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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nightmare Before Christmas ***
Capitolo 2: *** Santa Claus is coming to town ***
Capitolo 3: *** Let it snow, let it snow, let it snow! ***
Capitolo 4: *** Last Christmas ***
Capitolo 5: *** This is the new year ***
Capitolo 1 *** Nightmare Before Christmas ***
Shot
per il #ChristmasConcept
N.B:
Siccome io sono in Australia e sono dieci ora avanti,
da me è già
Natale,
quindi
beccatevi sta shot come regalo:
Buon ClexaPresent!
Cheaper
by the Dozen
Capitolo
1
Nightmare
Before Christmas
23
dicembre 2017
Clarke
Griffin amava il Natale.
Per
lei era una festività fatta di luci, cibo e amore. Anche
dopo la
morte di suo padre, le tradizioni della famiglia Griffin erano
rimaste queste finché sua madre non si era risposata,
aggiungendone
di nuove e arricchendo di più colori la loro grande casa.
Marcus
Kane era un uomo meraviglioso e sua madre era davvero innamorata.
Nonostante inizialmente Clarke non fosse stata particolarmente felice
di quell'unione – soprattutto visto il rapporto meraviglioso
che
aveva sempre avuto con suo padre – infine si era ritrovata ad
apprezzarlo giorno per giorno, così come i suoi figli:
Octavia e
Bellamy.
I
due erano inseparabili e inizialmente Clarke si era sentita fuori
posto. Essere cresciuta come figlia unica non le aveva mai dato quel
tipo di attaccamento che invece i due fratelli sfoggiavano con
orgoglio. Nonostante i due fossero gemelli eterozigoti, si poteva
intravedere la somiglianza ma le persone ne avevano la conferma
quando li vedeva interagire anche senza bisogno di parole. Erano
più
grandi di Clarke di un paio d'anni e entrambi alla fine del loro
percorso di studi.
Quindi,
anche se la perdita di suo padre aveva fatto temere a Clarke di non
poter più festeggiare i bellissimi Natali che aveva avuto
sin da
quando era piccola, si era dovuta ricredere, sopratutto dopo che
Octavia aveva incontrato l'anno precedente il suo fidanzato al
college: Lincoln Woods. Apparentemente il ragazzo aveva una famiglia
numerosa che teneva particolarmente a festeggiare il Natale tutti
insieme aprendo la loro casa l'anno precedente e anche quell'anno.
Qualche
settimana fa era arrivato l'invito nella cassetta della posta ma
Octavia aveva chiamato per assicurarsi che comprasse i biglietti
prima che si esaurissero, a quanto sembrava la loro presenza era
indispensabile perché lei e Lincoln avevano un grande
annuncio da
fare. Ecco perché Clarke stava controllando di aver messo
tutto il
necessario in valigia, non volendo farsi trovare impreparata visto
che avrebbero passato almeno una settimana e mezza in compagnia dei
Woods.
«Ehi,
Griff.» disse Bellamy entrando in camera dopo aver bussato
leggermente.
«Oh,
ehi Bell!» lo salutò con un cenno del capo.
«Ancora
impegnata con le valige?» domandò lasciandosi
cadere sul letto con
un tonfo.
«Sono
una donna, ci metto una settimana per essere sicura di avere
tutto.»
rispose ridacchiando.
Bellamy
sorrise portandosi le braccia
dietro la testa e osservando il soffitto, non preoccupandosi di
essersi steso su un paio di maglioni che probabilmente sarebbero
serviti a Clarke.
«Alza
le chiappe, Blake.» esclamò
spingendolo. «Come mai sei così scontroso? Non sei
eccitato di
passare il Natele coi Woods?»
«Lo
sai che mi sono divertito
l'anno scorso.» rispose. «Ma questa cosa che
Octavia ha un grande
annuncio da fare mi sta facendo tremare le gambe ad essere sincero,
ho un brutto presentimento.»
«Credevo
ti piacesse Lincoln.» le
fece notare.
«Ed
è così ma Octavia è mia sorella e
l'idea
che possa sposarsi o peggio, non è proprio quello che avevo
sognato
per lei.»
Clarke
infilò gli ultimi vestiti nella valigia, prima di dirigersi
alla
grande cassettiera per radunare gli altri effetti personali,
infilandoli nella borsetta da bagno che aveva comprato quando si era
trasferita per il college.
«Non fasciarti la
testa prima di
essertela rotta, Bell.» lo rassicurò.
«Sono sicura che non è
quello che pensi.»
Prima che potesse rispondere,
il rumore
della porta di entrata che si apriva e la voce dei loro genitori al
piano di sotto, le ricordò che doveva sbrigarsi
perché avevano un
aereo da prendere. Infilò la borsetta nella valigia
chiudendola e
Bellamy l'aiutò a sollevarla dal letto, appoggiandola vicino
alla
porta.
«Ragazzi siete
pronti?» gridò Abby. «Andiamo via
in quindici minuti!»
Bellamy
si passò una mano fra i capelli e Clarke scrollò
le spalle con un
sorriso. Lei era eccitata per la loro partenza, i Woods erano persone
interessanti ed anche se la casa era spesso ricolma di persone e
molto rumorosa, era proprio l'atmosfera natalizia che adorava.
Sarebbe
stato un meraviglioso Natale, ne era sicura.
//
Lexa
Woods odiava il Natale.
Per
lei era una stupida festività che portava gente a comprare
stupidi
regali. Non sopportava le luci, le tradizioni e come diventava
rumorosa la casa ogni volta che si avvicinava il giorno. E quell'anno
sarebbe stato anche peggiore. Octavia, la ragazza di suo fratello,
aveva invitato tutta la sua famiglia perché apparentemente
avevano
un annuncio ufficiale da fare e Lexa aveva quasi contemplato l'idea
di rimanere in dormitorio ad affogare i dispiaceri in biscotti al
cioccolato e serie tv.
Non era stato possibile
perché quella
pettegola di sua sorella, Anya, aveva rivelato il vero motivo della
sua depressione ai suoi genitori: lei e Costia, la ragazza con cui
aveva passato gli ultimi 2 anni della sua vita, si erano lasciate
dopo mesi di litigate e malintesi. L'anno precedente lei e Costia
avevano passato il Natale insieme, sfuggendo così alla casa
piena di
persone ma la bocca larga di sua sorella aveva distrutto la bugia che
aveva escogitato. Aveva ricevuto una chiamata da sua madre che le
comandava di tornare a casa per le feste, altrimenti la sua furia
sarebbe riversata su di lei in piena forza, facendo tremare tutti i
muri della Yale University.
Questo chiaramente non la
costringeva a interagire con le persone e appena arrivata si era
chiusa in camera ascoltando musica e mangiando biscotti, proprio come
aveva deciso di fare sin dall'inizio. La sua famiglia aveva accettato
la sua solitudine per tre giorni interi e quando qualcuno
bussò alla
porta non ne fu sorpresa, anzi, si era aspettata che sua madre la
buttasse giù trascinandola in doccia contro la sua
volontà.
«Ehi,
Mercoledì
Addams, la mamma ha detto che è il momento di uscire dalla
cripta!»
la voce di Anya arrivò ovattata dalla porta chiusa.
«Gli ospiti
stanno per arrivare e gradirebbe che tu ti facessi una doccia!»
continuò. «Non
vuole che pensino che ti abbiamo uccisa e che stiamo tenendo il tuo
corpo per ricordo.»
Lexa
sospirò forte nascondendo la testa nel cuscino, mentre la
voce di Ed
Sheeran continuava ad accarezzarle le orecchie, cantando di amori
bellissimi e storie destinate a durare per sempre.
«Sei
un bugiardo, Ed.»
sussurrò.
«Ehi!!
Mercoledì!»
il pugno di Anya che impattava sul legno la fece sobbalzare. «Sei
morta davvero? Devo chiamare qualcuno per occuparsi del corpo? Vuoi
essere cremata? Hai lasciato il testamento? Stronza, è
meglio che tu
mi abbia lasciato qualcos-»
La porta si aprì con
uno scatto
e Lexa incrociò le braccia al petto con espressione
contrariata.
Anya sollevò un sopracciglio e la fissò
attentamente, prima di fare
un passo avanti e portarsi una mano al naso, mentre l'altra teneva le
lenzuola.
«Sono felice che tu
sia viva.» disse. «Per
l'amore del cielo, fatti una doccia per favore, puzzi davvero come un
cadavere.»
Lexa roteò gli occhi
e cercò di chiudere la
porta, non riuscendoci per via del piede che Anya prontamente mise
per impedirglielo.
«Gli
ospiti saranno qui in mezz'ora.» le comunicò.
«La mamma ti vuole
di sotto in venti.»
«Okay!»
ringhiò Lexa. «Se ti togli
dai piedi posso andare a fare la doccia.»
Anya
le spinse le lenzuola sul petto, prima di fare un passo indietro.
«E
cambia le lenzuola, stiamo ancora lavorando sull'assegnazione dei
posti in camera, quindi sarebbe il caso che fossero pulite.»
le
disse dirigendosi alle scale.
«Assegnazione
della came-»
bofonchiò prima di spalancare gli occhi. «Ehi! Non
voglio nessuno
in camera mia!» gridò.
L'unica
risposta che ricevette fu
una risatina e i passi di Anya che si allontanavano sulle scale.
//
Clarke
aveva
quasi dimenticato quanto fosse grande quella casa – il che
era
sorprendente visto che anche la sua non era da meno – ma se
avesse
dovuto essere sincera con sé stessa
la
cosa che la la colpì quell'anno precedente furono le luci.
Circondavano tutta la proprietà e si potevano chiaramente
vedere
dalla strada, cosa che le aveva strappato immediatamente un sorriso
di gioia che si era allargato non appena i suoi occhi avevano
incrociato quelli di Octavia. La ragazza li stava aspettando sul
portico e appena il taxi si fermò, sia lei che Bellamy
saltarono
fuori dall'auto per stringerla in un abbraccio soffocante.
Da
quando Clarke aveva iniziato l'università a New York si
erano visti
poco,
tutti
e tre troppo impegnati nei loro studi per tornare spesso a casa.
Quando però erano riuniti, era come se il tempo non fosse
mai
passato e Clarke strinse Octavia con forza, sorridendo quando la
sentì sospirare di felicità fra le sue braccia.
«Mi
sei mancata da morire, Griffindor.» le sussurrò.
«Mi
sei
mancata anche tu.»
«Ehi,
ehi!» si lamentò Bellamy sentendosi escluso dal
quadretto.
Clarke
e Octavia aprirono le braccia per farlo sistemare in mezzo, ridendo
di gusto quando Bellamy cominciò a baciare la faccia di
entrambe.
Poco distante
Kane
e Abby, che avevano finito di scaricare le valige con l'aiuto del
taxista, si schiarirono la gola per richiamare la loro attenzione.
«Perché
non spostiamo questi bellissimi saluti dentro,
dove
fa meno freddo?» propose Abby.
«Sì,
andiamo vi stanno aspettando tutti.» disse correndo verso suo
padre
per dargli un dolce bacio sulla guancia.
Bellamy
e Clarke presero le proprie valige dirigendosi verso l'entrata
seguiti a ruota dai genitori, mentre Octavia apriva la porta per
lasciarli entrare. Passare dalla porta fu come attraversare l'albero
di Nightmare Before Christimas: fu come venire catapultati nel paese
di Natale e Clarke rimase completamente senza fiato.
«Ben
arrivati!»
La
voce di Gustus arrivò profonda e avvolgente, Clarke si
ritrovò
stretta fra le sue grandi braccia e rise quando l'uomo la
sollevò
facendola volteggiare. Gustus Woods le ricordava tremendamente suo
padre, soprattutto per il suo modo di fare da papà orso e
per il
modo in cui si comportava con tutti i suoi figli e anche con quegli
degli altri.
«Abby!
Marcus! Sono così felice che siate
qui.» continuò dopo aver dato una spallata giocosa
a Bellamy
facendolo quasi andare a sbattere contro il muro. «Lincoln,
vieni ad
aiutare gli ospiti con le valige!» tuonò.
«Oh
no, non c'è
bisog-»
«Non
dire sciocchezze, Abby, siete ospiti.» la
tranquillizzò. «Indra e
Anya sono andate a comprare le ultime cose che servivano.
Lincoln!»
«Sono qui, sono
qui!» esclamò il ragazzo emergendo dalla
cucina. «Ben arrivati.» disse con un sorriso.
Clarke lo
strinse forte, sentendosi come accadeva ogni volta protetta nel suo
abbraccio. Lincoln era un giovane tremendamente in gamba e anche se
la sua stazza– identica a quella di suo padre –
spesso intimoriva
le
persone, in fondo era paragonabile ad un cucciolo di panda. Erano una
coppia ben assordita: Lincoln dolce, premuroso e riflessivo, Octavia
dominante, testarda e impulsiva. Era proprio per quello che
funzionavano alla grande: entrambi compensavano l'altro.
Dopo
i vari saluti ed essersi scambiati alcune chiacchiere di cortesia,
Lincoln afferrò le valige di Kane ed Abby, facendo segno ai
ragazzi
di precederlo su per le scale. Clarke si fermò in mezzo al
corridoio
osservando le moltitudini di foto che tempestavano il muro e sorrise
nel vedere i fratelli Woods nei vari stadi della loro vita.
«Okay
Clarke, la tua stanza è quella lì.»
disse Lincoln.
Clarke
che si era persa a guardare le fotografie, non vide esattamente dove
il ragazzo le stesse indicando ma considerando che era stata
lì
anche l'anno precedente, raggiunse la stanza di sua sorella mentre
Lincoln accompagnava Bellamy nella sua. Clarke attraversò la
porta
ridacchiando nel vedere quanto la stanza non forse cambiata di un
millimetro e sistemò la valigia sulla sedia che era
sistemata vicino
alla scrivania.
Nonostante
conoscesse quelle mura come il palmo della sua mano, si prese un
momento per guardarsi intorno. Osservò i libri nella
libreria, le
foto appese ai muri e i poster che dipingevano chiaramente
un'adolescenza fatta di anarchia. Clarke avrebbe dato qualsiasi cosa
per essere testimone di quel periodo della vita di Anya
perché era
sicura che fosse stato spassoso e si ripromise di chiedere ad Indra
qualche dettaglio.
Rise nel vedere la scritta che
era stata
appiccicata alla porta comunicante: “Devi
lavarti se non vuoi puzzare.”
e quello le ricordò che aveva davvero bisogno di usare il
bagno. Era
stato un lungo viaggio, le sarebbe piaciuto darsi una rinfrescata
prima di incontrare il resto della famiglia, così si diresse
verso
la propria valigia per afferrare la borsa.
Quando
aprì la porta del bagno non si aspettava
di
certo di essere accolta con qualcuno che gridava: “Anya
chiudi quella diavolo di porta ti ho detto che sarà di sotto
in
dieci minuti”,
come di certo non si era aspettata di trovarsi davanti una delle
ragazze più belle che avesse mai visto e sopratutto che
questa fosse
avvolta solamente in un asciugamano, con lo spazzolino da denti che
gli pendeva dalle labbra. Non riuscì a fermare la propria
mandibola
dall'aprirsi leggermente a quella vista mentre cercava di ritrovare
le sue facoltà mentali, non riuscendo a fermare i suoi occhi
dallo
scorrere sul quel corpo sino a fermarsi sul suo volto.
«Beh,
se proprio devi fissarmi così spudoratamente, almeno abbi la
decenza
di dirmi chi sei e che cosa ci fai nel mio bagno.»
Quella
parole fecero cliccare qualcosa nella sua mente e in quel momento la
sua mente le ricordò chi aveva davanti: Lexa Woods, la
sorella/cugina di Anya e Lincoln. La ragazza che l'anno precedente
non aveva avuto il piacere di conoscere perché aveva passato
le
vacanze Natalizie con i suoi amici.
«Ah
devi essere una
degli invitati.» disse cercando di mettere insieme i puntini.
«Sono
Griffin- cioè Clarke. Mi chiamo Clarke...?»
Lexa
aggrottò le sopracciglia spostando lo spazzolino dalle
labbra per
appoggiarlo sul lavandino. «E lo chiedi a me?»
«No!
No, il mio nome è Clarke.» disse schiarendosi la
gola e sporgendo
la mano attraverso la soglia della porta ma senza entrare
completamente nel bagno. «Piacere.»
«Lexa.»
rispose
l'altra. «Ora se vuoi scusarmi...»
Clarke
fece appena in tempo a fare un passo indietro prima che la porta le
si chiudesse direttamente sul naso, facendola sobbalzare di spavento.
Scosse la testa impressionata e mezza divertita, non potendo credere
a quanto diversa da Lincoln potesse essere quella ragazza.
«Sexy.»
disse a sé stessa. «Ma scorbutica.»
continuò infine scrollando le
spalle e andandosi a sedere sul letto.
Era
il caso che
aspettasse che la principessa finisse di usare il bagno ma la
tranquillità durò poco, perché a
quanto sembrava la presenza di
Lexa aveva cambiato i piani per quanto riguardava l'assegnazione dei
letti e Anya che era appena tornata dalle sue commissioni con Indra
l'aveva raggiunta, facendola sistemare nella stanza singola senza il
bagno comunicante.
Quando
finalmente Lexa si diresse al piano di sotto, Clarke riuscì
a darsi
una rinfrescata prima di cena, decidendo di cambiarsi prima di
incontrare il resto degli invitati. Stava scavando nella propria
valigia quando la porta si aprì di scatto facendola
sobbalzare e
istintivamente si portò le mani al petto per coprirsi,
roteando gli
occhi quando vide Anya sulla soglia con un sorriso malizioso sulle
labbra.
«Nessuno
ti ha insegnato a bussare?» ringhiò.
«Che hai da guardare? Ho
sbagliato anche questa stanza? Mi ritroverò a dormire nel
seminterrato?»
«No, ero solo venuta
a tirarti fuori da
questa gabbia di matti per un po'.» le rispose.
«Forza vestiti che
vieni con me.»
«Dove?»
domandò.
«All'aeroporto.
Devo andare a prendere l'altra parte dei famigliari e non voglio
andare da sola.» le disse semplicemente avanzando nella
stanza senza
preoccuparsi di chiudere la porta. «Stai andando in palestra,
Griffin?» chiese divertita.
«Oh chiudi il
becco!» replicò
Clarke tirandole in faccia la propria maglietta.
Anya rise
facendola girare su un dito mentre fissava i vestiti della ragazza
nella valigia. «Però dobbiamo lavorare sulla tua
biancheria
intima.» disse afferrando un paio di mutandine.
«Che cos'è questo?
Ti stai trasformando in Nonna papera?»
«Non ti
degnerò
nemmeno di una risposta.» mormorò strappandole
l'indumento dalla
mani. «La mia biancheria è perfetta
così.»
Con quello
pose fine alla discussione, infilandosi velocemente una maglietta e
chiudendo la valigia con un tonfo, mentre Anya l'aspettava vicino
alla porta con un piccolo sorriso.
«Forse
dovremmo passare a comprare un po' di biancheria sexy.» disse
Anya
pensierosa. «Magari sei fortunata, sai per capodanno:
così ti dai
da fare tutto l'ann-»
Clarke le diede una spinta
fuori dalla
porta. «Le mie mutande vanno benissimo!»
ribadì.
Fu in
quel momento che i suoi occhi incrociarono quelli di Lexa che era
appena apparsa dalle scale. Clarke non riuscì a impedirsi di
arrossire mentre Anya ridacchiava divertita e le passava un braccio
attorno alle spalle.
Avrebbe
trovato il modo di soffocarla prima della fine delle vacanze.
//
Dopo
essere riuscite ad uscire finalmente di casa
ed infilarsi in macchina, Anya e Clarke si godettero la musica
nell'abitacolo e il reciproco silenzio. Infine le chiacchiere avevano
avuto la meglio, soprattutto visto che era passato un anno da quando
si erano viste l'ultima volta e tante cose erano cambiate. L'anno
precedente Anya si era portata dietro una bellissima fidanzata ma le
cose non avevano funzionato ed ora era single e sembrava essere
contenta della cosa. Clarke sfortunatamente non aveva avuto nulla di
interessante da raccontargli, le sue giornate passavano sempre fra
università, studio e talvolta qualche party.
Non
era una
santa, aveva avuto molte avventure di una notte e un mezzo flirt con
Finn Collins che era durato meno di un mese ma a parte quello, non
aveva mai avuto il desiderio di focalizzarsi in una relazione o
semplicemente non aveva trovato la persona giusta. Le cose
funzionavano per entrambe e Clarke grazie ai suoi migliori amici,
Raven e Murphy non era mai davvero da sola.
«Scusa
non ho sentito bene, come hai detto che sta Raven?» chiese
Anya.
«In
realtà non l'ho detto.» ridacchiò
Clarke.
Non
era un mistero a nessuno la chimica che si era instaurata fra le due
non appena si erano viste. Clarke conosceva Raven da tutta la vita,
si erano incontrate alla scuola
materna
e da quel momento la ragazza era diventata una presenza costante in
casa Griffin, come se fosse la seconda figlia che non avevano mai
avuto. Abby e Jake l'avevano accolta a braccia aperte e Raven aveva
quasi ereditato una stanza tutta sua, tanto che quando aveva
raggiunto i tredici anni la sua presenza era pressoché
d'obbligo
durante il Natale e lo era stata anche quando si erano recati dai
Woods.
Dal primo momento in cui gli
occhi di Anya e Raven si
erano incrociati, tutti avevano capito che era scattato qualcosa.
Qualcosa che non era stato esplorato proprio per via della ragazza
che Anya aveva portato con sé per le feste e Clarke era
sicura che
la sua amica avesse rifiutato l'invito proprio perché non
aveva
voglia di vedere le due amoreggiare sul divano senza ritegno.
«Ah
beh, visto che ne stiamo parlando, come sta?»
«Sta bene.»
rispose. «Molto impegnata con le lezioni, lo studio e il
lavoro ma
le cose le stanno andando alla grande ad essere sincera.»
continuò.
