Hola Papa Héctor

di LadyGio99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malattia ***
Capitolo 2: *** Incontro (Prima parte) ***
Capitolo 3: *** Incontro (Seconda parte) ***
Capitolo 4: *** Incontro (Terza parte) ***
Capitolo 5: *** Risveglio (Prima Parte) ***
Capitolo 6: *** Risveglio (Seconda Parte) ***
Capitolo 7: *** Stelle e sogni (Prima Parte) ***



Capitolo 1
*** Malattia ***


Adoro scrivere ma questa mia passione, specialmente in periodi di esami come questo, raramente riesco a sfruttarla. Ho tante storie nel cassetto che vogliono uscire fuori e Coco rientra tra queste. Adoro il rapporto tra Miguel e Héctor e dopo aver visto il film mi sembrava d'obbligo scrivere su loro due. Non so dire quanto sarà lunga questa fiction e tanto meno se riuscirò a pubblicare i capitoli regolarmente ma mi impegnerò al massimo per questa storia.
Prima di iniziare la lettura vorrei fare delle precisazioni: 
1) Nonostante l'ambientazione è sempre in Messico, questa storia resta un AU, infatti Héctor, Imelda e il resto della famiglia sono vivi.
2) Le parentele sono cambiate. Ve ne accorgete leggendo.
3)Ho scelto di approfondire i personaggi secondari dando a quest'ultimi alcune sfumature.
4) Anche se non c'è nelle note, avverto una possibile presenza OCC. Da parte di Rosita, Victoria e i due gemelli. Sono stati approfonditi poco nel film quindi ho scelto di dar loro un carattere diverso, sopratutto a Victoria.
5) Ci saranno dei momenti incentrati sulla coppia Héctor x Imelda e qualche personaggio nuovo.
6)Ho tutta la storia in testa, devo solo buttarla giù.
 
Detto questo, buona lettura e spero che la fiction vi piaccia.
 
LadyGio99

HOLA PAPA HÉCTOR 

1

MALATTIA


 

Rosita e Héctor irruppero velocemente nella casa e salirono le scale. Al secondo piano, c'erano le camere da letto e loro cercavano quella di Miguel.La donna spalancò la porta e diede una veloce sistemata alla cama del bambino, togliendo tutti i libri che il dodicenne aveva usato quella stessa mattina e lasciò che Hector lo infilasse sotto le coperte bianche.

Imelda intanto, dalla cucina, raggiunse suo marito come un fulmine. Aveva visto Hector rientrare con il bambino tra le braccia ed era corso via, senza dare spiegazioni. Anche il resto della famiglia aveva notato qualcosa ma era rimasta al suo posto, chiedendosi cosa aveva reso Héctor e Zia Rosita così agitati.

Imelda balzò nella stanza ma suo marito e la donna non fecero caso a lei.

In pochi secondi avevano messo la stanza Miguel sottosopra.

Chiamò nuovamente Héctor e sua sorella ma per loro, lei era come un fantasma.

"Cosa sta succedendo?" esclamò Imelda trattenendo la voce furiosa che voleva uscire, esigeva immediatamente una risposta. Odiava quando la escludevano in situazioni del genere.

“Rosita serve dell'acqua fresca!” ordinò “Vado e torno!” disse la donna uscendo a passo veloce dalla camera di Miguel.

Hèctor passò davanti a Imelda e lei ne approfittò per prenderlo dalle spalle e costringerlo a dirgli cosa stava succedendo “Ti decidi a parlare?” "Non è il momento!" rispose Héctor con la voce affannata"Non ti azzardare a parlarmi così altrimenti io..." un grido gli uscì dalla bocca dopo aver visto il piccolo Miguel giacere nel suo letto come un morto.

Era pallido, alcuni ciuffi neri si erano attaccati alla fronte, gli zigomi erano rossi come il sangue e gli occhi socchiusi non dicevano niente di buono. La bocca era semi aperta e da quella piccola fessura usciva a malapena un soffio d'aria. Imelda spinse via Héctor e cadde in ginocchio vicino al suo chico. Portò le mani intorno al viso del bambino, accarezzando le guance gonfie con delicatezza, lo chiamò tante volte ma Miguel non accennava a rispondere.

La pelle scottava e dalla bocca usciva un filo di saliva

"Dios mío" balbettò la donna in preda al panico.

“Miguel apri gli occhi! Sono io, Imelda” parlava con dolcezza ma Miguel non sembrava migliorare, qualsiasi cosa aveva, lo stava uccidendo.

Le mani scivolarono da sole lungo il collo rosso del bambino, la donna non riusciva più a reggere quella visione.

"Héctor che cosa significa!" si alzò di scatto e tornò a gridare contro l'uomo “Cosa è successo a Miguel?” nella sua voce oltre alla rabbia, c'era anche tanta paura.

Suo marito le prese le mani e con coraggio, trovò le parole giuste per rispondere a Imelda.

Héctor non conosceva molto dell'accaduto per questo, si limitò a raccontargli ciò che aveva visto "Quando noi tre siamo usciti, questo pomeriggio, ci siamo diretti verso il mercato per comprare delle spezie. Miguel ha visto un gruppo di musicisti esibirsi. Gli ho dato il permesso di andare a vedere così si è allontanato e dopo, non è più tornato. Io e Rosita siamo andati a cercarlo e l'abbiamo trovato svenuto davanti ad un vicolo. Alcuni passanti l'hanno soccorso ma Miguel non rispondeva e così l'abbiamo portato a casa".

In quel momento tornò Rosita con una ciotola di legno tra le mani che porse subito ad Héctor. L'uomo ne immerse uno straccio e appena fu abbastanza bagnato, lo posò sulla fronte di Miguel. Il bambino rabbrividì sentendo del freddo sulla pelle bollente.

Gli uscì un guaito e Héctor prese la mano del malato, stringendola “Non preoccupati chamaco, ci sono io vicino a te” tentò di rassicurarlo mentre la voce gli tremava.

Imelda aiutò Rosita che nel frattempo, si era messa alla ricerca di altre coperte da mettere sopra il piccolo Miguel.

Rifletté sul racconto del marito per poi rendersi conto che lui e sua sorella avevano sbagliato nel portarlo a casa. "Perché non da un dottore!" fece Imelda "L'abbiamo fatto" precisò Rosita mentre sistemava alcune coperte che era riuscita a recuperare. "Ma c'era così tanta gente che non ha nemmeno trovato il tempo di visitarlo. Tuttavia ha detto di passare lo stesso".

Imelda andò immediatamente su tutte le furie sentendo la testimonianza di Rosita.

“Non ha voluto visitarlo? Questa cosa è inammissibile! Adesso andrò io a visitarlo!” prima di lasciare la stanza del bambino, Héctor l'afferrò per un braccio e la trascinò verso di se. “No mi amor!” disse “Non devi affaticarti, resta a casa e riposati” la donna tirò uno schiaffo sulla mano del marito che le stringeva il braccio “Non resterò chiusa qui dentro senza far nulla!” si incamminò verso l'uscita, seguita da Héctor che tentava di farle cambiare idea “Non dirmi cosa devo fare!” lo minacciò la moglie mentre scendeva rumorosamente le scale.

Giunta davanti la porta, fece per aprirla ma l'uomo con uno scatto si posizionò davanti alla donna, impedendogli di fare un altro passo “Ti prego ascoltami!” la supplicò Héctor incrociando le mani “Perché non vuoi che esca! La vita del nostro chico è in pericolo ed io ho il diritto di aiutarlo!”.

Nacque una piccola litigata finché non fu la sorella maggiore di Imelda a fermarli “Si può sapere cos'è questo baccano?” domandò ai due coniugi Zia Victoria infastidita dai loro litigi “Miguel sta molto male!” la informò Héctor “Cosa?” gli occhiali a mezza luna le scivolarono lungo il naso e si scompose del tutto.

La notizia arrivò anche ad Oscar e Felipe “Sta male?” esclamarono in coro dalla cucina.

“Ma ieri scoppiava di salute!” affermò Victoria “Tutta colpa tua! Lo porti sempre in giro anche quando fa freddo!” continuò lanciando critiche assurde contro Héctor il quale, non riuscì a trattenersi dopo aver sentito quelle falsità. Spostò Imelda per incontrare faccia a faccia Victoria “Non provare a parlarmi così altrimenti io...” “Altrimenti?” lo provocò la donna con arroganza, non aveva mai visto Héctor di buon occhio e non perdeva occasione di stuzzicarlo. L'uomo, nonostante aveva fatto l'abitudine al comportamento di Victoria, non se la sentì di rimanere in silenzio dopo quelle accuse che mettevano in gioco la salute di Miguel.

“Chi ti credi di essere?” domandò trattenendo sempre una parte di se che voleva scoppiare “Una che sta dicendo la verità” rispose incrociando le braccia al petto.

I gemelli conoscendo il carattere della sorella maggiore, tornarono ad apparecchiare la tavola senza rinunciare a delle veloci sbirciate. 

“Stammi a sentire, puoi dirmi tutto quello che vuoi ma sappi che io...” le parole si frantumarono nella bocca prima ancora di uscire.

L’uomo per placare la sua rabbia verso Victoria strinse i pugni fino a sentirsi le mani pulsare per il dolore. Voleva urlargli in faccia tutto quello che gli passava per la testa ma adesso, nei suoi pensieri c'era solo Miguel. E in più, non poteva comportarsi così davanti a Imelda.

Così, per rispetto verso sua moglie e per il bene di Miguel, decise di lasciar perdere.

“Non voglia di litigare con te” ringhiò alla donna che continuava a restare impassibile come una statua. Solo verso la fine fece un sorriso divertito. Aveva vinto a questo gioco ancora una volta.

 Héctor le lanciò un’occhiata amareggiata e dopo, si diresse al secondo piano mentre il resto della famiglia lo osservava in silenzio. Si fermò a metà strada “Cenate senza di me. Non ho fame” era diventato improvvisamente freddo e distaccato da tutti. 

“Povero Miguel” mormorò Oscar mentre il fratello recitava in silenzio il Padre, Figlio e Spirito Santo.

“Metto a riscaldare un po’ di latte caldo” disse Victoria dirigendosi ai fornelli “Per questa notte propongo dei turni” versò il latte in una piccola pentola e tolse dal fuoco quella che conteneva la zuppa di verdure, preparata da lei e Imelda quel pomeriggio. 

“Ma dobbiamo essere in forze quindi venite a mangiare” li richiamò per cenera come faceva la loro mamma quando erano piccoli. 

I gemelli e Victoria si sedettero intorno al tavolo tondo ma Imelda non si unì a loro. Lei si affacciò alla finestra opaca per guardare fuori. Il buio aveva inghiottito la città e per le strade, si intravedevano delle ombre che si muovevano come fantasmi. Nonostante vivevano in un quartiere poco popolato, non era prudente uscire di notte. Sospirò e sperò di vedere il dottore il più presto possibile.

Decise di non restare a mangiare con i suoi fratelli, preferì seguire suo marito.

Sapeva dov'era andato. 

 “Imelda vieni a cenare con noi” la chiamò Victoria “Io adesso voglio andare da Miguel. Non me la sento di stare a tavola” confessò con disagio, era di tradizione mangiare tutti i pasti della giornata con i propri famigliari.

“Va bene ma è fuori discussione restare a digiuno” prese dalla credenza due ciotole e versò in entrambe la zuppa “Questa è per quel buono a nulla di Héctor” fece presente la donna alla sorella.

Sospirò, era così forte eppure, non riusciva a placare quel rapporto che si era creato tra Héctor e Victoria.

Imelda prese le ciotole bollenti e cominciò a salire lentamente le scale, temendo di far cadere la zuppa. 

Camminò lentamente e in alcuni momenti, si concesse di ascoltare i calci della piccola creatura che riposava  nel suo grembo, l'unica cosa che riusciva a dargli un po’ di gioia in una serata del genere. 

La porta era aperta e Imelda non si fece problemi ad entrare. Trovò suo marito parlare con Rosita, provò a sentire l'ultima parte della conversazione ma parlavano così piano che era impossibile capire qualcosa.

“Puoi andare adesso” disse alla fine Héctor a Rosita.

 La donna annuì e dopo aver rivolto ad Imelda uno sguardo malinconico, lasciò la stanza. Rimasero solo Héctor, Imelda e il bambino malato. Miguel si era finalmente addormentato e l’uomo aveva provveduto a cercare di farlo stare meglio. Dietro la testa gli aveva messo un altro cuscino e adesso il letto di Miguel era sotterrato da tante coperte.

Hector prese  uno sgabello di legno e si sedette vicino a Miguel. Si tolse il suo cappello di paglia e lo  posò su un piccolo comodino dove il chico conservava i suoi oggetti.

Imelda chiuse gli occhi e ispirò. Quando si trattava di Miguel, Héctor era sempre in prima fila, perdeva facilmente il controllo.

L'uomo non staccava lo sguardo dal bambino. Sperava con tutto il cuore un suo risveglio, voleva vedere aperti i suoi occhi castani e sentire la sua voce.

La donna stufa di restare sul ciglio della porta, si avvicinò a suo marito, depose vicino al capello le ciotole contenenti la zuppa e  posò le mani sulle spalle di Héctor.

L’uomo sentì un brivido ma dopo si trasformò in un calore piacevole.

“Ti ho portato da mangiare” “Non ho fame” tagliò corto Héctor “E poi l'ha cucinato la tua adorabile sorellina quindi ho un'altra ragione in più per non mangiarlo”.

La donna sbuffò “Sei sempre il solito! Ti comporti come un bambino!” “Ho solo detto che non mi va di mangiare” ripeté di nuovo l’uomo bagnando lo straccio che aveva usato per far raffreddare il corpo di Miguel.

Si susseguirono minuti di silenzio finché non fu la donna a prendere di nuovo parola.

 “Mi dispiace per come ti ho trattato prima” si scusò Imelda. Lei era una persona molto emotiva e in alcuni casi esagerava, di questo ne aveva assolutamente coscienza. Suo marito non si trovò d'accordo.

Per quanto riguardava Victoria, non se la sentì di aprire un discorso e lasciò perdere.

“Io devo chiederti scusa invece” Héctor le accarezzò una mano “Sono io quello che deve occuparsi di Miguel, nel bene e nel male. Tu hai già il tuo lavoro e non voglio che ti affatichi troppo con la gravidanza” “E io non voglio sentirti dire cose del genere!” lo bloccò Imelda “ Siamo una famiglia e nessuno abbandonerà il nostro chamaco. Tutti abbiamo imparato a volergli bene anche se non ha il nostro stesso sangue.

Dopotutto, è questo lo spirito di una vera famiglia no?”.

Mise le braccia intorno al collo di Héctor e affondò il suo viso tra i capelli neri e mossi. Quando era accanto a lui, si sentiva protetta e soprattutto, riusciva a dargli conforto.

L’uomo accarezzò la fronte di Miguel, la temperatura fortunatamente si era abbassata. 

Ma allora, perché non riprendeva conoscenza?.

Héctor amava Miguel.

L'amava così tanto che vederlo in quello stato, era peggio di una pugnalata al cuore.

Un fitto dolore cominciò a nascere dallo stomaco e pian piano, iniziò a farsi sempre più intenso. Héctor per attutire quel male si portò le mani sul punto dolorante e abbassò lo sguardo per non mostrarsi sofferente davanti alla moglie. 

“Non disperati” Imelda lo attirò verso di sé “Marido mio andrà tutto bene” lasciò che Héctor posasse il viso sul suo ventre gonfio. Prese ad accarezzarlo, cercando di fargli dimenticare i brutti momenti che aveva recentemente passato. 

Héctor si sentì in paradiso sentendo il avvertendo tocco della moglie. Anche il  bambino fece ascoltare al suo futuro padre qualche calcio. L'uomo serrò gli occhi.

Stava per arrivare una persona importante nella sua vita e nel frattempo, qualcuno stava cercando di portargli via Miguel.

“Perché il dottore non è qui?” mormorò ad un certo punto.

Si aggrappò a sua moglie  vedendola come la sua unica ancora di salvezza “Se non arriva io l'ammazzo…” gli scappò dalla bocca senza riflettere su quello che aveva detto. Héctor era un uomo troppo buono per pensare davvero su cose del genere. 

“L’ammazzo! L'ammazzo!” continuò a ripetere mentre si imponeva di rimanere sveglio per sorvegliare Miguel.

L'orologio segnava le otto e dopo, seguì un'altra ora senza notizie. 

 

 

 
 

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Capitolo 2
*** Incontro (Prima parte) ***


Bentornati! Sicuramente avrete notato i miei due aggiornamenti...no. Purtroppo non ho trovato il tempo di scrivere due capitoli diversi. In verità è lo stesso capitolo e ho deciso di dividerlo in due parti proprio mentre stavo per pubblicarlo. Non mi piace scrivere capitoli corti ma allo stesso tempo, mi accorgo che se sono troppo lunghi, possono rendere stancante la lettura.
Per gli aggiornamenti invece, penso che vedrete un capitolo a settimana.
Non mi piace lasciare le storie a metà e tanto meno far passare tanto tempo tra gli aggiornamenti.
Per la prossima parte invece sono indecisa se continuare con la terza parte di questo capitolo oppure sfornarne uno nuovo. Vedremo ;).
Spero vi piaccia e buona lettura.


