola tossire e sputacchiare.

«Sembri un cucciolo che non riesce a stare fermo!» ringhiò Lexa.

«Nessuno può addomesticarmi!» rispose Clarke con una risata.

A quel punto cominciarono ad azzuffarsi e rotolarsi, mentre gli altri attorno a loro non facevano altro che gridare e ridere.

«Okay, basta così!» esclamò infine Lexa, fermandole le mani sopra la testa.

Rimasero immobili per qualche secondo, mentre Lexa cominciava a muovere la testa freneticamente per scrollarsi la neve di dosso. Clarke si mosse irrequieta cercando di sfuggirle ma la ragazza continuò a muoversi, mentre la neve che le aveva lanciato addosso le ricadeva sul volto.

«Volete rimanere da sole?» la voce di Ontari le riportò alla realtà, le stava fissando interessata dal portico.

«Chiudi il becco.» disse Lexa roteando gli occhi.

«Il pranzo è pronto, quando avete finito di amoreggiare raggiungeteci pure.» continuò la ragazza con divertimento.

Lexa la fissò intensamente. «Se ti lascio andare farai la brava?»

Clarke annuì lentamente vedendo quegli occhi verdi fissarla con diffidenza, infine però si sollevò lasciandola andare. Clarke ne approfittò per tirarla di nuovo verso di lei, riversandole in testa tutta la neve che si era annidata nel capello.

«Sei una donna di parola, Griffin.»

«Sono un cucciolo non addomesticato.» le ricordò ridacchiando.

Rimasero in quella posizione, gli occhi rivolti al cielo coperto da nuvole chiare e il respiro che piano piano si normalizzava.

«Ho le mani congelate.» disse Lexa improvvisamente, scivolando via dal suo corpo e lasciandosi cadere al suo fianco.

«Io ho le chiappe congelate...» commentò Clarke senza pensarci, quando si rese conto di cosa aveva detto si voltò a fissarle la ragazza.

Era così abituata a parlare con Raven in quei termini che le veniva istintivo, ma non sapeva come avrebbe potuto reagire una ragazza come Lexa a tale linguaggio. Rimase piacevolmente colpita quando la sentì ridere con gli occhi chiusi, mentre si portava le mani dietro la nuca e prendeva un profondo respiro. Clarke chiuse gli occhi a sua volta e sorrise quando sentì la neve cominciare a cadere di nuovo, infrangendosi sulle sue guance fredde.

//

Il pranzo e la cena erano andati e venuti e tutti si erano mossi in perfetta sincronia per aiutare Abby e Indra a sistemare la cucina, senza litigare e soprattutto facendo il più in fretta possibile. Successivamente, si erano sposatati in salotto, gli adulti a giocare a carte e bere whisky al grande tavolo, mentre i ragazzi si erano sistemati sul divano e sul pavimento per guardare un film.

Il film era stato presto dimenticato e sostituito dalle chiacchiere generali, permettendo a tutti di conoscersi un po' meglio e condividendo aneddoti divertiti riguardati il college. Fu quando Octavia tornò dal bagno per la terza volta nel giro di un'ora che Anya, la quale non perdeva mai l'occasione di prendere in giro ognuno di loro, fece uno dei suoi soliti commenti.

«Stai passando più tempo in bagno che qui con noi, non avrai mica un parassita che ti spinge sulla vescica costantemente, mmh?» la prese in giro.

Quando negli occhi di Lincoln passò quello che poteva tranquillamente essere definito terrore e Octavia si morse il labbro inferiore colpevole, tutto il resto della combriccola si zitti all'istante.

«Porca puttana!» esclamò Anya a voce un po' troppo alta. «Mi stai dicendo che-»

Prima che potesse finire Lincoln le si gettò addosso, mettendole una mano sulla bocca per bloccare la frase a metà. Bellamy fissò la sua gemella con sguardo sconcertato e Octavia abbassò gli occhi colpevole, non sapendo bene che cosa dire.

«Di quanto?» chiese il ragazzo.

«Un paio di mesi.» rispose piano. «Non volevo tenertelo nascosto.» aggiunse subito sottovoce. «È questo il motivo per cui abbiamo insisto per avere un Natale in cui fossero presenti tutti, per annunciarlo.»

«Beh, credo che questo sia il momento giusto.» commentò Clarke con un sorriso incoraggiante.

«Sì, concordo.» rispose Murphy. «Sono tutti ubriachi, quale momento migliore per dirgli che ti sei lasciata incastrare?» domandò divertito.

Raven gli diede uno scappellotto inducendolo al silenzio, mentre Clarke si alzava in piedi e le tendeva la mano. Octavia e Lincoln si rivolsero uno sguardo d'intesa e di comune accordo, senza nemmeno bisogno di parole, arrivarono alla conclusione che era arrivato il momento giusto per annunciare l'arrivo di un nuovo Woods-Blake.

«Mamma.» iniziò Lincoln, fermandosi davanti al tavolo dove i quattro adulti erano seduti.

«Papà.» disse con lo stesso tono Octavia, guardando intensamente Marcus negli occhi. «C'è qualcosa che io e Lincoln vorremmo dirti o meglio dire a tutti voi.»

Ci fu un lungo momento di silenzio nel quale tutti gli occhi erano puntati sulla coppia che, in mezzo al salotto, si stringeva la mano in cerca di conforto reciproco.

«L'anno prossimo ci sarà bisogno di aggiungere un altro posto a tavola per le feste natalizie.» cominciò Lincoln.

«E non perché io mi presenterò non annunciata!» esclamò Raven, nel tentativo di alleggerire un po' la tensione.

«Sono incinta.» sussurrò Octavia. «Ho aspettato che fossimo tutti insieme per dirlo, perché volevo che fosse una cosa di famiglia...»

Ci fu un lungo momento di silenzio e infine Marcus si alzò in piedi per stringerla fra le braccia, baciandole il capo e sussurrandole fra i capelli quanto le volesse bene. Poco dopo la stessa sorte toccò a Lincoln, che venne avvolto dalla braccia di suo padre e successivamente da tutti gli altri. L'unica che non si alzò fu Indra e quando Lincoln la guardò, rimase sorpreso di vedere la freddezza negli occhi di sua madre.

«Mamma io-»

«Farai bene a dargli un nome importante.» lo interruppe lei, alzandosi in piedi e avvicinandosi. «Altrimenti mangerete tutti e tre in garage l'anno prossimo.» poi senza aggiungere altro lo strinse al suo petto. «Sono così fiera di te, congratulazione di cuore ad entrambi.»

Octavia non riuscì a trattenere un paio di lacrime dallo scorrerle lungo le guance, mentre Bellamy l'abbracciava stretta. Come accedeva ogni volta, avvolta nell'amore della sua famiglia allargata, si sentì al sicuro e ricordò che, finché erano tutti insieme, avrebbero potuto oltrepassare qualsiasi ostacolo.


Dopo le congratulazione ai futuri genitori e qualche chiacchiera riguardante un possibile matrimonio, gli adulti erano tornati alla loro partita a carte e i ragazzi al loro film. Ci fu un'altra intensa discussione su cosa guardare, prima che Octavia giocasse la carta degli ormoni impazziti e decidesse per tutti. A quel punto Anya aveva deciso di tirarsene fuori, sfidando Raven a poker e quello che avrebbe dovuto essere un momento solitario, si era in realtà trasformato in una sfida a senza precedenti quando Murphy, Bellamy, Echo e Ontari si erano uniti a loro.

Clarke, troppo stanca per la battaglia di neve di qualche ora prima, si era lasciata cadere sul divano, soddisfatta e pronta ad avvolgersi nella coperta. Lexa le si era seduta vicino, decisa a tenersi il più lontano possibile dalla partita di carte, o era meglio dire da quella sorta di bisca clandestina che era stata messa in piedi, togliendosi le scarpe e appoggiando i piedi sul tavolino da caffè. Octavia e Lincoln si erano sistemati sul divano più grande, più interessati l'un all'altro che al film, mentre Roan si era lasciato cadere sulla poltrona con una ciotola di pop con: come facesse ancora a mangiare, era per tutti un mistero.

A metà del film, Lexa sentì un peso sulla spalla e quando si voltò a vedere di cosa si trattasse, si scontrò con una cascata di capelli biondi. Sorrise leggermente sentendo il respiro pesante di Clarke passare attraverso lo spesso strato del maglione, solleticandole la pelle, strappandole un piccolo brivido. Decise di non disturbarla e tornò a guardare la televisione, ma dopo un paio di secondi i suoi occhi tornarono a quei riccioli e si morse il labbro inferiore. Il profumo di Clarke, un misto di cocco e vaniglia, le accarezzò le narici e Lexa sentì la testa girarle per un momento.

Che diavolo le stava succedendo?

Deglutì piano e riportò l'attenzione sul film, ma come una falena attratta dalla luce, i suoi occhi tornarono su quei capelli biondi, sul naso arricciato, sulle labbra atteggiate in un piccolo broncio e sul neo vicino al labbro...

«Ho vinto!»

Il grido vittorioso di Raven fu così rumoroso che Clarke sobbalzò e Lexa evitò una testata dritta sul naso proprio all'ultimo secondo. Gli occhi blu della ragazza erano offuscati dal sonno, mentre guardava il tavolo dove Raven stava eseguendo quella che all'apparenza sembrava una danza della vittoria venuta male.

«Metti il culo sulla sedia, Reyes, non abbiamo ancora finito.»

«Oh no, Woods, abbiamo finito eccome!» esclamò sventolando i suoi cinquanta dollari. «Anzi, penso proprio che mi ritirerò nella mia stanza.» continuò, fingendo uno sbadiglio. «Com'è che dicono? Si dorme meglio in un letto fatto di soldi.»