«Non mi meraviglio se dovesse diventare il prossimo
presidente degli
Stati Uniti.»
Anya ridacchiò a
quelle parole focalizzando
l'attenzione nel trovare un posto per l'auto nell'aeroporto
affollato. «Potrebbe diventarlo, è una ragazza in
gamba.»
«Anya
so che stai morendo dalla voglia di chiedermi qualcosa.» le
fece
notare.
«Sei
una spina nel fianco te l'ha mai detto qualcuno, Griffin?»
disse
finendo di parcheggiare prima di tirare il freno a mano. «Sta
con
qualcuno?»
Clarke ridacchiò
divertita scuotendo la testa.
«Raven è uno spirito libero e probabilmente
passerà un bel po' di
tempo prima che qualcuno catturi il suo interesse in quel
senso.»
Anya
non commentò quella frase ma poté vedere
chiaramente un luccichio
nei suoi occhi proprio mentre usciva dall'auto. Seguì il suo
esempio
ed una a
fianco all'altra
si diressero verso l'entrata dell'aeroporto e Clarke fece quasi
fatica a tenere il suo passo, chiedendosi perché andasse
così di
fretta.
«Devi
prendere anche tu l'aereo?» chiese con il fiatone.
«No, ma
siamo quasi in ritardo sulla tabella di marcia.» le rispose.
«Lascia
che ti dia una dritta: Echo e Ontari sono delle vere vipere e come
tali se mi presento anche solo con un minuto di ritardo
probabilmente
mi romperanno le palle da ora sino all'anno nuovo.» le
spiegò. «E
sinceramente voglio passare un Natale tranquillo.»
«Se
sono così insopportabili perché le
invitate?» chiese confusa
Clarke.
I
suoi genitori avevano sempre evitando di estendere gli inviti a quei
parenti che non erano mai riusciti a sopportare, consapevoli che il
Natale fosse una festività da passare con le persone che si
amavano.
«Sono
le cugine di Lexa.» sospirò Anya.
«Figlie della sorella di Livia,
insomma l'unico legame che le è rimasto con sua
madre.»
Clarke
ricordava vagamente la storia di Lexa. Rammentava che i suoi genitori
erano morti in un brutto incidente d'auto quando aveva sette anni e
Indra e Gustus – fratello di Daniel Woods – erano
diventati i
suoi tutori legali. Da quel momento lei, Lincoln e Anya erano
cresciuti come come fratelli.
«Oh
capisco.» mormorò
Clarke. «Spesso si incontrano parenti con cui non andiamo
d'accordo.»
«Non
sono male, okay? Semplicemente pensano di essere migliori di noi ed
è
tutta colpa della loro madre.» disse sbuffando.
«Lexa apprezza che
le invitiamo e se lei è felice, lo siamo anche
noi.»
«Mi
vuoi forse far credere che hai un lato dolce e amorevole,
Anya?» la
prese in giro per smorzare il tono della conversazione.
«Non
farti troppe illusioni, Griffin, io non ho un cuore.» disse
fermandosi davanti alla grandi porte da dove stavano uscendo le
persone, controllando il proprio orologio e sorridendo soddisfatta.
«Quindi mi hai detto che Raven passa le feste con la sua
famiglia?»
chiese.
Clarke ridacchiò
scuotendo la testa, era
completamente senza speranze. «In realtà non credo
di averti detto
nemmeno questo.»
«Non ti sfugge
proprio niente, eh?»
mormorò. «Quindi dove le passa?»
«Lei e il nostro
amico
Murphy hanno prenotato un viaggio in qualche posto esotico.»
rispose
scrollando le spalle. «Mi hanno chiesto di unirmi a loro ma
ho
preferito venire a rompere le palle a te.»
Anya fece per
rispondere ma le grandi porte scorrevoli si aprirono rivelando un
uomo grande quasi quanto Lincoln che
la
salutò con un cenno della mano e un sorriso, seguito a ruota
da due
ragazze bellissime. Clarke si ritrovò ad aggrottare le
sopracciglia
chiedendosi come era possibile che in quella famiglia girassero tutti
quei geni meravigliosi. Poteva chiaramente vedere un po' di Lexa in
ognuno di loro e si stampò un sorriso sulle labbra vedendoli
avanzare verso di loro.
«Parla
poco e vedrai che andrà tutto bene.» le
sussurrò Anya.
Clarke
si domandò che razza di consiglio fosse, capì a
cosa si riferisse
non appena misero piede in macchina non meno di dieci minuti dopo.
//
Lexa
sorseggiò la propria birra osservando le persone sedute al
tavolo
con lei, prima di riportare l'attenzione al proprio piatto. Non
poteva credere che Indra l'avesse costretta ad uscire nonostante il
suo desiderio di isolamento e anche se aveva provato a dibattere sua
madre l'aveva praticamente buttata fuori dalla porta. Questo era il
prezzo che bisognava pagare per avere un genitore nell'esercito e si
ritrovò a sbuffare – come aveva fatto dallo stesso
istante in cui
era uscita dalla stanza – giocherellando con il proprio
bicchiere.
Si
sentiva in colpa di non essere riuscita a godersi quella che era
stata effettivamente una bella
serata,
una tradizione che era andata avanti sin da quando erano adolescenti.
Ricordava ancora la felicità quando a quattordici anni le
era stato
dato il permesso ufficiale di unirsi a quelle serate fuori, in quel
momento avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì.
Si
ritrovò a sbuffare di nuovo, giocherellando con il telefono,
lanciando un'occhiata a
tutti
i presenti e il suo sguardo si posò sulla ragazza bionda che
era
entrata in bagno senza bussare. Per tutta la sera Clarke aveva
cercato di parlarle, non arrendendosi nemmeno quando Lexa le aveva
rivolto solo dei monosillabi e qualche cenno del capo e doveva
ammettere di aver apprezzato particolarmente la sua intraprendenza.
Aggrottò le sopracciglia quando vide lo schermo del suo
cellulare
illuminarsi e si sporse sentendo il cuore batterle all'impazzata nel
vedere la notifica: “Costia
Green ha pubblicato qualcosa dopo tanto tempo”
e non poté fermare il proprio dito dall'aprirla.
La faccia
di Costia le comparve davanti, sorridente e felice, una bellissima
spiaggia le faceva da sfondo. Quello che la costrinse a mordersi
forte il labbro inferiore, fu il braccio della sua amica di corso,
Kelly, appoggiato alle sue spalle con una familiarità che le
fece
quasi sentire un chiodo rovente in mezzo al petto. Le cose fra di
loro non avevano funzionato perché gli impegni di vita le
aveva
distrutte giorno per giorno, allontanandole sino a portarle a vedersi
una volta alla settimana nonostante andassero nella stessa
università. Quando Lexa le aveva chiesto di passare le
vacanze di
Natale con lei e la sua famiglia, proprio per rimediare a quella
mancanza, Costia le aveva detto di aver prenotato una vacanza con
Kelly e le altre. Quello le aveva fatto chiaramente intuire che era
finita. Lexa aveva capito che non era saggio continuare a rincorrere
l'ignoto e che le cose fra loro erano probabilmente finite molto
tempo prima ma entrambe lo avevano negato a loro stesse.
Sbuffò
per l'ennesima volta e con ancora il telefono stretto fra le mani
alzò lo sguardo, scontrandosi con gli occhi blu di Clarke.
Rimase
spiazzata quando la ragazza le sorrise dolcemente, e
involontariamente le sue labbra si mossero in quello che
all'apparenza poteva sembrare un sorriso, non che Lexa lo facesse
spesso in ogni caso.
Clarke
dovette trattenere l'esclamazione di gioia nel vedere che, dopo tutta
la sera passata a cercare di creare un legame con Lexa, questa le
avesse indirizzato un sorriso... mezzo sorriso ma era stata comunque
una conquista. Quando la ragazza ritornò a fissare il
proprio
telefono, Clarke fece lo stesso digitando l'ennesimo messaggio a
Raven, aggrottando le sopracciglia preoccupata. Dopo la chiacchierata
con Anya si era resa conto di non aver sentito Raven per tutto il
giorno, così prima di uscire le aveva scritto non ricevendo
però
nessuna risposta.
«Okay,
basta con questi telefoni!»
Lexa
si
sentì strappare dalla mani il cellulare e quando fece per
protestare, la mano di Echo si alzò per farla tacere. Clarke
si
voltò a guardare Anya che scrollò le spalle
continuando a bere il
proprio drink.
«Echo cosa
dia-»
«Non ci vediamo da
quasi due anni e sei stata tutta la sera in silenzio, quando
finalmente mi decido a venire e rivolgerti la parola sei incollata a
quel coso, quindi ora taci.» disse infilandolo in uno dei
cestini
delle patatine che Lincoln aveva appena finito di mangiare per poi
alzare la mano per attirare l'attenzione del cameriere. «Una
bottiglia di vodka a questo tavolo e nove bicchieri per
favore.»
Clarke si voltò a
guardare Anya che alzò le mani in segno
di resa, mentre Lincoln era troppo impegnato a baciare Octavia per
degnare gli altri di attenzione. Il cameriere arrivò qualche
minuto
dopo appoggiando la bottiglia e i bicchieri sul tavolo, porgendo lo
scontrino ad Echo che gli mise una banconota sul vassoio indicandogli
di tenere il resto.
«Okay,
è il momento di iniziare a conoscerci visto che passeremo le
vacanze
insieme, la prima regola è mettere i cellulari dentro questo
cestino.» lo indicò facendolo poi scivolare lungo
il tavolo. «La
seconda regola è essere partecipi, sono stata chiara Lexa e
Roan?»
disse osservando i due che, contemporaneamente, rotearono gli occhi
infastiditi.
«Andiamo
Echo questo è ridicolo.» provò a
protestare Anya ma prima che
potesse continuare Ontari le prese il telefono e seguì gli
ordini
della sorella.
Con un sorriso sulle labbra
Echo riempì i
nove bicchieri passandoli a rotazione ad ognuno di loro. «La
terza
regola è la più divertente, qualcosa che
farà tornare sicuramente
qualcuno a casa ubriaco.» continuò.
«Ogni volta che ognuno di noi,
senza pensare, fa una cosa che lo caratterizza deve bere.»
«Cosa
vorrebbe dire?» chiese Lincoln confuso.
«Per
esempio se mio fratello Roan si gratta il retro della testa:
beve.»
le spiegò. «Se mia sorella Ontari si esamina le
unghie: beve.»
continuò.
«Oh,
mi piace!» esclamò Octavia. «Che ne dite
di se Lincoln mi tocca: beve.»
«Questo
è scorretto come
faccio a tenere le mani per me? Non hai visto quanto sei
sexy?»
Il
verso di disgusto di Bellamy attirò l'attenzione di tutti e
Clarke
ridacchiò, mentre il fratellastro si portava il bicchiere di
vodka
alle labbra e beveva tutto d'un sorso.
«Se
belli capelli è
disgustato: beve.» propose Echo.
A
quel soprannome tutta la
tavolata scoppiò a ridere e Clarke fu felice di vedere che
anche
sulle labbra di Lexa si era dipinto un piccolo sorriso.
«E
per quanto riguarda la biondina?» chiese Ontari scrutandola.
«Oh!
Se Clarke si tocca le tette: beve.» disse ridendo Octavia.
«Allora
sarà ubriaca in cinque minuti.»
commentò Bellamy versandosi un
altro bicchiere.
«Ehi!»
sul volto di Clarke si era dipinta
un'espressione a dir poco indignata. «Io non mi
tocco!»
Si
rese conto in ritardo di che cosa significasse quella frase e le sue
guance si colorarono immediatamente di rosso, mentre Anya scoppiava a
ridere di gusto e Bellamy scuoteva la testa con disgusto: e bevve di
nuovo.
«Non
mentire, Clarke.» ridacchiò Octavia.
«Passi un sacco di tempo a
toccarle, come se avessi paura di non trovarle
più.»
«Ma
taci!» ringhiò lanciandole uno dei cestini delle
patatine, non si
sorprese quando questa lo afferrò al volo.
«Beh,
non hai nulla di cui vergognarti, Griffin, sono imponenti.
Probabilmente lo farei anche io.» rise Anya.
«Si
sono
d'accordo, sono proprio un bel paio di-» Ontari si interruppe
quando
vide che tutti gli occhi erano puntati su di lei.
«Possiamo
piantarla di parlare delle mie tette?»
«Sarebbe
meglio toccarle che parlarne.» disse Anya facendole
l'occhiolino.
«Se
Anya fa una battuta maliziosa: beve.» sentenziò
Echo. «Se quella
piaga di mia cugina sbuffa: beve.» e guardò in
direzione di Lexa
con un sorriso divertito.
«Allora dovremmo
prepararci a
portare Clarke e Lexa in spalla perché sarà une
bella
competizione.» disse Lincoln. «Ti voglio bene,
Lex.»
Lexa
si trattenne a stento dalla sbuffare ma lo fece, soprattutto per non
dare soddisfazione a Echo che la stava fissando attentamente proprio
per quel motivo.
«Se
Echo fa commenti acidi: beve.» propose Lexa con un
sopracciglio
alzato.
Echo
la fissò per un lungo momento alzando il proprio bicchiere
verso di
lei come a voler sigillare l'accordo e si rivolse a Octavia con un
sorriso. «E se la bella Blake -»
Octavia
scosse la testa
con un piccolo sorriso. «Per stasera passo, qualcuno deve
rimanere
sobrio per riportarvi a casa.» spiegò.
Ci
fu un momento di silenzio ma Echo decise di non approfondire la cosa
facendo un cenno del capo e cominciando il gioco. Ci volle meno di
mezz'ora perché almeno tre persone si ritrovassero con il
volto
schiacciato contro il tavolo a ridere senza alcun motivo.
Quando
avevano lasciato il locale e Octavia l'aveva aiutata a salire in
macchina, Clarke aveva tirato un respiro di sollievo già
immaginando
di buttarsi a letto e probabilmente svenire sino al giorno seguente.
Quando però si erano fermati ed era riuscita a uscire
dall'auto
senza cadere a faccia per terra, si era resa conto di non essere a
casa e quando aveva provato a chiedere spiegazioni era stata
semplicemente trascinata vero l'entrata dell'edificio.
Tutto
l'alcool che aveva bevuto – che le aveva reso noto che
sì, si
toccava il seno più di quanto avrebbe voluto ammettere
– non le
permetteva vi camminare dritta. Octavia le passò una mano
attorno la
vita e la trascinò verso l'entrata dell'edificio. Quando
vide che
cosa aveva davanti, Clarke spalancò gli occhi. Nonostante la
sua
mente fosse un po' offuscata, riuscì comunque a ricordare
perfettamente la tradizione di cui Anya le aveva parlato l'anno
prima, qualcosa che avevano dovuto rimandare visto l'assenza di Lexa:
pattinaggio sul ghiaccio.
«State
scherzando.» fu Anya a
dare voce ai suoi pensieri.
«Io
non so pattinare.» si lamentò Clarke, speranzosa
che quello la
salvasse dal cadere a testa in giù nel ghiaccio.
«Perché
pensi che noi siamo le figlie di Carolina Kostner?» la
sbeffeggiò
Echo che malgrado tutto quello che aveva bevuto, era in grado di
tenersi in piedi molto meglio di lei.
Clarke si voltò a
guardare Octavia in cerca di supporto, l'unica cosa che
guadagnò fu
la bottiglietta d'acqua che la sua amica le sventolò davanti
al
volto.
«Bevi
questa, ti servirà.» disse divertita.
L'unica
cosa che Clarke riuscì a fare fu grugnire.
Lexa non
ricordava nemmeno l'ultima volta in cui si era sentita così
spensierata, nonostante il mal di testa che stava cominciando ad
affliggerla e l'alito che sapeva di vodka poco costosa. Era lieta che
nonostante il poco tempo, la distanza e la vita, le tradizioni della
famiglia Woods non si erano perse. Mentre i piedi slittavano sul
ghiaccio, sentì il proprio cuore pieno di gioia e
lasciò vagare gli
occhi su tutte le persone presenti.
Era molto tardi quindi in
pista c'erano solo loro e Lexa si portò le mani dietro la
schiena e
chiuse gli occhi, muovendosi lentamente come una foglia spostata dal
vento (mamma che poesia!), fu l'imprecazione di qualcuno ad attirare
la sua attenzione. Sorrise divertita nel vedere Clarke che
borbottando parole per niente femminili, si stava tirando su dopo
essere caduta e stranamente Lexa decise di avvicinarsi.
«Non
ti ricordi più come si pattina?» le chiese con un
sorriso.
Clarke
fece dondolare la testa sconfitta. «Teoricamente
sì.» borbottò,
stringendo la ringhiera. «Ma con tutto l'alcool che ho
bevuto...»
Se l'alcool aveva tolto
l'equilibrio a Clarke diede a Lexa il
coraggio di tendere la mano verso di lei amichevolmente. Non si
sorprese di vedere la ragazza aggrottare le sopracciglia confusa e le
sorrise leggermente come se quello fosse sufficiente a convincerla.
«Ti faccio io da
guida.» le disse.
Vide Clarke
fissare la mano incerta prima di mordersi il labbro inferiore facendo
scivolare il palmo contro il suo. Lexa le strinse la mano facendole
segno di muoversi e sorrise nel vedere Clarke muovere i piedi con
attenzione.
«Pattinare
è come andare in bicicletta, una
volta imparato è difficile dimenticarlo del
tutto.» le disse.
Lexa fece un passo indietro,
sempre stringendole la mano
nella sua accomodante e Clarke spalancò gli occhi quando la
vide
pattinare all'indietro visto che lei riusciva a malapena a tenersi in
piedi.
«Come diavolo
fai?»
Lexa
rise muovendosi con grazia come se stesse semplicemente camminando.
«Venivo spesso quando ero piccola, come ho detto è
una cosa che non
dimentichi tanto facilmente.»
Continuarono
a pattinare in silenzio con Clarke che non staccò gli occhi
dai suoi
piedi nemmeno per un secondo, cercando di concentrarsi su quello che
stava facendo. Così facendo non si rese conto del fatto che
Lexa le
aveva appena lasciato le mani e l'aveva affiancata, dandole
così
l'opportunità di continuare da sola. Quando però
si scontrò con il
dolce sorriso di Lexa al suo fianco, quasi inciampò nei suoi
stessi
piedi e si aggrappò disperatamente al suo braccio per non
cadere.
A
nulla valsero i tentativi di Lexa di mantenere l'equilibrio,
soprattutto per il fatto che le lame slittavano sul ghiaccio
rapidamente.
«Non farmi
cadere!» la pregò Clarke.
«Ci
sto provando, piantala di agitarti!» gridò Lexa.
«Non mi
sto agitando!» strillò istericamente mulinando un
braccio.
Lexa
schivò all'ultimo momento il pugno che stava puntando dritto
verso
il suo naso e le afferrò entrambe le braccia per fermarla.
Si
fissarono per un lungo momento, Clarke sentì il proprio
cuore
battere all'impazzata nelle orecchie ma fortunatamente il pericolo
sembrava scampato e proprio quando Lexa iniziò a dirigersi
verso la
ringhiera che accadde l'inevitabile.
Anya arrivò
sfrecciando
ad
alta velocità proprio mentre si stavano muovendo e
tirò una pacca
così forte sul sedere di Clarke che il colpo
risuonò in tutta la
pista. La ragazza gridò di sorpresa e istintivamente il suo
corpo si
mosse in avanti.
«Hai poco equilibrio,
Griffin?» chiese
divertita Anya.
Il successivo rumore fu quello
di due corpi
che cadevano pesantemente sul ghiaccio ponendo fine così al
grido
indignato di Lexa. Entrambe rimasero ferme e ansimanti per qualche
secondo, cercando di capire se i loro corpi fossero del tutto integri
o no.
«Ho perso
l'equilibrio.» bofonchiò come a volersi
scusare.
«Non mi
dire.» rispose ironica Lexa.
Clarke
non riuscì a trattenersi. Cominciò a ridere
forte, tanto che poté
sentire addirittura le lacrime bagnarle gli occhi e istintivamente le
sue mani si strinsero al maglione di Lexa per cercare qualcosa a cui
tenersi. Non passò molto perché Lexa –
probabilmente sempre per
colpa
dell'alcool che le circolava in corpo – la seguisse,
scoppiando a
ridere come mai le era successo in vita sua.
«La diagnosi
per me è commozione celebrarle.» disse Echo
osservandole.
Anya
invece si fermò nel mezzo della pista ridacchiando, come se
l'ilarità delle due ragazze fosse in qualche modo contagiosa
e
osservando felice una Lexa spensierata, soprattutto dopo averla vista
così depressa e musona in tutti quei giorni.
«Ah!» le
gridò Lincoln alle spalle.
Anya sobbalzò di
spavento
girandosi di scatto per spingerlo via, il fratello
l'anticipò
facendola finire a gambe all'aria.
«Ti
uccido.» ringhiò.
Quello
fu sufficiente a scatenare le risate di tutti i presenti mentre Lexa
aiutava Clarke a sollevarsi e preparava nella sua mente la perfetta
vendetta per sua sorella. Forse tornare a casa per le vacanze
natalizie non era stata poi una cattiva idea.
______________________________
NoteAutrice:
Eccomi
qui con il contest di Natale!
Queste
serie di shot seguiranno
il lasso temporale delle feste Natalizie, chiaramente mi sarebbe
piaciuto poterle pubblicare ogni giorno per le feste ma non sono
stata in grado di scriverle tutte per impegni lavorativi.
Il
titolo della fanfiction si riferisce al film: Una scatenata dozzina e
dopo aver letto questa shot non avete da chiedervi perché XD
Voglio
solo dirvi che questo è un lavoro a due, ovvero io sono le
mani ma
la mante e mia e di Carma, quindi prendetevela anche con lei!!
Buon
Natale da me che lo sto già festeggiando e a voi fra qualche
ora.