LadyGio99

 

2


 INCONTRO 

PRIMA PARTE



L'orologio a pendolo in cucino segnò le dieci. Erano tutti svegli e occupavano il tempo senza pensare troppo a Miguel. Victoria leggeva un libro, Oscar e Felique giocavano a carte e Zia Rosita se ne stava seduta sul divano a cucire sospirosa .
Héctor e sua moglie invece, non si erano mossi dalla cameretta di Migeul. Non avevano nemmeno consumato il loro pasto che nel frattempo, si era raffreddato. Non era mai stato così male.
Quand'era più piccolo, gli era capitato di ferirsi alle ginocchia durante delle corse spericolate con i suoi amici oppure aveva sopportato qualche decimo di febbre.
Ma non era mai stato così male fino a ridursi in quello stato. A Héctor tremavano le ginocchia, voleva alzarsi, andare dal dottore e portarlo da Miguel a suon di calci.
Imelda l'avrebbe sicuramente sostenuto. Anche lei non riusciva più a stare ferma senza far niente.
Il tempo passava lento e Mama Imelda ad un certo punto viaggiò  verso la finestra. Posò le mani sul vetro e non guardò in basso,  la strada buia.
Qualche lampione sui marciapiedi aveva  smesso di funzionare e quindi, c'era pochissima luce fuori.
Anche Héctor prese a vagare nella cameretta. Camminava perché sentiva le gambe a pezzi e sotto i piedi, un formicolio fastidioso. C'era un silenzio insopportabile e la famiglia Rivera, non era gente taciturna. Amavano stare insieme e organizzare piccole feste tra di loro.
Nelle vene di Miguel non scorreva il sangue di un Rivera ma fin da piccolo era stato educato secondo le loro regole ed era cresciuto come un Piccolo Héctor, così l'aveva soprannominato scherzosamente Zia Rosita.
L'uomo non aveva dimenticato il suo primo incontro con il bambino. In camera sua, dentro l'armadio, conservava come una reliquia la coperta gialla che avvolgeva un piccolo Miguel di tre anni nel momento in cui l'aveva trovato, abbandonato nella spazzatura.
“Ti ricordi quando lo portai a casa per la prima volta mi amor?” domandò a sua moglie non appena quel ricordo gli sfiorò la mente come il vento sulle foglie degli alberi.
Imelda si strinse le spalle  “E come potrei? Ci eravamo trasferiti da poco nella nuova casa e tu quel pomeriggio ti eri presentato con un bambino. Hai rischiato di morire ammazzato a causa mia”.
Héctor ridacchio, seguito dopo qualche minuto dalla donna.
In effetti, Imelda non aveva reagito bene quando aveva visto il suo sposo tornare con un piccino trovato per strada. Per poco, non lo cacciava via.
“Ero uscito, ho comprato una chitarra e non appena me la sono ritrovata tra le mani, è stato più forte di me iniziare a suonare” anche questa volta Imelda sorrise “A volte penso che tu sia nato solo per suonare quello stupido strumento” lo canzonò la donna.
Lei e suo marito condividevano l'amore per la musica da sempre ma a volte Héctor, secondo Imelda esagerava troppo. Le aveva promesso tante cose da fare insieme grazie a questa passione, come viaggiare per il Messico e vivere solo grazie alla musica. Ma questi sogni, sembravano molto lontani.
“Bhe, se non fosse stato per la chitarra non avrei mai incontrato Miguel. Non riesco ad immaginare che l'abbiano abbandonato in un vicolo buio e sporco” tremò come una foglia nel rammentare com'era ridotto il suo chico quando l'aveva trovato nella sporcizia “Ti juro di non aver sentito un pianto forte come il suo. Era straziante. Mi è bastato capire dove arrivavano quei lamenti e così, l'ho trovato” “E da quel giorno è vissuto sempre con noi” Imelda andò a sedersi sul letto, con entrambe le mani attaccate alla pancia.
La sentiva pesante di giorno in giorno. Quando pensava al suo futuro figlio, si sentiva emozionata e contemporaneamente, molto agitata. Voleva essere a tutti i costi un ottima madre e insegnare al bambino come vivere al meglio e cogliere l'attimo. “So a cosa stai pensando” la richiamò Héctor che dopo tanto tempo, aveva imparato a capire i sentimenti della moglie attraverso un semplice sguardo“Sono  agitato quanto te ma guarda Miguel, è cresciuto benissimo” “Infatti sono assolutamente tranquilla” mentì e Héctor se ne accorse.
Il piccolo malato intanto, non sembrava ad accennare a nessun miglioramento. Marito e moglie tornarono a guardarlo.
“Il giorno in cui è entrato a far parte della nostra vita, è stato in assoluto uno dei più belli. Senza le tue insistenze, a quest'ora non sarebbe qui con noi”. Héctor arrossì. Raramente Imelda gli faceva dei complimenti senza mascherarli con delle piccole bugie.
“Non potevo di certo lasciarlo lì a morire” “Magari sentivi il bisogno di prenderti cura di qualcuno” disse la donna senza preavviso. Héctor sentì le parole sciogliersi in bocca e cambiò umore “Non riaprire quel discorso” esclamò “Sai che odio parlare di quello che è successo anni fa”.
Imelda diventò di pietra e si girò verso il musicista “Infatti non me ne hai mai parlato! Sono venuta a sapere questa storia dai tuo genitori” precisò “E allora a che cosa ti serve ascoltarla di nuovo?” “Vuoi capire che è solo per il tuo bene?!” scattò la donna “Se  racconti a qualcuno quello che ti è successo forse, dentro di te troverai la pace che tanto desideri” “Certo! Perché non facciamo una bella riunione di famiglia e lo raccontiamo anche ai tuoi fratelli” tra i due cominciò a nascere una discussione molto 'forte' e Imelda, che non sopportava farsi trattare in quel modo, rispose senza controllare il tono della voce “Magari possono darti una mano! Perché non hai fiducia in me? È ora che abbandoni questo timore!”. Si portò improvvisamente le mani sulla bocca, rendendosi conto del danno che aveva fatto. Aveva parlato troppo forte, disturbando il malato.
Miguel iniziò a muoversi mentre sputava fuori  balbettii  deboli e incomprensibili.
Héctor prese la mano del suo chamaco e la racchiuse nel suo pugno. Gli sussurrò delle parole e rimase vicino a lui finché  Miguel tornò ad essere sereno.
Imelda intanto non aveva più proferito parola. Si sentiva senza cuore per il suo gesto. Per difendere il suo onore, si era scordata del piccolo malato e aveva rotto il silenzio nella cameretta.
Héctor voleva dirgli altro ma vista la confusione che si era creata, decise di non andare oltre e tentò di calmare le acque tra lui e la donna “Tu non immagini nemmeno cosa ha passato la mia famiglia !” disse l'unica frase che sentiva di dover uscire “E la mia famiglia invece?” ribadì Imelda “Anche noi abbiamo avuto i nostri problemi ma come vedi, siamo riusciti ad andare avanti! Tu hai paura di parlarne solo perché te ne fai una colpa ma non è così!” “No! No! No!”  Héctor si portò le mani intorno alla testa e fece dietro front, allontanandosi dalla moglie.
“Non ti azzardare a filartela così quando ti parlo” lo avvertì minacciosa Imelda  “Io faccio quello che voglio! Piuttosto, lasciami in pace!” e  la loro discussione finì per trasformarsi in un vero e proprio lite.
Tutto questo arrivò al piano di sotto “Litigano” osservò Victoria continuando a sfogliare il libro “Chissà cosa è successo...” chiese Oscar al fratello il quale, scosse la testa “Quando fanno così non è successo niente di buono”.
 Rosita smise di cucire e lasciò il ricamo mezzo finito sul divano. Raggiunse il tavolo dove sedevano i suoi fratelli per unirsi a loro “Penso si tratti di Miguel. Héctor è molto protettivo nei suoi confronti. Imelda deve aver detto qualcosa e lui è in disaccordo” ipotizzò la donna.
“Miguel ha dodici anni ormai. Deve crescere. Héctor non può fargli da baby sitter a vita” Victoria disse la sua e Rosita storse il naso contraria“Miguel è come un figlio per lui, stessa cosa per Imelda. E poi non ci vedo niente di male in questo rapporto”.
L'orologio segnò la mezzanotte e tra i Rivera, le speranze della visita di un medico svanirono. Victoria chiuse il libro di scatto “Io porto a letto Imelda. Questa notte faremo i turni per sorvegliare Miguel” annuirono  tutti.
Stavano per lasciare la cucina ma ad un tratto, sentirono un leggero rumore provenire dalla porta.
Qualcuno stava picchiettando il portone da fuori.
Rosita agì per prima, girò la maniglia e spalancò la porta.
Vi trovarono finalmente la persona che desideravano incontrare. Era un uomo di media statura ma gracile. Il suo corpo era nascosto da un capotto gonfio che lo teneva al caldo. Il viso era ovale e sopra la pelle bianca erano disegnate delle rughe.
“Buenas tardes  señora” la salutò l'uomo e Zia Rosita si portò una mano sul cuore "Oh grazie a Dio è qui dottor Sanmi!".
 Lo fece accomodare in salotto mentre Victoria si prese il compito di dare una sistemata al divano di pelle per renderlo più presentabile.
"Gradisce qualcosa señor?" chiese Oscar "No, la ringrazio" rispose il medico spogliandosi della sua giacca di pelle e del cappello che nascondeva la testa calva.  Li posò sul divano, dove Rosita si era seduta per ricamare. Era venuto con tutta la sua attrezzatura, la teneva in un borsone che ricordava molto una valigia mentre un camice bianco e degli occhiali tondi, completavano il suo vestiario da medico.
"La prego di sieda" insistette Victoria "Dev'essere molto stanco vista l'ora e sopratutto..." una voce più forte coprì improvvisamente la sua.
La donna rabbrividì per l'irritazione. Quell'idiota maleducato riusciva facilmente a metterla  in imbarazzo. Héctor si sporse dalla ringhiera di legno del secondo piano "Señor! Per me è una gioia vederla!" scese le scale così velocemente da rischiare una storta alla caviglia.
"Sono molto contento che sia qui" disse Héctor stringendogli la mano "Certo, ho voglia di metterle le mani addosso per il ritardo ma non c'è tempo! Venga con me, Miguel sta molto male" "Che maniere!" borbottò Victoria mettendosi in mezzo tra Héctor e il dottore "In questa casa gli ospiti si accolgono con discrezione" sottolineò lei. Héctor non si curò della sua presenza e la tolse via con una spinta "Lo so dottore, questa accoglienza non è delle migliori ma penseremo dopo a questo! Qui c'è in gioco la vita di Miguel!" strinse con forza la mano anziana del Signor Sanmi e lo portò via con se. In poco tempo, si trovarono subito al piano superiore.
“Aspetta Héctor veniamo anche noi” disse Rosita seguita dai gemelli e dalla sorella maggiore.
Anche per loro Miguel era importante ed era fuori discussione starne in disparte.
Appena Imelda vide il dottore si sentì sollevata ma allo stesso tempo, non poteva lasciarlo impunito. Per questo, l'anziano ricevette uno schiaffo in faccia da parte della donna.
 "Maldito!" lo rimproverò rossa in viso"Miguel doveva essere visitato questo pomeriggio e non a mezzanotte!" stava per attaccarlo con un alto ceffone ma Héctor cinse le braccia della moglie appena in tempo "Calmati mi querida. Adesso pensiamo a Miguel okay?” non si erano ancora riappacificati dopo la breve litigata ma per adesso, sapevano entrambi che era inutile mettersi a discutere in un momento delicato come quello.
“Perdoni mia moglie. È che siamo tutti in ansia per il nostro chamaco e quindi...” "Non si preoccupi Signor Rivera" disse l'uomo posando finalmente lo sguardo sul malato.
Sospirò triste.
Non sopportava vedere la gente soffrire, soprattutto se si trattava di un bambino.
Questa era una delle ragioni che l'avevano spinto a diventare un medico.
Héctor e il resto della famiglia, si posizionarono intorno al letto per osservare da vicino la cura di Miguel. Nella stanza cominciò a nascere tanta tensione.
Il dottore dal canto suo, iniziò a lavorare. Posò la borsa a terra e scostò la coperta dal corpicino di Miguel, scoprendogli il petto. Dopo passò a sbottonargli la camicia finché la pelle scura e sudata non gli apparve davanti.
In seguito, visitò il viso. Gli aprì la bocca per controllare il colore della lingua e poi, toccò agli  occhi. Li spalancò con delicatezza usando il pollice e l'indice, notò che le pupille erano abbastanza grandi.
Man mano che lo esaminava, gli tornò il ricordo di aver già avuto a che fare con un bambino ridotto allo stremo delle forze come Miguel. Due giorni fa se non sbaglio cercò di ricordare il vecchio Sanmi.
"Vorrei porvi delle domande" chiese l'uomo rivolgendosi a tutta la famiglia e Héctor gli diede immediatamente il via libera. "Qualche giorno fa il piccolo Miguel ha aveva  nausea, mal di testa, dolore muscolare" e continuò ad elencare altri malori finché Imelda non ne riconobbe uno che recentemente, aveva attaccato il bambino.
"Cinque giorni fa gli faceva male lo stomaco" "E aveva una brutta tosse" la precedette Feliqe "Ma poi il giorno dopo non ne ha più sofferto" concluse Oscar "Capisco..." il dottore tornò sui suoi passi passi. Tirò fuori dal camice bianco un termometro e lo nascose sotto l'ascella di Miguel e lo riprese dopo quindici minuti.
Gli bastò un occhiata per provare ad immaginare cosa aveva colpito il bambino.
 "Ha scoperto qualcosa?" Héctor non riuscì più a trattenere quella domanda, specialmente dopo aver visto quello sguardo per niente sorpreso.
Il dottore fece un cenno positivo, muovendo la testa dal basso verso l'alto "Questo bambino è stato colpito da una brutta febbre" confermò porgendo il termometro ai Rivera. La temperatura segnava quaranta gradi. Héctor però non riusciva a convincersi "Non può trattarsi solo di una semplice febbre. Lo guardi, è allo stremo delle forze!" "Señor pochi giorni fa ho visitato dei bambini che hanno riscontrato gli stessi sintomi del suo chico e mi creda, erano messi molto peggio" raccontò il medico mentre frugava nuovamente nella borsa.
“Vero! Giorni fa mentre lo aiutavo a fare i compiti, Miguel mi ha detto che alcuni bambini della scuola erano stati attaccati da un brutta febbre” raccontò Rosita alla famiglia “Credo proprio che in questo periodo corre una brutta influenza. Questo spiega perché questo pomeriggio abbiamo trovato l'ospedale affollato”.
Sanmi nel frattempo tirò fuori una boccetta dal vetro scuro e la diede alla Signora Imelda. "Questo è un antibiotico. Deve prenderlo tutti i giorni, mattina e sera. Basta solo un cucchiaio" annuirono tutti.
Héctor tirò dalla tasca dei pantaloni un portafoglio e porse dei soldi al dottore.
Pagò sia la visita che la medicina.
Prima di andarsene Sanmi diede ai Rivera dei consigli per aiutare il bambino a rimettersi in sesto come un'alimentazione sana, tante tisane calde da bere e un ambiente fresco dove riposare.
La famiglia, era disposta a fare il possibile per Miguel.
"Visto?" Victoria attaccò Héctor appena il medico lasciò l' abitazione"Lo dicevo io che era una semplice febbre. Tanto baccano per nulla". Il musicista la prese in giro imitandola con delle buffe facce, senza farsi vedere.
Si ritirarono tutti nelle loro stanze per riposare dopo quella lunga giornata.
 Tranne Héctor. Lui sentiva il dovere di rimanere accanto a Miguel.


 

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Capitolo 3
*** Incontro (Seconda parte) ***


2

INCONTRO

SECONDA PARTE 
 
Tempo prima.....