«Voglio la rivincita.» disse Anya.

Raven scosse la testa. «Hai avuto la tua occasione e io sono stanca, me ne vado a letto.» tagliò corto.

Quando raggiunse le scale si fermò, poi con gesto provocatorio slacciò un paio di bottoni della camicetta, infilando la banconota nella coppa del reggiseno. Anya non ci mise molto ad alzarsi in piedi e raggiungerla, facendo capire molto bene a tutti quello che sarebbe capitato una volta sparite di sopra.

«Anya comportati bene.» l'ammonì Indra con lo sguardo.

«Io mi comporto sempre bene, mamma!» gridò la ragazza salendo gli scalini a due a due.

Il rumore successivo fu la risata divertita di Raven e la porta della stanza che si chiudeva con un tonfo. Lexa roteò gli occhi, ma sorrise ugualmente all'idea che sua sorella avesse finalmente trovato qualcuno che valesse le sue attenzioni e per un momento sperò che succedesse anche a lei. Aveva passato i primi anni della sua relazione con Costia in una sorta di mondo delle favole, dove le cose andavano sempre bene ed erano molto innamorate. Poi la vita aveva cominciato a farle vedere che cosa volesse dire affrontare i veri problemi e se lei aveva provato a combattere per la loro relazione, Costia aveva preferito farsela scivolare fra le dita.

«Beh, visto che Anya ha deciso di ritrarsi per la notte.» disse ironica Echo. «Penso che andrò anche io a letto.»

«Penso sia il caso di andare tutti a letto.» esclamò Abby alzandosi in piedi. «È stata una lunga giornata e domani abbiamo molte cose da fare!»

«Quali cose?» domandò Clarke, ancora appoggiata alla spalla di Lexa e per niente intenzionata a muoversi da quella posizione.

«Cucinare, mangiare e sistemare il mio garage.» rispose Gustus con un sorrisino divertito. «Non capita tutti i giorni di avere questa forza lavoro in casa, ne devo approfittare!»

Gustus rise quando vide lo sguardo di terrore sugli occhi di tutti gli adolescenti presenti nella stanza e prima che Lexa potesse registrare cosa stesse succedendo, li vide sparire tutti al piano di sopra. Fu in quel momento che Clarke decise di lasciarla andare e di stiracchiarsi, mentre Indra e Abby cominciavano a sistemare le carte da gioco.

«Lascia pure mamma, faccio io.» la rassicurò Lexa.

«Sì, avete fatto molto oggi, andate a riposarvi.» aggiunge Clarke.

I quattro adulti, dopo averle ringraziate e aver augurato loro la buona notte, si ritirarono al piano superiore facendo cadere il salotto nel completo silenzio. Lexa e Clarke, rimaste sole, lavorarono per alcuni minuti, scambiandosi di tanto in tanto qualche sguardo e qualche sorriso incoraggiante. Ben presto il tavolo fu sgombro di tutti gli oggetti e quando Lexa si piegò ad afferrare anche l'ultimo bicchiere, Clarke vide una cosa che attirò la sua attenzione. Dimenticando completamente il concetto di spazio personale, Clarke passò il polpastrello sul retro del collo di Lexa, non meravigliandosi quando questa sobbalzò spaventata.

«Perdonami, non avrei dovuto è solo che...» si morse il labbro inferiore. «È un tatuaggio quello?» chiese.

«È tua usanza toccare le persone in questo modo?» chiese divertita Lexa, quando però vide la ragazza arrossire, aggiunse. «Sì, Clarke è un tatuaggio.»

«Ne vorrei uno anche io.» le confessò. «Ma non so bene come mia madre potrebbe prenderla, è sempre stata contraria a questo tipo di cose.» sbuffò.

«Effetto collaterale dell'essere cresciuta con un medico?» le domandò, sorridendo nel vedere Clarke annuire e roteare gli occhi. «Beh, nemmeno Indra era particolarmente felice della cosa, ma alla fine se ne è fatta una ragione.» scrollò le spalle. «Soprattutto quando sono tornata a casa con questo.»

Clarke la osservò tirarsi via il maglione con un movimento fluido, mostrandole il braccio dove spiccava un altro bellissimo tatuaggio. Fece qualche passo avanti e senza bisogno di chiederle il permesso, Clarke passò le dita suoi contorni con un sorriso.

«È bellissimo.» sussurrò, alzando il volto e fissandola. «Ha un significato particolare?»

Lexa annuì lentamente e trattenne il respiro quando il profumo della ragazza le arrivò alle narici. «Magari un giorno se sarai fortunata te lo dirò.» mormorò.

Non aggiunse altro e con un sorriso sulle labbra, Lexa si allontanò verso le scale e sparì. Clarke si ritrovò a fissarla andare via e deglutì faticosamente, mentre un sentimento che non riuscì a spiegare le scaldò tutto il corpo.

Poteva dire con assoluta certezza che quel calore non era diretto solamente al proprio cuore.


_________________________________________

NoteAutrice:

Eccomi qui con il nuovo capitolo!

Non so quanto ci vorrà per il prossimo, cercherò di fare del mio meglio. Inizio una nuova avventura Australiana e non so quanto sarò stanca e in grado di scrivere, ma mi impegnerò!

Spero che questo vi sia piaciuto, io mi sono divertita un mondo a scriverlo!




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Capitolo 4
*** Last Christmas ***


Cheaper by the Dozen

Capitolo 4
Last Christmas

26 dicembre 2017

Dopo due giorni in quella casa, Clarke avrebbe dovuto essere abituata ai risvegli traumatici. Quando però Raven le saltò sulla pancia strappandole un gemito, si era ritrovata a ringraziare il cielo per non aver acconsentito all'idea dell'amica condividere una stanza al college. Nessuna protesta aveva dissuaso Raven ed infine, disperata, Clarke aveva aperto definitivamente gli occhi, senza però muoversi di un solo millimetro. Dalla sua posizione nel letto, Clarke poteva chiaramente sentire Lexa ed Anya bisticciare nel bagno e ridacchiò, almeno non era la sola ad essere tormentata.

«Andiamo Griff!» esclamò Raven. «Il centro commerciale ci aspetta e ho una voglia matta di vedere Pitch Perfect 3.»

«Raven è troppo presto.» si lamentò.

«Da quando sei diventata una dormigliona?» chiese l'amica divertita.

«Da quando non ho avuto un minuto di tempo per me stessa negli ultimi tre giorni?» domandò retorica Clarke. «Lasciami respirare!»

Prima che Raven potesse ribattere, una Lexa con in mano il proprio spazzolino e un asciugamano legato attorno al corpo, fece la sua apparizione davanti alla porta, sbraitando e inseguendo una Anya piuttosto divertita.

«Avanti Clarke, viene anche Lexa!» esclamò infine Raven saltando giù dal letto e strappandole le coperte di dosso. «Muoviti!» le comandò.

Clarke riuscì solo ad infilare la testa sotto il cuscino e grugnire.

//

Lexa si sedette comodamente su una delle panchine del centro commerciale, roteando gli occhi quando Anya, Raven e Echo entrarono nell'ennesimo negozio. Dopo essere stata minacciata da sua sorella quella mattina, aveva sperato che la giornata si sarebbe evoluta in maniera diversa. Invece era stata trascinata in macchina per accompagnare Ontari e Roan all'aeroporto, poi si era ritrovata a pranzare nel ristorante preferito di Anya, infine, si era stata trascinata in giro per negozi. Se avesse saputo che sarebbe andata a finire in quella maniera, avrebbe probabilmente combattuto di più per rimanere a casa – come avevano fatto Octavia e Lincoln – raggiungendo il gruppo giusto in tempo per andare a vedere il film.

Con lo sguardo un po' perso, si sfilò il telefono dalla tasca dei jeans e cominciò a srotolare le cuffie, prima di accendere la musica pronta ad isolarsi. Chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere dalla melodia, cercando di isolarsi per un po', provando a ritagliarsi quella pace che sua sorella le aveva portato via. I suoi pensieri cominciarono a vagare velocemente e proprio quando la quarta canzone stava per iniziare, sobbalzò di spavento nel sentire qualcuno che le sfilava la cuffia dall'orecchio.

Aprì gli occhi e fu inghiottita dalle iridi blu di Clarke e istintivamente sollevò un sopracciglio in cerca di spiegazioni. La ragazza scrollò le spalle infilandosi la cuffietta e puntando lo sguardo verso il negozio dove Anya e Raven si stavano – poteva benissimo intuire che era quello che stavano facendo anche da quella distanza – stuzzicando. Lexa non disse nulla, sorrise leggermente e tornò a concentrarsi sui suoi pensieri, senza però smettere di lanciare delle occhiate alla ragazza al suo fianco, domandandosi che potere avesse su di lei per poter fare tutte quelle cose senza scatenare una brutta reazione.

Dopo quella che parve un'eternità le tre fecero il loro ritorno e Lexa non fu sorpresa di vedere Raven con una busta fra le dita. Troppo immersa nel suo mondo, si perse metà del dibattito che Clarke aveva innescato, al quale si aggiunse anche Anya e Lexa riuscì a captare solo le ultime parole.

«Vorrai dire che cosa le ho comprato.» disse sua sorella ridacchiando. «Ho pensato che Raven avesse bisogno di qualcosa di rosso per capodanno.»

«Qualcosa che potrà sfilarmi allo scoccare della mezzanotte.» disse Raven con fare malizioso. «Anche se le ho fatto giustamente notare che ha già scartato il suo regalo di Natale.»