Un
bacione,
ManuKaikan
|
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Capitolo 2 *** Santa Claus is coming to town ***
Cheaper
by the Dozen
Capitolo
2
Santa
Claus is coming to town
24
dicembre 2017
Clarke
uscì dal bagno con un piccolo grugnito, la testa pesante e
la bocca
che sapeva di dentifricio. Era ora di colazione, ma non si sentiva al
massimo delle forze, quindi scese lentamente le scale e
attraversò
il salotto, guidata dal salvifico aroma di caffè che si
liberava per
l’intera la casa. Tutti erano già svegli, alcuni
seduti sul divano
a chiacchierare, mentre il resto si trovava in cucina a preparare la
colazione e se ne rese conto quando la salutarono un po' troppo
rumorosamente.
Prese
posto su uno degli sgabelli e ringraziò sua madre quando
questa le
passò una tazza di caffè facendole una piccola
carezza sul capo,
sicuramente consapevole delle scorribande della notte precedente. Si
ritrovò a chiudere gli occhi cercando di isolare il rumore,
ma in
una casa piena di persone non era per niente semplice.
Osservò il
proprio caffè come se stesse cercando come se stesse
cercando aiuto
al suo interno e sobbalzò quando la porta sul retro si
aprì di
scatto, rivelando Echo ed Anya, che fecero il loro ingresso cariche
di buste e le lasciarono cadere senza ritegno su uno dei ripiani.
Non
si sorprese di sentire Indra lamentarsi delle loro brutte maniere,
prima di scacciarle sgraziatamente dalla cucina, evitando che
rovinassero la colazione.
«Oh
Griffin sei sveglia!» esclamò Anya sedendosi al
suo fianco.
«Pensavo avremmo dovuto buttarti giù dal letto con
la forza.»
«Sarebbe
stato il caso di farlo la notte scorsa.» disse Echo divertita
sedendosi di fronte a lei. «Il suo russare ha quasi svegliato
tutto
il vicinato.»
Clarke spalancò gli occhi, indignata.
Tutti
attorno a lei ridacchiavano divertiti, ma la cosa che la sconvolse di
più fu che, tra tutte quelle persone, vi era anche Lexa, che
cercava
di nascondere un sorriso dietro la propria tazza.
«Io
non russo!» esclamò.
La
conversazione si interruppe temporaneamente quando Abby
cominciò ad
imbandire la tavola, distribuendo i piatti per la colazione e
piazzando al centro un enorme vassoio di bacon e una montagna di
pancake fumanti. Tutti si presero il loro tempo per riempire i
propri piatti, sorseggiando caffè e succo d'arancia in
completo
silenzio. Quell’idillio non durò a lungo, con
grande disappunto da
parte di Clarke.
«Mi
permetto di dissentire in ogni caso, il tuo russare era piuttosto
forte.» ridacchiò Echo, riprendendo la
conversazione da dove
l'avevano lasciata. «Ti perdono solamente perché
sei stata la
persona che ha bevuto di più ieri sera.»
continuò. «Lasciati dire
però che hai un grande problema col tuo seno, se non riesci
a
smettere di toccarlo. Io mi offro volont-»
Si bloccò a metà
frase quando uno strofinaccio la colpì in pieno volto,
scatenando la
risata di Clarke. La bionda si voltò) verso Anya che aveva
appena
incrociato le braccia al petto con fare scocciato. Quando il volto di
Echo riapparve, le sue sopracciglia erano aggrottate in un modo per
niente amichevole.
«Che diavolo di prende?»
ringhiò.
«Clarke
è un'ospite, vedi di comportarti bene!»
l'ammonì Anya. «Solo io
sono autorizzata a darle il tormento.»
«Ehi!» esclamò
Clarke, dandole una spinta giocosa. «Non sono mica un
giocattolo.»
«Io faccio quello che voglio.»
disse Echo. «E tu puoi
baciarmi il culo!» così dicendo
appallottolò lo strofinaccio e
glielo lanciò indietro.
Sfortunatamente, la mira non era una
delle sue qualità migliori. Anya si chinò
velocemente in modo che
lo strofinaccio finisse per evitare la sua testa e planasse
direttamente sul fornello acceso. Indra fu abbastanza veloce
d'afferrarlo e gettarlo nel lavandino prima che questo prendesse
fuoco, il rumore della spatola che veniva” lasciata cadere
rumorosamente sul ripiano fece capire loro che erano nei guai.
«Okay,
basta così.» ringhiò Indra.
«Prendete i vostri piatti e uscite di
qui! Siete bandite dalla cucina sino a nuovo ordine.»
«Ma
mamma-»
«Adesso.»
disse indicando la porta con un gesto secco.
Clarke le seguì
con lo sguardo e non poté evitare di sorridere, prima di
tornare
alla propria colazione. Aveva bisogno di mangiare qualcosa se voleva
prendere qualche pillola per il mal di testa, altrimenti non sarebbe
riuscita a sopravvivere a quella giornata, ne era sicura.
«Indra,
ho notato che non c'è ancora l'albero di Natale.»
disse Abby
passando un paio di pillole alla figlia e facendole un occhiolino.
«Non
ho avuto un attimo di tempo.» rispose la donna spegnendo il
fuoco.
«I miei figli non sono stati molto collaborativi, non
è così,
Lexa?» disse con un sopracciglio alzato.
«Non so di cosa
stai parlando.» rispose la ragazza con un piccolo sorriso
mentre
finiva di mangiare la propria colazione.
«Visto
che vorrei evitare di avere un incendio in cucina, penso che mentre
noi ci prepariamo per la cena, gli adolescenti possano occuparsi
dell'albero e della legna.»
«Legna?»
chiese Clarke confusa.
«Per il camino.» rispose Indra.
«Fa
abbastanza freddo in questa casa la sera.»
«Non
è più facile comprarla?»
domandò Abby.
«Perché spendere
soldi per comprare la legna quando ho queste grandi braccia per
lavorare?» esclamò Gustus, rientrando in cucina e
dando una pacca
sulla spalla di Lexa, che si ritrovò a gemere di dolore.
La
ragazza finì di bere il proprio succo d'arancia, spingendo
il piatto
lontano da lei e alzandosi per dare un bacio sulla guancia di suo
zio. «Infatti penso proprio che mi occuperò della
legna.» disse
con un sorriso.
«Grazie tesoro.» rispose
l'uomo. «Mi
aiuteresti molto, io e Marcus dobbiamo fare delle
commissioni.»
continuò baciandole la fronte.
«Non è un problema,
papino.» lo prese in giro.
«So che non ami fare l'albero in
ogni caso.»
«Non ti piace far l'albero?»
esclamò Clarke
interrompendo nel loro momento. «Cosa sei senza
cuore?» disse con
fare divertito.
Quando la mascella di Lexa si tese
impercettibilmente e il suo sguardo si indurì, Clarke si
ritrovò a
muoversi a disagio sullo sgabello chiedendosi che cosa avesse detto
di sbagliato. Era chiaro che il suo tono fosse scherzoso e visto il
modo in cui si erano comportate la sera prima aveva pensato che fra
loro si fosse creato un ponte, evidentemente si stava sbagliando.
Fece per parlare, volendo scusarsi se le sue parole l'avevano in
qualche modo offesa, ma Lexa si diresse verso il retro chiudendo la
porta con un tonfo.
Clarke chiuse gli occhi e si diede della
stupida: era chiaro che due ore sul ghiaccio e un po’ di
alcool non
le avevano dato abbastanza familiarità da permetterle tali
battute.
Ingerì le pillole che sua madre le aveva gentilmente dato e
allontanò il piatto con il resto della colazione, avendo
completamente perso l'appetito.
«Credo
che andrò ad aiutare con l'albero.» disse infine
alzandosi in
piedi. «Grazie della colazione, Indra.»
continuò con un piccolo
sorriso.
«Clarke.»
la fermò proprio mentre stava attraversando la porta che
portava
verso il salotto. «Non prenderla sul personale, Lexa
è...» si
fermò un momento. «Semplicemente non prenderla sul
personale,
okay?»
«Va tutto bene.» sorrise Clarke
leggermente prima
di lasciare la stanza.
Mezz'ora
dopo, con gli addobbi natalizi fra le mani e le chiacchiere degli
altri di sottofondo, Clarke capì che non andava tutto bene:
poteva
vedere Lexa fuori nel giardino spaccare legna con tale forza che
quasi riusciva a sentire il rumore dell'ascia anche attraverso la
finestra. Si morse il labbro inferiore appendendo una delle palline,
non prestando attenzione alle risate attorno a lei e non riuscendo a
capire perché sentisse il bisogno di scusarsi con la
ragazza. In
fondo non si conoscevano poi così bene.
Lo sguardo che le
avev indirizzato però le aveva smosso qualcosa dentro,
facendola
sentire in colpa come non si era mai sentita prima e se doveva essere
sincera, quella era una sensazione che non le piaceva per niente.
Sbuffò sonoramente lasciandosi cadere sulla poltrona e
sibilando di
dolore quando una fitta le si propagò dal fianco,
ricordandole il
livido che le era comparso sulla natica destra per colpa della caduta
del giorno precedente sul ghiaccio. Nonostante quello, i suoi occhi
rimasero comunque su Lexa ad osservare i muscoli delle sue braccia
che si muovevano attraverso la camicia di flanella che indossava e
per un momento si domandò come potessero apparire senza.
«È
così che dai il tuo contributo, Griffin?» chiese
Anya strappandola
dai suoi pensieri.
«Sono
stanca.» fu l'unico commentò che le diede
scrollando le spalle.
Anya sbuffò rumorosamente seguendo il
suo sguardo mentre un
sorriso divertito le si dipingeva sulle labbra. «Beh, sono
sicura
che continuare a guardare Lexa con gli occhi a cuoricino sia
piuttosto stancante.»
«Non chiudi mai la bocca?»
ribatté
Clarke con voce un po' troppo calma.
A
quel punto Anya aggrottò le sopracciglia quando si rese
conto che lo
sguardo di Clarke non aveva niente a che fare con interesse.
«Lexa è
stata scortese?» le domandò.
«No...»
rispose. «Credo di essere stata io quella scortese, ho detto
una
cosa che l'ha infastidita e non era mia intenzione.»
«Non
pensarci troppo, d'accordo? Lexa non è molto in
sé in questo
momento, qualsiasi cosa la infastidisce.» disse
accarezzandole la
coscia. «Forza, mentre noi finiamo l'albero,
perché non vai a
controllare se mia madre ha finito di preparare lo zabaione?
È una
tradizione di famiglia.»
Clarke
annuì piano mordendosi il labbro inferiore e domandandosi se
Anya
avesse davvero ragione. Certo, Lexa non era stata particolarmente
calorosa con lei, ma si era resa conto che non lo era stata con
nessuno sin dal momento in cui l'aveva vista. Lanciò
un'ultima
occhiata alla ragazza fuori dalla finestra, vedendola appoggiare
l'ascia sul terreno e asciugarsi la fronte con la mano e prese una
decisione. Non era una persona che si arrendeva: per qualche strana
ragione si sentiva tirare verso Lexa e sentiva il bisogno di scusarsi
con lei in qualsiasi maniera.
Uscì
in giardino con passo lento e misurato, un po' intimorita della
reazione che avrebbe potuto avere Lexa nel vederla raggiungerla con
una tazza di zabaione e un contenitore con i biscotti che Indra aveva
sfornato da poco. Rimase in disparte mentre Lexa spaccava un altro
ciocco in due e poi si schiarì la voce per attirare la sua
attenzione, sorridendo leggermente quando la ragazza
incrociò i suoi
occhi.
Ci
fu un lungo momento di silenzio e Clarke si sentì scrutare
nel
profondo da qui due diamanti verdi, sentendo una strana sensazione
alla bocca dello stomaco quando Lexa alzò un sopracciglio
con fare
interrogativo. L'unica cosa che riuscì a fare fu alzare la
tazza e
il contenitore, sperando che quello fosse sufficiente a giustificare
la sua presenza.
«È un modo per colmare il
vuoto che ho al
posto del cuore?» chiese Lexa con fare un po' indispettito.
«No,
sono delle scuse per essere stata inappropriata.» rispose
Clarke con
un filo di voce. «Non era mia intenzione offendere, stavo
solo
cercando di scherzare.» continuò porgendole la
tazza.
Lexa
rimase immobile per un secondo poi appoggiò l'ascia,
sporgendosi per
prendere la tazza. «No, sei tu che devi scusarmi, era chiaro
che
stessi scherzando.» prese un sorso di zabaione e
sospirò piano
lasciandosi cadere sulla panca. «Grazie.»
«Non
c'è di che.» mormorò Clarke appoggiando
il contenitore dei
biscotti vicino a lei pronta a lasciarla da sola.
Lexa prese
il contenitore e le fece segno di sedersi al suo fianco. Clarke si
morse il labbro inferiore, sentendosi più sicura quando la
ragazza
le sorrise leggermente, togliendole qualsiasi dubbio. Il silenzio le
avvolse ed entrambe continuarono a bere dalla propria tazza,
mangiando lentamente i biscotti e osservando le luci che circondavano
la casa. Quella tranquillità però le stava
mettendo apprensione e
Clarke si guardò intorno in cerca di qualcosa col quale
iniziale la
conversazione.
«È difficile tagliare la
legna?» chiese
improvvisamente.
Inaspettatamente
Lexa rise e Clarke non riuscì a controllare il rossore che
le colorò
le guance alla stupida domanda che aveva appena fatto. Vide la
ragazza finire il proprio biscotto e lo zabaglione, prima di alzarsi
in piedi tenendole la mano, che lei afferrò un po'
sconcertata.
«Non è difficile.»
le disse conducendola verso il grande
ceppo. «Devi solo avere il giusto equilibrio ed usare la
giusta
forza.» le spiegò piegandosi per appoggiare un
pezzo di legno in
verticale.
Clarke
la seguì con lo sguardo mentre afferrava l'ascia con presa
sicura e
dopo essersi sistemata nella giusta posizione la guardò
muoverla con
forza, spezzando il legno in due pezzi perfettamente simmetrici.
Spalancò gli occhi quando la vide porgerle l'ascia e scosse
la testa
freneticamente, strappandole un'altra risata.
«Andiamo
non morde!» la prese in giro.
«E se mi sfugge di mano? E se
mi taglio? Non sono sicura che sia il caso di passare le feste di
Natale in ospedale.»
«Non essere drammatica.» disse
Lexa
ridendo.
Le si avvicinò costringendola a
stringere le mani
sull'impugnatura, l'aiutò a sistemarsi nel modo giusto.
Quando
Clarke sentì il suo petto schiacciarsi contro la sua schiena
si
ritrovò a mordersi il labbro inferiore, così come
sentì le braccia
perdere forza quando il profumo di Lexa l'avvolse, ma nonostante
quello si concentrò sull'oggetto che aveva fra le mani.
«Stringila
forte.» le disse. «E mettici tutta la forza che
hai.»
Clarke
la guardò fare un passo indietro e dopo aver preso un
profondo
respiro, sferrò il colpo ma invece di tagliare il coccio in
due, la
lama rimase incastrata nel legno, scatenando la risata divertita di
Lexa dietro di lei. Infuriata, Clarke, sbatté un piede sul
terriccio
e mormorò qualcosa fra i denti, sobbalzando quando Lexa si
sporse
per afferrare l'ascia scuotendo la testa.
«Forse sei più
portata per fare gli omini di marzapane.» la prese in giro.
«Dammi
di nuovo quell'affare.» disse strappandoglielo di mano,
pronta ad
accettare la sfida.
Questa volta il colpo andò a buon fine,
spezzando il legno in due pezzi perfettamente simmetrici e Lexa si
ritrovò a fischiare con apprezzamento.
«Okay, ora vacci
piano però tigre.» rise sfilandole l'ascia dalle
mani. «Ho capito
che è meglio non sfidarti quanto impugni una di
queste.»
A
quel punto Clarke non riuscì più a trattenersi e
scoppiò a ridere,
felice di vedere la ragazza di fronte a lei un po' più
rilassata di
quando era uscita. Poteva dire con certezza che Lexa era una ragazza
strana, ma per qualche strana ragione c'era qualcosa in lei che
l'attirava come una falena attratta dalla luce e voleva conoscerla.
«Quando
avete finito di amoreggiare, sareste così cortesi da venire
ad
aiutarci a pulire la cucina?» disse la voce di Anya dal
portico.
Lexa non si preoccupò nemmeno di
risponderle a parole, le
fece semplicemente un gestaccio mentre cominciava a raggruppare la
legna in uno dei grandi cesti. Quando Clarke si apprestò ad
aiutarla, vide Anya sul portico con un piccolo ghigno mentre con le
mani creava quello che all'apparenza doveva essere un cuore,
facendole roteare gli occhi, infastidita. Non c'era nulla di
romantico fra loro, Clarke si era sentita in colpa e per evitare di
rendere il Natale scomodo per tutti aveva deciso che era il caso di
scusarsi.
Quando ebbero raccolto tutta la legna in due grandi
cesti, Clarke ne prese uno e Lexa un altro avvicinandosi verso la
porta in silenzio. Quando raggiunsero la porta, Lexa
appoggiò quello
che aveva fra le mani sul portico e la tenne aperta per farla
entrare, cosa che strappò un piccolo sorriso a Clarke.
«Clarke?»
disse piano Lexa attirando la sua attenzione.
«Mmh?»
«Non
hai detto nulla di male prima.» mormorò.
«Quindi non pensarlo,
okay?»
Clarke si ritrovò ad annuire piano e
decise di non
dire nulla, quelle parole era molto più di quanto si fosse
aspettata
da Lexa. Le sorrise con felicità e attraversò la
soglia, sentendo i
passi della ragazza seguirla poco distante.
Forse non era
tutto perduto.
//
Dopo aver pulito la cucina, le ore
erano passate abbastanza velocemente fra i preparativi per la serata:
gli adulti si erano occupati del cibo mentre i ragazzi avevano finito
di allestire l'albero e imbandire la tavola per la cena,
battibeccando qua e là, chiacchierando e ridendo. Clarke si
era
sentita a casa nonostante l'assenza di suo padre, addirittura Lexa le
aveva sorriso ogni tanto, facendole capire che le cose si erano
sistemate fra loro.
C'era
stato un po' di dramma quando Gustus e Marcus erano tornati a casa
con la spesa e Octavia aveva appreso che suo padre si era dimenticato
di comprare lo shampoo , velocemente finito visto le innumerevoli
persone che vi erano in casa. Infine Indra, infastidita e volenterosa
di prevenire qualche incendio doloso, li aveva banditi tutti dalla
cucina spedendoli in salotto a guardare un film. Dopo aver litigato
su quale scegliere, si erano accordati – o meglio Anya e Echo
avevano avuto una sorta di incontro di lotta sul tappeto del salotto
che era stato risolto con un grido di Indra – per vedere il
Grinch.
Tutti non avevano fatto altro che prendere in giro Lexa dicendole
quando assomigliasse al personaggio, l'unica differenza era che la
sua pelle non era verde, guadagnandosi sbuffi e brutte parole.
Fu
quando le pietanze avevano cominciato ad essere appoggiate sul tavolo
e i ragazzi avevano preso posto a tavolo, che si sentì
bussare alla
porta d'entrata attirando l'attenzione di tutti i presenti. Abby, che
era la più vicina, si fermò con la mano sul
pomello, aggrottando le
sopracciglia quando vide una figura familiare dall'altro lato.
«Anche quest'anno?» si
lamentò rumorosamente Anya. «Non
vogliamo i fottuti canti di Natal-»
Lo scappellotto che le
diede suo padre la fece zittire all'instante, strappandole
un'esclamazione di disperazione al dolore che poté avvertire
sul
retro della testa.
«Aggiungete un posto a
tavola!»
gridò una voce dal corridoio.
Anya si voltò a quel suono,non
potendo credere a quello che avevano appena sentito le sue orecchie,
e si voltò verso Clarke che si era alzata per raggiungere
sua madre.
«Raven?»
disse Abby sorpresa.
«Mamma G! Ti sono mancata?»
chiese la
ragazza aprendo le braccia con un sorriso sulle labbra.
«Che
cosa ci fai qui?» domandò la donna. «Ero
convinta che tu e John
sareste andati in vacanza da un'altra parte.»
«Non
sarebbe stato lo stesso Natale senza di me, Abby.»
commentò con un
piccolo ghigno.
La
donna annuì con un sorriso divertito e si sporse in avanti
per
stringerla in un dolce abbraccio, facendo lo stesso anche con il
ragazzo che era stato in silenzio sino a quel momento.
«È
un piacere averti qui, John.» disse facendosi da parte per
farlo
passare.
«Se
c'è del cibo gratis sono sempre in prima fila.»
rispose lui con una
scrollata di spalle.
Abby si fece da parte e li lasciò
passare, ma non fece in tempo a chiudere la porta che Raven si
ritrovò fra le braccia della sua migliore amica. Clarke la
strinse
forte strappandole una risata, mentre John si toglieva la giacca e
l'appendeva, salutandola con un cenno del capo.
«Lo sapevo
che non saresti riuscita a rimanere lontana a lungo, Reyes!»
la
prese in giro stampandole una risata. «E tu!» disse
rivolta al
ragazzo. «Sei sicuro di voler rimanere qui? C'è
troppa gente per
uno come te, Murphy.»
«Come
ho detto a tua madre, se c'è del cibo gratis io sono sempre
pronto,
Griffin.» le rispose divertito.
Clarke ridacchiò prendendo
Raven sottobraccio e guidandola verso la sala da pranzo. Quando
attraversarono la porta tutti gli occhi erano puntati su di loro con
curiosità, così tanta curiosità che
Anya si era praticamente stesa
su Ontari per non cadere, ma essere comunque in grado di rubare uno
sguardo alla nuova arrivata.
«Chi
è quella bellezza spaziale?» mormorò
Echo osservando la ragazza
con particolare interesse.