Héctor amava la città dove si era appena trasferito con sua moglie. Era il semplice paese dove desiderava vivere fin da bambino.
Lui e Imelda erano sistemati vicino alla plaza ed avevano comprato una modesta abitazione. La casetta era fatta di legno e anche se piccola, al suo interno aveva due piani e oltre al bagno, la cucina e il salotto, conteneva tre camere da letto.
Imelda poi, aveva aggiunto il suo tocco femminile.
Aveva reso la dimora più accogliente sostituendo i vecchi mobili con alcuni che si era portata dalla sua vecchia casa e aggiungendo più colore al tutto. Decorò la casa con alcuni dipinti o delle carte da parati più originali.
A prima vista, marito e moglie l'avevano concordato di usare il termine 'cupa' per descriverla, per questo avevano deciso di sistemarla un po'.
L'unica cosa che non avevano toccato, era l'aspetto esterno della casa. Sulle pareti l'edera rampicante era cresciuta abbondantemente e aveva fatto un ottimo lavoro nel coprire il legno  che con il tempo, si era rovinato. Il tetto invece, sembrava in buone condizioni. Necessitava  solo di alcuni ritocchi, come quello di cambiare alcune tegole di ceramica.
Nei giorni a seguire alcuni paesani andarono a far visita ai nuovi arrivati, portando loro del  cibo e qualche accessorio per la casa.
Si era sparsa subito la voce dei due coniugi e gli abitanti, si erano mostrati molto cordiali nei loro confronti.
Il trasferimento era andato a buon fine, l'unica cosa che mancava ai due   era un lavoro.
Héctor e Imelda erano molto giovani ma allo stesso tempo, avevano una grande forza di volontà.
Imelda però non si era data per vinta e aveva girato per la piccola città, alla ricerca di un lavoro.
Un signore che gestiva un ristorante, a causa della mancanza dei camerieri, si era deciso ad assumerla, riempiendo di gioia il cuore della donna.
Il primo giorno di lavoro, Imelda si acconciò per bene, legò in uno chignon alto i capelli neri e aggiunse del trico leggero sulle palpebre e le guance. Per l'abbigliamento invece, indossò il vestito che il capo gli aveva consegnato il giorno prima.
Un abito grigio abbastanza stretto alla vita, con un grembiulino bianco legato sui fianchi.
Si guardò allo specchio soddisfatta. Voleva dare una buona impressione al suo capo e sopratutto, stringere dei buoni rapporti con i suoi futuri colleghi.
“Sei fantastica mi amor” Héctor comparve dietro di lei e la baciò sul collo.
Lei non apprezzò il gesto.
“Datti poche arie” disse mettendo il pasto che si era preparata il giorno prima nella borsa. Era il suo pranzo. “Mi chiedo ancora come hai fatto a non trovare ancora un lavoro. È passata una settimana!”.
Héctor si grattò la testa “Non dire così! Il fatto è che per ora non c'è nessuno disposto ad assumermi” “Ciance” lo azzittì la donna “Sei solo uno scansafatiche! Nella tua testa c'è solo la musica!”.
 L'uomo scrollò le spalle. Come poteva dargli torto?. Il suo corpo era cresciuto come quello di un adulto, ma dentro di se, viveva ancora un ragazzino sognatore. “Tornerò questa sera!” disse lasciando casa, sbattendo con forza la porta. Héctor sobbalzò per il tonfo.
Il musicista si sedette su una sedia di legno, sconsolato. Imelda aveva ragione, in parte. Nei giorni precedenti aveva provato a cercare un'attività da svolgere, ma non si era impegnato abbastanza.
Ciò nonostante, amava sua moglie perché era l'unica persona che aveva sempre creduto in lui e non gli aveva mai dato del fallito. Riponeva tanta fiducia il lui e Héctor, non voleva deluderla.
Appena erano diventati marito e moglie, si era posto il compito di renderla sempre felice.
Decise di uscire per ritentare e questa volta, promise di impegnarsi veramente. Indossò una camicia blu, avvolse una bandana rossa intorno al collo e indossò il  capello di paglia che sua madre gli aveva regalato al decimo compleanno.
Respirò l'aria mattutina. Faceva molto caldo e per le strade, si aggiravano più persone del solito. Forse perché era domenica.
Mentre Héctor si dirigeva verso il centro città, una bancarella particolare attirò la sua attenzione. Non vendeva vestiti, profumi o accessori per il corpo, bensì chitarre e mandolini. Al giovane Héctor, si illuminarono gli occhi. Si buttò come un bambino curioso verso il venditore.
“Desidera qualcosa signore?” chiese l'uomo che aveva messo in esposizione tantissime chitarre, di ogni dimensione. Grandi, piccole e medie.
Héctor le guardò tutte, c'era l'imbarazzo della scelta. Ma lui non si accontentava di così poco. Lui voleva avere tra le mani la miglior chitarra di sempre. Quando le toccava, le mani tremavano perché erano ben lavorate e il materiale era di ottima qualità. Pizzicò una corda e quest'ultima vibrò a lungo finché la melodia non si spense.
“Musicista?” domandò il mercante alzando le sopracciglia. Inizialmente Héctor non sapeva cosa dire. Diventare un musicista era il sogno della sua vita e detto così, su due piedi, si ritrovò impreparato a dare una risposta. “Ci sto provando” disse timidamente “Allora so quello che ti serve” confermò il venditore prendendo qualcosa da sotto il bancone.
Tirò fuori una chitarra bianca, ornata con dei semplici disegni sul corpo che raffiguravano fiori e piante . Sul manico invece si stendevano delle rigide corde e la paletta era a forma di teschio.
Héctor la trovò incantevole, diversa dalle solite chitarre.
Fu amore a prima vista. “La prendo!” disse senza pensarci più di tanto “Quanto le devo?”.
La vendita andò a buon fine. Héctor non spese nemmeno tanto, si ricordò solo dopo di non aver pensato alle conseguenza. Ovvero sua moglie. E dire che gli aveva dato il permesso di comprarsi uno strumento più avanti. Quando avrebbero avuto abbastanza soldi da permettersi molto di più.
Ma Héctor amava la musica sin da bambino. Era stata la sua famiglia a trasmettergli questa passione e lui, voleva trasformarla nella sua unica ragione di vita.
“Hola!” lo salutò il venditore e Héctor ricambiò.
Dopo questo suo acquisto inaspettato, si impose di lasciare lo strumento a casa e di continuare la sua ricerca ma un gruppo di bambini sui dieci anni che abitavano nelle vicinanze, lo accerchiarono, impedendogli di proseguire. Erano stati attratti dalla bella chitarra che portava con se“Per favore señor ci suoni qualcosa!” lo pregarono ansiosi di sentire della bella musica.
Héctor si morse il labbro a quella richiesta. Era da tempo che non si esibiva in pubblico e poi, aveva   altro da fare. Disse loro la verità “Io adesso non posso” “La prego” fece una bambina dagli occhi dolci “Solo una dopo la lasceremo andare”. Héctor sospirò. Aveva un debole per i bambini e quando gli facevano proposte del genere, non sapeva resistere.
Improvvisò una melodia senza pretese e quando terminò, i bambini applaudirono contenti.
Ne richiesero un'altra e Héctor li accontentò.
La sua musica finì per attirare alcuni passanti che, incantati dal suo modo di suonare, si misero a battere a tempo le mani e incoraggiarlo. Intonò anche una canzone alla millesima insistenza.
 
Yo sé bien 
Que estoy afuera 
Pero el día 
Que yo 
Me muera 
Sé que tendrás 
Que llorar
 
Conclusa la prima parte, gli applausi degli spettatori si fecero più forti. Alcuni iniziarono a ballare, altri fischiavano.
Héctor era orgoglioso di se stesso perché aveva fatto nascere tutti quei sorrisi. Nacque così una piccola festicciola nella plaza che durò fino al primo pomeriggio. A quell'ora, Héctor a malincuore, salutò tutti.
 Ma le sorprese per lui, non erano ancora finite.
Non poteva di immaginare di incontrare qualcuno che l'avrebbe cambiato per sempre.
Mentre passava vicino ad un vicolo cieco, un forte strido  arrivò alle sue orecchie. Si impuntò e guardò alla sua destra, verso la parte dove proveniva quel grido  misterioso. 
Si isolò dal resto del mondo e prese a concentrarsi solo su quella voce. Giuro di aver sentito qualcuno gridare pensò. I suoi dubbi diventarono realtà quando risentì quella voce. Non veniva dalla sua testa, era reale.
Poi, l'ascoltò meglio, non era un grido, al contrario, un pianto.
 Héctor sentì la pelle d'oca sulle braccia. Si affacciò sull'entrata tenebrosa di quella strada senza uscita. Le mura erano umide e dei graffiti e non c'era nient'altro se non i bidoni della spazzatura stracolmi.
Ma chi diavolo ci sarà qui? Fu il primo pensiero che gli venne in mente.
Si fece coraggio e si addentrò nel vicolo cieco.  C'era un odore nauseante e Héctor sentì il vomito salirgli fino alla gola e le scarpe si sporcarono di qualcosa che non osava immaginare.
Man mano che avanzava, i gemiti diventavano sempre più acuti e dopo, si accorse che provenivano verso dei sacchi della spazzatura raggruppati tra di loro.  Finì per rovistare tra le buste di plastica  e un fagotto avvolto da una coperta gialla, attirò la sua attenzione. Quando si accorse che qualcosa era al suo interno e si muoveva, Héctor deglutì. Ma non si tirò indietro.
Lo scoprì e quando vide quello che conteneva, spalancò la bocca, provando un misto di stupore e spavento.
Abbandonato  in quel posto freddo e marcio, c'era un bambino che, viste le dimensioni, doveva avere almeno tre anni.
Ad Héctor si strinse il cuore.
Come si poteva lasciare in un posto del genere una creatura innocente che non aveva colpe?. Non sapeva come comportarsi, ma fece la prima cosa che gli venne in mente.
Lo prese e lo racchiuse tra le sue braccia, spostando la chitarra sotto il braccio sinistro.
Il bambino continuava a piangere e i tentativi di Héctor nel provare a consolarlo con le parole oppure a cullarlo, non funzionarono. “Non piangere niño, adesso ci sono io con te” gli parò Héctor facendolo oscillare a destra e sinistra.
Era un maschietto mingherlino, sulla testa spuntavano dei ciuffi neri e sottili. Dal colore della pelle, doveva essere anche lui messicano. Indossava dei vestiti lerci. Sulla maglia bianca era visibile della saliva fresca mentre i pantaloni blu erano strappati.
Héctor aveva così tanta paura che non riusciva nemmeno a riflettere con chiarezza. Per un momento, pensò di veder morire il bambino che giaceva tra le sue braccia. Uscirono allo scoperto e il musicista disorientato, si rivolse ai passanti. Chiedeva ad uno a uno informazioni sul trovatello. Alcuni rispondevano di non averlo mai visto, altri non si fermavano nemmeno.
“Sparisci!” “Vai al diavolo!” gli dicevano quei maledetti.
“Por favor!” li impolrava Héctor “Come fate ad essere senza cuore!” ma lui, era solo un piccolo punto in mezzo a una folla di sconosciuti.
Il bambinò tirò fuori un pianto straziante e si attaccò alla maglia di Héctor. Era molto spaventato e tremava infreddolito. Stranamente, non aveva reagito male alla presenza del musicista. L'uomo si rese conto che l'unica cosa che poteva fare, era quello di consolarlo.
Era orribile quello che gli avevano fatto.
“Non piangere niño” sussurrò nell'orecchio. Héctor si  appoggiò con la schiena sul muro freddo di una casa e posò la chitarra a terra, per reggerlo meglio.
Cosa poteva fare per quel bambino?.
Si convinse di agire con quello che gli riusciva meglio. “Duérmete mi niño,duérmte mi sol,duérmete pedazo de mi corazón” cantò e ripetè per tre volte lo stesso pezzo. Si trattava di una ninna nanna che conosceva fin da bambino. Alla quarta volta, notò che il pianto del bambino stava cessando.
“Este niño lindo se quiere dormir, háganle la cama, en el toronjil” decise di continuare a cantare e questo, si rivelò un ottima scelta. Il bambino alzò lo sguardo verso Héctor e rise.
“Y de cabecera pónganle un jazmín para que se duerma, como un serafín” terminò la ninna nanna.
“Stai meglio adesso?” gli chiese posando la sua fronte contro quella del bambino. Il piccono mosse di poco la testa
Gli faceva tanta tenerezza e averlo tra le braccia, rendeva Héctor felice come non mai. Dentro di lui, sentì qualcosa che aveva provato solo il giorno in cui aveva incontrato Imelda.
Qualcosa che nemmeno i suoi genitori erano riusciti a dargli.
 Il bambino fece uscire da sotto la coperta la manina e l'allungò versò Héctor, come per sfiorarlo "Va bene adesso?" Il piccolo sembrò rispondere si attraverso una risatina. 
Héctor cercò di fargli dire qualche parola ma si accorse anche che non sapeva  parlare. Non restarono fuori a lungo. Quando la temperatura cominciò a calare, lo portò subito a casa sua.

 

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Capitolo 4
*** Incontro (Terza parte) ***


Salve a tutti!. Eccoci con la terza parte e ultima parte di questo capitolo. La prossima volta si torna al presente e pubblicherò uno nuovo.
Finalmente è arrivata la notte degli Oscar e tra non molto scopriremo chi ha vinto. Sarà Coco a giudicarsi la statuetta? Vedremo :).
Comunque spero che il capitolo vi piaccia.
 
 
LadyGio99

 
 
2
 

INCONTRO

 
(TERZA PARTE)
 