«Oh per favore.» bofonchiò Lexa roteando gli occhi, anche se si poteva chiaramente vedere il sorriso sulle sue labbra.

Era felice che Anya avesse trovato finalmente una ragazza che le tenesse testa, ma soprattutto che la rendesse felice. Non poteva negare però di essere un po' invidiosa, mai nella sua lunga storia con Costia aveva provato quel tipo di connessione e aveva paura che non l'avrebbe mai trovata.

«Puoi sempre farlo a me il regalo.» suggerì Echo con un sopracciglio alzato in direzione di Raven.

«L'unica cosa che ti darò sarà un pugno sui denti.» le rispose a tono Anya.

«Mi sembra di uscire con dei bambini dell'asilo.» bofonchiò Lexa.

«Dio mio, è sempre così allegra?» chiese divertita Raven.

«Non volevo venire.» tagliò corto Lexa. «Perché mai dovrei fingere di divertirmi?»

La risata di Clarke al suo fianco attirò la sua attenzione e Lexa non seppe spiegarsi il perché, ma si trovò a sorridere leggermente quando vide i suoi occhi blu così scintillanti.

«Dai alza le chiappe, brontolona.» disse Anya scocciata. «Il film inizia fra quindici minuti e ho voglia di popcorn.»

Lexa sospirò profondamente e aspettò che Clarke si alzasse prima di fare la stessa cosa. Ripose il telefono e le cuffie nella tasca dei jeans e seguì le quattro ragazze che si facevano strada nella folla. La fila per comprare i biglietti non fu lunga e Lexa si ritrovò ad aspettare, con la spalla appoggiata ad uno dei pilastri, che le quattro si rifornissero di tutto quello che volevano mangiare durante il film.

«Tu non vuoi nulla?» chiese Clarke mentre infilava delle caramelle a forma di banana nel proprio sacchetto.

«No, sto bene così, grazie.» rispose Lexa. «Ho mangiato molto in questi giorni e non sono potuta andare a correre come faccio di solito.» le spiegò. «Ci vuole un po' di sacrificio per tenersi un corpo come questo.» disse divertita.

Clarke ridacchiò chiudendo il sacchetto che aveva fra le mani e facendo un passo verso di lei. «Beh, lasciatelo dire, è proprio un bel corpo.» mormorò con un sorriso malizioso prima di allontanarsi.

Lexa la fissò andare via con la testa completamente in subbuglio e si ritrovò a mordersi il labbro inferiore mentre osservava le anche di Clarke muoversi con sensualità. Non riusciva a dare un nome alla sensazione alla bocca dello stomaco che sentiva ogni volta che lei e Clarke facevano conversazione o forse preferiva rimanerne all'oscuro.

Quando tutte furono soddisfatte dei loro acquisti, cominciarono a prendere posto nella sala e Lexa fece ben attenzione a sedersi per ultima, finendo, però, al fianco di Clarke. Quando incrociò gli occhi di Raven, il suo sopracciglio alzato e il sorriso giocoso che le increspava le labbra, le fecero capire perfettamente il perché fossero finite lì. Lexa si ritrovò a commentare le pubblicità con il resto delle ragazze, ridendo e appuntandosi quali film avrebbe voluto vedere una volta tornata a Yale. Quando lo schermo divenne nero e la musica che caratterizzava Pitch Perfect iniziò a risuonare nella sala, Lexa si sistemò più comodamente sulla poltroncina.

A metà del film, il suo sguardo si spostò su Clarke che, divertita, stava commentando una scena fra Beca e Chloe. Il suo sguardo venne attratto dal sacchetto di caramelle e, mordendosi il labbro inferiore per trattenere un sorriso, infilò la mano e ne afferrò una manciata. Clarke si voltò a fissarla con un sopracciglio alzato e proprio come aveva fatto lei mezz'ora prima, Lexa scrollò le spalle e alzò un sopracciglio.

Doveva ammettere però che quelle caramelle erano dannatamente buone.

//

Il rientro a casa fu tranquillo e Lexa si era offerta di guidare così che Raven e Anya potessero sedersi sui sedili dietro e chiacchierare, mentre Echo come al suo solito non mancava di deliziarle tutte con le sue frecciatine. Una volta entrate in casa, avevano trovato gli adulti svegli e dopo alcuni convenevoli sulla serata, Indra si era sentita in dovere di informarle del cambio che aveva effettuato alle stanze.

Vista la dipartita di Ontari e Roan, Lincoln e Octavia non avevano più bisogno di dormire in garage e data la delicata condizione della ragazza, era stata assegnata loro la stanza di Anya. Murphy e Bellamy erano rimasti nella stessa stanza con due letti singoli, anche se tutti sospettavano che ci fosse qualcosa di molto di più fra di loro. Anya e Raven, che invece non erano state per niente discrete, si erano guadagnate un letto matrimoniale nella stanza degli ospiti. Anche Lexa e Clarke erano finite per dividere la stanza poiché, a detta di Indra, non era il caso di far dormire la bionda su una brandina quando sua figlia era dotata di un letto sufficientemente grande per entrambe.

Lexa non voleva ammetterlo, ma dopo tutte le piccole provocazioni che si erano rivolte nel corso degli ultimi giorni, si sentiva un po' ansiosa a dividere il letto con Clarke. Questo era forse il motivo per il quale spese altri dieci minuti in bagno prima di entrare in camera, trovando la ragazza già stesa a letto, la luce sul comodino accesa e il telefono stretto fra le dita. Lexa si ritrovò a prendere un profondo respiro prima di percorrere la distanza che le separava, appoggiò il contenitore delle lenti a contatto sul comodino e dopo aver sollevato le coperte vi ci si infilò sotto.

Il silenzio le avvolse e Lexa si ritrovò a sobbalzare quando qualcosa le toccò l'orecchio. Si voltò immediatamente e vide Clarke sorriderle dolcemente mentre le infilava la cuffietta. Lexa si voltò su un fianco per evitare che il filo la strangolasse e, dopo aver sistemato gli occhiali sul volto, si lasciò andare comodamente sul cuscino, mentre la musica cominciava ad avvolgerla. Sorrise nel notare che i loro gusti erano tremendamente simili, anche al centro commerciale ogni volta che era partita una nuova canzone, aveva visto Clarke muoversi a tempo della melodia.

We'll have driven through the state, we'll have driven through the night, baby come on.

Era la canzone perfetta prima di andare a letto, pensò Lexa e nonostante fosse stanca, non riusciva a staccare lo sguardo da quello della ragazza di fronte a lei.

«Non sapevo portassi gli occhiali.» sussurrò Clarke.

«Ci sono un sacco di cose che non sai di me.» rispose Lexa con un sorriso.

«Mi piace come ti stanno.» mormorò. «I tuoi occhi sembrano ancora più grandi e così verdi.»

Lexa sentì il proprio cuore battere all'impazzata a quel complimento e quando fece per rispondere, notò che Clarke si era quasi del tutto addormentata e sorrise. Lasciò che la voce di Wesley Schultz dei The Lumineers l'avvolgesse e chiuse gli occhi a sua volta, permettendo al sonno di avvolgerla come una coperta.

Quella si era rivelata una giornata del tutto inaspettata.


27 dicembre 2017


Viste tutte le emozioni dei giorni precedenti, gli occupanti della casa avevano deciso di prendersi la giornata libera. Octavia e Lincoln erano usciti per stare un po' da soli, gli adulti avevano deciso di passare un paio di giorni al lago consapevoli che i ragazzi avrebbero voluto passare il capodanno a qualche festa piuttosto che rinchiusi in casa con loro. Murphy e Bellamy erano spariti prima che tutti si fossero anche solo alzarti e Echo aveva deciso di passare la giornata con una vecchia amica. Morale della favola, Clarke si era ritrovata completamente da sola a giocare alla play station visto che Raven e Anya avevano deciso di passare la giornata chiuse in camera a divertirsi.

Con un sospiro, Clarke finì di lavare le cose con le quali si era preparata il pranzo, valutando che cosa fare dopo. Forse poteva guardare qualcosa, aveva un sacco di show da guardare ed era troppo pigra per farlo, quella sarebbe potuta essere la giusta occasione per recuperare. Dopo aver riposto le cose, afferrò una scatola di biscotti al cioccolato e si diresse al piano superiore. Quando aprì la porta non si sorprese di vedere Lexa seduta sul letto, gli occhiali sul naso, il computer sulle gambe e le cuffie nelle orecchie.

Clarke si sedette al suo fianco osservando e sorrise nel vedere Lexa fissarla con un sopracciglio alzato, senza dire nient'altro, le sfilò la cuffia per potere attirare la sua attenzione. «Che cosa stai guardando?» le domandò.

«Un documentario per l'università.» le rispose. «Non ho avuto tempo di farlo prima della fine delle lezioni.»

«Interessante?» chiese, infilandosi la cuffia nell'orecchio.

«Non saprei, è iniziato da cinque minuti.» rispose.

«Beh, allora sarà il caso di rimetterlo da capo.» commentò sistemandosi comodamente contro i cuscini.

Lexa la fissò per un lungo momento, prima di scuotere la testa e schiacciare il tasto per rimandare il documentario dall'inizio. Quando il titolo apparve sullo schermo, Clarke si ritrovò a ridacchiare nel vedere di cosa si trattasse.

«Un documentario sullo spazio?» domandò divertita. «Non so nemmeno perché ne sono meravigliata.»

«Ingegneria aerospaziale, ricordi?» commentò. «E nessuno ti sta costringendo a guardarlo.»