Prima
che Anya potesse ammonirla di tenersi lontano da lei, Abby e Murphy
fecero il loro ingresso, attirando nuovamente l'attenzione sulla
porta. I saluti furono veloci e Raven si ritrovò a sedersi
in mezzo
a Clarke e Ontari proprio di fronte ad Anya, e un piccolo sorriso le
si dipinse sulle labbra. Avrebbe mentito nel dire di non essere
felice di vederla, soprattutto visto il modo spudorato in cui avevano
flirtato l'anno prima nonostante la presenza della ragazza di Anya.
«Non avrei mai pensato di rivederti
così presto.» cominciò
Anya con un sorriso. «Ti sono mancata?»
«Non montarti
troppo la testa, Woods.» l'ammonì prendendo la
propria forchetta.
«Tu sei solo d'arredamento, sono qui per la cucina di tua
madre e
per mamma G.»
Anya sorrise, divertita, prese il proprio
bicchiere di vino alzandolo verso di lei e la invitò a fare
lo
stesso. «Qualsisia sia la ragione per cui sei qui, Reyes,
è un
piacere vederti.»
«Ci scommetto.» rispose Raven
con voce
roca, guardandola da sotto le ciglia.
Presero
entrambe un sorso osservandosi con occhi pieni di un sentimento che
nessuna delle due riuscì a identificare, ma che aveva un
nonché di
lussuria. Prima che potessero continuare quel quadretto, Octavia
attirò l'attenzione di Raven con lo schioccare delle sue
dita.
«Quando hai finito di mangiare con gli
occhi Anya.» disse
strappando una risatina a Clarke. «Dimmi un po': hai portato
lo
shampoo?»
Con quella frase tutta la tavolata
scoppiò a
ridere dando inizio finalmente alla cena.
//
Quando
anche l'ultimo dei piatti puliti fu sistemato nella credenza, Indra
portò il vassoio di biscotti e zabaione in salotto. I
ragazzi si
erano sistemati sul tappetto a giocare a cluedo lasciando le poltrone
e i divani agli adulti, mentre cercavano di indovinare chi fra loro
avesse l'assassino. Erano rimasti solo quattro giocatori attorno al
tavolino da caffè: Bellamy, Anya, Ontari, Murphy.
«Secondo
me è stata la sig.ra Peacock, nella cucina, con il
coltello.»
esclamò Bellamy con convinzione.
Ontari al suo fianco gli
mostrò una delle sue carte e il ragazzo scrisse qualcosa sul
suo
foglio, un piccolo sorriso sulle labbra. Anya, che era il giocatore
successivo, con fare pensieroso osservò il tabellone, prima
di
sorridere con fare vittorioso.
«È
stato il Colonnello Mustard con il tubo di piombo nello
studio.»
disse, sporgendosi verso il centro del tabellone per afferrare la
busta chiusa e controllare se le sue supposizioni fossero esatte.
«Ah! Avete perso, sfigati!» esclamò,
gettando le carte sul tavolo.
«Dio, che sfiga!»
esclamò Murphy sbuffando.
«Non
è sfiga, è bravura.» si
pavoneggiò Anya. «Non ho studiato legge
solo per far spendere soldi ai miei genitori, giusto
papà?» chiese,
divertita.
Gustus ridacchiò sollevando il bicchiere
di
whisky nella sua direzione. «Sto ancora aspettando di vedere
quale
grande studio ti prenderà a lavorare.» le disse
con un sorriso.
Anya roteò gli occhi, non volendo
ricominciare il discorso
con suo padre proprio la sera della vigilia di Natale. Gustus era
sempre stato orgoglioso di ognuno di loro e li aveva sempre
supportati nelle loro decisioni, anche se il fatto che Anya volesse
lavorare con i bambini piuttosto che in uno studio importante, gli
aveva sempre fatto storcere un po’ il naso.
«Quindi
mi stai dicendo che stiamo provando a giocare ad un gioco del genere
con un avvocato?» disse Murphy, aggrottando le sopracciglia
quando
la ragazza annuì. «Dimmi che mi stai prendendo in
giro.»
«Mangia
un biscotto Murphy così ti passa tutto.» gli
propose Clarke
infilandogliene uno in bocca quasi con prepotenza.
Questo
scatenò la risata di Bellamy che si apprestò a
nasconderla
prontamente con la propria tazza quando Murphy si voltò a
guardarlo
contrariato, anche se sulle sue labbra vi era un piccolo sorriso.
«Quindi
se Anya ha scelto legge e Lincoln è un pompiere.»
iniziò Abby,
seduta sul divano di fianco a Marcus e avvolta in una coperta per
riscaldarsi nonostante il camino fosse stato acceso ore prima.
«Cosa
ha scelto la terza Woods?» disse rivolta alla ragazza.
«Studio
ingegneria aerospaziale.» rispose. «Il mio sogno
è lavorare alla
Nasa.» continuò un po' imbarazzata.
Ricordava ancora come i
suoi coetanei l'avevano sempre presa in giro per quel sogno
così
assurdo, ma sin da quando era bambina aveva sempre avuto una
predilezioni per lo spazio, infatti ricordava ancora con
felicità il
telescopio che suo padre, Daniel Woods, le aveva regalato poco prima
di morire. Lo aveva portato con sé a Yale, così
nelle serate
primaverili saliva sul tetto e ammirava le stelle, parlando coi suoi
genitori e raccontando loro tutte le cose che stavano accedendo nella
sua vita.
«Oh
wow.» commentò Clarke, ammirata.
«È meraviglioso Lexa! E dove
studi?»
«Yale.» rispose con un sorriso:
era così
orgogliosa di essere riuscita a farsi accettare in una delle scuole
più prestigiose del paese e di poter studiare quello che la
rendeva
felice.
«Ma stai scherzando?»
esclamò la ragazza bionda.
«Io vado alla Columbia!»
«Davvero?» chiese Lexa
sorpresa.
«Sto cercando di entrare in uno dei pochissimi stage che la
Nasa
mette a disposizione.» le disse. «Sto anche
scrivendo un saggio con
il mio professore e-»
«Bla bla bla.»
commentò Echo
acidamente. «Non vorrete parlare davvero di questa roba
noiosa per
tutta la sera, vero?»
«Chiudi la bocca.»
l'ammonì Anya.
Era
da un po' che Lexa non si gettava in una conversazione in quella
maniera o non vedeva i suoi occhi accendersi di quella luce che aveva
ogni volta che parlava di un argomento che le stava a cuore. Sembrava
che Clarke avesse trovato una via d'entrata nella corazza di sua
cugina e non aveva intenzione di fermare quel momento per colpa della
boccaccia di Echo.
«Tu
chiudi la bocca.» replicò la ragazza.
«Entrambe chiudete
la bocca.» si mise in mezzo Indra tagliando quella
discussione sul
nascere. «Non ho intenzione di sentirvi ricominciare a
litigare.»
commentò. «Anzi, è il caso che andiate
a dormire bambini,
Babbo Natale sarà qui a breve.»
continuò con un sorriso divertito.
Non finì di pronunciare quelle parole
che iniziarono ad
alzarsi una serie di polemiche che Indra fece terminare con un solo
sguardo, inducendoli a finire le proprie tazze e dirigersi al piano
di sopra per la notte. Si mossero tutti velocemente e quasi in
perfetto sincrono, salendo le scale e dividendosi nel corridoio e fu
in quel momento che Clarke si bloccò davanti alla sua porta
pensierosa.
«Ora che Murphy e Raven sono qui dobbiamo
organizzare di nuovo le stanze?» chiese con
curiosità.
«Mio
padre ha portato di sopra una brandina per Murphy.» rispose
Anya.
«Lui, Roan e Bellamy divideranno la stanza.»
spiegò. «Per quanto
riguarda te e Raven, ho deciso di cedervi la mia stanza.»
«Davvero?» esclamò
sorpresa.
«Siete
in due e non avrebbe senso far dormire Raven su una brandina quando
c'è un letto più che comodo nella mia
stanza.»
«Come sei
magnanima, Anya.» la prese in giro Clarke, consapevole che
quella
gentilezza fosse in realtà riservata solamente a Raven.
Anya
le rivolse semplicemente il dito medio prima di entrare in camera per
prendere il proprio pigiama, mentre Clarke faceva la stessa cosa
nella stanza singola che le era stata assegnata il giorno prima.
«Grazie Anya.» disse infine
Clarke con un sorriso di
gratitudine.
«Diamo la colpa allo spirito del
Natale.»
tagliò corto.
«Diciamo invece che hai un cuore, anche
se
non lo vuoi ammettere.» la prese in giro dandole un bacio
sulla
guancia. «Buonanotte e grazie ancora.»
«Buonanotte,
Clarke.» ridacchiò Anya. «Buonanotte,
Raven.»
«Buonanotte
a te, Anya.»
Si
fissarono per un lungo momento e infine Anya si chiuse in bagno
lasciandole da sole nel corridoio. Mentre un'idea si faceva strada
nella mente di Raven, ma non fece in tempo a pensarci ulteriormente
perché Clarke la spinse dentro la stanza chiudendo la porta
con un
tonfo.
Era
ora di andare a letto altrimenti Babbo Natale non si sarebbe
presentato.
//
Raven si fermò con la mano sul pomello
della porta indecisa se fosse una buona idea quella di entrare in
camera di Anya senza essere stata invitata. Dal momento in cui Clarke
si era addormentata, non era riuscita a chiudere occhio al pensiero
che la ragazza che aveva popolato i suoi sogni per tutto l'anno
stesse dormendo a pochi passi da lei. Non sapeva se fosse una scelta
saggia quella di infilarsi nella sua stanza, ma Raven Reyes non era
conosciuta per la sua pazienza, quindi spinse la porta leggermente,
cercando di pensare alla possibile spiegazione da dare ad Anya.
Contrariamente
a quello che si era aspettata, Anya era sveglia tanto che si sedette
sul letto colta di sorpresa. Quando i loro occhi si incrociarono,
Raven si morse il labbro inferiore attendendo una mossa dall'altra
ragazza e il suo cuore cominciò a battere all'impazzata
quando
questa scostò le coperte di lato in un silenzioso invito.
Attraversò
lentamente la stanza e si sedette sul bordo del letto ancora indecisa
su cosa fare, finché Anya non allungò una mano
per prendere la sua,
intrecciandone le dita e Raven non riuscì a trattenere un
piccolo
sorriso. Rimasero così per un tempo che parve interminabile
prima
che dei rumori provenienti dal corridoio non le costringessero a
focalizzare l'attenzione sulla porta chiusa.
Anya
le fece segno di fare silenzio mentre si alzava e la tirava in piedi
con lei. Si diressero verso la porta e aprendola leggermente e
osservarono delle ombre che si dirigevano verso le scale cercando di
essere silenziose, senza evidente successo. Anya sorrise divertita,
ricordando la tradizione che si era susseguita negli anni e, sempre
stringendo la mano di Raven, decise di seguire suo fratello nel
salotto, che come ogni anno stava provando a scartare almeno uno dei
suo regali.
Quando
Clarke si era rigirata nel letto e la sua mano aveva toccato il posto
vuoto di fianco al suo, si era ritrovata ad aggrottare le
sopracciglia ed ad aprire gli occhi. Il fatto che avesse avvertito le
lenzuola fredde al tatto le aveva fatto presumere che Raven se ne
fosse andata via da tempo. Clarke si era chiesta dove visto che era
nel bel mezzo della notte, ma non se ne era preoccupata poi troppo e
si era diretta in bagno. Quando era uscita e aveva cominciato a
sentire degli strani rumori, si era ritrovata spaventata e per un
secondo aveva pensato al peggio: ladri.
Il
suo cuore aveva cominciato a battere all'impazzata quando i suoni
erano diventati sempre più forti e, proprio quando si era
diretta
verso la stanza di sua madre in cerca di aiuto, un'ombra era apparsa
nel corridoio e Clarke non aveva potuto trattenere un piccolo grido
di spavento, per poi rendersi conto che si trattava solo di Lexa.
«M-mi
hai spaventata a morte!» esclamò portandosi una
mano al petto.
«Che
cosa ci fai in piedi a quest'ora?» le chiese invece Lexa
stringendo
la mazza da baseball che aveva fra le mani.
«Sono
andata al bagno e ho sentito dei rumori così stavo andando a
chiamare Marcus.» le spiegò. «Piuttosto
tu che ci fai nascosta
nell'ombra?»
«Anch'io
ho sentito dei rumori e stavo andando a controllare.»
«Con
quella?» chiese un po' divertita Clarke.
Lexa
si portò una mano dietro la testa un po' imbarazzata
rendendosi
conto di quanto l'idea di battersi con dei ladri da sola fosse
effettivamente stupida.
«Anya
shhh!»
La
voce di Lincoln attirò l'attenzione di entrambe e Lexa si
ritrovò a
roteare gli occhi, rendendosi conto di cosa stesse effettivamente
accadendo al piano di sotto e dandosi della stupida per non averci
pensato prima. Ogni anno, sin da quando erano bambini, Anya e Lincoln
sgattaiolavano al piano di sotto per cercare di scartare almeno uno
dei regali prima che Indra se ne rendesse conto e li rispedisse nella
loro stanza. Andando avanti col tempo la tradizione si era ampliata
sino a coinvolgere anche le sue cugine e da quello che poteva
sentire, Raven, Bellamy e Murphy si erano uniti alla festa.
«Non
c'è nessun ladro.» disse infine, appoggiando la
mazza da baseball
contro il muro. «È una tradizione che hanno
Lincoln e Anya: vedere
se riescono a scartare qualche regalo prima che Indra si
svegli.» le
spiegò.
«Ci
sono mai riusciti?» chiese curiosa.
«Sarà l'età che
avanza, ma Indra inizia ad avere il sonno pesante.»
ridacchiò Lexa.
«Ogni anno ci arrivano sempre più
vicini.»
Clarke
sorrise non stentando a crederci: la donna era chiaramente molto
scaltra e aveva un buon udito, ma era sicura che durante la notte il
sonno la cogliesse profondamente, soprattutto visto le innumerevoli
cose che faceva durante il giorno.
«Vuoi provarci anche tu?»
chiese infine.
Lexa
le sorrise, divertita, ma prima che potesse rispondere, la porta
d'entrata della stanza dei suoi genitori si aprì con uno
scatto e
Indra fece la sua apparizione sulla soglia, facendole quasi
ghiacciare sul posto.
«Sarà il caso che andiate a
dormire.»
disse la donna.
«Mamma...»
provò a dire Lexa.
«A letto Lexa.» le disse con un
sorriso. «Non sembrerà vero ma questo momento
è il migliore di
tutto il Natale.» continuò divertita.
«Possiamo
assistere?» chiese Clarke con gli occhi luccicanti.
Indra
sorrise, facendole segno verso le scale, e Lexa non poté
evitare di
ridacchiare nel vedere la bionda precederla il più
silenziosamente
possibile. Quando raggiungerò il salotto, Lincoln e Anya
erano
riusciti ad aprire uno dei regali – il primo in quasi dieci
anni –
ma il ruggito che Indra rivolse ad entrambi quando fece il suo
ingresso nella stanza, li fece pentire di essere arrivati a tanto.
Clarke osservò la scena con
divertimento, ascoltando Echo e
Ontari dare la colpa di quello che era accaduto ai fratelli Woods,
mentre Bellamy, Roan e Murphy correvano al piano di sopra cercando di
sfuggire alla furia della donna. Quando vennero spediti di nuovo
nelle loro stanze, Indra rivolse a Clarke un piccolo occhiolino e un
sorriso, riempiendole il cuore di felicità all'idea che la
donna la
reputasse un membro effettivo della famiglia.
Quel
Natale si stava rivelando una sorpresa continua e pensare che era
solo l'inizio.
_________________
NoteAutrice:
Eccomi
con il secondo capitolo.
Scusate il ritardo ma le vacanze ci
hanno impegnate tutte, quindi ho fatto il prima possibile.
Ci
saranno altri due capitolo per questa storia, quindi per ora godetevi
questo!
Enjoy and see you soon!
ManuKaikan
|
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Capitolo 3 *** Let it snow, let it snow, let it snow! ***
Cheaper
by the Dozen
Capitolo
3
Let
it snow, let it snow, let it snow!
25
dicembre 2017
Il
profumo di caffè le penetrò le narici e Clarke
chiuse gli occhi,
mentre le persone chiacchieravano e si muovevano per la cucina
cercando di preparare la colazione. Quella mattina non aveva ricevuto
uno dei migliori risvegli, specialmente quando Raven aveva cominciato
a saltare sul suo letto gridando di muovere il culo e scendere di
sotto che c'era una sorpresa ad aspettarla.
Così
era scesa, riluttante, domandandosi cosa potesse aver scatenato
quell’eccitazione in Raven e la vide, la sorpresa: la neve
che
cadeva lenta e silenziosa, avvolgendo il mondo come una coperta di
freddo e ghiaccio. L'aveva sempre trovato rilassante guardare la neve
cadere, perché le ricordava con felicità tutte le
mattine di Natale
quando sua madre riposava dopo un lungo turno notturno e suo padre,
felice e spensierato, la trascinava fuori per costruire un bel
pupazzo di neve.
«Che
ne pensi, Clarke?»
disse Raven dandole una spallata giocosa e stappandola dai suoi
pensieri. «Un
enorme pupazzo di neve o una battaglia di neve?»
«Avete
uno slittino?»
si intromise Bellamy, sporgendosi sul bancone e guardando fuori dalla
finestra. «Sarebbe
bellissimo lanciarsi da quella collinetta.»
«Oggi
è il mio giorno libero, Bell.»
gli fece notare Abby divertita. «Preferirei
non correre all'ospedale perché ti sei aperto la testa in
due.»
«Allora
sarà il caso di tirare fuori lo slittino.»
commentò Raven
ridacchiando.
Clarke
fece la spettatrice passiva di quello scambio di battute, continuando
a sorseggiare il proprio caffè in silenzio ed ad osservare
fuori
dalla finestra. Le chiacchiere ricominciarono rumorose, così
come il
trambusto delle posate nei piatti e Clarke sorrise leggermente nel
vedere i bambini giocare con la neve. Dopo aver mangiato un po' della
propria colazione, si alzò in piedi pronta ad iniziare la
giornata.
«Quindi
quando si aprono i regali?» chiese.
«Sono d'accordo, quando
si aprono i regali, mamma?» domandò Anya, ancora
chiaramente
risentita dal modo in cui Indra le aveva impedito di scartarne un
paio la notte prima.
«Appena
finite tutti la colazione.» le disse. «Anzi, credo
sia il caso che
tu vada a svegliare Lexa.»
«Ma sto mangiando.» si
lamentò
Anya, quando la madre alzò un sopracciglio e si
ritrovò a roteare
gli occhi,
infastidita.
«Vado io.» disse immediatamente
Clarke e quando la ragazza
la fissò con un sorriso divertito, sbuffò
sonoramente. «Non ti sei
appena lamentata che stai facendo colazione?»
ringhiò. «Mangia e
stai zitta.»
Indra
ridacchiò a quelle parole e le fece l'occhiolino, proprio
mentre
Clarke afferrava la sua tazza di caffè e si dirigeva verso
le scale.
Le salì velocemente e proprio mentre girava l'angolo, si
ritrovò a
sobbalzare quando si scontrò con la persona che si stava
dirigendo
verso il bagno. Clarke spalancò gli occhi nel vedere il
maglione di
Lexa completamente impregnata di caffè.
«Dannazione!»
imprecò Lexa istintivamente.
Clarke,
nonostante il
leggero senso di colpa, non riuscì a trattenere una piccola
risata.
«Mi dispiace!» esclamò. «Mi
hanno mandata a svegliarti ed ero
sicura che fossi ancora a letto.» continuò, il
sorriso ancora
stampato sulle labbra.
Lexa scosse la testa ridacchiando. «Va
tutto bene.» la rassicurò.
«Stiamo aspettando tutti te per
aprire i regali.» le fece notare.
«Allora sarà il caso che
vada a cambiarmi.» mormorò, indicando il maglione,
quando vide però
che la ragazza non sembrava intenzionata a lasciarla passare, un
sorriso divertito le spuntò sulle labbra. «A meno
che tu non voglia
rimanere e... guardare?»
Ci fu un momento di silenzio e
Clarke si morse il labbro inferiore, gli occhi che vagavano sul petto
della ragazza, senza riuscire a fermarli.
«Stai sul serio
valutando la cosa?» rise Lexa, strappandola così
dalla sua
contemplazione.
«Cos-no!» si difese
immediatamente Clarke,
le guance in fiamme al pensiero che sì, effettivamente aveva
preso
in considerazione quell'eventualità. «Oh
zitta!» continuò, quando
la ragazza cominciò a ridere. «Vai a cambiarti,
altrimenti apriremo
i regali senza di te.»
Lexa
fece qualche passo verso di lei. «Beh, ma se rimani, tu
avresti
sicuramente un bel regalo.» sussurrò divertita.
Prima
che la ragazza potesse rispondere, Lexa si voltò chiudendosi
nella
propria stanza. Clarke osservò la porta un po' stranita, le
guance
in fiamme e il cuore che le batteva all'impazzata: che diavolo era
appena successo?
//
«Credo
che sia arrivato il momento di cominciare a preparare il pranzo e
ringraziare tutti.» disse Gustus attirando l'attenzione di
tutti i
presenti.
Il salotto era diventato un mare di carta per
regali e scatole vuote, tutti i regali erano ammucchiati in un angolo
e il tappetto era un miscuglio di corpi. Abby scattò
un'altra foto e
sorrise nel vedere Clarke, Bellamy, Octavia e Raven ridere felici in
compagnia dei Woods, e ricordò ancora una volta
perché amasse
quella festività.
«Grazie, Rav.»
esclamò Clarke,
stringendo
l'amica in un grande abbraccio.
«Buon
Natale, Griffindor.» le sussurrò.
«Buon Natale, Reyes.»
le rispose.