 
Imelda non reagì bene quando vide suo marito rincasare con un bambino. Héctor durante il tragitto, si era preparato accuratamente un discorso per  sua moglie, da recitare a memoria come l'Amleto per spiegargli la situazione.
Voleva curare nei minimi dettagli come e dove l'aveva trovato. Héctor conosceva Imelda e per lui era diventato un gioco da ragazzi fare breccia nel suo cuore. Sfortunatamente, al suo rientro, la donna era già presente.
Adesso, lo teneva bloccato in salotto, inchiodato sul divano mentre lo sottoponeva ad un interrogatorio. 
Héctor guardava il vuoto mentre Imelda camminava avanti e indietro agitata.
 "Che diavolo ti è passato per la testa? Abbiamo pochi soldi nelle tasche e ora ci ritroviamo anche con una terza bocca da sfamare?" borbottava nervosamente lei.
Héctor era contrario al pensiero di sua  moglie.
"È solo un bambino! Non da fastidio a nessuno e poi, sarà un gioco da ragazzi prendersene cura" Héctor desiderò non aver mai detto l'ultima frase non appena la moglie gli rivolse uno sguardo omicida.
Imelda gli afferrò il colletto per non farlo scappare e incrociò il suo sguardo con quello del marito. Héctor aveva esagerato nel definire semplice la cura di un bambino.
"Tu non hai la minima idea di come ci si comporta con un bambino!. Io da ragazza per guardarmi il pane facevo da babysitter a due gemelli che avevano cinque anni! Non immagini nemmeno quanto è stato stancante! Dove pensi di trovare dei vestiti della sua stessa misura? Lo manderai a scuola? Se ha qualche allergia?" E continuò con altre domande finché Héctor, spostato il bambino, gli posò le mani sui fianchi e la invitò a calmarsi.
“Calmati e respira insieme a me” e Imelda praticò a tempo di Héctor delle veloci e semplici respirazioni. Prendendo e togliendo l'aria dal suo petto.
“Uno...Due...” ripeteva  il musicista e continuò  finché a donna non si tranquillizzò.
La nuova cameriera si sedette vicino al marito, in cuor suo, aveva bisogno di conforto da parte di Héctor.
Si girò verso il bambino. Nonostante la confusione, non si era spaventato e le sorrideva. Anche Imelda piegò in su le labbra tinte di rosso.
Gli avvicinò la mano, contemporaneamente, il bambino fece lo stesso e afferrò le dita della donna.
Le lasciò andare subito e dopo, tornò a sedersi sulle ginocchia di Héctor.
Sapeva che in fin dei conti, il suo sposo aveva solo salvato una vita e non meritava la sua ramanzina. Imelda era molto scossa per l'inaspettato arrivo del bambino ma di fatto, anche lei si era dispiaciuta sentendo la sua storia. Tuttavia, vista la loro condizione economica lei e suo marito dovevano pensare ad altre cose.
La donna tornò a sospirare, si nascose il volto tra le mani e restò in quella posizione per qualche minuto prima di tornare a parlare. “Solo per questa notte” disse inaspettatamente “Domani il ristorante è chiuso, quindi ho un giorno libero. A due ore da qui c'è la città dove ci siamo fermati l'altra notte. Se non ricordo male, c'è un orfanotrofio. Lo portiamo lì” .
Entusiasta, Héctor abbracciò forte la moglie per la  scelta "Grazie! Grazie!" esclamò allegramente ma Imelda spinse via e tornò ad essere una donna rigida e severa "Ma sappi che te ne occuperai tu questa sera!” lo avvertì , tirandosi subito indietro “Io non voglio sapere niente di questa storia. Buonanotte" e dopo, corse in camera sua. Non uscì più.
Rimasero solo Héctor, il bambino e la chitarra nuova di zecca che nella  casa doveva trovare ancora il suo posto. Nemmeno la vista dello strumento aveva reso contenta Imelda.
L'uomo si accorse che erano le otto di sera, non era così tardi. Lui per lo meno, andava a dormire verso le dieci. Cosa importante per adesso, era sistemare il piccolo. 
Héctor lo prese in braccio e il bambino mise le braccia sottili intorno al collo del musicista, come per abbracciarlo. "Siamo molto affettuosi eh?" disse scherzoso Héctor cercando di far sentire il piccolo a suo agio nella sconosciuta casa. Non aveva mai avuto un contatto del genere con un bambino e questo, gli provocava un certo imbarazzo.
Ma a dire il vero, il trovatello sembrava molto felice. Teneva stretto  Héctor come un peluche e non si sognava di lasciarlo. L' uomo lo teneva sorretto con il braccio destro dietro la schiena mentre una mano, era arrivata nei capelli.
“Mi chiedo ancora chi ti ha fatto questo” disse tra se e se ricordandosi in che modo si erano incontrati. Desiderò avere tra le mani quella persona senza cuore e dargli una bella lezione.
Il bambino si appisolò sulla spalla di Héctor e lui lo lasciò riposare.
Si trovò a riflettere su quanto fosse strana la vita. Tra le sue braccia c'era un bambino che non gli apparteneva eppure, in qualche modo si sentiva vicino a lui.
L 'orfanello gli ricordava qualcuno. Ma questo, non l'aveva ancora capito.
Héctor tornò in se quando diede una nuova occhiata all'orologio e si accorse che era già passata mezz'ora. Sbadigliò, c'era ancora tanto lavoro da sbrigare prima di andare a letto.
"Okay....adesso vediamo cosa fare"  mise il bambino a terra e iniziò  a camminare pensieroso intorno al tavolo della cucina nella speranza di farsi venire un idea su come cominciare ad accudire l'ospite.
Il trovatello incuriosito dallo strano percorso che ripeteva ogni volta, si posizionò dietro di lui e lo seguì gattonando.
"Giusto! Devi essere affamato!” Héctor  si fermò di scatto e il bambino urtò da dietro.
Il musicista non ci fece caso e continuò a pensare cosa poteva dargli per cena. “Allora se non sbaglio voi bevete il latte ma tu mi sembri abbastanza grandicello per questo…" per confermare la sua ipotesi con le dita gli alzò le labbra e vide qualche dentino bianco sia sopra che sotto le gengive rosa.
"Bene. Niente latte" e cominciò a frugare nella dispensa.
Pensò di preparare qualcosa di sostanzioso, magari non mangiava da giorni.
"Perché no?" Finalmente decise cosa preparare"Mia madre mi cucinava sempre fagioli con il  guacamole. Io e il mi amor lo adoriamo. Te gusta?" domandò al bambino il quale,  spalancò lentamente gli occhi. Non aveva mai sentito quella parola.
"Mai assaggiato?" il piccino scosse la testa "Bene. Questa sarà la tua prima volta! Non te ne pentirai!". Il musicista riempì una pentola d'acqua e versò dentro tre pugni di legumi e posizionò la padella su una fiamma alta, coprendola con un coperchio.
Durante la  cottura, Héctor ritenne opportuno occupare il tempo con  una bella lavata.
La  casa conteneva  un bagno piccolo ma era sufficiente per due persone. Lo spazio era per lo più occupato da una vasca e da un lavandino quadrato, un piccolo cassetto bianco, messo all'angolo, conteneva gli asciugamani puliti e il sapone.
Héctor aprì il rubinetto dalla vasca e lasciò scorrere l'acqua. Passò a spogliare il bambino ma questo, lo fece distrarre e per poco, rischiò di bagnare tutto il bagno con l'acqua che era arrivata fino all'orlo.
Tirò un sospiro di sollievo. 
Prese il piccolo per metterlo nella vasca ma quest'ultimo stranamente, iniziò a fare i capricci. Il suo obbiettivo era non toccare l'acqua e nel riuscirci, cercava di arrampicarsi su Héctor che per poco, rischiò di perdere l'equilibrio e di finire a terra.
Per l'ospite, l'acqua nella vasca era troppo alta e aveva il terrore di rimanerci annegato. E non sapendo parlare, non aveva possibilità di dirlo al suo nuovo amico. Il bambino come per dispetto, si mise a fare i capricci. Gridava e tirava pugni nel vuoto.
Sulla fronte del povero Héctor, cominciarono a nascere le prime gocce di sudore. Imelda non sopportava la confusione
Se continua così mi uccide pensò, terrorizzato dal pensiero di vedere sua moglie infuriata.
No! Non finirà male, per me!.
Con uno scatto portò la mano sulla bocca del bambino, chiudendola. Ma quest'ultimo era deciso a non arrendersi e provò ad azzannargli la mano come un cane.
Héctor la tirò via appena in tempo. Lo sollevò e il piccolo prese a scalciare con i piedi all'indietro, colpendo più di una volta l'uomo sul petto.  Ma alla fine, il musicista e riuscì ad immergerlo nell'acqua.
Il bambino, fuori di se prese a lamentarsi più di prima e Héctor, per cercare di tranquillizzarlo, provava ad attirare la sua attenzione con facce buffe, senza successo.
I pianti si fecero più acuti, come il cuore di Héctor, che batteva a mille, terrorizzato dal pensiero farsi trovare in quel modo da Imelda.
L'uomo si portò le mani sulle tempie e strinse forte. Avvertiva un irrefrenabile voglia di urlare. Ma la sua coscienza, lo incitava a stare in silenzio.
Praticò la respirazione che aveva usato con Imelda ma anche quel tentativo fallì.
Alla fine, decise di ricorrere a metodi più duri. Per il bene dei suoi timpani e della sua sanità mentale.
“Silenzio!” esplose all'improvviso e allo stesso tempo, anche il bambino finì di lamentarsi e guardò Héctor con un'aria di sfida.
“Stammi a sentire, qui comando io e non mi faccio mettere i piedi in testa da marmocchi come te! Chi ti credi di essere eh?” il bambino incrociò le braccia “Non funziona con me stanne certo. Adesso, tu fai come dico io!”.
Passò qualche minuto e Héctor si accorse di aver vinto. Il trovatello non spiccicava più parola, anche se non aveva rinunciato alla sua espressione di pietra. L'uomo tirò un respiro di sollievo e proseguì con il bagnetto.
Prese una spugna morbida e grattò più volte la schiena, quando passò sulla pancia, si lasciò scappare un veloce solletico e il bambino rise. La tensione nata tra i due si spezzò subito e anche il bagno, diventò un passatempo divertente. Héctor strofinò a risciacquò più volte quel corpicino esile finché non lo giudicò abbastanza lavato. Non c'erano più macchie sulla pelle e la puzza dei rifiuti era scomparsa.
Ma Héctor, si era dimenticato di aver lasciato i fagioli sul fuoco. Gli tornarono in mente quando sentì una puzza di bruciato infilarsi nel bagno. “Maldición!” esclamò abbandonando il bambino per correre verso la cucina, cercando di salvare del povero cibo che si trovava  sul punto di essere carbonizzato.
Purtroppo, arrivò troppo tardi e quando alzò il coperchio di vetro, del fumo nero rischiò di soffocarlo. I fagioli erano andati ed era inutile recuperare i pochissimi superstiti.
Si massaggiò gli occhi con le dita, cercando di mantenere la calma.
Ma questo pensiero durò poco perché si ricordò di aver lasciato il bambino incustodito. Così, corse verso il bagno e aperta la porta, rischiò di scivolare in una pozza. L'orfanello si era messo a giocare con l'acqua. Battendo ripetutamente le mani sulla superficie, creava degli schizzi che andavano a posarsi sul pavimento e le pareti. Héctor fece un lungo respiro. Provò a non pensarci e tolse il bambino dalla vasca. Lo avvolse con un asciugamano e con uno più piccolo, si occupò di tamponare i capelli.
Gli servivano dei nuovi vestiti e Héctor, gli fece indossare una maglietta bianca accompagnata da un pantalone scuro. Appartenevano a lui quando era bambino.
Quell'abbigliamento era suo, li indossava spesso da bambino e li aveva portati con se. Héctor era molto attaccato agli oggetti con cui era cresciuto. Li aveva nascosti da Imelda perché lei a differenza sua, non gli piaceva toccare il  passato. Per suo marito invece era diverso. Aveva dei ricordi belli e brutti.
“Ti stanno bene sai...” disse il musicista mentre con un pettine ritoccava i capelli umidi del trovatelo, li spazzolò fino a renderli lisci “Forse ti vanno un po' larghi ma questo non è un problema”.
 Lui invece non li ha mai indossati... Restò in silenzio prima di scuotere di nuovo la testa.
Lo imbracciò “Andiamo a mangiare, devi essere molto affamato” scesero in cucina e Héctor ignorò i pensieri che improvvisamente, stavano riaffiorando dal suo cuore.
L' uomo cercò di rimediare ai suoi casini servendo al piccolo ospite altro cibo, ma anche qui sbagliò. Gli fece mangiare pane e guacamole e il bambino, non l'apprezzò.
Ovviamente, la colpa era della salsa piccante ma questo Héctor lo capì quando si rese conto che la guacamole non piaceva a tutti.
L'orfano sputò il cibo masticato nel piatto e vedendolo, Héctor rischiò di rigurgitare anche il suo pasto.
Fu la cena più lunga della sua vita. Imparò un'altra pecca dei bambini, ovvero, quella di essere troppo frivoli e puntigliosi anche con le piccole cose.
Per la notte, decise di sistemarlo nella stanza degli ospiti. La camera era abbastanza vuota, c'era solo un letto,  un vecchio comodino e un tappeto rettangolare, sufficientemente grande da coprire buona parte del pavimento.
Héctor scoprì con precisione le coperte, appoggiò il bambino sul materasso e lo fece distendere. Si sedette vicino a lui per augurargli un buon riposo"Bene niño, oggi è stata una lunga giornata per tutti e due e immagino che anche tu senti il bisogno di una bella dormita quindi, se non ti dispiace, io esco di scena" disse al piccolo ospite che naturalmente, non aveva capito il discorso del musicista.  Stufo di stare al suo posto, il bambino uscì dalle coperte e andò a nascondersi tra le braccia di Héctor. 
Strusciò la testa contro il petto del più grande come un gatto. L'uomo sbuffò e ripose il bambino al suo posto. Sfortunatamente per lui, l'orfanello non aveva voglia di starsene fermo e faceva di tutto per rimanere al fianco di Héctor. Si aggrappò alla maglia e nonostante le spinte di Héctor, riuscì ad avere la meglio e tormentò affettuosamente il musicista.
"Ma cosa avete in testa voi bambini!" chiese mentre il piccolo giocava con la sua faccia. Gli afferrava le guance, tirandole in avanti, gli infilava le dita negli occhi e finiva per intrecciarsi le mani tra i capelli spettinati di Héctor. Per sbaglio, tirò una ciocca e l'uomo gemette.
“E così vuoi la guerra? Va bene, te la sei cercata!” mise il bambino sotto di se, bloccandogli ogni possibilità di fuga e dopo, lo strinse con le proprie braccia. Il piccolo si liberò con qualche difficoltà  e dopo, buttò il cuscino dietro di lui sulla faccia di Héctor. Alcune piume uscirono dalla fodera ma nessuno dei due ci fece caso.
“H...” ad un tratto, il bambino emise un suono che ricordava quello di una consonante.
A Héctor naturalmente non sfuggì e guardò il piccino con sorpresa.
Si sentì gioioso nel sapere che stava cercando di pronunciare il suo nome.
“Hé...” cercò di aiutarlo nel tentare di fargli pronunciare il suo nome “Héc...” il bambino aggiunse una nuova lettera.
“Héc...” “Héct...” “Héct..”   dopo un paio di tentativi, riuscì a completare il nome “Héctor”.
Il musicista applaudì, l'aveva detto  con successo.
“Ancora una volta!” “Héctor...” “Bravissimo Miguel! Forza dillo di nuovo!” improvvisamente, l' entusiasmo dell'uomo si spense e guardò tristemente il  bambino.
Davvero lo aveva chiamato Miguel?. Da dove era uscito quel nome? Perché proprio quello? E perché stava facendo così tanto per un bambino che nemmeno conosceva?.
Divaricò gli occhi quando nel volto del bambino, iniziò a vederne un altro. Simile a quello di Miguel ma con gli occhi più piccoli e il viso leggermente asciutto.
“Tu?” sibilò allungando la mano la mano verso il piccolo.
La ritrasse subito e mutò atteggiamento nei confronti di Miguel. “No! Mi dispiace piccolo, non posso affezionarmi a te. Domani le nostre strade si separeranno e ciò significa che non ci vedremo più. E forse, credo sia meglio così. Perché devo far entrare nella mia vita un bambino che non mi appartiene nemmeno?”. Amareggiato, stava per lasciare la stanza ma il piccolo lo chiamò. “Héctor!” disse il bambino mentre alcune lacrime bussavano sui suoi occhi. Qualcuna uscì.
Il musicista diventò di ghiaccio. Il modo in cui aveva detto il suo nome, la voce che aveva usato, bastò poco per far pentire Héctor.
Tornò da lui e il bambino riprese a sorridere.
“Miguel è proprio un bel nome” osservò Héctor grattandosi nervosamente le mani fino a farle arrossare “Ti sta bene”.
Quando lo chiamavo per nome, lui sorrideva...Anche questo bambino lo fa. Perché ripete i suoi stessi movimenti?.
Ad un tratto, fu assalito da un ricordo.
“Che ne dici di una canzone prima di andare a dormire?” doveva fare un veloce esperimento.
Héctor corse a prendere la chitarra che aveva appena comprato e la portò con se nella stanza degli ospiti,  l'appoggiò sulle cosce e con le dita iniziò a pizzicare le corde.
Miguel fu subito attratto dalla melodia e non emise nessun verso. Era rimasto come ipnotizzato.
Héctor prese a cantare la ninna nanna e il bambino, non si sognò nemmeno di interromperlo.
 
Duérmete, mi niño;
duérmete, mi bien,
porque ya tu padre
va a dormir también
Duérmete, mi vida;
duérmete, mi amor;
rosa sin espinas,
clave en botón.
En la playa hay una casita,
y en la casa un jardín en flor,
rompen las olas
 
Arrivò alla fine.
“Duérmete, mi Miguel” cantò l'uomo e il piccolo sentì il bisogno di imitarlo.
Héctor lo aveva osservato senza dare nell'occhio per tutto il tempo. Come una marionetta, aveva ripetuto gli stessi gesti e tutto ciò che faceva, gli ricordava lui.
“Miguel si comportava esattamente così quando ascoltava questa canzone. Non parlava e aveva uno sguardo come il tuo. Poi, gli somigli così tanto” “Soy...Miguel” disse inaspettatamente il bambino e Héctor strizzò gli occhi.
“Miguel?” il musicista mise le mani sulle spalle del bambino “Miguel!” ripeté il trovatello.
“Mio Dio....” sulle guance di Héctor scesero delle lacrime “Sei tu? Proprio tu Miguel?”.
L' abbracciò commosso. Sentiva che in quel bambino aveva ritrovato una persona.
Scoppiò in un pianto dirotto.
L’incontro con il bambino era stata una benedizione per lui.
“Non ti porteranno via da me. Adesso, fai parte di questa famiglia. Non ti perderò di nuovo...”
Ora, il  bambino aveva un nome. Miguel Rivera.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Risveglio (Prima Parte) ***




 
 Eccoci in un nuovo capitolo :).
Sono contenta che Coco è riuscito a vincere l'Oscar.
Finalmente, dopo tanto tempo, vedo un premio meritatissimo assegnato alla  Pixar.
Mi dispiace dirlo ma le statuette d'oro date ai film d'animazione da Ribelle in poi, sono  immeritati. 
E questo vale anche per la Disney. 
I film mi sono piaciuti per carità, ma non erano assolutamente da Premio Oscar e quello che mi da fastidio è che tra le nomination c'erano cartoni molto più maturi e curati.
Scusate, ma io adoro il cinema e quando si perde in queste sciocchezze, non l'accetto proprio .
Per la storia invece, non ho niente da dire. Voglio solo ringraziare chi sta seguendo la storia, soprattutto Tigre Rossa che non manca mai di recensire i capitoli.
Spero vi piaccia ;)
 
 
LadyGio99
 

 
3
 
RISVEGLIO
 
(PRIMAPARTE)

 
 