«Oh chiudi la bocca e guarda il tuo documentario, Woods.» sbuffò Clarke dandole una spallata.

Sorrise quando vide Lexa roteare gli occhi, prima di alzarsi per sistemare il comodino davanti al letto e piazzarci il computer sopra, in modo che entrambe potessero vederlo. La guardò tornare sul letto e mettere play con il mouse wireless che era stato abbandonato sulle lenzuola, sistemandosi comodamente sui cuscini e ponendo fine al dibattito.

Verso la fine del documentario la testa di Clarke era finita sulla sua spalla e Lexa si era trovata a deglutire quando il corpo della ragazza si era avvicinato così tanto al suo. Una cascata di capelli biondi le ricoprì il collo e il respiro caldo di Clarke cominciò a infrangersi, lento e regolare, contro il suo mento. Senza potersi fermare, le scostò un paio di ciocche dal volto per poterla guardare meglio, sorridendo nel vedere il piccolo broncio sulle sue labbra e non riuscendo a non trovarla tremendamente adorabile.

«Clarke.» mormorò piano, ma la ragazza non emise un solo suono.

Arrendendosi all'evidenza di non volerla svegliare, Lexa scosse la testa e si lasciò andare all'indietro, permettendo alla testa di Clarke di finire sul suo petto. Mosse piano le gambe e afferrò il mouse per mettere su qualcos’altro da guardare, sollevando un sopracciglio quando Clarke si mosse nel sonno, afferrandole la maglietta e stringendosi di più al suo fianco. La sentì mormorare qualcosa e istintivamente cominciò ad accarezzarle i capelli come a volerla rassicurare e si lasciò andare alla piacevolezza di quel momento, mentre il film cominciava.


«Mi viene quasi da vomitare.» commentò qualche ora dopo Anya, ferma sulla soglia.

Raven le diede una spallata giocosa osservando la sua migliore amica dormire e Lexa dormire l'una fra le braccia dell'altra, come se non esistesse nient'altro al mondo se non loro due ed era la cosa più bella che avesse mai visto. Clarke ne aveva passate tante in fatto di relazioni e dopo la sua ultima rottura, non aveva più permesso a nessuno di avvicinarsi a lei in quella maniera. Se se Lexa era riuscita a farsi strada in lei, doveva sicuramente esserci qualcosa di speciale.

«Sono carine.» commentò infine Raven.

«Sono sorpresa nel vedere Lexa in una situazione del genere.» commentò Anya con le sopracciglia aggrottate. «Anche se sono felice di costatare che sia passata dall'ascoltare musica malinconica, ad abbracciare sexy biondine mentre dormono.» quando vide Raven incrociare la braccia al petto, ridacchiò. «Cosa? Devi ammettere che Clarke è molto sexy.»

Raven le afferrò i lembi della maglietta attirandola verso di sé e fissandola dritta negli occhi, prima di schiacciarle la bocca contro la sua togliendole il respiro. «Clarke è molto sexy, ma tu lo sei di più.» le sussurrò sulle labbra prima di lasciarla andare. «Ordiamo cinese per cena?» domandò dirigendosi verso le scale.

L'unica cosa che Anya riuscì a fare fu annuire, domandandosi che cosa l'avesse investita.


28 dicembre 2017


Una delle cose che a Lexa mancava di più di casa sua, era il meraviglioso impianto stereo che suo padre aveva piazzato nel salotto. Quando si era svegliata, aveva trovato la casa avvolta nel silenzio ed era stata accolta con un post-it appiccicato sul frigorifero che le diceva che Anya, Raven e Clarke sarebbero rimaste fuori sino al pomeriggio, di ordinare qualcosa da mangiare per pranzo e che lei avrebbe pensato alla cena.


Lexa aveva deciso di approfittare di quella pace per passare finalmente un po' di tempo con se stessa. Dopo aver fatto colazione, era uscita per una corsa, aveva pranzato con una macedonia – era riuscita a riesumare della frutta in buono stato dal fondo di uno dei cassetti del frigorifero – e poi si era dedicata alla lettura per qualche ora. Quando il libro che aveva scelto l'aveva stancata, si era decisa a fare una doccia optando per di andare a fare un giro nel quartiere e magari comprare una cioccolata calda, tutto questo accompagnata da uno dei vecchi giradischi della collezione di suo padre.

Aveva lasciato la porta del bagno aperta in modo da poter sentire la musica e si era presa il suo tempo, felice di poter muoversi liberamente per casa senza incappare in litigi. Con i capelli umidi avvolti in un asciugamano, si infilò i calzini, le mutandine e il reggiseno, prima di afferrare una camicia dall'armadio, indossandola a tempo di musica, abbottonano solo un paio di bottini e lasciando la scollatura quasi del tutto scoperta.

Una melodia piuttosto familiare si fece strada nella stanza e Lexa si ritrovò a sorridere mentre i ricordi della sua infanzia riaffioravano. Chiuse gli occhi per un secondo e nella sua mente apparve l'immagine di lei, Anya e Lincoln che ballavano in salotto, cercando di imitare la scivolata con le calze alla Tom Cruise, finendo per rompere il preziosismo vaso che Indra aveva piazzato sul tavolo del salotto.

Proprio come allora, Lexa si tolse di scatto l'asciugamano gettandolo sul pavimento, prima di scivolare lungo il pavimento con estrema maestria – dovuta a mesi e mesi di pratica durante la sua adolescenza – portandosi il tubetto della crema alla bocca come se fosse un microfono pronta a mettere su uno show.

«Just take those old records off the shelf, I'll sit and listen to 'em by myself.» cominciò a cantare muovendo i fianchi. «Today's music ain't got the same soul, I like that old time rock 'n' roll!»

Si diresse verso il centro della stanza muovendo i piedi con padronanza e agitando la testa, permettendo ai capelli di oscurarle la vista per un momento.

«Don't try to take me to a disco.» gettò il tubetto sul letto e con una giravolta afferrò la spazzola, portandosela alla pancia e impugnandola come una chitarra, facendo finta di suonarla. «You'll never even get me out on the floor.» saltò sul letto continuando a fingere di suonare, prima di buttare di sotto e atterrare sulle ginocchia. «In ten minutes I'll be late for the door! I like that old time rock 'n' roll!»

Chiuse gli occhi muovendosi avanti e indietro, permettendo alla schiena di toccare quasi il pavimento, prima portarsi la spazzola alla bocca, completamente persa nel suo mondo.

«Still like that old time rock 'n' roll, that kind of music just soothes the soul ooh.»

Quando aprì gli occhi di nuovo, quasi finì per terra nel notare la persona che era ferma sulla soglia della sua stanza con uno sguardo completamente scioccato.

«Clarke!» esclamò alzandosi in piedi e gettando via la spazzola come se fosse infuocata. «Ch-che ci fai qui, non dovevate tornare nel pomeriggio?»

Vide Clarke mordersi il labbro inferiore, mentre puntava lo sguardo sulla camicia che si era aperta durante la danza, mettendo in mostra il suo reggiseno di pizzo blu. Lexa si apprestò a chiuderla con un gesto secco, con le guance che si colorarono di rosso per l'imbarazzo, ma non era sicura che fosse perché Clarke aveva appena dato uno sguardo al suo seno o per il balletto a cui aveva appena assistito.

«Se non dirai niente ad Anya, io non le dirò che sbavi mentre dormi.» le disse infine.

La bocca di Clarke si aprì in un'espressione scioccata a quelle parole e Lexa si aspettò quasi che la contraddicesse, asserendo che lei non sbavava, ma infine la ragazza abbassò le spalle sconfitta.

«Abbiamo un accordo, Woods.» disse infine Clarke, mentre un sorriso le dipingeva sulle labbra. «Devo ammettere che hai un bel po' di talento, Tom Cruise ne rimarrebbe impressionato.» continuò divertita.

«Clarke

Quella fu l'unica cosa che Lexa riuscì a pronunciare mentre le sue guance prendevano di nuovo fuoco.


29 dicembre 2017


Un ronzio insistente disturbò il suo sonno e quando Lexa sbatte gli occhi, faticò a ricordarsi dove si trovasse, ma poté sentire chiaramente delle voci provenire fuori dalla stanza e sospirò forte. Chiuse di nuovo gli occhi, per niente pronta a uscire e affrontare un altro match fra Echo e Anya, soprattutto mentre sentiva così caldo e qualcosa e a quel pensiero le fece aggrottare le sopracciglia.

Poteva sentire qualcosa di caldo e morbido schiacciato contro il proprio stomaco, mentre qualcos’altro le solleticava il naso. Sbatté di nuovo gli occhi e venne investita da una pioggia dorata, rendendosi finalmente conto in che posizione si trovava. Anche se lei e Clarke si erano addormentate ai lati opposti del letto, in qualche modo erano riuscite ad avvicinarsi e una delle sue mani stava stringendo uno dei seni della ragazza, mentre il sedere della bionda era schiacciato contro le sue pelvi.

La faccia di Lexa prese fuoco immediatamente, e il cuore cominciò a batterle furiosamente nel petto, ma rimase immobile. Se si fosse mossa avrebbe rischiato di svegliare Clarke e questo avrebbe comportato ancora più imbarazzo, ma si tese quando la ragazza mormorò qualcosa nel sonno e si spinse ancora più indietro, strappandole un piccolo gemito.

«Lexa, Griffin, la colazione è pronta!» la voce di Raven la fece sobbalzare.

Prima che potesse sfilare la mano dal seno che ancora stringeva saldamente, Clarke si tese leggermente, stiracchiandosi e Lexa sperò che si aprisse una voragine e la inghiottisse all'istante.