Mentre Raven le dava un bacio sulla guancia e la
stringeva forte, Clarke si ritrovò ad incrociare gli occhi
di Lexa
che, dall'altra parte del salotto, stava chiacchierando con sua
sorella. Clarke le rivolse un piccolo sorriso che la ragazza
ricambiò
di buon grado, sollevando la propria tazza e mimandole un dolce:
“Buon
Natale” che
lei restituì con un occhiolino. Doveva ammettere di sentirsi
un po'
in colpa a non averle comprato nulla, anche se sapeva quanto fosse
stupido quel pensiero, del resto lei e Lexa non si conoscevano
nemmeno e visto i precedenti, non era stata nemmeno sicura che
avrebbe presenziato alle festività.
«Smettila di pensare
così tanto o ti esploderà il cervello.»
la prese in giro Raven,
seguendo lo sguardo dell'amica e ridacchiando. «Quindi non
sono
l'unica ad avere un debole per una Woods, mmh?»
«Non so di
cosa tu stia parlando.» rispose velocemente Clarke.
«Stavo solo
pensando al fatto che non le ho fatto nessun regalo, il che
è
piuttosto rude visto che c'è il suo cognome sul
campanello.»
«Sono sicura che se ti impegni, troverai
sicuramente
qualcosa da regalarle.» la prese in giro Raven con fare
malizioso.
«Oh
santo cielo, nemmeno a Natale posso avere un po' di tregua con questa
battute orribili?»
«I
grandi non riposano, Griffin.» le disse. «E sono
sicura che Lexa
sotto quella maglia ha della gran-»
La frase venne bloccata
a metà dal biscotto che Clarke le infilò in bocca
quasi con
prepotenza, facendole spalancare gli occhi e ruzzolare all'indietro
sul tappeto, scatenando le risate di tutte le persone presenti nella
stanza.
//
«Non sono sicura che sia una buona
idea.»
argomentò Clarke, mentre con le sopracciglia aggrottate
seguiva
Raven su per la collina.
«Non fare la guastafeste.»
l'ammonì l'amica.
Quando raggiunsero la cima della collina,
gli altri
erano già radunati di fronte ai tre slittini che Gustus era
riuscito
a trovare nel polveroso e disordinato garage. Bellamy e Murphy erano
seduti su uno, mentre Echo e Lexa stavano bisticciando su chi delle
due dovesse scendere in solitaria. Fu Raven a porre fine a quel
dibattito.
«Io andrò con Echo.»
disse con un sorriso.
«Clarke può andare con Lexa.»
«In
realtà...» disse Clarke, schiarendosi la gola.
«Io farei
volentieri a meno, penso che scenderò a piedi-»
Raven la
spinse senza alcun riguardo sullo slittino e se non fosse stato per
Lexa che puntò il piede sul legno, probabilmente Clarke
sarebbe
rotolata giù. Senza dove aggiungere altro, Echo prese posto
e Raven
seguì il suo esempio, contarono fino a tre ad altra voce e
Clarke le
osservò rotolare, in un misto di urla e risate, dalla
collina.
Qualche secondo dopo Bellamy e Murphy le imitarono, andando a finire
direttamente in quello che all'apparenza sembrava un cumulo di neve.
«Questa non è per niente una
buona idea.» sussurrò piano.
Clarke sobbalzò quando Lexa, eccitata,
si sedette di fronte
a lei. Poteva vedere da quell'altezza tutto il vicinato e stava
iniziando a rimpiangere di aver seguito Raven in quella folle
avventura.
«È
meglio se ti tieni a me.» le disse Lexa, prendendo le redini
della
slitta.
«Ho il sentore che ci
ammazzeremo.» disse con
preoccupazione.
In
quel momento un paio di bambini li superarono, una ragazzina aveva
una slitta di plastica e l’altro … era forse il
coperchio di un
bidone quello? Clarke aggrottò le sopracciglia, mentre altri
bambini
e ragazzi le superavano, urlando e ridendo.
«Tieniti.»
ripeté Lexa.
«Non ci penso neanche!»
esclamò.
«Clarke
a te la scelta.» disse. «Che tu ti tenga o no, io
parto.»
Clarke
spalancò gli occhi. «Cos- NO!»
Era troppo tardi, Lexa puntò i piedi
sulla neve e spinse
verso il basso. Clarke le afferrò la vita con forza, chiuse
gli
occhi e urlò a pieni polmoni, il vento freddo che le
tagliava le
guance e le orecchie come la risata cristallina di Lexa.
«Stringiti
forte!» le ordinò Lexa.
Clarke fece come le aveva detto,
mentre il profumo della ragazza l'avvolgeva come una coperta e si
ritrovò a gridare quando lo slittino impattò
contro qualcosa.
«Io
vi distruggo!» tuonò Anya.
Quando Clarke aprì gli occhi,
capì il motivo per il quale Anya aveva lanciato quel tipo di
minaccia. Nella folle corsa giù dalla collina, Lexa doveva
aver
evidentemente perso il controllo dello slittino,
andando a finire contro il bellissimo pupazzo di neve che sua sorella
aveva iniziato a costruire non appena erano uscite di casa.
«Anya
stavo rischiando di andare a sbattere contro la macchina di
papà.»
si giustificò Lexa, alzandosi in piedi e togliendosi la neve
dalle
mani, prima di porgere la mano a Clarke per aiutarla ad alzarsi.
«Non
è un problema mio!» ringhiò la sorella.
«La mia vendetta sarà-»
Non riuscì a terminare la frase che una
palla di neve la
colpì proprio nel bel mezzo della faccia. Lexa non
riuscì a
trattenere una risata nel vedere Raven che, in tutta fretta, stava
provando ad appallottolandone un'altra, prima che Anya si riprendesse
dalla sgomento e contrattaccasse.
«Battaglia di neve!»
gridò Lincoln, tirando una palla in direzione di Lexa.
Grazie
alla sua agilità dovuta alle ore di allenamento che aveva
passato
sul campo da calcio, Lexa riuscì a schivarla in tempo e
questa andò
a spiaccicarsi sul volto di Anya che gridò di frustrazione.
«Clarke vuoi un consiglio?»
disse Lexa divertita. «Scappa!»
A quel punto il vialetto si trasformò in
un vero campo di
battaglia. Le palle di neve presero a saettare da una parte all'altra
nella totale anarchia. Clarke rise ormai senza fiato, divertendosi a
rotolare nella neve e a nascondersi dietro le auto, mentre i fratelli
Woods non facevano altro che colpirsi senza riuscire a smettere.
Clarke
vide Anya rincorrere Raven, urlandole che non appena l'avrebbe presa
le avrebbe mostrato cosa voleva dire che la vendetta era un piatto da
essere servito freddo. I suoi occhi si posarono su Lincoln che era
stato messo al tappeto da Ontari ed Echo, che seduta sul suo grembo,
gli stava infilando la neve nella maglietta. Poco lontano Bellamy e
Murphy, esausti e con le guance completamente rosse, si erano seduti
sul porticato a chiacchierare, questo finché Roan non era
apparso da
dietro una delle auto e li aveva bombardati di palle.
A
quel punto adocchiò Lexa che si era piegata ad allacciarsi
una delle
scarpe e con un sorriso divertito sulle labbra, Clarke prese un po'
di neve fra mani, appallottolandola in una munizione. Si
avvicinò di
soppiatto, in ginocchio e quando fu abbastanza vicina gliela
lanciò
con tutta la potenza di cui era capace, colpendola dritta dietro al
collo.
Lexa sobbalzò di sorpresa e si
voltò. «Ehi!» disse
indignata, scontrandosi con la risata della bionda. «Fa
malissimo!»
esclamò, creando a sua volta una palla.
«Scusa!»
disse, ma era chiaro dal suo sorriso che non lo intendeva veramente.
Lexa
le lanciò la palla e Clarke si ritrovò a
scappare, non nascondendo
a se stessa che fu assolutamente fantastico e divertente. Non
riuscì
a smettere di ridere per tutto il tempo mentre Lexa la inseguiva per
la strada e fra le auto, minacciandola che se l'avesse presa si
sarebbe trovata con la neve in posti dove di solito non era il caso
averla. Tutte le volte in cui Clarke aveva rallentato per riprendere
fiato, Lexa avrebbe potuto facilmente prenderla, ma non l'aveva
fatto, probabilmente godendosi quel gioco quasi quanto lei.
Così
continuarono a ricorrersi, con Clarke che le lanciava altre palle
-alcune riuscirono anche a colpire l'avversaria – facendo
infuriare
Lexa che aumentò la corsa. Quando si sporse per afferrarla,
Clarke
urlò di sorpresa ed inciampò, finendo con la
ritrovandosi stesa
nella neve, con Lexa che gridava vittoriosa e le si gettava addosso.
Clarke non si arrese senza combattere e le ricoprì il volto
di neve,
facendola tossire e sputacchiare.
«Sembri un cucciolo che
non riesce a stare fermo!» ringhiò Lexa.
«Nessuno
può addomesticarmi!» rispose Clarke con una
risata.
A
quel punto cominciarono ad azzuffarsi e rotolarsi, mentre gli altri
attorno a loro non facevano altro che gridare e ridere.
«Okay,
basta così!» esclamò infine Lexa,
fermandole le mani sopra la
testa.
Rimasero immobili per qualche secondo, mentre Lexa
cominciava a muovere la testa freneticamente per scrollarsi la neve
di dosso. Clarke si mosse irrequieta cercando di sfuggirle ma la
ragazza continuò a muoversi, mentre la neve che le aveva
lanciato
addosso le ricadeva sul volto.
«Volete rimanere da sole?»
la voce di Ontari le riportò alla realtà, le
stava fissando
interessata dal portico.
«Chiudi il becco.» disse Lexa
roteando gli occhi.
«Il pranzo è pronto, quando
avete
finito di amoreggiare raggiungeteci pure.»
continuò la ragazza con
divertimento.
Lexa la fissò intensamente.
«Se ti lascio
andare farai la brava?»
Clarke
annuì lentamente vedendo quegli occhi verdi fissarla con
diffidenza,
infine però si sollevò lasciandola andare. Clarke
ne approfittò
per tirarla di nuovo verso di lei, riversandole in testa tutta la
neve che si era annidata nel capello.
«Sei
una donna di parola, Griffin.»
«Sono
un cucciolo non addomesticato.» le ricordò
ridacchiando.
Rimasero
in quella posizione, gli occhi rivolti al cielo coperto da nuvole
chiare e il respiro che piano piano si normalizzava.
«Ho le
mani congelate.» disse Lexa improvvisamente, scivolando via
dal suo
corpo e lasciandosi cadere al suo fianco.
«Io ho le chiappe
congelate...» commentò Clarke senza pensarci,
quando si rese conto
di cosa aveva detto si voltò a fissarle la ragazza.
Era
così abituata a parlare con Raven in quei termini che le
veniva
istintivo, ma non sapeva come avrebbe potuto reagire una ragazza come
Lexa a tale linguaggio. Rimase piacevolmente colpita quando la
sentì
ridere con gli occhi chiusi, mentre si portava le mani dietro la nuca
e prendeva un profondo respiro. Clarke chiuse gli occhi a sua volta e
sorrise quando sentì la neve cominciare a cadere di nuovo,
infrangendosi sulle sue guance fredde.
//
Il
pranzo e la cena erano andati e venuti e tutti si erano mossi in
perfetta sincronia per aiutare Abby e Indra a sistemare la cucina,
senza litigare e soprattutto facendo il più in fretta
possibile.
Successivamente,
si erano
sposatati in salotto, gli adulti a giocare a carte e bere whisky al
grande tavolo, mentre i ragazzi si erano sistemati sul divano e sul
pavimento per guardare un film.
Il
film era stato presto dimenticato e sostituito dalle chiacchiere
generali, permettendo a tutti di conoscersi un po' meglio e
condividendo aneddoti divertiti riguardati il college. Fu quando
Octavia tornò dal bagno per la terza volta nel giro di
un'ora che
Anya, la quale non perdeva mai l'occasione di prendere in giro ognuno
di loro, fece uno dei suoi soliti commenti.
«Stai passando
più tempo in bagno che qui con noi, non avrai mica un
parassita che
ti spinge sulla vescica costantemente, mmh?» la prese in
giro.
Quando negli occhi di Lincoln passò
quello che poteva
tranquillamente essere definito terrore e Octavia si morse il labbro
inferiore colpevole, tutto il resto della combriccola si zitti
all'istante.
«Porca puttana!»
esclamò Anya a voce un po'
troppo alta. «Mi stai dicendo che-»
Prima che potesse
finire Lincoln le si gettò addosso, mettendole una mano
sulla bocca
per bloccare la frase a metà. Bellamy fissò la
sua gemella con
sguardo sconcertato e Octavia abbassò gli occhi colpevole,
non
sapendo bene che cosa dire.
«Di quanto?» chiese il ragazzo.
«Un paio di mesi.» rispose
piano. «Non volevo tenertelo
nascosto.» aggiunse subito sottovoce. «È
questo il motivo per cui
abbiamo insisto per avere un Natale in cui fossero presenti tutti,
per annunciarlo.»
«Beh, credo che questo sia il momento
giusto.» commentò Clarke con un sorriso
incoraggiante.
«Sì,
concordo.» rispose Murphy. «Sono tutti ubriachi,
quale momento
migliore per dirgli che ti sei lasciata incastrare?»
domandò
divertito.
Raven gli diede uno scappellotto inducendolo al
silenzio, mentre Clarke si alzava in piedi e le tendeva la mano.
Octavia e Lincoln si rivolsero uno sguardo d'intesa e di comune
accordo, senza nemmeno bisogno di parole, arrivarono alla conclusione
che era arrivato il momento giusto per annunciare l'arrivo di un
nuovo Woods-Blake.
«Mamma.»
iniziò Lincoln, fermandosi davanti al tavolo dove i quattro
adulti
erano seduti.
«Papà.» disse con lo
stesso tono Octavia,
guardando intensamente Marcus negli occhi. «C'è
qualcosa che io e
Lincoln vorremmo dirti o meglio dire a tutti voi.»
Ci
fu un lungo momento di silenzio nel quale tutti gli occhi erano
puntati sulla coppia che, in mezzo al salotto, si stringeva la mano
in cerca di conforto reciproco.
«L'anno prossimo ci sarà
bisogno di aggiungere un altro posto a tavola per le feste
natalizie.» cominciò Lincoln.
«E non perché io mi
presenterò non annunciata!» esclamò
Raven, nel tentativo di
alleggerire un po' la tensione.
«Sono
incinta.» sussurrò Octavia. «Ho
aspettato che fossimo tutti
insieme per dirlo, perché volevo che fosse una cosa di
famiglia...»
Ci fu un lungo momento di silenzio e infine Marcus
si alzò
in piedi per stringerla fra le braccia, baciandole il capo e
sussurrandole fra i capelli quanto le volesse bene. Poco dopo la
stessa sorte toccò a Lincoln,
che venne
avvolto dalla braccia di suo padre e successivamente da tutti gli
altri. L'unica che non si alzò fu Indra e quando Lincoln la
guardò,
rimase sorpreso di vedere la freddezza negli occhi di sua madre.
«Mamma io-»
«Farai bene a dargli un nome
importante.» lo interruppe lei, alzandosi in piedi e
avvicinandosi.
«Altrimenti mangerete tutti e tre in garage l'anno
prossimo.» poi
senza aggiungere altro lo strinse al suo petto. «Sono
così fiera di
te, congratulazione di cuore ad entrambi.»
Octavia
non riuscì a trattenere un paio di lacrime dallo scorrerle
lungo le
guance, mentre Bellamy l'abbracciava stretta. Come accedeva ogni
volta, avvolta nell'amore della sua famiglia allargata, si
sentì al
sicuro e ricordò che,
finché erano tutti insieme, avrebbero potuto oltrepassare
qualsiasi
ostacolo.
Dopo le congratulazione ai futuri genitori e
qualche chiacchiera riguardante un possibile matrimonio, gli adulti
erano tornati alla loro partita a carte e i ragazzi al loro film. Ci
fu un'altra intensa discussione su cosa guardare, prima che Octavia
giocasse la carta degli ormoni impazziti e decidesse per tutti. A
quel punto Anya aveva deciso di tirarsene fuori, sfidando Raven a
poker e quello che avrebbe dovuto essere un momento solitario, si era
in realtà trasformato in una sfida a
senza
precedenti quando Murphy, Bellamy, Echo e Ontari si erano uniti a
loro.
Clarke, troppo stanca per la battaglia di neve di
qualche ora prima, si era lasciata cadere sul divano,
soddisfatta e
pronta ad avvolgersi nella coperta. Lexa le si era seduta vicino,
decisa a tenersi il più lontano possibile dalla partita di
carte, o
era meglio dire da quella sorta di bisca clandestina che era stata
messa in piedi, togliendosi le scarpe e appoggiando i piedi sul
tavolino da caffè. Octavia e Lincoln si erano sistemati sul
divano
più grande, più interessati l'un all'altro che al
film, mentre Roan
si era lasciato cadere sulla poltrona con una ciotola di pop con:
come facesse ancora a mangiare, era per tutti un mistero.
A
metà del film, Lexa sentì un peso sulla spalla e
quando si voltò a
vedere di cosa si trattasse, si scontrò con una cascata di
capelli
biondi. Sorrise leggermente sentendo il respiro pesante di Clarke
passare attraverso lo spesso strato del maglione, solleticandole la
pelle, strappandole un piccolo brivido. Decise di non disturbarla e
tornò a guardare la televisione, ma dopo un paio di secondi
i suoi
occhi tornarono a quei riccioli e si morse il labbro inferiore. Il
profumo di Clarke, un misto di cocco e vaniglia, le
accarezzò le
narici e Lexa sentì la testa girarle per un momento.
Che
diavolo le stava succedendo?
Deglutì
piano e riportò l'attenzione sul film, ma come una falena
attratta
dalla luce, i suoi occhi tornarono su quei capelli biondi, sul naso
arricciato, sulle labbra atteggiate in un piccolo broncio e sul neo
vicino al labbro...
«Ho
vinto!»
Il
grido vittorioso di Raven fu così rumoroso che Clarke
sobbalzò e
Lexa evitò una testata dritta sul naso proprio all'ultimo
secondo.
Gli occhi blu della ragazza erano offuscati dal sonno, mentre
guardava il tavolo dove Raven stava eseguendo quella che
all'apparenza sembrava una danza della vittoria venuta male.
«Metti
il culo sulla sedia, Reyes, non abbiamo ancora finito.»
«Oh
no, Woods, abbiamo finito eccome!» esclamò
sventolando i suoi
cinquanta dollari. «Anzi, penso proprio che mi
ritirerò nella mia
stanza.» continuò, fingendo uno sbadiglio.
«Com'è che dicono? Si
dorme meglio in un letto fatto di soldi.»
«Voglio
la rivincita.» disse Anya.
Raven
scosse la testa. «Hai avuto la tua occasione e io sono
stanca, me ne
vado a letto.» tagliò corto.
Quando
raggiunse le scale si fermò, poi con gesto provocatorio
slacciò un
paio di bottoni della camicetta, infilando la banconota nella coppa
del reggiseno. Anya non ci mise molto ad alzarsi in piedi e
raggiungerla, facendo capire molto bene a tutti quello che sarebbe
capitato una volta sparite di sopra.
«Anya comportati bene.»
l'ammonì Indra con lo sguardo.
«Io mi comporto sempre bene,
mamma!» gridò la ragazza salendo gli scalini a due
a due.
Il
rumore successivo fu la risata divertita di Raven e la porta della
stanza che si chiudeva con un tonfo. Lexa roteò gli occhi,
ma
sorrise ugualmente all'idea che sua sorella avesse finalmente trovato
qualcuno che valesse le sue attenzioni e per un momento
sperò che
succedesse anche a lei. Aveva passato i primi anni della sua
relazione con Costia in una sorta di mondo delle favole, dove le cose
andavano sempre bene ed erano molto innamorate. Poi la vita aveva
cominciato a farle vedere che cosa volesse dire affrontare i veri
problemi e se lei aveva provato a combattere per la loro relazione,
Costia aveva preferito farsela scivolare fra le dita.
«Beh,
visto che Anya ha deciso di ritrarsi per la notte.» disse
ironica
Echo. «Penso che andrò anche io a
letto.»
«Penso
sia il caso di andare tutti a letto.» esclamò Abby
alzandosi in
piedi. «È stata una lunga giornata e domani
abbiamo molte cose da
fare!»
«Quali
cose?» domandò Clarke, ancora appoggiata alla
spalla di Lexa e per
niente intenzionata a muoversi da quella posizione.
«Cucinare,
mangiare e sistemare il mio garage.» rispose Gustus con un
sorrisino
divertito. «Non capita tutti i giorni di avere questa forza
lavoro
in casa, ne devo approfittare!»
Gustus
rise quando vide lo sguardo di terrore sugli occhi di tutti gli
adolescenti presenti nella stanza e prima che Lexa potesse registrare
cosa stesse succedendo, li vide sparire tutti al piano di sopra. Fu
in quel momento che Clarke decise di lasciarla andare e di
stiracchiarsi, mentre Indra e Abby cominciavano a sistemare le carte
da gioco.
«Lascia pure mamma, faccio io.»
la rassicurò
Lexa.
«Sì, avete fatto molto oggi,
andate a riposarvi.»
aggiunge Clarke.
I quattro adulti, dopo averle ringraziate e
aver augurato loro la buona notte, si ritirarono al piano superiore
facendo cadere il salotto nel completo silenzio. Lexa e Clarke,
rimaste sole, lavorarono per alcuni minuti, scambiandosi di tanto in
tanto qualche sguardo e qualche sorriso incoraggiante. Ben presto il
tavolo fu sgombro di tutti gli oggetti e quando Lexa si
piegò ad
afferrare anche l'ultimo bicchiere, Clarke vide una cosa che
attirò
la sua attenzione. Dimenticando completamente il concetto di spazio
personale, Clarke passò il polpastrello sul retro del collo
di Lexa,
non meravigliandosi quando questa sobbalzò spaventata.
«Perdonami,
non avrei dovuto è solo che...» si morse il labbro
inferiore. «È
un tatuaggio quello?» chiese.