Come lavoro, la famiglia Rivera vendeva e fabbricava scarpe. Accanto alla loro casa, avevano allestito  un magazzino dove alle prime luci del mattino, iniziavano a fabbricare le scarpe.
Imelda, dopo l'arrivo dei  suoi fratelli, si era messa a praticare questa attività e con tanta pazienza, era riuscita a coinvolgere anche Héctor il quale, ne voleva sapere ben poco di questo lavoro. Lo trovava noioso e poco coinvolgente. Lavorava solo per il bene della famiglia e per evitare i continui rimproveri della moglie.
Recentemente gli affari andavano molto bene. I clienti più affezionati descrivevano la qualità delle scarpe ottima e queste voci, attiravano altre persone, soprattutto i turisti che venivano a visitare la piccola città.  
Oscar e Feliqe erano degli ottimi lavori e come Victoria, erano attenti a curare ogni aspetto  della scarpa e se la prendevano quasi sul personale quando Héctor svolgeva il suo compito  in modo svogliato. Rosita invece aveva preparato una piccola bancarella vicino casa dove era riuscita a sistemare con ordine le scarpe. Lei sapeva farci con le persone. Era una donna sensibile e sul suo viso paffuto, c'era sempre una piccola bocca rosa piegata in un sorriso. 
Aveva anche un carattere dolce e forse, tra i fratelli era quella più vispa.
Ultimamente, lavorava il doppio. Si era offerta di star vicino ad Imelda durante la gravidanza e nel tempo libero, cuciva dei vestitini per il nuovo arrivato, risparmiando così un po' di soldi.
Sua sorella maggiore non aveva lasciato la sua attività, si prendeva solo dei turni e staccava presto la sera,seguendo i consigli dei fratelli.
 Dei Rivera lo scansafatiche in questo campo era Héctor. Odiava stare chiuso in nel magazzino a ripetere per ore e ora la stessa procedura senza sperimentare qualcosa di nuovo. Con il pretesto di sorvegliare e accudire Miguel malato,  lasciava spesso il suo lavoro per restare accanto al suo chamaco. 
Erano passati cinque giorni dopo la visita del dottore e Miguel aveva ricevuto delle ottime cure. Gli avevano somministrato le medicine negli orari richiesti, reso la cameretta un posto fresco e come aveva suggerito Victoria, si erano dati i turni durante la notte.
Al sesto giorno, Héctor appena sveglio si diresse verso la cameretta del suo chico, fu in quel momento che trovò una sorpresa inaspettata.
La porta era semi aperta e all'interno sentiva un debole guaito che cercava di essere oppresso.
Héctor temette il peggio ma quando entrò nella stanza, non vide un Miguel sudato e debole come si aspettava. Era sveglio e accanto a lui, Mama Imelda lo stava soffocando con un abbraccio.
Quei leggeri singhiozzi, erano suoi. Si faceva forza e tentava di nasconderli mordendosi ripetutamente le labbra fino a farle arrossare.
La scorsa sera, lei aveva sorvegliato Miguel e appena sveglia, lo aveva trovato fuori dal suo letto, in piedi, affacciato alla finestra.
A quella visone Héctor spalancò la bocca e il cuore prese a tamburellargli nel petto per la gioia. Il suo chico aveva finalmente aperto gli occhi e pareva stare bene.
Anche lui stava stringendo la sua mamma. La stava silenziosamente rassicurando, facendogli capire che era tutto finito e che ora, stava bene.
Héctor aveva sperato così tanto in un suo risveglio e adesso che lo vedeva, non gli sembrava vero. Smise di restare sul ciglio della porta e si catapultò sul bambino "Chamaco!" esclamò commosso, cadendo con le ginocchia al fianco del letto.
Imelda lasciò posto al suo amato e  anche questa volta, Miguel rischiò di soffocare per colpa di una stretta forte e piena d'amore. 
Il musicista   postò una mano dietro la schiena del bambino e l'altra sulla nuca, tra i capelli mossi. Lo strinse a se come una bambola di pezza. Miguel non aveva mai visto Papa Héctor comportarsi in quel modo. Certo, non si faceva mai mancare un abbraccio da lui, ma questa volta, c'era qualcosa di diverso nei suoi gesti e nella voce.
Posò un orecchio sul piccolo petto. C'era la vita nel suo corpo e Héctor, ringraziò il Cielo per aver salvato il suo chico. A volte, i miracoli accadevano. 
 Miguel amava gli abbracci di Héctor, erano molto caldi e confortevoli, si sentiva il bambino più fortunato del mondo in sua compagnia.
Guardò la sua mamma, non piangeva più però, era spaventata. Avere paura che il fato, avrebbe riservato alla famiglia altre brutte sorprese.
Miguel lasciò il suo papà e si adagiò sul cuscino dietro di lui. Il respiro non era più pesante come nei giorni precedenti, i medicinali, avevano fatto un buon lavoro.
 Miguel non aveva mai ricevuto tutte quelle attenzioni e per questo, si sentiva titubante perché per colpa sua, i suoi genitori avevano faticato il doppio, tra la sua cura e l'attività da mandare avanti.
"Vi ho fatto preoccupare tanto, mi dispiace se vi ho causato tanti problemi" si scusò  con dispiacere, coprendosi il volto con un lembo di lenzuolo.
Héctor lo scoprì con dolcezza, gli posò le mani sulle guance e alzò di poco lo sguardo verso di lui "Non dire così. Ci siamo preoccuparti tanto, questo è vero, ma non è stata colpa tua. Sono cose che capitano" lo rassicurò abbracciandolo di nuovo.
Imelda sorrise, senza farsi vedere dai due.
Nonostante  in alcuni casi non riusciva a dimostralo, Héctor era un ottimo padre e lei provava un po' di gelosia nel vedere il bellissimo rapporto che aveva stretto con Miguel.
 "Per quanto tempo sono rimasto a letto?" domandò il bambino, pensando alla malattia che lo aveva reso debole.
"Sei  giorni" rispose prontamente Imelda cambiando inspiegabilmente espressione "E visto  che ti sei ripreso, devi metterti a lavoro e recuperare  tutti  i compiti di questi giorni!" le sue parole, non prevedevano niente di buono.
 Buttò sul letto una pila fogli e per poco, Miguel rischiò un infarto. Mama Imelda con la scuola non ammetteva scuse, non che il suo chamaco andasse male ma a volte, seguiva i consigli di Héctor e prendeva lo studio troppo alla leggera. Miguel sfogliò velocemente tutto quello che la sua mamma gli aveva consegnato. C' erano temi da scrivere, espressioni matematiche da risolvere, fino ad arrivare ai complicati esercizi di chimica.
Perfino Héctor nel vedere tutti quei libri, pensò a brutti ricordi legati alla scuola.
"Ma Mama non ce la farò mai a finire tutto questo in tempo!" Miguel sperava in un atto di carità da parte di Imelda ma lei, si dimostrò più dura del previsto. "I tuoi compagni di classe sono venuti di persona a consegnarmi tutto questo. Dovresti essere grato ai tuoi amici dopo l'impegno che si sono presi! Quindi non voglio sentire storie! Mettiti a lavoro e fai il tuo dovere".
Si girò verso Héctor il quale, fece un sorriso preoccupato "E questo vale anche per te. Con la scusa di sorvegliare Miguel stai trascurando il tuo lavoro! Adesso alzi i tacchi e vieni con me al magazzino" "Ma sono le otto di mattina...” purtroppo, la giustificazione di Héctor rese Imelda più arrabbiata “Hai il coraggio di dire una cosa del genere?” “In verità...” Miguel si immischiò nella conversazione ed entrambi i genitori, smisero di parlare e si voltarono verso di lui.
“So che devo iniziare a fare i compiti ma in verità, volevo passare un po' di tempo con Héctor. Può restare? Anche per poco vero?" chiese in maniera innocente, cercando di fare colpo sulla sua Mama con sguardi da cucciolo. La donna si strofinò gli occhi. Aveva imparato questi giochetti da suo marito. Ma in fondo, non riusciva a dire di no ad un bambino.
Ne aveva accuditi alcuni da adolescente e questo amore verso i più piccoli, non era mai scomparso.
"Solo un'ora..." Tornò a guardare Héctor e lui, per precauzione si mise le mani davanti, in segno di difesa. Ma per sua fortuna, Imelda aveva ottime notizie da comunicargli.
“Puoi stare con Miguel. Ma sia chiaro,solo un'ora capito?” Héctor dentro di se, esplose per la felicità.
 "Certo mi amor. Verrò da voi non appena il tempo che mi hai concesso sarà scaduto" gli promise.  Imelda continuò a guardarlo finché non vide il suo sposo sciogliersi letteralmente per la paura. Doveva minacciarlo quanto bastava per fargli mantenere fino in fondo la promessa.
Héctor deglutì, giurando fino allo sfinimento di venire da lei nell'orario prestabilito.
"Se non terrai fede alla tua parola, te la vedrai con me!" fu il chiaro avvertimento che Héctor ricevette prima di vedere Imelda andar via.
Rimasero soli e Miguel ruppe il silenzio che si era creato dopo l'uscita della donna.
“Oggi la mamma è un po' agitata forse...” Héctor lo abbracciò per la terza volta quella mattina   e Miguel fece lo stesso.
Non aveva molti ricordi durante il periodo della malattia ma gli era impossibile dimenticarsi il momento in cui era svenuto. 
Rammentava ancora le scariche fredde sulla pelle, il petto dolorante e i suoni che scomparivano lentamente. Aveva provato a chiamare inutilmente il suo papà e per un momento, aveva temuto di non vederlo mai più.
Miguel si era spaventato tanto ma ora, al fianco di  Héctor, tutte le sue paure svanivano.
Il suo papà riusciva ad esprimere il suo amore per lui anche senza le parole.
Per il bambino, non servivano perché sapeva avere al suo fianco l'uomo più in gamba del mondo.
 Héctor diede il benvenuto a Miguel con delle canzoni molto particolari. 
L'uomo gli cantò due ninna nanne che per Miguel avevano  un grande significato. Il suo papà gli cantava spesso questi brani quando era più piccolo, per farlo addormentare e nel riascoltarli, gli tornarono alla mente molti ricordi
Il tempo passò in fretta e ben presto, per Héctor era arrivato il momento di andare.
Ma in cuor suo, voleva stare ancora con il suo mijo. Per questa ragione, decise di trattenersi.
Scelse di aiutarlo a studiare nonostante sapeva di essere molto impreparato.
"È il momento di mettersi a studiare" annunciò mettendo un libro sotto gli occhi di Miguel il quale, rimase stupito.
 "Dici sul serio?" gli chiese il piccolo moro "Ma tu non eri l'ultimo della classe?". 
Héctor stava per nascondersi dalla vergogna ma non cedette per il bene di suo figlio e gli  fece presente che per tutto il tempo, si era sbagliato sul suo conto .
"Ero il primo della classe mio caro. Soprattutto in matematica. Quando la maestra assegnava i compiti, tutti gli alunni si rivolgevano a   me" ma Miguel non appariva ancora convinto.
Héctor più volte aveva tentato di aiutare il bambino nello studio ma lui, non se ne intendeva proprio di matematica o fisica e questo,  lo aveva dimostrato in molte occasioni. Per esempio, quando aveva confuso l'addizione e la moltiplicazione.
'Un caso disperato', così lo aveva definito Imelda.
 L'uomo prese il quaderno del suo chamaco e diede uno sguardo agli esercizi precedentemente svolti. Ci capì ben poco. Lui e la scuola non erano andati mai d'accordo mentre, quel poco che aveva imparato, non lo ricordava più. A Miguel bastò vedere il suo sguardo perso tra i problemi di logica per dimostrare ancora una volta che di matematica non ne capiva niente. 
"Sei gentile a darmi una mano, ma non credo che tu sia portato per i  compiti" confessò Miguel con dispiacere. Non gli piaceva mandar via Héctor in quel modo.
Héctor si impose di resistere ancora alle insistenze di suo figlio"Ma che dici? Io sono un libro aperto. Prova a farmi qualche domanda coraggio!" lo esortò l'uomo.
Il dodicenne si mordicchiò il labbro, sapeva già come sarebbe andato a finire. Il suo Papa non avrebbe fatto una bella figura.
Héctor lo fissava con un largo sorriso, serviva solo una risposta per farlo scomparire. Miguel sospirò ma allo stesso tempo, decise di dargli una possibilità. "Okay…che ne dici di provare con la letteratura messicana?".  Il musicista schioccò le dita "Ottima scelta! Parti con le domande!".
Miguel prese il libro di italiano e sfogliò le pagine a caso. Lo alzò verso di sé per evitare di far sbirciare le soluzioni al suo Papa e partì con la prima domanda.
"Chi ha scritto El Periquillo Sarniento?" L'autore del romanzo nominato da Miguel,  era uno dei più famosi al mondo, doveva conoscerlo sicuramente. 
Héctor camuffò il suo stupore con un volto falso, facendo credere a Miguel di conoscere veramente lo scrittore. Per guardare tempo cominciò a costruire un discorso inventato sul momento. "Dunque, dal titolo possiamo dedurre che questo autore era un esploratore. E che su questo libro ha riportato tutti gli appunti che ha raccolto sulla fauna e la natura del posto” e continuò con altri giri di parole finché non fu il bambino a fermarlo "L'autore si chiama José Joaquín Fernández de Lizardi" rivelò Miguel.
Héctor perse la concentrazione "José che?" Non riusciva nemmeno a ripetere quel nome così lungo.
In poco tempo il suo chamaco sminuì tutto quello che aveva detto. 
"E gli animali non c'entrano. In questo libro si parla di Pedro Sarmiento. Il pappagallo in questione serve a simboleggiare una metafora".
 Héctor arrossì per la brutta figura e tentò di rimediare con un'altra bugia "La memoria gioca brutti scherzi chico" mentì e Miguel se ne accorse.
"Perché non vai da Mama Imelda. Lei in fondo ha bisogno di te" si decise a confessare il bambino. Héctor ricordando cos'era accaduto l'ultima volta che si erano separati, non si sentiva a lasciarlo solo. Soprattutto ora che aveva ripreso i sensi. Stava per inventarsi qualcos'altro ma dopo, si tolse la maschera e tornò ad essere la persona carismatica e leale che Miguel conosceva.
"Hai ragione, con lo studio sono negato. Ma dopo quello che hai passato, non me la sento di stare lontano da te" disse con sincerità.
Héctor non riusciva a vedere il suo Miguel cresciuto. Per lui era ancora il bambino che si abbracciava sul suo corpo come una scimmia e prendeva sonno nelle sue braccia. Con Miguel, Héctor poteva essere se stesso.
La stessa cosa valeva  per il bambino, Miguel non aveva segreti per Papa Héctor. Riusciva a confidargli tutto quello che veniva dal suo cuore. 
"Mama Imelda ha bisogno del tuo aiuto adesso. Io devo solo fare dei semplici compiti, non è così impegnativo" "Allora posso stare  comunque qui. Non proferirò  parola" ci aggiunse anche una risatina ma non funzionò. Girò lo sguardo dal lato opposto, dopo la figuraccia fatta davanti a Miguel. 
Forse, doveva seguire il suo consiglio e lasciarlo un po' da solo. Héctor sapeva che ognuno aveva bisogno dei propri spazi e questo valeva anche per il ragazzino. Era diventato un ometto e con il cuore spezzato, era cosciente che prima o poi doveva lasciarlo andare.
Silenziosamente, gli mise intorno le braccia e lo strinse per un'altra volta. Miguel, sentendo l'immediato bisogno del calore di Hector, non esitò a prendere parte all'abbraccio. 
Stranamente, una parte di se era triste e voleva delle coccole. Forse, perché anche lui si era reso conto di aver scampato la morte. No! Non poteva morire!.
Era spaventato dall'idea di separarsi dalla sua famiglia, di vivere da solo per molto tempo. Avvertì il bisogno di lasciarsi andare sul petto di Héctor. Il battito del cuore era una dolce melodia, come i brani che scriveva la sera, quando l'ispirazione bussava alla sua porta. "Stai bene?" domandò il musicista preoccupato. Aveva notato subito il comportamento di Miguel. Il dodicenne si allontanò da lui e disse che era tutto apposto.
Héctor gli scompigliò i capelli in segno di saluto e gli promise che a fine lavoro, sarebbe stato con lui tutto il giorno. 
Miguel rimase solo e immerso nello studio, aspettava con impazienza la sera perché voleva passarla a tutti i costi con Héctor. 
C'era uno strano rapporto che li legava. Era molto complicato da spiegare. Parlavano e scherzavano come due amici, si confidavano segreti come due fratelli e si prendevano cura l'uno dell'altro come un padre e un figlio. 
Héctor si era calato nel ruolo da genitore ma per Miguel, lui era il suo migliore amico. 
Sapeva di non essere realmente figlio suo. L'aveva scoperto casualmente un giorno, a sei anni. Quando Imelda e Héctor si erano messi a discutere di quell'argomento al momento sbagliato, nel posto sbaglio. Miguel aveva sentito ogni singola parola e Héctor in un secondo, aveva temuto di veder sgretolarsi davanti agli occhi tutto quello che aveva costruito.
Si era maledetto per non aver mai detto la verità e pensava di aver perso per sempre la fiducia nel suo bambino. Ma Miguel, stranamente li aveva abbracciati, pronunciando parole che i due coniugi non avrebbero mai dimenticato.
Non mi interessa. Voi siete i miei soli e unici genitori.
Imelda aveva pianto di nascosto. Héctor si era sfogato sul bambino.
Miguel adesso che era cresciuto, continuava a non sentirne di questa 'mancanza'. Imelda era la sua unica Mama. Héctor, oltre ad essere il suo migliore amico e fratello maggiore, era anche il suo papà.
Miguel studiò tra una pausa e un'altra fino a tarda sera. Decise di fermarsi con i compiti e proseguire il giorno dopo. Depose i libri nella cartella e stirò in alto le braccia. Aveva voglia di alzarsi e muovere le gambe. Le sentiva addormentate e un prurito fastidioso gli aveva attaccato i piedi.
Lasciò la stanza e sentì le voci di Imelda e Héctor provenire dal salotto. Ad un tratto, se ne aggiunse una terza. Era adula come quella dei suoi genitori. Miguel si affacciò dalla ringhiera di legno per sbirciare. Si divertiva ad agire in incognito come un agente segreto. 
Mama Imelda e Papa Héctor erano vicino alla porta d'ingresso e si tenevano per mano. Con loro, c'era un signore che Miguel conosceva bene. Era il dottor Sanmi. 
Non riuscì ad ascoltare il discorso e sfortunatamente, il medico lasciò subito la casa dei Rivera, dopo aver augurato la buonanotte. Il ragazzino uscì allo scoperto e Héctor se ne accorse subito. "Ehi! Chamaco!" gli andò in contro, salì le scale e quando lo raggiunse, lo prese in braccio.
Imelda stava per dirgli di tornare a letto ma vedendo il figlio arzillo e scattante, decise di non preoccuparsi troppo.
"Grandi notizie! Il bambino tra non molto arriverà!" comunicò Héctor e  Miguel capì perché il Signor Sanmi era con loro. Stava controllando la gravidanza di Imelda. 
Tutta la famiglia attendeva con ansia la nascita del nuovo Rivera. Miguel non vedeva l'ora di accogliere nella sua vita un fratellino o una sorellina, sentiva il dovere di prendersene cura. 
"Come si chiamerà?" il chico andò subito al sodo. Héctor e Imelda si guardarono stupiti perché in verità, non ci avevano ancora pensato. "Non sappiamo se è un maschio o una femmina" dichiarò Imelda accarezzandosi il ventre "Ma possiamo pensarci lo stesso!" "Se sarà un maschietto a me piacerebbe Gael, Anthony, oppure Tullio" "E se è una femmina?" ipotizzò Imelda mandando in difficoltà Héctor.
La scelta del nome opposto risultò più difficile perché ce ne erano tanti da scegliere, molto più belli di quelli maschili.
 "Coco!" fu Miguel a proporre il nome. Era originale e per niente scontato.
"Coco?" Héctor lo ripeté tra se e se sotto voce. Non era un nome comune però gli piaceva. Anche Imelda lo trovava carino.
"Héctor, vogliamo andare fuori?" Miguel cambiò discorso perché moriva dalla voglia di uscire, il musicista stava per acconsentire ma la donna si mise in mezzo e prese a minacciare tutti e due. "Prova a mettere piede fuori di qui e ti vieterò la televisione per un mese" dopo passò a Héctor "Portalo fuori e non la passerai liscia".
"Si signora" dissero contemporaneamente leggermente spaventati. Imelda sapeva come mettere i brividi.
"Passeremo lo stesso la serata insieme, io e te" Héctor se ne uscì con un'altra alternativa per stare con Miguel e il chamaco ne rimase soddisfatto. 
Il ragazzino, dopo giorni riuscì a cenare tranquillamente con tutti i famigliari che quella sera, rincasarono più presto del solito e fecero tante coccole a Miguel, felici di vederlo di nuovo in forma.
Perfino Victoria si dimostrò più aperta del previsto.
Rosita invece, cucinò il suo piatto preferito e fece diventare le guance di Miguel rosse, a forza di pizzicarle.
Concluso il pasto, Héctor  accompagnò il bambino   nella cameretta, portandolo sulle spalle, come quando era più piccolo. Lo buttò sul letto e il musicista si stese vicino a lui.
Inizialmente improvvisarono una breve lotta di cuscini per poi finire la battaglia stremati.
Finalmente, erano di nuovo uniti. 
Héctor non sapeva descrivere il suo legame con Miguel. Alcune volte si sentiva un padre, altre era un amico e infine, si vedeva anche come un fratello.
Non immaginava nemmeno che il piccolo Miguel aveva il suo stesso pensiero. 
Sapeva solo che quando era in sua compagnia, tutto era più semplice.
Si ricordò di avere una sorpresa per lui "Miguel" "Si?" "Vuoi sapere una cosa?" "Certo!" disse incuriosito il chamaco.
“Guarda qui” Héctor infilò le dita nella tasca dei pantaloni e tirò fuori un foglio piegato con cura in quattro parti. Lo aprì e dopo, lo diede a Miguel. Il bambino lesse ciò che riportava e lentamente, il suo viso si trasformò in uno sguardo stupefatto.
La cosa, interessava entrambi. Era stato organizzato in città un piccolo spettacolo e poteva esibirsi chiunque, dopo  l’iscrizione naturalmente.
“Che ne dici? Si terrà nel Dia de Muertos!” “Ma è tra cinque giorni” ricordò Miguel “Ho paura di non farcela”.
Héctor si passò le mani tra i capelli, stufo di sentire quelle sciochezze “Cosa dici?. Vuoi diventare un musicista e hai paura di esibirti di fronte ad un paio di persone?” “Non è vero! Lo sai anche tu che nel Dia de Muertos la città è affollata!” “Se vuoi suonerò io al tuo posto” propose Héctor per vedere la reazione di Miguel.
Il ragazzino agì proprio come si aspettava. “Non se ne parla! Io voglio suonare veramente davanti a tante persone. È solo che, ho paura di farmi prendere dall'ansia” “Ti stai facendo troppi problemi.
Io credo in te Mijo" sussurrò l'uomo posando la mano sulla fronte di Miguel. Fortunatamente, non scottava ma per guarire completamente, serviva ancora del tempo.