«Se volevi dare una sbirciata, avresti potuto chiedere.» disse Clarke divertita.

Lexa si morse il labbro inferiore non riuscendo a fermare quella piccola voce nella sua testa che le rammentava che sì, più di una volta aveva pensato di dare una sbirciata approfondita. Non era di certo colpa sua se Clarke non faceva altro che indossare sempre quel genere di magliette che inducevano tali pensieri.

«Forse sei tu che non aspettavi altro che io dessi una sbirciata.» rispose a tono.

Clarke ridacchiò scuotendo la testa. «Non ho mai sostenuto il contrario.»

Stranamente, quella risposta fece cadere l'imbarazzo e Lexa le lasciò andare il seno, poco prima che Raven entrasse non annunciata nella stanza.

«Andiamo, alzate le chiappe!» esclamò la ragazza. «Anya ha fatto i pancake!»

Lexa si voltò di scatto verso di lei. «Quelli con le banane?» quando vide la ragazza annuire, saltò fuori dal letto. «Alzati Clarke! Anya ha fatto i pancake.» esclamò

«Ho già mangiato dei pancake, Lexa.» rise divertita Clarke.

«Non hai mai assaggiato i suoi.» le disse sporgendo in fuori il petto, osservando la ragazza chiudersi in bagno.

Raven rise a quel teatrino prima di lasciare la stanza e Lexa ne approfittò per afferrare il proprio telefono dal comodino, aggrottando le sopracciglia quando vide un messaggio e soprattutto chi l'aveva inviato: Costia.

Erano giorni che il pensiero della sua ex ragazza non la sfiorava minimamente, era quasi come se non fosse mai esistita. Strinse forte la mascella e contrariamente a quello che le stava dicendo il cervello, aprì il messaggio.

Ehy, Lexie, anche se in ritardo volevo augurarti un Buon Natale a te e alla tua famiglia. Ti andrebbe di prendere un caffè al ritorno dalle vacanze? Credo proprio che dovremmo parlare... mi manchi.

La presa sul proprio telefono si fece così ferrea che le nocche le divennero bianche. Prima di riuscire a fermarsi, afferrò velocemente i vestiti che aveva lasciato sulla sedia la sera prima e li indossò con movimenti meccanici, proprio mentre Clarke usciva dal bagno.

«Niente pancake?» chiese confusa Clarke quando la vide pronta per uscire.

Lexa scosse la testa e si chiuse in bagno, lasciandola immobile e senza parole a pochi passi dal letto. Clarke aggrottò le sopracciglia, mentre il suo sguardo veniva attratto dal telefono che Lexa aveva lasciato sul materasso e mordendosi il labbro inferiore, si sporse per sbirciare il messaggio che era rimasto aperto.

Sobbalzò quando la porta si aprì di nuovo e Lexa la raggiunse per infilarsi il telefono nella tasca, afferrando le chiavi dell'auto e i propri occhiali.

«Va tutto bene?» domandò Clarke con preoccupazione.

Lexa annuì piano cercando di calmare il battito frenetico del proprio cuore, prima di sorriderle. «Ho dimenticato di aver qualcosa di molto urgente da fare e-»

«E vuoi che dica ad Anya che la ringrazi per i pancake?» terminò Clarke con un piccolo sorriso.

«Sì, sarebbe davvero fantastico se potessi.» le rispose Lexa facendo qualche passo verso di lei. «Grazie tante, Clarke.» sussurrò baciandole una guancia.

Non aggiunse nessun'altra parola, uscì velocemente dalla stanza e Clarke la seguì subito dopo, riuscendo semplicemente a vedere la porta dell’entrata che si chiudeva con un tonfo. Con un sospiro, Clarke si diresse in cucina ricambiando il sorriso che Anya le rivolse, sedendosi su uno degli sgabelli.

«Dov'è Lexa?» chiese Anya.

«Ha detto di essersi dimenticata di fare una cosa molto importante.» rispose Clarke rimanendo sul vago e scrollando le spalle.

«Più importante dei suoi pancake preferiti?» chiese con un sorriso.

Clarke non le rispose, aspettò pazientemente che Anya le passasse il suo piatto, pronta a godersi la sua colazione. Anche fra un boccone e l'altro, la sua mente non riusciva a smettere di pensare a Lexa e a come un solo messaggio avesse avuto il potere di sconvolgerla in quella maniera.

«Chi è Costia?» chiese tutt’a un tratto.

Anya alzò di scatto lo sguardo. «Come fai a sapere questo nome?» domandò e quando Clarke non rispose, lasciò cadere le posate nel piatto. «Ha forse chiamato? Clarke?»

«Le ha mandato un messaggio.» rispose bevendo un sorso di succo d'arancia.

Quando Anya strinse forte la mascella, Clarke capì che quel nome comportava qualcosa di molto profondo.

//

Lexa rientrò solo a notte inoltrata e quando si diresse in camera, Clarke era già a letto profondamente addormentata. Cercò di essere la più silenziosa possibile nel cambiarsi, lavarsi e infilarsi fra le coperte al fianco della ragazza. Sospirò pensando a quanto fosse psicologicamente stanca per aver guidato tutto il giorno senza una metà, sino a finire in un bar, dove aveva passato il resto della serata.

La sua testa era piena di confusione e non aveva la più pallida idea di che cosa pensare o, tanto meno, come agire. Non aveva risposto a Costia, ma non aveva fatto altro che scrivere e cancellare un'infinità di messaggi, indecisa se schiacciare il tasto di risposta o meno, alla fine non l'aveva fatto. Nemmeno passare del tempo da sola l'aveva aiutata a capire.

Sopirò di nuovo e chiuse gli occhi imponendosi di dormire, ma soprattutto cercando di spegnere il cervello. Fu solo quando la mano di Clarke, calda e rassicurante, trovò la sua sotto le coperte, che si lasciò andare a sufficienza per permettere al sonno di coglierla.

Quel tocco era tutto quello di cui aveva bisogno.


30 dicembre 2017


Clarke la conosceva da poco, ma aveva capito che Lexa era una persona a cui piaceva il suo spazio. Quando quella mattina – poco prima dell'alba - si era svegliata per andare al bagno e aveva notato l'assenza della ragazza al suo fianco, si era resa conto che probabilmente Lexa non aveva chiuso occhio tutta la notte. Dopo aver fatto il nome di Costia ad Anya, il resto della giornata era stato abbastanza strano per tutti, soprattutto quando Lexa non era tornata nemmeno per cena.

Anya non le aveva dato nessuna informazione riguardo quella ragazza, le aveva semplicemente accennato che era una persona appartenente al passato di Lexa e che le cose fra loro non erano finite nel migliore dei modi. Clarke aveva subito unito i puntini arrivando alla conclusione che avevano avuto una storia e si erano lasciate, e che probabilmente il comportamento scontroso di Lexa quando si erano conosciute era stato probabilmente dovuto a quello.

In ogni caso, dopo essersi girata e rigirata nel letto per un tempo interminabile, Clarke si era arresa all'idea di non riuscire a riaddormentarsi, non con la preoccupazione che aveva per Lexa. Era scesa di sotto e si era preparata una tazza di the, sedendosi comodamente sul divano e guardando qualche puntata di The Good Place a voce molto bassa.

Proprio quando stava per cominciare il quarto episodio, la porta d'entrata si aprì e una Lexa con il fiatone, le guance rosse e un cappello di lana sulla testa fece il suo ingresso. Clarke si alzò a sedere compostamente, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso quando i loro occhi si incontrarono, ma trattenne il respiro quando il suo sguardo si puntò sulla mano di Lexa.

«Lexa!» esclamò alzandosi in piedi di scatto, osservando il sangue gocciolare sul pavimento. «Che cosa hai fatto?» chiese prendendole la mano nella sua e osservando il taglio.

«Ho avuto un piccolo incidente mentre tagliavo la legna.» rispose la ragazza. «Stavo per-»

«Siediti.» le ordinò Clarke trascinandola verso il divano. «Non ti muovere.»

Corse al piano di sopra e verso la stanza che sua madre e Kane avevano occupato durante quelle feste, dirigendosi verso l'armadio e aprendo l'anta di scatto. Da bravo medico quale era, Abby Griffin non viaggiava mai senza il suo kit del pronto soccorso e Clarke non ci mise molto a trovarlo, afferrandolo e tornando immediatamente al piano di sotto. Proprio come le aveva ordinato, Lexa era rimasta seduta sul divano, si era semplicemente tolta la giacca e il cappello, lo sguardo perso nel vuoto.

Clarke si sedette sul tavolino da caffè in modo da essere di fronte a lei, prima di scavare nel kit in cerca del disinfettante e di alcune bende. Facendo attenzione a non farle male, le pulì il sangue e spinse la garza contro il taglio, prima di pulirlo con il disinfettante senza mai alzare gli occhi ad incontrare quelli di Lexa.

«Sei fortunata, non è molto profonda.» disse, senza riuscire a trattenere un piccolo sospiro di sollievo.

«Ringraziamo il cielo.» mormorò Lexa. «Altrimenti la Nasa non mi prenderebbe mai come stagista.» ironizzò.

«Non è divertente!» esclamò Clarke con sguardo carico di preoccupazione.

«Clarke-»

«Avresti potuto farti seriamente male, Lexa!» disse fasciandole con attenzione la mano e facendo del suo meglio per non farle male.

Lexa abbassò lo sguardo colpevole, mordendosi il labbro inferiore. «Mi dispiace.» replicò con sincerità. «Ho tanti pensieri per la testa e non so cosa fare, mi sento così inutile.» le confessò dopo un lungo momento di silenzio.