«È
tua usanza toccare le persone in questo modo?» chiese
divertita
Lexa, quando però vide la ragazza arrossire, aggiunse.
«Sì, Clarke
è un tatuaggio.»
«Ne
vorrei uno anche io.» le confessò. «Ma
non so bene come mia madre
potrebbe prenderla, è sempre stata contraria a questo tipo
di cose.»
sbuffò.
«Effetto
collaterale dell'essere cresciuta con un medico?» le
domandò,
sorridendo nel vedere Clarke annuire e roteare gli occhi.
«Beh,
nemmeno Indra era particolarmente felice della cosa, ma alla fine se
ne è fatta una ragione.» scrollò le
spalle. «Soprattutto quando
sono tornata a casa con questo.»
Clarke
la osservò tirarsi via il maglione con un movimento fluido,
mostrandole il braccio dove spiccava un altro bellissimo tatuaggio.
Fece qualche passo avanti e senza bisogno di chiederle il permesso,
Clarke passò le dita suoi contorni con un sorriso.
«È
bellissimo.» sussurrò, alzando il volto e
fissandola. «Ha un
significato particolare?»
Lexa annuì lentamente e trattenne
il respiro quando il profumo della ragazza le arrivò alle
narici.
«Magari un giorno se sarai fortunata te lo
dirò.» mormorò.
Non
aggiunse altro e con un sorriso sulle labbra, Lexa si
allontanò
verso le scale e sparì. Clarke si ritrovò a
fissarla andare via e
deglutì faticosamente, mentre un sentimento che non
riuscì a
spiegare le scaldò tutto il corpo.
Poteva
dire con assoluta certezza che quel calore non era diretto solamente
al proprio cuore.
_________________________________________
NoteAutrice:
Eccomi
qui con il nuovo capitolo!
Non
so quanto ci vorrà per il prossimo, cercherò di
fare del mio
meglio. Inizio una nuova avventura Australiana e non so quanto
sarò
stanca e in grado di scrivere, ma mi impegnerò!
Spero
che questo vi sia piaciuto, io mi sono divertita un mondo a
scriverlo!
|
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Capitolo 4 *** Last Christmas ***
Cheaper
by the Dozen
Capitolo
4
Last
Christmas
26
dicembre 2017
Dopo
due giorni in quella casa, Clarke avrebbe dovuto essere abituata ai
risvegli traumatici. Quando però Raven le saltò
sulla pancia
strappandole un gemito, si era ritrovata a ringraziare il cielo per
non aver acconsentito all'idea dell'amica condividere una stanza al
college. Nessuna protesta aveva dissuaso Raven ed infine, disperata,
Clarke aveva aperto definitivamente gli occhi, senza però
muoversi
di un solo millimetro. Dalla sua posizione nel letto, Clarke poteva
chiaramente sentire Lexa ed Anya bisticciare nel bagno e
ridacchiò,
almeno non era la sola ad essere tormentata.
«Andiamo
Griff!» esclamò Raven. «Il centro
commerciale ci aspetta e ho una
voglia matta di vedere Pitch Perfect 3.»
«Raven è troppo
presto.» si lamentò.
«Da
quando sei diventata una dormigliona?» chiese l'amica
divertita.
«Da quando non ho avuto un minuto di
tempo per me stessa
negli ultimi tre giorni?» domandò retorica Clarke.
«Lasciami
respirare!»
Prima che Raven potesse ribattere, una Lexa con
in mano il proprio spazzolino e un asciugamano legato attorno al
corpo, fece la sua apparizione davanti alla porta, sbraitando e
inseguendo una Anya piuttosto divertita.
«Avanti Clarke,
viene anche Lexa!» esclamò infine Raven saltando
giù dal letto e
strappandole le coperte di dosso. «Muoviti!» le
comandò.
Clarke
riuscì solo ad infilare la testa sotto il cuscino e
grugnire.
//
Lexa
si sedette comodamente su una delle panchine del centro commerciale,
roteando gli occhi quando Anya, Raven e Echo entrarono nell'ennesimo
negozio. Dopo essere stata minacciata da sua sorella quella mattina,
aveva sperato che la giornata si sarebbe evoluta in maniera diversa.
Invece era stata trascinata in macchina per accompagnare Ontari e
Roan all'aeroporto, poi si era
ritrovata a
pranzare nel ristorante preferito di Anya, infine, si era stata
trascinata in giro per negozi. Se avesse saputo che sarebbe andata a
finire in quella maniera, avrebbe probabilmente combattuto di
più
per rimanere a casa – come avevano fatto Octavia e Lincoln
–
raggiungendo il gruppo giusto in tempo per andare a vedere il film.
Con
lo sguardo un po' perso, si sfilò il telefono dalla tasca
dei jeans
e cominciò a srotolare le cuffie, prima di accendere la
musica
pronta ad isolarsi. Chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere
dalla
melodia, cercando di isolarsi per un po', provando a ritagliarsi
quella pace che sua sorella le aveva portato via. I suoi pensieri
cominciarono a vagare velocemente e proprio quando la quarta canzone
stava per iniziare, sobbalzò di spavento nel sentire
qualcuno che le
sfilava la cuffia dall'orecchio.
Aprì gli occhi e fu
inghiottita dalle iridi blu di Clarke e istintivamente
sollevò un
sopracciglio in cerca di spiegazioni. La ragazza scrollò le
spalle
infilandosi la cuffietta e puntando lo sguardo verso il negozio dove
Anya e Raven si stavano – poteva benissimo intuire che era
quello
che stavano facendo anche da quella distanza – stuzzicando.
Lexa
non disse nulla, sorrise leggermente e tornò a concentrarsi
sui suoi
pensieri, senza però smettere di lanciare delle occhiate
alla
ragazza al suo fianco, domandandosi che potere avesse su di lei per
poter fare tutte quelle cose senza scatenare una brutta reazione.
Dopo quella che parve un'eternità le tre
fecero il loro
ritorno e Lexa non fu sorpresa di vedere Raven con una busta fra le
dita. Troppo immersa nel suo mondo, si perse metà del
dibattito che
Clarke aveva innescato, al quale si aggiunse anche Anya e Lexa
riuscì
a captare solo le ultime parole.
«Vorrai
dire che cosa le ho comprato.» disse sua sorella
ridacchiando. «Ho
pensato che Raven avesse bisogno di qualcosa di rosso per
capodanno.»
«Qualcosa
che potrà sfilarmi allo scoccare della
mezzanotte.» disse Raven con
fare malizioso. «Anche se le ho fatto giustamente notare che
ha già
scartato il suo regalo di Natale.»
«Oh per favore.»
bofonchiò Lexa roteando gli occhi, anche se si poteva
chiaramente
vedere il sorriso sulle sue labbra.
Era felice che Anya
avesse trovato finalmente una ragazza che le tenesse testa, ma
soprattutto che la rendesse felice. Non poteva negare però
di essere
un po' invidiosa, mai nella sua lunga storia con Costia aveva provato
quel tipo di connessione e aveva paura che non l'avrebbe mai trovata.
«Puoi
sempre farlo a me il regalo.» suggerì Echo con un
sopracciglio
alzato in direzione di Raven.
«L'unica cosa che ti darò
sarà
un pugno sui denti.» le rispose a tono Anya.
«Mi
sembra di uscire con dei bambini dell'asilo.»
bofonchiò Lexa.
«Dio mio, è sempre
così allegra?» chiese divertita Raven.
«Non volevo venire.»
tagliò corto Lexa. «Perché mai
dovrei fingere di divertirmi?»
La risata di Clarke al suo
fianco attirò la sua attenzione e Lexa non seppe spiegarsi
il
perché, ma si trovò a sorridere leggermente
quando vide i suoi
occhi blu così scintillanti.
«Dai alza le chiappe,
brontolona.» disse Anya scocciata. «Il film inizia
fra quindici
minuti e ho voglia di popcorn.»
Lexa
sospirò profondamente e aspettò che Clarke si
alzasse prima di fare
la stessa cosa. Ripose il telefono e le cuffie nella tasca dei jeans
e seguì le quattro ragazze che si facevano strada nella
folla. La
fila per comprare i biglietti non fu lunga e Lexa si ritrovò
ad
aspettare, con la spalla appoggiata ad uno dei pilastri, che le
quattro si rifornissero di tutto quello che volevano mangiare durante
il film.
«Tu non vuoi nulla?» chiese
Clarke mentre infilava
delle caramelle a forma di banana nel proprio sacchetto.
«No,
sto bene così, grazie.» rispose Lexa.
«Ho mangiato molto in questi
giorni e non sono potuta andare a correre come faccio di
solito.» le
spiegò. «Ci vuole un po' di sacrificio per tenersi
un corpo come
questo.» disse divertita.
Clarke ridacchiò chiudendo il
sacchetto che aveva fra le mani e facendo un passo verso di lei.
«Beh, lasciatelo dire, è proprio un bel
corpo.» mormorò con un
sorriso malizioso prima di allontanarsi.
Lexa
la fissò andare via con la testa completamente in subbuglio
e si
ritrovò a mordersi il labbro inferiore mentre osservava le
anche di
Clarke muoversi con sensualità. Non riusciva a dare un nome
alla
sensazione alla bocca dello stomaco che sentiva ogni volta che lei e
Clarke facevano conversazione o forse preferiva rimanerne all'oscuro.
Quando
tutte furono soddisfatte dei loro acquisti, cominciarono a prendere
posto nella sala e Lexa fece ben attenzione a sedersi per ultima,
finendo, però, al fianco di Clarke. Quando
incrociò gli occhi di
Raven, il suo sopracciglio alzato e il sorriso giocoso che le
increspava le labbra, le fecero capire perfettamente il
perché
fossero finite lì. Lexa si ritrovò a commentare
le pubblicità con
il resto delle ragazze, ridendo e appuntandosi quali film avrebbe
voluto vedere una volta tornata a Yale. Quando lo schermo divenne
nero e la musica che caratterizzava Pitch Perfect iniziò a
risuonare
nella sala, Lexa si sistemò più comodamente sulla
poltroncina.
A
metà del film, il suo sguardo si spostò su Clarke
che, divertita,
stava commentando una scena fra Beca e Chloe. Il suo sguardo venne
attratto dal sacchetto di caramelle e, mordendosi il labbro inferiore
per trattenere un sorriso, infilò la mano e ne
afferrò una
manciata. Clarke si voltò a fissarla con un sopracciglio
alzato e
proprio come aveva fatto lei mezz'ora prima, Lexa scrollò le
spalle
e alzò un sopracciglio.
Doveva
ammettere però che quelle caramelle erano dannatamente
buone.
//
Il
rientro a casa fu tranquillo e Lexa si era offerta di guidare
così
che Raven e Anya potessero sedersi sui sedili dietro e chiacchierare,
mentre Echo come al suo solito non mancava di deliziarle
tutte con le
sue frecciatine. Una volta entrate in casa, avevano trovato gli
adulti svegli e dopo alcuni convenevoli sulla serata, Indra si era
sentita in dovere di informarle del cambio che aveva effettuato alle
stanze.
Vista
la dipartita di Ontari e Roan, Lincoln e Octavia non avevano
più
bisogno di dormire in garage e data la delicata condizione della
ragazza, era stata assegnata loro la stanza di Anya. Murphy e Bellamy
erano rimasti nella stessa stanza con due letti singoli, anche se
tutti sospettavano che ci fosse qualcosa di molto di più fra
di
loro. Anya e Raven, che invece non erano state per niente discrete,
si erano guadagnate un letto matrimoniale nella stanza degli ospiti.
Anche Lexa e Clarke erano finite per dividere la stanza
poiché, a
detta di Indra, non era il caso di far dormire la bionda su una
brandina quando sua figlia era dotata di un letto sufficientemente
grande per entrambe.
Lexa non voleva ammetterlo, ma dopo
tutte le piccole provocazioni che si erano rivolte nel corso degli
ultimi giorni, si sentiva un po' ansiosa a dividere il letto con
Clarke. Questo era forse il motivo per il quale spese altri dieci
minuti in bagno prima di entrare in camera, trovando la ragazza
già
stesa a letto, la luce sul comodino accesa e il telefono stretto fra
le dita. Lexa si ritrovò a prendere un profondo respiro
prima di
percorrere la distanza che le separava, appoggiò il
contenitore
delle lenti a contatto sul comodino e dopo aver sollevato le coperte
vi ci si infilò sotto.
Il
silenzio le avvolse e Lexa si ritrovò a sobbalzare quando
qualcosa
le toccò l'orecchio. Si voltò immediatamente e
vide Clarke
sorriderle dolcemente mentre le infilava la cuffietta. Lexa si
voltò
su un fianco per evitare che il filo la strangolasse e, dopo aver
sistemato gli occhiali sul volto, si lasciò andare
comodamente sul
cuscino, mentre la musica cominciava ad avvolgerla. Sorrise nel
notare che i loro gusti erano tremendamente simili, anche al centro
commerciale ogni volta che era partita una nuova canzone, aveva visto
Clarke muoversi a tempo della melodia.
“We'll
have driven through the state, we'll have driven through the night,
baby come on.”
Era
la canzone perfetta prima di andare a letto, pensò Lexa e
nonostante
fosse stanca, non riusciva a staccare lo sguardo da quello della
ragazza di fronte a lei.
«Non sapevo portassi gli
occhiali.»
sussurrò Clarke.
«Ci
sono un sacco di cose che non sai di me.» rispose Lexa con un
sorriso.
«Mi piace come ti stanno.»
mormorò. «I tuoi
occhi sembrano ancora più grandi e così
verdi.»
Lexa
sentì il proprio cuore battere all'impazzata a quel
complimento e
quando fece per rispondere, notò che Clarke si era quasi del
tutto
addormentata e sorrise. Lasciò che la voce di Wesley Schultz
dei The
Lumineers l'avvolgesse
e chiuse gli occhi a sua volta, permettendo al sonno di avvolgerla
come una coperta.
Quella
si era rivelata una giornata del tutto inaspettata.
27
dicembre 2017
Viste
tutte le emozioni dei giorni precedenti, gli occupanti della casa
avevano deciso di prendersi la giornata libera. Octavia e Lincoln
erano usciti per stare un po' da soli, gli adulti avevano deciso di
passare un paio di giorni al lago consapevoli che i ragazzi avrebbero
voluto passare il capodanno a qualche festa piuttosto che rinchiusi
in casa con loro. Murphy e Bellamy erano spariti prima che tutti si
fossero anche solo alzarti e Echo aveva deciso di passare la giornata
con una vecchia amica. Morale della favola, Clarke si era ritrovata
completamente da sola a giocare alla play station visto che Raven e
Anya avevano deciso di passare la giornata chiuse in camera a
divertirsi.
Con
un sospiro, Clarke finì di lavare le cose con le quali si
era
preparata il pranzo, valutando che cosa fare dopo. Forse poteva
guardare qualcosa, aveva un sacco di show da guardare ed era troppo
pigra per farlo, quella sarebbe potuta essere la giusta occasione per
recuperare. Dopo aver riposto le cose, afferrò una scatola
di
biscotti al cioccolato e si diresse al piano superiore. Quando
aprì
la porta non si sorprese di vedere Lexa seduta sul letto, gli
occhiali sul naso, il computer sulle gambe e le cuffie nelle
orecchie.
Clarke si sedette al suo fianco osservando e
sorrise nel vedere Lexa fissarla con un sopracciglio alzato, senza
dire nient'altro, le sfilò la cuffia per potere attirare la
sua
attenzione. «Che cosa stai guardando?» le
domandò.
«Un
documentario per l'università.» le rispose.
«Non ho avuto tempo di
farlo prima della fine delle lezioni.»
«Interessante?»
chiese, infilandosi la cuffia nell'orecchio.
«Non
saprei, è iniziato da cinque minuti.» rispose.
«Beh,
allora sarà il caso di rimetterlo da capo.»
commentò sistemandosi
comodamente contro i cuscini.
Lexa
la fissò per un lungo momento, prima di scuotere la testa e
schiacciare il tasto per rimandare il documentario dall'inizio.
Quando il titolo apparve sullo schermo, Clarke si ritrovò a
ridacchiare nel vedere di cosa si trattasse.
«Un
documentario sullo spazio?» domandò divertita.
«Non so nemmeno
perché ne sono meravigliata.»
«Ingegneria
aerospaziale, ricordi?» commentò. «E
nessuno ti sta costringendo a
guardarlo.»
«Oh chiudi la bocca e guarda il tuo
documentario, Woods.» sbuffò Clarke dandole una
spallata.
Sorrise
quando vide Lexa roteare gli occhi, prima di alzarsi per sistemare il
comodino davanti al letto e piazzarci il computer sopra, in modo che
entrambe potessero vederlo. La guardò tornare sul letto e
mettere
play con il mouse wireless che era stato abbandonato sulle lenzuola,
sistemandosi comodamente sui cuscini e ponendo fine al dibattito.
Verso
la fine del documentario la testa di Clarke era finita sulla sua
spalla e Lexa si era trovata a deglutire quando il corpo della
ragazza si era avvicinato così tanto al suo. Una cascata di
capelli
biondi le ricoprì il collo e il respiro caldo di Clarke
cominciò a
infrangersi, lento e regolare, contro il suo mento. Senza potersi
fermare, le scostò un paio di ciocche dal volto per poterla
guardare
meglio, sorridendo nel vedere il piccolo broncio sulle sue labbra e
non riuscendo a non trovarla tremendamente adorabile.
«Clarke.»
mormorò piano, ma la ragazza non emise un solo suono.
Arrendendosi
all'evidenza di non volerla svegliare, Lexa scosse la testa e si
lasciò andare all'indietro, permettendo alla testa di Clarke
di
finire sul suo petto. Mosse piano le gambe e afferrò il
mouse per
mettere su qualcos’altro da guardare, sollevando un
sopracciglio
quando Clarke si mosse nel sonno, afferrandole la maglietta e
stringendosi di più al suo fianco. La sentì
mormorare qualcosa e
istintivamente cominciò ad accarezzarle i capelli come a
volerla
rassicurare e si lasciò andare alla piacevolezza di quel
momento,
mentre il film cominciava.
«Mi
viene quasi da vomitare.» commentò qualche ora
dopo Anya, ferma
sulla soglia.
Raven le diede una spallata giocosa osservando
la sua migliore amica dormire
e Lexa dormire l'una fra le braccia dell'altra, come se non esistesse
nient'altro al mondo se non loro due ed era la cosa più
bella che
avesse mai visto. Clarke ne aveva passate tante in fatto di relazioni
e dopo la sua ultima rottura, non aveva più permesso a
nessuno di
avvicinarsi a lei in quella maniera. Se se Lexa era riuscita a farsi
strada in lei, doveva sicuramente esserci qualcosa di speciale.
«Sono carine.»
commentò infine Raven.
«Sono
sorpresa nel vedere Lexa in una situazione del genere.»
commentò
Anya con le sopracciglia aggrottate. «Anche se sono felice di
costatare che sia passata dall'ascoltare musica malinconica, ad
abbracciare sexy biondine mentre dormono.» quando vide Raven
incrociare la braccia al petto, ridacchiò. «Cosa?
Devi ammettere
che Clarke è molto sexy.»
Raven le afferrò i lembi della
maglietta attirandola verso di sé e fissandola dritta negli
occhi,
prima di schiacciarle la bocca contro la sua togliendole il respiro.
«Clarke è molto sexy, ma tu lo sei di
più.» le sussurrò sulle
labbra prima di lasciarla andare. «Ordiamo cinese per
cena?»
domandò dirigendosi verso le scale.
L'unica cosa che Anya
riuscì a fare fu annuire, domandandosi che cosa l'avesse
investita.
28
dicembre 2017
Una
delle cose che a Lexa mancava di più di casa sua, era il
meraviglioso impianto stereo che suo padre aveva piazzato nel
salotto. Quando si era svegliata, aveva trovato la casa avvolta nel
silenzio ed era stata accolta con un post-it appiccicato sul
frigorifero che le diceva che Anya, Raven e Clarke sarebbero rimaste
fuori sino al pomeriggio, di ordinare qualcosa da mangiare per pranzo
e che lei avrebbe pensato alla cena.
Lexa
aveva deciso di approfittare di quella pace per passare finalmente un
po' di tempo con se stessa. Dopo aver fatto colazione, era uscita per
una corsa, aveva pranzato con una macedonia – era riuscita a
riesumare della frutta in buono stato dal fondo di uno dei cassetti
del frigorifero – e poi si era dedicata alla lettura per
qualche
ora. Quando il libro che aveva scelto l'aveva stancata, si era decisa
a fare una doccia optando per di andare a fare un giro nel quartiere
e magari comprare una cioccolata calda, tutto questo accompagnata da
uno dei vecchi giradischi della collezione di suo padre.
Aveva
lasciato la porta del bagno aperta in modo da poter sentire la musica
e si era presa il suo tempo, felice di poter muoversi liberamente per
casa senza incappare in litigi. Con i capelli umidi avvolti in un
asciugamano, si infilò i calzini, le mutandine e il
reggiseno, prima
di afferrare una camicia dall'armadio, indossandola a tempo di
musica, abbottonano solo un paio di bottini e lasciando la scollatura
quasi del tutto scoperta.
Una
melodia piuttosto familiare si fece strada nella stanza e Lexa si
ritrovò a sorridere mentre i ricordi della sua infanzia
riaffioravano. Chiuse gli occhi per un secondo e nella sua mente
apparve l'immagine di lei, Anya e Lincoln che ballavano in salotto,
cercando di imitare la scivolata con le calze alla Tom Cruise,
finendo per rompere il preziosismo vaso che Indra aveva piazzato sul
tavolo del salotto.
Proprio come allora, Lexa si tolse di
scatto l'asciugamano gettandolo sul pavimento, prima di scivolare
lungo il pavimento con estrema maestria – dovuta a mesi e
mesi di
pratica durante la sua adolescenza – portandosi il tubetto
della
crema alla bocca come se fosse un microfono pronta a mettere su uno
show.