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Capitolo 6
*** Risveglio (Seconda Parte) ***


Bentornati in un nuovo capitolo, concentrato ancora sul passato di Miguel .
Forse preferite i capitoli ambientati nel presente, ma a mio parere queste scene sono necessarie per mostrare com’è nato il rapporto tra Miguel e Héctor.
Del resto, la mia storia si concentra su questo.
Spero di piaccia!
 
LadyGio99
 
3

RISVEGLIO
 
(SECONDA PARTE)
 
COME IMELDA DIVENTÒ LA MAMMA DI MIGUEL
 
 
Héctor prese Miguel da sotto le ascelle, lo sollevò e gli fece fare per tre volte il girotondo, canticchiando la canzoncina.
Il bambino, adorava quel giochino. Amava sentirsi in alto e credere di essere cresciuto come il suo Papa. Hèctor lo tenne tra le braccia per altri minuti poi lo fece sedere a tavola "Adesso finisci la colazione" gli mise davanti un piatto di insalata, accompagnata da due occhi di bue fumanti.
Miguel infilò la forchetta nel piatto e iniziò a mangiare.
Era diventato bravo ad usare le posate, senza far cadere il cibo fuori del piatto. Dal giorno del suo ritrovo erano passati trenta giorni e in quel periodo, Miguel aveva fatto enormi progressi.
Camminava da solo e parlava abbastanza bene, senza contare che sapeva scrivere senza difficoltà tutte le lettere dell'alfabeto.
Héctor  approfittò di quel momento per separarsi da Miguel e andò a cambiarsi. Indossò la giacca di pelle che aveva comprato l'altro giorno, insieme al suo inseparabile capello di paglia.
Oggi era un giorno importante per tutti e due.
Héctor finalmente, aveva trovato lavoro presso un osteria e il suo compito era quello di intrattenere i clienti con della buona musica.  Miguel invece, stava per cominciare la scuola materna. Héctor viste le sue capacità e l'impossibilità di chiamare una persona che poteva prendersi cura del bambino quando sia lui che sua moglie mancavano, aveva preso senza problemi questa decisione e per l'occasione, gli aveva comprato degli abiti nuovi.
Aveva vestito il niño con delle scarpe nere che aveva  lucidato la scorsa sera e una maglia chiara, semi coperta da un semplice gilet scuro. Nel paese c'era una scuola grande e popolata, che ospitava la sezione materna per i più piccoli e altri alunni. Con le classi e sezioni, arrivava fino alla scuola dell'obbligo. Se poi i ragazzi  volevano continuare gli studi, dovevano spostarsi nella città più vicina.
Per loro, c'era un piccolo bus che partiva la mattina presto e tornava nel tardo pomeriggio. Lì potevano trovare addirittura l'università.
Hèctor completò il suo vestiario e tornò dal bambino"Andiamo?" gli domandò e il niño annuì. In verità, non aveva ancora ben capito cos'era la scuola. Il suo Papa l' aveva descritta come un posto pieno di bambini della sua età, simile ad  un parco giochi. 
Era molto curioso di scoprire questo nuovo posto. 
Anche Imelda si era preparata per affrontare una lunga giornata di lavoro. Scese al piano terra e automaticamente, prese le distanze da Miguel appena i suoi occhi incrociarono il bambino.  Héctor sospirò malinconico nel vedere il comportamento della moglie. Imelda, non aveva accettato il bambino nella loro famiglia. Divideva solo il tetto con lui. Nient'altro. 
Lo trattava come un estraneo e cercava di starne alla larga. Héctor, sussurrò qualcosa all'orecchio di Miguel e il bambino corse di sopra. Adesso, c'era solo lui con Imelda.
"Perché non vuoi provarci nemmeno?" attaccò l'uomo "Che ti ha fatto quel bambino? Se vuoi prendertela con qualcuno allora tratta male  me!" di solito evitava l'argomento in questione, ma questa volta non se la sentiva di lasciare tuttto.
 "È quello che faccio infatti!" gli fece presente Imelda "Ti ricordi cosa ti ho detto l'altra volta? Che poteva restare ma io non volevo averne a che fare!" "Non vuoi nemmeno dargli una possibilità?" insistette Héctor mentre lanciava veloci sguardi verso le camere da letto. Miguel non doveva vederli litigare. Voleva tenere il bambino lontano da queste questioni.
Quando era piccolo, aveva visto tante volte i suoi genitori litigare e lui, non voleva ripetere le stesso errore. Da sempre infatti, si era promesso di non diventare come suo padre.
A quella richiesta, Imelda per un attimo diventò dura come la pietra ma ritornò subito sui suoi passi "No…" mormorò la donna riprendendo le sue faccende. Da quando Miguel era con loro, tra lei e Héctor non filava tutto liscio. 
Non arrivavano mai ad un accordo e il musicista, aveva sempre paura di mettere in scena questo tema. Temeva che continuando così, qualcuno gli avrebbe portato via Miguel. 
Stava per aggiungere dell'altro ma si azzittì subito quando vide il bambino fare ritorno. Portava con se un piccolo zaino che conteneva delle matite e qualche foglio bianco. Héctor lo sistemò dietro le spalle e Miguel partì con qualche capriccio. Per lui era leggermente pesante e lo trovava fastidioso. Héctor, non poteva dargli torto. Anche lui, si era comportato così al suo primo giorno di scuola e non aveva dimenticato l'assillante comportamento della sua mamma e papà.
Per lui, era un piccolo trauma. 
"Forza Miguel, usciamo" diede al bambino gli ultimi ritocchi e gli prese la mano, per guidarlo con se.
Miguel regalò a Imelda un saluto  e lei, rispose con un sorriso veloce. Ovviamente, era ancora troppo piccolo per capire cosa stava succedendo tra di loro. 
A Miguel, piaceva Imelda. Adorava il profumo che si metteva la mattina, il trucco viola che tingeva gli occhi e il suo carattere forte.
Tuttavia, non passava molto tempo con lei e Papa Héctor, qualche volta, la chiamava ma la donna non veniva mai. Il suo papà per tanto, non ne parlava mai. 
"A questa sera" disse la donna prima di vederli andare via.
Appena usciti di casa Miguel notò per le strade, si aggiravano soprattutto adulti che accompagnavano bambini che avevano all'incirca la sua stessa età.
C'era tanta confusione e questo, lo portava a nascondersi dietro il suo Papa. Non gli piaceva tutto quel rumore fastidioso e cominciò a pensare che forse, questa scuola non era poi così bella. 
Arrivarono dopo un po' in un piccolo gruppo di bambini, accompagnati dai propri genitori.
Una signora giovane, ben vestita e con i capelli sciolti che scivolavano morbidi lungo i fianchi, chiamò a raccolta tutti i bambini. Miguel stava per andare da lei, attirato dal suo sorriso dolce ma Héctor, non gli aveva ancora lasciato la mano. Era molto nervoso, al contrario di Miguel che nel frattempo, stava cominciando a parlare con gli altri bambini e stringere amicizia.
La donna vide i nuovi arrivati e trovandoli spaesati, si avvicinò a loro due per aiutarli. Si piegò verso il bambino, senza smettere di sorridere"Sei tu il nuovo niño?" Héctor rispose per lui "Certamente! Si chiama Miguel…questo è il suo primo giorno" spiegò emozionato. Temeva che il suo niño non si sarebbe ambientato abbastanza.
La maestra stava per prendere Miguel ma Héctor gli chiese alcuni minuti per le ultime raccomandazioni. Guardò il niño negli occhi, scuri e profondi, come i suoi "Quando finite la lezione aspettami qui. Non muoverti chiaro?" gli ripeté fino allo sfinimento e il bambino annuì più di una volta con la testa. 
Da come si comportava, sembrava avesse capito.
Fu la maestra a portarlo dentro e Héctor si trovò costretto a rimanere fermo, vedendo il suo niño che si allontana da lui. Sembrava passata un eternità da quando Miguel era diventato parte della famiglia. Fare il padre non era semplice ma ad Héctor piaceva prendersi cura di qualcuno.
Si sentiva felice quando era con Miguel perché sapeva di fare la cosa giusta.
“Che cosa stai facendo ancora qui?” urlò una voce che Héctor conosceva benissimo. L'uomo sobbalzò per lo spavento e con uno scatto si voltò dietro. Imelda non era contenta di vederlo davanti scuola, a quell'ora, doveva andare a lavoro.
“Perdonami tesoro” si scusò con aria innocente, troppo spaventato per chiedergli che cosa ci faceva lei davanti la scuola. “Non usare questo tono con me. Miguel starà benissimo nella nuova scuola quindi  fila a lavorare” Héctor guardò l'orologio. Erano in ritardo tutti e due.
Il musicista andò via, verso il suo nuovo lavoro, chiedendosi ancora perché sua moglie era con loro. Lei era molto preciso con la sua attività e per nulla al mondo sarebbe arrivata in ritardo.
Imelda non era d'accordo su tutte le attenzioni che suo marito riservava al bambino. Ma di una cosa era certa. Finalmente, dopo tanto tempo, aveva assunto un comportamento responsabile. Certo, in lui non era scomparso il suo animo da giovane sognatore però, una parte di lui era cambiata.
Miguel lo rendeva davvero felice.
Imelda guardò l'orologio intorno al suo polso e vide che tra un minuto il lavoro cominciava così, invece di godersi una buona passeggiata, si trovò costretta a correre.
Quando la donna giunse al ristorante, una sua collega coetanea gli offrì un bicchiere d'acqua e l'aiutò a spogliarsi del pesante giaccone che portava.
Imelda era affaticata, con un rossore sul viso che in qualche modo, copriva tutto il trucco che tingeva la sua faccia.
 Per sua fortuna, il capo non era ancora arrivato.
“Oh amiga mia, non hai una bella cera” la cameriera fece accomodare la sua amica in uno dei tavoli ancora vuoti del posto di lavoro. Imelda accettò il consiglio di Cécilia e si mise comoda su una delle sedie di legno del locale. L'aveva conosciuta il primo giorno di lavoro ed era stata lei a insegnargli quanto bastava, per essere una brava cameriera.
“Sto bene” disse la donna “Ho solo accelerato il passo questa mattia. Credimi, non sono abituata a correre e per questo, mi manca il fiato” “Sei sicura? Secondo me sei solo molto stanca. Non ti biasimo, hai un bambino da accudire ma non preoccuparti, con il tempo diventerà un gioco da ragazzi”.
Imelda gli avrebbe dato volentieri uno schiaffo in faccia per la faccenda di Miguel, ma si limitò a ripetergli la stessa frase che diceva a Cécilia quando  toccava questo argomento.
“Lui non è mio figlio. Io gli ho dato solo un posto dove vivere.
È stato mio marito a volerlo con se, io ho scelto di stare lontana da questa storia” “Perché?” domandò e Imelda piano piano, iniziò a perdere la pazienza.
Odiava quando gli altri facevano domande sulla sua vita privata e gli davano consigli su come gestirla. Certo, Cécilia era una donna dolce che c'era sempre nel momento del bisogno e con questo suo gesto, non voleva ferire Imelda. Ma la Signora Rivera, non riusciva ad accettare questo comportamento, nonostante voleva bene alla sua amica.
“Non ho voglia di parlare” tagliò corto la donna e per sua fortuna, il proprietario del ristorante arrivò in quel momento e con la scusa di mettersi a lavorare, la conversazione tra le due donne terminò.
Durante tutto il turno di lavoro, mentre Imelda prendeva le ordinazioni e serviva ai clienti le rispettive pietanze, la donna rifletteva pensierosa sulla situazione della famiglia.
Chi stava sbagliando? Lei o suo marito?. Erano entrambi nel torto?.
Ricordava bene il giorno in cui Héctor gli aveva proibito di portargli via Miguel.
Alle prime luci del mattino, aveva chiesto un passaggio ad un vecchio mercante che quasi tutti i giorni, viaggiava da città in città per vendere i suoi prodotti.
Ma suo marito, non ne voleva sapere di portarlo all'orfanotrofio.
“Il suo nome è Miguel. Miguel Rivera” era questa la fatidica frase che nell'ultimo tempo risuonava nella testa di Imelda come una campana.
Tra i due, era scoppiata addirittura una lite furiosa. Ovviamente, si era conclusa con la vittoria di Héctor ma quest'ultimo, si era sognato di ricevere il perdono da parte di Imelda.
Né lui, né lei aveva chiesto scusa all'altro e questo conflitto, non era ancora  scomparso.
Marito e moglie, tentavano di recuperare quello che avevano perso, purtroppo, non si erano resi conto che nessuno dei due stava facendo abbastanza.
Héctor cercava di non litigare con Imelda per tenere Miguel lontano da tutto quello che stava passando e per  non rovinare il suo matrimonio. Sua moglie per tanto, lo evitava per questo motivo.
Dopo tanto tempo, era riusciva a raggiungere la vita che voleva e il pensiero di vedersela scivolare via tra le dita, la faceva star male.
Perché tutto questo? Era colpa del bambino?.
Imelda provava ad attribuirgli la colpa per tutto il male che stava vivendo, ma quando lo guardava, diceva addio al suo lato freddo e distaccato. Eppure, non riusciva ad avvicinarsi a lui.
Quando ci provava, gli tornava in mente la litigata con il suo amato e quindi, si tirava indietro.
Forse perché era arrabbiata. Oppure  aveva paura.
Anche prima di sposarsi, lei e Héctor avevano programmato di avere  dei bambini, ma non così presto.
Imelda non sapeva ancora cosa significava fare il genitore e il fatto che aveva accudito dei bambini da ragazza, non aveva niente a che vedere con il ruolo che tra non molto, avrebbe affrontato.
Quando il suo turno arrivò al termine, Imelda evitò Cécilia e andò fuori per prendere una boccata d'aria.
In casa sua c'era un clima teso e nel ristorante, sembrava respirare la stessa aria che tirava tra lei e Héctor.
I suoi colleghi, se all'inizio apparivano simpatici e disponibili, adesso, si erano rivelati per quello che erano. Meschini e nulla facenti. Solo Cécilia si salvava.
Annoiata, per passare il tempo si mise a contare le coppie che gli passavano davanti.
Andavano mano nella mano e alcune erano accompagnate da bambini.
Imelda li invidiò e provò ad immaginare lei e Héctor nei panni di un padre e una madre.
La città iniziava a calarsi lentamente nell'oscurità e la temperatura si faceva più fredda.
Stava per tornare dentro ma ad un tratto, vide da lontano un uomo a lei famigliare correre come un pazzo verso di lei.
Cominciò ad avere una vaga idea di chi poteva essere ma non riuscì a crederci finché riconobbe suo marito.
Voleva domandargli che diavolo ci faceva fuori dal posto di lavoro e perché la stava cercando ma Imelda era troppo scossa per parlare.
 “Miguel...” sussurrò Héctor con voce affannata “Non riesco a trovarlo”. La moglie del Signor Rivera sbatté le palpebre incredula. Quel bambino ascoltava sempre suo marito e lei stessa aveva visto Héctor ripetere a Miguel di non allontanarsi.
“Hai provato a vedere nei dintorni?” domandò e l'uomo le rispose che aveva ispezionato personalmente tutta la zona vicina.
Era molto spaventato e la voce tremava ansiosa.
“Ti prego, dammi una mano” Héctor arrivò a supplicarla, incapace di prendere una decisione. Se ultimamente aveva rifiutato l'aiuto di sua moglie, adesso ne aveva bisogno.
“Lo so che  odi entrambi ma...” “Ecco che ricominci a fare la vittima!” esclamò Imelda stanca di sopportare quel comportamento da moccioso “Io non odio nessuno dei due” “Allora perché eviti sia me che lui?”.
Imelda, si rese conto di non avere una risposta pronta dopo quella domanda perché in fin dei conti, non lo sapeva nemmeno lei.
“Credo sia chiaro. Sono ancora arrabbiata con te” si giustificò in fretta “Io no! Cioè si...insomma lascia perdere! Se non vuoi aiutarmi sei libera di farlo”.
 Imelda non aveva intenzione di avere sensi di colpa sulla coscienza. Disse ad Héctor di aspettarla, tornò dentro e poi riuscì vestita, pronta per la ricerca.
"Non lo faccio per te. Ma per Miguel" anticipò Imelda prima di sentire un flebile ringraziamento da parte di Héctor.
Aveva spiegato al suo capo cos'era accaduto e lui, le aveva dato il personaggio di andare. 
Aveva cresciuto tre figli e in fondo, sapeva cosa significava perderne uno. 
Come primo passo, marito e moglie  si misero a chiedere ai passanti se avevano visto un bambino e Héctor, provò a descriverlo nei minimi dettagli. L'età, cosa indossava e disse qualcosa sul suo aspetto fisico.
Ma tutti, rispondevano di no.
“Quando uscite, c'è un posto particolare dove andate spesso?” domandò la donna al marito all'ennesima risposta negativa di un signore. Héctor ci pensò e si ricordò che il più delle volte, lo portava in piazza per fargli vedere le piccole bande che suonavano al chiaro di notte.
“Dev'essere passato davanti scuola un gruppo di musicisti” rifletté Héctor “Miguel deve averli seguiti!” prese sua moglie e la trascinò con se verso il centro città.
Quando arrivarono, trovarono la piazza colma di gente che si muoveva in gruppo come uno stormo di uccelli.
C'era tanta confusione e le diverse voci dei passanti  si sovrapponevano come tanti strumenti musicali in un orchestra.
Héctor e Imelda rabbrividirono e tirarono un lungo sospiro prima di buttarsi nella folla.
Decisero di separarsi, optando per strade diverse.
Senza nemmeno accorgersene, Héctor passò davanti al vicolo dove tempo fa aveva trovato Miguel. Era ancora sporco e buio. Nessuno oltre a lui, aveva messo piede lì. La donna nel frattempo, chiedeva informazioni ai musicisti che si stavano esibendo ma nemmeno loro, risultarono essere d'aiuto.
Marito e moglie fecero un breve incontro, domandandosi se avevano scoperto qualcosa.
“Dannazione!” esclamò Héctor all'ennesima brutta notizia.
Per lui era un colpo al cuore sentire che Miguel non era in zona.  
“La temperatura sta scendendo” si accorse Imelda sentendo del gelo sul corpo, nonostante era coperto “Credo sia meglio passare a casa e prendere dei vestiti più pesanti”.
Héctor prese  male quella decisione e cambiò atteggiamento nei  confronti di Imelda “Brava. Hai usato una buona scusa per svignartela” “Cosa?” domandò stupita la donna “Puoi andartene. Ma io non mi muoverò da qui finché non avrò trovato Miguel” “Guarda che se non me ne importava, non avrei mosso un dito per aiutarti” gli fece presente Imelda dopo l'umiliazione del musicista.
“Sono contento di questa tua sincerità. È la prima volta che ti sento dire la verità da quando Miguel è venuto a vivere con noi” disse Héctor e Imelda, non poté contenersi a quella frase “Come ti permetti di parlarmi in questa maniera? Secondo te, chi gli ha rimboccato le coperte quando ti addormentavi presto? Chi gli ha cantato la canzone della buonanotte? E chi l'ha fatto dormire nel suo letto quando si svegliava per colpa di brutti sogni?” buttò tutto d'un fiato quella confessione che aveva giurato a se stessa di non dire mai.
Ma senza accorgersene, aveva rivelato tutto a suo marito.
Héctor restò senza parole, voleva sapere di più ma aveva la bocca asciutta.
Imelda, resosi conto di quello che aveva fatto, si portò le mani sulle labbra e nascose verso il basso il volto per la vergogna.
“Quindi anche tu vuoi bene a Miguel! Perché non me l'hai detto? ” “L'ho fatto una volta sola chiaro?” “Però l'hai fatto!” il musicista sorrise.
Quel bambino aveva conquistato il cuore di sua moglie.
“Señor! Señora!”  un uomo col sombrero e una mantellina sulla spalle interruppe la loro conversazione.
"Ho sentito che state cercando un bambino, io ne ho trovato uno che si aggirava da solo. È il vostro per caso?" dietro di lui, sbucò fuori un  niño con due occhi grandi, i capelli scomposti e uno zaino dietro la schiena semi aperto.
"Miguel!" Héctor lo prese in braccio, sollevandolo e stringendolo con tenerezza. 
Aveva di nuovo il suo bambino con al suo fianco. Anche Imelda lo accolse contenta.
Gli passò una mano sulle guance paffute e Miguel rise per il solletico.
"Non so come ringraziarla!" disse il Signor Rivera al musicista stringendogli la mano "Dove l'ha trovato?" "Bhe, stavo suonando e lui si è avvicinato a me. Mi ha chiesto se poteva restare e io gli ho detto di si" "Spero non che non l'abbia infastidito" disse Imelda "Assolutamente no! Siamo stati insieme tutto il tempo. Chi li ha passato la passione per la musica?" Héctor si sentì lodato a quelle parole. Per lui, era un onore sapere che il suo niño aveva ereditato da lui la passione per la musica. 
"Canzone…" fece Miguel guardando il suo papà "Canzone…famiglia.…" disse ancora, attirando l'attenzione dei due Rivera.
"Oh non è niente d'eccezionale" intervenne di nuovo l'uomo con il sombrero "Voleva dedicarvi una canzone" "Sul serio?" "Certo. In verità, l'ho scritta io però a lui è piaciuta tanto e ci teneva a farvela ascoltare" il musicista stava per attaccare ma Miguel gli vietò di proseguire, scuotendo la testa "Io…scrivere...mia…canzone…" gli fece capire e l'uomo annuì, deponendo il suo strumento.
Quel musicista gli aveva solo dato l’ispirazione. Per il resto, Miguel voleva fare tutto da solo.
"Si è fatto tardi, devo andare” annunciò dopo l’uomo lanciando uno sguardo verso il cielo “Adios niño mi raccomando, sta lontano dai guai e la prossima volta, non allontanarti dalla tua famiglia" gli suggerì il musicista salutando il bambino.
Imelda arrossì. Quell'uomo aveva scambiato lei e suo marito per i veri genitori di Miguel. Ma in fondo, provò una bella sensazione nel sentirsi mamma.
Héctor tornò a guardare suo figlio, una strillata non gliela toglieva nessuno dopo quello che aveva combinato.
"Santo cielo Miguel!" esclamò "Mi hai fatto preoccupare tanto! Non puoi sparire nel nulla senza avvisarmi" non riusciva ad essere severo fino in fondo con Miguel. Gli dispiaceva rimproverarlo.
“Canzone....per...mama” Miguel indicò la donna “Per me?” “Mama è triste....musica...allegria”.
No Imelda, non lasciarti influenzare. Lui non è tuo figlio diceva una voce nella sua testa Non guardarlo, non guardarlo, non guardarlo.
Ma non riuscì a dare ascolto alla sua ragione. Questa volta, si fece guidare dal cuore e senza volerlo,  accarezzò la testolina del bambino.
“Questo è vero, la musica mette allegria. Ma non devi preoccuparti per me, io sono lo stesso felice con voi due” Héctor non credeva a quello che aveva appena sentito.
Imelda era sincera, non stava mentendo in quelle parole.
“Casa?” propose l'uomo “Andiamo a casa” confermò la moglie.
Il ritorno, fu accompagnato dal silenzio.
Nessuno parlava, si scambiavano solo sguardi sorridenti.
“Ti posso parlare?” gli sussurrò Héctor quando entrarono finalmente in casa. Imelda annuì. Ma prima, portò Miguel nella sua stanza e lo infilò nel letto.
Quando uscì dalla cameretta, ad aspettarla vicino la porta c’era Héctor.
“Sapevo che in fondo, anche tu tieni a lui” disse il Rivera quando si trovò di nuovo da solo con Imelda.
Lei sospirò e decise di buttar via quel macigno che da troppo tempo, gli stava schiacciando il cuore.
“Quella mattina, quando ti sei rifiutato di portarlo all'orfanotrofio, mi sono sentita umiliata. Perché non mi hai detto niente, hai preso quella decisione senza parlare con me, tua moglie.
Ti sembrerà strano ma in cuor mio, ero gelosa. Tu sei riuscito ad affezionarti subito a quel bambino, io invece, volevo tenermi lontana. Il motivo? Avevo paura di non riuscire ad essere all'altezza di tutte quelle donne che sacrificano anima e corpo per il bene della famiglia.
E tu all'improvviso hai portato questo bambino e io non sapevo come comportarmi.
La colpa non è tua, nemmeno di Miguel. Solo mia”.
Héctor appoggiò le mani sulle spalle “Lui ti adora. L'hai sentito no? Ti vede come una mamma. Certe volte anch'io sento di sbagliare qualcosa.
Ma poi, penso a Miguel e al bene che mi vuole. È questo che mi fa andare avanti” “Tratti quel bambino come se lo conoscessi da tanti anni. Ma poi perché proprio quel nome?” Imelda si tirò indietro.
Aveva trovato la risposta. E dire che era stata così cieca per tutto quel tempo.
“Ho capito....tu..quel nome...” “Non parlare di quell'argomento” attaccò Héctor “Miguel  ti ricordava lui. Per questo l'hai adottato” “No! No! No !” ripeté portandosi le mani sulle orecchie, per non sentire quelle verità che non voleva accettare.
La discussione tra i due stava degenerando. Ma a placare le acque, fu l'intervento del piccolo Miguel che, sentendo i suoi genitori così agitati, si era alzato per controllare.
Si sporse dalla porta e li guardò con occhi stanchi. Segno che stava provando ad addormentarsi ma non c'era riuscito.
Si sentiva turbato.
“Miguel? Non stavi dormendo?” il bambino stava per tirarsi indietro ma Imelda non lo sgridò.
Lo prese e lo pose sul letto.
Si sedette accanto a lui e gli rimboccò le coperte.
Hèctor rimase sulla soglia della stanza per vedere tutta la scena. Imelda in cuor suo, capì che in fondo, nemmeno le poteva stare lontana da Miguel.
Non l’aveva fatto prima e poi, era da stupidi continuare a mentire a se stessi.
 