La mano di Clarke trovò immediatamente la sua guancia, forzandola a guardarla dritta negli occhi, mentre il pollice le accarezzava teneramente la pelle. «Da quel poco che ti conosco, mi sembri una persona piuttosto forte e che sa molto bene quello che vuole dalla vita, Lexa.» le sussurrò. «E troverai strano sapere che mi infastidisce molto il saperti convinta di essere inutile.»

«Allora perché non riesco a fare chiarezza nei miei pensieri?» le domandò con un filo di voce. «Perché non riesco a capire cosa voglio o cosa è giusto per me?»

«Siamo tutti confusi e ognuno di noi non sa cosa vuole, ma non per questo siamo inutili.» le rispose con dolcezza. «Sei una delle ragazze più forti che ho avuto il piacere di incontrare, Lexa.»

Fu in quel preciso momento, quando i suoi occhi si posarono involontariamente sulle labbra di Clarke, atteggiate in un dolce sorriso che Lexa capì perfettamente quale fosse il problema. In solo otto giorni, Clarke si era fatta strada nella sua corazza, ascoltandola, facendola ridere e accudendola. Nessuno al mondo oltre la sua famiglia, l'aveva accudita in quella maniera, facendola sentire al sicuro.

Subito tutti i pezzi del puzzle tornarono al loro posto e per un momento si ritrovò spiazzata alla consapevolezza che quella che avvertiva nella mente e nel cuore non era confusione, ma frustrazione. Il messaggio di Costia l'aveva aiutata a capire, come una sorta di terremoto che le aveva scosso la terra sotto i piedi e aperto gli occhi: le piaceva Clarke.

Clarke, con i suoi occhi blu e le fossette. Clarke, con i suoi bellissimi capelli biondi e la risata cristallina. Clarke, con la sua dolcezza e il suo prendersi cura di lei.

Mai nella sua vita qualcuno era diventato tanto importante così rapidamente, abbattendo tutte le sue barriere e facendosi strada nel suo cuore senza preavviso, ma Clarke era diversa.

Clarke era speciale e in quel momento si rese conto di esserne terrorizzata.


________________________________

NoteAutrice:

Chiedo perdono per l'immenso ritardo, ma fra i miei impegni e quelli della beta, abbiamo fatto del nostro meglio. Non c'è molto da dire in realtà, il nuovo capitolo verrà messo online il prima possibile o almeno così spero XD

Grazie della pazienza, see you soon!




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Capitolo 5
*** This is the new year ***


Cheaper by the Dozen

Capitolo 5
This is the new year

31 dicembre 2017


Lexa non si era mai definita una persona da festa, anzi, aveva sempre preferito di gran lunga divertimenti di altro genere che non comprendessero alcool e musica a tutto volume. Per quello quando Echo era tornata a casa - dopo l'ennesimo pomeriggio passato in compagnia di alcuni amici – esclamando che erano state tutte invitate ad una festa, Lexa aveva storto la bocca. Anya ovviamente non le aveva permesso nemmeno di pensare all'eventualità di rimanere a casa e questo l'aveva infastidita ancora di più.

Quando però si era ritrovata seduta sul proprio letto, ad osservare Raven e Clarke che si preparavano per la serata, aveva cominciato a pensare che forse essere trascinata a quella festa non era poi una cattiva idea. I suoi occhi si puntarono sulla ragazza bionda che, davanti allo specchio, si stava muovendo a tempo di musica applicando un leggero filo di trucco sugli occhi.

Era spacciata.

Non aveva fatto altro che fissarla come se Clarke fosse una sorta di dono divino e ogni volta che la ragazza si voltava e le sorrideva, Lexa sentiva il proprio cuore saltarle in gola e cominciare a battere all'impazzata. Non le era mai capitato prima e non aveva idea di come comportarsi, quindi si limitò a fissarla con un sorriso ebete sulle labbra.

Lo aveva stampato sulle labbra da quando si era svegliata con Clarke schiacciata contro il suo petto e stava sospettando che le sarebbe caduta la mandibola a breve se non avesse smesso. Sobbalzò quando Anya si sedette al suo fianco urtandola con la spalla, strappandola dalla sua contemplazione e mostrandole con un ghigno divertito.

«Se continui a fissarla così, prima o poi la consumerai.» la prese in giro.

Lexa non rispose, riportò l'attenzione sulle due ragazze e sospirò piano. «Sono nei guai, Anya.» sussurrò infine.

«Lexa eri l'unica a non aver capito di essere cotta di Clarke.»

«Non sono cotta.» disse immediatamente. «Ma è indubbiamente da togliere il fiato.» sussurrò osservando la ragazza in questione muovere i fianchi e cantare in sincrono con Raven. «È bellissima e il suo sorriso mi fa battere il cuore come non mi è mai successo prima.» fece una piccola pausa quando Anya ridacchiò. «Non una parola.»

Anya le diede una spallata sorridendo. «Costia non era quella giusta Lexa.» disse. «Vi siete amate, avete avuto una bella storia, ma è ora di andare avanti.» prima che la ragazza potesse rispondere, aggiunse. «Non pensare che sia troppo presto, fra voi due era finita da tempo, ci hai messo solo di più per riconoscerlo.» mormorò.

Lexa non rispose, ma assimilò le parole di Anya nel profondo, rendendosi conto di quanto fossero vere. Le cose fra lei Costia avevano smesso di funzionare molto prima della rottura, semplicemente non aveva voluto accettare la sconfitta. Non stava dicendo di volersi gettare in qualcosa con Clarke, però era pronta a darsi un'occasione per provare ad essere felice di nuovo.

«Un po' come te con Raven?» le chiese infine.

Anya ridacchiò osservando la diretta interessata con un dolce sorriso. «Raven è qualcosa di inaspettato, ma allo stesso tempo di così bello che non voglio privarmene.»

«E come farete quando ricominceranno i corsi?» domandò Lexa.

Raven frequentava l'università a Yale insieme a Clarke e Anya si trovava a chilometri di distanza, ma se conosceva sua sorella, era sicura che la distanza sarebbe stata l'ultimo dei suoi problemi.

«Troveremo una soluzione.» rispose Anya con una scrollata di spalle. «È la cosa più bella che mi sia mai capitata, non me la lascerò sfuggire.» aggiunse prima di alzarsi in piedi e metterle una mano sulla spalla. «E non dovresti nemmeno tu.» disse.

Non ci fu bisogno che specificasse di che cosa stesse parlando, lo sguardo di Lexa si posò immediatamente su Clarke e le sfuggì un piccolo sorriso, pensando che forse quell'invito non era stato poi una cattiva idea. Lanciò uno sguardo all'orologio rendendosi conto che erano di gran lunga in ritardo sulla tabella di marcia e dovevano ancora cenare, se fossero arrivate dopo l'orario stabilito era sicura che Echo non avrebbe smesso di lamentarsi.

«Mentre voi finite di prepararvi che ne dite se vado a prendere una pizza?» disse ad alta voce cercando di superare il rumore della musica.

L'unica risposta che ricevette fu pollice alzato da Raven e un sorriso da sopra la spalla da Clarke, cosa che per un momento le fece tremare le gambe. Scosse la testa e dopo aver afferrato il portafoglio, le chiavi dell'auto e aver indossato le scarpe, uscì dalla stanza pregando di trovarle pronte al suo rientro.

//

Dopo aver cenato, Lexa era riuscita addirittura a chiamare sua madre e successivamente Lincoln, il quale, insieme ad Octavia, aveva deciso di concedersi una bella serata con la fidanzata per festeggiare l'anno nuovo. Avevano affittato una stanza in un hotel nel centro che avrebbero occupato dopo aver osservato i fuochi nella grande piazza insieme ad altre migliaia di persone. Se non fosse stata per la presenza di Clarke, probabilmente anche Lexa avrebbe preferito passare un capodanno del genere, ma quando la ragazza era uscita dal bagno pronta per andare alla festa, si era resa che non poteva lamentarsi.

Clarke indossava una gonna – forse considerarla gonna era eccessivo – un paio di stivali che le arrivavano al ginocchio, una camicetta bianca con qualche bottone slacciato sul davanti a mostrare il suo reggiseno nero, mentre i capelli erano acconciati in una treccia che permetteva di mostrare il suo volto sul quale aveva applicato un leggero trucco.

Dopo essersi assicurata che tutte fossero pronte, Lexa si era proposta come guidatore designato per la serata, consapevole che qualcuno di loro avrebbe dovuto rimanere sobrio per portarle a casa sane e salve.


La festa era proprio come Lexa l'aveva immaginata: rumorosa, piena di persone e con tanto alcool. Non c'era voluto molto perché Anya e Raven sparissero nella folla in cerca di Echo o per Clarke di raggiungere Bellamy e Murphy interrompendo la loro pomiciata spinta nell'angolo della sala e per Lexa di rimanere sola. L'unica cosa che Lexa riuscì a fare fu sospirare mentre si dirigeva al tavolo dove erano sistemate tutte le bibite. La serata sarebbe stata abbastanza lunga, poteva concedersi un paio di birre.

Come accadeva sempre anche durante i party universitari ai quali era andata negli ultimi anni, Lexa si ritrovò seduta su uno dei divani con propria bottiglia di birra ancora del tutto piena. Echo l'aveva intercettata al tavolo delle bibite e dopo averla presa sottobraccio l'aveva trascinata a conoscere una quantità di persone inimmaginabile, amici e conoscenti, di cui Lexa non ricordava nemmeno il nome. Quando finalmente l'aveva lasciata andare, Lexa era scivolata in un posto più tranquillo, osservando la folla con discreto interesse.