«Just
take those old records off the shelf, I'll sit and listen to 'em by
myself.»
cominciò a cantare muovendo i fianchi. «Today's
music ain't got the same soul, I like that old time rock 'n' roll!»
Si diresse verso il centro della stanza muovendo i
piedi con
padronanza e agitando la testa, permettendo ai capelli di oscurarle
la vista per un momento.
«Don't
try to take me to a disco.»
gettò il tubetto sul letto e con una giravolta
afferrò la spazzola,
portandosela alla pancia e impugnandola come una chitarra, facendo
finta di suonarla. «You'll
never even get me out on the floor.»
saltò sul letto continuando a fingere di suonare, prima di
buttare
di sotto e atterrare sulle ginocchia. «In
ten minutes I'll be late for the door! I like that old time rock 'n'
roll!»
Chiuse
gli occhi muovendosi avanti e indietro, permettendo alla schiena di
toccare quasi il pavimento, prima portarsi la spazzola alla bocca,
completamente persa nel suo mondo.
«Still
like that old time rock 'n' roll, that kind of music just soothes the
soul ooh.»
Quando
aprì gli occhi di nuovo, quasi finì per terra nel
notare la persona
che era ferma sulla soglia della sua stanza con uno sguardo
completamente scioccato.
«Clarke!» esclamò
alzandosi in
piedi e gettando via la spazzola come se fosse infuocata.
«Ch-che ci
fai qui, non dovevate tornare nel pomeriggio?»
Vide
Clarke mordersi il labbro inferiore, mentre puntava lo sguardo sulla
camicia che si era aperta durante la danza, mettendo in mostra il suo
reggiseno di pizzo blu. Lexa si apprestò a chiuderla con un
gesto
secco, con le guance che si colorarono di rosso per l'imbarazzo, ma
non era sicura che fosse perché Clarke aveva appena dato uno
sguardo
al suo seno o per il balletto a cui aveva appena assistito.
«Se
non dirai niente ad Anya, io non le dirò che sbavi mentre
dormi.»
le disse infine.
La bocca di Clarke si aprì in
un'espressione scioccata a quelle parole e Lexa si aspettò
quasi che
la contraddicesse, asserendo che lei non sbavava, ma infine la
ragazza abbassò le spalle sconfitta.
«Abbiamo un accordo,
Woods.» disse infine Clarke, mentre un sorriso le dipingeva
sulle
labbra. «Devo ammettere che hai un bel po' di talento, Tom
Cruise ne
rimarrebbe impressionato.» continuò divertita.
«Clarke!»
Quella
fu l'unica cosa che Lexa riuscì a pronunciare mentre le sue
guance
prendevano di nuovo fuoco.
29
dicembre 2017
Un
ronzio insistente disturbò il suo sonno e quando Lexa sbatte
gli
occhi, faticò a ricordarsi dove si trovasse, ma
poté sentire
chiaramente delle voci provenire fuori dalla stanza e
sospirò forte.
Chiuse di nuovo gli occhi, per niente pronta a uscire e affrontare un
altro match fra Echo e Anya, soprattutto mentre sentiva così
caldo e
qualcosa e a quel pensiero le fece aggrottare le sopracciglia.
Poteva sentire qualcosa di caldo e morbido
schiacciato contro
il proprio stomaco, mentre qualcos’altro le solleticava il
naso.
Sbatté di nuovo gli occhi e venne investita da una pioggia
dorata,
rendendosi finalmente conto in che posizione si trovava. Anche se lei
e Clarke si erano addormentate ai lati opposti del letto, in qualche
modo erano riuscite ad avvicinarsi e una delle sue mani stava
stringendo uno dei seni della ragazza, mentre il sedere della bionda
era schiacciato contro le sue pelvi.
La faccia di Lexa prese
fuoco immediatamente, e il cuore cominciò a batterle
furiosamente
nel petto, ma rimase immobile. Se si fosse mossa avrebbe rischiato di
svegliare Clarke e questo avrebbe comportato ancora più
imbarazzo,
ma si tese quando la ragazza mormorò qualcosa nel sonno e si
spinse
ancora più indietro, strappandole un piccolo gemito.
«Lexa,
Griffin, la colazione è pronta!» la voce di Raven
la fece
sobbalzare.
Prima che potesse sfilare la mano dal seno che
ancora stringeva saldamente, Clarke si tese leggermente,
stiracchiandosi e Lexa sperò che si aprisse una voragine e
la
inghiottisse all'istante.
«Se
volevi dare una sbirciata, avresti potuto chiedere.» disse
Clarke
divertita.
Lexa
si morse il labbro inferiore non riuscendo a fermare quella piccola
voce nella sua testa che le rammentava che sì,
più di una volta
aveva pensato di dare una sbirciata approfondita. Non era di certo
colpa sua se Clarke non faceva altro che indossare sempre quel genere
di magliette che inducevano tali pensieri.
«Forse sei tu che
non aspettavi altro che io dessi una sbirciata.» rispose a
tono.
Clarke ridacchiò scuotendo la testa.
«Non ho mai sostenuto
il contrario.»
Stranamente,
quella
risposta fece cadere l'imbarazzo e Lexa le lasciò andare il
seno,
poco prima che Raven entrasse non annunciata nella stanza.
«Andiamo, alzate le chiappe!»
esclamò la ragazza. «Anya
ha fatto i pancake!»
Lexa si voltò di scatto verso di lei.
«Quelli con le banane?» quando vide la ragazza
annuire, saltò
fuori dal letto. «Alzati Clarke! Anya ha fatto i
pancake.» esclamò
«Ho già mangiato dei pancake,
Lexa.» rise divertita
Clarke.
«Non
hai mai assaggiato i suoi.» le disse sporgendo in fuori il
petto,
osservando la ragazza chiudersi in bagno.
Raven rise a quel
teatrino prima di lasciare la stanza e Lexa ne approfittò
per
afferrare il proprio telefono dal comodino, aggrottando le
sopracciglia quando vide un messaggio e soprattutto chi l'aveva
inviato: Costia.
Erano giorni che il pensiero della sua ex
ragazza non la sfiorava minimamente, era quasi come se non fosse mai
esistita. Strinse forte la mascella e contrariamente a quello che le
stava dicendo il cervello, aprì il messaggio.
“Ehy,
Lexie, anche se in ritardo volevo augurarti un Buon Natale a te e
alla tua famiglia. Ti andrebbe di prendere un caffè al
ritorno dalle
vacanze? Credo proprio che dovremmo parlare... mi manchi.”
La presa sul proprio telefono si fece
così ferrea che le
nocche le divennero bianche. Prima di riuscire a fermarsi,
afferrò
velocemente i vestiti che aveva lasciato sulla sedia la sera prima e
li indossò con movimenti meccanici, proprio mentre Clarke
usciva dal
bagno.
«Niente pancake?» chiese
confusa Clarke quando la
vide pronta per uscire.
Lexa scosse la testa e si chiuse in
bagno, lasciandola immobile e senza parole a pochi passi dal letto.
Clarke aggrottò le sopracciglia, mentre il suo sguardo
veniva
attratto dal telefono che Lexa aveva lasciato sul materasso e
mordendosi il labbro inferiore, si sporse per sbirciare il messaggio
che era rimasto aperto.
Sobbalzò
quando la porta si aprì di nuovo e Lexa la raggiunse per
infilarsi
il telefono nella tasca, afferrando le chiavi dell'auto e i propri
occhiali.
«Va tutto bene?»
domandò Clarke con
preoccupazione.
Lexa annuì piano cercando di calmare il
battito frenetico del proprio cuore, prima di sorriderle. «Ho
dimenticato di aver qualcosa di molto urgente da fare e-»
«E
vuoi che dica ad Anya che la ringrazi per i pancake?»
terminò
Clarke con un piccolo sorriso.
«Sì, sarebbe davvero
fantastico se potessi.» le rispose Lexa facendo qualche passo
verso
di lei. «Grazie tante, Clarke.» sussurrò
baciandole una guancia.
Non aggiunse nessun'altra parola, uscì
velocemente dalla
stanza e Clarke la seguì subito dopo, riuscendo
semplicemente a
vedere la porta dell’entrata che si chiudeva con un tonfo.
Con un
sospiro, Clarke si diresse in cucina ricambiando il sorriso che Anya
le rivolse, sedendosi su uno degli sgabelli.
«Dov'è
Lexa?» chiese Anya.
«Ha detto di essersi dimenticata di
fare una cosa molto importante.» rispose Clarke rimanendo sul
vago e
scrollando le spalle.
«Più importante dei suoi
pancake
preferiti?» chiese con un sorriso.
Clarke
non le rispose, aspettò pazientemente che Anya le passasse
il suo
piatto, pronta a godersi la sua colazione. Anche fra un boccone e
l'altro, la sua mente non riusciva a smettere di pensare a Lexa e a
come un solo messaggio avesse avuto il potere di sconvolgerla in
quella maniera.
«Chi è Costia?»
chiese tutt’a un tratto.
Anya alzò di scatto lo sguardo.
«Come fai a sapere questo
nome?» domandò e quando Clarke non rispose,
lasciò cadere le
posate nel piatto. «Ha forse chiamato? Clarke?»
«Le ha
mandato un messaggio.» rispose bevendo un sorso di succo
d'arancia.
Quando Anya strinse forte la mascella, Clarke
capì che quel
nome comportava qualcosa di molto profondo.
//
Lexa
rientrò solo a notte inoltrata e quando si diresse in
camera, Clarke
era già a letto profondamente addormentata. Cercò
di essere la più
silenziosa possibile nel cambiarsi, lavarsi e infilarsi fra le
coperte al fianco della ragazza. Sospirò pensando a quanto
fosse
psicologicamente stanca per aver guidato tutto il giorno senza una
metà, sino a finire in un bar,
dove aveva passato il resto della serata.
La sua testa era
piena di confusione e non aveva la più pallida idea di che
cosa
pensare o,
tanto
meno,
come
agire. Non aveva risposto a Costia, ma non aveva fatto altro che
scrivere e cancellare un'infinità di messaggi, indecisa se
schiacciare il tasto di risposta o meno, alla fine non l'aveva fatto.
Nemmeno passare del tempo da sola l'aveva aiutata a capire.
Sopirò
di nuovo e chiuse gli occhi imponendosi di dormire, ma soprattutto
cercando di spegnere il cervello. Fu solo quando la mano di Clarke,
calda e rassicurante,
trovò la sua sotto le coperte, che si lasciò
andare a sufficienza
per permettere al sonno di coglierla.
Quel tocco era tutto
quello di cui aveva bisogno.
30
dicembre 2017
Clarke
la conosceva da poco, ma aveva capito che Lexa era una persona a cui
piaceva il suo spazio. Quando quella mattina – poco prima
dell'alba
- si era svegliata per andare al bagno e aveva notato l'assenza della
ragazza al suo fianco, si era resa conto che probabilmente Lexa non
aveva chiuso occhio tutta la notte. Dopo aver fatto il nome di Costia
ad Anya, il resto della giornata era stato abbastanza strano per
tutti, soprattutto quando Lexa non era tornata nemmeno per cena.
Anya
non le aveva dato nessuna informazione riguardo quella ragazza, le
aveva semplicemente accennato che era una persona appartenente al
passato di Lexa e che le cose fra loro non erano finite nel migliore
dei modi. Clarke aveva subito unito i puntini arrivando alla
conclusione che avevano avuto una storia e si erano lasciate, e che
probabilmente il comportamento scontroso di Lexa quando si erano
conosciute era stato probabilmente dovuto a quello.
In ogni
caso, dopo essersi girata e rigirata nel letto per un tempo
interminabile, Clarke si era arresa all'idea di non riuscire a
riaddormentarsi, non con la preoccupazione che aveva per Lexa. Era
scesa di sotto e si era preparata una tazza di the, sedendosi
comodamente sul divano e guardando qualche puntata di The Good Place
a voce molto bassa.
Proprio
quando stava per cominciare il quarto episodio, la porta d'entrata si
aprì e una Lexa con il fiatone, le guance rosse e un
cappello di
lana sulla testa fece il suo ingresso. Clarke si alzò a
sedere
compostamente, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso quando i
loro occhi si incontrarono, ma trattenne il respiro quando il suo
sguardo si puntò sulla mano di Lexa.
«Lexa!» esclamò
alzandosi in piedi di scatto, osservando il sangue gocciolare sul
pavimento. «Che cosa hai fatto?» chiese prendendole
la mano nella
sua e osservando il taglio.
«Ho avuto un piccolo incidente
mentre tagliavo la legna.» rispose la ragazza.
«Stavo per-»
«Siediti.» le ordinò
Clarke trascinandola verso il divano.
«Non ti muovere.»
Corse al piano di sopra e verso la stanza
che sua madre e Kane avevano occupato durante quelle feste,
dirigendosi verso l'armadio e aprendo l'anta di scatto. Da bravo
medico quale era, Abby Griffin non viaggiava mai senza il suo kit del
pronto soccorso e Clarke non ci mise molto a trovarlo, afferrandolo e
tornando immediatamente al piano di sotto. Proprio come le aveva
ordinato, Lexa era rimasta seduta sul divano, si era semplicemente
tolta la giacca e il cappello, lo sguardo perso nel vuoto.
Clarke
si sedette sul tavolino da caffè in modo da essere di fronte
a lei,
prima di scavare nel kit in cerca del disinfettante e di alcune
bende. Facendo attenzione a non farle male, le pulì il
sangue e
spinse la garza contro il taglio, prima di pulirlo con il
disinfettante senza mai alzare gli occhi ad incontrare quelli di
Lexa.
«Sei
fortunata, non è molto profonda.» disse,
senza
riuscire a trattenere un piccolo sospiro di sollievo.
«Ringraziamo
il cielo.» mormorò Lexa. «Altrimenti la
Nasa non mi prenderebbe
mai come stagista.» ironizzò.
«Non
è divertente!» esclamò Clarke con
sguardo carico di
preoccupazione.
«Clarke-»
«Avresti potuto farti seriamente male,
Lexa!» disse
fasciandole con attenzione la mano e facendo del suo meglio per non
farle male.
Lexa
abbassò lo sguardo colpevole, mordendosi il labbro
inferiore. «Mi
dispiace.» replicò con sincerità.
«Ho tanti pensieri per la testa
e non so cosa fare, mi sento così inutile.» le
confessò dopo un
lungo momento di silenzio.
La
mano di Clarke trovò immediatamente la sua guancia,
forzandola a
guardarla dritta negli occhi, mentre il pollice le accarezzava
teneramente la pelle. «Da quel poco che ti conosco, mi sembri
una
persona piuttosto forte e che sa molto bene quello che vuole dalla
vita, Lexa.» le sussurrò. «E troverai
strano sapere che mi
infastidisce molto il saperti convinta di essere inutile.»
«Allora
perché non riesco a fare chiarezza nei miei
pensieri?» le domandò
con un filo di voce. «Perché non riesco a capire
cosa voglio o cosa
è giusto per me?»
«Siamo
tutti confusi e ognuno di noi non sa cosa vuole, ma non per questo
siamo inutili.» le rispose con dolcezza. «Sei una
delle ragazze più
forti che ho avuto il piacere di incontrare, Lexa.»
Fu in
quel preciso momento, quando i suoi occhi si posarono
involontariamente sulle labbra di Clarke, atteggiate in un dolce
sorriso che Lexa capì perfettamente quale fosse il problema.
In solo
otto giorni, Clarke si era fatta strada nella sua corazza,
ascoltandola, facendola ridere e accudendola. Nessuno al mondo oltre
la sua famiglia, l'aveva accudita in quella maniera, facendola
sentire al sicuro.
Subito
tutti i pezzi del puzzle tornarono al loro posto e per un momento si
ritrovò spiazzata alla consapevolezza che quella che
avvertiva nella
mente e nel cuore non era confusione, ma frustrazione. Il messaggio
di Costia l'aveva aiutata a capire, come una sorta di terremoto che
le aveva scosso la terra sotto i piedi e aperto gli occhi: le piaceva
Clarke.
Clarke,
con i suoi occhi blu e le fossette. Clarke, con i suoi bellissimi
capelli biondi e la risata cristallina. Clarke,
con la sua dolcezza e il suo prendersi cura di lei.
Mai
nella sua vita qualcuno era diventato tanto importante così
rapidamente, abbattendo tutte le sue barriere e facendosi strada nel
suo cuore senza preavviso, ma Clarke era diversa.
Clarke
era speciale e in quel momento si rese conto di esserne terrorizzata.
________________________________
NoteAutrice:
Chiedo
perdono per l'immenso ritardo, ma fra i miei impegni e quelli della
beta, abbiamo fatto del nostro meglio. Non c'è molto da dire
in
realtà, il nuovo capitolo verrà messo online il
prima possibile o
almeno così spero XD
Grazie
della pazienza, see you soon!
|
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Capitolo 5 *** This is the new year ***
Cheaper
by the Dozen
Capitolo
5
This
is the new year
31
dicembre 2017
Lexa
non si era mai definita una persona da festa, anzi, aveva sempre
preferito di gran lunga divertimenti di altro genere che non
comprendessero alcool e musica a tutto volume. Per quello quando Echo
era tornata a casa - dopo l'ennesimo pomeriggio passato in compagnia
di alcuni amici – esclamando che erano state tutte invitate
ad una
festa, Lexa aveva storto la bocca. Anya ovviamente non le aveva
permesso nemmeno di pensare all'eventualità di rimanere a
casa e
questo l'aveva infastidita ancora di più.
Quando
però si era ritrovata seduta sul proprio letto, ad osservare
Raven e
Clarke che si preparavano per la serata, aveva cominciato a pensare
che forse essere trascinata a quella festa non era poi una cattiva
idea. I suoi occhi si puntarono sulla ragazza bionda che, davanti
allo specchio, si stava muovendo a tempo di musica applicando un
leggero filo di trucco sugli occhi.
Era
spacciata.
Non
aveva fatto altro che fissarla come se Clarke fosse una sorta di dono
divino e ogni volta che la ragazza si voltava e le sorrideva, Lexa
sentiva il proprio cuore saltarle in gola e cominciare a battere
all'impazzata. Non le era mai capitato prima e non aveva idea di come
comportarsi, quindi si limitò a fissarla con un sorriso
ebete sulle
labbra.
Lo
aveva stampato sulle labbra da quando si era svegliata con Clarke
schiacciata contro il suo petto e stava sospettando che le sarebbe
caduta la mandibola a breve se non avesse smesso. Sobbalzò
quando
Anya si sedette al suo fianco urtandola con la spalla, strappandola
dalla sua contemplazione e mostrandole con un ghigno divertito.
«Se
continui a fissarla così, prima o poi la
consumerai.» la prese in
giro.
Lexa
non rispose, riportò l'attenzione sulle due ragazze e
sospirò
piano. «Sono nei guai, Anya.» sussurrò
infine.
«Lexa eri
l'unica a non aver capito di essere cotta di Clarke.»
«Non
sono cotta.» disse immediatamente. «Ma è
indubbiamente da
togliere il fiato.» sussurrò osservando la ragazza
in questione
muovere i fianchi e cantare in sincrono con Raven.
«È bellissima e
il suo sorriso mi fa battere il cuore come non mi è mai
successo
prima.» fece una piccola pausa quando Anya
ridacchiò. «Non una
parola.»
Anya le diede una spallata sorridendo.
«Costia non
era quella giusta Lexa.» disse. «Vi siete amate,
avete avuto una
bella storia, ma è ora di andare avanti.» prima
che la ragazza
potesse rispondere, aggiunse. «Non pensare che sia troppo
presto,
fra voi due era finita da tempo, ci hai messo solo di più
per
riconoscerlo.» mormorò.
Lexa non rispose,
ma
assimilò le parole di Anya nel profondo,
rendendosi conto di quanto fossero vere. Le cose fra lei Costia
avevano smesso di funzionare molto prima della rottura, semplicemente
non aveva voluto accettare la sconfitta. Non stava dicendo di volersi
gettare in qualcosa con Clarke, però era pronta a darsi
un'occasione
per provare ad essere felice di nuovo.
«Un
po' come te con Raven?» le chiese infine.
Anya ridacchiò
osservando la diretta interessata con un dolce sorriso.
«Raven è
qualcosa di inaspettato, ma allo stesso tempo di così bello
che non
voglio privarmene.»
«E
come farete quando ricominceranno i corsi?»
domandò Lexa.
Raven
frequentava l'università a Yale insieme a Clarke e Anya si
trovava a
chilometri di distanza, ma se conosceva sua sorella, era sicura che
la distanza sarebbe stata l'ultimo dei suoi problemi.
«Troveremo
una soluzione.» rispose Anya con una scrollata di spalle.
«È la
cosa più bella che mi sia mai capitata, non me la
lascerò
sfuggire.» aggiunse prima di alzarsi in piedi e metterle una
mano
sulla spalla. «E non dovresti nemmeno tu.» disse.
Non ci fu
bisogno che specificasse di che cosa stesse parlando, lo sguardo di
Lexa si posò immediatamente su Clarke e le sfuggì
un piccolo
sorriso, pensando che forse quell'invito non era stato poi una
cattiva idea. Lanciò uno sguardo all'orologio rendendosi
conto che
erano di gran lunga in ritardo sulla tabella di marcia e dovevano
ancora cenare, se fossero arrivate dopo l'orario stabilito era sicura
che Echo non avrebbe smesso di lamentarsi.
«Mentre
voi finite di prepararvi che ne dite se vado a prendere una
pizza?»
disse ad alta voce cercando di superare il rumore della musica.
L'unica risposta che ricevette fu pollice alzato da
Raven e
un sorriso da sopra la spalla da Clarke, cosa che per un momento le
fece tremare le gambe. Scosse la testa e dopo aver afferrato il
portafoglio, le chiavi dell'auto e aver indossato le scarpe,
uscì
dalla stanza pregando di trovarle pronte al suo rientro.