Señoras y señores  buenas  tardes  buenas noches
Buenas  tardes  buenas noches señorita y señores
La mia musica è per sempre ed il mondo es mi familia
 
Cantò Imelda e  su quelle parole, Miguel si addormentò sereno.
Hèctor raggiunse sua moglie,  sedendosi vicino a lei “Hai una voce meravigliosa mi amor”. Hèctor amava sentire sua moglie cantare, la sua voce era calda e profonda.
 Imelda pertanto , aveva dedicato al piccolo una canzone sulla famiglia, proprio come voleva fare lui.
Rimasero a guardare il bambino addormentato finché Héctor non gli chiese una domanda.
“Sei ancora arrabbiata?” “Forse. Ma voglio dare lo stesso una possibilità ad entrambi”.
Ma in verità, li aveva già perdonati.
Imelda da quel giorno, diventò la mamma di Miguel.

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Capitolo 7
*** Stelle e sogni (Prima Parte) ***


Ecco un capitolo dedicato completamente a Héctor e Miguel.
Con il prossimo arriveremo alla metà di questa storia.
Spero vi piaccia!.
LadyGio99


4

STELLE E SOGNI

(PRIMA PARTE)



Héctor amava la musica sin da bambino. 
Aveva ricevuto la prima chitarra al suo decimo compleanno e nel frattempo, suo padre si era preso il compito di istruirlo sulle nozioni base. 
Conosceva a memoria le note e quando componeva melodie, l'ispirazione veniva da se.
Héctor scriveva canzoni da quando era un ragazzo ma secondo lui, non erano ancora pronte per essere esposte al pubblico. Solo Imelda e Miguel avevano avuto l'onore di ascoltare qualcosa.
Héctor raccoglieva tutti i suoi appunti dentro un quaderno, la scrittura era incomprensibile. Disordinata e e piena di scarabocchi.
Solo il proprietario del taccuino riusciva a leggere quella calligrafia.  
Miguel adesso, teneva tra le mani quel blocco di appunti e prendeva in giro Héctor per il modo in cui aveva scritto le sue annotazioni. Il musicista cercava di riprendersi quello che gli apparteneva ma Miguel era più agile e riusciva sempre a levarlo da sotto il naso di Héctor. 
"Dammelo!" esclamò l'uomo, cercando di catturarlo. In quel quaderno, c'era scritta una canzone particolare, dal titolo Recuérdame.
Miguel, casualmente capitò proprio tra quelle pagine. Stava per leggere qualcosa ma Héctor con uno scatto si riprese ciò che gli apparteneva, lo mise in un cassetto, chiudendolo con un piccola chiave un po' arrugginita tirata fuori del piccolo taschino della sua camicia. 
Héctor, sentendosi ferito, non reagì bene al gesto del bambino. "Sta lontano dalla mia roba" lo sgridò l'uomo severo “Si chiama Privacy Miguel, significa lasciare agli altri i propri spazi” e depose la chiave nella tasca dei pantaloni. Proteggendola dal piccolo Rivera.
Miguel era confuso. Lui voleva solo divertirsi con il suo papà e quest'ultimo, aveva preso sul personale questa storia.
“Non sapevo che ti avrebbe dato fastidio” tentò di scusarsi ma Héctor gli bloccò le parole. Facendo presente che non voleva sentire nient'altro.
Il dodicenne guardò l'uomo amareggiato dopo l'accaduto e quei continui rifiuti.
Per questo, si allontanò da lui sbuffando “Allora è ora che cominci a rispettare anche la mia privacy” preciso Miguel uscendo dalla sua camera.
“Torna subito qui!” gli ordinò Héctor appena si accorse cosa stava facendo, ma il bambino non l'ascoltò e continuò la sua strada. Arrivò persino ad accelerare la camminata  quando si accorse che Héctor stava per raggiungerlo.
 “Per favore aspetta!” l'uomo iniziò seriamente a preoccuparsi per le azioni del bambino “Si può sapere dove stai andando?” gli domandò l'uomo senza perderlo di vista.
Miguel era ancora debole per via della febbre ma per fortuna, aveva ripreso le sue normali attività.
Andava a scuola, dormiva sereno la notte, sempre sotto la sorveglianza della famiglia.
 "Tu non hai il senso dell'umorismo eh?" chiese Miguel infilando la felpa rossa che aveva lasciato sul divano “Non voglio vederti! Stammi lontano”  il musicista non riuscì a fermarlo in tempo e in un attimo, Miguel aveva lasciato casa.
Héctor era troppo buono per essere arrabbiato con il suo chico e di fatto, si era pentito subito per il  comportamento. Voleva chiedere scusa a Miguel per come aveva reagito ma purtroppo, sapeva che delle semplici parole non sarebbero bastate.
Come il bambino, Héctor indossò velocemente una giacca pendente da un attaccapanni e uscì di casa. Cercando di fare il meno rumore possibile.
Imelda era uscita con le sue amiche per una cena ma il resto della famiglia era andata a dormire. Gli unici svegli erano lui e Miguel. Il motivo era semplice, stavano scrivendo la canzone per esibirsi al piccolo spettacolo che si sarebbe tenuto nel Dia  de Muertos.
Due giorni fa si erano iscritti.
Quello che mancava, era un testo da cantare e toccava a loro scriverlo.
Purtroppo, ad entrambi era mancata l'ispirazione e molti impegni li avevano tenuti occupati.
E ora che avevano trovato tempo di buttare giù qualcosa insieme, avevano finito per litigare.
Uscito fuori, Héctor individuò subito Miguel. Non si era allontanato più di tanto e dalla strada che stava percorrendo, sembrava volesse andare verso il centro.
L'uomo sospirò, consapevole di quello che avrebbe affrontato.
Lo raggiunse subito, a passo veloce e deciso.
Mentre gli camminava vicino, provava ad attirare la sua attenzione scusandosi ripetutamente.
Ma Miguel continuava a muoversi per conto suo, trattandolo come uno sconosciuto. Il comportamento del suo papa  gli aveva dato enormemente fastidio.
“Ehi...Micky” bisbigliò Héctor e il bambino diventò rosso per la vergogna. “Odio quello stupido soprannome!” si tappò le orecchie e cercò di controllare la rabbia “Ma quando era piccolo ti piaceva così tanto...” “Ma adesso  lo sopporto!” “Lo so” ghignò Héctor “E se adesso non torni a casa con me continuerò a chiamarti così” “Scordatelo!” si oppose il bambino.
Il musicista capì che se voleva farsi rispettare, doveva insistere di più “Vorrà dire che da adesso, sarò la tua ombra” disse con una voce
Miguel sapeva che Héctor non l'avrebbe lasciato andare facilmente. Iniziò a studiare un piano per fuggire da lui, senza destare sospetto.
Attraversarono una parte del paese radicato in diverse strade.
Scelse la seconda, a destra. Lì c'era un gruppo di turisti che, accompagnati dalla guida, andavano alla ricerca di un buon ristorante per cenare. 
Fece altri passi. Uno, due iniziò a contare Tre ne bastava solo un altro, Quatto!. Quando arrivò a quel numero, cominciò a correre verso la direzione scelta, lasciandosi dietro un Héctor sbalordito ed impreparato.
“Eh? Aspetta Miguel!” lo chiamò preoccupato. Anche lui iniziò a correre ma il suo chamaco era più veloce. Il bambino era certamente più spigliato, Miguel riusciva a correre come una gazzella anche nelle strade più affollate al contrario di Héctor che con la sua goffaggine, rimaneva facilmente indietro.
Miguel era ancora disgustato dal comportamento del suo papà e in quel misto, tra rabbia e confusione, voleva dirgli in faccia tante cose.
Non ti sopporto! Ti odio! Osò addirittura pensare.
Continuando a correre, voltò il capo verso l'uomo che ormai, non vedeva più.
Gridò, sperando che la sua voce lo raggiungesse "Non ho voglia di parlare con te! Stammi lontano! Io…" il resto della frase morì in gola e Miguel cominciò a tossire ripetutamente. 
Nonostante la sua salute, il piccolo Rivera non si fermò e continuò a correre.
Il suo obbiettivo era quello di allontanarsi.
Attraversò delle bancarelle affollate quando ad un tratto, le gambe stanche iniziarono a tremare.
Miguel sentì il corpo pesante come un macigno e una fitta al petto.
Un momento come questo l'aveva già vissuto. Tutti i sintomi che aveva avuto il giorno in cui era svenuto si stavano ripetendo e lui, non poteva fare niente e non subire tutti quei dolori.
Si accasciò lentamente a terra mentre una tosse forte e roca, gli raschiava la gola.
Il cuore prese a battergli forte per la paura.
Alcune persone lo accerchiarono “Chico? Tutto bene?” “Dios mio! Mi senti?” dicevano spaventati. Miguel sentiva quelle voci e intorno a lui, vedeva volti sconosciuti.
La persona che voleva al suo fianco era assente.
Delle lacrime uscirono dai suoi occhi, era così spaventato che non riusciva a restare lucido. Non sapeva cosa gli stava accadendo e tanto meno se tutto sarebbe andato per il meglio.
“Héctor...Héctor...” dapprima piano e poi, la sua voce si fece più forte.
Aveva tanta paura e non riusciva a pensare a nient’altro se non a lui.
“Héctor…” niente.
“Héctor…” neanche un segno.
“Héctor…” iniziò a pensare che dopo il suo comportamento, lo aveva abbandonato.
“Héctor…” in fondo, se lo meritava.
“MIGUEL!”  ma il bambino si fece sereno quando sentì qualcuno che conosceva bene nominare il suo nome "Miguel!" Héctor scorse il mijo a terra, circondato da alcune persone e si precipitò su di lui.
Cadde al suo fianco  e guardò tutti i presenti con aria smarrita e terrorizzata.
Nessuno gli diede spiegazione e Héctor tornò ad occuparsi del suo chamaco.
Gli toccò la fronte e si accorse che la temperatura era leggermente salita. Non riusciva a capire perché tutto questo. Certo, il dottor Sanmi aveva messo in guardia i Rivera per possibili sbalzi di salute dovuti al brutto periodo che aveva attraversato.
Ma Héctor non se li aspettava così devastanti.
Si tolse la giacca, avvolgendoci come un fagotto Miguel,  lo prese tra le braccia e lo sollevò. Almeno poteva stare al caldo.
“Héctor..” si, era proprio lui. Non l’aveva abbandonato.
Si Miguel, ci sono io….
“Ecco un po' d'acqua señor” un uomo venne il loro soccorso e offrì a Héctor un bicchiere d'acqua. Il musicista posò il bordo vetrato sulle labbra del bambino, facendogli bere quel poco che conteneva.
Miguel non riuscì ad accogliere tutta l'acqua nella sua bocca, la maggior parte infatti gli cadde ai lati e scivolò sulle guance.
Il bambino si agitava terrorizzato  tra le sue braccia del musicista che scombussolato, era alla ricerca di una soluzione. Miguel era ancora semi cosciente ma non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito.
“Héctor!” disse di nuovo. Il brividi sul corpo non si fermavano e come scariche elettriche, gli pizzicavano dappertutto.
Miguel, cosa posso fare?.
L'uomo non si lasciò divorare dal panico e saggiamente, si allontanò da tutte quelle persone che continuarono a seguirlo sbalordite con lo sguardo.
“Héctor...” Miguel si aggrappò ai suoi vestiti, chiamandolo disperatamente.
Va tutto bene….
Il musicista trovò un angolo in un vicolo, si appoggiò lì. Anche quando l'aveva trovato piangeva.
"Sono qui…" fece appoggiare la testa del bambino sul suo petto e Miguel fu avvolto da un calore immenso. Quelle parole rassicuranti erano fonte di gioia per il chamaco.
Ora va meglio?.
"Héctor…" sussurrò con un filo di voce mentre il freddo sul suo corpo incominciò a sparire. Aprì gli occhi e vide che Héctor era con lui. L'abbracciò forte, rendendosi conto di quanto era stato stupido nel dirgli quelle brutte cose.
“Io non volevo trattarti in quel modo!” piagnucolava Miguel “Ero arrabbiato e...” “Tranquillo..” lo accarezzò Héctor e il bambino sentì di essere veramente al sicuro con l'uomo.
Le sue paure iniziarono a dissolversi sotto le dolcezza del Signor Rivera “Anch'io ho esagerato. Non dovevo trattarti così per uno stupido quaderno. Non so proprio cosa mi è preso” si scusò l'uomo ricordandosi di avere tra le braccia una delle persone che amava di più al mondo.
Era il suo modo per proteggere Miguel, con quei gesti gli faceva capire che non doveva temere nulla perché lui non l'avrebbe mai abbandonato. Hèctor sapeva che il suo chamaco doveva crescere ma era più forte di lui stargli vicino. Il filo che li congiungeva non si poteva spezzare e neanche tagliare.
“Dimentichiamo l'accaduto?” domandò il musicista al bambino che adesso, aveva ripreso coscienza. “Va bene. Pace ” e unirono i due mignoli, in segno di pace.
Héctor lasciò che Miguel recuperasse le forze, lo tenne al suo fianco e gli fece bere tanta acqua.
La temperatura corporea scese in modo precoce.
Ma Miguel stava così bene tra le braccia di Héctor che non voleva staccarsi da lui, erano molto meglio di un letto. L'uomo invece, non se la sentiva a lasciarlo dopo il brutto spavento.