Non c'era voluto molto perché individuasse Clarke, proprio come una falena attratta da una luce alla quale non riusciva a fare a meno. Aveva passato la maggior parte del tempo ad osservarla danzare divertita con Murphy e Bellamy, il sorriso sulle labbra che non l'aveva abbandonata nemmeno per un secondo, questo finché una ragazza di bell'aspetto si era avvicinata e aveva cominciato a parlarle all'orecchio. A quel punto Lexa aveva aggrottato le sopracciglia e si era raddrizzata sul divano per guardarle meglio, stringendo la mascella quando Clarke aveva riso a qualcosa che la sconosciuta le aveva sussurrato nell'orecchio.

Stava quasi per alzarsi, non sicura di come comportarsi quando si ritrovò a scontrarsi contro Anya, sobbalzando sorpresa. Aggrottò le sopracciglia nel vedere lo sguardo dipinto sul volto di sua sorella e si ritrovò a roteare gli occhi ancora prima che questa potesse dire una sola parola.

«Chi ti ha ucciso il gatto?» le chiese Anya con un sorriso divertito.

«Non ho niente.» disse prendendo un sorso della propria birra.

Il suo sguardo che si posava su Clarke e la ragazza che l'aveva approcciata, fece capire a Anya che c'era un problema e sospirò forte.

«Non sembrerebbe.» disse con un sopracciglio alzato. «Se non ti piace il modo in cui quella biondina sta ballando con Clarke, tira fuori le palle e fai qualcosa al riguardo.» bofonchiò. «Non ho intenzione di vedere quella faccia per il resto della serata!» continuò dandole una spallata e facendole quasi versare tutta la birra.

«Ma che ti prende!» ringhiò Lexa cercando di mantenere l'equilibrio.

«Muovi il culo e vai a prenderti la tua donna prima che lo faccia qualcun altro.» tagliò corto Anya, prima di sparire di nuovo nella folla diretta verso il tavolo delle bibite.

Lexa sospirò profondamente e scosse la testa, cercando di non dare peso alle parole di sua sorella, ma quando i suoi occhi si posarono di nuovo sulle due ragazze in pista, si ritrovò a bere tutta la birra in un sorso. Si morse il labbro inferiore nel vedere la ragazza attirare Clarke al suo petto e accarezzarle le braccia con sensualità e Lexa sentì un nodo di gelosia stringerle lo stomaco a quella visione.

Finì la propria birra in un solo sorso e infilò la bottiglia nelle mani di uno dei ragazzi al suo fianco, non preoccupandosi di spiegargli. Quando raggiunse la pista, tenendo la gelosia sotto controllo, si fermò alle spalle di Clarke e le passò le braccia attorno alla vita attirandola contro il suo petto, sorridendo quando vide l'altra ragazza aggrottare le sopracciglia confusa.

«Continua a ballare.» le sussurrò contro l'orecchio.

Sentì Clarke tremare fra le sue braccia per la frazione di un secondo, mentre continuava a muovere i fianchi lasciandosi andare alla musica. Lexa percepì Clarke schiacciarsi contro di lei, strofinando il sedere contro le sue pelvi, costringendola a stringerle forte la vita e cercare di ingoiare il gemito che stava per sfuggirle dalle labbra. Quello sembrò intensificare gli sforzi di Clarke che mosse la mano ad afferrare il retro del collo di Lexa, attirandola verso di lei e muovendo i fianchi con lentezza esasperante.

Lexa la strinse di più e senza controllarsi affondò il naso nei suoi folti capelli biondi aspirandone l'odore, mentre Clarke le graffiava la nuca e la spingeva con più forza contro di lei. Lexa non riuscì a trattenersi e appoggiò le labbra sulla sua spalla, strappando un piccolo gemito a Clarke.

«Lexa...»

Improvvisamente Clarke si voltò stringendole le braccia al collo, inchiodando gli occhi ai suoi le sue iridi blu le scavarono dentro con un'intensità tale che Lexa si sentì mancare il respiro. Si fissarono per un tempo interminabile ma, proprio quando Lexa si sentì coraggiosa abbastanza da sporgersi per baciarla, qualcuno la strappò dal loro incantesimo.

«Mi dispiace interrompere tutta questa tensione, ma devo rubare Clarke per un paio di minuti.» disse Raven con un piccolo sorriso, afferrando il braccio della sua amica e trascinandola via in mezzo alla folla.

Lexa le osservò sparire nella folla, passandosi una mano nei capelli alla consapevolezza di quanto fosse stata vicina a baciarla e il cuore che le batteva forte nel petto era la prova di quanto quella vicinanza la influenzasse profondamente. Contrariamente a quello che si era ripromessa, decise che aveva bisogno di un altro drink per calmare il fuoco che stava ardendo dentro di lei.

//

Clarke aveva cercato di liberarsi il prima possibile di Raven – che l'aveva trascinata via per presentarle una persona che avrebbe potuto aiutarla con la sua tesi – e senza perdere tempo era corsa in cerca di Lexa, imprecando sottovoce quando non la vide in mezzo alle persone che riempivano il salotto. Non fece in tempo a gettarsi alla sua ricerca che qualcuno le toccò la spalla per attirare la sua attenzione, ritrovandosi a specchiarsi negli occhi scuri di Anya e nel suo piccolo sorriso.

«Sei stai cercando il tuo principe azzurro.» disse con tono divertito. «È andata al piano di sopra, non chiedermi a fare che cosa.» mise subito in chiaro. «Ma mi ha detto di avvertirti se avessi avuto la fortuna di incontrarti, quindi fossi in te mi sbrigherei.»

Clarke le rivolse un sorriso felice e le diede un veloce abbraccio, guadagnando un'espressione di disgusto prima di correre verso le scale che portavano al piano superiore. Controllò che Lexa non fosse nella fila che si era formata davanti al bagno per poi continuare per la sua strada, notando che c'era una porta che sembrava essere stata lasciata aperta e senza riuscire a spiegarsi il motivo si fece avanti. Spinse l'uscio e aggrottò le sopracciglia nel notare la stanza completamente buia, ma vide immediatamente la figura in piedi davanti alla finestra e ci mise un solo attimo a riconoscerla.

«Mi dispiace.» disse raggiungendola. «Raven mi ha present-»

La frase si bloccò a metà quando Lexa le appoggiò le dita sulle labbra per farla smettere di parlare e Clarke si ritrovò a tremare nel trovarsi ancora una volta così vicina a lei e Lexa le sorrise. Clarke la guardò tirare fuori il proprio cellulare, mentre una leggera musica cominciava ad avvolgere la stanza buia e Lexa le afferrò le mani portandosela al collo.

«Balla con me.» le sussurrò.

Contrariamente alla canzone sensuale che avevano ballato al piano di sotto, questa era calma e romantica e Clarke si lasciò trasportare dal leggero ondeggiare.

The sun is setting
And you're right here by my side
And the movie is playing
But we won't be watching tonight

Clarke sorrise accarezzando dolcemente la nuca di Lexa e permettendo alla musica di accarezzarle, sentendo chiaramente il baccano dei festeggiamenti alzarsi di volume ogni minuto che passava, segno che la mezzanotte si stava avvicinando.

«Every look, every touch.» cantò piano Lexa. «Makes me wanna give you my heart.» si morse il labbro inferiore guardando Clarke negli occhi. «I'd be crushin' on you, baby...»

Clarke fece correre le mani dal suo collo al suo volto. «'Cause I never knew, I never knew
You could hold moonlight in your hands.» mormorò. «'Til the night I held you, you're my moonlight.»

Lexa le sorrise dolcemente, voltando la testa per baciarle il polpastrello. «I kiss her fingertips, as I'm wishing she's all mine.»

«Lo sarò se vuoi che lo sia.» sussurrò Clarke appoggiando la fronte contro la sua.

Lexa chiuse gli occhi per qualche secondo, lasciando che Ariana Grande continuasse per qualche altro verso, prima di fissarla nuovamente con intensità.

«Puts her lips on my neck, makes me want to give her my body.» rabbrividì quando le labbra di Clarke si posarono davvero sul suo collo, succhiandolo leggermente. «I'd be fallin' for you, baby
and I just can't stop...» ansimò quando i denti della ragazza le succhiarono la pelle.

«10! 9! 8!»

Lexa sobbalzò nel sentire il conto alla rovescia echeggiare nella stanza e strinse Clarke al suo petto, sorridendole dolcemente e strofinando il naso contro il suo.

«7! 6! 5!»

Clarke ricambiò il sorriso e, lasciandosi cullare dal suo odore così dolce e rassicurante, accarezzandole le spalle attraverso la camicia che indossava.

«4, 3, 2!»

Lexa trattenne il respiro nel vedere gli occhi di Clarke brillare nella penombra nella stanza e le sue guance rosse di emozione. Era il momento della verità e il suo cuore sembrava sul punto di esplodere.

«1! BUON ANNO!»

«Buon anno, Clark-»

La frase venne bloccata a metà dalle labbra di Clarke che si chiusero sulle sue con dolcezza e Lexa sospirò nella sua bocca, appoggiandole i palmi aperti contro la schiena e stringendola al petto. Al piano di sotto i festeggiamenti rieccheggiavano sempre più rumorosi, ma le ragazze erano totalmente immerse nel loro mondo fatto di labbra che si cercavano, di gemiti che sfuggivano e di mani che artigliavano l'una i vestiti dell'altra.

(Si era rivelato, senza dubbio, il miglior capodanno di sempre.