//
Dopo
aver cenato, Lexa era riuscita addirittura a chiamare sua madre e
successivamente Lincoln, il quale, insieme ad Octavia, aveva deciso
di concedersi una bella serata con la fidanzata per festeggiare
l'anno nuovo. Avevano affittato una stanza in un hotel nel centro che
avrebbero occupato dopo aver osservato i fuochi nella grande piazza
insieme ad altre migliaia di persone. Se non fosse stata per la
presenza di Clarke, probabilmente anche Lexa avrebbe preferito
passare un capodanno del genere, ma quando la ragazza era uscita dal
bagno pronta per andare alla festa, si era resa che non poteva
lamentarsi.
Clarke indossava una gonna – forse
considerarla
gonna era eccessivo – un paio di stivali che le arrivavano al
ginocchio, una camicetta bianca con qualche bottone slacciato sul
davanti a mostrare il suo reggiseno nero, mentre i capelli erano
acconciati in una treccia che permetteva di mostrare il suo volto sul
quale aveva applicato un leggero trucco.
Dopo essersi
assicurata che tutte fossero pronte, Lexa si era proposta come
guidatore designato per la serata, consapevole che qualcuno di loro
avrebbe dovuto rimanere sobrio per portarle a casa sane e salve.
La
festa era proprio come Lexa l'aveva immaginata: rumorosa, piena di
persone e con tanto alcool. Non c'era voluto molto perché
Anya e
Raven sparissero nella folla in cerca di Echo o per Clarke di
raggiungere Bellamy e Murphy interrompendo la loro pomiciata spinta
nell'angolo della sala e per Lexa di rimanere sola. L'unica cosa che
Lexa riuscì a fare fu sospirare mentre si dirigeva al tavolo
dove
erano sistemate tutte le bibite. La serata sarebbe stata abbastanza
lunga, poteva concedersi un paio di birre.
Come
accadeva sempre anche durante i party universitari ai quali era
andata negli ultimi anni, Lexa si ritrovò seduta su uno dei
divani
con propria bottiglia di birra ancora del tutto piena. Echo l'aveva
intercettata al tavolo delle bibite e dopo averla presa sottobraccio
l'aveva trascinata a conoscere una quantità di persone
inimmaginabile, amici e conoscenti, di cui Lexa non ricordava nemmeno
il nome. Quando finalmente l'aveva lasciata andare, Lexa era
scivolata in un posto più tranquillo, osservando la folla
con
discreto interesse.
Non c'era voluto molto perché
individuasse Clarke, proprio come una falena attratta da una luce
alla quale non riusciva a fare a meno. Aveva passato la maggior parte
del tempo ad osservarla danzare divertita con Murphy e Bellamy, il
sorriso sulle labbra che non l'aveva abbandonata nemmeno per un
secondo, questo finché una ragazza di bell'aspetto si era
avvicinata
e aveva cominciato a parlarle all'orecchio. A quel punto Lexa aveva
aggrottato le sopracciglia e si era raddrizzata sul divano per
guardarle meglio, stringendo la mascella quando Clarke aveva riso a
qualcosa che la sconosciuta le aveva sussurrato nell'orecchio.
Stava
quasi per alzarsi, non sicura di come comportarsi quando si
ritrovò
a scontrarsi contro Anya, sobbalzando sorpresa. Aggrottò le
sopracciglia nel vedere lo sguardo dipinto sul volto di sua sorella e
si ritrovò a roteare gli occhi ancora prima che questa
potesse dire
una sola parola.
«Chi ti ha ucciso il gatto?» le
chiese
Anya con un sorriso divertito.
«Non ho niente.» disse
prendendo un sorso della propria birra.
Il
suo sguardo che si posava su Clarke e la ragazza che l'aveva
approcciata, fece capire a Anya che c'era un problema e
sospirò
forte.
«Non
sembrerebbe.» disse con un sopracciglio alzato. «Se
non ti piace il
modo in cui quella biondina sta ballando con Clarke, tira fuori le
palle e fai qualcosa al riguardo.» bofonchiò.
«Non ho intenzione
di vedere quella faccia per il resto della serata!»
continuò
dandole una spallata e facendole quasi versare tutta la birra.
«Ma
che ti prende!» ringhiò Lexa cercando di mantenere
l'equilibrio.
«Muovi il culo e vai a prenderti la tua
donna prima che lo
faccia qualcun altro.» tagliò corto Anya, prima di
sparire di nuovo
nella folla diretta verso il tavolo delle bibite.
Lexa
sospirò profondamente e scosse la testa, cercando di non
dare peso
alle parole di sua sorella, ma quando i suoi occhi si posarono di
nuovo sulle due ragazze in pista, si ritrovò a bere tutta la
birra
in un sorso. Si morse il labbro inferiore nel vedere la ragazza
attirare Clarke al suo petto e accarezzarle le braccia con
sensualità
e Lexa sentì un nodo di gelosia stringerle lo stomaco a
quella
visione.
Finì la propria birra in un solo sorso e
infilò la
bottiglia nelle mani di uno dei ragazzi al suo fianco, non
preoccupandosi di spiegargli. Quando raggiunse la pista, tenendo la
gelosia sotto controllo, si fermò alle spalle di Clarke e le
passò
le braccia attorno alla vita attirandola contro il suo petto,
sorridendo quando vide l'altra ragazza aggrottare le sopracciglia
confusa.
«Continua
a ballare.» le sussurrò contro l'orecchio.
Sentì Clarke
tremare fra le sue braccia per la frazione di un secondo, mentre
continuava a muovere i fianchi lasciandosi andare alla musica. Lexa
percepì Clarke schiacciarsi contro di lei, strofinando il
sedere
contro le sue pelvi, costringendola a stringerle forte la vita e
cercare di ingoiare il gemito che stava per sfuggirle dalle labbra.
Quello sembrò intensificare gli sforzi di Clarke che mosse
la mano
ad afferrare il retro del collo di Lexa, attirandola verso di lei e
muovendo i fianchi con lentezza esasperante.
Lexa la strinse
di più e senza controllarsi affondò il naso nei
suoi folti capelli
biondi aspirandone l'odore, mentre Clarke le graffiava la nuca e la
spingeva con più forza contro di lei. Lexa non
riuscì a trattenersi
e appoggiò le labbra sulla sua spalla, strappando un piccolo
gemito
a Clarke.
«Lexa...»
Improvvisamente
Clarke si voltò stringendole le braccia al collo,
inchiodando gli
occhi ai suoi le sue iridi blu le scavarono dentro con
un'intensità
tale che Lexa si sentì mancare il respiro. Si fissarono per
un tempo
interminabile ma, proprio quando Lexa si sentì coraggiosa
abbastanza
da sporgersi per baciarla, qualcuno la strappò dal loro
incantesimo.
«Mi dispiace interrompere tutta questa
tensione, ma devo
rubare Clarke per un paio di minuti.» disse Raven con un
piccolo
sorriso, afferrando il braccio della sua amica e trascinandola via in
mezzo alla folla.
Lexa le osservò sparire nella folla,
passandosi una mano nei capelli alla consapevolezza di quanto fosse
stata vicina a baciarla e il cuore che le batteva forte nel petto era
la prova di quanto quella vicinanza la influenzasse profondamente.
Contrariamente a quello che si era ripromessa, decise che aveva
bisogno di un altro drink per calmare il fuoco che stava ardendo
dentro di lei.
//
Clarke
aveva cercato di liberarsi il prima possibile di Raven – che
l'aveva trascinata via per presentarle una persona che avrebbe potuto
aiutarla con la sua tesi – e senza perdere tempo era corsa in
cerca
di Lexa, imprecando sottovoce quando non la vide in mezzo alle
persone che riempivano il salotto. Non fece in tempo a gettarsi alla
sua ricerca che qualcuno le toccò la spalla per attirare la
sua
attenzione, ritrovandosi a specchiarsi negli occhi scuri di Anya e
nel suo piccolo sorriso.
«Sei stai cercando il tuo principe
azzurro.» disse con tono divertito. «È
andata al piano di sopra,
non chiedermi a fare che cosa.» mise subito in chiaro.
«Ma mi ha
detto di avvertirti se avessi avuto la fortuna di incontrarti, quindi
fossi in te mi sbrigherei.»
Clarke le rivolse un sorriso
felice e le diede un veloce abbraccio, guadagnando un'espressione di
disgusto prima di correre verso le scale che portavano al piano
superiore. Controllò che Lexa non fosse nella fila che si
era
formata davanti al bagno per poi continuare per la sua strada,
notando che c'era una porta che sembrava essere stata lasciata aperta
e senza riuscire a spiegarsi il motivo si fece avanti. Spinse l'uscio
e aggrottò le sopracciglia nel notare la stanza
completamente buia,
ma vide immediatamente la figura in piedi davanti alla finestra e ci
mise un solo attimo a riconoscerla.
«Mi
dispiace.» disse raggiungendola. «Raven mi ha
present-»
La
frase si bloccò a metà quando Lexa le
appoggiò le dita sulle
labbra per farla smettere di parlare e Clarke si ritrovò a
tremare
nel trovarsi ancora una volta così vicina a lei e Lexa le
sorrise.
Clarke la guardò tirare fuori il proprio cellulare, mentre
una
leggera musica cominciava ad avvolgere la stanza buia e Lexa le
afferrò le mani portandosela al collo.
«Balla
con me.» le sussurrò.
Contrariamente alla canzone sensuale
che avevano ballato al piano di sotto, questa era calma e romantica e
Clarke si lasciò trasportare dal leggero ondeggiare.
The
sun is setting
And you're right here by my side
And the movie
is playing
But we won't be watching tonight
Clarke
sorrise accarezzando dolcemente la nuca di Lexa e permettendo alla
musica di accarezzarle, sentendo chiaramente il baccano dei
festeggiamenti alzarsi di volume ogni minuto che passava, segno che
la mezzanotte si stava avvicinando.
«Every
look, every touch.»
cantò piano Lexa.
«Makes
me wanna give you my heart.»
si morse il labbro inferiore guardando Clarke negli occhi. «I'd
be crushin' on you, baby...»
Clarke
fece correre le mani dal suo collo al suo volto. «'Cause
I never knew, I never knew
You could hold moonlight in your
hands.»
mormorò. «'Til
the night I held you, you're my moonlight.»
Lexa
le sorrise dolcemente, voltando la testa per baciarle il
polpastrello. «I
kiss her fingertips, as
I'm wishing she's all mine.»
«Lo
sarò se vuoi che lo sia.» sussurrò
Clarke appoggiando la fronte
contro la sua.
Lexa
chiuse gli occhi per qualche secondo, lasciando che Ariana Grande
continuasse per qualche altro verso, prima di fissarla nuovamente con
intensità.
«Puts
her lips on my
neck, makes me want to give her my body.»
rabbrividì quando le labbra di Clarke si posarono davvero
sul suo
collo, succhiandolo leggermente. «I'd be
fallin' for you, baby
and I just can't stop...»
ansimò quando i denti della ragazza le succhiarono la pelle.
«10!
9! 8!»
Lexa sobbalzò nel sentire il
conto alla rovescia echeggiare nella stanza e strinse Clarke al suo
petto, sorridendole dolcemente e strofinando il naso contro il suo.
«7! 6!
5!»
Clarke
ricambiò il sorriso e, lasciandosi cullare dal suo odore
così dolce
e rassicurante, accarezzandole le spalle attraverso la camicia che
indossava.
«4,
3, 2!»
Lexa
trattenne il respiro nel vedere gli occhi di Clarke brillare nella
penombra nella stanza e le sue guance rosse di emozione. Era il
momento della verità e il suo cuore sembrava sul punto di
esplodere.
«1!
BUON ANNO!»
«Buon anno,
Clark-»
La frase venne bloccata a metà dalle
labbra di
Clarke che si chiusero sulle sue con dolcezza e Lexa sospirò
nella
sua bocca, appoggiandole i palmi aperti contro la schiena e
stringendola al petto. Al piano di sotto i festeggiamenti
rieccheggiavano sempre più rumorosi, ma le ragazze erano
totalmente
immerse nel loro mondo fatto di labbra che si cercavano, di gemiti
che sfuggivano e di mani che artigliavano l'una i vestiti dell'altra.
(Si
era rivelato, senza dubbio, il miglior capodanno di sempre.
//
Lexa aveva davvero provato a cercare sua sorella
nella folla per avvertirla, ma non l'aveva trovata da nessuna parte e
il fatto che Clarke non avesse fatto altro che baciarle il collo,
sussurrandole all'orecchio cose che avrebbe probabilmente ricordato
per sempre, l'aveva portata ad una decisione drastica: lasciare alla
festa.
Anya e le altre erano tutte ragazze adulte e come
tali
potevano certamente chiamare un taxi per tornare a casa, del resto
era capodanno anche per lei e aveva tutta l'intenzione di festeggiare
nel migliore dei modi. Era proprio quello che stava facendo quando
spinse Clarke contro la porta di casa Woods, le labbra contro il suo
collo e le mani ad accarezzarle la schiena sotto la maglietta.
Clarke non ci mise molto a sospirare ed appoggiarle
la mani
sulle spalle, fermando i suoi movimenti e Lexa alzò lo
sguardo verso
di lei, le guance rosse e l'espressione preoccupata.
«Non
dobbiamo fare niente che tu non voglia.» mise subito in
chiaro con
un filo di voce.
«Oh no, no, voglio.»
mormorò Clarke
maliziosa, accarezzandole le labbra. «Ma non sarebbe meglio
spostarci in un posto più comodo?» chiese.
Lexa non le
rispose a parole, la prese fra le braccia strappandole un grido
sorpreso e Clarke le legò le braccia al collo, baciandola
con
sensualità mentre la ragazza la portava su per le scale. La
porta
della stanza si chiuse dietro di loro con un rumoroso tonfo e Lexa
sorrise sulle labbra di Clarke quando la schiena di quest'ultima
toccò il materasso.
I baci divennero sempre più
appassionati e anche le mani cominciarono a muoversi più
freneticamente sopra i vestiti e fu in quel momento che Clarke si
rese conto della tensione nei gesti di Lexa.
«Ehi...»
sussurrò piano accarezzandole il volto. «Va tutto
bene?»
«Sì,
io-»
«Stai tremando, Lexa.» le fece
notare. «La regola
vale anche per te, non dobbiamo fare niente che tu non
voglia.»
«Lo voglio!» esclamò
quasi immediatamente. «Solo che...
sono stata intima con una sola persona per molto tempo.»
«Quanto
tempo?» chiese Clarke alzando un sopracciglio.
«Molto
tempo.»
ribadì con una piccola risata.
«Quindi sono un po' tesa, ma santo cielo se lo
desidero...»
«Lascia
fare a me.» sussurrò la ragazza spingendola via e
facendola
atterrare sulla schiena. «Ti fidi di me?» le chiese
strisciando sul
suo corpo e fermandosi ad un millimetro dalle sue labbra.
«Mi
fido di te, Clarke.» rispose con il fiato corto.
L'unica
risposta che Clarke le diede fu un sorriso malizioso e le labbra che
si poggiarono alle sue, zittendola e facendole girare la testa. Lexa
le infilò
le dita fra i boccoli biondi, lasciandosi andare forse per la prima
volta nella sua vita.
I minuti passarono più lentamente di
quanto si fosse aspettata, la luce della luna che filtrava dalla
finestra illuminava il velo di sudore che luccicava sul petto nudo di
Lexa, mentre inarcava la schiena tra le lenzuola e gemeva. La testa
di Clarke si muoveva con un ritmo lento fra le sue gambe e Lexa
afferrò con una mano la testata del letto, mentre
l’altra finì
nella cascata di capelli biondi che le solleticavano la pancia,
chiuse gli occhi e le si bloccò il respiro.
Clarke risalì
lungo il suo corpo, leccandole la pelle accaldata e chiudendole la
bocca con la sua, mentre la mano si infilava di nuovo nel mare caldo
che erano le sue cosce. Lexa ansimò sulle sue labbra quando
due dita
si fecero strada dentro di lei e le strinse forte le spalle, cercando
qualcosa a cui aggrapparsi.
«Sei bellissima.»
sussurrò con
riverenza Clarke, scostandole una ciocca di capelli dal volto per
poterla guardare meglio. «Sono qui, Lexa, lasciati
andare.» disse.
«Vieni per me.»
«Clarke... oddio!» gemette
chiudendo di
scatto gli occhi e lasciando che il piacere la cogliesse.
Poteva
sentire Clarke ovunque, su di lei, dentro di lei, sotto la sua pelle
e soprattutto nel suo cuore.
//
Un rumore indistinto al
piano di sotto disturbò per un solo secondo il sonno delle
due
ragazze, prima che Lexa si sistemasse meglio fra le braccia di
Clarke, nascondendo il volto nel suo collo e sospirando di
beatitudine. Non aveva nessuna intenzione di muoversi dal letto, non
dopo quello che era accaduto la notte precedente e le aveva tenute
sveglie sino alle prime ore del mattino, sino a quando, spossate e
appagate, non erano crollate.
Lexa sorrise quando sentì le
dita di Clarke accarezzarle la schiena nuda e non riuscì a
resistere
alla tentazione di baciarle lo sterno, prima di sistemarsi meglio nel
suo abbraccio. Cullata dal respiro lento e regolare di Clarke, Lexa
era quasi sul punto di assopirsi nuovamente quando le labbra della
ragazza si posarono sulla sua fronte.
«Sei così calda.»
sussurrò Clarke.
«È
una cosa che ho sentito parecchio ieri sera.» la prese in
giro Lexa,
sorridendo quando la ragazza scoppiò a ridere.
«Lexa?»
«Mmh?»
«Solo perché tu lo sappia, non
rimpiango
nulla di quello che è accaduto ieri notte e
stamattina.»
Lexa
appoggiò una mano aperta sul suo petto nudo, osservandola
con
curiosità accarezzandole la pelle calda. «Nemmeno
io.» rispose
piano.
Clarke la fissò per un lungo momento
consapevole di
avere molte cose di cui parlare, ma in quel momento non le importava.
Le sorrise felice chinandosi verso di lei pronta a sigillare quelle
confessioni con un bacio, quando la porta si spalancò di
scatto.
«Sarà
meglio che alzi immediatamente le chiappe dal-»
Qualsiasi
cosa Anya stesse per dire si spense lentamente fra le mura della
stanza quando i suoi occhi si puntarono sul sedere nudo di Clarke che
spuntava dalle coperte. Lexa si voltò di scatto,
stringendosi il
lenzuolo al petto e così facendo scoprì ancora di
più Clarke che
gridò di sorpresa e prima dire qualcosa, Raven fece il suo
ingresso.
«Griffin sapevo che eri una stronza, ma
questo è andato
oltre le mie aspettativ-oh!»
disse mentre un sorriso le si dipingeva fra le labbra.
«Beh,
buon anno Lexa.» ghignò Anya incrociando le
braccia al petto.
«Adesso so perché te ne sei andata e ci hai
costrette a fare
l'autostop per tornare a casa.»
«Volete
cortesemente uscire?» ringhiò Lexa sistemando il
lenzuolo su
entrambe.
Anya
si voltò a guardare Raven la quale scosse la testa
leggermente.
Quelle due erano fuggite nel bel mezzo del party lasciandole
completamente ubriache e sole a trovare un modo per tornare a casa.
Erano state fortunate ad aver incontrato Echo che, in compagnia di
Niylah, aveva dato loro un passaggio.
«Non avevate detto di
essere stanche?» gridò Echo salendo velocemente le
scale.
«Anya.»
ringhiò Lexa.
Non
voleva che Echo la vedesse in quella situazione, non ne avrebbe mai
sentito la fine altrimenti, ma l'unica cosa che Anya fece fu
scrollare le spalle e farsi da parte. Echo cominciò a ridere
divertita quando vide le due ragazze nel letto e si scambiò
un
cinque con Raven, prima di tirare fuori il telefono e scattare una
foto.
«Ontari mi deve venti dollari.»
mormorò divertita.
«Lincoln
me ne deve cinquanta.» aggiunse Anya.
«Fuori di qui!»
gridò Lexa tirando alle tre un cuscino.
Anya lo afferrò al
volo ridendo e Lexa cominciò a cercare i suoi vestiti o
qualcosa da
indossare, per poterle cacciare con le sue stesse mani.
«Da
quanto tempo hai un neo sulla chiappa sinistra, Griffindor?»
chiese
Raven pensierosa.
«Porta il tuo culo fuori di qui,
Reyes!»
ringhiò Clarke e questa volta la spazzola che aveva preso
dal
comodino andò a segno.
La porta si chiuse velocemente e Lexa
si lasciò cadere sul letto portandosi le mani al volto,
mortificata,
sobbalzando quando la bocca di Clarke si chiuse sul suo collo
strappandole un piccolo gemito.
«Dove eravamo rimaste?» le
chiese con tono malizioso.
Lexa
rise stringendola forte pronta a riaccendere il fuoco che si era
spento solo qualche ora prima, desiderosa di farsi sentire da tutti
gli occupanti della casa e, giusto per far loro dispetto, avrebbe
fatto in modo di essere più rumorosa del solito. Quando
però Clarke
le sorrise con dolcezza, accarezzandole il volto e baciandola
dolcemente, Lexa dimenticò tutto il resto.
Lexa
era sicura che quello sarebbe stato un buon anno e aveva la
sensazione che avrebbe continuato in quella maniera per molto tempo a
venire.
________________
NoteAutrice:
So
che siamo ormai a Marzo, quindi capodanno è passato da un
pezzo, ma
da quello che so in Italia fa freddo e forse arriva di nuovo la neve,
quindi alla fine non sono poi così lontana, no?
A parte gli
scherzi, il nuovo lavoro mi sta prosciugando (tipo adesso sto
scrivendo le note con un bambino che fa i capricci nelle orecchie) ma
ci sono riuscita! Ora, so che la Clexa week è finita da un
pezzo e
se avessi avuto più tempo probabilmente avrei partecipato,
ma uno
dei temi mi ha colpito in faccia e ho già scritto 7 pagine.
Vi
do solo un indizio, il tema era: accidental stimulation e con questo
vi lascio!
See you soon, I love you all!
ManuKaikan
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