Tutto era finito per il meglio ma c'erano alcune cose che dovevano essere portate a termine “Comunque siamo ancora al punto di partenza” si ricordò Miguel dispiaciuto “Il Dia de Muertos è tra quattro giorni e non abbiamo ancora scritto la canzone” “Già…manca poco. Cosa possiamo fare?”  Héctor ci pensò e dopo un po' propose al chico la sua idea “Che ne dici di andare in un posto pieno d'ispirazione?” gli propose e all'inizio, Miguel non capì cosa voleva dirgli “Solo io e te mijo. Ce ne andremo in una parte dalla città dove il cielo è sempre luminoso. Lì puoi sognare quanto ti pare” gli occhi del bambino diventarono luminosi.
“Esiste sul serio un posto del  genere?” Miguel non riusciva ad immaginarsi un luogo del genere, ma se le informazioni provenivano dalla bocca del suo Papa, allora doveva esistere assolutamente.
Hèctor non diceva mai bugie perché gli era impossibile mentire.
“È magico e tutte le volte che vado lì dimentico i miei dispiaceri” da quella descrizione, sembrava bellissimo e Miguel non poteva perderselo così accettò la proposta di Héctor.
“Chiudi gli occhi. Sarà una sorpresa” il bambino seguì il consiglio di suo padre e aspettò impaziente.
Al chico quell'attesa sembrò eterna.
Riusciva ad orientarsi solo attraverso l’udito e l’olfatto. Inizialmente, l’odore del cibo appena sfornato gli accarezzava il naso e le parole della gente erano come un orchestra diretta da nessuno.
Piano piano, tutto questo iniziò a svanire.
Iniziò ad avere dei spetti quando entrarono in un luogo caldo e poi ritornarono al fresco.
“Siamo arrivati” annunciò ad un certo punto Héctor e entusiasta, Miguel aprì gli occhi.
La sua prima reazione fu molto confusionaria.
Non era un posto speciale o sbalorditivo come si aspettava. Erano seduti semplicemente sul tetto di casa.
Il bambino, si girò verso il genitore “Mi stai prendendo in giro?” Héctor inarcò le sopracciglia “No!” “Siamo a casa! Non mi sembra un posto speciale” “Ti sbagli”.
Il Rivera fece sdraiare il bambino, ancora avvolto dalla sua giacca sulle tegole del tetto e Miguel, si ritrovò con gli occhi verso il cielo. Ciò che provò a quella vista, fu una meraviglia indescrivibile.
C'erano tante stelle, alcune sembravano così vicine da poterle toccare le altre invece parevano irraggiungibili.
Miguel aveva visto tante volte un cielo stellato ma questo, aveva qualcosa di mistico.
Non si sentiva debole a tanta bellezza. Ma motivato, così forte e sognatore da riuscire a rendere reale anche l'impossibile.
Il sogno di Miguel era quello di fare il musicista e per questo veniva costantemente preso in giro dai suoi compagni di scuola mentre i professori non gli davano appoggio. Ma a lui poco importava perché era convinto della sua scelta e quando sognava al suo futuro, si vedeva forte e pronto a superare ogni avversità.
“Forse non te lo ricordi” disse Héctor, anche lui incantato dalle stelle “Ma quando eri piccolo, venivamo sempre qui io e te”. Per lui era come tornare indietro nel tempo, si portava con se la chitarra e gli cantava una canzone finché non cadeva dolcemente tra le sue gambe incrociate. Non c'era niente di meglio che passare il tempo fuori, la notte, nel momento di massimo silenzio.
Miguel si levò la giacca, posandola al suo fianco.
Si  avvicinò ad Héctor e appoggiò la testa sulla spalla, senza rinunciare alla visione del cielo.
“Anche quando sono scappato di casa, cercavo consolazione nelle stelle. Mi hanno aiutato tanto quella sera” Héctor non rispose ma ricollegò facilmente l'evento a cui si riferiva Miguel. Quel giorno, era scappato di casa non appena aveva scoperto la verità sulle sue origini.
“Quando mi sento giù di morale” intervenne l'uomo cambiando argomento“Cerco un cielo con milioni di stelle” “Anch'io quella sera ne sentivo il bisogno”.
Miguel cominciò a rendersi conto che suo padre aveva veramente ragione.
Intorno a loro due si respirava un'aria magica.
“Perché non ci siamo più tornati?” domandò il bambino rendendosi conto che molte notti, si era lasciato sfuggire una visione così bella.
Il Rivera si morse il labbro “Imelda ci ha scoperti una sera” spiegò il musicista “Era super arrabbiata, ti ha tenuto lontano da me per una settimana. Diceva che le probabilità di cadere dal tetto erano del novanta per cento. Da quel momento, non ho trovato più il coraggio di tornarci” rise ripensando a tutti i guai che sua moglie aveva passato per colpa sua.
“Quella donna...adesso che ci penso, l'ho conosciuta proprio in una notte stellata come questa” “E come l'hai conquistata?” domandò Miguel “Che domande! Con la musica e il mio fascino ovviamente”. Il bambino scoppiò a ridere “Sul fascino non ci conterei!” “Guarda che quando ero più giovane ero un super macho” e il bambino non perse occasione di prenderlo ancora in giro.
Nonostante tutto, Miguel era felice di avere lui e Imelda come genitori, erano una bella coppia. Héctor sapeva farla sorridere e non amava nessun'altra donna al mondo se non lei.
“Mi racconti come hai conosciuto la mamma?” gli chiese inaspettatamente e Héctor fu onorato di raccontargli come aveva incontrato il suo amor.
“Allora...da dove comincio...Era sera ed io, insieme ad alcuni miei amici ero andato a suonare per le vie della mia vecchia città.
Tempo fa abitavo nella capitale del Messico ed essendo una città molto grande, le strade erano affollate e per me, era una grande occasione farmi conoscere.
I miei compagni scelsero di andare a suonare vicino un bar, io invece mi posizionai al centro di una zona pedonale.  
 Ad un tratto, scorsi lei che passeggiava in compagnia di alcune ragazze e con lo sguardo disorientato, cercava di avere informazioni dai passanti.
Doveva essere nuova in città.
Ricordo che indossava un bellissimo vestito e quelle labbra carnose e  scarlatte mi fecero sognare. Per me, fu amore a prima vista.
Volevo parlarle ma non sapeva come attirare la sua attenzione. Così, senza dare nell'occhio mi avvicinai in punta di piedi a lei e cominciai a cantare.
La mia voce attirò alcune persone che camminavano nei paraggi e per fortuna, anche lei si mosse verso di me, incuriosita dal mio canto.
Le sue compagne la esortavano a lasciar perdere ma lei non era d’accordo con loro. Mi ritrovai Imelda in prima fila e agitava le mani, applaudendo. Subito dopo, quando capì che era arrivata la mia occasione, cambiai canzone ed intonai un pezzo improvvisato, tutto dedicato a lei.
Quando tutto terminò, i nostri occhi si incrociarono.
 Hola la salutai, mi chiese di cantare un altro pezzo ed io, l'accontentai senza indugio.
E da quel giorno, siamo sempre stati insieme" “Cosa le hai cantato?” chiese Miguel e Héctor pensandoci, si rese conto che non ricordava quasi niente della canzone. Quando lo disse al bambino, quest'ultimo restò sorpreso.
“L'ho inventata sul momento. Dopo, non l'ho nemmeno scritta” “Ma è la vostra canzone! Mama Imelda sarebbe felicissima di poterla sentire di nuovo” “I soli pezzi che ricordo sono pochi...” confessò l'uomo ma Miguel lo esortò a cantarli. Héctor l'accontentò e nel farlo, si sentì di nuovo giovane.
 
Uno sguardo solamente e la fiamma è accesa già,
scappo, resto, fuggo, torno chi lo sa.
Tu mi guardi sorridente ed io tremo perché so.... (1)
 
Le uniche strofe che ricordava.
Per lui Imelda era la sua unica donna.
Poi, quando aveva scoperto che anche lei aveva la sua stessa passione il  mondo era diventato più bello.
A Miguel, piacque subito la canzone.
Le canzoni, i balli non univano solo lui ed Héctor, ma tutta la famiglia.
 "Perché ti piace la musica?" Héctor aveva mille ragioni da elencare. "Sai Miguel, alcuni disprezzano i sogni ma io non ci riesco. Per me sono importanti, non riuscirei a vivere senza sognare.
Io voglio solo il meglio per te, quindi se sei felice con la musica, allora suona e canta. Senza ascoltare i giudizi degli altri. 
Ma non dimenticare che al tuo fianco ci saremo per sempre noi, la tua famiglia. Nel bene e nel male, io non ti abbandonerò mai. Quando ti servirà una mano, ci sarò io con te" "Non serve che tu me lo dica. Io lo so già" disse Miguel e Héctor gli accarezzò la testa "Spero tanto che tutti i tuoi sogni si avverino" "I nostri sogni vorrai dire" lo corresse immediatamente il bambino "La musica è la nostra passione" "Hai ragione" concordò Héctor, ricordandosi che era stato proprio lui a trasmettergli l'amore per la musica.
Gli sembrava ieri, quando gli aveva imparato le note musicali e lo aveva istruito nel suonare la chitarra. 
Si ricordava bene quando Miguel aveva suonato la scala del DO maggiore.
Héctor si mise seduto ed incrociò le gambe come un indiano. Miguel si sedette al centro e lasciò cadere il suo corpo sul petto del musicista il quale, lo avvolse con le braccia.
"Quando sarai abbastanza grande, ti porterò nella mia vecchia città.
Lì potrai suonare quanto vorrai e dopo, viaggeremo insieme per tutto il Messico” “Anche con Imelda?” “Ovviamente. Ci sarà anche il tuo fratellino”.
Miguel, non vedeva l’ora di compiere questo viaggio.
Ma non poteva fare niente se prima non dimostrava a se stesso di saper cantare davanti a delle persone.
“Mi piacerebbe cantare qualcosa di allegro. Ma non so da dove cominciare. Insomma, non voglio prendere ispirazione da nessuno. Voglio che sia solo mia…” “Bhe, una delle cose più fondamentali di una canzone è quella di strutturare il testo. La vuoi con la rima oppure no?” “Non saprei” rispose Miguel “Ognuno ha il suo modo di scrivere. Io per esempio, buttavo giù tutto quello che mi girava per la testa. Alla fine, prendevo solo le frasi più interessanti”.
Miguel non trovava molto efficace il metodo di suo padre “Tu sei tutto loco” “Un poco loco” lo precisò Héctor e il bambino per scherzare, cantò su quelle due parole.
“Un poco loco! Può andar bene come titolo di una probabile canzone?” chiese l'uomo maliziosamente, sembrava che stava nascondendo qualcosa a Miguel.
Il bambino stava per dire la sua ma ad un certo punto tossì e Héctor si allarmò. Lo riavvolse con la giacca e lo toccò sulle guance per sentire la temperatura corporea.
Stava diventando freddo e non era un bel segno.
“Credo sia ora di andare a letto” disse l'uomo imbracciandosi il bambino. Scese dal tetto e di soppiatto, accompagnò il piccolo nella sua stanza.
“La canzone!” esclamò Miguel “Dobbiamo finirla!” “Domani ti prometto che faremo tutto quello che vuoi. Ma adesso siamo entrambi stanchi e tu devi riprenderti. Sai, credo sia meglio che io resti a  dormire con te...non so, potrebbe succedere qualcosa d'inaspettato...” parlava con un leggero imbarazzo.
Miguel, nonostante apprezzava il gesto, rassicurò al suo papà di stare bene “Héctor...io sto bene..puoi fidarti”.
L'uomo sospirò. Forse, era troppo protettivo nei suoi confronti e doveva cominciare a capire che il suo chico era abbastanza grande per badare a se stesso.
“Allora buona notte” posò la sua fronte su quella di Miguel “Ti voglio bene” disse e il bambino senza farsi vedere, abbassò lo sguardo. Ultimamente, gli ripeteva spesso Ti voglio bene e sentire una cosa del genere dopo una bugia, rendeva Miguel abbattuto.
No, non stava affatto bene.
La notte dormiva poco e molte volte, dei  forti dolori lo attaccavano alla testa e alla pancia.
Ma nascondeva il tutto alla sua famiglia perché non voleva farli preoccupare.
“Anch'io” rispose debolmente al suo papà, consapevole di non essere stato sincero con lui.
Héctor conosceva bene il suo chamaco e accorgendosi del suo turbamento interiore, prese ad accarezzarlo tra i capelli, il bambino stava per mandarlo via ma adorava il tocco del suo papà, specie se si sentiva abbattuto.
Un giorno, ti canterò quella canzone. Ma non mi sento ancora pronto.
“Vuoi che stia con te ancora un po’?” gli bisbigliò nell’orecchio l’uomo.
Miguel gli chiese se poteva restare ancora e Héctor restò con lui finché non si addormentò.
 
(1)   No, non l’ha inventata Héctor. In realtà queste frasi sono prese dalla sigla italiana dell’anime Lamù. Penso che queste parole descrivano molto bene il rapporto amoroso tra Héctor e Imelda.

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