//

Lexa aveva davvero provato a cercare sua sorella nella folla per avvertirla, ma non l'aveva trovata da nessuna parte e il fatto che Clarke non avesse fatto altro che baciarle il collo, sussurrandole all'orecchio cose che avrebbe probabilmente ricordato per sempre, l'aveva portata ad una decisione drastica: lasciare alla festa.

Anya e le altre erano tutte ragazze adulte e come tali potevano certamente chiamare un taxi per tornare a casa, del resto era capodanno anche per lei e aveva tutta l'intenzione di festeggiare nel migliore dei modi. Era proprio quello che stava facendo quando spinse Clarke contro la porta di casa Woods, le labbra contro il suo collo e le mani ad accarezzarle la schiena sotto la maglietta.

Clarke non ci mise molto a sospirare ed appoggiarle la mani sulle spalle, fermando i suoi movimenti e Lexa alzò lo sguardo verso di lei, le guance rosse e l'espressione preoccupata.

«Non dobbiamo fare niente che tu non voglia.» mise subito in chiaro con un filo di voce.

«Oh no, no, voglio.» mormorò Clarke maliziosa, accarezzandole le labbra. «Ma non sarebbe meglio spostarci in un posto più comodo?» chiese.

Lexa non le rispose a parole, la prese fra le braccia strappandole un grido sorpreso e Clarke le legò le braccia al collo, baciandola con sensualità mentre la ragazza la portava su per le scale. La porta della stanza si chiuse dietro di loro con un rumoroso tonfo e Lexa sorrise sulle labbra di Clarke quando la schiena di quest'ultima toccò il materasso.

I baci divennero sempre più appassionati e anche le mani cominciarono a muoversi più freneticamente sopra i vestiti e fu in quel momento che Clarke si rese conto della tensione nei gesti di Lexa.

«Ehi...» sussurrò piano accarezzandole il volto. «Va tutto bene?»

«Sì, io-»

«Stai tremando, Lexa.» le fece notare. «La regola vale anche per te, non dobbiamo fare niente che tu non voglia.»

«Lo voglio!» esclamò quasi immediatamente. «Solo che... sono stata intima con una sola persona per molto tempo.»

«Quanto tempo?» chiese Clarke alzando un sopracciglio.

«Molto tempo.» ribadì con una piccola risata. «Quindi sono un po' tesa, ma santo cielo se lo desidero...»

«Lascia fare a me.» sussurrò la ragazza spingendola via e facendola atterrare sulla schiena. «Ti fidi di me?» le chiese strisciando sul suo corpo e fermandosi ad un millimetro dalle sue labbra.

«Mi fido di te, Clarke.» rispose con il fiato corto.

L'unica risposta che Clarke le diede fu un sorriso malizioso e le labbra che si poggiarono alle sue, zittendola e facendole girare la testa. Lexa le infilò le dita fra i boccoli biondi, lasciandosi andare forse per la prima volta nella sua vita.

I minuti passarono più lentamente di quanto si fosse aspettata, la luce della luna che filtrava dalla finestra illuminava il velo di sudore che luccicava sul petto nudo di Lexa, mentre inarcava la schiena tra le lenzuola e gemeva. La testa di Clarke si muoveva con un ritmo lento fra le sue gambe e Lexa afferrò con una mano la testata del letto, mentre l’altra finì nella cascata di capelli biondi che le solleticavano la pancia, chiuse gli occhi e le si bloccò il respiro.

Clarke risalì lungo il suo corpo, leccandole la pelle accaldata e chiudendole la bocca con la sua, mentre la mano si infilava di nuovo nel mare caldo che erano le sue cosce. Lexa ansimò sulle sue labbra quando due dita si fecero strada dentro di lei e le strinse forte le spalle, cercando qualcosa a cui aggrapparsi.

«Sei bellissima.» sussurrò con riverenza Clarke, scostandole una ciocca di capelli dal volto per poterla guardare meglio. «Sono qui, Lexa, lasciati andare.» disse. «Vieni per me.»

«Clarke... oddio!» gemette chiudendo di scatto gli occhi e lasciando che il piacere la cogliesse.

Poteva sentire Clarke ovunque, su di lei, dentro di lei, sotto la sua pelle e soprattutto nel suo cuore.

//

Un rumore indistinto al piano di sotto disturbò per un solo secondo il sonno delle due ragazze, prima che Lexa si sistemasse meglio fra le braccia di Clarke, nascondendo il volto nel suo collo e sospirando di beatitudine. Non aveva nessuna intenzione di muoversi dal letto, non dopo quello che era accaduto la notte precedente e le aveva tenute sveglie sino alle prime ore del mattino, sino a quando, spossate e appagate, non erano crollate.

Lexa sorrise quando sentì le dita di Clarke accarezzarle la schiena nuda e non riuscì a resistere alla tentazione di baciarle lo sterno, prima di sistemarsi meglio nel suo abbraccio. Cullata dal respiro lento e regolare di Clarke, Lexa era quasi sul punto di assopirsi nuovamente quando le labbra della ragazza si posarono sulla sua fronte.

«Sei così calda.» sussurrò Clarke.

«È una cosa che ho sentito parecchio ieri sera.» la prese in giro Lexa, sorridendo quando la ragazza scoppiò a ridere.

«Lexa?»

«Mmh?»

«Solo perché tu lo sappia, non rimpiango nulla di quello che è accaduto ieri notte e stamattina.»

Lexa appoggiò una mano aperta sul suo petto nudo, osservandola con curiosità accarezzandole la pelle calda. «Nemmeno io.» rispose piano.

Clarke la fissò per un lungo momento consapevole di avere molte cose di cui parlare, ma in quel momento non le importava. Le sorrise felice chinandosi verso di lei pronta a sigillare quelle confessioni con un bacio, quando la porta si spalancò di scatto.

«Sarà meglio che alzi immediatamente le chiappe dal-»

Qualsiasi cosa Anya stesse per dire si spense lentamente fra le mura della stanza quando i suoi occhi si puntarono sul sedere nudo di Clarke che spuntava dalle coperte. Lexa si voltò di scatto, stringendosi il lenzuolo al petto e così facendo scoprì ancora di più Clarke che gridò di sorpresa e prima dire qualcosa, Raven fece il suo ingresso.

«Griffin sapevo che eri una stronza, ma questo è andato oltre le mie aspettativ-oh!» disse mentre un sorriso le si dipingeva fra le labbra.

«Beh, buon anno Lexa.» ghignò Anya incrociando le braccia al petto. «Adesso so perché te ne sei andata e ci hai costrette a fare l'autostop per tornare a casa.»

«Volete cortesemente uscire?» ringhiò Lexa sistemando il lenzuolo su entrambe.

Anya si voltò a guardare Raven la quale scosse la testa leggermente. Quelle due erano fuggite nel bel mezzo del party lasciandole completamente ubriache e sole a trovare un modo per tornare a casa. Erano state fortunate ad aver incontrato Echo che, in compagnia di Niylah, aveva dato loro un passaggio.

«Non avevate detto di essere stanche?» gridò Echo salendo velocemente le scale.

«Anya.» ringhiò Lexa.

Non voleva che Echo la vedesse in quella situazione, non ne avrebbe mai sentito la fine altrimenti, ma l'unica cosa che Anya fece fu scrollare le spalle e farsi da parte. Echo cominciò a ridere divertita quando vide le due ragazze nel letto e si scambiò un cinque con Raven, prima di tirare fuori il telefono e scattare una foto.

«Ontari mi deve venti dollari.» mormorò divertita.

«Lincoln me ne deve cinquanta.» aggiunse Anya.

«Fuori di qui!» gridò Lexa tirando alle tre un cuscino.

Anya lo afferrò al volo ridendo e Lexa cominciò a cercare i suoi vestiti o qualcosa da indossare, per poterle cacciare con le sue stesse mani.

«Da quanto tempo hai un neo sulla chiappa sinistra, Griffindor?» chiese Raven pensierosa.

«Porta il tuo culo fuori di qui, Reyes!» ringhiò Clarke e questa volta la spazzola che aveva preso dal comodino andò a segno.

La porta si chiuse velocemente e Lexa si lasciò cadere sul letto portandosi le mani al volto, mortificata, sobbalzando quando la bocca di Clarke si chiuse sul suo collo strappandole un piccolo gemito.

«Dove eravamo rimaste?» le chiese con tono malizioso.

Lexa rise stringendola forte pronta a riaccendere il fuoco che si era spento solo qualche ora prima, desiderosa di farsi sentire da tutti gli occupanti della casa e, giusto per far loro dispetto, avrebbe fatto in modo di essere più rumorosa del solito. Quando però Clarke le sorrise con dolcezza, accarezzandole il volto e baciandola dolcemente, Lexa dimenticò tutto il resto.

Lexa era sicura che quello sarebbe stato un buon anno e aveva la sensazione che avrebbe continuato in quella maniera per molto tempo a venire.


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NoteAutrice:

So che siamo ormai a Marzo, quindi capodanno è passato da un pezzo, ma da quello che so in Italia fa freddo e forse arriva di nuovo la neve, quindi alla fine non sono poi così lontana, no?

A parte gli scherzi, il nuovo lavoro mi sta prosciugando (tipo adesso sto scrivendo le note con un bambino che fa i capricci nelle orecchie) ma ci sono riuscita! Ora, so che la Clexa week è finita da un pezzo e se avessi avuto più tempo probabilmente avrei partecipato, ma uno dei temi mi ha colpito in faccia e ho già scritto 7 pagine.

Vi do solo un indizio, il tema era: accidental stimulation e con questo vi lascio!

See you soon, I love you all!

ManuKaikan





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